Vangelo di Marco. Commento ai capp. 8,27-16,20 [Vol. 2] 9788839409409

Il commento di Adela Yarbro Collins si distingue per affrontare il vangelo di Marco nell’ottica storico-critica più rece

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Italian Pages 706 [708] [706] Year 2019

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Table of contents :
Il mistero del regno (8,27-10,45)
Il mistero rivelato (8,27-9,1)
La trasfigurazione (9,2-8)
Risurrezione, Elia, il figlio dell’uomo e Giovanni (9,9-13)
Esorcismo e fede (9,14-29)
La seconda predizione della sofferenza del figlio dell’uomo (9,30-32)
Insegnamenti su rango, estranei e sessualità (9,33-50)
La questione del divorzio (10,1-12)
I bambini e il regno di Dio (10,13-16)
Gli averi e il regno di Dio (10,17-31)
La terza predizione della sofferenza del figlio dell’uomo (10,32-34)
Insegnamenti sulla funzione di guida (10,35-45)
Guarigione di Bartimeo (10,46-52)
La proclamazione a Gerusalemme (11,1-13,37)
L’ingresso a Gerusalemme (11,1-11)
L’albero di fico e il tempio (11,12-25)
La questione dell’autorità (11,27-33)
La vigna e i fittavoli (12,1-12)
Il tributo a Cesare (12,13-17)
La questione della risurrezione (12,18-27)
Il comandamento più grande (12,28-34)
Il messia e il figlio di David (12,35-37)
Condanna degli scribi (12,38-40)
L’offerta della vedova povera (12,41-44)
La rovina del tempio (13,1-37)
Il racconto della passione (14,1-16,8)
Complotto e unzione (14,1-11)
Un luogo in cui mangiare il pasto pasquale (14,12-16)
Colui che consegna Gesù (14,17-21)
Detti sul pane e il calice (14,22-25)
Predizione dell’abbandono e del rinnegamento (14,26-31)
L’angoscia nel Getsemani (14,32-42)
L’arresto (14,43-52)
Il processo davanti al consiglio giudaita e il rinnegamento di Pietro (14,53-72)
Il processo davanti a Pilato e il rilascio di Barabba (15,1-15)
I soldati scherniscono Gesù (15,16-20)
Crocifissione e morte di Gesù (15,21-39)
La sepoltura (15,40-47)
La tomba vuota (16,1-8)
Le chiuse supplementari del vangelo di Marco (16,9-20)
La chiusa (supplementare) breve
La chiusa (supplementare) lunga e il logion di Freer
Appendice. Ricostruzione ipotetica e traduzione del contenuto
(non necessariamente del dettato) del racconto premarciano della passione
Excursus

Il vangelo segreto di Marco
Il racconto della passione
Galilea e Gerusalemme in Marco
Breve storia dell’esegesi di 14,51 s.
La risurrezione nei contesti culturali dell’antichità

Indice analitico
Indice delle parole greche
Indice dei passi citati
Indice degli autori moderni
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Vangelo di Marco. Commento ai capp. 8,27-16,20 [Vol. 2]
 9788839409409

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Il commento di Adela Yarbro Collins si distingue per attrOJ1ft il vangelo di Marco nell'ottica storico-critica più recente e il rigore sempre esauriente con cui espone questioni an4;I1e: c come il rapporto del Marco canonico con il cosiddetto segreto di Marco», argomento al quale è dedicato un e documentato excursus. Il secondo volume del commento ulteriori quattro excursus su problematiche fondamentali dell'interpretazione di Marco: il racconto marciano della la Galilea e Gerusalemme nella visuale del vangelo più

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l'esegesi plurimillenaria del passo in cui si parla del giovane che sfuggì nudo alle mani della masnada inviata ad arrestare t e infine la risurrezione e la vita ultraterrena nelle culture L'opera si conclude con utili quanto nutriti indici: dei biblici e non, delle parole greche, degli argomenti e degli moderni. Adela Yarbro Collins è Buckingham Professor Emerita di e Interpretazione neotestamentarie all'Università di Yale. presidente della Society of the New Testament Studies e England Religion della Society of Biblical Literature.

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vangelo di Marco si è occupata in particolare dell'i\P'OCélUSst di Giovanni e di apocalittica giudaica e cristiana. Di recente ha curato l'edizione di una raccolta di studi dedicata alle prospettive sul libro dell'Apocalisse, atti del Colloquium Lovaniense del2015.

ISBN 978 883940940 9

VANGELO DI MARCO Adela Yarbro Collins Edizione italiana a cura di Donatella Zoroddu

Volume

2

Commento ai capp. 8,2 7 - 1 6,20

PAIDEIA EDITRICE

CODICI CCE: HRCFl.

(Nuovo Testamento);

HRCGI

(Commentari biblici)

SCHEDA BIBLIOGRAFICA CIP

Yarbro Collins, Adela Vangelo di Marco / Adela Yarbro Collins ; a cura di Donatella Zoroddu Volume :z.: Commento ai capp. 8 , :z.7- 1 6, :z.o Torino : Paideia, 2.019 :z. volumi ; :z.:z. cm- (Commentario Paideia. Nuovo Testamento ; :z..:z.) :z.. - 64 1-13 50 p.- :z.:z. cm Bibliografia e indici ISBN 978-88-3 94-0940-9

1. Bibbia. Nuovo Testamento. Vangelo secondo Marco- Commenti :z.:z.6.307 (ed. :z.:z.) - Bibbia. Nuovo Testamento. Vangelo secondo Marco. Commenti

ISBN

978 88 394 0940 9

Titolo originale dell'opera: Adela Yarbro Collins Mark A Commentary (Hermeneia) Traduzione italiana di Franco Bassani Revisione di Donatella Zoroddu «:> Augsburg Fortress Press, Minneapolis, Mino. :z.oo 7 Cl Claudiana srl, Torino 2.019

INDICE DEL VOLUME

65 I 65 1 679 697 704 7I 5 7I8 740 760 764 779 79 3

Il mistero del regno ( 8,2 7- I0,4 5 ) Il mistero rivelato (8,27-9, I ) La trasfigurazione (9,2-8) Risurrezione, Elia, il figlio dell'uomo e Giovanni (9,9- I 3 ) Esorcismo e fede (9, 14-29) La seconda predizione della sofferenza del figlio dell'uomo (9,30-3 2) Insegnamenti su rango, estranei e sessualità (9, 3 3 -50) La questione del divorzio ( Io, I-12) I bambini e il regno di Dio ( I O, I 3 - I 6) Gli averi e il regno di Dio ( IO, I 7-3 I ) La terza predizione della sofferenza del figlio dell'uomo ( 1 0,3 2-34) Insegnamenti sulla funzione di guida ( I0,3 5-4 5 )

8I I

Guarigione di Bartimeo ( 1 0,46-52)

822

La proclamazione a Gerusalemme ( I I , I - I 3 ,37) L'ingresso a Gerusalemme ( I I , I - I I ) L'albero di fico e il tempio ( I I , 1 2-2 5 ) La questione dell'autorità ( I I,27-3 3 ) La vigna e i fittavoli ( 1 2, I - I 2) Il tributo a Cesare ( 1 2, I 3-I7) La questione della risurrezione ( 1 2, I 8-27)

822 836 86I 864 878 890

64 8

INDICE DEL VO LUME

90I 920 927 934 940

Il comandamento più grande ( I 2,28-34) Il messia e il figlio di David ( I 2,3 5-37) Condanna degli scribi ( I 2,3 8-4o) L'offerta della vedova povera ( I 2,4 I-44) La rovina del tempio ( I 3 , I-3 7 )

98 5

Il racconto della passione ( I4, I - I 6,8) Complotto e unzione ( I 4,I-I I ) Un luogo in cui mangiare il pasto pasquale ( I4, I 2- I 6) Colui che consegna Gesù ( I 4, I?-2 I ) Detti sul pane e il calice ( I 4,22-25 ) Predizione dell'abbandono e del rinnegamento ( I4,26-3 I ) L'angoscia nel Getsemani ( I4,3 2-4 2) L'arresto ( I4,43-52) Il processo davanti al consiglio giudaita e il rinnegamento di Pietro ( 14,5 3 -72) Il processo davanti a Pilato e il rilascio di Barabba ( 1 5 , 1 - I 5 ) I soldati scherniscono Gesù ( I 5, I 6-2o) Crocifissione e morte di Gesù ( I 5,2I-39) La sepoltura ( 1 5 ,40-47) La tomba vuota ( I 6,I-8)

985 I022 I025 I03 2 I039 I06I I077 I095 I1I8 II35 I I45 1 209 I 22I I256 I256 I 259

I 28 I

Le chiuse supplementari del vangelo di Marco ( 1 6,9-20) La chiusa (supplementare) breve La chiusa (supplementare) lunga e il logion di Freer Appendice Ricostruzione ipotetica e traduzione del contenuto (non necessariamente del dettato) del racconto premarciano della passione

INDICE DEL VO LUME

Excursus 78 3

986 1040 1086 1 224

Il vangelo segreto di Marco Il racconto della passione Galilea e Gerusalemme in Marco Breve storia dell'esegesi di 14,5 1 s. La risurrezione nei contesti culturali dell'antichità

1283 1 286 1 28 8 1 3 28 1348

Indice analitico Indice delle parole greche Indice dei passi citati Indice degli autori moderni Errata corrige

IL MISTERO DEL REGNO

( 8 ,2 7 - 1 0,4 5 )

IL MI STERO RIVELATO

( 8 , 2 7 -9 , 1 ) 27 E se ne andò Gesù e i suoi discepoli verso i villaggi di Cesarea di Filip­ po. E lungo la via interrogava i suoi discepoli dicendo loro: «Chi dice la gente che io sia ? » . 28 Essi allora gli dissero:a «Giovanni il Battista e altri Elia, e altri (dicono) che (sei) uno dei profeti» . 29 Ed egli li interrogava: «Voi dunque chi dite che io sia ? » . Pietro gli rispose: «Tu sei il messia» .b 30 E li rimproverò perché non parlassero a nessuno di lui. 31 E cominciò a insegnare loro che era necessario che il figlio dell'uomo soffrisse molto e fosse riprovato dagli anziani e dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risorgesse. c 32 E diceva la parola apertamente. E Pietro lo prese da parte e cominciò a rimproverarlo. 33 Ma egli si voltò, vide i suoi discepoli e rimproverò Pietro e disse: «Vattene via da me, sata­ na, perché non hai per la mente le cose di Dio, ma le cose degli uomini» . 34 E chiamò a sé l a folla con i suoi discepoli e disse loro: «Se uno vuole venire d dietro di me, rinneghi se stesso e prenda la propria croce e mi segua. 35 Perché chiunque voglia salvare la propria vita la perderà; ma chiunque perderà la propria vita per causa mia ee della buona novella la salverà. 36 Come infatti giova a un uomo guadagnare il mondo intero e subire la perdita della propria vita ? f 37 Che cosa può dareK infatti un uomo in cam­ bio della propria vita? 38 Perché chiunque si vergogni di me e delle mie paroleh in questa generazione adultera e peccatrice, anche il figlio dell'uo­ mo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria di suo Padre con i gli an­ geli santi » . 9, 1 E diceva loro: «In verità vi dico, alcuni di coloro che stanno qui di cer­ to non sperimenteranno la morte finché non vedranno che il regno di Dio è venuto in potenza » . a. La lezione più antica cui si possa risalire è El7t1Xv IXÙ'tlj> ÀÉyonE.; ( •gli dissero», lett. •gli dissero dicendo» ), attestata da � B Cl11 L et al. Dato che questa formulazione è sciatta e ridondante, in alcuni manoscritti (A f' ÀÉyonE.; ( •gli risposero di­ cendo»). Gli autori di Matteo e Luca hanno apportato modifiche analoghe: le parole IXU­ 'tfj> ÀÉyont.; ( •a lui dicendo» ) sono omesse dal parallelo in Mt. 16,14 e sostituite con ciJto­ xpi-BÉnt.; ( « rispondendo» ) in Le. 9,19. Cf. Turner, Marcan Usage: 28 (1926) 1 2, poi in Elliott, Language, 7 1 . Sulla costruzione marciana v. Zerwick, Untersuchungen, 3 3 s. b. La lezione più breve, b l,PICJ't6.; ( •il messia » ), è senza dubbio la più antica. È stata ampliata dall'aggiunta delle parole b uiò.; 'tou &ou ( • il figlio di Dio» ) in una lezione atte-

IL MISTERO RIVELATO

stata da � L pc r'. Questo ampliamento è analogo a quello di 1,1; v. ad loc., n. a. Un al­ tro ampliamento, b u!Òç -roii &:oii -roii "l:wvtoc; ( •il figlio del Dio vivente» ), tràdito in W f'3 et al., è stato evidentemente ispirato dal parallelo in Mt. 1 6,16. c. La traduzione si basa sulla lezione della maggioranza dei manoscritti, [J.e:TIÌ -rptic; i][J.É� («dopo tre giorni» ). W f'·'3 et al. attestano la lezione -r'fl -rpl-r11 i][J.É� ( « il terzo giorno» ), che compare come variante anche nei testimoni di 9.3 I (v. sotto). In entrambi i casi costituisce un'assimilazione del testo di Marco alla formulazione più comune, che ricorre per esempio in varianti dei due paralleli sinottici, Mt. 16,21 e Le. 9,22. La forma (J-ETIÌ -rpeic; i][J.É� («dopo tre giorni•) si trova nel N.T. a proposito della risurrezione di Gesù soltanto in Mc. 8,3 1; 9,3 1; 10,34 e Mt. 27,6 3 . Le due espressioni non indicano ne­ cessariamente due diversi periodi di tempo (v. Taylor, a 8,3 1 ). d. La lezione ÉÀ-8eiv ( •venire• ), tràdita da � A B C1 et al., è probabilmente più antica della lezione lixoÀou&:iv ( •seguire• ), tràdita da 1)4S c• D W et al. l paralleli diretti in Mt. 16,24 (ÉÀ&:iv «venire») e in Le. 9,23 (Épxea&xt •giungere» ) lasciano pensare che gli au­ tori leggessero in Marco tÀ&iv, che è anche un po' meglio attestata. Si noti inoltre che un detto simile in Q compare in Mt. 10,3 8 con à.xoÀou&:i ( •segue• ) e in Le. 1 4,27 con É!>XETCll ( «viene»). e. Le parole É(J-ou xiXi, • (per causa) mia e», non compaiono in 1)4S D 28 700 it (sy'), ma appattengono probabilmente al testo più antico, perché ricorrono nei passi paralleli in Mt. 1 6,25 e Le. 9,24 e la locuzione bimembre è tipica dello stile di Marco. Cf. Taylor, ad loc.; Neirynck, Duality, 103. f. 1)4S A (C) D et al. recano ÉIÌv XEpò�� -ròv xoap.ov OÀOV XCii l:l)(J-1Cil-8'fl ( «se guadagna il mondo intero e subisce la perdita•). A quel che sembra Matteo e Luca hanno riscritto Marco in modo diverso e in questi testimoni emerge l'assimilazione del testo di Marco a quello di Matteo. g. La lezione più antica cui sia dato risalire è &i ( «può dare»), di �· B 2427 vid. È una forma del congiuntivo aoristo secondo propria della koinè; v. BDF, S 9 5 . 2. Nel contesto è un congiuntivo deliberativo o dubitativo, che nel greco classico è usato raramente alla terza persona; v. BDF, S 3 66. 1 . Perciò Matteo passò all'indicativo futuro ÒWaEt ( «darà» , 1 6,26; Luca omette i l detto). Analogamente un certo numero d i manoscritti d i Marco mo­ stra questa correzione: 1)4S A C D W et al. Altri manoscritti (�1 L) recano una lezione che propone una correzione nella forma più usuale del congiuntivo aoristo secondo, òljl. b. In 'l)4svidW k sa si legge xCii -roù.; É(J-oUc:; ( «e dei miei» o •e dei miei [discepoli] » ) anziché xiXi -roù.; É(J-oÙt; Àoyouc; ( «delle mie parole » ), la lezione dei manoscritti restanti. Secondo Turner la lezione più breve è la più antica ( Western Readings, 2 s.), ma è più probabile che sia l'esito di un'omissione accidentale; v. Metzger, Textual Commentary, 84. i. 1)4S W 2542 sy' recano Xt:lt ( «e•) invece di (J-ET« («con » ). La variante nasce o da un tentativo indipendente di attenuare l'indole apocalittica mitico-realistica del detto o dal­ l'influenza del parallelo in Le. 9,26.

Unità na"ativa di 8,27-10,45 La guarigione del cieco di Betsaida, come si è rilevato nel commento, è un racconto di raccordo: conclude la sezione 6,6b-8,26 e introduce la se­ zione 8,27-10,45,' ma appartiene fondamentalmente alla prima sezio­ ne, in quanto è l'ultima di una serie di storie di miracoli ed è una chio1

V. a 8,22-26, «Funzione letteraria di 8,:u-:z.6• .

sa sul tema della «cecità » dei discepoli, introdotto in 8,18. La sezione 8,27-1 0,4 5 è tenuta insieme dalla ripetizione di uno schema ternario: 1 . predizione della sofferenza, morte e risurrezione del figlio dell'uomo ( 8,3 1 ; 9,3 1; 10, 3 2-34); 2. incomprensione da parte dei discepoli {8,32 s.; 9,3 2; 10,3 5-4 1 ), e 3· insegnamento sul discepolato {8,34-37; 9,3 337; 10,42-4 5 ) . 1 Questa sezione è seguita da un altro racconto della gua­ rigione di un cieco, in 10,46-52. Le due storie di guarigione incornicia­ no la sezione 8,27-10,4 5 e sono probabilmente entrambe correlate al motivo della «cecità » dei discepoli. La guarigione di Bartimeo in 10,4652 tuttavia appartiene fondamentalmente alla sezione successiva, «La proclamazione a Gerusalemme» ( 10,46- 1 3 ,37), per due ragioni: 1 . il cambiamento topografico in 10,46, allorché Gesù e i discepoli arrivano in Giudea (Gerico); 1 2. l'introduzione dell'epiteto «figlio di David», che connette il racconto a 1 1,10 e 1 2,3 5 . Come la guarigione del cieco di Betsaida, anche quello su Bartimeo è un racconto di raccordo. 3 Una vol­ ta che Bartimeo è guarito, segue Gesù lungo la via ( 1 0, 5 2). Questa in­ formazione da un parte conclude il motivo della sequela di Gesù lungo la via, che caratterizza 8,27- 10,4 5; dall'altra, sul piano letterale signifi­ ca che Bartimeo segue Gesù a Gerusalemme; sul piano simbolico Barti­ meo è presentato come un discepolo disposto a seguire Gesù anche nel­ la sofferenza e nella morte. È in questa sezione centrale di Marco, 8,27-10,4 5 , che Gesù insegna ai discepoli che il figlio dell'uomo deve soffrire e che il discepolato compor­ ta una sofferenza fedele. La sezione è strutturata come un viaggio, prima in direzione nord, verso i villaggi di Cesarea di Filippo ( 8,2 7) e il Mon­ te Ermone (9,2), e poi in direzione sud, verso Gerusalemme.'� Il termine «via » o «viaggio» (Oò�) ricorre spesso in questa sezione: s la maggior r Su queste «unità di predizione della passione» v. Perrin, Towards an lnterpretation, 7 s.; Id., What ls Redaction Criticism?, 45· Per Bultmann «il dogma cristiano ha raggiun­ to il punto di massima influenza sulla rappresentazione» in 8,2.7- 10,,52. (History, 3 5 1). 1 V. sotto, a :ro,:r, n. a. Secondo Pesch, n, 1-2.8, il racconto premarciano della passione ha inizio con la scena conservata in 8,2.7-30. 3 Per una rassegna degli studi precedenti v. Robbins, Healing, 2.37 s. Le divergenze di opinione sull'appartenenza della storia alla sezione precedente o successiva è un indizio della sua funzione di raccordo. Robbins dal canto suo la colloca nella sezione :ro,46-1 2., 44 (art. cit., 2.4 1 ). 4 Dai paraggi di un «alto monte» (9,2.) essi viaggiano attraverso la Galilea (9,30), fer­ mandosi a Cafarnao (9,3 3 ), quindi procedendo verso la Perea (Transgiordania); v. sotto, a :ro,:r, n. a. Da qui muovono alla volta di Gerusalemme ( 10,3 2.) e arrivano a Gerico (:ro, 46), città della Giudea. s Sette delle sedici occorrenze del termine si trovano in questa sezione e in :ro,46-,52., e precisamente in 8,2.7; 9,3 3.34; :ro,I7·32..46. s2..

IL MISTERO RIVELATO

parte delle occorrenze indica una strada o viaggio in senso letterale, l'uso in 10,32 è peculiare:

ma

Erano lungo la via mentre salivano a Gerusalemme, e Gesù li precedeva, ed erano attoniti, e quelli che seguivano avevano paura. E di nuovo prese i do­ dici e cominciò a dire loro le cose che stavano per accadergli. La rappresentazione di Gesù che precede i discepoli e di loro che lo se­ guono lascia trasparire che il viaggio concreto verso la Giudea simbo­ leggia il discepolato. 1 Quando i discepoli sono detti attoniti e impauri­ ti, non è fornita alcuna motivazione se non il rilievo che «erano lungo la via mentre salivano a Gerusalemme» . Il loro stato emotivo prefigura quanto il Gesù di Marco esplicita ai vv. 3 3 s., che la sofferenza e morte del figlio dell'uomo avranno luogo a Gerusalemme. In quanto suoi di­ scepoli anch'essi sono in pericolo. Il viaggio dal Monte Ermone verso la Giudea è dunque un cammino verso la sofferenza e la morte - di fatto per Gesù e potenzialmente per i suoi discepoli. 1 Genere di 8,27-30 Bultmann intitola questa pericope «confessione di Pietro» e la definisce una leggenda, segnatamente una leggenda di fede sulla messianicità di Gesù. Egli conclude che il racconto è frammentario «perché doveva ori­ ginariamente contenere un resoconto dell'atteggiamento che Gesù ave­ va assunto rispetto alla confessione che aveva suscitato» .3 Secondo Bult­ mann Marco ha omesso la conclusione originaria sostituendola con le proprie formulazioni, mentre essa è stata conservata in Mt. I6,I7-19. Secondo la sua ipotesi, in questa conclusione originaria era il Signore ri­ sorto a benedire Pietro, sicché l'intera narrazione è un racconto pa­ squale che viene ricondotto alla vita di Gesù per la prima volta da Mar­ co. 4 Dibelius per contro esclude questo passo dal novero delle forme tradizionali perché non è «concluso» . Egli postula che la storia sia pre­ marciana, ma che l'evangelista l'abbia manipolata così profondamente da oscurarne il significato e lo scopo originari. 5 Anche a giudizio di Bultmann rappresentare Gesù che prende l'inizia1 Cf. Atti 9,2.; 1 8,2.5; 19,9.2.3 ; 2.2.,4; 2.4, 14.2.2.. Si pensi all'uso di •via » (ò80c;) come im­ magine della conversione nel Nigrino di Luciano; Cancik, Lucian on Conversion, 39· 2. Marcus mette in relazione la •via • di 10,3 2.-34 con 1,3 e •l'immagine deuteroisaiana della marcia processionale trionfale di Jahvé• ( Way of the Lord, 3 5). 3 Bultmann, History, 2.57 s. 4 Op. cit., 2.58 s. 2.88 s. s Dibelius, From Tradition, 44· 2.30.

6s s

tiva facendo una domanda prova che la narrazione è secondaria, ossia non corrisponde allo schema usuale secondo cui un discepolo, un rivale o un avversario pone una domanda a Gesù. Anche il contenuto della do­ manda è anomalo: «Perché Gesù chiede qualcosa su cui è necessaria­ mente informato esattamente quanto i discepoli? » . La domanda è for­ mulata solo per sollecitare una risposta, in altre parole si tratta di un espediente letterario. I Secondo Robert C. Tannehill questo passo è «una domanda di prova invertita, cioè una domanda di prova in cui non è sottoposta alla prova la persona rappresentata nel testo (Gesù), ma è lei a porre il quesito di pro­ va» . :z. Egli osserva che Matteo ha trasformato la narrazione in un raccon­ to di lode.3 Tannehill nota anche che Gesù pone una domanda prelimi­ nare ( « Chi dice la gente che io sia ? » ), prima di porre quella primaria ( «Voi dunque chi dite che io sia ? » ), ottenendo così una risposta prelimi­ nare in contrasto con quella finale. 4 La difficoltà di classificare questo passo secondo i termini utilizzati di norma dalla critica delle forme, i suoi tratti peculiari, la forma drammati­ ca e il ruolo di svolta effettiva nel complesso del racconto,5 tutto fa pen­ sare che sia una composizione marciana. Non è necessario postulare, co­ me fa Bultmann, una storia pasquale premarciana quale fonte impiegata dall'evangelista: la presentazione di Pietro lungo tutto il racconto come il discepolo più importante basta a spiegare perché gli venga attribuita l'in­ tuizione della messianicità di Gesù, anche se questo ritratto potrebbe trovare una sua ragione nella tradizione secondo cui il Gesù risorto ap­ parve a Pietro ( I Cor. 1 5,4). Storia della tradizione di 8,27-3 0 Secondo Bultmann il v. 27a, che dichiara che Gesù e i discepoli se ne an­ darono verso i villaggi di Cesarea di Filippo, è la conclusione della storia del miracolo che guarì il cieco di Betsaida. 6 A suo giudizio entrambe le indicazioni topografiche sono aggiunte redazionali marciane.7 Egli con­ clude che sia la guarigione del cieco sia la confessione di Pietro fossero unità tradizionali premarciane, ma che «si deve considerare il viaggio di Gesù verso nord come un elemento di fantasia ed eliminarlo dalla rico­ struzione storica » . 8 I Bultmann, History, 257 s. :z. Tannehill, Varieties, I I 5 ( 5 .2.1). 3 Art. cit., u 8 n. I 8 . 4 Art. cit., u 6 ( 5 .22). u 8 n. 20. s V. per es. Hooker, 200. 7 Loc. cit.; cf. a 8,22-26, «Storia della tradizione,.. 6 Bultmann, History, 64 s. 8 Bultmann, History, 65; cf. 2I3 e 257-259 sul carattere tradizionale dei due racconti.

IL MISTERO RIVELATO

Karl Ludwig Schmidt dal canto suo considera il v. 27a l'introduzione alla confessione di Pietro (vv. 27-30) e ritiene inoltre che, malgrado la connessione topografica plausibile tra Betsaida nel passo precedente e i villaggi di Cesarea di Filippo in questo, c'è una «cucitura » fra i due rac­ conti. Concorda peraltro con Bultmann che il racconto della confessione di Pietro proviene dalla tradizione premarciana, ma reputa che la men­ zione di Cesarea di Filippo fosse parte di questa tradizione fin dall'inizio. Mferma per finire che l'indicazione appartiene alla tradizione più antica e che qui si ha «un fatto ricordato in modo attendibile» . 1 La conclusione è avallata da questi argomenti: I. la regione di Cesarea di Filippo non è menzionata altrove nella tradizione evangelica; 2. non compare qui a motivo di un itinerario presupposto da Marco; 3 . l'indicazione non è sta­ ta inventata dalla (o da tradenti della) tradizione premarciana, perché non ha valenza didattica o simbolica; 4· che Gesù non sia entrato a Cesa­ rea di Filippo, residenza storica di Filippo, è storicamente credibile, visto che non si afferma mai che entri a Tiberiade, residenza di Erode Antipa. 1 Il secondo e terzo argomento verranno discussi nel seguito . .27a. La guarigione precedente del cieco è avvenuta a Betsaida, città del distretto della Gaulanitide, oggi Golan, a est del Mare di Galilea, che faceva parte della tetrarchia di Filippo .l Secondo questo versetto Gesù e i discepoli partirono da qui e si diressero verso i villaggi di Cesarea di Fi­ lippo, il che significa che si sarebbero spostati a nord verso il distretto di Panias, anch'esso parte della tetrarchia di Filippo, dove si trovavano le sorgenti del fiume Giordano. 4 Dal m sec. a.C. in poi è attestata una località nota come «l'antro (o grotta) di Pan» (-rò IIave:tov [civ-rpov]) presso la «montagna di Pan» (-rò IIave:wv [opoc;]) . La grotta era dedicata al dio Pan,s divinità che aveva ri­ vestito un ruolo importante nel culto regale tolemaico, e forse anche in quello seleucidico.6 Il distretto di Panias era stato assegnato a Erode (il Grande) da Augusto nel 2o a.C.7 Erode fece erigere un tempio di marmo 1

Schmidt, Rilhmen, 2.15-7. 2. Op. cit., 2.16 s. 3 Schiirer, History I, :z.:z.3 n. 17. 336 s. Op. cit. I, 336 s. Questa regione era in gran parte non giudaica (n, 169) in quanto era la città fondata da Filippo (n, 170). 5 Op. cit. n, 169 e n. 454 · Sulla storia del sito v. Z.U. Ma'oz, Banias: NEAEHL I, 136143, spec. 137-139. Per V. Tzaferis la grotta era divenuta un santuario di Pan almeno dall'inizio del n sec. a.C., Cults and Deities Worshipped at Caesarea Philippi-Banias, in E. Ulrich - j.W. Wright - R.P. Carroll - Ph.R. Davies (ed.), Priests, Prophets and Scribes. Essays on the Formation and Heritage of Second Tempie ]IUUlism in Honour of ]oseph Blenkinsopp USNTSup 149), Sheffield 1992., 190-2.01, spec. 191. 7 Schiirer, History n, 169. 6 Lichtenberger, Baupolitik, 150. 4

IL MI STERO RIVELATO

per la rivelazione. Secondo 9,2 la trasfigurazione avviene su un alto mon­ te (opoc; u�l'lì..Ov ) e i membri dell'uditorio che avevano familiarità con la topografia di Cesarea di Filippo e Panias arguivano probabilmente che si trattava del Monte Ermone. Secondo George W.E. Nickelsburg «la re­ gione intorno al Monte Ermone era sacra per cananei, israeliti, non israe­ liti del periodo greco-romano, e cristiani» . 1 Nickelsburg, sulle orme di Bultmann, ipotizza che sia la confessione di Pietro sia la trasfigurazione siano basate su tradizioni dell'apparizione a Pietro del Gesù risorto. Que­ sti racconti sono dunque prova di « una più estesa tradizione relativa a una rivelazione successiva alla risurrezione collegata alla regione dell'Er­ mone» .1 In particolare nel periodo greco-romano il dio del Monte Ermone (Baal, identificato con Zeus) era considerato una divinità oracolare.3 Per coloro a cui era noto il carattere oracolare della regione, l'intuizione non spiegata di Pietro che Gesù sia il messia e la rivelazione di Gesù della ne­ cessità che il figlio dell'uomo soffra assumono le connotazioni delle co­ municazioni oracolari. Un'altra motivazione potrebbe essere la contrapposizione di Gesù messia ad altri sovrani. 4 Come si è detto, Erode fece erigere un tempio dedicato ad Augusto a Panias o nelle vicinanze, ed esso fu perlomeno mantenuto, se non ampliato, da Filippo e Agrippa n. 5 Collocare la con­ fessione di Pietro a Cesarea di Filippo chiarisce a quanti sono a cono­ scenza del culto imperiale praticato lì che è Gesù il rappresentante della divinità suprema, non l'imperatore. La confessione del centurione in 1 5 , 3 9 esprime lo stesso concetto. 6 Potrebbero aver indotto a tracciare una contrapposizione di tal fatta avvenimenti connessi alla guerra giudaica contro Roma al tempo del­ l'evangelista. Modio, il viceré di Agrippa n, fece imprigionare i giudei di Cesarea di Filippo, a quanto pare per reazione alla sconfitta a Gerusa­ lemme nel 66 a.C. di Cestio Gallo, governatore della Siria.' Fatto più ri• Nickelsburg, I Enoch, 1. A Commentary, 238·247; cf. la mappa a p. 240; le foto del Monte Ermone a p. 2.41 e quelle del santuario di Pan a p. 243 . 2. Op. cit., 246; G.W.E. Nickelsburg, Enoch, Levi and Peter. Recipients of Revelation in Upper Galilee: JBL roo ( r 98 r ) 575-600: 599 n. ro6; cf. Bultmann, History, 257-259. 3 Y. Hajjar, Divinités oraculaires et rites divinatoires en Syrie et en Phénicie à répoque gréco-romaine, in ANRW n, r8.4, 1 990, 223 6-23 20. 2783-2797, spec. 225 2 s. 4 Van Iersel prende in considerazione la possibilità che il narratore collochi qui la di­ chiarazione di Pietro per «prospettare l'idea di un altro re di Israele» in questa «città di imperatori e re» (Reading Mark, 125 s.). 5 Ma'oz, Banias, 140. 6V. sotto, a 1 5,39· 7 Ios. Vita 1 3 (74); cf. 6 (24 s.). L'evangelista tuttavia probabilmente non scelse come am­ bientazione Cesarea di Filippo per mettere in relazione la sofferenza di Gesù con quella

levante per Marco, Vespasiano fu in visita a Cesarea di Filippo per venti giorni, in una data compresa tra giugno e settembre del 67 d.C. Agrippa II lo aveva invitato per ospitare il generale e le sue truppe e farsi aiutare da loro a porre fine ai disordini nel suo regno. Secondo Giuseppe, Ve­ spasiano mentre era lì aveva fatto offerte di ringraziamento a un dio (o ad alcune divinità pagane) per i successi che aveva conseguito fino a quel momento. L'offerta ebbe luogo presumibilmente nel tempio di Augu­ sto. I Vespasiano si trovava in Palestina come rappresentante dell'impe­ ratore Nerone, che era probabilmente venerato nel tempio locale di Au­ gusto insieme ai suoi predecessori. Agrippa II, come si è rilevato, aveva rinominato la città Neronia (Ntpwvlcxc;) nel 5 3 d.C. in onore di Nerone. Con la confessione di Pietro e la trasfigurazione Marco presenta la ri­ velazione ai discepoli della missione di sofferenza di Gesù come figlio dell'uomo e della sua condizione gloriosa di figlio di Dio in un contesto numinoso caratterizzato principalmente da una pratica religiosa non giu­ daica, non cristiana, siriana ed ellenistica. :z. In tal modo si pone la venera­ zione cristiana nei riguardi di Gesù in competizione con la fede e la prati­ ca religiosa pagana e ci si appropria della sacralità del luogo. 2. 7b-28. La domanda preliminare di Gesù 3 riprende in termini esplici­ ti il tema della sua identità nel vangelo. 4 Esso era stato introdotto dalla dichiarazione dello spirito impuro in 1,24 - «So chi sei: il santo di Dio» ­ e specialmente dalla notazione del narratore in 1,34 - «non permetteva ai demoni di parlare perché lo conoscevano».s Anche se i demoni sanno

dei giudei nella guerra (dipingendo così Gesù come rappresentante di Israele), perché le sofferenze dei giudei furono maggiori, e più note, in altre città del nord. Sull'ipotesi che la storia di Gesù in Marco rifletta avvenimenti della guerra giudaica v. A. Bedenbender (sulle orme di T. Veerkamp), Romer, Christen und Diimonen. Beobachtungen zur Kom­ position des Markusevangeliums: Texte und Kontexte 67 ( 1995 ) 3-52., spec. 3 s. I Ios. Bel/. 3 ,9,7 (443 s.). Cf. Ma'oz, Banias, 1 3 8; Bedenbender, Romer, Christen, 4· Do­ po la distruzione del tempio e della città di Gerusalemme e dopo che Tito ebbe deposita­ to gran parte del suo bottino nella città di Cesarea sul mare, lui e le sue truppe andaro­ no a Cesarea di Filippo e festeggiarono il compleanno del fratello Domiziano. Durante questi festeggiamenti molti prigionieri giudei morirono in lotte con belve o tra di loro (los. Bel/. 7,2,1 [23 s.]; 7,3,1 [37 s.]). Questi fatti però accaddero probabilmente dopo la composizione di Marco; v. sotto, al cap. 1 3 . 2. H.-W. Kuhn considera questa possibilità Uesu Hinwendung zu den Heiden im Markus­ evangelium im Verhiiltnis zu Jesu historischem Wirken in Betsaida mit einem Zwi­ schenbericht zur Ausgrabung eines vermuteten heidnischen Tempels auf et-Tel/ (Betsai­ da), in K. Kramer - A. Paus (ed.), Die Weite des Mysteriums. Christliche Identitiit im Dia­ log fiir Horst Burkle, Freiburg 2000, 204-240, spec. 2 1 1 . 3 V. sopra, « Genere d i 8,27-30 » . 5 V. anche 3 , 1 1 s., e ad loc. 4 V. a 1,21-28, excursus n segreto messianico» . ..

66o

IL MISTERO RIVELATO

chi è Gesù, non è così per gli esseri umani, almeno non prima di questo punto del racconto. Dopo che Gesù ha sedato la tempesta, i discepoli chiedono: « Chi è mai costui che gli ubbidiscono sia il vento sia il mare?», attestando la sua potenza straordinaria, ma senza comprenderne la fonte o lo scopo (4,41)! L'identità di Gesù è definita in termini denigratori da­ gli abitanti di Nazaret, che indicano in lui «il carpentiere, il figlio di Ma­ ria e fratello di Giacomo e Iose e Giuda e Simone» (6,3).2. Essi si sentono offesi da lui a causa della disparità fra la loro presunta conoscenza di chi egli sia e il suo insegnamento (autoritativo) nella loro sinagoga. Gesù replica col detto «un profeta non è senza onore se non nel suo paese nata­ le e tra i suoi parenti e nella sua casa» , insinuando l'idea, ma senza af­ fermarlo, che egli sia una sorta di profeta. Il tema dell'identità di Gesù ha uno sviluppo significativo in 6,14-16. Il v. 14 dice che alcuni identificavano Gesù con Giovanni il battezzatore, risvegliato dai morti e perciò in possesso di poteri straordinari. Dal v. 1 5 si ricava che altri dicevano che Gesù era Elia, tornato sulla terra dal cielo, e altri ancora che era un profeta come uno dei profeti (di un tempo) . Se­ condo il v. 16 Erode condivideva la prima opinione, che Gesù fosse Gio­ vanni risvegliato dai morti.3 Nel cap. 6 non si formula nessuna valuta­ zione di queste opinioni, né esplicitamente né lasciandola trasparire in modo chiaro. La richiesta di un segno da parte dei farisei è in effetti, come si è osser­ vato, una domanda sull'identità di Gesù o un rifiuto indiretto della sua rivendicazione implicita di essere un profeta o il messia. 4 La scena didat­ tica in cui Gesù pone ai discepoli domande incalzanti sulle due distribu­ zioni di cibo è anche, indirettamente, un dialogo sull'identità di Gesù. I discepoli non comprendono riguardo ai pani perché non comprendono l'identità e la missione di Gesù.s Da ultimo, la guarigione del cieco vicino a Betsaida simboleggia la rimozione della «cecità » dei discepoli cui si al­ lude in 8,18. 6 La risposta preliminare dei discepoli alla domanda preliminare di Ge­ sù ricapitola le opinioni di persone diverse, fra cui Erode (Antipa), riferi­ te in 6,14-16. Queste opinioni allora non erano state valutate dall'evan­ gelista, perché è necessario farlo in questo contesto. Gesù pone quindi la domanda più importante: «Voi dunque chi di­ te che io sia ? » . Diversamente da Erode (Antipa), che ha semplicemente scelto una delle ipotesi correnti sull'identità di Gesù,' Pietro dà una ri29.

1

V. ad loc. 2. V. ad loc. 3 V. a 6,14-16. a 8,2.2.-2.6. 7 Cf. 6,16 con 6,14; v.

6 V.

4 V. a

6,14,

a n.

s V. h, e a 6,14-16.

8,1 1-1 3 .

a

8,14-2.1

e

6,.51

s.

66r

sposta diversa: «Tu sei il messia» . Questa risposta è manifestamente su­ periore a quelle menzionate al v. 2.8 dal punto di vista dell'autore implici­ to, giacché si dichiara che Gesù è il messia nella frase in funzione di titolo che introduce il vangelo. 1 Lo svolgersi successivo del racconto (e la va­ lenza simbolica di 8,2.2.-2.6) indica tuttavia che la risposta di Pietro, ben­ ché vera, è ambigua e necessita pertanto di chiarificazione. 30 s. La prima reazione del Gesù marciano alla risposta di Pietro - il rimprovero ai discepoli perché non parlino a nessuno di lui - è uguale a quella alle rivelazioni della sua identità da parte dei demoni, detti anche spiriti impuri ( I ,34; 3, I I s.). Questo rimprovero non significa che la ri­ sposta sia sbagliata, ma anzitutto che l'identità di Gesù quale messia de­ ve essere tenuta per il momento segreta. :z. Perché debba essere tenuta segreta lo chiarisce l'uso dell'epiteto «figlio dell'uomo» nella seconda risposta di Gesù, l'insegnamento esposto al v. 3 r. L'uso di questo epiteto come sinonimo di «messia » indica che l'auto­ re e l'uditorio condividono la concezione del messia davidico o regale e l'idea che «messia» in questo senso e «figlio dell'uomo» siano equivalen­ ti) L'ordine di mantenere il silenzio sull'identità di Gesù come figlio del­ l'uomo è perlomeno analogo, se pure non ne dipende, alla rappresenta­ zione di 1Àljç yevlJ&Ìc; oùx Èm'l;;lJ-;ei aaq>Wc; fLa&iv -;(t 81à Myou 8e:lx.9évu q>C�V!:p.5 Non è chiaro se l'espressione greca 7tpÒ> . Il senso del v. IO è che l'ordine di Gesù ha colpito i tre discepoli, ma li ha allo stesso tempo confusi. Il v. I I ne è conseguenza logica, perché i discepoli pongono a Gesù una domanda che mira a dissipare la loro con­ fusione. La domanda rinvia a Mal. 3 ,22 s. LXX, 6 secondo cui Elia de­ ve venire prima del «giorno grande e splendido del Signore>> (Mal. 3 ,22 LXX). A quanto si arguisce dal contesto di Marco tuttavia, i discepoli presumono che Elia . debba venire prima della «risurrezione dei morti>> 1 Cf. Bultmann, History, 3 30�3 3 2.; Sellew, Composition, 63 1 s.; v. a 8,14-l.I, e sopra, a 8,34. Per Ohler i vv. 9- 1 3 sono stati composti da Marco (Elia, 40). 2. Beyer, Semitische Syntax, 1 3 3 s. 3 Wrede, Messianic Secret, 67-70; v. a x,:z.1-:z.8, excursus «Il segreto messianico» . 4 V. sopra, a 8,30 s. s BAGD, 565. Secondo BDF, S 5b, p. 6, questa espressione è un latinismo: xpa;'tÉw equi­ vale a (memoria) tenere. 6 Citato sopra, nel commento al v. 4· V. Marcus, Way of the Lord, 94; Liebers, Wie ge­ schrieben steht, 75; Ohler, Elia, :z.-6.

700

ELIA, IL FIGLIO DELL'UOMO E GIOVANNI

(Mc. 9, 10).' Il significato classico del «giorno del Signore » è «giorno del giudizio ». Nel tardo periodo del secondo tempio la nozione di giorno del Signore era associata a un complesso di idee escatologiche.1 Presso i cri­ stiani delle origini «il giorno del Signore» era interpretato come il ritor­ no del Gesù risorto e comprendeva senz'altro la nozione di risurrezio­ ne.3 I discepoli marciani associano dunque il «giorno del Signore» alla risurrezione dei giusti o alla risurrezione generale dei morti e presumono che il figlio dell'uomo risorgerà in quell'occasione.4 La loro confusione è causata dalla risurrezione evidentemente imminente del figlio dell'uomo, sebbene Elia non sembri essere venuto. L'evangelista presenta i discepoli come inconsapevoli che il figlio dell'uomo sarebbe risorto prima della ri­ surrezione generale.s L'incongruenza fra il «dialogo» dei vv 9 s. e la domanda dei discepoli al v. I I non è dunque tale da giustificare la con­ clusione che i vv I I - I 3 costituiscano una unità premarciana. 6 L'insegnamento degli scribi 7 menzionato al v. 1 1 non afferma quindi che Elia sia il precursore del messia. 8 Non ci sono sostanzialmente prove .

.

1 Così anche J.A. Fitzmyer, More about Eliiah Coming First: JBL 104 ( 1985) 2.95 s., spec. 2.95; M. Ohler afferma che •il giorno del giudizio è il giorno della risurrezione dei morti» (The Expectation of Eliiah and the Presence of the Kingdom of God: JBL 1 1 8 [1 999] 461-476: 464)1 Sir. 48,10 dimostra l'associazione del ritorno di Elia alla reintegrazione (escatologica) delle dodici tribù ( Ùhler, Elia, 6- u; cf. K.J. Cathcart, Day of Yahweh, in ABD n, 84 s. 3 Cf. I Tess. 4, 16 con 5,:z.; v. anche R.H. Hiers, Day of the Lord, in ABD n, 8:z. s. 4 Da I Hen. :z.:z., 1 3 si desume che alcuni morti risorgeranno nel grande giorno del giudi­ zio (G.W.E. Nickelsburg, Resu"ection [Early ]udaism and Christianity], in ABD v, 68469 1, spec. 685). s Gli interlocutori (probabilmente gentili) di Paolo in I Cor. 15 accettano a quanto pare senza problemi la risurrezione di Cristo, mentre negano quella generale. La convinzione di Paolo che esse siano legate, anche se quella generale è differita, è tipica dell'escatolo­ gia giudaica del periodo del secondo tempo. 6 Così pure Anderson, Old Testament in Mark's Gospel, spec. 2.94; di opinione diversa Liebers, Wie geschrieben steht, 76 s. V. anche sopra, «Storia della tradizione» . 7 Sugli scribi come personaggi storici e gli scribi come gruppo i n Marco v . a 1 ,:z.:z.. 8 Non è d'accordo S. Mowinckel, He That Cometh, New York - Nashville 1 9 54 (ed. nor­ vegese 195 1 ), 2.99; J. Jeremias, 'HÀ(E}ttu;, in IDNT n, 1964, 92.8-941, spec. 9 3 1 . 936; Cranfield, 2.97 s.; D.C. Allison Jr., Eliiah Must Come First: JBL 103 ( 1 984) 2.56-2.58. Secondo L. Ginzberg Elia compare come precursore del messia nel Talmud e nei midra­ shim (An Unknown ]ewish Sect [ 1970], New York 1976, :z.u. 2.4 1 ; cf. 2. 1 6); egli sostie­ ne anche che il Documento di Damasco della Geniza del Cairo presenti Elia come •l'aral­ do messianico» (p. 2.2.6). Queste idee oggi non trovano più largo consenso. Vi sono tut­ tavia attestazioni nel giudaismo del secondo tempio e rabbinico dell'attesa di un mae­ stro escatologico, che era solitamente identificato con Elia (v. G. Jeremias, Der Lehrer der Gerechtigkeit [StUNT :z.], Gottingen 1963, :z.85-:z.87).

701

che questa idea fosse diffusa nel 1 sec. a.C.; 1 essa sembra al contrario un'innovazione cristiana. 1 In Marco è espressa nella forma più chiara in 1,7 s. Il. s. La prima parte della risposta di Gesù conferma la tradizione giudaica contemporanea, basata su Malachia, del ritorno di Elia negli ultimi giorni. Il Gesù marciano non si limita a rinviare alle scritture, ma le sviluppa: Elia «ristabilisce» non solo i «cuori » ma tutte le cose.3 Que­ sto sviluppo conferisce a Elia un ruolo escatologico significativo:� Nella seconda parte della risposta Gesù introduce una nuova profe­ zia: che il figlio dell'uomo deve soffrire molto ed essere trattato con di­ sprezzo. L'espressione «sta scritto » (yÉypa1t'ta:t) indica che questa profe­ zia è tratta dalla scrittura, ma non c'è accordo sul fatto che l'enunciato rinvii a un luogo scritturistico preciso. Quanti lo pensano non concor­ dano su quale sia il passo e se si rimandi a uno o più testi.s Secondo C.E.B. Cranfìeld qui si rinvia principalmente a Is. 5 2, 1 3 - 5 J , I 2 e la soffe­ renza del figlio dell'uomo è modellata su quella del servo del Signore. Egli cita anche vari salmi cui il passo potrebbe alludere. 6 Rudolph Pesch ritiene che la sofferenza del figlio dell'uomo qui sia esemplata precipua­ mente su quella del giusto sofferente nei salmi.7 L'epiteto «figlio dell J.A.T. Robinson, Elijah, fohn and ]esus, in Id., Twelve New Testament Studies (SBT), Naperville, III. 1 962, 28-52, spec. 34-36; J.L. Martyn, We Have Found Elijah, in R. Hamerton-Kelly - R. Scroggs (ed. ), ]ews, Greeks and Christians. Religious Cultures in Late Antiquity. Essays in Honor of William David Davies, Leiden 1976, 1 8 1 -219, spec. 189 s. n. 17; M.M. Faierstein, Why Do the Scribes Say That Elijah Must Come First: JBL 100 ( 1 9 8 1 ) 75-86; Fitzmyer, More about Elijah Coming First, 295 s.; Ohler, Elia, 29 s.; Id., Expectation of Elijah, 461-464. :z. Si pensi al passo chiaramente cristiano nella recensione di Vit. Proph. 21 attribuita a Doroteo: «[Elia] è colui che è considerato degno di essere il precursore della seconda e manifesta venuta del Signore Cristo» ( o&toc; o 'tijc; 6tvtÉpac; xal È7tLiptzVOUc; 7tapouatac; 'tou Òta7to'tou �La'tou ci.�toUp.&voc; tlvaL 7tp06po!J-oc;}; testo e tr. secondo M.E. Stone - J. Strugnell (ed.), The Books of Elijah, Parts 1-2 (SBLTT 1 8; PS 8), Missoula, Mont. 1979, 96 s. Sulla recensione anonima, considerata la più antica, v. Ohler, Elia, 1 2 s. 3 Per la citazione di Mal. 3,22 s. LXX v. sopra, al v. 4· 4 Lohr, Elia-Erwartung, 89. s Secondo Suhl, che la sofferenza del figlio dell'uomo sia conforme alle scritture qui è semplicemente asserito, senza che si pensi a un passo specifico (Funktion, 44· 1 34). Si vedano le obiezioni di Marcus, Way of the Lord, 95 n. 4; Anderson, Old Testament in Mark 's Gospel, 286. 306. Per Lindars qui si richiama Is. 5 3 e il tema era apologetico (New Testament Apologetic, 88). 6 Sal. 22,7 ( 2 1 ,7 LXX); I I 9,22 ( n 8,22 LXX); 1 23,3 ( 1 22,3 LXX); Cranfield, 277. 298. 7 Sal. n 8,22; 22,7. 25; 69,34, e spec. 89,39 (88,39 LXX); Pesch, n, 79· Il ricorso al con­ cetto di «giusto sofferente» come chiave per l'interpretazione dei salmi di lamentazione individuale ha sollevato critiche; v. sotto, a 14, 1 8 .

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ELIA, I L FIGLIO DELL'UOMO E GIOVANNI

l'uomo>> ha con ogni probabilità la sua origine ultima in Dan. 7, 1 3 , ma il nesso tra l'epiteto e la sofferenza non deriva da Dan. 7. 1 L'idea che il figlio dell'uomo, cioè il messia, debba soffrire molto potrebbe basarsi al­ lo stesso modo su Is. 5 3 o sui salmi di lamentazione individuale presup­ ponendo in entrambi i casi una rilettura messianica. L'uso del verbo È�­ ouòevÉw ( «trattare con disprezzo» ) al v. 1 2 rende un po' più probabile che si rimandi al Sal. 22 ( 2 1 LXX): Ma io sono un verme e non un uomo, oggetto di biasimo per un uomo e oggetto di disprezzo per il popolo. Èyw ÒÉ. El(J.t O'XWÀYJç X�t OÙX cXV-8pW1tO> , fornita da una proposi­ zione con gar. 3 Anche qui le due definizioni sono entrambe utili, quella di Bultmann in generale, quella di Tannehill in senso più preciso. Il modello per questo episodio può essere stato offerto dalla storia di Eldad e Medad.4 I due erano rimasti nell'accampamento anziché andare coi settanta anziani e con Mosè alla tenda, dove quegli anziani ricevette­ ro una parte dello spirito che era su Mosè e profetarono. Eldad e Medad nondimeno presero a profetare nell'accampamento. Quando il fatto fu riferito a Mosè, Giosuè, suo aiutante, gli consigliò di farli smettere di profetare. Eldad e Medad tuttavia non erano estranei, ma erano fra colo­ ro che erano stati registrati da Mosè come anziani (Num. 1 1 ,26-30).5 La risposta di Mosè è inclusiva invece che restrittiva. La risposta di Gesù va oltre, perché rifiuta di limitare il potere divino ai suoi seguaci. La pericope estesa, i vv. 3 8-50, può essere definita una chreia elabora­ ta.6 La breve forma letteraria - un detto attribuito a una persona (di soli­ to famosa) - veniva elaborata in esercitazioni scolastiche aggiungendo per esempio una stringata espressione di elogio per l'autore del detto, una parafrasi della chreia che formulava una tesi e infine un'argomenta­ zione che comprovava la tesi stessa.? 38 s. Il « Giovanni >> in questione è il figlio di Zebedeo e fratello di Gia­ como ( 1 , 19.29; 3 , 1 7; 5,37; 9,2). Era uno dei tre cui fu permesso di ac­ compagnare Gesù alla casa di Giairo ( 5 ,37) e di assistere alla trasfigura­ zione (9,2). Benché Bultmann giudichi l'uso di nomi specifici uno svilup­ po novellistico secondario, è persuaso che qui il ruolo di Giovanni faccia parte della storia originaria. 8 Come spesso in Marco, l'appellativo «maestro>> è utilizzato in relazio1

ti:full. 2,22 s.; v. Schwartz, Ben Stada and Peter in Lydda, I2 n. 47· Bultmann, History, 54· 3 Tannehill, Varieties, 102 ( 1 . 1 ). 104 ( 1 .4). 4 Bultmann, History, 25. 5 Levine, Numbers z-20, 325 s. 339· 6 Henderson, Salted with Fire, spec. so. 6o. 7 Mack-Robbins, Patterns of Persuasion, 57-63. 8 Bultmann, History, 68. 345· 2.

RANGO, ESTRANEI E SES SUALITÀ

ne agli atti potenti di Gesù, sebbene l'uso del termine non sempre sia se­ gno di una fede inequivocabile nel suo potere o di una piena compren­ sione di esso. In ogni caso l'associazione rispecchia la concezione del­ l'evangelista per cui l'insegnamento interpreta gli atti potenti e questi le­ gittimano l'insegnamento (4,3 8; 5,3 5; 9, I7).' Sulla pratica di scacciare demoni «nel nome di » Gesù v. sopra, « Con­ testo culturale dei vv. 3 8 40» . È plausibile l'opinione di Adolf Deissmann che in questa espressione il dativo abbia valore strumentale.1 Il dialogo presuppone che ci siano persone che scacciano demoni nel nome di Gesù. Questo scenario probabilmente non risale all'epoca del Gesù storico, ma più verisimilmente rispecchia una situazione postpa­ squale. Giovanni inoltre dell'esorcista in questione dice: «non ci seguiva » (oùx i)xoÀoU'!9et i)(J-i"v), anziché: «non seguiva te», ossia Gesù.3 Analoga­ mente la risposta di Gesù nel v. 39 è più appropriata alla situazione del­ la chiesa delle origini che non al tempo del Gesù storico. Si attaglia a un'epoca in cui i primi cristiani erano impegnati nell'attività missiona­ ria e perciò davano importanza al potere che si consegue mediante la fede in Gesù e nel suo nome. È inoltre una situazione in cui ci si preoc­ cupa di persone che «parlano male » (xaxoÀoyÉw) di Gesù e specialmen­ te dei suoi seguaci. -

40. Per Bultmann il dialogo giunge al suo punto culminante col v. 39 e il detto è un'aggiunta secondaria, forse addirittura una variante del detto di Mt. 1 2,30. 4 Egli classifica il v. 40 come detto del Signore, che è un det­ to proverbiale, prima indipendente, attribuito a Gesù. 5 Nella sua forma attuale il detto è però unito al v. 39 dalla congiunzione ycip ( «infatti » ), che in questo contesto segnala un chiarimento.6 L'idea è che chi esegue esorcismi o altri atti potenti compiuti nel nome di Gesù oppure ne bene­ ficia, indipendentemente da chi li esegua, non sarà «contro di noi» (xa-8' i)(J-wv) ma piuttosto «per noi » (u7tÈp i)(J-wv) . Come il v. 3 9, questo versetto si inquadra in una situazione in cui le prime comunità cristiane si stanno diffondendo, acquistano una più vasta notorietà e sono più discusse. L'atteggiamento diverso che trova espressione negli Atti può derivare da 1

V. a 1,2.5-2.8; v. anche Achtemeier, He Taught Them Many Things, 480. A. Deissmann, Bible Studies. Contributions, Chiefly {rom Papyri and lnscriptions, to the History of the Language, the Literature, and the Religion of Hellenistic Judaism and Primitive Christianity, Edinburgh 1901, 197 s., spec. 198 n. 1 . 3 Bultmann, History, 2. 5 . 5 4 ; cf. G . Klein, Die Zwalf Apostel. Ursprung und Gehalt einer Idee, Gòttingen 1961, 2.8 s. 4 Bultmann, History, 2.4 s. V. sopra, «Contesto culturale dei vv. 3 8-40•. 5 Bultmann, History, 75· 81. 6 Si inquadra dunque nella sezione 2. di BAGD, s.v. 1

un senso più forte dei confini della comunità e dal desiderio di marcare la differenza fra le pratiche cristiane antiche e la magia. 1 4 I . Secondo Bultmann il v. 4 I seguiva in origine il v. 3 7 e i due versetti «costituiscono un'unità » . Inoltre il v. 4 I parlava di « bambini» (rccxtòicx), non di «voi» (u(J.e:i'ç), allo stesso modo in cui in origine Mt. Io,4o parlava di «piccoli » ((J.txpot}, come accade in I0,42, anziché di «voi» (u(J.Eit;). Le modifiche furono introdotte per consentire l'applicazione dei detti alla chiesa delle origini.2 A suo giudizio quindi il v. 4 I , come il v. 37, è un detto sulla sollecitudine verso i bambini, che proviene dalla tradizione giudaica.3 Che sul v. 4 I vi sia stato un intervento redazionale per rife­ rirlo alla chiesa delle origini è evidente dall'aggiunta di o·tt Xpta'tou Èan ( «per la ragione che appartenete a Cristo » ).4 Qui è il Cristo risorto che parla. 5 n nome di Gesù ha un significato religioso perché egli è il messia e giudice del mondo. 6 Bultmann cataloga il detto fra i «detti con io» e af­ ferma che la sua formulazione si deve alla chiesa palestinese.? Non è però così evidente che il detto del v. 4I abbia mai parlato di > . Il detto riprende il tema del capovolgimento della concezione tradizionale secondo cui i ricchi sono benedetti da Dio. 6 Molti ricchi, che sembrano quelli cui appartiene il regno di Dio, non en­ treranno in esso, mentre molti poveri, che sembrano abbandonati da Dio, vi entreranno. LA TERZA PREDIZIONE DELLA SOFFERENZA DEL FIGLIO DELL'UOMO

( I O,J 2-J 4 ) 3 2 Erano lungo la via mentre salivano a Gerusalemme, e Gesù li precede­ va, ed erano attoniti, e quelli che seguivano avevano paura.0 E di nuovo prese i dodici e cominciò a dire loro le cose che stavano per accadergli. 33 «Ecco, saliamo a Gerusalemme, e il figlio dell'uomo sarà consegnato ai r

BAGD, s.v. a.!wv. secondo Nickelsburg-VanderKam, I Enoch, 62. 9 5; H. Sasse, a.!wv, a.ìwvtoc;, in TDNT 1 , 1964, 197-209, spec. 206. 3 V. la traduzione (e la nota alla traduzione) di 4,19. 4 Stone, Fourth Ezra, 284, a 8,46; v. anche op. cit., «Excursus on the Two Ages», 92 s.; la terminologia per le due ere in 4 Esdra si trova in Sasse, a.ìwv, a.!wvwc;, 206. s V. sopra, al v. 17. 6 V. sopra, ai vv . 23 -27. � Tr.

LA TERZA PREDIZIONE

capi dei sacerdoti e agli scribi, e lo condanneranno a morte e lo consegne­ ranno alle nazioni, 34 e lo scherniranno e gli sputeranno addosso e lo fla­ gelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni h risorgerà ». a.

La più antica lezione recuperabile, o ! 8è: cixoÀoiJ'8ounE.; É (�-te:-rcì -rpe:i'c; iJ�-tÉpcxc;). I La prima predizione della passione si avvale di un linguaggio scritturi­ stico e il contesto crea un nesso col mistero del regno di Dio menzionato in 4, u . Essa costituisce una breve rivelazione di quel del xrx secolo, subcultura ben nota agli stu­ denti di letteratura e cultura inglese degli inizi e della metà del xx secolo." Con un'arguzia che rivaleggia con quella dell'oggetto dei loro studi, Carl­ son e Jeffery mostrano entrambi come sia altamente plausibile che Smith sia l'autore del frammento epistolare e del Marco segreto. Se la giuria non si è ancora pronunciata, pare sempre più probabile che il suo verdetto sarà che il testo è un falso o una beffa moderni. s INSEGNAMENTI SULLA FUNZIONE DI GUIDA

( 1 0,3 5 -4 5 )

E vennero da lui Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, e gli dissero: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi qualunque cosa ti chiediamo» . 36 Ed egli disse loro: « Che cosa volete che faccia per voi ? » .0 3 7 Ed essi gli dissero: . 3 9 Ed essi gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Berrete il calice che io sto per bere e sarete battezzati col battesimo con cui io sto per essere battezzato, 40 ma sedere alla mia de­ stra o alla mia sinistra non sta a me concederlo, tranne a coloro per i qua­ ti c è stato preparato» . 35

1

S.C. Carlson, The Gospel Hoax. Morton Smith's Invention ofSecret Mark, Waco, Tex. 6o-62.. Si veda anche l'articolo recensorio di S.G. Brown, Factualizing the Folk­ lore. Stephen Carlson's Case against Morton Smith: HTR 99 (2.006) 2.9 1-32.7. 2. Loc. cit. 3 Jeffery, Secret Gospel, capp. 3 s. 4 Op. cit., capp. 8-10. s Carlson preferisce parlare di «beffa,., perché •il Marco segreto ha la funzione della bef­ fa che mette alla prova, non del falso che vuole trarre in inganno» (Gospel Hoax, 79). 2.00 5 ,

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INSEGNAMENTI SULLA FUNZIONE DI GUIDA

41 E quando i dieci udirono, cominciarono ad adirarsi con Giacomo e Giovanni. 42. E Gesù li chiamò e disse loro: «Sapete che coloro che sono riconosciuti signori delle nazioni dominano su di esse e che quelli che oc­ cupano una posizione elevata tra loro esercitano autorità su di esse. 43 Non è d così fra voi, ma chiunque voglia essere in una posizione elevata fra voi sarà e vostro servitore, 44 e chiunque voglia essere il primo fra voi sarà schiavo di tutti; 45 perché il figlio dell'uomo non è venuto per essere servi­ to ma per servire e dare la propria vita in riscatto a favore di molti » .

a. La lezione -. 1 �Éì..nÉ (J.E 1tot�aw Ùfj.tv ( «che cosa volete che io faccia per voi ? » ), attesta­ ta da � I B lf, è allettante perché è la lezione più difficile; è stata adottata da Tischen­ dorf, Nestle-Aiand (2.53, 2� e 273 ed.) e Aland, Synopsis, ma potrebbe essere una con­ flazione delle altre due lezioni. Quella attestata da C 8 JI·'3 et al., -.1 �ÉÀe:'rt 1tot�aw Ùfj.tv ( «che cosa volete che faccia per voi ? » ), è tipica dello stile marciano e perciò è probabil­ mente la lezione più antica cui sia dato risalire; cf. 10, 5 1 ; 14, 1 2; 1 5 ,9 e una variante di 1 5,12; v. Turner, Marcan Usage: 28 ( 1927) 3 57, poi in Elliott, Language, 9 8 . In (�"') A (L W 2427 • ) � si legge: -.1 �Éì..En 1totiJaa1 IJ.E Ùfj.tv ( «che cosa volete che io faccia per voi ? » ), lezione adottata da Huck-Greeven, Synopse. È tuttavia altamente probabile che questa lezione sia sorta come correzione di quella C 8 et al., e che sia la fonte del (J.E («io» ) della variante attestata da � I B et al. Taylor, ad loc., segue Westcott-Hort nell'ac­ cogliere la lezione -.1 [�Éì..e:-.e:] 1tOt�aw Ùfj.i'v ( «che cosa volete che faccia per voi ? » ) [se si legge la parola tra parentesi] o «che cosa dovrei fare per voi ? » [se si esclude la parola tra parentesi]). b. La lezione �� liptanplilv, «alla (tua) sinistra» , lett. «dalla parte migliore», attestata da B et al., è probabilmente la più antica lezione recuperabile perché può giustificare la genesi delle altre. La variante attestata da L lf 892 •, aou È� cipto--.e:plilv, «alla tua sinistra», è una correzione intesa a rendere questa espressione parallela a quella corrispondente ri­ guardo alla destra. Le altre due lezioni, È� e:ùwv{.p.wv, «alla (tua) sinistra» , lett. «dalla parte fortunata », attestata da D W et al., ed i� tùwvUp.wv aou, «alla tua sinistra» , attesta­ ta da (�) A C et al., sono assimilazioni del testo di Marco al parallelo in Mt. 20,2 1 . c. Nei primi manoscritti d i Marco probabilmente si leggeva AAAOII:, che s i potrebbe intendere o come ci).ì..' ofc;, «tranne a coloro per i quali•, o come &ÀÀotc; • (non sta a me concederlo; è stato preparato) per altri» . La prima interpretazione è attestata da B'" 8 et al., la seconda da 225 it sams. Questa può essere nata spontaneamente oppure, come pensa Taylor, ad loc., può essere una riletrura intenzionale da un punto di vista marcio­ nita. Cf. Metzger, Textual Commentary, 9 1 . d. La traduzione si basa sulla lezione Èa-.tv («è» ), attestata d a � B c• D L W et al. La lezione ea-.at («sarà » ), tràdita da A C3 f'·'3 � et al., è una correzione apportata o per attenuare l'affermazione alla luce della situazione descritta nella scena precedente, o per conformare questa frase alla successiva; cf. Metzger, Textual Commentary, 9 1 . È anche possibile che qui �a-.tv abbia valore di futuro (cf. Moulton-Turner, m, 63) e che la le­ zione secondaria non faccia altro che chiarire questo aspetto. e. � C !J. et al. recano ea-.w ( «sia " ). Il futuro ea-.at («sarà » ) va inteso come espressione di un comando; cf. Moulton-Tumer, 111, 86. La lezione secondaria con la terza persona dell'imperativo mette in chiaro questa connotazione.

Storia della tradizione Per Bultmann l'apoftegma dei vv. 3 5-40 è tradizionale, mentre i vv. 4145 sono un tipico ampliamento marciano, perché l'apoftegma riguarda la primazia nel regno futuro e i vv. 4 1 ss. trattano della primazia all'in­ terno delle comunità dei seguaci di Gesù. A suo giudizio inoltre l'apof­ tegma non è un'entità unitaria dal momento che alla domanda di Giaco­ mo e Giovanni vengono date due risposte. Nei vv. 3 8 s. la risposta è che la via verso la grandezza nel regno passa per il martirio; nel v. 40 la ri­ chiesta è respinta senza alcun cenno al martirio. Bultmann giunge alla conclusione che i vv 3 8 s. costituiscono l'elemento secondario perché contengono la profezia della morte dei due discepoli dopo che è avvenu­ ta. Il resto, i vv. 3 5-3 7.40, sembrano una composizione unitaria. Consi­ derata l'accettazione evidente della messianicità di Gesù, Bultmann so­ stiene inoltre che l'aneddoto sia nato nella chiesa delle origini. ' Pur riconoscendo che i vv. 3 5-4 5 sono un esempio dell'incomprensio­ ne dei discepoli nello schema tripartito della sezione centrale del vangelo, Rudolf Pesch ritiene che Marco abbia tratto la scena da una raccolta ca­ techetica, dalla quale aveva preso anche i vv 2-1 2 e 1 7-3 1.1 Come per Bultmann, per Pesch i vv. 3 5 -40 riguardano la gloria celeste futura, men­ tre i vv. 4 1 -44 trattano del rango nella comunità. A differenza di Bult­ mann, egli è persuaso che i due passi fossero già connessi quando giunse­ ro a Marco. Secondo lui anche il v. 4 5 faceva parte della raccolta cate­ chetica premarciana e serviva a legittimare la regola della comunità dei vv . 43 s. Egli prende in considerazione la possibilità che i vv. 39 s. siano un ampliamento secondario, aggiunto dopo la morte di Giacomo) Le. 22,24-27 non si basa su una tradizione parallela a Mc. 10,4 1-45, ma piuttosto su una trasposizione e redazione lucana del passo di Marco. 4 Sembra altrettanto plausibile che sia stato Marco a comporre l'intera scena servendosi di tradizione orale o scritta. La doppia risposta potreb­ be quindi essere originaria. La prima (vv. 3 8 s.) puntualizza che la carat­ teristica di Gesù che invita all'imitazione è la sofferenza, non la sua gran­ dezza gloriosa; probabilmente allude anche alla morte di Giacomo e for­ se pure a quella di Giovanni.5 La seconda risposta (v. 40) è un rifiuto esemplare di una richiesta egoistica, che prepara all'insegnamento dei vv. 41-45· .

.

1

Bultmann, History, 24. Pesch , 11, 1 5 3 ; v. sopra, « Storia della tradizione di 10,1-3 1 " · 3 Pesch, ivi; cf. 1 64 s. 4 Op. cit., 1 64 s.; così anche C.K. Katter, Luke zz:q-3 8. A Farewe/1 Address, diss., University of Chicago 1993, 1 9 2-203. s V. sotto, ai vv. 3 8-40. 2

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INSEGNAMENTI SULLA FUNZIONE DI GUIDA

Pesch ritiene che il detto del v. 4 5 sia una creazione dei cristiani giu­ dei grecofoni; • Stuhlmacher che conservi (nella sostanza) una tradizione che risale al Gesù storico. 1 Genere (o generi) di 1 0,35-45 Per Bultmann l'aneddoto dei vv. 3 5-3 7.40 è tipico nel suo modo di incen­ trarsi sul detto conclusivo di Gesù. Non interessa riportare che cosa eb­ bero da dire i figli di Zebedeo in risposta all'affermazione di Gesù.3 Egli reputa inoltre che il detto dei vv. 4 3 s. fosse un proverbio antico sulla grandezza del servizio, che fu applicato in un secondo tempo alla chiesa cristiana e divenne così un detto legale o regola della chiesa. Nel corso di tale processo il v. 4 2 fu aggiunto come elemento di contrasto e il v. 4 5 co­ me richiamo all'esempio di Gesù.4 Robert C. Tannehill ritiene che 10,3 5-4 5 sia una storia di correzione e sottolinea la negazione seguita da un forte «ma» (t:ÌÀÀci) nei vv. 43-45. Egli rileva anche che il detto dei vv . 43 s. è «un aforisma antitetico, un breve detto in cui l'atteggiamento che viene corretto è unito in modo pa­ radossale al suo opposto >>.5 L'analisi di Tannehill è più utile alla com­ prensione del passo nella sua forma attuale; quella di Bultmann è nondi­ meno illuminante nel cogliere gli elementi costruttivi dell'insieme. Questa è la sesta volta in Marco in cui sono menzionati Giaco­ mo e Giovanni, i figli di Zebedeo. Le altre occorrenze sono 1 , 1 9 (la loro chiamata a opera di Gesù); 1,29 (i due accompagnano Gesù alla casa di Simone [Pietro] e di Andrea); 3 , 1 7 (sono scelti per far parte dei dodici ed è dato loro il soprannome di «figli del tuono» ); 5,3 7 (solo a loro, insieme a Pietro, è consentito di essere testimoni della risurrezione della figlia di Giairo); 9,2 (solo a loro, insieme a Pietro, è consentito di essere testimoni della trasfigurazione di Gesù). Nel contesto generale del vangelo la ri3 5-37.

1 Pesch, n, 162. C. Breytenbach lascia aperta la possibilità di una forma aramaica più antica del detto, ma dubita che risalga al Gesù storico ( Versohnung. Eine Studie zur paulinischen Soteriologie [WMANT 6o], Neukirchen/Vluyn 1989, zo8 s.). Per rimandi a studiosi precedenti che considerano il detto una formulazione postpasquale v. W. Haubeck, Loskauf durch Christus. Herkunft, Gesta/t und Bedeutung des paulinischen Loskaufmotivs, Giessen 1985, 23 1 n. 27. 1 P. Stuhlmacher, Versohnung, Gesetz und Gerechtigkeit. Aufsatze zur biblischen Theo­ logie, Gottingen 1981, 27-42; tr. ingl. Reconciliation, Law and Righteousness, Philadel­ phia 19 86, 16-29; così anche Haubeck, Loskauf durch Christus, 23 5-239. 3 Bultmann, History, 63. 4 Op. cit., 143 s. 5 Tannehill, Varieties, 102 ( 1 . 1 ); 104 ( 1 .4); citazione a p. 104.

79 7 chiesta che rivolgono a Gesù sembra un tentativo di ottenere una posizio­ ne superiore a quella di Pietro. Questa iniziativa richiama la disputa fra i discepoli su chi fosse il più grande tra loro (9,34). La loro richiesta pro­ duce uno stridente contrasto con la predizione della sofferenza e morte di Gesù dei vv. 3 3 s. ed è l'esempio più eclatante dell'incomprensione da parte dei discepoli della rivelazione che il messia deve soffrire fatta da Gesù nella sezione centrale del vangelo (o del loro rifiuto di accettarla). La prima formulazione generale della loro richiesta - «vogliamo che tu faccia per noi qualunque cosa ti chiediamo» (-9ÉÀOfLEV Zva. o ÈtÌv a.l-.�aw­ f.LÉV a& xot�allc; YJ(.Li'v) - ricorda la promessa esorbitante fatta da Erode a «sua figlia Erodiade», che aveva danzato per lui e i suoi ospiti: « Chiedimi qualunque cosa tu voglia e te la darò» (a.l'tYJaov (.LE o ÈtÌv -9ÉÀTJc;, xa.i òwaw aot, 6,22). • La somiglianza delle due enunciazioni indica che Giacomo e Giovanni parlano in maniera altrettanto dissennata e smodata. La richiesta specifica è «concedici di sedere, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra, nella tua gloria » (òòc; iJfLi'V tva. tlc; aou Èx Òt�twv xa.i tlc; È� &ptanpwv xa.-9taWfLEV Èv 'tTJ òO�Tl aou).2 Il detto probabilmente presuppone che Gesù sarà intronizzato come re e giudice della nuova era in veste di rappresentante di Dio. Le Similitudini di Enoc rappresentano l' «Eletto» di Dio, il messia, seduto « in quel giorno» sul «trono di gloria» .l Il Gesù matteano profetizza che il figlio dell'uomo siederà sul trono della sua glo­ ria e che anche i dodici siederanno su troni per giudicare le dodici tribù d'Israele (Mt. I 9,28; cf. 25,3 I ). Il posto alla destra del re spetta a colui che dopo il re ha il rango e la dignità più alti.4 Ciò appare evidente soprattutto in Sal. IIo,I, dove Dio dice al re: « Siedi alla mia destra » . 5 Questo passo è citato in Mc. I 2,36 in una formulazione vicina ai LXX. Dal contesto risulta chiaro che Marco interpreta il re del salmo come il messia. Il posto alla sinistra del re è quello che per rango viene subito dopo quello alla sua destra. Questa è palesemente la concezione di Giuseppe a giudicare dal modo in cui riscrive I Sam. 20,2 5 . Secondo il T.M. quando il re Saul si sedette al banchetto del novilunio per mangiare, Gionata si mise accanto e Abner sedette al lato di Saul. Secondo i LXX Saul «si mise r

Sul nome della ragazza e sul suo rappono con Erode v. a 6,22 s. 2 V. sopra, n. b. I Hen. 45,3; tr. di Fusella, Apocrifì 1, 525; cf. Nickelsburg-VanderKam, .I Enoch, 59· V. anche .I Hen. 5 1 ,3; 5 5 ,4; 61,8; 62,5; 69,27.29. 4 3 Regn. 2, 19; Betsabea, madre del re, siede alla destra di Salomone (Èx Be:�1cilv aù-tou). La critica alla condotta della concubina del re in .z Esd. 4,28b-3o presuppone che quello alla destra del re sia un posto di alto rango e onore (Èv Be:�1" �ou �IÀÉwc;). Da Sir. 1 2, 1 2 s i desume che anche i l posto alla destra di altri, non solo del re, fosse di rango e onore relativamente alti (Èx Be:�1cilv aou). 5 Sal. 109,1 LXX: Kli&u Éx Be:�1cilv ��oou. 3

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INSEGNAMENTI SULLA FUNZIONE DI GUIDA

davanti a Gionata » (7tpoÉcp-8rxaev -.òv Iwvrx-8rxv), Abner sedette al suo lato (èx.X-8taev A!kvvY)p Èx 7tÀrxy1wv I:rxouÀ), e il posto di David rimase vuoto (lett. «coperto» ) ( I Sam. 20,2 5 LXX). Scrive Giuseppe: il giorno dopo - era luna nuova - il re, dopo essersi purificato secondo l'uso, venne al banchetto, e quando suo figlio Gionata si fu seduto alla sua destra e Abener, il comandante supremo dell'esercito, alla sua sinistra, notando che il posto di David era vuoto, non disse niente . . . 1 3 8-40. La prima parte della risposta di Gesù - « non sapete che cosa chiedete» (oùx otòrx-.e -.1 rxl-.eta-8e) - lascia intendere che la richiesta è dis­ sennata e superficiale. Il detto che segue indica che chi desidera avere un alto rango nel regno messianico deve essere pronto a soffrire. L'immagi­ ne del calice ( -.ò 7tO't�ptov) potrebbe essere correlata alla situazione del­ l'ultima cena, in cui Gesù prende un calice (7to't�ptov) e, dopo che i disce­ poli vi hanno bevuto, dichiara che quello è il suo sangue del patto ( q,23 s.; cf. Es. 24,8). Gesù tuttavia non è rappresentato nell'atto di bere da quel calice. Più probabile è che qui l'immagine del calice rinvii alla meta­ fora profetica del bere il calice della collera divina. Si veda per esempio ls. 5 1 ,17 LXX: Destati, destati, sorgi Gerusalemme, che hai bevuto il calice della collera dal­ la mano del Signore; perché hai bevuto e vuotato il calice che ti fa cadere, il boccale della collera. 'E�s:ydpou È�ydpou civcia'tlJ-8L, Iepoual.lÀlJ(Jo i) mouaa 'tÒ 7tO't�pLOV 'tOU -8U(J-OU Èx lELpòc; xuptou· 'tÒ 7tO't�pLOV y!Xp 'tlJc; 7t'tWO'Eooc;, 'tÒ xovÒu 'tOU '!9U(LOU È�É7tLEc; xaÌ È�exÉvwaac;.

Qui l'immagine di una donna ebbra serve a esprimere la devastazione della città distrutta dai babilonesi nel VI sec. a.C. La stessa metafora compare in Ger. 25,1 5-29, dove il profeta riceve l'ordine di dare il calice della collera prima a Gerusalemme, poi alle nazioni. Il calice della collera divina che dev'essere bevuto fino alla feccia è un'immagine icastica del­ l'ubriachezza, che esprime vividamente per analogia gli effetti delle cala­ mità sugli esseri umani. 1 Più che alla situazione dell'ultima cena l'immagine del calice del v. 38 rinvia alla preghiera di Gesù nel Getsemani, «Abba! Padre! Tutte le cose sono possibili per te; allontana questo calice da me. Ma (sia) non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu » ( 14,3 6). È chiaro che qui il calice rappreI Ios. Ant. 6,1 1,9 (:z.3 5): Tn 8' è·x.o!'-ÉVTJ, VOIJ!Iol]ViGt 8' �v, IÌ"(VE:UaGt�, � e-Bo� elxEv, b (jaaiÀEùc; �xev È1tt 'tÒ 8ei1tVov, xal 7tGtpGtXct-8ea-8év'twv GtÙ't� 'tou (Ùv 1tct18� 'lwva-Bou èx 8e�u;)v 'A[Xvi)­ pou 8è: 'tou à:pxla'tpa'tljrou èx 'twv É'tÉpwv, !8wv 't'Ì)v 'tou �aui8ou xa.%8pav xev�v, i)atJ.xa­ ar:v ; testo e tr. secondo Thackeray, Josephus v, :z.8:z. s. (con lievi modifiche). Citato da Swete, ad loc. 2. ). Blenkinsopp, Isaiah 4 0-55 (AB 19A), New York :z.oo:z., 3 3 6 s. . . .

7 99 senta la sofferenza che Gesù sta per patire e che questa sofferenza fa par­ te del piano divino. In 10,3 8 Gesù conferisce concretezza e incisività a questa sofferenza per Giacomo e Giovanni ricorrendo all'immagine tra­ dizionale del calice della collera. Il significato del termine �cX7t't'ta!J.a. ( « battesimo» ) nel detto del v. 3 8 è difficile da definire. Il referente è evidentemente la morte di Gesù, ma non è chiaro in che modo essa venga interpretata utilizzando questa parola. Il vocabolo specifico è tipicamente cristiano, anche se Giuseppe usa termini corradicali quando chiama Giovanni ò �a.7t't'ta't'�c; ( « il battista » ) e denota la sua attività rituale con �a.7t't'ta�J.oc; o �7t't'tatc; (ambedue le voci si posso­ no rendere con « battesimo » ) .' Nel N.T. l'analogia più stretta con questo detto si trova in Le. 1 2,4 9 s.: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo con cui essere battezzato, e quanto sono angosciato finché non sia compiuto! Ilup �ì-..Sov �a.Àeiv bi 't'�v yi)v, xa.i 't't .Siì-.w El �ÒlJ &:v�q>.SlJ. �a7t't'U71J.CX ÒÈ E"X.W �a.7t't'ta-8i)va.t, xa.i 7tWrlrruv, 175; Ell­ iott, Eclectic Textual Commentary, 194· b. � 8 G'" D et àl. recano oòv ( « dunque• ) dopo 61!X 'ti {«perché• ); A'C• L W et al. lo omettono. Jl parallelo in Mt. 2.1,2.5 ha oòv, mentre il parallelo in Le. �.s · ne .è privo. Questa congiunzione è molto frequente in Matteo, meno in Luca, è rara in Marco. Que­ ste considerazioni portano a concludere che la più antica lezione•recuper.tbile sia quella priva della congiunzione, che fu aggiunta· o per iniziativa ; indipendente o per iriflusso di Matteo. V. •Turner, Marcan Usage: 2.8 (1916) 2.0, poi in Elliott, Language, So. Per un'opi­ nione diversa v. Kilpatrick, Particles,•in Elliott, Language, :1 84. c . La. traduzione si basa sulla lezione ì..c:ulv ( «popolo• ), attestata da A DJ. W et al. La lezione- IYx.ì..ov ( « folla• ) è tràdita da � 8 G et al. La prima lezione compare in membri di tutti i quattro gruppi testuali, sui quali v. Epp, Dynamic View. La stessa parola è inoltre usata in • 14,2. in un contesto simile (ma v. per contro 12.,1 2.). La seconda è attestata so­ prattutto da membri del gruppo «8» (codex Vaticanus e manoscritti collegati) e potreb­ be essere una correzione, perché una folla è una minaccia più immediata e concreta. d. La . traduzione si basa sulla lezione Elxov («pensavano» , lett. «ritenevano» ). È un uso idiomatico di il,�:1v («avere » ) attestato nei papiri; v. Taylor, ad loc., e .BAGD, s.v. In D w 8 et al. si legge WE1al1v («sapevano,; ) e in 700 or&MI - ( «sanno• ).•Queste varianti- se­ condarie nacquero come «correzioni• o chiarimenti dell!uso idiomatico, oppure nel ten­ tativo di far sì che il narratore apparisse meno neutrale sulla condizione di Giovanni. Di diverso parere Turner, Western Readings, 1· 1.7 s. La frase con cui inizia .il .v. 27 riprende il filo della narrazione. Il breve discorso di Gesù nei vv . 1.2-25 era stato tivolto ai dodicdungo il tragitto da Betania verso la città, :ta seconda mattina ·tlel 1loro soggiorno 1

V.

sopra, n. f.

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LA QUESTIONE DELL'AUTORITÀ

(cf. n , n . I 2. I 5 . I9.20). Il v. 27a informa del loro arrivo a Gerusalem­ me; nel v. 27b è sottinteso che Gesù è tornato al tempio per la terza vol­ ta da quando è arrivato. Secondo i vv. 27b-28, i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani si avvi­ cinano a Gesù per parlare con lui. La menzione dei capi dei sacerdoti e degli scribi richiama la notazione precedente che questi due gruppi stava­ no cercando di eliminare Gesù dopo ciò che aveva fatto nel recinto del tempio (v. I 8 ). L'aggiunta degli « anziani» (7tpe:a�u'te:poL) ricorda la prima predizione della sofferenza del figlio dell'uomo, in cui si dice che egli sarà riprovato «dagli anziani e dai capi dei sacerdoti e dagli scribi» ( 8,3 I )/ Costoro domandano a Gesù chi gli abbia conferito l'autorità per fare «questo » o «queste cose» ('ttXU'ttX) . Secondo alcuni in una fase premarcia­ na il passo seguiva immediatamente il racconto delle azioni di Gesù nel tempio (vv. I 5-I7).1 Qualcuno ipotizza che all'ingresso in città tenessero subito dietro le azioni nel tempio, seguite a loro volta immediatamente dalla domanda sull'autorità.3 Altri hanno rilevato come nel cap. I I vi sia una doppia intercalazio­ ne: 4 il racconto delle azioni nel tempio è inserito nella storia dell'albero di fico, e la seconda metà di questa storia, insieme ai detti dei vv. 22-25, è inserita fra il racconto delle azioni nel tempio e la domanda sull'autorità che ne è logico sviluppo. Questa osservazione rende difficile stabilire se Marco abbia ereditato una narrazione coesa dei tre avvenimenti (ingres­ so, azioni nel tempio, domanda sull'autorità), che poi spezzò e ampliò aggiungendo il materiale relativo alla maledizione dell'albero di fico, o se abbia avuto accesso a diverse tradizioni indipendenti, in forma orale o scritta, che poi organizzò in una sequenza peculiare. In ogni caso nel testo di Marco attuale «questo » o «queste cose» ('ttXiJ... 'ttX) indica perlomeno le azioni nel tempio e forse anche il modo in cui Ge­ sù era entrato in città, evocando volutamente Zacc. 9.5 1 Qui il termine «scribi» potrebbe designare semplicemente burocrati, giudici o funzio­ nari di Gerusalemme; v. sopra, a 8,3 1 , e a 1 ,22. 1 Bultmann riconosce questa possibilità per una redazione precedente di Marco, ma du­ bita che tale connessione sia originaria, dal momento che le azioni di Gesù nel tempio non sembrano un'occasione appropriata per la disputa in stile rabbinico di questo dialogo in situazione di controversia (History, 20). Tannehill definisce il passo domanda di prova ( Varieties, 107 [3.2]; 1 1 5 s. [5.21]). 3 Telford, Barren Tempie, 39-49, spec. 47· Per de Jonge l'ingresso e la purificazione co­ stituivano un complesso unitario nella tradizione premarciana (Cleansing of the Tempie, spec. 9 1 ) . 4 Dowd, Prayer, Power, 3 8-40. s Secondo Dwyer ,;aiita indica tutte le attività di Gesù riferite nella narrazione marciana fino a questo punto, in particolare la sua proclamazione del regno di Dio ( Wonder, 167; v. anche la bibliografia citata alla n. 8 1 ).

29 s. Gesù dà una risposta intelligente ed evasiva, o meglio, provoca­ toria, ribattendo con una domanda. 1 Chiede se il battesimo di Giovanni abbia avuto origine «in cielo » (è� oùpavou) o «fra esseri umani» (è� tiv-8pW7twv). Questa replica ha numerose implicazioni. Anzitutto fa capire che i capi del popolo stavano chiedendo se l'autorità di Gesù derivasse o meno da Dio. Dietro la loro domanda c'è il dubbio che fosse così, e una sfida a dimostrare la propria affermazione nel caso Gesù avesse risposto che la sua autorità veniva da Dio. Benché senz'altro Gesù stia semplicemente capovolgendo la situazione a carico di coloro che lo interrogano, la do­ manda con cui ribatte sembra presupporre che il battesimo di Giovanni avesse effettivamente origine «in cielo» ... La strategia di Gesù diventa chiara nell'esposizione delle valutazioni dei capi nei vv. 3 I s. 3 I s. I capi si rendono conto che, se dicono che il battesimo di Giovan­ ni aveva origine «in cielo » , Gesù risponderà: «Perché non gli avete pre­ stato fede ? » .3 Ma avevano paura di dire «fra esseri umani» perché il po­ polo era convinto che Giovanni fosse un profeta. L'affermazione che «avevano paura del popolo» ricorda il v. I 8, ove si dice che i capi dei sa­ cerdoti e gli seri bi avevano paura di Gesù perché la folla era stupita per il suo insegnamento. Così la domanda con cui Gesù ribatte impedisce loro di compiere qualsiasi progresso rispetto alla situazione del v. I 8 . La do­ manda dei capi sulla fonte dell'autorità di Gesù (v. 28) mirava presumi­ bilmente a indurre Gesù a una dichiarazione sulla fonte divina della pro­ pria autorità da poter usare poi per accusarlo di blasfemia.4 33· Nella risposta inadeguata: «Non sappiamo» è palmare il fallimen­ to del tentativo dei capi di prendere in trappola Gesù. Poiché non sanno o non vogliono essere all'altezza della sfida di Gesù rispondendo alla sua domanda, è giustificato il suo rifiuto di rispondere alla loro. L'uditorio di Marco si sarà certamente goduto il duello d'intelligenza e specialmente la vittoria di Gesù sui propri avversari. 1 Sull'uso nella letteratura rabbinica della replica con una domanda come risposta a un quesito v. Str.·B., 1, 86I s. Tannehill osserva che con tali domande «Gesù prende l'inizia· tiva nella situazione di prova» ( Varieties, 1 1 6 [5.22 e 5.23)). V. anche Tilly, Johannes der Taufer, 62 e n. I IO. :z. Cf. Bultmann, History, 20. 3 Alla luce dell'uso di 7tla'tEUEIV ( «credere» o «avere fiducia » ) Bultmann reputa che i vv. 31 s. siano stati composti da un •ellenista,. , forse dallo stesso Marco (History, 20). Pryke li attribuisce a Marco, insieme col v. 27 (Redactional Style, I 68). Pur riconoscendo la possibilità «che il verbo qui non indichi la stessa concezione della fede di altri passi mar­ ciani », Marshall sostiene che per Marco il «rifiuto dei governanti delle nazioni di crede­ re a Giovanni e di pentirsi fu il primo passo sulla strada verso la passione di Gesù• (Faith, 195. 200). 4 V. sotto, a 1 4,64.

LA VIGNA E I FITTAVOLI

( 1 2, 1 - 1 2 ) I E cominciò a parlare loro in parabole: «Un uomo piantò una vigna e vi pose intorno una siepe e scavò un tino e costruì una torre e la affittò a vi­ gnaioli e partì per un viaggio. 2. E mandò ai vignaioli uno schiavo al tem­ po opportuno a prendere dai vignaioli parte dei frutti della vigna. 3 Ed es­ si lo presero e lo percossero e lo mandarono via a mani vuote. 4 E di nuo­ vo mandò loro un altro schiavo. Ed essi colpirono questo alla testa a e lo trat­ tarono ignominiosamente. 5 E ne mandò un altro, e questo lo uccisero. E (mandò) molti altri, alcuni dei quali li percossero, alcuni li uccisero. 6 Ave­ va ancora uno, un figlio diletto. Mandò lui da loro per ultimo, dicendo: 'Avranno riguardo per mio figlio'. 7 Ma quei vignaioli si dissero l'un l'al­ tro: 'Questo è l'erede; venite, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra'. 8 E lo pre­ sero e lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. 9 Che cosa b farà il pa­ drone della vigna? Verrà ed eliminerà i vignaioli e darà la vigna ad altri. I o Non avete letto questa scrittura: 'La pietra che i costruttori riprovarono divenne la pietra d'angolo; 1 1 questa fu l'opera del Signore ed è meravi­ gliosa ai nostri occhi' ? » . u E cercavano di arrestarlo, e tuttavia ebbero paura della folla, perché capirono che aveva detto la parabola contro di lo­ ro. E così lo lasciarono e se ne andarono. a. In � B L V 579 892. si legge ÉJU:!pllÀiwallv. È l'unica occorrenza di questo termine nella letteratura greca; in proposito Swete, ad loc., rinvia all'edizione di Frinico Arabio di Christian August Lobeck del · I Sz.o. Swete accoglie questa lezione come la più antica recuperabile e osserva che la parola è una formazione sostanzialmente regolare dal di­ minutivo della parola «testa» xtcpciì.. tov («testa piccola » o forse semplicemente «testa») e significa «ferirono (questo) alla testa »; cf. BDF, S Io8. I . Come il commentatore medie­ vale Eutimio, ritiene che il termine sia usato al posto di 't"�\1 xtcpllÀ�v auiiÉ't"ptljlav ( «ruppe­ ro la testa» ). Taylor esita ad accogliere questa lezione perché è esclusivamente •alessan­ drina » (gruppo testuale «B»; v. Epp, Dynamic View, 2.85. 2.89-2.92.). A C D tl 8 et al. recano la variante Éxtcp11Àillwallv. Il significato è «esposero per sommi capi» o «ricapito­ larono». Il verbo non è mai attestato altrove col senso di «colpire alla testa » . Taylor, ad loc., conclude perciò che o Marco usò il termine in un'accezione non altrimenti testimo­ niata, oppure il testo è corrotto. Tumer propone di emendare in ÉcpllxzÀiwaav, « (lo) lega­ rono in un fascio» (Mitrcan Usage: 2.9 [ I92.8] 2.76 s., poi in Elliott, l.Anguage, I05). È probabile che la lezione di � B L et al. sia la più antica cui sia dato risalire e che testi­ moni un uso non attestato altrimenti. La lezione di A C D et al. sembra una correzione di un termine sconosciuto o meno conosciuto in uno noto o più noto. Non è necessario emendare il testo. b. In B L 892. • et al. manca la congiunzione oòv («perciò» ). La lezione breve è confor­ me allo stile marciano; v. Tumer, Mitrcan Usage, 2.8 ( 1 9 2.6) 17. z.o, poi in Elliott, Lan­ guage, 76. Bo; G.D. Kilpatrick, Particles, in Elliott, LAnguage, I 84.

Storia della tradizione Dall'inizio del xx secolo gli studi sulle parabole sono stati profondamen­ te influenzati dall'opera di Adolf Jiilicher, il quale afferma che le para-

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bole non sono allegorie. I Ogni parabola ha un singolo elemento metafo­ rico piuttosto che molteplici elementi di confronto. Il metodo adottato da Jiilicher nello studio delle parabole è stato fortemente criticato, sicché non si deve più dare per scontata la sua tesi che le parabole dei vangeli si­ nottici non fossero originariamente allegorie. 2 Bultmann osserva che nel racconto dei vv. I -9 non c'è una formula in­ troduttiva che spieghi che cosa esso illustri o con che cosa venga messo a confronto. Ne desume che si tratta di un'allegoria, perché la sequenza di eventi è comprensibile solo se si parte da questo presupposto.3 Sulla base del suo contenuto conclude inoltre che è una creazione della comunità, che cioè non risale al Gesù storico.4 L'autore del racconto gli ha dato un finale tipico delle parabole, ossia la domanda del v. 9a, che richiede una risposta da parte di chi ascolta. In questo caso il narratore della parabola nel v. 9b ha dato anche la risposta alla domanda. Secondo Bultmann la citazione scritturistica dei vv. IO s. fu aggiunta da Marco.5 Se però la pa­ rabola fu composta da principio come un'allegoria riguardante Gesù, la citazione scritturistica potrebbe essere originaria, dato che dimostra la reintegrazione di Gesù dopo la morte, come le predizioni della passione contengono la risurrezione dopo l'esecuzione. Per C.H. Dodd la narrazione originaria (non tenendo conto della cita­ zione di Sal. I I 8 e di altri elementi, a suo giudizio secondari) «nelle sue li­ nee fondamentali è sotto ogni aspetto naturale e realistica» .6 La rappre­ sentazione di un proprietario di terre assente che affitta una vigna a fitta­ voli rispecchia una prassi comune documentata da alcuni papiri di Ossi­ rinco. 7 Secondo lo studioso inoltre la parabola riflette «il genere di fatti che avvenivano in Galilea nel mezzo secolo che precedette l'insurrezione generale del 66 d.C. » .8 Egli conclude che nella sua forma originaria la parabola è stata pronunciata dal Gesù storico come predizione, in senso non chiaroveggente, della propria morte «e del giudizio che dovrà colpi­ re i suoi camefici » .9 Joachim Jeremias, sulle orme di Jiilicher, presuppone che le parabole I A. Jiilicher, Die Gleichnisreden ]esu, 1 . Die Gleichnisreden ]esu im allgemeinen, Frei­ burg i.B. I 8 8 6, 1I 899, Tiibingen 3 I9 10; II. Auslegung der Gleichnisreden der drei ersten Evangelien, Freiburg i.B. I 899, Tiibingen 1I9 10; rist. (:z. voli. in I ) Darmstadt I969. Sull'interpretazione allegorica della parabola prima di Jiilicher si veda la bibliografia ci­ tata da Brooke, 4Q5oo I, spec. :z. 8 x n. 39· 1 Klauck, Allegorie und Allegorese, 4-63; Stem, Parables in Midrash, x o s. 48 s. 19I s.; W.F. Bcosend II, The Recovery of Allegory, diss., University of Chicago 1993. 3 Bultmann, History, 177. 4 Op. cit., 1 77. :2.05. s Op. cit., 1 77. 6 C.H. Dodd, The Parables of the Kingdom, ed. civ. New York 1961, 96. 7 Loc. cit. 9 Op. cit., xo:z.. 8 Op. cit., 97·

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LA VI GNA E I FITIAVOLI

del Gesù storico fossero mere illustrazioni della sua proclamazione esca­ tologica del regno di Dio. Secondo lui tuttavia « il trattamento delle para­ bole come allegorie fu un processo» che iniziò assai presto. 1 Quando Ge­ sù raccontò la parabola, narrando dell'invio del figlio da parte del padro­ ne della vigna pensava al proprio invio da parte di Dio. Per Jeremias inol­ tre coloro che ascoltavano Gesù potevano non comprendere il significato messianico del figlio nella storia, perché «nel giudaismo palestinese pre­ cristiano non è disponibile nessuna testimonianza dell'applicazione del titolo 'figlio di Dio' al messia » ... Dopo la pubblicazione completa dei ro­ toli del Mar Morto questa posizione non è più sostenibile} Jeremias spiega il carattere allegorico della versione marciana della parabola mettendo in luce come essa alluda al «cantico della vigna di Is. 5,1-7», cosicché «la vigna è evidentemente Israele, i fittavoli sono i go­ vernanti e i capi di Israele, il padrone della vigna è Dio, i messi sono i pro­ feti, il figlio è Cristo » . Fin qui la lettura allegorica di jeremias è plausibile. Quando però continua dicendo che «la punizione dei coloni simboleggia la rovina di Israele e che )"altro popolo' (Mt. 21,4 3 ) è la chiesa gentile»,4 la sua lettura è influenzata dalla polemica antigiudaica cristiana. Secondo Jeremias in Marco e Matteo i tratti allegorici della parabola sono secondari perché mancano nella versione lucana e soprattutto in quella del Vangelo di Tommaso.s L'omissione dell'allusione a ls. 5 in Le. 20,9 rivela come la versione lucana non sia un'allegoria. Jeremias osserva che Luca non riprende l'uccisione del terzo servo né la conclusione alle­ gorica di Marco alla parte relativa all'invio dei servi (v. 5b), che allude ai profeti e alla loro sorte. 6 Pur riconoscendo che la « perfetta simmetria » di Le. 20,10- 1 2 è tipica dello stile lucano, lascia aperta la possibilità che Luca differisca da Marco a causa della sua conoscenza di una versione orale della parabola.7 Questo argomento è tuttavia indebolito dall'am­ missione che la versione lucana mostra tratti allegorici. 8 Jeremias trova conferma della sua tesi su Luca nel Vangelo di Tommaso. Segnala che anche all'inizio della sua versione della parabola manca l'allusione a Is. 5.9 Ritiene inoltre che nel Vangelo di Tommaso la parabola non sia un'allegoria perché si conclude bruscamente con la morte del figlio. Poi­ ché «per la chiesa delle origini la risurrezione di Gesù aveva un'imporI jeremias, Parables of Jesus, I I- I J . 2. Op. cit., 72. s. 3 Yarbro Collins, Son of God among Jews. 4 Jeremias, Parables ofJesus, 70. 5 Mt. 2.1,33-46; Le. 2.0,9·19; Ev. Thom. 65; Jeremias, Parables of ]esus, 70-76. Brooke tuttavia mette in evidenza che la domanda del padrone della vigna in Le. 2.0, 1 3 « Che co­ sa farò? » si basa su ls. 5,4 LXX (4Q5oo I, 2.83). 6 Jeremias, Parables of ]esus, 70-72.. 8 Op. eit., 7 3 · 9 Op. eit., 70. 7 Op. cit., 72. e n. 84.

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tanza decisiva . . . avrebbe dovuto essere menzionata nella storia », se essa fosse stata un'allegoria. 1 È probabile tuttavia che la versione del Vangelo di Tommaso sia la riscrittura di una o più versioni sinottiche. :t È anche possibile che Ev. Thom. 6 5 sia una testualizzazione di una parabola ora­ le, che presupponeva la lettura allegorica riferita a Gesù. Se si conviene con Jeremias che il testo del Vangelo di Tommaso non è un'allegoria, si deve riconoscere la probabilità che sia una riscrittura di una parabola allegorica in forma non allegorica nell'intento di adattarla alla prospet­ tiva complessiva dell'opera.3 Anche Jeremias ammette che nel contesto c'è un «indizio» o «tratto» allegorico in quanto il detto sulla pietra d'an­ golo è «aggiunto alla parabola terminata ( 6 5 ) come un logion indipen­ dente ( 66) » .4 Secondo lo studioso il «significato originario della para­ bola » è la legittimazione della predicazione del vangelo ai poveri da par­ te di Gesù. Sono questi gli « altri» ai quali la vigna di Dio sarà data.S Martin Hengel concorda con Jiilicher nel ritenere che i vv. I -9 rappre1 Merita tuttavia notare che nel Vangelo di Tommaso, subito dopo la parabola, compa­ re un detto che allude alla reintegrazione di Gesù nei termini di Sal. n 8,2.2.. V. sotto. 1 Secondo W. Schrage Ev. Thom. 65 è un pasriche delle tre versioni sinottiche, special­ mente di quelle matteana e lucana; egli pone in rilievo che alcune somiglianze implicano la dipendenza da elementi redazionali lucani (Das Verhiiltnis des Thomas-Evangeliums zur synoptischen Tradition und zu den koptischen Evangelienubersetzungen [BZNW 2.9], Berlin 1964, 1 3 9 s.). I metodi di Schrage sono stati però criticati; v. Ch. Tuckett, Thomas and the Synoptics: NovT 30 ( 1988) 1 3 2.-1 57, spec. 1 34-1 3 6. Sulla questione complessi­ va dei rapporti del Vangelo di Tommaso con i sinottici, oltre all'articolo di Tuckett, v. Meier, Marginal jew 1, 1 2.4-1 39· Benché non prenda in esame Ev. Thom. 65 e 66, Tuck­ ett ha dimostrato che il Vangelo di Tommaso «presenta a volte paralleli col materiale re· dazionale dei sinottici » e quindi «che c'è un certo grado di dipendenza fra la nostra ver­ sione (o versioni) del Vangelo di Tommaso e i nostri vangeli sinottici" (Thomas and the Synoptics, 1 57). Per K.R. Snodgrass Ev. Thom. 65 dipende da una «tradizione armoniz­ zante anteriore a Taziano» attestata da alcuni manoscritti siriaci di Marco e Luca; per­ tanto il «duplice invio dei servi» di Ev. Thom. 65 «proviene da uno stadio successivo ai sinottici » nella trasmissione della parabola (The Parable of the Wicked Husbandmen. Is the Gospel of Thomas Version the Originai?: NTS 2.1 [ 1974- 19751 142.-144). 3 Per J.-M. Sevrin, ad esempio, in 63, 64, 65 l'autore del Vangelo di Tommaso aveva rag­ gruppato con un nuovo ordine certe parabole sinottiche per dimostrare che i legami col mondo materiale conducono alla morte, mentre la ricerca della conoscenza di sé porta alla vita ( Un groupement de trois paraboles contre les richesses dans l'Evangile selon Tbomas. EvTh 63, 64, 65, in J. Deforme [ed.], Les paraboles évangéliques. Perspectives nouvelles, Paris 1989, 42.5-439, spec. 438). Hengel, sulle orme di Schrage, aveva conclu­ so in precedenza che il Vangelo di Tommaso mostra una tendenza a rimuovere elementi allegorici (Das Gleichnis von den Weingiirtnern, spec. 5 s.) . t Jeremias, Parables of}esus, 74 n. 94; cf. 77· 5 Op. cit., 76. Si noti che l'affermazione che la vigna sarà data ad altri non compare nella versione della parabola di E v. Thom. 6 5. •

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LA VIGNA E I FIITAVOLI

sentino la forma più antica della parabola. 1 Come Dodd, pensa che gli avvenimenti della parabola siano realistici.1 Egli mostra come la rappre­ sentazione della coltivazione mediante fittavoli e i termini fondamentali usati nel racconto per descriverla siano attestati nei papiri di Zenone,J i quali forniscono testimonianze relative all'attività commerciale e agrico­ la della Palestina del m sec. a.C.4 Secondo Hengel inoltre il racconto della parabola nei suoi elementi essenziali è compatibile con attività pre­ supposte da molti racconti biblici e parabole rabbiniche.5 Come Dodd, egli ritiene anche che il Gesù storico pronunciò questa parabola nel suo ultimo scontro con i capi prima dell'arresto. Gesù si rese conto che lo avrebbero ucciso e pronunciò il suo giudizio su di loro.6 Il carattere reali­ stico del racconto tuttavia non è una prova sufficiente per concludere che esso risalga a Gesù.? Per Hans-Josef Klauck nella forma più antica della parabola la vigna non era metaforica. A suo giudizio in questa parabola il Gesù storico ma­ nifesta, in forma indiretta e metaforica, il proprio destino in relazione al regno di Dio. Le aggiunte alla parabola nella fase premarciana della tra­ smissione rivelano una nuova interpretazione nella quale la vigna e i servi sono intesi metaforicamente. Conformemente alla tradizione deuterono­ mistica i servi sono visti come i profeti e i fittavoli come Israele che uccide i profeti. Il v. 9 appartiene a questa fase ed esprime la minaccia del giudi­ zio e della sostituzione di Israele. 8 Fatto più rilevante è che il v. 9 testimo­ nia un'attesa escatologica dell'avvento del Signore risorto. A dire di H-J. Klauck il solo elemento redazionale marciano della parabola stessa è la caratterizzazione del figlio come «diletto » (ciya.7tl)'toç) . Questa aggiunta lega la parabola al tema marciano di Gesù figlio di Dio. Marco aggiunse anche la citazione di Sal. n 8 nei vv. IO s. Questa citazione è la risposta alla domanda sull'autorità di Gesù posta in I I,28. 9 Sotto l'influsso di Jiilicher, Dodd e Jeremias, Klyne Snodgrass afferma che la parabola «fu raccontata originariamente da Gesù verso la fine del suo ministero, nel contesto del suo conflitto con le autorità giudaiche» e che inizialmente aveva un solo elemento metaforico, «la responsabilità 1

Hengel, Das Gleichnis von den Weingiirtnern, 1 s. Art. cit., 3-1 1 . 3 Art. cit., 1 1 - 1 6. 19-18. 4 Schiirer, History 11, 6 1 s. 5 Hengel, Das Gleichnis von den Weingiirtnern, 16-19. 18-3 x; sulle analogie rabbiniche v. anche Stern, Parables in Midrash, 3 14 s. n. 19. 6 Hengel, Das Gleichnis von den Weingiirtnern, 34· 37· 7 Klauck, Allegorie und Allegorese, 197. 8 Leggere nel v. 9 una rappresentazione della sostituzione di Israele è una sovrainterpre­ tazione del testo influenzata dalla polemica antigiudaica cristiana. 9 Klauck, Allegorie und Allego rese, 308-3 1 1 . :z.

MC. 1 2, 1 - 1 2

nell'ambito del patto».' Il patto comporta il possedere «la legge, le pro­ messe e l'operare di Dio nel passato e nel presente . . . Ciò che è tolto e da­ to ad altri è la relazione speciale con Dio, che deriva dall'essere suoi eletti o, in breve, dall'elezione stessa » ... Per Snodgrass inoltre il nesso tra la pa­ rabola e la citazione del Sal. I I 8 è originario, perché si basa su un gioco di parole su bn ( « figlio » ) e 'bn ( «pietra » ).3 Un gioco sulle stesse due pa­ role compare in Es. 28,9 s. e Gios. 4,6 s.4 Secondo George Brooke nella sua forma più antica la parabola è un'al­ legoria e risale al Gesù storico. Sulla base della disamina di 4Q5oo I con­ dotta da Joseph M. Baumgarten, Brooke afferma che questo testo dei ro­ toli del Mar Morto illustra come fosse interpretato Is. 5,I-7 nel tardo pe­ riodo del secondo tempio. Mentre Is. 5,7 indica che «la vigna rappresen­ ta la casa d'Israele, in cui è piantato il popolo di Giuda »,S il testo di Qum­ ran interpreta la vigna come Gerusalemme, attestando così l'interpreta­ zione contenuta nel Targum Ps.-]onatan. La sua versione di Is. 5,2 suona dunque: «Ed edificai il mio santuario fra loro, e diedi inoltre il mio altare come espiazione dei loro peccati » . Interpreta pertanto la torre della vi­ gna come il tempio e il tino come l'altare dell'olocausto davanti al tem­ pio. 6 La vigna della parabola è quindi «Israele in miniatura, ossia Geru­ salemme, il suo tempio e il suo culto» / La parabola accusa i capi del po­ polo di fare cattivo uso della loro posizione di privilegio a Gerusalemme e nel suo tempio. 8 Per Brooke inoltre il nesso fra la parabola e la citazio­ ne di Sal. I I 8, 2 2 s. è originario perché esse sono legate dalla parola chia­ ve olxoÒo[.Le:i'v ( «costruire » ) ( vv . 1 . 1 0 ) .9 Sostiene infine che il tema dell'ele­ zione è importante, «non nel senso della sostituzione cristiana di Israele, ma nel senso di chi possa partecipare al culto, all'adorazione appropriata di Dio. A essere messe in discussione, contestate e destituite sono le auto­ rità del tempio, non l'intero Israele» . 10 David Stern conviene con molti altri interpreti che i fittavoli corri­ spondono ai capi giudei, il padrone a Dio e i messi ai vari profeti biblici. Si discosta invece dai più nel sostenere che il figlio della parabola rappre1

Snodgrass, The Parable of the Wicked Tenants, I I I s. 3 Op. cit. , 62-65. 95-I06. I I J - I I 8. Op. cit., 76. Così Brooke, 4 Q5oo I, 287, il quale avanza l'idea che lo stesso gioco di parole si pos­ 4 sa trovare anche in Lam. 4,1 s. e Zacc. 9,16 e sostiene che il gioco di parole poteva fun­ zionare sia in ebraico sia in aramaico. Giuseppe dice che durante l'assedio di Gerusalem­ me i romani scagliavano pietre con le catapulte contro i difensori giudei. Questi, quando volevano avvertire i compagni che una pietra volava verso di loro, nella loro lingua ma­ dre dicevano: «Arriva il figlio» (Beli. 5,6,3 [272); Brooke, 4QJOO I, 287 s.). 5 Brooke, 4 Q5oo I , 284. 7 Art. cit., 284. 1 0 Art. cit., 294. 9 Art. cit., 288. 8 Art. cit., 286. 2.

LA VIGNA E I FITIAVOLI

senta Giovanni il Battista. Fonda la sua tesi sul contesto complessivo di Marco, compresa la domanda sull'autorità di Gesù in n,27-3 3 , dove viene menzionato Giovanni il Battista. Per Stern inoltre «la pietra che i costruttori riprovarono» è Giovanni. 1 Questa interpretazione del figlio nella parabola non è plausibile. Come lo stesso Stern ammette, Marco ri­ ferisce che a uccidere Giovanni fu Erode, non i capi dei sacerdoti, gli seri­ bi e gli anziani, ai quali è indirizzata la parabola ( 6, 1 7-29). Problema an­ cora più rilevante è che altrove in Marco è Gesù a essere chiamato «il fi­ glio diletto» , non Giovanni. Inoltre l'idea che Giovanni «divenne la pie­ tra d'angolo» non è coerente col resto del racconto di Marco. Stern ha certamente ragione nel dire che in Marco i destini di Giovanni e Gesù so­ no paralleli, ma l'analogia tra i due personaggi è insufficiente a reggere l'interpretazione del figlio della parabola come Giovanni. Secondo John Kloppenborg la storia è «un brano d'invenzione reali­ stica » e il v. 9 è «un'espansione secondaria del racconto che gli conferi­ sce valenza allegorica » . � 1 . La parabola è introdotta dalle parole: «E cominciò a parlare loro in parabole» . L'antecedente di > .1 Come già altri, ravvisa nei vv. s b-6 e 2 I s. doppioni che trattano della questione dell'inganno e che insieme fungono da cornice. Queste unità poste a cornice «esercitano un'influenza determinante sul materiale che racchiudono>> . In altre paro­ le questa ampia sezione del discorso va letta nella prospettiva della falsa profezia. Secondo Kelber inoltre questa prima parte fondamentale del di­ scorso era organizzata allo scopo di confutare un punto di vista fallace. Di fatto lo scopo principale del discorso nel suo insieme era correggere «una concezione erronea di escatologia realizzata>> .3 A suo parere in I3,I4 «in Giudea » è redazionale; l'espressione fu aggiunta per indicare in maniera simbolica che l'uditorio sarebbe dovuto fuggire in Galilea: «La fuga dei cristiani giudaiti è un esodo escatologico dalla terra di Sa­ tana verso la terra promessa del regno» .4 Nella sua disamina la seconda parte del discorso, quella centrale, consiste nei vv. 24-27. Questa sezione riafferma la parusia quale evento futuro. La terza sezione, i vv. 28-3 7, ri­ sponde alla domanda sul tempo della parusia e sul suo rapporto con «l'esperienza della distruzione del tempio » . S Il lavoro di Jan Lambrecht su Mc. I 3 riconosce l'uso di fonti, ma mette in evidenza la libertà con cui «il redattore finale» diede forma al materiale. 6 Anche se è verisimile che nel comporre questo capitolo Marco si sia avvalso di una o più fonti scritte, è improbabile che abbia utilizzato una unica fonte scritta estesa e coerente. Uno degli argomenti di maggior pe­ so a favore dell'uso di una fonte siffatta è che l'a parte per il lettore del v. I4 provenga dalla fonte e non sia rivolto dall'evangelista al suo pubblico. Questa notazione parentetica, «comprenda chi legge>> , è aperta a una quantità di interpretazioni.7 Una delle più antiche è che l'oggetto da comprendere sia il testo di Daniele. Come ha messo in luce Morna D. Hooker, l'ipotesi nacque probabilmente come tentativo di spiegare per­ ché Gesù, parlando ai quattro discepoli, si rivolga a «chi legge>> .8 SeconKelber, Kingdom, 109 s. 2. Op. cit., 1 1 1 . 3 Op. cit., 1 14 s. Op. cit., 1 2 1 . L'identificazione della Giudea con «la terra di Satana » è una sovrainter­ 4 pretazione che rafforza l'antigiudaismo cristiano, se non ne deriva. 5 Op. cit., 1 22. 1 24. 6 j. Lambrecht, Die Logia-Quellen von Markus 1 3 : Bib 47 ( 1966) 3 21-360; Id., Redak­ tion der Markus-Apocalypse. 7 Il repertorio più completo delle interpretazioni possibili a me noto è quello di Fowler, Let the Reader Understand, 83-87. 8 Hooker, 3 14. Sostengono la tesi che l'oggetto da comprendere sia Daniele Cranfield, ad r

LA ROVINA DEL TEMPIO

do la prospettiva di questa tesi il discorso escatologico è fondamental­ mente autentico. L'autenticità del discorso fu revocata in dubbio nel 1 8 64 da Timothée Colani, persuaso che l'a parte si trovasse nel testo di un'apocalisse giu­ deocristiana menzionata da Eusebio (Hist. Eccl. 3, 5 ),' la quale corri­ spondeva alla rivelazione divina che prescriveva ai membri della comuni­ tà cristiana di Gerusalemme di lasciare la città. Il discorso interpolato (vv. 5-3 1 ) fu scritto prima che iniziasse l'assedio di Gerusalemme.1 Nel 193 3 Gustav Holscher afferma che «la piccola apocalisse» è un testo giu­ daico scritto nel 39/40 d.C. nel contesto della crisi provocata dal tentati­ vo di Gaio Caligola di installare la propria statua nel tempio di Gerusa­ lemme.3 Alcuni sostenitori della tesi della «piccola apocalisse» hanno avanzato l'idea che questo testo circolasse in Giudea sotto forma di vo­ lantino apocalittico. 4 Di recente Gerd Theissen si è pronunciato a favore della circolazione di un volantino apocalittico intorno al 40 d.C.5 Chi adduce l'espressione «comprenda chi legge» come prova di una fonte scritta deve concludere che l'evangelista ha riprodotto queste parole sen­ za rendersi conto dell'assurdità di attribuire a Gesù questa espressione nel contesto di un discorso rivolto a quattro discepoli. 6 È molto più probabile che l'a parte sia un espediente letterario per in­ dicare che l'allusione precedente al «sacrilegio della desolazione» o «abo­ minio della desolazione» è un detto criptico che richiede interpretazione. Questo espediente rientra nell'antica prassi ermeneutica apocalittica. Si confronti l'esortazione, rivolta a chi ha intelligenza, a calcolare il nume­ ro della bestia in Apoc. 1 3 , 1 8.7 loc. ; R. Bultmann (con un punto interrogativo e in combinazione con la tesi della piccola apocalisse), àvaytvwaxw, àvciyvwcn.;, in TDNT r, 1964, 343 s.; Evans, ad loc. Accolgono questa argomentazione, ma solo come spiegazione parziale o come una fra le due o più spiegazioni ragionevoli, Taylor, 5 1 1 s.; Gundry, 742.. r Secondo Eusebio la rivelazione fu manifestata prima della guerra; l'intera chiesa lasciò Gerusalemme e si installò a Pella, al di là del Giordano. 2. T. Colani, ]ésus-Christ et les croyances messianiques de son temps, :z.a ed. riv. Stras· bourg r864, :z.o:z.-:z.o9. Sul contesto e la motivazione dell'interpretazione di Colani v. Beasley-Murray, ]esus and the Last Days, 1 3 -:z.o. L'interpretazione di Pesch è stata in­ fluenzata, direttamente o indirettamente, da quella di Colani (Pesch, u, 2.92.). 3 G. Holscher, Der Ursprung der Apokalypse Mrk 13: Theologische Bliitter a ( 1933) I9J·l.Ol.. Per una trattazione recente di questa crisi v. J.S. McLaren, ]ews and the Imperia/ Cult. From Augustus to Domitian: JSNT 2.7 (:z.oo s ) 2.57-2.78. 4 Taylor, 498. 5 Theissen, Gospels in Context, 1 3 6-r65 (Lokalkolorit, 1 4 5 - 176). 6 Hooker, 3 14. 7 Brandenburger, Markus IJ, so; cf. anche Apoc. 1 7,9· Analoga è anche la giustappo­ sizione dell'affermazione che coloro che sono sapienti capiranno ai due computi relativi alla fine in Dan. a,ro-r :z.. Seguono questa linea interpretativa Hooker, 3 1 5 ; Hurtado, :z.:z.o; Johnson, :z.r6; Lane, 467; Taylor, 5 1 1 s.

MC. 1 3 , 1 - 3 7

9 49

Una questione importante per determinare il significato dell'a parte è chi sia il «lettore» esortato a comprendere. La maggior parte dei com­ mentatori che non accettano la tesi della «piccola apocalisse» sostengo­ no o presumono che si intenda il singolo «lettore» del vangelo di Mar­ co. I Per questa interpretazione costituisce un problema la probabilità che il vangelo sia stato scritto per essere letto ad alta voce a un uditorio riunito in assemblea. 1 Sarebbe strano in tal caso che l'evangelista si rivol­ ga sia a un «singolo » (si noti l'uso del singolare) sia a un membro del­ l'uditorio come «chi legge » . Whitney Shiner cita Apul. Met. 1,1 come prova che il termine «letto­ re» può applicarsi a un singolo che ascolta un testo letto, per esempio, dal proprio schiavo.3 I contesti sociali in cui Apuleio e Marco erano letti e ascoltati erano tuttavia affatto diversi. Shiner riconosce che l' «esecu­ tore» del vangelo avrà avuto probabilmente una certa autorità all'inter­ no della chiesa locale.4 Ritiene inoltre che qui Marco si rivolga al singolo membro dell'uditorio allo scopo di attrarre ciascuno all'interno del rac­ conto, e per comprovarlo si rifà al trattato sul Sublime. L'autore di que­ sta opera però consiglia il cambio di persona, ad esempio dalla terza alla seconda, per mettere l'ascoltatore (o àxpoa-.�ç) al centro dell'azione.5 Secondo Ernest Best la frase «comprenda chi legge » era un appunto ri­ servato al lettore pubblico, a chi leggeva il vangelo ad alta voce per un gruppo riunito in assemblea; non era destinato a essere letto ad alta voce, ma voleva richiamare l'attenzione su un «solecismo grammaticale», ov­ vero che il neutro f3òÉÀuyp.a ( «abominio» o «sacrilegio» ) sia seguito dal participio maschile Éa'tlJXW> , l'idea che «saremo portati su >> ( cip1ta­ "(TjaO!J.E-8a) di I Tess. 4,I7, è specifico di Paolo. 2. È probabile invece che la rappresentazione in Mc. I 3,27 del figlio dell'uomo che invia gli angeli a radunare gli eletti dai quattro venti presupponga un evento simile a quel­ lo descritto da Paolo. E: vero che il passo marciano non precisa dove gli eletti saranno portati una volta radunati, ma l'intervento degli angeli fa pensare che saranno portati in cielo. Considerata la variabilità della tradizione orale e il suo continuo adat­ tarsi a situazioni nuove, la connessione fra Mc. I 3 ,26 s. e I Tess. 4,I s-I7 si potrebbe spiegare postulando che ciascuno dei due testi sia il risultato della testualizzazione di una versione diversa della tradizione orale sulla parusia. Tale conclusione deve però rimanere un'ipotesi, perché è ugual­ mente possibile che ciascuno dei testi derivi dall'adattamento e attualiz­ zazione, da parte dei rispettivi autori, di un testo scritto precedente, ope­ razione che comportò la riscrittura del testo con parole loro proprie.3 Marco presenta l'evento principalmente in una prospettiva visuale, men­ tre Paolo si sofferma su quel che si udirà.4 Intento di molti che vedono in Marco un compilatore di tradizioni è mostrare che almeno alcune di queste tradizioni risalgono al Gesù stori­ co. È possibile che sia effettivamente così per alcune di quelle presenti in Mc. 1 3 : la descrizione della venuta del figlio dell'uomo sulle o nelle nuvo­ le nel v. 27 potrebbe senz'altro risalire a lui. L'ipotesi che meglio spiega le testimonianze sinottiche relative ai detti sul figlio dell'uomo è che il Gesù storico, alludendo a Dan. 7, I 3, parlasse di un figlio dell'uomo celeste che verrà in futuro.s Per una serie di motivi tuttavia, non ultimo il ricorso a tecniche orali nella composizione di Mc. I 3 , non è possibile ricostruire I Queste somiglianze sono riconosciute da Malherbe, Letters to the Thessalonians, 274. 276 s. 2. Marshall, 1 and 2 Thessalonians, I 3 0· 3 V.K. Robbins classifica questo procedimento come «recitazione di un detto con parole diverse da quelle della fonte autoritativa ». Cita come esempio la versione di Paolo (in 1 Cor. 9,14) del detto sinottico «perché l'operaio si merita il proprio nutrimento» (Mt. Io, IO f Le. IO,?) (Exploring the Texture of Texts. A Guide to Socio-Rhetorical lnterpretation, Valley Forge, Penn. 1996, 42). 4 Kelber, Gospel, I43 s. 5 A. Yarbro Collins, The Influence of Daniel on the New Testament, in Collins, Daniel, 92-96; Ead., The Apocalyptic Son of Man Sayings, in B.A. Pearson et al. (ed.), The Fu­ ture of Early Christianity. Essays in Honor of Helmut Koester, Minneapolis I99I, uo­ u8; Ead., Daniel 7 and the Historical jesus, in H.W. Anridge et al. (ed. ), Of Scribes and Scrolls. Studies on the Hebrew Bible, Intertestamental Judaism, and Christian Ori­ gins, Presented to fohn Strugnell on the Occasion of His Sixtieth Birthday (CTSRR 5), Lanham, Md. I990, I 87- I 9 3 ; Ead., Origin of the Designation.

95 5

con un grado ragionevole di certezza precedenti tradizioni orali o anche scritte utilizzate in questo capitolo dall'evangelista. I s. Come si è rilevato, i vv . I s. sono un dialogo di scuola incentrato su un detto profetico del Gesù marciano. 1 Theissen ha avanzato l'idea che l'osservazione del discepolo riveli « una dissociazione dalla cultura urbana», perché ricorda le reazioni di provinciali che vanno di rado nel­ la capitale ... La profezia del v. 2 è probabilmente una variante di un detto tradizio­ nale attribuito a Gesù, che può avere qualche fondamento nell'insegna­ mento del Gesù storico (cf. Mc. q, 5 8 ; 1 5,29; Gv. 2,19; Atti 6, q). Non è possibile ricostruire una atq. xat Èv òOpa't'L xat Èv cìa7ttÒt, xcìyw 7top&Uo(LIXL 7tp0c; a& Èv ÒVO(LIX't't xuptou a!Xfhw-8 .Seou 1t1Xp1X't'li�&wc; lap1XY)À, �" wvttÒtaiXc; a�(L&pov. Il secondo è un passo in cui Asa, re di Giuda, grida al Signore (2 Cron.

14,10 LXX): Signore, non è impossibile per te salvare con tanti o con pochi; rafforzaci, Signore nostro Dio, perché confidiamo in te, e nel tuo nome siamo venuti contro questa grande moltitudine.

Kupt&, oùx cìòuviX't'&i 1tapà aot acP?:&tv Èv 7tOÀÀoic; XIXt Èv òì.. (yotc;· XIX't'taxuaov �(Liic;, XUpLE O .S&Ò> ( Geschichtsbericht) popolare. Dal punto di vista antico sono designazioni appropriate Òt�'YlJatc; ( « racconto» ), Òt�'YlJ!J.a ( « Storia » ) e ta't'opta ( «narrazio­ ne storica » ) . Un autore antico avrebbe potuto denominare l'opera come òt�­ 'YlJatc; 1te:pÌ 't'ou -8avci't'ou 'llJaOu Xpta't'ou ( « resoconto della morte di Gesù Cri­ sto » ). 2. Reinbold reputa difficile andare oltre la definizione secondo la criti­ ca delle forme, e conclude che non è possibile collocare con precisione l'ope­ ra entro uno dei generi della letteratura coeva. Riconosce peraltro che essa contiene motivi che si ritrovano in altri testi letterari del tempo, specie in «letteratura sulla morte» veterotestamentaria e giudaica.3 Reinbold non è del parere che questo resoconto storico popolare sia obiet­ tivo e interessato esclusivamente ai fatti connessi agli ultimi giorni di Gesù. Egli individua il tema centrale del resoconto nell'affermazione narrativa che furono i capi dei sacerdoti a portare Gesù alla croce, coinvolgendo il pote­ re del prefetto romano. Il resoconto inoltre asserisce che Gesù era innocen­ te e fu giustiziato solo perché ammise di essere il messia, che equivaleva a essere il re dei giudei. La comunità cristiana delle origini voleva proteggersi mettendo in chiaro che il suo fondatore non era un criminale comune. 4 La ricostruzione del racconto premarciano della passione proposta qui è assai differente dai risultati dello studio di Reinbold. Ciononostante la de­ finizione della fonte delineata in questo commento si inquadra in certa mi­ sura nella designazione di «resoconto storico popolare» . Essa inizia con la scena nell'Orto del Getsemani, in cui Gesù è rappresentato afflitto e ango­ sciato. Questo ritratto contrasta con la padronanza di sé e la compostezza degli eroi ed eroine maccabei e della maggior parte degli uomini illustri del­ la tradizione greca e romana. Nella sua afflizione Gesù prega prima chie­ dendo al Padre onnipotente di salvarlo dalla morte. Questo motivo richia­ ma i racconti sapienziali, in cui il protagonista è salvato da un pericolo a 1

2.

Cf. Cic. Tusc. 1,1 1 8; Epict. Diss. 4,1,1 59-1 77· Reinbold, Bericht, 1 89. 3 Op. cit., 193 s.

4

Op. cit., 197

s.

1 008

EXCURSUS

opera della potenza divina. La preghiera tuttavia si chiude con l'accettazio­ ne serena della volontà di Dio; gli ultimi tocchi del ritratto richiamano alla mente Socrate e coloro che, seguendo il suo esempio, affrontarono la mor­ te con compostezza e coraggio. ' L'arrivo di Giuda, uno dei dodici, che consegna Gesù, segna il passaggio alla seconda scena. Nelle storie maccabaiche non c'è un traditore e nem­ meno un accusatore. Nelle nÀel.ftcxt greche e romane c'è spesso un accusa­ tore, a volte una congiura. L'elemento narrativo del tradimento con un ba­ cio da parte di un discepolo conferisce intensità alla narrazione lineare del­ l' arresto, che somiglia da vicino a un resoconto storico o a un aneddoto biografico. Questo tratto letterario non comporta necessariamente preci­ sione o attendibilità storica. È probabile che realmente Gesù sia stato arre­ stato da un drappello della polizia del tempio, 1 ma la storia di Giuda po­ trebbe essere leggendaria. Il racconto riferisce poi che Gesù fu condotto dal sommo sacerdote ed è implicito che ciò sia accaduto di notte. La mattina i capi dei sacerdoti ten­ nero un consulto. Questo modo di esprimersi non indica un procedimento giudiziario, né si fa parola di un verdetto. Il risultato del consulto fu che Gesù venne mandato in catene a Pilato, il prefetto romano della Giudea. Queste notazioni, che tengono dietro al racconto dell'arresto, somigliano a un resoconto storico. La forma letteraria non garantisce l'attendibilità, ma non è implausibile che le cose siano andate più o meno così. Dal momento che il sommo sacerdote e il suo consiglio non avevano l'autorità giuridica per eseguire la sentenza di pena capitale, è più verisimile che conducessero Gesù da Pilato e presentassero una denuncia contro di lui anziché proces­ sarlo essi stessi. 3 Queste notazioni costituiscono anche una storia che fa da cornice al dia­ logo seguente fra Pilato e Gesù. La scena in cui il dialogo si svolge è diver­ sa dai protocolli antichi, in quanto manca un'intestazione all'inizio e un ver­ detto alla fine, tuttavia riproduce in modo plausibile la forma di una tipica cognitio extra ordinem, un procedimento giudiziario informate in cui il go­ vernatore romano poteva interrogare un prigioniero e prendere una deci­ sione senza un processo formale.4 In un procedimento di questo genere sa­ rebbe stato il governatore a interrogare l'accusato, come qui. La prima do­ manda riguarda l'imputazione. La seconda offre all'accusato la possibilità di replicare all'accusa. La decisione di Pilato è implicita nell'ultima frase della scena, dove si dice che consegnò Gesù perché fosse flagellato e crocir La preghiera è un motivo relativamente poco frequente nelle uÀEu-tctL La sola vera preghiera nelle sezioni pertinenti di 2 e 4 Maccabei è quella formulata da Eleazaro nelle ultime parole (4 Macc. 6,27-29). 2. Cf. Reinbold, Bericht, 3 14. 3 Loc. cit. 4 Secondo F. Millar anche nel racconto marciano della passione non c'è un processo for­ male (Reflections on the Trials of]esus, in Ph.R. Davies - R.T. White [ed.], A Tribute to Geza Vermes. Essays on ]ewish and Christian Literature and History USOTSup 100], Sheffield 1990, 3 66).

IL RACCONtO

DELLA

PASSIONE

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fisso. In una cognitio extra ori:Jinem contro qualcuno che non fosse cittadi­ no romano il funzionario che presiedeva non aveva bisogno di formulare un'accusa precisa. 1 Senza un'accusa formale non c'era un verdetto forma­ le. La flagellazione era a quanto sembra il normale preludio alla crocifis­ sione. 2 Il contenuto del dialogo è tuttavia determinato dalla concezione se­ riore e, come ha mostrato Reinbold, tendenziosa secondo cui Gesù fu con­ dannato per aver asserito di essere il messia, . ovvero il re dei giudei. È più verisimile che l'accusa informate fosse di aver .causato disordini, vale a dire di aver suscitato una sommossa (seditio).3 •La prospettiva del racconto pre­ marciano sopravvive anche nel risalto dato al -silenzio di Gesù, di cui si di­ ce che stupisce Pilato. Questo ·silenziou:ontrasta fortemente coi discorsi di­ dattici dei protagonisti di molti resoconti . di nobili morti, ed è probabil­ mente ispirato alla scrittura.-4 'Il richiamo; alla scrittura è senza dubbio una tecnica narrativa . propria del · contesto ..cùlturale giudaico e infine cristiano. È analogo sul piano .formale il richiamo alla morte di Socrate nei resoconti della morte di Eleazaro, �pecie .in 2 Maccabei, e di Seneca. Dopo la flagellazione e prima,della crocifissione c'è una descrizione di co­ me una coorte di .soldati :ausiliari romani schernisca Gesù. Questa scena ri­ corda episodi accaduti atL�les5andria. Il;primo fu nel 3 8 d.C. ed è riferito da Filone (Flacc. 6 [3 6-3 9]).5 1\gr\Jlpa 1, nipote di Erode il Grande, era appena stato nominato re dall'imperatore Gaio �càligola. I greci di Alessandria in­ scenarono un dileggio pubbliao nei confronti · di Agrippa portando al gin­ nasio un innocuo idiota, che collocarono • in alto imponendogli sul capo un foglio di papiro avvolto a imitare •una .corona • .regale, vestendolo di una co­ perta a mo' di mantello e mettendcmli in mano a mo' di scettro un pezzo di fusto di papiro gettato per strada. Qualcuno :.gli si avvicinava fingendo di salutarlo, altri di chiedergli giustizia, altri ancora di consultarlo su affari di stato. Poi la folla lo acclamò chiamandolo «Marin » , il nome che si dice fosse dato ai sovrani in Siria. Per Filone tutta la scena ricorda i mimi teatrali. L'altro episodio è menzionato negli Atti di Paolo e Antonino, uno degli Atti alessandrini. Questo scritto riporta il discorso di un alessandrino su come la popolazione di Alessandria avesse messo in ridicolo un re insce­ nando un mimo. Il re in questione era probabilmente il pretendente regale o messianico che guidò la rivolta a Cirene. 6 Il mimo ebbe luogo intorno al 1 Musurillo, Pagan Martyrs, 1 1 3 s.; P. Gamsey, Socit.il Status and Legai Privilege in the Roman Empire, Oxford 1 970, 5 s. 2. Liv. 3 3 ,3 6; los. Beli. 2,14,9 (306); 5 , 1 1 , 1 (449); Taylor, '5 84; Hengel, Crucifìxion, 29 e n. 2 1 . 3 Reinbold, Bericht, 3 14. 4 Forse qui si richiama Sal. 37,14 s. LXX ( 3 8,14 s. T.M.; 3 8,13 s. NRSV) oppure Is. 53, 7· V. sono, a 1 5,5. s H. Box (ed. ): Philonis Alexandrini, In Flaccum, London - New York 1939, XL-XLIII. 91 s. Su Agrippa I v. anche D.C. Braund, Agrippa, in ABD I, 98 s. 6 Secondo Eusebio il suo nome era Loukouas (Hist. Ecci. 4,2); per Cassio Dione era An­ dreias (68,3 2,1-3).

IOIO

EXCURSUS

I I ? d.C. Le somiglianze tra lo scherno di Agrippa e quello di Gesù sono dovute probabilmente alla grande popolarità del mimo. 1 Lo scherno di Ge­ sù presenta affinità anche con rituali antichi e motivi letterari connessi al pharmakos.2 La scena successiva, il resoconto della crocifissione vera e propria, so­ miglia a un'esposizione storica. Non si tratta, ovviamente, di puri fatti. La descrizione della morte di Gesù è storica nella forma, anche se presenta Ge­ sù come un messia crocifisso e contiene presagi che interpretano l'evento. Se il vino aromatizzato o drogato con mirra che viene offerto a Gesù serve ad attenuare il dolore, il suo rifiuto ricorda il motivo dello sprezzo del do­ lore che emerge specialmente nelle tarde nì..e:u'tcxt stoiche. I soldati si divi­ dono le sue vesti, tirando a sorte per stabilire che cosa tocchi a ciascuno. La formulazione di questo episodio produce chiare allusioni a Sal. 2I,I9 LXX.3 Ancora una volta un racconto antico aiuta a narrare e interpretare la morte di Gesù in maniera complessa. Sul cartello che dichiara il crimine di Gesù si dice stia scritto «re dei giudei » . Questa affermazione collega la scena della crocifissione al procedimento davanti a Pilato e insieme enun­ cia l'accusa informate mossa a Gesù in modo storicamente tendenzioso. La notazione che Gesù fu crocifisso tra due briganti o ribelli può richiamare Is. 5 3 , I 2, «fu annoverato tra i fuorilegge » . Non si hanno molte testimo­ nianze che al tempo di Gesù vi fossero altri individui considerati fomenta­ tori di disordini. Se egli solo fu arrestato e i suoi seguaci vennero lasciati fuggire,4 è inverisimile che venisse crocifisso insieme ad altri. La rappre­ sentazione di Gesù fra due ribelli o criminali comuni accresce il pathos del­ la scena per quanti lo credono innocente e l'ironia per quanti lo credono un re (messia ). Anche lo scherno dei passanti e dei due briganti evoca Sal. 2I Lxx.s Nella descrizione della morte di Gesù compare un segno o miracolo: l'oscurità su tutta la terra per tre ore. Tali prodigi sono relativamente rari nei resoconti della morte di persone illustri (nì..e:u'tcxt), ma non sconosciuti. Questo episodio ricorda le rappresentazioni della morte di Giulio Cesare. Virgilio per esempio dice che il sole, «quando fu ucciso Cesare, manifestò pietà per Roma, l allorché il capo luminoso nascose in una oscura caligine l e l'empia età temette eterna notte» ( Georg. I ,466-468). 6 In base alla ricostruzione ipotetica che qui viene proposta il racconto premarciano della passione non riportava le ultime parole di Gesù. Questa assenza si accorda col silenzio che di fatto Gesù tenne durante il procedi1 E. Fantham, Mime, in OCD, 982 s.; H. Reich, Der Mimus. Ein litterar-entwickelungs· geschichtlicher Versuch, vol. 1, parte 1. Theorie des Mimus, Berlin 1903 . :z. Yarbro Collins, Finding Meaning, 1 8 6 s. 3 Sal. 22, 19 T.M. (22,1 8 NRSV). V. sotto, a 1 5 ,24. 4 Reinbold, Bericht, 3 14-3 16. 5 Sal. 21 ,7-9 LXX (22,7-9 T.M.; 22,6-8 NRSV). V. sotto, a 1 5 ,2.9 s. 6 Tr. secondo D.R. Cartlidge - D.L. Dungan, Documents for the Study of the Gospels, Philadelphia 19 80, 163 (con modifiche). V. anche Plut. Caes. 69,4 s.

IL RACCONTO DELLA PASSIONE

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mento davanti a Pilato. Si dice semplicemente che emise un alto grido e spi­ rò. Al posto delle ultime parole c'è un altro segno, il lacerarsi della cortina del tempio. Sopra si è avanzata l'idea che questo segno, in quanto conclu­ sione del racconto premarciano della passione, possa simboleggiare l'asce­ sa di Gesù al cielo e il suo accesso alla presenza di Dio, nonché il frantu­ marsi della barriera fra l'umanità e Dio. Un'altra possibilità è che indichi una teofania metaforica. 1 La rimozione del velo che copre il santo dei san­ ti rivela Dio. La sequenza del grido di Gesù e dell'aprirsi del tempio richia­ ma Sal. 1 7 LXX/ ove la voce parlante grida a Dio e Dio ode il grido nel tempio. Segue una teofania che porta alla liberazione dell'orante. L'allusio­ ne a questo salmo presuppone che Dio udì il grido di Gesù e lo reintegrò. Sono state avanzate numerose proposte sul contesto sociale del racconto premarciano della passione. Per Dibelius affondava le sue radici nella pre­ dicazione dell'annuncio cristiano.3 Green sostiene che fu composto per la celebrazione della cena del Signore; 4 Trocmé pensa invece alla celebrazio­ ne annuale della pasqua. s Reinbold ritiene che un contesto catechetico sia il più probabile. 6 La posizione che qui si assume è che il più verisimile sia un contesto liturgico, anche se il documento deve aver avuto anche una ri­ levanza missionaria e catechetica. 7 Quanto al genere il racconto premarciano della passione può essere clas­ sificato come una nÀt:vr� ( «fine» o «morte»), la storia della morte di una persona eminente. Gesù non era una persona nobile agli occhi di coloro che credevano che il suo annuncio e le folle che attirava fossero una minac­ cia per l'ordine pubblico. Per molto tempo dopo la sua morte rimase una persona oscura per la generalità del mondo mediterraneo, sicché non si po­ teva certo definirlo un uomo illustre dal loro punto di vista. Ma nella pro­ spettiva di questo testo e dei suoi seguaci egli era di rango nobile, era il messia, il re disconosciuto di Israele. La combinazione del suo rango nobi­ le con l'umiliazione che patì dà origine a una narrazione di grande pathos e ironia. In base al ruolo sociale dei protagonisti - governanti, sudditi ribelli, filo­ sofi - è possibile definire sottotipi del genere del «resoconto della morte di una persona illustre •• . Dal punto di vista degli estranei si può assegnare il resoconto della morte di Gesù al sottotipo della ((morte di un pretendente messianico » . Nell'opera di Giuseppe se ne trovano diversi esempi: le storie di Simone, lo schiavo di Erode il Grande; 8 di Atronge il pastore; 9 di Mex Cf. Apoc. n , 1 9; 1 6, 1 7-2.1; Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, n6 s.; Ead., The Genre of the Passion Narrative, I 6. 2. Sal. 17,7-2.0 LXX ( 1 8,7-2.0 T.M.; 1 8,6- I 9 NRSV). Cf. Yarbro Collins, From Noble Death, 498 s. 3 Dibelius, From Tradition, 2.2. s. 178 s. 4 Green, Death of Jesus, 2.14-2.I7. 5 Trocmé, Passion as Liturgy, 84. 6 Reinbold, Bericht, 194-I97· 7 Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, I I 8. 8 Ios. Beli. 2.,4,2. ( 57-59) = Ant. 17,10,6 ( 2.73-2.77). Lo schiavo Simone fu decapitato men­ tre cercava di fuggire da una battaglia con soldati romani.

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EXCURSUS

nahem 1 e di Simone figlio di Giora. 1 In nessuno di questi resoconti com­ pare un procedimento giudiziario, ma Simone figlio di Giora fu giustiziato nel foro romano, nel momento culminante del trionfo celebrato da Vespa­ siano e Tito. La presenza della scena di Pilato conferisce al racconto premarciano del­ la passione una certa somiglianza con gli Atti degli alessandrini, ma il si­ lenzio di Gesù costituisce una differenza vistosa. La descrizione particola­ reggiata della morte di Gesù mostra analogie con le storie maccabaiche, ma lo scarso spazio dedicato alla tortura e ai patimenti fisici di Gesù è una differenza significativa. Il grosso delle differenze tra il racconto premarcia­ no della passione e altre -re:Àe:u-riXt ha a che fare con il frequente rinvio alla scrittura, specialmente ai salmi, nel primo. Si potrebbe dire che la forma esteriore del racconto è quella della nÀe:u-r�, ma il tono o la forma interna deriva dai salmi di lamentazione. Considerata l'ermeneutica del tempo, è verisimile che questi salmi fossero letti dai seguaci di Gesù come profezie o prefigurazioni della morte di Gesù messia. Probabilmente li leggevano co­ me canti di David, il re prototipico.3 Quanto al genere, Marco alterò la sua fonte in vari aspetti significativi. Il più notevole è forse l'aggiunta della storia del sepolcro vuoto alla fine. Que­ sta scena è un adattamento cristiano di un genere noto nelle tradizioni gre­ ca e romana, quello delle storie di scomparsa che comportano l'ascesa al cielo del protagonista. 4 In preparazione della storia del sepolcro vuoto Marco aggiunse anche il resoconto della sepoltura di Gesù. Raramente nei racconti della morte di personaggi famosi si racconta la sepoltura del protagonista. 5 Della sepol­ tura di Socrate si parla prima della sua morte, ma non viene raccontata (Plat. Phaed. n sc- n 6a). In 4 Macc. 1 7,8 è menzionata la tomba di Eleazaro e degli altri, per la quale l'autore propone un'iscrizione appropriata. In Mar­ co la sepoltura di Gesù può essere una tradizione originariamente indipen­ dente. Potrebbe avere un nucleo storico attendibile, oppure potrebbe essere una leggenda che mette in chiaro che Gesù morì realmente. 6 Aggiungendo le storie della sepoltura e della scomparsa o sepolcro vuo­ to Marco fa emergere la reintegrazione divina di Gesù molto più chiara9 Ios. Beli. :z.,4,3 (60-65 ) Ant. I 7,I0,7 (:z.78-:z.84). Giuseppe non narra effettivamente la morte di Atronge, che però sembra implicita. Coi suoi quattro fratelli aveva guidato la rivolta; tre di loro furono catturati, uno si arrese. r Ios. Beli. :z., I 7,8 (43 3 -448). Menahem fu ucciso dai seguaci di Eleazaro, uno dei capi della rivolta, al quale si unì il popolo di Gerusalemme. 1 Ios. Beli. 7,1,2. (:z.6-3 6); 7,5,6 ( I 53-I 57l· 3 Juel, Messianic Exegesis, I I 6; Yarbro Collins, The Genre of the Passion Narrative, I 8 . 4 Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, I I 9- I 48. 5 In certi casi è menzionata o presupposta la cremazione, come in Tac. Ann. I I ,3; I 5,64. Alla sepoltura si accenna talora di passaggio, per esempio in Tac. Ann. I6,u. 6 V. sotto, a 1 5,42.-47· =

IL RACCONTO DELLA PASSIONE

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mente del racconto anteriore della passione. In un certo senso era uno svi­ luppo logico del genere. Il resoconto della morte di Giulio Cesare in Sve­ tonio (lui. 8o-82; 84; 8 8 ) è seguito dalla descrizione del suo funerale, della cremazione e dell'apoteosi. I Per un uditorio greco o romano la «scompar­ sa » del corpo di Gesù lo rende simile ai suoi eroi e ai fondatori e gover­ nanti divinizzati. Un'altra scena nuova importante è il processo davanti al sommo sacer­ dote e al consiglio (sanhedrin). Marco dichiara che i capi dei sacerdoti e tutto il consiglio cercavano una testimonianza contro Gesù per condannar­ lo a morte ( 14,5 5 ). Poiché è usato l'articolo determinativo, Marco non si riferisce a un gruppo apposito del consiglio consultivo personale del som­ mo sacerdote, ma all'assemblea provinciale della Giudea, che governava sot­ to l'autorità del prefetto romano e in collaborazione con lui.,. La scena pre­ senta somiglianze coi protocolli romani e con alcuni degli Atti degli ales­ sandrini, in quanto il procedimento giudiziario è in parte riassunto e in par­ te rappresentato in discorso diretto. Il punto culminante è il dialogo tra Gesù e il sommo sacerdote. Questi prima interroga Gesù sulle dichiarazio­ ni dei testimoni. A questa domanda Gesù non risponde, ma quando il som­ mo sacerdote gli chiede se sia il messia, Gesù dà una risposta decisamente affermativa e aggiunge un detto profetico che assolve una funzione capitale nello svolgimento del tema marciano riguardante l'identità di Gesù. Con questo breve discorso di Gesù, Marco forza l'immagine del Gesù della sua fonte, che di fatto tace, fino al punto di rottura, scostandosi anche dal te­ ma della segretezza proprio del suo vangelo. Questo elemento avvicina la forma marciana del racconto della passione ai resoconti maccabaici, nei quali i discorsi degli eroi che stanno per morire hanno una funzione didat­ tica, e rende inoltre questo resoconto della morte di Gesù più simile alle storie di morte ellenistiche e romane, in cui il discorso del protagonista mo­ rente è spesso il maggior centro d'interesse. L'accusa enunciata in modo in­ formale è di blasfemia.3 Il verdetto è stabilito con chiarezza: i membri del consiglio condannano a morte Gesù all'unanimità ( 1 4,64). Con ogni proba­ bilità questo processo non è storico. 4 Oltre alle sue affinità con altre storie di morte che contengono procedimenti giudiziari, questa scena riecheggia anche salmi che propongono il tema dei testimoni falsi e della condanna in­ giusta di un innocente (Sal. 109,2 s.6 s.; 3 5 , 1 1 ; 69, 5 ; 94,2 1 ) . Come si è rilevato, Marco amplia la storia della morte di Gesù in una di­ rezione che costituisce uno sviluppo logico del genere: il messia della sua fonte, designato e reintegrato da Dio, diventa il messia portato in cielo, da dove tornerà nella gloria come figlio dell'uomo. La morte di Gesù è rap­ presentata in 8,3 4-9,1 e 1 3 ,9-1 3 come modello che i suoi seguaci devono imitare. Lo stesso concetto è espresso in Luca-Atti, per esempio, quando il resoconto della morte di Stefano viene modellato su quella di Gesù. Questi I

Cf. Plut. Caes. 69,4. 1 A.J. Saldarini, Sanhedrin, in ABD v, 975-980. Yarbro Collins, Blasphemy, 3 79-40 1 , e sotto, ad loc. 4 Reinbold, Bericht, 2.58.

3 V.

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COMPLOTTO E UNZIONE

passi tutta via non significano che Gesù sia il primo di una serie di martiri, mentre s'inseriscono molto bene nella tradizione della nÀtu't� e dell'exitus ( «dipartita » o «morte»). Coloro che aspirano a morire nobilmente infor­ mano il loro atteggiamento e comportamento ai grandi esempi del passato. ' I s. Come si è rilevato, molti reputano che il racconto premarciano della passione iniziasse con 1 4 , 1 s.1 Un argomento addotto a favore di questa idea è che la cronologia della passione implicita in questi versetti confligge con quella di Marco. Si è dimostrato tuttavia che non c'è nes­ sun reale conflitto.3 È molto più probabile che i vv. I s. siano di compo­ sizione marciana. 4 La pasqua e gli azzimi erano in origine due festività distinte. Nella scrittura le due feste sono congiunte in un unico periodo festivo.5 Le pa­ role iniziali del v. I rispecchiano questa unione. Secondo alcuni interpreti di Marco, dai capp. 1 1 - 1 6 si arguisce che Gesù entrò a Gerusalemme di domenica ( «domenica delle palme» ) e che il sepolcro vuoto sia stato scoperto la domenica successiva ( « domenica di pasqua » ) . 6 È vero che nella rappresentazione di Marco l'ingresso di Ge­ sù a Gerusalemme ebbe luogo un certo giorno ( I I,I - 1 1 ), la maledizione dell'albero di fico e le azioni nel tempio il giorno dopo ( I I , I 2- I 9 ), la con­ statazione che l'albero di fico si era seccato il terzo giorno ( 1 1 ,20), ma in tutta la sezione da I I,2o a I 3.3 7 non si fa parola di un quarto giorno. La notazione di q, x non prosegue la sequenza lineare di un giorno dopo l'altro. È evidente che Marco colloca di domenica la scoperta del sepol­ cro vuoto, ma non emerge con chiarezza che fa trascorrere a Gesù solo una settimana a Gerusalemme. È una conclusione ragionevole, non un dato certo. L'esatta cronologia della permanenza di Gesù a Gerusalem­ me non sembra essere di primaria importanza per l'evangelista. I capi dei sacerdoti qui probabilmente rappresentano l'aristocrazia sa­ cerdotale, i membri delle famiglie nobili tra i quali veniva scelto il sommo sacerdote. Sotto il governo romano i capi dei sacerdoti erano i membri di punta del sinedrio e in generale del governo interno. 7 Qui gli scribi sono presumibilmente gli «scribi del tempio », che è lecito supporre «si occu1 Sulla specificità del racconto marciano della passione in rapporto ad altri tipi di storie di morti del mondo antico v. Yarbro Collins, From Noble Death , 48 1-503 . :z. V. sopra, excursus • Il racconto della passione», sezione •Composizione e storia della tradizione». 3 Si veda sopra, loc. cit., la critica mossa alla formulazione di questo argomento da parte di Theissen. 4 Schenke, Passionsgeschichte, 1 2.-66. s Per le attestazioni scritturistiche v. Es. 12 s.; 23, 10-19; 34,1 8-26; Lev. 23,4-8; Esd. 6,1 9-22; Num. 28, 1 6-25. V. B.M. Bokser, Unleavened Bread and Passover, Feasts o(, in ABD vi, 75 5-76 5. 6 V. sopra, a n , 1 2-14. 7 Schiirer, History n, 23 3-236.

MC. I 4 , I - I I

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passero delle questioni economiche e organizzative del tempio o dell'an­ notazione e insegnamento delle tradizioni sacre e delle leggi . . . Che gli scribi vivessero delle entrate del tempio e si trovassero in posizione subal­ terna rispetto ai sacerdoti che vi sovrintendevano è sicuro e significativo per comprendere l'immagine che degli scribi forniscono i vangeli, altra fonte secondo cui essi si trovano soprattutto a Gerusalemme e sono al­ leati dei capi dei sacerdoti» . 1 È improbabile che qui si pensi agli «scribi>> che vengono associati ai farisei. La volontà dei capi dei sacerdoti e degli scribi di arrestare Gesù e ucciderlo riallaccia questo versetto a I I , I 8, do­ ve è attribuita la medesima intenzione agli stessi due gruppi. Là il deside­ rio di eliminare Gesù è una reazione alle sue azioni nel tempio. Secondo il v. Ib i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di arrestare Gesù «con l'inganno» (èv òOÀ(tl). La motivazione si ricava dal v. 2: non volevano arrestarlo in pubblico, perché così facendo avrebbero potuto causare disordini popolari. Il v. 2 dice che non volevano arrestare Gesù durante la festa. Lo svolgimento successivo della narrazione induce a ri­ tenere che non furono in grado di arrestare Gesù nel poco tempo che re­ stava prima della festa. Quando Giuda si offrì di consegnarlo, trovarono un modo di arrestare Gesù «con l'inganno >> evitando così di arrestarlo in pubblico, anche se dovettero farlo durante la festa. 2 Nella storia della morte di Gesù il motivo dell' «inganno>> (BOÀoc;) è un elemento di affinità con quella della morte di Esopo, che i cittadini di Delfi tramarono di uccidere con l'inganno (8oÀoc;).3 Per questo aspetto, come per altri, la vita di Gesù nella rappresentazione che ne offre Marco è analoga alla tipica vita di un poeta secondo varie biografie e tradizioni biografiche popolari dell'antichità. 4 3-9. La collocazione della storia dell'unzione fra le due parti del rac­ conto del complotto contro Gesù (vv. I s. e IO s.) è una traccia dell'elabo­ razione redazionale marciana.5 Luca ne ha una variante al di fuori del racconto della passione (7,3 6-so). Considerate queste due attestazioni, è molto probabile che l'episodio non si trovasse nella fonte della passione di Marco e che fosse una storia originariamente indipendente che circolò in almeno due forme diverse. 6 Secondo Ernst von Dobschiitz Marco accresce abilmente la suspense 1

Saldarini, Pbarisees, 250. V. anche sopra, a 1 1 , 1 8 . V. sopra, n . a . 3 Yarbro Collins, Finding Meaning, 192. 4 Art. cit. , 1 87- 1 9 3 . s Yarbro Collins, Beginning of tbe Gospel, 104. 6 Anche Reinbold reputa l'unzione non facesse parte del resoconto della passione più an­ tico cui si possa risalire, ma a suo parere fu aggiunta in una fase precoce e quindi si tro­ vava nelle fonti della passione di Marco e di Giovanni (Bericbt, 106-1 1 1 ). :1.

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COMPLOITO E UNZIONE

per l'uditorio non introducendo l'offerta di Giuda immediatamente dopo l'enunciazione del dilemma dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Egli tiene l'uditorio in sospeso raccontando la storia completamente diversa del­ l'unzione prima di esporre l'offerta di Giuda. I James R. Edwards sottoli­ nea il netto contrasto fra la devozione della donna nei confronti di Gesù e il tradimento di Giuda.1 A proposito dell'antitesi fra la donna e Giuda Tom Shepherd parla di «ironia drammatizzata» . Uno dei dodici di cui è fatto il nome è causa della passione di Gesù, mentre una donna senza no­ me è l'esemplificazione del vero discepolato, e il suo atto d'amore prepa­ ra alla sepoltura di Gesù.3 Per lo svolgimento del tema di Giuda e della consegna di Gesù è im­ portante notare come nei vv 3 -9 non se ne faccia il nome. Non viene prospettata l'idea che l'azione della donna abbia una parte nell'indurre Giuda ad andare dai capi dei sacerdoti. 4 Quanto al genere Dibelius definisce i vv 3-9 un paradigma puro.5 Bultmann classifica il passo come apoftegma biografico.6 Più proficua­ mente Tannehill vi individua un racconto aforistico ibrido che combina correzione e lode. 7 .

.

3 · Poiché la costruzione coi due genitivi assoluti, l'uno di seguito al­ l'altro, suona assai inelegante in greco, è verisimile che uno sia un'ag­ giunta redazionale di Marco. Avendo Marco già detto che Gesù si trova­ va a Betania ( 1 1 , 1 1 s.; cf. 1 1 , 1 9 ), è probabile che la proposizione «men­ tre era a Betania» (ov-toc; aù-tou Èv BYJ-8aviq.) sia l'aggiunta dell'evangelista a una storia tradizionale. 8 La forma tradizionale del racconto come la conosceva Marco iniziava più o meno così: «ed essendo egli a tavola nel­ la casa di Simone il lebbroso» (xat xa-taxEL!J.Évou aù-tou Èv -ti] olxiq. �t(J.w­ voc; -tou ÀÉ7tpou).9 Di questo Simone non si sa altro. Io Marco probabilI

Von Dobschiitz, Erziihlerkunst, 194 s. Edwards, Markan Sandwiches, 2.08 s. Struthers Malbon ravvisa lo stesso tipo di ironia, e avanza l'idea che, oltre alla contrapposizione con Giuda, vi sia un'analogia fra questa donna e la vedova di 1 1,4 1-44, entrambe donne esemplari (In the Company of Jesus, 5 5-57). 3 Shepherd, Markan Sandwich Stories, 2.63 . V. anche K. Paffenroth, Judas. Images of the Lost Disciple, Louisville-London 2.001 , 7· 4 Paffenroth, Judas, 7; W. Klassen, Judas. Betrayer or Friend of Jesus?, Minneapolis 1996, 89 s. s Dibelius From Tradition, 4 3 · 6 Bultmann, History, 3 6 s . 7 Tannehill, Varieties, 1 0 3 ( 1 . 1 ). 1 0 5 (2.. 1 ). 8 Così Schenke, Passionsgeschichte, 68-72.; contro Bultmann, History, 65. 9 Schenke, Passionsgeschichte, 72.. I O Dibelius, From Tradition, 49; Meier, Margina/ few n, 746 n. 96 ( 3 ). 869 n . 1 62.. 1

MC. 1 4 , 1 - 1 1

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mente conservò la menzione di Simone, che era noto all'uditorio quando questa storia tradizionale fu composta. 1 L'enunciato «giunse una donna » (�À-8e:v yuv�) è ambiguo, ma proba­ bilmente significa che andò da Gesù venendo da fuori della casa di Simo­ ne e che era un'ospite non invitata.2 Che portasse un'ampolla piena di costoso olio aromatico induce a pensare che fosse ricca.3 Probabilmente non era necessario rompere l'ampolla per aprirla." È stata avanzata l'idea che in una forma precedente della storia il gesto della donna significasse un'unzione di Gesù come messia regale,s ma nei passi scritturistici classici relativi all'unzione regale si versa sul capo del re «olio d'oliva » (eÀcuov), non «olio aromatico » ((J.upov) come qui.6 Que­ sta potrebbe essere una delle connotazioni dell'atto della donna, ma non la sola. 7 Sal. 1 3 2 LXX tuttavia parla di «olio aromatico» ((J.UpoV) che scende dal capo di Aronne sulla barba e fino all'orlo della veste. Questa abbondanza di olio aromatico non rimanda però principalmente al rituale dell'unzio­ ne di Aronne come sommo sacerdote, ma è una metafora di pienezza e prosperità. 8 Il salmo ricorre anche al linguaggio utilizzato nel Cantico 1 Schenke, Passionsgeschichte, 70. 2. Bultmann, History, 66. Matteo mantiene l'ambiguità di Marco (Mt. 26,7); la versione

lucana dell'episodio, che non sembra dipendere da quella di Marco, lascia intendere un ' più chiaramente che la donna era un'ospite non invitata (7,3 7 s.). Nella versione di Giovanni la donna, Maria, sorella di Lazzaro, fa parte della casa e serve a tavola ( 1 2,2). 3 Al contrario della vedova povera di Mc. 1 2,4 1-44 (Struthers Malbon, In the Company of ]esus, 5 5-57). Sull'uso di olio aromatico (profumo) in ambienti sociali propri di per­ sone facoltose, e sulle caratteristiche e l'utilizzo dell' ciÀii{:laa-tpov ( «ampollina di vetro [contenente olio aromatico] » v. M. Sawicki, Making ]esus, in Levine, Feminist Compan­ ion, 1 3 6-1 70, spec. 144- 147. 4 Per Daube rompere il «contenitore » e versarne l'intero contenuto si attaglia più alla pratica di ungere per la sepoltura che non a quella di ungere se stessi [o un ospite in prepa­ razione di un banchetto festivo] (New Testament, 3 1 5 . 3 1 7). Sulla base di rinvenimenti pubblicati di aÀa[ha-tpa Sawicki afferma che non era necessario rompere l'ampolla per aprirla (Making ]esus, r 57). s Schiissler Fiorenza, In Memory of HeT, x m s. 6 I Regn. ro,ra (unzione di Saul da parte di Samuele); 1 6, 1 3 (unzione di David da parte di Samuele). Anche il primo sommo sacerdote, Aronne, fu unto con olio d'oliva (Lev. 8, 12). ll sostanrivo ebraico 5mn, usato nel T.M. in tutti questi passi, indica l'olio in gene­ rale e in particolare quello d'oliva ( BDB, s.v., 2.a). 7 A favore della tesi che una delle connotazioni del gesto della donna sia l'unzione di Ge­ sù come re o messia milita la circostanza che, dopo la conclusione del racconto del com­ plotto, l'unzione sia seguita dall'invio di due discepoli a cercare una stanza per la cele­ brazione della pasqua (vv. 1 2- 1 6), episodio che richiama I Regn. ro,rb-8, come il prece­ dente rinviava a ro,ra. 8 Sal. 1 3 2,2 LXX; R.J. Clifford, Psalms 73 -IJO (AOTC), Nashville 2003, 260. po

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COMPLOTIO E UNZIONE

dei Cantici «per rappresentare la famiglia del Signore alla festa a Gerusa­ lemme » . 1 Il termine (J-Upov è usato cinque o sei volte nella versione dei LXX del Cantico.1 In 1,3 s. la voce femminile loda gli oli aromatici sul corpo dell'amante, che lo rendono seducente. In 2, 5 chiede di sostenerla o nutrirla (a'tlJpLl;e,v) con oli aromatici. In 4,10 la voce maschile esalta la fragranza degli oli aromatici di colei che chiama «mia sorella, sposa » (à:ÒeÀcp� !J-OU vu!J-cplJ). La possibile allusione al Cantico indica forse che in questo passo Gesù è rappresentato metaforicamente come sposo.3 È più probabile tuttavia che il gesto della donna illustri l'uso di ungere il capo in preparazione di una festa gioiosa. 4 4 s. Alcuni di coloro che assistono all'atto prodigo della donna non lo apprezzano. La tradizione sembra attestare la tendenza a precisare chi sia a criticare il suo gesto. Nel codex Bezae e qualche altro manoscritto «alcuni» (·tne. Op. cit. , 247-249. 3 A differenza di Boling-Wright (v. sopra), Schiirer si spinge ad affermare che nel perio­ do preesilico la regione non fu mai abitata da israeliti (History n, 7). Per una critica di questa posizione v. Freyne, Galilee, 5 5 n. 47; Id., Galilee in the Hellenistic through By­ zantine Periods, spec. 3 72. Horsley (Galilee. History, Politics, People, Valley Forge, Penn. 1995, 29 5 s. n. 2 5 ) concorda in parte con Schiirer. 4 Horsley, Galilee, 20. 5 V. sopra; v. anche Schiirer, History 1, 142; n, 8. 6 Op. cit. 11, 9 s. Per S. Schwartz intorno al 100 a.C. gli asmonei governavano la bassa e l'alta Galilea; in precedenza la popolazione della Galilea, a parte «i giudaiti» che si tro­ vavano lì, era stata «una mescolanza o coacervo di pagani arabi, greci e siriaci (alcuni di remota origine israelita) » e «divennero solo ora in un certo senso giudei» (lmperialism and ]ewish Society, zoo B. C.E. to 640 C.E., Princeton-Oxford 2001, 3 6; v. anche n. 46). 7 Freyne, Galilee, 41-44. In questo suo primo studio sulla Galilea Freyne asseriva che gli assiri non avevano deportato gli israeliti comuni della Galilea rurale, sicché non vi furo­ no nel corso dei secoli soluzioni di continuità nella fisionomia religiosa della regione (pp. 24-26). Nel suo lavoro più recente egli riconosce che i dati archeologici mettono in di­ scussione l'opinione che aveva espresso in precedenza, seguendo Alt e alla luce delle fon­ ti letterarie, secondo cui «in Galilea la popolazione israelita rimase relativamente indi­ sturbata per tutto» il periodo che va dalla conquista assira all'ascesa degli asmonei (Gal-

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Sia S. Freyne sia Richard A. Horsley hanno sostenuto, soprattutto sulla scorta di fonti letterarie, tra cui iscrizioni e lettere, che dalle origini nel xn a.C. fino al 1 a.C. (e ancora in seguito), sia nell'alta sia nella bassa Galilea visse senza interruzione gente che praticava il culto di Jahvé. I Ambedue ri­ conobbero che l'indagine di superficie condotta da Zvi Gal ha messo in dubbio l'ipotesi della continuità . .. La prima risposta di Freyne fu che «solo ulteriori scavi stratigrafici stabiliranno se questa discontinuità demografica sia stata effetto dell'aggressione assira o sia stata dovuta alla migrazione della popolazione rurale verso insediamenti più grandi » . 3 Horsley dal can­ to suo rispose che « una conferma più decisiva dell'ipotesi di uno spopola­ mento pressoché totale della Galilea sotto l'impero assiro verrebbe da sca­ vi effettivi di siti dell'età del Ferro II non menzionati negli annali assiri che possano provare un'improvvisa e prolungata interruzione nell'occupazione di quei siti » .4 Per Jonathan L. Reed « le sequenze insediative dei siti galilei dall'età del Ferro all'epoca romana, che rivelano un abbandono quasi com­ pleto della regione sul finire dell'età del Ferro, escludono sostanzialmente ogni continuità diretta fra gli israeliti del nord e i galilei del I secolo ».5 Horsley sostiene da un lato che nel periodo del secondo tempio la Gali­ lea non era fondamentalmente una regione gentile, ma dall'altro che i gali­ lei appartenevano a un ethnos diverso dai giudaiti (giudei) . 6 Questa secon­ da tesi in particolare si è rivelata discutibile/ Meyers e Sanders sono con­ cordi nel ritenere che la Galilea di Antipa (all'epoca di Gesù) fosse total­ mente giudaica. 8 Per Chancey i dati non avallano la conclusione «che la Galilea della prima età romana ebbe una popolazione mista; fanno semmai pensare il contrario. Nel I d.C. i suoi abitanti sembra siano stati principalilee in the Hellenistic through Byzantine Periods, 3 7 1 ). Egli conclude inoltre che gli inse­ diamenti giudaici nell'alta e bassa Galilea aumentarono a partire perlomeno dalla tarda età ellenistica (art. cit., 3 72). Sugli studi di Freyne cf. Chancey, Gentile Galilee, 23 s. I Freyne, Galilee, 24-26; Horsley, Galilee, 2 1 s. 25 -29. :r. Freyne, Galilee in the Hellenistic through Byzantine Periods, 3 7 1 ; Horsley, Galilee, 26. 290 n. 1 3 . 3 Freyne, Galilee in the Hellenistic through Byzantine Periods, 3 7 1 . 4 Horsley, Galilee, 290 n . 1 3 . S i veda anche l a sua argomentazione riformulata sulla base delle fonti letterarie (pp. 26 s.). 5 J.L. Reed, Archaeology and the Galilean fesus. A Re-examination of the Evidence, Harrisburg, Penn. 2000, 27. 6 Horsley, Galilee, 34-61, spec. 49- 5 1 . Per la prima età romana v. pp. 61-88. 7 Chancey, Gentile Galilee, 25. Secondo Schwartz sotto il governo asmoneo gli idumei «divennero giudei, rimanendo al tempo stesso idumei» (lmperialism and Jewish Society, 39). Lo stesso si potrebbe dire presumibilmente dei galilei: erano (giudaiti) giudei ma in­ sieme galilei. Sulla fedeltà al tempio da parte dei galilei e degli idumei e sulla loro dispo­ nibilità durante la prima insurrezione a rischiare la morte o la schiavitù per difenderlo v. Schwartz, op. cit., 61, per il quale tuttavia i galilei erano stati meno pronti dei giudaiti a «consegnare al tempio e al suo personale l'eccedenza della loro produzione» (p. 5 2). 8 Si veda un compendio delle loro posizioni e la citazione dei loro lavori in Chancey, Gen­ tile Galilee, 2 5 s.

EXCURSUS mente giudei, con appena un esiguo numero di pagani » . ' L'affermazione di Giuseppe che la Galilea era «circondata da nazioni straniere» è suffra­ gata «da particolari precisi nei suoi scritti e da numerosi rinvenimenti ar­ cheologici. Queste aree erano in prevalenza gentili, anche se in tutte c'erano minoranze giudaiche » . 1 Qualche «contatto con gentili vi fu nella Galilea antica » , specie nelle città e nei villaggi di confine, ma per la maggioranza degli abitanti della Galilea tali contatti non furono frequenti.3 Secondo Reed «la cultura materiale della Galilea era chiaramente distinta, tuttavia trovava il suo parallelo più vicino in quella della Giudea . . . la Galilea aveva in comune con la Giudea il carattere essenzialmente giudaico » .4 È connessa la questione se i giudei di Galilea avessero una halaka loro propria, significativamente diversa da quella giudaita, e se in generale i giudei di Galilea fossero lassi nell'osservanza della legge.s Per dare rispo­ sta a queste domande Lawrence Schiffman riesamina tutti i passi degli scrit­ ti tannaitici che si riferiscono espressamente alle pratiche halakiche gali­ lee. 6 Riconosce che le sue conclusioni non valgono per l'intera popolazio­ ne della Galilea, giacché c'erano differenze tra i giudei della regione, alme­ no finché non prevalsero le pratiche tannaitiche. È possibile che i giudei ellenizzati e i contadini della Galilea si attenessero a pratiche diverse. Per Schiffman nella grande maggioranza dei casi i giudei di Galilea che aderi­ rono alle tradizioni tannaitiche seguivano le stesse regole dei giudei tannai­ ti del sud/ Nei casi in cui i galilei differivano dai giudaiti, ai primi è attri­ buito un maggior rigore nell'osservanza della halaka. 8 Ma le testimonianze tannaitiche possono non essere pertinenti per i tempi di Gesù e di Marco, poiché sono quantomeno posteriori al 7o d.C. e forse risalgono al 11 d.C. Torniamo ora al modo in cui Boobyer utilizza l'attestazione dei LXX. Se­ condo la sua interpretazione ls. 8,2.3 -9,6 rappresenta la Galilea dei gentili «come specificamente destinata a ricevere la salvezza nell'età messianica e, ancora, come un paese che sarà fra i primi a sperimentare la liberazione di­ vina >> . 9 Questa lettura certo non corrisponde al significato che il passo eb­ be per il suo autore e per il suo primo uditorio, né riproduce esattamente r

Op. cit. , 6 1 . Sui dati archeologici che corroborano questa conclusione v. pp. 63 -1 19. Op. cit. , 165. 3 Op. cit. , 1 66. 4 Reed, Archaeology, 216 s. s Sulla funzione della torà e del tempio in Galilea prima del 70 d.C. v. Schwartz, Impe­ rialism and ]ewish Society, 72 s. Riguardo a una questione analoga B.A. Pearson conclu­ de che •sul piano delle credenze e delle pratiche non c'era alcuna differenza significativa tra i giudei che credevano in Gesù della Galilea e quelli di Gerusalemme» (A Q Com ­ munity in Galilee?: NTS so [2004) 476-494; citazione dall'estratto di p. 476). 6 L.H. Schiffman, Was There a Galilean Halakhah?, in L.I. Levine (ed. ), The Galilee in Late Antiquity, New York - Jerusalem - Cambridge, Mass. - London 199 2, 143-1 56. Rin­ grazio il collega Steven Fraade per aver richiamato la mia attenzione su questo articolo. 7 Schiffman osserva che A. Oppenheimer, E.E. Urbach e Klein erano giunti alle medesi­ me conclusioni ( Was There a Galilean Halakhah?, 144 s. n. 5). 9 Boobyer, Galilee and Galileans, 3 3 6. 8 Art. cit., 144 s. 1 5 6. 2.

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l'interpretazione che ne diede Matteò, il quale associa l'adempiersi della scrittura allo spostamento di Gesù a Cafarnao (4, 1 3 ), di cui dice espressa­ mente che è «la [città o cittadina] posta presso il mare nella regione di Za­ bulon e Neftali » ('t�v 1tapa8aÀaaatav év òptotç Za�ouÀwv xaì Ne:cp.SaÀt(J.). Lo associa anche alla proclamazione del pentimento e del regno dei cieli ini­ ziata da allora (4,17). Non è dato particolare risalto alla Galilea in genera­ le o ai gentili. Al più il passo indica che la proclamazione di Gesù alla fine porterà la salvezza ai gentili. 1 Da ultimo Boobyer sostiene che « al tempo di Marco in Galilea viveva una popolazione mista » e presuppone numerosi contatti fra gentili e giudei in quella regione. 2 Secondo Freyne tuttavia a essere fortemente ellenizzate furono le poche città della Galilea, in contrapposizione alle aree rurali, ai villaggi e alle città piccole, e in esse viveva la maggioranza della popolazio­ ne non giudaica. Queste città però non esercitavano un'influenza rilevante sulle pratiche e sullo stile di vita dei giudei che vivevano nelle aree rurali dell'alta e bassa Galilea} In ogni caso la conclusione di Boobyer secondo cui Mc. 14,28 e 1 6,7 indicano che dopo la risurrezione i discepoli debbano andare in Galilea « principalmente allo scopo di dare inizio alla missione ai gentili » è dubbia.4 Torniamo ora allo studio di Lohmeyer. La sua affermazione che sul pia­ no religioso la Galilea era oggetto dell'ostracismo e della condanna da par­ te dei giudei influenti e devoti di Gerusalemme non pare avallata da Is. 8, 23 o Mt. 4, 1 5 . Per Freyne, anche se i giudei di Galilea «forse non seguiro­ no le norme farisaiche relative all'offerta del mezzo sheqel e non pare fos­ sero troppo scrupolosi in materia di decime» , furono fedeli alle pratiche concernenti il tempio di Gerusalemme. 5 La presenza di porcellane e di pi­ scine a gradini in contesti di siti galilei risalenti alla prima età romana avalla la conclusione che i giudei di Galilea osservavano le regole alimenta­ ri e di purità. 6 Nella trattazione del vangelo di Marco nel suo complesso Lohmeyer af­ ferma che in 1 , J4-9,50 la Galilea è presentata non solo come punto d'inizio e centro dell'attività di Gesù, ma anche come la «terra santa del vangelo, il 1

Luz, Matthew z-7, 195. Il tono apologetico che ravvisano nel testo Davies e Allison non affatto evidente (Matthew I, 3 70-3 80). 2 Boobyer, Galilee and Galileans, 3 37· 3 Freyne, Galilee, 1 3 8-145. Per Horsley «agli inizi del I d.C. anche nelle città della bassa Galilea doveva esserci poco più che una sottile patina di cultura cosmopolita . . . L'esame critico dei resoconti di Giuseppe relativi agli avvenimenti del 4 a.C. e del 66-67 d.C. . . . rivela una diffusa e inveterata opposizione a i governanti e alla loro cultura d i matrice urbana » (Archaeology, History, and Society in Galilee, Valley Forge, Penn. 1996, 179). Secondo Kasher nel periodo del secondo tempio le relazioni fra i giudei e le città elleni­ stiche furono caratterizzate da «una forte ostilità religiosa», «un conflitto religioso di antica data» e da rivalità e avversione di natura etnica e culturale Uews and Hellenistic Cities, 3 1 3 ). Sulle conclusioni di Chancey v. anche sopra. 4 Boobyer, Galilee and Galileans, 3 3 8. 5 Freyne, Galilee, 2.93 . 6 Chancey, Gentile Galilee, 1 1 8. è

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luogo del suo compimento » . 1 Gerusalemme per contro è raffigurata come «il luogo del peccato e della morte» .. e «dell'ostilità mortale nei confronti di Gesù» .3 Lohmeyer riconosce che la Galilea è anche descritta come luo­ go in cui vi furono resistenza e rifiuto nei confronti di Gesù, ma sostiene che questi aspetti oscurarono soltanto, senza però cancellarla, la convin­ zione che la Galilea fosse il luogo che era stato scelto per una funzione esca­ tologica decisiva. 4 Non rileva peraltro che il vangelo di Marco inizia con l'attività di Giovanni il Battista, che è presentata chiaramente come il pri­ mo evento escatologico, e questa attività non si svolge in Galilea. s L'aspetto più problematico dell'interpretazione di Marco avanzata da Lohmeyer è che semplifica eccessivamente le tecniche narrative impiegate dall'evangelista per raccontare la storia di Gesù e sopravvaluta poi i risul­ tati. L'opposizione a Gesù è un tema di spicco che viene introdotto presto nella narrazione. 6 La mancanza di comprensione da parte della maggio­ ranza del popolo costituisce un soggetto di 4,I-34 e il fraintendimento dei discepoli si fa grave già in 6, 5 2/ Per sostenere che la maggior parte del­ l'attività di proclamazione (xl)puaaEtv) e taumaturgica di Gesù ha luogo in Galilea, Lohmeyer deve parlare di una « Galilea più estesa » e postulare che gli avvenimenti che in Marco sono collocati in regioni nei dintorni della Galilea contribuiscono a conferirle la condizione di terra eletta e santa del compimento escatologico. Lo studio di Lohmeyer ha esercitato un'influenza notevole. Lightfoot con­ corda con lui pressoché interamente. 8 Willi Marxsen, al pari di Lohmeyer, è interessato all'argomento sotto l'aspetto storico e tenta di affinarne l'in­ dagine ricorrendo ai metodi della critica della redazione. Risolve il proble­ ma dell'assenza di testimonianze antiche relative a una comunità impor­ tante in Galilea sostenendo che Mc. I 6,7 va interpretato nella prospettiva della situazione dell'evangelista e del suo pubblico, non di un'epoca prece­ dente. Avanza l'ipotesi che questo detto sia strettamente legato all'oracolo menzionato da Eusebio, che prescrive alla comunità di Gerusalemme di emi­ grare. Secondo Marxsen l'oracolo conteneva originariamente due elemenI Lohmeyer, Galiliia und ]erusalem, 2.8 s.; citazione da p. 2.9. Si veda anche la disamina approfondita a sostegno di questa conclusione (pp. 2.9-3 6). 3 Op. cit., 34· 4 Op. cit. , 32. s. 2. Op. cit., 3 3 · 5 V. a 1,2.- 1 5 e sopra, a 9,9- 1 3 . Struthers Malbon osserva che «la narrazione [di Marco] in effetti si apre in Giudea e si chiude guardando alla Galilea, nel passato e nel futuro• (Galilee and ]erusa/em, citazione alle pp. 2.50 s.). 6 V. a 2., 1-3 ,6, «Unità narrativa e storia letteraria»; Stemberger, Ga/ilee, 43 1-435; S. Freyne, The Geography of Restoration. Galilee-]erusalem Relations in Early Jewish and Christian E:JCperience: NTS 47 (2.00 1 ) 2.89-3 1 1 , spec. 306 . V. anche a 3,2.0-30. 7 Si veda il commento a questi passi, nonché a 8,16-2. 1 . 8 Lightfoot, Locality, spec. 1 1 1-12.5. In seguito egli mutò opinione e considerò 14,2.8 e x 6,7 riferiti alle apparizioni dopo la risurrezione, che finalmente consentono ai discepoli di comprendere il Signore e di compiere la sua opera (Gospel Message, 1 1 5 s.). Si veda anche la breve trattazione delle posizioni di Lightfoot in Stemberger, Galilee, 4 1 3 . 438.

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ti: l'ordine di lasciare Gerusalemme e l'annuncio della parusia imminente. Marco narra solo la prima parte dell'oracolo (la prescrizione di andare in Galilea ). Poiché la parusia non aveva ancora avuto luogo, non poteva rac­ contare quell'evento. Per il vangelo quindi 1 6,8 è una chiusa appropriata. ' Paolo non ebbe notizia d i una comunità importante i n Galilea perché solo sul finire degli anni 6o ne nacque una. 1 Marxsen può stabilire un collega­ mento tra Mc. 1 6,7 e l'oracolo di cui parla Eusebio solo postulando che Marco non definisca la Galilea in senso stretto, il che gli consente di farvi rientrare Pella (nella regione della Decapoli),3 dove secondo Eusebio la co­ munità di Gerusalemme trovò una nuova sistemazione.4 Come Lohmeyer, Marxsen ritiene che 1 6,7 (e quindi pure 14,28 ) si riferisca non a un'appari­ zione del risorto, ma alla parusia attesa. 5 Werner Kelber si associa a Lohmeyer e Marxsen nell'interpretare 14,28 e 1 6,7 in relazione all'avvento in Galilea del regno di Dio e all'insediamen­ to in quel luogo della riunione escatologica. 6 Elizabeth Struthers Malbon ha studiato la geografia e la teologia di Mar­ co, senza però indagare la «geografia marciana [quale] indicatore del mon­ do storico del testo» , ma piuttosto la «geografia marciana nell'ambito del testo in quanto universo letterario» .7 Applicando l'insegnamento di Claude Lévi-Strauss, introduce nella sua analisi l'esame diacronico (l'ordine crono­ logico in cui si svolgono gli avvenimenti da 1 , 1 a 1 6,8) e quello sincronico (del «contenuto latente» che sottende la contrapposizione fondamentale nella quale il racconto cerca di trovare una mediazione). 8 La sua analisi e le sue conclusioni sono in qualche modo più precise di quelle di Lohmeyer, ma sembrano essere la ripetizione, in chiave diversa, di alcune sue tesi fon­ damentali. L'esame diacronico la porta a concludere che «lo schema dia­ cronico marciano capovolge l'aspettativa [culturale] [che l'azione dovesse avere il suo punto culminante in Gerusalemme] : le azioni avvenute in Giu1

Marxsen, Der Evangelist Markus, 75-77 (tr. Mark the Evangelist, 1 1 4· 1 1 6). Op. cit. , 70 n. 3 (tr., 1 07 n. 1 5 8). 3 Finegan, Archaeology, 1 1 7. Marxsen, Der Evangelist Markus, 70 (tr. Mark the Evangelist, 1 07). 4 5 Op. cit., 54· 73 (tr., 85. 1 1 1). Si veda anche un riepilogo delle posizioni di Marxsen in Stemberger, Galilee, 4 1 3 s. Un altro studioso che condivise la maggior parte delle prin­ cipali tesi di Lohmeyer è Ph. Carrington, The Primitive Christian Calendar. A Study in the Making of the Marcan Gospel, 1. Introduction & Text, Cambridge 1952, 81 s. Per contro, secondo L.E. Elliott-Binns, 14,28 e 1 6,7 sottendono apparizioni del risorto in Galilea (Galilean Christianity [SBn, Chicago 1 9 5 6, 39). V. Stemberger, Galilee, 414 e n. 19. Su altri studiosi influenzati da Lohmeyer v. Yarbro Collins, Beginning of the Gos­ pel, 1 3 6 n. 5 7· 6 Kelber, Kingdom Xl. 105. 107. 1 29. 144-1 47; per una ricapitolazione e valutazione del modo in cui Kelber tratta la contrapposizione fra Galilea e Gerusalemme v. Struthers Malbon, Galilee and ]erusalem, 24 5-247. Cf. Kelber, Mark 's Story, 74 s.; in questo stu­ dio il regno di Dio è demitologizzato e l'escatologia è di conseguenza immanente piuttosto che imminente; v. spec. 84. Una prospettiva analoga è espressa in Kelber, Gospel, 2 1 5 . 8 Art. cit., 248 . 7 Struthers Malbon, Galilee and ]erusalem, 247. 2.

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dea raggiungono l'acme in Galilea ( 14,28; I 6,7) » . ' L'esito dell'esame sin­ cronico è che «la narrazione marciana . . . capovolge le associazioni attese per Galilea e Giudea» : 1 in Marco la Galilea «è il centro dell'ordine » , men­ tre «la Giudea nella contrapposizione fondamentale è legata al polo del caos >> .3 Struthers Malbon non interpreta I 6,7 nel senso delle apparizioni dopo la risurrezione né nel senso della parusia, ma in chiave simbolica: « Al­ la fine del vangelo di Marco la collocazione spaziale di Gesù non è né Ge­ rusalemme né la Galilea, ma un luogo intermedio; Gesù è in movimento, 'precede' ( I 6,7); è in cammino » .4 Nello stesso anno in cui comparve il libro di Kelber, Stemberger pubbli­ cò una valutazione critica dell'interpretazione della Galilea proposta da Lohmeyer e dai suoi seguaci. s A proposito della teoria di Lohmeyer di una «Galilea più estesa » Stemberger conclude che non è possibile dimostrare l'esistenza di un simile concetto sulla scorta del vangelo di Marco, perché l'evangelista «distingue chiaramente la Galilea dalle regioni circostanti: il territorio al di là del Giordano, il lago, la Decapoli, la regione di Cesarea di Filippo e quella di Tiro e Sidone. Non rimane posto per una Galilea più estesa » . 6 Inoltre «né Matteo né Marco pensarono a una Galilea più estesa, sicché in questi due vangeli la prima metà del ministero di Cristo non è unitaria sul piano geografico: avvenimenti di grande rilevanza come la tra­ sfigurazione hanno luogo al di fuori della Galilea » / Uno degli aspetti più deboli della teoria di Lohmeyer è che secondo Mar­ co «galilei » sarebbe equivalente a «cristiani » (populus christianus) e la Ga­ lilea sarebbe territorio cristiano (terra christiana). 8 Questa parte della sua interpretazione complessiva della Galilea in Marco si basa sulla asserzione dei presenti quando Pietro si trova nel cortile del sommo sacerdote in I4, 70: «Veramente sei uno di loro, perché sei galileo» (àì..l'j.SO'Jç È� ctù-twv El, xcti yàp rctÀtÀcttoc; El). Nel contesto narrativo di Marco questa asserzione non implica che tutti i galilei siano seguaci di Gesù. È la combinazione della pre­ senza di Pietro nella residenza del sommo sacerdote mentre vi si trova Ge­ sù (cf. I4,54) con la provenienza galilea di Pietro a indurre a concludere che egli appartenga al gruppo di Gesù. 9 Stemberger dubita che vi fosse in Gali­ lea una comunità cristiana organizzata quando Marco scrisse il vangelo. 10 Quanto alla tesi che Marco si aspettava la parusia in Galilea, Stemberger osserva che nella tradizione giudaica «il luogo dove ci si aspettava la fine era la terra di Palestina . . A voler essere più puntuali, solo Gerusalemme, .

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Art. cit., 2 5 1 . :z. Art. cit. , 2 5 2 s. 3 Art. cit. , 2 5 3 . Loc. cit. Sul tema della Galilea e Gerusalemme v . anche Struthers Malbon, Na"ative Space, 1 5-49. 5 Stemberger, Galilee, 409-438. Egli rinvia anche a critici di questa interpretazione an· teriori a lui (p. 409 n. 3 ). 6 Art. cit., 419. 7 Art. cit., 4 2 1 . 8 Lohmeyer, Galiliia und ]erusalem, 28. Da 14,67 si potrebbe evincere che la serva avesse visto in precedenza Pietro insieme a 9 Gesù e l'abbia riconosciuto. Cf. Stemberger, Galilee, 421. 10 Art. cit., 421-425. 4

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più precisamente il Monte Sion, i l tempio, poteva essere iHuogo della ma­ nifestazione finale . . . L'interpretazione di Mc. 14,28 e ·1 6,7 nel senso della parusia sembra perciò a priori improbabile » . I A suo giudizio le apparizio­ ni del risorto in Galilea raccontate in Matteo e Giovanni «non indicano l'as­ sociazione della Galilea con la fine che verrà >> . 1 Riguardo alla questione storica, secondo Stemberger è più facile spiega­ re perché apparizioni originariamente collegate alla Galilea siano state spo­ state a Gerusalemme che non l'opposto.3 A suo parere «vi era una tradi­ zione per la quale dopo la risurrezione Cristo era stato visto in Galilea (cf. Mc. 14,28; r 6,7), ma non si conoscevano più i particolari» .4 In uno studio successivo Lightfoot cambia opinione sul significato di 14, 2'8 e r 6,7.S Stemberger concorda con la sua formulazione della duplice fun­ zione di r 6,7, che richiama gli inizi del ministero di Cristo e lascia inten­ dere che in futuro il compito dell'uditorio sarà continuare quell'opera. 6 La posizione adottata in questo commento è che da un punto di vista storico le apparizioni del risorto ebbero luogo in Galilea, nel senso che Pie­ tro, e probabilmente altri, ebbero là esperienze che li persuasero che Gesù era stato risuscitato dai morti. L'autore del vangelo di Marco e il suo pri­ mo uditorio avevano familiarità con la proclamazione orale dei resoconti delle apparizioni. L'assenza della narrazione di tali resoconti nella forma più antica che sia dato recuperare del vangelo di Marco può avere varie spiegazioni: l'evangelista non conosceva particolari su queste apparizioni, oppure voleva raffigurare il presente come un tempo in cui Gesù è assente; o ancora il suo interesse era rivolto alla storia di Gesù che, a suo modo di vedere, terminava con la risurrezione/ Nella letteratura antica non era in­ consueto concludere un racconto senza includervi gli avvenimenti succes­ sivi, che erano ben noti sia all'autore sia all'uditorio. L'Iliade di Omero è un buon esempio di tale tecnica. 8 I cenni a Gesù che precede i discepoli in Galilea alludono alle apparizioni dopo la risurrezione ( 1 4,28; r 6,7) che Marco non racconta. 9 La mancanza di attestazioni della presenza precoce di una comunità im­ portante in Galilea e il collegamento di Pietro e di altri discepoli eminenti con Gerusalemme si possono spiegare ipotizzando che immediatamente do­ po le apparizioni del risorto i discepoli si siano trasferiti a Gerusalemme, forse perché si aspettavano che quello sarebbe stato il punto d'inizio o il cen­ tro della parusia. Io Un'altra possibilità è che abbiano scelto Gerusalemme come punto di partenza e centro delle loro attività missionarie. Le due spie­ gazioni naturalmente non si escludono tra loro. 1 Art. cit., 4 3 x . I Art. cit., 42.6 s. 3 Art. cit., 42.9. 4 Art. cit. , 430. 5 Lightfoot, Gospel Message, I I 5 s. 6 Stemberger, Galilee, 4 3 8 . 7 V. sotto, a r 6,8. 8 Magness, Sense and Absence, :z.s-47· 9 Yarbro Collins, Beginning ofthe Gospel, 136 s. ro Tale attesa avrebbe potuto fondarsi su un'esegesi di Zacc. 14,4. Si veda anche la conclu­ sione, contro Lohmeyer, di H. Conzelmann, per il quale in Luca 'Gerusalemme' si deve

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PREDIZIONE DELL'ABBANDONO

2.6-3 1 . In questa unità vi sono collegamenti importanti con episodi successivi del racconto della passione. 1 La predizione di Gesù secondo cui tutti i discepoli si sarebbero sentiti offesi e sarebbero stati dispersi (v. 27) trova compimento nel racconto dell'arresto (v. 50). La promessa che dopo essere risorto Gesù li avrebbe preceduti in Galilea (v. 2.8) viene ripe­ tuta dal «giovane » nel sepolcro in r 6,7. Il rinnegamento di Pietro, pre­ detto nel v. 30, è narrato nei vv. 54 e 66-72. Questi nessi sembrerebbero suffragare l'idea che l'unità facesse parte del racconto premarciano della passione di cui l'evangelista si servì come fonte. Il problema principale per chi ne voglia trarre tale conclusione è che il passo non si inserisce in modo omogeneo nel suo contesto. Non è storicamente certo che « Getse­ mani » designasse in origine un luogo sul Monte degli Ulivi. Il nome del luogo di pellegrinaggio tradizionale, l'Orto del Getsemani, vicino alla Chiesa di Tutte le Nazioni sul Monte degli Ulivi, deriva da una combina­ zione fra il «Getsemani» di Marco in 14,3 2 e il xij1toc; ( « orto, giardino» o «frutteto >> ) di Giovanni in r 8 , r ."" Si è spesso sospettato che l'associazione del «Getsemani » col «Monte degli Ulivi » in Mc. 14 sia il risultato, piut­ tosto che la causa, dell'associazione dei due toponimi.3 La presenza di essi in due unità diverse, senza alcuna notazione sul loro rapporto, indu­ ce a pensare che i due passi siano stati collegati in un secondo tempo. Fra il racconto del Getsemani e i vv. 26-3 1 inoltre non c'è un raccor­ do scorrevole. Il passaggio è brusco, e l'incapacità dei discepoli di rima­ nere svegli non è l'illustrazione o il compimento della profezia secondo cui sarebbero stati offesi. L'incongruenza fra questi due passi si potrebbe risolvere considerando i vv. 26-3 r una composizione marciana destinata a preparare a elementi successivi del racconto della passione (siano essi premarciani o redazionali), oppure ravvisando nell'episodio del Getse­ mani (vv. 3 2-42) un inserto introdotto in una sequenza precedente in cui l'arresto seguiva immediatamente le predizioni dei vv. 26-3 1 .4

interpretare dal punto di vista dell'escatologia, non della cristologia (Die Mitte der Zeit. Studien zur Theologie des Lukas [Beitriige zur historischen Theologie I?], Tiibingen I 9 54, 6 I n. I; tr. ingl. The Theology of St Luke, London I 960, 7 4 n. I ) . 1 Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, I o 5 s. :r. Il xwp1ov di Marco nel v. 32 indica semplicemente un luogo disabitato. Taylor ha soste­ nuto di recente che il luogo dell'arresto di Gesù non fu l'Ono del Getsemani menzionato sopra, ma la Grotta del Getsemani, in cui c'erano uno o due frantoi per l'olio (il nome «Getsemani» significa probabilmente «frantoio per l'olio» [BAGD, s.v. re-80'l](J.av1]} (Gar­ den of Gethsemane, 26-3 5. 62). Per D.A.D. Thorsen quattro ubicazioni si contendevano l'identificazione col sito autentico, ma nessuna può essere fatta risalire a prima del IV secolo ( Gethsemane, in ABD n, 997 s.). 3 Schenke, Passionsgeschichte, 3 5 3 · 4 Nella nota aggiuntiva •J. The Construction of the Passion and Resurrection Narrative» Taylor afferma che questo passo (vv. 26-3 I ) faceva pane del racconto premarciano del-

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Per Taylor nei vv. 27-3 1 manca quella vivacità che caratterizza gli esempi dei tipi orali classici identificati dalla critica delle forme. • Bult­ mann descrive lo stesso passo come «resoconto storico con tratti di leg­ genda » 1 e lo definisce anche « leggenda di fede» per i suoi motivi apolo­ getici) Poiché l'episodio del Getsemani è evidentemente legato al rac­ conto successivo dell'arresto e probabilmente questo nesso era già nella fonte di Marco, è verisimile che sia stato lui a collocare i vv 26-3 1 nella posizione attuale.4 Per ricostruire la «leggenda di fede» o «resoconto storico » premarciano, Bultmann deve affermare che rispetto al contesto il v. 28 è secondario.5 L'ipotesi più semplice sembra che, come ha so­ stenuto Schenke, i vv 26-3 I siano stati composti da Marco. Dal punto di vista della sua posizione attuale nel complesso del vange­ lo questo passo porta avanti il tema del rifiuto opposto a Gesù. 6 Egli è il pastore che sarà colpito e colui che sarà rinnegato; dovrà essere reinte­ grato mediante la risurrezione. Da un'altra prospettiva si nota che in questo passo sembrano essere in primo piano i discepoli. Come in Zacc. 13 ,7-9, il testo cui si rinvia nel v. I ?, qui è in primo piano il «gregge» o le «pecore» che saranno disperse piuttosto che il pastore. Al centro c'è spe­ cialmente Pietro, la «Roccia» di 3 , I 6, che in precedenza ha rifiutato di accettare l'idea di un messia sofferente, ma ora professa la propria ade­ sione a quella necessità e la volontà di morire con Gesù. La discrasia tra le sue dichiarazioni e quelle di Gesù continua a sviluppare qui il tema del fraintendimento dei discepoli. 7 .

.

2.6. In questo versetto di raccordo il participio Up.vl}aa.vn> (Ò:ÀÀ1Ì (J.E't1Ì 'tÒ Èytp.Sijvat (J.E 7tpociçw U[J.ac; dc; 't'Ì)V raÀtÀatav). Questa di­ chiarazione è analoga alle prefìgurazioni della risurrezione di Gesù nelle tre predizioni della passione (8,p; 9,3 1; 10,3 3 s.) . Un particolare nuovo

to al nuovo contesto; cf. Moo, Old Testament, 1 84. Sul rifiuto di Gesù, la sua passione e la fuga dei discepoli in quanto voluti da Dio per Marco v. Guttenberger, Gottesvor­ stellung, 54· n 6. Questa lettura del v. 2.7 è coerente col v. 2.1 e con la prima predizione della passione (8,3 1 ); v. sopra, ad loc. Anche Flesseman - van Leer rileva questo punto, oltre che una certa affinità tra la situazione di Zacc. 1 3 ,7-9 e quella di Marco (lnterpretation, 87 s.). 1 V. sopra, a 8,3 1 ; 10,3 3 s. :z. Nei romanzi antichi e in Marco, come ha messo in luce Tolbert, gli «oracoli o le rassi­ curazioni narrative di una conclusione felice» rivelano la fine della storia. «In entrambi casi l'interesse dell'uditorio non è rivolto a ciò che sta per accadere, ma a come acca­ drà » (Sowing the Gospel, 67; corsivo nell'originale). V. anche Heil, Mark 14, I·J2, 3 10. 3 Cf. Schenke, Passionsgeschichte, 42.8.

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qui è l'indicazione implicita ai discepoli di andare in Galilea dopo la mor­ te di Gesù per incontrarlo lì risorto. Questo detto prepara a 1 6,7, dove l'espressione «là lo vedrete » (ÈXEL a.Ù'tÒV oljJta.St) comporta un'apparizio­ ne dopo la risurrezione. Molti hanno sostenuto che il v. 28 non apparteneva originariamente a questo contesto.' La presenza delle citazioni tratte da Zacc. 1 3 ,7b fa tut­ tavia pensare che a questo punto fosse attesa una rassicurazione su un esito positivo nel futuro. 2 Per Lohmeyer, 14,28 e 1 6,7 sono profezie della parusia che avrà luo­ go in Galilea.3 Questa interpretazione è tuttavia assai improbabile. La parusia nella descrizione di 1 3 ,24-27 è rappresentata da Marco come un evento cosmico, i cui effetti si estendono «dai quattro venti, da (una) estremità della terra all'altra » .4 Il linguaggio della «potenza» (òUv�XtJ.lç) è della «gloria» ( òo�a. ), che altrove in Marco (9,1; 1 3 ,26; cf. 14,62) è asso­ ciato alla parusia, qui o in 1 6,7 non compare. In nessun altro passo del vangelo sono associate la parusia e la Galilea.S Inoltre l'interpretazione di 14,28 e di 1 6,7 in relazione ad apparizioni dopo la risurrezione è in ambedue i casi più appropriata al contesto. 6 2.9. Pietro qui contraddice Gesù, almeno per quanto riguarda il suo ca­ so. In modo analogo si era opposto alla rivelazione di Gesù del mistero secondo cui il figlio dell'uomo deve soffrire.7 Qui egli accetta l'idea che Dio «colpirà il pastore», ma rifiuta di accettare che egli sarà offeso quan­ do quell'evento incomincerà a verificarsi. Se ne desume che Pietro ancora non comprende chi sia Gesù e quanto sia grande la prova alla quale sa­ ranno sottoposti i dodici. Si potrebbe dire che nel contesto complessivo del vangelo l'asserzione presuppone anche una mancanza di conoscenza di sé. Giacomo e Giovanni analogamente avevano affermato di poter be­ re il calice che Gesù stava per bere e di poter essere battezzati col battesi­ mo con cui stava per essere battezzato ( 10,3 8-39a). Il resoconto della passione di Gesù rivela però che nessuno dei tre si mostrerà capace di es­ sere all'altezza delle proprie promesse. Il loro fallimento non è tuttavia definitivo. Gesù predice che Giacomo e Giovanni patiranno (alla fine) coI Sulla questione v. Schenke, Passionsgeschichte, 370-373, per il quale il v. 28, al pari dei vv. 27-3 1 nel loro insieme, è opera della redazione marciana (pp. 3 74-423 ). 2 V. sopra, al v. 27. V. anche Moo, Old Testament, 216 s. 3 Lohmeyer, Galiliia und ]erusalem, I I-13; Lohmeyer, 3 5 5 s. V. sopra, excursus «Gali­ lea e Gerusalemme in Marco» . 4 Letteralmente: «da un'estremità della terra a un'estremità del cielo•. Cf. Stemberger, Galilee, 428 s. s Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, 1 3 6 s. 7 V. sopra, a 8,3 2a.3 2b-3 3 . 6 Schenke, Passionsgeschichte, 43 6-44 1 .

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PREDIZIONE DELL'ABBANDONO

me patirà lui.' Dall'indicazione che il «giovane» fornisce alle donne in 1 6,7 si evince che «i discepoli e Pietro•> avranno una seconda possibili­ tà.1 Parimenti le predizioni e le istruzioni di 1 3 ,9- 1 3 presuppongono che gli insuccessi di Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea ( I 3,3 ) e degli altri discepoli al momento dell'arresto e della crocifissione di Gesù non siano assoluti. Nel racconto della passione comunque i dodici fungono per l'uditorio da esempi negativi, perché non sanno rinnegare se stessi, prendere la loro croce e seguire Gesù. Cercano di salvare la propria vita, anziché perder­ la per causa di Gesù e della buona novella. Dimostrano invece di vergo­ gnarsi di Gesù (Mc. 8,34-3 8 ).3 Il v. 28 indica che per i discepoli il punto di svolta sarà l'incontro col Gesù risorto, che è anche il crocifisso ( 1 6,6). Mediante quell'incontro i discepoli sono infine abilitati a ricevere la rivelazione divina e ad agire in base ad essa, mentre in precedenza. l'umana debolezza e durezza di cuore avevano impedito loro di coglierla. 4 30. Il secondo discorso di Gesù in questo passo è insieme una risposta all'affermazione di Pietro del v. 29 e un'ulteriore predizione, questa volta senza rinvii alla scrittura. L' «amen introduttivo» conferisce solennità e pregnanza al detto, ma non indica necessariamente che esso risalga al Gesù storico.5 L'affermazione intensifica inoltre il tema dell' «essere offe­ si» del v. 27 fino all'esplicito rinnegamento da parte di Pietro. Il pronome «tu» (au), soggetto del verbo «rinnegherai» (tbta.pv�ar�), non deve obbligatoriamente essere espresso, sicché qui è enfatico, specie dopo aot ( « in verità ti dico » ) . Le indicazioni di tempo passano da specifi­ che, «oggi » (a�!JoEpov), a più specifiche, « in questa notte» ('ta.U'trl 'tTJ vu­ x'tt), a molto specifiche, «prima che un gallo canti due volte» (1tpÌ.v � òì.c; tiÀÉx'topa. > e «come» il rinnegamento avrà luogo. Per quanti conoscono la storia, la profezia accresce il pathos del suo compimento narrativo. 3 1 . Nel v. 29 Pietro aveva asserito semplicemente che non sarebbe sta­ to offeso quando «il pastore» sarebbe stato «colpito » . Qui va molto oltre e afferma «con veemenza >> (éxm:ptaawc;) che, anche se per lui fosse neces­ sario morire con Gesù, certo non lo rinnegherà. Lo stesso dicono tutti i dodici. 1 La menzione di «tutti >> gli altri discepoli, benché venga narrato solo il rinnegamento di Pietro, avalla l'interpretazione fornita sopra che questo passo sia un esempio importante del tema del fraintendimento dei discepoli.3

L'ANGOSCIA NEL GETSEMANI ( 1 4,3 2-4 2) 3 2 E andarono in un luogo chiamato Getsemani e disse ai suoi discepoli: «Se­ dete qui, mentre prego». 3 3 E prese con sé Pietro e Giacomo e Giovanni, e cominciò a essere tormentato e angosciato, 3 4 e disse loro: «La mia anima 1

V. sopra, n. d. O undici dei dodici, se si suppone che l'uditorio abbia arguito che a un certo punto Giu­ da lasciò Gesù e gli altri per poter condurre al Getsemani la folla armata di spade e ba­ stoni mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani, e arrestare Gesù «con l'inganno» (Év 8oÀ!Jl) (vv. 1.43). Giovanni rende esplicito ciò che probabilmente Marco, Matteo e Luca presuppongono (Gv. I 3 ,27-30). 3 V. sopra, ai vv. 26-3 1 e ai vv. 27 e 29. :t

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L'ANGOSCIA NEL GETSEMANI

è afflitta fino alla morte; restate qui e vegliate» . 3 5 E avanzò un poco, cad­ de a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse lontano da lui l'ora. 36 E diceva: «Abba! Padre! Tutte le cose sono possibili per te; allontana questo calice da me. Ma (sia) non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu» . 37 E an­ dò e li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei sta­ to abbastanza forte da vegliare per un'ora ? 3 8 Vegliate e pregate di non es­ sere messi alla prova. Lo spirito è volenteroso, ma la carne è debole » . 39 E di nuovo se ne andò e pregò dicendo le stesse parole. 40 E andò di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi erano pesanti, ed essi non sa­ pevano che cosa rispondergli. 4 1 E andò una terza volta e disse loro: «Dor­ mite ora 4 e riposate; basta. b È giunta l'ora; ecco, il figlio dell'uomo è con­ segnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi; andiamo. Ecco, colui che mi consegna si è avvicinato » . a . La traduzione si basa sulla lezione 'tÒ Àonr6v ( «ora» , lett. «d'ora in poi» o «di qui in avanti») attestata da � B K et al. Questo ordine contrasta con l'ordine e l'esortazione del v. 42, e tale incongruenza ha dato origine alla variante Àot1tov ( «allora » o «bene, al­ lora»), tràdita da A C D L W et al. Entrambe le lezioni compaiono anche nei manoscrit­ ti di Mt. 26,4 5· Con la seconda è più facile considerare il verbo che precede un enuncia­ to o una domanda all'indicativo; questa interpretazione attenua dunque l'incongruenza col v. 42. Al riguardo v. Taylor, ad loc. b. La lezione più antica cui sia dato risalire è li1rÉ'X.EI ( « basta » ), attestata da � A B e dalla maggioranza dei manoscritti. Questa costruzione impersonale assoluta è di difficile interpretazione e la difficoltà ha prodotto varianti. Alcuni manoscritti ('F 892 et al.) semplicemente omettono ciltixe:1, forse influenzati dal parallelo in Mt. 26,45 . (W) e f ' 3 et al. recano una lezione i n cui dopo am:xe:t sono aggiunte le parole 't Ò 'tÉÀoc; ( «la fine»), per ottenere il senso «è la fine (della questione)»; v. BDF, S 1 29. Cf. Metzger, Textual Com­ mentary, 96. 32-42. È probabile che l'episodio del Getsemani fosse il primo seg­ mento del racconto premarciano della passione, anche se è stato sottopo­ sto alla profonda elaborazione redazionale di Marco. 1 Se si legge il passo come parte del vangelo di Marco nel suo complesso, appare evidente che questa è la prima volta che si rappresenta Gesù che prova sentimenti di pena o angoscia per la sofferenza e la morte immi­ nenti.1 Qui è ritratto nell'ottica della sua umanità e debolezza normali/ I Schenke, Passionsgeschichte, 3 5 3 · 3 60-3 62. 5 6 1 ; Yarbro Collins, Beginning of the Gos­ pel, 106 s. Feldmeier è del parere che la storia fosse la prima parte di un racconto della passione probabilmente premarciano; conclude tuttavia che non è possibile stabilire con certezza se Marco la sottopose a rielaborazione redazionale (Die Krisis, 1 1 1 s. 1 26 s.). 2. Non se ne trova segno alcuno nelle predizioni della passione o nei relativi contesti: 8,3 1-33; 9,30-3 2; 10,3 2-4 5· Né ve ne è traccia nella lode della donna che lo unge o nelle predizioni del tradimento, dell'abbandono e del rinnegamento da parte dei discepoli ( 14,8 s. I7-21.26-3 1 ) . Sull'intera questione e sui tentativi degli studiosi di affrontarla v. Cha, Confronting Death 1, 1-27.

in antitesi col suo potere taumaturgico e la sua certezza nella potenza del­ la fede o fiducia che caratterizzano altre parti della narrazione.4 Per Bultmann in origine il racconto era indipendente e aveva una natu­ ra totalmente leggendaria.S In una fase successiva fu plasmato dalla fede e dal culto cristiani e funse da «leggenda di fede o di culto » che esprimeva in forma narrativa il «mito di Cristo» di Fil. 2,8, «divenuto ubbidiente fino alla morte » ("(EVO!J.EVoc; u1t�xooc; !LÉ'X,PL -8-av!i-tou). 6 Dibelius osserva che la scena non «testimonia una disillusione - perché in tal caso non sarebbe stata affatto accolta nel vangelo - ma una certa interpretazione della rivelazione. Come tutta la passione marciana, ha un taglio non psicologico ma soteriologico» .7 A suo giudizio l'episodio non è storico, perché non ci sono testimoni della «parte essenziale della scena, dal momento che i testimoni dormono» . 8 Diversamente da Bultmann, egli afferma che la storia non circolò mai in forma autonoma e ritiene probabile che si trovasse nella fonte della passione utilizzata da Marco.9 Avanza l'idea che l'episodio, come Ebr. 5,7 ma indipendentemente, fosse stato costruito sul modello di certi «salmi di sofferenza », quali Sal. 22, 3 1 e 69, che contengono tutti «grida oltre che angoscia estrema e una preghiera per la liberazione» . 1 0 Il problema principale di questa tesi è che il racconto del Getsemani allude a Sal. 42 s. ma non a Sal. 22, 3 I o 69. Come Bultmann, Eta Linnemann crede che la storia del Getsemani fosse in origine indipendente. Con Bultmann sostiene che la conclusione originaria dell'episodio fosse: «Il racconto è terminato; l'ora è giunta » (à7tÉlEL f,À-8-ev Tj wpa), e lo interpreta nel senso che Gesù accetta la volontà di Dio. Taie lettura le consente di affermare che il racconto era stato composto per dare un senso alla passione di Gesù nel suo complesso.'' Questo finale tuttavia lascia l'uditorio in sospeso, perciò è improbabile che la storia abbia mai circolato in forma autonoma. È meglio intenderla come interpretazione dell'intera passione di Gesù che funge da introdu­ zione a un suo racconto diffuso, probabilmente già nella sua forma pre­ marciana, come già si è detto. 12 Contestando l'ipotesi, dovuta alla critica delle forme, dell'esistenza di 3 La debolezza umana di Gesù, in tutto fuorché nel peccato, è indagata in Ebr. 4,14-5, Io, spec. 4,1 5 e 5,7; Attridge, Hebrews, 140 s. 148 s. 4 Si confronti questo passo con I,21-28.29-34·40-4 5 ; 2, 1-1 2; 3 ,7- 1 2; 4,3 5-4 1 ; 5,1-20. 2143; 6,3 1-56; 8,1-9; 8,3 1-9, 1 ; 9,2-8. Si notino specialmente i detti che dichiarano che tut­ to è possibile per quanti hanno fede o fiducia (9,23 ; 1 1 ,22 s.). 5 Bultmann, History, 267. 6 Op. cit., 305 s.; citazioni a p. 306. 7 Dibelius, From Tradition, 2 1 I . 8 Loc. cit. �IOp. cit., 2 1 2. 10 Loc. cit. 1 1 Linnemann, Passionsgeschichte, 24-28. 1 1 Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, 1 07. Cf. Schenke, Passionsgeschichte, 5 5 1 s.

L'ANGOSCIA NEL GETSEMANI

un racconto organico della passione anteriore a Marco, Werner Kelber si propone di dimostrare che Marco fu «il creatore e compositore unico della storia del Getsemani, sulla base, al più, di un nucleo minimo di ma­ teriale tradizionale ».1 Associandosi alla posizione assunta da Dibelius e Eduard Lohse, conclude che «Marco non è semplicemente il redattore, ma in buona misura il creatore e compositore della storia del Getsema­ ni » .� Il «valore kerygmatico» del passo sta secondo lui nella sua «teolo­ gia del discepolato », in particolare nell' «incorreggibile cecità dei disce­ poli» .3 Sulle orme di Joseph B. Tyson e Theodore Weeden avanza infine l'idea che l'autore di Marco dà molto peso al fallimento dei discepoli per rappresentare in forma drammatica una controversia tra i «cristiani di Pietro », che rifiutavano una cristologia della passione e che probabil­ mente costituivano «la chiesa madre di Gerusalemme» , e la prospettiva rappresentata da Marco, che veniva associata a una tradizione setten­ trionale dei «cristiani di Galilea » .4 In un articolo successivo Kelber interpreta l'episodio del Getsemani ponendo al centro la forma che ha attualmente in Marco.5 Il racconto ha per lui due fulcri; uno è «la richiesta [di Gesù] di essere liberato dalla passione », che «fa sorgere la domanda se darà compimento alla verità del vangelo del regno, che dipende dalla sua sofferenza e morte».6 L'al­ tra è «la permanente mancanza di comprensione da parte dei discepoli», che segna «un punto di svolta nella loro rotta di collisione con Gesù»/ Kelber interpreta questi due fulcri sulla scorta del retroterra marciano, 8 per arrivare alla conclusione che un aspetto della storia è la prova a cui Gesù è sottoposto in preparazione della passione. Marco spinge «Ge­ sù fin sull'orlo del rifiuto della sua identità legata alla passione, perché l'evangelista ha a che fare con cristiani che sono indifferenti od ostili nei confronti di un messia sofferente» .9 È più probabile che il passo presen­ ti Gesù come modello positivo e i discepoli come modello negativo per l'uditorio di Marco, che vive nel costante pericolo di essere accusato da­ vanti alle autorità locali. 1 0 Il passo ha un numero insolitamente alto di doppioni e di contraddi­ zioni o incongruenze evidenti fra varie coppie di elementi/ 1 che hanno indotto molti a concludere che la storia fu composta combinando due I Kelber, Mark I4:32-42., citazione a p. 1 66. � Art. cit., I76; per Dibelius e Lohse v. pp. 1 68 s. 3 Art. cit., 176- 1 8 1 ; citazioni alle pp. 176 e 1 80. s Kelber, Hour of the Son of Man. 4 Art. cit., 1 8 1 - 1 87; citazioni a p. 1 8 6 e n. 6 1 . 6 Art. cit., 46. 7 Art. cit., 5 3 · 8 Art. cit., 5 8 . 9 Art. cit., 59· I o V. sotto, spec. ai vv. 3 7 s. I I Kelber, Hour of the Son of Man, 4 1 .

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fonti, oppure a tentare di distinguere una singola fonte e una redazione marciana. 1 Lo studio di Frans Neirynck sulla «dualità » come aspetto dello stile marciano ha sollevato seri dubbi su teorie che immaginano la combinazione di due fonti per creare la versione marciana della storia. 1 Ciò non esclude le ipotesi che distinguono tra fonte e redazione, perché Marco potrebbe aver introdotto la sua abituale > ) à:ÒlJ(lOVEtv («essere angosciato» ). Questa rappresentazione è in contrasto con i reso­ conti della morte degli eroi maccabei e dei personaggi illustri greci e ro­ mani, che ostentano padronanza di sé e coraggio.? A proposito della sce­ na del Getsemani Oscar Cullmann mise a confronto Socrate e Gesù. So­ crate considera la morte la grande liberatrice giacché permette all'anima di tornare alla propria dimora eterna. Nel Pedone di Platone non vi è r

Art. cit., e la bibliografia citata alla n. 1; Neirynck, Duality, 30 s. 63 s. 70 s. :z. Secondo K.G. Kuhn Marco combinò due resoconti delle fonti quando modellò la sto­ ria nella sua forma attuale in funzione di preludio alla fonte della passione, che iniziava con l'arresto Uesus in Gethsemane: EvTh 1 2 [ 1 9 5 2- 1 9 5 3 ) 260-28 5). 3 V. sopra, ai vv. 26-p. 4 BAGD, s.v. reBalJp.�Xv1; D.A.D. Thorsen, Gethsemane, in ABD n , 997 s. 5 Si veda in appendice la ricostruzione ipotetica del contenuto (non necessariamente del dettato) di questa storia nella versione premarciana. Il motivo di Gesù in preghiera com­ pare pure in 1,3 5; 6,46. Anche se questi passi vengono dalla tradizione, potrebbero co­ stituire la base dell'aggiunta redazionale del tema esplicito nel v. 3 2b. 6 Schenke, Passionsgeschichte, 483-485; Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, 106. 7 V. sopra, a 14,1 - 1 1 , excursus «Il racconto della passione» .

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L'ANGOSCIA NEL GETSEMANI

traccia di terrore della morte perché essa è la grande amica dell'anima. Il Gesù del racconto della passione trepida ed è tormentato perché è così pienamente umano da condividere la naturale paura della morte.' Si è sostenuto che il v. 3 3 b è redazionale perché la costruzione di apx.o­ [.LlXL con infinito ( «cominciare a fare qualche cosa » ) è tipica di Marco, come pure il termine in usuale èx-8tX[.L�e:i'a-8tXL . .. Quando però questo verbo e la sua forma semplice -8tX[.L�e:i'a-8tXt ( «essere attonito » ) compaiono altro­ ve in Marco, è pienamente adatto al contesto il significato ordinario di «essere attoniti o stupiti »,3 che qui non è appropriato.• In Sir. 30,9 èx­ -8tX[.L�e:i'v è usato in un parallelismo sinonimico con Àu1te:i'v ( «addolorare» o «affliggere» ) . Per il primo verbo il contesto conduce al significato di tÀoc; 't�1top.e:voc; dc; éx-Bpav; P.W. Skehan e A.A. Di Lella traducono (dall'ebraico): «Non è un dolore avvicinare la morte quando l'altro tuo io diventa tuo nemico? ,. ( The Wisdom of Ben Sira, a New Transla­ tion with Notes [AB 39], New York 1 9 87, 424). 2 Gion. 4,9 LXX: xaì e:l1te:v o ..9e:òc; 1tpòc; Iwvav E! atpOapa À!ÀU'ItT)O"Cll aù bì 't'fl xoÀoxuv-8Tl; xaì e:lmv :Eq>Oòpa: ÀEÀU1tlJ!'-Cll Èyw tW> o «seguire insieme a >> ) prospetta la «sequela ••, ossia il «discepolato» , quale sottotesto del passo.4 Egli osserva che «scrivere che tutti fuggirono e poi scrivere che uno non fuggì è un uso comico della parola 'tutti' » . Questa «incongruenza palese •• è una delle caratteristiche della pericope che la avvicina alla com­ media.5 Il suo «metalinguaggio umoristico>> interrompe «il procedere del lettore e abbandona la significazione denotativa >> . 6 Hatton avanza l'idea che Marco aveva forse l'obiettivo di sminuire «l'importanza del discepola­ to e della 'sequela' » . Questo obiettivo «è raggiunto ponendo in primo pia­ no l'aspetto fisico quando il contesto al livello del racconto richiede che si ponga in primo piano l'aspetto spirituale, esagerando un particolare, evi­ denziando ciò che crea imbarazzo . . . , la materialità e l'autoreferenzialità del testo•• .7 Secondo Donahue e Harrington il giovane «rappresenta concretamente il gruppo dei discepoli la cui fuga era stata riferita in 14,50. Più che simbo­ leggiare Gesù o i cristiani, egli incarna coloro che abbandonano Gesù in un momento di difficoltà» . D suo fuggire nudo indica « la vergogna che prove­ rà il giovane » . Ha preferito « la vergogna alla fedeltà a GesÙ» . 8 Da quando, nel 1973, fu pubblicato un frammento di una lettera attri­ buita a Clemente di Alessandria che contiene citazioni da un'opera presen­ tata da Clemente come vangelo segreto di Marco, gli studiosi sono ricorsi a quel frammento per trovare un senso ai vv. 5 1 s.9 L'autore della lettera dice che dopo Mc. 10,34 questo vangelo ('tÒ IJ.Ua'ttxòv eùa.yyÉÀtov) contiene un passo in cui si racconta di come Gesù risuscitò dai morti un giovane (vea.­ vlaxoç). Il testo continua dicendo che «dopo sei giorni Gesù gli prescrisse che cosa fare, e di sera il giovane viene da lui, vestito di un telo di lino sul 1

Fleddermann, Flight o{ a Naked Young Man, 4 1 6. 2 Art. cit., 4 1 7. 3 Loc. cit. Hatton, Mark's Naked Disciple, spec. 3 6-44. Si veda per converso Pesch, n, 402, se­ condo cui il verbo va inteso in senso letterale e non contiene la connotazione del disce­ polato; così anche Neirynck, La fuite du jeune homme, 5 3 - 5 5 . 5 Hatton, Mark's Naked Disciple, 4 5 · 6 Art. cit., 3 5 (estratto). 7 Art. cit., 47· Osserva Knox: •Chiunque abbia letto questo racconto di Marco (capp. 14 s.) davanti a un'assemblea il venerdì santo non può non aver provato la tentazione di omettere questo passo apparentemente stravagante » (Mark 14:5 1 -52, 27); Vanhoye defi­ nisce la scena ridicola e indecente (La fuite du jeune homme nu, 401 ) . 8 Donahue-Harrington, 4 1 7. 9 V. sopra, a 10,32-34, excursus «> , 5 Il redattore, > . 8 Sulle orme di Smith contesta a Scroggs e Groff che i vv 5 1 s. alludano al battesimo. Il passo significa piuttosto «l'abbandono delle fedeltà battesi.

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Testo e tr. secondo Smith, Clement of Alexandria, 447· 4 5 2. Scroggs-Groff, Baptìsm in Mark, 547 s. 3 Koester, Hìstory and Development, 4 1 . 54-57; v. anche Id., Gospels, 277. 301. 4 Schenke, Mystery, citazione a p. 69. s Art. cit., 74· 6 Art. cit., 77· 7 Art. cìt., 77 s. 8 M.W. Meyer, The Youth in the Secret Gospel of Mark, in R. Cameron (ed. ), The Apoc­ ryphal Jesus and Christian Origins: Semeia 49 ( 1 990) 1 29- 1 5 3 , citazione a p. 142.. :t

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L'ARRESTO

mali: il discepolo paradigmatico è scandalizzato dalla sofferenza di Gesù non meno degli altri discepoli, e abbandona perfino i suoi abiti sacramen­ tali, simbolo della sua partecipazione alla passione e morte di Gesù. Con il crescere della tensione in Mc. 1 4 la stessa praticabilità del discepolato sem­ bra messa in dubbio » . 1 Contro Koester, Schenke e altri, Scott Brown afferma che «il Marco lun­ go », ossia il vangelo segreto o spirituale cui Clemente allude nel frammen­ to epistolare, è posteriore al Marco canonico ... Al contrario di Schenke egli reputa improbabile che l'episodio dei vv . 5 1 s. sia quanto resta del raccon­ to relativo alla risurrezione di un giovane, che nel vangelo spirituale viene dopo 10,3 4 . 3 Semmai nel Marco canonico l'episodio sembra volutamente enigmatico e volto a suscitare una serie di domande nell'uditorio. Il Marco lungo è concepito per offrire risposte a queste domande. Secondo Brown 14, 51 s. fu aggiunto dall'evangelista alla versione canonica di\Marco come «enigma intenzionale destinato a stimolare i catecumeni a iddagare più a fondo sulle verità contenute in questa storia mediante lo studio del vangelo più spirituale » , dopo che ebbe deciso di produrre una versione più esoteri­ ca (il Marco lungo).4

È probabile che questo passo sia un inserto marciano, ma si deve la­ sciare impregiudicata la questione se si tratti di un'invenzione dell'evan­ gelista o sia l'esito di una sua riformulazione di una tradizione più anti­ ca.5 Nell'uno e nell'altro caso il problema degli ingredienti, dei prototipi o delle fonti d'ispirazione della storia va tenuto distinto dalla questione del significato della scena come parte del vangelo di Marco nel suo in­ sieme. L'assenza di un qualsiasi tentativo da parte dell'evangelista di spiegare come avvenne che il giovane si trovasse sulla scena dell'arresto di Gesù, e soprattutto perché fosse vestito a quel modo, rende improbabile che il breve racconto sia una reminiscenza storica. 6 Frederick Field propone di 1 Art. cit. , 145 s. In un altro studio Meyer sostiene che «il prototipo o 'modello storico' del discepolo amato si può individuare al meglio nel V!a.vfaxO> del v. 5 8 è l'idea apocalittica di un tempio escatologico, eterno, di origine divina. Nel vangelo di Marco il narratore definisce «falso>> il detto attribuito a Gesù principalmente a causa della forma alla prima persona singolare enfatica che nel detto viene usata in ambedue le parti. Un altro elemento può essere che l'autore non si aspetta più la comparsa sulla terra di un tempio simile; definendo «falsa >> la testimonianza si crea o riconosce una certa distanza fra il detto tradizionale che le è sotteso e le idee dell'autore e dell'uditorio di Marco. 59· Sebbene nel v. 5 8 sia citata solo una versione della testimonianza, nel v. 59 il narratore informa l'uditotio che, anche se si fecero effettiva­ mente comparire a testimoniare soltanto «alcuni>> (-ttvec;), neppure questi pochi concordarono nelle loro deposizioni. Il v. 5 8 è dunque proposto come solo una delle due o più versioni delle dichiarazioni rese da costoro. 6o-6 Ia. La seconda fase del procedimento inizia allorché il sommo sa­ cerdote, il più importante dei membri del consiglio che svolgono la fun­ zione di giudici, si alza, va al centro della sala e interroga Gesù. A quanto sembra la domanda del sommo sacerdote 4 mira a suscitare un commen­ to di Gesù a proposito del tempio. Non potendo condannarlo sulla base I

1

Tr. secondo Attridge, Hebrews, :Z.44 (con modifiche). 3 Attridge, Hebrews, :z.:z.:z. s. :Z.47· Op. cit., :z.47; cf. Ebr. 9,:z.4.

4 V.

sopra, n. c.

I I 07

di testimonianze discordanti, il sommo sacerdote tenta di indurlo a fare un'affermazione che si avvicini a ciò che è accusato di aver detto, così da poter lo dichiarare colpevole di blasfemia. 1 Gesù però «rimaneva in silen­ zio e non rispose nulla » (èatC:ma. xa.ì oùx à1tE:xptva.-ro oùòÉv). Nel silenzio di Gesù si potrebbe scorgere un altro mezzo con cui il nar­ ratore (che forse rappresenta la posizione dell'autore e dell'uditorio) prende le distanze dalle due profezie che Gesù è accusato di aver fatto.2 Un'altra possibilità è che il silenzio sia una tattica di autodifesa.3 È da notare tuttavia che questo silenzio è insolito se confrontato con testi dello stesso genere o di generi affini. 4 Nei resoconti della nobile morte di Eleazaro e degli eroi anonimi di 2 e 4 Maccabei e dei processi di vari capi negli Atti degli alessandrini, i personaggi minacciati di essere giustiziati o sottoposti a processo tengono discorsi in cui espongono i lo­ ro principi e le ragioni della loro opposizione al tiranno. Questo contra­ sto lascia pensare che il silenzio di Gesù possa essere motivato da un fat­ tore diverso, ovvero dalle parole di David nei salmi di lamentazione indi­ viduale: Ma io, come un sordo, non sentivo e come un muto che non apre la bocca, e sono diventato come un uomo che non sente e che non ha confutazioni nella sua bocca. 5 Che qui si richiami Sal. 3 7 LXX è probabile perché la situazione e il lin­ guaggio del contesto di Marco presentano affinità con elementi di altri due salmi di lamentazione individuale: Non consegnarmi alle intenzioni di quelli che mi opprimono, perché si sono levati contro di me testimoni ingiusti e la [loro] ingiustizia falsifica se stessa. 6 r La scena non è storicamente attendibile; v. sopra, «Storia della tradizione e attendibili­ tà storica» . Le osservazioni sul v. 6o prendono in considerazione la logica o retorica della narrazione. 1. Si vedano sopra le considerazioni conclusive sui vv . 57 s. 3 Campbell, Engagement, Disengagement and Obstruction. ]esus' Defense Strategies in Mark's Trial and Execution Scenes (I4.53 -64; IJ.I-3 9): JSNT :z.6 (:z.oo4 ) :z.8J -Joo: :z.86 s. 4 V. sopra, a 14,1-1 1 , excursus «Il racconto della passione», sezione «Genere». s Sal. 37,14 s. LXX ( J 8,14 s. T.M.; J 8 , 1 J s. NRSV): iyw 6è: wae:ì XwqlÒ� oùx ljxouov l XI1L waeì aÀI1À� oùx civolywv -rò a-rop.a 11Ù..OU l X11L iytVOIJ.lJV waeì av-8p1111t0� oùx cixo.Jwv l XI1L oùx f.xwv èv -rcj) a-rOIJ-11"> ha una duplice funzione: da un lato questo motivo, tipico degli esseri di­ vini, indica la potenza universale che Gesù avrà in quanto messia; dall'al­ tro l'affermazione che i membri del consiglio lo «vedranno » vale segna­ tamente per il suo «venire sulle nuvole» in una manifestazione pubblica della sua potenza e gloria messianiche. 6 Il sommo sacerdote conclude il suo discorso dei vv. 63 b-64a con un'al­ tra domanda: « Che ve ne pare ? >> . Aveva già abbandonato la posizione di neutralità consona al presidente di una corte dichiarando in anticipo Ge­ sù colpevole di blasfemia. Non sorprende che gli altri membri del consi­ glio ( 1tcZV'tec;) confermino il suo giudizio condannando Gesù «come reo di morte» (v. 64b).? La narrazione presuppone che la pena per la blasfemia fosse la morte. 8 1

Il fatto avvenne nel 62 d.C. G.G. Porton, Sadducees, in ABD v, 892-89 5, spec. 894. 3 V. sopra, «Storia della tradizione e attendibilità storica» . 4 Philo Leg. Gai. 4 6 ( 3 68); Somn. 2,1 8 ( 1 30- 1 3 2). s Yarbro Collins, Blasphemy, 3 86-3 90. 3 9 5 · 6 Art. cit. , 39 8-40 1 . 7 Che s i dica che condannano Gesù come «reo d i morte» (xa'tÉxp1vav aù-tòv 'évoxov e:lva1 2

1112

IL PROCESSO DAVANTI AL CONSIGLIO GIUDAITA

Il racconto del processo di Gesù davanti al consiglio giudaita è ironico, nel senso che ciò che dal punto di vista del consiglio è blasfemia, nella prospettiva di quanti ascoltano il vangelo di Marco è la verità. Per loro la prima parte di 1 4,62 si è già compiuta nella risurrezione ed esaltazione di Gesù alla destra di Dio. L'evangelista propugna l'accettazione della se­ conda parte che è destinata a compiersi presto (Mc. 9,1; 1 3 ,30).1 Questo versetto ritrae alcuni ('ttvec;) membri del consiglio che si ab­ bandonano a una condotta che li qualifica come una sorta di linciatori che maltrattano il prigioniero. Gli sputano in faccia, lo colpiscono con pugni e pretendono che profetizzi ... A questo punto anche i servi ( ol U7tYj­ pÉ-.cxt), presumibilmente del sommo sacerdote (cf. v. 54), si uniscono a lo­ ro e «lo prendono a schiaffì» .3 L'ordine di profetizzare può equivalere a «profetizza di nuovo sul tempio! » .4 Questa scena ha in comune con il dileggio di Gesù da parte dei soldati in 1 5 , 1 6-2o gli atti di sputare addosso a Gesù 5 e colpirlo. 6 Nella secon­ da scena l'attività dei soldati di 1 5 , 1 7-19 è definita espressamente in 1 5,20 come scherno (È(J.7tGtt�eLv). Nel v. 65 l'ordine di «alcuni» che Gesù profetizzi può essere inteso come uno scherno, anche se non è espressa­ mente caratterizzato in questi termini. Come si è osservato, la terza predizione della passione riassume il rac­ conto della passione e prepara a esso l'uditorio/ In quella predizione è stato detto che i capi dei sacerdoti e gli scribi, dopo che avranno condan­ nato a morte Gesù, lo consegneranno alle nazioni; solo allora si avranno lo scherno e gli sputi ( 10,3 3 s.). Il compiersi di questa parte della terza 65 .

-8t�vli-tou), anziché semplicemente che lo condannano a morte {xt�-tÉxptvt�v t�Ù't'Òv -8t�vli-tljl) (cf. 10,3 3 ), può essere un riconoscimento tardivo che il consiglio non aveva l'autorità di giudicare casi di pena capitale. Solo il governatore romano poteva infliggere ed eseguire una sentenza di morte. V. sopra, «Storia della tradizione e attendibilità storica»; cf. Klo­ stermann, 1 5 6. 8 È verisimile che su questo punto farisei e sadducei fossero d'accordo; ciò su cui dissen­ tivano era forse la definizione di blasfemia; v. sopra. Cf. anche R. Bauckham, For What Offense Was ]ames Put to Death?, in B. Chilton - C.A. Evans (ed. ), ]ames the ]ust and Christian Origins (NovTSup 98), Leiden 1999, 199-13 1, spec. 113; Yarbro Collins, Blas­ phemy, 393 s. 1 Yarbro Collins, Blasphemy, 3 8 1 . 401 . 2. V. sopra, nn. e, f, g. 3 L'espressione è insolita, anche se non del rutto priva di paralleli. Swete, 3 61, rinvia a un papiro greco del 1 d.C. contenente l'espressione (t�Ù't'Òv) xoVÒuÀotc; ÉÀt�(3e:v ( «lo prese a bot­ te», letteralmente •lo prese con le nocche» ); per la forma dell'espressione e per il rinvio al papiro v. Moulton-Milligan, s.v. pama!'-t�· Alcuni l'hanno ritenuta un latinismo; BDF, § 5.3b; 198.3. Swete, 3 61, traduce l'espressione marciana con •lo presero a botte». 4 Klostermann, 1 5 7. s Cf. q,65a con 1 5 ,19b. 6 In 14,65 due gruppi diversi colpiscono Gesù con le mani; in 1 5,19a i soldati lo colpiscono al capo con una canna. 7 V. sopra, a 10,3 1b-34.

1113

predizione della passione è quindi narrato in I 5, I 6-20, non in q,6 5 . 1 La breve scena di q,6 5 sembra pertanto un doppione che Marco ha co­ struito per rendere analoghe le due scene del processo. 2. Ambedue ri­ chiamano un passo di Isaia pronunciato dal servo del Signore: Ho offerto la mia schiena alle frustate e le mie guance agli schiaffi, e il mio viso non lo sottrassi all'onta degli sputi.3 Il tema dell'offrire la schiena alle frustate è evocato dalla notazione di

I 5 , I 5 che Pilato fece fustigare Gesù prima di farlo crocifiggere. La scena dei soldati pare avere luogo tra la flagellazione e la crocifissione. Ai pa.-

1tta(J.a.'ta. ( « schiaffi» o «colpi» ) del testo di Isaia si rinvia con i servi che «prendono» (eì.. a.�ov) a schiaffi (pa.7tta(J.a.'ta.) Gesù in q,65. L'onta di rice­ vere sputi è ripresa in q,65 e I 5 , I 9 . L'associazione della parola 7tpoaw7tov ( «viso» ) allo sputare si trova sia in Is. 50,6 LXX sia in q,6 5 . 4 66 s. Nel v. 66 la scena si sposta su Pietro, che si trova pure lui nella casa del sommo sacerdote, giù nel cortile (xci'tw Èv 'tll a.ùì.. 1J ).5 Una serva ((J.ta. 6 'tWV 1ta.LÒLaxwv) del sommo sacerdote si avvicina e vede Pietro che si scalda {al fuoco) (v. 67). Questa descrizione di quel che fa Pietro ripropo­ ne la sua rappresentazione del v. 54 riprendendo così deliberatamente il racconto che lo riguarda. Quando la serva si accorse di lui, (( lo guardò attentamente e disse: 'Anche tu eri con l'uomo di Nazaret, Gesù' » .7 Que­ ste parole fanno pensare che l'avesse visto in precedenza e lo abbia rico­ nosciuto. 68. La risposta di Pietro è il suo primo rinnegamento di Gesù: «Né so né capisco che cosa dici » .8 Si è osservato sopra che l'immagine di Pietro 2. Loisy, 4 3 6; Klostennann, 1 5 7. Klostennann, 1 5 6. ls. so,6 LXX : 'tÒV VW'tOV !LOU 8é8wxcz dr; !LcZa·nyczr;, -.àc; 8È atczyovczr; !LOU Elr; pa7rt�CI'tCI, 'tÒ 8ì: �aw1rov 11-ou oux tima-tp�:ljlcz ti1rò czlax�Mjç q,.7r'tua!Lcl-twv. Loisy, 4 3 7. 4 Donahue, Are You the Christ?, 98, secondo il quale la scena del dileggio di 14,65 si basa su un elemento della tradizione (loc. cit. ). 5 La ripetizione di elementi del v. 5 4 nel v. 66 ha funzione di ripresa (Borrell, Peter's Deni­ al, 52). 6 Qui 11-lcz ( «una•, lett. « una sola» ) equivale a -ttr; (pronome indefinito); questo uso è ac­ cettabile in greco; BAGD, s . v. �:lr;, 3 · 7 L'epiteto Nczt;czplJvor; ( «che viene da Nazaret», «nazareno », o «abitante di Nazaret» ) in Marco è sempre unito al nome 'llJaoU> . 3 E i capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4 Pilato allora lo interrogava di nuovo dicendo: Épetv, che ha uno spettro esteso di accezioni.2 Per Campbell qui ha il significato di «portare» (to carry). Gesù contrastò il tentativo di crocifiggerlo rifiutandosi di cammi­ nare verso il Golgota, «costringendo i soldati incaricati della sua esecu­ zione a portarvelo ».3 A sostegno di questa opinione afferma inoltre che altrove in Marco, quando il verbo è riferito a persone vive, chi è oggetto dell'azione ((è malato, fisicamente o mentalmente infermo o provato, (])p­ pure è un bambino, e il termine ha il senso letterale o figurato di 'porta­ re', ovvero la persona non potrebbe o non vorrebbe 'spostarsi da una po­ sizione all'altra' autonomamente» .4 C'è tuttavia una notevole differenza fra il «portare » in senso letterale e in senso figurato. Affermare poi che ((la persona non potrebbe o non vorrebbe 'spostarsi da una posizione al­ l'altra' autonomamente» è una notevole esagerazione. È improbabile per esempio che in 7,3 2 le persone che implorarono Gesù di imporre la mano sull'uomo sordo e impedito nel parlare abbiano dovuto letteralmente portarglielo. Inoltre non si lascia intendere che questi non potesse o non volesse andare da Gesù autonomamente. L'esposizione pare semmai im­ plicare che altri avessero preso l'iniziativa e che l'uomo che necessitava di essere guarito dipendesse da loro.5 Nel caso del cieco di 8,22 il racconto sottintende forse che aveva bisogno di aiuto per trovare Gesù, ma non che necessitò di essere portato. Il significato del verbo q>Épetv nel v. 22 è che Gesù era sotto l'autorità dei soldati e che si dovette alla loro iniziati­ va che egli si spostasse dal pretorio al Golgota. Secondo T.E. Schmidt il verbo dovrebbe essere tradotto con (( lo con­ dussero (to bear) (q>Épouow) al. . . Golgota » . A suo parere questo partico­ lare indica non solo (eia crescente debolezza fisica di Gesù, ma anche l'usanza di condurre colui che celebrava il trionfo in una sella curule tra­ sporta bile che veniva sistemata sul suo cocchio. La 'lettiga' del sofferente

Schmidt, Mark IJ. I 6-J 2, spec. 9· BAGD, s.v. tpépw. 3 Campbell, Engagement, 294. 4 Art. cit., 29 5 . 5 In 9, 1 7 la situazione è simile; poiché a l v . 1 8 s i descrive un attacco epilettico, si potreb­ bero interpretare nel senso proprio di «portare» le occorrenze del verbo ai vv . 1 9 e 20. 1

2

MC. 1 5 , 2 1 -3 9

1 1 57

in tal modo è la sella curule del conquistatore » . I Poiché tuttavia non si fa parola di una lettiga, le probabilità che il verbo cpÉpouatv (da tradurre in questo caso «condussero » ) rimandi alla sella curule e al cocchio sono af­ fatto scarse. (( Golgota » (roÀyo.Sti) viene probabilmente da un nome aramaico. La traslitterazione greca presuppone la forma gulgotii ', che sembra deriva­ re da gulgulta ' o guleguletii ', che sarebbe la forma finita aramaica del­ l'ebraico glglt ( ((teschio» ) .1 L'equivalente greco, xpaviov, è in genitivo epesegetico e funge da apposizione di -ro1toc; ( (c località » ).3 Né la parola ebraica né quella greca indicano necessariamente il teschio, nel senso del­ la testa scarnificata di uno scheletro. L'equivalente latino, ca/varia, può anche denotare il cranio di una persona viva.4 Non è dunque possibile stabilire il significato originario del nome (( Golgota» . 5 L'espressione 8 Èa-rtv (l-E.Stp(J-T)VEUO(J-EVOV ( «ossia, tradotto•• ) compare anche in 5 ,4 I e I 5,34· È difficile stabilire se in questi casi sia dovuta a Marco o se l'abbia trovata nelle sue fonti. La posizione che in via ipoteti­ ca viene adottata qui è che in 5,4I e in I 5,22 le occorrenze dell'espressio­ ne vengano dalle fonti di Marco, e nel caso di I 5,34 essa sia opera di Marco sul modello di I 5 ,22.6 Come si è già detto, è probabile che al tempo di Gesù il Golgota si tro­ vasse all'esterno delle mura di Gerusalemme.7 Il vangelo di Giovanni af­ ferma che (c nel luogo in cui Gesù fu crocifisso c'era un giardino » (�v . . . Èv 't� 't01tq> o1tou Èa-raupw.ST) xij1toc;, Gv. I9,4 Ia), e prosegue dicendo che nel giardino c'era un sepolcro nuovo, in cui non era ancora stato deposto nessuno. ((A motivo del giorno di preparazione dei giudei» (òtà -r�v 7tapa­ axeu�v -rwv 'louòalwv) seppellirono Gesù in quel sepolcro perché era vici­ no ( Gv. I9,4 I b-4 2). È stato dimostrato che il sepolcro presentato come quello di Gesù nel luogo di pellegrinaggio detto Tomba del Giardino riI

Schmidt, Mark IJ. I6-J z, 9· BAGD, s.v. foÀyo.Oa; BDF, § 39.6; Brown, Death II, 936 n. 5· L'ebraico glglt era usa­ to anche nella Bibbia ebraica col significato di «capo» o « testa (in conteggi, imposizione fiscale ecc. ) » (BDB, s.v. ). V. anche Gundry, 9 5 5 ; Schmidt, Mark IJ. I6-J 2, IO s., e Tay­ lor, Golgotha, spec. I 8 2 s. 3 BAGD, s.v. xp«vlov; Smyth, Greek Grammar, § I 3 22. 4 Per es. Cels. 8 , I , I ; Schmidt, Mark IJ.I6-J 2., IO n. 3 1 . 5 Per una disamina delle varie teorie v . Brown, Death II, 937· 6 Sull'uso di una fonte in 5,21-43 v. ad. loc. , «Relazione letteraria fra le due storie». Sul­ la verisimiglianza che l'espressione di I 5 ,2.2. appartenga alla più antica forma recupera­ bile del racconto della passione v. sopra, •Storia della tradizione e attendibilità storica ». Per le ragioni a sostegno dell'opinione che Marco abbia aggiunto nel v. 34 il richiamo di Sal. 2.2.,2. e la propria traduzione v. Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, 1 1 5 s., e il prosieguo del commento. 7 V. sopra, a 1 5 ,20. 1

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CROCIFIS S IONE E MORTE DI GES Ù

sale all'età del Ferro, sicché non può comprovare l'attendibilità storica del resoconto di Giovanni sulla sepoltura.' L'imperatore Costantino fece costruire a Gerusalemme, dal 3 2 5 al 3 3 5 d.C., un complesso sacro consistente in una basilica detta Martyrion, un «giardino con una rotonda provvista di colonne, al cui centro stava » la presunta tomba di Gesù, chiamata Anastasis, e una rupe o rilievo «che si riteneva fosse la collina del Golgota » . I crociati riedificarono il comples­ so tra il 1099 e il 1 1 49 e la costruzione ristrutturata viene detta Chiesa del Santo Sepolcro. 1 Si è molto dibattuto se il sito della chiesa compren­ da i luoghi effettivi della crocifissione e sepoltura di Gesù. Un punto decisivo del dibattito è stato l'ubicazione della chiesa del Santo Sepolcro all'interno o all'esterno delle mura della città del tempo in cui fu crocifisso Gesù. Secondo Philip King > [è sottinteso] di quel che è loro. 1

Molti commentatori scorgono in questo passo la prova di un'usanza praticata al tempo di Gesù, ma il testo mostra solo che, in un'epoca note­ volmente posteriore, i rabbi utilizzarono il passo dei Proverbi per dar forma a una parte della loro ideologia riguardo a come si dovevano trat­ tare i condannati a morte. :t Alcuni di coloro che adottano questa linea interpretativa citano Dio­ scoride, che nel 1 d.C. scrisse un trattato scientifico sui farmaci 3 secondo il quale la mirra ha un effetto soporifero (òUva�J.Lc; xapw-.Lx�, Mat. Med. 1,64,3 ) .4 Per altri era il vino stesso «che doveva avere un effetto sopori­ fero>> .s Altri ancora sembrano supporre che il vino dato dai soldati fosse destinato a stimolare un prigioniero esausto nel cammino verso il luogo dell'esecuzione. 6 Questa tesi è inverisimile, dal momento che il contesto presuppone che Gesù e i soldati siano già arrivati al Golgota. Secondo Erkki Koskenniemi, Kirsi Nisula e Jorma Toppari il vino mi­ sto a mirra fu offerto dai soldati a Gesù come forma di tortura. Questa interpretazione dipende dal presupposto che venisse usata una grande 1 Tr. secondo J. Schachter, in l. Epstein (ed. ), The Babylonian Talmud. Seder Nezi�in. Sanhedrin, London 1 9 3 5 - 1 9 5 2.. Citato da Str.-B., I, 1037; Michaelis, C"!J-UpV�, C"(Lupvl�w, 459 (che ne contesta tuttavia la pertinenza per Mc. 1 5 ,2.3); Swete, 379; Klostermann, 163; Taylor, 5 89; Lane, 564; Dormeyer, Passion Jesu, 193; Gnilka, I, 3 1 6; Hooker, 372 s.; Pesch, n, 478; Evans, 5 00 s. 2 Riguardo al tema delle riflessioni dei rabbi sulla pena di mone v. B.A. Berkowitz, Exe­ cution and lnvention. Death Penalty Discourse in Early Rabbinic and Christian Cultures, Oxford - New York 2006, spec. capp. 3-6. 3 Su Dioscoride v. J.M. Riddle, Dioscorides (2) (Pedanius Dioscorides), in OCD, 483 s. 4 Per un testo critico greco v. M. Wellmann (ed. ): Pedanii Dioscuridis Anazarbei De ma­ teria medica libri quinque, 5 pani in 3 voli., Berolini 1 906- 1 9 14, I, 1 907; rist. Hildes­ heim 1999, I, 58; questo passo è la pane centrale di 1 ,77 in R. T. Gunther (ed. ), The Greek Herbal of Dioscorides, Illustrated by a Byzantine A.D. 5 1 2, Englished by John Goodyer A.D. 1 6 5 5 , Edited and First Printed A.D. 1 9 3 3 , Oxford 1934; rist. New York 19 59, 42 s. V. anche Lane, 564; Gnilka, n, 3 1 6 e n. 37; Pesch, n, 478. Cf. Brown, Death 11, 94 1; Schmidt, Mark IJ. I6-3 2, II n. 3 2. s Donahue-Harrington, 442; così sembra ritenere anche Brown, Death n, 940-944. 6 Michaelis, a!J-Upv�, a(Lupvl�w, 4 5 8 s.; Gould, 29 1 , sembra affacciare un'idea analoga.

quantità di mirra per rendere il vino estremamente amaro e imbevibile anziché una dose ridotta per aromatizzarlo o conservarlo. 1 L'intenzione era di non soddisfare la sete acuta della persona che veniva giustiziata. 1 Ci sono anche interpretazioni disparate dell'affermazione che Gesù ri­ fiutò la bevanda. Tal volta, a quanto pare, si presuppone che il resoconto sia storicamente attendibile e concludono che Gesù respinse l'offerta perché la sofferenza «faceva parte del calice che il volere del Padre aveva prestabilito ( 14,3 6 ss.), al quale non intendeva togliere nulla ».3 Per C.E. B. Cranfield inoltre « il rifiuto di bere si può spiegare come dovuto al suo voto riferito in 14,25 » .4 Altri chiamano in causa l'intenzione di Marco o del narratore di rappresentare Gesù deciso a sopportare consciamente ogni cosa o accettare volontariamente il cammino di sofferenza.5 È probabile che questo versetto facesse parte del racconto premarcia­ no della passione. 6 È anche probabile che questa esposizione fosse influ­ enzata in qualche misura dalle idee antiche sulla nobile morte. ? Sulla ba­ se di tali presupposti e nella prospettiva del racconto premarciano è sen­ sato sostenere che il vino cui era stata aggiunta mirra venisse offerto per lenire la sofferenza della crocifissione imminente. 8 Nella stessa ottica il verbo èòlòouv ( «cercavano di dare•• ) può essere considerato indefinito o impersonale, intendendo che l'offerta sia venuta da persone diverse dai soldati che avevano schernito Gesù. Il rifiuto di Gesù ricorderebbe quindi il tema del disprezzo del dolore, in primo piano specialmente nei re­ soconti di morti dello stoicismo tardo.9 Una volta che il versetto entrò a far parte del racconto marciano nella x V. Koskenniemi, Wine Mixed with Myrrh, 3 84 e la bibliografia ivi citata sull'uso della mirra come conservante. 1 Art. cit. , 3 8 5 s. 3 Swete, 3 80; similmente Cranfield, 4 5 5 ; Taylor, 589; Lane, 5 64, che rinvia anche a 10, 38; Gnilka, II, 3 1 6, che cita 10,32 s.; Gundry, 944· Pesch, II, 478 s., riconosce come fat­ to storico che Gesù abbia rifiutato una bevanda analgesica, ma sottolinea che il testo non fornisce una motivazione. Evans, 501, dice che Gesù «rifiuta di bere perché rifiuta di partecipare allo scherno» e accosta questo rifiuto al silenzio di Gesù davanti ai sacerdoti e a Pilato. 4 Cranfield, 4 5 5 · V. sopra, a 14,25, dove si sostiene che il detto di Gesù è più una profe­ zia che un voto. s Klostermann, 163; Dormeyer parla della tradizione nel v. 23b (Passion jesu, 193); Liihr­ mann, 260, del narratore; Hooker, come Klostermann, 372 s., di Marco. 6 Bultrnann, History, 273 ; Schenke, Der gekreuzigte Christus, 1 3 7; Dormeyer, Passion Jesu, 193; Mohr, Markus- und]ohannespassion, 349; Myllykoski, Die letzten Tagen ]esu, n, 1 62. 7 V. sopra, a 14,1-I I , excursus «Il racconto della passione: Genere». 8 Qui ci si limita ad affermare che si credeva che la bevanda potesse alleviare la sofferen­ za, non che lo facesse realmente. 9 Yarbro Collins, The Genre of the Passion Narrative, 16; v. anche Ead., From Noble Death, 48 2-484.

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CROCIFI S S IONE E MORTE DI GES Ù

sua interezza, il rifiuto di Gesù poteva richiamare alla mente dell'uditorio la sua profezia che certamente non avrebbe bevuto del frutto della vite fino al giorno in cui lo avrebbe bevuto nuovo nel regno di Dio ( q,25), ma per quanti nell'uditorio conoscevano la tradizione della nobile morte, il gesto avrebbe avuto ancora la connotazione del disprezzo del dolore e di ogni tentativo di ridurlo. Tertulliano fornisce una testimonianza indiretta che intorno al 213 d.C.' nel Nord Africa alcuni cristiani non solo interpretavano questo versetto di Marco nel senso che il vino con l'aggiunta di mirra era stato offerto a Gesù per attenuare il dolore della sua passione, ma imitavano a loro volta quell'evento nel trattare chi aveva la prospettiva di diventare martire. La testimonianza si trova nel resoconto che Tertulliano scrisse su una pratica che disapprovava (leiun. 1 2,3 ): È vostra abitudine evidentemente procurare nelle prigioni cibi da osteria (popinas) a martiri inaffidabili, perché non sentano la mancanza delle loro comodità abituali, non venga loro a noia la vita e non inciampino nella nuo­ va disciplina di astinenza, con la quale neppure Pristino - martire vostro, non cristiano - era mai venuto in contatto. Rimpinzato a lungo grazie alla possibilità della «libera custodia» (libera custodia), con tutti i bagni (come fossero meglio del battesimo), con tutti i covi di sfrenatezze (come fossero più segreti della chiesa) e con tutte le attrattive di questa vita (come se va­ lessero più di quelle della vita eterna) penso fosse stato obbligato a non vo­ ler morire, e nell'ultimo giorno del processo, a mezzodì, dopo averlo pre­ parato somministrandogli vino drogato [aromatico o speziato] a mo' di antidoto, lo avete svigorito al punto che, solleticato - questo infatti gli fa­ ceva sentire l'ubriachezza - con qualche uncino, non fu più in grado di ri­ spondere al magistrato che gli chiedeva quale signore confessasse. E così, quando infine fu torturato per questo, capace di emettere solo singulti e rutti, spirò nell'atto stesso del rinnegamento. Piane vestrum est in carceribus popinas exhibere martyribus incertis, ne consuetudinem quaerant, ne taedeat vitae, ne nova abstinentiae disciplina scandalizentur, quam nec ille Pristinus vester non Christianus martyr adti­ gerat, quem ex facultate custodiae liberae aliquamdiu fartum, omnibus bal­ neis quasi baptismate melioribus et omnibus luxuriae secessibus quasi ec­ clesia secretioribus et omnibus vitae istius inlecebris quasi aeterna dignio­ ribus hoc puto obligatum, ne mori vellet, postremo ipso tribunalis die luce summa condito mero 1 tamquam antidoto praemedicatum ita enervastis, ut paucis ungulis titillatus (hoc enim ebrietas sentiebat) quem dominum con• Sulla datazione del De Ieiunio v. A. McGowan, Discipline and Diet. Feeding the Mar­ tyrs in Roman Carthage: HTR 96 (2.003 ) 4 5 5 -476, spec. 462. e n. 32. · 1 Conditum merum è vino invecchiato non misto ad acqua; i romani consideravano se­ gno di ingordigia bere vino puro; alla persona rispettabile e morigerata si addiceva solo vino mescolato con un'alta percentuale di acqua (Doller, Wein, 2.7 3 ).

fìteretur interroganti praesidi respondere non potuerit amplius, atque ita de hoc iam extortus, cum singultus et ructus solos haberet, in ipsa negatio­ ne discessit. 1

Il ritratto tertullianeo di Pristino, vester non Christianus martyr ( «marti­ re vostro, non cristiano » ), può essere letto come un'antitesi fra Pristino, che accettò l'offerta di vino drogato, e Gesù, che la rifiutò. Il martirio di Fruttuoso e dei compagni documenta come il testo in esame fosse inteso da cristiani in Spagna e forse altrove nel IV secolo.1 Il passo pertinente recita: Quando il vescovo Fruttuoso fu condotto nell'anfiteatro coi suoi diaconi, il popolo cominciò a compiangerlo, perché era molto amato non solo dai fra­ telli, ma anche dai pagani. Era infatti tutto ciò che, per bocca del beato apostolo Paolo, vaso di elezione [Atti 9, 1 5] e maestro dei gentili [2 Tim. 1 , u ] , lo Spirito santo dichiarò debba essere un vescovo. Per questa ragione anche i fratelli, che sapevano che stava andando verso una gloria così gran­ de, erano felici più che tristi. E allorché molti, mossi da affetto fraterno, gli offrirono da bere una coppa di vino drogato [aromatico o speziato], egli rispose: «Non è ancora tempo di rompere il digiuno>> . Era infatti ancora l'ora quarta, e in carcere aveva debitamente osservato il rituale digiuno il mercoledì. Con gioia e fiducia si affrettava quindi a rompere il digiuno il venerdì coi martiri e i profeti in paradiso, che il Signore ha preparato per coloro che lo amano [I Cor. 2,9).3 In questo brano, a differenza di Pristino nel passo citato sopra, Frut­ tuoso è simile a Cristo nel rifiutare il vino. L'osservanza del digiuno e la notazione del narratore sulla sua interruzione in paradiso richiamano la profezia di Gesù in Mc. 14,2 5 . 1 Testo di A . Reifferscheid - G . Wissowa {ed. ): Tertulliani Opera, pars 2. . Opera Mon­ tanistica {CChrSL 2.), Turnholt 19 54, 1 2.7 1 ; tr. seçondo MçGowan, Discipline and Diet, 463 {çon modifiçhe). :t Fruttuoso fu veswvo di Tarragona (Tarraço) in Spagna; sulla datazione del Martirio v. Musurillo, Christian Martyrs, XXXI I. 3 3,1-3: Et cum duceretur Fructuosus cum diaconibus suis ad amphitheatrum, populus Fructuosum episcopum dolere coepit quia talem amorem habebat non tantum a fratri­ bus sed etiam ab ethnicis. Talis enim erat qualem Spiritus sanctus per beatum Paulum apostolum, vas eleçtionis, doctorem gentium, (episcopum) debere esse declaravit. Prop­ ter quod etiam fratres qui sciebant illum ad tantam gloriam pergere gaudebant potius quam dolebant. Cumque multi ex fraterna caritate ei offerrent ut conditi permixti pocu­ lum sumeret, respondit: Non est, inquit, bora so/vendi stationis. (Agebatur enim bora diei quarta, siquidem in carcerem quarta feria stationem sollemniter celebraverat). Igitur sexta feria laetus atque securus festinabat, uti cum martyribus et prophetis in paradiso quem praeparavit Deus amantibus se solveret stationem; testo e tr. seçondo Musurillo, Christian Martyrs, 1 78-x S x . McGowan richiama questo testo a proposito di Tertullian. leiun. 1 2.,3 {Discipline and Diet, 463 n. 34).

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CROCIFIS SIONE E MORTE DI GES Ù

24 . Anche se nel v. 23 Gesù è rappresentato nel suo atteggiamento di disprezzo del dolore, il racconto, a differenza di I e 2 Maccabei, non si sofferma affatto sui metodi di tortura ed esecuzione. Il v. 24a dice sem­ plicemente: «e lo crocifissero» (Kcxi a'tcxupouaw cxÙ'tov) . I Il v. 24b riferisce che i soldati crocifissero Gesù e si divisero fra loro le sue vesti tirandole a sorte. Come si è riferito sopra, per Bultmann il v. 24b non faceva parte del primo racconto della passione, perché egli con­ siderava la narrazione più antica un resoconto storico e reputava secon­ darie tutte le «prove basate sulla profezia ».2 Schenke e Reinbold hanno tuttavia inserito il versetto nelle loro ricostruzioni della versione più an­ tica della passione. 3 È generalmente riconosciuto che il v. 24b richiama Sal. 2 I LXX :

Si divisero fra loro le mie vesti e sul mio vestito tirarono a sorte. �

Benché la rappresentazione dell'episodio sia modellata su questo passo della scrittura, si può credere che si fondi su un fatto storico. Era eviden­ temente abituale che gli incaricati dell'esecuzione si impossessassero di tutto ciò che il condannato aveva con sé. Se questi veniva giustiziato per tradimento (maiestas), le sue proprietà erano incamerate dallo stato.5 Adriano emanò nuove disposizioni sugli spolia o pannicularia, ovvero sui beni che il condannato indossava o portava su di sé. 6 Poiché Adriano pose limiti a ciò che torturatori e carnefici potevano prendere, si può ar­ guire che prima di allora i limiti fossero scarsi, sempre che ve ne fossero. Le nuove disposizioni stabilivano che i carnefici potevano appropriarsi I Per testimonianze relative alla pratica della crocifissione v. sopra, al v. 2 I , con la bi­ bliografia ivi citata; v. anche J.F. Strange, Crucifixion, Method of, in IDB, Suppl., Nash­ ville I976, I99 s.; Hengel, Crucifìxion, 22-63; Brown, Death n, 945-9 5 2; Evans, 50I s. 2 V. sopra, a 14,53·72, «Storia della tradizione e attendibilità storica» . 3 Schenke, Der gekreuzigte Christus, I 3 7; Reinbold, Bericht, I 66. Per Suhl i l v . 24b è premarciano (Funktion, 6 5 ). � Sal. 2 I, I 9 LXX: 8tt(.l.epiaav-ro -rà !(.l.a'tta (.I.Ou éau-roi'c; l xai èn:i -ròv i(.l.a-rta(.l.ov (.I.Ou É�Àov xÀiJpov. Si noti che i vangeli sinottici vedono nei due stichi paralleli di senso sinonimico tratti dal salmo la rappresentazione di un unico avvenimento, mentre secondo Gv. I9,23 s. i due stichi indicano due avvenimenti distinti ma connessi (Brown, Death n, 9 5 4). 5 Tac. Ann. 6,29; Dig. 48,4, 1 1; per un testo critico latino con traduzione inglese v. Th. Mommsen - P. Krueger - A. Watson (ed)., The Digest of ]ustinian, 4 voll., Philadelphia I 9 8 5 , IV, 8o4; J. Blinzler, Der Prozess ]esu, Regensburg 4 I969, 3 69 n. 4 7 · Le proprietà di ogni condannato a morte sono confiscate e conferite al tesoro imperiale (Dig. 48,2o,I; Momrnsen, Digest of]ustinian IV, 854; Brown, Death n, 9 5 5; cf. Evans, 502). 6 Dig. 48,20,6 (Mommsen, Digest of]ustinian IV, 8 5 5 ); Blinzler, Der Prozess ]esu, 369 n . 47· Cf. Brown, Death n, 9 5 5 ; Evans, 502.

solo di beni per un valore non superiore alle cinque monete d�oro. Ar­ ticoli preziosi di valore superiore spettavano. al governatore e dovevano essere destinati a vantaggio della sua funzione,:non al suo uso personale. Nel contesto del Sal. 2 1 il versetto citato sopra esprime l'idea ahe i co­ noscenti di colui che parla nel salmo sono sicmi che .questi morirà, visto che li rappresenta già intenti a spartirsi tra loro i suoi beni. r Quella a Sal. 21,19 LXX è la prima allusione chiara al salmo in Marco.2 Il significato dell'allusione si può spiegare in·vari modi.J Si può affer­ mare che essa sottende l'idea che per mezzo del salmista (in funzione di profeta) Dio profetizzò ciò che sarebbe accaduto a Gesù e che nell'avve­ nimento narrato si adempie la profezia. 4 Alfred Suhl respinge questa in­ terpretazione nel caso specifico di questo veFsetto in quanto esso presenta semplicemente «una descrizione a tinte veterotestamentarie», ossia l'uso del linguaggio dell'A.T. per narrare l'avvenimento.s Secondo altri il ri­ chiamo a Sal. 2 1 sortisce l'effetto di raffigurare Gesù come il giusto soffe­ rente o il pio che patisce. 6 In generale Barnabas Lindars sostiene che la scrittura ebbe una parte di rilievo nella prima apologetica cristiana, vale a dire nella difesa di elementi del kerygma nelle dispute con (altri) giu­ dei/ Egli interpreta inoltre Sal. 22 ( 2 1 LXX), nel suo uso originario e in quello neotestamentario, come «il salmo del giusto sofferente», 8 ma qui ne definisce la funzione come quella di «una miniera, di particolari pitto­ rici per la stesura della storia della passione» .9 Il punto di partenza di Donald juel è vicino alle conclusioni di Suhl e di Lindars. Come gli esponenti della critica delle forme, distingue fra la tra­ dizione confessionale e la tradizione narrativa, e condude che i salmi for­ nirono «linguaggio e immagini» non alla tradizione confessionale ma al­ le narrazioni. Ritiene tuttavia che: nel racconto della passione l'uso di Sal. r ·Sul tema della divisione delle vesti come immagine v. Feigel, Einfluss des Weissagungs­ berveises, 70. 2 Può. esserci un'allusione a Sal. 21,7 LXX in 9,1 2; v. sopra, a 9, 1 2 s. 3 Si veda la trattazione dell'allusione a Sal. 40, 10 LXX sopra, a 14, 1 8. 4 Feigel, Einfluss des Weissagungsbeweises, 6. 70-72; Grundmann, 3 1-4; Dodd, Accord­ ing to the Scriptures, 97 s. 5 Suhl, Funktion, 47 s. Per Vorster Marco ricorre a materiale veterotestamentario per caratterizzare Gesù e i suoi avversari e «far narrare la sua storia » (Function, 70 s.; cita­ zione a p. 7 1 ) . 6 Lohmeyer, 3 4 3 ; Liihrmann, 26o; Gnilka, 11, 3 1 6 s.; Marcus, Way of the Lord, 172-175; Pesch, 1 1 , 4 8 1 , interpreta l'allusione sia come un compiersi della scrittura, sia come un ritratto di Gesù nei panni del giusto sofferente. 7 Lindars, New Testament Apologetic, 19. 8 Op. cit., 89. 9 Op. cit., 90 s. In questa opinione è vicino a Suhl (v. sopra).

CROCIFISSIONE E MORTE DI GES Ù

22, 3 1 e 69 ( 2 1 , 30 e 68 LXX) sia fondamentalmente di natura esegetica e che questi salmi furono letti «fin dall'inizio », ossia subito dopo la morte di Gesù, come «messianici » . In altre parole, furono applicati a Gesù non quale giusto sofferente, ma quale messia. I Gesù fu giustiziato in quanto pretendente messianico e i salmi «furono utilizzati con ogni probabilità fin dalle primissime fasi della tradizione per raccontare la morte di Gesù in qualità di re» .� L'ipotesi che qui Sal. 21 sia impiegato per rappresenta­ re Gesù come re è avallata dalla probabilità che l'autore del racconto pre­ marciano della passione, Marco e il loro uditorio presupponessero che David, il prototipo di re, fosse l'autore dei salmi.3 25 . Come si è già detto, è probabile che questo versetto facesse parte del racconto premarciano della passione.4 Il v. 24 si apre con l'enunciato Kat a-raupouatv aù-rov ( «e lo crocifiggono » ); il v. 25 termina con la frase xai Èa-raupwaav aù-rov ( «e lo crocifissero » ) . Questa ripetizione esprime l'orrore e la portata dell'evento, senza soffermarsi su alcun particolare.5 Le due proposizioni simili inoltre incorniciano l'osservazione sulla divi­ sione delle vesti di Gesù e la notizia sull'ora della sua crocifissione, crean­ do una sorta di inclusio. Questa forma di scrittura è vicina alla comuni­ cazione orale. Il xal ( «e » ) del v. 2 5 b fa le veci di congiunzione subordinativa tempo­ rale. 6 È possibile che ricorra qui per influsso di una o più lingue semi­ tiche, ma non ha il valore di prova che il racconto della passione sia stato composto originariamente in aramaico o in ebraico/ Il v. 25 nel suo insieme dichiara che Gesù fu crocifisso all'ora terza. Negli scritti greci e latini un «giorno » nel linguaggio comune indicava il periodo di luce, che era diviso in dodici parti uguali dette «ore » . 8 Alla latitudine di Gerusalemme, in prossimità dell'equinozio di primavera, la prima ciyov. èx ÒÈ 'tOUotOIJ ÒetatÒClt(J.OVLCl 7tpoat7tt at 't(ji (hatùi xaì �. aÀÀwv xa&zp(J.wv 'taic; yuvat�Ìv .:ipx�v 7taparrx,wv, Wc; àv­ òpòc; à.vl)pl)(J.ivou .&eq>tÀoijc; xaì xpeinovoc; 't�V q>ootv. o! ÒÈ 'AÀt�avòpeic; xai 7tpoaE'tpt7toV'to q>et'twnec; È1tÌ 'tÒv 'to7tov, �pwa 'tÒv KÀeop.&vll xaì -Bewv 1taiòa 7tpoaayopeoovnc;; testo e tr. secondo Perrin, Lives x, I 4o s. (con modifiche); Bultmann, History, 274 n. I ; Hengel, Crucifìxion, 74; cf. Shiner, Ambiguous Pronouncement, 8. 'l Luc. Peregr. Mort. 3 9 s.; Shiner, Ambiguous Pronouncement, 8. I I . 5 Chronis, Torn Veil, 99 n. 8. 6 Nella forma che ha ora in Marco il v. 38 sembra una digressione. Nella sua fonte ser­ viva a interpretare la morte di Gesù. L'evangelista conservò questo versetto nodale, ma aggiunse nel v. 3 9 una seconda interpretazione. I nessi col v. 3 7 mostrano come la di­ chiarazione del centurione nel v. 39 sia una reazione alla morte di Gesù, non allo squar­ ciarsi della cortina del tempio. 7 V. sopra, al v. 3 5 · Che abbia visto giusto non comporta necessariamente che la sua comprensione sia stata completa, ma solo che è sulla strada giusta, a differenza degli al­ tri astanti; di parere simile Shiner, Ambiguous Pronouncement, I 5 . 1

2.

! 202

CROCIFISSIONE E MORTE DI GES Ù

del centurione potrebbero essere un indizio che questo sia un altro caso di confronto retorico in forma narrativa fra due personaggi. I Gli astanti che pensano che Gesù chiami Elia vedono (e sentono) ma senza compren­ dere. Il centurione per contro vede (e sente) comprendendo il significato della sofferenza di Gesù e la sua identità. Quella comprensione è espressa nella dichiarazione «Davvero que­ st'uomo era figlio di Dio» (CÌÀT)-8ro� oÒ-toc; o &v-8pw7toc; ulò� -8eou �v). Il pri­ mo problema che pone questa affermazione è se l'espressione ul� -8eou sia indeterminata ( «un figlio di Dio» o «un figlio di un dio » ) o determina­ ta ( «il figlio di Dio»). Ambedue i sostantivi sono privi dell'articolo, 1 ma in greco antico l'uso dell'articolo determinativo non è uguale a quello dell'inglese moderno. Al riguardo il greco era flessibile e un'espressione può essere determinata anche senza l'articolo.3 I manoscritti che nel ver­ setto iniziale di Marco contengono le parole utou -8eou non usano l'artico­ lo con ulou ( «figlio» ), anche se molti lo usano con -8eou ( «di Dio» ) .• No­ nostante l'assenza dell'articolo con il primo sostantivo, probabilmente l'espressione significa «il figlio di Dio».S Ernest C. Colwell afferma inol­ tre che l'espressione nominale del v. 3 9 manca dell'articolo perché un predicato nominale, anche se è determinato, non ha articolo, per distin­ guerlo dal soggetto della proposizione. 6 La dichiarazione del centurione secondo lui va quindi tradotta «il figlio di Dio», non «un figlio di dio». Earl S. Johnson tuttavia ha giustamente rilevato come considerazioni esclusivamente grammaticali non possano eliminare la possibilità che l'autore del vangelo di Marco intendesse le parole del centurione sulla fi­ gliolanza divina di Gesù in senso indeterminato. 7 Un'altra questione problematica è se la dichiarazione del centurione sia presentata come una confessione cristiana di fede in Gesù. In 3,n gli spiriti impuri si rivolgono a Gesù dicendo: «Tu sei il figlio di Dio! » (aù el o ulò� -tou -8eou). Questo detto è più vicino a quella che si potrebbe definire una confessione cristiana, benché sia pronunciato da demoni. Entrambi i sostantivi hanno l'articolo, sicché l'espressione nominale è chiaramente I

V. sopra, a 14,72 e 1 5 , 1 5 . Quando un sostantivo ne segue un altro e d è in genitivo, d i norma questo s i comporta come il primo quanto alla presenza o meno dell'articolo. 3 V. Smyth, Greek Grammar, SS I 1 26-I I 5 2; BDF, SS 253 -262. 4 V. a 1 , 1 , n. a. s Secondo Kim sia in 1,1 sia in 1 5 ,39 l'espressione ulà.; -8e:ou voleva echeggiare il lin­ guaggio del culto imperiale romano (Anarthrous ulà.; &ou, 221-24 1 ). Sull'uso del culto imperiale v. sotto. 6 E. C. Colwell, A Definite Rule for the Use of the Artide in the Greek New Testament: JBL 52 ( 193 3 ) 1 2-21; Moulton-Tumer, m, 1 8 3 . V. anche Shiner, Ambiguous Pronouncement, 5 s. e la bibliografia ivi citata alla n. 7· 7 Johnson, Mark IJ.J9, spec. 6 s. 1

MC. 1 5 , 2 1 -3 9

1 203

determinata. Un'altra differenza tra i due passi è che la frase degli spiriti impuri è al presente, come ci si aspetterebbe in una dichiarazione di fede. L'osservazione del centurione tuttavia con l'uso dell'imperfetto si adegua al contesto narrativo, dato che Gesù è appena morto. 1 Queste parole non rivelano un'attesa della risurrezione ... Se la dichiarazione è letta nell'ambito del vangelo di Marco nel suo complesso, specialmente dal punto di vista di un uditorio ben informato sulle tradizioni giudaiche del periodo del secondo tempio, si può intende­ re che il centurione riconosce la messianicità di Gesù. 3 In quelle tradizio­ ni «figlio di Dio», «re» e «messia » sono sinonimi.4 Il tema di Gesù re ha una posizione di spicco nel cap. 1 5 . Se però si prende in seria considera­ zione la probabilità sul piano culturale e sociale che il centurione sia un gentile, l'espressione nominale non avrebbe il senso di ((re dei giudei » o «messia» per un personaggio siffatto. Per Gould la dichiarazione del centurione significa che «i prodigi (uno o più) che accompagnarono la morte di Gesù lo convinsero che questi era ulòc; -8e:ou, non il figlio di Dio, ma un figlio di Dio, un eroe secondo la con­ cezione pagana» . 5 Una delle storie romane di morte straordinaria ac­ compagnata da portenti è quella di Romolo. 6 In realtà quella storia la­ scia intendere che non morì, ma scomparve e divenne un dio. Questa tra­ dizione servì da prototipo per le storie successive di apoteosi o deifica­ zione di imperatori romani/ C'è un altro nesso fra la dichiarazione del centurione e il culto imperia­ le. 8 L'espressione ulòc; -8e:ou, o più comunemente -8e:ou uloc;, era usata per gli imperatori. Alla sua morte Giulio Cesare fu deificato ed ebbe il nome di Divus Iulius. In origine divus era semplicemente un'altra forma di 1 Per Tannehill «il tempo verbale al passato indica che [l'osservazione del centurione] è una dichiarazione retrospettiva. Si tratta di un commento alla storia raccontata fino a questo punto col quale si afferma che Gesù ha portato a compimento l'incarico affidato­ gli da Dio» (Gospel of Mark, citazione a p. 88). 1. Yarbro Collins, Son of God among Greeks and Romans, 4 1 ; cf. Johnson, Mark IJ.39. 7 s.; Shiner, Ambiguous Pronouncement, S· 3 Yarbro Collins, Son of God among ]ews, 393-408, spec. 405 s. 4 Questa equivalenza è asseverata in Gv. 1 ,49. 5 Gould, 19 5; Yarbro Collins, Son of God among Greeks and Romans, 94; Shiner, Am­ biguous Pronouncement, 7. 6 Plut. Rom. 17,6 s.; Shiner, Ambiguous Pronouncement, 8. 7 Si occupa della morte e apoteosi di Augusto Talbert, Biographies, 1634. V. anche sot­ to, a 1 6,1-8, excursus « La risurrezione nei contesti culturali dell'antichità». 8 Yarbro Collins, Son of God among Greeks a nd Romans, 94-96; Kim, Anarthrous u!� &ou, 115-13 8.

1 204

CROCIFISSIONE E MORTE DI GES Ù

deus e significava quindi «dio » . Dopo la deificazione di Giulio Cesare venne però a indicare un dio che in precedenza era stato uomo. 1 Nel­ l'Oriente greco divus fu tradotto di solito con -8eo�. 1 Dopo la deificazione ufficiale di Cesare nel 42 a.C. Ottaviano assunse la denominazione uffi­ ciale Divi fìlius. Questa formula identificava Ottaviano quale figlio (adot­ tivo) di Giulio Cesare deificato, ma tradotta letteralmente poteva signifi­ care «figlio di Dio» o «figlio di un dio » .3 Risulta evidente da un'iscrizione bilingue proveniente da Alessandria, datata al Io o I I d.C., che -8eou ul� ( «figlio di Dio» o «figlio di un dio» ) rende il latino divi fìlius. 4 Questo non significa che l'espressione greca si esaurisse nella denotazione di quella latina e nell'uso che se ne faceva a Roma e in Occidente, bensì, come ha mostrato Simon Price, -8eou ul� co­ me epiteto dell'imperatore va interpretato entro una cornice culturale greca. Che l'imperatore vivente potesse essere chiamato -8e&; indica già una profonda differenza tra i contesti culturali latino e greco. Divus po­ teva essere attribuito solo a un imperatore defunto, e quindi -8eo�, se rife­ rito a quello vivente, non può essere la traduzione (in senso stretto) di di­ vus.s L'epiteto -8eo� era apposto al nome dell'imperatore e di per sé pote­ va indicare uno specifico imperatore. Nell'uso del tempo ricorrono en­ trambe le tipologie per le divinità tradizionali. L'appellativo -8e&; per l'imperatore si accompagnava ad altre pratiche linguistiche: egli era assi­ milato a particolari divinità col loro nome; come le divinità tradiziona­ li era talvolta qualificato bmpav�c; ( « illustre» o «manifesto» ) ed ÈmcpavÉ1

S. Weinstock, Divus ]ulius, Oxford 1971, 3 9 1 s. Si veda per esempio la lettera dell'imperatore Claudio agli alessandrini, datata al 41 d.C., nella quale Augusto deificato è detto (o) -BE� :EE(jaa't&;, « (il) dio Augusto»; il papi­ ro fu pubblicato da H.l. Beli nel 1 9 1 2.; il testo greco e una traduzione inglese si trovano in J.L. White, Light {rom Ancient Letters, Philadelphia 1986, 1 3 1-1 37, nr. 88; la cita­ zione è dalla l. 59. 3 Weinstock, Divus julius, 399; si veda anche la moneta in bronzo di Filippi, datata in via ipotetica al 2 a.C., che sul verso reca la legenda Aug. Divi f. Divo Iul(io) (tav. 29, moneta nr. 1 2). V. anche H. Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Mu­ seum, 1. Augustus to Vitellius, London 1923, zecca di Roma, nr. 275 (p. so); monete pro­ venienti dall'Oriente: nr.i 5 89-6 1 6 (pp. 97- 1 0 1 ); zecca di Efeso: nr.i 69 1-693 (p. 1 1 2). Un'iscrizione di Acanto in Macedonia è dedicata ad Augusto: (cxÙ'toxpa'topt Kcxla)cx(pt -B)Ewt &ou (uiwt ) :EE[3cxa'tljl («a Cesare imperatore, dio, figlio di dio, Augusto» ) (V. Ehren­ berg - A.H.M. Jones, Documents Illustrating the Reigns of Augustus and Tiberius, Ox­ ford 1 1 9 5 5 , nr. 108 [p. 9 1 ]; cf. nr. 1 1 5 [p. 93)). 4 V. F.J. Dolger, IX8r:E. Das Fischsymbol in friihchristlicher Zeit, 1. Religionsgeschicht­ liche und epigraphische Untersuchungen (Supplement to Romische Quartalschrift), Frei­ burg i.B. - Roma 1 9 1 0, 3 9 1 . 5 S.R.F. Price, Gods and Emperors. The Greek Language of the Roman Imperial Cult: JHS 104 ( 1984) 79-9 5, spec. 79· 2.

! 205

cr't'tx't'oc; 't'wv -8twv ( «il più illustre degli dèi » ) e un intero sistema di culti era destinato a mostrare tÙcrÉ!kttx ( «venerazione » o «devozione» ) nei con­ fronti degli imperatori. 1 Il predicato nominale nella dichiarazione del centurione del v. 3 9 è ambiguo. Può essere inteso come un riferimento preciso al figlio di Dio, come vuole Colwell, ma per chi ha familiarità con la terminologia del culto imperiale l'assenza degli articoli richiama l'epiteto imperiale -8tou ulOç ( «figlio di Dio» o «figlio di un dio»). La più antica lezione recupera­ bile del testo di Marco presenta i nomi nell'ordine inverso, ulòc; -8tou, ma certi manoscritti, fra i quali il codex Bezae e la maggior parte dei mano­ scritti della Vetus Latina, attestano una variante in cui l'espressione ha la stessa forma del titolo imperiale, -8tou uioc;... I membri dell'uditorio di Marco che conoscevano il culto imperiale dovettero comprendere che il centurione riconobbe in Gesù, più che l'imperatore, il vero signore del mondo conosciuto. Le aspettative culturali in base alle quali il centurione doveva essere un romano o un provinciale romanizzato avallano l'ipotesi che qui vi sia un'allusione al culto imperiale. Il ricordo dei culti imperiali dedicati ad Augusto da Erode il Grande in Palestina, vivo nella popola­ zione, e la loro continuazione concreta da parte degli eredi potrebbero aver richiamato il culto imperiale anche ai membri dell'uditorio di Mar­ co che risiedevano in quell'area.3 Un altro aspetto problematico nella dichiarazione del centurione è se venga presentata come seria o come un'ulteriore manifestazione di scher­ no. Per Johnson essa è ironica nello stesso senso in cui lo sono le frasi dei capi dei sacerdoti, degli scribi e di quanti pensano che Gesù chiami Elia.4 Che le parole dei capi dei sacerdoti e degli scribi siano ironiche nel senso del dileggio è indicato chiaramente dal participio È(.L1ttxt'çontc; ( «scher­ nendo» ) del v. 3 1 · Le osservazioni di coloro che pensano che Gesù stia chiamando Elia sono chiaramente segnalate come frutto di fraintendi­ mento, perché nel v. 3 4 l'uditorio è stato informato di ciò che Gesù aveva realmente detto. La dichiarazione del centurione non presenta alcun trat­ to che riveli scherno o fraintendimento. Anziché leggere la dichiarazione del centurione in chiave derisoria, è più appropriato considerarla ironica nel senso drammatico.s Il vero fi1

Art. cit., 9 3 · L'introduzione della lezione -btou u!6� s i può spiegare i n due modi: potrebbe derivare dall'uso nel culto imperiale oppure essere dovuta all'utilizzo dell'acronimo ìx-br)ç ( «pe­ sce») per 'll)ao� Xp1a'tÒ> . E Jahvé mi disse [ . . . ] si curverà un albero e si raddrizzerà [ . . . ] . ' Questo testo è un'interpretazione della visione delle ossa secche di Ez. 37· Dal momento che nel nuovo contesto in cui avviene l'interpretazione è pre­ sente la questione della ricompensa di coloro che sono fedeli a Dio, è veri­ simile che sia sottesa l'idea della risurrezione di individui defunti.1 L'opera probabilmente non fu composta da un membro della comunità, ma era let­ ta dai suoi membri.3 Le testimonianze consentono di concludere che i capi della comunità as­ sociata ai rotoli del Mar Morto non avevano problemi a leggere testi che contenevano un linguaggio relativo a una risurrezione futura. Alcuni testi rinvenuti nelle grotte parlavano della risurrezione dell'anima, dello spirito o dell'essenza interiore.4 Altri parlavano della risurrezione del corpo terre­ no,s ma quelli composti da capi della comunità non usano una terminolo­ gia che comporti la rinascita del corpo terreno o anche l' «alzarsi » dell'ani­ ma o dello spirito. Essi presuppongono la continuità fra questa vita e quel­ la futura, senza soffermarsi sulla transizione (Regola della comunità e Do­ cumento di Damasco), oppure parlano di esaltazione a una vita in comu­ nione con gli angeli già nel presente (inni di rendimento di grazie). I testi giudaici fin qui considerati si incentrano sulla risurrezione dei giu­ sti, pii, eletti o «figli della verità >> , Nella prima lettera ai Corinti Paolo, giu­ deo del 1 secolo d.C. che credeva che Gesù fosse il rappresentante principa­ le di Dio in veste di messia e Signore, scrisse a proposito della risurrezione di «quelli che appartengono a Cristo » (ot 't"Ou Xpta't"ou) e sembra quindi pre­ supporre anche che una risurrezione generale, con ricompense e punizioni, avverrà in seguito: «l'ultimo nemico a essere annientato è la morte» (eaxa­ 't'oç èx.f)pòç xa't"apye:hat ò .f)ava't"oç) ( 1 Cor. 1 5 ,23 .26; cf. Rom. 2, 5-8). La con­ cezione che Paolo ebbe della risurrezione fu affinata e forse modificata nel­ le conversazioni con membri della comunità di Corinto, alcuni dei quali avevano ricevuto una formazione nella filosofia e nella scienza greche.6 1 4Q3 85 fr. 2 IL I-Io; tr. di Garda Marrinez - Martone, Qumran, 470; cf. Garda Mar­ tinez - Tigchelaar, Dead Sea Scrolls n, 769. V. anche 4Q386. 2. Nickelsburg, Resu"ection, 766; Collins, Apocalypticism, 1 26 s. 3 Collins, Apocalypticism, 1 27 s.; Nickelsburg, Resu"ection, 766. 4 Il libro di Daniele, l'epistola di Enoc ( 1 Hen. 92-I05), il libro dei Giubilei; v. sopra. s Il libro dei Vigilanti (I Hen. I-3 6), !'«apocalisse degli animali» (I Hen. 85-90); v. sopra. 6 Asher, Polarity, 9 I -205 ; cf. Martin, Corinthian Body, I 04-I 36.

LA RISURREZIONE NELL'ANTICHITÀ

1 23 7

È presumibile che tutti i membri della comunità corinzia fondata da Pao­ lo accettassero l'idea che Gesù era stato risuscitato dai morti o esaltato al cie­ lo e glorificato. I Alcuni di loro tuttavia negavano «la risurrezione dei mor­ ti » (à.vlia't'�XaLUalJO'EV dç 'tÒ 1tpOO'W1tOV CXÙ'tOU 1tVO�V 'çwijç, XCXt È"fÉVE'tO Ò av.fJpw1toç ttç �lJl�V 'çwacxv. 1

3

Cf. I Clem. 2.4,5, citato nel commento a 4,8. Op. cit., 1 05 s. 4 Op. cit., 106-I IO.

5

1 Asher, Polarity, 8 1-88. 103-106. 6 Op. cit., 109 s. Op. cit., 108.

LA RISURREZIONE NELL'ANTICHITÀ

1 23 9

Collegando questo passo con una tipologia del primo Adamo e dell'ultimo Adamo (Cristo), Paolo riesce a mostrare che la risurrezione è compatibile con una successione temporale di opposti come pure con l'esistenza spaziale simultanea dei due elementi della dicotomia cosmologica di terra e cielo. I Nel v. 44b Paolo afferma «che l'esistenza di uno degli opposti esige l'esi­ stenza dell'altro» : 1 «se c'è un corpo caratterizzato da un'anima terrena, c'è anche un corpo caratterizzato dallo spirito (d ea-ttv O'W!J.Gt 4uxucov, ea·ttv xcxì 7tVEU!J.Gt'ttxov). Egli dà per scontato che i suoi interlocutori accetteranno que­ sta premessa. Nel v. 4 5 ne presuppone un'altra, comune a lui e a loro: che Cristo è stato risuscitato dai morti e che quindi ha o è un «corpo spiritua­ le» (aw!J.Gt 1tVEU(J-ct'ttxov). Da queste premesse l'argomentazione del v. 4 5 de­ duce che Adamo, in quanto primo uomo, divenne un essere vivente (terre­ no) ( Gen. 2,7), mentre l'ultimo Adamo (Cristo) divenne uno spirito (celeste) vivificante (1tvEUp.a ��o1tm ouv ). I vv. 46 s. chiariscono e approfondiscono la deduzione del v. 4 5 · ll motivo per cui Cristo può essere detto spirito vivificante è spiegato nei vv. 48 s. Tutti gli esseri umani dopo Adamo sono stati fatti, come lui, di pol­ vere della terra. In altre parole, come egli ebbe un corpo terreno, così an­ ch'essi,3 che ne condividono le caratteristiche, compresa la morte. Cristo in­ vece a causa della sua risurrezione, è celeste.4 Come il primo Adamo influì su tutti quelli che vennero dopo di lui, che per conseguenza muoiono, così pure il secondo Adamo influirà su tutti quelli dopo di lui, che per conseguenza ri­ sorgeranno dai morti (v. 49). La deduzione si fonda sulla premessa che uno degli opposti presuppone l'altro.s Il v. 50 chiude la trattazione su questo punto e insieme introduce quello seguente. L'affermazione «carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio» (aà.p� xaì af�J.a �aatÀEtGtv -8Eou XÀYJpoVO!J.lJO'e> (tivcxniÀanoc; 't'ou TjÀiou), si può arguire

che abbiano comprato gli oli aromatici la sera prima, una volta termina­ to il sabato. La tradizione della sepoltura di Gesù a opera di Giuseppe di Arimatea presuppone evidentemente che il giorno sia definito da sera a sera . 2. È possibile che Marco per contro lo definisca da mattina a matti­ na. In tal caso i vv. I s. indicherebbero che il sabato termina solo col sor­ gere del sole «il primo giorno della settimana >> ('t'fl (Ltq. 't'wv aa��ci't'wv). Un uditorio che intenda un «giorno >> come il tempo compreso fra una matti­ na e l'altra, o semplicemente come il periodo di luce, dedurrebbe che le donne comprarono gli oli aromatici la mattina presto, anziché la sera precedente.3 C'è chi ha sostenuto che questo versetto è «sovraccarico» di indicatori temporali e che questa caratteristica è indizio dell'uso di una fonte.'' La 1 V. sopra, a

1 5 ,46. Dai vv. 42. s. si ricava che Giuseppe intendesse seppellire Gesù prima del tramonto, quando sarebbe iniziato il sabato. V. sopra, ad loc. 3 Cf. sopra, a 14, 1 2.. 4 V. Yarbro Collins, Beginning o{ the Gospel, 1 3 1 s. 2.

1 245

MC. 1 6, 1 -8

costruzione è nondimeno una progressione binaria tipica di Marco, in cui la seconda espressione precisa la prima: I . molto presto al mattino (il primo giorno della settimana); 2. quando il sole era sorto. 1 3 s. La domanda che si fanno tra loro le donne - «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso della tomba ? » , così come il cenno alla fine del sabato nel v. I , lega questo racconto al precedente. In I 5,46 è stato detto che Giuseppe ha fatto rotolare una pietra davanti all'ingresso della tom­ ba. In un'ottica ordinaria la domanda delle donne è problematica, perché rivela mancanza di organizzazione e di previdenza da parte loro. Al­ l'evangelista tuttavia interessa meno riferire come idealmente dovrebbe­ ro andare le cose che non costruire una narrazione drammatica. La do­ manda crea una tensione drammatica e induce l'uditorio ad aspett arsi che avvenga qualcosa di straordinario. 1 L'arrivo delle donne alla tomba è raccontato con effetti icastici. Esse alzano lo sguardo e osservano che la pietra è già stata fatta rotolare via dall'ingresso. La straordinarietà della situazione è posta in risalto dalla notazione che la pietra era « molto grande » ((1-Éyoo; aqloÒptX). Dato·il conte­ sto culturale di questo racconto e del precedente si può senz'altro .presu­ mere che Giuseppe, uomo insigne e facoltoso, non provvide da sglo alla sepoltura e alla chiusura della tomba. Egli avrà preso l'iniziativa e sorve­ gliato le operazioni, ma con l'aiuto di servi o schiavi) s s. Quando le donne entrano nella tomba, vedono «un giovane sedu­ to sulla destra, vestito di un abito bianco» (ve:tXviaxov xtX-8�11-e:vov iv -rot� òe�tot� 7te:pt[3e�ÀlJ!J-Évov a-roÀ'Ìjv Àe:ux�v) . La sola altra occasione in cui Marco usa la parola ve:tXviaxo� ( «giovane » ) è in I4,5 I, la rappresentazio­ ne del giovane che fugge nudo. Lo stesso vale per il verbo 7te:pt�aÀÀOIJ-tXL («avvolgere intorno a sé>> o «vestire » ) . Se però questo giovane fosse quel­ lo del cap. I4, sarebbe stato presentato come o ve:tXviaxo� ( « il giovane », ossia quello menzionato in precedenza), non semplicemente come ve:tXvi­ ax� ( « un giovane » ) .4 Il giovane di I 4,51 s. è un personaggio costruito in antitesi a Gesù.5 Qui il giovane è rappresentato simile sul piano simbolico al Gesù risorto. Come il Gesù risorto è intronizzato alla destra di Dio, secondo quanto si evince da 1 2,3 5-3 7 (xa-8ou èx Òe:�LWV (1-0U), COSÌ questo giovane è presenta1 Neirynck, Duality, 1

94-96; Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, I3 I s.

Bultmann, Histo ry, 286; Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, I 3 5.

3 La congettura è confermata dall'uso del plurale «posero" (ÉBlJxav) nel 4

Yarbro Collins, Beginning of the Gospel, I 3 5 n. 5o.

v.

6. s V. sopra, a I 4, 5 I s.

LA TOMBA VUOTA to «seduto sulla destra » (xa-8�!J-EVOV Èv 'totc:; òe�tot'c:;) . Poiché nel racconto questa descrizione ha scarsa o nessuna valenza realistica, l'uditorio è in­ dotto a riflettere sulla sua portata simbolica e a ricordare la citazione di Sal. no,1 (109, 1 LXX) che compare precedentemente nel racconto. L'abito bianco (> , ambientato in Galilea e incentrato su Pietro.' Kelly lver­ son ha però sostenuto in maniera convincente che l'argomento della rari­ tà del ycip finale nella letteratura narrativa non rende probabile che r6,8 non sia la chiusa originaria di Marco. 1 Alla luce dei dati la soluzione preferibile pare quella di considerare il v. 8 la chiusa originaria del vangelo di Marco e ravvisare nelle chiuse sup­ plementari il prodotto di epoche posteriori.3 L'alternativa è supporre 1 . che all'autore fu impedito di completare il suo vangelo, oppure 2. che lo continuò dopo 1 6,8, ma la continuazione andò perduta o ne fu separa­ ta in una data alta. Queste ipotesi sono già state confutate con argomen­ tazioni risolutive. 4 Anche il problema del rapporto fra il v. 8 e il v. 7 nella narrazione pa­ squale di Marco ha avuto un ruolo importante nell'interpretazione del v. 8. Secondo Bultmann nella forma attuale del vangelo l'affermazione «e non dissero niente a nessuno » del v. 8 comporta che le donne non esegui­ rono l'ordine dell'angelo, ma egli respinge la conclusione che fosse que­ sto il significato originario della storia della tomba vuota e quindi del v. 8. A suo parere inoltre la chiusa originaria di Marco «doveva raccontare l'apparizione di Gesù in Galilea >> . s I dati inducono J.M. Creed a una conclusione di segno opposto. Secondo lui i vv. 7 e 8 si contraddicono l'un l'altro e non è possibile alcuna continuazione coerente della narra­ zione. Il vangelo di Marco doveva quindi terminare col v. 8 . 6 Ciò di cui c'è bisogno tuttavia è un'interpretazione che dia conto sia del v. 7 sia del v. 8 nel loro attuale contesto. Prima di poter affrontare la questione dell'interpretazione è necessa­ rio prendere in esame qualche altro particolare filologico o stilistico. A proposito del problema della frase finale che termina con «infatti>> (ycip), merita rilevare che il vangelo di Marco contiene molti commenti esplica1 Croy,

Mutilation, 1 6 5 .

1

lverson, Fina/ ycip.

3 Sui vv. 9-:z.o come composizione delu sec. v. Kelhoffer, 4 Lightfoot, s Bultmann,

Miracle and Mission, 2.43-480. Gospel Message, 8o-s; Aland, Der Schluss des Markusevangeliums, 45 s-6x.

Histo ry, :z.Ss. 6J.M. Creed, The Conclusion ofthe Gospel according to Saint Mark: JfS 31 ( 1 930) 175xSo. Egli ipotizza che la storia della tomba vuota fosse premarciana e che Marco vi ab­ bia interpolato il v. 7, senza avvertire la contraddizione che vi aveva introdotto (p. 1 80).

LA TOMBA VUOTA tivi collegati al contesto da questa congiunzione. 1 Poiché essi seguono l'enunciato di cui forniscono una spiegazione o un approfondimento, il senso di questa osservazione è che in 1 6,8 l'uso di questa congiunzione non richiede una continuazione della narrazione per svolgere la propria funzione nel contesto. 2. Alcuni avversari della tesi che il v. 8 sia la conclusione originaria del vangelo hanno sostenuto che, così com'è, il verbo « avevano paura » (Ècpo­ (3ouv'to) è incompleto e in origine doveva essere seguito da un oggetto, da un'infìnitiva o una proposizione introdotta dalla congiunzione (.L� ( «che . . . » ) . Se si esclude 1 6,8, in Marco il verbo « aver paura » (cpo�ta.Sa.t) ha undici occorrenze. Quattro volte è usato con un complemento oggetto rappresentato da una persona ( 6,2o; 1 1 , 1 8 . 3 2; 1 2, 1 2).3 Una volta com­ pare nell'espressione Ècpo�i}.Sl}act.v cpo�ov [.LÉya.v ( «furono molto spaventa­ ti »; lett. «temettero un grande timore » , 4,4 1 ) . 4 In un caso è usato con l'infìnitiva: (K Tjq>�), « ai dodici » ('t'oi:c; òW­ òexa), «a più di cinquecento fratelli (e sorelle) >> (È7ttivw 7tEV't'axoalotc; CÌÒEÀ1 Hopkinson,

Hymn to Demeter, 1 3 2., ai vv. 59 s.

2.

Per es. Giud. 6,:z.r-:z.3; Dan. 8,17; 10,4- 19. Si noti che la traduzione dell'ultimo passo attribuita a Teodozione parla dei compagni di Daniele che fuggono spaventati (xal etpu­ yov év tpo�'!J) quando ha inizio la sua visione ( r o,7), in modi affini alla fuga delle donne in Marco, anche se ad avere la visione è solo Daniele. Anche la versione di OG di 10,7 è simile: «e una violenta paura li invase e corsero via in gran fretta» (xal tpo�� !a-x_up� bri­

maev é1t' alho�, xal àmòpaaav év a7touò'fl). 3 Gundry, 1 0 1 2., che cita Cranfield, 471.

4 Linton, Der vermisste Markusschluss, 2.32. Mt. :z.8,9 presuppone un corpo solido, tanto che le donne possono abbracciare i piedi di Gesù; l'apparizione agli undici di :z.8,r 6-:z.o è invece più spirituale ed è una specie di visione, come quelle descritte da Paolo (1 Cor. 15,4-8). 5

MC. I6,I-8

1255

ipOi.'c;; ) , «a Giacomo » ('IIXxw�l' E andò e li trovò addormentati e disse a Pietro: a.V ta., 5 8 6 s. �ta't"oa[Xw, I 2 5 2

rpOVopa.ye:ÀÀOw, I I 3 4

S.

xe:tpo7totl)'t"o.;, I Io5 s. XPta't" 3 5 6, 394> 4 1 3 , 6 5 3 , 7:Z.7, 76I, S u , S 1 3-S 1 6, S 1 9 s., 9:z.6, 954, xo:z.S Robin, A. de Q., S39, S41, S43, xoSS Robinson, j.A.T., 701 Robinson, j.M., 59, So, 1 1 1 , :z.ss, 2S 1, 304, 375. 3 90, 399. 491, 496 s., 669, 67 I, 673, 677, 6S:z., 7:Z.3, 7:Z.6, 7 3 1 , 73S, 75s, S54, 910, 9:Z.9, 971, 974· 103 1 , I03 S Rofé, A., 1 1 7 Rogers, T.j., 499, S x S Rohr, J., 470 Rolfe, j.C., 6oo, 1 1 3 4, 1 1 7:z., I :Z.4 I s. Rolles Driver, S., 149

Roloff, j., 307 Roskam, H.N., 203 , :z.xo-:z. x :z. Ross, j.F., :z.7o Ross, j.M., 1094 Rothschild, C.K., :z.ss, :z.69, 6S6, 69 1, 703 Rouse, W.H.D , 1 :z.42 Rousseau, A., 1 27 1 s. Rousseau, J.j., 6:z.7 Rummel, E., :z.:z.9 s. Runesson, A., 295 , 56:z. Ruppen, L., 664, 996, 102S s., 1 1 50 Rzach, A., 1 105 .

Sabbe, M., 6S3 Sachs, K.S., 5 3 9 Saddington, D.B., 1 1 3 S-1 140, 1 19 S s . Sage, E.T., 5 1 7 Saldarini, A.j., :z.97, 3 3 S, 3 5 :z., 664 s., S s :z. , S9:z. S., 1 0 1 3 , 1 0 1 5 , 1 10:Z. Salmond, S.D.F., :z.o:z. Sanders, E.P., 294-:z.96, 3 3 6, 3 3 S, 340, 345, 3 5 1 , 3 59, 3 6 1 , 3 74 s., 5 59, s6s, 5 70, 574 s., 665, S:z.4, S45, S s o, 1047, 1072 Sanders, j.A., 279 Sandmel, S., 3 64, 37S Santos Otero, A. de, 3S1, 1 :t7 1 Sasse, H . , 779 Sasson, j.M., 4 3 S , 1067 Satlow, M.L., S93 s. Sawicki, M., 1017 Schachter, j., 1 1 64 Schechter, S., 745 s. Scheer, E., 5 3 9 Schenk, W., xoSS, 1 094 Schenke, H.-M., 791, 1 0S4, 1 09 1 s. Schenke, L., 69, 706, 9S7, 993 s., 1 0 14, 1016 S., 10:Z.1 -IO:Z.3, 10:Z.6 S., 1 03 1, 103 3 , 103 S s., 1054-1056, xosS-Io6o, 1o6:z. s., 1065, 107S, 1 0S4, 10S9, 1 100 S., 1 1 19 S., 1 1 :z.3 , I I :Z.5, 1 1 3 0, 1 1 3 6, 1 1 5o- 1 1 5 3 , 1 1 65, n 6S, 1 1 74, 1 1 77 s., I I S:Z., I I S 5 , 1 194, I :Z.I I Schermann, Th., s :z.6 Schiffman, L.H., 3 1 3 , 345, 3 5 1 , 3 6o-3 6:z., 4:z.1, 619, 747 S., 104 S Schlier, H., 670 Schlosser, j., 734 Schmalzriedt, E., 6 1 , 247

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Schmid, J., 683 Schmidt, c., I 272 s. Schmidt, K.L., 84, 9 I , 95, 97, no, I93, 609, 656 s., 986 s., 993, 995, 1 1 57. 1 1 63 s., 1 1 70, 1 173 Schmidt, T.E., 1 140 s., 1 145, 1 1 5 5 s., 1 1 63, 1 1 87 Schmiedel, P.W., 1 1 28 Schmithals, W., 3 06, 434, 442, 4 5 6, 465, 478, 480 Schneemelcher, W., So Schneider, C., 494, 1 19 3 , 1 1 96 Schneider, G., I078-Io84, I087, I089 Schneider, J., I I 5 5 Schnellbiicher, E.L., Io88 Schniewind, J., 306 Schoedel, W.R., 63, 1 1 5 5 Schofield, M., 3 68 Scholtissek, K., 293, 297 s., 900 Schottroff, L., 67 I Schrage, W., 8 67 Schrei ber, J., 9 59, 9 8 8 Schremer, A . , 74 5, 747, 748-7 5 1 Schrenk, G., 5 68, 5 79, no Schuller, E., I072 Schulz, s., 89 Schiirer, E., 3 3 5. 465, 50I, 504-506, 508 s., 5 1 2, 5 1 5 , 5 I s, 626 s., 656 s., 67I , 868, 882 s . , 9 I 3, I OOO, IOI4, I04 5 s., 1 1 29, 1 1 3 I , 1 1 3 8- 1 140, 1 1 5 3-1 1 5 5 . I I 7 I , I I 8 I , I I99, I 2 I 8 Schiissler Fiorenza, E., 236, 402, I O I 7 Schwankl, 0., 8 9 2 Schwartz, D.R., 5 I I , I I 2o, I I 27, I I 29, 1139 Schwartz, J., 725, 727, 1085 Schwartz, S., I046-Io48 Schweitzer, A., 233, 306 Schweizer, E., 23 5, 959, I028, Io86, 1 1 96 Schwier, H., 960, 972 f Scott, R.B. Y ., So 5 Scott Ryberg, 1. , 1 1 63 Scroggs, R., IoS8- I09 I Seaford, R.A.S., I I 24 Seager, R.J., 5 1 5 Seaton, R.C., 5 3 9 Sedley, D.N., 5 I 5 Seeley, D., So3 Segai, A., 4 5 1

1 3 43

Seim, T.K., 930-9 3 2, 940, Io88 Seitz, Ch.R., I 30 Sellew, Ph., 408 s., 620, 622 s., 669, 699, 7I4, 767, 8 I 3 , I085, I I 28 Seltman, Ch.T., I 242 Senior, D., I034 Setzer, C.J., 665 Sevrin, J.-M., S67 Seyrig, H., 2 I 2 Sharp, C.J., 6 3 3 , I07I Sharples, R.W., 5 1 5, I003 Shemesh, A., 749 Shepherd, D., 3 29 Shepherd, T., 236, 46I, 490, 5 1 6 s., S4o, 1 0 1 6, 1098 S. Sherwin-White, A.N., 1 101, 1 1 22, 1 199 Sherwin-White, S.M., 75, 2I2 Shiner, W.T., 205, 253, 3 72, 949, 1 1 22, I I So, 1 195, I 20I-I203, I 2o5-I2oS Shuler, Ph.L., 97 s., I05 Shutt, R.J.H., 562, 907, 9 I 2 Siegel, R.E., 6o3 Silverstone, A.E., 2 79 Sim, D.C., 20 5 Simon, F.-J., 1 1 3 7 Simonetti, M., 2 I 5 , 2I7 s . , 221-223 Singh, Y.-J., 237 Sjoberg, E., 306 Skeat, Th.C., 3 I 7, 3 S8, SS6 s. Skehan, P.W., 9 5 1 , I067 Slotki, I.W., 73 2, 894, 9 I 2 Smalley, B., 222, 225-227 Smith, B.T.D., 4 1 7 Smith, D.E., 9 3 0 Smith, H., :u9 Smith, M., S7, 3 10, 3 9 I , 440, 453, 6o i , 7 8 1 , 783 -793. 8 1 2, I09 1 Smith, M.D., 627 Smith, S.H., 236, S I9 Smith Lewis, A., 2 1 5 Smyth, H.W., 194, 296, 397, 477, 4S7, 497, 52I s., 5 60, 5So, 597, 837, 901, 920, 930, 9S2, 10S5, 1 142, 1 1 57> 1 1 62, 1 202, I 279 Snell, D.C., 3 3 5 Snodgrass, K.R., S67-869 Snyder, G.F., 4 3 8 Soden, H.F. von, 243 , 476, 6 2 5 , 943 Sommer, B.D., 1 27

1 3 44

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Speiser, E.A., 2.74, 377, 8o6 Spencer, W.G., 708 s., 7 1 2., 1 1 8 6 Sperber, A., :z. 74 Sperber, D., 886 Spitta, F., Io4o Sporty, L.D., 846 Stiihlin, G., 48:z., 93 I s., 934, I079 s. Stamos, C.D., 873 Standaert, B.H.M.G.M., I96, :z.oo Standhartinger, A., 66, 2.73 Stanton, G.N., 2.48 Stauffer, E., 8 3 2. Stegemann, H., 74 5 Stegmiiller, F., :z.:z.6 Stegner, W.R., 683, 687, 689, 694, 696 s. Steier, A., I I6:z. s. Stein, R.H., 68o s., 687-689, 693 Stemberger, G., 5 87, 898, I040, I04:Z. s., I050-I053, I059, I I43 Stengel, P., 4 3 8 Stephens, W.R.W., :Z.I7 Stem, D., 409, 4 1 2., 4 I 7, 42.3, 865, 86887I, 873, 876, 95:z., I I 79 Steudel, A., :z.8 3 Stevenson, W.T., 787 Stock, K., 3 7 I Stol, M., 45:z. Stone, M.E., I 3 I , I 3 9. I S :Z.-I S 6, I63, I 67, 4 I 3 , 417, 579, 678, 70 I, 7 3 5 , 779, 895, 978 Stoneman, R., u So, I :Z.4I Stoops, R.F., Jr., 376 Stowers, S.K., 92.2. Strack, H.L., 498, 5 69, 5 87, 898, 1 143 Strange, J.F., 563, 1 1 68, 1 2. I 3 Strasburger, H., I :Z.O Strathmann, H., 497 Strauss, D.F., I I O s., 3 87 Strecker, G., 494 Strelan, R., 4 3 6 Strickert, F., 6:z.6 Strobel, A., I 1 2.4 Stroumsa, G.G., 783 s., 790 Strugnell, J ., 3 I 8, 4:Z.I, 42. 3, 70I , 72.4 Struthers Malbon, E., I 8o- I 8 3 , I 8 5 , 2.36, :z.86, 93 8-940, IOI6 s., Io5o-5:z., 1 1 92., I l9 5 Stuhlmacher, P . , Bo, 2.48, 796 Sugirtharajah, R.S., 4 5 I

Suhl, A., 70I, 704, 893-896, Io:z.8, I057, Io8:z. s., 1 1 68 s. Sukenik, E.L., 2.90, 4 I 4, 4 I 8, 4 3 6 s. Sundwall, J ., 706 Svartvik, J., 574 s., 5 8 8 Swanson, R.J., 8 1 2. Swete, H.B., 5 9 , 6 5 , 69, :z.o7, :Z. I 4 s., :z.96, 3 54. 37I, 378, 3 99. 492. s., 5 34· 544. 574, 6 I 9, 670, 675, 69 I, 7 3 3 > 798, 8 I 6 S. , 864, 907, 9 I :Z., 9 1 6, 9 57, 1076 S. , I086, I093 S. , I I I :Z., I I :Z.8, I I 30, I I 3 :Z., 1 I40, I I4:Z., 1 1 6 1 , 1 1 64 S. , 1 1 82., I I 8 5 , I I 88, I I98, I :Z.09, 1 :Z.49 Syreeni, K., 2.34 Tabor, J.D., 689, 1000 Tadmor, H., :z.69, 73 5 Talbert, Ch.H., 96, 98-Ioo, Io:z., 105 s., I IO, I I7, I I 80, I :Z.03, I :Z.4 I Talley, Th.-J., 790 Tannehill, R.C., 2.36, 2.7 1 , 3 3 6, 390, 5 5 6, 573, 59 I, 6I 7, 6:z.6, 6 s s, 67I , 675, 698, 7:Z.I, 72.7, 734, 743 , 756, 76I, 773-775, 778, 796, Bo:z. s., BsB, 86:z. s., 881 s., 89I, 893, 897, 90:Z., 9:Z.:Z., 934, 939, 944, I O I 6, I089, I I 16 S . , 1 2.03 Taylor, J., 698 Taylor, J.E., :z.6:z., 1054, 1 1 57, 1 1 60 s. Taylor, V., I9:Z., 2.78, 2.93, 306, 3 I 5, 32.5, J46, 349. 3 5 7. 3 66, 3 7 I , 378 s., 42.9, 459 s., 4BB s., s :z.o s., 5 54 s., s6s, 574. 579, 5 89, 6o8 s., 6 1 5 s., 6:z.5, 6 s :z., 676 S . , 679, 69 I, 705, 719 S. , 73 I, 740 S. , 765 s., 794. 8 1 1 , 8 1 7 s., 8:Z.3, 8 3 :Z., 837 s., 8 54, 8 5 8, 861, 864, f 79-88 I , 886, 89I, 897. 901, 9 2.0 s., 9:Z.8, 943 . 948, 957, 985-987, 1009, 102.6, I030, 1054 s., 1o6:z., 1078, 1086, 1096 s., 1 1 1 8 s., 1 1 3 0, I l 3 6 s., 1 1 39. 1 146 s., 1 1 5 2., 1 1 6:z., I I 64 s., I I 80, 1 1 86, 1 1 88, 1 19 2., 1 196, I :Z. I O S . , I :Z.:Z.:Z., I :Z.49 Teeple, H.M., 693 Telford, W.R., 8 3 8-840, 8 5 3 , 8 5 8, 86:z. Temkin, 0., 4 5 3 , 466, 707-709, 7 1 2.-714 Thackeray, H.S.J., 73, 78, 1 2.9 s., 144, 146 s., I 6 1 , 2.99. 3 74. 494. 5 I 5, 7I4, 798, 8 s :z., 89:z., 894, 9 1 3 , 9 3 5 s., 9 5 6, 96I, 966 S. , 969, 973 S. , 1019, I l 3 5t 1 1 92., 1 2. 1 7

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Theissen, G., 69, 71-73, 75 s., 79, 8 8-90, 1 77, 2.04 S., :z.86, 2.98, 307, 3 1o-3 1 3 , 3 1 7 s., 3 :Z.6, 3 3 3 . 3 5 7 s., 3 90, 4 3 4 s., 439. 445-4 5 3 . 4 5 5-458, 465, 469, 472.476, 4 8 1 , 483, 49 1 , 496 s., 501, 5035 1 2., S I 8, 5 2.4, 5 2.7, 530, 5 3 3 . 5 3 6, 548 s., 5 89-592., 594-598, 6o 1, 604, 6o6, 609 S., 6:z.7-6 3 :z., 634, 706 S., 7 1 2. S., 7 1 5 , 8 14, 8 5 6, 908, 9 3 5 s., 93 8, 948, 950 s., 9 5 5 s., 990 s., 993. 1 0 1 4, 1080 S., 1086, I I :Z.O, I I :Z.8-1 1 30, 1 1 5 4 , 1 2. 1 3 Thiede, C.P., 5 5 1 Thomas, D., 1 19 1 Thomas, R., 686 Thorsen, D.A.D., 1054, 1 065 Thrall, M.E., 687, 695 Thurman, E., :z. 3 7 Tigay, j.H., 7 3 3 Tigchelaar, E.j.C., 1 3 3 , 1 4 1 s . , 1 5 5, 1 59, 1 6:z., :z.68, 2.83, 300 S., 3 1 8, 3 3 7, 3 5 1 S., 373, 4 14, 42.1, 430, 4 5 5 , 5 3 1 s., 5 8 6, 593, 692., 74 5 S., 770, 9 14, 930, 1071 S . , 1 1 89 S . , I :Z.:Z.6, 1 2.30, 1 2. 3 3 · 1 2. 3 6 Tiller, P.A., 1 67, 871, 1 1 03, 1 2.2.9 Tilly, M., 863 Tischendorf, C., 2.44, 4 2.4 s., 4 43 s., 4 76 S., 4 88, 6 1 5 , 62.5, 70 5, 7 19, 74 1 , 780, 794. 8 1 1 , 94:Z. s., 1 1 19, 1 147 Todd, O.j., 4o:z. Tolbert, M.A., 192. s., :z.o4 s., :z.o7, 4 2.6, 1o58, 1o7o Toppari, J., 1 1 6:z., 1 1 64 Torijano, P.A., :z.8o, 30:z., 450 Torrance, D.W., 2.3 1 Torrance, Th.F., 2.3 1 Torrey, Ch.C., 3 8 3 Tov, E., 8 5 5 Tracy, D . , :z. :z. :z. s., 2.30 Trakatellis, D., 2.97 s. Treggiari, S., 7 5 2., 760 Treu, M., 2.72. Trilling, W., 3 72., 3 8 5 , 1078 Trocmé, E., 988, 1 0 1 1 Tromp, j., 93 1 s. Trypanis, C.A., 45 3 Tuckett, Ch.M., :z.o3 , 867 Turner, C.H., 2.92. s., 3 1 1, 3 1 4· 3 1 6, 3 66, 443 s., 459. 487, 5 5 3 " 5 5 5. 5 89, 6o8, 6 1 3 , 6 1 5 s., 6:z.5, 6 5 1 s. , 705, 719, 740,

1 345

765 s., 794. 8:z.:z., 837. 861, 864, 878, 891, 92.0, 102.5 s., 1096 s., 1 1 19, 1 146 S., I :Z. IO, I :Z.:Z.I S. Turner, N., 42.9, 4 3 3 , 460, 478, 487 s., 5 :z.o s., 5 5 3 , 5 5 5, 589, 6o8 s., 619, 6:z.5, 679, 794, 837, 942. S . , I:z.O:Z. Turrado, L., :z.:z.3 Tyson, J.B., 1064 Tzaferis, V., 656 s. Udoh, F.E., 883 Ulansey, D., 1 1 9:z., 1 1 9 5 s. Ulmer, R., 5 8 5 Ulrich, E., 744 Urbach, E.E., 1048 Vaganay, L., 1 :z.6:z. Valance, J.T., 708 van Boxe!, P. W., 572. van der Horst, P.W., 72.4, 1 2.40, 1 2.50 VanderKam, J.C., 148-1 5 1 , 160, 1 66 s., 2.78, 2.81, 300-302., 360, 394, 396, 399, 4 14, 439· 5 2.9, 768, 779. 797. 900, 904 S., 9 5 5 , 972., 1 1 01, I :Z.:Z.7, I :Z.:Z.9· 1 2.3 3 , 1 2.67 van der Loos, H., 439, 4 5 1 , 4 61, 466, 472., 474 van der Ploeg, J.P.M., 2.79 van der Vliet, j., 463 van Dyck, G.-J., 4 1 2. van Henten, J.W., 396, 8 :xo, 90:1 , 996 s., 999, 1003 S., 1 2.3 1 S. Vanhoye, A., 1087- 1090, 109 5 van Iersel, B.M.F., 192., 1 96-198, :z.1:z., :z.53, 658 van Otterlo, W.A.A., 1 9 5 , 37 :1 van Oyen, G., 3 87, 1099 van Seters, J., :103 s., :1 :14, n 6-1 19, :x :z.:z., 1 2.4 van Thiel, H., 1 1 80 Vattioni, F., 373 Veerkamp, T., 659 Vermes, G., I :Z.7 s., 1 3 2.-1 34, :1 4o-I4:Z., 1 59, 2.57 s., :z.6o s., :z.67 s., 300 s., 3 3 1 s., 3 3 8, 3 5 1, 36o, 3 64, 3 7:z., 39:z., 586, 746•748, 1 1 89 Versnel, H.S., 44 1, 5 3 6, 683, 8:z.5, 1 2.75 Vielhauer, Ph., 87-9 1 , 99, 3 30, 3 74, 673 Vince, j.H., 1093

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Vines, M. E., 12 3 Vitelli, G., 1 1 25 Vogels, H.J., 943 Vogt, H.]., 2 1 5 Volker, W., 784 s., 79 1 Volkmann, H., 803 Volkmar, G., 8 1 7 Vollenweider, S., 6 8 3 , 6 8 5 s. Vorster, W.S., 1 3 7, 1083, 1 1 69 Voss, 1. , 784, 788, 790, 792 Vossius, 1. , 784 Votaw, C.W., 95 s., 98 s. Waetjen, H., 205 , 109 3 Wahlde, U.C. von, 73 8 s. Wahlen, C., 301, 3 1 4 Walbank, F.W., 1 2 1 Walck, L.W., 4 8 2 Waldstein, W., 1 1 25 s. Walker, D.D., 8 3 1 , 884 Wallis, I.G., 441 Wanamaker, Ch.A., 9 5 3 Ward, W.A., 9 3 6 Warren, A., 100, 996 Wasserman, E., 3 4 1 , 73 6, 1076 Watson, A., 1 1 68 Watson, G.R., 1 1 3 8, 1 140, 1 1 5 5 , 1 19 8 Watts, R.E., 8os Watts Henderson, S., 3 7 5 , 5 3 0, 548, 5 50 Webb, R.L., 261, 282 Webster, G., 1 1 3 8, 1 199 Weeden, Th.J., Sr., 205, 549, 681, 9 5 9, 1064, 1 1 1 5 Weege, F., 5 1 0 Wegener, M.l., 8 2, 109 Wehrli, F., 93 Weinfeld, M., 8o3, 904-906 Weinreich, O., 4 5 3 s., 461, 470, 63 1 Weinstock, S., 438, 1 204 Weiser, W., 884, 937 Weiss, ]., 9 1 s., 94, 97, 1040 s. Weiss, K., 7 3 6 Weiss, W., 3 22 s. Weisse, Ch.H., 233 Weizsiicker, C., 950 Wellek, R., 100 Wellhausen, j., 3 29, 3 3 2, 3 5 5, 399 s., 44 6, 453 s., 474, 6o1 , 68o, 687 s., 690, 695 s., 738, 8 1 7, 845. 894. 897, 950

Wellmann, M., 1 1 64 Wendland, P., 87 Wenham, D., 9 5 3 Westcott, B.F., 4 24, 427, 429, 44 3 s., 476, 5 20 s., 6 1 5 , 625 s., 794, 943, 1 026, 1 1 19, 1 261 Westerholm, S., 297 Westermann, C., 1 3 7 Wettstein, ].]., 1 093 Wevers, J.W., 9 1 5 Wheeler, E.L., 686 Whitaker, G.H., 77, 296, 3 89, 391, 401, 403 s., 494, 5 6o, 573, 5 84 s., 621, 733, 754. 769, 905·907, 1056, 1 108, 1 1 37. 1 140, 1 142 White, J.L., 1 204 White, R.]., 543, 667 Whitman, C., 4 5 3 Whitmarsh, T., 108 Whitters, M.F., 1 1 86 Whybray, R.N., 1 70 Wiarda, T., 668 Wibbing, s ., 3 64 , 4 23, 579- 5 84, 586- 5 8 8 Wickramaratne Rebera, R . , 5 9 5 Wiesehofer, ] . , 75 Wi.kgren, A., 1 44 s. Wilamowitz-Moellendorff, U. von, 108, 4 82, 1005 Wilcken, U., 1 004 s. Wilckens, U., 1 7 3 , 273 Wilcox, M., 809 Wild, R.A., 266 Wilder, A.N., 23 6 Wilke, Ch.G., 233 Wilkins, M.J., 1 1 28 Wilkinson, K., 466, 469, 603 Wills, L. M., 2 72 Wilson, R.R., 8 5 5 Windisch, H., 621 Winkler, ].]., 1002 Winston, D., 607 Winter, P., 1 100, 1 1 13 s., 1 1 3 2, 1 1 7 1 s. Wintermute, O.S., 691, 1 230 s. Wischmeyer, 0., 803 Wise, M.O., 268, 301, 393, 747 Wissowa, G., 1 1 67 Woelfflin, E., 686 Wohlenberg, G., 1 1 8 8 Wolff, H.W., 104 0, 104 3, 1 179

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

�ong, E.K.C., 76o �rede, � 1 10 s., 1 6 5 , 2.03 , 2. 3 3 , 305308, 3 2.8, 662., 699. 82.3 s. �right, A.G., 940 �right, G.E., 7 3 5 , 104 3 , 104 5 s. �right, M.R., 3 68 �right, R.B., 1 3 9, 143, 1 60, 768 �uellner, �.H., 2.89 s., 2.92. �iinsche, A., 2.97 .•

Yadin, Y., 746 Yardeni, A., 750 Yeung, M.� 857 s. Ysebaert, J., 3 8 5 .•

Zager, � 730 s., 734 Zahn, Th., I I O, 1 1 92. Zangenberg, J., 1 2. 1 3 Zeller, D., 6 8 3 , 696 Zerwick, M., 65 1 Zetterholm, M., 2.9 5 Ziegler, J., 1094 Ziesler, J.A., 72.5 s. Zimmerli, �-. 140 s., 4 3 1 , 8 5 5 Zohary, M., n 62. Zorn, J.R. , 3 8 3 Zuntz, G., 970 .•

1 34 7

ERRATA CORRIGE

pagina

riga

1.3 3 1. 38 39 45 56 I47 n. 148 161. n. 161. n. 163 n. 191 1.14 n.

6 3 4 I 7

I 7.0 7 db 6 7.7. db 1. 4 db I 7. I

errata Greek

Greek by Fr. Christopher Stade

pane

pane 4

Hayes, Ch.H.

Hayes, Ch.E.

Hedrick, C.H.

Hedrick, Ch.W.

Magness, J.L.

Magness, J. Lee

Weeden, Th.W.

Weeden, Th.J.

3 7. db

Bel/. 5.7, 1 Bel/. 7,5,5 u QPsAp• I IQPsAp• bSheb: Greven v.

Beli. 5 ,7,3 Bel/. 7,5,6 u QapPs• u QapPs• bShebu. Greeven v. Enarr. in Mc. praef. (PG 1 1.3 , 491.C-493B); Anhur G. [de/e] 1 5 1, omelia 77 su Mc. 5,30-43 (Enarr. in Mc. 7,3 I -37 [PG 1 1.3 , 5 65C-5 68A); Exp/anation J. Cape! Anderson Y.-J. Singh Lev. 1 5 , 1 3 Vita 7. [ I I ] r Regn. F.G. Allinson

l l

1.1.4 1.18 n. 3

7.

Anhur E.

l

1.19 n. 6

7. I

Hier. In Mc. 77, in I51 (Explanation

1.36 n. I 1. 1.37 n. 1. 7.5 8 n. 3 7. 6 I n . 1. 1.61. n . 4 1.66 n. I n. 7. 1.96 n. 1. n. 3 307. n. 3 303 n. I 3 10 n. I 334 3 5 1. n. 1

co rrige

l

7. db 7. 3 3 4 4 7 l l

4 l

5 db 3

Cape! Anderson Y. Singh

Lev. I 5,3 Vita I I r Re G. Allinson n. Vita 1.76-303 Aktinson nQPsAp• 9,1-I1. PMG Ev. Petr. I4,6o 4QpNah frr.

nr.

Vita 54-58 [1.76-303] Atkinson I I QapPs• 9, I s . PGM Ev. Petr. 14 (6o) 4QpNah fr.

ERRATA CORRIGE pagina

1 3 49

riga

errata

co"ige

n. l. 462. n. 2.

I3 db l. I S. l.

'll)CTOÙV S.I. Johnston Empedocle ( I ,44) (op. cit., 39)

496 498 n. 5 5 2. 553 5 67 n. n. 598 n. 602. n.

4 s. I I4 db 8 s . db 3 I I S. 4 I I

fonte sinottica dei detti PGM 7,484-786 triclini triclini triclini triclinio triclinio Nat. Hist. IO,I9l. Vita di Aes.

'll)CTOUV S. Iles Johnston Empedocle (op. cit. , 39, nr. I,44 [Diog. Laert. 8,69]) fonte dei detti sinottici PGM 7,484-486 divani divani divani divano divano Nat. Hist. Io,88,I9l. Vit. Aesop.

448

5

l. 5 3 3