361 68 15MB
Italian Pages 608 [599] Year 2000
NUOVO TESTAMENTO COLLABORATORI
Paul Althaus t, Hermann Wolfgang Beyer t, Hans Conzelmann, Joachim Jeremias, Eduard Lohse, Albrecht Oepke t, Karl Heinrich Rengstorf, Johannes Schneider, Julius Schniewind t, Eduard Schweizer, Gustav Stahlin, Hermann Strathmann t e Heinz-Dietrich Wendland a cura di
PAUL ALTIIAUS e GERHARD FRIEDRICH VOLUME 5
GLI ATTI DEGLI APOSTOLI
PAIDEIA EDITRICE BRESCIA
GLI ATTI DEGLI APOSTOLI Commento di GusTAV STAHLIN Traduzione italiana di
BRUNO
LIVERANI
Edizione italiana a cura di ENzo GATTI
PAIDEIA EDITRICE BRESCIA
Titolo originale dell'opera:
Die Apostelgeschichte
Obersetzt und erkHirt von GusTAV STAHLIN Traduzione italiana di Bruno Liverani © Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1936 , 1966 @ Paideia Editrice, Brescia 197.3-
È severamente vietata la riproduzione della traduzione del testo biblico, la quale è di esclusiva proprietà della Casa Paideia
NUOVO TESTAMENTO PIANO DELL'OPERA
in I
II
.
volumi
Eduard Schweizer Il Vangelo secondo Marco
2.
Julius Schniewind Il Vangelo secondo Matteo
3· K.
H. Rengstorf
Il Vangelo secondo Luca
4· .5.
6.
7.
Hermann Strathmann Il Vangelo secondo Giovanni
Gustav Stahlin
Gli Atti degli Apostoli
Pau l Althau s
La Lettera ai Romani
Heinz-Dietrich \Vendland Le Lettere ai Corinti
8. Beyer, Al thaus , Conzelmann,
F riedrich,
Oepke
Le Lettere minori dell'apostolo Paolo 9·
Joachim Jeremias- Hermann Strathmann Le Lettere a Timoteo e a Tito; La Lettera agli Ebrei
ro. Johannes Schneider
Ì..e
1I
.
Lettere di Giacomo, Pietro, Giuda e Giovanni
Eduard Lohse L'apocalisse di Giovanni
INTRODUZIONE
Significato del titolo. I l titolo •Atti degli apostoli ', benché sia presente in tutti i manoscritti, difficilmente può esser fat to risalire all'autore del libro . Esso venne premesso al libro soltanto nel secondo secolo , quando si effettuò la raccolta de gli scritti neotestamentari . Fu allora che i raccoglitori aggiun sero ai vangeli, che narravano l 'operato di Gesù, un libro che narrava quello degli apostoli, riassumendo con la parola · atti' l'intera attività dispiegata con la parola e con Fazione ( vedi r, I ). Difficilmente l'autore avrebbe usato il termine • atti' (praxeis ), poiché nell'unico passo del libro dove esso appare ( I 9, I 8 ) ha il significa t o di • pratiche magiche' e anche in altri passi del Nuovo Testamento ha spesso un'accentuazione ne gativa ( cfr. Le. 2 3 ,5 1 ; Rom . 8 , r 3 ; Col. 3 , 9 ) . Tuttavia , al di fuori del Nuovo Testamento, può avere il significato positivo di atti d'autorità e simili . Ma ancor meno rispondente alle a bitudini dell'autore è l 'altro termine ·apostolo ' . Si ha l'im pressione che per · apostoli ' s'intendano tutti i cristiani della prima generazione, che svolgevano un'attività importante nel la missione e nella chiesa ( cfr. 2Cor. r r ,r3; ICor. 1 5 , 7 .9; Rom. r 6 ,7; I Thess. 2,7 ); in ogni caso, vi sono compresi Pao lo e Barnaba . L'autore , invece, riconosce il titolo di ·apostoli' esclusivamente ai dodici ( cfr. Le. 6 , r 3 ; e l'exc. r a r , 2 6 ); soltanto in casi sporadici ( 14,14; vedi ibid. v . 14) egli usa il termine per indicare gli inviati da parte della comunità ( cfr. 2 Cor. 8 , 2 3 ; Phil. 2,2 5 ) . L'autore avrebbe certamente dato al libro un titolo diverso , poiché il tema non sono gli apostoli e nemmeno la chiesa, ma la diffusione dell'evangelo in cui con tinua a parlare e ad agire Gesù stesso (vedi commento a 8 , 2 5 : « la parola del Signore » ) , cioè il secondo periodo dell'a t1.
IO
Introduzione
tività di Gesù ( vedi commento a I , I ) che si svolge per mezzo di molteplici strumenti umani : i dodici, in particolare Pietro (e Giovanni ) ; i sette, in particolare Stefano e Filippo ; Giaco mo, Barnaba e soprattutto Paolo . Tutt'al più , questo titolo potrebbe riferirsi, più che all'in tero libro , ai primi cinque capitoli, nei quali gli apostoli ( in senso lucano ) sotto la guida di Pietro stanno effettivamente in primo piano ; cosl è avvenuto spesso che il titolo corrispon desse soltanto alle parti iniziali del libro, come, ad es . , nell'A nabasi di Senofonte o nel Genesi ( = creazione ), che è il tito lo greco dato al primo libro del Pentateuco . Ma quest'inter pretazione del titolo non convince . Al tempo in cui il titolo fu imposto al libro il concetto di t apostolo' era ormai fissato come lo era stato per Luca , ma includeva anche e soprattutto Paolo ; per questo il titolo poté essere posto in riferimento a tutto il libro . Anche nel commento che segue il concetto di tapostolo' sarà spesso usato in questo senso più ampio . L}autore. Anche senza l'accenno iniziale al precedente «pri mo libro» e senza la dedica alla medesima persona, ci sareb bero ragioni più che sufficienti per ricondurre i due libri al medesimo autore . Di fatto , la stessa tradizione che attribuisce a Luca il terzo vangelo , gli rivendica pure gli Atti , per quanto in nessuna delle due opere venga menzionato questo nome . Valgono , dunque , nel caso degli Atti , le stesse cose che sono state dette per l'autore del terzo vangelo ( introd. a Luca , pp . I I s . ) 1. Si tratta di un ellenista , probabilmente di Antiochia ( cfr. com m. a 6 , 5 ; I r , 9 s . ; I 3 , I ss. ) . Ci sono buoni moti vi per pensare che prima di diventare cristiano appartenesse ai co siddetti t timorati di Dio' ( phoboumenoi tòn the6n ), per i quali dimostra un particolare interesse , motivato anche da ragioni 2.
x.
Cfr.
Das Evangelium nach Lukas (K. H. Rengsdorf) N.T.D. Gottingen 196510;
gli altri rimandi a commenti del N.T. senza indicazione bibliografica si riferisco no a volumi della collana cui appartiene il presente commentario (n.d.t.).
L'autore
II
obiettive ( cfr. nota a I0,2 ) . Come tale, ancor prima del suo incontro con l'evangelo, deve aver avuto una buona familia rità con l'Antico Testamento nella traduzione greca e deve avere pure acquisita una certa conoscenza di cose giudaiche, per quanto non ne parli senza errori (cfr . p. es 5 , 3 6 s. ; 23, 3 1 s .). Già questa preparazione basterebbe a spiegat.:e il suo edotto interesse ( ancor maggiore che nel vangelo; ma cfr . Le. 24,2 5 ss . ; 44 ss . ) per la prova scritturistica ( cfr. Act. 1 , 2 0; 2 , 2 5 ss. ; 3 I 8 . 2 4; 4 , 2 5 ss . ; 8 , 3 2 ss .; I 5 , I 5 ss., ecc.) e le sue da tazioni più volte uniformate al calendario delle feste giudaiche ( cfr. I 2 , 3 ; 2 0 ,6; 2 7 , 9 ecc . ). D'altro canto, egli usa un greco scorrevole e non rifugge da finezze stilistiche ( vedi p. es . com mento a 2 4 , 2 ss .) e da artifizi letterari ( vedi p. es . commento a 5 ,4 2; I 7 , 2 2 ss . ) . Redige il suo libro secondo gli usi letterari del tempo, in particolare uniformandosi alle abitudini degli storiografi greci ( cfr. nota a I , I 6 ). Non si può stabilire con certezza se sia da identificare con l'autore delle cosiddette 'se zioni-noi ' ( vedi n . 6 e nota a I 6 , I o) e se si tratti veramente del rmento » ( Le. I 6 , 2 8 ), la sede della perdizione ; questa è la patria di colui che Gesù stesso, stando a I o. I 7 , I 2 , chiama «figlio della perdizio ne » ; come Gesù ( « perché si compia la Scrittura » ) anche la comunità è sicura che questo enigmatico passaggio da un ·po sto' ad un altro è stato predeterminato da Dio ( cfr. v. I 6 ) . Il sorteggio viene unito strettamente alla preghiera ; essa confida nell'esaudimento dell'invocazione : «mostra » col sor teggio ( v . 24 ). La concisione dell 'informazione non permette
L'elezione suppletiva del dodicesimo apostolo
6o
di dedurre in che modo si sia verificato il sorteggio . È l 'unica volta che ci vien riferito sull'uso del sorteggio nei tempi della comunità primitiva. Esso non favorisce quello che la comuni tà avrebbe probabilmente eletto ( cfr. commento al v. 2 3 ) . For ·Se la scelta di quest'ultimo apostolo si rivela poco felice ( cfr . commento al v . r 7 ), come quella dell'ultimo membro del col legio dei sette ( cfr. commento a 6 ,5 ); la tradizione posteriore mette sia Mattia che Nicola in relazione con importanti eresie del secondo secolo. I . Il concetto di apostolo in Luca. Tra tutti gli autori del Nuo vo Testamento, Luca è il più conseguente nel riservare il tito lo di c apostolo' ai dodici ( cfr. introd. I e commento a I 4 ,4 · I 4 ). Nella sua esposizione delle origini essi detengono un po sto tutto particolare. Fin dall'inizio sono i prescelti testimoni diretti della parola ( Le. 1 , 2 ; Act. r o , 4 I ), cioè i garanti della tradizione di Gesù , che venne poi fissata nei vangeli. Essi so no, inoltre, i primi a ricevere lo Spirito santo ( 1 ,5 . 8 ; vedi commento a 2 , 1 ) e, come tali, i primi annunciatori dell'evan gelo a partire dalla pentecoste ( 2 , I 4 ss. 4 2 ; 4 , 3 3 ; 5 2 9 ) , i pri mi taumaturghi ( 2_!.-4 3 ; 5 , I 2 ), i primi dispensatori autorizzati dello Spirito ( 8 , I 7 . I 9 }. In quanto tali sono i primi capi della comunità, la cui competenza si estende su tutto ( 6 ,6 ; I 5 ,2 ss . ), i primi amministra tori della cassa comune ( 4 , 3 5 . 3 7 ; 5 , 2 ) l'istanza suprema e decisiva per tutte le questioni sollevate dalla missione e dalla cresci t a della chiesa ( 8 , I 4 ; I I , I ; I 5 ,4 ) , ma anche il primo bersaglio della persecuzione ( 5 , I 8 .40 ; I 2 , I ss . ; diversamente 8 , 1 ; cfr . ad lo c. ) . Essi sono, dunque , i por tatori attivi e passivi della storia agli inizi paradigmatici del nuovo periodo ( vedi commento a I , I ) ; ma sono anche oggetto di una destinazione escatologica decisiva , quella a giudici delle dodici tribù d'Israele ( Le. 2 2 , 3 0 ) L'importanza che hanno gli apostoli nella concezione di Luca si rivela già per il fatto che nel prologo del libro sono ricordati insieme all 'ascensione di Gesù , come in un solo evento, soltanto l'elezione e l'incarico ,
,
.
A ct. I, I5-26
degli apostoli ( 1 , 2 ) ; perché tra l'ascensione e la pentecoste l'unico fatto raccontato è l'elezione del dodicesimo apostolo ( cfr. la seguente nota 2 ) e perché subito nel primo capitolo del libro vengono riassunti i requisiti fondamentali di un aposto lo . Essi sono : a ) essere stati con Gesù e aver fatto parte del gruppo dei suoi discepoli per tutto il periodo della sua attivi tà pubblica e nel tempo degli eventi pasquali ( vv. 2 I s . ) ; h ) es sere stati testimoni oculari della sua risurrezione ( vv. 3 . 2 2 ) ; c ) aver ricevuto lo Spirito Santo ( v . 5 ); d ) compiere miracoli ( v . 8) come contrassegno degli apostoli ' ( 2 C or. I 2 , I 2 ) ; e ) aver ri cevuto l 'incarico del Signore risorto in persona ( vv . 2 . 8 ), di un incarico che implica in se stesso una destinazione universale. Se teniamo presente questa preminenza fondamentale degli apostoli, non mancherà di sorprenderei quanto poco vi corri sponda il ruolo effettivo che e� si hanno nella storia degli apo stoli' . Se prescindiamo da Pietro, essi sono tutt'altro che i protagonisti ( cfr. commento a 3 ,4 ) ; anche dove può sembrare che lo siano , la parola apostolo' significa spesso soltanto C Pie tro ' ( cfr. commento a 5 , 2 9 ; cfr. 8 , 1 8 s . ). Il singolare risalto dato agli apostoli è condizionato molto più dalla tesi teologi ca di Luca che dalla tradizione di cui disponeva. Neppure lui può evitare di lasciar capire sempre più chiaramente nel cor so del suo libro che le forze motrici . della cristianità primitiva erano altre. c
c
c
2 . L'elezione suppletiva del dodicesimo apostolo . Anche nel
racconto di Act. 1 , 1 5 - 2 6 occorre tener distinti i problemi del Ja storicità e della concezione lucana . I . Non troviamo traccia di un'elezione di apostolo in altre parti del Nuovo Testamen to . Non ci si può riferire in questo senso alla apparizione del risorto davanti ai dodici nell'antica tradizione di I C or. 1 .5 ,5 , perché Luca pone l'elezione suppletiva dopo l 'ultima appari zione pasquale e perché Paolo, o meglio già la tradizione a lui trasmessa, riferisce il numero dodici per abitudine , senza a verlo però accertato ( cfr . Io. 2 0 , 2 4 ; nel testo occidentale , in·
L'elezione suppletiva del dodicesimo apostolo
fatti, è sostituito anche dal numero cundici' ). Lo stesso vale per la menzione dei dodici in Act. 6 , 2 e Apoc. 2 I , I 4 ; comun que, questi passi autorizzano se non altro la conclusione che gli organi della tradizione suppongono una integrazione del numero c dodici' . 2 . Tuttavia , è perlomeno discutibile se que st'integrazione sia già stata eseguita nel modo e nel tempo in dicati da Luca . Infatti , la narrazione rivela tratti di un tempo posteriore : innanzitutto il numero sacro di cdodici ' del col legio , destinato assolutamente a divenire il gruppo dirigente della comunità e di tutta la chiesa primitiva ( cfr . commento al v . I 6 ); quindi le condizioni richieste per essere apostoli, alle quali non soddisfacevano più gli apostoli chiamati in un pri mo tempo secondo la tradizione più antica ( vedi commento al vv . 2 I s . ) ; inoltre, l'equazione tra ufficio apostolico e ufficio episcopale ( v . 2 0 ) e l 'uso del sorteggio ( ? ) . Soprattutto , è im possibile che Pietro abbia tenuto il suo c discorso elettorale ' in questa forma ( relazione e spiegazione di cose note al pubblico altrettanto bene che all'oratore ; l 'aramaico come « loro lin gua» , considerato cioè come una lingua sconosciuta e anche la traduzione del nome topografico aramaico Akeldamach in un discorso che si deve pènsare sia stato tenuto in aramaico ; uso dei LXX per la prova scritturistka in ambito gerosolimitano : vedi commento al v . 2 0 e la nota al v . I 6 ). Tuttavia, la costitu zione di Mattia come dodicesimo apostolo appartiene certa mente ad un'antica tradizione raccolta da Luca ( cfr . commen to al v . 2 3 ) ; lo stesso dicasi del modo con cui descrive la :fine di Giuda . La prova scritturastica al v. 2 0 , invece , a motivo dell'uso dei LXX , deve provenire dalla tradizione ellenistica , per quanto l 'uso della prova scritturi stica in generale , e quin di anche per Giuda ( cfr . Mc. I 4 , I 8 ), appartenga certamente alla tradizione palestinese più antica ( cfr . commento al v . 2 0 ) . Sono questi gli elementi con cui Luca costruisce i l tutto e che usa in funzione della sua prospettiva caratteristica , che è quel la di annunciare il messaggio mediante la storia in cui i dodici apostoli ( come anche altrove nel Nuovo Testamento : cfr . le
Act.
I,I5-26
immagini di Eph. 2 , 2 o ; Apoe. 2 1 , I 4 ) hanno un 'importanza fondamentale ( cfr . commento ai vv . 2 , 1 3 ; Le. 6 , I 4- I 6 e sopra la nota I ). 3 . Si è sempre osservato che la comunità primitiva non ha pensato ad un'altra elezione dopo il primo martirio di un apostolo ( I 2 ,2 ). La ragione va cercata nel fatto che Giuda, insieme agli altri undici , prima dell'incarico apostolico da par te del risorto ( I , 8 ; Mt: 2 8 , r 9 s . ; Io. 2 0 , 2 I ss . ) era soltanto un apostolo 'designato' ( Mc. 3 , I 4 ; Le. 6 , I 3 ; vedi so pra commento al v. 2 ), nonostante la missione temporanea di Le. 9 , r ss . Ma, soprattutto, Giuda aveva completamente fallito e quindi per duto il proprio ufficio apostolico ( vv . 2 ob . 2 .5 ), mentre Giaco mo col martirio aveva offerto l'estrema conferma del proprio ministero di apostolo e testimone. 4 · Infine, l'uso del sorteg gio in questa elezione ha spesso destato sorpresa e talvolta scandalo . Nell 'Antico Testamento il sorteggio aveva rappre sentato un mezzo di diritto divino per distribuire gli appezza menti di terra ( N um. 2 6 , .5 .5 s . e altrove ) e per eleggere il pri mo re ( r Sam. r o , 2 o ss . ) ; il sorteggio aveva ancora un suo po sto nel culto ai tempi di Gesù ( cfr . Le. I , 8 s. ). Queste pratiche erano rette dalla convinzione che l'esi to del sorteggio fosse pre determinato da Dio e che, in tal modo , escludendo cioè l'inter vento dell'arbitrio umano , si cogliesse il suo volere . Anche qui , perciò , la comunità primitiva restava sul terreno del giudaismo ( cfr. commento ai vv . I 3 . I .5 . .5 ) ; in tal senso , la tradizione sul l 'uso del sorteggio prima della pentecoste può essere originale . Dalla pentecoste in poi subentrò al suo posto la guida imme diata da parte dello Spirito ( cfr . 8 � 2 9 . 3 9 ; I ) , 2 8 ; r 6 ,6 ss. ; ecc. ) . Nella chiesa posteriore si ricorse spesso all 'uso del sor teggio allorché si perse di vista la guida dello Spirito ; ma sicco me l'ambiente pagano ne faceva un uso molto più intenso di quello giudaico e inconciliabile con la fede, venne combattuto nella chiesa e, infine, espressamente proibito dall 'imperatore Graziano ( 3 7 .5 - 3 8 3 ) insieme ad altre pratiche pagane .
Il compimento della promessa dello Spirito
Il compimento della promessa dello Spirito: nasce la chiesa,
2 ,1-13
1 E compiendosi il giorno della pentecoste, erano tutti riuniti nello stesso luogo 2 e all'improvviso vi fu dal cielo un rumore come all'ir rompere di un vento impetuoso, e riempi tutta la casa in cui si trova vano ( seduti ). 3 Ed apparvero ad essi delle lingue come di fuoco che si dividevano e ognuna si posò sopra ciascuno di loro, 4e tutti furono ri pieni di Spirito santo, e incominciarono a parlare lingue diverse, se condo che lo Spirito dava ad essi di esprimersi. 5 0ra, vivevano in Gerusalemme dei giudei devoti da tutte le nazioni che sono sotto il cielo. 6 Al prodursi di quella voce, si radunò la molti tudine e rimase confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua . 7 Erano stupiti e meravigliati e dicevano : «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei ? 8 E come mai ciascuno di noi li sente parlare nella sua lingua nativa ? 9 Parti , Medi ed Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia , del Ponto e dell'Asia, 10 della Frigia e 'della Panfilia, dell'Egitto e delle regioni della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, 11 sia Giudei che proseliti, Cre tesi ed Arabi, li sentiamo esprimere nella nostra lingua le grandezze di Dio » . 12 Erano tutti stupiti e non sapevano che pensare , e si chiedevano l'un l'altro : «Che cosa vuoi dire questo ? » . 13 Altri invece li beffeggiavano dicendo : « Sono ubriachi di vino dolce » . ·
Al quadro dell 'elezione di Mattia, Luca fa seguire immedia tamente il grande affresco dell'evento di pentecoste , con cui inizia a compiersi il programma di I ,8 nelle sue due parti : la recezione dello Spirito da parte del gruppo dei discepoli in attesa e l'inizio del loro ministero di testimonianza in Geru salemme davanti ai rappresentanti di tutta l'umanità ( vv . 9 I I ), e quindi l 'origine della chiesa universale . Luca considera la pentecoste, come aveva fatto con l'elezione suppletiva di Mattia ( cfr . commento a r , I 6 . 2 o ), inserita nel sistema di pro fezia e compimento ( cfr . vv . I 6 ss . ) . Perciò il termine «com piere» è posto all'inizio della narrazione come vocabolo-chia ve . Lo abbiamo qui nella forma e nel senso di Le. 9 ,.5 I : allo ra avevano cominciato a compiersi i giorni della sua 'assunzio ne' ( dr. commento a I ,2 ) verso cui era orientata fin qui tutta la narrazione . Ora , con la pentecoste , inizia il tempo dello Spi-
Act. 2,I-IJ
rito, della missione e della chiesa, che Gesù aveva preannun ciato; questo tempo è, in certo senso, un unico c giorno di pen tecoste' . Come lo dimostrerà il seguito , Luca intende questo compimento e tutto il nuovo periodo come un evento escato logico ( cfr . commento ai vv . r 7 e 4 6 ) . Non si sa con certezza se egli intendesse dire che la comunità allora riunita attende va già per la pentecoste il compimento dell'ultima promessa di Gesù ; come è verosimile, qui si esprime soltanto la sua vi sione della storia della salvezza . La festa giudaica della pentecoste è chiamata nell'Antico Te
stamento •festa delle settimane' ( Ex. 3 4 , 2 2 ; Deut. r 6 , 1 o ) op pure •festa delle primizie' ( Ex. 2 3 , I 6 ) . Era una festa agricola, come lo erano all'origine le altre grandi feste giudaiche ( cfr. Deut. 1 6 ,9 - 1 2 ; Lev. 2 3 , 1 5 -2 1 ); il nome più recente di ' pente coste' ( p ; es . Tob. 2 , I ; 2 Mach . 1 2 , 3 2 ) , che significa cinquan tesimo giorno , la collega strettamente alla festa di pesa/p . In principio si trattava di una festa di un solo giorno , meno im portante di quella di pesa/p e dei tabernacoli , che duravano u na settimana . Dobbiamo arr-ivare al libro dei Giubilei ( 1 sec . a .C. ), molto vicino ai testi di Qumran , per vedere posta in maggior risalto questa festa , i cui fondamenti vengono subito trovati nella storia dei padri ( Noè ; i patriarchi ). Ma, mentre le altre due feste avevano assunto già nell'Antico Testamento un carattere · storico-salvifico' allorché furono collegate agli e venti del tempo di Mosè, quella di pentecoste lo assunse sol tanto dopo la caduta del tempio e l'abolizione del culto nel l'anno 7 0 . Soltanto poco dopo questa data si cominciò a solen nizzarla come festa della consegna della legge e solo dal n sec . d.C. si legge come lettura della tora nel giorno di pentecoste Ex. I 9 . Perciò non si può ancora supporre con sicurezza che la festa fosse in relazione con la consegna della legge già ai tem pi di Luca , né si può affermare senz 'altro che l'evento di pen tecoste voglia rappresentare il superamento della rivelazione divina al Sinai ( vedi la nota al v . I 3 ), per quanto una simile
Il compimento della promessa dello Spirito
66
concezione fosse senza dubbio verosimile, tenendo conto del la diffusione nel cristianesimo primitivo dell'interpretazione tipologica dell'Antico Testamento , e per quanto evidenti sia no le somiglianze tra la rielaborazione giudaica della tradizio ne del Sinai e la storia lucana della pentecoste. La comunità cristiana primitiva soleva celebrare la pentecoste insieme ai giudei ( probabilmente l'assemblea di 2 , I va considerata nel quadro dell'adempimento di Le v. 2 3 , 2 I ) dal momento che es sa come Gesù viveva nell 'ambito dell 'anno cultuale (e anche del giorno : cfr . commento a 3 , I ) dei giudei ; lo stesso vale per Paolo ( 2 o ,6 . I 6 ; cfr . 1 Cor. I 6 ,8 ). Così si spiega come anche l 'ellenista Luca segua ne fle datazioni il calendario delle feste giudaiche ( cfr . introd, 2 ). Al mattino di pentecoste erano c tutti' riuniti . Certamente Luca non si riferisce soltanto agli apostoli ( v . I 4 ), ma a tutto il gruppo dei discepoli ( vedi I , I 5 ) e delle discepole ( cfr. I , I 4 ) ; tutti costoro divengono testimoni e protagonisti dell'e vento di pentecoste e ricevono lo Spirito santo ( cfr. vv. 3 8 . I 7 ) Ciò suppone l'esistenza di un grande ambiente come per I , I 3 s . , ancor più per I , I 5 ss. e soprattutto per alcuni episodi successivi ( 4 , 2 3 ss . ; 5 , I ss . ; 6 , I ss . ; I I ,2 ss . ; I 5 ,4 ss . ), tanto più che si dice che i convenuti stavano seduti (v. 2 ). Sembra che la comunità primitiva abbia avuto a disposizione fin dall'i nizio perlomeno una casa privata con grandi stanze ( cfr. comm. a I , I 3 ; 2 ,4 6 ; I 2 , I 2 ) ; non sappiamo però se abbia mai posse duto delle stanze o anche un intero edificio per le sue riunioni . Tuttavia , per il luogo dell'evento di pentecoste si deve pensare più al tempio ( cfr. Le. 2 4 ,5 2 ) che ad un'altra casa, forse all'a trio di Salomone ( cfr . commento a 5 , I 2 ; 3 , I I ). A favore di quest'ipotesi sta soprattutto l'immediata presenza degli ascol ta tori . « La casa» ( v . 2 ) significa a volte ( cfr. anche 7 ,4 7 ; Le. I I ,5 I ; Is . 6 ,4 ) la casa di Dio come casa per eccellenza . I.
.
2 . I l prodigio dell'evento d i pentecoste viene introdotto e ac-
compagnato da fenomeni acustici e visivi , che sono però sol tanto un segno del miracolo vero e proprio, l 'intervento di Dio ( cfr. commento a I , 9 s . ). Ad esso fa già pensare il verifi carsi improvviso dell'evento ( cfr . p. es . 9 ,3 ) che è tipico so prattutto delle realtà escatologiche (cfr . Mt. 2 4 , 2 7 ; Le. 2 1 , 3 4 s . ; .r Thess. 5 , 2 s . ; Apoc. 3 , I 6 ) ; vi corrisponde il t subito' delle azioni di Gesù ( p . es . Mt. I 4 , 2 7 . 3 I ), in particolare delle gua rigioni da lui operate ( p . es . Mt. 8 , 3 ; 2 0 , 3 4 e anche Act. 9 , I 8 . 3 4 ) . L'agire di Dio è contraddistinto, inoltre, dal fatto che viene « dal cielo » ( cfr. p . es . 9 , 3 ; Le. 3 , 2 1 s . ; I I , I 6 ; 2 0 ,4 s . ) t «dall 'alto » ( cfr. p. es. Io. 3 , 3 . 3 I ; I 9 , I I ; Iac. 1 , I 7 ; 3 , I 5 ),. cioè da Dio ( cfr. p . es . v . 2 2 ; 5 ,3 9 ). Si ode innanzitutto un gran rumore, che ricorda lo scroscio di un temporale . La tem pesta già nell'Antico Testamento è un segno della presenza di Dio ( cfr . 2 Sam. 5 , 2 4 ; r Reg. I 9 , 1 2 ; Ps. I 04 ,4 ) come la lu ce, la nuvola ( cfr . commento a I ,9 ), ecc . Il fatto che sia in ebraico che in greco le realtà vento , alito , respiro , spirito ven gano espresse con lo stesso vocabolo favorisce la rappresenta zione dello spirare o del soffiare come segno sensibile dello Spirito ( cfr . Gen . 2 , 7 ; Io. 20., 2 2 ; 3 , 8 ) ; esso ne annuncia o ne accompagna la venuta . Tutta la casa sarà riempita di questo alito : si tratta di un'azione simbolica (cfr . commento a 1 ,9 ) annunciante che il mondo intero sarà riempito dalla predica zione della parola di Dio ( cfr . Io. I 2 , 3 con Mc. I 4 , 9 , e per il concetto di tcasa' = mondo cfr. anche Mt. 1 2 , 2 9 col v . 27 e 1 0 , 2 5 ; vedi commento a Mc. 3 ,.2 2 ) . Si verifica un fenomeno luminoso in forma di lingue di fuoco ; anche qui però si sottolinea che si tratta non di identi tà , ma di pura somiglianza con il fuco terreno ( cfr. v . 2 ; Le. 3 , 2 2 ). Anche il fuoco è già nell'Antico Testamento un segno della presenza di Dio ( p . es . Ex. 3 , 2 ; I 3 , 2 I s . ; Ps. 1 04 ,4 ) . È una manifestazione dello splendore della gloria divina ( cfr. 7 , 2 . 5 5 ), che può rendersi visibile sulla terra i n diversi modi (cfr. I , I o ; 9 , 3 ; 2 2 , 1 I ; e anche Le. 2 , 9 ; 9 , 3 1 s . 2 6 ) . Qui si 3-4 .
68
I l compimento delia promessa dello Spirito
tratta di una manifestazione speciale dello Spirito di Dio ( che non ha eguali nel Nuovo Testamento ; cfr. commento a Mt. 3 , I I ; Le. 3 , 1 7 ) rappresentata come un mare celeste di fuo co dall'alto ( cfr. commento al v. 2 ) che viene a •guizzare' in forma di lingua sopra il gruppo dei discepoli e a toccare cia scuno di loro, che così vengono riempiti dello Spirito. È u n'immagine che traduce un evento inconcepibile , il fatto cioè che ciascuno riceve qualcosa dello Spirito santo ( I Io. 4 , 1 3 ), pur restando questi sempre il medesimo e unico Spirito di Dio ( cfr . I Cor. I 2 , 4 . 1 1 ), che diviene il nuovo soggetto del parla re e dell'agire in colui c}:le ne è riempito (cfr. 4,8 ; 6 , I o ; 7 , 5 5 ; I 3 ,9 ; 2 0 , 2 3 ; cfr. Rom. 8 , I 6 . 2 6 ; I C or. I 4 , I 4 s . ) . Il primo ef fetto è un nuovo linguaggio . Ma di quale linguaggio si tratta ? L'espressione « lingue diverse» può avere due significati. • Lin gua' può significare 'idioma' e ' parlare in lingue' , glossolalia ( p . es . I Cor. I 4 ,2 ) ; •diverso' può significare • straniero' ( cfr. ludae 7 ) oppure • totalmente altro' , appartenente ad un altro mondo ( come in Le. 9 , 2 9 ; Mc. I 6 , I 2 ) . Perciò, le «diverse lin gue » , indicano o varie lingue straniere ( cfr . Apoc. 7 , 9 ; I 7 , I 5 ; ecc. ) oppure quel fenomeno tipico del cristianesimo primiti vo che è il •parlare in lingue' , la glossolalia . Ma la divergenza, oltre che sul piano verbale, sta nella struttura stessa della nar razione di Luca. Nei vv. 7- I r è chiaramente presupposto un miracolo delle lingue : i discepoli , ripieni dello Spirito , si e sprimono in diversi idiomi umani, di modo che in quel pubbli co internazionale ( vv . 5 . 9- I I ) ciascuno in tende la propria li n gua materna ( vv . 8 . I I ) . Secondo i vv . I 2 s . , invece, sembra che il nuovo linguaggio sia da concepire come glossolalia : tu t ti parlano il medesimo linguaggio • singolare' ( cfr . commento al v . 6 ), incomprensibile ( cfr . I Cor. I 4 , 2 . 9 . I 1 . I 6 . 2 3 ) ; di con seguenza , c'è anche diversità di effetti ( cfr. commento ai vv . I 2 s . ). È chiaro che qui sono venute ad intrecciarsi due diverse rappresentazioni ( e forse due diverse relazioni ) dell'evento di pentecoste ( vedi la nota al v. 1 3 ) .
Act. 2,I-IJ
5 - 6 . Per preparare il seguito, Luca inserisce un inciso su di un
determinato gruppo di abitanti di Gerusalemme : gente pro veniente da. ogni dove, ma ora risiedente in Gerusalemme e, più precisamente ,tutti giudei . Ci sono più ragioni per pensa re che non si possa trattare di non-giudei , per quanto i vv . I I e I 4 ( vedi ad loc. ) sembrino avallare una simile possibilità . Si trattava, dunque , di giudei della diaspora che avevano fatto ritorno alla terra e alla città dei loro padri e vi avevano preso residenza per tutto il resto della loro vita, forse per essere pre senti all'apparizione del messia che era attesa nel tempio di Gerusalemme ( cfr . commento a Mt. 4 ,5-7 ) oppure sul monte degli ulivi ( cfr . comm . a 1 , 1 2 ) ; erano , cioè , persone in attesa come Simeone e Anna ( Le. 2 , 2 5 ss . 3 6 ss . ) . La loro attesa ci fa capire la forte affluenza che si verificò da questo gruppo alla comunità primitiva ( vedi commento a 6 , I ) e, in parte , anche la rapida crescita di questa all'inizio (cfr . vv . 4 1 .47 ; 4 ,4 ; 5 , 1 4 ecc . ) . A queste persone in attesa fanno riscontro i cosiddet ti • timorati di Dio' ( vedi nota a I 0 ,2 ), che erano ugualmente aperti ali' evangelo e determinarono col loro accesso la forte crescita delle comunità ellenistiche ( cfr . commento a r 3 ,4 3 ; r 7 · 4 · I 2 ) . Il pubblico era composto , perciò , non dai pellegrini per la festa , ma da questo tipo di gente che era confluita nelle vicinanze dei cristiani raccolti probabilmente sulla spianata del tempio ( vedi commento al v . I ), poiché era questo l'unico posto all'interno delle mura di Gerusalemme dove si potesse raccogliere una folla di varie migliaia di persone ( cfr. v. 4 I ; il terreno su cui si ergeva il tempio è in effetti tanto vasto che oggi , passato in proprietà dei mussulmani , è in buona parte un'area deserta inutilizzata , per quanto due imponenti mo schee ne occupino una considerevole parte ) . « Quella voce » che attira la folla è il discorso ispirato daJlo Spirito del v . 4 , di cui Luca vuoi dire chiaramente che da lontano risuonò come una sola voce , differenziatesi , man mano che ci si avvicinava, in diverse voci e lingue singole ( vv . 6 . 8 . I r ) ; a questo punto , la curiosità diventa sgomento e stupore, come Luca annota per
70
Il compimento della promessa dello Spirito
ben tre volte ( vv. 6 . 7 . I 2 ). Tutto questo Luca lo esprime in due modi del tutto diversi : in un breve discorso che tratta di un miracolo di lingue ( vv . 7- I I ) e in due esclamazioni oppo ste che presuppongono la glossolalia ( vv . I 2 s . ) .
7 - I 3 . È un po ' difficile immaginare u n discorso pronunciato da tutte queste persone insieme ( in particolare i vv . 9- I I ), co me è difficile concepire l'ascolto contemporaneo di tante lin gue . Comunque , come gli altri discorsi degli Atti ( vedi nota a I , I 6 ) pure questo è opera di Luca , che però utilizza anche qui del materiale tradizionale , soprattutto il catalogo dei po poli . Se fosse stato Luca a comporio appositamente, difficil mente avrebbe posto la Giudea tra la Mesopotamia e la Cap padocia e avrebbe omesso nazioni come Cipro ( cfr . I 3 ,4 ss . ), Etiopia ( cfr . 8 , 2 7 ss . ) e soprattutto Grecia e Macedonia . Que sto catalogo di popoli è, inoltre , uno di quei casi ( cfr. com mento a I , I 8 s . ) in cui Luca mette in bocca ai suoi perso naggi dei dati che di per sé dovrebbero trovar posto negli in cisi storici e nelle note marginali . Il metodo di Luca lascia in disturbato il vivo fluire del discorso e lo sviluppo continuo dell'azione . Non si dovrà certo addebitare o tantomeno rim proverare a Luca di incorrere in tal modo in diverse assurdità storiche e psicologiche . Né ci si dovrà chiedere da quali ele menti il pubblico avrà capito che gli oratori erano Galilei : non certo dalla lingua ( come in M t. 2 6 , 7 3 ) o dalla foggia di vestire ( come forse in I 6,9 ). Sottolineando lo stupore del pubblico per la padronanza di tante lingue dimostrata da que sti provinciali Galilei ( che peraltro erano in gran parte bilin gui ) Luca intende mettere in risalto qualcos 'altro di nuovo , per lui importante : il nucleo della comunità primitiva provie ne dalla Galilea ( cfr . commento a I ,8 . I 5 ; 9,3 I ). Nei paesi enumerati ai vv . 9- r I era compresa quasi dovunque una delle due lingue commerciali dell'est e dell 'ovest , rispettivamente l'aramaico e il greco ; tuttavia , in ciascuno di questi paesi so pravvivevano le lingue locali qui menzionate , anche all'inter-
Act. 2,r-r3
7I
no dell'impero romano ( cfr . 1 4 , 1 1 e anche 2 8 ,4 ) . In questo prototipo della missione universale, realizzato dallo Spirito , si adempie UJ?. ideale della missione dei nuovi tempi non an cora raggiunto dalla missione cristiana primitiva : l 'uso delle lingue volgari per la predicazione . Infatti, è verosimile che Paolo e i suoi collaboratori predicassero in oriente (Damasco , Arabia , Antiochia ) in aramaico e in occidente , Roma inclusa, in greco . L'espressione « nella sua lingua nativa » , che al v. 6 si riferiva forse originariamente agli oratori e quindi significa va la lingua t loro propria' ( nello stesso senso che al v . 4 t diver so ' è uguale a •strano' ), cioè la glossolalia, viene singolarmen te collegata nel v . 8 con l 'ascoltare e così riferita in modo an cor più chiaro di quanto lo sia ora nel v. 6 alle singole lingue materne degli ascoltatori . Con questo si presuppone che i giu dei della diaspora parlassero da poco le lingue dei paesi dove risiedevano . Per meglio evidenziare l'ampiezza ecumenica de gli ascoltatori Luca utilizza , come abbiamo già detto , un elen co a lui noto contenente sette nomi di popoli con inseriti in mezzo nove nomi di paesi. I primi quattro nomi indicano del le zone appartenenti all 'impero dei Parti, la potenza egemo nica ai confini orientali dell'impero romano ; gli altri menzio nati fanno parte di quest'ultimo impero . Le prime quattro zo ne , in cui vivevano già dai tempi della prigionia babilonica numerosi giudei ( è qui che ebbe origine più tardi il Talmud babilonese ) richiamano nello stesso tempo la storia dell'Anti co Testamento e fanno pensare che Luca con questo catalogo intenda abbracciare non solo il mondo a lui contemporaneo, ma anche i popoli della storia passata e futura . Ha sempre de stato stupore che il nome della Giudea venga soltanto al quin to posto, tanto che ha provocato proposte di modifiche al te sto sia nell'antichità che ai nostri tempi ( p . es . Idumea, Lidia, Siria, India ). Ma Luca, probabilmente , non ha voluto omet tere dal catalogo, come testimone dell'evento di pentecoste , la presenza della Giudea , cioè tla terra dei giudei ' ( 1 0 , 3 9 ) = la Palestina ( come in 1 0 , 3 7 ; 2 6 , 2 o ? ; Le. 1 , 5 ; 3 , r ; 4 , 4 4 ; 7 , 1 7 ;
72
Il compimento della promessa dello Spirito
2 3 ,5 ), anche se i Palestinesi non potevano meravigliarsi nell'udir parlare la loro lingua, cioè l'aramaico . Con cinque nomi ( tre dei quali li troviamo anche in I Pietr. I , I I ) vien da to forte risalto all'Asia Minore , il primo grande terreno mis sionario di Paolo ( che però non comprendeva il Ponto ). Se guono l'Egitto e la Libia occidentale , come ponte verso occi dente, del quale è menzionata alla fine soltanto Roma come rappresentante principe dell 'ecumene ( vedi commento a I , 8 ) e, nello stesso tempo, come patria della lingua latina ; ma i ·Romani' qui ricordati sono anche essi dei giudei (cfr . v . 5 ) , residenti ( come stranieri ) a Gerusalemme ( cfr . I 7 , 2 I ) . Così si potrebbe concludere l'elenco , che traccia un grande arco da oriente a occidente . Seguono ancora , però , due espressioni che fanno come da appendice . Esse sono da considerare da diversi punti di vista come due riassunti : il primo, come il v. 5 , torna a sottolineare che si tratta soltanto di giudei, in parte per na scita e in parte acquisiti ; l'altro con « Cretesi e Arabi » , cioè gli abitanti del deserto e della costa, intende probabilmente riassumere tutti quelli menzionati come popoli dell'est e del l 'ovest ( 0 . Eissfeldt ). È assai discutibile che si possano trovare nascosti riferi menti nel numero dei nomi ( I 6 nomi corrispondenti ai I 6 ni poti di Noè, Gen. 1 0, 2 . 6 . 2 2 , come rappresentanti di tutti i po poli della terra; oppure I 6 popoli per i I 2 apostoli e i 4 fra telli di Gesù, cfr . I , 1 4 ; Mc. 6 , 3 ; I Co r . 9 , 5 ; oppure I 2 popo li per i I 2 apostoli , cancellando come aggiunte posteriori la > al v. 9 e «Cretesi e Arabi >> al v. I r ). All'autore in teressava semplicemente stabilire con quest'elenco un gruppo rappresentativo di tutti i popoli come testimoni del prodigio di pentecoste e, nello stesso tempo , come primizie della chiesa cristiana . La conclusione del discorso esprime per la terza vol ta lo stupore del pubblico per il prodigio delle lingue cui ha assistito . Infine , si fa anche menzione del contenuto del di scorso pronunciato sotto l'azione dello Spirito : «le grandezze di Dio >> , cioè, evidentemente , l 'evento di Cristo dal battesi-
Act. 2,r-r3
73
mo fino alla ascensione ( I , 2 2 ). La forma fa pensare a preghie re di ringraziamento e inni di lode , che di per sé non suppon gono la presenza di ascoltatori, ma che spesso ( p . es . I 6 , 2 5 ) diventano la forma di annuncio più efficace . Infine , è messo ancora una volta in risalto, riprendendo quasi alla lettera il v. 7 , il potente effetto dell'evento, che qui però ha due sboc chi contrari ( vedi sopra ; cfr. Le. 2 , 3 4 ) ; gli uni restano diso rientati di fronte all'inspiegabile ; nell'interrogativo « Che co sa vuoi dire questo ? » ( cfr . Le. I ,6 6 ; Act. I 7 , 2 0 ) si esprime il presentimento che l'evento abbia un grande significato per il presente e per il futuro . Gli altri non si lasciano impressionare e ridicolizzano la cosa ( cfr . Le. I 6 , I 4 ; 2 2 ,63 s . ; 2 3 , 3 5 s . ; Ac t . I 7 , 3 2 ) . I cristiani sono chiamati «ubriachi » , un giudizio affi ne a quello di « pazzi » ( cfr . r C or. I 4, 2 3 , che pure riguarda la glossolalia ; Act. 2 6 , 2 4 ) e molto vicino ( cfr . Io. I o ,2o ; Mc. 3 , 2 I s . ) a quello di «posseduti » , « indemoniati » , diabolici » ( cfr . Io. 7 , 2 o ; 8 ,4 8 . 5 2 e i giudizi dati successivamente dai giudei su Gesù ). Secondo il narratore, però , pazzi e fuori di sé sono i derisori , mentre quelli che sono rimasti scossi sono coloro cui Dio aveva concesso come un presentimento della verità e ai quali aveva cominciato ad aprire il cuore ( cfr. v. 3 7 ; I 6 , I 4 ).
I p roblemi del racconto di p entecoste. Il racconto di Luca sul l'evento di pentecoste solleva problemi difficili sul piano let terario e importanti sul piano storico . Dobbiamo cominciare col tenere ben distinti i due piani . r . Tre particola rità nella fisionomia di questo racconto non mancheranno di colpire il lettore attento : a ) le diverse ripeti zioni : la « propria lingua» ai vv . 6 . 8 . I I , l'emozione e il diso rientamento della folla ai vv . 6 . 7 . I 2 , il pubblico di giudei ai vv . 5 . I I ; b ) le espressioni a doppio significato come le « diver se >> lingue del v. 4 : diverse dalla propria lingua materna, di verse dal linguaggio umano in generale ? Ugualmente ci si de ve chiedere, a proposito della « p ropria lingua » , di « quella vo ce » ( v . 6 ) e del «parlare» ( v . 4 ), se si debba i ntendere un par-
74
Il compimento della promessa dello Spirito
lare estatico incomprensibile o un discorso spirituale com prensibile ( cfr. l 'interpretazione dei singoli passi ) ; c ) soprat tutto colpisce la contraddizione tra i vv. 8- I I e i vv . I 2 s . I 5 : nei pri�i è chiaramente presupposto un miracolo delle lingue , mentre i secondi si spiegano soltanto se si è verificato un feno meno di glossolalia , di 'parlare in lingue' ( vedi commento ai v v . 4 . 6 ). Queste osservazioni sollevano il seguente problema : le ripetizioni e le espressioni a doppio significato rappresen tano in un artifizio letterario di Luca , dal momento che si trat ta di un suo procedimento tipico ( cfr . p . es . commento a I I , 5 ss . ; I , 2 ) oppure sono indizi del confluire di due narrazioni di verse ? Le contraddizioni osservate, che si possono avvertire fino all'inizio del discorso di Pietro ( v . I 5 ) , fanno propendere per la seconda ipotesi . È possibile che Luca conoscesse una tra dizione su di un insolito fenomeno di glossolalia verificatosi nei primissimi tempi della comunità primitiva . Questo corri spondeva alla sua concezione del divenire della chiesa : spesso è la glossolalia a suscitare una nuova comunità cristiana ( cfr . I 0 ,46 e I 9 ,6 ; nel primo caso il fenomeno viene anche equipa rato espressamente all 'esperienza iniziale della comunità ; cfr . r I , I 5 ; I 5 , 8 s. ). Per Luca la glossolalia non era più come per Paolo (cfr . I Cor. I 4,2 6 ) un segno distintivo permanen te di una comunità viva, bensì il preludio , per così dire , della sua esistenza nello Spirito . Ma nel caso della comunità di Gerusa lemme l'ouverture glossolalica ha un carattere tutto partico lare : è stata percepita dagli ascoltatori come un miracolo di lingue senza precedenti. Malgrado ciò , Luca di proposito non ha impedito che la sua narrazione lasciasse ancora intravvede re l'antico racconto del primo fenomeno di glossolalia . Infat ti : I . la glossolalia , come abbbmo già detto , era per lui in cer to senso un contrassegno costante degli inizi ; 2 . dava una spie gazione alla diversità d'effetti provocati dall 'evento sugli a scoltatori ( v . I 2 s . ) ; 3 . offriva il punto d 'aggancio per il discor so di Pietro ( v . I 5 ) . Anche il testo di I oel 3 citato nel discorso parla di fatti estatici ( vedi commento al v. I ? ) ; né il testo cita-
Act. 2,I·IJ
75
to ( vedi commento ai vv . r 7 - 2 1 ) né il contenuto della predica accennano in qualche modo al miracolo delle lingue . 4 . Forse l ' aspet t o più importante è la concezione ( cfr . I 0 ,46 e con esso 2 , I I ) del discorso glossolalico come preghiera ( cfr. I C or. I 4 , 2 . 1 3 s . 2 8 ) e lode di Dio ( cfr . I Cor. 1 4 , 1 6 s . ), parzialmente > attraverso il mondo : tutta Gerusalemme ne è piena in conseguenza del l 'insegnamento degli apostoli ; per l 'accusatore questo è addi rittura un atto di vendetta. La glorificazione del nome di Ge sù significa la perdizione dei suoi assassini. I capi dei giudei paventano una sorta di vendetta del sangue . La frase conclu siva dell'accusa contiene senza dubbio un'allusione a quello che i giudei dissero davanti a Pilato : « Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli ! » . Luca deve aver conosciuto questo detto riportato soltanto da Matteo ( 2 7 , 2 _5 ) - cfr. anche 1 8 ,6 - e che egli ha tralasciato nel proprio racconto della passione perché gli premeva di concentrare la colpa non tanto sul po polo quanto piuttosto sui suoi capi ( cfr. Le. 2 3 , 2 7 .48 ). A par lare qui è, dunque , la paura degli assassini che si adempia quell'autoimprecazione, sia per opera del furore del popolo sobillato ( cfr. v . 2 6 ), sia per opera di un giudizio divino , qua le di fatto si abbatté su di essi nell'anno 70 ( cfr . Le. 2 3 , 2 8
Act. ;,I7-42
1 69
ss. ; 1 9 ,4 ss. ; 2 1 ,24) per avere respinto l'offerta della grazia da parte di Dio (vedi comm . ai vv. 3 0 ss. ). 29-3 1 . È ancora Pietro a prendere la parola : gli apostoli so no di nuovo i suoi muti paladini come in 2 , 1 4 . 3 8 e come Gio vanni nel corso degli episodi paralleli ( 3 ,4 ; 4,8 . 1 3 ; cfr . anche 4 , 1 9 , dove il manoscritto D legge «rispose» invece di «rispo sero» ). La risposta è negli stessi termini di 4, 1 9 e testimonia della intrepidezza di Pietro ( cfr. 4 , 2 9 . 3 I ). È il principio. clas sico dell'autentico confessore : si deve obbedire a Dio e non agli uomini, quando si verifica un conflitto tra i loro comandi ( cfr . comm . a 4 , I 9 ) . Il comandamento cui essi obbediscono è implicito nell'evento stesso, che è azione di Dio ; la stessa mo tivazione è data in 4 , 2 0 ( vedi ad loc. ; di fronte al sinedrio Pietro non poteva richia�arsi al comandamento di Gesù in 1 , 8 , normativa solo per lui ). Il nuovo rifiuto di obbedienza si trasforma in annuncio e, nello stesso tempo, in controaccusa : gli accusati diventano accusatori e viceversa ( vedi comm . a 4 , I o ; dr. Mc. I 4 ,62 : il Figlio dell'uomo è il giudice che deve venire ). Come in precedenza ( 2 , 2 3 s . ; 3 , I 3 ss . ; 4 , I o ), Pietro contrappone senza mezzi termini l'agire di Dio a quello dei giudei . Ma , dal momento che questo agire dei giudei viene espresso mediante un'allusione a Deut. 2 I , 2 2 ( come in I O , 3 9 ) , il lettore cristiano, che conosce anche il seguito ( cfr. comm . a 2 , 2 r ), avverte come una duplice , singolare risonan za : egli vi sente, come l'apostolo Paolo (cfr. Gal. 3 , 1 3 ) , non soltanto l'accusa, ma anche la parola di grazia della sostitu zione vicaria : Cristo si è fatto maledizione per noi ( dr. comm . a 8, 3 2 s . ). Certo, la prima cosa che avvertono i giudei non può essere che la terribile accusa : voi avete trattato da maledetto colui che Dio ha destinato come signore e salvato re al proprio posto ! Dio ha elevato e consociato al trono ce leste colui che voi avete appeso al patibolo (cfr . 2 , 3 3 s . ) . Dio ha deciso contro voi ( cfr. 4 , 1 r ), eppure , al contempo , ha agi to a vostro favore. Anche qui l 'accusa è accompagnata da una
Il secondo processo de!!,li aport'.Jli
offerta (come in 3 , I 3 ss . I 9 ss . 2 5 s . ) . Essa si annuncia già nel l 'espressione per la rivelazione del Dio dei pa dri . 3 5 - 3 8 . Insistendo due volte su « questo» nel v . 3 5 , comincia una sorta di inno a Mosè che, nella sua affinità formale col l 'inno cristologico di Col. I , I 3 - 2 0 , ribatte l'accusa contro Ste fano ( 6 , I r ) con una professione di fede in Mosè ( professione di fede e inno di lode spesso coincidono nel N.T . : cfr . .Phil. 2 , I I ; Rom. I 5 ,9 ; Hebr. I 3 , 1 5 ; Apoc. 4,8 ecc. ). In quest'in no di confessione vengono messi in rilievo sei elementi (:he caratterizzano Mosè come il più importante prototipo di Cri sto : r . è inviato come condottiero e liberatore ( cfr . comm . al v. 2 7 ) proprio lui che era stato rinnegato dal suo popo]o ( v . 3 5 ; cfr . 3 , 1 3 s . ), respinto come capo e giudice ( vv. 2 7 . 3 9 ) ; 2 . diviene salvatore del suo popolo con grandi segni e prodigi ( cfr. comm. a 2 , 1 9 .4 3 ; 5 , 1 2 ; 6,8 ecc . ) che Dio compie per mezzo suo ( cfr . 2 , 2 2 ! 4 , 3 0 ) e , per di più , in terra straniera
200
Discorso di Stefano
( vedi comm . al v . 2 ); 3 . è prototipo di colui che deve venire ( è questo l 'elemento centrale e più importante dell'inno ; cfr. 3 , 2 2 s . ) ; 4 . è mediatore tra Dio e il popolo, 5 . destinatario e trasmissore delle parole di vita ; mentre 6 . è proprio lui che il popolo ha respinto . L'epilogo dell'inno è costituito , come l'i nizio, dal no del popolo all'inviato di Dio . 3 8 . Il quarto e quinto elemento si riferiscono alla consegna della legge al Sinai ; essa avviene in una «assemblea» ( è usato qui come in 1 9 , 3 2 . 3 9 s. ; Hebr. 2 , 1 2 il termine ekklesia , che negli altri casi significa per lo più chiesa : cfr. 5 , r 1 ; 8 , r . 3 ; 9 , 3 1 ecc . ), in cui Mosè fa da mediatore ( cfr . Hebr. 8 ,6 ) tra l'an gelo e i padri ( cfr. Gal. 3 , 1 9 ). L'angelo col quale parla adesso è lo stesso che gli aveva parlato al momento della missione sul Sinai ( vedi v. 3 0 ). Evidentemente ancora per mezzo del l' angelo, come al v. 5 3 egli riceve la legge, che però non vie ne svalutata come in Gal. 3 , 1 9 ; Hebr. 2 , 2 , bensì definita « pa role di vita » ( cfr . Lev . r 8 ,5 ; Mt. 1 9 , 1 7 ; Rom. 7 , 1 0 ) e addirit tura caratterizzata come prototipo dell 'evangelo ( cfr. 5 , 2 0 ; Phil. 2 , r 6 ; lo. 6 , 6 3 . 6 8 ; 1 2 ,5 0 ; 1 lo . r , r ) al contrario di Rom. 7 , r o ss . ; Gal. 3 ,2 r ; 2 Cor. 3 ,6 s . ecc . In questi episodi di Mo sè ( vv. 3 0 . 3 5 . 3 8 . 44 ? ) l'angelo è il rappresentante immediato , quasi una forma d'apparizione di Dio ( cfr . vv . 3 1 ss. col v. 3 0 ) molto più che nei racconti degli Atti ( 5 , 1 9 s . ; 8 , 2 6 ; r o , 3 ss . ; r 2 ,7 s . ; 2 7 , 2 3 ; cfr . però comm. a 8 ,2 6 ; r 2 ,8 ). 39-4 3. A partire da1 v. 3 9 il rifiuto del popolo di Dio e il ri fiuto dei messaggeri di Dio ( vedi sopra comm . al v. 3 5 ) diven tano il motivo prevalente in cui va a sfociare inavvertitamen te l'inno di confessione a Mosè : «egli è colui » che dovette fa re col suo popolo l'esperienz:t di tanti messaggeri di Dio : es si non vogliono ( cfr. ler. 1 3 , I I ; Le. 1 3 , 3 4 ) . Forse , in rispon denza a ciò , abbiamo sullo sfondo la concezione di Israele co me prototipo delPattuale generazione ostinata e ribelle . Esso si allontana nell 'intimo da Mosè e si rivolge indietro all 'Egit-
201
to·; forse non per tornarci effettivamente, bensl come sembra , perché non vuoi farsi guidare, nel cammino restante attraver so il deserto, da Mosè, che rifiuta come proprio capo, ma da gli dèi del più grande popolo d'allora ( cfr. Ezech . 2 0 , 8 ; senza dubbio , la restrospettiva sul passato d'Israele in Ezech. 20 ha servito da modello a quella di Act. 7 ). È quindi una conver sione dal vero Dio agli dèi falsi opposta a quella cui chiama no gli apostoli ( p . es . in i 4 , 1 5 ). Gli I sraeliti, proprio come i pagani ( Rom. r ,2 3 ) , scambiano la gloria del Dio immortale con l immagine di una miserabile bestia , le rendono culto con sacrifici e con quella esultanza che non è dovuta a nessun al tro se non a Dio, perché egli solo è la sorgente della vera gioia ( cfr . 2 , 2 8 . 2 6 ; 1 4 , 1 7 ). In risposta all'abbandono di Mosè da parte di Israele, Dio abbandona Israele ; in risposta all'idola tria , Dio lascia il suo popolo in balia di questo che è il pecca to piLl grave ; poiché la massima punizione di Dio è lasciare l'uomo in balia dei propri peccati ( cfr . Rom . 1 , 2 4 . 2 6 . 2 8 ; Test. Gad. 5 , 1 0 ; Sap. 1 1 , 1 6 ). La «milizia del cielo » si ri ferisce qui ( diversamente da Le. 2 , 1 3 ) alle potenze astrali , che al tempo dei profeti (cfr. ler. 8 ,2 ; 7 , 1 8 ; 1 9 , 1 3 ) e anche del cri stianesimo primitivo ( cfr. Gal. 4 , 3 ) contendevano a Dio il suo culto sotto forma di religioni astrali e di diverse forme di astrologia . Segue una prova scritturistica desunta da Am. 5 , 2 5 2 7 , che come molte altre nel N.T. comporta una modifi ca considerevole del senso originario del passo e quindi fini sce col non dimo s trare esattamente quel che dovrebbe dimo· strare . Infatti , il pr�feta non dice nulla di un abbandono da parte di Dio in balia del culto idolatrico ; l'autore del discorso riferisce alla generazione del deserto ciò che il profeta aveva detto dei suoi contemporanei . Ciò che gli interessava di questa citazione, oltre al dio Refan , il Saturno assiro, come esempio di « milizia del cielo » , è senza dubbio la tenda di Moloc , il dio fenicio del fuoco solare e dell'uragano , come contro-i m magine della tenda della testimonianza di Jahvè , e in più il termine typos , che qui significa idolo , ma viene applicato nel '
-
202 v.
Discorso di Stefano
44 al cmodello' celeste della tenda della testimonianza ( cfr.
He br. 8 ,5 ) ( giochi di parole del genere con più significati del ]o stesso termine si trovano spesso nel N .T . , soprattutto in Paolo e Luca : cfr . comm. a I , 2 5 ; 2 , 3 s . ; 8 , 2 6 s . ). 44- 5 0 . L'osservazione sulla tenda della testimonianza, aggiun
ta improvvisamente con la combinazione di due termini ( ten da , typos ), ha da un lato il compito di coprire il grande salto che c'è da Mosè a David, dall 'altro ha probabilmente il senso di sottolineare, nel quadro del discorso, che c'è stato un mo dello celeste a presiedere alla costruzione della tenda, mentre è mancato per quella del tempio ( cfr. vv. 4 7 ss . ), per coman do espresso di colui che parlava ( dal cielo ) con Mosè, e cioè di nuovo l'angelo celeste ( vedi comm . al v. 3 o ), e che non ·::! si stette alcun tempio per tutto il periodo fino a David ( v . 4 5 ) . A maggior ragione per il tempio vale ciò che Paolo dice della legge : « è sopraggiunto » ( Rom. 5 , 2 0 ; cfr . Gal. 3 , 1 9 ) . Soltan to David, perché oggetto di una speciale elezione di grazia , impetrò come favore particolare di poter sostituire la tenda con qualcosa che avesse un aspetto migliore . Ma questo signi fica che egli era già incorso nell'errore ( cfr . v. 4 8 ) di pensare di poter ricostruire con mano d 'uomo un'abitazione per Dio ( alcune antiche testimonianze testuali leggono : per la casa di Giacobbe ) . Pertanto, col rifiuto di concedere questo c favore' ( cfr . 2 Sam . 7 ) Dio preservò Davide da una grande aberrazio ne , in cui cadde suo figlio con la costruzione del tempio . Ciò non valeva per la tenda della testimonianza, per quanto co struita con mani d'uomo (cfr. Hebr. 9 , I 1 . 2 4 ) , perché il suo modello proveniva dalla mano stessa di Dio ( v. 44 ). L'espres sione : «Dio non abita in dimore costruite dall'uomo » era già sostenuta dagli stoici e venne spesso usata dalla polemica giu daica contro ii paganesimo ( come in I 7 , 2 4 ) ; qui viene volta contro la costruzione del tempio di Salomone . «L'Altissimo>) è un antico nome biblico di Dio ( spesso in Luca , cfr . Le. I , 3 2 . 3 5 . 7 6 ; 6 , 3 5 ) ; nella forma · n Dio altissimo ' vien messa in boe-
Acl. 7,1-53
203
ca ad adoratori di Dio non Israeliti ( cfr. Gen . I 4 , I 9 s . ; Hebr. ? , I ) e a spiriti del mondo pagano (Mc. 5 ,7 ; Act I 6 , I ? , vedi ad loc. ) . Anche la frase del v . 4 8 , che di fatto dovette essere intesa come un discorso contro il tempio ( 6 , I 3 ) , viene soste nuta da una citazione della Scrittura ( da Is. 6 6 , I s . ) in cui e merge, oltre all 'immagine del pantokrator ( vedi comm . a I O , 3 6 ) , la rappresentazione della pace eterna d i Dio cui prenderà parte anche il suo popolo ( cfr. H e br. 3 , I I -4 , I I ; M t. I I , 2 8 s . ; Le. I 6 , 2 3 Testo B ; A po c I 4 , I 3 , cui corrisponde il v . I I ). .
.
.
5 1 - 5 3 . Se già i vv. 4 2 s. e 4 8 ss . avevano un piglio nettamente aggressivo, ora l'oratore passa decisamente all 'attacco, facen do un altro grande salto per arrivare al presente, e trae le somme dalla storia : la generazione presente, i suoi giudici, sono proprio figli dei loro padri ( « i vostri padri » , cfr. col v . 4 5 e comm . al v. 2 ) ; come loro , sono ribelli pieni d i s é ( alla lettera : « dalla testa dura » ) in guerra con Dio, « incirconcisi di cuore e di orecchie » ; questa espressione significa - come nei passi biblici ai quali si fa riferimento con questa accusa provocante ( Deut. I o , I 6· ; ler. 4 , 4 ; 6 , I o ; ecc. ) - che non so no aperti a Dio ( cfr . comm . al v . 8 ; Rom . 2 , 2 9 ; Phil. 3 , 3 ; Col. 2 , I I ) . L'atteggiamento che caratterizza padri e figli si rivela nell 'opposizione sempre rinnovata contro i portatori dello Spirito, un tempo i profeti e ora Stefano, e quindi contro Dio stesso. L'oratore prosegue nel suo attacco con una domanda e una constatazione . Alla domanda «quale dei profeti . . . ? » i giudei di per sé avrebbe potuto rispondere tranquillamente : neppur uno ! Infatti le persecuzioni che ci sono tramandate riguardano soltanto pochi profeti come Amos e Geremia ( cfr. 2 Chron. 3 6 , I 6 ecc. ) e troviamo omicidi di profeti unicamen te in leggende certo già molto diffuse in quel tempo ( cfr. M t. 2 J J I S 34 s. ; Lc. I I ,47-5 1 ; Hebr. r i , 3 5 ss . ) . Ma il testo sembra dire che i preannunciatori di Gesù sono stati tutti uc cisi . I padri degli attuali giudei, dei « traditori e assassini» di Gesù , col loro odio contro i profeti hanno già combattuto, in ,
.
204
Discorso di Stejtmo
fondo, contro Gesù . Di front..: a questi assassini Gesù è l'uni co «giusto » ; anche qui questo antico nome messianico ( cfr . Henoch aeth. 3 8 , 2 ; Sap. 2 ss . ; usato anche come titolo at tribuito da pagani a Gesù : Le. 2 3 ,47 ; Mt. 2 7 , 1 9 . 24 ) ha le stesse risonanze che in 3 , 1 4 ; 2 2 , 1 4 ( cfr . I Io. 2 , 1 ). Ma l 'uc cisione di Gesù sta anche nel più stridente contrasto col ri chiamo alla legge da parte dei giudei ; il riferimento, alquan to zoppicante, alla legge ricevuta per ordine degli angeli ( ve di comm . al v. 44 ) vuoi evocare senza dubbio innanzitutto il quinto comandamento , ma forse anche le predizioni profeti che del Cristo ( cfr. comp-t . a 3 , 1 8 . 2 2 s . ecc. ) e i prototipi di Gesù contenuti nell'A.T. ( vedi comm . ai vv . 9-3 9 ) ; infatti , il termine elegge' poteva designare anche tutto l'A.T. Il discor so si tronca quando l'oratore rinfaccia duramente di aver tra sgredito la legge di Dio proprio ad essi , che lo accusano di non averla osservata . Il discorso di Stefano. Di tutti i discorsi degli Atti ( cfr. la no ta su I , I 6 ) quello di Stefano è il più lungo . Già questo sta a significare l'importanza che Luca attribuiva all 'episodio di Stefano, come fanno supporre anche alcuni successivi richia mi ( I r , r 9 ; 2 2 , 2 0 ) . In che cosa consista però quest'impor tanza dev'essere dedotto , tra l'altro, dall 'osservazione che tra il discorso e la situazione in cui esso avrebbe dovuto essere tenuto non vi sono rapporti immediati ; soprattutto, esso non contiene alcuna risposta precisa alle accuse dalle quali Stefa no avrebbe dovuto difendersi ( 6 . I 3 s . ). Sembra anzi che il di scorso _giustifichi le accuse col suo giudizio negativo sul tem pio ( vv . 48- 5 0 ) che gli avevano appena rinfacciato ; ma , d'al tro canto , sembra anche che le ribatta con una vigorosa pro fessione di fede in Mosè ( vv. 3 5 - 3 9 , soprattutto vv . 20-24 ) , e in particolare nella legge ( v. 3 8 ) , ma anche nel tempio ( v . 7 ) . Di più , esso sembra contestare agli accusatori il diritto di accusa coi controattacchi dei vv. 3 9-4 3 e 5 1 -5 3 . Ma l'accento vero e proprio del discorso è posto non tanto su questi ele-
Act. ],:r-53
menti in cui si possono trovare riferimenti all'accusa, quan to piuttosto su altri dai quali si può dedurre uno scopo del di scorso del tutto diverso; di conseguenza, si dovrà ammettere che difficilmente Stefano può aver tenuto un discorso del ge nere. Il discorso si esaurisce quasi completamente in una rasse gna retrospettiva della storia veterotestamentaria ed è costrui to più di ogni altro discorso degli Atti utilizzando materiale dell'A.T . , di cui l'autore ha un'eccellente padronanza. Lo si può vedere, ad esempio, dalla libertà con cui sono formulate le frasi nei vv . 6 s. e 5 I dove si combinano diverse allusioni a passi dell'A.T . Nonostante ciò, è un discorso eminentemente cristiano, anche se Gesù viene nominato una sola volta ( v . 5 2 ). L'accento è posto, d a u n lato, su quei personaggi che so no considerati come prototipi di Gesù, Giuseppe ( vv . 9- I 6 ) e Mosè ( vv. 1 7-44 ), dall'altro su quelle :figure ed eventi che si riferiscono positivamente e negativamente alla comunità cri stiana. In tal modo emerge come costante storica il rifiuto che l 'antico popolo di Dio ha opposto a Dio e ai suoi inviati, so prattutto a quei prototipi di Gesù ( cfr. vv. 9 · 2 7 · 3 5 · 3 9 SS. 5 1 s. ); a questa si ricollega un'altra costante, sulla quale è mo dellata la storia del nuovo popolo di Dio : una storia di soffe renza come quella dei precursori e dei preannunciatori ( v . 5 2 ) di Gesù, rigettati dall'antico popolo ribelle ; una storia di stra nieri ( cfr. vv . 6 . 2 9 ) in una diaspora universale ( cfr. I ac. I , 1 ; 1 Petr. 1 , 1 ). Prototipo in questo è Abramo, lo straniero la cui ( fede e ) obbedienza poggia tutta sulla promessa . Con ciò è detto anche perché il discorso è collocato proprio a questo punto : è la pietra miliare che segna una grande svolta nel cammino della storia della salvezza da Gerusalemme e dalla Giudea verso la Samaria e fino ai confini della terra (vedi comm . a 1 ,8 ) : esso indica il luogo e la ragione di questa svol ta. È chiaro, dunque , che dobbiamo anche questo discorso al la penna di Luca dalla prim� all 'ultima parola ; come in altri casi, può darsi che egli abbia attinto del materiale dalla tradi-
206
La fine di Stefano
zione, ma è pure difficile distinguerne le fonti . In questo sen so, è anche verosimile che questo fosse il modo con cui si e sprimevano i giudeo-cristiani ellenisti nelle loro sinagoghe ; forse mostravano ai loro connazionali il proprio passato co mune in una prospettiva storica del genere, che è nello stesso tempo polemica e richiamo alla penitenza . Infatti, il discorso di Stefano si distingue abbastanza nettamente dagli altri de gli Atti . Per quanto si avvicini a quelli di Pietro nell 'accusa contro i giudei, a quello di Paolo in Act. I 3 nella rassegna storica e a tutti gli altri nel modo di utilizzare la Scrittura, tuttavia è l 'unico caso in cui �ia messo tanto in risalto il signi ficato prototipico di alcune figure veterotestamentarie , e que sto dal punto di vista della sofferenza e della persecuzione . Con ciò il discorso dimostra anche, in una certa armonia col quadro in cui è inserito, come la storia conduce necessaria mente alla svolta imminente : introducendo con la sua morte l 'ultimo elemento della costante delineata nel discorso , cioè della persecuzione dei messaggeri di Dio da parte dei ribelli , Stefano determina la grande svolta della storia della missio ne e della chiesa nel cammino che porta dai giudei ai pagani . Se il discorso avesse la conclusione , di cui si avverte la man canza, probabilmente essa non consisterebbe nell'offerta del la conversione come nei discorsi di Pietro , bensì nell'annun cio che la storia della salvezza prende ora la via dei pagani, come in Paolo , dopo che è stato respinto dai giudei ( I 3 ,46 s . ; I 8 ,6 ; 2 8 , 2 8 ) . Ma Luca, fedele alle proprie abitudini lettera rie ( cfr. comm . a 4 , I ; I 7 , 3 2 ), ha tralasciato deliberatamente questa conclusione , per !asciarla al criterio del lettore , da un lato, e alla narrazione successiva , dall'altro . La fine di Stefano, 7 ,54-S , u 54
All'udire queste cose , si rodevano di rabbia in cuor loro e digrigna vano i denti contro di lui . 55 Ma egli , pieno di Spirito santo, guardando fisso verso il cielo vide la gloria di Dio e Gesù che stava in piedi alla destra di Dio, 56e disse : «Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uo-
207
m o che s t a alla destra d i Dio » . 57 Allora , gridando a gran voce, si tu rarono le orecchie e si precipitarono tutti insieme contro di lui , 58 e trattolo fuori della città, lo lapidavano ; e i testimoni deposero le lo ro vesti ai piedi di un giovane chiamato Saulo . 59 E lapidavano Stefano che pregava e diceva : « Signore Gesù, accogli il mio spirito » . G\l Poi, messosi in ginocchio, gr.idò a gran voce : «Signore, non imputare lo ro questo peccato» . E detto questo s'addormentò. la E Saulo approva va l'uccisione di Stefano .
.5 4-; 6 . A interrompere il discorso sono gli avversari, come in altri casi (cfr. 4 , I ; I 7 , 3 2 ; 2 2 , 2 2 ; 2 6 ,2 4 , diversamente I 0 ,44 ; cfr. I I , I 5 ) . Il moti vo della loro rabbia è dato dali' invertirsi delle parti nel processo, un fatto che si ripete di frequente al lorché Gesù e i suoi si trovano di fronte ai loro giudici (vedi comm . a 4 , r o ; 5 , 3 0 ) : l'accusato accusa a sua volta i giudici di aver trasgredito la legge , di essersi ribellati a Dio e di avere ucciso il 11essia . A questo punto la descrizione di Luca si :fa drammatica : mentre essi , in preda al furore e digrignando i denti , si scagliano contro Stefano , questi volge lo sguardo al cielo , che in quel momento, subito prima del suo martirio, si apre davanti a lui rapito -in estasi ( cfr. comm . a 4,8 ; 6 ,5 . 1 0 ) . Come i discepoli sul monte della trasfigurazione ( Le. 9 , 3 2 ) e i n seguito Paolo ( vedi 2 2 , 1 I ), egli vede lo splendore celeste della gloria di Dio (vedi comm . al v . 2 ; 6 , I 5 ) e vi scorge Ge sù alla d es tra di Dio . non seduto come in altri casi ( cfr . 2 , 3 4 ; Le. 2 0 ,4 2 ; 2 2 ,6 9 ecc . ) m a in piedi, forse per accogliere i l suo martire con tutti gli onori . Se questo è il senso del passo, es so proverebbe ( insieme a Le. 2 3 ,4 3 ; 2 Cor. 5 , 8 ; Phil. 1 , 2 3 ) che il cristianesimo primitivo riteneva che il cristiano al mo mento della morte poteva entrare subito nella gloria del suo Signore . La parola del martire richiama quella pronunciata dal suo maestro, sempre di fronte ai giudici e assassini giudei (Mc. I 4,62 ), soprattutto nell'uso del titolo Figlio dell'uomo ; tra l'altro, questo è l'unico passo del N.T. in cui questo titolo non è in bocca a Gesù . Forse è uno di quei tratti paralleli che Luca traccia tra il vangelo e gli Atti ( vedi la nota su I ,3 ).
208
La fine d i Stefano
5 7·5 8 . La reazione dei membri del sinedrio, - che tra l'altro conferma l'accusa di Stefano ( cfr. v . 5 r col v. 5 5 ) - a questa confessione di Gesù come Figlio dell'uomo e associato al tro no di Dio, fa capire che essi vi colsero una bestemmia contro Dio , come avvenne nell'autoconfessione di Gesù ( cfr. Mc. 1 4 ,63 s . ). Perciò si chiudono le orecchie, com'era prescritto, per non ascoltare la bestemmia, coprendola nello stesso tem po con le loro urla ; quindi procedono alla lapidazione, la pe na prescritta per i bestemmiatori ( Le. 2 4 , 1 6 ; cfr. comm . a 5 , 2 6 ; 1 4 , 1 9 ; Io. 1 0 , 3 3 ; 8 , 5 9 1. Luca, cioè, dice chiaramente che Stefano mori per aver confessato il Cristo e non per quel lo che poteva aver detto contro la legge, il tempio o gli stes si giudei . Il modo di procedere del sinedrio desta l'impressio ne, almeno parziale, di un'azione quanto mai tumultuosa ( vv . 5 7b . 5 8 a ; cfr. I 6 , 2 2 s . ; 1 7 ,6 ss . ). Anche i n ciò vi è qualcosa che corrisponde alle prescrizioni come nel procedimento del v. 5 7 : L l'esecuzione fuori città ( cfr. Lev. 2 4 , I 4 ) come con Gesù ( cfr . Io. I 9 , 2 0 ; Hebr. I 3 , I 2 ; Le. 2 o , I 5 ) e con la lapida zione di Paolo a Listra ( I 4 , I 9 ) ; 2 . l'esecuzione compiuta da gli stessi testimoni ( cfr . 6 , I 3 s . ), che si assumono cosi di pro pria mano la responsabilità della morte cui la loro testimo nianza ha dato occasione ; 3 . il compito affidato al giovane Saulo di custodire gli abiti dei testimoni ( cfr. 2 2 ,20 ), forse per incarico del sinedrio . La funzione vera e propria di que sto tratto apparentemente secondario è certamente quella di far entrare in scena per la prima volta come comparsa, ai mar gini del terribile spettacolo colui che diverrà poi il protagoni sta . Eppure questa piccola parte di Paolo - che d'ora in poi nel corso del commento nomineremo col suo nome latino { cfr. comm . a I 3 ,9 ) - è delineata coi tratti tipici del persecutore sanguinario ( 8 , I ; cfr. 9 , I ; 2 6 , 9 ss . ) : egli approva senza ri serve questo primo assassinio di un cristiano ( cfr. Apoc. I I , I O ). 7 , j 9-8 , 1 a . Le due ultime parole di Stefano corrispondono a
Act. 7154-S,Ia
209
due delle ultime tre di Gesù in croce trasmesse da Luca ( 2 3 ,46 . 3 4 ; alla terza, Le. 2 3 ,4 3 , allude il v . 5 5 ). Come Gesù si rivol se al suo Padre celeste, cosi ora il discepolo si rivolge al suo 'Signore' glorificato ( cfr. comm . a 2 , 2 I e la nota a 2 ,3 6 ). L'e spressione tecnica invocare ( cfr. 2 , 2 I ; 9 , I 4 ; 2 2 , I 6 ecc. ) e la posizione arante delle ginocchia (cfr . comm . a 2 0 , 3 6 ) nella seconda richiesta dimostrano che già qui si pensa ad una pre ghiera rivolta a Gesù ( cfr. comm . a I , 24 ). Questi gesti, in sieme alla voce alta di Stefano , il portatore dello Spirito ( cfr. Io. I , I 5 ; 7 , 2 8 ; Rom . 9 , 2 7 ; 8 , I 5 ; G.al. 4,6 e anche comm. a Act. I 4 , I o . I 4 ; 8 , 7 ) rendono la preghiera per i carnefici an cor più insistente di quella per l'arante stesso. Con questa pa rola, che adempie il più difficile dei comandamenti ( cfr. Le. 6 , 2 7 s . ), Stefano « si addormentò» ; quest'espressione, che già prelude allusivamente al risveglio, viene usata nel N.T. sol tanto per la morte dei cristiani ( cfr. I Thess. 4 , I 3 s . ; I Cor. I 5 ,6 . I 8 � 2 o ecc. ; contro Apoc. 5 ,5 . I o ; I 2 , 2 3 ecc. ) e nell'A.T. per la morte di uomini pii ( cfr. I 3 ,3 6 e comm . a Mt. 2 7 ,.5 2 ). Il racconto del processo di Stefano. Il racconto che Luca ci offre solleva diversi problemi tra loro interdipendenti . 1 . Un problema letterario : in alcuni passi ( cfr. 6 , I I s . coi vv. I 3 s . ; 7 ,.5 8 col v . .5 9 , e anche le due parole vicine, ma slegate del morente ai vv . .5 9 s . ) si ha l'impressione di doppioni . Come per il racconto della pentecoste ( vedi la nota su 2 , I 3 ), ci si pone il problema se qui non siano state rielaborate insieme due tradizioni diverse anche per contenuto, cioè la relazione di un processo regolare e quella di una sorta di linciaggio ( ve di comm. ai vv. 5 7 s . ). Questo corrisponderebbe alla duplice tradizione della morte di Giacomo il Giusto in Giuseppe Fla vio, da un lato , e in Egesippo e nelle Pseudoclementine dal l'altro . 2 . Valutando la credibilità storica delle due tradizioni, è apparentemente più verosimile quella del linciaggio, ma so lo apparentemente . Infatti , un'esecuzione tumultuosa fuori città, che tra l'altro avrebbe comportato il trasporto della vit-
210
La fine di Stefano
tima attraverso una parte de1l'abitato , è ben poco credibile tenuta presente la stretta sorveglianza che i Romani esercita vano sui giudei e in particolare sul sinedrio (cfr. 2 1 , 2 7-2 3 , 2 2 , in part . 2 3 , 1 5 ). Di fatto, l'altra tradizione di un processo re golare è anche meglio testimoniata ( vedi comm. al v . j 8 ). Il problema storico più importante, come per il processo di Ge sù ( cfr . comm . a I o . 1 8 ,3 1 ) , è di sapere se il sinedrio potesse pronunciare ed eseguire un giudizio di morte . Fino ad oggi il problema non è stato ancora del tutto chiarito . Abbiamo testi che parlano a favore , altri contro questa possibilità . Di per sé l'ipotesi più probabile è che il sinedrio potesse emette re un giudizio di morte anche sotto il governo dei procurato ri romani in Palestina , ma che per eseguirlo gli occorresse l 'autorizzazione del procuratore. Ammesso, dunque , che Ste fano - com'è probabile - fosse stato condannato in un proces so regolare, tenendo presente il presupposto di cui sopra , ab biamo due possibilità : a ) Il processo venne celebràto in un interregno tra due procure, come avvenne anche nell 'anno 6 2 con Giacomo fratello di Gesù, stando a Giuseppe Flavio . Ora , la data più antica in cui si sarebbe potuta verificare questa circostanza per Stefano è il 3 6 , l'anno della destituzione di Ponzio Pilato ; ma è quasi certo che la morte di Stefano sia da porre prima (cfr. comm . a Gal. 1 , 1 6 e 2 1 ) . b) Il sinedrio , cioè in pratica Caifa , che deve aver esercitato notevole influs so su Pilato , •ricevette da questo un 'autorizzazione speciale a procedere contro i cristiani, che permetteva l'istruzione di processi come quello di Stefano . A conferma di quest'ipotesi sta l'attività persecutoria sistematica che viene attestata ri guardo a Paolo ( vedi comm . a 8 , 3 ; 2 6 , 1 o ) come anche la nar razione successiva di Luca , secondo cui la persecuzione dei cristiani venne estesa anche fuori della Palestina per disposi zione del sommo sacerdote ( cfr. 2 2 ,5 ; 2 6 , 1 2 ). Così si spiega più facilmente anche il fatto sorprendente che il processo di Stefano si sia svolto in maniera tanto differente da quello di Gesù . Comunque, è difficile che quell 'autorizzazione speciale
Act. 8, Ib·IJ
211
sia rimasta in vigore anche dopo che Pilato non era più in . cartca . L'evangelo giunge in Samaria, 8,1h- I 3 1"In
quel giorno ci fu una grande persecuzione contro l a chiesa di Ge rusalemme ; tutti si dispersero per le regioni della Giudea e della Sa maria, eccetto gli apostoli . 2 Alcuni uomini timorati seppellirono Ste fano e fecero per lui un grande lutto. 3 Saulo intanto devastava la chie sa ; penetrando nelle case , trascinava fuori uomini e donne e li faceva mettere in prigione . 4 Ma quelli che si erano dispersi se ne andarono in giro predicando la parola del vangelo. 5 Filippo, disceso nella città della Samaria, annun ziò ad essi il Cristo . 6E le folle seguivano con attenzione le cose dette da Filippo , ed erano unanimi nell 'ascoltarlo , vedendo i segni che ope rava . 7 lnfatti molti di quelli che avevano spiriti immondi gridavano a gran voce e ( gli spiriti ) se ne partivano ; molti paralitici e zoppi furo no guariti ; 8 di modo che grande fu la gioia in quella città . 9 0ra v 'era già da tempo nella città un uomo di nome Simone che eser citava arti magiche e sbalordiva la gente di Samaria, dicendo di essere un grande personaggio , 10e tutti dal più piccolo al più grande lo segui vano dicendo : «Questa è la potenza di Dio che è chiamata grande » . 1 1 Gli davano ascolto perché già da lungo tempo li aveva sbalorditi con )e sue magie . 12Ma quando credettero a Filippo che annunciava la buo na novella sul Regno di Dio e sul nome di Gesù Cristo, uomini e don ne si facevano battezzare. 13 Anche Simone credette e fu battezzato e seguiva sempre Filippo ; e nel vedere i grandi segni e i prodigi che av venivano , rimaneva incantato .
I quattro racconti paralleli nei capp. 8 - r 2 e finizio della mis sione ai pagani. Fino a questo momento Luca aveva fatto cor rere gli eventi della sua narrazione su di un unico binario , e Io stesso farà a partire dal cap. I 3 ; ma nei capitoli intermedi segue diversi binari che corrono tra loro paralleli : l'attività r . di Paolo ( 8 , 3 ; 9 , I - 3 o ; I I , 2 5 - 3 o ) ; 2 . quella degli sconosciu ti ellenisti ( 8 .4 ; I I , I 9- 24 ) ; 3 . quella di Filippo ( 8 , 5 - I 3 . 2 640 ) e 4 . quella di Pietro ( facendola cominciare un po' dopo : 8 , I 4- 2 5 ; 9 , 3 2 - I I , I 8 ; r 2 , 3 - I 9 ) . Si è più volte tentato di con cludere a singole fonti , che Luca avrebbe utilizzato , partendo
212
L'�vangelo giunge in Samaria
da certi indizi ( p . es . l'affinità tra 8 ,4 e I I , 1 9 ; Pietro e Filip po che agiscono l 'uno accanto all'altro senza incontrarsi ecc. ) . M a nemmeno qui s i può sostenere con sicurezza che Luca ab bia utilizzato fonti scritte. Anche ammesso questo, egli ha rie laborato le sue fonti cosl a fondo che , malgrado restino alcu ne incongruenze, non possono più essere distinte con sicu rezza ( cfr . Introd. 6 ). Nel corso di questo periodo, in cui si verifica il passaggio dalla vita della prima comunità all'attività universale di Pao lo, si inaugurò un momento decisivo e importante : l'inizio della missione ai pagani. Ma il parallelismo menzionato tra i diversi binari su cui corre la narrazione impedisce di stabilire con sicurezza a chi spetti l'onore di aver compiuto il primo passo . Cos'è avvenuto prima, la conversione dell'etiope per opera di Filippo, quella di Cornelio per opera di Pietro , la missione ai pagani degli sconosciuti Cirenei e Ciprioti ad An tiochia o quella di Paolo ( a Damasco? cfr . 9 , 1 9 ss . ; in Ara bia ? vedi comm. a Gal. I , I ? s . ; a Tarso ? vedi comm. a 9 , 3 0 ). In 1 5 ,7 e soprattutto nell'accuratezza con cui Luca espone i fatti dei capp. 1 0 s . è evidente la priorità che egli riconosce a Pietro . L'espressione « tra voi » in I 5 ,7 potrebbe certamen te limitare questa priorità alla missione della comunità pale stinese, di modo che resterebbero aperte le altre tre possibi li tà . Un confronto storico-stilistico dà a riconosce come più autentico il breve e sobrio racconto di 1 I , I 9 ss . ; inoltre , sic come sugli inizi della missione di Paolo ai pagani dobbiamo limitarci a supposizioni, di fatto l 'ipotesi più probabile è che dobbiamo attribuire la palma a quegli ellenisti sconosciuti . I -3 . I vv . I - 3 hanno la funzione di connettere i diversi binari
su cui correrà la narrazione successiva con quello che viene prima . Il primo martirio non fu soltanto il segnale d'avvio della persecuzione contro la giovane comunità cominciata pro prio «in quello stesso giorn·3 » , ma anche la scaturigine del l 'azione missionaria dei perseguitati , da una parte , e, dall'al-
Act. 8,Ih-IJ
213
tra, di Paolo, inizialmente persecutore : 8 ,4 e I 1 , 1 9 si ricolle gano a 8 , r b ; 9 , 1 riprende 8 , r a . 3 . Si dimostra vero, così, fin da principio il detto di Tertulliano : il sangue dei martiri è il seme della chiesa . Stando alla lettera, la persecuzione avreb be dovuto coloire tutta la comunità . Ma l'indicazione « tutti» viene subito Ùmitata da quella «eccetto gli apostoli» . Ed è strano che siano proprio loro a restare ( cfr. 4 , 1 8 . 2 1 ; 5 ,40 ! ), Restano in base al comando di Gesù ( 1 ,4 ), o perché il capo cristiano doveva per principio restare legato alla sua ·sede' ( come il sommo sacerdote giudaico e più tardi il fratello del Signore Giacomo ), oppure perché non dovevano abbandona re la loro comunità nel momento della persecuzione o, al con trario, perché venivano lasciati in pace dai loro compatrioti che riconoscevano in loro dei buoni giudei ? Dai racconti suc cessivi risulta che a Gerusalemme rimasero non soltanto gli apostoli ( cfr . vv . 1 4 . 2 5 ; 9 , 2 7 ; r r , r ; 1 5 ,2 ) ma anche altri cri stiani ( 9 , 2 6 . 3 1 ; r r , I s . 2 2 ) ; d'altro canto , è significativo che tra i dispersi si notino quasi soltanto dei cristiani ellenisti ( 8 ,5 ss . ; r 1 , 1 9 s. ). L'unica eccezione potrebbe essere costitui ta da Anania in Damasco , che però , così com'è caratterizza to in 2 2 , 1 2 ( vedi ad loc. ), dev 'essere ritenuto piuttosto un membro dei gruppi palestinesi di stretta osservanza della leg ge ( vedi comm . a 9 , r o } . È chiaro, dunque , che la persecuzio ne venne diretta specialmente contro gli ellenisti . Per quanto ciò possa risultare sorprendente, nondimeno le nostre fonti avvalorano quest'ipotesi . Probabilmente Postilità giudaica ( vedi comm . a 6 , 1 3 ) fu provocata da un atteggiamento più li bero nei confronti della legge, cui era già preparata la via ne gli ambienti della diaspora. Sembra, invece, che il gruppo pa lestinese dei cristiani fosse considerato come una · sinagoga'· particolare o come una pia setta ( cfr . comm. a 2 4 , 1 4 . 5 ; 2 8 , 2 2 ) accanto alle altre ( come la comunità battista e quella es-· senica della nuova alleanza ) e che abbia continuato a soprav vivere più o meno indisturbato in seno alla comunità del po polo giudaico fino al tempo della guerra giudaica . Si trattava.
L'evangelo giunge in Samaria
214
di una conseguenza positiva dell'innegabile 'regiudaizzazione' che dobbiamo osservare nella comunità primitiva palestinese rispetto all 'atteggiamento e alla predicazione di Gesù ( cfr . 2 1 , 2 0 s . ecc . ). L'autore ci fa vedere il concatenamento degli eventi in serendo tra le notizie sulla persecuzione quella sulla sepoltu ra di Stefano . Era obbligatorio seppellire un giustiziato ( Deut. 2 1 , 2 2 s . ; dr. Mishna, Sanhedrin 6 , 7 ) ; tu ttavia , supponendo che già allora fossero in vigore le disposizioni della Mishna, non era permesso celebrare il lutto in ·pubblico , ma soltanto «fare lutto nel cuore » . Perciò, il «grande lutto» su Stefano, come il pubblico attestato di lutto su Gesù che Luca ci ha tramandato ( Le. 2 3 ,2 7 .4 8 ) ha l'aria addirittura di una prote sta contro gli uccisori, tanto più significativa se gli «uomini timorati» erano giudei, come fa pensare la lettera del testo (cfr . 2 , 5 ; Le. 2 , 2 5 ; contro ciò cfr. 2 2 , 1 2 con 9 , 1 0 ; Hebr. 1 2 , 2 8 ) Secondo una tradizione più recente, Gamaliele avrebbe accolto Stefano nella sua tomba, come aveva fatto il suo col lega Giuseppe di Arimatea con la salma di Gesù ( Le. 2 3 ,5 0 ). Paolo fa per la seconda volta una rapida comparsa, in contra sto coi pii seppellitori di Stefano, come prima lo era con la figura del pio martire ( cfr. 7 , 5 8 ) . Che Paolo fosse l'anima del la persecuzione è uno di quei rari dati degli Atti che si sosten gono con la loro propria testimonianza ( cfr. Gal. 1 , 1 3 . 2 3 ; I Cor. 1 5 ,9 ; Phil. 3 ,6 e anche I Tim. 1 , 1 3 ). L'unica differenza ( cfr. però anche comm . a 9 , 1 - 1 9a ) sta nel fatto che Paolo nel le sue lettere non dice mai chiaramente ( lo dice però in Act. 2 6 , 1 0 ) di aver esercitato quest'attività di persecutore in Ge rusalemme ; stando a Gal 1 ,2 2 quest'ipotesi sembrerebbe po co verosimile . D'altro canto, Paolo conferma i dati degli Atti affermando che sua intenzione era di sterminare la comunità dei cristiani ( cfr. Gal. 1 , 1 3 . 2 3 con Act. 9 ,2 1 ) e cioè che si prefiggeva di giustiziarli ( cfr. 9 , 1 ; 2 2 ,4 ; 2 6 , 1 o ) . Per questo motivo procedeva regolarmente con sistematiche perquisizio.. 2-5 .
.
.
,
215
ni ( che erano proibite nelle persecuzioni romane, almeno da Traiano a Decio ) e trascinava in tribunale anche le donne (dr. 9 , 2 ; 2 2 ,4 ). Sapeva , infatti, che le donne, come dovunque, e rano molto pericolose per la tenacia con cui conservavano e trasmettevano le tradizioni religiose. Ma ecco che di nuovo si dimostra vera la regola di Giuseppe ( Gen. 5 0 ,2 0 ; vedi comm. a 2 , 2 4 ; 7 ,9 s . ) : mentre Paolo infuria contro l'evangelo là do ve è sorto, Dio lo fa uscire per le vie del mondo . Infatti, i fuggiaschi e i dispersi non si ritirano in regioni remote, in grotte e in altri nascondigli, ma arrischiano un'attività pub blica per le vie del mondo ( cfr. 8 , 2 6 .40 ; 1 1 , 1 9 ) : fu un gros so rischiò, ma che ebbe grandi conseguenze. Lo strano è che purtroppo non ci vien detto quasi nulla di questi primi auda ci missionari, e in ogni caso nulla di una missione in Giudea ( e in Galilea ), come ci dovremmo attendere stando a I , 8 . E videntemente Luca non disponeva di dati in proposito e do vette accontentarsi di brevi allusioni ( 8 , I ; 9 , 3 I ; anche 2 6 , I I e cfr . , inoltre, 1 Thess. 2 , I 4 ; Gal. 1 , 2 2 ). «La parola » che que sti primi missionari annunciano è un forma abbreviata molto usata negli Atti ( cfr. 4 ,4 ; 1 0 ,44 ; r i , I 9 ; 1 7 , I I ecc . ) che, co me la « via » ( cfr. comm . a 9 , 2 ; 24, 2 2 ) e «il Nome » ( 5 ,4 1 ) sta per l'evangelo del Regno di Dio o di Gesù Cristo ( dr. v. I 2 e comm . al v. 5 ). Altre forme abbreviate equivalenti sono «la parola del Signore» ( v . 2 5 ; I 2 ,24 ; 1 3 ,4 8 s . ; I 5 , 3 5 s . ; 1 6 , 3 2 Testo B e Testo Imperiale ; I 9 , r o . 2 o ) , « la parola di Dio » ( v . 4 Testo B ; 4 ,2 9 . 3 I ecc . ), « la parola dell'evangelo » ( I 5 , 7 ) ecc . ( vedi comm . a 1 4 , 3 e anche a I 8 ,25 ). Luca ci ha dato in formazioni dettagliate di uno solo di questi dispersi' ( vedi B , r . 4 ), traendole probabilmente da una fonte particolare ( il testo rivela qua e là corruzioni, specialmente ai vv . 6 s . , e an che doppioni : cfr. v . I 1 coi vv . 9 . I oa ), cioè di Filippo , l'uni co membro oltre a Stefano del gruppo dei sette ( 6 ,5 ) di ·:ui negli Atti ci venga riferito qualcosa di più preciso ( cfr . comm . a 8 ,5 -40 e anche 2 r ,8 ) . Quanta stima abbia goduto nella cri stianità antica lo dimostrano gli apocrifi, gli Atti secondo Fit
L'evangelo giunge in Samaria
216
lippo e il vangelo apocrifo pubblicato sotto suo nome. In tem pi posteriori è stato certamente scambiato coll'apostolo omo nimo ( I , I 3 ). Con Filippo l'evangelo arriva in Samaria, dove egli precede gli apostoli ( vedi 8 , I 4 ss . ) testimoniandovi per primo Gesù ( vedi I ,8 ) Come campo d 'azione si sceglie la capitale oppure ( Testo B ) «una città » della Samaria ( cfr. Io. 4 , 5 ). L'espressione «quella città» ( al v . 8 ) sembra pre supporre per il v . 5 la le zione del Testo B . Ma, dal momento che Filippo sposta poi la sua attività verso la sede del procuratore ( vedi v. 40 ; 2 I ,8 ); Cesarea , è verosimile che egli seguisse criteri analoghi a quel li di Paolo, che stabiliva di preferenza la sua base di operazio ni nei capoluoghi delle regioni in cui arrivava ( vedi comm . a I 3 ,6 ; I 7 , I ; I 8 , I ) ; è pure probabile, perciò, che Filippo si stabilisse nel centro della regione di Samaria , o nella capitale d allora Sebas te, l 'an tica Samaria ( cfr . I Re g. I 6 , 2 4 ) , città pre valentemente greca, oppure a Sichem , a circa I 5 km a sud-est e molto più antica ( cfr . 7 , I 6 ; Gen. I 6 ), che era divenuto il centro religioso dei Samaritani dopo la distruzione del tem pio sul Garizim { cfr . Io. 4 , 2 0 . 5 ) e che probabilmente già Si mone aveva prescelto come sede della propria attività ( vedi v . 9 ). I l contenuto del kerygma, cioè del messaggio di Filippo troviamo qui per la prima volta negli Atti il verbo pertinente ' annunciare come araldo' ( kéryssein ) ( cfr . comm . a 9 , 2 0 ; il sostantivo non ricorre negli Atti ) - è compendia to in una pa rola : il Cristo ( cfr . 4 , I 8 ; 5 ,40.42 ; 9 , I 5 . 2 0 . 2 7 s . ; I I , 2 0 ) . Fu senza dubbio un passo audace per un uomo che i Samaritani consideravano giudeo quello di annunciare loro , nel cuore del l' an tigiudaica Samaria, come loro Ta • eb ( = colui che deve ve nire, il Messia ) il re dei giudei che essi avrebbero certamente respinto. Forse proprio questa audacia fu g iustificata da un notevole successo ( vedi vv . 6 e I 2 ). Nel v. I 2 come contenu to dell evangelo viene aggiunto al nome di Gesù Cristo anche il Regno di Dio ( cfr. Le. 4 ,43 con Act. 5 ,42 ). Luca, che spes so riporta delle indicazioni riassuntive come sviluppi teolo.
'
'
.
Act. 8,rb-IJ
217
gici, nomina più volte in aggiunta al nome di Gesù ( vedi comm . a 1 , 3 ) il Regno di Dio come contenuto del messaggio e, quel che è notevole, del messaggio di Paolo ( I 9 , 8 ; 2 0 , 2 5 ; 2 8 ,2 3 . 3 I ); a differenza delle lettere di questo (c'è solo in Col. 4 , I I ; diversamente in I Thess. 2 , I 2 ecc. ) . Questa era possi bile perché Luca nella sua teologia non aveva conservato in tutta la sua forza né l 'urgenza escatologica del messaggio di Gesù né la profondità soteriologica della predicazione paoli na. 6-7 . Come con Gesù ( cfr. I , I ) e gli apostoli ( cfr . 2 ,4 2 s. ecc. ), l'annuncio della parola è confermato da azioni prodigiose ; in fatti , le guarigioni e le cacciate dei demoni sono azioni som boliche che ' il Cristo in persona' compie ( cfr . 3 , I 6 ; 9 , 3 4 ) co me segno che sta per irrompere il Regno di Dio . Esattamente come con Gesù , i demoni scacciati se ne vanno con grande strepito ; le alte grida nel N.T . sono tipiche sia dei depositari dello Spirito santo ( vedi comm . a 7 ,6 o ; 1 4 , I o ) come dei pos seduti dagli spiriti maligni ( cfr . I 6 , I 7 ; .Mc. 3 , I I ecc . ). Inve ce di 'demoni ' Luca usa qui ( e in 5 , I 6 ) l'espressione « spiri ti immondi » derivante dal giudaismo ( cfr. Mc. I , 2 3 ) I primi cristiani , come i giudei, vedevano nell'essere posseduti dal demonio, nell'idolatria ( cfr . I s. 5 2 , I ; .Act. I 0 ,2 8 ; I Cor. 7 , I 4 ) e nell 'immortalità ( cfr . Le. 8 , 2 ; Rom . I , 2 4 ; Gal. 5 , I 9 ecc. ) tre aspetti strettamente connessi dell'impurità. .
6-9 . Il successo di Filippo in Samaria, che per i giudei era quasi terra pagana, proverbiale patria della magia ( cfr . Io. 8 , 48 ) , non è meno sorprendente di quello degli apostoli nella presuntuosa Gerusalemme. Anzi, Luca descrive l'apertura dei Samaritani allo stesso modo di Giovanni ( 4 , 3 9 -42 ) . Filippo passa immediatamente al battesimo (v. I 2 ; cfr. v . 3 8 ) come gli apostoli a pentecoste ( cfr . comm. a 2 ,4 I ) . Per quanto né qui né al v . I 6 sia detto che fosse lui in persona a battezza re, tuttavia i vv . I 5 ss . lo presuppongono chiaramente ( cfr .
L'evangelo giunge in Samaria
218
comm . a I 0 ,4 8 ). L'autenticità della fede dei Samaritani si di mostra nella gioia che invade «quella città » ( vedi comm . al v . 5 ) , quasi una eco alla lieta novella di Gesù Cristo ( v . 5 ) e co me segno che sta per irrompere il Regno di Dio ( v . I 2 ) ( cfr. v. 3 9 ; 1 3 ,48 5 2 ; 1 6 , 3 4 ) Il più grosso successo di Filippo fu quello di aver conquistato Simone, il più celebre rappresen tante del sincretismo samaritano . La figura di questo Simone è stata rivestita di un manto di leggende cosl spesso che è dif ficile trarre in luce gli elementi storici . Il martire Giustino, che pure proveniva dalla Samaria, descrive Simone come un grande mago che praticava le sue arti in commercio coi demo ni, che agivano per mezzo suo e, nello stesso tempo, lo ser vivano . Per altri padri della chiesa Simone era il prototipo dell'eretico, cui si attribuiva la paternità non soltanto di un sistema gnostico completo, ma anche la pretesa di attributi divini ( cfr . vv . 9 s . ) : « lo sono il glorioso, il paracleto, l'onni potente , la pienezza di Dio » gli fa dire Girolamo. Nel pènsie ro pagano questi attributi fanno tutt 'uno : il sapere sopran naturale conferisce anche una forza soprannaturale, e insieme sono il segno di una natura soprannaturale·, di un 'uomo divi no' ( vedi comm . a 5 , I 5 ). Per questo , una 'indovina' e una strega, un mago e un gnostico non sono necessariamente la stessa cosa ( cfr. comm . a I 3 ,6 ) . .
.
I O- I 1 . I l successo di Filippo appare tanto più �ignificativo se pensiemo che Simone, secondo Luca ( v . 1 I ), aveva operato per lungo tempo in Samaria e aveva già dato inizio ad un mo vimento tale da trascinare dietro a sé l'intera popolazione del la regione con le sue arti magiche, capaci di entusiasmare, co m'è comprensibile, soprattutto i bambini ( v . x o ) - su questo gli Atti non dicono niente di particolare a differenza delle leg gende posteriori - e con la sua pretesa di essere «un grande personaggio» . Ciò potrebbe significare : 'un rabbi' , 'un mae stro', ma anche 'un certo maestro ' , sottintendendo quindi la pretesa di essere Gesù redivivo ( cfr. Mc. 6 , 1 4 ; 1 3 ,6 . 2 1 s . ).
Act.
8, Ib-IJ
219
Tuttavia, l'analogia dell'autodesignazione di Simone con quel la di Teuda ( 5 , 3 6 ) rende più verosimile l'ipotesi che si trat tasse di una pretesa direttamente messianica . Ma è chiaro che il popolo lo intende in maniera diversa : con la sua adesione a Simone ( v . r o ) risulta evidente che l'ambiente sincretistico rende un certo fenomeno suscettibile di interpretazione sia in un contesto pagano che in uno biblico . Il titolo che il po polo attribuisce a Simone « la grande Potenza di Dio » potreb be essere una definizione giudaica di Dio, come rieccheggia nelle parole stesse di Gesù ( Mc. 1 4 ,6 2 ; il genitivo «di Djo» potrebbe averlo aggiunto Luca� come lo ha aggiunto a «Cri sto » in Le. 9 , 2 0 e 2 3 , 3 5 ). Ma forse è più giusto richiamarsi alle divinità sincretistiche del tempo , che venivano chiamate 'la grande forza del dio immortale' o 'in cielo' , cioè una sor ta di incarnazione del dio trascendente ; per cui dev'essere giu sta la tardiva informazione di Giustino ( Apologia r , 2 6 ) se condo la quale Simone era venerato come una divinità . Di fatto , quel titolo attribuito a Simone viene qui inserito nella forma allora corrente di una professione di fede religiosa . Al la formtùa di rivelazionè celeste in terza persona ( Mt. 3 , 1 7 ; r 7 , 5 ) , all'autoconfessione del rivelatore in prima persona ( p. es . Io. 1 4 ,6 ) e alla confessione dei discepoli in seconda per sona ( p. es. Mt. r 6 , r 6 ) corrisponde la professione di fede dei messaggeri e della comunità in terza pèrsona ( cfr. Act. 9 , 2 0 . 2 2 ; 1 0 , 3 6 ecc. ) : «Questa è . . . » ( vedi comm . a 4 , 1 r ) . L'auto confessione di Simone del v . 9 , tradotta in discorso diretto, deve anch'essa aver suonato : « lo sono . . . >> . Questa forma di autoconfessione è altrettanto ambigua quanto l'intera figura di Simone ; infatti , la formula di autorivelazione di Dio nell'A. T . e la pretesa di rivelazione dei taumaturghi e delle divinità ellenistici gi somigliano al punto da confondersi . Come nel culto dell'imperatore romano , anche nella religione di Simo ne avviene che una personalità storica vien posta sullo stesso piano di un essere divino . Secondo i dati che troviamo in Ire neo e Tertulliano , Simone venne perfino considerato una con-
220
LA missione degli apostoli in Samaria
tinuazione o una c riproposta' di Gesù come più tardi Maomet to. Bastano questi paralleli per capire quanto fosse seria la concorrenza che la gnosi simoniana ha esercitato nei confron ti della giovane cristianità . Le predizioni di Gesù in Mc. I 3 , 2 1 ss. par. acquistavano qui un significato di attualità . Il racconto di Luca non lascia certo trasparire un gran che delPentità e del pericolo delle arti magiche di Simone . Se teniamo presente tutto quello che sappiamo da altre fonti su quest'uomo, il nostro racconto non può mancare di sorpren dere in tutti i sensi : non vi si dice nulla di un 'opposizione di Simone, nulla di una grave disputa come per Stefano ( 6 ,9 s . ), nulla di una divisione nel popolo come per Gesù ( p . es . Io. 7 , I 2 ), mentre i Samaritani , almeno sembra , passano in blocco da Simone a Filippo ; anzi , lo stesso Simone, come è detto, abbraccia la fede e si fa battezzare e proprio lui che a veva fatto sbalordire i suoi compatrioti con prodigi magici ( vv . 9 . I I ) resta sbalordito di fronte ai miracoli operati da Fi lippo nello Spirito . Cosi come ci espone le cose il v . I 3 , pos siamo soltanto sospettare che Simone avesse aderito tanto strettamente a Filippo attirato dai suoi prodigi , che probabi] mente non avevano ancora superato quell 'ambito in cui egli stesso aveva agito fino ad allora . Soltanto col seguito della vi cenda diventa chiaro che la sua non era vera fede , non era au tentica conversione ; egli resta come prima attaccato alla. ma-· gia ( vedi v . 1 9 ! ). Con la storia che segue Luca vuole anche di mostrare che Filippo ha posto soltanto una base, mentre sa rà compito degli apostoli portare la pienezza della potenza dello Spirito e la vittoria definitiva sulla forza pagana avver sa impersonata da Simone (cfr. però v . 2 6 ) . I 2- I 3 .
La missione degli apostoli in Samaria: Simon Pietro e Simon Mago,, 8 , 1 4-25
1 4 Avendo sentito gli apostoli in Gerusalemme che la Samaria aveva accolto la parola di Dio, mandarono ad essi Pietro e Giovanni , 15i qua-
Act. 8,z4-25
221
li , giunti colà , pregarono per loro, affinché ricevessero lo Spirito san to ; 16 infatti non era ancora disceso su alcuni di essi, ma avevano sol tanto ricevuto il battesimo nel nome del Signore Gesù . 17 Allora im posero le mani su di loro e ricevevano lo Spirito santo . 18 E Simone, vedendo che per la imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito, offrl loro del denaro 19 dicendo : «Date anche a me questu potere, affinché qualsiasi persona a cui io imporrò le mani riceva lo Spirito santo » . 20Ma Pietro gli rispose : « < n perdizione te e il tuo de naro , poiché hai creduto che si potesse comprare con denaro il dono di Dio. 21 Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa parola, poiché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. 22 Pentiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti voglia perdonare questo proposito del tuo cuore ; 23 infatti ti vedo immerso in fiele amaro e in legami di iniquità » . 24 Simone allora rispose dicendo : «Pregate voi per me il Si gnore, affinché non mi accada nulla di quello che avete detto » . 25 Quanto ad essi , dopo aver reso testimonianza e aver predicato l a pa rola del Signore, tornarono a Gerusalemme , evangelizzando molti vil laggi della Samaria. v . 2 1 : Ps. 78 ,37 ; v . 23:
Deut.
29, 1 7 LXX ; ls. 58,6.
La notizia dell'attività missionaria di Filippo offre agli a postoli il motivo ( vedi comm . al v. I ) per mandare una dele gazione in Samaria, probabilmente sia per mantenere in co munione con Gerusalemme tutti i neoconvertiti al cristiane �imo, sia per la preoccupazione di conservare la purezza della fede e della vita nella comuni tà sorta proprio nella famigera ta Samaria . Vengono inviati gli apostoli principali per soddi sfare così una terza esigenza , quella di subordinare agli apo stoli i primi cristiani . Qualcosa di simile si ripete nel successi vo campo d'azione di Filippo, la regione costiera della Pale stina ( 9 , 3 2 ss . ) e in particolare nella sua successiva sede di Ce sarea ( cfr . ca pp. I o s . ), per quanto non vi si parli espressa mente di un invio di Pietro da parte della comunità primiti va. La cosa si ripete poi una terza volta nei confronti dell'o pera svolta dagli sconosciuti ellenisti ad Antiochia , per quan to non vi venga inviato un apostolo , ma Barnaba ( r I , 2 2 s . ), I 4.
222
La missione degli apostoli in Samaria
che ben si prestava a fungere da mediatore ( vedi comm . 3 6 ).
a
4,
1 .5 - 1 7 . A dire il vero, è sorprendente e strana la maniera con cui Luca ci presenta il compimento della missione apostolica in Samaria : nessuna parola di rallegramento per l'opera di Fi lippo e per la giovane chiesa ( cfr . 1 1 , 2 3 ); soprattutto, nem meno una parola su di un'eventuale predicazione degli apo stoli ( abbiamo soltanto un'allusione ai vv . 2 1 e 2 .5 ). L'inte resse è volto esclusivamente al conferimento dello Spirito con la preghiera e l 'imposizione delle mani da parte degli aposto li ed è visibilmente condizionato dal successivo incontro col samaritano Simone . La missione e l'attività degli apostoli fan no l'effetto di una introduzione a questo incontro . Inoltre, da esse risulta che l'azione dello Spirito santo è rappresentata in forma visibile , tale da poter essere percepita anche da un non credente ( v . I 8 ), probabilmente con fenomeni estatici e in particolare sotto forma di glossolalia ( cfr . comm . a 2 ,4, 1 7 s . ; I 0 ,46 ; I 9 ,6 ) . Le maggiori perplessità sono sollevate qui dal fatto che il dono dello Spirito è vincolato agli apostoli , con la conseguente separazione tra battesimo e conferimento del lo Spirito. Contro la storicità di questa narrazione stanno i seguenti elementi : I . nella concezione costante non solo di Luca , ma anche del cristianesimo primitivo in generale , il bat tesimo e lo Spirito che è dato a tutti i cristiani , costituiscono un'unità inscindibile ( cfr . la nota su 2 , 3 8 ; non facciamo que stione qui di comunicazioni e conferimenti speciali dello Spi ri t o: cfr . com m. a 6, 3 ; 4, 8 ) . Abbiamo addirittura un caso in cui il conferimento dello Spirito precede il battesimo ( I 0 ,44 ss . ) . 2 . L'eunuco etiope ricevette lo Spirito col battesimo am ministrato da Filippo ( v . 3 9 , perlomeno secondo il Testo B ) ; lo stesso avvenne col battesimo unito all 'imposizione delle mani che Anania amministrò a Paolo ( vedi comm . a 9 , I 7 s . ) e Paolo ai discepoli di Giovanni ad Efeso ( I 9 , .5 s . ; quest'epi sodio non può fare da parallelo a 8 , I 7 perché il battesimo
Act. 8,14-25
223
senza Spirito qui non è quello cristiano, m a i l battesimo di Giovanni di I 9 , 2 s . , e perché battesimo cristiano e imposi zione delle mani non vengono qui presentati come separati ). La contraddizione con l'altro quadro , perciò , non sta nella trasmissione dello Spirito santo mediante la preghiera e l'im posizione delle mani ( cfr. comm . a 6 , 6 ; tuttavia in stretta con nessione col battesimo come in I 9 ,5 s . ), bensl nel fatto che a questo effetto siano abilitate soltanto la preghiera e l'imposi zione delle mani degli apostoli e venga meno la forza di pro durlo nel battesimo amministrato da altri , tanto più che il confronto dei vv . r 6 e r 7 dà l'impressione che le mani degli apostoli detengano una forza superiore a quella del nome di Gesù . La missione degli ellenisti e la comunità primitiva. Tra le due
pericopi 8 ,5- 1 3 e 8 , 1 4-24 c'è indubbiamente una certa ten sione. Nella prima Filippo ci appare come missionario prov visto di pieni poteri e fondatore della chiesa , al quale solo si deve se «la Samaria aveva accolto la parola di Dio » ( v . 1 4 ) ; nella seconda risulta, invece, che l a sua opera manca del co ronamento decisivo, cioè la comunicazione dello Spirito san to alla giovane chiesa e che la conversione più importante da lui operata era tutt'altro che autentica . In ambedue i brani sono gli apostoli a portare a t�rmine l'opera di Filippo , di mo do che il suo ruolo appare del tutto subordinato rispetto a quello degli apostoli . Prosegue cosi la linea del racconto di 6 , I ss. , che mirava chiaramente a presentare i sette come subor dinati ai dodici . A dire il vero , questa subordinazione non vien mai illustrata in seguito con un incontro diretto degli a postoli coi missionari ellenistici , che appartenevano al colle gio dei sette o ne dipendevano , né in Samaria , dove Filippo stranamente scompare durante la visita degli apostoli ( tra il v. I 3 e il v. 2 6 ) , né a Cesarea, per quanto il confronto tra 8 , 40 e 2 I , 8 dovrebbe far supporre che Filippo vi rimanesse quando arrivò Pietro ( 1 0 ,24 ss . ; cfr . anche Io. 4 , 3 6 ss . dove
224
La missione degli apostoli in Samaria
«gli altri » del v . 3 8 , che hanno preparato il terreno agli aposto li come seminatori, si riferisce forse ai missionari ellenisti ), né in una delle città della costa ( cfr . v. 40 con 9 , 3 2 ss . 3 6 ss . ), ·e nemmeno ad Antiochia ( cfr. I I , I 9 ss. 2 2 ss. ). La preminenza degli apostoli, invece, è messa in risalto da Luca con un altro fatto : se è vero che egli racconta prima la conversione dell'eu nuco, che non era completamente un pagano incirconciso , o perata da Filippo ( 8 , 2 6 ss . ) e la missione ai pagani dei missio· nari di Antiochia ( I I , I 9 ss. ), tuttavia pone davanti a tutto questo, sia in ordine d'importanza che di tempo , la conversio ne di Cornelio operata da Pietro ( cfr . I 5 , I 4 ). Ma è soprattutto in questo racconto ( 8 , I 5 ss . ) che Luca at tribuisce agli apostoli una priorità eccezionale : I . essi hanno il potere di pronunciare una preghiera di singolare efficacia ( cfr. comm . a 6 ,4 ), corrispondente ad una fede carismatica, la cui forza ed efficacia eccede di gran lunga la media della :fe de cristiana ( vedi comm . a 6 , 5 ) . 2 . Con questo carisma apo stolico, anche e in particolare la loro imposizione delle mani ( vedi comm . a 6 ,6 ) acquista una forza speciale. 3 · Soprattut to essi sono in grado di compiere ciò che non aveva potuto il brillante evangelista Filippo , cioè di comunicare lo Spirito santo ( cfr. però comm . ai vv. I 5- I 7 ) . Questa narrazione in particolare è sotto l'influsso di alcu ni tratti della concezione storica di Luca che si potevano rico noscere anche prima : 1 . il primato degli apostoli ( cfr. la nota su I , 2 6 ) : come capi della comunità primitiva essi sono al ver tice di tutta la cristianità ; come depositari di uno speciale po tere...s pirituale ..ess i costituiscono l'istanza normativa per tutte le questioni di direzione e sono incaricati di sorvegliare an che-fe-noove-cristianità che sorg.ono via via (vedi comm . a I 1 , I ss . 2 2 ; I 5 , 2 ) . Anzi, la chiesa si costituisce nei nuovi territo r1. soltanto allorché essi intervengono con la loro parola e la loro azione, facendo discendere lo Spirito santo sulle nuove comunità ( 8 ,.I 7 ; I o ,44 ). L'indiscusso capo degli apostoli è Pietro (vedi comm. a I , I 5 ; 2 , I 4 ; 5 , 3 ss . ) ; strettamente unito
Act. 8,z4-25
22)
a lui come luogotenente è Giovanni, che però resta del tutto i n secondo piano ( vedi comm . a 1 , 1 3 ; 3 ,4 ). 2 . La sede degli apostoli è Gerusalemme, la cui preminenza si conserva anche nel cristianesimo dei primi tempi ; se fino ad ora essa si fon dava sulla validità del tempio e del suo culto per i giudei di tutto il mondo, ora, invece, si fonda sul fatto di essere dive nuta il centro della storia salvifica in quanto luogo della cro cifissione e della resurrezione di Gesù, e la sorgente e il ca poluogo della chiesa in quanto luogo dell'evento di penteco ste . L'importanza singolare di Gerusalemme e quella degli apostoli si sostengono a vicenda ( cfr . anche comm . a r , 1 2 ; 7 , 7 ) . 3 . Fin da principio l a chiesa ha il suo centro i n Gerusa lemme ( vedi comm . a 1 ,4 . 1 2 e la nota prima di I j , r ). La pre minenza della comunità di Gerusalemme garantisce l'unità della chiesa, vincolata com'è all'ufficio apostolico . 4 · Anche la missione ha in Gerusalemme H suo centro ; essa dipende dalla comunità primitiva e specialmente dagli apostoli, e tra que sti in primo luogo da Pietro . Nei capp . 8 e 9 egli ci appare co me una specie di ispettore delle missioni, mentre nel cap. r o come missionario egli stesso . Questa duplice caratteristica va forse attribuita anche ai suoi successivi viaggi, intrapresi a scopo di missione e d'ispezione ad un tempo ( cfr . I Cor. 9 , 5 ; 1 , 1 2 ; Gal. 2 , 1 1 ss . e comm . a Act. 1 2 , 1 7 ); le affermazioni e gli accordi di Gal. 2 ,7-9 permettono di accettare ambedue le concez1on1. 1 8- 1 9 . Il seguito della storia si basa sui medesimi presuppo sti di principio e quindi soggiace agli stessi dubbi suscitati già a proposito dei vv . I 5 - r 7 . Simone resta più impressionato da gli effetti estatici operati dagli apostoli che dai miracoli di Fi lippo e rivolge ad essi il suo interesse . Da notare che non e sprime il desiderio di ricevere anch'egli lo Spirito santo, ben sì la pretesa di ottenere la capacità di trasmetterlo ad altri. Si mone è ancora impregnato di paganesimo e di magia : inter .. preta i fenomeni estatici come effetti magici , l'imposizione
La missione degli apostoli in Samaria
delle mani come mezzo magico, il potere che hanno gli apo stoli di trasmettere lo Spirito come potere magico. In fondo, il suo giudizio sugli apostoli eguivale a quello che diedero i giudei su Gesù ( cfr. Io. 8 ,48 ; Le. 1 1 , 1 5 ), per quanto in chia ve diversa ; infatti , questa forza magica è per lui quanto mai ambita, probabilm�nte perché sperava così di riguadagnare in Samaria la posizione di guida. La sua mentalità pagana si rivela soprattutto nell'illusione di potere ottenere un simile potere cmagico' col denaro ; la magia era sempre e dovunque in primo luogo una questione d'affari . Pietro risponde alla pretesa di questa prima c simonia' con una vigorosa maledizione . Infatti, il «proposito» ( v . 2 2 ) di render disponibile col denaro per le pratiche di un mago l'assolutamente indisponibile dono divino dello Spirito non è che un parto infernale ; perciò, colui che ne è responsabile , vien respinto all 'inferno, lui e il suo denaro , che qui come in molti altri passi è uno strumento del demonio (cfr . p. es . 5 , 3 ). Il v. 2 1 rontiene un'altra conclusione : chi appartiene all'in ferno non può aver parte né diritto alla causa di Dio ( cfr . 2 Cor. 6 , 1 5 ) e a tutto ciò che riguarda l 'evangelo ( l'espressione > è tesa ad eccita re gli istinti antisemitici della popolazione (dr . comm. a I 8 , I 6 ) . 2 . Essi diffondono usanze estranee e illecite per i roma ni. Sotto i romani non era consentito né ai giudei né ai rap presentanti di altri culti far proselitismo ufficialmente, per cui anche la missione cristiana diventava di fatto illegale . Pe rò non si arriva né alla costatazione di una colpa e tantomeno ad una difesa degli accusati, che avrebbe offerto a Paolo l 'oc casione di far valere i propri diritti di cittadino romano ( dr. v. 3 7 ). Stando al racconto di Luca , si ha l 'impressione di un intervento del pubblico nel processo per far pressione sui ma gistrati , i cui sentimenti nazionali e antisemitici erano stati abilmente attizzati . Si giunge ad un tumulto che le autorità sedano nella maniera per loro più semplice, cioè venendo in contro al desiderio della folla e umi1iando di fronte ad essa i due accusati . Fanno strappar loro di dosso i vestiti e li fanno fustigare davanti al popolo ( cfr. Le. 2 3 , I 6 . 2 2 ). Nella serie delle sofferenze apostoliche ( 2 Cor. I I ,24 s . ) Paolo enumera tre fustigazioni ricevute da parte dei pagani , che distingue dalle cinque ricevute dai giudei ; in tutti e due i casi si tratta va di punizioni orribili e disonorevoli ad un tempo, che arri vavano ai limiti della sopportazione di un uomo. Dopo essere stati maltrattati e vil�pesi in maniera così ingiustificata , i due missionari vengono anche gettati in prigione . Il carceriere ob bedisce all'ingiunzione di custodirli con speciale cura, quasi fossero dei delinquenti particolarmente pericolosi , in due modi . Innanzitutto li sistema nella parte più interna del car cere, che forse era sotterranea ( vedi comm. a 5 , I 8 ; 2 3 , 3 5 ) e dalla quale c'erano ben poche possibilità di fuga ; poi assicura i loro piedi alla cosiddetta gogna, uno strumento orribile , u sato spesso per i martiri, con cui le gambe dei prigionieri po tevano essere divaricate a volontà, in modo da impedire il sonno . La consapevolezza di aver trattato arbitrariamente in
Act. I6,I I-40
maniera così verg9gnosa i due missionari si rivela nella dispo sizione comunicata al carceriere la mattina dopo di rilasciare liberi i due prigionieri in tutta segretezza (vv. 3 .5 s . ) ; infatti, se il motivo fosse stato , p. es . , il terremoto, avrebbero dovuto essere lasciati in libertà anche gli altri prigionieri . Il racconto del terremoto e della conversione del carceriere. Dal momento che la conclusione dell'episodio (vv. 3 .5 ss . ) non contiene alcun accenno al suo ampio brano centrale con l 'evento straordinario (vv. 2 .5 - 3 4 ), si è pensato che questo sia stato inserito solo successivamente in un quadro che non con templava miracoli, ma si limitava a raccontare il vergognoso trattamento e l'onorevole liberazione dei missionari . Infatti , questo brano intermedio costituisce un racconto in sé con chiuso ; nella sua prima parte è il parallelo paolina di due epi sodi di Pietro ( .5 , I 8 ss . e I 2 , 3 ss . ) ; come questi, esso fa parte di un determinato tipo di storie di liberazioni che troviamo anche al di fuori del N.T. ( p . es . nella tragedia di Euripide Le Baccanti vv. 443 ss . ; nella vita di Apollonia di Tiana scritta da Filostrato , 7 , 3 4 ss . , e negli apocrifi Acta Thomae r o6 s . J I 8 s . ). La seconda parte , però, appartiene al tipo delle storie di conversione, di cui i vangeli e anche gli Atti ci offro no numerosi esempi, pet quanto notevolmente diversi ( cfr. comm. a 8 , 2 6 ). Il nostro episodio condivide più di un tratto con le altre storie di liberazione , e precisamente , oltre all'e vento miracoloso stesso che provoca la liberazione ( in parti colare l'apertura delle porte - cfr. I 2 , I o - e lo sciogliersi del le catene - dr. ·I 2 , 7 ), soprattutto il canto dei prigionieri . Questo tratto è da intendere probabilmente sullo sfondo di due rappresentazioni affini : I . la credenza nella potenza della musica in generale che può affascinare , come nel caso di Or feo , non solo le creature viventi, ma anche le cose senza vita ; 2 . la credenza nello speciale potere magico di determinate can zoni e detti, e in particolare di quelli che raccontano la storia di una liberazione miracolosa presa da un qualche mito degli
390
Paolo a Filippt
dèi, o anche soltanto vi alludono. Act. I 6, 2 5 sostituisco no a questo tipo di canzoni magiche la lode di Dio, come Acta Thomae ( I 08 - I I J ) il canto della perla . Anche nelle sto rie di conversione gioca un ruolo importante la presenza di un evento miracoloso; nei vangeli , tra gli altri, una conoscen za sovrumana e negli Atti soprattutto delle visioni, come pu re altri fatti prodigiosi ( cfr. comm. a 9 , 9 s . ) . Perciò Luca rac conta i fatti uniformandosi a un determinato uso narrativo . Tuttavia, a lui interessano tre cose : I . il testimone e confes sore autentico si rivela anche nel fatto di lodare Dio in mezzo alle sofferenze ( cfr. 5 ,4 I ) ; 2 . sono proprio le sofferenze dei messaggeri a contribuire al progresso dell'evangelo (cfr. comm. a 8 , I -3 ; 9 , I 5 s. ; I 4 ,6 ) ; 3 . Dio interviene per rimette re in attività i suoi messaggeri con la restituzione della liber tà e dell'onore offeso (cfr. 5 , 2o s. ). 2 .5 -3 1 . Dunque, i prigionieri assicurati alla gogna, incapaci di
dormire e ancora ricoperti di piaghe sanguinanti (v. 3 3 ), pre gano e cantano inni di lode invece di lamentarsi. Qualcosa di simile raccontano, p. es . , la leggenda di Giuseppe ( Test. Iosep.h 8 ,5 ) e quella di Socrate, che avrebbe scritto in prigio ne inni di lode e di ringraziamento. Il tratto apparentemente i rrilevante , secondo cui gli altri prigionieri odono la preghie ra e il canto degli apostoli , acquista importanza perché essi divengono, così , testimoni della connessione tra il canto e il terremoto . Infatti, questo canto a mezzanotte provoca la svolta non come effetto magico, bensì come risposta di Dio alla preghiera (come in 1 2 , 5 ss . ). Perciò il terremoto di Filip pi , per quanto sia un fatto tutt'altro che straordinario sulle coste del mar Egeo , è un miracolo come il terremoto del ve nerdì santo ( Mt. 2 7 , 5 I ss . ) e del giorno di pasqua ( Mt. 2 8 ,2 ) oppure come quello escatologico ( Le. 2 I , I I ; Hebr. 1 2 ,2 6 ; Apoc. 6 , 1 2 ; 8 ,5 ; I I , I J . I 9 ; r 6 , r 8 ). Lo dimostra apertamen te lo spezzarsi delle catene di tutti i prigionieri. L'improvviso terrore del carceriere viene descritto a tinte assai vivaci : è ,
Act. I6,n-4o
39 1
gi à una premessa per la sua rapida conversione. Infatti , egli deve temere la stessa cosa che i soldati ai quali era sfuggito Pietro ( vedi comm . a r 2 , r 8 ); è in gioco inoltre il suo buon nome di carceriere, ed è soprattutto per questo che tenta il suicidio . 1-v1a il messaggero di Dio veglia anche sulla vita del suo carnefice ( cfr. 7 ,6o ) ; la notizia tranquillizzante che nessu no dei prigionieri è fuggito dopo una liberazione cosl inspe rata è anch'essa uno dei tratti miracolosi della storia . Essa provoca un immediato capovolgimento nell'intimo del car ceriere : la paura mortale si trasforma in timore numinoso (cfr. comm. a 9,7; 1 0,4 e anche 7 , 3 2 ); perciò egli si getta ai piedi degli apostoli ( cfr. 1 0 , 2 5 ) ; perciò, scosso nel profondo e ormai pronto a tutto (cfr. comm . a 2 , 3 7 ; 9 , 6 ; 2 2 , 1 0 ), dopo averli condotti in libertà, chiede : «che cosa devo fare per sal varmi ? » . La breve risposta è la stessa che Paolo svilupperà ampiamente nelle lettere ai Galati e ai Romani : la fede è l'u nica via per la salvezza ( vedi comm . a 1 4 , 2 7 ; 5 , r r ), e preci samente la fede nel ·signore' Gesù (con ciò i servi di Gesù cfr . v . 1 7 - respingono l'apostrofe di · signori' del v . 3 0 ) . La promessa salvifica contenuta nella risposta degli apostoli in clude immediatamente anche la famiglia del carceriere, come dimostra Luca nei successivi vv. 3 2-34. Il N .T . , che senz'al tro conosce l'importanza decisiva della conversione individua le, insiste anche nel dare valore alla conversione di famiglie, città, paesi e di interi gruppi di popolazione ( cfr . p. es . v. 1 5 ; 8 , 1 4 ; 9 , 3 5 ; r r , r ) . Anzi , prendendola alla lettera , la risposta · degli apostoli afferma che la fede del capofamiglia ha come effetto anche la salvezza della sua famiglia, cioè possiede una capacità vicaria ( cfr. Le. 8 , 5 o ; 5 , 2 o ; r Cor. 7 , 1 4 ). 3 2 -34. E immediatamente gli apostoli conducono il carcerie re e i suoi alla fede annunciandogli «la parola del Signore » cioè l'evangelo del « Signore GesÙ » ( cfr. comm . a 4,2 9 ; 8 ,4 ). In tal modo essi danno alla nascente comunità domestica an che una breve istruzione battesimale ( vedi comm . al v . r 5 )
,
392
Paoio a Filippi
dal momento che il battesimo è un aspetto della fede ( cfr. Mc. r 6 , r 6 e anche Act. 8 , 3 7 ). Mentre Paolo di solito battezza soltanto raramente (cfr. 1 Cor. r , I 4 ss. ), è probabile che in questo caso siano stati lui e Sila ad amministrare il battesi mo ; si ricollega a questo fatto la tradizione che il carceriere sia diventato Io Stefano di 1 Cor. 1 , 1 6 e 1 6 , 1 5 ( ma ciò è di SC1Jtibile dato che 1 6, r 5 nomina l' Acaia, che non include la Macedonia ; cfr. Act. 1 9 ,2 1 ). Forse Paolo, come avvenne per la sua conversione ( vedi comm. a 9 , 1 8 s . ) , ha celebrato per il neoconvertito anche il sacramento della cena immediatamen te dopo il battesimo. Il pasto che prendono tutti insieme può essere inteso anche così ; forse a questo si allude col verbo «fece festa » , da cui deriva anche la parola 'esultanza' ( agallia Jis ) che viene usata in 2 ,46 in connessione con la festa attor no alla tavola del Signore. Quindi , nella gioia per la conver sione e per la conseguente certezza della salvezza sarebbe riec cheggiata anche la gioia escatologica che è un elemento essen ziale della celebrazione protocristiana della cena ( vedi comm . a 2 ,42 .46 ). Ma è pure possibile, ovviamente, che dobbiamo vedere qui soltanto la descrizione del banchetto festoso im bandito dai neoconvertiti ( cfr. Mc. 2 , 1 5 ; Le. 1 9 ,6 ) consape voli come tali di aver ottenuto anche la salvezza escatologica (cfr. vv. 3 0 s . ; 2 ,47 ). Ai doni ricevuti dai missionari , parola e sacramento, il carceriere risponde anche prendendosi cura di loro : deterge loro il sangue delle ferite provocate dalla fu stigazione, ne allevia i dolori e li invita alla propria mensa. È significativo il modo in cui si succedono i fatti , certamente per volontà di Paolo ; lo spirituale ha sempre la precedenza sul corporale : i missionari prima annunciano l'evangelo, poi si lasciano alleviare i dolori delle ferite. Prima battezzano i neoconvertiti, poi si permettono anche il ristoro fisico . Tutto questo avvenne nella seconda IPetà di una sola notte ( cfr . v. 2 5 col v . 3 5 ).
3 5-40. Il brano conclusivo della storia ( se eccettuiamo il v.
Act. z6,n-4o
393
3 5 Testo B ) non menziona più né ii terremoto né la conver
sione del carceriere (cfr. la nota prima del v . 2 5 ) ; se ne dedu ce che le autorità volevano concludere il procedimento infor male contro gli apostoli in maniera altrettanto informale, sen za prendere in considerazione quello che secondo Luca era accaduto durante la notte. Esse inviano i littori loro aggre gati - forse erano gli stessi che il giorno prima avevano fusti gato gli apostoli - col compito di comandare al carceriere di lasciar liberi in tutta segretezza i due prigionieri. Quest'or dine si aggiunge a quello che egli dà a Paolo da parte sua «An date in pace » . In tal modo Luca fa parhue già il pagano neo convertito col linguaggio della Bibbia ( vedi comm. a I 5 , 3 3 ) . Ma i magistrati con questo indegno modo di procedere si era no messi per Paolo dalla parte del torto ; questi il giorno pri ma, dato lo svolgimento tumultuoso del processo in tribuna le, non aveva avuto la possibilità di gettare sul piatto della bi lancia i diritti di cittadino romano suoi e di Sila, di cui ap prendiamo ora per la prima volta (vedi comm. a I 5 ,40 ), per scongiurare così la vergogna della flagellazione. Ma ora lo fa valere, per ottenere almeno un congedo onorevole. Anche in questo caso rimportante non era certamente per lui una pro pria rivincita, bensì la causa dell 'evangelo e la comunità che )asciava dietro di sé. A prescindere dal fatto che trattare un caso senza processo e senza giudizio ( vedi comm . a 2 2 , 2 5 ) era del tutto illegale e passibile di punizione, non era lecito in al cun caso fustigare dei cittadini romani . Perciò Paolo esige per lo meno una riabilitazione pubblica invece di essere di messo segretamente, come si erano proposti di fare ; egli a vrebbe avuto senza dubbio la possibilità di chiamare a sua volta i funzionari a rendiconto . Arrivano allora i più alti fun zionari della città - secondo il Testo B con un gran seguito di amici - e si presentano personalmente agli apostoli per fare le proprie scuse, pregandoli cortesemente di andarsene dalla città onde evitare ulteriori complicazioni ( Testo B : « Perché l a gente non faccia di nuovo assembramento per in-
3 94
Fondazione della comunità e persecuzione a Tessalonica
citarci contro di voi» ). Ma prima di lasciare la città, gli apo stoli ritornano da Lidia per dire alcune parole di congedo ai cristiani che restano. Paolo rimarrà poi anche in seguito in rapporti particolarmente stretti e cordiali con questa piccola comunità (cfr. Phil. I ,3 ss. ; 4 , 1 . I 5 s . ), che segna l'inizio della storia del cristianesimo in Europa. Fondazione della comunità e persecuzione
a
Tessalonica, 1 7 , 1 -9
1 Percorrendo la strada per Anfipoli e Apollonia, giunsero a Tessalo
nica, dove c'era una sinagoga dei giudei . 2 Come al solito, Paolo si re cò presso di loro e per tre sabati discusse con loro ( a partire ) dalle scritture , 3 spiegando e dimostrando che il Cristo doveva soffrire e ri sorgere da morte e che «quel Gesù che io vi annuncio, è questo il Cri sto » . 4E alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila , in specie un buon numero di greci timorati di Dio e non poche don ne tra le più eminenti . 5 1 giudei però, presi da gelosia, e raccolti alcu ni facinorosi di piazza, provocarono un tumulto nella città . Si presen tarono alla casa di Giasone e li cercavano per tradurli davanti al po polo. 6Non trovandoli , trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai politarchi gridando : «Quei tali che hanno messo a soqquadro il mondo sono ora qua, 7 e Giasone li accoglie (a casa sua ) . Tutti costo ro agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c'è un altro re , GesÙ » . 8 All'udire queste cose, la folla e i politarchi si eccitarono , 9 e fattasi dare la cauzione d a Giasone e dagli altri , li rilasciarono .
Paolo aveva dovuto lasciare Filippi prima del tempo. Ma fa di necessità virtù, come in molti altri casi ( cfr. p. es . I 3 , 5 I ; I 4 , I 4 ss . ; r 5 ,2 ) : prosegue direttamente fino a Tessalo nica, capitale della Macedonia. Come aveva fatto per i viaggi attraverso l'Asia Minore meridionale ( vedi comm. a I 4 , I ) Paolo segue anche in Macedonia la grande strada imperiale , la via Egnatia , che , dagli stretti a est , l'Ellesponto e il Bosfo ro, porta fino a Dyrrachium ( Durazzo ) sulla costa adriatica at traversando la Tracia , la Macedonia e l'Illiria e toccando le città menzionate da Luca , Neapolis , Filippi , Amfipoli , Apol lon ia e Tessalonica . È nella strategia missionaria di Paolo ( ve di comm. a I 3 ,6 ; 1 6 ,6 ) utilizzare le grandi strade costruite I -2 .
Act. I?,I-9
dall'Impero romano, giusto in tempo per la missione cristia na. Se Amfipoli e Apollonia sono intese come tappe di pernot tamento, dovrebbero risultarne dai 45 ai 6o km al giorno di cammino. Si dovrà calcolare che Paolo e la sua comitiva di sponessero a tratti di cavalcature, anche se viaggiavano per lo più a piedl (cfr. comm. a r o ,8 ). Tessalonica è situata nel l'insenatura molto pronunciata del golfo Termaico , chiamato così dall'antico nome Terma che aveva prima la città. Dal 1 4 6 a .C . era il capoluogo della provincia di Macedonia . Co me Filippi era una (colonia' con amministrazione autonoma, i cui organi erano l'assemblea del popolo ( vv. 5 . 8 ), il consiglio cittadino e cinque , in seguito sei, politarchi, vale a dire ·capi della città' ( vv. 6 . 8 ) . La vitalità di centro commerciale aveva attirato già allora un gran numero di giudei. Ancora una vol ta, il primo obbiettivo di Paolo è appunto la loro colonia ( cfr. Comm . a 9, 2 O; I 3 , 5 . I 4; I 4, I ; I 6, I 3 ; I 7, I O. I 7 ; I 8 ,4 ; l 9 , 8 ). ·La' sinagoga ( come dice il Testo Imperiale ) era, almeno sembra, il centro di tutta la colonia giudaica presente nel di stretto . Stando a Luca, Paolo vi avrebbe parlato soltanto per tre sabati ma i dati di I Thess. 2 , 7 ss. e di Phil. 4 , I 6 suggeri scono un soggiorno alquanto più lungo. Anche qui il mezzo preferito e più importante per predicare davanti ai giudei era ]a dimostrazione scritturistica ( per Paolo cfr. I 3 ,2 3 ss . 3 3 ss. ; 2 6 , 2 2 s. ). Egli si proponeva soprattutto di dimostrare che anche l'A.T. parlava già di un messia sofferente (cfr. 2 ,2 3 ; 3 , I 8 ; 8 , _3 2 ss . ; I 3 ,2 7 . 2 9 ; 2 6 , 2 3 ; Le. 2 4 , 2 5 - 2 7 .44-46 ) come pure del la sua resurrezione (cfr. 2 , 2 5 ss . ; I 3 ,34 ss . ; 2 6 ,2 3 ) e quindi della 'necessità' del suo cammino attraverso l'umiliazione verso la glorificazione ( cfr. 8 ,3 3 ; 4 , I I ; Le. 2 4 ,2 6 ). Seguiva immediatamente l'annuncio del messaggio : tutte queste pro fezie si sono adempiute in Gesù (cfr. comm. a I 3 , 2 3 . 3 2 s . ; 3 , 2 2 ss . ) ; egli è il messia dell'A.T. ( vedi 5 ,4 2 ; 9 , 2 2 ; I 8 ,5 . 2 8 ), il figlio di Dio ( 9 ,20), giudice e salvatore ad un tempo 3-4.
Fondazione della comunità e persecuzione a Tessalonica
( 1 0 ,42 s . ). Il carattere di testimonianza personale di questa seconda parte del messaggio è messo in risalto da Luca col passaggio dal discorso indiretto a quello diretto (come in I , 4, vedi ad loc. ). Stando alla testimonianza stessa di Paolo ( I Thess. I ,5 ; 2 , 2 ) le sue prediche a Tessalonica erano partico larmente pervase di quella certezza che dà la fede e della for za dello Spirito . Perciò anche il loro frutto è considerevole, anche se non tanto tra i giudei, quanto piuttosto tra i timora ti di Dio pagani ( vedi la nota su 1 0, 2 ) e, sempre tra questi, di nuovo e in maniera tutta speciale tra le donne dei ceti ele vati (cfr. v. 1 2 ) . Anche qui la missione cristiana raccogle Pe redità di quella giudaica, che pure doveva registrare partico lari successi tra le donne, fino a quelle dei ceti elevati ( vedi comm . a 1 3 ,5 0 ). 5-7 . È del tutto comprensibile, quindi , la reazione di gelosia dei giudei (come in 5 , I 7 ; I 3 ,4 .5 ) Per scatenare anche qui la reazione ( cfr. I 3 ,.5 0 ; I 4 , 2 . ,5 . I 9 ; 1 7 , I 3 ; I 8 , I 2 ), cui Paolo fa senza dubbio riferimento in 1 Thess. 2 , I 5 s . , essi non sobilla no questa volta i ceti superiori (come ad Antiochia di Pisidia, I 3 ,.50), bensì quelli inferiori . Con questa dimostrazione po polare i giudei perseguono un duplice scopo : eccitare dap prima il sentimento del popolo contro i missionari e ottenere nello stesso tempo un efficace capo d'accusa contro di essi, dal momento che i tribunali romani potevano anche infliggere la pena di morte in caso di tumulti ( vedi comm . a 4 , 2 ). Coi lo ro complici mettono sossopra il quartiere dove abitano gli apostoli per impadronirsi di essi (cfr. 9 , 2 4 ). Giasone, la cui casa è data come conosciuta, era probabilmente il maestro di bottega presso cui Paolo lavorava e abitava .(cfr. I Thess. 2 , 9 ) come Aquila a Corinto ( I 8 ,2 s . ) e come questi era un giu deo-cristiano ; è per questo che i giudei possono condurre a termine un'azione che non sarebbe stata loro consentita se si fosse trattato di cittadini romani o macedoni. Sembra che si trattasse di una persona benestante ( vedi v. 9 ) come Lidia .
Act IJ, I-9 . .
397
(cfr. comm . a r 6 , r 4 s. ) e che possedesse una casa sufficiente mente grande da potere fungere come luogo di riunione del la giovane comunità (v. 6 ). Forse è lo stesso Giasone menzio nato in Rom. r 6 ,2 r accanto ad un altro giudeo-cristiano di Macedonia, Sosipatro ( vedi comm. al v. r 2 ; 2 0 ,4 ) ; successi vamente lo si è identificato col Giasone che ricorre nei fram menti rimastici del dialogo di Aristone di Pella e. lo si è rite nutq vescovo di Tessalonica. Evidentemente avevano fatto in tempo a mettere in salvo i missionari, com'era già capitato altre volte (cfr. 9 , 2 5 . 3 0 ; 1 4 , 6 ; 1 9 ,30 s . ; 20,3 ; 2 3 , 1 6 ss . ) e al posto di Paolo vengono portate in tribunale altre persone, co me pure era già successo (cfr. 1 9 , 2 9 . 3 3 s . ). È così che vengo no a trovarsi di fronte all'assemblea popolare presieduta dai politarchi alcuni cristiani della comunità appena sorta (cfr. vv. 5 . 8 ), come capitò ai cristiani Gaio e Aristarco nell'assem blea popolare di Efeso ( 1 9 ,2 9 . 3 7 ). L'accusa dei giudei parla ancora di sedizione ( cfr . comm . a r 6 , 2 o ), anzi, addirittura di rivoluzione mondiale (cfr. 24,5 ). Ciò presuppone che i giudei di Tessalonica fossero venuti a sapere qualcosa dell'operato di Paolo, che provocava scissioni dovunque nelle comunità giu daiche (cfr. 2 8 , 2 2 ) . Se già quest'accusa era formula ta in mo do da impressionare degli organi statali non giudei, tanto più lo era la seconda : essa suona , e deve suonare così, come se Gesù fosse dichiarato una sorta di anti-Cesare, esattamente com'era davanti a Pilato ( Io. 1 9 , 1 2 ; Le. 2 3 , 2 ); infatti 'te' era lo stesso che ·imperatore' per i romani dell'epoca imperia le ( vedi comm. a 9 , 1 5 ; I Petr. 2 , 1 3 . 1 7 ; Io . 1 9 , 1 5 ). I decreti imperiali ( vedi comm . a r 6 ,4 ) contro i quali agirebbero i cri stiani devono riferirsi, di conseguenza , al culto dell'imperato re . Sono stati i giudei , quindi , a mettere in risalto quell'op posizione Cristo-Cesare che da allora ha dominato i secoli ( vedi comm . a 2 , 3 6 ; r r , 2 o ; 5 , 3 1 ). Per quanto questa accusa sia rivolta innanzitutto contro i due missionari assenti, essa vale anche per i cristiani locali che pure confessano Gesù co me • re', e in particolare per Giasone che fa della sua casa uno
Successi dell'attività di Paolo a Berea
dei punti d'appoggio della 'rivoluzione mondiale' . Queste due accuse, in sé, erano un 'arma efficace nelle ma ni dei giudei ; nessun giudice dipendente dall'Impero romano poteva permettersi di prendere alla leggera una di esse ( cfr . Io . 9 , 1 2 s . ). Cosi anche i politarchi di Tessalonica dovevano temere per la libertà della loro città ( vedi comm. al v. 1 ) se non fossero intervenuti contro coloro che si pretendeva aves sero commesso delitto di lesa maestà. Ma, stranamente, non si arriva a nessun processo o punizione, ma soltanto al paga mento di una cauzione da parte di Giasone e degli altri accu sati, che però dovevano obbligarsi a non offrire più ricovero agli accusati principali. Probabilmente per questo, ma soprat tutto per proteggere la vita degli apostoli che era in pericolo , questi vengono condotti via da Tessalonica immediatamen te, magari appena fattosi notte ( v . I o ) . Ma l'odio dei giudei sta loro alle calcagna ( cfr . v. I 3 ) e si scatena anche contro la giovane comunità di Tessalonica, come Paolo aveva predetto ( I Thess. 3 ,4 ) . L'amarezza e la contrarietà verso i giudei di Tessalonica si rispecchia ancora nel giudizio radicalmente ne gativo di Paolo in I Thess. 2 , 1 4- I 6 . 8-9 .
Successi dell'attività di Paolo a Berea e sua improvvisa conclusione, 1 7 , 1 0• 1 5
1 0 I fratelli allora notte tempo fecero partire subito Paolo e Sila per Berea . Essi, a);;.. .::n a giunti colà, si recarono nella sinagoga dei giude i . 11 Questi erano più aperti di quelli di Tessalonica, e accolsero la paro la con ogni prontezza ; ed esaminavano ogni giorno le Seri t tu re ( per vedere ) se le cose stessero in tal modo . 12 Molti di loro credettero , co me pure molte donne greche di elevata condizione e non pochi uomi ni. 1 3 Ma quando i giudei di Tessalonica vennero a sapere che anche in Berea era stata annunciata da Paolo la parola di Dio , vennero anche là per agitare e sommuovere le folle . 14 1 fratelli allora fecero partire subito Paolo in direzione del mare, mentre Sila e Timoteo rimasero là. 15 Quelli che conducevano Paolo , lo portarono fino ad Atene ; poi , ricevuto l'ordine per Sila e Timoteo di raggiungerlo al più presto , tor narono indietro .
Act. IJ,IO-IJ 1 o- 1
399
2 . La strada percorsa dai missionari in fuga portava dap
prima attraverso il caldo territorio del delta dell'Axius (War dar) e di altri fiumi in direzione ovest, quindi lasciava la via Egnatia ( vedi comm. al v . 1 ) in direzione sud-ovest e raggiun geva dopo circa 8o km Berea, l'odierna Verria, situata sulle pendici orientali della caten� montuosa della Macedonia oc cidentale . Forse i cristiani di Tessalonica avevano scelto que sta piccola città ft!ori mano come rifugio per Paolo ; tra l'al tro, essa appare come tale una volta anche in Cicerone . Ma anche qui Paolo non vuoi rinunciare all'azione per rimanere nascosto . Ancora una volta egli e Sila cercano la sinagoga e sembra che vi tengano pressapoco la stessa predicazione te nuta a Tessalonica ( vv. 2 s. ). Infatti i giudei di Berea si m et tono ad esaminare con intensità ( «ogni giorno » ) gli argo menti scritturistici addotti da Paolo . Secondo il Testo A il ri sultato tra questi giudei fu completamente positivo , secondo il Testo B discorde ; tuttavia, i due testi sono d'accordo nel rilevare che l'eco maggiore si ebbe tra i pagani vicini alla si nagoga, e soprattutto tra le donne dei ceti più elevati ( vedi v. 4 ). Di conseguenza, anche qui sorge una comunità cristiana composta prevalentemente di ex-pagani , dei quali conoscia mo soltanto un nome, Sopatro , figlio di Pirro ( 2 0,4), forse da identificare col Sosipatro di Rom. I 6 ,2 I ( vedi comm . al v . 5 ) . Dal contesto in cui appare ( vedi comm . a 2 0 ,4 ) risulta proba bile che questa piccola comunità abbia fornito un notevole contributo alla colletta per Gerusalemme ( cfr . la nota su I I 2 9 ). ,
I 3-1 5 .
Ma anche qui si verifica come a Listra un completo ca povolgimento ( cfr . I 4 , I 9 ) , sempre ad opera di �iudei prove nienti dal di fuori . Quanto sembri loro pericoloso Paolo lo dimostra il fatto che essi non lesinano né tempo né denaro per poterlo perseguitare anche a così grande distanza . Essi agiscono con gli stessi mezzi usati a Tessalonica ( vedi vv . 5 . 8 ) ed evidentemente coi medesimi risultati. Infatti anche
Paolo ad Atene
4 00
questa volta i cristiani ritengono sia il caso di costringere Paolo ad una fuga improvvisa ed ora verso una meta ancor più lontana. Atene dista da Berea circa 3 5 0 km. Non è chiaro per quale via i cristiani di Berea abbiano accompagnato Pao lo : si dice che lo accompagnarono verso il mare, ma non sap piamo se di là dal mare ( come intende il Testo A) o per via di terra ( come la intende il Testo B , che nota inoltre che Pao lo sarebbe stato impedito ad esercitare un'attività missionaria durante il viaggio attraverso la Tessaglia ; cfr. I 6 ,6 s . ). È an cor più difficile sapere con chiarezza che viaggio abbiano fatto i suoi compagni. Oltre ai dati di Luca possediamo anche quel li di Paolo in 1 Thess. 3 · Stando agli Atti , Paolo dalla par tenza da Berea fino agli inizi del periodo di Corinto ( I 8 , 5 ) sa rebbe rimasto separato da Timoteo e Sila , che nel frattempo avrebbero continuato ad operare a Berea ; secondo 1 Thess. 3 , I s . 5 egli avrebbe inviato Timoteo a Tessalonica per qualche tempo da Atene . Questi dati non sono del tutto inconciliabi li : Sila e Timoteo rimangono dapprima a Berea ( anche in que sto caso il pericolo per i compagni di Paolo sarebbe stato ri tenuto meno grave che per lui - cfr. comm . a 1 4 , I 9 s . - e di fatto sembra siano stati lasciati in pace ; cfr . comm . a I 6 , r 9 ) ; ricevuto il messaggio degli accompagnatori di Paolo che ritor navano da Atene a Berea, corre ad Atene solo Timoteo, per essere inviato subito dopo a Tessalonica ( 1 Thess. 3 ,2 ); Pao lo resta quindi da solo ad Atene ( il plurale in 1 Thess. 3 , I s. si riferisce probabilmente a lui solo, cfr. 2, r 8 ! ) Solo allorché prosegul il viaggio fino a Corinto , i due si incontrarono di nuovo con lui ( I 8 ,5 ; I Thess. 3 ,6 ) per lavorare assieme a lui in quella città ( 2 C or. I , I 9 ). .
Paolo ad Atene, 1 7 , 1 6-34 16 E in Atene, mentre Paolo
li stava aspettando, il suo spirito si irrita va dentro di sé vedendo come la città era piena di idoli. 17 Discuteva intanto nella sinagoga con i giudei e con i timorati di Dio, come pu re sulla piazza , ogni giorno, con quelli che incontrava. 18 Anche alcuni
Act. 17,I6-34
40 1
dei filosofi epicurei e stoici discutevano con luit e alcuni dicevano : «Che cosa vuoi dire questo chiacchierone? » Altri poi, poiché predi cava Gesù e la risurrezione, dicevano : «Sembra essere un predicatore di divinità straniere». 19 Lo presero e lo portarono all'Areopago dicen do : «Possiamo· sapere qual'è questa nuova dottrina che tu insegni ? » Infatti ci fai sentire cose che ai nostri orecchi suonano strane . Vo gliamo dunque sapere di che si tratta». 21 Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri ivi residenti non trovavano miglior passatempo che quel lo di riferire o ascoltare le ultime novità. 22 Allora Paolot stando in piedi in mezzo all'Areopago, disse : «Atenie si, sotto ogni aspetto io vi trovo straordinariamente religiosi . 23 Pas sando infatti, e osservando i vostri santuari, ho trovato anche un al tare su cui stava scritto: 'A un Dio ignoto'. Ebbene, colui che voi ve nerate senza conoscere, io ve lo annuncio : 24 11 Dio che ha fatto il mo11do e tutto ciò che è in esso, essendo il signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti con mani d'uomo, 25 né è servito ·da mani umane, quasi avesse bisogno di qualcosa, essendo lui che dà a tutti vita, respiro e ogni cosa. 26 Egli ha creato da uno solo tutte le stirpi degli uomini, per abitare su tutta la faccia della terrat avendo fissato tempi determinati e i confini della loro dimora, 27 perché cer cassero Diot caso mai potessero toccarlo o trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. 28 lnfatti 'in lui viviamot ci muoviamo e siamo', come hanno detto alcuni dei vostri poeti : 'Di lui infatti siamo anche stirpe'. 29 Essendo dunque della stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile a oro o argento o pietrat scultura dell'arte e dell'immaginazione dell'uomo . 30Ma ora, passando sopra ai tempi dell'ignoranza, Dio annunzia agli uomini che tutti e dovunque si convertano t 31 perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia) per mezzo di un uomo che egli ha designato. ac creditandolo di fronte a tutti col risuscitarlo dai morti». 32Ma sentendo parlare di risurrezione dei morti , alcuni lo canzonava no, altri dissero : «Su questo argomento ti sentiremo ancora un'altra volta». 33Cosl Paolo se ne usci di mezzo a loro. 34 Ma alcuni uomini si legarono a lui e credettero ; tra essi anche Dionigi l'areopagita, una donna di nome Damaris e altri con loro. \'V. 24 s . :
Is. 42,5 ; I Reg. 8,27 ; v . 27 : l s. 55,6 ; Deut . 4,28 s . ; v . 2 8 : Arato, Feno meni, 5 ; v. 3 1 : Pss. 9,9 ; 96, 1 3 ; 9 8 ,9 .
1 6 ss . Luca, almeno così éi sembra , ha considerato in certo
qual modo il momento culminante del secondo viaggio mis-
4 02
Paolo ad Atene
sionario, il discorso di Paolo ad Atene, come momento cul minante anche di tutta la sua attività missionaria. In realtà , l'episodio non fu tanto importante per la storia della missio ne e della chiesa . Ma Luca ha costruito quest'episodio con tutta l'arte letteraria di cui era capace, scegliendo accurata mente il vocabolario e curando lo stile , dipingendo il suo qua dro con abbondanza di luci e colori, citando ed alludendo a testi biblici ed extrabiblici , toccando alcune idee fondamen tali della filosofia contemporanea, dando una costruzione al discorso e soprattutto facendolo corrispondere mirabilmente al contesto in cui viene pronunciato : la gran quantità di ido li del v. r 6 trova rispondenza nelle affermazioni di Paolo sul la religiosità degli Ateniesi al v. 2 2 ; i santuari del v. 2 3 negli idoli del v. 2 9 ; la menzione degli epicurei e degli stoici del v. r 8 nell'accostamento alle dimostrazioni filosofiche di Dio ai vv. 24 e 2 6 e nelle citazioni di sapore mistico-filosofico del v. 2 8 ; la domanda di conoscere la sua dottrina al v. I 9 s . nell'i scrizione dell'altare dedicata al dio ignoto e nelle osservazio ni sull'ignoranza dei pagani ai vv . 2 3 e 3 0 ; l'interesse per il nuovo ( vv. I 9 e 2 I ) e l'esotico (vv. I 8 e 2 0 ) nel messaggio nuovo e strano del v. 3 1 (cfr. il v . 3 2 in principio e il v. I 8 alla fine ); soprattutto, il predicatore del v . I 8 con la predica zione del v. 2 3 . Anche l'introduzione e la conclusione della storia si corrispondono : al duplice , contraddittorio giudizio all'inizio del v. I 8 risponde la duplice, contraddittoria eco al v. 3 2 e all'uditorio degli areopagiti del v. 2 2 l 'unico di loro che si converte ( v . 3 4 ). Tutto quest'artifizio letterario auto rizza a concludere che Luca attribuiva alla comparsa dell 'a postolo in Atene e all'incontro dell'evangelo con la filosofia greca un'importanza singolare. 1 6 . Al tempo di Paolo e di Luca Atene non era più quello che era stata ai tempi di Pericle e Platone e non era ancòra quello che sart!hbe divenuta poi sotto l'imperatore Adriano. Nell'e poca ellenistica aveva perso buona parte della sua importan-
Act. lJ,I6-)4
40 3
a tutto vantaggio della metropoli Corinto, che era sorta nel frattempo, e specialmente di Alessandria; perfino Tarso poteva allora permettersi di far concorrenza ad Atene. Mal grado ciò , molti, tra cui Luca , continuavano a considerarla come il centro spirituale del mondo greco, e specialmente co me la capitale del pensiero greco . Per questo a Luca preme va rappresentare con efficacia con la scena del discorso del l ' areopago come l'evangelo entrò e fu accolto in questo mon do trovandovi punti d'aggancio e contraddizioni . Le prime frasi espongono già il tema dell'incontro vero e proprio . « Il suo spirito» : non a caso il racconto di Atene con tiene l 'unico passo degli Atti in cui si parla inequivocabilmen te dello spirito dell'uomo (cfr. comm. a 6 , r o ; r 8 , 2 5 ; 1 9 ,2 1 ; 20,22 ). Lo sdegno di Paolo è provocato proprio da uno dei maggiori titolì di gloria di Atene, considerato come un crite rio della sua religiosità ( vedi v . 2 2 ): in nessun altro posto al mondo si potevano vedere tanti idoli come qui . Ma questo tipo di religiosità, appunto, era agli occhi di Paolo un'aberra zione totale ; la sua ira è l 'ira biblica contro il paganesimo di cui i profeti erano pieni ed è come un'immagine dell'ira di Dio (cfr. Rom. r , r 8 ss. ). za
Per evitare l'impressione, suggerita dal v. r 6, che Paolo durante il periodo di forzata attesa (cfr. comm . al v . 1 5 ) si limitasse a farsi impressionare dalle immagini di Atene , Luca corre subito ai ripari aggiungendo un'osservazione che per il suo stile oggettivo, sobrio si distacca dal contesto e che po trebbe, perciò, essere attribuita con ragione al diario di viag gio da lui utilizzato (vedi la nota su r 6 , r o ) : anche ad Atene Paolo cominciò a fare opera missionaria tra i giudei e i timo rati di Dio e la estese anche ai pagani raccogliendo attorno a sé in piazza un gruppo di ascoltatori e di interlocutori sull'e sempio degli oratori filosofici popolari . Di sabato, perciò, par lava come un rabbi edotto nella Scrittura, nei giorni feriali come un ·filosofo' cristiano (cfr. comm . al v . 2 3 ) Anche que1 7.
.
Paolo ad Atene
sto era un aspetto del metodo missionario di Paolo, e cioè la accortezza nel muoversi dovunque fosse entro le forme ade guate al luogo e all'uditorio (cfr. I Cor. 9 , 1 9 ss . ).
8 . In piazza venne ad imbattersi inevitabilmente coi filosofi greci che svolgevano abitualmente lo stesso tipo d'attività . Luca nomina soltanto due tra tutte le scuole filosofiche che avevano in Atene il loro centro, gli Epicurei e gli Stoici. Già allora erano i più conosciuti in larghi strati ; Giuseppe Flavio , p. es . , li paragona ai farisei e ai sadducei . Ma soprattutto e rano i più adatti a rappresentare i ruoli contrapposti di co loro che sfottevano e, rispettivamente , di quelli seriamente interessati ( vv . r 8 . 3 2 ). Le due scuole avevano sviluppato due sistemi etico-cosmologici chiusi e assai diversi. Essi erano per loro natura inaccessibili all'evangelo, soprattutto gli Epicurei che respingevano qualsiasi idea dell'aldilà . Perciò non ·�ra possibile arrivare ad un dialogo vero e proprio allorché Paolo si presentò a questo gruppo col messaggio «di Gesù e della resurrezione » . Senza dubbio questa scarna notazione sta .a si gnificare che Paolo annunciava la storia di Cristo includendo vi la testimonianza pasquale e aggiungendovi la menzione de i le ultime realtà future con la resurrezione dei morti . Luca , cioè, vuole che sia assolutamente chiaro che la testimonianza apostolica risuonava in tutta la sua pienezza anche ad Atene e che l'eco contraddittorio, la ottusa presa in giro come l'in teresse critico , in parte curioso , era sollevata sia qui ( v . r 8 ) che alla fine ( v . 3 2 ) da questa testimonianza e non dal tenta tivo di Paolo di farsi greco coi greci . Perciò il nomignolo di c raccatta-semi ' , ccornacchia' non si riferisce alle allusioni a pa ro]e di poeti greci che Paolo inframmezza nel suo discorso , bensì significa semplicemente ·chiacchierone', uno che parla a vanvt:ra ; esprime. quindi , un giudizio simile a quello dato dai greci secondo I Cor. I , I 8 ss . : stoltezza ' , c non senso ' . L'al tro giudizio « sembra essere un predicatore di divinità stra niere » potrebbe venir considerato come un'accusa . Ci fu un t
c
periodo ad Atene in cui la divulgazione di religioni stranie re poteva essere condannata con la pena capitale; Socrate, ad es . , venne accusato di aver predicato dei ·nuovi, altri dèi' e giustiziato ( Senofonte, Memorabilia r , r , r ; Platone, Apolo gia, 24b ). Luca avrebbe potuto anche avere avuto l'intenzio ne di alludervi usando la parola daimonion , che di solito egli usa nel senso di •dèmoni' , mentre qui - e solo qui nel N.T. · viene usata nel senso di •divinità' ; infatti, la professione di fede nel suo daimonion, la potenza che lo guidava nell'inti mo, fatta da Socrate ebbe la sua importanza per la sua con danna a morte. Ma al tempo di Paolo non si giustiziava più nessuno solo per aver predicato divinità straniere, anche se i predicatori ambulanti provenienti dall'oriente erano visti di malocchio e con diffidenza . Qualcuno, tuttavia , ha voluto vedere nei passi che se guono alcune espressioni del linguaggio giuridico, come «lo presero» al v. 1 9 nel senso di ·arrestare' ( cfr . r 6 , r 9 ) e lo • sta re in piedi' al v. 2 2 nel senso di ·dover comparire' in veste di accusato ( cfr. 4 , 7 ). Ciò vorrebbe dire che Paolo subì un pro cesso e che egli dovette rispondere davanti alla corte dell'A reopago del suo operato . Infatti il termine ·Areopago' non è solo un'espressione topografica , ma anche un concetto giuri dico : si riferiva sia alla ·altura consacrata ad Ares' , situata a nord-ovest dell'Acropoli, come pure al tribunale che un tem po si riuniva su questa collina e che aveva il compito , tra l'al tro, anche di sorvegliare i discorsi che venivano tenuti pub blicamente ad Atene. Ma è chiaro che Luca intende il giudi zio «è un predicatore di divinità straniere » come espressione della curiosità e della brama di sapere ; è un motivo, questo del ·voler sapere', del ·non sapere', che egli ha più volte mes so in risalto in maniera inequivocabile (vv. I 9·2 I . 2 3 . 3 0 ) . Più chiaro di tutti è l'accenno alla proverbiale curiosità degli Ate niesi, da cui venivano contagiati anche gli stranieri ( v . 2 r ) . Non può sfuggire in questa frase un tantino esagerata una sot1 9-2 1 .
Paolo ad Atene
tile ironia, specialmente nel motivo del tnon sapere' ripetuto proprio qui ad Atene. Il proposito esplicito di Luca è di ri durre tutto al denominatore della brama di sapere, orientata qui a realtà religiose. Forse egli vuole, da un lato, smaschera re l'ignoranza dei filosofi facendo vedere che essi equivocano sulla ·resurrezione' ( in greco anastasis ) predicata da Paolo ( v . I 8 ) prendendola per una dea • Anastasis' ( donde il plurale •divinità' ) . Dall'altro lato, ponendo l'accento sulle parole •nuo vo ' , ·strano, straniero' in queste frasi dei vv. I 9-2 I , egli vuo le probabilmente alludere al fatto che ai richiedenti viene co municata con la predica di Paolo una · conoscenza' completa mente nuova' (cfr. Mc. 1 , 2 7 ; Col. 3 , I o ; 2 ,3 ) in senso diverso e più profondo da quello che essi intendevano, cioè la rivela zione di una realtà • straniera' , totalmente diversa ( cfr. comm. a 2 ,4 ; Le. 9, 2 9 ). Senza dubbio i filosofi accompagnarono (prendere' al v . I 9 come in 2 3 , I 9 ) Paolo dalla rumorosa piaz za alla più silenziosa collina di Ares soltanto per conoscere in tutta tranquillità la nuova dottrina . t
discorso all'Areopago. Questo celebre discorso costttut �ce un esempio tipico delle costruzioni letterarie dei discorsi da parte di Luca. Esso rappresenta un forma singolarmente abile di rassegna di idee direttrici presentate in veste di for mulazioni quasi classiche, facili a ricordarsi , e di pensieri sin goli ( cfr. la nota su I , I 6 e su 4 , I ) . La costruzione è chiara e in sé conchiusa : prima viene stabilito un immediato aggancio con l'uditorio e, nello stesso tempo, viene enunciato il tema del discorso : «il Dio ignoto» ( vv . 2 2 s . ) ; segue la parte prin ci pale, articolata in tre gruppi di motivi : r . Dio è il Signore del mondo , perciò non ha bisogno né di templi né di culto ( vv. 24 s . ); 2 . l'uomo è creatura di Dio , perciò ha bisogno di lui ( vv . 2 6 s . ) ; 3 · Dio e l'uomo sono stretti da affinità, perciò non hanno senso le immagini di Dio ( vv. 2 8 s. ). Concludono l'appello alla conv ersione, l'annuncio del giudizio e il messag gio della resurrezione di Gesù. Il discorso, se lo consideriaIl
Act. I7,16-34
407
mo nei particolari , è ricco di artifizi stilistici impossibili da tradurre , come allitterazioni ( p . es . v. 3 1 ) , assonanze ( p . es . vv. 2 5 e 3 0 ) , accumulazione di parole di una medesima radice ( vv . 2 2 . 2 4 . 2 5 . 2 6 . 3 0 . 3 1 ), espressioni letterarie scelte come «la divinità » , to theion ( v . 2 9 ) ecc. Di questo discorso sono stati dati diversi giudizi : per molti è il più elevato che ci sia nel N.T . , per altri è una specie di corpo estraneo, perché con terrebbe ( a prescindere dal v . 3 r ) della filosofia greca con ri sonanze veterotestamentarie oppure , al contrario, sarebbe una serie slegata di pensieri giudaici espressi con formule stoiche . Per poter giudicare questo discorso, l'importante è sapere se siano effettivaménte preponderanti le idee e le espressioni non bibliche o quelle bibliche , in altre parole, se il discorso del l' Areopago sia il documento di una religiosità illuministico mistica o una testimonianza biblica . Su ciò v. la nota al v. 3 4 ·
2 2 -2 3 . L a parola che dà lo spunto nella frase introduttiva può
significare , di per sé, un riconoscimento, come può avere an che una risonanza sprezzante, negativa : "religioso' -oppure " su perstizioso' . Però , essendb una presa di contatto coi pagani ateniesi, la frase va intesa certamente come una costatazione positiva : Vedo che ci tenete molto in fatto di religione. Tut tavia, alle orecchie di Luca e dei suoi lettori cristiani doveva risuonare anche qualcosa del significato originario della pa rola : • terrore dei demoni', • terror panico' , e quindi anche l'impressione effettiva che ebbe Paolo di fronte alla religio sità degli Ateniesi : sono in preda all'idolatria ( v . r 6 ) . Alcune parole assumono risonanze diverse a seconda degli ascolta;. tori o dei lettori ( cfr. comm . a 1 4 , 1 6 : "popoli' = "pagani' ) . Lo stesso vale per la parola " santuari ' nella frase successiva . Di per sé richiama un significato di tutto rispetto, derivando dalla medesima radice del titolo che indica la maestà divina dell 'imperatore ( sebastos = augustus ) ; ma chi ha familiarità con il linguaggio della Bibbia vi avverte anche lo sprezzante giudizio del Libro della Sapienza sui "santuari ' pagani , cioè
Paolo ad Atene
sugli idoli ( Sap. 1 4 , 2 0 ; 1 5 , 1 7 ) . Quello che Paolo ha detto fin qui ha il solo compito di pre parare l'osservazione su quell'unico santuario' l'altare con ' e da base sacrato «a un Dio ignoto », che servirà da spunto per annunciare il Dio della Bibbia, com'è nelle intenzioni di Paolo. c
L'iscrizione sull'altare ai Atene. L'iscrizione «a un Dio i
gnoto» ha interessato vivamente e dato filo da torcere sia agli antichi che agli studiosi di oggi. Abbiamo testimonianze sicure soltanto di iscrizioni col plurale «per dèi ignoti» ( iscri zioni che provengono da Atene , dalla strada per Falera, da Olimpia e da altri luoghi ). O Luca sapeva soltanto che c'era no altari di questo tipo e ne deduceva che ognuno di essi fos se dedicato ad un singolo dio, oppure ha semplicemente mo dificato l'iscrizione, che conosceva così al plurale per piegarla ai propri fini. Anche se esistette effettivamente un'iscrizione così come Luca ce la presenta, essa era intesa certamente in senso politeistico, come quelle iscrizioni che ci sono note questo lo possiamo dedurre già dalla mancanza dell'articolo determinativo -, e cioè l'altare fu eretto in ringraziamento per una grazia ricevuta ad un ignoto dio benefattore ( tra i tanti di per sé noti ), oppure per un dio effettivamente ignoto non ancora venerato dagli uomini , ma che non per questo doveva essere trascurato . In ambedue i casi la ragione deter minante dev'essere stata il timore o di offrire all'ignoto be nefattore motivo di adirarsi per la propria ingratitudine , op pure di provocare alla vendetta una qualche divinità per il fatto di essere stata trascurata dagli uomini . L'erezione di si mili altari si basava sulle stesse ragioni che giustificavano l'e numerazione interminabile di nomi di una divinità pagana quando la si invocava nella preghiera., p . es . di lside, cioè per ché non mancasse quel nome con cui essa desiderava essere invocata e pronunciato il quale essa si risolveva a prestare a scolto. Ma l'oratore dà all'iscrizione un senso monoteistico.
Act. I7,I6-34
409
Quindi Luca non si sarebbe limitato a cambiare il plurale in singolare, ma avrebbe dato al timore di un ignoto vendicatore il senso di un presentimento di un ignoto dio supremo . La predica che segue intende appunto trasformare questo pre sentimento, di per sé ancora legato al mondo politeistico, nel la conoscenza per fede dell'unico Dio della Bibbia, di fronte al quale scompaiono tutti gli dèi pagani. L'iscrizione del l'altare serve a più scopi in una volta : I . attesta la straordina ria religiosi tà degli Ateniesi ( v. 2 2 ) ; 2 . arnette un'ignoranza decisiva e sollecita, perciò, il messaggio di un dio nuovo, igno to ; 3 · di conseguenza , essa si presta a far da testo base per la predica apostolica : infatti, l'iscrizione occupa nel discorso dell'Areopago lo stesso posto che occupava, p. es . , il testo di Gioele nella predica di pentecoste; in rispondenza a ciò , il di scorso riporta delle parole prese dalla poesia greca come una sorta di 'prova scritturistica' ( v . 2 8 ), mentre il discorso di pentecoste si richiamava a passi della poesia veterotestamen taria ( Pss. I 6 e I 1 0 ). L'importante è sapere se l 'uso di questo materiale estraneo viene poi completato con contenuti bibli ci, o se invece il messaggo biblico ne viene falsificato. 2 2 -2 3 . Nelle frasi che introducono la predica ( vv . 2 2 s . ) si
intrecciano più motivi : esse si richiamano alla consapevolez za degli Ateniesi della loro profonda ignoranza , quale si ma nifesta dall'iscrizione ; rispondono al desiderio di conoscere espresso dagli Ateniesi ( vv. I 9 . 2 1 ); criticano con un tantino di ironia l'orgoglio ateniese per la propria scienza, che ignora proprio la cosa più importante che dovrebbero sapere, cioè Dio ; infine, mettono anche sotto accusa tutto il rp.ondo paga no che non conosce Dio , per quanto sia conoscibile ( cfr . 1 4 , 1 7 ; Rom. I , 1 9 ) . È tanto più importante , quindi, che l'orato re non prosegua queste frasi che si aggirano sul tema del sa pere e della conoscenza dicendo , p. es . : adesso io vi faccio co noscere quello che è importante . . . ; egli prosegue invece : « io vi annuncio» . Quindi, quello che segue non è una dimostra-
410
Paolo ad Atene
zione di Dio ( vedi comm . ai vv . 24-2 6 ), bensì il messaggio, il kerygma del vero Dio . Paolo non si pone come filosofo tra i filosofi, ma come profeta . Malgrado ciò, Luca lo fa continua re con un linguaggio che arieggia quello dei filosofi; così egli parla qUi ( v . 2 3 : «colui che voi venerate» ) e anche poco do po (vv. 2 9 e 2 7 Testo B : «la divinità » invece di cDio' ) di Dio al neutro ; infatti il termine greco che sta per c divinità', to theion, è di genere neutro. 2 4-2 5 . Tanto più efficace , quindi , è il passaggio dal v . 2 3 al v. 24, che presenta già nella sua forma esterna un cambiamen to significativo : Paolo non parla più del c divino' ( to theion ) ma di Dio e, in più, con espressioni veterotestamentarie . È a questo punto che comincia il nuovo messaggio : il 'Dio igno to ' è il creatore e il signore del mondo . La predica davanti ai pagani esordisce, dunque, col primo articolo del • credo' , che corrisponde anche al primo comandamento ( cfr. 1 4 , 1 5 ss . ; al contrario in 2 , 2 2 ss . ; 3 , 1 3 ss . ; 1 3 , I 7 Ss . ; e anche 1 0 , 3 6 ss. ). L'oratore usa qui come in 1 4 , 1 5 ( cfr. 4 , 2 4 ; 7 , 5 0 ) una delle tante formule di lode che troviamo nell'A.T. ( da Is. 4 2 ) . Se 'ellenizza' questa lode biblica sostituendo 'il cielo e la terra' con 'mondo' , il kosmos (cfr . però anche Rom. 1 ,2 0 ), ripren de subito però nel secondo membro della frase il linguaggio della Bibbia, traendo una serie di conseguenze da quella fon damentale che, se Dio è creatore del mondo, ne è anche si gnore. Esse sono tre : 1 . Colui che con la sua mano divina ha creato l'universo non può abitare in costruzioni prodotte dal- · la mano dell'uomo . Con questo Paolo , come Stefano ( 7 ,48 ), dichiara indegni di Dio tutti i templi , come dirà dopo (v. 2 9 ) delle immagini di Dio . Infatti , il finito non può contenere l 'infinito. 2 . Colui, la cui mano potente sostiene « il mondo e ciò che è in esso » (v. 24 ) non ha bisogno del « servizio >> pre stato da mani umane . Con questo Paolo abolisce qualunque tipo di 'culto' , poiché 'culto' significa originariamente ' servi re' gli dèi . Una città come Atene documentava ampiamente
Act. I]1 I6-J4
4I I
anche nei suoi monument i esteriori (vv. 2 2 s . ) questa stolta cura delle immagini divine. La stoltezza di questo 'culto' pa gano era stata fustigata prima di Paolo non soltanto dai pro feti (cfr. ler. 1 0 . 5 ; Is. 4 6 , 1 ; 5 7 ,6 ss . ) e dai giudei ellenisti che vivevano nel mondo pagano ( p . es . la Lettera di Geremia vv . 2 5 e 2 8 , solo nei LXX ) , ma anche da scrittori greci e romani (p. es . Senofonte e Seneca ). Ma la critica veterotestamentaria al cul to fondata sul concetto dell'onnipotenza divina finisce col rivolgersi anche contro il culto sacrificale degli Israeliti ( dr. Ps. 50,8- 1 3 ), esattamente come il rigetto dei templi da parte di Stefano viene poi rivolto anche contro il tempio di Gerusalemme . 3 . Dio non ha bisogno di nulla . Anche per que st'idea si può far riferimento sia ad affermazioni di pagani, p. es . degli Stoici e dei Cinici che prendevano gli dèi come e sempio della propria autosufficienza, sia a parole della Bib bia (cfr . Ps . 50 , 1 2 e anche 2 Mach. 1 4 , 3 5 ; 3 Mach. 2 , 9 ) . L'i dea, poi, che Dio non ha bisogno di nulla vien messa di fron te ad un'altra , che ne è anche il fondamento : non solo Dio crea, sostiene e possiede tutto, ma dà anche tutto . Press'a poco dirà poi la Lettera a Diogneto ( II secolo ) : «Dio ci dona tutto quello di cui abbiamo necessità ; egli , però , non ha biso gno delle cose che ci dona» o anche il Kerygma Petri 3 , per il quale Dio è «colui che non ha bisogno di nulla e di cui tutti gli esseri hanno bisogno » . Luca esprime ciò in maniera assai concreta alludendo di nuovo ad espress ioni dell'A.T . , e preci samente a quello stesso versetto di I s. 4 2 , 5 da cui avev a preso la formula di lode del v . 2 4 : il dono più elementare e impor tante che Dio fa a tutte le sue creature è l'alito vitale ( simil mente anche in 2 Mach. 7 , 2 2 e 2 3 ). La duplice espressione «vita e respiro » contiene in greco una di quelle assonanze ( zo en kai pnoen ) cui abbiamo accennato sopra, come anche nel la parola 'vita' si può cogliere un'allusione al nome di Zeus , che la tradizione popolare faceva derivare dalla radice 'vive re' ( zen ), analogamente alla spiegazione che veniva data del nome veterotestamentario di Dio Jahvé (cfr . Ex. 3 , 1 4 e la no-
Paolo ad Atene
ta su 1 4 , 1 5 - 1 7 ). Questa singolare corrispondenza è implicita, probabilmente, nella duplice accentuazione della ·vita' in questa parte ( vv. 2 5 e 2 8 ). Infatti, dal momento che i versi citati al v. 2 8 hanno per tema originariamente Zeus, si può pensare che Luca, a conoscenza di questo sfondo, intendesse dire : non è Zeus • il vivente' e t il respiro di ogni creatura' ( co me dice l'inno orfico di Zeus ), ma è il Dio della Bibbia. In fatti, usando l 'espressione 'vita e respiro' , Luca pensa natural mente al racconto della creazione in Gen. 2 , 7 , in cui Dio ali ta nella narici di Adamo 'il respiro della vita'. Tutte queste allusioni dimostrano che Luca si muove consapevolmente in un ambito di idee tipicamente biblico e che la sua intenzione è di condurre tutto al Dio della Bibbia , anche e proprio ser vendosi di questi giochi di parole e di allusioni che gli per mette la sua cultura greca . Ma Luca aggiunge al dono fonda mentale dell'alito vitale anche «ogni cosa» . In tal" modo egli dà forza alla sua affermazione mettendo insieme dei vocaboli derivanti da una medesima radice { ' tutto - a tutti' ; vedi la nota sui vv . 1 9 s . ), arrivando cosl a completare il suo pensie ro : Dio non ha bisogno di nulla perché è lui a dare ogni co sa. In questo pensiero, come nel v . 2 4 ( però' in ordine inver so ) e come era frequente nella cultura del tempo, un'afferma zione universalistica ( •Dio crea e dona ogni cosa' ) viene con nessa ad una negativa come alla sua logica conseguenza ( ' egli non ha bisogno di nulla' ). Ogni cosa è dono : con questo non solo viene rifiutato ogni sacrificio e ogni culto nel tempio, ma viene esclusa anche qualsiasi politica del do ut des nei con fronti di Dio, anzi, qualsiasi forma di dipendenza di Dio ri spetto all'uomo. È l 'uomo, invece, a trovarsi in assoluta di pendenza rispetto a Dio in tutto ciò che gli è dato e, quindi, gli è anche destinato .
26. È questa l'idea fondamentale della seconda parte del cor
po centrale della predica ( vv . 2 6 s . ) . Anche questa parte vie ne caratterizzata , già nel modo in cui inizia, dal suo radicarsi
dal punto di vista delle idee e del contenuto nel terreno della Bibbia . Prosegue, chiaramente, infatti, l'allusione al racconto della creazione del v. 2 5 . Lo dimostra già il verbo, che di per sé significa semplicemente c fare' , ma che nelle parti più anti che della Bibbia greca e, appunto, al v . 24 viene usato nel senso di c creare' . Si capisce, così , da sé l'espressione imme diatamente successiva « da uno solo », e non c'è bisogno di completarla aggiungendo « Sangue» ( come fanno il Testo B e il Testo Imperiale ) o « popolo» o ancora «uomo >> . È chiaro che si riferisce ad Adamo . È particolarmente importante co me si traduce l'esepressione successiva : «ogni popolo degli uomini» oppure « tutte le stirpi degli uomini » ( = tutta l 'u manità ) . Di qui dipende se il brano debba essere inteso in senso « storico ' o «filosofico' ; per essere più chiari , se in sen so c storico-nazionale' o c cosmopolitico' . È stato detto più vol te ( p. es . da Martin Dibelius ) che di qui dipende anche se si debbano considerare le idee base del discorso come radicate più nel pensiero biblico o più in quello ellenistico . Però va os servato che l'A.T. contiene ambedue gli aspetti, sia la conce zione storica e nazionale che quella cosmica e cosmopolitica . Non solo , ma l'aspetto nazionale è sempre più estraneo al N.T. come alla cultura del suo tempo in generale ; esso parla per lo più dei popoli nella prospettiva della loro unità ( p . es. 2 , 5 ss . ; 4 , 2 7 ; 1 0 , 3 5 ) oppure del loro destino comune (cfr . · r 4 , r 6 ; Apoc. 1 8 ,2 3 ; 2 1 ,24 ). Di conseguenza, è poco verosi mile che il v. 26 sviluppi delle idee storico-nazionali , senza 'he dobbiamo abbandonare , affermando questo , il terreno del pensiero biblico . Si tratta, dunque, dell'umanità intera , deri vante da un unico progenitore e depositaria di un duplice compito : di popolare la superficie terrestre e di cercare Dio ( v . 2 7 ) . Anche queste due finalità sono pensate e formulate nello stile della Bibbia . Quanto alla prima , è proprio l'A.T. a dimostrare che gl i uomini sono cittadini del mondo a partire da Adamo ( e , a sua volta , da Noè ) ; Gesit stesso, riprendendo un'espressione di Ier. 24, 1 7 , definisce una volta gli uomini
Paolo ad Atene
come . 22Lo ascoltavano fino a questo punto del discorso, ma qui si misero a gridare : «Via dal mondo costui : non merita di vivere ! » . 23 E gridan do e strappandosi i vestiti gettavano polvere in aria. 24 Allora il tribu no fece condurre Paolo nella fortezza, dicendo di interrogarlo con la flagellazione per sapere per quale causa gridavano a quel modo con tro di lui. 25 Ma come l'ebbero disteso con le funi, Paolo disse al cen turione presente : «Vi è lecito flagellare un cittadino romano, per di più non giudicato? » . 26Udito ciò il centurione andò dal tribuno per avvertirlo, e gli disse : «Che cosa stai per fare? Quest'uomo infatti è romano». 27 Avvicinatosi allora il tribuno, gli disse : «Dimmi, tu sei romano ? ». Ed egli rispose : «Si». 28 11 tribuno soggiunse : « aolo): I ,I J E; 2 , 1 3 E(3 ) ; 4,36 ; 8,I b I3 E; 9,I5 ; I 0 ,3 6 ; I0,42 ( 2" sez.); I I , I 8 . 2o ss . : I.'J ,3 .12 .I 7 ss. ; 2 I ,I 9 ; 26, 18 E. - dai Giudei ai pagani: 2,I3 E ( 3 ) ; 13.46 s.; I8,7 ; I9,9 ; 20,28 mistica, panteistica : I 7,27 s.34 E montagna, luoghi della rivelazione : x ,
I 3 j 7,JO.J 8 j 10,9
morte [ spirare] : 2,24 ; 7,59 s. - supe ramel)to della : 2,24. - di Gesù : intr. 6 ; I , 2 .4 ; 2 ,23 s. ; 3,26; 8 ,32 s . ; I 0 ,40 ; 1 3 ,2 7 s.29. - - significato della sal vezza : 2 ,23 ; J,I9.z6; I 3 ,27 s . ; 20,28 . - - colpa della -+ Ebrei . - dei ne mici di Dio : 1 2,23. - sentenza di . - dei Giudei contro Cri sto (-+ Giu dei ) : 7,58 ; 7,5 9 s . ; 1 4,19; 26,10 ( 2 " sez.)
morte espiatori a di Gesù (-+ sangue di Gesù) : 2 ,30 s. E ; J , 1 9 .26 ; 8,3 2 Mosè , tempo di Mosè (-+ legge ): 1 ,3 E ; 2 , I E ; 3,22 s . ; 5 , 3 I E ; 5,36 ; 6,6.1 1 . I j j 7 .! 7 SS .'J 3 E ; 13 ,8 . 1 7- 23 ; 1j,2 I . - e Cristo: 3 ,1 3 .22 s.; 7,10 ss.22 ss . •
35·38 . Nazirea to , voto di : 2 1 ,33 ss. - di Pao-
lo : 1 8 , 1 8 .22 nazirei : Gesù : 2,22 ; 3 ,6; 4,1o; 6 , 1 3 ( 2" sez . ) ; 22,8; 24,5 ; 2 6,9 . - cristiani -+
nome di . Cristo nomi: 8 ,4; 9,32 ss. - di Dio : 1 ,5 ; 3 ,6.
13. ,... "" J ahvé : J 4,I � j 1 ] ,2j j 1 9,1 3 . - - 'L'Altissimo' ( Dio) (+-) : 7,48 ; x6,1 7 . - Padre ( +-) : 1 ,4 ; 2,33. perifrasi : 6,1 3 . - - con il passivo di vino : 1 ,5 ; 2,22; 5 ,3 8 ; 1 3 ,26; 1 9,9 ; 28,26 s. - di Gesù Cristo : 3,6; 4 , 1 0 . 1 2 . J 7 j j ,28 ; j,3 I E ; j ,4 1 i 9·40 j I O, 43 i I J ,6 ( I" Sez . ) ; 1 3 ,1 0 j I6, I 8 j 19, 5; 28,23 . - - l'abuso del : 1 9 , 1 3 ss . - - battesimo nel : -+ battesimo. dei cristiani formati col nome di Dio: 4 , 3 6 . - - nomi di animali: 9,36. di persone innominate : 8,28 ; 9,32-43 - che rimangono non nominati : 1 7, 28 nomi cristiani : parenti : 14,2 3 . - invo catori del nome di Gesù : 2,2 1 ; 9,14. - fratelli +- cristiani : 1 1 ,26. - a mici : 27,3 . - giusti : 14,2. - salva ti, i : 2 .47· - credenti, i : j , u ; 10,40 . - servi di Dio : 2,1 7 s . ; 4,30 ; J4,2. - santi, i +-. - discepoli : intr. a 6,1·7 ; 9, 1 9 . - uomini della ' via' (-:l> via ) : 9,1 s . - nazirei : 14,2 ; 24,5 numeri: 1 ,3 . 1 0. 1 j ; 2 , I I .4 I i 2 7,3 7
Obbedienza ( verso Dio e Cristo) obbe dienza per fede : 3,8.23 ; 4 , 1 8 s . ; 5 , 29 .3 2 ; ] ,8. : n E ; 8,2 7 ; 1 6 , 1 8 opere, buone : 9,36 oracolo (Delfi ) : 1 6 , r 6 ; 1 8 , 1 2 E origine e fine dei tempi : 2 , 1 3 E( 2 ) ospitali tà: 2 1 ,1 6 ; 28,7 Padre ( Dio ) : 1 .4; 2,33 pagani, paganesimo : 14, 1 5 ( 2" sez . ) E; 1 7 , 1 6 . 30 ( 1 " sez . ) ; 17,34 E . - nel giu dizio di Paolo : 1 4 , 1 j ; 14 , 1 5 ( 2" sez . ) E. - e i G iudei +pagani, battesimo dei (-+ battesimo ) : 10,42 ( 2• sez . ) ; i o 47 ; 1 1 , 3 pagani cristiani : 6,5 ( 2• sez . ) ; u ,2o ; 1 5 ,
Indice analitico 2 .7 .20 E; 2 1 ,2 5 . - e giude