Il vangelo di Marco. Parte seconda. Commento ai capp. 8,27 - 16,20 [2] 8839401709, 9788839401700

Nel nostro tempo, il Vangelo di Marco, merita partico­lare interesse poiché, fra le testimonianze di ciò che si tra­mand

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Italian, Greek Pages 837 Year 1982

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Il vangelo di Marco. Parte seconda. Commento ai capp. 8,27 - 16,20 [2]
 8839401709, 9788839401700

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COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO Collana internazionale pubblicata in lingua italiana,

francese, inglese, tedesca e spagnola

A CURA DI Serafin de Ausejo, Lucien Cerfaux, Joseph Fitzmeyr, Béda Rigaux, Rudolf Schnackenburg, Anton Vogtle Segretari per l)Italia: G. Scarpate O. Soffritti EDITORI

Paideia Editrice, Brescia Les Éditions du Cerf, Paris Herder and Herder, New York Verlag Herder, Freiburg, Basel, Wien Editoriai Herder, Barcelona

COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO

Il vangelo di Marco PARTE SECONDA

Testo greco e traduzione Commento ai capp. 8 ,27-1 6,20 di RunoLF PEscH Traduzione italiana di MARCELLO SoFFRITTI Edizione italiana a cura di 0MERO SoFFRITTI

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Alla Comunità del Dessauerhaus di Francoforte s. M.

Titolo originale dell'opera:

Das Markusevangelium. II. Teil Kommentar zu Kap. 8,27-16,2o von Rudolf Pesch

Zweite, durchgesehene Auflage

Traduzione italiana di Marcello Soffritti Traduzione del testo biblico e revisione di Omero Soffritti La traduzione del testo biblico è di proprietà della Casa Paideia. Ogni riproduzione è vietata e sarà perseguita a norma di legge.

© Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 2r98o © Paideia Editrice, Brescia 1982

PREFAZIONE

Ad un anno dal primo compare questo secondo volume a con­

cludere il presente commento al vangelo di Marco. Esso era a un buon punto già quando fu pubblicato il primo, sicché è stato possibile concluderlo entro il termine annunciato, tanto più che anche nell'ultimo anno non mi è mancato l'appoggio dei miei collaboratori: la signora Ute Wagner e l'assistente Sig. Reinhard Kratz. Torno a rivolgere loro, oltre che al Sig. Franz Johna della Casa Editrice Herder, ogni ringraziamento. Di fronte a me, che intingo per l'ultima volta la penna nel calamaio a conclusione del commentario, sta ancora, sullo scrittoio, un'immagine dell'evangelista Marco, tratta dall'e­ vangeliario di Fulda del IX secolo. Il fedele amico e compa­ gno sulla via dell'esegesi - o à.va.yLVWO"XW'J 'JOEL�tù me la mandò a Innsbruck dieci anni fa in occasione della mia prima lezione universitaria su Marco, annotando che l'evangelista, il quale sta in tingendo la penna nel calamaio per dare inizio alla stesura del suo libro sulla vuota pergamena, «ha l'aspetto di chi intende procedere �l suo lavoro senza lasciarsi distogliere da alcunché>>. Questo significativo (cenno' mi ha costantemente richia­ mato - negli anni trascorsi - al mio compito, e l'immagine dell'evangelista (che mi faceva da segnalibro) mi ha costan­ temente guardato assieme all'animale che lo simboleggia, il leone. Il commentatore avrebbe voluto avere i suoi occhi! Ciò che egli è riuscito a vedere con i propri, ciò che è riuscito ad intendere dell'opera dell'evangelista e della sua preistoria è ora presentato al lettore in forma compiuta, nello spirito di Marco, che intendeva servire alla proclamazione dell'evangelo. -

8

Prefazione

La seconda parte del vangelo di Marco tratta, nella quarta

parte principale, della sequela di Gesù nella comunità cristia­ na. Questo volume è dedicato con gratitudine a coloro che per la prima volta mi hanno condotto a questa via e su di essa mi hanno accompagnato.

RUDOLF PESCH

Frankfurt, lunedl di Pasqua

1977.

TESTI E BIBLIOGRAFIA (continuazione degli elenchi forniti alle pp. 9-27 del vol. I)

TESTI

( ORIGINALI

B TRADUZIONI )

A. Bibbia The Greek New Testament, ed. K. Aland, M. Black, B.M. Metzger, A. Wikgren, C.M. Martini, Stuttgart 31975. Synopsis Quattuor Evangeliorum. Locis parallelis evangeliorum apo­ cryphorum et patrum adhibitis, ed. K. Aland. Editio nona et reco­ gnita ad textum editionum 26Nest1e-Aland et 3Greek New Testament aptata, Stuttgart 1976. Das Alte Testament. Einheitsiibersetzung der Heiligen Schrift, Stutt­ gart 1974· B� Scritti giudaici classici e protocristiani ]iidische Schri/ten aus hellenistisch-romischer Zeit, hg. v. W.G. Kiim­ mel, 5 voli., Giitersloh 1973 ss.: I, 2-3, v, 2. SBL Texts and Translations. Pseudepigrapha Series, Missoula, Mon­ tana 1971 ss.: Paraleipomena Jeremiou, The Testament of Abraham, The Hebrew Fragments of Pseudo-Philo, The Testament of Job. Levey S.H., The Messiah: An Aramaic lnterpretation, Cincinnati 1974. Évangile de Pierre. Introduction, texte critique, traduction, commen­ taire et index par M.G. Mara (SChr 201 ), Paris 1973. BIBLIOGRAFIA

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IO

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Testi

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II

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Excursus ni che la ritengono semmai inadeguata a Gesù (6,15 ; 8,28); nemmeno

il titolo di profeta viene ripreso dall'evangelista . Il titolo «Figlio di Da­ vid» si trova solamente nel materiale della storia premarciana della pas­ sione ( 1 0,47 s . ; 1 2 ,3 5 ), ove però viene appunto respinto come inade­ guato al Messia ( 1 2 ,3 .5-37 ) . «Re dei Giudei» ( 1 .5 ,2 .9. 1 2 . 1 8 .26) e «Re d'Israele» ( I 5,32 ) , anch'essi presenti originariamente nella storia pre­ marciana della passione, non vengono considerati né dalla tradizione né da Marco come titoli adeguati in senso cristiano, bensl posti in bocca agli avversari, pagani o giudei, di Gesù . Sebbene a Marco prema presentare Gesù come maestro dotato di au­ torità esclusiva ( I ,22 .27 ) , non è lecito sostenere che l'evangelista abbia inteso l'espressione ò Ot.ocicrxa.À.o� ( 1 4 , 1 4 ; altrove come apostrofe : 4, 3 8 ; 5 ,35 ; 9,1 7.38 ; 1 0 , 1 7 .20.35 ; 1 2 ,14 . 1 9 .3 2 ; 1 3 , 1 ; cfr. pa.��{. : 9,5 ; I I ,2 1 ; 14,45 e pa��O\J'VL: r o,5 1 ) come un titolo cristologico 22, tanto più che questa apostrofe compare in bocca sia ai discepoli, sia agli av­ versari. Tutti i passi preesistono nella tradizione, e Marco non ha am­ pliato Puso precedente di Ot-ocicrxa.Ào�. Proprio a causa della costante presentazione di Gesù come maestro (cfr. il comm. a 1 ,2 1 ) in Mc. appare chiaro che l'evangelista non mira a realizzare una cristologia titolare. L'espressione più frequente ( 14 volte, di cui 9 volte nella storia premarciana della passione) in Mc. è o vtòc; 'tov &:vDpw1tov, che ricorre due volte nella prima metà del libro ( 2 , 1 o .2 8), e dodici nella seconda ( 8 ,3 1 .38; 9,I o.r 2 .3 1 ; 1 0,33 ·45 ; 1 3 ,26; I4,2 1 .2 1 .4I .62 ) . Poiché al­ l'evangelista non si può attribuire né la paternità di un intero detto sul Figlio dell'uomo, né l'inserimento del 'titolo' in un detto preesi­ stente, e poiché egli non fornisce alcun chiaro contributo all'identifica­ zione di Gesù (il quale, come è noto, parla costantemente in maniera oggettiva del Figlio dell'uomo, identificandosi con lui solo indiretta­ mente) con il Figlio dell'uomo ( identificazione peraltro presupposta sia nella tradizione premarciana, sia nella ricezione redazionale ), non si può parlare neppure di una specifica cristologia del Figlio dell'uomo in Marco . Ma insieme con le attribuzioni del predicato di Figlio di Dio, i detti sul Figlio dell'uomo costituiscono, in quanto parole dell'auto­ rivelazione di Gesù, il più significativo contesto cristologico : essi te­ matizzano i pieni poteri divini del Gesù terreno ( 2, 10.28), il suo de­ stino di sofferenza, voluto da Dio, e la sua risurrezione ( 8 ,3 1 ; 9,1 0 . 1 2 ; 9,3 1 ; 1 0,3 3 s . ; I4,2 1 .4I .62 ), il senso soteriologico della sua morte ( 1 0,4.5 ) e il suo ruolo escatologico di giudice finale ( 8 ,38 ; 1 3 ,26; 14, 62 ). Gesù di Nazaret ( I ,9 ) , che Dio stesso ha proclamato figlio suo ( I , I I ; 9 ,7 ) , rivela nei suoi detti sul Figlio dell'uomo la propria presente 22. Cfr. anche t. Trocmé 8: «semplici forme allocutive, nelle quali sarebbe del tutto errato leggere un profondo significato cristologico».

Mistero messianico



cristologia marcitmtJ

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missione divina, realizzata anche nella sofferenza, la propria potenza divina presente e futura, la propria insuperabile intimità e unione con Dio. Le parole sul Figlio dell'uomo congiungono insieme cristologia ed escatologia 23 •

Anche se Marco non propugna alcuna cristologia titolare propria 24, e, data la mancanza di scene ad impronta cristolo­ gica che si possano attribuire al redattore, neppure una pro­ pria concezione cristologica correttiva delle sue tradizioni, egli offre tuttavia nella sua opera di raccolta e composizione un suggestivo strumento di annuncio cristologico, il fondamento dell'evangelo di Gesù Cristo ( I , I ) , di Gesù di Nazaret ( I ,9) , il cui avvento venne profeticamente annunciato da Giovanni il Battista ( I ,7 s.) . Egli venne legittimato ( I , I I ) e rivelato da Dio stesso come il proprio unico figlio (9 ,7) , comparve a pro­ clamare il regno di Dio ( I , I 4 s . ) , insegnò ( I , 2 2 . 2 7) ed agì ( 2 , z o ; dr. le tradizioni dei miracoli) con incomparabile pote­ stà 25, adempiendo la sua missione divina ( 2 , I 7 ; I 0 ,45 ; I 2 ,6 s . ) ; il suo insegnamento e il suo comportamento lo condusse­ ro a conflitti mortali, ed egli morì per tutti gli uomini ( I 0,45 ; I 4 ,24), siede alla destra di Dio ( I 2 ,3 5-37; I4,6 2 ) e verrà co­ me giudice ( 8 ,3 8 ; I 3 ,26; I 4,62 ) . La sua persona e la sua pa­ rola sono divenute il criterio che decide della salvezza e della rovina degli uomini ( 8 ,38) . Rintracciare la cristologia di Mc. , che compone tradizioni cristologiche della prima Chiesa, e­ strarla dal libro e trasferirla in una più astratta concettualità è reso quasi impossibile dalla struttura narrativa della rappre­ sentazione storica fornitaci da Marco. Chi sia Gesù Cristo è rivelato dalla sua storia, da lui stesso. Chi ascolta e legge il 23. Cfr. anche D.A. Koch, Zum Verhaltnis von Christologie und Eschatologie im Mk-Ev, in ]esus Christus in Historie und Theologie. Festschrift H. Conzelmann, Tiibingen 1975, 3 9 5-408, dove però si sopravvaluta anche l'attività redazionale dell'evangelista. 24. Cfr. anche É. Trocmé 8: «nessuno dei titoli applicati a Gesù nel vangelo di Marco pare usato dall'evangelista come veicolo della propria cristologia». 25 . La rilevanza cristologica della dottrina di Gesù nella composizione evangelica marciana è stata a ragione recentemente sottolineata da P. von der Osten Sacken. Dispute e parabole mos t rano Gesù impegnato in confronti «nei quali si decidono in mar.iera concreta questioni cristologiche, quindi questioni riguardanti la per­ sona di Gesù» ( 393 ).

Excursus

vangelo lasciandosi affascinare da esso ed affidandosi alla sua autorità in fede, speranza e carità, nella pratica di vita al se­ guito di Gesù, ne farà esperienza. La cristologia marciana è la cristologia dell'intera vita e morte rivelatrice di Gesù, cosl come si apre nella tradizione che Marco pone, in sintesi, a fon­ damento dell'annuncio di Gesù . Per lui la cristologia non è ancora divenuta un campo di riflessione sistematica; ma nel­ la sua presentazione si conserva più che nelle altre opere del N.T. la situazione originaria della cristologia cristiana: l'atteg­ ·giamento di fede verso la (auto)rivelatrice azione di Gesù. Al centro del più antico dei vangeli sta la domanda cristologica fondamentale: «Chi credete che io sia? » (8,2 9 ). La risposta, la professione cristiana, richiede una spiegazione da parte di Gesù stesso, mediata dalla tradizione che Marco ha trasmesso alla Chiesa (cfr. il vol. 1, intraduzione, pp. I o I - I 2 3 ) .

Altre presentazioni della cristologia di Marco, non guidate dalla teoria del mistero del Messia 26, si basano su di una diversa valutazione del­ l'attività redazionale dell'evangelista per quanto riguarda la creazione di scene importanti dal punto di vista cristologico e l'introduzione di titoli cristologici . N. Perrin ritiene che lo stesso Marco abbia coniato i detti sul Figlio dell'uomo in 8, 3 1 ; 9 ,3 1 ; 1 0,33 s . e che l'evangelista «usi la dizione ' Figlio dell'uomo' per esprimere la propria cristologia; che egli usi 'Cristo' e ' Figlio di Dio' per stabilire un rapporto coi suoi lettori, e 'Figlio dell'uomo' per interpretare e fornire un contesto a co­ desti titoli» 27• J. Lambrecht, che interpreta 8,27-9,1 3 come chiave del­ la cristologia marciana 28 ma attribuisce 8 ,3 I alla tradizione, afferma che il tratto 8,27-3 3 ( e 8,34-9,1 ) è una composizione marciana e ricon­ duce, tra l'altro, 9 ,9 s. ad una «redazione creativa marciana» . Egli at­ tribuisce quindi a Marco una cristologia «altamente differenziata», con la quale mirerebbe ad uno svuotamente del titolo di Cristo, «che era usato con troppa facilità, esprimeva troppo poco ed era piuttosto va­ go», e metterebbe in guardia contro un «trionfalismo superficiale di 26. Cfr. H. Conzelmann, Grundriss der Theologie des N.T. , Miinchen 1967, 160164; R. Schnackenburg, in Mysterium Salutis III,I , 272-284; L. Swain; E. Lohse, Grundriss der ntl. Theologie , Stuttgart 1974, I lj-1 19. 27. N. Perrin 187; cfr. R. Schnackenburg (vedi nota 26) 284 : «Non sbaglieremo nel supporre che Marco stesso abbia costruito questa compatta teologia del Figlio dell'uomo per la sua esposizione». Cfr. per contro R. Pesch, Passion. 28 . Cosl anche M. Horstmann, Studien, ove si afferma «che nel brano Mc. 8,279,13 sono contenuti i tratti essenziali della teologia marciana» ( 137).

Mistero messianico e cristologia mardana

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una cristologia che, per quanto corretta, pensa troppo e con troppa fretta alla gloria>> 29• Il tratto 8 ,2 7-9 , 1 3 è senza dubbio il centro com­ posizionate di Mc. e la questione della distinzione fra tradizione e reda­ zione in questa pericope, la sua valutazione in senso critico-letterario, riveste particolare importanza per chi voglia giudicare la cristologia marciana . Se però 8 ,2 7-3 3 e 9,2- 1 3 preesistevano a Marco nella storia premarciana della passione, non è possibile basarsi direttamente sul centro del secondo vangelo per cogliere una cristologia marciana diffe­ renziata. Al punto in cui stanno le ricerche oggi, l'analisi della storia premarciana della passione riveste quindi un'importanza di primo pia­ no (cfr. l'excursus a pp . 1 8-54). Questa importanza viene confermata dalla considerazione che i testi con i principali titoli o contenuti (Mes­ sia, Figlio dell'uomo, Figlio di Dio) traggono prevalentemente la loro origine dalla storia premarciana della passione.

Mediante tutto il materiale del suo vangelo e il modo in cui Io dispone (cfr. introduzione, vol. I, pp. 78-90), con la sua in­ tera 'narrazione' Marco reca un annuncio cristologico 30• Ma, in pari tempo, la cristologia resta fondamentalmente ancorata alla teologia : Gesù è colui che proclama e trasmette il regno di Dio, che lo rivelerà in maniera definitiva ed universale quan­ do ritornerà come Figlio dell'uomo. Il Messo dell'evangelo del regno di Dio ( 1 ,1 4 s.) è presentato nell'opera ( 1 , 1) come il maestro dotato d ' autorità, il taumaturgo che desta stupore, il Messo profetico di Dio, il Messia, Figlio dell'uomo e Figlio di Dio. L'intera materia del libro serve a caratterizzare questo Gesù di Nazaret, messo, mediatore e realizzatore della signoria di Dio, al seguito e in nome del quale, legandosi in una profes­ sione di fede, la Chiesa si è posta in cammino per annunciare l'evangelo di Dio, la novella del suo regno neli'annuncio dell'e­ vangelo di Gesù Cristo presso i Giudei e tutti gli altri popoli. In uno studio convincente G. Dautzenberg 31 ha recentemente sostenuto

che la concezione di EÒayyÉÀ.f.oV "t'OV i)'Eov attestata in Mc. è, nella storia 29. J. Lambrecht 272 s. Secondo A. Koch (vedi nota 23), che basa le sue osserva­ zioni su 8,27-9 ,1 , l'evangelista è responsabile del detto sul Figlio dell'uomo in 8, 31, col quale interpreta la professione di Cristo come una theo!ogia crucis (404). 30 . L. Swain 702 sottolinea giustamente : «Egli non ha semplicemente una cristo­ logia. Tutta la sua opera è una cristologia». 3 1 . G. Daut7.cnberg, Die Zeit des Evangeliums. Mie I,I-IJ und die Konzeption des Mk-Ev: BZ, N.F. 2 1 ( 1 977 ) 21 9-2 34 .

Excur-sus

8o

della tradizione, più antica della concezione di EÒa.yy�Àr.ov ricono sci bile nelle le ttere di Paolo, e che il titolo del libro (che, secondo Daut­ zenberg va inteso come genitivo soggettivo : «Inizio della proclama­ zione dell'evangelo da parte di Gesù Cristo»), unitamente ad 1 , 14 s., :fissa il peculiarissimo rapporto intercorrente fra il messaggero della si­ gnoria di vina e il suo messaggio : «La cristologia e la proclamazione della basileia costituiscono due centri di forza teologica compiutamente formulati , i quali vengono mantenuti in un collegamento fisso attra­ verso la concezione di EÒ«yyÉÀr.ov 't'OU 1)-Eou» . Dalla composizione del tratto 8,27-9,I 3 , ed in par ticolare dal chiaro inserimento redazionale di 9,I , il Dautzenberg desume . Il va ngelo di Marco, in quanto s trumento missionario di una procla­ mazione destinata a tutto il mondo, è una «anamnesi cristologica che abbraccia molte tradizioni singole». Marco, al pari della tradizione di Gesù da lui raccolta ed in complesso rielaborata solo nella composizio­ ne, si mantiene orien tato a colui che annuncia e trasmet te il regno ·

.

..

di Dio.

Nella sua opera Marco narra la storia di colui che annuncia, trasmette e realizza la signoria divina e la pone a fondamento dell'annuncio missionario della Chiesa, e ciò spiega come egli possa unificare, senza una propria cristologia titolare e addirit­ tura senza una propria concezione cristologica, in una redazio-­ ne conservatrice e legata alla tradizione, una cristologia di va­ ria concezione, affidata ad una materia tradizionale di varia na­ tura ed ispirata a diversi titoli onorifici. Il «punto d'unione>> resta per Marco Gesù di Nazaret, il Messo escatologico di Dio ( I 2 ,7) e del suo regno, che, legittimato dal Battista ( I ,7 s.), dalla Sacra Scrittura d'Israele e da Dio stesso (I ,I 1 ; 9,7), le­ gittima se stesso rivelandosi, con la parola e le opere, Messia, Figlio dell'uomo, Figlio di Dio: tale Io può proclamare la co­ munità, chiamata da lui sotto la signoria divina, al suo seguito. BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibl. a pp. 387 s. del vol. I ; R. Bultmann, Trad. 3 7 1 ss . ; G. Theissen, Erg. H. I 1 8 ; M. Dibelius, Formgeschichte 69 s.; inoltre W. Wrede, Messiasgeheimnis; W. Bousset , Das Messiasgeheim­ nis in den Evangelien: ThR ' ( I 9o2 ) 307-3 r6 .3 47-3 62 ; A. Bolliger, Vas Messiasgeheimnis bei Markus : SchwThZ 23 ( 1 906 ) 98- 1 3 2 ; E. Bik-

Mistero messianico e cristologia marciana

81

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82

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Mc.

B,JI-JJ

2. I L

PRIMO ANNUNC IO DELLA PA S S IONE

E DE L LA RI S URREZIONE

E IL

RIMPROVERO DI PIETRO

(8,3 1-33 )

I

A partire da 8,27 Marco segue la storia premarciana della passione (cfr. l'excurs. a pp. r 8-5 4 ) . Mentre in 8 ,2 7-30 ci tro­

viamo di fronte ad un'unità narrativa autonoma, tramanda­ bile anche al di fuori del contesto della storia premarciana del­ la passione, questa scena, che costituisce invece un'unità nar­ rativa non autonoma, sarà stata creata appositamente per que­ sto contesto. Il v . 8 ,3 1 non ha inizio con un cambio di scena, bensl solamente con un tratto di suddivisione (xat i]pça'to St.­ òcX.crxEtV a.u'tovç.) , ed è collegato al contesto precedente (dr., come parallelo nella storia premarciana della passione, 9 , 3 3 ) tramite il pronome personale a.u'"t'ouc; riferito ai discepoli ( vv . 27ab. 3 3 ).

Contro l'ipotesi di un,originaria unità fra 8 ,2 7-30 e la scena secondaria di 8 ,3 1 -33 sta la diversa accezione in cui vengono usati termini di col­ legamento : nei vv. 27.2 9 troviamo l'antitesi «gente-discepoli» (ot IJ.v­ fpw1toL - vp.E!c;), nel v. 3 3 « Dio -uomini » (-ttl 't'OU D�ou - -tà. 't'WV &:vDpW1twv); il verbo !1tL't't.P,ÉpE., au�où� EL� opo� v\fJT}À.Òv xa�'to�av tJ,6vov�. xaL tJ.E"t"EtJ.opq>W�11 EIJ.1tpoo-�E'V a.u�wv, 3 xa.t �à. t(J.ci­ �r.a aù'tou eyÉvE�o a"tl.À.�ov�a À.fuxcX. À.ta.v, ota. "('Vaq>EÙ� l1tt �il� yfi� où ouva.�a.r. o\J�w� À E uxtù'VÌ} ÈX "t"ijc; 'VEcpÉÀ.T)c;· où�6� ÈCT'tt.V 6 vt6c; IJ.OV Ò 6.ya7t1)�6c;, aXOUE"t'E aù�ov. 8 xa ì. E�cl'Jtt.V(X 1tEpt.�À.E\fJci�vot. OVXÉ�r. ov­ ÒÉva ELOOV aÀ.À.à. �òv 'I1]0"0UV �J,6vov JLEt)''[a.u"t'WV. ' Kat X(X.'t(X�ttr.v6v�wv (XV'tWV EX "t'OU opovc; Ot.ECT�E(À.a.�o a.v�oi:c; LV« IJ.T) OEV L a. ElOov Or.1}yi)awv�at,, EÌ J.J.'ÌJ O"t'C'L\1 o uf.òc; �ov avDpW1tOU ÈX VE­ xpwv &.vaa't'ft. 10 xat "t'Òv l6yov lxpa'TT)O"a'V 1tpòc; tau"toùc; au�T)�ouv­ 'tE� �{. ÈCT�r.v �ò EX VEXpwv a'Ja.a�Tjvar.. 11 Ka� È1t'J}PW�lù'V (XV��'V À.Éyov­ "t'Ec;· o�t. À.Éyovar.v ot ypaJ.J.IJ.a'tE�� O'tr. 'Hliav OEi: tÀ1}Ei:'V 1tpw�ov ; 12 ò 6� �epT) a.u�oi:c;· 'HÀ.Ltt� IJ,ÈV ÈÀ.Dw'V 1tpw�ov à.1tOXtt�LO'�clVEr. 1tciv�a· xaì. 1twc; yÉypa1t'tttt È1tt �òv utòv �ou à.vDpw1tou tva 1toÀ.À.à. 1ttithl xaì. t�ov­ ÒEvT}Dft ; 13 àÀ.À.ci À.Éyw ÙIJ.t'V o�r. xat 'Hl!ac; ÈÀ.i}À.vDEv, X«L È1tOL1}CT(XV «v�Q ocra. i]DEÀov, xa�w c; yÉypa1t�ttr. É1t'av�6v. 2E

dopo sei giorni Gesù prende con sé Pietro e Giacomo e Giovanni li conduce su un alto monte, essi soli in disparte. E a fu trasfigurato davanti a loro. 3 E le sue vesti divennero splendenti, molto candide, quali un lavandaio sulla terra non può altrettanto candeggiare. 4 E ap­ parve lo ro Elia con Mosè e parlavano con Gesù. 5 E Pietro, presa la c

a.

L'i nserimento di lv �� 'KpOO'EVXEoi«t. (XV�oùc; (o «v�6:v) in 1>45 W fP (8 pc; Or)

pc dipende da Le. 9,29 .

II6

Mc. 9,2-IJ

parola, dice a Gesù: «Rabbi, è bene che noi stiamo qui. E faremo tre capanne: una per te e una per 'Mosè e una per Elia ». 6 Non sapeva in­ fatti che rispondere, poiché erano pieni di spavento. 7 E una nube co­ minciò a coprirli d'ombra, e venne una voce dalla nube : «Questi è il Figlio mio diletto ! Ascoltatelo! ». 8 E, ad un tratto, guardatisi intorno, non videro più nessuno, tranne Gesù solo con loro. 9 E mentre scendevano dal b monte, ingiunse loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano veduto, se non quando il Figlio dell'uomo fos­ se risorto dai morti . 10 Ed essi tennero per sé la cosa , chiedendosi che fosse il «risorgere dai morti». 11 E lo interrogavano dicendo : «Perché gli Scribi dicono che prima deve venire Elia? » . 12 Ma egli disse loro : «Certo, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa. E come mai del Figlio dell'uomo sta scritto che deve soffrire ed essere disprezzato? 13 Ma io vi dico : anche Elia è già venuto, e fecero a lui ciò che vollero, come sta scritto di lui» .

II

La scena di rivelazione (vv. 2-8 ), il cui contenuto viene spiegato e rivelato nel dialogo successivo (vv. 9-1 3 ) , può ve­ nire caratterizzata nella maniera più adeguata come narrazio­ ne di epifania 1 • I motivi epifaniali non sono però combinati secondo preesistenti modelli narrativi di un genere letterario già noto, bensì connessi liberamente in vista eli una dichiara­ zione cristologica indipendente ed introdotta dal contesto. Come si afferma chiaramente nei vv. 9 s., si tratta di una vi­ sione ( ELOO'V) del Figlio deli 'uomo risorto nella forma alla qua­ le questi perviene attraverso la sua passione (8 ,3 I ; 9 , 1 2 ) . A questi discepoli eletti , il cui esponente Pietro si era ribellato al divino destino di sofferenza del Figlio dell'uomo ( 8 ,3 1 -3 3 ), la meta viene indicata anticipatamente, e il cammino viene spiegato nel dialogo durante la discesa. Va osservato che i di­ scepoli sono costantemente presentati come destinatari di que­ sto episodio di rivelazione, che è rivolto proprio a loro : Gesù li conduce con sé, li guida sull'alto monte dove essi saranno b. Non è possibile dire se la lezione originaria sia ix o «l"R6 ; dr. ].M. Niitzel 153155· 1 . Cfr. M. Dibelius, Formgeschichte 275 ; E. Pax in RAC v, 832-909.868. G. Theis­ sen, Wundergeschichten ro2-107 ; limitazioni in H.C. Kee 149 : «una visione pro­ lettica dell'esaltazione di Gesù come regale Figlio dell'uomo, assicurata ai disce­ poli in quanto testimoni escatologici)).

II7

soli, e si trasforma di fronte a loro (v. 2 ) ; a loro appaiono Elia e Mosè (v. 4); Pietro parla (vv. 5 s.) ; la nube li ricopre (v. 7 ); essi vedono .. . (v. 8 ); a loro Gesù rivolge la sua raccomanda­ zione (v. 9 ) ; dopo la loro discussione (v. 1 o) e la domanda ri­ volta a Gesù (v. I I ) la narrazione si conclude col discorso di quest'ultimo ( vv . 1 2 s . ) . Questa configurazione del testo ci ri­ manda nella maniera più chiara alle circostanze in cui esso eb­ be origine: l'elaborazione della passione e della risurrezione di Gesù nella riflessione cristologica all'interno della storia della passione. Poiché questa rielaborazione è dominata dai concetti biblici (con un richiamo esplicito nei vv. I 2 s .) , si può parlare anche di un > . Il termine-chiave È�ovoEvÉw , corri­ spondente a bzh o m' s ( cfr. il comm . ad a'7tOOOXLIJ.a�w in 8,3 I ) allude probabilmente non soltanto a Ps. I 1 8 ,2 2 (cfr. Act. 4, I I ) , versetto che viene cita to in I 2 , I o , bensl, attraverso Ps. =

30. Per i tentativi di emendamento cfr. C.C. Oke; più frequenti sono le ipotesi di interventi redazionali marciani.

3 1 . A. Oepke in ThWb 1, 388 ritiene di dover supporre una limitazione «all'am­ bito morale-religioso» a causa della connessione con la predicazione penitenziale 3 2 . Debrunncr § 442 .8. di Giovanni . 33· Cfr. Debrunner § 388. Per la sofferenza del •Messia' cfr. anche Billerbeck n.

273· 299·

Mc. g,I2·IJ

2 2,6 .25 ; 69,3 3 ed in particolare Ps. 89,39 (LXX 8 8 ,3 8 : xat ÈçouOÉ'Vwacu; 'tÒ'V XPLtr'tO'V aou ), al destino del Giusto sof­ ferente, cioè al complesso delle concezioni teologiche che do­ minano la sostanza dell'intera storia premarciana della pas­ sione (cfr. l'excursus a pp. I 8-.5 4 ) 34 • Neppure un'associazione di idee con Is .5 3 ,3 è da escludere. Secondo la teologia della storia premarciana della passione, nel destino del Figlio del­ l'uomo si agganciano quello del Giusto sofferente, del Servo di Dio e del Profeta escatologico. Secondo quanto devono at­ testare le numerose allusioni e citazioni della storia della pas­ sione, la sofferenza e la risurrezione del Figlio dell'uomo (cfr. il v. 9) concordano con la Scrittura. L'attesa degli Scribi, se­ condo i quali doveva aversi dapprima la venuta di Elia, non è l'unica attesa nutrita dalla Scrittura; essa garantisce parimenti che il Figlio dell'uomo deve soffrire molto ed essere disprez­ zato (dr. il com·m . a 8 ,3 I ) . Resta aperta la questione del rap­ porto reciproco fra queste due attese. Nel v. I 3 essa viene spiegata nella prospettiva protocristiana che vede in Giovanni Battista l'Elia redivivo ed integra il destino di sofferenza di questi nel suo ruolo di precursore, attribuitogli dai cristiani . . • .

.

1 3 . L'informazione su Elia, che conclude il dialogo, introdot­

ta da tÌÀÀa (dopo che Gesù stesso ha rivolto una domanda) 35 e dalla formula profetica ÀÉyw vp,t'V 35a, caratteristica della tra­ dizione di Gesù, appare in tal modo particolarmente signifi­ cativa; essa presuppone sia l'identificazione di Giovanni Batti­ sta con Elia, sia una tradizione della sofferenza (e della risur­ rezione, che secondo il v. 4 ha già avuto luogo) di Elia quale profeta escatologico (una sua forma può esser colta in Apoc. I I e in apoc. Eliae 35 36, ma è attestata molto più ampiamen­ te 37); cfr. il comm . a 6 , I 4- I 6 . La frase con Ti ÀDev , nella quale 34· Sul disprezzo del giusto cfr. L. Ruppert, Feinde I I I ss.; M. GOrg in TWAT I, ,so-;8.5 ; H. Wildberger in ThHwAT I, 879-892 : lust., dial. 1 3 I definisce la croce

del Messia un Èl;ovOTIVl')l.livov xaL 6vt,oovc; IJ.Ea''tÒ'V JJ.VO"'ti)pt.ov . .3 .5 · Cfr Debrunner § 447 , 1 .6 ; 448 ,4 . .3;a. Cfr. K. Berger, Amen-Worte 89-93 ; S. Schulz 2'7 ss. .36. Cfr. ]. Jeremias in ThWb 11, 941-943. 37. Come documenta K. Berger, Die Auferstehung des Propheten und àie BrhQ. .

Mc. 9�2-IJ

13 1

ÈÀ-i)lu-&Ev caratterizza l'avvenuta missione (Mal. 3 ,2 2 : ci.1to­ O""t'ÉÀ.Àw ; cfr. il comm . a 2 ,1 7) 37a, afferma : in Giovanni è già avvenuto l'atteso ritorno di Elia (cfr. Mt. I I , I 4 ; I I , 1 8 ; 2 I , 3 2 : fiÀ.�E'V), ma egli è stato trattato come trattano gli avver· sari escatologici: con arbitrio (È1to!T)o-av a.u"t'@ ocra. i]DEÀ.ov ; cfr. Dan. 8 ,4; 1 1 ,3 .3 6 ; Iub. 2 ,2 9 ; CD 1 1 ,4; act. Thom. 3 2 , fine) ; cfr. 6 , 1 7·29 .

IV

L'istituzione di un parallelo tra gli enunciati riguardanti la sofferenza di Elia e quelli sulla sofferenza del Figlio dell'uomo (cfr. anche 6 , 1 7· 29 e gli echi nella passione di Gesù } avviene evidentemente nelrambi­ to della medesima tradizione del martirio e della risurrezione di figure escatologico-profetiche (cfr. il comm. a 6 , 1 4- 1 6 ) . Con 8 ,28 ( nello stesso contesto della storia della passione, pur se meno chiaramente, poiché siamo già in vista della «risurrezione» di Gesù - Figlio dell'uomo, col quale il Ba tti sta non veniva identificato ) e 6 , 1 4 . 1 6 sarà presuppo­ sta, secondo una tradizione ba tti stica , la risurrezi one di Giovanni/Elia, sebbene essa venga deliberatamente lasciata da parte. Per i riscontri biblici della sofferenza di Elia si poteva ricorrere a I Reg. 19,10, una tradizione che si avvicina alla concezione deuteronomica del destino di morte violenta dei profeti, come indica in particolare la sua ripresa in Hen. aeth. 89,5 2 , dove il rapimento di Elia viene interpretato come un salvataggio dalla persecuzione; cfr. anche Rom. 1 1 ,2 s.; appendice di Hen. slav. 4,6 . Elia viene considerato runico che, nella persecuzio­ ne, sia sfuggito al martirio ; secondo la tradizione che si forma, tra l'altro, in Apoc. 1 1 ed apoc. Eliae 35 , anch'egli deve sottostare alla morte, al suo ritorno; cfr. anche lib. ant. 4 8 , 1 (Finehes, descritto con tratti elianici, e spesso identificato con Elia nel giudaismo e nei Padri della Chiesa, riceve il seguente annuncio della propria fine [ dopo il suo rapimento] : Et tunc adducam vos, et gu.stabitis quid est mortis ); 4 Esdr. 7,28-3 2 (morte del Messia) 38; Libro etiopico di Adamo ( trad. Dillmann, p. 97 : «E poich é egli era nella luce di Dio, sfuggi al potere della morte fino al tempo in cui Dio vorrà che egli muoia>>). Per altro bung des Menschensohnes, GOttingen 1975 ; dr. la relazione in R. Pesch, Zur Ent· des Glaubens an die Auferstehung ] esu. Ein Vorschlag zur Diskussio11: ThQ 1 53 ( 1 973 ) 20 1-228 .222-225 ; anche U. Wilckens , Auferstehung , Stuttgart­ 37a. Cfr. E. Arcns 247 s. Bcrl in 1 970, 1 32- 144. 38 . Non è redazione cristiana ; dr. W. Harnisch, Ve rhi:ingnis und Verheissung der Geschichte. Untt.•rsuchungcn zum Zeit- und Geschichtsvc:rsliindnis im 4· Buch Esra und in Jer syr. Baruchapokalypse (FRLANT 97 ), Gottingcn 1969, 2'6 s. nota 8. stehung

Mc. 9,2-IJ

132 materiale

degno di nota , anche riguardo ad Elia, dr. S . Hu rwitz , Die Gesta/t des sterbenden Messias. Religionspsychologische Aspekte der jiidischen Apokalyptik (Ziirich-Stuttgart I 9 58).

Concorda con la Scrittura anche il destino di Elia/Giovan­

ni , abbandonato all'arbitrio dei suoi avversari; che l'accenno

alla Scrittura (a differenza del v. 1 2 ) possa riferirsi . 29 Ed egli disse loro : > ( los., ant. 8 ,2 ,, ). Dopo un esorcismo di Apollonia di Tiana «il fanciullo si stropicciò gli occhi, come se si risvegliasse dal sonno» ( Phi­ lostrat., vit. Ap. 4,40 ) 36• In act. Thom. 7 .5 -8 1 Tommaso esorcizza due donne : at OÈ yuvatxEc; wc; e:Lc; "tU1tov 'VEXPW'V Èppt.p.tdvat. EXEf.V"tO E1tt yTjc; , 1J.1l �xouo-a.w. cpw'VT)'V . Egli le risveglia con una preghiera.

Lo scetticismo della folla (o l. 1tOÀÀoL significa qui «tutti») 37 è , al pari dell'ammirazione posta all'inizio del v. I 5 , un motivo fuori luogo, che è collocato di regola prima dell'azione mira­ colosa (cfr. il comm. a 5 ,3 5 .40) e qui, in luogo dell'ammira­ zione, introduce una nuova (apparente) azione miracolosa. L'e­ sclamazione «È morto ! » (cfr. anche 5 , 3 5 ) sembra una conclusione corale parodiata, la parodia di una acclamazione (per l'e­ sordio con wa'tE e l 'infinito cfr. I ,2 7 ; 2 , I 2 ) ; la folla non con­ stata la riuscita, bensl il fallimento. Di fronte a questa escla­ mazione l 'ultima azione miracolosa di Gesù appare come una risurrezione.

2 7 . Con una trasfusione di forza compiuta mediante «la presa per la mano» (cfr. il comm. a I ,3 I ; 5 ,4 I ), Gesù solleva il fan­ ciullo sfinito (per ÉyELpw cfr. parimenti il comm . a I ,3 I ; 5 ,4 I ; anche 2 , 1 I ) ; questo diffuso gesto risanante ha successo, come 35· Cfr. K. Elliger (vedi n. 16) 408 : : «Con la cacciata definitiva dell'ultimo de­ mone rossesso entra in uno stato di sovreccitazione e cade successivamente in un sonno simile alla morte» . .36. Testo in G. Delling, Wundertexte II s. Cfr. anche G. Theissen 96. 37· Cfr. }. Jeremias in ThWb VI, '41 s.

1 .5 3

si constata COO la frase «Stette rittO>> ( aVÉO""t'l), cfr. 5 , 4 2 ; anche 2 , 1 2 ). La storia del miracolo, dopo l'esaurimento dei motivi dell'ammirazione e dell'acclamazione, giunge ad una conclu­ sione soddisfacente. IV L'analisi critica dell a narrazione originaria porta a concludere che essa si basa su una tradizione concreta della vita di Gesù, cioè che il risa­ namento del ragazzo epilettico può essere considerato storicamente atte­ stato. Tale conclusione può basarsi sui seguenti dati : I . dal punto di vista dei generi, la narrazione è una forma mista (vi si combinano par­ ticolari dell'esorcismo e della guarigione miracolosa) ; la mescolanza di elementi topici, e in particolare anche lo spostamento di motivi (cfr. il comm. ai vv. 1 5 ,26c), non è asservita funzionalmente ad uno scopo nar­ rativo-kerygmatico, bensl è evidentemente suggerita dal nesso con con­ creti dati preesistenti (ricordi ); 2 . la gran quantità dei particolari narra­ tivi non necessari pur nell'ampiezza e nella varietà dei fini narrativi (presumibilmente ) assunti (a. il narratore vuole esaltare Gesù con un racconto di esorcismo ; b. egli mira a sottolineare il contrasto fra il ten­ tativo fallito e la potenza esorcistica di Gesù ; c. mira inoltre ad illu­ strare didatticamente la fede come forza esorcistica; riferendosi al ter­ zo, pi ù vasto, intendimento narrativo, appaiono superflui i vv . I 5abc. I 8ab. x 9cd.2I .22ahcd.24ah.26bc.27) può venire spiegata in maniera plausibile soltanto presupponendo una tradizione concreta; 3 . la detta­ gliata descrizione della malattia, condotta in diversi gradi (senza ripe­ tizioni) nei vv. 1 7 s . 22 .25 s . ed in parte con una terminologia non to­ pica (hapaxlegomena), può venire spiegata senza forzature supponendo il riferimento ad un caso concreto, e meno bene ammettendo un'inven­ zione narrativa atta a costruire una malattia particolarmente grave ; 4. la mancanza di una stilizzazione cristologica (cfr. in particolare il comm. ai vv. I 7 . 1 9 .26; anche l'esplorazione del v. 2 1 , confrontata con altri casi di conoscenza soprannaturale nei taumaturghi; cfr. ad es. il comm. a 5 ,3 9 ) non consente di supporre una libera costruzione keryg­ matica della narrazione; 5 . la spiegazione di particolari ritenuti diffi­ cili (ad es. la comparsa degli Scribi nel v. 14; l'ammirazione nel v. I ' ; il rimprovero di Gesù nel v . 1 9, s e s'intende il particolare della commo­ zione pneumatica» in senso non taumaturgico; il detto sulla potenza della fede nel v. 2 3 ; in particolare la conclusione priva d 'in tenti mis­ sionari nei vv. 26 s . ) può avvenire senza difficoltà ammettendo una tra­ dizione concreta di un episodio storico ; 6 . sia la veste linguistica , sia il mondo concettuale tradiscono un' origi ne palestinese 38 • Questa nar38. Si

possono notare la predominanza della paratassi

con xtd; certi semitismi

1 54 razione fornisce indicazioni storiche sui seguenti fatti : I . l'esistenza di esorcisti giudei ( vv. I 4 . I 8 ) fra gli Scribi (probabilmente di tendenza farisaica, cfr. Mt. 1 2 ,27/Lc. 1 I ,1 9 ); 2 . secondo Gesù (dr. il comm. a 8,1 2 ) l'attuale generazione costituisce l'incredulo Israele al quale egli è stato mandato (v. 1 9) ; 3 · Gesù aveva fama d'esorcista (v. 1 4 ) ; 4· il comportamento esorcistico di Gesù, fondato sulla potenza della parola (v. 25 ) 39; 5 · forse anche l'uso di un diffuso gesto terapeutico da parte di Gesù (v. 27). Non vi è alcun dubbio che l' «epilessia» (le storie bibliche di mira­ coli non consentono mai una diagnosi precisa), unita a sordità, muti­ smo, piromania ed idromania, è soggetta ad un risanamento cari­ smatico 40.

La tradizione protocristiana tramanda questo miracolo non con un intendimento missionario, bensl per illustrare il pro­ prio compito esorcistico e le cause del relativo fallimento. Con l'inserimento dei discepoli nella narrazione (vv. 1 4 . 1 8 , dr. la locuzione itpÒ� (J'É nel v. 1 7) e l 'aggiunta della scena dell'am­ ·maestramento riservato nei vv. 2 8 s. il testo diviene un in se­ gnamento sulla prassi esorcistica della Chiesa, la quale si rim­ provera la propria incredulità, riflessa nei discepoli di Gesù (il v. 1 9 viene ora riferito anche ad essi) , riconosce nella figura del padre la propria dipendenza da Gesù (v. 24 ) e richiama i primi esorcisti alla forza della preghiera.

III 2 8 . Col topos dell'ammaestramento riservato, all'interno della casa (cfr. 7 , I 7 ; I o , I o ), viene aggiunto un brano secondario ; la risposta di Gesù viene provocata dalla domanda esoterica dei discepoli (cfr. anche 4 , r o; 1 3 ,3 ) ; per l'espressione xa.'t'to!av nei vv . 17.24 (cfr. M. Black, Approach ,s.roj.I07) e nel v. 18 (dr. K. Beyer, Syn· tax 1 45.196) ; il plurale 68«-r« (E. Klostermann, Mk. 9 1 ) ; l'espressione 1tVEVIU& d.x&.D«p-tov (v. 25 ; cfr. i vv. 1 7 .20 ) , ot 1tOÀ.Ào! = 'tutti' nel v. 26; il gesto risa­ nante e il rialzare nel v. 27 (dr. il comm. a 1 ,3 1 ) . Merita considerazione anche la presupposta vicinanza al mare di Galilea (v. 22 ). 39· Per il trattamento magico dell'epilessia nell'antichità cfr. E. Lesky - J H. Was­ zink (vedi n. 8 ) 821-823 .831.

40. L'epilessia è guaribile perlomeno come variante dell'isteria (isteria epilettoi­ de), alla quale l'ossessione può essere ricondotta. Lo testimoniano anche le ricette magiche antiche e medievali, e non soltanto i successi degli esorcisti. Per la m� derna concezione scientifica dr. K. Elliger (vedi n. x6) 437 s.

Mc. 9,28-29

I ''

cfr. 4,3 4; I 3 ,3 . Per la formulazione della domanda cfr. 9 , I I (c't't = perché? ) ; v. 1 8 (ixaaÀÀE�'V a.ù't'o ); vv . 2 2 s . (ouva­ �J.aL) . Si rimanda appositamente non alla forza esorcistica (v. 1 8 : taxuw), bensl alla forza della fede ( vv. 2 2 s.). 2 9 . Nella risposta di Gesù la locuzione «questo genere» indi.. ca che il caso in ques tione è particolarmente difficile 41 ; secon­ do quanto si ritiene nella tradizione della Chies a primitiva 42, solo la preghiera può aiutare a cacciare tali demoni ostinati. Ques to concetto della preghiera come pratica taumaturgica mancava nella narrazione originaria, ma è noto nel cristiane­ simo primitivo : Act. 9 ,40 ; 2 8 ,8 ; Iac. ; , 1 5 ; dr. anche Act. 8 , 24 . Il termine 1tpocrEuxi} designa, nell'ammaestramento del v . 2 9 , la preghiera esorcistica del taumaturgo 43, ripresa dal giudaismo, ove ad es . si considerava un « efficacis s imo mezzo esorcistico» 44 la recita dello Jema" e dei salmi 3 e 9 I . « La let­ teratura patristica designa le proprie guarigioni esorcistiche con i termini di 'preghiera ed imposizione delle mani'» (Ps. Clem., hom. 8,24 ; 9,2 3 ; cfr. Cyr. , cat. myst. 20 ,3 )» 45 • Il fatto che un glossatore nel v. 2 9 aggiunga alla preghie ra il digiuno è probabilmente comprens ibile alla luce del significato anti­ demoniaco del digiuno nella Chiesa primitiva 46 (ove continua parimenti ad agire il retaggio giudaico) 47• Nel v. 29 la preghiera andrà interpretata nel contesto dei vv . 22 s . anche come espressione di fede; in questo ambito anche la preghiera praticata da Gesù era un modello auten­ tico (dr. 1 ,35 ; 6 ,4 6 ; 4 ,3 2-42 ) . 41. Il genere è indicato nel v. 25 con 'INEU(lCl iJ.ÀClÀov xal xwcpav. 42. Anche il colorito linguistico piuttosto grecizzante ( cfr. K. Beyer, Syntax rro s. 304) distingue l'appendice dalla narrazione più antica. 43· Cfr. O. B&her, Diimonenfurcht 3o6-3 r r ; Id., Christus 130·133 ; W. Kirchsclilii­ 44· O. BOcher, Diimonenfurcht 3 10 s.; cfr. 310 s. gcr 143. 45· O. B&her, Christus 1 32. 46. Cfr. O. B&her, Christus 1 13 ss. W. Grundmann, Mk. 190 interpreta: «Nel digiuno si manifesta l'estremo impegno dell'arante, pronto ad ogni rinuncia e ri­ volto soltanto a Dio)). 47· Cfr. O. BOcher, Damonenfurcht 280-284 ; Id., Christus 1 13 ; J. Schmid, Mk. J76.

Con la ricezione di questa tradizione, da lui trasferita nel territorio di Cesarea di Filippo ( 8 ,3 7 ) , Marco dimostra di non esercitare una critica dei miracoli, bensì di interpretare il com­ pito esorcistico della Chiesa (dr. il comm . a 3 , 1 5 ; 6 ,7. 1 3) . La posizione di questa pericope nell'impianto del vangelo pone in particolare rilievo l'aspetto dell'ammaestramento dei disce­ poli, e conseguentemente il magistero della Chiesa (così come viene esposto sino alla fine del cap. r o) . Qui si vuoi dire: «Af­ finché l'esorcista non venga a trovarsi nella stessa situazione dei discepoli in questo racconto, è necessario che egli si op­ ponga alle potenze demoniache, che si nascondono in tali ma­ lattie, non confidando nella propria forza, bensl affidandosi in­ teramente, con la preghiera, alla potenza di Dio» 48 • Con questa lunga narrazione l'evangelista continua contenl­ poraneamente a sviluppare il tema dell'incomprensione e del­ l'incredulità dei discepoli (cfr. in particolare 4,40; 6,52 ; 7 , 1 8 ; 8 , I 4-2 1 ), tema che potrebbe avere l a sua ispirazione fon­ damentale in 9 , 1 4-29 . Gesù che s 'incammina verso la morte ( 8 , 3 I ; 9, r 2 ) non può tollerare oltre lo sta to di incredulità dei discepoli (v. I 9 ) . Allo stesso tempo, nell'immagine del padre viene prefigurato l'aiuto di Gesù (v. 24) . «L'incredulità dei discepoli non è insormontabile. Essa però viene vinta solo dalla fede suscitata da Gesù» 49, alla sua sequela ( 8 ,3 3 ) , che è innanzitutto sequela di fede e di preghiera. Dal punto di vista cristologico è da osservare la progressio­ ne in crescendo dei tre racconti d'esorcismo nel vangelo di Marco (cfr. I ,2 I - 2 8 ; 5 , 1 -2 o) . Gesù, garante della risurrezio­ ne (9,2-1 3 ) , si rivela infine vincitore anche su un demone ap­ portatore di morte (vv. 2 2 .26 s.). BIBLIOGRAFIA . Cfr. la bibliografia ci tata a pp. 219 s. 466 s. del vol. I ; R. Bultmann , Trad. 22.5 s . ; G. Theissen, Erg. H. 78 ; H. Schiirmnan, Lk. 1, .568-5 7 1 ; inoltre C.E.B. Cranfield , St. Mark. 9, I4-2 9 : ScotJTh 3

( 1 9.50) .57-67 ; X. Léon-Dufour, Épisode de fenfant épileptique, in La formation des évangiles ( RechBib 2) ( Bru ges 1 95 7 ) 94- 1 00 ; H. Riesen­ feld, De fientliga andarna Mk 9, I4-29 : SvExA 22 s. ( 1 957 s.) 64-74 ; 48. }. Roloff, Kerygma 149.

49· K. Kertelge, Wunder 178.

]. Wilkinson, The Case of the Epileptic Boy : ExpT 29 ( 1 967) 3 9-42; K.G. Reploh , Markus 2 r r-22 1 ; G. Minette de Tillesse, Sécret 89-99 ; T.L. Budesheim, Discipleship 2 03-209 ; J. Roloff, Kerygma 1 43- 1 5 2 . 20,-207 ; K. Kertdge, Wunder 1 74- r 79; G . Bornkamm, IIvtu(J.a. &À.a.­ À.ov. Bine Studie zum Markus-Evangelium, in Geschichte und Glaube II ( Miinchen 1 97 1 ) 2 1-3 6 ; W . Schenk, Tradition und Redaktion in der Epileptiker-Perikope Mk 9, I4-2 9 : ZNW 63 ( 1 972) 76-94 ; G. Theis­ sen, Wundergeschichten ; L. Schene , Wundererzahlungen 3 1 4-349 ; P. J. Achtemeier, Miracles and the Historical ]esus: A Study of Mark 9, I4- 2 9 : CBQ 3 7 ( 1 975 ) 47 1 -49 1 ; G. Barth, Glaube und Zweifel in den synoptischen Evangelien : ZThK 72 ( 1 97 5 ) 269-292 ; W. Berends, The Biblica! Criteria for Demon-Possession : WThJ 37 ( 1 957) 342-3 65 ; D. A. Koch, Bedeutung 1 14-1 26; V. Howard, Das Ego ]esu in den synop­ tischelt Evangelien (Marb. Theol . Stud . 14) (Marburg 1 975 ) 86-9 7 ; G. Pe tzke , Die historische Frage nach den Wundertaten Jesu, dargestellt am Beispiel des Exorzismus Mark IX. I4-29 par. : NTSt 22 ( 1 975/76) r 8o-2o4; F. Annen , Die Diimonenaustreibungen Jesu in den synopti­ schen Evangelien : Theol . Berichte .5 ( 1 976 ) ro7-r46; W. Kirchschla­ ger, Exorzismus in Qumran? : Kai ros 1 8 ( 1 976) 1 3 5-1 .53 ; F.G . Lang, Sola gratia im Markusevangelium. Die Soteriologie des Markus nach 9, z4-29 und zo, IJ-J I , in Rechtfertigung. Festschrift E. Kasem an n ( Tii­ bingen-Gottingen 1 976 ) 3 2 1-3 3 7 ; D. Liihrmann, Glaube im fruhen Christentum ( Gii tersloh 1 976) 1 7-30; R. Yates, Jesus and the Demo­ nic in the Synoptic Gospels : Irish ThQ 44 ( 1977) 39-5 7 ·

II. Istruzioni per la comunità dei discepoli di Gesù (9,30..50) 6 . IL CAMMINO ATTRAVER SO LA GALILEA, IL SECONDO ANNUNCIO DELLA PAS S IONE E DELLA RISURREZIONE E L'INCOMPRENS IONE DEI DIS CEPOLI ( 9,30-3 2 ) I

In questa piccola scena, che contiene il secondo preannun­ cio della passione e risurrezione, Marco torna a seguire il filo della storia premarciana della passione . Questa unità narra.. tiva , dotata di sorprendente autonomia nell'ambito della sto­ ria della passione , già prima d'esservi integrata venne proba .. biln1cn tc tramandata o isolata o in unione con 8 ,2 7- 3 0 . La profezia del la p a ss i one fu adat tata al con testo della storia pre-

1 .58

Mc. 9)JO

marciana della passione (v. 3 I ) con l'aggiunta delle parole ri· guardanti l'uccisione e la risurrezione («schema di contra· sto» ). L'aggancio a 9 , 2 8 (xat Eto-EÀDo'J'tO� a.u'tou Etc; otxo'J) all'inizio del v. 30 (xà.xEtDEv E�EÀtl'o'J'tE�) risulta dalla com· binazione delle tradizioni, non da un intervento redazionale. 30

Kà.xEi:i}Ev É�EÀD6v't'E� 1ta.pE1tOPEVOV'tO OLtX 't'i}� raÀt).. a!a.�, xa.t oùx i)DEÀEV tva. "tt.� yvo!· 31 ÈoioaaxEv yàp 't'OÙ� IJ.a.ih)-rà.� a.Ù"tov xa.L EÀ.E­ 'YE'V a.ù't'oi:� o"tt. ò utò� -rou à.vi)'pw7tov 1tapao,,6o-ta.t. Et� :x,E!pa� à.vi)'pw1tW'V, xa.t à.1tOX'tE'VOUO"t.'V a.Ù't'6V, xa.L à.7tOX't'a'Vild� llE't'à. 'tpfi:� lliJ.Épa.> . Per il carattere semitico della formula 1t> Passion Sayings in the Gospel Tradition : ZNW 6o ( 1 9 69) 1-8 ; K.G. Reploh, Markus 1 04-I07; N. Perrin, Tbe Use of (1t> 1 • Sebbene sia agevole «consi­ siderare l'intero brano una raccolta di ammaestramenti per i discepoli» , nella quale «non si devono ricercare né un beli' or­ dine né idee di grado superiore» , perché l'evangelista era «condizionato dalla necessità di riunire un materiale dispara­ to» 2, e, data la sua fedeltà alla tradizione, cercava di conser­ varla senza interventi redazionali, non ci deve tuttavia sfug­ gire che nella composizione si rivela una linea redazionale: la cristologia esposta in precedenza viene ora proiettata in temi escatologici e chiaramente collegata ad essi mediante le for­ mule con o\lop,a.. L'obbedienza all'insegnamento di Gesù, che è anche il giusto comportamento nei confronti del regno di Dio, presenta conseguenze per la comunità e per ogni suo sin­ golo componente, nd rapporto dei cristiani fra di loro e con gli estranei. BIBLIOGRAFIA . Cfr. R. Bultmann, Trad. r 6o s.; G. Theissen, Erg. H. ·z6o s.; inoltre L. Vaganay, Le schematisme du discours communautaire à la lumière de la critique des sources : RB 6o ( 1 9.53 ) 203-244 ; B.C. Butler, L. Vaganay and the ..!�o1J4t. sono, al pari di 1tt.O'"t'Euw, un avvenimento attuale con effetto escatologico» ; e n. 70 : «La minaccia rivolta a colui che trae in errore nella fede è un'antitesi alla beatitudine di colui che non erra nella fede in Mt. 1 1 ,6 par.». Fuori strada è P. Comelius, che interpreta tutti i detti come avvertimento a guardarsi dai peccati sessuali (omosessualità, onanismo).

an h

4· Cfr. O. Miche! in ThWb IV, 6'5 ; c e O. Bachli, Die Erwahlung der im A.T. : ThZ 22 (1966) 385-395 ; O. Michel, «Diese Kleinem> 41 1 ss.

Geringen

,. Contro O. Michel in ThWb IV, 653 .

6 . Pronome dimostrativo ridondante ; cfr. M . Black, Approach 96 ; J . Jeremias,

Ahendmahlsworte 1 7 6 nn . 1-3; Gleichnisse 36.2o, . 7· Cfr. R. Bultmann in ThWb VI, 2 1 1 . 8 . Per 6\lt.x6t; dr. W. Bauer, Wb. 11 30; si dovrà forse pensare non tanto all 'asino che gira la macina, quanto alla macina superiore mobile (5vot;) stessa ; simi lmente anche Billerbeck I, 77' s., malgrado la distinzione fra macina a mano e macina

I8I

dei, che lo considerano una pena esotica ed un atto di vendet­ ta (cfr. Ios., ant. 1 4 , 1 .5 . I o ; Ios., Ap. 1 ,34), probabilmente so­ prattutto perché questo crudele supplizio intendeva privare il morto della sepoltura. L'immagine disumana dell'uomo an­ negato in tal modo esprime l'ineluttabilità della rovina; l'a­ spetto irreale accenna ad una sorte ancora peggiore .

IV

Non v'è motivo per ritenere che questo detto non risalga a Gesù 10• Lo spietato a nnuncio dd giudizio su colui che respinge l'offerta di s alvez­ za di Dio e addirittura induc e altri all a caduta, non smentisce la sua lieta novella, bensl ne sottolinea la gravità . Cfr. anche il comm. a 3 ,28 s .

III

43 ·4.5 ·47 s. Questa catena di detti è tramandata anche in Q (Mt. 5 ,2 9 s.) in una struttura bipartita, con un impianto del tutto parallelo tranne leggere discordanze nella costruzione e nel vocabolario (con conseguenti accentuazioni nei vv. 4 3 · 47) . Essa istruisce in maniera radicale all'incondizionato rifiu­ to del male, del peccato e della tentazione. Le espressioni me­ taforiche si servono in tutto del linguaggio giudiziario. La ma­ no, il piede e l'occhio, cioè gli organi principali, in cui, per la concezione giudaica, risiedono l'impulso peccaminoso e la concupiscenza, possono spingere e condurre l'uomo ad allon­ tanarsi da Dio, al peccato : al furto (ripetuto) , alla ribellione (alzare la mano contro ... ) e alla fornicazione (adulterio, dr. Mt. 5 ,2 7 s . ). La pena dell'amputazione di un organo per tali crimini (ed altri, come la truffa e la ribellione) veniva applicata dai Giudei in luogo della pena capitale (presso i Romani la cro­ cefissione) 1 1 • L'amputazione o lo strappo di un organo equi­ valgono ad evitare la pena di morte; naturalmente queste egi rata dall'asino. Per il termine dr. F. Hauck in ThWb 1 , .52.5 . lo� dr. Billerbeck 1, 778. 10. Per la veste linguistica dr. n . 1 , So nn. 1 . 1 76 . 304 . 1 1 . Or. J.D.M. Derrett, Salted IV, 8,l.

aa.l).w nel contesto di testimonianze processuali

Per l'immagine proverbiale della «macina al col­ 9· Cfr. Schulthess in RE x, 2, 2480-2482.

M. Black , Approacb

36.5

s.;

Id., Cutting

170;

K. Beyer, Syntax I, 76

201 s.; G.

S tahlin in ThWb

Mc. 9AJ45·47 s .

spressioni pregnanti contrastano con la proibizione giudaica dell'autolesionismo, ma in ciò va visto certamente un indizio del loro carattere metaforico. à:7tOX07t't'W 12 ed Éx�aÀÀ.w 13 so­ no termini giudiziari escatologici; in luogo di tutta la persona, si deve sacrificare solo uno dei suoi organi : chi si punisce da sé, si sottrae al giudizio. È meglio entrare monchi, zoppi e guerci, cioè con amputazioni, nella vita eterna o nel regno di Dio 14 (ove egli rinnova gli uomini) , piuttosto che dover finire o venir gettati con tutti gli organi nell'inferno 15 (cfr. Mt. 7,2 3 ; 25 ,4 r .46) . L'inferno viene presentato come fuoco inestingu.i­ bile (v. 43 ), per mezzo del consueto richiamo ad Is. 66 ,24 co­ me il luogo ove il verme (simbolo della decomposizione dei cadaveri) non muore, cioè ove l'annientamento è totale, o me­ glio la pena è eterna 16, come ci indica l'immagine del fuoco eterno 17 , riferita originariamente anche al rogo dei cadaveri. Questa immagine incita quindi ad amputare membra (a questo scopo s'impiegava anche il fuoco, cfr. il comm. al v. 49) , per evitare che l'intero corpo venga eternamente arso e roso dai vermi. L'amputazione di membra è un'immagine tesa ad esprimere il rifiuto radicale dei rovinosi interessi vitali del­ l'uomo 18, un richiamo incondizionato alla conversione, all'at­ tività buona senza compromessi, che scaturisce dall 'essere buo­ ni separandosi da ogni male. 12. Cfr. G. Stahlin in ThWb IV, 852 s. 857-86o. 13. Cfr. F. Hauck in ThWb I, 525 s. 14. Per rentrata nel regno di Dio dr. il comm. a 10,15. Per l'equiparazione a �wi} (in senso assoluto = la vera vita, la vita eterna) dr. R. Bultmann in ThWh n, 865 ; R. Schnackenburg, Gottes Herrschaft 61 s.; D. Hill, Words 163-201 . 15. Per la concezione dell'inferno nell'annuncio di Gesù dr. ]. Jeremias, Theola. gie I, 130 s.; Id. in ThWb I, 655 s. 16. ar. F. Lang in ThWb VII, 454·456. 17. Cfr. F. Lang in ThWb VI , 935 s. 937.942-945 ; Id. in ThWb VII, 167 . 18. Cfr. ]. Horst in ThWb IV, 564 : «abbandono incondizionato all'azione pecca­ minosa delle membra»; contro una comprensione letterale, alla quale G. Stiihlin in ThWb n, 352 vuole attenersi . H. Hommel, Herrenworte im Lichte sokratischer Vberlieferung: ZNW 57 ( 1966) 1-23 ha indicato come in Gesù abbia acquisito

maggiore drasticità una parallela tradizione greca (che trasferisce l'amputazione medica, tesa a risanare il corpo, al dominio delle passioni per il risanamento del­ l'anima ) : «la constatazione di un semplice stato di cose è divenuta un insistente richiamo alla penitenza» ( 19 ).

Mc. 9A2-49

IV

Mc. (par. Mt. 1 8 ,8 s .) e quello di Q (Mt. 5 ,2 9 s.), entrambi tralasciati da Le. , pur presentando forti differenze nella terminologia dei singoli detti (in Q abbiamo solo quelli dell'occhio e della mano, in una successione redazionale determinata dall'aggancio con lo sguardo cupido), hanno lo stesso impianto quadripartito. Il discorso concreto della perdita di una m an o , di un piede o di un occh io , o del divenire « monco , zoppo o guerci o >> è probabilmente più antico della contrappo­ sizione fra la perdita di uno degli organi (da gettar via) e quella dell'in­ tero corpo. La dipendenza di Marco da una tradizione linguistica semi­ tica è indicata dalla formula sostitutiva del comparativo xrxÀ.Ò\1 .... -ij 19, ma anche la forma di Q tradisce chiaramente una traduzione in greco 20• Dobbiamo quindi pensare ad un'antica differenziazione di questa se­ quenza, la quale, compost a o di tre detti ( mano, piede, occhio 21 ) o di due (mano ed occhio; Mt. 1 8 ,8 opera una contrazione in rappor to a j , 3 0 ), può essere con ogni probabilità ricondotta a Gesù, proprio perché riafferma sia la possib ilità di salvare la vita, sia la severità del giudizio : « La spietatezza del giudizio resta. In esempi co scientemente esasperati viene sot tolinea ta l'assoluta severità nei confronti di se stessi, che spin.. ge a cercare la vita eterna nella sua interezza, senza curarsi dell'attuale benessere corporeo» 22• Il testo di

III 49 · La

stessa tradizione manoscritta indica che ben presto il

mashal del salare col fuoco non veniva più compreso . Esso

venne posto dopo i vv. 4 3-48 probabilmente per associazione di idee con l'uso del fuoco e del sale nell'amputazione 23 • Con l'idea della conservazione che salva, richiamata dall'immagine del sale (vedi il comm. al v. 50) , e quella della distruzione, ri­ svegliata dall'immagine del fuoco, paradossalmente riunite, l'autore potrebbe aver mirato originariamente ad esprimere un concetto analogo a 2 Cor. 5 , 1 7 (ed anche a Io. 3 ,3 .4 ·7) : «Il cammino di ciascuno verso la comunione con Dio passa at­ traverso il giudizio a cui viene sottoposto l 'uomo vecchio» 24, attraverso il fuoco della tentazione e della conversione (cfr. Le. 1 2 ,4 9 ) . Se ci si basa sull a funzione del fuoco e del sale nel19.

Cfr. J. Jeremias, Gleichnisse 141 . 20. Cfr. K. Beyer, Syntax 1, 78 s . , nota. 2 1 . Cfr. C.L. Mitton, Threefoldness in the TetiCbing of ]esus: ExpT 7' (1964) 22 . ]. Becker, ]ohannes 96. 228-2 30. 2.3. ].D.M. Dcrrett , Salted 366 s. 24. F. Lang in ThWb VI , 94.3·

.1 84

Mc. 9,49-50

la preparazione del cibo, si giunge ad intendere che ognuno deve divenire gradito e bene accetto a Dio per mezzo del fuo­ co, che è il più forte dei due elementi; in tal caso il detto si­ gnifica che «si può divenire bene accetti a Dio soltanto attra­ verso la sofferenza e l'afflizione» 25 • Nessuna di queste due in­ terpretazioni , tuttavia, è pieamente soddisfacente. H. Zimmermann ha tentato di dimostrare che nel testo più lungo (1ta� yàp 7tvpL àÀ.ta-Di]O'E"t'Clt, xat 1taa'rx. lNO''Cl àÀ.L àÀ.t.a-Di]C"E'tClt. ) abbiamo la versione criticamente più originaria; la versione più breve dipendereb­ be da un homoioteleuton. La seconda metà del detto riprende le istru­ zioni di Lev. 2 , 1 3 sull'offerta di cibi e di elargizioni, tramandate nel tardo giudaismo nella massima «Nessuna offerta senza sale» (cfr. Iub. 2 1 ,1 1 ; test. L. 9 , 1 I ). Il sale deve preservare il patto dalla dissoluzione (cfr. Num. 1 8 , 1 9 ; 2 Chron. 1 3 ,.5 ; Iub. 2 1 ,1 1 ). La prima metà del det­ to affermerebbe che il fuoco è tanto necessario per 'ognuno' (il disce­ polo) quanto il sale per il sacrificio : «Questo 'ciascuno' ha preso il po­ sto della vittima nell'antico patto; cioè il dono a Dio, che vuole essere ad un tempo simbolo dell'offerta di se stessi, non è più costituito, nel nuovo patto, da una determinata offerta sacrificale, bensl 'ciascuno' de­ ve compiere personalmente l'offerta di se stesso, col fuoco 26», cioè col fuoco del giudizio, della purificazione escatologica n. T. Baarda ha sot­ toposto ad un esame critico i tentativi di spiegare il v. 49 con l'ipotesi di una traduzione errata, ed ha proposto come soluzione alternativa d'intendere i!bl nel senso di �Cl1t't't,ai)i)O'E't'Clt.. Anche in Mt. 3 ,1 2/ Le. 3 , 1 6 il battesimo col fuoco si trova nelle immediate vicinanze del con· cetto chiave di «fuoco inestinguibile» ( 1tup &.cr�ÉCT"t'ov ). Si affermava dunque, in origine, l'ineluttabilità del giudizio per ognuno, rafforzando in conclusione la parenesi dei vv. 43-48? Lo suggerirebbe l'uso del pas� sivum divinum ed anche la formulazione al futuro nel senso di una promessa.

50. Il detto del sale, che ha un parallelo in Q (Mt. 5 , 1 3 /Lc. 1 4 , 34 s . ), è aggiunto a mo' di conclusione all'ammonimento del v. 49 · Il suo significato può esser colto soprattutto in base all 'incitamento conclusivo a mantenere la pace ( su ELpl)'VÉuw dr. Rom. 1 2 , 1 8 ; 2 Cor. 1 3 , 1 1 ; I Thess. .5 , 1 3 ), che , in quanto 25 . A. Fridrichsen 38; similmente W. Nauck (vedi n. B�1t'tt.OlJ.«, �Cl1t"tt.oi)i]'V«t., in Studien zum N.T. und tum, Berlin 1970, 236-2.56.2.54 s.

27) 173 ; anche G. Delling, zum hellenistiscben ]uden­ 26 . H. Zimmennann 37· 27. ar. W. Nauck, Salt as a Metaphor in Instructions /or Discipleship: StTh 6 (1952 ) 165-178; F. Hauck in ThWb 1, 229.

Mc. g,,o

aggiunta secondaria di natura catechetica , costituisce il com­ mento più antico (cfr. anche Col. 4 ,6 ; Ign., Magn. I o,2 ) . L'im­ magine del sale che i discepoli portano in sé e la cui perdita li renderebbe privi di valore ed incapaci di svolgere il servizio di pace, ha una sua premessa nell 'uso simbolico che ne fanno certi testi religiosi : «Per la sua forza di purificare, di confe­ rire sapore (!oh 6,6) e conservare, esso diviene il simbolo del­ la durata e del valore. Viene collegato a Dio, cosi come la puz­ za e la putrefazione vengono collegati ai demoni . . . Consuma­ re insieme pane e sale, o soltanto sale, crea legami strettissi­ mi» 28• In ammonimenti ai discepoli esso indica, in testi rab­ binici, l a s apienza e la sopportazione di torti, che sono le basi per la fondazione e la conservazione della pace 29 • L'idea che il sale diventi 'insipido' (cfr. J.U.ùpoc; implicito in 1-J.Wpa.-vt}{i di Mt. /Lc. par., probabilmente traduzione di tpl, che può significare tanto 'insipido' quanto �stolto' e che inoltre con un gioco di parole ri­ chiama tbl, 'insaporire') 30 si riferisce sicuramente ad una situazione pa­ lestinese. «Il sale misto a gesso che si ricav3va dal Mar Morto pren­ deva facilmente un sapore stantio e snervato; cfr. Plin. 3 1 ,34 (tabe­ scit)» 31 • Mt./Lc. par. potrebbero indicare che si pensava alle lastre di sale che si ponevano nei forni per migliorare la combustione e che > in 9,49.50 : ibid. 3 60-362 ; C.W. Jacob, The «Salt>> Problem in St. Mark : ibid. 476 ; O. 33 · ]. Jeremias, Gleicbnisse t68. 34· Cfr.

35·

Billerbeck I, 236. Diversamente W. Nauck (vedi n. 27) 175 ss. 36. K.G. Reploh, Markus 153· R. Schnackenburg 181 s.

Mc. IO,I-I2

187

Miche!, «Die K.leinen» - eine ]iingerbezeichnung ]esu: ThStK 108 ( 1 93 7/ 3 8) 401-4 1 .5 ; L. Vaganay, Car chacun doit étre salé au feu (Mare, IX,49), in Mémorial ]. Chaine ( Lyon 1 950) 3 67- 3 7 2. ; J.B. Bauer, Quod si sal infatuatum fuerit : VD 29 ( 1 95 r ) 2 2 8 -2.3 0 ; O. Cull­

mann, Das Gleichnis vom Salz. Zur fruhesten Kommentierung eines Herrenwortes durch die Evangelien, in Vortrage und Aufsiitze z 9 25z962 (Tiibingen-Ziirich 1 962 ) 1 92-20 1 ; T.J. Baarda, Mark 9,49 : NTSt 5 ( 1 958/.59 ) 3 1 8- 3 2 1 ; H. Zimmermann, Mit Feuer gesalzen werden. Bine Studie zu Mk 9)49 : ThQ 1 39 ( 1 95 9 ) 2.8-3 9 ; B. Soueek, Salz der Erde und Licht der Welt : ThZ 1 9 ( 1 963 ) 1 69- 1 7 1 ; H.-T. Wrege, Die Oberlieferungsgeschichte der Bergpredigt (WUNT 9) ( Tiibingen 1968 ) 2 8-3 1 ; R. Schnackenburg, «lhr seid das Salz der Erde, das Licht der Welt». Zu Mt j,IJ-I6, in Schriften zum N.T . (Miinchen 1971 ) 1 77200; S. Schulz, Q 470-472 ; P. Cornelius, Jesus der Menseh in seinem religionsgeschichtlichen Zusammenhang ( Aalen 1 973 ) 1 .53 s . ; ].D.M. Derrett, Salted with Fire. Studies in Texts: Mark 9)42-50 : Theology 76 ( 1 973 ) 364-368 ; Id., Cutting off the Hand that Causes Offense, in ]esus 201-204 ; G.F. Snyder, The Tobspruch in the New Testament: NTSt 23 ( 1 976/77 ) I I 7•I20.

III. Matrimonio, bambini, ricchezza e rango al seguito di Gesù ( I O,I-52) I I. IN CAMMINO VER SO GERU SALEMME . IL DIBATTITO E L 'AMMAE S TRAMENTO DEI DI S CEPOLI SULL 'INDI S SOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO

i

( I O,I-! 2 )

Marco si è servito della notazione di viaggio (v. I a) , che era già presente nella storia premarciana della passione (cfr. l'ex­ cursus a pp. 1 8-5 4 ) ed originariamente collegava 9,30-35 con 1 0,3 2·34, per riunire e collocare tre temi ad ammaestramento della comunità ( r o,2-I 3 . I 3- I 6 . I 7-3 1 ). Al pari del v. I a, an­ che il v. rbc viene sovente considerato una creazione redazio­ nale marciana; tuttavia i dati linguistici (oxÀ.ot. senz'articolo, gli hapaxlegomena CTVIJ.1tOPEUOIJ.t:LL, W� Etwi}Er, ) non lo confer­ mano, ma è possibile intendere queste brevi frasi (che l'evan­ gelista mediante l'inserimento di 1taÀL'V nel v. rh ricollega alla sua precedente informazione) nel quadro della descrizione del­ l' an abasi ( 1 o , 3 2 ) di Gesù verso Gerusalemme ( storia premar­ ciana del la passione).

Mc. IO,I-I2

r 88

Per quanto ci è dato di riconoscere, il diba ttito (vv. 2 -9 ) , al quale sin dalla sua formazione è agganciato l'ammaestramen­ to dei discepoli ( vv . I o- I 2 ) come direttiva di Gesù (v. I 1 ) , è stato da Marco ripreso senza modifiche ( tranne il '7ttiÀ.r.v del v. I o ) da una raccol ta premarciana ( cfr. l'excursus a pp. 2oo20 3 ) e collocato nella quarta parte ecclesiologica del vangelo ad istruzione dei discepoli e della comunità ( 8 ,2 7- 1 0,5 2 ) . r o 1 Ka� ÈxE!DEv ri:va.o-'tà.t; ÉPXE't a t. E t� "t'à !pt.a. 't'ii � 'Iouoa.!aç [ xal ] 1tÉpa.v 'tOU 'lopo«vou, x a.L O'V(.L1tOPEUOV't'(Xt. 1ttXÀt.'J oxÀow. 7tpÒt; a.Ò "t OV XCL� Wç EtwDEr. 1taÀ.t..v Hi i.oa.crxE'J a.ù'tou;. 2 Ka t -n:poa-EÀ.�o'V'tE; .Pa.ptaCLior. bt1]pw'twv aù'tò'V El. �Ea-"tr.v ti'Jopt yv'Va.'txa à.1toÀ.ua-at., 1tEI.pa�o.v"tE; av't ov . 3 é oÈ à1t o xp �oDEi.� El-n:E'V a.ù "t oi:;· ..d u(.Li:v ÈVE"tE!À.a"to Mwuai)ç; 4 ot OÈ Et1t av · E1tÉ'tpE�Ev MwUcrfl� �r.f3À.�ov a1tOO"'ta.al ou ypti�CLI. xa.L à1toÀ.ua-at.. 5 é o È 'IT)a-out; el'ltE'V aù'toi:;· 1tpò; "ti}v axÀ.T}poxa.pol.av ÙJJ.wv ,

lypa.�E'V ÙJJ.!'V "ti)'V É'V'tOÀ.i)v "t'(X.U'tT)V. 6 tÌ1tÒ OÈ apxi}; X'tl.O"EWt; apa"EV xa.t D'ijÀ.u É1tot1')0"E'V aù'tou;· 7 ivExEv "to\rtou x a.'t a.ÀEL�E t. &.wpw1to; 'tÒV 1ta.'tÉpa. CX.Ù'tOU xat 't'Ì}'V IJ.1l'tÉpa. xa.t 1tpooxoÀ.À.1']1li)aE"t«t. 1tpÒ; "t'i)V 'YUVCX.!xa a.Ù'tOU, 8 xa.t faov'tat ot òuo Elta.r. i1t'u\rni'V 15 si precisa che l'uomo com­ mette adulterio nei confronti della propria prima moglie; questa idea non si riscontra nella concezione giuridica giudaica tramandata nel­ l'A.T . , ove l'uomo può macchiarsi di adulterio solo nei confronti del matrimonio di un altro, ma non del proprio. Già nel giudaismo antico, però, si cercò di estendere all'uomo il dovere della fedeltà . Per i giu­ deocristiani ellenistici non doveva essere difficile accettare la piena ap­ plicazione al marito dell'ammonimento sapie nziale di Ges ù . L'accento principale è posto tuttavia non sulla rottura del contratto (l'idea di un vincolo matrimoniale ancora esistente), bensi sulla trasgressione del­ l'obbligo di fedeltà.

La proibizione di sposare un altro non proviene soltanto da Gesù, ma va intesa anche nell'«ambito della ricezione giudeo­ ellenistica del decalogo» 16• Il v. 9 ricollega questa proibizione all'opera unificatrice di Dio nel matrimonio, «un'idea che in sé non impediva uno scioglimento, come si vede nel giudaismo del tempo» 17 • La severità della proibizione si realizza nel con­ testo solo col richiamo alla Scrittura e con l'affermazione che ogni permissivismo è durezza di cuore.

IV Il cammino percorso dalla tradizione nel presentare la posizione assunta da Gesù in Mt . .5 ,3 2 va immaginato come segue : nel v. I I troviamo l'assunzione di questa posizione a regola per la comunità nel giudeo­ cristianesimo ellenistico, nel v. 1 2 la sua applicazione alla donna 18 in ambiente pagano o nell'ambito della missione fra i pagani ( co munità miste) . Il dibattito (vv. 2-9 ) viene composto ai fini di una dotta difesa e motivazione delle regole comunitarie, divergenti dalla legge mosaica, con un deciso distacco dal giudaismo farisaico; il genere letterario del I , . N. Tumer e P. Katz collegano rn'a.ù-ti)v a Ier. 5,8 LXX . B. Schaller dimostra che l"K�a.u-ri}v è un aramaismo, e sostiene che la variante di Mc. IO, I I ebbe ori­ �i ne in età antica nell 'ambito delle comunità cristiane della Siria. Riferendo l�'a.U. -ri)v alla seconda donna ( = con lei), egli ritiene di poter documentare che questo versetto isolato va inteso «come affermazione tesa a proibire un nuovo matrimo­ nio dopo che sia avvenuta la separazione» ( 243 ). Cfr. I Cor. ],Io s.; per l'inter­ pretazione R. Pesch, Paulinische «Kasuistik». Zum Verstandnis von I Kor 7,Io1 1 , in Homenaje a ]uan Prado, Madrid 1 975 , 433-442· 17. Ibid. 1 6 . K. Berger, Gesetzesauslegung I , 561 .

1 8 . Il v. 12 non è costruito «come frase relativa-condizionale o come participio condizionale», e pertanto si rivela secondario anche dall'aspetto linguistico; cfr. K. Beyer, Jynlax 1, 14, .

Mc.

zo,z-x2

dibattito colto, del dialogo didattico, è in grado di distinguere fra ri­ sposta pubblica e non pubblica del maestro, e può combinare entrambe le soluzioni un'unica narrazione 19•

v

Marco riprende questa tradizione per la sua comunità elle­ nistica, probabilmente composta di ex giudei ed ex pagani, «come metro ed orientamento per le decisioni del presen­ te» 20• L'aggancio a r o , rb indica forse che a suo avviso il con­ fronto con la tradizione farisaica può svolgersi anche in pub­ blico; il suo scopo principale è però quello di realizzare una sequenza di temi didattici per la comunità. BIBLIOGRAFIA. Cfr. R. Bultmann, Trad. 25 s.; G. Theissen, Erg. H.

24; inoltre R.H. Charles, The Teaching of the N.T. on Divorce ( Lon­ don 1 92 1 ) ; F. Biichsel, Die Ehe im Urchristentum : ThBl 2 1 ( 1 942 ) 1 1 3- 1 2 8 ; M. Epstein, Marriage Laws in the Bible and the Talmud (Cambridge, Mass . I 942 ) ; E. Neufeld, Ancient Hebrew Marriage Laws (London I 944) ; H.J. Schoeps, Restitutio Principii als kritisches Prinzip der nova lex Jesus, in Aus friihchristlicher Zeit (Tiibingen 1 950) 271282 ; K.H. Rengstorf, Mann und Frau im Urchristentum : AG fii r For­ schung des Landes NRW, Geisteswiss . H. I 2 (Koln 1 954) 7-52 ; G. Delling, Das Logion Mk zo,zz (und seine Abwandlungen) im N.T. : NT I ( 19 5 6 ) 263-274; N.Turner, The Translation of Motx&--r«t i1t'«ù­ --rfrv in Mark zo, I z : BiTrans 7 ( 1 9-5 6) Ij r s.; P. Winter, Sadoqite Fragments IV,2o,2I and the Exegesis of Gen z, 27 in late ]udaism : ZAW 68 ( I 95 6 ) 71-84 ; ]. Blinzler, Vie Strafe fur Ehebruch in Bibel und Halacha: NTSt 4 ( I 95 7/ 58 ) 32-47 ; D. Daube, Evangelisten und Rabbinen : ZNW 48 ( I 957 ) I I 9-12 6 . I 25 s.; P. Winter, Genesis I,27 and ]esus' Sayings on Divorce : ZAW 70 ( 1 95 8 ) 2 60 s.; J. Dupont, Mariage et divorce dans l'Evangile (Bruges 1 95 9 ) ; P. Katz, Mk IO,II Once Again : BiTrans II ( I 9 6o) I 52 ; E. LOvestam, AITOAYEIN : SEA 2 7 ( 1 962) 1 3 2-I 3 5 ; A .M. Dubarle, Mariage et Divorce dans l'Evangile : L'Orient Syrien 9 ( 1 964 ) 61-74 ; A. Isaksson, Marriage and Ministry in the New Tempie ( Lund I 965 ) ; A. Suhl, Funktion 72-76 ; B . Cohn, Jewish and Roman Law I (New York I 966) 377-408 ; K.H. Schelkle, Ehe und Ehelosigkeit im N.T. : WissWeish 29 ( I966) r-1 5 ; H. Bal­ tensweiler, Die Ehe im N. T. (Ziirich 1 967 ); G. Bornkamm, Eheschei­ dung und Wiederverheirat. im N. T. , in Geschichte und Glaube 1 (Miin­ chen 1 968 ) 56-5 9 ; R. Pesch, Die neutestamentl. Weisung fur die Ehe: 19. Cfr. R. Pesch, Treue 29-3 1 ; H. Zimmermann, Methodenlehre I I I ; H.W. Kuhn, 20. K.G. Reploh, Markus rs, . Sammlungen 165-168.

Mc. zo,z-12

BuL 9 ( 1 9 68 ) z o8-2 2 1 ; F. Vattioni, A propos de Mare

I99

Io, 6 : SciEsprit 20 ( 1 968 ) 433-436 ; H. Zimm ennann, Methodenlehre 1 05-1 1 5 ; H. Greeven , Ehe nach dem N. T. : NTSt 1 5 ( 1 968/69) 365-3 8 8 ; K.G. Re­ ploh, Markus 1 73-1 85; R .N . Soulen, Marriage and Divorce : lnterpr 2 3 ( 1 969) 439-45 0; E . Bammel, Markus IO, I I und das judische Eherecht : ZNW 6 1 ( 1 970 ) 9 5- 1 0 1 ; K. Berger, Hartherzigkeit und Gottes Gesetz: ZNW 61 ( r 970 ) 1 -4 7 ; D . J .M . Derrett, The Teaching of ]esus on Mar­ riage and Divorce, in Law in the N. T. ( London 1 970) 3 6 3-3 8 8 ; P. Hoff­ mann, ]esu Wort von der Ehescheidung und seine Auslegung in der ntl. Vberlieferung : Conc 6 ( 1 970 ) 3 26-3 3 2 ; U. Nembach , Eheschei­ dung nach atl. und iudischem Recht: ThZ 26 ( 1 970) 1 6 1 - 1 7 1 ; B . Schal­ ler, Die Spruche uber Ehescheidung und Wiederheirat in der synopti­ schen Oberlieferung, in Der Ruf Jesu. Festschrift J. Jeremias (Gottin­ gen 1 970 ) 226-246; F.J. Schierse, Das Scheidungsverbot ]esu, in N. Wetzel (ed. ), Die offentlichen Sunder ( Ma i nz 1 970 ) I J-4 I ; J.B. Bauer, ]esus und der Scheidebrief: WuW 26 ( 1 97 1 ) 322-3 3 2 ; T.A. Burkill, Two into One : ZNW 62 ( 1 9 7 1 ) 1 1 _5- 1 20 ; H. Crouzel, L'Eglise primi­ tive face au divorce ( Paris 1 97 1 ) ; K. Haacker, Ehescheidung und Wie­ Jerverheirat. im N. T. : ThQ 1 5 1 ( 1 97 1 ) 28-3 8 ; W. Norskor Olsen, The N. T. Logia on Divoree. A Study of their lnterpretation /rom Erasmus lo Milton (Tiibingen 1 971 ); H.W. Kuhn, Sammlungen 1 60- 1 6 8 ; R. Pesch, Freie Treue ( Freiburg 1 97 1 ) ; R . Schnackenburg, Die Ehe nach dem N. T. : Schriften zum N. T. (Miinchen 1 971 ) 4 1 4-434 ; G. Schnei­ der, ]esu Wort uber die Ehescheidung in der Oberlieferung des N. T. : TrThZ 8o ( 1 97 1 ) 65-87; K . Schubert , Ehescheidung im ]udèntum zur Zeit Jesu : ThQ 1 .5 1 ( 1 971 ) 2 3-27 ; K. Berger, Gesetzesauslegung I, '08-575 (bibliografia ); H. Herrm ann , Ehe und Recht (QD 5 8 ) (Frei­ burg 1 97 2 ) ; K. Kahana, The Theory of Marriage in ]ewish Law (Lei­ den 1 9 72) ; F. Neirynck , De ]ezuswoorden over echtscheiding, in V. Heylen (ed . ), Mislukt huweliik en echtscheiding ( Lou vain 1 972 ) 1 27141 ; B. Schaller, «Commits adultery with her», not «against her» : ExpT 83 ( 1 972 ) 1 07 s . ; Y. Yadin , L'attitude essénienne envers la Poly­ gamie et le Divorce : RB 79 ( 1 972 ) 98 s.; L.M . Epstein, The Jewish Marriage Contract (Leiden 1 9 7 3 ) ; D.R. Catchpole, The Synoptic Di­ fJOrce Materia! as a Traditio-Historical Problem : BJRL 5 7 ( 1 974 ) 921 2 7 ; J. Delorme, Le mariage, les enfants et les disciples de ]ésus. Mc 10} 2-z 6 : AS 58 ( 1 974 ) 42-5 1 ; G. Lohlink, ]esus und die Eheschei­ dung , in Bibl. Randbemerkungen. Festschrift R. Schnackenburg ( Wiirz­ burg 21 974 ) 207-2 1 7 ; R.L. Saucy, The Husband of One Wife : BS 1 3 1 ( 1 974 ) 229-2 40 ; R . Banks, ]esus 1 4 6-1 5 9 ; G . Vermes, Sectarian Ma­ lrimonial Halakhah in the Damascus Rule : JJS 25 ( 1974) 1 97-202 ; J. A. Fi tzmycr, The Matthean Divorce Tests and Some New Palestinian Evidence: ThSt 3 7 ( 1 976 ) 1 97- 226; K. Haacker, Der Rechtssatz ]esu :um 'l'bema Ehebruch (Mt ;, 28): BZ, N .F. 2 1 ( 1 977 ) I I 3- 1 1 6 ; E .

200

Excursus

LOvestam, Die funktionale Bedeutung der synoptischen ]esusworte uber Ehescheidung und Wiederheirat, in A. Fuchs, Theologie aus dem Norden (StNTU A,2 ) (Linz 1 977) 1 9-28 .

EXCUR SUS LA RACCOLTA CATECHETICA PREMARCIANA ( 1 0,2- I 2 . 1 7-2 7 .J )-4.5) Mentre gli studiosi precedenti soltanto di sfuggita avevano conside­ rato in ro,1-3 1 l'ipotesi di una pericope di tradizione premarciana (J. Jeremias 1: «un piccolo catechismo» ) 2, H.W. Kuhn ha dedicato un ampio studio alla «raccolta premarciana in Mc. I O , I -4.5 �, dimostrando plausibile l'esistenza di una raccolta catechetica premarciana 3• Egli si è basato sulla seguente osservazione : «Nel cap. 10 troviamo tre brani compatti per contenuto e forma, i quali sono separati l'uno dall'altro dalla benedizione dei bambini (vv. r 3-r 6 } e dalla terza profezia della passione e della risurrezione (vv. 3 2- 3 4). Il parallelismo non consiste soltanto nel fatto che, per usare le categorie di Bultmann, si tratta di apoftegmi, cioè di dialoghi polemici e didattici, bensl anche nel fatto che ogni apoftegma è costituito da un dialogo plurimembre (ogni cam.. bio di soggetto è contrassegnato da un oÉ ) e che inoltre viene appli­ cato in senso parenetico mediante un ammaestramento secondario dei discepoli ( vv . r o ss. ; 23 ss. ; 41 ss. )>> 4• Egli enumera poi i fattori che fanno pensare ad una raccolta premarciana delle tradizioni ( nel nostro commento determiniamo tuttavia in maniera diversa la loro estensione e la loro suddivisione letteraria in apoftegmi originari ed allargamen­ to paradigmatico ): «Ogni singolo brano è inoltre dominato da un ben preciso interesse della comunità . Si tratta della vita della comunità in relazione a determinati ordinamenti della convivenza umana, vale a dire il matrimonio, la proprietà e il rango. Vengono prese in considera­ zione quelle norme che distinguono nettamente la comunità dall'am­ biente consueto che la circonda» 5• Salta particolarmente all'occhio che l'affinità delle tre tradizioni si bàsa soprattutto sulle relative sezioni didattiche. «Ciò appare in maniera particolarmente chiara nel terzo apoftegma ( 1 0,35 ss .), che tratta di per sé del rango nella gloria futu­ ra, e non della preminenza all'interno della comunità. Solo dopo la sua nuova applicazione alla questione della preminenza nella comunità I . ]. Jeremias, Die Kindertaufe in den ersten vier ]ahrhunderten, Mi.inchen 19,8, 2. Prospetto riassuntivo e critica in H.W. Kuhn, Sammlungen 36-38. 62. 'S. Ibid. 168. 4· Ibid. I46. 3. lbid. I46-I91 .

l.a raccolta catechetica premarci4na

20 1

questa pericope risulta di contenuto affine agli altri due brani� 6• La si­ tu azio ne concreta della struttura paradigmatica delle tre singole tradi­ zioni «consiste nella definizione di ques tioni riguardanti dati generali della convivenza umana e particolarmente importanti per la comun ità , quindi l'esigenza di una sorta di ordinamento di vita com unitario per tali questio ni . La stessa situazione concreta vale quindi anche per la raccolta che ipotizziamo » 7• Il Kuhn si richiama alle regole di vita del­ la comunità di Qumran . Anche in essa, be nché fosse stru tturata in ma­ niera notevolm ente diversa, il matrimoni o , la ricchezza e il ran go co­ stituivano impo rta ntissimi problemi di convivenza 8• Egli ha mos tra to inoltre che l'ipotesi della raccol ta premarciana può facilitare la com­ prensione della struttura di Mc. 8,27- 1 0,52 9• Kuhn attribuisce la rac­ colta a maestri che avrebbero intrapreso anche r allargamento dei tre dialoghi, del dibattito in ro,2-9, del dialogo didattico in IO, r 7-2 3 .25 e del dialogo di richiesta in 1 0,3 .5-40 con l'aggiunta degli ammaestra­ menti paradigma tici per i discepoli : «La so tt omis sione dei ' maestri' al­ la tradizione e il loro ritegno nel realizzare nuove creazioni proprie si rivela in Mc. r o , nel fatto che gli ampliamenti secondari si fondano tut­ ti su materiale tradizionale» 10• È chiaro che questa raccolta risale al giudaismo ellenistico, come è possibile i llus trare in base ad ogni singola tradizione. Senza voler togliere nulla al merito di H.W . Kuhn, che ha dimostrato che nei tre brani in questione si può cogliere l'esistenza di una raccolta premarciana nel vangelo di M arco, riteniamo di dover pre­ supporre che sia le singole tradizioni, sia la raccolta abbiano avuto ori­ gine in maniera diversa . r . È importante tenere presente che gli ammaestramenti dei disce­ poli nelle singole tradizioni non sono sempre aggiunte secondarie. L'am­

maestramento in 1 0 , 1 0- r 2 fa parte sin dall'inizio, insieme col precetto del v. I I risalen te a Gesù stesso, del dibattito in r o ,2 - 9 , che deve giu­ stificare la pras si cris t iana presen tat a nei vv . 10-1 2 . Il dialogo didattico in 1 0 , 1 7-23a.24C.2 .5 terminava originariamente con un ammaestramen­ to per i discepoli , al quale vennero aggiunti secondariamente tratti pa­ radigmatici (vv. 2 3b.24ab.26.27). La narrazione della richiesta dei fi­ gli di Zebedeo in 1 0,3 5-3 8 fu sottopos ta a un doppio ampliamento (vv. 39-40.4 1-44 ) prima di giungere alla sua conclusione col v. 45 nella rac­ colta premarciana. Oltre a ciò , soltanto l'ampliamento della seconda tradizione (sul tema della ricchezza) può venire attribuito al redattore della raccolt a premarciana . 2 . Si può quindi pensare che la raccolta dei tre brani sia dovuta alla loro struttura affine e alla loro tematica d'importanza vitale per la vita della comunità. In dialoghi fra Gesù ed un interrogante si discute ogni 6 . 1bid. 168 s. 9· Cfr. ibid. 179-188.

8. 1bid. 169 s. Io. lbid. 189.

Exet4rsus

202

volta il tema che riguarda la vita della comunità, e successivamente ab­ biamo, nell'ammaestramento per i discepoli, un'applicazione alla situa­ zione concreta della comunità cristiana. In particolare, l'analogia strut­ turale fra le tradizioni può venire rappresentata come segue : a) Comparsa di interroganti o richiedenti : xo,2a. 1 7a·3.5a. b ) Domanda o richiesta (due volte con apostrofe) : 1 o,2b.1 7b·35b. c) Prima risposta di Gesù (controdomanda) : 10,3 . 1 8 s. 36. d) Risposta degli interroganti o richiedenti: 1 0,4.20.3 7 . e) Seconda risposta di Gesù : I 0,5-9-2 1 .J8. /) Ammaestramento riservato ai discepoli : 10,10- 1 2 .23 ss. 41 .44. Mentre 10,2- 1 2 aveva una forma definitiva sin dall'inizio, e 10,3544 l'aveva ottenuta con un ampliamento paradigmatico riferito parti­ colarmente alla vita della comunità, 10, 1 7-27 sembra aver avuto il suo ampliamento soltanto col suo inserimento nella raccolta. 3 . È possibile attribuire alla redazione dei raccoglitori i seguenti in­ terventi : il passaggio del v. 1 7a, che presuppone il soggiorno di Gesù «nella casa» (v. x o) ; l'ampliamento dell'ammaestramento dei discepoli nei vv 23b.24ab.26.27, che estende la problematica della ricchezza a tutti i possidenti (spostamento in senso storico-sociale) ; la formulazio­ ne del detto sul Figlio dell'uomo del v. 45 , che giustifica la regola per la comunità. La composizione del tratto 1 0,2-12, con l'uso del testo dei LXX nel dialogo didattico e la considerazione di un ordinamento giuri­ dico ellenistico nell'ammaestramento dei discepoli, presuppone già l'e­ sistenza di una comunità ellenistico-giudeocristiana (o mista) ; in que­ sta tradizione si riflette l'interesse per certe tradizioni che si propon­ gono di regolare la vita della comunità cristiana mediante l'autorità dell'insegnamento di Gesù. Non vi sono quindi obiezioni fondamen­ tali all'ipotesi di un adattamento ed ampliamento di tradizioni palesti­ nesi in questo nuovo ambiente. 4 · A favore dell'unione di questi tre brani in una raccolta catechetica premarciana (che va probabilmente immaginata come uno strumento· ausiliario messo a disposizione di maestri della comunità) si possono addurre anche i seguenti fattori: la trasposizione di materiale da un orizzonte palestinese ad un orizzonte giudeocristiano-ellenistico in tut­ ti e tre i brani; la frequenza della congiunzione OÉ, che nel materiale di Marco è stilisticamente sorprendente (cfr. I O,J -4 ·5 ·6 ; 1 o, x 8 .20.2 I .22. 24.26; I O,J6·37·38·39·4o ); la concordanza nel modo di introdurre i discorsi in 10,4 .37·39 e x o,5 . 1 8 .3 8 .J9C, oltre che in 1 0,1 1 .23 s. 27 .42 (presente storico nell'ammaestramento dei discepoli). 5· Se si ammette che in 8,27-I 0,52 (diversamente dalla descrizione della redazione marciana di H.W. Kuhn) Marco continui anche a se­ guire il filo della storia premarciana della passione (nel cap. 1 0 avverti­ bile nei vv I .32-34 ·46-.52 ), diviene ancora più facile comprendere co­ me l'evangelista abbia composto il brano sulla base di raccolte preesi.

.

La raccolta catechetica premarciana

20 3

stenti. Se si premette che Marco (come indicano le aggiunte in 10,2 1 . 28 ss.) «non dava importanza speciale alla questione della ricchezza», e che anche il tema dello scioglimento del matrimonio nella quarta par­ te principale dell'opera dopo r o , r viene ripreso in maniera assoluta­ mente non organica, ci si può chiedere perché «egli presenti la raccol­ ta a questo punto» . La terza pericope si prestava «magnificamente a concludere il tratto anteriore alla storia della passione» 11 ; per questo viene collocata dopo I 0 ,32-34 (anche in analogia alla preesistente suc­ cessione in 9,3 0-32 . 33-3 5 ); anche qui la tradizione presentava già come richiedenti alcuni discepoli eli Gesù (i figli di Zebedeo) (cfr. anche 8 ,32 s . accanto a 9,3 3-35 ) . Il secondo brano, che Marco amplia ulteriormen­ te ( vv . 2 1 e 28- 3 I ), viene corrispondentemente anteposto a I0,32-34, e il primo, al quale viene aggiunta una scena riguardante il tema dei bam­ bini ( ro,I 3-1 6), viene collocato dopo IO,I , dove il termine chiave del­ l'insegnamento di Gesù rivolto alle schiere del popolo offriva un buon aggancio. Volendo controllare quali siano gli interessi principali dell'e­ vangelista in 8,27-1 0,5 2 , ci rendiamo conto che «la pericope sullo scio­ glimento del matrimonio in IO,I-12 e l'apoftegma ampliato in I 0,1723 .25 , che tratta in particolare la questione della ricchezza, non hanno alcun rapporto diretto con la redazione di Marco nel tratto 8,27-10,45· Ammettendo la presenza di una raccolta, è facile comprendere perché essa sia collocata a questo punto» 12• Infine : «Spezzando i legami fra queste tre pericopi , in origine unite per forma e contenuto, Marco può inserire intervalli fra le tappe principali del suo itinerario, le profezie di passione e risurrezione» 13• In ogni caso : l'ipotesi di una raccolta catechetica premarciana spie­ ga la composizione marciana del cap. I O (ove stranamente viene spez­ zata anche la storia premarciana della passione ) in maniera molto più plausibile di quanto non faccia l'ipotesi di singoli brani riuniti e con­ temporaneamente separati da Marco. Poiché Paolo in I C or. 7 ,Io s. potrebbe già presupporre Mc. ro ,I- I 2 e poiché anche l'Apostolo con­ cepisce come OLtx.XO'Vl.a. l'opera in favore della comunità, si potrebbe pensare ad un'origine prepaolina della raccolta catechetica (in Siria? ); con la morte di Giacomo figlio di Zebedeo (41 d.C.) abbiamo però un terminus post quem collocabile al massimo verso la :fine degli anni 40. È probabilmente da supporre che la raccolta fosse già fissata per iscritto. .

I .T .

JbiJ. 184.

12. JbiJ. 186.

13. Jbid. 187.

Mc. zo, IJ-I6

204 I 2 . LA

BENEDIZIONE DEI BAMBINI ' E L ACCOGLIENZA INFANTILE DEL REGNO DI DIO

( I O, I J- 1 6)

I Come attestano corrispondenti tradizioni parenetiche giu­ daiche, al tema del matrimonio ( r 0,2- r 2 ) si aggancia in ma­ niera naturale quello dei bambini. L'ipotesi di una pericope catechetica premarciana offerta dalla tradizione e riguardante i temi del matrimonio, dei bambini e della ricchezza ( 10,23 1 ) non va trascurata, poiché si può dimostrare che il v . 1 5 è un inserimento marciano e il precedente racconto della be­ nedizione dei bambini si riferiva quindi al comportamento da tenere nei loro confronti . È tuttavia più probabile che Mar­ co abbia inserito la tradizione premarciana, la quale potrebbe aver abbracciato, oltre ai vv. 1 3-1 4 . 1 6, anche 9,36 s. (vedi ad l. ), nel contesto di un'altra raccolta (come potrebbe indi­ care lo spostamento di 9,36 s.) che trattasse del matrimonio, del possesso e del rango nella comunità (dr. l'excursus a pp. 200-203 ). L'opera redazionale di Marco consisterebbe quin­ di, oltre che nell'inserimento del logion del v. I ; , precedente­ mente isolato ( forse preparato dal pronome dimostrativo del v. 1 4 ), nello spostamento di 9 , 3 6 s. e nella collocazione della pericope fra il contesto precedente ( vv. 2-1 2 ) e quello succes­ sivo (vv. 1 7-27 ), già uniti nella tradizione premarciana. 13 Kt:tt 7tpocrÉcpfpov t:tò in spiitjudisch-hiiretischer und in fruhchristlicher Sicht, in Gesammelte Studien zum N.T. und seiner Umwelt, Tiibingen z1967, 7085 .84 sostiene che si deve «ammettere che le risposte di Gesù, e pertanto il ri­ fiuto dell'apostrofe tiyati, il richiamo ai precetti della seconda tavola e l'incita­ mento a rinunciare alla proprietà, sono costituite dalla comunità che ha composto la scena nel senso in cui il Gesù terreno avrà risposto a tali domande, che senza dubbio gli saranno state rivolte».

Mc I0,23b

22 1

proprietà «non con l 'occhio critico e fanatico del rigorista» 31, bensl con quello del realista, che non nasconde ciò che desta preoccupazione ; 5 . «Gesù ha talvolta incitato a rinunciare alla proprie t à» 33, evidente­ mente nei casi in cui essa diveniva una minaccia per l'uomo; nel v. 2 1 la richiesta è radicale, perché lo consente l'impegno dell'interrogante nell'osservanza della legge; 6. per quanto riguarda la radicale critica di Gesù alla proprietà e alla ricchezza, non va dimenticato che egli pure le presuppone e le accetta fra coloro che gli stanno più vicino (cfr. ad es . Le. 8,2 s . ) ; non evita i nobili e i ricchi, perché il suo programma della riuni:ficazione escatologica d 'Israele lo rende responsabile nei c onfron ti di tutti . Sulla rinuncia al possesso da parte dei missionari va­ ganti dr. il comm. ai vv. 29 s. La versione di questo racconto tratta dall 'Evangelo degli Ebrei e tramandata in Origene, comm. in Matth. 1 5 , 1 4 , non può venire considerata una tradizione autonoma a causa della chiara dipendenza dal testo di Matteo .

Nell'ambito della raccolta premarciana il dialogo viene am­ pliato e trasformato in esempio della trattazione del problema della ricchezza nella comunità cristiana; i discepoli assumono un'importanza esemplare come rappresentanti dei cristiani.

III 2 3h. Nella variazione secondaria l'affermazione di Gesù (vv 24c . 2 5 ) appare, oltre che generalizzata, anche mitigata nella sua durezza. In primo luogo le parole non sono più limitate ai ricchi palestinesi e superano la cerchia dei proprietari ter­ rieri ( vv 2 r s.) per rivolgersi a tutti i ricchi . Il termine XPil­ (.ttX.'ta. designa anche (e probabilmente in primo luogo; cfr. Act. 4, 3 7 ; 8 , r 8 .2o ; 2 4 ,2 6 ) il capitale in denaro 34• La varia­ zione della prospettiva sociale corrisponde a quella della pro­ spettiva giuridica nel primo brano della raccolta premarciana ( cfr. il comm. a I o, 1 o- I 2 ) ; si manifesta così la trasposizione della narrazione in ambiente ellenistico, determinata dalle vi­ cende della missione o della tradizione. La locuzione 1twc; ouo-x6Àw� . EtCTEÀ.EVO"OV"t'CX.t, sottolinea quindi piuttosto quanto sia (effettivamente) difficile a un pos.

.

.

32 . M. Hengel (vedi

chezza)) cfr.

a nche

.

n. 30) 3 5 · Per «la posizione di Gesù nei confronti della ric­ J. Schmid, Mk. 1 94-r96.

33· H. Braun (vedi n. 3 1 ) 84 . .34· Cfr . B. Rcicke in ThWb IX, 468 s .

222

sidente entrare nel regno di Dio. La comunità cristiana discua te la problematica dei ricchi che fanno parte di essa. 24ah. La reazione dei discepoli riflette la paura (dr. l'excursus a pp. 2 3 2-235 ) destata nella comunità cristiana dalle dure pa­ role di Gesù, accentuate ulteriormente nel nuovo contesto dal­ la ripetizione rafforzante ( vv. 24c.2 5 ). La nuova introduzione presenta le parole originali di Gesù come se fossero una ri­ petizione 35 •

26. La rinnovata reazione dei discepoli viene rafforzata e de­ scritta come inconsueto sgomento (cfr. il comm. a 6,5 1 ; anche I ) ,14). La loro domanda va intesa come indagine sulla sal­ vezza escatologica (dr. 1 3 , 1 3 ) dei ricchi ("t!> : JThSt 48 ( 1 947) 201-203 ; S. Plath, Furcht Gottes. Der Begriff jr' im A. T. (AzTh 11,2 ) (Stuttgart 1 963 ); J. Becker, Gottes­ furcht im A.T. (Analecta Biblica 2.5 ) ( Roma 1 9 6 .5 ) ; K. Tagawa, Mira­ cles 93 ss.; H.R. Balz, Furcht vor Gott? Oberlegungen zu einem verges­ senen Motiv biblischer Theologie : EvTh 29 ( r 969) 626-644 ; H.R. Balz - G. Wanke, in ThWb IX, r 86-2 r 6; G. Theissen, Wundergeschich­ ten 78-8o.

I ; . LA RI C HIE STA DEI FIGLI DI ZEBEDEO E LA STRUTTURA SOCIALE DELLA C OMUNITÀ CRISTIANA, FONDATA SUL CONTRASTO E S UL SERVIZIO A GE SÙ ( 1 0,35-45) l

Dopo la terza profezia della passione e della risurrezione Marco presenta il terzo brano della raccolta catechetica (già u t i l izzata in 1 0 , 1 2 e 1 0 , 1 7-3 1 ) . Esso si prestava ad essere qui a�giunto a causa del tema dell'incomprensione, e ancor più

Mc.

IO,J5·45

a

concludere, a causa della chiara prefigurazione della morte di Gesù (vv. 38 s . 45 ), col cammino verso Gerusalemme ( I o , 46-5 2 ; I 1 , 1 ss .) , il brano precedente l'inizio della via della passione. Le due scene costituite dai vv 35-40 e 4 1 -44 (che trattano temi diversi : i posti d'onore nella doxa celeste e la gerarchia nella comunità) si erano già fuse nella raccolta pre­ marciana; i vv. 4 1 .42 a sono un collegamento dovuto non alla redazione marciana, ma a quella premarciana. Non è stato Marco a variare la tradizione; già prima dell'inserimento di questa duplice scena nella raccolta catechetica premarciana le tradizioni precedenti erano state allargate o trasformate. Il racconto della richiesta dei figli di Zebedeo (vv. 35-3 8) po­ trebbe essere stato reinterpretato con un secondo tratto di dialogo (vv. 3 9 s .) dopo la morte di Giacomo; la scena con «i dieci>>, che si aggancia al dialogo costruito a mo' di apoftegma, costituisce, nella stessa situazione, un ampliamento paradigma­ tico della tradizione col richiamo ad una regola comunitaria (vv. 43-44 ; dr. il comm. a 9,3 ; ) . Essa venne motivata con l'esempio del Figlio dell'uomo soltanto nella raccolta premar­ ciana (v. 45) , mentre in Le. 2 2 ,24-2 7 si presenta probabilmen­ te in forma redazionale lucana e non in versione autonoma prelucana. La struttura letteraria e la valutazione della tradi­ zione del materiale sono rimaste controverse sino ai giorni nostri e richiedono quindi molta attenzione nell'esegesi ana­ litica dei particolari. .

35

Kat 1tpOCT'1tOpEUO'V'tat. au't(i) 'Icixw�o� xa.t 'Iwcivvn� o t uLot ZE�EOaiou Myov't'E� aù'tfi>· ò�ooticrxaÀ.E, �ÉÀ.OIJ.t'V t'Va. 8 Eàv at"ti}crw�É'V erE 1tot:ti011 � ill-J.�'V . 36 ò ÒÈ Fl1tEV aÙ'toi:�· 't� DéÀ.E�É [ p.e ] 1to�oi}aw ù�-ti"V; 37 ot oÈ El1tav ClU'téi)· oò� 'lÌIJ.L'V LV(l Et� O'OU EX OE�L�V xat EL� é.ç à.pLCT't Ep wv xa.D!crw(J.EV tv 't'TI o6;n crou. 38 ò OÈ '11'}CTOV� EL'itEV a.Ò"totc;· oòx OLOCl'tE 'tl. ctÌ'tELoi)E. Su"Vacrl)e '1tt.Ei:'V 'tò '1to'ti}p�oo"V 8 iyw 1t!vw i1 -tò �ti1t't!.OlJ.a. a !yw �a7t't��o­ p.a�o �(11t'ttnilii'VaL; 39 ot OÈ EL1t(l'V a.ò'tti)· ouvci(J.EDa. o OÈ 'IT}O"OU� EÌ'ItEV aù"tot:c;· 'tò 1to't1)pt.ov 8 tyw 1tL'VW 1tteaitE xat 'tò �cbt"tt.crJJ.a 8 iyw �a1t­ -tCsolJ.a.�o �C1'1t'tt.CTth)aEofE, .. 'tÒ oè: xa.D�cra.t. EX OE;t.wv l-J.OU i\ E� EÒW­ 'YU(J.W'V oux ECT'tt.'V È(J.ÒV OOU'Vct L , aÀ.À.'ol� i) 'tOL(J.ClO''t(l(,. 41 Kat à.xoucra'V4fE� o t ÒÉxa i]p;a'V'to à.ya"Va.X'tEL'V '1tEpt 'Iaxw�ou xat 'Iwri"Vvou. 42 xa.t tcpoaxaÀ.ECTtXIJ.E'VO> . 41 E quando udirono (ciò) i dieci cominciaro­ no ad indignarsi contro Giacomo e Giovanni . 42 Ma Gesù, chiamatili a sé, dice loro : «Sapete che coloro che sono considerati capi delle nazioni dominano su di esse e i loro grandi esercitano potestà su di esse. 43 Ma non cosi è tra di voi ; ma chi voglia diventar grande tra di voi, sia vo­ stro servitore; e chi voglia essere primo tra di voi, sia schiavo di tut­ ti ! 45 Infatti anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto per molti».

II

Il racconto originario della richiesta dei figli di Zebedeo (vv. 3;-3 8) è un dialogo di supplica, che con le sue controdo­ mande , e in particolare in quella figurata del v. 3 8c, pare affi­ ne al genere del dialogo didattico. Oltre che dalla notazione introduttiva che illumina la situazione (v. 35a), l'impalcatura narrativa è data solamente da tre introduzioni del discorso, delle quali ci colpisce la identicità di formulazione (vv. 3 6a. 37a. 3 8a) . Diversamente da quanto avviene nel dialogo didat­ tico, non si tratta una questione di dottrina, ma si discute la richiesta dei figli di Zebedeot la loro aspirazione ai posti d'o­ nore accanto a Gesù, problematizzata con la domanda sulla loro disponibilità a seguirlo nella sofferenza. L'ampliamento (vv. 39·40) conferma la disponibilità a soffrire , o meglio, l'efti.

H C 579 pc sa ho ( probabilmente per h nRusso parallelo di Mt. 20,2 1 ) inserisc� òvo . AJlprofond ita disIJ.EV in posizione finale desta l'attesa di una conti­ nuazione; cfr. xa.ì)'ta-a.t. all'inizio nel v. 40 ) , è arbitrario eliminare le parole tv "t'fj o6çn uou dalla narrazione originaria 5, affermando che si tratta di un 'aggiunta marciana. Nel contesto dell'idea di «sedere» nel senso di «sedere sul trono» (cfr. Mt. 1 9,28 ; Apoc. 20,4 ), il termine chiave o6;a ci riporta piuttosto ). C. \Vcstcrmann in ThHwAT 1, 8oo. 4· E. Lohmcyer. Mk. 222 ; cfr . W. Grundmann, Mk. , . Cosl , con altri , J . Schmid, Mlt. 200.

217.

240

Mc. :ro�J7

all'attesa del Figlio dell'uomo e alla rispondente concezione del «tro­ no della gloria» (cfr. Hen. aeth. 4.5 ,3 ; 5 1 ,3 ; 5 5 ,4 ; 6r ,8 ; Mt. 1 9 ,28 ; 2 5,3 I ) e richiama in pari tempo la concezione del giudizio dei giusti 6, che essi compiono sui loro t roni 7 accanto al Figlio del l' uomo (Mt. 19, 2 8 par.) . I figli di Zebedeo vogliono quindi essere i giudici privilegiati d'Israele con Gesù ed accanto a lui 8•

Anche il rilievo del posto alla destra (E� a-ou EX oEçt,W'J) e alla sinistra ( Et� E; apt,O""t'Epwv ) di Gesù indica che la richie­ sta dei figli diZebedeo si riferisce ai seggi (dr. xaD,sw, xti­ t}'T}J.ta.t, in Mt. 1 9,2 8; Le. 2 2 ,30) che stanno ai lati del Figlio dell'uomo. «Alla des tra ed alla sinistra» (lx OE;t.wv x«l l� EÒwvu(.twv) stanno i ouva:to! del re ( 2 Sam. I 6,6 LXX); a des tra e a sinistra stanno i posti d'onore (cfr. I Reg. 2 , 1 9 ; Esdr. 4,29 ; los., ant. 6,r 1 ,9) 9 • In Iub. 36,1 2 !sacco stende le mani benedicenti sui due figli di Giacobbe: «Levi con la des tra e Giuda con la sinistra» ; a Levi tocca quindi un onore mag­ giore che a Giuda. In Iub. 36,23 leggiamo poi : «Ed egli fece dormire accanto a sé i due :figli di Giacobbe, l'uno a destra e l'altro a sinistra». Con El�-El� in Mc. 1 0,37 si indicano distintamente i due troni (cosi co­ me in I 5 ,2 7 con lva.-ÉvtX si dist inguono le due singole croci ) posti alla destra e alla sinistra di Ges ù : il posto alla destra tocca certamente al più vecchio ( Giacomo) e quello alla sinistra al più giovane (Giovanni). L'ordine (gerarchico) in cui vengono nominati i figli di Zebedeo (v. 3 .5 ) deve probabilmente fornire un 'idea della loro collocazione.

Poiché la richiesta dei figli di Zebedeo si riferisce all'asse­ gnazione dei troni del giudizio alla destra e alla sinistra del «trono della gloria>> del Figlio dell'uomo, essa implica che a Gesù spetterà il potere del Figlio dell'uomo di assegnare que­ sti posti (cfr. il v. 3.5b) . Poiché ci troviamo nel contesto di un 6. Cfr. I. Broer, Das Ringen der Gemeinde um Israel. Exegetischer Versuch ube; Mt I9,28, in ]esus und der Menschensohn. Festschrift A. Vogtle, Freiburg 197,, 7· Cfr. ibid. 157 s. 148-16,.155-157· 8. La connessione pare ancora realizzata in Luca con l'accostamento di 22 ,24-27 ( = Mc. I0,41-44) e 22,28-30 (comprendente Mt. 19,28 ); egli omette la preghiera dei figli di Zebedeo. Non è legit timo introdurre in Mc. 10,37, sulla base di Le. 22, 30, ridea della distribuzione dei posti d 'onore alla mensa nel regno di Gesù (cosl ad es. W. Grundmann, Mk. 217). Non si parla né di sedere, né di giacere a men­ sa; il termine xaiX�w indica la dignità del regnante e del giudice: cfr. C. Schnei­ der in ThWb III, 444 s . ; S. Légasse 171 . 9· Cfr. anche Billerbeck I, 83 ' s . ; W . Grundmann in ThWb II, 37-39·

Mc. IO�J7-J8

241

detto autentico di Gesù sul Figlio delruomo (cfr. il comm. a 8 ,3 8 ; 9 ,3 r ; 14,6 2 ; anche 1 2 ,3 5-37) , non potremo negare alla leggera che la richiesta dei due discepoli abbia questo senso, anche perché è poco verosimile che questa scena, interpretata in un secondo tempo con i vv. 3 9 s . , sia una formazione se­ condaria.

3 8. La prima risposta di Gesù (v. 3 8b; per la formulazione dr. 9 ,6 ; 1 4 ,40), che non venne inserita dalla redazione mar­ ciana per via del motivo dell'incomprensione 10, ma è essen­

ziale per comprendere la domanda che segue, ammonisce i ri­ chiedenti che essi non si rendono conto chiaramente del pieno s ignificato e delle conseguenze della loro richiesta. Gesù cor­ regge l'idea che essi hanno del suo stesso futuro : il cammino verso la sua gloria passa attraverso la sofferenza. La duplice domanda che concludeva il dialogo di rich iesta originario non si riferisce, come la prima risposta del v. 3 6 , ai poteri di Gesù, bensì indaga sulla capacità e la forza dei di­ scepoli di partecipare al destino di sofferenza e di morte di Gesù stesso, di sostenere il martirio. La domanda, che nella sua formulazione parallela costituisce un gioco di parole, trat­ ta in due immagini (sottolineate dalla ripetizione di Éyw) tOa della sofferenza e della morte di Gesù e del suo martirio : l' im­ magine del calice che si beve e del battesimo col quale si viene battezzati. Il calice 11 che Jahvé porge da bere è innanzitutto una metafora profe­

tica del giudizio propria dell'A.T . ; in I QpHab I I , I 4 s . essa è riferita ad un singolo individuo (il sacerdote empio ). L'idea profetica del calice del giudizio ricorre anche in Ps. Sal. 8, 1 4 ; apoc. Bar. syr. 1 3,8; lib. ant. 50,6 ; 4 QpNah 4,6 e nell'Apocalisse di Giovanni. Ad essa si accosta in età protogiudaica la metafora del «calice della morte>> (ks' dmwt'), della quale R. Le Deaut e S. Speier hanno documentato la presenza in testi targumici. Tutti questi testi parlano tuttavia di 'gustare' ( yEvEro. Cosl secondo W. Wrede, Messiasgeheimnis 1 06, da ultimi P. Wolf 41 s. e S. roa. Cfr. V. Howard xo6 s. URasse 162 n. 1 . r r . Un prospetto dettagliato si trova ora in P. Wolf 69 ss. ; inoltre L. Goppclt in ThWh VJ , 149· 1 ' 3 ; H. Patsch, Abendmahl 209 s.; S. Légasse 163 s.; A. Feuillet,

CoMpe 371 ••·

aittlt) il «calice della morte» ( "rOU bav&::tou 1ton]pLov, cfr. test. Abr. 14), cioè del morire, e non possono chiarire adeguatamente l'assoluto 't'Ò 7tO"t'1)pt,ov di Mc. r o , 38 . Maggiore importanza assume asc. Is. ) , I J , ove « il calice» che «Dio ha versato» designa il martirio che colpirà sol� tanto il profeta e non i suoi discepoli : > (Mk zo,J8 f; Lk I 2,49 f) eine Spur des Todesverstandnisses ]esu vor? (Diss . teol. [datt. ] ) (Frei­ burg i.Br. 1 973 ) ; S. Legasse, Approche de l'episode préévangélique des Fils de Zébédée: NTSt 20 ( 1 973/74) x 6 1- 1 77 ; K. Kertelge, Der die­ nende Menschensohn (Mk zo,45), in ]esus und der Menschensohn. Festschrift A. Vogtle (Freiburg i .B r . 1 975 ) 2 25-2 3 9 ; V. Howard, Das Ego ]esu in den synoptischen Evangelien (Marb. Theol. Stud. 1 4 ) (Marburg 1 975 ) 97- 1 07 ; P. Benoit, ]ésus et le Serviteur d e Dieu, in J. Dupont (ed. ), ]ésus aux origines de la christologie ( Bibl . ETL 40) (Gemhloux 1 975 ) 1 1 1-140 ; E. Arens, Sayings 1 1 .5- 1 6 I ; L. De Lorenzi, Gesù aiAKONOl: nei Vangeli, in co 8EOAOrOl:. Cultura Cristiana di Sicilia 111, I 1 - 1 2 ( Palermo 1 976) 7-5 8 ; J. Gnilka , Wie urteilte Jesus uber seinen Tod? , in K. Kertelge ( ed.), Der Tod Jesu (QD 74) (Frei­ burg i .Br . 1 976 ) 1 3-50 ; A. Vogtle, Todesankiindigungen und Todes­ verstandnis Jesus, ibid. 5 1-1 1 3 .

16.

I

DEL cmco BARTIMBO PRE SSO GERICO ( 1 0,46-5 2 ) LA GUARIGIONE

L'ultima storia di miracoli, che conclude la quarta parte

principale ( 8,27-I0,56 ) dell'opera di Marco, non deve la sua collocazione ad una libera scelta dell'evangelista, bensl alla sua appart enenz a alla storia premarciana della passione (fra I O, 3 2-34 e I I ,I ss.), della quale si riprende il filo dopo varie in­ terruzioni. La s tori a della guarigione è strettamente connessa al cammino di Gesù verso Gerusalemme (vv. 46 .49.52 ) ed an­ che rigidamente collegata con la successiva narrazione dell'in­ gresso in città (dr. il v . 46 con r r , r s . 8 s . ; .i vv. 47 s. con r I , 9 s . ; il v. 4 8 [ 1tOÀÀo� ] con I I ,8 ; il v . 5 2 con I I ,9) . Sono rico­ nos cibili altri collegamenti con la storia premarciana della pas­ sione nella menzione di Gesù e dei suoi discepoli dopo la for­ ma singolare EX7tOPEVOJJ..Évov nel v. 46 (cfr. 8 ,27) , nell'uso di éipx OIla. L nel v. 4 7 (cfr. il comm . a 8 , 3 I ) , ò N a.sap1'}'VO� nel v. 47 (cfr. 1 4,67 ; r 6 , 6 ) , cpwvÉw nel v . 49 (cfr. il comm. a 9 ,35) e nella locuzione Év "t'TI òo@ del v. 5 2 (cfr. il comm. a 8,2 7 ; si osservi anche I indicazione del cammino nel v. 46) . La re­ dazione dell 'evangelista non ha variato la narrazione del mira­ colo, tramandata all'interno di un contesto e profondamente diversa dalle narrazioni isolate concepite a scopo missionario. '

46 Kat

[pxov'tat. Ett; 'IEpr.xw. Kat ix1topEuo(.LÉvov aò't'ov à:rcò 'IEpt.xw xrtt -rw� JJ,tXitY)--rwv au't'ou xa.t �XÀOu l.xav ou o uiòt; Tt.JJ,a(ou Ba.p't't.(.Latot;, 't UcpÀÒc; 7tpOO"tl.L't'TJ�, Èx ci�'t O 7tapà 't'1)'V oS 6v . 47 xrtt axouo-at; O't't. '11)­ CTOV� o Na�a.pT)v6c; ta't' t.v ilp;a't'o xpa�Et.v xtxl À.ÉyEt.�· vLÈ Aauto ' IT)aou , t À.ÉY) aov IJ.E. 48 xa.t É1tE't'LIJ..W'V aò--r� 7toÀÀoL tva crt.W'ltTtU'Jl" o oÈ 1toÀ.À.éi) IJ.cXÀ.Àov lxpa�v · vf.È 4aut: o , ÈÀÉ1}a6v IJ..E . 49 xat. a't'fU; o '11)o-ovt; El1tEV" q)WVi)Utx't'E tXU'tO�. xaÌ cptù'VOVUt.'V 't'ÒV 'tUq>ÀÒV À.Éy o'V't Et; a.Ò't'{i)" itcipCTEt., lyEt.pE, q>W'VE� UE. so o OÈ a1tO�aÀ.W'V 't'Ò tJJ.ci't't.O'V tXV't'OU ava:rt1'}0TtUC1t; i')ÀitE'V 7tpÒ� 'tÒ'V 'IT}O"OV'V. 51 xa.t a1toxp d tE tt; «V't'li) ò 'IT)CTOV� El7tE'V" 'tL CTOt. itÉÀ.Et.c; 7t0t.1}aw; O ÒÈ 'tUq>ÀÒ� El1tE'V tXU't'�· �a��OU'V(, tvtx a'VtX�À.É­ �W. 52 xat o 'IT) ao vc; El7tE'V a.ù't(i)· u1ta.yE, i) 7tt> . 49 E Gesù, ferm atosi , disse : «Chiamatelo ! ». E chiamano il cieco dicendogli : «Fatti corag­ gio, alzati ! Ti chiama » . 50 Ed egli , gettata via la veste e balzato in piedi, venne a Gesù . 51 E Gesù rispondendogli disse : «Che cosa vuoi che ti faccia? » . E il cieco gli disse : «Rabbuni, che io ri abbia la vista>>. 52 E Gesù gli disse : «Va', la tua fede ti ha risanato ! » . E tosto riacquistò la vista e lo seguiva per la via.

II

In questo racconto di una guarigione miracolosa (cfr. il comm. a I ,29-3 I ; 1 ,40-45), fortemente dialogato e caratteriz­ zato da una grande concretezza, risaltano l ' ampiezza dell'espo­ sizione, la brevità dei motivi centrali e finali e la forma di al­ cuni tratti topici, dettata dalla situazione del viaggio di Gesù. La comparsa del taumaturgo, della folla e del bisognoso d ' aiu­ to, la cui situazione viene caratterizzata soltanto brevemente (v. 46 ), non è ricondotta semplicemente ad un luogo (Gerico) , bensì anche al cammino di Gesù e dei suoi discepoli, con la folla (dei pellegrini che si recano alla festa; cfr. il comm. a I o , I . 3 2 ) da Gerico a Gerusalemme ( I I , I ) . Le grida d'aiuto del malato (vv. 4 7 s.) 1 , ripetute ed interrotte da una ripulsa (v. 4 8a, non da parte del taumaturgo come in 7,2 7, bensì da parte della folla che gli impone di tacere ) la quale è un ostacolo all'avvicinamento 2 (cfr. il comm . a 2 ,4; .5 ,24; 9 , I 4 ss . ), sono determinate dal fatto che il cieco (i ciechi vengono altrimenti portati al taumaturgo, cfr. il comm. a 8 ,2 2 ; il motivo del rap­ presentante compare, variato e spostato, nel v. 49) ode che è Gesù colui che passa. La ripetizione del grido d'aiuto contiene b. Il raro termine 1tpoo-a.t"M'}� (dr. Io. 9,8) viene sostituito da participi (i1tat."C'W'V , 1tpoaar.'tW'V) in diversi rami della tradizione del testo; per la genuinità di 1tpoaa.'­ "C'T}� cfr. B.M. Metzger, Commentary 108. c. Na.t;wpa�o� (S C K A cp pm it) sarà un adeguamento al prevalente uso lingui­ stico del N.T.; cfr. in particolare Le. 18,37· Anche altrove Marco usa soltanto Na.t;a.P1)'V6� ( cfr. 1 ,24; 14 ,67 ; 16,6). I . Cfr. G. Theissen 63 s. 2. Cfr. G. Theissen 62 s.

Mc. IOA6·52

2 '9

(v. 48b) un motivo di fede; l'ostacolo all'avvicinamento e la fede (dr. il v . 52 h) sono motivi collegati (dr. il comm. a 2 ,4 s.; 5 ,24.34). Di fronte alla ripulsa della folla, il taumaturgo prende egli stesso l'iniziativa e manda qualcuno al malato (v. 49 ) ; il motivo della legazione ( topicamente rovesciato ; cfr. tutt'al più 9 , 1 9e ) è collegato a sua volta col cammino di Ge­

sù : egli si ferma. La folla, che aveva respinto il cieco, pro­ nuncia ora anche l 'assicurazione (in luogo del taumaturgo, co­ me avviene di solito; cfr. 2 ,5 ; 5 ,3 6 ; 6 ,50; 7 ,2 9 ; 9 ,2 3 ) e con­ temporaneamente riferisce il messaggio di Gesù. Solo dopo la vasta esposizione (vv. 46-49) ha inizio l'incontro (descritto in maniera tutt'altro che schematica) fra il bisognoso e il tauma­ turgo (v. 50), che mantiene l 'iniziativa chiedendo quale sia il suo desiderio (v. 5 I ab, un tratto singolare) e provocando la supplica (v. 5 x cd) del malato. L'azione risanante manca ; tro­ viamo soltanto una frase (v. 5 2ab) , che collega la formula di congedo (cfr. il comm. a r ,44) ed una sorta di assicurazione, la constatazione della guarigione ad opera della fede (cfr. il comm. a 5 ,34). L'immediata guarigione viene confermata bre­ vemente (v. 5 2c: constatazione del miracolo) ; la dimostra­ zione viene ricollegata ancora al cammino di Gesù (v. 5 2d) : i l risanato lo segue lungo la via. Come confermerà l'interpretazione dei particolari, la pecu­ liarità della composizione e della veste in cui si presentano i motivi del racconto non può essere presa a pretesto per un suo spezzettamento critico-letterario ; essa ci richiama piut­ tosto a dati concreti nella tradizione di un avvenimento svol­ tosi durante l'anabasi di Gesù verso Gerusalemme, registrati dai tradenti della storia della passione. La narrazione dimo­ stra di non essere una tarda composizione secondaria proprio perché non è «una storia di miracoli narrata secondo i dettami

l· Contro l a diffusa ipotesi che l'introduzione della folla nel v . 46, le acclamazioni al Fi�l in di David cd il comando di tacere nei vv . 47 s. siano inserimenti secondari, c:fr . , in aRgiunta alle considerazioni precedenti, anche G. Theissen , Wunderge­ Jc·hichlrn 1 46 . D i ve rse scomposizioni letterarie di questa narrazione uni taria sono prni"Klstc da C. Burgcr, J. Rolo ff , K. Kertelgc, L. Schenke e V.K. Robbins, che rl\naera nd sopmvvnl utare l 'importanza della redazione marciana.

Mc. xoA6

260

dello stile» né una libera rappresentazione di un miracolo a scopi missionari 4 • III 46. Tanto nella storia premarciana della passione, quanto nel vangelo di Marco, la notazione dell 'arrivo di Gesù e del suo seguito (dr. I o, I 3 2 ) a Gerico si riferisce al cammino verso •

Gerusalemme. Poiché la guarigione del cieco avviene dopo la partenza da Gerico, l'accenno all'arrivo in città non è super­ fluo, bensl necessario ed opportuno 5• Il raddoppiamento del­ le notazioni di viaggio nell'ambito della cronologia della sto­ ria della passione (cfr. l'excursus a pp. 480- 48 8 ), prima della domenica in cui avviene l'ingresso in Gerusalemme ( I I , I .. I I ) , pare inoltre presupporre una pausa sabbatica a Gerico. L'ar­ rivo si sarà avuto quindi il venerdl, e la partenza la domenica. Gerico 6, l'antichissima città posta nella valle del Giordano (il nuovo insediamento, posto più a sud, era stato fortificato sin dal tempo degli Asmonei ed ampliato da Erode ed Archelao con grandiosi edifici in stile ellenistico· romano ), merita un cenno particolare come ultima tappa prima di Gerusalemme e come luogo di raccolta dei pellegrini galilei prima ddla marcia attraverso il deserto della Giudea, oltre che come stazione di dogana. Per i tradenti della narrazione, l'oasi richiama alla memoria la guarigione di un cieco da parte di Gesù.

Il v. 46a collega con I 0,3 2-34 la narrazione del miracolo, che non è isolata, bensì legata al contesto. La situazione in cui avviene il risanamento viene registrata esattamente nel v. 46 h : alla partenza da Gerico il mendicante cieco è seduto sulla 4· Contro R. Bultmann , Trad. 228 ; M. Dibelius, Formgeschichte 49; E. Lohmeyer, Mk. 224·227 ; K. Kertelge 180 s. (il cui giudizio rimane tuttavia in bilico). L. Schenke 362-365 non s'avvede che la narrazione non ha affatto carattere mis. sionario. 5· Il raddoppiamento dell'indicazione di luogo non offre alcun appiglio all'eli­ minazione critico-letteraria del v. 46a o del 46b (inizio), che molti autori hanno proposto senza riconoscere che il collegamento al pellegrinaggio di Gesù è costan­ te (v. 49 ) e non limitato alla cornice (vv. 46 .52) . Cfr. anche il comm. al v. 52d. 6. Cfr. J. Bright in BHH I I , 816-819 (bibliografia) ; C. Kopp, Stiitten 312-3 19. G. Schille, Die Topographie des Markusevangeliums, ihre Hintergriinde und ihre Einordnung: ZDPV 73 ( 1957) 1 33-166.142 s. (dr. Id., Anfiinge 168-170; Id., Wundertradition 26 s.), ritenendo erroneamente che Mc. 10»46-'2 sia una leggenda missionaria, deduce l'esistenza di un antico circolo di tradenti a Gerico.

Mc. IOA6-47

via. L'accenno agli accompagnatori di Gesù - i suoi discepoli (cfr. nella storia premarciana della passione 8 ,2 7. 3 3 ; 9 , 3 I ) e la folla dei pellegrini che lo seguono (cfr. I o, I . 3 2) - non è un inserimento secondario 7, come indica la sua funzione nei vv. 48 s . , bens} un tratto necessario alla narrazione e dettato dalla memoria dei tradenti. La locuzione oxÀo>, al pari di «Cristo», poteva es­ sere interpretato in senso nazional-politico e quindi in manie­ ra contraria allo spirito della missione di Gesù. Un comando di tacere non può essere spiegato come ripulsa in base alla topica dei racconti di miracoli ; né si ottiene una spiegazione miglio­ re, o più adeguata alla situazione che si deve immaginare, sup­ ponendo che i molti intervengano per impedire che Gesù sia molestato (dr. il comm. a 1 0 , 1 3) . In ogni caso il comando di tacere (come in 8 , 3 o ) dovrebbe tramandare un particolare sto.. rico (per cr�w1tciw cfr., oltre 3 ,4 ; 4 ,3 9 , nel contesto della sto­ ria della passione 9 ,3 4 ; 1 4,6 1 ) . L'intensificarsi delle grida d'aiuto esprime la fiducia e la fe­ de del supplicante (diversamente in 7 , 3 6 s. la trasgressione del comando di tacere impartito da Gesù). Nella ripetizione del grido viene omessa l'apostrofe di Gesù : nel complesso dei par­ ticolari storicamente credibili, ciò può venire inteso come con..

16. Va osservata anche la struttura della parallela domanda di Solomone: Àiyu, ylpov, 8 &ÉÀ.E�. Secondo M. Hengel, Anonymitat, Pseudepigraphie und «Litera­ risrhe Fiilschun1.» in der iiidisch-ellenistischen Literatur (Pseudepigrapha l) (En­ trct icns &ur I 'Antiquité classique 1 8 ) , Vandoeuvres-Genève 1972, 2.3 1-.329 .279 , il Testamento di Salomone risale a fon ti giudaiche.

Mc. IOA8-'o

seguenza naturale dell'atto di ripetizione, senza dover pensare ad una stilizzazione cristologica della tradizione. Il processo di cristologizzazione va collocato nella fase di ricezione. 49 · Nell'ambito di una storia di miracoli ci sorprende che il nome di Gesù, che generalmente non ricorre affatto, si pre.. senti già per la terza volta; nella storia premarciana della pas­ sione il nome di Gesù compare in quasi tutte le unità narrati· ve. L'osservazione che Gesù si ferma presuppone il pellegri­ naggio da Gerico a Gerusalemme e quindi, come la maggior parte dei particolari di questo racconto, non va spiegata come topos di un genere narrativo, bensl come dettaglio concreta­ mente osservato o ricordato 17 • È singolare anche che l'incontro fra il taumaturgo e il sup­ plicante avvenga dopo che il primo ha fatto chiamare il secon­ do; le delegazioni (qui si tratta semplicemente della folla ano· nima, che trasmette il messaggio di bocca in bocca sino a Bar· timeo : q>wvouaLv) nelle storie di miracoli hanno altrimenti il compito di portare il taumaturgo al malato (dr. il comm . a 5 ,23) 18• L'assicurazione, espressa con DapO"EL (stilisticamente adeguato, cfr. il comm. a 6 ,; o) , si trova altrove soltanto in bocca al taumaturgo . L'invito ad alzarsi corrisponde alla si­ tuazione (cfr. 3 , 3 ) : il cieco sedeva lungo la via (v. 46 ). La no· tazione che Gesù lo chiama costituisce la motivazione dell'as· sicurazione e dell'invito. 50. Anche il fatto che Bartimeo getti via la veste, cioè proba­ bilmente il mantello sul quale è seduto e che contemporanea­ mente gli copre le spalle, e si alzi di scatto, è un particolare narrativo non necessario, dettato probabilmente dal ricordo 19 • 17. Questo particolare non è assolutamente necessario nello svolgimento della narrazione (neppure dopo i vv. 46 s.) ; respressione X(IL. o 'IT)crou� El1tEv sarebbe stata del tutto sufficiente. Il participio ero;��, che non è narrativamente necessario e non possiede né fornisce una motivazione teologica o psicologica (e in Mc. s'in· contra solamente qui), tradisce che il narratore è legato ad un avvenimento svol­ tosi durante il cammino di Gesù in partenza da Gerico verso Gerusalemme. J 8 . Cfr. G. Theissen 59 s. 19. i"Ko�ci).,M.l è bapaxlegomenon in Mc. , e à:vtx1t1')8«w nel N.T.; pochi codd. va-

Nell'intenzione del narratore questo gesto serve certamente anche ad illustrare la fede del cieco . L'unico tratto topico è co­ stituito dal 'venire' del malato verso il taumaturgo, un atto posto generalmente all'inizio delle storie di miracoli. s 1 . La

domanda di Gesù viene presentata come risposta all'in­ vocazione d'aiuto del cieco; le sue parole sono introdotte con una formula singolare per il vangelo di Marco. Le domande del taumaturgo mirano altrove ad ottenere informazioni sul de­ corso della malattia (cfr. il comm . a 9 ,2 1 ) o sulla riuscita del­ la guarigione (dr. il comm. a 8 ,2 3 ) . Il fatto che Gesù, il quale non appare dotato di onniscienza, chieda quale sia il desiderio del cieco, non ha paralleli (cfr. tutt'al più Io. 5 ,6) . Per la for­ mulazione della domanda dr. il comm. al v. 3 6 . Il cieco (co­ me nel v. 49, Bartimeo viene caratterizzato come tale in vista della guarigione ) vorrebbe ricuperare la vista (cfr. il comm. a 8 ,24) . Egli supplica ora Gesù chiamandolo paa�ou'J � (cfr. Io. 2 0 , 1 6 ) , cioè, rispettosamente, «mio signore» ( = pa��t ; cfr. il comm. a 9 ,5 ) 20• Non ha fondamento l'ipotesi che vi sia concorrenza fra questa apostrofe, collegata alla situazione del­ l'incontro diretto (Et1tE'V) , e il grido d'aiuto, collegato alla di­ versa situazione del passaggio di Gesù (Expa.�E'V), cioè fra le espressioni pa.��ou'Vt e utÈ Aa.u!o 21 • Questa variazione, dettariano in btr.�4À.Àw, probabilmente in vista del 'seguire' di cui parla il v. ,2. La distinzione fra un gesto ellenistico (gettare la veste) ed uno palestinese (raccoglie­ re la veste) è artificiosa e non confermata; essa è escogitata in E. Lohmeyer, Mk. 226 e ripresa in L. Schenke 363 . Non vi è alcuna difficoltà nelrimmaginare che un mendicante cieco, per di più nel primo mattino del periodo pasquale, quando probabilmente avvenne la partenza della schiera dei pellegrini, sieda sulla parte inferiore del suo mantello e lo getti via nell'alzarsi in piedi. � una forzatura inten­ dere che egli abbia steso il mantello sulla via «affinché i passanti vi depongano i loro doni» (E. Lohmeyer, Mk. 226), poiché la narrazione non lo presuppone. Ciò vale anche contro E. Hirsch, Fruhgeschichte 1, 1 16 s., secondo il quale btt. �a.lWv deve essere originario: «Il gesto festoso del gettare la veste nell'alzarsi in piedi è sta to colto dall'occhio acuto del primo narratore�. Ciò è chiaramente contraddetto dalla successione dei verbi : il gettare il mantello consente l'atto di alzarsi in piedi. 20 . Cfr. Billerbcck n , 2' s . ; E. Lohse in ThWb VI, 964 s.; P. Nickels, Targum and Nttw Testament, Roma 1967, 2, . aJ . Spesso, in commentari co monografie si afferma che esisterebbe una 'contraddi· ,

266

ta dalla situazione, conferma che i due 'titoli' sono ugualmen­ te originari. 5 2 . Un ulteriore tratto inconsueto della nostra narrazione è costituito dal fatto che Gesù non compie un gesto risanante né pronuncia una vera e propria parola terapeutica. Con la for­ mula di congedo (cfr. il comm. a r ,44) e la cons tatazione del­ la forza salvifica della fede ( cfr il comm. a .; ,34), una fede messa all a prova dall'ostacolo della ripulsa (v. 48), Gesù assi­ cura a Bartimeo la guarigione. La fede riguarda la potenza mi· racolosa di Gesù, figlio di David, che l'approva. Anche in que­ sto caso, la strana disposizione dei motivi sarà stata determi­ nata con ogni probabilità dal decorso della guarigione stessa, della quale si constata brevemente l'effetto immediato. Man· cando il punto di riferimento costituito da una parola risanan­ te, la constatazione si riferisce, ancora una volta in maniera singolare, alla preghiera del cieco (t'Va. à.\UX�ÀÉ�W fLVÉ�ÀE �Ev). La dimostrazione, generalmente misconosciuta dai com­ mentatori 22 e concretamente connessa col cammino di Gesù {colui che era cieco può unirsi ora al pellegrinaggio verso Ge­ rusalemme, senza dover essere guidato; il termine i)xoÀ.ovDEt. è un imperfetto durativo, che descrive la sua partecipazione al corteo durante il cammino; cfr. anche il comm. a r ,3 r ) è l 'ultimo tratto caratteristico di una storia di miracoli compo.. sta non liberamente, cioè non nel rigoroso rispetto della topi­ ca del genere, bensl strettamente legata a dati storici. L'aro.

-

..

zione' (cfr. ad es. C. Burger 43 ) fra le 'apostrofi'; ma il giudizio si basa general­ mente sull'ipotesi di una concezione del Figlio di David cristianizzata secondaria­ mente (eliminando il valore politico del titolo), che non concorderebbe con l'a­ postrofe 'rabbuni', o sull'idea errata che al Figlio di David non si addicano atti miracolosi. 22. Il v. 52d continua ad essere considerato una locuzione di trapasso creata reda­ zionalmente da Marco. Questa valutazione contraddistingue il procedere in ma­ niera eccessivamente meccanicistica della nostra consueta critica letteraria. A par­ tire da 8,27 (cfr. ad l. ), lv -til 6� è costantemente locuzione tradizionale della storia premarciana della passione. Nel v. 52d essa fa parte della dimostrazione, che dopo le parole di congedo (che non incitano il cieco a recarsi a casa) e la constatazione della guarigione, conclude la narrazione, la quale rimarrebbe incom­ pleta senza questo particolare.

mirazione e l'acclamazione mancano 23 perché non si tratta di un racconto isolato d ' intento missionario, bensi di una parte della storia della passione, nella quale esso, come ora nel van­ gelo di Marco, era seguito dalla storia dell 'ingresso in città con la sua propria, vasta acclamazione ( 1 1 ,9 s . ). IV

L'analisi critica del genere e l'interpretazione dei particolari ci portano concordemente ad affermare che la narrazione tramanda un episodio della vita di Gesù : la guarigione del mendicante cieco Bartimeo presso Gerico durante il cammino di Gesù verso Gerusalemme. Oltre alla guarigione stessa ( per la possibilità di una sua terapia carismatica cfr. il comm . a 8,22-26 ) vanno registrati i seguenti particolari storicamente significativi : 1 . l'indicazione della grande folla che segue Gesù (che ha rispondenza con ro,I .3 2 ; r r ,8 ); 2 . l'apostrofe «Figlio di David» rivolta a Gesù sullo sfondo dell'attesa giudaica, non politica, del Figlio di Da­ vid; 3 · il comando di tacere, paragonabile con 8 ,3o; 4 . la connessione fra il miracolo e la fede risanante, provocata da Gesù; cfr. il comm. 8 .5 ,34· Nel suo complesso la pericope è una prova importante del fatto che la s toria premarciana della passione conteneva anche l'anabasi di Gesù, ed è in pari tempo un indizio della sua antica origine e de1le vaste in­ formazioni in possesso dei suoi tradenti .

v

Nel vangelo di Marco il racconto della guarigione è recepi­ to alla luce del concetto della sequela, che caratterizza la quar­ ta parte principale. In quanto ultima storia di miracoli, esso

è posto nel punto in cui ha inizio l'ultimo periodo dell'azione

di Gesù a Gerusalemme, dominato dai contrasti con i gruppi dell'aristocrazia giudaica. Non vi sono indizi, almeno con­ creti, che Marco abbia posto in evidenza «il rapporto simbo­ lico fra il riacquistare la vista e il seguire Gesù» 24• Se non si tiene sufficientemente conto dell'atteggiamento ossequioso di Marco verso la tradizione, si giunge facilmente a sopravvalu­ tare un non dimostrabile contenuto simbolico della narrazio­ ne . Al pari della tradizione premarciana, anche Marco avrà vi2J.

2 un errore supporre che Marco le abbia eliminate (cosl L. Schenke 3,, ). 14. J. Rolofl 1 26 ; contro K. Kertelge 1 8 1 s.; L. Schenke 368 s.

sto nella guarigione del cieco un segno messianico e un presup posto del giubilo messianico che proruppe all'entrata di Gesù in Gerusalemme. Nello stesso tempo, la parte del vangelo che aveva avuto inizio con la confessione di Pietro (8 ,27-30) si conclude con l'invocazione, piena di fede, di Gesù quale «Fi­ glio di David » Oltre che in I I , I - I O , il tema del Figlio di Da­ vid assume rilevanza già nella storia premarciana della pas­ sione anche attraverso il dialogo che trat ta di questo tema, am­ bientato nei giorni di Gerusalemme ( I 2,3 5-3 7 ; cfr. ancora ad l. ) . ­

.

BIBLIOGRAFìA . Cfr. la bibliografia cit. a pp . .5 2-54 ; R . Bultmann, Trad. 2 2 8 ; G. Theissen, Erg. H. 79 s . ; M. Dibelius, Formgeschichte 49 s . ;

inoltre P. Ketter, Zur Localisierung der Blindenheilung bei ]ericho : Bib 1 .5 ( 1 934) 4 1 1 -4 I 8 ; A. van Veldhuizen, Mk z o :jo : NThSt 4 ( 1 920) 1 .5 ; H.G. Meecham, St. Mark X,5z : ExpTim .52 ( 1 940/ 4 1 ) 437; H.W. Parrott, Blind Bartimaeus Cries Out Again : EvQ 3 2 ( 1 960) 2 .5-29 ; F. Hahn, Hoheitstitel 2 62�264 ; W.F. Smith, The Paradox of ]esus in the Gospels (Philadelphia 1 96 9 ) 1 3 5-I 44 ; T.L. Budesheim, Discipleship 1 94- 1 99 ; E. Best, Discipleship in Mark 8, 22-I0,52 : Scott JTh 2 3 ( I 97o ) 323-3 3 7 ; C. Burger, ]esus als Davidssohn (FRLANT 68 ) (Gottingen 1 970 ) 42-46 . .5 9-63 ; K. Kertelge, Wunder 1 79- 1 8 2 ; J. Roloff, Kerygma 1 2 1- 1 2 6 ; A. Paul, Guérison de Bartimée. Mc zo,4652 : AS 61 ( 1 972) 44-5 2 ; R H . Hiers, ]esus 76 s.; V.K . Robbins, The Healing of Blind Bartimaeus (Io,46-52) in the Marcan Theology : JBL 92 ( 1 973 ) 224-243 ; E. LOvestam, ]esus Fils de David chez les Synop­ tiques : StTh 28 ( 1: 9 74) 97- 1 09 ; G. Theissen, Wundergeschichten ; L. Schenke, Wiindererzahlungen 3 5 0-369 ; D.A. Koch, Bedeutung 1 2 6.

1 32.

PARTE QUINTA

GESù E L'INSEGNAMENTO NEL TEMPIO ( I I ,1-1 2,44)

LA DIMOSTRAZIONE MESSIANICA DI

I. L'ingresso di Gesù in Gerusalemme

e

la dimostrazione pro/etica nel tempio ( 1 1 , 1-2,5 )

I . L 'INGRE S SO DI

GE S Ù IN GERUS ALEMME

( I 1 ,1-1 I )

I

Con la vicenda dell'ingresso di Gesù in città Marco dà ini­ zio alla quinta parte principale del suo vangelo ( I I , I- r 2 , 4 4 ) , nella quale descrive il soggiorno di Gesù a Gerusalemme ed i suoi conflitti come premessa immediata della passione. Come già aveva fatto in 1 0,46-5 2 , l'evangelista segue lo sviluppo del­ la storia premarciana della passione (cfr. l'excursus a pp. 1 8.5 4 ), la quale, dopo l'episodio di Gerico, registrava, come sue.. cessivo avvenimento importante, l'arrivo a Gerusalemme col corteo trionfale dal Monte degli Ulivi. Il testo non presenta alcuna traccia di rielaborazione marciana. 1 1 1 Kat O't'E lrr!�oucrtv �te; 'Iepo0"6À.u(la E� B1]1lcpayi) x«t B11Da.v!a.v 1tp�c; 't� opoc; 'tWV fÀ.at.wv, a1tOCT't'ÉÀ.À.Et. 8vo "rW'V IJ.CX.1l1}'tWV aÒ'tOV 2 xat À.ÉyEt aÙ't'oi:c;· Ù1tcl'YE't'E Etc; 'tTJ'V XWlJ.1)'V "r'i)V Xa't'É'Va'V'tt. v(.l.Wv, Xtll EU­ fùc; E�CT1tOpEuop.Evot. Etc; a.ù't'i}v eùpi)CTE'tE 1tWÀ.ov OEOEp.Évov icp '8v oùòetc; CU1tW av�pW1tWV ÈxtiDt.CTE'V" À.VCTtl.'tE a.Ù't�V xaL cpÉpE'tE. 3 xat Èav 'tt,> 1 • La storia premarcia.. na della passione registra probabilmente con fedeltà la situa.. zione originaria della parabola con la reazione degli ascoltato­ ri (v. r 2). Sebbene la parte figurata della parabola presenti «un avve.. nimento perfettamente verosimile nella Palestina del N .T.» 2, è da supporre che sin dall'inizio, quando venne pronunciata da Gesù, essa mirasse a tras�ettere un significato allegorico, al 1. H. Frankem0lle 189.

2. M.

Hengel

2,.

Mc. I2,I

3 2'

quale il narratore tende sempre più decisamente nel corso del­ la sua esposizione: il destino dei profeti quali precursori del­ l'«ultimo messaggero» di Dio, padrone della vigna di Israele, traspare chiaramente nella prima metà della parabola, narrata dapprima in maniera del tutto coerente e realistica. L'arte del narratore consiste appunto nel fatto di non narrare allegorica­ mente sin dall'inizio (il termine èfvi}pw7toc; nel v. rh non è una metafora per indicare Dio) e in pari tempo nel raggiungere con chiari cenni strutturali e concettuali la spiegazione del «mon­ do trattato>>, alla quale mira con la parabola stessa. L'allusio­ ne ad Is. 5,2 .5 nel v. I , che non va intesa assolutamente come semplice citazione dei LXX e che viene integrata nel v. 9 con un'ulteriore allusione ad Is. 5 ,5 , sarà un tratto originario; cosi anche l'invio di molti altri servi (v. 5b), che va oltre lo schema del triplice invio di un servo, corrispondente alla regola del numero tre (dr. il comm. a 4,3 8 ; 1 2 ,20-2 2 ; solo ad esso va riferita la regola) , sicché soltanto dopo risulta plausibile l'in­ vio del figlio ed erede, quale ultimo messaggero. Una ricostru­ zione della parabola che espungesse il v. 5 , o anche solo il v. 5b o i vv. 6-8 , non terrebbe conto né delle caratteristiche del genere, né della particolare struttura di tensione del nostro te­ sto, come motiveremo più precisamente nel commento ai sin­ goli passi. III I . L'introduzione del discorso ci riporta alla scena precedente dell'interrogazione sui poteri di Gesù; egli si rivolge ai capi d'Israele, (a.u'to'i:c;) menzionati in I I ,2 7, con una parabola (cfr. Év 1tapa�olatc; bemasal in Ps. 77 [ 78 ] ,2 ; dr. anche 3 , 23 ). Sul pleonastico apxoiJ,a.t, come caratteristica stilistica della storia premarciana della passione dr. il comm. a 8 ,3 I ; per Àta­ ÀEtv anche 8 ,3 2 . In luogo della risposta diretta alla domanda sulla sua autorità, che Gesù rifiuta di fornire in seguito all'e­ lusività degli avversari ( I I ,3 3 ) , egli risponde ora indiretta­ mente con una parabola, che illustra la situazione sua e dei suoi avversari. Essa comi ncia senza congiunzion i con la descrizione dell 'a=

Mc. I2,I

zione di un tale ( ocv1'pw1toc; nel significato di ,;t,c; è un semi­ tismo ): un tale piantò una vigna. L'espressione a{l7tEÀwva ÈÉpE"t'É JlOL O'l)'Jcipl.o'J tva. tòw. 16 ot ÒÈ i}vEyxa.v. xat À.ÉyEt. a.Ù"t'o�;· "t'tvoc; 1} Etxwv a.u-r71 xat i) !7ttypacpi) ; ot oÈ e!1ta.v aù�· Kal.­ aapoc; . 17 o ÒÈ 'IT)o-ou; elm:v a\rtoi;· -tà. KaLaapo; à1t60o"t'E K«l'o-a.pt. xat 'tà 'tou DEou � tl'Eéi)._ xa.l É;e�auJI.al;ov É1t'aù-t�. 13 E inviano a lui alcuni dei Farisei e degli Erodiani per .coglierlo in fallo mediante una parola. 14 E, giunti, gli dicono : «Maestro, sappiamo che sei sincero e che non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia ad uomini, ma insegni la via eli Dio secondo verità. È lecito pagare il tri­ buto a Cesare o no? Dobbiamo pagare o non dobbiamo pagare? » . 15 Ma egli , conosciuta la loro ipocrisia, disse loro: «Perché mi tentate 4? Por­ tatemi un denaro, ch'io veda ! ». 16 Essi glielo portarono. E dice loro : «Di chi è questa immagine e l'iscrizione ? ». Essi gli dissero: «Di Cesa­ re» . 17 E Gesù disse loro : «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio» . Ed erano grandemente ammirati di lui.

II

Il dialogo didattico, con i tratti topici della comparsa degli interroganti (v. 1 3a), della domanda (v. 14) , della controdo­ manda del maestro (v. r 6bc) , della risposta degli interroganti (v. r 6de) e del maestro (v. 1 7 ab ) (cfr. il comm . a r o,2 - 12 ) , è ampliato da indicazioni sui motivi degli interroganti (v. I 3b) , a.

L'aggiunta di Ù1toxpr."t'a! (J'45 W 9 À.

a.u�J,ci�w ricorre soltanto qui) appare sorprendente alla conclusione di una dialogo didattico; dr. tuttavia anche 1 2 ,34.3 7 . Non essendo riconoscibile come aggiunta redazionale, va intesa come importante prova del ca­ rattere di resoconto di questa storia. La saggezza della risposta di Gesù desta stupore. Nella storia premarciana della passio­ ne l'annotazione di 1 2,34c, spostata da Marco, concludeva (vedi ad l.) la sequenza I I ,2 7- I 2 , I 7 : dopo questa lezione, nessuno osava più interrogare Gesù. IV La questione se sia consentito o no pagare l'imposta all'imperatore po­ teva venire risolta r ic or ren do non direttamente alla legge, bensì ad una sapienza profetica collegata alla via divina . La menzione dei Farisei e degli Erodia n i (cfr. 3 ,6 ), il car attere di resoconto della storia, la ri­ spos ta di Gesù, adeguata alla situazione e d insieme dotata di valore assoluto in quanto fondata sul comandamento pri ncipale , ci consen­ tono di affermare che questa narrazione può essere fatta risalire ad un avvenimento della vita di Gesù. D .J.M. Derrett ed A. Stock hanno cer8. M. Hengel 19 s.

9· W. Schrage 38 s.

Mc. I 2,IJ·I7

345

cato di dimostrare che la risposta di Gesù si basa sull'esegesi che a quei tempi si dava di Eccl. 8 ,2. L. Goppelt (p. 2 1 1 ) ha sottolineato la con­ cordanza di questa risposta di Gesù con elementi strutturali di altri suoi detti, nei quali si può trovare «non solo il distacco escatologico dalle regole della storia, bensl, attraverso di esso, un ridimensionamen­ to dell'elezione d'Israele e della legge, e pertanto la libertà di cogliere e di seguire direttamente le richieste di Dio nella storia». Questa narrazione registrerà attendibilmente gli sforzi degli avver­ sari di Gesù per poterlo consegnare ai Romani con un'accusa di carat­ tere politico. Cfr. anche 14,1 s. 5.5-6.5 ; I 5 ,I- 1 .5 .

v

Questa tradizione ebbe probabilmente un significato parti­ colare per la situazione della comunità marciana dopo la rivol­ ta giudaica e la distruzione del tempio di Gerusalemme; la co­ munità può averla intesa alla luce della guerra giudaica. La co­ munità cristiana è leale nei confronti dello stato romano e può riferire questo suo atteggiamento a Gesù, che non si lasciò trascinare dai suoi avversari giudei ad un atteggiamento illea­ le. Nel contesto di Mc. la narrazione fornisce anche un esem.. pio della sua superiore autorità di maestro (cfr. 2 , I -3 ,6) , che non si lascia intrappolare dagli avversari (dr. già I I ,2 ?­ I 2,I2). BIBLIOGRAPIA. Cfr. R . Bultmann, Trad. 2.5 ; G . Theissen, Erg. H . 24; inoltre H. Liese, Numisma census: VD 12 ( 1 932 ) 289-294 ; M. Rist, Caesar or God (Mark I2,IJ-I7)? A Study in Formgeschichte: JR I 6 ( 1 936 ) 3 17-33 1 ; W.G . Kiimmel, Das Urchristentum : ThR 1 7 ( 1 948 ) 387-392 ; E. Stauffe r, Christus und die Ciisaren (Hamburg 41 9.54 ) I 2 I­ I49 ; G. Bornkamm, Jesus I I O·I I4 ; D. Daube, The N.T. and Rabbinic Judaism (London 1956) 1 58-I66; R. Volkl, Christ und Welt nach dem N.T. (Wiirzburg 1 96 1 ) 1 I 2-I I,5 ; J.N. Sevenster, Geeft den keizer wat des keizers is, en Gode wat Gods is: NedThT 1 7 ( 1 962) 2 I -3 1 ; H.R. Schiette, Die Aussagen des N. T. uber «den Staat>> : Archiv fiir Rechts­ und Sozialphilosophie 48 ( 1 962) 1 79· 1 97; L. Goppelt, Die Freiheit zur Kaisersteuer, in Cristologie und Ethik ( Miinchen 1 968 ) 208·2 I 9 ; A. Ben David , Jerusalem und Tyros. Con un tappendice di E. Salin, ]csus ttnd die Wechsler (Basel 1 969 ); J .D.M. Derrett, Render to Caesar . , in Law ùt the N.T. (London 1 970 ) 3 1 3-337 ; A. George, ]esus devant le problème politique : LumVie 20 ( 197 1 ) 5· 1 7 ; M. de Jonge, ]ezus als revolutionair, in ]ezus, Inspirator en Spclbreker ( Nijkcrk 1 97 1 ) 97· 1 1 1 ; C.H . Giblin, «The Things of God» in the Q u esli o n Concernin�t .

.

Mc. z2,z8-27

Tribute to Caesar: CBQ 3 3 ( 1 97 1 ) 5 1 o-.5 2 7 ; W. Schrage, Die Christen und der Staat nach dem N.T. (Giitersloh 1 97 1 ) 30-40; K. Tagawa, ]é· sus critiquant l'idéologie théocratique. Une étude de Mc I 2,IJ-I7, in Mélanges S. de Diétrich ( Paris 1 97 1 ) 1 1 7-12.5 ; R. Breymayer, Zur Pragmatik des Bildes. Semiotische Beobachtungen zum Streitgespriich Mk I 2, z 3-I7 (Der Zinsgroschen) unter Berucksichtigung der Spieltheo­ rie: LingBib 1 3- 1 4 ( 1 972) 1 9-.5 1 ; A. Stock, Render to Caesar: BibTod 62 ( 1 972) 629-6 34; M. Hengel, Christus und die Macht (Stuttgart 1 974 ); W.J . Bennett, jr., The Herodians of Mark's Gospel : NT 1 7 ( 1 97.5 ) 9- 14; G . Petzke, Der historische Jesus in der sozialethischen Diskussion. Mk I2,IJ-I7 par, in Jesus Christus in Historie und Theo­ logie. Festschrift H. Conzelmann (Tiibingen 1 97.5 ) 223-235.

7. LA QUESTIONE DELLA RISURREZIONE DAI MORTI ( 1 2 , 1 8-2 7) I

Interrompendo il filo della storia premarciana della passio­ ne, Marco inserisce nel contesto questa narrazione, tramandata senza riferimenti di luogo e di tempo, per dimostrare ancora una volta la superiore autorità di Gesù. Dopo i Farisei e gli Erodiani, come inviati del sinedrio (v. I 3), sono ora i Saddu­ cei ad interrogarlo. La duplice risposta di Gesù (vv. 24 s. e 2 6 s. ) alla domanda derisoria dei Sadducei costituisce un'unità, poiché la domanda presuppone e tenta di dimostrare che non vi è risurrezione; la risposta di Gesù nei vv. 26 s. attacca in primo luogo le premesse dei suoi interlocutori. L'evangelista pare aver tramandato il suo modello senza variazioni. Per la connessione con 1 2 ,28-34.cfr. ad l. 18 Kat EPXOV"ttl(, l:a.ooouxaiot, 7tpÒ� a.u't6V, ot'tt.VE� À.ÉyOUa'(,'V tivaa''trtO'(,V p,T) elva�,, xa.L É7tT)pw'twv au'tòv ÀÉyov'te:�· 19 Ot,Oauxa.Àe:, Mwucrijt; t:­ ypa�e:v TtJ.LiV lS-rt, EtXV 'tf.VO� aoe:Àcpò� tX1toDcivn xat xa.'ta.Àl7tn yuva.ixa xat �1) acpfi "tÉXVOV, tVCl Àa�n Ò rtOEÀcpÒ� a.Ò'tOV 'tlJV yuvaixa. xat È;­ «XVClO"'t1)0"TT 0"1tÉpJ,La 't(il a&Àcp(il rtÒ'tOU. 20 f1t-tà àotÀcpot .qO"av· xat o 1tpW'tO� lÀa(3EV yuvaixa xat rt'Jtoih#'flo-xwv OÙX acpi}XEV 0"1tÉp(..ta· 21 xat ò OEU"t'Epot; EÀa.�e:v a.u't-Qv xat CÌ7tÉDa.vtv J.Lil xa'trtÀt,7tWV 0'7tÉpJ.La: xat ò 'tPL"t'Ot; Wa-au'twt;· 22 xa.t ot bt'tà. oux à.cpi}xa.v 0'7tÉp�a. Ecrxa-rov 1CtXV­ 'tWV xat T) yuv'i) a1CÉDctve:v. 23 i.v 't'fi à.vctO''tME(, O't(X.V à.va.O'"t'Wa'(,V 't!­ vo� a.Ò'tWV EO"'ta.�t yuvi) ; ot yàp È7t"t'à. EO"XOV aÒ'tTJV yuvctixa. 24 EcpT) aù'toi:� ò '11}aou�· ou s�,à 'tou'to 7tÀ.a.véicrDe: p,i) tto6-re:� -rà.t; ypctcp� 1111·

Mc. I2,z8-27

347

òì 'tTJ'V ouva�-tt.v 'tou DEov; 25 o-tav yà.p lx vExpwv civaa'twa r.v oi.l'tt ya.­ J..C.ouar.v OV't€ ya�J,(�O'V'ta.L, ti'ìvl'daLv w� &yyEÀOL tv 'tOL� oùpa.vo!�. l6 1t Ep � ÒÈ 'tWV VEXPWV 5-tr. tyE!pO'V'ttlt. OÙX ti:vÉ"'(VW'tE ÉV 'tTI �(�Àq) Mw\l­ O'Éwc; E7tL -tou �ti'tou 1twc; EL1tEV aù't (i) o �Eòç ÀÉywv· tyw ò �Eò� 'A�paà� xat [o J Deòc; 'Icraàx xCLt [ o J Deòc; 'Ia.xw�; 27 oùx ia'tr.v hòc; vaxpwv aÀÀà. �wv-twv· 1tOÀÙ 1tÀa.viicrilE. 18 E vengono a lui dei Sadducei, i quali dicono che non c'è resurrezione, e lo interrogavano dicendo : 19 (Etç Ècr't'r.v) e le parole di commento di Deut. 4 , 3 .5 o Ex. 8 ,6 (cfr. anche Deut. 4,39; I Reg. 8 ,6o ; 2 Reg. 1 9 , 1 9 ; Is . 3 7,2 0; 2 Chron. 33,1 3 ) . Ancora una volta il testo dei LXX pare costituire il punto di partenza. In Ex. 8,6 il testo masoretico sottolinea l'incomparabile potenza di Jahvé, i LXX la sua unicità: oòx �a-tt.'V HÀ.À.oc; 1t).,1)v xuptov. Il testo di Deut. 4,35 nei LXX cod. A coincide esattamente con la formulazione xa.t OÙX Ea"tt.V /iÀ.).,o� 'Jt).,'Ì)v a.u-rou; l'espressione chiave XUpt,O� O ttE6�, non citata, che crea il collegamento con Deut. 6,4, non ha equivalente nel testo masoretico. «La mancanza del soggetto indica che qui non si ha una versione indipendente dei comandamenti principali, bensì un commento dipendente da 29-30. A questo scopo si è estratto un brano della frase da commentare e lo si è commentato con un'allusione alla Scrittura. Mediante la costruzione con 3-tt. la citazione dei LXX po­ teva essere mantenuta nella sua forma originaria» 14•

3 3 · Il primo e il secondo comandamento (che Gesù ha formu­ lato citando Deut. 6,5 e Lev. 1 9,1 8) vengono ora dallo scriba collegati insieme e confrontati con la prassi dei sacrifici rituali . Le due forme di futuro con valore imperativo in

Deut. 6,5 e Lev. 19, 1 8 ( àya.1ti)O"EL�) sono parafrasate con due infiniti sostantivati e deter­ minati ( 'tÒ àya.1tiiv ); la correlazione potrebbe essere intesa nel senso di «sia-sia». Il termine a.Ò'tO'V si riferisce, al pari di a.Ù't'OV nel v. 3 2 fin., al «Signore, Dio» (xupLov -tòv �E6v) del v. 3 0 ; riappare qui la di­ pendenza del commento dalla citazione.

Nella versione, ora soltanto tripartita, del precetto dell'a­ more di Dio, abbiamo !"intelletto' (cruvECTt,�) al posto dell"a­ nim�' e della 'mente'. Il termine CTU'VECTL� esprime il dono del14. K. Berger 193 ; cfr. 192 s. di Dio in testi veterogiudaid.

con

nota

per espressioni analoghe della

esclusività

Mc. I2,JJ

15

la comprensione e la capacità di ragionare • La critica dei do­ ni sacrificali, implicita nel confronto, fa pensare che l'intellet­ to venga introdotto come capacità di distinzione, per sottoli­ neare una condotta ragionevole nei confronti della volontà di Dio (consentita dal dono divino della comprensione) . Lo scriba unisce insieme l'amore di Dio e quello del pros­ simo, dichiarando che essi valgono assai più ( 1tEptcrO�E�· aDE xupt.ov xa.� &.ya.1tii'tE 'tÒ'V 1tÀ.T}o-t.ov 35• Devono essere considerati .

30. Contro RH. Fuller 323 ; R. Banks 166, che interpreta "KEt-p>) per mezzo della «regola aurea» an­ che nella famosa risposta di Hillel al pagano che gli chiede di esporre tutta la legge stando su un piede solo: «Non fare al tuo prossimo ciò che ti è odioso. Questa è tutta la torà; il resto ne è l'interpretazione. Va' e impara! » (Shab. 3 1 a bar.). A. Nissen 37 ha messo in dubbio che il riferimento sia a Lev. 19, 1 8 e ha minimizzato l'importanza del Tar­ gum 1 di Gerusalemme, ove alle parole di Lev. 19, r 8b è aggiunta la versione negativa della regola aurea. L'identità del contenuto dovreb­ be tuttavia indicare una connessione intenzionale (cfr. anche Mt. 2 2 ,40 con Mt. 7 ,12) 38• Poiché da un lato esiste in testi giudaici una espressa combinazione del duplice comandamento con Deut. 6,5 e Lev. 1 9,18, e dall'altro nel­ la catechesi cristiana si cita sempre il comandamento singolo dell'amore del prossimo come somma della legge (cfr. Gal. ,; , r4; Rom. 1 3 ,9 ; Iac. 2,8 ; anche Mt. 1 9 , 1 9 ; le menzioni più antiche del duplice comanda­ mento [Did. r ,2a; Iust., dial. 93,3 ] presuppongono la tradizione sisunto; cfr. inoltre test. G. 4· Per ulteriori precisazioni ed altro materiale cfr. A. Nissen 23o-244, che a p. 24I osserva: «Il fatto che comandamenti duplici siano in genere rari, la variabilità della loro presentazione, la chiara aggiunta di un in­ sistente invito ad osservare l'intera torà ed anche il loro inserimento in una serie di altri comandamenti, indicano che I . tali duplici comandamenti non contengono tutto, ed in sé e per sé non bastano affatto ad abbracciare i doveri degli uomini; 2. le due parti in cui si suddividono, per quanto importanti ed estese, rappresen­ tano tuttavia solamente due comandamenti della torà e non sono la torà intera; 3. non sono necessari in quanto comandamenti duplici, e nelle loro diverse combi­ nazioni non affermano, né possono affermare altro che ciò che affermano quando sono presi singolarmente; 4· ciò che è più importante, essi, presi di per sé e senza l'aggiunta dell'obbedienza della torà, non sono immuni da critiche, poiché nella loro stringatezza e concisione non fanno capire con sufficiente chiarezza che essi t1on sono tutto, né consentono di derogare m alcunché dal dovere imprescindibile di eseguire tutti i comandamenti, anche i più piccoli. Nell'ambito del giudaismo, pertanto, i comandamenti duplici possono avere non solo un contenuto limitato, bensl anche un valore limitato e da limitare chiaramente attraverso l'invito pres­ sante ad obbedire integralmente alla torà». :36. Or. A. Nissen 373 ss. ; per la «regola principale» 397 ss. 37. lbid. 39o-399 , specialm. 393 s. 38. Nel suo «}erusalcm» ( testo in K. Wilhelm, ]iidischer Glaube, Bremen 1 96 1 , 332), Mosè Mcnddsohn cita l'episodio "iel pagano c d i l lil l el sostituendo la «rc­ ROIB aurea» con le parole di Lev. 19,18.

3 72

Mc. z2,28-J4

nottica 39), questa formulazione del duplice comandamento risalirà pro­ babilmente a Gesù. stesso ..,.

Considerando che la risposta di Gesù alla domanda sul co­ mandamento più grande cita solo due «regole principali>> del­ la torà e fornisce l'unificazione di comandamenti importanti, ma non un loro principio costitutivo né un metro di interpreta­ zione della legge indipendente dalla torà, le sue parole non superano i limiti del giudaismo antico. Tuttavia, il suo atteg­ giamento teorico e pratico nei confronti della legge e il suo aspetto di rivelatore escatologico fanno pensare che la sua ri­ sposta, nella sua dimensione concreta, superi questo ambito : l 'amore di Dio è amore del padre, che ama anche il peccatore - e l'amore del prossimo abbraccia anche il peccatore 41 • Da questo riconoscimento scaturisce un nuovo canone interpreta­ tivo, che attinge la sua nuova misura dalla morte e dalla risur­ rezione di Gesù stesso . Il testo attuale di Mc. 1 2 ,28-34 si rivela, rispetto alla tra­ dizione originaria, una rielaborazione ed un ampliamento cri­ tico nei confronti del culto, ed appare contemporaneamente ri­ volto ai fini missionari, chiaramente orientato verso l'ambien­ te ellenistico-giudeocristiano (come ha indicato l ,esegesi al punto III ) . Siamo indotti ad attribuire la rielaborazione della tradizione alla cerchia ellenistica di Stefano a Gerusalemme, poiché qui paiono manifestarsi le tendenze di critica al tempio ed al culto e la concezione della legge degli 'Ellenisti' (devian­ te rispetto a Gesù ed agli 'Ebrei' di Gerusalemme) : nella ma­ niera più chiara essa si riflette nel loro abbandono della circon­ cisione durante la missione fra i pagani. La collocazione dello scriba nelle immediate vicinanze del regno di Dio, espressa nella seconda parte, tradisce un intento missionario dell'am­ biente giudeo-ellenistico; il giudaismo (come in Act. I O il cri­ stianesimo degli ex gentili che praticavano il timore di Dio e 39· Cfr. ultimamente C. Burchard 44-46. 40. J .B. Stern parla, ben poco a proposito, di un'accurata scelta da parte di Gesù, che terrebbe presenti norme rituali (Deut. ) ed etiche (Lev.) della torà, vista come ((unità organica� . •p . Per il limite posto dal giudaismo cfr. A . Nissen 9 6 ss. 145.

3 73

l'amore del prossimo) viene dichiarato fase preliminare del cristianesimo, il quale in seguito, da Agostino a Lutero, ha as­ segnato �uesto duplice comandamento all'ambito del diritto naturale . Il collegamento di questa pericope col dialogo con i Sadducei sulla risurrezione intende contrapporre un uso evi­ dentemente irragionevole ed errato della torà a quella inter­ pretazione assennata e ragionevole che ne avevano dato non solo Gesù, ma anche lo scriba, divenuto rappresentante del giudaismo ellenistico. v

Con l'aggiunta della notazione conclusiva, Marco ha distac­ cato questa narrazione dalle altre, facendone l'episodio finale delle dispute di Gesù a Gerusalemme. In tal modo lo scriba, che testimonia l'atteggiamento positivo di Gesù nei confronti della tradizione israelitico-giudaica, diviene in un certo senso un 'deviante' rispetto ai suoi pari, che in Mc. compaiono co­ stantemente come avversari di Gesù. Collocando questa nar­ razione nel contesto, Marco intende evidentemente sottolinea­ re anche «che un rappresentante della tradizione giudaica con­ temporanea} e per di più uno dei principali avversari in Mc. , riconosce a Gesù una giusta comprensione della tradizione biblico-giudaica, poiché le verità fondamentali della religione giudaica - riconoscimento dell'unico Dio, amore di Dio e del prossimo come comandamento supremo, posti al di sopra di ogni sacrificio rituale - non costituiscono fra di loro motivo di contesa. Posta a concludere la serie dei dialoghi di disputa, la pericope intende smascherare la malvagità delle autorità giudaiche e presentare Gesù come colui che dà vero compi­ mento alla tradizione israelitico-giudaica . Per Marco ne è pro­ va l'unico scriba della nostra pericope, che costituisce un'ec­ cezione rispetto ai suoi pari ed agli avversari principali di Ge­ sÙ» 43 • Il riconoscimento di Gesù come maestro che parla vera­ cemente (v. 32 ) assume importanza anche per l'ammaestra­ mento cristologico successivo, rivolto contro gli scribi. Se ri.J l . Cfr.

E. Wolf, Zur Froge des Naturrechts bei Thomas von Aquin und bei Lu­ ther: JGPrO 67 ( 1 96 1 ) 1 96-204. 4 3 · H .W . Kuhn 304 .

3 74

Mc. :r2�8-34

ferita al contesto, anche l'annotazione del v . 34h, collocata qui dal redattore, assume un > ( 6 I ), vede nei vv. I 4- I 9 il tratto centrale del di scor so apocalittico ( derivato dai disordini provocati da Caligola intorno al 39-4 1 d.C. ), prodotto di profeti cristiani realiz­ zato ed arricchito dei vv . 20.24-27 verso il 70 d.C. In una terza fase il testo allargato sarebbe stato inserito nell'ammonimento di un pro­ feta cristiano (vv. 5-1 3 .2 I s . [ 3 3-36 ] ) ed in seguito , per mezzo dei vv. 3 s., presentato come discorso del Risorto sul Monte degli Ulivi. Marco vi aggiunse i vv. 1 s. 23 .37 e r 4b. Questa ipotesi, come l'intero libro del Gas ton, è «estremamente strana>> 4• K. Grayston ( I 9 74) intenderebbe ancora una volta collocare Mc. I 3, e pertanto rintero vangelo di Marco, prima dell'anno 70 d.C . : «La col­ locazione di Mc. I 3 fra i capp . I I- 1 2 , con la loro ostilità al tempio, e il cap. 14, con la sua os tili t à ai sacerdoti, s igni fich erà che al tempo del­ la redazione marciana il tempio ed i sacerdoti costituivano ancora una minaccia e una cau sa di risentimento per i cris t iani >> ( 3 77). Egli scorge la fonte di Mc. 1 3 in un testo (formatosi p robabil mente negli anni 50), che abbracciava i vv. 7 ·9 . I I .14-1 6 . 1 8 .2 I .23 .28 s. 33-3 .5 , in seguito al­ largato con elementi della tradizione apocalittica. A suo avviso, il testo originario era caratterizzato da proposizioni temporali (vv. 7 . I I . I 4 .2 1 ) e d a conseguenti imperativi, le aggiunte, invece, da proclamazioni al futuro . Nel contesto ev angeli co Marco collocherebbe l'ammonimento cristologico nell'orizzonte della propria theologia crucis. W.H. Kelber ( I 974 ) dedica maggiore attenzione alla ricezione di Mc. 1 3 nel contesto marciano : in Mc. 1 3 si manifesterebbe un dato valido per l 'intero vangelo : «Come vedremo, ciò di cui si tratta è esattamente quella crisi che diede origine alla composizione del vangelo, la distru­ zione di Gerusalemme e del suo tempio>> ( I I O ). A suo parere il capitolo è una componente integrale del vangelo, e non un inserto : «Non è tan­ to una 'digressione' dalla storia di Gesù, quanto il culmine, attenta­ mente redatto, della missione di Gesù contro il tempio» ( I I 1 ) . In ac­ cordo con J. Lambrecht e R. Pesch, il Kelber attribuisce grande im­ portanza all 'attività redazionale dell'evangelista; a Marco sta a cuore

( I 2 ,35-37). È probabile che la profezia sia stata in parte provocata an­ che dalle ' tensioni' fortemente avvertibili nella capitale.

È evidente che la profezia di Gesù contro il tempio poteva

essere ripresa nel contesto della guerra giudaica, all'inizio del­ la quale la comunità primitiva di Gerusalemme emigrò a Pella. v

Nel contesto del vangelo di Marco la scena di I 3 ,I s. offre

la base per inserire il grande discorso escatologico di Gesù nel

contesto della storia premarciana della passione, nella quale a I 3 , I s. seguiva probabilmente I 4, I s. Ammettendo che a Mar­ co vada attribuito il chiarimento della predizione di Gesù ( aggiunta: cc; ou p.i} xa.�aÀ.vDii) , abbiamo nel v. 2 fin. la più chia­ ra indicazione che il più antico dei vangeli è stato redatto dopo l'anno 70 d.C. 12 • Nella sua versione marciana il discorso escatologico di Gesù serve ad interpretare il significato escatologico della catastrofe della distruzione di Gerusalemme e del tempio ed a parare il divampare indebito d 'una febbrile attesa dell'imminente pa­ rusia tra i cristiani sconvolti dagli avvenimenti di Palestina. L'adempiersi della profezia di Gesù conferisce, nell'interpre­ tazione del futuro, particolare importanza al detto di Gesù che •

1 t . G. Theissen 1 , T . 10. G . Theissen 1 ' 7 . 1 2 . Cosl anche S . Sandmel , The Gospel According to Mark , in A ]ewish Under­ llandinll. o/ the New Ttstament, New York 1974, 1 1,·1 3 , . 1 3 3 ·

410

Mc. ·IJ,J-4

l'evangelista ha chiarito. Nel discorso escatologico l'evangeli­ sta assicura la propria comunità che Gesù stesso, il quale ha predetto chiaramente la distruzione del tempio, non ha affatto collegato il compimento finale a questo avvenimento. BIBLIOGRAFIA . Cfr., oltre alla bibliogr. cit. a pp. 396 e 652 ss., M. Mei­

nertz, Die Tragweite der Weissagung Jesu von der Zerstorung des Tem­ pels: ThGl 35 ( 1 943 ) 1 35- 141 ; W.G. Kiimmel, Verheissung und Er­ fullung (AThANT 6) (Zi.irich 3r 956) 92-9 5 ; O. M ichel , Spiitiudisches Prophetentum, in Ntl. Studien. Festschrift R. Bultmann ( Berlin 2195 7 ) 6o-66; E . Fascher, Jerusalems Untergang in der urchristlichen und alt­ kirchlichen Oberlieferung : ThLZ 89 ( 1 964) 8 r -98 ; C. Thoma, Die Zerstorung des jerusalemischen Tempels im ]ahre 70 n.Chr. Geistig­ religiose Bedeutung fur ]udentum und Christentum nach den Aussagen ;udischer und christlicher Primiirliteratur (diss . datt., Wien 1966) ; L. Gaston, No Stone on Another: Studies in the Significance of the Fall of ]erusalem in the Synoptic Gospels (NT Suppl. 23) (Leiden 1 970 ) ; J. Dupont, Il n)en sera pas laissé pierre sur pierre (Mare IJ,2; Luc I91 44) : Bib 5 2 ( 1 97 1 ) JO I-J20; B . Reicke , Synoptic Propbecies on the Destruction of ]erusalem, in Festschri/t A.P. Wikgren (London 1 972 ) 1 2 1-1 34; R .H. Hiers, Jesus 91-94; G. Theissen, Tempelweissagung.

2 . LA DOMANDA DEI DI SCEPOLI SUL MOMENTO DELLA DISTRUZIONE DEL TEMPIO E SUL ' SEGNO' DEL COMPIMENTO TOTALE ( 1 3 ,3-4 )

I

Con una nuova indicazione della situazione ha inizio una breve scena in cui i quattro principali discepoli pongono una domanda riservata. Tale indicazione separa chiaramente l'in­ troduzione del discorso escatologico dal precedente brano del­ la tradizione (il quale faceva parte della storia premarciana della passione, cfr. comm. a 1 3 , 1 s. ). Questo brano non au­ tonomo (la domanda dei discepoli richiede una risposta di Gesù) può essere attribuito alla tradizione premarciana soltan­ to partendo dal presupposto che prima della redazione del van­ gelo di Marco esistesse già un discorso escatologico di Gesù nel quale la domanda otteneva risposta. In seguito agli studi di J. Lambrecht e R. Pesch (ed in parte anche di L. Hartman), i vv. 3-4 vengono comunemente attribuiti alla redazione marciana (cfr. ad es . F. Hahn, E. Stegemann). J. Lambrecht (Midrasch-

Mc. IJ,J-4

41 1

Quelle) ha però modificato la sua posizione, ammettendo che alla base di Mc. 1 3 va postulata una fonte (discorso di Gesù? ) ; nello studio di R. Pesch i motivi per ipotizzare una composizione redazionale marciana dei vv. 3-4 non erano cogenti, in quanto egli ipotizzava l'impiego di un volantino apocalittico come discorso di Gesù presso i fanatici della parusia avversati da Marco. Perché questo discorso non poteva essere già stato presentato come segreta rivelazione di Gesù ai quattro disce­ poli? Se si ammette, con L. Hartmann o F. Hahn, un discorso premar­ ciano di Gesù, si pone inevitabilmente la questione della sua introdu­ zione. La discussione sui vv. 3-4 va quindi ripresa dall'inizio, dedican­ do maggiore attenzione alla critica dei generi (dr. sotto, punto II ).

Poiché, in ogni caso, a Marco era giunto un discorso esca­ tologico, in forma originaria o rielaborata, attribuito a Gesù, la relativa introduzione dovrebbe essere conservata nei vv. 3-4 , seppure in forma redazionalmente variata. Le aggiunte della redazione marciana possono essere colte soprattutto ne­ gli elementi atti ad agganciare l'introduzione alla scena pre­ cedente e che quindi collegano insieme i temi della distruzione del tempio e del compimento finale : la precisazione del luogo ( xa't'É'Ja'V"t'L "t'ou LEpou, v. 3) e la reduplicazione della domanda dei discepoli allorché chiedono quando avverrà la distruzione del tempio (1tO'tE �au�a E> . La Sophia Iesu Christi narra : «Quando essi, i suoi dodici disce­ poli e sette donne che lo avevano seguito come discepole, dopo che egli fu risorto dai morti, salirono in Galilea, sul monte che viene detto 'Luogo di maturazione e gioia' . . . » . Il Vangelo di Eva comincia: «lo stavo su di un alto monte ... ». Nella seconda introduzione della Pistis Sophia (c. 2) si legge : (LXX: CTUV'tEÀEcrìl"-i)o-f"t'CIL 'ta.u'ta 1tav,;a. ). Il confronto con questa ed altre scene apocalittiche indica che Gesù, l'interrogato, è pre.. sentato come mediatore di rivelazione, al quale sono noti i piani di Dio riguardanti il mondo (dr. per contro il v. 3 2 ) . Il carattere postpasquale della tradizione (cfr. anche al punto II) è evidente.

IV Nei vv . 3-4 si avverte quindi l'introduzione di un discorso apocalittico premarciano di Gesù in cui egli (forse dopo la risurrezione) viene interrogato, probabilmente da un solo di­ scepolo (forse Andrea), circa il segno del compimento finale . La scelta del Monte degli Ulivi come luogo della rivelazione rimanda ad una tradizione giudeocristiana, sebbene non siano 3· Cfr.

K.H. Rengstorf in ThWb VII, 230 s. R. Pesch, Naherwartungen 182 s.; K. Berger, Amen-Worte 68 . , . Cfr. G. Delling in ThWb VIII, 63-67, specialm. 65 . 6. Cfr. W. Bauer, Wb. 99o-992. 7· P. Carrington, Mark 272; cfr. specialm. L. Hartman 145 s. 4· Cfr.

Mc. IJ,J-4

riconoscibili speculazioni giudeo-escatologiche incentrate sul Monte degli Ulivi come scenario 8• L'aspetto linguistico della scena non contraddice tale ipotesi 9• La domanda dei discepoli induce ad attendersi che Gesù nella sua risposta tratti del segno o dei segni del compimento finale; nelle proposizioni introdotte da O"t'a.v nei vv. 7 . r 4 .2 8 s., che riprendono la domanda, si può riconoscere la risposta. v

Con l'aggancio della scena della profezia di Gesù tratta dal­ la storia premarciana della passione (vv. 1-2 ) 10 , con l'inseri­ mento della precisazione locale «di fronte al tempio» (v. 3 ) e col raddoppiamento della domanda: «Quando accadrà ciò? » (v. 4), Marco indica una stretta connessione fra la distruzione del tempio ed il compimento finale: il legame che, in seguito alla catastrofe di Gerusalemme nel 70 d .C., è probabilmente sostenuto nella comunità dell'evangelista da persone che crea­ no disordine. L'evangelista si è dato la possibilità di una ret­ tifica e la sfrutta nella sua versione redazionale del discorso in cui Gesù tratta della distruzione del tempio e della fine del mondo, per affermare che il primo è un avvenimento passato, ed il secondo un avvenimento futuro svincolabile dal primo. BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibliografia alle pp. 396.401-403 ; inoltre : A.W.

Mosley, Jesus' Audiences in the Gospels of St. Mark and St. Luke : NTSt IO ( 1 963 /64) 1 3 9-149 ; A. Strobel, Der Berg der Offenbarung (Mt 28,I6; Apg I, I2), in Verborum Veritas. Festschrift G. Stahlin (Wuppertal 1970) 1 3 3-146; H. Koster, Evangelien als Offenbarungen, in H. Koster - J .M. Robinson, Entwicklungslinien dureh die Welt des /riihen Christentums (Tiibingen 197 1 ) 1 79·1 84. 8. Cfr. W. Foerster in ThWb v, 483 con n. 102. 9· Contro R. Pesch Naherwartungen 96-105. JO. F. Hahn interpreta giustamente: «la discussione sul tempio, iniziatasi nei vv. 1 s., deve proseguire col discorso. Mentre n el v. 1 i discepoli hanno ammirato i Rrondi c numerosi edifici dell'impianto del tempio, nel v. 2 Gesù ha preannunciato la total e distruzione del tempio di Gerusalemme È questa per Marco la vera e propria es pos izi one del discorso che segue, mentre i vv. 3 s. rappresentano il pas­ l&fU.tio alla presentazione degli avvenimenti escat olog ici fat ta da Gesù ,.. ,

.

416 3·

Mc. IJ,,-8

L 'INIZIO DEI DOLORI ( 1 3 ,.5-8)

I

Il primo tratto del discorso escatologico successivo all'intro­ duzione del v. 5a abbr accia i vv . 5h-8 ; la ripresa dell'espressio­ -ne parenetica �ÀÉ1tE't'E ed il passaggio alla trattazione del de­ stino dei discepoli stessi (v. 9a) indicano chiaramente una ces ura . La distinzione fra la tradizione premarciana e la redazione marciana in questo brano è difficile e viene compiuta in ma­ niera molto varia a seconda della struttura e della supposta ' si­ tuazione' di un modello premarciano. Ultimamente F. Hahn ha attribuito all'evangelista i vv . 5 .6 .8d, mentre R. Pesch (Naherwartungen 1 07-1 25) gli aveva ascritto i vv . 5 ·7 .8d e nel v. 6 le parole O'tt, Èyw E�P,L . Se rivediamo questo giudizio, riconoscendo con F. Hahn che il v. 7 è premarciano e facendo rientrare (contro F. Hahn) nella fonte di Marco anche l'intro­ duzione parenetica del v . .5b, ci è sufficiente supporre che all'e­ vangelista vada attribui ta la composizione del solo v. 6 . Poiché non vi sono chiari indizi linguistici e concreti che inducano ad .attribuire a Marco altri versetti o parti di versetti, e poiché ammetten­ do che il discorso escatologico premarciano di Gesù si sia formato, tranne il v. 6, durante la guerra giudaica, tutte le parti che compon­ �ono il testo possono essere adeguatamente interpretate nell'ambito della fonte, sarà opportuno, tenendo conto del quadro generale dell'o­ .pera, attribuire al conservatore Marco solo ridotti interventi reda2ionali. 5 eo OÈ 'IT}O'Ouc; iiP�CI't O À.ÉyEt.V etu-ro!c;· aÀ.É'JtE'tE IJ.iJ 'tt.c; V(.Ldc; 'JtÀ.etvi)a-n· 6 7toÀ.À.ot ÈÀ.Evao'V"tett. btt -rcl) o'Vélla."tL IJ.OV À.Éyo'V-rEc; o"t" Èyw EtiJ.r., xaL 1tOÀ.À.oùc; 'JtÀ.a.vi)O"OVO't,'V. 7 CS-tet'V OÈ axoV. �rlin 1 9' 5 ; A. Grabner - Haider, Para/dese und Eschatologie bei Paulus (Ntl. Abh ., N .F. 4 ), Munster 1968, 31 s. Cfr. anche K. Wengst, Trllllition und Theolo&it d�s Barnabasbriefes (AzKG 42), Bcrlin 1971 , '' s.

4 18

Mc. IJ,J-6

to di Gesù esordisce con la parola guida strutturante �À.É1tE't'E (cfr. i vv. 9 .2 3 . 3 3 ), che invita alla vigilanza 2• L'ammonimento a guardarsi dal traviamento e dall'inganno ( 1tÀa:vaw ) 3 si ri­ ferisce, sia nel modello premarciano sia in Mc. , a dottrine de­ vianti sul compimento finale ( v. 4 ), ed in Mc. in particolare ad un'attesa imminente (collegata alla distruzione del tempio) della parusia di Gesù, il Figlio dell'uomo (v. 2 6) . La breve dif­ fida (v. 5b) , che Marco precisa ulteriormente nel v. 6 , presup­ pone l'esistenza postpasquale della comunità, che Gesù prefi­ gura nel discorso escatologico, e le esperienze negative fatte da essa con agitatori apocalittici (all'inizio della guerra giudai­ ca prima di Marco, dopo la distruzione di Gerusalemme in Mc. ) . 6 . Imitando, nell'allineamento asindetico e nell'annuncio al fu­

turo, lo stile del preesistente discorso escatologico, ma distac­ candosi dal suo linguaggio semitizzante nella disposizione del­ le parole ( soggetto + verbo : '1toÀ).,ot EÀEVCTO'V"ta.t., od oggetto + verbo: '7tOÀ.À.oÙ� 1tÀa.v1)croucrt.'J), Marco crea, con la com­ posizione del v. 6 , una inclusione con i vv 2 I -2 3 ; in tal modo egli pone l'intero tratto dei vv 5-2 3 sotto il segno della messa in guardia contro i falsi profeti e gli pseudocristi, che interpre­ tano erroneamente i segni del tempo e diffondono dottrine de­ vianti sull'imminenza della fine, in considerazione della cata­ strofe della guerra giudaica. I termini 't'Le; (v. 5b) e '7tOÀÀ.o! (v. 6) non indicano esatta· mente i seduttori, ma ce li presentano come pericolosamente numerosi. Essi compaiono (EÀEVCTO'V"ta.!.) e predicano in ma· niera falsamente profetica (ÀÉyov·tE�) richiamandosi al nome di Gesù e rivendicando!o per sé ( E7tL 't'l;> òv6p.a.'t'L IJ.OU , dr . il comm. a 9 ,3 7 .3 9 ), come giustamente si interpreta in Mt. par. : il nome di Cristo 4• Pertanto, l'espressione Eyw Etp,t. an.

.

2. Cfr. R. Pesch, Naherwartungen 107 . �Àl"KJ�E corrisponde a r', ed in tal modo s'invita a prestare la massima attenzione.

3 · Cfr. H. Braun i n ThWb VI, 247-2.50 per quanto rigu arda lo sfondo veterogiu­ daico; R. Pesch, Naherwarlungen xo8. 4· Un riassunto della discussione si trova ora in V. Howard I I7· 1 1 9 .

Mc. IJ,6·]

4 19

drà interpretata come proclamazione di identità (cfr. il comm . a 6 ,50; I4,6 2 ) e intesa sulla base di E1tL "t'@ òv6p.a'tt IJ,OU : i falsi profeti sono allo stesso tempo pseudocristi (v. 2 2 ), che sostengono di essere il Cristo (ritornato) . «l 'molti' del v. 6 seducono molti con una falsa spiegazione dei 'segni' del tem­ po, cioè con l'annuncio che la fine è già giunta. In tal modo vengono smascherati come �EuOo7tpoq>i}'taL. Ma ciò non ba­ sta. I molti, che vengono E1tt 't@ ové(.ttl."t'L llOU e che dicono tyw EliJ.L, spacciandosi così per Gesù stesso, si rivelano �E\J­ o6xptcr'toL. Il v. 6 è composto quindi sull a base del v. 2 2 con ' ogni probabilità dallo stesso Marco» 5 • 7. Nella seconda parte del primo brano (strutturato in due parti per l'aggiunta marciana del v. 6) del discorso Gesù ritor­ na per la prima volta alla seconda (più originaria) domanda posta dai discepoli nel v. 4 (cfr. poi i vv. 1 4 .2 8 s . ) e mette in guardia contro una falsa interpretazione dei segni. Si accen­ tua il «tono danielico» assunto nel v. 4 sa . La notizia di guerre o battaglie, o di voci in proposito (Dan. 1 I ,44 ; dr. Flav. Ios., bell. 2, I o, I [ § I 8 7 ] ) , che giunge ali'orecchio della comunità, non deve spaventarla né intimorirla (per l'espressione p.i) i}poEt:critE nel contesto della parenesi escatologica cfr. 2 Thess. 2 ,2 ) : i suoi componenti non devono desumerne l'imminenza del compimento finale. La guerra rientra negli avvenimenti terrificanti attesi nel tempo finale non vengano semplice-

(cfr. ad es. 4 Esdr. 1 3,30 s . ) 6 ; che le guerre

, . V. Howard 120 s.; dr. J. Lambrecht, Redaktion 100; R. Pesch, Naherwartun­ t.en 1 10 s. (dove si ammetteva ancora l'amplificazione marciana di un modello prcesistente) . Cfr. anche E. Schweizer, Mk! 146 : «Anche in Apoc. 19,20; 20,10; z lo. 2,18 troviamo uno o più antimessia, accanto all'attesa, probabilmente più an­ tica, di falsi profeti . Ciò presuppone una spasmodica attesa della parusia, ed in questa situazione si pensa addirittura a figure che affermano di essere il Messia, rome quelie menzionate in Act. 5,36 s. e come il Simone citato in 8,9 s., che si sa­ reblx: proclamato 'Padre' in Samaria, 'Figlio' presso i Giudei e 4Spirito' presso i pagani ( l ren . , haer. 1 2 3 , 1 ) e sarebbe �tato adorato come dio (lust., apol. 126,1� ))). Una tradizione escatologizzata del itei:o� «lvi}p è ipotizzata da T.J. Weeden , ltf11rk 8o; Id., llert.•sy 1 ' 3 ; E. Stegemann, Markusevangelium 295 s. ,•. Cfr. ltH. Gundry , Use 46 . 6. Cfr. O. Bauernfeind in ThWh VI, ' 1 3 n. 91 ; L. Hartman z8 ss.

420 mente annunciate, bensl debbano giungere all'orecchio della comunità con tutte le loro notizie spaventevoli ( O"t'a:v oÈ à.xou0"1)"t'E ) è un indizio della situazione della comunità nella quale si formò il discorso esca.. tologico di Gesù nella sua versione premarciana 7• Supponendo che già la comunità, sull a scorta di Dan. 9,26, interpretasse la guerra come se.. gno della fine 8, è particolarmente significativo che questa interpreta.. zione venga respinta con l'impiego di una citazione di Dan.

«Come è deciso da lungo tempo» (Dan . 9,26), le guerre de.. vono venire: > (v. 7d) . L'impiego di motivi apocalittici non allargati in descrizioni precise rientra nel ca­ rattere di un discorso di ammonimento attuale, atto a frenare gli eccessi dell'attesa di un fatto imminente con un richiamo alla successione pianificata degli avvenimenti. L'uso di allusio� ni al libro di Daniele (come già nel v. 4 fin.) si riscontra sia per quanto riguarda le vicende osservabili nel tempio (v. I 4 ) , sia anche rispetto all'attesa del Figlio dell'uomo (v. 2 6 ) . La dila­ tazione dell'attesa e l'ulteriore rinvio della fine possono essere connessi con l'incitamento alla fuga ( vv. 14- 1 6 ), che ha senso soltanto prima della fine. Per quanto riguarda la veste linguistica della fonte, va rilevato che le sue allusioni alla Scrittura non presuppongono come base il testo dei LXX, e pertanto si deve pensare alla traduzione diretta di una fonte semitica. Meritano attenzione gli allineamenti asindetici 18 e la semplice condizionale abbreviata nel v. 7a 19•

v

Col v. 6 Marco collega di nuovo il discorso alla situazione successiva alla guerra giudaica, nella quale le profezie avvera.. 1 7 . Cosl F.

Hahn 255.

1 8 . Cfr. M. Black, Approach 58-6o.

19. Cfr.

K. Beyer, Syntax I, 93 s.

tesi saranno certo state riprese da fanatici della parusia. L'e­ vangelista può adeguarsi al suo modello nell'intenzione : non si deve cadere preda dei traviamenti, ma restare vigilanti in attesa della fine (vv. 3 3-3 7) . Non si deve prestare fede ai falsi messia e profeti che compaiono (cfr. i vv 2 I s.). L'annuncio di 'molte' di queste figure indica forse anche che Marco non at­ tende la fine per il futuro imminente, ma si aspetta la compar­ sa di ulteriori seduttori. Egli interpreta il suo tempo come «tempo degli avvenimenti escatologici già cominciati ed in cor­ so di svolgimento» 20 e stabilisce la situazione della comunità in questi frangenti: «nella persecuzione» essa deve «restar salda sino alla fine» , in attesa della propria salvezza ( vv . 9-I 3 ). .

BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibl. citata a pp . 40 r -4o3 ; inoltre W. Manson,

The Ego Eimi o/ the Messianic Presence in the N. T. : JThSt 48 ( 1 946/ 47 ) 1 3 7-145 ; D. Daube, The (I am } of the Messianic Presence, in Tbe New Testament and Rabbinic Judaism ( London 1 956) 3 25-329; A. Haiduk, «Ego eimi» bei Jesus und seine Messianitat : ThV 6 ( 1963 ) 5 5-60; V. Howard, Das Ego Jesu in den synoptischen Evangelien . Un­ tersuchungen zum Sprachgebrauch Jesu (Marb. Theol. Stud. 14) (Mar­

burg I 975 ) ! 1 6- 1 2 3 .

4 · MIS SIONE E PERSECUZIONE DEI DI SCEPOLI

PRIMA DELLA FINE ( I 3 ,9- I 3)

I

II secondo brano del discorso escatologico, introdotto dal­ l'incalzante �ÀÉ1tE'tE Sè u�e:i:c; Éa.U'touc;, non tratta più di segni apocalittici esteriori, bensl della situazione stessa della comu­ nità, del destino di persecuzione dei discepoli di Gesù prima della fine. Nella composizione marciana questo tratto rappre­ senta il brano centrale della prima parte del discorso, con l'im­ portante presenza di espressioni parenetiche che costituiscono anche i collegamenti più saldi con altre parti dell'opera. Con l'analisi critico-letteraria dei vv 5-8 (vedi ad l. ) con­ corda soltanto quella interpretazione dei vv 9-1 3 che attri­ buisce questo tratto alla fonte premarciana, ad eccezione del .

.

20. F. Hahn 26).

Mc. IJ,g-r J

42 4 v.

1 0 che probabilmente fu inserito soltanto da Marco in que­ sto contesto (d'accordo con F. Hahn e contro R. Pesch, Na­ herwartungen 1 2 .5-1 3 8 ; ma contro F. Hahn 2.5 1 anche il v. 9a va attribuito al discorso premarciano di Gesù). Contro una di­ retta appartenenza dei vv. 8 . 1 2 ad una fonte non parenetica e semplicemente profetizzante stanno non solo le differenze di stile (asindeto nel v. 8 , allineamento con xa.t nel v. 1 2 ), bensl anche la diversa intenzione del v. 1 2 e ciò che risulta dall'indagine critica sulla tradizione, che accerta l'omogeneità dei vv. 1 2-1 3a (come dei vv 9b.I I ; dr. al punto IV) . Più precisamente, nel brano della fonte costituito dai vv. 9 . 1 I - r 3 si dovranno distinguere una cornice redazionale ( vv. 9a. 1 3b) e le coppie di detti dei vv 9b. I I e vv . I 2 . I 3a, adat­ tate al contesto del discorso premarciano e risalenti alla tra­ dizione della Chiesa primitiva. .

.

' BÀÉ7tE'tE oÈ ÙJLEi:� ia.u'tov�· 1ta.pa.owcroucrtv ùp.ac; Ei� auvÉopta. xaL Etc; truvaywyàc; Òa.p1)aEC7DE xa.t É1tt 'lÌYEJLO'VW'V xa.L �a.CTLÀÉW'V O'�aìh)aEcrllE IV€XEV E(J.OU ELc; J.Ulp�uptO'V aù-to'L�. 10 xaL Etc; '1tcl'V't('L �à ethn) 1tPW�O'V oEi: x'l)puxl"'ijvat -tò EvayyÉÀtov. 11 xa.t o'ta'V èiywut.v ÙIJ.tic; 7tapa.ÒLo6v­ '"tEc;, IJ.'ÌJ 7tp01J.EPf.JL'Vd�E 'tl. ÀaÀi}CTT}'tE, CÌÀÀ.'8 bkv ooDil VIJ.L'V É'V ÉXE�'VTI '"tTI wpq. �OU'tO ÀaÀ.EL'tE" où ycip ÉO"-tE UJLELc; ot ÀrtÀOU'V'tEc; aÀ.Àà 'tÒ "Jt'VEUJl.(l 'tÒ &yr.ov. 12 xat 7tetpC10WCT€(, aOEÀq>Òc; aOEÀ.cpòv ELc; tttiva.'tO'V xa.t 7trt"t1ÌP 'tÉxvov, xat É7tCl'VM't'i)crov�a.t 'tÉxva. É7tL yovE'Lc; xat Da.va.­ '"twcroucnv aù'touc;· 13 x«L lcrEaì}e I.lt.uou(.l.Evor. ù'ltò 1ttiv�wv òt.à. 'tÒ ovo(la p.ou. o oÈ Ù1to(..L€!va.� etc; "t'ÉÀo� ou't� uwD-i}aE'tar.. 9

«Badate a voi stessi! Vi consegneranno, in tribunali e sinagoghe sarete battuti, e alla presenza di governatori e re sarete posti per causa mia, 1 a testimonianza per loro. 0 E a tutti i popoli deve prima essere annun­ 11 E a quando vi condurranno per consegnarvi, non vi ciato l'evangelo. preoccupate di che cosa dobbiate dire; ma checché vi venga dato in quell'ora, questo dite! Infatti non siete voi a parlare, ma lo Spirito san­ �o. 12 E a (il) fratello consegnerà (il) fratello a morte, e (il) padre (il) figlio. E si leveranno (i) figli contro (i) genitori e li faranno morire. 13 E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà persevet:ato sino alla fine, questi sarà salvato» . 11. S t in luogo di xrx! in un considerevole numero di codd . è probabilmente dovuto ad assimilazione a Mt. par.

II

Il secondo brano del discorso escatologico non tratta più di segni apocalittici, bensl del destino della comunità stessa. Tro­ viamo un allineamento di logia tratti dalla parenesi della per­ secuzione e del martirio, con l'aggiunta secondaria del v. I O . La mescolanza di ammonimenti e consolazioni ( vv. 9a. I I . I 3 be) con le predizioni di persecuzioni e martirio (vv. 9b. I 2 . I 3 a) - queste ultime alternate a previsioni sulle iniziative dei persecutori (vv. 9ba.. 1 1a. 1 2 ) e sulle sofferenze dei persegui­ tati (vv. 9b�.1 3a) - potrebbe avere determinato la concezione dei vv. 5 .7-8 , che appartengono ad una tradizione più recente. La serie di logia raggruppati intorno al v. I I è resa com­ patta dal termine chiave 1ta.pa. o t: o w�u� (vv. 9b. 1 Ia.I 2a) e dalle locuzioni E'VEXEV ÉIJ.OU (v. 9b) e Ot,à �ò O'VOIJ.ci IJ.OU (v. 1 3a) . La cornice è costituita, all'inizio (v. 9a), dall'ammonimento insi­ stente ricollegato ai vv. 5b-8 ; alla fine, dalla frase condizio­ nale che promette salvezza (v. I 3 h). Dal punto di vista dei generi letterari, è necessario distinguere i logia della parenesi della persecuzione e del martirio (vv. 9b.1 x ) , che riela­ borano in stile profetico le esperienze del primo cristianesimo, dai detti che annunciano piuttosto spaventosi avvenimenti apocalittici (con la relativa consolazione) nei vv. 1 2-1 3 , riconducibili ad una radice più antica. Quest'ultimo gruppo rendeva l'intera serie di detti atta ad essere inserita nel contesto di un . Entrambe le date concor­ dano con la paura di una fuga d'inverno, espressa nel v. 1 8 , ma l 'allu­ sione a Daniele suggerisce una profanazione del tempio, alla quale s'a­ datta anche l'incitamento alla fuga ripreso da Gen. 1 9,17 5•

Nel contesto del v. 2 e della prima domanda dei discepoli nel v. 4 (redazionalmente formulata) Marco riferisce il v . 1 4 alla distruzione stessa del tempio 6• La raccomandazione parenetica al lettore a comprendere il segno e a intenderne rettamente il messaggio cifrato (dr. Dan. 9,23 .2.5 ; anche Apoc. I J ,9 . 1 8 ; 1 7,9) 7 presuppone una diffu­ sione seri tta di tale messaggio. Poiché la raccomandazione rivolta al lettore (che potrebbe anche essere una persona che legge a un pubblico e spiega ciò che legge) non può es­ sere staccata dalla fonte e venir considerata un'annotazione redazionale di Marco, si deve prendere in considerazione la possibilità (o la neces· sità) che il brano fosse stato diffuso per iscritto . Ammettendo che anche le comunità giudeocristiane della Giudea nella zona di Gerusalemme 8 dovessero fuggire a Pella insieme con la comunità madre, è perfetta­ mente ammissibile la trasmissione scritta di questa disposizione conte­ nuta nel discorso di Gesù (che venne composto a questo scopo; dr. an­ che al punto IV).

Marco si rivolge al lettore del suo vangelo, che già dai vv . 2 . 4 sa di che si tratta. La disposizione di fuggire sui monti nel momento {-te'tE) in cui «l'abominio della desolazione sta dove non può stare» è rivolta, con un evidente cambio di destina­ zione (non : der Welt, in Biblische R.andbemer­ kungen. Festschrift R. Schnackenburg (Wiirzburg 21 974 ) 349-360 ; L. Sabourin, The Biblical Cloud. Terminology and Traditions : BiblTheol Bul1 4 ( 1 974) 290- 3 1 I .

8 . LA SIMILITUDINE DEL FICO, LA CONCLUSIONE DELL 'APOCALI S SE PREMARCIANA E IL DETTO SULL 'IMPREVEDIBILITÀ DELLA FINE

(1 3 ,28 · 32)

I

Come risulta verosimile dalle osservazioni di F. Hahn (24 324.5), l'apocalisse premarciana si concludeva con la similitu­ dine del fico (v. 2 8 ) , con la sua applicazione adattata al conte­ sto dell'apocalisse (v. 29), col logion della breve attesa, pari­ menti riferito al contesto (v. 3 0 ), e con le parole conclusive di affermazione solenne (v. 3 1 ). Questo brano conclusivo, risul­ tante da una preesistente tradizione di Gesù (vv. 28h.3 1 ) e da precedenti frasi composte ad hoc (vv. 28a.29.30 che in R. Pesch, Naherwartungen 1 75-1 8 8 erano ancora attribuite alla redazione marciana) , è stato ampliato da Marco con l'aggiunta del v. 3 2 , che 'controbilancia' l'attesa a breve termine dei vv . 2 8-3 I . L'evangelista si propone «da un lato di attenuare l'at­ tesa a breve termine espressa nel brano precedente . . . e di rea­ lizzare allo stesso tempo un accettabile trapasso ali'aggiunta parenetica dei vv . 33-37» (F. Hahn 244). In preparazione dei vv. 3 3-3 7, Marco avrà inoltre aggiunto la locuzione É7tt i}u­ patc; al v. 29 fin., indicando più chiaramente chi sia colui che si avvicina. Ci si può anche chiedere se sia attribuibile ali'e­ vangelista l'affermazione del v., 3 2 sull'ignoranza del Figlio ( ou8È o ut6� potrebbe essere un aggiunta che indusse poi a tra.. sformare un'espressione più antica [ Et 1.1Ì1 o DE6c; ] in Et l.l'Ìl o 1ta'ti)p) , ed infine se egli abbia ampliato l'accenno a «quel gior­ no» con le parole iì 't'ijc; wpa�. 21

'A1tò 8È �ijc; crvxi]c; �J,aitE�E �T)v 1ta.paaoÀ.i)v· o�a.v i')81} ò xÀ.aSoc; tLÒ�ijc; Ct'7ttXÀ.Òc; yÉ'V'r)"ttlL xat �xq>vn "ttL cpuÀ.À.a, Y'-'JWCTXE�E O"t(, Eyyùc; "t'Ò tttp o c; �crr tv· 29 ov "twc; xat UJ.lE!c;, lka.v tOT)"t'E �au�a yLVOIJ.EVa., yt.­ 'VWcrxE'tE o"tr, Éyyuc; tcr'tr.v �'7tt Dvpa.t.c;. �, 'A�-t-i)v ltrw u1J.!v 8'tL ov ll'Ìl

Mc. IJ,28-J2

4 '7

1tC1pÉÀi}n i) YEVEti tXV"t1} IJ.ÉXP� o� "tt1Vra "ltaVta yÉV1')'"t'at.. 31 6 oupa:vò� xat i) Yii 1ta.pEÀ.Evcrov-tClt,, ot ÒÈ )..6yot, llOV où p:i) 1tCX.pEÀ.Evcrovtat.. 32 ITE­ pt OÈ -tii� i)Jlipa.� ÈXE�V1}� iì -tiic; (,jpa� ouoetc; otòtv, OÒOÈ ot &yyeÀot. ÉV oupav{l) OUO! Ò UL6�, Et J.L1Ì Ò 1tC1"tTJp. 28

«Dali'albero di fico apprendete la similitudine: quando il suo ramo

è divenuto gonfio di umori e mette le foglie, conoscete che è vicina l'e·

state. 29 Cosl anche voi, quando vedrete accadere queste cose a, dovete comprendere b che (egli) è vicino, alle porte. 30 Amen, vi dico : questa generazione non passerà prima che tutto questo accada. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno . 32 Ma di quel gior­ no o dell'ora nessuno sa, nemmeno gli angeli in cielo, nemmeno il Fi­ glio, ma solo il Padre c.

II

Questo brano, composto di quattro parti, contiene : I . l'in­ troduzione alla similitudine riferita al contesto (v. 28a) , la si· militudine del v. 28b (del tutto adeguata al confronto con due termini corrispondenti e basata sullo schema a�b x�y) e la sua applicazione al contesto (v. 2 9) ; 2 . un logion profetico­ apocalittico (v. 30) indicante un tennine ed introdotto con la formula 'amen' ( où JJ,it tJ.ÉXpLç où) , probabilmente composto per questo contesto (dell'apocalisse premarciana, sebbene non se ne possa negare con certezza la trasmissione isolata); 3 . un detto solenne di assicurazione, in parallelismo an ti tetico, che bene si aggancia al detto introdotto da 'amen' (v. 3 1 ) ; 4 · il det­ to di ammaestramento escatologico (per l'esordio con '7tEP� OÉ dr. 1 2 ,26; I Thess. j , I ) , ad andamento ascendente, sul miste­ ro che circonda il giorno della fine. Nella composizione premarciana (vv. 28-3 1 ) e marciana (vv. 28-3 2) il complesso che ne risulta presenta un senso uni­ tario e non contraddittorio. =

...

III

28a. Nell'introduzione

11.

della similitudine (secondaria, ma pre-

> è il giorno del giudizio finale, che, secondo il v. 26, è il «giorno del Figlio dell'uomo>> (cfr. Le. 1 7 ,24.26. 30 s.) . L'aggiunta di i) 'ti]c; wpac;, che precisa ulteriormente l 'espressione, trae probabilmente origine dalla similitudine (Mt. 24,50 / Le. 1 2 ,46) 16, ma sarà dovuta con ogni probabi­ lità alla redazione marciana (che si riallaccia parimenti ad una similitudine: v. 3 5 ) . L'ampliamento tende ad esprimere l'at­ teggiamento di continua prontezza richiesto nei vv. 3 3-3 7 . Il logion premarciano trattava probabilmente solo dell'i­ gnoranza «di quel giorno» ; le parole sul momento sconosciuto sono un «tipico motivo didattico della letteratura apocalittica, che in tal modo sottolinea l'attesa a breve termine come neces­ sario atteggiamento del credente, senza annullarla come vuole la riflessione teologica moderna. Il theologumenon del mo­ mento ignoto compare chiaramente come enunciato apocalit­ tico primario in tutta la letteratura del genere fra il 200 a.C. e il 1 00 d.C., e precisamente in combinazione con l'attesa a breve termine» 17 (dr. ad es . Zach. 1 4,7 ; Ps. Sal. 1 7 ,23 ; ap. Bar. syr. 2 1 ,8 ). Per rispondere alla domanda sul momento della fine sareb­ be stato sufficiente porre in bocca a Gesù un accenno all'igno­ ranza generale ( ouoELc; otoEv ) . La serie progressiva di coloro che ne sono all'oscuro aumenta, con ogni suo grado, l'effetto delle parole: neppure gli angeli conoscono il momento, seb­ bene siano coinvolti negli ultimi avvenimenti (dr. 8 ,3 8 ; 1 3 , 2 7 ) ; neppure il Figlio (il Figlio dell'uomo, cfr. 8 ,38 ; 1 3 ,26), al quale appartiene > che è venuta. Il fatto che egli trasferisca la seduta del si­ nedrio al mattino ( 2 2 ,26; cfr. l'excurs. a pp. 596-603 ) crea una contrad­ dizione soltanto relativa rispetto alla cronologia marciana (cfr. I 5 ,1 ); Luca è evidentemente influenzato dalle descrizioni di Act. , dove le se­ dute del sinedrio avvengono solo nelle ore del mattino (cfr. Act. 4,1 ss. ; ,,17 ss.). Cfr. anche l a nota 3 · Stando alla descrizione di tutti i sinottici, Gesù muore il venerdl I 5 Nisan, cioè il giorno stesso della Pasqua.

Vi è una manifesta contraddizione fra la datazione della .morte di Gesù nei sinottici, risalente alla storia premarciana della passione, e la cronologia giovannea, secondo la quale Ge.. sù viene crocefisso parimenti di venerdl (dr. I 9, 3 I ·4 2 ) , ma alla vigilia del giorno della Pasqua ( 1 9 , 1 4 ; dr. 1 8 ,28 ), cioè il 1 4 Nisan, e per di più ad un'ora più tarda, poiché in 1 9 ,1 4 si 2. Cfr. D.P. Senior, Passion 279 s. 3· Cfr. G. Schneider, Passion 1 17. Per rendere plausibile la successione temporale Luca è costretto a questa eliminazione a causa del suo spostamento della seduta del sinedrio al mattino e a causa dell'introduzione della scena di Erode (23,6-12); il lettore ne riceve l'impressione che Gesù sia stato crocifisso soltanto verso l'ora sesta (23A4). 4· Contro J. Blinzler 420 s. ,. Cfr. W. Grundrnann, Lk. 387; H. Conzelmann , Die Mitte der Zeit (BHTh 17), Tiibingen 31960, 68-7 1 . Le. 21,37 costituisce anche il nesso che collega la sua tra­ dizione a Io. 18,1 s.

La cronologia della passione di Gesù

afferma che egli sta ancora di fronte a Pilato circa all'ora sesta (verso le 1 2). Tutti i tentativi di appianare questo contrasto sono da considerare falliti 6• Poiché la storia premarciana del­ la passione nella sua cronologia non rivela alcuna tendenza che consenta di desumere uno spostamento della datazione della morte di Gesù 7 , la questione può essere risolta storicamente soltanto se si può documentare che la datazione giovannea è frutto di un adattamento secondario. Jlt�

La cronologia della passione di Gesù in Io. è molto meno dettagliata. Secondo 1 2 ,1 Gesù giunse a Betania «sei giorni prima della Pasqua» (cfr. anche 1 1 ,5 5 e Le. 22,1 . Ex. 1 2 ,3 .6 prescrive di procacciarsi gli agnelli pasquali il IO Nisan), cioè, secondo la cronologia giovannea, che fa coincidere la festa della Pasqua col sabato, probabilmente la dome­ nica della settimana di passione 8 (nella quale, secondo Mc. I I ,I ss ., av­ viene l'ingresso in Gerusalemme); in Io. l'unzione a Betania (secondo Mc. 1 4,3-9 il mercoledl) è evidentemente spostata, e collocata prima dell'entrata in Gerusalemme, che, secondo 1 2 ,1 2, ha luogo «il giorno successivo», cioè il lunedì 9• Tenendo conto di questa variazione 10, la cronologia giovannea in I 2,I . I 2 si rivela dipendente da quella dei si­ nottici. Anch'essa, al pari di quella lucana, è divenuta però imprecisa, anche perché le dispute di Gesù a Gerusalemme (diversamente da Mc. I I-I 2 ) sono già concluse prima della sua entrata in città. Io. 1 3 ,1 colloca «prima della festa della Pasqua» (cfr. Mc. 14,1 2 6. In particolare la «cronologia dei tre giorni» sostenuta da A. Jaubert (e sulla sua scia da E. Ruckstuhl e N. Walker oltre che da molti altri); dr. per contro J. Blinzler e A. Strohel, che preferiscono entrambi la cronologia giovannea; inoltre K. Miiller. M.H. Shepherd Jr. afferma che i s inottici seguono il calendario fisso della diaspora; la storia premarciana della passione ebbe però origine a Gerusalem me! Per precedenti tentativi di armonizzazione cfr. ]. Jeremias 14-19. Recentemen­ te S. Dockx 21-29 ha ipotizzato una differenza fra il calcolo giudeo e quello galileo della data della Pasqua. 7· La cornice pasquale dell'ultima cena non è secondaria, bensl originaria ; cfr. an­ che R. Pesch, Abendmahl. 8. Per le possibilità di calcolo dr. W. Bauer, Das ]oh-Ev. (Handh NT 6), Tiibin­ gen 2192,, 1'3; R. Bultmann, Das Ev(lngelium des ]ohannes (KommNT Meyer II), GOttingen 1519,7, 317. 9· Contro R. Schnackenhurg, ]oh. II, 468 va affermato che Giovanni non colloca l'ingresso in Gerusalemme «la domenica delle Palme», e i sinottici non fissano l'av­ venimento «in un punto di molto precedente», hensl soltanto un giorno prima. 10. Può ri sali re naturalmente anche alla tradizione giovannea ; cf r R. Schnackcn­ burg, ]oh. 1 1 , 467 s. 474-476 : anche F. Hah n Der Prozess }esu �tach dem Joh-Ev. , in liKK-Vorarbeit''" I l . .z, Neukirchen-Zurich 1 970, 23·96.2.5 s. ,

­

.

,

E"curstU

parr.) la cena di commiato di Gesù con i suoi discepoli (né cena pa­ squale né istituzione della cena) ; poiché ha luogo durante la «notte» ( 1 3 ,30) nella quale Gesù è arrestato, essa è collocata alla sera del gio­ vedl, che, secondo Io. , è l'inizio del 14 Nisan (cfr. 1 8 ,2 8 ; 1 9 ,14), nella quale, secondo i sinottici, si celebra il banchetto pasquale (all'inizio del 1 5 Nisan). Supposto che Giovanni, o la sua tradizione, abbia elimi­ nato coscientemente la cena pasquale di Gesù 11, la cronologia torna a rivelarsi dipendente da quella dei sinottici (cfr. ancora 1 3 ,3 8 con Mc. 14,30 parr.). Secondo Io. 1 8 ,28 Gesù viene condotto da Pilato all'alba, come in Mc. 1 5 ,1/Mt. par.; con la constatazione che gli accusatori giu­ dei di Gesù vogliono ancora mangiare l'agnello pasquale si afferma che il venerdl è il 14 Nisan. Poiché questa constatazione è frutto della re­ dazione dell'evangelista 12, almeno in questo punto la cronologia gio­ vannea è secondaria. L'amnistia pasquale avviene ( xa.'tck oi eop-niv : Mc. 1 .5 ,6 = Mt. 27, 1 5 ) secondo Io. 1 8 ,39 E'V -tt'i) 'ltaaxa., «il giorno della festa di Pasqua» . Se si prende alla lettera questa indicazione, abbiamo qui, nella concor­ danza con i sinottici, una contraddizione all'interno della cronologia giovannea, supposto che si intendesse il 1 5 Nisan. La cronologia gio­ vannea torna ad apparire dipendente da quella sinottica. Oltre che in 1 8 ,2 8 (e 1 2,1 .12 ) la contraddizione più evidente rispet­ to alla cronologia sinottica (cfr. Mc. I 5,2.5 .33 ss . parr.) appare in 19, 14, ove il giorno della morte di Gesù è «la vigilia della Pasqua» (1ta.­ pa.O"XEV'Ì) -tov 'ltaaxa.) e il dibattimento di fronte a Pilato termina solo «intorno all'ora sesta» (circa alle 1 2 ). La 'lta.pa.crxev'Ì) "tOV 1tacrxa. è tut­ tavia chiaramente determinabile come «vigilia della Pasqua» solo nel contesto della notazione redazionale giovannea in 1 8 ,28, poiché l'ha­ paxlegomenon 1ta.pa.axtu1} "tOU 'ltticrxa. può significare anche la vigilia del sabato (cfr. Mc. 1 5 ,42 parr . ; Io. 19,3 1 ) della settimana pasquale 13, come fa pensare soprattutto l'uso fisso del termine 1ta.PMXEV1) ( •arube­ ta') nel significato di 'venerdl'. L'ipotesi che nel contesto redazionale giovanneo il venerdl della settimana pasquale venga trasformato nella vigilia del giorno della Pasqua è confermata da 19,3 1 , dove la vigilia ( = il venerdl, come in Mc. 15,42 parr.) viene designata come il giorno pre­ cedente «il gran giorno di quel sabato» (dr. 7,3 7 : il giorno della festa delle capanne, caratterizzato da riti particolari); in tal modo il giorno successivo è indicato probabilmente come «il giorno della presentazione del covone>> (Lev. 23, 1 1 ), cioè il 1 6 Nisan (secondo la tradizione fari­ saica che sta alla base della prassi) 14• Anche nella tradizione giovannea, l t . Per la discussione dr. l'excursus x 5 sull'ultima cena giovannea e sui relativi problemi in R. Schnackenburg, ]oh. III, 3�53· 12. Cfr. R. Schnackenburg, ]oh. III, 277 s. 13. Cfr. ]. Jeremias 74 s. 14. Ibid. 75 ; cfr. Billerbeck n, 848.

LA cronologia della ptJSsione di Gesù

quindi, il giorno della morte di Gesù era collocato il x 5 Ni san. La di­ pendenza della cronologia giovannea da quella sinottica è indicata inol­ tre, oltre che da Io. 1 9 ,42 ( cfr. Mc. 1 5 ,42 parr.) e Io. 20,1 (cfr. Mc. 1 6, 2 parr. ), da altre «tracce della datazione sinottica, soprattutto nella de­ scrizione dell'ultima cena di Gesù (Io. 1 3 ,3 ss.). Che in questa descri­ zione Giovanni si riferisca allo stesso banchetto del quale riferisce an­ che Mc. 1 4,1 7-25 par. è confermato sia dalla scena del traditore {Io. 1 3 , 1 8-30, cfr. Mc. 14,18-2 1 par.), sia dalla successiva andata al Get­ semani (Io. x 8,x ss ., cfr. Mc. 14,26 ss. par . ). Diverse indicazioni fornite da Giovanni presuppongono che si tratti di un banchetto pasquale : an­ che secondo lui l 'ultima cena ebbe luogo a Gerusalemme, malgrado l'affollamento della città causato dai pellegrini (dr. lo. 1 1 ,5 5 ; 1 2 , 1 2 . 1 8 .20). Anche secondo Giovanni Gesù consuma questo pasto con la cerchia più ristretta dei discepoli; anche secondo Giovanni si trattava di un banchetto solenne, nel quale si stava sdraiati. Anche secondo Gio­ vanni Gesù non si reca successivamente a Betania, bensì in un giardino posto al di là della valle del Cedron. A questo contesto si riaggancia anche Io. 1 3 ,10: il banchetto viene consumato secondo le norme della purità !evitica; inoltre 1 3 ,29: la supposizione di alcuni discepoli che nella notte Giuda debba ancora fare acquisti per la festa imminente o distribuire elemosine, costituirà parimenti un indizio riferibile alla not­ te della Pasqua» 15• La collocazione della conclusione del processo di fronte a Pilato «in­ torno all 'ora sesta» ( 1 9, 14), che determina, per la cronologia giovannea, i1 problema di un decesso di Gesù ancora più affrettato (cfr. Mc. 1 5 ,44 s . ), è chiaramente connessa con la tendenza a simboleggiare la richiesta giudaica di togliere di mezzo Gesù, falso maestro e lievito. Oltre a quanto è detto a proposito di Mc. 1 ),2) (cfr. p. 708) si può far notare che Giovanni ha fortemente sottolineato nel suo vangelo le accuse giu­ daiche di eresia rivolte a Gesù 16 e che Giovanni o la sua tradizione (come spesso nel vangelo e soprattutto nella storia della passione 17 ) si dimostrano entrambi dipendenti dalla redazione lucana anche nella scena di 1 9,13-1 6 (cfr. l'excursus a pp. 6o4-6o6 ): cfr. Le. 2 3 , 1 8 (po­ sta in parallelo ad Act. 2 1 ,3 6 ; 22,22 ) con Io. 1 9, 1 5 e z 8,4o ; Le. 2 3 ,25 con lo. 19,16a. Poiché anche la notazione di 1 8,28 si basa su una chia­ ra tendenza giovannea a sottolineare la scrupolosità legale dei Giudei che incolpano Gesù illegalmente e senza scrupoli 18, la datazione ·della I , . lbiJ. 7' s. Lo critica, pur senza confutarlo, R. Schnackenburg, ]oh. 111, 42. H. Thyen 353 adduce anche Io. 13,26 s. 30 (motivo del boccone) a sostegno dell'ori­ ginario carattere pasquale della scena; ma vedi per contro R. Schnackenburg, ad l.

x6. Cfr. S. Pancaro, Tbe

77-1 16.

Law in the Fourth Gospel (NT Suppl XLII ), Leiden 1 97, , 17. Cfr. A. Dauer, Passionsgeschicble.

1 8 . Cfr. S. Pancaro (vedi n. 1 6) .307-.3 19.

Excursus

morte di Gesù al 14 Nisan ( tenendo conto per di più di chiare contrad­ dizioni rispetto a modelli tradizionali) nella cronologia giovannea si .rivela complessivamente frutto di una trasposizione secondaria.

La cronologia giovannea si rivela quindi secondaria rispet­ a quella sinottica e soprattutto rispetto a quella della sto­ ria premarciana della passione . La data storica della morte di Gesù è un venerdì, il 15 Nisan.

to

La questione se lo spostamento del 1.5 al 14 Nisan fosse già avvenuto nella tradizione giovannea (sviluppata poi nella redazione) resta da esaminare, poiché anche un'altra tradizione giudeocristiana, rintraccia­ bile in ev. Petr. 2 ,.5, conosce tale datazione (xat 1tapÉOWXEV aÙ"t'ÒV -t� la.� 1tpÒ P,l.� 'tWV a�up,wv, 1:1)� ewp--cij; rLÙ't'W�) . Se è consentito pre­ supporre contatti dell'ev Petr. con la tradizione giovannea 19, si deve ammettere lo spostamento del giorno della morte di Gesù al 14 Nisan già prima di Giovanni, eventualmente per effetto del paragone tipolo­ gico di Cristo con l'agnello pasquale (cfr. I Cor . .5 ,7; I Petr. 1 ,1 9 ) e del­ la contrapposizione fra la celebrazione giudeocristiana della Pasqua e la «Pasqua dei Giudei» (cfr. lo. 2 ,1 3 ; 6,4; I I ,j j ) 20• Resta dubbio se la baraita a Sanh. b. 43a {ammettendo che si riferisca a Gesù di Nazaret) dipenda da una tradizione giudeocristiana quando dice che «Jesu» ven­ ne «appeso la vigilia della festa di Pasqua» . Non è possibile ricavare una esatta indicazione cronologica da I Co r. .5 ,7 . .

L 'indagine precisa sull'anno della morte di Gesù, condotta ·da un lato con l'aiuto di calcoli astronomici relativi al novi­ lunio, determinante per la data della Pasqua, e dall'altro con una cronologia relativa alla storia del primo cristianesimo, ci indica l'anno 30 o 3 I d.C. Sulla base delle osservazioni astro­ nomiche è possibile escludere con sicurezza 2 8 , 29 e 32 d.C., poiché in essi né il I 4 né il I 5 Nisan potevano cadere di vener­ dl. Poté coincidere con il I 5 Nisan il venerdl 2 7 aprile del 3 I , se si trattò di un anno bisestile e se il novilunio ali 'inizio del mese era avanzato di un giorno; ciò vale anche per il venerdi 7 aprile del 30 21 • Poiché tutte le tradizioni disponibili per il calcolo di questa data ci suggeriscono con più probabilità il 7 1 9 . Cfr. J. Denker, Die theologiegeschichtliche Stellung des Petrusevangeliums ·(Europaische Hochschulschriften XXIII, 36), Bern-Frankfurt a.M. 1975 , 52-56. 20. Cfr. J. Jeremias 76 s. 21 . Cfr. ibid. 31-35 ; E. Ruckstuhl 14-16; M.H. Shepherd Jr. 135-137·

L4 cronologia della passione di Gesù

aprile del 3o, sarà da preferire questo giorno, che non va però identificato con il 1 4 , bensl con il 1 5 Nisan. A. Strobel, che ha fornito il più recente calcolo cronologico, preferisce, senza alcuna vera motivazione e con un affrettato e superficiale spregio dei sinottici, la cronologia giovannea, ed è costretto a supporre, per la celebrazione quartodecimana della Pasqua, uno «spostamento di 24 ore rispetto alla data storica del banchetto di GesÙ» ( 7 1 ), che egli, se­ guendo Giovanni, vorrebbe collocare al 1 3 Nisan. Sarà certamente da preferire l 'ipotesi di B . Lohse 2Z, secondo il quale la celebrazione quar­ todecimana della Pasqua va intesa come diretta e fedele ripetizione dell'ultimo banchetto pasquale di Gesù. Anche se la tradizione della morte di Gesù come vero agnello pasquale e la conseguente datazione al 1 4 Nisan dall'ev. Petr. e da lo. giungono sino al II secolo, ciò non significa che esse siano più antiche della cronologia della passione pre­ marciana. Se non si accetta la premessa dello Strobel (insostenibile a causa dell'insicurezza nel calcolo del novilunio) che il 7 aprile del 30 coincida con il 14 Nisan e se, d'altronde, si tengono presenti le testi­ monianze indipendenti che secondo lui indicano l'anno 30, allora, di fronte al dato di fatto che Gesù morl di venerdì, non resta che conclu­ dere che venerdl 7 aprile dell'anno 30 (ammesso che fosse il giorno del­ la morte di Gesù) era il 1 5 Nisan, il giorno della Pasqua di quell'anno. BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibliogr. cit. a pp. 620-623 ; J. Blinzler, Prozess IOI-1 2 ) .41 6·422 (bibliografia); inoltre J. Jeremias, Abendmahlsworte 9-78 (bibliografia); W. Holzmeister, Chronologia Vitae Christi ( Roma 1 93 3 ) ; A. Jaubert, La date de la Cène ( Paris 1 95 7 ); J.B. Segal, Inter­ calation and the Hebrew Calendar: VT 7 ( 1 95 7 ) 2 84-307 ; J. Blinzler, Qumran-Kalender und Passionschronologie: ZNW 49 ( 19 5 8 ) 238-25 1 ; A. Strobel, Der Termin des Todes ]esu. Oberschau und Losungsvor­ schlag unter Einschluss des Qumrankalenders : ZNW 5 1 ( 1 960) 69I O I ; M.H. Shepherd, Are Both the Synoptics and fohn Correct about the Date of ]esus' Death : JBL So ( 1 9 6 1 ) 1 23-1 3 2 ; E. Ruckstuhl, Die Chronologie des Letzten Mahles und des Leidens ]esu (Einsiedeln 1 9 63 ) ; N. Walker, Pauses in the Passion Story and their Significance /or Chronology : NT 6 ( 1 963 ) 1 6- 1 9 ; Id., Yet Another Look at the Passion Chronology : NT 6 ( 1 963 ) 286-289; J. Carmignac, Comment

]ésus et ses contemporains pouvaient- ils célébrer la Paque à une date non olficielle? : RQum 5 ( 1 964/65 ) 59-79 ; H. Braun, Qumran 11, 43.54; l . Rafferty, The Date of the Last Supper (Staten Island, N.Y. 1 965); H. Thyen, Johannes IJ und die (kirchliche Reàaktion' des vierten Evangeliums, in Tradition und Glaube, Festschrift K.G. Kuhn (Got22.

Cfr. B. Lohse, Das Passa/est der Quartadecimaner (BFchrTh '4), Gutersloh 19,4, 34 ss.

I 97 I ) 343-3.5 6 ; R. Schnackenburg, ]oh·. III, 39-43 ; K. Miiller, Die Geburt des Rabbi ]. aus dem Geiste von Qumran , in Rabbi ]. (Wiirzburg I970) 2.5-60.42-50; R. Rusk, Tbe Day He Died : ChristTod 1 8 ( I 974 ) 720-722; S . Docla: , Chronologies néotestamentaires et Vie de l'Eglise primitive ( Paris-Gembloux 1976 ); H. Feld , Das Verstand­ nis des Abendmahls (Ertriige der Forschung ,;o) (Darmstadt I976) 39·48 .

tingen

2.

L'UNZIONE

DI

GESÙ

A

BETANIA ( 1 4,3-9)

I

Marco continua a seguire la storia premarciana della pas­ sione (cfr. l'excursus a pp. 1 8-5 4), nella quale la nostra scena era già inserita fra 1 4,1 e 14,I O s. Contrariamente a quanto finora è stato quasi unanimemente sostenuto dagli studiosi, la collocazione non è secondaria né risultante dalla redazione marciana. A sostegno dell'ipotesi che il tratto Mc. 14,3-9 sia stato inserito solo a posteriori nel contesto si fa generalmente osservare che : I . la narrazio­ ne interrompe il contesto narrativo di 14,1 s . I O s . ; 2 . il brano parallelo in Giovanni (lo. 1 2 ,1-8 ) è collocato prima del racconto dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme (Mc. I I ,I-I I/Io. I 2 ,I 2-I9); 3 · il v. sb è un'ag­ giunta secondaria, e solo questa realizza una connessione con la storia della passione. A ciò va contrapposto quanto segue : I . I4,I s. I O s. (cfr. il comm .) non sono uniti da una connessione di successione diretta; la notazione che Giuda se ne andò ( &.1ti}À.ilE'V, v. I o ) è sensata solo se si presuppone che i Dodici siano con Gesù . La tecnica narrativa dell'inserimento e la sua introduzione mediante un genitivo assoluto si trovano anche in al­ tre parti della storia premarciana della passione (cfr. il comm. a I I , I 2 2 3 ; 14,.53-72 ); 2 . in Io. la collocazione dell'episodio prima della storia dell'ingresso in Gerusalemme è necessaria, perché, secondo l'evange­ lista, dopo di esso Gesù rimane in città. Diviene cosl possibile il nuo­ vo passaggio alla storia dell'ingresso in città ( I 2 ,9- I 3 ). Inoltre , I o. 1 I , 4 7-.57 e I 2 ,9-1 I richiamano chiaramente la cornice di Mc. 14,I s . I o s . ; 3 · i l v . B h è concepito come risposta originaria (Etç -tòv É'V-ttxcpt.tXCTIJ.6v) alla domanda del v. 4b (�te; 'tL) e menziona l'«opera d'amore» (v. 6d). Per i singoli particolari dr. R. Pesch, Salbung.

L'analisi del genere (vedi al punto II ) conferma che la no­ �tra narrazione rientra nell'orizzonte della storia della passio­ ne, dalla quale, dal punto di vista della critica letteraria, non

è separabile. Tutte le narrazioni collocate a Betania apparten· gono alla storia premarciana della passione. Malgrado frequenti e discordanti tentativi di scomposizio­ ne, va riaffermato che l'intero racconto costituisce un'unità (compreso il v. 9) . L'episodio narrato, compreso il discorso relativamente lungo di Gesù, si sviluppa coerentemente, sen­ za contraddizioni, evidenti incongruenze, raddoppiamenti o ripetizioni. Le due costruzioni col genitivo che aprono il racconto (v. 3 ) si integra­ no a vicenda senza urtarsi; le circostanze locali e modali dell'azione sono espresse brevemente nell'esposizione. La reazione di alcuni presenti al­ l'inconsueta azione della donna (v. 3 ) è descritta coerentemente ai vv 4' come un mormorio di scontento e un ' aperta opposizione. La difesa della donna da pa rte di Gesù è narrata nei vv 6-9 senza rotture logiche. Il v. 9 si adatta perfettamente allo sviluppo di pensiero della narrazione e rientra nella serie di quei detti introdotti da 'amen' e riferiti ad una situazione, che si trovano nella storia premarciana della passione (cfr. il comm. a 1 1 ,2 3 ; 1 2 ,43 ; I4,I8 .25 .J O ). .

.

Per quanto è dato vedere, Marco non ha modificato la tra­ dizione a lui pervenuta. 3 Ka.�

8v'to� au'tov f.v B11Dav!� f.v 't'ii otx!� l:!(..I.Wvoc; �oo ÀE1tpo0, X4'ttX­ XEt.IJ.Évou a.v'tov TjÀ.DEv yuvi} ixouuet à.À.a{3eta�pov J..Lupou vtipoou 'Jti.CT ) riferendo l'espressione «il primo giorno>> al 14 Nisan; anche in Ex. 1 2 , 1 8 , mediante un passaggio di si­ gnificato da 'mese' a 'giorno', si vedeva indicato come primo giorno il 1 4 Nisan 4• Una tale interpretazione pare presupposta anche nel v. 1 2 (cosi anche in Mt./Lc. par.) senza dover supporre un errore di tradu2. P. 9 1 . Contro L. Schenke 1 6o ss., che costruisce «ponti interni•. 3. Cosl anche W. Schenk r8 3 . 4· Testi citati in }. Jeremias, Abendmtlhlsworte I I n. 2; Billerbeck I, 98 7 a.; 8 1 3 s.

11,

zione ( Tii 1tfJW't't) T)Jlip� in luogo di -rtpò p.t.�) 5• Interventi di critica letteraria sono completamente fuori luogo 6• Anche in Flav. los ., bell. 5 ,3 ,1 il giorno degli azzimi è collocato il 1 4 Nisan, e Flav . los., ant. 2, 1 5 ,1 parla di una festa di o tto giorni . Mc. 14,12 indica quindi il 14 Nisan come il primo di otto giorni di festa; a ciò si rimanda anticipata­ mente in 14,1 con l'espressione «dopo due giorni» = il giorno succes­ sivo (il secondo contando anche oggi) .

La domanda dei discepoli di Gesù (nominato per l'ultima

volta nel v. 6) pres uppone il giorno precedente la Pasqua, e l'intenzione da parte di Gesù di tenere un banchetto e di man­ giare l'agnello pasquale (pars pro toto) . Si chiede dove i disce­ poli debbano compiere i preparativi. Poiché il banchetto pa­ squ ale doveva essere celebrato a Gerusalemme 7, si presuppo­ ne parimenti che essi, a questo scopo, partano da Betania ( &:7tE)J)6v'tE�) per recarsi in città (dr. EL� 't'Ì}V 1tOÀt. v nei vv . I 3 b. I 6a) . Con itÉÀEtç si sottolinea la volontà determinante di Gesù, come ottimamente viene confermato dal dettagliato resoconto dell'incarico che egli affida. La sintassi della frase interrogativa presenta, forse per l'influsso di un originale semitico, la coordinazione invece della subordinazione 8• Nella lingua classica ci si attenderebbe un Et davanti a 1tÉÀ.Et.�. Le espressio­ ni imperative atte a riferire l 'incarico impartito da Gesù vengono pre­

parate con un accenno alla sua volontà. Il fatto che si parli dei discepoli di Gesù (o t J.ULt�'l}'t'rLt a.v't'ov ) e non dei Dodici (v. 1 7) non è indizio di tradizioni diverse, bensl distinzione fra una cerchia più vasta di discepoli e i Dodici nella storia della pas­ sione, o variazione ter.minologica determinata dal contesto ( cfr . anche il comm. al v. 17). 1 3 . Per

l'invio dei due discepoli e l'introduzione del discorso, cfr. I 1 , Ib.2a; per il primo invito Ù1tayE'tE Et� 't'Ì]V TCoÀt.v dr. 1 I ,2b : \ntayE'tE Et� 't'lÌ'V XWIJ.T)V . «La città» è Gerusalemme (cfr. 1 1 , 1 9) . Come in I 1 ,2c, anche in I 4,1 3c il primo invito è ,. Ipotesi di J. Jeremias, Abendmahlsworte 12 n. x ; M. Black, Approach xoo n. 3· 6. Cosl, giustamente, anche D. Dormeyer 88; contro L. Schenke 153-x6o ( cfr . ivi altri autori). Cfr. anche H. Windisch in ThWb n, 90.5 . 7· Cfr. ]. Jeremias, Abendmahlsworte 36-38 ; per la preparazione del pasto del maestro da parte dei discepoli dr. Billerbeck IV, 2 , 614. 8. Cfr. Debrunner § 47 1 ; K. Beyer, Syntax I, 259 ss.

Mc. I4,IJ-I4

seguito da una predizione: i due discepoli incontreranno qual­ cuno ( èivil'pw1to� = 't'L�; nel N .T. &:rta.v't'ciw ricorre ancora solo in Le. 1 7,1 2 ). Il portatore d'acqua (dr. Deut. 29 , I I ; Ios. 9 , 2 7) sarà qui immaginato come un servo del padrone di casa; il particolare che egli porta (nel vangelo di Marco aa.o-'tci�w ricorre soltanto qui) una brocca (XEPcillLOV, anche in Le. par.) , usata normalmente a questo scopo dalle donne, mentre gli uo­ mini preferivano otri di pelle, deve probabilmente consentir­ ne il sicuro riconoscimento 9• La struttura di I Sam. xo,,, il versetto che meglio si presta a un con­ fronto (xcx.1. lO''t'tXf. w� av ELO"ÉÀ�T)'t'E Éu� EL� 'ti)'V 7t6À.f.'V, xcx,t tÌ.7tl'I.'V'ti)­ O'€� xopéi) 1tp0q>T)'t'W'V), è diversa : in Mc. I4,I 2-I 6 troviamo in primo piano gli incarichi per la preparazione del banchetto pasquale, alla quale sono subordinate anche le predizioni. Esse rimandano ad accordi presi ( vedi punto IV) .

Come in I I ,zd, la predizione è seguita dal secondo impe­ rativo: i due messi devono andar dietro all 'uomo con la broc­ ca. Anche la formulazione (axoÀouil'i}CTtx."tE tx.Ù�cll ) fa pensare non tanto ad un 'segno' profetico quanto ad un appuntamen­ to segreto, per il quale la controparte (qui l'intermediario del padrone di casa , che mette a disposizione di Gesù la camera al primo piano) ha stabilito un segno di riconoscimento. 1 4 . Diversamente da 1 1 ,3 , il discorso dei messi non è colle.. gato ad una eventualità, ma costituisce un incarico preciso : va riferito al padrone della casa in cui il portatore d'acqua (che appare ancora più chiaramente come intermediario) entra. L'espressione generalizzante 0'7tOU Èav (cfr. 6 , 1 0 ; 1 4 ,9) impo­ ne incondizionatamente ai messi di seguire il portatore d'ac­ qua. Diversamente dalla risposta data agli interroganti in I I , 3 c, la comunicazione al padrone di casa non consiste in una no.. tizia riguardante Gesù, bensì in una notizia proveniente da lui stesso, introdotta dalla formula di presentazione di un messag­ gio : essa «legittima colui che parla e costringe l'ascoltatore ad accogliere le sue parole come parole di colui che lo manda» 10• Mc. 373; R. Bach in BHI I u, 1016 s. K . Koch, Was isl Formgeschichu? , Neukirchcn-VIuyn , 1 974 ,

9· Cfr. M.J. Lagrangc , 10.

231.

·' I O

Mc. I4,I4-I6

ò Ot,OaaxC(À.oç, non è usato come titolo cristologico 11 (cfr.

5,

35 ) , non più di ò xuptot; in 1 1 ,3 . Nella formula si presenta

il maestro dei discepoli, che chiede dove si trovi la sala ( 't'Ò

xa'"t'riÀui.La. compare solo qui in Mc. ) nella quale ( 1tOU viene ripreso dal v. I 2d) egli possa mangiare l'agnello pasquale (cfr. il v . 1 2d) con i suoi discepoli (JlE'tci col genitivo, collegato con Èrril'�Ef."V per esprimere la comunione, cfr. il comm. al v. 2,1 6) . :r ' . La predizione torna a presupporre un accordo col padrone di casa, il quale mostrerà personalmente (xa.t a.u't'6t; sottolinea il nuovo protagonista; dr. 4 ,3 8 ; 8 ,2 9 ) ai messaggeri una stan­ za al primo piano (à�a:ya.to'V nel N.T. ricorre solo qui ed in Le. par.), provvista di giacigli (Érr't'pWtJ.É'VO'V) ed arredata (E'"t'Ot.­ IJ.O'V dr. Is. 2 1 ,5 ) per il banchetto 12• L'ultimo incarico è una risposta diretta alla domanda dei discepoli nel v. 1 2d (1tou E'tOtJJ..riaw�E'V ÉxEt È'tOLIJ..tiO"a.'t'E) . Il banchetto pasquale de­ ve essere preparato per Gesù e i suoi discepoli (i)p,'Lv) ; va sot­ tintesa la ripresa di ""CÒ 1ttiaxa. dal v. 1 4 . -

1 6 . L'esecuzione dell'incarico è descritta con quattro frasi coordinate mediante xa.� (per È;i)ÀDov xa.t -ijÀDov cfr. I ,3 5 ) ; ci si riferisce in particolare al primo (\J7t(t"(E'"t'E - ÈçilÀil'ov, Ett; 1;i}'V 1tOÀ.L'V - i]ÀDov ett; "t'Ì]� 1t6Àt.'V ) ed all'ultimo incarico (É1;0LJlri�E'tE i)'"t'OLI.la.aa.v) ; l'avverarsi delle previsioni secondo le parole di Gesù è descritto in maniera formulare, abbrevian­ do una ripetizione (cfr. diversamente I 1 ,4 .6) . La notazione che l'agnello ed il banchetto pasquale sono pronti consente anche il proseguimento della narrazione in 1 4,1 7 ss. ..

IV La narrazione tiene perfettamente conto delle norme giuI I . Contro F. Hahn, Hoheitstitel 8o, che pure a pp. 77 s. afferma (d'accordo con E. Lohse in ThWb VI, 963 s.) �che nel 1 sec. d.C. fra i Giudei della Palestina il tennine rabbi veniva usato non solo come apostrofe, bensl anche come titolo, ed in tal modo il suffisso perse il suo significato pronominale». I2. Per la tradizione successiva riguardante il luogo dell'ultima cena cfr. C. Kopp, Statten 376-387.

'II

Mc. I4,12-16

daiche sulla Pasqua : il banchetto 13 h a luogo dopo il tramonto (dr. il commento al v. 1 7) all'inizio del 1 5 Nisan, dopo che gli agnelli erano stati uccisi nel pomeriggio del 14 Nisan, in con­ vivi che si tenevano in Gerusalemme e in locali (da mettere a disposizione gratuitamente, se richiesti) provvisti di giacigli imbottiti (dr. i vv . I ja . 1 7) ; tutte le necessarie preparazioni potevano essere affidate ad altre persone. Inoltre il racconto s'inquadra perfettamente nella storia premarciana della passione, che colloca a Betania la dimora di Gesù prima della festa. Secondo 1 4 ,3-9, Gesù torna a soggior­ narvi la sera del giorno precedente ( 14 ,1 ), come presuppone l 'invio dei messaggeri in città. La scena è connessa al contesto precedente e successivo: «il tratto I 4, 1 2- 1 6 ha la stessa fun­ zione introduttiva che ha il tratto parallelo 1 I , I -I o per il sog­ giorno di Gesù a Gerusalemme» 1 Come per la storia dell'in­ gresso in città, neppure a questa narrazione si potrà negare la memoria di avvenimenti storici. Si dovrà supporre che i tra­ denti abbiano cosl trasposto in questa scena, ove si concen­ trano l'incarico e la predizione di Gesù, la preparazione con­ creta del banchetto, affidata a due discepoli. •

In una situazione di grave minaccia da parte delle gu ardie dei sacerdoti, Gesù affidò ad altri la preparazione del banchetto pasquale, dopo es­ sersi accordato in segreto col padrone di una casa a Gerusalemme e col suo intermediario ( ( probabilmente uno dei suoi servi : il portatore d'acqua). Ciò appare tanto più plau sibile , in quanto la scena dell'an­ nuncio generico del tradimento ( I 4, I 7-2 I ) si basa su fondamenti sto­ rici. Questa antica descrizione, risalente ad un originale semitico 15, ap­ pare genuina e non cos truita anche nei seguenti tratti : a) nella doman­ da dei discepoli (v. I 2 ) : forse essi non erano al corrente degli accordi segreti; b) nella figura del portatore d 'acqu a ( v. I 3 ), p riva di modelli, J3. Cfr. ]. Jeremias, Abendmahlsworte 9 ss.; Bi.llerbeck IV, 2,41-76. 14. D. Dormeyer 94; contro W. Schenk 184. Cfr. anche R. Bultmann, Trad. 183 s. 1 5 . Sono da notare: la continua paratassi con xtxt; per l'espressione �ò 1t&.O'Xt1 tvEw cfr. Ex. 1 2 ,2 1 ; Deut. 16,2; l'asindeto nel v. 1 3 ; ibid. ti'J&pw1toc; nel senso di ·ne; ; «Ù�6c; nel v. 15; il raddoppiamento t;Ti)..&ov x«L -ij)..&ov nel v. 1 6 . Cfr. M.]. Lagrange, Mc. 215; E. Klostermann, Mie. 68 ; V. Taylor , Mk. '36-538; inol­ tre K . Bcycr, Synlgx I , 2'2·2 5'4 , che interpreta in senso condizionale gli i m pera t ivi dci vv. 1 �h. 1 4a ( il che rcnc.lc a ncor più evidente il carattere di accordo prelimina­ re); M. Black , Approach 68 . a o7.246.

'12

Mc. I4,I2-r6

paralleli o possibili significati simbolici; c) nell 'uso di crabbi' (ò Ot.O..a�wv 1to-ri)p�ov

19 Applicazione

"t'Ò ExXUWOJ-I.EVOV

II

I2 13 14 I5 PAROLE RELATIVE

Mc.

Indicazione della situa- Kat t��6v-rwv aò-rwv zione o introduzione À.a�wv &p-rov Prendere EÙÀ.oyi)a-aç Benedire lxA.a:a-Ev Spezzare xat EOWXEV a:Ù"t'o�c; Dare Introduzione al discorso XCIÌ El1tEV. À.li�E"t'E. Invito "t'OV"t'O EO""t'LV "t'Ò CTWIJ.d: Frase interpretativa IJ.OU. Applicazione Applicazione (dono ) Comando di anamnesi

EÙXetp�a--ri)a-aç lowxEv a:ò-roi:c;, xa:t [mov É� a:ò-rov 1taV-rEc;. (hysteronproteron) x6 Introduzione al discorso xa:t El1tEV aò-ro�c;· I 7 Invito "t'OV"t'O ÉO""t'W -rò CILJ-I.Ii x8 Frase interpretativa IJ.OU -rijc; O�CiitTJXTJc;

wÈp 1toÀ.À.wv.

20 Indicazione dello scopo 2I

PRA SE CONCLUSIVA

( aggiunta di Mt. ) Comando di anamnesi

IÌ.J-I.TJV À.Éyw VJ-I.LV ihL cosiddetta prospettiva OVXÉ"t'� où J-I.TJ 1t!W EX "t'OV YEvlJJ-I.CI"t'Oc; escatologica -rijc; à.JJ.1tÉÀ.ou lwc; -rijc; 'Ì)J-I.Épa:c; lxdVTJc; (ha:v a:ò-rò 1tLvw xa:wòv EV "t'TI �a:O"LÀ.ELq. "t'OV itEov,

22 Profezia di morte o

Mt.

26,2 6-29

Ea-lMv'twv oÈ av'tWV À.a�V b 11jCTOuc; ap'tOV �at evÀorflcrac; '

EXÀ«XCTEV

JC«XL ooùc; 'to�c; p.ai)1J't«X�c; E!'ltEV. À.li(3E'tE cptiyE'tE. .:rou't6 ECT'tW 'tb crwp.ti

IJ.OV.

Le.

2 2 , 1 9-20

Kat

I Cor. 1 1 ,23-26 '0 xvpLoc; '11JCTouc;

iv 'tii VVX'tt n 'lt«XpEOLOO'tO Àa(3wv ap'tOV EÙX«XPLCT'ti)crac; EXÀ«XCTEV

xaL [owxev «XÒ'toi:c; ÀÉywv.

EÀ«X(3Ev ocp'tOV

xaL evxapLCT'ti)> 23• Anche G. Theissen 24 ritiene che le comunità pa­ lestinesi, e soprattutto la prima, fossero povere. È perfettamente le­ gittimo chiedersi se la celebrazione sub una abbia lasciato tracce nella designazione dell'eucarestia come xÀ.ciCTt.t; 'tOV l!p"tov, xÀ.éiv lip"to'V, e nell'interpretazione eucaristica dei miracoli di moltiplicazione dei pani e delle relazioni lucana e giovannea dell'ultima cena. Nella versione marciana la cosiddetta prospettiva escatologica ( 1 4, 2.5 ) fa parte dell 'unità narrativa originaria; il detto introdotto da 'a­ men' inserito nella situazione del banchetto (una profezia di morte) sembra presupposto anche in I Cor. 1 1 ,26. Sebbene I Cor. 1 1 ,26 non possa essere attribuito alla paradosi paolina dell'ultima cena, pare tut­ tavia che in questo versetto Paolo si serva di una terminologia preesi­ stente 25• Se l'attesa della «venuta del Signore» rimanda in primo luogo anche all'invocazione protocristiana maranatha, collegata alla celebra­ zione dell 'eucarestia, resta da chiedersi se nell'eco delle parole di Mc. 1 4,2.5 non sia accennato che la prefigurazione escatologica del regno di Dio da parte di Gesù ispirò l'attesa escatologica nella celebrazione del banchetto del Signore. Ricapitolando: la relazione narrativa della versione marciana, al con­ fronto con la narrazione eziologica della versione paolina, si rivela in ogni parte più antica ed originaria nella lingua 26 e nel contenuto. -

23. ]. Jeremias, Abendmahlsworte 108; dr. anche L. Goppelt in ThWb VI, I 55· 24. G. Theissen, Soziale Schichtung in der korinthischen Gemeinde. Ein Beitrag zur Soziologie des Urchristentums: ZNW 65 ( 1 974) 232-272 .269. 25 . Cfr. H. Conzelmann, Der erste Brief an die Korinther (KEK v I I ), GOttingen 1969, 237 s. 26. ]. Jeremias, Abendmahlsworte 178 ha fatto notare che fra i 23 semitismi del testo marciano 7 appartengono al v. 25 , mentre dei r6 rimanenti soltanto 3 ritor-

Lll tradizione dell'ultima cena

''' Anzi, l'eziologia del culto può essere fatta derivare dalla relazione narrativa: prodotta su questa base, essa sembra essere stata adattata ad un uso autonomo ed indipendente da un contesto. La versione mar· ciana narra la ben determinata azione interpretativa della morte di Ge· sù, avvenuta durante il banchetto pasquale con i Dodici, nella notte del suo tradimento. La versione paolina tratta dell'unico atto di fondazio· ne del banchetto ripetibile del Signore, che viene celebrato in memoria di Gesù e per la proclamazione della sua morte. Per l'indagine sull'ulti­ ma cena di Gesù il punto di partenza è offerto unicamente dalla fonte più antica fra le tradizioni dell'ultima cena, che è il brano narrativo del· la storia premarciana della passione contenuto in Mc. 14,22-2 5 27• BIBLIOGRAFIA.

Cfr. la bibl. citata a pp . .5 3 7-.539; inoltre W. Goos­ sens, Les origines de l'eucharistie sacrement et sacrifice (Louvain-Gem­ bloux 1 93 1 ) ; A . Higgins, The Lord's Supper in the New Testament (London 1 952); H. Lessig, Die Abendmahlsprobleme im Lichte der neutestamentlichen Forschung seit I900 (Bonn 19.5 3 ) (bibliogr. meno recente) ; E. Schweizer, Das Herrenmahl im N.T. : ThLZ 79 ( 1 954) 5 77-,92 = in Neotestamentica (Ziirich 1 963 ) 344-3 70 ; H. Schiirmann, Der Einsetzungsbericht Lk 22,I9-20. II. Teil einer quellenkritischen Untersuchung des lukanischen Abendmahlsberichtes Le 22 .7-38 (Ntl. Abh. 20,4) (Miinster 195 5 ) ; P. Neuenzeit, Das He"enmahl. Studien zur paulinischen Eucharistieauffassung ( StANT r ) (Miinchen 1 960); H. Lietzmann, Messe und Herrenmahl (Bonn 41 967 ); H. Schiirmann, Der Paschamahlbericht Lk 22/7-I4)IJ-I8. I. Teil einer quellenkriti­ schen Untersuchung des lukanischen Abendmahlsberichtes Lk 22,7-38 (Ntl.Abh. 1 9,5 ) (Miinster 21 968 ); G. Bornkamm, Herrenmahl und Kir­ che, in Studien zu Antike und Christentum. Ges. Aufs. n (Miinchen 31970) 1 38-176 ; H. Kessler, Die theologische Bedeutung des Todes ]e· su. Bine traditionsgeschichtliche Untersuchung (Diisseldorf 2197 1 ); H. Patsch, Abendmahlsterminologie ausserhalb der Einsetzungsberichte. Erwagungen zur Traditionsgeschichte der Abendmahlsworte: ZNW 62 ( 1 971 ) 210-23 1 ; F. Hahn, Zum Stand der Erforschung des urchrist· lichen Herrenmahls : EvTh 35 ( 1 975 ) .5.5 3·.5 63 ; H. Schiirmann, ]esu ureigener Tod. Exegetische Besinnungen und Ausblick (Freiburg i.Br. 21 976 ); D.P. Senior, Passion 76-88; H. Feld, Das Verstiindnis des A­ bendmahls (Ertdige der Forschung .5 0 ) (Darmstadt 1 976 ) (bibliogr.); K.H. Schelkle, Das Herrenmahl, in Rechtfertigung . Festschrift E. Kii· semann (Tiibingen·Gottingen 1 976 ) 3 8.5-402 ; R. Pesch, Wie ]esus das Abendmahl hielt (Freiburg i.Br. 1 977). nano in Paolo: «l rimanenti sono i n Paolo i n parte grecizzati . . . e i n parte evitati,.. 2 7 . Cfr. anche

H. Feld

3 1-39 .

Mc. I4,!J.6-JI

,,6

7 . LA PREDIZIONE DELLA FUGA DEI DIS CEPOLI E DEL RINNEGAMENTO DI PIETRO ( 1 4,26-3 1 )

I

Marco continua a seguire lo svolgimento della storia pre­ marciana della passione (cfr. I'excursus a pp. 1 8-;4 ), che col v. 26 riprendeva il racconto dei fatti avvenuti durante il ban­ chetto pasquale e preparava ulteriori esposizioni in un « dialo­ go i n cammino» con le predizioni della fuga dei discepoli e del rinnegamento di Pietro ( 1 4,50-5 2 ·5 4 ·66-72 ) . Il contesto è unitario e non scomponibile; il testo costituisce un'unità nar­ rativa compatta. I sei versetti narrano un avvenimento in sé conchiuso : un dialogo fra Gesù e Pietro durante il cammino verso il Monte degli Ulivi, chiara­ mente introdotto da una nota circostanziale (v. 26) e concluso con la notazione che ( tutti) i discepoli erano d'accordo con le parole di Pietro (c. 3 I c). Nell,ambito di questo brano narrativo, nel quale sia Gesù sia Pietro prendono la parola due volte, non vi sono fratture, contraddizio­ ni o ripetizioni che offrano l'appiglio a considerazioni critiche. Tutti i discorsi sono espressi al futuro (stile di promessa) ; la compattezza delle metafore del pastore e del gregge ( vv 27-28 ) e dei campi seman­ tici di crxavoaÀ.L�Eai)at. ( vv. 2 7.2 9), à.'Jta.pvEt�at. ( vv 3 o . 3 I ) e auva1toi)vi}a-xEt.'J (v. 3 1b), oltre al fatto che il brano è legato insieme dal vocabolo 1taV'tE�, non consentono alcuna scomposizione, né i ten­ tativi sinora compiuti hanno condotto ad una migliore comprensione della trasmissione e della (pretesa) redazione di esso. Non è possibile individuare elementi lessicali o stilistici tipicamente marciani, e per­ tanto non si può attribuire all'evangelista né la composizione dell'intero brano né quella di singole parti. Anche il v. 28 rientra saldamente nel contesto, e cosl pure l'indicazione locale del v. 26 integrata dal v. 3 2 . .

.

26

KaL UJJ.Vi} , bensl solo a Pietro, rimanda di nuovo al futuro prossimo (o-l}lJ.,EpO'V "t"a.U'tTI 'ti) 'VUX"t�, dr. 1 4 ,54 .66-7 2 ) ; essa è formulata come detto introdotto da 'amen' (formula d'intro­ duzione con 'amen') . Pietro risponde rispettivamente alla pri­ ma e alla terza predizione con una affermazione introdotta da una frase concessiva (E�/ Èci'V), sottraendosi con essa a quanto viene predetto per il futuro. Soltanto la promessa positiva di Gesù (v. 2 8 ) per il tempo successivo alla sua risurrezione (ed anche alla fuga dei discepoli ed al rinnegamento di Pietro) ri­ mane incontestata; nel nostro contesto, anch'essa viene pre­ sentata come non ancora realizzata (cfr. il comm. a 1 6 ,7) . L 'interesse del narratore non è rivolto alla realtà presente dei fatti narrati, bensl a quella futura di ciò che viene indicato nei discorsi . Ciò che viene discusso e previsto sono fatti che verranno narrati in seguito. Nel contesto della storia della pas­ sione, questo scambio di battute ha la funzione di una prepa­ razione narrativa. In particolare si illustrano a) il futuro di tutti i discepoli : 1t&:v·r� axa:v­ oa.Àr.cr1h)crECTDE (v. 27b; cfr. il v. 29b); "t'à 1tpo�a."t'a. or.a.crxop'1tt.O"thicrov­ "t'C1t. (v. 2 7e ); b) specialmente il futuro di Pietro: "t'p'c; IJ.E &.1ta.pvi)crn (v. 3 ob; cfr. i vv. 2 9h.3 1 ) ; c) il futuro di Gesù : 1ta."t'&:;w "t'ÒV 1tOt.1J.Éva. (v. 27c); p,E"t'à 1:ò ÉyEpt}Tiva.l l-LE 1tpo&.�w (v. 28 ); "t'p!c; l-LE &.1ta.pvi)crn (v. 3 ob; cfr. il v. 3 1b); uu�a.1toita.vEiv crot. ( v. 3 1b); d) infine, ancora una volta, il futuro di tutti i discepoli : 1tpoti�w UIJ,éic; Etc; "t'Ì)V ra.ÀLÀa.la.v

(v. 2 8 ) . Per quanto riguarda il futuro dei discepoli vengono quindi in· dicati i seguenti fatti : la caduta, la dispersione e la successiva riunifica· zione; per Pietro : il rinnegamento di Gesù; per Gesù: rinnegamento da parte di Pietro , morte, risurrezione ed arrivo in Galilea, ove si riu­ niranno i discepoli . Il narratore valuta le contestazioni di Pietro col termine bt1tEpt,crcrwç (v. 3 1 a); la brachilogia narrativa (waa.u"t'wc; oÈ xa.� v. 3 1 d) riunisce a Pietro tutti i discepoli. La gradazione temporale della preannunciata realtà futura è chiara : in quella notte (dopo il banchetto pasquale) , la notte dell'arresto di Gesù ( 14,43·5 2 ), i disce­ poli cadranno e si disperderanno, e Pietro rinnegherà; successivamente Gesù morirà, e dopo la sua risurrezione riunirà in Galilea i dispersi.

Lo scopo e l'orizzonte della narrazione indicano che essa è parte costitutiva - non autonoma, ma legata al contesto - del­ la storia della passione 1 • I.

Cfr. R. Pesch 56 s. ]. Ernst 5o-55 (ri)costruisce in maniera molto speculativa

III

26. Il canto del piccolo hallel (Pss. I 14 o I I j-I 1 8) conclude la celebrazione del banchetto pasquale (cfr. I4,1 2-25 ); vp.,vÉw (cfr. Filone, spec. leg. 2 ,I48 : il banchetto pasquale viene cele­ brato p.,E,;'EÙXWV '"tE xat UP.,VWV) designa il canto degli inni, cioè dei salmi 2 • Il cammino verso il Monte degli Ulivi (cfr. il comm . a I I , 1 ) segue quindi la conclusione della celebrazio­ ne pasquale. L'espressione È�ijÀi)'ov ( dr. I I ,I I . I 9) contiene l'idea dell'uscire dalla 'città' ( 14 , I 3 . I 6) ; Gesù e i discepoli rimangono però, come è prescritto per la notte pasquale, nelle vicinanze di Gerusalemme (dr. anche il comm. a 14,3 2 ) .

L'esegesi di Deut. 1 6,7 prescriveva, a quei tempi, che si trascorresse la notte della Pasqua a Gerusalemme. «Per consentire l'osservanza di questa prescrizione, si era fissato a questo scopo un ampliamento della zona cittadina sino a Betfage» 3• Che Gesù non ritorni a Betania, come altrimenti faceva ( I I ,I I - I 9 ; cfr. 14,3 ), conferma la datazione dell'epi­ sodio nella notte di Pasqua (cfr. 14,1 2 .1 8 ). Betania si trovava al di fuo­ ri di questa area cittadina allargata, che abbracciava soltanto la valle del Cedron ed il pendio occidentale del Monte degli Ulivi.

Nella narrazione si sottintende (diversamente da Io. 1 3 ,30) che Giuda Iscariota, il quale compare soltanto in 1 4,43 per l'arresto di Gesù sul Monte degli Ulivi, non esca con gli altri. 2 7 . Per l'introduzione del discorso cfr. il v. 30a; Gesù era sta­ to menzionato per l'ultima volta nella scena affine di 1 4, 1 7-2 1 (v. 1 8) . La sua prima predizione sottolinea che tutti (1tav,;E� preposto) cadranno. Nella lingua del N.T. il verbo axavoaÀL­ �op.,a.t. 4 assume il significato di «distaccarsi dalla fede» (dr. 4,1 7 ; 9,42-47) , ma questo ampliamento semantico qui non è ancora avvenuto; s 'intende il concreto fallimento dei disce· un'originaria connessione con 8 ,34-38, allo scopo di salvare almeno i l v. 29 per la figura storica di Pietro.

2. Cfr. ]. Jercmias, Abendmahlsworte 49.246 s.; D. Dormeyer 1 1 1 con n. I I I (con­ t ro E. Lin neman n 86 s. e E. Schweizer, Mk. ad. l); G. Delling in ThWb VIII, 502 ; anche Billerheck 1 , 84 5-849; IV, 75 s. i· J . J ercmias,

Abendmahlsworte

49 s.; cfr. 37 n.



.f. Cfr. G. Stahlin in ThWb VI I, 338-358, specialm . 348 s . ; A. Humbert, Bsst1i d'•"� théologie du scandal� dans les synoptiques: Bib 35 ( 1954) 1-28.

Mc. I4,�7

'6o

poli durante la passione di Gesù, la loro fuga ( 14,50), la loro dispersione, il loro distacco da Gesù (cfr. Mt. par.). Nella pre­ dizione del rinnegamento di Pietro il 'cadere' viene precisato come apostasia da Gesù (v. 29-30). La predizione di Gesù viene sorretta dalla prova scritturi­ ·stica contenuta in Zach. 1 3 ,7 ; per la formula yÉypa.'7t'"t'tX.L cfr. il comm . a 1 ,2 5• O"tL ( ki) ha qui valore di motivazione : 'in­ fatti'. La citazione può essere letta come frase condizionale, con ipotassi priva di congiunzione nella protasi 6 : «Se colpirò il pastore, anche le pecore saranno disperse» . È questo l'unico significato che si vuole esprimere, come indica la disposizione delle parole nell'apodosi, diversa dal testo masoretico e dai LXX, con collocazione del soggetto prima del verbo: xa.t '"t'CÌ. =

1ep6�cx."t'rt SLa.o-xop'7tLaì)i)ao'J"t'rtL .

Già anche l 'imperativo del testo masoretico ha valore condizionale (hak ). La mano di Jahvé si volge contro i piccoli (Zach. 1 3 ,7 fin.) ; se la spada che si alza contro il pastore, l'u�mo in cui è stata riposta fi­ ducia , colpisce il pastore, allora le pecore si disperderanno ( cosl anche i LXX, cod. A). Il testo marciano, che non si fonda sui LXX, si discosta dai LXX e da l testo masoretico anche nel futuro 1ta.'tti;w in luogo dell 'imperativo ( LXX: 7ttX'ttX�ov o 1ta.'ta.;a.'tE). Ai tentativi di emendare il testo maso­ retico in base a Mc. 7 si oppone Dam. 1 9,8 .

Come in Dam. 1 9 ,7-9, dove però non si spiega il colpo con­ tro il pastore (l'uomo che gode della fiducia di Jahvé), anche Zach. 1 3 ,7 viene letto come profezia; poiché essa deve inter­ pretare, motivandolo, il distacco dei discepoli, anche il colpo contro la misteriosa figura del pastore, identificato con la mor· te di Gesù, è formulato al futuro. La morte di Gesù (dr. il v. 3 1 b: o-uva'7tol)avEt'J ), alla quale viene contrapposta nel v. 28 la sua risurrezione, porta alla dispersione del gregge dei suoi discepoli. ,. Nel contesto della storia premarciana della passione anche in 9,12.1 3 ; 1 1 ,17; 6. Cfr. K . Beyer, Syntax I, 2 56 s. 14,2 1 . Altrove soltanto in 7,6 . 7· Cfr. il quadro riassuntivo in RR. Gundry, Use 27, il quale ritiene, a torto, che il testo marciano sia influenzato dai LXX ; dr. per contro J. Jeremias in ThWb VI, 492 n. 73·

Mc. I4,27

Il termine 'Jta:tciO"O'W 8, che nei LXX è generalmente traduzione di nàka hif'il, può essere usato per designare il colpo mortale; in Zach. 1 3 ,7 s'intende senza dubbio il colpo mortale (di spada). Come conferma an­ che il contesto marciano, la citazione prefigura quindi chiaramente la morte di Gesù.

Nella nuova formulazione al futuro (1ta.'"ta;w) Pautore del colpo contro il pastore è Dio stesso; ma su ciò non vien posto alcun accento particolare, cosl che difficilmente le parole di Zach. I 3 ,7h saranno lette alla luce di Is. 53 ,6b 9 • Il concetto che Dio consegna Gesù alla morte concorda però con la teo­ logia della storia premarciana della passione e dei detti di Ge­ sù in essa tramandati (cfr. il comm. a 9 ,3 I ; I 4,2 5). Cfr. anche sotto il punto IV. L'idea di Gesù come pastore (cfr. il comm . a 6,3 2-44), in questo caso del piccolo gregge (cfr. Le. 1 2 ,3 2 ) 10 dei discepoli, non implica ancora l'articolata cristologia pastorale del tardo periodo neotestamentario, riferita alla Chiesa 11• Nel contesto della storia premarciana della pas.. sione essa si adatta, in un primo momento, piuttosto al concetto della raccolta del piccolo gregge dei Dodici come rappresentanti d'Israele. Tuttavia la contiguità a 1 4,24 implica già l'idea giovannea del buon pastore che dà la vita per le sue pecore (lo. I O,I,h.17 s.) .

La dispersione delle pecore 12 non può venire intesa come atto di Dio (passivo divino), poiché si sta interpretando la ca­ duta dei discepoli 13 • Essa ha inizio con la loro fuga ( I4,5 0 : lcpuyo'V 1ttXV'tEc;) all'arresto del pastore, che prelude alla sua morte. Il contesto di I 4,27.50 è attestato anche da Io. I 6 ,3 2 (cfr. Mc. 14,4I) 14 • Sull'immagine delle pecore per indicare i discepoli di Gesù cfr. anche Mt. 1 0 , 1 6 .

H. Seesemann in ThWb v, 939 s. Contro ]. Jeremias in ThWb VI, 492 n. 78. IO. Cfr. R. Pesch, «Sei getrost, kleine Herde» (Lk I2,J2). Exegetische und ekkle­ riologische Erwiigungen, in K. Farber (Hg. v.), Krise der Kirche - Change des G(au­ bens, Frankfurt aM. 1968, 85-1 1 8 . I I . Cfr. J . Jeremias in ThWb VI, 493· Zach. 13,7 è usato anche in Barn. ,,I I s . 12. Cfr. O . Miche! in ThWb VII , 419-424; A. Adam, Erwagungen zur Herkunft der Didache: ZKG 68 ( 1971 ) I-47.27.35 s. 13. Contro H. Preisker - S. Schulz in ThWb VI, 691, che, al pari di quasi tutti gli esegeti, non si rendono conto che la citazione è una frase condizionale. 14. Cfr. M. Wilcox 430; anche K. Berger 132.

8 . Cfr. 9·

Mc. I4,28

5 62

2 8 . Il termine introduttivo à,À,À,ti, indica il passaggio ad una predizione eli salvezza che si trova già anche in Zach. 1 3 , 7 9 -

( ed è impiegata pure nell'esegesi di Dam. 1 9 ,7-9 ) . Essa è salda­ mente collegata al contesto 15 ; è palese «che l'immagine del pastore continua nel v. 2 8 : '1tpoayEt.'V è un'espressione tipica del linguaggio dei pastori (cfr. Io. 1 0,4.2 7 ) . L'annuncio di sof­ ferenza del v. 2 7 non può quindi essere isolato: l'accento è collocato sull'assicurazione di salvezza nel v. 2 8 . La morte del pastore prelude non solo alla dispersione, bensl anche alla rac­ colta del gregge» 16• Alla morte di Gesù si contrappone dapprima la sua risurre­ zione : Dio, che lo ha colpito, lo risusciterà (passivo divino ). Per la costruzione di (.LE�ci con l'infinito sostantivato dr. il comm. a I , 1 4 . Diversamente dalle affermazioni riguardanti la passione e la risurrezione ( 8 ,3 1 ; 9 ,3 1 ; 1 0,33 s .) si usa qui ÈyEtPOI.lrLt, in luogo di a'Vta"'ta.IJ.a.L, come in 1 6,6 (evidente­ mente per consentire il passivo divino). Alla dispersione dei discepoli si contrappone quindi la loro raccolta : Gesù, dal quale essi si distaccarono, li precederà in Galilea, come i pastori precedono le pecore. Il termine 11:poa.yEt.'V con accusativo della persona non ha qui il signi­ ficato di «giungere prima» 17, bensl quello di «precedere» inteso come «guidare»; in 2 Mach. x o, I si parla analogamente della guida divina (�ou xuplou 1tpotiyov-coT}'tE E!t; 7tEf.pat1{.l6v· 'tÒ f,.llv 1tVEU{.la. 7tp6Du(J.OV, n OÈ crckp� &:uDEvT)c;. 39 xaL 1t&.À.LV &.1tEÀ�WV 1tpOO"T}U;a."tO "tÒ'V aÙ"tÒV À.6yov Et7tWV. 40 xal. 7taÀ.LV t}.. l}w'V Evpev a.u�oùc; x.aDe:uoov-rac;, ilcra'V y�p a.u-rwv o� 6T)J.lÉW nel campo semantico dei termini di derisio­ ne e di scherno cfr. 2 Reg. 1 9 ,22 ( dove incontriamo, nel v. 2 1 , anche il gesto di scuotere la testa ); I QpHab r o, r 3 ; I QH 2,3 .5 .

Che il richiamo riguardi soprattutto Ps. 22 ,8 (cfr. anche il v. 7 ) è attestato probabilmente anche dal fatto che ad esso se­ gue un discorso di scherno (v. 9 ). Che i viandanti passino accanto al luogo della crocefissione, non lonta­ no dalle mura cittadine, non è inverosimile , tanto più che si sarà trat­ tato di curiosi . Non si può escludere neppure che si: trovassero fra di loro anche i falsi testimoni del processo di Gesù, come fa pensare la loro frase di scherno.

Il discorso di derisione comincia con le grida «Ha, ha» (be' a/;J) che rientrano nelle espressioni attribuite agli avversari del Giusto sofferente (cfr. Ps. 3 5 ,2 1 . 25 ; 70,4, anche 40 , 1 6 ) 23 ; 20. H .W . Beyer in ThWb n , 620. 19. Cfr. L. Ruppcrt, Feinde I I I ss. 2 1 . Cfr. H. Gcsc (cfr. bibl. a p. 704) 7 e 186; H.-P. Miiller in ThHwAT 11, 704 s.; ]. Schncider in ThWb III , 7 1 8 . 22. Cfr. R .l J. Gund•·y , Use 63 ; J.R . Scheifter, El Salmo �� y la Crucipxion del Sciiur : Est 8i h 4 .z ( 1 96 5 ) s-8 3 . 3 1-36 . 23.

I LXX traducono l'esclamazione con euye, euye ; si vede ancora una volta che

712

Mc. IJ,29-J2

nel v. 2 9b troviamo tuttavia il grido di scherno semplice, non raddoppiato (come in Ps. 35 ,25 ). Gli schernitori riprendono l , accusa dei falsi testimoni ( I4,5 8 ) e con locuzioni participiali designano Gesù come colui che distrugge e ricostruisce il tem­ pio (v. 26) . L'invito awaov CTEtl.U'tO'\J (v. 30 ), concretizzato nell'incita­ mento a scendere dalla croce (cfr. il v. 3 2 ), attribuisce sarca.. sticamente a Gesù la forza miracolosa di salvarsi. Lo scherno significa: la croce dalla quale egli non è in grado di scendere smentisce che egli sia il Messia 24• L'invito «Salva te stesso ! >> ricorda le esclamazioni di scherno di Ps. 22, 9 : «Egli scaricò il peso sul Signore, lui lo liberi, lui lo salvi» . Esso ri­ ·corda anche le invocazioni di salvezza e gli accenti di fiducia del Giusto sofferente. Per Sap. 2 ,1 8-20 cfr. il comm. al v. 32.

3 I -3 2a. Nella seconda scena di scherno compaiono gli av­ versari principali di Gesù, i capi dei sacerdoti (cfr. in parti­ colare I4,5 3 ·55; I 5,I .3 . I O) insieme con gli scribi, che nella storia premarciana della passione sono uniti ad essi (cfr. anche il comm. a 8 , 3 I ; I ,2 I ) già (senza gli anziani) in I o, 3 3 ; I I , I 8 (dopo razione nel tempio ); 14, I . Le autorità religiose scherni­ SCOnO da ultimo la pretesa religiosa di Gesù. L'accenno agli scribi è espresso con IJ.E'tri e il genitivo, e ciò dipende dal fatto che si dice che i capi dei sacerdoti si scambiano a vicenda (npòc; aÀ)"1]Àouc;) 25 analoghe parole di scherno; non vi è quindi indi­ zio che «IJ.E'ttX 't .y . sia stato aggiunto in seguito)> 26• la storia premarciana della passione non si basa sul testo dei LXX. Per riscontri greci dell.'hapaxlegomenon oùti. cfr. W. Bauer, Wb. I I] I ; per esclamazioni rabbi­ niche Billerbeck 11, 58. 24. Secondo Midr. Teh. 1 1 ,7 (cfr. Gen. r . 65,22.), Jakim. deride come segue Josè ben Joezer sulla via della croce: «Ecco il cavallo sul quale il tuo signore ti fa cavalcare». Cfr. inoltre il comm. al v. 39· 25. '7tpÒ� (ÌÀ.)..:f}À.O\J� va riferito a rMyoV (dr. 4,41 ): «dicevano runo all'altro, deridendolo». 26. Contro D. Dormeyer 197· Per la funzione degli scribi nel dibattito riguar­ dante la croce dr. anche I Cor. 1 ,2.o; in proposito K. Berger 9 s.

Il secondo gruppo dei derisori, nemici del Giusto sofieren·

te 27, non lo apostrofa, bensì parla sarcasticamente di lui . EP,-

1ta.L�W, che rientra nella terminologia dello scherno 28 contro il Giusto sofferente o contro il martire, designa la derisione spavalda : farsi beffe di qualcuno (s�q), deridere spavaldamen­ te ( qls) . Ci può essere soprattutto un richiamo alla derisione dei messaggeri di Dio ( 2 Chron. 3 6 , 1 6) e dei martiri ( r Mach. 9,26; 2 Mach. 7,7 . 1 0 ): «il martirio è !p.7ta.LytJ,6;» 29 • Come aÀa.CTcp'l)(.J.ÉW, anche È(.J.'7ta,�W indica un comportamento pec­ caminoso (peccato di lingua); gli avversari del Giusto sofle­ rente, che lo deridono ( cfr. anche Ps. 2 2 ,7 s . ; 3 1 , 1 2 ; 39,9 ; 42 , I I ; 69,8 . 10; 1 0 1 ,9 ; 1 09,25 ; Sap. 5 ,4), sono empi peccatori. Il discorso di derisione dei capi dei sacerdoti e degli scribi richiama i miracoli di Gesù, che motivano una rivendicazione messi anica (cfr. in particolare il comm. a 1 o ,4 6-5 2 , col riferi­ mento al motivo del re figlio di David): iiÀÀou� Eawo-Ev ( cfr . .5 ,2 3 . 2 8 .34; 6 , 5 6 ; 1 0 ,5 2 ). Il fatto che Gesù non sia in grado di salvare se stesso deve confutare la sua rivendicazione di essere il Messia e re d'Israele 30! Nella derisione con entrambi i titoli (la locuzione o �a.aLÀEÙ� Iap a:x] À, divers. da 'Iov· Oa.Lwv, cfr. il comm. a 1 5 ,2 , è formulazione giudaica} 31 si col­ legano tautologicamente i titoli contenuti nelle domande del sommo sacerdote ( 14,6 1 ) e del procuratore romano ( 1 5 ,2 ), di nuovo ripresi dalla deformazione politica caratteristica della condanna di Gesù. Di fronte alla sua situazione d'impotenza, si vuoi far rilevare la forza miracolosa del re-messia. K. Berger (4, nota 3 ) ha fatto notare che l'incapacità di cavarsela da sé '

-� ,

poteva valere come criterio per identificare un potere non proveniente da Dio; nelle apocalissi antiche con questo criterio si smaschera l'Anti­ cristo : «Non hai la forza di salvare te stesso! » (apoc. El. copt. , ed. Steindorff, p. 1 3 9 ). In Ippolito, de Antichristo, cap. 55 , l'Anticristo viene caratterizzato come «messaggero a tutti di salvezza vana, ma non in grado di salvare se stesso» (ed. Bonwetsch, p. 37,5 s. ). Il v. 31 af27 · Cfr. L. Ruppert, Feinde 83 s. 28. Cfr. G. Bertram in ThWb IV, 804-806; v, 629-632 . Per l'ulteriore evoluzione del motivo della derisione in età neotcstamentaria dr. W. Bauer, Leben 1 99-207. 30. Cfr . K. Berger I·I, 29. G. Bcrtram in ThWb v, 63, . .JI . Cfr. K.L. Schmidt in ThWb 1, '78; W. Guthrod in ThWh n, 37 3 s. 377·



Mc. Ij,JI-J2

ferma forse che gli scribi sono depositari di tale capacità di distingue­ re il Messia?

Gli schernitori incitano sarcasticamente il re..messia a scen.. dere 'ora' dall a croce per confermare la propria potenza e dare un segno visibile (tva t8w�-tEV) , a compiere un miracolo dimo· strativo (cfr. il comm . a 8 , I o- I 2 ; I I ,28 ) che li induca a cre­ dere alla sua rivendicazione ( xat 'lttCT'"t'EVCiWI.l€\1 ) 32• Nel contesto di 14,6 1 s. può rientrare , per lo sfondo concettuale, anche Sap. 2 ,16-20, ammettendo che se ne possa supporre una originaria ver­ sione aramaica . Il giusto, che «si vanta che Dio sia suo padre» , viene esaminato dai suoi avversari, che «vogliono vedere se le sue parole siano vere». Essi osservano l'esito della sua sorte : «se il giusto è vera­ mente :figlio di Dio, questi lo assiste e lo strappa alle mani dei suoi av­ versari». Essi lo hanno condannato «ad una morte disonorevole », spe­ rimentano «la sua mansuetudine e la sua pazienza» (2,20), e vengono sottoposti al giudizio di colui che è stato salvato ( j ,2-j ; dr. Mc. 14,62 ).

Nel termine 'credere' torna a balenare la rivendicazione re­ ligiosa implicita anche nei titoli, della quale si discute ora la legittimità. Il vero messo di Dio, però, il re·messia, Figlio di Dio (cfr. I .5 , 3 9 ) , non si legittima da sé : la sua umiliazione, conforme alla volontà di Dio (cfr. 14,3 6 ) e profetizzata nella Scrittura (dr. 8 ,3 1 ; 9 , 1 2 ; 1 4 ,2 I .49 ), è segno che la sua ri­ vendic azione è giusta. «l Giudei che attendono dal crocifisso un segno per la sua stessa salvezza, richiedono quindi solo in apparenza un criterio di legittimità della sua missione; Gesù sarebbe un falso messia proprio se agisse come essi si atten­ dono. La legittimazione viene invece da Dio: il velo del tem­ pio si lacera, e Gesù viene risuscitato. Un uoino non potrebbe farlo da sé» 33 • Per chi 'vede', è possibile vedere anche nella morte di Gesù che egli è Figlio di Dio ( I .5 , 3 9 ). La comunità che annuncia la sua risurrezione sa chi lo poteva salvare. 32b. La terza scena , e l'intero brano, si concludono con la bre­ ve notazione sugli scherni di coloro che erano stati crocifissi con Gesù ( crùv aù�{i)), posti sarcasticamente accanto a lui co3 2 . Cfr. Aft. 4,3.6 Le. par. e la redazione matteana in Mt. 27,40. 3 3 · K. Berger 13.

Mc. IJ,2J-J2

7 15

me dignitari-malviventi. Il Giusto sofferente è completamente solo fra i peccatori. ovELOL�w 34 rientra nella terminologia dei discorsi di beffa dei nemici del Giusto sofferente ( cfr. spe­ cialm. Ps. 69, I o; 89 ,5 1 s. ; 102,9 ; anche Sap. 5 , 3 ). Nel suo martirio Gesù sopporta quindi bestemmie ( v. 29 ), scherno (v. 3 I ) e ingiurie (v. 32 ) .

Si può pensare che i due zeloti crocifissi avessero ragione di disprezzare Gesù, forse perché la loro crocefissione assieme a lui appariva loro sor­ prendentemente rapida o addirittura ordinata per deriderlo .

IV

Questo antico testo 35 tramanda una serie di importanti in­ formazioni storiche: I . l'indicazione dell'ora della crocifissio­ ne di Gesù; 2 . il testo (parziale) del titulus crucis; 3 . la notizia della crocifissione di due zeloti assieme a Gesù 36• Poiché que­ ste informazioni possono essere ricondotte solamente a testi­ monianze oculari, anche le due scene di derisione, accurata­ mente differenziate 37, vanno ritenute più credibili di quanto non avvenga comunemente. Che il detto sul tempio riferito dai falsi testimoni venisse ripreso dai passanti per deridere il cro­ cifisso, non è affatto inverosimile : « Il movimento guidato da Gesù ha comunque scatenato contro di sé tutti i gruppi legati 34· Cfr. G. Schneider in ThWb v, 238-242. Cfr. anche i sostantivi .bver.òr.o-�6� e !ver.òoc; nelle concordanze dei LXX ; inoltre O.H. Steck, Israel 2,58 ; ].R. Scheifl.er (vedi n. 22) 41 s. 3.5· Per il carattere linguistico cfr. sotto il punto III il comm. ai singoli versetti e V. Taylor, Mark 6.57; K. Beyer, Syntax I, 2,3. Va considerato soprattutto che le allusioni alla Scrittura non dipendono dal testo dei LXX.

3 6 D. Dormeyer 253 osserva riassumendo : «La crocefissione fra due !adroni su­ pera però l'ambito delimitato dal giusto sofferente e dal martire. L'esecuzione del martire fra delinquenti comuni non è altrove riferita, perché maschera il carat­ tere religioso della morte. Come nel caso dell'episodio di Barabba, della purifica­ zione del tempio e della causa della condanna, anche la crocefissione assieme ai delinquenti rappresenterà una tradizione assunta per far armonizzare la tipologizza­ zione di Gesù con quanto era tramandato della sua figura individuale». .

37 · Cfr. G. Theissen, Tempelweissagung 1.57 : «Poiché in

1 5 ,3 1 il termine homotos di fferenzia l'aristocrazia del tempio dai 'passanti', possiamo considerare come sog­ l':l to della seconda accusa gente semplice che non apparteneva all'aristocrazia. Questa differenziazione rimane nell'ambito di ciò che risulta storicamente possibile aulla base di considerazioni sociologiche».

Mc. I),2)·J2

al tempio, gruppi che �on appartenevano alle massime sfe­

re» 38• Il titolo della croce poteva indurii ad una derisione sar­ castica, culminante nell'incitamento a salvare se stesso con un miracolo. La discussione schernitrice dei capi dei sacerdoti e

degli scribi, che tratta degli atti miracolosi di Gesù e nega la sua legittimità di Mess ia , dovrebbe confermare che la sua con­ danna come ribelle politico venne inscenata ad usum Roma­ norum. Per lo 'scriba' giudeo la crocefissione di Gesù è la con­ futazione della sua pretesa messianicità (cfr. I Cor. I ,2 2-24 ) . Così l 'ultima scena di derisione conduce anche alla discussione postpasquale sulla messianicità del Crocifisso 39 ; la sua estrema umiliazione è, per la fede ispirata e donata dalla fede del Cro­ cifisso, il segno specifico che «egli è la forza e la sapienza di Dio>> ( I Cor. 1 ,24 ). v

Per la storia premarciana della passione e per Marco, il Cro­ cifisso deriso che non aiuta se stesso è proprio colui che con la

sua morte salva gli altri (cfr. I4,22-25 ) e persino i suoi nemici che Io mettono a morte . L'immagine di Gesù 'martire' (il mo­ tivo della derisione rientra nell'ambito del martirio) 40 supera di molto i modelli giudaici. Nella cornice del vangelo di Marco Gesù ha indirettamente interpretato anche per se stesso la 'necessità� divina ( 8 ,3 I ) della sua sofferenza con la rinuncia a salvare se stesso ( 8 , 3 5 ) : in ciò si manifesta la fiducia incondi­ zionata in Dio, l'ubbidienza radicale del 'figlio' ( I 4 ,3 6 ). Ciò che era stato esposto all'inizio della storia premarciana della passione ( 8,27-33 ) , il tema della necessità della sofferenza del ,38. G. Theissen, Tempelweissagung 1 5 7.

39· Cfr. K. Berger 9-1 r .

40. Cfr. H.W. Surkau, Martyrien 86; D. Dorm.eyer 251 ss. Diversamente dal rab­ bino Josè ben Joezer e da Isaia (mart. Is. 5,2-10), Gesù non risponde alle parole di derisione. In mart Is. 5 ,2 s. vanno notati i tennini esprimenti derisione, che E. Hammershaimb in Unterweisung in erziihlender Form (Jiidische Schriften aus hellenistisch-romischen Zeit II,I ), Giitersloh 1 973 , 31 riferisce come segue (in tra­ duzione dall'etiopico): «E mentre Isaia veniva segato, Balkira gli stava (accanto) e lo accusava, e tutti i profeti di menzogne stavano (accanto) e ridevano e mostra­ vano la propria gioia (maligna) per Isaia. E Balkira e Mekembekus stavano da­ vanti ad Isaia ridendo con scherno».

.

Mc. z,,JJ-J9

Messia--Figlio dell'uomo, è ora compiuto con la rappresenta­ zione «conforme alla Scrittura» della passione : proprio per­ ché Gesù non salva se stesso, bensl prende le sofferenze su di sé, diviene il Soter, il Salvatore di tutti. Il cristianesimo antico documenta la rinuncia ad una teologia della liberazione poli­ tica (in senso strettamente nazionalistico o socioeconomico ) proprio perché non nasconde che Gesù venne giustiziato fra due banditi, lui che, nel senso profondamente vero del para­ dosso, è Messia e re d'Israele. Chi vuole sedere sul trono alla destra e alla sinistra di questo re deve essere pronto a bere il calice della sofferenza che egli beve ( r o,3 8 ); deve essere pron­ to a imitare l'esempio di colui «che umiliò se stesso, ubbidien­ te fino alla morte, alla morte di croce» (Phil. 2 ,8). BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibliografia citata a pp. 703 s . 4 1 0 ; R . Schnacken­ burg, ]oh . III, 3 1 1 -3 1 6 ; inoltre R.A. Ayton, 'Himself He Cannot Save' (Ps. XXII, 29 and Mark XV, JI) : JThSt 2 1 ( 1 9 1 9/20) 245-248 ; G. Bertram, Leidensgeschichte 75-95 ; J. Finegan, Oberlieferung 76-78 ; M. G6mez-Pallete, Cruz y Crucifixi6n. Notas para una exégesis de Mc. I5,25 : EstEccl 2o ( 1 946) 5 3 5-544; 2 1 ( 1 947 ) 86- 1 09 ; C.C. Cowling, Mark's Use of Wp(l : AusBibRev 5 ( 1 95 6 ) 1 54- r 6o ; E. Lipinski, God­ tina ukrzyzowina (De b ora crucifixionis) : RuchBibLit 1 2 ( 1 95 9 ) 1 261 3 7; H.P. Kingdon , Messiahship and the Crucifixion, in StEv III (TU 88 ) (Bèrlin 1964 ) 67-86; A. Suhl, Funktion 6 r ; A. Mahoney, A New Look at 'The Third Hour' of Mk z5,25 : CBQ 28 ( 1 966) 2 92-299; G: M. Lee, The Inscription on the Cross : PEQ 100 ( 1 968 ) 1 44 ; J. Blinz­ ler, Prozess 4 1 6-422 ; G. Schneider, Passion 1 1 7-1 1 9 ; J.A. Dvoracek, Vom Leiden Gottes. Markus IJ , 29-34 = ComViat 14 ( r 971 ) 23 1-25 2 ; K . Berger, Zum Problem der Messianitiit ]esu : ZThK 7 1 ( 1 974) 1-30; D. Dormeyer, Passion 1 94-198 ; P. Winter, TriaP 1 5 3-I57·

1 8 . LA MORTE DI GESÙ SULLA CROCE ( 1 5 ,3 3-3 9 ) I

Con la nuova indicazione dell'ora ( c:fr. il v. 2 5 ) ha inizio la terza scena, il punto culminante del resoconto della crocifi.s­ sione della storia premarciana della passione ( cfr. l'excursus a pp . 1 8-54) , che Marco continua a seguire . Senza dubbio la relazione della morte di Gesù fa parte della tradizione più an­ tica ; la connessione del brano con la storia premarciann della passione è indicata da alcuni presupposti narrativi ( indicazio-

7 18

Mc. I5,JJ·J9

ne dell'ora nel v. 3 3 ; deposizione dalla croce nel v. 3 6 ; il ca­ pitano del gruppo di carnefici romani nel v. 3 9 , cfr. i vv . 4 3 s.), dalla ricomparsa di una struttura tripartita (cfr. il punto II ), dall'uso di citazioni ed allusioni scritturistiche nell'ambito tradizionale della passio iusti (vv. 34 . 3 6 ) e dall'interpretazio­ ne della morte di Gesù mediante un segno e l'ammissione del capitano; dr. inoltre il commento ai singoli versetti al punto III. Questa narrazione, che segue lo stile episodico di talune :parti della storia premarciana della passione, è un testo unita­ rio, la cui coesione non è turbata da contraddizioni o ripeti·zioni. Poiché anche la concezione teologica sulla quale si fon­ da l'esegesi della morte di Gesù in questo brano è unitaria, -non vi sono motivi per considerare alcuni versetti aggiunte re­ dazionali (contro H. Gese; E. Linnemann, G. Schneider, D. Dormeyer, W. Schenk, L. Schenke; cfr. anche il comm. a 1 5 , 25-3 2 al punto 1 ). La traduzione dell'esclamazione di preghie­ ra di Gesù nel v. 34 è probabilmente da attribuire ai tradut­ tori della storia aramaica della passione nella comunità primi­ tiva (cfr. anche il comm. al v. 22 ). 33

Ka� j'E'JOIJ.ÉVT)c; wp� �X'tT}c; O"XO'tO� ÈyÉVE'tO lcp'oÀ.T)V 'tTtV yiiv EW� b>pac; EVa't1')�. 34 xa.t �n ÈVa't'O wp� È�61')0"EV o ' IT) CTOVc; cpwvn (J.Eyaln· E)vWt. EÀ.Wt. À.ElJ.tX a-af3a.xl}avt.; O �tJ"'t LV IJ.EDEP1.11')VEVO�VOV" O itf6c; IlOV O fEoc; IJ.OV, Etc; 't! �yxa�ÉÀt.7tÉc; P,E; 35 XtX.' �t.Vf� 'tWV 7tapECT't1')XO"rWV axovaaV'tEc; EÀ.Eyov· tOE 'Hivt:av > (ò p.r.xp6ç,). Esso indicherà la statura, piuttosto che l'età (in rapporto a suoi fratelli o ad altri uomini dello stesso nome) 6• Maria (cfr. I .5 ,4 7 ), madre eli Josè (abbreviazione del nome 'lwC11)q>oc; = josef) 1, va distinta dalla madre di Gesù, e parimenti Josè dal fratello di questi; cfr. il comm. a 6,3 . Essa è nominata soltanto qui e in 1 .5 ,47 (insieme con Maria di Magdala) ; in Mt. 2 7,56 è identificata con Maria di Giacomo, con variazione del nome del figlio in Giuseppe). Il fatto d'essere presentata come 'madre' di Josè, il quale sarà da considerare .3· Cfr. Hennecke-Schneemelcher 1, 180.25o-2.55 · Per cenni a Maria di Magdala in certi scritti successivi al N.T. dr. anche W. Bauer , Leben 262 s. 267 s. 3 24.417.43 8. 440-448 -450-481 . 4 · Per la possibilità d'intendere il genitivo in tutti e tre i sensi dr. Debrunner S 162; ]. Blinzler, Briider 115 s.; l . Broer 98 s. 5· Contro l'identificazione del Giacomo e (e Josè) di 6,3 con Giacomo «il piccolo• (e Josè) di I 5,40 cfr. L. Oberlinner. 6. Cfr. O. Michel in ThWb IV, 65o-6.5.3. 7· Cfr. L. Oberlinner 1 13 (bibl.).

73 9

ancora la persona più nota 8, rende molto inverosimile che l'altra Maria sia la «madre di Giacomo». Entrambe le Marie non possono essere identificate senz'altro con la moglie di Clopa, menzionata in Io. I9,25 9• Salome 10, menzionata per ultima ( cosl anche in I 6,1 ) perché, a dif­ ferenza delle donne precedenti non porta il nome di Maria, non viene meglio identificata (in Mt. 2 7 , 5 6 essa è invece sostituita dalla madre dei figli di Zebedeo, cfr. Mt. 20,20) 1 1 • Mentre nelle tradizioni neote­ stamentarie non viene più citata ( non in Le. 24,10; non sarà da identi­ ficare con l.a sorella della madre di Gesù in Io. I 9,2 5) 12, essa compare varie volte nei vangeli gnostici ( Vangelo degli Egiziani, Pistis Sophia, Vangelo di Tommaso) in un ruolo analogo a quello di Maria Maddale­ na (cfr. A.F. Walls, nota 2 ).

Che nel v. 4ob siano indicate quattro (e non tre) donne, si può desumere dalla formulazione della lista e 4al confronto con le liste ugualmente originarie di 1 5 ,47 e 1 6, 1 . Se si tiene presente che le prime due Marie sono identificate con un'ap­ posizione posposta e introdotta con l'articolo (i)), e le altre due con un genitivo preposto ( 'Iwaii 't' oc; ILTt't'Y)P ) o senza alcu­ na apposizione ( I:aÀ.WILTJ ) , ne risulta un accoppiamento di tali indicazioni (cfr. I o. I 9 ,�4 ). Poiché manca l'articolo ( 't'OV ) da­ vanti a 'Iaxw�ou (divers . da Mt. par.) , non è segnalato alcun raddoppiamento; se si fosse dovuto indicare Maria come ma­ dre di due figli, lo si sarebbe potuto fare facilmente senza am­ biguità preponendo ( e non collocando alla fine ) il termine t.tit­ 't'T)P (dopo Mapt:a i)). Nome di persona + articolo + geniti­ vo ( Mapt:a i) 'Iaxw�ou, cfr. I 6 , 1 ; anche I 5 ,4 7 : Mapt:a 'Ì} 'Iwa'ij'toc; ) è la costruzione generalmente usata per indicare un rapporto di parentela. La formulazione 'Iwa-rrr oc; IJ..T)"tY)p, con anticipazione del nome del figlio, risulta meno inconsueta se la persona nota nella comunità, come informa I 5 ,4 7 , si chia8. Josè fratello del Signore non viene più nominato neppure nella tradizione sue· cessiva ; se egli non apparteneva alla comunità primitiva, può darsi che Josè, figlio della Maria nominata in I 5 A0·47, fosse l'unico in quel passo a portare questo nome, cosl da rendere superflua ogni ulteriore identificazione. 9· R. Schnackenburg 322 considera 'audace' un'identificazione. 1 0. Cfr. C.E.B. Cranfield in BI-m 111, 16.51 ; ]. Mehlmann, Da Origen e do Signi­ �t:ado do Nome «Salome» (Mk 15}40; 16,1): RCuBib 25 ( 1963 ) 93-107. 1 1 . Cfr . R. Pesch, Levi 55 ; L. Oberlinner 94 s. 1 1. Cfr. R. Schnackenburg 222; L. Oberlinner 12o-126.

740

Mc. IJAO

mava Maria, e se si evitava solamente una seconda ripetizio­ ne di qU:esto nome.

Non è possibile trarre deduzioni rilevanti per il testo premarciano e marciano dalla rielaborazione redazionale della lista in Mt. 2 7,5 6 ( pre­ sentazione di una Maria, madre di Giacomo, privo dell'appellativo «il piccolo» e di Giuseppe, non Josè) e in Le. 2 4 ,10 (unica menzione della madre di Giacomo, senza l'appellativo «il piccolo» ). Va tuttavia osser­ vato che in traduzioni siriache di Mc. 1 .5 ,40 (e Mt. par. ) e nella Dida.. scalia Siriaca le due donne sono distinte, cioè vengono presentate quat­ tro donne 13• Decisivo è però il confronto delle tre liste di donne della storia premarciana della passione.

Le liste di donne in Mc. 1 5 ,40 .47; 1 6 , 1 hanno provocato tante controversie sulla loro origine ed il loro significato, che riteniamo necessaria una presa di posizione più precisa in pro­ posito, a causa delle implicazioni che ne derivano per la sto­ ria della tradizione e della redazione. Sicuramente tradizionale è la lista dei nomi in 1.5,40 1\ la più ricca; ri­ spetto a quella di 16, 1 essa presenta la precisazione, certamente non inventata dai redattori, dell'appellativo «il piccolo» rispetto a Maria di Giacomo. La lista più breve è quella di I .5 ,47, in un versetto che col­ lega la scena precedente con quelle successive (non autonome e legate al contesto) ed è pertanto indispensabile ed originario : due delle quat­ tro donne sono testimoni della sepoltura. La combinazione dei due no­ mi non sembra l'invenzione di un redattore che selezioni arbitraria­ mente, bensl piuttosto la notazione di un esperto in grado di distin­ guere le persone indicate nel v. 40. La comune origine delle due liste in 1 5 ;40.47 indica chiaramente che nel v. 40 sono nominate quattro donne, la prima e la terza delle quali vengono citate ancora nel v. 47; la terza non deve più necessariamente essere indicata come la 'madre' di Josè perché questa precisazione è nota al lettore dal v. 40, ma viene ora indicata col suo nome, che nel v. 40 non era precisato, ma proba­ bilmente sottinteso ( dopo due 'Marie'). Le ipotesi di composizione re.. dazionale del v. 47 ( e pertanto dell'indicazione di tre nomi nel v. 40 ), attribuiscono al redattore un'identificazione per mezzo del secondo fi­ glio; come proceda però un redattore è indicato da Mt. par. ('lÌ lill11 Ma.pLa.) . La terza lista in 16,1 si riferisce, come la seconda, alla prima; ora vengono nominate la prima, la seconda (senza la precisazione per 13 .

Cfr. W. Bauer, Leben 4'0 s. anche D. Dormeyer e L. Oberlinner; contro L. Schenke e I . Broer; cfr. l'ampia trattazione in R. Pesch, Schluss. 14. Cosl

Mc. ZJAD-4I

741

mezzo di Giacomo ) e la quarta donna. Non è del tutto da escludere che questa lista sia una composizione redazionale 15, ma gli elementi più importanti sono a favore della sua originarietà ed appartenenza alla sto­ ria premarciana della passione sin dall'inizio. Nel valutare le liste di nomi è necessario soprattutto tenere conto della loro funzione nella tradizione antica, ove le relative persone erano note. Non si deve esclu­ dere a priori la possibilità di conoscenze storiche su diversi ruoli sto­ rici delle donne 16•

4 I . Delle quattro donne menzionate nel v. 40 si riferisce che esse seguirono Gesù ( &.xoÀovDÉw, cfr. il comm. a I , I 8 ) quan­

do era in Galilea, cioè durante la sua attività galilaica, presup­ posta dalla storia premarciana della passione {cfr. il comm. a 8 ,2 7-30 ; 9,30-3 2 ; cfr. anche il comm . a I ,9 . 14), e lo servirono (con i loro averi , cfr. Le. 8 ,2 ; Ota.xovÉw , cfr. il comm. a r ,3 I ) . Gli imperfetti i}xoÀouDouv e Ot1')x6vouv descrivono il prolun­ garsi della sequela e del servizio durante l'attività di Gesù in Galilea. L'importanza di queste seguaci galilee di Gesù, che lo seguono sin presso la croce, è motivata nella comunità pri­ mitiva certamente anche dal servizio da esse reso a Gesù. Que­ ste donne rientrano fra i testimoni della vita di Gesù accanto ai discepoli, e, per quanto riguarda la passione, in parte più di questi. Accanto ad esse vengono immaginate molte altre donne ( è ozioso speculare sul loro numero, che non sarà stato eccessi­ vo), che parimenti sono venute a Gerusalemme con Gesù (cfr. 1 0 ,3 2-34 ) ma non sono da considerare seguaci allo stesso mo­ do, e probabilmente non si ritrovano costantemente nella suc­ cessiva comunità. 15. Cfr. R. Pesch, Schluss 3 79 s. 16. Poiché le liste dei nomi non si trovano in contraddizione (una contraddizione nasce soltanto dall'idea che nel v. 40 siano indicate solamente 3 donne, la secon­ da delle quali sarebbe successivamente ricordata, ogni volta in maniera diversa, nel v. 47 e in 16,1 ), non esistono argomenti critici validi per attribuire le liste a s tra ti diversi della tradizione. Tutti i tentativi di spiegare una o più liste (in di­ verse combinazioni ) come composizioni redazionali prescindono completamente dall a questione della tradizione storica ed attribuiscono agli ipotetici redattori composizioni arbitrarie. Questo modo di procedere è inaudito, 6nch6 non si spie­ �tano in maniera plausibile la motivazione e i risultati di queste pretese redazioni.

74 2

Mc. ZJ,40·4I

Il richiamo alla Galilea e all'anabasi verso Gerusalemme a­ gevola fra l'altro il passaggio agli ultimi brani narrativi della storia premarciana della passione, che sfociano nel « mondo attuale>> della comunità originaria dei 'Galilei' (cfr. I4,70 ; Act. I , I I ; 2 ,7 ) a Gerusalemme dopo la Pasqua (cfr. il comm. a I 6, I-8 ).

IV

Questo breve brano narrativo 17 tramanda importanti infor­ mazioni storiche : I . esso cita quattro donne come testimoni della crocifissione di Gesù; 2 . attesta, insieme a Le. 8 ,2 , che Gesù ammetteva donne fra i suoi seguaci, che aiutavano l'i­ tinerante predicatore con i loro averi (cfr. anche il comm. a 1 o ,28-30 ); 3 . conferma precedenti indicazioni sulla presenza di numerosi pellegrini pasquali al seguito di Gesù durante il suo cammino verso Gerusalemme ( dr. il comm. a I O , I . 3 2-3 4. 46-.5 2 ; I I , I - I I ). Per la storia della tradizione il testo è un importante indizio della forma lunga della storia premarciana della passione (dr. l'excursus a pp. I 8-54) e del luogo in cui va collocata la tradizione: la prima comunità di Gerusalemme. Con l'accenno ai testimoni della crocefissione e della morte di Gesù ha inizio la conclusione della storia premarciana del­ la passione e del vangelo di Marco, che si basa sul kerygma fondamentale della prima cristianità (cfr. I Cor. I 5 ,3-5 ) : mor­ to ( I ) ,37) - sepolto ( 1 5 ,42-47) - risuscitato ( I 6 ,6) - apparso ( I 6 ,7 ). Questa conclusione è anticipata già dalle profezie di passione e risurrezione all'inizio della storia della passione ( 8 , 3 I ; 9 ,3 I ; 1 0 ,3 3 s.) , l'ultima delle quali è collegata all'anabasi verso Gerusalemme. v

Nella cornice di Mc. il richiamo all'attività di Gesù in Ga­ lilea (v. 4 1 a), che ha forse influenzato la concezione dell'evan­ gelista, è illustrato dall'intera prima metà dell'opera ( r , I -8 . 17. Per il carattere linguistico dr. V. Taylor, Mark 6'7; per la perifrasi nel v. 4oa vedi I. Broer 126·1 3 0 (bibl.); per l'appellativo o IJ.f.Xp6� = haqqatan cfr. Esdr. 8,12.

743 2 6 ) . La

notazione sulla sequela delle donne è inserita nell'am­ pio arco dei testi riguardanti la sequela (dr. il comm. a 1 , 1 6-20 ). BIBLIOGRAFIA . R. Bultmann, Trad. 296; R. Schnackenburg, Joh. III, 3 1 9-32 8 ; J. Finegan, Oberlieferung 76-78 ; R. Pesch, Levi; ]. Blinzler, Die Bruder und Schwestern Jesu (SBS 2 1 ) ( Stuttgart 1 967) 82-86 ; J. Schreiber, Theologie des Vertrauens (Hamburg 1 967 ) 44-48 ; L. Schen­ ke, Auferstehungsverkundigung und leeres Grab (SBS 3 3 ) ( Stuttgart 1 969) 23-27; J. Blinzler, Prozess 410-414; I. Broer, Die Urgemeinde und das Grab ]esu ( StANT 3 1 ) (Miinchen 1 972 ) 87-1 37; G. Schneider, Passion 13 3-13.5 ; J.D. Crossan, Mark and the Relatives of Jesus : NT 1 .5 ( 1 973 ) 8 1-1 1 3 .10.5·1 1 0 ; D. Dormeyer, Passion 206-208 .23.5-237; R. Pesch, Schluss 377-3 80.384-3 86; L. Schenke, Christus 86 s. 1 0 1 s . ; J.J. Gunther, The Family of ]esus: EvQ 6 4 ( 1 974 ) 2.5-41 ; L. Oberlin­ ner, Historische Oberlieferung und christologische Aussage (fzb 1 9 ) ( Stuttgart 1 97.5) 86-1 20.3.57-360. 20.

I

LA S EPOLTURA DI GESÙ ( 1 5 ,42-47 )

La penultima scena della storia premarciana della passione

( dr. I'excursus a pp . 1 8-54) , che Marco continua a seguire sino alla fine, descrive, in chiara preparazione dell'ultima scena ( 1 6, 1 - 8 ), la sepoltura di Gesù da parte di Giuseppe d'Arimatea, e indica come testimoni due donne. In tal modo si rende possi­ bile che le donne si rechino poi alla tomba ( r 6 , 1-8 }. Questa unità narrativa, non autonoma e legata al contesto, non era né un brano di tradizione che circolasse isolato ( contro R. Bultmann; I. Broer; G . Schneider ; W. Schenk ), né già la con­ clusione di una più breve storia della passione (cbntro L . Schenke) . Indizi linguistici, concreti e psicologico-narrativi indicano chiaramente che la storia della deposizione nel sepol­ cro apparteneva in origine alla storia premarciana della passio­ ne, nella quale fungeva anche da tratto di collegamento fra il racconto della crocifissione e la narrazione conclusiva in 1 6 , 1 .. 8 (per una trattazione dettagliata cfr. R. Pesch, Schluss) . Per l'indicazione introduttiva del giorno e dell'ora (v. 42) , che si ag­ gancia coerentemente ad indicazioni precedenti (con i]o'r) si presuppon-

744

Mc. x5,42-47

gono avvenimenti già narrati, un contes to narrativo precedente), cfr . 14,17; I 5 ,1 .25 ·33 ·34 e 1 4 , 1 s. 1 2 ; 1 5 ,6; anche 16,1 s . Per la locuzione 5 !cr"t-.v cfr. il comm. a 1 2 ,42 ; 1 5 , r 6 ; anche 1 5 ,2 2 .34. La denominazione di Giuseppe di Arimate a (v. 4 3 ) concorda con le frequenti indicazioni di nomi della storia premarciana della passione (cfr. il comm. a 1 5 ,40 ); per la formulazione 8> (come dice, ad es . E. Schweizer, Mk. 2 1 7 ), bensl un estratto compilatorio di tra­ dizioni anteriori ai vangeli, che trattavano dell'apparizione a Maria di Magdala, ai discepoli di Emmaus, di un'apparizione di missione agli Undici e dell'ascensione di Gesù. Oltre che con i vangeli canonici, è necessario ed indicativo anche un confronto con gli scritti evangelici non canonici. Si riscontra un primo luogo una peculiare coincidenza fra Mc. x 6 ,Io ed Ev. Petr. 7,27 (1tEV­ itouv'tEc; xa.t xÀaLOV'tEc;) ; questo contatto è tanto più degno di nota, ih quanto Ev. Petr. 14,5 8 s. ( nel v. 59 di nuovo: ÈxÀ.a!op.Ev xa.t ÈÀv1tou­ p.Ei}a.) da un lato presuppone il soggiorno a Gerusalemme dei «disce­ poli del Signore» durante tutta la settimana pasquale, dall'altro sem­ bra aver presentato soltanto tradizioni galilee di apparizioni ( 1 4,60 ) . Ammettendo che I' E v. Petr. non si basi sui vangeli canonici, bensl di­ penda dalla tradizione orale e narri seguendo tradizioni di esegesi vete· rotestamentaria (J. Denker ), si dovrà esaminare se Mc. r 6 ,Io ed Ev. Petr. 7,27 ( 14,58 s.) si basino su una tradizione secondo la quale i di·

scepoli di Gesù si trattennero «in lutto e in pianto» a Gerusalemme (e non fuggirono in Galilea). In .un altro riferimento ep. Ap. 9 ( 20) delle donne che si recavano el sepolcro dice che «piangevano ed erano in lutto», e in 10 (2 1 ) che cerano in lutto e piangevano». Poiché il raddoppiamento formulare di xÀ.a!Et.v e 1tE\Iil'€f:V è consueto (cfr. 2 Reg. 1 9,1 ; 2 Esdr. x 8 , 9 ; Le. 6,2.5 ; lac. 4,9 ; Apoc. x 8, I 5 . 1 9 ), non si può postulare alcun contatto per que­ sto enunciato, che è riferito a soggetti diversi. I paralleli rispetto a Mc. 16,9-20 superano largamente l'ambito delle parole chiave. In luo­ .go dell'angelo (o degli angeli) presso il sepolcro di Gesù appare alle donne (fra le quali Maria Maddalena) Gesù stesso, «il Signore», e le incarica di dire ai fratelli che il Maestro è risorto dai morti ; ma i disce­ poli non credono alle donne ( 1 o [ 2 I ] ) . Maria ( o Marta) , che ha riferito il messaggio di Gesù, torna da lui e dice : «Nessuno di loro ha creduto che tu sei vivo» (cfr. Mc. r 6,I I : O't� �fi .. . 'Ì}1tiCT't1'}CTa:v ). Viene poi un'al­ tra donna, ma i discepoli continuano a non credere, e ciò viene di nuo­ vo riferito a Gesù; egli allora si reca dai discepoli ( I I [ 2 2 ] ); la scena si ispira a Le. 24,3 6 ss. e Io. 2o,I 9 ss. In complesso è tuttavia dubbio che l ' ep. Ap. dipenda ( solo) dai vangeli canonici (diversamente inten­ dono M. Hornschuh e J. Hug, per i quali rep. Ap. dipende dalla con­ clusione marciana più lunga) . Forse anche qui si riprende soprattutto una tradizione più antica, ed in particolare una tradizione precanonica dell'apparizione di Gesù alle donne e dell'incredulità dei discepoli do­ -po la trasmissione del messaggio pasquale. In tal modo verrebbe con­ fermata la ricostruzione di una tradizione più antica soggiacente a Le. 24,9-I I , e Mc. 1 6 ,9-1 I diverrebbe ancora più attendibile come testi­ monianza di essa. Per il genere del «dialogo fra Gesù e i suoi discepoli dopo la risurrezione», come è rappresentato dal logion di Freer (cfr. comm. al v. I j ) vedi anche ep. Ap. 1 8 ( 29) e 30 ( 4 1 ).

Abbiamo constatato che Mc. 1 6 ,9-20 non dipende dai van­ geli canonici, ma risale, almeno in parte, a tradizioni più anti­ che e può essere inteso principalmente come estratto di un contesto tradizionale prelucano. Tale constatazione concorda con l'ulteriore osservazione che il testo non è evidentemente composto come conclusione del vangelo di Marco, bensì ( in forma forse parzialmente diversa ) esisteva già prima come compilazione o estratto di racconti pasquali. La pericope r 6,9-20 è collegata a Mc. I 6 ,I-8 solamente per mezzo di OÉ; la nuova indicazione temporale 1tpwt 7tpw-rii o-a��a'tou (v. 9 ), che ripete, variando, il v. 2, riferita alla risurrezione di Gesù (avaO"'tti�), e non, come il v. 2, alla visita delle donne al sepolcro, e la citazione di

Mc. I6,9-20

797

una sola delle tre donne menzionate nel v . I , presentata ora come un'os­ sessa guarita, non fanno pensare che i vv 9-20 siano stati formulati in riferimento diretto ai vv 1-8. Il v. 8 lascia poco spazio alle immagini da associare ai vv. 9- I I ( come può Gesù essere apparso il mattino stes­ so ad una sola delle tre donne fuggite? Se Maria Maddalena annunciò la cristofania , come avrebbe taciuto dei fatti avvenuti nel sepolcro aperto? ) . Anche tra l'annuncio della visione di conferma in Galilea (v. 7) e l'apparizione di Gesù in Gerusalemme agli Undici (v. I4) si ha una contraddizione irrisolta ( derivante da tradizioni diverse) ; essa impedi­ sce di pensare che i vv. 9-20 siano stati originariamente composti co­ me continuazione dei vv.I-8 . L"ascensione' di Gesù narrata nel v. I 9 ( allontanamento definitivo) non concorda con l'immagine della risur­ rezione contenuta nella storia premarciana della passione e nel vangelo di Marco, secondo la quale la risurrezione di Gesù e la sua intronizza­ zione alla destra di Dio sono la stessa cosa; inoltre essa non lascia più alcuno spazio ali' avvenimento in Galilea annunciato nel v. 7 . La con­ traddizione fra il v. 7 ed il v. 8, che è voluta e non viene alterata o eli­ minata con l'aggiunta della conclusione marciana più lunga, è molto in­ feriore a quelle che si hanno tra i vv 7-8 e i vv 9-20. .

.

.

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È possibile concepire Mc. 1 6,9-20 come brano di tradizio­

ne autonomo, agganciato a posteriori al vangelo di Marco? Ciò che si è affermato nel vol. 1, pp . 94 s . va completato con le seguenti precisazioni : I . in quanto estratto o compilazio­ ne, il testo è dipendente dalla tradizione alla quale si rife.. risce; 2 . nondimeno, l'estratto ( o compilazione) potrebbe es­ sere stato trasmesso in seguito anche autonomamente, soprat­ tutto considerando che tradisce chiari accenti propri, partico­ larmente nell'incarico missionario del Risorto nei vv. 1 5- 1 8 ; 3 · tuttavia resta aperta la questione s e il testo non sia stato ampliato e rielaborato prima o durante la sua aggiunta al vangelo di Marco. Va tenuto presente anzitutto che solamente i vv 9- 1 5 . 1 9 so­ no documentabili come estratto o compilazione di tradizioni pasquali più antiche, mentre altrettanto non si può dire dei vv. 1 6- 1 8 (ove si riferisce l'incarico del Risorto ) e del v. 20 ( sommario dell'annuncio recato dai discepoli ). Non se ne può però dedurre una stratificazione del testo : infatti il motivo della fede e dell'incredulità, che domina nei vv x 6- 1 8 (ed in­ direttamente nel v. 2 0 ), anche nel breve resoconto delle tre .

.

apparizioni pasquali è posto in tale rilievo da suggerire l'idea che !"estratto' sia già influenzato o dominato dai vv. r 6- r 8 .2o. Una suddivisione del testo nella relazione riassuntivo dei vv. 9-14 e nella presunta seconda metà (vv. r ,;-2o) , caratterizza­ ta da chiare differenze stilistiche (cosi E. Linnemann e W. Schmithals, che vorrebbe collegare i vv. 1 5-20 con 3 ,1 3- I 9 ; m a a ciò s'oppone la presenza di Giuda nell'elenco dei Dodici ), non tiene conto del genere del testo e della sua unitarietà di concetti ed immagini (cfr. i punti II e III) . I vv. 1 7-r 8 , la cui tematica manca in complessi testuali paralleli (la promessa di un segno non è tuttavia estranea a narrazioni di epifanie, che terminano regolarmente in un incarico), non possono essere considerati un'aggiunta secondaria (come intende K. Berger) a motivo dell'aggancio nel v. 20. Poiché il testo è complessiva­ mente saldato insieme dalle parole chiave a1tLO"'tÉW ( VV. I I . I 6) , a1tt.O"'t!a. ( v. I 4 ), ou 1tt.O""t'EUW (vv. 1 3 . I 4) e 1tt.O"'tEVW (vv. I 6. I 7 ) , alle quali si aggiungono ulteriori agganci ( EXEt'Voc; nei vv. r o . 1 I . 1 3 . 2 0 ; X'l)pvcrcrw nei vv. 1 5 .2o; si osservi anche l'u­ so di participi nei vv. 9 . 1 o. r r . I 3 . I 5 . 20 e la regolare alternan­ za di agganci con oÉ e x ex.� ), si dovrà ammettere che esso sia unitario sin dalla sua prima redazione in cui si compilarono tradizioni pasquali più antiche (così intendono anche E. Helz­ le; J. Hug). La ripresa sommaria di tradizioni pasquali è evi­ dentemente meno importante della formulazione del discorso di missione, che consente di riconoscere nella maniera miglio­ re il punto di vista dell'autore.

� 'A�a.a'tàllap""tO'V ) 5, su­ periore a questo mondo 6• W. Bauer, Wb. 1569. Negli scritti dei Padri apostolici sono questi gli unici due passi in cui ricorre questa coppia di termini ; dr. H. Kraft, Clavis Patr. Apost. , Darmstadt 1963 , 123. 4· Cfr. G. Schrenk in ThWb III, 229;. 227 : Filone e Flavio Giuseppe definiscono 'sacri' gli scritti biblici, singoli detti di essi o la legge. ,. Cfr. G. Harder in ThWb IX, 94· 6. � quindi più di «una sorta d'insegnamento che tratta della salvezza eterna» (co2 . Cfr. 3.

La chiusa più breve

Anche la qualliicazione del kerygma come !cpDa.(YtO'V potrebbe indicare un parallelo con l'A.T. La luce che consiste nella legge e procede da essa (Sap. I 8,4: "tÒ aW;) assicura l'immortalità a chi osserva i comandamenti (Sap. 6,r 8 s . : �E�a�wat; à.cpDa.paia.;). In Ign., Phld. 9,2 l 'ev angelo, che proclama «la venuta del Redentore, Signore nostro Gesù Cristo, e la risurrezione», è detto «compimento d'incor­ ruttibilità» (à:ttap'tLOlJ.(i EO"'tt.V ticpD«pal�) .

Il kerygma è annuncio «della salvezza eterna» ( 'tij� a.tw­ 'Vtou CTW"'n)p�ru; ) 7, che porta alla vita eterna ed all'incorrutti­

bilità (CTW't'l}pLa., �wi] e cicp�a.puCa. sono concetti paralleli).

In He br. 5 ,9 Gesù è presentato come «fonte di vita eterna» ( ai'tLoc; Olù'tT)pla.c; a.LW'VLOV ) per coloro che gli obbediscono, cioè che prestano ascolto alle sue parole e a quelle dei suoi messi (dr. 2 ,3 s. ). Già Paolo in Rom. I , 1 6 ha designa to l'evangelo come òuva.IJ.tc; DEou Etc; O"W't1)p!a.v ; cfr. anche la qualmcazione dei messi cristiani in Act. 1 3 ,47 s .

Il fatto che si parli della O"W't1)pLa. sottolinea forse il carat­ tere decisivo dell'annuncio recato dai discepoli di Gesù. IV Questa chiusa minore si è formata probabilmente nell'am­ bito dell'uso liturgico di Mc. già nel II secolo, nella sfera del cristianesimo ellenistico, forse a Roma. Ma con questa loca­ lizzazione concorda meno la sua tradizione testuale. v

Si dovrebbe indagare se sia possibile stabilire un nesso sto­ rico fra la redazione della chiusa marciana minore e l'inizio della canonizzazione del vangelo di Marco. Essa poté essere sostituita dalla chiusa più lunga perché questa enuncia in for­ ma più estesa e non meno incisiva il suo messaggio principale ( 1 6, I 5 S. 20). BIBLIOGRAFIA. Cfr. la bibliografia citata a pp. 100 s. del vol. I e a pp. 787-79 1 .8 1 0 s. del vol. n . Nei commentari recenti di Mc. la chiusa più breve è di solito trattata sbrigativamente. sl G. Friedrich in ThWb III, 71,).

7· Cfr. W.

Foerster in ThWb VII, 98 1-1004.

EPILOGO IL SIGNIFICATO ATTUALE DEL VANGELO DI MARCO

L'inconsueto interesse che il vangelo di Marco ha suscitato nella ricerca attuale è dovuto all'avvento dello studio storico della redazione a partire dagli anni cinquanta. A chi osserva attentamente la storia della ricerca degli ultimi vent'anni - il commentatore intraprese gli studi di teologia nel 1 95 6 , anno in cui apparve il testo fondamentale di W. Marxsen, Der E­ vangelist Markus - non può sfuggire che proprio gli studi di storia della redazione di Mc. rischiano di trasferire troppo im­ mediatamente nel materiale del secondo vangelo moderne con­ troversie teologiche. Ciò diviene tanto più agevole in quanto, in un'«euforia di storia della redazione» (H. Verweyen), Mar­ co è stato sempre più ridotto al rango di un «libero autore>>, del quale il teologo moderno ( ri )costruisce i pensieri e le con­ cezioni 1 • La posizione di un commentatore che sottolinea i legami dell'evangelista Marco alla tradizione, a lui accessibile, della Chiesa primitiva e giudica la sua redazione 'conservativa', deve presentare non solo una giustificazione esegetica, ben­ si anche una risposta alle attuali tendenze teologiche . Mentre E. Ruckstuhl osserva, nell'ambito di una «collocazione scien­ tifica» : «Per quanto è dato di riconoscere dalla prima parte, il commento al vangelo di Marco di Rudolf Pesch può essere considerato un avvenimento, non solo perché è 'il primo com­ mento cattolico, scientifico ed esteso, del vangelo di Marco da vari decenni a questa parte' (presentazione editoriale), bensì soprattutto perché segna nella storia dell'esegesi evangelica del nostro secolo una svolta che negli ultimi anni si era annuoI. Cfr. ad es . i contributi raccolti in H.W. Kelber (ed.), The Passion in Marlt, Phi­ ladelphia 1 976; N. Perrin, The Evangelist as Author : BibRes 17 ( 197�) ,.18.

8I6

Epilogo

ciata piuttosto in sordina» 2, secondo A. Vogtle: «Contraria­ mente alla tendenza attuale, il Pesch non intende trascurare l'istanza dell a diffusione e della trasmissione conservativa di contenuti della storia di Gesù nei confronti dell'intenzione di un messaggio attualizzante>> . Alla luce del concetto