Il vangelo di Marco. Parte prima. Introduzione e commento ai capp. 1,1 - 8,26 [1] 8839401695, 9788839401694

Nel nostro tempo, il Vangelo di Marco, merita partico­lare interesse poiché, fra le testimonianze di ciò che si tra­mand

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Italian, Greek Pages 655 Year 1980

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Il vangelo di Marco. Parte prima. Introduzione e commento ai capp. 1,1 - 8,26 [1]
 8839401695, 9788839401694

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COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TEST AMENTO Collana internazionale pubblicata in lingua italiana, francese, inglese. tedesca e spagnola A CURA

DI

Serafin de Ausejo, Lucien Cerfaux, Joseph Fitzmeyr, Béda Rigaux, Rudolf Schnackenburg, An ton Vogtle

Segretari per l'l talia: G. Scarpat

e

O. Soffritti

EDITORI Paideia Editrice, Brescia Les Éditions du Cerf, Paris Herder and Herder, New York Verlag Herder, Freiburg, Basel, Wien Edi torial Herder, Barcelona

COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO

Il vangelo di Marco PARTE PRlMA

Testo greco e traduzione

Introduzione e commento ai ca pp. 1,1-8,26 di RuooLF PEscH

Traduzione italiana di MARCELLO SoFFRITTI Edizione italiana a cura di 0MERO SoFFRITTI

PAIDETA EDITRTC:E BRESCIA

Uxori et amicis

Titolo originale dell'opera:

Das Markusevangelium. 1. Teil

Einleitung und Kommentar zu Kap. 1 ,1.�8.26· von Rudolf Pesch Zweite, durchgesehene Auftage

Traduzione italiana di Marcello Soffritti Traduzione del testo biblico e revis:one di Omero Soffritti

La traduzione del testo biblico è di proprietà della Casa Paideia. Ogni riproduzione è vietata e sarà perseguita a norma di legge. © Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 21977

© Paideia Editrice, Brescia 1980

PREFAZIONE

.Jl vangelo di Marco rimase nell'ombra dei vangeli maggiori finché la ricerca esegetica nel secolo scorso scoprì che esso è il vangelo più antico. Nel nostro tempo esso merita partico­ lare interesse poiché, fra le testimonianze di ciò che si tra­ manda su Gesù, è quella che più si avvicina alla tradizione più antica e non viene rielaborata dalle mire letterarie del suo autore. Infatti Marco vuole rappresentare il fondamento del­ l' evangelo ecclesiastico nella storia di Gesù, e la storia di Ge­ sù è presente e vive, con ottica diversa, nelle tradizioni del suo libro. A mio avviso, un commento al vangelo di Marco deve perciò essere contemporaneamente un commento alla azione di Gesù e alla tradizione sua propria nell'ambito del­ le tradizioni protocristiane. Il commento a Marco nel Her­ ders Theologischer Kommentar zum Neuen Testament, di cui, dopo lunga preparazione, posso ora pubblicare il primo volume (il secondo seguirà, spero, entro un anno) , è stato an­ nunciato nella prefazione al primo volume del commento a Luca come opera di Josef Blinzler. La prematura morte di questo stimatissimo collega ha costretto i curatori ad una nuova assegnazione del commento al vangelo di Marco, e io vorrei cordialmente ringraziar/i per il loro incitamento e con­ siglio. Un ringraziamento particolare spetta alla signora Ute Wag­ ner, la quale con pazienza sempre serena e con coscienziosa fidatezza ha curato il manoscritto fino alla stampa: senza il suo aiuto il commento sarebbe potuto apparire solo molto più tardi. Un rinp,raziamento speciale merita anche il mio as­ ·sistente Reinhard Kratz, che ha accompagnato col suo aiuto ìl sor�ere dt'l commentario fino alle bozze. La mia gratitudine

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Pre/tW.one

va anche al sig. Franz ]ohna della Casa Editrice Herder per la sua preziosa collaborazione ne/lavoro di stampa. Ho dedicato il commento a mia moglie e agli amici. La de­ dica vuole essere un segno di gratitudine a coloro che con la loro premura hanno costituito il presupposto più importante per la composizione del commentario. In esso la mia famiglia ha investito con me molta pazienza e molte rinunce. Dei miei amici nomino, in rappresentanza di tutti, solo tre, ai quali la mia famiglia ed io siamo debitori di una costante ricreazione fisica, culturale e spirituale: Imelda e Hubert Ruth, ed Eu­ gen Weiler di Hinterzarten. Frankfurt, 1' gennaio 1976.

RUDOLF PESCH

Per volontà dell'autore, prof. R. Pesch, in questa edizione italiana è stato soppresso l'excursus sui fratelli e le sorelle di Gesù (pp. 322-324 deli' edizione tedesca).

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108

Introdu%ione

Il tentativo più convincente è quello di E. Schweizer 17, anche se •opravvaluta la volontà di redazione dell'evangelista e la compattez­ za di una concezione teologica integratrice delle tradizioni. Egli ha cercato di intendere l'impianto e la struttura di Mc. partendo dall'in­ tenzione di un annuncio attualizzante, pur tenendo ferma l'importan­ ta del riaggancio a tradizioni di Gesù in una situazione storico-teolo­ gica nella quale Gesù veniva inteso solo come maestro o la sua vita pareva ridotta a croce e risurrezione o addirittura minacciava di esse­ re sovraccaricata del mito di «uomini divini» . Mc. è una chiamata a} la sequela e alla fede, «il racconto dell'inaudito e incomprensibile a­ more incarnato di Dio, che in Gesù cerca e trova l'uomo superando tutte le resistenze. Poiché ogni rivelazione diretta potrebbe condurre solo ad una fede miracolistica, come quella che hanno anche i demo­ ni, Dio deve percorrere la strada dell'oscurità, anzi dell'umiliazione e della sottomissione, entrare nella morte, com'essa appare con scon­ volgente obiettività nell'esclamazione di Gesù : 'Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? ' e nella frase che ci presenta Gesù che muore levando un alto grido. La fede può consistere solo nel seguir­ lo». Parimenti sulla base della «chiamata alla sequela» E. Stegemann 11 ha designato il vangelo di Marco come «kerygma di una determinata situazione e di un determinato compito» ; ogni cosa mirérebbe a «ren­ dere trasparente l'evento rivelazionale riprodotto nella vita di Gesù in considerazione della sua rilevanza attuale per la comunità di Mar­ co». Questa infatti è minacciata dal pericolo di un entusiastico misco­ noscimento della realtà presente (sulla base di una valutazione affret­ tata dell'evento rivelazionale nel senso di una trionfale christologia gloriae ), e da questo pericolo risultano «cecità ed incomprensione, comportamento privo di fede ed inadeguato alla realtà, e in partico­ lare ... paura del martirio» . K. Kertelge 19 ha fornito importanti contributi al superamento del­ la (falsa) alternativa 'kerygma o resoconto storico' in relazione alla concezione teologica di Marco . Egli ha osservato giustamente che Mar­ co intende «come kerygma non solo la storia della sofferenza, bensl anche l'intera tradizione di Gesù» , ma aggiunge: «Ad ogni modo, Marco deve essersi reso conto che accostando gli avvenimenti da lui riferiti sorge l'impressione di un racconto coerente. Ciò dovrebbe cor­ rispondere senz'altro alla sua intenzione» 20• «Anche se nel suo vange­ lo la 'via' di Gesù va intesa come una traccia didattica, in linea di principio Marco è interessato alla storia di Gesù. Dal solido inquadra..

17. Cfr. E. Schweizer, Leistung; Id., Mc. 222-224.223 s. 18. E. Stegemann , Markusevangelium 217.229.231 .,310. 19. Oltre a K. Kertelge, Epiphanie, cfr. anche Id., Wunder. 20. K. Kertelge, Epiphanie 165.

f 7· L'apporto teologico dell'evangelista Marco

1 09

mento delle s-ingole tradizioni preesistenti deriva una rappresentazio­ ne della ' storia' di Gesù, precisamente della storia, nella quale si rea­ lizzano la 'missione' del Figlio (cfr. 1 ,38; 1 2 ,6 ) e quindi il piano sal­ vifi.co di Dio» 21 • La più completa descrizione del vangdo di Marco co­ me «narrazione storica» è stata fornita da S. Schulz 22, il quale con­ temporaneamente valuta l'esposizione storica dell 'evangelista nell'am­ bito della sua intenzione cherigmatica : «In Marco la storia prepasqua­ le di Gesù diviene oggetto di esposizione, ma questo ricorso al rac­ conto trae origine dall 'annuncio e sta al suo servizio. Il passato del­ la storia di Gesù va dunque studiato in riferimento al significato che esso ha per la realtà odierna e per il futuro di Dio ... L 'interesse con­ duttore di Marco COI)siste piuttosto nel risvegliare e rafforzare la fe­ de. Le parole e le vicende di Gesù sono raccolte e ritrasmesse in for­ ma di semplice narrazione, per mostrare alle comunità protocristiane il fondamento della loro fede e fornire alla missione solide basi per la predicazione, l'ammaestramento e la disputa con gli avversari» .

Ora va naturalmente tenuto presente che per Marco, che redige con spirito conservatore, l'importanza di Gesù non deriva dalla esposizione della sua vicenda, ma è insita in que­ sta vicenda stessa e presente in tutte le tradizioni. L 'evange­ lista non scrive una biografia, né descrive l'evolversi di Gesù; egli non sa nulla «di una crescita o di un cambiamento nella coscienza di Gesù» 23• Nella sua esposizione della storia di Gesù egli dà molto peso alle singole tradizioni, come indica la disposizione concreta dei materiali, che contribuisce forte­ mente a determinare la struttura. In questo modo egli evita prospettive unilaterali, insite·, a causa delle rispettive limita­ zioni, in altri generi letterari ( fonte dei logia; vangelo di Tommaso; fonte pregiovannea di CTT}p.Eta. ; raccolta premar­ ciana di miracoli; racconto della passione ). « Secondo la convinzione di Marco l 'importanza di Gesù non consiste dunque né solo nel suo insegnamento, né solo nelle sue azioni, né solo nella passione , bensl nel complesso del suo insegnare, agire, morire e risuscitare » 24• Il CJlrattere d eli' opera marciana come esposizione storica mantiene pro­ prio il riferimento dell'evangelo cristiano ai molteplici par31. 3

l.

Wunder 187. 73·

K. Kertelge,

] Blinzler .

22. S. Schulz, Stunde 9-46.3, s.38. 24. ] . Blinzler 72.

I lO

Introduzione

ticolari della storia di Gesù, che non appare in concentrazio­ ne cherigmatica. «Marco non nega i particolari della storia di Gesù; al contrario, egli vuole proprio testimoniarne la vera importanza» 25, l'importanza che hanno per l'evangelo e anche per la coscienza e la prassi della Chiesa del suo tem­ po. Anche se Marco non ha compiuto alcuna selezione da una tradizione più vasta su Gesù, vale per il suo libro quan­ to segue : «In complesso vi si trova solo ciò che è essenziale per il messaggio e che continua a riguardare il lettore. E tut­ tavia è un libro storico, perché Marco sa che proprio questi fatti essenziali non si possono trovare se non negli avveni­ menti di quegli anni (forse egli pensa addirittura ad un uni­ co anno) che egli descrive» 26 • Che l'importanza dei fatti narrati consista proprio nella stessa azione attualizzata di Gesù è stato indicato chiaramen­ te da Marco ad esempio nella presa di posizione ( inserita nel­ la composizione e sottolineata in una creazione redazionale) sulla legittimità della missione fra i pagani e sulla comunità di giudei e di pagani (per i quali l'evangelista scrive in lin­ gua greca ) nella terza grande sezione dell'opera ( 6 ,3 0-8 ,2 6 ). Gesù stesso, con l'abolizione della differenza fra 'puro' e 'im­ puro' ( 7 , I -2 3 ), ha inaugurato il suo interesse per i pagani ( 7 , 24-8 ,9 ) e respinto incredule obiezioni ( 8 , I o-I 2 ); questo ci spiega Marco con la combinazione di tradizioni . In una crea­ zione redazionale ( 8 , I ?C-2 I ) Marco ricorda (con le parole di Gesù ) - affinché si ammettano giudei e pagani alla salvezza cristiana nella comunità di mensa (cfr. il comm . a 2, I .5 - I 7 ) dell'eucarestia - i due miracoli della moltiplicazione dei pa­ ni, di cui si deve cogliere l'importanza simbolica ( e determi­ nante nei confronti della prassi cristiana) 71• In fondo, l'esposizione di Marco resta dominata dalle stes­ se intenzioni che hanno messo in movimento, informato e 26. E. Schweizer, Mk. I I . I65. Mc. I 3 troviamo un bell'esempio del fatto che Marco lega l a pro­

2,. K. Kertelge 27 . Anche in

pria comunità alla tradizione che mantiene attuale l'attività di Gesù, in questo caso la sua parola: Gesù ha «predetto tutto» ai suoi discepoli (v. 2 3 ) (e attra­ verso di essi alla sua chiesa).

III

; 7 · L'apporto teologico dell'evangelista Marco

trasformato anche la tradizione su Gesù : s i tratta della tra­ dizione dell 'autorità di Gesù di Nazaret, che ha predicato il regno di Dio, ha trasmesso la sua salvezza, ha sofferto sulla croce la morte espiatrice ed è stato risuscitato da Dio. E pa­ rimenti si tratta della tradizione dell'autorità del Messia, del Figlio dell'uomo, del Figlio di Dio. Essa fa dell'evangelo la decisiva proclamazione della salvezza di Dio per tutti gli uo­ mini, perché Gesù è il Figlio unto con lo Spirito di Dio ( I , I I ), al quale si deve dare ascolto ( 9 ,7 ) Marco non sviluppa una cristologia autonoma (cfr. a questo proposito l'excursus «Sul mistero messianico nel vangelo di Marco e sulla cristo­ logia marciana» nel vol. II); presupposti della sua opera so­ no il credo della Chiesa primitiva e la cristologia delle sue tradizioni. Come· quella letteraria, anche l'opera teologica del­ l' evangelista è 'conservativa'. Questa constatazione è molto importante per risolvere la questione della situazione storica, e dell'occasione che ne è derivata, di scrivere un vangelo, come ha visto giustamente M. Hengel 28: «Donde viene all'evangelista la spinta a narra­ re la storia passata di Gesù dal battesimo di Giovanni fino alla risurrezione come EÙa.yyÉÀto'V ? È sufficiente l'ipotesi del Kasemann, secondo il quale egli vi sarebbe stato costretto dalla situazione di lotta antientusiastica della seconda gene­ razione? Non è più opportuno vedere Marco in una tradizio­ ne nella quale la narrazione della storia della sofferenza e del­ l'attività di Gesù veniva già intesa come EÙa.yyÉÀtO'V e pensa­ re che egli stesso raccolga per la comunità del suo tempo ciò che aveva imparato come cristiano e sperimentato a fondo nella prassi missionaria e catechetica, senza la quale non pos­ siamo immaginare alcun evangelista? ( Il teologo da tavolino, lontano ·dalla pratica, è un 'invenzione del XIX secolo)» . Se si presta fede alla tradizione secondo la quale il vangelo di Marco è stato composto a Roma, e se si prende in conside­ razione una data al principio degli anni settanta, è possibile, .



28 . M. Hengel , Kerygma oder Geschichte?: ThQ 1'1 ( 1971 ) 323-336.329. Cfr. anche N.A. Dahl, Anamnesis : StTh I ( t948 ) 6'-9'; H. Riesenfeld, On the Com­ position of tht Gospel of Marlt, in The Gospel Tradition, Oxford 1970, '1-74·

Introduzione

presupponendo un'importanza normativa della tradizione di Gesù come Eua:yyÉÀ.t.ov già prima di Marco, rafforzare la te­ si di Hengel, secondo la quale la trascrizione della tradizione di Gesù nell'opera di Marco dipende anche dal fatto «che per la frattura avvenuta fra il 6o e il 70 d.C., la distruzione della comunità palestinese, la persecuzione sotto Nerone a Roma e la morte degli autorevoli testimoni Pietro e Giacomo, la con­ tinuità di questa tradizione era minacciata. Il formarsi del primo vangelo è così determinato dalla frattura tra la prima e la seconda generazione, una tesi certo non nuova, ma che oggi si dovrebbe riconsiderare più attentamente» . L'ipotesi che Marco combatta sul fronte antientusiastico e contrap­ ponga la sua theologia crucis ad una theologia gloriae ha trovato ne­ gli ultimi tempi numerosi sostenitori e avversari. Essa si basa fon­ damentalmente sul presupposto di una forte diastasi - provocata da una attività redazionale (assolutamente non conservativa) - di «tra­ dizione e interpretazione», nella quale si rifletterebbe il contrasto teo­ logico dell'evangelista con la sua tradizione e in particolare con una determinata ricezione o un determinato uso della stessa 29• Secondo T.L. Budesheim 30 e T.J. Weeden 31, nel vangelo di Marco i discepoli figurano come rappresentanti di una theologia gloriae particolarmen­ te affermata nella comunità marciana, basata soprattutto sulla cristo logia del DE'Lo c; à.v-f)p propria dei racconti di miracoli (cfr. l'excursus «La raccolta premarciana di racconti di miracoli e la cosiddetta cri­ stologia del itEi:oc; tivi)p nel vangelo di Marco» a pp . 44 1-447). Alla ba­ se di questa e di altre ricostruzioni della situazione in cui venne com­ posto il vangelo sta una parallelizzazione affrettata, non attestata nel­ l'opera stessa , fra la situazione della comunità marciana e quella del­ la comunità di Corinto determinata dagli avversari di Paolo, ricostrui­ ta ipoteticamente da D. Georgi 32 sulla base di 2 Cor. Secondo H.W. Kuhn 33, «i racconti di miracoli di Mc. 4-6 , probabilmente riuniti in29. A mio parere, questa ipotesi vale però solo per Mc. ·13 . 30. T.L. Budesheim, Discipleship and Christology in th e Marcan Tradition (Dis­ sertazione dattiloscritta), Heidelberg 1969 ; Id., ]esus and the Disciples in Con­ flict with ]udaism : ZNW 62 ( 1971 ) 19o-209 . JI T.J. Weeden, The Heresy that Necessitated Mark's Gospel: ZNW 59 ( 1968) 145-158; Id., Mark - Traditions in Conflict, Philadelphia 197 1 . Per la critica dr. S. Brown in ThSt 33 ( 1972) 754-756 ; Q . Quesnell in CBQ 35 ( 1973) 1 24 s. 32. Cfr. D. Georgi, Gegner. J 3 · H.W . Kuhn, $ammlungen 229 s. 22'; dr. Id., Der irdische ]esus bei Pau..

S 7· L'apporto teologico dell'evangelista Marco

1 13

sieme già prima di Mc. , hanno la loro 'collocazione vitale' nell'attivi.. tà di missionari che intendono il Gesù terreno come prototipo del.. l"uomo divino'. Un materiale narrativo sinottico dello stesso tipo de­ ve essere stata la tradizione evangelica degli avversari di Paolo in .2 Cor. » . Tra l'altro, Marco interpreterebbe criticamente questa tradi.. zione «in tutto il corso del vangelo, ma in particolare nel brano 8 ,271 0,45 », poiché egli > 36• Secondo lo Schenke la correzione di una teologia della gloria sta alla base non solo della ricezione delle tralus als traditionsgeschichtliches und tbeologisches Problem : ZI'hK 67 ( 1970) 19 5-320.

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I 14

Introduzione

.dizioni dei miracoli, bensl di tutta l'opera eli Marco: « La comuni­ tà venerava nel Gesù terreno il Figlio di Dio apparso visibilmen­ te. Nei suoi miracoli essa vedeva aperte manifestazioni della sua potenza e dignità celeste. La sua 'storia' le appariva come un cam­ mino di gloria, nel quale si succedevano l'una all'altra le manifesta­ zioni del suo splendore. Da questa visione della vita di Gesù la co­ munità traeva anche la propria autocoscienza. Nel proprio seno essa continuava ad attendere gli atti di potenza del suo Signore, vivendo­ li nei miracoli e segni pneumatici che avvenivano nelle assemblee lin­ guistiche e attraverso apostoli e profeti dotati di forza (cfr. 3 , 1 3 ss. ; 6 ,7 ss.) . Su questi atti prodigiosi si orientava evidentemente l a con­ cezione soteriologica della comunità, la quale vedeva in essi presente e manifesta la salvezza. Ovunque e finché nel suo seno avvenivano ta­ li fatti e manifestazioni, era presente il Signore stesso. Incombeva il pericolo di un automatismo della salvezza, ricavato dal miracolo come manifestazione della forza divina, e di un entusiasmo fondato sull'e­ sperienza comunitaria - improntata dal miracolo - della presenza del­ la salvezza. Ciò si riflette anche nel concetto della eucarestia di que­ sta comunità . Anche dell'idea della passione e della croce di Gesù al­ l 'interno di essa la redazione globale dell'evangelista ci dà un quadro interpretabile negativamente. Il rilievo col quale egli orienta tutto il materiale del suo vangelo alla passione e alla croce fa ritenere proba­ bile che la comunità fosse in procinto di scavalcare la morte eli Gesù come un incidente superato dal miracolo della sua risurrezione e dal­ la sua elevazione. Certo, essa conosce il kerygma che la morte di Ge­ sù ha operato la remissione dei peccati per i molti (cfr. 1 0,4.5 ; 14,24) . Ma la croce per la comunità non era assolutamente il centro della fe­ de sul quale si orientasse la sua teologia e la sua esistenza» 37• K. Kertelge 38 invece ha giustamente inquadrato Marco non in un fronte antientusiastico e critico nei confronti dei miracoli, bensl ha definito più positivamente il rapporto eli Marco con le sue tradizioni : « Il merito di Marco nei confronti della tradizione dei miracoli dovreb­ be consistere nel fatto che egli scrisse un vangelo dei miracoli di Ge­ sù senza perciò tradire !"evangelo' con la febbre miracolistica e il bisogno d'intrattenimento di larghi strati del popolo. Egli mostra in37 · L. Schenke, Wundererziihlungen 407 s . ; dr. Id., Studien zur Passionsge­ ·schichte des Markus. Tradition und Redaktion in Markus I4,I-42 (specialm. 4),

Stuttgart 197 1 (per la critica dr., oltre a G. Schneider in ThR 69 [ 1973 ] 284 s., specialm. D. Dormeyer, Die Passion ]e.ru als Verhaltensmodell. Literarische und

theolog�sche Analyse der Traditions- und Redaktionsgeschichte der Markuspas­ sion [Ntl Abh, N.F. 1 1 ] , Miinster 1971, 302-31 7); Id., Der gekreuzigte Chri­ stus. Versuch einer literarkritischen und traditionsgeschichtlichen Bestimmung der vormarkinischen Passionsgeschichte (SBS 69 ), Stuttgart I974· 38. K. Kertelge, Wunder 210.

S 7. L'apporto teologico dell'evangelista Marco

vece che anche nei miracoli di Gesù entra in azione l'evangelo, che solo dà la salvezza» . Con le sue analisi religioso-sociologiche G . Theissen , ha completa­ mente tolto di mezzo le (ri )costruzioni, in parte fantastiche, della si­ tuazione nella comunità marciana e della reazione teologica di Mar­ co : i depositari dei racconti protocristiani di miracoli non erano «itine­ ranti carismatici protocristiani in missione» ; anzi, questi erano evi­ dentemente preceduti dai racconti» . Le antiche comunità cristiane non svolgono, coi racconti di miracoli , una theologia gloriae (e, corrispon­ dentemente, i loro teologi non hanno alcun motivo di criticare i mira­ coli) , bensì bisogna vedere i racconti «sullo sfondo della comunità che li narra, come collettivi atti simbolici con i quali ci si opponeva agli affanni e ci si animava a contrapporvi nella vita quotidiana non solo atti ' simbolici '». Le comunità primitive hanno tanto meno occa­ sione di temere una cris tologia del DEtoç à.vi)p, in quanto presso di es­ se, a causa della tradizione di Gesù, «la fede carismatica nei miracoli diviene esclusiva, mentre tutti gli altri tipi di attività miracolosa ven­ gono eliminati e combattuti» . Il Theissen cita il teologo Origene (Cels. 8 ,47 ) come testimonianza dell'atteggiamento assunto dai cristia­ ni antichi nei confronti della tradizione dei miracoli , certo identico a quello del cristianesimo primitivo : «E presso i cristiani, che in ma­ niera prodigiosa si sono riuniti insieme, si vedrà che all'inizio sono sta­ ti indotti più dai miracoli che .dagli ammonimenti ad abbandonare i costumi e gli usi dei padri e a sceglierne altri. E se dovessimo indi­ care la causa probabile dell'origine della comunità cristiana, dovrem­ mo dire che non è verosimile che gli apostoli di Gesù, uomini del po­ polo e privi d'istruzione, si sentissero incoraggiati ad annunciare agli uomini la dottrina cristiana da altro che dalla (fiducia nella) forza lo­ ro concessa e dalla grazia che rendeva il loro discorso atto ad illu­ strare le cose; ed è altrettanto impensabile che i loro ascoltatori si sarebbero s taccati dagli antichi usi e costumi dei loro padri, se non fossero stati spinti da qualche forza significativa e da avvenimenti miracolosi ad accogliere insegnamenti cosl estranei e completamente diversi dalle dottrine loro familiari» . La fede nei miracoli serve dun­ que ad imporre e a legittimare la nuova forma di vita cristiana ; i mi­ racoli e i racconti di miracoli «sono connessi a un nuovo concetto del­ la salvezza» , che è collegato esclusivamente e interamente a Gesù di Nazaret, il Cristo, Figlio di Dio, per cui proprio nei racconti di mi­ racoli si manifestsa una «coscienza di singolarità», ispirata anche dal­ l 'Antico Testarnento (passaggio della prerogativa del risanamento da J ahvé a Gesù ; miracolo supererogatorio) . Il pericolo di una deviazio­ ne della cristologia dei racconti di miracoli verso una cosiddetta cri\9· G .

Theissen,

Wund�rgeschichten 26o s.249·2,6.263 .273 1.281 s.290 s.

1 16

I"trodu%ione

stologia del itEto� tivi}p non sussiste, poiché «i racconti protocristia­ ni di miracoli si staccano dal loro contesto storico come qualcosa di nuovo, singolare ed individuale» . Ed anche per il redattore Marco si può dire che «la forma d'attrazione dei racconti protocristiani di mi­ racoli consiste in misura non trascurabile anche in una intatta ammi­ razione del miracolo, nella sua accentuazione interiore» ; e nei rac­ conti di miracoli anch'egli avrà percepito e tramandato l'esigenza as­ soluta della nuova forma di vita e della comprensione escatologica della salvezza (cfr. 7 ,37). I comandi di tacere fanno risaltare il mira­ colo, non criticano la fede in esso. Nei miracoli si manifesta i1 divino, di cui sono una epifania salvifica. Il Theissen rileva, certo a ragione: «Le presunte riserve di redattori neotestamentari nei confronti dei miracoli si rivelano quasi sempre, a guardar meglio, come riserve di esegeti moderni verso gli autori neotestamentari. Se il rapporto fra tradizione e redazione non è visto come un rapporto di diversi strati archeologici, ma si scorge in essi l'attualizzazione di una struttura letteraria virtuale, non si può più assolutamente mettere in campo la redazione contro la tradizione. È .vero che ogni redazione pone nuovi accenti . Ma nuovi accenti non significano ancora una critica, bensl pongono in risalto ciò che è accentuato>> 40 • I racconti dei miracoli vanno addirittura valutati positivamente per la strutturazione, la tensione aretalogica (v. oltre) e .il messaggio teologico del vangelo di Marco. La tradizione dei miracoli e quella della passione stanno fra di loro in un rapporto non di critica, bensl di complemento teologico . È lo stesso Gesù che con i miracoli pro­ cura la salute corporea, con la sua morte procura la redenzione da tutti i peccati e nella sua risurrezione garantisce la risurrezione del credente. Il 'merito' della religione cristiana consiste fra l'altro pro­ prio nell'integrazione di una vera « totalità dei fenomeni nei quali gli uomini esprimono la coscienza della radicale finitezza della loro esi­ stenza e il suo reale superamento» 41 ; nell'esclusiva concentrazione sulla salvezza portata da Gesù Cristo. La concezione cristiana della salvezza viene testimoniata per Marco dai racconti dei miracoli e dal racconto della passione, come indica chiaramente l'arco di tensione aretalogico che in Mc. riunisce entrambi i materiali.

L'ipotesi che Marco riassuma la tradizione su Gesù al ter­ mine della prima generazione cristiana e non sia stato indotto 40. Cfr. anche S. Schulz, Stunde 64-79, che però sopravvaluta l'influsso dell'idea del &E�o� �vf)p sulla tradizione dei miracoli. 41 . Cosi la precisa definizione di 'religione' in H. Schrodter, Die Religion der ·

R.eligionspadagogik. Untersuchung %U einem vielgebrauchten Begrifi und seiner Rolle fur die Praxis ( Religionspadagogik - Theorie und Praxis 29), Ziirich 197j, 83 .

§ 7·

L'apporto teologico dell'evangelista Marco

1 17

alla composizione dello scritto evangelico da una specifica si­ tuazione comunitaria (eretica o condizionata dal pericolo di una ricezione eretica della tradizione), ci permette di capire sia il trattamento çonservativo del materiale tradizionale sia anche l'introduzione dell'attuale cap. I 3 con il discorso di Gesù fortemente segnato dalla mano del redattore. Questa ipotesi ci permette inoltre di pensare che l'evangelista, se­ guendo la prassi missionaria e catechetica , accolga le tradizio­ ni con lo sguardo rivolto alla sua comunità e che ponga ac­ centuazioni cherigmatiche, tracciando linee con la compila­ zione del materiale, senza lasciarsi guidare da una concezio­ ne unitaria ( addirittura polemica ). Questa ipotesi impone una distinzione fondamentale tra gli enunciati provenienti diret­ tamente dall'evangelista e gli enunciati cherigmatici risultan­ ti di fatto dall'inserimento delle singole tradizioni nel conte­ sto macroscopico dell'espo�izione generale (che si impongo­ no all'attenzione dell'interprete), anche se questa distinzione non può essere fatta in ogni singolo caso . Considerata la singolarità dello scritto evangelico (di cui 'i può già riconoscere chiaramente l'itnportanza letteraria), Ia questione dell' «apporto teologico>> dell'opera di Marco va po:)ta in relazione al suo modo di cogliere e riprodurre la tra­ dizione, pur senza sottovalutare il merito creativo del lavoro di riproduzione. In questa prospettiva l' « apporto teologico» di Marco è dunque visibile soprattutto nella composizione estesa con cui l'evangelista crea, al di sopra delle singole tra­ dizioni, archi di tensione che abbracciano l'intero vangelo . Un primo arco di tensione abbraccia la via di Gesù 42, che comincia con la preparazione della «via del Signore» da par­ te di Giovanni il Battista ( I ,2·8 ) e termina col Risorto che· «precede>> in Galilea ( I 4 , 2 8 ; I 6 ,7 ), cioè conduce alla formalione della comunità cristiana che annuncia Gesù come il Cri sto , il Signore risorto. È la via terrena del Signore divi­ no , di Gesù di Nazaret in Galilea, mandato da Dio come suo ultimo messaggero ( I 2 ,6 ), Figlio suo diletto ( I , I I ; 9 ,7 ; 1 2 , 42. Cfr. K. Kertelge, Epiphanie T68-17o; G. Theissen, Wundergeschichten 2 1 8220, chtt parla di un incompleto 1ra rco di tensione biografico».

I I8

Introduxione

6 ); la via del Figlio dell'uomo ( I 0 , 3 3 ; I 4,2 I ). L'arco di ten­ sione della via di Gesù abbraccia la storia di Gesù presenta­ ta da Marco, non una sua vita (mancano i racconti dell'infan­ zia ): non si tratta di una biografia, bensl di una storia epifa­ nica, d'una storia di rivelazione. Gesù si presenta come l'Un­ to di Spirit santo, sottoposto alla tentazione di Satana, re­ cante la buona novel�a di Dio , della vicinanza del suo regno ( I ,9- I 5 ), e annuncia, insegna, compie miracoli, discute ecc. Ben presto compare in vista la sua morte ( 2 ,2 0 ), si forma la resistenza contro di lui ( 3 , 6 ); ad una linea di successi ricono­ scibile nella diffusione della sua fama e nell'enorme afflusso di ascoltatori, corrisponde la linea del rifiuto , dell'identifica­ zione col diavolo, dell'incomprensione. La seconda metà del­ la via, il cammino verso la sofferenza (e, certo, anche verso la risurrezione nella fede in Dio come Dio dei vivi, cfr. I 2 , I 827 ), conduce dalla Galilea a Gerusalemme, al punto culmi­ nante dell'attività svolta nell'insegnamento messianico im­ partito nel tempio, e, attraverso il tradimento e il processo, fino alla croce. Il Risorto riunisce la sua comunità in Galilea; il suo cammino sfocia nel cammino della comunità, ovvero il cammino di lei diviene il cammino della sequela. Un secondo arco di tensione è quello «aretalogico : tutto il vangelo di Marco spinge all'acclamazione, al riconoscimen­ to della vera dignità di Gesù » 43 • Questo arco di tensione missionario viene sostenuto dai temi dell'ammirazione, del­ l'acclamazione e anche da quello, opposto, del mistero, quin­ di dalla descrizione dell'agire di Gesù, soprattutto in raccon­ ti di miracoli, ma anche in altre tradizioni. L'attività di Ge­ sù viene anticipata già da Giovanni quando annuncia che ver­ rà uno più forte di lui ( I ,7 s . ) e accentuata con l'inizio della sua attività nella sinagoga di Cafarnao in variazioni sempre nuove. Supporti accentuati di questo arco di tensione sono le chiuse corali in I ,2 7 ; 2 , I 2 ; 4 ,4 I ; 7 , 3 7 e l'acclamazione in ;1 5 , 3 9 , «le esclamazioni acclamanti trasposte in evidenza» 44 43· G. Theissen,

44· G. Theissen,

Wundergeschichten Wundergeschichteli

212;

213 .

dr.

212-2 14.

$ l· L}apporto teologico delfevangelista Marco

1 19

in 6,2 ; 6 , I 4 e 8 ,2 8 , le notizie sul diffondersi della fama di Gesù in I ,2 8 ; I ,4.5 ; .5 , 2o ; 6 , I 4 ; 6,3 6 e la descrizione del­ Paccorrere delle folle. Si aggiungano i frequenti temi di am­ mirazione (cfr. le considerazioni a proposito di I 0 , 3 2 ) , l'in­ vocazione del cieco Bartimeo in I o ,4 7 s. e I' acclamazione dei pellegrini all'ingresso di Gesù in Gerusalemme in I I ,9 s. A Gerusalemme viene posta espressamente la questione dell' au­ torità di Gesù ( I I ,27-3 3 ) e «l'interrogatorio di fronte al Si­ nedrio tematizza parimenti la questione cristologica» 45 • Men­ tre le proclamazioni dei demoni sottostanno al comando di tacere e la rivelazione del cielo è riservata solo a Gesù ( I , I I ) o può venire narrata dai discepoli solo dopo la risurrezione ( 9 ,7 ·9 ) e anche alla professione di fede di Pietro viene impo­ sto il segreto, l'arco di tensione si conclude con l'atto di fede del centurione dopo la morte di Gesù ( I .5 ,3 9 ), per quanto in modo ancora provvisorio. Come il primo arco di tensione, anche il secondo sbocca nella comunità cristiana, che sostie­ ne e tramanda il credo valido, e conosce la vera dignità di Gesù . Alla rappresentazione dell'intero «evangelo» Marco aggiunge l'acclamazione consenziente dei suoi ascoltatori . G. Theissen 46 ha caratterizzato in questo modo l'apporto di Marco :

«Mc. allarga a tutto l'evangelo l'arco di tensione, insito in ogni rac­ conto di miracolo, fra miracolo e attesa presa di posizione dell'ascol­ tatore. La sua composizione estesa si fonda sulla struttura compositi­ va dei racconti di miracoli : un mirabile avvenimento misterioso pro­ voca un riconoscimento . Dai racconti di miracoli è derivato un racconto d'ammirazione con acclamazione misteriosamente ritardata. L'arte compositiva di Marco consiste dunque proprio nel conserva­ re le due cose : l'integrità delle piccole unità e la forma complessiva, integrando le singole tradizioni in modo che esse restino compatte in se stesse e nello stesso tempo superino i propri limiti ;. e, d'altra par­ te, strutturando il tutto in modo che esso venga tenuto insieme da una dinamica interna , senza che le piccole unità si riducono a semplici fasi di passaggio» .

I motivi del mistero, che si intrecciano nella composizio­ ne globale, fanno dell'int era via di Gesù ( cfr. il primo arco di tensione) l'oggetto di ammirazione e acclamazione. L'in4 ' · Ibid.

46. G. Theissen, Wundergeschichtetl 214.

1 20

Introdu%ione

.tera storia di Gesù è divenuta contenuto delPevangelo. L'in­ tero libro di Marco è libro di missione. Un terzo arco di tensione, che sovrasta, un po ' allentato, i primi due e collega soltanto l'inizio, la metà e la fine del van­ gelo, abbraccia la progressiva rivelazione celeste della digtti­ tà di Gesù nel battesimo ( I , I I ), nella trasfigurazione ( 9 ,7 ) e nella morte ( I .5, 3 3 ·38 ; I 6 ,6 s.). Dopo il battesimo da par­ te di Giovanni appare a Gesù in visione la sua dignità di unico Figlio di Dio, dotato del suo Spirito (una dignità rico­ nosciuta dai demoni , che si devono sottomettere ai suoi co­ mandi ). Nella trasfigurazione la dignità di Gesù viene svela­ ta ai discepoli scelti, i quali però non possono annunciare ciò che hanno visto (e udito ) finché non avverrà la sua risur­ rezione. I segni alla morte di Gesù provocano Patto di fede, ancora insufficiente, del centurione , e solo Pannuncio tra­ smesso dall'angelo presso la tomba, che Gesù è risorto e sie­ de alla destra di Dio ( I 4,62 ) porta a quella rivelazione della sua dignità di fronte a tutto il mondo che avviene nell'an­ nuncio dell'evangelo a tutti i popoli ( I 3 , I· o ; I 4,9 ). Anche il terzo arco di tensione sbocca nella comunità cristiana co­ me luogo nel quale la dignità di Gesù è cosi rivelata da po­ ter venire acclamata a pieno diritto. P. Vielhauer 47 ha voluto interpretare i tre passi r , r r ; 9,7 ; 1 .5 ,39 co­ me gradi di uno schema di intronizzazione (adozione, proclamazione, acclamazione) che deriverebbe dal cerimoniale antico-egiziano dell'a­ scesa al trono e si rifletterebbe nel N.T. in I Tim. 3 , 1 6 ; Hebr. I ,5-1 3 e Apoc. .5 · G . Theissen 48 parla di uno «schema mistico a gradi», per­ ché si narrerebbe «la storia di un essere trascendente come storia fra Dio e il Figlio suo» ; egli non pensa a un processo di intronizzazione come graduale realizzazione della dignità di Gesù, ma a gradi della sua successiva rivelazione e del suo successivo riconoscimento. Ma anche in questa forma modificata l'ipotesi di uno schema a gradi o­ rientato sullo schema d'intronizzazione non sembra adattarsi né alle tradizioni premarciane (in 1 ,9- 1 I non si narra un'adozione di Gesù ; r 5 ,39 non è un'acclamazione perfettamente valida in senso cristiano) Erwiigungen zur Cbristologie des Markusevangeliums, in Zeit 11nd Gescbicbte. Festschrift R. Bultmann, Tiibingen 1964, 1,,.169.166-169. 48. G. Theissen, Wundergeschicbten 214-2 17.21,.

47· P. Vielhauer,

§ l· L'apporto teologico dell'evangelista Marco

121

né alla ricezione di Marco. Inoltre, come terzo grado della rivelazio­ ne, l'annuncio dell'angelo in 1 6 ,6 s. è più significativo della rivela­ zione dei segni in 1 5,3 3 ·38 . L'ipotesi che Marco conferisca unità a1 suo vangelo per mezzo di schemi ·mitici extrasinottici non è assoluta­ mente confermata. Né la tesi di R. Bultmann 49 che l'intenzione di Marco sia l'«unificazione del kerygma ellenistico del Cristo, il cui con­ tenuto essenziale è più il mito di Cristo come lo conosciamo da Pao­ lo (in particolare Phil. 2,6 ss . ; Rom. 3 ,24), con la tradizione della storia di Gesù», né il suo ampliamento ad opera di J. Schreiber 50, che vorrebbe trarre dalla parabola della vigna ( I 2, I -9) l 'idea della preesi­ stenza di Gesù e interpretare la sua crocefissione come innalzamento del Redentore, si adattano alle antiche tradizioni palestinesi del rac­ conto del battesimo e della storia della passione (che comprendeva anche il racconto della trasfigurazione ), dove si illustra il Gesù ter­ reno (dopo il battesimo di Giovanni o come Figlio dell'uomo prima del cammino verso la sofferenza). Il fatto che il vangelo di Marco sia determinato nella sua composizione dal diffuso motivo della lotta con­ tro i demoni e risulti > 28. Anche in I J , I o «l'evangelo>> è l'annuncio missionario del­ la Chiesa. Questo motto, con ogni probabilità premarciano, serve ali 'evangelista per interpretare il destino di persecuzio­ ne dei discepoli di Gesù. «Nel momento in cui i discepoli, 'per amore di Gesù e dell'evangelo', si sottopongono alla per­ secuzione e alla sofferenza, essi annunciano l'evangelo non so­ lo con la loro parola, ma anche col loro destino, testimonian­ do con tutta la loro persona che il loro Signore è il Sofferen­ te e il Crocifisso e contemporaneamente il Vivente e il Po­ tente» 29• Le diverse origini del concetto di 'evangelo' nella tradizio­ ne premarciana - a ) annuncio della venuta di Dio per la sal­ vezza (e per ·il giudizio ) nella predicazione di Gesù ( I , I 5 ; I 4,9 ); b ) annuncio missionario della Chiesa primitiva� che proclama Gesù Cristo ( 8 , 35 ; I 0 ,29; I 3 , I o); c) nelrespressio­ ne "tÒ EÙcx:yyÉÀLO'J "tOV tleou , tratta dalla predicazione missio­ naria monoteistica per inquadrare parole di Gesù ( I , I 4 ) sfociano nel contesto della composizione marciana, sotto il titolo àpxi] "tou evayyeÀ.tou 'IT)aou Xpta"tov ( I , I ), in una concezione della rievocazione del fondamento e. dell'inizio storico della predicazione missionaria della Chiesa, « in una identificazione storico-cristologica del suo annuncio e del suo insegnamento>> 30• L'evangelo di Gesù Cristo, presentato da Marco, ha avuto inizio con la predicazione della buona no· velia di Dio da parte di Gesù, che ha richiesto la fede in que­ sto evangelo, nell'annuncio della vicinanza del regno tli Dio. Per i seguaci di Gesù , che per amore suo e del suo evangelo 28. R. Schnackenburg, 'Das Evangelium' 19. R . Schnackenburg,

(Dar Bvangelium'

3 17.

313.

10.

P. Stuhlmacher 278

n.

2.

I

88

'Regno di Dio' in Mc.

sono pronti al sacrificio della vita e alla rinuncia totale, che devono accettare le persecuzioni, esso è divenuto l'evangelo di Gesù Cristo, della sua sofferenza, della sua morte e della sua risurrezione, il ricordo della sua attività, che viene rie­ vocata nella predicazione dei suoi messaggeri come nuovo appello alla conversione e alla fede. Dato che nel racconto di Marco il concetto di 'evangelo', tranne che in I , I . I 4, ri­ corre solo in bocca a Gesù, questi in definitiva richiede, con la fede nell'evangelo ( I , I 5 ), anche la fede in se stesso come Figlio di Dio ( I , I I ) . Nell'evangelo di Gesù Cristo , Marco ­ com'egli sottolinea in particolare mediante la chiusa sospesa della sua composizione, che si ricollega al suo inizio 31 - iden­ tifica l'annunciatore dell'evangelo ( di Dio) con l'annunciato nell'evangelo (di Gesù Cristo), il Risorto col Gesù terreno, il Figlio di Dio col Figlio dell'uomo che percorre la via della sofferenza. Perciò l'annuncio di Gesù è in un certo modo un costante annuncio cristologico. «Gesù, l'annunciatore dell'e­ vangelo di Dio, è presente nell'evangelo della Chiesa» 32 : è la tesi di Marco, che con il suo scritto missionario e catechetico vuole contribuire all'ampliamento e all'approfondimento del­ l'evangelo. La Chiesa aveva bisogno di ricuperare l'inizio del­ l'evangelo di Gesù Cristo presente nelle tradizioni su di lui , che dovevano venire inserite in una presentazione della sto­ ria di Gesù. L'apporto letterario e teologico di Marco consi­ ste nell'averla presentata e rievocata come evangelo. Secondo la narrazione di Marco, la sovranità ( o regno ) di Dio è il concetto centrale della predicazione e dell'insegna­ mento di Gesù, collegato strettamente, tramite I , I 5 , col cot:t­ cetto di evangelo. A parte il resoconto del narratore della sto­ ria premarciana della passione, che descrive Giuseppe di Ari­ matea come simpatizzante di Gesù ( I 5 ,4 3 ), il concetto nel vangelo di Marco ricorre solo in bocca a Gesù, prevalente­ mente in logia che vanno considerati autentici ( 4 ,26.30; 9 , 3 1 . Bene

illustrato in R.P. Meye, Jesus and the Twelve. Discipleship and Re· velation in Mark's Gospel, Grand Rapids, Michigan 1968, 83·8.5 . 3 2 . Cfr. J. Delorme, Aspects 8 1 : «Si potrebbe dire che l'evangelo ora proclamato è lo stesso Cristo dinamicamente presentato e continu$1to».

'Regno di Dio ' in Mc.

I .4 7 ; IO, I 4 . I .5 .23 .24 . 25 ; I4,2.5 ; e secondariamente 4, I I ; I 2 ,34 ) ; di propria iniziativa Marco non ha inserito questo concetto in alcun punto della sua redazione. Nei capp. 9- I o , che hanno per tema la sequela di Gesù nella c9munità, domi­ nano i detti riguardanti l'entrata nel regno di Dio, con parti­ colare accentuazione del loro carattere futuro-escatologico ( 9 , 47; I O, I 4 . I .5 .2 3 .24.2 .5 ); il regno di Dio è la vita eterna, che tuttavia s'inizia già alla sequela di Gesù nella comunità cri­ st.iana, in quanto già ora esso viene accolto come da bambi­ ni ( I o, I .5 ) e il suo mistero è già concesso ai discepoli di Gesù (4,I I ). Nella composizione di Marco il regno di Dio viene caratterizzato in 9, I ss. dal racconto della trasfigurazione co­ me esperienza di risurrezione, della quale Gesù, l'annunciato­ re del regno di Dio, partecipa già dal momento della sua mor­ te, cosl che il compimento del tempo, la vicinanza della so­ vranità divina, ne traggono nuova qualificazione. Come la storia di Gesù era già anche la storia dell'avvento del regno, cosl ora la storia dei suoi discepoli nella proclamazione del­ l'evangelo a tutti i popoli è, in maniera nuova, anche la sto­ ria dell'umile crescita della sovranità divina fino al compi­ mento realizzato, nel giudizio (4,26-29 ) e nella salvezza ( 4, 30-3 2 ), da Gesù come Figlio dell'uomo nella sua parusia ( 8 , 3 8 ; I 3 ,26 s . ). La storia dell'avvento del regno di Dio ( anche questo è un punto fermo in Marco ) nella sequela di Gesù è collegata alla via stabilita da Dio ( I ,2 s . ), che è contrassegna­ ta dalla sofferenza. Il mistero del regno di Dio concesso ai discepoli ( 4 , I I ) è trasmesso loro con l'evangelo, nel quale la via di Gesù è definita . A questa chiamata di Gesù Marco fa tosto (v. I 7) seguere la procla­ mazione del regno di Dio. BIBLIOGRAFIA.

Cfr. là bibliografia citata alle pp. 1 38 e 1 5.7 ss.; R. Bultmann, Trad. 1 24; G. Theissen, Erg. H. 45 ; inoltre F.W. Ho­ ward, ]ohn the Baptist and ]esus. A Note on Evangelic Chronology, in Amicitiae Corolla (London 1 93 3 ) 1 1 8-1 32 ; E. Molland, Das pauli­ nische Evangelium. Das Wort und die Sache (Osio 1 934); J.Y. Camp­ bell, The Kingdom of God has come : ExpT 48 ( 1 936/37) 9 1-94; M. Blac k Tbe Kingdom of God ha." come : ExpT 63 ( 1 9.5 1 / ' 2 ) 289 s . ; ,

Mc. 1,14-1'

1 90

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Mc. I,I6-J4

II. L'inizio dell'autoritativa attività di Gesù

( 1 , 1 6-34)

4 · VOCAZIONE DI DUE COPPIE DI FRATELLI ( I , I 6 - 2o ) I

Dopo il sommario della predicazione di Gesù sul regno di Dio ( vv. 1 4 s . ) revangelista introduce un'antica tradizione, rappresentata dalla doppia narrazione della vocazione di due coppie di fratelli. Fin dall'inizio Marco presenta i quattro di.. scepoli più importanti (cfr. 3 , 1 3- 1 9 ) come testimoni dell'at­ tività di Gesù; poiché in seguito saranno gli annunciatori, i discepoli entrano fin dall'inizio nel racconto evangelico. L'evangelista riprende questa tradizione (giuntagli con ogni probabilità isolata ) - una leggenda eziologica narrata per fondare e stimolare rimitazione dell'attività missionaria dei discepoli - sottopenendola a variazioni redazionali di scar­ so rilievo ( dopo i vv. 9 . 1 4 la rinnovata menzione della Gali­ lea in I 6a; forse reuDuc; nel v. 20a). Dopo il 'prologo' la nar­ ' razione si adatta bene al ductus del vangelo. 16 Ka.L 1ta.pciywv 1ta.pà 'tÌ)V Dcila.craa.v -t'ii; ra.Àt.Àa.,a.; Et8Ev l:!IJ.WVa. xa.t 'Av8pta.v -tbv à.8Elcpbv l:!IJ.Wvot; à.�cpt,�allov-ta.t; Èv 't'fi ita.l6.cr­ O'TJ" oijaa.v yà.p dÀEEtt;. 17 xa.L El1tEV txÒ-tott; Ò 'l'l')CTOut;• 8EU'tE 61ttCTw J,.tou, xa.L 1tot-i)aw vJ,.tdt; yEvÉCTita." ciÀEEtt; à.vitpw1twv . 18 xrxt Eòitùt; à­ cpÉV'tE; -tà. 8'x'tua. T)xolouih)aa.v a.v�. 19 Ka.L > sot­ tolinea la sua parola in maniera particolare . La sua efficace chiamata alla sequela potrebbe essere una citazione di 2 Reg. 6 , 1 9 LXX, dove Eliseo con questa chiamata ( OEU'tE Ò1ttO"W J.LOU ) riduce in potere del re d'Israele un esercito siriaco 10• Gesù non chiama, come Elia, solo per incarico di Dio ( I Reg. I 9, I 6 ) e non mediante un 'azione simbolica alla maniera dei profeti ( I Reg. I 9 , I 9 : Elia getta il suo mantello di profeta su Eliseo ), bensì per potestà propria con parola autoritati-

'1· Cfr. Le. 19,, ; inoltre Mc. 6,34 ; 8,3 3 ; 10,27 s. ; 12 ,34 . 8. Per quanto riguarda Giacomo, quando viene menzionato la seconda volta si usa il pronome personale; çfr. per contro la formulazione con una duplice cita­ zione del suo nome in 3 ,17. Sul riflesso di dati storici nella sequenza di liste di nomi, vedi sotto. 9· cilJ.cpt.�..>.w . è un termine tecnico che descrive il lancio del giacchio (dr. W. Bauer, Wb., s. v. ) : «nell'uso di questa rete il pescatore stava in piedi nell'acqua, e, appena vedeva una frotta di pesci, vi gettava sopra la rete>> (C. Edlund in BHH I, 483 ) ; cfr. anche A. Schlatter, Mt. 1 17 s. Sulla parentesi esplicativa intro­ dotta da y4p (v. 1 6b) dr. H. Almquist, Plutarch 49· 10. Cfr. anche ]e chiamate alla sequela in Mc. 2,14; 10,2 1 .

Mc. x,x7-I8

va, come nell'A.T. faceva Dio stesso tramite i suoi profeti. Nella narrazione protocristiana il riflesso storico della pote­ stà carismatica di Gesù e l'accentuante stilizzazione del Si­ gnore della missione hanno formato un 'unità indissolubile. A motivare la sua chiamata Gesù aggiunge una promes­ sa 1 1 : i suoi discepoli si trasformano, al suo seguito, da pe­ scatori in pescatori d'uomini, in missionari, in 'apostoli' (cfr. 3 , 14; 6,7 .30 ) . Gesù li 'fa' tali ( 3 , 14 ); anche nella promessa di Gesù si manifesta la sua potestà. La promessa è coerente­ mente formulata al futuro ( 1tOLTJCTW ) ; la vocazione e la mis­ sione non possono avvenire nello stesso tempo, in quanto la missione si sviluppa solo dal discepolato, dalla consuetudine con Gesù (cfr. 3 , 1 4 ). Nell'ambito del racconto eziologico, che fonda l'attività missionaria dei discepoli, la missione non si riferisce solo all'invio postpasquale (missione) distinto dal discepolato prepasquale (vocazione ) 12, bensl anche all 'attivi­ tà missionaria dei discepoli in Palestina durante la vita di Gesù (cfr. 6 , 7- 1 3 , 3 o parr. ). La posizione delle coppie di fra­ telli missionari viene - a ragione - fatta risalire alla loro vo­ cazione da parte di Gesù e alla loro missione (già anteriore alla pasqua). L'espressione figurata «pescatori d'uomini», che si riferi­ sce chiaramente al precedente mestiere dei chiamati e vi in· siste in maniera particolare, potrebbe esser sta�a concepita da Gesù in considerazione di Ier. I 6 , I 6 ( tooù Èyw a1tOt1'tÉÀÀw 'toÙç àÀEE�c; 'tOÙç 1tOÀÀouç ), sulla base del contesto che si ha in Ier. 1 6 , 1 5 (ove si tratta della raccolta dei figli d'Israele ), in opposizione al significa to originario di quella che era una espressione di carattere giudiziario : in quanto pescatori di uomini, i discepoli devono raccogliere dalla dispersione Israe­ le, e dopo la pasqua anche «tutti i figli dispersi di Dio» ( lo. I I ,j 2 ). 18.

L'obbedienza dei chiamati viene presentata come obbe-

1 1 . xt�t ha qui valore di motivazione ; dr. Debrunner S 442,9. 12.

Contro G. Klein 1 7-19.

Mc. I1I9-2o

1 96

dienza esemplare e immediata ( €Ùilu� ). Essi abbandonano la loro professione, il loro mestiere e la loro vecchia vita. Per la prima coppia di fratelli si mette in rilievo la rinuncia al me­ stiere (V. I 8 : 'ttX OtX'tUa. ), per la seconda la posposizione di legami umani (v. 20 : 'tÒ\1 '7ta.'tipa ; cfr. I Reg. I 9 , 2 o ; Mc. I O, 2 9 ); le due scene si completano a vicenda. Simone potrà dire più tardi : «Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbia­ mo seguito» ( I o ,2 8 ). 1 9 . Nella seconda scena resta presupposta la stessa localiz­ zazione della prima ( «lungo il mare di Galilea» ). «E, andato un po' oltre>>, Gesù vide gli altri due fratelli; l'impiego dei participi dei verbi di movimento rientra nello stile narrativo (sia nella tradizione orale sia nella descrizione scritta ) I2a . Gia­ como si distingue perché è nominato per primo e col patro­ nimico ( figlio di Zebedeo ). Anche gli Zebedeidi (nell' epese­ getico xa.i, ha forse influito I Reg. 1 9, 1 9 ) vengono caratteriz­ zati come pescatori ; essi stanno riparando le reti. La frase ri­ guardante i pescatori di uomini vale anche per loro . 2 0 . L' «immediata»

chiamata di Gesù - xa.ÀÉw ha qui il si­ gnificato tecnico di 'convocare' 13 - nella seconda scena è sem­ plicemente menzionata, non enunciata nei suoi precisi termi­ ni ; il breve testo presuppone quello più lungo della scena precedente . Il narratore pone ora accenti nuovi ; egli ricorre all'indicazione del padre di Giacomo , che normalmente ser­ viva a distinguerlo da altre persone che portavano lo stesso nome (dr. 3 , 1 7 ), per inserire un tratto risalente a I Reg. I 9 , 2 0 s. : gli Zebedeidi alla chiamata di Gesù, abbandonano il padre e questi resta «coi salariati» nella barca 14 (forse con 1 2a. Cfr. H. Almquist,

'fiutareh 49 s.

1.3. Cfr. K.L. Schmidt in ThWb III, 488-492 ; F. Hahn 1.3.

14. In questo modo i fatti corrispondono alla indicazione del v . 1 9 . L'articolo determinativo (lv 't� �).,o!�) del v. 19 viene considerato da alcuni commenta­ tori come riflesso di una notizia di testimoni oculari. Cfr. per contro V. Taylor, Mark 170: «L'articolo determinativo in tv 't� 1tÀO� indica l'oggetto appro­ priato alle circostanze». Non si devono confondere la chiara visione di un nar­ ratore che descrive in maniera simbolica t� ricca di riferimenti. e il resoconto

Mc. I,x6-:zo

1 97

ciò si tende ad addolcire [dr. invece Mt. 4,22 ] la durez­ za dell'atteggiamento nei confronti del padre). La sequela (v. I 8: axoÀouDÉw ) si attua nel porsi al seguito di Gesù (v. 20: MpxoiJ.a.t o1ttO"W ) L'espressione conclusiva riprende l'invito al­ la sequela di Gesù del v. 1 7 ( o1ttuw IJ.OU ). Prima della p�squa, la sequela di Gesù si attua in senso concreto-spaziale; dopo la pasqua parimenti in concreto rigore (cfr. 8,34 ) nel seguire Gesù, sul suo cammino, nella sua comunità e al servizio del­ la sua causa. .

IV La formulazione di questi due omogenei racconti di vocazione proba­ bilmente dipende, oltre che da un interesse parenetico per il modello degli apostoli maggiori, dal desiderio di indicare il fondamento del­ l'attività missionaria delle due coppie di fratelli , che da pescatori di­ vennero pescatori d'uomini . Cosl come il racconto di vocazione del­ l'A .T. è preminentemente una leggenda profetica incentrata sulla figu­ ra di Eliseo, così la narrazione neotestamentaria è una leggenda ezio­ logica imperniata sui discepoli, che naturalmente hanno ricevuto di­ rettamente da Gesù la loro esistenza missionaria. Questa leggenda non è però affatto priva di valore storico t:S. Nel testo è entrata una serie di dati storici sulla vita di Gesù e dei suoi discepoli (prima e dopo la pasqua) : 1 . il fatto della chiamata delle due coppie di fratelli da parte di Ge­ sù ; non essi si sono scelti il loro maestro, come facevano, ad es . , i discepoli dei rabbini 16, bensì sono stati colti dall'autorità carismatica di Gesù . Essa e il rigore della sua chiamata 17 rivolta a singoli indivi(ingenuo) di un testimone oculare. La questione detla base storica di una narra-­ zione va posta in una maniera meno contestabile dal punto di vista metodolo­ gico (vedi sotto). 1 5 . Sul concetto di 'leggenda' cfr. K. Koch, Formgeschichte 209 : «Netla comu­ ne accezione moderna questo termine viene usato per narrazioni che non riguar­ dano fatti reali ; sono quindi considerate 'leggendarie' ed anche tendenziose, per­ ché provenienti da una determi nata deformazione della storia. t questa una interpretazione molto esteriore ed errata, per se stessa esclusa da una seria con­ siderazione delle forme letterarie». 16. Or. K.H. Rengstorf in ThWb IV , 447 ss.; H. Zimmermann, Christus nach­

folgen. Eine Studie zu den Nachfolge-Worten der synoptischen Evangelien : ThGl 53 ( 196 3) 24 1-2 5 5 .242 s . ; G. Bornkamm, ]esus von Nazareth, Stuttgart 6 r 96 3 , 1 35; M. Hengel , Nachfolge 55-63 : la sequela e il discepolato non si spie­ gano partendo dal modello dei rabbinj. 17. Cfr . H. Braun, RaJikalismuJ II, 10 n. 2; M. Hengel, Nachfolge 14; S . Sc:hulz, Q 448 s .

Mc. I116-2o

dui 18 che vengono assunti in servizio, sono caratteristici di Gesù. Cfr. anche il comm . a J ,2 1 .3o-35 ; 6 , 1-6; Io ,28 s. 2. Il profilo profetico-carismatico di Gesù , il quale non si presenta come scriba di stampo rabbinico . Ciò che univa Gesù e i suoi disce­ poli non era la torà (né il suo studio o la sua esegesi) , bensl lo stesso Gesù e il suo messaggio 19• 3 . Il senso missionario della chiamata : la sequela dei discepoli ser­ viva ad intensificare e ad estendere l'annuncio del regno di Dio da parte di Gesù 20• Certo, la missione collega appunto la situazione pre­ pasquale e postpasquale dei discepoli, come si riflette nei testi rela­ tivi (6,7- 1 3 .30; Mt. I o ,, ss.; Le . 9,I -6; Io,I-I7). 4 · La frase sui pescatori d'uomini, l a cui sintassi tradisce una in­ fluenza semitica, e che non presenta difficoltà ad una retroversione in aramaico 21 ; quale espressione figurata priva di dirette corrispon­ denze rabbiniche o ellenistiche, specialmente se si considera che la sua formulazione è determinata dalla situazione particolare (di voca­ zione ), può ritenersi parola autentica di Gesù 22• Il testo di Le. , , I o è una rielaborazione secondaria del redattore 23 ., . Il mestiere precedente delle due coppie di fratelli . Che fossero pescatori viene confermato da Le. 5,4-9 (per Simone) e Io. 2 I , I - I 3 (per Simone e probabilmente anche per i figli di Zebedeo) 24• Simone •

18. Gesù non fa della sequela «una condizione generale per ottenere la salvez­ za» (H. Conzelmann in RGG" III, 629). Sulla differenziazione dei seguaci (disce­ poli) di Gesù dai credenti e simpatizzanti nei villaggi e nelle città della Galilea cfr. G. Theissen , Wande"adilealismus: ZThK 70 (1973 ) 245-271 ; Id., Legiti­ mation und Lebensun terhalt : NTSt 21 (1974/75) 192-22 1 .

19. Cfr. E . Neuhiiusler, Anspruch und Antwort Gottes, Dii sseldorf 1962, 186; ]D.M. Derrett, ]esus Audience, London 1973, 142-1 50.

20. Cfr. A. Vogtle in BthWb I , 770 s.; H. Schiirmann, Der ]ungerkreis llls Zei­ chen fur lsrael: GuL 36 (1963) 21 -35, specialm. 2'-27. 2 1 . Cfr. K. Beyer, Syntax I, 2'2 ; M. Hengel, Nachfolge s, .

22. Nel riferimento alla situazione rientra anche, se è consentito tenere conto di

ler. 16,1 5 s., la rivendicazione di Gesù di raccogliere Israele. Prima della pasqua i discepoli svolgono una funzione nel movimento di raccolta promosso da Ge­

sù, che riguarda le pecore perdute della casa di Israele (Mt. i o,6 ; cfr. 18,12 ; Le. 1 , ,3 ss.), tutto Israele . Cfr. R. Pesch, Der Anspruch ]esu : Orientierung 3' ( 1971 ) 53-56.67-70·77-8 1 ; Id., Thesen zur Sache ]esu : HK 26 ( 1971 ) 33-34; H. Geist, ]esus vor lsrael - der Ruf zur Sammlung, in K. Miiller, Die Aktion ]esu und die Re-Aktion der Kirche, Wiirzburg 1972 , 31-64; H. Merklein, Der ]unger­

kreis ]esu, ibid. 6'-100. 23 . Cfr. R. Pesch, Fischfang 72 ss.; Id., La rédaction lucanienne du logion deJ in F. Neirynck (ed.), 1/gvan ­ pécheurs (Le. ),Io) : EThL 46 ( 1 970) 41 3-432 gile de Luc, Gembloux 1973, 22,-244. 24. Sulla problematica dei testi dr, R. Pesch, Fischfang; inoltre H. Kasting, An=

1 99

Mc. 1,16-lo

è originario eli Cafarnao (Mc. I ,2. 1a .2 9 ) o (con Andrea) di Betsaida (l o. 1 ,44 ) 25, in ogni caso dei pressi del lago di Galilea . 6 . La missione a coppie , che si riflette nella menzione a coppie. Co­ loro che Gesù chiama e manda sono uniti a coppie (6,7 : Suo Suo ; Le . 1 0, 1 : à.và. Suo ; cfr. anche 1 1 ,1 ; 14,1 3 ; Le. 7 , 1 8 ; in particolare lo. 1 ,3.5 ss. ; Act. 1 , 1 3 ) ; ciò è confermato , oltre che dalle antiche imma­ gini di apostoli e dalle tradizioni riguardanti la missione, anche dal­ Ia lista dei Dodici in 3 , 1 3- 1 9, che si sforza di riunire i nomi a coppie. «La notizia che Gesù ha inviato i suoi messaggeri a due a due (Mc. 6,7 ) viene confermata dalle informazioni rabbiniche e protocristia­ ne, dalle quali risulta che l 'invio di messaggeri a coppie era una con­ suetudine costante» 26• È probabile che le due coppie di fratelli ab­ biano lavorato a coppie sia nella missione prepasquale sia in quella postpasquale. 7 . Il rango e l'importanza dei discepoli ·nominati in precisa succes­ sione. Il ruolo dominante di Simone ( Pietro ) ci è noto dalla tradizio­ ne sinottica e da Paolo 27; nelle liste Simone Pietro compare regolar­ mente al primo posto . Andrea ha un ruolo subordinato (in 3 , 1 8 vie­ ne al quarto posto; cfr. 1 3 ,3) ; Giacomo ricorre regolarmente prima di Giovanni ( 3 , 1 7 ; , ,3 7 ; 9,2 ; 1 3 , 3 ; 1 4, 3 3 ) , che assume un rilievo maggiore solo nella tradizione di Luca 21 • Tutti gli elementi storici di questa narrazione, modellata su un te­ sto veterotestamentario, accennano ad una origine in suolo palestine­ se , in cerchie formatesi attorno ai quattro apostoli menzionati. La narrazione risale alla prima missione postpasquale, fa parte di una fiinge 47 ss.; B. Steinseifer, Der Ort der Erscheinungen des Auferstandene11 : ZNW 62 ( 1 97 1 ) 2 32-265 ; T. Lorenzen, Der Lieblings;iinger im ]ohannesevange­ lium (SBS 55 ), Stuttgart 1 97 1 , 59 ss.; Id., 1st der Au/erstandene in Galiliia er­ schienen? Bemerkungen zu eùzem Aufsatz von B. Steinseifer: ZNW 64 ( 1973) 209·221 .

25 . G. Schille, Anfiinge der Kirche, Miinchen 1 966, 37 ritiene Betsaida il � dei due discepoli. Le opere di Schille, che dan­ no nuovi impulsi ad uno studio della prima missione cristiana, vanno esalDi­ nate con senso critico. Cfr. anche: Die urchristliche Kollegialmission (AThANT 48) , Ziirich 1967. 26. ]. Jeremias, Paarweise Senclung im N. T. , in Abba, GOttingen 1966, 1 ,32-1 .39· Per il periodo apostolico cfr. W. Schmithals, in Das ltirchliche Apostelamt (FRLANT 79), GOttingen 1 96 1 , 43 s. 214. Nella tradizione profetico-levitica svolge un ruolo la tradizione riguardante Mosè ed Aronne; cfr. anche i due te­ stimoni-messaggeri di Apoc. 1 1 ,3 ss. 27. Cfr. R. Pesch , Die Stellung und Bedeutung Petri in der Kirche des N.T. : Conc 7 ( 1 971 ) 24o-24 5 . 28 . Cfr. R . Pesch, Beru/ung 23

cun

n. 1 3 3 ; Id., Fischfang 69 s .

Mc.

2 00

z,z6-:2o

·tradizione sinottica molto antica e qui è inclusa in testi sulla cui for­ mulazione ha influito la tradizione di Elia ed Eliseo 29•

v

Nell}ambito del vangelo di Marco, che nella sua qualità di

resoconto stabilisce relazioni nuove o precedentemente inesi­ $tenti fra i singoli brani delle tradizioni anteriori con una successione di tipo quasi biografico, la chiamata delle due coppie di fratelli diviene la chiamata dei «primi discepoli» di Gesù. Fin dall'inizio almeno quattro discepoli, vale a dire :i più importanti , sono dall'evangelista considerati testimoni dell'agire di Gesù ; tre di essi assistono anche ad un avveni­ mento riservato ed epifanico ( 5 ,3 7 ; 9 ;2) e alla scena del Get­ :semani ( I 4,3 3 ) e tutti e quattro sono destinatari del discor­ so escatologico ( I 3 , 3 ). Dopo l' «inizio dell'evangelo» entrano in campo gli annun­ ciatori dell'evangelo di Gesù, il Cristo, i pescatori d'uomini che devono portare l'evangelo a tu t ti i popoli ( I 3 , I o ) in tut­ to il mondo ( I 4,9 ). In Mc. si ha un'accentuazione missiona­ ria sin dal primo capitolo. Dal punto di vista della teologia della missione 30, parecchi tratti in z, z6-2o assumono un si­ gnificato particolare: a ) la Galilea come territorio dell'annun­ cio di Gesù (vedi il comm. a I , I 4 s. ) e il mare di Galilea co­ me ponte gettato verso i pagani ( j , I . I 3 .2 I ; 6,47 .48 .49 ; 7, 3 I ); h ) i discepoli di Gesù come suoi missionari; c) gli enun­ ciati riguardanti la sequela 31 , che nel periodo successivo alla ,

29. Manca purtroppo ancora uno studio su questo tema; per indicazioni som­ marie dr. ad es. L. Goppelt, Typos, Darmstadt 2 1 966 , 70-97. 30. Bibl. : F. Hahn, Das Verstiindnis der Mission im N.T. (WMANT 13), Neu­ kirchen-Vluyn 1963 ; ]. Giblet, Le sens de la mission dans le N.T. : AS 98 (1967) 42-.5 3 ; H. Kasting, Anfiinge; M. Hengel, Die Ursprunge der christlichen Mis­ sion : NTSt 1 8 (1 971/72) 1 .5-38 ; F. Hahn, Bekenntnis und Mission im N. T. , in Probleme ;apanischer und deutscher Missionstheologie , Heiddberg 1 972, 9.5-1 1 1 . 3 1 . Altra bibliografia sul tema della sequela : H.J. Schoeps, Von der imitatio Dei zur Nachfolge Christi, in Aus friihchristlichcr Zeit, Tiibingen 19.50, 286-301 ; T. Siiss, Nachfolge ]esu: ThLZ 78 ( 1 9.53) 1 29-140 ; KH. Schelkle, Jiingerschaft und Apostelamt, Freiburg 19.57 ; W. BieJer. Die Berufung im N. T. (AThANT 38), Ziirich 1961 ; A. Auer in HThG 1 1 , 207·21 1 ; E. Schweizer, Erniedrigung und Erhohung bei ]esus. und seinen Nachfolgern (AThANT 28), Ziirich 21962, 7-2 1 ;

Mc.

z,z6-2o

20 1

pasqua vengono trasposti a tutti i cristiani ed intesi nel sen­ so d'una sequela che si attua portando la croce ( 8,34; cfr. 1 4, .54.66-7 2 }: la sequela dei discepoli durante la vita terrena di Gesù si trasforma nella sequela dei discepoli attuata nella fe­ de in Gesù. Nei racconti di Mc. riguardanti la sequela di Ge­ sù si tratta in fondo sempre della sequela di Cristo proposta ai credenti ai quali viene annunciato l'evangelo. &.xoÀ.ouDÉw ricorre molto spesso in Marco. Talora si tratta della se­ quela dei discepoli ( 1 , 1 8 .2o ; 2 , 1 4 ; 6,1 ; 1 0,2 8 ), che, dopo la paura ( 10,32 ), sfocia nella fuga ( 1 4,.50) e nel rinnegamento ( 1 4,.54·66-72), e deve venire ricostituita nel 'precedere' postpasquale di Gesù (cfr. 16,7 ; 1 4,28 ; 10,32 ). Il verbo indica poi la sequela dei pubblicani e peccatori (2,1 .5 ), che Gesù chiama dal loro passato peccaminoso (2, 1 4 . 1 7 ), e l'ambivalente sequela di folle ( 3 ,7 ; .5,24), mosse più . dalla brama di miracoli che dalla fede. Infine &.xoÀ.ouDÉw è usato a propo­ sito della sequela di donne galilee ( 1 .5 ,4 r ) , che giunge fino alla croce, cosicché a queste donne può venire affidata la novella della risurre­ zione ( 1 6 ,1-8).

Il tema della sequela percorre tutto il vangelo di Marco ; esso ha un peso particolare negli ammonimenti posti al cen­ tro del libro, che anche dal punto di vista teologico fanno parte del 'centro' di questo evangelo dell'esistenza creden­ te intesa come sequela di Cristo e della croce ( 8 ,34-3 8 ); d) i motivi della vocazione e dell'invio, della sequela· e della mis­ sione, che vengono intrecciati l'uno con l'altro in tutto il van­ gelo. Il cammino del discepolo al seguito di Gesù è contem].M. Nielen, Die Kultsprache. Nachfolge und Nachahmung im ntl. Schrifttum : BuL 6 ( 196') 1-16; ]. Roloff, Apostolat - Verkundigung - Kirche, Giitersloh 196' ; S. Aerts, Suivre ]ésus: EThL 42 ( 1966 ) 476- , 1 2 ; R. Schnackenburg, Nach­ folge Christi, in Christliche Existenz nach dem N.T., Abh. u. Vortr. 1, Miinchen 1 967, 87-108; H.D. Betz, Nachfolge und Nachahmung ]esu Christi im N. T. (BHTh 37), Tiibingen 1967; F.J. Helfmeyer, 1Gott nachfolgen' in den Qumran­ lexten : RQum 7 ( 1 969) 81-104; K. Heinen - A. Weiser, ]ungernachfolge im AJ. ten und Neuen Testament: LZ 4 ( 1972 ) 7-2 1 ; J. Sudbrack, Letzte Norm des Ordenslebens ist die im Evangelium dargelegte Nachfolge Christi: GuL 4 1 ( 1969) 431-448 ; G . Turbessi, Il $Ìgnificato neotestamenlico di 1Sequela' e di 1imi­ taz.ione' di Cristo : Benedictina 2 ( 1972 ) 163-22' (bihl .); R. Schwager, ]esus-Nach­ /olge, Freiburg 1973 ; E. Griisser, Nachfolge und Anfechtung bei den Synopti­ kern , in Angefochtene Neu:hfolge. Beitriige zur Theologischen Woche 197 2 : Be­ thel, fase. I r h 9 7 � l 44-,7.

202

Mc.

I,2I-J4

poraneamente un cammino di sofferenza e un incarico di mis­ sione. Il cristiano è pescatore d'uomini ( 1 , 1 7 ) solo in quan­ to è dato nelle mani degli uomini ( 9,3 I ) e segue il Figlio del­ l'uomo, «che non è venuto a farsi servire, bensl a servire e a dare la sua vita in riscatto per molti» ( 1 4,45 ). BIBLIOGRAFIA . Cfr. R. Bult ma nn , Trad. 26 s.; G. Theissen, Erg. H. 25 ; inoltre L. B run , Die Berufung der ersten ]unger ]esu in der evan­

gelischen Tradition : SyOs I I ( 1 93 2 ) 35·54; J. Daumoser, Berufung und Erwahlung bei den Synoptikern (Meisenheim 1 9.54); ]. Manek, Fishers of Men : NovT 2 (1 9.5 7) I 3 8-1 4 1 ; C.W.F. Smith, Fishers of Men : HThR 52 ( I 9.59) 1 87-203 ; S. Bartina, La red esparavel del E­ vangelio (Mt 4, I8; Mc I, I6): EstB 1 9 ( 1 960) 21.5-2 27 ; O. Betz, Don­ nersohne, Menschenfischer und der davidische Messias: RQum 3 ( I 961 ) 4 I-7o ; E. Hilgert, The Ship and related Symbols in the New Testament (Assen 1 962) 10.5-1 10; P. Grelot, La vocation ministériel­ le au service de Dieu : RB 7 (1 96.5) 1.59- 1 73 ; A. Schulz, Nachfolgen 97-1 1 6 ; Id ., Das Kirchliche Amt als Dienst von 'Menschenfischern' : TW I I (Stuttgart 1 966) 30-3.5 ; F. Hahn, Die Nachfolge ]esu in vor­ osterlicher Zeit, in Die Anfange der Kirche im N. T. (Evangelisches Forum 8 ) (Miinchen 1967) 7-3 6 ; G. Klein, Die Berufung des Petrus: ZNW .58 ( 1 967) 1-44; W. Wuellner, The Meaning of 'Fishers of Men' (Philadelphia 1 967); M. Hengel, Nachfolge 85 ss .; F. Agnew, Vocatio primorum discipulorum in traditione synoptica: VD 46 ( I 968 ) I 2 9-I47; R. Pesch, Berufung und Sendung, Nachfolge und Mission. Bine Studie zu Mk I, I6-2o : ZkTh 9 I ( 1 969) I -3 1 ; Id ., Fischfang ; ]. Brière, ]ésus agit par ses disciples. Mc 1, 16-2o : AS 34 ( 1 973) 32-46 ; vedi anche la bibl. citata a p. 28 1 .

Un giorno d'attività autoritativa di Gesù in Cafarnao ( 1 ,2 1-34 )

Dopo la vocazione dei primi discepoli, Marco descrive un ·giorno d'attività autoritativa di Gesù in Cafarnao. A questo scopo l'evangelista ricorre ad una tradizione particolare, ad un racconto missionario di miracoli riguardante la cacciata di un demonio all'interno di una sinagoga (vv. 2 rh.2 3-2 8 ), e a un più lungo brano di tradizione, che descriveva l'attività di Gesù in Cafarnao e nei dintorni (vv. 2 1 a.29-34 ·35-39a) con la guarigione della suocera di Simone ( 2 ra.29-3 I ), una

Mc. I,2I-J4

relazione generalizzante ( 3 2-34 ), e la descrizione, separata dal resto nel testo dell'evangelo, della partenza di Gesù da Cafarnao e della sua predicazione nelle sinagoghe della Ga­ lilea ( 3 5-39a). Marco ha inserito la narrazione dell'esorcismo nella più antica tradizione locale del giorno di Cafarnao (pre­ ponendo il v. 2 I ) ; in questo modo il giorno di Cafarnao di­ viene un sabato, per effetto del v. 2 Ib nel nuovo contesto. Nel rimaneggiamento di Marco il brano di tradizione riguar­ dante il giorno di Cafarnao ( vv 3 5-39a) diviene una pericope autonoma. Redigendo l'intero complesso testuale, Marco sot­ tolinea l 'insegnamento di Gesù ( vv 2 2 . 2 7 ), i suoi esorcismi ( vv. 3 2 .34.39b) e la sua predicazione ( 3 8 ); la menzione (v. 2 9 ) dei nomi dei quattro discepoli chiamati per primi rientra nella prammatic� dello sviluppo narrativo. La comparsa di Gesù in Galilea (vv. 1 4 . I 6 ) viene condot­ ta ben presto ad un punto culminante: la sua fama si diffon­ de subito ovunque nell'intera contrada (v. 2 8 ); a Cafarnao egli deve ritirarsi di fronte alla calca della gente ( vv 3 2-34. 3 5-3 8; cfr. I ,4 5 ; 2, I s.). Il nuovo brano introduce la narra­ zione dell'annuncio e dell'attività esorcistica di Gesù «in tut­ ta la · Galilea». Nel testo di Marco il «giorno di Cafarnao» si divide in tre brani : a) la narrazione dell'esorcismo (vv. 2 I-28 ), allargata con i vv 2 Ia.22 e riportata al tema dell'«insegnamento con autorità» mediante un intervento redazionale nel v. 27 ; b ) il racconto, introdotto mediante il v. 29 con intervento specifi­ co, della guarigione della suocera di Simone ( vv. 29-3 I ); c) il sommario (vv. 32-3 4 ), allargato con gli accenni agli esorcismi e al comando di tacere. .

.

.

.

BIBLIOGR;AFIA. Cfr . H. Schiirmann, Der 1Bericht vom Anfang'. Ein Rekonstruktionsversuch auf Grund von Lk 4, I 4-r6, in Studia Evan· gelica n (TU 87), ed � F.C. Cross (Berlin 1964) 242-2;8; R. Pesch, Ein Tag vollmachtigen Wirkens ]esu in Kapharnaum (Mk I�2 I-34-3539) : BuL 9 ( 1 968 ) 1 I 4· I 2 8 . I 77-1 9.5 ·261-277 ; H.-W. Kuh n , Samm­ luntt,en; inoltre la recensione di R. Pesch in BZ, N.F. 17 ( 1973) 26, .. 267 .

204

Mc. 1121·28

., . DIMOSTRAZIONE DELLA PIENA POTESTÀ DI GESÙ: INSEGNAMENTO E CACCIATA DEI DEMONI ( I ,2 I -2 8 ) .I

In rispondenza alla conclusione sommaria del «giorno di Cafamao» nei vv. 3 2-34, Marco nei vv. 2 I -2 2 ha composto un'introduzione sommaria : essa tratta dell'attività didattica di Gesù, della sua stupefacente potestà, ed è strettamente collegata al racconto dell'esorcismo mediante la localizzazio­ ne ( sinagoga nei vv. 2 Ih.2 3a) e il topos dell'«insegnamento con potestà» (vv. 2 I .22 . 2 7 ). La tensione fra la singolare ac­ centuazione dell'attività didattica di Gesù, della quale non si riferisce nulla di concreto, e la rappresentazione, ad essa strettamente collegata, della sua attività esorcistica induce a pensare che questa pericope sia di redazione marciana. Il brusco passaggio di soggetto fra il v . 2 I a e il v. 2 1 h ( Eta­ TtopEuov-r��/ ELaEÀDwv È8�8a.a-xEv ) tradisce una cucitur� re­ dazionale; Marco ha staccato il v. 2 I a (certamente già pre­ sente nella tradizione : l'evangelista non inventa indicazioni di luogo ) dalla tradizione premarciana del giorno di Cafarnao, e l'ha posto al principio. Il v. 2 I b ( senza la parola EùthJc;, in­ trodotta dal redattore ) in origine era probabilmente un'intro­ duzione alla storia della cacciata del demonio dei vv. 2 3 -28 (che non poteva cominciare immediatamente col v. 2 3 ). Il tema dell' «insegnamento» di Gesù ( v. 2 I h: É8�0a.CTXE'i ) è sta­ to allargato da Marco con la composizione redazionale del v. 22 , ove descrive la forte impressione prodotta dalla sua dot­ trina (v. 2 2a : l'espressivo ÈX7tÀi}aCToJ.1a.� indica anche in 6, 2; I 0 , 2 6 ; I I , I 8 la reazione all 'insegnamento di Gesù e in 7, 3 7 alle sue guarigioni ) e la distingue , in quanto dottrina au­ toritativa, da quella degli Scribi ( v . 2 2b ; la costruzione peri­ frastica, l'introduzione immediata e nello stesso tempo ritar­ data degli ascoltatori con a.u-rouc;, la contrapposizione fra Ge­ sÙ· e gli Scribi , che caratterizza tutte le narrazioni di Mc. [ cfr . 2 ,6 . I 6 ; 3 ,2 2 ; 7 , I . 5 ; 8 ,3 1 ; 9 , 1 I . I 4 ] , indizi linguistici e sti­ listici ci rimandano alla redazione dell'evangelista) . Con la formazione redazionale del riassunto del v. 22 è col-

20'

Mc. I,2I-28

legato un maggiore intervento dell'evangelista nella narra­ zione della cacciata del demonio ( vv . 2 1 h.2 3-28 ), che per il resto gli era pervenuta come tradizione compatta (escluso l'EuDuapva.OUIJ." xat EvDù� 'tOL� CTa��a.CTr.V itCT­ EÀDwv EÌt; -t-l}v auva.ywy'i)v È8(,8a.axEv. 22 xa.t E�E7tÀ1}a-aoV'to i1tL -tii 8t.Saxfi aò-tov· !iv yàp St.Scia-xwv a.ò-toù� wt; t�ovcr(a.v �xwv, xat. ovx w� ot ypaiJ.p.a.'tELt;. 23 Ka.L EUDù� i'iv EV 't'ii CTUVa.yw'Yii a.Ò'twv lf.vi}pw1t0� ÈV 1t'VEVIJ.Cl'tt. tixaDcip-t�, xa.t tivixpa.�EV Àiywv· 24 -t t 'J')IJ.LV xa.t a-o!, '11)CTOV N a.�apt}vÉ; 'ÌiÀD� tX1tOÀÉCTar, i)IJ.iic;; ol8a. O"E 't� El, 6 clyt.o� 'tOV itEoV. 25 xa.l btE'tLIJ.1)CTEV a.Ù-t{i} o '11)CTOVt; [ ÀÉywv ] cpr.IJ.Wih}'tt. xat -�EÀDE E� a.ò-tov. l6 xa.l CT7ta.pci�a.v ClU'tÒV 'tÒ 'Jt'VEVIJ.a. 'tÒ axtiitap'tOV xal cpwvijaa.v cpwvft IJ.Eyaln t�ijÀDEv È� a.ù-tov. rr xat tDa.IJ.�'liih]uav cl7tav-tEt;, C>cr-tE crv�1}-tEtv a.ò-toù� ÀÉyov-ta.�· -tL Ècrr r.v -tov-to; 8r.8a.x'i) xaLv'i) xa-t't;oual,av· xa.l. -to� 1tVEUIJ.a.CTt. -tot� à.xa.Dtip-tor.� È7tr.'tciCT­ crf:t., xa.l. v1ta.xouovur.v a.ò-tt'i). 28 xa.L ��ijÀtl'Ev Ti à.xoi) t&Ò-tov 1UitV� 1Ct&V'ta.xov d� l5À1}V 't'i)v 1tEPLXWPOV -tij� rt�lt.À4�. •

206

Mc. x,2x-28

21

E vengono a Cafarnao. E subito al sabato, entrato nella sinagoga, insegnava. 12 Ed erano sconvolti dalla sua dottrina; infatti egli li " istruiva come chi ha autorità, e non come gli Scribi. 23 Ed ecco b c'era nella loro b sinagoga un uomo in uno spirito immondo e gridò dicendo : 24 «Che cosa (c'è fra) noi e te, Gesù Nazareno? Sei venu­ to per distruggerci !" So chi tu sei: il Santo di Dio ! » . 25 E Gesù lo apo­ strofò: «Taci! » e: «Esci da costui! ». 26 E lo scontorse lo spirito im­ mondo, e gridando a gran voce usci da lui. rr E tutti furono profon­ damente scossi, sl da chiedersi l 'un raltro c : «Che cos'è questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità 4! E (persino) agli spiriti im­ mondi comanda, e gli obbediscono! )). 28 E si diffuse la fama di lui tosto per ogni dove in tutta la regione della Galilea.

II In base alla redazione marciana il testo si articola in due brani: la scena dell'insegnamento (vv. 2 1 -22 ), creata dall'e­ v.angelista col montaggio di frammenti di tradizione (v. 2 ra + 2 rb) e composizione propria (v. 2 2 ) , e la narrazione del!'esorcismo, ripresa dall'evangelista (vv. 23-2 8 , alla quale ap­ parteneva originariamente il ·v . 2 r b ). L'attività didattica di Gesù, che accennava alla vicenda dell'esorcismo, ripresa dall'evangelista (v. 2 1b: Gesù inse­ gnava di sabato nella sinagoga), costituisce l'impalcatura ge­ nerale dell'a t tività di Gesù in Mc. (cfr. in particolare 2 , 1 3 s. ; 4,1 s.; 6,2 .7.34; 8 ,3 1 ; 9,3 1 ; I O , I ; I I , I 7 ; 1 2 ,3 .5 ; 1 4 ,49 ) ; l'attività taumaturgica di Gesù ha termine in ro ,46-;2 , e l' «insegnamento» caratterizza l'azione di Gesù nel libro ben 11. I codd. D 8 pc lat hanno inserito, già alla fine del v. 2 1 , a.ù-rout; ( vedi al pro­ posito le considerazioni critiche esposte sopra), che qui compare slegato.

b. L'omissione di EÙ&Vt; in molti codd. e di aù-rwv in D pc it sarà dovuta airin­ flusso di Le. 4,3 3 ; per i codd. D pc it dr. però anche la nota a.

c. I codd. BS presentano a.Ù'ToU-; invece di 1tpbt; ia.v-rout; (cfr. 9,10). d. Alcune lezioni facilitanti vogliono evidentemente rendere più chiara l'escla­ mazione Bt.Ba.x'ia xa.r.vi) xa"t''i;ovt1�v, ma le tolgono precisione. GD. Kilpatrick, op. ·cit. 1 98-201 difende la lezione del cod. A : -rt; i) Br.Ba.xi) T) xa.w'l') a.u'TT) lS-rL xa."t''i;ovoia.v come originaria. Il rinvio ad Act. 17,19 (Auv4J.Ld)a. yvwva.L -rt; i) xa.w'l') a.u"M') T) \nt6 t1ov ì..a.ÀouJ.LiV1) Bt.Baxi)) e ad un presunto stile di Marco

.non possono però togliere valore all'idea che si tratti qui di una lectio /llCilior, la quale riferisce xa-r't;ovoia.v ad btt.'T4t.IJ.OW significa «chiudere la bocca con una mu­ seruola» 23 «ridurre al silenzio, imbavagliare» 24 • Il narratore presenta Gesù come un esorcista d'eccezione, che prima del­ l' apopompe pronuncia solo questa parola esorcistica . Con I , 34 (cfr. 3 , 1 I s. ) Marco fornisce una nuova interpretazione del tradizionale comando di tacere ( cfr. sotto, il comm . a I , 3 4) . Il comando di uscire segue una fiss�a formula tradiziona­ le (cfr. ; , 8 ; 9 , 2 ; ) 25, la cui terminologia viene ripresa nella descrizione dell'uscita del demonio (v. 2 6 : [�eÀ.i}E È� aù�ou­ È�ijÀ.DE'J E� aù�ou ). Il fatto che il Santo di Dio, che si rivolge ai demoni con parole di potenza e di dominio divino, li cac­ ci col suo semplice comando, corrisponde sia all'elevato li­ vello stilistico della nostra narrazione, sia al suo intento cri­ stologico. Gesù «comanda agli spiriti impuri, ed essi gli ob­ bediscono» (v. 2 7d ) alla parola ! 26. L'uscita del demonio ( ultimo pericolo per l'ossesso 26 ) av­ viene in circostanze che illustrano la resistenza del demonio e la forza annientante dell'esorcista 27 • Le contrazioni spasmo­ diche, uno .dei sintomi dell'epilessia 28, vengono considerate 22. K. Thraede, op. cit. '' ; dr. F. Pfister in RAC n, 1 74 : «La componente prin­ cipale del rituale esorcistico è lo scongiuro per mezzo di parole, il detto apotro­ paico)) . 2 3 . W. Bauer, Wb. 1 704. 24 .

F. Pfister !n RAC

n, 1 74 ; E.

Rhode, Psyche

11,

Tubingen 10 192,, 424 s.

2 , . K. Thraede, op. cit., '2 con citazione di testi ; inoltre O. Weinreich, ReligionJ­ geschichtliche Studien , Darmstadt 1 968 , 8- r 4 ; C. Schneider in ThWb n , 677 . 26 . Cf� . G. Theissen 96 . Cfr. il comm. a 9 ,26.

27. Sulla resistenza violenta dei demoni dr. T. Hopfner, Griechisch-agyptischer Offenbarungszauber I, Leipzig 192 1 , 56 .82 ss. ; H.D. Betz, Lukian 1 ' 3 : «l de­ moni obbediscono sl, ma solo controvoglia)>. Vedi anche J .M. Robinson 47 .,0, e già H.J . Eheling, Messiasgeheimnis 1 28.

2 8 . Cfr . E . Lesky - J JI. Waszink. in RAC v , 8 1 9-83 1 ; ].H. Waszink in RAC n, 18 3- 1 8 5 . specialm . 1 84 : «Nella maggior parte dei casi si tratta di epilessia, come

indica anche il fatto che l'ossesso viene spesso 'gettato al suolo dai demoni', ad es. in lust . , 11pol. 1 , 1 8 • .

2 14

Mc. I,27

l'estrema ribellione dello spirito impuro nel malato; l'alto grido 79 è il segno che indica la partenza del demonio, il «gri­ do di morte>> dell'ossesso (cfr. 9,26 ; anche 1 5 ,3 7 ) 50 • La breve narrazione non ci mostra il risanato dopo la sua liberazione, poiché all'impostazione missionaria corrisponde la concentrazione dell'attenzione su Gesù, la cui importanza viene ora riflessa negli effetti della sua azione potente. Il motivo dell'ammirazione 31 (tutti furono scossi ), un mo­ tivo stereotipo che conclude soprattutto le narrazioni cristia­ ne di miracoli 32, esprime in spavento e stupore salutare l'ef­ fetto dell'epifania realizzatasi nel 'miracolo' . L'anticipazione di un motivo di ammirazione nella composizione redazionale del v. 22a consente a Marco un aggancio con l'intervento re­ dazionale operato nella conclusione corale, il cui inizio parla di persone stupite che si interrogano a vicenda ( cfr. 9 , 1 o ) e della commozione di coloro che sono stati toccati dalla po­ tenza del Santo. Il fatto che la conclusione corale non sia formulata come acclamazione 33 (cfr. ad es. Mc. 2 , 1 2 ; 7 , 3 7 ), bensi come do­ manda (cfr. 4 ,4 1 ) - riferita originariamente, con le parole 't'Le; Èa't'LV ou't'ot;, alla persona dell'esorcista - torna a indicare l'interesse missionario del narratore premarciano 34• Con la sua domanda Marco riconduce lo sguardo alla «nuova dottri­ na con autorità » del v. 2 2 ; i suoi testimoni nella sinagoga di 27.

29. Anche questo particolare è tratto dal quadro della malattia; dr. E. Lesky - G. Waszink in RAC v, 828 . Sulla •dimostrazione' in narrazioni di esorcismo dr. G. Theissen 76 e, qui sotto, il comm. a , ,1 3 . 30. L'ossesso emette i l suo «spirito impuro» ( in 1, ,37 Gesù emette i l suo spiri­ to santo, come si chiarisce in Le. 23 ,46 con Ps. 3 1 ,6). Cfr. O. B&her, Diimo­ nenfurcht 22 s. 31 . Cfr. G. Theissen 78-8o con bibl.; inoltre K. Tagawa, Miracles 90 ss. 32. Cfr. E. Peterson, Eli: 9EOI: (FRLANT 41), Gottingen 1926, 183-222 . 33· Sulle diverse possibilità dr. R. Bultmann, Trad. 241 ; M. Dibelius, Formge­ schichte 78 ss.; T. Klauser in RAC 1, 216-233 ; G. Theissen So s.1,4 ss. 34· Cfr. K. Kertelge '' : «Che l'informazione del v. 27b venga introdotta da una domanda è un fatto che deriva probabilmente dalla originaria destinazione mis­ sionaria di questa narrazione».

Mc. :1,28

Cafarnao, che si trasformano in uditori della narrazione del vangelo, interpretano l'esorcismo di Gesù alla lu�e del suo in­ segnamento. La sua dottrina autoritativa viene ora definita «nuova» 35 ; si «scopre e si proclama il vero significato escato­ logico dell'attività di Gesù, che lascia dietro a sé il 'vec­ chio'>> 36• Le narrazioni di miracoli vengono riprese da Marco nella loro funzione di messaggio, e l'esorcismo è una dottri­ na autoritativa divenuta azione. Il '_r,rofitto' del racconto missionario, la sua forza dimo­ strativa, vengono riassunti nel corso della conclusione cora­ le con l'accenno a colui che comanda agli spiriti impuri (cfr. 4 ,4 1 : colui che comanda al vento e al mare), che devono ob­ bedirgli 368 • Egli deve venire annunciato nella missione come il Santo di Dio. 2 8 . Questa tendenza rende evidente l'aspetto iperbolico del­ la nota riguardante la diffusione ; nel racconto premarciano, oltre alla diffusione della notizia in tutto il territorio circo­ stante, essa faceva pensare all'arrivo della narrazione, e con essa del movimento missionario, presso il rispettivo ascolta­ tore : la domanda sull'identità di Gesù doveva affiorare ovun­ que e condurre a riconoscerlo come il Santo di Dio (cfr. a proposito di questo riconoscimento anche lo. 6,69 ). Nell'ambito della rappresentazione storica 37 del suo van­ gelo Marco trasforma in senso pragmatico il culmine dell'an­ notazione dell'esorcismo con l'aggiunta di 'tfic; ra.À.(,À.a.La.c; : Gesù, che era comparso come annunciatore del regno di Dio in Galilea ( 1 , 1 4 s.), divenne ben presto noto come potente maestro ed esorcista in tutta la zona circostante la Galilea (cfr, la ricezione del motivo in 3 ,7- 1 2 ). 3 ' · Cfr. ]. Behm in ThWb 111, 4' 1 : «Xt1w6c; esprime eminentemente ciò che è completamente diverso, meraviglioso, portato dal tempo della salvezza». 36. K. Kertelge ' 7 · 3 6a . Sul 'timore' dei demoni nei papiri magici dr. S. Eitrem, Notes 34· 37. Cfr. a questo proposito J. Roloff, Das Markusevangelium als Geschichtsdar­ sl�llung : EvTh :.19 ( 1 9 69) 73-9 3 .

2 16

Mc. r,2r-28

IV La narrazione premarciana della cacciata del demonio, nel puro stile del racconto di miracoli, nella quale la Chiesa della prima missione si serviva con intento cristologico-propagandistico delle conoscenze ad essa tramandate sull'attività esorcistica di Gesù, risale probabil­ mente a circoli ellenistico-giudeocristiani. Ci consentono di pensare a questa origine i tratti che risultano evidenti all'interno della topica del genere letterario, Gesù presentato, con un gioco di parole, come il Santo di Dio, cioè come il carismatico che supera i profeti dell'An­ tico Testamento, l'esorcista per eccellenza , che minaccia di annienta­ re l'intero regno dei demoni (v. 24), e la conclusione corale, che con­ centra l'interesse degli uditori sulla sua persona (v. 27 , con la do­ manda «Chi è costui ? » ) 38• Sebbene non si possa esser certi che il so­ stegno originario della tradizione sia una determinata azione esorci­ stica di Gesù (l'unico dettaglio non topico a sostegno di questa ipote­ si sarebbe l'ambientazione del racconto in una sinagoga) 39, la narra­ zione poggia su presupposti storici tratti dalla vita di Gesù. 1 . Che Gesù si sia servito delle sinagoghe della Galilea come luo­ go del suo insegnamento e del suo annuncio è dato incontestabile 40 , .confermato a più riprese dalla tradizione (cfr. I , 3 9; 3, I ; 6,2 ) . 2 . L'inconsueta e sensazionale attività esorcistica d i Gesù , che gli procurava seguaci ed avversari ed era oggetto di discussioni , è attesta­ ta storicamente dall 'attendibile tradizione delle sue parole e di quel­ le dei suoi avversari 41 • Essi lo accusano dicendo : «È posseduto da Beelzebul ! », e : «Scaccia i demoni mediante il capo dei demoni ! » ( 3 , 22 ; cfr. Mt. 9 ,34 ; 1 2 ,24; Le. 1 I , I j . I 8) . Gesù ribatte: «Come può Satana sc�cciare Satana ? » ( 3 ,2 3 ) e: «Se io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebul, come li scacciano i vostri figli ? » (M t. 1 2 ,27 /Le. 1 1 , 1 9 ). 38. Il concetto di 1NEUIJ4 d.x4Dup-rov (secondo F. Hauck in ThWb 111, 4 3 1 «molto frequente nel giudaismo ellenistico»), il titolo 6 &yt.o� come designazio­ ne carismatica, raggancio a r Reg. 1 7, 1 8 e, in generale, la topica narrativa elle­ nistica (K. Thraede, op. cii. '9) fanno pensare all'ambiente ellenistico-giudeocri­ stiano. Or. K. Kertelge , , . 3 9 · Elia, al quale s i allude con r Reg. 1 7 ,1 8, negli scritti rabbinici viene spesso presentato in rapporto con dotti e pii nella sinagoga; dr. J. Jeremias in ThWb 11, 92 3 n . 1 2 ; Billerbeck 1 v, 77 3 ss . Peraltro la localizzazione della narrazione

difficilmente dipenderà da una tipologia ; resta tuttavia dubbio se derivi da un ricordo concreto di una determinata azione di Gesù. In questo caso, questa azio­ ne è tramandata in una narrazione impostata topicamente, accentuata cristologi­ camente e rivolta a fini di conquista missionaria ; tale modo di narrare si è realiz­ zato in un «processo di spostamento, logoramento ed esaurimento di tratti ori­ ginari» e nella «stilizzazione, accentuazione e delineazione» (G. Theissen 279 ) d i tratti secondari . 40 . W. Schrage in ThWb vn, 8 30. 4i . Or. R. Pesch 2o-24 ; O. Bocher, Christus 166 s.; G. Theissen 274-277.

Mc. 1,21-28

217

Per i suoi esorcismi Gesù rivendica l'intervento della forza (Spirito, dito ) di Dio stesso, e la pone in un rapporto indissolubile col proprio peculiare annuncio dell'avvento del regno di Dio (Mt. I 2 ,28 ; Le. I I , 2o); egli spezza il dominio di Satana (Mc. 3 ,2 7 parr. ; cfr. Le. I O, I 8). Anche i suoi discepoli vengono incaricati di guarire gli ossessi (Mc. 3 , I , ; 6,7 . I 3 ; Mt. I 0, 1 .7; Le. 9 , I ; 1 0, 1 7 ) . Gli esorcismi di Gesù so­ no attestati nella tradizione marciana, nel patrimonio di Q e nella tra­ dizione specifica di Luca (cfr. anche Le. I 3 , 3 2 ) . Anche l'accusa di es­ sere un indemoniato rivoltagli, secondo Io. 7 ,2o; 8,48 . 5 2 ; I o,2o, dai Giudei e l'accusa di magia nel Talmud babilonese (Sanh. 4 3a) confer­ mano indirettamente l'attendibilità della tradizione sinottica per quan­ to riguarda l'attività esorcistica di Gesù . «L'attività esorcistica di Gesù non potrebbe essere meglio testimoniata» 42• 3· Le narrazioni analoghe che ci sono pervenute, sia già orientate in senso cristologico e missionario, sia redatte in senso più apoftegma­ tico (Mc. I ,2 1-28 par. Le. ; , , 1-20 parr. ; 7 ,24-30 par. Mt. ; 9 , I 4-29 parr . ; Mt. 1 2 ,22-2 3 ; Le. I r , I 4 ; Mt. 9,32-34; inoltre i sommari in Mc. r ,3 2- 34 parr. ; 3 ,7-1 2 parr.; Mt. 4 ,2 4 ; Le . 7,2 1 ) mostrano un Gesù che si serve dei comuni mezzi esorcistici (comando di tacere, apo­ pompe) , ma può rinunciare quasi totalmente ad altro rituale manipola­ tivo 43 e a particolari scongiuri 44• Le rappresentazioni orientate in senso cristologico avranno convenientemente confermato la potenza della parola di Gesù , il suo carisma superiore e liberatore. 4 · Per una valutazione storica dell'attività esorcistica di Gesù è im­ portante rendersi conto che essa «è indissolubilmente unita alla con­ cezione escatologica che egli ha di sé» 45 come attesta la tradizione 4:1.

R.H. Fuller, Die Wunder Jesu in Exegese und Verkundigung, Dii sseldorf 1967, 36. 43· Cfr. K. Thraede, op. cit., passim, e le ampie descrizioni di pratiche esorcisti­ che in O. B&her, Diimonenfurcht 161 ss. ; I d . , Christus 93 ss.; C. Bonner, The Technique o/ Exorcism : HThR 36 ( 1 943) 39-49. Flav . los., ant. 8,46 ss. riferi­ sce il procedimento dell'esorcista Eleazar: «Egli pose sotto il naso dell'ossesso un anello con sigillo, che conteneva sotto il sigillo una delle radici indicate da Sa­ lomone; poi, mentre quegli fiutava, gli estrasse lo spirito malvagio dalle na­ rici ... ». Citiamo come ulteriore esempio PGM XIII , z4z-244 : «Di' ad un ossesso il nome e poni zolfo e resina sotto il suo naso. Subito egli parlerà, e se ne an­ drà». � imilmen te Nunz. r. 19,8 a Num. 1 9,2. 44· Cfr. K: Threade, op. cit., passim ; F. Pfi.ster in RAC n, 169-176 ; O. BOcher, Diimonenfurcht 173 ss.; Id., Christus 8' ss. In Flav. Ios., ant. 8, 46 ss. si riferi­ sce che «Salomone ha lasciato formule di scongiuro con le quali si possono le­ gare e cacciare gli spiriti maligni, così che non tornino più». Cfr. sul ruolo di Salomone in libri di magia simpatica M. Wellmann, Die f!»UCT!.X«i des Bolos De­ mol!!ritos und der Magier Anaxilaos aus Larissa, Leipzig 1928, 1 2 s. Sulle for­ mule di scongiuro (e il loro uso scritto) dr. anche J. Trachtenberg, Jewish Ma· gic anJ Superstition, Philadelphia 196 1 . 4, . O. BOcher, Christus 1 67.

218 dei logia. Se le narrazioni eli esorcismi riproducono l'azione di Gesù «in una forma accentuata», bisogna tuttavia riconoscere che «questa accentuazione della storia e dei fatti. .. comincia da Gesù stesso. An­ che per Gesù i miracoli non erano fatti normali, bensl momenti di un dramma mitico: in essi si realizzava la meravigliosa trasformazio. ne del mondo intero in �a.cnÀ.Et('t DEou . Come personalità apocalittica e carismatica, Gesù è del tutto singolare nella storia delle religioni. Egli unisce due mondi spirituali che prima non erano mai stati con­ giunti in questo modo : l'attesa apocalittica di un futuro universale di salvezza e la realizzazione episodica di una salvezza miracolosa nel presente» 46• Gesù infrange il negativo tessuto di sventura proprio di questo mondo, l'alienazione intesa in senso demoniaco, con azioni ca­ rismatiche che condensano in realtà simbolica il suo universale an­ nuncio salvi:fico della prossimità del regno di Dio (che porterà alla scomparsa del regno di Satana) . «Vidi Satana cadere dal cielo come folgore» (Le. 10,1 8 ): il mondo vecchio, segnato dall'alienazione, dalla malattia, dal peccato e dalla morte, diviene una 'utopia' che deve ce­ dere il posto ali' avvento episodale del nuovo mondo della salvezza � : «Il regno di Dio è giunto a voi ! » (Mt. 1 2 ,28/Lc. 1 1 ,20). Nell'esorci­ smo si presenta, in forma reale-simbolica, la potenza liberatrice del regno di Dio, il miracolo della sana esistenza dell'uomo in una rag­ giunta comunicazione libera d'angoscia (perché libera da oppressione).

v

Nell'ambito della redazione marciana e nel contesto della sua narrazione evangelica, la storia tradizionale della caccia­ ta del demonio compare in una luce nuova 48 • Nella cornice del giorno di Cafarnao l'evangelista presenta un esempio del­ l'azione di Gesù, il suo primo miracolo. Esso mostra che l'a­ raldo del regno di Dio ( I , I 4 ) ne è anche il propugnatore: la sua 'venuta' ( I ,8 s. 1 4 ) costituisce una minaccia per il mondo dei demoni, poiché egli è il «Santo di Dio>> armato dello Spi­ rito di Dio ( I , I o s . ), superiore a Satana ( I , I 2 s. ; cfr. 3 ,2 02 9 ) . Il suo messaggio è «dottrina nuova con autorità>> 49• Egli 46 . G. Theissen 274.

47· Cfr. R. Pesch, Von der «Praxis des Himmels», Graz-Wien-Koln 197 1 .

48. Cfr. R . Pesch, Neue Lehre 266 ss.; K . Kertelge 5 5 ss.; anche M.E. Glasswell, The Use of Miracles in the Markan Gospel, in C.F.D. Moule (ed.) , Miracles, London 1965 , 1 5 1-162. 49 · Nell'uso di Marco XT}pucrcrew e 8�o8«crxEI.v sono spesso identici ; dr. J. De­ lorme, Aspects 86. Cfr. specialm. Mc. 6,1 2 : tx'i)pv�«'Y con Mc. 6,30: l8(8«�«v.

219

Mc. I,2I-28

ha portato la «nuova dottrina» (cfr. Act. I 7 , I 9 ) che viene diffusa dai missionari cristiani e che Marco vuole contribuire a diffondere ancor più col suo scritto evangelico; egli l 'ha mo­ strata come «dottrina con autorità» e ha trasmesso anche ai missionari la propria autorità con l 'incarico dell'annuncio ( 3 , I 4 s. ; 6,7 ). Ora Marco presenta nella sua opera la «nuova dottrina con autorità» portata dalla Chiesa con la sua missione ( e approfondita nella sua catechesi). Come accenna già nel confronto del v. 2 2b, egli la mostra a partire da 2 , I ss. come dottrina controversa, ma, nella controversia, vittoriosamente superiore. Egli subordina i racconti di miracoli del primo tratto del suo vangelo ( I ,I-3 ,6 ) all'idea dominante della com­ parsa di Gesù in potenza e alla resistenza che essa incontra. Se spingiamo lo sguardo oltre 3 ,6, verso la fine della sua re­ lazione, ci rendiamo conto che Marco non ha esitato a pre­ sentare già con la narrazione della prima comparsa di Gesù nella sinagoga di Cafarnao lo ' scandalo' che conduce ali' ac­ cesa meraviglia degli uni e al proposito omicida degli altri (cfr. 3 , 6; I I 1 7 s. ), ma che deve guidare i credenti alla se­ quela nella sofferenza e nella gloria : la «nuova dottrina con autorità>> di Gesù 50• ,

BIBLIOGRAFIA. Cfr. p. 203 ; R. Bultmann, Trad. 223 s . ; G. Theissen, Erg. H. 77 ; H. Schiirmann, Lk. 1, 24' ss. ; inoltre O. Bauernfeind, Vie Worte der Diimonen im Markusevangelium (BWANT 3 ,8 ) (Stutt.. ,o. Il concetto di i�oVO'Ltx non si può intendere né in relazione alle premesse del rabbinismo (contro Daube), né sulla base delle aretalogie ellenistiche (contro L. Bieler, 9tto� 82 s.; dr. D. Georgi, Gegner 210 ss.; 33.5 ss. ; T.L. Budesheim, ]esus and the Disciples in Conflict with ]udaism : ZNW 62 [ 1971 ] 19o-209, che interpreta Gesù costantemente come ittto� clvi)p ed intende i�ova'tx nel sensq. di una dimostrazione pneumatica), né partendo dalla missione in concor­ tenza con· le divinità salutifere di Roma (cosl J. Starr con rinvio a Flav. Ios., ant. .5, 1 ,26; 18, 6,9 ; Corp. Herm. 1 ,32 ; 1 3, 1 7), o dal pensiero romano (contro D.F. Hudson : auctoritas superiore all 'imperatore); esso va invece iflterpretato (non come errore di traduzione: contro P. Lapide, Hidden Hebrew in tbe Go­ spels, in lmmanuel 2[ 197 3 ] 30 s.) nel contesto dell'uso marciano (con W . Foer­ ster in ThWb 11, .56 ss.) come il diritto dato da Dio, come potestà divina del Cristo, del Figlio di Dio (cfr.2 ,1o; 1 1 ,28-33) ; questo concetto è affi ne alla poten· za taumaturgica dei profeti . Cfr. Rr.che H. Kosmala, «ln My Name» : ASTI ' ( 1 967) 87·1Q9.IOO SS.

:220

Mc. I1:Z9-JI

gart 1927); J. Starr, The Meaning of 1Authority' in Mk z,22 : HThR 23 ( I 930) 302-30-' ; D. Daube, l�oucr�tl in Marie z,22 and 27 : JThSt 39 ( I 938) 45-59 ; G . Bjork, "'H'V Ot.otia-xwv . Die periphrastischen Kon­ struktionen im Griechischen (Uppsala 1940) ; Id., Homo in spiritu immundo : ConiNeot 7 ( 1942 ) 1-3 ; D .F. Hudson, Mark z,22 : ExpT 67 ( I 955) I ? ; J.M. Robinson, Das Geschichtsverstandnis des Marleus­ Bvangeliums (AThANT 30) (Ziirich 1 956) 34 ss. ; D . Daube, A New Teaching with rAuthority', in The N.T. and Rabbinic Judaism (Lon­ don I 956 ) 20,-2 1 6 ; F. Mussner, Ein Wortspiel in Mie z,24? : BZ, N.F. 4 ( 1 960) 28,-286; G. Baumbach, Verstandnis ; E. Schweizer, Er wird Nazoriier heissen (tu Mc I,24i Mt 2, 23); W. Eltester, Judentum, Urchristentum, Kirche. Festschrift J. Jere�ias (BZNW 26) (Berlin ·1 964) 90-9 3 ; K. Tagawa, Miracles 82-92; G. Schille , Die urchristliche Wundertradition ( ArbzTh I , 29) (Stuttgart 1967) 28-30; F. Normann, Christos Didaskalos. Die Vorstellung von Christus als Lehrer in der christlichen Literatur des ersten und zweiten Jahrhunderts (Miinste­ .rische Beitr. z. Theol. 32 ) (Miinster 1 967 ) I-22 ; G. Minette de Tilles­ se, Secret 77-83 ; R. Pesch, 'Bine neue Lehre aus Macht' Bine Studie :u Mk z,2z-28, in J .B. Bauer, Evangelienforschung (Graz-Wien-Koln 1 968 ) 24 I-276 ; A .W. Argyle, The Meaning of l�ovcrlt1 in Marie z, 22. 27 : ExpT I I ( 1 969 ) 343 ; G .D . Kilpatrick, Some Problems in New Testament Text and Language, in E.E. Ellis - M. Wilcox, Neotesta­ mentica et Semitica. Studies in honour of M. Black (Edinburgh 1969 ) I 98-2o8 . 1 98-2or (a Mc. r ,27 ) ; K. Kertelge, Wunder 50-6o; R.H . Stein, The 1Redaktionsgeschichtlich' l-;tvestigation of a Markan Seam (Mc I,2z/) : ZNW 6 1 ( 1970) 70-94 ; R. Trevijano, El trasfondo apo­ calyptico de Mc. z,24. 25i 5,7.8 'Y par: Burgense r I ( I 970) 1 I 7- 1 3 3 ; J . Brière, Le crie et le secret. Signification d'un exorcisme. Mc I,2I28 : AS 35 ( I 973) 34-46 ; H.K. Nielsen, Et bidrag til varderingen af traditionen om Jesu helbredelses-virksomhed: Dansk TT 36 ( I 973) 269-300 ; G. Theissen , Wundergeschichten 94 ss. ; L. Schenke, Wun­ Jererzahlungen 95-Io8 ; E. Stegemann, Markusevangelium 8o-1oo .

6 . GUARIGIONE DELLA SUOCERA DI SIMONE ( 1 ,29-3 1 )

I

.Alla narrazione del risanamento di un ossesso sotto gli sguardi della folla nella sinagoga Matteo fa seguire come se­ condo racconto di miracoli la .guarigione di una donna feb­ bricitante nella sfera privata di una casa, preparando cosl nel­ la maniera migliore con singoli esempi il successivo somma­ rio generalizzante ( vv . 32-34 ).

Mc. I,29-JI

2.2 1

Avendo distaccato e anticipato l'inizio del racconto del ri­ sanamento (e del premarciano «giorno di Cafamao», v. 2 I a ), l'evangelista dovette comporre nel v. 29 un nuovo collega­ mento ; si richiamò quindi al racconto dell'esorcismo avvenu­ to nella sinagoga: xat EùDùt; EX "tfjc; o-vvaywyijc; È�EÀ,itov­ "tEc; . Non rielaborò il corpo centrale della narrazione perve­ nutagli ( vv. 30-3 I ), ma intervenne nella successiva esposizio­ ne aggiungendo, nel v. 29h, ai nomi di Simone (e di Andrea? ) i nomi della seconda coppia di fratelli chiamati da Gesù ( vv. I9 s . ). Gesù compare accompagnato dai quattro discepoli già chiamati (cfr v. 2 I a ). 29 Ka.t EÒDù) 6• Come le altre parti di questo antico nucleo di tradizioni, anche il nostro testo riflette dati storici della vi­ ta di Gesù. 4· I' commentatori soggiacciono qui spesso ad un'idea, moderna e criticata dalla teologia, di · «mania del miracolo» ; essa non può essere introdotta nel vangelo di Marco. , . a.ù-cwv potrebbe essere un riflesso di 1 ,23. Compare ancora una volt a l'ideo­ t: tà di proclamazione e insegnamento in Marco ( S�oSO.O"XELV nella sinasoga: I ,21

s.; 6,2).

" 6. Si noti la corrispondenza di sera (v. 32) e mattino (v. 3,), della notizia sul­ I:aftluenza (v. 33) e la ricerca (v. 36 s.), sulla menzione di Simone (v. 29) e di Si· mone e suoi compagni (v. 36).

Mc. I,JJ-39

I . La sequela dei discepoli - si parla di Simone e dei suoi compa­ gni - non è ancora considerata nello stile di I ,I 6-2o. Simone e i suoi anonimi compagni non vengono presentati come 'discepoli'; sembra invece che essi divengano «portavoce delle intenzioni dei loro con­ cittadini solo per via della loro confidenza personale col sensazionale taumaturgo» 7• La 'chiamata' dei discepoli si esprime anche in un cer­ to modo come incitamento a recarsi nelle borgate vicine. 2 . Gesù compare come guaritore carismaticot che non vuole essere considerato taumaturgo di una determinata città (che non crede in lui , cfr. Mt. I I ,2 3 par.), e che non intende «porsi alla testa di una tur­ ba entusiasta» 8• Il nostro testo, che è insieme una testimonianza del potere carismatico di Gesù (determinante per il suo rapporto con i discepoli ) e della sua rinuncia ad eccitare un movimento messianico sotto la propria egida, dovrebbe trovarsi in accordo con la realtà sto­ rica nel riferire che Gesù, dopo le sue strepitose guarigioni carisma­ tiche a Cafarnao, si sottrasse alla turba avida di miracoli 9

v

Il ritiro di Gesù da Cafarnao viene accentuato nella reda­ zione dell'evangelista come partenza per la proclamazione in tutta la Galilea. La preghiera di Gesù in un luogo solitario (v. 35c) agisce come preparazione di questa vasta attività . � vv . 3 6 s. presentano nel contesto del vangelo un forte accen­ to negativo ; �1}�EL'V caratterizza un'aspirazione dannosa per Gesù (cfr. 3 , 3 2 ; 8 , I I s . ; I I , I 8 ; I 2 , I 2 ; I 4, I . I I 55 ) . Anche altrove Gesù reagisce ali' accalcarsi della folla ritirandosi ( cfr. 6,30-3 2 ). Tuttavia questa sua riservatezza ha in I ,35-3 9 so­ lo un rilievo secondario, poiché il tema principale è costituito dalla proclamazione di Gesù in tutta la Galilea. La serie de­ gli enunciati riguardanti la venuta di Gesù ( I 7 . 9 . I 4 ) è giun­ ta al culmine; d'ora in avanti Marco mostra la venuta a Ge­ sù (cfr. I ,40 .4 5 ). .

,

IV

Il premarciano > ed «ephphata» ( dr . ad ll. ) pronunciate in pijaw,c; �ap�apw,xi) . Nei papiri magici si trovano moltissime analogie 43• In 8 ,26 troviamo solamen­ te un motivo di segretezza, e non un esplicito comando di ta­ cere ( cfr . ad l. ); cfr. anche il comm. a .5 , 1 9 . Marco non ha prodotto da sé la teoria del segreto, bensl ha solo utilizzato, integrandole, le possibilità offerte dai motivi, e in particola­ re l'opposizione fra segreto e rivelazione. Gesù non può re­ stare nascosto ( 1 ,45 ; 2 , 1 s. ; 3 ,7- 1 2 ; 3 ,2 o ; 6,3 1-3 3 ; 6,5356; 7,24 s. ; cfr. 9,30), sebbene cerchi continuamente di sot­ trarsi al pubblico. I còmandi di tacere impartiti ai risanati ( o al pubblico ) spingono in realtà proprio alla proclamazione ( 1 ,4.5 ; cfr . .5 ,20) e all 'accentuazione dell'acclamazione pub­ blica ( 7 ,36 s . ). Applicando ora alla persona del taumaturgo i comandi di segretezza dapprima riguardanti la conoscenza del miracolo, Marco li avvicina alle intimazioni di tacere im­ partite ai demoni, redazionalmente interpretate . . A Mc. 1 ,44 s. spetta, all 'inizio dell '·evangelo, un 'importante funzione; qui 43 · Scegliamo una parte degli esempi offerti in G. Theissen 144 s. da PGM :



I,

40 : a a fine di una ricetta si legge : «Mantieni segreta, mantieni segreta l'azio­

ne ! � (xpu(ie, xp,j�E -t'Ì}v npci�w). I,1 30: immediatamente dopo incomprensibili suoni magici leggiamo: «Non comunicarlo ad alcun altro, bensl, onorato da Dio Signore, per Helios, tieni nascosto questo alto segreto�. IV ,84 s.: dopo. una for­ mula magica in copto segue : «Custodiscilo bene ! » (cpvÀ.ci't'tE -tciSe O"cp6Spa.). IV, 1 2' 1 : dopo una formula magica : «Mantienilo segreto, figlio ! ». XII, 32 1 s.: «Ma tienilo anch'esso segreto come. un grande mistero. Nascondilo, nascondilo! •· X I I , 34 s . : «Mantieni segreto, segreto il verace uphor, che abbraccia la verità in breve ! ,., Sui comandi di tacere dei papiri magici cfr. anche T. Hopfner, Grie chisch-Ogyptischer Ofenbarungs:.auber Il , Leipzig 1 924, 16.

3

Mc. �,l-J,6

2 ,o

si chiarisce che l'interesse è incentrato non sul segreto, ben­ si sulla rivelazione di Gesù. « Il ' segreto messianico ' si rive­ la un'espressione enfatica per il processo di rivelazione de­ scritto da Marco nell'agire di Gesù» (K. Kertelge ). Cfr . R. Bultmann Trad. 2 77 ; G. Theissen, Erg. H. 79 ; H. Schiirmann, Lk. 1,274 ss. ; inoltre K. Lake, 'EIJ.�PLIJ.1)0'«il-t2VOc; and 6py-.critd.c; (Mark I,40-4J) : HThR ( 1 92 3 ) 1 97 s.; E. Bevan, Note on Mark I,4I and ]ohn I I,JJ.J8 : JThSt 33 ( 1 93 2 ) 1 86-r 8 8 ; C. Masson, La Péricope du Lépreux (Mare I,40-45) : RThPh, N.S . 26 ( 1 9 38) 28729' ; G.D. Kilpatrick, Mark I,45 and the Meaning of l6yoc;: JThSt 40 ( 1 939) 389-390; T. Nicklin, Mark I,45 : ExpT ' I ( 1 940) 2'0; G. D. Kilpatrick, Mark I,45 : JThSt 4 2 ( 1 94 1 ) 67-68 ; ].M. Bover, Criti­ ca textual de Mc I,4I : EstEcl 2 3 ( 1 944) 3,,.3 , 7 ; L. Vaganay, Mare l,4I . Essai de critique textuelle, in Mélanges E. Podechard (Lyon 1 94' ) 2 38-2 5 2 ; ]. Mo ing t , La guérison de lépreux : CHR Nr. 2 ( 1 9,4 ) '70-76 ; C.C. Ryrie, The Cleaning of the Leper: BS 1 1 3 ( 1 9,6) 262267 ; A. Suhl, Die Funktion der alttestamentlichen Zitate und Anspie­ lungen im Mk-Ev (Giitersloh 1 96' ) 1 2o-1 23 ; F.W. Danker, Mark I,45 and the Secrecy Moti/ : ConcTM 37 ( 1 96 6 ) 492-499 ; F. Muss­ ner, Die Wunder ]esu (Miinchen 1 967 ) 33-44 ; A. Paul, La guérison d'un lépreux. Approche d'un récit de Mare ( I,40-45): NRTh 92 ( 1 970) ' 9 2-604 ; · R. Pesch, Taten 5 2-87 ; T.L. Budesheim, ]esus and the Disciples in Conflict with ]udaism : ZNW 62 ( 1 97 1 ) 1 90-209. 1 94- 1 98 ; K. Kertelge, Wunder 6 2-7' ; J.K. Ell io tt , The Conclusion o/ the Pericope of the Healing of the Leper and Mark I,45 : JThSt, N.S . 2 2 ( 1 97 1 ) 1 ' 3-1 57 ; M. Herranz Marco, La curaci6n de un leproso se­ gun San Marcos (Mc I,40-45): EstB 3 1 ( 1 972) 399-433 ; G . Theis­ sen, Wundergeschichten ; L. Schenke, Wundererziihlungen 1 30- 1 4 5 ; E . Stegemann , Markusevangelium 1 1 8-1 2 9 . BIBLIOGRAFIA.

IV. La conferma delfautorità di Gesù nella disputa

Disputa sulla potestà di Gesù ( 2 , 1 -3 ,6 )

Nella terza parte ( 2 , I - 3 ,6 ) della prima sezione del suo van­ gelo ( I , I - 3 ,6 ), che comincia con un nuovo soggiorno di Ge­ _sù a Cafarnao, Marco mostra, dopo il primo culmine dell'at­ tività di Gesù in «tutta la Galilea» ( 1 , 39 ), la sua potenza nel contrasto con gli Scribi e i Farisei. Il termine chiave ÈçouaLa

2'I

Mc. 2,I·J�6

( I ,22 .27 ) ritorna ora nello sviluppo della disputa ( 2 , 1 0 .2 8 ), ip collegamento col titolo onorifico di «Figlio dell'uomo», col quale ora la potestà di Gesù «sulla terra» ( 2 ,-1 0) riceve anche una presentazione titolare. Nella costruzione di questa parte del vangelo, l'autore ri­ corre ad una raccolta premarciana di dispute che abbracciava probabilmente 2 , 1 5-3 ,6 . Che 2 , 1 - 1 2 fosse originariamente una narrazione isolata risulta con ogni probabilità dalla com­ posizione redazionale· di 2 , 1 3 s. La raccolta di dispute s'iniztava tn 2,1 5 con xa." 'Y"'VE'ta." . .

.

'

,

La raccolta premarciana è caratterizzata dalla presenza di legami pre­ cisi fra le singole pericopi : in 2 , I ,· I 7 e 2 ,I 8-2 2 con la tematica del banchetto e del digiuno, in 2 ,2 3-28 e 3 , 1-6 come vicende sabbatiche già storicamente collegate. In tutte le narrazioni i Farisei sono pre­ sentati come avversari di Gesù ( 2 , 16 . 1 8 .24 ; 3 ,6 ) ; gli «Scribi dei Fa­ risei» nominati in 2 , 16 sono distinti dai comuni «Scribi» nominati nel brano (già premarciano ) inserito in 2,6- 1 0 . In 2 , 1-I 2 non si parla dei discepoli di Ges� , mentre essi svolgono un ruolo essenziale ( 2 , I ' . I 6. 1 8 .2 3 ) negli altri passi (a parte il brano 3 ,I -6 , collegato a 2 ,2 3-28 ). Le scene di conflitto sono tutte rappresentate come semplici dialoghi di disputa divisi in tre parti (anche nella forma mista di J,I-6, nella misur·a in cui vi ricorrono tratti della disputa ). Due narrazioni, che traggono le mosse dalla prassi di Gesù , incorniciano due vicende nel­ le quali la pras�i dei suoi discepoli è oggetto di disputa. La struttura di questa raccolta non mira però ad una meditata progressione, ben­ sl era già predeterminata dal collegamento tematico fra i racconti . Le due vicende sabbatiche che sboccano nell'ostilità mortale dei Farisei potevano venire poste solamente dopo le altre scene di conflitto. All'origine della raccolta premarciana stava probabilmente lo stesso intento che condusse alla rielaborazione e ali'allargamento di singoli testi : la necessità di trovare una soluzione ai conflitti all'interno della chiesa fra giudeocristiani e etnicocristiani riguardanti la loro comuni­ tà di mensa ( 2 , 1 5-I 7 ), il giusto giorno del digiuno (2, I9-2 2 ), la di­ spensa dal sabato ( 2 ,23·3,6 ) . Gesù, il Figlio delPuomo, compare in queste narrazioni come istanza di riferimento della chiesa che integra in sé i pagani convertiti e si distacca dal giudaismo. (L'appello al Fi­ glio dell'uomo comporta poi nella redazione marciana la quinta scena di 2 , 1 - 1 2 quale brano di apertura della serie di scene ). La «colloca­ zione vitale» di questa raccolta sta dllll:que nel contrasto col giudai­ smo dei giudeocristiani, ed essa ha l'aspetto di una piccola carta del­ la libertà dei cristiani che si emancipano dal 'giudaismo' e non me-

Mc. l,I-J,6

scolano più il vecchio col nuovo ( 2. , 2. 1 s.) . Una riflessione scritturisti­ ca in relazione ad ls. 5 7-59 non dovrebbe aver avuto nessuna impor­ tanza (contrariamente all'opinione di J .W. Doeve). � praticamente impossibile ricavare indicazioni più precise sull'origine e la data di composizione della raccolta premarciana, poiché la problematica che la determina era ampiamente diffusa (da Antiochia fino a Roma) e durò non pochi anni .

Riprendendo 2 , I -I 2 per introdurre il brano redazionale 2 , I-3 ,6 e componendo la breve scena di vocazione in 2 , I 3 s . , Marco pone nuovi accenti . Nel senso della descrizione ge­ nerale del vangelo , torna a presentarsi · in primo piano la po­ testà di Gesù ( l'evangelista non prende le mosse da proble­ mi della comunità, bensl dall'intenzione di rappresentare l'e­ vangelo di Gesù Cristo come «decorso di un'azione» ). Nel confronto con gli Scribi e i Farisei si raggiunge un punto nel quale compare già ali'orizzonte la passione di Ge­ sù . Probabilmente Marco ha disposto la sua materia in pro­ gressione : dalla muta opposizione degli Scribi ( 2 ,6 ), alle do­ mande ai discepoli ( 2 , 1 6 ) e a Gesù ( 2 , 1 8 ), all'avvertimento pubblico rivolto a Gesù ( 2 ,2 3 ), all'insidia ( 3 ,2 ) e al proposi­ to omicida degli avversari ( 3 ,6 ). Non è probabile che l'evan­ gelista abbia concepito per questo brano una struttura con­ centrica intorno a 2 , r 8-2 2 , come hanno inteso G.G. Gamba , J. Dewey e P. Mourlon Beernaert . È vero che dal punto di vista del contenuto si corrispondono l'ammirazione ( 2 , I 2 ) e il proposito omicida ( 3 ,6 ), il progressivo indurirsi dei cuori ( 2 ,8 ; 3 ,5), come dal punto di vista formale si corrispondono le 'argomentazioni' di Gesù ( 2 ,9 s. ; 3 ,4 ); le prime due scene sono collegate dai termini 'peccato' /'peccatori', le ultime due dal termine 'sabato' . Ma già il titolo di Figlio dell'uomo tur­ ba questa costruzione ritenuta concentrica. Nell'impostazione di 2 , I-3 ,6 Marco era condizionato dalla raccolta premarcia­ na ; il suo intervento redazionale, avvertibile in 2 , I . I 3 s., mi­ ra all'aspetto pragmatico del decorso dell'azione, alla chia­ rezza della chiamata di Gesù e al carattere generale della sua comparsa : la sua autoritativa autorità è contrastata e lo por­ ta alla morte. Il suo agire è però l 'agire di colui che Dio ha

Mc.

2,I-I2

2.53

dotato di Spirito santo ( I , Io s . ), di potenza divina ( 2 , 7 . 10), che è mandato da Dio ( 2 , I 7 ) la cui presenza introduce il tempo delle nozze ( 2 , 1 9 ), la cui autorità supera quella di Da­ vid ( 2,2; s. ) e la cui azione consiste nell'adempimento della volontà di Dio ( 3 ,4 ). Resistergli significa ostinarsi e miscono­ scere la volontà di Dio ( 3 ,; s. ). ,

BIBLIOGRAFIA. Oltre la bibliogr. citata per Mc. 2,1-3 ,6, cfr. R. Bult­ mann, Trad. 8 ss. 34 7 s.; G . Theisscn, Erg. H. 8 ss. 1 1 3 ; inoltre K.L. Schmidt, Rahmen 78-104; M. Albertz, Die synoptischen Streitgespra­ che. Ein Beitrag zur Formengeschichte des Urchristentums ( Berlin 1 92 1 ); M. Dibelius, Formgeschichte 34 ss. ; J. Sundwall, Die Zusam­ mensetzung des Markusevangeliums (Acta academiae aboensis huma­ niora IX: 2 ) (Abo 1 934); J.W. Doeve� ]ewish Hermeneutics in the Synoptic Gospels and Acts (Assen 1 9.5 3 ) 202-20.5 ; W.L. Knox, The Sources of the Synoptic Gospels 1 (Cambridge 1 9.5.5) 8,1 6; V. Taylor, The Formation of the Gospel Tradition (London 1 9.57) 1 77-179; E. Haulotte, Symbolique du Vltement selon la Bible (Théologie 6.5 ) (Pa­ ris 1966) 3 20-324 ; J. Roloff, Das Markusevangelium als Geschichts­ J·arstellung : EvTh 29 ( 1 969 ) 73-93 ; E. Giittgemanns, Olfene Fragen zur Formgeschichte des Evangeliums (Tiibingen 1 970) 226-23 1 ; I. Maisch, Die Heilung des Geliihmten. Bine exgetisch-traditionsge­ schichtl. Untersuchung zu Mk 2, 1-12 (SBS .52) (Stuttgart 1 97 1 ) 10.51 20 ; · H .W. Kuhn, Sammlungen 18-24 . .53-98 ; R. Butterworth, The Composition of Mark 1-12 : HeyJ 1 3 ( 1 972 ) .5-2.5 ; D. Daube, Re­ sponsibilities ; P. Mourlon Beernaert, ]ésus controversé. Structure et théologie de Mare 2, I-J,6 : NRTh 9.5 ( 1 973 ) 129-149 ; J. Dewey, The Literary Structure of the Controversy Stories in Mark 21I-J,6 : JBL 92 ( 1 973 ) 394·40 1 .

I O . GUARIGIONE DI UN PARALITICO.

POTE STÀ DI RIMETTERE I PECCATI ( 2 , I - I 2 )

I

All'inizio della propria raccolta di dispute Marco ha posto un a tradizione singola passata già attraverso molte vicende: la narrazione di una guarigione miracolosa ( 2 , I-; . r i- I 2) è divenuta, con l'inserimento di una disputa ( 2 ,6- I o ), un pa­ radigma della contrastata potestà di Gesù. Nella composizio­ ne del vangelo l'accenno alla potestà divina di Gesù ( cfr. I , 2 2 . 2 7 ) attinge maggiore intensità dalla nuova dimostrazione.

Mc. 2,I-I2

·2 54

Marco è intervenuto a modificare la sua tradizione solo nei vv. I -2 per realizzare un collegamento col contesto preceden­ te; ora non siamo più in grado di separare esattamente la re­ dazione dalla tradizione, ma potremo probabilmente attribui­ re alla composizione dell'evangelista il v. 2 b ( xa.t EÀci.ÀEt, a.ù­ �ot� 't"Ò"V l6yov ) Anche il v. I a è stato rielaborato ( certamen­ te : 1tciÀt,v ); l'accenno a Cafarnao appartiene con ogni proba­ bilità alla tradizione premarciana. A sostegno della tesi che i vv. 6-I o sono un inserimento secondario di variazione for­ male, e non una parte originaria della narrazione, possiamo portare le seguenti considerazioni : a ) la ripetizione meccani­ ca dell'espressione ÀÉ"YE" 't"@ 1ta.pa.ÀV't"t,X{i) dal v. 5 in v. I o fin. ; b ) la peculiare costruzione del v. I o ; c) l'acclamazione nel v. I 2 che non si richiama ai vv. 6- I o ; d) la mancanza di una reazione degli Scribi (cfr. 3 , I -6 ); e ) l'opposizione sola­ mente mentale, e non verbale, degli Scribi ( vv. 6-8 ) ; /) l'in­ serimento degli avversari di Gesù nell'acclamazione (v. I 2 : 1ta"V't"E� ); vedi altri particolari nelle spiegazioni singole che vengono date qui sotto. La storia del miracolo e l'inserimen­ to della disputa si trovano su diversi piani di riflessione e non presentano neppure un collegamento continuo. .

2 l KtLt ELCTEÀ.Dwv 1t�À.t,V Et� Kt1cpt1pVt10VJl St,'i)llEpwv i)xovo-D1] a�" EV otx(tl [a�tv. 2 xtLt avvi}xit'l]atLv 1toÀ.À.o!, Wcr�E J.LT)XÉ�" xwpEtv l-l:qSÈ �cì 1tpò� �T}v DuptLv, xt1t [À.tiÀ.E" t1Ò�ot� �òv l6yov. 3 xt1t lpxovtt1t, cpl­ pov�E� 1tpò� t1Ò�Òv 1tt1pt1À.u�"xòv tLtp6J.LEvov Ò1tÒ �ECTCTcipwv. 4 xt1l J.I.Tt · 8uvt4c.Evo" 1tPOCTEVÉYXt1t. t1Ù�Q S"à �òv èSxlov rt1tECT�tytLCTt1v Ti)v CT�t­ Y'IlV lntou Tiv xt1t [�opu�tLV'tE� XtLÀ.WCTt, �òv xp��tL�ov lS1tou o 1tt1Pt1À.U�t,XÒ� Xt1�ÉXEt,�O . 5 XtLt l.Swv o '11)CTOV� �'Ì}v 1tLCT�t,V t1Ù�WV À.ÉyEt, �(i) 1tt1ptLÀ.u�t,x(il· �Éxvov, ticpLEV�tLL aou tLt ttJ.LtLp�(tLt,. 6 i)CTtLV SÉ �"­ VE� �wv yptLJ.LJ.LtL�Éwv [xEt xtLDtU.J.Evo" xt1t 8t,tLÀ.oy"�6J.LEvo" [v -rt1t� mpSL(l(,� t1Ò�wv· 7 �' ov�o� ou�w� À.tLÀ.€t; �À.tLCTcr'tE E;f.cr'tacritat. "Kav'tac; xaì. �o;ti�Et.v 'tÒv DEòv ltyov'tac; g'tt. ov'twc; où�i"Ko'tE Et�a­ lJ.EV. 1 E venne " di nuovo a Cafarnao ; alcuni giorni dopo si seppe che era in casa. 2 E si radunarono in tanti, che non c'era più posto, nemmeno davanti alla porta. Ed esponeva ad essi la parola. 3 E vengono e gli re­ cano un paralitico, portato da quattro. 4 E poiché non potevano far­ (lo) giungere b fino a lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto do­ ve si trovava, e, scavata un'apertura, calarono il giaciglio su cui giace­ va il paralitico. 5 E Gesù, vedendo la loro fede, dice al paralitico : «Fi­ glio, sono rimessi c i tuoi peccati ! » . 6 M a c'erano Il seduti alcuni degli Scribi e pensavano nei loro cuori : 7 «Come parla costui a codesto modo? Egli bestemmia! Chi può ri.. mettere i peccati, se non Dio solo? » . 8 E tosto Gesù, comprendendo nel suo spirito che· in se stessi stavano facendo considerazioni, dice lo­ ro : «Perché fate queste considerazioni nei vostri cuori? ' Che cos'è più facile : dire al paralitico : ' Sono rimessi c i tuoi peccati', o dire : 'Alzati, prendi il tuo giaciglio e d cammina'? 10 Ma affinché sappiate che il FiglitJ dell'uomo ha potere di rimettere peccati sulla terra», di­ ce al paralitico: · n «A te dico ! Alzati, prendi il tuo giaciglio e vatte­ ne a casa tua ! » . 12 E quegli si alzò e immediatamente, preso il giaci.. glio, uscl sotto gli oc�hi di tutti, tanto che tutti ne furono sbalorditi e lodavano Dio dicendo : «Una cosa simile non l'abbiamo mai vistah>.

II

La componente più antica del testo, cioè la narrazione del­ Ia guarigione miracolosa ( 2 , I -; . I I - I 2 ) segue, con alcune ac­ centuazioni particolari nell'esposizione e nelle parole di con­ forto pronunciate da Gesù, lo schema generale dei racconti di miracoli e quello particolare della topica delle guarigioni di paralitici : I . comparsa del taumaturgo e di una folla di po•· I l participio EWE�&tilv viene sostituito in W con IPXE"t'a.1., in C K A (D) 090

� q> prh Oat) con Etai\�&E'\1 ; il primo di questi codd., ponendo un xa.t davanti a· 8t.'TU.LEpwv, riferisce la determinazione temporale all'enunciato successivo; gli altri pongono un xa.t dopo 81-'TU.LEpW'\1 e riferiscono la detenninaziope tempo­ rale a dcrij�&Ev, tenendo conto probabilmente di 1 ,3,·38-4'· b. 1tpocrEyy,crat. in C K A D 090 � q> pl it syP è lectio facilior. c. Il perfetto Ùq>iW'tl"t'a.t. (cfr. Debnmner S 97.3 ) si trova nei vv. ' ·9 nella mag­ por parte dei codd. in luogo del «presente aoristico• ( S 320); esso è penetrato anche nella tradizione di Matteo; Luca l'ha posto autonomamente (cfr. Le. 7,4). d. I codd. SD 0130 pc assimilano U testo al tenore del v. I 1 riprendendo ht�yc.

Mc. 2,x

2'6

polo (motivi introduttivi e preparatori ): vv. 1-2 ; 2 . incontro ( del malato, di cui si indica la malattia o si descrive l'affli­ zione, col taumaturgo ): v. 3 , ostacolato qui da una 3 · dif­ ficoltà di avvicinamento 1 (un particolare che prende il posto della tradizionale preghiera di risanamento ), la quale deve venir superata : v. 4 ; 4. guarigione ( tramite comando con a­ postrofe e parola rivolta al malato [ senza la secondaria e­ spressione di potenza ] , parola risanatrice, comando di dimo­ strazione, commiato): vv. 5 . 1 I ; 5 . constatazione della guari­ gione: v. I 2 ; 6. dimostrazione: v. I 2 ; . 7. sbalordimento ( del­ la folla): v. 1 2 ; B . chiusa corale ( con un secondario caratte­ re laudativo): v. 1 2 . I motivi della fede nel v. ,5a e della re­ missione dei peccati nel v . .5h conferiscono fin dall'inizio a questo racconto un contenuto autonomo. La disputa qui in­ serita, che altera sensibilmente il carattere del più antico rac.. conto del miracolo, poggia sulla comunicazione della remis· sione dei peccati (v. ,5b ) come elemento di scandalo dell'azio­ ne di Gesù ( I ) e descrive ( 2 ) l'obiezione degli avversari ( qui �olamente mentale): vv. 6 s. e ( 3 ) la risposta di Gesù : vv. 8I O . Naturalmente il testo viene riferito in larga misura ( an­ , che se non completamente ) alla preesistente 'cornice , la qua­ le è ora costituita dal racconto del miracolo. Nella spiegazione seguiremo i singoli stadi della narrazione, commentando quindi anzitutto i vv. I -5 . I I - I 2 , e successivamente i vv. 6xo. III

I . Con la com parsa del taumaturgo 2 ha inizio la nostra nar­ razione. Non è possibile decidere con sicurezza se la sua lo­ calizzazione fosse preesistente all'evangelista o se sia stata inserita da lui nel testo col suo procedimento dell'aggancio 3• Comunque sia, Marco mette in rilievo il ripetersi del fatto ( inserimento di 1tci.Àt.v ) in riferimento a I , 2 I . L,espressione «alcuni giorni dopo» ( Ot.'i)l.tEpwv ) 4 presuppone un periodo in I. Cfr. G. Theissen 62 s.

4· Cfr.

2. ar. G. Theissen

,s.

3· Cfr. l. Maisch 12.

Debrunner S 223,1; dr. M. Johannessohn : Zeitschrift fiir vergleichende Sprachforschung '3 (192' ) 167 s.

Mc.

2,2-3

2'7

cui Gesù poté restare nascosto (cfr. I , 3 3 . 3 ; ·4 5 ) prima che si sapesse che egli era 4 ' ; G. Ki ttel in ThWb I V , 1 16 s . ; H .W . Kuhn 133 s.

2'8

Mc. �A

'Quando il taumaturgo non incontra paralitici (cfr. Io. 5 , I -3 ; Act. 3 ,2 ; 9 ,3 3 ; I 4 ,7 ), questi, come altri malati che non pos­ sono venire da sé, sono portati, e precisamente sulla barella o sul giaciglio (v. 4 ), che vengono regolarmente impiegati per la dimostrazione (cfr. il comm . al v. I 2 ). Il fatto che i paralitici vengono portati su una barella si trova citato nelle iscrizioni della stele B di Epidauro, nr. 3.5 ,64 e 70 9; similmente (con portantina al posto della barella) nelle versioni del miracolo di punizione e risanamento compiuto su Tito Latino in Cicerone (div. 1 ,26,.5 .5 ), Livio (ab urbe cond. 2 ,36) , Plutarco (Coriolan. c. XXIV ) ; anche Mida (Luc ., philopseudes I I ) viene portato su una barella al mago che deve guarirlo. In Act. 3 ,2 si narra, prima dell'incontro del paralitico con Pietro e Giovanni, che egli venne portato (![3tXcr�ci.. ��o ).

Con una topica realistica la nostra narrazione ci presenta, senza tuttavia rinunciare a sfumature, un paralitico portato da quattro persone ( non si tratta qui, diversamente da quan­ to sostiene E. Rasco, dei primi quattro discepoli di Gesù; su 1tapaÀ.u.,;Lx6c; cfr. Mt. 4 ,24 ; 8 ,6 ; oltre xwÀ.6c; : Mt. I I ,5 /Lc. 7, 2 2 ; M t. I 5 , 3 o ; 2 I , I 4; I o. 5 , 3 ; .Ac t. 3 , 2 ; 8, 7 ; I 4 , 8 ). Sulla diagnosi de1la malattia il narratore, come nella maggior parte dei miracoli , non ci dà indicazioni più precise. 4· La moltitudine ( su SLà. .,;Ò'V oxÀ.o'V cfr. 3 ,9 ) impedisce od ostacola l'avvicinamento al taumaturgo (cfr. 5 ,24 ; 9 , I 4 ss. ; I 0,48 ; anche 7,2 7 ). Il motivo serve ad illustrare la fede dei bisognosi che rendono 'possibile' (cfr. 9,23 s . ) l"impossibi1e' ( JJ.'Ìl Su'VaiJ.E'VOL ). I portatori si servono di mezzi inconsue­ ti e permettono al paralitico di raggiungere Gesù sul giaciglio ·sul quale era disteso (con un'ulteriore caratterizzazione del­ la sua miseria ) attraverso il tetto scoperchiato 10, calandolo 9· Cfr. R. Herzog, Die Wunderheilungen von Epidauros, Leipzig 1 93 1 , 1.

e 34 s. Cfr. I. Maisch ,s-61 .

22 s. 32

Io. Non si deve supporre qui un motivo esorcistico, in accordo con L. Fonck contro H. Jahnow; R. Bultmann, Trad. 237; K. Kertelge, Wunder 77· Recente­ mente ]. Gnilka, riferendosi a O. BOcher, Exorcista 72 ss., ha ripresentato l'ipo­ tesi che si sia scelto originariamente di passare attraverso il tetto «per ingan­ nare il demone della malattia)) ( zoo). In questo caso, però, si dovrebbe elimi-

Mc. 2,5

con corde 11 • Questo particolare 12 inconsueto non si può con­ siderare un'invenzione di un narratore fantasioso (vedi sot­ to), sebbene la difficoltà dell'avvicinamento e il riconosci­ mento della fede siano «motivi collegati>> (cfr. 5 ,24.3 4; 9, I 4 ss. ) 13 • ' . Osservando che Gesù vede la loro fede (dr. su questo mo­ tivo anche Act. I 4 ,9 ), il narratore interpreta questo sforzo fuori dal comune, questo superamento di ostacoli, come « fe­ de nel miracolo» ( cfr. I I ,22 s . ). L'atto dei portatori è una muta preghiera e una manifestazione di fiducia. Secondo quanto impone la situazione, Gesù si rivolge non ai portato­ ri sul tetto, bensl al paralitico calato all'interno della casa. Le sue parole di conforto sono introdotte da un'apostrofe (dr. 5 ,8 ; 5 ,4 I ; 9 ,2 ,5 ), che anche altrove ricorre spesso con­ giunta ad una espressione di potenza ( 5 ,4 I ; 9 ,2 5 ), che però è stata inserita qui nel v. I I in seguito all'interpolazione dei vv . 6- Io (dopo la precedente apostrofe rivolta agli Scribi ). nare come secondario non solo l'accenno alla folla (w. 2-4), ma anche i l motivo della fede (v. 5 a) .

I I . Su X«À.tiw dr. Act. 9,25 ; 2 7 , 1 7. 30 ; 2 Cor. I I ,3 3 · 12. Si presuppone probabilmente che i portatori raggiungano il solaio serven­ dosi di una scala esterna. La verosimiglianza dell'avvenimento è illustrata da M. A. Rihbany, Morgenliindische Sitten im Leben ]esu, Basel 31927, 1 1 6 s.: «Le tra­

vi principali che sostengono il tetto distano orizzontalmente circa 7o-1oo an. l'una dall'altra. Su di esse vengono poste trasversalmente stanghe, molto vicine l'una all'altra, abbast�nza lunghe per coprjre Io spazio intermedio. Segue poi uno strato di canne, rami e stet·pi ; il tutto viene poi coperto con circa 30 an. di terra. Un rullo di pietra comprime il fondo, che viene indurito dopo essere stato bagnato. Durante l'estate, in molte case resta un'apertura nel tetto per raggiungere il grano e le altre provviste, che vengono seccate in alto al sole. Le travi del tetto sono disposte ad una distanza sufficiente da far passare un gran­ · de cest d, un cosiddetto cesto da uno st:lio. I portatori del paralitico praticl· rono una nuova apertura nel tetto, oppure allargarono quella già esistente. Il malato g aceva però su un materasso o un grosso cuscino, legato ai quattro ca­ pi)) , Cfr . anche R. Knierim in BHH 1, 3 1 1 ( bibl .); n, 658-661 (con B. Reicke) ; Billerba:k 11,4; A. van Veldhuizen e i commentari ad l. ; F.W. Deichmann in RAC 11 1 . 5 24- 529 ( sulle diverse forme di copertura del tetto). Istruttivo è an­ che il parallelo in los., ani. 14,4 59 : Erode fa aprire a Gerico i tetti delle case ( "tWV 6p6cpwv «ive&uxti'Jt"tWV ), per sopraffare soldati barricati all'interno. ·

1

J.

Cfr.

J. Roloff, Kerygma

1 6o n.

198; G. Theissen 62 s.

260

Mc. 2,.5

L'apostrofe 'tÉX'VO'V ( al singolare) si incontra solo qui nel vangelo di Marco. Le parole di conforto ad introduzione dell'atto miracoloso ricorrono particolarmente in narrazioni in cui si dovevano o si devono supera� re ostacoli (dr. ,; ,3 6 ; 6,,;o; 7 ,29; 9 ,2 3 ; 1 0,49 ); Mt. 9,2 .22, ripren� dendo Mc. 2,5 ; 5,36, ha inserito la sua formulazione classica con Dap­ U€t. (6,,;o ; 10,49 ). Anche Flavio Giuseppe aggiunge due volte Dapa€t. nel riferire un miracolo di Elia (ant. 8,3 2 2 e 3 26 ) 14• Le parole di con� forto hanno paralleli anche in tes ti ellenistici 15•

Il fatto che nell'ambito di un racconto di miracoli si assi­ curi ad un malato la remissione dei peccati è singolare ( sul­ l'assicurazione di remissione nell'A .T. cfr. 2 Sam. 1 2 , 1 3 ; Is. 6,7 ; Zach. 3 ,4 ). Questa singolarità ha indotto molti esegeti a supporre che il v. 5b appartenesse già al brano inserito secon� dariamente ( disputa) . Nel testo del racconto del miracolo non è però più possibile trovare una base per l'inserimento, né indicarne una causa ( a meno che essa non consista nella stretta connessione, comune a tutta l'antichità, fra malattia e peccato). Inoltre «rientrano nel modo giudaico di vedere le cose il riconoscimento di un particolare effetto distruttivo del peccato nel malato e la concezione della guarigione come conferma dell'avvenuta remissione dei peccati (cfr. Ps. 103 ,3 e Nedarim 4 1 a con riferimento a questo versetto : 'Il malato non risorge dalla sua malattia finché non gli sono stati rimes­ si i peccati [ da Dio ] ' ). In rispondenza a ciò la remissione dei peccati e la guarigione dalle malattie determinano la piena riammissione e reintroduzione dell'uomo nella comunione 14. Cfr. anche l'incoraggiamento in Mt. 8,1 3 ; Le. 7,1 3 ; 13,12; Act. 3,6; 20,10; 27,22; Io. 4,,o; 1 1 ,4.1 1 .1,.23 .2, ; Le. 8,,o (trasformazione di un biasimo in un incoraggiamento).

1 ,. G. Theissen 68 s. Egli cita i seguenti esempi: VA 111,38 : «Consolati, .dice il saggio, egli non lo ucciderà, quando leggerà ciò . . . » ; VA IV, 1 0 : «Consolatevi, disse egli, poiché voglio porre termine alle vostre lacrime sulla fanciulla ... »; VA vu,38 : «Ti ho dato una prova della mia libertà. Consolati dunque�. Luc., phi· lopseudes 1 1 : «Consolati, disse egli, farò subito venire un babilonese, uno dei cosiddetti Caldei, che guarirà l'uomo». Inno di Isillo- ( IG IV,128) : «Consolati; al momento giusto verrò. Ma aspetta qui ! » .

Mc. 2,J.II

salvifica con Dio» 16• Come si indica anche nel testo col pas­ sivum divinum 16a che adombra l'azione di Dio ( à.q>LE'V'tat. ), è · chiaro che solo Dio stesso rimette i peccati. (Nella disputa la potestà di rimettere i peccati viene attribuita anche al Fi­ glio dell'uomo [ v. IO ] e ciò ne dimostra chiaramente il ca­ rattere secondario ). La rassicurazione di Gesù nel v. 5b non va interpretata nella storia del miracolo come atto di perdo­ no, bensl, corrispondentemente alla topica, come incoraggia­ mento rivolto a chi cerca aiuto : Dio gli perdona i peccati , e per questo Gesù può guarirlo e lo guarirà. ��. ..fede dei porta­ tori compare così non solo come fiducia nella persona che opera - il miracolo, ma anche come fede in Dio, che perdona fpeccat � � cioè nel �adre misericordioso proclamato da Gesù. -I I . L'espressione di potenza a-o t À.Éyw (cfr. 5 ,4 1 ) è proba­ bilmente stata inserita al momento in cui rassicurazione e parola risanatrice furono separate medjante l'interpolazione dei vv. 6- I o, al fine di sottolineare il cambiamento di desti­ natario ( v. I O : ELOf}'tE, v. I I : o-ot À.Éyw ) nel v. I I . Il risa­ namento viene operato da Gesù solo per mezzo della parola, senza alcun gesto; egli comanda al paralitico di rialzarsi ( E­ YELpE; cfr. il comm . a I ,3 I ; cfr . Act. 9 , 3 4 ; I 4 , 1 0 : à.vatr't'T]­ Dt. ). Segue un comando di dimostrazione ( cfr. v. 9 e Io. 5 ,8 ), che si adatta nel modo migliore ai racconti di guarigione di paralitici (cfr. Act. 3 ,6 ; 9 ,3 4 ; I 4 , 1 0 ) 17: il risanato deve por­ tare a casa egli stesso il giaciglio sul quale è stato trasporta1 6 . K. Kertelge, Wunder 79· Sul nesso che lega la malattia e il peccato dr. lo. Inoltre: Billerbeck 1 ,4 95 ; E. Sjoberg, Gott und die Sunder im pala­ .rtinischen ]udentum, Stuttgart-Berlin 1 9 3 8 , specialm . 3o-3 7. 1 69-1 75 ; R . Knie­ rim, Die Hauptbegrilfe fur Sunde im ..4.T. , Giitersloh 1965; J. Schmid, Siinde und Sii�ne im Judentum : BuL 6 ( 1 965 ) 1 6-26; H. Thyen, Studien zur Sunden­ vergebung im N.T. und seinen ati. zmd ;udischen Voraussetzungen (FR.LANT 96 ), GOttingen 1 970. A . Dupont-Sommer, Exorcismes et guérisons dans les écrits de Qumran , in Suppl. VT vn (Leiden 1 959) 246-2 51 ritiene d'aver scoperto 5 , 1 4 ; 9 ,2 .

nella Preghiera di Nabanide un parallelo della concessione della remissione dei peccati da parte di un esorcista giudaico; ma il testo è controverso. r 6a. Cfr. J. Jeremias, Theologie 1 7 . La mancata ripresa di

un

1,20-24.

xal �Ept.�a'tEt. dal v. 9 al v.

II

ulteriore indizio dell'a�tgiunta secondaria dei vv . 6-10.

può venir considerata

Mc.

21II-I:Z

to, e dimostrare cosl la sua guarigione agli occhi di tutti (v.

I 2 ) «Con l'esatta esecuzione, sottolineata da una corrispon­ denza quasi letterale col comando, la realtà della guarigione 18• è dimostrata nella maniera più precisa» .

Le guarigioni di paralitici vengono dimostrate spesso anche dal loro camminare (eh. v. 9 ; lo. ,,8 s . ; Act. 3,6.8 ; Act. 14,10) e saltare (Act. 14,10). Ancora più impressionante è però il particolare che egli porti il giaciglio (Io. , ,9 ), la barella (Le. , ,2, ; Luc., philopseudes 1 1 ) o una pietra (Epidauro, stele B nr. x , ); quando nell'esposizione si nomi­ nano la barella o la portantina (Tito Latino, vedi sopra ), la dimo­ strazione sottolinea spesso che il risanato può andare da solo a casa. 19

Segue infine il congedo del risanato, che viene mandato a casa ( alla sua famiglia), con la tipica formula di congedo (u1ta.yE ; cfr. il comm. a 1 ,44 ); il congedo si incontra prefe­ ribilmente in narrazioni in cui i malati si recano dal tauma­ turgo, ed è spesso collegato al motivo della fede (cfr. 5 ,34 ; 1 0,5 2 ; Mt. 8 , 1 3 ; Le. 1 7, 1 9 ) ; quando il risanato viene mandato a casa ( Cfr. ,5 ,1 9 : V1ta.yE EL� 'tO'V OLX'O'V O"OU 1tpoc; 'tOU� aou� ) s'intende certamente, come nei casi paralleli offerti dal­ la storia delle religioni 20, il ritorno in seno alla famiglia. 11

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1 2 . In rispondenza alla parola risanatrice sf ha la constata­ zione della guarigione : egli si alzò ( i)yÉpìtTJ ) . Subito dopo viene aggiunta la dimostrazione (con EvDuc; si sottolinea l'im­ mediatezza con la quale il paralitico acquista le forze), alla quale segue la conferma da parte dei testimoni oculari ( EIJ.1tpoO'ìtE'V 1ta'V'tW'V ) , che registrano il miracolo con il loro stu ­ 1 pore, il loro sbalordimento 2 ( WO"'tE E�tO"'ta.aDa.t. 1ta'V'ta.c; ; cfr . .5 ,42 ; 6,,5 1 ; sull'infinito dopo wa'tE cfr. 1 ,2 7 ) ; essi testimo­ niano l'epifania della potenza divina nell'elogio ( forse inse­ rito nella chiusa solo con l'interpolazione dei vv. 6- 10 in con­ siderazione del v. 7c), nella glorificazione di Dio ( 8o�ci�EL'V �8. l. Maisch '3· 19. Cfr. G. Theissen 77· 2o. Cfr. Le. 9,41; 7,1 , ; I Reg. 17,13 ; :z Reg. 4,36 ; VA IV,4' : «E il bambino e­ mise una voce da sé e ritornò nella casa di suo padre•. La conclusione di con­ o si presenta nella forma di un resoconto del narratore in Luc., philopseudes 16; Diog. L. (8,67 ). 11 . Cfr. F. Pfister in RAC IV, 944-987.966 s.

aed

Mc. 21,.Zz.z�

-rò� DE6� ), e pongono nella giusta luce la miracolosa guarigio­

ne e il suo autore : «Una cosa del genere non l'abbiamo mai vista! ». La chiusa corale ha la funzione di dare rilievo missio­ nario alla narrazione; qui essa è formulata in forma sorpren­ dentemente non teologica né cristologica. IV Si potrà sostenere che il racconto della guarigione miracolosa derivi «dall'ammaestramento della comunità» e sia «esempio e narrazione didascalica della vera fede» 22 solo se non si tiene conto dei tratti che superano lo schema e la topica dei racconti di miracoli e che dimo­ strano un aggancio nella vita di Gesù . I . Nel caso che la localizzazione a Cafarnao e la descrizione della calca nella casa e davanti alla porta non siano particolari dovuti alla re­ dazione di Marco , essi presuppongono che l'attività di Gesù nella cit­ tà posta sul mare di Galilea abbia suscitato grande stupore e provo­ cato affiusso di persone. Cfr. sopra l'antica tradizione del «giorno di Cafarnao» , alla quale la nostra storia si può accostare per stile ed at­ mosfera 23 • 2 . Il fatto che il paralitico venisse portato «da' quattro. persone» è un'indicazione concreta non strettamente necessaria nell'illustrazione di un miracolo o di una esposizione esemplare della «vera fede» . An­ che la manifestazione concreta della fede nell'atto di scoperchiare il tetto è narra ta con la stessa inconsueta ricchezza di dettagli . Con 'tÒ'J xpa�a."t"t'O'J s'intende probabilmente un giaciglio (non penserem­ mo alla moderna idea di una barella per malati); cfr. 6,5 5 ; Io. , ,8· I I ; Act. 5 , 1 5 ; 9 ,3 . 3 3 . Uno stile più elevato avrebbe usato il termine xÀ.tVr) (Mt. 9,2 .6 ; Le. 5 , 1 8 ) o XÀ.L'JLOLO'J (Le. 5 , 1 9 .24). Si può notare infine che il paralitico viene designato col termine 1ta.pa.À.u1'LX6� (che non ricorre nei LXX ) e non con xwÀ.6� (ls. 3 5 ,6 ) e ciò concorda col fatto che nella narrazione non è stata introdotta alcuna riflessione cri­ stologica (cfr. sopra il comm . sulla chiusa corale). 3. L'assicurazione della remissione dei peccati (da parte di Dio! ), che ci .colpisce con la sua singolarità (cfr. però Le. 7 ,48) 24, può tutta22. Cosl

l. Maisch 7' s.

2 1 . 2 , 1 s. ( addirittura con 1tO:.>..w ) starebbe meglio come seguito di 1 ,3 ,· 3 9 · La tradizione (e l'ampliamento con i vv . 6-10) sarebbero del tutto accettabili in l"ollegamento con 1,2 1a .29-38. Sul carattere non redazionale dell'indicazione di luogo ( Cafarnao) cfr. K. Tagawa, Miracles 21 s. 24. A questo propo&ito , oltre a 1-I. Schiirmann, Lk, ad l. , vedi H. Leroy, Verge­ bung und Gemeinde nach Lk 7,j6-5o, in Wort Galles in der Zeil. Festschrift K .H . Schelkl�, Diisseldorf 1 97 3 , s,- 94 ; U. Wilckens, Vergebung /ur die Siinde·

Mc. 2,6-7

via venire attribuita al Gesù storico, se teniamo conto della sua fa­ miliarità con peccatori (Mc. 2 , 1 5- 1 7 ha un carattere che segnala la re­ missione); cfr . H . Schurmann, Le. 1, 5 24. Il fatto che la disputa, con le sue considerazioni , attribuisca la remissione dei peccati allo stesso Gesù , cioè al Figlio dell 'uomo, chiarisce il carattere di antichità del­ l'assicurazione. 4· Nella versione protocristiana il motivo della fede nel v. 5 è una semplice interpretazione degli sforzi dei portatori, della loro fiducia nella potenza risanatrice di Gesù . «Nella concezione degli antichi mi­ racolo e fede sono collegati e compaiono uniti nelle narrazioni di mi­ racoli>> 25• Questo motivo non è affatto la molla del racconto, il cui primo punto di riferimento fu piuttosto la guarigione di un paralitico (a Cafarnao?) da parte di Gesù.

III 6. L'inserimento della disputa, che veniva narrata in aggiun­ ta alla storia del miracolo e non esisteva autonomamente, na­ sce dall'obiezione scandalizzata diretta contro l'assicurazio­ ne di remissione dei peccati. Gli Scribi vengono introdotti improvvisamente e indipendentemente dalla situazione già descritta, e la costruzione perifrastica serve a delineare le cir­ costanze. Gli Scribi vengono trattati come rappresentanti di un 'ceto' ( 't'LVE� 't'WV ). Nei loro cuori (cfr . 7 ,2 I ; Gen. I 7 , I 7 ; Deut. 7 , I 7 ) essi concepiscono l'accusa contro Gesù che vie­ ne poi espressa dal narratore (v. 7 ). La narrazione del brano inserito è più meditata di quella della cornice. 7 . L'assicurazione di Gesù viene intesa come espressione bla­ sfema 26, bestemmia e usurpazione di una prerogativa di Dio (cfr. Ex. 34,6 s . ; Is. 4 3 ,5 ; 44 ,2 2 ) che, secondo la concezione giudaica, non può venire estesa anche al Messia o al Figlio rin (Lk 7,J6-JO) in Orientierung an ]esus Festschrift ]. Schmid, Freibu rg I 97:J, 394•424. 2,. G. Theissen 133; dr. 1 33-143 · 26. Cfr H.W. Beyer in ThWb 1, 62o-624 ; Billerbeck I, 1016 s. Sulla questione cfr. G.F. Moore, ]udaism 1 ,535 : «Il perdono è una prerogativa di Dio che egl i non divide con nessuno, né affida ad altri» ; cfr. B!llerbeck I , 495 s.; H. Braun, Qtun­ ran 1, 32. .

Mc. 2,8

dell'uomo 26a. Chi parla come Gesù ( sprezzantemente : 'co­ stui' , v. 7a) bestemmia (v. 7b). Secondo Lev. 24, I 1 ; Num. I .5 ,3 0 la bestemmia va punita con la morte (dr. il comm. a I 4 ,64 ). La domanda retorica che segue suona come un grido di battaglia per l'onore dell'unico Dio (cfr. Deut. 6,4 s.). L'ac­ cusa insinua che sia Gesù stesso a rimettere i peccati, men­ tre Gesù nel v. 5b parlava del perdono di Dio, e in questo modo affiora un problema del cristianesimo primitivo. Il nar­ ratore protocristiano caratterizza gli Scribi come combattenti di Dio, che tuttavia vogliono prescrivergli come agire e non vogliono riconoscere (cfr. per contro la lode di Dio nel v. I 2 ) la potenza attribuita da Dio a Gesù e alla comunità cri­ stiana (cfr. Mt. 9 ,8 ; 1 6 , I 9h ; I 8 , 1 8 ; Io. 20 ,2 3 ). 8 . Il narratore del brano inserito riporta chiaramente il no­ me di Gesù, che non ricorreva nel più antico racconto del miracolo (cfr. il comm . a I ,40 ). Gesù dispone di una supe­ riore forza di conoscenza (cfr . .5 , 3 o; 8 , I 7 ) e penetra nei pen­ sieri degli avversari. Si tratterà· in questo caso probabilmen­ te del principio teologico che Dio è conoscitore di cuori ( xap­ St.oyvWO"'tT}c;: Act . I ,24 ; I j ,8 ; cfr. I Sam. 1 6 ,7 ; I Reg. 8 , 3 9 ; I Chr. 28,9; Ps. ? , I o ; Ier. 1 I ,2o ; I 7 , 1 o ; Ecclus 42 , 1 8 ss. ; Ps. Sal. I 4 ,6 ; nel N.T. anche Le. I 6 , 1 .5 ; Rom. 8 ,2 7 ; I Thess. 2 ,4 ; Apoc. 2 ,23 [ detto di Cristo Figlio dell'uomo ] ) 27 o di visione interiore intesa come forza profetica (dr. Le. 7 , 3 6 ss . ; Io. 4,5 ss. ) riconosciuta a Gesù Figlio dell 'uomo, piut­ tosto che del trasferimento di un motivo proprio del �E'Lo� «l\li} p 28• Lo spirito superiore di Gesù percepisce i segreti ( E\1 �au'to'i:c; ) pensieri degli Scribi, e con la domanda li smaschera, confe�mando preliminarm�nte la sua potenza divina. La do­ manda successiva introduce, con coerenza stilistica, la chiusa della disputa. 26a. Cfr . però Targum Is. ,3,,h; a questo proposito K. Koch, Messias und Sun­ denvergebung in ]esaia ( 1972) l 17-148 .

-

53

Targum, 'in Journal for the Study of Judaism 3

27. Cfr . J . Behm in ThWb 111, 6 1 6; anche I-1. Schiirmann, Lk 1 , 28 3 . 28. Cosl l. Maisch 79 ; dr . H.D. Betz, Lukia11 r x x ; L. Bieler, 8EIOl: 87-89.93 ; T.L. Budesheim 192 s.

.

Mc. �,9-zo

266

9 · Una domanda alternativa su che cosa sia più facile (cfr. 3 , 4 ; Le. I 4,3 ; Mt. I 7 , 2 .5 ) conduce in maniera argomentativa 29

al detto probante del v. I o. Si confrontano, come più facili o più difficili , due frasi ( Et1tEL\I il Et1tEL\I ): l'assicurazione del v . .5b e la frase risanatrice (v. I I + xat 1tEpL1tci'tEL; ci si ri­ chiama due volte alla preesistente cornice del racconto del miracolo, e ciò dimostra la dipendenza del brano inserito). Più facili o più difficili risultano le frasi a seconda della con­ trollabilità; più facile è l'assicurazione di remissione, che non '. si può controllare, più difficile la frase risanatrice, che richie­ de una prova. Si dimostra il potere di formulare l'enunciato più difficile, donde si può dedurre il potere di formulare l'e· nunciato più facile ( deduzione a maiore ad minus ) 30• Bisogna peraltro osservare che la parola più facile compie l'impresa :più difficile, cioè la remissione dei peccati (che è riservata a Dio: v. 7 ) e la parola più difficile compie l'impresa più faci­ le, la guarigione dalla paralisi ( della quale Dio rende capaci anche i suoi uomini ). Questo procedimento deduttivo para­ dossale richiama l'attenzione, oltre che sulla successiva dimo­ strazione ( vv . I o- 1 2 ), sulla necessità della fede ( v . .5 ); (per l'opposto 'vedere' cfr. l'EtOTj'tE del v. I o ). ,

Il termine chiave 1tEPf.1ta:tÉw, che troviamo nella prolungata antici­ pazione del comando di dimostrazione, ricorre con frequenza in altre narrazioni di guarigioni miracolose di paralitici (cfr. Io. 5 ,8 .9 . I I . I 2 ; Act. 3,6.8 .9 .I 2 ; 1 4 ,8 . 1 o ; cfr. anche Mt. x x ,5/Lc. 7 ,2 2 ; inoltre Mc. , ,42 ); essa viene usata qui non in corrispondenza alla situazione (ca­ sa piena) bensl secondariamente come stereotipo (cfr . Io. 5,8 ). Il nar­ ratore non ha realizzato un adattamento completo dell'inserto alla cornice (cfr. v. 1 2 : t;ilÀ.DE-v ). 1 0 . Il narratore abbandona ora la sua posizione di distanza e pone, per cosl dire, il proprio commento in bocca a Gesù 29. Cfr. G. Theissen .

30. La regola esegetica

qal wa�omer abbraccia entrambe le conclusioni : a mi­ nori ad maius e a maiori ad minus. Cfr . W. Bacher, Die exegetische Terminolo­ gie der ;udischen Traditionsliteratur, 1. Die bibelexegetische Terminologie der Tannaiten, Leipzig 1 899 Darmstadt 1965 , s.v. ; I-I.L. Strack, Einleitung in Tal­ mud und Midras, Miinchen 5192 1 � 96-99. =

Mc. �,z-z�

267

prima di ricondurci, con la ripetizione delle parole d� v . .5 ( ÀÉyEt- "t(i) 1tapaÀu"tt-X� ) preparate nel v . 9 con EL1tEt'V �(il 1tapaÀu"tt-Xci) ), alla cornice della storia del miracolo, che ora viene usata a mo' di prova. Gesù pronuncia la frase più dif­ ficile (v. I I ) e dimostra ( t'Va 30a EL8ij"tE ) con la guarigione ( v. I 2 ) che egli, in quanto Figlio dell'uomo, ha la potestà di ri­ mettere i peccati sulla terra. Questo principio dogmatico del­ la Chiesa primitiva viene pronunciato, senza tenere conto dell'assicurazione di Gesù ( vv . .5 . 9 : remissione da parte di Dio ), in riferimento all'obiezione del v . 7 : oltre a Dio, an­ che il Figlio dell'uomo, al quale Dio ha concesso la potestà (cfr. Dan . 7 , I 4 ), può rimettere i peccati. Gesù viene presen­ tato come il Figlio dell'uomo che agisce sulla terra con piena potestà. Si tratta della remissione dei peccati (cfr. il comm . a I ,4 ) E1tL "tij 't r. interrogativo e spiega che ciò non sarebbe �un'innocua richiesta di i n formazione , bensl l'ist igazione ai disce­ poli ad abbandonare Gesù». Sulla discu�!'ione riguardante il v. 16 come doman­ d• cfr . R . Pesch , Zollnergastmahl 7 r; n,u hibl . ; Debrunner § 299,4; 300,2 . 7 G. BaumbavO'EI. 'Iou•

8a.tot xat oùx È� ÈlNwv tXIJ.a.p"t'wÀ.oi 29) . 3 . Col testo allargato i missionari dei pagani si richiamavano a Ge­

sù, che aveva condiviso la mensa coi pubblicani considerati dai pii giudei come pagani peccatori (cfr. Mt. I 8 , 1 7 ) . Il detto di Gesù sul­ l'invito rivolto ai peccatori (v. I 7C) poteva ora venire interpretato co­ me rivolto ai pagani . Affinché ciò risultasse chiaro, si inserl la parola chiave tiiJ.a.p"t'wÀ.ot già nei vv . I 5- 1 6. Già Gesù aveva banchettato con pubblicani e peccatori = pagani. Il fatto che le accuse degli avversari venissero rivolte ai discepoli era ora perfettamente intonato, poiché la comunità si vedeva rappresentata in essi.

v

La connessione con 2 , 1 - 2 e la formazione di 2 , 1 3 consen­ tirono a Marco di creare un grande paradigma della missio­ ne di Gesù fra i peccatori. Il suo potere di rimettere i pecca­ ti ( 2 , I o) è nuovamente illustrato nella vocazione di Levi (v .I 4 ) e nel banchetto (v. I 5 ), e spiegato con la parola di Gesù come componente del suo incarico. Gesù apporta guarigione e remissione. La chiamata ( vv. I 4. I 7c) a seguirlo ( vv. I 4 . .t ;c) è, secondo l'interpretazione dell'evangelista, un invito .

271. In lub. 22,16 si istruisce Israele (con le parole di Abramo a Giacobbe): i«Distaccati dai popoli ! Non mangiare con loro! ». Il comando viene motivato con rimpurità dei pagani.

28. Cfr. B .M.F. van Iersel 219 n. 16. Cfr. anche H.W. Kuhn, s. con bibl.

Sammlungen 91

�9. Cfr. K.H. Rengstorf in ThWb 1, 329- I I ss. ; w. Giinther in ThBgL III, 1 197·

Mc. 2,IB-22

28 r

ad uscire da un passato di .peccato, ma non affinché il chiama­ to si distacchi dai peccatori ( invece che dal peccato), ai quali anzi deve rivolgere la sua solidarietà. Infatti solo spezzando ed eliminando la segregazione si offre ai peccatori la possibi­ lità di convertirsi (cfr. Le. 5,3 2 ), di percepire l'invito al re­ gno di Dio (alla conversione e alla fede : I , I 5 ). BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibl. citata a pp. 202 .2 .5 3 ; R. Bultmann, Trad. 1 6 . .5 8 ss. ; G. Theissen, Erg. H. 20.32 s.; H . Schiirmann, Lk I, 287-

293 ; inoltre F.C. Burkitt, Levi, Son of Alpheus : JThSt 28 ( 1 926-27) 273-2 74 ; J . Jeremias, Zollner und Sunder: ZNW 30 ( 1 93 1 ) 293-300 ; J. Mouson, Non veni vocare. iustos, sed peccatores (Mt. IX,I 3 = Mc. II, z7 = Le. V,3 2) : ColMech 43 ( 1 9.5 8 ) 1 34- 1 39; J. Alonso, La pa­ rabola del médico en Mc 2,z7 : CultBibl 1 6 ( 1 9.59) ro ss. ; G. Baum­ bach, Verstandnis 1 8-2 1 ; G .M. Lee, They that are whole need not a physician : ExpT 76 ( 1 96.5 ) 2 .5 4; B.M.F. van Iersel, La vocation de Lévi (Mc., II,z J-I7, Mt., IX,9-I J, Le., V,27-3 2), in De ]ésus aux Évangiles II (Gembloux-Paris 1 967) 2 1 2-2 3 2 ; H. Zimmermann, Me­ thodenlehre 90-104. 1 77-1 8o ; R. Pesch , Levi-Matthaus (Mc 2,z4/ Mt 9,9; ro,J). Ein Beitrag zur Losung eines alten Problems : ZNW 59 ( 1 968 ) 40-.5 6; S . Wibbing, Das Zollnergastmahl (Mk 2, z J-I7; vgl. Mt 9,9-IJ; Lk J,27-32), in H . Stock - K. Wegenast - S . Wibbing, Streit­ gesprache (Giitersloh 1 968 ) 84-107 ; G.G .Gamba, Considerazioni in margine alla redazione di Mc. 2,IJ-I7 : DivThom 72 ( 1 969 ) 201-226; P. Lamarche, L'appel à la conversion et à la foi. La vocation de Lévi (Mc., 2, IJ-I7) : LumVit 2 .5 ( 1 970) 1 2 .5-1 36 ; R. Pesch, Das Zollner­ gastmahl (Mk 2, IJ-I7)., in Mélanges B. Rigaux (Gembloux 1 970) 6387 ; J . R . Donahue, Tax Collectors and Sinners. An Attempt at Iden­ tification : CBQ 3 3 ( 1 97 1 ) 3 9-6 1 ; R. Pesch, Manifestation de la misé­ ricorde de Dieu (Mt 9, 9-IJ) : AS 4 1 ( 1 97 1 ) 1 .5-24 ; J. Ernst, Anfiin­ ge der Christologie (SBS 57) (Stuttgart 1972 ) 1 2 .5- 144; H . Braun, Gott, die Erolfnung des Lebens fur die Nonkonformisten. Erwagun­ gen zu Markus 2, I5-I7 : Festschrift E. Fuchs (Tiibingen 1 973 ) 97- 1 0 1 .

I 2 . LA "QUE STIONE DE L DIGIUNO. LA DINAMICA DEL NUOVO ( 2 , 1 8-22 ) I

·Alla raccolta premarciana (vedi sopra, pp . 250-2 5 3 ) l'evan­ gel ista collega una nuova narrazione di conflitti, la disputa sul digiuno ( 2 , 1 8-2o ; in essa ricorre sei volte il termine chia-

Mc. 2,18-22

ve V1']CT't'EUE.�'J ) e il doppio detto sapienziale, aggiunto senza soluzione di continuità, sulla dinamica del nuovo ( 2 ,2 1 -2 2 ). Già nella raccolta premarciana i due detti sul vecchio e sul nuovo commentavano la disputa ;· queste due frasi figurate si potevano evidentemente aggiungere senza alcuna formula di allineamento all'immagine della disputa. L'evangelista ha lasciato integra la tradizione ; se il v. I 8a costituisce un'introduzione redazionale, esso si deve al redat­ tore della raccolta premarciana ( vedi sotto ). Attribuire l'in­ consueta locuzione «i discepoli dei Fa�isei » (v. 1 8b) a Marco sarebbe un atto arbitrario, ed equivarrebbe a renderlo respon­ sabile di tutto quanto è inconsueto nel testo. Esso ha ricevu­ to la sua forma definitiva già dal redattore della raccolta del­ le dispute. 11 KttL 'i'juav ot IJ.Cl�1')'tttt 'Iw&:vvou xat ot apt.uatot. V1')0''tEVO'V-tEc;. xttt lpxov-tttt. xttt À.Éyouut.v ttÒ't�· Ot.à. 'tt ot 1-14�-tttt 'Iwcivvou xat ot p.a�-tttL "tWV ttpt.O'tttW'V V1')0''tEvouut.v, oi OÈ uot IJ.(lh}-tttL oò 'V1')­ CT"tEvouut.v ; 19 xttt Elmv ttò'totc; o '111uovc;· Ilil ovvav'tttt. ot ulot 'tov VU(J.CpWVoc;, lv � o VUIJ.cpLoc; (J.E't ' ClV'tWV ÉO''tL'V, V1')0'"tEVEt.v; oaov XP6'VO'V lxouut.v 't�v vui.J.cp,ov (J.E-t' ttò-twv, ov ouvav-tttL V1')0'-tEVEt.v. 20 É­ ÀEvuov'tat. OÈ 'l')�J,Épat. �"ttl'V tt1ttlpi}'fi a1t' ClV'tW'V o VUIJ.cpLoc;, xttt "t6'tE V1')0''tEvuouut.v tv ÉXELVTI -til 'l')IJ,ip� . 21 OùoELc; l1tt�À.1ll.ltt �&:xovc; &.­ 'Yvcicpou l1tt.pci1t"tEt. E1tL Ì�J,ci'tt.ov 1tttÀ.ttt.6v· E! oÈ (.li), tttpEt. 't� 1tÀ.i)pw­ J..I.CI &.1t' aò-tov 't� Xttt.v�v 'tOU 1tClÀ.ttt.ov, xttL XEtpov O'X,O"IJ.CI yLVE'tttL. 22 xttt OVOELc; aaÀ.À.Et. otvov vÉov Etc; &.axoùc; 1tC1À.ClLOVc;· Et OÈ (.li), �1)­ �Et. O olvoc; "tOÙc; à.axouc;, Xttt O o!voc; a1t6ÀÀ.U'ttlt. Xttt OL aaxoL_ ( aÀ.­ À.tÌ. otvov vÉov Etc; &.uxoùc; xttt.vouc;. ] 18

E i discepoli di Giovanni e i discepoli dei Farisei 41 stavano digiu­ nando . E vengono e gli dicono : «Perché i discepoli di Giovanni di­ giunano, e i tuoi discepoli non digiunano? » . 19 E Gesù disse loro : «Possono forse i figli della sala nuziale, mentre lo sposo è con loro , digiunare? Per tutto il tempo in cui hanno con loro lo sposo , non pos­ sono digiunare. 20 Ma verranno giorni nei quali sarà loro tolto lo spo­ so, ed allora digiuneranno in quel giorno 6 • a.

Variazioni nella tradizione testuale perseguono l'assimilazione alla domanda successiva del v. 18b : 'fWV �(lp(.CT(ltw'V in K >-. pm a l bo'' ; p.a.fn}'fa.t 'fWV �a.­ pr.cr(l(wv in W. IJ. Assimilazioni al plurale del v. 20 si trovano in K al it (vg) sa bo.

Mc.

2,18-2o

21

Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un abito vecchio, altri­ menti la toppa strappa da esso, il nuovo dal vecchio, e lo strappo di­ venta peggiore. 22 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altri­ menti il vino farà scoppiare gli otri, e se ne vanno il vino e gli otri c . Ma : vino nuovo in otri nuovi c! � .

II

La disputa (vv. I 8-2o ) segue il solito schema narrativo ( realistico ) composto da I descrizione della situazione scan­ dalizzante ( qui incompleta ) : v. I 8a ; 2 . obiezione degli av­ versari ( qui in forma interrogativa): v. I 8b; 3 . risposta con­ clusiva (nella forma di una estesa spiegazione sui diversi tem­ pi di digiuno ): vv. 1 9-20. Nella descrizione della situazione ( vv . I 8a ) non viene però presentato il motivo dello scanda­ lo , cioè il fatto che i discepoli di Gesù non digiunano ; il re­ dattore ne presuppone la conoscenza dalla narrazione prece· dente (vv. I 5- 1 7 ). Riprendendo il v. I 8b, il v. I 8a è dunque formulato come aggancio redazionale che nell'ambito della raccolta delle dispute collega la narrazione successiva alla pre­ cedente. L'estesa risposta di Gesù (vv. I 9a.2o) , suddivisa in tre parti, giustifica il non digiunare nel presente e il digiuna­ re «in quel giorno» nel futuro; l'occasione per questa distin­ zione è fornita dalla presenza (P,E't'cx.trtw'J) o dall'assenza (a1t'cx.u'tw'J ) dello 'sposo', col quale, diversamente dall'im­ magine velante del v.. I 9a, Gesù viene evidentemente iden· tificato. Non scorgiamo alcun motivo per cui la Chiesa primi­ tiva possa aver inventato una trasgressione del digiuno da parte dei discepoli prima della morte di Gesù (v. 2 0 ) e aver­ la confrontata con la pratica del digiuno dei discepoli di Gio· vanni e dei Farisei, e poiché nella Chiesa primitiva tale pras­ si 1 ev.identemente non è mai stata oggetto di controversia, dobbiamo supporr� un'aggiunta protocristiana (vv. I 9b.2o) .

c . La maggior parte delle testimon:anze testuali aggiunge, facilitando, cbtoÀ.À.ouv­ 'f«f. o fJciÀ.À.oucrf.V o fJÀ.T}'fÉov . Minute osservazioni filologiche sul v. 21 in J.M . Bovcr. 1 . Sul digiuno nel gi udai smo e nel cristianesimo cfr. J. Behm in ThWb IV , 92 5· 9 1 5 ; Billcrbeck I l , 241 -244 ; IV, 77-1 14; R . Arbesmann in RAC v n , 447-,24 ; L. Ziehen in Pauly-\Vissowa xvu, 1 ,88-107. lvi altra bibl.

.2 84

Mc. 2,I8

ad una tradizione risalente ai giorni terreni di Gesù (vv. 1 8b. I 9a ). Si registra il fatto che i discepoli di Gesù non digiu­ navano, ma in aggiunta si giustifica la pratica del digiuno della Chiesa. III

1 8 . L'indicazione della situazione (v. x 8a) si presenta in una formulazione redazionale; xat EPXO'V'taL (v. 1 8b ) è un buon inizio narrativo. Il redattore della raccolta premarciana ha trasformato l'apoftegma autonomo (V'V. 1 8b.2o) in una di­ sputa agganciata ai vv. 1 5- 1 7, anticipando narrativamente la constatazione positiva degli ( ignoti ) 2 interroganti. Si crea un contrasto fra la partecipazione di Gesù e dei suoi discepoli (v. 1 5 ) al banchetto e il digiuno dei discepoli di Giovanni e dei Farisei 3, tratteggiato come contemporaneo per mezzo del­ la perifrasi ( Ti ua.\J 'V11 O"'tEUO'V'tE� ) 4 • Gli interroganti inter­ pellano Gesù sul comportamento dei suoi discepoli : il mae­ stro è responsabile dei suoi discepoli 5 (cfr . anche 2 ,2 4 ). Si confrontano le pratiche religiose dei discepoli di Gesù con quelle dei discepoli di Giovanni e dei Farisei 6: questi digiu.. 2. xe�l lpxov-ra... xt.oc; è ora una denominazione allegorica di Gesù , come nella pa­ rabola delle vergini sagge e stol te di Mt. 2 5 , I - I 2 , che pre­ suppone parimenti l'assenza (tfostpasquale ) dello sposo (dr . il v . I 3 ) , e come in Io. 3 ,2 9 6 (dr. anche Eph. 5 ,2 2-23 ). I discepoli di Gesù, come si spiega in seguito , hanno lo sposo presso di sé solo temporaneamente ; dunque sono ospiti del banchetto nuziale solo per breve tempo. Il confronto con I 4 , 7 , ove Gesù si rivolge ai discepoli, e il nostro passo, che ammaestra altri , conferma il giudizio dell'origine secondaria del v. I 9b. La forma di I 4 ,7 (cfr. ad l. ) deriva dal punto di vista della presenza ·di Gesù , quella di 2 , I 9h da quello del futuro dei discepoli, della Chiesa postpasquale 17 , che non intende il suo presente, diversamente dal tempo di Gesù, co14. B. Gerhardsson, Geistiger Opferdienst nach Matth 6,z-6.z6-2z in Neues Te­ sttJment und Geschichte. Festschrift O. Cullmann, Ziirich 1972 , 69-77 ·72 . Cfr. anche ].0. Hara, Christian Fasting (Mt 6,6-IB) : Sttipture 19 ( 1967 ) 3-18. x,. L'aspetto temporale della formulazione con lv (il nel v . 19a è dettato dall'im­

magine del proseguimento della festa nuziale, non ancora in vista della fine dei giorni in cui lo sposo è presente. Nel v. 19a si guarda al 'quando' del non di­ giunare, nel v. 19b alla durata (cfr. Debrunner § 201 ).

16. Cfr. R. Schnackenburg, ]oh. 1,4'3 s.

17. Non è possibile affermare credibilmente che Gesù abbia indicato ad inter­ roganti sconosciuti la propria morte e il tempo successivo ad essa; gli Annunci

Mc.

1,10

289

me tempo messianico della salvezza (e in questo modo ri­ torna parzialmente al punto di vista di Gesù ). 2 0 . Il tempo futuro dei discepoli (il v. 2 0 è conseguentemen­ te formulato al futuro ) è caratterizzato dali ' assenza di Gesù. È il tempo successivo alla morte di Gesù, al quale con la frase subordinata C't a'V à:rtapi}ii à:rt' aÙ 'tW'V ò 'VUIJ.q>LO�, ( al­ ludendo a Is. 5 3 ,8 ? o a espressioni di rapimento? ) 18, si ri­ manda per chiarire quali sono i giorni annunciati 19, spezzan­ do l'immagine della festa nuziale ( nella quale lo sposo non viene portato via ). Nel tempo della Chiesa si digiuna ( 'tO'tE 'VEO"'tEuaouat.'V ) Diviene dunque chiaro «che l'annuncio post­ pasquale ha salvato il v. 1 9a per il tempo della Chiesa ag­ giungendovi la limitazione dei vv . 1 9b-2o, che tiene presen­ te la situazione e la prassi post-pasquale della Chiesa» 20• Il tempo del digiuno ecclesiale viene precisato con È'V EXEt 'VTI "tii 'lÌtJ.Épq. , e tuttavia lasciato indeterminato . L'indetermi­ natezza trae origine dallo stile di presagio ( profetico ) nel qua­ le il detto è formulato . L'enfasi della locuzione conclusiva si riferisce però certamente ad un giorno (di digiuno ) partico­ lare 21 , che non è assolutamente l'ultimo giorno 22 • Fra le di­ verse interpretazioni 23 di questo giorno di digiuno la più pro· habile dovrebbe essere quella del digiuno settimanale del .

ddla sua morte vanno riferi ti alla ce rch i a dei discepoli ; dr. H. Schiirmann, Wie Tod besttmdl'l'z tmd verstanden? , in Orientierung an ]esus. Fest· ,l·hrih } . Schmid. freibur3 1 97 3 , 3 2 5 - 36 3 . 3 5 1 ss . I t enta t iv i ( ad es. di K.T. Srhafe!r e F.G . Cremer ) di sa l vare i vv. 1 9b .2o come parole autentiche di Gesù vamno pe rc i ò considerati fall iti . 1 8 . utpE"tCll. à:rtò "tll� 'YTl� i} t;wi) av"tou. Si osserv ino soprattutto le frasi parai· kk· Jd > 27, allorché esse non siano al servizio dell'uomo. Il comandament� del sabato rientra, per gli osservanti del primo giu­ daismo, fra le prescrizioni centrali dell'intera legge: «La ricorrenza settimanale del sabato è considerata dai Giudei come segno dell'ele­ zione divina ; infatti Dio non ha santificato alcun altro popolo per l'osservanza del sabato, tranne Israele solo (Iub. 2 , 1 9 .3 1 ; ,50,9 s.) . Il giorno di riposo, festeggiato già dai Patriarchi, consente di pregusta­ re la gloria eterna, che sarà un sabato senza 6ne. Il meraviglioso ef-26. Billerbeck u,, . ]oma b. 8'b indica come autore il rabbino Jonathan ben Jo­ seph (verso il 140 d.C.). Per la struttura del detto cfr. anche 2 Mach. ,,19: IJ.).,).,' oò St.& -tòv -t61tov -tò f&vot;, IJ.).,M St.& -tò f&vot; -tÒ'V -t61tov 6 dp1.ot; l;tli;a.-to; 11poc. Bar. syr. 14,1 7 s.: «Non esisteva ancora il mondo e coloro clte lo abitano. Allora ti consigliasti, dicesti una parola, e subito comparvero davanti a te le opere delle creature. Allora dicesti che volevi fare dell'uomo il rappresentante delle tue opere nel tuo mondo, cosl che si veda che non lui è stato fatto per amore del mondo, bensl il mondo per amore suo». Sul contenuto inoltre ass. Mos. 1 ,1'2 ; 4 Esdr. 6,,,.,9; 6,1 1 ; Aristides, apol. 1 ,3; lust., apol. 1,10,2; 2A,2 ; Diogn. 10;. altri testi in T.W. Manson 144 s.; paralleli formali in H. Almquist, Plutarch ,o. A. Finkel, The Pharisees and the Teacher o/ Nazareth (AGSU 4), Tiibingen 1974, 1 70 vede una deduzione tratta da Ex. 3 1 ,14. 27. H. Merkel, ]ems und die Pharisaer : NTSt 14 ( 1967/68) 194-208.204. J. Beqter, Das Gottesbild ]esu und die alteste Auslegung von Ostern, in ]esus Chrislus in Historie und Theologie. Festschrift H. Conzelmann, Tiibingen 1975 , I0,-1 26. I I6 spiega che in Gesù esi toglie al sabato la sua apriorica qualitl di­ vina�.

Mc. 2,27

fetto del sabato è, d'altro canto, tale, che nel settimo giorno anche gli empi nella gehenna godono di una sospensione della loro pena. Per questo il comandamento del sabato è tanto importante quanto tutti gli altri comandamenti della torà presi insieme (Ber.;. 1 [ 3C14s . ] ) , e la ricompensa attribuita da Dio a chi l'osserva fedelmente è partico­ larmente alta . Se Israele osservasse solo due sabati esattamente se­ condo le prescrizioni, si avrebbe la redenzione» 28• Per il giudaismo all'inizio dell'era volgare il sabato era uno dei segni più importanti dell'elezione di Israde alla comunione con Dio. «Poiché il giudaismo conosceva la grazia attribuitagli da Dio nell'accordargli la comunione con lui, esso credeva ancora, all'inizio dell'era volgare, di non dover commettere alcun atto di superbia proprio nella realizzazione di questa comunione, ma di dover percorrere quelle vie e osservare quei gior­ ni, tempi e momenti che Dio aveva offerto all 'uomo in maniera parti­ colare per la comunione e nei quali sembrava risplendere in modo speciale la sua misericordia. Proprio la premura di non perdere l'immeritabile benevolenza di Dio con trascuratezze e ostinazioni nel­ la propria vita aveva fatto sì che anche la lettera della legge assumes­ se per I�raele un 'importanza essenziale» 29• I dotti farisei eressero uno 'steccato' di singole prescrizioni intorno alla legge , enumerando 3 9 lavori proibiti di sabato e suddividendoli ancora. In linea di principio esso serviva, malgrado il pericolo di una perversione in senso forma­ listico e oppressivo, ad impedire l'arbitrio um�no e la falsa autono­ mia. Sulla base della sua intenzione fondamentale, l'osservanza del sa­ bato è al servizio della liberazione deU'uomo, che cede il suo tempo a Jahvé come signore del tempo, e riconosce cosl Dio solo come Signo­ re. La signoria divina, della quale Gesù proclama l'imminenza, è, per l'uomo, tempo che porta la salvezza; e il sabato come segno della s&l­ vezza deve mantenere o riacquistare il carattere di tempo pieno di �alvezza.

Gesù non proclama l'autonomia dell'uomo, bensì la salvez2a dell'uomo come fine della volontà e delle prescrizioni di Dio. Il comandamento del sabato è giustamente interpretato ·non con principi formalistici che articolino l'interesse di Dio, bensì con un'esegesi umana che riconosce l'interesse di Dio per la salvezza dell'uomo. 28. E. Lohse in ThWb vn, 8. 29. M. Limbeck, Die Ordnung des Heils. Untersuchungen % U nt Gesetzesverstiind­ nis des Fruhjudentums, Diisseldorf 1 97 1 , 192 s. C. Hinz 91 sot tol inea giustamen­ te che col sabato era in gioco l'identità di Israele.

30'

Mc. 2,28

basilare del v. 27, che necessita di in­ terpretazione e poteva anche venire applicata casuisticamen­ te come il suo parallelo M ek. Ex. 3 I, I 3 s . , si trae, con la fra· se introdotta da WU'tE (cfr . I o,8 ), una conseguenza che non deriva da una comprensione titolare dell'espressione o ui.òc; 'tOV a'JDpw1tOU nel senso di Figlio dell'uomo ( Matteo e Lu­ ca cancellano probabilmente anche per questo il v. 27). Nel nostro contesto col titolo solenne di Figlio dell'uomo si in­ terpreta certo la potenza ( 2,I o) e la maestà (v. 28) del Si­ gnore della comunità cristiana, superiore a David; i cr istia­ ni deducono dalla cristologia la loro libertà dall'osservanza del sab a t o . È probabile però che il v. 28 intendesse origina­ riamente l'uomo in quanto figlio di Adamo come signore anche del sabato 30• La chiave per la comprensione della frase sta nell'espres­ sione xat 'tOV ua��a'tou; si presuppone il dominio dell'uo­ mo sull'intera creazione dell'opera compiuta in sei giorni da Dio (cfr. Gen. I,26.28; Ps. 8,5-9; Iub. 2,I4); partendo dal presupposto che anche le creature del settimo giorno siano state create per amore dell'uomo, si deduce la dominazione dell'uomo sul sabato. In altre parole, il sabato e le sue pre­ scrizioni devono servire all'uomo, poiché furono create per lui. Nell'originario testo semitico, come in Ps. 8,5, si parla­ va, nel decorso dei vv. 27-28, evidentemente di uomo e figlio dell'uomo nel significato di 'uomo' . Che con l'espress ione bar ' enasa ' abbia parlato figurativamente di se stesso come Signo­ re anche del sab ato, è un'ipotesi inverosimile 31• Si può com­ pre ndere senza difficoltà che l'inserimento della serie di det28. Dall ' affermazione

�o.

io

L'interpretazione di R. Thibaut, che intende xaL nel senso di sosteniftlile.

Il

fortiori, non

�l. Essa è sostenuta, fra gli altri, da F.W. Beare 131 s., che aggiunge un senso universalistico all'interpretazione generica (umanità oltre Israele), e quindi lo ri­ fiuta. Sulla concezione rabbinica, secondo la quale il sabato sarebbe stato creato 10lo pC'r Israele e non per i pagani, cfr. i testi citati da T.W-. Manson. Cfr. Iub. J,ll: «Egli non consacrò però alcun popolo e alcuna nazione per festeggiare il sah.ato, tranne il solo Israele; solo ad esso egli permise di mangiare e di bere e di tl"n�rC' il sabato sulla terra)). C. Colpe in ThWb VIII, 455 ritiene non ori­ ain.ario, ma secondario il v .. 28; T.W. l\1anson ha riferito entrambi i vv. 27-28 •l figlio dell'uomo concepito in senso collettivo.

306

Mc. .2,.28

ti dei vv. 27-2 8 nella raccolta delle dispute di Mc. 2 ,15-3 ,6, o già la successione 2 ,23-26 + 3 ,1-6, potesse condurre all'in­ terpretazione cristologica del v. 2 8 per mezzo di una tradu­ zione titolare con la doppia determinazione ò vtò� "t'OU &.v­ Dpw7tou; infatti il Figlio dell'uomo è il corrispondente esca­ tologico di Adamo (dr. I Cor. 1 5 ,45 ). Alla trasformazione in s�nso escatologico del v. 28 avran­ no contribuito sia l'espressione XUpLO� sia la possibilità di in­ tendere 'uomo' come figlio dell'uo1no. L'aggancio dei vv. 2 72 8 alla risposta di Gesù in una situazione particolare aggiun­ ge alla prova tratta dal libro profetico di Samuele (risposta haggadica), una seconda prova tratta dalla torà (risposta ha­ lachica).

·IV Che i vv . 27-28 siano autentiche parole l'i Gesù non dovrebbe esser dubbio. Il parallelismo antitetico è caratteristico di Gesù 32, e altret· tanto il ricorso all'attività creatrice di Dio come base di conoscenza della sua volontà 33• L;uso generico dell'espressione 'figlio dell'uomo' nel senso di 'uomo' non è estraneo a Gesù ( 3 ,28 s. par. ; Mt. 8 ,20 par.; forse anche Mt. 1 1 , 1 9 par.) . L'intenzione del detto corrisponde al lo. gion sicuramente autentico di 7,1:; (vedi ad l. ). Gesù libera l'uomo da costrizioni esterne e lo rende responsabile. Egli non abroga affatto il sabato, bensl lo sottopone al dominio di Dio in modo tale da non li­ mitare, bensl da dare impulso alla libera responsabilità dell'uomo e alla prassi umana (cfr. il comm . a 3 ,1·6 ) . L'uomo come signore de] sabato (secondo Lev. 2 3 ,3 : Jahvé) è amministratore dell'intera crea­ zione di Dio e, in quanto tale, anch'esso pienamente creatura . v

La trasformazione in senso cristologico del significato del

2 8 sottolinea il contenuto implicitamente analogo dei vv. 2 5 s. Nella composizione di Marco, infine, la nostra pericope

v.

viene illuminata anche da 2,Io. La potenza di Gesù si rivela nel suo dominio sul sabato, che, analogamente al potere di timettere Ì peccati in 2, I 0- I 2 , viene dimostrata qui in 3 , I ·6 . ,2. ]. Jeremias, Theologie I, 24-30. 33· Cfr. F. Hahn, Methodologische Oberlegungen zur Riickfrage nach ]esus, in K. Kertelge (ed.), Ruckfrage nach ]esu.r (QD 63), Freiburg 1974, 11·7747·

La disposizione progrediente delle dispute (vedi sopra, p. 2 5 2 ) si avvia, dopo l'ammonizione a Gesù per la trasgressio­ ne del sabato compiuto dai suoi discepoli e la sua inaudita ri.. sposta, al prevedibile proposito distruttivo dei suoi avversari (e con ciò alla conclusione della prima parte principale del vangelo di Marco). Cfr. p. 253 ; R. Bultmann , Trad. I4 s. ; G. Theis�en, H. Schiirmann, Lk. I, 30I ss .; inoltre C. Trossen, Das Ahrenpflucken der Apostel: ThGl 6 ( I 9 I 4 ) 466-475; K. Bornhauser, Zur Perikope vom Bruch des Sabbats: NKZ 3 3 (I9 2 2 ) 3 25-334; B. Murmelstein, Jesu Gang durch die Saat/elder: Angelos 3 ( I 930 ) III­ I2o; R. Thi baut , L'Enthymème de Mc., 11, 27 suiv. : NRTh 59 ( I 932) 257; T.W .Manson, Mark 11.27 /: ConiNeot II ( I 947 ) I38-I46 ; J. W. Wenham, Mark 11.2 6 : JThSt I (I95o) I j6 ; A .D . Rogers, Mark 11. 26 : JThSt 2 ( I 95I) 44; J .W. Doeve, ]ewish Hermeneutics in the Synoptic Gospels and Acts (Assen I953 ) I 63 - I 67; A . Feuillet, L'��ou­ aia. du Fils de l'homme (d'après Mc 11, Io-28 et parr.) : RScR 42 (I954 ) 1 6 1- I 92; H. Troadec, Le Fils de l'homme est maitre meme du sabbat (Mare 2,2J-J, 6) : Bibvchr 2 I ( 1 958 ) 73-83 ; W. Beilner, Christus und die Pharisaer ( Wien I 959 ) 25-3 I ; H . Riesenfeld, Sabbat et ]our du Seigneur, in New Testament Essays. Studies in Memory of T.W. Manson (Manchester I 959 ) 2 10-2I7 ; F.W. Beare, Tbe Sabbath was made for Man? : JBL 79 ( I 96o ) 1 30-I36 ; E . Lohse, ]esu Worte uber den Sahbat, in ]udentum-Urchristentum-Kirche. Festschrift J. Jeremi as (BZNW 2 6 ) (Berlin 1960) 79-93; F. Gils, 1Le sabbat a été BIBLIOGRAFIA. Erg. H. I8 s.;

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Mc. J,I-6

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14. GUARIGIONE, IN GIORNO DI SABATO, DELLA MANO IRRIGIDITA. PREVISIONE DELLA PASSIONE ( 3,I-6 )

I

In accordo con la sua tradizione ( 2 , I 5-3 ,6 ) , Marco forma la conclusione della sua raccolta di dispute ( 2 , I-3,6 ) con una narrazione che, tramite la dimostrazione del dominio del Fi­ glio dell'uomo sul sabato ( 2 ,28 ) a favore dell'uomo ( 2 ,27 ), porta a prevedere la passione di Gesù (v. 6 ). Il racconto del­ la guarigione della mano paralizzata, compiuta di sabato ( te­ sto di genere misto, composto dal racconto di un miracolo e da una disputa ) non faceva originariamente parte della rac­ colta pre marciana , bensl era collegata fin dali' inizio con la precedente narrazione della raccolta delle spighe in giorno di sabato ( 2,23-2 6). Questo collegamento di 2,23-26 con 3, I-6 è indicato in particolare da: I . il rapporto concreto fra l'ammonizione pubblica (v. il comm. al v. 2 4 ), l'osservazione, l'intenzione accusatoria (v. 2 ) e la decisione contro Gesù (v. 6 ); 2 . il cara t­ tere, riconoscibile ad un'osservazione formale, di 3 , I-6 co­ me unità narrativa non autonoma con orizzonte soverchiante : 4) nel v. 2 vengono sottintesi come soggetto i Farisei di 2 , 2 4 (cfr. il v. 6 ) , vale a dire che viene presupposta tutta la narrazione precedente e tramite essa si motivano l'apposta­ mento e l'intenzione accusatoria; h) la domanda di Gesù del v. 4 (in questo caso non è una replica) è riferita polemica­ mente alla domanda dei Farisei che si legge in 2 ,24; abbia­ mo qui i nessi tra le parole chiave EçECi'tL 'J, 't OL>4 (cfr. il comm. a 5 , I 7 ), che non ha per nulla carattere topico e, come le parole di Gesù (v. 4 ), si oppone ad ogni tentativo di interpretare la scena in senso secondario-ideale 5• Il ruolo importante svolto dagli av­ versari nella narrazione (vv. 2 .4.5 .6 ) e il loro proposito di 4· Cfr. G. Theissen 81. 3· Sull"argomentazione' dr. G. Theissf'n 69. , Il racconto di 1 Reg. I 3,4-6, che tratta di una punizione miracolosa e dell'esau­ .

dimento di una preghiera, non ha influenzato la composizione della nostra nar­ razione, bensl tutt'al più la sua terminologia. Cfr. per i vv 1.3 ad es. :c Reg. 13, 4: xtxt t8ou f�T}p4�tn Ti XELp tx\rtou; per il v . 5 I Reg. I 3,4: f�l'tEt.VEv 'tTJV XEi­ pu a.Ò'tdO (prima della punizione miracolosa, come motivo di essa); I Reg. I3,6: xut lyÉVE'tO xtxDwc; "t'Ò 1tp6'tEpov. Una storia analoga si trova in test. S. 2,II­ I4, dove Simeone viene punito da Dio, la sua mano è semidisseccata e poi ri­ sanata dopo la sua preghiera: T) XELP IJ.OV 'li 8E�'-4 i)JJ.C�11POc; 'ijv bd. 'i)JJ.lpa.c; i1t­ -c4... xa.t T}v�ti:JJ.T}V Kvpt:w, tva. 4TCoxtx'ta.CT't'i}crn 'tTJV XEipa IJ.OV. Sull'uso di �T}­ p6c; in senso medico-popolare dr. anche Io. 5,3 e W. Bauer, Wb. 1085; su it1to­ xcdMcr'tT}J..1L Mc. 8,25. Non si potrà dunque andare oltre quanto afferma E. Loh­ meyer, Mk. 70: «La guarigione viene narrata molto concisamente, con tratti che devono ricordare al lettore esperto della Bibbia una analoga storia veterotesta­ mentaria». .

312

Mc. J,I-2

annientamento contro Gesù in particolare (cfr. su questo te­ ma I I , I 8 ; I 2 , I 2 ; I 4 , I ) accostano questo testo a tradizioni nelle quali si registra la causa del destino mortale di Gesù 6• III I. La visita di Gesù a una sinagoga (o alla sinagoga 7) di una località che resta indefinita è presentata dal narratore di se­ guito all'episodio della raccolta delle spighe, nello stesso gior­ no di sabato ( 2 ,2 3 ) . L'infermità di un presente ( Ti "V ÉxEt) vie­ ne descritta popolarmente: la sua mano è disseccata, irrigi­ dita , paralizzata 8• Il concetto di �1)p6c; o Y)I..LL�'l")poc; per desi­ gnare una mano paralizzata s'incontra, oltre che in I Reg. I 3, 4 (l�1)ptt'VD1) ), in test. S. 2 , I 2 , e probabilmente nella terza stele di Epidauro 9• Con «la mano» ( "t'tJ'V XE'Lpa.) s'intende cer­ tamente, come in I Reg. I3,4 ; test. S. 2 , I 2 , la mano destra ( cosl anche in Le. 6 ,6); in tutto il mondo antico (cfr. anche 6,47; 9 ,3 6 ; 1 4, 60) 16: si presuppone che costui sedesse fra i presenti nella sinagoga (nell'edificio su un sedile di pietra lungo la parete laterale o su stuoie stese sul pavimento)17. Il comando di Gesù, EYEt.pE, echeggia la sua parola risanatrice (dr. il comm. a 2, I I ), ma non va con questa confuso; esso riveste, oltre ad un carattere dimostrativo, anche la funzio­ ne della 'rassicurazione' (cfr. il comm. a 10,49)18. 4· ruvolgendo la sua domanda agli avversa�i, Gesù riprende

dapprima i presupposti del loro pensiero: E�EC1"tt.v = mwtr rientra nella terminologia giuridica della discussione dotta (dr. 2 ,24) 19• Con la domanda alternativa egli conduce però ad ahsurdum il loro pensiero casuistico e !egalitario. Con la sua doppia domanda alternativa Gesù impone di decidere che cosa sia 'permesso', q piuttosto comandato (cfr. anche il com: �mento a I0,2-9) di sabato per chi si orienta radicalmente sul_� la volontà di Dio, presupponendo, senza venire contraddetto, che il sabato valga in favore dell'uomo (2,27). Con questa domanda argomentante Gesù mostra di orientare la sua azio­ ne sulla volontà di Dio e di agire in obbedienza 20, non «il­ lecitamente»21 . Ambedue le alternative insinuano, formal­ mente, una duplice possibilità, .ma in realtà non lasciano alcuna scelta a chi vuole agire conformemente al volere di · Dio. «Fare del bene» corrisponde alla volontà di Dio ed è sempre opportuno, «fare del male» contraddice alla volon­ tà di Dio e non è mai consentito. La prima alternativa è for­ mulata in linea di principio. &.ya.ìtòv 1tOt.ELV (dr. Mt. 19,16 ; e ci si infondeva la forza di opporvisi nella vita quotidiana non solo con azio­ ni 'simboliche'» (G. Theissen 249).

16. Questo tratto

è

stato sfruttato frequentemente dalla redazione di Luca; dr.

Le. 4,35; 5,19; anche 22,27 . .5.5; 24,36; Act. 1,1_5; 4,7; 17,22; 27,21.

17. Cfr. Billerbeck IV, 142 ; W. Schrage in ThWb VII, 819 n. 132. 18. Vedi anche il comm. a 2,_5. G. Theissen 68 s. non cita 3,3 fra gli esempi di incoraggiamento e non avverte nemmeno lo sviluppo di preparazioni sceniche in Luca (vedi n. 16). 19. Cfr. E. Lohse, Worte 86. 20. In adempimento della legge: Mt. 5,17. 21. Cfr. W. Foerster in ThWb II, 5.58 s.

Mc. JA

31,

Rom. 13 ,3 ) definisce la volontà di Dio (Rom. 12,2) ed equi­ vale, per significato ad àya1tav (dr. il comm. a 12,28-3 4)22; xaxòv 1tOLELV designa il contrario. È necessario accennare a certi punti dei Testamenti dei XII Patriarchi, dove è attestato varie volte il nesso fra il comandamento principale dell'amor di Dio, dell'amore del prossimo e del compimento del be­ ne come quintessenza dell'adempimento della legge; dr. test. B. J,I s.: xa.t ullf:i:c; ovv, ""tÉxva. �v. "ya.'lt'f)cra.""tE Kupy,ov ""tòv 8Eòv �ov oò­ pa.vov xa.t q>vÀ.��a."tE lv""toÀ.aa. 1tOt.Et), cioè alle sue guarigioni miraco­ lose. Poiché egli aveva guarito molti ( cfr . I ,34 ), tutti coloro che avevano malanni ( cfr. 5 ,29 . 34 ) si precipitano su di lui per essere guariti dal suo contatto. L'idea che la forza risa­ natrice di Gesù venga trasmessa per contatto 8 (cfr. anche il comm . a I ,4 1 ) è illustrata nella narrazione dell'emorroissa (cfr. 5 ,27 ss. ); cfr. anche 6,56.

I I . All'immagine di Gesù come terapeuta il narratore aggiun­ ge quella di Gesù come esorcista , senza tuttavia parlare e­ spressamente della cacciata di spiriti impuri . Dopo la gene­ ralizzazione numerica ( v. I o : oaot. ), egli si serve di quella iterativa (o'tav ) ; cfr. 6 , 5 6 con ulteriori variazioni . Il motivo del riconoscimento degli spiriti impuri è tratto da 5 ,7 ( cfr. anche 1 ,24), e la proskynesis degli ossessi viene descritta con 1tp00"1tL1t'tb> (cfr. nuovamente 5 , 3 3 ; anche 7 , 2 5 ) . Si presup­ pone che i demoni conoscano Gesù grazie ad un sapere so­ prannaturale . La loro professione, diversamente che nella sin­ �ola narrazione ( cfr. 1 ,2 4 ; 5 ,6 s. ) dove si trova nel contesto della difesa del demone contro l'esorcista, è intesa qui, alla 7. Il vocabolo 1tÀ.ot4pt.ov non sarà stato inteso come un vero diminutivo, come indica il passa ggio a 1tÀ.otov (4,36). Cfr. C.H. Turner, Marcan Usage: pnSt 29

h927/28 ) "149-�52. 8. Su questa idea e sulla sua applicazione nelle storie di m iracoli cfr. G. Theis­ sen

71

s.

3 28

Mc. J,II-12

fine del sommario, come acclamazione. È chiaro che il titolo di Figlio di Dio, pronunciato in un predicato apostrofante (aù er), caratterizza anzitutto Gesù come terapeuta ed esor­ cista 9 ; il titolo ha tuttavia un timbro escatologico (dr. il comm . a I , I r ). 1 2 . Il nostro narratore, animato da intento missionario, re­

spinge l'idea che Gesù venga reso noto dagli spiriti impuri, cioè che questi siano in certo modo i suoi missionari. La dura intimazione ai demoni, che altrove s'incontra in occasione della loro cacciata (cfr. il comm . a 1 ,2 5 ), ha qui ceduto il po­ sto (cfr. É1tt.'t1,J.1(i.W in 8 ,3 0 ) alla ripetuta ingiunzione di non rivelare pubblicamente l'identità di Gesù . Egli si rende noto da sé, con la sua azione (v. 8 ; cfr. 6 , 1 4 ), con i suoi miracoli . E ciò corrisponde all'intento missionario del narratore, che rende noto il Figlio di Dio con racconti di miracoli . Marco ha ripreso nella sua redazione l'idea preesistente dell'intima­ zione di tacere impartita ai demoni in 1 ,3 4 e l'ha allargata in una nuova catena interpretativa (cfr. > a pp. 2 3 0 ss . ). IV Il sommario premarciano è una formazione secondaria basata su pre­

�sistenti racconti di miracoli . Da esso non è possibile ricavare infor­ mazioni storiche su Gesù ; per la conferma storica del grande afHusso a Gesù come taumaturgo cfr . il comm . a 1 ,3 2-3 9 · I l narratore del sommario , che introduce un ciclo di miracoli, è ani­ ·�ato dall'intento di illustrare come Gesù divenga noto attraverso la sua attività . Egli oossiede «irresistibile forza d'attrazione» e «impor­ tanza universale» 10, come indica la grande quantità delle contrade dal­ le quali il popolo viene a lui . L'allargamento della portata della mis­ sione cristiana è l'intento che ha determinato la concezione di un ta­ ·le sommario . v 9·

M�rco ha separato il sommario dal ciclo dei miracoli e lo

Cfr. F. Hahn, Hoheitstitel 2q 5-297 ; E. Schwei:r�r jn ThWb VIII. �78

K. Berger,

Zum Problem der Messianitfit ]esu : ZThK ( 1974) r-30.

10. W. Egger 480.

s.;

anche

Mc. 3,7-12

329

ha sfruttato per introdurre la seconda parte principale del suo vangeJo. Egli contrassegna il nuovo esordio facendo men­ zione di Gesù e dei suoi discepoli nella frase introduttiva 11 • Svolge temi già trattati con materiale tradizionale, operando una progressione : l'afflusso a Gesù a Cafarnao ( I ,3 2-34 ; 2 , 2 ), da ogni parte ( r ,45 ), sul mare ( 2 , I 3 ), diviene ora quasi universale malgrado l'ostilità contro di lui ( 3 ,6 ), e supera di molto l'afflusso al Battista dalla Giudea e da Gerusalem­ me ( I ,5 ), poiché la fama di Gesù è giunta dappertutto ( I , 2 8 ·4 5 ). Marco intende illustrare già nelle prime parti del suo libro il valore universale dell'evangelo ( I 3 , I o ; I 4, 9 ) . Anche l'accorrere delle folle (cfr. 2 , 2 s. ) s'accresce e costrin­ ge ora Gesù a servirsi di una barca (cfr. 4 , I s. ). Gesù appare il grande salvatore del popolo, che col solo contatto libera i sofferenti dalle loro pene. L'acclamazione dei demoni rivela l'azione di Gesù come azione del Figlio di Dio (cfr. I , I I ), che è posta nella tensione fra rivelazione e mistero e nel van­ gelo di Marco, soprattutto dopo 3 ,6 , deve esser valutata non senza tener conto della passione. Nel nostro brano compaio­ no per la prima voita i discepoli come agenti di Gesù , che stanno al suo fianco. Si prepara cosi la scena successiva ( 3 , I 3 - I 9 ). Inoltre, si nominano ora anche contrade pagane 12 , richiamando alla vista la corrispondente missione (cfr. poi in particolare 5 . 1 -2 0 ). Il Figlio di Dio, che con la sua azione provoca conflitti ( 2 , I -3 ,6 e 3 ,2 0 ss . ), conquista qui, nell'in­ terpretazione di Marco, il suo popolo. I suoi discepoli vengo­ no posti al servizio di questa missione. 'RtB LtOGRAFtA. Cfr. la bibliogr . cit. a p. 232 e a pp . 339 s . ; E. Wend­ l i n J! , Entstehunf!. r 4-18 ; G.A . Barton, The Use o/ bt�t't�tJJ.tL!ou xa.L 9a.ooa.tov xa.t I:�(J.wva. -ròv Ka.va.va.�v 19 xa.t 'Iovoa.v 'la-xa.pt.wlt, 8� xa.t 1ta.pÉOWXEV a.ù-r6v. 13 E sale sul monte, e chian1a a sé quelli che egli voleva. Ed essi se ne andarono a lui. 14 E costitul dodici a, affinché stessero con lui e per mandarli ad annunziare b 15 e avessero potestà di cacciare i demoni. 16 E costi tul i dodici, e diede a Simone un soprannome: Pietro, 17 e Giacomo di Zebedeo e Giovanni, il fratello di Giacomo, e diede loro soprannomi c: Boanerges, cioè figli del tuono, 18 e Andrea e Filippo e Bartolomeo e Matteo 4 e Tommaso e Giacomo di Alfeo e Taddeo e Simone il Cananeo 19 e Giuda lscariota, che anche lo tracll .

II

Marco ha suddiviso la pericope della chiamata dei Dodici in due parti (vv. I 3 - I 5 e I 6- I 9), e ha contrassegnato chiara­ mente la suddivisione ripetendo il v. I 4a in I 6a. La cornice della costituzione dei Dodici ( v . I 4 ) è inscenata da tre brevi frasi connesse paratatticamente (v. 3 3 ), la cui destinazione venne allargata con l 'aggiunta redazionale del v. I 5 , che so­ vraccarica la frase 1 • Il brano è concepito dall'evangelista se­ condo il modello dei racconti di vocazioni (vedi il comm. a I , I 6-20 ). Il catalogo dei Dodici, una lista di nomi (vv. I 6h- I 9 ) con indicazione di soprannomi ( vv. I 6b. I 7 h. I 8 . I 9) e di due pa­ tronimici (vv. I 7 . I 8 ) - ma priva dell'identificazione secon­ daria e redazionale del traditore di Gesù ( v. I 9 ) - era incoraggiunte J.Ltdh}-t� nel cod. W, O o0c; Xtd «i"KOO''tOÌ.. OUt; WV6J.Lt10'EV nei codd.

Il.

Le

c.

Il singolare è5VOIJ.t1 in B D pc è probabilmente una lezione facilitante.

B s c•vtd 9 cp pc sa bo syh IDJ sono tratte da Mt. IO,I o Le. 6,I 3. b. I codd. D W lat aggiungono come oggetto -tb EÒt1·y-yiì..1.ov e, seguendo Mt. 10,1 , xt1L �8wxEv t1Ò-to�c;; allo stesso influsso parallelo si deve l'ampliamento 0Epa.'7tEUE\V -tà.c; v6crouc; Xt1( in C2 K A D w e O I 33 ì.. cp pl lat. d. In 9 cp pc W è penetrata da Mt. 10,3 l'aggiunta -tòv -tEÀWV1}v, che si deve

alla redazione di Matteo. 1 . La duplice determinazione finale (doppio tv11 con cambio di soggetto) nel pre­ mareiano v. 14 è chiara; la seconda costruzione infinitiva nel v. I ' (x11t IXEI.V l�oucr,t1v), alla quale si aggancia a sua volta un infinito con accusativo (fx�«iì..­ Ì..EI.V 'trt 8t11.J.L6v�ocx), rende difficile l'intera frase, ed è un segno di elaborazione secondaria.

332

Mc. J,IJ

niciato in senso eziologico e funzionale dalla corrispondente introduzione (v. I 4 ) : non si dovevano tramandare solo i no­ mi dei Dodici, bensì anche la loro provenienza come 'creazio­ ne' di Gesù e la loro destinazione. Il testo è probabilmente una tradizione ecclesiologica dei primi tempi della comuni­ tà primitiva, di cui rispecchia anche antichi gradi gerarchici. III I 3. Marco trasferisce la situazione «sulla montagna» (v. I 3a ). Distaccandosi dal precedente ( 3, 7- I 2 ) inquadramento scenico del lago (cfr. il parallelo in 6,45 dopo 6 ,34-44 ), egli si serve di questa immediata indicazione topografica ( a lui preesisten­ te in 6 ,46 ) per caratterizzare avvenimenti misteriosi nascosti al popolo (cfr. anche il comm. a I 3 ,3 ). 't'Ò opo� è il monte ·di Dio, luogo di rivelazione ; ci si può chiedere se la struttu­ ra, suggerita dalla tipologia dell'Esodo (cfr. Ex. I 8 , 3 3 ss. ), .della tradizione premarciana 2, abbia portato ali 'impiego del motivo della montagna. Dopo l'indicazione della situazione troviamo, nello sche­ ma delle vocazioni, la chiamata ( v. I 3b). 1tpocrxaÀ.ÉOIJ.,tl.L as­ isume qui il significato di 'nominare', 'costituire' (cfr. Act. 2 , 3 9 ; I 3 ,2 ; I 6 , I o ). S i mette in rilievo la sovranità di Gesù, che chiama a sé chi vuole. I chiamati sono in pari tempo se­ gnalati in maniera particolare, poiché chiamati da Gesù stes­ ·so, secondo la sua volontà. Come nelle narrazioni di vocazioni (cfr. in particolare I , 20 ), i chiamati si recano da Gesù ; i Dodici, che egli crea, so­ no la sua cerchia, i suoi messaggeri, i depositari della sua po­ testà (v. I 4 ). Gesù diviene « il contenuto della loro vita; su di lui si orientano l'azione e il comportamento dei chiamati. . . L'intento dell'evangelista consiste nel caratterizzare l'avve2. ar. A. Strobel, Der Berg der Of}enbarung (Mt 28,I6j Apg I,I9). Erwiigungen zu einem urchristlichen Erwartungstopos, in Verborum Veritas. Festschrift G. Stahlin, Wuppe r tal 1 970, 1 3 3-146 . I43· Cfr. inoltre W. Foerster in ThW b v , 47 .5'· 486 ; W. Schmauch, Orte der Olfenbarung und der Olfenbarungsort im N.T. , Gottingen 1 9.5'6, 48-8o; U. Mauser , Christ in the Wilderness, London 1 963 ,

108- 1 1 9.

333

nimento che sta descrivendo come avvenimento di vocazio­ ne, al centro del quale sta Gesù stesso» 3• 14. Come anche Marco sottolinea nei vv. 1 3b. I 6a, la tradi­ zione premarciana definisce i Dodici come creazione di Ge­ sù 4• Essi vengono da lui investiti d'una funzione ufficiale (cfr. la funzione escatologica di giudici dei Dodici secondo Mt. I 9 ,28/Lc. 2 2 ,30), come Mosè ed Aronne da Dio ( I Reg. I 2 ,6 ), come i giudici d'Israele da Mosè (Ex. I 8 ,25 ) e come i sacerdoti dal re ( I Reg. 1 3 ,3 3 ; 2 Chr. 2 , I 7 ). Gesù fa di do­ dici chiamati i suoi accompagnatori e messaggeri ( apostoli ; cfr. 6 ,3 0 ), testimoni della sua rivendicazione nei confronti dell'intero Israele ( il popolo delle dodici tribù) e il nucleo della comunità escatologica presieduta dai Dodici dopo la Pasqua ( cfr. I Cor. I 5 ,5 ). I Dodici hanno una du piice destinazione : I . essi devono accompagnare e seguire Gesù (cfr. I , I 6-2o ); dalla comunio­ ne con Gesù ( J.lE"t'aù"tou ; cfr. 5 , I 8 .4o ; I 4 ,3 3 ) risulta 2 . il loro incarico di proclamazione missionaria (dr. I , I 7 ). Essi sono gli inviati di Gesù, che è l'inviato di Dio ( 9,3 7 ) ; cfr. Io. 1 7 , 1 8 ); essi partecipano al suo incarico (cfr. 1 , 14.3 9 e 6 , I 2 ). La loro missione è fondata sul legame con Gesù. «l Dodici svolgono la loro 'funzione' nella 'Chiesa' come disce­ poli di GesÙ» 5• Diviene così visibile il carattere eziologico della tradizione, che fonda la posizione dei Dodici nella Chie­ sa antica , ciò che Marco ha ulteriormente sottolineato col­ l'inserirlo in un orizzonte di vocazione (v. I 3 ). 1 ' . La partecipazione alla missione di Gesù comprende per 3. G. Sch:nahl, Die Zwi:ilf '4·

4· Sull'uso

teologico ufficiale di 1tOI.ÉW cfr. Ex. LXX 1 8,2, s. : xa.t l1tiÀ.E�E'V Mwu­ ailç H."Vopa.� ov"Va.�oùç à.1tb 1ttx.'V�bç 1crpa.i}À. xa.t l1to,T}CTE'V a.ò�oùç l1t'a.ò�w'V XLÀ.t.tipxou� xa.t lx«"t'O'V�tipxovç xa.t 'KE'Vn)XO'V�tipxov� xa.t otxa.oà.pxovç, xa.t lxp,'VOCTtx.'V �b'V À.a.b'\1 'KiCTa.'V i:lpa.'V. I Reg. 1 2 ,6: Mà.p-tvç xupt.oç 6 1tOI.TJCTtx.ç "t'b'V Mwvai)'V xa.t �b'V 'Aa.!)W'V. Cfr. anche frasi in cui Jahvé appare come creatore del auo popolo: 6 &tbç 6 1tOt.i}cra.ç CTE ( ls. 43,1 ; 44,2 e passim). Da non trascu­ rare il parallelo Mc. 1 I 7 : xa.t 1tot.i)crw ÙIJ.«i� YE"Viria.t. à.À.EEi:ç à.'V&pbmW'V. ,

5 . G . Schmahl , Die Zwolf '7·

3 34

Mc. J,l,-16

Marco anche il potere di compiere esorcismi, di cui egli par­ la in un'appendice da lui concepita in vista di 6,7 . I 3 (cfr. anche 9 , I 8 . 2 8 s. ). Caratteristicamente marciano è l'uso del termine OettiJ.,-6 \1[,0\1 ( cfr. il comm. a 1 , 3 4- 3 9 ; anche 6 , 1 3 ) in luogo di 1t'VEVIJ..CL ti\lcii}a.p'tov ( 6 ,7 ). Come l'attività di Gesù ( I , 3 4 .3 9 ), così quella dei suoi messaggeri consiste nel pro­ clamare, nel guarire e nell'esorcizzare. «Tutto il protocristia­ nesimo è un movimento esorcistico, i cui carismatici e mis­ sionari si proclamano esorcisti» 6• l messaggeri di Gesù mira­ no, al suo seguito, ad un'esorcizzazione del mondo, alla fon­ dazione di una nuova forma di vita nello Spirito santo che liberi dall'ossessione diabolica. x6. L'introduzione redazionale del catalogo - come tutto il resto di Mc. - introduce i Dodici come entità fissa, determina­ ta dall'articolo ( "t"ot� ÒwOExa ). Come nella tradizione premar­ ciana, la lista dei nomi resta grammaticalmente dipenden­ te dal predicato E1tO�i) CTE'J . Le annotazioni sul conferimento di soprannomi ( vv. I 6b . 1 7b ) turbano la costruzione del rac­ conto, specialmente nel v. t 6b, dove la frase, senza prece­ dente menzione di Simone, non si può intendere come paren­ tesi. Volendo dedurre da questa sconnessione un'elaborazio­ ne redazionale della lista, è necessario supporre un'antica re­ dazione premarciana 7• La posizione predominante di Pietro, che compare incon­ trastata in molte liste 8, poté indurre i tradenti a ricordare senza introduzione che a lui fu conferito il soprannome uffi­ ciale di Cefa-Pietro (cfr. I Cor. 1 .5 , .5 ; Mt. I 6 , t 8 : qui non vi ' è alcun conferimento di nome). Il nome ufficiale di Simone. 6. G. Theissen, Wundergeschichten 248. Cfr. anche ]. Kremer, «Heilt Kranke... Treibt Diimonen aus!» (Mt Io,S). zu; Bedeutung von ]esu Auftrag an die ]un­ ger fur die heutige Pastoral, in Zeichen des Heils, 6sterreichische Pastoralta­ gung 1975 , Wien 1 97, , 33-,2.

7· Contro K.G. Reploh 46; G. Schmahl, Die Zwolf 61 . Cfr., oltre alle liste dei dodici, anche le liste dei tre ( ,,37 ; 9 ,2 ; 14,33), la li­ sta redazionale dei quattro ( 13 ,3 ), l'annotazione in x6,7, anche Io. 21,2. Cfr . R. Pesch, Die Stellung und Bedeutung Petri in der Kirche des Neuen Testaments : Conc 7 ( 1971 ) 24o-24, . 8.

Mc. J,I6-I7

nella Chiesa antica Sa, nella traduzione greca DÉ-rpo�, viene ancorato ( forse ad opera dell'elaboratore di una lista più anti­ ca, che nominava Simone al primo posto) all'attività di Gesù con una predatazione. Questo intervento redazionale era sta­ to probabilmente provocato dalla più antica notizia del so­ prannome dei figli di Zebedeo (vedi il comm. al v. I 7b ). Sul­ la locuzione É1tÉDi) XEV OVOIJ.CX. cfr. LXX 2 Reg. 24 , I 7 ; 2 Esdr. 1 9 ,7 ;

Dan.

1 ,7 .

Il nome ufficiale di Simone nella Chiesa antica, che presenta il capo della prima comunità come la base rocciosa della comunità escatolo­ gica della salvezza (Mt. I 6 , I 8 s.), gli è stato probabilmente conferito nella sua estatica visione di Cristo ( I Cor. I 5 , ) ). Parlano a favore di questa ipotesi il carattere di narrazione pasquale 9 che ha la tradizio­ ne particolare di �atteo in M t. I 6 , I 6-I 9 e la connessione storica che esiste tra il genere letterario ddla visione e quello dell'attribuzione 'ecclesiologica' del nome (cfr. Gen. I 7 : Abramo-Abrahamo; Gen. 3 2 : Giacobbe-Israele; Ios. et As. 1 9 : Aseneth-città del rifugio) 10• Nel caso che Le. 24,34 non debba venire inteso come formazione redazio­ nale di Luca, abbiamo qui la prova più importante che Cefa venne introdotto come soprannome di Simone solo dopo la pasqua, e prese il posto del vecchio nome. A partire da 3 , I 6 , Marco lo chiama costan temente Pietro. ·

I 7. Corrispondentemente alla posizione che avevano nella Chiesa primitiva dopo Pietro 11, al secondo e terzo posto ven­ gono nominati, come in altre liste, gli zebedeidi Giacomo e Giovanni . Giacomo è introdotto come figlio di Zebedeo, Gio­ vanni come suo fratello, e con ciò s'intende forse sottolineare la differenza fra il secondo e il terzo posto nella lista. Ght­ como ( diversamente in I , I 8 : cx,\)"tov ) viene nominato addi­ rittura due volte. Il soprannome degli zebedeidi ( «Boanersa. Cfr. ].�. Fitzmyer, The Name Simon, in Essays in the Semitic Background of the N.T., London 1971, 105-1 12. 9· Cfr. a questo proposito ultimamente A.

Vogtle, Zum Problem der Rerkunft von «Mt z6,I7-I9», in Orientierung an ]esus. Festschrift J. Schmid, Freiburg

l 973, 372 · 393 · · o. Cfr. R. Pesch, Materialien und Bemerkungen zu Entstehung und Sinn des Osterglaubens, in A. Vogtle - R. Pesch, Wie kam es %Um Osterglauben? Diis­ sc:ldorf 197,, 133-184. r

11.

Cfr. le liste dei tre (vedi n. 8).

Mc. J,I7-IB

ges-figli del tuono» ) tramandato solo da Marco ( in Mt. /Lc. par. non compare ), non è una denominazione ufficiale della Chiesa primitiva, bensì di certo il soprannome attribuito da Gesù agli impetuosi fratelli (cfr. Le. 9 ,5 4 ; anche Mc. 9 ,3 8 ; 1 0 ,3 5-40 ). Il loro orgoglio e il loro impetuoso zelo religio­ so ne fanno degli 'assaltatori' , come si potrebbe tradurre più precisamente l'espressione bene regis , dal quale sarà derivato Boanerges 12• Precedenti tentativi di intendere il soprannome «Figli del tuono» come limitazione di una designazione generale dei discepoli ai soli fi­ gli di Zebedeo 13, sono stati superati dallo studio di O. Betz citato nella nota 1 2 . Il Betz ha consentito di comprendere questa designa­ zione nell'ambito della tradizione protogiudaica di Simeone-Levi, che tratta dello zelo di questi uomini violenti. I Figli del tuono-Assalta­ tori sono caratterizzati dal loro ambivalente «zelo impetuoso» 14•

1 8 . Segue, al quarto posto della lista, Andrea, non presentato come fratello di Simon Pietro e non nominato accanto a lui (cfr. 1 3 ,3 ; diversamente in 1 , 1 6 . 2 9) 15; poi viene Filippo, con Andrea rivalutato nella tradizione giovannea 16 ( solo que12. Cfr. O. Betz, Donnersohne, Menschenfische,. und der davidische Messias : RQum 3 ( 1 961 ) 41-70, specialm. 4 1 -52. Sulla derivazione ]inguistica degli altri nomi della lista dr. H. Schiirmann , Lk. 1,3 I 6-3 I8 e i iù importanti dizionari bi­ .blici. _

I 3 . Cfr. E. Preuschen , Die Donnersohne Mc 3,I7 : ZNW I 8 ( I 9 I 7/ I 8 ) 141 ·144 ; Fischer, Die Donnersohne Mark J I ] : Z NW 2 3 ( I924) 3 10 s . ; G . Bardy, Boa­ nerges: RScR I5 ( I 925) I67 s.; S. Grill, Die Donnersohne Mk J,I] nach dem syrischen Text : BiLit 2 3 ( I 956) I 37- 1 38 . Le tr3dizioni della Chiesa antica van­ nc già considerate come sforzi per chiarire un testo oscuro.

D

,

14. 0. Betz, op. cit. 5 1 .

I , . !tft. I0,2 ( in assimilazione redazionale a Mt. 4,I 8) e Le. 6,I4 (diversamente Act. I ,1 3 , dopo l'omissione di Andrea nell'elaborazione di Mc. I ,I 6-2o operata in

Le. ' , I- I 1 ) pongono Andrea al secondo posto della lista dei Dodici . Cfr. R. Pesch , Fischfang 70. Andrea viene rivalutato nei racconti giovannei di vocazione (Io. 1 .40 ss .). Sulle leggende di Andrea dr. P. M. Peterson , Andrew, Brother of Si­ mon Peter. His History and His Legends (NTSuppl I ), Leiden I958.

1 6 . Cfr. Io. I ,43 ss .; 6,5 ss. ; 1 2 ,2 1 ss (consentono a proseliti greci il contatto con Gesù); 14,8 ss. A Filippo vennero attribuiti apocrifi gnostici : il Vangelo di Fi­ lippo e gli Atti di Filippo. La tradizione della Chiesa antica lo ha identificato con luevangelista' (Act. 2 1 ,8 ) membro del gruppo dei sette (Act. 6,5 ), la cui attività missionaria è attestata in Act. 8 ( Papia in Eus. hist. eccl. 3,39 ,9 ; Policrate di Efeso ibid. 3 1 , 1 ). Cfr. G. Klein in BHH I I I , 1453 s.

Mc. J,IB-19

337

sti due tra i Dodici hanno nomi greci ) ; poi Bartolomeo ( pre­ ceduto da Tommaso solo in Act. I , I 3 ) 17, Matteo (in Mt. I O , 3 posposto a Totnmaso, e in Act. I , I 3 a Bartolomeo ) 18, Tom­ maso (che, con Andrea e Filippo, è posto in maggior risalto nella tradizione giovannea ) 19 Giacomo , al nono posto, viene presentato come figlio di Alfeo 20 per distinguerlo dal figlio di Zebedeo. Segue poi Taddeo ( sostituito da Giuda figlio di Giacomo in Le. 6, I 6/ Act. I , 1 3 , e tal volta da Lehbeo nella tradizione testuale relativa a Mc. 3 , 1 8 /Mt. 1 0,3 ) 21 , e un se­ condo Simone, detto il Cananeo = lo Zelota ( Le. 6 , 1 5 /Act. I , I 3 ) 22 per distinguerlo da Pietro. • .

19.

Giuda, presentato col soprannome di Iscariota = uomo di Kariot 23 (che in Le. 6 , I 6/ Act. I , I 3 lo distingue da Giuda 17. La sua identificazione con Natanaele avvenne perché questi ricorre in Io. 1 r4 5 accanto a Filippo, cioè nella posizione che ha Bartolomeo nelle liste degli

a;rostoli. 1 8 . Sulla sostituzione di Levi (Mc. 2 ,14) con > dei vv . 3 I-35 non può essere considerata come una con­ tinuazione della tradizione concreta, bensl forse come la sostituzione di una precedente continuazione. Sebbene s'intenda tacitamente che l'azione della famiglia di Gesù è fallita, non se ne parla, e s'introduce il giudizio degli Scribi di Gerusalemme (sul quale si basava proba­ bilmente quello della famiglia). La notizia sull'atteggiamento della fa­ miglia, che più tardi destò scandalo e venne eliminata da Matteo e Luca, attesta che i vv . 20 s. contengono una tradizione concreta risa­ lente alla vita di Gesù . Venendo ai particolari, sui fondamenti storici di questa breve informazione si può affermare quanto segue : I . la notizia del forte afllusso a Gesù della popolazione della Gali­ lea, e in particolare degli abitanti di Cafarnao, è confermata da altre tradizioni (cfr. il comm . a I ,3 3 .3 5 ss . ; 2 , I s . ). Esso è stato provocato specialmente dall'attività carismatica di Gesù . 2 . Anche Io. 7 ,j conferma che la famiglia di Gesù condivise pro­ babilmente l'atteggiamento negativo della sua città natale o del vil­ laggio in cui risiedeya (cfr. 6 . I -6 ). È perfettamente compren�ibile che TUJ.�a. = bestemmia contro Dio; cfr. la prima tavola, il co­ mandamento principale ), come si torna a sottolineare nella frase sçcondaria generalizzante. Il detto assicura una remis­ sione incondizionata e totale, e formula il fondamento della predicazione e dell'azione di Gesù. Parole veramente inau­ dite ! ( 1959) 1-9: Luca conserva l'amen solamente all'inizio di logia che si riferiscono

alla vita dei cristiani. 24. Prospetto riassuntivo in J. Jeremias in Abba 149, da esaminare con senso critico. •

Mc. },28-29

Mt. 12,3 1 s. ha riunito la tradizione di Q e quella di Marco, mentre

Le. 1 2,10 ha conservato in gran parte la redazione di Q (per un'ec­ cezione cfr. il comm. al v. 29). La tradizione di Marco è la più an­ tica. Con lievi correzioni, ricavabili da Le. 1 2,10, la si può ritradurre in

aramaico, e dovrebbe risalire nella sostanza a Gesù (forse senza la frase subordinata generalizzante, che però nella ricostruzione non appare appiccicata ) 25•

29. Nella proposizione condizionale (v. 29a) si formula una

eccezione : la bestemmia contro lo Spirito santo . Chi pro­ nuncia una parola contro lo Spirito santo (cfr. la più antica versione di Matteo in I 2 , 3 2 , che non riprende il verbo aÀ,a.­ acpT)IJ.ELV ), non ottiene perdono in eterno (Mc. / Le. tornano ad usare il passivum divinum, Marco presenta forse una va­ riante nella traduzione dell'originale aramaico ) presso Dio . Considerando la generalità de li' assicurazione di perdono per la bestemmia (v. 2 8 ) , questa eccezione designa evidentemen­ te una circostanza straordinariamente aggravante : il rifiuto ostinato di riconoscere i segni e l'azione di Dio nei segni del suo santo Spirito; in concreto, il chiudere gli occhi alla posi­ tività della predicazione profetica e dell'attività di Gesù ( spe­ cialmente dei suoi esorcismi ) interpretandoli come azione de­ moniaca. Nel contesto e nella connessione dei fatti risulta chiaro quanto segue : «Si tratta dello Spirito mediante il qua­ le vengono scacciati i demoni come si scacciano nel nome di Dio, contro il quale, secondo Lev. 24 , 1 5 s . , non si può be­ stemmiare, e la cui santificazione equivale alla venuta del suo regno (Le. I I ,2 . 3 par. )» 26 • Il rifiuto del perdono incondizio­ nato offerto da Gesù (che si attua anche negli esorcismi ), in .breve: il rifiuto della grazia di Dio, che compare in molte forme concrete di convincente positività, è la bestemmia con­ tro lo Spirito santo . Ciò non trova perdono in eterno, bensl provoca ( Evox6ç Ea'tLV : l'uomo ha meritato, si è attirato co­ me pena, si è inviluppato in ) eterna condanna ( aiJ.clP'tT)IJ.a. .significa qui colpa, condanna ). L'eterna condanna colpisce il .25. Sulla ricostruzione cfr. C. Colpe, Spruch 66-69 . lvi anche la convincente mo­ tivazione della spiegazione secondaria della versione di Q. 26. C. Colpe, Sprucb 7 1 s.

Mc. J,22-JO

3 .5 3

rifiuto opposto all'azione dello Spirito santo (e quindi al per­ dono stesso ). Anche il v. 29 può essere ritradotto in aramaico e venire considerato un detto autentico di Gesù 27• Non abbiamo qui una creazione secon­ daria della profezia della Chiesa antica , né un «principio di diritto sa­ cro» 28• La forn1ulazione generale di Gesù è caratterizzata propria dal fatto di essere riferita ad un contesto e ad una situazione concreti . La comunità tradente ha custodito la forma originaria del detto di Gesù proprio con la- · conservazione della sua cornice concreta nel v . 30 (in quanto non h a sviluppato, come nella tradizione d i Q, il logion in una «bestemmia contro il Figlio dell 'uomo» , sfrondando cosl anche la cornice delle dispute sugli esorcismi ) .

3 0 . La bestemmia contro lo Spirito santo consiste nel soste­ nere che Gesù, che caccia i demoni con la forza dello Spirito di Dio (Mt. 1 2 ,2 8 par. ), ha uno spirito impuro ; consiste quin­ di nella maledizione dello Spirito santo, nella maledizione di Dio (che si attua anche nel rifiuto del suo perdono incondi­ zionato ). Nella dimensione concreta della situazione di Gesù queste parole assumono un carattere parenetico, che manter­ ranno nello sviluppo della tradizione : esse divengono un am­ monimento . IV La composizione pre marciana delJ a seconda scena ( vv . 2 2 .. 30 ) conserva, come la prima, importanti notizie storiche sul­ l'attività e la fama di Gesù , m a , in particolare, conserva le sue parole evidentemente autentiche . Con la brevità che ci è imposta possiamo tenere presente quanto segue. 1 . L'accusa di ossessione diabolica rivolta a Gesù si riflette anche nel­ t1 tradi�one di Giovanni (lo. 7 ,2 0 ; 8,48 . .5 2 ; 1 0,20) e nella accusa di magia della tradizione giudaica ( Talmud babilonese Sanh. 43 a ) . Era 27. C. Colpe, Spruch 69-73 .

28. Cfr. E. Kasema nn , Siitze heiligen Rechtes im Neuen Testament : NTSt I ( 1 9 '�) 248-260. Per la critica cfr. K. Bcrger , Siitze. Contro Berger va sottolinea­ ta la possibilità che risalgano a Gesù c(massime giuri�iche)) di stile sapienziale ed apocalittico al condizion ale. Anche contro R . Scroggs , che intende attribuire la composizione del detto ad una «antica cristianità estatica)) ( 36' ), e M.E. Bo­ ring. che prende le mosse da una ricostruzione insufficiente .

3.54

inoltre comune in tutta l'antichità accusare di magia i fondatori e i seguaci di una nuova religione o di una nuova setta 29• 2. La tradizione sinottica attesta largamente che Gesù si serve di uno stile figurato-metaforico (vv. 24-2') e allegorico (v. 27), di uno sviluppo sapienziale-apocalittico dd linguaggio giuridico casuistico in frasi condizionali con la rivendicazione di una conoscenza apocalitti­ ca dell'attività giudicante di Dio (vv. 2 8 s.; dr. anche il comm. a 8, 3 8 ); e che inoltre egli si serve della formula caratterizzata dalla paro­ la 'amen' (v. 28a). L'uso non responsorio dell'amen nelle introduzioni, tipico di Gesù, esprime la sua intenzione rivelante, che è allo stesso tempo rivendicaziC?ne dd possesso dello Spirito di Dio , unzione pro­ fetica nello Spirito. Il ·detto sulla bestemmia contro lo Spirito è un importante documento, che attesta la coscienza 'messianica' di Gesù. 3 · L'annuncio dell'avvento della signoria di Dio e della fine di qud­ la di Satana è caratteristico della predicazione di Gesù (cfr. Le. xo, x8). Gesù pensa e si esprime metaforicamente ( ! ) nell'orizzonte di una tradizione che concepisce il tempo finale come tempo della lotta decisiva fra Dio e Satana. Cfr. il Pater noster (Le. x x ,2-4/Mt. 6,9-1 3 ) nd quale si chiede d i essere risparmiati dal 1tEt.p«Ql..L6ç e liberati dal maligno. Ciò diviene definitivo «quando si realizza la volontà di Dio, · quando Dio è signore assoluto, sia del corpo dell 'uomo, cosl che esso non sia più dimora dei demoni, sia del pensiero e della volontà del­ l 'uomo, cosl che si attui solo la volontà di Dio e la sua intenzione» 30• 4· L'assicurazione che Dio è incondizionatamente disposto al perdo­ no (cfr. in particolare Le. 1 .5, 1 1-32 ) 31 si riflette nella preoccupazione di Gesù per i peccatori (cfr. il comm . al v. 28, specialmente 2 , 1 3-17). Il detto sulla bestemmia contro lo Spirito santo resta legato alla chia­ ra preponderanza della salvezza nel resto del messaggio di Gesù e si può annoverare tra i suoi enunciati giudiziari (cfr. ad es. il comm. a 9 ,4 3-48 ), che nella loro subordinazione alle affermazioni di salvezza compaiono come valutazione teologica della realtà : «In realtà l'opus proprium del Dio di Gesù sono la bontà e l'amore, e il giudizio è so­ lo l'opus alienum » 32, la garanzia della libertà accordata all'uomo con la possibilità d'un rifiuto. -

29; Cfr. F. Pfister, Epode, in Pauly-Wissowa, Suppl. IV,323-344·32,.342 s. C&. anche in Mt. I I ,I8 par. l'accusa contro Giovanni il Battista; in Or. Sib. 4,81' l'accusa contro la Sibilla. Come attesta l'accusa contro il Battista, il riferimento riguarda il profilo profetico delle figure incriminate; cfr. J. Becker, lohannes ''. 30. ]. Becker (vedi n. II) 2I I . 31 . Cfr. R . Pesch, Zur Exegese Gottes durch ]esus von Nazareth. Bine Ausle­ Jung des Gleichnisses vom Vater und den beiden Sohnen (Lk I51II-J2), in ]e­ sus. Ort der Erfahrung GotteJ. Festschrift B. Welte, Freiburg 1976 . .32.

J. Becker, ]ohannes 97·

Mc. J,20-JO 5 . Rileviamo infine che il testo è caratterizzato· dal collegamento fra l'azione esorcistica di Gesù (v. 2 2 ) e la sua spiegazione escatologica (v. 27 ). « Il nesso fra l'escatologia e il miracolo è in Gesù singolare, e non è meno caratteristico di quello fra escatologia e sapienza. Gesù stesso concepisce i suoi miracoli come avvenimenti che miranc;> a qual­ cosa di assolutamente nuovo. Essi anticipano un mondo nuovo. Essi vogliono 'essere sempre un nuovo cielo, una nuova terra in piccolo' (E. Bloch). Il nuovo mondo non è venuto, e tuttavia la sua attesa è comprensibile: il carisma protocristiano del miracolo introduce ef­ fettivamente una profonda ristrutturazione del mondo antico. Non il cosmo è stato rivoluzionato, bensl il mondo interpretato con azioni simboliche» 33 • La dominazione di Satana termina a partire dalla com­ parsa di Gesù , allorché gli uomini si sottomettono alla dominazione di Dio credendo in lui e non in Satana.

v

Le tradizioni raccolte in 3 ,20-30 sono di notevole ampiez­ za e ben conservate : ciò diviene facilmente comprensibile, se teniamo presente l'importanza del primo cristianesimo come movimento esorcistico e, in esso, degli esorcisti pneumatici (cfr . anche il comm. a 9,3 8-40 ). I contrasti vissuti da Gesù si ripetono facilmente per l 'esorcista e il predicatore cristia­ no . Marco introduce questo complesso di tradizioni nella se­ conda parte principale del suo vangelo proprio dopo il brano in cui i Dodici, in qualità di rappresentanti di Gesù ( e dei di­ scepoli ), ricevono il potere di compiere esorcismi ( 3 , 1 5 ) . A partire da questo momento l'evangelista sottolinea inol­ tre i conflitti che si scatenano per via dell'attività di Gesù ( cfr. già 3 , 1 -6 ). L'afflusso del popolo che si accalca intorno a lui per ascoltarlo viene contrapposto all'incomprensione del­ la famiglia e dei capi di Gerusalemme. Chi non si piega alla richiesta dello Spirito santo (v. 2 9 ) e non compie la volontà di Dio , ;ivelata dal pneuma , non appartiene alla famiglia di Gesù , al popolo di Dio. Egli resta 'fuori ', non riceve il miste­ ro del regno di Dio e chiude gli occhi e gli orecchi di fronte all'azione di Gesù e alle sue similitudini che dischiudono il regno di Dio ( 4 , 1 1 s. ). H . G. Theissen , Wundtrgesc:hichtt11 :.77.

Mc. J,22-JO

Oltre a ciò, l'evangelista continua a sviluppare l'arco di tensione aretalogico-cristologico del suo libro. Anche nel con­ trasto Gesù si rivela il «più forte» ( I ,7 ), dotato dello Spirito di Dio ( 1 , I o ), che vince Satana ( I , I 2 s .2 I - 2 8 . 3 4. 3 9 ; 3 , I I s . ) e libera gli uomini dalla sua prigionia. I demoni lo riconosco­ no come il Figlio di Dio dotato dello Spirito divino ( 3 , I I s. ), contrariamente ai suoi avversari. Nella resistenza 'satanica' che si forma contro di lui ( 3 , 6 ), si delinea contemporanea­ mente la via della croce, sulla quale si compie la rivelazione conclusiva del portatore dello Spirito e che conduce alla pro­ clamazione della sua figliolanza divina ( I .5 ,3 7-3 9 ). Tanto il precedente (vv. 20 s . ) quanto il successivo ( vv. 3 I -3 .5 ) con­ trasto di Gesù con la sua famiglia indicano elementi essen­ ziali della sua figliolanza : essa ha le sue radici nell' obbedien­ za alla volontà del Padre. BIBLIOGRAFIA . Cfr . la bibl . citata a p. 203 ; R. Bultmann, Trad. I O­ I 2 .28-3o ; G. Theissen, Erg. H. I 7 .25 . 5 2 s . ; inoltre G. Hartmann , Mar­ kus 3 ,2o / : BZ I I ( 1 9 I 3 ) 249-2 79 ; W . Malinckrodt, Want Zii Zei­ den: Hij is Buiten Zijne Zinnen (Mare 3 : 2 1) : NThSt 3 ( I 92o) 3 I43 2 2 ; H. Leisegang, Pneuma Hagion (Leipzig I 9 2 2 ) 96- 1 1 2 ; A .D. Mar­ tin, A Sequel to the Wilderness-Temptation. A Study of lYic J, 20-JJ : ExpT 34 ( I 9 2 2 / 2 3 ) 2 5 9-262 ; P. de Ambroggi, La pretesa 'follia di Gesù' in Marco 3, 2 1 : ScuolC 3 ( 1 93 2 ) 1 3 8- 1 4 I ; J .E. Steinmueller , ]esus and the ot 1tap' aù-tov (Mk J, 2o-2z) : CBQ 4 ( 1 94 2 ) 3 5 5-3 5 9 ; A . Wimmer, Apostolos quosdam exisse (Mc J,2 I) : VD 3 1 ( 1 95 3 ) 1 3 I - I 43 ; P .J . Gannon, Could Mark Employ auton in J,2I Referring to ochlos in J,2o? : CBQ 1 5 ( � 9 5 3 ) 400 s . ; O.E. Evans, The Unfor­ givable Sin : ExpT 68 ( I 9 5 7 ) 2 40-244 ; G. Fitzer, Die Sunde wider den Heiligen Geist : ThZ 1 3 ( I 9 5 7 ) I 6 I-1 82 ; L. Gaston, Beelzebul : ThZ I 8 ( I 96 2 ) 2 47-2 5 5 ; F. Spadafora, Il greco degli Evangeli, ese­ gesi di Mc J,2o i. : Lateranum 2 8 ( I 9 6 2 ) I 2 6-1 47 ; G. Baumbach, Ver­ standnis 32-36 ; R. Scroggs, The Exaltation of the Spirit by Some Ear­ ly Christians : JBL 84 ( I 965 ) 3 5 9- 3 7 3 ; J.G . Williams, A Note on the 'Unforgivable Sin' Logion : NTSt I 2 ( I 96 5 ) 7 5-77 ; E. Ravarot­ to, La (casa' del Vangelo di Marco è la casa di Simone-Pietro? : An­ ton 42 ( I 967 ) 3 99-4 I 9 ; E. LOvestam , Spiritus Blasphemia. Eine Stu­ die zu Mk J,28f par Mt I 2, J zf, Lk I 2,10 (Lund 1 968 ) ; Id ., Logiet om hadelse mot den helige Ande : SEA 3 3 ( I 968) 1 0 1 - 1 1 7 ; G. Minet­ te de Tillesse, Secret I 00- 1 03 ; R. Schippers, The Son of Man in Matt. 12,32 = Lk 12,10 compared with Mk 3,28, in F.L. Cross (ed . ), Studia

Mc. J,JI-J'

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L A VER.A FAMIGLIA DI GESÙ ( 3 � 3 1 -35 )

I

Con un riferimento a 3 ,20 s. e applicando la tecnica della composizione concentrica, Marco aggiunge in 3 , 3 1 - 3 5 una tradizione che può approfondire il tema dei conflitti provo­ cati da Gesù. Questo apoftegma , che culmina nelle parole di Gesù , è una tradizione conchiusa e compatta, che di per sé non rimanda a 3 , 2 1 né richiede una continuazione. Inter­ venti redazionali dell'evangelista nella tradizione non sono riconoscibili . u Kat É P Y.E"ta. t. -i} IJ.TJ'tTJ !'l av--rou xa.t ot aÒEÀ.cpot «Ò'tou , x«t �w fJ"'tTJ­ xov"tE� a1tÉCT"tEt.À.a.v 1tpÒ� t%U'tbV XClÀ.OUV'tE� au--r6v. 32 xa..t lxaih}--ro 1tEPt «u--ròv oxÀ.o�. xat À.Éyoucrt.v a.u'ti;J· tòoù 1) IJ.TJ'tTJP fJ"ou xat ot &.­ �EÀ.cpot O'OU xa.t «t aÒEÀ.OO. t O'OU l�w �TJ'tOUfJ"tV fJ"f.. 33 xa.t à1tOXpLt}Et� «u--rol:� À.ÉyEt.' 'tL� ÉC'ti.V 1Ì JlTJ'tTJP IJ.OU xa.t ot à.OEÀ.cpot ; 34 xa t 1tEpf,· a À.E�aJ.l EVO� "tOÙ� 1tEpt (.ltJ"":"ÒV XUXÀ.r� X«ihliJ.iVOU� À.ÉyEf/ tOE TJ IJ.'i)'tTJP

IJ.OV xat ol aOEÀ.cpo! IJ.OV. 35 Sç, IJ.v 'JtO(,i)an 't� DiÀ.1)tJ.C1 'tOV DEOV, O�'tO� rt0EÀ.cp6ç, IJ.OU xat aOEÀ.qrq xat tJ.i)"r'l]p ÉO"'tt.v. 31 Ed arriva 11 sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, mandaro­ no a lui e lo fecero chiamare. 32 E una folla sedeva intorno a lui, e

gli dicono: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli e le tue sorelle b, fuori ti cercano ! )) . 33 E rispondendo a loro disse : «Chi è mia madre e (chi sono) i fratelli (' ? )) . 34 E volgendo lo sguardo intorno verso coloro che sedevano in cerchio intorno a lui dice : «Ecco mia madre e i miei fra­ telli ! 35 Chi fa la volontà di Dio, questi mi è fratello e sorella e ma­ dre ! )).

II

Questa breve narrazione di un detto , il cui nucleo è costi­ tuito dalle parole di Gesù (vv. 3 3h . 3 4b. 3 5 ) , non menziona il suo nome, come accade di solito nella tradizione orale (di predicazione ) nella quale il riferimento a Gesù avveniva in una cornice composta liberamente . La diffusa opinione che la 'scena ideale' dei vv. 3 I -3 4 sia una composizione seconda­ ria ad illustrazione del logion del v . 3 5 , può basarsi sulla man­ canza di dati concreti nella composizione, che crea un con­ trasto nel porre in evidenza da un lato coloro che stanno 'fuori' (lçw : vv 3 Ib.3 2c) e coloro che siedono intorno a Ge­ sù (1tEpt CIU't6'J : vv 3 2 a. 34a ) ; la separazione spaziale simbo­ leggia quella spirituale. È tuttavia più probabile che l'intera tradizione costituisse un unico apoftegma, poiché è difficile pensare ad una trasmissione isolata del logion del v . 3 5 · Il testo si suddivide in un'esposizione scenica ( vv. 3 I s . ) con esordio ( v . 3 I a : lpXE'tCit.) e introduzione del discorso (v. 3 2a : À.Éyouat.'J ; cfr. i vv. 3 3 a . 3 4a ) formulati al presente , mentre il resto della descrizione è al passato, e in una rispo­ sta di Gesù (vv. 3 3- 3 5 ), interrotta dall'inserimento di una .

.

La maggior parte dei manoscritti legge fpxov"t«t., dando l'impressione di una lezione facilitante. Peraltro il singolare (codd. S D W 9 À al it) potrebbe anche .sottolineare la madre di Gesù. 11.

b. Le sorelle mancano in molti manoscritti; è più probabile che esse siano state .tralasciate in vista del v. 3 1 , piuttosto che siano state introdotte secondariamen­ �e solo nel v. 32 (e non già nel v. 3 1 ) .

e.

La maggior parte dei codici aggiunge il pronome possessivo mancante

J.LOU.

Mc. J,JI·J:l

3'9

notazione scenica (v. 34a). La composizione ha un taglio pa­ renetico e didattico, e forse anche polemico .

III 3 I . La situazione presupposta è completamente diversa da quella del v. 2 I ; la famiglia di Gesù non viene per impadro­ nirsi di lui, bensl come per fargli visita 1• I l fatto che la ma­ dre e i fratelli restino fuori e facciano chiamare Gèsù non viene motivato con un accalcarsi di gente nella casa (dr. 2 , I ; 3 , 2 0 ); l 'indicazione scenica serve invece a distinguere il 'fuo­ ri' dal 'dentro' e ad esprimere il significato simbolico presup­ posto nell 'immagine spaziale (cfr. 4 , I o s . ) . Gesù è il centro di una cerchia interiore, di una nuova famiglia ; l'accesso a lui è in un certo modo mediato, non 'naturale' . 3 2 . Una moltitudine attorno a Gesù costituisce questa cer­ chia intima, e non la moltitudine del v. 2 I ( sebbene nell'in­ tenzione dell'autore chi legge senza interruzione identifichi l'una con l'altra), e neppure la cerchia dei discepoli ( dr. il comm . al v. 3 5 ). Gesù viene informato ( plurale impersonale ÀÉyouO"t.'J ) ; in questo discorso, scelto appositamente in vista della risposta di Gesù, vengono nominate anche le sue sorel­ le , affinché la nuova famiglia possa venire contrapposta total­ mente alla vecchia ( quanto alla mancanza del padre , vedi sot­ to ). La particella di richiamo L8ou , che, diversamente da t8E (v. 34b), nel vangelo di Marco introduce solo intere propo­ sizioni 2, rafforza il rapporto con la risposta di Gesù e quindi i1 contrasto al quale si mira . �'T)'tEL'J ha, nella tradizione , il significato di 'visitare' , 'far visita' (cfr . Act. 9 , 1 1 ) e riceve una codnotazione negativa solamente nel contesto del libro (v. 2 I ) . È significativa la ripetizione della parola 'fuori, (cfr. il comm . al v. 3 Ih ) . I . Cosl a ragione R . Schnackenburg, Mk. 1,9,.

2. Cfr. J.C. Doudna,

Tbe Greek of the Gospel of Mark (JBL Monogr. Ser. 12), Philadelphia 1961 , 65; P. Fiedler, Die Formel «und siehe» im N.T. (STANT 20), Miinchen 1969, 22.

360

Mc. J,JJ-J'

3 3 · La

risposta di Gesù ( sull'introduzione del discorso cfr. 1 0,24 ; 1 1 ,22 ) consiste dapprima in una domanda che, posta al centro della composizione, chiarisce l'intento di questa nar­ razione : la determinazione della vera famiglia di Gesù. La formulazione della domanda ( col singolare ECT't'L'V e senza no­ minare le sorelle ) si riallaccia concisamente ( ? ) al v. 3 I a . Si parla forse dei ' fratelli' ( vedi nota a ) in riferimento al titolo religioso 3 della fratellanza spirituale dei cristiani? 3 4 · L'interlocutoria annotazione scenica chiarisce in anticipo la risposta che Gesù dà alla domanda da lui stesso formula­ ta. Il suo sguardo (cfr . I o , 2 3 ; anche 3 , 5 ) si rivolge a coloro che siedono intorno a lui . Si torna a contrapporre la «cerchia interiore » ( ripetizione di 1tEPL a.Ò't'O'V dal v. 3 2a , rafforzata da xuxÀ.� ) a coloro che stanno «fuori». «Coloro che siedono» ( xa.DT)J.livouç; cfr. il v. 3 2 a : ixti.DT) 't'O ) vengono certamente caratterizzati come uditori di Gesù ( cfr. le interpretazioni in Mt. I 2 ,46 ; Le. 8 , 2 I ). Con le sue parole Gesù li indica come madre e fratelli suoi. All'accenno del v . 3 2c ( toou ) a quelli «fuori » corrisponde l'accenno (toE) a quelli «intorno a lui » : essi formano la sua famiglia , in quanto uditori di colui che ha il potere di esporre la volontà di Dio ( sull'interpretazione re­ dazionale cfr. 1 ,2 2 ) .

3 5 . Con la conclusiva proposizione relativa-condizionale 4 si valuta l'agire ( 1tOLi) crn ) dell 'uomo : l'apodosi completa la va­ lutazione mediante la determinazione della vicinanza a Gesù, della parentela spirituale con lui : chi fa la volontà di Dio è fratello, sorell� e madre di Gesù .

Frasi simili in stile sapienziale con l'intenzione «di una parenesi istrut­ tiva, didattica e orientativa sulle vere dimensioni dell'agire» 5 si tro­ vano in 9,37 parr. e nella fonte dei logia in Mt. 1 0,37 s./Le. 1 4 ,26 s. 3 3 . Anche qui si tratta della vicinanza a Gesù o del suo discepolato ; 3·

Cfr. H. von Soden in ThWb I, 144- 1 46. Per la forma cfr. K. Berger, Siitze 38. Frasi relative condizionali con apodosi al presente nel vangelo di Marco : 9,37.42; 10,1 1 s. Analogamente a 3,3, è for­ mulato 9,37 (vedi ad l. ). , . lbid. 30. 4

Mc. J,.JI-J1

cfr. anche Mt. 1 8 ;4 ; Mc. 1 0,29 parr. ; Ev.Thom. , log . .5.5 e 101 . Que­ sti logia illustrano il contesto storico-tradizionale nel quale va collo-· cata anche l'origine di 3 ,3.5 (e conseguentemente di tutta la scena dei vv. 3 1 -3 .5 ) : il perentorio richiamo di Gesù a seguirlo viene traman­ dato da carismatici itineranti, apostoli, profeti e missionari con paro­ le di un radicalismo etico, «che risalta con la massima evidenza nella rinuncia ad un domicilio, alla famiglia e alla proprietà» 6, e passa gra­ dualmente a determinare in generale il discepolato postpasquale del cristiano (v. 3 2 : oxlo�). � L'ethos afamiliare della sequela di Gesù (cfr. anche 1 ,20) e del «radicalismo itinerante» dei primi cristiani viene trasformato in vista di una più generale etica comunitaria, che assume come criterio della vicinanza a Gesù , dell'appartenenza alla sua famiglia spirituale il «fare la volontà di Dio» (nell'interpretazione di Gesù ) 7 •

La volontà di Dio, di cui s'invoca il compimento nella terza richiesta del Pater noster (Mt. 6 , I o ; Le. 1 1 , 2 ), ripresa nella preghiera di Gesù nel Getsemani ( Mt. 2 6 ,42 ; Le. 2 2 , 4 2 ), si attua dove qualcuno la compie . II popolo. di Dio è ca­ ratterizzato dall'obbedienza alla sua volontà , e cosl pure i suoi servi (dr. Le. I 2 ,46 s. ). «Fare la volontà di Dio» divie­ ne nella tradizione del primo cristianesimo il « semplice con­ tenuto della vita cristiana» 8 (cfr. Rom. I 2 , 2 ; Hebr. 1 3 , 2 I ; I Petr. 4 , 2 e passim); il compimento della volontà di Dio è la chiave ermeneutica per comprendere il messaggio di Gesù , nel quale essa è trasmessa ( I o. 7 , I 7 ), ed infine il criterio del giudizio (Mt. 7 , 2 I ss.) 9• II fare la volontà di Dio (che nel pensiero giudaico è rife­ rito essenzialmente alla torà ; cfr. Mt. 5 , I 9 ) 10 nel v. 3 5 di vie­ ne il criterio della 'parentela ' con Gesù. La presentazione sce·· 6. G. Theissen , Wande"adikalismus. Literalursoziologische Aspekle der Vberlie· ferung von Worlen ]esu im Urchrirlenlum : ZThK 70 ( 1 973) 245-27 1 .249 ; cfr. Rnche M. Hengel, Nachfolge 14; H.-H. Schroeder, Eltern 1 2 1 s.

7 Anche in ·Qumran si richiedeva che i membri della setta si separassero dalle .toro famiglie (cfr. 4 QTest 1 6 ss . ; anche 1 QS 6,2 s.19 s.; 1 QH 4,8 s.; Flav. los., hell. 2,120 ss.), probabilmente in ottemperanza a Deul. 33,9. Per la valu tazione dei passi paralleli cfr. H. Braun, Qumran 1,65 s.; M. Hengel, Nachfolge 14 s . ; S. 8. Cfr. G . Schrenk in ThWb III , 59· Schulz, Q 448 s . 9· Cf� R. Pesch, Erleuchlele Praxis. Bemerkun[!.en zur Begrilndung des 'Primals der Praxis' dureh ]esus von Nazarel : Christ in der Gegenwart 28 ( 1 973) 29 s. 1 0 . Sulla probJcmatic:� dell 'agire dr. H . Braun in Th\"/b vr, 463·483.

362

Mc. J,JI-J5

nica ( vv . 3 2a.34a ) presuppone che la conoscenza della volon­ tà di Dio sia trasmessa da Gesù, e viene a dire che la 'paren­ tela' di Gesù è la comunità cristiana (postpasquale ), nella qua­ le non contano i legami della parentela naturale con lui. Ci colpisce che l'àOEÀcp6�, diversamente dall'ordine che si ha nei vv . 3 I a.3 2C.3 3b. 34b, venga ora nominato al primo posto; ciò potrà significare (unitamente all'uso assoluto di ot àOEÀ­ cpoi nel v. 3 3b e alla tarda introduzione delle sorelle nel v. 3 2 ) che, in origine, con la nostra pericope probabilmente si contrastava una preminenza naturale dei «fratelli del Signo­ re» nella comunità. Il fatto che non si parli del padre di Gesù 11 è dovuto so­ prattutto a ragioni teologiche: il cristiano non può venire detto 'padre' di Gesù, né può chiamare padre nessuno in ter­ ra (Mt. 2 3 ,9 ) ; dopo aver abbandonato il padre ( dr. anche 1 , 20 ), non ritrova nella comunità cristiana alcun altro padre (dr. il comm. a 1 0 ,29 s . ). Per la questione dei fratelli e delle sorelle di Gesù, dr. il comm. a 6 , 3 .

IV � pensabile,

ma non si può dimostrare con dati testuali, che la peri­ cope 3 ,3 1 -35 riveli la presa di posizione di Gesù nei confronti della rottura con la propria famiglia, che egli pretendeva anche dai suoi seguaci, e che, sciolta da una situazione concreta, venne stilizzata allo scopo di caratterizzare il cristiano . La trasmissione presuppone co­ munque un'autentica tradizione risalente a Gesù con un ethos di se­ quela radicale e critico nei riguardi della famiglia (vedi sopra il comm. al v. 3 5 ). Una spiegazione secondaria della scena come composizione parenetica con tendenza critico-polemica verso i «fratelli del Signore» corrisponde più probabilmente alla realtà del testo. 1 . Dovendo descrivere la vera famiglia spirituale di Gesù, possiamo considerarne membri ( il catalogo in 1 0 ,29 indica anche padri e figli) soltanto madre, fratello e sorella . Che la madre di Gesù e i suoi fra­ telli abbiano svolto un ruolo nella comunità primitiva è testimoniato· da Act. 1 , 1 4 ; sui «fratelli del Signore» cfr. anche I Cor. 9,5 (essi porI I . La supposizione di alcuni commentatori che il padre di Gesù non venga no­ minato perché era già morto, presuppone che si riferisca qui un avvenimento concreto delia sua vita, e riunisce indebitamente la tradizione primaria (v. 2 I) e quella secondaria (vv. 3 I-3,). Cfr. tuttavia il comm. a 6,3 .

Mc:. J,JI-J5

tano con sé le loro mogli in missione). Giacomo assume una partico­ lare importanza nel 'consiglio delle colonne' (Gal. 2,9 ; dr. 1 , 1 9 ) e come capo della comunità di Gerusalemme (Act. 1 2 ,1 7 ; 1 , , 1 3 ; Gal. 2 , 1 2 ); cfr. anche I Cor. 1 , ,7. Dopo la sua morte gli succede nell'epi­ scopato Simeone , un «cugino del Signore» (Egesippo, in Eus ., hist. ecci. 4,22,4). Stando ai dati storici, è possibile che il testo definisca la prossimità a Gesù in «polemica contro una sorta di califfato» 12 • 2 . Il criterio indicato nel v. 3' ( «fare la volontà di Dio» ) sembra delineare una situazione comunitaria ove si respingevano pretese par­ ticolari fondate su qualità diverse (dr. Mt. 7,2 1-2 3 : taumaturghi ca­ rismatici 13, Mt. 1 8 , 1 4 : contro il disprezzo dei 'piccoli'; Rom. 1 2 ,2 nel contesto del v. 3 : non sopravvalutarsi ; cfr. anche Eph. 6,6 ; I Io. 2, 1 7) . Questo indizio è rafforzato dalla lieve sottolineatura dei fratelli di Gesù nel testo.

v

Marco recepisce la tradizione con lo sguardo rivolto al suo tema dell'effetto discriminante di Gesù e della costituzione di una comunità di discepoli intorno a lui. La comunità di Gesù costituisce una nuova famiglia (cfr. I 0,29 s. ), una cer­ chia intorno a lui come maestro (cfr. 9 ,7 ), che introduce gli uditori nel mistero del regno di Dio ( 4 , 1 0 s.). Come si vede alla luce di I 4, 3 6, la sottomissione della famiglia di Gesù alla volontà di Dio è anche impegno a seguire la via di Gesù portando ]a propria croce ( 8 ,34 ss. ). Nel rifiuto di Gesù , mo­ stratoci da Marco, viene anche prefigurato al discepolo di Gesù il suo destino (cfr. I 3 , 9- I 3 ). Che cosa significhi in con­ creto «fare la volontà di Dio)> è attestato paradigmaticamen­ te già nell'attività di Gesù in 2 , 1 -3 ,6. 3'6 s . ; R. Bultmann, Trad. 29. 1 ' 3 s.; H . Schiirmann, Lk. 1 , 470 s.; inoltre .J. Blinzler, ]esu Worte an und ubet- seine Mutter : Gloria Dei 9 ( 1 9_5 4 ) 1 68- 1 9 3 ; O . Kaiser, Mar­ kus J, J I-JJ: ]esu wahre Mutter, Bruder, Schwestern : Militarseelsor­ ge 4 ( 1 96' ) 19,-20 3 ; B. Rigaux, Sens et portée de Mc J,JI-.15 dans la mariologie néotestamentaire, in Maria in S. Scrip tura IV (Roma 1 967) ' 29-,49 ; J. Blinzler, Die Bruder und Schwestern ]esu (SBS 2 1 ) BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibl . citata a pp .

12. E � Schweizer, Mk. 48.

13. Cfr. E. Schweizer, Gesetz und Enthusiasmus bei Matthius, in Beitrige

Theologie des Neuen Testame•ts, Zurich 1970, 49-70.

zur

(Stuttgart 1 967) ; P .S. Minear, Audience Criticism and Markan Eccle­ siology, in Neues Testament und Geschichte . Festschrift O . Cullmann ·(Tiibingen 1 972 ) 79-89; ].D.M. Derrett, ]esus Audience 38-45 .

II. Il mistero del regno di Dio Il grande discorso in parabole ( 4 , I-3 4 )

I l tef:Da della divisione degli uomini (di fronte all'azione di Gesù ) in coloro che stanno «intorno a lui» (v. I O), ai quali è concesso il mistero del regno di Dio (v. I I a ), e quelli che sono «fuori» ( v. I 2 ), i cui occhi ed orecchi sono chiusi nel­ l'ostinazione, può venire sviluppato dall'evangelista con una ricca raccolta premarciana di similitudini, da lui allargata. Il tono parenetico, accennato in 3 ,3 5 , viene ora accentuato nel­ l'invito ad ascoltare ( vv . 3a. 9 . 2 3 .24b) e a portare frutti (vv. 3b-8 nell'interpretazione dei vv. I 4-20). L'insegnamento di Gesù, dopo ripetuti accenni e descrizioni (dr. I ,2 I s . ; 2 ,2 . I 3 ; anche I , I 4 s . 3 9 ), viene ora presentato anche nel suo con­ tenuto e caratterizzato come dottrina «in parabole» ( vv. 2 . I O s. I 3 .30.3 3 s. ; cfr. già 3 ,2 3 ). Oltre alla proclamazione del­ l'evangelo di Dio ( I , I 4 ), dell'avvento della sua signoria ( I , I 5 ), con la quale si apre l'evangelo di Gesù Cristo ( I , I ), ven­ gono ora presentate parabole che illustrano il regno di Dio e il suo mistero (vv. 26-29 .30-32 ). Al grande discorso delle parabole di Gesù viene attribuito un valore esemplare (v. 3 3 ); in esso si riflette il rapporto de­ gli uditori, e in particolare dei discepoli di Gesù, col suo mes­ saggio espresso in parabole (vv. I O- I 3 . I 4-20 . 3 3 s. ). I disce­ poli che costituiscono la cerchia di Gesù, e in particolare i Do­ dici (v. I o ), vengono presentati come coloro ai quali è affida­ to il mistero del regno di Dio ( v. I I ) ed è svelato il significa­ to delle parabole ( vv. I 3 ). Essi sono i portatori e i deposita­ ri della tradizione didattica di Gesù . La loro responsabilità è segnalata particolarmente nei logia (vv. 2 I -2 2 .24c-2 5 ), sot­ tolineati da insistenti raccomandazioni d'ascoltare ( vv . 2 3 .24 b ), inseriti fra le parabole.

Mc. 4,I-J4

Il grande discorso didattico di Gesù, la prima importan­ te pericope di Mc. contenente discorsi, è una composizione non monolitica, bensì slegata e non priva di tensioni ; essa è il prodotto d'una piuttosto lunga vicenda che riguarda la tra­ dizione e la redazione e nella quale le parabole tematicamen­ te affini della semina e della crescita (vv. 3-8 .26-2 9.3 0-3 2 ; dr. le parole chiave O''ltELpEt,'V/O"'ltopo� nei vv . 3 ·4.2 6 . 2 7 .3 I . 3 2_; a'VaaaL'VEt,'V nei vv. 7.8 .32 ; yi] nei vv. 5 .8 .26.3 I ; xap­ 'ltO� nei vv . 7 .8.2 8 .29 ; q>ÉpEt,'V nei vv. 8 .2 8 ecc. ) sono collega­ te ad un'interpretazione allegorica della prima ( vv . I4·20 ), a due serie di detti (vv. 2 I -22 .24-25 ) e a una «teoria della pa­ rabola o dell'ostinazione» ( vv . I I s. ) mediante disparate indi.. cazioni d'inquadramento ( vv . I-2 . I0.3 3 s. ), semplici formu­ le di esordio o di allineamento ( vv . 9a. I I a. I 3a.2 I a.24a.26a. 30a), e a quelli che si dicono gridi di risveglio (vv. 3a.9b. 2 3 .24b ). Gli studiosi hanno elaborato varie versioni del pro­ cesso di tradizione e redazione della raccolta delle parabole. Importanti indizi ci vengono dati, non solo dalle diverse for­ mule di allineamento o di esordio ( xat EÀEYE'V aÙ'tott; nei vv . I I .2 I .24; xat �À.EYE'V nei vv . 9 ,26.30; xat À.ÉyEt, av'tot� nel v. I 3 ), dalle parole chiave 'ltapaaoli) (vv. 2 . I O . I I . I 3 .3 0-. 3 3 · 34 ), à.xovEt'V (vv. 3 .9 . I 2 . I 5 . I 6 . I 8 .2o.2 3 .24.33 ) , o À.oyot; ( vv . I4-20.3 3 ) in un uso parzialmente contraddittorio, dai dati d'inquadramento in attrito fra di loro (dr. vv. I s . I o . 3 3 s.), da criteri di contenuto e di critica formale, ma anche da punti di vista interpretativi che vanno convalidati dall'e­ segesi dei singoli brani. Si può supporre, ma non dimostrare, che le tre parabole della semina e della crescita venissero trasmesse unite nella tradiziqne orale con una semplice formula di allineamento ( vv . 26a .. 3oa) già in uno stadio molto antico ( forse ancora prima della loro traduzione greca). Una prima raccolta si può cogliere solo in un punto della tradizione nel quale le tre pa­ rabole compaiono in traduzione greca, in forma parzialmen­ te elaborata, unite all'interpretazione allegorica, composta certo originariamente in greco, della prima di esse. Questa raccolta avrà abbracciato, accanto ad un'introduzione (v. 2 ;

Mc. 4,I-J4

forse elaborato dalla redazione di Marco), la prima parabola con l'invito introduttivo ad ascoltare ( vv 3-8 ) il successivo grido di risveglio (v. 9 ), un trapasso redazionale (v. I O, sen­ za aggiunte redazionali di Marco, perlomeno senza la men­ zione dei Dodici ) e l'interpretazione allegorica della parabola (vv. I 3-20 ), le altre due parabole ( vv. 26-2 9.30-3 2 ) ed un'os­ servazione conclusiva (v. 3 3 ). Come tradiscono le notazioni redazionali d 'inquadramento, la spiegazione allegorica vale per l'intera raccolta, e non solo per la prima parabola. Per l'interpretazione della raccolta cfr. quanto segue al commen­ to dei vv I 3-20. Questa raccolta venne probabilmente tramandata in forma scritta, e l'evangelista l'avrà conosciuta in tale forma. La re­ dazione di Marco riguarda l 'intera raccolta, e non tradizioni singole. Marco ha poi inserito nella raccolta tradizioni sulla cui eventuale connessione nella tradizione premarciana non è dato sapere alcunché: I . un logion che distingue i credenti, ai qual.i è affidato il mistero del regno di Dio, dagli ostinati che non credono (vv. I I - I 2 ) ; naturalmente non si può del tutto escludere che questi versetti fossero stati aggiunti alla raccolta di parabole già prima di Marco (cfr. E. Schweizer, Mk. , ad l. ); 2 . i logia nei vv . 2 I -2 2 e 24c-25 , tramandati di­ spersivamente nella tradizione di Q, ma raccolti in serie certo già prima di Marco. Il detto sull'ostinazione si prestava al­ l'inserimento ad vocem l:v 1ta.pa.�oÀ.a.�� (con cui originaria­ mente non si intendeva il discorso in parabole, dr. il comm. al v. I I ); con i logia dei vv. 2 I-2 2 .24c-2 5 , ai quali Marco at­ tribuisce un peso particolare con la ripetizione del grido di risveglio (v. 2 3 ; cfr. v. 9 ) e l'inserimento del v. 24b, che lo riecheggia ( il grido di risveglio del v. 23 avrebbe naturalmen­ te potuto trovarsi anche nella raccolta premarciana già fra il v . 20 e il v. 2 6 ; in questo caso bisognerebbe parlare del suo spostamento ), l'evangelista interpreta il discorso ancora più chiaramente nel senso della responsabilità attribuita ai disce­ poli col dono del mistero del regno di Dio. Con un richiamo al v. I I Marco aggiunge una nuova conclusione (v. 3 4 ), che contemporaneamente conduce al contesto successivo ( con la .

.

,

Mc. 4,I-J4

parola chiave 'discepoli', i quali si presuppongono presenti nel racconto della tempesta sul lago). Nel v. I o come inter­ roganti l'evangelista presenta soprattutto i Dodici (cfr. 3 , I 3I 9 ), mentre identifica la cerchia intima di Gesù (o t 1tEpi. alJ­ Tév ; cfr. 3 , 3 2 .34) con i discepoli in generale (v. 3 4 ). La ca­ ratterizzazione del discorso didattico come discorso in para­ bole (v. 2 : iv 7tapa.�oÀ.a.��' secondo il v. I I ) potrebbe anche risalire alla redazione dell'evangelista. Gli si può attribuire ancora con sicurezza l'inquadramento scenico del v. I , che però non è prodotto di libera invenzione, bensl un impiego della tradizione (del trapasso premarciano fra 3 ,7-I 2 e 4,3 54 I ). Per quanto riguarda l'intenzione e il senso della redazio­ ne marciana cfr. le considerazioni dòpo il commento al v. 3 4· La composizione marciana si può suddividere in introdu­ zione, prima parabola e grido di risveglio ( vv . I -9 ), dialogo sulle parabole ( vv . I O- I 2 ), interpretazione della prima pa­ rabola (vv. I 3-2o ), serie di detti (vv. 2 I -2 3 e vv. 24-25 ), se­ conda parabola ( vv . 26-29 ), terza parabola ( vv . 30-3 2 ) e con­ clusione del discorso (vv. 3 3 s . ). BIBLIOGRAFIA. Oltre alle monografie relative alle parabole di Gesù vedi H. Schiirmann, Lk. 1,449 ss.; F.D. Gealy, The Composition o/ Mark IV : ExpT 48 ( 1 936/37) 40-43 ; D.W. Riddle, Mark 4, 1-34. The Evolution of a Gospel Souree : JBL 5 6 ( I937) 77-90 ; C . Masson , Les paraboles de Mare IV (Neuchatel-Paris I 945 ); C.E.B. Cranfield, St.

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, INTRODUZIONE . PRIMA PARABOLA E GRIDO DI RISVEGLIO ( 4 , 1 -9 ) .

I

Marco ha provvisto di una più ricca introduzione scenica (vv. 1-2 ) il grande discorso delle similitudini di Gesù utiliz­ zando materiale tradizionale di un ciclo di miracoli (cfr. l'ex­ cursus, alle pp. 44 1 -446 ) e della raccolta premarciana (v. so­ pra il comm. a 4 , 1 -3 4 ). Per contro egli ha ripreso senza va­ riazioni dalla raccolta premarciana la parabola del diverso destino del seme su diverso terreno ( vv. 3-8 ) e il grido di risveglio, aggiunto per mezzo di una breve formula di allinea­ mento (v. 9 ). 4

l Kal. 1taltv i]p�a�o Òt.ÒMXEt.'J 1tC1pà -rT)v DalaCTaav · xat avvayE­ �Clt 1tpÒc; t1V�ÒV oxloc; 1tlELO"�Oç, ifxr�E t1V�ÒV Etc; 1tlotov ÈJJ.aav�a Xt1itijaDat. Èv �ii Dalàaan, xat 1taç o oxloc; 1tpòc; �i}v DàlaaCTav l1tt �ç yijc; tjO"ctV. 2 XClÌ ÈÒtÒClO"XEV ClV�OÙç È'J 1tC1paaola'i:ç 1t0lla, xat IÀ.E"(E'J au�o'i:c; Èv �fi ÒtÒClXTI a.v�ou· 3 CÌXOUE�E. tòoù È�ijlDEv Ò 0"1tE�­ pwv 0"1tE'i:pa.t. 4 xat ÈyÉve'to Èv �� 0"1tE(pEt.v 8 IÙV É1tEO"EV 1tC1Ptt �i}v 6ò6v, xal. tjlDEv �(L 1tE'tEtvà xat xa.-rÉcpa.yEv av't6. 5 xa.t èillo l1tE· trEv È1tl �ò 1tE�pwòEc; lS1tou oux ElxEv yijv 1tolli)v, xa.t EvDùc; t�avÉ­ -rEt.lEv Òtà "tÒ p,i} EY.EtV aa.Doc. yijç· 6 xat . O�E àvÉ�Et.lEv ò 'Ì]À.tOC. È­ xa.uiJ,Cl�!aD1} . xat òt.à �ò JJ.iJ EXEt.v p!sav É�1}pav1tTJ . 7 xat &llo É7tE­ trEv Etc; �àc; àxàvDaç, xat àvta..,crav at axa.vDa.t. xal. O"U'JÉ1t'Jt�(l'J au­ -r6, xal. xap1tÒV ovx EÒwxEv. 8 xa.t lilla. l1tEO"EV Etc; �v yi}v 'ti)v xa­ Ài)v xal ÈÒtÒou xap1tòv àvaaatvov'ta xal av;av6JJ.Eva. xal lcpEpEv lv �ptaxov�a xal. �v È�i)xov�a xat �v txa't6v . 9 xa.l. ilEyE'.r 8c; �XEt W'tCl CÌXOVEt'J axouÉ'tW .

1 E di nuovo cominciò ad insegnare lungo il mare. E afHuisce a lui tan­ ta folla . che egli sall su una barca e sedeva nel mare . E tutta la folla stava lungo il mare a terra. 2 Ed egli li istruiva molto in parabole. E

nel suo insegnamento diceva loro : 3 «Udite! Ecco, il seminatore uscì a seminare. E nel seminare avvenne: una (semente) cadde lungo la via, e vennero gli uccelli e se la mangiarono. 5 E un'altra cadde in suolo roccioso, dove non aveva molta terra ; e subito crebbe, perché non aveva profondità di terra; 6 e, quando sorse il sole, fu riarsa, e, , poiché non aveva radici, inaridì . 7 E. un altra cadde tra gli spini, e gli spini crebbero e la soffocarono. Ed essa non fece frutto . 8 Ed altre caddero sulla terra buona, germogliarono e crebbero e por­ tarono frutto; una a produsse il trenta e una il sessanta e una il cen­ to». 9 E disse : «Chi ha orecchi per intendere, intenda b ! » .

II

L}introduzione scenica ( vv . I -2 ) pone in particolare rilievo la riva del mare come luogo dell'azione (v. I : 1tapà �1rv Dci­ ÀarJ'rJ'av ; Èv �n i}aÀ:cirJ'an ; 1tpòc; �l} v i}ciÀarJ'aav ), la gigan­ tesca folla che fa da pubblico ( V. I : OXÀO� 1tÀEta�oc;; 1td>. • .J. Neppure qui Marco torna ad introdurre il nome di Gesù, citato per l'ultima .

volta in 3,7 ; ciò indica che da quel pun to l 'eva ngelista intende comporre un uni­

-co contesto.

' . Alla tradizione premarciana ci rimanda in particolare la locuzione xtd)ijcritta (cfr. cod. D: 1tÉpa.v 'tTjç ila.À.6.CTCT1')ç, una delle lezioni aramaiciz. zanti di D?), che potrebbe trad ire un modello semitico o semitizzante; cfr. ]. R . Harris, An Unnoticed Aramaism in St. Mark : ExpT 26 ( 19 1 4/1') 248-2,0; M. Herranz Marco, El ]ordan y el mar de Galilea en el marco geografico d� los Evangelios: EstBib 29 ( 1 970) 3 27-3'2 ·347·3' 1 .

lv -rii ta.)..6.ua-n

3 72

Mc. 4,r-J

( in:t �ii c; yfic;; cfr. 6,7 ), sembra superflua. Si vuoi forse allu­ dere al senso allegorico della parabola seguente, che viene il­ lustrato nei vv. I 4-2o? Forse Gesù getta il seme delle sue parole sulla terra (cfr. anche il comm. al v. 34)? Più proba­ bilmente si riflette qui ancora l'immagine della tradizione premarciana, che poneva Gesù sul mare vicino alla riva, e la folla sulla terra parimenti lungo la riva, in un accostamento reciproco ( cfr. n . ' ). 2 . Mentre nel v. I Marco elaborava un frammento di tradizio­ ne di un ciclo di miracoli ugualmente condizionato da viaggi sul lago, ora egli elabora l'introduzione della raccolta pre­ marciana. Essa parlava certamente dell'insegnamento di Ge­ sù ( ad es. in v. 2b; dr. I 2 ,3 8 ); con lo sguardo rivolto al v. I I , da lui inserito, Marco aggiunge (v. 2a) che Gesù insegna­ va «in parabole» (cfr. l'annotazione in 3 ,23 ). La varietà e la ricchezza del suo insegnamento sono parimenti sottolineate in 6,34 ( OLOciaxEL'V 1tOÀ.À.a ); con ciò Marco viene a dire che Gesù insegna fino a sera (cfr. 4,3 5 ; 6,35 ). Sull'immagine di Gesù maestro nel vangelo di Marco cfr. il comm. a I ,2 I s. La scena che introduce il grande discorso delle parabole di Gesù torna a mostrare che Marco, «redattore conservativo» , redige sulla base di motivi tradizionali preesistenti 6• Inoltre, le incongruenze fra le diver­ se notazioni d'inquadramento tradizionali e redazionali che accompa­ gnano la grande composizione rivelano che egli rispetta il più possibi­ le la sua tradizione. 3 · Il richiamo a udire posto all'inizio è determinante per la comprensione della parabola allegorizzante : si tratta dell'a­ scolto, della sorte della parola. L'ascolto stesso deve venire «meditato» 7• Non possiamo stabilire se ciò sia una remini6. Giustamente sottolineato con insistenza da }.W . Pryor (vedi p. 367 ) 244 : «Egli sembra aver avuto grande rispetto per la tradizione, sebbene quanto essa affer­ mava non si adattasse alla sua prospettiva generale. Egli non eliminò ciò che essa affermava, poiché era altrettanto sacro quanto gli altri brani didattici che s'armonizzavano meglio con il suo schema» . Cfr. anche K.L. Schmidt, Rahmen ,126 s. 7· Sottolineato da B. Gerhardsson, .The Pu11ble of the Sower 1111d its l11terprelll·

3 73

Mc. 4,3

scenza dello sema' ; tuttavia è presupposto che «ogni atto d'ascolto rimandi a Dio e alla sua volontà» 8 • Si narra una pa­ rabola dell'udire, dell'ascolto della parola di Dio proclamata da Gesù (cfr. più avanti, in particolare 4 Esdr. 9,30 ss. ). La parabola vera e propria si apre con la rapida immagine del seminatore 9 che uscì per seminare . Nulla ci viene detto delle circostanze e delle condizioni del suo agire; il seminato­ re dà solo inizio all'avvenimento (v. 4 : xat EYÉ'VE"to) della semina e a ciò che avviene dopo. L'uso della particella toou per introdurre una parabola è singolare 10 ; dopo l'invito ad ascoltare, si richiama ancora insistentemente l'attenzione del­ l' ascol ta tore. Fin dall'inizio l'uditore viene richiamato ad una comprensione meta­ forica della parabola. Le metafore della semina, della crescita e del raccolto per indicare l'agire umano e (più raramente) quello di Dio, sono diffuse nelPA .T., nella letteratura giudaica, nel N.T. e nel mon­ do ellenistico 1 1 • Cfr . ad es. 4 Esdr. 8,6 : «Oh, Signore nostro, permet­ ti al tuo servo di pregare davanti a te. Spargi seme in un cuore nuo­ vo. Accordaci di curare l'intelletto, così che ne crescano frutti ! » ; an­ che 4 Esdr. 8 ,4 1 ss. ; in particolare 4 Esdr. 9,30 ss . : «Israele, ascolta­ mi ! Tribù di Giacobbe ! Presta ora attenzione alle mie parole! Io se­ mino oggi la mia legge in voi ; in voi essa dà frutti, e così otterrete gloria eterna . . . » ; cfr. anche 9 , 1 5 ss . 12• Per il nostro contesto va tuttavia tenuto presente che le metafore della semina, del suolo e dei frutti nei testi summenzionati si riferi­ scono eminentemente ali 'azione umana, mentre le metafore della notion : NTSt 14 ( 1 967/68 ) 165-1 93, che però ritiene più antica la versione di Matteo. Cfr. Id., The Seven Parables in Matthew XIII : NTSt 19 ( 1972/73 ) 1637· Cfr. anche P. Fiebig, Gleichnisse 38.

8. G. Kittel in ThWb 1 , 2 1 9. Sulla spiegazione della parabola in base allo �ma' cfr. B. Gerhardsson (vedi n. 7). 9· 6 0'1CE, p(Jfv è un semitismo e potrebbe venire tradotto con « un seminatore•. 1 0 . Cfr. P. Fiedler, Die Formel «und siehe» im Neuen Testament (StANT 20), ,Munchen 1969, ;o. 1 1 . Una raccolta di testi i n H. Frankemolle 193 ; inoltre G. Quell S. Schulz in ThWb VII , 537-547 · -

1 2 . Il testo di 4 Esdr. è dominato anche altrove dalle metafore riguardanti la semina , la terra e i frutti ; cfr. 3,20.33 ; 4,28 ss . ; 6,28. Per l'interpretazione cfr. W. Harnisch, Verhiingnis und Verheissung der Geschichte (FRLANT 97), GOt­ ti ngen 1 969.

374

stra parabola si riferiscono all'azione di Gesù in quanto annunciatore della parola di Dio, predicatore del suo regno. H. Frankemolle c�n­ clude a ragione : «All'interno di questo contesto linguistico ci viene perciò fatto pensare che gli uditori originari potessero effettivamente realizzare nella metafora del seminatore il collegamento con l'azione del predicatore. Questo diretto collegamento con la proclamazione di Gesù è essenziale per la conoscenza degli ascoltatori 13» . Troviamo tuttavia in primo piano l'effetto della proclamazione di Gesù . 4· Dopo

la breve esposizione della parabola il narratore giun­ ge velocemente al punto più importante: l'avvenimento del­ la semina 14• Il seme ha un destino diverso a seconda del suo­ lo. Inizialmente si descrive per tre volte il guasto della se­ mente, l'inanità della semina, la sorte del seme su un terre­ no sfavorevole.

Il fatto che si presentino insieme le varie qualità di terreno, cioè la via, il fondo roccioso, arbusti spinosi e buon terreno, non è del tutto inconsueto per un narratore palestinese; ciò corrisponde alla realtà che egli ha talvolta davanti agli occhi . Tuttavia , la scelta e la com­ posizione delle immagini è voluta, non naturale. Non è necessaria­ mente presupposto che dopo la semina si ari 15•

La prima semente cade sulla via che corre ai margini del campo (o come sentiero attraverso di esso). La conseguenza che esso venga qui mangiato dagli uccelli che passano è ine­ vitabile, se pensiamo che l'aratro non lo trascina sotto le zolle. La distruzione della semina ad opera degli uccelli è stata pro­ babilmente inserita come osservazione facilmente accessibile a tutti, per poter rappresentare come la vita di un seme sia particolarmente breve. In altre parole : ancora una volta tra­ spare l'intento allegorico del narratore. 13. H. FrankeiDOile 193. 14. L'espressione X(d lylvE�o tv �ii) trrtE�pEr.v appare come una sorta di titolo

per tutte le immagini seguenti, e crea la cornice per le prossime quattro .

1,. Sul diffuso concetto «prima seminare, poi arare)), e sugli altri particolari ru­ stici del testo cfr., oltre alle opere di Dalman e Jeremias citate pp. 379 s., anche G . Dalman, AuS 11,179 ss.; 11,149 ss.; inoltre Billerbeck 1,655-659 ; M.J. Lagran­ se, Mc. 91-9 3 ; E. Linnemann, Gleichnisse 1 2 3 ; W. Grundmann, Mk. 89 . Diver181Dente KD. White: prima l'aratura, poi la semina; cosl anche, insistentemen­ .t� e con molti riscontri, J.C. Drury.

Mc. 4A-6

Questo intento diviene ancora più evidente se possiamo considerare correnti certe concezioni attestate in I ub. I I, allorché si parla del mi­ glioramento apportato all'arato da Abramo (per proteggere il seme da­ gli uccelli egli rende possibile seminare ad arare contemporaneamen­ te ). Cfr. in particolare I I ,II, dove echeggia l'interpretazione allego­ rica di Mc. 4,1 5 : «Allora il principe Mastema ( = Satana) mandò cor­ vi ed altri uccelli, affinché mangiassero la semente sparsa sul terreno, perché la terra andasse in rovina e per derubare gli uomini del frut­ to del loro lavoro. Prima che essi ponessero con l'aratro il seme sotto le zolle, i corvi lo beccarono sul terreno».

;-6 . Il destino dell'altra semente viene descritto con parti­

colare ampiezza. II rapido spuntare su un sottile strato di ter­ ra, il sole che Io brucia e l'inaridimento senza possibilità di radicare sono presentati in una successione temporale serra­ ta, e con ciò ancora una volta accentuati in senso allegorico. L'accentuazione allegorica viene rafforzata da reminiscenze letterarie; l'ascoltatore pensa alla pianta di Ion. 4 , cresciuta in fretta ed inaridi­ ta (cfr. Ev. Thom. , log. 9, dove però, oltre alle spine, viene menzio· nato il verme) 16•

La seconda semente vive più a lungo, germoglia addirittu­ ra, ma la sua crescita viene impedita dalle sfavorevoli condi­ zioni del terreno e da influssi esterni ( il sole; cfr. gli uccelli nel primo caso ). Essa non può «mettere radici», e che ciò venga accennato appositamente rappresenta ancora un'indica­ zione allegorica. L'immagine della radice come metafora è molto familiare nel pensie­ t·o biblico. «La flora della Palestina, minacciata dal calore e dalla sic­ cità, dipende in maniera particolare dalla radice, poiché questa è la parte della pianta che garantisce l'esistenza del tutto. Questa immagi­ ne viene impiegata in vari contesti . La radice conferisce sostep_no e durevol�zza . . . La vita trasmessa dalle radici dipende dal suolo sul qua­ le esse poggiano, sia che si tratti di un terreno solido (Prov. 1 2 , 1 2 ) o dell'acqua raggiungibile nel suolo (lob 29 , I 9 ; Ier. I 7 ,8 ; Ez. 3 1 ,7 ), opi6. Cfr. anche in LXX Ion. 4,6-8, le parole chiave d:1tE�T)ptivtr); d:va"tEil.at. "tbv f\À.t.ov ; xaucrwvoc;. J D. Crossan 246 s.,. che vorrebbe intendere i vv 5b .6b come ampliamento determinato dalla spiegazione dei vv. I6-1 7, introduce nell'imma­ �ine una tensione artificiosa; la successione dei vv 5a.6a sarebbe troppo brusca : t .. pianta può venire hn1ciata solo quando è cresciuta! .

.

Mc. 4,6-8

pure dell'avara zolla sulla roccia (Ecclus 40, 1 5 ) e dd sottile strato di terra (ls. 5 3 ,2 ). Nei brani successivi all'esilio, che costituiscono circa i quattro quinti degli scritti veterotestamentari , questa immagine viene applicata nella maggior parte dei casi in senso individualistico agli empi o ai giusti>> 17•

7 . La terza semente infine, dopo aver formato una pianta, vie­ ne privata del suo frutto dalle spine, che la soffocano. La

sorte delle prime tre sementi viene sommariamente commen­ tata con la frase xcx.t xcx.p1tÒv oux EOWXEV 18 , e contemporanea­ mente si prepara il contrasto con l'ultima immagine . Sia la frase riguardante le spine, sia l'espressione «portare frutto>> .possono facilmente venire intese in senso allegorico. In Prov. 1 5 , 1 9 si paragona «la via del pigro» ad arbusti spinosi; in Ier. 4,3 s. si ammonisce: «Arate a fondo il vostro campo e non semi­ nate sulle spine togliete il prepuzio del vostro cuore» ; cfr. anche Ier. 1 2 ,1 3 ; Is. 5 ,2 - 6 ; 7 ,23 - 25 ; 32 , 1 3 . L'uso metaforico dell'espressione «portare frutto» è talmente diffu­ so, da non avere bisogno di essere documentato in questa sede; cfr. solo i passi del N .T. 19• Sul concetto negativo della gravità del danno cfr. il pessimismo di 4 Esdr. 9 , 1 5 ss., opposto all'ottimismo di Gesù : «Sono più i perduti che i redenti, come anche la piena è più di una goccia. Egli mi disse : - Come il terreno, la semente . . . come il conta­ dino, il raccolto» . 8 . I semi che cadono su un «buon terreno') (come richiede l'immagine conclusiva, senz'altro piena di speranza, si usa il plurale in vista di un diverso raccolto), vengono descritti nella loro crescita ( ava.�a.C VOV"t'CX. x ex.t cx.u�cx.VOIJ.EV(1)' e si at­ tribuisce loro, iperbolicamente, un prodotto abbondantissi­ mo, con triplice distinzione. Nell'ultimo versetto abbiamo, accanto alla parola chiave 'buono', la serie di numeri con va­ lore allegorico. 17. C. Maurer in ThWb VI , 98, . Sul sole che brucia cfr. Ps. 1 21 ,6 ; ls. 2 , ,4 ; 49, 10; ler. 17,8 ; Apoc. 7,16. 18. G. Eichholz, Gleichnisse 7 1 = «Essi si sommano nel loro numero di tre (da intendere nel senso della tecnica narrativa), costituendo un bilancio avvilente)). 19. Cfr. F. Hauck, in ThWb 111 , 617-6 1 9 ; R. Hensel in ThBgL l , 399-401 ; A. Her­ mann - l. Opelt in RAC VI, 27,·306 . Cfr. anche l'art. 'Dornstrauch' di A. Her­ mann in RAC IV, 189-1 97 .

377 La buona terra porta un ricco frutto cosl come il «buon albero» por­ ta buoni frutti (cfr. Mt. 7 , 1 7 ss. ; 1 2 ,33 ; anche Mt. 3,1 o/Lc. 3 ,9) . Va osservato in particolare che la conclusione della parabola nel v. Be non menziona semplicemente l'entità del raccolto, ma il diverso, ricco pro­ dotto di determinati semi. Non si intende dire che il raccolto è sor­ prendentemente grande malgrado varie perdite, bensl che i semi, su un buon terreno, hanno una resa di trenta, sessanta e cento volte �.. Si pone in rilievo la resa di ogni seme 21 , mirando anche qui a un 'in­ terpretazione allegorica .

L'iniziale invito ad ascoltare offre la chiave per compren­ dere i molti cenni allegorici della parabola . Essa tratta del­ Ia sorte della parola in diversi ascoltatori : quelli che se la la­ sciano tosto sottrarre (v. 4 ), quelli nei quali essa non mette radice e inaridisce, quelli nei quali, dopo qualche tempo, vie­ ne soffocata, e infine quelli nei quali essa cade su un «buon terreno>> e dà frutto. L'effetto della parola dipende, come ci vien detto, dall'ascoltatore. Se essa non viene privata, imme­ diatamente o poco dopo, delle sue possibilità di dispie­ garsi, raggiunge col tempo, il suo effetto. Non si persegue qui un' allegorizzazione spinta nei particolari ; ciò che si mette in rilievo è l'inanità immediata, a breve e a lungo termine, del 'seminare' (cioè della proclamazione), e il successo finale, se­ condo la diversità degli ascoltatori. Con l'imperativo à.xouE"t'E gli ascoltatori vengono richia­ mati alla proclamazione stessa di colui che racconta la para­ bola, alla storia della sua parola come tema della parabola. Nel seminatore, che resta cosl stranamente al margine della vicenda, il narratore raffigura se stesso. Nella normalità da lui descritta egli, gravato dal fardello 'naturale' (il raccolto è la fine ! ), esprime la speranza che la sua proclamazione abbia successq, ammonendo contemporaneamente l'uditore ad es­ sere « b:uon terreno>> per la parola. Il riferimento concreto alla predicazione di Gesù è essen­ ziale per la comprensione della parabola. « In questo conte20. Sul frutto centuplicato come segno di benedizione cfr. Gen. 26,1 2. Le spighe corrtengono mediamente 3' chicchi, spesso anche 6o, e talvolta addirittura roo. 2 1 . Cfr. K .D. White, che cit� brani paralleli per la comprensione letterale di lv (Plinio); H.W. Kuhn, Sammlungen I I 3 .

sto la parabola del seminatore esprime la fiducia che Gesù, quale messaggero di Dio, ha nell'effetto della sua predicazio­ ne escatologica, malgrado ogni resistenza e reazione» 22• Allo stesso tempo egli propone la sua parola come parola di Dio, il seme che dà frutto su un buon terreno. IV Non si può mettere in dubbio che questa parabola risalga a Gesù stesso. La sua autenticità è attestata dalle caratteristiche palestinesi delle vicende narrate (cfr. nota I 2 ) , dalla colorazione linguistica se­ mitica 23, dalla :figura letteraria della tripartizione del testo ( vv . 3b-7 e Se; cfr. C.L. Mitton) e da ricche possibilità di correlazione col re­ sto della proclamazione di Gesù . Fra esse rientrano in particolare le parabole per contrasto, strutturalmente affini, nelle quali tuttavia si tratta del regno di Dio, mentre qui si mira, secondariamente, all'atti­ vità di Gesù e, principalmente, al suo effetto 24•

Per l'interpretazione della parabola di Gesù nella raccolta delle similitudini e nel vangelo di Marco, dr. il comm. ai vv. 1 3 -20. III 9 . Il grido di risveglio 25 richiama I' attenzione sul senso alle­

gorico della parabola, che esso collegava con la sua interpre­ tazione ( vedi sopra). È necessario avere 'orecchi' particola­ ri per intendere rettamente il senso profondo e speciali situa22. H. Frankemalle 193 .

23 . Cfr. ] . Gnilka, Verstockung 6o s.; ] . Jeremias, Gleichnisse 7 n . 2 ; 149

n.

2;

M. Black, Approach 63.124.162 s . ; V. Taylor, Mark 25 1 2 54 ; K . Beyer, Syntax I , -

,6.6o.166.

24. Il fatto che Gesù tematizzi se stesso e la sua attività solo indirettamente, s'armonizza anche con gli altri tratti della sua proclamazione; cfr. R. Schnacken­ burg, Mk. I , 102 . Non si può escludere che siano avvenute variazioni nel corso della traduzione in greco, ma esse non saranno tali da farci parlare di cambia­ mento di senso. Ad es., Ev. Thom. (log. 9) pare rendere con «sulla via» l'ara­ maico 'al 'ur!Ja' più esattamente di Mc. 4,4 che elice: 1ta.ptk -rl)v 686v, locuzione che tuttavia nel greco ellenistico può significare anche «SU)> . 2, . Cfr. M. Dibelius, Wer Ohren hat, zu horen, der bore : ThStK 83 ( 19 10) 461471 ; ]. Horst in ThWb v,551 s.; F. Hahn, Die Sendschreiben der ]ohannesapo­ ltalypse, in Tradition und Glaube. Festschrift K.G. Kuhn GOttingen 1971 , 3,7. 394, specialm . 377-381 ; H. Riiisinen 83-87.

Mc. 4,9

3 79

zioni. L'invito ad 'udire', più antico, che introduce la para­ bola, riceve anch'esso un diverso significato dalla ripetizione. Certo, anche questo 'udire' mira all'obbedienza, al compi­ mento della volontà di Dio ( 3 ,3 5 ), all'orientamento della vi­ ta secondo la parola. IV

Nei N.T. il grido di risveglio, oltre che nei vangeli (cfr. anche Mt. I I , I 5 ) , compare solo neli'Apocalisse (nelle m issive dei capp . 2-3 e in I 3 ,9 ; cfr. anche Mc. I 3 , I4/Mt. 24,I 5 ). Il presupposto della sua ori­ gine protocristiana si ha probabilmente nella «tradizione apocalitti­ ca, che collega la trasmissione di misteri escatologici con un richiamo al giusto udire e comprendere» 26• Nell'Ev. Thom. (log. 8,63,65 e 96) il grido di risveglio compare in combinazione con una similitudine, in log. 2 I esso conclude una parenesi dopo motivi :figurativi ed allego­ rici.

v

Marco riprende il grido di risveglio in 4,23 (cfr. anche il v. 24 ) per gravare le serie di detti inserite (vv. 2 1 s.2 4 s . ) di un significato più profondo, adattato alla concezione dell'in­ tero discorso (dr. · il comm. ad l. ). Mediante l'interpretazione della parabola ( VV. I 3 2 O), fl versetto conclusivo della raccol­ ta premarciana (v. 3 3 ) e il logion deli'ostinazione ( vv. I I s.), l"udire' è divenuto il motivo dominante dell'intera compo­ sizione. -

BIB LIOGRAFIA. Cfr. la bibl. cit. a pp. 367 s.; R. Bultmann, Trad. I8Q; G. Theissen , ErJ!.H. 68 s . ; H. Schiirmann, Lk. 1 , 45 I-457 ; inoltre G. Sprenger, ]esu Sae- und Erntegleichnisse : PJ 9 ( I 9 I 3 ) 79-97 ; G. Dal­ man, Vielerlei Acker: PJ 22 ( I 926) I 20-I 3 2 ; C.C. Beli, The Sower. A Study of the Parable of Parables (London I93 3); P. Doncoeur, La Parabole du semeur qui sème à tout terrain : RScR 24 ( I 934 ) 6o96 I I ; S.�. Finlayson, The Parable of the So wer: ExpT 5 S ( I 943/44 ) 306 s . ; K. Grayston, The Sower: ExpT 5 5 ( I 943/44 ) I 3 8 s . ; D. Hauck. Das Ackergletchnis : ThQ I 27 ( I 947) 6o-8 r .I 66-204 ; N.A. Dahl, The Parables of Growth : StTh 5 ( I 9 5 I ) I 3 2-I66 ; .J.M. Bover, Problemas inherentes a la interpretacion de la Parabola del sembrador: EstEcl 26 ( I 952) I 69- I 8 5 ; E.F.F. Bishop, 'AxovEt.v à:xovi'tw Mark 4 , 9. 2 3 : BiTrans 7 ( I 956) 38-40; A. George, Le sens de la parabole de 26. F. Hahn {vedi

n.

2') 38o.

Mc. 4,1o-12

semailles (Mc. IV,3-9 et parr.) : SacrPag II (Paris-Gembloux 1 9.59) 163-169 ; C.L. Mitton, Threefoldness in the Teaching of ]esus: ExpT 7.5 ( 1 964 ) 22 8-2 30; K.W. White, The Parable of the Sower: JThSt, N.S. 1 .5 ( 1 964) 300-307 ; C.H. Cave, The Parables and the Scriptures : NTSt I I ( 1 964/6.5 ) 374-387; J . Jeremias, Palastinakundliches zum Gleichnis vom Siimann : NTSt 1 3 ( 1 966/67) 48-.5 3 ; M. Didier, La pa­ rabole du semeur, in Au service de la Parole de Dieu. Scritti in onore di A.-M. Charue (Gembloux 1 969) 2 1-4 I ; C.F.D. Moule, Mark 4, 1-20 yet once more, in Neotestamentica et semitica. Scritti in onore di M. Black (Edinburgh I 969 ) 9.5-1 I 3 ; C. Dietzfelbinger, Das Gleichnis vom ausgestreuten Samen , in Der Ruf ]esu. Festschrift J. Jeremias (Gottingen I 970) 80-9 3 ; U. Luck, Das Gleichnis vom Samann und die Verkiindigung ]esu : WuD, N.F. I I ( 1 97 I ) 73-92; H. Frankemolle, Hat ]esus sich selbst verkundet? Christologische Implikationen in den vormarkinischen Parabeln : BuL I 3 ( I 97 2 ) I 84-207; T.K. Seim, Apo­ stolat og forkynnelse. En studie til Mk 4, 1-20 : DTI 3 .5 ( 1 97 2 ) 2o6222 ; J.D. Crossan, The Seed Parables of _Tesus : JBL 92 ( I 97 3 ) 244266 ; C.J . Drury, The Sower, the Vineyard, and the Place of Allegory' in the Interpretation of Mark's Parables : JThSt, N.S. 24 ( I 973) 367379 ; D. Ellena , Thematische Analyse der Wachstumsgleichnisse : LingBibl 23/24 ( I 973 ) 48-62 ; J.W. Bowler, Mystery and Parable: Mark IV, 1 1-2o : JThSt, N.S . 24 ( I 974 ) 3 00-3 1 7 .

6.

LA DOMANDA SULLE PARABOLE E IL DETTO SULL ' OSTINAZIONE

( 4 , 1 0- 1 2 )

I

La seconda parte del grande discorso didattico di Gesù è formata dalla domanda di trapasso, elaborata dalla redazio­ ne, presente nella raccolta premarciana (vedi sopra), e dal detto sull'ostinzione, aggiunto da Marco con la sua formula di allineamento ( xa.t �À.EyEv aÙ'tot�; cfr. il comm. al v. 2 1 ), che pone il discorso delle parabole in una luce del tutto nuo­ va. 10 Kat !'tE tyi'VE'to xa'tà �'V�, -f)pw'tW'V aÙ't�'V ot 1tEPÌ aÙ't�'V aù'V 'tot> costituissero la proclamazione pubblica di Gesù, mentre la loro spiegazione veniva rivolta ad una cerchia ristretta ( v . I o ). ÀcxÀE�'V 'tÒV Àoyo'V è una formula che rientra nella ter­ minologia protocristiana della proclamazione ( dr. Act. 4,29.

3 I ; 8 ,2 5 ; I I , 1 9 ; I 3 ,46; 1 4,25 ; I 6 ,6 .3 2 ; Phil. I , 1 4 ; Hebr. I 3 ,7 ; Io. 1 2 ,48 ; I 5 ,3 ) 1 ; Marco la usa in 2 ,2 (cfr. ivi). I pas­ si 8 , 3 2 (detto singolo ) e 1 ,4 5 ( o t.Clcpl} IJ.��Et.v 'tÒV À6yov , e­

spressione premarciana : diffondere la cosa, I' avvenimento ) non rientrano nel nostro caso 2 • Secondo il concetto espresso dalla raccolta, Gesù si serve, nella sua proclamazione pubbli­ ca, di molte similitudini , ma la sua proclamazione ha un'effica­ cia diversa (vv. 1 4-20 ) a seconda della capacità degli ascolta­ tori di intendere la parola : xcxDw� 'JÌOU'VClV'tO axouEt.v 3 • IV La raccolta premarciana aveva dunque inizio con l'incita­

mento (v. 3 ) , accentuato nel grido di risveglio (v. 9 ) , inter­ pretato nella spiegazione delle similitudini ( vv. I4-2o ) , e si concludeva con la parola chiave &.xouEt.'V . Essa presuppone ( e documenta con la spiegazione) che tali similitudini o parabo­ le, nella forma in cui Gesù le annuncia, possono essere capi­ te o non capite (v. I 3 ) . Accanto al carattere di una promessa consolatrice, la raccolta ha anche un taglio chiaramente pa­ renetico : la comunità deve 'ascoltare' le parole di Gesù, se vuoi vincere le difficoltà del presente. v

Marco, che riprende la concezione delle parabole propria della sua fonte (discorso oscuro, bisognoso di spiegazione), avrà interpretato restrittivamente la capacità di ascoltare dan­ dogli il senso del logion dell'ostinazione : quelli che stanno 1. 2.

Cfr. G. Kittel in ThWb Iv, 1 1 6 s.

Cfr. G . Kittel in ThWb IV, n, s., n. 189 ; 1 2 2 n . 201 .

3 . Neppure questa locuzione può venire attribuita a Marco; per l'analisi cfr. H, Raisiinen, Paraheltht•orit 48 ss .

42 4

Mc. 4,33-34

'fuori' odono, ma non comprendono, perché non si conver­ tono; odono solo come possono. III/V .34· Aggiungendo un nuovo versetto conclusivo Marco realiz­ za, dal punto di vista formale, un parallelismo antitetico e­ ·&terno ( a1 , a2 : h1 , h2), collegato con OÉ. Il v. 34a è contrappo­ sto al v. 3 3a: Gesù non annuncia senza similitudini, poiché «a quelli che stanno fuori ogni cosa viene partecipata solo in similitudini» (v. I I c). Come la sua attività, cosl il suo annun­ cio per mezzo di similitudini è, secondo la volontà di Dio, . motivo di conflitti. Guardando all'indietro ci si rende conto più chiaramente in che modo Marco tracci anche la linea scenica a partire da 3 ,2o ss.: la separazio­ ne di una cerchia di intimi da quelli che stanno fuori è evidentemen­ te presupposta anche nel corso del discorso delle similitudini . I di­ scepoli (v. 34) , che avevano tenuto pronta una barca per lui ( 3 ,9 ), so­ no presentati nella barca accanto a Gesù o in altre attorno a lui (4, 36 ): essendo «quelli intorno a lui con i Dodici» (v .. I o ), essi possono venire ammaestrati «per se stessi » (v. 34b). Non è possibile chiarire con sicurezza se a partire dal v. 2 I l'evangelista torni a pensare alla predicazione di fronte al popolo, come farebbero supporre le stesse materie trattate e la comprensione che ne ha Marco. Dato che la com. posizione di Mc. 4 ha in complesso un carattere paradigmatico, come sottolineano gli imperfetti nella cornice, la seconda opinione (con buoni fondamenti relativi al contenuto) è perfettamente sostenibile.

Il v. 34b costituisce l'antitesi al v. 33b : mentre quelli che stanno «fuori» non comprendono « tutto» (v. I I ) , Gesù spie­ ga tutto ai propri discepoli a parte 4• Il termine E1tt.À.vw si­ gnifica l'interpretazione, la spiegazione allegorica 5 , l'inizia­ zione al mistero del regno di Dio (v. 1 I ) . Ancora una volta Marco coglie l'occasione per presentare i discepoli come de•· Per l'espressione xa:�'tSt«v dr. Mc. 6,31 s.; 7,33; 9,2.28; 1 3 ,3. L'evangelista riprende una formula preesistente, che probabilmente gli fa aggiungere anche -ro!.ç tSto� J.LCX.&'T)"t'a.�ç (invece di 't'O�� J.LCL&l}"t'a.� a.u"t'ou). Cfr . nota a. ,. Cfr. i passi citati a confronto in J. Gnilka, Verstockung 62 s. Particolarmente illuminante Henn ., sim. ,,3,1 s.: «Signore, io non comprendo le tue similitudi­ ni, né posso comprenderle, se tu non me le spieghi». «Ti spiegherò tutto ("Kciv­ -ra

O"ot. lmluO"w)•.

Mc. 4,1-34

positari della tradizione 6• Ammaestrati da Gesù, essi devono affermarsi nelle prove imposte loro dalla realtà presente. La situazione di prova viene rappresentata paradigmaticamente nel successivo racconto della tempesta sul lago ( 4 ,3 5-4 1 ) , strettamente connessa al discorso delle parabole.

L'intenzione e il senso di questa grande composizione ( 4 , 1 -3 4 ) si possono ora brevemente sintetizzare.

La separazione operata dall'attività di Gesù, il rmuto che egli incon­ tra, si ripetono nell'agire dei suoi messaggeri, nella missione dei pri­ mi cristiani. Marco può spiegare questi due principi nel grande di­ scorso pubblico di Gesù , il cui senso è comprensibile solo ai discepo­ li . Egli offre «un esplicito ammaestramento dei discepoli sul mistero della paradossale realizzazione del regno, corrispondentemente alla logica del piano divino della salvezza» 7• L'evangelo del regno di Dio ( I ,I4 s . ) conduce, per volontà divina e tuttavia anche per colpa uma­ na ( vv. II s . ), alla separazione degli ascoltatori , all' «interno)> della co­ munità di Gesù e all'«esterno» degli increduli ostinati (cfr. 3 ,20-3 5 ) . Tuttavia, di fronte alla storia nascosta del regno di Dio ( vv . 26- 3 2 ), anche i discepoli di Gesù corrono pericolo di non comprendere (v. I 3 ; cfr. fra breve 4,4o ! ) e di misurare con un falso metro (vv. 24-25 ) ; es­ si debbono venir richiamati al giusto ascolto ( vv . 23 .24b). E proprio questo viene spiegato. loro ancora una volta nella comunità di Mar­ co : a partire dalla parola di Gesù, che svela ai discepoli il piano di­ vino della salvezza, della nascosta realizzazione della basileia. «Il mi­ stero del piano divino della salvezza consiste appunto nel fatto che, sia nel temoo di Gesù sia in quello dei suoi seguaci , la forma di presenza del regno consiste nel nascondimento accompagnato da in­ successo, nella speranza, temprata nella tentazione e nella sofferenza, della rivelazione finalmente gloriosa» 8. Il discorso didattico di Gesù , che Marco integra nel suo vangelo, mira alla conferma della parola di Gesù , come il grido iniziale dell'evangelo : al discepolato ( I , I 6-2 o) sulla via di Gesù (cfr. 8,27 ss. ), alla sequela sulla via della croce ( 8 , 34 ss . ) . 6 . Cfr. H . Riiisinen, Parabeltheorie 62 : «Nel v . 3 4 l a legittimazione della pro­ pria tradizione avviene in . maniera storicizzante. La propria dottrina pub venire considerata P,iusta perché essa, tramite gli apostoli, risale ad una spiegafione pri­ vata dei misteri compiuta da Gesù». Il Raisinen attribuisce però l'introduzione dei vv. I I· I 2 e ]a formazione del v . 34 ad uno stadio premarciano della re­ dazione. 7. E. Steaemann, Markusev•11gelium 201 . 8 . E. Stegemann, M��rltusev•11geli""' 20, .

Marco stesso, in posizione di vicario, cerca di adempiere l'incarico della comunità: testimoniare da missionario al mon­ do il mistero pieno di speranza a lei affidato. BIB LIOGRAFIA. Cfr. la bibl . cit. a pp . 3 67 s . 379 s.387 s . ; inoltre A . Charue, L1incrédulité des ]uifs dans le N.T. (Gembloux 1 9 2 9 ) 1 281 34; E. Molland, Zur Auslegung von Mk 4)33 : SyOs 8 ( 1 929) 83-9 1 .

III. «Chi è costui? » Punti culminanti delfattività taumaturgica di Gesù ( 4,3)-) ,43 )

1 3 . LA TEMPESTA PLACATA ( 4, 3 5-4 1 ) I

t\J grande discorso delle similitudini ( 4 , 1 -3 4 ) Marco fa se­ guire il racconto della tempesta placata miracolosamente co­ me paradigma del successo dei discepoli nella prova. Egli raccoglie ora il filo conduttore di una raccolta premarciana di narrazioni di miracoli da lui utilizzata già in 3 ,7- 1 2 e 4 , 1 ( sulla raccolta premarciana cfr. l'excursus a pp . 44 1 -44 7 ) . Il collegamento col discorso delle similitudini viene da lui rea­ lizzato redazionalmente ( 4 , I . 34 ), senza dover intervenire nella narrazione tramandata. In 4 , 1 Gesù è già salito sulla barca ; Marco ha utilizzato u n brano di collegamento fra 3 ,7- 1 2 e 4,3.5 ss. tratto dalla raccolta premarciana dei miracoli . In 4,34 la redazione di Marco menziona i discepoli , che vengono apostrofati in 4,3.5 e rientrano poi tra i protagonisti del racconto della tempesta placata . La ricostruzione di una raccolta pre­ marciana di miracoli ci risparmia quindi l'ipotesi di un intervento re­ dazionale di Marco nei vv . 3.5-36, per il quale neppure la veste lingui­ stica del testo fornisce indizi .

Si può supporre che la narrazione della tempesta placata, all'atto della sua integrazione nella raccolta premarciana, sia stata elaborata redazionalmente all'inizio ( vv. 3 .5 -36); non è tuttavia possibile ricostruire esattamente l'esordio della nar­ razione, che in origine era certamente isolata .

Mc. 4,JJ-4I

427

Il v. 40 si distacca chiaramente dal ductus del testo di que­ sto salvataggio miracoloso, inteso come narrazione epifanica missionaria, e presenta, in luogo dell'acclamazione stilistica­ mente appropriata (v. 4 1 ), dapprima un biasimo della viltà e della fede ancora insufficiente dei discepoli . Questo verset­ to va dunque considerato un inserimento secondario, che di­ sturba anche il ritmo del testo. Dato che esso non assume al­ cuna funzione nell'ambito della raccolta premarciana, men­ tre nella redazione marciana se ne può cogliere un senso in­ tenzionale ( il tema marciano dell'incomprensione dei disce­ poli; cfr. il comm. a 6 ,; 2 ; 7 , 1 8 ; 8 , 1 7 s.) , lo si dovrà attribuire all'evangelista, che collega il tratto 4,3.5-4 1 al grande discor­ so delle similitudini . 35 Kat ÀÉYE" CIÙ-tot� Év ÉxElvn -tii YJlJ.Épq. ò�lCI� yEvOIJiVTJ�· St.tÀ.Dw1-f.EV Et� -tò 1tÉpav. 36 xat àcpÉV-tE� -t�v 6xÀov 1tCipaÀCip.�tivouat.v CIÒ· 't�V w� i'iv EV 't� 1tÀOt�, XCI� èiÀÀa 1tÀOtCI -l'iv IJ.E"t' CIÙ"tOU. :rr XCit yL­ VE't(l(, ÀCitÀCI� IJ.EytiÀT) nell'excursus successivo a 8, 30, anche K.G . Reploh, Markus 7 5 - 8 8 ; K. Kcrtelge 9 9 �. 1 9 1-194 ; .T . Roloff, Das Markusevange­ lium als Geschichtsdarstellu�tg : EvTh 29 ( 1 969 ) 73-9 3 ; G. Schmahl, Zwolf 1 22-

12,.

ll· motivo deU,incomprensione

ne del Figlio dell'uomo resta oscuro per -i tre discepoli ( 9, I O ); gli altri mostrano il loro fallimento in occasione dell'e­ sorcismo e vengono accomunati alla « razza incredula » ( 9 , I 9 ). Essi non comprendono la seconda profezia di sofferenza e ri­ surrezione di Gesù ( 9 ,3 2 ) e disputano sulla loro grandezza ( 9 ,3 3 -3 5 ) e sui posti migliori nella gloria di Gesù ( I 0,3 5-45 ) Le parole di Gesù sulla ricchezza li spaventano ( 1 0,24 .26), e si mettono in viaggio verso Gerusalemme con timore ( I o, 32 ). Uno dei Dodici tradisce Gesù ( I 4 , 1 0 s.43-46), mentre gli altri fuggono nella notte dell'arresto ( I 4,27 .;o), e Pietro rinnega Gesù ( I 4 ,29-3 I .54 .66-72 ), dopo che non è stato capace di vegliare con lui nel Getsemani con i figli di Zebedeo ( I 4 ,3 2-4 1 ). La linea che si ricava dai dati tradizionali e dalle annota­ zioni redazionali di Marco ( 4 ,40 ; 6,5 2 e 8 , I 4 ss. ) è intesa da questi in senso tipologico. Come i discepoli, anche i cristia­ ni sono chiamati da Gesù a seguirlo ( 1 , I 6-2o ; 2 , I 3- I 7 ; 3 , I 3I 9 ; 8,34 ss. ), senza privilegi, ma solo per la sua potenza e la sua grazia 37• L'incomprensione dei discepoli, l'ostinazione che minaccia di coglierli, vengono parimenti vinte solo da Gesù, con il suo insegnamento ( 4 , I 3 . 14-20 ; 7 , I 8 . I 9-2 3 ), il suo invito a ricordare ( 8, I 7 s. I 9 s . ), i suoi atti di potenza, che fanno aprire gli occhi (cfr. il comm. a 8 ,2 2-2 6 ; I 0 ,46-; 2 co­ me cornice del grande ammaestramento dei discepoli e della comunità), e infine dal suo stesso cammino verso la passio­ ne, la morte e la risurrezione ( 8 , 2 7 ss. ). Il quadro, risultante da diversi motivi, dell'incomprensione di coloro che hanno ri­ cevuto in dono il mistero del regno di Dio ( 4 , I I ) è, nella composizione di Marco, una «predica contro l'incredulità del­ la comunità» 38• Per Marco, però, l'incredulità, come si os­ serva in 4 , I -34, è inadeguata comprensione della storia na­ scosta del regno di Dio e, nella situazione dei discepoli, in particolare è anche incomprensione del cammino di Gesù ver­ so la croce, che deve divenire norma anche per loro ( 8, 34 ) Da questo punto di vista il mistero del Messia e l'incompren.

.

37· Cfr. Bsrn.

, ,9 .

38. E . Wenclli ng, Entstehung 7 ' s.

43 9

sione dei discepoli vengono collegati. La fede nel Risorto ri­ vela il mistero della sua sofferenza, e per questo le minacce del presente possono venire superate nella fede 39• IV L'analisi indica chiaramente che Mc. 4,3,-4 1 è un libero rifacimen­ to 40 di lon. I operato con l'ausilio di Ps. 1 0 7 ,2 3 ss . , una narrazione di salvataggio miracoloso intesa come racconto di superamento. Essa è svolta al fine della missione nell'ambiente giudeo-ellenistico e pa­ gano. Non è possibile dire se originariamente fosse redatta in greco ; non presenta un riferimento univoco alla versione dei LXX. Questa narrazione è un documento delPantica storia della missione e dello sviluppo della cristologia presso i primi cristiani, non della storia di Gesù . Vi si presuppone l 'importanza di Gesù come esorcista (cfr . an­ che il comm. a 1 ,2 1 - 2 8 ) , ma senza giungere ad attribuirgli questo ti­ tolo (cfr. l'apostrofe OLOaO"X('LAE) ; la qualità di esorcista è illustrata nel la forma d'un racconto di superamento tipologico. Ispirato dalla tra­ dizione giudaica, il narratore rende accessibile, in un racconto di epi­ fania, l'importanza di Gesù al pensiero ellenistico : Gesù è superiore non solo a Giona , bensì anche ai taumaturghi ellenistici . Egli assume il ruolo di divinità protettrice, anzi, il ruolo di Jahvé.

Nella raccolta premarciana di miracoli l'informazione som·

maria condensata in 3 ,7-1 2 getta luce sulla narrazione; il «Fi­ glio di Dio>> (v. I I ) , che non voleva essere annunciato dagli spiriti impuri, si rivela ora da sé �on la sua attività pari a quella di Dio. v

Marco, che inserisce nella narrazione il v. 40; si serve di questa in primo luogo per continuare a tendere il suo arco aretalogico-cristologico, ma allo stesso tempo, dopo 4 , 1 R34, per rappresentare tipologicamente la situazione della Chiesa in quella dei discepoli. Come nel grande discorso delle paraR bole, troviamo qui l'incitamento a combattere lo sconforto che sopravviene nella minacciosa situazione del presente, in39· E. Stegemann, Markusevangelium ha recentemente sottolineato con forza (seppure con un'esagerata accentuazione degli aspetti negativi) l'importanza che per la comu nità ha il ruolo dei discepoli ai fini dell'identificazione.

40. Cfr. il lihero rifacimento in Flav. Ios., ani. 9,2 (2o8-2 14).

Mc. 4,)5-41

440

terpretata in senso apocalittico. Il biasimo dei discepoli rife­ rito da Marco è rivolto anche alla situazione della comunità : ciò che si richiede non è viltà, bensì la fede che confida ( cfr. 2 ,5 ; 5 ,3 4 ; 1 0 ,5 2 ; 1 1 ,2 2 ; anche il comm. a 9 , 1 4-29 ) nella potenza di Dio, che agiva ed agisce in Gesù. . ..t2 . Cfr. O. Weinreich, Heilungswunder 1 9,- 1 97 ; G. Theissen 61. Cfr. ad es. 1. QGen-Apokryphon 20,20: «Tutti i medici, maghi e saggi del mondo non pote­ rono rimetterlo in piedi, né guarirlo,.; anche test. lob 38,7 s.

Mc. ,,28-29

to nel malato. Anche vesti, sudari o fazzoletti (Act. 19,1 2 ) e addirit­ tura l'ombra (Act . .5 ,1 .5 ) di un taumaturgo possono essere carichi di mana � . «Ci si immaginava allora il fluire nella stessa maniera in cui oggi, secondo le nostre conoscenze attuali, avviene la trasmissione di una malattia infettiva» 24• È evidente che quest'idea, che presuppone una forte 'fede' in colui che cerca aiuto, favorisce il risanamento psi­ coterapeutico, quando la malattia è causata da fattori prevalentemen· te psichici. La mentalità popolare non può venire presa a sostegno di una cristologia del Dei:o� à:\JT)p 25•

Va tenuto presente che il narratore, che descrive i fatti nella prospettiva della donna (nota il monologo nel v. 2 8 ) non persegue intenzioni cristologiche, bensì ha «ripreso una concezione quanto mai greve>> 26 , probabilmente dal contesto storico dell'attività di Gesù stesso. ,

29. L'immediata guarigione (cfr. il comm. a I ,42 ) viene con­ statata brevemente dal narratore, poi, ancora nella prospetti­ va della donna, dimostrata nell'ambito del possibile. Di «fon­ te del sangue» si parla in Lev. 1 2 ,7 nelle prescrizioni di puri­ tà per le donne (cfr. il comm. al v. 2 .5 ), e a questo concetto si allaccia l'uso di �1'}paLvw = asciugarsi, inaridirsi. Una di­ mostrazione della cessazione del flusso di sangue può venire

fornita solo indirettamente.

"t'� CTWJUl"t't. è ancora una volta una parola chiave tratta da Lev. 1 .5 , 1 9 ; ta.a-Da.t. è un hapax legomenon in Marco. La malattia viene de­ finita nella conclusione un ' tormento' (dr. 3,10; .5 ,34 ); il termine p.ti.CT'tt.ç. = nega' (LXX in Lev. = c%cp1} ) viene usato spesso in Lev. 1 31 4 a proposito della lebbra ; in Lev. 1 4,3 ·48 il vocabolo è congiunto �3. Cfr. O. Weinreich, Heilungswunder 63 s.; L. BieJer, 8Ei:oc; 1, So s.; F. Prei­ sigke, Die Gotteskraft in /riihchristlicher Zeit, Berlin-Leipzig 1922, 1-18; W. Grundmann, Der Begriff der Kraft (BWANT 4,8), Stuttgart 1932, 62-64 ; Id. in ThWb n, 301-3 1 8 ; G. van der Leeuw, Phiinomenologie der Religion, Tubingen 21956, 3 ss. 27 ss.; G. Theissen 71 s. Il concetto di mana venne introdotto neiJe scienze religiose da Codrington, The Melanies, Oxford 1891 . Cfr. ]. Rohr, Der okkulte Kraftbegriff im Altertum, Leipzig 1923, 6: «Per indicare la forza magi­ ca, i Polinesiani e i Melanesiani usano la parola mana» . 24. F. Preisigke, op. cit. 18 (vedi n. 23). 25. Contro L. Schenke 208 e molti autori precedenti. Cfr. A. Schlatter, Mt. 317 s. 26. F. Hahn, Hoheitstitel 313.

Mc. J12�J:c

479

alla parola chiave téiaDat.. Ci pare dunque di vedere anche qui un orientamento del narratore su Lev. 12-1 5 T .M. (dr. il comm.· al v .

25) 268.

Come nel caso della guarigione dalla lebbra ( dr. il comm. a i ,.4o-

45 ) anche la dimostrazione del risanamento dell'emorroissa costitui­ sce un problema particolare per il narratore. Il miracolo non si può considerare autenticato con l'indicazione data nel v. 29h. Solo la se­

conda metà della narrazione contiene un'autenticazione convincente e soddisfacente per l'ascoltatore (e per il lettore), quando Gesù (come in 1 ,43 s.) interviene per convalidare.

30. L'espressione xa.t EÙDuc; (cfr. il v. 2 9 ), con la quale ven­

gono spesso collegate scene parziali nelle storie marciane di miracoli ( anche con interventi redazionali ; cfr. il comm. a I , I 8 .2o; I ,2 I .23 ; I ,29 .30; in particolare I ,42.43 e passim ), introduce la seconda scena. Il narratore deve ora citare il no­ me di Gesù. Il fatto che il taumaturgo si renda conto (su È1t.,yvout; come indicazione di una conoscenza particolare cfr. il comm. a 2,8 ) della forza che profluisce da lui (cfr. anche Le. 5 , I 7 ; 6, 1 9 ) conferma che essa è finita nella malata tra­ mite il contatto con la veste. Ella, a sua volta, ne coglie l'ef­ fetto nel proprio corpo (cfr. Ev Èa.u'tii) con 'ti() O"Wiltl.'tL nel v. 2 9 ) . Sull'idea di 'forza' cfr. il comm. ai vv . 27 s. Il narratore richiama l'attenzione sulla situazione di Gesù attorniato dalla folla (cfr. il v. 24 e in particolare il v. 27 : Èv �ii) oxÀ�) per preparare la risposta dei discepoli (v. 3 I ). Il suo voltarsi indietro è determinato dal fatto che la donna ha toccato la sua veste «da dietro» (v. 27 ) . La domanda di Gesù viene ora presentata drammaticamente in discorso di­ retto. La quadruplice ripetizione nei vv. 27 . 2 8 .30.3 I pone in rilievo il tocco della veste come atto di trasmissione della forza. 3 I . I discepoli di Gesù vengono inserttl Improvvisamente nella narrazione, dopo essere stati menzionati per l'ultima volta... in 4 , 2 4 . Essi obiettano con scetticismo che nella calca ( ripresa dell'esposizione scenica del v. 24bc) non si può sta26a. Per l'interpretazione demonologica cfr. S. Eitrem, Notes 36.

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Mc. J,JI-JJ

bilire chi abbia toccato Gesù. Il motivo della «difficoltà di avvicinarsi» 27 (cfr. il comm. a 2 ,4 ), non sviluppato nell'azio­ ne dell'emorroissa, viene ora usato in funzione topica (dr. le obiezioni dei discepoli in 6, 3 7; 8 ,4 ) 28• 3 2 . Lo sguardo che Gesù rivolge tutt'attorno (cfr. 3 ,5 .34; I o , 2 3 ) si riferisce alla donna che ha fatto ciò, che lo ha toccato. Forse il narratore vuole accennare alla conoscenza superiore di Gesù. 3 3 · La drammaticità della scena conclusiva viene sottolinea­ ta dall'interruzione del coordinamento mediante xa.� e dal­ l 'impiego della particella SÉ ( anche nel v. 3 4 ). La venuta e la genuPessione ( cfr. 7 ,2 5 ) di colei che cerca aiuto, generalmen­ te accoppiate alla preghiera di risanamento, vengono ora col­ legate con la confessione del'intera verità . Tale confessione, che costituisce un tratto dell'ammirazione, viene resa con ti­ more e tremore, in piena coscienza di ciò c�e è accaduto ( sul­ l'accumularsi dei participi cfr. il comm. ai vv. 2 6 s . ). L'espe­ rienza della forza risanatrice di Gesù, concessale secondo la sua fede, la sopraffà e l'anima alla confessione. Come viene richiesto da questa speciale malattia, è la malata stessa a te­ stimoniare e ad esaltare il miracolo. Il fatto che la donna «abbia trasgredito le prescrizioni giudaiche sulla purità, si sia vergognata della sua malattia e abbia illegittimamente sottratto la forza a Gesù può spiegare solo in parte il suo timore . Es­ sa si rende conto probabilmente dell'equivocità della sua azione : il contatto potrebbe venire interpretato anche come un tentativo di li­ berarsi della malattia trasmettendola ad altri (cfr . Epidauro W 7, do­ ve la malattia deve venire trasferita su un panno) . Il contatto con 27. G. Theissen 62 s. 28. L. Schenke 202 s. considera il v. 3 1 un inserto redazionale di Marco, che, in­ sieme con il v. 34h, dovrebbe evitare un fraintendimento del contatto in senso magico : molti hanno toccato Gesù, ma solo il contatto pieno di fede esercitò refletto terapeutico. Gli sfugge tuttavia che il motivo dello scetticismo ha pro­ prio una funzione dimostrativa, come indica la ripetuta citazione del contatto. Come ha mostrato G. Theissen, è del tutto fuori luogo attribuire alla redazione di Marco una critica moderna del miracolo.

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donne mestruanti veniva considerato comunque dannoso (Plin., nat. hist. 7,64 ). Quando una bella donna, in un tentativo di avvicinamen­ to finalmente riuscito, strappa segretamente un filo dall� veste di Silla , essa assicura : oÙOÈ'II OElNÒ'J aù-roxpa:top, àÀ.À.tÌ �ovÀ.OIJ.CL L -rii