Vangelo di Marco. Introduzione e commento ai capp. 1-8,26 [1] 9788839409

Il libro in pillole: - Testo, lingua, contesto e pubblico del vangelo di Marco; - Ottica letteraria, morfologica e esege

287 85 16MB

Italian Pages 634/629 [629] Year 2018

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Table of contents :
Premessa
Abbreviazioni e bibliografia
Introduzione

Vangelo di Marco

Titolo del vangelo
Frase introduttiva in funzione di titolo (1,1)
Introduzione narrativa. L’inizio della fine come compimento della profezia (1,2-15)
Primi atti potenti di Gesù. La vicinanza del regno (1,16-45)
Gesù in conflitto. La legge e il regno (2,1-3,6)
Gesù, il figlio di Dio, nei rapporti con i demoni, i dodici e la sua famiglia (3,7-35)
Gesù parla in parabole (4,1-34)
Epifanie della potenza divina (4,35-6,6a)
Ripresa della proclamazione (6,6b-8,26)
Excursus
Il battesimo di Giovanni
Il segreto messianico
La tradizione del figlio dell’uomo
Storicità di Giuda
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Vangelo di Marco. Introduzione e commento ai capp. 1-8,26 [1]
 9788839409

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VANGELO DI MARCO Adela Yarbro Collins Edizione italiana a cura di Donatella Zoroddu

Volume 1 Introduzione e commento ai capp. I-8,26

PAIDEIA EDITRICE

SCHEDA BIBLIOGRAFICA CIP Yarbro Collins, Adela Vangelo di Marco / Adela Yarbro Collins ; a cura di Donatella Zoroddu Volume 1 : Introduzione e commento ai capp. 1-8,26 Torino : Paideia, 20 1 82 volumi ; 22 cm-(Commentario Paideia. Nuovo Testamento ; 2. 1 ) 1 .-634 p.-2 2 cm ISBN 978-88-394-09 10-2 1. Bibbia. Nuovo Testamento. Vangelo secondo Marco-Commenti 226.307 (ed. 22)-Bibbia. Nuovo Testamento. Vangelo secondo Marco. Commenti

ISBN 978 88 394 09 10 2 Titolo originale dell'opera: Adela Yarbro Collins

Milrk A Commentary (Hermeneia) Traduzione italiana di Franco Bassani, Maria Luisa De Seta, Lorenzo Miletti Revisione di Donatella Zoroddu � Augsburg Fortress Press, Minneapolis, Minn. 2007 � Claudiana srl, Torino 201 8

Alla Facoltà di Teologia dell'Università di Oslo, in Norvegia,

in segno di gratitudine per il conferimento nel 199 4 del titolo di DOCTOR THEOLOGIAE HONORIS CAVSA

PREMESSA

L'onore e l'onere di preparare questo commentario mi sono stati confe­ riti dal comitato editoriale neotestamentario della collana di commen­ tari Hermeneia nel 19 87, periodo in cui ho cominciato a incentrare le mie ricerche e la mia produzione scientifica sul vangelo di Marco. Ho avuto la possibilità di fare progressi significativi nella stesura del commento gra­ zie al Theological Scholarship and Research Grant assegnatomi dall' As­ sociation of Theological Schools nel 199 1 e alla Fellowship for Univer­ sity Teachers riconosciutami dal National Endowment for the Human­ ities nel 1995- 1996. Sono grata alla scuola di teologia dell'Università di Chicago per avermi concesso i periodi di congedo necessari a usufruire di queste borse di studio. Ringrazio anche la scuola di teologia dell'Univer­ sità di Y ale per i congedi dell'autunno 2001 e 2004, nei quali ho potuto svolgere gran parte del lavoro. Ho imparato molto da maestri di ieri e da colleghi e studenti passati e presenti. Soltanto una piccola parte di questo debito è dichiarata nelle note. Sono grata al mio collega e decano, Harold W. Attridge, per avere trovato tra i suoi fitti impegni il tempo di dedicare la sua erudizione ed esperienza alla revisione di questo volume. Ringrazio anche Neil Elliott e Joshua Messner per avere sapientemente coordinato il progetto edito­ riale; Maurya Horgan, Paul Kobelski e Jeska Horgan-Kobelski per il lo­ ro magnifico lavoro di redazione, composizione e impaginazione; Chuck John e Christopher Stroup per l'attenta lettura delle bozze; Christopher Stroup e Joshua Hill per la compilazione scrupolosa degli indici. Mio marito, John J. Collins, non mi ha mai fatto mancare incoraggiamento e sostegno. Per finire, dedico questo commentario alla Facoltà di Teologia dell'Università di Osio, in Norvegia, in segno di gratitudine per il conferi­ mento nel 1 994 della laurea honoris causa. Guilford, Connecticut, agosto 2007.

Adela Yarbro Collins

INDICE DEL VOLUME

9 I5 59 6o 68 73 79 I 26 I 87 2.0 I 2.03 2.I 3 2.37

Premessa Abbreviazioni e bibliografia Introduzione 1 . Autore 2. Luogo di composizione 3· Datazione 4· Genere 5. Interpretazione di Gesù 6. Composizione e struttura 7· La questione sinottica 8. Uditorio e finalità 9· Storia dell'interpretazione IO. Il testo di Marco VANGELO DI MARCO

24 7 248 250

Titolo del vangelo Frase introduttiva in funzione di titolo ( 1, 1 ) Introduzione narrativa. L'inizio della fine come compimento della profezia ( I ,2- I 5 )

28 5

Primi atti potenti di Gesù. La vicinanza del regno

28 5 292 311 3I2 3 14 316

( 1 , 1 6-4 5 )

Gesù chiama quattro discepoli ( 1 , 1 6-20) Un insegnamento nuovo con autorità ( 1 ,2 1 -28) Gesù guarisce la suocera di Simone ( I ,29-3 1 ) Sommario dell'attività a Cafarnao ( 1 ,3 2-34) Gesù si apparta. Dichiarazione d'intenti ( 1 ,3 5-39) Guarigione di un lebbroso ( 1 ,40-4 5 )

3 20

Gesù in conflitto. La legge e il regno

320

Guarigione del paralitico ( 2, 1 - 1 2)

(2,1-3 ,6)

12

INDICE DEL VOLUME

33 3 343 349 35 6

Levi e il pasto con pubblicani e peccatori ( 2, 1 3 - 17) La questione del digiuno ( 2, 1 8-22) Raccogliere grano di sabato ( 2,23 -28) Guarigione di u n uomo con la mano paralizzata ( 3 ,1-6)

366

Gesù, il figlio di Dio, nei rapporti con i demoni, i dodici e la sua famiglia ( 3 ,7-3 5 ) Folle, spiriti impuri e identità di Gesù ( 3 ,7-I 2) Gesù designa i dodici ( 3 , 1 3 - 1 9 ) Gesù, l a sua famiglia e Satana ( 3 ,20-3 5 )

3 66 3 70 386 405 405 419 424 427 428

429 430 432 433 433 442 458 476 486 486 519 552 588 595 6o8

Gesù parla in parabole (4,1-34) La parabola del seminatore (4,1-9) Il mistero del regno di Dio (4,10- 1 2 ) Interpretazione della parabola del seminatore (4, 1 3 -20) Ciò che è nascosto sarà rivelato (4,2 1 -23 ) Secondo la misura con cui misurate (4,24-2 5 ) Il seme cresce da sé (4,26-29) La parabola del seme di senape (4,30-32) Conclusione (4,3 3-34) Epifanie della potenza divina (4,3 5-6,6a) La tempesta sedata (4,3 5-4 1 ) L'indemoniato di Gerasa ( 5 , 1-20) Due guarigioni ( 5 ,21-43 ) Offesa e incredulità a Nazaret (6,1-6a) Ripresa della proclamazione ( 6,6b-8,26) Invio dei dodici e morte di Giovanni Battista (6,6b-3o) Ripresa dell'insegnamento e altri miracoli ( 6,3 1-56) Disputa con i farisei ( 7, 1 -23 ) La donna sirofenicia ( 7,24-30) Guarigione di un sordo (7,3 1-37) Gesù sfama quattromila persone (8,1-9)

INDICE DEL VOLUME 614

La richiesta di un segno e il pane (8,xo-2.1)

625

Il cieco di Betsaida (8,22-26)

Excursus 258

Il battesimo di Giovanni

3o5

Il segreto messianico

3 30

La tradizione del figlio dell'uomo

384

Storicità di Giuda

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

ABBREVIAZIONI E SIGLE

Le abbreviazioni di testi antichi sono di norma quelle impiegate in H. Balz - G. Schneider (ed.), Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, :z. voli., Brescia 19951998. Le sigle dei manoscritti e di altre fonti del testo del N.T. sono quelle della 27" edizione di Nestle-Aland (NA�7). Tutte le citazioni del N.T. greco sono tratte da que­ sta edizione. Le traduzioni sono dell'autrice, salvo diversa indicazione. Abbreviazioni e sigle ovvie non sono espressamente indicate.

AAAbo Acta Academiae Aboensis AAABo.H AAABo, Ser. A. Humaniora AARSR American Academy of Religion Studies in Religion AAWG.PH Abhandlungen der Alcademie der Wissenschaften lologisch-historische Klasse Anchor Bible AB ABD Freedman, D.N. (ed.), The Anchor Bible Dictionary, ABRL

in

6

Gottingen, Phi-

voli., New York

1992.

Anchor Bible Reference Library Acta-Rom Acta Instituti Romani Regni Sueciae AGJU Arbeiten zur Geschichte des antiken Judentums und des Urchristentums AGSU Arbeiten zur Geschichte des Spatjudentums und Urchristentums AG WG.PH Abhandlungen der (Koniglichen) Gesellschaft/Akademie der Wissenschaften zu GOttingen, Philologisch-historische Klasse Analecta biblica AnBib ANF Roberts, A. - Donaldson, J. (ed.), Ante-Nicene Fathers ANRW Temporini, H. - Haase, W., Aufstieg und Niedergang der romischen Welt

ANTC Abingdon New Testament Commentaries ANWAW Abhandlungen der Nordrhein-Westfii.lischen Alcademie der Wissenschaften AOT Sparks, H.F.D. (ed.), The Apocryphal Old Testament, Oxford 1984 AOTC Abingdon Old Testament Commentaries APA.PM American Philological Association. Philological Monographs ASGB Academia Scientiarum Germanica Berolinensis ASOR American Schools of Orientai Research AThANT Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testaments ATLAMS American Theological Library Association Monograph Series ATR Anglican Theological Review AUSDDS Andrews University Seminary Doctoral Dissertation Series AUSS Andrews University Seminary Studies BAGD Bauer, W., A Greek-English Lexicon of the New Testament and Other

16

BAR BARev BASOR BBB BDB BDF BEThL BGBE BHS BI Bib BibOr BIS BJRL BJS BMAP BNTC BR BRS BSGRT BSt BWANT ByZ BZ BZNW CahRB CB CBA CBNTS CBQ CBQMS CBR CChr CChrSL CGL CGTC CIJ CJA ConBOT CPJ CRINT

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

Early Christian Literature, ed. W.F. Arndt - F.W. Gingrich; 3• ed. riv. F.W. Danker, Chicago 2000 British Archaeological Reports Biblica! Archaeology Review Bulletin of the Arnerican Schools of Orientai Research Bonner biblische Beitrage Gesenius, W., Hebrew and English Lexicon of the Old Testament, tr. E. Robinson, ed. F. Brown- S.R. Driver- C.A. Briggs, Oxford 19 7 2 Blass, F.- Debrunner, A., A Greek Grammar of the New Testament and Other Early Christian Literature, ed. R.W. Funk, Chicago 1961 Bibliotheca Ephemeridwn Theologicarwn Lovaniensiwn Beitrage zur Geschichte der biblischen Exegese Biblia Hebraica Stuttgartensia, ed. K. Elliger - W. Rudolph, Stuttgart 19 77 Biblicallnterpretation Biblica Biblica et Orientalia Biblicallnterpretation Series Bulletin of the John Rylands Library Brown Judaic Studies Kraeling, E.G. (ed.), Brooklyn Museum Aramaic Papyri, New Haven 1953 Black's New Testament Commentary Biblica) Research Biblica! Resource Series Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorwn Teubneriana Biblische Studien, Neukirchen Beitriige zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Testament Byzantinische Zeitschrift Biblische Zeitschrift Beihefte zur ZNW Cahiers de la Revue biblique Coniectanea Biblica Catholic Biblica! Association of America CB. New Testament Series Catholic Biblica! Quarterly CBQ Monograph Series Currents in Biblica! Research Corpus Christianorum CChr. Series Latina Coptic Gnostic Library Cambridge Greek Testament Cornmentary Frey, J.-B. (ed.), Corpus inscriptionum ]udaicarum (SSAC r, 3), 2 voli., Città del Vaticano 1936-1952· Christianity and Judaism in Antiquity (monograph series) Coniectanea biblica, Old Testament Tcherikover, V.A.- Fuks, A.- Stem, M. (ed.), Corpus papyrorum ]udai­ carum, 3 voli., Cambridge, Mass. 1957-1964 Compendia Rerum Iudaicarum ad Novum Testamentum

ABBREVIAZIONI E SIGLE

esco

17

Corpus scriptorum Christianorum orientalium Chicago Studies in the History of Judaism Calwer theologische Monographien CfhM CfSRR College Theology Society Resources in Religion DDD van der Toom, K., et al. (ed.), Dictionary of Deities and Demons in the Bible, 2.a ed. riv. Leiden- Grand Rapids 1999 DJD Discoveries in the Judaean Desert DK Diels, H. - Kranz, W. (ed.), Die Fragmente der Vorsokratiker 1, Berlin 61951 Dead Sea Discoveries DSD DSS Dead Sea Scrolls EdF Ertriige der Forschung EDNT H. Balz - G. Schneider (ed.), Exegetical Diaionary of the New Testa­ ment, 3 voli., Grand Rapids 1990-1993· Schiffman, L.H. - VanderKam, J.C. (ed.), Encyclopedia of the Dead Sea EDSS Scrolls, 2. voU., New York 2.000 EHS.T Europiiische Hochschulschriften, Reihe 2.3. Theologie Eidos Eidos. Studies in Classical Kinds EKK Evangelisch-Katholischer Kommentar zum Neuen Testament Études préliminaires aux religions orientales dans l'empire Romain EPRO Études bibliques EtB EThL Ephemerides theologicae Lovanienses EvTh Evangelische Theologie Expository Times ExpT FB Forschung zur Bibel FBBS Facet Books. Biblical Series FOTL Forms of the Old Testament Literature FRLANT Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments FTS Frankfurter Theologische Studien GBS Guides to Biblical Scholarship Hatch-Redpath Hatch, E. - Redpath, H.A. (ed.), A Concordance to the Septuagint and Other Greek Versions of the Old Testament, Oxford 1897 HBD Achtemeier, P.J. (ed.), Harper's Bible Diaionary, San Francisco 1996 HDR Harvard Dissertations in Religion HNT Handbuch zum Neuen Testament HNTC Harper's New Testament Commentaries HO Handbuch der Orientalistik HSM Harvard Semitic Monographs HTK Herder's theologischer Kommentar zum Neuen Testament HTR Harvard Theological Review HTS Harvard Theological Studies Hebrew Union College Annual HUCA Hermeneutische Untersuchungen zur Theologie HUTh IBS Irish Biblical Studies ICC Intemational Criticai Commentary IDB Buttrick, G.A., et al. (ed.), The Interpreter's Diaionary of the Bible, 4 voli., Nashville 1962. IEJ Israel Exploration Joumal CSHJ

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

18 IG IGR ISFCJ Jastrow JBL JBLMS JCPS JECS JHS JJS JPS JR JSJ JSJSup JSNT JSNTSup JSOT JSOTSup JSP JSPSup JTS KBANT KIT KNT LBS LCL LD LJPPSTT LQ LS LSJ MeyerK

Inscriptiones Graecae Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes Intemational Studies in Formative Christianity and Judaism Jastrow, M., Sepher Millim. A Dictionary of the Targumim, the Talmud Babli and Yerushalmi and the Midrashic Literature, New York 19 71 Joumal of Biblica! Literature JBL Monograph Series Jewish and Christian Perspectives Series Joumal of Early Christian Studies Journal of Hellenic Studies Journal of Jewish Studies Jewish Publication Society Joumal of Religion Journal for the Study of Judaism JSJ Supplements, già Studia Post-Biblica Joumal for the Study of the New Testament Joumal for the Study of the New Testament Supplement Series Journal for the Study of the Old Testament JSOT Supplement Series Joumal for the Study of the Pseudepigrapha JSP Supplement Series Journal of Theological Studies Kommentare und Beitrage zum Alten und Neuen Testament Kleine Texte fiir Vorlesungen und Obungen Kommentar zum Neuen Testament, ed. Th. Zahn Library of Biblica! Studies Loeb Classica! Library Lectio divina The Literature of the Jewish People in the Period of the Second Tempie and the Talmud Lutheran Quarterly Lewis, Ch.T. - Short, Ch., A Latin Dictionary, Oxford 1879, rist. 1984 Liddell, H.G. - Scott, R. - Jones, H.S. - McKenzie, R., Greek-English Lexicon, Oxford 91940, rist. 1966 Meyer, H.A.W., Kritisch-Exegetischer Kommentar uber das Neue Testa­

ment

Monatsschrift fiir Geschichte und Wissenschaft des Judentums Mnemosyne Supplement Miinchener theologische Studien MThS. Historische Abteilung Nestle, Eb. - Nestle, Er. Aland, B. - Aland, K. - Karavidopoulos, J. Martini, C.M. - Metzger, B.M. (ed.), Novum Testamentum Graece, Stuttgart '71984 NCBC New Century Bible Commentary NEAEHL Stern, E., et al. (ed.), The New Encyclopedia of Archaeological Exca­ vations in the Holy Land, 4 voli., New York 1993 NGWG Nachrichten (von) der Gesellschaft der Wissenschaften (zu) in Gòttingeo NGWG.PH NGWG. Philologisch-historische Klasse MGWJ Mn.S MThS MThS.H NA'7

-

ABBREVIAZIONI E SIGLE

19

Robinson, J.M. (ed.), The Nag Hammadi Library in English, 3a ed. riv. San Francisco 1988 NHS Nag Hammadi Studies New International Biblica} Commentary NIBC NovT Novum Testamentum NovTSup NovT Supplements New Revised Standard Version NRSV Neutestamentliche Abhand.lungen NTAbh Schneemelcher, W. (ed.), New Testament Apocrypha, 2 voli., ed. riv. NTApoc Cambridge-Louisville 1991-1992 NTL New Testament Library Novum Testamentum et Orbis Antiquus NTOA NTS New Testament Studies NTTS New Testament Tools and Studies NumenSup Studies in the History of Religions (Numen Supplements) Orientalia Christiana analecta OCA OCD Homblower, S.- Spawforth, A. (ed.), Oxford Classica/ Dictionary, Ox­ ford 31996 Cross, F.L. - Livingstone, E.A. (ed.), Oxford Dictionary of the Chris­ ODCC tian Church, Oxford .. 1983 OEANE Meyers, E.M. (ed.), The Oxford Encyclopedia of Archaeology in the Near East, 5 voll., New York - Oxford 1997 Oxford Early Christian Texts OECT Old Greek (versione greca antica precedente ai LXX) OG Dittenberger, W. (ed.), Orientis Graeci Inscriptiones Selectae, Leipzig OGIS 1903-1905, rist. Hildesheim 1960 Okumenischer Taschenbuchkommentar zum Neuen Testament OTBK Old Testament Library OTL Charlesworth, J.H. (ed.), The Old Testament Pseudepigrapha, 2 voli., OTP Garden City, N.Y. 1983-1985 Migne, J.-P. (ed.), Patrologiae cursus completus. Series Graeca, 162 voli., PG Paris 1857-1886 Pelican Gospel Commentaries PGC Preisendanz, K. (ed.), Papyri Graecae Magicae. Die griechischen Zau­ PGM berpapyri, 2• ed. riv. da A. Henrichs, 2 voli., Stuttgart 1973-1974· PhilologusSup Philologus Supplements PL Migne, J.-P. (ed.), Patrologiae cursus completus. Series Latina, 221 voll., Paris 1844-1864 PVTG Pseudepigrapha Veteris Testamenti Graece Pauly-Wissowa, Real-encyclopiidie der classischen Altertumswissen­ PW schaft, 49 voli., Miinchen 1893-1980 Dolger, F.J., et al. (ed.), Reallexikon {Ur Antike und Christentum, Stutt­ RAC gart 1950·. Revue biblique RB Recherches bibliques RechBib Revue de Qumran RevQ Religions in the Graeco-Roman World, già Études préliminaires aux re­ RGRW ligions orientales dans l'empire romain Regensburger Neues Testament e The Regensburg New Testament RNT NHLE

20

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

RSV Revised Standard Version SacP Sacra pagina SANT Studien zum Alten und Neuen Testament SAOC Studies in Ancient Orientai Civilization SBB Stuttgarter biblische Beitrage SBL Society of Biblical Literature SBLAB SBL Academia Biblica SBLDS SBL Dissertation Series SBLEJL SBL Early Judaism and lts Literature SBLMS SBL Monograph Series SBLSBS SBL Sources for Biblical Study SBLSCS SBL Septuagint and Cognate Studies SBLSPS SBL Seminar Papers Series SBLSS SBL Semeia Studies SBLSymS SBL Symposium Series SBLTT GRRS SBL Texts and Translations. Graeco-Roman Religion Series SBLTT PS SBL Texts and Translations. Pseudepigrapha Series SBS Stuttgarter Bibelstudien Studies in Biblical Theology SBT SbWGF Sitzungsberichte der W issenschaftlichen Gesellschaft an der Johann Wolfgang Goethe-Universitat Frankfurt am Main se Sources chrétiennes SD Studies and Documents SemSup Semeia Supplements SFISFCJ South Florida Intemational Studies in Formative Christianity and Ju­ daism SFSHJ South Florida Studies in the History of Judaism SHAW.PH Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Philo­ sophisch-historische Klasse SHR Studies in the History of Religions (Numen Supplements) SJLA Studies in Judaism in Late Antiquity SJT Scottish Joumal of Theology SNTSMS Society for New Testament Studies Monograph Series Studies of the New Testament and lts World SNTW so.s Symbolae Osloenses Supplements SP Scholars Press SPHS SP Homage Series SPRTS SP Reprints and Translations Series Sussidi allo studio delle antichità cristiane SSAC Studies in Scripture in Early Judaism and Christianity SSEJC Studies on the Texts of the Desert of Judah STDJ [Strack, H.L. -] Billerbeck, P., Kommentar zum Neuen Testament aus Str.-8. Talmud und Midrasch, 6 voli., Miinchen 192.6-1961 Studia Theologica StTh Studien zur Umwelt des Neuen Testaments StUNT SUKHVL Skrifter utgivna av Kungl. Humanistiska Vetenskapssamfundet i Lund Skrifter utgivna av Svenska Institutet i Rom SUSIR Studia in Veteris Testamenti Pseudepigrapha SVTP TANZ Texte un d Arbeiten zum neutestamentlichen Zeitalter

BIBLIOGRAFIA

21

TBAW TDNT

Tiibinger Beitrage zur Altertumswissenschaft Kittel, G.- Friedrich, G. (ed.), Theological Dictionary of the New Tes­ tament, tr. e ed. G. W. Bromiley, IO voli., Grand Rapids 1964-19 76 ThBii Theologische Bucherei ThHKNT Theologischer Handkommentar zum Neuen Testament ThLZ Theologische LiteraturzeitungT.M. testo masoretico TS Theological Studies TSAJ Texte und Studien zum antiken Judentum / Texts and Studies in An­ cient Judaism Texte un d Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur TU TZ Theologische Zeitschrift TzF Texte zur Forschung UBSGNT3 United Bible Societies' Greek New Testament, 3" ed. UNDCSJCA University of Notre Dame Center for the Study of Judaism and Christianity in Antiquity UNT Untersuchungen zum Neuen Testament USQR Union Seminary Quarterly Review UTR Utrechtse Theologische Reeks Vigiliae Christianae ve Vigiliae Christianae Supplements VCSup Vetus Testamentum Supplements VTSup Word Biblical Commentary WBC WMANT Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen Testament Wisconsin Studies in Classics wsc Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament WUNT ZKWL Zeitschrift fiir kirchliche Wissenschaft und kirchliches Leben ZNW Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft ZPE Zeitschrift fiir Papyrologie und Epigraphik ZThK Zeitschrift fiir Theologie und Kirche

BIBLIOGRAFIA

Nella prima sezione sono presenti solo i commenti più importanti; la sezione «Stu­ di» è riservata prevalentemente a contributi recenti. Tutte le opere qui elencate sa­ ranno citate in forma abbreviata, con il solo nome dell'autore per i commenti e le opere di consultazione, con l'aggiunta di alcune parole del titolo negli altri casi.

I.

Commenti a) Padri

Vittore di Antiochia (vi secolo) Possinus, P. - Hercules, M., Catena Graecorum Patrum in Evangelium Secun­ dum Marcum, Romae, Typis Barberinis excudebat Michael Hercules 1 673.1 1 Il volume è disponibile presso le biblioteche del Boston College, dell'Università di Ox­ ford e dell'Università di Cambridge.

22

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

Matthaei (Matthai), Ch.F. (ed.), Btx-rwpoç rcpe:a�U'tÉpou 'Av'noxet!Xt; xaì �À.À(J)v 'tnwv ciytwv 1tiX'tÉpwv i�ljyljat� d� -rò xa-rà-Mapxov &.ytov EÙIXyyÉÀ.tov, 2 voll., Mosquae 1 775. Cramer, J.A., Catena in Evangelium S. Marci e codd. Bodl. et Paris., in Id., Catenae Graecorum Patrum in Novum Testamentum, 8 voli.,. Oxonii I84o, rist. Hildesheim 1967, vol. I. Catenae in Evangelia S. Matthaei et S. Marci

ad fìdem Codd. MSS, 259-447!

b) Medioevo Alberto Magno (xiii secolo) Borgnet, S.C.A. (ed.), Enarrationes in Matthaeum (XXI-XXVIII) - in Mar­ cum, in Opera Omnia xxi, Paris 1 894, 3 3 9-761 . Beda (VIII secolo) PL 92, 1 3 1-302. Hurst, D. (ed.): Bedae Venerabilis Opera, pars 2/3 . Opera Exegetica. In Lucae Evangelium Expositio; In Marci Evangelium Expositio (CChrSL 1 20), Turn­ hout 1960. Comianus? (Pseudo-Gerolamo) (VII secolo) PL 30, 5 89-644. Cahill, M. (ed.), Expositio Evangelii secundum Marcum (CChrSL 82. Scripto­ res Celtigenae, pars 2), Turnhout 1 997. Cahill, M. (ed.), The First Commentary on Mark, An Annotated Translation, New York- Oxford 1998. Pseudo-Gerolamo e Pseudo-Valafrido Strabone (VII secolo) PL 30, 560-567 e n4, 887-894. Sedulio Scoto (IX secolo) PL 103, 279-286. Mai, A. (ed.), Scriptorum veterum nova collectio IX, Roma 1 83 7, 1 70-1 75. Teofilatto (XI secolo) PG 123, 487-682..

The Explanation by Blessed Theophylact, Archbishop of Ochrid and Bulgaria, of the Holy Gospel according to St. Mark; Translated {rom the Originai r Secondo J. Reuss, l'edizione di Cramer è la più estesa ma anche la peggiore (Matthaus-, Markus- und ]ohannes-Katenen nach den handschriftlichen Quellen untersucht [NTAbh

1 8/4-s], Miinster 1941, 1 3 7 s.). j.W. Burgon elogiò l'edizione di Matthaei, curata «con la sua consueta perizia e acribia», ma osservò che era «diventata straordinariamente ra­ ra». Lodò l'edizione di Cramer definendola «l'allestimento di gran lunga più completo e soddisfacente finora apparso del Commenttlrio di Vi ttore di Antiochia » , ma si rammari­ cò che il lavoro fosse «deturpato in ogni pagina da errori così grossolani da arrivare a essere scandalosi, e da tracce di sciatteria redazionale semplicemente incomprensibili»

(The Last Twelve Verses of the Gospel according to S. Mark Vindicated against Recent Criticai Objectors and Estilblished, Oxford-London 1 8 7 1 , 271).

BIBLIOGRAFIA

23

Greek (BI. Theophylact's Explanation of the New Testament 1), House Springs, Mo. 1 99 3 .

c) Rinascimento e Riforma Erasmo (xvi secolo) Ledere, J. (ed.): Desiderii Erasmi Roterodami Opera omnia, 10 voll., Leiden 1 703 - 1 706, vol. VII. Ru mmel, E. (tr. e note), Paraphrase on Mark (NT Scholarship of Erasmus. Collected Works of Erasmus 49), Toronto-Buffalo-London 1988. Marlorat, Augustin, A Catholike and Ecclesiasticall Exposition of the Holy

Gospel/ after S. Marke and Luke. Gathered out of Ali the Singular and Ap­ proued Deuines, vvhich the Lorde hath Geuen to Hys Church by Augustine Marlorat, tr. Th. Timme, London, Thomas Marsh 1 58 3 .1

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d) XVII secolo Jansenius, C., In Evangelium Iesu Christi secundum Marcum, in Id., Tetrateu­ chus, sive Commentarius in sancta lesu Christi evangelia, Lovanii, Typis ac sumptibus Iacobi Zegeri 1 639, 407-446. Lapide, Cornelius Cornelii a, Commentarius in Quatuor Euangelia, Antverpiae, Apud Haeredes Martini Nutii 1 639.3

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Peter, 49 s.

Black, Mark, 6 1 ; cf. Achtemeier, I Peter, 4 1-43 .

2 Eus. Hist. Ecci. 3,39, 1 7: « Lo stesso (autore) [Papia] ha utilizzato citazioni dalla prima lettera di Giovanni, e analogamente anche da quella di Pietro» ( xÉ"X.P"fl'tOtt ò' ò cxÙ'tÒ> (.SaÀaaaa 'tl)c; raÀtÀatoo;) secondo un uso che non corrisponde ai nomi greci e latini che indicavano solitamente quello specchio d'acqua, ma riflette esattamente una formazione lessicale ebraica e aramaica. 5 L'uso di una simile espressione lascia pensare a un contesto nel quale si parlava tanto l'aramaico quanto il greco. La citazione di parole e detti in aramaico come in greco è indice che l'autore e almeno alcuni mem­ bri del suo uditorio conoscevano sia l'aramaico sia il greco. 6 Questi ele­ menti sono compatibili con l'ipotesi che Marco sia stato scritto a Roma se si presuppone che l'autore e parte del suo pubblico provenissero dal­ la Giudea (Galilea inclusa) o dalla Siria e vivessero a Roma/ Alcuni neotestamentaristi hanno invece proposto come luogo di com­ posizione una località fuori dalla Palestina, in base alla presunta ignotristic Counter-Evidence, 70 s., che osserva ( 7 1 n. 99), sulle orme di Swete, XXXIX, che forse Crisostomo collocò la composizione del vangelo di Marco in Egitto in seguito a un fraintendimento di Eus. Hist. Ecci. 2, 1 6. 1 Tr. secondo Black, Mark, I I9.

:t Black (Mark, I I 6) cita Re{. 7,30, 1 da M. Marcovich (ed. ): Hippolytus, Refutatio Om· nium Haeresium (Patristische Texte und Studien 2 5 ), Berlin - New York 1986, 3 I I s. Nella traduzione inglese di J.H. MacMahon in Coxe, Apostolic Fathers, I I 2, il passo si trova in 7, 1 8 . 3 V. Black, Mark, I I 5-120.

4 Per una disamina delle teorie che collocano la composizione di Marco vicino alla Pale­

stina, con ogni probabilità nella Siria meridionale, v. Donahue, Quest, 823-828. 83283 5. Cf. inoltre Schenke, 4 1 , e Marcus, 3 3 -3 7.

s Theissen, Gospels in Context, 237 s. (Lokalkolorit, 248 s.). 6 Mc. 5,4 1 ; 7,I I .34; 14,3 2; 1 5 ,22. 34· 7 lncigneri, Gospel to the Romans, 96 s. Per un esame degli studi che hanno sostenuto che Marco fu scritto a Roma v. Donahue, Quest, 828-83 2.

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INTRODUZIONE

ranza da parte dell'autore della geografia di questa terra. Il riferimento geografico più problematico si trova al principio del cap. 5, la storia di un uomo posseduto da una «legione» di demoni: «E giunsero alla costa opposta del mare, nella regione dei geraseni» . Il punto da cui partivano non è specificato, ma il contesto generale indica una località vicina a Ca­ farnao, sulla costa nordoccidentale del lago. Il problema nella defini­ zione del punto di arrivo è che Gerasa è piuttosto distante dal lago. An­ che supponendo che l'evangelista parlasse del contado che apparteneva alla città e non della città stessa, il riferimento resta problematico, dal momento che c'erano altri centri importanti più vicini al lago, che a lo­ ro volta avevano un territorio circostante, sicché la probabilità che il territorio di Gerasa raggiungesse la costa del lago in qualunque mo­ mento del periodo in questione è alquanto scarsa. Il problema di questa linea argomentativa è però l'assunto che chiun­ que abiti nei pressi di una regione ne debba conoscere con precisione la geografia, il che è discutibile: i moderni esegeti neotestamentari forniti di mappe e atlanti specialistici sono meglio informati sulla geografia del mondo antico di quanto fossero molti dei suoi abitanti. La scarsa cono­ scenza di regioni anche relativamente vicine sarebbe verisimile se l'au­ tore non le avesse mai effettivamente visitate di persona. Anche gli ame­ ricani di oggi non conoscono parti del loro paese, e alcune pure abba­ stanza vicine a loro. I La conclusione della storia chiarisce che l'autore pensa a un'ambien­ tazione nella Decapoli: «E andò via e cominciò a proclamare nella De­ capoti quanto Gesù aveva fatto per lui, e tutti si meravigliavano » ( 5 ,20) . L a Decapoli era una regione costituita da dieci città libere, che compren­ deva una piccola area fra la Galilea e la Samaria a occidente del fiume Giordano. La maggior parte della regione si trovava a est del Giordano e si estendeva dalla costa orientale del Mare di Galilea fin quasi al Mar Morto. L'errore in 5,1 si può spiegare se Gerasa era la città della Deca­ poli più familiare a Marco, perché forse la più nota fra le città dell'area, e tuttavia egli non era ben informato sull'esatta ubicazione. Un'altra stravaganza geografica si trova in 7,3 1 . La vicenda preceden­ te, la guarigione della figlia della donna sirofenicia, è collocata nel ter­ ritorio di Tiro. L'episodio successivo, la guarigione di un sordo con dif­ ficoltà nel parlare, è ambientata in una località della Decapoli. Il verset­ to in esame descrive il viaggio di Gesù dal territorio di Tiro alla Deca­ poli. Il problema geografico sta nella circostanza che in Marco Gesù va prima a nord verso Sidone, che è evidentemente lontana dalla DecapoI Per un esempio tedesco v. Hengel, Studies in Mark, 148 n. 5 1 .

LUOGO DI COMPOS IZIONE

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li, e poi verso il Mare di Galilea attraverso la Decapoli, regione colloca­ ta a sud della via diretta fra Sidone e il lago. Seguire un itinerario del ge­ nere sarebbe come andare da Chicago in Indiana dirigendosi prima a nord per il Wisconsin e poi a est e a sud attraverso il Michigan fino al­ l'Indiana. Il problema tuttavia nasce forse più dall'immagine che i neotestamen­ taristi hanno della Decapoli che dal testo di Marco. 1 Nella sua Natura­ lis Historia Plinio il Vecchio dice che il territorio della Decapoli faceva da confine alla Giudea in direzione della Siria. Egli afferma inoltre che gli scrittori non concordano su quali città appartenessero a questa re­ gione. Poi fornisce una lista di quelle che vi sono comunemente incluse. La prima che menziona è Damasco ( 5 , 1 6,74 ), che si trova all'incirca al­ la stessa latitudine di Sidone. Plinio sembra avere un'idea della posizio­ ne della Decapoli simile a quella di Marco. Dopo una descrizione della costa (palestinese), egli enumera alcune città della Fenicia, citando Ach­ zib, Tiro, Sarepta e Sidone. Poi dice che alle spalle di Sidone comincia la catena delle montagne del Libano, di fronte alla quale (a est) si trova la catena dell' Antilibano. All'interno, continua Plinio, dietro l' Antiliba­ no, c'è la Decapoli ( 5 , 1 7,7 5 ) . Dal momento che Damasco è situata pro­ prio a sud dell'estremità meridionale della catena dell'Antilibano, que­ sta affermazione ha senso se Damasco è una delle dieci città, sebbene ciò collochi il confine settentrionale della regione sensibilmente più a nord di quanto appaia oggi nelle carte geografiche specialistiche. Poiché è possibile che Marco includesse nella Decapoli le città com­ prese fra Damasco a nord e Gerasa e Filadelfia a sud, nella sua descri­ zione dell'itinerario di Gesù si può forse ravvisare la volontà di rappre­ sentare un lungo viaggio che percorre un ampio arco di circa 2. 70 gradi di una circonferenza approssimativa. Theissen sostenne che Marco co­ struì questo breve resoconto per comprendere il territorio della comu­ nità per la quale era stato composto il vangelo, e ipotizzò che questa comunità potesse trovarsi a Calcide, :z. a Damasco o nella valle meridio­ nale del fiume Oronte.3 La congettura è troppo spinta: Marco potrebbe Si vedano le considerazioni di F.G. Lang, « Ober Sidon mitten ins Gebiet der Dekapo­ 7,3 I : Zeitschrift des Deutschen Palastina-Ve­ reins 94 ( 1978) 145-160. V. anche Theissen, Gospels in Context, 243 s. (Lokalkolorit, 254 s.). 1

lis». Geographie und Theologie in Markus

:z. Calcide era una città nella valle del Libano, a nord-est di Sidone e a nord-ovest di Damasco.

3 Questa valle, come la città di Calcide, si trovava tra la catena montuosa del Libano e l' Antilibano, ma più a nord. Theissen formula la sua ipotesi in Gospels in Context, 244 s. (Lokalkolorit, 2 5 5 s.).

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INTRODUZIONE

semplicemente aver voluto mostrare che Gesù percorse queste regioni, prefigurando così, o forse anche inaugurando, la missione ai gentili. C'è chi ritiene che l'uso del termine «sirofenicia » nella storia della donna con una figlia posseduta da un demonio sia la prova che il van­ gelo di Marco fu scritto a Roma (7,26).' L'argomento è che il termine fu coniato per distinguere i fenici della costa orientale del Mediterraneo dai libico-fenici dell'Mrica del Nord. La parola avrebbe senso solo in un contesto quale quello di Roma, dove era necessario distinguere i due gruppi. Theissen tuttavia ha mostrato che il termine latino Syrophoenix è un prestito dal greco e che esso in Oriente ha senso come designazio­ ne non ufficiale di un abitante della Siria meridionale. 2. Un altro argomento rilevante a favore della provenienza romana del vangelo di Marco è basato sull'episodio dell'offerta della vedova in 1 2, 4 I -44. Secondo il v. 42, la donna offre due lepta_ che (l'evangelista lo spiega in una chiosa destinata all'uditorio) corrispondevano a un qua­ drans. Si argomenta che Marco deve essere stato scritto a Roma perché il valore delle monete greche è illustrato in rapporto a una moneta ro­ mana di rame, che non circolava in Oriente.3 È vero che il quadrans non circolava in Oriente, ma il suo nome divenne proverbiale come unità di misura minima del denaro. La diffusione del concetto in assenza della moneta si spiega in quanto la moneta di rame locale assunse il ruolo, e talvolta il nome, del quadrans. 4 Il lepton di rame era la moneta greca di minor valore. Nella regione siro-nabatea il termine lepton era usato per la moneta che valeva meno, quale che fosse. In Siria e Giudea coesi­ stevano denominazioni di monete romane e locali e le denominazioni delle monete locali erano traducibili in quelle delle monete romane.5 Per questo motivo l'uso del termine quadrans (più precisamente, del presti­ to greco xoòp,Xv't'lJ� dal medesimo significato) non può qui essere assun­ to come prova che Marco sia stato scritto a Roma. In realtà la menzio­ ne dei due lepta rende più probabile che Marco sia stato scritto in una provincia orientale. 6 Per approfondimenti v. sotto, § 8. 1 Hengel, Studies in Mark, 29; Niederwimmer, Johannes Markus, 1 8 2; Incigneri, Gospel to the Romans, 98. 2. Theissen, Gospels in Context, 24 5-247 (Lokalkolorit, 256-258). 3 Hengel, Studies in Mark, 29; Incigneri, Gospel to the Romans, 98. 4 Theissen, Gospels in Context, 248 e la bibliografia citata alla n. 28 (Lokalkolorit, 259 e n. 28). s V. sotto, a 1 2,42. 6 Theissen, Gospels in Context, 247-249 (Lokalkolorit, 259-26 1 ).

3 . DATAZIONE La testimonianza più significativa per la datazione di Marco è fornita dal discorso escatologico di Gesù nel cap. I 3 . 1 Opinione dei più è che que­ sto discorso rifletta una conoscenza, o anche un'esperienza, della prima guerra giudaica contro Roma, che durò dal 66 al 7 4 d.C. La divergenza più rilevante fra le diverse posizioni è se il vangelo sia stato scritto pri­ ma o dopo la distruzione del tempio, che avvenne nel 70 d.C. Il cap. I 3 inizia con un breve dialogo tra Gesù e uno dei discepoli, che si svolge mentre Gesù sta lasciando il recinto del tempio, vale a dire il monte del tempio. Il discepolo dice: «Maestro, guarda come sono gran­ diose le pietre e gli edifici! », e Gesù risponde: «Vedi questi grandi edifi­ ci? Certo non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà abbattuta » . Secondo alcuni questa predizione fu modellata s u vicende reali ed è quin­ di una profezia post eventum. Ciò implicherebbe che Marco sia stato scritto dopo il 70 d.C. 2 Altri indicano un passo della storia della guerra giudaica di Giuseppe in cui si dice che i romani, dopo aver preso pos­ sesso del tempio e dell'intera città, rasero al suolo l'uno e l'altra.3 Ma nel prosieguo si legge: «lasciando solo le torri più alte, . . . e la parte delle mu­ ra che circonda la città a ovest, questa come accampamento per la guar­ nigione destinata a rimanervi, le torri per mostrare ai posteri la natura della città e delle forti difese che tuttavia avevano ceduto al valore dei romani » :• La profezia di I 3,2 dunque non si compì esattamente. Que­ sta mancata corrispondenza fa sorgere il dubbio che non si tratti di una profezia post eventum. Theissen rilevò il problema e provò a risolverlo sostenendo che la pa­ rola «qui» (w8e) nella profezia ne limiti l'ambito di applicazione, indi­ cando che solo le strutture edificate sul basamento del tempio sarebbe­ ro state distrutte, mentre i muri di fondazione sarebbero rimasti intat­ ti.5 In verità «qui» sembra piuttosto inserito allo scopo di ottenere un ef­ fetto drammatico, dipingendo una vivida immagine di Gesù nell'area del tempio (o appena fuori, mentre si volge indietro a guardare tutto il complesso), allorché indica con un gesto le costruzioni maestose e ne pro­ fetizza il destino. È improbabile che la parola abbia una funzione limi1 Non molti prima del I956 hanno riconosduto questo elemento; v. Donahue, Quest, 8I7 s. e n. 3 ; Incigneri, Gospel to the Romans, I I 6. 2 Ad es. Theissen, Gospels in Context, 259 (Lokalkolorit, 27I ); Kloppenborg, Evocatio deorum. Per altri che datano Marco dopo il 7 o v. Donahue, Quest, 821-823. 3 Ios. Beli. 7, I , I ( I ); cf. 6,9,I (4 I J ). 4 Ios. Beli. 7, I , I ( I s.), tr. secondo Thackeray Josephus m, 505. s Theissen, Gospels in Context, 259 (Lokalkolorit, 27 I ). ,

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INTRODUZIONE

tativa, dal momento che il testo non dice esattamente dove si trovasse Gesù e quindi non fa distinzioni tra edifici e fondamenta. Incigneri propone un punto di vista differente, osservando che «tutte le altre predizioni di eventi posteriori alla morte di Gesù si sono già com­ piute al momento della stesura » e che «Marco non fornisce mai parti­ colari su questi eventi » . Riconosce peraltro che le predizioni «che ri­ guardano il suo ritorno (8,38; 1 3 ,26-27; q,62 ) » costituiscono un'ecce­ zione.1 Afferma inoltre che Marco non poteva sapere con certezza che i romani avrebbero distrutto il tempio prima che accadesse, e che non avrebbe corso il rischio di inserire la profezia in 1 3 ,2 se questa non si fosse già avverata.1 Questi argomenti non sono convincenti: l'attesa del­ la distruzione del tempio potrebbe essere stata per Marco un dogma escatologico, come quella dell'arrivo del figlio dell'uomo. L'autore del libro di Daniele accettò il rischio di formulare predizioni che potevano essere smentite, come quelle sull'epoca e le circostanze della morte di Antioco (Dan. 1 1 ,4 5 ).3 Nella scena successiva, strettamente collegata a questa, Gesù siede sul Monte degli Ulivi di fronte al tempio. Pietro, Giacomo, Giovanni e An­ drea gli chiedono in privato: « Dicci quando queste cose accadranno e quale sarà il segno allorché tutte queste cose staranno per compiersi » ( 1 3,4). La domanda implica chiaramente che la distruzione del tempio sia considerata parte della serie di eventi che costituiscono la fine, o la svolta escatologica, quando tutto si compirà ( auvnÀe:i'a'!9cxt).4 La rispo­ sta di Gesù è il discorso che segue in 1 3 ,5-37. Il monito a non farsi ingannare introduce un tema importante del di­ scorso, che viene ripreso ai vv. 21-23, tema su cui ci si soffermerà più avanti. A partire dal v. 7 se ne delinea lo sfondo: « Quando sentirete di guerre e di racconti di guerre, non siate turbati. Ciò deve accadere, ma non è ancora la fine » . Il v. 8 continua: « Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno terremoti in varie regioni, ci saranno carestie. Questo è l'inizio delle doglie» . Questi versetti possono servire semplicemente a preparare la scena e a richiamare una tipica tradizione escatologica, senza alcuna relazione precisa con la storia contemporanea. Le visioni associate ai primi quat­ tro sigilli in Apoc. 6 sono analoghe. Se i motivi tradizionali dovevano avere anche un riscontro in eventi storici, potrebbero prestarsi allo scor

Incigneri, Gospel to the Romans, u 8. Op. cit., 1 1 9 s. 3 Cf. Collins, Daniel, 3 89 s. 4 Questa implicazione è resa esplicita in Mt. 14,3: «Dicci quando accadranno queste co­ se e quale sarà il segno della tua venuta e del compimento (auvtÉÀEtcx) dei tempi• . 1

DATAZIONE

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po la guerra fra Erode Antipa e il re dei nabatei Areta I V alla metà degli anni 3 0 I o l'invasione romana dell'Armenia nel 5 8-6o d.C. 1 o la guer­ ra civile a Roma nel 69.3 In ogni caso i motivi della guerra, dei terremo­ ti e della carestia ai vv. 7 s. sono luoghi comuni apocalittici molto ge­ nerici. Di solito è facile per l'uditorio associare questi motivi a eventi sto­ rici del loro presente immediato. Qui però il loro scopo sembra essere so­ prattutto quello di definire l'arrivo degli impostori (v. 6) come uno de­ gli eventi degli ultimi giorni. 4 La sezione successiva, vv. 9- 1 3 , mette in guardia sulle persecuzioni, cui parteciperanno consigli (auvÉÒpta), sinagoghe, governatori e re. Il v. 1 2 di nuovo presenta motivi escatologici tipici: «e i l fratello consegnerà il fratello alla morte, e il padre il figlio, e insorgeranno i figli contro i ge­ nitori e li metteranno a morte» . La profezia della persecuzione è spesso ricondotta all'azione di polizia scatenata a Roma contro i cristiani da Nerone e questa interpretazione è stata addotta a sostegno della tesi che il vangelo di Marco sia stato scritto a Roma. 5 Dati i numerosi spo­ stamenti che i cristiani intrapresero nel I secolo, 6 è probabile che mem­ bri del movimento in Oriente abbiano avuto notizia di questo evento e che ciò abbia prodotto su di loro forte impressione. 7 Presumibilmente ci furono sporadiche persecuzioni anche in Oriente. Di sicuro ebbero luo­ go persecuzioni di giudei da parte di gentili ad Antiochia e Alessandria 8 ed è verisimile che anche questi avvenimenti abbiano turbato le comu­ nità che si riunivano nel nome di Gesù. I due gruppi avevano molto in co­ mune e le affinità furono senza dubbio notate dai gentili, che non appar­ tenevano a nessuno dei due. Un'esplosione di violenza contro i giudei si ebbe ad Alessandria nel 3 7 d.C. e un'altra a d Antiochia intorno al 4o d.C. 9 Inoltre Giuseppe riferi­ sce che verso il principio della guerra giudaica, nel 66, ci furono massaI Ios.

Ant. 1 8,5,1 ( 1 09-1 1 5 ); Theissen, Gospels in Context, 1 3 7 (Lokalkolorit, 146).

:1.

V. M.S. Drower - E.W. Gray - S.M. Sherwin-White, Armenia, in OCD, 1 70 s., e special­ mente M.S. Drower - B.M. Levick, Tiridates (4), in op. cit., 1 5 3 1 , e J. WiesehOfer, Tigranes (4) v, in op. cit., 1 5 25 . 3 Hengel, Studies in Mark, 22. 4 V. sotto, a 1 3 ,7 s.

5 Ad es. Hengel, Studies in MJJrk, 23. V. sopra, S 2. V. Gamble, Books and Readers, 96. 142 s. 6

7 A. Yarbro Collins, Crisis and Catharsis. The Power of the Apocalypse, Philadelphia 1984, 100 s.

8 Sulla persecuzione dei giudei di Alessandria durante il regno di Caligola v. J.M.G. Bar­

la y, Jews in the Mediterranean Diaspora from Alexander to Trajan (3 23 BCE - 1 1 7 CE), Edinburgh 1996, 5 1- 5 5 ; su episodi simili ad Antiochia v. op. cit., 25 1-257.

c

9 F.E. Peters,

The Harvest of Hellenism. A History of the Near East from Alexander the Great to the Triumph o( Christianity, New York 1970, 5 1o-5 1 2.

INTRODUZIONE cri e carcerazioni di giudei in quasi tutte le città della Siria. I Giuseppe annota altresì che ogni città aveva i suoi giudaizzanti ( louòtX'tçov'te:ç), che divennero sospetti.1 Questi «giudaizzanti » erano probabilmente prose­ liti parziali, come quelli che negli Atti sono chiamati «timorati di dio», ma è verisimile che vi fossero ripercussioni anche sui gentili cristiani.3 Giuseppe narra un episodio che ebbe luogo verso l'inizio della guerra, quando un figlio denunciò il padre, che era il primo magistrato della co­ munità giudaica di Antiochia, e altri, accusandoli di aver progettato l'in­ cendio della città.4 Che Marco ne avesse sentito parlare o no, questo epi­ sodio illustra il tipo di eventi tragici che potevano verificarsi in quelle circostanze e mostra che i motivi tipici della tradizione escatologica ri­ flettono la storia e l'esperienza umane. La risposta di Gesù alla domanda dei discepoli arriva nella sezione se­ guente, 1 3 ,14-20. Anche se il termine «segno» (alJ(J.Etov) non vi è ripetu­ to, è evidente che quello del v. 14 è presentato come tale: « Quando ve­ drete 'il sacrilegio della desolazione' stare dove non deve - comprenda chi legge -, allora quelli che sono in Giudea fuggano sulle montagne . . . » . Il «sacrilegio della desolazione» è un segno in due sensi: è il segnale della fuga per quelli della Giudea, come il versetto stesso spiega, ed è un even­ to che rivela a quanti sono stati istruiti che la sequenza finale di eventi escatologici sta per avviarsi, come mostra il prosieguo del discorso. L'a parte rivolto all'uditorio, «comprenda chi legge » , ha indotto alcu­ ni a ritenere che Marco qui abbia fatto uso di una fonte scritta, una sor­ ta di manifesto o volantino 5 che sarebbe stato prodotto intorno al 40 d.C. durante la crisi causata dal progetto dell'imperatore Gaio Caligola di far erigere una propria statua all'interno del tempio di Gerusalemme. 6 Ma l'a parte può più semplicemente essere interpretato come un'osser­ vazione dell'evangelista indirizzata al suo uditorio.? Se vanno intese in I Ios.

Be/l. 2, r 8,r-5 (457-4 80). 2. Op. cit. 2, r 8,2 (463 ). 3 Breytenbach, Nachfolge, 3 I I -3 30, spec. 3 2 7; Theissen, Gospels in Context, 268 s. (Lo­ kalkolorit, 28 1 s.). La convinzione di lndgneri che cristiani e giudei fossero agevolmente distinguibili ad Antiochia in questo periodo (Gospel to the Romans, 84-86) è ingiustifì­ cata. Il nome Christianoi in Atti I 1,26 non va necessariamente inteso come alternativa esclusiva a Joudaioi (giudaiti o giudei). 4 Ios. Be/l. 7,3,3 (46- 5 3 ); Theissen, Gospels in Context, 269 s. (Lokalkolorit, 282 s.). 5 Ad es. Emanuel Hirsch, secondo Brandenburger, Markus IJ, 25 n. 37· L'idea di un ma­ nifesto o volantino si confà a una situazione in cui la stampa sia entrata nell'uso comu­ ne più che al mondo antico. 6 Ad es. Theissen, 7

Gospels in Context, n5-165 (Lokalkolorit, 1 3 3-176).

V. sotto, a 1 3 , 14-20.

« Chi legge » non è un individuo che legge una copia personale in solitudine, ma la persona che, nella previsione dell'evangelista, avrebbe letto ad alta vo­ ce il vangelo a un gruppo riunitosi a questo scopo.

DATAZIONE

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tal senso, queste parole indicano che l'autore pone l'accento su questo episodio. li problema è se il sacrilegio della desolazione rappresenti un evento già accaduto, che Marco vuole ricordare all'uditorio, o sia anco­ ra una profezia dal punto di vista dell'autore. Nel secondo caso lo scopo di questa allocuzione speciale al lettore è quello di sollecitare chi leggeva il vangelo ad alta voce e chi ascoltava a riconoscere che l'espressione «il sacrilegio della desolazione» (-rò �òé­ Àu-y(J-tX -rijc; ÈplJ(J-Wa&wc;) è un'allusione al libro di Daniele. È importante per i lettori del XXI secolo ricordare che i giudei e i cristiani del tempo di Marco non leggevano Daniele come un'interpretazione apocalittica della crisi nata dalla persecuzione di Antioco Epifane. Piuttosto interpre­ tavano Daniele come profezia del regno escatologico di Dio, che si sareb­ be instaurato presto, forse durante la loro stessa vita. Per Marco il pas­ so di Daniele sul > , v. 8 T.M.). 3 Al re ci si rivolge come gbwr ( « o potente >> ) in Sal. 45, 4. 4 I n Sal. 8 9 , 2 0 l'affermazione si riferisce a David.5 La predizione che riguarda il « bam­ bino nato a noi>> in Is. 9,5, e cioè che egli sarà 'l gbwr ( «Dio potente>> ), potrebbe essere stata interpretata in senso messianico nel 1 sec. d.C. 6 Giuda Maccabeo è definito «forte e potente >> (lax.upòc; ÒuVcX(J.Et) in I Macc. 2,66. Come si è osservato, Giuseppe si sofferma sulla forza fisica di un pretendente messianico, Simone, schiavo di Erode, e sulle prove di for­ za compiute da Atronge, un altro aspirante messia. In una sezione li­ turgica della Regola della guerra di Qumran Dio è definito due volte o «eroe>> (gbwr: r QM 1 2,9 s.).7 Se il Giovanni Battista storico annunciava che «colui che è più forte>> sarebbe venuto dopo di lui, può darsi pensasse a un messia di Israele an­ cora ignoto o a Dio in quanto guerriero divino. In ogni caso nel conte­ sto del vangelo di Marco è Gesù e il termine po­ trebbe avere senz'altro le connotazioni del messia davidico come agente di Dio nella battaglia escatologica. Secondo Marco Gesù non svolge que­ sto ruolo nell'arco della sua vita, ma in alcuni settori del suo uditorio poCosì il testo masoretico; nei LXX si legge b àv�p auvt't� («uomo intelligente»). Nei LXX in B (codex Varicanus) si legge !ax� -twv òuvap.ewv («forte di poteri,. ); in A (codex Alexandrinus) si legge invece òuvcz'tÒç -tiJ !axu' ( •potente nella forza• ). 3 Nel testo greco dei LXX di Sal. 2.3,8 si legge Òuvcz'tÒç Èv 7toÀÉp.lfl ( «potente in guerra » ). 4 Sal. 45,4 T.M.; 4 5,3 RSV. In Sal. 44,4 LXX si legge òuvcz'tÉ («O potente»). 5 Sal. 89,2.0 T.M.; 89, r9 RSV. Sal. 88,2.0 LXX ha òuvcz't� («potente»). 6 Is. 9,5 T.M.; 9,6 RSV. In ls. 9,5 LXX si legge p.EyaÀl}> o perché. I Dopo questa discussione, nel secondo episodio si narra che Gesù cura un uomo con una mano paralizzata durante il sabato. Il risultato di que­ sta azione è che (Mc. 3 ,6). Con questo enunciato con­ clusivo l'evangelista si comporta da storico, in quanto tenta di spiegare rifacendosi a una sequenza di eventi la ragione (at'rta) per cui Gesù fu crocifisso. l. Da un punto di vista letterario la frase di 3 ,6 crea suspense e prepara al racconto dell'arresto, della sofferenza e della morte di Gesù. La menzione successiva della morte di Gesù si trova nella prima pre­ dizione della passione in 8,p . Qui si compie un passo interpretativo im­ portante quando si dice che la morte di Gesù «deve» (òtL) aver luogo. Si richiama così la storia dell'interpretazione del sogno di Nabucodono­ sor offerta da Daniele, il quale dice al re: « C'è un Dio in cielo che rivela misteri, che ha reso noto al re Nabucodonosor ciò che deve accadere (t% Òti ytvÉa'!9at) negli ultimi giorni>> (Dan. 2,28 LXX). Questo testo ispirò il compendio prepaolino del vangelo orale in I Cor. 1 5,1-4 (Dowd - Struthers Malbon, Jesus ' Death in Mark, 2.7 1-2.97, spec. 2.80 s. n. 2.7). I Sul valore della metafora nuziale v. sotto, a 2.,19. 2. Becker, Markus-Evangelium, 1 2.6. 1 68. Pur non impiegando il termine �Zl•t:ll%, Marco in 3,6 mostra un intento analogo a quello degli storici antichi che fanno uso del termine. Es­ so compare in 1 5 ,2.6 in un'accezione differente.

INTRODUZIONE almeno in parte la concezione apocalittica della creazione e della storia che si espresse nei rotoli del Mar Morto, e fu incorporato in tale con­ cezione. I Marco fa qualcosa di simile. L'affermazione che Gesù «deve» soffrire e morire comporta che la morte di Gesù sia parte del piano di­ vino per la storia umana. Che Gesù parli di queste cose indica che egli conosce in anticipo e accetta la propria sofferenza, il rifiuto e la morte. Sotto il profilo letterario 8,3 1 , come 3 ,6, crea suspense e prepara l'udi­ torio al racconto della passione. L'idea che il figlio dell'uomo 1 soffra e sia trattato con disprezzo, con­ formemente alla Scrittura, è espressa nel dialogo fra Gesù e i tre discepo­ li che furono testimoni della trasfigurazione (9,1 2b). L'allusione è proba­ bilmente al Sal. 22 ( 2 1 LXX), cui rimanda anche il racconto della pas­ sione: «ma io sono un verme e non un uomo, oggetto di biasimo per un uomo e oggetto di disprezzo per il popolo» (Sal. 21,7 LXX ) .3 L'intero dialogo funziona come un'altra predizione della passione di Gesù, per­ ché crea un'analogia tra la morte del figlio dell'uomo e la morte di Elia. Entrambe sono state prefigurate o profetizzate nella Scrittura e la pro­ fezia che riguarda Elia si è già compiuta nella morte di Giovanni Batti­ sta.4 Come 8,3 1, questo passo indica l'esistenza di un piano divino per la storia, in particolare per gli ultimi giorni. Sia Giovanni sia Gesù furo­ no mandati da Dio con un annuncio da proclamare. Anche se molti nel popolo risposero favorevolmente, entrambi furono rifiutati dai capi. In quella che è di solito chiamata la seconda predizione della passione (9,3 1 ) il Gesù marciano afferma: «Il figlio dell'uomo sarà consegnato (1tcxpcxòlòo'tcxt) nelle mani di esseri umani, e lo uccideranno, e quando sa­ rà stato ucciso, dopo tre giorni risorgerà » . Nell'ambito di una sequenza di eventi storici (o storicamente atteggiati) il verbo 7tcxpcxòlòw!J.t significa «consegnare alla custodia di pubblici funzionari » ; rispetto all'interpreta­ zione della passione di Gesù il verbo rinvia alla versione greca di ls. 5 3 , 1 2: «Dunque egli sarà l'erede d i molti e distribuirà i bottini dei potenti, perché la sua vita fu consegnata (1tcxpeò6-8'l}) alla morte e fu annoverato tra i fuorilegge. Ed egli portò i peccati di molti e fu consegnato ( 7tcxpeò0-8'l}) a causa dei loro peccati » . Siccome in Marco il verbo è usato più vol­ te, l'allusione appare intenzionale. La forma passiva induce a pensare a un intervento divino.5 Lo stesso verbo compare due volte nella terza predizione della passioI

V. sotto, a 8,30 s.

:z.

Sull'uso del titolo •figlio dell'uomo» per Gesù come sinonimo di « messia» 3 V. sotto, a 9,1 2 s. 4 V. sotto, a 9,1 2 s.

v.

sotto, a 8,

30 s.

s V. sotto, a 9,3 1 . Dowd - Struthers Malbon negano ogni allusione a Is. 5 3 in Marco Uesus' Death in Mark, 283-28 5).

INTERPRETAZIONE DI GESÙ ne: « Ecco, saliamo a Gerusalemme, e il figlio dell'uomo sarà consegna­ to (7tapaòo-8�aE't'!Xt) ai capi dei sacerdoti e agli scribi, e lo condanneran­ no a morte e lo consegneranno (7t!Xf1!XÒroaouatv) alle nazioni, e lo scher­ niranno e gli sputeranno addosso e lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà » ( 1 0,3 3 s.). Questa è la più circostanziata fra le tre predizioni della passione. In chiave letteraria fornisce un compendio preciso del racconto della passione e in tal modo prepara l'uditorio, spin­ gendolo a chiedersi come tutto ciò accadrà. Da un punto di vista storia­ grafico il suo scopo è riassumere gli eventi. Ma la duplice occorrenza del verbo «consegnare», come la sua presenza nella seconda predizione, è in­ dizio di un'interpretazione. È richiamato e applicato a Gesù il testo poe­ tico sul servo sofferente in Isaia e segnatamente n , u (LXX). Ciò proba­ bilmente significa che il passo è interpretato in senso messianico. In 3 ,6 l'interrogativo sul «perché» Gesù sia morto e risuscitato comin­ cia a trovare risposte sul piano storiografico. La prima volta che la que­ stione viene sollevata da un punto di vista interpretativo è quando Ge­ sù dà istruzioni sul comando in seguito alla domanda di Giacomo e Gio­ vanni ( 1 0,3 5-4 5 ) . Come Paolo nell'inno in prosa in Fil. 2., l'autore di Marco fa una dichiarazione cristologica significativa nel presentare al­ l'uditorio la morte di Gesù come esempio o modello da imitare nelle re­ lazioni reciproche. Propugnando una concezione del potere come servi­ zio, il Gesù di Marco afferma: «chiunque voglia essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti; perché il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto (ì..&tpov) a favore (àv­ 'tl) di molti » ( 1 0,44 s.). L'idea di morire per il bene di altri è presente sia nella versione greca sia in quella ebraica di ls. 5 3 , 1 1 s., ma il con­ cetto di « riscatto» (ì..&t pov) non appare mai nel brano di Isaia (ls. p,I J ­ n,u). In base all'uso d i ÀU'tpov in altri luoghi dei LXX è probabile che Marco e il suo uditorio intendessero il «riscatto» offerto da Gesù come un'espiazione compiuta «a favore di» o «al posto di » (àv'tl) molti.1 Il concetto di espiazione è talvolta associato al rito del sacrificio, ma l'espia­ zione di una colpa o la propiziazione (presumibilmente di Dio) possono essere effettuate anche in altri modi. Il testo sottolinea il carattere vo­ lontario della morte di Gesù. La vita non gli è stata tolta, piuttosto egli «è venuto» «per darla » .1 1 V. sotto, a 1

10,4 5 .

Secondo Dowd - Struthers Malbon, che pongono in risalto il contesto letterario del det­ to, 10,4 5 significa che Gesù riscatta la maggioranza dalla tirannia dell'élite Uesus' Death in Mark, 287). Un aspetto problematico di questa lettura è che il Gesù di Marco non di­ ce che il suo uditorio è sotto la tirannia dell'élite (gentile). Piuttosto egli parla dei capi dei gentili che spadroneggiano su di loro e tiranneggiano su di loro (v. 42).

INTRODUZIONE Dopo le azioni di Gesù affiancate dall'insegnamento nel tempio Mar­ co annota: «E i capi dei sacerdoti e gli scribi udirono (ciò che aveva detto) e cercavano un modo per eliminarlo; avevano infatti paura di lui perché tutto il popolo era stupito per il suo insegnamento » ( I I,I 8). Co­ me il commento in 3 ,6, questa dichiarazione ha un fine storiografico, ossia intende spiegare «perché » e «come » Gesù arrivò a essere crocifis­ so. 1 Nel contesto precedente erano i farisei e gli erodiani a cospirare per annientare Gesù; qui è menzionata per la prima volta l'ostilità dei capi dei sacerdoti. L'uditorio è stato preparato a questa ostilità dalla prima e dalla terza predizione della passione ( S,p; IO,J 3 ). In I I , I 8 gli scribi si uniscono ai capi dei sacerdoti nei loro tentativi iniziali di annientare Gesù. Il tema del conflitto fra lui e gli scribi è già introdotto da 1,22, quando si dice che la gente nella sinagoga di Cafamao è meravigliata per il suo insegnamento, autorevole e diverso da quello degli scribi. Questo motivo viene sviluppato in diversi episodi successivi. :z. L'emergere di una opposizione più accanita da parte degli scribi, come quella dei capi dei sacerdoti, è preparata dalla prima e dalla terza predizione della passione. La morte di Gesù è trattata allegoricamente nella parabola della vi­ gna e dei coloni ( 1 2,1-1 2). I vignaioli dichiarano: « Questo è l'erede; ve­ nite, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra » ( 1 2,7). Da un punto di vista allegorico si può interpretare questa affermazione nel senso che i capi del popolo vogliono annientare Gesù perché è l'erede di Dio, ossia il figlio di Dio o il messia. Lo uccidono per mantenere il comando e il po­ tere per sé. Gli >, os­ sia un angelo, che scendeva dal cielo verso Asenet ( los. As. I4,I-J ).3 Per 1

Cf. Bultmann, History, 2.50-2.53. Gal. 4,4-7; Rom. 8,3 s. 14 s. 17. Sulla tradizione prepaolina v. U. Wilckens, Der Brief an die Romer (EKK 6), 3 voli., Ziirich-NeukirchenfVluyn 1978-1983, n, 1 3 8 s.; K. Ber­ ger, Exegese des Neuen Testaments. Neue Wege vom Text zur Auslegung, Heidelberg 1977, s s-57. Per il contesto battesimale di questa tradizione v. H. Paulsen, Oberliefe­ rung und Auslegung in Romer 8 (WMANT 4 3 ), Neukirchen/Vluyn 1974, 86-96. 3 Per il testo greco di questo passo v. Ch. Burchard, Ein vorliiufiger Text von ]oseph und Aseneth: Dielheimer Bliitter zum Alten Testament 14 ( 1979) 2.-5 3, spec. 2.3; oppure Denis-janssens, Concordance grecque, 854. V. G. Bohak, Joseph and Aseneth and the Jewish Tempie in Heliopolis (SBLEJL 10), Atlanta 1996, 2. s.; A. Standhartinger, Das 1

Frauenbild im ]udentum der hellenistischen Zeit. Ein Beitrag anhand von «]oseph und Aseneth» (AGJU 2.6), Leiden 1995, 108-us.

2 74

INTRODUZIONE NARRATIVA

esprimere l'idea del cielo (o dei cieli) che si aprono a scopo teofanico, epifanico o rivelatorio era utilizzato più frequentemente il verbo «apri­ re» (&:vo(yw). 1 Lo Spirito santo non è presentato come una colomba o paragonato a essa nel T.M. o nei LXX, ma l'uso del participio piel di riJp (lett. «covan­ te» o «librantesi su» ) per indicare l'attività dello « Spirito di Dio» (rwiJ 'lhjm) in Gen. 1 , 2. può aver fatto nascere l'idea.1 In blfag. 1 5a Ben Zo­ ma afferma che egli «guardava tra le acque superiori e inferiori, e ci so­ no appena tre dita [di larghezza] tra loro, e perciò è detto: E lo Spirito di Dio si è fibrato sulla superficie delle acque, come una colomba che si libra sui suoi piccoli senza toccar[li] ».3 Analogamente il targum di Cant. 2., 12. interpreta il verso della tortora come la voce dello Spirito santo. La prima parte di Cant. 2., 12., «i fiori appaiono sulla terra », è interpretata come la comparsa di Mosè e di Aronne; la seconda, «il tempo di canta­ re», è letta come «il tempo della potatura » e interpretata come «il tem­ po di uccidere i primogeniti»; la terza parte, «e la voce della tortora si ode nella nostra terra », è spiegata così: «e la voce dello Spirito santo di salvezza, di cui parlai ad Abramo . . . 'Giudicherò la nazione che essi ser­ vono . . .'». 4 Nella Bibbia l'associazione dello Spirito di Dio con un essere umano x ls. 63,19 LXX; E:r.. 1,1 LXX; Herm. Vis. 1 , 1 ,4; Test. Lev. 2,6; 1 8,6. Cf. 2 Bar. 22,1; Apoc. Abr. 19,4 (degli ultimi due passi citati non è sopravvissuta alcuna versione greca). 2. Come ha osservato Ephraim A. Speiser, la stessa radice è usata in Deut. 3 2, 1 1 a pro­ posito delle aquile rispetto ai loro piccoli ( Genesis, lntroducrion, Translation, and Notes [AB I], Garden City, N.Y. 1964, 5 )· In Sifre Deut. 3 2,10- 1 2. l'azione dell'aquila è para­

gonata a quella del rivelarsi di Dio in occasione del dono della torà, nonché all'attività di Dio nell'era avvenire con riferimento a Cant. 2,8: «ascolta, mio diletto, ecco, arriva ». Per il testo v. Sifre on Deuteronomy, New York 1969, 3 5 6 s.; per una traduzione inglese v. J. Neusner, Sifre to Deuteronomy. An Analytical Translation, 11. Pisqaot One Hun­ dred Forty-Seven through Three Hundred Fifty-Seven (BJS 101/2), Atlanta 1987, 3 37· Questo testo è citato da Abrahams, Studies in Pharisaism I, 49· 3 Tr. secondo M. Ginsberg in I. Epstein (ed. ), The Babylonian Talmud. Seder Mo'ed, J:lagigah, London 1 9 3 5 - 1 9 5 2, 1 5a (sez. a). 4 Per il testo aramaico v. A. Sperber (ed.), The Bible in Aramaic, vol. 4A. The Hagio­ grapha, Leiden 1968, 1 3 1 ; tr. secondo B. Grossfeld (ed.), The Targum to the Five Megil­ loth, New York 1973, 197-198 (con modifiche); Hooker, 46, riconosce che bJ:lag. 1 5a e il targum di Cant. 2, 1 2. sono posteriori al vangelo di Marco, ma ritiene che essi avallino l'ipotesi ricavata da Mc. 1,1o che l'immagine della colomba fosse già associata allo Spi­ rito santo nel I secolo. V. anche Abrahams, il quale osserva che l'associazione della voce celeste e della colomba in Marco è chiarificata dalla rappresentazione della voce celeste (bat-qol) che fischia o cinguetta come un uccello in vari passi rabbinici. Egli cita ad es. bBer. 3a: •Ho udito un bat-qol gemere come una colomba e dire: 'Guai ai figli per le cui ingiustizie ho distrutto il mio tempio» (Studies in Pharisaism I, 47; traduzione e corsivi suoi). In Lentzen-Deis, Die Taufe ]esu, x 8o, è esaminato il targum di Cant. 2,1 2.

MC. 1 ,2- 1 5

27 5

ha connotazioni differenti a seconda del contesto. I Esso può dotare un uomo di una straordinaria forza fisica ( Giud. q,6. I9); può condurre al­ l'estasi (Num. u,2.5; I Sam. I o,6. Io); può trasportare miracolosamen­ te una persona da un luogo a un altro ( I Re I 8, I 2.; 2 Re 2., I 6; Ez. 3,I2.. 14; 8,3; I I,I .2.4; 4 3 , 5 ), o può accordare il carisma del comando (Giud. 3,10; I Sam. I 6, I 3 ).1 Lo Spirito di Dio è associato anche al carisma del profeta (Mich. 3,8; Neem. 9,30) e alle doti del sovrano ideale (Is. I I,I9, spec. il v. 2.).3 Il contesto narrativo di Marco tuttavia indica in Is. 61, I s. un precedente importante per Mc. I,Io e induce a ipotizzare una re­ lazione intertestuale. Questo è il passo: Lo spirito del Signore è su di me, perché mi ha unto; mi ha inviato a proclamare la buona novella ai poveri, a curare coloro che hanno i cuori spezzati, a proclamare la liberazione ai prigionieri, il recupero della vista ai ciechi, ad annunciare l'anno del favore del Signore, e il giorno della ricompensa del nostro Dio, a consolare tutti coloro che sono afflitti . . . (Is. 61,1 s. LXX). Le parole «come sta scritto nel libro di Isaia il profeta» con cui sono in­

trodotte le citazioni in Mc. 1,2. s. e la relazione fra le citazioni e la nar­ razione successiva lasciano intendere che le attività di Giovanni e di Gesù sono perlomeno prefigurate, se non profetizzate, dal libro di Isaia. L'affermazione «lo spirito del Signore è su di me» (Is. 61,1a) trova cor­ rispondenza o è portata a compimento nella rappresentazione della di­ scesa dello Spirito su Gesù in Mc. 1 ,1oc. La frase «perché mi ha unto (t'X{:>taev) » (Is. 6I,Ib) ha una relazione analoga con l'epiteto 'X{)ta'to> , In relazione alla trasfigurazione in 9,2-8 i membri dell'uditorio che avevano familiarità con la mitologia greca avrebbero inteso il v. IO nel senso che il Gesù terreno, dal momento del battesimo, era un essere divino che camminava sulla terra. I I I. A indicare nel modo migliore il significato della discesa dello Spi­ rito sono le parole della voce divina proveniente dal cielo ... La prima par­ te del detto è un'attualizzazione o un compimento di Sal. 2, 7 , versetto tratto da un salmo regale nel quale il Signore dice al re di Israele, il suo unto: «Tu sei mio figlio» . La formulazione di Mc. I , n , «Tu sei il mio fi­ glio>> (aù el b uloc; (J.OU) è quasi identica a quella dei LXX, «Mio figlio sei tu» (uloc; (J.OU el cru). L'enunciato indica che Dio riconosce o designa Ge­ sù come suo «figlio» mediante queste parole. Non è difendibile l'opinio­ ne diffusa che il linguaggio di Sal. 2.,7 nel suo contesto sociale e storico originario presupponga un'adozione/ anche se è possibile che questo linguaggio evocasse idee siffatte perlomeno in qualcuno degli ambiti so­ ciali in cui Marco venne letto e ascoltato nei primi tempi. In ogni caso l'allusione al Salmo 2. induce a pensare che, quando lo Spirito entra in I E.P. Dixon,

Descending Spirit and Descending Gods. An lnterpretation of the Spirits «Descent as a Dove» in Mark z:zo: JBL u8 ( 2.009) 75 9-780.

z. Per una rassegna delle fonti primarie pertinenti e per una valutazione critica v. Lentzen­ Deis, Die Taufe jesu, 1 83 - 1 9 3 · A suo giudizio Is. 4 2., I è importante per l'interpretazione sia della discesa dello spirito (pp. 1 5 6-1 5 8 ) sia della voce celeste (p. 192.).

3 Per la tesi secondo cui in Sal. 2.,7 è implicita l'adozione v. ad es. M. Dahood, Psalms, Introduction, Translation, and Notes, vol. 1. 1-50 (AB 1 6), Garden City, N.Y. 1966, I I s. Di parere opposto ].]. Collins, in Id. - A. Yarbro Collins, King and Messiah as Son of

God. Divine, Human, and Angelic Messianic Figures in Biblica/ and Related Literature,

Grand Rapids 2.oo8, 1-2.4: «The King as Son of God ».

MC. 1 , 2-1 5

2 77

Gesù ed egli viene chiamato > allo spirito, affine al «legare >> di molti ritua­ li reali. Di solito un essere umano fa uso di una formula magica per «le­ gare>> e ridurre al silenzio un altro essere umano: Di': « Lego il tale in relazione a tale cosa. Non parli, non sia contrario, non si opponga; non gli sia possibile guardarmi in faccia o parlarmi; sia assog1 xQapGen 20,28; testo e tr. si trovano in Fitzmyer-Harrington, Manual, 1 1 6 s. Gli auto­ ri rendono wttg'r con «gli sia ordinato (di andarsene) .. , ma Fitzmyer (The Genesis Apo­ cryphon of Qumran Cave I. A Commentary [BibOr x8A], 2a ed. riv. Roma 1971, 1 3 8 ) osserva che i n Zacc. 3 , 2 e i n Sal. 68,3 1 (T.M. ) i LXX (Sa/. 67,3 1 ) traducono la radice con É1t1�1p.ciw ( «rimproverare» ) . Egli cita, approvandola, l'opinione di Kee (Terminology) secondo cui nei rotoli del Mar Morto g'r indica il pronunciare da parte di Dio o di un

suo agente una parola di comando grazie alla quale si dominano potenze del male. Si veda anche ulteriore bibliografia citata da Fitzmyer, Genesis Apocryphon, 1 3 8. 2.

Bauemfeind, Die Worte der Diimonen, 3 1 -34.

3 IO

UN INSEGNAMENTO NUOVO CON AUTORITÀ

gettato a me, finché questo anello è sepolto. Gli lego la mente e lo spirito, il desiderio, le azioni, affinché sia lento [nei suoi atti] con tutti gli uomini». 1 Marco trasferisce questo motivo all'intervento su un essere soprannatu­ rale anziché umano. Un'altra differenza è che la tecnica adottata da Ge­ sù è quella di un puro ordine: non sono utilizzati anelli o incantesimi. Il comando sopraffà lo spirito vanifìcando e ponendo termine alle sue paro­ le. Inserita però nel contesto dell'intero vangelo, l'imposizione del silen­ zio assume le connotazioni del segreto sull'identità di Gesù. 1 2.5-2.8. Gesù ordina poi allo spirito di uscire dall'uomo (v. 2 5 ) e lo spi­

rito lo fa, provocandogli convulsioni e gridando a voce alta e presumi­ bilmente inarticolata (v. 26). Questo è un vero e proprio esorcismo, seb­ bene non vi sia lo scongiuro verbale dal quale l'atto potente prende il nome, la formula che contiene il termine è�opx(�w ( « scongiurare» o «far prestare giuramento» ).3 Questa vittoria di Gesù nella lotta contro uno spirito impuro riprende il tema del conflitto con Satana e i demoni in­ trodotto nell'episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto.4 Nel brano precedente il conflitto era solo implicito, nei vv . 23-28 è esplicito. Gesù, in quanto messia e servo del Signore, deve impegnarsi in una lotta con le potenze che si oppongono a Dio. Come messaggero e primo rappre­ sentante del regno di Dio, deve combattere contro il regno di Satana. 5 Si è già detto che il v. 27 propone il tema tipico della reazione da par­ te degli spettatori presenti all'esorcismo. L'acclamazione « Comanda per­ fino agli spiriti impuri ed essi gli ubbidiscono» è congruente con il ge­ nere dell'esorcismo e con questo contesto particolare. L'esclamazione «Che cos'è questo? Un insegnamento nuovo con autorità » sembra inve­ ce fuori luogo. Essa tuttavia si riallaccia all'insegnamento di Gesù nella sinagoga appena prima dell'esorcismo e alla reazione di coloro che lo x PMG 5,3 2.0-32.9: Àéyr: xcz'tiZÒta(UUw 'tÒv 81!:ivcz 1t� 'tÒ 8tivcz· 11.� ÀCZÀ1Jali'tw, 11.� linta7t(cz­ a)!l-.w, 11.� civ'ttm!i'tw, 11.� !J.Ot BUvczt'to lint�Àéljlat � cintÀczÀ�aczt, U1tO'tl!:'tczy(J-Évoc; Bé IJ.Ot �'tw, Èq>' oaov o�oç o xplxoç xéxwa'tczt. XGl'tiZÒI!:a(UUw 8È czÙ'tou "CÒV VOUv XCIL 't� q>pévato.z9Ev); in 3 ,7- 1 2 sono elen­ cate le località da cui provengono quanti si raccolgono presso Gesù: Ga­ lilea, Giudea, Gerusalemme, Idumea, Perea e le regioni intorno a Tiro e Sidone. Il passo precedente chiarisce che si erano recati da Gesù in tal numero che egli non poteva entrare in una città apertamente. In 3 ,9 s. erano in tanti ad accalcarsi su Gesù che egli chiese ai suoi discepoli di tenere una barca pronta per lui per evitare che la folla lo schiacciasse. I Come ha mostrato Joanna Dewey, la sezione ha una struttura con­ centrica.:z. Solo la prima (2., 1 - 1 2) e l'ultima ( 3 , 1-6) unità trattano di una guarigione. Le prime due (2., 1 - 1 2. e 2., 1 3 -17) hanno in comune il tema del peccato e dei peccatori; le ultime due ( 2.,2.3 -2.8 e 3 , 1-6) condividono il tema di ciò che è lecito nel giorno del sabato. La seconda, la terza e la quarta unità ( 2., 1 3 - 1 7; 2.,1 8-2.2.; 2.,2.3-2.8 ) riguardano tutte il tema del mangiare (o del non mangiare, ossia del digiuno). Le prime due come le ultime due presentano una struttura tripartita, mentre quella dell'unità centrale (2., 1 8-2.2.) è bipartita.3 L'unità letteraria e tematica di questa sezione, che contrasta con l'or­ ganizzazione non rigorosa di gran parte del resto del vangelo, ha indotto molti a reputare che l'evangelista abbia attinto a una raccolta premar­ ciana di apoftegmi o di storie di conflitto, probabilmente scritta. Mar­ tin Albertz è stato il primo ad avanzare l'ipotesi circostanziata dell'uso in questa sezione di una raccolta scritta precedente,4 sostenendo che i racconti erano in origine resoconti indipendenti di conflitti fra Gesù e i giudei su materie relative alla legge. 5 Sebbene non ci sia una progresflitto» si può considerare un sottotipo del genere più esteso dell' «apoftegma » o «raccon­ to aforistico» o «aneddoto» . Dibelius, From Tradition, 1 5 :Z.- 1 64, si era accorto delle af­ finità fra i «paradigmi» (gli apoftegmi di Bultrnann) e le chreiae della letteratura greca, ma ne aveva posto in rilievo le differenze. Studi più recenti tendono a sottolineare le so­ miglianze; v. V.K. Robbins, Chreia and Pronouncement Story in Synoptic Studies, in Mack-Robbins, Patterns of Persuasion, 1-2.9. I Cf. Dewey, Markan Public Debate, 4:z.. 105; sulla tecnica letteraria della •cornice» v. op. cit., :z.3. :z. Best, Mark, 104-106, pensa che Dewey abbia argomentato bene la sua ipotesi, ma solleva dubbi su alcuni particolari. 3 Dewey, Markan Public Debate, 1 09-I I 6. 4 Albertz, Synoptischen Streitgespriiche, 5-16; si vedano il riepilogo e la critica alle argo­ mentazioni di Albertz in Kuhn, A ltere Sammlungen, I 8-:z.4; Dewey, Markan Public De­ bate, 43-45, e Weiss, Eine neue Lehre, :z.o-:z.3 . 5 Albertz postula scambi verbali effettivi in aramaico fra Gesù e gli oppositori all'inizio

della storia di queste tradizioni; la seconda fase comportò la formazione e ripetizione di resoconti di questi episodi nella tradizione orale dei seguaci di Gesù dopo la sua morte;

MC. 2, 1 - 1 2

3 23

sione nella gravità delle questioni o nell'identificazione degli oppositori, Albertz asserisce che la manifestazione di ostilità nei confronti di Gesù sia in crescendo nel passaggio dal dissenso silenzioso a quello espresso verbalmente, che raggiunge il suo apice nell'ostilità aperta, evidente nel complotto per eliminarlo ( 3 ,6). Ulteriori argomentazioni si basano sul rapporto fra questa sezione e il vangelo nel suo complesso: il titolo di «figlio dell'uomo» ( 2,10.28) non è usato in senso escatologico, come al­ trove in Marco; l'allusione alla morte di Gesù è prematura, dato che egli non rivela la sua ineluttabilità fino a 8,3 1 ; inoltre il cenno al com­ plotto contro Gesù in 3,6 si presenta troppo presto nella narrazione. Lo scopo della raccolta era di spiegare la morte di Gesù come conflitto sto­ rico fra lui e i suoi avversari. 1 Una delle critiche a queste argomentazioni è che, siccome il vangelo contiene sia detti sul figlio dell'uomo sofferente sia detti escatologici, po­ trebbero essere stati inseriti anche detti relativi all'autorità presente del figlio dell'uomo. Nel vangelo compaiono altre prefigurazioni precoci della morte di Gesù, per esempio la notazione che Giuda Iscariota era co­ lui che tradì Gesù ( 3 ,19). Infine, sostenere che il complotto contro Gesù compaia troppo presto nel vangelo non è un argomento cogente. L'evan­ gelista potrebbe aver introdotto questo tema nella parte iniziale ma aver­ ne rimandato lo sviluppo a dopo. Di fatto contro l'argomento di Albertz che 3 ,6 fosse la conclusione e il culmine di una raccolta premarciana si è mossa l'obiezione che questo versetto è redazionale e si è osservato che esso prospetta l'evoluzione successiva e l'esito del complotto ai danni di Gesù.1 Heinz-Wolfgang Kuhn elude questo problema affermando che la rac­ colta premarciana è rappresentata da Mc. 2,1-28.' Le quattro pericopi della raccolta, singolarmente e nel loro insieme, riflettono un conflitto interno al movimento cristiano sulla validità permanente di alcune pra­ tiche giudaiche. La raccolta è intesa anche a sottolineare la piena auto­ rità terrena di Gesù come figlio dell'uomo, accentuazione che non com­ pare altrove in Marco. alla fine questi racconti furono messi per iscritto e raccolti (Synoptischen Streitgespriiche, 57-1 17). Pur riconoscendo che molti membri delle comunità erano bilingui, secondo Al­ hertz le raccolte furono scritte in aramaico, almeno all'inizio (op. cit., 1 10). 1 Op. cit., 106 s. 1 Dewey, Markan Public Debate, 46 s. 3 Secondo Kuhn

Mc. 2.,2.8 era la conclusione originaria della raccolta e l'autore di Mar­ co ha aggiunto 3,1-6 (A ltere Sammlungen, 75· 86-88); si vedano le considerazioni di Dewey (Markan Public Debate, 49-52.) e Weiss (Eine neue Lehre, 2.3-2.5). Altri, come I. Maisch e R. Pesch, hanno sostenuto che la raccolta premarciana si estendeva da 2.,1 5 fino a 3 , 6 (v. Weiss, 2. 4 s., e Dewey, 48 s.).

GUARIGIONE DEL PARALITICO Anche se è possibile dar conto delle caratteristiche letterarie di Mc. 2, 1-3,6 come esito di una compilazione marciana di varie tradizioni, la ricchezza e l'eleganza retorica di questa sezione, superiori a quelle di gran parte delle altre strutture letterarie del vangelo, fanno in qualche misu­ ra propendere per l'ipotesi che l'evangelista abbia usato una fonte co­ stituita grosso modo da 2,3 -28. I Non convince tuttavia l'argomenta­ zione secondo cui lo scopo primario della raccolta era di affrontare un dibattito interno alla comunità cristiana sulla validità permanente di al­ cune pratiche giudaiche, perché le premesse e le pratiche inerenti all'os­ servanza della legge non sono affatto sviluppate. Sembra più probabile che fosse una raccolta di ricordi storici del conflitto tra Gesù e altri mae­ stri giudei, modellati in fattezze che rivelano un interesse primario per l'identità e l'autorità di Gesù e uno secondario per le conseguenze delle sue attività e dei suoi insegnamenti autorevoli sullo stile di vita che i se­ guaci devono adottare. Secondo Kuhn la controversia sul mangiare insieme a pubblicani e peccatori riflette il dibattito in seno al primo movimento cristiano sulla possibilità per i cristiani giudei di condividere la mensa con i cristiani gentili. Un conflitto simile è attestato per Antiochia (Gal. 2, n-q).1 Egli ritiene che l'eco di questo conflitto, l'interesse per le pratiche giudaiche e l'uso dell'epiteto «figlio dell'uomo>>, a causa delle sue radici semitiche, si addicano a una provenienza siriaca. Queste caratteristiche potrebbe­ ro tuttavia inquadrarsi altrettanto bene in una collocazione palestinese, specialmente in città come Cesarea Marittima, dove convertiti sia giu­ dei sia gentili potrebbero essersi uniti alla comunità locale dei seguaci di Gesù.3 1-12. Secondo Dibelius questa unità contiene una storia che rappresen­ ta in forma notevolmente pura la tipologia che egli definisce paradig­ ma.4 Non la classifica come un racconto (storia di miracolo) perché «il suo fulcro non è la guarigione bensì il perdono. La guarigione, una volta compiuta, mostra a tutti che Gesù ha il diritto di perdonare peccati» .5 Il paradigma, con il suo nesso sociale con la proclamazione, verte su queI Si rinvia alle riflessioni dì Dewey, Markan Public Debate, I92. s. Si deve a Kuhn l'im­ portante osservazione letteraria che le storie di conflitto in Mc. 2. sono tutte costituite da dialoghi con due scambi verbali, mentre quelle del cap. IO ne contengono ciascuna più di due; egli rileva altresì che la risposta di Gesù è introdotta sistematicamente da xa.t nel cap. 2. e da ÒÉ nel cap. IO ( Altere Sammlungen, 82.). 2. Kuhn, A ltere Sammlungen, s 8-6 1 . 9 I ·95· 98. 2.3 2.-2.34. 3 Kuhn nega, ma senza argomenti solidi, che la provenienza sia palestinese (op. cit., 98. 2.3 2.-2.34). 4 Dibelius, From Tradition, 43· s Op. cit., 54·

MC. 2,1-12 sto diritto perché la questione del valore del taumaturgo è più impor­ tante per la predicazione di quanto non lo sia il miracolo in sé. Il passo è tuttavia un'unità e non è possibile ricostruire due racconti originaria­ mente distinti, uno di un miracolo e l'altro di una disputa.' Bultmann afferma nondimeno che questa unità era originariamente una storia di miracolo e che i vv. s b- 1 o sono una interpolazione secondaria. Questi d'altra parte non hanno mai costituito un'unità indipendente, ma sono stati composti per il contesto. 2 Secondo Dewey vi sono tre sottogruppi di apoftegmi di controversia o storie di conflitto: quelli prodotti da una guarigione di Gesù, quelli nati da qualche altro genere di comportamento di Gesù o dei suoi di­ scepoli e quelli che traggono origine da domande di avversari. Alcune storie del primo sottogruppo, controversie in cui entra in gioco una guarigione di Gesù, presentano la stessa struttura di quelle del secondo, ovvero «comportamento - obiezione - rivendicazione» . Altre, fra cui questa, no. La guarigione si compie alla fine, dopo il detto di Gesù, an­ ziché all'inizio. Questa dislocazione modifica la forma tipica del dialo­ go, sicché Gesù può prendere l'iniziativa e gli avversari possono restare in silenzio.3 L'analisi di j. Dewey mostra che il passo è un'unità lettera­ ria con un ritmo circolare o composizione ad anello. La sua storia lette­ raria può essere quella proposta da Bultmann, ma tale ipotesi non può più essere fondata sull'argomento dello stile inelegante e maldestro.4 I . Non è del tutto chiaro se la locuzione circostanziale «dopo alcuni giorni » (òt' inJ.e:pwv) graviti su «entrato» (dae:À-Bwv) o «si venne a sapere>> (ipcoua.SYJ). La traduzione fornita qui si basa sulla prima possibilità 5 e comporta che la proclamazione nelle cittadine circostanti, di cui si par­ la in 1 , 3 8 , sia stata portata a termine in pochi giorni. Tale rappresenta­ zione è congruente col resoconto della giornata di Gesù a Cafarnao in 1,21-34, secondo il quale egli aveva concluso molto in poco tempo. Data la fama di Gesù inoltre è improbabile che il suo ritorno a Cafarnao po­ tesse passare inosservato per diversi giorni. Il complemento iv otxq> si può rendere sia ((in casa >> sia ((in una casa >> (v. sopra, n. a). Anche se la seconda traduzione è possibile, si tratta di un'espressione greca idiomatica per «in casa » . 6 Qui però il suo signi­ ficato preciso è tutt'altro che chiaro. L'ipotesi più attendibile è che essa indichi qualunque luogo in cui a Gesù sia capitato di fermarsi mentre era a Cafarnao. 1

Op. cit., 66 s.

Bultmann, History, 14 s. 2 1 2 s. 3 Dewey, Markan Public Debate, 28 s. 4 Op. cit., 66-76. 5 Cf. Taylor, 192. 6 Moulton, 1, 81 s.; Taylor, 193.

2.

3 26

GUARIGIONE DEL PARALITICO

2 s. Il riunirsi di una grande folla ricorda la scena alla fine del primo giorno trascorso da Gesù a Cafamao ( I, 3 2-34). La rappresentazione di Gesù che annuncia «la parola » (-ròv Àoyov) alla gente richiama quella del lebbroso guarito che diffonde «la parola » ( -ròv Myov, I,4 5 ) . È verisimi­ le che l'annuncio della parola da parte di Gesù nella casa in 2,2 corri­ sponda al suo insegnamento nella sinagoga in I , 2 I . Entrambi sono col­ legati al sommario della proclamazione di Gesù in I,I4 s. Analogamen­ te il gruppo che porta il paralitico da Gesù è un'ulteriore esemplificazio­ ne del sommario di I,3 2, secondo cui la gente di Cafarnao portava tutti i suoi malati da Gesù perché fossero guariti. 4 s. Come l'insegnamento di Gesù nella sinagoga era stato interrotto dalla comparsa di un uomo con uno spirito impuro ( I ,23 ), così qui il suo annuncio della parola nella casa è interrotto dal gruppo con il pa­ ralitico, che apre un varco nel tetto e cala l'uomo paralizzato sul suo gia­ ciglio. Le somiglianze però si fermano qui. Lo spirito impuro, come si è visto, aveva sfidato Gesù e gli aveva opposto resistenza, ma era stato sconfitto. In questo caso gli sforzi degli aiutanti del paralitico esprimo­ no una tale fiducia o fede nel potere di guarigione di Gesù da ricorrere a mezzi straordinari per superare l'ostacolo costituito dalla folla che impediva loro di raggiungerlo. Il narratore osserva che Gesù vide la lo­ ro fede.' s-7· Gesù risponde alla loro manifestazione di fede dicendo al parali­ tico: «Figlio, i tuoi peccati sono perdonati» (-r&xvov, &.ipttv-ral aou al �!J.ap­ -rla,). L'allocuzione «figlio» è una delle forme tipiche con cui l'uomo pru­ dente, il saggio o l'insegnante, si rivolge al proprio allievo. 2. Sebbene la forma passiva comporti che sia Dio a perdonare, l'affermazione recisa «i tuoi peccati sono perdonati » è inusuale nel contesto della tradizione giudaica. Si aveva un precedente nella dichiarazione collettiva che Dio aveva perdonato tutti i peccati di Israele in passato (Sa/. 8 5 , 2-4). A profeti e uomini santi di un tempo era attribuita la capacità di ottenere da Dio il perdono per i peccati altrui mediante le loro preghiere.3 Non si hanno tuttavia precedenti in cui un essere umano dichiari semplicemen­ te che Dio in quel momento sta perdonando il peccato di un altro esse­ re umano.4 Non sorprende quindi che si possano raffigurare alcuni seriSul motivo tipico delle «difficoltà di avvicinamento" v. Theissen, Miracle Stories, 52· s. Prov. 3 1,2; Sir. 2, 1; 3,1. 17; 4,1; 6,18.2 J . 3 2; 10,28; u, 1o; 14, 1 1; 1 6,24; 1 8 , 1 5 ; 21,1; 23 ,7; 3 1 ,22; 37,27; 3 8,9. 1 6; 40,28; 41,14· 3 Mosè in Es. 3 2,3 2 e Num. 14,19; Giobbe in Giob. 42,10 LXX . 4 Il luogo che più si avvicina a un precedente è la dichiarazione di Natan che dice a DaI

2.

MC. 2, 1 - 1 2 bi I fra i presenti che pensano tra sé: «Bestemmia. Chi può perdonare pec­ cati, se non il solo Dio ? » (�Àa.a ) .4 La traduzione di questo nome in OG è BaaÀ !J-Uta ( «Baal la mo­ sca >> ) .5 È probabile che b'l zbwb sia un peggiorativo o un gioco ironico sul nome di una ben nota divinità semitica, b'l zbl ( «Baal Zabuh> , che si­ gnifica > ). 6 Che nei vangeli sinottici compaia un nome -re:uatxL ò� (J.OL Èv Tcjl É"("(tiC'TpL(J.�I!I xaì IÌva"(tx"(É (J.OL ov eàv e:htw C'OL. Una parodia di questa concezione in Luc. Lex. 10: iyrcxa-rplp.u-86v -rtvcx iotxcx 1tE1twxÉvcxt ( « pare che io abbia bevu­ to uno spirito familiare» ); testo e tr. secondo Harmon, Lucian v, 3 10 s. (con modifiche). 1 CD 1 1,1 s.: kl 'jS 'sr ;mslw bn rw!Jwt bli'l wdbr srh kmspt h'wb whid'wni ;sp�; testo di E. Qimron, The Text of CDC, in M. Broshi (ed. ), The Damascus Document Reconsid­ ered, Jerusalem 1991, 9-49, spec. 3 3 ; tr. di Garda Martinez - Martone, Qumran, 1 19 (con modifiche); cf. Vermes, Dead Sea Scrolls, 1 4 1 . V. anche 4QDb (4Q167) fr. 4,1 1 s.; Baumgarten restituisce l'espressione 't '[w]bwt w' [t] [id'wn!lm e traduce «fantasmi e [spiriti familiari] » (Qumran Cave 4 xm, 100); 4QD• (4Q170) 1,1,10; l'espressione ' w idrws b'wb wbid'wnim compare qui e Baumgarten traduce: « . , , o interroga fantasmi e spiriti familiari . . . » (Qumran Cave 4 xm, 141 s.). :z. mSanh. 7,7; tr. secondo Danby, Mishnah, 391 s.; le citazioni sono di Lev. 10,17; il «monito» rinvia a Lev. 19,3 1 o a Deut. 1 8,1 1 . 3 I n alcuni manoscritti di bSanh. 43a (parte e) è conservata l a tradizione (una baraità) secondo cui Gesù fu condannato alla lapidazione (e appeso alla croce) perché praticava la stregoneria e seduceva Israele all'apostasia. A questa baraità segue l'affermazione del­ l'amoreo Ulla secondo la quale Gesù era un seduttore (msit), con la citazione di Deut. 1 3 ,9 ( 1 3,8 RSV). Per un breve esame di questi passi v. J. Klausner, Jesus of Nazareth. His Life, Times, and Teaching, New York 1915, 17 s. 4 V. 2 Re 1,1.3.6. I 6; v. Herrmann, Baal Zebub, 193 s. 5 Giuseppe dice che il nome del dio era Muicx ( « mosca » ; Ant. 9,1,1 [19]); il nome ebrai­ co della divinità è traslitterato Beelzebub nella Vulgata (Herrmann, Baal Zebub, 293 ). � Questa è la spiegazione di W.F. Albright, basata sui testi ugaritici di Ras Shamra e com-

MC. 3 , 20-3 5

393

affine a quello di questa antica divinità anziché il nome che appare in 2 Re e nei passi che ne dipendono lascia pensare che la divinità fosse an­ cora conosciuta in Palestina nel I sec. d.C., ma come un demonio piut­ tosto che come una divinità. 1 Anche se l'idea di un principe o signore po­ trebbe essere stata ricavata da arameofoni dalla parte Baal- del nome, l'autore di Marco, seguito dagli autori di Matteo e Luca, era forse con­ sapevole che la parte -zebul del nome equivaleva all'epiteto «principe » o «signore » (ripx.wv, la parola usata al v. 22).1 L'ipotesi che il demonio BeeÀ'çe�ouÀ fosse conosciuto in Palestina nel I sec. d.C. trova sostegno nella presenza di un demonio con questo no­ me nel Testamento di Salomone, sebbene la sua datazione sia incerta. Se­ condo questo testo il demone Ornias ostacolò la costruzione del primo tempio. Con l'aiuto degli arcangeli Michele e Uriel, Salomone ebbe ra­ gione di questo demonio e lo costrinse a condurre il signore dei demoni (o ripx.wv -twv ÒClt!J-OVtwv), il cui nome è BeeÀ'çe�ouÀ, alla sua presenza.3 Poi, quando Salomone chiese a Beelzebul perché lui solo fosse il signore dei demoni, egli informò Salomone sulla propria origine: Perché io solo sono restato fra gli angeli celesti. Io ero infatti un angelo san­ to fra quelli di primo rango, quello chiamato «Beelzebul » (principe Baal). 4 pendiata da Herrmann, Baal Zebub, 29 5 · Secondo 2 Re 1 l'oracolo di questo dio si tro­ vava ad Accaron, città filistea. Evidentemente il culto di questa divinità semitica era sta­ to acquisito dai filistei di Accaron e incorporato al loro culto locale (art. cit., 293 ). r Si noti che l'espressione b'l dbb (bel dibiib «nemico») ricorre, parzialmente restituita, in 4Q 5 6o 1,1; v. D.L. Penney - M. O. Wise, By the Power of Beelzebub. An Aramaic ln­ cantation Formula from Qumran (4Q5 6o): JBL 1 1 3 ( 1 994) 627-650, spec. 63 1-63 3, che interpreta il termine come «l'accusatore » e conclude che equivale a Beelzebub. V. an­ che Alexander, Demonology of the Dead Sea Scrolls, 3 4 1 n. 3 1 , che accetta l'equivalen­ za con Beelzebub e Io intende come una designazione del capo dei demoni. V. anche Eshel, Genres of Magica/ Texts, 396-398; Eadem, Apotropaic Prayers in the Second Tempie Period, in Chazon, Liturgica/ Perspectives, 69-88, spec. 84. 1 V. anche Mt. 1 2,24 e Le. n , 1 .5 , dove il nome Be:e:Àl;e:�ouÀ è accompagnato dall'epiteto apx.wv 'twv Òczt!J-OVLWV ( « signore dei demoni » ). V. Herrmann, Baal Zebub, 294. Secondo L.K. Handy zbl ( «Zabul » ) dovrebbe essere tradotto «signore», perché indica una perso­ na che governa o regna; si veda il sommario e la bibliografia citata da Herrmann, 29 .5 s. Sulla tendenza giudaica e cristiana a identificare divinità pagane con demoni v. A. Yar­ bro Collins, Pergamon in Early Christian Literature, in H. Koester (ed. ), Pergamon. Cita­ del of the Gods, Harrisburg, Penn. 1998, 1 63-1 84. 3 n «signore dei demoni» (o iipx.wv 'tWV Òc:ttjJ-OVLWV) è menzionato in Test. Sal. 2,8; che il suo nome sia «Beelzebul» (&e:ì..l;e:�uÀ) si chiarisce in 3,1; cf. 3,5. In 3,6 egli si definisce «Beelzebul, il capo dei demoni » (Be:e:ì..l;e:�ÙÀ -.wv Òczt!J-ov(wv o É�czpx.o.;); testo di McCown, Testament of Solomon, 16". D.C. Duling traduce o apx.wv 'twv ÒGtt!J-OVLWv come «il prin­ cipe dei demoni» e 'twv Òczt!J-ov(wv o É�cxpx.o.; come «il signore dei demoni» (The Testa­ ment of Solomon, in OTP I, 964). 4 Test. Sal. 6,2: Òtaa op-yava uir­ vou; testo e tr. secondo Bury, op. cit., 92 s.

Analogamente Seneca scrive: Gli dèi non sono sprezzanti o invidiosi; ci aprono la porta; tendono la ma­ no a chi sale. Ti meravigli che un essere umano vada dagli dèi? È Dio a ve­ nire dagli esseri umani; anzi, viene più vicino, viene negli esseri umani. Nes­ suna indole che non abbia Dio è buona. Semi divini sono disseminati nei corpi umani. Se li riceve un buon coltivatore, essi spuntano simili alla loro fonte e crescono uguali a quelli dai quali sono venuti. Se però il coltivatore è cattivo, come un terreno sterile o paludoso, uccide i semi e genera erbac­ ce anziché messi. 1 Da questi testi, greco, latino e giudaico, si evince che il seminatore nel­ la parabola del seminatore è Dio, o forse Gesù come agente di Dio. Vi­ sto che Marco compendia l'insegnamento di Gesù nelle parole «il tem­ po è compiuto e il regno di Dio si è avvicinato» ( 1 , 1 5 ), la parabola par­ la probabilmente della crisi degli ultimi giorni. Come 4 Esdra, la para­ bola di Marco non prevede che tutti i semi portino frutto. In 4 Esdra la caratteristica che corrisponde al dare frutto è la rettitudine, la vita etica in risposta all'insegnamento di Dio. Del pari nelle Similitudini di Enoc la comunità che viene (( seminata » sono i santi, che verranno premiati, mentre i malvagi saranno puniti. Questo testo aggiunge il motivo del­ l'oppressione del giusto povero a opera del malvagio ricco. Anche negli Inni di ringraziamento di Qumran è implicito che la comunità sia santa e giusta, ma c'è un nuovo elemento, la lealtà verso la comunità e il suo insegnamento rivelato per via divina. È probabile, almeno per i membri dell'uditorio che conoscevano queste tradizioni, che anche nella para­ bola di Marco risuonassero connotazioni analoghe. Quelli che portano frutto sono i membri della comunità escatologica costituita da quanti rispondono positivamente alla proclamazione di Gesù. Chi conosceva la letteratura e la tradizione greca ed ellenistica avrà anche ravvisato nella descrizione della semina e dei suoi risultati un'ana­ logia o un'allegoria dell'educazione. La Legge è una breve esposizione delle caratteristiche auspicabili in uno studente di medicina. Nell'opera attribuita a lppocrate, il grande medico greco, si afferma: 1

Sen. Epist. 73, 1 5 s.: Non sunt di fastidiosi, non invidi; admittunt et ascendentibus ma­

num

po"igunt. Miraris hominem ad deos ire? Deus ad homines venit, immo quod est proprius, in homines venit; nulla sine deo mens bona est. Semina in corporibus humanis divina dispersa sunt, quae si bonus cultor excipit, similia origini prodeunt et paria iis, ex quibus orta sunt, surgunt; si malus, non a/iter quam humus sterilis ac palustris necat ac deinde creat purgamenta pro frugibus; testo e tr. secondo R. Gummere (ed.): Seneca, Ad Lucilium Epistulae Mora/es, 3 voli., London I 9 1 7- 1 9 2. 5 , n, n :z. s. (con modifiche). Que­ sto passo viene citato da J.B. Lightfoot perché analogo alle parabole di Gesù (St. Paul's Epistle to the Philippians, London 1 9 1 3 , rist. Grand Rapids 1 9 5 3 , :z.Ss s).

LA PARABOLA DEL SEMINATORE L'apprendimento della medicina è analogo all'osservazione della crescita delle piante. n nostro talento naturale è come il suolo; le opinioni degli in­ segnanti sono come i semi; l'apprendimento nell'infanzia è analogo alla ca­ duta dei semi al momento opportuno nel terreno preparato; il luogo del­ l'istruzione è come il nutrimento che giunge alle cose seminate dall'aria cir­ costante; la diligenza è il lavoro della terra; il tempo rafforza tutte queste cose, cosicché la loro coltivazione è portata a compimento. I

Questo passo è una similitudine più che una favola, ma i termini del con­ fronto sono molto vicini a quelli contenuti nella parabola del seminato­ re. Merita notare tuttavia che nella parabola del seminatore manca l'ele­ mento del c; av-8pw7toc; 8'tc:tV, «COme un UO· mo, ogni qualvolta (getti)»; A C et al. attestano Wc; (i)> o « bufera » ) in Giob. 3 8,1, dove indica il vortice d'aria dal quale Dio parlò a Giobbe. È la parola greca utilizzata in Siracide per il vortice d'aria che portò Elia in cielo (Sir. 48,9. 1 2). Ricorre anche in Ger. 3 2,3 2 LXX nel contesto di una teofa­ nia.1 Sebbene in questi testi il vortice d'aria raffiguri la potenza di Dio e non quella di un avversario, questi passi biblici confortano l'interpreta­ zione epifanica della tempesta sedata. L'immagine delle onde che si ab­ battono sulla barca e della barca che si riempie è una variante concreta del motivo diffuso del pericolo rappresentato da una tempesta o da al­ tre condizioni avverse in mare.3 38. La rappresentazione di Gesù che dorme a poppa ricorda Odisseo ed Enea, 4 e richiama anche un simbolo della divinità dormiente del Vi­ cino Oriente antico. Il re divino poteva dormire indisturbato perché la Op. cit., 59· 2 Cf. Ger. 2 5 , 3 2 T.M. e il comm. di Holladay, jeremiah I, 677-681. Sal. 107,25b ( 1o6,25b LXX ) ; 1 QH 1 1 , 1 5 (Sukenik, Dead Sea Scrolls m, 1 5 ); 14,23 (Sukenik, VI, 23 ); Hom. Hymn. 3 3 , 1 1 s.; Plut. Caes. 3 8 . Sul tentativo fallito di Cesare di 1

3

attraversare il Mare Adriatico durante una forte tempesta e il suo rapporto col passo di Marco v. Aus, Stilling of the Storm, 5 6-7 1 . 4 Horn.

Od. 10,47-49; I J ,?J -8o; a l riguardo v . MacDonald, Homeric Epics, 5 9 · 2 2. 1 n. 18; Vergil. Aen. 4, 5 5 3 ; v. Strelan, A Greater than Caesar, spec. 178 n. 47·

437 sua autorità era indiscussa. 1 La descrizione dei discepoli che svegliano Gesù e chiedono: > (tvct !J-E-r' ctù-rou � ) . Questa richiesta ricorda la desi­ gnazione dei dodici in 3 , I 3 -I 9: lì una delle ragioni per cui Gesù designa i dodici è «perché stessero con lui>> ( tvct 6Jatv !J-E-r' ctù-rou). È verisimile che il Gesù storico abbia selezionato dodici collaboratori speciali per simbo­ leggiare la reintegrazione delle dodici tribù di Israele che stava per com­ piersi. 1 L'evangelista e i suoi primi ascoltatori erano senza dubbio con­ sapevoli di questo ruolo simbolico. È dunque possibile che il Gesù di Marco respinga la richiesta dell'uomo (v. I9a) perché solo membri del popolo di Israele potevano ricoprire questo ruolo. Un altro scopo per cui il Gesù marciano designa i dodici è «perché . . . li mandasse a proclamare e avessero l'autorità di scacciare i demoni» (3, 14 s.). Gesù ordina all'uomo che era stato indemoniato semplicemente di riferire (à.ltctyyÉÀÀetv) ai membri della sua famiglia «quanto il Signo­ re ha fatto per te e ha avuto misericordia di te>> ( 5 ,I9). L'evangelista tut­ tavia racconta che egli proclama (x'l'jpuaaetv) nella Decapoli .. «quanto Gesù aveva fatto per lui» (v. 20). Qui c'è una certa analogia con la gua­ rigione del lebbroso in I ,40-4 5 . Al lebbroso viene detto: «va', mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione ciò che ha prescritto Mosè, come prova per loro» ( I ,44). Invece di fare ciò che Gesù gli aveva rac­ comandato, il lebbroso guarito comincia a proclamare con vigore e a diffondere largamente la parola, cosicché grandi folle iniziano a giun­ gere da Gesù da ogni dove ( 1,45 ). Sebbene il lebbroso e l'indemoniato risanati non posseggano il . 3 6 Gesù però sentì accidentalmente ' il messaggio che veniva riferito e disse al capo della sinagoga: «Non temere, solo abbi fiducia» . 37 E non permise a nessuno di accompagnarlo,m fuorché a Pietro e Giacomo e Giovanni, il fratello di Giacomo. 3 8 E arrivarono nella casa del capo della sinagoga, ed egli vide trambusto e persone che piangevano e gridavano forte, 39 e una volta entrato, disse loro: «Perché siete angosciati e piange­ te? La bambina non è morta, ma dorme» . 40 Ed essi presero a deriderlo. Egli però n li fece uscire tutti e prese il padre della bambina e la madre e quel­ li con lui ed entrò (nella stanza) dove era la bambina. 4 1 E presa la mano della bambina le disse: «Talitha koum» ,0 che significa: «Ragazza, ti dico, svegliati » . 42 E subito la ragazza si alzò e cominciò a camminare; aveva in­ fatti dodici anni. Ed essi furono subitoP sbigottiti da grande sbigottimen-

I Theissen, Miracle Stories, 70 s. Si noti l'espressione simile in 1,27, «e tutti restarono attoniti ,. (xaì É-8atJ.�iJ..97Jaav �7tav-rE.;). 2. Dwyer, Wonder, I I 5 .

4 59 to. 43 Ed egli ordinò loro con fermezza che nessuno venisse a saperlo, e disse che le fosse dato (qualcosa) da mangiare. a. La lezione più antica cui sia dato risalire è probabilmente quella di � A (B) C L et al., -rou 'llJaou èv -r, �UVWÌ..OipUpt't"O Ò� xa:Ì ij 'PO.. !J-lJ, xa:l yàp è:..-un.a:ve:v o!xia.ç ij xoplJ ..-e:ì..oUa-qc; è:c; u1ta..-ouc;. 1tClfl'l't"IJ'X.WV oòv o 'A1toì..ì..wvtoc; 't"ljl 1ta-8e:t, «XCJ:'t"a-8e:a-8e:», tiplj, «'t"�V xì..iVljV, Éyw yàp U!J-tic; 't"WV bl 't"fl XOflTl Òa:xpUwv 1ta:U. aw». xa:l &p.a: �pno, 8 "' ovo!J-a: a:ù-tfl e:llj. o! �" ò� 1toì..ì.o. l ìflono ì..oyov àyope:ooe:tv a:Ù't"ov, olot ..-wv ì..oywv o! !mx�òttoi ..-e: xa:l ..-àc; òì..oipUpae:tc; Éye:ipovnc;, o ò� oùò�v !in' l) 1tpoaa:4clru­ voc; a:ù-tiic; xa:i "' àipa:vWc; È:7temwv, àipumtae: ..-�v XOfllJ" ..-ou òoxouv..-oc; -8a:va..-ou, xa:l iplll"�" ..-e: ij 1ta:ir; àip'iiXEv, É1ta:viiì..-8É 't"E Éc; �v o!xia:v 't"ou 1ta:'t"p0c;, wamp ij AÀxlja't"tc; U1tÒ 't"OU 'Hpa:xÀÉ­ ouc; àva:�tw-8e:iaa:. òwpoU(J-Évwv ò� a:Ù't"ljl ..-wv �unevwv 't"'iic; xopl)t; !J-uptaòa.ç òe:xa:1tÉvn IPEfl"�" tiplj è:mòtòova:t a:ù-tàr; 't"fl 7ta:tòL xa:l e:he: amv-8iipa: "t"lir; IJ.uxiic; e:Ò{lEv Èv a:ù-tfl, Oc; ÈÀEÀ�-8e:t 't"oÙc; -8tpa:1tEUoV't"Clt; - Àt"(E't"Clt "'fclp, Wt; lj.Excil;;ot �V O Ze:Uc;, ij Ò� CÌ't"(J-il;;o t IÌ.1tÒ 't"OU 1tflOaW1tOU e:!..-' be:a�ljxuia:v �v 4ux.�v tivÉ-8a:Àij.É n xa:l tivÉÀa:�v, > (v. 24) . La folla numerosa che era stata introdotta al v. 21 è nominata di nuovo al v. 24 con l'aggiunta dell'os­ servazione abituale che essa si accalcava su di lui. Questo particolare ha una duplice funzione: da una parte comincia ad accrescere la suspense intorno alla possibilità che Gesù arrivi in tempo per guarire la ragazza morente; dall'altra prepara all'avvicinamento furtivo dell'emorroissa.

1

Schiirer, History

n,

434·

3 Op. cit., 5 3 · In Marco cf. 1 ,40; ; ,6; 7,2 ; . Wunder, 69 s. 5 Marshall, Faith, 90 s. 96. 6 7toÀÀo,)ç n -r:wv 7toÀt-r:liv Et è un soliloquio che fa comprendere all'udi­ torio quanto sia grande la sua fiducia o fede nella potenza risanatrice di Gesù. Ella non sembra dunque pensare che la volontà consapevole di guarire da parte di Gesù sia presupposto essenziale per la sua guarigio­ ne. La notazione di 3 , 1 0 è analoga, anche se 6, 5 6 sembra presumere che Gesù autorizzasse a toccare il lembo (o le frange) del suo mantello. Il soliloquio e i passi analoghi in Marco esprimono la credenza nel tra­ sferimento di una qualità di una persona carismatica tramite contatto. 4 -

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quid ergo bibis»; testo e tr. secondo Ker, Epigrams n, 142 s. (con lievi modifiche); Cot­ ter, Miracles, § A.6 (p. 204), cita la traduzione inglese. x Plut. Apophth. 1 77f (9): � òÈ xÀetò� ctù-tcjl xctnct"(Etal) ), attestata da D, sia originaria in quan­ to forma palestinese antica della seconda persona singolare dell'impera­ tivo femminile, mentre xou[J. (koum, che ha lo stesso significato) sarebbe una forma mesopotamica seriore. 6 Si potrebbe sostenere che, poiché Gesù era arameofono, non c'è nien1

Cf. Gv. n , I I - 1 5 .

� Si pensi per esempio alla storia d i Asclepio e all'osservazione alla fin e del racconto su Apollonio, entrambi citati sopra nella sezione sui «Generi» . Altri esempi si trovano in Kollmann, Wundertiiter, 165. A giudizio di Van der Loos, la ragazza era solo apparen· temente morta (Miracles, 569). 3 V. sopra, al v. 3 7.

4 Theissen,

Miracle Stories, 1 8 3 .

5 L'espressione xpcx-djaaç rij.; xe:'pOc; ( «presa la mano [di qualcuno] » ) ricorre anche nella guarigione della suocera di Pietro, in 1,3 1 e nell'esorcismo del ragazzo in 9,17 (Koll· mann, Wundertiiter, 163 ). Sul tema del contatto v. Theissen, Miracle Stories, 61.

6 V. sopra, n.

o; Wellhausen,

41 s.

MC. 5 , 2 1 -4 3

47 5

te di strano se l'evangelista cita le sue parole in aramaico. Si dà anche il caso che non si tratti di un incantesimo o di una formula magica. Resta nondimeno significativo che le uniche parole di Gesù che l'evangelista riporti in aramaico in questo contesto siano parole potenti grazie alle quali, in parte, Gesù risveglia la ragazza dai morti. Ne consegue che per i gre�ofoni nell'uditorio le parole aramaiche fossero percepite come misteriose e potenti in sé. I Luciano parodia l'uso di nomi santi ed espres­ sioni straniere nelle guarigioni facendo chiedere a un suo personaggio se la febbre o l'infiammazione le temano e perciò si diano alla fuga."' Come si è osservato sopra, nella sezione dedicata ai generi, la natura istantanea del miracolo (v. 42) è un tratto tipico. Non soltanto la ra­ gazza si alza immediatamente, ma è anche in grado di mettersi subito a camminare lì intorno. Viene fornita l'informazione che l'età della ragaz­ za è dodici anni, e poiché ciò avviene in una proposizione connessa con quella precedente dalla congiunzione ylip ( « infatti» ), è evidente che il da­ to è precisato per spiegare che era grande abbastanza per camminare.3 Che la ragazza abbia dodici anni e che l'emorroissa abbia sofferto per dodici anni è talora ritenuto un segnale che i due racconti debbano es­ sere interpretati l'uno alla luce dell'altro,4 ed è così che vanno interpre­ tati, ma non ci sono indicazioni sul valore simbolico dei due numeri. 5 La reazione dei discepoli e dei genitori è descritta in termini molto forti: «essi furono subito sbigottiti da grande sbigottimento» (è�éa'tlJaClv èxa'tliaEt �J.e:yliÀTJ) . In questa reazione si esprime il motivo tipico dell'im­ pressione che il miracolo produce sulla folla o sui suoi testimoni.6 Una reazione così forte si confà al carattere imprevisto e alla difficoltà dell'atI Bultmann, History, 2.2.2 s. Secondo Koester (History and Development, 3 8 . 5 5 ) gli in­ cantesimi o formule magiche aramaiche -tczÀ1-8cz xol.ll'- qui ed E!pfCI-8cz ( «sii aperto») in 7,34 - sono state aggiunte alla versione di Marco usata da Matteo dal redattore che ha trasformato questa versione nel Marco segreto. "' ovol'-cz -8�:ma1ov � pljaw ���x�v ( «un nome santo o un'espressione straniera », Luc. Pbilops. 9); testo e tr. secondo Harmon, Lucian m, 3 3 4 s. Sul moti_vo tipico della plja1