L'Italia contemporanea dagli anni Ottanta a oggi. Istituzioni e politica [3] 9788843071784, 8843071785

Il volume ripercorre la storia italiana degli ultimi trent'anni seguendone le dinamiche istituzionali e politiche.

249 20 5MB

Italian Pages 543 Year 2016

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

L'Italia contemporanea dagli anni Ottanta a oggi. Istituzioni e politica [3]
 9788843071784, 8843071785

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Carocci

@ editore

Il volume ripercorre la storia italiana degli ultimi trent'anni seguendone le dinami­ che istituzionali e politicl1e. Vengono così presi in considerazione i diversi aspetti di una realtà cl1e è stata attraversata da apparenti discontinuità, ma che rimane sostanzialmente nel solco della crisi iniziata negli anni Settanta del secolo scorso. Il tramonto dei partiti di massa (PCI, PSI e

) Tangentopoli, l'affermazione dei

oc ,

nuovi partiti (Lega e Forza Italia), le riforme/non riforme del sistema bancario e delramministrazione, le Regioni, i governi Ciampi e Prodi costituiscono alcuni dei temi principali affrontati dai diversi autori. Emerge un paese ancora diviso e attraversato da profonde spinte antipolitiche che vanno facendo definitivamente crollare il sistema dei partiti.

Simona Colarizi è professore ordinario di Storia contemporanea presso la Sapien­ za Università di Roma. Tra le sue ultime pubblicazioni: Storia politica della Repub­

blica. Partiti, movimenti e istituzioni 1943-2006 (Laterza 2007), Storia del Corriere della sera. Il Corriere in età liberale (Rizzoli 2011), e, entrambi con M. Gervasoni, La cruna della go. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica (Laterza 2006) e La tela di Penelope. Storia della seconda Repubblica (Laterza 2012).

Agostino Giovagnoli è professore ordinario di Storia contemporanea all'Uni­ versità Cattolica del Sacro Cuore a Milano. È presidente della sissco. Tra i suoi ultimi lavori: Il caso Moro. Una tragedia repubblicana (il Mulino 2005), Chiesa e

democrazia. La lezione di Pietro Scoppola (il Mulino 2011), Il rapporto con la poli­ tica 1959-1963, in A. A. Persico (a cura di), Pasquale Saraceno e /,unità economica italiana (Rubbettino 2013).

Paolo Pombeni, già professore ordinario presso l'Università di Bologna, è diretto­ re dell'Istituto Storico ltalo-Germanico di Trento. È membro della direzione della rivista "Ricerche di Storia Politica'' e dell'editorial board del "Journal of Politica! Ideologies': Collabora al sttpplemento domenicale del "Sole-24 Ore': Tra le sue pubblicazioni: La transizione e le sue fasi. Riflessioni sui problemi aperti, in La tran­

sizione come problema storiografico. Le fasi critiche dello sviluppo della modernità 1494-1973 (il Mulino 2013), Giuseppe Dossetti. L'avventura politica di un riforma­

tore cristiano (il Mulino 2013).

€ 49,00

STUDI STORICI CAROCCI

/ 218

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele II, 22.9 0 0 1 8 6 Roma telefono o6 42 81 84 17 fax o6 42 74 79 31

Siamo su: http:/ /www.carocci.it http:/ /www.facebook.com/ caroccieditore http://www. twitter.com/ caroccieditore

L'Italia contemporanea dagli anni Ottanta a oggi Volume terzo Istituzioni e politica

A cura di Simona Colarizi, Agostino Giovagnoli e Paolo Pombeni

Carocci editore

Il volume nasce da ricerche e iniziative svolte da: FONDAZIONE LUIGI EINAUDI AOMA

FONDAZIONE ISTITUTO RAMSCI onlus

G

PEA STUDI DI POUTlCA ED ECONOMIA

Il volume è stato realizzato grazie al contributo del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo.

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

GBID

DIREZIONE GENERALE PER LE BIBUOTEOiE, GLI ISTITUTI CULTURAU E IL DIRmO D'AUTORE

ristampa, luglio 2016 1 ' edizione, ottobre 2.014 ©copyright 2.014 by Carocci editore S.p.A., Roma r'

Realizzazione editoriale: Fregi e Majuscole, Torino

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Parte prima Le istituzioni nella transizione

I. 2. 3· 4· S·

6.

Caduta di sovranità e riforma delle istituzioni in Italia di Piero Craveri

17

Premessa Mutamenti nel rapporto tra sovranità statale e ordinamento giuridico La Costituzione repubblicana e l' «età dei diritti » La riforma del Titolo v della Costituzione e l' insormontabile proble­ ma della forma di governo La crisi del 1 9 9 2 L'Europa e i vincoli esterni

17 17 20

Il caso, la necessità e una cabina di regia. Come la Repubblica superò la crisi dei primi anni Novanta di Cesare Pine/li I. 2. 3· 4· S·

6. 7·

I.

Introduzione La controversa presidenza Cossiga Il ruolo della magistratura La presidenza Scalfaro e il governo Amato La presidenza della Repubblica come cabina di regia della transizione La legislazione nel 1989-94 Conclusioni

21 24 27

31

31 33 37 38 40 43 45

Le Regioni e i governi locali di Carlo Baccetti

47

Premessa. Territorio e politica: la svolta di fine anni Ottanta

47

7

L ' I TALIA C O NT E M P O RANEA DAG LI ANNI OTTANTA A O G G I

2.

Regioni e governi locali nella trasformazione del sistema politico ita­ liano 2.1. Una nuova centralità politica per le Regioni l

ni per i Comuni e le Province l



2.2. Nuove competenze e nuove funzio­

2.3. Le nuove leggi elettorali

Dopo il 2o o 1 : verso uno Stato delle autonomie locali

57

3.1. Le nuove policies dei governi locali



La crisi (finanziaria) del disegno autonomistico negli anni Duemila 4.1. Personalizzazione della politica e professionalizzazione degli eletti

l

61

4.2. Vincoli

di bilancio e neocencral ismo



I.

2. 3· 4· 5· 6.

I.

2. 3· 4·

I.

2. 3· 4·

Per (non) concludere

6s

"Tangentopoli": storia e memoria pubblica nella crisi di transizione dell' Italia repubblicana di Maurizio Ridoifì

67

Premessa Dalla questione morale a Tangentopoli 1992, l 'anno che cambiò l' Italia Mani pulite: una metafora della crisi nella transizione italiana Un media-evento L'eredità, la dissimulazione

Governo e Parlamento dopo il 1994 di Andrea Manzella

ss

Patto costituzionale e patto di proporzionalità I nuovi equilibri della Repubblica maggioritaria La riforma del Titolo v L'impatto dellagovernance europea

ss 90 92 94

L'amministrazione in mezzo al guado : la difficile sfida delle riforme . . . amministrative di Guido Melis

101

Il Rapporto Giannini e la sconfitta del riformismo amministrativo La lunga stasi degli anni Ottanta Si avanza uno strano impiegato ... La stagione delle riforme: da Cassese a Bassanini

101 104 106 108

8

INDICE

S· 6. 7·

I. 2. 3·

I primi anni Duemila : il cambiamento contrastato L'esperimento Brunetta ( 2009-11 ) Conclusioni

1 12 II S 1 17

Politica e sistema bancario tra Prima e Seconda Repubblica di Andrea Guiso

I2I

Dalla politica alle banche ( e ritorno ? ) . Un' ipotesi L"'intreccio,. Stato, politica e banche nella Prima Repubblica ( anni Trenta-Settanta) Crisi e trasformazione dello Stato-banchiere ( anni Ottanta-2007 )

I2I

Debito pubblico e classe politica: uno sguardo d 'insieme sulla Prima Repubblica di Paolo De Ioanna I. 2. 3· 4· S· 6. 7· 8. 9· I O. II. I2.

Una premessa Che cosa è il debito pubblico ? Revisionismo economico e revisionismo storico Alla ricerca di un controllo effettivo della dinamica dei nostri conti pubblici Il cambio di orizzonte: il "divorzio, Un breve sguardo alle teorie ... ... e ai fatti della macroeconomia La razionalizzazione della forma parlamentare di governo Una programmazione economica mai decollata La svolta del I978 Dopo il "divorzio,, la riforma del I988 A mo' di conclusione La Repubblica in transizione ( I989-94 ) . Debito pubblico e fiscalità : le scelte politiche di Filippo Cavazzuti

1. 2. 3·

Linguaggi e pensieri d 'a ntan per il "divorzio, fra Tesoro e Parlamento I governi della prima transizione : fibrillazione politica, otto governi, tre legislature in otto anni Il contesto macroeconomico 9

I 24 I30

I4I

I44 I46 I47 I47 I49 IS O IS I IS4 IS7

I S9

I S9

L ' I TALIA C O NT E M P O RANEA DAG LI ANNI OTTANTA A O G G I

4· 5·

I provvedimenti del 1992-93: punti di svolta della storia fiscale ?

168

4.1. I provvedimenti relativi alle entrate l 4.2. Le scelte della politica delle privatizzazioni

Quali strumenti per il controllo, la gestione e la conoscenza della finan­ za pubblica ?

172

s.I. Dal divorzio di fatto al divorzio di legge l s.2. L'incertezza dei fabbisogni pubblici sti­ mati l S·3· Un esempio

6. 7· 8.

Allungando la gittata dello sguardo agli anni successivi Una politica incisiva sul debito pubblico ? Una conclusione che vale anche per l'oggi ? Parte seconda Il tramonto della Repubblica dei partiti Cattolici e politica dalla prima alla seconda fase della storia repubblicana di Agostino Giovagnoli

I.

2. 3· 4· 5· 6.

I.

2. 3· 4· 5·

I.

2. 3·

185

L'unità politica dei cattolici e le sue trasformazioni La crisi degli anni Settanta Da Paolo VI a Giovanni Paolo n Il Partito popolare e la fine dell 'unità politica dei cattolici La Chiesa nella Seconda Repubblica La stagione della diaspora

185 188 191 195 198 200

I cattolici democratici e la fine dell'unità politica dei cattolici di Daniela Saresella

205

La nascita della Lega democratica Verso gli anni Ottanta Cattolici democratici e cattolici integralisti La fine dell'unità politica dei cattolici Verso l' Ulivo

205 211 214 218 223

La D C e la crisi del sistema politico. Temi e personaggi (1989-94) di Emanuele Bernardi

227

Prologo. Frantumazione sociale e riforme 1989: fine del comunismo, vittoria del capitalismo ? Dopo le elezioni del 1992. Il confronto nella DC

227 229 233

IO

INDICE

L'immagine della società italiana nel ceto politico : della Prima Repubblica di Marco Gervasoni I.

2. 3· 4· 5· 6. 7· 8.

PCI

e P S I alla fine

Craxi e Berlinguer : due visioni opposte della società Quale "nuovo PCI " : La società degli individui del PSI Il berlinguerismo postcomunista all' inizio della transizione La crisi del P sI nell' interpretare la società italiana Populismo e giustizialismo Quale Italia dopo il crollo dei partiti: le illusioni della sinistra L' Italia "nuova" del 1994 "

Il PCI di Occhetto e le riforme istituzionali. Dalla critica al consocia­ tivismo alla via referendaria di Sandro Guerrieri I.

2. 3·

La svolta istituzionale di Occhetto : l 'obiettivo di una democrazia dell'alternanza Il confronto sulle riforme nel passaggio dal P C I al PDS Il PDS e il tentativo di superare il paradosso kelseniano delle riforme

239 239 241 242 244 246 248 249 25 0

253

253 260 266

Tra sogno e realtà: !'"Unità socialista" nelle carte di Craxi di Andrea Spiri I.

2. 3· 4· 5· 6.

Il "duello a sinistra" La crisi del PCI e la tentazione egemonica craxiana Un dialogo impossibile : Guerra del Golfo e nuove polemiche La questione delle riforme istituzionali La slavina giudiziaria Il fallimento della prospettiva unitaria

269 273 277 28 1 284 286

Il PLI nella crisi della Prima Repubblica di Gerardo Nicolosi I.

2. 3· 4· 5·

Premessa Il dibattito sulla forma-partito La percezione della crisi del sistema Il dilemma della partecipazione al governo Conclusioni II

289 29 1 294 29 8 302

L ' I TALIA C O NT E M P O RANEA DAG LI ANNI OTTANTA A O G G I

Il sistema dei partiti dalla Prima alla Seconda Repubblica di Paolo Pombeni I.

2. 3· 4· 5·

I.

2. 3· 4· 5· 6. 7·

Premessa: sistemi di partito e famiglie politiche 1992: la fine di una lunga stabilità "Religioni civili" e costruzione nazionale La crisi delle grandi famiglie politiche : DC, PCI, PSI Verso la dissoluzione del sistema Politica e antipolitica dalla Prima alla Seconda Repubblica di Simona Colarizi

333

Populismo, neopopulismo, antipolitica Piazze mediatiche e giustizialismo Mondo economico e protesta antipartitica La nascita della Seconda Repubblica Berlusconismo e antiberlusconismo : la società civile divisa I girotondi La casta e il Vaffa Day

333 336 339 340 342 344 346

Parte terza Nuovi soggetti politici

I.

2. 3· 4· 5·

I.

2. 3·

La nascita della Lega: un capitolo di una storia che ci appartiene. . . di Paolo Segatti

351

Premessa La Lega e la rinascita di una mentalità conservatrice Sono gli elettori leghisti anti-italiani oppure sono italiani come gli altri ? La Lega, ovvero le ragioni del fascino di un'offerta populista Conclusioni

351 352 355 357 359

Nord non chiama Sud. Genesi e sviluppi della questione settentrionale ( 1973-2013) di Filippo Sbrana

361

Premessa Dalla crisi economica all' insofferenza verso il Sud Le trasformazioni della società postfordista in un sistema politico inerte 12

INDICE



Affermazione della Lega Nord e conseguenze politiche della questione settentrionale Tra vincolo esterno e coesione nazionale. La parabola del governo Ciampi nelle riflessioni e nelle carte del presidente di Umberto Gentiloni Silveri

I.

2. 3· 4·

374

383

Il cammino incerto di una lunga transizione Gli anni di Ciampi La "frattura" del 19 9 2 Un nuovo metodo per governare L'antipolitica dei moderati. Dal qualunquismo al berlusconismo di Giovanni Orsina

I.

2. 3· 4· S·

I.

2. 3· 4· S· 6.

I.

2.

Premessa Che cos'è il moderatismo antipolitico ? Il moderatismo antipolitico : dal qualunquismo a Tangentopoli Moderatismo antipolitico e berlusconismo Conclusioni. Il moderatismo antipolitico italiano fra qualunquismo e berlusconismo

419

Forza Italia: un partito unico di Gianfranco Baldini

423

Introduzione Perché Forza Italia Tattica e strategie Nuova D C o partito di plastica ? Un partito degli eletti Conclusioni

423 424 427 429 431 434

Crisi del paradigma antifascista e retoriche politiche delle nuove destre tra Prima e Seconda Repubblica di Tommaso Baris

437

Il paradigma antifascista: genesi e caratteristiche La critica dell'antifascismo negli anni Novanta: il nesso Resistenza­ Costi tuzio ne-parti tocrazia 13

43 7 439

L ' I TALIA C O NT E M P O RANEA DAG LI ANNI OTTANTA A O G G I

3· 4· 5·

I. 2.

3· 4· 5·

I. 2.

3· 4· 5·

La retorica pubblica delle nuove destre: la rivoluzione liberale Al di là della retorica: la destra italiana tra neoliberalismo e populismo Conclusioni

447 450 456

Continuità e discontinuità del discorso anticomunista nella Seconda Repubblica di Andrea Mariuzzo

457

Premessa Il discorso anticomunista nell'età repubblicana classica: materiali per una definizione Anticomunismo e fine del comunismo in Italia e nel mondo La produzione dell'anticomunismo berlusconiano negli anni Novanta Conclusioni

457

La Destra alla prova del bipolarismo di Roberto Chiarini

47 1

Introduzione Nella Prima Repubblica: il Movimento sociale italiano e la "zona grigià' Da Alleanza nazionale a Futuro e libertà La Lega Nord Forza Italia Le due ondate di antipolitica di Michele Prospero

I. 2.

3· 4·

I. 2.

L'insorgenza dell 'an tipolitica La prima ondata Una repubblica disancorata La seconda ondata

487 488 497 503

Un riformismo incompiuto : il primo governo Prodi di Andrea Possieri

509

Le radici storiche del centro-sinistra Il governo dell' Europa

509 5 19

Indice dei nomi 14

Parte prima Le istituzioni nella transizione

Caduta di sovranità e riforma delle istituzioni in Italia di Piero Craveri

I

Premessa In questo saggio ho inteso mettere a fuoco, rispetto al tema della riforma delle istituzioni, quello preliminare dal quale non si può prescindere e che non inerisce solo allo stato delle istituzioni, ma all'esercizio stesso della funzione politica, analizzato, sotto il primo aspetto, quasi prevalentemente dai giuristi, assai poco dagli storici. Il tema cioè dello sfrangiarsi e ridursi della sovranità, non solo riguardo allo Stato, ma al complesso delle istituzioni della Repubblica. Di questo processo la limitazione della sovranità dello Stato centrale è il fenomeno cardinale, da cui quelli relativi alle altre istituzioni repubblicane, per quanto esse abbiano ampliato i loro poteri, necessariamente procedono. Rispetto a esso riscontriamo cause diverse, d'ordine interno, in parte derivate dallo stesso twnul­ tuoso sviluppo economico e sociale dei sessant'anni che abbiamo alle spalle, sia da deliberate decisioni politico-istituzionali, soprattutto dal modo in cui sono state attuate, e dall'inerzia politica per scelte che non potevano essere ignorate e andavano compiute. Lo stesso dicasi rispetto al secondo ordine di cause, i vincoli esterni, derivanti dall 'adesione a trattati internazionali, secondo l 'art. 1 1 della nostra Costituzione, che conferisce questa possibilità al governo e al Parlamento, non solo dunque nell'ambito europeo ma mondiale ( come oggi si usa dire, con riferimento al mercato "globale" ) , e i fenomeni che dall'applicazione di tali trattati si sono manifestati come prevedi bili, sebbene spesso non previsti come avrebbero dovuto, ponendo l' imperativo di neces­ sarie modifiche politiche e istituzionali all'ordinamento interno.

2

Mutamenti nel rapporto tra sovranità statale e ordinamento giuridico Prendo sommariamente le mosse dal tema apparentemente più remoto, quello dell"'ordinamento giuridico", nella sua nozione classica, che ha come archetipo il Codice napoleonico, di ordinamento dei rapporti privati di diritto civile e commer17

P I E RO C RAVERI

ciale. Secondo una consolidata interpretazione, le "dichiarazioni dei diritti" garanti­ vano le libertà politiche dei singoli nei rapporti con lo Stato, i codici tutelavano le « libertà civili dell'individuo nella sua vita privata contro le indebite ingerenze del potere politico » '. Il codice si configurava dunque come referente primario della « libertà dei moderni » , così come Constant l 'aveva teorizzata agli inizi del XIX secolo. Lo Stato si poneva come artefice e garante di questo presupposto : artefice in una stretta concezione positivistica del diritto in cui predomina la volontà della legge; garante della generalità e della certezza dei diritti così enunciati, grazie anche alla sistematicità del codice, fondamento della sua interpretazione, vuoi analogica, vuoi volta a interpretare la volontà del legislatore, e anche l' impatto di essa sulle strutture organiche della società. L'attenzione non va semplicemente rivolta a com'era questa originaria forma ottocentesca e come non sarà mai più, ma alle modificazioni che sono intervenute e agli esiti ulteriori che quest 'ultime postulano. Negli ultimi vent'anni nella dottrina e nella storiografia giuridica1 si è fatta acuta la polemica contro questa originaria impostazione positivistica e statalistica dell'ordinamento giuridico. È da notare che tale sistema è entrato in crisi a partire dagli anni Venti del Novecento, dovendo tenersi conto di volontà diverse da quelle dello Stato, cosicché con gli anni Sessanta quel regime originario poteva dirsi quasi del tutto rovesciato. Organizzazioni sociali ed economiche, gruppi, élite, avevano imposto altre regole, fuori dall'ordine prefissato. Ne porta il segno il nostro codice civile del 1942, nato dal tentativo di riassorbire all' interno di una nuova disciplina codicistica queste spinte, almeno così come il regime fascista le aveva interpretate, e che rispetto a quello del r86s, ad esempio, veniva a contrapporre al diritto di proprietà l'istituto dell ' impresa economica, privata e pubblica, apponendo vincoli e finalità nuove all'esercizio del diritto stesso di pro­ prietà. Polemica dunque tardiva, rispetto ai processi storici già da tempo in atto, ma che propone implicitamente una interpretazione, sul piano storico prima che giuri­ dico, dell'avvento della Costituzione repubblicana. E stata infatti la nuova Costituzione a costituire un punto di riferimento decisivo nel rovesciare interamente l'assetto dell 'originario ordinamento giuridico. Introdu­ cendo un insieme di nuovi diritti, abbastanza organico nella sua impostazione di fondo, al di là del criterio del controllo di costituzionalità della legge, ha modificato le modalità di interpretazione dell'ordinamento giuridico, non più legate ai principi generali che la sistematicità propria del codice proponeva, ma appunto all 'insieme dei nuovi diritti costituzionali. In questa nuova dinamica interpretativa dell'ordina­ mento si è sviluppata una legislazione speciale su più temi, basti pensare al diritto '

I. G. Solari, Filosofia del diritto privato. Individuo e diritto privato, Giappichelli, Torino I9S9· vol. I, pp. 57 ss. 2. Cfr. M. Fioravanti, La scienza del diritto pubblico. Dottrine dello Stato e della Costituzione tra Otto e Novecento, Giuffrè, Milano 200I. 18

CAD UTA D I S OVRANITÀ E R I F O RMA D E LLE ISTITUZIONI IN I TALIA

delle locazioni, ai patti agrari, al diritto di famiglia, al diritto del lavoro, e per l'atti­ vità economica alla legislazione di scopo volta a sostenerla e indirizzarla. La "fuga dal codice civile" ha finito così per relegarlo a una funzione residuale. Per questa via si sono andati realizzando vari statuti di gruppi, veri e propri microsistemi, spesso basati sulla negoziazione sociale e politica, cosicché, parafra­ sando l'art. 137 2 del codice civile in base al quale il «contratto ha forza di legge tra le parti » , si potrebbe concludere che ora molto spesso è la legge ad avere « forza di contratto » . Si attenua così il principio della generalità della legge, anche nella sua originaria funzione di non creare condizioni particolari di status, inteso questo sempre come privilegio. Dallo status alla legge e dalla legge al contratto, la società compie un passo in avanti verso il pieno riconoscimento del ruolo delle comunità cosiddette "intermedie". Con ciò tuttavia si indebolisce l'uniformità e la certezza del sistema giuridico. Il giudice, al quale venisse affidata la funzione unificatrice, si troverebbe dinanzi a logiche diverse e contrastanti nei confronti delle leggi, né sarebbe in grado di affermare il primato delle clausole generali nei confronti delle leggi, che esprimono anch'esse principi generali, dotati di efficacia regolativa per intere materie o classi di rapporti3•

Ci siamo soffermati su questi aspetti, essendo necessario valutare l 'esito di una incli­ nazione non solo di fatto ma anche politico-ideologica, elaborata pure dalla dottrina giuridica, che conduce a porre la funzione interpretativa del giudice in un ruolo determinante rispetto al primato della legge. È l' idea, ritenuta positiva, che il nostro sistema di "diritto civile", basato sulla legge, possa e debba trasformarsi in un sistema di common law, che cioè si esplica appunto nella centralità della funzione giurispru­ denziale, avente per riferimento primario, nel nostro caso, l'assetto dei diritti costi­ tuzionali. Alla sovranità dello Stato, nella crisi della sua centralità, si contrappone così una « sovranità della Costituzione »\ che evoca la « Costituzione senza sovrano » di weimariana memoriaS, con « il compito di realizzare la condizione di possibilità della vita comune, non il compito di realizzare direttamente un progetto determinato di vita comune » 6• La prima proposizione trarrebbe impulso dai diritti costituzionali e da una loro concreta e continua elaborazione per via giurisprudenziale, costituendo l'elemento unificante di un sistema istituzionale pluralistico a cui è affidata la realiz­ zazione della seconda proposizione, quella che comporta la fissazione degli indirizzi politici, attraverso gli organi legislativi e di governo, ai fini della effettività politica ed economico-sociale degli enunciati diritti.

A.

3· N. Irti, L'eta della decodificazione, Giuffrè, Milano 1999, p. 44· 4· G. Zagrebelsky, Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino 1992, pp. 6 ss. S· O. Kirchheimer, La Costituzione senza sovrano. Saggi di teoria politica e costituzionale, a cura di Bolaffì, De Donato, Bari 1982. 6. Zagrebelsky, Il diritto mite, cit., p. 9· 19

P I E RO C RAVERI

3 La Costituzione repubblicana e l ' « età dei diritti» Non era così che più di vent 'anni fa Norberto Bobbio teorizzava l' « età dei diritti » 7, che già allora si presentava come un fenomeno emergente di carattere politico-costituzionale. Nella sua elaborazione, prescindendo dai diritti della per­ sona, definiti di prima generazione, quelli seguenti, specialmente i diritti sociali, trovavano il terreno della loro effettività nello sviluppo, avanzato o meno, delle condizioni socioeconomiche, e non rinviavano dunque pregiudizialmente alla funzione giudiziaria, ma direttamente al risultato delle concrete politiche attuate dal governo e dal Parlamento e piuttosto da queste derivava i presupposti dell'unità del sistema. A voler porre la questione in termini di equilibrio tra i classici tre poteri costituzionali, non si può non rilevare una discrasia, se al giudiziario si conferisce una funzione centrale d 'ordine normativo che trae la sua forza fuori da quello che è il principio di legittimazione degli altri due poteri, cioè la sovranità popo­ lare, destinata inoltre a prevalere nell 'eventuale conflitto tra di essi. C 'è, del resto, nelle linee di tendenza che abbiamo sopra ricordato, una crescente impronta giusnaturalistica, anzi più propriamente, per il carattere antologico che assumono queste riflessioni, l 'accostamento a una nozione neotomistica del diritto naturale8, che necessariamente è presupposto del ruolo normativo della funzione giurisdi­ zionale. Partendo, tra l'altro, proprio dalla riflessione di Bobbio, Stefano Rodotà ha dato a essa una dimensione assai più ampia. Nella sua analisi, l 'età dei diritti vede più soggetti, in sede nazionale e internazionale, concorrere alla domanda e all'af­ fermazione di nuovi diritti e, «per cogliere il filo che li lega » , essi si rifanno ai principi di « dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia »9• La tesi di Rodotà ha impianto storicistico e in quanto al problema della produzione normativa si pone dunque su di una pregiudiziale positivistica. Alla pluralità dei soggetti proponenti rispondono più fonti normative e modalità di esecuzione, in cui la funzione giurisdizionale assume necessariamente un ruolo centrale e quindi i fenomeni che descrive hanno una pregnante rilevanza anche per un approccio sociostorico . C 'è inoltre, nell 'appassionata analisi di Rodotà, una riflessione di principio, pregiudizialmente politico-istituzionale, per cui la produzione di nuovi diritti si pone come la conseguenza e insieme l 'antidoto rispetto alla produzione normativa che il mercato opera a sua volta in modo pressoché incontrollato, tanto 7· N. Bobbio, L'eta dei diritti, Einaudi, Torino 1990, pp. XIV ss. 8. Zagrebelsky, Il diritto mite, cit., p. 82. 9· S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2012, p. 8 r. 20

CAD UTA D I S OVRANITÀ E R I F O RMA D E LLE ISTITUZIONI IN I TALIA

più il mercato globale, con profondità e con effetti laceranti sull'assetto delle società contemporanee, cosicché la domanda dei diritti viene a corrispondere all 'u­ nico effettivo spazio politico possibile. Governo e Parlamento restano così, in questa analisi di Rodotà, ai margini del contesto costituzionale, costretti dal pro­ gressivo svuotarsi dei loro poteri sovrani. L' impronta giusnaturalistica che abbiamo più sopra ricordato, ambiguamente si connette poi a un altro rilevante fenomeno in atto, quello dell ' influenza che nel nostro ordinamento va assumendo il riferimento alle carte dei diritti degli organismi internazionali a cui l' Italia ha aderito, in particolare a quella dell' Unione Europea e la connessa attività giurisprudenziale delle stesse corti europee. Si aggiunga a ciò « il dovere del giudice comune di applicare sempre le norme comunitarie » 10 e come esso trovi un limite costituzionale, secondo la giurisprudenza della Corte costitu­ zionale, solo rispetto ai principi fondamentali della Costituzione e dei diritti invio­ labili dell 'uomo, limite che tuttavia nella prassi non comprende numerose norme della prima parte della nostra Costituzione, in particolare molti dei diritti socioe­ conomici, come vedremo in tema di regole che presiedono al funzionamento del mercato.

4 La riforma del Titolo v della Costituzione e l ' insormontabile problema della forma di governo Va dunque riconsiderata la centralità delle norme costituzionali che presiedono all'ordinamento della Repubblica, in particolare ai suoi organi esecutivi ed elettivi, nonché le modificazioni che a esse sono state apportate nel corso dei decenni. È utile ricordare a riguardo che la nostra Costituzione è oggi, escluso il caso della Gran Bretagna, la più vecchia d' Europa. Essa si giova tra l'altro di un' impostazione accentuatamente pluralistica. Accanto allo Stato si pongono le Regioni, ordinarie e a statuto speciale, come istituzioni primarie, rispetto a Province e Comuni e alle altre istituzioni previste da leggi ordinarie e dalla Costituzione stessa. L'unica riforma incisiva che sia stata apportata è quella del T itolo v della seconda parte della nostra Costituzione, la cosiddetta riforma Bassanini, che ha accentuato l' im­ pronta pluralistica della Costituzione, basti pensare a come recita il comma 1 ° del riformato art. 1 1 4: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato » . C 'è qui un'evidente inversione d'ordine volta a rafforzare non solo il pluralismo istituzionale del nostro ordina­ mento, ma a introdurre surrettiziamente il principio di una democrazia ascendente IO. V. Onida, Lefonti del diritto, in G. Amato, A. Barbera (a cura di), Manuale di diritto pubblico, il Mulino, Bologna 1984, vol. I, pp. 208 ss. 21

P I E RO C RAVERI

dal basso, pur sempre mediata dalle oligarchie che compongono necessariamente un sistema politico. Lo stesso criterio di inversione è dispiegato dalla nuova formulazione dell 'art. 1 17 che a differenza della normativa precedente non enuncia i poteri delle Regioni, ma quelli dello Stato, distinguendoli in poteri esclusivi e concorrenti rispetto a quelli regionali, e alle Regioni « spetta la potestà legislativa in riferimento a ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato » , compresi dunque i poteri residuali che, giova ricordarlo, hanno presieduto nel corso dei decenni passati al continuo ampliamento dei poteri dello Stato in materie diverse. Il testo costituente e le leggi costituzionali che hanno introdotto il sistema delle Regioni ordinarie prevedevano una legislazione regionale, su materie definite dal testo costituzionale di natura elusivamente concorrente, con conseguente con­ trollo costituzionale da parte dello Stato che si effettuava prima della promulga­ zione della legge regionale. Nell'attuale regime costituzionale c 'è un'equiparazione tra legge di tipo statale e regionale e « i limiti comuni alla potestà legislativa eser­ citata dallo Stato e dalle Regioni [ .. ] sono il rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall 'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali » 11• Se si aggiunge il margine di incertezza che segna necessariamente «l 'esatta indivi­ duazione degli ambiti delle materie elencate » , si intende l'accentuarsi del conten­ zioso per conflitto di competenza presso la Corte costituzionale che segna conside­ revolmente, nell 'ultimo decennio, i lavori di quest'ultima, a proposito dei quali merita segnalare l ' importante sentenza 303/20 0 3 in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici, a favore dello Stato. Del resto un unico vincolo esplicito è apposto all' attività legislativa regionale, con l'art. 120, in materia di dazi di importazione ed esportazione e di ostacoli alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, così come il divieto alla limitazione del diritto al lavoro. Siamo per certi aspetti oltre un sistema di autonomie, quale originariamente delineato dalla Costituzione, così quasi da implicare una riflessione sulla forma di Stato. Ci siamo avvicinati a una forma di Stato federale ? Fino alla riforma Bassanini il giudizio corrente era che il sistema delle autonomie, in particolare l' istituto regio­ nale, si era sviluppato in modo distorto1\ per l'occlusione determinata dal sistema dei partiti, cioè dalla allora vigente costituzione materiale della Repubblica13• E un punto sul quale più distesamente dobbiamo tornare. L'attuale disciplina, come si è .

'

I I. F. Modugno, A. Ce! otto, M. Ruotolo, Aggiornamenti sulle riforme costituzionali (1ggS-2ooS) , Giappichelli, Torino 2008, pp. S3 ss. I2. L. Paladin, Per una storia costituzionale dell'Italia contemporanea, il Mulino, Bologna 2004, pp. 239 ss. I 3. E. Cheli, La riforma mancata. Tradizione e innovazione nella Costituzione italiana, il Mulino, Bologna 2000, pp. 9S ss.; E. Rotelli, Riforme istituzionali e sistema politico, Edizioni Lavoro, Roma I983. 22

CAD UTA D I S OVRANITÀ E R I F O RMA D E LLE ISTITUZIONI IN I TALIA

accennato, nell ' indirizzo generale accentua i poteri dell 'autonomia regionale fino a un limite massimo con un congegno in cui non mancano le aporie e le contraddizioni. Mancano inoltre due fattori, l'autonomia finanziaria e fiscale e l 'inserimento orga­ nico dei nuovi poteri nelle istituzioni centrali della Repubblica ( come prevedeva la riforma costituzionale del centro-destra che nel 2007 non ebbe la definitiva sanzione del voto referendario) . Siamo sulla soglia di un'ipotesi federalistica, senza averla varcata14• E singolare constatare che il legislatore sia intervenuto attorno alla forma di Stato e assai poco abbia fatto in relazione alla forma di governo, il più antico dei problemi costituzionali, già emerso nella prima Legislatura. Poiché non c'è dubbio che la legge maggioritaria del 1 9 5 3 , con il suo ampio premio di maggioranza, come acutamente obiettò Togliatti a De Gasperi nel suo intervento parlamentare15, puntava anche a determinare la maggioranza parlamentare necessaria per intervenire, in sede di riforma costituzionale, secondo le modalità previste dalla Costituzione, per modificare il rap­ porto tra legislativo ed esecutivo, rafforzando poteri e procedure di quest'ultimo, dando maggiori poteri al premier nell'ambito del Consiglio dei ministri e, quanto al procedimento legislativo, attenuando le procedure cogenti generate dal sistema bicamerale. L'esito delle elezioni del 1 9 5 3 ebbe l'effetto di congelare ogni modifica della forma di governo per il trentennio successivo16 e offrì un tema di riflessione a minoranze accademiche e politiche, fino a che Craxi nel 1979 non lo gettò prepotentemente sul tavolo, proponendo quella che designava come la « grande riforma» 17• L'idea di Craxi aveva questo di peculiare, che postulava un sistema di alternanza18, senza che egli ne indicasse le modalità di attuazione dal punto di vista politico. Veniva così a mancare a esso il consenso di un blocco politico omogeneo su questo obiettivo, senza il quale, come anche l'analisi storica comparata di questi problemi ci insegna, diventa impos­ sibile attuare una riforma costituzionale. L'azione politica e di governo di Craxi tendeva a modificare l'equilibrio politico esistente, mettendo in discussione quella che era stata fino ad allora la costituzione materiale della Repubblica, ma con ciò non apriva la strada a una riforma del testo costituzionale. Nell 'inerzia di tutte le altre forze politiche, emerse l' iniziativa di De Mita, allora segretario della DC. Varò anch'egli un progetto di riforma volto a normativizzare le regole non scritte della costituzione materiale, così come erano andate svolgendosi fino agli anni dei governi '

I4. G. Miglio, Una costituzione per i prossimi trent 'anni. Intervista sulla terza Repubblica, Laterza, Roma-Bari 1990. 15. P. Togliatti, Discorsi parlamentari, Camera dei deputati, Roma 1 984, p. 124. 1 6. G. Quagliariello, La legge elettorale del 1953, il Mulino, Bologna 2003. 17. S. Galeotti, Alla ricerca della governabilita, Giuffrè, Milano 1983. 1 8. G. Amato, Una Repubblica da riformare. Il dibattito sulle istituzioni in Italia dal 1975 a oggi, il Mulino, Bologna 1980.

23

P I E RO C RAVERI

di unità nazionale19• Il suo dilemma era lo stesso di Craxi, ossia quello di stabilizzare l'esecutivo ai fini della governabilità, anche se rovesciato di segno, perché si risolveva in una riforma che avrebbe dovuto irrigidire costituzionalmente gli equilibri esistenti, e ciò in contrasto con almeno una parte della maggioranza di governo e incorrendo così nello stesso limite politico della riforma preconizzata da Craxi. Nel diluvio di discussioni e propositi, anche in sede istituzionale, che seguì la proposta del leader socialista, queste di Craxi e De Mita sono le uniche due prese di posizione che siano state accompagnate da effettiva volontà politica e su cui dunque merita fermare l 'attenzione, per constatare anche la sostanziale non predisposizione del sistema politico a un mutamento della forma di governo. Di tutto ciò rimasero alcune modifiche significative ai regolamenti parlamentari per iniziativa socialista, soprattutto l'abolizione del voto segreto, in particolare nelle votazioni delle leggi finanziarie (il primo maxiemendamento è del 1 9 9 1 e porta la firma di Cadi, ministro del Tesoro nell 'ultimo governo Andreotti) , ed è quanto dal punto di vista istituzio­ nale si è fatto per affrontare il tema della moneta unica, che proprio allora era oggetto di un faticoso negoziato.

s

La crisi del

1992

Ma il cambiamento radicale di questo sistema si ebbe con la crisi del 1 9 9 2 . Crollò allora la costituzione materiale della Repubblica, basata sul sistema dei partiti, la Repubblica dei partiti appunto, che aveva integrato il testo della Carta costituzionale del 19 47 e anche, per molti versi, modificato gli assunti originari. La costituzione materiale, come è largamente noto, è nozione che nasce dalla costruzione dottrinale elaborata da Costantino Mortati negli anni Trenta20, per dare una spiegazione giuri­ dicamente plausibile della sovrapposizione dell'ordinamento fascista, in particolare del ruolo che svolgeva in esso il PNF, allo Statuto albertino, che rimaneva formal­ mente in vigore. Negli anni Cinquanta riprese il tema, applicandolo al rapporto tra la democrazia italiana e il suo sistema politico21• Qui la questione aveva uno svolgi­ mento più complesso, perché i principi democratici su cui era fondata la Carta costituzionale non erano in discussione. La forma di governo della nuova Costitu­ zione aveva carattere assembleare e questo era un suo limite intrinseco. Tuttavia, essendo bloccato il sistema di alternanza, eretta una clausola ad excludendum verso

19. Cfr. i saggi raccolti in R. Ruffilli (a cura di), Materiali per la riforma elettorale, il Mulino, Bologna 1987. 20. C. Mortati, La costituzione in senso materiale, Giuffrè, Milano 1942. 21. Id., Costituzione della Repubblica italiana, in Enciclopedia del diritto, vol. X I, Giuffrè, Milano 1962. 24

CAD UTA D I S OVRANITÀ E R I F O RMA D E LLE ISTITUZIONI IN I TALIA

una parte della sinistra, in particolare verso il Partito comunista, per cogenti ragioni d 'ordine ideologico e internazionale, ciò determinava una torsione del sistema poli­ tico che costruiva l'asse del suo interno equilibrio, pregiudizialmente al di fuori della dinamica parlamentare, il che costituiva la base della nuova costituzione materiale. Il rapporto tra questi suoi elementi costitutivi mutò nel tempo, dal centrismo al centro-sinistra, dalla crisi di quest'ultimo alla fase consociativa11, fino al tentativo ultimo di Aldo Moro, attraverso l'esperienza di unità nazionale, di raggiungere un grado condiviso di legittimazione delle maggiori forze politiche, per passare a un sistema nuovo di equilibrio politico, inevitabilmente alternativistico23• L' interpretazione in senso materiale del nostro ordinamento costituzionale ebbe dunque successo e divenne un riferimento scontato nella giuspubblicistica. L'aspetto più difficile e controverso, ma ineludibile, stava nel cogliere i nessi ulteriori della formula, tra partito, sistema dei partiti, Parlamento e governo, pubblica amministra­ zione e interessi corporati e diffusi della società, su cui non mancano tra l'altro numerose e pertinenti ricerche storiche, economiche e sociologiche. Questa interpretazione corrente fu investita dunque da polemiche, tra le quali la più rimarchevole e di lungo corso è stata quella antipartitocratica2 \ che coglieva un problema di principio per negarne le ragioni storiche e postulava un ruolo dei partiti che non corrispondeva alla loro natura, almeno dei maggiori, quali grandi organiz­ zazioni legate capillarmente, secondo modalità loro proprie, alla società25• Apparten­ gono alla stessa deriva antipartitocratica le iniziative referendarie di Mario Segni sul regime elettorale e dei radicali sul finanziamento pubblico dei partiti e altri aspetti, che contribuirono a indebolire il vecchio sistema, vi aprirono anzi giustificate faglie, senza indicare tuttavia, per il loro carattere di mero principio e con ciò sostanzial­ mente antipolitico, una via d'uscita. La crisi politica del 1 9 9 2 spazzava i presupposti stessi della costituzione materiale, ch'era poi la sostanza politico-istituzionale stessa della Prima Repubblica. Non c 'erano più i partiti, nella forma in cui si erano contraddistinti, anche a sinistra, dove le vicende giudiziarie non intaccarono l'assetto del partito o dei partiti che la com­ ponevano, ma dove non erano sufficienti le riflessioni della Bolognina, per innovare e far transitare la vecchia forma-partito e, come si vide in seguito, per approdare a una compiuta idea nuova di partito. A questo punto, tuttavia, la consapevolezza della necessità di una riforma costitu22. P. Craveri, La Repubblica dal I95S al I992, in Storia d'Italia, diretta da G. Galasso, vol. XX IV, UT ET, Torino I99S· pp. 340 ss. 23. Cfr. l ' intervista del I 8 febbraio I 97 8 ad Aldo Moro in E. Scalfari, Interviste ai potenti, Mon­ dadori, Milano I 99I, pp. 203 ss. 24. Cfr. l 'esauriente lavoro di E. Capozzi, Partitocrazia. Il regime italiano e i suoi critici, Guida, Napoli 2009. 2s. G. Pasquino, Restituire lo scettro al principe. Proposte di riforma costituzionale, Laterza, Roma­ Bari I98s, pp. 7 8 ss. lS

P I E RO C RAVERI

zionale entrò a far parte degli imperativi inevitabili delle forze politiche6• Fu un lungo e non esaurito apprendistato. Le proposte erano varie e contraddittorie7 e si poneva inoltre il problema del modo con cui procedere a una riforma costituzionale, per cui di contro alla procedura dell'art. 138 della Costituzione, che definisce il suo carattere "rigido': si ventilò da più parti l' idea di una nuova Assemblea costituente, la cui effi­ cacia può dare esiti diversi se le forze politiche che la compongono non hanno almeno un denominatore comune di convergenza18• Ed era appunto ciò che ancora mancava19• C 'è a questo punto da domandarsi perché, in più di un quindicennio di discus­ sioni, l'unico sostanziale approdo del tema della riforma costituzionale abbia riguar­ dato la forma di Stato, con l'ampliamento dell'autonomia regionale fino al limite di un' ipotesi federalistica, e non quello della forma di governo ? Una risposta ci viene dagli esiti della Commissione bicamerale presieduta da Massimo D 'Alema nel 199730• I progetti, formulati in sede di governo e comunque politica o da commissioni parlamentari, che si erano accumulati negli anni, punta­ vano tutti a una razionalizzazione del sistema vigente, rafforzando l 'esecutivo e semplificando il processo legislativo, con l'eccezione delle elaborazioni socialiste che contemplavano l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del capo dell'ese­ cutivo. I progetti di riforma presentati alla Commissione bicamerale furono 186 e si rifacevano a tutti i possibili modelli costituzionali esistenti. La discussione inclinò poi su due livelli, uno centrato sull 'asse parlamentare ( modello Westminster o can­ cellierato alla tedesca ) , l 'altro presidenziale o semipresidenziale ( modello americano o francese ) . L'esito della Commissione fu quello di un modello presidenziale tempe­ rato, cioè un compromesso tra le due sponde, in cui era presente anche l 'ipotesi federalistica31• Un modello debole che risolveva alcuni problemi, creandone altri, specie riguardo alle prerogative commiste attribuite al capo dello Stato, che si voleva eletto dal corpo elettorale, e a quelle previste per l 'esecutivo. Non giova in questa sede insistere sull'analisi di quel testo, che non ebbe poi seguito per il successivo suo disconoscimento da parte della destra, salvo constatare che la discussione da cui nacque e lo stesso compromesso di cui era intessuto pale­ savano due opposte linee di tendenza, quella della sinistra per rafforzare un'ipotesi di governo parlamentare, quella della destra per una repubblica di tipo presidenziale,

26. P. Scoppola, La Costituzione contesa, Einaudi, Torino 1998, pp. 48 ss. 27. Per una raccolta dei vari progetti di riforma istituzionale, cfr. A. Cariola (a cura di), I percorsi delle riforme. Le proposte di revisione costituzionale da Bozzi a D 'Alema, Libreria editrice Torre, Catania 1997· 28. F. Lanchester, L 'innovazione istituzionale nella crisi di regime, Bulzoni, Roma 1996. 29. Cfr. G. Rebuffa, La Costituzione impossibile. Cultura politica e sistema parlamentare in Italia, il Mulino, Bologna I99S· 30. M. D 'Alema, La grande occasione. L 'Italia verso la riforma, Mondadori, Milano 1997. 31. G. Cotturri, La transizione lunga. Il processo costituente in Italia dalla crisi degli anni Settanta alla Bicamerale e oltre, Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 124 ss.

CAD UTA D I S OVRANITÀ E R I F O RMA D E LLE ISTITUZIONI IN I TALIA

e queste due divergenti opzioni si sono rafforzate nel tempo e costituiscono l'attuale stato dell'arte. Il governo di centro-sinistra, come si è visto, procedette poi ad attuare solo la parte relativa all'autonomia regionale, giusta anche la posizione centrista che allora teneva la Lega Nord, prima della sua opzione più che decennale per il centro­ destra. La Lega seppe fare valere la sua posizione di forza come ago della bilancia della maggioranza parlamentare, sia con il centro-sinistra sia con il centro-destra. L'unico governo che si sottrasse a questa presa, per l'esito elettorale da cui nasceva, fu il I I governo Prodi, la cui fragile maggioranza non ebbe poi la consapevolezza della responsabilità e della grande occasione a cui era chiamata. Possiamo per il futuro configurare una Repubblica senza partiti ? Ciò riguarda soprattutto il centro-destra che ha convogliato su di sé per un ventennio gran parte dell'area moderata del paese, cioè quella che per un cinquantennio aveva costituito le maggioranze della Prima Repubblica. La leadership di Berlusconi ha caratteri anomali, storicamente noti. Essa non vale neppure come precedente per costruire una forza politica che abbia le caratteristiche di un partito. Del resto anche la linea di tendenza presidenzialistica della destra ha come riferimento la pretesa di una leadership senza partito. E da notare che questi ultimi vent'anni non sono stati terreno fertile, a sinistra come a destra, salvo alcuni casi di antipolitica e a parte quello di Berlusconi, per far nascere naturalmente delle leadership31• A sinistra il sistema delle primarie, qualora fosse regolato, com'è nelle democrazie che lo adottano, è d'altra parte lo strumento democratico per legittimare una leadership che a priori non può essere presunta. Ora una Repubblica, che non si basi su di una profonda­ mente rinnovata forma-partito, difficilmente può conferire alla sua forma-governo la stabilità necessaria ai complessi compiti del presente33• '

6

L ' Europa e i vincoli esterni Una navicella così instabile e precaria, da un punto di vista politico e istituzionale, ha la forza necessaria per affrontare il mare aperto della globalizzazione e del sistema europeo a cui si è legata con vincoli strettissimi ? Su questo terreno pesa inoltre in modo considerevole la perdita di sovranità, sempre più una "sovranità limitata", che già sul finire degli anni Sessanta, pur con segno diverso naturalmente, Rosario Romeo considerava non diversa da quella dei paesi dell'Est europeo34•

32. M. Calise, Il partito personale, Laterza, Roma-Bari 2004. 33· M. Luciani, Governo (forme di), in Enciclopedia del diritto. Annali, vol. III, Giuffrè, MUano 20IO, pp. 5 3 8 ss. 34· R. Romeo, Nazione e nazionalismi dopo la seconda guerra mondiale, in Id., Italia mille anni. Dall'eta feudale all'Italia moderna ed europea, Le Monnier, Firenze 1981, pp. 1 69-219. 27

P I E RO C RAVERI

La "costituzione economicà' attualmente in vigore è in completa antitesi con quella designata dalla nostra Carta costituzionale il cui punto focale sta negli artt. 41 e 42. La nostra Corte costituzionale, come già si è accennato, ha mostrato una lar­ ghissima apertura rispetto alle norme che recepivano nell'ordinamento interno il diritto comunitario ( molto più circostanziata in materia la Corte costituzionale della Repubblica Federale della Germania) . Nei citati articoli della nostra Costituzione l' iniziativa economica privata è dichiarata libera, la proprietà a sua volta garantita è riconosciuta dalla legge, ma ad ambedue si appongono qualificazioni e vincoli che postulano una concezione dirigistica e statalistica della costituzione economica. La libertà così enunciata è, come si dice, di carattere verticale, designa la potestà dei soggetti che ne fanno uso, non attiene ali' aspetto intersoggettivo, cioè orizzontale, della libera concorrenza che sta alla base dei trattati europei. La disciplina europea riguarda inoltre un mercato che è, rispetto alla sovranità dello Stato, di carattere extr