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Italian Pages 3038 Year 2015
William Shakespeare BOMPIANI
CLASSICI DELLA LETTERATURA EUROPEA Collana diretta da Nuccio Ordine
TUTTE LE OPERE VOLUME 1
LE TRAGEDIE coordinamento generale di Franco Marenco
TESTI INGLESI A FRONTE A CURA DI JOHN JOWETT, GARY TAYLOR E STANLEY WELLS
CLASSICI DELLA LETTERATURA EUROPEA Collana diretta da
NUCCIO ORDINE
TUTTE LE OPERE di William Shakespeare Volume primo
Tragedie
Coordinamento generale di Franco Marenco Testi inglesi a cura di John Jowett, Gary Taylor e Stanley Wells Traduzioni, note introduttive e note ai testi di Rosanna Camerlingo, Masolino D’Amico, Flavia de Steinkühl, Franco Marenco, Luigi Marfè, Gilberto Sacerdoti, Mariangela Tempera
BOMPIANI
William Shakespeare, The Complete Works, Second Edition was originally published in English in 2005. This bilingual edition is published by arrangement with Oxford University Press. William Shakespeare: The Complete Works, Second Edition. Author: William Shakespeare, Stanley Wells, Gary Taylor, John Jowett and William Montgomery © Oxford University Press 1986, 2005
ISBN 978-88-58-76952-2 © 2014 Bompiani/RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8 - 20132 Milano Realizzazione editoriale a cura di NetPhilo Srl I edizione digitale gennaio 2015
SOMMARIO Premessa Piano dell’opera Introduzione di Franco Marenco Le tragedie
VII XIII XV XLIII
Tutte le opere di William Shakespeare Volume I. Le tragedie Titus Andronicus / Tito Andronico Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Luigi Marfè
3
Romeo and Juliet / Romeo e Giulietta Testo inglese a cura di John Jowett Nota introduttiva, traduzione e note di Franco Marenco
223
Julius Caesar / Giulio Cesare Testo inglese a cura di John Jowett Nota introduttiva, traduzione e note di Rosanna Camerlingo
495
Hamlet / Amleto Testo inglese a cura di Gary Taylor Nota introduttiva, traduzione e note di Franco Marenco
713
Othello / Otello Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Masolino D’Amico
1041
The History of King Lear (The Quarto Text) / La storia di Re Lear Testo inglese a cura di Gary Taylor Nota introduttiva, traduzione e note di Masolino D’Amico
1327
TUTTE LE OPERE DI WILLIAM SHAKESPEARE
Timon of Athens / Timone d’Atene Testo inglese a cura di John Jowett Nota introduttiva di Franco Marenco Traduzione e note di Flavia de Steinkühl
1603
Macbeth Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Masolino D’Amico
1809
Antony and Cleopatra / Antonio e Cleopatra Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Gilberto Sacerdoti
2007
Coriolanus / Coriolano Testo inglese a cura di John Jowett Nota introduttiva, traduzione e note di Mariangela Tempera
2289
The Tragedy of King Lear (The Folio Text) / La tragedia di Re Lear Testo inglese a cura di Gary Taylor Nota introduttiva, traduzione e note di Masolino D’Amico
2571
Note
2817
Indice dei nomi citati nelle introduzioni e nelle note
2949
Indice dei nomi citati nelle tragedie
2961
Profili biografici dei curatori
2965
Indice del volume
2971
Premessa
L’œuvre de Shakespeare est si bien façonnée selon le seul théâtre de notre esprit, prototype du reste, qu’elle s’accommode de la mise en scène de maintenant… avec indifférence. (Stéphane Mallarmé, Divagations, 1897)
Questa edizione di tutte le opere di William Shakespeare prende avvio da una constatazione: quell’autore è da tempo fra i più conosciuti e popolari in Italia, come poeta e soprattutto come drammaturgo. Al pari dei nostri maggiori, Shakespeare fa ormai parte del canone dei nostri “classici”. Da qui l’impegno di rendere fruibili al pubblico contemporaneo dei testi ancora dotati di immenso richiamo e quindi bisognosi di sempre rinnovata attualità; e di provvedere ciascuno di essi di un commento, per mano di specialisti aggiornati sullo stato degli studi, che nel caso di Shakespeare sono in continuo, portentoso movimento. Sono due compiti al centro dei quali sta la questione del tempo, cioè dell’incessante mutare dei linguaggi, dei gusti, degli stili, delle convenzioni di recitazione e di pubblicazione: non solo attraverso i quattro secoli che ci separano da quei capolavori, ma negli stessi anni in cui la nostra opera è cominciata e, si spera, sarà compiuta. Nessun testo, soprattutto se drammaturgico, resta uguale a se stesso attraverso il tempo, perché variano di stagione in stagione il suo pubblico, le condizioni della sua ricezione, i valori delle parole che lo compongono e l’estro che le deve reinventare. In più, forse a differenza di ogni altra opera presente in questa collana, di Shakespeare è utopico pensare di ricostruire testi unici e indiscutibili, salvo pochissime eccezioni riguardanti solo quelli poetici; come spieghiamo più avanti, per un’unica sua creazione esistono più versioni, ciascuna con suoi particolari titoli di credito; ciò che ci addossa il compito di scoprirne l’origine, la varietà, la storia. Sono verifiche di tale fluidità e impermanenza testuale gli anacronismi cui assistiamo tutti i giorni, in teatro, in TV o al cinema, nella mesVII
TUTTE LE OPERE DI WILLIAM SHAKESPEARE
sinscena di quei drammi, nella loro ambientazione in epoche, paesi, fogge sempre nuove e inaspettate (l’ultimo Giulio Cesare del National Theatre di Londra aveva attori tutti neri; una memorabile Dodicesima notte del Berliner Ensemble si svolgeva in una non identificata isola caraibica, con gli attori tenuti continuamente in moto da deliziosi ritmi esotici; fra i grandi Amleti del Novecento, quello di Kott “a volte crede di essere esistenzialista. A volte, soltanto un marxista ribelle… Ha letto La condizione umana di Malraux”, quello di Kozintsev era un eroe del realismo sovietico, quello di Ljubimov un intellettuale dissidente, in lotta contro la dittatura, ecc.). Ambientazioni volutamente improprie e fantasiose, ma ben lungi dall’essere ingiustificate: fatte per godere appieno di testi che hanno offerto e continuano a offrire mille spunti all’immaginazione di ogni persona in ogni epoca. Shakespeare stesso e i suoi contemporanei praticavano l’anacronismo a piene mani, senza perplessità e anzi con intenzione e malizia, parlando di Venezia e alludendo a Londra, o vestendo i re medievali con abiti rinascimentali, o attribuendo a un tribuno romano la retorica di un avvocato delle Inns of Court, ecc. Sì, anche Shakespeare si concedeva questi adattamenti all’imperativo della comunicazione; e anche noi, pur indegnamente, cerchiamo di seguire quell’esempio, pensando alla recitazione e messinscena di quei testi secondo quanto si è in grado di fare in Italia, nella prima metà del XXI secolo. I testi anzitutto: come si è detto, la pretesa di ricostruire per ciascun dramma un unico testo definitivo è ormai riconosciuta dal consenso generale come illusoria. A quattrocento anni di distanza dalla prima apparizione di quei copioni sulle scene, e poi sui banchi dei librai di Londra, e dopo che un infinito numero di edizioni e studi, dibattiti e polemiche ha cercato di fissare dei materiali – singole parole, versi completi, intere parti, direttive sceniche, divisione in scene e atti – e delle date, rimane aperta la questione di che cosa Shakespeare abbia veramente scritto, quale delle versioni coeve dello stesso dramma o componimento debba essere seguita, come le si debba confrontare e ordinare, e persino quali e quante di esse siano davvero da attribuire a quell’autore, data l’abitudine del suo tempo di produrre copioni e revisioni a più mani. Il compito non è facilitato dal continuo aggiornamento delle conoscenze e delle congetture sui suoi procedimenti di composizione, né dal ritmo ormai decennale con cui vengono rinnovate, e puntigliosamente, le ipotesi sulla cultura del dramma che VIII
PREMESSA
il suo mondo possedeva. Esistono e si affrontano oggi delle vere e proprie scuole di pensiero sull’autorevolezza di questa o di quella edizione, e sul corretto rapporto fra metodi passati e moderni di presentazione e fruizione di un dramma. Avevano corso fra Cinque e Seicento una drammaturgia e una concezione del testo teatrale che non sono le nostre, e che ci impongono una continua spola fra tempi, punti di vista, presupposti di produzione molto diversi; che ci sospendono ogni volta fra la sensibilità storica e filologica che sono necessarie all’indagine nel passato, e lo sguardo inclusivo che sappia percepire e poi rendere appieno la modernità di testi pur così lontani, comprenderne l’immutata efficacia attraverso il tempo, sfruttarne l’adattabilità, sostenere l’inesauribile popolarità che li accompagna, e che oggi come ieri li proietta in un presente e in un futuro mai deludenti. Poi, le traduzioni: si dice che l’inglese sia la lingua meglio attrezzata per la recitazione, con il russo al secondo posto, e l’italiano al terzo. Inutile dire quanto i traduttori di questa edizione siano consapevoli di tale distanza. Il trasporto delle frasi inglesi nel sistema linguistico italiano è un’operazione impegnativa perché l’italiano è evoluto in modo letterariamente e poeticamente molto differente dall’inglese per quanto riguarda le figure retoriche, le cadenze del discorso, i giochi di parole, le frasi proverbiali, i doppi sensi e i sottintesi resi possibili negli originali da un’invenzione irripetibile – tutte cose evidentemente restie a lasciarsi trasportare. E sfida suprema è poi il trasporto del magnifico fluire – meglio, il pulsare – del blank verse, il pentametro libero inaugurato in teatro proprio dagli elisabettiani, e da Shakespeare in maniera più smagliante. Abbiamo così scelto di non mascherare tale diversità con la riproduzione di una forma versificata che sarebbe risultata insufficiente e zoppa; e di distribuire sulla pagina il testo italiano in forma prosastica, cioè in righe continue e non interrotte da sospensioni, cesure o “a capo” che apparirebbero comunque manchevoli, un incerto – e alla fine impossibile – adeguamento a quel fluire e pulsare che mostrerebbero ancora di più, così trattati, la loro inimitabilità. Né la prosa dovrebbe impedire ai traduttori di raggiungere un ritmo, una cadenza che sia una personale approssimazione a quel luminoso e impervio modello. Sono queste considerazioni a chiederci di adeguare la nostra edizione alle prospettive più recenti sulla drammaturgia shakespeariana, che hanno conosciuto la loro ultima svolta nei tardi anni ottanta del Novecento con l’edizione delle “Opere complete” pubblicata dalla Clarendon Press IX
TUTTE LE OPERE DI WILLIAM SHAKESPEARE
dell’Università di Oxford, a cura di Stanley Wells, Gary Taylor, John Jowett, William Montgomery, sotto la direzione di Wells e Taylor. Ad essa sono immediatamente seguite iniziative simili, della Cambridge University Press, della gloriosa Arden Shakespeare, e sul versante americano della Riverside Press, della Norton, della Folger Library. Così il canone shakespeariano è stato in parte rivoluzionato ma anche scrupolosamente consolidato. Sarebbe stato temerario, e comunque inutile da parte degli studiosi italiani che firmano questa edizione, riprendere in mano una così vasta materia di accertamenti e controversie testuali: la nostra strada era insomma quella obbligata di costruire su basi già egregiamente gettate dai colleghi d’oltre Manica e d’oltre Oceano, e quindi di seguire quel contagioso modello che è l’edizione Oxford, anche perché fino ad oggi esso ha continuato ad essere aggiornato, e in certi casi corretto, per le immancabili dispute che ha suscitato. In particolare, ne abbiamo accettato la datazione – sempre comunque congetturale – dei testi; per quanto riguarda il loro ordinamento nei quattro tomi previsti nei “Classici della letteratura europea” di Bompiani, abbiamo combinato il criterio dei generi (dramma storico, commedia, dramma dialettico, tragedia, poesia) con il criterio cronologico di composizione che ordina ogni volume, salvo quello dedicato ai drammi storici, ordinati secondo la successione dei re. Interamente nostre e originali sono invece, oltre alle traduzioni, le introduzioni, le note, i commenti, le bibliografie. Quanto a questi apparati, e soprattutto alle note: abbiamo cercato di rendere conto di tutti i punti oscuri e delle discussioni che hanno generato e delle varianti che si sono accumulate di edizione in edizione, cercando però di non appesantire il lavoro di interpretazione, anzi evitando che questo assumesse profili ultimativi. Di ciascun testo la nostra sarà una visione unitaria, ma non monolitica né dogmatica, quindi contenuta e volutamente limitata ai chiarimenti essenziali, le traduzioni essendo di questi il principale veicolo. Con la speranza che chi si accosta al nostro lavoro sia stimolato ad aggiungervi autonomamente le sue reazioni e decisioni, che ci auguriamo di ulteriore comprensione, e soprattutto di godimento. Anche noi vorremmo dire, con il Prologo di Romeo e Giulietta, “Ascoltate con pazienza: ciò che troverete manchevole, noi ci sforzeremo di correggere”. Sull’organico di edizione dobbiamo parlare al plurale, perché è oggi impensabile che una mole di lavoro come questa, con questi criteri, sia X
PREMESSA
caricata interamente sulle spalle di un unico curatore. Ne sarebbe derivata forse maggiore uniformità, a scapito però della necessaria competenza – qualità ormai concentrata in singoli studiosi per singoli testi, con l’appassionante, fittissimo gioco intertestuale che ciascun testo porta in dote. Così si è insistito affinché ciascun collaboratore esprimesse liberamente la propria personalità e le proprie convinzioni interpretative, e il risultato non sembra dare torto a questa impostazione: il discorso critico generale appare unitario, e integra la figura del drammaturgo. Del resto, anche l’edizione Oxford si basa sulla collaborazione di più specialisti, mentre il panorama degli studi shakespeariani in Italia è oggi nutrito e generoso di spunti, e di questa pluralità di apporti la nostra edizione ha sicuramente beneficiato. Il lettore trova delle firme individuali in calce alle cure dei singoli testi; ma non sono state individuali le consultazioni e i pareri esterni, le attività di organizzazione, il lavoro editoriale che hanno contribuito a produrre ogni volume della serie. Per questo si vogliono ringraziare fin d’ora, oltre i curatori dei singoli testi, il prof. Nuccio Ordine direttore della collana, i colleghi che hanno generosamente contribuito con consigli, approvazioni e correzioni, e il solerte personale editoriale della casa editrice Bompiani, il cui già affermato nome ci auguriamo rimanga illustrato anche da questa impresa. FRANCO MARENCO
I criteri di edizioni seguiti dai curatori inglesi e americani nel volume della Clarendon Press dell’Università di Oxford, pubblicato nel 1986 (seconda edizione 2005), sono esposti in grande dettaglio in un nutrito volume dello stesso editore, il Textual Companion, pubblicato nel 1987 e riveduto nel 1997.
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WILLIAM SHAKESPEARE TUTTE LE OPERE secondo l’edizione Oxford
PIANO DELL’OPERA I volumi sono divisi per generi, che nei testi originali sono spesso mescolati, ma restano empiricamente utili. All’interno di ciascun volume le opere sono disposte secondo l’ordine di composizione, ad eccezione dei drammi storici, ordinati secondo la successione dei re. VOLUME I: LE TRAGEDIE Tito Andronico (1592); Romeo e Giulietta (1595); Giulio Cesare (1599); Amleto (1600-1601); Otello (1603-1604); La Storia di Re Lear (16051606); Timone d’Atene (1606); Macbeth (1606); Antonio e Cleopatra (1606); Coriolano (1608); La Tragedia di Re Lear (1610). VOLUME II: LE COMMEDIE I due gentiluomini di Verona (1589-1591); La bisbetica domata (15901591); La commedia degli errori (1594); Pene d’amore perdute (15941595); Sogno di una notte di mezza estate (1595); Le allegre comari di Windsor (1597-1598); Molto rumore per nulla (1598-1599); Come vi piace (1599-1600); La dodicesima notte (1601); I due nobili congiunti (1613). VOLUME III: I DRAMMI STORICI Re Giovanni (1596); Edoardo III (1594); Riccardo II (1595); Enrico IV, parti 1 e 2 (1596-1598); Enrico V (1598-1599); Enrico VI, parti 1, 2, 3 (1590-1592); Riccardo III (1592-1593); Tommaso Moro (1603-1604); Enrico VIII (1613).
XIII
WILLIAM SHAKESPEARE TUTTE LE OPERE
VOLUME IV: POEMI, SONETTI, DRAMMI DIALETTICI E ROMANZESCHI POEMI E SONETTI
Venere e Adone (1592-1593); Lucrezia violata (1593-1594); Sonetti (15931603); Il pellegrino appassionato e Poesie occasionali (1593-1616); La fenice e la tortora (1601); Lamento di un innamorato (1603-1604). DRAMMI DIALETTICI
Il mercante di Venezia (1596-1597); Troilo e Cressida (1602); Misura per misura (1603-1604); Tutto è bene ciò che finisce bene (1606-1607). DRAMMI ROMANZESCHI
Pericle, Principe di Tiro (1607); Il racconto d’inverno (1609-1610); La tempesta (1610-1611); Cimbelino (1610-1611).
XIV
Introduzione di Franco Marenco “Shakespeare”: un’esistenza opaca, un’opera radiosa
Le virgolette profuse nei titoli di questa introduzione stanno a indicare l’uso ellittico, e quasi proverbiale, che tradizionalmente si fa dei nomi e delle espressioni in questione. Proviamo a sciogliere questi nodi. È proverbiale la scarsezza di notizie sulla vita di William Shakespeare, e ancora di più l’ingente lavoro in cui si sono impegnate generazioni dopo generazioni di studiosi alla ricerca di qualche traccia di una esistenza singolarmente elusiva. Evidentemente quella del drammaturgo era una figura sociale in gestazione, legata a un mestiere di incerta collocazione e di ancora più incerta stima da parte della cultura ufficiale: non dimentichiamo che una legge del 1572 accomunava gli “attori comuni” – cioè senza un protettore aristocratico – a “vagabondi, accattoni violenti e giocolieri”, esponendo gli uni e gli altri a pene severissime. Per loro, autorizzazione e visibilità dipendevano ancora e interamente da un pubblico indifferenziato e socialmente anonimo. Il talento individuale non bastava: non era riconosciuto come lo sarebbe stato nei secoli a venire. Le opere di un qualsiasi autore avevano bisogno di credenziali letterarie, cioè delle tradizioni cui si richiamavano – quella classica che gli istruiti conoscevano dai giorni di scuola, o quelle eterogenee e popolari che i meno istruiti ascoltavano nelle veglie e nelle piazze – ; al di là dello specifico letterario però, quelle opere avevano anche e soprattutto bisogno di credenziali extraletterarie e socialmente assertive, di riconoscimento e protezione da parte del potere, cioè di qualche casato aristocratico che conferisse prestigio – e magari che pagasse le spese della pubblicazione: favori questi che venivano segnalati dalla dedica dell’opera. Tra le prime produzioni di Shakespeare spiccano due poemetti di derivazione classica XV
INTRODUZIONE
(da Ovidio e forse da Tito Livio) che riscossero enorme successo, Venere e Adone (1592-1593) e Lucrezia violata (1593-1594), cui seguirono all’inizio del Seicento altre composizioni minori fra cui La fenice e la tortora, e nel 1609 la celebre raccolta dei Sonetti, composta attraverso gli anni: le prime due pubblicazioni vennero dedicate a Henry Wriothesley, conte di Southampton; la terza a un W. H. che poteva essere lo stesso Southampton, anche se il titolo di Mr. (Master) con cui viene qualificato non si accordava con l’appartenenza all’aristocrazia. Ma a nessuno erano dedicati i testi teatrali che cominciarono ad apparire, illegalmente e per così dire fuori mercato, nei primi anni novanta. All’attività di poeta Shakespeare aggiungeva infatti quella di attore e autore di drammi, che comportava condizioni piuttosto nuove, almeno nella città di Londra dove era arrivato poco più che ventenne: a sostenere quella occupazione aggiuntiva – ma subito diventata esigente e anzi esclusiva – contribuiva ancora il nome di qualche aristocratico interessato al ritorno che spettacoli molto seguiti potevano procurare alla sua immagine pubblica, ma si trattava di un nome e basta, utile di fronte alle curiosità della censura ma privo di vantaggi finanziari. Questi, per Shakespeare gradualmente cospicui, vennero dal pubblico che gremiva i teatri. Un pubblico, come si è accennato, socialmente eterogeneo, non tutto aristocratico né borghese né plebeo, e non solo istruito né solo analfabeta, ma tutte queste categorie strette – è il caso di dirlo, dato il loro numero e la relativa capienza dei teatri – insieme: un coacervo indistinto, un primo, timidissimo e casuale assaggio di mercato teatrale moderno; primo cioè nuovo, che non aveva un preciso statuto e non lo avrebbe avuto ancora per anni, anche e soprattutto in virtù delle obiezioni che al teatro venivano dalle autorità civiche e religiose, a tratti poco meno che tiranniche. A conferire prestigio e memorabilità ai drammi non era quindi la loro pubblicazione, sì invece, e paradossalmente, lo erano le qualità del tutto effimere dello spettacolo: l’abilità della recitazione, l’applauso degli spettatori, l’incasso della giornata, insomma il provvisorio successo dell’immaginazione per il pubblico, e della borsa per i teatranti. Ciascuna recita bastava a sé, e in sé si esauriva, lontano da una riconosciuta funzione civile e da prescrizioni del diritto, comunque molto trasgredite. Attori e autori erano imprenditori di se stessi, i copioni appartenevano non a chi li aveva scritti ma all’intera compagnia, che aveva modo di adattarli strada facendo: non si contano i drammi scritti XVI
“SHAKESPEARE”: UN’ESISTENZA OPACA, UN’OPERA RADIOSA
in collaborazione. Non fu un caso che Shakespeare si impegnasse nella pubblicazione dei suoi testi poetici ma non di quelli teatrali, che alcuni di essi subissero trafugamenti, plagi ed edizioni piratesche, e che la sua produzione – drammaturgica, non poetica – fosse raccolta, e neanche tutta, soltanto sette anni dopo la sua morte, omaggio alla memoria. Così si spiega il quasi anonimato – un’oscurità totale, se paragonata a certe celebrità dei secoli successivi – in cui Shakespeare operò in vita: se gratificata dal successo la condizione del teatrante poteva essere soddisfacente dal punto di vista finanziario, ma permaneva umile e inappariscente in ogni gerarchia culturale, almeno fino a che i drammi rimasero relegati, nella percezione comune, a un livello di dignità più basso e comunque “altro” rispetto a qualsiasi trattato, centone di novelle, poema originale o in traduzione. Il primo autore di teatro che ardì pubblicare le sue opere con il titolo onorifico di Works, fino allora riservato ai classici, fu Ben Jonson nel 1616, l’anno in cui il suo amico e rivale Shakespeare morì, e quel volume venne subito sommerso dai lazzi satirici dei contemporanei, che vi scorgevano una prova di presunzione. Shakespeare recitò sicuramente a corte, oltre che nei teatri che la sua compagnia possedeva, ma l’immagine di cui si compiace il cinema di oggi, di un intellettuale trattato quasi da pari a pari dalla regina Elisabetta, raffinata intellettuale anche lei, sarebbe apparsa ai loro contemporanei oltraggiosa per non dire assurda, fuori del mondo. A parte la notizia del battesimo avvenuto nella cittadina di Stratford il 26 aprile 1564, ci informano della presenza del giovane provinciale nella metropoli alcuni documenti occasionali, come il caotico zibaldone che un ecclesiastico con curiosità letterarie, Francis Meres, pubblica nel 1598 con il titolo di Palladis Tamia. Vi ricorrono vari avventurosi confronti fra poeti antichi e moderni, fra cui i seguenti: – Come l’anima di Euforbo si pensava trasmigrata in Pitagora, così il dolce arguto spirito di Ovidio vive nei dilettevoli, mielati versi di Shakespeare, come attestano il suo Venere e Adone, la sua Lucrezia, i Sonetti zuccherosi privatamente distribuiti agli amici, ecc. – Come Plauto e Seneca sono considerati i migliori fra i Latini per le commedie e tragedie, così Shakespeare fra gli Inglesi eccelle nei due generi per la scena. Per la commedia si vedano i Gentiluomini di Verona, la Commedia degli errori, Pene d’amor perdute, Pene d’amor vittoriose [di cui si è persa traccia], il Sogno di una notte di mezza estate, e il Mercante XVII
INTRODUZIONE
di Venezia; per la tragedia Riccardo II, Riccardo III, Enrico IV, Re Giovanni, Tito Andronico e Romeo e Giulietta. Si noti la precisa graduatoria dei generi letterari che queste note suggeriscono, oltre al senso di una reputazione che si sta affermando, e di un canone che prende gradualmente forma agli occhi dei contemporanei. Non erano altrettanto entusiasti altri addetti al mestiere: i tormenti dell’invidia si affacciarono soprattutto in uno scrittore prolifico e sfortunato come Robert Greene – il primo, si dice, scrittore professionista inglese – che già nel 1592, dal letto di morte, aveva avvertito la congrega dei drammaturghi londinesi, in grande affanno per ricavare di che vivere con le loro opere, che Un corbaccio venuto su dal nulla [upstart crow] si fa bello con le nostre piume, e con un ‘cuore di tigre sotto spoglie di attore’ [parodia di un verso dell’Enrico VI] pretende di essere capace di tuonare in verso libero come i migliori di voi, e, da perfetto Factotum qual è, si ritiene con grande presunzione l’unico Scuotiscene [shake-scene, storpiatura di Shake-speare] nel paese.
Eco non equivoco degli applausi che salutavano le primissime prove dell’industrioso nuovo arrivato. Non si sa se il “corbaccio” giungesse a Londra al seguito di qualche compagnia (solo due o tre erano sopravvissute, grazie al patrocinio dei potenti, all’ostilità delle autorità pubbliche), ma nel 1594 il suo nome compare insieme a quelli di Richard Burbage (il primo attore), e Will Kemp (il buffone) nell’elenco degli “uomini del Lord Ciambellano” (the Lord Chamberlain’s Men) che allestivano uno spettacolo natalizio nella residenza reale di Greenwich. L’eccellenza della compagnia era già stabilita, e ad essa il nuovo arrivato avrebbe dedicato tutta la carriera, provvedendo copioni di tragedie, commedie e drammi storici al ritmo di due all’anno, e contribuendo alla sua promozione, morta Elisabetta nel 1603, a “uomini del Re” (the King’s Men). Ciò non toglie che quanto noi leggiamo e applaudiamo oggi come “Shakespeare” sia in realtà frutto, quando non di vera e propria collaborazione, almeno di una intensa e fruttuosa interazione fra Shakespeare e gli altri attori della compagnia – e, perché no, del grande pubblico cui si rivolgeva. Non sorprenda che il gruppo del Ciambellano contasse otto persone soltanto, e quello del Re nove, quando i personaggi di una rappresentazione XVIII
“SHAKESPEARE”: UN’ESISTENZA OPACA, UN’OPERA RADIOSA
potevano elevarsi fino a una trentina: consentiva di moltiplicare i ruoli la pratica del doubling, per cui un attore ne assumeva più di uno, attraverso un gioco di presenze e assenze in scena opportunamente predisposte dal testo. Non mancava poi qualche ragazzo, necessario per le parti femminili dato il divieto per le donne di calcare il palcoscenico. Due compagnie di giovani coristi, della cappella reale e della cattedrale di San Paolo, si erano specializzate nella satira di costume entrando in competizione con le compagnie di adulti: accenna a questa vicenda uno sfogo di Rosencrantz nell’Amleto, deprecando la comparsa di “una nidiata di bambini, di falchetti che urlano a squarciagola e vengono applauditi con tirannica foga. Ora sono loro la moda, e disprezzano talmente i teatri comuni […] che molti che portano la spada hanno paura delle penne d’oca, e non si fanno più vedere” (II, 2, 340-345); dov’è evidente il risentimento dei gruppi tradizionali che si esibivano nelle arene “comuni” cioè pubbliche e in parte all’aperto, contro i ragazzi che operavano in teatri privati e al chiuso, e la cui satira appariva socialmente divisiva perché teneva lontani i gentiluomini (“che portano la spada”) timorosi degli attacchi delle “penne d’oca”, cioè degli autori che provvedevano i testi. Un segno del legame che Shakespeare conservò sempre con gli aspetti “tradizionali” del suo mestiere è il fatto che si tenne sempre lontano dal genere satirico, pur avendo recitato in questi spettacoli, come Ciascuno scopra il suo umore (1598) di Ben Jonson. Uno scrittore che faceva anche l’attore, mai però in parti importanti (rimane traccia di una sua apparizione, è il caso dire, nei panni dello Spettro dell’Amleto, e del servo Adam in Come vi piace): gli “uomini del Lord Ciambellano”, che dopo un periodo di dissesto forse dovuto alla concorrenza delle compagnie di ragazzi si erano organizzati in società per azioni, e su tale base dividevano gli utili, devono aver concordato che alla causa comune servivano degli smaglianti copioni più che un fine dicitore. Questo spiega la prodigiosa alacrità con cui Shakespeare si impegnò nella documentazione, cioè nella lettura di testi da cui derivare drammi, che diede luogo a quell’intreccio fittissimo di spunti classici, favolistici, cronachistici e storici così caratteristico delle sue tipologie testuali. Il pubblico chiedeva glorificazioni della storia nazionale, memorie di antichi miti, occasioni per divertirsi con intelligenza ma anche per ridere di gusto, e stragi eseguite con abietta – “machiavellica” si diceva allora – premeditazione e crudeltà, e abbondante spargimento di sangue. XIX
INTRODUZIONE
E tanto il pubblico otteneva, prima con commedie di ambientazione italiana – I due gentiluomini di Verona (1589-1591), La bisbetica domata (1590-1591) – poi con ben tre diverse puntate sul regno di Enrico VI (1590-1592) che diede origine alla Guerra delle due Rose, poi con una ferocissima tragedia di vendetta, Tito Andronico (1592), ricolma di tradimenti, mutilazioni, assassini, cannibalismi e qualsiasi altra immaginabile e inimmaginabile atrocità. Seguì una brusca virata verso la tradizione comica plautina della duplicazione delle identità e dello scambio di persona – La commedia degli errori (1594) – tuttora di raffinata godibilità. Tra le fonti che servirono a questa fase citiamo la Diana di Jorge de Montemayor, I suppositi di Ludovico Ariosto (con la mediazione di un rifacimento inglese), le cronache dei regni di Inghilterra, Scozia e Irlanda, i 142 libri della Storia di Roma di Tito Livio, le Metamorfosi di Ovidio, i Maenechmi e l’Amphitruo di Plauto, ecc.: generi accumulati l’uno sull’altro con l’unica coerenza della mano ferrea e divertita che li raccoglieva, li spendeva e li controllava; fonti diversissime, non riprodotte pedissequamente ma trasfigurate da un incessante esercizio di creatività. Con tutta l’immaturità e la convenzionalità dei primi assaggi, e il possibile apporto di collaboratori, emersero subito evidenti i connotati di una eccezionale personalità di poeta e drammaturgo, che le prove successive avrebbero ingigantito pur riservando ogni volta le sorprese di nuove svolte da sperimentare, idee da esplorare, modelli da inseguire e rinnovare. Qualità come il vigore retorico, l’intelligenza degli intrecci, la visione di un destino nazionale si confermavano nel Riccardo III (1592-1593), che portava a termine la serie dedicata alla Guerra delle due Rose con l’accesso al trono del primo sovrano Tudor, Enrico VII, fondatore della dinastia cui apparteneva Elisabetta. Era questo dramma storico a segnare la raggiunta maturità di un autore non ancora trentenne, anche grazie all’invenzione di un personaggio centrale vividamente scolpito. Grande successo deve essere arriso alle commedie, se nella seconda parte degli anni novanta vediamo dispiegarsi uno straordinario talento nel dare alla vicenda comica uno schema di sviluppo morale e civile, che comincia nell’equivoco e nel contrasto d’amore, si snoda fra le alterne occasioni dell’incomprensione, del tradimento, dello scontro col mondo, del perdono, e si conclude col raggiungimento dell’armonia del matrimonio e della riconciliazione comunitaria. La complessità dei sentimenti e l’assoluta brillantezza poetica fanno di Pene d’amore perdute (1594-1595), XX
“SHAKESPEARE”: UN’ESISTENZA OPACA, UN’OPERA RADIOSA
Sogno di una notte di mezza estate (1595), Le allegre comari di Windsor (1597-1598), Tanto rumore per nulla (1598-1599), Come vi piace (15991600) e La dodicesima notte (1601), dei capolavori di godimento estetico e di riflessione sul bene e sul male, sugli scambi di identità, sull’inclusione e l’esclusione sociale, adattabili a qualsiasi tempo e luogo. Nel loro insieme sono il frutto di un inesauribile esercizio intertestuale, che chiama in causa l’intera tradizione letteraria, mitica e folclorica dell’Europa, senza escludere echi delle leggende orientali e delle nuove scoperte oltreoceano. Non mancano i contatti formali e tematici con i più assertivi drammi storici dello stesso periodo: Edoardo III (1594), Riccardo II (1595), Re Giovanni (1596), le due parti dell’Enrico IV (1596-1598), Enrico V (1598-1599) interiorizzano le vicissitudini umane e politiche narrate nelle cronache della nazione, dalla deposizione che Riccardo infligge a se stesso in una scena di enorme pathos, alla pietà che il principe Arturo ispira al sicario incaricato di ucciderlo, alla dialettica fra pubbliche virtù e vizi privati di Enrico e del principe Hal, quest’ultimo a lungo preda di dissipate amicizie come quella con l’esplosivo gaudente Falstaff, fino alla celebrazione dell’orgoglio nazionale nella figura del vincitore di Agincourt, quell’Enrico V che l’Inghilterra tornerà a evocare nei frangenti di maggior pericolo e di crisi militare. La fase di maggior risonanza, e vertice della poetica shakespeariana, è quella delle grandi tragedie che comincia con il volgere del secolo. La precede tuttavia una creazione del 1595, Romeo e Giulietta, ancora ricca di preziosismi lirici ma già magistrale nell’organizzazione delle scene, nell’uso spregiudicato dei gerghi di strada e nella conversione delle fonti, anche in questo caso continentali in origine (Bandello, Boaistuau) poi riambientate dalla vorace, prolissa e moraleggiante cultura locale (Arthur Brooke). Nulla di moralistico in Shakespeare, anzi; la trasgressione e l’opposizione alle convenzioni sociali occupano il centro della tragedia in nome di una nuova libertà dei sentimenti e del discorso. E una estrema libertà e felicità si riscontrano nell’uso del verso sciolto (il blank verse) che si evolve fino alle imprevedibili, spettacolari licenze – e rotture, e arricchimenti degli schemi metrici – che colpiscono per energia ed efficacia chiunque si accinga anche soltanto a leggere Amleto (1600-1601), Otello (1603-1604), la Storia di Re Lear (1605-1606), Macbeth (1606) e ancora di più la Tragedia di Re Lear (1610), rifacimento della precedente Storia, che segna un ulteriore ed originale sviluppo drammaturgico. Si tratta XXI
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dei consueti prelievi dal cumulo di storie e storiacce che circolavano nel sottobosco letterario, ma con quali risultati, e con quanta eccellenza! In essi si approfondisce un umore cupo, logorato dall’impossibilità di sottrarsi, dopo i grandi slanci dell’amore e della generosità, ai dilemmi, alle contraddizioni, alle catastrofi della vita. Si incupisce così l’ispirazione dell’autore, che investe anche i coevi drammi ricavati dalla storia di Roma – prevalentemente da Plutarco, le cui Vite erano state splendidamente tradotte da Sir Thomas North, non di rado riprodotte verbatim nel testo inglese – e dall’illustre eredità dei poemi omerici. Accanto al tono tragico e alla straordinaria elevatezza della retorica, Giulio Cesare (1599), Antonio e Cleopatra (1606), Coriolano (1608) portano alla luce una vena di ironia, se non di sarcasmo, nei confronti dell’eroe classico – il condottiero vanitoso e impulsivo (Cesare), i cospiratori in perpetuo disaccordo (Bruto e Cassio), il giovane guerriero infatuato e deluso dall’amore (Troilo nel Troilo e Cressida), il grande generale abbandonato, sbeffeggiato dai suoi stessi commilitoni e ingannato dalla donna che ama (Antonio), o tradito dai falsi amici (Coriolano) – costruendo una galleria di caratteri sempre in bilico fra esaltazione e depressione, che i personaggi di contorno come Tersite, Enobarbo, Cesare Augusto, Aufidio non mancano di sottolineare con acre compiacimento. Si appoggia invece a un’antica, foltissima tradizione gnomica Timone d’Atene (1606), in probabile collaborazione con Thomas Middleton, che può anche aver contribuito ad alcune scene del Macbeth. Timone è il benefattore che, deluso dall’ingratitudine del mondo, precipita nell’odio per l’umanità: i precedenti sono in Plutarco, Luciano di Samosata, Matteo Maria Boiardo, ma soprattutto negli anonimi contemporanei inglesi che avevano adattato la storia del declino e della misantropia ai gusti di un pubblico curioso di catastrofi finanziarie, frutto dell’economia d’assalto che era la novità londinese del primo Seicento. L’oscurarsi della visione morale che è proprio delle tragedie non poteva non complicare gli intrecci comici visitati in quel periodo. Ne derivarono testi ambigui, molto differenti dalle prime commedie, percorsi da insoddisfazione e irrisolti sul piano etico; la critica non ha saputo classificarli che come tragicommedie, o “commedie nere”, o “drammi dialettici” o “problematici” (senza tener conto che la problematicità è costitutiva di ogni singolo testo shakespeariano). In Il mercante di Venezia (15961597), Troilo e Cressida (1602), Misura per misura (1603-1604) e Tutto XXII
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è bene ciò che finisce bene (1606-1607) è la stessa convenzione comica ad essere messa in discussione, e con essa il genere prosastico che più ha contribuito a renderla popolare, la novella: le trame sono derivate in gran parte dalla tradizione italiana, variamente mediata – dal Decamerone (Giletta di Narbona), dal Pecorone di Giovanni Fiorentino, dagli Hecatommiti di Giraldi Cinzio – ma di essi viene insinuata, quasi senza darlo a vedere, l’inadeguatezza a rappresentare il mondo che l’autore e il suo pubblico conoscono, e quindi l’inattualità, caratteristiche ora rivoltate in cause di una comicità nuova, dubbiosa e critica del genere stesso, consapevole dei rifiuti cui questo è esposto. È il tema della riflessione sull’arte della mimesi e della rappresentazione, già onnipresente nella produzione shakespeariana, ma che nella sua ultima parte si fa più penetrante, forse più assillante. La favorisce una disposizione al rimpianto, alla malinconia e un forte appello alla memoria, a tutto ciò che era un tempo grande e felice, ma di cui si avverte ora il deperimento. Non sono estranee a questo sviluppo le mutazioni intervenute nella cultura nazionale fra il primo e il secondo decennio del Seicento: intanto il giro di vite operato nel costume dalle esigenze di organizzazione e di controllo della giornata lavorativa e devozionale, che acuiva l’avversione delle autorità civili e religiose per i passatempi “profani” come il teatro, fino ad allora fiorente in ore poi divenute insolite come il primo pomeriggio; poi il maturare dell’estetica neoclassica, che imponeva regole e condizionamenti dal teatro sempre ignorati con sovrana indifferenza. Shakespeare reagì a questi sviluppi con disagio, che seppe però tradurre in una nuova, grande poesia della nostalgia: Pericle (1607), Il racconto d’inverno (1609), Cimbelino (1610-1611), La tempesta (1611) si rifanno tutti a un genere antico e abbandonato da decenni dall’avanguardia letteraria di allora, il romanzo di avventure fantastiche e intricate, di origine greca e di larga diffusione nel Medioevo, ma rimasto vivo nel gusto popolare: da qui il termine di “drammi romanzeschi” di solito riservato a questi componimenti. Li anima una gamma di sentimenti portentosamente variegata, dal tormento alla tenerezza, dalla rudezza alla grazia, e una ansiosa interrogazione di destini individuali e collettivi, che si risolve nel comune itinerario dalla sofferenza alla redenzione, dalla perdita al riscatto, dalla discordia alla conciliazione. Altre opere compaiono nel canone shakespeariano: la prima in ordine di tempo è la revisione di Sir Thomas More, scritto intorno al 1593 da AnXXIII
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thony Munday e Henry Chettle in collaborazione, e già ritoccato per ragioni politiche da Thomas Dekker e forse da Thomas Heywood: vi sono drammatizzati alcuni episodi della vita del Cancelliere di Enrico VIII, autore di Utopia, repressore delle sommosse xenofobe a Londra, e martire della Chiesa cattolica. Probabilmente Shakespeare non scrisse più di due scene, che rimangono tuttavia importanti per il contrasto fra ragione di stato e coscienza individuale, e perché offrono l’unico documento autografo – a parte il testamento che stese il 25 marzo 1616, poco prima di morire – rimasto dell’autore (il testo completo rimase manoscritto e venne pubblicato solo nell’Ottocento). Le opere più tarde furono scritte in collaborazione con John Fletcher, il nuovo autore di testi per gli “uomini del Re”, non proprio adatto all’interazione con l’anziano maestro: si tratta di Cardenio (1612-1613), derivato da un episodio del Don Chisciotte (prima parte, cap. XXIV) e considerato perduto fino alla pubblicazione nel 2010, nella prestigiosa serie Arden, di un possibile rifacimento settecentesco da parte di Lewis Theobald, con il titolo di Double Falshood (“Doppia falsità”), non presente nell’edizione Oxford; seguirono È tutto vero o Enrico VIII (1613), ritorno alla storia delle lotte di potere sotto il regno del padre di Elisabetta; alla fine la nascita della futura regina segna l’avvento di una nuova era di pace e prosperità (che Giacomo I Stuart era incitato a continuare); e infine I due nobili congiunti (1613), che riprende la leggenda di Palamone e Arcite e condivide con i drammi romanzeschi la fonte medievale (i Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer), l’ambientazione in un’immaginaria Grecia antica, il gusto della spettacolarità, e la finale vittoria della virtù sulle insidie del mondo. In queste ultime prove si fa strada una particolare sensibilità per il tema della morte come parte della vita, sublimato da una logica provvidenziale non lontana dalle dottrine del protestantesimo che facevano ormai parte del consenso politico della nazione, e su cui gli Stuart poterono fondare per un certo periodo un precario equilibrio di governo. Dal canto suo il teatro di “Shakespeare”, recuperando le proprie origini comunitarie e folcloristiche, rasserenando i propri orizzonti dopo infinite vicissitudini, trascorrendo da inizi tragici a finali pienamente comici e liberatori, tornava ad offrirsi come luogo della sintesi sociale, dell’antica, carnevalesca unità e circolarità della cultura.
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Dall’“O di legno” l’appello all’immaginazione Perdonate, signori, le povere, banali menti che hanno osato rappresentare su questo tavolato indecoroso un tanto nobile argomento. Potrà mai la nostra arena contenere gli sconfinati campi di Francia, potremo mai affollare questo O di legno con gli elmi che atterrirono l’aria a Agincourt? Abbiate pazienza, se in misero numero e in spazi ristretti pretendiamo di riprodurre milioni, e lasciate che noi, nullità di fronte a questo grande resoconto, si faccia appello alla vostra immaginazione.
Così recita il “coro” dell’Enrico V (Prologo, 8-18), mettendo in scena la memorabile vittoria degli inglesi in terreno francese contro forze soverchianti. Si tratta di una preziosa illustrazione delle condizioni in cui recitavano Shakespeare e i suoi compagni: l’“O di legno” era l’anfiteatro all’aria aperta del Globe, il teatro di proprietà della compagnia costruito nel 1599, un “O” perché la sua forma ovale ripeteva quella delle arene dove si svolgevano combattimenti di animali (è stato ricostruito in riva al Tamigi a circa duecento metri da dove si trovava allora, nelle forme di allora, e ospita spettacoli shakespeariani per gran parte dell’anno). La struttura misurava circa trenta metri di diametro esterno e si componeva di un palcoscenico largo dodici metri e aperto “a grembiule“, proiettato nella platea e sovrastante il pubblico popolare, che pagava la minima cifra di un penny per stare in piedi tutto intorno; tre ordini di “palchi” con sedili (scomodissimi) più costosi – noi li chiameremmo i “distinti”; sopra il palcoscenico, il tradizionale tetto di paglia sorretto da due colonne (che prese fuoco nel 1613 durante uno degli ultimi spettacoli della serie shakespeariana) e una galleria usata per le scene “dall’alto” (come quella del “balcone” di Giulietta e Romeo) ma anche per ospitare spettatori importanti, o musicisti quando erano previste canzoni o cori; al fondo, un vestibolo riparato da una tenda che si apriva solennemente per le grandes entrées dei protagonisti; nel tavolato una botola usata da diavoli e apparizioni malevole per risalire dall’“inferno” alla vista generale; sul soffitto il firmamento, o metaforicamente il “paradiso”, da dove si calavano per mezzo di funi gli dei e le apparizioni benigne, occasionalmente salutate da fuochi artificiali. Caratteristica saliente era dunque il pubblico assiepato ai tre lati del palcoscenico, senza “quarta parete” e tutti visibili a tutti; e gli attori che recitavano in mezzo alla calca assiepata ai loro piedi. XXV
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In questa condizione la stessa nozione di “soliloquio” aveva poco senso: Amleto recita i suoi famosi monologhi ben consapevole di essere di fronte a un pubblico attento a ogni suono, a ogni gesto. Di questa struttura erano i teatri “pubblici” sorti a Londra e dintorni fra il 1576 e il 1604 con nomi come Theatre, Curtain, Rose, Swan, Globe, Fortune, Red Bull, spesso specializzati per generi e categorie di spettatori. Anche al 1576 si fa risalire l’apertura di un teatro “privato”, il Blackfriars, che sarebbe presto diventato proprietà della compagnia di Shakespeare, insieme al Globe. Si capisce così perché il “coro” su ricordato si raccomandasse all’immaginazione degli spettatori, delegando a loro un esercizio sconosciuto a un pubblico moderno: tradurre le incessanti, potenti immagini verbali e sceniche in immagini e sensazioni mentali, senza alcun aiuto da parte di tecniche illusionistiche – senza che lo soccorresse, e lo impigrisse, alcuna pretesa di realismo. Le scene notturne si svolgevano alla luce del giorno, i fantasmi si aggiravano sul palcoscenico “invisibili” agli attori e visibilissimi alla platea, la scena poteva compiere folli tragitti nello spazio e nel tempo – bastava un nome, un titolo ad ambientare l’azione – le botole si aprivano “realmente” sull’inferno e dal cielo scendevano “davvero” gli angeli annunciatori... e non solo: a tutto si aggiungeva la chiara consapevolezza, implicita ovunque e oggi spesso ignorata, di essere di fronte a precarie finzioni degne anche loro di un po’ di ironia, magari di parodia dissacrante – si veda per tutti il Sogno di una notte di mezza estate… –. Quelli che a noi, figli della medialità più illusoria, dalla voce amplificata per radio agli effetti speciali del cinema, sembrano ridicole occasioni di ingenuità erano invece motivi di un godimento intellettualmente ed esteticamente impegnativo, che si protraeva per le “due ore di trambusto” promesse per l’intero genere dal Prologo di Romeo e Giulietta (v. 12). Quanto agli stili di recitazione, è ancora Amleto a fornirci un’utile guida, parlando ai teatranti convenuti a Elsinore per mettere in scena il fatale canovaccio, il teatro-nel-teatro dal quale dipende il precipitare della tragedia. Le sue istruzioni sono dirette al capocomico, e la prima segna un radicale abbandono delle convenzioni fino allora in uso: Ti prego, pronuncia le battute come le ho pronunciate io, in punta di lingua; se invece le declami come fanno molti dei nostri attori, preferirei che a recitare i miei versi fosse il banditore di città. E non tranciare troppo l’aria con la mano – così – ma usa moderazione, perché nello stesso fluire, nella tempesta, e come XXVI
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dire, nel vortice della passione, devi ottenere e produrre una temperanza che le possa conferire naturalezza. Oh, mi ferisce il cuore udire un tizio esuberante e imparruccato che riduce una passione in pezzi, in tanti stracci, spaccando i timpani della platea, per la maggior parte in grado di seguire solo pantomime incomprensibili e schiamazzi. Un tipo simile lo farei frustare: mettersi a blaterare addirittura più di Termagante, voler essere più Erode di Erode! Ti prego di evitare questo.
Vengono rifiutate le figure tradizionali dello strepito e della baruffa, idoli degli spettatori più sprovveduti, per essere sostituite da quelle della concentrazione e della moderazione: Non ti frenare nemmeno troppo, ma lasciati guidare dalla discrezione. Adatta l’azione alla parola, e la parola all’azione – con questa speciale avvertenza, di non scavalcare la moderazione della natura. Perché qualsiasi cosa esagerata si allontana dallo scopo del teatro, che era ed è, dalle origini ai giorni nostri, di reggere per così dire lo specchio alla natura, di mostrare alla virtù le sue vere sembianze, all’ingiuria la sua immagine, e all’età e al corpo del tempo la loro sagoma e impronta. Ciò che appare troppo caricato, o affievolito, può far ridere gli ignoranti, ma non può che dispiacere agli intenditori, il cui giudizio deve avere più peso per voi di un intero teatro di quegli altri. Oh, ci sono attori che ho visto recitare, e sentito altri lodare anche molto, i quali non avendo, a dirla rispettosamente, né la voce né il portamento da cristiani, o da pagani, o comunque da uomini, si pavoneggiavano e spolmonavano talmente da farmi pensare che li avessero fatti, e non troppo bene, degli apprendisti della natura, tanto indegnamente imitavano l’umanità. (III, 2, 1-31).
“Adatta l’azione alla parola, e la parola all’azione”: in questa breve frase si concentra la novità del teatro shakespeariano. La parola, espressione pregnante del carattere (ethos), si accordi con la vicenda inscenata (mythos) rispettando la “moderazione della natura”. Non sempre era stato così: quel pubblico doveva conservare memoria di una antica separazione. Da una parte una storia memorabile e edificante, annunciata da un presentatore-pedagogo, dall’altra la sua illustrazione mimetica e didascalica, un’“azione” – o più riduttivamente degli “atti”, “gesti” – con cui identificarsi. Nella forma più arcaica, un oratore e alcuni mimi che dimostravano insieme, ma con ruoli ben chiaramente distinti, le eterne verità XXVII
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della morale comunitaria; veicoli l’uno di una retorica religiosa o secolare ma sempre magistrale, prescrittiva, gli altri di un’azione che la rendesse riconoscibile e convincente, traducibile nella corposa evidenza della vita da tutti vissuta. Un simulacro della prima funzione – comunque riconducibile al teatro classico – stava ancora nel Prologo di certi drammi, recitato da un personaggio specifico, una voce separata dalle altre, che sintetizzava il significato dello spettacolo; una voce rivolta al precetto e all’ammaestramento dell’osservatore, piuttosto che a un ruolo, un sentimento in cui l’attore potesse immedesimarsi di volta in volta; una strategia intrisa di icasticità e universalismo, cui erano connaturati gli eccessi di enfasi. Ma era l’eccesso che Amleto condannava: per lui era più “naturale” non fare scena a sé, non esagerare la gestualità né spolmonarsi; e non eccedere nello sfarzo dei costumi allora tipici degli attori, in scena e fuori – uno dei tanti crucci da loro provocati agli ecclesiastici e ai moralisti che li tempestavano di rampogne e anatemi. Per una volta il suo creatore si mostrava d’accordo con i detrattori del mestiere, o forse voleva assecondarne l’indignazione perché lo lasciassero in pace almeno per una stagione. La grande tipicità e virtualità simbolica (“feticismo” per qualcuno) che il teatro assegnava alle acconciature poteva urtare contro i compiti della caratterizzazione, della creazione di identità singolari e articolate per ogni ruolo, che Shakespeare stava elaborando magistralmente e che Amleto stesso evoca all’inizio, di fronte alla madre a disagio per il lutto che lui conserva come segno principale della sua interiorità: Non è solo il color d’inchiostro del mio mantello, né sono gli abiti di solenne nero rituale, le folate di sospiri e i singhiozzi forzati, e neanche il fiume copioso degli occhi, e neanche l’atteggiarsi afflitto del viso, insieme a tutte le forme, gli umori, le dimostrazioni di cordoglio – non sono quelli che possono descrivere la mia verità. Quelle […] sono azioni che si possono recitare. Ma io ho dentro ciò che supera ogni posa – fuori, del dolore ci sono solo addobbi e travestimenti. (I, 2, 77-86).
Non c’era contraddizione fra questa ricerca di identità e una delle convenzioni più radicate e sfruttate da quel teatro, e oggi scomparse perché poco verosimili, come il travestimento, e il sottile gioco in cui implicava le verità dell’animo: una volta accettato come “naturale” e funzionale a una riconosciuta finzione; una volta assegnata allo spettatore una complicità XXVIII
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segreta con uno o più personaggi nell’ignoranza di altri, il travestimento poteva, invece che indebolirla, rafforzare un’identità, mostrandone la complessità e carattere proteico – come succede nella Dodicesima notte. Una strategia che ci impegnerà a fondo nel volume delle commedie, ma di cui dobbiamo occuparci ancora qui. “Mercati di dissolutezza”: l’opposizione Per essere compreso e discusso appieno, qualsiasi fenomeno ha bisogno di verifiche per contrasto, e molte ne sollecita il teatro elisabettiano. Eppure non è così semplice, per noi oggi, cogliere le voci dell’opposizione a un genere di così universale successo: quattro secoli di estetizzazione della scrittura, e un intero secolo – il Novecento, per intenderci – di sua riflessione autoreferenziale, ci hanno abituati a separare la sfera estetica da tutte le altre, a rifiutare più o meno consciamente qualsiasi cenno che turbi un tanto splendido isolamento, e che complichi il nostro godimento. Ma la scrittura immaginativa ha storia ben più lunga, che l’ha trovata soggetta a ogni sorta di resistenze, attacchi, negazioni ed eclissi, sfuggenti al nostro limitatissimo punto di vista. È quindi tempo di guardare alla drammaturgia del periodo nel quadro delle critiche e dei contrasti che, dal suo stesso mondo, ne seguirono tutto il percorso. Cominciamo proprio dal presupposto ad essa più vicino e propizio, quello stilistico. Curiosamente, le stesse deplorazioni rivolte da Amleto agli eccessi delle messinscene all’inizio del Seicento vennero riprese a carico del suo creatore da Ben Jonson, quando i giorni della comune milizia nei teatri pubblici erano trascorsi da decenni. Il longevo Ben, vivendo al riparo di giudiziosi rigori neoclassici, poteva prendersi il lusso di rimproverare alla grande stagione teatrale ormai alle sue spalle, e a Shakespeare e Marlowe in particolare, “i pavoneggiamenti e i furibondi strepiti inscenati per lasciare a bocca aperta dei poveri ignoranti”. L’accusa più sentita, l’architrave della polemica, toccava soprattutto Shakespeare ed era di ordine appunto linguistico e stilistico, era l’invenzione di un nuovo, intero vocabolario, la ricchezza e l’ardire delle metafore, l’eccesso degli effetti verbali “che scorrevano dalla sua penna con tanta fluidità, da rendere necessario, certe volte, che gli si mettesse un freno. Sufflaminandus erat” (Timber, or Discoveries, 1620-1635). Simili maccheronici verdetti non erano, si badi, semplici stereotipi o ripicche personali. Sotto la rivendicazione di un’arte sobria ed equilibrata XXIX
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si agitava la maggiore causa di controversia letteraria – e non solo! – fra Cinque e Seicento, il dibattito sulla liceità e sui limiti dell’invenzione e della creatività umana. Il teatro era il fulcro di queste dispute, come il più evidente e popolare vettore di mimesi, di un “mondo secondo” come dicevano i suoi detrattori, che mescolava le carte della natura, istituiva scambi di identità, di sesso e di aspetto, che pretendeva di sostituirsi alla realtà fissata da superiori decreti. Soprattutto, che divulgava il discorso figurato – le metafore troppo audaci e troppo insistenti che Jonson rimproverava ai suoi vecchi colleghi – sede e dimostrazione, per molti scandalosa, delle passioni che agitano l’animo umano. Ispirazione e materiali per tanta intransigenza provenivano dalla controversia religiosa, assolutamente centrale nella cultura inglese dopo le lotte, le conversioni e le ritrattazioni, le condanne e i martìri che erano seguiti alla proclamazione del protestantesimo “anglicano” come religione ufficiale dello Stato da parte di Enrico VIII, avendo come oppositori due antitetici settori di opinione, quello cattolico e quello dell’estremismo protestante, ovvero il puritanesimo di osservanza calvinista. Madre di tutte le denigrazioni del teatro e dei suoi adepti era soprattutto la galassia puritana, allineata al pregiudizio antiteatrale presente nella spiritualità cristiana fin dai tempi di Tertulliano e dei Padri della Chiesa, ed ora ridestato nell’intero continente da vari fondamentalismi e radicalismi dottrinali, con la Controriforma come punta avanzata. Componente essenziale di ogni riserva era la sequenza sinteticamente formulata da un matematico e teologo francese del secondo Seicento, Bernard Lamy: Le passioni hanno un linguaggio particolare. Si dicono ‘figure’ le espressioni che danno carattere alle passioni […] le passioni trasportano l’anima, facendola passare repentinamente attraverso trasformazioni diversissime. All’improvviso le fanno abbandonare la considerazione di un oggetto per vederne un altro che esse le presentano… (La rhétorique ou l’art de parler, 1675).
La Figura, essenza del discorso retorico e poetico, retaggio delle culture pagane dell’antichità, e massima risorsa del teatro shakespeariano, diventava sul più ampio versante del costume e delle virtù civili una inutile, profana distrazione dalla Lettera delle Scritture sacre. La Bibbia costituiva infatti il testo unico di una politica di evangelizzazione e di un vasto programma di alfabetizzazione delle masse, che contava aderenti e fautoXXX
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ri fra i più qualificati membri della classe dirigente. Molte e potenti erano anche le ostilità delle autorità civili, motivate però da ragioni di ordine pubblico e sanitarie – lo scoppio di epidemie di peste, per cui i teatri venivano continuamente minacciati di chiusura, e saltuariamente chiusi – ma non così attinenti alla sfera intellettuale come quelle religiose, che portarono infatti alla soppressione totale dei teatri quando i puritani presero il potere nel 1642 dopo una sanguinosa rivoluzione, e lo tennero per diciotto anni. Possiamo immaginare la foga iconoclasta della predicazione dei religiosi anche più ortodossi citando un’omelia pronunciata negli anni settanta del Cinquecento da John Jewel, vescovo di Salisbury, e imposta insieme ad altre come lettura obbligatoria nelle principali funzioni nelle chiese del regno. La muove la condanna dell’“idolatria”, cioè del culto delle statue dei santi e delle altre figure venerabili che popolavano le chiese, come residui sacrileghi della superstizione romana, un culto che contravveniva al primo Comandamento della Legge mosaica. Diceva l’omelia, riprendendo di peso gli argomenti dei primi cristiani contro i simulacri del paganesimo (es. Lattanzio, De divinis institutionibus): le statue hanno occhi e non vedono, hanno mani e non sensibilità, piedi e non si possono muovere – insomma non sono vive ma inanimate, impotenti, morte: Se vanno a fuoco i loro templi, i loro preti possono scappare e mettersi in salvo, ma loro non possono muoversi nemmeno un po’, e stanno fermi, da quei buoni a nulla che sono, e quindi non possono essere rappresentazioni della maestà e della potenza di Dio (An Homily against Peril of Idolatry, and Superfluous Decking of Churches, in Certain Sermons or Homilies, Appointed to Read in Churches, 1a ed. 1571).
Per la cerchia intellettuale intorno alla Corona era possibile una distinzione fra immagini del culto religioso, da cancellare in quanto “idolatre”, e immagini del culto secolare della monarchia, da potenziare; ma l’iconoclastìa si diffondeva soprattutto negli strati popolari, fomentata dalla predicazione puritana. Possiamo appena immaginare con quali sentimenti contrastanti gli spettatori del Racconto d’inverno (1610) seguissero il rianimarsi sulla scena di quella che appare a tutti come una statua – o, come sostengono Bruce Smith e Catherine Belsey, un moXXXI
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numento funerario o una effigie murale – ed è invece la vera, la “reale” protagonista di quel dramma romanzesco: una statua che si anima e risorge “miracolosamente”, in un finale pieno di tenerezza e di generale esultanza. Questi erano i termini del contrasto fra le autorità religiose e il teatro: al duro fondamentalismo che emanava dai pulpiti rispondeva, e con orgoglio marcato, la figuralità polivalente, inesauribile di un genere ancora libero, incontrollabile se non dalla fantasia dei suoi praticanti. Alle statue dell’antico rito cattolico – e prima pagano – condannate a non significare altro che la letterale rigidità della pietra, e degradate a simboli della propria menzogna, rispondeva la statua che vuole scambiare rigidità e mutismo con vivacità ed eloquenza, nel rinnovarsi di una antica ma sempre vitale esperienza creativa – ciò che rende la tesi del “miracolo” del tutto consona a quel tempo. Superfluo ricordare che l’episodio shakespeariano appena citato deriva direttamente dalla storia di Pigmalione nelle Metamorfosi di Ovidio, testo tra tutti più influente sul teatro inglese del periodo, più presente nel macrotesto shakespeariano, e più inviso ai suoi oppositori. Era lo scambio, lo spostamento, l’alterazione dell’ordine naturale a scatenare la loro reazione: il teatro – questa la denuncia reiterata infinite volte – trasforma, formalmente e sostanzialmente, cioè moralmente. In breve, altera la natura, la retta qualità delle cose, corrompe. Fra i più citati fra i polemisti elisabettiani avversi al teatro la palma spetta a Stephen Gosson per la quantità e a Philip Stubbes per la qualità. L’uno e l’altro ci consegnano una visione speculare rispetto a quella della tradizione ovidiana: non il fascinoso trascorrere da una prosopopea all’altra, ma il cupo, rovinoso materializzarsi dell’inferno nei “mercati di dissolutezza”. Così Gosson tracciava il tirocinio del teatrante: Non siete ancora entrati [nella “scuola dell’inganno”] che la licenza vi scioglie le briglie e vi dà l’aire, piazzandovi a imparare versi nella classe elementare, e quando lo scolaro raggiunge la bravura di un qualsiasi giullare ecco che vi manda a suonare il piffero, e dal piffero si passa alla recita, e dalla recita al piacere, e dal piacere all’ignavia, e dall’ignavia al sonno, e dal sonno al peccato, e dal peccato alla morte, e dalla morte al diavolo; e tutto questo se imparate di buon grado, e passate attraverso tutte le classi senza che vi venga il voltastomaco […] (The School of Abuse,1579).
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Ed ecco Stubbes osservare con orrore lo spettacolo che si presentava nei teatri: Non vi si induce forse all’immoralità e al sudiciume? Anzi, non vi si corrompono proprio verginità e castità? […] Ma osservate l’afflusso e la corsa a Teatri e Sipari [The Theatre e The Curtain erano due delle arene più frequentate], ogni giorno, a ogni ora, giorno e notte, marea alta o bassa […] e che gesti scostumati, che discorsi sboccati, che risate e sghignazzi, che carezze e sbaciucchiamenti, che abbracci e apprezzamenti, che occhiolini e sguardi lascivi si mettono in gioco, da far spettacolo a sé […] Poi, alla fine di tali edificanti esibizioni, ciascuno cerca il suo amico, ciascuno ne porta un altro, e tutti, in amichevole compagnia, si riuniscono segretamente per darsi alla sodomia, o peggio ancora… (The Anatomy of Abuses, 1583).
Per Stubbes il teatro era uno dei tanti e dei peggiori problemi che tormentavano il pericolante corpo sociale dell’Inghilterra. La sua “Anatomia degli eccessi” è un trattato di circa duecento pagine, di cui solo sei, grondanti insofferenza, sono dedicate al teatro e a divertimenti analoghi, con le solite obiezioni: a coloro che sostenevano la comparabilità di sermoni e drammi, così veniva risposto: “il Signore Iddio ha consacrato la sua parola benedetta come mezzo della nostra salvazione; il diavolo ha corrotto quella profana come mezzo per la nostra rovina. E vogliamo davvero confrontarle? ”. Di fronte a simili chiusure, i drammaturghi rispondevano per le rime: forse colpito dall’accanimento fondamentalista con cui Gosson aveva ridicolizzato la mitologia classica – con abbondanti oscenità a carico degli dei, grazie a una lettura tutta letterale delle loro storie – Marlowe, come sempre volutamente scandaloso, aveva applicato lo stesso metodo alla narrazione evangelica della vita di Cristo, in un documento che comprensibilmente venne fuori solo dopo la sua morte. Per lui, antesignano dell’estetismo libertino dei secoli successivi, non valeva che il rifiuto netto, il capovolgimento sarcastico e provocatorio di ogni interferenza esterna con il mondo sublime e autonomo della poesia, “quell’arte insigne che contiene tutti i tesori della natura” (Doctor Faustus, I, 1, 74-75); Shakespeare, più accorto e raffinato, più fiducioso nella polisemia della sua arte, era capace di prendersi gioco del rigorismo contemporaneo senza darlo a vedere, e impiegandolo comunque per ottenere effetti drammaturgici eccezionali: XXXIII
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si veda la caratterizzazione di Shylock come cocciuto sostenitore dell’applicazione letterale del contratto, e l’ironico rincaro super-letteralista con cui Porzia lo sconfigge nel Mercante di Venezia. Alle furibonde diatribe che minacciavano la sua arte, Shakespeare continuò ad opporre il suo credo estetico: “Tutto il mondo è teatro – dice il malinconico Jaques in Come vi piace – e tutti, uomini e donne, nient’altro che attori; ognuno con le sue uscite e le sue entrate, ognuno che recita ora questa ora quella parte, e i suoi atti sono le sette età dell’uomo” (II, 7, 127-144). Problemi testuali Non è per nulla facile accertare fino in fondo come e quando Shakespeare scrivesse i suoi drammi, e soprattutto che cosa – precisamente quali materiali, svolgimenti, correzioni, pensamenti e ripensamenti – ciascun dramma contenesse. E appare problematico quanto di quel testo fosse interamente frutto dell’invenzione di Shakespeare, e quanto invece di rimaneggiamenti della sua compagnia. Il lavorìo critico imposto da un corpus così monumentale è plurisecolare e assolutamente imponente, e conosce persino le sue stagioni – l’ultima e più cospicua successiva agli anni Ottanta del Novecento, al seguito della vera e propria industria ormai legata al nome magico del Bardo. Il mistero resta però tanto fitto, almeno per gli inesperti, che ogni po’ salta fuori il mattocchio di turno – quando non è un grosso calibro come Freud! – che con tanto di ragionamenti “inoppugnabili” attribuisce quelle opere a una persona diversa: Francis Bacon, il Conte di Oxford, la sorella, tale Crollalanza italiano... Ma un problema ancora maggiore è creato da una ragione cui abbiamo già accennato, l’insufficienza del testo a stampa – ovvero dei testi sopravvissuti attraverso i secoli – a dar conto delle rappresentazioni nel loro insieme e nella loro storia. I copioni dei drammi elisabettiani non appartenevano a un autore ma a una compagnia, non si attualizzavano in pagine a stampa ma nel momento della loro fruizione, non erano concepiti – almeno all’inizio – per l’atto della lettura ma per introdurre al complesso evento teatrale. Erano inoltre considerati, ed erano nei fatti, un genere letterario popolare, non all’altezza dei più elevati parametri estetici del tempo, che quindi era ben lungi dall’affidare all’autorità della stampa il proprio valore. Ciò spiega perché di ben diciassette drammi del canone shakespeariano non rimanga traccia di pubblicazione durante la vita dell’autore, ed essi XXXIV
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siano apparsi solo postumi, nell’edizione in-folio preparata nel 1623 da due suoi collaboratori e antichi membri della compagnia, John Heminges e Henry Condell, e con possibili interventi di altri drammaturghi come Thomas Middleton. Per l’attribuzione a Shakespeare dobbiamo fidarci di quel testo e delle poche altre testimonianze che restano in trattati, diari, registri della compagnia dei librai, contabilità dei teatri e delle rappresentazioni a corte; o del non sempre sicuro riscontro dello stile, dei passi comuni, dei paralleli fra un testo e l’altro; senza trascurare comunque la pratica che vigeva nel vasto mondo del teatro elisabettiano, di scrivere i copioni in collaborazione, cosa che Shakespeare sicuramente fece contribuendo una scena al Tommaso Moro (1603-1604, scritto da cinque altri autori, e assente dall’ed. 1623) e dividendo con altri il lavoro sul Tito Andronico (1592, con George Peele), sull’Edoardo III (1594), su Timone d’Atene (1606, con Middleton), su I due nobili congiunti (1613, con John Fletcher), e su Enrico VIII (1613, ancora con Fletcher). In realtà, come per qualsiasi dipinto di grande scuola, “attribuito a” dovrebbe essere scritto su ogni testo non solo relativamente all’autore, ma relativamente a ogni parte del testo stesso e all’anno in cui si pensa che fosse composto. Malgrado ciò, l’oggetto della ricerca, anzi della caccia, è stato a lungo, e in molti casi rimane, la primaria e più genuina intenzione dell’autore, ovvero che cosa Shakespeare, nel momento in cui prendeva la penna in mano, volesse veramente dire e fare – il che comportava, nella formulazione di Fredson Bowers, di “avvicinarsi il più possibile all’ideale della bella copia autorale, attraverso ogni necessario processo di ritrovamento, emendamento indipendente, o integrazione di autorità diverse” (1966) – obiettivo non proprio realistico, se si pensa che una simile “bella copia” passava sicuramente per più mani, quindi per più fasi compositive: dopo quelle dell’autore, quelle dei membri della sua compagnia, poi di vari copisti, poi di compositori esperti e meno esperti, poi dei curatori attraverso il tempo, poi di attori più o meno fedeli, poi... del pubblico che partecipava attivamente alle rappresentazioni, che esprimeva pareri, reclamava soluzioni – come la very fair lady che durante la rappresentazione dell’Otello nel Cockpit l’11 ottobre 1660, presente Samuel Pepys, ebbe a invocare a gran voce che le facessero vedere tutta intera la scena dello strangolamento di Desdemona, nell’evidenza sensazionalistica dell’esecuzione materiale, carnale del delitto. Che cosa sarebbe stato tentato di aggiungere, in questo caso, per sé e per i posteri, il volenteroso regista? XXXV
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Un problema diverso è rappresentato dai testi pubblicati prima del 1623, una buona parte prima della morte dell’autore nel 1616, in formato inquarto, e con una messe di revisioni, varianti, aggiunte, tagli e quindi dubbi di attribuzione e di autenticità rispetto all’edizione in-folio. Nasce così la questione mai risolta e sempre opinabile del rapporto fra le varie edizioni, e di queste con i copioni di scena (promptbooks) che erano a disposizione della compagnia, e con copioni di produzioni rivali possibilmente riveduti da Shakespeare. Tradizionalmente si è ritenuto che la maggior parte delle prime edizioni fossero piratesche, cioè stampate all’insaputa della compagnia che ne rivendicava la proprietà, e anche con i metodi più bizzarri – a parte il furto del copione – come l’infedeltà di un attore minore che avrebbe copiato questo o quel testo per venderlo a terzi, o la ricostruzione stenografica e addirittura mnemonica di parti o di tutto intero lo spettacolo, fatta da spettatori o attori di forte memoria e scarsa onestà (su questo punto bisogna intendersi: la cultura del primo Seicento era pervasa da autorevolissime e applicatissime “scienze della memoria”, non troppo dissimili da quelle che predominano ancora nella cultura cinese; il loro esercizio poteva portare a risultati che per noi sono oggi inconcepibili). I più recenti studi ed edizioni dell’opera shakespeariana hanno messo in dubbio questo approccio al problema. Intanto alcuni studiosi (Maguire, Blayney, Erne) si sono impegnati a indebolire l’ipotesi dei testi memorizzati per intero e del disinteresse delle compagnie per la pubblicazione, ed a proporre quella che di ogni testo esistessero più versioni, di cui almeno una per la recitazione e una per la lettura. I cosiddetti bad quartos, cioè le prime edizioni di forma imperfetta e di dubbia autorizzazione, sarebbero in prevalenza testi per la recitazione, mentre l’in-folio conterrebbe copie generalmente più rifinite, dedicate al pubblico dei lettori. Ancora più innovativa e controversa è la posizione di altri studiosi e curatori delle tragedie (Warren, Holderness e Loughrey , Mowat e Werstine 1993, Werstine 1999), che hanno spostato il centro dell’interesse e dell’indagine critica dall’autore come unica origine del significato, ai contesti della produzione e della ricezione come fattori imprescindibili nella realizzazione del senso di un’opera, badando a sottolineare anche graficamente la provvisorietà delle loro scelte editoriali e di interpretazione. Ne sono risultati due distinti poli di attenzione, uno rivolto a una pratica comune nel teatro elisabettiano, la collaborazione e lo scambio fra autori anche all’interno XXXVI
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delle compagnie, che approda invariabilmente a una concezione plurale del testo; l’altro rivolto alla natura stessa dello spettacolo teatrale, di per sé oggetto cangiante e impermanente, esposto di volta in volta a sollecitazioni diverse, e quindi non definibile, non contenibile in un’unico, essenziale esemplare, “un’ideale bella copia” ferma nel tempo. Un dramma, secondo questo approccio, è sempre in uno stato fluido, ricco di apporti inattesi, di intertestualità, di scorie e impurità, e i caratteri a stampa che lo rappresentano non sono che un momento, uno dei tanti della sua storia – e mostrano, per così dire, la coscienza di esserlo. Ne consegue che molti degli in-quarto, considerati a lungo come provvisori, acquistino rilevanza di per sé, come esponenti di una fase attraversata dalla drammaturgia shakespeariana, che necessita di un’attenzione indivisa e distinta dalle altre sue manifestazioni (anche in Italia si è avuta l’edizione indipendente e traduzione di un in-quarto, l’Amleto del 1603, ad opera di Alessandro Serpieri). Tale impostazione si riflette bene nelle ultime vicende editoriali del Re Lear, che vengono riassunte nell’introduzione ai due testi tradotti in questo volume; e ci ha guidato nella scelta di adottare come edizione di riferimento quella diretta da Stanley Wells e Gary Taylor per la Clarendon Press dell’Università di Oxford, che ha precisato e consolidato i propri intenti in numerose riedizioni successive. Le date che appaiono tra parentesi accanto ai titoli finora citati sono quelle ipotizzate in tale edizione. Un problema ulteriore, e non secondario per chi si accinge a produrre l’edizione italiana di “Tutto Shakespeare”, è quello dell’articolazione formale dei testi. Generalmente, i drammi elisabettiani apparivano divisi in cinque atti, secondo la scansione che i teorici del Rinascimento italiano ed europeo derivavano dal dramma classico, soprattutto dalla commedia di intrigo di Terenzio. I cinque atti corrispondevano, secondo la loro teoria, alle cinque fasi del “corretto” sviluppo drammatico: derivando dal greco la terminologia, si vedeva nel dramma la necessità di una protasis (l’inizio con l’entrata in scena, la presentazione dei protagonisti e dell’azione da intraprendere), una epitasis (con l’infittirsi dei probemi e l’attivarsi dell’azione), composta a sua volta da un initium e una summa epitasis o catastasis (apice dell’azione e dei problemi, lo stringersi del nodo drammatico), terminando con una catastrophe (lo scioglimento del nodo, la conclusione). Alcuni drammi però, come ad esempio il primo Re Lear, apparso in-quarto nel 1608, non erano divisi per atti ma solo per scene numerate progressivamente, e solo in un secondo tempo sarebbero XXXVII
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stati uniformati dai curatori. Ciò ha fatto pensare a due diverse forme e concezioni testuali sovrapposte, delle quali una – quella senza divisioni in atti – autoctona, cioè legata alla tradizione del teatro medievale, popolare e insulare, e una – quella con le divisioni – per così dire importata, suggerita da una moda estranea e in fondo manipolatoria, che si sarebbe comunque imposta universalmente con il trionfo del teatro neoclassico – “classico” per i francesi – sul continente. I secoli successivi hanno discusso interminabilmente il problema, e l’atteggiamento da seguire nei confronti dei testi shakespeariani. È comunque questione aperta a più di un dubbio che il nostro autore fosse condizionato positivamente o negativamente da qualunque formula preconcetta di drammaturgia, e oggi, per le ragioni appena discusse, si preferisce pubblicare ogni testo nella sua forma primitiva: come fa appunto la nostra edizione, traducendo il testo di Re Lear sia nell’edizione in-quarto (La storia di Re Lear) sia nell’edizione in-folio (La tragedia di Re Lear).
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Le tragedie
Orizzonti della tragedia Le tragedie raccolte in questo volume costituiscono l’apice della drammaturgia shakespeariana – forse dell’intera drammaturgia occidentale, come attesta la loro continua ripresa sui palcoscenici di tutto il mondo, la loro popolarità universale, l’immensa bibliografia che ne attesta la fortuna critica. È in opere come queste che si incontrano la percezione classica e la percezione moderna della tragedia – del suo incombere e verificarsi, come del suo deperire e della sua impossibilità. Secondo Aristotele è tragica “l’azione che suscita pietà e terrore, con l’effetto di purificare l’animo da tali passioni” (Poetica, IV secolo a. C.), mentre per Freud è tragica quella “forma d’arte... che sappia compensare la partecipazione alla sofferenza con le soddisfazioni che è possibile trarne” (Personaggi psicopatici sulla scena, inizio del XX secolo): due definizioni cui ancora rispondono, dopo secoli e secoli, le opere shakespeariane. Tragedia: la polivalente evidenza del linguaggio che va a scandagliare il profondo, oltre i limiti della civiltà, là dove la ragione incontra la propria negazione, e l’indicibile si affaccia all’espressione; dove l’umano si confronta con il sovrumano. Sulla scena inglese del Cinquecento la tragedia moderna incontra quella antica nelle immagini e nelle proporzioni degli eventi rappresentati, e se ne separa nell’indagarne le cause, interiori ed esteriori. Seguendo un tardo percorso freudiano possiamo individuare il motore occulto dell’una come dell’altra nel senso della colpa che alberga nell’animo di ciascun uomo, che colora i fatti della vita, ed esplode alla luce della coscienza tragica: questa coscienza prende forma quando “il Super-io chiama l’Io in giudizio non soltanto per le azioni effettivamente compiute, ma anche XLIII
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per i pensieri e gli intenti irrealizzati che a quanto pare il Super-io conosce” (Compendio di psicoanalisi, 1940). Davanti al tribunale del Super-io il personaggio tragico antico e il personaggio tragico moderno subiscono la stessa sorte: su entrambi la colpa viene a gravare, ed entrambi la condanna viene a colpire. Ma, come scrive Guido Paduano, con una grande differenza: sull’uno per “meri fatti non preceduti da intenzioni”, e sull’altro per “mere intenzioni non seguite dai fatti” – ciò che, nell’uno e nell’altro caso, rende il giudizio sempre complesso, e alla fine problematico (Lunga storia di Edipo Re, 1994). È questa la distanza che corre fra Edipo e Amleto, cioè fra il soggetto tragico dei greci e quello shakespeariano per eccellenza. Mentre il primo soffre “devastazione interiore e isolamento sociale” a causa di “fatti avvenuti” e fortuiti – il destino, il caso – a lui non imputabili, il secondo assimila e introietta la colpa in una interiorità totalizzante, espansiva, la cui storia e le cui motivazioni possono non emergere alla luce della coscienza individuale, ma vengono ugualmente rintracciate e messe in discussione dall’azione tragica allo specchio di una morale immanente, dell’ideologia dominante, quando non addirittura della prassi politica. È la sempre aggiornabile verosimiglianza dell’intreccio che viene a disegnare e definire, col “nome” – Amleto – l’esemplarità del carattere personale. Ancora, la forza della tragedia greca sta nel contrasto tra le attese di innocenza nel pubblico e lo svelarsi di colpe tanto involontarie quanto evidenti e indiscutibili, oppure latenti e indomabili, che mettono il personaggio e il pubblico stesso di fronte a una necessità potentissima che solo l’integrità e l’assoluta razionalità della polis riesce a contenere, dopo averla fatta esplodere; mentre la tragedia moderna non riesce ad approdare ad alcun esito catartico: la sua forza può solo venire dalla delusione, ovvero dalla comprensione dell’impossibilità di reperire un modo duraturo e universale per compiere un destino, per pervenire a una autorità che lo legittimi di fronte al mondo. Poiché il mondo vi appare irrimediabilmente frammentato, e il soggetto impotente di fronte ad esso. Proprio per questo Amleto, orfano di ogni potere, è eroe massimamente introspettivo: egli deve rivolgere a se stesso – “Oh, che miserabile mascalzone sono io! ” – il biasimo per un’azione che la tradizione gli impone ma la coscienza gli vieta, quando la sua impotenza si è appena rispecchiata nell’assoluta persuasività di un potentissimo mito del passato, recitato da un guitto (II, 2, 527-581). XLIV
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Con ancora maggiore evidenza, la forma tragica elisabettiana si differenzia da quella classica nel muovere, come voleva Walter Benjamin (che collocava Shakespeare agli antipodi dei greci), verso il “dramma luttuoso”, cioè nell’assumere a proprio oggetto non più il mito unico nel tempo, ma la storia che del tempo è ancella – una storia nuova, che mette al centro la disgregazione dell’uomo, la tendenza alla duplicità, all’ironia, al dubbio, all’esteriorizzazione /teatralizzazione, alla confusione del tragico nel comico e nel grottesco (Il dramma barocco tedesco, 1925). E di natura palesemente storica sono l’“antico” e il “moderno” che nella tragedia shakespeariana rimangono in portentoso equilibrio. Lo illustra, tanto a livello epistemologico quanto a livello di emozioni profonde, un filone della trama di Re Lear (1605-1606), dove prendono forma due visioni antitetiche dell’esistenza individuale e del suo posto nel cosmo: quella tradizionale di un padre, Gloucester, e quella innovativa del suo figlio illegittimo, Edmund. La loro opposizione mette in evidenza il maturare di una svolta epocale, storica, e il senso tragico che questo passaggio può assumere: il padre nutre apprensione per i portenti naturali, “le eclissi di sole e di luna” che minacciano sconvolgimenti nel creato, nel corpo civile e nella famiglia: eventi che sfuggono al controllo di qualsiasi volontà individuale. Il figlio invece tratta questi presagi come vane superstizioni: è inutile che rovesciamo sulle stelle la responsabilità delle nostre disgrazie, dice Edmund; sta in noi e solo in noi la causa di ciò che siamo, di ciò cui aspiriamo, di ciò che diventiamo. L’avvenire è nelle mani esclusive della nostra volontà di potere, oltre ogni scrupolo: e così Edmund si comporta, diventando protagonista nell’inganno, nel tradimento, nel male. Ben più esemplarmente che nella tragedia greca, l’antico costume di sottomissione ai poteri superiori, l’ansiosa indagine per conoscerne i decreti, vengono sconvolti e superati da uno scatto di ribellione tutta individuale, dal far parte a sé soli, dall’azzeramento di un’etica collettiva per accedere alle risorse che ci offre, senza condizioni, quella “forza recondita della natura” cui Edmund si appella (I, 2, 11). Una fede radicata nelle tradizioni viene scavalcata da una nuova persuasione, progressiva e dinamica al limite dell’anarchia; l’immagine dell’ordine e della corrispondenza fra micro e macrocosmo su cui riposavano dei saperi millenari viene obliterata, e sostituita dalla figura, scandalosa ma presto prevalente nella storia, dell’eroe negativo, l’annunciatore di una nuova età di sopraffazioni e dannazioni, di solitudini. XLV
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Lo spettatore avverte il pericolo, e insieme il fascino di un destino in bilico; lo spettatore si chiede con chi, fra padre e figlio, si possa identificare, e fino a quale punto. La prospettiva della totalità cosmica gli viene sottratta, per lasciarlo in balìa di un libero arbitrio smisuratamente dilatabile e minaccioso. In senso storico, tragedia è quando due opposte prospettive sul mondo si affrontano in maniera così radicale e gli esiti appaiono così sospesi, eppure così ineluttabilmente decisivi; due mondi inconciliabili di cui uno non cederà all’altro se non attraverso una serie di rovesci e lutti, che la catastrofe finale potrà non giustificare, non conciliare ma soltanto contemplare, colmando di stupore il vuoto degli affetti, e raggiungendo se mai la consapevolezza, la maturità dell’intelletto – ripeness is all, “la maturità è tutto”, dice Edgar alla fine del Lear (V, 2, 11). Alla dialettica fra apollineo e dionisiaco che Nietzsche vedeva costitutiva della tragedia classica, Shakespeare ha sostituito la dialettica fra le lezioni del passato, le necessità del presente e le libertà del futuro, fornendo così un inderogabile segnale di modernità. È questo il senso del tragico che aveva un grande moderno, Albert Camus, quando scriveva che la tragedia era il prodotto del passaggio e dello scontro fra due concezioni della civiltà, e che, assente nell’attualità, poteva diventare “la grande speranza degli uomini di cultura in Occidente” perché “l’uomo d’oggi, diviso fra la speranza assoluta e il dubbio definitivo… grida la propria rivolta sapendo che tale rivolta ha dei limiti, che esige la libertà e subisce la necessità; quest’uomo contraddittorio, lacerato, ormai consapevole dell’ambiguità dell’uomo e della sua storia, quest’uomo è l’uomo tragico per eccellenza” (Sull’avvenire della tragedia, 1955). Nella tragedia elisabettiana come in quella greca, la famiglia e il potere sono gli epicentri di questi sconvolgimenti. L’amore e l’odio – e le altre cento varianti in cui si declinano le passioni – ne sono i coefficienti sempre attivi, sullo sfondo o in primo piano. Con la differenza che i drammaturghi greci attingevano ai miti del conflitto familiare e del potere per nobilitarli nella rappresentazione rituale, esplorando la condizione umana fino al diapason del sublime; mentre gli elisabettiani procedevano in senso contrario: attingevano a materiali eterogenei e spesso scadenti, effimeri, per dar vita a una mitologia limitata di figure, tipi, problemi magari esotici o fantastici ma sempre riferibili a saperi, esperienze, attese locali, per non dire domestiche; e mescolando l’oro dei classici con il legno e la creta del folklore. I loro spettacoli erano più grezzi, ibridi, inXLVI
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disciplinati, più legati al contingente, perché orientati dalle inclinazioni di un pubblico che, come abbiamo visto, rispondeva all’analfabeta come al colto, grazie al sensazionalismo scenico e linguistico che tutti reclamavano a gran voce. Ancora, sotto i regni di Elisabetta I e di Giacomo I i drammaturghi furono fra coloro cui la storia concesse di coltivare l’illusione di scrivere e recitare per una comunità organica, sottoposta però a inaudite pressioni di disgregazione e rottura. L’antica circolarità della cultura era vissuta nel primo Seicento come condizione problematica, anzi sospesa, in bilico fra il centone informe dell’edificazione popolare e l’esigente selettività che si affacciava nel gusto aristocratico, appannaggio di intellettuali introdotti al cosmopolitismo dall’istruzione umanistica. E anche qui, nella resa di un passaggio epocale, la forma tragica interveniva a dare un’impronta, una memorabilità che il tempo non ha fatto che consolidare: non solo per William Shakespeare ma anche per i nomi che affollavano la scena contemporanea, a cominciare da Thomas Kyd e Christopher Marlowe, e poi per Ben Jonson, Thomas Middleton, John Webster, John Ford ecc. Quella fu una stagione eccelsa e di non lunga durata, poi variamente ripresa, revisionata, periodicamente ripudiata e esaltata, sempre saccheggiata, che per quattro secoli ha dato da fare a compagnie, musicisti, attori, registi di teatro, di cinema, di radio e televisione, e il cui potenziale oggi è tutt’altro che esaurito, anzi è ancora in pieno vigore; una stagione che per l’ultima volta legittimò l’appellativo di “tragico” – prima che ci si accorgesse, con il Faust di Goethe, che la conciliazione offerta dalla morale cristiana fra la volontà singola e i segreti disegni del Cielo cancellava il senso della necessità su cui la tragedia era fondata; e prima che l’epoca borghese sostenesse, con Thomas Mann tra gli altri, che “l’arte... ha cessato di riconoscere le categorie del tragico e del comico, o le classificazioni drammaturgiche della tragedia e della commedia... fino al punto che il grottesco è l’unica forma in cui può apparire il sublime” (Introduzione all’Agente segreto di Joseph Conrad, 1926); per arrivare al sigillo definitivo apposto da George Steiner su questo discorso, rifacendosi ancora all’opposizione fra mito e storia, e documentando il declino dell’intero genere in Morte della tragedia (1961). Questi illustri precedenti parlano in nome delle poetiche del loro tempo, ma ci fanno capire come, e quanto, la categoria del moderno sia già applicabile alla tragedia secentesca (e lo si chieda ai modernissimi, per non dire post-moderni, Artaud, Testori, Brook, Müller ecc.). La mescolanza XLVII
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di generi antitetici per indurre il pubblico alla riflessione e alla perplessità, se non a un turbamento che prelude al tragico, non è prerogativa solo di giorni a noi vicini, di Joyce e Brecht e Bulgakov e Beckett e Gadda e Grass, ma affonda le sue radici ben più indietro, in quello che gli stessi elisabettiani chiamavano il mixed mode. Ne troviamo esempi cospicui, appena prima delle fioritura teatrale elisabettiana, in opere come la prima versione dell’Arcadia di Philip Sidney (1577-80), un pastiche di prosa, poesia e struttura drammatica, che sfrutta – per parodiarli – i generi allora più in voga, la pastorale, l’epica cavalleresca, il dramma stesso. Sidney però, nella Difesa della poesia (1583), non si predispone bene verso la forma ibrida in uso nel teatro popolare, anzi: Tutti questi drammi non sono né vere tragedie né vere commedie, perché mescolano i re con i villani, e senza che l’argomento lo richieda si ingozzano a crepapelle di quei loro buffoni, per far sì che recitino una parte in storie più grandi di loro, senza coerenza né discrezione, per cui da queste tragicommedie bastarde non può derivare né ammirazione né commiserazione, né tanto meno un sobrio divertimento.
Mescolare i re con i villani sarebbe stata la specialità di Shakespeare e degli altri drammaturghi della generazione successiva a quella di Sidney, una specialità coltivata senza alcuna remora o esitazione e con irrefrenabile successo, trascurando almeno in questo l’insegnamento dei classici, restando fedeli alle tradizioni del loro teatro popolare, e disegnando così un genere tipicamente di frontiera. Si potrebbe ben dire che la regola fosse, per loro e per nostra fortuna, la sregolatezza – almeno nel sovrapporre livelli, derivazioni, matrici storicamente eterogenee, con finestre aperte sulle più diverse età e tradizioni. Il clown, creatura comica e dimessa, quindi lontanissima da qualsiasi pretesa di tragicità, diventa eroe di Re Lear alla pari con il suo signore, tragico invece in senso assoluto: senza il buffone mancherebbe una parte essenziale di una storia dove la figura della razionalità e di tutta la catena analogica ad essa riferibile – il re, il capo, la testa, il cervello – sragiona pronunciando sciocchezze, mentre la figura della sragione – il Matto, la follia comica – dice l’unica verità reperibile. Sidney riproponeva l’ordine del mythos aristotelico, Shakespeare rispondeva rompendo ogni unità di tempo e di luogo e sospendendo ogni effetto catartico. Nella costruzione formale non esiste XLVIII
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un teatro altrettanto lontano da quello neoclassico che avrebbe dominato l’Europa nei due secoli successivi. Il problema della coesione formale dell’opera, caro tanto alla memoria aristotelica quanto all’estetica idealista, non fu minimamente tenuto in considerazione. Sta forse qui, non nell’adesione ma nella distanza che il modo misto impone nei confronti dei generi e degli stili – tutti incorporandoli e tutti trasgredendoli – sta qui una buona dose della modernità della tragedia shakespeariana. Che la definizione del genere in cui scrivevano non fosse la prima preoccupazione di quegli scrittori-attori-impresari è reso evidente dai titoli che davano alle loro rappresentazioni. Ad esempio, e come vedremo, un copione del già citato Re Lear viene pubblicato per la prima volta nel 1608 come History, storia drammatizzata, poi riveduto e snellito – verosimilmente dalla stessa compagnia di Shakespeare – per rappresentarlo a corte due anni dopo, e ripubblicato nell’edizione postuma di tutte le opere nel 1623 come Tragedy. Per non dire dei drammi che sviluppano e mescolano l’uno con l’altro materiali del genere comico e del genere tragico. Sono tragedie o commedie il Mercante di Venezia, o Il racconto d’inverno? E può bastare il lieto – e amaro – fine di Misura per Misura per classificare un dramma come quello, pieno di dubbi irrisolti, come una commedia? E perché due drammi imperniati entrambi sulla ribellione degli adolescenti contro la repressione degli adulti come Sogno di una notte di mezza estate e Romeo e Giulietta sono così vicini nel tempo, nell’esplorazione tematica di fondo e nello stile prezioso, e così diversi nella strutturazione, negli effetti e negli esiti finali? Del resto, elementi di tragedia, sia formali – nelle lunghe esposizioni di rovelli e dolori interiori o nelle pesanti invettive urbi et orbi – sia di sostanza, nei temi, nelle vicende e nei caratteri, erano presenti fin dagli inizi, quando Shakespeare metteva in scena gli eventi e le cronache della storia nazionale. Tragiche sono le storie e le personalità di drammi come le tre parti dell’Enrico VI, e tale è la figura bieca ed eroica del malvagio Riccardo III. Shakespeare ci abitua a questa ginnastica intergenere, perché le sue fonti, cioè i testi da cui ricava le storie dei suoi drammi, sono molteplici, disparate, ed evidentemente scelte senza un ordine preciso, obbedendo all’istinto del drammaturgo, al fascino di un racconto e alla moda del momento, e non a un piano prestabilito. Gli interrogativi che quei testi pongono sulla loro collocazione letteraria restano irrisolti se li affrontiamo con in mente dei rigidi precetti. La sostanza tragica è presente dall’inizio alla fine XLIX
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della produzione shakespeariana, grande e resistente perché mescolata con altre forme letterarie e teatrali come la commedia, la tragicommedia, il poemetto e il canzoniere d’amore, con tracce evidenti di scambio e connessione fra l’una e l’altra famiglia, in una serie che si sarebbe impressa per sempre nella cultura, nella mentalità, negli usi linguistici del suo popolo e del mondo. Tragedia e linguaggio in Shakespeare La drammaturgia degli elisabettiani non si distingue per le passioni in quanto tali – l’amore, l’odio, l’invidia, il terrore ecc. – che mette in campo; né per le virtù, né per i difetti individuali dei protagonisti; sì invece per la splendida, strabiliante inventività del linguaggio creato per esprimere tutto questo; sono l’inesauribile produzione figurale, l’intensa intertestualità, la piega drammatica data alla parola che assicurano energia e grandezza a ogni singolo testo. Anche su questo piano si incontrano e coesistono due campi di forza storicamente distinguibili, e in principio inconciliabili: uno antico che guarda alla modalità analogica del sapere, per cui ogni espressione rientra in una vastissima catena simbolica che la arricchisce di risonanze sempre nuove, e la apre a una sempre attiva virtualità allegorica; e uno moderno, che guarda a strategie dialogiche già pienamente mature e efficaci ad illustrare la soggettività. Agli elisabettiani va il merito di aver instaurato la parola mobile, opaca e contraddittoria dell’arte al centro della forma drammatica. Lo sappiamo tutti, o, da semplici spettatori, lo intuiamo: Shakespeare è il vertice di una cultura, quella rinascimentale, basata sulla copia già decantata da Erasmo, ovvero sull’amplificazione, l’abbellimento, l’efficacia persuasiva dell’espressione. Ma su tale fondamento l’autore costruisce un edificio tutto suo e tutto altro, composto non solo di affermazioni ma anche di negazioni, di dubbi, di soluzioni e sospensioni, di accostamenti imprevisti e abbaglianti ossimori. Nella frase pronunciata da Otello nel dare l’addio all’amata che sta per uccidere, ... Put out the light, and then put out the light... (...“Spengo questa luce, e poi spengo quest’altra”... V, 2, 7) assistiamo all’approssimarsi del buio della morte in un ultimo anelito di luce, memoria della passione che ha legato e continua a legare i due personaggi. La frase ci fa sobbalzare per l’economia del blank verse (il pentametro giambico – cinque sequenze alternanti una sillaba atona e una sillaba accentata – metro perfezionato in plastico strumento della L
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voce recitante, della psicologia del personaggio, del senso della trama); ma la frase ci colpisce altresì per l’inconciliabità degli estremi che disegna, per la ripetizione che ci tiene sospesi per un momento cruciale fra la crudeltà del delitto e la conciliazione riparatrice, fra il recupero e l’abdicazione della ragione, e infine per la struggente metafora di un desiderio che deraglia, che contiene insieme il senso della vita di Desdemona e di tutti noi, e lo splendore dell’amore, degli anni giovanili, delle felicità sognate e mai realizzate, e la loro prossima negazione... e ci avvicina inoltre a quel confine che tutti vorremmo sottile, fra la luminosità del mondo circostante e il buio interno dello smarrimento, dell’incoerenza mentale, del nulla che continua a interpellarci inascoltato. È un verso, quello, rappresentativo di tutto un modo poetico vertiginosamente estremo, la cui pregnanza si riverbera in innumerevoli scene dove le grandi protagoniste dell’immaginario occidentale perdono i sensi, se stesse, la vita nel fulgore della luce – dalla Santa Teresa di Bernini alla Ottilie di Goethe, dalla Emma Bovary di Flaubert alla Anna Karenina di Tolstoj, dalla Kundry di Wagner alla Margherita di Bulgakov alla Cabiria di Fellini... Di questa produzione tragica il linguaggio rappresenta la base, ma una base sempre problematica, in cui l’autore ritrova l’occasione di un confronto sotterraneo e protratto, libero e severo con il proprio mestiere. Con ciò non si vuol dire, come fecero soprattutto grandi critici degli inizi del Novecento come A. C. Bradley, che il valore dell’opera shakespeariana debba essere ricercato esclusivamente nella poesia, né che i suoi drammi debbano essere letti come poemi. Il testo drammatico, soprattutto il testo shakespeariano, non è il libro che teniamo in mano noi lettori del XXI secolo, non è neanche lo spettacolo che seguiamo dal nostro posto a teatro, ben preparati a ciò che ci aspetta; è invece un evento complesso e sempre imprevedibile, una combinazione di voci, gesti, stili di composizione e di recitazione, di colpi di scena, accelerazioni, pause dell’azione, di mille invenzioni scenografiche e insieme di reazioni, sentimenti, sfoghi, credenze del pubblico, anzi dei multiformi e svariati pubblici che quell’evento ha il privilegio di richiamare nel corso del tempo; evento che resta ogni volta unico e irripetibile, ma anche e sempre infinitamente interpretabile e riproducibile, frutto singolare ed effimero dell’interazione dell’autore con la propria compagnia, e con gli attori, gli spettatori, con l’intera cultura che li circonda nel momento della rappresentazione. A tale evento la poesia shakespeariana fornisce LI
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un valore essenziale, ma senza esaurirne le possibilità creative; ad essa si devono aggiungere tutte le strategie e le astuzie dell’intreccio, le psicologie dei personaggi, i significati palesi e quelli simbolici dell’avventura, e, non ultimo e particolarmente decisivo, il senso della lotta quotidiana che questi strumenti devono sostenere contro le difficoltà della comunicazione, l’oscurità dei messaggi, le contraddizioni del carattere, le falle della retorica. Si tratta, in una parola, dell’altalena della dialogicità. Della doppiezza del linguaggio, ovvero delle sue infinite riserve di verità e insieme di occultamento e menzogna, Shakespeare si mostra sempre consapevole. Una splendida eloquenza non si libera se non accanto a una continua interrogazione sui confini della parola, sulla sua efficacia, sui dubbi che può generare, sui tradimenti del pensiero che può favorire. Un atteggiamento intellettuale bivalente nei confronti della comunicazione era del resto profondamente radicato nel suo tempo, soprattutto nella pervasiva cultura religiosa. Nella dottrina cristiana, per tutto il periodo medievale e rinascimentale la moltiplicazione e la confusione delle lingue appariva come conseguenza della punizione comminata da Dio padre ad Adamo ed Eva per aver trasgredito al divieto della Conoscenza. Babele era il necessario correlativo linguistico del primo collasso morale dell’umanità. Tutta la teologia protestante, poi, metteva in guardia contro le falsità e le storture presenti nell’espressione: la nuda e cruda parola di Dio era più affidabile di qualsiasi enunciazione, formula, chiosa, allegoria, orpello segnato dall’uomo, e perciò condannato in partenza a una significazione corrotta. “Per la nostra giustificazione e salvazione si cerchi diligentemente la fonte della vita nei libri del Vecchio e del Nuovo Testamento – ammoniva l’Arcivescovo Cranmer in una delle sue omelie (A Fruitful Exhortation, 1547) – e non si corra invece alle maleodoranti paludi delle tradizioni inventate dagli uomini”. E aggiungeva William Tyndale, il primo dei grandi traduttori inglesi della Bibbia nel Cinquecento, a proposito della lettura allegorica, cioè mediata dal sapere umano, del testo sacro: L’allegoria non è che un parlare strano, e un discorso derivato... Si noti bene che la Scrittura non ha che un senso, che è quello letterale. Il senso letterale è la radice e il terreno di tutto, e l’àncora che mai viene meno, e se ci si tiene ad essa non si può errare nè andare fuori strada. Ma abbandonando il senso letterale non si può che andare fuori strada (The Obedience of a Christian Man, 1528). LII
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Si veniva così a creare una notevole tensione, fra – da una parte – l’espressività elegante e civile dell’educazione umanistica, pur sempre coltivata come primario strumento di comunicazione alta e di potere, e – dall’altra – la secchezza e perentorietà attribuita all’enunciato biblico in quanto unica verità attendibile e regola di vita per la parte più intraprendente e combattiva della nazione. Erano due progetti egemonici in aspra e lunga competizione, prima di essere ricomposti nelle istituzioni religiose e civili del nuovo stato nazionale accentratore. I testi shakespeariani rappresentano i sintomi più accurati che possediamo di questa tensione, ovviamente rivolta alle questioni morali e allo studio della natura umana non meno che alla questione dell’espressione e della scrittura. La dignità dell’uomo esaltata dagli umanisti, e con loro da Amleto – “Quale capolavoro è l’uomo! Com’è nobile la sua ragione e come infinite le sue facoltà! Come sono alacri e ammirevoli le sue forme, i suoi movimenti! Come assomiglia agli angeli nell’agire, agli dèi nell’intendere! Ecco la bellezza del mondo, il paragone degli esseri viventi! ” – da quel momento non può esistere senza il controcanto deluso e deludente della depravazione rivendicata all’uomo dai teologi protestanti, che subito sospende il panegirico di Amleto, e lo dirotta verso il disinganno, lo scoramento, la sfiducia: ... “e tuttavia, cos’è per me questa quintessenza di polvere? L’uomo non mi aggrada”... (II, 2, 293-300). Un canto e un controcanto che echeggiano continuamente, e si commisurano, nella caratterizzazione degli eroi tragici, nello stesso tempo ammirevoli e deprecabili, insidiati dalle qualità stesse che li rendono eccellenti. La critica più recente, sotto l’influenza della linguistica e della psicanalisi moderne, ha sviluppato questa prospettiva, spostando l’accento della forma significante dal personaggio al suo discorso – il personaggio “è parlato” dal testo, avrebbe detto Roland Barthes – e assumendo quest’ultimo a vero protagonista della drammaturgia shakespeariana, specialmente nelle tragedie. In esse si può tracciare un percorso, oltre che di affermazione e di crescita delle risorse poetiche e retoriche, anche di critica dei loro effetti; affermazione e critica che ingigantiscono di pari passo, sfociando in veri e propri paradossi. Tutto ciò è già evidente in Tito Andronico, spettacolare rassegna delle più nere atrocità umane, che ha come motivo dominante la lotta ingaggiata dalla parola per sopravvivere a dispetto della menzogna, dell’inganno, della mutilazione fisica, del delitto, della follia stessa. Ed è evidente in Romeo e Giulietta, dove la LIII
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parola degli amanti chiama in causa l’intera tradizione della poesia amorosa occidentale, ma nello stesso tempo ne contesta le convenzioni; dove lo slancio d’amore si fa esitante di fronte alla caducità delle dichiarazioni, dei giuramenti, della parola che lo può negare: “Mi ami? So che dirai ‘sì’, e io ti crederò. E tuttavia, se tu giurassi, poi potresti ricrederti…” (II, 1, 132-134). A creare dramma è un desiderio che fa piazza pulita di una contesa – i Capuleti, i Montecchi… – ormai solidificata in costume quotidiano e in cronaca nera. Il desiderio aggredisce uno per uno i capisaldi della ragione politica, religiosa, formale, ed arriva a contestare il primo e più geloso veicolo dell’identità, il nome: “O Romeo, Romeo! Perché tu sei Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta quel nome! ” (II, 2, 33-34). Così la parola si configura a un tempo come utopia di una nuova comunicazione, più spontanea e libera, che consenta di stabilire una convivenza pacifica, ma anche come critica sconsolata di quell’utopia, che difatti lo sviluppo tragico smentisce attraverso gli equivoci, le incomprensioni, le reticenze, i malintesi, i messaggi che non arrivano a destinazione, insomma attraverso la mancanza e anzi l’impossibilità di uno scambio virtuoso. Shakespeare sa esaltare da par suo questa contraddizione, caricandola di bisticci e ossimori – ... “O amore scontroso, o amorevole odio!” ecc. ecc. (I, 1,180-185) – e accostando e facendo scontrare immagini contraddittorie di bellezza e minaccia, di luce e ombra, di bianco e nero, e fin dalle prime battute impegnando amore e morte in un accanito inseguimento circolare. … “Ma Bruto è uomo onorevole” è la celebre frase che Antonio pronuncia nella scena centrale del Giulio Cesare, mescolando astutamente due retoriche contrastanti, la lode dell’uccisore con l’elogio della vittima. E pronuncia quella frase dopo aver preconizzato da solo sulla tribuna, rivolgendosi direttamente al pubblico, le stragi che Bruto e gli altri congiurati e l’intero mondo romano dovranno patire per lavare il sangue appena versato: “proteso alla vendetta, lo spirito di Cesare al fianco di Ate infernale su questi territori con voce sovrana decreterà il massacro liberando i cani della guerra”… (III, 1, 273-276: Ate era la dea della distruzione). Antonio diventa così il protagonista di questo ennesimo dramma di vendetta, in cui una questione dibattutissima nella teoria politica del tempo, il regicidio, viene rappresentata da punti di vista in continua dialettica. La voce della rappresaglia viene a contraddire la pretesa dei congiurati di legittimare ritualmente il loro delitto – “per quanti secoli a LIV
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venire sarà questa scena recitata in paesi ancora da nascere, e in lingue tuttora sconosciute! ” (III, 1, 113-114) – ma viene a sua volta contraddetta da un rito ulteriore, non più quello politico-civile della liberazione dalla tirannide ma quello estetico-comunitario della messinscena della tragedia stessa, che Antonio esegue da regista magistrale e profeta di un comune destino di sventura. I personaggi appaiono tutti intenti a ricercare il significato nobile delle loro azioni, a imprimere pubblicamente su di esse il marchio della virtù e dell’onore, mentre nel profondo sentiamo agitarsi moventi e pulsioni più oscure e fondamentali, che deflagrano con disumana violenza nel momento stesso in cui si dichiarano ancora riconducibili alle regole del vivere civile. Il confronto fra utopia e realtà comunicativa diventa conflitto fra parola e azione in Amleto. Nel suo secondo grande soliloquio (II, 2) il principe di Danimarca si interroga sulla distanza che corre fra la “finzione” di un attore che crea con la recitazione un mondo alternativo di gesti e di simboli portati allo spasimo, e la realtà sua propria, del figlio che deve vendicare il padre ma che non riesce a combinare l’imperativo morale con l’esecuzione dell’atto, e così rimane in balìa di una inerzia per lui vergognosa. La sua è una lunga autoaccusa, in cui si paragona a “una puttana che si sgrava a parole, una vile sguattera che se la cava con due bestemmie” (II, 2, 563-565); sua è l’incapacità ad entrare appieno nel ruolo che la vicenda gli assegna, un ruolo già così pieno di discorso, così codificato, letto in tanti libri, ripetuto su tanti palcoscenici. Words, words, words (II, 2, 191): è l’amore-odio che Amleto porta alle parole ad attardarlo, ad allontanarlo da quel dovere che la nequizia dei tempi gli ha addossato. Otello rappresenta l’esempio canonico di un linguaggio che si fa duplice e infido, e non solo perché mosso dall’intenzione perversa con la quale l’alfiere Iago sottrae la pace al generale moro, e lo spinge a uccidere la moglie innocente. Il registro dei discorsi di Iago, monocorde e dissociante, invade tutta la tragedia come una metastasi maligna, soprattutto nel creare un’opposizione continua e inquietante fra immagini di serenità e pienezza ed immagini di franta, nevrotica bassezza. La prolificità del discorso, la stessa disponibilità delle parole diventa il sintomo di un incubo interiore. I monologhi di Otello ne vengono investiti, fino a che tutto si mescola nella sua percezione, fino a sospendere e incapacitare il suo giudizio, fra ipotesi sempre opposte (III, 3, 382-89). E questo dolore è il prodotto dell’isolamento in cui Otello e tutti gli altri personaggi sono LV
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caduti. Non assistiamo soltanto allo scontro di volontà irriducibili, ma di irriducibili che non si parlano: non si devono parlare. È tipico che Otello, quando ha deciso di sopprimere Desdemona, dica a Iago: “Non mi metterò a discutere con lei, per paura che il suo corpo e la sua bellezza non mi facciano ancora perdere d’animo” (IV, I, 204-206). È come se l’autore ci dicesse – a differenza di quanto avrebbero detto i tragici greci – attenti spettatori, questo è un teatro che rappresenta la resistenza alla comunicazione, la sconfitta della parola, ed è proprio questo elemento a farne un teatro tragico. La tragedia è inevitabile quando la psicologia individuale viene a perdere la possibilità dello scambio e del confronto, e quando una sola versione dell’esperienza giunge a prevalere su tutte le altre. Re Lear prende avvio dallo scontro fra il discorso del potere e il discorso degli affetti, cioè fra il principio dell’ordine gerarchico nella famiglia e nello stato – ordine fornito di ritualità, emblemi, retorica eccedenti ogni sostanza – e il principio di indipendenza, forse di disubbidienza, personale e civile presente nell’anima singola, che per esprimersi non ha bisogno di parole ma di atti, e stati interiori, e passioni protette, e silenzi. Il silenzio è l’unico riparo in cui Cordelia può rifugiarsi, incalzata com’è dalle richieste di un padre che erige il criterio del potere a verifica unica e decisiva del sentimento filiale, e pretende che lo sfogo dell’animo corrisponda a una prova di virtuosismo retorico, senza avvertire che così facendo egli esteriorizza, e falsifica, e reifica ogni vero rapporto. Goneril e Regan non si fanno scrupoli, e mostrano presto dove conduce questo capovolgimento dei valori: loro riconoscono una sostanza sola, il potere appunto, che possono rivestire di qualsiasi forma, sotto la quale si indovina comunque il vuoto; è, come abbiamo visto, lo stesso meccanismo che scatena un altro figlio, Edmund, contro un altro padre, Gloucester. Così la parola si riduce a strumento di ipocrisia: chi meglio la sa far brillare più la svuota di verità, e subito i fatti dell’intreccio si incaricano di smentirla. All’estremo opposto sta la sincera Cordelia, che non riesce a “sollevare il cuore alla bocca”, perché a lei manca l’arte disinvolta e viscida di chi dice senza intendere di fare, “perché quel che intendo io lo faccio prima di dirlo”; e ancora, al padre: “di un simile linguaggio sono lieta di essere priva, sebbene il non averlo mi abbia fatto perdere il vostro favore” (I, 1, 225-227, 232-234). Da quel momento il monarca-patriarca non sarà più padrone di sé: i suoi ragionamenti vacilleranno, e la solenLVI
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ne facciata razionale della civiltà non potrà più nascondere le proprie fratture. La sua voce non potrà risuonare senza il controcanto dello sragionamento comico del buffone, fino allo scambio dei ruoli: i segni della saggezza emigreranno dal simbolo dell’autorità al simbolo dell’irresponsabilità e dell’impudenza dissacrante. Il buffone diventerà eroe del senso comune e della sopravvivenza, a spese della maestà impazzita e sempre più vuota del suo signore; e la maestosa eloquenza del re raggiungerà il suo apice nell’abbassarsi a guardare un mondo da sempre presente ma da sempre ignorato, il mondo degli umili e dei sofferenti (III, 4). Lo sconvolgimento dei valori tradizionali che è alla base dell’intreccio di Macbeth si estrinseca fin dall’inizio negli enigmi che vengono allo scoperto, e che obbligano i protagonisti a una continua rincorsa alla ricerca del senso: ma “il bello è brutto, e il brutto è bello”, dicono le tre streghe vaticinando l’ascesa di Macbeth al potere, e questo paradosso sarà la cifra di tutta la rappresentazione. In essa ogni passo in avanti sarà ipotecato, rinchiuso sotto una pesante cappa di dubbio su una realtà che al protagonista resta inconoscibile fino al momento, imprevisto e definitivo insieme, in cui si concretizza. Il disorientamento e la diffidenza per la parola è lo stato d’animo elaborato da lui, il regicida che si trova improvvisamente proiettato, sia interiormente che esteriormente, in una condizione inadatta e irragionevole, perché arbitraria in natura. Ecco come reagisce alle streghe: Questa sollecitazione soprannaturale non può essere cattiva, non può essere buona: se è cattiva, perché mi promette successo iniziando con una verità? […] Se è buona, perché mi abbandono a una tentazione la cui immagine orrenda mi fa rizzare i capelli, e fa sì che il mio saldo cuore prema sulle costole, contro il costume della natura? (I, 3, 130-137).
Al contrario di quanto accade nei drammi storici, dove i protagonisti sono profeti delle mosse proprie e dei destini della nazione – …“E qui predico che la lite di oggi … fra la Rosa bianca e la Rosa rossa sarà causa di morte e eterna notte per migliaia di anime” … (Warwick in 1 Enrico VI, II, 4, 124-127) – in Macbeth la profezia è portata a giocare non contro ma a favore della sorpresa e dello smarrimento: essa stessa diventa fonte di apprensione e poi di peripezia, proprio nell’istante in cui si constata che in essa risiede, ma innaturalmente e scandalosamente, la verità. LVII
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Il meccanismo drammaturgico viene sottratto alla sua antica ipoteca provvidenziale, e pericolosamente sospeso in un vuoto di conoscenza. Di fronte a questa secolarizzazione del vaticinio – “Come, può il diavolo dire la verità? ” (I, 3, 107) – Macbeth ha ragione di chiedersi, e noi con lui, quale bene possa venire da una verità che per l’orrore fa rizzare i capelli sulla testa, e martellare il cuore contro le costole. Quello che la tragedia realizza è la sovrapposizione e l’assorbimento della tentazione nel soprannaturale, un soprannaturale che divide perché si presenta diviso fra le pari possibilità di menzogna e verità, che non può essere buono e non può essere cattivo, che è neutro insomma, orientato in un verso e nel suo contrario, perché è in quanto “ribellione contro natura” che esso mantiene le promesse, che paga, che non delude. Dopo quelle prime tre scene, la parola “bene” sarà sinonimo di “male”, e viceversa: la verità sarà di facile lettura, eppure continuerà a sorprendere. È questo inquinamento della significazione a rendere anche la fine della tragedia certa e stupefacente insieme, naturalissima eppure incredibile in termini convenzionali. All’epitasi del dramma, nuovamente di fronte alle streghe e alle visioni che producono, Macbeth ascolta i segni distintivi della retribuzione che lo aspetta, ma li interpreta come “dolci presagi” (IV, 1, 96), perché impossibili nella logica per lui naturale. E dello stesso tenore è l’ultima sua sicurezza, quella profezia per cui non poteva sopraffarlo nessun nato di donna (V, 3, 6-7). L’estrema, imprevedibile realizzazione della verità profetica sarà dunque, insieme, la smentita di una profezia malintesa, di fronte alla quale l’usurpatore si mostrerà finalmente smarrito (V, 11, 19-22). In Antonio e Cleopatra la parola disegna continuamente prospettive insieme evidentissime e sfuggenti, fra dichiarazioni di amore e propositi di tradimento, fra trionfi di eloquenza e imprecazioni volgarissime, profferte di amicizia e sdegnosi sotterfugi, ingenuità palesi e calcoli abietti. Tutta l’espressione è mantenuta a un vertice di esaltazione e di inarrivata brillantezza lirica, mentre la situazione umana si degrada oltre ogni apparenza: anzi, più alto è il registro della poesia, e più decisa e inattesa appare la sua smentita nei fatti. È questo un dramma dove la coscienza del personaggio e la sostanza dell’intreccio, ethos e mythos – gli antichi ferri dell’impianto aristotelico – appaiono in maggiore contraddizione, l’uno opponendosi all’altro con effetti sempre stridenti: colui che si sente ed è sentito come il generale invitto, il vendicatore di Cesare, la LVIII
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“parola di guerra”, “uno dei tre pilastri del mondo”, prima ancora di entrare in scena viene definito dai suoi soldati “il mantice e ventaglio per raffreddare i calori di una zingara” (I, 1, 9-10); il patto di alleanza che egli stringe con Ottaviano, e l’annesso matrimonio con sua sorella Ottavia, diventano lettera morta di fronte al richiamo di Cleopatra; gli stessi tracotanti propositi di intese imperiali manifestati al banchetto dei dominatori vengono contraddetti dal voltafaccia che ciascuno sta preparando. Sono dunque la diplomazia politica non meno che la passione amorosa non meno che la sete di potere a celare in sé un controcanto paralizzante, che vanifica ogni spontaneità e autenticità di espressione. Ed è con un brivido che sentiamo Cleopatra, due volte traditrice, nel momento della sconfitta ordinare a un messo: “Và, digli che mi sono uccisa... Diglielo in modo da commuoverlo, ti prego... e riportami come l’ha presa”... (IV, 13, 7-10). Attraverso una menzogna che lei stessa vuole patetica e disarmante, la regina egizia si installa ancora una volta nel suo ruolo di asse centrale, di regista, principio e causa scatenante della dicotomia fra parola e realtà, fra forma e sostanza: un principio assolutamente saldo e compatto in sé, inafferrabile nella sua “varietà infinita”, indistruttibile nel suo vitalistico egotismo. Antonio cade nel tranello di un amore così paradossalmente e ironicamente intransitivo, che si conferma totale nel momento stesso in cui divide lui da se stesso con l’inganno. Antonio si affanna a cercare la morte, ma neanche in questo riesce, mentre ci riesce il suo servo Eros – quanta ironia in un nome! – in quel momento più eroico del padrone: l’indomito guerriero non può compiere dignitosamente l’ultimo atto che l’etica eroica chiede al soldato sconfitto. La risposta a Cleopatra, la scena commovente con cui lei spera di riconciliarsi con il suo generale, arriva anch’essa imprevista, con un Antonio ferito e prossimo alla morte, che lei – ironia su ironia – potrà finalmente abbracciare senza tema di rivalse. Più che per le storie di eroi che raccontano, entrambe ricavate dalle Vite parallele di Plutarco, Timone di Atene e Coriolano si impongono come rappresentazioni dello stallo comunicativo e della vacuità della parola: vacuità dell’adulazione di una corte di parassiti – “non appena finiscono i denari che comprano queste lodi, ha fine anche il fiato di cui le lodi son fatte” (Timone, II, 2, 174-175) – e vacuità degli elogi e delle promesse che nascondono il tradimento: “il potere, quanto mai lodevole in se stesso, non ha tomba più sicura di un pulpito da cui si LIX
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celebri ciò che ha fatto” (Coriolano, IV, 7, 51-53). Hanno vicende affini il mecenate ateniese incensato da tutti per la sua munificenza, che di tutti scopre l’ingratitudine e finisce per appartarsi dalla comunità e maledire l’intero genere umano, e il generale romano che conquista per Roma ma da Roma non viene onorato perché disdegna di piegare la lingua alle attese della plebe. Le due tragedie sono costruite sulla tensione fra la retorica degli ideali “civili” – l’ospitalità del benefattore, la virtù del soldato – e la prosa delle realtà più “naturali”, più disarmanti – l’egoismo, il tradimento. Sprezzante di ogni forma di mediazione e di compromesso politico, Coriolano si vanta di stare dove stanno le armi non le “scemenze”, i discorsi che diffondono ipocrisia e pigrizia (I, 1, 197); perciò considera nemici non gli armati che ha appena combattuto, né quell’amico-nemico che è il generale volsco Aufidio, ma i suoi stessi compatrioti. E quando si risolve ad assediare Roma al fianco dei Volsci, Coriolano entra nel dilemma fra la fedeltà al proprio ruolo e l’attaccamento a una patria che quel ruolo svilisce. È questa una tenaglia che non gli dà scampo, e che dà luogo ad altri stili di eloquenza: quella biforcuta di Aufidio, che gli dichiara amicizia solo per tradirlo, e quella ammonente della madre Volumnia, che impiega ogni possibile forma di discorso, dalla preghiera alla profezia all’ingiunzione perentoria, pur di distogliere il figlio dal proposito di attaccare Roma. Coriolano cede alla madre, toglie l’assedio Roma, e la morte arriva puntuale, per opera di quell’Aufidio che non ha fatto che cospirare contro di lui. Il tempo degli eroi è passato, ed è giunto quello degli impostori. Non è difficile intuire che cosa significasse il dramma per il pubblico di un’età pervasa da un nuovo pragmatismo, nella vita religiosa ed economica non meno che in quella politica: nella fine dell’eroe chiunque poteva leggere un’agonia storica, quella del mondo feudale con i suoi baroni in armi, sopraffatto dai dibattiti e dalle diatribe dei “parlamenti” moderni; ma vi poteva leggere anche un’agonia molto più visibile nella quotidianità, quella di un’antica identità civile sopraffatta da una nuova spregiudicatezza che aveva nome di demagogia, machiavellismo, libertinismo, individualismo sfrenato – tutti tratti riconoscibili sia nei parassiti di Timone sia nei trionfanti nemici di Coriolano, i popolani di due città rivali, Roma e Corioli, unite nell’avversione verso il loro ultimo eroe. Shakespeare fa un uso attualizzante della storia, ciò che autorizza noi oggi a fare altrettanto con i suoi testi, a patto però di non piegarli inteLX
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ramente a ideologie monolitiche e totalizzanti come quelle che costringono e annientano sia Timone che Coriolano, uomini divisi, spaesati in un mondo che cambia. FRANCO MARENCO
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LE TRAGEDIE
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Tutte le opere di William Shakespeare I Le tragedie
Titus Andronicus Tito Andronico Testo inglese a cura di STANLEY WELLS Nota introduttiva, traduzione e note di LUIGI MARFÈ
IMMAGINE FRONTESPIZIO
Frontespizio del primo in-quarto del Tito Andronico, 1594
Nota introduttiva
Composto intorno al 1592, Tito Andronico è la prima e più cruenta tragedia di Shakespeare. Solo nel quinto atto si contano sei omicidi, che portano il computo complessivo a quattordici: tredici tra uomini e donne, più una mosca. E per non farsi mancare niente: uno stupro, tre mani e un lingua mozze, un uomo sepolto vivo e un pranzo tantalico. Alla domanda posta a metà della tragedia – when will this fearful slumber have an end?, “quando avrà fine questo sonno spaventoso?” (III, 1, 251) – la tragedia sembra suggerire una sola possibile risposta: quando non ci sarà più nessuno da uccidere, mutilare, violentare. Era questa del resto la moda dei revenge plays che il pubblico elisabettiano amava tanto. Shakespeare la seppe cavalcare alla perfezione, facendo del Tito un’opera di successo, che Ben Jonson avrebbe ricordato come il testo chiave di quegli anni, insieme a The Spanish Tragedy (1589) di Thomas Kyd. Nei meccanismi di un plot che intreccia trame di vendetta e di contro-vendetta, i grandi conflitti dialettici del teatro shakespeariano appaiono in scena nella forma di uno scontro sanguinario, crudele, primordiale, ma anche, o forse proprio per questo, morbosamente appassionante. Il Tito “era pensato per eccitare platee popolari con scene di sangue e di orrore, alle nostre orecchie scioccanti e disgustose”, avrebbe scritto più tardi Samuel T. Coleridge (in Raysor), e con lui tutti i lettori respinti dall’efferatezza della tragedia. La storia della ricezione del Tito è segnata, fin dalla fine XVII secolo, dai reiterati tentativi di escludere questo testo dal canone shakespeariano (cfr. Kolin). Come poteva una tragedia così inverosimile essere opera di Shakespeare? Non si rese conto di quanto fosse esagerata, ridicola tanta 5
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macabra ostentazione? Nel 1687, Edward Ravenscroft sostenne che il Tito era senz’altro “il più scorretto e indigesto” dei drammi shakespeariani – “un cumulo di rifiuti più che un’opera strutturata” – affermando che doveva essere stato scritto da altri e poi rimaneggiato da Shakespeare con isolati “tocchi da maestro”. Il giudizio fece scuola, e il Tito fu sempre meno letto e rappresentato: “difficilmente lo spettacolo barbaro e la generale mattanza che vi sono esibiti potrebbero essere ritenuti sopportabili da qualsiasi pubblico”, avrebbe sentenziato Samuel Johnson nel 1765 (in Vickers 1974-1981). Per lungo tempo si credette che il Tito non avesse nulla a che fare con il vero Shakespeare: ancora nel 1927, T.S. Eliot lo definì “uno dei drammi più stupidi e meno ispirati che siano mai stati scritti, un dramma di cui è incredibile anche soltanto pensare che Shakespeare ci abbia messo mano”. Eppure in anni recenti il Tito – grazie anche a rappresentazioni particolarmente riuscite, come quelle allestite da Peter Brook (1955) e da Deborah Warner (1987) – ha riguadagnato inaspettate attenzioni. Questo non solo perché i suoi personaggi si sono rivelati preziosi modelli per lo sviluppo dei protagonisti di opere successive, o perché le questioni cui allude il testo sono parse il terreno ideale per gli studi culturali. La ritrovata fortuna della tragedia dipende in gran parte dalla sua persistente forza scenica: allo spettacolo di Brook, secondo un biografo di Laurence Olivier, che vi recitò la parte di Tito, “ogni sera svenivano almeno tre spettatori, e uno spettacolo provocò venti malori” (in Kolin). Come un personaggio del dramma, Lavinia, legge la storia delle proprie miserie nelle pagine di Ovidio, così nella tragedia si incontrano questioni che non hanno mai smesso di riguardarci: la paradossale equivalenza di violenza e spettacolo, l’irrazionalità di un potere che manifesta solo distruzione, il corpo della donna inteso come mero terreno di conquista, la sconfitta di un linguaggio che ha perso ogni presa sulla realtà. Forse, come è stato detto, i nostri tempi sono più vicini alla sensibilità elisabettiana che a quella del dottor Johnson, forse non è troppo azzardato accostare il Tito a forme d’arte contemporanea come il video nasty (Bate 1995). Di sicuro, la lingua mozza di Lavinia mostra la tragedia nella sua forma più pura. È la tragedia, inesorabile, irredenta, della violenza senza riscatto: quel riscatto che Tito cerca invano fino alla follia, quel riscatto cui un’altra lingua, quella del teatro, tenta in qualche modo di ridare voce.
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Data e testo Della genesi del Tito Andronico sono note solo scarne tracce. Due settimane prima che la peste imponesse la chiusura del teatro, il 24 gennaio 1594, gli attori della compagnia di Lord Sussex misero in scena al Rose di Londra una tragedia che l’impresario Philip Henslowe registrò nel suo libro mastro con il titolo di “titus & ondronicus” (Foakes, Rickert). È la prima rappresentazione di cui si abbia notizia. La tragedia è siglata da Henslowe come “ne”, vale a dire “new”, nuova. Non però perché non fosse mai andata in scena: la prima edizione a stampa, pubblicata durante il mese seguente da John Danter nel First Quarto, presenta infatti sul frontespizio – The most Lamentable Romaine Tragedie of Titus Andronicus: As it was Plaide by the Right Honourable the Earle of Darbie, Earle of Pembrooke, and Earle of Sussex their Servants – il nome di altre due compagnie teatrali che l’avrebbero inscenata in precedenza. Forse la sigla “ne” stava a indicare che in quell’occasione se ne presentava una versione rinnovata, oppure che il dramma era nuovo per la compagnia di Lord Sussex (ma la critica è divisa sulla questione: cfr. George e Frazer). In ogni caso, le rappresentazioni anteriori avrebbero potuto svolgersi solo prima del 1594 e pertanto si è propensi ad anticipare la composizione del testo di qualche anno. Nell’introduzione alla Bartholomew Fair (1614), Ben Jonson si riferì al Tito come a un’opera di venticinque o trent’anni prima, indicando per la genesi della tragedia il periodo tra il 1585 e il 1590. Questa osservazione farebbe del Tito il primo dramma di Shakespeare pervenuto fino a oggi. In verità, diversi riscontri testuali in opere coeve portano a supporre una data leggermente successiva. In The Troublesome Reign of King John (1591) e in A Knack to Know a Knave (1592), due testi di attribuzione incerta, si leggono ad esempio chiari riferimenti alla storia del Tito (in particolare nel secondo: as welcome shall you be […] / As Titus was unto the Roman senators, / When he had made a conquest on the Goths, / That in requital of his service done / Did offer him the imperial diadem). The Unfortunate Traveller (1593) di Thomas Nashe presenta un passaggio simile (How, what, when, and where have I bestow’d a day / That tended not to some notorious ill?) a un verso del Tito (V, 1, 127). Infine, The Honour of the Garten (1593), di George Peele condivide con il Tito due lugubri metafore (cfr. dead body he made a pillow of his abomination con II, 3, 130, e let not your sorrow die con V, 1, 140) e una stessa rara occor7
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renza lessicale, (il termine palliament; per una più estesa analisi di questi riscontri testuali, cfr. Waith 1984). Piccole incongruenze interne all’opera – in particolare nel primo atto, dove si possono leggere alcune ripetizioni (i vv. espunti tra I, 1, 35 e 36) e due episodi chiaramente aggiunti in un secondo momento (il sacrificio di Alarbo, I, 1, 96-149, e l’uccisione di Muzio, I, 1, 284-295) – ed altri evidenti riscontri bibliografici – come la comparsa nell’in-folio del 1623 di una nuova scena (la III, 2, sulla cui genesi, cfr. Greg), probabilmente aggiunta alla tragedia dopo la prima stesura – fanno inoltre pensare che alcune parti del Tito siano state ritoccate in momenti successivi. Il periodo tra il 1592 e il 1594 fu del resto un’epoca particolarmente tormentata per le rappresentazioni teatrali, poiché l’infuriare della peste costrinse a più riprese i teatri di Londra alla chiusura. Sebbene vi siano ancora opinioni discordi, appare pertanto verosimile pensare che il Tito sia stato composto intorno al 1592 e abbia subito una revisione nel corso dell’anno seguente. Prima dell’in-folio del 1623 (F), il Tito ha avuto tre edizioni: il già citato First Quarto (Q1) stampato a Londra nel 1594 da John Danter per gli editori Edward White e Thomas Millington, il Second Quarto (Q2), stampato a Londra nel 1600 da James Robert per Edward White, e il Third Quarto (Q3), stampato a Londra nel 1611 da Edward Allde sempre per Edward White. Conservata alla Folger Library, l’unica copia nota di Q1 è stata ritrovata nel 1904 in Svezia (cfr. Ljunggren). Probabilmente Q1 deriva dai foul papers – i manoscritti con la prima stesura del testo – di Shakespeare: manca infatti di didascalie essenziali all’azione e presenta in diversi punti delle false partenze. Non avere altre copie di Q1 mette i curatori del Tito nella situazione di dover dipendere (con le incertezze del caso) dall’effettiva integrità e correttezza di un unico esemplare. Q2 e Q3 emendano infatti gli errori più evidenti, ma finiscono per introdurne altri, come gli ultimi quattro versi dell’ultima scena, rivelatisi spuri una volta ritrovato il First Quarto. Composto a partire da una copia di Q3, F ne ha ereditato gli errori, ma nello stesso tempo ha aggiunto anche varianti fondamentali, poiché chi l’ha composto doveva avere a disposizione un prompt-book, vale a dire una copia con le indicazioni sceniche usate dagli attori per le rappresentazioni. È dunque la fonte indispensabile per ciò che riguarda la divisione in atti, le didascalie e le indicazioni di battuta; presenta inoltre un’intera scena (la succitata III, 2) di cui Q1 non reca traccia. 8
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Un aspetto alquanto misterioso della storia bibliografica del Tito riguarda il cosiddetto Manoscritto di Longleat (sulla cui storia, si veda Chambers). Nel 1595, Henry Peacham, poeta e scrittore, autore di The Complete Gentleman (1622), un manuale per l’educazione dei giovani di estrazione nobile, allora diciannovenne, ricopiò in una pagina manoscritta alcune battute che potrebbero essere riferite al Tito. Il documento contiene un disegno inteso a rappresentare una scena della tragedia ed è dunque di estrema importanza per comprendere molti aspetti materiali del teatro elisabettiano. Sotto il disegno si leggono versi che potrebbero essere tratti dal primo (I, 1, 104-120 e 121-126) e dal quinto atto della tragedia (V, 1, 125-144). Ma, come il disegno riassume in sé diversi momenti della vicenda, così anche il testo non è riconducibile a una singola scena e risulta privo di autorità. Secondo alcuni studiosi, il manoscritto sarebbe piuttosto da accostare a una tragedia tedesca, uscita nel 1620 con il titolo Eine sehr klägliche Tragoedia von Tito Andronico und derhoffertigen Käyserin (Schlueter). È possibile che questo testo fosse la traduzione della fonte inglese di Peacham. Non è da escludere però che tale fonte non fosse il Tito; potrebbe trattarsi di un altro dramma, poi perduto, registrato nel libro mastro di Henslowe l’11 aprile 1592 con il titolo “tittus & vespacia” (cfr. su questi aspetti Levin e Vickers 2004). La presente traduzione si rifà al testo pubblicato nella seconda edizione dei Complete Works della Oxford UP (2005). Il testo di riferimento di questa edizione è Q1, integrato da F nel caso delle didascalie, della divisione in atti e della terza scena del secondo atto, e più in generale da ogni variante delle edizioni successive utile ad emendare refusi e imprecisioni. Attribuzione L’appartenenza del Tito al canone shakespeariano è stata ripetutamente messa in discussione. Chi ha voluto negare la mano di Shakespeare ha insistito sul fatto che le prime edizioni risultano prive di indicazioni d’autore e la tecnica compositiva dell’opera appare meno raffinata di quelle successive. I pochi dati oggettivi a disposizione parlano però a favore dell’attribuzione shakespeariana: il Tito è nel novero delle opere di Shakespeare elencate da Francis Meres nella Palladis Tamia (1598) ed è incluso in F (1623). La convinzione che Shakespeare non abbia preso parte alla genesi dell’opera pare pertanto derivare più da un bisogno di natura estetica che da ragioni propriamente filologiche. Ma, come è stato 9
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detto, “per quanto si possa rimanere infastiditi da una parte o dall’intero Tito, non c’è nessuna prova che non sia opera sua” (Barnet). Se la mano di Shakespeare nella composizione del Tito non è più messa in discussione, le sue incongruenze stilistiche e strutturali, così come il probabile rimaneggiamento della prima stesura, fanno pensare, come uso nel teatro elisabettiano, a una possibile collaborazione con altri autori coevi. Numerosi riscontri testuali (cfr. in particolare Vickers 2004) hanno portato a credere che almeno una parte della tragedia (in particolare quattro scene: I, 1; II, 1; II, 2; IV, 1) possa essere stata composta da George Peele, che in questo senso andrebbe considerato coautore del Tito. Nessun indizio a favore di questa ipotesi è definitivo, e parte della critica ne ha contestato la validità (cfr. Bate 1995). Alla luce degli studi più recenti, tuttavia, la doppia attribuzione pare lo scenario più plausibile ed è anche la soluzione proposta dai curatori del testo inglese qui presentato, che segnalano così la collaborazione: William Shakespeare, with George Peele. Le fonti Tito Andronico è la sola tragedia romana di Shakespeare a non basarsi su fatti e personaggi storici reali. La medesima vicenda è raccontata in una prosa e in una ballata segnalate da John Danter sullo Stationer’s Register – il registro con cui all’epoca si difendevano le opere dal plagio – nel febbraio 1594 e che, per quanto si sappia, furono stampate solo molto più tardi. Lunga 120 versi e intitolata Titus Andronicus’ Complaint, la ballata fu inserita da Richard Johnson in The Golden Garland of Princely Pleasures and Delicate Delights (1620). La prosa si legge invece in un chapbook (fascicolo di storie e ballate popolari), intitolato History of Titus Andronicus e databile tra il 1736 e il 1764. È difficile stabilire la sequenza cronologica nella quale furono composte la tragedia, la ballata e la prosa. Altrettanto difficile è risalire all’indietro il percorso della storia cui fanno riferimento, così come il suo livello di diffusione allorché fu composto il Tito e il grado di conoscenza che ne poteva avere Shakespeare. A complicare il quadro, va aggiunto un ulteriore dramma, poi andato perduto, che si è pensato potesse essere un antecedente della tragedia di Shakespeare: il summenzionato Titus and Vespasian. Il Tito a cui fa riferimento questo testo non è però il generale romano Andronico, ma il figlio dell’imperatore Vespasiano, al potere durante la seconda metà del 10
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I secolo d.C. La trama sembrerebbe quindi diversa da quella del Tito, escludendo ogni relazione diretta tra le due opere. L’unica fonte dichiarata in forma esplicita nel Tito è la storia di Filomela, raccontata da Ovidio nel VI libro delle Metamorfosi (vv. 424-676). La tragedia di Shakespeare traspone nella Roma imperiale la vicenda narrata dal poeta latino, dando al personaggio di Lavinia un destino analogo a quello di Filomela. Il riferimento è reso esplicito nel quarto atto, quando la ragazza indica a Tito una copia delle Metamorfosi, perché trovi nel libro la stessa vicenda che è capitata a lei (IV, 1, 42). Figlia del re di Atene, Filomela – così si legge in Ovidio – subì violenza da Tereo, marito di sua sorella Progne. Perché non potesse denunciare la sua colpa, il cognato le tagliò la lingua, ma Filomela riuscì ugualmente a comunicare alla sorella l’autore del delitto, ricamando il suo nome su una tela. Progne decise allora di vendicarsi, e così uccise il proprio stesso figlio, Itis, per poi cucinarlo e darlo in pasto al marito. Quando venne a sapere di cosa si era nutrito, Tereo si scagliò contro le sorelle, ma gli dèi fermarono la sua furia, compiendo una tripla metamorfosi: Filomela divenne un usignolo, Progne una rondine, Tereo un’upupa. Il tema della vendetta inserisce il Tito in un genere teatrale che ebbe grande successo nell’Inghilterra degli anni ottanta e novanta del XVI secolo: il dramma di vendetta (su cui cfr. in particolare Bowers). A metà tra il teatro di Seneca – che nel personaggio vendicatore vedeva lo scatenarsi di un furor destinato a sua volta ad essere punito – e forme di intrattenimento popolare, morbosamente attratte da sangue, violenza e distruzione, questo genere aveva avuto negli anni precedenti le sue prove migliori in drammi come The Spanish Tragedy di Kyd e The Jew of Malta (1589) di Christopher Marlowe. Le affinità tra il Tito e queste opere sono numerose anche nei dettagli: il tragitto esistenziale di Tito, dal dolore alla vendetta, riprende quello dello Hieronimo di Kyd; Aronne ha lo stesso malvagio sarcasmo del Barabas di Marlowe. Ma le opere coeve che sembrano risuonare nel Tito sono molte: la disputa tra fratelli pretendenti al trono deriva dal Gorboduc (1561) di Thomas Norton e Thomas Sackville; il tema senechiano del pasto di carne umana si legge nella prima parte del Tamburlaine the Great (1587) di Marlowe; la figura di un villain moro come Aronne è presente in The Battle of Alcazar (1594) di Peele. D’accordo con le convenzioni del dramma di vendetta, anche il Tito presenta innumerevoli citazioni e riferimenti classici. Diversi studi hanno 11
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provato come la tragedia sia tutta pervasa di elementi di intertestualità ovidiana (cfr. gli studi di Waith 1957, Hunt e Bate 1993). Oltre alla vicenda di Filomela, gli episodi narrati nelle Metamorfosi sono infatti ripresi per similitudini e parallelismi che chiamano in causa le storie di Orfeo e Euridice (X, 1-85; XI, 1-66), Piramo e Tisbe (IV, 55-166), Atteone e Diana (III, 138-252), Ecuba e Polidoro (XIII, 533-545), la Gigantomachia (I, 151-162). Sempre da Ovidio (in questo caso però dai Fasti, II, 721-852), oltre che da Livio (Storia di Roma, I, 57-60), potrebbe derivare il tema dello stupro, in analogia con la vicenda storica della violenza contro Lucrezia e della cacciata dei Tarquini, che Shakespeare avrebbe poi raccontato nel poema narrativo Lucrezia violata (1594). Numerosi sono i riferimenti all’Eneide di Virgilio, soprattutto al racconto della presa di Troia (libro II) e all’amore infelice di Didone per Enea (libro IV); inoltre Lavinia ha lo stesso nome della moglie latina di Enea. Importanti per l’onomastica sono anche le Vite parallele di Plutarco, che hanno fornito a Shakespeare le figure di due grandi generali, Scipione e Coriolano, i cui meriti di guerra, come nel caso di Tito, non sono bastati ad evitare loro accuse ingiuste. Grande rilievo, come detto, va dato infine al teatro di Seneca, che nel Tieste mise in scena il più celebre pranzo antropofago della tradizione classica, durante il quale Atreo offriva al fratello le carni dei nipoti. Anche l’altro universo narrativo da cui l’inventio elisabettiana trasse molte delle sue storie, la novellistica italiana, parrebbe decisivo per la definizione di alcuni aspetti del dramma (cfr. in questo senso Bullough). Non tanto perché il frontespizio del chapbook settecentesco faccia riferimento a un’ipotetica fonte italiana – era uso diffuso spacciare i plagi per traduzioni dall’estero – quanto per le affinità con almeno due Novelle (1554; 1559; 1573) di Matteo Bandello. La XXI della seconda parte narra la violenza su Lucrezia commessa da Sesto Tarquinio, che oltre ad essere una fonte di estrema importanza per il Tito rappresentò uno dei temi più ricorrenti nella fantasia di Shakespeare. La XXI della terza parte descrive invece un moro con un’inclinazione fatale al delitto analoga a quella di Aronne: “il crudel moro del tutto rideva, parendogli aver fatto la più bella cosa del mondo”, si legge in Bandello, e la sua frase risuona in più passi del Tito (in particolare V, 1, 3). Shakespeare potrebbe aver letto la novella nella traduzione francese inclusa nel secondo tomo delle Histoires tragiques (1565) di François de Belleforest. 12
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Vasto e talvolta sotterraneo, il percorso intertestuale del Tito – nel considerare il quale non va sottovalutato il ruolo di intermediazione delle traduzioni elisabettiane, come l’Ovidio di Arthur Golding (1567) e il Plutarco di Thomas North (1579) – tende costantemente all’amplificazione, accentuando gli aspetti più tragici e violenti delle proprie fonti. La vicenda Di ritorno dalle guerre contro i Goti, il generale Tito Andronico, in onore dei ventuno figli caduti in battaglia, fa sacrificare Alarbo, il primogenito di Tamora, la regina nemica che ha portato a Roma in catene. Per voce del tribuno Marco, fratello di Tito, il popolo offre al condottiero l’impero, ma questi rinuncia e propone Saturnino, il primogenito dell’ultimo cesare. In segno di ringraziamento, il nuovo imperatore chiede ad Andronico di poter sposare sua figlia Lavinia. Ma, con un colpo di mano, Bassiano, il fratello minore di Saturnino, rapisce la ragazza, rivelando che essa si è già promessa a lui. Invano Tito cerca di recuperare Lavinia: i suoi figli prendono le parti del rapitore ed egli nella mischia uccide uno di loro, Muzio. Saturnino allora volta le spalle agli Andronici e sposa Tamora, che per ben impressionare i Romani intercede con il nuovo imperatore affinché tutti si riconcilino (I, 1). Ascesa al trono, Tamora trama in segreto vendetta contro Tito. Ad aiutarla interviene Aronne, il suo amante moro, che incita Demetrio e Chirone, i figli di lei, a violentare Lavinia durante la caccia che si terrà il giorno seguente (II, 1). L’indomani, la corte, svegliata dai cani di Tito, si riversa nei boschi (II, 2). Bassiano e Lavinia incontrano in una radura l’imperatrice e le rinfacciano la sua infedeltà a Saturnino. L’alterco degenera, richiamando Demetrio e Chirone, che uccidono Bassiano e stuprano Lavinia. Aronne fa ricadere la colpa dell’omicidio su Quinto e Marzio, due dei figli di Tito, che vengono ritrovati in una fossa insieme al cadavere. Saturnino li condanna a morte e fa bandire l’ultimo figlio di Tito, Lucio (II, 3). Intanto Lavinia, cui sono state tagliate le mani e la lingua perché non riveli il nome dei suoi carnefici, vaga piangendo nel bosco come una cerbiatta ferita, finché Marco non la ritrova (II, 4). Davanti ai giudici, Tito implora invano clemenza per i figli. Poi Marco gli riporta Lavinia e la vista della figlia mutilata strazia il cuore del padre. Stravolto, Tito si lascia convincere da Aronne che, in cambio di una sua 13
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mano, Saturnino potrebbe risparmiare Quinto e Marzio, e così se la fa tagliare. Ma a corte il sacrificio è schernito e la mano rimandata indietro insieme alle teste dei figli. Allora il dolore inverte la sua direzione: terminate le lacrime, Tito scoppia a ridere e decide di rivalersi dei torti patiti. Raduna gli Andronici e fa loro giurare di compiere una crudele vendetta (III, 1). Poi cade nel delirio della follia: durante una cena, Marco schiaccia una mosca e Tito, accortosi che è nera come Aronne, infierisce sul suo corpo stecchito (III, 2). Mentre Lucio va dai Goti per arruolare un esercito, Lavinia mostra al padre e allo zio il passo delle Metamorfosi di Ovidio in cui è narrata la storia di Filomela, per far intendere di essere stata violentata, e, muovendo un bastone tra le braccia monche, scrive a terra i nomi dei colpevoli (IV, 1). Tito allora invia a Demetrio e Chirone armi avvolte di propositi di rivalsa. Senza comprendere il pericolo, i due si vantano dei doni con Aronne, quando una nutrice porta loro il figlio che Tamora ha appena partorito. È un bimbo nero, la prova della relazione clandestina della madre: Aronne allora pugnala la nutrice e convince Demetrio e Chirone a sostituirlo con un neonato bianco (IV, 2). Intanto, Tito fa scoccare a corte frecce su cui sono infilzate lettere che chiedono giustizia e affida a un clown una missiva per l’imperatore, con dentro un coltello (IV, 3). Mentre Saturnino si domanda come punire tali oltraggi, un messo annuncia l’imminente arrivo di Lucio al comando dei Goti. L’imperatore si sente perduto, ma Tamora gli promette che farà girare gli eventi a suo favore (IV, 4). Nei pressi di Roma, Lucio intercetta Aronne in fuga con il figlio, lo fa mettere in catene e gli fa confessare i suoi delitti (V, 1). Travestita da Vendetta, Tamora si reca intanto da Andronico insieme ai figli, nei panni di Stupro e Assassinio, chiedendogli di organizzare un banchetto cui far partecipare anche Lucio. Tito sta al gioco, ma trattiene con sé Demetrio e Chirone e, quando la madre si allontana, li fa legare; quindi li uccide, ne trita le carni e le cucina (V, 2). Al banchetto, Tito fa assaggiare a tutti il suo macabro tortino, poi domanda a Saturnino se un padre può sopportare la vista di una figlia violentata. Appena l’imperatore gli risponde di no, uccide Lavinia, svela che Tamora si è nutrita dei suoi stessi figli e pugnala anche lei. Allora Saturnino uccide Tito e Lucio uccide Saturnino. Nel tumulto che segue, gli ultimi Andronici, Marco e Lucio, raccontano al popolo cos’è accaduto e Lucio è acclamato imperatore. Aronne è 14
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interrato al suolo e condannato a morire di fame. Il cadavere di Tamora viene invece lasciato insepolto, preda degli avvoltoi (V, 3). Prospettive critiche: un’estetica della violenza A lungo considerato la “pecora nera” del canone shakespeariano, il Tito, come detto, è stato tradizionalmente letto dalla critica con un misto di sufficienza e di repulsione (cfr. su questi aspetti il volume di Kolin, la cui introduzione offre un dettagliato profilo della ricezione critica dell’opera). Nel migliore dei casi (da Jonson fino a Bowers), lo si è reputato un dramma di vendetta inelegante e macchinoso, buono a sfamare gli istinti più morbosi del pubblico; più spesso (da Ravenscroft fino a Eliot), se ne sono rimarcate, non senza crudeltà, le innumerevoli manchevolezze compositive. Se fino agli anni trenta del XX secolo la critica si è concentrata soprattutto sulla questione dell’attribuzione, in seguito più attente letture si sono dedicate alla fitta trama intertestuale di cui è intessuta la tragedia (Waith 1957, Miola, West, Hunt, Bate 1993). In questo modo, è emersa l’ambigua complessità del dramma, che dietro l’apparente linearità del meccanismo della vendetta, si interroga sul rapporto che lega violenza, potere e linguaggio (Barker, Danson). Si è così cominciato a considerare il Tito un’opera sulla brutalità dei riti collettivi in cui l’uomo rispecchia la propria identità sociale (Tricomi, Easo Smith), che dà voce a corpi martoriati dall’irrazionalità della storia (Kendall), e che racconta lo scacco di un linguaggio incapace di dare senso alla realtà (Calderwood, Clark Hulse). Gli studi culturali hanno approfondito ulteriormente queste riflessioni, collegandole al modo specifico in cui la tragedia mette in scena l’alterità etnica (Bartels) e di genere (Fawcett). L’estetica della violenza del Tito è così stata giudicata la prima autentica espressione dello spirito tragico di cui Shakespeare avrebbe dato prova negli anni seguenti, addentrandosi nei cupi meandri della cattiva coscienza dell’uomo moderno. Dal Tito si desume un’immagine dell’antica Roma distrattamente inesatta: a una società raffinata come quella tardo-imperiale è attribuito un codice d’onore tribale, che rimanderebbe semmai agli anni della sua fondazione. Ma la Roma di Shakespeare non è del tutto primitiva. La violenza che la pervade è frutto non soltanto di istinti elementari e bestiali, ma anche di un’irrazionalità insita nei riti della civiltà: il sacrificio 15
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religioso davanti al sepolcro, l’omicidio e lo stupro durante la caccia, la mattanza generale nell’ultima cena. È la violenza che – come il pugnale nella lettera che Tito invia a Saturnino (IV, 3, 107-111) – portano dentro di sé i rapporti di potere, i vincoli sociali, le tradizioni collettive, i legami familiari. Segnate all’inizio della tragedia da confini ben netti (da una parte i Romani e dall’altra i Goti), civiltà e barbarie presto si confondono, svelando come la differenza dell’altro sia lo specchio in cui si riflette un’ambivalenza già insita nell’identità di ciascuno. Ogni personaggio cela dentro di sé il proprio opposto: generale virtuoso, Tito non esita a uccidere il figlio Muzio; machiavellica canaglia, Aronne si coccola il figlio come un padre affettuoso; fiore di virtù, Lavinia parrebbe essersi segretamente compromessa con Bassiano; tigre feroce e selvaggia, Tamora rivela un ingegno più affilato dei Romani. L’universo immaginato nel Tito è segnato da un senso di incertezza persistente e non rischiarabile, che sconvolge ogni differenza, lasciando gli uomini nel buio dei loro miserable, mad, mistaking eyes: “occhi miserabili e matti, che prendono abbagli” (V, 2, 66). Il Tito inscena una grandguignolesca pantomima di questo disordine universale attraverso il frenetico andirivieni dei personaggi tra il palco inferiore e la galleria superiore. Mentre l’ascesa, e con essa la conquista del potere, resta un precario miraggio, il palco sottostante richiama a sé ogni cosa, nel violento ribollire di una lotta cieca e dissennata, in cui ciascun personaggio prima ordisce e poi vede fallire le proprie trame: Saturnino e Bassiano in lotta per l’impero, Chirone e Demetrio per possedere Lavinia, Tamora e Tito per vendicarsi l’uno dell’altra, Aronne per il puro piacere di compiere nefandezze. Gli sfoggi di retorica che il Tito condivide con i drammi di vendetta finiscono così per raccontare la sconfitta di un linguaggio che scopre di saper generare soltanto delitti. Meno ingenuo di quanto sembrerebbe, il Tito rappresenta una cerimonia della violenza che racconta la violenza della cerimonia, e dunque implicitamente la sovverte, la trasgredisce, la contesta. Lo spettacolo della crudeltà raggiunge in questo modo un’autonomia mimetica che sfiora la pura astrazione. Dietro il Tito c’è il modello di Ovidio e, oltre ai rimandi mitologici, Shakespeare pare riprendere dalle Metamorfosi una concezione del linguaggio come impalpabile soglia tra il mondo delle emozioni e quello degli eventi. Le metafore del Tito non sono solo vivide, ardite, sorprendenti. Sono prima di tutto parole 16
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agite, incarnate nell’azione, come Tamora nel corpo di Roma (I, 1, 459): attraverso di esse, Shakespeare dà forma a un mondo di brutali sommovimenti, in cui mutilazioni e ratti avvengono quasi per necessità allitterativa. Se in Ovidio la metafora era il corrispettivo linguistico del divenire del cosmo, il Tito se ne serve per raccontare una variante nera di quella stessa architettura poetica: le crudeli metamorfosi di un universo fondato sull’eterna rovina, in cui la parola, come l’ascia di battaglia del suo protagonista, è uno strumento per “scrivere distruzione” (III, 1, 169). Non stupisce, in questa prospettiva, che le metafore di cui è costellato il testo siano soprattutto quelle relative al corpo e al suo smembramento. La testa, le mani, la lingua, il cuore sono termini di cui Shakespeare passa in rassegna ogni significato simbolico per raffigurare un disgregamento generale e inesorabile, che trascina con sé l’individuo e lo stato, l’uomo e l’universo. Protagonista silenziosa di questa metaforica dello smembramento è Lavinia. Se Tito la chiama map of woe, “mappa del dolore” (III, 2, 12), è perché il destino di cieca sopraffazione che la civiltà impone all’individuo si iscrive sul suo corpo a lettere di sangue. A dispetto delle poche parole che le sono concesse, Lavinia incarna perfettamente la concezione dell’universo espressa nella tragedia. Sempre detta e scritta da altri – persino il suo destino di vittima manca di un’identità propria, poiché è costretta a seguire il modello della Filomela di Ovidio –, Lavinia custodisce nel proprio corpo un intero alfabeto del dolore (III, 2, 44) che testimonia la crudeltà dell’uomo sull’uomo, come il lugubre catino entro cui raccoglie il sangue dei suoi aguzzini (V, 3, 182). Se prima della violenza era il ricco ornamento di Roma, una volta martoriato, il suo corpo diventa la pagina su cui la storia scrive le proprie efferatezze. E in questo senso, paradossalmente, si scopre emblema della lettura e della scrittura: come il sandy plot, il “tratto di sabbia” (IV, 1, 68) su cui lei stessa scrive con un bastone tra le braccia monche il nome dei figli di Tamora, scatenando il meccanismo della vendetta. Dalle sponde di questa tetra estetica della violenza, il Tito apparirà una tragedia di ossessivo disincanto. Trasformare il suo fearful slumber nel teatro della crudeltà di Artaud sarebbe tuttavia troppo moderno: la vuota ripetizione dei delitti giunge a porre in questione il senso del dolore, ma non può ancora contestarne la rappresentabilità. Sia il titolo che il finale della tragedia, con il loro rimando alla pietà, sono lì a racchiudere l’opera 17
TITO ANDRONICO
nel circolo senechiano della violenza che compiace l’istinto della crudeltà e nello stesso tempo lo esorcizza. Ma questo rituale del corpo martoriato come sacrificio purificatore scricchiola dappertutto. Ad ogni passo, spiragli di ambiguità spostano la tragedia su un piano poetico più complesso, verso abissi che si fatica a guardare ancora oggi, perché lasciano intravedere le fragili basi del vivere comune. Perché, ad esempio, quando Marco incontra Lavinia, l’ostentazione di tante amorose smancerie di fronte al corpo mutilato della nipote (II, 4, 11-57)? E perché invece tanta rapidità durante il banchetto (V, 3, 26-65), in cui i pugnali colpiscono prima che i colpevoli se ne possano accorgere? E ancora: se tutto è dettato dalle convinzioni rassicuranti del furore punito, perché l’ecatombe finale affida il potere a Lucio, il vero iniziatore del circolo della vendetta, che tanto ha insistito per uccidere Alarbo (I, 1, 96-101) e poi se n’è vantato con gusto (I, 1, 142-147)? Non c’è plausibilità, non c’è morale: dietro l’annuncio di una nuova armonia, la palingenesi finale non ha nulla da offrire se non l’eterno ritorno del caos, nulla se non la matta, disperata risata di Andronico al culmine delle proprie disgrazie (III, 1, 263). Tito non lo può sapere, ma il fondo della sua pazzia lascia presagire quello che anni più tardi comprenderà Lear: salvarsi dagli uomini è impossibile, ma impazzire libera almeno dalla fatica di credere nel loro mondo. La fortuna sulle scene Nei dieci anni successivi alla prima rappresentazione, la vita sulle scene del Tito fu segnata da frequenti riproposizioni, come suggeriscono i frontespizi di Q2 e Q3, secondo cui la tragedia fu recitata “varie volte”. Rendendo merito al successo dell’opera, Ben Jonson, nella già citata introduzione alla Bartholomew Fair, alluse tuttavia al fatto che era ormai fuori moda già nel 1614. Nei tre secoli successivi, le rappresentazioni furono poche, e il testo originale costantemente sostituito da adattamenti – come quello preparato da Ravenscroft – che eliminavano gli episodi più cruenti. Tra queste versioni adulterate, una delle ultime e più note fu approntata negli anni cinquanta del XIX secolo da Ira Aldridge, un attore di origini afroamericane, che mise al centro dello spettacolo la figura, impersonata da lui stesso, di Aronne (per una storia dettagliata della fortuna della tragedia sulle scene, si veda il volume di Dessen). Dopo una lunga assenza, il testo di Shakespeare riapparì all’Old Vic di Londra nel 1923, nell’allestimento di Robert Atkins. Ma fu solo con la 18
NOTA INTRODUTTIVA
rappresentazione di Peter Brook, andata in scena a Stratford nell’agosto 1955, che le remore sulla rappresentabilità del Tito vennero meno. Aiutato da un cast che comprendeva Laurence Olivier nel ruolo di Tito e Vivien Leigh in quello di Lavinia, Brook preparò uno spettacolo che leggeva nel Tito una cerimonia primitiva di violenza rituale. Spostando la brutalità del dramma su un piano simbolico – con nastri rossi al posto del sangue e tagli nel testo per circa 650 versi – la rappresentazione di Brook trovò un modo per attribuire nuovamente alla tragedia il suo antico potere di suscitare orrore e smarrimento. Da allora il Tito è stato rappresentato con sempre maggior frequenza. Alcuni registi hanno seguito la via di Brook, mirando alla stilizzazione; altri hanno propeso per una resa più letterale; altri ancora hanno deciso di rileggerne gli orrori in chiave contemporanea, come Douglas Seale, che nel 1967 presentò a Baltimora un Tito di ambientazione fascista. La tragedia è così diventata lo spazio ideale per una discussione sulla rappresentabilità estetica della violenza. Con questa idea nel 1985 Jane Howell preparò per la BBC un adattamento televisivo, impensabile fino a pochi decenni prima, in cui il personaggio del giovane Lucio rappresentava simbolicamente gli occhi sconvolti di un’infanzia cui i media propongono ogni giorno nuove immagini di morte. Più di recente, nel 1999, Julie Taymor ha diretto una versione cinematografica del dramma, con Anthony Hopkins nella parte di Tito. Probabilmente, la rappresentazione più coraggiosa del Tito può essere considerata quella allestita a Stratford, nella primavera del 1987, da Deborah Warner, che ripristinò il testo integrale di Shakespeare e riportò fedelmente in scena tutti gli episodi più macabri. Quella retorica che per tanto tempo era sembrata inadatta al pubblico tornò così a esprimere la propria voce: quella di un linguaggio che racconta la sua impotenza di fronte alla morte, che dice il dolore di una Terra abbandonata da Astrea. LUIGI MARFÈ
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TITO ANDRONICO
R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti M. BANDELLO, Le Novelle (1554; 1559; 1573), a cura di D. MAESTRI, Alessandria, Dell’Orso, 1992-1996, 4 voll., in particolare le novelle II, 21 e III, 21; History of Titus Andronicus (XVI sec.), London, Dicey, s.d. [ma tra 1736 e 1764]; T. KYD, La tragedia spagnola (1585), a cura di E. GROPPALI, Milano, SE, 1987; C. M ARLOWE, L’ebreo di Malta (1589), a cura di R. CORONATO, Venezia, Marsilio, 2007; T. NORTON, T. SACKVILLE, Gorboduc (1561), in W. TYDEMAN (cur.), Two Tudor Tragedies, London, Penguin, 1992; P. OVIDIO NASONE, Metamorfosi, VI, 424-476, trad. G. PADUANO, Torino, Einaudi, 2000; G. PEELE, The Battle of Alcazar (1594), in C. EDELMAN (cur.), The Stukeley Plays, Manchester, Manchester UP, 2005; Titus Andronicus’ Complaint (XVI sec.), in R. JOHNSON, The Golden Garland of Princely Pleasures and Delicate Delights, London, Langley, 1620. Edizioni Fra le edizioni inglesi e americane segnaliamo quelle a cura di S. BARNET, New American Library, 1963, 1989 e 2005; E. M. WAITH, Oxford, 1984. J. BATE, Arden, 1995; S. MASSAI, Penguin, 2001; A. HUGHES, Cambridge, 1994 e 2006; Fra le edizioni italiane, quelle a cura di M. V. TESSITORE e G. MELCHIORI, Mondadori, 1978; A. LOMBARDO, Feltrinelli, 1989; A. SERPIERI, Garzanti, 1989. Letteratura critica F. BARKER, The Culture of Violence, Manchester, Manchester U. P., 1994; E. C. BARTELS, “Making More of the Moor: Aaron, Othello, and Renaissance Refashioning of Race”, in Shakespeare Quarterly, 41, 1990; J. BATE, Shakespeare and Ovid, Oxford, Clarendon Press, 1993; F. BOWERS, The School of Kyd: Elizabethan Revenge Tragedy 1587-1642, Princeton, Princeton U. P., 1940; G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, 8 voll., London-New York, Routledge & Kegan Paul, Columbia U. P., 1957-1965; J. L. CALDERWOOD, Shakespearean Metadrama, Minnneapolis, Minnesota U. P., 1971; E. K. CHAMBERS, “The First Illustration to Shakespeare”, in The Library, IV, 5, 1924-1925; S. CLARK HULSE, “Wresting the Alphabet: Oratory and Action in Titus Andronicus”, Criticism, XXI, 1979; L. DANSON, Tragic Alphabet: Shakespeare’s Drama of Lan20
NOTA INTRODUTTIVA
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THE MOST LAMENTABLE ROMAN TRAGEDY OF TITUS ANDRONICUS With George Peele THE PERSONS OF THE PLAY SATURNINUS, eldest son of the late Emperor of Rome; later Emperor BASSIANUS, his brother
A CAPTAIN
TITUS ANDRONICUS, a Roman nobleman, general against the Goths LUCIUS QUINTUS sons of Titus MARTIUS MUTIUS LAVINIA, daughter of Titus YOUNG LUCIUS, a boy, son of Lucius MARCUS ANDRONICUS, a tribune of the people, Titus’ brother PUBLIUS, his son
TAMORA, Queen of the Goths, later wife of Saturninus
}
SEMPRONIUS CAIUS VALENTINE
}
kinsmen of Titus
AEMILIUS
ALARBUS DEMETRIUS CHIRON
}
her sons
AARON, a Moor, her lover A NURSE A CLOWN Senators, tribunes, Romans, Goths, soldiers, and attendants
SIGLE Q: le prime edizioni in-quarto (Q1: 1594, Q2: 1600, Q3: 1611); F: quelle in-folio (F1: 1623, F2: 1632, F3: 1663). Il testo-guida di questa edizione è Q1, integrato da F nel caso delle didascalie, della divisione in atti, della scena III, 2, e più in generale da ogni variante delle edizioni successive valida a emendare i refusi e le imprecisioni. Segnaliamo in nota solo varianti con significati alternativi, non le didascalie più volte rivedute. Le trascrizioni sono sempre modernizzate, salvo quando il testo presenta insieme la grafia arcaica e quella moderna.
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LA CRUDELE TRAGEDIA ROMANA DI TITO ANDRONICO con George Peele PERSONAGGI1
SATURNINO, figlio primogenito del defunto imperatore di Roma, poi imperatore BASSIANO, fratello di Saturnino
UN CAPITANO
TITO ANDRONICO, patrizio romano, generale contro i Goti LUCIO QUINTO figli di Tito MARZIO MUZIO LAVINIA, figlia di Tito GIOVANE LUCIO, un ragazzo, figlio di Lucio MARCO ANDRONICO, tribuno del popolo, fratello di Tito PUBLIO, figlio di Marco
TAMORA, regina dei Goti, poi moglie di Saturnino
}
SEMPRONIO CAIO VALENTINO
}
parenti di Tito
EMILIO
ALARBO DEMETRIO CHIRONE
}
figli di Tamora
ARONNE, un Moro, amante di Tamora NUTRICE CLOWN Senatori, tribuni, Romani, Goti, soldati e servitori
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
1.1
[Flourish.] Enter the Tribunes and Senators aloft, and then enter below Saturninus and his followers at one door and Bassianus and his followers [at the other, with drummer and colours]
SATURNINUS
Noble patricians, patrons of my right, Defend the justice of my cause with arms. And countrymen, my loving followers, Plead my successive title with your swords. I am his first-born son that was the last That ware the imperial diadem of Rome. Then let my father’s honours live in me, Nor wrong mine age with this indignity.
5
BASSIANUS
Romans, friends, followers, favourers of my right, If ever Bassianus, Caesar’s son, Were gracious in the eyes of royal Rome, Keep then this passage to the Capitol, And suffer not dishonour to approach The imperial seat, to virtue consecrate, To justice, continence, and nobility; But let desert in pure election shine, And, Romans, fight for freedom in your choice.
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[Enter] Marcus Andronicus [aloft] with the crown MARCUS
Princes that strive by factions and by friends Ambitiously for rule and empery, Know that the people of Rome, for whom we stand A special party, have by common voice In election for the Roman empery Chosen Andronicus, surnamèd Pius For many good and great deserts to Rome. A nobler man, a braver warrior,
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5. His ... that: l’antecedente del pronome relativo è il possessivo his, secondo una costruzione sintattica comune all’epoca. 24
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
[Squilli di tromba2.] Entrano in alto3 i tribuni e i senatori. Poi entrano in basso Saturnino e il suo seguito da una porta e Bassiano e il suo seguito [dall’altra, con tamburi e trombe4]
I, 1
SATURNINO
Nobili patrizi, patroni del mio diritto, difendete con le armi la giustizia della mia causa! E voi, concittadini, miei devoti seguaci, reclamate con la spada il mio diritto alla successione! Sono il primogenito dell’ultimo che ha indossato il diadema imperiale di Roma. Lasciate dunque che gli onori di mio padre rivivano in me e non oltraggiate il mio retaggio con un affronto. BASSIANO
Romani, soci, seguaci, sodali del mio diritto! Se mai Bassiano, figlio di Cesare, ha trovato grazia al cospetto della regale Roma, proteggete la sua ascesa al Campidoglio5 e impedite al disonore di accostarsi al trono imperiale, consacrato a virtù, giustizia, prudenza e nobiltà. Lasciate piuttosto che il merito risplenda in un’elezione limpida e lottate, Romani, per la libertà della vostra scelta. [Entra] Marco Andronico [in alto] con la corona MARCO
Principi, che con alleanze e amicizie vi battete ambiziosi per il governo dello stato, sappiate che il popolo di Roma, che qui rappresento, ha scelto con voce unanime, nell’elezione per l’impero, Andronico detto il Pio6, per i suoi tanti e grandi meriti verso Roma. Uomo più nobile, guerriero più coraggioso, non vive oggi tra le
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Lives not this day within the city walls. He by the Senate is accited home From weary wars against the barbarous Goths, That with his sons, a terror to our foes, Hath yoked a nation strong, trained up in arms. Ten years are spent since first he undertook This cause of Rome, and chastisèd with arms Our enemies’ pride. Five times he hath returned Bleeding to Rome, bearing his valiant sons In coffins from the field. And now at last, laden with honour’s spoils, Returns the good Andronicus to Rome, Renownèd Titus, flourishing in arms. Let us entreat by honour of his name Whom worthily you would have now succeeded, And in the Capitol and Senate’s right, Whom you pretend to honour and adore, That you withdraw you and abate your strength, Dismiss your followers, and, as suitors should, Plead your deserts in peace and humbleness.
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40
45
SATURNINUS
How fair the Tribune speaks to calm my thoughts. BASSIANUS
Marcus Andronicus, so I do affy In thy uprightness and integrity, And so I love and honour thee and thine, Thy noble brother Titus and his sons, And her to whom my thoughts are humbled all, Gracious Lavinia, Rome’s rich ornament, That I will here dismiss my loving friends And to my fortunes and the people’s favour Commit my cause in balance to be weighed.
50
55
[Exeunt his soldiers and followers] 35. A questo punto Q1 prosegue con tre versi che intendono come già compiuto il sacrificio di Alarbo. Da Q2 in avanti sono stati omessi per coerenza con il resto della scena. Qui li si trova fra le “Aggiunte”, alla fine del testo. 26
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
mura della città. Il Senato lo ha richiamato in patria dalle gravose guerre contro i barbari Goti7, un popolo forte, esperto d’armi, che egli ha soggiogato insieme ai figli, terrore dei nemici. Dieci anni sono passati da quando ha preso in carico questa impresa per Roma, punendo con le armi l’orgoglio dei nemici. Cinque volte è tornato a Roma grondante di sangue per riportare nelle bare i figli valorosi caduti sul campo. Ora infine il bravo Andronico, il rinomato Tito, torna a Roma carico delle spoglie dell’onore, nel trionfo delle armi. Per l’onore di colui cui avreste voluto degnamente succedere e per i diritti del Campidoglio e del Senato che asserite di onorare e di venerare, vi prego quindi di ritirarvi e di rinunciare alla forza. Sciogliete le schiere e, come si conviene ai candidati, perorate la vostra causa in pace e umiltà. SATURNINO
Il tribuno parla così bene da placare i miei pensieri. BASSIANO
Marco Andronico, confido a tal punto nella tua onesta rettitudine, e a tal punto amo e onoro te e i tuoi, il tuo nobile fratello Tito, i suoi figli e colei alla quale ogni mio pensiero si inchina, la bella Lavinia, ricco ornamento di Roma, che congedo qui i miei devoti seguaci e rimetto la mia causa alla sorte e al favore del popolo, perché la soppesino equamente. [Escono i suoi soldati e il suo seguito]
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
SATURNINUS
Friends that have been thus forward in my right, I thank you all, and here dismiss you all, And to the love and favour of my country Commit myself, my person, and the cause. [Exeunt his soldiers and followers] (To the Tribunes and Senators) Rome, be as just and gracious unto me As I am confident and kind to thee. Open the gates and let me in.
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BASSIANUS
Tribunes, and me, a poor competitor. [Flourish.] They go up into the Senate House. Enter a Captain CAPTAIN
Romans, make way. The good Andronicus, Patron of virtue, Rome’s best champion, Successful in the battles that he fights, With honour and with fortune is returned From where he circumscribèd with his sword And brought to yoke the enemies of Rome.
65
Sound drums and trumpets, and then enter Martius and Mutius, two of Titus’ sons, and then [men bearing coffins] covered with black, then Lucius and Quintus, two other sons; then Titus Andronicus [in his chariot] and then Tamora the Queen of Goths and her sons Alarbus, Chiron, and Demetrius, with Aaron the Moor and others as many as can be. Then set down the [coffins], and Titus speaks TITUS
Hail, Rome, victorious in thy mourning weeds! Lo, as the bark that hath discharged his freight Returns with precious lading to the bay From whence at first she weighed her anchorage, Cometh Andronicus, bound with laurel bows, To re-salute his country with his tears, 28
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TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
SATURNINO
Amici, che mi avete dimostrato così tanto ardore, vi ringrazio e vi congedo qui tutti. All’amore e al favore del mio paese, rimetto me stesso, la mia persona e la mia causa. [Escono i suoi soldati e il suo seguito] (Ai tribuni e ai senatori) Roma, sii giusta e benevola con me quanto io sono fiducioso e cortese con te. Aprite le porte e fatemi entrare. BASSIANO
Fate entrare anche me, tribuni, un umile rivale. [Squilli di trombe.] Salgono in Senato Entra un capitano CAPITANO
Romani, fate largo. Il buon Andronico, paladino della virtù, miglior campione di Roma, vincitore di ogni battaglia che ingaggia, è tornato con onore e fortuna da dove ha arginato con la spada e messo al giogo i nemici di Roma. Suonano i tamburi e le trombe, poi entrano Marzio e Muzio, due dei figli di Tito, e dopo di loro [uomini che portano bare] rivestite di nero. Poi entrano Lucio e Quinto, altri due figli, quindi Tito Andronico [sul suo cocchio8 .] Seguono Tamora, la regina dei Goti, e i suoi tre figli, Alarbo, Chirone e Demetrio, con Aronne il Moro e quanti altri è possibile. Poi sono deposte [le bare] e prende la parola Tito TITO
Ave, Roma, vittoriosa negli abiti del lutto! Come il vascello che, deposto il carico, torna con merce preziosa alla baia da cui aveva levato le ancore, così viene Andronico, cinto d’alloro, per salutare
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Tears of true joy for his return to Rome. Thou great defender of this Capitol, Stand gracious to the rites that we intend. Romans, of five-and-twenty valiant sons, Half of the number that King Priam had, Behold the poor remains, alive and dead. These that survive let Rome reward with love; These that I bring unto their latest home, With burial amongst their ancestors. Here Goths have given me leave to sheathe my sword. Titus unkind, and careless of thine own, Why suffer’st thou thy sons unburied yet To hover on the dreadful shore of Styx? Make way to lay them by their brethren.
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86
They open the tomb There greet in silence as the dead are wont, And sleep in peace, slain in your country’s wars. O sacred receptacle of my joys, Sweet cell of virtue and nobility, How many sons hast thou of mine in store That thou wilt never render to me more!
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LUCIUS
Give us the proudest prisoner of the Goths, That we may hew his limbs and on a pile Ad manes fratrum sacrifice his flesh Before this earthy prison of their bones, That so the shadows be not unappeased, Nor we disturbed with prodigies on earth.
100
TITUS
I give him you, the noblest that survives, The eldest son of this distressèd Queen.
98. Manes: così in F3; in Q manus. Il latino è spesso scorretto nelle prime edizioni. 30
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
di nuovo la patria con le sue lacrime: lacrime di autentica gioia per il suo ritorno a Roma. Sommo difensore di questo Campidoglio9, presiedi benevolo i riti che celebriamo. Dei miei venticinque valorosi figli, metà di quanti ne ebbe Priamo10, osservate, Romani, tra vivi e morti, quanto poco mi resta. Roma ricompensi i superstiti con amore, e quelli che porto all’estrema dimora con la sepoltura insieme ai loro avi. I Goti mi hanno concesso di rinfoderare la spada. Crudele e incurante Tito, perché sopporti che i tuoi figli, ancora insepolti, vaghino sospesi lungo la spaventosa riva dello Stige11? Fate posto per deporli vicino ai fratelli. Aprono la tomba Salutatevi qui in silenzio, come si addice ai morti, e riposate in pace, caduti per la patria. Sacro scrigno12 delle mie gioie, dolce sepolcro di virtù e nobiltà, quanti dei miei figli tieni in serbo dentro di te che non mi renderai più13! LUCIO
Consegnaci il più fiero tra i prigionieri goti, così lo potremo squartare e ne potremo immolare le carni su un rogo, ad manes fratrum14, davanti alla prigione terrena delle loro ossa. In questo modo, le ombre non resteranno inappagate e nessuna apparizione verrà sulla terra a disturbarci. TITO
Vi do lui: è il più nobile tra i superstiti, il figlio maggiore di questa sciagurata regina.
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
TAMORA [kneeling]
Stay, Roman brethren! Gracious conqueror, Victorious Titus, rue the tears I shed – A mother’s tears in passion for her son – And if thy sons were ever dear to thee, O, think my son to be as dear to me! Sufficeth not that we are brought to Rome To beautify thy triumphs, and return Captive to thee and to thy Roman yoke; But must my sons be slaughtered in the streets For valiant doings in their country’s cause? O, if to fight for king and commonweal Were piety in thine, it is in these. Andronicus, stain not thy tomb with blood. Wilt thou draw near the nature of the gods? Draw near them then in being merciful. Sweet mercy is nobility’s true badge. Thrice-noble Titus, spare my first-born son.
105
110
115
120
TITUS
Patient yourself, madam, and pardon me. These are their brethren whom your Goths beheld Alive and dead, and for their brethren slain Religiously they ask a sacrifice. To this your son is marked, and die he must T’appease their groaning shadows that are gone.
125
LUCIUS
Away with him, and make a fire straight, And with our swords upon a pile of wood Let’s hew his limbs till they be clean consumed. Exeunt Titus’ sons with Alarbus TAMORA [rising]
O cruel irreligious piety! CHIRON
Was never Scythia half so barbarous.
32
130
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
TAMORA15 [inginocchiandosi]
Fermi, fratelli Romani! Clemente conquistatore, Tito vittorioso, abbi pietà delle lacrime che verso: sono le lacrime di una madre in pena16 per il figlio. Se mai i tuoi figli ti sono stati cari, pensa che il mio lo è altrettanto per me! Non basta l’averci portati a Roma per ornare il tuo trionfo, prigionieri tuoi e del giogo romano? I miei figli devono essere sgozzati in strada per avere difeso con coraggio la loro patria? Se per i tuoi fu devozione battersi per il re e per il paese, lo è anche per loro. Andronico, non macchiare la tua tomba di sangue. Vuoi avvicinarti alla natura degli dèi? Avvicinati ad essi nel mostrare clemenza17. La dolce clemenza è il segno che distingue la nobiltà d’animo. Tito, tre volte nobile, risparmia il mio primogenito. TITO
Calmati, signora, e perdonami. Questi sono i fratelli di quelli che i tuoi Goti hanno visto morire, e per i fratelli uccisi domandano devoti un sacrificio. È questo il destino di tuo figlio: deve morire per placare le ombre dolenti di chi non c’è più. LUCIO
Portatelo via e accendete subito un fuoco. Con le nostre spade, su una pila di legna, lo squarteremo fino a spolpargli le ossa. Escono i figli di Tito, con Alarbo TAMORA [alzandosi]
Devozione blasfema e crudele18! CHIRONE
Si è mai vista in Scizia19 una simile barbarie?
33
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
DEMETRIUS
Oppose not Scythia to ambitious Rome. Alarbus goes to rest, and we survive To tremble under Titus’ threat’ning look. Then, madam, stand resolved; but hope withal The selfsame gods that armed the Queen of Troy With opportunity of sharp revenge Upon the Thracian tyrant in his tent May favour Tamora, the Queen of Goths – When Goths were Goths and Tamora was queen – To quit her bloody wrongs upon her foes.
135
141
Enter Quintus, Marcus, Mutius, and Lucius, the sons of Andronicus, again, with bloody swords LUCIUS
See, lord and father, how we have performed Our Roman rites. Alarbus’ limbs are lopped And entrails feed the sacrificing fire, Whose smoke like incense doth perfume the sky. Remaineth naught but to inter our brethren And with loud ’larums welcome them to Rome.
145
TITUS
Let it be so, and let Andronicus Make this his latest farewell to their souls. [Flourish.] Then sound trumpets and lay the [coffins] in the tomb In peace and honour rest you here, my sons; Rome’s readiest champions, repose you here in rest, Secure from worldly chances and mishaps. Here lurks no treason, here no envy swells, Here grow no damnèd drugs, here are no storms, No noise, but silence and eternal sleep. In peace and honour rest you here, my sons. Enter Lavinia LAVINIA
In peace and honour live Lord Titus long, My noble lord and father, live in fame. 34
150
155
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
DEMETRIO
Non paragonare la Scizia all’ambizione di Roma. Alarbo è diretto all’eterno riposo, mentre noi viviamo ancora, per tremare sotto lo sguardo minaccioso di Tito. Quindi resta forte, signora, e spera nei medesimi dèi che diedero alla regina di Troia occasione di aspra 20 vendetta sul tiranno di Tracia nella sua tenda21. Spera che aiutino Tamora, regina dei Goti, quando i Goti erano Goti e Tamora era regina, a ripagare i suoi nemici dei loro torti cruenti. Rientrano i figli di Andronico, Quinto, Marco, Muzio e Lucio, con le spade insanguinate LUCIO
Guarda, signore e padre, come abbiamo compiuto i nostri riti romani: le membra di Alarbo sono mozzate e le viscere nutrono il fuoco del sacrificio, che come incenso impregna il cielo di fumo. Non resta che seppellire i fratelli e, dando fiato alle trombe, accoglierli a Roma. TITO
Che sia così, e che sia Andronico a dare l’ultimo addio alle loro anime. [Fanfara] seguita da suono di trombe: le [bare] vengono deposte nel sepolcro In pace e onore riposate qui, figli miei. Valenti campioni di Roma, abbiate pace qui, al sicuro dalla sorte e dalle sventure terrene. Qui non si celano inganni né si gonfiano invidie, non crescono veleni maledetti né infuriano le tempeste. Nessun rumore, soltanto silenzio e sonno eterno. In pace e onore riposate qui, figli miei22. Entra Lavinia LAVINIA
In pace e onore viva a lungo Tito. Mio nobile signore e padre, vivi nella gloria! Ecco, su questa tomba verso il mio pianto in tributo23
35
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Lo, at this tomb my tributary tears I render for my brethren’s obsequies, (Kneeling) And at thy feet I kneel with tears of joy Shed on this earth for thy return to Rome. O, bless me here with thy victorious hand, Whose fortunes Rome’s best citizens applaud.
160
TITUS
Kind Rome, that hast thus lovingly reserved The cordial of mine age to glad my heart! Lavinia, live; outlive thy father’s days And fame’s eternal date, for virtue’s praise.
165
[Lavinia rises] MARCUS [aloft]
Long live Lord Titus, my belovèd brother, Gracious triumpher in the eyes of Rome!
170
TITUS
Thanks, gentle Tribune, noble brother Marcus. MARCUS
And welcome, nephews, from successful wars, You that survive and you that sleep in fame. Fair lords, your fortunes are alike in all, That in your country’s service drew your swords, But safer triumph is this funeral pomp That hath aspired to Solon’s happiness And triumphs over chance in honour’s bed. Titus Andronicus, the people of Rome, Whose friend in justice thou hast ever been, Send thee by me, their tribune and their trust, This palliament of white and spotless hue, And name thee in election for the empire With these our late-deceasèd emperor’s sons. Be candidatus then, and put it on, And help to set a head on headless Rome.
175
180
185
160. Obsequies: nell’unica copia nota di Q1, una correzione a mano ad esso contemporanea sostituisce il termine con exequies (= “esequie”). 36
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
alle esequie dei fratelli (si inginocchia) e mi prostro ai tuoi piedi con lacrime di gioia sparse al suolo per il tuo ritorno a Roma. Oh, benedicimi con la tua mano vittoriosa, alle cui gesta plaudono i migliori cittadini di Roma. TITO
Sei gentile, Roma, ad aver serbato la gioia dei miei anni con tanta premura per rallegrarmi il cuore24! Lavinia, vivi: sopravvivi a tuo padre e, per merito della virtù, al tempo eterno della fama. [Lavinia si alza] MARCO [in alto]
Lunga vita a te, Tito, signore e amato fratello, nobile trionfatore al cospetto di Roma! TITO
Grazie, gentile tribuno, nobile fratello Marco. MARCO
E bentornati, nipoti, da guerre vittoriose: voi che siete vivi e voi che riposate nella gloria. I vostri destini sono del tutto identici, nobili signori, poiché avete sguainato la spada per servire la patria. Ma questo rito funebre è un trionfo più certo per chi ha aspirato alla felicità di Solone25 e ha vinto la sorte nel letto dell’onore. Tito Andronico, il popolo di Roma, di cui sei sempre stato giusto amico, ti manda per mia mano, suo tribuno fidato, questo pallio26 bianco e immacolato e ti presenta all’elezione per l’impero insieme ai figli del nostro defunto imperatore. Sii candidato27, dunque: vesti il pallio, e aiuta a dare un capo a Roma senza capo28.
37
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
TITUS
A better head her glorious body fits Than his that shakes for age and feebleness. What should I don this robe and trouble you? – Be chosen with proclamations today, Tomorrow yield up rule, resign my life, And set abroad new business for you all. Rome, I have been thy soldier forty years, And led my country’s strength successfully, And buried one-and-twenty valiant sons Knighted in field, slain manfully in arms In right and service of their noble country. Give me a staff of honour for mine age, But not a sceptre to control the world. Upright he held it, lords, that held it last.
190
195
200
MARCUS
Titus, thou shall obtain and ask the empery. SATURNINUS
Proud and ambitious Tribune, canst thou tell? TITUS
Patience, Prince Saturninus. Romans, do me right. Patricians, draw your swords, and sheathe them not Till Saturninus be Rome’s emperor. Andronicus, would thou were shipped to hell Rather than rob me of the people’s hearts!
SATURNINUS
205
LUCIUS
Proud Saturnine, interrupter of the good That noble-minded Titus means to thee. TITUS
Content thee, Prince. I will restore to thee The people’s hearts, and wean them from themselves.
189. Qui what sta per why = “perché”. 38
210
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
TITO
Il suo corpo glorioso merita un capo migliore di questo che scricchiola per età e debolezze. Perché indossare questa tunica e causarvi affanni? Oggi essere scelto con proclami e domani cedere il comando e lasciare la vita, procurando nuovi travagli a voi tutti? Roma, sono stato tuo soldato per quarant’anni, ho guidato con successo le forze del paese e seppellito ventuno figli valorosi, decorati sul campo29 e morti da uomini, mentre servivano in armi la nobile patria. Datemi un bastone d’onore per la vecchiaia, invece di uno scettro per controllare il mondo. Ben lo tenne, signori, chi lo tenne per ultimo. MARCO
Chiedi l’impero, Tito, e lo otterrai. SATURNINO
Come puoi dirlo, tribuno arrogante e presuntuoso? TITO
Calma, principe Saturnino. SATURNINO
Romani, rendetemi giustizia. Sguainate le spade, patrizi, e non rinfoderatele finché Saturnino non sarà imperatore di Roma. Vorrei che tu fossi salpato per l’inferno, Andronico, invece di star qui a rubarmi i cuori del popolo! LUCIO
Superbo Saturnino, così impedisci il bene che il nobile Tito ha in mente per te! TITO
Rasserenati, principe. Svierò il popolo da se stesso e te ne riporterò i cuori.
39
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
BASSIANUS
Andronicus, I do not flatter thee But honour thee, and will do till I die. My faction if thou strengthen with thy friends I will most thankful be; and thanks to men Of noble minds is honourable meed.
215
TITUS
People of Rome, and people’s tribunes here, I ask your voices and your suffrages. Will ye bestow them friendly on Andronicus? TRIBUNES
To gratify the good Andronicus And gratulate his safe return to Rome The people will accept whom he admits.
220
TITUS
Tribunes, I thank you, and this suit I make: That you create our emperor’s eldest son Lord Saturnine, whose virtues will, I hope, Reflect on Rome as Titan’s rays on earth, And ripen justice in this commonweal. Then if you will elect by my advice, Crown him and say, ‘Long live our Emperor!’
225
MARCUS
With voices and applause of every sort, Patricians and plebeians, we create Lord Saturninus Rome’s great emperor, And say, ‘Long live our Emperor Saturnine!’
230
[A long flourish while Marcus and the other Tribunes, with Saturninus and Bassianus, come down. Marcus invests Saturninus in the white palliament and hands him a sceptre]
231-233. Patricians ... Lord ... And: così in Q2; in corrispondenza di queste parole, l’unica copia di Q1 è danneggiata. 40
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
BASSIANO
Andronico, non ti lusingo, ma ti onoro e lo farò fino alla morte. Se rafforzi la mia fazione con i tuoi amici, te ne sarò molto grato, e la gratitudine, per chi è nobile d’animo, è una degna ricompensa. TITO
Popolo di Roma e tribuni del popolo, chiedo qui la vostra voce e i vostri voti: volete affidarli all’amico Andronico? TRIBUNI
Per compiacere il buon Andronico e festeggiare il suo felice ritorno a Roma, il popolo accetterà il suo prescelto. TITO
Tribuni, vi ringrazio e avanzo questa richiesta: eleggete il figlio primogenito del nostro imperatore, Saturnino. Le sue virtù, mi auguro, splenderanno su Roma come i raggi di Titano30 sulla terra, facendo maturare nello stato la giustizia31. Perciò, se vorrete votare secondo il mio consiglio, incoronate lui e dite: “Lunga vita al nostro imperatore!”. MARCO
Patrizi e plebei, con voci e applausi di ogni ceto, proclamiamo Saturnino grande imperatore di Roma, dicendo: “Lunga vita al nostro imperatore Saturnino!”. [Lunghi squilli di tromba mentre Marco e altri tribuni scendono in basso con Saturnino e Bassiano. Marco insignisce Saturnino con il pallio bianco dell’investitura e gli porge uno scettro]
41
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
SATURNINUS
Titus Andronicus, for thy favours done To us in our election this day I give thee thanks in part of thy deserts, And will with deeds requite thy gentleness. And for an onset, Titus, to advance Thy name and honourable family, Lavinia will I make my empress, Rome’s royal mistress, mistress of my heart, And in the sacred Pantheon her espouse. Tell me, Andronicus, doth this motion please thee?
235
240
TITUS
It doth, my worthy lord, and in this match I hold me highly honoured of your grace, And here in sight of Rome to Saturnine, King and commander of our commonweal, The wide world’s emperor, do I consecrate My sword, my chariot, and my prisoners – Presents well worthy Rome’s imperious lord. Receive them, then, the tribute that I owe, Mine honour’s ensigns humbled at thy feet.
245
250
SATURNINUS
Thanks, noble Titus, father of my life. How proud I am of thee and of thy gifts Rome shall record; and when I do forget The least of these unspeakable deserts, Romans, forget your fealty to me. TITUS (to Tamora) Now, madam, are you prisoner to an emperor, To him that for your honour and your state Will use you nobly, and your followers. SATURNINUS
A goodly lady, trust me, of the hue That I would choose were I to choose anew. Clear up, fair queen, that cloudy countenance.
42
255
260
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
SATURNINO
Tito Andronico, per i favori che ci hai concesso oggi, nel giorno della nostra elezione, ti rendo fin d’ora grazie dei tuoi meriti, e compenserò la tua generosità con i fatti. Per iniziare, Tito, e innalzare il tuo nome e la tua nobile famiglia, farò di Lavinia la mia imperatrice, regale signora di Roma, signora del mio cuore, e nel sacro Pantheon la sposerò. Dimmi, Andronico, approvi questa proposta? TITO
Sì, mio degno signore, e per questa unione mi ritengo assai onorato da vostra grazia. Qui, al cospetto di Roma, consacro a Saturnino, sovrano e comandante della nostra nazione, imperatore del mondo intero, la mia spada, il mio cocchio32 e i miei prigionieri. Sono doni assai degni del signore imperiale di Roma: accoglili dunque come un tributo dovuto, le insegne del mio onore che si prostra ai tuoi piedi. SATURNINO
Grazie, nobile Tito, padre della mia vita. Roma sarà testimone di quanto sia fiero di te e dei tuoi doni: se dimenticassi il più infimo dei tuoi inestimabili meriti, voi, Romani, dimenticate la fedeltà33 che mi dovete. TITO (a Tamora) Ora, signora, sei prigioniera di un imperatore, che in onore al tuo rango tratterà nobilmente sia te che il tuo seguito. SATURNINO
Una donna davvero attraente! Del tipo che sceglierei se dovessi scegliere ancora. Bella regina, scaccia le nubi dal tuo volto. An-
43
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Though chance of war hath wrought this change of cheer, Thou com’st not to be made a scorn in Rome. Princely shall be thy usage every way. Rest on my word, and let not discontent Daunt all your hopes. Madam, he comforts you Can make you greater than the Queen of Goths. Lavinia, you are not displeased with this?
265
270
LAVINIA
Not I, my lord, sith true nobility Warrants these words in princely courtesy. SATURNINUS
Thanks, sweet Lavinia. Romans, let us go. Ransomless here we set our prisoners free. Proclaim our honours, lords, with trump and drum. [Flourish. Exeunt Saturninus, Tamora, Demetrius, Chiron, and Aaron the Moor] BASSIANUS
Lord Titus, by your leave, this maid is mine.
276
TITUS
How, sir, are you in earnest then, my lord? BASSIANUS
Ay, noble Titus, and resolved withal To do myself this reason and this right. MARCUS
Suum cuique is our Roman justice. This prince in justice seizeth but his own.
280
LUCIUS
And that he will and shall, if Lucius live. TITUS
Traitors, avaunt! Where is the Emperor’s guard? 264. Chance: così in Q2; in Q1 change = “cambiamento”. 271. Sith è forma arcaica di since = “poiché”. 283. A questo punto Q1 prosegue con tre versi in cui Saturnino è informato del ratto di Lavinia e pretende di sapere il nome del colpevole, ricevendo risposta da Bassiano, che dichiara di essere nel suo diritto, 44
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
che se l’esito della guerra ha mutato il tuo umore, non sei venuta a Roma per essere disprezzata. Sarai trattata sotto ogni riguardo come una principessa. Confida in ciò che dico e vieta all’amarezza di avvilire le tue speranze. Signora, chi ti consola può renderti più grande che regina dei Goti. Lavinia, ti dispiace ciò che dico? LAVINIA
No, mio signore. La cortesia di queste parole è garantita da vera nobiltà. SATURNINO
Grazie, dolce Lavinia. Romani, andiamo. I prigionieri siano rilasciati qui senza riscatto. Signori, proclamate il nostro rango con tamburi e trombe. [Squilli di tromba. Escono Saturnino, Tamora, Demetrio, Chirone e Aronne il Moro] BASSIANO
Tito, con il tuo permesso, questa ragazza è mia. TITO
Cosa, signore? Fai sul serio? BASSIANO
Sì, nobile Tito, e sono deciso a far valere le mie ragioni e il mio diritto. MARCO
La giustizia romana afferma: suum cuique34. Questo principe prende soltanto ciò che, secondo giustizia, gli spetta. LUCIO
E quel che vuole avrà35, finché Lucio vive. TITO
Traditori, indietro! Dov’è la guardia dell’Imperatore?
45
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
MUTIUS
Brothers, help to convey her hence away, And with my sword I’ll keep this door safe.
285
Exeunt Bassianus, Marcus, Quintus, and Martius, with Lavinia (To Titus) My lord, you pass not here. What, villain boy,
TITUS
Barr’st me my way in Rome? He attacks Mutius MUTIUS
Help, Lucius, help!
Titus kills him LUCIUS (to Titus)
My lord, you are unjust; and more than so, In wrongful quarrel you have slain your son. TITUS
Nor thou nor he are any sons of mine. My sons would never so dishonour me. Traitor, restore Lavinia to the Emperor.
290
LUCIUS
Dead, if you will, but not to be his wife That is another’s lawful promised love. Exit with Mutius’ body Enter aloft Saturninus the Emperor with Tamora and Chiron and Demetrius, her two sons, and Aaron the Moor TITUS
Follow, my lord, and I’ll soon bring her back.
295
SATURNINUS
No, Titus, no. The Emperor needs her not, Nor her, nor thee, nor any of thy stock. I’ll trust by leisure him that mocks me once, poiché Lavinia si è promessa a lui. Il passo è espunto nella convinzione che Shakespeare, dopo aver inserito l’episodio dell’uccisione di Muzio, intendesse eliminarlo. Qui lo si trova fra le “Aggiunte”, alla fine del testo. 295. Nelle prime edd., questo verso si legge tra i vv. 285 e 286. 46
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
MUZIO
Fratelli, aiutatemi a portarla via, mentre la mia spada starà a guardia di questa porta. Escono Bassiano, Marco, Quinto e Marzio con Lavinia (a Tito) Mio signore, di qui non passi. TITO
Cosa, canaglia? Mi sbarri la strada a Roma? Attacca Muzio MUZIO
Aiuto, Lucio, aiuto! Tito lo uccide LUCIO (a Tito)
Mio signore, sei nel torto, e anche peggio: in una lite ingiusta, hai ucciso tuo figlio. TITO
Né tu né lui siete figli miei. I miei figli non mi avrebbero mai disonorato in questo modo. Traditore, restituisci Lavinia all’imperatore. LUCIO
Morta, se vuoi, ma non per essere sua moglie, poiché è la legittima promessa sposa di un altro. Esce con il cadavere di Muzio Entra in alto l’imperatore Saturnino con Tamora, i suoi due figli, Chirone e Demetrio, e Aronne il Moro TITO
Seguimi, mio signore, la riporterò subito qui. SATURNINO
No, Tito, no. L’imperatore non ha bisogno di lei. Né di lei, né di te, né di altri della tua schiatta. Potrei forse fidarmi di chi mi ha
47
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Thee never, nor thy traitorous haughty sons, Confederates all thus to dishonour me. Was none in Rome to make a stale But Saturnine? Full well, Andronicus, Agree these deeds with that proud brag of thine That saidst I begged the empire at thy hands.
300
TITUS
O monstrous, what reproachful words are these?
305
SATURNINUS
But go thy ways, go give that changing piece To him that flourished for her with his sword. A valiant son-in-law thou shalt enjoy, One fit to bandy with thy lawless sons, To ruffle in the commonwealth of Rome.
310
TITUS
These words are razors to my wounded heart. SATURNINUS
And therefore, lovely Tamora, Queen of Goths, That like the stately Phoebe ’mongst her nymphs Dost overshine the gallant’st dames of Rome, If thou be pleased with this my sudden choice, Behold, I choose thee, Tamora, for my bride, And will create thee Empress of Rome. Speak, Queen of Goths, dost thou applaud my choice? And here I swear by all the Roman gods, Sith priest and holy water are so near, And tapers burn so bright, and everything In readiness for Hymenaeus stand, I will not re-salute the streets of Rome, Or climb my palace, till from forth this place I lead espoused my bride along with me. TAMORA
And here, in sight of heaven, to Rome I swear If Saturnine advance the Queen of Goths She will a handmaid be to his desires, A loving nurse, a mother to his youth.
48
315
320
325
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
beffato una volta, ma non di te e dei tuoi figli infidi e protervi, assieme complici nel disonorarmi. Non c’era a Roma nessun altro da prendere a zimbello36? Soltanto Saturnino? Molto bene, Andronico, questi fatti si accordano alla tua arrogante vanteria, secondo cui avrei mendicato l’impero dalle tue mani. TITO
Che assurdità! Che rimproveri sono questi? SATURNINO
Va’ pure per la tua strada. Va’ e da’ quella volubile senza valore37 a chi per lei ha fatto tanto fracasso con la spada: ti godrai un genero intrepido, buono a brigare con quei banditi dei tuoi figli e ad accendere tumulti nello stato di Roma. TITO
Queste parole sono rasoi per il mio cuore ferito. SATURNINO
Pertanto, bella Tamora, regina dei Goti, che superi in splendore le più aggraziate dame romane, come la solenne Febe38 tra le sue ninfe, se ti è gradita questa mia scelta improvvisa, ecco, ti prendo in sposa e ti farò imperatrice di Roma. Parla, regina dei Goti, approvi la mia scelta? Su tutti gli dèi romani, poiché prete e acqua santa39 sono così vicini, le candele bruciano di luce e tutto è pronto per Imeneo40, giuro che non rivedrò le strade di Roma, né salirò a palazzo, finché non avrò sposato e portato via con me mia moglie. TAMORA
E qui, al cospetto dei cieli, io giuro a Roma che, se Saturnino la innalza, la regina dei Goti sarà l’ancella dei suoi desideri, nutrice affettuosa e madre dei suoi figli.
49
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
SATURNINUS
Ascend, fair Queen, Pantheon. Lords, accompany Your noble emperor and his lovely bride, Sent by the heavens for Prince Saturnine, Whose wisdom hath her fortune conquerèd. There shall we consummate our spousal rites.
330
Exeunt all but Titus TITUS
I am not bid to wait upon this bride. Titus, when wert thou wont to walk alone, Dishonoured thus and challengèd of wrongs?
335
Enter Marcus and Titus’ sons Lucius, Quintus, and Martius, [carrying Mutius’ body] MARCUS
O Titus, see, O see what thou hast done – In a bad quarrel slain a virtuous son. TITUS
No, foolish Tribune, no; no son of mine, Nor thou, nor these, confederates in the deed That hath dishonoured all our family; Unworthy brother and unworthy sons!
340
LUCIUS
But let us give him burial as becomes, Give Mutius burial with our brethren.
345
TITUS
Traitors, away, he rests not in this tomb. This monument five hundred years hath stood, Which I have sumptuously re-edified. Here none but soldiers and Rome’s servitors Repose in fame, none basely slain in brawls. Bury him where you can; he comes not here. MARCUS
My lord, this is impiety in you. My nephew Mutius’ deeds do plead for him. He must be buried with his brethren.
50
350
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
SATURNINO
Sali al Pantheon, bella regina. Signori, accompagnate il vostro nobile imperatore e la sua cara sposa mandatagli dai cieli, che con saggezza ha vinto la sorte. Celebreremo lì i nostri riti nuziali. Escono tutti tranne Tito TITO
Non mi chiamano a seguire la sposa. Quando ti è capitato, Tito, di restare così solo, disonorato e carico di torti41? Rientrano Marco e i figli di Tito, Lucio, Quinto e Marzio, [portando il cadavere di Muzio] MARCO
Guarda, Tito, guarda cos’hai fatto! In una lite ingiusta hai ucciso un figlio virtuoso. TITO
No, sciocco tribuno, no. Non era figlio mio, né lo sei tu, né questi, complici nell’azione che ha disonorato la nostra famiglia. Fratello indegno e indegni figli! LUCIO
Ma seppelliamolo come si conviene. Seppelliamo Muzio con i nostri fratelli. TITO
Via, traditori! Non riposerà in questa tomba42. Questo sepolcro ha retto per cinquecento anni e io l’ho restaurato sontuosamente. Soltanto soldati e servitori di Roma riposano qui nella gloria; nessuno ucciso in ignobili risse. Seppellitelo dove potete: qui non entra. MARCO
Mio signore, questo è empio da parte tua. Le gesta di mio nipote Muzio parlano per lui: deve essere sepolto insieme ai suoi fratelli.
51
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
[QUINTUS and MARTIUS] And shall, or him we will accompany.
355
TITUS
‘And shall’? What villain was it spake that word? [QUINTUS] He that would vouch it in any place but here. TITUS
What, would you bury him in my despite? MARCUS
No, noble Titus, but entreat of thee To pardon Mutius and to bury him.
360
TITUS
Marcus, even thou hast struck upon my crest, And with these boys mine honour thou hast wounded. My foes I do repute you every one, So trouble me no more, but get you gone. [MARTIUS] He is not with himself, let us withdraw. [QUINTUS] Not I, till Mutius’ bones be burièd.
365
Marcus, Lucius, Quintus, and Martius kneel MARCUS
Brother, for in that name doth nature plead – [QUINTUS] Father, and in that name doth nature speak – TITUS
Speak thou no more, if all the rest will speed. MARCUS
Renownèd Titus, more than half my soul – LUCIUS
Dear father, soul and substance of us all – MARCUS
Suffer thy brother Marcus to inter His noble nephew here in virtue’s nest, That died in honour and Lavinia’s cause. 52
370
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
[QUINTO e MARZIO] E lo sarà, o noi lo seguiremo. TITO
“E lo sarà!” Quale canaglia ha pronunciato queste parole43? [QUINTO] Uno pronto a risponderne ovunque, tranne qui. TITO
Cosa? Vorreste seppellirlo senza il mio consenso? MARCO
No, nobile Tito, solo supplicarti di perdonare Muzio e seppellirlo. TITO
Marco, anche tu mi hai colpito sulla cresta dell’elmo, ferendo il mio onore insieme a questi ragazzi. Vi reputo tutti nemici, quindi non seccatemi e andate via. [MARZIO] È fuori di sé, ritiriamoci. [QUINTO] Non io, finché le ossa di Muzio non saranno sepolte. Marco, Lucio, Quinto e Marzio si inginocchiano MARCO
Fratello, è la natura stessa che implora a suo nome… [QUINTO] Padre, è la natura stessa che parla a suo nome… TITO
Non dire altro, se dovete farlo. MARCO
Illustre Tito, anima mia… LUCIO
Caro padre, anima e sostanza di tutti noi... MARCO
Concedi a tuo fratello Marco di seppellire in questo nido di virtù il suo nobile nipote, morto con onore per Lavinia. Sei un Roma-
53
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Thou art a Roman; be not barbarous. The Greeks upon advice did bury Ajax, That slew himself; and wise Laertes’ son Did graciously plead for his funerals. Let not young Mutius then, that was thy joy, Be barred his entrance here. TITUS Rise, Marcus, rise. The dismall’st day is this that e’er I saw, To be dishonoured by my sons in Rome. Well, bury him, and bury me the next.
375
380
They put Mutius in the tomb LUCIUS
There lie thy bones, sweet Mutius, with thy friends’, Till we with trophies do adorn thy tomb. ALL [BUT TITUS] (kneeling) No man shed tears for noble Mutius; He lives in fame, that died in virtue’s cause.
385
Exeunt [all but Marcus and Titus] MARCUS
My lord – to step out of these dreary dumps – How comes it that the subtle Queen of Goths Is of a sudden thus advanced in Rome?
390
TITUS
I know not, Marcus, but I know it is – Whether by device or no, the heavens can tell. Is she not then beholden to the man That brought her for this high good turn so far? [MARCUS] Yes, and will nobly him remunerate. [Flourish.] Enter the Emperor Saturninus, Tamora, and her two sons (Chiron and Demetrius), with Aaron the Moor at one door. Enter at the other door Bassianus and Lavinia with [Lucius, Quintus, and Martius] 395. Yes ... remunerate: così in F; assente in Q. 54
395
TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
no, non agire da barbaro. I Greci ebbero giudizio nel seppellire Aiace, che pure si era ucciso, e il saggio figlio di Laerte ne chiese nobilmente i funerali44. Dunque non sbarrare l’ingresso al giovane Muzio, che era la tua gioia45. TITO
Alzati, Marco, alzati. Questo è il giorno più cupo che abbia mai visto: essere disonorato dai miei figli a Roma. Bene, seppellitelo, poi seppellite me. Mettono Muzio nella tomba LUCIO
Le tue ossa riposino qui tra i tuoi amici, dolce Muzio, finché non avremo ornato la tua tomba di trofei. TUTTI [TRANNE TITO] (inginocchiandosi) Nessuno versi lacrime per il nobile Muzio: vive nella gloria, poiché è morto per la virtù. Escono [tutti tranne Marco e Tito] MARCO
Mio signore, per scacciare queste cupe malinconie46: com’è accaduto che la scaltra regina dei Goti si sia trovata d’un colpo così in alto a Roma? TITO
Non lo so, Marco, ma so che è così: se c’è stata qualche trama, solo il cielo può dirlo. Non lo deve all’uomo che l’ha portata a questa svolta felice? [MARCO] Già, e lo ripagherà nobilmente. [Squilli di tromba.] Da una porta entrano l’imperatore, Tamora e i suoi due figli (Chirone e Demetrio), con Aronne il Moro. Dall’altra porta entrano Bassiano e Lavinia, con [Lucio, Quinto e Marzio]
55
TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
SATURNINUS
So, Bassianus, you have played your prize. God give you joy, sir, of your gallant bride. BASSIANUS
And you of yours, my lord. I say no more, Nor wish no less; and so I take my leave. SATURNINUS
Traitor, if Rome have law or we have power, Thou and thy faction shall repent this rape.
400
BASSIANUS
‘Rape’ call you it, my lord, to seize my own – My true betrothèd love, and now my wife? But let the laws of Rome determine all; Meanwhile am I possessed of that is mine.
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SATURNINUS
’Tis good, sir; you are very short with us. But if we live we’ll be as sharp with you. BASSIANUS
My lord, what I have done, as best I may Answer I must, and shall do with my life. Only thus much I give your grace to know: By all the duties that I owe to Rome, This noble gentleman, Lord Titus here, Is in opinion and in honour wronged, That, in the rescue of Lavinia, With his own hand did slay his youngest son In zeal to you, and highly moved to wrath To be controlled in that he frankly gave. Receive him then to favour, Saturnine, That hath expressed himself in all his deeds A father and a friend to thee and Rome. TITUS
Prince Bassianus, leave to plead my deeds. ’Tis thou and those that have dishonoured me. [He kneels]
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TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
SATURNINO
E così, Bassiano, ti sei preso il tuo premio47: Dio ti dia gioia con la tua bella sposa. BASSIANO
E a te con la tua, mio signore! Non dico di più né ti auguro meno, e me ne vado. SATURNINO
Traditore, se Roma ha una legge o noi del potere, tu e i tuoi amici vi pentirete di questo rapimento48. BASSIANO
Chiami rapimento, sire, prendere ciò che è mio? Il mio sincero promesso amore, ora mia moglie? Siano le leggi di Roma a deciderlo. Intanto mi tengo il mio possesso. SATURNINO
Bene, signore. Tagli corto con noi, ma, se vivremo, noi saremo altrettanto taglienti con te49. BASSIANO
Di quanto ho fatto, sire, devo rispondere come meglio posso, e lo farò con la mia vita. Solo questo vorrei che sapesse vostra grazia. Per tutto ciò che devo a Roma, il nobile gentiluomo qui presente, Tito, è stato offeso nella stima e nell’onore. Tentando di riprendere Lavinia, ha ucciso con le sue mani il suo figlio più giovane, per zelo verso di te e per la gran collera di vedere ghermito il suo dono generoso. Ammettilo dunque nel tuo favore, Saturnino, poiché in ogni sua azione si è dimostrato un padre e un amico per te e per Roma. TITO
Principe Bassiano, smetti di difendere le mie azioni. Sei tu, insieme a loro, ad avermi disonorato. [Si inginocchia]
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Rome and the righteous heavens be my judge How I have loved and honoured Saturnine! TAMORA (to Saturninus) My worthy lord, if ever Tamora Were gracious in those princely eyes of thine, Then hear me speak indifferently for all; And at my suit, sweet, pardon what is past.
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SATURNINUS
What, madam – be dishonoured openly And basely put it up without revenge?
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TAMORA
Not so, my lord. The gods of Rome forfend I should be author to dishonour you. But on mine honour dare I undertake For good lord Titus’ innocence in all, Whose fury not dissembled speaks his griefs. Then at my suit look graciously on him. Lose not so noble a friend on vain suppose, Nor with sour looks afflict his gentle heart.
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(Aside to Saturninus) My lord, be ruled by me, be won at last, Dissemble all your griefs and discontents. You are but newly planted in your throne; Lest then the people, and patricians too, Upon a just survey take Titus’ part, And so supplant you for ingratitude, Which Rome reputes to be a heinous sin, Yield at entreats; and then let me alone: I’ll find a day to massacre them all, And raze their faction and their family, The cruel father and his traitorous sons To whom I suèd for my dear son’s life, And make them know what ’tis to let a queen Kneel in the streets and beg for grace in vain. (Aloud) Come, come, sweet Emperor; come, Andronicus, 58
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TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
Siano Roma e i giusti cieli a giudicare quanto ho amato e onorato Saturnino! TAMORA (a Saturnino) Mio degno signore, se mai Tamora ha trovato grazia ai tuoi occhi di principe, ascolta le mie parole imparziali e, su mia supplica, caro, perdona il passato. SATURNINO
Cosa, signora? Essere apertamente disonorato e per viltà rinfoderare la vendetta? TAMORA
Non dico questo, mio signore. Gli dèi di Roma non vogliano che sia l’autrice del tuo discredito. Ma, sul mio onore, oso garantire la completa innocenza del buon Tito, la cui aperta furia rivela le sue pene. Ti supplico pertanto di guardarlo con benevolenza. Non perdere un nobile amico per un vano sospetto e non tormentare con aspri sguardi il suo cuore gentile. (A parte a Saturnino) Mio signore, lasciati guidare e datti per vinto; dissimula dolori e scontentezze. Solo da poco hai messo le tue radici sul trono: evita dunque che il popolo e i patrizi, esaminate le circostanze, si schierino dalla parte di Tito e ti soppiantino per ingratitudine, un peccato che Roma reputa odioso50. Cedi alle suppliche e lascia fare a me. Troverò io un giorno per massacrarli tutti e annientare il loro partito e la loro famiglia, il padre crudele e gli infidi figli, che supplicai per la vita del mio figlio adorato. Mostrerò loro cosa significa costringere per strada una regina a implorare invano in ginocchio. (A tutti) Vieni, vieni, dolce imperatore. Vieni, Andronico. Solleva questo nobile
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TITUS ANDRONICUS, ACT 1 SCENE 1
Take up this good old man, and cheer the heart That dies in tempest of thy angry frown.
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SATURNINUS
Rise, Titus, rise; my empress hath prevailed. TITUS (rising)
I thank your majesty and her, my lord, These words, these looks, infuse new life in me. TAMORA
Titus, I am incorporate in Rome, A Roman now adopted happily, And must advise the Emperor for his good. This day all quarrels die, Andronicus; And let it be mine honour, good my lord, That I have reconciled your friends and you. For you, Prince Bassianus, I have passed My word and promise to the Emperor That you will be more mild and tractable. And fear not, lords, and you, Lavinia; By my advice, all humbled on your knees, You shall ask pardon of his majesty.
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[Bassianus], Lavinia, Lucius, Quintus, and Martius kneel [LUCIUS] We do, and vow to heaven and to his highness That what we did was mildly as we might, Tend’ring our sister’s honour and our own. MARCUS [kneeling] That on mine honour here do I protest. SATURNINUS
Away, and talk not, trouble us no more. TAMORA
Nay, nay, sweet Emperor, we must all be friends. The Tribune and his nephews kneel for grace. I will not be denied; sweetheart, look back.
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TITO ANDRONICO, ATTO I SCENA 1
vecchio e rallegrane il cuore, che muore nella tempesta del tuo sdegno accigliato. SATURNINO
Alzati, Tito, alzati. La mia imperatrice ha vinto. TITO (alzandosi)
Ringrazio vostra maestà, e lei, mio signore. Queste parole, questi sguardi mi infondono nuova vita. TAMORA
Tito, sono entrata nel corpo di Roma, ormai sono romana per felice adozione51 e devo consigliare l’imperatore per il suo bene. Oggi cessa ogni contesa, Andronico, ed è per me un onore, mio buon signore, aver riconciliato te e i tuoi amici. Quanto a te, principe Bassiano, ho dato la mia parola all’imperatore che sarai più docile e mite. Non temete, signori. Non temere, Lavinia. Su mio consiglio, umilmente in ginocchio, chiedete tutti perdono a sua maestà. [Bassiano], Lavinia, Lucio, Quinto e Marzio si inginocchiano [LUCIO] Chiediamo perdono. E giuriamo al cielo e a sua altezza che quanto abbiamo fatto è stato fatto con moderazione, per l’onore di nostra sorella e per il nostro. MARCO [inginocchiandosi] Sul mio onore, confermo lo stesso. SATURNINO
Via, e non dite oltre. Non seccateci più. TAMORA
No, no, dolce imperatore, dobbiamo essere tutti amici. Il tribuno e i suoi nipoti sono in ginocchio per la grazia. Non accetto dinieghi. Dolce amore, vòltati.
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 1
SATURNINUS
Marcus, for thy sake and thy brother’s here, And at my lovely Tamora’s entreats, I do remit these young men’s heinous faults. Stand up!
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Marcus, Bassianus, Lavinia, and Titus’ sons stand Lavinia, though you left me like a churl, I found a friend, and sure as death I swore I would not part a bachelor from the priest. Come, if the Emperor’s court can feast two brides You are my guest, Lavinia, and your friends. This day shall be a love-day, Tamora.
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TITUS
Tomorrow an it please your majesty To hunt the panther and the hart with me, With horn and hound we’ll give your grace bonjour. SATURNINUS
Be it so, Titus, and gramercy, too.
[Flourish. Exeunt]
[Enter Aaron alone]
2.1 AARON
Now climbeth Tamora Olympus’ top, Safe out of fortune’s shot, and sits aloft, Secure of thunder’s crack or lightning flash, Advanced above pale envy’s threat’ning reach. As when the golden sun salutes the morn And, having gilt the ocean with his beams, Gallops the zodiac in his glistering coach And overlooks the highest-peering hills, So Tamora. Upon her wit doth earthly honour wait, And virtue stoops and trembles at her frown. Then, Aaron, arm thy heart and fit thy thoughts To mount aloft with thy imperial mistress,
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 1
SATURNINO
Marco, per riguardo a te e a tuo fratello, su preghiera della mia adorata Tamora, rimetto a questi giovani le loro odiose offese. Alzatevi! Marco, Bassiano, Lavinia e i figli di Tito si alzano Lavinia, mi hai piantato come un bifolco, ma ho trovato un’amica e ho giurato che non avrei certo salutato il sacerdote da scapolo. Se la corte imperiale può festeggiare due spose, sei mia ospite: vieni con i tuoi amici. Sarà un giorno d’amore, Tamora. TITO
Domani, se vostra maestà vorrà cacciare con me il cervo e la pantera52, daremo il bonjour a vostra grazia con il corno e i cani. SATURNINO
Così sia, Tito, grazie53. [Squilli di trombe. Escono] II, 1
[Entra Aronne, da solo54]
ARONNE
Tamora è ascesa alla vetta dell’Olimpo55. Ormai siede in alto, al sicuro dai colpi della sorte, dallo schianto dei tuoni e dal bagliore dei lampi, oltre il tiro minaccioso della pallida invidia56. Come il sole quando saluta il mattino e, cosparso l’oceano d’oro con i suoi raggi, galoppa per lo zodiaco sul suo carro sfavillante57, dominando con lo sguardo le più alte vette dei monti, così è Tamora. L’onore del mondo è al servizio del suo ingegno e la virtù si inchina, tremando ai suoi crucci. Arma dunque il tuo cuore, Aronne, e affila i pensieri per salire in alto con la tua imperatrice e unirti al volo di
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 1
And mount her pitch whom thou in triumph long Hast prisoner held fettered in amorous chains, And faster bound to Aaron’s charming eyes Than is Prometheus tied to Caucasus. Away with slavish weeds and servile thoughts! I will be bright, and shine in pearl and gold To wait upon this new-made empress. To wait, said I? – to wanton with this queen, This goddess, this Semiramis, this nymph, This siren that will charm Rome’s Saturnine And see his shipwreck and his commonweal’s. Hollo, what storm is this?
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Enter Chiron and Demetrius, braving DEMETRIUS
Chiron, thy years wants wit, thy wits wants edge And manners to intrude where I am graced And may, for aught thou knowest, affected be. CHIRON
Demetrius, thou dost overween in all, And so in this, to bear me down with braves. ’Tis not the difference of a year or two Makes me less gracious, or thee more fortunate. I am as able and as fit as thou To serve, and to deserve my mistress’ grace, And that my sword upon thee shall approve, And plead my passions for Lavinia’s love. AARON (aside) Clubs, clubs! These lovers will not keep the peace.
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35
DEMETRIUS
Why, boy, although our mother, unadvised, Gave you a dancing-rapier by your side, 14. Mount her pitch: Taylor congettura “fly her pitch” (= “volare alla sua altezza”), reputando sospetta la ripetizione del verbo del v. precedente. 26. Wits wants: così in Q1; in Q2 wit wants, al singolare. La forma verbale della terza persona singolare del presente indicativo era talvolta usata anche per il plurale. 64
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 1
colei che da tempo conduci in trionfo, prigioniera in catene d’amore, più avvinta all’incanto dei tuoi occhi di quanto Prometeo fosse legato al Caucaso58. Basta vesti da schiavo59! Via i pensieri servili! Voglio luccicare di perle e di oro, per servire questa imperatrice di nuova elezione. Servire, ho detto? Goderne60 piuttosto: di questa dea, Semiramide61, ninfa, sirena, che ammalierà Saturnino e lo vedrà naufragare insieme al suo stato. Ehi, ma cos’è questa tempesta? Entrano Chirone e Demetrio, litigando DEMETRIO
Ai tuoi anni manca il senno, Chirone, e al tuo senno la finezza e le maniere per infilarti là dove io sono benvenuto, e potrei, come sai, essere amato. CHIRONE
Sei sempre arrogante, Demetrio, e anche questa volta vuoi mettermi sotto con le spacconerie. La differenza di un anno o due non rende me meno gradito né te più fortunato: sono bravo quanto te a corteggiare la mia donna e a meritarne le grazie. Te ne darà prova la mia spada, proclamando la mia passione per Lavinia. ARONNE (a parte) Guardie, guardie62! C’è una rissa tra innamorati! DEMETRIO
Cosa, ragazzo? Nostra madre per sbaglio ti ha regalato uno spadino da portare al fianco e tu sei ammattito al punto da minacciare
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 1
Are you so desperate grown to threat your friends? Go to, have your lath glued within your sheath Till you know better how to handle it.
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CHIRON
Meanwhile, sir, with the little skill I have Full well shall thou perceive how much I dare. DEMETRIUS
Ay, boy, grow ye so brave? They draw Why, how now, lords? So near the Emperor’s palace dare ye draw And maintain such a quarrel openly? Full well I wot the ground of all this grudge. I would not for a million of gold The cause were known to them it most concerns, Nor would your noble mother for much more Be so dishonoured in the court of Rome. For shame, put up. DEMETRIUS Not I, till I have sheathed My rapier in his bosom, and withal Thrust those reproachful speeches down his throat That he hath breathed in my dishonour here. AARON
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CHIRON
For that I am prepared and full resolved, Foul-spoken coward, that thund’rest with thy tongue, And with thy weapon nothing dar’st perform. AARON Away, I say. Now, by the gods that warlike Goths adore, This petty brabble will undo us all. Why, lords, and think you not how dangerous It is to jet upon a prince’s right? What, is Lavinia then become so loose, Or Bassianus so degenerate, That for her love such quarrels may be broached Without controlment, justice, or revenge?
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 1
gli amici? Andiamo, tieni quel giocattolo63 incollato al fodero, finché non saprai maneggiarlo meglio. CHIRONE
Intanto, signore, ti accorgerai che la mia imperizia sa essere audace. DEMETRIO
Alzi la voce, ragazzo? Sguainano le spade ARONNE
Allora, signori, che succede? Così vicino al palazzo imperiale osate sguainare le spade e battervi apertamente64? So bene il motivo del vostro malanimo, ma non vorrei, nemmeno per un milione d’oro, che lo venissero a sapere i più diretti interessati. Né per molto di più la vostra nobile madre vorrebbe essere così disonorata alla corte di Roma. Vergogna, fatela finita. DEMETRIO
Non prima di avergli conficcato il mio stocco nel petto, ricacciandogli in gola gli insulti che ha sventagliato per disonorarmi. CHIRONE
Sono pronto e accetto la sfida, insolente vigliacco: tuoni con la lingua, ma con la spada non azzardi recite. ARONNE
Basta, dico! Per gli dèi adorati dai Goti guerrieri, questa futile baruffa ci rovinerà tutti! Non avete considerato, signori, quanto sia pericoloso violare i diritti di un principe? Dunque Lavinia è diventata così dissoluta, o Bassiano tanto degenerato, che l’amore per lei può far spillare risse senza controllo, giudizio, rivalsa? Attenti,
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 1
Young lords, beware; and should the Empress know This discord’s ground, the music would not please.
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CHIRON
I care not, I, knew she and all the world, I love Lavinia more than all the world. DEMETRIUS
Youngling, learn thou to make some meaner choice. Lavinia is thine elder brother’s hope. AARON
Why, are ye mad? Or know ye not in Rome How furious and impatient they be, And cannot brook competitors in love? I tell you, lords, you do but plot your deaths By this device. CHIRON Aaron, a thousand deaths Would I propose to achieve her whom I love.
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AARON
To achieve her how? DEMETRIUS Why makes thou it so strange? She is a woman, therefore may be wooed; She is a woman, therefore may be won; She is Lavinia, therefore must be loved. What, man, more water glideth by the mill Than wots the miller of, and easy it is Of a cut loaf to steal a shive, we know. Though Bassianus be the Emperor’s brother, Better than he have worn Vulcan’s badge. AARON (aside) Ay, and as good as Saturninus may.
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DEMETRIUS
Then why should he despair that knows to court it With words, fair looks, and liberality? What, hast not thou full often struck a doe And borne her cleanly by the keeper’s nose? AARON
Why then, it seems some certain snatch or so Would serve your turns. 68
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 1
giovanotti! Se l’imperatrice sapesse il motivo di questa discordia, la sua musica non vi piacerebbe. CHIRONE
Non mi importa che lo sappiano lei e il mondo intero: amo Lavinia più del mondo intero65. DEMETRIO
Moccioso, impara a scegliere con più modestia: Lavina è la speranza di tuo fratello maggiore. ARONNE
Siete matti o cosa? Non sapete quanto a Roma siano furiosi e insofferenti, e non sopportino rivali in amore? Ve lo dico io, signori: con queste trame vi preparate la morte. CHIRONE
Aronne, affronterei mille morti per possedere colei che amo. ARONNE
Possederla! E come? DEMETRIO
Perché ti stupisci tanto? È una donna, quindi la si può corteggiare. È una donna, quindi la si può conquistare. È Lavinia, quindi la si deve amare66. Amico, dal mulino passa più acqua di quanta ne sappia il mugnaio, ed è facile, lo sappiamo, rubare una fetta dal pane già tagliato67. Se anche Bassiano è il fratello dell’imperatore, tanti migliori di lui hanno indossato le insegne di Vulcano68. ARONNE (a parte) Eh sì! Perfino qualcuno pari a Saturnino. DEMETRIO
Perché dunque dovrebbe disperare chi sa corteggiare con parole, dolci sguardi e galanterie? Come? Non ti è successo tante volte di colpire una cerbiatta e di soffiarla via da sotto il naso del guardiacaccia?69 ARONNE
Quello che vi serve, mi sembra, è un colpetto veloce70.
69
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 1
CHIRON
Ay, so the turn were served.
DEMETRIUS
Aaron, thou hast hit it. Would you had hit it too, Then should not we be tired with this ado. Why, hark ye, hark ye, and are you such fools To square for this? Would it offend you then That both should speed? CHIRON Faith, not me. DEMETRIUS Nor me, so I were one. AARON
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AARON
For shame, be friends, and join for that you jar. ’Tis policy and stratagem must do That you affect, and so must you resolve That what you cannot as you would achieve, You must perforce accomplish as you may. Take this of me: Lucrece was not more chaste Than this Lavinia, Bassianus’ love. A speedier course than ling’ring languishment Must we pursue, and I have found the path. My lords, a solemn hunting is in hand; There will the lovely Roman ladies troop. The forest walks are wide and spacious, And many unfrequented plots there are, Fitted by kind for rape and villainy. Single you thither then this dainty doe, And strike her home by force, if not by words, This way or not at all stand you in hope. Come, come; our Empress, with her sacred wit To villainy and vengeance consecrate, Will we acquaint with all what we intend, And she shall file our engines with advice That will not suffer you to square yourselves, But to your wishes’ height advance you both. The Emperor’s court is like the house of Fame, The palace full of tongues, of eyes and ears, The woods are ruthless, dreadful, deaf, and dull. 70
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 1
CHIRONE
Beh, sì, se se lo facesse dare. DEMETRIO
Aronne, hai fatto centro. ARONNE
L’aveste fatto anche voi! Non ci saremmo annoiati con questo baccano. Ascoltate, ascoltate! Siete così sciocchi da litigare per questo? Vi spiacerebbe se ci riusciste tutti e due? CHIRONE
Non certo a me. DEMETRIO
E a me nemmeno, purché mi tocchi. ARONNE
Vergognatevi, siate amici, e unitevi in ciò che vi divide. Saranno l’astuzia e gli intrighi a darvi ciò che vi sta a cuore, quindi mettetevi in testa di ottenere come potete quello che non potete ottenere come vorreste. Date retta a me: Lucrezia71 non era più casta di questa Lavinia, l’amore di Bassiano. Dobbiamo seguire una strada più svelta di queste svenevoli smancerie e ho trovato il sentiero. Si annuncia una grande caccia, signori miei, e le belle dame romane vi accorreranno a frotte. Le vie della foresta sono larghe e spaziose, ma ci sono molte macchie72 solitarie, adatte per natura allo stupro e alla violenza. Spingete lì da sola questa delicata cerbiatta e prendetevela con la forza73, se non con le parole. O così o niente: è questa l’unica speranza. Su, venite, sveliamo le nostre intenzioni all’imperatrice, che ha votato il suo sacro ingegno al male e alla vendetta. I suoi consigli affileranno le nostre trame, impedendovi di azzuffarvi e innalzando entrambi al culmine dei vostri desideri. La corte dell’imperatore è come la casa della Fama74, il palazzo è pieno di lingue, occhi e orecchi. I boschi invece sono spietati, terribili, sor-
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 2
There speak and strike, brave boys, and take your turns. There serve your lust, shadowed from heaven’s eye, And revel in Lavinia’s treasury.
130
CHIRON
Thy counsel, lad, smells of no cowardice. DEMETRIUS
Sit fas aut nefas, till I find the stream To cool this heat, a charm to calm these fits, Per Styga, per manes vehor.
Exeunt
135
Enter Titus Andronicus and his three sons (Quintus, Lucius, and Martius), and Marcus, making a noise with hounds and horns
2.2
TITUS
The hunt is up, the morn is bright and grey, The fields are fragrant and the woods are green. Uncouple here, and let us make a bay And wake the Emperor and his lovely bride, And rouse the Prince, and ring a hunter’s peal, That all the court may echo with the noise. Sons, let it be your charge, as it is ours, To attend the Emperor’s person carefully. I have been troubled in my sleep this night, But dawning day new comfort hath inspired.
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Here a cry of hounds, and wind horns in a peal; then enter Saturninus, Tamora, Bassianus, Lavinia, Chiron, Demetrius, and their attendants Many good-morrows to your majesty. Madam, to you as many, and as good. I promisèd your grace a hunter’s peal. SATURNINUS
And you have rung it lustily, my lords, Somewhat too early for new-married ladies.
1. Morne: così in Q3; in Q1 Moone = “luna”. 72
15
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 2
di, muti. Fatevi sentire lì, ragazzi, colpite e servitevi. Appagate lì le vostre voglie, nascosti allo sguardo del cielo, e spassatevela con il tesoro di Lavinia. CHIRONE
Il tuo consiglio, amico, non puzza di vigliaccheria. DEMETRIO
Sit fas aut nefas75, finché non troverò la corrente che raffreddi il mio calore o la magia che plachi queste furie, per Styga, per manes vehor 76 . Escono II, 2
Entrano Tito Andronico, i suoi tre figli (Quinto, Lucio e Marzio) e Marco, rumoreggiando con corni e cani77
TITO
La caccia è aperta. Il mattino è terso e grigio78, i campi sono fragranti, i boschi verdi. Sciogliete qui i cani e lasciate che abbaiando sveglino l’imperatore e la sua bella sposa. Suoni il corno e tutta la corte ne echeggi il fragore, in modo da destare il principe. Figli, abbiate cura, come l’avrò io, di scortare la persona dell’imperatore. Ho avuto sonni agitati questa notte, ma l’alba del nuovo giorno mi ha riconfortato. Abbaiare di cani e suono prolungato di corni. Poi entrano Saturnino, Tamora, Bassiano, Lavinia, Chirone, Demetrio e il loro seguito Molti giorni felici, maestà! Altrettanti a te, signora, altrettanto felici! E come avevo promesso a vostra grazia, squilli il corno della caccia. SATURNINO
E lo avete suonato con calore, signori, ma un po’ troppo presto per le spose novelle.
73
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
BASSIANUS
Lavinia, how say you? I say no. I have been broad awake two hours and more.
LAVINIA
SATURNINUS
Come on then, horse and chariots let us have, And to our sport. (To Tamora) Madam, now shall ye see Our Roman hunting. MARCUS I have dogs, my lord, Will rouse the proudest panther in the chase, And climb the highest promontory top.
20
TITUS
And I have horse will follow where the game Makes way, and run like swallows o’er the plain. DEMETRIUS (aside) Chiron, we hunt not, we, with horse nor hound, But hope to pluck a dainty doe to ground. Exeunt
25
Enter Aaron alone, with gold
2.3 AARON
He that had wit would think that I had none, To bury so much gold under a tree And never after to inherit it. Let him that thinks of me so abjectly Know that this gold must coin a stratagem Which, cunningly effected, will beget A very excellent piece of villainy. And so repose, sweet gold, for their unrest That have their alms out of the Empress’ chest.
5
He hides the gold. Enter Tamora alone to the Moor TAMORA
My lovely Aaron, wherefore look’st thou sad When everything doth make a gleeful boast? The birds chant melody on every bush,
74
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
BASSIANO
Che ne dici, Lavinia? LAVINIA
Dico di no. Sono sveglia da due ore e più. SATURNINO
Andiamo, allora! Dateci carri e cavalli, e abbia inizio lo svago. (A Tamora) Signora, adesso vedrai la nostra caccia romana. MARCO
I miei cani, signore, staneranno la pantera più feroce e saliranno sulla cima delle rupi più elevate. TITO
E i miei cavalli seguiranno la preda dappertutto, correndo come rondini sulla pianura. DEMETRIO (a parte) Noi non cacciamo con cavalli e cani, Chirone, ma speriamo lo stesso di sbattere a terra una prelibata cerbiatta. Escono II, 3
Entra Aronne da solo, con un sacco d’oro
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ARONNE
Chi ha cervello potrebbe pensare che io non ne abbia, a seppellire così tanto oro sotto un albero, invece di godermelo. Chi mi stima così sciocco, sappia che quest’oro deve forgiare uno stratagemma, che, se condotto con astuzia, genererà un capolavoro di infamia. Dunque riposa, dolce oro: per te si affanni chi pesca dai forzieri dell’imperatrice80. Nasconde l’oro. Entra Tamora da sola e si rivolge al Moro TAMORA
Mio amato Aronne, perché quell’aria triste, quando ogni cosa vanta allegria? Gli uccelli cantano melodie su ogni cespuglio, i serpen-
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
The snakes lies rollèd in the cheerful sun, The green leaves quiver with the cooling wind And make a chequered shadow on the ground. Under their sweet shade, Aaron, let us sit, And whilst the babbling echo mocks the hounds, Replying shrilly to the well-tuned horns, As if a double hunt were heard at once, Let us sit down and mark their yellowing noise, And after conflict such as was supposed The wand’ring prince and Dido once enjoyed When with a happy storm they were surprised, And curtained with a counsel-keeping cave, We may, each wreathèd in the other’s arms, Our pastimes done, possess a golden slumber Whiles hounds and horns and sweet melodious birds Be unto us as is a nurse’s song Of lullaby to bring her babe asleep.
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AARON
Madam, though Venus govern your desires, Saturn is dominator over mine. What signifies my deadly-standing eye, My silence, and my cloudy melancholy, My fleece of woolly hair that now uncurls Even as an adder when she doth unroll To do some fatal execution? No, madam, these are no venereal signs. Vengeance is in my heart, death in my hand, Blood and revenge are hammering in my head. Hark, Tamora, the empress of my soul, Which never hopes more heaven than rests in thee, This is the day of doom for Bassianus. His Philomel must lose her tongue today, Thy sons make pillage of her chastity
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13. Snakes: così in Q1; in Q3 snake. La lezione di Q1 potrebbe essere un northern plural. 20. Yellowing: così in Q; in F yelping = “guaire”, “latrare”. 76
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
ti dormono attorcigliati ai raggi del sole, le foglie fremono verdi al fresco del vento e disegnano in terra ombre screziate. Sediamoci sotto la loro dolce ombra, Aronne, e, mentre l’eco si prende gioco dei cani con le sue chiacchiere81, rispondendo stridula ai corni intonati, come simulando una doppia caccia82, rimaniamo ad ascoltare il chiasso dei latrati. Dopo una lotta come quella di cui, si dice, godettero il principe errante e Didone, quando furono sorpresi da una felice tempesta e una grotta guardiana di segreti calò il sipario tra loro e il mondo83, così, dopo i nostri passatempi, potremo cedere a un sonno dorato avviluppati l’uno all’altro, mentre i cani, i corni e la dolce melodia degli uccelli ci verranno a visitare come una ninnananna che la bàlia canta per addormentare il suo bimbo. ARONNE
Se è Venere, signora, a dettare i tuoi desideri, il padrone dei miei è Saturno84. Che significano il mio sguardo vitreo, il mio ombroso silenzio, la mia malinconia, i ricci dei miei capelli lanosi che si vanno snodando come una serpe quando si srotola per un colpo mortale? No, signora, questi non sono segni di Venere. Nel mio cuore c’è vendetta, nella mia mano morte e nelle tempie martella sangue di rivalsa85. Ascolta, Tamora, imperatrice della mia anima, che non spera paradiso più dolce di te, questo è per Bassiano il giorno del destino. Oggi sarà tolta la lingua alla sua Filomela, i tuoi figli ne
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
And wash their hands in Bassianus’ blood. Seest thou this letter? (Giving a letter) Take it up, I pray thee, And give the King this fatal-plotted scroll. Now question me no more. We are espied. Here comes a parcel of our hopeful booty, Which dreads not yet their lives’ destruction.
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Enter Bassianus and Lavinia TAMORA (aside to Aaron)
Ah, my sweet Moor, sweeter to me than life! AARON (aside to Tamora)
No more, great Empress; Bassianus comes. Be cross with him, and I’ll go fetch thy sons To back thy quarrels, whatsoe’er they be.
Exit
BASSIANUS
Who have we here? Rome’s royal empress Unfurnished of her well-beseeming troop? Or is it Dian, habited like her Who hath abandonèd her holy groves To see the general hunting in this forest?
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TAMORA
Saucy controller of my private steps, Had I the power that some say Dian had, Thy temples should be planted presently With horns, as was Actaeon’s, and the hounds Should drive upon thy new-transformèd limbs, Unmannerly intruder as thou art!
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LAVINIA
Under your patience, gentle Empress, ’Tis thought you have a goodly gift in horning, And to be doubted that your Moor and you Are singled forth to try experiments. Jove shield your husband from his hounds today – ’Tis pity they should take him for a stag.
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
razzieranno la purezza e si laveranno le mani nel sangue di lui86. Vedi questa lettera? (Le dà una lettera) Prendila, ti prego, e dà al re questo messaggio di mortale intrigo. Ora non chiedere oltre: siamo spiati. Ecco, arriva una parte del nostro atteso bottino, e non ha timore di perdere la vita. Entrano Bassiano e Lavinia TAMORA (a parte ad Aronne)
Oh, mio dolce Moro, per me più dolce della vita stessa! ARONNE (a parte a Tamora) Basta87, grande imperatrice: arriva Bassiano. Sii aspra con lui. Io vado a cercare i tuoi figli perché ti diano man forte nella lite, qualunque sia. Esce BASSIANO
Chi c’è qui? L’imperatrice regale di Roma, sprovvista della scorta che le spetta? Oppure è Diana, che, indossate le sue vesti, ha abbandonato i sacri boschi per assistere alla grande caccia nella foresta? TAMORA
Insolente che spii i miei passi! Se avessi il potere che si dice avesse Diana, ti pianterei subito in fronte delle corna come quelle di Atteone88, così, dopo la metamorfosi, i cani correrebbero a sbranarti le carni, invadente villano! LAVINIA
Con il tuo permesso, gentile imperatrice, si dice che tu abbia un gran talento per le corna, e mi viene quindi il dubbio che tu e il tuo Moro vi siate appartati qui per fare esperimenti. Giove protegga tuo marito dai suoi cani oggi: sarebbe un peccato se lo scambiassero per un cervo.
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
BASSIANUS
Believe me, Queen, your swart Cimmerian Doth make your honour of his body’s hue, Spotted, detested, and abominable. Why are you sequestered from all your train, Dismounted from your snow-white goodly steed, And wandered hither to an obscure plot, Accompanied but with a barbarous Moor, If foul desire had not conducted you?
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LAVINIA
And being intercepted in your sport, Great reason that my noble lord be rated For sauciness. (To Bassianus) I pray you, let us hence, And let her joy her raven-coloured love. This valley fits the purpose passing well.
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BASSIANUS
The King my brother shall have note of this.
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LAVINIA
Ay, for these slips have made him noted long. Good King, to be so mightily abused! TAMORA
Why have I patience to endure all this? Enter Chiron and Demetrius DEMETRIUS
How now, dear sovereign and our gracious mother, Why doth your highness look so pale and wan?
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TAMORA
Have I not reason, think you, to look pale? These two have ’ticed me hither to this place. A barren detested vale you see it is; The trees, though summer, yet forlorn and lean, Overcome with moss and baleful mistletoe. Here never shines the sun, here nothing breeds Unless the nightly owl or fatal raven,
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88. Have I: così in F2; in precedenza I have. La costruzione interrogativa sottolinea l’impazienza di Tamora. 80
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
BASSIANO
Credimi, regina, il tuo nero Cimmerio89 macchia il tuo onore con il colore del suo corpo, sporco, abominevole, immondo. Perché ti saresti separata dal tuo seguito e, smontata dal tuo bel cavallo bianco come neve, avresti girovagato in questo oscuro bosco, accompagnata soltanto da un barbaro moro, se non ti ci avesse guidato un desiderio turpe? LAVINIA
Ti abbiamo disturbata nei tuoi spassi: ecco il motivo per cui accusi d’insolenza il mio nobile sposo. (A Bassiano) Ti prego, Bassiano, andiamo via di qui e lasciamole godere il suo amore color corvo. Questa valle è perfetta per il suo scopo. BASSIANO
Il re mio fratello ne avrà notizia. LAVINIA
Sicuro, perché si chiacchiera da tempo di queste scappatelle90. Povero re, venire infamato a tal punto! TAMORA
Perché la mia pazienza sopporta tanto? Entrano Chirone e Demetrio DEMETRIO
Che c’è, cara sovrana, nostra madre diletta? Perché vostra altezza ha un’aria tanto pallida e smorta? TAMORA
Non ho motivi, secondo voi, per essere pallida? Questi due mi hanno attirato qui: una valle, come vedete, sterile e desolata, dove gli alberi, sebbene sia estate, sono ancora miseri e spogli, sopraffatti dal muschio e dal vischio maligno. Qui non splende mai il sole e non vive null’altro che la civetta notturna e l’infausto corvo. Nel
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
And when they showed me this abhorrèd pit They told me here at dead time of the night A thousand fiends, a thousand hissing snakes, Ten thousand swelling toads, as many urchins Would make such fearful and confusèd cries As any mortal body hearing it Should straight fall mad or else die suddenly. No sooner had they told this hellish tale But straight they told me they would bind me here Unto the body of a dismal yew And leave me to this miserable death. And then they called me foul adulteress, Lascivious Goth, and all the bitterest terms That ever ear did hear to such effect. And had you not by wondrous fortune come, This vengeance on me had they executed. Revenge it as you love your mother’s life, Or be ye not henceforward called my children.
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DEMETRIUS
This is a witness that I am thy son. He stabs Bassianus CHIRON
And this for me, struck home to show my strength. He stabs Bassianus, who dies. [Tamora turns to Lavinia] LAVINIA
Ay, come, Semiramis – nay, barbarous Tamora, For no name fits thy nature but thy own. TAMORA (to Chiron) Give me the poniard. You shall know, my boys, Your mother’s hand shall right your mother’s wrong. DEMETRIUS
Stay, madam, here is more belongs to her. First thresh the corn, then after burn the straw. This minion stood upon her chastity,
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
mostrarmi questo odioso abisso, mi hanno detto che qui, nel cuore della notte, mille diavoli e mille serpi sibilanti, diecimila rospi rigonfi e altrettanti porcospini levano urla così orride e sconcertanti che ogni mortale, al solo sentirle, diventa subito pazzo, o muore. Dopo il racconto di questa storia infernale, mi hanno detto che mi avrebbero legata al tronco di un lugubre tasso e lasciata a questa morte miseranda. Poi mi hanno chiamata sporca adultera, Gota viziosa91 e tutte le più amare parole d’offesa che mai orecchio abbia udito. Se un prodigio del caso non vi avesse spinti qui, avrebbero già consumato questa loro vendetta. Puniteli, se amate la vita di vostra madre, oppure smettete di dirvi figli miei. DEMETRIO
Ecco la prova che sono tuo figlio. Pugnala Bassiano CHIRONE
E questa è la mia: un colpo scoccato a riprova della mia forza. Pugnala Bassiano, che muore. [Tamora si volge verso Lavinia] LAVINIA
Su, avanti Semiramide! Anzi, no, barbara Tamora, poiché nessun nome più del tuo si adatta alla tua natura! TAMORA (a Chirone) Datemi il pugnale. Vedrete, ragazzi miei, come la mano di vostra madre vendicherà i torti che le hanno fatto. DEMETRIO
Ferma, signora, per lei c’è ben altro: prima si batte il grano, poi si brucia la paglia. Questa sgualdrina si è sempre vantata della sua
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
Upon her nuptial vow, her loyalty, And with that quaint hope braves your mightiness. And shall she carry this unto her grave?
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CHIRON
An if she do I would I were an eunuch. Drag hence her husband to some secret hole, And make his dead trunk pillow to our lust.
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TAMORA
But when ye have the honey ye desire Let not this wasp outlive, us both to sting. CHIRON
I warrant you, madam, we will make that sure. Come, mistress, now perforce we will enjoy That nice-preservèd honesty of yours.
135
LAVINIA
O Tamora, thou bearest a woman’s face – TAMORA
I will not hear her speak. Away with her! LAVINIA
Sweet lords, entreat her hear me but a word. DEMETRIUS (to Tamora)
Listen, fair madam, let it be your glory To see her tears, but be your heart to them As unrelenting flint to drops of rain.
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LAVINIA
When did the tiger’s young ones teach the dam? O, do not learn her wrath! She taught it thee. The milk thou sucked’st from her did turn to marble, Even at thy teat thou hadst thy tyranny. Yet every mother breeds not sons alike. (To Chiron) Do thou entreat her show a woman’s pity.
145
CHIRON
What, wouldst thou have me prove myself a bastard?
126. Quaint: emend. Wells; in Q e F painted = “falsa”. 131. Ye: così in F2; in Q we = “noi”. Ye è forma arcaica per you = “voi”. 84
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
virtù, del suo voto nuziale, della sua fedeltà, e sfida il tuo potere con tali bizzarre pretese. Deve forse portarsele fin nella tomba? CHIRONE
Se ci riesce, mi faccio eunuco. Trasciniamo suo marito in qualche fossa nascosta e usiamo il suo corpo come letto per le nostre voglie92. TAMORA
Ma quando avrete preso il miele di cui siete affamati, fate in modo che questa vespa non sopravviva93 per pungerci tutti. CHIRONE
Sta’ sicura, signora, a questo penseremo noi. Avanti, femmina, ora ci godremo con la forza questa tua onestà così ben conservata. LAVINIA
Oh, Tamora! Tu che porti viso di donna… TAMORA
Non voglio sentirla. Portatela via! LAVINIA
Siate buoni, signori, supplicatela di ascoltare almeno una parola. DEMETRIO (a Tamora) Ascolta, nobile madre, e sia per te motivo di vanto vedere le sue lacrime. Ma il tuo cuore davanti ad esse rimanga come un sasso impervio alle gocce di pioggia. LAVINIA
I figli della tigre fanno lezione alla madre? Non insegnarle la furia! L’ha insegnata lei a te. Il latte che le hai succhiato è divenuto marmo; dal suo seno spremevi già la tua ferocia. Ma non sempre una madre genera figli uguali: (a Chirone) pregala tu perché mostri pietà di donna. CHIRONE
Cosa? Vuoi farmi passare per bastardo?
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
LAVINIA
’Tis true, the raven doth not hatch a lark. Yet have I heard – O, could I find it now! – The lion, moved with pity, did endure To have his princely paws pared all away. Some say that ravens foster forlorn children The whilst their own birds famish in their nests. O, be to me, though thy hard heart say no, Nothing so kind, but something pitiful.
150
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TAMORA
I know not what it means. Away with her! LAVINIA
O, let me teach thee for my father’s sake, That gave thee life when well he might have slain thee. Be not obdurate, open thy deaf ears.
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TAMORA
Hadst thou in person ne’er offended me Even for his sake am I pitiless. Remember, boys, I poured forth tears in vain To save your brother from the sacrifice, But fierce Andronicus would not relent. Therefore away with her, and use her as you will – The worse to her, the better loved of me.
165
LAVINIA
O Tamora, be called a gentle queen, And with thine own hands kill me in this place; For ’tis not life that I have begged so long; Poor I was slain when Bassianus died.
170
TAMORA
What begg’st thou then, fond woman? Let me go. LAVINIA
’Tis present death I beg, and one thing more That womanhood denies my tongue to tell. O, keep me from their worse-than-killing lust, And tumble me into some loathsome pit
86
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
LAVINIA
Allora è vero, il corvo non cova allodole. Eppure ho sentito – potessi scoprirlo ora – che il leone, mosso a pietà, si è lasciato spuntare i sui artigli principeschi94. C’è chi dice che i corvi allevino orfane creature, mentre i loro piccoli languono nei nidi affamati. Anche se il tuo inflessibile cuore dice no, sii verso di me se non così tenera, almeno un po’ pietosa. TAMORA
Non capisco cosa intenda. Portatela via! LAVINIA
Lascia che ti spieghi, per amore di mio padre, che pur potendoti uccidere ti ha reso la vita. Non essere così crudele, apri le tue sorde orecchie. TAMORA
Se non mi avessi mai offesa tu stessa, sarei spietata proprio a causa di tuo padre. Ricordate, ragazzi: ho versato lacrime vane per salvare vostro fratello dal sacrificio, ma il feroce Andronico non si è commosso. Perciò portatela via e servitevi come volete: peggio la tratterete più mi sarete cari. LAVINIA
Tamora, diranno che sei una regina buona, se ora mi uccidi qui con le tue mani, perché non è la vita che ho implorato tanto a lungo. Misera me, uccisa quando è morto Bassiano. TAMORA
Cosa vai implorando, allora? Lasciami andare, stupida. LAVINIA
Morte immediata imploro, e un’altra cosa che pudore di donna impedisce alla lingua di confessare. Salvami dalla loro libidine, peggiore della morte, e gettami in qualche orrido abisso, dove nes-
87
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
Where never man’s eye may behold my body. Do this, and be a charitable murderer. TAMORA
So should I rob my sweet sons of their fee. No, let them satisfy their lust on thee. DEMETRIUS (to Lavinia) Away, for thou hast stayed us here too long.
180
LAVINIA
No grace, no womanhood – ah, beastly creature, The blot and enemy to our general name, Confusion fall – CHIRON
Nay then, I’ll stop your mouth. (To Demetrius) Bring thou her husband. This is the hole where Aaron bid us hide him.
185
Demetrius and Chiron cast Bassianus’ body into the pit [and cover the mouth of it with branches], then exeunt dragging Lavinia TAMORA
Farewell, my sons. See that you make her sure. Ne’er let my heart know merry cheer indeed Till all the Andronici be made away. Now will I hence to seek my lovely Moor, And let my spleenful sons this trull deflower.
Exit
190
Enter Aaron with Quintus and Martius, two of Titus’ sons AARON
Come on, my lords, the better foot before. Straight will I bring you to the loathsome pit Where I espied the panther fast asleep. QUINTUS
My sight is very dull, whate’er it bodes. MARTIUS
And mine, I promise you. Were it not for shame, Well could I leave our sport to sleep awhile. He falls into the pit 88
195
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
sun occhio d’uomo possa vedere il mio corpo. Fallo e sarai un’assassina pietosa. TAMORA
Dovrei derubare i miei figli diletti del loro compenso? No, che sfoghino le loro voglie su di te. DEMETRIO (a Lavinia) Andiamo! Ci hai trattenuto fin troppo. LAVINIA
Nessuna pietà? Nessun sentimento di donna? Ah, creatura bestiale, vergogna e nemica del nostro nome comune! Che la rovina cada… CHIRONE
Basta, ti tapperò la bocca. (A Demetrio) Porta suo marito. Questa è la buca dove Aronne ci ha chiesto di nasconderlo. Demetrio e Chirone gettano il corpo di Bassiano nella buca [e ne coprono l’apertura con dei rami.] Poi escono trascinando Lavinia TAMORA
Arrivederci, figli miei. Sistematela voi. Il mio cuore non troverà gioia finché tutta la stirpe degli Andronici non sarà spacciata. Ora andrò dal mio adorato Moro, mentre i miei figli in calore svergineranno questa sgualdrina. Esce Entra Aronne con due dei figli di Tito, Quinto e Marzio ARONNE
Avanti, signori, a passo svelto. Vi porterò dritti all’orrida fossa dove ho intravisto la pantera addormentata. QUINTO
Ho la vista annebbiata e non so perché. MARZIO
Anch’io, ti giuro. Se non fosse per la vergogna, lascerei la caccia per dormire un pochino. Cade nella buca
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TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
QUINTUS
What, art thou fallen? What subtle hole is this, Whose mouth is covered with rude-growing briers Upon whose leaves are drops of new-shed blood As fresh as morning dew distilled on flowers? A very fatal place it seems to me. Speak, brother. Hast thou hurt thee with the fall?
200
MARTIUS
O brother, with the dismall’st object hurt That ever eye with sight made heart lament. AARON (aside) Now will I fetch the King to find them here, That he thereby may have a likely guess How these were they that made away his brother.
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Exit MARTIUS
Why dost not comfort me and help me out From this unhallowed and bloodstainèd hole?
210
QUINTUS
I am surprisèd with an uncouth fear. A chilling sweat o’erruns my trembling joints; My heart suspects more than mine eye can see. MARTIUS
To prove thou hast a true-divining heart, Aaron and thou look down into this den, And see a fearful sight of blood and death.
215
QUINTUS
Aaron is gone, and my compassionate heart Will not permit mine eyes once to behold The thing whereat it trembles by surmise. O, tell me who it is, for ne’er till now Was I a child to fear I know not what.
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220
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
QUINTO
Cosa? Sei caduto? Che buca infida! Ha la bocca coperta di irti rovi, sulle cui foglie stanno gocce di sangue appena sparso, fresche come la rugiada che il mattino stilla sui fiori. Mi sembra un luogo del destino. Parla, fratello, ti sei ferito cadendo? MARZIO
Sì, fratello, con il più tetro oggetto che, a vedersi, abbia mai fatto piangere il cuore! ARONNE (a parte) Ora vado a chiamare il re perché li trovi qui e ne concluda che sono stati loro ad ammazzare suo fratello. Esce MARZIO
Perché non mi soccorri, aiutandomi a uscire da questa maledetta buca insanguinata? QUINTO
Sono preso da una strana paura. Un sudore gelido mi corre sulle membra tremanti e il mio cuore sospetta più di quanto vedano gli occhi. MARZIO
Cuore rivelatore! Per averne una prova, guarda con Aronne giù in questa tana. Avrete una terribile visione di sangue e di morte. QUINTO
Aronne se n’è andato e il mio cuore pietoso vieta agli occhi di gettare anche un solo sguardo su ciò per cui trema al solo sospetto. Dimmi chi è, poiché finora non sono mai stato così infantile da temere ciò che non conosco.
91
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
MARTIUS
Lord Bassianus lies berayed in blood All on a heap, like to a slaughtered lamb, In this detested, dark, blood-drinking pit. QUINTUS
If it be dark how dost thou know ’tis he?
225
MARTIUS
Upon his bloody finger he doth wear A precious ring that lightens all this hole, Which like a taper in some monument Doth shine upon the dead man’s earthy cheeks And shows the ragged entrails of this pit. So pale did shine the moon on Pyramus When he by night lay bathed in maiden blood. O brother, help me with thy fainting hand – If fear hath made thee faint, as me it hath – Out of this fell devouring receptacle, As hateful as Cocytus’ misty mouth.
230
235
QUINTUS
Reach me thy hand, that I may help thee out, Or, wanting strength to do thee so much good, I may be plucked into the swallowing womb Of this deep pit, poor Bassianus’ grave. I have no strength to pluck thee to the brink,
240
MARTIUS
Nor I no strength to climb without thy help. QUINTUS
Thy hand once more, I will not loose again Till thou art here aloft or I below. Thou canst not come to me; I come to thee.
245
He falls into the pit.
222. Berayed: emend. moderno; in Q1 bereaud, con il medesimo significato; in Q2 embrewed = “macchiato di sangue”. In blood: così in Q1; in Q2 here = “qui”. 92
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
MARZIO
Bassiano giace morto in un bagno di sangue, ammucchiato su se stesso, come un agnello sgozzato, in questo scuro, orribile abisso che inghiotte sangue. QUINTO
Se è buio, come fai a sapere che è lui? MARZIO
Al dito insanguinato porta un anello prezioso che illumina tutta la fossa e splende sulle sue guance terree come un cero sepolcrale, scoprendo le viscere rugose di questo anfratto. È lo stesso chiarore che la luna soffuse su Piramo la notte in cui giacque bagnato di sangue verginale95. Fratello, aiutami con la tua mano stremata – forse dalla paura, come me – a uscire da questo ricettacolo vorace e crudele, odioso come la bocca brumosa di Cocìto96. QUINTO
Tendimi la mano, in modo che possa tirarti fuori o, se me ne mancherà la forza, che questo ventre famelico, tomba del povero Bassiano, mi possa inghiottire nelle profondità del suo abisso. Non ho la forza per tirarti su fino al bordo. MARZIO
E a me manca quella di risalire da solo. QUINTO
Dammi ancora la mano. Non la lascerò finché tu non sarai qui sopra o io lì sotto. Se non puoi venire tu da me, verrò io da te. Cade dentro la buca.
93
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
Enter Saturninus the Emperor [with attendants], and Aaron the Moor SATURNINUS
Along with me! I’ll see what hole is here, And what he is that now is leapt into it. He speaks into the pit Say, who art thou that lately didst descend Into this gaping hollow of the earth? MARTIUS
The unhappy sons of old Andronicus, Brought hither in a most unlucky hour To find thy brother Bassianus dead.
250
SATURNINUS
My brother dead! I know thou dost but jest. He and his lady both are at the lodge Upon the north side of this pleasant chase. ’Tis not an hour since I left them there.
255
MARTIUS
We know not where you left them all alive, But, out alas, here have we found him dead! Enter Tamora, Titus Andronicus, and Lucius TAMORA Where is my lord the King? SATURNINUS
Here, Tamora, though gripped with killing grief.
260
TAMORA
Where is thy brother Bassianus? SATURNINUS
Now to the bottom dost thou search my wound. Poor Bassianus here lies murderèd.
260. Gripped: emend. moderno; in Q1 griude = “addolorato”. La congettura rende la metafora più pregnante. 94
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
Entrano l’imperatore Saturnino [con dei servi], e Aronne il Moro SATURNINO
Venite con me! Voglio vedere che buca è questa e chi è che ci è saltato dentro proprio adesso. Parla rivolto all’interno della buca Di’: chi sei tu, appena sceso in questa bocca aperta della terra? MARZIO
I miseri figli del vecchio Andronico, portati qui in un’ora funesta per trovare morto tuo fratello Bassiano. SATURNINO
Mio fratello morto! Di certo stai scherzando: è con sua moglie nel padiglione sul versante settentrionale di questo grazioso colle. Non è passata un’ora da quando li ho lasciati lì. MARZIO
Non sappiamo dove li hai lasciati vivi, ma, ahimè, qui lo abbiamo trovato morto. Entrano Tamora, Tito Andronico e Lucio TAMORA
Dov’è il re mio signore? SATURNINO
Sono qui, Tamora, colto da un mortale affanno. TAMORA
Dov’è tuo fratello Bassiano? SATURNINO
Frughi a fondo nella mia ferita: il povero Bassiano giace qui ucciso.
95
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 3
TAMORA
Then all too late I bring this fatal writ, The complot of this timeless tragedy, And wonder greatly that man’s face can fold In pleasing smiles such murderous tyranny.
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She giveth Saturnine a letter SATURNINUS (reads)
‘An if we miss to meet him handsomely, Sweet huntsman – Bassianus ’tis we mean – Do thou so much as dig the grave for him. Thou know’st our meaning. Look for thy reward Among the nettles at the elder tree Which overshades the mouth of that same pit Where we decreed to bury Bassianus. Do this, and purchase us thy lasting friends.’ O Tamora, was ever heard the like! This is the pit, and this the elder tree. Look, sirs, if you can find the huntsman out That should have murdered Bassianus here.
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275
AARON
My gracious lord, here is the bag of gold. SATURNINUS (to Titus)
Two of thy whelps, fell curs of bloody kind, Have here bereft my brother of his life. Sirs, drag them from the pit unto the prison. There let them bide until we have devised Some never-heard-of torturing pain for them. TAMORA
What, are they in this pit? O wondrous thing! How easily murder is discoverèd! Attendants drag Quintus, Martius, and Bassianus’ body from the pit
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TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 3
TAMORA
Allora è troppo tardi per lo scritto fatale che porto, con l’intrigo di questa tragedia intempestiva. E mi stupisce che il viso di un uomo possa celare nelle pieghe di sorrisi cortesi tanta ferocia omicida. Dà la lettera a Saturnino SATURNINO (legge)
“E se non ci riesce di incontrarlo nel momento giusto, intendo dire Bassiano, scavagli tu la fossa, caro cacciatore. Sai cosa intendiamo. Troverai il tuo compenso tra le ortiche ai piedi del sambuco97 che dà ombra alla stessa fossa dove abbiamo deciso di seppellire Bassiano. Fallo e guadagnerai la nostra eterna amicizia”. Oh, Tamora! Si è mai udito niente di simile? Questa è la fossa e questo il sambuco. Signori, cercate di scovare il cacciatore che doveva assassinare qui Bassiano. ARONNE
Mio nobile signore, ecco il sacco dell’oro. SATURNINO (a Tito)
Due cuccioli rognosi, bastardi della tua razza sanguinaria, hanno tolto la vita a mio fratello. Signori, tirateli fuori dalla fossa e trascinateli in prigione. Resteranno lì finché non avremo ordito per loro qualche tortura inaudita e straziante. TAMORA
Cosa? Sono nella fossa? Oh, meraviglia! Com’è facile scoprire gli autori del delitto! I servi trascinano Quinto, Marzio e il cadavere di Bassiano fuori dalla fossa
97
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 4
TITUS (kneeling)
High Emperor, upon my feeble knee I beg this boon with tears not lightly shed: That this fell fault of my accursèd sons – Accursèd if the fault be proved in them –
290
SATURNINUS
If it be proved? You see it is apparent. Who found this letter? Tamora, was it you? TAMORA
Andronicus himself did take it up. TITUS
I did, my lord, yet let me be their bail, For by my father’s reverend tomb I vow They shall be ready at your highness’ will To answer their suspicion with their lives.
295
SATURNINUS
Thou shall not bail them. See thou follow me. Some bring the murdered body, some the murderers. Let them not speak a word – the guilt is plain; For by my soul, were there worse end than death That end upon them should be executed. [Exit]
301
TAMORA
Andronicus, I will entreat the King. Fear not thy sons, they shall do well enough. TITUS [rising] Come, Lucius, come, stay not to talk with them.
305
Exeunt 2.4
Enter the Empress’ sons, Chiron and Demetrius, with Lavinia, her hands cut off and her tongue cut out, and ravished
DEMETRIUS
So, now go tell, an if thy tongue can speak, Who ’twas that cut thy tongue and ravished thee. CHIRON
Write down thy mind, bewray thy meaning so, An if thy stumps will let thee play the scribe. 98
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 4
TITO (inginocchiandosi)
Sommo imperatore, sul mio debole ginocchio imploro grazia con lacrime addolorate. Questo atroce delitto dei miei figli maledetti: maledetti se la loro colpa sarà provata… SATURNINO
Se sarà provata? Ma lo vedi tu stesso: è manifesta. Chi ha trovato la lettera? Tamora, sei stata tu? TAMORA
Andronico in persona l’ha raccolta. TITO
È vero, mio signore, ma lasciatemi garantire per loro, poiché giuro sul sacro sepolcro dei miei avi che, al volere di vostra maestà, saranno pronti a rispondere con la vita di questo sospetto. SATURNINO
Tu non garantisci per nessuno. Bada invece di seguirmi. Qualcuno porti il cadavere, qualcuno gli assassini. Non dicano una sola parola, la colpa è chiara. Sulla mia anima, se esistesse una fine peggiore della morte, toccherebbe a loro. [Esce] TAMORA
Andronico, supplicherò il re. Non temere per i tuoi figli, andrà tutto bene. TITO [alzandosi] Vieni, Lucio, vieni. Non fermarti a parlare con loro. Escono II, 4
Entrano i figli dell’imperatrice, Chirone e Demetrio, insieme a Lavinia, che ha le mani mozze, la lingua tagliata ed è stata violentata98
DEMETRIO
Adesso va’ e racconta, se la tua lingua può parlare, chi è stato a tagliarti la lingua e a violentarti. CHIRONE
Scrivi quello che pensi, rivela i tuoi segreti, se le tue braccia monche ti permettono di scrivere.
99
TITUS ANDRONICUS, ACT 2 SCENE 4
DEMETRIUS
See how with signs and tokens she can scrawl. CHIRON (to Lavinia)
5
Go home, call for sweet water, wash thy hands. DEMETRIUS
She hath no tongue to call nor hands to wash, And so let’s leave her to her silent walks. CHIRON
An ’twere my cause I should go hang myself. DEMETRIUS
If thou hadst hands to help thee knit the cord.
10
Exeunt Chiron and Demetrius [Wind horns.] Enter Marcus from hunting to Lavinia MARCUS
Who is this – my niece that flies away so fast? Cousin, a word. Where is your husband? If I do dream, would all my wealth would wake me. If I do wake, some planet strike me down That I may slumber an eternal sleep. Speak, gentle niece, what stern ungentle hands Hath lopped and hewed and made thy body bare Of her two branches, those sweet ornaments Whose circling shadows kings have sought to sleep in, And might not gain so great a happiness As half thy love. Why dost not speak to me? Alas, a crimson river of warm blood, Like to a bubbling fountain stirred with wind, Doth rise and fall between thy rosèd lips, Coming and going with thy honey breath. But sure some Tereus hath deflowered thee And, lest thou shouldst detect him, cut thy tongue. Ah, now thou turn’st away thy face for shame,
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17. Hath è forma arcaica di has (= “ha”), in questo caso con soggetto plurale. 27. Him: emend. tardo; in Q them = “loro”. 100
TITO ANDRONICO, ATTO II SCENA 4
DEMETRIO
Guarda: a segni e a gesti, ancora scarabocchia. CHIRONE (a Lavinia)
Va’ a casa, chiedi acqua profumata e lavati le mani. DEMETRIO
Non ha lingua per chiedere, né mani da lavare. Lasciamola ai suoi passi silenziosi. CHIRONE
Fossi in lei, mi andrei a impiccare. DEMETRIO
Se avessi le mani per annodare la corda! Escono Chirone e Demetrio [Suono di corni.] Entra Marco, di ritorno dalla caccia, e si rivolge a Lavinia MARCO
Chi è? Mia nipote, che fugge così in fretta? Una parola, nipote: dov’è tuo marito? Se è un sogno, darei ogni ricchezza per potermi svegliare! Se invece son desto, un pianeta mi abbatta fino a sprofondarmi nel sonno eterno! Parla, cara nipote. Quali mani crudeli e spietate hanno mozzato, straziato e spogliato il tuo corpo dei suoi due rami: quei dolci ornamenti all’ombra del cui abbraccio desideravano dormire i re, sicuri di non poter incontrare felicità maggiore del tuo amore? Perché non mi rispondi? Ahimè, un fiume di sangue, caldo e scarlatto, sgorga e ricade dalle tue rosee labbra, seguendo il ritmo del tuo dolce respiro come una fonte che il vento fa gorgogliare. Di certo un Tereo ti ha violata e, perché tu non lo scoprissi, ti ha tagliato la lingua99. Ah, ora volti il viso per la
101
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
And notwithstanding all this loss of blood, As from a conduit with three issuing spouts, Yet do thy cheeks look red as Titan’s face Blushing to be encountered with a cloud. Shall I speak for thee? Shall I say ’tis so? O that I knew thy heart, and knew the beast, That I might rail at him to ease my mind! Sorrow concealèd, like an oven stopped, Doth burn the heart to cinders where it is. Fair Philomel, why she but lost her tongue And in a tedious sampler sewed her mind. But, lovely niece, that mean is cut from thee. A craftier Tereus, cousin, hast thou met, And he hath cut those pretty fingers off That could have better sewed than Philomel. O, had the monster seen those lily hands Tremble like aspen leaves upon a lute And make the silken strings delight to kiss them, He would not then have touched them for his life. Or had he heard the heavenly harmony Which that sweet tongue hath made, He would have dropped his knife and fell asleep, As Cerberus at the Thracian poet’s feet. Come, let us go and make thy father blind, For such a sight will blind a father’s eye. One hour’s storm will drown the fragrant meads: What will whole months of tears thy father’s eyes? Do not draw back, for we will mourn with thee. O, could our mourning ease thy misery! Exeunt Enter the Judges, Tribunes, and Senators with Titus’ two sons, Martius and Quintus, bound, passing [over] the stage to the place of execution, and Titus going before, pleading
3.1
TITUS
Hear me, grave fathers; noble Tribunes, stay. For pity of mine age, whose youth was spent 102
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TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
vergogna! E malgrado tutto questo sangue sparso, che perdi come una canna a tre zampilli, le tue guance avvampano come il viso di Titano100 ogni volta che si trova davanti una nuvola. Parlo io per te? Lo posso dire io? Oh, se potessi leggerti nel cuore, leggere il nome di quella bestia e sfogarmi a maledirlo fino a calmare il mio animo! Il dolore nascosto, come un forno murato, incenerisce il cuore in cui si annida101. La dolce Filomela perse solo la lingua e in un laborioso ricamo intessé i suoi pensieri, ma a te, cara nipote, questo mezzo è stato tolto. Hai incontrato un Tereo più astuto, che ti ha mozzato quelle dita graziose che avrebbero cucito meglio di Filomela. Oh, se il mostro avesse visto quelle mani di giglio tremare sul liuto come foglie di pioppo e deliziare di baci le corde di seta, non le avrebbe toccate nemmeno a costo della vita! E se avesse udito la divina armonia che sapeva modulare quella dolce lingua, avrebbe lasciato cadere il coltello e si sarebbe addormentato come Cerbero ai piedi del poeta di Tracia102. Vieni, andiamo ad accecare tuo padre, poiché una simile vista rende cieco un padre. La tempesta in un’ora allaga i campi fragranti, cosa faranno mesi e mesi di lacrime agli occhi di tuo padre? Non ti ritrarre, piangeremo con te. Se solo il nostro pianto potesse alleviare il tuo dolore! Escono III, 1
Entrano i giudici, i tribuni e i senatori, con due figli di Tito, Marzio e Quinto, legati, sfilando sul palcoscenico [verso] il luogo dell’esecuzione. Tito li precede implorando103
TITO
Ascoltatemi, autorevoli padri! Nobili tribuni, fermatevi! Abbiate pietà di un vecchio che ha speso la giovinezza nei pericoli delle
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TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
In dangerous wars whilst you securely slept; For all my blood in Rome’s great quarrel shed; For all the frosty nights that I have watched, And for these bitter tears which now you see Filling the agèd wrinkles in my cheeks, Be pitiful to my condemnèd sons, Whose souls is not corrupted as ’tis thought. For two-and-twenty sons I never wept, Because they died in honour’s lofty bed.
5
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Andronicus lieth down, and the Judges pass by him For these two, Tribunes, in the dust I write My heart’s deep languor and my soul’s sad tears. Let my tears stanch the earth’s dry appetite; My sons’ sweet blood will make it shame and blush. [Exeunt all but Titus] O earth, I will befriend thee more with rain That shall distil from these two ancient ruins Than youthful April shall with all his showers. In summer’s drought I’ll drop upon thee still. In winter with warm tears I’ll melt the snow And keep eternal springtime on thy face, So thou refuse to drink my dear sons’ blood.
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Enter Lucius with his weapon drawn O reverend Tribunes, O gentle, agèd men, Unbind my sons, reverse the doom of death, And let me say, that never wept before, My tears are now prevailing orators!
25
LUCIUS
O noble father, you lament in vain. The Tribunes hear you not. No man is by, And you recount your sorrows to a stone.
12. Two: assente in Q e F. La congettura è dovuta a ragioni metriche. 17. Ruins: così in Q; un emend. tardo corregge con urns = “urne”. 104
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
guerre, mentre voi dormivate al sicuro. Per tutto il sangue che ho versato nelle grandi lotte di Roma, per tutte le notti di guardia passate all’addiaccio, per queste lacrime amare, che ora vedete colmare le vecchie rughe sulle mie guance, siate pietosi con i miei figli condannati: le loro anime sono meno corrotte di quanto si pensi. Per ventidue104 figli non ho mai pianto, poiché sono morti nel nobile letto dell’onore. Andronico si getta a terra. I giudici gli passano accanto senza fermarsi Invece per questi due, tribuni, scrivo nella polvere la profonda angoscia del mio cuore e le lacrime tristi della mia anima. Sia il mio pianto a saziare l’arido appetito della terra: il dolce sangue dei miei figli la farebbe avvampare di vergogna. [Escono tutti tranne Tito] O terra, con la pioggia che sgorgherà da questi due vecchi ruderi, sarò un amico più fedele del giovane aprile con tutti i suoi scrosci. Ti darò pioggia nell’arsura dell’estate e con calde lacrime scioglierò la neve d’inverno, donando al tuo viso eterna primavera: rifiuta quindi di bere il sangue dei miei cari figli. Entra Lucio con la spada sguainata Onorati tribuni! Nobili anziani! Liberate i miei figli, revocate la condanna a morte e lasciate che io possa dire – io che finora non avevo mai pianto – che le mie lacrime sono degli oratori convincenti. LUCIO
Nobile padre, ti lamenti invano. I tribuni non ti sentono, qui non c’è nessuno: stai raccontando i tuoi dolori a una pietra.
105
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
TITUS
Ah Lucius, for thy brothers let me plead. Grave Tribunes, once more I entreat of you –
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LUCIUS
My gracious lord, no tribune hears you speak. TITUS
Why, ’tis no matter, man. If they did hear, They would not mark me; if they did mark, They would not pity me; yet plead I must. Therefore I tell my sorrows to the stones, Who, though they cannot answer my distress, Yet in some sort they are better than the Tribunes For that they will not intercept my tale. When I do weep they humbly at my feet Receive my tears and seem to weep with me, And were they but attirèd in grave weeds Rome could afford no tribunes like to these. A stone is soft as wax, tribunes more hard than stones. A stone is silent and offendeth not, And tribunes with their tongues doom men to death. But wherefore stand’st thou with thy weapon drawn?
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LUCIUS
To rescue my two brothers from their death, For which attempt the Judges have pronounced My everlasting doom of banishment. TITUS [rising] O happy man, they have befriended thee! Why, foolish Lucius, dost thou not perceive That Rome is but a wilderness of tigers? Tigers must prey, and Rome affords no prey But me and mine. How happy art thou then From these devourers to be banishèd! But who comes with our brother Marcus here?
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35. Tra i vv. 35 e 36, in Q si legge il verso tronco: And bootless unto them (= “invano verso di loro”). Potrebbe trattarsi di una falsa partenza, oppure essere traccia di una lacuna più ampia. 106
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
TITO
Ah, Lucio, lasciami implorare per i tuoi fratelli. Venerabili tribuni, vi supplico ancora una volta… LUCIO
Mio amato signore, nessun tribuno ti sente. TITO
Non importa, ragazzo: se anche sentissero, non ascolterebbero e, se anche ascoltassero, non si commuoverebbero105. Eppure devo implorare, perciò racconto le mie pene alle pietre: non possono rispondere alla mia angoscia, ma a loro modo sono migliori dei tribuni, poiché non interrompono la mia storia. Quando piango, ricevono umili le lacrime ai miei piedi, e sembrano piangere con me. Se solo indossassero panni austeri, Roma non potrebbe disporre di tribuni migliori. La pietra è tenera come cera, i tribuni più duri delle pietre. La pietra, silenziosa, non offende, i tribuni con le loro lingue condannano gli uomini a morte. Ma perché te ne stai con la spada sguainata? LUCIO
Lo era, per salvare dalla morte i miei due fratelli. Ma i giudici hanno condannato il mio tentativo con l’esilio perpetuo. TITO (alzandosi) Uomo fortunato, ti hanno favorito! Non ti accorgi, sciocco Lucio, che Roma è una selva di tigri? Le tigri richiedono prede e Roma non ha altro da offrire che me e i miei: sei fortunato ad essere bandito da queste belve voraci! Ma chi sta arrivando con mio fratello Marco?
107
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
Enter Marcus with Lavinia MARCUS
Titus, prepare thy agèd eyes to weep, Or if not so, thy noble heart to break. I bring consuming sorrow to thine age.
60
TITUS
Will it consume me? Let me see it then. MARCUS This was thy daughter. TITUS Why, Marcus, so she is. LUCIUS (falling on his knees) Ay me, this object kills me. TITUS
Faint-hearted boy, arise and look upon her.
65
[Lucius rises] Speak, Lavinia, what accursèd hand Hath made thee handless in thy father’s sight? What fool hath added water to the sea, Or brought a faggot to bright-burning Troy? My grief was at the height before thou cam’st, And now like Nilus it disdaineth bounds. Give me a sword, I’ll chop off my hands too, For they have fought for Rome, and all in vain; And they have nursed this woe in feeding life; In bootless prayer have they been held up, And they have served me to effectless use. Now all the service I require of them Is that the one will help to cut the other. ’Tis well, Lavinia, that thou hast no hands, For hands to do Rome service is but vain.
70
75
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LUCIUS
Speak, gentle sister, who hath martyred thee. MARCUS
O, that delightful engine of her thoughts, That blabbed them with such pleasing eloquence, Is torn from forth that pretty hollow cage Where, like a sweet melodious bird, it sung Sweet varied notes, enchanting every ear. 108
85
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
Entra Marco con Lavinia MARCO
Tito, prepara i tuoi vecchi occhi al pianto o il tuo nobile cuore a spezzarsi. Porto alla tua vecchiaia un dolore struggente. TITO
Mi distruggerà? Allora fammelo vedere. MARCO
Questa era tua figlia. TITO
Sì, Marco, e tale è. LUCIO (cadendo in ginocchio)
Ahimè! Questa vista mi uccide. TITO
Sei un cuore debole, ragazzo. Tirati su e guardala. [Lucio si alza] Parla, Lavinia, di chi la mano maledetta che ti porta così, senza mani, al cospetto di tuo padre? Quale pazzo ha voluto aggiungere acqua al mare o affastellare altra legna sulle alte fiamme di Troia106? Il mio dolore era già al culmine prima del tuo arrivo e ora come il Nilo ha traboccato ogni argine. Datemi una spada, mi mozzerò le mani anch’io, poiché si sono battute per Roma ed è stato tutto vano: nel nutrire la vita, hanno allevato questo dolore. A vuoto le ho levate a pregare, non mi sono servite a niente. Ora tutto quello che chiedo loro è che l’una mi aiuti a tagliare l’altra. È un bene, Lavinia, che tu non abbia mani: avere mani per servire Roma è inutile. LUCIO
Parla, cara sorella, chi ti ha torturato? MARCO
Lo strumento delizioso che proferiva i suoi pensieri con tanta delicata eloquenza è stato strappato dalla graziosa porta da dove cantava un’armonia di note che incantava ogni orecchio, come un dolce usignolo!
109
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
LUCIUS
O, say thou for her, who hath done this deed? MARCUS
O, thus I found her, straying in the park, Seeking to hide herself, as doth the deer That hath received some unrecuring wound.
90
TITUS
It was my dear, and he that wounded her Hath hurt me more than had he killed me dead; For now I stand as one upon a rock Environed with a wilderness of sea, Who marks the waxing tide grow wave by wave, Expecting ever when some envious surge Will in his brinish bowels swallow him. This way to death my wretched sons are gone. Here stands my other son, a banished man, And here my brother, weeping at my woes. But that which gives my soul the greatest spurn Is dear Lavinia, dearer than my soul. Had I but seen thy picture in this plight It would have madded me. What shall I do Now I behold thy lively body so? Thou hast no hands to wipe away thy tears, Nor tongue to tell me who hath martyred thee. Thy husband he is dead, and for his death Thy brothers are condemned and dead by this. Look, Marcus, ah, son Lucius, look on her! When I did name her brothers, then fresh tears Stood on her cheeks, as doth the honey-dew Upon a gathered lily almost witherèd.
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MARCUS
Perchance she weeps because they killed her husband; Perchance because she knows them innocent. TITUS
If they did kill thy husband, then be joyful, Because the law hath ta’en revenge on them. 110
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TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
LUCIO
Dillo tu per lei, chi ha compiuto questo delitto? MARCO
L’ho trovata così: vagava nel parco, cercando di nascondersi come un cervo ferito a morte. TITO
Era la mia cerbiatta107, e chi ha ferito lei, ha ferito me più che se mi avesse ucciso. Ora infatti mi sento come chi sta su uno scoglio, circondato dal mare selvaggio, a contare, onda su onda, come monta la marea, in costante attesa che qualche flutto invidioso lo inghiotta nelle viscere di sale. Là ci sono i miei miseri figli andati a morte; qui un altro mio figlio, condannato all’esilio, e mio fratello, che piange le mie disgrazie. Ma quello che dà alla mia anima il tormento più grande è la cara Lavinia, più cara della mia stessa anima. Se ti avessi vista in questo stato dentro un ritratto, sarei impazzito; cosa farò ora che vedo così ridotto il tuo corpo palpitante? Non hai mani per asciugarti le lacrime, né lingua per dirmi chi ti ha martoriato. Tuo marito è morto e, per la sua morte, i tuoi fratelli sono condannati e ormai morti anche loro. Guarda Marco! Ah, Lucio, figlio, guardala! Quando ho nominato i suoi fratelli, fresche lacrime hanno rigato le sue guance, come dolce rugiada su un giglio strappato e quasi appassito. MARCO
Forse piange perché hanno ucciso suo marito, forse perché li sa innocenti. TITO
Se avessero ucciso tuo marito, saresti contenta, poiché la legge avrebbe preso su di loro vendetta. No, non hanno commesso un
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TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
No, no, they would not do so foul a deed; Witness the sorrow that their sister makes. Gentle Lavinia, let me kiss thy lips; Or make some sign how I may do thee ease. Shall thy good uncle, and thy brother Lucius, And thou, and I, sit round about some fountain, Looking all downwards to behold our cheeks How they are stained, like meadows yet not dry With miry slime left on them by a flood? And in the fountain shall we gaze so long Till the fresh taste be taken from that clearness, And made a brine pit with our bitter tears? Or shall we cut away our hands like thine? Or shall we bite our tongues, and in dumb shows Pass the remainder of our hateful days? What shall we do? Let us that have our tongues Plot some device of further misery, To make us wondered at in time to come.
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135
LUCIUS
Sweet father, cease your tears, for at your grief See how my wretched sister sobs and weeps. MARCUS
Patience, dear niece. Good Titus, dry thine eyes. TITUS
Ah, Marcus, Marcus, brother, well I wot Thy napkin cannot drink a tear of mine, For thou, poor man, hast drowned it with thine own.
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LUCIUS
Ah, my Lavinia, I will wipe thy cheeks. TITUS
Mark, Marcus, mark. I understand her signs. Had she a tongue to speak, now would she say That to her brother which I said to thee. His napkin with his true tears all bewet Can do no service on her sorrowful cheeks. O, what a sympathy of woe is this – As far from help as limbo is from bliss. 112
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TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
delitto così infame; ne è testimone il dolore della loro sorella. Cara Lavinia, lasciami baciare le tue labbra o mostrami con un segno come ti possa consolare. Vuoi che il tuo buon zio e tuo fratello Lucio e tu e io ci sediamo intorno a una fonte, guardando tutti in basso per vedere le nostre guance guaste come prati ancora melmosi di fango dopo un’inondazione? Vuoi che restiamo a fissare la fonte finché la sua limpidezza perda ogni fresco sapore e le nostre lacrime amare ne facciano una pozza salata? Vuoi che ci tagliamo le mani come le tue? O che ci mozziamo la lingua e passiamo il resto dei nostri giorni in odiose pantomime108? Cosa dobbiamo fare? Abbiamo la lingua, dunque ordiamo qualche trama di ulteriore sventura perché i secoli futuri si stupiscano di noi. LUCIO
Dolce padre, frena le tue lacrime. Guarda come il tuo dolore fa piangere e singhiozzare la mia infelice sorella. MARCO
Calmati, cara nipote, e tu, buon Tito, asciugati gli occhi. TITO
Ah, Marco, Marco! So bene, fratello, che il tuo fazzoletto non può bere una sola delle mie lacrime, poiché tu, pover’uomo, l’hai già inzuppato con le tue. LUCIO
Ah, mia Lavinia, ti asciugherò le guance. TITO
Guarda, Marco, guarda. Comprendo i suoi segni. Se avesse una lingua per parlare, ora direbbe al fratello quel che ho detto a te: intriso com’è di lacrime sincere, il suo fazzoletto non serve a nulla sulle misere guance di lei. Oh, che comunione di dolori è mai questa, tanto lontana dal conforto quanto il limbo109 lo è dalla gioia.
113
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
Enter Aaron the Moor, alone AARON
Titus Andronicus, my lord the Emperor Sends thee this word: that, if thou love thy sons, Let Marcus, Lucius or thyself, old Titus, Or any one of you, chop off your hand And send it to the King. He for the same Will send thee hither both thy sons alive, And that shall be the ransom for their fault.
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TITUS
O gracious Emperor! O gentle Aaron, Did ever raven sing so like a lark That gives sweet tidings of the sun’s uprise? With all my heart I’ll send the Emperor my hand. Good Aaron, wilt thou help to chop it off?
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LUCIUS
Stay, father, for that noble hand of thine, That hath thrown down so many enemies, Shall not be sent. My hand will serve the turn. My youth can better spare my blood than you, And therefore mine shall save my brothers’ lives.
165
MARCUS
Which of your hands hath not defended Rome And reared aloft the bloody battleaxe, Writing destruction on the enemy’s castle? O, none of both but are of high desert. My hand hath been but idle; let it serve To ransom my two nephews from their death, Then have I kept it to a worthy end.
170
AARON
Nay, come, agree whose hand shall go along, For fear they die before their pardon come. MARCUS
My hand shall go. LUCIUS
114
By heaven it shall not go.
175
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
Entra Aronne il Moro, da solo ARONNE
Tito Andronico, l’imperatore mio signore ti manda questo messaggio. Vecchio Tito, se ami i tuoi figli, Marco, Lucio, tu stesso o chiunque altro di voi si tagli la mano e la mandi al re. In cambio lui ti rimanderà vivi entrambi i tuoi figli e questo sarà il riscatto per la loro colpa. TITO
Benevolo imperatore! Buon Aronne! Il corvo ha mai cantato come l’allodola110 quando dà dolce avviso del sorgere del sole? Con tutto il cuore manderò la mia mano all’imperatore. Buon Aronne, mi aiuterai a mozzarla? LUCIO
Fermo, padre! Non va mandata la tua nobile mano, che ha travolto così tanti nemici. Useremo la mia. La mia giovinezza ha più sangue da elargire della tua vecchiaia, perciò sarà la mia mano a salvare la vita dei miei fratelli. MARCO
Quale delle vostre mani non ha difeso Roma, sollevando l’ascia insanguinata per scrivere distruzione sui castelli nemici? Le mani di entrambi hanno troppi meriti! La mia invece è sempre stata in ozio; serva a riscattare i miei due nipoti dalla morte: almeno l’avrò conservata per una degna fine. ARONNE
Su, avanti, decidete quale mano deve partire, o quei due moriranno prima che giunga il perdono. MARCO
Sarà la mia mano ad andare. LUCIO
Non andrà, per il cielo!
115
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
TITUS
Sirs, strive no more. Such withered herbs as these Are meet for plucking up, and therefore mine. LUCIUS
Sweet father, if I shall be thought thy son, Let me redeem my brothers both from death.
180
MARCUS
And for our father’s sake and mother’s care, Now let me show a brother’s love to thee. TITUS
Agree between you. I will spare my hand. LUCIUS
Then I’ll go fetch an axe. But I will use the axe.
MARCUS
Exeunt Lucius and Marcus TITUS
Come hither, Aaron. I’ll deceive them both. Lend me thy hand, and I will give thee mine. AARON (aside) If that be called deceit, I will be honest And never whilst I live deceive men so. But I’ll deceive you in another sort, And that you’ll say ere half an hour pass.
185
190
He cuts off Titus’ hand. Enter Lucius and Marcus again TITUS
Now stay your strife. What shall be is dispatched. Good Aaron, give his majesty my hand. Tell him it was a hand that warded him From thousand dangers; bid him bury it. More hath it merited; that let it have. As for my sons, say I account of them As jewels purchased at an easy price, And yet dear too, because I bought mine own.
116
195
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
TITO
Signori, non litigate. Sono le erbe secche quelle da strappare, quindi la mia. LUCIO
Dolce padre, se posso dirmi tuo figlio, lascia che sia io a riscattare i miei fratelli dalla morte. MARCO
In nome di nostro padre e per amore di nostra madre, permettimi ora di mostrarti il mio affetto fraterno. TITO
Decidete tra voi, risparmierò la mia mano. LUCIO
Allora vado a cercare un’ascia. MARCO
Ma sarò io a usarla. Escono Lucio e Marco TITO
Vieni qui, Aronne, li ingannerò entrambi. Prestami la tua mano e io ti darò la mia. ARONNE (a parte) Se questo è un inganno, sarò onesto finché campo e non raggirerò mai nessuno così. Ma ti ingannerò in un altro modo, e te ne accorgerai prima che passi mezz’ora. Taglia la mano sinistra di Tito. Rientrano Lucio e Marco TITO
Ora smettete di discutere: quel che si doveva fare è stato fatto. Buon Aronne, dà a sua maestà la mia mano, digli che l’ha protetto da migliaia di pericoli e pregalo di seppellirla. Meritava di più, le si dia almeno questo. Quanto ai miei figli, digli che li ritengo gioielli acquistati a poco, eppure cari, poiché ho ricomprato ciò che era mio.
117
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
AARON
I go, Andronicus; and for thy hand Look by and by to have thy sons with thee. (Aside) Their heads, I mean. O, how this villainy Doth fat me with the very thoughts of it! Let fools do good, and fair men call for grace: Aaron will have his soul black like his face.
200
Exit
TITUS
O, here I lift this one hand up to heaven And bow this feeble ruin to the earth.
205
He kneels If any power pities wretched tears, To that I call. (To Lavinia, who kneels) What, wouldst thou kneel with me? Do then, dear heart; for heaven shall hear our prayers, Or with our sighs we’ll breathe the welkin dim And stain the sun with fog, as sometime clouds When they do hug him in their melting bosoms.
210
MARCUS
O brother, speak with possibility, And do not break into these deep extremes. TITUS
Is not my sorrows deep, having no bottom? Then be my passions bottomless with them.
215
MARCUS
But yet let reason govern thy lament. TITUS
If there were reason for these miseries, Then into limits could I bind my woes. When heaven doth weep, doth not the earth o’erflow? If the winds rage, doth not the sea wax mad, Threat’ning the welkin with his big-swoll’n face? And wilt thou have a reason for this coil?
118
220
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
ARONNE
Vado, Andronico. In cambio della tua mano, vedrai, tra non molto riavrai i tuoi figli con te. (A parte) Le loro teste, intendo. Oh, questa infamia, come mi ingrassa soltanto il pensarla! Gli sciocchi facciano il bene e i giusti invochino grazia: Aronne avrà l’anima nera come la faccia. Esce TITO
Oh, alzo al cielo la mia unica mano e chino qui a terra questo fragile rudere. Si inginocchia Se c’è un dio che ha pietà delle lacrime disperate, mi rivolgo a lui! (A Lavinia, che si inginocchia) Cosa, ti vuoi inginocchiare con me? Fallo allora, cuoricino: il cielo ascolterà le nostre preghiere o appanneremo la volta celeste con i nostri sospiri e annebbieremo il sole, come a volte le nuvole quando se lo stringono al loro grembo che si scioglie. MARCO
Fratello, parla di cose plausibili, invece di prorompere in questi estremi vaneggiamenti. TITO
Il mio dolore non è un abisso senza fondo? Anche le mie passioni siano allora senza fondo. MARCO
Ma sia la ragione a governare i tuoi lamenti. TITO
Se ci fosse una ragione per queste sventure, potrei porre un limite alle mie pene. Ma quando il cielo piange, la terra non ne è inondata? Se infuriano i venti, il mare non impazzisce fino a minacciare il cielo con il volto rigonfio? E tu vuoi una ragione per questo scon-
119
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
I am the sea. Hark how her sighs doth blow. She is the weeping welkin, I the earth. Then must my sea be movèd with her sighs, Then must my earth with her continual tears Become a deluge overflowed and drowned, Forwhy my bowels cannot hide her woes, But like a drunkard must I vomit them. Then give me leave, for losers will have leave To ease their stomachs with their bitter tongues.
225
230
Enter a Messenger with two heads and a hand MESSENGER
Worthy Andronicus, ill art thou repaid For that good hand thou sent’st the Emperor. Here are the heads of thy two noble sons, And here’s thy hand in scorn to thee sent back – Thy grief their sports, thy resolution mocked, That woe is me to think upon thy woes More than remembrance of my father’s death.
235
[He sets down the heads and hand. Exit] MARCUS
Now let hot Etna cool in Sicily, And be my heart an ever-burning hell. These miseries are more than may be borne. To weep with them that weep doth ease some deal, But sorrow flouted at is double death.
240
LUCIUS
Ah, that this sight should make so deep a wound And yet detested life not shrink thereat – That ever death should let life bear his name Where life hath no more interest but to breathe!
245
Lavinia kisses Titus
224. Blow: così in F2; in Q flow = “scorrono”. Tito mette in relazione metaforica il mondo dell’aria e quello dell’acqua, quindi anche la lezione delle prime edd. potrebbe essere plausibile. 120
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
quasso? Io sono il mare, ascolta come soffia lei con i suoi sospiri. Lei è la volta celeste che piange, io la terra: quindi il mio mare deve essere scosso dai suoi sospiri e la mia terra diventare diluvio, inondata e sommersa dalle sue lacrime incessanti111. Le mie viscere non possono celare le sue pene, ma come un ubriaco le devo riversare fuori. Lasciami fare, quindi. Chi perde ha diritto a liberarsi lo stomaco con la sua lingua amara. Entra un messaggero con due teste e una mano MESSAGGERO
Degno Andronico, sei mal ripagato per la mano valente che hai mandato all’imperatore. Ecco le teste dei tuoi due nobili figli ed ecco la tua mano, restituita per disprezzo. Il tuo dolore dà loro allegria e la tua fermezza è derisa. Pensare ai tuoi mali mi fa star male più del ricordo della morte di mio padre. [Posa a terra le teste e la mano. Esce] MARCO
Ora l’Etna rovente sbollisca in Sicilia e il mio cuore diventi un inferno di fiamme eterne! Queste sventure sono più di quanto si possa sopportare. Piangere con chi piange112 può recare qualche sollievo, ma il dolore deriso è una doppia morte. LUCIO
Come può questa vista ferire così a fondo, senza che la vita stessa, odiosa, non si ritiri? La morte dovrebbe permettere alla vita di portare il suo nome, quando della vita è rimasto vivo solo il respiro! Lavinia bacia Tito
121
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
MARCUS
Alas, poor heart, that kiss is comfortless As frozen water to a starvèd snake.
250
TITUS
When will this fearful slumber have an end? MARCUS
Now farewell, flatt’ry; die, Andronicus. Thou dost not slumber. See thy two sons’ heads, Thy warlike hand, thy mangled daughter here, Thy other banished son with this dear sight Struck pale and bloodless, and thy brother, I, Even like a stony image, cold and numb. Ah, now no more will I control thy griefs. Rend off thy silver hair, thy other hand Gnawing with thy teeth, and be this dismal sight The closing up of our most wretched eyes. Now is a time to storm. Why art thou still? TITUS Ha, ha, ha!
255
260
MARCUS
Why dost thou laugh? It fits not with this hour. TITUS
Why, I have not another tear to shed. Besides, this sorrow is an enemy, And would usurp upon my wat’ry eyes And make them blind with tributary tears. Then which way shall I find Revenge’s cave? – For these two heads do seem to speak to me And threat me I shall never come to bliss Till all these mischiefs be returned again Even in their throats that hath committed them. Come, let me see what task I have to do.
265
270
[He and Lavinia rise] You heavy people, circle me about, That I may turn me to each one of you And swear unto my soul to right your wrongs.
122
275
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
MARCO
Ahimè, povero cuore, il tuo bacio non dà sollievo, come acqua ghiacciata a un serpente affamato. TITO
Quando avrà fine questo sonno spaventoso? MARCO
Addio lusinghe, ormai. Muori, Andronico. Non stai dormendo: guarda le teste dei tuoi due figli, la tua mano guerriera, la tua figlia fatta a pezzi, l’altro figlio, messo al bando, pallido ed esangue per la vista dei cari, e me, tuo fratello, attonito e freddo come un’immagine di pietra. Ah! Ora non frenerò più le tue pene. Strappati i capelli d’argento, màcerati con i denti l’altra tua mano e questa orribile vista chiuda per sempre i nostri occhi miserandi. È giunta l’ora della tempesta: perché resti immobile? TITO
Ah, ah, ah! MARCO
Perché ridi? Non è il momento. TITO
Perché? Non ho più neanche una lacrima da versare. E poi questo dolore è un nemico, che vorrebbe impadronirsi dei miei occhi bagnati e accecarli con il tributo del mio pianto. Allora come potrei trovare la grotta della vendetta? Mi pare che queste due teste mi parlino, minacciando di non darmi pace finché tutti questi delitti non siano ricacciati nella gola di chi li ha commessi. Andiamo, devo pensare al da farsi. [Lui e Lavinia si alzano] Voi, afflitti, venitemi intorno, in modo che possa rivolgermi a ognuno di voi e giurare sulla mia anima di aver giustizia per i torti fatti a voi.
123
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 1
Marcus, Lucius, and Lavinia circle Titus. He pledges them The vow is made. Come, brother, take a head, And in this hand the other will I bear. And Lavinia, thou shall be employed. Bear thou my hand, sweet wench, between thine arms. As for thee, boy, go get thee from my sight. Thou art an exile and thou must not stay. Hie to the Goths, and raise an army there, And if ye love me, as I think you do, Let’s kiss and part, for we have much to do.
280
285
They kiss. Exeunt all but Lucius LUCIUS
Farewell, Andronicus, my noble father, The woefull’st man that ever lived in Rome. Farewell, proud Rome, till Lucius come again; He loves his pledges dearer than his life. Farewell, Lavinia, my noble sister: O, would thou wert as thou tofore hast been! But now nor Lucius nor Lavinia lives But in oblivion and hateful griefs. If Lucius live he will requite your wrongs And make proud Saturnine and his empress Beg at the gates like Tarquin and his queen. Now will I to the Goths and raise a power, To be revenged on Rome and Saturnine.
290
295
Exit
280-281. And Lavinia ... thine arms: emend. tardo; in Q And Lavinia, thou shall be employed in these arms, / Bear thou my hand, sweet wench, between thy teeth. L’emendamento si basa sull’ipotesi che arms sia una correzione d’autore relativa a teeth: lo stampatore di Q1 l’avrebbe fraintesa ed erroneamente inserita nel v. precedente. 290. Loves: così in Q; un emend. tardo corregge con leaves = “lascia”. 124
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 1
Marco, Lucio e Lavinia circondano Tito, che li fa giurare Il giuramento è fatto. Vieni fratello, prendi una testa, io terrò l’altra in questa mano. Lavinia, ecco cosa farai tu: stringi la mia mano tra le braccia, dolce fanciulla113. Quanto a te, ragazzo, va’ e sparisci dalla mia vista. Sei stato bandito e non devi restare. Fuggi dai Goti e arruola un esercito da loro. Se mi vuoi bene, come credo, diamoci un bacio e separiamoci, poiché c’è molto da fare. Si scambiano un bacio. Escono tutti tranne Lucio LUCIO
Addio, Andronico, nobile padre: l’uomo più sventurato che abbia mai vissuto a Roma. Addio, Roma superba, finché Lucio non tornerà, poiché tiene ai suoi pegni più che alla sua stessa vita. Addio, Lavinia, mia nobile sorella: se solo fossi ancora com’eri un tempo! Ma ora sia Lucio che Lavinia vivono nell’oblio e in odiosi tormenti. Se Lucio vivrà, farà giustizia dei tuoi torti e il superbo Saturnino e la sua imperatrice mendicheranno alle porte come Tarquinio e la sua regina114. Ora andrò dai Goti ad arruolare un’armata per vendicarmi di Roma e di Saturnino. Esce
125
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 2
A banquet. Enter Titus Andronicus, Marcus, Lavinia, and the boy (young Lucius)
3.2 TITUS
So, so, now sit, and look you eat no more Than will preserve just so much strength in us As will revenge these bitter woes of ours. [They sit] Marcus, unknit that sorrow-wreathen knot. Thy niece and I, poor creatures, want our hands, And cannot passionate our tenfold grief With folded arms. This poor right hand of mine Is left to tyrannize upon my breast, Who, when my heart, all mad with misery, Beats in this hollow prison of my flesh, Then thus I thump it down.
5
10
He beats his breast (To Lavinia) Thou map of woe, that thus dost talk in signs, When thy poor heart beats with outrageous beating Thou canst not strike it thus to make it still! Wound it with sighing, girl; kill it with groans, Or get some little knife between thy teeth And just against thy heart make thou a hole, That all the tears that thy poor eyes let fall May run into that sink and, soaking in, Drown the lamenting fool in sea-salt tears.
15
20
MARCUS
Fie, brother, fie! Teach her not thus to lay Such violent hands upon her tender life. TITUS
How now! Has sorrow made thee dote already? Why, Marcus, no man should be mad but I. What violent hands can she lay on her life? Ah, wherefore dost thou urge the name of hands 3.2 Questa scena è inserita nel testo della tragedia a partire da F. 126
25
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 2
Un banchetto. Entrano Tito Andronico, Marco, Lavinia e il ragazzo (figlio di Lucio)115
III, 2 TITO
Bene, bene, ora sedete, e badate di non mangiare più di quanto ci conservi in forze per vendicare le nostre atroci sventure. [Si siedono] Marco, sciogli il nodo che ti avvolge nell’angoscia. Tua nipote ed io, misere creature, non possiamo sfogare senza mani la nostra inabbracciabile pena a braccia conserte116. Questa povera mano destra mi è rimasta per tiranneggiarmi il petto e quando il mio cuore, pazzo di tristezza, palpita in questa cava prigione di carne, lo batto così con un pugno. Si batte il petto (A Lavinia) Mappa del dolore, tu che parli solo a segni, quando il tuo cuore infelice sussulta con furia crudele, non puoi colpirlo perché si fermi! Feriscilo con i sospiri, ragazza, uccidilo di gemiti, o prendi tra i denti un piccolo coltello e scava un buco in corrispondenza del cuore, in modo che tutte le lacrime che cadranno dai tuoi poveri occhi scorrano in quello scolo e, dopo averlo inzuppato, anneghino quello sciocco117 lamentoso in un mare di stille salate. MARCO
Via, fratello, vergogna! Non insegnarle a levare le mani con tanta violenza sulla sua tenera vita. TITO
Ma come? Il dolore ti fa già vaneggiare? Bada, Marco, nessun altro deve essere pazzo, tranne me. Quali mani violente può mai alzare sulla sua vita? Perché insisti a parlare di mani? È come chiedere
127
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 2
To bid Aeneas tell the tale twice o’er How Troy was burnt and he made miserable? O, handle not the theme, to talk of hands, Lest we remember still that we have none. Fie, fie, how franticly I square my talk, As if we should forget we had no hands If Marcus did not name the word of hands! Come, let’s fall to; and, gentle girl, eat this. Here is no drink! Hark, Marcus, what she says. I can interpret all her martyred signs. She says she drinks no other drink but tears, Brewed with her sorrow, mashed upon her cheeks. Speechless complainer, I will learn thy thought. In thy dumb action will I be as perfect As begging hermits in their holy prayers. Thou shalt not sigh, nor hold thy stumps to heaven, Nor wink, nor nod, nor kneel, nor make a sign, But I of these will wrest an alphabet, And by still practice learn to know thy meaning.
30
35
40
45
YOUNG LUCIUS
Good grandsire, leave these bitter deep laments. Make my aunt merry with some pleasing tale. MARCUS
Alas, the tender boy in passion moved Doth weep to see his grandsire’s heaviness. TITUS
Peace, tender sapling, thou art made of tears, And tears will quickly melt thy life away.
50
Marcus strikes the dish with a knife What dost thou strike at, Marcus, with thy knife? MARCUS
At that that I have killed, my lord –a fly.
35. No drink: così in F; una congettura moderna propone to drink = “da bere”. 128
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 2
a Enea di tornare a raccontare la storia dell’incendio di Troia e delle sue sventure118! Non maneggiare questo soggetto, non parlare di mani, non ricordarci che non ne abbiamo. Ma che dico? Che delirio di discorso! come se potessimo scordare di non avere le mani, se Marco non pronunciasse la parola mani! Su, cominciamo. Cara ragazza, mangia questo. Non c’è niente da bere qui! Ascolta quello che dice, Marco: riesco a interpretare i suoi segni martoriati. Dice di non bere altra bevanda se non le sue lacrime, distillate dal dolore e fermentate sulle guance. Lamento silenzioso, imparerò i tuoi pensieri. Mi avvezzerò alla tua mimica muta come i mendici eremiti con le loro sacre preghiere. Non potrai sospirare, levare le braccia al cielo, ammiccare, muovere il capo, inginocchiarti o fare un segno, senza che io ne tragga fuori un alfabeto e a forza d’esercizio impari a intenderne il senso. GIOVANE LUCIO
Nonno caro, abbandona la profonda amarezza di questi lamenti. Rallegra mia zia con una storia lieta. MARCO
Ahimè, il tenero ragazzo, mosso a compassione, piange nel vedere la disperazione del nonno. TITO
Calma, tenero virgulto. Sei fatto di lacrime, e in lacrime la tua vita presto si scioglierà. Marco colpisce il piatto con un coltello Cosa colpisci, Marco, con il tuo coltello? MARCO
Ciò che ho appena ucciso, signore: una mosca.
129
TITUS ANDRONICUS, ACT 3 SCENE 2
TITUS
Out on thee, murderer! Thou kill’st my heart. Mine eyes are cloyed with view of tyranny. A deed of death done on the innocent Becomes not Titus’ brother. Get thee gone. I see thou art not for my company.
55
MARCUS
Alas, my lord, I have but killed a fly. TITUS
‘But’? How if that fly had a father, brother? How would he hang his slender gilded wings And buzz lamenting dirges in the air! Poor harmless fly, That with his pretty buzzing melody Came here to make us merry –and thou hast killed him!
60
64
MARCUS
Pardon me, sir, it was a black ill-favoured fly, Like to the Empress’ Moor. Therefore I killed him. TITUS O, O, O! Then pardon me for reprehending thee, For thou hast done a charitable deed. Give me thy knife. I will insult on him, Flattering myself as if it were the Moor Come hither purposely to poison me.
70
He takes a knife and strikes There’s for thyself, and that’s for Tamora. Ah, sirrah! Yet I think we are not brought so low But that between us we can kill a fly That comes in likeness of a coal-black Moor.
75
60. Father, brother: emend. tardo; in F father and mother = “padre e madre”. 62. Dirges: emend. Wells; in F doings = “azioni”. 74. Sirrah: appellativo colloquiale per persone ritenute di rango sociale inferiore. 130
TITO ANDRONICO, ATTO III SCENA 2
TITO
Maledizione, assassino! Tu uccidi il mio cuore. I miei occhi sono sazi di violenza fino alla nausea. Un atto di morte contro un innocente non è degno del fratello di Tito. Vattene. Vedo che non sei fatto per stare con me. MARCO
Ahimè, mio signore, ho solo ucciso una mosca. TITO
Solo? E se quella mosca aveva un padre, fratello? Come potrà stendere le sue esili ali dorate e ronzare nell’aria insieme alle sue nenie dolenti? Povera mosca indifesa, che veniva a rallegrarci con la sua graziosa armonia di ronzii. E tu l’hai uccisa! MARCO
Perdonami, signore. Era una mosca nera e repellente, come il Moro dell’imperatrice. Perciò l’ho uccisa. TITO
Oh, oh, oh! Allora perdona i miei rimproveri: il tuo è stato un atto di misericordia. Dammi il coltello. Infierirò su di lei, illudendomi che sia il Moro venuto qui apposta per avvelenarmi. Prende un coltello e sferra un colpo Questo è per te, e questo è per Tamora. Ah, bestia! Ancora non siamo caduti così in basso, spero, da non riuscire a uccidere una mosca che ci viene intorno con l’aspetto di un Moro nero come il carbone.
131
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 1
MARCUS
Alas, poor man! Grief has so wrought on him He takes false shadows for true substances. TITUS
Come, take away. Lavinia, go with me. I’ll to thy closet and go read with thee Sad stories chancèd in the times of old. Come, boy, and go with me. Thy sight is young, And thou shalt read when mine begin to dazzle.
80
Exeunt Enter Lucius’ son and Lavinia running after him, and the boy flies from her with his books under his arm. Enter Titus and Marcus
4.1
YOUNG LUCIUS
Help, grandsire, help! My aunt Lavinia Follows me everywhere, I know not why. Good uncle Marcus, see how swift she comes. Alas, sweet aunt, I know not what you mean. [He drops his books] MARCUS
Stand by me, Lucius. Do not fear thine aunt.
5
TITUS
She loves thee, boy, too well to do thee harm. YOUNG LUCIUS
Ay, when my father was in Rome she did. MARCUS
What means my niece Lavinia by these signs? TITUS
Fear her not, Lucius; somewhat doth she mean. [MARCUS] See, Lucius, see how much she makes of thee. Somewhither would she have thee go with her. Ah, boy, Cornelia never with more care
10
84. Begin: F coniuga il verbo al plurale, forse sottintendendo eyes = “occhi”. 132
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 1
MARCO
Ahimè, pover’uomo! Il dolore l’ha battuto come un ferro e ora scambia false ombre per vere sostanze. TITO
Su, sparecchiate. Lavinia, vieni con me. Verrò nella tua stanza e leggeremo insieme tristi storie accadute in tempi antichi119. Su, ragazzo, vieni con me: la tua vista è giovane e leggerai tu, quando la mia comincerà ad annebbiarsi. Escono Entrano il figlio di Lucio e Lavinia, che lo rincorre. Il ragazzo le sfugge con i libri sotto braccio. Entrano Tito e Marco120
IV, 1
GIOVANE LUCIO
Aiuto, nonno, aiuto! Mia zia Lavinia mi segue dappertutto e non so perché. Caro zio Marco, guarda come viene veloce! Ahimè, dolce zia, non so cosa vuoi. [Al ragazzo cadono i libri] MARCO
Stammi vicino, Lucio, e non temere tua zia. TITO
Lei ti vuol bene, ragazzo: troppo bene per farti del male. GIOVANE LUCIO
Sì, quando mio padre era a Roma, me ne voleva. MARCO
Cosa vuol dire mia nipote Lavinia con questi segni? TITO
Non temere, Lucio. Qualcosa vorrà pur dire. [MARCO] Guarda, Lucio, guarda come si interessa a te. Vuole che tu vada da qualche parte con lei. Ah, ragazzo, Cornelia121 non ha mai letto ai
133
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 1
Read to her sons than she hath read to thee Sweet poetry and Tully’s Orator. Canst thou not guess wherefore she plies thee thus? YOUNG LUCIUS
My lord, I know not, I, nor can I guess, Unless some fit or frenzy do possess her; For I have heard my grandsire say full oft Extremity of griefs would make men mad, And I have read that Hecuba of Troy Ran mad for sorrow. That made me to fear, Although, my lord, I know my noble aunt Loves me as dear as e’er my mother did, And would not but in fury fright my youth, Which made me down to throw my books and fly, Causeless, perhaps. But pardon me, sweet aunt; And, madam, if my uncle Marcus go I will most willingly attend your ladyship. MARCUS Lucius, I will.
16
20
25
Lavinia turns the books over with her stumps TITUS
How now, Lavinia? Marcus, what means this? Some book there is that she desires to see. Which is it, girl, of these? – Open them, boy. (To Lavinia) But thou art deeper read and better skilled. Come and take choice of all my library, And so beguile thy sorrow till the heavens Reveal the damned contriver of this deed. – Why lifts she up her arms in sequence thus?
30
35
MARCUS
I think she means that there were more than one Confederate in the fact. Ay, more there was, Or else to heaven she heaves them for revenge.
40
36. Tra i vv. 36 e 37, F aggiunge come verso autonomo What booke? = “che libro?”. 134
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 1
suoi figli con più premura di quanta ne ha avuta lei nel leggere a te dolci poesie e l’Oratore di Cicerone122. Non riesci a immaginare perché ti assilli in questo modo? GIOVANE LUCIO
Mio signore, non lo so e non lo riesco a immaginare, a meno che non sia presa da qualche accesso di follia. Spesso ho sentito dire al nonno che le angosce estreme possono far impazzire e ho letto che Ecuba di Troia divenne matta dal dolore123. Per questo ho avuto paura, pur sapendo, mio signore, che la mia nobile zia mi ama come mi amava mia madre e spaventerebbe un ragazzo come me solo se fosse fuori di sé. Questo mi ha fatto gettare i libri e fuggire, forse senza motivo. Perdonami, dolce zia: se lo zio Marco verrà con noi, mi metterò volentieri al tuo servizio. MARCO
Lucio, verrò. Lavinia fruga tra i libri con le sue braccia monche TITO
Che c’è, Lavinia? Marco, cosa significa questo? Dev’esserci qualche libro che desidera vedere. Qual è di questi, cara? Aprili, ragazzo. (A Lavinia) Ma tu sei una lettrice più esigente ed esperta: vieni nella mia biblioteca, scegline uno e inganna così il tuo dolore, finché i cieli non sveleranno l’autore di questo maledetto misfatto. Perché leva le braccia al cielo così, una dopo l’altra? MARCO
Credo intenda che i complici del delitto fossero più d’uno. Sì, erano di più, oppure alza le braccia al cielo per vendetta.
135
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 1
TITUS
Lucius, what book is that she tosseth so? YOUNG LUCIUS
Grandsire, ’tis Ovid’s Metamorphoses. My mother gave it me. MARCUS For love of her that’s gone, Perhaps, she culled it from among the rest. TITUS
Soft, so busily she turns the leaves. Help her. What would she find? Lavinia, shall I read? This is the tragic tale of Philomel, And treats of Tereus’ treason and his rape, And rape, I fear, was root of thy annoy.
45
MARCUS
See, brother, see. Note how she quotes the leaves.
50
TITUS
Lavinia, wert thou thus surprised, sweet girl, Ravished and wronged as Philomela was, Forced in the ruthless, vast, and gloomy woods? See, see. Ay, such a place there is where we did hunt – O, had we never, never hunted there! – Patterned by that the poet here describes, By nature made for murders and for rapes.
55
MARCUS
O, why should nature build so foul a den, Unless the gods delight in tragedies? TITUS
Give signs, sweet girl, for here are none but friends, What Roman lord it was durst do the deed. Or slunk not Saturnine, as Tarquin erst, That left the camp to sin in Lucrece’ bed? MARCUS
Sit down, sweet niece. Brother, sit down by me. They sit
136
61
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 1
TITO
Lucio, che libro sta smuovendo? GIOVANE LUCIO
Sono le Metamorfosi di Ovidio, nonno. Me le ha regalate mia madre. MARCO
Forse lo ha scelto tra gli altri per amore di lei che è morta. TITO
Piano! Come si affanna a girare le pagine! Aiutala. Cosa vorrà mai trovare? Lavinia, devo leggere? Questa è la tragica storia di Filomela124 e racconta il tradimento di Tereo e il suo stupro. In uno stupro, temo, ha radice anche la tua sventura. MARCO
Guarda, fratello, guarda! Osserva come indica le pagine. TITO
Lavinia, sei stata violata così anche tu, dolce ragazza? Violentata e offesa come accadde a Filomela, trascinata in un bosco buio, crudele e sconfinato? Guarda, guarda! Sì, c’è un luogo simile dove si è tenuta la caccia – non vi fossimo mai andati, mai! – che ricalca quello descritto qui dal poeta125. Un posto adatto per natura agli omicidi e agli stupri. MARCO
Perché la natura va creando covi così orrendi? Forse gli dèi trovano gusto nelle tragedie? TITO
Dacci dei segni, dolce ragazza: qui ci sono solo amici. Chi è il patrizio che ha osato commettere il delitto? O è stato Saturnino a strisciare furtivo, come a suo tempo Tarquinio, quando lasciò il campo per andare a peccare nel letto di Lucrezia126? MARCO
Siediti, dolce nipote. Fratello, vieni a sederti con me. Si siedono
137
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 1
Apollo, Pallas, Jove, or Mercury Inspire me, that I may this treason find. My lord, look here. Look here, Lavinia. This sandy plot is plain. Guide if thou canst This after me.
65
He writes his name with his staff, and guides it with feet and mouth I here have writ my name Without the help of any hand at all. Cursed be that heart that forced us to this shift! Write thou, good niece, and here display at last What God will have discovered for revenge. Heaven guide thy pen to print thy sorrows plain, That we may know the traitors and the truth.
70
75
She takes the staff in her mouth, and guides it with her stumps, and writes O, do ye read, my lord, what she hath writ? [TITUS] ‘Stuprum – Chiron – Demetrius.’ MARCUS
What, what! – The lustful sons of Tamora Performers of this heinous bloody deed? TITUS
Magni dominator poli, Tam lentus audis scelera, tam lentus vides?
80
MARCUS
O, calm thee, gentle lord, although I know There is enough written upon this earth To stir a mutiny in the mildest thoughts, And arm the minds of infants to exclaims. My lord, kneel down with me; Lavinia, kneel; And kneel, sweet boy, the Roman Hector’s hope,
85
All kneel
69. Here: emend. moderno; assente in Q e F. La congettura è dovuta a ragioni metriche. 138
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 1
Apollo, Pallade, Giove o Mercurio, ispiratemi, in modo che possa scoprire questo tradimento. Mio signore, guarda qui. Guarda qui, Lavinia. Questo tratto di sabbia è liscio. Guida, se riesci, questo bastone come faccio io. Scrive il suo nome con il bastone, guidandolo con i piedi e con la bocca127 Ho scritto il mio nome senza usare le mani. Maledetto il cuore di chi ci ha costretti a questo sistema! Scrivi tu, cara nipote, e mostraci infine ciò che dio stesso vuole che sia svelato per la vendetta. Il cielo guidi la tua penna a stampare ben chiare le tue pene, in modo da farci conoscere i traditori e la verità! Prende il bastone con la bocca, lo guida con le braccia monche e scrive Riesci a leggere, mio signore, quello che ha scritto? [TITO] “Stuprum – Chirone – Demetrio”. MARCO
Come, come? Gli autori di questo delitto odioso e cruento sono i depravati figli di Tamora? TITO
Magni dominator poli, tam lentus audis scelera? tam lentus vides128? MARCO
Calma, nobile signore, anche se qui in terra, lo so, c’è scritto abbastanza da fomentare alla rivolta i pensieri più miti e armare di accuse le menti dei fanciulli. Inginocchiati con me, mio signore, e anche tu, Lavinia, e tu, dolce ragazzo, speranza dell’Ettore romano129, inginocchiatevi Si inginocchiano tutti
139
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 1
And swear with me – as, with the woeful fere And father of that chaste dishonoured dame Lord Junius Brutus sware for Lucrece’ rape – That we will prosecute by good advice Mortal revenge upon these traitorous Goths, And see their blood, or die with this reproach.
90
They rise TITUS
’Tis sure enough an you knew how, But if you hunt these bear-whelps, then beware. The dam will wake, and if she wind ye once She’s with the lion deeply still in league, And lulls him whilst she playeth on her back, And when he sleeps will she do what she list. You are a young huntsman, Marcus. Let alone, And come, I will go get a leaf of brass And with a gad of steel will write these words, And lay it by. The angry northern wind Will blow these sands like Sibyl’s leaves abroad, And where’s our lesson then? Boy, what say you?
95
100
105
YOUNG LUCIUS
I say, my lord, that if I were a man Their mother’s bedchamber should not be safe For these base bondmen to the yoke of Rome. MARCUS
Ay, that’s my boy! Thy father hath full oft For his ungrateful country done the like.
110
YOUNG LUCIUS
And, uncle, so will I, an if I live. TITUS
Come go with me into mine armoury. Lucius, I’ll fit thee; and withal, my boy, Shall carry from me to the Empress’ sons Presents that I intend to send them both. Come, come, thou’lt do my message, wilt thou not?
140
115
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 1
e giurate con me, come giurò Giunio Bruto per lo stupro di Lucrezia insieme al misero marito e al padre di quella dama casta e disonorata130, che con ogni astuzia perseguiremo vendetta mortale contro questi traditori Goti, e vedremo il loro sangue o moriremo. Si rialzano TITO
Questo è certo e già lo sapevi, ma se vuoi cacciare i cuccioli dell’orsa sta’ attento: la madre si sveglierà non appena ti fiuta. Se la fa sempre con il leone, lo culla giocando stesa sul dorso e, quando lui dorme, fa quel che le piace. Sei un cacciatore inesperto, Marco, lascia stare. Vado a prendere una lastra d’ottone131, ci scriverò sopra queste parole con una punta d’acciaio e la terrò da parte. Il furioso vento del nord soffierà lontano queste sabbie come se fossero foglie di Sibilla132. A cosa sarà servita allora la nostra lezione? Tu lo sai, ragazzo? GIOVANE LUCIO
Dico, mio signore, che se fossi un uomo questi vili schiavi del giogo di Roma non sarebbero al sicuro nemmeno nella camera da letto della loro madre. MARCO
Ecco, questo è il mio ragazzo! Spesso tuo padre ha fatto lo stesso per la sua ingrata patria. GIOVANE LUCIO
E, se vivrò, zio, farò anch’io così. TITO
Su, vieni con me nella mia armeria, Lucio. Ti munirò come si deve, ragazzo, e porterai da parte mia ai figli dell’imperatrice i doni che intendo mandare a entrambi. Vieni, vieni. Porterai il messaggio, vero?
141
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
YOUNG LUCIUS
Ay, with my dagger in their bosoms, grandsire. TITUS
No, boy, not so. I’ll teach thee another course. Lavinia, come. Marcus, look to my house. Lucius and I’ll go brave it at the court. Ay, marry, will we, sir, and we’ll be waited on.
120
Exeunt all but Marcus MARCUS
O heavens, can you hear a good man groan And not relent, or not compassion him? Marcus, attend him in his ecstasy, That hath more scars of sorrow in his heart Than foemen’s marks upon his battered shield, But yet so just that he will not revenge. Revenge the heavens for old Andronicus!
125
Exit
Enter Aaron, Chiron, and Demetrius at one door, and at the other door young Lucius and another with a bundle of weapons, and verses writ upon them
4.2
CHIRON
Demetrius, here’s the son of Lucius. He hath some message to deliver us. AARON
Ay, some mad message from his mad grandfather. YOUNG LUCIUS
My lords, with all the humbleness I may I greet your honours from Andronicus (Aside) And pray the Roman gods confound you both.
5
DEMETRIUS
Gramercy, lovely Lucius. What’s the news? YOUNG LUCIUS (aside)
That you are both deciphered, that’s the news, For villains marked with rape. (Aloud) May it please you, My grandsire, well advised, hath sent by me 142
10
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
GIOVANE LUCIO
Sì, nonno, conficcandogli il pugnale nel petto. TITO
No, ragazzo, non così. Ti insegnerò un altro modo. Lavinia, vieni. Marco, bada alla casa. Lucio e io andiamo a sfidare la corte. Sì, ci andremo davvero, signore, e staranno a sentirci. Escono tutti tranne Marco MARCO
Oh, cieli, potete udire il lamento di un buono senza cedere e muovervi a compassione per lui? Marco, abbi cura di lui nel suo delirio: ha più cicatrici di dolore nel cuore che segni del nemico sullo scudo ammaccato, ma è così giusto che non vorrà vendicarsi. Siano i cieli a vendicare il vecchio Andronico! Esce IV, 2
Entrano da una porta Aronne, Chirone e Demetrio, e dall’altra il giovane Lucio e un altro con un fascio di armi su cui sono scritti dei versi133
CHIRONE
Demetrio, c’è qui il figlio di Lucio. Ha qualche messaggio da consegnarci. ARONNE
Sì, qualche folle messaggio del suo folle nonno. GIOVANE LUCIO
Signori, in tutta umiltà, saluto i vostri onori da parte di Andronico (a parte) e prego gli dèi romani di mandarvi entrambi in rovina. DEMETRIO
Molte grazie, caro Lucio. Che notizie porti? GIOVANE LUCIO (a parte)
Che siete entrambi scoperti, ecco la notizia, come delinquenti colpevoli di stupro. (A voce alta) Con vostra licenza, mio nonno, in piena lucidità, vi manda per mio tramite i pezzi migliori della sua
143
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
The goodliest weapons of his armoury To gratify your honourable youth, The hope of Rome, for so he bid me say; His attendant gives the weapons And so I do, and with his gifts present Your lordships that, whenever you have need, You may be armèd and appointed well; And so I leave you both (aside) like bloody villains.
15
Exit with attendant DEMETRIUS
What’s here – a scroll, and written round about? Let’s see. ‘Integer vitae, scelerisque purus, Non eget Mauri iaculis, nec arcu.’
20
CHIRON
O, ’tis a verse in Horace, I know it well. I read it in the grammar long ago. AARON
Ay, just, a verse in Horace; right, you have it. (Aside) Now what a thing it is to be an ass! Here’s no sound jest. The old man hath found their guilt, And sends them weapons wrapped about with lines That wound beyond their feeling to the quick. But were our witty Empress well afoot She would applaud Andronicus’ conceit. But let her rest in her unrest a while. (To Chiron and Demetrius) And now, young lords, was’t not a happy star Led us to Rome, strangers and, more than so, Captives, to be advancèd to this height? It did me good before the palace gate To brave the Tribune in his brother’s hearing.
15. That: emend. tardo; assente in Q 144
25
30
35
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
armeria al fine di compiacere e onorare la vostra gioventù, speranza di Roma. Il servo consegna le armi Così mi ha pregato di dirvi e così io faccio, consegnando i suoi doni alle signorie vostre, di modo che, al bisogno, siate ben armati ed equipaggiati. Con questo vi saluto entrambi – (a parte) infami sanguinari. Esce insieme al servo DEMETRIO
Che c’è qui? Una pergamena, arrotolata e scritta tutto intorno. Vediamo: “Integer vitae, scelerisque purus, non eget Mauri iaculis, nec arcu”134. CHIRONE
Sono versi di Orazio, li conosco bene. Li ho letti nella grammatica molto tempo fa. ARONNE
Sì, giusto. Sono versi di Orazio: ci hai preso. (A parte) Ecco cosa significa essere dei babbei! Questo non è uno scherzo. Il vecchio ha scoperto la loro colpa, manda armi tutte avvolte in versi che feriscono nel vivo e loro nemmeno se ne accorgono. Se la nostra scaltra imperatrice fosse in piedi, applaudirebbe la trovata di Andronico. Ma lasciamola riposare ancora un po’ nel suo travaglio135. (A Chirone e Demetrio) Allora, giovani signori, non è stata una buona stella quella che ci ha portato a Roma stranieri, o peggio, prigionieri, per poi sollevarci a questa altezza? Mi ha dato gusto, davanti alle porte del palazzo, beffarmi del tribuno mentre suo fratello sentiva.
145
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
DEMETRIUS
But me more good to see so great a lord Basely insinuate and send us gifts. AARON
Had he not reason, Lord Demetrius? Did you not use his daughter very friendly?
40
DEMETRIUS
I would we had a thousand Roman dames At such a bay, by turn to serve our lust. CHIRON
A charitable wish, and full of love. AARON
Here lacks but your mother for to say amen. CHIRON
And that would she, for twenty thousand more.
45
DEMETRIUS
Come, let us go and pray to all the gods For our belovèd mother in her pains. AARON
Pray to the devils; the gods have given us over. Trumpets sound DEMETRIUS
Why do the Emperor’s trumpets flourish thus? CHIRON
Belike for joy the Emperor hath a son.
50
DEMETRIUS
Soft, who comes here? Enter Nurse with a blackamoor child Good morrow, lords. O tell me, did you see Aaron the Moor?
NURSE
AARON
Well, more or less, or ne’er a whit at all, Here Aaron is; and what with Aaron now? NURSE
O gentle Aaron, we are all undone. Now help, or woe betide thee evermore! 146
55
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
DEMETRIO
E a me ne dà anche di più vedere un così nobile patrizio umiliarsi e mandarci doni. ARONNE
Non ne ha motivo, Demetrio? Non avete trattato sua figlia con amore? DEMETRIO
Vorrei che potessimo avere così mille dame romane, costrette a turno a servire le nostre voglie. CHIRONE
Desiderio pio e pieno d’amore. ARONNE
Manca soltanto vostra madre a dire amen. CHIRONE
Lo direbbe per altre ventimila. DEMETRIO
Su, andiamo a pregare tutti gli dèi per le doglie della nostra amata madre. ARONNE
Pregate i diavoli. Gli dèi ci hanno abbandonato. Suono di trombe DEMETRIO
Perché le trombe dell’imperatore squillano in questo modo? CHIRONE
Probabilmente annunciano la nascita di un figlio. DEMETRIO
Piano! Chi sta arrivando? Entra la nutrice, con un neonato nero NUTRICE
Buongiorno, signori. Ditemi, avete visto Aronne il Moro? ARONNE
Beh, più o meno moro136, o per niente bianco, Aronne è qui. Cosa vuoi da lui? NUTRICE
Oh, nobile Aronne, siamo tutti perduti! Trova un rimedio o su di te cadrà eterna rovina! 147
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
AARON
Why, what a caterwauling dost thou keep! What dost thou wrap and fumble in thy arms? NURSE
O, that which I would hide from heaven’s eye, Our Empress’ shame and stately Rome’s disgrace. She is delivered, lords, she is delivered.
60
AARON
To whom? NURSE
I mean she is brought abed.
AARON
Well, God give her good rest. What hath he sent her? NURSE
A devil. Why then, she is the devil’s dam. A joyful issue!
AARON
65
NURSE
A joyless, dismal, black, and sorrowful issue. Here is the babe, as loathsome as a toad Amongst the fair-faced breeders of our clime. The Empress sends it thee, thy stamp, thy seal, And bids thee christen it with thy dagger’s point.
70
AARON
Zounds, ye whore, is black so base a hue? Sweet blowze, you are a beauteous blossom, sure. DEMETRIUS Villain, what hast thou done? AARON That which thou canst not undo. CHIRON Thou hast undone our mother. AARON Villain, I have done thy mother. DEMETRIUS
And therein, hellish dog, thou hast undone her. Woe to her chance, and damned her loathèd choice, Accursed the offspring of so foul a fiend.
71. Zounds sta per by God’s wounds = “per le piaghe di Dio”. 148
75
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
ARONNE
Cosa? Finiscila di miagolare! Cos’hai in braccio che infagotti maldestramente? NUTRICE
Quello che vorrei celare all’occhio del cielo: la vergogna dell’imperatrice, l’infamia di Roma! Si è liberata, signore, si è liberata137. ARONNE
Da cosa? NUTRICE
Voglio dire che ha partorito. ARONNE
Bene, Dio le conceda un buon riposo. Cosa le ha mandato? NUTRICE
Un demonio. ARONNE
Beh, allora è la madre del diavolo: una discendenza felice! NUTRICE
Infelice, semmai, orribile, nera, disgraziata. Ecco il bimbo: orrido come un rospo, tra le facce rosa dei pargoli di questo paese. L’imperatrice te lo manda: ha il tuo stampo, il tuo sigillo, e lei ti prega di battezzarlo con la punta del tuo pugnale. ARONNE
Perdio, sei una puttana! Il nero è un colore così infame? Dolce, fresca creatura138, sei un bellissimo bocciolo, non credere. DEMETRIO
Canaglia, che hai fatto139? ARONNE
Quello che tu non puoi disfare. CHIRONE
Hai disfatto nostra madre. ARONNE
No, canaglia: me la sono fatta, tua madre. DEMETRIO
E in questo modo l’hai disfatta, cane d’inferno. Dannata la sua sorte e maledetta la sua scelta schifosa! Maledetto l’erede di un così lurido demonio!
149
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
CHIRON
It shall not live. It shall not die.
AARON
80
NURSE
Aaron, it must; the mother wills it so. AARON
What, must it, nurse? Then let no man but I Do execution on my flesh and blood. DEMETRIUS
I’ll broach the tadpole on my rapier’s point. Nurse, give it me. My sword shall soon dispatch it.
85
AARON
Sooner this sword shall plough thy bowels up. He takes the child and draws his sword Stay, murderous villains, will you kill your brother? Now, by the burning tapers of the sky That shone so brightly when this boy was got, He dies upon my scimitar’s sharp point That touches this, my first-born son and heir. I tell you, younglings, not Enceladus With all his threat’ning band of Typhon’s brood, Nor great Alcides, nor the god of war Shall seize this prey out of his father’s hands. What, what, ye sanguine, shallow-hearted boys, Ye whitelimed walls, ye alehouse painted signs, Coal-black is better than another hue In that it scorns to bear another hue; For all the water in the ocean Can never turn the swan’s black legs to white, Although she lave them hourly in the flood. Tell the Empress from me I am of age To keep mine own, excuse it how she can.
90
95
100
DEMETRIUS
Wilt thou betray thy noble mistress thus?
150
105
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
CHIRONE
Non vivrà. ARONNE
Non morirà. NUTRICE
Deve, Aronne. Così vuole la madre. ARONNE
Deve, nutrice? Allora che sia io, e nessun altro, a uccidere il sangue del mio sangue. DEMETRIO
Infilzerò il ranocchio sulla punta del mio stocco. Nutrice, dallo a me. La mia spada lo spaccerà in un istante. ARONNE
Prima questa spada ti dissoderà le budella. Prende il bambino e sguaina la spada Fermi, scellerati assassini! Volete uccidere vostro fratello? Per le torce ardenti del cielo che brillavano di splendore quando è stato concepito, morirà sulla punta della mia scimitarra chiunque toccherà il mio primogenito erede. Vi avverto, giovinastri: né Encelado140 con tutta la minacciosa banda della stirpe di Tifone, né il grande Alcide141, né il dio della guerra potranno strappare questa preda dalle mani di suo padre. Via, via! Rosei ragazzini dal cuore vuoto! Muri imbiancati142! Insegne di bettola mal dipinte! Il nero carbone tra tutti i colori è il migliore143, poiché sdegna di mischiarsi agli altri: l’acqua di tutto l’oceano non può far bianche le zampe nere del cigno, anche se le lavasse per ore nelle onde. All’imperatrice dite questo da parte mia: ho l’età per tenermi ciò che è mio, mi scusi come può. DEMETRIO
Tradirai in questo modo la tua nobile signora?
151
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
AARON
My mistress is my mistress, this myself, The figure and the picture of my youth. This before all the world do I prefer; This maugre all the world will I keep safe, Or some of you shall smoke for it in Rome.
110
DEMETRIUS
By this our mother is for ever shamed. CHIRON
Rome will despise her for this foul escape. NURSE
The Emperor in his rage will doom her death. CHIRON
I blush to think upon this ignomy. AARON
Why, there’s the privilege your beauty bears. Fie, treacherous hue, that will betray with blushing The close enacts and counsels of thy heart. Here’s a young lad framed of another leer. Look how the black slave smiles upon the father, As who should say ‘Old lad, I am thine own.’ He is your brother, lords, sensibly fed Of that self blood that first gave life to you, And from that womb where you imprisoned were He is enfranchisèd and come to light. Nay, he is your brother by the surer side, Although my seal be stampèd in his face.
115
120
125
NURSE
Aaron, what shall I say unto the Empress? DEMETRIUS
Advise thee, Aaron, what is to be done, And we will all subscribe to thy advice. Save thou the child, so we may all be safe.
130
107. Figure: in Q1 vigour = “vigore”. L’emendamento si basa sull’ipotesi che vigour sia un’antica grafia di figure; così, tuttavia, l’endiadi tra vigour e picture è ridotta a tautologia. 152
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
ARONNE
La mia signora è la mia donna144, questo invece sono io: la forza e il ritratto della mia giovinezza. Lo preferisco al mondo intero e a dispetto del mondo intero lo porterò in salvo, o qualcuno di voi andrà in fumo a Roma. DEMETRIO
Nostra madre per questo è disonorata per sempre. CHIRONE
Roma la disprezzerà per il suo sporco capriccio. NUTRICE
L’imperatore per la rabbia la condannerà a morte. CHIRONE
Arrossisco al pensiero di questa infamia. ARONNE
Ecco il privilegio della vostra bellezza. Puah! Colorito ingannevole, che arrossendo tradisci i moti segreti e le decisioni del cuore! Ecco qui un ragazzo forgiato da tutt’altro impasto. Guardate come sorride al padre, il nero marmocchio, come per dire: “sono tuo, vecchio mio”. È vostro fratello, signori, nutrito in parte dallo stesso sangue che ha dato vita a voi: si è affrancato dallo stesso grembo che vi ha tenuto prigionieri, ed è venuto alla luce. Sì, è vostro fratello dalla parte più certa, benché porti il mio sigillo stampato in faccia. NUTRICE
Aronne, che devo dire all’imperatrice? DEMETRIO
Consiglia tu, Aronne, cos’è meglio fare e seguiremo tutti la tua decisione. Salva il bambino, ma salva anche noi.
153
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
AARON
Then sit we down, and let us all consult. My son and I will have the wind of you. Keep there; now talk at pleasure of your safety. They sit DEMETRIUS (to the Nurse)
How many women saw this child of his? AARON
Why, so, brave lords, when we do join in league I am a lamb; but if you brave the Moor, The chafèd boar, the mountain lioness, The ocean swells not so as Aaron storms. (To the Nurse) But say again, how many saw the child?
135
NURSE
Cornelia the midwife, and myself, And no one else but the delivered Empress.
140
AARON
The Empress, the midwife, and yourself. Two may keep counsel when the third’s away. Go to the Empress, tell her this I said.
144
He kills her ‘Wheak, wheak’–so cries a pig preparèd to the spit. DEMETRIUS
What mean’st thou, Aaron? Wherefore didst thou this? AARON
O Lord, sir, ’tis a deed of policy. Shall she live to betray this guilt of ours – A long-tongued, babbling gossip? No, lords, no. And now be it known to you my full intent. Not far, one Muliteus my countryman His wife but yesternight was brought to bed. His child is like to her, fair as you are. Go pack with him, and give the mother gold, And tell them both the circumstance of all, And how by this their child shall be advanced 154
147
150
155
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
ARONNE
Allora sediamoci e riflettiamo insieme. Mio figlio ed io vi terremo sottovento: restate lì e parlate liberamente della vostra salvezza. Si siedono DEMETRIO (alla nutrice)
Quante donne hanno visto questo bambino? ARONNE
Ecco, coraggiosi signori, se stringiamo alleanza sono un agnello, ma, se sfidate il Moro, il cinghiale infuriato, la leonessa dei monti, l’oceano stesso non si gonfiano in tempesta come Aronne. (Alla nutrice) Sentiamo, dunque, quanti hanno visto il bambino? NUTRICE
Cornelia la levatrice, io e nessun’altra, oltre all’imperatrice. ARONNE
L’imperatrice, la levatrice e tu. Due possono tenere meglio il segreto, se la terza toglie il disturbo. Va’ dall’imperatrice e dille questo. La uccide Huuui, huuui! Così grida il maiale pronto per lo spiedo. DEMETRIO
Che significa, Aronne? Perché l’hai fatto? ARONNE
Buon dio, signore, è una mossa strategica. Doveva vivere per tradire la nostra colpa? Una pettegola chiacchierona e linguacciuta? No, signori, no. Ora vi svelerò per intero le mie intenzioni. Non lontano da qui vive un tal Muliteo, mio compatriota. Ieri notte sua moglie ha partorito; il figlio le assomiglia, è bianco come voi. Accordatevi con lui, date dell’oro alla madre, raccontate a entrambi la situazione e i vantaggi che ne avrà il loro figlio, accolto come
155
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 2
And be receivèd for the Emperor’s heir, And substituted in the place of mine, To calm this tempest whirling in the court; And let the Emperor dandle him for his own. Hark ye, lords, you see I have given her physic, And you must needs bestow her funeral. The fields are near, and you are gallant grooms. This done, see that you take no longer days, But send the midwife presently to me. The midwife and the nurse well made away, Then let the ladies tattle what they please.
160
165
CHIRON
Aaron, I see thou wilt not trust the air With secrets. DEMETRIUS For this care of Tamora, Herself and hers are highly bound to thee.
170
Exeunt Chiron and Demetrius with the Nurse’s body AARON
Now to the Goths, as swift as swallow flies, There to dispose this treasure in mine arms And secretly to greet the Empress’ friends. Come on, you thick-lipped slave, I’ll bear you hence, For it is you that puts us to our shifts. I’ll make you feed on berries and on roots, And fat on curds and whey, and suck the goat, And cabin in a cave, and bring you up To be a warrior and command a camp.
175
Exit with the child
177. Fat: emend. tardo; in Q1 feede = “nutrire”. Altre edd. propongono feast = “banchettare”. 156
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 2
erede dell’imperatore e scambiato di posto con il mio, per placare la tempesta che infuria a corte. L’imperatore se lo coccoli come suo. Ascoltate, signori. A questa ho dato la medicina, come vedete; voi dovete provvedere al funerale: i campi sono vicini, voi siete giovani e forti. Fatto ciò, non perdete tempo e mandatemi subito la levatrice. Una volta spacciate levatrice e nutrice, le signore potranno spettegolare a piacere. CHIRONE
Aronne, vedo che non vuoi confidare i tuoi segreti nemmeno all’aria145. DEMETRIO
Per queste tue premure, Tamora e i suoi ti sono molto obbligati. Escono Chirone e Demetrio, con il cadavere della nutrice ARONNE
Ora volerò dai Goti, veloce come la rondine, per mettere al riparo questo tesoro che ho in braccio e salutare in segreto gli amici dell’imperatrice. Avanti, bamboccio dalle labbra spesse, ti porto via, perché sei tu che ci metti nei pasticci. Ti nutrirò di bacche e radici e ti ingrasserò con ricotta e siero146. Ti darò per bàlia una capra e per capanna una caverna. Ti alleverò da guerriero per comandare un esercito. Esce con il bambino
157
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 3
Enter Titus, old Marcus, his son Publius, young Lucius, and other gentlemen (Sempronius, Caius) with bows; and Titus bears the arrows with letters on the ends of them
4.3
TITUS
Come, Marcus, come; kinsmen, this is the way. Sir boy, let me see your archery. Look ye draw home enough, and ’tis there straight. Terras Astraea reliquit. Be you remembered, Marcus: she’s gone, she’s fled. Sirs, take you to your tools. You, cousins, shall Go sound the ocean and cast your nets. Happily you may catch her in the sea; Yet there’s as little justice as at land. No, Publius and Sempronius, you must do it. ’Tis you must dig with mattock and with spade And pierce the inmost centre of the earth. Then, when you come to Pluto’s region, I pray you deliver him this petition. Tell him it is for justice and for aid, And that it comes from old Andronicus, Shaken with sorrows in ungrateful Rome. Ah, Rome! Well, well, I made thee miserable What time I threw the people’s suffrages On him that thus doth tyrannize o’er me. Go, get you gone, and pray be careful all, And leave you not a man-of-war unsearched. This wicked Emperor may have shipped her hence, And, kinsmen, then we may go pipe for justice.
5
10
15
20
MARCUS
O, Publius, is not this a heavy case, To see thy noble uncle thus distraught?
25
PUBLIUS
Therefore, my lords, it highly us concerns By day and night t’attend him carefully And feed his humour kindly as we may, Till time beget some careful remedy. 158
30
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 3
Entrano Tito, il vecchio Marco, suo figlio Publio, il giovane Lucio e altri gentiluomini (Sempronio e Caio), tutti con l’arco. Tito porta frecce con lettere conficcate in punta147
IV, 3
TITO
Vieni, Marco, vieni. Da questa parte, amici. Signorino, fammi vedere come tiri con l’arco. Fa’ attenzione a tenderlo tutto e a tenerlo dritto. Terras Astrea reliquit148: ricorda, Marco, Astrea se n’è andata, è fuggita. Signori, mano agli arnesi. Voi, cugini, andrete a sondare l’oceano gettando le vostre reti: un caso felice potrebbe farvela pescare in acqua, anche se lì non c’è più giustizia che in terra. Publio e Sempronio, no, a voi spetta questo; dovete scavare con zappa e vanga fino a trapassare il centro più interno della terra. Poi, quando sarete giunti alla regione di Plutone, vi prego di porgergli questa supplica. Ditegli che chiede giustizia e aiuto, e che viene dal vecchio Andronico, sconvolto dal dolore nell’ingrata Roma. Ah, Roma! Ti ho reso davvero infelice quando ho fatto cadere i suffragi del popolo su chi ora mi tiranneggia in questo modo. Avanti, andate, e, vi prego, frugate con attenzione in tutte le navi da guerra. Questo malvagio imperatore potrebbe averla fatta imbarcare e allora, amici, addio giustizia149. MARCO
Publio, non è triste vedere il tuo nobile zio così fuori di sé? PUBLIO
Proprio per questo, miei signori, dobbiamo assisterlo attentamente, giorno e notte, assecondandone gli umori con l’affetto di cui siamo capaci, finché il tempo produrrà qualche efficace rimedio.
159
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 3
MARCUS
Kinsmen, his sorrows are past remedy, But [ ] Join with the Goths, and with revengeful war Take wreak on Rome for this ingratitude, And vengeance on the traitor Saturnine.
35
TITUS
Publius, how now? How now, my masters? What, have you met with her? PUBLIUS
No, my good lord, but Pluto sends you word If you will have Revenge from hell, you shall. Marry, for Justice, she is now employed, He thinks, with Jove, in heaven or somewhere else, So that perforce you must needs stay a time.
40
TITUS
He doth me wrong to feed me with delays. I’ll dive into the burning lake below And pull her out of Acheron by the heels. Marcus, we are but shrubs, no cedars we, No big-boned men framed of the Cyclops’ size, But metal, Marcus, steel to the very back, Yet wrung with wrongs more than our backs can bear; And sith there’s no justice in earth nor hell, We will solicit heaven and move the gods To send down Justice for to wreak our wrongs. Come, to this gear. You are a good archer, Marcus.
45
50
He gives them the arrows ‘Ad Iovem’, that’s for you. Here, ‘ad Apollinem’. ‘Ad Martem’, that’s for myself. Here, boy, ‘to Pallas’. Here ‘to Mercury’. ‘To Saturn’, Caius – not ‘to Saturnine’!
55
32. But: così in Q1. Il verso interrotto potrebbe implicare una lacuna più ampia. 40. Now: emend. tardo; in Q so = “così”. 160
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 3
MARCO
Le sue pene sono senza rimedio, signori. [...] Unitevi ai Goti, fate pagare a Roma la sua ingratitudine con una guerra vendicatrice e punite quel traditore di Saturnino. TITO
Allora, Publio? Allora, signori? L’avete trovata, dunque? PUBLIO
No, mio buon signore. Ma Plutone ti manda a dire che, se vorrai Vendetta dall’inferno, l’avrai. Giustizia, invece, è molto impegnata con Giove in cielo o da qualche altra parte e giocoforza, lui pensa, dovrai aspettarla un bel pezzo. TITO
Mi fa torto ad apparecchiarmi solo indugi. Mi tufferò nel lago rovente di sotto e la tirerò fuori dall’Acheronte150 per i talloni. Marco, siamo soltanto cespugli, noi, non cedri. Non abbiamo le enormi ossa dei Ciclopi, ma siamo scolpiti nel metallo e le nostre schiene sono d’acciaio fino al midollo151. Questi torti però ci tormentano più di quanto esse possano sopportare e, siccome non c’è giustizia né in terra né all’inferno, la chiederemo al cielo152, insistendo con gli dèi perché la mandino giù a vendicare i nostri torti. Su, all’opera. Sei un buon arciere, Marco. Distribuisce le frecce Ad Jovem, questa è per te. Qui ad Apollinem. Ad Martem ci penso io153. Qui, ragazzo, per Pallade. Qui per Mercurio. A Saturno, Caio, non Saturnino: tanto varrebbe, altrimenti, tirarla al vento. Scocca,
161
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 3
You were as good to shoot against the wind. To it, boy! Marcus, loose when I bid. Of my word, I have written to effect. There’s not a god left unsolicited.
60
MARCUS
Kinsmen, shoot all your shafts into the court. We will afflict the Emperor in his pride. TITUS
Now, masters, draw. They shoot O, well said, Lucius! Good boy, in Virgo’s lap! Give it Pallas.
65
MARCUS
My lord, I aim a mile beyond the moon. Your letter is with Jupiter by this. TITUS
Ha, ha! Publius, Publius, what hast thou done? See, see, thou hast shot off one of Taurus’ horns. MARCUS
This was the sport, my lord. When Publius shot, The Bull, being galled, gave Aries such a knock That down fell both the Ram’s horns in the court, And who should find them but the Empress’ villain! She laughed, and told the Moor he should not choose But give them to his master for a present.
70
75
TITUS
Why, there it goes. God give his lordship joy. Enter the Clown with a basket and two pigeons in it News, news from heaven; Marcus, the post is come. Sirrah, what tidings? Have you any letters? Shall I have justice? What says Jupiter? CLOWN Ho, the gibbet-maker? He says that he hath taken them down again, for the man must not be hanged till the next week.
162
82
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 3
ragazzo. Marco, aspetta che te lo dica io. Sulla parola, ho scritto con cognizione: non c’è dio cui non abbia supplicato. MARCO
Scagliate tutte le frecce sulla corte, amici: colpiremo l’imperatore nell’orgoglio. TITO
Ora, signori, tirate. Scagliano le frecce Ben detto, Lucio! Bravo ragazzo, in grembo alla Vergine! La dia a Pallade154. MARCO
Mio signore, ho mirato un miglio oltre la luna155. Ora la tua lettera è da Giove. TITO
Ah! ah! Publio, Publio, cos’hai combinato? Guarda, guarda, hai mozzato al Toro una delle corna. MARCO
Era questo il divertimento, signore: quando Publio ha scoccato, il Toro, furibondo, ha dato all’Ariete un tal colpo che entrambe le corna sono cascate a corte. E chi avrebbe dovuto trovarle, se non lo schiavo moro dell’imperatrice? Lei ha riso e gli ha detto che non aveva altra scelta che regalarle al marito. TITO
Forza, dateci sotto! Dio dia gioia a sua signoria! Entra il clown156 con una cesta e due piccioni dentro Notizie, notizie dal cielo! Marco, è arrivata la posta. Compare, che notizie? Hai delle lettere? Avrò giustizia? Che dice Giove? CLOWN
Cosa? Giustizia giovedì157? No, il boia dice di averli tirati di nuovo giù perché l’uomo non dev’essere impiccato fino alla prossima settimana.
163
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 3
TITUS
But what says Jupiter, I ask thee? CLOWN Alas, sir, I know not ‘Jupiter’, i never drank with
him in all my life.
85
TITUS
Why, villain, art not thou the carrier? CLOWN Ay, of my pigeons, sir; nothing else. TITUS Why, didst thou not come from heaven? CLOWN From heaven? Alas, sir, I never came there. God
forbid I should be so bold to press to heaven in my young days. Why, I am going with my pigeons to the tribunal plebs to take up a matter of brawl betwixt my uncle and one of the Emperal’s men.
93
TITUS
Sirrah, come hither. Make no more ado, But give your pigeons to the Emperor. By me thou shalt have justice at his hands. Hold, hold – (giving money) meanwhile, here’s money for thy charges. Give me pen and ink. Sirrah, can you with a grace Deliver up a supplication? CLOWN Ay, sir. TITUS (writing and giving the Clown a paper) Then here is a supplication for you, and when you come to him, at the first approach you must kneel, then kiss his foot, then deliver up your pigeons, and then look for your reward. I’ll be at hand, sir; see you do it bravely. CLOWN I warrant you, sir. Let me alone.
95
100
105
TITUS
Sirrah, hast thou a knife? Come, let me see it. Here, Marcus, fold it in the oration, 92. Con tribunal plebs il clown intende il tribunus plebis = “tribuno della plebe”. Più avanti, storpia emperor (= “imperatore”) in Emperal e imperial (= “imperiale”) in Emperial. 93. A questo punto Q1 prosegue con alcune battute di Marco, Tito e del clown che paiono una prima stesura di quanto è detto in seguito. Qui le si trova fra le “Aggiunte”, alla fine del testo. 164
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 3
TITO
Ma Giove che dice? È questo che ti ho chiesto! CLOWN
Ahimè, signore, non conosco Giove: in tutta la vita, non ci ho mai bevuto insieme. TITO
Come, canaglia? Non sei il messaggero? CLOWN
Sì, dei miei piccioni, signore, e di nient’altro. TITO
Come? Non sei venuto dal cielo? CLOWN
Dal cielo? Ahimè, signore, non ci sono mai stato. Dio non voglia che io sia tanto sfrontato da affrettarmi così giovane in cielo. Ecco, sto andando con i miei piccioni dal tribuno della plebe per accomodare una zuffa tra mio zio e un pretoriano dell’imperatore. TITO
Vieni qua, briccone. Falla finita con le chiacchiere e da’ i tuoi piccioni all’imperatore. Grazie a me otterrai giustizia dalle sue mani. Su, tieni. (Gli dà del denaro) Ecco intanto il denaro che ti spetta. Datemi penna e inchiostro. Compare, sapresti consegnare con grazia una supplica? CLOWN
Sì, signore. TITO (scrivendo e dando al clown un foglio)
Qui c’è una supplica per te. Quando gli sarai vicino, per prima cosa ti devi inginocchiare, quindi baciargli i piedi, poi consegnargli i tuoi piccioni e infine chiedere il tuo compenso. Sarò lì nei pressi, signore, bada di comportarti come si deve. CLOWN
Te lo garantisco, signore. Fammi andare. TITO
Hai un coltello, compare? Su, fammelo vedere. Qui, Marco, nascondilo nella supplica; così sembrerà un umile postulante. Quan-
165
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 4
For thou hast made it like an humble suppliant. And when thou hast given it to the Emperor, Knock at my door and tell me what he says. CLOWN God be with you, sir. I will.
110 Exit
TITUS
Come, Marcus, let us go. Publius, follow me. 4.4
Exeunt
Enter Saturninus, the Emperor, and Tamora, the Empress, and Chiron and Demetrius, her two sons, and others. The Emperor brings the arrows in his hand that Titus shot at him
SATURNINUS
Why, lords, what wrongs are these! Was ever seen An emperor in Rome thus overborne, Troubled, confronted thus, and for the extent Of egall justice used in such contempt? My lords, you know, as know the mightful gods, However these disturbers of pur peace Buzz in the people’s ears, there naught hath passed But even with law against the wilful sons Of old Andronicus. And what an if His sorrows have so overwhelmed his wits? Shall we be thus afflicted in his wreaks, His fits, his frenzy, and his bitterness? And now he writes to heaven for his redress. See, here’s ‘to Jove’ and this ‘to Mercury’, This ‘to Apollo’, this ‘to the god of war’– Sweet scrolls to fly about the streets of Rome! What’s this but libelling against the Senate And blazoning our unjustice everywhere? A goodly humour, is it not, my lords? – As who would say, in Rome no justice were. But, if I live, his feignèd ecstasies Shall be no shelter to these outrages,
5
10
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109. Hast made it: così in Q; una congettura moderna propone must hold it (= “devi portarla”). 166
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 4
do l’avrai consegnata all’imperatore, torna a bussare alla mia porta e vieni a raccontarmi che cosa ha detto. CLOWN
Dio sia con te, signore. Lo farò. Esce TITO
Su, Marco, andiamo. Publio, seguimi. Escono IV, 4
Entrano l’imperatore Saturnino, l’imperatrice Tamora e i due figli di lei, Chirone e Demetrio, con altri. L’imperatore ha in mano le frecce che Tito gli ha lanciato158
SATURNINO
Ebbene, signori, che ingiurie sono queste? Si è mai visto a Roma un imperatore tanto vessato, afflitto, sfidato? Un imperatore tenuto in tale disprezzo per l’esercizio di equa giustizia? Miei signori, voi sapete, come lo sanno gli dèi potenti, che, per quanto questi perturbatori della pace vadano ronzando alle orecchie del popolo, non si è fatto niente al di fuori dalla legge contro i figli malvagi del vecchio Andronico. Cosa ne possiamo se il dolore gli ha tanto stravolto la mente? Dobbiamo lasciarci tormentare dalle sue ripicche, dai suoi deliri, dalle sue smanie, dalle sue amarezze? E ora scrive al cielo per avere riparazione! Guardate, questa è per Giove e quest’altra per Mercurio, questa per Apollo e quest’altra ancora per il dio della guerra. Dolci messaggi da far svolazzare per le strade di Roma! Cos’è questo se non diffamare il Senato e diffondere accuse sulla nostra ingiustizia? Vi sembra un bello scherzo, signori? È come dire che a Roma non c’è giustizia! Ma se io vivo, le sue follie simulate non faranno da schermo a questi oltraggi. Tito e i suoi
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TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 4
But he and his shall know that justice lives In Saturninus’ health, whom if he sleep He’ll so awake as he in fury shall Cut off the proud’st conspirator that lives.
25
TAMORA
My gracious lord, my lovely Saturnine, Lord of my life, commander of my thoughts, Calm thee, and bear the faults of Titus’ age, Th’effects of sorrow for his valiant sons Whose loss hath pierced him deep and scarred his heart; And rather comfort his distressèd plight Than prosecute the meanest or the best For these contempts. (Aside) Why, thus it shall become High-witted Tamora to gloze with all. But, Titus, I have touched thee to the quick. Thy life blood out if Aaron now be wise, Then is all safe, the anchor in the port.
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Enter Clown How now, good fellow, wouldst thou speak with us? CLOWN Yea, forsooth, an your mistress-ship be Emperial. TAMORA Empress I am, but yonder sits the Emperor. CLOWN ’Tis he. God and Saint Stephen give you goode’en. I have brought you a letter and a couple of pigeons here.
41
Saturninus reads the letter SATURNINUS (to an attendant)
Go, take him away, and hang him presently. CLOWN How much money must I have?
45
TAMORA Come, sirrah, you must be hanged. CLOWN Hanged, by’ Lady? Then I have brought up a
neck to a fair end.
Exit [with attendant]
24-25. He ... he: così in Q; un emend. tardo corregge con she ... she, cambiando così il senso: “se essa (la giustizia) dorme, lui (Saturnino) la sveglierà”. 168
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 4
impareranno che la giustizia vive nella persona di Saturnino e che si sveglierà dal sonno, stroncando con la sua furia il più insolente cospiratore del mondo. TAMORA
Mio nobile signore, mio amato Saturnino, signore della mia vita, sovrano dei miei pensieri, calmati e sopporta le offese del vecchio Tito, causate dal dolore per la perdita dei figli valorosi, che lo ha trafitto tanto a fondo da lacerargli il cuore. Consola piuttosto la sua misera condizione, invece di perseguire per queste ingiurie uno che insieme è misero e grande. (A parte) Ecco, ben si addice all’astuta Tamora simulare con tutti. Ma, Tito, ti ho ferito nel vivo. Dopo averti spacciato, se Aronne sarà saggio, tutto sarà sicuro e l’ancora gettata in porto. Entra il clown Che c’è, buon uomo? Vuoi parlare con noi? CLOWN
Sì, certo, se la vostra signoria è imperiata159. TAMORA
Sono l’imperatrice, ma lì siede l’imperatore. CLOWN
È lui che cerco. Dio e Santo Stefano vi benedicano. Ho portato per voi una lettera e una coppia di piccioni. Saturnino legge la lettera SATURNINO (a un servo)
Portatelo via e impiccatelo all’istante. CLOWN
Quanto denaro mi spetta? TAMORA
Via, compare, ti spetta la forca. CLOWN
La forca? Per la madonna! Allora ho portato qui un collo per un finale coi fiocchi. Esce [con il servo]
169
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 4
SATURNINUS
Despiteful and intolerable wrongs! Shall I endure this monstrous villainy? I know from whence this same device proceeds. May this be borne? – As if his traitorous sons, That died by law for murder of our brother, Have by my means been butchered wrongfully! Go, drag the villain hither by the hair. Nor age nor honour shall shape privilege. For this proud mock I’ll be thy slaughterman, Sly frantic wretch, that holp’st to make me great In hope thyself should govern Rome and me.
50
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Enter Aemilius, a messenger SATURNINUS
What news with thee, Aemilius? AEMILIUS
Arm, my lords! Rome never had more cause. The Goths have gathered head, and with a power Of high-resolvèd men bent to the spoil They hither march amain under conduct Of Lucius, son to old Andronicus, Who threats in course of this revenge to do As much as ever Coriolanus did.
65
SATURNINUS
Is warlike Lucius general of the Goths? These tidings nip me, and I hang the head, As flowers with frost, or grass beat down with storms. Ay, now begins our sorrows to approach. ’Tis he the common people love so much. Myself hath often heard them say. When I have walkèd like a private man, That Lucius’ banishment was wrongfully, And they have wished that Lucius were their emperor. TAMORA
Why should you fear? Is not your city strong?
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TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 4
SATURNINO
Offese insopportabili e odiose! Dovrei ancora tollerare questa infamia mostruosa? So da dove deriva questo complotto. Si può sopportare tutto questo? Come se i suoi figli traditori, morti secondo la legge per l’omicidio di nostro fratello, fossero stati trucidati ingiustamente per mio volere! Andate e trascinate qui quella canaglia per i capelli: né l’età né gli onori gli procureranno privilegi. Per questo scherzo insolente sarò io stesso il tuo carnefice, scaltro sciocco miserabile, che mi hai aiutato a diventare grande, nella speranza di governare tu stesso Roma e me. Entra Emilio, un messaggero SATURNINO
Che notizie porti, Emilio? EMILIO
Miei signori, alle armi! Roma non ne ha mai avuto più motivo. I Goti avanzano spediti e marciano da questa parte con un esercito di uomini risoluti e avidi di bottino, sotto il comando di Lucio, figlio del vecchio Andronico, che minaccia di spingere la vendetta fino al punto cui giunse Coriolano160. SATURNINO
Il bellicoso Lucio è generale dei Goti? Questa notizia è gelo pungente, mi fa piegare la testa come i fiori sotto la brina o l’erba battuta dalle bufere. Ah, le sventure iniziano ora ad avvicinarsi a noi. La gente del popolo lo ama così tanto. Girando in incognito, io stesso li ho spesso sentiti dire che bandire Lucio era ingiusto e che avrebbero voluto lui come imperatore. TAMORA
Perché dovresti temere? Non è forte la tua città?
171
TITUS ANDRONICUS, ACT 4 SCENE 4
SATURNINUS
Ay, but the citizens favour Lucius, And will revolt from me to succour him.
80
TAMORA
King, be thy thoughts imperious like thy name. Is the sun dimmed, that gnats do fly in it? The eagle suffers little birds to sing, And is not careful what they mean thereby, Knowing that with the shadow of his wings He can at pleasure stint their melody. Even so mayst thou the giddy men of Rome. Then cheer thy spirit; for know thou, Emperor, I will enchant the old Andronicus With words more sweet and yet more dangerous Than baits to fish or honey-stalks to sheep Whenas the one is wounded with the bait, The other rotted with delicious feed.
85
90
SATURNINUS
But he will not entreat his son for us. TAMORA
If Tamora entreat him, then he will, For I can smooth and fill his agèd ears With golden promises that, were his heart Almost impregnable, his old ears deaf, Yet should both ear and heart obey my tongue. (To Aemilius) Go thou before to be our ambassador. Say that the Emperor requests a parley Of warlike Lucius, and appoint the meeting Even at his father’s house, the old Andronicus.
95
101
SATURNINUS
Aemilius, do this message honourably, And if he stand on hostage for his safety, Bid him demand what pledge will please him best.
105
91. Honey-stalk è variante di honey-suckle, antico nome del red clover (= “trifoglio”). 93. Feed: così in Q3; in Q1 e Q2 seed = “seme”. 172
TITO ANDRONICO, ATTO IV SCENA 4
SATURNINO
Già, ma il favore dei cittadini è per Lucio ed essi si ribelleranno a me per aiutare lui. TAMORA
Re, i tuoi pensieri siano imperiosi come il tuo titolo. Forse il sole si offusca, se i moscerini gli volano contro? L’aquila lascia gli uccellini cantare senza badare a quello che dicono, poiché sa che l’ombra delle sue ali può reprimere le loro melodie quando desidera. Tu puoi fare lo stesso con i volubili romani. Quindi rallegrati, imperatore, e sappi che incanterò il vecchio Andronico con parole più dolci, ma anche più pericolose, dell’esca per il pesce e del gambo di trifoglio per la pecora, quando l’uno è ferito dall’amo e l’altra si infetta con il pasto delizioso. SATURNINO
Ma Tito non implorerà suo figlio per noi. TAMORA
Se Tamora implorerà, lo farà anche lui. Posso infarcire le sue vecchie orecchie di lusinghe tanto dorate che se anche il suo cuore fosse impenetrabile e le sue orecchie fossero sorde, sia l’uno che le altre obbediranno alla mia lingua161. (A Emilio) Va’ avanti e sii il nostro ambasciatore. Di’ che l’imperatore chiede parlamento al bellicoso Lucio e fissa l’incontro in casa di suo padre, il vecchio Andronico. SATURNINO
Emilio, porta il messaggio con i dovuti onori e, se Lucio pretende un ostaggio per la sua sicurezza, digli di domandare il pegno che più gli aggrada.
173
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 1
AEMILIUS
Exit
Your bidding shall I do effectually. TAMORA
Now will I to that old Andronicus, And temper him with all the art I have To pluck proud Lucius from the warlike Goths. And now, sweet Emperor, be blithe again, And bury all thy fear in my devices.
110
SATURNINUS
Then go incessantly, and plead to him. Exeunt severally [Flourish.] Enter Lucius with an army of Goths, with drummers and soldiers
5.1 LUCIUS
Approvèd warriors and my faithful friends, I have receivèd letters from great Rome Which signifies what hate they bear their emperor And how desirous of our sight they are. Therefore, great lords, be as your titles witness, Imperious, and impatient of your wrongs, And wherein Rome hath done you any scath Let him make treble satisfaction.
5
A GOTH
Brave slip sprung from the great Andronicus, Whose name was once our terror, now our comfort. Whose high exploits and honourable deeds Ingrateful Rome requites with foul contempt, Be bold in us. We’ll follow where thou lead’st, Like stinging bees in hottest summer’s day Led by their master to the flowered fields, And be avenged on cursèd Tamora. GOTHS
And as he saith, so say we all with him.
113. Incessantly: emend. tardo; in Q sucessantly = “in successione”. 174
11
15
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 1
EMILIO
Eseguirò a dovere il vostro ordine. Esce TAMORA
Adesso andrò dal vecchio Andronico e lo indurrò con tutte le mie arti a separare l’arrogante Lucio dai guerrieri Goti. E ora, dolce imperatore, torna ad essere allegro: le mie trame ti facciano seppellire ogni timore. SATURNINO
Allora va’ subito a parlargli. Escono separatamente [Squilli di tromba.] Entra Lucio con un esercito di Goti con tamburi e soldati162
V, 1 LUCIO
Valenti guerrieri e amici fidati, ho ricevuto lettere dalla grande Roma che attestano quanto odio si nutra per l’imperatore e come tutti desiderino vederci. Perciò, nobili signori, siate imperiosi e impazienti di vendicarvi, come attesta il vostro retaggio, e per ogni offesa ricevuta da Roma esigete una soddisfazione tre volte più grande. UN GOTO
Coraggioso giovane, erede del grande Andronico, il cui nome era un tempo il nostro terrore e ora è il nostro conforto, le cui grandi e onorevoli gesta l’ingrata Roma ripaga con folle disprezzo, fidati di noi. Ti seguiremo dove ci condurrai, come api pungenti guidate dal loro signore163 nei bollenti giorni d’estate verso i prati in fiore, e ci vendicheremo della maledetta Tamora. GOTI
Come ha detto lui, diciamo tutti noi.
175
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 1
LUCIUS
I humbly thank him, and I thank you all. But who comes here, led by a lusty Goth? Enter a Goth, leading of Aaron with his child in his arms GOTH
Renownèd Lucius, from our troops I strayed To gaze upon a ruinous monastery, And as I earnestly did fix mine eye Upon the wasted building, suddenly I heard a child cry underneath a wall. I made unto the noise, when soon I heard The crying babe controlled with this discourse: ‘Peace, tawny slave, half me and half thy dam! Did not thy hue bewray whose brat thou art, Had nature lent thee but thy mother’s look, Villain, thou mightst have been an emperor. But where the bull and cow are both milk-white They never do beget a coal-black calf. Peace, villain, peace!’ – even thus he rates the babe – ‘For I must bear thee to a trusty Goth Who, when he knows thou art the Empress’ babe, Will hold thee dearly for thy mother’s sake.’ With this, my weapon drawn, I rushed upon him, Surprised him suddenly, and brought him hither To use as you think needful of the man.
20
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35
LUCIUS
O worthy Goth, this is the incarnate devil That robbed Andronicus of his good hand. This is the pearl that pleased your Empress’ eye, And here’s the base fruit of her burning lust. (To Aaron) Say, wall-eyed slave, whither wouldst thou convey This growing image of thy fiendlike face?
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 1
LUCIO
Ringrazio umilmente lui e tutti voi. Ma chi arriva, condotto da un possente Goto? Entra un Goto, portando Aronne con in braccio suo figlio GOTO
Illustre Lucio, mi sono scostato dalla truppa per ammirare un monastero in rovina e, appena ho fissato i miei occhi sull’edificio diroccato, ho sentito piangere un bimbo ai piedi di un muro. Mi sono avvicinato al rumore e presto ho sentito una voce che cercava di frenare quel pianto: “Zitto, nero164 furfantello, metà mio e metà di tua madre! Se il tuo colore non svelasse di chi sei il marmocchio e la natura ti avesse dato solo l’aspetto di tua madre, saresti potuto diventare un imperatore, briccone. Ma quando il toro e la vacca sono entrambi bianchi come il latte, non generano mai un vitello nero come il carbone. Zitto, bamboccio, zitto!”, così sgrida il bimbo, “ti devo portare da un Goto fidato che, quando saprà che sei il figlio dell’imperatrice, ti accudirà teneramente per amore di tua madre”. Al che, sguainata la spada, gli sono saltato addosso, l’ho colto di sorpresa e portato qui, perché tu ne disponga come credi. LUCIO
Nobile Goto! Questo è il demonio incarnato che ha privato Andronico della sua buona mano, la perla che piacque all’occhio dell’imperatrice165, e qui è il frutto abietto della loro scellerata passione. (Ad Aronne) Di’, canaglia dall’occhio torvo, dove volevi condurre questa immagine vivente del tuo volto demoniaco? Perché non par-
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 1
Why dost not speak? What, deaf? What, not a word? A halter, soldiers! Hang him on this tree, And by his side his fruit of bastardy. AARON
Touch not the boy; he is of royal blood. LUCIUS
Too like the sire for ever being good. First hang the child, that he may see it sprawl – A sight to vex the father’s soul withal. Get me a ladder.
50
[A Goth brings a ladder which Aaron climbs] Lucius, save the child, And bear it from me to the Empress. If thou do this, I’ll show thee wondrous things That highly may advantage thee to hear. If thou wilt not, befall what may befall, I’ll speak no more but ‘Vengeance rot you all!’
AARON
55
LUCIUS
Say on, and if it please me which thou speak’st Thy child shall live, and I will see it nourished.
60
AARON
And if it please thee? Why, assure thee, Lucius, ’Twill vex thy soul to hear what I shall speak; For I must talk of murders, rapes, and massacres, Acts of black night, abominable deeds, Complots of mischief, treason, villainies Ruthful to hear yet piteously performed, And this shall all be buried in my death Unless thou swear to me my child shall live.
65
LUCIUS
Tell on thy mind. I say thy child shall live. AARON
Swear that he shall, and then I will begin.
53. Get me a ladder: emend. tardo; in Q è attribuito ad Aronne. 178
70
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 1
li? Sei sordo? Non dici niente? Un cappio, soldati! Impiccatelo a quest’albero con a fianco il suo frutto bastardo. ARONNE
Non toccate il bambino, ha sangue regale. LUCIO
Somiglia troppo al padre per valere qualcosa. Impiccate prima il figlio, che lo veda dimenarsi e la vista strazi la sua anima di padre. Datemi una scala. [Un Goto porta una scala e Aronne la sale] ARONNE
Lucio, risparmia il bambino, e portalo all’imperatrice da parte mia. Se lo fai, ti svelerò cose straordinarie, che potrebbe convenirti ascoltare. Se non lo fai, accada quel che accada, dirò soltanto questo: “la vendetta vi rovini tutti!”166. LUCIO
Va’ avanti. Se mi piacerà quanto dirai, il bimbo vivrà e avrò cura che sia allevato. ARONNE
Se ti piacerà? Sta’ sicuro, Lucio: quanto dirò ti strazierà l’anima, poiché devo parlare di omicidi, stupri, massacri, azioni tenebrose, misfatti abominevoli, complotti, delitti, tradimenti, infamie penose a udirsi, eppure tristemente perpetrate. Tutto ciò sarà sepolto con la mia morte, se non mi giuri che mio figlio vivrà. LUCIO
Racconta quel che sai. Dico che tuo figlio vivrà. ARONNE
Giura che vivrà e inizierò a raccontare.
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 1
LUCIUS
Who should I swear by? Thou believest no god. That granted, how canst thou believe an oath? AARON
What if I do not? – as indeed I do not – Yet for I know thou art religious And hast a thing within thee callèd conscience, With twenty popish tricks and ceremonies Which I have seen thee careful to observe, Therefore I urge thy oath; for that I know An idiot holds his bauble for a god, And keeps the oath which by that god he swears, To that I’ll urge him, therefore thou shall vow By that same god, what god soe’er it be, That thou adorest and hast in reverence, To save my boy, to nurse and bring him up, Or else I will discover naught to thee.
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80
85
LUCIUS
Even by my god I swear to thee I will. AARON
First know thou I begot him on the Empress. LUCIUS
O most insatiate and luxurious woman! AARON
Tut, Lucius, this was but a deed of charity To that which thou shalt hear of me anon. ’Twas her two sons that murdered Bassianus. They cut thy sister’s tongue, and ravished her, And cut her hands, and trimmed her as thou sawest.
90
LUCIUS
O detestable villain! Call’st thou that trimming? AARON
Why, she was washed and cut and trimmed, and ’twas Trim sport for them which had the doing of it. LUCIUS
O barbarous beastly villains, like thyself!
180
96
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 1
LUCIO
Su chi dovrei giurare? Non credi in nessun dio, come puoi credere in un giuramento? ARONNE
Non ci credo, e allora? So che sei religioso e dentro di te hai quella roba che chiamano coscienza con venti altri trucchi e cerimonie papiste167 che ti ho visto osservare con scrupolo. Perciò pretendo che giuri: quando mi accorgo che un babbeo tiene per dio il suo scettro di buffone168 e presta fede a ciò che giura su di esso, gli chiedo di giurare. Quindi ora prometti sullo stesso dio che veneri e adori, qualunque esso sia, di risparmiare mio figlio e di allevarlo, oppure non ti svelerò niente. LUCIO
Sul mio dio, ti giuro che lo farò. ARONNE
Per iniziare, sappi che l’ho avuto dall’imperatrice. LUCIO
Donna insaziabile e viziosa! ARONNE
Zitto, Lucio, è stata un’azione caritatevole rispetto a quanto sentirai tra poco. Sono stati i suoi due figli a uccidere Bassiano. Hanno tagliato la lingua a tua sorella, l’hanno violentata, le hanno mozzato le mani e l’hanno conciata come hai visto. LUCIO
Maledetta canaglia! E lo chiami conciare? ARONNE
Come no? È stata sciacquata, rifilata e conciata: acconcio spasso, per chi l’ha fatto169. LUCIO
Canaglie barbare e bestiali come te!
181
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 1
AARON
Indeed, I was their tutor to instruct them. That codding spirit had they from their mother, As sure a card as ever won the set. That bloody mind I think they learned of me, As true a dog as ever fought at head. Well, let my deeds be witness of my worth. I trained thy brethren to that guileful hole Where the dead corpse of Bassianus lay. I wrote the letter that thy father found, And hid the gold within that letter mentioned, Confederate with the Queen and her two sons; And what not done that thou hast cause to rue Wherein I had no stroke of mischief in it? I played the cheater for thy father’s hand, And when I had it drew myself apart, And almost broke my heart with extreme laughter. I pried me through the crevice of a wall When for his hand he had his two sons’ heads, Beheld his tears, and laughed so heartily That both mine eyes were rainy like to his; And when I told the Empress of this sport She swoonèd almost at my pleasing tale, And for my tidings gave me twenty kisses.
100
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120
A GOTH
What, canst thou say all this and never blush? AARON
Ay, like a black dog, as the saying is. LUCIUS
Art thou not sorry for these heinous deeds? AARON
Ay, that I had not done a thousand more. Even now I curse the day – and yet I think Few come within the compass of my curse – Wherein I did not some notorious ill, As kill a man, or else devise his death; Ravish a maid, or plot the way to do it; 182
125
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 1
ARONNE
Infatti, sono stato io il maestro che li ha istruiti. Dalla madre hanno tratto la libidine delle bestie170, la carta migliore per vincere la mano. L’animo sanguinario, invece, credo che l’abbiano appreso da me, il miglior cane che abbia mai azzannato una gola. Beh, le mie azioni attestano il mio valore. Sono io ad aver spinto i tuoi fratelli nell’infida buca dove giaceva il cadavere di Bassiano, ad aver scritto la lettera ritrovata da tuo padre e ad aver nascosto l’oro lì menzionato, d’accordo con la regina e i suoi due figli. In quale, tra le disgrazie di cui hai motivo di dolerti, non ho avuto una perfida parte? Ho recitato d’inganno per la mano di tuo padre e, quando l’ho avuta, mi sono tratto in disparte e quasi mi è venuto un colpo per le troppe risate. L’ho spiato dalla crepa di un muro, quando in cambio della mano ha ricevuto le teste dei due figli, ho visto le sue lacrime e ho sghignazzato così di cuore che dai miei occhi sono piovute tante lacrime quante dai suoi. E quando ho raccontato all’imperatrice questo spasso, è quasi svenuta dal piacere e per la notizia mi ha dato venti baci. UN GOTO
E dici tutto questo senza arrossire? ARONNE
Sì, come un cane nero, secondo il proverbio171. LUCIO
Non sei pentito di questi infami delitti? ARONNE
Mi pento, sì, di non averne fatti altri mille. Ancor oggi maledico i giorni – benché pochi, credo, rientrino nel raggio della maledizione – nei quali non ho commesso qualche famigerata malvagità, come uccidere un uomo o escogitarne la morte con altri mezzi, violare una vergine o complottarne lo stupro, accusare qualche inno-
183
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 1
Accuse some innocent and forswear myself; Set deadly enmity between two friends; Make poor men’s cattle break their necks; Set fire on barns and haystacks in the night, And bid the owners quench them with their tears. Oft have I digged up dead men from their graves And set them upright at their dear friends’ door, Even when their sorrows almost was forgot, And on their skins, as on the bark of trees, Have with my knife carvèd in Roman letters ‘Let not your sorrow die though I am dead.’ But I have done a thousand dreadful things As willingly as one would kill a fly, And nothing grieves me heartily indeed But that I cannot do ten thousand more.
130
135
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LUCIUS
Bring down the devil, for he must not die So sweet a death as hanging presently.
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Goths bring Aaron down the ladder AARON
If there be devils, would I were a devil, To live and burn in everlasting fire, So I might have your company in hell But to torment you with my bitter tongue.
150
LUCIUS
Sirs, stop his mouth, and let him speak no more. Goths gag Aaron. Enter Aemilius A GOTH
My lord, there is a messenger from Rome Desires to be admitted to your presence. 132. Verso metricamente irregolare. Taylor ipotizza la caduta di cillie (i.e. silly = “ingenuo”, “innocente”) prima di cattle. 133. Haystacks: così in Q3; in Q1 haystalks. La lezione di Q1 potrebbe derivare da un uso dialettale, tuttavia non attestato prima del XVIII sec.; più probabilmente si tratta di un errore. 184
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 1
cente e spergiurare io stesso, indurre odio eterno tra due amici, far rompere il collo alle bestie dei poveracci, incendiare nottetempo fienili e granai e chiamare i proprietari a spegnerli con le lacrime. Spesso ho dissotterrato cadaveri dalle tombe e li ho messi dritti in piedi alle porte dei loro cari proprio quando stavano per dimenticarne il dolore, dopo aver scritto sulla loro pelle, come se fosse corteccia d’albero, a lettere romane con il coltello: “il vostro dolore non muoia con me”172. Ho commesso mille scelleratezze con la disinvoltura di chi schiaccia una mosca e in realtà niente mi affligge il cuore, tranne il fatto di non poterne fare altre diecimila. LUCIO
Tirate giù questo diavolo, non deve morire di una morte così rapida e dolce come l’impiccagione. I Goti tirano Aronne giù dalla scala ARONNE
Se esistono diavoli, vorrei essere uno di loro, per vivere bruciando nel fuoco eterno, così finiremmo insieme all’inferno e io potrei tormentarti per sempre con la mia lingua amara! LUCIO
Signori, tappategli la bocca e fatelo star zitto. I Goti imbavagliano Aronne. Entra Emilio UN GOTO
Mio signore, c’è un messaggero da Roma che desidera essere ammesso alla tua presenza.
185
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
LUCIUS Let him come near.
Welcome, Aemilius. What’s the news from Rome?
155
AEMILIUS
Lord Lucius, and you princes of the Goths, The Roman Emperor greets you all by me, And for he understands you are in arms, He craves a parley at your father’s house, Willing you to demand your hostages, And they shall be immediately delivered. A GOTH What says our general?
160
LUCIUS
Aemilius, let the Emperor give his pledges Unto my father and my uncle Marcus, And we will come. Away!
165
[Flourish.] Exeunt [marching] Enter Tamora and Chiron and Demetrius, her two sons, disguised
5.2
TAMORA
Thus, in this strange and sad habiliment, I will encounter with Andronicus And say I am Revenge, sent from below To join with him and right his heinous wrongs. Knock at his study, where they say he keeps To ruminate strange plots of dire revenge. Tell him Revenge is come to join with him And work confusion on his enemies.
5
They knock, and Titus [aloft] opens his study door TITUS
Who doth molest my contemplation? Is it your trick to make me ope the door, That so my sad decrees may fly away And all my study be to no effect? You are deceived; for what I mean to do, See here, in bloody lines I have set down, And what is written shall be executed.
186
10
15
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
LUCIO
Venga pure avanti. Benvenuto, Emilio. Che notizie porti da Roma? EMILIO
Nobile Lucio e voi principi goti, l’imperatore romano vi saluta tutti per mio tramite e, avendo saputo che vi siete sollevati in armi, chiede parlamento nella casa di tuo padre. Se vuoi richiedere ostaggi, ti saranno consegnati immediatamente. UN GOTO
Cosa dice il nostro generale? LUCIO
Emilio, di’ all’imperatore di consegnare i suoi ostaggi a mio padre e a mio zio Marco e io verrò. Andiamo! [Squilli di tromba.] Escono [a passo di marcia] V, 2
Entrano Tamora e i suoi due figli, Chirone e Demetrio, travestiti173
TAMORA
Così, in questi abiti tristi e stravaganti, incontrerò Andronico e gli dirò che sono Vendetta174, mandata dagli inferi per unirmi a lui e riparare gli odiosi torti che ha patito. Bussate al suo studio, dove dicono passi il tempo a ruminare strane trame di atroce rivalsa. Ditegli che è arrivata Vendetta per unirsi a lui e gettare rovina sui suoi nemici. Bussano e Tito [in alto] apre la porta del suo studio TITO
Chi disturba le mie meditazioni? È un trucco per farmi aprire la porta, così da far volar via i miei tristi progetti e rendere vano tutto il mio impegno? Vi ingannate, perché ciò che intendo fare lo potete vedere qui buttato giù a lettere di sangue e ciò che è scritto sarà eseguito.
187
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
TAMORA
Titus, I am come to talk with thee. TITUS
No, not a word. How can I grace my talk, Wanting a hand to give it action? Thou hast the odds of me, therefore no more. TAMORA
If thou didst know me thou wouldst talk with me.
20
TITUS
I am not mad, I know thee well enough; Witness this wretched stump, witness these crimson lines, Witness these trenches made by grief and care, Witness the tiring day and heavy night, Witness all sorrow that I know thee well For our proud empress, mighty Tamora. Is not thy coming for my other hand?
25
TAMORA
Know, thou sad man, I am not Tamora. She is thy enemy, and I thy friend. I am Revenge, sent from th’infernal kingdom To ease the gnawing vulture of thy mind By working wreakful vengeance on thy foes. Come down, and welcome me to this world’s light. Confer with me of murder and of death. There’s not a hollow cave or lurking-place, No vast obscurity or misty vale Where bloody murder or detested rape Can couch for fear, but I will find them out, And in their ears tell them my dreadful name, Revenge, which makes the foul offender quake. TITUS
Art thou Revenge, and art thou sent to me To be a torment to mine enemies?
18. It action: così in F; in Q that accord = “che si accordi con esso”. 188
30
35
40
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
TAMORA
Tito, sono venuta per parlare con te. TITO
No, neanche una parola. Come posso dar corpo alle mie parole, senza una mano che le accompagni175? Avresti troppo vantaggio su di me; perciò basta. TAMORA
Se mi avessi riconosciuto, mi parleresti. TITO
Non sono pazzo, ti riconosco bene. Ne sono testimoni questo misero braccio monco, queste linee di sangue, queste rughe scavate dalla pena e dall’affanno, questo giorno di fatica e questa notte pesante, e tutto questo dolore. So bene chi sei: la nostra superba imperatrice, la potente Tamora. Sei forse venuta per l’altra mano? TAMORA
Sappi, uomo infelice, che non sono Tamora: lei ti è avversa, io amica. Sono Vendetta, mandata dal regno degli inferi per placare il vorace avvoltoio176 della tua mente, recando rovina e distruzione sui tuoi nemici. Scendi a darmi il benvenuto in questo mondo di luce. Parliamo insieme di assassinio e di morte. Non c’è grotta profonda, remoto recesso, oscuro pianoro né valle di nebbia, dove un sanguinario assassino o un infame violentatore possano rifugiarsi impauriti senza che io li scovi e pronunci nelle loro orecchie il mio terribile nome, Vendetta, che fa tremare ogni pazzo malfattore. TITO
Sei Vendetta? E ti hanno mandato a me per tormentare i miei nemici?
189
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
TAMORA
I am; therefore come down, and welcome me. TITUS
Do me some service ere I come to thee. Lo by thy side where Rape and Murder stands. Now give some surance that thou art Revenge, Stab them, or tear them on thy chariot wheels, And then I’ll come and be thy wagoner, And whirl along with thee about the globe, Provide two proper palfreys, black as jet, To hale thy vengeful wagon swift away And find out murderers in their guilty caves. And when thy car is loaden with their heads I will dismount, and by thy wagon wheel Trot like a servile footman all day long, Even from Hyperion’s rising in the east Until his very downfall in the sea; And day by day I’ll do this heavy task, So thou destroy Rapine and Murder there.
45
50
55
TAMORA
These are my ministers, and come with me.
60
TITUS
Are they thy ministers? What are they called? TAMORA
Rape and Murder, therefore callèd so ’Cause they take vengeance of such kind of men. TITUS
Good Lord, how like the Empress’ sons they are, And you the Empress! But we worldly men Have miserable, mad, mistaking eyes. O sweet Revenge, now do I come to thee, And if one arm’s embracement will content thee, I will embrace thee in it by and by. Exit [aloft]
65
52. Caves: così in F2; in Q cares = “preoccupazioni”. 57. Very: così in Q; un emend. moderno corregge con weary (= “pesante”). 190
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
TAMORA
Sì, quindi scendi a darmi il benvenuto. TITO
Fammi questo favore prima che venga da te. Lì al tuo fianco stanno Stupro e Assassinio. Rassicurami che sei Vendetta: pugnalali o stritolali sotto le ruote del tuo carro e io verrò, ti farò da cocchiere e scorrazzerò con te intorno al mondo. Procurati due buoni palafreni, neri come il giaietto, che tirino veloce il tuo carro vendicatore177 e stanino gli assassini dalle loro colpevoli grotte. Quando il tuo carro sarà carico delle loro teste, io scenderò e, seguendo il corso delle ruote come un servile staffiere, trotterò tutto il giorno, da quando Iperione178 sorge ad Oriente fino a quando precipita nel mare, e quotidianamente sosterrò questo gravoso compito. Ora quindi uccidi Stupro e Assassinio. TAMORA
Questi sono i miei ministri e vengono con me. TITO
I tuoi ministri? E come si chiamano? TAMORA
Stupro e Assassinio, così chiamati perché si vendicano degli autori di tali delitti. TITO
Buon Dio, sono tali e quali ai figli dell’imperatrice! E tu all’imperatrice! Ma noi mortali abbiamo occhi miserabili e matti, che prendono abbagli. Dolce Vendetta, ora vengo da te e, se ti accontenti della stretta di un solo braccio, subito ti abbraccerò con quello. Esce [da sopra]
191
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
TAMORA
This closing with him fits his lunacy. Whate’er I forge to feed his brainsick humours Do you uphold and maintain in your speeches, For now he firmly takes me for Revenge, And being credulous in this mad thought I’ll make him send for Lucius his son, And whilst I at a banquet hold him sure I’ll find some cunning practice out of hand To scatter and disperse the giddy Goths, Or at the least make them his enemies. See, here he comes, and I must ply my theme.
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75
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Enter Titus, below TITUS
Long have I been forlorn, and all for thee. Welcome, dread Fury, to my woeful house. Rapine and Murder, you are welcome, too. How like the Empress and her sons you are! Well are you fitted, had you but a Moor. Could not all hell afford you such a devil? – For well I wot the Empress never wags But in her company there is a Moor, And would you represent our Queen aright It were convenient you had such a devil. But welcome as you are. What shall we do?
85
90
TAMORA
What wouldst thou have us do, Andronicus? DEMETRIUS
Show me a murderer, I’ll deal with him. CHIRON
Show me a villain that hath done a rape, And I am sent to be revenged on him. TAMORA
Show me a thousand that hath done thee wrong, And I will be revengèd on them all.
192
95
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
TAMORA
Questa condiscendenza si accorda alla sua pazzia. Qualsiasi cosa inventi per nutrire gli umori della sua follia, sostenetela e confermatela nei vostri discorsi, poiché ora mi crede fermamente Vendetta. Convinto com’è di questa assurdità, lo indurrò a chiamare suo figlio Lucio e, intrattenendolo a banchetto, inventerò sul momento qualche scaltro espediente per disperdere e sparpagliare i volubili Goti, o almeno per metterglieli contro. Eccolo che viene, devo inscenare il mio piano. Entra Tito in basso TITO
Da tempo vivo da derelitto e tutto per causa tua. Benvenuta, terribile furia, nella mia dimora di disgrazie. Stupro e Assassinio, benvenuti anche voi. Come somigliate all’imperatrice e ai suoi figli! Sareste identici a loro se solo al vostro fianco aveste un Moro. L’inferno non poteva fornirvi un simile demonio? So bene che l’imperatrice non se ne va mai in giro se in sua compagnia non c’è un Moro. Se vuoi rappresentare per bene la nostra regina, sarebbe opportuno che avessi con te un simile demonio. Ma benvenuti lo stesso. Cosa vogliamo fare? TAMORA
Cosa vorresti che facessimo, Andronico? DEMETRIO
Mostrami un assassino, lo sistemo io. CHIRONE
Mostrami un infame stupratore: ho l’incarico di farne vendetta. TAMORA
Mostramene mille che ti hanno fatto torto e avrai vendetta su tutti.
193
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
TITUS (to Demetrius)
Look round about the wicked streets of Rome, And when thou find’st a man that’s like thyself, Good Murder, stab him; he’s a murderer. (To Chiron) Go thou with him, and when it is thy hap To find another that is like to thee, Good Rapine, stab him; he is a ravisher. (To Tamora) Go thou with them, and in the Emperor’s court There is a queen attended by a Moor. Well shalt thou know her by thine own proportion, For up and down she doth resemble thee. I pray thee, do on them some violent death; They have been violent to me and mine.
100
105
TAMORA
Well hast thou lessoned us. This shall we do; But would it please thee, good Andronicus, To send for Lucius, thy thrice-valiant son, Who leads towards Rome a band of warlike Goths, And bid him come and banquet at thy house – When he is here, even at thy solemn feast, I will bring in the Empress and her sons, The Emperor himself, and all thy foes, And at thy mercy shall they stoop and kneel, And on them shalt thou ease thy angry heart. What says Andronicus to this device?
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TITUS
Marcus, my brother! ’Tis sad Titus calls. Enter Marcus Go, gentle Marcus, to thy nephew Lucius. Thou shalt enquire him out among the Goths. Bid him repair to me, and bring with him Some of the chiefest princes of the Goths. Bid him encamp his soldiers where they are. Tell him the Emperor and the Empress too Feast at my house, and he shall feast with them. 194
125
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
TITO (a Demetrio)
Da’ un’occhiata per le strade malvagie di Roma e quando troverai un uomo che ti somiglia, buon Assassinio, pugnalalo: è un assassino. (A Chirone) Tu va’ con lui e se ti capita a tiro uno che ti somiglia, caro Stupro, pugnalalo: è uno stupratore. (A Tamora) Tu, va’ con loro. Nella corte imperiale c’è una regina, accompagnata da un Moro. Di certo la riconoscerai dall’aspetto, poiché ti somiglia da capo a piedi. Ti prego, falli morire di morte violenta: sono stati violenti con me e i miei. TAMORA
Ci hai ben istruito. Faremo come dici. Intanto, però, buon Andronico, ti piaccia mandare a chiamare Lucio, tuo valentissimo figlio, che guida contro Roma una banda di guerrieri goti, e invitarlo a banchetto a casa tua. Quando sarà qui, nel mezzo della tua festa solenne, porterò l’imperatrice e i suoi figli, l’imperatore in persona e tutti i tuoi nemici. Dovranno chinarsi in ginocchio al tuo cospetto e su di essi potrai sfogare il tuo cuore furente. Cosa dice Andronico di questo piano? TITO
Marco, fratello! È il triste Tito che ti chiama. Entra Marco Caro Marco, va’ da tuo nipote Lucio. Dovrai cercarlo in mezzo ai Goti. Pregalo di tornare da me, portando con lui qualcuno dei più nobili principi goti, e di accampare i soldati lì dove sono. Digli che anche l’imperatore e l’imperatrice parteciperanno al banchetto
195
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
This do thou for my love, and so let him, As he regards his agèd father’s life.
130
MARCUS
Exit
This will I do, and soon return again. TAMORA
Now will I hence about thy business, And take my ministers along with me. TITUS
Nay, nay, let Rape and Murder stay with me, Or else I’ll call my brother back again, And cleave to no revenge but Lucius. TAMORA (aside to her sons) What say you, boys, will you abide with him Whiles I go tell my lord the Emperor How I have governed our determined jest? Yield to his humour, smooth and speak him fair, And tarry with him till I turn again. TITUS (aside) I knew them all, though they supposed me mad, And will o’erreach them in their own devices – A pair of cursèd hell-hounds and their dam.
135
140
DEMETRIUS
Madam, depart at pleasure. Leave us here.
145
TAMORA
Farewell, Andronicus. Revenge now goes To lay a complot to betray thy foes. TITUS
I know thou dost, and sweet Revenge, farewell. Exit Tamora CHIRON
Tell us, old man, how shall we be employed? TITUS
Tut, I have work enough for you to do. Publius, come hither; Caius and Valentine.
196
150
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
insieme a lui. Fallo per amor mio e così faccia lui, per riguardo alla vita del suo vecchio padre. MARCO
Farò così e tornerò presto. Esce TAMORA
Ora vado a badare ai tuoi affari e porto con me i miei ministri. TITO
No, no, no. Stupro e Assassinio restano con me, altrimenti richiamerò mio fratello e l’unica vendetta che accetterò sarà quella di Lucio. TAMORA (a parte ai figli) Che dite, ragazzi? Volete trattenervi con lui, mentre vado dall’imperatore mio signore a dirgli come procede lo scherzo che abbiamo progettato? Assecondate i suoi umori, compiacetelo di lusinghe e rimanete con lui fino al mio ritorno. TITO (a parte) Mi credono pazzo, ma li ho riconosciuti tutti e li intrappolerò nelle loro stesse trame: questa maledetta coppia di cani infernali e la loro cagna. DEMETRIO
Va’ pure, signora, lasciaci qui. TAMORA
Arrivederci, Andronico. Ora Vendetta va a ordire un complotto che tradirà i tuoi nemici. TITO
So che lo farai, dolce Vendetta, arrivederci. Esce Tamora CHIRONE
Dicci, vecchio, cosa dobbiamo fare? TITO
Eh, di lavoro per voi ne ho abbastanza. Publio! Caio! Valentino! Venite qui!
197
TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
Enter Publius, Caius, and Valentine PUBLIUS
What is your will? TITUS Know you these two? PUBLIUS
The Empress’ sons I take them – Chiron, Demetrius. TITUS
Fie, Publius, fie! Thou art too much deceived. The one is Murder, and Rape is the other’s name. And therefore bind them, gentle Publius; Caius and Valentine, lay hands on them. Oft have you heard me wish for such an hour, And now I find it. Therefore bind them sure, And stop their mouths if they begin to cry.
155
Exit
CHIRON
Villains, forbear! We are the Empress’ sons.
161
PUBLIUS
And therefore do we what we are commanded. Publius, Caius, and Valentine bind and gag Chiron and Demetrius Stop close their mouths. Let them not speak a word. Is he sure bound? Look that you bind them fast. Enter Titus Andronicus with a knife, and Lavinia with a basin TITUS
Come, come, Lavinia. Look, thy foes are bound. Sirs, stop their mouths. Let them not speak to me, But let them hear what fearful words I utter. O villains, Chiron and Demetrius! Here stands the spring whom you have stained with mud, This goodly summer with your winter mixed. You killed her husband, and for that vile fault Two of her brothers were condemned to death, My hand cut off and made a merry jest,
198
165
170
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
Entrano Publio, Caio e Valentino PUBLIO
Cosa comandi? TITO
Riconoscete questi due? PUBLIO
Sono i figli dell’imperatore, direi: Chirone e Demetrio. TITO
Vergogna, Publio, vergogna! Ti inganni di molto. Uno è Assassinio e l’altro si chiama Stupro; perciò legali, caro Publio, e voi, Caio e Valentino, dategli addosso. Mi avete spesso sentito invocare quest’ora e adesso è giunta; perciò legateli stretti e tappate loro la bocca, se iniziano a gridare. Esce CHIRONE
Giù le mani, canaglie! Siamo i figli dell’imperatrice. PUBLIO
Per questo facciamo quanto ci è stato ordinato. Publio, Caio e Valentino legano e imbavagliano Chirone e Demetrio Tappategli bene la bocca, che non dicano una parola. È legato stretto? Badate di stringere forte. Entrano Tito Andronico con un coltello e Lavinia con un bacile TITO
Vieni, vieni, Lavinia. Guarda, i tuoi nemici sono legati. Signori, tappate loro la bocca. Impedite loro di parlare, ma lasciate che ascoltino le spaventose parole che proferirò. Chirone e Demetrio, canaglie! Ecco la sorgente che avete insozzato di fango179, la bella estate che avete mischiato all’inverno. Avete ucciso suo marito e per questo vile delitto due suoi fratelli sono stati giustiziati, la mia mano mozzata e schernita. Avete distrutto entrambe le sue dolci
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 2
Both her sweet hands, her tongue, and that more dear Than hands or tongue, her spotless chastity, Inhuman traitors, you constrained and forced. What would you say if I should let you speak? Villains, for shame. You could not beg for grace. Hark, wretches, how I mean to martyr you. This one hand yet is left to cut your throats, Whiles that Lavinia ’tween her stumps doth hold The basin that receives your guilty blood. You know your mother means to feast with me, And calls herself Revenge, and thinks me mad. Hark, villains, I will grind your bones to dust, And with your blood and it I’ll make a paste, And of the paste a coffin I will rear, And make two pasties of your shameful heads, And bid that strumpet, your unhallowed dam, Like to the earth swallow her own increase. This is the feast that I have bid her to, And this the banquet she shall surfeit on; For worse than Philomel you used my daughter, And worse than Progne I will be revenged. And now, prepare your throats. Lavinia, come. Receive the blood, and when that they are dead Let me go grind their bones to powder small, And with this hateful liquor temper it, And in that paste let their vile heads be baked. Come, come, be everyone officious To make this banquet, which I wish may prove More stern and bloody than the Centaurs’ feast. He cuts their throats So, now bring them in, for I’ll play the cook And see them ready against their mother comes. Exeunt carrying the bodies
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 2
mani, la sua lingua e, più cara delle mani e della lingua, violato la sua purezza immacolata. Cosa avreste da dire, traditori disumani, se vi lasciassi parlare? Per la vergogna, canaglie, non potreste invocare grazia. Ascoltate, miserabili, come intendo martoriarvi. Mi è rimasta quest’unica mano per tagliarvi la gola, mentre Lavinia reggerà tra le sue braccia monche il bacile che accoglierà il vostro colpevole sangue. Sapete che vostra madre intende banchettare con me, si fa chiamare Vendetta e mi crede pazzo. Ascoltate, canaglie: vi triturerò le ossa e impasterò la polvere con il vostro sangue, poi con quella pasta stenderò una lugubre sfoglia e dalle vostre teste scellerate trarrò due tortini180 e inviterò quella troia sacrilega di vostra madre a inghiottire, come la terra, quel che ha generato. Ecco il festino cui l’ho invitata, ecco la mensa cui si ingozzerà: avete abusato di mia figlia peggio di Filomela e io mi vendicherò peggio di Progne181. Ora preparate la gola. Lavinia, vieni e raccogli il loro sangue. Quando saranno morti, lascia che triti le loro ossa in polvere fina, che le diluisca in questo liquame immondo e che faccia cuocere nella pasta risultante le loro teste abiette. Su, su, tutti si diano da fare per preparare il banchetto, che mi auguro possa risultare più spietato e sanguinario del festino dei Centauri182. Taglia loro la gola Ecco. Ora trascinateli dentro: io farò il cuoco e avrò cura di prepararli a puntino per l’arrivo della madre. Escono portando i cadaveri
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
Enter Lucius, Marcus, and the Goths, with Aaron, prisoner, [and an attendant with his child]
5.3 LUCIUS
Uncle Marcus, since ’tis my father’s mind That I repair to Rome, I am content. A GOTH
And ours with thine, befall what fortune will. LUCIUS
Good uncle, take you in this barbarous Moor, This ravenous tiger, this accursèd devil. Let him receive no sust’nance, fetter him Till he be brought unto the Empress’ face For testimony of her foul proceedings, And see the ambush of our friends be strong. I fear the Emperor means no good to us.
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AARON
Some devil whisper curses in my ear And prompt me, that my tongue may utter forth The venomous malice of my swelling heart. LUCIUS
Away, inhuman dog, unhallowed slave! Sirs, help our uncle to convey him in.
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[Exeunt Goths with Aaron and his child] Flourish The trumpets show the Emperor is at hand. Enter Saturninus the Emperor, and Tamora the Empress, with Aemilius, Tribunes, Senators, and others SATURNINUS
What, hath the firmament more suns than one? LUCIUS
What boots it thee to call thyself a sun? MARCUS
Rome’s emperor and nephew, break the parle. These quarrels must be quietly debated. 202
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
Entrano Lucio, Marco e i Goti, con Aronne prigioniero, [e un servo, con suo figlio183]
V, 3 LUCIO
Zio Marco, siccome mio padre vuole che io torni a Roma, acconsento. UN GOTO
E noi con te, accada quel che accada. LUCIO
Caro zio, prendi in consegna tu questo barbaro Moro, questa tigre rapace, questo dannato demonio. Non dargli cibo e tienilo in ceppi, finché non sarà portato dinanzi all’imperatrice per testimoniare faccia a faccia le sue infamie. Bada che i nostri si appostino in forze: temo che l’imperatore non ci prepari niente di buono. ARONNE
Qualche diavolo mi sussurri maledizioni all’orecchio e suggerisca alla mia lingua come proferire l’odio velenoso che mi gonfia il cuore. LUCIO
Via, cane disumano, schiavo sacrilego! Signori, aiutate mio zio a condurlo dentro. [Escono i Goti con Aronne e suo figlio] Squilli di tromba Le trombe annunciano che l’imperatore è vicino. Entrano l’imperatore Saturnino e l’imperatrice Tamora, con Emilio, i tribuni, i senatori e altri SATURNINO
Cosa? La volta del cielo ha più di un sole? LUCIO
A che ti serve chiamarti sole? MARCO
Imperatore e nipote, interrompete lo scontro. Contese come questa vanno dibattute con calma. È pronto il banchetto che Tito ha alle-
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
The feast is ready which the careful Titus Hath ordained to an honourable end, For peace, for love, for league, and good to Rome. Please you therefore draw nigh, and take your places. SATURNINUS Marcus, we will.
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[Hautboys. A table brought in.] They sit. Enter Titus like a cook, placing the dishes, and Lavinia with a veil over her face; [young Lucius, and others] TITUS
Welcome, my gracious lord; welcome, dread Queen; Welcome, ye warlike Goths; welcome, Lucius; And welcome, all. Although the cheer be poor, ’Twill fill your stomachs. Please you, eat of it. SATURNINUS
Why art thou thus attired, Andronicus?
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TITUS
Because I would be sure to have all well To entertain your highness and your Empress. TAMORA
We are beholden to you, good Andronicus. TITUS
An if your highness knew my heart, you were. My lord the Emperor, resolve me this: Was it well done of rash Virginius To slay his daughter with his own right hand Because she was enforced, stained, and deflowered?
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SATURNINUS
It was, Andronicus. Your reason, mighty lord?
TITUS
SATURNINUS
Because the girl should not survive her shame, And by her presence still renew his sorrows.
26. Gracious: così in Q2; assente in Q1. 204
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
stito con tanta cura per nobili scopi: la pace, l’amore, la concordia e il bene di Roma. Vogliate dunque avvicinarvi e prendere posto. SATURNINO
Lo faremo, Marco. [Suonano gli oboi e viene portata una tavola.] Tutti si siedono. Entrano Tito, che serve le portate vestito da cuoco, Lavinia, con un velo sul viso, [il giovane Lucio e altri] TITO
Benvenuto, mio cortese sovrano. Benvenuta, temuta regina. Benvenuti, guerrieri goti. Benvenuto, Lucio. E benvenuti tutti. Seppur modesto, il banchetto vi riempirà lo stomaco. Prego, favorite. SATURNINO
Perché ti sei agghindato così, Andronico? TITO
Per assicurarmi che tutto fosse perfetto per intrattenere vostra altezza e l’imperatrice. TAMORA
Ti siamo obbligati, buon Andronico. TITO
Se vostra altezza conoscesse il mio cuore, lo sarebbe. Mio signore imperatore, risolvete questo dilemma: fece bene l’impetuoso Virginio184 a uccidere con le sue stesse mani la figlia, poiché era stata violata, insozzata e sverginata? SATURNINO
Fece bene, Andronico. TITO
Per quale ragione, potente signore? SATURNINO
Perché la fanciulla non avrebbe dovuto sopravvivere alla vergogna e con la sua presenza rinnovare il dolore del padre.
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
TITUS
A reason mighty, strong, effectual; A pattern, precedent, and lively warrant For me, most wretched, to perform the like. Die, die, Lavinia, and thy shame with thee, And with thy shame thy father’s sorrow die.
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[He kills her] SATURNINUS
What hast thou done, unnatural and unkind? TITUS
Killed her for whom my tears have made me blind. I am as woeful as Virginius was, And have a thousand times more cause than he To do this outrage, and it now is done.
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SATURNINUS
What, was she ravished? Tell who did the deed. TITUS
Will’t please you eat? Will’t please your highness feed? TAMORA
Why hast thou slain thine only daughter thus? TITUS
Not I, ’twas Chiron and Demetrius. They ravished her, and cut away her tongue, And they, ’twas they, that did her all this wrong.
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SATURNINUS
Go, fetch them hither to us presently. TITUS [revealing the heads]
Why, there they are, both bakèd in this pie, Whereof their mother daintily hath fed, Eating the flesh that she herself hath bred. ’Tis true, ’tis true, witness my knife’s sharp point. He stabs the Empress
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
TITO
Una ragione buona, valida e convincente. Un esempio, un precedente, una viva raccomandazione perché io, così sciagurato, faccia lo stesso. Muori, Lavinia, muori, la tua vergogna muoia con te e con la tua vergogna anche il dolore di tuo padre! [La uccide] SATURNINO
Che hai fatto, barbaro snaturato? TITO
Ho ucciso colei per cui ho pianto fino a diventare cieco. Sono straziato come lo era Virginio e ho mille volte più motivi di lui per questa violenza. Ora è compiuta. SATURNINO
Cosa? Era stata stuprata? Dimmi chi è stato. TITO
Volete mangiare? Vostra altezza gradisce del cibo? TAMORA
Perché hai ucciso la tua unica figlia in questo modo? TITO
Non sono stato io. Sono stati Chirone e Demetrio. L’hanno violentata e le hanno tagliato la lingua. Sono stati loro, loro, a farle tutto questo male. SATURNINO
Andate a prenderli e portateli subito qui. TITO [mostrando le teste] Eccoli, sono qui, entrambi cotti al forno in questa torta, che la loro madre ha addentato con gusto, mangiando la carne che lei stessa ha allevato185. È vero, è vero: ne sia testimone la punta aguzza del mio coltello! Pugnala l’imperatrice
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
SATURNINUS
Die, frantic wretch, for this accursèd deed. He kills Titus LUCIUS
Can the son’s eye behold his father bleed? There’s meed for meed, death for a deadly deed.
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He kills Saturninus. Confusion follows. [Enter Goths. Lucius, Marcus and others go aloft] MARCUS
You sad-faced men, people and sons of Rome, By uproars severed, as a flight of fowl Scattered by winds and high tempestuous gusts, O, let me teach you how to knit again This scattered corn into one mutual sheaf, These broken limbs again into one body.
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A ROMAN LORD
Let Rome herself be bane unto herself, And she whom mighty kingdoms curtsy to, Like a forlorn and desperate castaway, Do shameful execution on herself But if my frosty signs and chaps of age, Grave witnesses of true experience, Cannot induce you to attend my words. (To Lucius) Speak, Rome’s dear friend, as erst our ancestor When with his solemn tongue he did discourse To lovesick Dido’s sad-attending ear The story of that baleful-burning night When subtle Greeks surprised King Priam’s Troy. Tell us what Sinon hath bewitched our ears, Or who hath brought the fatal engine in
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63. Deed: così in Q; Taylor ipotizza soin (= “stoccata”), per coerenza con la sequenza delle rime. 72. Let: così in Q; un emend. tardo corregge con lest = “per timore che” e attribuisce i vv. seguenti a Marco. 208
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
SATURNINO
Muori, canaglia dissennata, per questo maledetto delitto! Uccide Tito LUCIO
Lo sguardo di un figlio può vedere il sangue di suo padre? Misura per misura, morte per atto di morte! Uccide Saturnino. Segue un grande tumulto. [Entrano i Goti. Lucio, Marco e altri salgono di sopra] MARCO
Uomini dal volto triste, popolo e figli di Roma, divisi dai tumulti, come uno stormo di uccelli disperso in volo dai venti e dalle impetuose raffiche della tempesta, lasciate che vi insegni come riunire in uno stesso fascio questo grano sparso, queste membra disgiunte in uno stesso corpo. UN PATRIZIO ROMANO
Abbiamo lasciato che Roma, riverita da regni potenti, divenisse veleno a se stessa e, come una derelitta e disperata reietta, compisse su di sé vergognosa violenza186. Ma se le tracce di brina e le crepe della vecchiaia, segni severi di vera esperienza, non possono indurvi ad ascoltare le mie parole, (a Lucio) parla tu, caro amico di Roma, come fece il nostro progenitore, quando con parole solenni riferì all’orecchio di Didone, rattristata nell’ascolto e già malata d’amore, la storia di quella funesta notte di fuoco, quando gli scaltri Greci espugnarono la Troia di re Priamo. Dicci quale Sinone187 ci ha stregato le orecchie, o chi ha introdotto il fatale congegno
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
That gives our Troy, our Rome, the civil wound. My heart is not compact of flint nor steel, Nor can I utter all our bitter grief, But floods of tears will drown my oratory And break my utt’rance even in the time When it should move ye to attend me most, And force you to commiseration. Here’s Rome’s young captain. Let him tell the tale, While I stand by and weep to hear him speak.
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LUCIUS
Then, gracious auditory, be it known to you That Chiron and the damned Demetrius Were they that murderèd our Emperor’s brother, And they it were that ravishèd our sister. For their fell faults our brothers were beheaded, Our father’s tears despised, and basely cozened Of that true hand that fought Rome’s quarrel out And sent her enemies unto the grave. Lastly myself, unkindly banishèd, The gates shut on me, and turned weeping out To beg relief among Rome’s enemies, Who drowned their enmity in my true tears And oped their arms to embrace me as a friend. I am the turned-forth, be it known to you, That have preserved her welfare in my blood, And from her bosom took the enemy’s point, Sheathing the steel in my advent’rous body. Alas, you know I am no vaunter, I. My scars can witness, dumb although they are, That my report is just and full of truth. But soft, methinks I do digress too much, Citing my worthless praise. O, pardon me, For when no friends are by, men praise themselves.
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MARCUS
Now is my turn to speak. Behold the child. Of this was Tamora deliverèd, The issue of an irreligious Moor, 210
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
che ha inferto alla nostra Troia, la nostra Roma, la ferita civile. Il mio cuore non è fatto di selce né d’acciaio e non posso manifestare l’intero mio amaro dolore, senza che fiumi di lacrime bagnino il mio discorso e interrompano la mia eloquenza, proprio quando più dovrebbe convincervi ad ascoltarmi e spingervi a compassione188. Qui c’è il giovane capitano di Roma, lasciatelo raccontare, mentre mi faccio da parte e lo ascolto piangendo. LUCIO
Allora sappiate, nobile uditorio, che sono stati Chirone e il dannato Demetrio a uccidere il fratello dell’imperatore e a violentare mia sorella. Per i loro turpi crimini, i miei fratelli sono stati decapitati, mio padre disprezzato nel pianto e privato vilmente della mano leale che si è battuta e ha vinto per Roma, mandando alla tomba i suoi nemici. E, in ultimo, io stesso, crudelmente bandito, sono stato cacciato via piangente, le porte chiuse dietro le spalle, a mendicare conforto tra i nemici di Roma, che hanno annegato il loro astio nelle mie lacrime sincere e aperto le braccia per accogliermi come amico. Io sono il rinnegato, sappiatelo, che ha salvato Roma con il suo sangue, togliendole dal petto la lama del nemico e lasciando che il ferro affondasse nel suo corpo coraggioso. Ahimè! Sapete che non è vanagloria: benché mute, le mie cicatrici attestano che il mio racconto è onesto e veritiero. Ma basta, mi sembra di dilungarmi troppo, lodando i miei indegni meriti. Perdonatemi. Quando non hanno amici accanto, gli uomini si lodano da soli. MARCO
Ora è il mio turno. Guardate il bambino. Lo ha generato Tamora, è il frutto di un Moro miscredente, principale architetto e orditore
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
Chief architect and plotter of these woes. The villain is alive in Titus’ house, And as he is to witness, this is true. Now judge what cause had Titus to revenge These wrongs unspeakable, past patience, Or more than any living man could bear. Now have you heard the truth. What say you, Romans? Have we done aught amiss, show us wherein, And from the place where you behold us pleading The poor remainder of Andronici Will hand in hand all headlong hurl ourselves And on the ragged stones beat forth our souls And make a mutual closure of our house. Speak, Romans, speak, and if you say we shall; Lo, hand in hand Lucius and I will fall.
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AEMILIUS
Come, come, thou reverend man of Rome, And bring our emperor gently in thy hand, Lucius, our emperor – for well I know The common voice do cry it shall be so. ROMANS
Lucius, all hail, Rome’s royal emperor! MARCUS (to attendants)
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Go, go into old Titus’ sorrowful house And hither hale that misbelieving Moor To be adjudged some direful slaught’ring death As punishment for his most wicked life. Exeunt some [Lucius, Marcus, and the others come down] [ROMANS] Lucius, all hail, Rome’s gracious governor! LUCIUS
Thanks, gentle Romans. May I govern so To heal Rome’s harms and wipe away her woe.
123. True: così in F; assente in Q. 212
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
di queste disgrazie. Lo sciagurato è vivo nella casa di Tito e può garantire la verità di ciò che dico. Ora giudicate i motivi di vendetta di Tito. Questi indicibili torti superano ogni pazienza e sono più di quanto qualsiasi mortale potrebbe sopportare. Ora avete sentito la verità: cosa dite, Romani? Abbiamo sbagliato? Diteci in cosa e da qui dove ci vedete parlare, noi, miseri resti degli Andronici, mano nella mano, ci getteremo a capofitto sui sassi aguzzi ad esalare le nostre anime ed estinguere la nostra stirpe. Parlate, Romani, parlate: se lo chiedete, mano nella mano, Lucio e io ci butteremo. EMILIO
Vieni, vieni, venerabile romano, e porta gentilmente per mano Lucio, il nostro imperatore, poiché so bene che la voce del popolo grida che sia così. ROMANI
Evviva Lucio, regale imperatore di Roma! MARCO (ai servi)
Andate nella casa disgraziata del vecchio Tito, andate e trascinate qui quel Moro miscredente perché sia condannato a una morte di atroce violenza, come castigo per la sua vita tanto malvagia. Escono alcuni [Marco, Lucio e altri scendono] [ROMANI] Evviva Lucio, nobile sovrano di Roma! LUCIO
Grazie, nobili Romani. Possa io governare in modo da sanare le ferite di Roma e spazzare via il suo dolore. Ma, buona gente, mostra-
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
But, gentle people, give me aim awhile, For nature puts me to a heavy task. Stand all aloof, but, uncle, draw you near To shed obsequious tears upon this trunk. (Kissing Titus) O, take this warm kiss on thy pale cold lips, These sorrowful drops upon thy bloodstained face, The last true duties of thy noble son. MARCUS (kissing Titus) Tear for tear, and loving kiss for kiss, Thy brother Marcus tenders on thy lips. O, were the sum of these that I should pay Countless and infinite, yet would I pay them. LUCIUS (to young Lucius) Come hither, boy, come, come, and learn of us To melt in showers. Thy grandsire loved thee well. Many a time he danced thee on his knee, Sung thee asleep, his loving breast thy pillow. Many a story hath he told to thee, And bid thee bear his pretty tales in mind, And talk of them when he was dead and gone.
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MARCUS
How many thousand times hath these poor lips, When they were living, warmed themselves on thine! O now, sweet boy, give them their latest kiss. Bid him farewell. Commit him to the grave. Do them that kindness, and take leave of them.
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153. Bloodstained: così in F3; in Q bloodslaine = “ucciso nel sangue”. 164-168. And bid thee ... their latest kiss: F sostituisce questi versi con altri cinque, rifiutati nell’ed. Oxford: Meet, and agreeing with thine infancy: / In that respect then, like a loving child, / Shed yet some small drops from thy tender spring, / Because kind Nature doth require it so: / Friends should associate friends, in grief and woe. (Trad. in nota al testo italiano). 214
TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
temi intanto la meta, poiché la natura mi ha affidato un grave compito. Fate largo e tu, zio, vieni qui vicino a versare lacrime devote su questa salma. (Baciando Tito) Oh, prendi questo bacio d’affetto sulle tue labbra pallide e fredde. Queste gocce di dolore sul tuo volto insanguinato: l’ultimo sincero omaggio del tuo nobile figlio. MARCO (baciando Tito) Lacrima per lacrima e bacio per bacio, tuo fratello Marco offre alle labbra con affetto. Oh, se la somma delle lacrime da pagare fosse sterminata e infinita, la pagherei! LUCIO (al figlio) Vieni qui, ragazzo, vieni, vieni e impara da noi a scioglierti in pianto. Tuo nonno ti ha molto amato: quante volte ti ha fatto ballare sulle ginocchia o ha cantato per farti addormentare sul guanciale del suo petto! Quante volte ti ha raccontato una storia, pregandoti di tenere a mente i suoi bei racconti per ripeterli quando se ne sarebbe andato!189 MARCO
Quante migliaia di volte queste povere labbra, quando erano vive, si sono scaldate sulle tue! Ora dolce ragazzo dà loro l’ultimo bacio. Digli addio, affidalo alla tomba. Fagli questa gentilezza e prendi commiato da lui.
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TITUS ANDRONICUS, ACT 5 SCENE 3
YOUNG LUCIUS (kissing Titus)
O grandsire, grandsire, ev’n with all my heart Would I were dead, so you did live again. O Lord, I cannot speak to him for weeping. My tears will choke me if I ope my mouth. Enter some with Aaron A ROMAN
You sad Andronici, have done with woes. Give sentence on this execrable wretch That hath been breeder of these dire events.
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LUCIUS
Set him breast-deep in earth and famish him. There let him stand, and rave, and cry for food. If anyone relieves or pities him, For the offence he dies. This is our doom. Some stay to see him fastened in the earth.
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AARON
Ah, why should wrath be mute and fury dumb? I am no baby, I, that with base prayers I should repent the evils I have done. Ten thousand worse than ever yet I did Would I perform if I might have my will. If one good deed in all my life I did I do repent it from my very soul.
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LUCIUS
Some loving friends convey the Emperor hence, And give him burial in his father’s grave. My father and Lavinia shall forthwith Be closèd in our household’s monument. As for that ravenous tiger, Tamora, No funeral rite nor man in mourning weed, No mournful bell shall ring her burial;
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TITO ANDRONICO, ATTO V SCENA 3
GIOVANE LUCIO (baciando Tito)
Oh, nonno, nonno! Con tutto il cuore vorrei essere morto, se tu potessi tornare in vita! Signore, non riesco a parlare dal pianto. Le lacrime mi soffocano appena apro bocca. Entrano alcuni con Aronne UN ROMANO
Cessino le vostre pene, tristi Andronici, ed emettete la sentenza sull’esecrabile farabutto che è stato causa di questi terribili eventi. LUCIO
Cacciatelo in terra fino al petto e lasciatelo morire di fame. Stia lì a vaneggiare e a gridare per il cibo. Chiunque gli darà sollievo o ne avrà compassione, morirà per tale colpa. Questa è la nostra condanna. Qualcuno provveda a conficcarlo in terra. ARONNE
Perché l’ira dovrebbe essere muta e la furia rimanere zitta? Non sono un bambino, io, che con vili preghiere si pente dei mali commessi. Ne commetterei diecimila perfino peggiori di quelli che ho già perpetrato, se solo potessi. Se mai ho compiuto una buona azione in tutta la vita, me ne pento dal profondo del cuore. LUCIO
Qualche amico fidato porti via l’imperatore e gli dia sepoltura nella tomba di suo padre. Mio padre e Lavinia siano subito deposti nel sepolcro della nostra famiglia. Per quella tigre vorace190, Tamora, nessun rito funebre, né abiti da lutto, né campane che suonino a
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TITUS ANDRONICUS, ADDITIONAL PASSAGES
But throw her forth to beasts and birds to prey. Her life was beastly and devoid of pity, And being dead, let birds on her take pity. Exeunt with the bodies ADDITIONAL PASSAGES
A. AFTER 1.1.35 The following passage, found in the First Quarto following a comma after ‘field’ but not included in the Second or Third Quartos or the Folio, conflicts with the subsequent action and presumably should have been deleted. (In the second line, Q1 reads ‘of that’ for ‘of the’.) and at this day To the monument of the Andronici Done sacrifice of expiation, And slain the noblest prisoner of the Goths. B. AFTER 1.1.283 The following passage found in the quartos and the Folio is difficult to reconcile with the apparent need for Saturninus and his party to leave the stage at 275.1-2 before entering ‘above’ at 294.2-4. It is omitted from our text in the belief that Shakespeare intended it to be deleted after adding the episode of Mutius’ killing to his original draft, and that the printers of Q1 included it by accident. [TITUS] Treason, my lord! Lavinia is surprised.
199. And being ... take pity: Q2, Q3 e F sostituiscono questo verso con altri cinque versi, rifiutati nell’ed. Oxford: And being so, shall have like want of pity / See justice done on Aaron that damn’d More, / From whom our heavy haps had their beginning: / Then afterwards to order well the State, / That like events may ne’er it ruinate. (Trad. in nota al testo italiano). 218
TITO ANDRONICO, AGGIUNTE AL TESTO
morto, mentre viene seppellita. Gettatela in pasto alle bestie e ai rapaci. La sua vita è stata bestiale e spietata: ora che è morta, abbiano pietà di lei gli avvoltoi191. Escono con i cadaveri AGGIUNTE AL TESTO
A. Dopo I, 1, 35 Il passo che segue si incontra in Q1 dopo la virgola successiva alla parola field (= campo), ma non è incluso né in Q2 né in Q3 né in F, ed è in contrasto con il seguito dell’azione; presumibilmente, avrebbe dovuto essere cancellato. In Q1 si legge of that (= di quegli) al posto di of the (= degli). e quest’oggi, presso la tomba degli Andronici, ha fatto sacrificio di espiazione, uccidendo il più nobile prigioniero dei Goti. B. Dopo I, 1, 283 Il passo seguente, che si legge in Q1, Q2, Q3 e F, è difficile da conciliare con l’apparente necessità che Saturnino e la sua fazione lascino la scena dopo il v. 275 prima di rientrare in alto dopo il v. 294. Lo si è omesso nella convinzione che Shakespeare intendesse cancellarlo dopo l’aggiunta dell’omicidio di Muzio e che gli stampatori di Q1 lo abbiano incluso per errore. [TITO] Tradimento, mio signore! Lavinia è rapita.
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TITUS ANDRONICUS, ADDITIONAL PASSAGES
SATURNINUS
Surprised, by whom? BASSIANUS By him that justly may Bear his betrothed from all the world away. C. AFTER 4.3.93 The following lines, found in the early texts, appear to be a draft of the subsequent six lines. MARCUS (to Titus) Why, sir, that is as fit as can be to serve
for your oration, and let him deliver the pigeons to the Emperor from you. TITUS (to the Clown) Tell me, can you deliver an oration to the Emperor with a grace? CLOWN Nay, truly, sir, I could never say grace in all my life.
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TITO ANDRONICO, AGGIUNTE AL TESTO
SATURNINO
Rapita? Da chi? BASSIANO
Da chi a buon diritto può strappare al mondo intero la sua promessa sposa. C. Dopo IV, 3, 93 Le battute seguenti, comprese nelle prime edizioni, sembrano una bozza per le righe successive. MARCO (a Tito)
Signore, egli è adatto per la tua supplica, per quanto possibile. Lasciagli inviare i piccioni all’imperatore da parte tua. TITO (al Clown) Dimmi, sapresti consegnare con grazia una preghiera per l’imperatore? CLOWN
No, signore, in verità in tutta la mia vita non ho mai detto preghiere.
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Romeo and Juliet Romeo e Giulietta Testo inglese a cura di JOHN JOWETT Nota introduttiva, traduzione e note di FRANCO MARENCO
IMMAGINE FRONTESPIZIO
Frontespizio del secondo in-quarto del Romeo e Giulietta (Q2), 1599
Nota introduttiva
Correte veloci alla dimora di Febo, focosi destrieri del giorno, avanti, e avanti verso occidente dove vi sferza l’auriga Fetonte; che la cupa notte giunga repentina. E tu, notte che proteggi l’amore, distendi la tua fitta cortina che anche ai fuggiaschi fa chiudere gli occhi, e porta Romeo di slancio fra le mie braccia, che nessuno lo senta, o lo veda. […] Vieni, nobile notte, signora dalla sobria veste scura, e insegnami come si perde una partita già vinta, che porta in gioco due immacolate verginità. Avvolgi col tuo nero mantello il sangue che batte acceso nelle mie guance, a me inesperta dell’uomo; che l’amore innocente si faccia audace, e guardi al vero amore come a un atto di semplice modestia. Vieni, notte! Vieni, Romeo!... (III, 2, 1-17)
Sono le prime battute del celebre monologo di Giulietta, che attende l’amore con l’impazienza della novizia per un “gioco” di cui già vive ogni mossa con la convinzione di una passione improvvisa. Da sola sulla scena, come lo sarà alla fine in attesa della morte, Giulietta pronuncia parole tutte rivolte alla scoperta dei sensi, al realizzarsi di un desiderio imperativo, a un presente che urge; invoca il tempo che corre, il buio della notte, il pulsare del sangue, la passione che libera e onora l’innocenza: è pronta alla pienezza della vita – mentre incombe su di lei ogni avversità del mondo regolato dalla morale patriarcale e dell’odio tra famiglie, il mondo che tiene conto degli affetti soggettivi solo per controllarli e ridurli, e non tollera libertà alcuna al di fuori del proprio ordine. Ma ciò che importa è come, con quali mezzi retorici Giulietta compia questo rito di autoconsacrazione all’amore. Qui si schiude il nucleo più intimo e riposto della poesia shakespeariana, quell’essere immersa nella 225
ROMEO E GIULIETTA
tradizione della letteratura amorosa occidentale, e nel contempo quel procedere al di là di essa, mescolandola con un sentire tutto rinnovato ad uso e consumo di un pubblico più ampio e variegato di quello tradizionale, un pubblico già “di massa”, popolare e aristocratico insieme. Innanzitutto, ad essere rifiutati in questo passo sono la pura contemplazione, l’accorata distanza che separa gli amanti nella convenzione petrarchesca (modello invece di ogni verso assegnato a Romeo, soprattutto all’inizio): a tali risaputi atteggiamenti Giulietta sostituisce la forza di un’altra poetica, più lontana nel tempo ma più vibrante di concreta esistenza, quella di Ovidio: è di Ovidio l’immagine dei mitici destrieri del cielo, spronati perché il loro carro compia il percorso naturale e propizi le tenebre – anzi no, anzi al contrario: ricordiamo Lente, lente currite noctis equi, dove il poeta degli Amores (I, 13, 40) implora non i cavalli di Fetonte perché procedano veloci, ma quelli di Aurora perché rallentino il loro corso, e la luce non interrompa una dolce notte d’amore. L’antica invocazione di un indugio per conservare un bene già posseduto viene tradotta nella sollecitazione opposta, per ottenere un bene ancora sconosciuto, e immediato. Ecco disegnarsi un’ulteriore infrazione, un capovolgimento dell’eredità poetica, esibita e subito manipolata (operazione cui non era estranea la gara che Shakespeare aveva ingaggiato con il contemporaneo e rivale Christopher Marlowe, nel far reagire memorie ovidiane in nuovi e arditi contesti). Un gesto di rottura, trasgressivo, interroga dunque la forma, la concezione stessa della tragedia: e la trasgressione della tradizione letteraria è solo il calco per altre, inaudite trasgressioni – della subordinazione femminile, della gerarchia familiare, della saggezza atavica, dell’assetto comunitario, della moderazione e forse della “normalità” sessuale, financo della prassi comunicativa (Giulietta, ancora lei, accenna subito al nome di Romeo come a una oppressiva prigione dell’identità: “Oh Romeo, Romeo, perché sei Romeo?” [II, 1, 75]: al nome, che è vincolo dell’ordine simbolico, Romeo dovrebbe rinunciare per poter liberamente amare). Trasgressioni sempre sognate e sempre frustrate dal peso assolutistico del costume sociale e dell’incomprensione fra simili, dunque percepite dal pubblico come possibili e impossibili insieme: da qui la forma a un tempo comica e tragica, perché volta a volta sospesa fra gratificazione e mortificazione, fino alla crudele delusione finale. Il dramma ne risulta popolato da una continua dialettica di principi, stili, vocazioni: la natura 226
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contro la storia, lo slancio ideale contro la tangibile carnalità, la liricità raffinata contro il doppio senso volgare, il comico-popolare contro il serio-aulico, l’eterosessuale contro (ma anche insieme a) l’omosessuale, e soprattutto l’amore contro la morte, Eros e Thanatos che si inseguono continuamente, dimostrandosi infine complementari. La data e la trasmissione del testo La data di composizione è, come sempre per i testi shakespeariani, congetturale. Ci aiuta un doppio ordine di riferimenti, esterni al testo – le allusioni presenti in opere coeve – e interni ad esso – le tracce di derivazione da altre opere, ma anche di eventi noti al pubblico, che l’autore può aver richiamato per attualizzare la vicenda, cioè per ottenere effetti di immediatezza e contemporaneità, dando a una vicenda “veronese” un intenso colore londinese, secondo la diffusa pratica dell’anacronismo. Nell’insieme, i dati raccolti con grande assiduità dai commentatori indicano il 1595 come l’anno più probabile per la prima stesura del dramma, pubblicata nell’in-quarto (Q1) nel 1597 – come An Excellent Conceited Tragedie of Romeo and Juliet – ma certamente già recitata con grande successo dalla compagnia di Shakespeare, in quegli anni intitolata prima al Lord Ciambellano, poi a Lord Hunsdon. Fu questo primo e largo consenso di pubblico a lanciare un libraio londinese nell’impresa di stampare un testo molto ridotto rispetto alle edizioni successive. Si è a lungo pensato a una pubblicazione piratesca – pratica allora piuttosto comune – o desunta dalla memoria di uno o più attori, o anche di spettatori addestrati a un simile esercizio. Per tali carenze Q1 è stato considerato mutilo (bad quarto) e trascurabile fino agli anni fra l’ultimo secolo e il nostro, quando nuove valutazioni sono state introdotte dalla critica, sulla base della maggiore attenzione per le esigenze della messinscena che sarebbe evidente nelle prime edizioni shakespeariane. In sostanza, più dei testi integrati e spesso riscritti venuti dopo, queste prime stesure “incomplete” sarebbero adatte alla recitazione, e quindi individuabili come entità drammaturgiche indipendenti e in sé compiute (vedi, fra gli altri, Orgel e Erne). Contribuiscono a questa tesi le didascalie e i suggerimenti di recitazione che sono presenti nei bad quartos – in Q1 specialmente numerosi e completi – oltre al fatto che le ulteriori edizioni contemporanee sono di solito troppo estese per il tempo di recitazione sancito una volta per tutte da Shakespeare stesso, 227
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proprio nel prologo a Romeo e Giulietta, come the two hours’ traffic of our stage, “le nostre due ore di trambusto sulla scena”, ciò che rendeva comunque necessarie delle versioni più agili. Molto più estesi sarebbero stati gli in-quarto che seguirono: nel 1599 è la volta di Q2, generalmente ritenuto derivazione diretta dal manoscritto dell’autore, e modello per tutte le stampe successive; Q3 nel 1609, Q 4 e l’in-folio (F) nel 1623; Q2 costituisce il testo-guida della nostra edizione, con Q1 come testo di verifica. Le fonti e i loro generi Shakespeare, è risaputo, pescava le sue trame nell’ampio mare della narrativa popolare d’Occidente, dalle più lontane origini ai suoi giorni, e non importava che queste vicende fossero già conosciute al pubblico, anzi: solo dalla piattaforma di una già raggiunta notorietà il suo genio di scrittore poteva raggiungere una dimensione mitica, cioè generalizzata ed esemplare, comprensibile e fruibile anche da quegli analfabeti colti che erano i suoi spettatori, colti perché immersi nella cultura orale di secoli dopo secoli. La vicenda di Romeo e Giulietta era ideale da questo punto di vista: motivi come l’innamoramento a prima vista, la separazione forzata degli amanti, il filtro che addormenta e non uccide, l’agente esterno ma autorevole che sovrintende all’azione erano presenti in molte leggende della mitologia e del folklore orientale ed europeo, incorporate in romanzi come Le Efesiache di Senofonte efesio, e contava analogie con le celebri storie di Ero e Leandro, di Piramo e Tisbe (che sta al centro, per così dire en abîme, del Sogno di una notte di mezza estate, una commedia coeva a Romeo e Giulietta), di Troilo e Criseide (quest’ultima storia memorabilmente trattata da Geoffrey Chaucer nel Trecento). Ma soprattutto la vicenda era stata codificata dai novellieri italiani dei secoli successivi e dai cento loro divulgatori, traduttori, imitatori europei. La prima occorrenza rinascimentale si trova nelle Cinquanta novelle di Masuccio Salernitano (Napoli 1476), dove i nomi dei protagonisti sono Mariotto e Giannozza; l’azione, tragica e molto lacrimevole, si svolge a Siena. La tappa successiva è costituita dalla Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti di Luigi Da Porto (Venezia 1530), dove l’azione si svolge a Verona, le famiglie nemiche sono i Montecchi e i Cappelletti, c’è un frate Lorenzo che sposa segretamente i due giovani innamorati, e la scena si popola dei loro coetanei, Marcuccio, Tebaldo e il Conte di 228
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Lodrone, cui Giulietta viene promessa contro la sua volontà. L’azione tragica è quella stessa che avrà luogo nel dramma shakespeariano, imperniata sul mancato scambio di informazioni fra Romeo, fuggiasco per aver ucciso Tebaldo, e Giulietta che assume la pozione soporifera per simulare una morte apparente, e alla fine si uccide trattenendo il respiro – un dettaglio che, se conosciuto, al Bardo sarebbe risultato indigesto, volendo lui implicare quella morte nel più intenso dei richiami vitali. Alcune variazioni su questo ceppo narrativo vedono la luce in Italia e in Francia nel decennio 1540-1550, finché Matteo Bandello non ne dilata le proporzioni nella seconda parte delle Novelle (1554). Qui il Conte di Lodrone si chiama Paris, si aggiungono la nutrice e il personaggio che Shakespeare chiamerà Benvolio, Marcuccio non compare nella zuffa in cui Romeo uccide Tebaldo, e alla notizia che Giulietta è morta Romeo tenta il suicidio con una spada, viene trattenuto dal servo Pietro, poi muore di veleno, seguito da lei che “ristretti in sé gli spirti, col suo Romeo in grembo, senza dir nulla se ne morì”. In Francia la traccia bandelliana viene ripresa da Pierre Boaistuau nelle Histoires Tragiques extraictes des oeuvres italiennes de Bandel (1559), che aggiunge il suicidio di Giulietta con il pugnale di Romeo. A Boaistuau si rifà la fonte immediata del drammaturgo, un poema di 3020 versi pubblicato nel 1562 da Arthur Brooke, con il titolo di The Tragicall Historye of Romeus and Juliet, written first in Italian by Bandell, ecc. La traduzione di Brooke era tipica dell’epoca elisabettiana – opportunamente definita dagli studiosi “età delle traduzioni” – che esigeva testi adattati alla ricezione locale, legata alla lettura pubblica e quindi veicolo insieme di istruzione e diletto, con il primo compito preminente sul secondo. Testi, quindi, che conservano tracce di oralità – evidenti nei dialoghi molto protratti, solenni e retoricamente elaborati – e introducono elementi edificanti spesso introvabili negli originali. Dal canto suo Brooke immette elementi poetici e moralistici tipici della tradizione inglese, fra cui le manifestazioni fisiche dell’innamoramento descritte in modo più crudo che nei testi continentali; il senso sacramentale del matrimonio, che solo legittima le gioie d’amore (sulle quali, peraltro, Bandello non aveva indugiato); la visione di un’Italia tutta vivacità e giovinezza e sensualità, un’Italia insomma quasi romantica, assente nei precedenti; e, più importante di tutte, la vera e propria dilatazione retorica dell’azione in dialogo, e del dialogo in sistema sovrano di comunicazione. Sarà proprio questo aspetto che 229
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Shakespeare porterà in primo piano nella versione drammatica, aggredendolo con un senso nuovo, più complesso e critico della storia che ha appena letto e che tiene davanti a sé mentre compone la sua tragedia, coinvolgendola in quella che appare prima di tutto una approfondita considerazione del suo mestiere di teatrante, e quindi dello scambio che riesce a instaurare con il pubblico: un senso che nella storia del teatro europeo solo Molière saprà eguagliare. Non si tratta di un adeguamento allo standard tragico, o di un allontanamento da esso (i generi in Shakespeare sono sempre ibridi). Si tratta invece di una riflessione del tutto originale sulla sostanza comunicativa del dramma. Romeo e Giulietta coinvolge così una millenaria tradizione narrativa in una nuova, organica visione della rappresentazione come problema complesso, i cui aspetti drammaturgici fanno corpo unico con gli aspetti poetici, performativi, e più generalmente conoscitivi della storia. La derivazione dalla novellistica italiana non è senza conseguenze per il canone shakespeariano: innovando rispetto alla pratica sperimentata nell’unica tragedia precedente, Tito Andronico (1592) e nei drammi storici, di derivare il materiale drammaturgico dalle storie dei potenti, e di collegarlo simbolicamente con le questioni del potere contemporaneo, qui l’autore ricava la sua trama da un genere di impronta moderna europea piuttosto che dalla storia classica o nazionale: sottrae cioè la tragedia all’ipoteca storico-politica, per investirla della problematica, ma soprattutto dell’alta espressività della tradizione lirica amorosa: non è un caso che in quegli anni egli stia scrivendo il Sogno. Ne nascono due drammi intensamente letterari, ricolmi di brani e composizioni poetiche quasi a sé stanti, che fissano storie già raccontate in cento modi e in cento lingue nella forma definitiva del mito tragico e del mito comico della modernità. La vicenda La “storia”, magistralmente disposta, si avvia nel segno della commedia – lo scambio di sconce minacce fra i servi delle due famiglie nemiche (I, 1), l’innamoramento svenevole di Romeo per Rosalina (I, 2), la discussione sul matrimonio in casa Capuleti (I, 3), la preparazione della festa, l’incontro fatale fra i due giovani protagonisti e l’insorgere di una passione vera e assoluta (I, 4-5), il loro colloquio notturno e clandestino (II, 1) e la celebrazione di uno sbrigativo matrimonio segreto da parte di Frate Lorenzo (II, 2-5) – ma prende una piega tragica con lo scontro fra i gio230
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vani seguaci delle due fazioni, il duello fra Tebaldo (di parte Capuleti) e Mercuzio (di parte Montecchi) e l’uccisione di quest’ultimo; cercando di fermarli Romeo ha intralciato l’azione dell’amico, che muore maledicendo le due famiglie. Romeo non si dà requie, e alla ricomparsa di Tebaldo ingaggia un duello con lui, uccidendolo a sua volta. Interviene il Principe di Verona, che bandisce Romeo (III, 1). Giulietta, che attendeva desiderosa la visita del marito, riceve dalla Balia la terribile notizia della morte del cugino Tebaldo, e dell’esilio comminato a Romeo. La ragazza cade in preda alla disperazione (III, 2), subito imitata da Romeo che si dispone al suicidio e viene riportato alla ragione da Frate Lorenzo in un concitato colloquio (III, 3). Nel frattempo il padre di Giulietta, all’oscuro dell’accaduto, prende l’impegno a celebrare di lì a poco il matrimonio della figlia con il conte Paride (III, 4). Quella stessa notte Romeo incontra l’amata in una memorabile scena d’amore e di separazione definitiva; sul far del giorno lei viene messa alle strette dal padre e gli resiste caparbiamente, essendo da lui ricoperta di gravissimi insulti (III, 5). Ricorrendo a Frate Lorenzo, riceve una proposta rischiosa: ingerire una pozione che la farà apparire morta, per poi farla rinvenire nel giro di alcune ore (IV, 1). Fervono i preparativi del matrimonio che sarà celebrato l’indomani (IV, 2); Giulietta si ritira nella sua stanza e, pur in preda a mille dubbi e timori, beve l’infausto farmaco (IV, 3). La mattina dopo viene scoperta senza vita apparente, nel dolore dei familiari e di Paride, privato della sposa nel giorno stesso delle nozze. I musici giunti per il rito inscenano un mesto intermezzo comico (IV, 4). Romeo, che si è rifugiato a Mantova, riceve la notizia che Giulietta è morta, si procura un veleno mortale e parte immediatamente per Verona (V, 1). Si viene intanto a sapere che il messo che avrebbe dovuto ragguagliarlo sul piano di Frate Lorenzo non ha potuto raggiungerlo per via dello scoppio un’epidemia (V, 2). Dunque, ignaro di tutto, Romeo arriva di notte al monumento tombale dei Capuleti, e vi trova Paride, venuto anche lui a rendere omaggio alla sposa mancata. Lo scontro è inevitabile, e Romeo ha la meglio. Scopre allora il corpo ancora addormentato di Giulietta, la crede morta e si uccide col veleno. A quel punto Giulietta si sveglia, capisce l’accaduto e si trafigge col pugnale del marito. Agli astanti non rimane che piangere la fine prematura dei due disgraziati amanti, dopo che Frate Lorenzo ha raccontato e si è pentito della sua escogitazione (V, 2).
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Prospettive critiche: un «amore nato dall’odio» Agli inizi la tragedia è stata vista come ammonimento contro la precipitazione nelle faccende sentimentali, come scontro fra il Fato e la volontà individuale, come asserzione della libertà moderna sulla repressione dei secoli oscuri. Il primo Novecento l’ha invece valutata da un punto di vista estetico come “immatura”: A.C. Bradley, capostipite di ogni lettura ispirata alla filosofia idealista, pensava che il suo “eroe” – Romeo, evidentemente – si misurasse “contro una forza esterna, ma non abbastanza con se stesso” (la critica femminista avrebbe poi provveduto a lavare l’onta di questa straordinaria rimozione dell’unico personaggio dotato di statura tragica, che è invece la donna). Nel periodo fra le due guerre l’ambientazione italiana, e ancora di più la celebrazione dell’amore “romantico” che era possibile scorgervi, procuravano a Romeo e Giulietta l’interesse di registi teatrali e cinematografici piuttosto che della critica accademica, impegnata dallo storicismo sul fronte della storia nazionale. Una ripresa più consistente si sarebbe registrata nel secondo dopoguerra, soprattutto sotto l’influenza della scienza linguistica, della teoria dei generi letterari e del rinnovato interesse per forme e regole di espressione come la retorica. Si vedeva nel dramma il trionfo dell’azione realisticamente concepita sulla disposizione metaforica (Colie), la tragedia della comunicazione mancata (Rutelli), una marca di confine fra tragedia e commedia (Snyder). Nuovi apporti metodologici venivano intanto dalla psicoanalisi e dall’antropologia, entrambe messe a frutto per ravvisare nella figura di Romeo il conflitto fra due concezioni del ruolo sociale del maschio, quella che impone l’esercizio della violenza a sostegno del padre e quella che incita alla separazione dal padre e all’unione sessuale con la donna (Kahn); in una variante di questo approccio, Romeo compariva impegnato in un rito di passaggio e di maturazione sessuale, poi ripreso e amplificato da Shakespeare in tutta la sua opera (Garber). Assai tempestivi venivano esempi di lettura semiologica e decostruttiva (secondo Derrida il dramma “deve tutto all’aforisma”), mentre le tesi femministe e neostoriche invadevano l’accademia americana, con l’identificazione di Romeo e Giulietta come testo privilegiato del femminismo (Gajowski), e sede di un confronto protratto fra ragioni dell’ortodossia e dell’eterodossia nella vita civile (Moisan). L’espressione più matura di queste tendenze si trova in chi scorge nel dramma il riconoscimento della centralità del desiderio, e il rovesciamento dell’opposizione tradizionale 232
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fra mente e corpo (Belsey); o in chi, ancora, individua nell’amore il nesso fra le due polarità del personale e del sociale, contro la mistificazione che vorrebbe distinguerli e opporli (Goldberg). Considerazioni più squisitamente letterarie e performative inquadrano il testo come metadramma fondato sull’ossimoro della “nominazione senza il nome” (Calderwood), palestra di linguaggi (Palfrey), Trauerspiel benjaminiano separato dal genere della tragedia (Grady), riproposizione dello scontro secolare fra Essenzialisti e Nominalisti (Maguire), e, sulle orme di Bachtin e Kristeva, illustrazione del problema del tempo nel genere romanzesco e in quello teatrale, che giunge a definire “una poetica dell’intempestività e dello smarrimento” (Heyworth), e del “tempo come parametro davvero essenziale dell’accadimento tragico” (Bigliazzi). Non manca poi un forte recupero delle circostanze storiche e materiali della composizione del dramma, per giungere a definire “la fondamentale eterodossia delle simpatie politiche di Shakespeare” (Fitter). Una parte delle interpretazioni cui abbiamo appena accennato, soprattutto le più lontane nel tempo, considerano il testo come un tutto unico, coerente, in sé sufficiente. A noi appaiono più importanti le incrinature e le aporie che ne agitano la superficie, e lo aprono all’instabile e al discontinuo. Vi si palesano continuamente contrasti che non trovano mai un punto fermo: ogni realizzazione non fa che ribaltarsi in una nuova mancanza e un nuovo squilibrio, cui solo il proseguimento dell’azione può rispondere, e solo la fine di tutto può concludere. L’amore resta il primo sentimento assoluto per importanza tematica, ma a condizionarlo sorgono potenti nemici, e sopra tutti il suo opposto, l’odio implacabile che avversa l’unione degli innamorati fino alla fine, ma anche fino a scoprirsi contiguo all’amore stesso: per Giulietta, Romeo diventa subito “il mio unico amore nato dal mio unico odio” (I, 5, 137); mentre è Romeo, avvertito da Giulietta del pericolo di incontrare i suoi familiari, a cementare tutte insieme le contiguità fra amore e odio, vita e morte, con uno dei suoi avventurosi esercizi retorici: “preferirei che la mia vita finisse per il loro odio, piuttosto che la mia morte continuasse per l’assenza del tuo amore” (II, 1, 119-120). Similmente, il senso della morte si insinua fin dall’inizio nel discorso spontaneo e vitale dell’innamoramento, e si ripresenta ogniqualvolta la passione si fa esigente: Giulietta, ancora ignara di chi sia il giovane da cui è stata affascinata, dice a se stessa: “se è spo233
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sato, la tomba mi farà da talamo nuziale” (I, 5, 133-134); Romeo, appena consapevole di quale sia il casato della ragazza, esclama: “La mia vita è in mano al nemico” (I, 5, 117); e alla fine del primo dialogo d’amore è ancora Giulietta a riprendere un’inquietante metafora: “ti ucciderei per troppo vezzeggiarti” (II, 1, 228). Per questi momenti Julia Kristeva ha parlato di “odio inconscio degli innamorati fra di loro”, e di una “passione sorretta dal suo contrario”, prodotti di “un’arte dell’ambiguità e del rovesciamento dei valori” (Storie d’amore, 1983). La stessa invocazione di Giulietta alla notte che all’inizio abbiamo citato in forma abbreviata non si esaurisce nell’espressione di un travolgente desiderio: essa va oltre, si riveste di metafore temporali e spaziali che accennano all’eterno e agli spazi infiniti, ed implica il sospirato amante in una fantasia cosmica, quasi un rito di perenne, astrale congiunzione: “Vieni, dolce notte; vieni amorosa notte dalle nere ciglia. Dammi il mio Romeo, e quando muoio prendilo e taglialo in tante piccole stelle…” (III, 2, 20-23). Giulietta aspira all’eternità dell’amore, spazia nelle immensità stellari, e subito le si presenta una visione di morte, fisicamente crudele ancorché idealmente esaltante: molti commentatori si sono interrogati su questo fascino del lutto che si manifesta prima ancora che l’amore ottenga soddisfazione, e hanno messo in relazione gli inizi con il finale tragico, in cui la morte ghermisce i due amanti – come se la loro sorte fosse già da subito decisa, come se il tempo dell’azione non potesse svolgersi e neanche esistere, riducendo le “nostre due ore di trambusto sulla scena” all’amara illusione creata dall’inganno del teatro; e in effetti il convergere di amore e morte, di inizio e fine viene ribadito lungo tutto il dramma. Ciò spiega come questo trovi nella notte i suoi punti culminanti e le sue immagini più memorabili, e come si svolga all’insegna del segreto, delle identità celate da una maschera. Solo sotto la protezione di una maschera, ignorando chi veramente sia l’altro, gli amanti si possono incontrare al ballo di casa Capuleti; solo parlando a se stessa, non sapendo che Romeo la sta ascoltando, Giulietta può confessare il suo amore; solo nascosto dal “mantello della notte” Romeo può assistere a questa confessione; solo clandestinamente i due amanti si possono sposare. Per lui come per lei il problema è quello di raggiungere la sostanza del sentimento evitando le forme – le convenzioni, le proibizioni, gli anatemi della famiglia. Giulietta: “vorrei davvero rispettare le forme, davvero, davvero vorrei negare quanto ho detto, ma addio cerimonie! Allora, mi ami?” (II, 1, 234
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130-132). La vita sta sempre al di fuori delle convenzioni, della stessa luce del giorno. Ad essere demolito per primo deve allora essere il nome, ricettacolo dell’identità convenzionale, e con essa dell’odio: il corpo desiderante cerca l’altro allontanandosi dagli altri, e non ha bisogno di nomi, di designazioni imposte dal protocollo sociale, anzi le deve tutte sfuggire. Nella scena da sempre più commentata Giulietta chiede a Romeo di rinunciare al proprio nome, cioè a quanto gli conferisce identità nell’ordine simbolico, ma lo separa da lei nel sentimento. Come aveva scritto non molti anni prima Michel de Montaigne, la cosa e il suo nome sono entità separate: è la cosa, la sostanza che conta, non il nome che arbitrariamente la nomina (“Della gloria”, in Essais, 1580). L’incursione in un arduo e millenario dibattito filosofico, fra realismo e nominalismo, interviene a sottolineare l’esclusione di qualsiasi alternativa: solo l’offuscamento del costume intellettuale e sociale che si basa sui nomi può liberare l’essenza affettiva di ciascuno. Ma la vera epitome del contrasto fra i codici della convivenza civile e le più segrete pulsioni individuali è Mercuzio, che quel contrasto sviluppa tutto sul livello dell’espressione, quasi ad insistere che questa, la quintessenza dell’arte teatrale, sia l’unico strumento a disposizione di un personaggio come lui, inventato, fittizio. Lui è l’esplosiva innovazione del dramma, è il gaudente che scende spavaldo dai quartieri alti per tuffarsi nei bassifondi, che mescola le cortesie aristocratiche con le oscenità della plebe, e l’evanescenza dei manierismi letterari con la materialità del gergo più sboccato, e il piacere della violenza con la più effervescente fantasia delle fiabe e del folclore: i suoi scambi con Romeo e con la Balia risplendono di inesauribile inventiva, lasciando loro e noi a bocca aperta con i giochi di parole, i doppi sensi licenziosi, il “rovesciamento dei valori” – di ogni valore che non sia la vita, che infatti Mercuzio perderà in questo rischioso esercizio. (Secondo John Dryden, Shakespeare stesso avrebbe detto di “essere stato obbligato a uccidere Mercuzio nel terzo atto, per non essere ucciso da lui”). Mercuzio è il primo a indossare una maschera: “datemi una maschera da applicarci la faccia, una maschera sulla maschera!” – e infila qui un doppio senso osceno di cui solo il candore di una nota potrà farsi carico (I, 4, 29-30); ed è l’unico a canzonare le convenzioni d’amore cui Romeo – prima di innamorarsi davvero – appare devoto, e a sbertucciare la mitologia dell’eros con frasi cariche di 235
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polisensi oscuri a noi ma chiarissimi ai contemporanei (II, 1, 74-77, 8091, 95-99), che orientano gli esegeti d’oggi a rifiutare l’interpretazione “normale” dell’intera vicenda, per rilevarne gli aspetti più scabrosi, ora definiti “omosociali” (Goldberg). È dunque prova di profonda giustizia e verità poetica che proprio a Mercuzio sia affidata l’evocazione di una figura onirica insieme affascinante e perturbante, Mab la “levatrice delle fate…” (I, 4, 55 sgg.): il misterioso, magico lascito del folclore celtico viene convertito in icona di un desiderio proibito in società, e perciò continuamente impegnato a celarsi per reinventarsi, riproporsi, estremizzarsi, in un intenso e parodico andirivieni fra il mondo dei sogni e la veglia crudele. Questa strepitosa invenzione proietta Mercuzio – insieme Queen, “regina” e Quean, “prostituta” – nel grande ruolo della marginalità camp, come bene hanno individuato alcuni registi teatrali e cinematografici contemporanei, fra cui spetta il primo posto a Baz Luhrmann che in quella parte ha accumulato tutti i concepibili tratti dell’alterità, facendone un nero, transgender, travestito, drag queen rutilante di gioielli, che domina un rave party nel caos di “Verona Beach”. Ma tutti i personaggi posseggono una caratterizzazione polivalente: la Balia alterna sollecitudine materna a maliziosa impertinenza, il Frate è sospeso fra moralistica severità e complice condiscendenza, lui e lo Speziale sanno che la natura e le sue erbe servono tanto a curare quanto a uccidere: tutto il mondo sembra libero di sdoppiarsi e di rovesciarsi nel proprio contrario, di dare pieno sfogo alle figure retoriche dell’ossimoro, del paradosso, del trucco verbale, del qui pro quo, dominanti più che in qualsiasi altro dramma shakespeariano, compresi grandi tours de force come Pene d’amore perdute. È lo stesso processo di significazione ad essere messo in forse, spiazzando i personaggi alla ricerca di percezioni chiare, sicure. E sono ancora i protagonisti a dare corpo a immagini che pur sotto il segno del segreto acquistano contorni e colori netti, privi di sfumature e mediazioni, come nell’insistita opposizione fra luce e ombra (II, 1, 147-148 e III, 2, 17-19). È l’impressione dei forti contrasti che dominano il dramma a rendere futile e inconcludente l’accordo che si affaccia alla fine, fra le famiglie finalmente disposte a riconciliarsi nel comune lutto per i propri ragazzi (V, 3). Raramente considerato come un convincente esito catartico, questo finale palesa l’inefficacia di ogni compromesso e riparazione di fronte alla irresistibile forza del desiderio, 236
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e alla sua intransigenza. Quando il vecchio Montecchi promette di erigere a Giulietta una statua “in oro puro” (V, 3, 299), non possiamo non accorgerci della beffa che quell’accenno alla purezza comporta, né che si tratta di un ennesimo ossimoro: l’oro in Shakespeare è sempre simbolo del negoziato mercantile, ben lontano dall’assolutezza dei sentimenti emersi nella tragedia. La fortuna sulle scene e sullo schermo Com’è implicito in quanto detto finora, questa “storia”, come le altre “storie” del suo genere, si realizza pienamente nella disposizione mentale di chi vi assiste, e nel momento culturale in cui viene realizzata, più che nelle varie età in cui è stata ideata e composta; a favorire questa disponibilità sono i sentimenti fondamentali su cui è costruita. Il suo enorme richiamo non è tanto un affare di lettori e studiosi, quanto del grande pubblico di quattro secoli di rappresentazioni nei teatri dei cinque continenti. Romeo e Giulietta è stato concepito nel teatro e per il teatro, e nel teatro continua a esercitare trionfalmente le sue suggestioni, ma altri mezzi di comunicazione se ne sono trionfalmente impadroniti sulla scena della modernità, primo fra tutti il film ma anche l’opera lirica, il concerto sinfonico, il musical, il balletto, la serie televisiva, il racconto sentimentale, la parodia e il romanzo rosa, persino la musica pop, che da questa tragedia sono riusciti a ricavare prodotti di eccellenza, capaci di ridare respiro a un favore secolare attraverso scelte registiche e tecnologie del tutto innovative. Sorvoliamo appena sulle manipolazioni e gli orribili rifacimenti che il dramma ha patito dalla Restaurazione in poi, fino, possiamo dire, a Novecento inoltrato. Basterà l’esempio di Thomas Otway, autore in proprio di drammi non indegni, che innestò la vicenda di Romeo e Giulietta sul tronco della Vita di Mario narrata da Plutarco, in un Caius Marius (1679) rimasto per una sessantina d’anni l’unica sopravvivenza della storia e di qualche battuta del testo originale. Dalla metà del Settecento, invece, Romeo e Giulietta ritornò sulle scene – peraltro molto tagliato e spesso ancora “adattato” – per opera di attori e registi come Theophilus Cibber e David Garrick, gestori di teatri londinesi come il Little Haymarket e il Drury Lane, presto con la concorrenza del Covent Garden di Spranger Barry. Il testo di Garrick venne adottato da John Philip Kemble all’inizio dell’Ottocento, in una forma “depurata” di ogni possibile sottinteso 237
ROMEO E GIULIETTA
moralmente dubbio – ovvero della parte più sapida del copione, con grave danno per la vivacità della recitazione: non a caso il ruolo di Romeo diventò una trappola per più di un attore prestigioso, Kemble e Edmund Kean fra tutti. E va notato come all’inadeguatezza dei mattatori rispondesse il grande consenso di pubblico e di critica ottenuto da due donne, le sorelle americane Charlotte e Susan Cushman, che in una memorabile tournée nel 1845 si divisero i due ruoli principali, ritornando a una forma quasi integrale del testo. Il secondo Ottocento si caratterizza per nuove ambientazioni di impegno antiquario, con ricostruzioni di strade e piazze “veronesi” (e “veneziane” per il Mercante o “viennesi” per Misura per misura, o “egiziane” per Antonio e Cleopatra, tutte peraltro ancora ciclicamente in auge) desunte da dipinti di epoche e ambienti appena rivisitati dalla pittura preraffaellita e poi colonialista. Ma è nel passaggio dall’Otto al Novecento che si registra la svolta moderna della scenografia shakespeariana, grazie alle teorie di William Poel e Harley Granville-Barker, decisi a dare un’idea non della Verona medievale ma dell’ambiente scenico elisabettiano. Infinite, perché soggettivamente determinate, sono le direttive e le varianti della grande ripresa novecentesca della tragedia: se si ricerca fra tutte un carattere unico, questo non può che essere l’ascesa del regista non solo come libero interprete, ma anche come colui che attualizza un testo che si vuole elastico, cioè adattabile a esigenze sempre nuove perché orientate sui mutevoli gusti del pubblico. È l’atteggiamento che porta a scoprire uno Shakespeare nostro contemporaneo, come recita il titolo di un fortunato volume del regista (appunto!) polacco Jan Kott (1960). E questa “contemporaneità” si compendia in gesti intellettuali ed estetici clamorosi, che si pretendono nuovi ad ogni passo. Se in clima neoclassico il grembo shakespeariano veniva fecondato con le vite dei condottieri romani in funzione esplicitamente politica, in clima modernista e poi postmodernista ecco intervenire, non sempre dichiarandosi e spesso sovrapponendosi, le formule e soprattutto le immagini ispirate dalle grandi correnti culturali, dal materialismo all’esistenzialismo, dal neorealismo al formalismo allo strutturalismo al post-strutturalismo, dalla psicoanalisi al femminismo alla decostruzione ecc., con la prospettiva politica mai lontana dalla realizzazione scenica. Sarebbe impossibile elencare ora tutte le produzioni considerate cruciali nel secolo passato e nel nuovo. Divenne un modello di recitazione 238
NOTA INTRODUTTIVA
sciolta e aperta a mille malizie, in una scena ricalcata su quella elisabettiana, l’allestimento del 1935 diretto da John Gielgud, in cui il regista stesso si alternava con Laurence Olivier nei ruoli di Romeo e Mercuzio, mentre Giulietta era affidata alla grande Peggy Ashcroft; con Peter Brook nel 1947 si entrava invece in una fase di intenso sperimentalismo: suo scopo era far sì che il pubblico sentisse di entrare “in un teatro sconosciuto, in una città sconosciuta, per un’esperienza del tutto nuova,” lasciandosi “contagiare dall’entusiasmo dell’autore.” Avrebbero contribuito a questo effetto non solo la recitazione degli attori, ma anche le risorse che il regista andava mutuando da domini vicini al teatro, dal cinema al balletto all’esercizio ginnico all’acrobatismo circense. La sua “parafrasi visiva” prendeva il sopravvento sulla semplice filologia del testo. Altre forme d’arte erano ormai a disposizione dell’ormai mitica storia dell’amore “sotto una cattiva stella”: nel 1957 vennero prodotti il musical e il film (premiato con dieci Oscar!) West Side Story, musicato da Leonard Bernstein, in cui due bande di giovinastri latino-americani, i Jets e gli Sharks, prendono il posto di Capuleti e Montecchi. Né la gara delle novità si fermò lì: nel 1960 Franco Zeffirelli avviò nell’Old Vic di Londra la fase che potremmo chiamare “adolescenziale” della tragedia – affari di ragazzi, dizione “spontanea” degli attori, ritmo incalzante, enfasi sugli scontri fisici, risalto del colore e dei costumi dell’Italia medievale – stabilendo un precedente per tutti i registi successivi, e trasferendo quella regìa in un film (1968) che mise a segno un grande successo commerciale. Decisamente postmoderna la produzione parigina di Daniel Mesguich del 1985, che ispirò il saggio di Jacques Derrida, Romeo and Juliet, ‘L’aphorisme à contretemps’, molto influente sulla critica: la scena, occupata dagli scaffali di una enorme e labirintica biblioteca, si riempiva di citazioni letterarie, di reminiscenze di amori tristi e sfortunati, di immagini tratte da Shakespeare stesso, da Cechov, da Pirandello; nel finale i due innamorati ormai morti venivano accompagnati fuori scena dai fantasmi dei loro successori, per essere accolti nel grande mito letterario degli amori sfortunati. Nell’anno successivo, una modernità tutta kitsch e stravaganza caratterizzava la scenografia di Michael Bogdanov per la Royal Shakespeare Company, con tanto di Alfa Romeo ultimo grido e sfoggio di riccastri “italiani” in doppio petto e panama bianchi (esemplati su un ceto ahimè diventato politico di lì a 239
ROMEO E GIULIETTA
poco), e Romeo che moriva di overdose e Giulietta gemente perché non glie ne aveva lasciato neanche un po’ nella siringa, e le note del finale del poema musicale Romeo e Giulietta di Hector Berlioz che si confondevano con un terminale rombo di motorini, il marchio di esportazione della città italiana. Similmente, si sarebbero dedicati alle suggestioni della cronaca politica registi come l’australiano Aubrey Mellor, che nel 1993 ambientava la tragedia nella Bosnia di quegli anni, con le lotte spietate fra cristiani e islamici. Si trattava del risucchio delle opere del passato nell’imponente e tutto nuovo fenomeno delle mode stagionali, che toccava il problema della messinscena più che dell’interpretazione del testo. A questo secondo compito si dedicavano critici e registi intenti ad assecondare le nuove sensibilità sulla questione dell’erotismo giovanile, ed ecco presentarsi il sentimento dell’amicizia e dell’amore omosessuale, grazie all’incontenibile e polivalente figura di Mercuzio e dei suoi scambi con Romeo. Un accenno in questo senso era già percepibile nella lettura di Zeffirelli, subito ripresa nel 1973 dall’emergente Terry Hands a Stratford, e da Michel Boyd ancora per la Royal Shakespeare Company nel 2000: in quest’ultima produzione Mercuzio rimaneva addirittura in scena dopo la morte, come presenza fantasmatica e malevola pronta a contendere a Giulietta l’amore del suo uomo. In una non diversa prospettiva si poneva infine Joe Calarco nel 1998, immaginando la tragedia recitata – e restava indefinito quanto vissuta – da un quartetto di studenti maschi in una scuola cattolica molto repressiva, per rispondere alla dichiarata ambizione del regista, di fornire uno scabroso “dramma del proibito”. Molte di queste fila confluivano nel film di Baz Luhrmann William Shakespeare’s Romeo + Juliet (1996), di cui è importante segnalare ancora l’intensa ricerca di contemporaneità: “Verona Beach”, diventa uno sfolgorante eppure dimesso “non luogo” latino-americano zeppo di insegne vagamente shakespeariane, le famiglie rivali hanno inequivocabili stigmate mafiose, gli interpreti Di Caprio e Danes sono già idoli degli adolescenti di osservanza hollywoodiana, le bande dei ragazzi armati fino ai denti scorazzano su coloratissimi macchinoni, la devozione religiosa viene insistita in ogni addobbo, ogni possibile esteriorità, una chiesa fornisce uno sfondo sfavillante (e palingenetico?) alla morte degli amanti, si diffondono citazioni da altri film popolari, e infine Mercuzio, l’attore Harold Perrineau, viene chiamato a confondere magnificamen240
NOTA INTRODUTTIVA
te Queen Mab con una drag queen regina delle prostitute: un Lindsey Kemp nero e vigoroso, la trovata più innovativa del film. Più “Shakespeare nostro contemporaneo” di così… FRANCO MARENCO
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241
ROMEO E GIULIETTA
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NOTA INTRODUTTIVA
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243
THE MOST EXCELLENT AND LAMENTABLE TRAGEDY OF ROMEO AND JULIET THE PERSONS OF THE PLAY CHORUS ROMEO MONTAGUE, his father MONTAGUE’S WIFE BENVOLIO, Montague’s nephew ABRAHAM, Montague’s servingman BALTHASAR, Romeo’s man JULIET CAPULET, her father CAPULET’S WIFE TYBALT, her nephew His page PETRUCCIO CAPULET’S COUSIN Juliet’s NURSE
}
PETER servingman of Capulets SAMSON GREGORY Other SERVINGMEN MUSICIANS Escalus, PRINCE of Verona MERCUTIO his kinsmen County PARIS PAGE to Paris
}
FRIAR LAURENCE FRIAR JOHN An APOTHECARY CHIEF WATCHMAN Other CITIZENS OF THE WATCH Masquers, guests, gentlewomen, followers of the Montague and Capulet factions
SIGLE Q1: l’in-quarto del 1597, redatto da attori, ricostruito in parte a memoria, con probabili interpolazioni di un altro autore, Henry Chettle, ma con utili indicazioni riguardo alla messinscena; venne pubblicato senza autorizzazione; Q2: l’in-quarto del 1599, probabilmente la “brutta copia” stesa dall’autore, spesso male decifrata dai compositori; Q3: l’in-quarto del 1609, derivato da Q2; Q4: l’in-quarto del 1623; F: l’in-folio del 1623, derivato da Q3. Q2 è il testo-guida di questa edizione, che segue però Q1 da I, 2, 51 a I, 3, 36. Il principale testo di confronto resta Q1, emendato e ampliato in Q2, e ulteriormente emendato in F, meno autorevole. Segnaliamo in nota solo varianti con significati alternativi. Non segnaliamo invece i numerosi passi assenti in Q1 e nelle altre edizioni, le didascalie comunque più volte rivedute, né le congetture di curatori successivi e ora superate.
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L’ECCELLENTE E LACRIMEVOLE TRAGEDIA DI ROMEO E GIULIETTA PERSONAGGI IL CORO ROMEO MONTECCHI, suo padre DONNA MONTECCHI BENVOLIO, nipote di Montecchi ABRAMO, servo di Montecchi BALDASSARRE, servo di Romeo GIULIETTA CAPULETI, suo padre DONNA CAPULETI TEBALDO, suo nipote PAGGIO di Tebaldo PETRUCCIO CUGINO di CAPULETI BALIA di Giulietta
PIETRO SANSONE GREGORIO Altri SERVI MUSICI
}
servi dei Capuleti
Escalo, PRINCIPE di Verona MERCUZIO parenti di Escalo Il Conte PARIDE PAGGIO di Paride
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FRATE LORENZO FRATE GIOVANNI Uno SPEZIALE CAPO DELLA RONDA Altri CITTADINI DELLA RONDA Maschere, ospiti, gentildonne, seguaci delle fazioni dei Montecchi e dei Capuleti
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ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
Prologue
Enter Chorus
CHORUS
Two households, both alike in dignity In fair Verona, where we lay our scene, From ancient grudge break to new mutiny, Where civil blood makes civil hands unclean. From forth the fatal loins of these two foes A pair of star-crossed lovers take their life, Whose misadventured piteous overthrows Doth with their death bury their parents’ strife. The fearful passage of their death-marked love And the continuance of their parents’ rage – Which but their children’s end, naught could remove – Is now the two-hours’ traffic of our stage; The which if you with patient ears attend, What here shall miss, our toil shall strive to mend.
5
10
Exit 1.1
Enter Samson and Gregory, of the house of Capulet, with swords and bucklers
SAMSON Gregory, on my word, we’ll not carry coals. GREGORY No, for then we should be colliers. SAMSON I mean an we be in choler, we’ll draw. GREGORY Ay, while you live, draw your neck out of collar. SAMSON I strike quickly, being moved. GREGORY But thou art not quickly moved to strike. SAMSON A dog of the house of Montague moves me. GREGORY To move is to stir, and to be valiant is to stand,
therefore if thou art moved, thou runn’st away.
246
5
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
Prologo1
Entra il coro2
CORO
La scena è collocata nella bella città di Verona, dove due casati, l’uno pari all’altro in dignità, mossi da antica rivalità tornano a provocare disordini sporcando di sangue civile le mani di civili cittadini. Dai lombi fatali di queste famiglie trae vita una coppia di amanti nati sotto avversa stella, le cui sventurate, pietose disgrazie pongono termine con la morte al conflitto fra i loro congiunti. Il minaccioso dispiegarsi di un amore segnato dalla morte, e la protratta faida fra i genitori – che nulla poteva cancellare, se non la fine dei loro figli – animerà le nostre due ore di trambusto sulla scena3. Ascoltate con pazienza: ciò che troverete manchevole, noi ci sforzeremo di correggere. Esce il coro I, 14
Entrano Sansone e Gregorio, della casa dei Capuleti, con spade e rotelle5
SANSONE
Gregorio, non ingoieremo rospi noi6, parola mia. GREGORIO
Giusto, mica siamo magnarane. SANSONE
Voglio dire che se ci arrabbiamo, tiriamo fuori la spada. GREGORIO
Già, finché sei vivo, sputa fuori il rospo. SANSONE
… E non ci metto niente, se mi salta la mosca al naso. GREGORIO
… Ma quella non ti viene così in fretta da smuoverti … SANSONE
C’è un cane dei Montecchi che me la fa venire. GREGORIO
Se ti eccita la mosca al naso, e ti si impenna il coraggio7 , ecco che poi te la dai a gambe.
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ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
SAMSON A dog of that house shall move me to stand. I
will take the wall of any man or maid of Montague’s. GREGORY That shows thee a weak slave, for the weakest goes to the wall. SAMSON ’Tis true, and therefore women, being the weaker vessels, are ever thrust to the wall; therefore I will push Montague’s men from the wall, and thrust his maids to the wall. GREGORY The quarrel is between our masters and us their men. SAMSON ’Tis all one. I will show myself a tyrant: when I have fought with the men I will be civil with the maids – I will cut off their heads. GREGORY The heads of the maids? SAMSON Ay, the heads of the maids, or their maidenheads, take it in what sense thou wilt. GREGORY They must take it in sense that feel it. SAMSON Me they shall feel while I am able to stand, and ’tis known I am a pretty piece of flesh. GREGORY ’Tis well thou art not fish. If thou hadst, thou hadst been poor-John.
13
19
25
30
Enter Abraham and another servingman of the Montagues Draw thy tool. Here comes of the house of Montagues. SAMSON My naked weapon is out. Quarrel, I will back thee. GREGORY How – turn thy back and run? SAMSON Fear me not. GREGORY No, marry – I fear thee!
21. Civil: in Q4 cruel = “crudele”. 25. In what sense thou wilt: così in Q1; in Q2 what sense thou wilt. 31. Of the…: così in Q2; in Q1 two of the = “due dei…”. 248
35
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
SANSONE
Quel cane mi eccita finché non mi si impenna. Contro qualunque dei Montecchi, uomo o donna che sia, io sempre in guardia sto8. GREGORIO
Così ti fai vedere ammosciato: sono i più ammosciati a voler stare in guardia. SANSONE
È vero: è per questo che le donne, vasi di coccio9, sono sempre messe spalle al muro; così io sguarnirò la guardia dei Montecchi, per mettere le loro donzelle spalle al muro. GREGORIO
Ma a litigare sono gli uomini, i padroni, e noi con loro. SANSONE
È tutto lo stesso: ora faccio il tiranno, e quando mi sarò azzuffato con gli uomini farò il galante con le donne – gli farò la festa10. GREGORIO
La festa alle donne? SANSONE
Sì, la festa alle donne, alla loro integrità: prendila nel senso che vuoi. GREGORIO
Sono loro che lo devono prendere, nel senso che lo devono sentire. SANSONE
Me mi sentono finché tengo duro. Si sa, sono un bel pezzo di carne. GREGORIO
Ti va bene di non essere pesce. Se lo fossi, saresti un bel baccalà11. Entrano Abramo e un altro servo dei Montecchi Tira fuori il tuo attrezzo. Ecco qualcuno dei Montecchi. SANSONE
L’ho già bello sguainato12. Provocali, io ti dò una mano. GREGORIO
Come, voltando le spalle e dandotela a gambe? SANSONE
Non aver paura! GREGORIO
No perbacco e – Mi fai paura tu! 249
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
SAMSON Let us take the law of our side. Let them begin. GREGORY I will frown as I pass by, and let them take it
as they list. SAMSON Nay, as they dare. I will bite my thumb at them, which is disgrace to them if they bear it.
41
He bites his thumb ABRAHAM Do you bite your thumb at us, sir? SAMSON I do bite my thumb, sir. ABRAHAM Do you bite your thumb at us, sir? SAMSON (to Gregory) Is the law of our side if I say ‘Ay’? GREGORY No.
46
SAMSON (to Abraham) No, sir, I do not bite my thumb at
you, sir, but I bite my thumb, sir. GREGORY (to Abraham) Do you quarrel, sir? ABRAHAM Quarrel, sir? No, sir. SAMSON But if you do, sir, I am for you. I serve as good a man as you. ABRAHAM No better. SAMSON Well, sir.
50
Enter Benvolio GREGORY Say ‘better’. Here comes one of my master’s
kinsmen.
37. Side: in Q2 sides. 41. Disgrace: così in Q1 e Q2; in Q3 a disgrace. 45. Of: così in Q2; in Q1 on. 250
56
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
SANSONE
Teniamoci dalla parte della legge. Fai cominciare loro. GREGORIO
Aggrotterò la fronte passandogli accanto, la prendano come vogliono. SANSONE
La prendono secondo il coraggio che hanno. Io mi mordo il pollice13, e se non reagiscono, per loro è una bella vergogna. Si morde il pollice ABRAMO
È a noi che vi mordete il pollice, signore? SANSONE
Sì, mi mordo il pollice, signore. ABRAMO
È a noi che vi mordete il pollice, signore? SANSONE (a Gregorio)
La legge è dalla nostra parte se dico “sì”? GREGORIO
No. SANSONE (a Abramo)
Nossignore, non è per voi che mi mordo il pollice, signore, ma mi mordo il pollice. GREGORIO (a Abramo) Volete attaccar briga, signore? ABRAMO
Attaccar briga? Nossignore. SANSONE
Perché se volete, signore, eccomi a voi. Seguo un uomo che vale quanto il vostro. ABRAMO
Non migliore, però. SANSONE
Bene. Signore. Entra Benvolio14 GREGORIO
Dì che è migliore, arriva uno della famiglia del padrone. 251
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
SAMSON (to Abraham) Yes, better, sir. ABRAHAM You lie. SAMSON Draw, if you be men. Gregory, remember thy
washing blow.
60
They draw and fight BENVOLIO (drawing) Part, fools. Put up your swords. You
know not what you do. Enter Tybalt TYBALT (drawing)
What, art thou drawn among these heartless hinds? Turn thee, Benvolio. Look upon thy death. BENVOLIO
I do but keep the peace. Put up thy sword, Or manage it to part these men with me.
65
TYBALT
What, drawn and talk of peace? I hate the word As I hate hell, all Montagues, and thee. Have at thee, coward. They fight. Enter three or four Citizens [of the Watch], with clubs or partisans [CITIZENS OF THE WATCH]
Clubs, bills and partisans! Strike! Beat them down! Down with the Capulets. Down with the Montagues.
70
Enter Capulet in his gown, and his Wife CAPULET
What noise is this? Give me my long sword, ho! CAPULET’S WIFE
A crutch, a crutch – why call you for a sword? Enter Montague [with his sword drawn], and his Wife CAPULET
My sword, I say. Old Montague is come, And flourishes his blade in spite of me.
252
75
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
SANSONE (a Abramo)
E invece sì, è migliore, signore. ABRAMO
Tu menti. SANSONE
In guardia, se siete uomini. Gregorio, mi raccomando, la tua botta ammazzasette15. Sguainano le spade e combattono BENVOLIO (sguaina la spada)
Separatevi, imbecilli! Rinfoderate le spade. Non sapete quel che fate! Entra Tebaldo TEBALDO (sguaina la spada)
Allora, con la spada fuori, in mezzo a queste cerbiatte smarrite16? Voltati Benvolio, e guarda in faccia la tua fine. BENVOLIO
Metto solo pace. Riponi la spada, o usala per dividere questi uomini come faccio io. TEBALDO
Come, stai in guardia e parli di pace? Odio la parola come odio l’inferno, tutti i Montecchi e te. Prendi questa, codardo. Combattono. Entrano tre o quattro cittadini [della ronda] con mazze e lance [CITTADINI DELLA RONDA]
Dalli con le mazze, picche e lance! Bastonateli, dategli una lezione! Basta Capuleti, basta Montecchi! Entra il vecchio Capuleti in paladrana17, con la moglie CAPULETI
Che gazzarra è questa? Ehi, a me lo spadone! DONNA CAPULETI
Una stampella piuttosto, altro che una spada! Entra [spada in mano] il vecchio Montecchi con la moglie CAPULETI
La spada, dico! C’è il vecchio Montecchi che mi volteggia la lama in faccia! 253
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
MONTAGUE
Thou villain Capulet! [His Wife holds him back] Hold me not, let me go. MONTAGUE’S WIFE
Thou shalt not stir one foot to seek a foe. [The Citizens of the watch attempt to part the factions.] Enter Prince Escalus with his train PRINCE
Rebellious subjects, enemies to peace, Profaners of this neighbour-stainèd steel – Will they not hear? What ho, you men, you beasts, That quench the fire of your pernicious rage With purple fountains issuing from your veins: On pain of torture, from those bloody hands Throw your mistempered weapons to the ground, And hear the sentence of your movèd Prince.
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[Montague, Capulet, and their followers throw down their weapons] Three civil brawls bred of an airy word By thee, old Capulet, and Montague, Have thrice disturbed the quiet of our streets And made Verona’s ancient citizens Cast by their grave-beseeming ornaments To wield old partisans in hands as old, Cankered with peace, to part your cankered hate. If ever you disturb our streets again Your lives shall pay the forfeit of the peace. For this time all the rest depart away. You, Capulet, shall go along with me; And Montague, come you this afternoon
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
MONTECCHI
Tu, miserabile Capuleti! [La moglie lo trattiene] Non mi tenete, lasciatemi andare! DONNA MONTECCHI
Non muovi un passo se cerchi rogne. [I cittadini della ronda cercano di separare le fazioni.] Entra il principe Escalo18 col suo seguito PRINCIPE
Sudditi ribelli, nemici della pace, profanatori di questo acciaio macchiato dal sangue del prossimo – perché non ascoltano? Ehi voi, voi uomini, voi bestie, che spegnete il fuoco della vostra rabbia malefica con le purpuree fontane che sgorgano dalle vostre vene! Pena la tortura, da quelle mani insanguinate gettate a terra quelle armi temprate per nuocere, e ascoltate la sentenza del vostro principe furente. [Montecchi, Capuleti e il loro seguito depongono le armi] Tre disordini civili generati da una tua vana parola, vecchio Capuleti, e dalla tua, Montecchi, hanno per tre volte disturbato la quiete delle nostre strade, e indotto i cittadini anziani a smettere i loro più dignitosi abbigliamenti, per impugnare con vecchie mani armi altrettanto vecchie, che hanno perso il filo a causa della pace – e tutto per sedare l’odio che ha fatto perdere il filo a voi. Se mai disturberete ancora le nostre strade, pagherete con la vita la rivalsa della pace. Per questa volta tutti gli altri se ne vadano. Voi Capuleti venite con me; i Montecchi sono attesi questo pomeriggio
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ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
To know our farther pleasure in this case To old Freetown, our common judgement-place. Once more, on pain of death, all men depart.
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Exeunt all but Montague, his Wife, and Benvolio MONTAGUE
Who set this ancient quarrel new abroach? Speak, nephew: were you by when it began? BENVOLIO
Here were the servants of your adversary And yours, close fighting ere I did approach. I drew to part them. In the instant came The fiery Tybalt with his sword prepared, Which, as he breathed defiance to my ears, He swung about his head and cut the winds Who, nothing hurt withal, hissed him in scorn. While we were interchanging thrusts and blows, Came more and more, and fought on part and part Till the Prince came, who parted either part.
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MONTAGUE’S WIFE
O where is Romeo – saw you him today? Right glad I am he was not at this fray. BENVOLIO
Madam, an hour before the worshipped sun Peered forth the golden window of the east, A troubled mind drive me to walk abroad, Where, underneath the grove of sycamore That westward rooteth from this city side, So early walking did I see your son. Towards him I made, but he was ware of me, And stole into the covert of the wood. I, measuring his affections by my own –
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117. Drive me: così in Q2; in Q1 drew me = “mi trasse”. 119. This city: così in Q2; in Q1 the city’s; in emend. tardi the city e this city’s. 256
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
nella residenza di Villafranca19, nostra sede ordinaria di giudizio, per conoscere ciò che riserviamo loro. Ancora una volta, pena la morte, se ne vadano tutti. Escono tutti eccetto Montecchi, la moglie e Benvolio MONTECCHI
Chi ha riattizzato questa vecchia disputa? Parla, nipote: eri presente quando è incominciata? BENVOLIO
I servi del vostro rivale erano qui che si azzuffavano con i vostri, prima che arrivassi io. Ho dato mano alla spada per dividerli. In quel momento arriva il focoso Tebaldo con la spada sguainata, la rotea sopra la testa e mi soffia parole di sfida nelle orecchie, tagliando i venti che, per nulla impressionati, gli fischiano intorno, irridendolo20. Mentre noi ci scambiamo colpi e affondi giungono altri ed altri ancora, a battersi da una parte e dall’altra, finché non arriva il principe a dividerci. DONNA MONTECCHI
Oh dov’è Romeo? L’hai visto oggi? Sono ben contenta che non fosse in questa mischia. BENVOLIO21
Signora, un’ora prima che il sole venerato si affacciasse alla dorata finestra dell’oriente, la mia mente inquieta mi spinse ad uscire, e nel boschetto di sicomori 22 che sorge a occidente della città vidi vostro figlio passeggiare così di buon’ora. Mossi verso di lui, ma lui mi scorse e cercò l’ombra degli alberi. Io, paragonando i suoi turbamenti ai miei – di me da tutti cercato dove nessuno poteva
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ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
Which then most sought where most might not be found, Being one too many by my weary self – Pursued my humour not pursuing his, And gladly shunned who gladly fled from me.
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MONTAGUE
Many a morning hath he there been seen, With tears augmenting the fresh morning’s dew, Adding to clouds more clouds with his deep sighs. But all so soon as the all-cheering sun Should in the farthest east begin to draw The shady curtains from Aurora’s bed, Away from light steals home my heavy son, And private in his chamber pens himself, Shuts up his windows, locks fair daylight out, And makes himself an artificial night. Black and portentous must this humour prove, Unless good counsel may the cause remove.
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135
BENVOLIO
My noble uncle, do you know the cause?
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MONTAGUE
I neither know it nor can learn of him. BENVOLIO
Have you importuned him by any means? MONTAGUE
Both by myself and many other friends, But he, his own affection’s counsellor, Is to himself – I will not say how true, But to himself so secret and so close, So far from sounding and discovery, As is the bud bit with an envious worm Ere he can spread his sweet leaves to the air Or dedicate his beauty to the sun. Could we but learn from whence his sorrows grow We would as willingly give cure as know. 150. Sun: emend. tardo; in Q2 same = “la stessa [aria]”. 258
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
trovarmi, essendo io già di troppo a me stesso – continuai nel mio raccoglimento senza più cercarlo, e fui contento di lasciare solo chi era contento di evitarmi. MONTECCHI
Molte mattine è stato visto là, ad aumentare con le lacrime la fresca rugiada del mattino, e aggiungere nuvole alle nuvole con profondi sospiri. E non appena il sole che tutto rallegra comincia nel più lontano oriente a sollevare gli ombrosi tendaggi dal letto di Aurora 23, ecco che il mio mesto figlio fugge la luce e corre in casa, e tutto solo si chiude nella sua stanza, spranga le finestre, scaccia la bella luce del giorno e si affida tutto a una notte artificiale. Nero e funesto sarà questo suo umore24, se un buon consiglio non ne rimuoverà la causa. BENVOLIO
Nobile zio, la conoscete? MONTECCHI
No, né posso apprenderla da lui. BENVOLIO
Ma gli avete rivolto qualche domanda? MONTECCHI
Lo abbiamo fatto, sia io che molti amici, ma lui, solo in se stesso rimuginando il suo turbamento – non so con quanta vera introspezione – in sé rimane chiuso e segreto, così restio ad aprirsi o rivelarsi come il bocciolo morso dall’invidioso verme prima di poter dispiegare i suoi dolci petali all’aria, o dedicare la propria bellezza al sole. Se riuscissimo a sapere da cosa deriva la sua tristezza, volentieri provvederemmo una cura adatta.
259
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
Enter Romeo BENVOLIO
See where he comes. So please you step aside, I’ll know his grievance or be much denied. MONTAGUE
I would thou wert so happy by thy stay To hear true shrift. Come, madam, let’s away.
155
Exeunt Montague and his Wife BENVOLIO
Good morrow, cousin. Is the day so young?
ROMEO
BENVOLIO
But new struck nine. ROMEO Ay me, sad hours seem long. Was that my father that went hence so fast? BENVOLIO
It was. What sadness lengthens Romeo’s hours?
160
ROMEO
Not having that which, having, makes them short. BENVOLIO In love. ROMEO Out. BENVOLIO Of love? ROMEO
Out of her favour where I am in love.
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BENVOLIO
Alas that love, so gentle in his view, Should be so tyrannous and rough in proof. ROMEO
Alas that love, whose view is muffled still, Should without eyes see pathways to his will. Where shall we dine? [Seeing blood] O me! What fray was here?
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170
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
Entra Romeo BENVOLIO
Eccolo che viene. Allora fatevi da parte, e io indagherò la sua afflizione, a costo di farmi scacciare. MONTECCHI
Rimani: vorrei che tu fossi tanto fortunato da ottenere una vera confessione. Venite signora, allontaniamoci. Escono Montecchi e la moglie BENVOLIO
Buongiorno, cugino. ROMEO
È così giovane il giorno25? BENVOLIO
Sono appena scoccate le nove. ROMEO
Ahimè, sembrano lunghe le ore tristi. Era mio padre quello che si è allontanato così di fretta? BENVOLIO
Era lui. Quale affanno allunga le ore di Romeo? ROMEO
Il non avere ciò che, avendolo, le accorcia. BENVOLIO
Innamorato. ROMEO
Senza … BENVOLIO
… Amore? ROMEO
Senza l’amore di colei che amo. BENVOLIO
Peccato che l’amore, tanto gentile all’apparenza, sia in effetti un tiranno così crudele! ROMEO
Peccato che l’amore, pur bendato26, possa senz’occhi vedere dove lo porta il desiderio! Dove facciamo colazione? [Vede del sangue] Ahimè, che rissa c’è stata qua? Non dirmelo neppure, sono già al 261
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
Yet tell me not, for I have heard it all. Here’s much to do with hate, but more with love. Why then, O brawling love, O loving hate, O anything of nothing first create; O heavy lightness, serious vanity, Misshapen chaos of well-seeming forms, Feather of lead, bright smoke, cold fire, sick health, Still-waking sleep, that is not what it is! This love feel I, that feel no love in this. Dost thou not laugh? BENVOLIO No, coz, I rather weep.
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180
ROMEO
Good heart, at what? At thy good heart’s oppression. ROMEO Why, such is love’s transgression. Griefs of mine own lie heavy in my breast, Which thou wilt propagate to have it pressed With more of thine. This love that thou hast shown Doth add more grief to too much of mine own. Love is a smoke made with the fume of sighs, Being purged, a fire sparkling in lovers’ eyes, Being vexed, a sea nourished with lovers’ tears. What is it else? A madness most discreet, A choking gall and a preserving sweet. Farewell, my coz. BENVOLIO Soft, I will go along; An if you leave me so, you do me wrong. BENVOLIO
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ROMEO
Tut, I have lost myself. I am not here. This is not Romeo; he’s some other where.
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174. Create: così in Q1; in Q2 created. 176. Well-seeming: così in Q4; in Q1 best seeming = “di migliore aspetto”, in Q2 well seeing = “che meglio vedono”. 187. Made: così in Q2; in Q1 raised = “suscitato”. 189. Lovers’ tears: emendamento tardo. In Q2 e F loving tears = “lacrime d’amore”. 193. An if: forma rafforzativa di if, non rara nel testo. 262
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
corrente. Qui c’è di mezzo l’odio, ma ancor più l’amore27. E allora, oh amore rissoso, oh odio amoroso, oh tutto dal nulla creato! Oh leggerezza pesante, vanità seriosa, deforme caos di forme armoniose, piuma di piombo, fumo brillante, gelido fuoco, salute malata, sonno a occhi aperti, che non è quello che è! Questo è l’amore che sento, io che per tutto ciò non sento amore! Non ti fa ridere? BENVOLIO
No cugino, mi fa piangere. ROMEO
Perché, cor gentile? BENVOLIO
Per il patimento del tuo gentil core. ROMEO
Ma queste sono le stravaganze dell’amore. I miei affanni mi pesano sul petto, e tu li aumenti opprimendolo con l’ulteriore peso dei tuoi. L’amore che mi hai mostrato aggiunge maggior pena all’eccesso di pena che provo io. L’amore è una nebbia fatta di vaporosi sospiri: se si dirada diventa fuoco lucente negli occhi degli innamorati, se si condensa diventa mare, agitato dalle loro lacrime. E cos’altro? Una discretissima follia, una bile che ti soffoca, una dolcezza che ti rigenera. Addio, cugino mio. BENVOLIO
Piano, vengo anch’io. Se mi lasci così mi fai torto. ROMEO
Ma io ho perso me stesso. Non sono qui: questo non è Romeo. È da qualche altra parte, lui.
263
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 1
BENVOLIO
Tell me in sadness, who is that you love? ROMEO What, shall I groan and tell thee? BENVOLIO
Groan? Why no; but sadly tell me who. ROMEO
Bid a sick man in sadness make his will, A word ill urged to one that is so ill. In sadness, cousin, I do love a woman.
200
BENVOLIO
I aimed so near when I supposed you loved. ROMEO
A right good markman; and she’s fair I love. BENVOLIO
A right fair mark, fair coz, is soonest hit. ROMEO
Well, in that hit you miss. She’ll not be hit With Cupid’s arrow; she hath Dian’s wit, And, in strong proof of chastity well armed, From love’s weak childish bow she lives unharmed. She will not stay the siege of loving terms, Nor bide th’encounter of assailing eyes, Nor ope her lap to saint-seducing gold. O, she is rich in beauty, only poor That when she dies, with beauty dies her store.
205
210
BENVOLIO
Then she hath sworn that she will still live chaste? ROMEO
She hath, and in that sparing makes huge waste; For beauty starved with her severity Cuts beauty off from all posterity. She is too fair, too wise, wisely too fair,
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199. Bid a sick man … make…: così in Q1; in Q2 A sick man … makes… = “un ammalato fa testamento”… La versione di Q1 viene scelta come metricamente più soddisfacente. 208. Unharmed: così in Q1; in Q2 uncharmed = “disincantata”. 264
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 1
BENVOLIO
Sul serio, dimmi chi è che ami? ROMEO
Ahimè, dovrò dirtelo con un lamento. BENVOLIO
Lamento? No, dimmi invece chi è senza scherzi. ROMEO
Chiedi a un malato di fare testamento senza scherzi: un modo poco delicato di far domande a un malato tanto grave. Sul serio, cugino, amo una donna. BENVOLIO
Sono quasi andato a segno pensandoti innamorato. ROMEO
Hai la mira buona, e colei che amo è bella. BENVOLIO
Un bel bersaglio, mio bel cugino, è più facile da colpire28. ROMEO
Beh, questo colpo l’hai sbagliato. Perché lei evita le frecce di Cupido, ha lo spirito di Diana 29: ben protetta dalla spessa corazza della castità, vive inattaccabile al debole, infantile arco dell’amore; non si presta all’assedio delle frasi appassionate, evita le occhiate assalitrici, non apre il grembo all’oro che seduce anche i santi30. Oh, lei è ricca di bellezza e povera solo in questo, che una volta morta la sua ricchezza morirà con la sua bellezza. BENVOLIO
Ma allora, ha forse fatto voto di viver casta? ROMEO
Sì, e per risparmiarsi compie un enorme spreco31; digiunando per troppa fermezza, la bellezza si nega alla posterità. Lei è troppo bella, troppo accorta, e troppo accortamente bella, per meritarsi il
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ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 2
To merit bliss by making me despair. She hath forsworn to love, and in that vow Do I live dead, that live to tell it now.
220
BENVOLIO
Be ruled by me; forget to think of her. ROMEO
O, teach me how I should forget to think! BENVOLIO
By giving liberty unto thine eyes. Examine other beauties. ROMEO ’Tis the way To call hers, exquisite, in question more. These happy masks that kiss fair ladies’ brows, Being black, puts us in mind they hide the fair. He that is strucken blind cannot forget The precious treasure of his eyesight lost. Show me a mistress that is passing fair, What doth her beauty serve but as a note Where I may read who passed that passing fair? Farewell, thou canst not teach me to forget.
225
230
BENVOLIO
I’ll pay that doctrine, or else die in debt.
Exeunt
Enter Capulet, Paris, and [Peter,] a servingman
1.2
CAPULET
But Montague is bound as well as I, In penalty alike, and ’tis not hard, I think, For men so old as we to keep the peace. PARIS
Of honourable reckoning are you both, And pity ’tis you lived at odds so long. But now, my lord: what say you to my suit? CAPULET
But saying o’er what I have said before. My child is yet a stranger in the world; She hath not seen the change of fourteen years.
266
5
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 2
gusto della mia disperazione. Ha giurato di non amare, e quel suo voto mi fa vivere da morto, io che ora vivo per raccontarlo32. BENVOLIO
Lasciati ammaestrare: dimentica di pensarla. ROMEO
Oh, insegnami allora a dimenticare di pensare. BENVOLIO
Dando libertà agli occhi. Guarda altre bellezze. ROMEO
È il modo per farmi ancora pensare alla sua, squisita. Le maschere che provano la gioia di baciare la fronte delle belle, con il loro colore nero ci fanno pensare al bell’incarnato che nascondono. Chi è diventato cieco non può dimenticare il tesoro prezioso della vista perduta. Mostrami una donna di superba beltà: cosa sarà per me questa sua avvenenza se non una nota per farmene ritornare in mente una ancora più bella? Addio, non mi puoi insegnare a dimenticare. BENVOLIO
Ti insegnerò come fare, o morrò tuo debitore. Escono Entrano Capuleti, il conte Paride, e un servo [Pietro]
I, 2
33
CAPULETI
Ma Montecchi ha preso lo stesso impegno, e rischia una uguale punizione: non credo che mantenere la pace sia poi tanto arduo per anziani come noi. PARIDE
Siete l’uno e l’altro di notevole peso34, ed è un peccato che abbiate vissuto ostili così a lungo. Ma ora, mio signore, come rispondete alla mia supplica35? CAPULETI
Dicendo ancora quanto ho già detto. La mia bambina è ancora estranea al mondo, non ha ancora vissuto la svolta del quattordici
267
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 2
Let two more summers wither in their pride Ere we may think her ripe to be a bride.
10
PARIS
Younger than she are happy mothers made. CAPULET
And too soon marred are those so early made. But woo her, gentle Paris, get her heart; My will to her consent is but a part, And, she agreed, within her scope of choice Lies my consent and fair-according voice. This night I hold an old-accustomed feast Whereto I have invited many a guest Such as I love, and you among the store, One more most welcome, makes my number more. At my poor house look to behold this night Earth-treading stars that make dark heaven light. Such comfort as do lusty young men feel When well-apparelled April on the heel Of limping winter treads – even such delight Among fresh female buds shall you this night Inherit at my house; hear all, all see, And like her most whose merit most shall be, Which on more view of many, mine, being one, May stand in number, though in reck’ning none. Come, go with me. (Giving [Peter] a paper) Go, sirrah, trudge about;
15
20
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30
13. And too soon … early made: così in Q1; Q2 aggiunge due versi piuttosto incongrui, rifiutati in varie ed. successive inclusa Oxford, come due distinti tentativi dell’autore, presto abbandonati: Earth hath swallowed all my hopes but she, / She’s the hopeful Lady of my earth. Per una possibile traduzione si veda la nota al testo italiano. 27. Female: così in Q1; in Q2 fennell = “finocchio”, un’erba spesso associata all’amore, alle spose e all’adulazione. 30. Which on more: lezione controversa; Q2 propone il meno comprensibile which, one more view, of many mine being one. 268
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 2
anni36. Lasciamo appassire nel loro rigoglio ancora due estati prima di considerarla matura per essere sposa. PARIDE
Fanciulle più giovani di lei sono già madri felici. CAPULETI
Presto maritate, e presto sciupate37. Ma fatele la corte, gentile Paride, espugnate il suo cuore, la mia volontà è soltanto una parte del suo consenso: se lo otterrete, nella sua libera scelta troverete il mio accordo e il mio favorevole voto. Stasera ho invitato a una festa, un nostro antico costume, molti ospiti cui voglio bene, e voi invito con loro; ad accrescerne il numero siate benvenuto. Nella mia povera casa potrete stanotte contemplare sulla terra quelle stelle che son solite illuminare il buio del cielo. L’energia che prorompe nei giovani vigorosi quando l’aprile muove tutto agghindato i suoi passi sulle orme dell’inverno claudicante – a un simile diletto, in compagnia di fresche ragazze in fiore, prenderete parte stasera nella mia casa. Ascoltatele tutte, guardatele tutte, innamoratevi di quella il cui merito vi sembrerà maggiore; mia figlia, una fra tutte, può ben figurare, anche se l’uno non conta38. Bene, venite con me. (dà [a Pietro] una carta). Ehi39, datti una mossa; vai in giro per la bella Verona e
269
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 2
Through fair Verona find those persons out Whose names are written there, and to them say My house and welcome on their pleasure stay.
35
Exeunt Capulet and Paris [PETER] Find them out whose names are written here? It
is written that the shoemaker should meddle with his yard and the tailor with his last, the fisher with his pencil and the painter with his nets; but I am sent to find those persons whose names are here writ, and can never find what names the writing person hath here writ. I must to the learned.
42
Enter Benvolio and Romeo In good time. BENVOLIO (to Romeo)
Tut, man, one fire burns out another’s burning, One pain is lessened by another’s anguish. Turn giddy, and be holp by backward turning. One desperate grief cures with another’s languish. Take thou some new infection to thy eye, And the rank poison of the old will die.
45
ROMEO
Your plantain leaf is excellent for that.
50
BENVOLIO For what, I pray thee? ROMEO For your broken shin. BENVOLIO Why, Romeo, art thou mad? ROMEO
Not mad, but bound more than a madman is; Shut up in prison, kept without my food, Whipped and tormented and – (to [Peter]) Good e’en, good fellow.
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[PETER]
God gi’good e’en. I pray, sir, can you read? 34. Written there: così Q2; in Q1 written here. 36. Written here?: così in Q1, che aggiunge: And yet I know not who are written here = “E però non so proprio chi ci sia scritto”; in Q2 written. Here… “[quelli i cui nomi] sono scritti. Qui c’è scritto…” 270
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 2
trova le persone i cui nomi trovi scritti qui, e annuncia che la mia casa e il mio benvenuto sono aperti alla loro benevolenza. Escono Capuleti e Paride [PIETRO]
Trovare quelli i cui nomi sono scritti qui? Sta scritto che il calzolaio si occupa del suo metro, il sarto della forma delle scarpe, il pescatore del pennello e il pittore delle reti40; ma a me mi mandano a trovare le persone i cui nomi sono scritti qui, e io son ben lungi dal trovare quali nomi lo scrivente ci abbia scritto. Devo rivolgermi ai letterati. Entrano Benvolio e Romeo Finalmente. BENVOLIO (a Romeo)
Insomma, signor mio, un fuoco brucia un altro fuoco, e un dolore si attenua con un altro dolore41. Gira su te stesso fino ad avere il capogiro, poi ti devi assestare girandoti al contrario. Un tormento disperato si cura con lo sfinimento di un altro. Procura all’occhio una nuova infezione42, e l’aspro veleno della precedente sparirà. ROMEO
Il tuo impiastro toccasana43 è eccellente in questo senso. BENVOLIO
Scusa, ma per cosa? ROMEO
Per il tuo stinco, se l’hai rotto. BENVOLIO
Romeo, sei ammattito? ROMEO
Non ammattito, ma più di un matto legato, imprigionato, privato del mio nutrimento, frustato, tormentato e – (a [Pietro]) – … ’ssera buon uomo. [PIETRO]
Dio vi conceda una buona sera. Di grazia, signore, sapete leggere?
271
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 2
ROMEO
Ay, mine own fortune in my misery. [PETER] Perhaps you have learned it without book. But I pray, can you read anything you see?
60
ROMEO
Ay, if I know the letters and the language. [PETER] Ye say honestly. Rest you merry. ROMEO Stay, fellow, I can read. He reads the letter ‘Signor Martino and his wife and daughters, County Anselme and his beauteous sisters, The lady widow of Vitruvio, Signor Placentio and his lovely nieces, Mercutio and his brother Valentine, Mine uncle Capulet, his wife and daughters, My fair niece Rosaline and Livia, Signor Valentio and his cousin Tybalt, Lucio and the lively Helena.’ A fair assembly. Whither should they come? [PETER] Up. ROMEO Whither? [PETER] To supper to our house. ROMEO Whose house? [PETER] My master’s. ROMEO
Indeed, I should have asked thee that before. [PETER] Now I’ll tell you without asking. My master is
the great rich Capulet, and if you be not of the house of Montagues, I pray come and crush a cup of wine. Rest you merry. Exit
79. Thee: così in Q1; in Q2 you. 272
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 2
ROMEO
Sì, leggo la mia fortuna nella mia disgrazia. [PIETRO]
Quella l’avrete imparata senza bisogno di libri. Ma vi prego, potete leggere qualunque cosa vediate? ROMEO
Sì, se conosco le lettere e la lingua. [PIETRO]
Siete sincero. Statevi bene44. ROMEO
Aspettate, amico: so leggere. Legge la lettera “Il signor Martino con moglie e figlie, il conte Anselmo e le sue eleganti sorelle, la vedova Vitruvio, il signor Placenzio e le sue belle nipoti, Mercuzio e suo fratello Valentino, mio zio Capuleti con moglie e figlie, la mia graziosa nipote Rosalina e Livia, il signor Valenzio e suo cugino Tebaldo, Lucio con la vivace Elena”. Una bella compagnia. Dove dovrebbero venire? [PIETRO]
Eh, va là45! ROMEO
Là dove? [PIETRO]
A cena da noi. ROMEO
A casa di chi? [PIETRO]
Del mio padrone. ROMEO
È quel che ti ho chiesto. [PIETRO]
Ora te lo dico senza che me lo chiedi. Il mio padrone è il grande e ricco Capuleti, e se voi non siete un Montecchi, invito anche voi a farvi un bel bicchiere. State bene. Esce
273
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 3
BENVOLIO
At this same ancient feast of Capulet’s Sups the fair Rosaline, whom thou so loves, With all the admirèd beauties of Verona. Go thither, and with unattainted eye Compare her face with some that I shall show, And I will make thee think thy swan a crow.
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ROMEO
When the devout religion of mine eye Maintains such falsehood, then turn tears to fires; And these who, often drowned, could never die, Transparent heretics, be burnt for liars. One fairer than my love! – the all-seeing sun Ne’er saw her match since first the world begun.
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BENVOLIO
Tut, you saw her fair, none else being by, Herself poised with herself in either eye; But in that crystal scales let there be weighed Your lady’s love against some other maid That I will show you shining at this feast, And she shall scant show well that now seems best.
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ROMEO
I’ll go along, no such sight to be shown, But to rejoice in splendour of mine own.
Exeunt
Enter Capulet’s Wife and the Nurse
1.3
CAPULET’S WIFE
Nurse, where’s my daughter? Call her forth to me. NURSE
Now, by my maidenhead at twelve year old, I bade her come. What, lamb, what, ladybird – God forbid – where is this girl? What, Juliet! Enter Juliet JULIET How now, who calls? NURSE Your mother.
91. Fires: emend. tardo; in Q fire. 274
5
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 3
BENVOLIO
A questa festa tradizionale dai Capuleti partecipa anche Rosalina, di cui sei tanto innamorato, e con lei tutte le ammirevoli bellezze di Verona. Vacci, e con occhi imparziali paragona il suo viso con quelli che ti mostrerò: ti convincerò che il tuo cigno non è più che un corvo. ROMEO
Quando la religiosa devozione del mio occhio sosterrà una tale menzogna, si trasformino le lacrime in fiamme; e questi46, spesso sommersi ma incapaci di morire, siano messi al rogo per falsità, come eretici manifesti. Una più bella del mio amore! – il sole, che tutto vede, non ha mai veduto l’eguale dall’inizio del mondo. BENVOLIO
Macchè: ti è sembrata bella quando non c’era nessun’altra intorno, e lei si confrontava con se stessa nell’uno e nell’altro dei tuoi occhi. Ma su quei due piatti di cristallo metti qui la tua signora d’amore e là qualche ragazza che ti mostrerò splendente a questa festa, e ti sembrerà appena passabile quella che ora ti pare la migliore. ROMEO
Verrò, non per ammirare cotanto splendore, ma per gioire del mio. Escono Entrano Donna Capuleti e la balia47
I, 3
DONNA CAPULETI
Balia, dov’è mia figlia? Falla venire. BALIA
Per la verginità dei miei dodici anni, le ho già chiesto di venire. Allora, agnellino, allora, bricconcella48! Dio non voglia – dov’è ‘sta ragazzina? Ehi, Giulietta! Entra Giulietta GIULIETTA
Che c’è? chi mi chiama? BALIA
Vostra madre.
275
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 3
JULIET
Madam, I am here. What is your will? CAPULET’S WIFE
This is the matter. – Nurse, give leave a while. We must talk in secret. – Nurse, come back again. I have remembered me, thou s’ hear our counsel. Thou knowest my daughter’s of a pretty age.
10
NURSE
Faith, I can tell her age unto an hour. CAPULET’S WIFE She’s not fourteen. NURSE I’ll lay fourteen of my teeth – and yet, to my teen
be it spoken, I have but four – she’s not fourteen. How long is it now to Lammastide? CAPULET’S WIFE A fortnight and odd days.
16
NURSE
Even or odd, of all days in the year Come Lammas Eve at night shall she be fourteen. Susan and she – God rest all Christian souls! – Were of an age. Well, Susan is with God; She was too good for me. But, as I said, On Lammas Eve at night shall she be fourteen, That shall she, marry, I remember it well. ’Tis since the earthquake now eleven years, And she was weaned – I never shall forget it – Of all the days of the year upon that day, For I had then laid wormwood to my dug, Sitting in the sun under the dovehouse wall. My lord and you were then at Mantua. Nay, I do bear a brain! But, as I said, When it did taste the wormwood on the nipple Of my dug and felt it bitter, pretty fool, To see it tetchy and fall out wi’th’ dug! ‘Shake’, quoth the dove-house! ’Twas no need, I trow, To bid me trudge;
34. Wi’th’: vers. modernizzata di with (Q1) e with the (Q2). 276
20
25
30
36
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 3
GIULIETTA
Signora, sono qui. Cosa volete? DONNA CAPULETI
Ecco cosa voglio – tu balia lasciaci per un po’. Dobbiamo parlare a tu per tu – balia no, torna qui. Ripensandoci, dovresti ascoltare anche tu. Tu sai che mia figlia ha la sua età – BALIA
Beh, posso dire la sua età senza sbagliare di un’ora. DONNA CAPULETI
Deve compierne quattordici. BALIA
Scommetto quattordici denti – anche se, mi spiace dirlo, me ne restano solo quattro – che quattordici non li ha. Quanto manca alla festa del raccolto49? DONNA CAPULETI
Suppergiù un paio di settimane. BALIA
Su o giù, quando saremo di tutti i giorni dell’anno alla vigilia della festa ne avrà quattordici. Lei e Susanna – il Signore dia pace a tutte le anime cristiane – avevano la stessa età. Beh, Susanna è ora con Dio; era troppo buona per me. Ma, come ho detto, nella notte della vigilia della festa lei compirà quattordici anni. Tanti ne avrà, perdiana se me ne ricordo. Undici anni fa c’è stato il terremoto, ed è stato allora che le ho tolto il latte – mica lo dimentico, io – proprio il giorno, di tutti i giorni dell’anno, in cui mi misi assenzio50 sui capezzoli, seduta al sole sotto il muro della colombaia. Il mio signore e voi eravate a Mantova. Eh sì, ne ho di memoria io! Ma come dicevo, quando sentì l’amaro sulla tetta, bisognava vederla, la poverina, come era disgustata e come rifiutò il capezzolo! E intanto la colombaia si mise a scuotere51, e a dirmi “scappa”! Ma ci pensavo da sola, vi assicuro; undici anni sono passati, allora lei stava già in
277
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 3
And since that time it is eleven years, For then she could stand high-lone. Nay, by th’ rood, She could have run and waddled all about, For even the day before, she broke her brow, And then my husband – God be with his soul, A was a merry man! – took up the child. ‘Yea,’ quoth he, ‘dost thou fall upon thy face? Thou wilt fall backward when thou hast more wit, Wilt thou not, Jule?’ And, by my halidom, The pretty wretch left crying and said ‘Ay’. To see now how a jest shall come about! I warrant an I should live a thousand years I never should forget it. ‘Wilt thou not, Jule?’ quoth he, And, pretty fool, it stinted and said ‘Ay’.
40
45
50
CAPULET’S WIFE
Enough of this. I pray thee hold thy peace. NURSE
Yes, madam. Yet I cannot choose but laugh To think it should leave crying and say ‘Ay’. And yet, I warrant, it had upon it brow A bump as big as a young cock’rel’s stone. A perilous knock, and it cried bitterly. ‘Yea,’ quoth my husband, ‘fall’st upon thy face? Thou wilt fall backward when thou com’st to age, Wilt thou not, Jule?’ It stinted and said ‘Ay’.
55
JULIET
And stint thou too, I pray thee, Nurse, say I.
60
37. Years: così in Q2; in Q1 year, più colloquiale (id. al v. 48). 38. She could: così in Q2; in Q1 could Juliet. 39. She could have run and waddled: così in Q2; in Q1 she could have waddled. 42. A: colloquiale per he = “lui” – qui non più segnalato. 49. Jule: così in Q2; in Q1 Juliet (per tutto il monologo); in F Julet. 278
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 3
piedi da sola, anzi per Dio, poteva correre e sgambettare da tutte le parti, e proprio il giorno prima cadendo si era fatta un bozzo sulla fronte, e mio marito – che Dio l’abbia in gloria, era un tipo scherzoso – l’aveva presa in braccio e le aveva detto “Come, si cade così, a testa in giù? Quando avrai più senno cadrai di schiena, non è vero Giulìn?” E, Maria Vergine52, lei aveva smesso di piangere e aveva detto “sì”. Vedi come per scherzo si possono prevedere le cose! Giuro: dovessi vivere mille anni non lo dimenticherò mai: “Non è vero, Giulìn?” disse lui; e la furbetta stette zitta e disse “sì”. DONNA CAPULETI
Basta ciance. Ti prego, stai un po’ buona. BALIA
Sissignora. Ma non ce la faccio a non ridere pensando che ha smesso di piangere e ha detto “sì”. Eppure vi assicuro, aveva un bitorzolo sulla fronte grosso come il corbello di un galletto. Un brutta botta fu quella, e lei non la finiva più di piangere. “Come”, disse mio marito, “a testa in giù si cade? Cadrai invece di schiena quando avrai l’età, non è vero Giulìn?”; lei azzittì e disse “sì”. GIULIETTA
Azzittati anche un po’ te balia, ti prego.
279
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 3
NURSE
Peace, I have done. God mark thee to his grace, Thou wast the prettiest babe that e’er I nursed. An I might live to see thee married once, I have my wish. CAPULET’S WIFE
Marry, that ‘marry’ is the very theme I came to talk of. Tell me, daughter Juliet, How stands your dispositions to be married?
65
JULIET
It is an honour that I dream not of. NURSE
‘An honour’! Were not I thine only nurse, I would say thou hadst sucked wisdom from thy teat. CAPULET’S WIFE
Well, think of marriage now. Younger than you Here in Verona, ladies of esteem, Are made already mothers. By my count I was your mother much upon these years That you are now a maid. Thus then, in brief: The valiant Paris seeks you for his love.
71
75
NURSE
A man, young lady, lady, such a man As all the world – why, he’s a man of wax. CAPULET’S WIFE
Verona’s summer hath not such a flower. NURSE
Nay, he’s a flower, in faith, a very flower.
80
CAPULET’S WIFE (to Juliet)
What say you? Can you love the gentleman? This night you shall behold him at our feast. Read o’er the volume of young Paris’ face, And find delight writ there with beauty’s pen. Examine every married lineament, And see how one another lends content; 68-69. Honour: così in Q1; in Q2 hour = “ora”, “momento”. 280
85
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 3
BALIA
Basta, ho finito. Dio ti abbia in grazia, eri la bambina più bella che ho mai allattato. E un giorno vorrei tanto vederti andare sposa. DONNA CAPULETI
“Andare sposa”: ecco, proprio di questo son venuta a parlare. Dimmi Giulietta figlia mia, cosa ne pensi di sposarti? GIULIETTA
È un onore che non sogno neppure. BALIA
“Un onore”! Non fossi io la tua unica balia, direi che il senno te lo sei succhiato dalle tette che ti hanno nutrito. DONNA CAPULETI
Beh è ora che cominci a pensare al matrimonio. Ragazze più giovani di te qui a Verona, stimabili fanciulle, sono già madri. Se faccio i conti, io già ti ero madre quando avevo la tua età. Così, per spicciarci: il valoroso Paride ti offre il suo amore. BALIA
Un uomo, ragazza mia – un uomo, signora, che tutto il mondo – insomma, modellato alla perfezione53. DONNA CAPULETI
L’estate veronese non conosce simili fiori. BALIA
Eh sì, un fiore, è proprio un fiore. DONNA CAPULETI (a Giulietta)
Cosa ne dici? Ti pare di poter amare quel gentiluomo? Stanotte lo vedrai alla nostra festa54. Leggi il libro del suo giovane viso, e scopri le delizie che vi ha scritto la penna della bellezza55. Esamina quanto armoniosi abbia i lineamenti, e quanto fascino si prestino
281
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 3
And what obscured in this fair volume lies Find written in the margin of his eyes. This precious book of love, this unbound lover, To beautify him only lacks a cover. The fish lives in the sea, and ’tis much pride For fair without the fair within to hide. That book in many’s eyes doth share the glory That in gold clasps locks in the golden story. So shall you share all that he doth possess By having him, making yourself no less.
90
95
NURSE
No less, nay, bigger. Women grow by men. CAPULET’S WIFE (to Juliet)
Speak briefly: can you like of Paris’ love? JULIET
I’ll look to like, if looking liking move; But no more deep will I endart mine eye Than your consent gives strength to make it fly.
100
Enter [Peter] [PETER] Madam, the guests are come, supper served up,
you called, my young lady asked for, the Nurse cursed in the pantry, and everything in extremity. I must hence to wait. I beseech you follow straight. CAPULET’S WIFE
We follow thee. Juliet, the County stays.
Exit [Peter]
NURSE
Go, girl; seek happy nights to happy days.
101. Make it fly: così in Q1; in Q2 make fly. 282
Exeunt
105
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 3
l’un l’altro; e ciò che in quel bel libro giace oscurato, scoprilo scritto nel margine degli occhi. Quel prezioso libro d’amore, quell’amante ancora squinternato, per eccellere non ha bisogno che di esser rilegato. Come il mare nasconde il pesce, la bellezza si compiace di rinchiudere in sé ciò che è bello. Agli occhi di molti un libro trae valore dai fermagli d’oro che ne racchiudono la storia d’oro. In ugual modo tu, possedendo lui, trarrai valore da tutto quanto lui possiede, senza perdere nulla del tuo. BALIA
Perdere? Acquistare piuttosto, ingrossando. Con l’uomo le donne ingrossano. DONNA CAPULETI (a Giulietta) Per farla breve, acconsenti all’amore di Paride? GIULIETTA
Acconsentirò se mi piacerà guardarlo; ma le frecce del mio sguardo non saranno scagliate con più forza di quanto il vostro consenso permetta loro di volare. Entra [Pietro] [PIETRO]
Signora, gli ospiti sono arrivati, la cena è servita, si chiede di voi, della signorina, in cucina maledicono la balia, e ogni cosa è sottosopra. Devo andare a servire. Vi prego, venite subito. DONNA CAPULETI
Ti seguiamo. Esce [Pietro] Giulietta, il conte aspetta. BALIA
Vai ragazza mia, procurati notti felici per giorni felici. Escono
283
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 4
Enter Romeo, Mercutio, and Benvolio, as masquers, with five or six other masquers, [bearing a drum and torches]
1.4
ROMEO
What, shall this speech be spoke for our excuse, Or shall we on without apology? BENVOLIO
The date is out of such prolixity. We’ll have no Cupid hoodwinked with a scarf, Bearing a Tartar’s painted bow of lath, Scaring the ladies like a crowkeeper, Nor no without-book Prologue faintly spoke After the prompter for our entrance. But let them measure us by what they will, We’ll measure them a measure, and be gone.
5
10
ROMEO
Give me a torch. I am not for this ambling; Being but heavy, I will bear the light. MERCUTIO
Nay, gentle Romeo, we must have you dance. ROMEO
Not I, believe me. You have dancing shoes With nimble soles; I have a soul of lead So stakes me to the ground I cannot move.
15
MERCUTIO
You are a lover; borrow Cupid’s wings, And soar with them above a common bound. ROMEO
I am too sore empiercèd with his shaft To soar with his light feathers, and so bound I cannot bound a pitch above dull woe; Under love’s heavy burden do I sink.
20
0. Secondo alcuni curatori, in Q2 le parti di questa scena sono erroneamente distribuite. 6. Dopo crowkeeper: in Q2 sono assenti i vv. 7-8, che compaiono invece in Q1. 284
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 4
Entrano Romeo, Mercuzio e Benvolio mascherati, con cinque o sei altri in maschera [che portano un tamburo e delle torce]56
I, 4 ROMEO
Allora, facciamo il nostro discorso57 e ci scusiamo, o entriamo senza cerimonie? BENVOLIO
Le formalità son fuori moda. Non più Cupidi bendati da una sciarpa58, con l’arco alla tartara59 di legno dipinto, spaventapasseri che fan paura alle signore; non più entrate in scena del prologo fiaccamente recitato senza copione, dietro il suggeritore. Ci prendano pure le misure60 come gli pare, noi le prendiamo a loro, e via! ROMEO
Dammi una torcia, non mi va di saltare qua e là; la luce mi sgrava del peso che sento61. MERCUZIO
Eh no caro Romeo, noi ti vogliamo a ballare. ROMEO
Non fa per me, credimi. Voi avete scarpe da ballo dall’anima leggera62, io ho un’anima di piombo che mi inchioda al pavimento e non mi lascia muovere. MERCUZIO
Ma tu sei un innamorato: invola le ali a Cupido, e innalzati con quelle al di sopra di ogni limite umano. ROMEO
Il suo dardo mi ha colpito troppo a fondo per poter volare con le sue penne leggere: così condizionato, non posso spiccare il volo 63 al di sopra di una banale pena d’amore. Questo grave fardello mi schiaccia talmente da farmi affondare.
285
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 4
MERCUTIO
And to sink in it should you burden love – Too great oppression for a tender thing. ROMEO
Is love a tender thing? It is too rough, Too rude, too boist’rous, and it pricks like thorn.
25
MERCUTIO
If love be rough with you, be rough with love. Prick love for pricking, and you beat love down. Give me a case to put my visage in, A visor for a visor. What care I What curious eye doth quote deformity? Here are the beetle brows shall blush for me.
30
[They put on visors] BENVOLIO
Come, knock and enter, and no sooner in But every man betake him to his legs. ROMEO
A torch for me. Let wantons light of heart Tickle the sense-less rushes with their heels, For I am proverbed with a grandsire phrase. I’ll be a candle-holder and look on. The game was ne’er so fair, and I am done.
35
[He takes a torch] MERCUTIO
Tut, dun’s the mouse, the constable’s own word. If thou art dun we’ll draw thee from the mire Of – save your reverence – love, wherein thou stickest Up to the ears. Come, we burn daylight, ho!
40
30. A visor for a visor: così in Q1 e Q2; Gary Taylor suggerisce l’emend. a visor for a visage = “una maschera per un volto”. 31. Deformity: così in Q1; in Q2 deformities. 39. Done: così in Q1, ma anche trascrizione modernizzata di dun (in Q3 e F), mantenuto dall’ed. Oxford al v. 40 per suggerire il gioco di parole fra Romeo e Mercuzio; in Q2 dum (?). 286
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 4
MERCUZIO
…E così affondando d’amore non faresti che opprimerlo vieppiù, questo amore – troppo ingente l’impegno, per una cosa così tenera64. ROMEO
È l’amore una cosa così tenera? È troppo duro, brutale, frenetico, e punge come le spine. MERCUZIO
Se l’amore è duro con te, tu sii duro con lui. Pungilo per le sue punture, e vedrai se non si quieta. Datemi una maschera65 da applicarci la faccia, una maschera sulla maschera! Non m’importa che un occhio curioso si accorga della mia bruttezza. Ecco qua il grugno da scarafaggio66 che arrossirà per me! [Indossano le maschere] BENVOLIO
Avanti, bussiamo e entriamo; e appena dentro, ciascuno si affidi alle sue gambe. ROMEO
A me una torcia. I vigorosi dal cuor leggero sfiorino coi tacchi le rigide stuoie67: per me valga l’adagio del nonno, me ne starò a guardare reggendo il moccolo68. Il gioco è a buon punto, e io ne sto fuori. [Prende una torcia] MERCUZIO
Fuori, fuor da quel pantano,69 Zitti zitti piano piano, Se sei moscio ti tiriamo, Via lontan da questo ammollo, Che t’immerge fino al collo: Ah l’amore che timore, che tormento, Ci si spreca luce e tempo!
287
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 4
ROMEO
Nay, that’s not so. MERCUTIO I mean, sir, in delay We waste our lights in vain, like lights by day. Take our good meaning, for our judgement sits Five times in that ere once in our five wits.
45
ROMEO
And we mean well in going to this masque, But ’tis no wit to go. MERCUTIO Why, may one ask? ROMEO
I dreamt a dream tonight. And so did I.
MERCUTIO
50
ROMEO
Well, what was yours? That dreamers often lie.
MERCUTIO ROMEO
In bed asleep while they do dream things true. MERCUTIO
O, then I see Queen Mab hath been with you. BENVOLIO Queen Mab, what’s she? MERCUTIO
She is the fairies’ midwife, and she comes In shape no bigger than an agate stone On the forefinger of an alderman, Drawn with a team of little atomi Athwart men’s noses as they lie asleep.
55
45. Like lights: emend. tardo; in Q1 like lamps = “come lampade”; in Q2 lights lights. 47. Five: emend. tardo; in Q1 right; in Q2 fine. 54. La battuta di Benvolio presente in Q1 e assente in Q2. 55-92. Il discorso sulla Regina Mab è stato oggetto di infiniti emendamenti e variazioni, a seconda del rapporto che si ritiene ci sia stato fra Q1 e Q2. Di seguito solo alcune soluzioni. 57. Alderman: così in Q2; in Q1 Burgomaster = “borgomastro”. 58. Atomi: così in Q1; in Q2 ottamie, in Q3 atamies. 59. Athwart: così in Q1; in Q2 Over = “sopra”. L’ordine degli ingredienti di questa descrizione cambia nelle varie edizioni originali. 288
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 4
ROMEO
No, non è così. MERCUZIO
Voglio dire, signore: se perdiamo tempo sprechiamo luce, come accendere luci di giorno. Convinciti, l’intenzione è buona; l’uomo ha cinque volte più buonsenso nel giudizio che negli altri cinque sensi. ROMEO
Sarà buono il giudizio che ci scorta a questa festa, ma non è saggio andarci. MERCUZIO
Ma perché, se è lecito? ROMEO
Ho fatto un sogno stanotte. MERCUZIO
Anch’io ho sognato. ROMEO
Il tuo sogno? MERCUZIO
Che i sognatori mentono spesso. ROMEO
Ma da addormentati, sognando cose vere. MERCUZIO
Ah, vedo che la regina Mab70 ti ha fatto visita. BENVOLIO
Chi è mai ’sta regina Mab? MERCUZIO
Delle fate è lei la levatrice: arriva in forma non più grande di un’agata al dito d’un assessore, tirata da un equipaggio di labile pulviscolo fin sul naso dei dormienti. Lunghe zampe di ragno fan da
289
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 4
Her wagon spokes made of long spinners’ legs; The cover, of the wings of grasshoppers; Her traces, of the moonshine’s wat’ry beams; Her collars, of the smallest spider web; Her whip, of cricket’s bone, the lash of film; Her wagoner, a small grey-coated gnat Not half so big as a round little worm Pricked from the lazy finger of a maid. Her chariot is an empty hazelnut Made by the joiner squirrel or old grub, Time out o’ mind the fairies’ coachmakers. And in this state she gallops night by night Through lovers’ brains, and then they dream of love; O’er courtiers’ knees, that dream on curtsies straight; O’er ladies’ lips, who straight on kisses dream, Which oft the angry Mab with blisters plagues Because their breaths with sweetmeats tainted are. Sometime she gallops o’er a lawyer’s lip, And then dreams he of smelling out a suit; And sometime comes she with a tithe-pig’s tail Tickling a parson’s nose as a lies asleep; Then dreams he of another benefice. Sometime she driveth o’er a soldier’s neck, And then dreams he of cutting foreign throats, Of breaches, ambuscados, Spanish blades,
60
65
70
75
80
62-64. Her traces … bone: emend. Oxford; in Q2 Her traces of the smallest spider web, her collors of the moonshines watry beams, her whip of crickets bone = “minuscole tele di ragno sono le sue redini, la bardatura di pallidi raggi di luna, la frusta è l’osso di un grillo”. 64. Film: così in Q1; in Q2 Philome (v. nota alla traduzione italiana). 68. Maid: così in Q1; in Q2 man. I vv. 68-70 sono presenti in Q1 e assenti in Q2. 73. Q2 continua con O’er lawyers’ fingers, who straight dream on fees = “sulle dita di avvocati che subito sognano parcelle”. 77. A lawyer’s lip: così in Q1; in Q2 a courtier’s nose = “il naso di un cortigiano”. 80. As a: così in Q2; in Q1 that. 81. Dreams he: così in Q1; in Q2 he dreams. 84. Spanish blades: così in Q2; in Q1 countermines = “contromine”. 290
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 4
raggi al carro, ali di cavalletta fan da tetto, pallidi raggi di luna son le redini, le ragnatele più fini son bardatura, l’osso d’un grillo è la frusta, e la sferza un impalpabile velo71. Il cocchiere – un moscerino dalla livrea grigia, grosso nemmeno la metà di un tondo vermetto stuzzicato dalle dita di una pigrona72. Il cocchio, un guscio di nocciola lavorato dallo scoiattolo falegname o dal bruco bacucco, da lunga pezza mastri carrozzieri delle fate. In questo sfarzoso corteggio, di notte in notte lei galoppa nelle menti degli innamorati per fargli sognar l’amore; o sulle ginocchia dei cortigiani, perché sognino riverenze; o sulle labbra delle dame, che subito sognano baci; e se una Mab incattivita le ricopre di bolle è perché di troppi dolciumi sa il loro fiato. Talvolta la si trova che galoppa sulle labbra di un avvocato, e lui sogna di stanare a fiuto una causa; talvolta arriva sulla coda di un porcellino della decima73 a solleticare il naso di un parroco appisolato – che subito sogna un beneficio ancora più grasso. Talvolta sorvola il collo di un soldato che si mette a sognare di tagliar gole ai nemici, di brecce nelle mura, di imboscate, di lame spagnole, di
291
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 4
Of healths five fathom deep; and then anon Drums in his ear, at which he starts and wakes, And being thus frighted, swears a prayer or two, And sleeps again. This is that very Mab That plaits the manes of horses in the night, And bakes the elf-locks in foul sluttish hairs, Which once untangled much misfortune bodes. This is the hag, when maids lie on their backs, That presses them and learns them first to bear, Making them women of good carriage. This is she – ROMEO Peace, peace, Mercutio, peace! Thou talk’st of nothing. MERCUTIO True. I talk of dreams, Which are the children of an idle brain, Begot of nothing but vain fantasy, Which is as thin of substance as the air, And more inconstant than the wind, who woos Even now the frozen bosom of the north, And, being angered, puffs away from thence, Turning his face to the dew-dropping south.
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90
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BENVOLIO
This wind you talk of blows us from ourselves. Supper is done, and we shall come too late.
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ROMEO
I fear too early, for my mind misgives Some consequence yet hanging in the stars Shall bitterly begin his fearful date With this night’s revels, and expire the term Of a despisèd life, closed in my breast, By some vile forfeit of untimely death.
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90. Elf-locks: così in Q1; in Q2 elk-locks. 91. Untangled: così in Q1 e Q2; in Q3 entangled = “impigliati”, “stretti”. 103. Face: così in Q1; in Q2 side = “fianco”. 292
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 4
brindisi in coppe profonde come il mare74; poi gli butta nei timpani un rullo di tamburi, lui si sveglia di soprassalto spaventato, bestemmia una preghiera o due, e torna a dormire. È questa stessa Mab che di notte ingarbuglia le criniere dei cavalli, e serra i nodi dei polverosi crini – nodi cari agli elfi75, che porta male sciogliere. Questa è la strega che trova le ragazze supine, gli si butta addosso e gli insegna come ci si adatta a un peso; così ne fa donne di buon portamento. È lei che – ROMEO
Basta Mercuzio, basta! Non parli di nulla76. MERCUZIO
È vero, parlo di sogni frutti di una mente oziosa, generati da nient’altro che una vana fantasia, fatta da una sostanza tenue come l’aria e più incostante del vento, che ora anela al gelido grembo del nord, e quando si arrabbia da là comincia a soffiare, con le gote rivolte al sud grondante di rugiada. BENVOLIO
Questo vento che descrivi ci allontana dai nostri propositi. La cena sarà finita, e noi arriveremo troppo tardi. ROMEO
Troppo presto, temo: il mio cuore paventa qualche malaventura ancora appesa alle stelle, che inizi amaramente un temibile cammino proprio questa notte, da questa festa, e segni la fine dell’indegna vita racchiusa nel mio petto con qualche basso trucco di morte
293
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
But he that hath the steerage of my course Direct my sail! On, lusty gentlemen. BENVOLIO Strike, drum. They march about the stage and [exeunt] 1.5
[Peter] and other Servingmen come forth with napkins
[PETER] Where’s Potpan, that he helps not to take away?
He shift a trencher, he scrape a trencher! FIRST SERVINGMAN When good manners shall lie all in one
or two men’s hands, and they unwashed too, ’tis a foul thing. [PETER] Away with the joint-stools, remove the courtcupboard, look to the plate. Good thou, save me a piece of marzipan, and, as thou loves me, let the porter let in Susan Grindstone and Nell. Anthony and Potpan! SECOND SERVINGMAN Ay, boy, ready. [PETER] You are looked for and called for, asked for and sought for, in the great chamber. [FIRST] SERVINGMAN We cannot be here and there too. Cheerly, boys! Be brisk a while, and the longest liver take all.
5
10
15
[They come and go, setting forth tables and chairs.] Enter [Musicians, then] at one door Capulet, [his Wife,] his Cousin, Juliet, [the Nurse,] Tybalt, his page, Petruccio, and all the guests and gentlewomen; at another door, the masquers: [Romeo, Benvolio and Mercutio] CAPULET (to the masquers)
Welcome, gentlemen. Ladies that have their toes Unplagued with corns will walk a bout with you.
113. Sail: così in Q1; in Q2 è suit = “[l’azione] a venire”. 8. Marzipan: corr. di March-pane (Q2). 14. Longest: corr. di longer (Q2). 17. Walk: così in Q2; in Q1 have, con significato analogo. A bout: emend. tardo; in Q1 e Q2 about = “intorno”. 294
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
prematura. Ma diriga la mia vela colui che sta al timone! Avanti, valenti compagni. BENVOLIO
Rulla, tamburo! Marciano attraverso la scena, e [escono] I, 5
[Pietro] e altri servi vengono avanti con dei tovaglioli77
[PIETRO]
Dov’è Pentolone, che non ci aiuta a sparecchiare? Almeno sposti un tagliere, o lo sgrassi! PRIMO SERVITORE
Quando a provvedere alla pulizia son solo due mani, per di più non lavate, la faccenda si fa sporca. [PIETRO]
Togliete gli sgabelli, spostate la credenza, attenti all’argenteria. Tu, amico, mettimi da parte un po’ di marzapane, e se proprio mi vuoi bene dì al portiere di lasciar entrare Susanna la Macina e Nella – Antonio, e Pentolone! SECONDO SERVITORE
Eccomi ragazzo, sono pronto. [PIETRO]
Desiderati e chiamati, cercati e reclamati siete, di là nel salone! [PRIMO] SERVITORE
Mica possiamo essere di qua e di là nello stesso tempo! Forza ragazzi, diamoci da fare, e chi campa di più di più prende. [Vanno e vengono a sistemare tavoli e sedie.] Entrano da una porta [i musici, poi] Capuleti, [sua moglie,] suo cugino, Giulietta, [la balia,] Tebaldo, il suo paggio, Petruccio e tutti gli ospiti e dame; da un’altra porta le maschere: [Romeo, Benvolio e Mercuzio] CAPULETI (alle maschere)78
Benvenuti, signori. Vi facciano compagnia le dame che non soffrono di calli. Ah mie signore, chi fra voi tutte si negherà ora alla
295
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
Aha, my mistresses, which of you all Will now deny to dance? She that makes dainty, She, I’ll swear, hath corns. Am I come near ye now? Welcome, gentlemen. I have seen the day That I have worn a visor, and could tell A whispering tale in a fair lady’s ear Such as would please. ’Tis gone, ’tis gone, ’tis gone. You are welcome, gentlemen. Come, musicians, play.
21
Music plays, and the masquers, guests, and gentlewomen dance. [Romeo stands apart] A hall, a hall! Give room, and foot it, girls. (To Servingmen) More light, you knaves, and turn the tables up, And quench the fire, the room is grown too hot. (To his Cousin) Ah sirrah, this unlooked-for sport comes well. Nay, sit, nay, sit, good cousin Capulet, For you and I are past our dancing days.
26
30
[Capulet and his Cousin sit] How long is’t now since last yourself and I Were in a masque? CAPULET’S COUSIN By’r Lady, thirty years. CAPULET
What, man, ’tis not so much, ’tis not so much. ’Tis since the nuptial of Lucentio, Come Pentecost as quickly as it will, Some five-and-twenty years; and then we masqued.
35
CAPULET’S COUSIN
’Tis more, ’tis more. His son is elder, sir. His son is thirty. CAPULET Will you tell me that? His son was but a ward two years ago.
40
38. Sir: così in Q2; in Q1 far = “di un bel po’”. 40. Two years ago: così in Q2; in Q1 Three years ago / Good youths in (?) faith. Oh youth’s a jolly thing = “tre anni fa; bravi ragazzi davvero. Oh, che bella cosa la gioventù!”. 296
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
danza? In fede mia, quella che farà la scontrosa è perché ha i calli. Vi ho beccate eh? Signori benvenuti, anch’io da giovane ho portato la maschera, e sapevo sussurrare una storiella all’orecchio di una bella donna per farle piacere. Ma è tutto passato, passato, finito! Siate i benvenuti, signori. Avanti i musici, suonate! Suona la musica; danzano maschere, ospiti e dame. [Romeo sta da parte] Largo, fate largo in sala! E voi ragazze mettetecela tutta! (Ai servitori) Altre luci, voi bricconi, e ripiegate i tavoli, spegnete il camino, fa troppo caldo in sala79. (Al cugino) Ah perbacco, questa festa improvvisata sta venendo bene. Ma sedete buon cugino Capuleti, sedete pure: per voi come per me sono lontani i tempi del ballo. [Siedono Capuleti e il cugino] Quanto tempo è passato da quando voi ed io siamo stati a una festa in maschera? CUGINO DI CAPULETI
Madonna buona, saranno trent’anni. CAPULETI
Ma no, non così tanto, non così tanto! È dal matrimonio di Lucenzio. Per quanto sia vicina la Pentecoste80, saranno venticinque. Fu allora che ci mettemmo le maschere. CUGINO CAPULETI
Di più, di più. Suo figlio ne ha di più, ha trent’anni. CAPULETI
Ma davvero dici? Era ancora sotto tutela due anni fa.
297
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
ROMEO (to a Servingman)
What lady’s that which doth enrich the hand Of yonder knight? SERVINGMAN I know not, sir. ROMEO
O, she doth teach the torches to burn bright! It seems she hangs upon the cheek of night As a rich jewel in an Ethiope’s ear – Beauty too rich for use, for earth too dear. So shows a snowy dove trooping with crows As yonder lady o’er her fellows shows. The measure done, I’ll watch her place of stand, And, touching hers, make blessèd my rude hand. Did my heart love till now? Forswear it, sight, For I ne’er saw true beauty till this night.
45
50
TYBALT
This, by his voice, should be a Montague. Fetch me my rapier, boy. [Exit page] What, dares the slave Come hither, covered with an antic face, To fleer and scorn at our solemnity? Now, by the stock and honour of my kin, To strike him dead I hold it not a sin. CAPULET [standing] Why, how now, kinsman? Wherefore storm you so?
55
TYBALT
Uncle, this is a Montague, our foe, A villain that is hither come in spite To scorn at our solemnity this night.
60
43. She: in F2 (1632) diventa her beauty: soggetto della frase non è più Giulietta stessa ma “la sua bellezza”; nell’Ottocento questa variante era diventata proverbiale, e come tale venne difesa da qualche curatore, per essere rifiutata dai curatori moderni. 47. Shows a snowy dove: così in Q2; in Q1 shines a snow-white swan = “risplende un cigno bianco come la neve”. Secondo l’ed. Oxford quest’ultima è una ricostruzione a memoria. 48. Yonder: così in Q2; in Q1 this fair = “questa bella”. 298
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
ROMEO (a un servitore)
Chi è la dama che arricchisce la mano di quel cavaliere? SERVITORE
Non so, signore. ROMEO
Oh, insegna alle torce come dar luce81! Sembra pendere sulla guancia della notte come un favoloso gioiello all’orecchio di un etiope – bellezza troppo ricca per essere toccata, troppo preziosa per una misura terrena. È come una colomba di bianca neve in uno stormo di corvi: così è lei, tra le sue compagne. Finito il ballo cercherò di avvicinarla, e consacrerò la mia goffa mano toccando la sua. Ha mai amato finora il mio cuore? Dite di no, occhi: mai fino questa notte non ho mai visto la vera bellezza. TEBALDO
Dalla voce, costui si direbbe un Montecchi. Vai a prendermi una spada, ragazzo. [Esce il paggio] Come, quel bastardo osa venir qui al riparo di una maschera grottesca, a schernire e dileggiare la nostra solennità? Per la dignità e l’onore della famiglia, ad ammazzarlo non credo che si faccia peccato. CAPULETI [alzandosi in piedi] Ora che c’è nipote, cosa ti agita così? TEBALDO
Zio, costui è un Montecchi nostro nemico; il gaglioffo è venuto qui stanotte per disprezzo, per oltraggiarci mentre celebriamo.
299
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
CAPULET
Young Romeo, is it? TYBALT ’Tis he, that villain Romeo. CAPULET
Content thee, gentle coz, let him alone. A bears him like a portly gentleman, And, to say truth, Verona brags of him To be a virtuous and well-governed youth. I would not for the wealth of all this town Here in my house do him disparagement. Therefore be patient, take no note of him. It is my will, the which if thou respect, Show a fair presence and put off these frowns, An ill-beseeming semblance for a feast.
65
70
TYBALT
It fits when such a villain is a guest. I’ll not endure him. CAPULET He shall be endured. What, goodman boy, I say he shall. Go to, Am I the master here or you? Go to – You’ll not endure him! God shall mend my soul. You’ll make a mutiny among my guests, You will set cock-a-hoop! You’ll be the man!
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TYBALT
Why, uncle, ’tis a shame. Go to, go to, You are a saucy boy. Is’t so, indeed? This trick may chance to scathe you. I know what, You must contrary me. Marry, ’tis time –
CAPULET
[A dance ends. Juliet retires to her place of stand, where Romeo awaits her] (To the guests) Well said, my hearts! (To Tybalt) You are a princox, go. Be quiet, or – (to Servingmen) more light, more light! – (to Tybalt) for shame,
300
85
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
CAPULETI
Il giovane Romeo, eh? TEBALDO
È lui, quel gaglioffo di Romeo! CAPULETI
Non ti inquietare, caro cugino, lascialo in pace. Si sta comportando da gentiluomo dignitoso, e a dire il vero tutta Verona ne decanta la giovinezza virtuosa e la buona condotta. Non vorrei neanche per tutta la ricchezza di questa città fargli un affronto qui in casa mia. Quindi sii paziente, non curarti di lui. Questo è il mio ordine, e se tu lo rispetti dimostrati bendisposto e abbandona questi sguardi accigliati, che mal si addicono a una festa. TEBALDO
Eccome si addicono, quando una simile canaglia si pretende tuo ospite. Io non lo tollero. CAPULETI
E invece sarà tollerato. Insomma, caro ragazzo, così ho detto. Suvvia, chi è che comanda qui, tu o io? Suvvia – non lo vuoi sopportare, eh?! Dio guardi l’anima mia, vorresti scatenare una rissa qui, fra i miei ospiti, e fare il galletto82? Invece ti comporterai da uomo! TEBALDO
Ma zio, è vergognoso! CAPULETI
Dacci un taglio, ragazzaccio. È così, ti dico! Questo scherzo può costarti caro. Lo so, tu vuoi darmi dei grattacapi – e proprio ora, proprio in questo momento perdinci! [Finisce un giro di danza. Giulietta torna al suo posto, dove l’aspetta Romeo] (Agli ospiti) Ben fatto, miei cari! (A Tebaldo) Sei un presuntuoso: dammi retta e stai abbottonato, o – (ai servitori) Più luci, più luci!
301
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
I’ll make you quiet. (To the guests) What, cheerly, my hearts! [The music plays again, and the guests dance] TYBALT
Patience perforce with wilful choler meeting Makes my flesh tremble in their different greeting. I will withdraw, but this intrusion shall, Now seeming sweet, convert to bitt’rest gall. ROMEO (to Juliet, touching her hand) If I profane with my unworthiest hand This holy shrine, the gentler sin is this: My lips, two blushing pilgrims, ready stand To smooth that rough touch with a tender kiss.
90 Exit
95
JULIET
Good pilgrim, you do wrong your hand too much, Which mannerly devotion shows in this. For saints have hands that pilgrims’ hands do touch, And palm to palm is holy palmers’ kiss. ROMEO
Have not saints lips, and holy palmers, too?
100
JULIET
Ay, pilgrim, lips that they must use in prayer. ROMEO
O then, dear saint, let lips do what hands do: They pray; grant thou, lest faith turn to despair. JULIET
Saints do not move, though grant for prayers’ sake. ROMEO
Then move not while my prayer’s effect I take. He kisses her Thus from my lips, by thine my sin is purged. JULIET
Then have my lips the sin that they have took. 93. Gentler: corr. ed. Oxford; in Q1 e Q2 gentle. 94. Ready: così in Q1; in Q2 did readie. 302
105
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
(A Tebaldo) Vergognati, te lo do io… (Agli ospiti) avanti miei cari, allegria! [Riattacca la musica, e gli ospiti tornano a ballare] TEBALDO
Lo scontro di una collera prorompente con una pazienza imposta scatena un tale sommovimento da farmi tremare tutto. Me ne vado, ma una intrusione come questa che ora sembra gradevole si convertirà in amarissimo fiele. Esce ROMEO (a Giulietta, afferrandole la mano)
Se con mano indegna avessi profanato questo santo simulacro83, potrebbe redimermi un più lecito peccato: le mie labbra, timorosi pellegrini, sono pronte a temperare tanto rozzo ardire con un tenero bacio. GIULIETTA
Buon pellegrino, non rimproverare troppo la tua mano, che qui dimostra garbata devozione. Gli stessi santi hanno mani che toccano i pellegrini, e palma contro palma si salutano i santi palmieri84. ROMEO
Ma non hanno labbra i santi, e i palmieri con loro? GIULIETTA
Ce le hanno pellegrino, e le usano per pregare. ROMEO
E allora, cara santa85, concedi che le labbra facciano quel che, pregando, fanno le mani, affinché la fede non si muti in disperazione. GIULIETTA
Ma i santi non si muovono86, anche quando danno ascolto alle preghiere. ROMEO
E tu allora non muovere quando alle mie preghiere io ottengo ascolto. La bacia Così dalle mie labbra le tue sottraggono il peccato. GIULIETTA
Così, sulle mie labbra il peccato che hanno rilevato. 303
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
ROMEO
Sin from my lips? O trespass sweetly urged! Give me my sin again. He kisses her You kiss by th’ book.
JULIET NURSE
Madam, your mother craves a word with you.
110
[Juliet departs to her mother] ROMEO
What is her mother? Marry, bachelor, Her mother is the lady of the house, And a good lady, and a wise and virtuous. I nursed her daughter that you talked withal. I tell you, he that can lay hold of her Shall have the chinks. ROMEO (aside) Is she a Capulet? O dear account! My life is my foe’s debt. NURSE
115
BENVOLIO
Away, be gone, the sport is at the best. ROMEO
Ay, so I fear, the more is my unrest. CAPULET
Nay, gentlemen, prepare not to be gone. We have a trifling foolish banquet towards.
120
[They whisper in his ear] Is it e’en so? Why then, I thank you all. I thank you, honest gentlemen. Good night. More torches here! Come on then, let’s to bed. (To his Cousin) Ah, sirrah, by my fay, it waxes late. I’ll to my rest. Exeunt Capulet, [his Wife,] and his Cousin. The guests, gentlewomen, masquers, musicians, and servingmen begin to leave
304
125
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
ROMEO
Dalle mie labbra? O colpa dolcemente invocata! Ora restituiscimi il mio peccato. La bacia GIULIETTA
Baciate a regola d’arte! BALIA
Signora, vostra madre vi vuol parlare. [Giulietta esce in cerca della madre] ROMEO
Chi è sua madre? BALIA
Caro il mio giovinotto, sua madre è la padrona di casa, una donna dotata, saggia e virtuosa. Io ho allevato sua figlia, con cui avete parlato or ora. Ve lo dico io, chi se la prende se la prende col malloppo. ROMEO (a parte) Allora è una Capuleti! Ahimè, un conto salato! La mia vita è in mano al nemico. BENVOLIO
Via, andiamocene, il meglio della festa è passato. ROMEO
Sì, lo temo proprio; e ora viene la mia infelicità. CAPULETI
Miei signori, no, non vogliate andar via ora! Abbiamo preparato uno spuntino, una cosa da nulla. [Gli sussurrano qualcosa all’orecchio]87 Ah, è così? Beh allora un caldo grazie a tutti. Vi ringrazio, gentili signori, buonanotte. Più luci qui! Allora avviamoci, andiamo a letto. (Al cugino) Ah perdiana, in fede mia, abbiamo fatto tardi. Vado a riposare. Escono Capuleti, [sua moglie,] e il cugino. Gli ospiti, le dame, le maschere, i musici e i servitori cominciano ad andarsene.
305
ROMEO AND JULIET, ACT 1 SCENE 5
JULIET
Come hither, Nurse. What is yon gentleman? NURSE
The son and heir of old Tiberio. JULIET
What’s he that now is going out of door? NURSE
Marry, that, I think, be young Petruccio.
130
JULIET
What’s he that follows here, that would not dance? NURSE I know not. JULIET
Go ask his name. The Nurse goes If he be marrièd, My grave is like to be my wedding bed. NURSE (returning) His name is Romeo, and a Montague, The only son of your great enemy. JULIET [aside] My only love sprung from my only hate! Too early seen unknown, and known too late! Prodigious birth of love it is to me That I must love a loathèd enemy.
135
140
NURSE
What’s tis? what’s tis? A rhyme I learnt even now Of one I danced withal.
JULIET
One calls within ‘Juliet!’ NURSE Anon, anon.
Come, let’s away. The strangers all are gone.
Exeunt
131. Here: così in Q2; in Q1 there. 141. What’s tis? What’s tis?: così in Q2; in Q1 What’s this? What’s that? 306
ROMEO E GIULIETTA, ATTO I SCENA 5
GIULIETTA
Vieni qui, balia. Chi è quel signore? BALIA
Il figlio ed erede del vecchio Tiberio. GIULIETTA
E quello che sta uscendo ora? BALIA
Bah, quello credo che sia il giovane Petruccio. GIULIETTA
E quello che segue, che non voleva ballare? BALIA
Non so. GIULIETTA
Vai a chiedere. La balia lo insegue Se è sposato, la tomba mi farà da talamo nuziale. BALIA (di ritorno) Il suo nome è Romeo: è un Montecchi, figlio unico del vostro grande nemico. GIULIETTA [a parte] Il mio unico amore nato dal mio unico odio! Sconosciuto visto troppo presto, e troppo tardi conosciuto! Oh prodigiosa vitalità dell’amore, che mi fa amare il nemico che odiavo! BALIA
Cosa dici? Cosa dici? GIULIETTA
È una poesiola che ho appena sentito da uno col quale ho ballato. Qualcuno chiama da dentro: “Giulietta”! BALIA
Eccoci, eccoci! Via, andiamo anche noi, gli ospiti sono tutti andati via. Escono
307
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
Enter Chorus
2.0
CHORUS
Now old desire doth in his deathbed lie, And young affection gapes to be his heir. That fair for which love groaned for and would die, With tender Juliet matched, is now not fair. Now Romeo is beloved and loves again, Alike bewitchèd by the charm of looks; But to his foe supposed he must complain, And she steal love’s sweet bait from fearful hooks. Being held a foe, he may not have access To breathe such vows as lovers use to swear, And she as much in love, her means much less To meet her new belovèd anywhere. But passion lends them power, time means, to meet, Temp’ring extremities with extreme sweet. Exit 2.1
5
10
Enter Romeo
ROMEO
Can I go forward when my heart is here? Turn back, dull earth, and find thy centre out. [He turns back and withdraws.] Enter Benvolio with Mercutio BENVOLIO (calling)
Romeo, my cousin Romeo, Romeo! MERCUTIO
He is wise, and, on my life, hath stol’n him home to bed. BENVOLIO
He ran this way, and leapt this orchard wall. Call, good Mercutio.
5
0. Il Coro, in forma di sonetto “shakespeariano” (ABAB CDCD EFEF GG), non compare in Q1. 0, 4. Matched: così in Q3; in Q2 match = “paragone”, “partito” (di matrimonio). 308
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II. SCENA 1
Entra il coro
II. CORO
88
Ora l’antica passione giace sul letto di morte, e un nuovo affetto apre gli occhi, pronto ad esserne l’erede. Quella bellezza per cui l’amore si lamentava fino a volerne morire, paragonata a Giulietta non è più bella. Ora Romeo è amato e ama a sua volta: entrambi sono stregati dall’incanto degli sguardi. Eppure lui deve rivolgere il suo lamento a una nemica, e lei deve sottrarre la dolce esca dell’amore da terribili ami. Essendo ritenuto un nemico lui non può proferire i soliti giuramenti degli innamorati, né lei, altrettanto innamorata, può trovar modo di incontrare quel nuovo amore in alcun luogo. Ma la passione porta con sé la forza, il tempo, i mezzi per un incontro, così placando estremi patimenti con estreme dolcezze. Esce il coro Entra Romeo89
II, 1 ROMEO
Come posso muovermi di qui, se qui sta il mio cuore? Torna indietro misera creta90, vai, cerca il tuo centro. [Si volta e esce.] Entrano Benvolio e Mercuzio BENVOLIO (chiama)
Romeo, cugino Romeo, Romeo! MERCUZIO
Il furbastro! Ci scommetto la ghirba che se n’è andato a casa a dormire. BENVOLIO
Ma se n’è andato da questa parte, ha scavalcato il muro di questo giardino. Chiamalo, buon Mercuzio.
309
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
[MERCUTIO] Nay, I’ll conjure too. Romeo! Humours! Madman! Passion! Lover! Appear thou in the likeness of a sigh. Speak but one rhyme and I am satisfied. Cry but ‘Ay me!’ Pronounce but ‘love’ and ‘dove’. Speak to my gossip Venus one fair word, One nickname for her purblind son and heir, Young Adam Cupid, he that shot so trim When King Cophetua loved the beggar maid. – He heareth not, he stirreth not, he moveth not. The ape is dead, and I must conjure him. – I conjure thee by Rosaline’s bright eyes, By her high forehead and her scarlet lip, By her fine foot, straight leg, and quivering thigh, And the demesnes that there adjacent lie, That in thy likeness thou appear to us.
10
15
20
BENVOLIO
An if he hear thee, thou wilt anger him. MERCUTIO
This cannot anger him. ’Twould anger him To raise a spirit in his mistress’ circle Of some strange nature, letting it there stand Till she had laid it and conjured it down. That were some spite. My invocation Is fair and honest. In his mistress’ name, I conjure only but to raise up him.
25
6. Nay, I’ll conjure too: in Q2 l’intero discorso resta assegnato a Benvolio, per l’omissione del nome di Mercuzio all’inizio del verso; Q1 e F reintegrano la corretta intestazione. 7. Lover!: così in Q2; in Q1 liver! = “fegato”, tradizionale organo delle passioni più oscure come l’ira e la gelosia. 10. Pronounce: così in Q1; in Q2 provaunt = “provvedere”; dove: così in Q1; in Q2 day = “giorno”. 13. Adam: emend. tardo; in Q2 Abraham = il vegliardo Abramo, ossimorico quando qualificato da young. Inoltre: trim: così in Q1, derivazione dal testo della ballata del re Cofetua (sotto, al v. seguente); in Q2 true = “preciso”. 310
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
[MERCUZIO]
Anzi, vado a evocarlo magicamente: Romeo! Mucchio di umori91 furioso, appassionato, amoroso! Appari dunque, sotto forma di un sospiro! Declama una sola rima, e mi farai contento. Spiccica un semplice “Ahimè”, metti insieme “amore” e “cuore”92, raccomandami a comare Venere con un po’ di convinzione, suggeriscile un nomignolo per il suo cieco figliolo ed erede, il giovane adamitico93 Cupido, colui che fece centro perfetto quando il re Cofetua si innamorò della ragazza mendicante94… – Ma lui non sente, non dà segni di vita, lui non si muove! Lo scimmiotto è morto95, e io devo evocarlo. – Io ti comando per gli occhi splendenti di Rosalina, per la sua alta fronte e le sue labbra scarlatte, per il suo bel piede, le sue gambe dritte e la coscia vibrante, e per tutti i possedimenti che stanno lì intorno, che tu appaia a noi nella tua forma conosciuta! BENVOLIO
E se mai ti sentisse, si arrabbierà molto. MERCUZIO
Questo non può farlo arrabbiare. Avrebbe ragione se nel cerchietto della sua amata facessi drizzare qualche spirito strambo, e lo lasciassi lì ben dritto finché lei non lo avesse esorcizzato buttandolo giù del tutto. Quello sarebbe grave, non la mia evocazione leale e onesta. Evoco il nome della sua donna solo perché lui si raddrizzi.
311
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
BENVOLIO
Come, he hath hid himself among these trees To be consorted with the humorous night. Blind is his love, and best befits the dark.
30
MERCUTIO
If love be blind, love cannot hit the mark. Now will he sit under a medlar tree And wish his mistress were that kind of fruit As maids call medlars when they laugh alone. O Romeo, that she were, O that she were An open-arse, and thou a popp’rin’ pear. Romeo, good night. I’ll to my truckle-bed. This field-bed is too cold for me to sleep. Come, shall we go? BENVOLIO Go then, for ’tis in vain To seek him here that means not to be found.
35
40
Exeunt Benvolio and Mercutio ROMEO [coming forward]
He jests at scars that never felt a wound. But soft, what light through yonder window breaks? It is the east, and Juliet is the sun. Arise, fair sun, and kill the envious moon, Who is already sick and pale with grief That thou, her maid, art far more fair than she. Be not her maid, since she is envious. Her vestal livery is but sick and green, And none but fools do wear it; cast it off.
45
50
[Enter Juliet aloft] It is my lady, O, it is my love. O that she knew she were! She speaks, yet she says nothing. What of that? Her eye discourses; I will answer it. I am too bold. ’Tis not to me she speaks.
55
38. Open-arse, and: emend. tardo; in Q1 open et cetera; in Q2 open, or. 50. Sick: così in Q2; in Q1 pale = “pallida”. 312
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
BENVOLIO
Vieni, dev’essersi nascosto sotto quegli alberi, per confondersi con gli umori della notte. Cieco è l’amore, e gli si addice l’oscurità. MERCUZIO
Se è cieco, l’amore non può andare a segno. Ora lui se ne starà seduto sotto un nespolo, a sognare che la sua bella gli porga quel certo frutto che le ragazze chiamano nespola quando se la ridono fra loro. Oh Romeo, deh fosse lei una nespola aperta96, e tu una bella pera puntuta97! Buona notte Romeo, io mi ritiro in branda. Questo campo è troppo freddo per farmi dormire. Vieni, andiamo? BENVOLIO
Sì, andiamo pure, ché è vano cercarlo dove non vuol farsi trovare. Escono Benvolio e Mercuzio. ROMEO [facendosi avanti]
98
Scherza sulle cicatrici chi non ha mai ricevuto una ferita. Calma però, ecco una luce che appare a quella finestra99! È l’oriente, e Giulietta è il sole! Sorgi, sole splendente, e uccidi la luna invidiosa che già è malandata, impallidita dal dispiacere che tu, sua ancella, sia così più bella di lei. Tu non starle accanto, ché ti invidia. La sua veste verginale si è fatta di un verde malsano100, quale nessuno indossa eccetto i buffoni: disfatene. [Giulietta si affaccia in alto] Ecco la mia donna, ecco il mio amore! Oh se sapesse quanto lo è! Sta parlando, eppure non dice nulla. Ma che importa? Parlano i suoi occhi, e io rispondo. No, sono troppo ardito, non è a me che
313
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
Two of the fairest stars in all the heaven, Having some business, do entreat her eyes To twinkle in their spheres till they return. What if her eyes were there, they in her head? – The brightness of her cheek would shame those stars As daylight doth a lamp; her eye in heaven Would through the airy region stream so bright That birds would sing and think it were not night. See how she leans her cheek upon her hand. O, that I were a glove upon that hand, That I might touch that cheek! JULIET Ay me. ROMEO (aside) She speaks. O, speak again, bright angel; for thou art As glorious to this night, being o’er my head, As is a wingèd messenger of heaven Unto the white upturnèd wond’ring eyes Of mortals that fall back to gaze on him When he bestrides the lazy-passing clouds And sails upon the bosom of the air. JULIET (not knowing Romeo hears her) O Romeo, Romeo, wherefore art thou Romeo? Deny thy father and refuse thy name, Or if thou wilt not, be but sworn my love, And I’ll no longer be a Capulet. ROMEO (aside) Shall I hear more, or shall I speak at this?
60
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JULIET
’Tis but thy name that is my enemy. Thou art thyself, though not a Montague. What’s Montague? It is nor hand, nor foot, Nor arm, nor face, nor any other part
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58. Do entreat: così in Q1; in Q2 to entreat = “per implorare”. 62. Eye: così in Q2; im Q1 eyes = “occhi”. 73. Lazy-passing: emend. tardo; in Q1 lasie pacing = “di passo pigro”; in Q2 lazy puffing = “che si gonfiano pigre”. 314
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
parla. Due delle più fulgide stelle nel cielo, prossime al tramonto, implorano i suoi occhi perché brillino nelle loro sfere101, finché non facciano ritorno. E se i suoi occhi fossero lassù, e quelle luci sul suo volto? – Il fulgore delle guance farebbe vergognare quelle stelle, come la luce del giorno vanifica il lume di una lampada. In cielo i suoi occhi illuminerebbero la regione dell’aria con tale intensità che gli uccelli si metterebbero a cantare, credendo che la notte sia finita. Guarda come appoggia la guancia sulla mano: oh fossi io il guanto di quella mano, e potessi sfiorare quella guancia! GIULIETTA
Ahimè… ROMEO (a parte)
Ecco che parla! Oh parla ancora, angelo splendente. Lassù, sopra di me, tu glorifichi questa notte come un alato messaggero del cielo cui alzano gli occhi – solo il bianco si vede – gli estatici mortali, rovesciando il capo per contemplarti sorvolare le nubi che trascorrono pigre, e veleggiare sull’aereo seno. GIULIETTA (senza sapere che Romeo la ascolta) Oh Romeo, Romeo, perché sei Romeo102? Ripudia tuo padre e rinnega il tuo nome, o se non vorrai farlo almeno giurami amore, e io non sarò più una Capuleti. ROMEO (a parte) Devo ancora ascoltare, o rispondere? GIULIETTA
È solo un nome a essermi nemico. Tu sei te stesso anche se non ti chiami Montecchi. Che cos’è Montecchi? Non è una mano, un piede, non braccio, non volto, né alcun’altra parte di un uomo. Oh
315
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
Belonging to a man. O, be some other name! What’s in a name? That which we call a rose By any other word would smell as sweet. So Romeo would, were he not Romeo called, Retain that dear perfection which he owes Without that title. Romeo, doff thy name, And for thy name – which is no part of thee – Take all myself. ROMEO (to Juliet) I take thee at thy word. Call me but love and I’ll be new baptized. Henceforth I never will be Romeo.
85
90
JULIET
What man art thou that, thus bescreened in night, So stumblest on my counsel? ROMEO By a name I know not how to tell thee who I am. My name, dear saint, is hateful to myself Because it is an enemy to thee. Had I it written, I would tear the word.
95
JULIET
My ears have yet not drunk a hundred words Of thy tongue’s uttering, yet I know the sound. Art thou not Romeo, and a Montague?
100
ROMEO
Neither, fair maid, if either thee dislike. JULIET
How cam’st thou hither, tell me, and wherefore? The orchard walls are high and hard to climb, And the place death, considering who thou art, If any of my kinsmen find thee here.
105
83-84. Nor any other part belonging to a man = “né alcun’altra parte di un uomo”: la frase è aggiunta da Q1; in Q2 O be some other name / Belonging to a man = “Oh sii qualche altro nome d’uomo”. 86. Word: in Q1 name = “nome”. 101. Uttering: così in Q2; in Q1 utterance, con significato analogo. 103. Maid: così in Q2; in Q1 Saint = “santa”. 316
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
sii qualche altro nome! Cos’è mai un nome? Quella che chiamiamo rosa, con un altro nome avrebbe lo stesso profumo! E così Romeo, se non si chiamasse Romeo manterrebbe quella rara perfezione che possiede senza quel nome. Svestiti del tuo nome, Romeo, e al suo posto – al posto di ciò che non è parte di te – prendi tutta me stessa. ROMEO (a Giulietta) Vi prendo in parola. Chiamatemi amore e sarà per me un nuovo battesimo. D’ora in poi non sono più Romeo. GIULIETTA
Chi siete voi, che protetto dalla notte inciampate così nei miei pensieri? ROMEO
Non so dirvi chi sono: mi manca un nome. Il mio, santa creatura, è odioso a me stesso perché vi è nemico. Se lo trovassi scritto su un foglio lo strapperei. GIULIETTA
Le mie orecchie non hanno bevuto ancora cento parole pronunciate dalla tua voce, e tuttavia la riconosco al suono. Non sei tu Romeo, un Montecchi? ROMEO
Né l’uno né l’altro, dolce fanciulla, se a te dispiacciono. GIULIETTA
Dimmi, come sei venuto qui, e perché? I muri del giardino sono alti, difficili da scalare e, considerando chi sei, questo luogo per te vuol dire morte, se qualcuno dei miei ti scoprisse.
317
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
ROMEO
With love’s light wings did I o’erperch these walls, For stony limits cannot hold love out, And what love can do, that dares love attempt. Therefore thy kinsmen are no stop to me.
110
JULIET
If they do see thee, they will murder thee. ROMEO
Alack, there lies more peril in thine eye Than twenty of their swords. Look thou but sweet, And I am proof against their enmity.
115
JULIET
I would not for the world they saw thee here. ROMEO
I have night’s cloak to hide me from their eyes, And but thou love me, let them find me here. My life were better ended by their hate Than death proroguèd, wanting of thy love.
120
JULIET
By whose direction found’st thou out this place? ROMEO
By love, that first did prompt me to enquire. He lent me counsel, and I lent him eyes. I am no pilot, yet wert thou as far As that vast shore washed with the farthest sea, I should adventure for such merchandise.
125
JULIET
Thou knowest the mask of night is on my face, Else would a maiden blush bepaint my cheek For that which thou hast heard me speak tonight. Fain would I dwell on form, fain, fain deny What I have spoke; but farewell, compliment. Dost thou love me? I know thou wilt say ‘Ay’, And I will take thy word. Yet if thou swear’st Thou mayst prove false. At lovers’ perjuries, They say, Jove laughs. O gentle Romeo, If thou dost love, pronounce it faithfully; 318
130
135
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
ROMEO
Con le ali leggere dell’amore ho scavalcato questi muri: i limiti di pietra non bastano per respingere l’amore. E ciò che l’amore può fare, l’amore osa tentare. Ecco perché i tuoi parenti non mi possono fermare. GIULIETTA
Ma se ti vedono, ti massacrano. ROMEO
Ahimè, c’è maggior pericolo nei tuoi occhi che in venti delle loro spade. Guardami solo con dolcezza, e sarò corazzato contro la loro ostilità. GIULIETTA
Per nulla al mondo vorrei che ti vedessero qui. ROMEO
Mi nasconde ai loro occhi il mantello della notte: e mi trovino pure, a me basta che tu mi ami. Preferirei che la mia vita finisse per il loro odio, piuttosto che la mia morte continuasse per l’assenza del tuo amore. GIULIETTA
Chi ti ha guidato a questo luogo? ROMEO
L’amore, che per primo mi ha spinto a cercare. Lui mi ha prestato consiglio, io gli ho prestato gli occhi. Non sono pilota di navi, eppure se tu fossi lontana come la più vasta spiaggia bagnata dal più lontano dei mari, salperei alla volta di una merce tanto preziosa. GIULIETTA
Vedi, la maschera della notte è sul mio viso, altrimenti quello che mi hai sentito dire questa notte tingerebbe le mie guance di verginale rossore. Vorrei davvero rispettare le forme, davvero, davvero vorrei negare quanto ho detto, ma addio cerimonie! Allora, mi ami? So che il tuo sarà un “sì”, e io ti credo. E tuttavia, anche un giuramento può rivelarsi falso. Dicono che Giove si diverta alle bugie degli innamorati103. E allora, dolce Romeo, se mi ami dillo ora
319
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
Or if thou think’st I am too quickly won, I’ll frown, and be perverse, and say thee nay, So thou wilt woo; but else, not for the world. In truth, fair Montague, I am too fond, And therefore thou mayst think my ’haviour light. But trust me, gentleman, I’ll prove more true Than those that have more cunning to be strange. I should have been more strange, I must confess, But that thou overheard’st, ere I was ware, My true-love passion. Therefore pardon me, And not impute this yielding to light love, Which the dark night hath so discoverèd.
140
145
ROMEO
Lady, by yonder blessèd moon I vow, That tips with silver all these fruit-tree tops –
150
JULIET
O swear not by the moon, th’inconstant moon That monthly changes in her circled orb, Lest that thy love prove likewise variable. ROMEO
What shall I swear by? Do not swear at all, Or if thou wilt, swear by thy gracious self, Which is the god of my idolatry, And I’ll believe thee. ROMEO If my heart’s dear love –
JULIET
155
JULIET
Well, do not swear. Although I joy in thee, I have no joy of this contract tonight. It is too rash, too unadvised, too sudden, Too like the lightning which doth cease to be Ere one can say it lightens. Sweet, good night.
141. ’Haviour: così in Q1; in Q2 behaviour. 143. More cunning: così in Q1; in Q2 coying = “carezzevole”. 149. Vow: così in Q2; in Q1 swear, con analogo significato. 155. Gracious: così in Q2; in Q1 glorious = “glorioso”. 320
160
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
per sempre; o se pensi che la tua sia una troppo rapida conquista, allora io mi impunto e pesto i piedi, e ti dirò di no, e mi farò corteggiare; altrimenti no, non lo farei per nulla al mondo. È vero, mio bel Montecchi, sono troppo innamorata, e tu puoi credermi leggera; ma abbiate fiducia, signore, sarò più sincera di quelle furbette che sanno farsi desiderare. Avrei dovuto farlo anch’io, lo ammetto, senonché tu mi hai ascoltato dichiarare la mia genuina passione, prima che me ne accorgessi. E dunque perdonami, non attribuire la mia resa a leggerezza: il mio è un sentimento che solo la notte fonda poteva rivelare. ROMEO
Giuro, signora, per quella sacra luna che inargenta le cime del frutteto… GIULIETTA
No, non giurare sulla luna, la luna incostante che ogni mese cambia la sua orbita: non sia il tuo amore altrettanto mutevole! ROMEO
Su cosa devo giurare allora? GIULIETTA
Non giurare affatto, o se proprio vuoi giura per te stesso, dolce iddio della mia devozione, e io ti crederò. ROMEO
Se il caro amore del mio cuore… GIULIETTA
No, non giurare. Benché io gioisca in te, il patto di stanotte non mi dà gioia. È troppo imprudente, avventato, improvviso, troppo simile al fulmine che cessa di esistere prima che si possa dire che lampeggia. Buona notte, mio caro. Il caldo soffio dell’estate può far
321
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
This bud of love by summer’s ripening breath May prove a beauteous flower when next we meet. Good night, good night. As sweet repose and rest Come to thy heart as that within my breast.
165
ROMEO
O, wilt thou leave me so unsatisfied? JULIET
What satisfaction canst thou have tonight? ROMEO
Th’exchange of thy love’s faithful vow for mine. JULIET
I gave thee mine before thou didst request it, And yet I would it were to give again.
170
ROMEO
Wouldst thou withdraw it? For what purpose, love? JULIET
But to be frank and give it thee again. And yet I wish but for the thing I have. My bounty is as boundless as the sea, My love as deep. The more I give to thee The more I have, for both are infinite.
175
Nurse calls within I hear some noise within. Dear love, adieu. – Anon, good Nurse! – Sweet Montague, be true. Stay but a little; I will come again.
Exit
ROMEO
O blessèd, blessèd night! I am afeard, Being in night, all this is but a dream, Too flattering-sweet to be substantial.
181
Enter Juliet aloft JULIET
Three words, dear Romeo, and good night indeed. If that thy bent of love be honourable, Thy purpose marriage, send me word tomorrow, By one that I’ll procure to come to thee, Where and what time thou wilt perform the rite, 322
185
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
maturare questo bocciolo d’amore, che forse sarà un magnifico fiore al nostro prossimo incontro. Buona notte, buona notte. Scendano nel tuo cuore riposo e pace, dolci come quelli che ho nel petto. ROMEO
E mi lasci così, insoddisfatto? GIULIETTA
E quale soddisfazione vorresti stanotte? ROMEO
La promessa di un amore fedele da scambiare con te. GIULIETTA
Ti ho dato la mia prima che tu la chiedessi, eppure vorrei che fosse ancora da dare. ROMEO
Perché, la vorresti ritirare? Per quale ragione, amor mio? GIULIETTA
Solo per essere generosa, e potertela ridare. In verità desidero soltanto ciò che già possiedo. La mia risolutezza è sconfinata come il mare, e il mio amore altrettanto profondo. Più do a te e più ricevo, perché l’una e l’altra cosa sono infinite. La balia chiama da dentro Sento dei rumori in casa. Addio amore – eccomi, buona balia! – caro Montecchi, sii fedele. Aspetta solo un poco, ritorno. Esce ROMEO
Oh notte benedetta, incantevole notte! Temo, essendo notte, che tutto questo non sia che un sogno, troppo dolcemente lusinghiero per essere reale! Giulietta ricompare in alto GIULIETTA
Ancora due parole, caro Romeo, e poi davvero buona notte. Se l’intenzione del tuo amore è onorevole, se mi vuoi sposare, fammi sapere domani, da qualcuno che manderò da te, dove e quando
323
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
And all my fortunes at thy foot I’ll lay, And follow thee, my lord, throughout the world. [NURSE] (within) Madam!
190
JULIET
I come, anon. (To Romeo) But if thou mean’st not well, I do beseech thee – [NURSE] (within) Madam! JULIET By and by I come. – To cease thy strife and leave me to my grief. Tomorrow will I send. ROMEO So thrive my soul – JULIET A thousand times good night. Exit
195
ROMEO
A thousand times the worse to want thy light. Love goes toward love as schoolboys from their books, But love from love, toward school with heavy looks.
200
[He is going.] Enter Juliet aloft again JULIET
Hist, Romeo! Hist! O for a falconer’s voice To lure this tassel-gentle back again. Bondage is hoarse, and may not speak aloud, Else would I tear the cave where Echo lies, And make her airy tongue more hoarse than mine With repetition of my Romeo’s name. Romeo!
205
ROMEO
It is my soul that calls upon my name. How silver-sweet sound lovers’ tongues by night, Like softest music to attending ears! JULIET
Romeo!
208. Romeo’s name. Romeo?: così in Q1; in Q2 Romeo. 324
210
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
vorrai celebrare il rito, e io deporrò ai tuoi piedi la mia stessa sorte, per seguirti, mio signore, fino in capo al mondo. [BALIA] (da dentro) Signora! GIULIETTA
Vengo subito! (a Romeo) ma se non hai intenzioni oneste, ti prego… [BALIA] (da dentro) Signora! GIULIETTA
Eccomi, eccomi davvero! … smetti ogni affanno, e lasciami al mio dolore. Mando qualcuno domani. ROMEO
Anima mia benedetta! GIULIETTA
… E per mille volte la buona notte! Esce ROMEO
La notte mille volte oscura, se manca la tua luce! L’amore vola verso l’amore come gli scolari fuggono dai libri, ma l’amore che lascia l’amore va a scuola con lo sguardo triste. [Fa per uscire.] Giulietta ancora in alto GIULIETTA
Psst Romeo, psst! Oh aver la voce del falconiere per richiamare questo principesco falcone104! Rauco è chi si è reso schiavo e non può alzare la voce, altrimenti farei crollare la caverna di Eco105, e il suo vociare d’aria sarebbe più roco del mio, che non farebbe che urlare il nome del mio Romeo. Romeo! ROMEO
È la mia anima che chiama il mio nome. Che dolce suono d’argento ha la voce notturna degli innamorati, musica delicata alle orecchie in ascolto! GIULIETTA
Romeo!
325
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 1
My nyas? What o’clock tomorrow Shall I send to thee? ROMEO By the hour of nine. ROMEO JULIET
JULIET
I will not fail; ’tis twenty year till then. I have forgot why I did call thee back.
215
ROMEO
Let me stand here till thou remember it. JULIET
I shall forget, to have thee still stand there, Rememb’ring how I love thy company. ROMEO
And I’ll still stay, to have thee still forget, Forgetting any other home but this.
220
JULIET
’Tis almost morning. I would have thee gone – And yet no farther than a wanton’s bird, That lets it hop a little from his hand, Like a poor prisoner in his twisted gyves, And with a silk thread plucks it back again, So loving-jealous of his liberty.
225
ROMEO
I would I were thy bird. Sweet, so would I. Yet I should kill thee with much cherishing. Good night, good night. Parting is such sweet sorrow That I shall say good night till it be morrow. [ROMEO] Sleep dwell upon thine eyes, peace in thy breast. JULIET
230
Exit Juliet
212. My nyas: emend. tardo (1955) per my niess; in Q1 madame = “signora”; in Q2, incongruamente, my neece = “mia nipote”. 223. That: così in Q2; in Q1 who; his: così in Q2; in Q1 her. 225. Silk: così in Q1; in Q2 silken, “serico”, “di seta”. 326
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 1
ROMEO
Mio falchetto106! GIULIETTA
A che ora devo mandarti qualcuno? ROMEO
Per le nove. GIULIETTA
Non mancherò; vent’anni ancora, a quel momento. Ma non ricordo più perché ti ho richiamato. ROMEO
Lascia che resti qui finché non ti viene in mente. GIULIETTA
Ma per averti ancora qui continuerò a dimenticarmene, e a ricordare soltanto come mi trovo bene con te. ROMEO
E io resto ancora, per farti dimenticare, dimenticando ogni altro mio scopo se non questo. GIULIETTA
È quasi giorno. Vorrei che te ne andassi – ma non più lontano del passerotto che un ragazzo maligno lascia zampettare intorno alla sua mano come un povero prigioniero avvinto in corde ritorte, e poi con il suo filo di seta lo richiama indietro – tanto è, per amore, geloso della sua libertà. ROMEO
Vorrei essere quel passerotto. GIULIETTA
Anch’io lo vorrei, però ti ucciderei per troppo vezzeggiarti. Buona notte, buona notte. Separarci è un’afflizione così dolce che ti darò la buona notte fino a domani. [ROMEO]
Il sonno scenda sui tuoi occhi, e la pace nel tuo cuore. Esce Giulietta
327
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 2
Would I were sleep and peace, so sweet to rest. Hence will I to my ghostly sire’s close cell, His help to crave, and my dear hap to tell. Exit 2.2
Enter Friar Laurence, with a basket
FRIAR LAURENCE
The grey-eyed morn smiles on the frowning night, Chequ’ring the eastern clouds with streaks of light, And fleckled darkness like a drunkard reels From forth day’s path and Titan’s fiery wheels. Now, ere the sun advance his burning eye The day to cheer and night’s dank dew to dry, I must up-fill this osier cage of ours With baleful weeds and precious-juicèd flowers. The earth, that’s nature’s mother, is her tomb. What is her burying grave, that is her womb, And from her womb children of divers kind We sucking on her natural bosom find, Many for many virtues excellent, None but for some, and yet all different. O mickle is the powerful grace that lies In plants, herbs, stones, and their true qualities, For naught so vile that on the earth doth live But to the earth some special good doth give; Nor aught so good but, strained from that fair use, Revolts from true birth, stumbling on abuse.
5
10
15
20
232. Dopo rest, Q2 continua con i quattro versi che Q1 e l’ed. Oxford attribuisce a frate Lorenzo in apertura di II, 2. 233. Ghostly sire’s close: emend. tardo; in Q2 ghostly Friers close = “la cella del frate devoto, spirituale”. 2. Chequ’ring: così in Q1 e Q2 (versione A); in Q2 (vers. B) checking = “trattenendo”. 4. Path and Titan’s fiery wheels: così in Q1; in Q2 (vers. A) pathway made by Titans = “sul percorso segnato dai Titani”; in Q2 (vers. B) path and Titans burning wheels = “percorso sulle ruote fiammeggianti del Titano”. 6. Day: così in Q2; in Q1 world = “mondo”. 16. Plants, herbes: così in Q2; in Q1 herbes, plants. 328
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 2
Fossi io e sonno e pace, per trovare un così dolce riparo. Da qui andrò alla cella del mio padre spirituale, a implorare il suo aiuto, e raccontargli la felicità che mi è capitata. Esce II, 2
Entra Frate Lorenzo con un cesto
107
FRATE LORENZO108
Il pallido occhio del mattino sorride sulla notte corrucciata, striando di luce le nuvole dell’oriente, mentre l’oscurità, barcollando stordita, a tratti si ritira dal percorso che il giorno compie sulle ruote di fuoco del Titano109. Ora, prima che il sole avanzi il suo occhio fiammeggiante a salutare il giorno e ad asciugare l’umida rugiada notturna, devo riempire questo cesto di vimini con erbe velenose e fiori dal succo prezioso. La terra, madre della natura, è anche la sua tomba. Ciò che in lei è sepolcro è anche grembo, grembo che genera figli di specie diverse, tutti nutriti dal suo seno naturale. Molti sono eccellenti per molte salutari virtù, nessuno che non ne possieda qualcuna, e però tutte differenti. Oh grande è la potenza racchiusa nelle piante, nelle erbe, nelle pietre e nelle loro primigenie qualità. Per quanto infimo, nulla di ciò che esiste sulla terra non contiene qualcosa di benefico; né nulla è così utile che, sviato dal suo uso naturale, non si ribelli alla sua origine, e cada nell’eccesso.
329
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 2
Virtue itself turns vice being misapplied, And vice sometime’s by action dignified. Enter Romeo Within the infant rind of this weak flower Poison hath residence, and medicine power, For this, being smelt, with that part cheers each part; Being tasted, slays all senses with the heart. Two such opposèd kings encamp them still In man as well as herbs – grace and rude will; And where the worser is predominant, Full soon the canker death eats up that plant.
26
30
ROMEO
Good morrow, father. Benedicite. What early tongue so sweet saluteth me? Young son, it argues a distempered head So soon to bid good morrow to thy bed. Care keeps his watch in every old man’s eye, And where care lodges, sleep will never lie, But where unbruisèd youth with unstuffed brain Doth couch his limbs, there golden sleep doth reign. Therefore thy earliness doth me assure Thou art uproused with some distemp’rature; Or if not so, then here I hit it right: Our Romeo hath not been in bed tonight.
FRIAR LAURENCE
35
40
ROMEO
That last is true; the sweeter rest was mine. FRIAR LAURENCE
God pardon sin! – Wast thou with Rosaline? ROMEO
With Rosaline, my ghostly father? No, I have forgot that name and that name’s woe.
26. Slays, “sopprime”: così in Q1; in Q2 stays = “ferma, interrompe”. 27. Kings: così in Q2; in Q1 foes = “nemici”. 330
45
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 2
La stessa virtù, male esercitata, diventa vizio; e il vizio può talvolta redimersi nell’azione. Entra Romeo Sotto la tenera scorza di questo debole fiore risiedono insieme un veleno e un potente medicinale: lo annusi, e il profumo sollecita ogni tua facoltà; lo assaggi, e annienta in te tutti i moti del cuore. Come nelle erbe, anche nell’uomo si accampano due re in guerra tra loro – la grazia e la volontà brutale; e dove il peggiore prevale, presto il verme della morte distrugge quella pianta. ROMEO
Buon giorno, padre. FRATE LORENZO
Benedicite. Di chi è la voce mattiniera che mi porge un tal benevolo saluto? Figlio mio, l’aver detto addio al letto così presto è indizio di turbamento interiore! Le preoccupazioni stanno di guardia nella mente dei vecchi, e dove albergano loro non c’è posto per il sonno. Ma dove l’intatta giovinezza distende le membra con animo sgombro, là regna un sonno dorato. Per questo la precocità della tua visita mi fa pensare che ti agiti qualche turbamento; se no, almeno qui avrò ragione: questa notte, il nostro Romeo il letto non l’ha proprio visto. ROMEO
È vera la seconda cosa, eppure nessuno si è giovato di un riposo più dolce. FRATE LORENZO
Dio perdoni i peccatori! Sei stato con Rosalina? ROMEO
Con Rosalina, padre mio? No, ho dimenticato quel nome, con gli annessi dolori.
331
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 2
FRIAR LAURENCE
That’s my good son; but where hast thou been then? ROMEO
I’ll tell thee ere thou ask it me again. I have been feasting with mine enemy, Where on a sudden one hath wounded me That’s by me wounded. Both our remedies Within thy help and holy physic lies. I bear no hatred, blessèd man, for lo, My intercession likewise steads my foe.
50
FRIAR LAURENCE
Be plain, good son, and homely in thy drift. Riddling confession finds but riddling shrift.
55
ROMEO
Then plainly know my heart’s dear love is set On the fair daughter of rich Capulet. As mine on hers, so hers is set on mine, And all combined save what thou must combine By holy marriage. When and where and how We met, we wooed, and made exchange of vow I’ll tell thee as we pass; but this I pray, That thou consent to marry us today.
60
FRIAR LAURENCE
Holy Saint Francis, what a change is here! Is Rosaline, that thou didst love so dear, So soon forsaken? Young men’s love then lies Not truly in their hearts, but in their eyes. Jesu Maria, what a deal of brine Hath washed thy sallow cheeks for Rosaline! How much salt water thrown away in waste To season love, that of it doth not taste! The sun not yet thy sighs from heaven clears. Thy old groans yet ring in mine ancient ears.
65
70
72. It: così in Q2; in Q1 love = “amore”. 74. Yet ring = “ancora risuonano”: così in Q4; in Q1 ring yet; in Q2 yet ringing = “ancora risonanti”. 332
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 2
FRATE LORENZO
Ecco il mio bravo figliolo: ma dove sei stato allora? ROMEO
Ve lo dico prima che me lo chiediate ancora. A una festa in casa del nemico, quando all’improvviso sono stato colpito da chi a mia volta ho colpito. Il rimedio per entrambi sta nel vostro aiuto, nella vostra santa medicina110. Non odio nessuno, benedetto padre, anzi: la mia invocazione vale anche per il nemico. FRATE LORENZO
Parla chiaro, buon figliolo, e semplicemente. Le confessioni ermetiche trovano ermetiche assoluzioni. ROMEO
Allora, semplicemente, sappiate che tutto il mio amore si rivolge alla bella figlia del ricco Capuleti. E come il mio cuore pensa a lei, così il suo pensa a me. Tutto è stabilito, tranne ciò che a voi resta da stabilire con il santo matrimonio. Quando e dove ci siamo incontrati, innamorati, scambiati la promessa ve lo racconto ora, strada facendo; ma una cosa vi chiedo, che consentite a sposarci oggi stesso. FRATE LORENZO
Per San Francesco111, che cambiamento abbiamo qui! E così Rosalina, che amavi tanto, è dimenticata? Quindi l’amore dei giovani non alberga veramente nei loro cuori, ma negli occhi! Gesummaria, quale mare di lacrime ha irrorato le tue guance scavate per amor di Rosalina! Quanta acqua salata è andata sprecata per condire un sentimento diventato sciapo! Il sole non ha ancora deterso il cielo dei tuoi sospiri, ancora odo con le mie orecchie di vecchio i
333
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
Lo, here upon thy cheek the stain doth sit Of an old tear that is not washed off yet. If e’er thou wast thyself, and these woes thine, Thou and these woes were all for Rosaline. And art thou changed? Pronounce this sentence then: Women may fall when there’s no strength in men.
75
80
ROMEO
Thou chidd’st me oft for loving Rosaline. FRIAR LAURENCE
For doting, not for loving, pupil mine. ROMEO
And bad’st me bury love. Not in a grave To lay one in, another out to have.
FRIAR LAURENCE ROMEO
I pray thee, chide me not. Her I love now Doth grace for grace and love for love allow. The other did not so. FRIAR LAURENCE O, she knew well Thy love did read by rote, that could not spell. But come, young waverer, come, go with me. In one respect I’ll thy assistant be; For this alliance may so happy prove To turn your households’ rancour to pure love.
85
90
ROMEO
O, let us hence! I stand on sudden haste. FRIAR LAURENCE
Wisely and slow. They stumble that run fast. 2.3
Exeunt
Enter Benvolio and Mercutio
MERCUTIO Where the devil should this Romeo be? Came
he not home tonight? BENVOLIO
Not to his father’s. I spoke with his man. MERCUTIO
Why, that same pale hard-hearted wench, that Rosaline, Torments him so that he will sure run mad. 334
5
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
tuoi antichi lamenti – e guarda, qui sulla tua guancia ecco la macchia di una lacrima non ancora lavata. Se tu eri in te stesso, e quei dolori erano i tuoi, tu e quei dolori eravate tutti per Rosalina. E sei così cambiato? Allora dì con il proverbio: per uomini volubili, donne peccatrici! ROMEO
Spesso mi avete rimproverato l’amore per Rosalina. FRATE LORENZO
Non l’amore alunno mio, ma il vaneggiamento. ROMEO
E mi avete ordinato di seppellire l’amore. FRATE LORENZO
Non per metterne da parte uno e prenderne un altro. ROMEO
Vi prego, non rimproveratemi. Quella che amo adesso rende grazia per grazia, amore per amore. Non faceva così quell’altra. FRATE LORENZO
Perché sapeva bene che il tuo era un amore recitato a memoria, e non sentito parola per parola. Ma vieni, mio bel farfallone, seguimi. Ti asseconderò a modo mio: questo connubio può essere una felice occasione per trasformare il rancore delle vostre famiglie in rinnovato amore. ROMEO
E allora procediamo! Dobbiamo affrettarci. FRATE LORENZO
Chi va piano va sano, e chi corre troppo inciampa. Escono II, 3
Entrano Benvolio e Mercuzio112
MERCUZIO
Dove diavolo si è cacciato Romeo? Non è andato a casa stanotte? BENVOLIO
Non da suo padre. Ho parlato con uno dei suoi. MERCUZIO
Insomma, quella ragazzina frigida dal cuore di pietra, quella Rosalina, lo ossessiona talmente che certo ne uscirà pazzo.
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
BENVOLIO
Tybalt, the kinsman to old Capulet, Hath sent a letter to his father’s house. MERCUTIO
A challenge, on my life. Romeo will answer it. MERCUTIO Any man that can write may answer a letter. BENVOLIO Nay, he will answer the letter’s master, how he dares, being dared. MERCUTIO Alas, poor Romeo, he is already dead – stabbed with a white wench’s black eye, run through the ear with a love song, the very pin of his heart cleft with the blind bow-boy’s butt-shaft; and is he a man to encounter Tybalt? [BENVOLIO] Why, what is Tybalt? MERCUTIO More than Prince of Cats. O, he’s the courageous captain of compliments. He fights as you sing pricksong: keeps time, distance, and proportion. He rests his minim rests: one, two, and the third in your bosom; the very butcher of a silk button. A duellist, a duellist; a gentleman of the very first house of the first and second cause. Ah, the immortal passado, the punto reverso, the hai. BENVOLIO The what? MERCUTIO The pox of such antic, lisping, affecting phantasims, these new tuners of accent! ‘By Jesu, a very good blade, a very tall man, a very good whore.’ Why is not this a lamentable thing, grandsire, that we should be thus afflicted with these strange flies, these fashionmongers, these ‘pardon-me’s’, who stand so much on the new form that they cannot sit at ease on the old bench? O, their bones, their bones! BENVOLIO
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13. Run: così in Q2; in Q1 shot = “colpite”. 19. He fights…: in Q1 Catso, he fights… = “Cazzo, si batte…”. 20. Minim: emend. di minum (Q1, Q2 e F). 27. Phantasims, “fantastici”: emend. tardo di Q2, phantacies = “fantasie”; in Q1 fantasticoes. 31. ‘Pardon-me’s’: così in Q1; in Q2 Pardons mees. 336
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
BENVOLIO
Tebaldo, familiare del vecchio Capuleti, ha mandato una lettera a casa di suo padre. MERCUZIO
Per la mia pelle, una sfida! BENVOLIO
Romeo risponderà. MERCUZIO
Chiunque sappia scrivere può rispondere a una lettera. BENVOLIO
Già, ma lui risponderà a chi glie l’ha inviata con una sfida, essendo stato sfidato. MERCUZIO
Ahimè povero Romeo, è già morto – trafitto dagli occhi neri di una pallida ragazza, trapassate le orecchie da una canzone d’amore, il cuore spaccato nel centro dalla freccia113 dell’arciere bambino; e sarebbe questo l’uomo da opporre a Tebaldo? [BENVOLIO]
Beh, e chi è Tebaldo? MERCUZIO
Più del principe dei Gatti114. Oh, lui è il coraggioso artista del duello115: si batte come tu canti leggendo le note, mantenendo tempo, intervallo, misura. Indugia un po’ sugli stacchi, poi un due tre, e ti è già entrato nel petto: un vero macellaio di un bottone di seta116! Uno spadaccino, uno spadaccino ti dico; un gentiluomo della primissima casa della prima e seconda causa117. Ah, l’immortale affondo, il rovescio, la stoccata! BENVOLIO
La cosa? MERCUZIO
La peste se li porti tutti questi grotteschi, balbuzienti, manierati fantastici, questi inventori di nuovi accenti! “Gesummio, una splendida lama, un’invidiabile statura, una puttanata eccellente!” Mio bel nonnetto, non ti pare esecrabile l’essere travagliati da questi strani insetti, questi modaioli, questi pardonnez-moi così attenti alle novità da non saper più sedere a loro agio sulle panche di una volta? Oh le ossa, le ossa118! 337
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
Enter Romeo BENVOLIO Here comes Romeo, here comes Romeo! MERCUTIO Without his roe, like a dried herring. O flesh,
flesh, how art thou fishified! Now is he for the numbers that Petrarch flowed in. Laura to his lady was a kitchen wench – marry, she had a better love to berhyme her – Dido a dowdy, Cleopatra a gypsy, Helen and Hero hildings and harlots, Thisbe a grey eye or so, but not to the purpose. Signor Romeo, bonjour. There’s a French salutation to your French slop. You gave us the counterfeit fairly last night. ROMEO Good morrow to you both. What counterfeit did I give you? MERCUTIO The slip, sir, the slip. Can you not conceive? ROMEO Pardon, good Mercutio. My business was great, and in such a case as mine a man may strain courtesy. MERCUTIO That’s as much as to say such a case as yours constrains a man to bow in the hams. ROMEO Meaning to curtsy. MERCUTIO Thou hast most kindly hit it. ROMEO A most courteous exposition. MERCUTIO Nay, I am the very pink of courtesy. ROMEO Pink for flower. MERCUTIO Right. ROMEO Why, then is my pump well flowered.
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37. Was: così in Q2; in Q1 was but = “era solo”. 38. Wench – marry: così in Q2; in Q1 drudge – yet = “sguattera, – però”. 338
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
Entra Romeo BENVOLIO
Ecco che arriva Romeo, ecco Romeo! MERCUZIO
Senza più gli ovi119, come un’aringa secca. Oh carne, carne – pesce sei diventata! Eccolo pronto per rime fluenti alla Petrarca120. Accanto alla sua donna Laura era una sguattera – ma perbacco, aveva un moroso più bravo a cantarla! – e Didone una sciattona, Cleopatra una zingara, Elena e Ero due sgualdrine buone a nulla, Tisbe una magari con gli occhi blu, ma poi nient’altro121. Signor Romeo, bonjour. Ecco un saluto infranciosato alle tue braghe francesi a sbuffo. Ci hai rifilato una bella patacca ieri notte122. ROMEO
Buon giorno a tutti e due. Quale patacca? MERCUZIO
Il signorino ci ha piantati in asso – in asso, non capisci? ROMEO
Ti chiedo scusa, buon Mercuzio. Avevo un impegno urgente, e in un caso come il mio ci si dimentica delle buone maniere123. MERCUZIO
Che è come dire che un caso come il tuo costringe uno a muovere le natiche. ROMEO
Vuoi dire a fare un inchino? MERCUZIO
Ci hai azzeccato con garbo. ROMEO
Un’esposizione correttissima. MERCUZIO
Eh già, io sono una cima di cortesia124. ROMEO
Come un fiore sulla cima125. MERCUZIO
Giusto. ROMEO
Ah, quanto a fiori, anche le mie scarpe hanno quel disegno.
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
MERCUTIO Sure wit, follow me this jest now till thou hast
worn out thy pump, that when the single sole of it is worn, the jest may remain, after the wearing, solely singular. ROMEO O single-soled jest, solely singular for the singleness! MERCUTIO Come between us, good Benvolio. My wits faints. ROMEO Switch and spurs, switch and spurs, or I’ll cry a match. MERCUTIO Nay, if our wits run the wild-goose chase, I am done, for thou hast more of the wild goose in one of thy wits than I am sure I have in my whole five. Was I with you there for the goose? ROMEO Thou wast never with me for anything when thou wast not there for the goose. MERCUTIO I will bite thee by the ear for that jest. ROMEO Nay, good goose, bite not. MERCUTIO Thy wit is very bitter sweeting, it is a most sharp sauce. ROMEO And is it not then well served in to a sweet goose? MERCUTIO O, here’s a wit of cheverel, that stretches from an inch narrow to an ell broad. ROMEO I stretch it out for that word ‘broad’, which, added to the goose, proves thee far and wide a broad goose. MERCUTIO Why, is not this better now than groaning for love? Now art thou sociable, now art thou Romeo, now art thou what thou art by art as well as by nature, for
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63. My wits faints: così in Q2; in Q1 my wits sail = “il mio spirito prende il largo”. 64. Switch and spurs: in Q2 swits and spurs, con lo stesso significato, poi divenuto proverbiale. 340
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
MERCUZIO
Buona questa, davvero! Seguimi in questo gioco finché le scarpe non le hai consumate; e quando quell’unica suola se n’è andata fa che il gioco rimanga in piedi, solitario e singolare. ROMEO
Oh gioco della suola singola, singolarmente solitario per la sua singolarità! MERCUZIO
Benvolio, vieni a dividerci. Il mio spirito è stracco. ROMEO
Dai, sprona ‘sto spirito126, o dirò che ho vinto io! MERCUZIO
Ma se i nostri spiriti si mettono a caccia dell’oca selvatica127 io sono finito, perché c’è più dell’oca in una delle tue battute di quanta non ne abbia io nei miei cinque sensi. Non ti ho ben sistemato con questa dell’oca? ROMEO
Non hai sistemato un bel niente, se non te stesso a far l’oca. MERCUZIO
E per questo scherzo ti mordo l’orecchio128. ROMEO
Oca no, da brava; non mordere. MERCUZIO
Il tuo spirito è agrodolce, una salsa molto piccante. ROMEO
E non accompagna bene la dolce oca? MERCUZIO
Oh, ecco uno spirito come una pelle di capretto, che da un ristretto pollice ti si allunga fino a un grande braccio. ROMEO
Io l’allungo fino a quella parola ‘grande’ che, aggiunta all’oca, mostra quale grande oca tu sia, in lungo e in largo. MERCUZIO
Insomma, non è meglio questo gioco che i lamenti d’amore? Ora sì che sei socievole, ora sì che sei Romeo, ora sei quello che sei, per artificio come per natura; questo amore fatto di ciance è come un
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
this drivelling love is like a great natural that runs lolling up and down to hide his bauble in a hole. BENVOLIO Stop there, stop there. MERCUTIO Thou desirest me to stop in my tale against the hair. BENVOLIO Thou wouldst else have made thy tale large. MERCUTIO O, thou art deceived, I would have made it short, for I was come to the whole depth of my tale, and meant indeed to occupy the argument no longer.
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Enter the Nurse, and Peter, her man ROMEO Here’s goodly gear. [BENVOLIO] A sail, a sail! MERCUTIO Two, two – a shirt and a smock.
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NURSE Peter. PETER Anon. NURSE My fan, Peter. MERCUTIO Good Peter, to hide her face, for her fan’s the
fairer face. NURSE God ye good morrow, gentlemen. MERCUTIO God ye good e’en, fair gentlewoman. NURSE Is it good e’en?
86. In Q2 manca l’intestazione di questa battuta a Benvolio. 342
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
grosso idiota che corre su e giù con la lingua a penzoloni, per ficcare in un buco la sua verga129. BENVOLIO
Fermati qui, fermati qui. MERCUZIO
Tu vuoi che fermi il mio racconto prima di arrivare al contropelo. BENVOLIO
Altrimenti ti si sarebbe ingrossato oltre misura130. MERCUZIO
Oh sei un illuso, lo avrei anzi accorciato, perché ero arrivato alla coda di quel racconto, e non intendevo proprio rimanerci131, nell’argomento. Entrano la balia e Pietro, suo servitore ROMEO
Ecco un bell’argomento! [BENVOLIO]
Una vela, una vela132! MERCUZIO
Due, due – una camicia e un grembiule. BALIA
Pietro! PIETRO
Arrivo. BALIA
Pietro, il mio ventaglio133. MERCUZIO
Per nascondersi la faccia, buon Pietro: il ventaglio ne presenta una migliore. BALIA
Dio vi accordi una buona giornata, signori. MERCUZIO
E a voi una buona serata, bella signora. BALIA
Siamo già alla buona sera?
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
MERCUTIO ’Tis no less, I tell ye: for the bawdy hand of the
dial is now upon the prick of noon. NURSE Out upon you, what a man are you! ROMEO One, gentlewoman, that God hath made for himself to mar. NURSE By my troth, it is well said. ‘For himself to mar’, quoth a? Gentlemen, can any of you tell me where I may find the young Romeo? ROMEO I can tell you, but young Romeo will be older when you have found him than he was when you sought him. I am the youngest of that name, for fault of a worse. NURSE You say well. MERCUTIO Yea, is the worst well? Very well took, i’faith, wisely, wisely. NURSE (to Romeo) If you be he, sir, I desire some confidence with you. BENVOLIO She will endite him to some supper. MERCUTIO A bawd, a bawd, a bawd. So ho! ROMEO What hast thou found? MERCUTIO No hare, sir, unless a hare, sir, in a lenten pie, that is something stale and hoar ere it be spent.
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[He walks by them and] sings An old hare hoar And an old hare hoar Is very good meat in Lent.
107. For himself: così in Q1, solo himself in Q2. 344
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
MERCUZIO
Poco ci manca, vi assicuro. La mano lasciva della meridiana sta già manipolando l’asta del mezzogiorno. BALIA
Insomma vergognatevi, che uomo siete? ROMEO
Un uomo, signora, che il Signore ha creato a sua immagine e dissomiglianza. BALIA
Ben detto perbacco! ‘A sua immagine e dissomiglianza’ hai detto? Signori, qualcuno può dirmi dove posso trovare il giovane Romeo? ROMEO
Ve lo posso dire io, salvo che quando lo troverete il giovane Romeo sarà più vecchio di quando lo cercavate. Io sono il più giovane con quel nome, in mancanza di peggio134. BALIA
Ben detto. MERCUZIO
Come, il peggio vi va bene? Ben trovato in verità! Ah che saggezza, che saggezza! BALIA (a Romeo) Se siete voi, desidero parlarvi in privatezza135. BENVOLIO
Lo priviterà a qualche cena. MERCUZIO
Una ruffiana, una ruffiana, attenzione! ROMEO
Cosa hai trovato? MERCUZIO
Non certo una lepre signor mio, a meno che non si intenda una lepre in un pasticcio di Quaresima, cioè qualcosa che va a male prima di essere servita136. [Gira intorno a loro e] canta Una lepre andata a male Andata a male In Quaresima diventa prelibata 345
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
But a hare that is hoar Is too much for a score When it hoars ere it be spent. Romeo, will you come to your father’s? We’ll to dinner thither. ROMEO I will follow you. MERCUTIO Farewell, ancient lady. Farewell, [sings] ‘lady, lady, lady’. Exeunt Mercutio and Benvolio NURSE I pray you, sir, what saucy merchant was this that was so full of his ropery? ROMEO A gentleman, Nurse, that loves to hear himself talk, and will speak more in a minute than he will stand to in a month. NURSE An a speak anything against me, I’ll take him down an a were lustier than he is, and twenty such jacks; an if I cannot, I’ll find those that shall. Scurvy knave! I am none of his flirt-Jills, I am none of his skeans-mates. (To Peter) And thou must stand by, too, and suffer every knave to use me at his pleasure. PETER I saw no man use you at his pleasure. If I had, my weapon should quickly have been out; I warrant you, I dare draw as soon as another man if I see occasion in a good quarrel, and the law on my side. NURSE Now, afore God, I am so vexed that every part about me quivers. Scurvy knave! (To Romeo) Pray you, sir, a word; and, as I told you, my young lady bid me enquire you out. What she bid me say I will keep to myself, but first let me tell ye if ye should lead her in a fool’s paradise, as they say, it were a very gross kind of
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141. An a speak…: in Q1 an hee stand to = “se mi si oppone (in senso fisico, dicendo qualcosa contro di me…”): rivela un doppio senso osceno collegato a I’ll take him down, “lo stendo”, ma anche “lo faccio ammosciare”. Qui e altrove a e an stanno rispettivamente per il pronome di terza persona maschile – “lui” – e per la congiunzione “se”: questi usi colloquiali non vengono più segnalati. 149. If: così in Q2; in Q1 you know my tool is as soon out as another’s if = “sai che faccio più infretta di qualsiasi altro a tirarlo fuori se”… 346
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
Ma una lepre ch’è ammuffita Dura troppo per valer qualcosa Se è ammuffita Prima ancor d’esser servita. Romeo, vieni a casa di tuo padre? Pranziamo lì. ROMEO
Ti seguo. MERCUZIO
Addio mia antica signora, addio! [canta] ‘Addio mia bella signora’137… Escono Mercuzio e Benvolio BALIA
Di grazia, signore, chi era quel propalatore di sconcezze così gonfio di robaccia da forca138? ROMEO
Un gentiluomo, signora balia, che ama sentirsi parlare, e ne dice di più in un minuto di quante non sia disposto a sentirne in un mese. BALIA
Se dice qualcosa contro di me lo metto al tappeto139 anche se fosse più gagliardo di quanto si crede, lui e venti altri gaglioffi come lui; e se non ci riesco io, trovo quelli che lo sanno fare. Insolente furfante, non sono mica una delle sue battone io, e neanche una tagliagole140 sono io. (A Pietro) E tu te ne stai lì impalato, e tolleri che ogni gaglioffo mi maltratti come gli pare e piace! PIETRO
Non ho visto nessuno che vi trattasse come gli pare e piace141. Se lo avessi visto, avrei sfoderato subito l’arma. Vi assicuro, so mettermi in guardia veloce come chiunque altro se l’occasione è buona, e ho la legge dalla mia parte. BALIA
Quant’è vero Iddio, sono così arrabbiata che tremo tutta. Insolente mascalzone! (A Romeo) Vi prego signore, una parola. Come vi ho detto la mia signora mi ha pregato di cercare di voi. Ciò che mi ha detto di dirvi ora lo tengo per me, ma prima lasciate che vi dica che se intendete darle false speranze, come si dice, sarebbe una bella
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 3
behaviour, as they say, for the gentlewoman is young; and therefore if you should deal double with her, truly it were an ill thing to be offered to any gentlewoman, and very weak dealing. ROMEO Nurse, commend me to thy lady and mistress. I protest unto thee – NURSE Good heart, and i’faith I will tell her as much. Lord, Lord, she will be a joyful woman. ROMEO What wilt thou tell her, Nurse? Thou dost not mark me. NURSE I will tell her, sir, that you do protest; which as I take it is a gentlemanlike offer. ROMEO Bid her devise Some means to come to shrift this afternoon, And there she shall at Friar Laurence’ cell Be shrived and married. (Offering money) Here is for thy pains. NURSE No, truly, sir, not a penny. ROMEO Go to, I say, you shall. NURSE [taking the money] This afternoon, sir. Well, she shall be there.
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ROMEO
And stay, good Nurse, behind the abbey wall. Within this hour my man shall be with thee And bring thee cords made like a tackled stair, Which to the high topgallant of my joy Must be my convoy in the secret night. Farewell. Be trusty, and I’ll quit thy pains. Farewell. Commend me to thy mistress.
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NURSE
Now God in heaven bless thee! Hark you, sir. ROMEO What sayst thou, my dear Nurse? NURSE
Is your man secret? Did you ne’er hear say ‘Two may keep counsel, putting one away’? 151. Part: così in Q2; in Q1 member = “membro”. 348
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 3
carognata, come si dice, perché la ragazza è giovane, e quindi se con lei doveste fare il doppio gioco, beh sarebbe una brutta cosa da farsi a una ragazza perbene, e un comportamento proprio indegno. ROMEO
Balia, raccomandami alla tua signora e padrona. Ti garantisco… BALIA
Cuore mio! Sì, eccome se glie lo dirò. Signore onnipotente, felice la farò! ROMEO
E cosa le dirai, balia? Non mi pare che tu mi segua. BALIA
Le dirò, signore, che la garantite, e per me è un’offerta da gentiluomo. ROMEO
Pregala di andare a confessarsi questo pomeriggio alla cella di Frate Lorenzo, dove lui la confesserà e ci sposerà. (Le offre del denaro) Ecco, per il tuo disturbo. BALIA
No davvero signore, non un soldo. ROMEO
Andiamo, non facciamo storie. BALIA [prende il denaro]
Questo pomeriggio, signore. Lei ci sarà. ROMEO
E tu, buona balia, trovati dietro il muro dell’abbazia. Nel giro di un’ora un mio uomo verrà da te e ti porterà una scala di corda, la via che nel segreto della notte mi porterà al culmine della gioia. Addio, sii fidata, e compenserò le tue fatiche. Addio, raccomandami alla tua signora. BALIA
Che il Signore dei cieli ti benedica. Ancora una parola. ROMEO
Che c’è ancora, mia cara balia? BALIA
È fidato il vostro uomo? Non avete mai sentito il detto “due san tenere un segreto, se solo uno lo sa”?
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 4
ROMEO
I warrant thee my man’s as true as steel. NURSE
Well, sir, my mistress is the sweetest lady. Lord, Lord, when ’twas a little prating thing – O, there is a nobleman in town, one Paris, That would fain lay knife aboard; but she, good soul, Had as lief see a toad, a very toad, As see him. I anger her sometimes, And tell her that Paris is the properer man; But I’ll warrant you, when I say so she looks As pale as any clout in the versal world. Doth not rosemary and Romeo begin Both with a letter?
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ROMEO
Ay, Nurse, what of that? Both with an ‘R’.
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NURSE Ah, mocker – that’s the dog’s name. ‘R’ is for the –
no, I know it begins with some other letter, and she hath the prettiest sententious of it, of you and rosemary, that it would do you good to hear it. ROMEO Commend me to thy lady. NURSE Ay, a thousand times. Peter! PETER Anon. NURSE [giving Peter her fan] Before, and apace.
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Exeunt [Peter and Nurse at one door, Romeo at another door] Enter Juliet
2.4 JULIET
The clock struck nine when I did send the Nurse. In half an hour she promised to return. Perchance she cannot meet him. That’s not so. O, she is lame! Love’s heralds should be thoughts,
188-198: così in Q2 (in prosa); manca in Q1. 207. Before and apace: così in Q2; in Q1 take my fan, and go before = “prendi il mio ventaglio, e precedimi”. 350
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 4
ROMEO
Ti assicuro che il mio uomo è sicuro come l’acciaio. BALIA
Bene, signore: la mia padroncina è la più dolce delle ragazze. Signoriddio, bisognava vederla quando era una piccola pettegola – ah, c’è un gentiluomo in città, un certo Paride, che si prepara a farsi avanti142; ma lei, anima buona, preferirebbe vedere un rospo, un vero rospo, piuttosto che lui. Certe volte la faccio imbestialire dicendole che Paride è un ottimo partito. Ma vi assicuro, quando dico così lei si sbianca tutta, come un cencio fradicio. Ma le parole Romeo e rosmarino143 non cominciano con la stessa lettera? ROMEO
Sì balia, e allora? Tutti e due con la erre. BALIA
Ah birbone – quello è il nome del cane che ringhia, mentre l’iniziale di “cane” è la stessa di “cu…” – no, dev’essere qualche altra lettera: lei è abilissima a giocarci, con voi e il rosmarino, che è un piacere sentirla144. ROMEO
Ricordami alla tua signora. BALIA
Sì, mille volte. Pietro! PIETRO
Eccomi. BALIA [dà a Pietro il ventaglio]
Stammi davanti, e sbrighiamoci. Escono [Pietro e la balia da una porta, Romeo dall’altra] II, 4
Entra Giulietta145
GIULIETTA
Ho mandato la balia che l’orologio batteva le nove. Ha promesso che sarebbe tornata in mezz’ora. Forse non l’ha trovato. No, non può essere. Oh, s’è azzoppata! I pensieri dovrebbero essere mes-
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 4
Which ten times faster glides than the sun’s beams Driving back shadows over louring hills. Therefore do nimble-pinioned doves draw Love, And therefore hath the wind-swift Cupid wings. Now is the sun upon the highmost hill Of this day’s journey, and from nine till twelve Is three long hours, yet she is not come. Had she affections and warm youthful blood She would be as swift in motion as a ball. My words would bandy her to my sweet love, And his to me. But old folks, many feign as they were dead – Unwieldy, slow, heavy, and pale as lead.
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Enter the Nurse and Peter O God, she comes! O honey Nurse, what news? Hast thou met with him? Send thy man away. NURSE Peter, stay at the gate. Exit Peter JULIET
Now, good sweet Nurse – O Lord, why look’st thou sad? Though news be sad, yet tell them merrily; If good, thou sham’st the music of sweet news By playing it to me with so sour a face.
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NURSE
I am a-weary. Give me leave a while. Fie, how my bones ache. What a jaunce have I!
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JULIET
I would thou hadst my bones and I thy news. Nay, come, I pray thee speak, good, good Nurse, speak. NURSE
Jesu, what haste! Can you not stay a while? Do you not see that I am out of breath?
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26. Jaunce: così in Q2 (espressione dialettale); in Q1 jaunt = “viaggio scomodo, scarpinata”. 352
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 4
saggeri d’amore, e filar via dieci volte più rapidi dei raggi del sole, quando fugano le ombre minacciose dalle colline. Per questo Amore è trainato da colombe dalle agili ali, e per questo Cupido vola veloce come il vento. Adesso il sole è sopra il colle più alto del suo viaggio; dalle nove alle dodici sono tre lunghe ore, e lei non viene ancora. Se avesse gli affetti e il sangue della gioventù correrebbe veloce come una palla. Le mie parole la lancerebbero al mio dolce amore, e lui con le sue la ribatterebbe a me. Ma i vecchi, certe volte, sembrano morti – ingombranti, lenti, pesanti, lividi come il piombo. Entrano la balia e Pietro Oddio, ecco che arriva! Dolce balia, che notizie? Lo hai incontrato? Manda via il tuo uomo. BALIA
Pietro, rimani al cancello. Esce Pietro GIULIETTA
Dimmi, buona e dolce balia – Oh Dio, perché sembri così triste? Se hai notizie tristi, dille almeno con gioia; se buone, il buio della tua faccia me ne rovina tutta la musica. BALIA
Sono stanca, fatemi respirare un po’! Ah, che male alle ossa, che sgambata! GIULIETTA
Facciamo cambio: io ti do le mie ossa, e tu le tue notizie. Insomma cara, cara balia, ti prego, parla, parla! BALIA
Gesù, quanta fretta! Non potete aspettare un momento? Non vedete che ho il fiatone?
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ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 4
JULIET
How art thou out of breath when thou hast breath To say to me that thou art out of breath? The excuse that thou dost make in this delay Is longer than the tale thou dost excuse. Is thy news good or bad? Answer to that. Say either, and I’ll stay the circumstance. Let me be satisfied: is’t good or bad? NURSE Well, you have made a simple choice. You know not how to choose a man. Romeo? No, not he; though his face be better than any man’s, yet his leg excels all men’s, and for a hand and a foot and a body, though they be not to be talked on, yet they are past compare. He is not the flower of courtesy, but, I’ll warrant him, as gentle as a lamb. Go thy ways, wench. Serve God. What, have you dined at home?
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JULIET
No, no. But all this did I know before. What says he of our marriage – what of that? NURSE
Lord, how my head aches! What a head have I! It beats as it would fall in twenty pieces. My back – [Juliet rubs her back] a’ t’other side – ah, my back, my back! Beshrew your heart for sending me about To catch my death with jauncing up and down.
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JULIET
I’faith, I am sorry that thou art not well. Sweet, sweet, sweet Nurse, tell me, what says my love? NURSE Your love says, like an honest gentleman, and a courteous, and a kind, and a handsome, and, I warrant, a virtuous – where is your mother?
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 4
GIULIETTA
Come puoi avere il fiatone se hai ancora il fiato di dirmi che hai il fiatone? La scusa che porti per il tuo indugio dura più a lungo del racconto che ti scusi di non fare. Le tue notizie sono buone o cattive? Rispondi a questo. Dì una sola parola, per i dettagli posso aspettare. Accontentami: buone o cattive? BALIA
Beh, avete fatto la scelta sbagliata. Non sapete come si sceglie un uomo. Romeo? No, proprio non va; benché il suo viso sia meglio di qualunque altro, e le gambe eccedano quelle di ogni altro, e quanto alle mani e ai piedi e al corpo, anche se non sono da menzionare, tuttavia sono al di là di ogni paragone. Non è un fiore di cortesia, ma, ve lo assicuro, mite come un agnello. Vai per la tua strada, ragazza mia, servi il Signore. Allora, avete già pranzato in questa casa? GIULIETTA
No, no; ma tutto questo lo sapevo già. Che cosa ha detto del matrimonio – di quello, cosa ha detto? BALIA
Oddio, che mal di testa mi è venuto! Che testa che ho! Mi batte come se dovesse spezzarsi in venti pezzi! La mia schiena – [Giulietta le massaggia la schiena] dall’altra parte – ah la schiena, la schiena! Ci vuole un cuore di pietra per mandarmi in giro a cercarmi la morte saltellando di qua e di là. GIULIETTA
Davvero, mi dispiace che tu non stia bene. Dolce, dolce, dolce balia, dimmi, cosa dice il mio amore? BALIA
Il vostro amore dice, da onesto gentiluomo, e cortese, e gentile, e bello, e – posso dirlo – virtuoso … Ma dov’è vostra madre?
355
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 5
JULIET
Where is my mother? Why, she is within. Where should she be? How oddly thou repliest! ‘Your love says like an honest gentleman “Where is your mother?”’ NURSE O, God’s Lady dear! Are you so hot? Marry come up, I trow. Is this the poultice for my aching bones? Henceforward do your messages yourself.
60
JULIET
Here’s such a coil! Come, what says Romeo?
65
NURSE
Have you got leave to go to shrift today? JULIET I have. NURSE
Then hie you hence to Friar Laurence’ cell. There stays a husband to make you a wife. Now comes the wanton blood up in your cheeks. They’ll be in scarlet straight at any news. Hie you to church. I must another way, To fetch a ladder by the which your love Must climb a bird’s nest soon, when it is dark. I am the drudge, and toil in your delight, But you shall bear the burden soon at night. Go, I’ll to dinner. Hie you to the cell.
70
75
JULIET
Hie to high fortune! Honest Nurse, farewell. Exeunt [severally] 2.5
Enter friar Laurence and Romeo
FRIAR LAURENCE
So smile the heavens upon this holy act That after-hours with sorrow chide us not!
77. Da go… fino a II, 5, 37, one: Q1 ha un testo molto differente e probabilmente spurio, dettato dalla necessità di completare un manoscritto manchevole. 356
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 5
GIULIETTA
Dov’è mia madre? Sarà in casa, dove dovrebbe essere se no? che risposte strane che dài! Il vostro amore dice, da onesto gentiluomo, ‘Dov’è vostra madre?’ BALIA
Madonna buona, come vi scaldate! Un po’ di pazienza, insomma! Sarebbe questo il balsamo per le mie ossa doloranti? D’ora in poi i vostri messaggi ve li portate da sola! GIULIETTA
Quante storie! Da brava, cosa dice Romeo? BALIA
Avete il permesso di andare a confessarvi oggi? GIULIETTA
Sì. BALIA
Allora vai alla cella di Frate Lorenzo. Là ci sarà un marito che farà di te la sua sposa. Ora sì che il sangue impetuoso ti sale alle gote! Scarlatte si faranno, ascoltando le mie novità. Tu vai in chiesa, io vado a prendere una scala con cui il tuo amore deve salire fino al nido del suo uccello, quando sarà notte. Io sono il facchino e fatico per il vostro piacere, ma presto, questa notte, sarai tu a portarne il peso. Vai, io vado a mangiare, tu alla cella. GIULIETTA
Verso la felicità! Onesta balia, addio. Escono [separatamente] II, 5
Entrano Frate Lorenzo e Romeo146
FRATE LORENZO
… Così, sorridano i cieli su questo sacro rito, e che il seguito non ci rimproveri con qualche dolore!
357
ROMEO AND JULIET, ACT 2 SCENE 5
ROMEO
Amen, amen. But come what sorrow can, It cannot countervail the exchange of joy That one short minute gives me in her sight. Do thou but close our hands with holy words, Then love-devouring death do what he dare – It is enough I may but call her mine.
5
FRIAR LAURENCE
These violent delights have violent ends, And in their triumph die like fire and powder, Which as they kiss consume. The sweetest honey Is loathsome in his own deliciousness, And in the taste confounds the appetite. Therefore love moderately. Long love doth so. Too swift arrives as tardy as too slow.
10
15
Enter Juliet [somewhat fast, and embraceth Romeo] Here comes the lady. O, so light a foot Will ne’er wear out the everlasting flint. A lover may bestride the gossamers That idles in the wanton summer air, And yet not fall, so light is vanity.
20
JULIET
Good even to my ghostly confessor. FRIAR LAURENCE
Romeo shall thank thee, daughter, for us both. JULIET
As much to him, else is his thanks too much. ROMEO
Ah, Juliet, if the measure of thy joy Be heaped like mine, and that thy skill be more To blazon it, then sweeten with thy breath This neighbour air, and let rich music’s tongue Unfold the imagined happiness that both Receive in either by this dear encounter.
21. In Q1 Giulietta saluta subito Romeo, e non Frate Lorenzo. 358
25
ROMEO E GIULIETTA, ATTO II SCENA 5
ROMEO
Amen, amen. Dolori o non dolori, nulla potrà contrastare la gioia che può darmi un breve minuto della sua presenza. Voi legate le nostre mani con sante parole, poi la morte che divora gli amori faccia pure quel che le pare – per me è abbastanza poterla chiamare mia. FRATE LORENZO
Queste passioni violente incappano in fini violente, e muoiono nel trionfare, come il fuoco e la polvere da sparo, che si consumano all’incontro147. Il miele più dolce diventa nauseabondo per la sua stessa squisitezza, e a chi lo gusta annulla l’appetito. Dunque, ama moderatamente. Così fanno gli amori che durano. Chi precipita tutto arriva tardi come chi va troppo piano. Entra Giulietta [un po’ in affanno, e abbraccia Romeo] Ecco la sposa. Oh, un piede tanto leggero non consumerà mai il durevole selciato148. Un innamorato può cavalcare il filo di una ragnatela che si perde nell’esuberante aria dell’estate senza mai cadere, tanto leggera è la vanità delle cose. GIULIETTA
Buona sera al mio santo confessore. FRATE LORENZO
Romeo ti ringrazierà, figliola, anche per me. GIULIETTA
E io ringrazio lui, perché non ringrazi troppo. ROMEO
Ah Giulietta, se la misura della tua gioia è colma come la mia, e se riesci a esprimerla149 con più arte di me, addolcisci col tuo fiato l’aria che ci circonda, e lascia che la musica della tua voce dispieghi pienamente la felicità che noi due l’uno dall’altro riceviamo in questo atteso incontro.
359
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
JULIET
Conceit, more rich in matter than in words, Brags of his substance, not of ornament. They are but beggars that can count their worth, But my true love is grown to such excess I cannot sum up some of half my wealth.
30
FRIAR LAURENCE
Come, come with me, and we will make short work, For, by your leaves, you shall not stay alone Till Holy Church incorporate two in one. Exeunt 3.1
35
Enter Mercutio with his page, Benvolio, and men
BENVOLIO
I pray thee, good Mercutio, let’s retire. The day is hot, the Capels are abroad, And if we meet we shall not scape a brawl, For now, these hot days, is the mad blood stirring. MERCUTIO Thou art like one of these fellows that, when he enters the confines of a tavern, claps me his sword upon the table and says ‘God send me no need of thee’, and by the operation of the second cup, draws him on the drawer when indeed there is no need. BENVOLIO Am I like such a fellow? MERCUTIO Come, come, thou art as hot a jack in thy mood as any in Italy, and as soon moved to be moody, and as soon moody to be moved. BENVOLIO And what to? MERCUTIO Nay, an there were two such, we should have none shortly, for one would kill the other. Thou – why, thou wilt quarrel with a man that hath a hair more or a hair less in his beard than thou hast. Thou wilt quarrel with a man for cracking nuts, having no other reason but because thou hast hazel eyes. What eye but such an eye would spy out such a quarrel? Thy head is as full of quarrels as an egg is full of meat, and yet thy head hath been beaten as addle as an egg for quarrelling.
360
4
10
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
GIULIETTA
Più ricca di realtà che di parole, la fantasia si vanta della sua sostanza, e non degli ornamenti. Solo gli indigenti contano il loro denaro, ma il mio sincero amore ha raggiunto tali eccessi che non arrivo a contare neanche metà del mio tesoro. FRATE LORENZO
Venite, venite con me, ci sbrigheremo presto: col vostro permesso, non posso lasciarvi soli prima che la santa Chiesa abbia fatto di voi due una sola persona. Escono III, 1
Entrano Mercuzio col suo paggio, Benvolio, e altri150
BENVOLIO
Ti prego, buon Mercuzio, torniamo indietro. La giornata è calda, i Capuleti sono in giro, e se li incontriamo non potremo evitare uno scontro. Quando fa caldo così ribolle il sangue della follia151. MERCUZIO
Sei come quel tizio che entra in una taverna, ti sbatte la spada sul tavolo dicendo ‘Dio non voglia che abbia bisogno di te!’, e poi, arrivato al secondo bicchiere, la impugna contro l’oste quando non ce n’è proprio bisogno. BENVOLIO
E io sarei fatto così? MERCUZIO
Avanti, su, anche tu quando hai le tue fregole ti scaldi come nessun altro in Italia, e sei tanto deciso a scaldarti quanto caldo a deciderti. BENVOLIO
E a far che? MERCUZIO
Niente: se ce ne fossero due come te, presto non ce ne sarebbe più nessuno, perché vi ammazzereste a vicenda. Tu? – tu litigheresti con chiunque abbia nella barba un pelo in più o in meno di quanti ne hai tu. Tu ti scontreresti con uno per come schiaccia le noci, senz’altra ragione che hai gli occhi color nocciola. Quale occhio se non il tuo sarebbe capace di scoprire un simile motivo di contesa? Hai la testa tanto piena di dispute quanto un uovo ne ha di nutrizione, senza tener conto che la tua testa è stata ridotta al livello di 361
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
Thou hast quarrelled with a man for coughing in the street because he hath wakened thy dog that hath lain asleep in the sun. Didst thou not fall out with a tailor for wearing his new doublet before Easter; with another for tying his new shoes with old ribbon? And yet thou wilt tutor me from quarrelling! BENVOLIO An I were so apt to quarrel as thou art, any man should buy the fee-simple of my life for an hour and a quarter. MERCUTIO The fee simple? O, simple!
29
Enter Tybalt, Petruccio, and others BENVOLIO By my head, here comes the Capulets. MERCUTIO By my heel, I care not.
35
TYBALT (to Petruccio and the others)
Follow me close, for I will speak to them. (To the Montagues) Gentlemen, good e’en. A word with one of you. MERCUTIO And but one word with one of us? Couple it with something: make it a word and a blow. TYBALT You shall find me apt enough to that, sir, an you will give me occasion. MERCUTIO Could you not take some occasion without giving? TYBALT
Mercutio, thou consort’st with Romeo. MERCUTIO ‘Consort’? What, dost thou make us minstrels?
An thou make minstrels of us, look to hear nothing but discords. [Touching his rapier] Here’s my fiddlestick; here’s that shall make you dance. Zounds – ‘Consort’!
362
41
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
un uovo spiaccicato per il tanto litigare. Tu hai litigato con uno perché tossendo in strada ti ha svegliato il cane che dormiva al sole. E non ti sei accapigliato con un sarto perché aveva inaugurato una giubba nuova prima di Pasqua152, e con un altro perché si era allacciato le scarpe nuove con un nastro vecchio? E tu vorresti insegnare a me come evitare di litigare? BENVOLIO
E se io fossi pronto a litigare come te, chiunque potrebbe comprare i diritti su tutta la mia vita semplicemente per il valore di un’ora e un quarto. MERCUZIO
Semplicemente? Oh sempliciotto! Entrano Tebaldo, Petruccio e altri BENVOLIO
Per la mia capa, ecco che arrivano i Capuleti. MERCUZIO
Per i miei tacchi, non me ne frega un bel niente! TEBALDO (a Petruccio e altri)
Seguitemi da vicino, parlerò con loro. (Ai Montecchi) Buonasera signori, vorrei scambiare una parola con uno di voi. MERCUZIO
Solo una parola per uno solo di noi? Aggiungeteci qualcosa, facciamo una parola e un colpo. TEBALDO
Mi trovate dispostissimo, signore, se me ne date l’occasione. MERCUZIO
Non potete prendervela da solo, senza che ve la dia qualcuno? TEBALDO
Mercuzio, tu vai d’accordo con Romeo! MERCUZIO
D’accordo? Ma ci hai preso per menestrelli? Se proprio ci vuoi menestrelli, attento perché non udrai altro che stecche! [Portando la mano alla spada] Ecco il mio archetto, con questo ti farò ballare. ‘Accordo’, che cazzata153!
363
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
BENVOLIO
We talk here in the public haunt of men. Either withdraw unto some private place, Or reason coldly of your grievances, Or else depart. Here all eyes gaze on us.
50
MERCUTIO
Men’s eyes were made to look, and let them gaze. I will not budge for no man’s pleasure, I. Enter Romeo TYBALT
Well, peace be with you, sir. Here comes my man.
55
MERCUTIO
But I’ll be hanged, sir, if he wear your livery. Marry, go before to field, he’ll be your follower. Your worship in that sense may call him ‘man’. TYBALT
Romeo, the love I bear thee can afford No better term than this: thou art a villain.
60
ROMEO
Tybalt, the reason that I have to love thee Doth much excuse the appertaining rage To such a greeting. Villain am I none. Therefore, farewell. I see thou knowest me not. TYBALT
Boy, this shall not excuse the injuries That thou hast done me. Therefore turn and draw.
65
ROMEO
I do protest I never injured thee, But love thee better than thou canst devise Till thou shalt know the reason of my love. And so, good Capulet – which name I tender As dearly as mine own – be satisfied.
59. Love: così in Q2; in Q1 hate = “odio”. 364
70
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
BENVOLIO
Stiamo parlando nella pubblica via. Voi ritiratevi in qualche luogo appartato, o ragionate pacatamente delle vostre divergenze, o separatevi. Qui siamo sotto gli occhi di tutti. MERCUZIO
Gli occhi sono fatti per guardare, lascia che vedano. Io non mi sposto per far piacere a nessuno, io. Entra Romeo TEBALDO
Bene, la pace sia con voi, signore. Ecco il mio uomo. MERCUZIO
Mi possano impiccare, signore, se porta la vostra livrea154. Mettetevi in gioco, e vedrete come vi segue. Solo allora Vostra Signoria può chiamarlo ‘suo uomo’. TEBALDO
Romeo, l’amore che ti porto non mi consente di usare un termine migliore di questo: sei un mascalzone! ROMEO
Tebaldo, il motivo che ho di volerti bene attenua molto la giusta rabbia per un saluto come il tuo. Io non sono un mascalzone. Quindi, addio. Constato che non mi conosci. TEBALDO
Ragazzino, questo non scusa le offese che mi hai fatto. Quindi voltati e sguaina la spada. ROMEO
Ti assicuro di non averti mai offeso, e di volerti più bene di quanto tu possa pensare, fino a che non saprai la ragione del mio amore. Così, buon Capuleti – un nome che onoro tanto quanto il mio – questo ti basti.
365
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
MERCUTIO [drawing]
O calm, dishonourable, vile submission! Alla stoccado carries it away. Tybalt, you ratcatcher, come, will you walk? TYBALT What wouldst thou have with me? MERCUTIO Good King of Cats, nothing but one of your nine lives. That I mean to make bold withal, and, as you shall use me hereafter, dry-beat the rest of the eight. Will you pluck your sword out of his pilcher by the ears? Make haste, lest mine be about your ears ere it be out. TYBALT (drawing) I am for you.
75
81
ROMEO
Gentle Mercutio, put thy rapier up. MERCUTIO (to Tybalt) Come, sir, your passado.
They fight ROMEO [drawing]
Draw, Benvolio. Beat down their weapons. Gentlemen, for shame forbear this outrage. Tybalt, Mercutio, the Prince expressly hath Forbid this bandying in Verona streets. Hold, Tybalt, good Mercutio.
85
[Romeo beats down their points and rushes between them. Tybalt under Romeo’s arm thrusts Mercutio in] [PETRUCCIO] Away, Tybalt!
Exeunt Tybalt, Petruccio, and their followers MERCUTIO I am hurt.
90
A plague o’ both your houses. I am sped. Is he gone, and hath nothing? 73. Alla stoccado: in Q1 alla stockado, riportato alla forma italiana alla stoccata in molte ed. moderne. 74. Come, will you walk: emend. tardo, suggerito dalla metrica; in Q2 will you walk; in Q1 come back, come back = “torna, torna”, poco soddisfacente. 89. [Petruccio] è aggiunta tarda; Q2 ha la didascalia Away Tybalt = “esce Tebaldo”. 91. O’ both your houses: in Q2 a both houses = “su entrambe le famiglie”. 366
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
MERCUZIO [sfodera la spada]
Che pigra, disonorevole, vile ritirata! Risolviamo tutto alla stoccata155! Tebaldo, oh acchiappatopi, avanti, facciamo una passeggiata156? TEBALDO
Cosa vuoi tu da me? MERCUZIO
Buon re dei gatti157, nulla se non una delle tue nove vite. Quella intendo strapazzarla subito, e quanto alle altre otto, vedo come ti comporti e poi le uso come uno zerbino. Vuoi estrarre per le orecchie la spada da quel fodero cencioso? Affrettati, o la mia le rifilerà a te prima che la tua sia fuori. TEBALDO (sfodera la spada) Eccomi a te. ROMEO
Buon Mercuzio, metti via la spada. MERCUZIO (a Tebaldo)
Avanti signore, mostrateci il vostro famoso affondo! Mercuzio e Tebaldo si battono ROMEO [sfodera la spada]
Benvolio, fuori la spada; facciamogli abbassare le armi. Signori, vergognatevi e fermate questo scempio. Tebaldo, Mercuzio, il principe ha espressamente proibito simili scontri per le strade di Verona. Fermo Tebaldo, e tu buon Mercuzio. [Romeo separa con un colpo le punte delle spade e si intromette fra i duellanti. Tebaldo, sotto il braccio di Romeo, trafigge Mercuzio] [PETRUCCIO]
Filiamo, Tebaldo! Escono Tebaldo, Petruccio e i loro seguaci MERCUZIO
Mi ha beccato. Peste a tutte e due le vostre famiglie. Sono spacciato. Lui se n’è andato, e non ha nulla?
367
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
BENVOLIO
What, art thou hurt?
MERCUTIO
Ay, ay, a scratch, a scratch; marry, ’tis enough. Where is my page? Go, villain. Fetch a surgeon. Exit page ROMEO
Courage, man. The hurt cannot be much.
95
MERCUTIO No, ’tis not so deep as a well, nor so wide as a
church door, but ’tis enough. ’Twill serve. Ask for me tomorrow, and you shall find me a grave man. I am peppered, I warrant, for this world. A plague o’ both your houses! Zounds, a dog, a rat, a mouse, a cat, to scratch a man to death! A braggart, a rogue, a villain, that fights by the book of arithmetic! Why the devil came you between us? I was hurt under your arm. ROMEO I thought all for the best. MERCUTIO
Help me into some house, Benvolio, Or I shall faint. A plague o’ both your houses. They have made worms’ meat of me. I have it, and soundly, too. Your houses!
105
Exeunt all but Romeo ROMEO
This gentleman, the Prince’s near ally, My very friend, hath got this mortal hurt In my behalf, my reputation stained With Tybalt’s slander – Tybalt, that an hour
110
92-108. Q1 interpola qui parecchie righe in cui Mercuzio protesta e si lamenta amaramente. Per il loro carattere letterario John Jowett, curatore dell’ed. Oxford, le attribuisce a Henry Chettle o a Shakespeare stesso. La denuncia di Mercuzio include I shall be fairly mounted upon four men’s shoulders, for your house of the Montagues and the Capulets. And then some peasantly rogue, some sexton, some base slave shall write my epitaph, that Tybalt came and broke the Prince’s laws, and Mercutio was slain for the first and second cause. (Trad. nelle note al testo italiano.) 368
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
BENVOLIO
Sei ferito? MERCUZIO
Sì, sì, un graffio, un graffio, ma per Dio, basta questo. Dov’è il mio paggio? Corri, idiota. Trova un medico. Esce il paggio ROMEO
Coraggio, uomo. La ferita non può essere grave. MERCUZIO
No, non è fonda come un pozzo, né larga come la porta di una chiesa, ma basta questa. Effetto assicurato. Chiedi di me domani, e troverai un soggetto tombale158. Per questo mondo mi hanno ben cucinato, te lo garantisco159. La peste su tutte e due le vostre famiglie! Per Dio, che un cane, un ratto, un topo, un gatto gràffino a morte un uomo! Un fanfarone, un brigante, un malvivente che combatte con in mano il libro di aritmetica! Perché diavolo ti sei intromesso? Mi ha colpito sotto il tuo braccio! ROMEO
Credevo di far bene. MERCUZIO
Benvolio, portami in una casa prima che svenga. La peste sulle vostre due famiglie, mi hanno ridotto a carne da vermi. Me l’hanno proprio attaccata, e ben a fondo anche. Le vostre famiglie! Escono tutti tranne Romeo ROMEO
Questo gentiluomo, parente stretto del principe e mio caro amico, è stato ferito mortalmente per sostenere me, il mio onore macchiato dalle menzogne di Tebaldo – quel Tebaldo che da un’ora mi è
369
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
Hath been my cousin! O sweet Juliet, Thy beauty hath made me effeminate, And in my temper softened valour’s steel.
115
Enter Benvolio BENVOLIO
O Romeo, Romeo, brave Mercutio is dead! That gallant spirit hath aspired the clouds, Which too untimely here did scorn the earth. ROMEO
This day’s black fate on more days doth depend. This but begins the woe others must end.
120
Enter Tybalt BENVOLIO
Here comes the furious Tybalt back again. ROMEO
He gad in triumph, and Mercutio slain? Away to heaven, respective lenity, And fire-eyed fury be my conduct now. Now, Tybalt, take the ‘villain’ back again That late thou gav’st me, for Mercutio’s soul Is but a little way above our heads, Staying for thine to keep him company. Either thou, or I, or both must go with him.
125
TYBALT
Thou, wretched boy, that didst consort him here, Shalt with him hence. ROMEO This shall determine that.
130
They fight. Tybalt is wounded. He falls and dies
113. Cousin: così in Q2; in Q1 kinsman = “parente”. 122. He gad: emend. Oxford; in Q1 A live = “lui vive”; in Q2 he gan (gone); in Q3 he gon = “lui se ne va, se n’è andato”. 129. Either: così in Q2; in Q1 or. 370
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
parente160! Oh dolce Giulietta, la tua bellezza mi ha effeminato, e nel mio temperamento ha svigorito l’acciaio del valore. Entra Benvolio BENVOLIO
Oh Romeo, Romeo, il valoroso Mercuzio è morto! Il suo spirito magnanimo è salito alle nuvole, avendo troppo immaturamente disdegnato la terra. ROMEO
L’oscuro destino di questo giorno su molti altri grava, e segna l’inizio di un dolore cui molti altri dovranno seguire. Entra Tebaldo BENVOLIO
Ecco che torna Tebaldo, più furioso che mai. ROMEO
Lui va in giro trionfante, con Mercuzio morto? Fuggi lontano docilità rispettosa, d’ora in avanti mi guiderà la furia dagli occhi di fuoco. Tebaldo, ritira quel ‘mascalzone’ che mi hai rivolto prima: l’anima di Mercuzio è solo da poco sopra le nostre teste, e non aspetta che la tua per avere compagnia. O tu o io o entrambi andremo con lui. TEBALDO
Tu, dannato ragazzo che gli hai tenuto bordone, tu te ne andrai con lui. ROMEO
Sarà questo a stabilirlo. Combattono. Tebaldo ha la peggio e cade morto.
371
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
BENVOLIO Romeo, away, be gone.
The citizens are up, and Tybalt slain. Stand not amazed. The Prince will doom thee death If thou art taken. Hence, be gone, away.
135
ROMEO
O, I am fortune’s fool! BENVOLIO Why dost thou stay? Exit Romeo Enter Citizens [of the watch] CITIZEN [OF THE WATCH]
Which way ran he that killed Mercutio? Tybalt, that murderer, which way ran he? BENVOLIO
There lies that Tybalt. CITIZEN [OF THE WATCH] (to Tybalt) Up, sir, go with me.
I charge thee in the Prince’s name, obey.
140
Enter the Prince, old Montague, Capulet, their Wives, and all PRINCE
Where are the vile beginners of this fray? BENVOLIO
O noble Prince, I can discover all The unlucky manage of this fatal brawl. There lies the man, slain by young Romeo, That slew thy kinsman, brave Mercutio.
145
CAPULET’S WIFE
Tybalt, my cousin, O, my brother’s child! O Prince, O cousin, husband! O, the blood is spilled Of my dear kinsman! Prince, as thou art true, For blood of ours shed blood of Montague! O cousin, cousin! PRINCE Benvolio, who began this fray?
150
150. This fray: così in Q1; in Q2 this bloody fray = “questa rissa sanguinosa”, probabile correzione di Shakespeare. 372
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
BENVOLIO
Fuggi Romeo, scappa! La città è in subbuglio, Tebaldo è morto. Non startene lì sbalordito. Il principe ti condannerà a morte se ti fai prendere. Su, sbrigati, vai! ROMEO
Oh, sono lo zimbello della fortuna! BENVOLIO
Perché indugi? Esce Romeo ed entrano cittadini [della ronda] CAPO [DELLA RONDA]
Dov’è scappato chi ha ucciso Mercuzio? Tebaldo, quell’assassino, dov’è scappato? BENVOLIO
Tebaldo è lì, steso a terra. CAPO [DELLA RONDA] (rivolto a Tebaldo)
Alzatevi signore, e seguitemi. Ve l’ordino nel nome del Principe, obbedite. Entrano il principe, il veccho Montecchi, Capuleti, le loro mogli, e tutti gli altri PRINCIPE
Dove sono i violenti che hanno causato questa rissa? BENVOLIO,
Nobile principe, posso svelare io tutto ciò che ha portato a questa rissa sciagurata. Ecco lì l’uomo che ha ucciso il tuo parente Mercuzio, e poi è stato ucciso dal giovane Romeo. DONNA CAPULETI
Tebaldo, nipote mio, oh figlio di mio fratello! Oh principe, nipote, marito mio! Oh, è stato versato il sangue del mio caro parente! Principe, se sei giusto per il sangue nostro sia ora versato il sangue dei Montecchi! O nipote, nipote mio! PRINCIPE
Benvolio, chi ha cominciato questa rissa?
373
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 1
BENVOLIO
Tybalt, here slain, whom Romeo’s hand did slay. Romeo, that spoke him fair, bid him bethink How nice the quarrel was, and urged withal Your high displeasure. All this – utterèd With gentle breath, calm look, knees humbly bowed – Could not take truce with the unruly spleen Of Tybalt deaf to peace, but that he tilts With piercing steel at bold Mercutio’s breast, Who, all as hot, turns deadly point to point, And, with a martial scorn, with one hand beats Cold death aside, and with the other sends It back to Tybalt, whose dexterity Retorts it. Romeo, he cries aloud, ‘Hold, friends, friends, part!’ and swifter than his tongue His agent arm beats down their fatal points, And ’twixt them rushes, underneath whose arm An envious thrust from Tybalt hit the life Of stout Mercutio, and then Tybalt fled, But by and by comes back to Romeo, Who had but newly entertained revenge, And to’t they go like lightning; for ere I Could draw to part them was stout Tybalt slain, And as he fell did Romeo turn and fly. This is the truth, or let Benvolio die.
156
160
165
170
CAPULET’S WIFE
He is a kinsman to the Montague. Affection makes him false; he speaks not true. Some twenty of them fought in this black strife, And all those twenty could but kill one life. I beg for justice, which thou, Prince, must give. Romeo slew Tybalt; Romeo must not live.
175
180
153-174: in questi versi i testi di Q1 e Q2 coincidono solo saltuariamente. 165. Agent: ed. Oxford; in Q1 agill = “agile”; in Q2 aged = “attempato”. 374
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 1
BENVOLIO
… Tebaldo, che vedi qui a terra, poi ucciso da Romeo. Gentilmente Romeo gli parlava, e lo pregava di riflettere su quanto inconsistente fosse la loro contesa, e insisteva su quanto tutto questo vi sarebbe dispiaciuto. Tutto ciò – detto con tono garbato, sguardo sereno, ginocchia umilmente piegate – non riusciva a ottenere tregua dalla rabbia scatenata di un Tebaldo sordo a ogni appello alla pace. Questi, col suo ferro acuminato, mira al petto del coraggioso Mercuzio, che con altrettanta foga ritorna colpo mortale su colpo mortale, e con lo sprezzo del guerriero con una mano allontana la fredda morte, e con l’altra la rimpalla a Tebaldo, la cui destrezza a sua volta la respinge. Romeo grida a tutta voce ‘Fermatevi amici, amici separatevi!’ e più rapido della voce l’attivo braccio ricaccia indietro le loro punte fatali; lui si intromette fra loro, ma sotto il suo braccio un maligno colpo di Tebaldo colpisce a morte il prode Mercuzio, e poi Tebaldo fugge, ma subito ritorna a sfidare Romeo, che aveva appena giurato vendetta, e a quella l’uno e l’altro si rivolgono fulmineamente. E prima che io potessi sguainare la spada il forte Tebaldo viene ucciso, e quando lui cade Romeo si volta e fugge. Questa è la verità, o che Benvolio muoia. DONNA CAPULETI
Costui è un parente dei Montecchi, e l’affetto lo spinge a mentire: non dice la verità. Almeno venti di loro hanno preso parte a questo scontro letale, e tutti e venti per sopprimere una sola vita. Io chiedo giustizia, che tu principe devi darmi. Romeo ha ucciso Tebaldo; Romeo non deve vivere.
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 2
PRINCE
Romeo slew him, he slew Mercutio. Who now the price of his dear blood doth owe? [MONTAGUE]
Not Romeo, Prince. He was Mercutio’s friend. His fault concludes but what the law should end, The life of Tybalt. PRINCE And for that offence Immediately we do exile him hence. I have an interest in your hate’s proceeding; My blood for your rude brawls doth lie a-bleeding. But I’ll amerce you with so strong a fine That you shall all repent the loss of mine. I will be deaf to pleading and excuses. Nor tears nor prayers shall purchase out abuses. Therefore use none. Let Romeo hence in haste, Else, when he is found, that hour is his last. Bear hence this body, and attend our will. Mercy but murders, pardoning those that kill.
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Exeunt with the body Enter Juliet
3.2 JULIET
Gallop apace, you fiery-footed steeds, Towards Phoebus’ lodging. Such a waggoner As Phaeton would whip you to the west And bring in cloudy night immediately. Spread thy close curtain, love-performing night, That runaways’ eyes may wink, and Romeo Leap to these arms untalked of and unseen. Lovers can see to do their amorous rites By their own beauties; or, if love be blind, It best agrees with night. Come, civil night,
187. Hate’s: così in Q1; in Q2 hearts = “del cuore” o “dei cuori”. 191. I: così in in Q1; in Q2 It. 9. By: così in Q4; in Q2 And by. 376
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 2
PRINCIPE
Romeo ha ucciso lui, e lui ha ucciso Mercuzio. A chi spetta ora di pagare il prezzo del suo sangue? [MONTECCHI]
Non a Romeo, principe: lui era amico di Mercuzio. La sua colpa è di aver dato seguito a ciò che spettava alla legge, cioè la morte di Tebaldo. PRINCIPE
E per questo crimine noi lo condanniamo immediatamente all’esilio. Il vostro odio ha colpito anche me, il mio sangue scorre per i vostri crudeli contrasti. Ma vi farò pagare un prezzo così alto che vi dovrete tutti pentire di questa mia perdita: non presterò orecchio a nessuna implorazione o scusa. Né lacrime né preghiere potranno riscattare violazioni come queste, quindi non fatene uso. Che Romeo si allontani in fretta, se no, quando venga preso, quella sarà la sua ultima ora. Portate via questo corpo, e attenetevi alla mia volontà. La misericordia diventa assassina, quando perdona chi uccide. Escono con il cadavere III, 2
Entra Giulietta161
GIULIETTA
Correte veloci alla dimora di Febo, focosi destrieri del giorno, avanti e avanti verso occidente dove vi sferza l’auriga Fetonte162; che la cupa notte giunga repentina. E tu, notte che proteggi l’amore, distendi la tua fitta cortina che anche ai fuggiaschi fa chiudere gli occhi, e porta Romeo di slancio fra le mie braccia, che nessuno lo senta, o lo veda. Agli amanti basta la loro bellezza a illuminare i riti d’amore; essendo cieco, è con la notte che l’amore meglio si concilia. Vieni, nobile notte, signora dalla sobria veste scura163, e
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 2
Thou sober-suited matron all in black, And learn me how to lose a winning match Played for a pair of stainless maidenhoods. Hood my unmanned blood, bating in my cheeks, With thy black mantle till strange love grown bold Think true love acted simple modesty. Come night, come Romeo; come, thou day in night, For thou wilt lie upon the wings of night Whiter than new snow on a raven’s back. Come, gentle night; come, loving, black-browed night, Give me my Romeo, and when I shall die Take him and cut him out in little stars, And he will make the face of heaven so fine That all the world will be in love with night And pay no worship to the garish sun. O, I have bought the mansion of a love But not possessed it, and though I am sold, Not yet enjoyed. So tedious is this day As is the night before some festival To an impatient child that hath new robes And may not wear them. Enter the Nurse, [wringing her hands,] with the ladder of cords [in her lap] O, here comes my Nurse, And she brings news, and every tongue that speaks But Romeo’s name speaks heavenly eloquence. Now, Nurse, what news? What, hast thou there The cords that Romeo bid thee fetch? NURSE [putting down the cords] Ay, ay, the cords. JULIET
Ay me, what news? Why dost thou wring thy hands?
15. Grown: emend. tardo; in Q2 grow. 19. On: così in F2; in Q2 upon. 21. I: così in Q2; in Q4 he. 378
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 2
insegnami come si perde una partita già vinta, che porta in gioco due immacolate verginità. Avvolgi col tuo nero mantello il sangue che batte acceso nelle mie guance, a me inesperta dell’uomo164; che l’amore innocente si faccia audace, e guardi al vero amore come a un atto di semplice modestia165. Vieni, notte! Vieni, Romeo! Vieni, tu giorno nella notte, adagiato sulle ali della notte più bianco della neve appena scesa sul dorso di un corvo166. Vieni, dolce notte; vieni amorosa notte dalle nere ciglia. Dammi il mio Romeo, e quando muoio167 prendilo e taglialo in tante piccole stelle, e lui renderà così bello il volto del cielo che tutto il mondo s’innamorerà della notte e non adorerà più il sole sgargiante. Oh, ho comprato la reggia dell’amore ma non ancora la possiedo; io stessa sono comprata, ma non ancora goduta! Tanto tedioso è per me questo giorno quanto la notte per una fanciulla impaziente, che attende la festa per indossare la veste nuova! Entra la balia [che si torce le mani] portando la scala di corda [in grembo] Oh, ecco la balia che porta notizie. Ogni lingua che pronunzi anche solo il nome di Romeo parla con un’eloquenza celestiale. Allora balia, quali notizie? Hai con te le corde che Romeo ti ha chiesto di andare a prendere? BALIA [butta per terra le corde] Sì, sì, le corde. GIULIETTA
Povera me, che notizie? Perché ti torci le mani?
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 2
NURSE
Ah, welladay! He’s dead, he’s dead, he’s dead! We are undone, lady, we are undone. Alack the day, he’s gone, he’s killed, he’s dead!
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JULIET
Can heaven be so envious? NURSE Romeo can, Though heaven cannot. O Romeo, Romeo, Who ever would have thought it Romeo?
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JULIET
What devil art thou that dost torment me thus? This torture should be roared in dismal hell. Hath Romeo slain himself? Say thou but ‘Ay’, And that bare vowel T shall poison more Than the death-darting eye of cockatrice. I am not I if there be such an ‘Ay’, Or those eyes shut that makes thee answer ‘Ay’. If he be slain, say ‘Ay’; or if not, ‘No’. Brief sounds determine of my weal or woe.
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NURSE
I saw the wound, I saw it with mine eyes, God save the mark, here on his manly breast – A piteous corpse, a bloody, piteous corpse – Pale, pale as ashes, all bedaubed in blood, All in gore blood; I swoonèd at the sight.
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JULIET
O, break, my heart, poor bankrupt, break at once! To prison, eyes; ne’er look on liberty. Vile earth, to earth resign; end motion here, And thou and Romeo press one heavy bier! NURSE
O Tybalt, Tybalt, the best friend I had! O courteous Tybalt, honest gentleman, That ever I should live to see thee dead!
51. Of: così in F, non in Q2. 380
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 2
BALIA
Ah, disgrazia! È morto, è morto, è morto! Siamo rovinati signora, siamo rovinati! Che disgrazia, se n’è andato, ucciso, morto! GIULIETTA
Può il cielo essere così malevolo? BALIA
Lo può Romeo, non il cielo. Oh Romeo, Romeo, chi mai l’avrebbe pensato, Romeo! GIULIETTA
Chi diavolo sei tu a tormentarmi così? È una tortura questa che dovrebbe ruggire nel profondo dell’inferno! Romeo si è ucciso? Dì solo ‘sì’, e quel semplice suono sarà un veleno peggiore dell’occhio mortifero del basilisco: se sarà ‘sì’, se saranno chiusi quegli occhi che ti fanno dire ‘sì’, non sarò più me stessa. Se è stato ucciso dì ‘sì’. Se no, ‘no’. Suoni brevi decidono la mia gioia o il mio dolore. BALIA
Ho visto la ferita, l’ho vista coi miei occhi, Dio ci protegga, qui sul suo petto vigoroso – un cadavere pietoso, un sanguinante, pietoso cadavere – pallido, livido come la cenere, tutto imbrattato di sangue, un unico grumo di sangue; sono svenuta a vederlo. GIULIETTA
Oh spezzati cuore mio! Povera rovina, fenditi immediatamente168! E voi, occhi miei, in prigione! La libertà vi sia sconosciuta! E tu, vile terra, ritorna alla terra169. Cessa ora il tuo moto, e un’unica pesante bara gravi su te e su Romeo! BALIA
Oh Tebaldo, Tebaldo, il migliore amico che avevo! Oh cortese Tebaldo, onesto gentiluomo! Che dovessi vivere per vederti morto!
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 2
JULIET
What storm is this that blows so contrary? Is Romeo slaughtered, and is Tybalt dead? My dearest cousin and my dearer lord? Then, dreadful trumpet, sound the general doom, For who is living if those two are gone?
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NURSE
Tybalt is gone and Romeo banishèd. Romeo that killed him – he is banishèd.
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JULIET
O God, did Romeo’s hand shed Tybalt’s blood? [NURSE]
It did, it did, alas the day, it did. [JULIET]
O serpent heart hid with a flow’ring face! Did ever dragon keep so fair a cave? Beautiful tyrant, fiend angelical! Dove-feathered raven, wolvish-ravening lamb! Despisèd substance of divinest show! Just opposite to what thou justly seem’st – A damnèd saint, an honourable villain. O nature, what hadst thou to do in hell When thou didst bower the spirit of a fiend In mortal paradise of such sweet flesh? Was ever book containing such vile matter So fairly bound? O, that deceit should dwell In such a gorgeous palace!
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NURSE
There’s no trust, no faith, no honesty in men; All perjured, all forsworn, all naught, dissemblers all. Ah, where’s my man? Give me some aqua vitae.
73. O serpent…: Q2 assegna questa battuta alla balia. 76. Dove-feathered raven: in Q2 ravenous dovefeathered = “ingordo biancopiumato”. 79. Damned: così in Q4, in Q2 dimme = “opaco”. 87. Dissemblers all: ed. Oxford; in Q2 all dissemblers. 382
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 2
GIULIETTA
Che tempesta è questa, a soffiare con venti così contrari? Romeo ucciso, e anche Tebaldo morto? Il mio più caro cugino e il mio ancor più caro signore? Allora suona, terribile tromba del giudizio! Chi vive più se quei due sono morti? BALIA
Tebaldo è morto e Romeo bandito. Romeo, che l’ha ucciso – lui è esiliato. GIULIETTA
Oh Dio, la mano di Romeo ha versato il sangue di Tebaldo? [BALIA]
È così, è così, maledetto il giorno, è così! [GIULIETTA]
Oh cuore di serpe nel corpo di un fiore170! Ha mai drago abitato caverna così bella? Incantevole tiranno, angelico demonio! Corvo dalle piume di colomba, agnello con la voracità di un lupo! Sostanza ignobile, dalla forma divina! Proprio l’opposto di quel che davvero sembri: un santo dannato, un onorevole manigoldo! Oh natura, chi metterai nell’inferno se hai potuto ospitare lo spirito di un diavolo nel paradiso mortale di un corpo così perfetto? È mai stato un libro così pieno di infamie rilegato con tanta eleganza? Oh, può l’inganno abitare un palazzo così sontuoso! BALIA
Non c’è lealtà, né fede, né onestà negli uomini; tutti spergiuri, tutti bugiardi, tutti viziosi, ipocriti tutti. E dov’è il mio servo? Datemi
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 2
These griefs, these woes, these sorrows make me old. Shame come to Romeo! JULIET Blistered be thy tongue For such a wish! He was not born to shame. Upon his brow shame is ashamed to sit, For ’tis a throne where honour may be crowned Sole monarch of the universal earth. O, what a beast was I to chide at him!
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NURSE
Will you speak well of him that killed your cousin? JULIET
Shall I speak ill of him that is my husband? Ah, poor my lord, what tongue shall smooth thy name When I, thy three-hours wife, have mangled it? But wherefore, villain, didst thou kill my cousin? That villain cousin would have killed my husband. Back, foolish tears, back to your native spring! Your tributary drops belong to woe, Which you, mistaking, offer up to joy. My husband lives, that Tybalt would have slain; And Tybalt’s dead, that would have slain my husband. All this is comfort. Wherefore weep I then? Some word there was, worser than Tybalt’s death, That murdered me. I would forget it fain, But O, it presses to my memory Like damnèd guilty deeds to sinners’ minds! ‘Tybalt is dead, and Romeo banishèd.’ That ‘banishèd’, that one word ‘banishèd’ Hath slain ten thousand Tybalts. Tybalt’s death Was woe enough, if it had ended there; Or, if sour woe delights in fellowship And needly will be ranked with other griefs, Why followed not, when she said ‘Tybalt’s dead’, ‘Thy father’, or ‘thy mother’, nay, or both, Which modern lamentation might have moved? But with a rearward following Tybalt’s death, ‘Romeo is banishèd’ – to speak that word 384
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 2
un po’ di acquavite. Tutti questi dolori, queste sciagure, queste tristezze mi fanno invecchiare. La vergogna su Romeo! GIULIETTA
Ti s’inaridisca la lingua per un simile augurio! Romeo non è nato per portare vergogna. La vergogna ha vergogna di apparire sulla sua fronte: quello è un trono su cui l’onore può essere incoronato unico monarca dell’universo. Oh che bestia che sono stata ad imprecare contro di lui! BALIA
E vorreste parlar bene di chi vi ha ucciso il cugino? GIULIETTA
E dovrei parlar male di chi mi è sposo? Ah mio povero signore, quale lingua potrà sollevare il tuo nome dalle ingiurie che io, tua moglie per tre ore, gli ho rivolto? Ma perché, mascalzone, hai ucciso mio cugino? Perché quel mascalzone di un cugino avrebbe ucciso mio marito. E allora indietro, sciocche lacrime, tornare alla vostra fonte! Le gocce che tributate appartengono al dolore, e voi per errore le offrite alla gioia. Vive il mio sposo, che Tebaldo avrebbe ucciso; morto è Tebaldo, che avrebbe ucciso il mio sposo; tutto questo mi consola. E allora perché piango? Ho sentito una parola peggiore della morte di Tebaldo, una parola che ha ucciso me. Ah come vorrei dimenticarla! Però mi pesa sulla memoria come un’azione dannata sull’anima del colpevole! ‘Tebaldo morto, e Romeo esiliato’. Quell’ ‘esiliato’, quella sola parola ha ucciso diecimila Tebaldi. La morte di Tebaldo sarebbe già stata un gran dolore se fosse finito lì; o, se l’amaro dolore prospera in compagnia, ed ha bisogno di confrontarsi con altre infelicità, perché quando hai detto ‘Tebaldo è morto’ non hai proseguito con ‘tuo padre’, o ‘tua madre’, o ‘tutti e due sono morti’, che avrebbe provocato in me un cordoglio comune a tanti171? Ma se alla morte di Tebaldo fa da retroguardia ‘Romeo è esiliato’ – è stato come dire padre, madre, Tebaldo, Ro-
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
Is father, mother, Tybalt, Romeo, Juliet, All slain, all dead. ‘Romeo is banishèd’ – There is no end, no limit, measure, bound, In that word’s death. No words can that woe sound. Where is my father and my mother, Nurse?
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NURSE
Weeping and wailing over Tybalt’s corpse. Will you go to them? I will bring you thither. JULIET
Wash they his wounds with tears; mine shall be spent When theirs are dry, for Romeo’s banishment. Take up those cords. Poor ropes, you are beguiled, Both you and I, for Romeo is exiled. He made you for a highway to my bed, But I, a maid, die maiden-widowèd. Come, cords; come, Nurse; I’ll to my wedding bed, And death, not Romeo, take my maidenhead! NURSE (taking up the cords) Hie to your chamber. I’ll find Romeo To comfort you. I wot well where he is. Hark ye, your Romeo will be here at night. I’ll to him. He is hid at Laurence’ cell. JULIET (giving her a ring) O, find him! Give this ring to my true knight, And bid him come to take his last farewell. Exeunt [severally] 3.3
Enter Friar Laurence
FRIAR LAURENCE
Romeo, come forth, come forth, thou fear-full man. Affliction is enamoured of thy parts, And thou art wedded to calamity.
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
meo, Giulietta tutti uccisi, tutti morti. ‘Romeo è esiliato’: non c’è fine, non limite, misura, confine alla morte portata da questa parola. Non c’è parola che possa esprimere un tale dolore. Balia, dove sono mio padre e mia madre? BALIA
A piangere e lamentarsi sul cadavere di Tebaldo. Vuoi andare da loro? Ti ci porto io. GIULIETTA
Laveranno con le lacrime le sue ferite. Io verserò le mie per l’esilio di Romeo, quando le loro si saranno asciugate. Prendi quelle corde. Povere corde, siete state illuse anche voi come me: Romeo è stato esiliato. Lui ha fatto di voi una strada verso il mio letto, ma io, ragazza, muoio vergine e vedova. Venite, corde; vieni balia: andrò al mio letto nuziale, e sarà la morte, invece che Romeo, a prendermi vergine! BALIA (raccoglie le corde) Andate nella vostra camera. Io troverò Romeo perché vi consoli. So bene dove trovarlo. Attenta, il vostro Romeo sarà qui stanotte. Vado da lui, che è nascosto nella cella di Frate Lorenzo. GIULIETTA (le dà un anello) Oh trovalo! Dai questo anello al mio vero cavaliere, e chiedigli di venire per l’ultimo congedo. Escono [separatamente] III, 3
Entra Frate Lorenzo172
FRATE LORENZO
Romeo vieni fuori, vieni fuori, fifone! La disgrazia si è innamorata delle tue qualità, e tu l’hai sposata173.
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
Enter Romeo ROMEO
Father, what news? What is the Prince’s doom? What sorrow craves acquaintance at my hand That I yet know not? FRIAR LAURENCE Too familiar Is my dear son with such sour company. I bring thee tidings of the Prince’s doom.
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ROMEO
What less than doomsday is the Prince’s doom? FRIAR LAURENCE
A gentler judgement vanished from his lips: Not body’s death, but body’s banishment.
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ROMEO
Ha, banishment? Be merciful, say ‘death’, For exile hath more terror in his look, Much more than death. Do not say ‘banishment’. FRIAR LAURENCE
Hence from Verona art thou banishèd. Be patient, for the world is broad and wide.
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ROMEO
There is no world without Verona walls But purgatory, torture, hell itself. Hence banishèd is banished from the world, And world’s exile is death. Then ‘banishèd’ Is death mistermed. Calling death ‘banishèd’ Thou cutt’st my head off with a golden axe, And smil’st upon the stroke that murders me.
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FRIAR LAURENCE
O deadly sin, O rude unthankfulness! Thy fault our law calls death, but the kind Prince, Taking thy part, hath rushed aside the law And turned that black word ‘death’ to banishment. This is dear mercy, and thou seest it not.
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15. Hence: così in Q1; in Q2 here = qui (comunque qualificato da from). 388
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
Entra Romeo ROMEO
Padre, avete notizie? Qual è il verdetto del principe? Quale dolore ancora sconosciuto è pronto a prendermi per mano? FRATE LORENZO
Mio caro figliolo, tu conosci troppo bene simili compagnie. Ti porto notizie del verdetto del principe. ROMEO
Come si confronta col Giudizio Universale? FRATE LORENZO
Un verdetto mite hanno pronunciato le sue labbra: non la morte del corpo, ma il suo esilio. ROMEO
Ah, esilio! Abbiate misericordia, dite piuttosto ‘morte’: molto, molto più della morte l’esilio ha il terrore disegnato in volto. Non parlate di ‘esilio’! FRATE LORENZO
… Ma ora tu sei esiliato da Verona. Abbi pazienza, il mondo è grande. ROMEO
Oltre le mura di Verona il mondo non esiste; ci sono invece solo purgatorio, tortura, l’inferno stesso. L’esilio da qui equivale all’esilio dal mondo, e l’esilio dal mondo è la morte. Allora ‘esilio’ non è che un altro nome per la morte. Chiamando ‘esilio’ la morte voi mi tagliate la testa con un’ascia dorata, e sorridete al colpo che mi decapita. FRATE LORENZO
Oh peccato mortale, oh barbara ingratitudine! Per la tua colpa le nostre leggi decretano la morte, ma il generoso principe, prendendo le tue parti, ha messo da parte la legge e voltato quella nera parola, ‘morte’, in esilio. Questo è un atto di rara clemenza, e tu non lo vedi.
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
ROMEO
’Tis torture, and not mercy. Heaven is here Where Juliet lives, and every cat and dog And little mouse, every unworthy thing, Live here in heaven and may look on her, But Romeo may not. More validity, More honourable state, more courtship lives In carrion flies than Romeo. They may seize On the white wonder of dear Juliet’s hand, And steal immortal blessing from her lips, Who, even in pure and vestal modesty, Still blush, as thinking their own kisses sin. But Romeo may not, he is banishèd. Flies may do this, but I from this must fly. They are free men, but I am banishèd. And sayst thou yet that exile is not death? Hadst thou no poison mixed, no sharp-ground knife, No sudden mean of death, though ne’er so mean, But ‘banishèd’ to kill me – ‘banishèd’? O friar, the damnèd use that word in hell. Howling attends it. How hast thou the heart, Being a divine, a ghostly confessor, A sin-absolver and my friend professed, To mangle me with that word ‘banishèd’?
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FRIAR LAURENCE
Thou fond mad man, hear me a little speak. ROMEO
O, thou wilt speak again of banishment.
37. Blessing: così in Q2; in Q1 kisses = “baci”. 40-43. Q2 dispone questi versi in modo differente: This may flies do, when I from this must fly, / And sayest thou yet, that exile is not death? / But Romeo may not, he is banished. / Flies may do this, but I from this must fly: / They are freemen, but I am banished. (Trad. in nota al testo italiano) 52. Thou: così in Q1; in Q2 Then = “allora”. 390
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
ROMEO
È tortura, non clemenza. Il paradiso è qui dove vive Giulietta, e ogni gatto e cane e minuscolo topo, e ogni cosa insignificante vive qui in paradiso perché può vederla, ma Romeo non può. C’è più riguardo, più onore, più cortesia per le mosche che volano intorno a una carogna che per Romeo. Loro possono posarsi sulla bianca meraviglia che è la sua cara mano, e rubare un’estasi immortale dalle sue labbra – quelle labbra che con pura modestia di vestale ancora arrossiscono pensando che baciarsi sia peccato174 – ma Romeo non può, lui è esiliato. Le mosche possono far questo, io invece devo fuggire175. Loro sono libere, io esiliato. E voi dite ancora che l’esilio non è morte? Non avevate, per quanto vile, una mistura venefica, un coltello ben affilato, un qualsiasi strumento di morte per uccidermi all’istante, invece di questo ‘esiliato’ – ‘esiliato’! Oh frate, quella parola la usano i dannati nell’inferno, e l’accompagnano urla strazianti. Come potete voi – un religioso, confessore d’anime, uno che assolve i peccati e si dichiara mio amico – avere cuore di annientarmi con quella parola, ‘esiliato’? FRATE LORENZO
Tu stupido pazzo, ascoltami un poco. ROMEO
Oh, parlerete ancora di esilio!
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
FRIAR LAURENCE
I’ll give thee armour to keep off that word – Adversity’s sweet milk, philosophy, To comfort thee though thou art banishèd.
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ROMEO
Yet ‘banishèd’? Hang up philosophy! Unless philosophy can make a Juliet, Displant a town, reverse a prince’s doom, It helps not, it prevails not. Talk no more.
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FRIAR LAURENCE
O, then I see that madmen have no ears. ROMEO
How should they, when that wise men have no eyes? FRIAR LAURENCE
Let me dispute with thee of thy estate. ROMEO
Thou canst not speak of that thou dost not feel. Wert thou as young as I, Juliet thy love, An hour but married, Tybalt murderèd, Doting like me, and like me banishèd, Then mightst thou speak, then mightst thou tear thy hair, And fall upon the ground, as I do now,
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He falls upon the ground Taking the measure of an unmade grave. Knock within FRIAR LAURENCE
Arise, one knocks. Good Romeo, hide thyself. ROMEO
Not I, unless the breath of heartsick groans Mist-like enfold me from the search of eyes. Knocking within
62. Men: così in Q1; in Q2 man. 392
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
FRATE LORENZO
Ti offro una corazza contro quella parola – il dolce latte delle avversità, la filosofia, che ti conforti malgrado l’esilio. ROMEO
Ancora ‘esilio’? Si impicchi la vostra filosofia! Se non può darmi una Giulietta, o disperdere una città, o rovesciare gli editti di un principe, come può servire a qualcosa, come può aiutare? E voi, non parlatene più. FRATE LORENZO
Oh, vedo che i pazzi non hanno orecchie. ROMEO
E come potrebbero, se le persone sagge non hanno occhi? FRATE LORENZO
Lascia che discutiamo della tua situazione. ROMEO
Non potete parlare di ciò che non sentite. Se foste giovane come me, e Giulietta il vostro amore, sposata da appena un’ora, e aveste ucciso Tebaldo, e foste come me innamorato pazzo, e come me esiliato, allora sì che potreste parlare, sì che potreste strapparvi i capelli, e gettarvi a terra come faccio io, ora… Cade a terra … a prendere le misure di una tomba non ancora scavata… Bussano da dentro176 FRATE LORENZO
Alzati, qualcuno bussa. Nasconditi, Romeo. ROMEO
Niente affatto, a meno che il fiato dei miei sospiri accorati non mi nasconda come una nebbia agli occhi che mi cercano. Bussano da dentro
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ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
FRIAR LAURENCE
Hark, how they knock! – Who’s there? – Romeo, arise. Thou wilt be taken. – Stay a while. – Stand up.
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Still knock within Run to my study. – By and by! – God’s will, What simpleness is this? Knock within I come, I come. Who knocks so hard? Whence come you? What’s your will? NURSE (within) Let me come in, and you shall know my errand. I come from Lady Juliet. FRIAR LAURENCE [opening the door] Welcome then.
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Enter the Nurse NURSE
O holy friar, O tell me, holy friar, Where is my lady’s lord? Where’s Romeo? FRIAR LAURENCE
There on the ground, with his own tears made drunk. NURSE
O, he is even in my mistress’ case, Just in her case! O woeful sympathy, Piteous predicament! Even so lies she, Blubb’ring and weeping, weeping and blubb’ring. (To Romeo) Stand up, stand up, stand an you be a man, For Juliet’s sake, for her sake, rise and stand. Why should you fall into so deep an O? ROMEO (rising) Nurse. NURSE Ah sir, ah sir, death’s the end of all.
82. Where is: così in Q1; in Q2 Where’s. 394
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
FRATE LORENZO
Senti che colpi! – Chi è là? – Alzati Romeo, o ti farai prendere – Aspettate un momento! – E tu alzati! Bussano ancora Corri nel mio studio – Subito, subito! Santiddio, che sciocchezza è questa? Bussano di nuovo Vengo, vengo. Chi bussa così forte? Da dove venite? E cosa volete? BALIA (da dentro)
Fatemi entrare, e saprete ciò che ho da dirvi. Vengo da parte della signora Giulietta. FRATE LORENZO [apre la porta] Allora siate benvenuta. Entra la balia BALIA
Oh frate santo, oh ditemi, santo frate, dov’è lo sposo della mia signora? Dov’è Romeo? FRATE LORENZO
È lì, steso per terra, ubriaco delle sue stesse lacrime. BALIA
Oh, è proprio nello stesso stato della mia signora, lo stesso identico! Oh concordia nel dolore, situazione pietosa177! Anche lei giace così, a singhiozzare e a piangere. (A Romeo) Alzatevi, alzatevi, mettetevi in piedi da vero uomo, per amor di Giulietta, per amor suo, alzatevi e state in piedi. Perché abbandonarsi a un lamento così profondo? ROMEO (si alza) Balia… BALIA
Ah signore, ah signore, solo la morte è la fine di tutto!
395
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
ROMEO
Spak’st thou of Juliet? How is it with her? Doth not she think me an old murderer, Now I have stained the childhood of our joy With blood removed but little from her own? Where is she, and how doth she, and what says My concealed lady to our cancelled love?
95
NURSE
O, she says nothing, sir, but weeps and weeps, And now falls on her bed, and then starts up, And ‘Tybalt’ calls, and then on Romeo cries, And then down falls again. ROMEO As if that name Shot from the deadly level of a gun Did murder her as that name’s cursèd hand Murdered her kinsman. O tell me, friar, tell me, In what vile part of this anatomy Doth my name lodge? Tell me, that I may sack The hateful mansion.
100
105
[He offers to stab himself, and the Nurse snatches the dagger away] Hold thy desperate hand. Art thou a man? Thy form cries out thou art. Thy tears are womanish, thy wild acts denote The unreasonable fury of a beast. Unseemly woman in a seeming man, And ill-beseeming beast in seeming both! Thou hast amazed me. By my holy order, I thought thy disposition better tempered. Hast thou slain Tybalt? Wilt thou slay thyself, And slay thy lady that in thy life lives
FRIAR LAURENCE
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115
107. 0. He offers … away: così in Q1; l’atto della Balia è omesso in altre ed. 109. Denote: così in Q1; in Q2 devote = “dedicano”. 112. And. Così in Q2; in Q1 or. 116. That … lives: così in F4; in Q1 too, that lives in thee = “anche [lei], che vive in te”; in Q2 that in thy life lies = “che sulla tua vita si sostiene”. 396
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
ROMEO
Hai nominato Giulietta? Come sta? Non mi crede forse un vecchio assassino, ora che ho macchiato l’infanzia della nostra felicità con sangue uguale al suo? Lei dov’è, e come sta, e cosa dice la mia segreta signora del nostro amore impossibile? BALIA
Ah signore, lei non dice nulla ma piange e piange, e un po’ si getta sul letto, un po’ si rialza, chiama Tebaldo, poi urla ‘Romeo!’, e subito ricade. ROMEO
Come se la uccidesse quel nome sparato dalla bocca di un’arma letale, e infatti la mano maledetta di quel nome ha ucciso il suo parente. Oh ditemi frate, ditemi, in quale miserabile parte di questo corpo risiede il mio nome? Ditemelo, che io possa devastare questa odiosa dimora. [Fa l’atto di pugnalarsi, ma la balia gli strappa il pugnale]178 FRATE LORENZO
Ferma quella mano disperata! Sei o no un uomo? La tua forma proclama che lo sei. Ma versi lacrime da donnetta, e i tuoi gesti selvaggi denotano la furia irragionevole di una bestia. Sei una donna impropriamente vestita delle sembianze di un uomo, o una sconcia bestia vestita delle apparenze di entrambi? Mi hai davvero sconcertato. Per il mio santo ordine, credevo che il tuo carattere fosse meglio temprato. Hai ucciso Tebaldo, e ora vorresti uccidere te stesso, e la donna che vive della tua vita, per maledetto odio contro
397
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
By doing damnèd hate upon thyself? Why rail’st thou on thy birth, the heaven, and earth, Since birth and heaven and earth, all three, do meet In thee at once, which thou at once wouldst lose? Fie, fie, thou sham’st thy shape, thy love, thy wit, Which like a usurer abound’st in all, And usest none in that true use indeed Which should bedeck thy shape, thy love, thy wit. Thy noble shape is but a form of wax, Digressing from the valour of a man; Thy dear love sworn but hollow perjury, Killing that love which thou hast vowed to cherish; Thy wit, that ornament to shape and love, Misshapen in the conduct of them both, Like powder in a skilless soldier’s flask Is set afire by thine own ignorance, And thou dismembered with thine own defence. What, rouse thee, man! Thy Juliet is alive, For whose dear sake thou wast but lately dead: There art thou happy. Tybalt would kill thee, But thou slewest Tybalt: there art thou happy. The law that threatened death becomes thy friend, And turns it to exile: there art thou happy. A pack of blessings light upon thy back, Happiness courts thee in her best array, But, like a mishavèd and sullen wench, Thou pout’st upon thy fortune and thy love. Take heed, take heed, for such die miserable. Go, get thee to thy love, as was decreed. Ascend her chamber; hence and comfort her. But look thou stay not till the watch be set, For then thou canst not pass to Mantua,
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142. Mishavèd: così in Q2; in Q1 Misbehaved = “riottosa”; in F misshaped = “contorta”. 143. Pout’st upon: così in in Q4; in Q1 frownst upon = “disapprovi”; in Q2 puts up. 398
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
la tua stessa persona? Perché imprecare contro la tua nascita, e il cielo, e la terra, perché la nascita, il cielo e la terra, tutti e tre, si sono incontrati in te per un attimo, che in un attimo tu vorresti disperdere? Vergogna, vergogna, tu mortifichi il tuo aspetto, il tuo amore, il tuo intelletto, cose che hai accumulato come un usuraio, e di nessuna sai approfittare per adornare il tuo aspetto, il tuo amore, il tuo intelletto. Il tuo nobile corpo è solo un pupazzo di cera, del tutto separato dalle qualità di un vero uomo; e il caro amore che hai giurato è solo vuoto spergiuro, se ora uccidi quell’amore che hai fatto voto di amare. Così il tuo spirito, ornamento del corpo e dell’amore, nell’uno e nell’altro deperisce per la tua ignoranza, e prende fuoco come polvere da sparo nella fiaschetta di una recluta inesperta, e ti fa saltare in aria le tue stesse difese. E dunque sollevati, uomo! La tua Giulietta, per la quale poco fa eri morto, è viva. Questo ti deve sollevare. Tebaldo ti voleva uccidere, ma tu hai ucciso Tebaldo, e questo ti deve sollevare. La legge ti minacciava di morte e ti diventa amica comminando l’esilio, e questo ti deve sollevare. Un carico di benedizioni ti scende sulle spalle, la felicità ti corteggia col suo vestito migliore, ma tu, come una ragazza stizzosa e triste, tu tieni il broncio alla fortuna e all’amore. Ma stai attento, chi fa così muore infelice. Vai, corri dal tuo amore come era deciso. Sali in camera sua, va a consolarla. Ma bada a non attardarti sino al turno di guardia, che ti impedirebbe di andare a Mantova, dove
399
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 3
Where thou shalt live till we can find a time To blaze your marriage, reconcile your friends, Beg pardon of the Prince, and call thee back With twenty hundred thousand times more joy Than thou went’st forth in lamentation. Go before, Nurse. Commend me to thy lady, And bid her hasten all the house to bed, Which heavy sorrow makes them apt unto. Romeo is coming.
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NURSE
O Lord, I could have stayed here all the night To hear good counsel! O, what learning is! My lord, I’ll tell my lady you will come.
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ROMEO
Do so, and bid my sweet prepare to chide. [Nurse offers to go in, and turns again] NURSE (giving the ring)
Here, sir, a ring she bid me give you, sir. Hie you, make haste, for it grows very late. ROMEO
How well my comfort is revived by this.
Exit Nurse
FRIAR LAURENCE
Go hence, good night, and here stands all your state. Either be gone before the watch be set, Or by the break of day disguised from hence. Sojourn in Mantua. I’ll find out your man, And he shall signify from time to time Every good hap to you that chances here. Give me thy hand. ’Tis late. Farewell. Good night. ROMEO
But that a joy past joy calls out on me, It were a grief so brief to part with thee. Farewell. Exeunt [severally]
167. Disguised: così in Q3: in Q2 disguise. 172. Calls: così in Q2; in Q1 cries = “[chiama] a voce alta”. 400
166
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 3
resterai fino a quando noi non troveremo il momento adatto per rendere pubblico il vostro matrimonio, riconciliare gli amici, chiedere il perdono del principe, e richiamarti con una gioia milioni di volte più grande dei lamenti con i quali sei partito. Vai avanti tu, balia. Ricordami alla tua signora, e dille di fare andare tutti a letto presto, come si conviene a chi è colpito da un così grave lutto. Romeo verrà. BALIA
Mio Dio, potrei stare tutta la notte ad ascoltare tanti buoni consigli! Ah, che cos’è l’istruzione! Signore, dico alla padrona che state per venire. ROMEO
Fate così, e dite al mio bene di prepararsi a sgridarmi. [La balia fa per uscire, ma si volta indietro] BALIA (gli dà l’anello)
Ecco, signore, l’anello che mi ha chiesto di darvi, signore. Su, fate presto: si fa tardi. ROMEO
Questo mi ridà speranza. Esce la balia FRATE LORENZO
Vai, buona notte; e ricorda che tutto dipende da queste cose: o sparisci prima che monti la guardia, o te ne esci travestito all’alba. Trattieniti a Mantova. Di volta in volta io chiederò al tuo uomo di riferirti qualunque cosa capiti qui a tuo favore. Dammi la mano. È tardi, addio. Buona notte. ROMEO
Se non mi richiamasse una gioia al di là di ogni gioia, sarebbe un dolore separarmi così presto da voi. Addio. Escono [separatamente]
401
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 4
Enter Capulet, his Wife, and Paris
3.4
CAPULET
Things have fall’n out, sir, so unluckily That we have had no time to move our daughter. Look you, she loved her kinsman Tybalt dearly, And so did I. Well, we were born to die. ’Tis very late. She’ll not come down tonight. I promise you, but for your company I would have been abed an hour ago.
5
PARIS
These times of woe afford no times to woo. Madam, good night. Commend me to your daughter. CAPULET’S WIFE
I will, and know her mind early tomorrow. Tonight she’s mewed up to her heaviness.
10
[Paris offers to go in, and Capulet calls him again] CAPULET
Sir Paris, I will make a desperate tender Of my child’s love. I think she will be ruled In all respects by me. Nay, more, I doubt it not. Wife, go you to her ere you go to bed. Acquaint her here of my son Paris’ love, And bid her – mark you me? – on Wednesday next – But soft – what day is this? PARIS Monday, my lord.
15
CAPULET
Monday. Ha, ha! Well, Wednesday is too soon. O’ Thursday let it be. O’ Thursday, tell her, She shall be married to this noble earl. Will you be ready? Do you like this haste? We’ll keep no great ado – a friend or two. For hark you, Tybalt being slain so late, It may be thought we held him carelessly,
16. Here of: così in Q2; in Q1 with. 23. We’ll: così in Q1; in Q2 Well. 402
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25
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 4
Entrano Capuleti, la moglie, e Paride179
III, 4
CAPULETI
Le cose sono precipitate, signore, così fatalmente che non abbiamo trovato il tempo per convincere nostra figlia. Attenzione qui, lei voleva molto bene a suo cugino Tebaldo, come del resto io stesso. Bene, siamo nati per morire. Ora è molto tardi, lei non scenderà stasera, e vi assicuro che se non fosse per la vostra compagnia sarei a letto già da un’ora. PARIDE
Il tempo del dolore non concede tempo al corteggiamento. Signora, la buona notte. Ricordatemi a vostra figlia. DONNA CAPULETI
Lo farò, e sonderò le sue intenzioni domattina presto. Questa sera è ancora avviluppata nel suo sconforto180. [Paride fa per uscire, ma Capuleti lo richiama indietro] CAPULETI
Conte Paride, dell’amore di mia figlia faccio un’offerta al buio. Penso che si farà guidare da me in ogni momento: anzi no, non ne dubito proprio. Moglie, vai da lei prima di coricarti, informala dell’amore di mio figlio Paride, e pregala – mi ascolti? – che mercoledì prossimo – calma però – che giorno è oggi? PARIDE
Lunedì, mio signore. CAPULETI
Lunedì, ah, ha! Beh, mercoledì è troppo presto. Facciamo giovedì. Giovedì, le devi dire, sposerà questo nobile conte. Voi sarete pronto? Vi piace questa premura? Non faremo grandi feste – un amico o due. Perché attenzione, con Tebaldo morto da così poco, se facciamo baldoria si potrebbe credere che di lui non c’importasse un
403
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
Being our kinsman, if we revel much. Therefore we’ll have some half a dozen friends, And there an end. But what say you to Thursday? PARIS
My lord, I would that Thursday were tomorrow. CAPULET
Well, get you gone. O’ Thursday be it, then. (To his Wife) Go you to Juliet ere you go to bed. Prepare her, wife, against this wedding day. – Farewell, my lord. – Light to my chamber, ho! – Afore me, it is so very late that we May call it early by and by. Good night.
30
35
Exeunt [Capulet and his wife at one door, Paris at another door] Enter Romeo and Juliet aloft [with the ladder of cords]
3.5 JULIET
Wilt thou be gone? It is not yet near day. It was the nightingale, and not the lark, That pierced the fear-full hollow of thine ear. Nightly she sings on yon pom’granate tree. Believe me, love, it was the nightingale.
5
ROMEO
It was the lark, the herald of the morn, No nightingale. Look, love, what envious streaks Do lace the severing clouds in yonder east. Night’s candles are burnt out, and jocund day Stands tiptoe on the misty mountain tops. I must be gone and live, or stay and die.
10
JULIET
Yon light is not daylight; I know it, I. It is some meteor that the sun exhaled
0. 1. With the ladder…: ed. Oxford; in Q2 solo aloft; in Q1 at the window = “alla finestra”, per cui v. la prima nota al testo italiano in II, 1. 13. Sun exhaled: in Q2 sun exhale = “il sole esala” (?), e quindi: meteora che svanisce al sole. 404
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
gran che. Quindi avremo una mezza dozzina di amici, e basta. Ma voi cosa pensate di questo giovedì? PARIDE
Mio signore, vorrei che giovedì fosse domani! CAPULETI
Bene, andate pure. Giovedì, allora siamo d’accordo. (Alla moglie) Tu vai da Giulietta prima di coricarti. Preparala, moglie mia, alla giornata matrimoniale. Arrivederci, mio signore – Luce alla mia stanza! – accidenti, è così tardi che fra un po’ diremo che è presto. Buona notte. Escono [Capuleti e la moglie da una porta, Paride dall’altra] Entrano Romeo e Giulietta in alto181 [con la scala di corda]
III, 5
GIULIETTA
Vuoi già andare? Il giorno è ancora lontano. È stato l’usignolo, e non l’allodola, a penetrare il cavo del tuo orecchio timoroso. Ogni notte canta su quel melograno. Credimi, amore, è stato l’usignolo. ROMEO
È stata l’allodola, araldo del mattino; non l’usignolo. Amore, guarda le gelose strisce di luce disegnare merletti sulle nuvole che si stanno aprendo, laggiù a oriente. Le candele della notte si sono consumate, e l’alba avanza gioconda in punta di piedi sulle cime nebbiose dei monti. Devo andare e vivere, o restare e morire. GIULIETTA
Quella non è la luce dell’alba: la conosco, io. Dev’essere qualche meteora che il sole ha esalato, come una fiaccola che in questa notte
405
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
To be to thee this night a torchbearer And light thee on thy way to Mantua. Therefore stay yet. Thou need’st not to be gone.
15
ROMEO
Let me be ta’en, let me be put to death. I am content, so thou wilt have it so. I’ll say yon grey is not the morning’s eye, ’Tis but the pale reflex of Cynthia’s brow; Nor that is not the lark whose notes do beat The vaulty heaven so high above our heads. I have more care to stay than will to go. Come, death, and welcome; Juliet wills it so. How is’t, my soul? Let’s talk. It is not day.
20
25
JULIET
It is, it is. Hie hence, be gone, away. It is the lark that sings so out of tune, Straining harsh discords and unpleasing sharps. Some say the lark makes sweet division; This doth not so, for she divideth us. Some say the lark and loathèd toad changed eyes. O, now I would they had changed voices, too, Since arm from arm that voice doth us affray, Hunting thee hence with hunt’s-up to the day. O, now be gone! More light and light it grows.
30
35
ROMEO
More light and light, more dark and dark our woes. Enter the Nurse [hastily] NURSE Madam. JULIET Nurse. NURSE
Your lady mother is coming to your chamber. The day is broke; be wary, look about.
Exit
JULIET
Then, window, let day in, and let life out.
31. Changed: emend. tardo; in Q2 change = “si scambiano”. 406
41
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
ti illumini la strada per Mantova. Dunque resta ancora un po’, non c’è bisogno che vai ora. ROMEO
Che mi prendano, che mi mettano a morte. Mi va bene, se lo vuoi tu. Dirò che quel grigio laggiù non è l’occhio del mattino, ma solo il pallido riflesso della fronte di Cinzia182; e che a battere contro la volta del cielo lassù sopra le nostre teste non sono le note dell’allodola. Ho più voglia di restare che di andarmene. Vieni, o morte, sii la benvenuta: così vuole Giulietta. Allora, anima mia? Parliamo, non è ancora giorno. GIULIETTA
È giorno, è giorno. Affrettati, presto, fuggi. È l’allodola che canta stonata, sforzandosi a dissonanze così stridenti, a acuti sgraziati. Dicono che l’allodola suddivida dolcemente le sue note, ma non questa che divide noi183. Dicono che l’allodola e l’orrido rospo si siano scambiati gli occhi184: oh si fossero scambiate anche le voci, ché quella voce ci strappa l’uno dalle braccia dell’altra, e ti caccia dando la sveglia all’alba185. Oh vai ora! C’è sempre più luce… ROMEO
Sempre più luce, e sempre più buia la nostra pena. Entra la balia [in fretta e furia] BALIA
Signora… GIULIETTA
…Balia! BALIA
Vostra madre sta venendo in questa stanza. È giorno. Siate cauti! Esce GIULIETTA
Allora, finestra, fai entrare la luce e uscire la vita.
407
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
ROMEO
Farewell, farewell! One kiss, and I’ll descend. [He lets down the ladder of cords and goes down] JULIET
Art thou gone so, love, lord, my husband, friend? I must hear from thee every day in the hour, For in a minute there are many days. O, by this count I shall be much in years Ere I again behold my Romeo. ROMEO Farewell. I will omit no opportunity That may convey my greetings, love, to thee.
45
50
JULIET
O, think’st thou we shall ever meet again? ROMEO
I doubt it not, and all these woes shall serve For sweet discourses in our times to come. [JULIET]
O God, I have an ill-divining soul! Methinks I see thee, now thou art so low, As one dead in the bottom of a tomb. Either my eyesight fails, or thou look’st pale.
55
ROMEO
And trust me, love, in my eye so do you. Dry sorrow drinks our blood. Adieu, adieu. JULIET [pulling up the ladder and weeping] O fortune, fortune, all men call thee fickle. If thou art fickle, what dost thou with him That is renowned for faith? Be fickle, fortune, For then I hope thou wilt not keep him long, But send him back.
Exit 60
43. Love, lord, my husband, friend?: in Q1 my Lord, my Love, my Frend; in Q2 love, lord, ay husband, friend… 408
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
ROMEO
Addio, addio! Un bacio, e scendo. [Srotola la scala di corda e scende] GIULIETTA
Te ne vai così, mio amore, padrone, sposo, innamorato? Voglio tue notizie per ogni giorno che sta in un’ora – molti giorni ci sono in un minuto. Oh, contando il tempo in questo modo sarò avanti negli anni prima di rivedere il mio Romeo. ROMEO
Addio. Non trascurerò occasione di mandarti mie notizie, amore mio. GIULIETTA
E pensi che ci rivedremo ancora? ROMEO
Senza dubbio, e tutti questi patimenti saranno materia di dolci discorsi nel nostro futuro. [GIULIETTA]
Mio Dio, la mia anima ha cattivi presagi! Mi pare di vederti, ora che sei così in basso, come un morto al fondo di una tomba. E se la mia vista non m’inganna, pallido sembri. ROMEO
E credimi, amore, anche tu sei pallida ai miei occhi. La tristezza asciuga186, beve il nostro sangue. Addio, addio. Esce GIULIETTA [tira su la scala in lacrime]
Oh fortuna, fortuna, tutti ti dicono volubile187. Se tale sei, che te ne fai di uno che tutti dicono fedele? Sii volubile, fortuna, così posso sperare che non lo tratterrai a lungo, ma lo rimanderai indietro.
409
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
Enter Capulet’s Wife [below] CAPULET’S WIFE
Ho, daughter, are you up?
JULIET
Who is’t that calls? It is my lady mother. Is she not down so late, or up so early? What unaccustomed cause procures her hither?
65
[She goes down and enters below] CAPULET’S WIFE
Why, how now, Juliet? JULIET Madam, I am not well. CAPULET’S WIFE
Evermore weeping for your cousin’s death? What, wilt thou wash him from his grave with tears? An if thou couldst, thou couldst not make him live, Therefore have done. Some grief shows much of love, But much of grief shows still some want of wit.
71
JULIET
Yet let me weep for such a feeling loss. CAPULET’S WIFE
So shall you feel the loss, but not the friend Which you so weep for. JULIET Feeling so the loss, I cannot choose but ever weep the friend.
75
CAPULET’S WIFE
Well, girl, thou weep’st not so much for his death As that the villain lives which slaughtered him. JULIET
What villain, madam? That same villain Romeo.
CAPULET’S WIFE
80
67. 1. She … below: ed. Oxford; in Q1 she goes down from the window = “scende dalla finestra”; assente in Q2. 410
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
Entra Donna Capuleti [di sotto]188 DONNA CAPULETI
Ehi figliola, sei sveglia? GIULIETTA
Chi chiama? La mia signora madre… non è ancora andata a dormire o si è già alzata? Quale insolito motivo la spinge qui? [Scende e entra di sotto] DONNA CAPULETI
Ehi Giulietta, come stai? GIULIETTA
Non bene, signora. DONNA CAPULETI
Sempre a piangere la morte del cugino? E che, lo vuoi lavar via dalla tomba a suon di lacrime? Anche se potessi, non gli potresti ridare la vita, quindi smettiamola. Un po’ di dolore dimostra un grande affetto, ma un dolore esagerato dimostra poco senno. GIULIETTA
Però lasciatemi piangere per una perdita così struggente189. DONNA CAPULETI
In tal modo ti struggirai per la perdita, non per l’amico che tanto ti fa piangere. GIULIETTA
Ma struggendomi per la perdita, non posso che piangere per sempre l’amico. DONNA CAPULETI
Andiamo ragazza, tu non piangi tanto per la sua morte, quanto per la vita che resta a quell’infame che l’ha ucciso. GIULIETTA
Quale infame, signora? DONNA CAPULETI
Proprio quell’infame di Romeo.
411
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
JULIET (aside)
Villain and he be many miles asunder. (To her mother) God pardon him – I do, with all my heart, And yet no man like he doth grieve my heart. CAPULET’S WIFE
That is because the traitor murderer lives. JULIET
Ay, madam, from the reach of these my hands. Would none but I might venge my cousin’s death.
85
CAPULET’S WIFE
We will have vengeance for it, fear thou not. Then weep no more. I’ll send to one in Mantua, Where that same banished runagate doth live, Shall give him such an unaccustomed dram That he shall soon keep Tybalt company; And then I hope thou wilt be satisfied.
90
JULIET
Indeed, I never shall be satisfied With Romeo till I behold him, dead, Is my poor heart so for a kinsman vexed. Madam, if you could find out but a man To bear a poison, I would temper it That Romeo should, upon receipt thereof, Soon sleep in quiet. O, how my heart abhors To hear him named and cannot come to him To wreak the love I bore my cousin Upon his body that hath slaughtered him!
95
100
CAPULET’S WIFE
Find thou the means, and I’ll find such a man. But now I’ll tell thee joyful tidings, girl. JULIET
And joy comes well in such a needy time. What are they, I beseech your ladyship?
82. God pardon him: così in Q4; him assente in Q2. 412
105
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
GIULIETTA (a parte)
L’infamia e lui sono miglia distanti. (A sua madre) Dio lo perdoni – io lo faccio, con tutto il cuore, anche se nessuno come lui mi addolora il cuore. DONNA CAPULETI
E questo perché l’assassino traditore vive ancora… GIULIETTA
… lontano dalle mie mani. Potessi vendicare io da sola la morte di mio cugino! DONNA CAPULETI
Noi lo vendicheremo, non temere. E tu non piangere. Manderò qualcuno a Mantova, dove ora vive quel rinnegato, perché gli propini una così speciale pozione da mandarlo presto a far compagnia a Tebaldo; e allora sarai soddisfatta. GIULIETTA
In verità, quanto a Romeo nulla mi può soddisfare: finché non lo vedo – morto – è il mio povero cuore tanto rattristato per un parente. Signora, se riuscite a trovare un uomo che porti un veleno, io stessa lo preparerei volentieri, e ricevendolo Romeo dormirebbe subito in pace. Oh, come si strugge il mio cuore a sentirlo nominare, e a non potermi gettare su di lui, e sfogare l’amore che portavo a mio cugino sul corpo di colui che l’ha ucciso190! DONNA CAPULETI
Tu pensa al modo, io troverò l’uomo. Ma ora ti porto una gioiosa notizia, ragazza. GIULIETTA
Almeno un po’ di gioia in un tempo che ne ha così bisogno… E vi prego, qual è la notizia, signora?
413
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
CAPULET’S WIFE
Well, well, thou hast a careful father, child; One who, to put thee from thy heaviness, Hath sorted out a sudden day of joy That thou expect’st not, nor I looked not for.
110
JULIET
Madam, in happy time. What day is that? CAPULET’S WIFE
Marry, my child, early next Thursday morn The gallant, young, and noble gentleman The County Paris at Saint Peter’s Church Shall happily make thee there a joyful bride.
115
JULIET
Now, by Saint Peter’s Church, and Peter too, He shall not make me there a joyful bride. I wonder at this haste, that I must wed Ere he that should be husband comes to woo. I pray you, tell my lord and father, madam, I will not marry yet; and when I do, I swear It shall be Romeo – whom you know I hate – Rather than Paris. These are news indeed.
120
Enter Capulet and the Nurse CAPULET’S WIFE
Here comes your father. Tell him so yourself, And see how he will take it at your hands.
125
CAPULET
When the sun sets, the earth doth drizzle dew, But for the sunset of my brother’s son It rains downright. How now, a conduit, girl? What, still in tears? Evermore show’ring? In one little body Thou counterfeit’st a barque, a sea, a wind, For still thy eyes – which I may call the sea – Do ebb and flow with tears. The barque thy body is,
126. The earth: così in Q2; in Q1 the air = “l’aria”. 414
130
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
DONNA CAPULETI
Ebbene, bambina: tu hai un padre premuroso, uno che per sollevarti dalla tua prostrazione ti offre una giornata di gioia che tu non t’aspetti, e che neanch’io prevedevo. GIULIETTA
Signora, ben venga. E cos’è questa giornata? DONNA CAPULETI
Ebbene, bambina mia, il prossimo giovedì, di mattina, quel giovane, valoroso e nobile gentiluomo, il conte Paride, nella chiesa di San Pietro farà di te una sposa felice. GIULIETTA
No; per la chiesa di San Pietro e San Pietro stesso, non farà affatto di me una sposa felice! Mi sconcerta tutta questa fretta, di dovermi sposare prima che un marito mi faccia almeno la corte. Vi prego, signora, dite al mio signor padre che non sono ancora pronta; e quando lo sarò, giuro che sarà meglio Romeo – che odio, come ben sapete – piuttosto che Paride. Ah, le belle novità! Entrano Capuleti e la balia. DONNA CAPULETI
Ecco vostro padre. Diteglielo voi stessa, e vedete un po’ come la prende da voi. CAPULETI
Al tramonto del sole la terra distilla rugiada, ma per il tramonto del figlio di mio fratello piove a dirotto! Ragazza, allora, ancora in lacrime? Vogliamo fare la fontana? Sempre a diluviare stiamo? Un piccolo corpo come il tuo fa pensare insieme a una barca, a un mare, a un vento. Il mare lo vedo nei tuoi occhi, per il flusso e riflusso di lacrime. La barca nel tuo corpo, che naviga in queste
415
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
Sailing in this salt flood; the winds thy sighs, Who, raging with thy tears and they with them, Without a sudden calm will overset Thy tempest-tossèd body. – How now, wife? Have you delivered to her our decree?
135
CAPULET’S WIFE
Ay, sir, but she will none, she gives you thanks. I would the fool were married to her grave.
140
CAPULET
Soft, take me with you, take me with you, wife. How, will she none? Doth she not give us thanks? Is she not proud? Doth she not count her blest, Unworthy as she is, that we have wrought So worthy a gentleman to be her bride?
145
JULIET
Not proud you have, but thankful that you have. Proud can I never be of what I hate, But thankful even for hate that is meant love. CAPULET
How, how, how, how – chopped logic? What is this? ‘Proud’, and ‘I thank you’, and ‘I thank you not’, And yet ‘not proud’? Mistress minion, you, Thank me no thankings, nor proud me no prouds, But fettle your fine joints ’gainst Thursday next To go with Paris to Saint Peter’s Church, Or I will drag thee on a hurdle thither. Out, you green-sickness carrion! Out, you baggage, You tallow-face! CAPULET’S WIFE Fie, fie, what, are you mad? JULIET (kneeling) Good father, I beseech you on my knees, Hear me with patience but to speak a word.
150
155
CAPULET
Hang thee, young baggage, disobedient wretch! I tell thee what: get thee to church o’ Thursday, Or never after look me in the face. Speak not, reply not, do not answer me. 416
160
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
onde salate; i venti nei tuoi sospiri in contrasto con le lacrime, e queste contro i venti – che senza una bonaccia faranno rovesciare questo corpo squassato dalla tempesta191. E allora, moglie, le avete comunicato le mie decisioni? DONNA CAPULETI
Sì signore, ma lei non ne vuol sapere, con tante grazie. Farebbe bene a sposarsi con la sua tomba, la stupida. CAPULETI
Calma; fatemi capire, fatemi capire, moglie. Come sarebbe, non ne vuol sapere? Non ci ringrazia per questo? Non ne è orgogliosa? Non si considera fortunata, indegna com’è, che le abbiamo trovato un così rispettabile gentiluomo come marito? GIULIETTA
Orgogliosa no, anche se riconoscente. Non posso essere orgogliosa per ciò che detesto, ma riconoscente sì, anche per ciò che detesto, se viene per affetto. CAPULETI
Come come come come? Ci mettiamo a fare i sofisti? Cosa sono questi ‘orgogliosa’, e ‘non orgogliosa’, ‘vi ringrazio’, ma ‘non vi ringrazio’? Ehi tu, signorinella, non rifilarmi tante grazie e non grazie, orgogli e non orgogli, e metti in pista le tue belle gambette per andare con Paride a San Pietro giovedì prossimo, o ti ci trascino io su una carretta192. Via, carogna giallastra! Via sciacquetta, faccia di sego! DONNA CAPULETI
Basta, basta, siete impazzito? GIULIETTA (si inginocchia) Buon padre, vi prego in ginocchio, ascoltate con pazienza che vi dica una sola parola. CAPULETI
Sulla forca, puttanella, disgraziata ribelle! Te lo dico io: o giovedì vai in chiesa o non mi vedi più in faccia. Non parlare, non replicare, non rispondermi.
417
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
[Juliet rises] My fingers itch. Wife, we scarce thought us blest That God had lent us but this only child, But now I see this one is one too much, And that we have a curse in having her. Out on her, hilding! NURSE God in heaven bless her! You are to blame, my lord, to rate her so.
165
CAPULET
And why, my lady Wisdom? Hold your tongue, Good Prudence. Smarter with your gossips, go!
170
NURSE
I speak no treason. O, God-i’-good-e’en!
[CAPULET] [NURSE]
May not one speak? Peace, you mumbling fool, Utter your gravity o’er a gossip’s bowl, For here we need it not. CAPULET’S WIFE You are too hot. CAPULET
175
CAPULET
God’s bread, it makes me mad. Day, night; work, play; Alone, in company, still my care hath been To have her matched; and having now provided A gentleman of noble parentage, Of fair demesnes, youthful, and nobly lined, Stuffed, as they say, with honourable parts,
180
167. Curse: così in Q2; in Q1 cross = “croce”. 172-173. I speak … one speak?: battute attribuite diversamente a Balia e Capuleti nelle diverse edizioni; si suppone che quelle di Capuleti rappresentino un’aggiunta spuria. 175-176. Work, play, / Alone, in company: emend. tardo, per ragioni metriche; in Q2 Day, hour, tide, time, work, play... / Alone in company: “di giorno e notte, in ogni ora e marea, al lavoro e in ozio, da solo e in compagnia…”: è una delle tante versioni che prendono forma nelle diverse edizioni originali. 180. Lined: emend. tardo; in Q1 trainde = “allevato”; in Q2 liand = forse lien’d, dal francese lien[s de famille]. 418
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
[Giulietta si rialza] Mi prudono le mani. Moglie, già ci sembrava un castigo che Dio ci avesse dato solo quest’unica figlia, ma ora vedo che ne abbiamo una di troppo, e che il castigo è stato averla. Fuori dai piedi, zoccola! BALIA
Dio in cielo la benedica! Fate male, mio signore, a trattarla così. CAPULETI
Ah sì? E perché, mia signora Sapienza? Statevi zitta, la buona Prudenza! A spettegolare con le comari pari vostre, via! BALIA
Non ho mica detto chissà che… [CAPULETI]
Si, buonanotte193… [BALIA]
Non si può neanche parlare? CAPULETI
Zitta, sciocca brontolona! Fai le tue rimostranze sopra un boccale con le comari, qui non servono. DONNA CAPULETI
Siete troppo agitato. CAPULETI
Ostia! Questo mi fa impazzire. Giorno e notte, al lavoro e in ozio, da solo e in compagnia non ho avuto che una preoccupazione, maritarla; e avendo trovato ora un gentiluomo di nobile ascendenza, di notevoli sostanze, giovane, una grande famiglia dietro di lui, ripieno, come si suol dire, di qualità onorevoli, di proporzioni come
419
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
Proportioned as one’s thought would wish a man – And then to have a wretched puling fool, A whining maumet, in her fortune’s tender, To answer ‘I’ll not wed, I cannot love; I am too young, I pray you pardon me’! But an you will not wed, I’ll pardon you! Graze where you will, you shall not house with me. Look to’t, think on’t. I do not use to jest. Thursday is near. Lay hand on heart. Advise. An you be mine, I’ll give you to my friend. An you be not, hang, beg, starve, die in the streets, For, by my soul, I’ll ne’er acknowledge thee, Nor what is mine shall never do thee good. Trust to’t. Bethink you. I’ll not be forsworn. Exit
185
190
JULIET
Is there no pity sitting in the clouds That sees into the bottom of my grief O sweet my mother, cast me not away! Delay this marriage for a month, a week; Or if you do not, make the bridal bed In that dim monument where Tybalt lies.
196
200
CAPULET’S WIFE
Talk not to me, for I’ll not speak a word. Do as thou wilt, for I have done with thee.
Exit
JULIET
O, God – O Nurse, how shall this be prevented? My husband is on earth, my faith in heaven. How shall that faith return again to earth Unless that husband send it me from heaven By leaving earth? Comfort me, counsel me. Alack, alack, that heaven should practise stratagems Upon so soft a subject as myself! What sayst thou? Hast thou not a word of joy? Some comfort, Nurse. NURSE Faith, here it is: Romeo Is banishèd, and all the world to nothing That he dares ne’er come back to challenge you, 420
205
210
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
chiunque potrebbe augurarsi di avere – e guarda chi trovo, una disgraziata stupida piagnona, una bambola gemebonda che all’offerta della sua fortuna viene a dirmi ‘Non mi sposo, non posso amare; sono troppo giovane, vi prego di scusarmi’! Ma certo che ti perdono, se non ti sposi! Vai a pascolare dove vuoi, ma fuori dalla mia casa. Guarda e pensa bene, non parlo per scherzo. Giovedì è vicino. Metti la mano sul cuore, rifletti bene. Se fai come dico io, ti do a un amico. Se no impiccati, chiedi la carità, fai la fame, crepa in mezzo alla strada, perché, per la mia anima, non ti riconoscerò più per mia, né ciò che è mio potrà mai aiutarti. Contaci, e ripensaci. Questa è la mia parola. Esce GIULIETTA
Non c’è pietà che sieda sulle nuvole e veda fin nel fondo della mia disperazione? Oh dolce madre mia, non abbandonatemi! Ritardate questo matrimonio per un mese, una settimana; se non lo fate, che il letto nuziale sia preparato in quella tomba oscura dove giace Tebaldo. DONNA CAPULETI
Non rivolgerti a me, io non dirò una parola. Fai come vuoi, perché io con te ho chiuso. Esce GIULIETTA
Oh Dio – oh balia, come rimedio a tutto ciò? Il mio sposo è qui sulla terra, e la mia promessa in cielo. Come potrà questa promessa tornare sulla terra, se il mio sposo non me la rimanda dal cielo, abbandonando la terra194? Dammi una mano, consigliami. Ahimè, ahimè! È possibile che il cielo ordisca queste insidie contro una povera indifesa come me? Cos’hai da dire? Non una parola di sollievo? Un po’ di conforto, balia. BALIA
In fede mia, ecco: Romeo è esiliato, e scommetto tutto contro niente che non avrà il coraggio di tornare a richiedervi; o se lo farà,
421
ROMEO AND JULIET, ACT 3 SCENE 5
Or if he do, it needs must be by stealth. Then, since the case so stands as now it doth, I think it best you married with the County. O, he’s a lovely gentleman! Romeo’s a dishclout to him. An eagle, madam, Hath not so green, so quick, so fair an eye As Paris hath. Beshrew my very heart, I think you are happy in this second match, For it excels your first; or if it did not, Your first is dead, or ‘twere as good he were As living hence and you no use of him. JULIET Speak’st thou from thy heart?
215
220
225
NURSE
And from my soul, too, else beshrew them both. JULIET Amen. NURSE What? JULIET
Well, thou hast comforted me marvellous much. Go in; and tell my lady I am gone, Having displeased my father, to Laurence’ cell To make confession and to be absolved.
230
NURSE
Marry, I will; and this is wisely done.
[Exit]
JULIET (watching her go)
Ancient damnation! O most wicked fiend! Is it more sin to wish me thus forsworn, Or to dispraise my lord with that same tongue Which she hath praised him with above compare So many thousand times? Go, counsellor! Thou and my bosom henceforth shall be twain. I’ll to the friar, to know his remedy. If all else fail, myself have power to die.
235
240 Exit
225. Hence: in Q2 here = “qui”. 226. Speak’st thou: così in Q2; in Q1 speakest thou this. 235. (Watching her go): non in Q2; in Q1 She looks after Nurse = “segue la Balia con gli occhi”. Wicked: così in Q2; in Q1 cursed = “maledetta”. 422
ROMEO E GIULIETTA, ATTO III SCENA 5
dovrà per forza farlo di nascosto. Allora, stando le cose così come stanno, penso sia meglio che vi sposiate il conte. Oh, è un bel giovanotto! Al suo confronto Romeo è una pezza da piedi. Neanche un’aquila, signora, non ha un occhio così verde, pronto, acuto come Paride. Dannazione al cuore, penso che sareste felice in questo secondo partito, perché è meglio del primo; o se non lo fosse, il primo è morto, o è come se lo fosse, visto che vive lontano e tu non te lo puoi godere. GIULIETTA
È col cuore che parli? BALIA
… e anche con l’anima, il diavolo se li porti tutti e due! GIULIETTA
Amen. BALIA
Cosa? GIULIETTA
Beh, mi hai dato proprio un gran bel conforto. Vai in casa e dì alla signora che avendo dato un dispiacere a mio padre sono andata alla cella di frate Lorenzo, per confessarmi ed essere assolta. BALIA
Certo, vado subito: la tua è una decisione saggia. [Esce] GIULIETTA (la guarda uscire)195
Dannata vecchia, oh perfido demonio! Pecca di più nel volermi spergiura o nel denigrare il mio signore, con la stessa lingua che ha usato per lodarlo mille volte al di sopra di chiunque altro? Vattene, cattiva consigliera! Tu e il mio cuore d’ora in poi sarete due cose separate. Vado dal frate, che escogiti un rimedio. Se tutto andasse male, ho ancora in me il potere di morire. Esce
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ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 1
Enter Friar Laurence and Paris
4.1
FRIAR LAURENCE
On Thursday, sir? The time is very short. PARIS
My father Capulet will have it so, And I am nothing slow to slack his haste. FRIAR LAURENCE
You say you do not know the lady’s mind? Uneven is the course. I like it not.
5
PARIS
Immoderately she weeps for Tybalt’s death, And therefore have I little talked of love, For Venus smiles not in a house of tears. Now, sir, her father counts it dangerous That she do give her sorrow so much sway, And in his wisdom hastes our marriage To stop the inundation of her tears, Which, too much minded by herself alone, May be put from her by society. Now do you know the reason of this haste. FRIAR LAURENCE (aside) I would I knew not why it should be slowed. –
10
15
Enter Juliet Look, sir, here comes the lady toward my cell. PARIS
Happily met, my lady and my wife. JULIET
That may be, sir, when I may be a wife. PARIS
That ‘may be’ must be, love, on Thursday next. JULIET
What must be shall be. That’s a certain text.
FRIAR LAURENCE
16. 0. Enter Juliet: così in Q2; in Q1 Enter Paris. 424
20
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 1
Entrano Frate Lorenzo e Paride196
IV, 1
FRATE LORENZO
Giovedì, signore? Ma c’è così poco tempo! PARIDE
Mio suocero Capuleti vuole così, e io non ostacolo certo la sua premura. FRATE LORENZO
Mi dite di non conoscere le intenzioni della fanciulla, il cammino è incerto. Non mi piace. PARIDE
Lei piange immoderatamente la morte di Tebaldo, e dunque ho avuto poco spazio per parlarle d’amore: Venere non sorride nella casa delle lacrime. Ma vedete, signore: suo padre considera pericoloso dare tanta corda al dolore, e nella sua saggezza affretta il nostro matrimonio per arginare il diluvio dei pianti. Se a nutrirlo è la troppa solitudine, un po’ di compagnia lo potrebbe allontanare. Eccovi spiegata la ragione di tutta questa premura. FRATE LORENZO (a parte) Vorrei non conoscere le ragioni per cui debba essere frenata… Entra Giulietta Guardate, signore: eccola che viene verso di noi. PARIDE
Bentrovata, mia signora e mia sposa. GIULIETTA
Ciò potrà essere, signore, quando io sia sposata197. PARIDE
Quel potrà essere dovrà essere, amore, giovedì prossimo. GIULIETTA
Sarà ciò che deve essere198. FRATE LORENZO
Ecco un detto attestato.
425
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 1
PARIS
Come you to make confession to this father? JULIET
To answer that, I should confess to you. PARIS
Do not deny to him that you love me. JULIET
I will confess to you that I love him.
25
PARIS
So will ye, I am sure, that you love me. JULIET
If I do so, it will be of more price, Being spoke behind your back, than to your face. PARIS
Poor soul, thy face is much abused with tears. JULIET
The tears have got small victory by that, For it was bad enough before their spite.
30
PARIS
Thou wrong’st it more than tears with that report. JULIET
That is no slander, sir, which is a truth, And what I spake, I spake it to my face. PARIS
Thy face is mine, and thou hast slandered it.
35
JULIET
It may be so, for it is not mine own. – Are you at leisure, holy father, now, Or shall I come to you at evening mass? FRIAR LAURENCE
My leisure serves me, pensive daughter, now. My lord, we must entreat the time alone.
40
PARIS
God shield I should disturb devotion! – Juliet, on Thursday early will I rouse ye. (Kissing her) Till then, adieu, and keep this holy kiss. Exit 426
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 1
PARIDE
Venite a confessarvi dal padre? GIULIETTA
Per rispondervi dovrei confessarmi a voi. PARIDE
Non negate a lui che mi amate. GIULIETTA
A voi confesserò che amo lui. PARIDE
E così, ne sono sicuro, confesserete che amate me… GIULIETTA
… e se lo faccio avrà più valore detto alle vostre spalle che davanti a voi. PARIDE
Povera anima, hai il viso molto sciupato dalle lacrime… GIULIETTA
… lacrime che non hanno avuto una grande vittoria, ché già era brutto prima del loro assalto. PARIDE
Così dicendo, più delle lacrime gli fa torto quel che dici. GIULIETTA
Non è offensivo, signore, dire la verità; e quel che ho detto me lo sono detto in faccia. PARIDE
La tua faccia è mia, e tu l’hai offesa. GIULIETTA
Può essere così, visto che non è mia… Santo padre, avete tempo ora o devo venire per la messa serale? FRATE LORENZO
Ho tempo ora, mia pensosa figliola. Mio signore, dobbiamo rimanere soli. PARIDE
Dio mi ripari dal disturbare le vostre devozioni! – Giulietta, giovedì presto vengo a svegliarti. (La bacia) Fino ad allora addio: accetta questo bacio reverente. Esce
427
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 1
JULIET
O, shut the door, and when thou hast done so, Come weep with me, past hope, past cure, past help! FRIAR LAURENCE
O Juliet, I already know thy grief. It strains me past the compass of my wits. I hear thou must, and nothing may prorogue it, On Thursday next be married to this County.
46
JULIET
Tell me not, friar, that thou hear’st of this, Unless thou tell me how I may prevent it. If in thy wisdom thou canst give no help, Do thou but call my resolution wise,
50
She draws a knife And with this knife I’ll help it presently. God joined my heart and Romeo’s, thou our hands, And ere this hand, by thee to Romeo’s sealed, Shall be the label to another deed, Or my true heart with treacherous revolt Turn to another, this shall slay them both. Therefore, out of thy long-experienced time, Give me some present counsel; or, behold, ’Twixt my extremes and me this bloody knife Shall play the umpire, arbitrating that Which the commission of thy years and art Could to no issue of true honour bring. Be not so long to speak. I long to die If what thou speak’st speak not of remedy.
55
60
65
FRIAR LAURENCE
Hold, daughter, I do spy a kind of hope Which craves as desperate an execution As that is desperate which we would prevent. If, rather than to marry County Paris,
45. Cure: così in Q1; in Q2 care = “soccorso” (anche sotto: IV, 4, 92). 428
70
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 1
GIULIETTA
Oh chiudete la porta, e quando l’avete fatto venite a piangere con me, ormai priva di ogni speranza, di ogni cura, di ogni aiuto! FRATE LORENZO
Oh Giulietta, già conosco il tuo sconforto, che mi pesa tanto da limitare l’uso di ragione. So che giovedì prossimo, senza ritardi, dovrai sposare questo conte. GIULIETTA
Non ditemi, frate, quel che sapete se non sapete dirmi come evitarlo. Se la vostra saggezza non può aiutarmi, almeno dichiarate saggia la mia decisione … Estrae un coltello … e io con questo coltello la metto subito in pratica. Dio ha congiunto il mio cuore a quello di Romeo, voi avete congiunto le nostre mani, e prima che questa mano, da voi saldata a Romeo, possa suggellare un altro patto, o prima che il mio cuore si volga a qualcun altro con abietta infedeltà, questo farà tacere e la mano e il cuore. Dunque, dalla vostra lunga esperienza estraete un immediato consiglio, oppure attento: questo coltello sanguinante farà da arbitro fra me e le mie sventure, decretando ciò che l’autorità dei vostri anni e della vostra sapienza non è riuscita a portare a una soluzione onorevole. Non tardate troppo a parlare. Io desidero morire se quanto direte non sarà di rimedio. FRATE LORENZO
Aspetta figliola; una speranza mi sembra di scorgerla, ma richiede una risoluzione altrettanto estrema di quella che vogliamo prevenire. Se, invece di sposare il conte Paride, tu hai la forza di volontà di
429
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 1
Thou hast the strength of will to slay thyself, Then is it likely thou wilt undertake A thing like death to chide away this shame, That cop’st with death himself to scape from it; And, if thou dar’st, I’ll give thee remedy.
75
JULIET
O, bid me leap, rather than marry Paris, From off the battlements of any tower, Or walk in thievish ways, or bid me lurk Where serpents are. Chain me with roaring bears, Or hide me nightly in a charnel house, O’ercovered quite with dead men’s rattling bones, With reeky shanks and yellow chapless skulls; Or bid me go into a new-made grave And hide me with a dead man in his tomb – Things that, to hear them told, have made me tremble – And I will do it without fear or doubt, To live an unstained wife to my sweet love.
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FRIAR LAURENCE
Hold, then; go home, be merry, give consent To marry Paris. Wednesday is tomorrow. Tomorrow night look that thou lie alone. Let not the Nurse lie with thee in thy chamber. Take thou this vial, being then in bed, And this distilling liquor drink thou off, When presently through all thy veins shall run A cold and drowsy humour; for no pulse Shall keep his native progress, but surcease.
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95
72. Slay thyself: così in Q1; in Q2 stay yourself = “fermarti [porre fine alla tua vita]”. 81. Hide: così in Q2; in Q1 shut, di più agevole traduzione. 85. Tomb: così [incerto] in Q1 e emend. successivi; non in Q2; in Q4 shroud = “sudario”. 92. The Nurse: così in Q2; in Q1 e Q3 thy Nurse. 94. Distilling: così in Q2; in Q1 distilled = “distillato”. 430
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 1
ucciderti, allora potrai forse affrontare qualcosa di simile alla morte per rimuovere quella vergogna che, pur di evitarla, ti fa sfidare la morte stessa. E se hai coraggio, io ti do il rimedio. GIULIETTA
Oh, piuttosto che di sposare Paride, ordinatemi di buttarmi dai merli di qualsiasi torre, o di camminare in strade infestate dai banditi, o di nascondermi dove si annidano i serpenti. Incatenatemi ad orsi furiosi, o chiudetemi di notte in un ossario, sepolta sotto le ossa scricchiolanti dei morti, e tibie marcite, e teschi senza più mascelle; ordinatemi di entrare in una tomba appena scavata, e di rimanerci in compagnia di un morto199 – cose che, a sentirle raccontare, mi hanno fatto tremare – e io farò tutto questo senza paura o dubbio, pur di vivere da sposa incontaminata del mio dolce amore. FRATE LORENZO
Allora senti: torna a casa, fai l’allegra, acconsenti a sposare Paride. Domani, mercoledì, la sera vai a dormire da sola, che la balia non venga a coricarsi con te. Quando sei a letto prendi questa fiala, e bevine la penetrante essenza: subito per tutte le vene ti correrà un umore freddo e sonnolento. Non manterrà il polso il suo battito regolare, che cesserà del tutto. Nessun calore, nessun respiro te-
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ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 1
No warmth, no breath shall testify thou livest. The roses in thy lips and cheeks shall fade To wanny ashes, thy eyes’ windows fall Like death when he shuts up the day of life. Each part, deprived of supple government, Shall, stiff and stark and cold, appear like death; And in this borrowed likeness of shrunk death Thou shall continue two-and-forty hours, And then awake as from a pleasant sleep. Now, when the bridegroom in the morning comes To rouse thee from thy bed, there art thou dead. Then, as the manner of our country is, In thy best robes, uncovered on the bier Thou shalt be borne to that same ancient vault Where all the kindred of the Capulets lie. In the meantime, against thou shalt awake, Shall Romeo by my letters know our drift, And hither shall he come, and he and I Will watch thy waking, and that very night Shall Romeo bear thee hence to Mantua. And this shall free thee from this present shame, If no inconstant toy nor womanish fear Abate thy valour in the acting it.
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JULIET
Give me, give me! O, tell not me of fear! FRIAR LAURENCE (giving her the vial)
Hold, get you gone. Be strong and prosperous In this resolve. I’ll send a friar with speed To Mantua with my letters to thy lord.
98. Breath: così in Q1; in Q2 breast = “petto”: una sineddoche? 100. Wanny: emend. tardo; in Q2 many = “molti”; non in Q1. 110. Dopo bier, Q2 inserisce il verso aggiuntivo Thou shalt be borne to buriall in thy kindreds grave = “nelle tue vesti migliori verrai trasportata sulla bara nella tomba dei tuoi familiari”, eliminato dai curatori delle edizioni moderne perché ripetitivo. 116. Waking: così in Q3; in Q2 walking = “cammino”. 432
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 1
stimonieranno alcuna presenza di vita. Il rosa delle labbra e delle guance sfumerà in un pallido cinerino, le finestre degli occhi si chiuderanno come quando la morte spegne la luce della vita. Ogni membro, perduta ogni agilità, apparirà rigido, duro, freddo come da morta; e in questa falsa sembianza di morte rinsecchita rimarrai per quarantadue ore, poi ti sveglierai come da un piacevole sonno. E quando al mattino viene lo sposo a farti alzare, lì ti troverà morta. Poi, come vuole il costume del nostro paese, nelle tue vesti migliori verrai trasportata sulla bara in quell’antica cripta dove giacciono tutti i Capuleti. Nel frattempo, prima che tu ti sia svegliata, per le mie lettere Romeo verrà a conoscenza del nostro piano, e lì arriverà, e lui ed io assisteremo al tuo risveglio, e quella stessa notte Romeo ti porterà via, a Mantova. Questo ti libererà da ogni possibile disonore, se un momento di incostanza o di femminile paura non faranno crollare il tuo coraggio nel compiere l’azione. GIULIETTA
Datemela, datemela, oh non parlate di paura! FRATE LORENZO (le dà la fiala)
Tieni, vai in pace. Sii forte e serena nel tuo intento. Io mando un frate in gran fretta a Mantova con le mie lettere al tuo signore.
433
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 2
JULIET
Love give me strength, and strength shall help afford. Farewell, dear father. Exeunt [severally] Enter Capulet, his Wife, the Nurse, and [two] Servingmen
4.2
CAPULET (giving a Servingman a paper)
So many guests invite as here are writ. [Exit Servingman] (To the other Servingman) Sirrah, go hire me twenty cunning cooks. SERVINGMAN You shall have none ill, sir, for I’ll try if they can lick their fingers. CAPULET How canst thou try them so? SERVINGMAN Marry, sir, ’tis an ill cook that cannot lick his own fingers, therefore he that cannot lick his fingers goes not with me. CAPULET Go, be gone. [Exit Servingman] We shall be much unfurnished for this time. (To the Nurse) What, is my daughter gone to Friar Laurence? NURSE Ay, forsooth.
5
10
CAPULET
Well, he may chance to do some good on her. A peevish, self-willed harlotry it is. Enter Juliet NURSE
See where she comes from shrift with merry look.
15
CAPULET (to Juliet)
How now, my headstrong, where have you been gadding?
0. La maggior parte delle didascalie di questo atto, assenti o parziali in Q2, derivano da Q1. 434
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 2
GIULIETTA
L’amore mi dia forza, e la forza mi darà aiuto. Addio, caro padre. Escono [separatamente] Entrano Capuleti, la moglie, la balia, e [due] servitori200
IV, 2
CAPULETI (porge una carta a uno dei servitori)
Invita tutti gli ospiti che trovi scritti qui. [Esce il servitore] (All’altro servitore) E tu vai a reclutare venti cuochi esperti. SERVITORE
Non ne avrai di inesperti, signore, perché gli farò la prova se sanno leccarsi le dita. CAPULETI
E come glie la fai, questa prova? SERVITORE
Per la madonna, signore: un cuoco che non si lecca le dita non è bravo201, quindi uno che non si sa leccare le dita non viene con me. CAPULETI
Via, veloce. [Esce il servitore] Questa volta siamo molto impreparati. (Alla balia) Allora, mia figlia è andata da frate Lorenzo? BALIA
Sissignore, davvero. CAPULETI
Beh, potrebbe farle bene. Non è che una stizzosa, ostinata fraschetta. Entra Giulietta BALIA
Ecco che arriva dalla confessione tutta allegra. CAPULETI (a Giulietta) Allora, cocciutella, dove sei stata a zonzo?
435
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 2
JULIET
Where I have learned me to repent the sin Of disobedient opposition To you and your behests, and am enjoined By holy Laurence to fall prostrate here To beg your pardon. (Kneeling) Pardon, I beseech you. Henceforward I am ever ruled by you. CAPULET [to the Nurse] Send for the County; go tell him of this. I’ll have this knot knit up tomorrow morning.
20
JULIET
I met the youthful lord at Laurence’ cell, And gave him what becoming love I might, Not stepping o’er the bounds of modesty.
25
CAPULET
Why, I am glad on’t. This is well. Stand up. Juliet rises This is as’t should be. Let me see the County. [To Nurse] Ay, marry, go, I say, and fetch him hither. Now, afore God, this reverend holy friar, All our whole city is much bound to him.
31
JULIET
Nurse, will you go with me into my closet To help me sort such needful ornaments As you think fit to furnish me tomorrow? CAPULET’S WIFE
No, not till Thursday. There is time enough. CAPULET
Go, Nurse, go with her. We’ll to church tomorrow. Exeunt Juliet and Nurse CAPULET’S WIFE
We shall be short in our provision, ’Tis now near night.
26. Becoming: in Q2 becomd = “appropriato”. 436
35
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 2
GIULIETTA
Dove ho imparato a pentirmi del peccato della disubbidienza, e di opposizione a voi e ai vostri comandi. Frate Lorenzo mi ha ordinato di prostrami qui ai vostri piedi e chiedervi perdono. (Si inginocchia) Perdonatemi, vi prego. D’ora in poi sempre da voi mi farò guidare. CAPULETI [alla balia] Fate chiamare il conte; ditegli di tutto questo. Questo nodo va stretto domattina stessa 202. GIULIETTA
Ho incontrato il giovane conte alla cella del frate, e gli ho mostrato l’amore che potevo secondo decoro, senza varcare i limiti della modestia. CAPULETI
Ah, questo mi fa piacere. Hai fatto bene. Alzati. Giulietta si rialza Così si fa. Voglio vedere il conte. [Alla balia] Sì, vai spedita dico, portalo qui. Ora, davanti a Dio: la città intera deve portare riconoscenza a questo reverendo e santo frate. GIULIETTA
Balia, vuoi venire nella mia stanza, e aiutarmi a scegliere gli ornamenti che ritieni adatti per domani? DONNA CAPULETI
No, per giovedì c’è ancora tempo. CAPULETI
Vai con lei, balia. In chiesa ci andiamo domani. Escono Giulietta e la balia DONNA CAPULETI
Ma non abbiamo il tempo per prepararci, è quasi notte.
437
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 3
Tush, I will stir about, And all things shall be well, I warrant thee, wife. Go thou to Juliet, help to deck up her. I’ll not to bed tonight. Let me alone. I’ll play the housewife for this once. What, ho! They are all forth. Well, I will walk myself To County Paris to prepare up him Against tomorrow. My heart is wondrous light, Since this same wayward girl is so reclaimed.
CAPULET
40
45
Exeunt [severally] Enter Juliet and the Nurse [with garments]
4.3 JULIET
Ay, those attires are best. But, gentle Nurse, I pray thee leave me to myself tonight, For I have need of many orisons To move the heavens to smile upon my state, Which – well thou knowest – is cross and full of sin.
5
Enter Capulet’s Wife CAPULET’S WIFE
What, are you busy, ho? Need you my help? JULIET
No, madam, we have culled such necessaries As are behoveful for our state tomorrow. So please you, let me now be left alone, And let the Nurse this night sit up with you, For I am sure you have your hands full all In this so sudden business. CAPULET’S WIFE Good night. Get thee to bed, and rest, for thou hast need.
10
Exeunt Capulet’s Wife [and Nurse] JULIET
Farewell. God knows when we shall meet again. I have a faint cold fear thrills through my veins That almost freezes up the heat of life.
438
15
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 3
CAPULETI
Chiuso. Mi ci metto io, e tutto andrà bene, vi assicuro moglie. Voi andate da Giulietta, aiutatela a addobbarsi. Io non verrò a letto stanotte. Lasciatemi solo. Per una volta voglio fare la padrona di casa. Ehi, ehi! Sono tutti fuori. Bene, andrò io dal conte Paride perché si prepari per domattina. Mi sento il cuore meravigliosamente leggero, ora che quella stessa ragazza ribelle si è fatta così remissiva. Escono [separatamente] IV, 3
Entrano Giulietta e la balia [portando degli abiti]
GIULIETTA
Sì, questo mi sta meglio. Ma, cara balia, ti prego di lasciarmi sola stanotte: ho bisogno di pregare molto, per convincere i cieli a sorridere alla mia situazione. Come sai, è problematica e colpevole. Entra Donna Capuleti DONNA CAPULETI
Ancora indaffarate? Avete bisogno d’aiuto? GIULIETTA
No signora, abbiamo scelto quanto è necessario e appropriato al nostro passo di domani. Così vi prego, ora lasciatemi sola, e che la balia stanotte vegli con voi; penso che abbiate tutte tanto da fare per organizzare tutto così di punto in bianco. DONNA CAPULETI
Buona notte. Vai a letto e riposa, perché ne hai bisogno. Escono Donna Capuleti e la balia GIULIETTA
Addio. Dio sa quando ci incontreremo ancora. Un freddo brivido di paura agita le mie vene, tale da gelare tutto il calore della vita.
439
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 3
I’ll call them back again to comfort me. Nurse! – What should she do here? [She opens curtains, behind which is seen her bed] My dismal scene I needs must act alone. Come, vial. What if this mixture do not work at all? Shall I be married then tomorrow morning? No, no, this shall forbid it. Lie thou there.
20
She lays down a knife What if it be a poison which the friar Subtly hath ministered to have me dead, Lest in this marriage he should be dishonoured Because he married me before to Romeo? I fear it is – and yet methinks it should not, For he hath still been tried a holy man. How if, when I am laid into the tomb, I wake before the time that Romeo Come to redeem me? There’s a fearful point. Shall I not then be stifled in the vault, To whose foul mouth no healthsome air breathes in, And there die strangled ere my Romeo comes? Or, if I live, is it not very like The horrible conceit of death and night, Together with the terror of the place – As in a vault, an ancient receptacle Where for this many hundred years the bones Of all my buried ancestors are packed; Where bloody Tybalt, yet but green in earth, Lies fest’ring in his shroud; where, as they say, At some hours in the night spirits resort – Alack, alack, is it not like that I, So early waking – what with loathsome smells, And shrieks like mandrakes torn out of the earth, That living mortals, hearing them, run mad –
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21. Shall I … morning?: così in Q2; in Q1 Must I of force be married to the Countie? = “dovrei per forza sposare il conte?”. 440
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 3
Ora le richiamo per avere un po’ di conforto. – Balia! – ma cosa ci farebbe lei qui203? [Apre le tende, scoprendo il suo letto] Da sola devo recitare questa lugubre a scena. Vieni, fiala. E se questo intruglio non avesse effetto? Mi sposerei dunque domani mattina 204? No, no, questo lo deve impedire. Tu stai a portata di mano. Posa un coltello Se fosse un veleno che il furbo frate mi ha propinato per uccidermi, temendo il disonore che queste nozze porterebbero a lui, avendomi già sposata a Romeo? Ho paura di sì – e però non mi pare, perché si è sempre dimostrato un sant’uomo. E se, una volta nella tomba, mi sveglio prima che Romeo arrivi a riprendermi? È un’idea spaventosa! Non mi sentirei soffocare nella cripta, alla cui orrida bocca non arriva neppure un alito di aria pura, e non morirei soffocata prima che arrivi il mio Romeo? O, se invece vivessi, non sarebbe l’orribile pensiero della morte e della notte, confuso all’orrore del luogo – un sepolcro, un’antica catacomba dove per cento e cento anni si sono accumulate le ossa dei miei sepolti antenati; dove l’insanguinato Tebaldo, sepolto così giovane, si sta ancora disfacendo nel suo sudario; dove, come ho sentito dire, in certe ore della notte gli spiriti si danno convegno – Ahimè, Ahimè, non sarei, a un risveglio così precoce – tra odori disgustosi, e urla come quelle delle mandragole strappate dalla terra che fanno impazzire i viventi mortali quando
441
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
O, if I wake, shall I not be distraught, Environèd with all these hideous fears, And madly play with my forefathers’ joints, And pluck the mangled Tybalt from his shroud, And, in this rage, with some great kinsman’s bone As with a club dash out my desp’rate brains? O, look! Methinks I see my cousin’s ghost Seeking out Romeo that did spit his body Upon a rapier’s point. Stay, Tybalt, stay! Romeo, Romeo, Romeo! Here’s drink. I drink to thee.
50
55
She drinks from the vial and falls upon the bed, [pulling closed the curtains] Enter Capulet’s Wife, and the Nurse [with herbs]
4.4
CAPULET’S WIFE
Hold, take these keys, and fetch more spices, Nurse. NURSE
They call for dates and quinces in the pastry. Enter Capulet CAPULET
Come, stir, stir, stir! The second cock hath crowed. The curfew bell hath rung. ’Tis three o’clock. Look to the baked meats, good Angelica. Spare not for cost. NURSE Go, you cot-quean, go. Get you to bed. Faith, you’ll be sick tomorrow For this night’s watching.
5
CAPULET
No, not a whit. What, I have watched ere now All night for lesser cause, and ne’er been sick.
10
48. If I wake: così in Q4; in Q2 if I walke = “se [dovessi] camminare”. 57. Romeo, Romeo, Romeo … thee: così in Q2; in Q1 Romeo I come, this do I drink to thee = “Eccomi Romeo, questo lo bevo per te”. 442
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
le odono205 – oh, svegliandomi non impazzirei io stessa, circondata da queste orribili paure, e non mi metterei a giocare con le membra dei miei avi, e non strapperei Tebaldo dal suo sudario, e, in questa frenesia, non mi farei schizzare le cervella, brandendo come una clava l’osso di qualche antenato? Oh, mi pare di vedere il fantasma di mio cugino a caccia di Romeo che ha infilzato il suo corpo sulla punta della spada. Ferma Tebaldo, ferma! Romeo, Romeo, Romeo! Questo lo bevo per te! Beve dalla fiala e cade sul letto [chiudendo le tende]206 Entrano Donna Capuleti e la balia [con erbe aromatiche]
IV, 4
DONNA CAPULETI
Balia, tieni queste chiavi e porta altre spezie. BALIA
In cucina chiedono datteri e mele cotogne. Entra Capuleti CAPULETI
Avanti, avanti, muovetevi! Il gallo ha cantato due volte, e ha suonato la campana del coprifuoco. Sono le tre! Angelica207, attenta alla roba nel forno. Non fare economie. BALIA
Via di qui, signor massaia-in-capo! È certo che domani starete male se state in piedi tutta la notte. CAPULETI
No, per nulla, per nulla. Prima d’ora ho vegliato intere notti per cose di minor conto, e non sono mai stato male.
443
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
CAPULET’S WIFE
Ay, you have been a mouse-hunt in your time, But I will watch you from such watching now. Exeunt Capulet’s Wife and Nurse CAPULET
A jealous-hood, a jealous-hood! Enter three or four Servingmen, with spits and logs and baskets Now, fellow, what is there? FIRST SERVINGMAN
Things for the cook, sir, but I know not what. CAPULET
Make haste, make haste. Exit First Servingman [and one or two others] Sirrah, fetch drier logs. Call Peter. He will show thee where they are.
16
SECOND SERVINGMAN
I have a head, sir, that will find out logs And never trouble Peter for the matter. CAPULET
Mass, and well said! A merry whoreson, ha! Thou shalt be loggerhead. Exit Second Servingman Good faith, ’tis day. The County will be here with music straight, For so he said he would.
21
Music plays within I hear him near. Nurse! Wife! What ho, what, Nurse, I say!
16. Call Peter: in Q1 Call Will (Will Kemp, il buffone della compagnia: cfr. la nota alla trad.). 20. Good faith: così in Q4; in Q2 Good father = “Buon Padre, buon Dio”. 444
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
DONNA CAPULETI
Eh, siete stato un bel cacciatore di tope 208 ai vostri tempi, ma ora sono io a vegliare sulle vostre veglie! Escono Donna Capuleti e la balia CAPULETI
Ah la gelosa, la gelosa 209! Entrano tre o quattro servitori, con spiedi, legna e cestini Allora, ragazzi, cosa portate? PRIMO SERVITORE
Cose per il cuoco, signore, ma non so bene cosa. CAPULETI
Su, fate in fretta, fate in fretta! Escono il primo servitore [e uno o due altri] Forza, portate legna più secca. Chiedete a Pietro210, lui vi mostra dov’è. SECONDO SERVITORE
Ho una testa, signore, che la legna se la trova da sé senza bisogno di chiedere a Pietro. CAPULETI
Per la messa, ben detto! Che gran figlio di buona donna! Ti chiameremo testa di legno! Esce il secondo servitore Dio buono, si è fatto giorno: il conte sarà presto qui con i musicanti, così ha detto. Si sente della musica Sento che viene. Balia! Moglie, ehilà! Insomma, balia!
445
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
Enter the Nurse Go waken Juliet. Go and trim her up. I’ll go and chat with Paris. Hie, make haste, Make haste, the bridegroom he is come already. Make haste, I say.
25 Exit
NURSE
Mistress, what, mistress! Juliet! Fast, I warrant her, she. Why, lamb, why, lady! Fie, you slug-abed! Why, love, I say, madam, sweetheart, why, bride! What, not a word? You take your pennyworths now. Sleep for a week, for the next night, I warrant, The County Paris hath set up his rest That you shall rest but little. God forgive me! Marry, and amen. How sound is she asleep! I needs must wake her. Madam, madam, madam! Ay, let the County take you in your bed. He’ll fright you up, i’faith. Will it not be?
30
35
[She draws back the curtains] What, dressed and in your clothes, and down again? I must needs wake you. Lady, lady, lady! Alas, alas! Help, help! My lady’s dead. O welladay, that ever I was born! Some aqua-vitae, ho! My lord, my lady!
40
Enter Capulet’s Wife CAPULET’S WIFE
What noise is here? O lamentable day!
NURSE
CAPULET’S WIFE
What is the matter? Look, look. O heavy day!
NURSE
45
28. In alcune edizioni moderne inizia qui una nuova scena (atto IV, sc. 5), per seguire il movimento della Balia dal proscenio al “retro” del palcoscenico dove era collocata la “camera” di Giulietta, e dove l’azione continua fino alla scena dei Musici (v. 122). 42. O welladay: così in Q4 e F; in Q1 alack the day, in Q2 O weraday, con lo stesso significato (“ahimè”). 446
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
Entra la Balia Andate a svegliare Giulietta, e agghindatela bene. Io vado a parlare con Paride. Avanti, fate in fretta, fate in fretta; lo sposo è già qui. Fate in fretta, ho detto. Esce BALIA
211
Signora, suvvia, signora! Giulietta! Che sonno, ragazza mia! Su agnellino, su signora! Allora, lumacona! Insomma amor mio, dico, signora, tesoruccio, sposina! Ebbene, neanche una parola? Vuoi fare riserva ora, eh? Dormire per una settimana, perché da stanotte, ti dico, il conte Paride si gioca tutto il suo sonno perché tu non ne abbia troppo, di sonno212! Dio mi perdoni e anche la Madonna, amen. Ma come dorme sodo! Ora devo svegliarti. Signora, signora, signora! Ah, fatti trovare a letto dal conte, e vedrai che spavento, in fede mia! Non ti svegli? [Apre le tende del letto] Come, ancora con indosso le vesti, e ti sei rimessa a dormire? Ora devo proprio svegliarti. Signora, signora, signora! Ahimè, Ahimè! Aiuto, aiuto! La mia signora è morta! Oh sciagura, e non fossi mai nata! Dell’acquavite, su! Mio signore, mia signora! Entra Donna Capuleti DONNA CAPULETI
Cos’è questo baccano? BALIA
Oh giorno infelice! DONNA CAPULETI
Cosa succede? BALIA
Guardate, guardate! Oh giorno maledetto!
447
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
CAPULET’S WIFE
O me, O me, my child, my only life! Revive, look up, or I will die with thee. Help, help, call help! Enter Capulet CAPULET
For shame, bring Juliet forth. Her lord is come. NURSE
She’s dead, deceased. She’s dead, alack the day!
50
CAPULET’S WIFE
Alack the day, she’s dead, she’s dead, she’s dead! CAPULET
Ha, let me see her! Out, alas, she’s cold. Her blood is settled, and her joints are stiff. Life and these lips have long been separated. Death lies on her like an untimely frost Upon the sweetest flower of all the field.
55
NURSE
O lamentable day! O woeful time!
CAPULET’S WIFE CAPULET
Death, that hath ta’en her hence to make me wail, Ties up my tongue, and will not let me speak. Enter Friar Laurence and Paris, with Musicians FRIAR LAURENCE
Come, is the bride ready to go to church?
60
CAPULET
Ready to go, but never to return. (To Paris) O son, the night before thy wedding day Hath death lain with thy wife. See, there she lies, Flower as she was, deflowerèd by him. Death is my son-in-law, death is my heir. My daughter he hath wedded. I will die, And leave him all. Life, living, all is death’s. 63. See: così in F, assente in Q2. 448
65
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
DONNA CAPULETI
Ohimè, ohimè, la mia bambina, la mia unica vita! Ritorna in te, apri gli occhi, o io muoio con te! Aiuto, aiuto, chiamate aiuto! Entra Capuleti CAPULETI
Calmatevi e fate venire Giulietta. Lo sposo è qui. BALIA
È morta, finita! È morta! Una disgrazia! DONNA CAPULETI
Giorno infausto, lei è morta, morta, mooorta! CAPULETI
Fatemela vedere! Morta, Ahimè, è già fredda. Il sangue è fermo, e le membra rigide. La vita e queste labbra sono ormai separate. La morte la ricopre come un gelo giunto anzitempo sul fiore più bello di tutto il campo. BALIA
Oh giorno infelice! DONNA CAPULETI
Oh tempo infame! CAPULETI 213
La morte, che l’ha strappata a noi per farmi piangere, mi lega la lingua, e non mi lascia parlare. Entrano Frate Lorenzo e il conte Paride, con dei musici FRATE LORENZO
Dunque, è pronta la sposa a venire in chiesa? CAPULETI
È pronta a venire, ma non a ritornare. (A Paride) Figlio mio, la notte prima delle tue nozze la Morte è andata a letto con tua moglie, un fiore deflorato dalla Morte214. Mio genero è ora la Morte, la Morte mia erede: lei ha sposato mia figlia. Alla mia morte, Lei si prenderà tutto. La vita, gli averi, tutto è della Morte.
449
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
[Paris, Capulet and his Wife, and the Nurse all at once wring their hands and cry out together:] PARIS
Have I thought long to see this morning’s face, And doth it give me such a sight as this? Beguiled, divorcèd, wrongèd, spited, slain! Most detestable death, by thee beguiled, By cruel, cruel thee quite overthrown. O love, O life: not life, but love in death.
70
CAPULET’S WIFE
Accursed, unhappy, wretched, hateful day! Most miserable hour that e’er time saw In lasting labour of his pilgrimage! But one, poor one, one poor and loving child, But one thing to rejoice and solace in, And cruel death hath catched it from my sight!
75
NURSE
O woe! O woeful, woeful, woeful day! Most lamentable day! Most woeful day That ever, ever, I did yet behold! O day, O day, O day, O hateful day, Never was seen so black a day as this! O woeful day, O woeful day!
80
85
CAPULET
Despised, distressèd, hated, martyred, killed! Uncomfortable time, why cam’st thou now To murder, murder our solemnity? O child, O child, my soul and not my child! Dead art thou, alack, my child is dead, And with my child my joys are burièd.
90
70-73. In altre edizioni questi versi costituiscono il lamento di Paride separato, collocato dopo il v. 85, cui fa eco il lamento del Capuleti (vv. 8691) riprendendone le formule e le cadenze. La divisione dell’ed. Oxford suggerisce una trenodia a quattro voci, ciascuna per sei versi con uguale struttura. 450
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
[Paride, Capuleti, la moglie e la balia, tutti insieme si torcono le mani e prorompono in un solo grido:] PARIDE215
Ho aspettato tanto per vedere il volto di questa mattina, e mi riserva una scena come questa? Ingannato, divorziato, insultato, disprezzato, ucciso! Detestabilissima Morte, da te sono stato ingannato, da te crudele, crudele del tutto distrutto! Oh amore, oh vita! Non vita, ma amore nella morte216! DONNA CAPULETI
Giorno maledetto, infelice, disgraziato, odioso! Ora più disperata che il tempo abbia mai visto nell’eterna fatica del suo pellegrinaggio! Solo una, povereretta, solo una povera e dolce bambina, una sola cosa in cui gioire e consolarsi, e la crudele morte l’ha strappata ai miei occhi! BALIA
Oh dolore! Oh doloroso, doloroso giorno! Giorno esecrabile! Giorno più doloroso di quanti mai, mai io ne abbia visti! Oh giorno, oh giorno, oh giorno, oh giorno odioso, che non se ne è mai visto uno più nero! O giorno doloroso, giorno doloroso! CAPULETI
Disprezzato, distrutto, odiato, torturato, ucciso! Tempo di sconforto, perché sei giunto ora, ad assassinarci, a uccidere la nostra solennità? Oh bambina, bambina, mia anima e non mia figlia! Ora sei morta, Ahimè; la mia bambina è morta, e le mie gioie sono sepolte con mia figlia.
451
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
FRIAR LAURENCE
Peace, ho, for shame! Confusion’s cure lives not In these confusions. Heaven and yourself Had part in this fair maid. Now heaven hath all, And all the better is it for the maid. Your part in her you could not keep from death, But heaven keeps his part in eternal life. The most you sought was her promotion, For ’twas your heaven she should be advanced, And weep ye now, seeing she is advanced Above the clouds as high as heaven itself? O, in this love you love your child so ill That you run mad, seeing that she is well. She’s not well married that lives married long, But she’s best married that dies married young. Dry up your tears, and stick your rosemary On this fair corpse, and, as the custom is, All in her best array bear her to church; For though fond nature bids us all lament, Yet nature’s tears are reason’s merriment.
95
100
105
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CAPULET
All things that we ordainèd festival Turn from their office to black funeral. Our instruments to melancholy bells, Our wedding cheer to a sad burial feast, Our solemn hymns to sullen dirges change; Our bridal flowers serve for a buried corpse, And all things change them to the contrary.
115
FRIAR LAURENCE
Sir, go you in; and madam, go with him, And go, Sir Paris. Everyone prepare To follow this fair corpse unto her grave.
92. Cure: emend. tardo; in Q2 care (v. anche sopra, IV, 1, 45). 108. All in her best…: emendamento tardo: in Q2 And in her best… 109. Fond: così in F2; in Q2 some = “qualche”. 452
120
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
FRATE LORENZO
Basta, oh, e vergognatevi! Il rimedio alle disgrazie non sta in questa confusione. Il cielo e voi stesso vi dividevate la gioia di questa bella fanciulla. Ora il cielo l’ha tutta per sé, e tanto è meglio per lei. La vostra parte non potevate difenderla dalla morte, ma il cielo mantiene la sua nella vita eterna. Il massimo cui aspiravate per lei era di migliorare il suo stato, il suo bene era per voi un paradiso, e ora piangete al vederla innalzata sopra le nuvole, al paradiso stesso? Oh, il vostro amore ama vostra figlia così male che impazzite a vedere quanto bene stia217. Non è ben maritata chi vive maritata a lungo, ma chi muore maritata ancor giovane. Asciugatevi le lacrime, e cospargete di rosmarino questo bel corpo218, e secondo usanza portatela in chiesa nei suoi più bei vestiti. Anche se la sciocca natura ci spinge al pianto, alle sue lacrime la ragione sorride. CAPULETI
Tutto quanto abbiamo ordinato per la festa è mutato in nero funerale: da gioiosi strumenti in campane di malinconia, da evviva nuziali in triste rito luttuoso, da inni solenni in tristi trenodie – e i fiori della sposa servono alla sua tomba, e ogni cosa muta nel suo contrario. FRATE LORENZO
Ritiratevi, signore; e voi signora con lui. Andate, messer Paride. Ognuno si prepari a seguire questo bel corpo alla sua tomba. I cieli
453
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
The heavens do lour upon you for some ill. Move them no more by crossing their high will. [They cast rosemary on Juliet, and shut the curtains.] Exeunt all but the Nurse and Musicians [FIRST] MUSICIAN Faith, we may put up our pipes and be
gone. NURSE
Honest good fellows, ah, put up, put up, For well you know this is a pitiful case.
125
[FIRST] MUSICIAN
Ay, by my troth, the case may be amended. Exit Nurse Enter Peter PETER Musicians, O, musicians! ‘Heart’s ease’, ‘Heart’s
ease’; O, an you will have me live, play ‘Heart’s ease’. [FIRST] MUSICIAN Why ‘Heart’s ease’?
130
PETER O, musicians, because my heart itself plays ‘My heart
is full of woe’. O, play me some merry dump to comfort me. [FIRST] MUSICIAN Not a dump, we. ’Tis no time to play now. PETER You will not then? FIRST MUSICIAN No. PETER I will then give it you soundly. FIRST MUSICIAN What will you give us?
135
128. 0. Enter Peter: così in Q4 e F; in Q1 Enter a Servingman; in Q2 Enter Will Kemp. Kemp era il buffone della compagnia, molto popolare, per cui si suppone che tutta la scena comica che segue, fuori luogo nell’occasione luttuosa, costituisca un’aggiunta per assecondare i gusti del pubblico. 132. Full of woe: così in Q4; in Q2 solo full. 454
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
incombono minacciosi su di voi per i vostri peccati. Non provocateli ancora contrastando il loro supremo volere. [Cospargono di rosmarino il corpo di Giulietta e chiudono le tende del letto]219 Escono tutti salvo la balia e i musici. [PRIMO] MUSICO
A questo punto possiamo riporre gli strumenti e andarcene. BALIA
Avanti bravi ragazzi, mettete via, mettete via, sapete bene che questo è un caso pietoso. [PRIMO] MUSICO
Già, ma nel mio caso si può riparare220. Esce la balia Entra Pietro
221
PIETRO
Musici, oh musici! Suonate ‘Sollievo del cuore’, ‘Sollievo del cuore’! Oh, se volete darmi un po’ di vita, suonate ‘Sollievo del cuore’222! [PRIMO] MUSICO
Ma perché proprio ‘Sollievo del cuore’? PIETRO
Oh musici, perché il mio stesso cuore sta suonando ‘il mio cuore è pieno di dolore’. Oh suonatemi qualche lagna allegra, che mi conforti. [PRIMO] MUSICO
Noi non suoniamo lagne, e ora non è tempo di suonare. PIETRO
E allora non suonate niente? PRIMO MUSICO
No. PIETRO
E allora ve la do io una bella suonata… PRIMO MUSICO
Che cosa ci date voi?
455
ROMEO AND JULIET, ACT 4 SCENE 4
PETER No money, on my faith, but the gleek. I will give
you the minstrel. FIRST MUSICIAN Then will I give you the serving-creature. PETER (drawing his dagger) Then will I lay the servingcreature’s dagger on your pate. I will carry no crochets. I’ll re you, I’ll fa you. Do you note me? FIRST MUSICIAN An you re us and fa us, you note us. SECOND MUSICIAN Pray you, put up your dagger and put out your wit. [PETER] Then have at you with my wit. I will dry-beat you with an iron wit, and put up my iron dagger. Answer me like men. [Sings] When griping grief the heart doth wound, And doleful dumps the mind oppress, Then music with her silver sound – Why ‘silver sound’, why ‘music with her silver sound’? What say you, Matthew Minikin? FIRST MUSICIAN Marry, sir, because silver hath a sweet sound. PETER Prates! What say you, Hugh Rebec? SECOND MUSICIAN I say ‘silver sound’ because musicians sound for silver. PETER Prates too! What say you, Simon Soundpost? THIRD MUSICIAN Faith, I know not what to say. PETER O, I cry you mercy, you are the singer. I will say for you. It is ‘music with her silver sound’ because musicians have no gold for sounding.
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153. And … oppress: così in Q1; in Q2 manca tutto il verso. 156. Matthew Minikin: così nell’ed. Oxford; in Q1 è il soprannome del secondo musico; Q2 ha al suo posto Simon Catlin = Simone Corda [di budella di gatto]. 159. Hugh Rebec: così in Q2; in Q1 Matthew Minikin. 162. Simon Soundpost: così in Q1; in Q2 James Soundpost. 456
ROMEO E GIULIETTA, ATTO IV SCENA 4
PIETRO
Non certo dei soldi, se mai vi do del baggiano223. Magari del menestrello. PRIMO MUSICO
E allora io vi darò del servitorello… PIETRO (estrae la spada)
… E il servitorello vi appioppa una spadata sulla zucca. E niente quarti o pause, io vi do solo dei re e dei fa. Capita l’antifona? PRIMO MUSICO
Ma se ci date i re e i fa, siete voi a suonare. SECONDO MUSICO
Se vi riesce, tenete spada e spirito a posto. [PIETRO]
Allora in guardia, con lo spirito a posto. Vi trituro e spiano con il mio spirito di ferro, tenendo a posto il ferro della spada. Rispondetemi da uomini. [Canta] Quando supremo dolore il cuore ferisce 224, E penosa oppressione la mente colpisce, Allor la musica con suono argentino – Ma perché ‘suono argentino’? Perché una ‘musica dal suono argentino’? Cosa rispondete voi, mastro Cordella 225? PRIMO MUSICO
Ebbene, signore, perché l’argento produce un suono dolce. PIETRO
Chiacchiere! E cosa dite voi, mastro Ribeca 226? SECONDO MUSICO
Io dico ‘suono argentino’ perché i musici suonano per soldi, che sono d’argento. PIETRO
Chiacchiere anche queste! E voi messer Ponticello227 cosa avete da dire? TERZO MUSICO
Davvero, io non so cosa dire. PIETRO
Oh, vi chiedo scusa, voi siete solo il cantore. Lo dirò io per voi: si dice ‘musica dal suono argentino’ perché per la loro musica i musici non ricevono oro. 457
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 1
[Sings] Then music with her silver sound With speedy help doth lend redress. Exit FIRST MUSICIAN What a pestilent knave is this same! SECOND MUSICIAN Hang him, jack! Come, we’ll in here, tarry for the mourners, and stay dinner. Exeunt 5.1
Enter Romeo
ROMEO
If I may trust the flattering truth of sleep, My dreams presage some joyful news at hand. My bosom’s lord sits lightly in his throne, And all this day an unaccustomed spirit Lifts me above the ground with cheerful thoughts. I dreamt my lady came and found me dead – Strange dream, that gives a dead man leave to think! – And breathed such life with kisses in my lips That I revived and was an emperor. Ah me, how sweet is love itself possessed When but love’s shadows are so rich in joy!
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Enter Balthasar, Romeo’s man, [booted] News from Verona! How now, Balthasar? Dost thou not bring me letters from the friar? How doth my lady? Is my father well? How fares my Juliet? That I ask again, For nothing can be ill if she be well.
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BALTHASAR
Then she is well, and nothing can be ill. Her body sleeps in Capel’s monument, And her immortal part with angels lives. I saw her laid low in her kindred’s vault,
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1. Truth: in Q1 eye = “occhio”: (“il seducente sguardo del sonno”). 7. Dream that gives: così in Q2; in Q1 dreams that give = “sogni che consentono…”. 15. How fares my Juliet?: in Q2 how doth my lady Juliet? = “come sta la mia signora Giulietta?”. 458
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 1
[Canta]
Allor la musica col suono d’argento Ripara le cose con ausilio attento. Esce
PRIMO MUSICO
Che furfante pestilenziale è questo! SECONDO MUSICO
Che si impicchi! Avanti, entriamo con i convenuti alle esequie e restiamo per il pranzo. Escono V, 1
Entra Romeo228
ROMEO
Se devo credere alle seducenti verità del sonno, i miei sogni annunciano qualche lieta notizia. Il sovrano del mio cuore 229 siede sereno sul suo trono, e per tutto il giorno un nuovo entusiasmo mi solleva da terra con gioiosi pensieri. Ho sognato che arrivava la mia donna e mi trovava morto – strano sogno, che consente a un morto di pensare! – e coi suoi baci spirava una tale vita sulle mie labbra che mi faceva rivivere, e diventavo un imperatore 230. Ahimè, com’è dolce l’amore realmente posseduto, se anche solo le sue ombre sono così piene di gioia! Entra Baldassarre, servo di Romeo, [in stivali]231 Notizie da Verona! Allora Baldassarre, non mi porti lettere dal frate? E come sta la mia signora? Mio padre sta bene? E Giulietta, come sta? Te lo chiedo ancora, perché nulla può andar male se lei sta bene. BALDASSARRE
Allora lei sta bene, e nulla le può andar male232. Il suo corpo dorme nel mausoleo dei Capuleti, e la sua parte immortale vive con gli angeli. L’ho vista inumare nella cripta della sua famiglia, e sono su-
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 1
And presently took post to tell it you. O, pardon me for bringing these ill news, Since you did leave it for my office, sir. ROMEO
Is it e’en so? Then I defy you, stars. Thou knowest my lodging. Get me ink and paper, And hire posthorses. I will hence tonight.
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BALTHASAR
I do beseech you, sir, have patience. Your looks are pale and wild, and do import Some misadventure. ROMEO Tush, thou art deceived. Leave me, and do the thing I bid thee do. Hast thou no letters to me from the friar?
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BALTHASAR
No, my good lord. No matter. Get thee gone, And hire those horses. I’ll be with thee straight.
ROMEO
Exit Balthasar Well, Juliet, I will lie with thee tonight. Let’s see for means. O mischief, thou art swift To enter in the thoughts of desperate men! I do remember an apothecary, And hereabouts a dwells, which late I noted, In tattered weeds, with overwhelming brows, Culling of simples. Meagre were his looks. Sharp misery had worn him to the bones, And in his needy shop a tortoise hung, An alligator stuffed, and other skins Of ill-shaped fishes; and about his shelves A beggarly account of empty boxes, Green earthen pots, bladders, and musty seeds, Remnants of packthread, and old cakes of roses
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24. I defy: così in Q1; in Q2 I deny = “nego, disconosco”; you: così in Q2; in Q1 my. 460
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 1
bito partito per comunicarvelo. Perdonatemi per le cattive notizie che vi porto, ma mi avete affidato questo compito, signore. ROMEO
Ah, è così? Allora io vi sfido, o stelle! Tu sai dove abito. Portami carta e inchiostro, e fatti dare dei cavalli. Parto stanotte. BALDASSARRE
Vi prego signore, rassegnatevi. Pallido e turbato è il vostro aspetto, tale da far pensare a una disgrazia. ROMEO
Silenzio, ti sbagli. Lasciami ora, e fai le cose che ti ho chiesto. Non ci sono lettere dal frate? BALDASSARRE
No, mio buon signore. ROMEO
Non ha importanza. Vai ora, e prendi a nolo quei cavalli. Ti raggiungo subito. Esce Baldassarre Giulietta, questa notte giacerò al tuo fianco. Come raggiungerti? Oh sciagura, come penetri veloce nei pensieri dei disperati! Ricordo che qui nei dintorni abita uno speziale; l’ho visto di recente, con gli abiti consunti e la fronte aggrondata, che raccoglieva le sue erbe medicinali. Aveva una faccia scavata. L’acuta miseria lo aveva ridotto a pelle e ossa; nella sua povera bottega stavano appesi un guscio di tartaruga, un coccodrillo impagliato, e altre pelli di pesci deformi; e tutto intorno scaffali miseramente affollati di scatole vuote, verdi vasi di terra, vesciche e semi ammuffiti, brandelli di corda e vecchie compresse di petali, sparse un po’ dappertutto. Così notai
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 1
Were thinly scattered to make up a show. Noting this penury, to myself I said ‘An if a man did need a poison now, Whose sale is present death in Mantua, Here lives a caitiff wretch would sell it him.’ O, this same thought did but forerun my need, And this same needy man must sell it me. As I remember, this should be the house. Being holiday, the beggar’s shop is shut. What ho, apothecary!
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Enter Apothecary APOTHECARY
Who calls so loud?
ROMEO
Come hither, man. I see that thou art poor. He offers money Hold, there is forty ducats. Let me have A dram of poison – such soon-speeding gear As will disperse itself through all the veins, That the life-weary taker may fall dead, And that the trunk may be discharged of breath As violently as hasty powder fired Doth hurry from the fatal cannon’s womb.
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APOTHECARY
Such mortal drugs I have, but Mantua’s law Is death to any he that utters them. ROMEO
Art thou so bare and full of wretchedness, And fear’st to die? Famine is in thy cheeks, Need and oppression starveth in thy eyes, Contempt and beggary hangs upon thy back. The world is not thy friend, nor the world’s law. The world affords no law to make thee rich. Then be not poor, but break it, and take this.
70. Starveth: così in Q2; emend. tardo: stareth = “guarda fissamente”. 462
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 1
la sua indigenza, e dissi a me stesso: “se qualcuno avesse bisogno di un veleno, che a Mantova sarebbe proibitissimo pena la morte immediata, ecco qui un disgraziato che glie lo venderebbe.” Oh, quel pensiero non ha fatto che anticipare il mio bisogno, e questo stesso miserabile ora me lo deve vendere. Se ricordo bene, questa dovrebbe essere la casa. Oggi è festa, la bottega è chiusa. Ehi, speziale 233! Entra lo speziale SPEZIALE
Chi grida così? ROMEO
Avvicinati. Vedo che sei povero. Gli offre del denaro Aspetta, questi sono quaranta ducati 234. Fammi avere un sorso di veleno – qualcosa di così efficace da diffondersi rapidamente per tutte le vene e far cader morto chi, stanco della vita, lo abbia bevuto; e il cui corpo resti svuotato di respiro con subitanea violenza, come la polvere da sparo che esplode dal grembo fatale del cannone235. SPEZIALE
Tali droghe mortali io le possiedo, ma per legge Mantova commina la morte a chiunque le venda. ROMEO
Ma uno come te, così malridotto e miserando, avrebbe paura di morire? La fame ha scavato le tue guance, il bisogno e lo scoramento languiscono nei tuoi occhi, l’umiliazione e l’indigenza ti pesano sulle spalle, il mondo non ti è amico, e neanche le sue leggi. Il mondo non ti offre una legge che ti faccia ricco. Dunque rinuncia alla povertà, infrangi quelle leggi e prendi questo denaro.
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 2
APOTHECARY
My poverty but not my will consents.
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ROMEO
I pay thy poverty and not thy will. APOTHECARY (handing Romeo poison)
Put this in any liquid thing you will And drink it off, and if you had the strength Of twenty men it would dispatch you straight. ROMEO (giving money) There is thy gold – worse poison to men’s souls, Doing more murder in this loathsome world, Than these poor compounds that thou mayst not sell. I sell thee poison; thou hast sold me none. Farewell, buy food, and get thyself in flesh.
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[Exit Apothecary] Come, cordial and not poison, go with me To Juliet’s grave, for there must I use thee. 5.2
85 Exit
Enter Friar John at one door
FRIAR JOHN
Holy Franciscan friar, brother, ho! Enter Friar Laurence at another door FRIAR LAURENCE
This same should be the voice of Friar John. Welcome from Mantua! What says Romeo? Or if his mind be writ, give me his letter. FRIAR JOHN
Going to find a barefoot brother out – One of our order – to associate me Here in this city visiting the sick, And finding him, the searchers of the town, Suspecting that we both were in a house
76. I pay: così in Q1; in Q2 I pray = “imploro”. 464
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 2
SPEZIALE
Lo accetta la mia povertà, non la mia volontà. ROMEO
È la tua povertà che io pago, non la tua volontà. SPEZIALE (porge a Romeo il veleno)
Versate questo in un qualsiasi liquido e bevete: anche se aveste la forza di venti uomini vi spaccerebbe all’istante. ROMEO (gli dà il denaro) Ecco il tuo oro – un veleno peggiore del tuo per le anime degli uomini, autore di più delitti in questo ignobile mondo dei poveri intrugli che neanche puoi vendere. Sono io a venderti del veleno, tu non me ne hai venduto affatto. Addio, comprati del cibo, e rimettiti in carne. [Esce lo speziale] E tu, non veleno ma balsamo, accompagnami alla tomba di Giulietta; lì mi sarai utile. Esce V, 2
Entra da una porta Frate Giovanni236
FRATE GIOVANNI
Santo frate francescano, fratello, oh! Entra Frate Lorenzo da un’altra porta FRATE LORENZO
Questa deve essere la voce di frate Giovanni. Bentornato da Mantova! Che dice Romeo? O se ha scritto, dammi la lettera. FRATE GIOVANNI
Sono andato a cercare un fratello scalzo – uno del nostro ordine – per portarlo con me qui in città a visitare i malati, e l’avevo trovato quando i sanitari, sospettando che venissimo da una casa dove re-
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Where the infectious pestilence did reign, Sealed up the doors, and would not let us forth, So that my speed to Mantua there was stayed.
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FRIAR LAURENCE
Who bare my letter then to Romeo? FRIAR JOHN
I could not send it – here it is again – Nor get a messenger to bring it thee, So fearful were they of infection.
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FRIAR LAURENCE
Unhappy fortune! By my brotherhood, The letter was not nice, but full of charge, Of dear import, and the neglecting it May do much danger. Friar John, go hence. Get me an iron crow, and bring it straight Unto my cell. FRIAR JOHN Brother, I’ll go and bring it thee.
20
Exit
FRIAR LAURENCE
Now must I to the monument alone. Within this three hours will fair Juliet wake. She will beshrew me much that Romeo Hath had no notice of these accidents. But I will write again to Mantua, And keep her at my cell till Romeo come. Poor living corpse, closed in a dead man’s tomb!
25
Exit
Enter Paris and his Page, with flowers, sweet water, and a torch
5.3 PARIS
Give me thy torch, boy. Hence, and stand aloof. Yet put it out, for I would not be seen. [His Page puts out the torch] Under yon yew trees lay thee all along, Holding thy ear close to the hollow ground. 3. Yew trees (“alberi di tasso”): così in Q1; in Q2 young trees = “alberelli”. Ripetuto a V, 3, 137. 466
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
gna la peste contagiosa, sprangarono le porte e non ci fecero uscire; a quel punto la mia missione a Mantova si è fermata. FRATE LORENZO
E chi ha portato la mia lettera a Romeo? FRATE GIOVANNI
Io non ce l’ho fatta a portarla – eccola ancora qui – né ho trovato un messo che la riportasse a te, tanta paura avevano tutti dell’infezione. FRATE LORENZO
Oh destino iniquo! Da frate qual sono ti dico che quella lettera non era un gioco, ma piena di cose serie, di conseguenze importanti, che trascurate possono provocare grandi disgrazie. Frate Giovanni, vai a prendermi una sbarra di ferro e portala subito nella mia cella. FRATE GIOVANNI
Fratello, vado e te la porto. Esce FRATE LORENZO
Ora devo andare al mausoleo da solo. Nel giro di tre ore si sveglierà la bella Giulietta, e molto avrà da rimproverarmi che Romeo non sappia nulla di quanto è successo. Ma manderò un’altra lettera a Mantova, e terrò lei nella mia cella finché Romeo non torna. Povero cadavere vivente, chiuso nella tomba d’un morto! Esce Entrano Paride e il suo paggio, con fiori, acqua profumata, e una torcia237
V, 3 PARIDE
Dammi la torcia, ragazzo. Vattene lontano; anzi spegnila, non vorrei essere visto. [Il paggio spegne la torcia] Mettiti disteso sotto quegli alberi di tasso laggiù, e tieni l’orecchio sul cavo della terra, smossa e sconvolta dagli scavi delle tombe, in
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
So shall no foot upon the churchyard tread, Being loose, unfirm, with digging up of graves, But thou shall hear it. Whistle then to me As signal that thou hear’st something approach. Give me those flowers. Do as I bid thee. Go. PAGE [aside] I am almost afraid to stand alone Here in the churchyard, yet I will adventure.
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10
He hides himself at a distance from Paris PARIS (strewing flowers)
Sweet flower, with flowers thy bridal bed I strew. He sprinkles water O woe! Thy canopy is dust and stones, Which with sweet water nightly I will dew, Or, wanting that, with tears distilled by moans. The obsequies that I for thee will keep Nightly shall be to strew thy grave and weep.
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The Page whistles The boy gives warning. Something doth approach. What cursèd foot wanders this way tonight To cross my obsequies and true love’s rite?
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Enter Romeo and [Balthasar] his man, with a torch, a mattock, and a crow of iron What, with a torch? Muffle me, night, a while. He stands aside ROMEO
Give me that mattock and the wrenching iron. Hold, take this letter. Early in the morning See thou deliver it to my lord and father. Give me the light. Upon thy life I charge thee,
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20. True love’s rite: in Q2 true love’s right(s) = “i diritti del vero amore”. 20. 0. [Balthasar]: così in Q1; in Q2 Peter (donde l’ipotesi che Will Kemp “doppiasse” Pietro e Baldassarre: cfr. trad. e n.). 22. That: così in Q2; in Q1 this; in Q3 the. 468
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
modo che nessuno posi il piede nel camposanto senza che tu lo senta. Fammi un fischio come segnale se senti avvicinarsi qualcuno. Dammi quei fiori, e fai come ti dico. Vai. PAGGIO [a parte] Ho un po’ di paura a stare da solo qui nel cimitero, però ci provo. Si nasconde a qualche distanza da Paride PARIDE (sparge fiori)
Dolce fiore, di fiori cospargo il tuo letto nuziale 238. Sparge acqua Oh dolore! Tuo baldacchino sono polvere e pietre, su cui ogni notte io farò discendere questa rugiada di acqua fragrante, o, se non bastasse, queste lacrime distillate da lamenti. Queste le esequie che ogni notte celebrerò per te: fiori e pianti sulla tua tomba. Il paggio fischia Il ragazzo mi avverte che qualcuno si avvicina. Quale piede maledetto viene questa notte a disturbare le mie esequie e il rito di un vero amore? Entrano Romeo e il suo uomo [Baldassarre]239, con una torcia, un piccone e una leva di ferro Ah, una torcia? Notte, avvolgimi per un poco. Si mette al coperto ROMEO
Dammi il piccone e la leva. Aspetta, prendi questa lettera. Domattina presto la devi consegnare al mio signor padre. Dammi la torcia. Sulla tua vita ti ordino, qualunque cosa tu veda o senta, di stare
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Whate’er thou hear’st or seest, stand all aloof, And do not interrupt me in my course. Why I descend into this bed of death Is partly to behold my lady’s face, But chiefly to take thence from her dead finger A precious ring, a ring that I must use In dear employment. Therefore hence, be gone. But if thou, jealous, dost return to pry In what I farther shall intend to do, By heaven, I will tear thee joint by joint, And strew this hungry churchyard with thy limbs. The time and my intents are savage-wild, More fierce and more inexorable far Than empty tigers or the roaring sea.
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[BALTHASAR]
I will be gone, sir, and not trouble ye.
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ROMEO
So shalt thou show me friendship. Take thou that. He gives money Live and be prosperous, and farewell, good fellow. [BALTHASAR] (aside) For all this same, I’ll hide me hereabout. His looks I fear, and his intents I doubt. He hides himself at a distance from Romeo. [Romeo begins to force open the tomb] ROMEO
Thou detestable maw, thou womb of death, Gorged with the dearest morsel of the earth, Thus I enforce thy rotten jaws to open, And in despite I’ll cram thee with more food. PARIS (aside) This is that banished haughty Montague That murdered my love’s cousin, with which grief It is supposèd the fair creature died; 44. 2. [Romeo … tomb]: non in Q2; in Q1 Romeo opens the tomb. 470
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
lontano e non interrompere quanto faccio. Scendo in questo letto di morte per guardare il viso della mia signora, ma soprattutto per togliere dal suo freddo dito un anello prezioso, anello che mi serve per una ragione affettiva. Dunque via, vattene. Ma se la curiosità ti spingesse a spiare oltre i miei movimenti, per il cielo ti farò a pezzi e spargerò le tue membra per tutto questo famelico cimitero. L’ora e i miei propositi sono feroci, ben più violenti e inesorabili delle tigri affamate o del mare ruggente. [BALDASSARRE] Me ne vado signore, e non vi disturbo. ROMEO
Così ti dimostri mio amico. Tieni questo. Gli dà del denaro Vivi e sii felice: addio, buon compagno. [BALDASSARRE] (a parte) Con tutto ciò, mi nascondo qui intorno. Mi fa paura il suo aspetto e non mi fido di quanto intende fare. Si nasconde a una certa distanza. [Romeo forza la pietra tombale] ROMEO
Tu bocca detestabile, tu grembo di morte ingozzato col boccone più appetitoso della terra, ecco, io sforzo le tue putride mascelle ad aprirsi, per riempirti sprezzante ancora di cibo. PARIDE (a parte) Questo è quell’insolente esule, quel Montecchi che ha ucciso il cugino del mio amore. Di quel dolore si dice sia morta la bella creatu-
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
And here is come to do some villainous shame To the dead bodies. I will apprehend him. [Drawing] Stop thy unhallowed toil, vile Montague! Can vengeance be pursued further than death? Condemnèd villain, I do apprehend thee. Obey and go with me, for thou must die.
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ROMEO
I must indeed, and therefore came I hither. Good gentle youth, tempt not a desp’rate man. Fly hence, and leave me. Think upon these gone. Let them affright thee. I beseech thee, youth, Put not another sin upon my head By urging me to fury. O, be gone. By heaven, I love thee better than myself, For I come hither armed against myself. Stay not, be gone. Live, and hereafter say A madman’s mercy bid thee run away.
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PARIS
I do defy thy conjuration, And apprehend thee for a felon here. ROMEO (drawing) Wilt thou provoke me? Then have at thee, boy.
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They fight [PAGE]
O Lord, they fight! I will go call the watch.
Exit
PARIS
O, I am slain! If thou be merciful, Open the tomb, lay me with Juliet. ROMEO
In faith, I will. Let me peruse this face. Mercutio’s kinsman, noble County Paris! What said my man when my betossèd soul
Paris dies 75
62. Put not: così in Q2; in Q1 heap not = “non accumulare”. 68. Conjuration: emend. tardo, in luogo dei problematici coniurations (Q1) e commiration (Q2). 472
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
ra: e qui lui arriva a compiere qualche infame profanazione di quei corpi. Lo arresto. [Sfodera la spada] Smetti la tua scellerata fatica, vile Montecchi! Può vendetta spingersi oltre la morte? Infame condannato, io ti arresto. Obbedisci e vieni con me, tu devi morire. ROMEO
Certo che devo, per questo sono venuto qui. Buon giovane gentile, non provocare un disperato. Fuggi da qui, lasciami solo. Pensa a questi morti, lasciati impaurire da loro. Ti prego, ragazzo, non aggiungere un altro peccato a quelli che gravano sulla mia testa, facendomi infuriare. Oh vattene, per il cielo; ti amo più di me stesso: contro me stesso io vengo qui armato. Non indugiare, vattene. Vivi, e domani dirai che la misericordia di un pazzo ti ha indotto a fuggire. PARIDE
Io sfido la tua invocazione240, e qui ti arresto per il fellone che sei. ROMEO (sfodera la spada) Vuoi provocarmi? E allora in guardia, ragazzo. Si battono [PAGGIO]
Signoriddio, si battono! Vado a chiamare la ronda. Esce PARIDE
Oh, sono morto! Se senti pietà apri la tomba, e mettimi accanto a Giulietta. ROMEO
Lo farò, in fede mia. Paride muore Voglio vedere chi è. Il cugino di Mercuzio, il nobile conte Paride! Cosa diceva il mio uomo quando cavalcavamo insieme, e la
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Did not attend him as we rode? I think He told me Paris should have married Juliet. Said he not so? Or did I dream it so? Or am I mad, hearing him talk of Juliet, To think it was so? O, give me thy hand, One writ with me in sour misfortune’s book. I’ll bury thee in a triumphant grave.
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[He opens the tomb, revealing Juliet] A grave – O no, a lantern, slaughtered youth, For here lies Juliet, and her beauty makes This vault a feasting presence full of light.
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[He bears the body of Paris to the tomb] Death, lie thou there, by a dead man interred. How oft, when men are at the point of death, Have they been merry, which their keepers call A lightning before death! O, how may I Call this a lightning? O my love, my wife! Death, that hath sucked the honey of thy breath, Hath had no power yet upon thy beauty. Thou art not conquered. Beauty’s ensign yet Is crimson in thy lips and in thy cheeks, And death’s pale flag is not advancèd there. Tybalt, liest thou there in thy bloody sheet? O, what more favour can I do to thee Than with that hand that cut thy youth in twain To sunder his that was thine enemy? Forgive me, cousin. Ah, dear Juliet, Why art thou yet so fair? Shall I believe That unsubstantial death is amorous, And that the lean abhorrèd monster keeps Thee here in dark to be his paramour? For fear of that I still will stay with thee, And never from this pallet of dim night
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107. Pallet: in Q3 palace = “palazzo”, spesso adottato in ed. moderne. 474
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
mia anima sconvolta non lo ascoltava? Credo mi dicesse che Paride avrebbe dovuto sposare Giulietta. Non disse così? O l’ho sognato? O sono impazzito a pensarlo, quando ha nominato Giulietta? Oh dammi la mano, tu che hai il nome scritto con il mio nel libro dell’amara sfortuna. Ti seppellirò in una tomba gloriosa. [Apre la tomba, scoprendo Giulietta] Una tomba – no, giovane massacrato – una lanterna splendente241, perché qui giace Giulietta, e la sua bellezza fa di questa cripta un salone di festa, pieno di luce. [Trascina il corpo di Paride nella tomba] Morte, lì giaci, sepolta con un morto242. Quante volte gli uomini, in punto di morte, sono apparsi felici? Chi li cura lo chiama il lampo prima della morte. Oh, come posso chiamare questo un lampo? Amor mio, mia sposa! La morte, che ha succhiato il miele del tuo respiro, ancora non ha potere sulla tua bellezza. Ancora non ti ha conquistata. Le insegne della bellezza sono ancora rosse sulle tue labbra e sulle tue gote; la pallida bandiera della morte non è avanzata fin lì. Tebaldo, tu giaci lì nel tuo sudario insanguinato? Quale favore più grande potrei farti che spezzare la giovinezza di chi ti fu nemico, con la stessa mano che ha spezzato la tua? Perdonami, cugino. Ah, cara Giulietta, perché sei ancora così bella? Devo credere che anche l’incorporea morte si sia innamorata, e che il macilento mostro aborrito ti tenga nelle tenebre, come sua amante? Per questo timore io ti starò sempre vicino, e mai abbandonerò questo gia-
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ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Depart again. Here, here will I remain With worms that are thy chambermaids. O, here Will I set up my everlasting rest, And shake the yoke of inauspicious stars From this world-wearied flesh. Eyes, look your last. Arms, take your last embrace, and lips, O you The doors of breath, seal with a righteous kiss A dateless bargain to engrossing death.
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[He kisses Juliet, then pours poison into the cup] Come, bitter conduct, come, unsavoury guide, Thou desperate pilot, now at once run on The dashing rocks thy seasick weary barque! Here’s to my love. He drinks the poison O true apothecary, Thy drugs are quick! Thus with a kiss I die.
120
He kisses Juliet, falls, and dies. Enter Friar Laurence with lantern, crow, and spade FRIAR LAURENCE
Saint Francis be my speed! How oft tonight Have my old feet stumbled at graves? Who’s there? BALTHASAR
Here’s one, a friend, and one that knows you well. FRIAR LAURENCE
Bliss be upon you. Tell me, good my friend, What torch is yon that vainly lends his light To grubs and eyeless skulls? As I discern, It burneth in the Capels’ monument.
125
108. Prima di Depart again, Q2 aggiunge qui i seguenti vv.: come lie thou in my arm, / Here’s to thy health, where ere thou tumblest in. / O true apothecary! / Thy drugs are quick. Thus with a kiss I die. (Trad. nelle note al testo italiano.) 120. 1. He … dies: non in Q2; in Q1: Falls = “cade”. 476
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
ciglio di buia notte243. Qui, qui rimarrò, con i vermi che ti fanno da ancelle. Qui io stabilisco il mio riposo eterno, scuotendo da questa carne stanca del mondo il giogo di malevoli stelle. Occhi, guardate per l’ultima volta! Braccia, un ultimo abbraccio! E voi labbra, le porte del respiro, suggellate con un onesto bacio un contratto eterno con l’insaziabile morte. [Bacia Giulietta, poi versa il veleno in una tazza] Vieni, amara scorta, vieni guida ripugnante, tu pilota della disperazione, ora scaraventa d’un colpo questa barca stanca del mare contro gli scogli aguzzi! Ecco, bevo al mio amore. Beve il veleno Ah, onesto speziale, agisce in fretta il tuo veleno244! Così, con un bacio, io muoio. Bacia Giulietta, cade e muore Entra Frate Lorenzo con lanterna, sbarra e vanga FRATE LORENZO
San Francesco mi guidi! Quante volte stanotte i miei vecchi piedi hanno inciampato in qualche tomba! Chi è là? BALDASSARRE
Un amico, e uno che vi conosce bene. FRATE LORENZO
Dio vi benedica. Ditemi, mio buon amico, cos’è quella fiaccola laggiù, che vanamente diffonde la sua luce su vermi e teschi senz’occhi? Se non mi sbaglio, arde nella tomba dei Capuleti.
477
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
BALTHASAR
It doth so, holy sir, and there’s my master, One that you love. FRIAR LAURENCE Who is it? BALTHASAR Romeo. FRIAR LAURENCE
How long hath he been there? Full half an hour.
BALTHASAR
130
FRIAR LAURENCE
Go with me to the vault. BALTHASAR I dare not, sir. My master knows not but I am gone hence, And fearfully did menace me with death If I did stay to look on his intents. FRIAR LAURENCE
Stay then, I’ll go alone. Fear comes upon me. O, much I fear some ill unthrifty thing.
135
BALTHASAR
As I did sleep under this yew tree here I dreamt my master and another fought, And that my master slew him. FRIAR LAURENCE Romeo! He [stoops and] looks on the blood and weapons Alack, alack, what blood is this which stains The stony entrance of this sepulchre? What mean these masterless and gory swords To lie discoloured by this place of peace? Romeo! O, pale! Who else? What, Paris, too, And steeped in blood? Ah, what an unkind hour Is guilty of this lamentable chance! Juliet awakes [and rises] The lady stirs.
136. Unthrifty: così in Q2, In Q3 unlucky = “sfortunato”. 137. V. sopra, n. a V, 3, 3. 146. 1. Juliet ... rises]: non in Q2. 478
140
145
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
BALDASSARRE
È così, santo padre, e laggiù c’è il mio padrone, uno che voi amate. FRATE LORENZO
E chi sarebbe? BALDASSARRE
Romeo. FRATE LORENZO
Da quanto tempo è lì? BALDASSARRE
Da più di mezz’ora. FRATE LORENZO
Vieni con me nella cripta. BALDASSARRE
Non oso farlo, signore. Il mio padrone crede che io sia andato via, e mi ha fieramente minacciato di morte se fossi rimasto a osservare le sue mosse. FRATE LORENZO
Resta qui allora, ci andrò da solo. La paura mi invade. Oh, ho paura che sia successa qualche disgraziata intemperanza. BALDASSARRE
Mentre dormivo sotto quell’albero ho sognato che il mio padrone e un altro si battessero, e che quell’altro fosse ucciso dal padrone. FRATE LORENZO
Romeo! [Si china e] vede tracce di sangue e armi Ahimè, Ahimè, cos’è questo sangue che macchia le pietre dell’entrata del sepolcro? Cosa ci fanno delle spade abbandonate e imbrattate di sangue in un luogo di pace come questo? Romeo! Oh, com’è pallido! E chi altri? Ah, Paride, anche lui, immerso nel sangue? Oh, quale ora infelice si macchia di questo esecrabile evento? Giulietta si sveglia [e si alza] La signora si muove.
479
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
JULIET
O comfortable friar, where is my lord? I do remember well where I should be, And there I am. Where is my Romeo?
150
FRIAR LAURENCE
I hear some noise. Lady, come from that nest Of death, contagion, and unnatural sleep. A greater power than we can contradict Hath thwarted our intents. Come, come away. Thy husband in thy bosom there lies dead, And Paris, too. Come, I’ll dispose of thee Among a sisterhood of holy nuns. Stay not to question, for the watch is coming. Come, go, good Juliet. I dare no longer stay.
155
Exit
JULIET
Go, get thee hence, for I will not away. What’s here? A cup closed in my true love’s hand? Poison, I see, hath been his timeless end. O churl! – drunk all, and left no friendly drop To help me after? I will kiss thy lips. Haply some poison yet doth hang on them, To make me die with a restorative.
160
165
She kisses Romeo’s lips Thy lips are warm. CHIEF WATCHMAN [within] Lead, boy. Which way? JULIET
Yea, noise? Then I’ll be brief. She takes Romeo’s dagger O happy dagger, This is thy sheath! There rust, and let me die. She stabs herself, falls, and dies.
159. Come, go: così in Q2, considerato idiomatico dal curatore; in Q1 come, come. 163. Drunk: così in Q2; in Q1 e Q3 drink = “bevi”. 169. Rust: così in Q2; in Q1 rest = “riposa”. 480
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
GIULIETTA
Oh frate consolatore, dov’è il mio signore? Io ricordo dove dovrei essere, e difatti sono qui. E Romeo dov’è? FRATE LORENZO
Sento dei rumori. Signora, vieni via da questa tana di morte, contagio, sonno contro natura. Una volontà più potente, cui non possiamo opporci, ha frustrato i nostri disegni. Vieni, vieni via. Il tuo sposo giace morto sul tuo petto245, e anche Paride è morto. Vieni, ti farò accogliere in una comunità di sante monache. Non fare domande, sta arrivando la ronda di guardia. Vieni, cara Giulietta, non oso rimanere più a lungo. Esce GIULIETTA
Andate voi, io non mi muovo. Cosa c’è qui? Una tazza in mano al mio vero amore. Il veleno, vedo, è stata la sua fine per sempre. Ah ingrato! – tutto l’hai bevuto, senza lasciare almeno una goccia amica, per aiutare anche me? E io bacerò le tue labbra. Forse su di esse rimane ancora un po’ di veleno, che mi faccia morire, e mi ridia vita 246. Bacia Romeo sulle labbra Ancora calde le tue labbra! CAPO DELLA RONDA [da dentro]
Fammi strada, ragazzo. Dove si va? GIULIETTA
Del rumore! Allora farò svelta. Raccoglie il pugnale di Romeo Oh pugnale felice, questa è la tua guaina. Qui arrugginisci247, e fammi morire248. Si pugnala, cade e muore
481
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Enter the Page and Watchmen [PAGE]
This is the place, there where the torch doth burn.
170
CHIEF WATCHMAN
The ground is bloody. Search about the churchyard. Go, some of you. Whoe’er you find, attach. Exeunt some Watchmen Pitiful sight! Here lies the County slain, And Juliet bleeding, warm, and newly dead, Who here hath lain this two days burièd. Go tell the Prince. Run to the Capulets, Raise up the Montagues. Some others search.
175
Exeunt other Watchmen [severally] We see the ground whereon these woes do lie, But the true ground of all these piteous woes We cannot without circumstance descry.
180
Enter [Watchmen] with Balthasar [SECOND] WATCHMAN
Here’s Romeo’s man. We found him in the churchyard. CHIEF WATCHMAN
Hold him in safety till the Prince come hither. Enter another Watchman with Friar Laurence THIRD WATCHMAN
Here is a friar that trembles, sighs, and weeps. We took this mattock and this spade from him As he was coming from this churchyard’s side. CHIEF WATCHMAN
A great suspicion. Stay the friar, too. Enter the Prince [with others] PRINCE
What misadventure is so early up, That calls our person from our morning rest?
482
185
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
Entrano il paggio e gli uomini della ronda [PAGGIO]
Il posto è quello, dove brucia la fiaccola. CAPO DELLA RONDA
Il terreno è pieno di sangue. Perlustrate il cimitero, vada qualcuno. Chiunque troviate fermatelo. Esce una parte della ronda Spettacolo pietoso! Ecco qui il conte ucciso, e Giulietta sanguinante, ancora calda e di nuovo morta, lei che è già sepolta da due giorni. Andate a chiamare il principe. Correte dai Capuleti, svegliate i Montecchi. Gli altri cerchino ancora. Escono altri della ronda [uno alla volta] Il luogo gravato da questi dolori lo vediamo, ma senza più precise notizie ci sfugge il loro senso più profondo. Entrano [uomini della ronda] con Baldassarre [SECONDO] DELLA RONDA
Qui c’è un uomo di Romeo. Lo abbiamo trovato nel cimitero. CAPO DELLA RONDA
Tenetelo al sicuro finché non arriva il principe. Entra un altro della ronda con Frate Lorenzo TERZO DELLA RONDA
Qui c’è un frate che trema, sospira e piange. Gli abbiamo tolto questo piccone e questa vanga: veniva da questa parte del cimitero. CAPO DELLA RONDA
Un sospetto in più. Trattenete anche il frate. Entra il Principe [con altri] PRINCIPE
Quale calamità ha strappato la nostra persona così presto al riposo del mattino?
483
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Enter Capulet and his Wife CAPULET
What should it be that is so shrieked abroad? CAPULET’S WIFE
O, the people in the street cry ‘Romeo’, Some ‘Juliet’, and some ‘Paris’, and all run With open outcry toward our monument.
190
PRINCE
What fear is this which startles in our ears? CHIEF WATCHMAN
Sovereign, here lies the County Paris slain, And Romeo dead, and Juliet, dead before, Warm, and new killed.
195
PRINCE
Search, seek, and know how this foul murder comes. CHIEF WATCHMAN
Here is a friar, and slaughtered Romeo’s man, With instruments upon them fit to open These dead men’s tombs.
200
CAPULET
O heavens! O wife, look how our daughter bleeds! This dagger hath mista’en, for lo, his house Is empty on the back of Montague, And it mis-sheathèd in my daughter’s bosom. CAPULET’S WIFE
O me, this sight of death is as a bell That warns my old age to a sepulchre.
205
Enter Montague PRINCE
Come, Montague, for thou art early up To see thy son and heir more early down.
189. Is so shrieked: emend. tardo; in Q2 is so shrike; in Q3 they so shriek = “gridano tanto”. 193. Our ears?: in Q2 your ears? = “le vostre orecchie?”. 484
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
Entrano Capuleti e la moglie CAPULETI
Cos’è mai successo, che tanto se ne grida in giro? DONNA CAPULETI
Oh, nelle strade c’è chi grida ‘Romeo’, chi ‘Giulietta’, chi ‘Paride’, e tutti corrono urlando verso la nostra tomba. PRINCIPE
Quali paure disturbano le nostre orecchie? CAPO DELLA RONDA
Signore, qui giace ucciso il conte Paride, e Romeo morto anche lui, e Giulietta che prima era morta, poi è tornata calda, poi è morta di nuovo. PRINCIPE
Cercata, cercate, e scoprite come è stato possibile un delitto così atroce. CAPO DELLA RONDA
Qui c’è un frate, e un uomo dell’assassinato Romeo che portavano ferri per aprire le tombe di questi morti. CAPULETI
Cielo! Moglie, guarda come sanguina nostra figlia! Questo pugnale ha sbagliato: sul corpo del Montecchi la sua guaina è vuota, e una nuovo guaina l’ha trovata nel petto di mia figlia. DONNA CAPULETI
Ahimè, questo spettacolo di morte introduce al sepolcro la mia vecchiaia 249. Entra Montecchi PRINCIPE
Vieni, Montecchi: presto ti sei alzato, per vedere il tuo figliolo ed erede coricarsi più presto ancora.
485
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
MONTAGUE
Alas, my liege, my wife is dead tonight. Grief of my son’s exile hath stopped her breath. What further woe conspires against mine age? PRINCE Look, and thou shall see. MONTAGUE (seeing Romeo’s body) O thou untaught! What manners is in this, To press before thy father to a grave?
210
PRINCE
Seal up the mouth of outrage for a while, Till we can clear these ambiguities And know their spring, their head, their true descent; And then will I be general of your woes, And lead you even to death. Meantime, forbear, And let mischance be slave to patience. Bring forth the parties of suspicion.
215
220
FRIAR LAURENCE
I am the greatest, able to do least, Yet most suspected, as the time and place Doth make against me, of this direful murder; And here I stand, both to impeach and purge Myself condemnèd and myself excused.
225
PRINCE
Then say at once what thou dost know in this. FRIAR LAURENCE
I will be brief, for my short date of breath Is not so long as is a tedious tale. Romeo, there dead, was husband to that Juliet, And she, there dead, that Romeo’s faithful wife. I married them, and their stol’n marriage day Was Tybalt’s doomsday, whose untimely death Banished the new-made bridegroom from this city, For whom, and not for Tybalt, Juliet pined. You, to remove that siege of grief from her,
230
235
210. Grief … breath: così in Q2; in Q1 And young Benvolio is deceased too = “E il giovane Benvolio è morto anche lui”. 486
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
MONTECCHI
Ahimè, mio signore, stanotte mia moglie è morta. Il dispiacere per l’esilio di mio figlio ha fermato il suo respiro. Quale altro dolore cospira contro la mia età? PRINCIPE
Guarda, e vedrai. MONTECCHI (vede il corpo di Romeo) Oh scostumato! Che modi sono questi, di giungere alla tomba prima di tuo padre? PRINCIPE
Chiudi la bocca allo sconforto per un poco, finché non avremo chiarito questi fatti oscuri, e accertato la loro origine, il loro inizio e le reali conseguenze; poi sarò io a farmi carico delle tue lagnanze, e ad accompagnarti fino alla fine. Intanto rassegnati, e che la sciagura sia sottomessa alla pazienza. Fate avanzare coloro che sono sospetti. FRATE LORENZO
Io sono il maggiore – anche se il meno capace – ma certo il più sospettabile, siccome tempo e luogo accusano me come autore di questo orrendo misfatto; ed eccomi qui, pronto all’accusa come alla discolpa per quanto in me sia condannabile o da discolpare. PRINCIPE
Allora esponi subito ciò che sai di tutto questo. FRATE LORENZO
Sarò breve, perché non ho fiato abbastanza per raccontare una storia così lunga e opprimente. Romeo, che lì vedete morto, era lo sposo di Giulietta, e lei, lì morta, era la sua sposa fedele. Io li ho sposati, e il giorno del loro matrimonio segreto fu anche quello del giudizio finale per Tebaldo, la cui morte prematura fu la causa dell’esilio del novello sposo dalla città. Per questo, e non per la perdita di Tebaldo, Giulietta si angosciava. Voi, per allontanare da lei l’assedio del tormento, l’avete promessa al conte Paride,
487
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
Betrothed and would have married her perforce To County Paris. Then comes she to me, And with wild looks bid me devise some mean To rid her from this second marriage, Or in my cell there would she kill herself. Then gave I her – so tutored by my art – A sleeping potion, which so took effect As I intended, for it wrought on her The form of death. Meantime I writ to Romeo That he should hither come as this dire night To help to take her from her borrowed grave, Being the time the potion’s force should cease. But he which bore my letter, Friar John, Was stayed by accident, and yesternight Returned my letter back. Then all alone, At the prefixèd hour of her waking, Came I to take her from her kindred’s vault, Meaning to keep her closely at my cell Till I conveniently could send to Romeo. But when I came, some minute ere the time Of her awakening, here untimely lay The noble Paris and true Romeo dead. She wakes, and I entreated her come forth And bear this work of heaven with patience. But then a noise did scare me from the tomb, And she, too desperate, would not go with me, But, as it seems, did violence on herself. All this I know, and to the marriage Her nurse is privy; and if aught in this Miscarried by my fault, let my old life Be sacrificed, some hour before his time, Unto the rigour of severest law.
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PRINCE
We still have known thee for a holy man. Where’s Romeo’s man? What can he say to this?
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
forzandola a sposarsi. Lei corre da me, e tutta alterata mi chiede di trovare il modo di liberarla da questo secondo matrimonio, o minaccia di uccidersi nella mia cella. Allora io, istruito dalla mia arte, le ho dato un sonnifero che fece l’effetto previsto, inducendo in lei l’apparenza della morte. E intanto ho scritto a Romeo che venisse questa nefanda notte per strapparla con noi alla sua tomba simulata, questo essendo il tempo in cui il sonnifero avrebbe perso il suo effetto. Ma colui che portava la mia lettera, frate Giovanni, è stato fermato da un incidente, e ieri sera mi ha portato indietro la lettera. Io, all’ora prevista del suo risveglio, tutto solo sono venuto a prelevarla dalla tomba di famiglia, e intendevo tenerla nascosta nella mia cella fino a quando non potessi comunicare con Romeo. Ma quando sono arrivato, qualche minuto prima del suo risveglio, trovo morti anzitempo il nobile Paride e il fidato Romeo. Lei si sveglia, e io la supplico di uscire con me e sopportare con pazienza quest’opera del cielo. Ma un rumore mi spaventa facendomi scappare, mentre lei, troppo disperata, rifiuta di venire con me, e, come si vede, fa violenza su se stessa. Questo è tutto ciò che so: del matrimonio può testimoniare la balia. Se in quanto è accaduto sussiste una mia colpa, che il rigore della legge più severa sacrifichi la mia vecchia vita qualche ora prima del suo termine naturale. PRINCIPE
Ti abbiamo sempre conosciuto per quel sant’uomo che sei. Dov’è l’uomo di Romeo? Che cosa può dirci di questo?
489
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
BALTHASAR
I brought my master news of Juliet’s death, And then in post he came from Mantua To this same place, to this same monument. This letter he early bid me give his father, And threatened me with death, going in the vault, If I departed not and left him there.
275
PRINCE
Give me the letter. I will look on it. He takes the letter Where is the County’s page that raised the watch? Sirrah, what made your master in this place? PAGE
He came with flowers to strew his lady’s grave, And bid me stand aloof, and so I did. Anon comes one with light to ope the tomb, And by and by my master drew on him, And then I ran away to call the watch.
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PRINCE
This letter doth make good the friar’s words, Their course of love, the tidings of her death; And here he writes that he did buy a poison Of a poor ‘pothecary, and therewithal Came to this vault to die, and lie with Juliet. Where be these enemies? Capulet, Montague, See what a scourge is laid upon your hate, That heaven finds means to kill your joys with love. And I, for winking at your discords, too Have lost a brace of kinsmen. All are punishèd.
285
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CAPULET
O brother Montague, give me thy hand. This is my daughter’s jointure, for no more Can I demand.
490
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ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
BALDASSARRE
Ho portato io al mio padrone la notizia della morte di Giulietta. Lui si è precipitato da Mantova in questo luogo, in questo mausoleo. Mi ha dato questa lettera da dare a suo padre, e, scendendo nella tomba, ha minacciato di uccidermi se non me ne andavo lasciandolo solo. PRINCIPE
Dammi la lettera, voglio leggerla. Prende la lettera Dov’è il paggio del conte, che ha chiamato la ronda? Dimmi, cosa faceva il tuo padrone in questo posto? PAGGIO
È venuto a spargere dei fiori sulla tomba della signora: mi ha ordinato di stare lontano, e così ho fatto. D’un tratto è arrivato uno con una fiaccola e ha tentato di aprire la tomba, il mio padrone lo ha sfidato e io sono corso a chiamare la ronda. PRINCIPE
Questa lettera conferma le parole del frate, la loro storia d’amore e il modo della morte di lei; qui lui scrive di aver comprato un veleno da un misero speziale, e di essere venuto qui senza esitazione, per morire accanto a Giulietta. E questi nemici dove sono? Capuleti, Montecchi, guardate quale rovina ha attirato il vostro odio: con l’amore il cielo trova il modo di soffocare le vostre gioie250. Anch’io, per aver chiuso un occhio sulle vostre discordie, ho perso un paio di familiari. Tutti siamo puniti. CAPULETI
Fratello Montecchi, dammi la mano. Accetta che questo sia la dote di mia figlia, io non chiedo di più.
491
ROMEO AND JULIET, ACT 5 SCENE 3
But I can give thee more, For I will raise her statue in pure gold, That whiles Verona by that name is known There shall no figure at such rate be set As that of true and faithful Juliet.
MONTAGUE
300
CAPULET
As rich shall Romeo’s by his lady’s lie, Poor sacrifices of our enmity. PRINCE
A glooming peace this morning with it brings. The sun for sorrow will not show his head. Go hence, to have more talk of these sad things. Some shall be pardoned, and some punishèd; For never was a story of more woe Than this of Juliet and her Romeo.
305
[The tomb is closed.] Exeunt
298. Raise: così in Q4 e F; in Q1 erect = “erigerò”; in Q2 raie. 302. Romeo’s by his ladie’s: così in Q2, con genitivo riferito a figure del v. 300; in Q1 e F Romeo by his Lady, di più agevole traduzione. 492
ROMEO E GIULIETTA, ATTO V SCENA 3
MONTECCHI
Ma di più io ti posso dare: a lei innalzerò una statua di oro puro, e per tutto il tempo che Verona conserverà il proprio nome nessuna figura sarà pregiata quanto quella della sincera e fedele Giulietta. CAPULETI
Con uguale splendore riposerà Romeo accanto alla sua sposa – povere vittime della nostra inimicizia! PRINCIPE
Questa alba porta con sé una pace senza luce. Per lo sconforto il sole non mostrerà il suo volto. Andiamo, a raccontarci ancora di queste tristi vicende. Qualcuno sarà perdonato, altri puniti; mai vi fu storia più dolorosa di quella di Giulietta e Romeo. [La tomba viene chiusa.] Escono tutti
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Julius Caesar Giulio Cesare Testo inglese a cura di JOHN JOWETT Nota introduttiva, traduzione e note di ROSANNA CAMERLINGO
Nota introduttiva
Per lungo tempo il Giulio Cesare ha occupato la critica sul problema del protagonista. Perché, si sosteneva, Cesare, che dava il titolo al dramma, appare in sole 3 scene su 18 e gli sono assegnati 150 versi contro i 720 di Bruto e i 505 di Cassio. Tanto valeva chiamarlo “La tragedia di Bruto”. Possibile, scriveva nel 1930 Harley Granville-Barker in Prefaces to Shakespeare, che Cesare sia lì solo per essere assassinato? È una domanda che si è ripetuta in tutto il secolo. Difficile trovare, ancora oggi, un attore che voglia impersonare un protagonista che scompare a metà dell’azione. Solo più tardi ci si accorgerà che il nome di Cesare veniva fatto 219 volte contro le 134 del nome di Bruto. Divenne quindi evidente che il protagonista della tragedia non era Cesare, ma il suo “nome”, o il suo “spirito”, e che il dramma poteva finalmente essere considerato, come chiedeva, un dramma politico. Abbandonata dunque la ricerca del personaggio, la critica dichiarava il Giulio Cesare, nelle parole di John Dover Wilson, “il più grande dei drammi politici”. Dopotutto, il centro della tragedia è l’assassinio di Cesare avvenuto alle Idi di marzo del 44 a.C.: l’evento storico più conosciuto in Occidente. Shakespeare conosceva bene l’enorme significato storico di quell’evento, tanto da intrecciarlo saldamente alla sua stessa tragedia perché la contagiasse con la sua fama: “In quante epoche future, da ora in poi, questa nostra scena solenne verrà recitata di nuovo in nazioni ancora non nate e in lingue ancora sconosciute!” (III, 1, 112-113). La scena solenne che Cassio commenta è l’appena commesso assassinio di Cesare. Shakespeare rivela così che un’azione politica è sempre anche un’azione teatrale e tematizza la relazione tra realtà storica e ricostruzione teatrale che 497
GIULIO CESARE
pervade tutto il testo. Ma soprattutto, così facendo, eleva a metastorico il più celebre assassinio della storia offrendolo alla riflessione politica del suo tempo, e, come si rivelerà profeticamente vero, a quella di “epoche future” e di “nazioni ancora non nate e in lingue sconosciute”. Non solo l’assassinio di Cesare era stato la pietra miliare su cui si erano divise generazioni di filosofi, poeti e pensatori politici – da Agostino a Tommaso a Dante a Salutati a Machiavelli – che si schierarono a favore o contro l’azione di Bruto a seconda delle loro convinzioni politiche, ma la stessa sorte sarebbe capitata anche alla tragedia di Shakespeare, confermando così la riuscita della sua operazione teatrale. Per Dover Wilson il Cesare di Shakespeare è un tiranno mostruoso e Bruto un nobile eroe, perpetrando così la linea critica del Romanticismo europeo che aveva eletto Bruto a simbolo degli ideali repubblicani sostenuti nel pieno degli eventi rivoluzionari che attraversavano l’Europa nel diciannovesimo secolo. Ma nella edizione Arden del 1955, T. S. Dorsch esaltava la grandezza di Cesare e condannava Bruto come un ingenuo e arrogante idealista. Ancora più radicalmente, in tempi più recenti, David Daniell trovava Bruto un violento e ipocrita assassino. Si trattava di un tirannicidio o di un regicidio? Cesare era un tiranno o una vittima? Bruto era un eroe della libertà o un volgare criminale responsabile della guerra civile che seguì alla sua azione? A tal punto le interpretazioni dei critici discordavano – schierandosi con o contro Bruto, per o contro Cesare – che in un articolo del 1955 Ernest Schanzer sostenne che tale discordia rispondeva alle contraddizioni irrisolvibili presenti nel testo e che il dramma andava classificato come un “problem play”. Non deve stupire che un dramma al cui centro c’è l’assassinio di Cesare susciti una domanda sulla monarchia e sulla repubblica. Né meraviglia che si arrivi a concludere che Shakespeare non prende partito né per l’una né per l’altra forma di governo. Il Giulio Cesare è una tragedia e non un trattato politico. Ciò che però permette alla tragedia di Shakespeare di venire ancora letta e rappresentata con successo, sono alcuni memorabili ritratti di attori politici che, agendo intorno a un tema estremo, e allo stesso tempo antropologicamente fondante, come il tirannicidio (o regicidio), mostravano le malattie e i pericoli sottostanti agli ordini politici dell’Europa moderna che sono sopravvissuti fino a oggi. E queste malattie sorgevano insieme alla tumultuosa nascita degli stati nazionali. La riflessione sul tiranno e sulla legittimità del tirannicidio non era nuo498
NOTA INTRODUTTIVA
va. Platone, Aristotele, Senofonte avevano tracciato il limite incerto tra sovrano e tiranno. La discussione si riaccese con intensità inedita durante la burrascosa trasformazione geopolitica dell’Europa del sedicesimo secolo (Miola). Le continue congiure contro Elisabetta negli anni Ottanta e Novanta, l’assassinio di Enrico III di Valois in Francia nel 1589 in piena guerra di religione, avevano reso la definizione delle prerogative e della legittimità del sovrano una questione urgentissima. Chi doveva assumere il potere sui nuovi stati che emergevano in Europa? Quale la sua legittimità? Quali le virtù richieste? Poteva uno solo assumere su di sé ogni potere? Come distinguere un buon monarca da un tiranno? Come impedire che la monarchia scivolasse nella tirannia? E infine, quando e perché sarebbe stato lecito uccidere il sovrano? Sono le domande che attraversano il Giulio Cesare. Nell’Inghilterra di Elisabetta il volume del dibattito si fece altissimo. La sovranità della regina era minacciata da più parti: dai cattolici, che per decreto di Pio V la dichiararono eretica, e dai calvinisti, che non la ritenevano sufficientemente devota. Per i primi la regina inglese si arrogava i poteri spirituali del Papa. Per i secondi, non seguiva le Sacre Scritture alla lettera, come pretendevano gli interpreti più intransigenti della dottrina di Calvino. Ma non basta. Un’aristocrazia tradizionalmente riottosa si fece tanto più scontenta e audace quanto più si rafforzava il potere della regina. Il suo più noto e spavaldo esponente fu il conte di Essex, amatissimo da Elisabetta, che già mostrava, nel settembre del ’99, al ritorno dalla sua missione in Irlanda, i segni di una ribellione che finì sul patibolo nel 1601. Non dovrebbe sorprendere dunque la reazione di Elisabetta per difendere l’autorità e la legittimità della corona: la propaganda, la repressione, il mandato a riscrivere una riforma ecclesiastica e giuridica per il paese che giustificassero indiscutibilmente la sua precaria sovranità. È su questo sfondo storico che va letto il Giulio Cesare di Shakespeare. Lo scontro tra sostenitori della monarchia e suoi oppositori nell’Inghilterra di Elisabetta orienta incisivamente non solo le questioni cruciali della tragedia, ma anche l’uso che Shakespeare fece della fonte plutarchiana. A partire dal famoso incipit, interamente shakespeariano, che, come una ouverture mozartiana, presenta i motivi principali che si stenderanno nel resto della tragedia. L’aspro e spiritoso battibecco tra i tribuni e la plebe scesa per strada a festeggiare la vittoria di Cesare sui figli di Pompeo 499
GIULIO CESARE
a Munda mette sul tavolo le questioni in gioco e stabilisce i probabili criteri di giudizio del pubblico contemporaneo sul dramma a cui stanno per assistere. Al contrario di quanto accade nella narrazione di Plutarco, la plebe romana non è alleata dei tribuni contro Cesare, ma è pronta a fare festa alla prima occasione, che sia per il repubblicano Pompeo o il monarchico Cesare; di questa volatilità politica e della infrazione delle regole dell’ordine cittadino – indossare abiti festivi nei giorni di lavoro – la rimproverano i severi tribuni. Spiazzati dallo spirito arguto della plebe artigiana, gli indispettiti tribuni vedono irrisi i principi politici e morali sui quali è fondata la loro autorità. È una scena che ricorda la Londra di Shakespeare piuttosto che la Roma di Plutarco. Gli artigiani assomigliano meno alla plebe romana che agli artigiani londinesi che continuavano a frequentare gli spettacoli e le feste protetti e amati dalla Regina, suscitando l’ira dei calvinisti che vedevano svuotarsi le loro chiese e riempirsi i teatri. Ciò che Shakespeare sembra volere stabilire all’esordio della tragedia è che l’austera disciplina sociale pretesa dai repubblicani della Roma shakespeariana, così come dai calvinisti di Londra, è destinata a incontrare la resistenza della vitalità della popolazione e un inevitabile fallimento. È su questo terreno che Shakespeare fa giocare la partita della sua tragedia politica, facendo competere gli interpreti di un severo senso della patria e coloro che facevano leva sul consenso della plebe. Non solo e non tanto Bruto contro Cesare, ma soprattutto, come vedremo, Antonio contro Bruto. Data e trasmissione del testo È opinione condivisa che il Giulio Cesare ha inaugurato nella primavera del 1599 il famoso Globe Theatre appena fatto costruire da Shakespeare e dalla sua compagnia, i Lord Chamberlain’s Men. La presenza del Giulio Cesare sulle scene nel 1599 è testimoniata nel diario dello svizzero Tomas Platter in visita a Londra dal 18 settembre al 20 ottobre 1599 che così scrive: “Il 21 settembre dopo colazione, io e i miei compagni abbiamo attraversato il fiume, e lì, nell’edificio col tetto di paglia, abbiamo visto recitare ottimamente da una quindicina di persone la tragedia del primo imperatore Giulio Cesare”. L’edificio col tetto di paglia è il Globe, e benché il successo fosse immediato, de La Tragedia di Giulio Cesare abbiamo un solo testo apparso nell’in-folio del 1623, probabilmente trascritto fedelmente dagli attori che la recitarono e dunque non presen500
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ta problemi filologici, né linguistici di particolare rilievo. Non esistono le cosiddette foul papers, brutte copie, ma probabilmente fu copiato da una fair paper, bella copia. È un testo pulito, lineare, e la presenza di una massiccia quantità di indicazioni sceniche testimonia l’intenzione di destinare il dramma a una recitazione veloce, tesa ed energica per inaugurare il Globe e per soddisfare le aspettative del pubblico eterogeneo che frequentava i teatri e per tenerlo col fiato sospeso. Uno tra i più brevi drammi di Shakespeare (la metà circa di Amleto) e anche uno dei più curati. Nell’in-folio compare come sesta nel gruppo delle Tragedie mature; è diviso in atti ma non in scene. Fonti Non solo inaugura il Globe e avvia i temi delle grandi tragedie shakespeariane: Giulio Cesare è anche il primo dei cosiddetti “drammi romani”. Seguiranno nel 1604 Coriolano, e nel 1608 Antonio e Cleopatra. Shakespeare aveva scoperto le Vite di Plutarco tradotte da Thomas North nel 1579 dalla versione francese di Jacques Amyot del 1559. È facile immaginare che Shakespeare si immergesse avidamente in un tale tesoro di trame storiche condite di dettagli sulla vita privata dei loro grandi protagonisti. Al contrario delle Cronache di Raphael Holinshed che furono la fonte dei precedenti drammi storici, le Vite di Plutarco erano vicine agli eventi e ai personaggi, e mostravano una superba capacità nel delineare le personalità, le azioni, le relazioni dei protagonisti della scena pubblica, e nel narrare storie e aneddoti che mettevano in risalto aspetti che rivelavano qualità paradossali e contraddittorie, come, per esempio, l’arroganza e la cortesia di Cesare. Con la loro prospettiva biografica, le Vite erano una grande occasione per mettere in scena un tema caro a Shakespeare da tempo: il rapporto tra la vita privata e la vita pubblica dei protagonisti della storia che aveva costituito uno dei motivi del successo e della grandezza dei suoi drammi storici. Nel Giulio Cesare sono condensate le Vite di Cesare, Bruto e Antonio. Benché fonte unica, e spesso fedelmente seguita fino a ricopiare verbatim intere scene (ad esempio quella dell’incontro tra Bruto e Porzia), l’uso della cronologia degli eventi è fortemente significativo dell’interpretazione di Shakespeare. Della Vita di Cesare, per esempio, Shakespeare tralascia tutta la prima parte dove si trovano le conquiste di Cesare e la descrizione del suo carattere ambizioso e prepotente (oltre che l’impli501
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cita simpatia di Plutarco per la causa repubblicana), e inizia dal punto in cui Cesare si reca al Senato alle Idi di marzo. Viene omesso anche il lungo conflitto di Cesare con il Senato, che invece sembra pronto a incoronare il condottiero. L’incipit, come ho scritto, è un’invenzione completamente shakespeariana. Tribuni e plebe litigano a causa della discesa in strada della plebe per festeggiare la vittoria di Cesare sui figli di Pompeo a Munda avvenuta nell’ottobre del 45 a.C. Shakespeare situa questi avvenimenti alla vigilia dell’assassinio di Cesare avvenuto il 15 marzo del 44 a.C.: comprime dunque le date con efficaci effetti drammatici. Dalle Vite di Cesare e di Bruto, vengono ripresi dettagli come la preferenza di Cesare per uomini grassi e la sua diffidenza per gli uomini magri e pallidi come Bruto e Cassio. Ma del tutto inventati sono i racconti di Cassio che rappresentano Cesare come fisicamente debole e cattivo nuotatore. In Plutarco appare il contrario. L’episodio, inoltre, mostra una vicinanza tra i due congiurati che non esiste nella fonte plutarchiana. Anche qui Shakespeare tradisce la fonte facendo apparire Bruto come vittima dell’ambizione di Cassio. In Plutarco le responsabilità della congiura è di entrambi. I successivi discorsi di Bruto e di Antonio sul corpo di Cesare sono intere invenzioni di Shakespeare, benché sfruttino alcuni accenni plutarchiani. Sempre shakespeariana è la contrazione del tempo che situa la fuga di Cassio e Bruto immediatamente dopo l’insurrezione della plebe aizzata da Antonio, mentre in Plutarco essa avviene solo un anno dopo. Analogamente, gli eventi della guerra civile che occupano gli atti IV e V sono fortemente condensati in scene che si susseguono rapidamente. Nella realtà storica, la proscrizione dei triumviri che apre l’atto IV avviene nel novembre del 43, mentre la battaglia di Filippi con cui si chiude la tragedia si combatté nell’autunno dell’anno seguente. Nel dramma di Shakespeare gli eventi sono in parte subordinati alla caratterizzazione dei personaggi. Nella celebre seconda scena dell’atto IV, il litigio tra Cassio e Bruto fa emergere l’inaspettata ipocrisia di Bruto. Sono anche messe in risalto le tensioni tra Antonio e Ottaviano, che accennano al futuro prevalere della fredda prepotenza del secondo sul primo. Nei suicidi di Cassio e Bruto, Shakespeare ritaglia rispettivamente il carattere rinunciatario e nichilista di Cassio, mentre a Bruto riserva l’onore delle armi per l’indomita fedeltà ai suoi principi.
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La vicenda L’atto I presenta gli attori principali della vicenda. Dopo i tribuni e la plebe dell’incipit (I, 1), entrano in scena Cesare, Calpurnia e Antonio per la festa dei Lupercali che si svolgeva il 15 febbraio in onore del dio dell’agricoltura. Cesare viene subito caratterizzato come superstizioso e Antonio come gaudente e amante del teatro. Sullo sfondo della festa dei Lupercali in cui viene offerta a Cesare la corona, emergono le figure di Cassio e Bruto. Qui ha luogo la famosa scena della “tentazione” di Cassio che insinua nelle orecchie di Bruto la necessità di eliminare Cesare in nome dei valori repubblicani minacciati dalla sua imminente incoronazione (I, 2). Nella scena successiva, la congiura incomincia a prendere forma per opera soprattutto di Cassio che continua la sua azione sotterranea per coinvolgere Bruto. Intanto Roma è sconvolta da fenomeni sovrannaturali interpretati come presagi di sventura (I, 3). L’atto II è quasi interamente occupato dalla vita privata e interiore di Bruto e Cesare. Nel suo giardino Bruto medita sulla necessità di uccidere Cesare e viene raggiunto dai congiurati camuffati che sollecitano la sua adesione alla congiura; qui avviene anche l’incontro con Porzia, ripreso fedelmente dalla Vita di Bruto (II, 1). Nella casa di Cesare, Calpurnia supplica il marito di non recarsi al Senato. Cesare è sul punto di cedere, ma viene convinto dal congiurato Decio a interpretare favorevolmente il sogno premonitore di Calpurnia (II, 2). Intanto l’agitazione di Porzia e la profezia di Artemidoro nelle successive brevi scene creano l’atmosfera tesa e minacciosa della notte che precede l’assassinio di Cesare (II, 3-4). L’atto III rappresenta il climax della tragedia. Cesare si presenta al Senato e viene pugnalato nel pieno svolgimento delle sue funzioni di inamovibile amministratore della giustizia. Segue il caos tra la popolazione. Antonio si dichiara disposto ad allearsi al nuovo potere dei congiurati, ma in segreto giura vendetta. Bruto intanto, respingendo l’opinione contraria di Cassio, gli concede di parlare alla plebe al funerale di Cesare (III, 1). Dopo il breve discorso di Bruto, segue quello di Antonio che riesce a infiammare la plebe e a incitarla contro i congiurati. Nel tumulto che segue la plebe aggredisce il poeta Cinna scambiandolo per un congiurato (III, 2-3). L’atto IV si apre a casa di Antonio dove il triumvirato di Antonio, Ottaviano e Lepido formatosi contro i repubblicani prepara una lista di proscrizione e i piani per affrontare l’esercito di Cassio e Bruto. Ottaviano 503
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e Antonio hanno un diverbio che prelude a quello parallelo tra Bruto e Cassio nella scena successiva (IV, 1-2). Il litigio tra i due congiurati si protrae per quasi tutta la scena ambientata a Sardi fino a quando giunge la notizia della morte di Porzia e i due preparano il piano per affrontare l’esercito del triumvirato a Filippi. Rimasto solo, Bruto vede lo spettro di Cesare (IV, 2). L’atto V è ambientato nelle pianure di Filippi dove Cassio e Bruto vengono sconfitti dall’esercito di Antonio e Ottaviano. A seguito della sconfitta sia Cassio che Bruto si suicidano in due differenti momenti della battaglia (V, 1-5). Prospettive critiche: carattere e politica Ai primi del Novecento la monumentale Shakespearean Tragedy di A. C. Bradley (1904) portò a maturazione quel filone della critica ottocentesca inglese e tedesca che tendeva a fare dei più vividi personaggi delle tragedie shakesepariane degli esseri simili a quelli umani, dotati di esperienze, motivi e affettività che precedevano la loro esistenza letteraria. Il Giulio Cesare non venne considerata da Bradley come una tragedia “maggiore” perché mancava dei personaggi sofferenti, contraddittori e potenti delle tragedie “mature”. Il solo personaggio degno di attenzione fu Bruto il cui merito era di anticipare le inquietudini di Amleto. La critica letteraria del Novecento si è da tempo emancipata dalla enorme influenza dell’orientamento critico di Bradley, che però si è riversato, con tutta la sua tradizione, e in modi più sofisticati, nella inevitabile critica psicoanalitica. Anche Freud dedicò al Giulio Cesare solo un breve cenno, ma il suo allievo Otto Rank spiegò la psicologia parricida di Bruto. Sulla stessa linea, Ernest Jones diversificò i rapporti di Bruto, Cassio e Antonio con Cesare sempre partendo dalla relazione padre-figlio. Di qui seguirono moltissime altre interpretazioni dei personaggi e delle relazioni tra di loro e soprattutto con Cesare. Per mancanza di personaggi notevoli, il Giulio Cesare fu ben presto liquidato come tragedia minore. Ma l’attenzione per il personaggio non avrebbe avuto vita lunga. Il suo più strenuo oppositore fu Wilson Knight che rivalutò il Giulio Cesare sulla base della sua organizzazione linguistica, simboli, metafore, immagini che esprimevano i paradossi e le ambiguità della lingua poetica. In tre articoli, apparsi nei suoi celebri studi su Shakespeare, The Wheel of Fire (1930) e The Imperial Theme (1931), 504
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Knight enfatizza le similarità linguistiche tra Bruto e Macbeth e Bruto e Cesare, oppure estrapola gruppi di immagini che oppongono forze vitali e malattia, o ancora figure di corpo infermo e spirito potente che si estendono da Cesare a Roma. Nel 1910 si era intanto aperta un’altra linea critica grazie all’opera di M. W. MacCallum, Shakespeare’s Roman plays and their Background, che trattava i drammi romani Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra e Coriolano come un gruppo distinto avente in comune la medesima fonte. Da allora le Vite di Plutarco sono state un inevitabile punto di riferimento per moltissime analisi critiche, offrendo interessanti spunti interpretativi sull’uso delle fonti da parte di Shakespeare, spesso coniugate a una analisi degli aspetti politici del testo. Seguirono, tra i tanti, Shakespeare’s Rome: Republic and Empire (1976) di P. A. Cantor, e Shakespeare’s Rome (1983) di R. S. Miola, che allarga l’orizzonte delle possibili fonti di Shakespeare. G. Miles, in Shakespeare and the Constant Romans (1996), dimostra che la concezione della “Romanità” nei drammi romani di Shakespeare deriva principalmente dalla tradizione stoica ereditata da Seneca e Cicerone, dunque non da quella di Plutarco, che è invece fondamentalmente platonica. Nei capitoli dedicati al Giulio Cesare questa tradizione, fondata su principi morali quali coerenza, costanza, forza, dovere, è ribadita e contrapposta alla mutabilità e incertezza sia della storia sia della psicologia dei suoi protagonisti. Così spiega gli effetti psicologici dell’integrità morale di Bruto: “l’effetto della costanza stoica, allora, non è quello di sradicare le emozioni, ma di reprimerle. Essa non assicura la libertà dalla sofferenza, la quale, fortemente repressa, si ripresenta in forme deviate e non riconosciute in azioni auto-distruttive.” Insomma Bruto è un testimone del fallimento di una filosofia. Analogamente, la ricostruzione della cultura e della dottrina politica tutta maschile dell’antica Roma serve anche a Coppélia Kahn per analizzare le figure femminili di Giulio Cesare. La superiorità attribuita alla sfera pubblica (maschile e razionale) su quella privata (femminile e passionale), viene smentita dalla capacità di controllo sull’emozione di Porzia. Ma la novità dei personaggi del Giulio Cesare non sta solo nel confrontarsi e nel mettere alla prova i severi principi stoici della Roma antica. Per rappresentare il temperamento degli eredi cinquecenteschi di quella cultura, a lui familiari, Shakespeare ricorre a un altro sistema cultura505
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le molto rinascimentale: l’alchimia. Dal “vile metallo” con cui i tribuni apostrofano sprezzantemente la plebe per indicarne la malleabilità, al nobile e non trasformabile oro di Cesare o di Bruto, agli “elementi così ben mescolati in lui che la natura potrebbe alzarsi a proclamare a tutto il mondo: ‘questo fu un uomo’”, (V, 5, 74-76) con cui Antonio formula il suo epitaffio per Bruto, quel sistema alchemico e la teoria degli umori a essa collegato pervade tutto il testo. Cosicché la questione del personaggio che era uscita dalla porta della psicologia ottocentesca e post-romantica rientra dalla finestra degli umori. Il contrasto tra il temperamento ondivago, ma vitale, della plebe e quello austero e bilioso dei tribuni che occupa l’incipit si estende, con note più alte, all’”umore” delle élites politiche in lotta a Roma: “non mi piacciono i giochi” (I, 2, 30) dichiara Bruto nella sua prima entrata in scena, rifiutandosi di partecipare alla festa dei Lupercali in cui a Cesare viene offerta la corona. Ma non è Bruto che attira l’attenzione di Cesare: è piuttosto il troppo magro Cassio: “non ama il teatro…, e non ascolta musica. Sorride raramente... Uomini come lui non sono mai a loro agio di fronte a un uomo più grande di loro, e perciò sono molto pericolosi” (I, 2, 204-205, 209-211). Nella negazione del piacere (riso, teatro, musica) e nell’isolamento sociale Cesare vede nascosta l’invidia. Un vizio comune e parte fisiologica dell’antropologia delle corti (e delle università), da cui ogni uomo politico che volesse sopravvivere doveva guardarsi. Ma il ritratto di Cassio, chiuso nelle sue personali ambizioni e intento a scrutare i segreti dei potenti, copre e tiene al sicuro quello più enigmatico del cupo Bruto. È nel cuore di Bruto che giace l’aspetto più misterioso e infido della congiura, quello da cui Cesare non saprà guardarsi e che Shakespeare va ad indagare. Lungi dal raccogliere il riflesso dello specchio che Cassio prova a mettergli davanti allo scopo di smuovere competizione e invidia per Cesare, Bruto ragiona da solo. Non sulla decisione di uccidere Cesare, che è subito presa – “Deve essere con la sua morte” – né sull’amicizia e la gratitudine che deve a Cesare, né sulla libertà repubblicana perduta, ma sulla legittimità ideologica dell’assassinio. È questo il mandato che a vario titolo i congiurati affidano alla reputazione di Bruto per nascondere la loro ambizione politica. Avendo escluso ogni risentimento personale che trabocca nelle parole di Cassio, e da cui prende ripetute e sospette distanze, Bruto non può fare a meno di riconoscere che Cesare non è 506
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un tiranno, se il tiranno è colui che governa secondo i suoi capricci e non secondo ragione . E poiché “l’accusa non trova pretesti per quello che egli è”, facendo appello all’”esperienza comune”, Bruto condanna a morte ciò che Cesare potrebbe diventare. In una vertigine di periodi ipotetici, sotto accusa finiscono le supposte intenzioni, non le azioni di Cesare. “Così potrebbe Cesare. Allora per paura che possa, preveniamo” (II, 1, 10, 28-29, 28). Nel cuore di Bruto, Shakespeare trova dunque la consapevolezza dell’innocenza di Cesare. Il più acuto dei commentatori ottocenteschi, S. T. Coleridge, trovò questo soliloquio “singolare”: “niente può sembrare più discordante con i nostri preconcetti storici su Bruto”. Com’è possibile, si chiede Coleridge “perplesso”, che il “severo repubblicano” Bruto non trovi una ragione personale per uccidere Cesare? Che trovi Cesare un buon monarca? “Non aveva passato il Rubicone? Non era entrato a Roma da conquistatore”? “Che personaggio Shakespeare vuole che Bruto sia”? Certo, il Bruto di Shakespeare aveva dimenticato il Cesare conquistatore di Plutarco, il suo conflitto con il Senato, che lo avrebbero contrassegnato come un tiranno. E questo cambia del tutto il “preconcetto storico di Bruto” come eroe della libertà. E dunque in mancanza di una giustificazione morale, affinché l’assassinio non appaia la “crudele” eliminazione di un rivale politico, in una acrobatica operazione mentale, Bruto trasforma il corpo di Cesare in mero guscio il cui sacrificio è necessario per estrarre il malefico “spirito” che lo anima, o meglio, potrebbe animarlo. L’assassinio dunque troverà la sua giustificazione in un rito purificatorio del male di Roma: “purificatori (purgers), non assassini” (II, 1, 161-182). Tutt’altro che come un sacrificio appare l’assassinio agli occhi atterriti di Antonio. A cose fatte, di fronte a questo sguardo, più che allo specchio di Cassio, Bruto si troverà scoperto, eppure dirà: “Benché dobbiamo ora apparire sanguinari e crudeli, come puoi vedere dalle nostre mani e da questo nostro atto, tuttavia tu vedi solo le nostre mani e questa azione sanguinosa che esse hanno eseguito. Tu non vedi i nostri cuori: essi sono colmi di pietà; e la pietà verso il torto fatto a Roma – come il fuoco scaccia il fuoco, così la pietà scaccia la pietà – ha fatto questo a Cesare” (III, 1, 166-173). Ovviamente, Antonio non vede i cuori colmi di pietà dei congiurati, ma lo “spettacolo selvaggio” [“Altrimenti questo sarebbe uno spettacolo selvaggio.” (III, 1, 225)], che Bruto ostinatamente nega 507
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insieme alla smaniosa ambizione politica di Cassio, alla rozzezza di Casca, alle sue stesse mani sporche di sangue. Le buone intenzioni di Bruto stanno a quelle cattive di Cesare come la sanguinaria azione dell’uno sta a quella mai avvenuta dell’altro. E i cuori “colmi di pietà” chiamati a giustificare le mani insanguinate compongono la vivida, stridente rappresentazione del divorzio tra la mente di Bruto e la realtà politica di Roma. Poiché il “bene comune” in nome del quale le mani di Bruto sono macchiate di sangue è comune solo a quella parte di Roma – infida e camuffata – che Shakespeare mostra sprezzante della plebe e che la plebe deride. Roma, cioè, nulla sa né condivide l’idea del suo “bene” che abita nella mente – solitaria e sofferente – di Bruto. Ciò a cui risponde Bruto, dunque, non è il “bene comune” o quello di Roma, ma l’immagine pura e onorevole di sé che ogni impurità politica potrebbe far svanire. Una necessità inevitabile come un destino, capace di generare quel conflitto doloroso (e politicamente disastroso) tra prassi politica e dichiarati principi morali che tanto affascinò i Romantici. Ma non Shakespeare. Non basta a Shakespeare di puntare il dito contro Bruto e condannarlo, insieme a Cassio, come il più infimo dei traditori, e destinarlo, come fa Dante, all’ultimo dei gironi dell’Inferno. In gioco, nel Giulio Cesare, non è la polemica millenaria sulla bontà della monarchia oppure della repubblica. Shakespeare piuttosto affonda lo sguardo nell’intima natura di un tipo politico che non esisteva nella Roma di Plutarco, ma che emergeva nella tumultuosa realtà sociale dell’Europa moderna. La furia purificatrice di Bruto non poteva non richiamare quella che si trovava nella enorme letteratura propagandistica dei più influenti calvinisti che occupavano la scena politica di Londra o di Oxford. Né è difficile scorgere nell’intransigente fedeltà di Bruto ai principi repubblicani ereditati dall’antica Roma lo stesso zelo con cui i calvinisti leggevano le Sacre Scritture. La volontà di Bruto di estendere a tutta la popolazione gli ideali della libertà repubblicana assomiglia a quella dei calvinisti di imporre sulla terra la giustizia divina. Le pretese dei calvinisti di sostituire il potere spirituale della regina con le leggi divine scritte nella Bibbia erano, scriveva il grande artefice della Chiesa anglicana Richard Hooker, “irrealistiche” (fancied), radicate nella convinzione del tutto “privata” di avere avuto mandato divino a purificare il mondo dal peccato. 508
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Ma è Shakespeare che indica nel primato dello spirito – trovato nell’interiorità di Bruto – a cui viene sacrificato il corpo, l’origine psicologica della politica purificatrice dei calvinisti. La svalutazione del corpo, che è fondamento della teologia di Paolo e di Agostino a cui i calvinisti facevano costante riferimento, lasciava sia il corpo degli uomini sia il “corpo politico” soli e senza guida rendendoli entrambi, come ben mostra Shakespeare in entrambi i casi, violenti e feroci per mancanza di contatto e di riconoscimento. In questa struttura psichica Shakespeare individuava una malattia della vita politica moderna (e non solo) che non ci avrebbe più lasciati. Che dire di Cesare? Poche e rapide pennellate tracciano l’immagine di un personaggio ambizioso, come dice Bruto, consapevole del suo potere, attento artefice della sua immagine pubblica, abile nel guadagnarsi il consenso popolare, acuto osservatore degli uomini e dei suoi avversari politici. Ma nella caratterizzazione di Cesare Shakespeare distilla la quintessenza del potere: la vanità. Presentato subito come facile preda di credenze popolari, Cesare sembra dominato dalla paura di avere paura (“Il pericolo sa bene che Cesare è più pericoloso di lui” [I, 2, 198]). La paura di cedere alle paure “femminili” interpretate dal sogno premonitore di Calpurnia è il tallone d’Achille di Cesare. È su questo terreno scivoloso che il Cesare di Shakespeare cade. Il potere, asserito come volontà pura (will), emana da un soggetto vuoto, riempito unicamente dallo sguardo di chi lo conferma e lo compiace, benché, proprio come il suo avversario Bruto, Cesare affermi pubblicamente di non intendere piegare l’immagine di Re potente e giusto alle passioni dell’aristocrazia e alle proprie. Ma soprattutto, Cesare incarna la simbologia creata intorno alla dinastia Tudor: dall’uso consapevole di immagini celebrative tese a ottenere il consenso della popolazione, alla stella polare segno di una inamovibile giustizia (III, 1, 60-70), al sole, al pellicano, simbolo medievale del Cristo generoso che dona il sangue per i suoi sudditi, presto adottato da Elisabetta. Cesare è figura regale, evidente trasfigurazione della regina. Non tiranno, dunque, ma re. E questo fa dei suoi assassini dei regicidi, non dei tirannicidi. Si è scritto più volte che nel Giulio Cesare Shakespeare affida alla parola il potere di cambiare la storia (Greene). È ciò che accade con l’entrata in scena di Antonio nell’atto III. La celebre orazione funebre di Antonio sul 509
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corpo di Cesare è di proposito confrontata con il discorso di Bruto che la precede. Asciutto, argomentato in un impeccabile sillogismo, la giustificazione pubblica di Bruto – “l’ho ucciso perché era ambizioso” – finisce per avere un effetto intimidatorio sui plebei costretti, piuttosto che persuasi, ad acconsentire alla proclamata giustezza dell’assassinio: “Preferireste che Cesare fosse vivo e morire tutti schiavi, oppure che Cesare sia morto per vivere tutti liberi?” “Chi è qui così barbaro che non voglia essere romano?” (III, 2, 21, 24-25). La sola garanzia della bontà dell’assassinio che Bruto offre alla plebe è l’autorità morale che scaturisce dalla sua indiscutibile integrità personale. Bruto esige un atto di fede nel suo onore. Di fronte all’ingiunzione di Bruto, la parola di Antonio opera una vera e propria rivoluzione copernicana. Non severo, né asciutto, il discorso del gaudente Antonio – che, al contrario di Bruto, non sprezza la vita né, come Cesare, sfida la morte – tenendo fede alla sua natura sensuale e al suo amore per il teatro (apprezzati da Cesare e condannati da Bruto), recita la sua parte ad arte. Antonio non argomenta. Non tenta di convincere. Antonio riprende l’avara retorica di Bruto e la riversa in una cascata di negazioni e affermazioni che la plebe volgerà nel loro contrario: l’onore diviene disonore, i purificatori aguzzini, e infine la parola “vendetta” giurata da Antonio in solitudine sul corpo di Cesare verrà gridata a gran voce dalla folla. Il discorso di Bruto è ribaltato da Antonio e rimbalza sulla plebe. L’appello severo alle ragioni politiche dell’assassinio si trasforma in un appello alle emozioni. E qui Shakespeare ricorre al patrimonio figurativo della religione cristiana. Così, riprendendo l’immagine pagana del rito sacrificale scelta da Bruto per l’assassinio di Cesare, Antonio trasforma il sacrificio purificatorio in martirio cristiano. Ricongiungendo il corpo e lo spirito di Cesare che Bruto aveva violentemente separato, le parole di Antonio mettono al centro della scena il corpo martoriato. Il sangue di Cesare negato da Bruto (perché “nello spirito non c’è sangue”) diviene sangue versato e le ferite inferte sul corpo di Cesare diventano “ bocche mute [che] aprono le loro labbra vermiglie a implorare la voce e la parola della mia lingua” (III, 1, 263-264), “povere povere bocche mute, e dico loro di parlare per me” (III, 2, 216-217). Antonio riscrive l’assassinio di Cesare e lo recita come il calvario di Cristo (Sohmer), la cui scena finale è la deposizione circondata dalla pietà del popolo e dalla promessa del riscatto. Dentro lo spettacolo della passione di Cristo lo spirito di Cesare, dunque, resuscita e vince. 510
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Certo, la rappresentazione della plebe romana non è lusinghiera: anonima, passiva, ondeggiante, mera eco della voce della classe dirigente. Shakespeare sembra volere indicare il pericolo più insidioso della ricerca spasmodica del consenso. Erede del Cesare demagogo, Antonio sfrutta sia gli errori politici di Bruto sia l’inconsistenza politica della popolazione al solo scopo di vincere sui suoi avversari. A differenza di Cesare, Antonio non chiede il consenso della plebe per creare nuovi ordini, ma, programmaticamente, per creare disordine (III, 1). Così ottenuto, il consenso ha l’alto costo della guerra civile. La vittoria di Antonio, com’è noto, non durerà a lungo. Lo spirito di Cesare si incarnerà nel freddo Ottaviano. E invece ad Antonio Shakespeare affida l’epitaffio per Bruto. Antonio distingue: il solo, tra i congiurati, per il quale onore e vita sono una cosa sola. Non è la vita politica che l’impolitico Bruto rappresenta, ma quella, postuma, della morte eroica. La fortuna sulle scene e sullo schermo Unico nel canone, il Giulio Cesare non è mai sparito dalle scene per quattrocento anni. Non solo: data la sua struttura lineare e la sua trama di assassinio e vendetta, è stato adottato spesso nelle scuole (soprattutto in America) introducendo generazioni di ragazzi a Shakespeare. Ebbe fortuna immediata. Fu tra i più citati dei suoi drammi all’inizio del diciassettesimo secolo. Eppure non fu stampato prima del 1623, nell’in-folio delle sue opere complete. Le allusioni dovevano fare dunque riferimento alle rappresentazioni, ciò che fa pensare a un loro massiccio numero sia durante il regno di Elisabetta sia in quello di Giacomo. Le rappresentazioni continuarono nel periodo della Restaurazione quando, in piena epoca augustea, per la possibilità che il testo offriva al gusto neoclassico, godette di un comprensibile successo. Con l’avanzare degli eventi rivoluzionari che attraversarono l’Europa della fine del Settecento, la popolarità del Giulio Cesare cominciò a declinare, e nelle poche produzioni teatrali, Bruto cominciò a occupare il centro della scena, rappresentato come un nobile patriota in lotta contro la tirannia di Cesare. All’inizio del diciannovesimo secolo, il Giulio Cesare riguadagnò il favore del grande pubblico con la produzione di John Philip Kemble tenuta al Theatre Royal, a Covent Garden di Londra nel 1812. Una scenografia spettacolare, la ricostruzione dell’atmosfera della Roma antica attraverso un accurato uso dei costumi d’epoca e l’uso di un cospicuo numero di 511
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comparse soverchiavano però il testo di Shakespeare che subiva notevoli tagli. Le rappresentazioni continuarono ogni anno fino al 1817 con Kemble che interpretava Bruto in versione eroica, mentre la figura di Cesare veniva notevolmente ridimensionata. Durante tutto l’Ottocento, Bruto come nobile e dignitoso eroe rimase la figura centrale della tragedia. La sontuosa coreografia di Kemble, tuttavia, fu sostituita da una più “realistica” e a volte cruda nella scena dell’assassinio. La versione di Herbert Beerbohm Tree che si aprì il 22 gennaio 1898 e durò fino al 1913 al Her Majesty’s Theatre, per esempio, indugia sulla vita quotidiana di Roma, arricchita di dettagli realistici, e si avvale di allestimenti e costumi sfarzosi. Qui però la figura dominante è quella di Antonio. La scena del Foro, e del discorso di Antonio cominciò a occupare il centro delle rappresentazioni del ventesimo secolo, prendendo il posto del conflitto tra Bruto e Cesare. Tra il 1890 e il 1930, la produzione di Frank Benson propose uno stile nuovo allo Shakespeare Memorial di Stratford-upon-Avon, ricostruendo la scenografia minimale del teatro elisabettiano. Riprendendo l’intento filologico del suo predecessore, sempre a Stratford, William BridgesAdams ripristinò l’intero testo di Shakespeare che era stato tagliato liberamente fino ad allora. Intanto il Giulio Cesare aveva suscitato un notevole interesse nella giovane e rivoluzionaria America del Nord dove Bruto fu interpretato come eroe della libertà, assumendo un ruolo importante nella vita studentesca e politica. Recitato per la prima volta a Filadelfia nel 1770, il dramma fu rappresentato per un secolo come bandiera degli ideali repubblicani. Tra le produzioni che seguirono nel XX secolo va segnalata quella di Orson Welles al Mercury Theatre di New York del 1937, a cui seguirono ben 157 repliche. Si tratta di una versione molto libera del testo di Shakespeare che portava il sottotitolo di Morte di un dittatore (Death of a Dictator). Impersonato dallo stesso Welles, Bruto faceva ancora una volta la parte di un eroe liberale sconfitto brutalmente dalla forza di un Cesare rappresentato come Mussolini. Nell’immediato dopoguerra le produzioni del Giulio Cesare si moltiplicarono in tutto il mondo, riprendendo la tradizione filologica inaugurata a Stratford nel 1950 dalla produzione di Anthony Quayle e Michael Langham. Ma se veniva restaurato il testo, lo sfondo storico cambiava per adattarsi alle circostanze politiche contemporanee. Eliminando tutte 512
NOTA INTRODUTTIVA
le ambiguità del testo, il dramma fu rappresentato come antifascista in America latina, a Stratford, a Minneapolis nel 1969, in Connecticut nel 1979. Al Barons Court Theatre di Londra nel marzo del 1993, Cesare fu impersonato da una donna che rappresentava evidentemente Margaret Thatcher. Allo stesso tempo si ritornò alla fedeltà filologica e si riprese a rappresentare il dramma con i costumi romani, riportando Cesare come grande leader al centro della scena. Nel 1977, nella produzione di John Schlesinger al National Theatre, John Gielgud assicurò alla figura di Cesare autorità e carisma. E ancora, nel 1972, in una produzione di Trevor Nunn, considerata come una delle migliori negli ultimi decenni, Cesare domina la scena attraverso una immensa statua sempre presente sul palcoscenico, mentre Bruto, impersonato da un ottimo John Wood, fu interpretato come un liberal impotente e perdente di fronte alla forza immensa di Cesare. Gradualmente, le figure di Bruto e di Cesare si adattano ai tempi antieroici del ventesimo secolo e tendono a ridimensionarsi per fare posto alla regia. Quanto allo schermo, bisogna ricordare lo splendido film di Joseph L. Mankiewicz del 1953. Grandi spazi e grandi folle fanno da sfondo alla superba recitazione di James Mason come Bruto, di John Gielgud che interpreta un nevrotico e cupo Cassio e di un possente Marlon Brando nelle vesti di Antonio. Anche qui la figura di Cesare è ridotta alla sua fragilità umana. In Italia, il recente adattamento dei fratelli Taviani, Cesare deve morire (2012) ha riscosso un notevole successo nazionale e internazionale. Ambientato nel carcere di Rebibbia, il dramma è interpretato dai detenuti con effetti insieme realistici e drammatici. Infine va menzionato il recente adattamento del dramma per la regia di Andrea Baracco, scelto per rappresentare l’Italia allo Shakespeare Globe Theater di Londra in occasione dell’anno shakespeariano e delle Olimpiadi tenute a Londra nel 2012. Fortemente stilizzata e in costumi moderni, la regia punta sull’effetto energizzante e anti-tragico della recitazione di soli sei attori (la figura di Cesare è ridotta a una sedia) che oscilla tra mimo e acrobazia. ROSANNA CAMERLINGO
513
GIULIO CESARE
R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti PLUTARCO, Vite di Cesare, Antonio e Bruto in Vite parallele dei nobili greci e romani, a cura di C. Carena, 3 voll., Torino, Einaudi, 1958; PLUTARCH, Lives of the Noble Grecians and Romans, in G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic sources of Shakespeare, 8 voll., London, Routledge and Kegan Paul, 1964-1975. Letteratura critica Fra le maggiori edizioni inglesi e americane segnaliamo quelle a cura di J. D. WILSON, Cambridge, 1950; T. S. DORSCH , Arden, 1955; N. SANDERS, Penguin, 1967; A. HUMPHREYS, Oxford, 1984; D. DANIELL, Arden, 1998; M. SPEVAK, Cambridge, 1988; Tra quelle italiane, S. PEROSA e G. Melchiori, Mondadori, 1991: A. SERPIERI, Garzanti, 1993; A. LOMBARDO, Feltrinelli, 2000. P. A. CANTOR, Shakespeare’s Rome: Republic and Empire, Ithaca, Cornell U. P., 1976; C. K AHN, Roman Shakespeare: Warriors, Wounds, and Women, London, Routledge, 1997; G. W. K NIGHT, The Wheel of Fire, Oxford, Oxford U. P., 1930; ID., The Imperial Theme: Further Interpretations of Shakespeare’s Tragedies Including the Roman Plays, London, Oxford U. P., 1931; G. GREENE, “‘In the Power of Speech / To Stir Men’s Blood’. The Language of Tragedy in Shakespeare’s Julius Caesar”, Renaissance Drama, n.s. 11, 1980; G. MELCHIORI, Shakespeare. Genesi e struttura delle opere, Bari, Laterza, 1994; G. MILES, Shakespeare and the Constant Romans, Oxford, Clarendon Press, 1996; R. MIOLA, “Julius Caesar and the Tyrannicide Debate”, Renaissance Quarterly, 38 (1985); J. R IPLEY, Julius Caesar on Stage in England and America, 15991973, Cambridge, Cambridge U. P., 1980; E. E. SCHANZER, The Problem Plays of Shakespeare: A Study of Julius Caesar, Measure for Measure and Antony and Cleopatra, London, Routledge & Kegan Paul, 1963; A. SERPIERI, I drammi romani, Parma, Pratiche, 1988; S. SOHMER, Shakespeare’ Mystery Play: The Opening of the Globe Theatre 1599, Manchester, Manchester U. P., 1999; D. TRAVERSI, Shakespeare. The Roman Plays, London, Hollis & Carter, 1963; G. WILLS, Rome and Rhetoric. Shakespeare’s Julius Caesar, New Haven, Yale U. P., 2011; R. WILSON, “‘Is 514
NOTA INTRODUTTIVA
This a Holiday?’: Shakespeare’s Roman Carnival”, English Literary History, 54 (1987); H. ZANDER, (cur.), Julius Caesar, New Critical Essays, New York & London, Routledge, 2005.
515
THE TRAGEDY OF JULIUS CAESAR THE PERSONS OF THE PLAY
Julius CAESAR CALPURNIA, his wife
CINNA the Poet
Marcus BRUTUS, a noble Roman, opposed to Caesar PORTIA, his wife LUCIUS, his servant Caius CASSIUS CASCA TREBONIUS DECIUS Brutus METELLUS Cimber CINNA Caius LIGARIUS Mark ANTONY OCTAVIUS Caesar LEPIDUS FLAVIUS MURELLUS
}
}
}
opposed to Caesar
rulers of Rome after Caesar’s death
tribunes of the people
CICERO PUBLIUS POPILLIUS Laena
}
PINDARUS, Cassius’ bondman TITINIUS, an officer in Cassius’ army LUCILLIUS MESSALA VARRUS CLAUDIO officers and YOUNG CATO soldiers in Brutus’ STRATO army VOLUMNIUS FLAVIUS DARDANIUS CLITUS
}
A POET GHOST of Caesar
A COBBLER A CARPENTER Other PLEBEIANS A MESSENGER SERVANTS Senators, soldiers, and attendants
senators
A SOOTHSAYER ARTEMIDORUS SIGLE Di questa tragedia l’unico testo originale sopravvissuto è quello nell’in-folio del 1623 (F). Si ritiene che riproduca il copione usato dalla compagnia, piuttosto che il manoscritto di mano dell’autore. La popolarità del dramma fu tale che già per i contemporanei alcuni passi assunsero un valore proverbiale, con una diffusione non sempre fedele all’originale, tanto da tramandare letture problematiche ai curatori e commentatori succedutisi attraverso il tempo. Segnaliamo qui i pochi casi in cui questi problemi appaiono irrisolvibili.
516
LA TRAGEDIA DI GIULIO CESARE PERSONAGGI
GIULIO CESARE CALPURNIA, sua moglie
CINNA il poeta
MARCO BRUTO, un nobile romano, avversario di Cesare PORZIA, sua moglie LUCIO, suo servo CAIO CASSIO CASCA TREBONIO DECIO BRUTO METELLO CIMBRO CINNA CAIO LIGARIO
}
MARCO ANTONIO OTTAVIANO CESARE LEPIDO
}
avversari di Cesare
PINDARO, schiavo di Cassio TITINIO, ufficiale nell’esercito di Cassio LUCILIO MESSALA VARRO CLAUDIO CATONE il giovane STRATONE VOLUNNIO FLAVIO DARDANO CLITO
}
ufficiali e soldati nell’esercito di Bruto
UN POETA governanti a SPETTRO DI CESARE Roma dopo la morte di Cesare Un CIABATTINO FLAVIO Un FALEGNAME tribuni del popolo MARULLO Altri PLEBEI Un MESSAGGERO CICERONE SERVI senatori PUBLIO Senatori, soldati e servitori POPILIO LENA
}
}
INDOVINO ARTEMIDORO
517
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter Flavius, Murellus, and certain commoners over the stage
FLAVIUS
Hence, home, you idle creatures, get you home! Is this a holiday? What, know you not, Being mechanical, you ought not walk Upon a labouring day without the sign Of your profession? – Speak, what trade art thou? CARPENTER Why, sir, a carpenter.
5
MURELLUS
Where is thy leather apron and thy rule? What dost thou with thy best apparel on? – You, sir, what trade are you? COBBLER Truly, sir, in respect of a fine workman I am but, as you would say, a cobbler.
10
MURELLUS
But what trade art thou? Answer me directly. COBBLER A trade, sir, that I hope I may use with a safe
conscience, which is indeed, sir, a mender of bad soles. FLAVIUS
What trade, thou knave? Thou naughty knave, what trade? COBBLER Nay, I beseech you, sir, be not out with me. Yet if you be out, sir, I can mend you.
15
MURELLUS
What mean’st thou by that? Mend me, thou saucy fellow? COBBLER Why, sir, cobble you. FLAVIUS Thou art a cobbler, art thou?
20
COBBLER Truly, sir, all that I live by is with the awl. I
meddle with no tradesman’s matters, nor women’s matters, but withal I am indeed, sir, a surgeon to old shoes: when they are in great danger I recover them. As proper men as ever trod upon neat’s leather have gone upon my handiwork.
518
26
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 1
Entrano Flavio, Marullo e alcuni plebei1
I, 1 FLAVIO
Via! A casa, fannulloni, andatevene a casa! È forse giorno di festa? Come? Non sapete che voi artigiani non dovreste andarvene in giro nei giorni di lavoro senza i distintivi dei vostri mestieri? Tu, parla, che mestiere fai? FALEGNAME
Ecco, signore, faccio il falegname. MARULLO
E dov’è il grembiule di cuoio e il regolo? Che ci fai così agghindato? E tu, che mestiere fai? CIABATTINO
A dire il vero, signore, di fronte a un fine artigiano, io sono solo, direste voi, un arruffone2. MARULLO
Ma che mestiere fai? Rispondi in modo chiaro. CIABATTINO
Un mestiere, signore, che spero di praticare con la coscienza a posto; e cioè, signore, per farla breve, sono un riparatore di suole malconce3. FLAVIO
Che mestiere, farabutto? Furfante ciarlone, che mestiere? CIABATTINO
No, signore, vi prego, non vi arrabbiate con me. Però, se vi arrabbiate, posso sempre ripararvi. MARULLO
Che vuoi dire? Ripararmi, tu, insolente? CIABATTINO
Ecco, signore, accomodarvi. FLAVIO
Sei un ciabattino, vero? CIABATTINO
È vero. Mi guadagno da vivere solo con il punteruolo. Non ficco il naso in cose di commercianti, né di femmine, ma in tutto – insomma, sono un chirurgo di vecchie scarpe; quando sono in grave pericolo, le risano4. Tutti gli uomini per bene che calpestano la terra su cuoio di vitello sono passati per la mia opera. 519
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 1
FLAVIUS
But wherefore art not in thy shop today? Why dost thou lead these men about the streets? COBBLER Truly, sir, to wear out their shoes to get myself into more work. But indeed, sir, we make holiday to see Caesar, and to rejoice in his triumph.
31
MURELLUS
Wherefore rejoice? What conquest brings he home? What tributaries follow him to Rome To grace in captive bonds his chariot wheels? You blocks, you stones, you worse than senseless things! O, you hard hearts, you cruel men of Rome, Knew you not Pompey? Many a time and oft Have you climbed up to walls and battlements, To towers and windows, yea to chimney-tops, Your infants in your arms, and there have sat The livelong day with patient expectation To see great Pompey pass the streets of Rome. And when you saw his chariot but appear, Have you not made an universal shout, That Tiber trembled underneath her banks To hear the replication of your sounds Made in her concave shores? And do you now put on your best attire? And do you now cull out a holiday? And do you now strew flowers in his way That comes in triumph over Pompey’s blood? Be gone! Run to your houses, fall upon your knees, Pray to the gods to intermit the plague That needs must light on this ingratitude. FLAVIUS
Go, go, good countrymen, and for this fault Assemble all the poor men of your sort; Draw them to Tiber banks, and weep your tears
520
35
40
45
50
55
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 1
FLAVIO
Ma perché non sei nella tua bottega oggi? Perché te ne vai in giro per strada con tutta questa gente? CIABATTINO
Per dirla tutta, signore, perché consumino le scarpe e mi procurino altro lavoro. Ma la verità, signore, è che facciamo vacanza per vedere Cesare e per festeggiare il suo trionfo. MARULLO
Perché festeggiare? Quale conquista porta in patria? Quali tributari lo seguono a Roma per onorare in ceppi le ruote del suo carro? Voi teste di legno, voi pietre, voi peggio di cose insensibili! Oh, cuori incalliti, voi crudeli uomini di Roma, non conoscevate Pompeo? Molte, troppe volte vi siete arrampicati sulle mura e sui bastioni, su torri e finestre, fin sui comignoli, con i bambini in braccio, e lì seduti pazientemente tutto il giorno, ad aspettare di vedere il grande Pompeo passare per le strade di Roma. E appena avete visto apparire il suo carro, non avete lanciato un unico immenso grido, tale che il Tevere tremava sotto i suoi argini per sentire l’eco del vostro boato tra le sue rive concave? E ora vi siete tutti agghindati a festa? E ora vi prendete un giorno di vacanza? E ora spargete fiori sulla strada di chi trionfa sul sangue di Pompeo? Via! Correte a casa, inginocchiatevi, pregate gli dèi di fermare la peste che dovrà per forza cadere su questa ingratitudine5. FLAVIO
Via, andate via, bravi cittadini, e per questa vostra colpa radunate tutti i poveruomini del vostro ceto; trascinateli sulle rive del Teve-
521
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
Into the channel, till the lowest stream Do kiss the most exalted shores of all.
60
Exeunt all the commoners See whe’er their basest mettle be not moved. They vanish tongue-tied in their guiltiness. Go you down that way towards the Capitol; This way will I. Disrobe the images If you do find them decked with ceremonies. MURELLUS May we do so? You know it is the Feast of Lupercal.
65
FLAVIUS
It is no matter. Let no images Be hung with Caesar’s trophies. I’ll about, And drive away the vulgar from the streets; So do you too where you perceive them thick. These growing feathers plucked from Caesar’s wing Will make him fly an ordinary pitch, Who else would soar above the view of men And keep us all in servile fearfulness. Exeunt 1.2
70
[Loud music.] Enter Caesar, Antony stripped for the course, Calpurnia, Portia, Decius, Cicero, Brutus, Cassius, Casca, a Soothsayer, [a throng of citizens]; after them, Murellus and Flavius
CAESAR Calpurnia. CASCA Peace, ho! Caesar speaks.
[Music ceases] CAESAR Calpurnia. CALPURNIA Here, my lord. CAESAR
Stand you directly in Antonio’s way When he doth run his course. – Antonio. ANTONY Caesar, my lord.
522
5
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
re, e versate le vostre lacrime nel fiume finché la corrente più bassa non baci le sue sponde più alte. Escono tutti i plebei Vedi come si è mutata la loro vile natura6. Si dileguano, muti per la loro imprudenza. Tu vai da quella parte verso il Campidoglio. Io andrò da quest’altra. Se vedi statue addobbate a festa, spogliale tutte7. MARULLO
Lo possiamo fare? Sai che è la festa dei Lupercali8. FLAVIO
Non importa. Che nessuna statua sia adornata con i trofei di Cesare. Io andrò in giro e scaccerò il popolo dalle strade. Tu fai lo stesso dove lo vedi radunarsi. Una volta strappate le penne che gli crescono sulle ali, Cesare sarà costretto a volare a mezza altezza, altrimenti si alzerebbe oltre la portata degli uomini, e ci terrebbe tutti in timore servile. Escono [Fanfara.]9 Entrano Cesare, Antonio svestito per la corsa sacra10 , Calpurnia, Porzia, Decio, Cicerone, Bruto, Cassio, Casca, un indovino [una folla di cittadini]; dietro di loro, Marullo e Flavio
I, 2
CESARE
Calpurnia. CASCA
Ehi, silenzio! Parla Cesare. [La musica cessa] CESARE
Calpurnia. CALPURNIA
Eccomi, mio signore. CESARE
Mettiti proprio sul percorso di Antonio quando correrà. – Antonio. ANTONIO
Cesare, mio signore?
523
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
CAESAR
Forget not in your speed, Antonio, To touch Calpurnia, for our elders say The barren, touchèd in this holy chase, Shake off their sterile curse. ANTONY I shall remember: When Caesar says ‘Do this’, it is performed.
10
CAESAR
Set on, and leave no ceremony out. [Music] SOOTHSAYER Caesar! CAESAR Ha! Who calls?
15
CASCA
Bid every noise be still. Peace yet again. [Music ceases] CAESAR
Who is it in the press that calls on me? I hear a tongue shriller than all the music Cry ‘Caesar!’ Speak. Caesar is turned to hear. SOOTHSAYER
Beware the ides of March. What man is that?
CAESAR
20
BRUTUS
A soothsayer bids you beware the ides of March. CAESAR
Set him before me; let me see his face. CASSIUS
Fellow, come from the throng; look upon Caesar. The Soothsayer comes forward CAESAR
What sayst thou to me now? Speak once again. SOOTHSAYER Beware the ides of March.
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25
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
CESARE
Non dimenticare, Antonio, di toccare Calpurnia nella tua corsa; i nostri anziani dicono che le donne sterili toccate in questa corsa sacra si libereranno della maledizione sulla loro sterilità11. ANTONIO
Me lo ricorderò. Quando Cesare dice “fai”, è fatto. CESARE
Procedete, e non trascurate alcuna cerimonia. [Musica] INDOVINO
Cesare! CESARE
Eh! Chi chiama? CASCA
Fate cessare la musica. Ancora, silenzio! [La musica cessa] CESARE
Chi è che mi chiama nella folla? Sento una voce più squillante della musica gridare “Cesare”! Parla. Cesare ti ascolta. INDOVINO
Guardati dalle Idi di marzo. CESARE
Chi è quell’uomo? BRUTO
Un indovino ti avverte di guardarti dalle Idi di marzo. CESARE
Portatemelo davanti. Lo voglio vedere in faccia. CASSIO
Tu, esci dalla folla. Presentati a Cesare. L’indovino si fa avanti CESARE
Che mi dici allora? Parla. INDOVINO
Guardati dalle Idi di marzo.
525
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
CAESAR
He is a dreamer. Let us leave him. Pass! Sennet. Exeunt all but Brutus and Cassius CASSIUS
Will you go see the order of the course? BRUTUS Not I. CASSIUS I pray you, do. BRUTUS
I am not gamesome; I do lack some part Of that quick spirit that is in Antony. Let me not hinder, Cassius, your desires. I’ll leave you.
30
CASSIUS
Brutus, I do observe you now of late. I have not from your eyes that gentleness And show of love as I was wont to have. You bear too stubborn and too strange a hand Over your friend that loves you. BRUTUS Cassius, Be not deceived. If I have veiled my look, I turn the trouble of my countenance Merely upon myself. Vexèd I am Of late with passions of some difference, Conceptions only proper to myself, Which give some soil, perhaps, to my behaviours. But let not therefore my good friends be grieved – Among which number, Cassius, be you one – Nor construe any further my neglect Than that poor Brutus, with himself at war, Forgets the shows of love to other men.
35
40
45
CASSIUS
Then, Brutus, I have much mistook your passion, By means whereof this breast of mine hath buried Thoughts of great value, worthy cogitations. Tell me, good Brutus, can you see your face?
526
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
CESARE
È un visionario. Lasciatelo andare. Avanti! Fanfara. Escono. Rimangono Bruto e Cassio CASSIO
Vai a vedere la corsa? BRUTO
No. CASSIO
Ti prego, vai. BRUTO
Non amo i giochi. Non ho lo spirito frivolo di Antonio12. Ma non voglio ostacolarti se tu lo desideri, Cassio; ti lascio. CASSIO
Bruto, è un po’ che ti osservo. Non vedo più nei tuoi occhi la gentilezza e quei segni d’affetto che vedevo una volta13. Posi una mano troppo rigida e distante sul tuo amico che ti ama. BRUTO
Cassio, non farti ingannare. Se vedi un velo nel mio sguardo, il turbamento del mio viso è rivolto solo su di me. Da qualche tempo sono tormentato da passioni contrastanti, pensieri che riguardano soltanto me e che forse offuscano il mio comportamento. Ma non per questo i miei amici (e tu, Cassio, sei uno di loro) si devono dispiacere o immaginare che li trascuro; perché il povero Bruto, in guerra con se stesso, si dimentica di mostrare il suo amore verso gli altri. CASSIO
Allora, Bruto, ho molto frainteso le tue passioni, e perciò ho seppellito nel petto pensieri gravi, riflessioni importanti. Dimmi, caro Bruto, riesci a vedere la tua faccia?
527
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
BRUTUS
No, Cassius, for the eye sees not itself But by reflection, by some other things. CASSIUS ’Tis just; And it is very much lamented, Brutus, That you have no such mirrors as will turn Your hidden worthiness into your eye, That you might see your shadow. I have heard Where many of the best respect in Rome – Except immortal Caesar – speaking of Brutus, And groaning underneath this age’s yoke, Have wished that noble Brutus had his eyes.
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BRUTUS
Into what dangers would you lead me, Cassius, That you would have me seek into myself For that which is not in me?
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CASSIUS
Therefor, good Brutus, be prepared to hear. And since you know you cannot see yourself So well as by reflection, I, your glass, Will modestly discover to yourself That of yourself which you yet know not of. And be not jealous on me, gentle Brutus. Were I a common laughter, or did use To stale with ordinary oaths my love To every new protester; if you know That I do fawn on men and hug them hard, And after scandal them; or if you know That I profess myself in banqueting To all the rout: then hold me dangerous. Flourish and shout within BRUTUS
What means this shouting? I do fear the people Choose Caesar for their king. CASSIUS Ay, do you fear it? Then must I think you would not have it so. 528
70
75
80
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
BRUTO
No, Cassio; perché l’occhio vede se stesso solo di riflesso, attraverso altre cose14. CASSIO
È vero. Ci si lamenta, Bruto, che tu non abbia specchi che ti mostrino il tuo valore nascosto, che non vedi la tua immagine riflessa. Ho udito a Roma molti uomini di rango – con l’eccezione dell’immortale Cesare – che, parlando di Bruto, e gemendo sotto il peso di questa epoca, vorrebbero che il nobile Bruto avesse occhi. BRUTO
A quali rischi vorresti espormi, Cassio, chiedendomi di cercare in me ciò che in me non c’è? CASSIO
Quanto a questo, caro Bruto, preparati ad ascoltare. Poiché tu sai di non riuscire a vederti bene se non per riflesso, io, il tuo specchio, ti svelerò umilmente ciò che di te ancora non sai. E non ti insospettire, gentile Bruto. Fossi un comune pagliaccio, o se fosse mia abitudine svilire il mio affetto con giuramenti dozzinali a chiunque mi offra il suo; se tu mi conoscessi come uno che lusinga gli uomini, che li abbraccio e poi li calunnio; o se sapessi che mi dichiaro amico di tutta quella gentaglia che frequenta i banchetti, allora pensa pure che sono pericoloso. Fanfare e grida dall’interno15 BRUTO
Che significano queste grida? Ho paura che il popolo acclami Cesare come suo re. CASSIO
Ah, lo temi. Allora devo pensare che non lo vorresti.
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
BRUTUS
I would not, Cassius; yet I love him well. But wherefore do you hold me here so long? What is it that you would impart to me? If it be aught toward the general good, Set honour in one eye and death i’th’ other, And I will look on both indifferently; For let the gods so speed me as I love The name of honour more than I fear death.
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CASSIUS
I know that virtue to be in you, Brutus, As well as I do know your outward favour. Well, honour is the subject of my story. I cannot tell what you and other men Think of this life; but for my single self, I had as lief not be, as live to be In awe of such a thing as I myself. I was born free as Caesar, so were you. We both have fed as well, and we can both Endure the winter’s cold as well as he. For once upon a raw and gusty day, The troubled Tiber chafing with her shores, Said Caesar to me ‘Dar’st thou, Cassius, now Leap in with me into this angry flood, And swim to yonder point?’ Upon the word, Accoutred as I was I plungèd in, And bade him follow. So indeed he did. The torrent roared, and we did buffet it With lusty sinews, throwing it aside, And stemming it with hearts of controversy. But ere we could arrive the point proposed, Caesar cried ‘Help me, Cassius, or I sink!’ Ay, as Aeneas our great ancestor Did from the flames of Troy upon his shoulder The old Anchises bear, so from the waves of Tiber Did I the tirèd Caesar. And this man Is now become a god, and Cassius is 530
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
BRUTO
Non lo vorrei, Cassio, e tuttavia lo amo molto. Ma perché mi trattieni qui così a lungo? Cos’è che vorresti dirmi? Se si tratta di cose che riguardano il bene comune, metti l’onore davanti a un occhio e la morte davanti all’altro, e io guarderò a entrambi in modo uguale, perché possano gli dèi farmi prosperare se amo la parola onore più di quanto tema la morte. CASSIO
Conosco quella tua virtù, Bruto, così come conosco la tua faccia. Bene, l’onore è l’oggetto della mia storia16. Non so quello che tu e altri pensiate di questa vita; ma per quanto mi riguarda, vorrei morire piuttosto che vivere sottomesso a un essere a me pari. Sono nato libero come Cesare, e anche tu. Entrambi godiamo dei piaceri della vita come lui, e come lui sappiamo resistere al freddo dell’inverno. Una volta, un giorno rigido e ventoso, con il Tevere agitato che infuriava contro le rive, Cesare mi disse: ‘Oseresti, Cassio, gettarti con me in queste acque rabbiose e nuoteresti fino a quel punto?’ A quelle parole, vestito com’ero, mi tuffai e l’invitai a seguirmi, e così fece. Il fiume ruggiva e noi lo colpivamo con potenti bracciate, lottando e sfidandolo ad aprirsi. Ma prima di raggiungere il punto indicato, Cesare gridò, ‘Aiutami, Cassio, affogo!’ Io, come il nostro grande antenato Enea che dalle fiamme di Troia si portò il vecchio Anchise sulle spalle, tirai fuori un Cesare sfinito dalle onde del Tevere: e ora quest’uomo è diventato un dio, e Cas-
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
A wretched creature, and must bend his body If Caesar carelessly but nod on him. He had a fever when he was in Spain, And when the fit was on him, I did mark How he did shake. ’Tis true, this god did shake. His coward lips did from their colour fly; And that same eye whose bend doth awe the world Did lose his lustre. I did hear him groan, Ay, and that tongue of his that bade the Romans Mark him and write his speeches in their books, ‘Alas!’ it cried, ‘Give me some drink, Titinius’, As a sick girl. Ye gods, it doth amaze me A man of such a feeble temper should So get the start of the majestic world, And bear the palm alone!
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Flourish and shout within Another general shout! I do believe that these applauses are For some new honours that are heaped on Caesar.
BRUTUS
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CASSIUS
Why, man, he doth bestride the narrow world Like a Colossus, and we petty men Walk under his huge legs, and peep about To find ourselves dishonourable graves. Men at sometime were masters of their fates. The fault, dear Brutus, is not in our stars, But in ourselves, that we are underlings. Brutus and Caesar: what should be in that ‘Caesar’? Why should that name be sounded more than yours? Write them together: yours is as fair a name. Sound them: it doth become the mouth as well.
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129. Alas. F non ha le virgolette quando riporta le parole di un altro personaggio. Molti curatori (Dorsch, Melchiori, Serpieri) attribuiscono Alas a Cassio, piuttosto che a Cesare, come esempio della sua ironia. Questa edizione attribuisce invece Alas a Cesare. 140. In F are. In questa edizione were. 532
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
sio è una povera creatura che deve chinarsi se solo Cesare si degna di fargli un cenno. Ebbe la febbre quando era in Spagna e, quando arrivavano gli attacchi, notavo come tremava17. Vero: questo dio tremava! Le sue labbra codarde fuggivano il loro colore18, e quegli occhi il cui sguardo intimorisce il mondo, perdevano lustro. L’ho udito gemere – e quella sua lingua che comanda ai romani di ammirarlo e di scrivere i suoi discorsi nei loro libri, gridava ‘Ahimè’19, ‘dammi da bere, Titinio’ come una ragazzetta malata. Per tutti gli dèi, mi stupisce che un uomo con una salute così debole occupi un posto così alto sopra il mondo maestoso e porti da solo la palma della vittoria 20! Grida e fanfare dall’interno BRUTO
Altre grida? Credo che la folla stia applaudendo a qualche nuovo onore che si è accumulato su Cesare21. CASSIO
Per quale ragione, Bruto, lui deve stare a cavalcioni su questo piccolo mondo come un colosso, mentre noi miseri mortali ci aggiriamo sotto le sue enormi gambe guardandoci intorno, in cerca di tombe disonorate22? Un tempo gli uomini erano padroni del proprio destino. La colpa, caro Bruto, non è delle stelle, ma nostra, se ci sottomettiamo. Bruto e Cesare: che cosa c’è in quel ‘Cesare’? Perché quel nome deve risuonare di fama più del tuo? Scrivili insieme: il tuo è un nome altrettanto bello. Pronunciali: il tuo si adatta
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
Weigh them: it is as heavy. Conjure with ’em: ‘Brutus’ will start a spirit as soon as ‘Caesar’. Now in the names of all the gods at once, Upon what meat doth this our Caesar feed That he is grown so great? Age, thou art shamed. Rome, thou hast lost the breed of noble bloods. When went there by an age since the great flood, But it was famed with more than with one man? When could they say till now, that talked of Rome, That her wide walls encompassed but one man? Now is it Rome indeed, and room enough When there is in it but one only man. O, you and I have heard our fathers say There was a Brutus once that would have brooked Th’eternal devil to keep his state in Rome As easily as a king.
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BRUTUS
That you do love me I am nothing jealous. What you would work me to I have some aim. How I have thought of this and of these times I shall recount hereafter. For this present, I would not, so with love I might entreat you, Be any further moved. What you have said I will consider. What you have to say I will with patience hear, and find a time Both meet to hear and answer such high things. Till then, my noble friend, chew upon this: Brutus had rather be a villager Than to repute himself a son of Rome Under these hard conditions as this time Is like to lay upon us. CASSIUS I am glad That my weak words have struck but thus much show Of fire from Brutus.
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
alla voce altrettanto bene. Pesali: il tuo non è meno leggero. Usali per evocare gli spiriti: ‘Bruto’ ne richiamerà uno all’istante proprio come ‘Cesare’23. Ora, in nome di tutti gli dèi, di quale cibo si nutre questo nostro Cesare per crescere così grande? Epoca svergognata! Roma, hai perso la stirpe del tuo sangue più nobile! Quando mai ci fu un’epoca, dal grande diluvio, che non si sia resa celebre per più di un solo uomo? Quando si è potuto dire, fino a ora, parlando di Roma, che le sue ampie strade racchiudevano un solo uomo? Ora è davvero questa, Roma, se il suo spazio è così piccolo da contenere un solo uomo24? Oh, tu e io abbiamo udito i nostri padri dire che ci fu una volta un Bruto che avrebbe preferito che il diavolo piuttosto che un re tenesse corte a Roma 25. BRUTO
Che tu mi ami, non dubito affatto. Ho una certa idea di che cosa vorresti che mi convinca. Ti dirò più tardi che cosa abbia pensato di questo e di questi tempi. Per il momento, se posso chiedertelo in amicizia, non vorrei essere sollecitato ulteriormente. Rifletterò su quello che mi hai detto. Ascolterò con attenzione quello che hai ancora da dire, e troverò l’occasione adatta per ascoltare e rispondere a cose così serie. Fino ad allora, mio nobile amico, medita su questo: Bruto preferirebbe essere un bifolco piuttosto che ritenersi un figlio di Roma nelle gravi condizioni a cui questi tempi vogliono sottometterci. CASSIO
Sono contento che le mie deboli parole abbiano acceso in Bruto questa piccola fiamma.
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
[Music.] Enter Caesar and his train BRUTUS
The games are done, and Caesar is returning. CASSIUS
As they pass by, pluck Casca by the sleeve, And he will, after his sour fashion, tell you What hath proceeded worthy note today.
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BRUTUS
I will do so. But look you, Cassius, The angry spot doth glow on Caesar’s brow, And all the rest look like a chidden train. Calpurnia’s cheek is pale, and Cicero Looks with such ferret and such fiery eyes As we have seen him in the Capitol Being crossed in conference by some senators.
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CASSIUS
Casca will tell us what the matter is.
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CAESAR Antonio. ANTONY Caesar. CAESAR
Let me have men about me that are fat, Sleek-headed men, and such as sleep a-nights. Yon Cassius has a lean and hungry look. He thinks too much. Such men are dangerous.
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ANTONY
Fear him not, Caesar, he’s not dangerous. He is a noble Roman, and well given. CAESAR
Would he were fatter! But I fear him not. Yet if my name were liable to fear, I do not know the man I should avoid So soon as that spare Cassius. He reads much, He is a great observer, and he looks Quite through the deeds of men. He loves no plays, As thou dost, Antony; he hears no music. Seldom he smiles, and smiles in such a sort As if he mocked himself, and scorned his spirit 536
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
[Musica.] Entrano Cesare e il suo seguito. BRUTO
I giochi sono finiti e Cesare sta ritornando. CASSIO
Quando passano, afferra Casca per la manica 26, e ti racconterà, nei suoi soliti toni acidi, che cosa è successo oggi che sia degno di nota. BRUTO
Lo farò. Ma guarda, Cassio, quel segno d’ira sulla fronte di Cesare, e guarda tutto il seguito come sembra imbronciato. Calpurnia è pallida e Cicerone ha gli occhi che sembrano frecce infuocate, proprio come l’abbiamo visto in Campidoglio quando si infuriava con qualche senatore che lo contraddiceva. CASSIO
Casca ci dirà cos’è successo. CESARE
Antonio. ANTONIO
Cesare. CESARE
Fammi avere attorno uomini grassi, con la testa liscia, e che di notte dormono. Quel Cassio ha un aspetto smunto e magro. Pensa troppo. Uomini così sono pericolosi. ANTONIO
Non lo temere. Non è pericoloso. È un nobile romano, e leale. CESARE
Vorrei che fosse più grasso! Ma non lo temo. E tuttavia, se uno come me fosse soggetto alla paura, non conosco uomo che dovrei evitare di più di quel macilento Cassio. Legge troppo, è un grande osservatore, e sembra sempre intento a scrutare i motivi delle azioni degli uomini. Non ama il teatro come te, Antonio, e non ascolta musica. Sorride raramente, e quando lo fa è come se si prendesse gioco di se stesso e si schernisse per essersi fatto convincere a sor-
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
That could be moved to smile at anything. Such men as he be never at heart’s ease Whiles they behold a greater than themselves, And therefore are they very dangerous. I rather tell thee what is to be feared Than what I fear, for always I am Caesar. Come on my right hand, for this ear is deaf, And tell me truly what thou think’st of him.
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Sennet. Exeunt Caesar and his train. Brutus, Cassius, and Casca remain CASCA (to Brutus) You pulled me by the cloak. Would you
speak with me? BRUTUS
Ay, Casca. Tell us what hath chanced today, That Caesar looks so sad. CASCA Why, you were with him, were you not?
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BRUTUS
I should not then ask Casca what had chanced. CASCA Why, there was a crown offered him; and being
offered him, he put it by with the back of his hand, thus; and then the people fell a-shouting. BRUTUS What was the second noise for? CASCA Why, for that too.
225
CASSIUS
They shouted thrice. What was the last cry for? CASCA Why, for that too. BRUTUS Was the crown offered him thrice? CASCA Ay, marry, was’t; and he put it by thrice, every
time gentler than other; and at every putting by, mine honest neighbours shouted. CASSIUS
Who offered him the crown?
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
ridere di qualcosa. Uomini come lui non sono mai a loro agio di fronte a un uomo più grande di loro, e perciò sono molto pericolosi 27. Preferisco dirti ciò che deve essere temuto piuttosto che quello che temo, perché io sono sempre Cesare28. Mettiti alla mia destra, perché questo mio orecchio è sordo, e dimmi cosa pensi veramente di lui 29. Trombe. Escono Cesare e il suo seguito. Rimangono Bruto, Cassio e Casca CASCA (a Bruto)
Mi hai tirato per il mantello. Mi vuoi parlare? BRUTO
Sì, Casca. Dicci cos’è successo oggi. Perché Cesare è così serio. CASCA
Perché? Non eri con lui? BRUTO
Allora non chiederei a Casca che cosa è successo. CASCA
Ecco, gli è stata offerta una corona; e quando gliel’hanno offerta, lui l’ha respinta con il dorso della mano, così; e allora il popolo si è messo a gridare. BRUTO
E per che cosa gridavano la seconda volta? CASCA
Beh, per la stessa cosa. CASSIO
Hanno gridato tre volte. Per che cos’era l’ultimo grido? CASCA
Per la stessa cosa. BRUTO
Gli hanno offerto la corona per tre volte30? CASCA
Sì, certo, e lui l’ha rifiutata tre volte, ogni volta in modo più fievole della precedente; e a ogni rifiuto, gridavano i miei onesti 31 vicini! CASSIO
Chi gli ha offerto la corona?
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
CASCA
Why, Antony.
BRUTUS
Tell us the manner of it, gentle Casca. CASCA I can as well be hanged as tell the manner of it. It was mere foolery, I did not mark it. I saw Mark Antony offer him a crown – yet ’twas not a crown neither, ’twas one of these coronets – and as I told you he put it by once; but for all that, to my thinking he would fain have had it. Then he offered it to him again; then he put it by again – but to my thinking he was very loath to lay his fingers off it. And then he offered it the third time; he put it the third time by. And still as he refused it, the rabblement hooted, and clapped their chapped hands, and threw up their sweaty nightcaps, and uttered such a deal of stinking breath because Caesar refused the crown that it had almost choked Caesar; for he swooned and fell down at it. And for mine own part, I durst not laugh for fear of opening my lips and receiving the bad air.
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CASSIUS
But soft, I pray you. What, did Caesar swoon? CASCA He fell down in the market-place, and foamed at
mouth, and was speechless. BRUTUS
’Tis very like: he hath the falling sickness. CASSIUS
No, Caesar hath it not; but you and I And honest Casca, we have the falling sickness. CASCA I know not what you mean by that, but I am sure Caesar fell down. If the tag-rag people did not clap him and hiss him, according as he pleased and displeased them, as they use to do the players in the theatre, I am no true man. BRUTUS
What said he when he came unto himself? CASCA Marry, before he fell down, when he perceived the common herd was glad he refused the crown, he 540
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
CASCA
Beh, Antonio. BRUTO
Raccontaci com’è andata, nobile Casca. CASCA
Sarebbe più facile farmi impiccare che raccontarvi com’ è andata. È stata una vera pagliacciata, ma non l’ho seguita bene. Ho visto Marco Antonio offrirgli la corona – non era nemmeno una corona, solo una di quelle coroncine32 – e, come dicevo, l’ha respinta una volta; però, a mio parere, l’avrebbe presa volentieri. Poi gliel’ha offerta di nuovo, e di nuovo l’ha respinta, ma, secondo me, non aveva nessuna voglia di levare le dita da lì. E poi gliel’ha offerta una terza volta e l’ha rifiutata per la terza volta. E ogni volta che la rifiutava, la marmaglia fischiava e batteva le mani ruvide, e gettava in alto i berretti sudati, ed emetteva una tale quantità di fiato puzzolente quando Cesare rifiutava la corona che quasi lo soffocava; e infatti è svenuto ed è caduto a terra. E, quanto a me, non mi arrischiavo a ridere per non aprire la bocca e respirare quell’aria nauseabonda33. CASSIO
Ma aspetta un momento. Cosa? Cesare è svenuto? CASCA
È caduto, nel Foro. Cacciava schiuma dalla bocca e non parlava. BRUTO
È molto probabile. È affetto da epilessia. CASSIO
Non lui, ma tu e io e l’onesto Casca siamo affetti da epilessia34. CASCA
Non so che cosa vuoi dire, ma certo è che Cesare è caduto a terra. Se tutti quei pezzenti non l’hanno fischiato o applaudito a seconda di se piaceva o non piaceva, come fanno per gli attori a teatro, allora non sono un vero uomo35. BRUTO
Che cosa ha detto quando è rinvenuto? CASCA
Perbacco, prima di cadere, quando ha visto che il gregge miserabile era contento che lui rifiutasse la corona, si è aperto il corpetto e gli
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
plucked me ope his doublet and offered them his throat to cut. An I had been a man of any occupation, if I would not have taken him at a word, I would I might go to hell among the rogues. And so he fell. When he came to himself again, he said, if he had done or said anything amiss, he desired their worships to think it was his infirmity. Three or four wenches where I stood cried ‘Alas, good soul!’ and forgave him with all their hearts. But there’s no heed to be taken of them: if Caesar had stabbed their mothers they would have done no less.
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BRUTUS
And after that he came thus sad away? CASCA Ay. CASSIUS Did Cicero say anything? CASCA Ay, he spoke Greek. CASSIUS To what effect?
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CASCA Nay, an I tell you that, I’ll ne’er look you i’th’
face again. But those that understood him smiled at one another, and shook their heads. But for mine own part, it was Greek to me. I could tell you more news, too. Murellus and Flavius, for pulling scarves off Caesar’s images, are put to silence. Fare you well. There was more foolery yet, if I could remember it. CASSIUS Will you sup with me tonight, Casca? CASCA No, I am promised forth. CASSIUS Will you dine with me tomorrow? CASCA Ay, if I be alive, and your mind hold, and your dinner worth the eating. CASSIUS Good; I will expect you.
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
ha offerto la gola da tagliare. Se fossi stato uno di quegli artigiani l’avrei preso in parola, che possa andare all’inferno insieme alle canaglie. E così cadde. Quando ritornò in sé disse che se aveva fatto o detto qualcosa di sbagliato avrebbe voluto che le loro signorie pensassero che era la sua malattia36. Tre o quattro ragazzette che mi stavano vicino gridarono ‘Ahimè, anima buona!’ e lo perdonarono con tutto il cuore. Figurarsi! Se Cesare avesse pugnalato le loro madri, avrebbero detto lo stesso. BRUTO
E dopo se n’è venuto via tutto incupito? CASCA
Sì. CASSIO
E Cicerone non ha detto niente? CASCA
Sì, ha parlato in greco37. CASSIO
Per quale motivo? CASCA
Beh, se ve lo dicessi non potrei più guardarvi in faccia. Ma quelli che lo hanno capito si scambiavano sorrisi e scuotevano la testa. Ma per me parlava greco. Potrei darvi anche altre notizie. Marullo e Flavio sono stati messi a tacere38, per avere fatto togliere tutti gli addobbi dalle statue di Cesare. Addio. C’erano altre buffonate, ma non me le ricordo. CASSIO
Ceneresti con me stasera, Casca39? CASCA
No, ho un altro impegno. CASSIO
Ceneresti con me domani? CASCA
Sì, se sarò vivo, se non cambi idea e se il cibo vale la pena. CASSIO
Bene, ti aspetto.
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 2
CASCA Do so. Farewell both.
Exit
BRUTUS
What a blunt fellow is this grown to be! He was quick mettle when he went to school.
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CASSIUS
So is he now, in execution Of any bold or noble enterprise, However he puts on this tardy form. This rudeness is a sauce to his good wit, Which gives men stomach to digest his words With better appetite.
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BRUTUS
And so it is. For this time I will leave you. Tomorrow, if you please to speak with me, I will come home to you; or if you will, Come home to me and I will wait for you.
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CASSIUS
I will do so. Till then, think of the world. Exit Brutus Well, Brutus, thou art noble; yet I see Thy honourable mettle may be wrought From that it is disposed. Therefore it is meet That noble minds keep ever with their likes; For who so firm that cannot be seduced? Caesar doth bear me hard, but he loves Brutus. If I were Brutus now, and he were Cassius, He should not humour me. I will this night In several hands in at his windows throwAs if they came from several citizens – Writings, all tending to the great opinion That Rome holds of his name, wherein obscurely Caesar’s ambition shall be glancèd at. And after this, let Caesar seat him sure, For we will shake him, or worse days endure. Exit
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 2
CASCA
Va bene. Addio a tutti e due. Esce BRUTO
Che tipo rozzo è diventato! Era sveglio quando andava a scuola. CASSIO
Lo è ancora, quando deve eseguire qualche impresa audace o nobile, anche se fa questa parte grossolana. La sua rozzezza è un condimento del suo ingegno: aiuta a far digerire le sue parole con più appetito. BRUTO
Sarà così. Per il momento ti lascio. Domani, se vorrai parlare con me, verrò a casa tua, oppure, se vuoi, vieni da me. Ti aspetterò. CASSIO
D’accordo. Fino ad allora, pensa a come stanno le cose. Bruto esce Bene, Bruto, tu sei nobile; e tuttavia vedo che la tua integrità può essere trasformata in ciò a cui non è predisposta40. Perciò è opportuno che gli uomini virtuosi stiano sempre con i loro simili. Perché chi è così saldo che non possa essere sedotto? Cesare non mi sopporta, ma ama Bruto. Se ora fossi Bruto e lui fosse Cassio, non mi farei influenzare41. Stanotte getterò nella sua finestra biglietti scritti con scritture diverse, come se provenissero da diversi cittadini, in cui si allude alla grande opinione che Roma ha del suo nome, e dove si accennerà appena all’ambizione di Cesare. Dopo di ciò, che Cesare si tenga fermo al suo posto, perché noi lo abbatteremo, o soffriremo giorni peggiori42. Esce
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 3
Thunder and lightning. Enter Casca, [at one door, with his sword drawn,] and Cicero [at another]
1.3
CICERO
Good even, Casca. Brought you Caesar home? Why are you breathless, and why stare you so? CASCA
Are not you moved, when all the sway of earth Shakes like a thing unfirm? O Cicero, I have seen tempests when the scolding winds Have rived the knotty oaks, and I have seen Th’ambitious ocean swell and rage and foam To be exalted with the threat’ning clouds; But never till tonight, never till now, Did I go through a tempest dropping fire. Either there is a civil strife in heaven, Or else the world, too saucy with the gods, Incenses them to send destruction.
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CICERO
Why, saw you anything more wonderful? CASCA
A common slave – you know him well by sight – Held up his left hand, which did flame and burn Like twenty torches joined; and yet his hand, Not sensible of fire, remained unscorched. Besides – I ha’ not since put up my sword – Against the Capitol I met a lion Who glazed upon me, and went surly by Without annoying me. And there were drawn Upon a heap a hundred ghastly women, Transformèd with their fear, who swore they saw Men all in fire walk up and down the streets. And yesterday the bird of night did sit Even at noonday upon the market-place, Hooting and shrieking. When these prodigies Do so conjointly meet, let not men say
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 3
Tuoni e fulmini. Entra Casca [da una porta, con la spada sfoderata] e Cicerone [da un’altra]43
I, 3
CICERONE
Buona sera, Casca. Hai scortato Cesare a casa? Perché sei senza fiato e perché hai gli occhi sbarrati44? CASCA
Non ti spaventi quando tutto l’ordine della terra si scuote come una cosa malferma? Oh, Cicerone, ho visto tempeste in cui venti strepitanti spaccavano in due querce nodose, e ho visto l’oceano ambizioso gonfiarsi, scatenarsi e schiumare alzandosi fino alle nubi minacciose; ma mai fino a stanotte, mai finora ho visto una tempesta piovere fuoco. O c’è una guerra civile nei cieli, oppure il mondo, troppo insolente con gli dèi, li esaspera al punto da mandarci la distruzione45. CICERONE
Perché, hai visto qualche altro prodigio? CASCA
Un comune schiavo – lo conosci bene di vista – ha alzato la mano sinistra, che è andata in fiamme e ha bruciato come venti torce tutte insieme, ma la mano, insensibile al fuoco, è rimasta intatta. E poi – e non ho rinfoderato la spada da allora – vicino al Campidoglio ho incrociato un leone che mi guardava torvo e poi se n’è andato senza assalirmi. E accalcate in un solo mucchio, un centinaio di donne pallide, sbiancate dalla paura, giuravano di avere visto uomini in fiamme camminare su e giù per le strade. E ieri, il barbagianni strillava e sibilava seduto nel Foro in pieno mezzogiorno. Quando questi prodigi si verificano tutti insieme, nessuno mi venga a dire:
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 3
‘These are their reasons’, ‘they are natural’, For I believe they are portentous things Unto the climate that they point upon.
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CICERO
Indeed it is a strange-disposèd time; But men may construe things after their fashion, Clean from the purpose of the things themselves. Comes Caesar to the Capitol tomorrow?
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CASCA
He doth, for he did bid Antonio Send word to you he would be there tomorrow. CICERO
Good night then, Casca. This disturbèd sky Is not to walk in. CASCA Farewell, Cicero.
Exit Cicero
Enter Cassius, [unbraced] CASSIUS
Who’s there? A Roman.
CASCA
CASSIUS
Casca, by your voice.
41
CASCA
Your ear is good. Cassius, what night is this? CASSIUS
A very pleasing night to honest men. CASCA
Who ever knew the heavens menace so? CASSIUS
Those that have known the earth so full of faults. For my part, I have walked about the streets, Submitting me unto the perilous night; And thus unbracèd, Casca, as you see, Have bared my bosom to the thunder-stone; And when the cross blue lightning seemed to open The breast of heaven, I did present myself Even in the aim and very flash of it.
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 3
‘ci sono delle ragioni’, ‘sono naturali’, perché io credo che questi sono segni di sciagura per la terra su cui si riversano 46. CICERONE
Certo è un tempo molto strano. Ma gli uomini interpretano le cose a modo loro, e spesso in un senso opposto al loro vero significato 47. Cesare verrà al Campidoglio domani? CASCA
Sì, ha chiesto ad Antonio di dirti che sarà lì domani. CICERONE
Buona notte allora, Casca. Questo cielo sconvolto non invita ad andare in giro. CASCA
Addio, Cicerone. Esce Cicerone Entra Cassio [con il corpetto slacciato] CASSIO
Chi è là48? CASCA
Un romano. CASSIO
Casca, dalla voce49. CASCA
Hai un buon orecchio. Cassio, che notte è mai questa? CASSIO
Una notte molto piacevole per gli uomini onesti. CASCA
Chi mai immaginava che i cieli potessero diventare così minacciosi? CASSIO
Quelli che sapevano che la terra è piena di colpe. Per parte mia, sono andato in giro per le strade, esponendomi a questa notte pericolosa, e con il corpetto slacciato, così come mi vedi, Casca, ho offerto il petto nudo al fulmine; e quando l’azzurra saetta biforcuta sembrava aprire il seno del cielo, mi sono presentato nel punto esatto in cui mirava il lampo.
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JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 3
CASCA
But wherefore did you so much tempt the heavens? It is the part of men to fear and tremble When the most mighty gods by tokens send Such dreadful heralds to astonish us.
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CASSIUS
You are dull, Casca, and those sparks of life That should be in a Roman you do want, Or else you use not. You look pale, and gaze, And put on fear, and cast yourself in wonder, To see the strange impatience of the heavens; But if you would consider the true cause Why all these fires, why all these gliding ghosts, Why birds and beasts from quality and kind – Why old men, fools, and children calculate – Why all these things change from their ordinance, Their natures, and preformèd faculties, To monstrous quality – why, you shall find That heaven hath infused them with these spirits To make them instruments of fear and warning Unto some monstrous state. Now could I, Casca, Name to thee a man most like this dreadful night, That thunders, lightens, opens graves, and roars As doth the lion in the Capitol; A man no mightier than thyself or me In personal action, yet prodigious grown, And fearful, as these strange eruptions are.
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CASCA
’Tis Caesar that you mean, is it not, Cassius? CASSIUS
Let it be who it is; for Romans now Have thews and limbs like to their ancestors. But woe the while! Our fathers’ minds are dead, And we are governed with our mothers’ spirits. Our yoke and sufferance show us womanish.
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GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 3
CASCA
Ma perché hai tentato i cieli in questo modo? Gli uomini devono fare la loro parte, che è di temere e tremare quando gli dèi potentissimi con questi segni ci mandano spaventosi messaggeri per atterrirci. CASSIO
Sei lento a capire, Casca, e manchi di quelle scintille di vita che dovrebbero esserci in ogni romano, oppure non ne fai uso. Sei pallido e sbarri gli occhi e ti metti paura e ti fai sbalordire da questa strana impazienza dei cieli. Ma se consideri la vera causa di tutti questi fuochi, di tutti questi spettri vaganti, di uccelli e bestie contro natura, di vecchi, idioti e bambini che profetizzano – di tutte queste cose che cambiano il loro ordine, le loro nature e le loro facoltà primigenie in attributi mostruosi – ecco, troverai che i cieli hanno infuso in loro questi spiriti per farli strumenti di paura e ammonimento di qualche stato mostruoso. Ora, io potrei, Casca, nominarti un uomo molto simile a questa notte spaventosa, che tuona, lampeggia, scoperchia le tombe e ruggisce come il leone nel Campidoglio; un uomo non più capace nelle sue azioni di quanto non siamo tu o io, e tuttavia divenuto portentoso e terrificante come queste strane eruzioni 50. CASCA
Vuoi dire Cesare, è così Cassio? CASSIO
Lasciamo stare chi sia; perché oggi i romani hanno nervi e membra non diversi dai loro antenati. Ma ahimè, che tempi! Il genio dei nostri padri è morto, e noi siamo governati dallo spirito delle nostre madri. La nostra servitù e la nostra pazienza sono il segno di quanto ci siamo effeminati.
551
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 3
CASCA
Indeed they say the senators tomorrow Mean to establish Caesar as a king, And he shall wear his crown by sea and land In every place save here in Italy. CASSIUS (drawing his dagger) I know where I will wear this dagger then: Cassius from bondage will deliver Cassius. Therein, ye gods, you make the weak most strong; Therein, ye gods, you tyrants do defeat. Nor stony tower, nor walls of beaten brass, Nor airless dungeon, nor strong links of iron, Can be retentive to the strength of spirit; But life, being weary of these worldly bars, Never lacks power to dismiss itself. If I know this, know all the world besides, That part of tyranny that I do bear I can shake off at pleasure.
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Thunder still So can I. So every bondman in his own hand bears The power to cancel his captivity.
CASCA
100
CASSIUS
And why should Caesar be a tyrant then? Poor man, I know he would not be a wolf But that he sees the Romans are but sheep. He were no lion, were not Romans hinds. Those that with haste will make a mighty fire Begin it with weak straws. What trash is Rome, What rubbish, and what offal, when it serves For the base matter to illuminate So vile a thing as Caesarl But, O grief, Where hast thou led me? I perhaps speak this Before a willing bondman; then I know My answer must be made. But I am armed, And dangers are to me indifferent. 552
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110
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 3
CASCA
In effetti, dicono che domani i senatori hanno intenzione di fare Cesare re. E porterà la corona per mare e per terra, ovunque, tranne che qui in Italia. CASSIO (sfoderando la spada) Allora so dove porterò questo pugnale: Cassio libererà Cassio dalla servitù. In questo modo51, voi dèi fate il debole fortissimo; in questo modo, dèi, sconfiggete i tiranni. Né torri di pietra né mura di bronzo, né carceri soffocanti, né forti catene di ferro potranno mai imprigionare la forza dello spirito. La vita, stanca di queste sbarre terrene, non perderà mai il potere di dimettersi. E così come lo so io, anche il resto del mondo deve sapere che posso scrollarmi di dosso quando mi pare la tirannia che ora subisco. Tuoni per tutto il tempo CASCA
E anche io. In questo modo ogni schiavo ha nelle sue mani il potere di liberarsi della sua prigionia. CASSIO
E perché allora Cesare dovrebbe farsi tiranno? Pover’uomo. So che non sarebbe lupo se non vedesse che i romani sono solo pecore. Non sarebbe leone se i romani non fossero cerve. Coloro che si affrettano ad accendere un grande fuoco, iniziano con fragili fili di paglia. Che spazzatura è Roma, che pattume, e quale sterpaglia, se serve come materia vile per illuminare una cosa così ignobile come Cesare! Ma, oh dolore, dove mi hai portato? Ma forse parlo a uno a cui piace essere schiavo. Allora so che ne dovrò rispondere. Ma sono armato, e incurante di ogni pericolo.
553
JULIUS CAESAR, ACT 1 SCENE 3
CASCA
You speak to Casca, and to such a man That is no fleering tell-tale. Hold. My hand. Be factious for redress of all these griefs, And I will set this foot of mine as far As who goes farthest.
115
They join hands There’s a bargain made. Now know you, Casca, I have moved already Some certain of the noblest-minded Romans To undergo with me an enterprise Of honourable-dangerous consequence. And I do know by this they stay for me In Pompey’s Porch; for now, this fearful night, There is no stir or walking in the streets, And the complexion of the element In favour’s like the work we have in hand, Most bloody, fiery, and most terrible.
CASSIUS
120
125
Enter Cinna CASCA
Stand close a while, for here comes one in haste.
130
CASSIUS
’Tis Cinna; I do know him by his gait. He is a friend. – Cinna, where haste you so? CINNA
To find out you. Who’s that? Metellus Cimber? CASSIUS
No, it is Casca, one incorporate To our attempts. Am I not stayed for, Cinna?
135
CINNA
I am glad on’t. What a fearful night is this! There’s two or three of us have seen strange sights. CASSIUS Am I not stayed for? Tell me. CINNA Yes, you are. O Cassius, if you could But win the noble Brutus to our party – 554
140
GIULIO CESARE, ATTO I SCENA 3
CASCA
Tu parli a Casca, non a uno che ghignando va a fare la spia. Ecco, qui la mano. Forma una fazione per raddrizzare tutti questi torti, e io affretterò il mio passo dietro a quello di chiunque si spingerà più lontano. Si stringono la mano CASSIO
Intesi. Ora sappi, Casca, che ho già convinto alcune tra le più nobili menti romane a imbarcarsi con me in un’impresa onorevole e rischiosa. E so che mi aspettano ora nel Portico di Pompeo52; ora, in questa notte spaventosa non c’è movimento né gente per le strade, e il cielo assomiglia all’opera che abbiamo in mano: sanguinaria al massimo, fiammeggiante e terribilissima. Entra Cinna CASCA
Nasconditi per un momento, perché arriva qualcuno di corsa. CASSIO
È Cinna. Lo riconosco dall’andatura. È un amico. Cinna dove corri? CINNA
A cercarti. Chi è quello? Metello Cimbro? CASSIO
No, è Casca, uno che è entrato a fare parte della nostra impresa. Mi aspettano, Cinna? CINNA
Mi fa piacere. Che notte spaventosa! Uno o due di noi hanno visto strani fenomeni. CASSIO
Ma non mi aspettano? Dì. CINNA
Sì, ti aspettano. Oh, Cassio, se solo potessi convincere il nobile Bruto a unirsi a noi…
555
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
CASSIUS
Be you content. Good Cinna, take this paper, He gives Cinna letters And look you lay it in the Praetor’s Chair, Where Brutus may but find it; and throw this In at his window. Set this up with wax Upon old Brutus’ statue. All this done, Repair to Pompey’s Porch where you shall find us. Is Decius Brutus and Trebonius tiere?
145
CINNA
All but Metellus Cimber, and he’s gone To seek you at your house. Well, I will hie, And so bestow these papers as you bade me.
150
CASSIUS
That done, repair to Pompey’s Theatre. Come, Casca, you and I will yet ere day See Brutus at his house. Three parts of him Is ours already, and the man entire Upon the next encounter yields him ours.
Exit Cinna
155
CASCA
O, he sits high in all the people’s hearts, And that which would appear offence in us His countenance, like richest alchemy, Will change to virtue and to worthiness.
160
CASSIUS
Him and his worth, and our great need of him, You have right well conceited. Let us go, For it is after midnight, and ere day We will awake him and be sure of him. 2.1
Exeunt
Enter Brutus in his orchard
BRUTUS What, Lucius, ho! –
I cannot by the progress of the stars Give guess how near to day. – Lucius, I say! – I would it were my fault to sleep so soundly. – When, Lucius, when? Awake, I say! What, Lucius!
556
5
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
CASSIO
Stai calmo. Buon Cinna, prendi questi fogli Dà a Cinna dei fogli e vedi di lasciare questo sul sedile del Pretorio53 dove Bruto possa sicuramente trovarli, e getta questo nella sua finestra. Attacca quest’altro con la cera alla statua del vecchio Bruto. Poi, quando avrai fatto, raggiungici al teatro di Pompeo, dove ci troverai. Decio Bruto e Trebonio sono già lì? CINNA
Tutti tranne Metello Cimbro, che è andato a cercarti a casa tua. Bene, corro a lasciare questi fogli dove mi hai detto. CASSIO
E poi vai al teatro di Pompeo. Cinna esce Vieni, Casca, tu e io vedremo Bruto a casa sua prima che faccia giorno. Tre quarti di lui sono già nostri, l’intero cederà al prossimo incontro. CASCA
Oh, lui occupa un posto altissimo nel cuore del popolo, e quello che fatto da noi apparirebbe un crimine, la sua approvazione, come ricchissima alchimia, lo trasformerà in virtù e valore. CASSIO
Lui e il suo valore, e il nostro grande bisogno di lui, lo hai ben detto54. Andiamo, perché è passata mezzanotte. Prima di giorno lo svegliamo e lo convinciamo. Escono Entra Bruto nel suo giardino55
II, 1 BRUTO
Insomma, Lucio56, oh! – Non riesco a indovinare dal movimento delle stelle quanto è vicino il giorno – Lucio, dico! – Vorrei avere io il vizio di dormire così profondamente – Allora, Lucio, ti muovi? Sveglia, dico! Ehi, Lucio.
557
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Enter Lucius LUCIUS Called you, my lord? BRUTUS
Get me a taper in my study, Lucius. When it is lighted, come and call me here. LUCIUS I will, my lord.
Exit
BRUTUS
It must be by his death. And for my part I know no personal cause to spurn at him, But for the general. He would be crowned. How that might change his nature, there’s the question. It is the bright day that brings forth the adder, And that craves wary walking. Crown him: that! And then I grant we put a sting in him That at his will he may do danger with. Th’abuse of greatness is when it disjoins Remorse from power. And to speak truth of Caesar, I have not known when his affections swayed More than his reason. But ’tis a common proof That lowliness is young ambition’s ladder, Whereto the climber-upward turns his face; But when he once attains the upmost round, He then unto the ladder turns his back, Looks in the clouds, scorning the base degrees By which he did ascend. So Caesar may. Then lest he may, prevent. And since the quarrel Will bear no colour for the thing he is, Fashion it thus: that what he is, augmented, Would run to these and these extremities; And therefore think him as a serpent’s egg, Which, hatched, would as his kind grow mischievous, And kill him in the shell. Enter Lucius, with a letter
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
Entra Lucio LUCIO
Avete chiamato, mio signore? BRUTO
Portami una candela nello studio, Lucio. Quando è accesa, vieni a chiamarmi. LUCIO
Sì, signore. Esce BRUTO
Deve essere con la sua morte. Per quanto mi riguarda, non ho alcun motivo personale per osteggiarlo, se non il bene comune. Vorrebbe farsi incoronare… Come ciò potrebbe cambiare la sua natura, ecco il problema. È il giorno luminoso che fa venire fuori la vipera, e questo richiede un passo guardingo. Incoronarlo: già! E allora sono certo che gli procuriamo un pungolo con cui potrebbe fare danni a suo piacere. L’abuso della grandezza è quando la coscienza è disgiunta dal potere, ma, a onor del vero, quanto a Cesare, non ho mai visto che le sue passioni governassero prevalendo sulla ragione57. Ma è esperienza comune che una giovane ambizione guardi all’umiltà salendo la sua scala, ma una volta arrivata al gradino più alto le rivolga la schiena, guardi alle nuvole e disprezzi i gradini più bassi su cui era salita. Così potrebbe Cesare. Allora per paura che possa, preveniamo. E poiché l’accusa non trova pretesti per quello che lui è, mettiamola così: che quello che è, aumentando, arriverebbe a questi estremi e questi altri. Perciò pensiamo a lui come a un uovo di serpente che, covato, diventerebbe per sua natura dannoso, e uccidiamolo nel guscio58. Entra Lucio, con una lettera
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JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
LUCIUS
The taper burneth in your closet, sir. Searching the window for a flint, I found This paper, thus sealed up, and I am sure It did not lie there when I went to bed.
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He gives him the letter BRUTUS
Get you to bed again; it is not day. Is not tomorrow, boy, the ides of March? LUCIUS I know not, sir.
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BRUTUS
Look in the calendar and bring me word. LUCIUS I will, sir.
Exit
BRUTUS
The exhalations whizzing in the air Give so much light that I may read by them.
45
He opens the letter and reads ‘Brutus, thou sleep’st. Awake, and see thyself. Shall Rome, et cetera? Speak, strike, redress.’ – ‘Brutus, thou sleep’st. Awake.’ Such instigations have been often dropped Where I have took them up. ‘Shall Rome, et cetera?’ Thus must I piece it out: Shall Rome stand under one man’s awe? What, Rome? My ancestors did from the streets of Rome The Tarquin drive when he was called a king. ‘Speak, strike, redress.’ Am I entreated To speak and strike? O Rome, I make thee promise, If the redress will follow, thou receivest Thy full petition at the hand of Brutus. Enter Lucius LUCIUS
Sir, March is wasted fifteen days. Knock within 560
50
55
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
LUCIO
La candela è accesa nel vostro studio, signore. Mentre cercavo una pietra focaia alla finestra, ho trovato questa lettera sigillata, e sono certo che non stava lì quando sono andato a letto. Gli dà la lettera BRUTO
Ritorna a letto. Non è ancora giorno. Non sono domani le Idi di marzo, ragazzo? LUCIO
Non lo so, signore. BRUTO
Guarda il calendario e fammi sapere. LUCIO
Sì, signore. Esce BRUTO
Le meteore che sibilano nell’aria sono così luminose che riesco a leggere. Apre la lettera e legge ‘Bruto tu dormi. Svegliati, e guardati. Dovrà Roma, eccetera? Parla, colpisci, rimedia’… ‘Bruto, tu dormi. Svegliati.’ Questi incitamenti sono stati lasciati in vari luoghi dove avrei potuto trovarli. ‘Dovrà Roma, eccetera?’ E così, devo mettere le cose a posto. Dovrà Roma essere sottoposta al comando di un uomo solo? Come! Roma? I miei antenati cacciarono dalle strade di Roma Tarquinio quando fu proclamato re. ‘Parla, colpisci, rimedia.’ Mi implorano di parlare e di colpire? Oh Roma, ti prometto che se si troverà rimedio, riceverai per mano di Bruto tutto quello che chiedi 59. Entra Lucio LUCIO
Signore, sono già passati quindici giorni del mese di marzo. Si sente bussare da dentro
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JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
BRUTUS
’Tis good. Go to the gate; somebody knocks.
60 Exit Lucius
Since Cassius first did whet me against Caesar I have not slept. Between the acting of a dreadful thing And the first motion, all the interim is Like a phantasma or a hideous dream. The genius and the mortal instruments Are then in counsel, and the state of man, Like to a little kingdom, suffers then The nature of an insurrection.
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Enter Lucius LUCIUS
Sir, ’tis your brother Cassius at the door, Who doth desire to see you. BRUTUS Is he alone?
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LUCIUS
No, sir, there are more with him. BRUTUS Do you know them? LUCIUS
No, sir; their hats are plucked about their ears, And half their faces buried in their cloaks, That by no means I may discover them By any mark of favour. BRUTUS Let ’em enter. Exit Lucius They are the faction. O conspiracy, Sham’st thou to show thy dang’rous brow by night, When evils are most free? O then by day Where wilt thou find a cavern dark enough To mask thy monstrous visage? Seek none, conspiracy. Hide it in smiles and affability; For if thou put thy native semblance on, Not Erebus itself were dim enough To hide thee from prevention.
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
BRUTO
Bene. Vai alla porta. Qualcuno bussa. Lucio esce Da quando Cassio ha cominciato ad aizzarmi contro Cesare, non ho più dormito60. Tra il concepire un’impresa terribile e metterla in atto, tutto l’intervallo è come un incubo o un sogno odioso 61. Lo spirito immortale e le forze terrene sono in consiglio, e la condizione dell’uomo, come in un piccolo regno, subisce qualcosa di simile a un’insurrezione62. Entra Lucio LUCIO
Signore, c’è alla porta vostro cognato63 Cassio che desidera vedervi. BRUTO
È solo? LUCIO
No, signore. Ci sono altri con lui. BRUTO
Li conosci? LUCIO
No, signore. Hanno i berretti calcati sulle orecchie, e metà faccia seppellita nei loro mantelli, cosicché non riesco in nessun modo a identificarli. BRUTO
Falli entrare. Lucio esce È la fazione. Oh congiura, ti vergogni di mostrare il tuo volto minaccioso di notte, quando tutti i mali sono in libertà? Oh allora, di giorno, dove troverai una caverna abbastanza buia per mascherare la tua forma mostruosa? Non cercarla, congiura. Nasconditi in sorrisi e affabilità; perché se avanzi mostrando il tuo vero volto, l’Erebo64 stesso non sarebbe abbastanza scuro da celarti e impedire la tua scoperta.
563
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Enter the conspirators, muffled: Cassius, Casca, Decius, Cinna, Metellus, and Trebonius CASSIUS
I think we are too bold upon your rest. Good morrow, Brutus. Do we trouble you? BRUTUS
I have been up this hour, awake all night. Know I these men that come along with you? CASSIUS
Yes, every man of them; and no man here But honours you; and every one doth wish You had but that opinion of yourself Which every noble Roman bears of you. This is Trebonius. BRUTUS He is welcome hither.
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CASSIUS
This, Decius Brutus. He is welcome too.
BRUTUS
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CASSIUS
This, Casca; Cinna, this; and this, Metellus Cimber. BRUTUS They are all welcome.
What watchful cares do interpose themselves Betwixt your eyes and night? CASSIUS Shall I entreat a word? Cassius and Brutus [stand aside and] whisper DECIUS
Here lies the east. Doth not the day break here? CASCA No. CINNA
O pardon, sir, it doth; and yon grey lines That fret the clouds are messengers of day. CASCA
You shall confess that you are both deceived. He points his sword
564
100
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
Entrano i congiurati, camuffati: Cassio, Casca, Decio, Cinna, Metello e Trebonio CASSIO
Forse siamo troppo sfrontati a interrompere il tuo riposo. Buongiorno Bruto. Ti disturbiamo? BRUTO
Sono rimasto in piedi finora, sveglio tutta la notte. Conosco gli uomini che ti accompagnano? CASSIO
Sì. Tutti. E nessuno che non ti onori. E ognuno vorrebbe solo che tu avessi quella opinione che ogni nobile romano ha di te. Questo è Trebonio. BRUTO
È benvenuto. CASSIO
Questo, Decio Bruto. BRUTO
Anche lui è benvenuto. CASSIO
Questo è Casca; questo, Cinna; e questo, Metello Cimbro. BRUTO
Sono tutti benvenuti. Quali preoccupazioni vi levano il sonno e si interpongono tra i vostri occhi e la notte? CASSIO
Posso dirti due parole? Cassio e Bruto [si appartano e] parlano a voce bassa DECIO
Lì è oriente. Non sorge lì il giorno? CASCA
No. CINNA
Oh, perdonate signore, è così; e quelle strisce grigie che s’intrecciano con le nuvole sono messaggere del giorno. CASCA
Vi sbagliate entrambi. Punta la spada 565
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Here, as I point my sword, the sun arises, Which is a great way growing on the south, Weighing the youthful season of the year. Some two months hence up higher toward the north He first presents his fire, and the high east Stands, as the Capitol, directly here.
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He points his sword. [Brutus and Cassius join the other conspirators] BRUTUS
Give me your hands all over, one by one. He shakes their hands CASSIUS
And let us swear our resolution. BRUTUS
No, not an oath. If not the face of men, The sufferance of our souls, the time’s abuse – If these be motives weak, break off betimes, And every man hence to his idle bed. So let high-sighted tyranny range on Till each man drop by lottery. But if these, As I am sure they do, bear fire enough To kindle cowards and to steel with valour The melting spirits of women, then, countrymen, What need we any spur but our own cause To prick us to redress? What other bond Than secret Romans, that have spoke the word And will not palter? And what other oath Than honesty to honesty engaged That this shall be or we will fall for it? Swear priests and cowards and men cautelous, Old feeble carrions, and such suffering souls That welcome wrongs; unto bad causes swear Such creatures as men doubt; but do not stain The even virtue of our enterprise, Nor th’insuppressive mettle of our spirits, To think that or our cause or our performance 566
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
Qui, dove punto la spada, sorge il sole che, a causa della giovane stagione dell’anno, avanza a grandi passi verso sud. Da qui a due mesi presenterà il suo fuoco lassù, in alto, verso nord, e l’est sta proprio lì, dove si trova il Campidoglio65. Punta la spada. [Bruto e Cassio si uniscono agli altri congiurati] BRUTO
Datemi le mani, tutti quanti, uno a uno. Si stringono le mani CASSIO
E giuriamo sulla nostra decisione. BRUTO
No. Nessun giuramento66. Se i volti degli uomini, se la sofferenza delle nostre anime, se questa epoca corrotta – se queste sono deboli ragioni, sciogliamoci subito, e ognuno ritorni all’ozio del suo letto. E così lasciamo pure che l’arrogante tirannia si allarghi fino a che ogni uomo cada per il suo capriccio. Ma se queste ragioni possiedono, come io credo, abbastanza fuoco per accendere i codardi e per armare di coraggio molli spiriti da femminucce, allora, concittadini, perché abbiamo bisogno di uno sprone se non la nostra stessa causa, che ci spinga a porre rimedio? Quale altro patto se non l’essere romani fidati, che hanno dato parola e non inganneranno? Quale altro giuramento se non l’onestà impegnata con l’onestà affinché questo avvenga, altrimenti sarà la fine? Giurino pure i preti e i codardi e gli smaliziati, o le vecchie carogne rammollite, o le anime sofferenti che danno il benvenuto ai torti; giurino per cattive cause quelle creature di cui gli uomini diffidano; ma non macchiate la giusta virtù della nostra impresa, né l’indomita tempra dei nostri spiriti col credere che questa nostra causa e la nostra azione
567
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Did need an oath, when every drop of blood That every Roman bears, and nobly bears, Is guilty of a several bastardy If he do break the smallest particle Of any promise that hath passed from him.
135
CASSIUS
But what of Cicero? Shall we sound him? I think he will stand very strong with us.
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CASCA
Let us not leave him out. CINNA No, by no means. METELLUS
O, let us have him, for his silver hairs Will purchase us a good opinion, And buy men’s voices to commend our deeds. It shall be said his judgement ruled our hands. Our youths and wildness shall no whit appear, But all be buried in his gravity.
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BRUTUS
O, name him notl Let us not break with him, For he will never follow anything That other men begin. CASSIUS Then leave him out. CASCA Indeed he is not fit.
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DECIUS
Shall no man else be touched, but only Caesar? CASSIUS
Decius, well urged. I think it is not meet Mark Antony, so well beloved of Caesar, Should outlive Caesar. We shall find of him A shrewd contriver. And you know his means, If he improve them, may well stretch so far As to annoy us all; which to prevent, Let Antony and Caesar fall together. BRUTUS
Our course will seem too bloody, Caius Cassius, To cut the head off and then hack the limbs, 568
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
abbiano bisogno di un giuramento; perché ogni goccia di sangue che ogni romano possiede, e la possiede con nobiltà, si renderebbe colpevole di bastardaggine, se egli dovesse rompere la più piccola parte di ogni promessa che avrà pronunciato 67. CASSIO
Ma che facciamo con Cicerone? Dobbiamo sondarlo? Credo che vorrà sicuramente stare con noi68. CASCA
Non lo lasciamo fuori. CINNA
No. Per nessuna ragione. METELLO
Oh, prendiamolo con noi. I suoi capelli d’argento ci procureranno una buona reputazione, e otterremo così il consenso della gente. Si dirà che la sua saggezza ha guidato le nostre mani. La nostra gioventù e la nostra avventatezza saranno seppellite dalla sua gravità e non appariranno neanche un po’. BRUTO
Oh, non lo nominare! Non riveliamogli i nostri piani, perché non seguirà mai le iniziative degli altri69. CASSIO
Allora lasciamolo fuori. CASCA
In effetti, non è adatto a questa impresa. DECIO
E nessun altro dovrà cadere, all’infuori di Cesare? CASSIO
Ben detto, Decio. Penso che non sia opportuno che Marco Antonio, tanto amato da Cesare, sopravviva a Cesare. Ci ritroveremmo con un abile maneggione. E conoscete i suoi mezzi, se li usa bene potrebbe arrivare a metterci tutti nei guai. Bisogna prevenirlo; bisogna che Antonio e Cesare cadano insieme. BRUTO
La nostra azione sembrerà troppo sanguinaria, Caio Cassio: tagliare a uno la testa e poi fare a pezzi le sue membra, sarebbe come
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JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Like wrath in death and envy afterwards – For Antony is but a limb of Caesar. Let’s be sacrifices, but not butchers, Caius. We all stand up against the spirit of Caesar, And in the spirit of men there is no blood. O, that we then could come by Caesar’s spirit, And not dismember Caesar! But, alas, Caesar must bleed for it. And, gentle friends, Let’s kill him boldly, but not wrathfully. Let’s carve him as a dish fit for the gods, Not hew him as a carcass fit for hounds. And let our hearts, as subtle masters do, Stir up their servants to an act of rage, And after seem to chide ’em. This shall make Our purpose necessary, and not envious; Which so appearing to the common eyes, We shall be called purgers, not murderers. And for Mark Antony, think not of him, For he can do no more than Caesar’s arm When Caesar’s head is off. CASSIUS Yet I fear him; For in the engrafted love he bears to Caesar –
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BRUTUS
Alas, good Cassius, do not think of him. If he love Caesar, all that he can do Is to himself: take thought, and die for Caesar. And that were much he should, for he is given To sports, to wildness, and much company.
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TREBONIUS
There is no fear in him. Let him not die; For he will live, and laugh at this hereafter. Clock strikes BRUTUS
Peace, count the clock. The clock hath stricken three.
CASSIUS
570
190
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
furia nella morte e crudeltà dopo avere ucciso – perché Antonio è solo un arto di Cesare. Dobbiamo essere sacrificatori, non macellai, Caio. Noi tutti ci leviamo contro lo spirito di Cesare, e nello spirito degli uomini non c’è sangue. Oh, potessimo prendere lo spirito di Cesare e non smembrare Cesare! Ma, ahimè, Cesare deve sanguinare. E, gentili amici, uccidiamolo con coraggio, non con rabbia. Scalchiamolo come cibo degno degli dèi, non lo squartiamo come una carcassa per cani70. E che i nostri cuori facciano come certi scaltri padroni che spingono i loro servi a compiere un’azione rabbiosa, e poi fingono di rimproverarli. Questo farà della nostra causa una cosa necessaria e non crudele. E apparendo così agli occhi della gente, saremo chiamati purificatori, non assassini71. Quanto a Marco Antonio, non ci pensare, perché non potrà fare di più del braccio di Cesare quando la testa di Cesare cadrà72. CASSIO
E tuttavia lo temo. Perché con l’amore profondo e radicato che ha per Cesare... BRUTO
Ahimè, buon Cassio, non ci pensare. Se ama Cesare, tutto quello che può fare è contro se stesso: soccombere alla melanconia e morire per Cesare. E questo per lui sarebbe già molto, perché ama divertirsi, fare vita sregolata in molta compagnia73. TREBONIO
Non c’è nulla da temere. Non lo facciamo morire. Perché continuerà a vivere, e poi riderà di tutto questo. Suona l’orologio74 BRUTO
Silenzio. Contate i rintocchi. CASSIO
L’orologio ha suonato le tre.
571
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
TREBONIUS
’Tis time to part. But it is doubtful yet Whether Caesar will come forth today or no; For he is superstitious grown of late, Quite from the main opinion he held once Of fantasy, of dreams and ceremonies. It may be these apparent prodigies, The unaccustomed terror of this night, And the persuasion of his augurers, May hold him from the Capitol today.
CASSIUS
195
200
DECIUS
Never fear that. If he be so resolved I can o’ersway him; for he loves to hear That unicorns may be betrayed with trees, And bears with glasses, elephants with holes, Lions with toils, and men with flatterers; But when I tell him he hates flatterers; He says he does, being then most flattered. Let me work, For I can give his humour the true bent, And I will bring him to the Capitol.
205
210
CASSIUS
Nay, we will all of us be there to fetch him. BRUTUS
By the eighth hour. Is that the uttermost? CINNA
Be that the uttermost, and fail not then. METELLUS
Caius Ligarius doth bear Caesar hard, Who rated him for speaking well of Pompey. I wonder none of you have thought of him.
215
BRUTUS
Now good Metellus, go along by him. He loves me well, and I have given him reasons. Send him but hither, and I’ll fashion him.
572
219
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
TREBONIO
È tempo di separarci. CASSIO
Ma non è ancora sicuro se Cesare uscirà oggi oppure no. Perché ultimamente è diventato superstizioso, e non sembra più tanto certo nell’idea che aveva un tempo delle illusioni, dei sogni e dei portenti. Potrebbe darsi che i prodigi che si sono visti, insolito terrore di questa notte, e gli ammonimenti dei suoi aruspici, lo trattengano dal venire oggi al Campidoglio. DECIO
Non temere. Se decidesse così, io riuscirò persuaderlo; perché ama sentire dire che gli unicorni possono essere traditi dagli alberi75, gli orsi dagli specchi76, gli elefanti dalle buche77, i leoni dalle reti, e gli uomini dagli adulatori. Ma quando gli dico che lui odia gli adulatori, dice che è vero proprio nel momento in cui più è adulato. Lascia fare a me: so come fargli cambiare idea, e lo porterò al Campidoglio. CASSIO
Sì, noi saremo tutti lì, pronti ad acchiapparlo. BRUTO
Alle otto, al più tardi? CINNA
Al più tardi, e non mancate. METELLO
Caio Ligario ce l’ha con Cesare che lo ha rimproverato per aver lodato Pompeo78. Mi meraviglia che nessuno abbia pensato a lui. BRUTO
Vai ora, buon Metello, a casa sua. Mi vuole bene, e gliene ho dato buon motivo. Mandalo qui, e lo convincerò.
573
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
CASSIUS
The morning comes upon’s. We’ll leave you, Brutus. And, friends, disperse yourselves; but all remember What you have said, and show yourselves true Romans. BRUTUS
Good gentlemen, look fresh and merrily. Let not our looks put on our purposes; But bear it as our Roman actors do, With untired spirits and formal constancy. And so good morrow to you every one.
225
Exeunt all but Brutus Boy, Lucius! – Fast asleep? It is no matter. Enjoy the honey-heavy dew of slumber. Thou hast no figures nor no fantasies Which busy care draws in the brains of men; Therefore thou sleep’st so sound.
230
Enter Portia PORTIA
Brutus, my lord.
BRUTUS
Portia, what mean you? Wherefore rise you now? It is not for your health thus to commit Your weak condition to the raw cold morning.
235
PORTIA
Nor for yours neither. You’ve ungently, Brutus, Stole from my bed; and yesternight at supper You suddenly arose, and walked about Musing and sighing, with your arms across; And when I asked you what the matter was, You stared upon me with ungentle looks. I urged you further; then you scratched your head, And too impatiently stamped with your foot. Yet I insisted; yet you answered not, But with an angry wafture of your hand Gave sign for me to leave you. So I did, Fearing to strengthen that impatience Which seemed too much enkindled, and withal 574
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245
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
CASSIO
Il mattino avanza su di noi. Ti lasciamo, Bruto. Amici, disperdetevi; ma ricordate tutti quello che avete detto e dimostrate di essere veri romani. BRUTO
Miei buoni amici, fatevi vedere spontanei e allegri. Non fate trasparire le nostre intenzioni dal vostro comportamento; agite come fanno i nostri attori, con naturalezza e costante decoro79. E allora, buona giornata a ognuno di voi. Escono. Rimane Bruto. Ragazzo, Lucio!... Già dormi? Non importa. Goditi la rugiada di miele che grava sul tuo sonno. Tu non hai nella testa le immagini o le fantasie che l’ansia inquieta disegna nella mente degli uomini. È per questo che dormi così profondamente80. Entra Porzia PORZIA
Bruto, mio signore81. BRUTO
Porzia, che fai? Perché ti sei alzata? Non fa bene alla salute esporre il tuo fragile corpo al freddo umido del mattino. PORZIA
Non fa bene neanche alla tua salute. Sei sgusciato in malo modo fuori dal mio letto, Bruto; e ieri sera a cena ti sei alzato di scatto, e hai cominciato a camminare rimuginando e sospirando, con le braccia conserte. E quando ti ho chiesto che cosa c’era, mi hai fissato con uno sguardo ostile. Ho chiesto ancora; e ti sei grattato la testa, e hai battuto il piede per terra con grande impazienza. E tuttavia ho insistito; non hai risposto, ma con un gesto irritato della mano mi hai fatto segno di lasciarti. E così ho fatto, temendo di esasperare quella impazienza che mi sembrava già troppo accesa,
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JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Hoping it was but an effect of humour, Which sometime hath his hour with every man. It will not let you eat, nor talk, nor sleep; And could it work so much upon your shape As it hath much prevailed on your condition, I should not know you Brutus. Dear my lord, Make me acquainted with your cause of grief.
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BRUTUS
I am not well in health, and that is all. PORTIA
Brutus is wise, and were he not in health He would embrace the means to come by it. BRUTUS
Why, so I do. Good Portia, go to bed. PORTIA
Is Brutus sick? And is it physical To walk unbracèd and suck up the humours Of the dank morning? What, is Brutus sick? And will he steal out of his wholesome bed To dare the vile contagion of the night, And tempt the rheumy and unpurgèd air To add unto his sickness? No, my Brutus, You have some sick offence within your mind, Which by the right and virtue of my place I ought to know of. (Kneeling) And upon my knees, I charm you by my once-commended beauty, By all your vows of love, and that great vow Which did incorporate and make us one, That you unfold to me, your self, your half, Why you are heavy, and what men tonight Have had resort to you – for here have been Some six or seven, who did hide their faces Even from darkness. BRUTUS Kneel not, gentle Portia. PORTIA [rising] I should not need if you were gentle Brutus. Within the bond of marriage, tell me, Brutus, 576
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
sperando che fosse solo l’effetto del cattivo umore che talvolta ha il suo momento in ogni uomo. Non ti fa mangiare, né parlare, né dormire. E se potesse agire sul tuo aspetto così come ha fatto sul tuo stato d’animo, non ti riconoscerei, Bruto. Caro mio signore, fammi conoscere la causa della tua pena. BRUTO
Non sto bene in salute. È tutto. PORZIA
Bruto è saggio, e se non stesse bene in salute adotterebbe i giusti rimedi. BRUTO
È quello che faccio. Buona Porzia, vai a letto. PORZIA
Bruto è malato? Ed è curarsi, andare in giro con il corpetto aperto e respirare i vapori malsani della mattina? Come? Bruto malato? E sguscia via dal suo letto salutare per sfidare il vile contagio della notte, e tenta l’aria fradicia e impura per aggravare la malattia? No, mio Bruto, tu hai qualche tormento che ammala la mente, e per il diritto e la prerogativa del mio ruolo lo dovrei conoscere. (S’inginocchia) E in ginocchio, ti scongiuro, per la mia bellezza un tempo lodata, per tutte le promesse d’amore, e per quel grande voto che ci ha uniti e fatti una cosa sola, di rivelare a me, il tuo io, la tua metà, perché sei afflitto, e chi sono gli uomini che questa notte sono venuti da te – perché ce n’erano qui sei o sette che nascondevano le loro facce persino all’oscurità. BRUTO
Non t’inginocchiare, gentile Porzia. PORZIA [alzandosi] Non ne avrei bisogno se tu fossi il gentile Bruto. Nel contratto del matrimonio, dimmi Bruto, è forse scritto che io non debba cono-
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JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Is it excepted I should know no secrets That appertain to you? Am I your self But as it were in sort or limitation? To keep with you at meals, comfort your bed, And talk to you sometimes? Dwell I but in the suburbs Of your good pleasure? If it be no more, Portia is Brutus’ harlot, not his wife.
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BRUTUS
You are my true and honourable wife, As dear to me as are the ruddy drops That visit my sad heart. PORTIA
If this were true, then should I know this secret. I grant I am a woman, but withal A woman that Lord Brutus took to wife. I grant I am a woman, but withal A woman well reputed, Cato’s daughter. Think you I am no stronger than my sex, Being so fathered and so husbanded? Tell me your counsels; I will not disclose ’em. I have made strong proof of my constancy, Giving myself a voluntary wound Here in the thigh. Can I bear that with patience, And not my husband’s secrets? BRUTUS O ye gods, Render me worthy of this noble wife!
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Knocking within Hark, hark, one knocks. Portia, go in a while, And by and by thy bosom shall partake The secrets of my heart. All my engagements I will construe to thee, All the charactery of my sad brows. Leave me with haste. Exit Portia Lucius, who’s that knocks?
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
scere alcun segreto che ti appartiene? Sono io il tuo io solo in modi e tempi limitati82? Per tenerti compagnia nei pasti, confortare il tuo letto, e qualche volta parlare con te? Abito solo nei sobborghi del tuo piacere? Se non c’è niente di più, Porzia è la puttana di Bruto, non sua moglie. BRUTO
Tu sei la mia vera e onorata moglie, tanto cara a me quanto le rosse gocce che affliggono il mio cuore triste. PORZIA
Se questo è vero, allora dovrei conoscere il tuo segreto. Certo, sono una donna, ma sempre la donna che il nobile Bruto ha preso in moglie. Certo, sono una donna, ma sempre una donna di grande reputazione, la figlia di Catone. Pensi forse che non sia più forte del mio sesso, essendo tale figlia e così sposata83? Dimmi i tuoi segreti, non li rivelerò. Ho dato grande prova della mia fermezza, procurandomi da sola questa ferita nella coscia. Sono capace di sopportare tanto e con tale pazienza, e non i segreti di mio marito84? BRUTO
Oh, dèi, rendetemi degno di questa nobile moglie! Bussano da dentro Ascolta, qualcuno bussa. Porzia, va’ dentro per un po’, e tra breve il tuo petto parteciperà dei segreti del mio cuore. Ti rivelerò tutto ciò in cui sono coinvolto, tutto quello che è scritto sulla mia triste fronte. Lasciami, in fretta. Porzia esce Lucio, chi bussa alla porta?
579
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 1
Enter Lucius, and Ligarius, with a kerchief [round his head] LUCIUS
Here is a sick man that would speak with you. BRUTUS
Caius Ligarius, that Metellus spake of. – Boy, stand aside. Caius Ligarius, how?
310 [Exit] Lucius
LIGARIUS
Vouchsafe good morrow from a feeble tongue. BRUTUS
O, what a time have you chose out, brave Caius, To wear a kerchief! Would you were not sick! LIGARIUS
I am not sick if Brutus have in hand Any exploit worthy the name of honour.
315
BRUTUS
Such an exploit have I in hand, Ligarius, Had you a healthful ear to hear of it. LIGARIUS
By all the gods that Romans bow before, I here discard my sickness. He pulls off his kerchief Soul of Rome, Brave son derived from honourable loins, Thou like an exorcist hast conjured up My mortifièd spirit. Now bid me run, And I will strive with things impossible, Yea, get the better of them. What’s to do? BRUTUS
A piece of work that will make sick men whole. LIGARIUS
But are not some whole that we must make sick?
580
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 1
Entrano Lucio e Ligario con un fazzoletto [intorno alla testa] LUCIO
C’è un uomo malato che vorrebbe parlare con voi. BRUTO
Caio Ligario. Me ne ha parlato Metello – Ragazzo, ritirati. Lucio [esce] Caio Ligario, come stai? LIGARIO
Accetta un buon mattino da una debole voce85. BRUTO
Oh, quale momento hai scelto, buon Caio, per fasciarti la testa! Se tu non fossi malato! LIGARIO
Non sono malato se Bruto ha nelle mani una impresa degna di onore. BRUTO
Questa impresa ce l’ho per le mani, Ligario, se solo tu avessi l’orecchio sano per sentire! LIGARIO
Per tutti gli dèi a cui i romani si inchinano, metto via subito la mia malattia. Butta via il fazzoletto Anima di Roma! Figlio valoroso che discendi da onorevoli lombi, tu, come un esorcista hai evocato il mio spirito moribondo. Ora ordinami di correre e io lotterò contro l’impossibile, e vincerò. Che bisogna fare? BRUTO
Un’opera che risanerà gli ammalati. LIGARIO
Ma non ci sono alcuni uomini sani che dobbiamo fare ammalare?
581
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 2
BRUTUS
That must we also. What it is, my Caius, I shall unfold to thee as we are going To whom it must be done. LIGARIUS Set on your foot, And with a heart new-fired I follow you To do I know not what; but it sufficeth That Brutus leads me on. BRUTUS Follow me then. 2.2
330
Exeunt
Thunder and lightning. Enter Julius Caesar in his nightgown
CAESAR
Nor heaven nor earth have been at peace tonight. Thrice hath Calpurnia in her sleep cried out ‘Help, ho! They murder Caesar!’ – Who’s within? Enter a Servant SERVANT My lord. CAESAR
Go bid the priests do present sacrifice, And bring me their opinions of success. SERVANT I will, my lord.
5 Exit
Enter Calpurnia CALPURNIA
What mean you, Caesar? Think you to walk forth? You shall not stir out of your house today. CAESAR
Caesar shall forth. The things that threatened me Ne’er looked but on my back; when they shall see The face of Caesar, they are vanishèd.
10
CALPURNIA
Caesar, I never stood on ceremonies, Yet now they fright me. There is one within, Besides the things that we have heard and seen, Recounts most horrid sights seen by the watch. A lioness hath whelpèd in the streets, 582
15
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 2
BRUTO
Anche questo dovremo fare. Di che cosa si tratta, mio Caio, te lo dirò mentre andiamo da colui a cui dovrà essere fatto. LIGARIO
Mettiti in cammino, e con il cuore acceso da nuova fiamma, ti seguirò, per fare non so che cosa; ma basta che Bruto mi guidi. BRUTO
E allora, seguimi. Escono Tuoni e fulmini. Entra Giulio Cesare in abito da notte
II. 2
86
CESARE
Né il cielo né la terra sono stati in pace stanotte. Calpurnia ha urlato tre volte nel sonno: ‘Aiuto, ammazzano Cesare!’ Chi c’è di là? Entra un servo SERVO
Mio signore. CESARE
Vai a dire ai sacerdoti di fare un sacrificio, subito, e portami il responso. SERVO
Sì, mio signore. Esce Entra Calpurnia CALPURNIA
Che cosa intendi fare, Cesare? Pensi forse di uscire? Tu non ti muoverai da casa oggi. CESARE
Cesare uscirà. Le cose che mi hanno minacciato non hanno visto altro che la mia schiena: quando vedranno la faccia di Cesare, svaniranno87. CALPURNIA
Cesare, io non ho mai dato retta ai portenti, e ora, però, mi fanno paura. C’è uno qui che, oltre alle cose che abbiamo visto e udito, racconta di più orridi fenomeni visti dalla ronda notturna. Una leonessa ha partorito per strada, le tombe sbadigliavano e sputavano 583
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 2
And graves have yawned and yielded up their dead. Fierce fiery warriors fight upon the clouds, In ranks and squadrons and right form of war, Which drizzled blood upon the Capitol. The noise of battle hurtled in the air. Horses do neigh, and dying men did groan, And ghosts did shriek and squeal about the streets. O Caesar, these things are beyond all use, And I do fear them. CAESAR What can be avoided Whose end is purposed by the mighty gods? Yet Caesar shall go forth, for these predictions Are to the world in general as to Caesar.
20
25
CALPURNIA
When beggars die there are no comets seen; The heavens themselves blaze forth the death of princes.
30
CAESAR
Cowards die many times before their deaths; The valiant never taste of death but once. Of all the wonders that I yet have heard, It seems to me most strange that men should fear, Seeing that death, a necessary end, Will come when it will come.
35
Enter Servant What say the augurers? SERVANT
They would not have you to stir forth today. Plucking the entrails of an offering forth, They could not find a heart within the beast.
40
CAESAR
The gods do this in shame of cowardice. Caesar should be a beast without a heart If he should stay at home today for fear. No, Caesar shall not. Danger knows full well That Caesar is more dangerous than he. 584
45
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 2
fuori i loro morti. Feroci guerrieri di fuoco combattevano sulle nuvole in ranghi e squadroni, in pieno assetto di guerra, sprizzando sangue sul Campidoglio. Il rumore della battaglia strideva nell’aria, i cavalli nitrivano, i moribondi gemevano, e fantasmi gridavano e strepitavano per strada. Oh, Cesare, queste cose vanno al di là di ogni regola, e io ho paura. CESARE
Si può evitare quello il cui fine gli dèi potenti hanno già predisposto? Ma Cesare uscirà, perché questi presagi valgono per il mondo non meno che per Cesare. CALPURNIA
Quando muoiono i mendicanti, non si vedono comete; i cieli avvampano per presagire la morte dei principi88. CESARE
I codardi muoiono molte volte prima della loro morte. I valorosi saggiano la morte solo una volta. Di tutte le cose sorprendenti che ho udito finora, quella che mi sembra più strana è che gli uomini la temono, visto che la morte, una fine necessaria, verrà quando verrà. Entra un servo Che cosa dicono gli àuguri? SERVO
Vorrebbero che non usciste oggi. Sacrificando un animale non hanno trovato il cuore. CESARE
Gli dèi fanno così per svergognare la codardia. Sarebbe Cesare la bestia senza cuore se oggi rimanesse a casa per paura. No. Cesare non lo farà. Il pericolo sa bene che Cesare è più pericoloso di lui.
585
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 2
We are two lions littered in one day, And I the elder and more terrible. And Caesar shall go forth. CALPURNIA Alas, my lord, Your wisdom is consumed in confidence. Do not go forth today. Call it my fear That keeps you in the house, and not your own. We’ll send Mark Antony to the Senate House, And he shall say you are not well today. Let me upon my knee prevail in this.
50
She kneels CAESAR
Mark Antony shall say I am not well, And for thy humour I will stay at home.
55
Enter Decius Here’s Decius Brutus; he shall tell them so. [Calpurnia rises] DECIUS
Caesar, all hail! Good morrow, worthy Caesar. I come to fetch you to the Senate House. CAESAR
And you are come in very happy time To bear my greeting to the senators And tell them that I will not come today. Cannot is false, and that I dare not, falser. I will not come today; tell them so, Decius.
60
CALPURNIA
Say he is sick. Shall Caesar send a lie? Have I in conquest stretched mine arm so far, To be afeard to tell greybeards the truth? Decius, go tell them Caesar will not come.
CAESAR
65
DECIUS
Most mighty Caesar, let me know some cause, Lest I be laughed at when I tell them so. 586
70
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 2
Noi siamo due leoni partoriti nello stesso giorno, e io sono più vecchio e terribile, e Cesare uscirà. CALPURNIA
Ahimè, mio signore, la tua saggezza è consumata da troppa fiducia. Non uscire oggi. Chiama mia, e non tua, la paura che ti trattiene a casa. Manderemo Marco Antonio al Senato a dire che non stai bene oggi. Te lo chiedo in ginocchio, lascia che vinca io, questa volta89. Si inginocchia CESARE
Marco Antonio dirà che non sto bene. Rimarrò a casa per i tuoi capricci. Entra Decio Ecco Decio Bruto, glielo dirà lui. [Calpurnia si alza] DECIO
Cesare, salve! Buongiorno, valoroso Cesare. Sono venuto a prenderti per andare al Senato. CESARE
E arrivi proprio al momento giusto per portare i miei saluti ai senatori e dire che oggi non verrò. Non posso è falso; che non oso è anche più falso. Non vuole venire oggi; dì così, Decio. CALPURNIA
Dì che è malato. CESARE
Cesare manda a dire una bugia? E ho disteso così lontano il braccio della mia conquista per avere paura di dire la verità a quelle barbe grigie? Decio, va e dì che Cesare non vuole venire. DECIO
Potentissimo Cesare, dammi un motivo, altrimenti mi rideranno dietro quando lo dico.
587
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 2
CAESAR
The cause is in my will; I will not come. That is enough to satisfy the Senate. But for your private satisfaction, Because I love you, I will let you know. Calpurnia here, my wife, stays me at home. She dreamt tonight she saw my statue, Which like a fountain with an hundred spouts Did run pure blood; and many lusty Romans Came smiling and did bathe their hands in it. And these does she apply for warnings and portents Of evils imminent, and on her knee Hath begged that I will stay at home today.
75
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DECIUS
This dream is all amiss interpreted. It was a vision fair and fortunate. Your statue spouting blood in many pipes, In which so many smiling Romans bathed, Signifies that from you great Rome shall suck Reviving blood, and that great men shall press For tinctures, stains, relics, and cognizance. This by Calpurnia’s dream is signified.
85
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CAESAR
And this way have you well expounded it. DECIUS
I have, when you have heard what I can say. And know it now: the Senate have concluded To give this day a crown to mighty Caesar. If you shall send them word you will not come, Their minds may change. Besides, it were a mock Apt to be rendered for someone to say ‘Break up the Senate till another time, When Caesar’s wife shall meet with better dreams.’ If Caesar hide himself, shall they not whisper ‘Lo, Caesar is afraid’? Pardon me, Caesar; for my dear dear love
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95
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GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 2
CESARE
Il motivo è la mia volontà; non voglio venire. È abbastanza per il Senato. Ma per darti soddisfazione in privato, poiché ti voglio bene, te lo dirò. È Calpurnia, mia moglie, che mi trattiene a casa. Stanotte ha sognato di vedere la mia statua che sgorgava sangue vivo, come una fontana con mille getti; e molti vigorosi romani arrivavano sorridendo e in quel sangue si bagnavano le mani. E queste cose lei le interpreta come portenti e presagi di mali imminenti, e mi ha implorato in ginocchio di restarmene a casa oggi. DECIO
Questo sogno è tutto mal interpretato. È invece una visione bella e fortunata. La tua statua che versa sangue da molti getti, in cui tanti romani si bagnano sorridendo, significa che da te la grande Roma succhierà sangue vivificante, e che grandi uomini faranno ressa in cerca di preparati, colori, reliquie, blasoni90. Questo è il significato del sogno di Calpurnia. CESARE
E lo hai spiegato bene. DECIO
È così, e soprattutto quando avrai sentito quello che ho da dirti. E sappilo ora: il Senato ha deciso di offrire la corona al potente Cesare proprio oggi. Se mandi a dire che non verrai, potrebbero cambiare idea, e inoltre qualcuno potrebbe sbeffeggiarti dicendo: ‘Sciogliete il Senato fino a quando la moglie di Cesare avrà fatto sogni migliori’. Se Cesare si nasconde, non è probabile che mormorino ‘Vedete, Cesare ha paura’? Perdonami, Cesare, ti dico questo
589
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 2
To your proceeding bids me tell you this, And reason to my love is liable. CAESAR
How foolish do your fears seem now, Calpurnia! I am ashamèd I did yield to them. Give me my robe, for I will go.
105
Enter [Cassius,] Brutus, Ligarius, Metellus, Casca, Trebonius, and Cinna And look where Cassius is come to fetch me. [CASSIUS]
Good morrow, Caesar. Welcome, Cassius. – What, Brutus, are you stirred so early too? – Good morrow, Casca. – Caius Ligarius, Caesar was ne’er so much your enemy As that same ague which hath made you lean. What is’t o’clock? BRUTUS Caesar, ’tis strucken eight. CAESAR
110
CAESAR
I thank you for your pains and courtesy.
115
Enter Antony See, Antony that revels long a-nights Is notwithstanding up. Good morrow, Antony. ANTONY
So to most noble Caesar. Bid them prepare within. I am to blame to be thus waited for. [Exit Calpurnia] Now, Cinna. – Now, Metellus. – What, Trebonius! I have an hour’s talk in store for you. Remember that you call on me today. Be near me, that I may remember you.
CAESAR [to Calpurnia]
120
107. 0. La lezione adottata dai curatori dell’edizione Oxford non coincide con quella di altri curatori (Es. Dorsch, Walter, Melchiori) che all’inizio della didascalia non inseriscono il nome di Cassio, e alla fine inseriscono quello di Publio. In queste edizioni precedenti è quindi Publio, e non Cassio, che rivolge a Cesare la battuta successiva. 590
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 2
perché la tua ascesa mi sta molto a cuore, e la ragione si piega a questo mio amore91. CESARE
Come mi sembrano sciocche ora le tue paure, Calpurnia! Mi vergogno di avervi ceduto. Datemi il mantello: voglio andare. Entrano [Cassio,] Bruto, Caio Ligario, Metello Cimbro, Casca, Trebonio, e Cinna Ecco che Cassio è venuto a prendermi. [CASSIO]
Buongiorno, Cesare. CESARE
Benvenuto, Cassio. Anche tu, Bruto, in piedi così di buon’ora? Buongiorno Casca. Caio Ligario, Cesare non è mai stato tuo nemico come questa febbre che ti ha consumato. Che ore sono? BRUTO
Sono le otto, Cesare. CESARE
Grazie per il vostro disturbo e per la cortesia. Entra Antonio Vedete, Antonio, che fa baldoria tutta la notte, è anche lui alzato. Buongiorno, Antonio. ANTONIO
Altrettanto, nobilissimo Cesare. CESARE [a Calpurnia] Ordina di preparare, in casa. Biasimatemi, amici, è mia la colpa se mi sono fatto aspettare. [Calpurnia esce] Allora, Cinna. Allora, Metello. Trebonio! Ho messo da parte un’ora per parlare con te. Ricordati di chiedere di me oggi: stammi vicino, così mi ricorderò di te.
591
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 4
TREBONIUS
Caesar, I will, [aside] and so near will I be That your best friends shall wish I had been further. CAESAR
Good friends, go in and taste some wine with me, And we, like friends, will straightway go together. BRUTUS (aside) That every like is not the same, O Caesar, The heart of Brutus ernes to think upon. Exeunt 2.3
126
Enter Artemidorus, reading a letter
ARTEMIDORUS ‘Caesar, beware of Brutus. Take heed of
Cassius. Come not near Casca. Have an eye to Cinna. Trust not Trebonius. Mark well Metellus Cimber. Decius Brutus loves thee not. Thou hast wronged Caius Ligarius. There is but one mind in all these men, and it is bent against Caesar. If thou beest not immortal, look about you. Security gives way to conspiracy. The mighty gods defend thee! Thy lover, Artemidorus.’ Here will I stand till Caesar pass along, And as a suitor will I give him this. My heart laments that virtue cannot live Out of the teeth of emulation. If thou read this, O Caesar, thou mayst live. If not, the fates with traitors do contrive. Exit 2.4
7
11
15
Enter Portia and Lucius
PORTIA
I prithee, boy, run to the Senate House. Stay not to answer me, but get thee gone. – Why dost thou stay? LUCIUS To know my errand, madam. PORTIA
I would have had thee there and here again Ere I can tell thee what thou shouldst do there. (Aside) O constancy, be strong upon my side; 592
5
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 4
TREBONIO
Lo farò, Cesare. [A parte] E sarò tanto vicino che i tuoi migliori amici desidereranno che fossi stato più lontano. CESARE
Buoni amici, entrate, e bevete un po’ di vino con me, e ce ne andremo subito tutti insieme, come amici92. BRUTO (a parte) Non ogni ‘come’ è lo stesso, oh Cesare! E mi fa male al cuore a pensarci. Escono Entra Artemidoro leggendo un foglio93
II, 3
ARTEMIDORO
‘Cesare guardati da Bruto. Stai attento a Cassio. Non avvicinarti a Casca. Tieni d’occhio Cinna. Non ti fidare di Trebonio. Fai bene attenzione a Metello Cimbro. Decio Bruto non ti ama. Hai fatto torto a Caio Ligario. Tutti questi uomini hanno un unico scopo, ed è tutto diretto contro Cesare. Se non sei immortale, guardati attorno. Un’eccessiva sicurezza apre la strada alla congiura. Gli dèi potenti ti difendano!’ Il tuo caro amico Artemidoro. Resterò qui fino a quando Cesare non passerà e gli darò questo come se fossi un postulante. Mi fa male al cuore che la virtù non possa vivere se non fuggendo il morso dell’invidia. Se leggi questo, Cesare, potrai vivere; se no, il Fato si accorderà con i traditori. Esce Entrano Porzia e Lucio94
II, 4
PORZIA
Ti prego, ragazzo, corri al Senato. Non rimanere a rispondermi, vai. Che aspetti? LUCIO
Di sapere qual è il mio incarico, signora. PORZIA
Vorrei che andassi e ritornassi, prima di dirti che cosa dovresti fare. (A parte) Oh fermezza, rimani forte al mio fianco. Innalza
593
JULIUS CAESAR, ACT 2 SCENE 4
Set a huge mountain ’tween my heart and tongue. I have a man’s mind, but a woman’s might. How hard it is for women to keep counsel! (To Lucius) Art thou here yet? LUCIUS Madam, what should I do? Run to the Capitol, and nothing else? And so return to you, and nothing else?
11
PORTIA
Yes, bring me word, boy, if thy lord look well, For he went sickly forth; and take good note What Caesar doth, what suitors press to him. Hark, boy, what noise is that? LUCIUS I hear none, madam. PORTIA Prithee, listen well. I heard a bustling rumour, like a fray, And the wind brings it from the Capitol. LUCIUS Sooth, madam, I hear nothing.
15
20
Enter the Soothsayer PORTIA
Come hither, fellow. Which way hast thou been? SOOTHSAYER
At mine own house, good lady. PORTIA What is’t o’clock? SOOTHSAYER About the ninth hour, lady.
25
PORTIA
Is Caesar yet gone to the Capitol? SOOTHSAYER
Madam, not yet. I go to take my stand To see him pass on to the Capitol. PORTIA
Thou hast some suit to Caesar, hast thou not? SOOTHSAYER
That I have, lady. If it will please Caesar To be so good to Caesar as to hear me, I shall beseech him to befriend himself.
594
30
GIULIO CESARE, ATTO II SCENA 4
un’enorme montagna tra il mio cuore e la mia lingua. Ho la mente di un uomo, ma la forza di una donna. Com’è difficile per una donna tenere per sé un segreto. (A Lucio) Sei ancora qui? LUCIO
Signora, che dovrei fare? Correre al Campidoglio e nient’altro? Ritornare, e nient’altro? PORZIA
Sì, ragazzo, torna a dirmi se il tuo signore ha una buona cera, perché è uscito che era malato; e sta bene attento a ciò che fa Cesare, e quali postulanti lo incalzano. Senti, ragazzo? Che rumore è questo? LUCIO
Non sento niente, signora. PORZIA
Ti prego, ascolta bene. Ho sentito un rumore confuso, come di una rissa, viene dal Campidoglio, è il vento che lo porta. LUCIO
Davvero, signora, non sento nulla. Entra l’indovino PORZIA
Vieni qui, buon uomo. Da dove vieni? INDOVINO
Da casa mia, buona signora. PORZIA
Che ore sono? INDOVINO
Quasi le nove, signora. PORZIA
Cesare è già arrivato in Campidoglio? INDOVINO
Non ancora, signora. Vado a prendere un posto per vederlo passare mentre va al Campidoglio. PORZIA
Tu hai una supplica per Cesare, è vero? INDOVINO
Ce l’ho, signora, se piacerà a Cesare di essere così buono con Cesare da ascoltarmi; lo scongiurerò di essere amico di Cesare. 595
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
PORTIA
Why, know’st thou any harms intended towards him? SOOTHSAYER
None that I know will be; much that I fear may chance. Good morrow to you. [He moves away] Here the street is narrow. The throng that follows Caesar at the heels, Of senators, of praetors, common suitors, Will crowd a feeble man almost to death. I’ll get me to a place more void, and there Speak to great Caesar as he comes along. Exit PORTIA (aside) I must go in. Ay me! How weak a thing The heart of woman is! O Brutus, The heavens speed thee in thine enterprise! – Sure the boy heard me. (To Lucius) Brutus hath a suit That Caesar will not grant. (Aside) O,I grow faint! (To Lucius) Run, Lucius, and commend me to my lord. Say I am merry. Come to me again, And bring me word what he doth say to thee.
35
41
45
Exeunt [severally] 3.1
Enter [at one door] Artemidorus, the Soothsayer, and citizens. Flourish. Enter [at another door] Caesar, Brutus, Cassius, Casca, Decius, Metellus, Trebonius, Cinna, [Ligarius,] Antony, Lepidus, Publius, Popillius, [and other senators]
CAESAR (to the Soothsayer) The ides of March are come. SOOTHSAYER Ay, Caesar, but not gone. ARTEMIDORUS Hail, Caesar! Read this schedule. DECIUS (to Caesar)
Trebonius doth desire you to o’er-read At your best leisure this his humble suit. ARTEMIDORUS
O Caesar, read mine first, for mine’s a suit That touches Caesar nearer. Read it, great Caesar. 596
5
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
PORZIA
Perché, sai che gli si vuole fare del male? INDOVINO
Nessuno che sappia, molto che temo possa accadere. Buon giorno a voi. [Va via] Qui la strada è stretta. La folla di senatori, pretori, postulanti comuni che si accalca dietro a Cesare potrebbe schiacciare uno debole come me fino a ucciderlo. Mi cercherò un posto più libero, e di lì parlerò al grande Cesare quando passerà. Esce PORZIA (a parte)
Devo rientrare. Ahimè, che debole cosa è il cuore di una donna. Oh, Bruto, che i cieli ti assistano nella tua impresa! Sicuramente il ragazzo mi ha sentito. (A Lucio) Bruto ha una supplica che Cesare non gli concederà. Oh, mi sento mancare: corri Lucio, e raccomandami al mio signore. Digli che sto bene. Ritorna da me e fammi sapere quello che ti ha detto. Escono [separatamente] III, 1
Entrano [da una porta]95, Artemidoro, l’indovino, e cittadini. Fanfara. Entrano [da un’altra porta] Cesare, Bruto, Cassio, Casca, Decio, Metello, Trebonio, Cinna [Ligario], Antonio, Lepido, Publio, Popilio, [e altri senatori]96
CESARE (all’indovino)
Le Idi di marzo sono arrivate. INDOVINO
Sì, Cesare, ma non sono passate. ARTEMIDORO
Salve, Cesare! Leggi questo foglio. DECIO (a Cesare)
Trebonio vorrebbe che ti leggessi questa sua umile supplica appena ti è comodo. ARTEMIDORO
Oh, Cesare, leggi prima la mia, perché la mia supplica riguarda Cesare più da vicino. Leggila, grande Cesare. 597
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
CAESAR
What touches us ourself shall be last served. ARTEMIDORUS
Delay not, Caesar, read it instantly. CAESAR
What, is the fellow mad? Sirrah, give place. CASSIUS (to Artemidorus) What, urge you your petitions in the street? Come to the Capitol. PUBLIUS (to Artemidorus)
10
[They walk about the stage] POPILLIUS (aside to Cassius)
I wish your enterprise today may thrive. CASSIUS
What enterprise, Popillius? Fare you well.
POPILLIUS
He leaves Cassius, and makes to Caesar BRUTUS What said Popillius Laena?
15
CASSIUS
He wished today our enterprise might thrive. I fear our purpose is discoverèd. BRUTUS
Look how he makes to Caesar. Mark him. CASSIUS
Casca, be sudden, for we fear prevention. – Brutus, what shall be done? If this be known, Cassius or Caesar never shall turn back, For I will slay myself. BRUTUS Cassius, be constant. Popillius Laena speaks not of our purposes, For look, he smiles, and Caesar doth not change.
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CASSIUS
Trebonius knows his time, for look you, Brutus, He draws Mark Antony out of the way. Exeunt Trebonius and Antony
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25
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
CESARE
Di quella che ci riguarda, ci occuperemo per ultimo. ARTEMIDORO
Non rinviare, Cesare, leggila subito! CESARE
Cosa? È pazzo quell’uomo? PUBLIO (ad Artemidoro)
Pezzente, levati dai piedi. CASSIO (ad Artemidoro)
Come? avanzi la tua supplica per strada? Vieni al Campidoglio. [Camminano avanti e indietro sul palcoscenico] POPILIO (a parte a Cassio)
Ti auguro che oggi la vostra impresa vada a buon fine. CASSIO
Quale impresa, Popilio? POPILIO
Addio. Lascia Cassio e va verso Cesare BRUTO
Che cosa ha detto Popilio Lena? CASSIO
Ci ha augurato che la nostra impresa, oggi, vada a buon fine. Temo che i nostri piani siano stati scoperti. BRUTO
Guarda come si avvicina a Cesare. Osservalo. CASSIO
Casca, tieniti pronto. Temiamo di venire fermati – Bruto, che faremo? Se si viene a sapere, o Cassio o Cesare non ritorneranno vivi, perché io mi ucciderò. BRUTO
Cassio, sta’ tranquillo. Popilio Lena non parla dei nostri piani, perché, vedi, sorride, e Cesare non cambia espressione. CASSIO
Trebonio rispetta i tempi, guarda, Bruto: si porta via Marco Antonio. Trebonio e Antonio escono
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
DECIUS
Where is Metellus Cimber? Let him go And presently prefer his suit to Caesar. [Caesar sits] BRUTUS
He is addressed. Press near, and second him. CINNA
Casca, you are the first that rears your hand.
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[The conspirators and the other senators take their places] CAESAR
Are we all ready? What is now amiss That Caesar and his Senate must redress? METELLUS (coming forward and kneeling) Most high, most mighty, and most puissant Caesar, Metellus Cimber throws before thy seat An humble heart. CAESAR I must prevent thee, Cimber. These couchings and these lowly courtesies Might fire the blood of ordinary men, And turn preordinance and first decree Into the law of children. Be not fond To think that Caesar bears such rebel blood That will be thawed from the true quality With that which melteth fools: I mean sweet words, Low-crookèd curtsies, and base spaniel fawning. Thy brother by decree is banishèd. If thou dost bend and pray and fawn for him, I spurn thee like a cur out of my way.
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
DECIO
Dov’è Metello Cimbro? Vada subito a presentare la sua supplica a Cesare. [Cesare si siede] BRUTO
È pronto. Avvicinatevi e assecondatelo. CINNA
Casca tu sarai il primo a colpire97. [I congiurati e gli altri senatori prendono posto] CESARE
Siamo tutti pronti? Quali sono i torti che ora Cesare e il suo Senato devono riparare? METELLO (facendosi avanti e inginocchiandosi) Altissimo, potentissimo e grandissimo Cesare, Metello Cimbro getta il suo umile cuore davanti al tuo seggio. CESARE
Ti devo fermare, Cimbro. Queste riverenze e questi umili inchini infiammerebbero le passioni di uomini comuni e potrebbero trasformare decreti stabiliti e preordinati in capricciosa legge di bambini. Non essere così sciocco da pensare che Cesare abbia sangue tanto ribelle da sciogliere la sua vera natura con mezzi buoni a commuovere gli stolti98 – voglio dire parole sdolcinate, inchini untuosi e ignobili strusciate da cani. Tuo fratello è bandito per decreto. Se ti pieghi e preghi e sbavi per lui, io ti caccio via a pedate dalla mia strada come un cane bastardo. Sappi che Cesare non fa
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
Know Caesar doth not wrong but with just cause, Nor without cause will he be satisfied. METELLUS
Is there no voice more worthy than my own To sound more sweetly in great Caesar’s ear For the repealing of my banished brother? BRUTUS (coming forward and kneeling) I kiss thy hand, but not in flattery, Caesar, Desiring thee that Publius Cimber may Have an immediate freedom of repeal.
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CAESAR
What, Brutus? CASSIUS (coming forward and kneeling)
Pardon, Caesar; Caesar, pardon. As low as to thy foot doth Cassius fall To beg enfranchisement for Publius Cimber.
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CAESAR
I could be well moved if I were as you. If I could pray to move, prayers would move me. But I am constant as the Northern Star, Of whose true fixed and resting quality There is no fellow in the firmament. The skies are painted with unnumbered sparks; They are all fire, and every one doth shine; But there’s but one in all doth hold his place. So in the world: ’tis furnished well with men, And men are flesh and blood, and apprehensive; Yet in the number I do know but one That unassailable holds on his rank,
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47. F riporta solo la prima parte di questa frase – Know Caesar doth not wrong – e amputa il verso eliminando but with just cause. Ben Jonson, contemporaneo di Shakespeare, riporta e ridicolizza l’apparente contraddizione dell’intera frase in Discovery (1625) testimoniando così che Shakespeare aveva effettivamente scritto le quattro parole mancanti e che non le aveva cancellate. La frase inoltre divenne famosa e citata comunemente anche dopo la pubblicazione di F, segno che l’intero verso veniva ancora recitato nelle successive rappresentazioni. Questa edizione, a differenza delle precedenti, include le parole mancanti riportate da Jonson. 602
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
torti senza una giusta causa99, e senza causa non si lascerà facilmente convincere. METELLO
C’è forse voce più degna della mia che suoni più dolce all’orecchio del grande Cesare perché revochi il bando di mio fratello? BRUTO (avanzando e inginocchiandosi) Ti bacio la mano, non per adularti, Cesare, ma per chiederti che Publio Cimbro possa avere immediata libertà e che tu revochi il bando. CESARE
Cosa, Bruto? CASSIO (avanzando e inginocchiandosi)
Perdono, Cesare! Cesare, perdono! Cassio si prostra ai tuoi piedi per implorare la liberazione di Publio Cimbro. CESARE
Potrei ben essere convinto se fossi come voi. Se sapessi pregare per commuovere, le preghiere potrebbero commuovermi. Ma io sono immobile come la stella polare, di cui non esiste uguale nel firmamento per fissità e stabilità. I cieli sono dipinti con innumerevoli faville, che sono tutte fuoco, e ognuna risplende; ma ce n’è solo una, tra le altre, che mantiene fermo il suo posto. Così è nel mondo: esso è ben provvisto di uomini e gli uomini sono fatti di carne e sangue e sono dotati d’intelletto; e tuttavia nel numero ne conosco solo uno che, inattaccabile, conserva fisso il suo ruolo, mai smosso
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
Unshaked of motion; and that I am he Let me a little show it even in this – That I was constant Cimber should be banished, And constant do remain to keep him so. CINNA (coming forward and kneeling) O Caesar! CAESAR Hence! Wilt thou lift up Olympus? DECIUS (coming forward [with Ligarius] and kneeling) Great Caesar! CAESAR Doth not Brutus bootless kneel? CASCA (coming forward [and kneeling]) Speak hands for me.
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They stab Caesar, [Casca first, Brutus last] CAESAR
Et tu, Bruté? – Then fall Caesar. He dies
CINNA
Liberty! Freedom! Tyranny is dead! Run hence, proclaim, cry it about the streets. CASSIUS
Some to the common pulpits, and cry out ‘Liberty, freedom, and enfranchisement!’
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BRUTUS
People and senators, be not affrighted. [Exeunt in a tumult Lepidus, Popillius, other senators, Artemidorus, Soothsayer, and citizens] Fly not! Stand still! Ambition’s debt is paid. CASCA Go to the pulpit, Brutus. DECIUS And Cassius too. BRUTUS Where’s Publius?
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
da persuasione. E che io sia quello lasciate che lo dimostri anche in questo – sono stato fermo a bandire Cimbro e rimango fermo a mantenerlo al bando100. CINNA (avanzando e inginocchiandosi) Oh, Cesare! CESARE
Via di qui! Vuoi sollevare l’Olimpo101? DECIO (avanzando [con Ligario] e inginocchiandosi) Grande Cesare! CESARE
E Bruto non si inginocchia invano? CASCA (avanzando [e inginocchiandosi])
Parla per me, mano! Pugnalano Cesare [Casca per primo, Bruto per ultimo] CESARE
Et tu, Brute102? – Allora, Cesare, cadi. Muore CINNA
Libertà! Libertà! La tirannia è morta! Correte ad annunciarlo, gridatelo per le strade! CASSIO
Qualcuno vada alle tribune pubbliche e gridi forte “Libertà, libertà, affrancamento!” BRUTO
Popolo e senatori, non vi spaventate. [Escono in un tumulto Lepido, Popilio, altri senatori, Artemidoro, l’indovino e i cittadini] Non fuggite! Rimanete! Il debito dell’ambizione è stato pagato. CASCA
Vai al rostro, Bruto. DECIO
E anche Cassio. BRUTO
Dov’è Publio103?
605
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
CINNA
Here, quite confounded with this mutiny. METELLUS
Stand fast together, lest some friend of Caesar’s Should chance – BRUTUS
Talk not of standing. – Publius, good cheer! There is no harm intended to your person, Nor to no Roman else – so tell them, Publius.
90
CASSIUS
And leave us, Publius, lest that the people, Rushing on us, should do your age some mischief. BRUTUS
Do so; and let no man abide this deed But we the doers.
[Exit Publius]
Enter Trebonius CASSIUS Where is Antony?
96
TREBONIUS Fled to his house, amazed.
Men, wives, and children stare, cry out, and run, As it were doomsday. BRUTUS Fates, we will know your pleasures. That we shall die, we know; ’tis but the time And drawing days out that men stand upon.
100
CASCA
Why,he that cuts off twenty years of life Cuts off so many years of fearing death. BRUTUS
Grant that, and then is death a benefit. So are we Caesar’s friends, that have abridged His time of fearing death. Stoop, Romans, stoop, And let us bathe our hands in Caesar’s blood Up to the elbows, and besmear our swords; Then walk we forth even to the market-place, And, waving our red weapons o’er our heads, Let’s all cry ‘peace, freedom, and liberty!’
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
CINNA
Qui, tutto stordito da questo tumulto. METELLO
State tutti uniti, nel caso che qualche amico di Cesare dovesse – BRUTO
Non parlare di stare – Publio, coraggio! Non vogliamo farti alcun male. Né ad altri romani – dillo a tutti, Publio. CASSIO
Allontanati, Publio, perché il popolo che precipita su di noi potrebbe fare danno alla tua età. BRUTO
Vai: e che nessun altro paghi per questa azione, a parte noi che l’abbiamo eseguita. [Publio esce] Entra Trebonio CASSIO
Dov’è Antonio? TREBONIO
Fuggito a casa sua, sconvolto. Uomini, donne e bambini sbarrano gli occhi, gridano e corrono come fosse il giorno del giudizio. BRUTO
Fati, conosceremo il vostro volere. Che moriremo, lo sappiamo. È solo l’ora e il protrarsi dei giorni che conta per gli uomini. CASCA
Sì, colui che taglia via venti anni di vita, ne taglia altrettanti di paura della morte. BRUTO
Certo, e allora la morte è un bene. Così siamo amici di Cesare perché abbiamo accorciato il suo tempo della paura della morte104. Chinatevi, romani, chinatevi, e immergiamo105 le mani nel sangue di Cesare fino ai gomiti, e imbrattiamo le spade. Avanziamo poi fino al Foro e, brandendo in alto le spade insanguinate, gridiamo tutti: “pace, libertà, libertà!”
607
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
CASSIUS
Stoop, then, and wash. They smear their hands with Caesar’s blood How many ages hence Shall this our lofty scene be acted over, In states unborn and accents yet unknown! BRUTUS
How many times shall Caesar bleed in sport, That now on Pompey’s basis lies along, No worthier than the dust! CASSIUS So oft as that shall be, So often shall the knot of us be called The men that gave their country liberty.
115
DECIUS
What, shall we forth? Ay, every man away. Brutus shall lead, and we will grace his heels With the most boldest and best hearts of Rome.
CASSIUS
120
Enter Antony’s Servant BRUTUS
Soft; who comes here? A friend of Antony’s. SERVANT (kneeling and falling prostrate)
Thus, Brutus, did my master bid me kneel. Thus did Mark Antony bid me fall down, And, being prostrate, thus he bade me say. ‘Brutus is noble, wise, valiant, and honest. Caesar was mighty, bold, royal, and loving. Say I love Brutus, and I honour him. Say I feared Caesar, honoured him, and loved him. If Brutus will vouchsafe that Antony May safely come to him and be resolved How Caesar hath deserved to lie in death, Mark Antony shall not love Caesar dead So well as Brutus living, but will follow The fortunes and affairs of noble Brutus
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
CASSIO
Chinatevi, allora, e lavatevi106. Imbrattano le mani con il sangue di Cesare In quante epoche future, da ora in poi, questa nostra scena solenne verrà recitata di nuovo in nazioni ancora non nate e in lingue ancora sconosciute107! BRUTO
Quante volte ancora sanguinerà per finta Cesare, che ora giace ai piedi della statua di Pompeo non più degno della polvere! CASSIO
E ogni volta che avverrà, noi tutti saremo chiamati gli uomini che diedero la libertà al loro paese. DECIO
Che facciamo, usciamo? CASSIO
Sì, andiamo tutti. Bruto guiderà, e gli renderemo onore seguendolo con i più arditi e nobili cuori di Roma. Entra il servo di Antonio BRUTO
Aspettate! Chi viene? Un amico di Antonio. SERVO (inginocchiandosi e prostrandosi) Così, Bruto, il mio padrone mi ha detto di inginocchiarmi. Così, Marco Antonio mi ha comandato di abbassarmi e di prostrami, così mi ha ordinato di dire: Bruto è nobile, saggio, valoroso e uomo d’onore. Cesare era potente, audace, regale, e amorevole. Dì che amo Bruto e che l’onoro. Dì che temevo Cesare, lo onoravo e lo amavo. Se Bruto concederà ad Antonio di andare da lui senza che gli venga fatto alcun male, e se gli spiegherà perché Cesare abbia meritato di morire, Marco Antonio non amerà Cesare morto quanto Bruto vivo, ma seguirà con sincera lealtà le fortune e le vicende
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
Thorough the hazards of this untrod state With all true faith.’ So says my master Antony. BRUTUS
Thy master is a wise and valiant Roman. I never thought him worse. Tell him, so please him come unto this place, He shall be satisfied, and, by my honour, Depart untouched. SERVANT [rising] I’ll fetch him presently.
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Exit
BRUTUS
I know that we shall have him well to friend. CASSIUS
I wish we may. But yet have I a mind That fears him much; and my misgiving still Falls shrewdly to the purpose.
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Enter Antony BRUTUS
But here comes Antony. – Welcome, Mark Antony. ANTONY
O mighty Caesar! Dost thou lie so low? Are all thy conquests, glories, triumphs, spoils, Shrunk to this little measure? Fare thee well. – I know not, gentlemen, what you intend – Who else must be let blood, who else is rank. If I myself, there is no hour so fit As Caesar’s death’s hour, nor no instrument Of half that worth as those your swords, made rich With the most noble blood of all this world. I do beseech ye, if you bear me hard, Now, whilst your purpled hands do reek and smoke, Fulfil your pleasure. Live a thousand years, I shall not find myself so apt to die. No place will please me so, no mean of death, As here by Caesar, and by you cut off, The choice and master spirits of this age.
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
del nobile Bruto in mezzo ai pericoli di questa strada mai percorsa.’ Così dice il mio padrone Antonio108. BRUTO
Il tuo padrone è un romano saggio e valoroso. Non l’ho mai ritenuto da meno. Digli che, se desidera venire qui, sarà accontentato, e, sul mio onore, se ne ritornerà sano e salvo. SERVO [alzandosi] Vado subito a chiamarlo. Esce BRUTO
So che ce lo faremo amico. CASSIO
Vorrei che fosse così; ma in cuor mio lo temo molto, e le mie intuizioni, purtroppo, colgono sempre nel segno. Entra Antonio BRUTO
Ma ecco che arriva Antonio. Benvenuto, Marco Antonio. ANTONIO
Oh, potente Cesare! Giaci ora così in basso? Tutte le tue conquiste, glorie, trionfi, vittorie ridotti in questo piccolo spazio? Addio. Io non so, signori, che intenzioni avete, chi ancora debba sanguinare, chi altri sia gonfio109. Se si tratta di me, non c’è ora più adatta dell’ora della morte di Cesare, né c’è alcuno strumento degno la metà delle vostre spade arricchite del sangue più nobile di tutto questo mondo. Io vi prego, se mi volete del male, ora, mentre le vostre mani arrossate ancora fumano di sangue, realizzate la vostra volontà. Dovessi vivere mille anni, non mi troverei così pronto a morire. Nessun luogo mi piacerà di più, né nessun altro strumento di morte, come qui accanto a Cesare, falciato da voi, spiriti eletti e signori di questa epoca110.
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
BRUTUS
O Antony, beg not your death of us! Though now we must appear bloody and cruel, As by our hands and this our present act You see we do, yet see you but our hands, And this the bleeding business they have done. Our hearts you see not; they are pitiful; And pity to the general wrong of Rome – As fire drives out fire, so pity pity – Hath done this deed on Caesar. For your part, To you our swords have leaden points, Mark Antony. Our arms, unstrung of malice, and our hearts Of brothers’ temper, do receive you in With all kind love, good thoughts, and reverence.
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CASSIUS
Your voice shall be as strong as any man’s In the disposing of new dignities. BRUTUS
Only be patient till we have appeased The multitude, beside themselves with fear, And then we will deliver you the cause Why I, that did love Caesar when I struck him, Have thus proceeded. ANTONY I doubt not of your wisdom. Let each man render me his bloody hand.
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He shakes hands with the conspirators First, Marcus Brutus, will I shake with you. – Next, Caius Cassius, do I take your hand. – Now, Decius Brutus, yours; – now yours, Metellus; – Yours, Cinna; – and my valiant Casca, yours; – Though last, not least in love, yours, good Trebonius. Gentlemen all – alas, what shall I say? My credit now stands on such slippery ground That one of two bad ways you must conceit me: Either a coward or a flatterer. That I did love thee, Caesar, O, ’tis true. 612
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
BRUTO
Oh, Antonio, non implorare da noi la tua morte! Ora dobbiamo apparire sanguinari e crudeli, come puoi vedere dalle nostre mani e da questo nostro atto; e tu non vedi altro che le nostre mani e questa impresa sanguinosa che esse hanno compiuto. Non vedi invece i nostri cuori: essi sono colmi di pietà; e la pietà verso il torto fatto a Roma – come il fuoco scaccia il fuoco, così la pietà scaccia la pietà – ha fatto questo a Cesare111. Quanto a te, le nostre spade hanno punte smussate, Marco Antonio. I nostri cuori fraterni e le nostre braccia, allentate le corde dell’odio, ti accolgono con amore, buone intenzioni, e rispetto. CASSIO
La tua voce sarà forte quanto quella di ogni altro nel disporre di nuovi incarichi. BRUTO
Pazienta almeno fino a quando non avremo calmato la folla fuori di sé per la paura, e allora ti spiegherò il motivo per cui io, che pure amavo Cesare mentre lo colpivo, ho agito così. ANTONIO
Non dubito della vostra saggezza. Che ognuno di voi mi dia la sua mano insanguinata. Stringe la mano ai congiurati Stringerò la mano a te per primo, Marco Bruto. Poi stringerò la tua mano, Cassio Caio. Ora Decio Bruto, la tua; la tua, Metello. La tua, Cinna – e, mio valoroso Casca, la tua. Ultima, ma non per meno amore, la tua, buon Trebonio. Gentiluomini tutti – ahimè, che dire? Il mio credito ora poggia su un terreno così scivoloso che dovete per forza giudicarmi male nell’uno e nell’altro caso: o codardo o adulatore. Che io ti amassi, Cesare, oh, è vero. Se il tuo
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
If then thy spirit look upon us now, Shall it not grieve thee dearer than thy death To see thy Antony making his peace, Shaking the bloody fingers of thy foes – Most noble! – in the presence of thy corpse? Had I as many eyes as thou hast wounds, Weeping as fast as they stream forth thy blood, It would become me better than to close In terms of friendship with thine enemies. Pardon me, Julius. Here wast thou bayed, brave hart; Here didst thou fall, and here thy hunters stand Signed in thy spoil and crimsoned in thy lethe. O world, thou wast the forest to this hart; And this indeed, O world, the heart of thee. How like a deer strucken by many princes Dost thou here lie! CASSIUS Mark Antony. ANTONY Pardon me, Caius Cassius. The enemies of Caesar shall say this; Then in a friend it is cold modesty.
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CASSIUS
I blame you not for praising Caesar so; But what compact mean you to have with us? Will you be pricked in number of our friends, Or shall we on, and not depend on you? ANTONY
Therefore I took your hands, but was indeed Swayed from the point by looking down on Caesar. Friends am I with you all, and love you all Upon this hope: that you shall give me reasons Why and wherein Caesar was dangerous.
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BRUTUS
Or else were this a savage spectacle. Our reasons are so full of good regard, That were you, Antony, the son of Caesar, You should be satisfied.
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
spirito adesso ci guarda, non ti addolorerà più della tua morte vedere il tuo Antonio fare la pace e stringere le mani insanguinate dei tuoi nemici – nobilissimo! – alla presenza del tuo cadavere112? Se avessi tanti occhi quanti sono le tue ferite, e se piangessero lacrime come il sangue che da esse scorre, sarebbe per me più degno che accordarmi amichevolmente con i tuoi nemici. Perdonami, Giulio! Qui sei stato braccato, cervo coraggioso, qui sei caduto, e qui stanno i tuoi cacciatori, marchiati dal tuo massacro e rossi del sangue che ti porta al Lete. Oh mondo, tu fosti la foresta di questo cervo; e questo, in verità, oh, mondo era il tuo cuore. Tu giaci qui simile a un cervo colpito da molti principi113! CASSIO
Marco Antonio. ANTONIO
Perdonami, Caio Cassio. I nemici di Cesare direbbero lo stesso; per un amico questo è solo fredda discrezione. CASSIO
Non ti biasimo per aver lodato Cesare; ma che accordo intendi fare con noi? Vuoi essere contato tra noi come amico, oppure andiamo avanti da soli senza di te? ANTONIO
Per questo vi ho stretto la mano, ma mi sono distratto quando ho abbassato lo sguardo su Cesare. Sono amico di tutti voi, e vi amo tutti, con questo desiderio: che mi spieghiate perché e come Cesare era pericoloso. BRUTO
Altrimenti questo sarebbe uno spettacolo selvaggio. Le nostre ragioni sono piene di sagge considerazioni, tali che, fossi tu, Antonio, il figlio di Cesare, ti convincerebbero.
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
That’s all I seek; And am, moreover, suitor that I may Produce his body to the market-place, And in the pulpit, as becomes a friend, Speak in the order of his funeral.
ANTONY
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BRUTUS
You shall, Mark Antony. CASSIUS Brutus, a word with you. (Aside to Brutus) You know not what you do. Do not consent That Antony speak in his funeral. Know you how much the people may be moved By that which he will utter? BRUTUS (aside to Cassius) By your pardon, I will myself into the pulpit first, And show the reason of our Caesar’s death. What Antony shall speak I will protest He speaks by leave and by permission; And that we are contented Caesar shall Have all true rites and lawful ceremonies, It shall advantage more than do us wrong. CASSIUS (aside to Brutus) I know not what may fall. I like it not.
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BRUTUS
Mark Antony, here, take you Caesar’s body. You shall not in your funeral speech blame us; But speak all good you can devise of Caesar, And say you do’t by our permission; Else shall you not have any hand at all About his funeral. And you shall speak In the same pulpit whereto I am going, After my speech is ended. ANTONY Be it so; I do desire no more. BRUTUS
Prepare the body then, and follow us. Exeunt all but Antony 616
250
255
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
ANTONIO
È tutto quello che chiedo, e chiedo inoltre che possa portare il suo corpo al Foro e che dal rostro, come si addice a un amico, io possa parlare alla cerimonia del suo funerale. BRUTO
D’accordo, Marco Antonio114. CASSIO
Bruto, una parola. (A parte a Bruto) Non sai quello che fai. Non permettere che Antonio parli al funerale. Sai quanto il popolo potrebbe essere turbato da quello che dirà? BRUTO (a parte a Cassio) Se non ti dispiace, parlerò io stesso per primo dal rostro ed esporrò la ragione della morte del nostro Cesare. Ciò che Antonio dirà, io annuncerò che lo dirà perché autorizzato da noi; e il fatto che siamo pronti a celebrare tutti i riti regolari e le legittime cerimonie per Cesare ci porterà vantaggi anziché danni. CASSIO (a parte a Bruto) Non so che cosa potrebbe succedere. Non mi piace. BRUTO
Marco Antonio, ecco, prendi il corpo di Cesare. Nella tua orazione funebre tu non dovrai biasimarci; ma potrai dire di Cesare tutto il bene che vuoi, e dirai che lo fai con il nostro permesso. Altrimenti non avrai nessun ruolo nel suo funerale. E parlerai dallo stesso rostro dove andrò io, e dopo che il mio discorso sarà finito. ANTONIO
Così sia. Non voglio nient’altro. BRUTO
Prepara il corpo, allora, e seguici. Escono tutti. Rimane Antonio
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 1
ANTONY
O pardon me, thou bleeding piece of earth, That I am meek and gentle with these butchers. Thou art the ruins of the noblest man That ever livèd in the tide of times. Woe to the hand that shed this costly blood! Over thy wounds now do I prophesy – Which like dumb mouths do ope their ruby lips To beg the voice and utterance of my tongue – A curse shall light upon the limbs of men; Domestic fury and fierce civil strife Shall cumber all the parts of Italy; Blood and destruction shall be so in use, And dreadful objects so familiar, That mothers shall but smile when they behold Their infants quartered with the hands of war, All pity choked with custom of fell deeds; And Caesar’s spirit, ranging for revenge, With Ate by his side come hot from hell, Shall in these confines with a monarch’s voice Cry ‘havoc!’ and let slip the dogs of war, That this foul deed shall smell above the earth With carrion men, groaning for burial.
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Enter Octavius’ Servant You serve Octavius Caesar, do you not? SERVANT I do, Mark Antony.
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ANTONY
Caesar did write for him to come to Rome. SERVANT
He did receive his letters, and is coming, And bid me say to you by word of mouth – (Seeing the body) O Caesar! ANTONY
Thy heart is big. Get thee apart and weep. Passion, I see, is catching, for mine eyes,
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 1
ANTONIO
Oh, perdonami, tu zolla di terra sanguinante, se sono mite e gentile con questi macellai. Tu sei le rovine dell’uomo più nobile che abbia mai vissuto nel flusso dei tempi. Guai alla mano che ha versato questo sangue prezioso! Ora io profetizzo sulle tue ferite – che come bocche mute aprono le loro labbra vermiglie a implorare la voce e la parola della mia lingua – che una maledizione cadrà sulle membra degli uomini. Una furia intestina e una feroce guerra civile opprimeranno tutte le parti d’Italia. Sangue e distruzione saranno così consueti, e spettacoli terribili così familiari che le madri non potranno che sorridere a vedere i loro figli squartati dalle mani della guerra, poiché ogni pietà sarà soffocata dall’abitudine ad atti crudeli. E lo spirito di Cesare, aggirandosi in cerca di vendetta con Ate al suo fianco, venuta infuocata dall’inferno, griderà, in queste regioni, con voce di monarca: massacro! e libererà i cani di guerra, e questo turpe atto puzzerà sulla terra di carogne umane che implorano sepoltura115. Entra un servo di Ottaviano Sei al servizio di Ottaviano Cesare, è così? SERVO
Sì, Marco Antonio. ANTONIO
Cesare gli aveva scritto di venire a Roma. SERVO
Ha ricevuto la sua lettera e sta arrivando, e mi ha ordinato di dirvi a voce... (Vede il corpo) Oh, Cesare! ANTONIO
Il tuo cuore è gonfio. Fatti da parte e piangi. Il dolore, lo vedo, è contagioso, perché i miei occhi nel vedere quelle gocce di com-
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
Seeing those beads of sorrow stand in thine, Began to water. Is thy master coming? SERVANT
He lies tonight within seven leagues of Rome. ANTONY
Post back with speed and tell him what hath chanced. Here is a mourning Rome, a dangerous Rome, No Rome of safety for Octavius yet. Hie hence and tell him so. – Yet stay awhile. Thou shall not back till I have borne this corpse Into the market-place. There shall I try In my oration how the people take The cruel issue of these bloody men; According to the which thou shall discourse To young Octavius of the state of things. Lend me your hand. Exeunt with Caesar’s body 3.2
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295
Enter Brutus and Cassius, with the Plebeians
ALL THE PLEBEIANS
We will be satisfied! Let us be satisfied! BRUTUS
Then follow me, and give me audience, friends. (Aside to Cassius) Cassius, go you into the olher street, And part the numbers. (To the Plebeians) Those that will hear me speak, let ’em stay here; Those that will follow Cassius, go with him; And public reasons shall be renderèd Of Caesar’s death.
5
Brutus ascends to the pulpit FIRST PLEBEIAN
I will hear Brutus speak.
SECOND PLEBEIAN
I will hear Cassius, and compare their reasons When severally we hear them renderèd. Exit Cassius, with some Plebeians 620
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
mozione nei tuoi hanno cominciato a bagnarsi. Il tuo padrone sta arrivando? SERVO
Questa notte, sta a sette leghe da Roma. ANTONIO
Torna subito da lui e digli quello che è accaduto. Qui c’è una Roma in lutto, una Roma pericolosa, una Roma non ancora sicura per Ottaviano. Corri a dirglielo – Ma aspetta un momento. Non tornare fino a quando non avrò portato questo corpo al Foro. Lì, con il mio discorso saggerò come il popolo reagirà all’atto crudele di questi uomini sanguinari. A seconda di come andrà, riferirai al giovane Ottaviano lo stato delle cose. Dammi una mano. Escono con il corpo di Cesare Entrano Bruto e Cassio con i plebei116
III, 2
TUTTI I PLEBEI
Vogliamo una spiegazione! Dateci una spiegazione! BRUTO
Allora seguitemi e ascoltatemi, amici. (A parte a Cassio) Cassio, vai sull’altra strada e dividi la folla. (Ai plebei) Quelli che vogliono sentire parlare me, rimangano qui; quelli che vogliono sentire Cassio vadano nell’altra strada, e le ragioni della morte di Cesare verranno date pubblicamente. Bruto sale sul rostro PRIMO PLEBEO
Io sentirò Bruto. SECONDO PLEBEO
Io vado a sentire Cassio e confronteremo le ragioni che ciascuno avrà sentito. Esce Cassio con alcuni plebei
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
[Enter] Brutus [above] in the pulpit THIRD PLEBEIAN
The noble Brutus is ascended. Silence. BRUTUS Be patient till the last. Romans, countrymen, and lovers, hear me for my cause, and be silent that you may hear. Believe me for mine honour, and have respect to mine honour, that you may believe. Censure me in your wisdom, and awake your senses, that you may the better judge. If there be any in this assembly, any dear friend of Caesar’s, to him I say that Brutus’ love to Caesar was no less than his. If then that friend demand why Brutus rose against Caesar, this is my answer: not that I loved Caesar less, but that I loved Rome more. Had you rather Caesar were living, and die all slaves, than that Caesar were dead, to live all free men? As Caesar loved me, I weep for him. As he was fortunate, I rejoice at it. As he was valiant, I honour him. But as he was ambitious, I slew him. There is tears for his love, joy for his fortune, honour for his valour, and death for his ambition. Who is here so base that would be a bondman? If any, speak, for him have I offended. Who is here so rude that would not be a Roman? If any, speak, for him have I offended. Who is here so vile that will not love his country? If any, speak, for him have I offended. I pause for a reply. ALL THE PLEBEIANS None, Brutus, none. BRUTUS Then none have I offended. I have done no more to Caesar than you shall do to Brutus. The question of his death is enrolled in the Capitol, his glory not extenuated wherein he was worthy, nor his offences enforced for which he suffered death. Enter Mark Antony, with [others bearing] Caesar’s body [in a coffin] Here comes his body, mourned by Mark Antony, who, though he had no hand in his death, shall receive the 622
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40
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
Bruto [entra e sale] sul rostro TERZO PLEBEO
Il nobile Bruto è salito. Silenzio. BRUTO
Pazientate fino alla fine. Romani, cittadini e amici cari, ascoltate la mia causa e fate silenzio, così potete sentirmi. Credetemi sul mio onore, e del mio onore abbiate rispetto per credermi. Giudicatemi con la vostra saggezza e tenete svegli i vostri sensi per farlo il meglio possibile. Se c’è qualcuno in questa assemblea, qualche caro amico di Cesare, a lui io dico che l’amore di Bruto per Cesare non era inferiore al suo. Se poi quell’amico vuole sapere perché Bruto si è levato contro Cesare, questa è la mia risposta: io non amavo Cesare di meno, ma amavo Roma di più. Preferireste che Cesare fosse vivo e morire tutti schiavi, oppure che Cesare sia morto per vivere voi tutti liberi? Poiché Cesare mi amava, io piango per lui. Poiché era fortunato, ne gioisco. Poiché era valoroso, lo onoro. Ma siccome era ambizioso, l’ho ucciso. Ci sono lacrime per il suo amore, gioia per la sua fortuna, onore per il suo valore e morte per la sua ambizione. Chi c’è qui tanto vile da volere essere uno schiavo? Se c’è, parli, perché lui ho offeso. Chi è qui così barbaro da non voler essere un romano? Se c’è, parli, perché lui ho offeso. Chi c’è qui così vile che non ama il suo paese? Se c’è parli, perché lui ho offeso. Aspetto una risposta117. TUTTI I PLEBEI
Nessuno, Bruto, nessuno. BRUTO
Allora non ho offeso nessuno. Non ho fatto a Cesare nulla di più di quanto voi fareste a Bruto. Le ragioni della sua morte sono a registro sul Campidoglio; la sua gloria non è diminuita, laddove ne è stato degno, né aumentate le colpe per le quali è morto. Entrano Marco Antonio, con [altri che portano] il corpo di Cesare [in un feretro] Ecco, arriva il suo corpo, pianto da Marco Antonio. Lui, benché non abbia avuto parte nella sua morte, riceverà i benefici della sua
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
benefit of his dying: a place in the commonwealth – as which of you shall not? With this I depart: that as I slew my best lover for the good of Rome, I have the same dagger for myself when it shall please my country to need my death. ALL THE PLEBEIANS Live, Brutus, live, live!
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FIRST PLEBEIAN
Bring him with triumph home unto his house. [FOURTH] PLEBEIAN
Give him a statue with his ancestors.
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THIRD PLEBEIAN
Let him be Caesar. Caesar’s better parts Shall be crowned in Brutus.
[FIFTH] PLEBEIAN FIRST PLEBEIAN
We’ll bring him to his house with shouts and clamours. BRUTUS
My countrymen. [FOURTH] PLEBEIAN Peace, silence. Brutus speaks. FIRST PLEBEIAN Peace, ho!
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BRUTUS
Good countrymen, let me depart alone, And, for my sake, stay here with Antony. Do grace to Caesar’s corpse, and grace his speech Tending to Caesar’s glories, which Mark Antony, By our permission, is allowed to make. I do entreat you, not a man depart Save I alone till Antony have spoke.
60 Exit
FIRST PLEBEIAN
Stay, ho, and let us hear Mark Antony. THIRD PLEBEIAN
Let him go up into the public chair. We’ll hear him. Noble Antony, go up. ANTONY
For Brutus’ sake I am beholden to you. Antony ascends to the pulpit 624
65
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
fine: un posto nella repubblica – e chi di voi non l’avrà? Me ne vado dicendovi questo: poiché ho ucciso il mio migliore amico per il bene di Roma, conserverò lo stesso pugnale per me stesso quando la mia patria riterrà che la mia morte sia necessaria. TUTTI I PLEBEI
Viva Bruto! Viva! Viva! PRIMO PLEBEO
Portatelo a casa sua in trionfo. [QUARTO] PLEBEO
Fategli una statua e mettetelo insieme ai suoi antenati. TERZO PLEBEO
Che sia lui Cesare. [QUINTO] PLEBEO
Le qualità migliori di Cesare saranno incoronate in Bruto118. PRIMO PLEBEO
Lo porteremo a casa sua con grida di gioia. BRUTO
Miei concittadini! [QUARTO] PLEBEO
Zitti, silenzio. Parla Bruto. PRIMO PLEBEO
Zitti, ehi! BRUTO
Buoni concittadini, lasciatemi andar via e, per amor mio, rimanete qui con Antonio. Rendete omaggio al corpo di Cesare, e ascoltate con rispetto il discorso sulla gloria di Cesare che Marco Antonio, con il nostro permesso, è autorizzato a fare. Vi prego, nessuno vada via, eccetto me solo, fino a quando Antonio avrà parlato. Esce PRIMO PLEBEO
Ehi, rimanete e ascoltiamo Marco Antonio. TERZO PLEBEO
Che vada sul rostro. Lo ascolteremo. Nobile Antonio, sali. ANTONIO
Per grazia di Bruto, vi sono obbligato. Antonio sale sul rostro 625
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
[FIFTH] PLEBEIAN
What does he say of Brutus? THIRD PLEBEIAN He says, for Brutus’ sake He finds himself beholden to us all. [FIFTH] PLEBEIAN
’Twere best he speak no harm of Brutus here! FIRST PLEBEIAN
This Caesar was a tyrant. Nay, that’s certain. We are blessed that Rome is rid of him.
THIRD PLEBEIAN
70
[Enter] Antony in the pulpit [FOURTH] PLEBEIAN
Peace, let us hear what Antony can say. ANTONY
You gentle Romans. Peace, ho! Let us hear him.
ALL THE PLEBEIANS ANTONY
Friends, Romans, countrymen, lend me your ears. I come to bury Caesar, not to praise him. The evil that men do lives after them; The good is oft interrèd with their bones. So let it be with Caesar. The noble Brutus Hath told you Caesar was ambitious. If it were so, it was a grievous fault, And grievously hath Caesar answered it. Here, under leave of Brutus and the rest – For Brutus is an honourable man, So are they all, all honourable men – Come I to speak in Caesar’s funeral. He was my friend, faithful and just to me. But Brutus says he was ambitious, And Brutus is an honourable man. He hath brought many captives home to Rome, Whose ransoms did the general coffers fill. Did this in Caesar seem ambitious? When that the poor have cried, Caesar hath wept. 626
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90
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
[QUINTO] PLEBEO
Che cosa dice di Bruto? TERZO PLEBEO
Dice che per grazia di Bruto si sente obbligato con tutti noi. [QUINTO] PLEBEO
Farebbe bene a non parlare male di Bruto qui! PRIMO PLEBEO
Questo Cesare era un tiranno. TERZO PLEBEO
Sì, questo è certo. È una benedizione che Roma si sia liberata di lui. Antonio [entra] nel rostro [QUARTO] PLEBEO
Zitti! Sentiamo che cosa ha da dire Antonio. ANTONIO
Voi nobili romani. TUTTI I PLEBEI
Zitti, ehi! Ascoltiamolo. ANTONIO
Amici, romani, concittadini, prestatemi ascolto. Vengo a seppellire Cesare, non a farne le lodi. Il male sopravvive agli uomini che lo fanno. Il bene è spesso sotterrato insieme alle loro ossa. Così sia per Cesare. Il nobile Bruto vi ha detto che Cesare era ambizioso. Se ciò è vero, è colpa grave, e gravemente Cesare l’ha pagata119. Qui, con il permesso di Bruto e degli altri – perché Bruto è uomo d’onore, e così lo sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Cesare. Era mio amico, leale e giusto con me. Ma Bruto dice che era ambizioso. E Bruto è un uomo d’onore. Ha portato molti prigionieri a Roma, il cui riscatto ha riempito le casse pubbliche. E questo vi pare ambizione? Quando i poveri hanno pianto, Cesare
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
Ambition should be made of sterner stuff. Yet Brutus says he was ambitious, And Brutus is an honourable man. You all did see that on the Lupercal I thrice presented him a kingly crown, Which he did thrice refuse. Was this ambition? Yet Brutus says he was ambitious, And sure he is an honourable man. I speak not to disprove what Brutus spoke, But here I am to speak what I do know. You all did love him once, not without cause. What cause withholds you then to mourn for him? O judgement, thou art fled to brutish beasts, And men have lost their reason!
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He weeps Bear with me. My heart is in the coffin there with Caesar, And I must pause till it come back to me. FIRST PLEBEIAN
Methinks there is much reason in his sayings. [FOURTH] PLEBEIAN
If thou consider rightly of the matter, Caesar has had great wrong. THIRD PLEBEIAN Has he not, masters? I fear there will a worse come in his place.
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[FIFTH] PLEBEIAN
Marked ye his words? He would not take the crown, Therefore ’tis certain he was not ambitious. FIRST PLEBEIAN
If it be found so, some will dear abide it. [FOURTH] PLEBEIAN
Poor soul, his eyes are red as fire with weeping. THIRD PLEBEIAN
There’s not a nobler man in Rome than Antony. [FIFTH] PLEBEIAN
Now mark him; he begins again to speak. 628
115
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
ha pianto. L’ambizione dovrebbe essere fatta di materia più dura. Ma Bruto dice che era ambizioso. E Bruto è uomo d’onore. Voi tutti avete visto che alla festa dei Lupercali gli ho offerto tre volte la corona regale, e tre volte l’ha rifiutata. Fu questa ambizione? Ma Bruto dice che era ambizioso, e certo Bruto è uomo d’onore. Non parlo per contraddire quello che Bruto ha detto, sono qui per dire quello che so. Tutti voi lo amavate un tempo, e non senza ragione. Quale motivo allora vi trattiene dal piangere per lui? Oh senno, sei fuggito verso le brute bestie, e gli uomini hanno perso la ragione! Piange Abbiate pazienza. Il mio cuore è lì, nella bara, con Cesare, e devo fermarmi fino a quando non torna a battere120. PRIMO PLEBEO
Penso che ci sia molta ragione in quello che dice. [QUARTO] PLEBEO
Se consideri bene la cosa, Cesare ha subito un grande torto. TERZO PLEBEO
Non è vero, amici? Ho paura che ne venga uno peggiore al suo posto. [QUINTO] PLEBEO
Hai sentito che diceva? Non ha preso la corona, perciò è certo che non era ambizioso. PRIMO PLEBEO
Se si scopre che è così, qualcuno la pagherà cara. [QUARTO] PLEBEO
Povera anima, ha gli occhi rossi come il fuoco per quanto piange. TERZO PLEBEO
A Roma, non c’è uomo più nobile di Antonio. [QUINTO] PLEBEO
Guardate, ricomincia a parlare.
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
ANTONY
But yesterday the word of Caesar might Have stood against the world. Now lies he there, And none so poor to do him reverence. O masters, if I were disposed to stir Your hearts and minds to mutiny and rage, I should do Brutus wrong, and Cassius wrong, Who, you all know, are honourable men. I will not do them wrong. I rather choose To wrong the dead, to wrong myself and you, Than I will wrong such honourable men. But here’s a parchment with the seal of Caesar. I found it in his closet. ’Tis his will. Let but the commons hear this testament – Which, pardon me, I do not mean to read – And they would go and kiss dead Caesar’s wounds, And dip their napkins in his sacred blood, Yea, beg a hair of him for memory, And, dying, mention it within their wills, Bequeathing it as a rich legacy Unto their issue.
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[FIFTH] PLEBEIAN
We’ll hear the will. Read it, Mark Antony. ALL THE PLEBEIANS
The will, the will! We will hear Caesar’s will.
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ANTONY
Have patience, gentle friends, I must not read it. It is not meet you know how Caesar loved you. You are not wood, you are not stones, but men; And, being men, hearing the will of Caesar, It will inflame you, it will make you mad. ’Tis good you know not that you are his heirs, For if you should, O what would come of it? [FIFTH] PLEBEIAN
Read the will. We’ll hear it, Antony. You shall read us the will, Caesar’s will.
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
ANTONIO
Solo ieri, la parola di Cesare poteva ergersi contro il mondo intero. Ora lui sta lì, e nemmeno l’uomo più misero gli rende omaggio. Oh, amici, se avessi intenzione di spingere i vostri cuori e le vostre menti alla rabbia e alla ribellione, farei torto a Bruto e torto a Cassio, i quali, come sapete, sono uomini d’onore121. Non farò loro torto. Preferirei fare torto al morto, a me stesso e a voi piuttosto che a questi uomini d’onore. Ma ecco una pergamena con il sigillo di Cesare. L’ho trovata nel suo studio. È il suo testamento. Se solo il popolo sentisse il suo testamento – che, abbiate pazienza, non intendo leggere – tutti andrebbero a baciare le ferite di Cesare morto, e intingerebbero i fazzoletti nel suo corpo sacro, sì, implorerebbero un suo capello in ricordo, e, in punto di morte ne farebbero menzione nel loro testamento lasciandolo come ricca eredità ai loro figli122. [QUINTO] PLEBEO
Vogliamo sentire il testamento. Leggilo, Marco Antonio. TUTTI I PLEBEI
Il testamento, il testamento! Vogliamo sentire il testamento di Cesare. ANTONIO
Abbiate pazienza, nobili amici. Non posso leggerlo. Non è bene che sappiate quanto Cesare vi amava. Non siete di legno, non siete di pietra, ma uomini. Ascoltare il testamento di Cesare vi infiammerebbe e vi farebbe sgomentare. È giusto che non sappiate che siete i suoi eredi; perché se lo sapeste, oh, che cosa ne seguirebbe? [QUINTO] PLEBEO
Leggi il testamento. Vogliamo sentirlo, Antonio. Tu ci leggerai il testamento, il testamento di Cesare.
631
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
ANTONY
Will you be patient? Will you stay a while? I have o’ershot myself to tell you of it. I fear I wrong the honourable men Whose daggers have stabbed Caesar; I do fear it. [FIFTH] PLEBEIAN They were traitors. Honourable men? ALL THE PLEBEIANS The will, the testament! [FOURTH] PLEBEIAN They were villains, murderers. The will, read the will!
150
155
ANTONY
You will compel me then to read the will? Then make a ring about the corpse of Caesar, And let me show you him that made the will. Shall I descend? And will you give me leave?
160
ALL THE PLEBEIANS
Come down. [FOURTH] PLEBEIAN Descend.
You shall have leave.
THIRD PLEBEIAN
Antony descends from the pulpit [FIFTH] PLEBEIAN
A ring.
Stand round. FIRST PLEBEIAN
Stand from the hearse. Stand from the body. [FOURTH] PLEBEIAN
Room for Antony, most noble Antony! [Enter Antony below] ANTONY
Nay, press not so upon me. Stand farre off. ALL THE PLEBEIANS Stand back! Room! Bear back!
165
ANTONY
If you have tears, prepare to shed them now. You all do know this mantle. I remember The first time ever Caesar put it on. ’Twas on a summer’s evening in his tent,
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170
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
ANTONIO
Volete avere pazienza? Volete aspettare un poco? Ho fatto male a parlarvene. Temo di fare torto agli uomini d’onore i cui pugnali hanno ucciso Cesare. Lo temo veramente. [QUINTO] PLEBEO
Sono dei traditori. Uomini d’onore? TUTTI I PLEBEI
Il testamento, il testamento! [QUARTO] PLEBEO
Sono dei farabutti, assassini. Il testamento, leggi il testamento! ANTONIO
Volete dunque che legga il testamento? Allora fate cerchio intorno al corpo di Cesare, e lasciate che vi mostri colui che fece il testamento. Devo scendere? Mi darete il permesso123? TUTTI I PLEBEI
Vieni giù. [QUARTO] PLEBEO
Scendi. TERZO PLEBEO
Hai il permesso. Antonio scende dal rostro [QUINTO] PLEBEO
In cerchio. Fatevi attorno. PRIMO PLEBEO
State lontani dalla bara. State lontani dal corpo. [QUARTO] PLEBEO
Fate spazio ad Antonio, il nobilissimo Antonio! [Antonio entra di sotto] ANTONIO
No, non spingete. State più lontano. TUTTI I PLEBEI
Fatevi indietro! Spazio! State indietro124! ANTONIO
Se avete lacrime, preparatevi ora a versarle. Voi tutti conoscete questo mantello. Ricordo la prima volta che Cesare l’ha indossato. Era una sera d’estate nella sua tenda, il giorno in cui sconfisse 633
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
That day he overcame the Nervii. Look, in this place ran Cassius’ dagger through. See what a rent the envious Casca made. Through this the well-belovèd Brutus stabbed; And as he plucked his cursèd steel away, Mark how the blood of Caesar followed it, As rushing out of doors to be resolved If Brutus so unkindly knocked or no – For Brutus, as you know, was Caesar’s angel. Judge, O you gods, how dearly Caesar loved him! This was the most unkindest cut of all. For when the noble Caesar saw him stab, Ingratitude, more strong than traitors’ arms, Quite vanquished him. Then burst his mighty heart, And in his mantle muffling up his face, Even at the base of Pompey’s statue, Which all the while ran blood, great Caesar fell. O, what a fall was there, my countrymen! Then I, and you, and all of us fell down, Whilst bloody treason flourished over us. O now you weep, and I perceive you feel The dint of pity. These are gracious drops. Kind souls, what, weep you when you but behold Our Caesar’s vesture wounded? Look you here. Here is himself, marred, as you see, with traitors. He uncovers Caesar’s body FIRST PLEBEIAN
O piteous spectacle! [FOURTH] PLEBEIAN O noble Caesar! THIRD PLEBEIAN O woeful day! [FIFTH] PLEBEIAN
O traitors, villains! FIRST PLEBEIAN O most bloody sight! [FOURTH] PLEBEIAN We will be revenged.
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
i Nervii125. Guardate, qui è penetrato il pugnale di Cassio. Vedete che squarcio ha aperto l’astioso Casca. Il tanto amato Bruto ha pugnalato in questo buco; e quando ha estratto il suo maledetto pugnale, guardate come il sangue di Cesare l’ha inseguito, quasi precipitandosi fuori di casa come per accertarsi che fosse davvero Bruto che crudelmente aveva bussato – perché Bruto, lo sapete, era l’angelo di Cesare. Giudicate voi, oh dèi, quanto Cesare lo amava. Questa è stata la ferita più innaturale di tutte. Perché, quando il nobile Cesare vide che Bruto lo pugnalava, l’ingratitudine, la più forte delle armi del traditore, lo vinse definitivamente. Fu allora che scoppiò il suo cuore possente, e coprendo il volto nel suo mantello, proprio alla base della statua di Pompeo, che intanto grondava sangue, il grande Cesare cadde. Oh, quale caduta fu quella, miei concittadini! Allora, io e voi e tutti noi cademmo, mentre il sanguinoso tradimento trionfava su di noi126. Ora voi piangete e vedo che cominciate a provare pietà. Queste sono lacrime misericordiose. Anime buone, come! Piangete solo a guardare le ferite del mantello del nostro Cesare? Guardate qui. Questo, vedete, è lui, sfregiato dai traditori127. Scopre il corpo di Cesare PRIMO PLEBEO
Oh, spettacolo penoso! [QUARTO] PLEBEO
Oh, nobile Cesare! TERZO PLEBEO
Oh, giorno di dolore! [QUINTO] PLEBEO
Oh traditori, farabutti! PRIMO PLEBEO
Oh, spettacolo sanguinoso! [QUARTO] PLEBEO
Vogliamo vendetta.
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
[ALL THE PLEBEIANS] Revenge! About! Seek! Burn! Fire! Kill! Slay! Let not a traitor live! ANTONY Stay, countrymen. FIRST PLEBEIAN Peace there, hear the noble Antony. [FOURTH] PLEBEIAN We’ll hear him, we’ll follow him, we’ll die with him!
200
ANTONY
Good friends, sweet friends, let me not stir you up To such a sudden flood of mutiny. They that have done this deed are honourable. What private griefs they have, alas, I know not, That made them do it. They are wise and honourable, And will no doubt with reasons answer you. I come not, friends, to steal away your hearts. I am no orator as Brutus is, But, as you know me all, a plain blunt man That love my friend; and that they know full well That gave me public leave to speak of him. For I have neither wit, nor words, nor worth, Action, nor utterance, nor the power of speech, To stir men’s blood. I only speak right on. I tell you that which you yourselves do know, Show you sweet Caesar’s wounds, poor poor dumb mouths, And bid them speak for me. But were I Brutus, And Brutus Antony, there were an Antony Would ruffle up your spirits, and put a tongue In every wound of Caesar that should move The stones of Rome to rise and mutiny. ALL THE PLEBEIANS
We’ll mutiny. FIRST PLEBEIAN We’ll burn the house of Brutus. THIRD PLEBEIAN
Away then! Come, seek the conspirators. ANTONY
Yet hear me, countrymen, yet hear me speak. 636
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
[TUTTI I PLEBEI]
Vendetta! All’opera! Cercate! Bruciate! Fuoco! Uccidete! Ammazzate! Che nessun traditore sopravviva! ANTONIO
Concittadini, fermatevi. PRIMO PLEBEO
Silenzio lì, ascoltate il nobile Antonio. [QUARTO] PLEBEO
Lo ascolteremo, lo seguiremo, moriremo con lui! ANTONIO
Buoni amici, dolci amici, non permettete che vi scateni a una così improvvisa ondata di ribellione. Coloro che hanno compiuto questo atto sono uomini d’onore. Quale rancore personale li ha portati ad agire così, ahimè, io non lo so. Essi sono saggi e onorevoli, e non ho dubbi che vi risponderanno con le loro ragioni. Io non vengo, amici, a rubare i vostri cuori. Non sono un oratore come Bruto, ma come tutti voi sapete, sono un uomo semplice e schietto che ama il suo amico; e coloro che mi hanno permesso di parlare di lui in pubblico lo sanno bene. Non ho ingegno, né scorrevolezza di parola, né autorevolezza, né arte del gesto, né eloquenza, né un potere di discorso capace di smuovere il sangue degli uomini. Io so parlare solo in modo diretto. Vi dico solo quello che voi già sapete, vi mostro le ferite del dolce Cesare, povere povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per me. Ma se fossi Bruto e Bruto Antonio, ci sarebbe un Antonio a rimescolare i vostri spiriti, e a ogni ferita di Cesare darebbe una lingua che trascinerebbe anche le pietre di Roma all’insurrezione e alla rivolta128. TUTTI I PLEBEI
Insorgeremo! PRIMO PLEBEO
Bruceremo la casa di Bruto. TERZO PLEBEO
Via, allora! Venite, andiamo a cercare i congiurati129. ANTONIO
Ascoltatemi ancora, cittadini, ascoltatemi ancora.
637
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 2
ALL THE PLEBEIANS
Peace, ho! Hear Antony, most noble Antony. ANTONY
Why, friends, you go to do you know not what. Wherein hath Caesar thus deserved your loves? Alas, you know not. I must tell you then. You have forgot the will I told you of.
230
ALL THE PLEBEIANS
Most true. The will. Let’s stay and hear the will. ANTONY
Here is the will, and under Caesar’s seal. To every Roman citizen he gives – To every several man – seventy-five drachmas.
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[FOURTH] PLEBEIAN
Most noble Caesar! We’ll revenge his death. THIRD PLEBEIAN
O royal Caesar! Hear me with patience. ALL THE PLEBEIANS Peace, ho! ANTONY ANTONY
Moreover he hath left you all his walks, His private arbours, and new-planted orchards, On this side Tiber. He hath left them you, And to your heirs for ever – common pleasures To walk abroad and recreate yourselves. Here was a Caesar. When comes such another?
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FIRST PLEBEIAN
Never, never! Come, away, away! We’ll burn his body in the holy place, And with the brands fire the traitors’ houses. Take up the body. [FOURTH] PLEBEIAN Go, fetch fire! THIRD PLEBEIAN Pluck down benches! [FIFTH] PLEBEIAN Pluck down forms, windows, anything! Exeunt Plebeians [with Caesar’s body]
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250
GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 2
TUTTI I PLEBEI
Silenzio, ehi! Ascoltate Antonio, il nobilissimo Antonio. ANTONIO
Ma, amici, non sapete che cosa state andando a fare. Perché Cesare ha tanto meritato il vostro amore? Ahimè, non lo sapete. Devo dirvelo io, allora. Avete dimenticato il testamento di cui vi ho detto. TUTTI I PLEBEI
Verissimo. Il testamento. Fermiamoci e ascoltiamo il testamento. ANTONIO
Ecco il testamento, con il sigillo di Cesare. A ogni cittadino romano egli dona – a ciascuno – settantacinque dracme. [QUARTO] PLEBEO
Nobilissimo Cesare! Vendicheremo la sua morte. TERZO PLEBEO
Oh, regale Cesare! ANTONIO
Abbiate pazienza, ascoltatemi. TUTTI I PLEBEI
Silenzio, ehi! ANTONIO
Inoltre vi ha lasciato tutti i suoi giardini, i suoi pergolati e gli orti appena piantati su questa sponda del Tevere. Li ha lasciati a voi e ai vostri eredi per sempre – parchi pubblici dove passeggiare e divertirvi. Questo fu Cesare. Quando ne verrà un altro uguale? PRIMO PLEBEO
Mai, mai! Andiamo, via, via! Bruceremo il suo corpo nel sacrario, e con i tizzoni incendieremo le case dei traditori. Prendete il corpo. [QUARTO] PLEBEO
Andate a prendere il fuoco! TERZO PLEBEO
Svellete le panche! [QUINTO] PLEBEO
Svellete panche, finestre, ogni cosa! Escono i plebei [con il corpo di Cesare]
639
JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 3
ANTONY
Now let it work. Mischief, thou art afoot. Take thou what course thou wilt. Enter [Octavius’] Servant How now, fellow? SERVANT
Sir, Octavius is already come to Rome.
255
ANTONY Where is he? SERVANT
He and Lepidus are at Caesar’s house. ANTONY
And thither will I straight to visit him. He comes upon a wish. Fortune is merry, And in this mood will give us anything.
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SERVANT
I heard him say Brutus and Cassius Are rid like madmen through the gates of Rome. ANTONY
Belike they had some notice of the people, How I had moved them. Bring me to Octavius. Exeunt Enter Cinna the poet
3.3 CINNA
I dreamt tonight that I did feast with Caesar, And things unlucky charge my fantasy. I have no will to wander forth of doors, Yet something leads me forth. Enter the Plebeians FIRST PLEBEIAN What is your name? SECOND PLEBEIAN Whither are you going? THIRD PLEBEIAN Where do you dwell? FOURTH PLEBEIAN Are you a married man or a bachelor?
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 3
ANTONIO
E ora agisci! Discordia, sei in atto, prendi la strada che ti pare. Entra il servo [di Ottaviano] Che c’è ora, buon uomo? SERVO
Signore, Ottaviano è già arrivato a Roma. ANTONIO
Dov’è? SERVO
Con Lepido, a casa di Cesare130. ANTONIO
Andrò subito da lui. Arriva proprio quando volevo131. La fortuna è allegra, e con questo buon umore ci concederà ogni cosa. SERVO
Gli ho sentito dire che Bruto e Cassio hanno lasciato le porte di Roma come pazzi a tutta briglia132. ANTONIO
Probabilmente hanno saputo del popolo e di come l’ho infiammato. Portami da Ottaviano. Escono III, 3133 Entra Cinna il poeta134 CINNA
Ho sognato stanotte che festeggiavo con Cesare, e ora mi sento oppresso da brutti presentimenti. Non ho nessuna voglia di uscire, e però qualcosa mi spinge fuori di casa. Entrano i plebei PRIMO PLEBEO
Come ti chiami? SECONDO PLEBEO
Dove stai andando? TERZO PLEBEO
Dove abiti? QUARTO PLEBEO
Sei sposato? Sei scapolo?
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JULIUS CAESAR, ACT 3 SCENE 3
SECOND PLEBEIAN Answer every man directly. FIRST PLEBEIAN Ay, and briefly.
10
FOURTH PLEBEIAN Ay, and wisely. THIRD PLEBEIAN Ay, and truly, you were best. CINNA What is my name? Whither am I going? Where
do I dwell? Am I a married man or a bachelor? Then to answer every man directly and briefly, wisely and truly: wisely, I say, I am a bachelor. SECOND PLEBEIAN That’s as much as to say they are fools that marry. You’ll bear me a bang for that, I fear. Proceed directly. CINNA Directly I am going to Caesar’s funeral. FIRST PLEBEIAN As a friend or an enemy? CINNA As a friend. SECOND PLEBEIAN That matter is answered directly. FOURTH PLEBEIAN For your dwelling – briefly. CINNA Briefly, I dwell by the Capitol. THIRD PLEBEIAN Your name, sir, truly. CINNA Truly, my name is Cinna. FIRST PLEBEIAN Tear him to pieces! He’s a conspirator. CINNA I am Cinna the poet, I am Cinna the poet.
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GIULIO CESARE, ATTO III SCENA 3
SECONDO PLEBEO
Rispondi subito alle domande. PRIMO PLEBEO
Sì, e brevemente. QUARTO PLEBEO
Sì, e saggiamente. TERZO PLEBEO
Sì, e faresti bene a dire la verità. CINNA
Come mi chiamo? Dove sto andando? Dove abito? Sono sposato o scapolo? Allora, per rispondere a ognuno di voi subito, brevemente, saggiamente e dicendo la verità, dico che sono saggiamente scapolo. SECONDO PLEBEO
È come dire che quelli che si sposano sono tutti scemi. Ti prenderai un bel pugno da me, temo. Continua, veloce. CINNA
Veloce, sto andando al funerale di Cesare. PRIMO PLEBEO
Come amico o come nemico? CINNA
Come amico. SECONDO PLEBEO
Su questo ha risposto a tono. QUARTO PLEBEO
Dove abiti – breve. CINNA
In breve, vicino al Campidoglio. TERZO PLEBEO
Il tuo nome, signore, la verità. CINNA
La verità è che mi chiamo Cinna. PRIMO PLEBEO
Fatelo a pezzi! È un congiurato. CINNA
Sono Cinna il poeta, sono Cinna il poeta!
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JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 1
FOURTH PLEBEIAN Tear him for his bad verses, tear him
for his bad verses.
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CINNA I am not Cinna the conspirator. FOURTH PLEBEIAN It is no matter, his name’s Cinna. Pluck
but his name out of his heart, and turn him going. THIRD PLEBEIAN Tear him, tear him!
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[They set upon Cinna] Come, brands, ho! Firebrands! To Brutus’, to Cassius’! Burn all! Some to Decius’ house, and some to Casca’s; some to Ligarius’. Away, go! Exeunt all the Plebeians, with Cinna 4.1
Enter Antony with papers, Octavius, and Lepidus
ANTONY
These many, then, shall die; their names are pricked. OCTAVIUS (to Lepidus) Your brother too must die. Consent you, Lepidus? LEPIDUS
I do consent. OCTAVIUS
Prick him down, Antony.
LEPIDUS
Upon condition Publius shall not live, Who is your sister’s son, Mark Antony.
5
ANTONY
He shall not live. Look, with a spot I damn him. But Lepidus, go you to Caesar’s house; Fetch the will hither, and we shall determine How to cut off some charge in legacies. LEPIDUS What, shall I find you here?
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10
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 1
QUARTO PLEBEO
Fatelo a pezzi per i suoi brutti versi, fatelo a pezzi per i suoi brutti versi! CINNA
Non sono Cinna il congiurato. QUARTO PLEBEO
Non fa niente, il suo nome è Cinna. Strappategli solo il nome dal cuore, e lasciatelo andare135. TERZO PLEBEO
Fatelo a pezzi, fatelo a pezzi! [Aggrediscono Cinna] Avanti, dei tizzoni, ehi! Dei tizzoni accesi! Avanti a casa di Bruto e Cassio! Bruciate tutto! Qualcuno vada a casa di Decio, e altri a casa di Casca; altri da Ligario. Via, andate! Escono tutti i plebei con Cinna IV, 1
Entrano Antonio con delle carte, Ottaviano e Lepido136
ANTONIO
Questi, allora, moriranno. I loro nomi sono segnati137. OTTAVIANO (a Lepido) Tuo fratello deve morire138. Sei d’accordo, Lepido? LEPIDO
D’accordo. OTTAVIANO
Segnalo, Antonio. LEPIDO
A una condizione: che non sopravviva Publio, figlio di tua sorella139, Marco Antonio. ANTONIO
Non vivrà. Guarda, lo condanno con un segno. Ma Lepido, va tu a casa di Cesare; porta qui il testamento e decideremo come tagliare ciò che dobbiamo per i suoi lasciti140. LEPIDO
E vi ritroverò qui?
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JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 1
OCTAVIUS Or here or at the Capitol.
Exit Lepidus
ANTONY
This is a slight, unmeritable man, Meet to be sent on errands. Is it fit, The three-fold world divided, he should stand One of the three to share it? OCTAVIUS So you thought him, And took his voice who should be pricked to die In our black sentence and proscription.
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ANTONY
Octavius, I have seen more days than you, And though we lay these honours on this man To ease ourselves of divers sland’rous loads, He shall but bear them as the ass bears gold, To groan and sweat under the business, Either led or driven as we point the way; And having brought our treasure where we will, Then take we down his load, and turn him off, Like to the empty ass, to shake his ears And graze in commons. OCTAVIUS You may do your will; But he’s a tried and valiant soldier.
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ANTONY
So is my horse, Octavius, and for that I do appoint him store of provender. It is a creature that I teach to fight, To wind, to stop, to run directly on, His corporal motion governed by my spirit; And in some taste is Lepidus but so. He must be taught, and trained, and bid go forth – A barren-spirited fellow, one that feeds On objects, arts, and imitations, Which, out of use and staled by other men, Begin his fashion. Do not talk of him But as a property. And now, Octavius, Listen great things. Brutus and Cassius Are levying powers. We must straight make head. 646
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GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 1
OTTAVIANO
O qui o al Campidoglio. Esce Lepido ANTONIO
È un uomo mediocre e senza meriti, buono solo per essere mandato a fare commissioni. Ti pare giusto che in un mondo diviso in tre, lui debba essere uno di quelli che se lo spartiscono? OTTAVIANO
Sei tu che hai pensato a lui e hai sentito il suo parere su chi doveva morire nelle nostre condanne e proscrizioni. ANTONIO
Ottaviano, io ho visto più giorni di te141, e anche se abbiamo dovuto concedergli dei privilegi per scaricarci del peso di molte accuse, lui si limiterà a portarli come l’asino che porta l’oro, che geme e suda sotto il peso, guidato o trascinato dove gli diciamo noi. E quando avrà portato il nostro tesoro dove vogliamo noi, tireremo giù il carico e lo abbandoneremo come un asino sgravato a scuotere le orecchie e a pascolare nei campi. OTTAVIANO
Fai come vuoi; ma è un soldato affidabile e valoroso. ANTONIO
Lo è anche il mio cavallo, Ottaviano, e per questo gli do la sua razione di foraggio. Gli insegno a combattere, a girarsi, a fermarsi, a correre dritto al galoppo – i movimenti del suo corpo sono guidati dalla mia mente142. E in un certo senso Lepido non è altro che questo. Deve essere istruito e addestrato e guidato – uno privo di spirito che si nutre di oggetti curiosi, artefatti e imitazioni che, fuori uso e involgariti da altri, sono per lui l’ultima moda. Non parlare di lui se non come uno strumento143. E ora Ottaviano, presta orecchio a cose più importanti. Bruto e Cassio stanno arruolando truppe. Noi dobbiamo subito mettere su un esercito. Perciò stringiamo la
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JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
Therefore let our alliance be combined, Our best friends made, our meinies stretched, And let us presently go sit in council, How covert matters may be best disclosed, And open perils surest answerèd.
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OCTAVIUS
Let us do so, for we are at the stake And bayed about with many enemies; And some that smile have in their hearts, I fear, Millions of mischiefs. 4.2
50 Exeunt
Drum. Enter Brutus, Lucius, and the army. [Lucillius,] Titinius, and Pindarus meet them
BRUTUS Stand, ho! [SOLDIER] Give the word ‘ho’, and stand. BRUTUS
What now, Lucillius: is Cassius near? LUCILLIUS
He is at hand, and Pindarus is come To do you salutation from his master.
5
BRUTUS
He greets me well. Your master, Pindarus, In his own change or by ill officers, Hath given me some worthy cause to wish Things done undone. But if he be at hand, I shall be satisfied. PINDARUS I do not doubt But that my noble master will appear Such as he is, full of regard and honour.
10
BRUTUS
He is not doubted. – A word, Lucillius. Brutus and Lucillius speak apart How he received you let me be resolved. 2. Nelle varie edizioni del dramma c’è, soprattutto in questa scena, una certa confusione sulla distribuzione delle battute e sull’identificazione dei personaggi che le pronunciano. 648
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
nostra alleanza, raduniamo i migliori amici, aumentiamo i nostri mezzi e teniamo presto consiglio su come scoprire le loro mosse segrete e su come affrontare i pericoli più evidenti. OTTAVIANO
Facciamolo, perché siamo al palo come l’orso, e circondati da molti nemici ringhiosi144; e molti di quelli che ci sorridono hanno nel cuore, temo, milioni di cattive intenzioni. Escono Tamburi. Entrano Bruto, Lucio e l’esercito. [Lucilio,] Titino e Pindaro vanno loro incontro145
IV, 2 BRUTO
Altolà! [SOLDATO]
Passate parola, ehi! Fermatevi. BRUTO
Allora, Lucilio, Cassio è vicino? LUCILIO
Sta arrivando, e Pindaro è venuto a portarti i saluti del suo padrone. BRUTO
È un uomo degno che mi saluta. Il tuo padrone, Pindaro, agendo per conto suo o per colpa dei suoi cattivi ufficiali, mi ha dato una buona ragione per desiderare di disfare cose già fatte146. Ma se sta arrivando, riceverò una piena spiegazione. PINDARO
Non ho dubbi che il mio nobile padrone apparirà quale egli è, uomo d’onore e degno di rispetto. BRUTO
Non ne dubito. – Una parola, Lucilio. Bruto e Lucilio si appartano e parlano Dimmi come ti ha ricevuto.
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JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
LUCILLIUS
With courtesy and with respect enough, But not with such familiar instances, Nor with such free and friendly conference, As he hath used of old. BRUTUS Thou hast described A hot friend cooling. Ever note, Lucillius: When love begins to sicken and decay It useth an enforcèd ceremony. There are no tricks in plain and simple faith; But hollow men, like horses hot at hand, Make gallant show and promise of their mettle;
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20
Low march within But when they should endure the bloody spur, They fall their crests and, like deceitful jades, Sink in the trial. Comes his army on?
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LUCILLIUS
They mean this night in Sardis to be quartered. The greater part, the horse in general, Are come with Cassius. Enter Cassius and his powers Hark, he is arrived. March gently on to meet him.
BRUTUS
30
The armies march CASSIUS Stand, ho! BRUTUS Stand, ho! Speak the word along. [FIRST SOLDIER] Stand! [SECOND SOLDIER] Stand! [THIRD SOLDIER] Stand! CASSIUS
Most noble brother, you have done me wrong. BRUTUS
Judge me, you gods: wrong I mine enemies? And if not so, how should I wrong a brother?
650
35
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
LUCILIO
Con cortesia e con un certo rispetto, ma non con quella familiarità o con quei modi franchi e amichevoli che aveva una volta. BRUTO
Hai descritto un amico appassionato che si raffredda. Sappi, Lucilio, che quando l’amore inizia ad ammalarsi e a declinare diventa forzato e formale. Non ci sono artifici in una amicizia semplice e naturale; gli uomini falsi, come cavalli impazienti alla partenza, fanno mostra di coraggio e promettono vigore; Marcia sommessa da dentro ma quando vengono spronati a sangue, abbassano la cresta e, come ronzini camuffati, cadono nella corsa. Arriva il suo esercito? LUCILIO
Intendono accamparsi a Sardi questa notte. La maggior parte, e tutta la cavalleria, è venuta con Cassio. Entrano Cassio e i suoi eserciti BRUTO
Ascoltate, è arrivato. Marciate lentamente verso di lui. Gli eserciti marciano CASSIO
Ferma, ehi! BRUTO
Altolà, ehi! Passate parola. [PRIMO SOLDATO]
Alt! [SECONDO SOLDATO]
Alt! [TERZO SOLDATO]
Alt! CASSIO
Nobilissimo fratello, mi hai fatto torto. BRUTO
Giudicatemi voi, dèi; ho mai fatto torto ai miei nemici? E se no, come potrei farlo a un fratello?
651
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
CASSIUS
Brutus, this sober form of yours hides wrongs, And when you do them – BRUTUS Cassius, be content. Speak your griefs softly. I do know you well. Before the eyes of both our armies here, Which should perceive nothing but love from us, Let us not wrangle. Bid them move away, Then in my tent, Cassius, enlarge your griefs, And I will give you audience. CASSIUS Pindarus, Bid our commanders lead their charges off A little from this ground.
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BRUTUS
Lucillius, do you the like; and let no man Come to our tent till we have done our conference. Let Lucius and Titinius guard our door.
50
Exeunt the armies Brutus and Cassius remain, [with Titinius, and Lucius guarding the door] CASSIUS
That you have wronged me doth appear in this: You have condemned and noted Lucius Pella For taking bribes here of the Sardians, Wherein my letters praying on his side, Because I knew the man, was slighted off.
55
BRUTUS
You wronged yourself to write in such a case. CASSIUS
In such a time as this it is not meet That every nice offence should bear his comment. BRUTUS
Let me tell you, Cassius, you yourself Are much condemned to have an itching palm, To sell and mart your offices for gold To undeservers. 652
60
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
CASSIO
Bruto, questo tuo atteggiamento austero nasconde dei torti, e quando li fai – BRUTO
Cassio, calmati. Parla sottovoce. Ti conosco bene. Non litighiamo qui davanti ai nostri eserciti che non dovrebbero vedere altro che amore tra di noi. Ordina loro di allontanarsi, e poi nella mia tenda, Cassio, dai pure sfogo alle tue lagnanze, e ti ascolterò. CASSIO
Pindaro, ordina ai nostri comandanti di portare le truppe lontano da qui. BRUTO
Lucilio, tu fai lo stesso; e che nessuno si avvicini alla nostra tenda fino a che non avremo finito di parlare. Lucio e Titinio state a guardia della porta. Escono gli eserciti Rimangono Bruto e Cassio [con Titinio e Lucio a guardia della porta]147 CASSIO
Tu mi hai fatto chiaramente torto: hai condannato pubblicamente e fatto cadere in disgrazia Lucio Pella per aver estorto denaro ai Sardiani, e hai ignorato sprezzante le mie lettere: lo difendevo perché lo conosco bene148. BRUTO
Tu hai fatto torto a te stesso in questo caso. CASSIO
Di questi tempi non è opportuno che ogni piccolo crimine venga censurato. BRUTO
Lascia che ti dica, Cassio, che tu stesso devi essere biasimato per la tua avidità149, per essere sempre pronto a vendere e trafficare cariche in cambio d’oro con chi non se le merita.
653
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
I, an itching palm? You know that you are Brutus that speaks this, Or, by the gods, this speech were else your last.
CASSIUS
65
BRUTUS
The name of Cassius honours this corruption, And chastisement doth therefore hide his head. CASSIUS Chastisement? BRUTUS
Remember March, the ides of March, remember. Did not great Julius bleed for justice’ sake? What villain touched his body, that did stab, And not for justice? What, shall one of us, That struck the foremost man of all this world But for supporting robbers, shall we now Contaminate our fingers with base bribes, And sell the mighty space of our large honours For so much trash as may be graspèd thus? I had rather be a dog and bay the moon Than such a Roman. CASSIUS Brutus, bay not me. I’ll not endure it. You forget yourself To hedge me in. I am a soldier, I, Older in practice, abler than yourself To make conditions. BRUTUS Go to, you are not, Cassius. CASSIUS I am. BRUTUS I say you are not.
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CASSIUS
Urge me no more, I shall forget myself. Have mind upon your health. Tempt me no farther. BRUTUS Away, slight man. CASSIUS Is’t possible?
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GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
CASSIO
Io, avido? Tu sai di essere Bruto, a parlare così; altrimenti, per gli dèi, queste sarebbero le tue ultime parole. BRUTO
Il nome di Cassio nobilita questa corruzione, e il castigo non osa mostrarsi150. CASSIO
Castigo? BRUTO
Ricordati di marzo, delle Idi di marzo, ricorda. Il grande Giulio non ha forse sanguinato per amor di giustizia? Quale farabutto ne ha violato il corpo, e lo ha pugnalato, se non per giustizia151? E allora? Non ha ognuno di noi colpito l’uomo migliore di tutto questo mondo se non perché favoriva i truffatori152? E dobbiamo ora contaminare le nostre mani con vili mazzette e vendere l’imponente altezza delle nostre reputazioni per tutti i luridi quattrini che si possono arraffare? Preferirei essere un cane e abbaiare alla luna piuttosto che un simile romano. CASSIO
Bruto, non abbaiare contro di me, non lo tollero. Non sai quello che fai a mettermi alle corde153. Sono un soldato, io, più vecchio in esperienza, e più bravo di te a gestire gli affari. BRUTO
Ma vai! Non lo sei, Cassio. CASSIO
Lo sono. BRUTO
Dico che non lo sei. CASSIO
Non insistere, o perderò la testa. Sta attento a te. Smettila di provocarmi. BRUTO
Via, uomo da poco. CASSIO
È mai possibile?
655
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
BRUTUS Hear me, for I will speak.
Must I give way and room to your rash choler? Shall I be frighted when a madman stares? CASSIUS
O ye gods, ye gods! Must I endure all this?
95
BRUTUS
All this? Ay, more. Fret till your proud heart break. Go show your slaves how choleric you are, And make your bondmen tremble. Must I budge? Must I observe you? Must I stand and crouch Under your testy humour? By the gods, You shall digest the venom of your spleen, Though it do split you. For from this day forth I’ll use you for my mirth, yea for my laughter, When you are waspish. CASSIUS Is it come to this?
100
BRUTUS
You say you are a better soldier. Let it appear so, make your vaunting true, And it shall please me well. For mine own part, I shall be glad to learn of noble men.
105
CASSIUS
You wrong me every way, you wrong me, Brutus. I said an elder soldier, not a better. Did I say better? BRUTUS If you did, I care not.
110
CASSIUS
When Caesar lived he durst not thus have moved me. BRUTUS
Peace, peace; you durst not so have tempted him. CASSIUS I durst not? BRUTUS No. CASSIUS What, durst not tempt him? BRUTUS For your life you durst not.
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115
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
BRUTO
Ascoltami, parlerò chiaro. Devo dare spazio alla tua furia forsennata? Debbo forse impaurirmi se un pazzo mi guarda stralunato? CASSIO
Oh, dèi! Oh, dèi! Devo sopportare tutto questo? BRUTO
Tutto questo? Sì, di più. Agitati pure fino a che il tuo cuore superbo non si spezzi. Vai a mostrare ai tuoi schiavi quanto sei rabbioso, e fa’ tremare i tuoi servi. Io piegarmi? Io assecondarti? Inginocchiarmi davanti alla tua indole collerica154? Per gli dèi, ingoierai il veleno della tua bile pur se dovesse spezzarti in due! Perché da oggi in poi, quando darai in escandescenze io farò di te il mio zimbello, sì, il mio spasso155! CASSIO
Siamo arrivati a questo? BRUTO
Dici che sei un soldato migliore di me. Dimostralo! Prova le tue vanterie, e ne avrò un grande piacere. Sarò ben lieto di imparare da uomini nobili. CASSIO
Mi fai torto, mi fai torto, Bruto. Ho detto un soldato più vecchio, non migliore. Ho detto migliore? BRUTO
Se lo hai detto, non importa. CASSIO
Quando Cesare era vivo non avrebbe osato esasperarmi fino a questo punto. BRUTO
Basta, basta! Tu non avresti osato provocarlo in questo modo. CASSIO
Non avrei osato? BRUTO
No. CASSIO
Cosa? Non avrei osato provocarlo? BRUTO
Non avresti osato, per la tua vita. 657
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
CASSIUS
Do not presume too much upon my love. I may do that I shall be sorry for. BRUTUS
You have done that you should be sorry for. There is no terror, Cassius, in your threats, For I am armed so strong in honesty That they pass by me as the idle wind, Which I respect not. I did send to you For certain sums of gold, which you denied me; For I can raise no money by vile means. By heaven, I had rather coin my heart And drop my blood for drachmas than to wring From the hard hands of peasants their vile trash By any indirection. I did send To you for gold to pay my legions, Which you denied me. Was that done like Cassius? Should I have answered Caius Cassius so? When Marcus Brutus grows so covetous To lock such rascal counters from his friends, Be ready, gods, with all your thunderbolts; Dash him to pieces. CASSIUS I denied you not.
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135
BRUTUS
You did. I did not. He was but a fool That brought my answer back. Brutus hath rived my heart. A friend should bear his friend’s infirmities, But Brutus makes mine greater than they are.
CASSIUS
BRUTUS
I do not, till you practise them on me. CASSIUS
You love me not. I do not like your faults.
BRUTUS
CASSIUS
A friendly eye could never see such faults. 658
140
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
CASSIO
Non approfittare troppo della mia amicizia. Potrei fare qualcosa di cui mi pentirei. BRUTO
Tu hai già fatto qualcosa di cui pentirti. Non mi spaventi, Cassio, con le tue minacce, perché sono così bene armato della mia rettitudine che mi sfiorano appena, come una brezza. Ti ho mandato a chiedere una certa quantità d’oro che mi hai negato; perché io non so procurarmi denaro con vili espedienti. Per il cielo, conierei moneta dal mio cuore e verserei dracme al posto di sangue prima di estorcere dalle ruvide mani dei contadini i loro pochi spiccioli con mezzi illeciti. Ti ho mandato a chiedere oro per pagare le mie legioni, e tu me l’hai negato156. È stata un’azione da Cassio? Avrei risposto così io a Cassio? Quando Marco Bruto diventerà tanto taccagno da chiudere sotto chiave miserabili monete per negarle a un amico, siate pronti, oh dèi, a farlo a pezzi con tutti i vostri fulmini! CASSIO
Non te l’ho negato. BRUTO
Lo hai fatto. CASSIO
No. È stato uno sciocco a portarti la mia risposta. Bruto mi ha spezzato il cuore. Un amico dovrebbe sopportare le debolezze di un amico, ma Bruto fa le mie più grandi di quello che sono. BRUTO
Non lo faccio, a meno che non le usi contro di me. CASSIO
Tu non mi ami. BRUTO
Non mi piacciono i tuoi difetti. CASSIO
Un occhio amico non li noterebbe mai.
659
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
BRUTUS
A flatterer’s would not, though they do appear As huge as high Olympus.
145
CASSIUS
Come, Antony and young Octavius, come, Revenge yourselves alone on Cassius; For Cassius is aweary of the world, Hated by one he loves, braved by his brother, Checked like a bondman; all his faults observed, Set in a notebook, learned and conned by rote, To cast into my teeth. O, I could weep My spirit from mine eyes! There is my dagger, And here my naked breast; within, a heart Dearer than Pluto’s mine, richer than gold. If that thou beest a Roman, take it forth. I that denied thee gold will give my heart. Strike as thou didst at Caesar; for I know When thou didst hate him worst, thou loved’st him better Than ever thou loved’st Cassius. BRUTUS Sheathe your dagger. Be angry when you will; it shall have scope. Do what you will; dishonour shall be humour. O Cassius, you are yokèd with a lamb That carries anger as the flint bears fire, Who, much enforcèd, shows a hasty spark And straight is cold again. CASSIUS Hath Cassius lived To be but mirth and laughter to his Brutus When grief and blood ill-tempered vexeth him?
150
155
160
165
BRUTUS
When I spoke that, I was ill-tempered too. CASSIUS
Do you confess so much? Give me your hand. BRUTUS
And my heart too. [They embrace] 660
170
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
BRUTO
L’occhio di un adulatore non li noterebbe, anche se apparissero enormi come l’alto Olimpo. CASSIO
Vieni, Antonio, e tu giovane Ottaviano, venite, vendicatevi solo di Cassio, perché Cassio è stanco del mondo; odiato da chi ama, sfidato dal fratello, sgridato come un servo, tutti i suoi difetti analizzati, annotati su un taccuino, studiati e imparati a memoria per gettarmeli in faccia. Oh, potrei piangere l’anima dagli occhi! Lì è il mio pugnale, qui il mio petto nudo; dentro, un cuore più prezioso della miniera di Plutone, più ricco dell’oro. Se sei un romano, strappalo via. Io che ti ho negato l’oro, ti darò il mio cuore. Colpisci, come hai colpito Cesare; perché so che quando l’hai odiato di più lo hai amato più di quanto hai mai amato Cassio157. BRUTO
Rinfodera il pugnale. Infuriati pure, dai sfogo alla tua ira. Fai quello che ti pare; si dirà che il disonore è colpa dell’umore. Oh, Cassio, sei legato al giogo con un agnello che porta la rabbia come la pietra focaia porta il fuoco, che se molto sfregata mostra una scintilla repentina e subito ritorna fredda158. CASSIO
E dunque Cassio è vissuto per essere lo spasso e lo zimbello del suo Bruto ogni volta che è oppresso dal dolore e dall’ira? BRUTO
Anch’ io ero preso dall’ira, quando ti ho parlato in quel modo. CASSIO
E dunque lo ammetti? Dammi la mano. BRUTO
E anche il mio cuore. [Si abbracciano]
661
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
CASSIUS BRUTUS
O Brutus! What’s the matter?
CASSIUS
Have not you love enough to bear with me When that rash humour which my mother gave me Makes me forgetful? BRUTUS Yes, Cassius, and from henceforth, When you are over-earnest with your Brutus, He’ll think your mother chides, and leave you so.
176
Enter [Lucillius and] a Poet POET
Let me go in to see the generals. There is some grudge between ’em; ’tis not meet They be alone. LUCILLIUS You shall not come to them.
180
POET
Nothing but death shall stay me. CASSIUS How now! What’s the matter? POET
For shame, you generals, what do you mean? Love and be friends, as two such men should be, For I have seen more years, I’m sure, than ye. CASSIUS
Ha, ha! How vilely doth this cynic rhyme! BRUTUS (to the Poet)
Get you hence, sirrah; saucy fellow, hence! CASSIUS
Bear with him, Brutus, ’tis his fashion. BRUTUS
I’ll know his humour when he knows his time. What should the wars do with these jigging fools? (To the Poet) Companion, hence!
662
185
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
CASSIO
Oh, Bruto! BRUTO
Che cosa c’è? CASSIO
Non mi ami abbastanza da sopportarmi quando quel carattere impetuoso che ho ereditato da mia madre mi fa perdere la testa? BRUTO
Sì, Cassio, e d’ora in poi, quando sarai troppo severo con il tuo Bruto, penserò che è tua madre a gridare, e ti lascerò stare. Entrano [Lucilio e] un poeta159 POETA
Fatemi entrare a vedere i generali. C’è della ruggine tra loro, e non è bene che rimangano soli. LUCILIO
No, non ci andrai. POETA
Solo la morte mi fermerà. CASSIO
Che c’è ora! Che succede? POETA
Vergogna, generali! Che volete? Amatevi e siate amici, come dovrebbero fare uomini come voi; lo dice chi ha visto più anni di voi160! CASSIO
Ah! Ah! Come rima male questo cinico. BRUTO (al poeta)
Via di qui, seccatore; via, insolente! CASSIO
Lascialo stare, Bruto, è il suo modo di fare. BRUTO
Sarò pronto a tollerare le sue stramberie quando lui capirà qual è il momento adatto. Che hanno a che fare con la guerra questi sciocchi rimatori? (Al poeta) Via di qui, compare.
663
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
CASSIUS (to the Poet)
Away, away, be gone! Exit Poet
BRUTUS
Lucillius and Titinius, bid the commanders Prepare to lodge their companies tonight.
191
CASSIUS
And come yourselves, and bring Messala with you Immediately to us. Exeunt Lucillius and Titinius BRUTUS Lucius, a bowl of wine. Exit Lucius CASSIUS
I did not think you could have been so angry.
195
BRUTUS
O Cassius, I am sick of many griefs. CASSIUS
Of your philosophy you make no use, If you give place to accidental evils. BRUTUS
No man bears sorrow better. Portia is dead. CASSIUS Ha! Portia?
200
BRUTUS She is dead. CASSIUS
How scaped I killing when I crossed you so? O insupportable and touching loss! Upon what sickness? BRUTUS Impatience of my absence, And grief that young Octavius with Mark Antony Have made themselves so strong – for with her death That tidings came. With this, she fell distraught, And, her attendants absent, swallowed fire. CASSIUS
And died so?
664
205
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
CASSIO (al poeta)
Via, via! Sparisci! Il poeta esce BRUTO
Lucilio e Titinio, ordinate ai comandanti di preparare gli alloggiamenti per gli eserciti questa notte. CASSIO
Venite anche voi, e portate qui Messala immediatamente. Lucilio e Titinio escono BRUTO
Lucio, una coppa di vino. Lucio esce CASSIO
Non avrei mai pensato che potessi arrabbiarti così. BRUTO
Oh, Cassio, soffro per molte pene. CASSIO
Non fai alcun uso della tua filosofia161 se dai spazio alle avversità del momento. BRUTO
Nessuno sopporta il dolore meglio di me. Porzia è morta. CASSIO
Ah! Porzia? BRUTO
È morta. CASSIO
Come hai fatto a non uccidermi quando ti contrastavo in quel modo? Oh, perdita insopportabile e profonda! Di quale malattia? BRUTO
Incapace di sopportare la mia lontananza, e angosciata perché Marco Antonio e il giovane Ottaviano sono diventati così forti – queste notizie sono arrivate insieme a quella della sua morte – ha perso la ragione, e, quando i suoi servi non c’erano, ha ingoiato del fuoco162. CASSIO
Ed è morta così?
665
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
BRUTUS CASSIUS
Even so. O ye immortal gods!
Enter Lucius, with wine and tapers BRUTUS
Speak no more of her. (To Lucius) Give me a bowl of wine. (To Cassius) In this I bury all unkindness, Cassius.
210
He drinks CASSIUS
My heart is thirsty for that noble pledge. Fill, Lucius, till the wine o’erswell the cup. I cannot drink too much of Brutus’ love. He drinks.
[Exit Lucius]
Enter Titinius and Messala BRUTUS
Come in, Titinius; welcome, good Messala. Now sit we close about this taper here, And call in question our necessities. CASSIUS (aside) Portia, art thou gone? BRUTUS No more, I pray you.
215
[They sit] Messala, I have here receivèd letters That young Octavius and Mark Antony Come down upon us with a mighty power, Bending their expedition toward Philippi.
220
MESSALA
Myself have letters of the selfsame tenor. BRUTUS With what addition? MESSALA
That by proscription and bills of outlawry Octavius, Antony, and Lepidus Have put to death an hundred senators.
666
225
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
BRUTO
Proprio così. CASSIO
Oh, voi dèi immortali! Entra Lucio, con vino e candele BRUTO
Non parlare più di lei. (A Lucio) Dammi una coppa di vino. (A Cassio) In questo seppellisco ogni rancore, Cassio. Beve CASSIO
Il mio cuore ha sete di questa nobile promessa. Riempi, Lucio, fino a che il vino trabocchi dalla coppa. Non sarà mai troppo bere per l’amore di Bruto. Beve Lucio esce Entrano Titinio e Messala BRUTO
Entra, Titinio; benvenuto, buon Messala. Sediamoci ora intorno a questa candela e discutiamo di quello che dobbiamo fare. CASSIO (a parte) Porzia, davvero sei morta? BRUTO
Basta, ti prego. [Si siedono] Messala, ho ricevuto lettere che dicono che il giovane Ottaviano e Marco Antonio si dirigono verso di noi con un potente esercito, piegando velocemente verso Filippi. MESSALA
Anch’io ho lettere che dicono le stesse cose. BRUTO
Aggiungono altre notizie? MESSALA
Tra bandi e proscrizioni, Ottaviano, Antonio e Lepido hanno messo a morte cento senatori. 667
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
BRUTUS
Therein our letters do not well agree. Mine speak of seventy senators that died By their proscriptions, Cicero being one.
230
CASSIUS
Cicero one? Ay, Cicero is dead, And by that order of proscription. (To Brutus) Had you your letters from your wife, my lord? BRUTUS No, Messala. MESSALA
MESSALA
Nor nothing in your letters writ of her?
235
BRUTUS
Nothing, Messala. MESSALA That methinks is strange. BRUTUS
Why ask you? Hear you aught of her in yours? MESSALA No, my lord. BRUTUS
Now as you are a Roman, tell me true. MESSALA
Then like a Roman bear the truth I tell; For certain she is dead, and by strange manner.
240
BRUTUS
Why, farewell, Portia. We must die, Messala. With meditating that she must die once, I have the patience to endure it now. MESSALA
Even so great men great losses should endure.
245
233. Una possibile incongruenza dell’intreccio: qui Bruto sembra essere inconsapevole della morte di Porzia, eppure ne ha dato la notizia a Cassio prima, al v. 201. Viene di solito giustificata dall’esigenza di definire il diverso momento psicologico attraversato da Bruto, privato e intimo il primo, pubblico e stoico il secondo. 668
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
BRUTO
Qui le nostre lettere non concordano. Le mie parlano di settanta senatori morti perché proscritti, e Cicerone è uno di questi. CASSIO
Cicerone uno di questi? MESSALA
Sì, Cicerone è morto per lo stesso ordine di proscrizione. (A Bruto) Hai ricevuto lettere da tua moglie, mio signore? BRUTO
No, Messala. MESSALA
Né nulla che la riguardava nelle tue lettere? BRUTO
Niente, Messala. MESSALA
È strano. BRUTO
Perché me lo chiedi? Hai saputo qualcosa di lei nelle tue lettere? MESSALA
No, mio signore. BRUTO
Ebbene, se sei un romano, dimmi la verità. MESSALA
E allora, come un romano sopporta la verità che ti dirò: è morta, e in un modo molto strano. BRUTO
Ebbene, addio Porzia. Tutti dobbiamo morire, Messala. Il pensiero che un giorno avrebbe dovuto morire mi dà ora la forza di sopportare. MESSALA
Così i grandi uomini dovrebbero accettare le grandi perdite.
669
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
CASSIUS
I have as much of this in art as you, But yet my nature could not bear it so. BRUTUS
Well, to our work alive. What do you think Of marching to Philippi presently? CASSIUS
I do not think it good. Your reason? CASSIUS This it is: ’Tis better that the enemy seek us; So shall he waste his means, weary his soldiers, Doing himself offence; whilst we, lying still, Are full of rest, defence, and nimbleness. BRUTUS
250
BRUTUS
Good reasons must of force give place to better. The people ’twixt Philippi and this ground Do stand but in a forced affection, For they have grudged us contribution. The enemy marching along by them By them shall make a fuller number up, Come on refreshed, new added, and encouraged; From which advantage shall we cut him off, If at Philippi we do face him there, These people at our back. CASSIUS Hear me, good brother.
255
260
BRUTUS
Under your pardon. You must note beside That we have tried the utmost of our friends; Our legions are brim-full, our cause is ripe. The enemy increaseth every day; We at the height are ready to decline. There is a tide in the affairs of men Which, taken at the flood, leads on to fortune; Omitted, all the voyage of their life Is bound in shallows and in miseries. On such a full sea are we now afloat, 670
265
270
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
CASSIO
Ho imparato da questa filosofia tanto quanto te163, ma io non riuscirei a sopportarlo. BRUTO
Bene, ora al lavoro per i vivi. Che ne dite di marciare subito verso Filippi? CASSIO
Non penso che sia una buona idea. BRUTO
Per quale ragione? CASSIO
Questa: è meglio che il nemico ci venga a cercare; così consumerà le sue risorse, stancherà i soldati e ne verrà svantaggiato; mentre noi, stando fermi, saremo riposati, difesi e pronti a combattere. BRUTO
Le buone ragioni devono per forza cedere alle migliori. Le popolazioni tra qui e Filippi sono costrette a un’amicizia forzata, visto che ci hanno dato il loro contribuito molto malvolentieri. Marciando tra di loro, il nemico aumenterà le sue fila, avanzerà rigenerato, rinforzato e incoraggiato. Se lo affrontiamo a Filippi, lasciandoci questa gente alle spalle, gli toglieremo questo vantaggio. CASSIO
Ascoltami, buon fratello. BRUTO
Permettimi di continuare. Devi anche considerare che abbiamo messo a dura prova i nostri alleati; le nostre legioni sono traboccanti, la nostra causa è matura. Il numero dei nemici aumenta ogni giorno, e noi, che siamo in cima, ci troviamo sul punto da cui potremmo declinare164. C’è una marea nelle vicende degli uomini che, colta al suo crescere, porta alla fortuna. Mancata, tutto il viaggio della vita sarà confinato in tristi e misere secche. Noi ora galleggiamo su quest’onda piena e dobbiamo montare la corrente
671
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
And we must take the current when it serves, Or lose our ventures. CASSIUS Then, with your will, go on. We’ll along ourselves, and meet them at Philippi.
275
BRUTUS
The deep of night is crept upon our talk, And nature must obey necessity, Which we will niggard with a little rest. There is no more to say. CASSIUS No more. Good night. Early tomorrow will we rise and hence.
280
BRUTUS
Lucius. Enter Lucius My gown. Exit Lucius Farewell, good Messala. Good night, Titinius. Noble, noble, Cassius, Good night and good repose. CASSIUS O my dear brother, This was an ill beginning of the night! Never come such division ’tween our souls. Let it not, Brutus.
285
Enter Lucius with the gown BRUTUS
Everything is well.
CASSIUS
Good night, my lord. Good night, good brother. TITINIUS and MESSALA Good night, Lord Brutus. BRUTUS Farewell, every one. BRUTUS
Exeunt Cassius, Titinius, and Messala
672
290
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
fin quando è favorevole, oppure perderemo quanto abbiamo investito165. CASSIO
Allora, come vuoi, va’ avanti. Noi ti seguiremo e li affronteremo a Filippi. BRUTO
La notte profonda è avanzata in silenzio sulla nostra conversazione e la natura deve obbedire al bisogno, che noi limiteremo a un breve riposo. Non abbiamo altro da dirci. CASSIO
Nient’altro. Buona notte. Domani ci alzeremo sul presto e partiremo. BRUTO
Lucio! Entra Lucio La mia vestaglia. Lucio esce Buon Messala, Titinio, buona notte. Nobile, nobile Cassio, buona notte e buon riposo. CASSIO
Mio caro fratello, questa notte ha avuto un brutto inizio! Mai più questo disaccordo tra di noi! Non lo permettere, Bruto. Entra Lucio con la vestaglia BRUTO
Va tutto bene. CASSIO
Buona notte, mio signore. BRUTO
Buona notte, buon fratello. TITINIO e MESSALA Buona notte, signor Bruto. BRUTO
Addio a tutti. Escono Cassio, Titinio e Messala
673
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
Give me the gown. [He puts on the gown] Where is thy instrument? LUCIUS
Here in the tent. What, thou speak’st drowsily. Poor knave, I blame thee not; thou art o’erwatched. Call Claudio and some other of my men. I’ll have them sleep on cushions in my tent.
BRUTUS
295
LUCIUS
Varrus and Claudio! Enter Varrus and Claudio VARRUS
Calls my lord?
BRUTUS
I pray you, sirs, lie in my tent and sleep. It may be I shall raise you by and by On business to my brother Cassius. VARRUS
So please you, we will stand and watch your pleasure. BRUTUS
I will not have it so. Lie down, good sirs. It may be I shall otherwise bethink me.
301
Varrus and Claudio lie down to sleep Look, Lucius, here’s the book I sought for so. I put it in the pocket of my gown. LUCIUS
I was sure your lordship did not give it me. BRUTUS
Bear with me, good boy, I am much forgetful. Canst thou hold up thy heavy eyes a while, And touch thy instrument a strain or two? LUCIUS
Ay, my lord, an’t please you.
674
305
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
Dammi la vestaglia. [Indossa la vestaglia] Dov’è il tuo strumento? LUCIO
Qui, nella tenda. BRUTO
Che cosa c’è? Hai una voce assonnata. Povero ragazzo, non ti do torto: sei rimasto alzato troppo a lungo. Chiama Claudio e qualcun altro dei miei uomini. Li farò dormire sui cuscini nella mia tenda. LUCIO
Varrone e Claudio! Entrano Varrone e Claudio VARRONE
Ha chiamato il mio signore? BRUTO
Vi prego, signori, venite nella mia tenda a dormire. Può darsi che vi faccia alzare tra poco per delle faccende che ho in corso con mio fratello Cassio. VARRONE
Se lo desiderate, signore, rimarremo svegli per servirvi. BRUTO
No. Coricatevi, buoni amici. Forse cambierò idea. Varrone e Claudio si stendono per dormire Guarda, Lucio, ecco il libro che cercavo. L’avevo messo nella tasca della vestaglia. LUCIO
Ero certo che non me l’avevate dato. BRUTO
Abbi pazienza, buon ragazzo, sono molto distratto. Non riesci a sollevare le palpebre per un po’ e suonare un’aria o due sul tuo strumento? LUCIO
Sì, mio signore, se lo desiderate.
675
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
It does, my boy. I trouble thee too much, but thou art willing. LUCIUS It is my duty, sir. BRUTUS
310
BRUTUS
I should not urge thy duty past thy might. I know young bloods look for a time of rest. LUCIUS I have slept, my lord, already. BRUTUS
It was well done, and thou shall sleep again. I will not hold thee long. If I do live, I will be good to thee.
315
Lucius plays music and sings a song, and so falls asleep This is a sleepy tune. O murd’rous slumber, Lay’st thou thy leaden mace upon my boy That plays thee music? – Gentle knave, good night. I will not do thee so much wrong to wake thee. If thou dost nod thou break’s! thy instrument; I’ll take it from thee, and, good boy, good night.
321
He takes away Lucius’ instrument, then opens the book Let me see, let me see, is not the leaf turned down Where I left reading? Here it is, I think.
325
Enter the Ghost of Caesar How ill this taper burns! Ha! Who comes here? I think it is the weakness of mine eyes That shapes this monstrous apparition. It comes upon me. Art thou any thing? Art thou some god, some angel, or some devil, That mak’st my blood cold and my hair to stare? Speak to me what thou art. GHOST Thy evil spirit, Brutus. BRUTUS Why com’st thou?
330
GHOST
To tell thee thou shalt see me at Philippi.
676
335
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
BRUTO
Lo desidero, ragazzo mio. Ti infastidisco troppo, ma tu sei così premuroso. LUCIO
È mio dovere, mio signore. BRUTO
Non dovrei insistere sul tuo dovere al di là delle tue forze. So bene che i giovani cercano riposo. LUCIO
Ho già dormito, mio signore. BRUTO
Hai fatto bene, e dormirai ancora. Non ti tratterrò a lungo. Se vivrò, sarò buono con te. Lucio suona musica e canta una melodia e così si addormenta È una melodia sonnolenta. Oh, torpore mortifero, hai calato la tua mazza di piombo sul mio ragazzo che suona per te? – Ragazzo gentile, buona notte. Non ti sveglierò. Se ti cade la testa nel sonno romperai il tuo strumento; te lo porterò via, e, buon ragazzo, buona notte. Porta via lo strumento di Lucio, poi apre il libro166 Vediamo, vediamo, non avevo piegato la pagina dove avevo smesso di leggere? Eccola, credo. Entra lo spettro di Cesare Come si è affievolita la luce di questa candela! Ah! Chi arriva? Credo che sia la debolezza dei miei occhi a dare forma a questa apparizione mostruosa. Viene verso di me. Che cosa sei? Tu che mi raggeli il sangue e mi fai drizzare i capelli, sei un dio, un angelo, o un diavolo? Parla che cosa sei? SPETTRO
Il tuo cattivo spirito, Bruto167. BRUTO
Perché vieni? SPETTRO
Per dirti che mi vedrai a Filippi.
677
JULIUS CAESAR, ACT 4 SCENE 2
BRUTUS
Well; then I shall see thee again? Ay, at Philippi.
GHOST
BRUTUS
Why, I will see thee at Philippi then. Exit Ghost Now I have taken heart, thou vanishest. Ill spirit, I would hold more talk with thee. – Boy, Lucius, Varrus, Claudio, sirs, awake! Claudio! LUCIUS The strings, my lord, are false.
340
BRUTUS
He thinks he still is at his instrument. – Lucius, awake! LUCIUS My lord. BRUTUS
Didst thou dream, Lucius, that thou so cried’st out? LUCIUS
My lord, I do not know that I did cry.
346
BRUTUS
Yes, that thou didst. Didst thou see anything? LUCIUS Nothing, my lord. BRUTUS
Sleep again, Lucius. – Sirrah Claudio! (To Varrus) Fellow, Thou, awake! VARRUS My lord. CLAUDIO My lord. BRUTUS
Why did you so cry out, sirs, in your sleep? BOTH
Did we, my lord?
678
350
GIULIO CESARE, ATTO IV SCENA 2
BRUTO
Bene; allora ti rivedrò? SPETTRO
Sì, a Filippi. BRUTO
Bene; ti rivedrò a Filippi dunque. Lo spettro esce Avevo appena ripreso coraggio per parlare con te, spirito maligno, e già svanisci – Ragazzo, Lucio, Varrone, Claudio, svegliatevi! Claudio! LUCIO
Le corde, signore, sono allentate! BRUTO
Crede di stare ancora suonando il suo strumento – Lucio, svegliati! LUCIO
Mio signore. BRUTO
Dormivi, Lucio, che hai gridato così forte? LUCIO
Mio signore, non sapevo di avere gridato. BRUTO
Sì che gridavi. Hai visto niente? LUCIO
Niente, mio signore. BRUTO
Ritorna a dormire, Lucio. Ehi, Claudio! (A Varrone) Amico, tu, svegliati! VARRONE
Mio signore! CLAUDIO
Mio signore! BRUTO
Perché avete gridato così forte nel sonno, signori? ENTRAMBI
Abbiamo gridato, mio signore? 679
JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 1
Ay. Saw you anything?
BRUTUS VARRUS
No, my lord, I saw nothing. CLAUDIO Nor I, my lord.
355
BRUTUS
Go and commend me to my brother Cassius. Bid him set on his powers betimes before, And we will follow. BOTH It shall be done, my lord. Exeunt [Varrus and Claudio at one door, Brutus and Lucius at another door] 5.1
Enter Octavius, Antony, and their army
OCTAVIUS
Now, Antony, our hopes are answerèd. You said the enemy would not come down, But keep the hills and upper regions. It proves not so; their battles are at hand. They mean to warn us at Philippi here, Answering before we do demand of them.
5
ANTONY
Tut, I am in their bosoms, and I know Wherefore they do it. They could be content To visit other places; and come down With fearful bravery, thinking by this face To fasten in our thoughts that they have courage; But ’tis not so.
10
Enter a Messenger Prepare you, generals. The enemy comes on in gallant show. Their bloody sign of battle is hung out, And something to be done immediately.
MESSENGER
ANTONY
Octavius, lead your battle softly on Upon the left hand of the even field.
680
15
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 1
BRUTO
Sì. Avete visto niente? VARRONE
No, mio signore, non ho visto niente168. CLAUDIO
Neanche io, mio signore. BRUTO
Andate a portare i miei saluti a mio fratello Cassio. Ditegli di mettere subito il suo esercito in marcia; noi lo seguiremo. ENTRAMBI
Sarà fatto, mio signore. Escono [Varrone e Claudio da una porta, Bruto e Lucio da un’altra] V, 1
Entrano Ottaviano, Antonio e il loro esercito169
OTTAVIANO
Ebbene, Antonio, i nostri desideri si sono realizzati. Avevi detto che il nemico non sarebbe sceso a valle, ma che si sarebbe tenuto sulle colline e sugli altipiani. Non è andata così: i loro eserciti sono vicini. Intendono sfidarci qui a Filippi, rispondono prima di essere chiamati in campo170. ANTONIO
Macché! So che cosa hanno in mente, e perché lo fanno. Sarebbero ben contenti di trovarsi altrove, ma scendono ostentando terribile audacia171, per far credere di avere coraggio. Ma non è vero. Entra un messaggero MESSAGGERO
Preparatevi, generali. Il nemico avanza baldanzoso. Hanno alzato la loro rossa bandiera di battaglia, e bisogna fare qualcosa immediatamente. ANTONIO
Ottaviano, porta avanti lentamente il tuo esercito sulla sinistra del campo di battaglia.
681
JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 1
OCTAVIUS
Upon the right hand, I; keep thou the left. ANTONY
Why do you cross me in this exigent? OCTAVIUS
I do not cross you, but I will do so.
20
[Drum. Antony and Octavius march with their army.] Drum within. Enter, marching, Brutus, Cassius, and their army, amongst them Titinius, Lucillius, and Messala. Octavius’ and Antony’s army makes a stand BRUTUS They stand, and would have parley. CASSIUS
Stand fast, Titinius. We must out and talk. Brutus’ and Cassius’ army makes a stand OCTAVIUS
Mark Antony, shall we give sign of battle? ANTONY
No, Caesar, we will answer on their charge. Make forth, the generals would have some words. OCTAVIUS (to his army) Stir not until the signal.
25
Antony and Octavius meet Brutus and Cassius BRUTUS
Words before blows: is it so, countrymen? OCTAVIUS
Not that we love words better, as you do. BRUTUS
Good words are better than bad strokes, Octavius. ANTONY
In your bad strokes, Brutus, you give good words. Witness the hole you made in Caesar’s heart, Crying ‘Long live, hail Caesar’.
682
30
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 1
OTTAVIANO
Sulla destra. Portati tu sulla sinistra. ANTONIO
Perché mi contraddici proprio in questo momento così critico? OTTAVIANO
Non ti contraddico; ma farò così172. [Tamburi. Antonio e Ottaviano marciano con il loro esercito.] Tamburi dall’interno. Entrano marciando Bruto, Cassio e il loro esercito; tra loro Titinio, Lucilio e Messala. L’esercito di Ottaviano e Antonio si ferma BRUTO
Si sono fermati. Vorranno trattare. CASSIO
Fermati, Titinio. Dobbiamo andare avanti a parlare. L’esercito di Bruto e Cassio si ferma OTTAVIANO
Marco Antonio, dobbiamo dare il segnale di battaglia? ANTONIO
No, Cesare, risponderemo al loro attacco. Fatevi avanti; la parola ai generali. OTTAVIANO (al suo esercito) Non vi muovete prima del segnale. Antonio e Ottaviano vanno incontro a Bruto e Cassio BRUTO
Parole prima dei colpi: vero, compatrioti173? OTTAVIANO
Non che amiamo le parole di più dei colpi, come voi. BRUTO
Parole giuste sono sempre meglio di colpi maligni, Ottaviano. ANTONIO
Tu pronunci parole giuste, Bruto, mentre infliggi colpi maligni. Ne è la prova il buco nel cuore di Cesare al grido di “Lunga vita, Ave Cesare”.
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 1
Antony, The posture of your blows are yet unknown; But for your words, they rob the Hybla bees, And leave them honeyless. ANTONY Not stingless too. BRUTUS O yes, and soundless too, For you have stolen their buzzing, Antony, And very wisely threat before you sting. CASSIUS
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ANTONY
Villains, you did not so when your vile daggers Hacked one another in the sides of Caesar. You showed your teeth like apes, and fawned like hounds, And bowed like bondmen, kissing Caesar’s feet, Whilst damnèd Casca, like a cur, behind, Struck Caesar on the neck. O you flatterers!
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CASSIUS
Flatterers? Now, Brutus, thank yourself. This tongue had not offended so today If Cassius might have ruled. OCTAVIUS
Come, come, the cause. If arguing make us sweat, The proof of it will turn to redder drops.
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He draws Look, I draw a sword against conspirators. When think you that the sword goes up again? Never till Caesar’s three and thirty wounds Be well avenged, or till another Caesar Have added slaughter to the swords of traitors. BRUTUS
Caesar, thou canst not die by traitors’ hands, Unless thou bring’st them with thee. OCTAVIUS So I hope. I was not born to die on Brutus’ sword.
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 1
CASSIO
Antonio, ancora non conosciamo la direzione dei tuoi colpi, ma le tue parole rapinano le api di Ibla174 e le lasciano senza miele. ANTONIO
Ma non senza pungiglione. BRUTO
Oh, sì, e anche senza suono, perché hai rubato il loro ronzio, Antonio, e con molta accortezza minacci prima di pungere. ANTONIO
Farabutti, non avete agito così quando i vostri vili pugnali si sono incrociati nel fianco di Cesare. Mostravate i denti come scimmie e vi strusciavate come cani e vi inchinavate come servi, baciando i piedi di Cesare, mentre da dietro il maledetto Casca, cane bastardo, colpiva Cesare al collo. Ruffiani! CASSIO
Ruffiani? Ora, Bruto, ringrazia te stesso. Queste parole oggi non ci avrebbero offeso così se Cassio avesse fatto a modo suo. OTTAVIANO
Andiamo, veniamo al punto. Il sudore che gronda da questa discussione, alla prova dei fatti si trasformerà in gocce più rosse175. Sfodera la spada Guardate, sguaino la spada contro i congiurati. Quando pensate che la spada ritornerà nel fodero? Mai, fino a quando le trentatrè ferite di Cesare176 saranno vendicate, o fino a quando un altro Cesare177 avrà aggiunto massacro al massacro dei traditori. BRUTO
Cesare, non muori per mano dei traditori se non te li porti dietro. OTTAVIANO
Così spero. Non sono nato, Bruto, per morire della tua spada178.
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 1
BRUTUS
O, if thou wert the noblest of thy strain, Young man, thou couldst not die more honourable. CASSIUS
A peevish schoolboy, worthless of such honour, Joined with a masquer and a reveller!
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ANTONY
Old Cassius still. Come, Antony, away. Defiance, traitors, hurl we in your teeth. If you dare fight today, come to the field. If not, when you have stomachs.
OCTAVIUS
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Exeunt Octavius, Antony, and their army CASSIUS
Why, now blow wind, swell billow, and swim bark. The storm is up, and all is on the hazard. BRUTUS
Ho, Lucillius! Hark, a word with you. My lord.
LUCILLIUS
He stands forth, and speaks with Brutus CASSIUS
Messala. MESSALA (standing forth) What says my general?
Messala, This is my birthday; as this very day Was Cassius born. Give me thy hand, Messala. Be thou my witness that, against my will, As Pompey was, am I compelled to set Upon one battle all our liberties. You know that I held Epicurus strong, And his opinion. Now I change my mind, And partly credit things that do presage. Coming from Sardis, on our former ensigns Two mighty eagles fell, and there they perched, Gorging and feeding from our soldiers’ hands, Who to Philippi here consorted us.
CASSIUS
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 1
BRUTO
Oh! Se tu fossi il più nobile della tua gente, giovanotto, non potresti trovare morte più onorata. CASSIO
Uno sciocco scolaretto, indegno di tanto onore, alleato di un teatrante festaiolo! ANTONIO
Sempre lo stesso, il vecchio Cassio179. OTTAVIANO
Vieni, Antonio, via! La nostra sfida, traditori, ve la gettiamo in faccia. Se avete il fegato di combattere oggi, venite sul campo. Se no, venite quando ne avrete il coraggio. Escono Ottaviano, Antonio e il loro esercito CASSIO
Soffia ora, vento, gonfiati mare, e balla, nave! La tempesta è scatenata, e tutto è a rischio. BRUTO
Ehi Lucilio! Ascolta, una parola. LUCILIO
Mio signore. Si fa avanti e parla con Bruto CASSIO
Messala. MESSALA (facendosi avanti)
Che dice il mio generale? CASSIO
Messala, oggi è il mio compleanno, proprio in questo giorno Cassio è nato. Dammi la mano, Messala. Siimi testimone che, contro la mia volontà, sono costretto, come lo fu Pompeo, a mettere sul campo di battaglia tutte le nostre libertà. Tu sai che ho sempre sostenuto con convinzione le opinioni di Epicuro. Ora, ho cambiato idea e credo in parte ai presagi. Venendo da Sardi, sui due nostri primi vessilli scesero due aquile possenti, e si appollaiarono lì, cibandosi e ingozzandosi dalle mani dei soldati, e ci hanno seguito fin qui a Filippi. Questa mattina sono volate via e sono sparite, e al
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 1
This morning are they fled away and gone, And in their steads do ravens, crows, and kites Fly o’er our heads and downward look on us, As we were sickly prey. Their shadows seem A canopy most fatal, under which Our army lies ready to give the ghost.
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MESSALA
Believe not so. I but believe it partly, For I am fresh of spirit, and resolved To meet all perils very constantly.
CASSIUS
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BRUTUS
Even so, Lucillius. CASSIUS (joining Brutus) Now, most noble Brutus,
The gods today stand friendly, that we may, Lovers in peace, lead on our days to age. But since the affairs of men rest still incertain, Let’s reason with the worst that may befall. If we do lose this battle, then is this The very last time we shall speak together. What are you then determinèd to do?
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BRUTUS
Even by the rule of that philosophy By which I did blame Cato for the death Which he did give himself – I know not how, But I do find it cowardly and vile For fear of what might fall so to prevent The time of life – arming myself with patience To stay the providence of some high powers That govern us below. CASSIUS Then if we lose this battle, You are contented to be led in triumph Thorough the streets of Rome? BRUTUS No, Cassius, no. Think not, thou noble Roman, That ever Brutus will go bound to Rome. He bears too great a mind. But this same day 688
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 1
loro posto corvi, cornacchie e avvoltoi volavano sulle nostre teste e ci guardavano come se fossimo prede moribonde. Le loro ombre su di noi sembravano un funesto baldacchino sotto il quale stava il nostro esercito, pronto a rendere l’anima180. MESSALA
Non credere a queste cose. CASSIO
Ci credo solo in parte, perché il mio spirito è giovane, e sono deciso ad affrontare risolutamente tutti i pericoli. BRUTO
Proprio così, Lucilio. CASSIO (unendosi a Bruto)
Ora, nobilissimo Bruto, che gli dèi ci siano amici, così da poter proseguire i nostri giorni fino alla vecchiaia uniti nella pace! Ma poiché le vicende degli uomini sono sempre incerte, pensiamo al peggio. Se dovessimo perdere la battaglia, questa sarà l’ultima volta che ci parliamo. Che cosa pensi di fare, allora? BRUTO
Agirò secondo il principio di quella filosofia per cui ho biasimato Catone che si diede la morte: non so come, ma trovo codardo e vile abbreviare il tempo della vita per paura di quello che potrebbe accadere; mi armerò di pazienza in attesa del volere provvidenziale dei sommi poteri che ci governano quaggiù181. CASSIO
Allora, se perdiamo questa battaglia non ti dispiacerà di vederti portato dietro in trionfo per le strade di Roma182? BRUTO
No, Cassio, no. Non pensare, tu, nobile romano, che Bruto andrà in catene a Roma. Il suo animo è troppo grande183. Ma in questo
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 3
Must end that work the ides of March begun; And whether we shall meet again I know not. Therefore our everlasting farewell take. For ever and for ever farewell, Cassius. If we do meet again, why, we shall smile. If not, why then, this parting was well made.
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CASSIUS
For ever and for ever farewell, Brutus. If we do meet again, we’ll smile indeed. If not, ’tis true this parting was well made.
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BRUTUS
Why then, lead on. O that a man might know The end of this day’s business ere it come! But it sufficeth that the day will end, And then the end is known. – Come, ho, away!
125 Exeunt
5.2
Alarum. Enter Brutus and Messala
BRUTUS
Ride, ride, Messala, ride, and give these bills Unto the legions on the other side. Loud alarum Let them set on at once, for I perceive But cold demeanour in Octavio’s wing, And sudden push gives them the overthrow. Ride, ride, Messala; let them all come down. Exeunt [severally] 5.3
Alarums. Enter Cassius [with an ensign], and Titinius
CASSIUS
O look, Titinius, look: the villains fly. Myself have to mine own turned enemy: This ensign here of mine was turning back; I slew the coward, and did take it from him.
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5
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 3
stesso giorno deve compiersi quell’opera che le Idi di marzo hanno cominciato. Non so se ci incontreremo ancora. E perciò diciamoci addio per sempre. CASSIO
Per sempre e per sempre addio, Bruto. Se ci rincontreremo, ecco, sorrideremo. Altrimenti, ci saremo salutati degnamente. BRUTO
Bene allora, vai avanti. Oh, se si potesse conoscere l’esito degli eventi di oggi prima che il giorno finisca! Ma basterà che il giorno si concluda, e lo sapremo. Andiamo, ehi, via! Escono Trombe e tamburi. Entrano Bruto e Messala184
V, 2 BRUTO
Corri, Messala, a cavallo; galoppa, e consegna questi dispacci alle legioni dell’altra ala185. Forti suoni di trombe e tamburi Falli avanzare subito perché vedo una certa fiacchezza nell’ala di Ottaviano, e un assalto improvviso la può sbaragliare. Galoppa, galoppa, Messala, falli scendere tutti a valle! Escono [separatamente] Tamburi e trombe. Entrano Cassio [con un vessillo] e Titinio186
V, 3 CASSIO
Oh, guarda, Titinio, guarda come fuggono quelle canaglie. Io stesso sono diventato nemico dei miei uomini. Il mio alfiere stava scappando. L’ho ucciso, questo vigliacco, e gli ho portato via la bandiera.
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 3
TITINIUS
O Cassius, Brutus gave the word too early, Who, having some advantage on Octavius, Took it too eagerly. His soldiers fell to spoil, Whilst we by Antony are all enclosed.
5
Enter Pindarus PINDARUS
Fly further off, my lord, fly further off! Mark Antony is in your tents, my lord; Fly therefore, noble Cassius, fly farre off.
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CASSIUS
This hill is far enough. Look, look, Titinius, Are those my tents where I perceive the fire? TITINIUS
They are, my lord. Titinius, if thou lovest me, Mount thou my horse, and hide thy spurs in him Till he have brought thee up to yonder troops And here again, that I may rest assured Whether yon troops are friend or enemy.
CASSIUS
15
TITINIUS
Exit
I will be here again even with a thought. CASSIUS
Go, Pindarus, get higher on that hill. My sight was ever thick. Regard, Titinius, And tell me what thou not’st about the field.
20
Exit Pindarus This day I breathèd first. Time is come round, And where I did begin, there shall I end. My life is run his compass. Enter Pindarus above Sirrah, what news? PINDARUS O my lord!
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 3
TITINIO
Oh Cassio, Bruto ha dato l’ordine di attaccare troppo presto. Aveva un vantaggio su Ottaviano, ma è stato troppo precipitoso. I suoi soldati si sono dati al saccheggio, mentre noi siamo circondati dall’esercito di Antonio187. Entra Pindaro PINDARO
Fuggi, fuggi più lontano, mio signore, fuggi! Marco Antonio è nel vostro accampamento, mio signore. Perciò fuggi, nobile Cassio, fuggi più lontano. CASSIO
Questa collina è abbastanza lontana. Guarda, Titinio, sono le mie tende quelle dove vedo divampare il fuoco? TITINIO
Sì, mio signore. CASSIO
Titinio, se mi ami, monta sul mio cavallo e affonda gli speroni nei suoi fianchi fino a che non ti abbia portato da quelle truppe, e qui di nuovo. Devo accertarmi se quelle truppe sono amiche o nemiche. TITINIO
Sarò di ritorno veloce come il pensiero. Esce CASSIO
Vai, Pindaro, sali su quel colle. La mia vista è sempre stata debole. Guarda, guarda Titinio, e dimmi cosa vedi nel campo188. Esce Pindaro Questo è il giorno in cui ho dato il mio primo respiro. Il tempo ha terminato il suo giro, e dove ho iniziato lì finirò. La mia vita ha chiuso il suo cerchio. Pindaro entra dall’alto della balconata Amico, che notizie? PINDARO
Oh, mio signore!
693
JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 3
CASSIUS What news? PINDARUS
Titinius is enclosèd round about With horsemen, that make to him on the spur. Yet he spurs on. Now they are almost on him. Now Titinius. Now some light. O, he lights too. He’s ta’en.
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Shout within And hark, they shout for joy. CASSIUS Come down; behold no more. Exit Pindarus O coward that I am, to live so long To see my best friend ta’en before my face!
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Enter Pindarus below Come hither, sirrah. In Parthia did I take thee prisoner, And then I swore thee, saving of thy life, That whatsoever I did bid thee do Thou shouldst attempt it. Come now, keep thine oath. Now be a freeman, and, with this good sword That ran through Caesar’s bowels, search this bosom. Stand not to answer. Here, take thou the hilts,
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Pindarus takes the sword And when my face is covered, as ’tis now, Guide thou the sword. Pindarus stabs him Caesar, thou art revenged, Even with the sword that killed thee.
He dies
PINDARUS
So, I am free, yet would not so have been Durst I have done my will. O Cassius! Far from this country Pindarus shall run, Where never Roman shall take note of him.
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Exit
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 3
CASSIO
Che notizie? PINDARO
Titinio è circondato da ogni parte da uomini a cavallo che galoppano verso di lui a briglia sciolta. Anche lui continua a galoppare. Ora gli sono quasi addosso. Ora Titinio – ora qualcuno smonta da cavallo. Oh, anche lui smonta. Lo hanno preso. Urla da dentro Ascolta, urlano per la gioia. CASSIO
Vieni giù; non guardare più. Pindaro esce Oh, codardo che sono, a vivere tanto da vedere il mio migliore amico catturato davanti ai miei occhi189! Entra Pindaro in basso Vieni qui, compagno. In Partia190 ti ho preso prigioniero, e allora ti feci giurare, risparmiandoti la vita, che avresti fatto qualsiasi cosa ti avessi ordinato di fare. Vieni, ora, mantieni il tuo giuramento. Diventa un uomo libero e con questa buona spada che ha attraversato le viscere di Cesare, cerca questo petto. Non fermarti a rispondere. Ecco, prendi l’elsa, Pindaro prende la spada e quando mi coprirò la faccia, come faccio ora, guida la tua spada. Pindaro lo pugnala Cesare sei vendicato con la stessa spada che ti ha ucciso191. Muore PINDARO
Così ora sono libero. E tuttavia non avrei voluto esserlo in questo modo, se avessi osato fare come volevo. Oh, Cassio! Pindaro correrà lontano da questo paese, dove nessun romano si accorgerà di lui. Esce
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 3
Enter Titinius, wearing a wreath of victory, and Messala MESSALA
It is but change, Titinius, for Octavius Is overthrown by noble Brutus’ power, As Cassius’ legions are by Antony.
50
TITINIUS
These tidings will well comfort Cassius. MESSALA
Where did you leave him? All disconsolate, With Pindarus his bondman, on this hill.
TITINIUS
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MESSALA
Is not that he that lies upon the ground? TITINIUS
He lies not like the living. – O my heart! MESSALA
Is not that he? No, this was he, Messala; But Cassius is no more. O setting sun, As in thy red rays thou dost sink tonight, So in his red blood Cassius’ day is set. The sun of Rome is set. Our day is gone. Clouds, dews, and dangers come. Our deeds are done. Mistrust of my success hath done this deed.
TITINIUS
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MESSALA
Mistrust of good success hath done this deed. O hateful Error, Melancholy’s child, Why dost thou show to the apt thoughts of men The things that are not? O Error, soon conceived, Thou never com’st unto a happy birth, But kill’st the mother that engendered thee. TITINIUS
What, Pindarus! Where art thou, Pindarus? MESSALA
Seek him, Titinius, whilst I go to meet The noble Brutus, thrusting this report 696
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 3
Entrano Titinio, che indossa una ghirlanda di vittoria, e Messala MESSALA
Lo scontro è finito alla pari, Titinio, perché Ottaviano è sconfitto dall’esercito del nobile Bruto, mentre le legioni di Cassio sono sbaragliate da Antonio. TITINIO
Queste notizie rincuoreranno Cassio. MESSALA
Dove lo hai lasciato? TITINIO
Su questa collina, sconfortato, con il suo servo Pindaro. MESSALA
Non è lui che sta lì a terra? TITINIO
Sì, ma non è vivo. Oh, mio cuore! MESSALA
Non è lui? TITINIO
No: questo era lui, Messala, ma Cassio non è più. Oh, sole al tramonto, come nei tuoi rossi raggi affondi nella notte, così il giorno di Cassio è tramontato nel suo rosso sangue. Il sole di Roma è tramontato. Il nostro giorno è finito. Arrivano nuvole, nebbie e pericoli. Le nostre azioni sono terminate. La sua sfiducia nel mio buon successo l’ha spinto a questo gesto. MESSALA
La sfiducia in un buon risultato ha provocato questo gesto. Oh, Errore odioso, figlio della Melanconia. Perché mostri alla mente impressionabile degli uomini cose che non sono? Oh, Errore concepito in fretta, non raggiungi mai una nascita felice, ma uccidi la madre che ti ha generato192. TITINIO
Cosa? Pindaro! Dove sei Pindaro? MESSALA
Cercalo, Titinio, mentre vado a cercare il nobile Bruto per trafiggere le sue orecchie con questa notizia. Posso ben dire ‘trafiggere’,
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 3
Into his ears. I may say ‘thrusting’ it, For piercing steel and darts envenomèd Shall be as welcome to the ears of Brutus As tidings of this sight. TITINIUS Hie you, Messala, And I will seek for Pindarus the while. Exit Messala Why didst thou send me forth, brave Cassius? Did I not meet thy friends, and did not they Put on my brows this wreath of victory, And bid me give it thee? Didst thou not hear their shouts? Alas, thou hast misconstrued everything. But hold thee, take this garland on thy brow. Thy Brutus bid me give it thee, and I Will do his bidding. Brutus, come apace, And see how I regarded Caius Cassius. By your leave, gods, this is a Roman’s part: Come Cassius’ sword, and find Titinius’ heart.
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He stabs himself, and dies Alarum. Enter Brutus, Messala, young Cato, Strata, Volumnius, Lucillius, [Labio, and Flavio] BRUTUS
Where, where, Messala, doth his body lie?
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MESSALA
Lo yonder, and Titinius mourning it. BRUTUS
Titinius’ face is upward. He is slain.
CATO
BRUTUS
O Julius Caesar, thou art mighty yet. Thy spirit walks abroad, and turns our swords In our own proper entrails. Low Alarums Brave Titinius, Look whe’er he have not crowned dead Cassius.
CATO
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 3
perché né punta d’acciaio acuminato né spade avvelenate sarebbero benvenuti dalle orecchie di Bruto quanto la notizia di questo spettacolo. TITINIO
Vai, Messala, e io intanto cercherò Pindaro. Messala esce Perché mi hai mandato avanti, valoroso Cassio? Non erano forse i tuoi amici che ho incontrato? E non mi hanno messo questa corona di vittoria sulla fronte dicendomi di darla a te? Non hai udito le loro grida? Ahimè, hai frainteso ogni cosa. Ma tieni, prendi questa corona sulla tua fronte. Il tuo Bruto mi ha ordinato di darla a te, e io obbedisco al suo ordine. Bruto, vieni con passo rapido a vedere come ammiravo Caio Cassio. Con il vostro permesso, dèi, questa è la parte che si addice a un romano: vieni, spada di Cassio, e trova il cuore di Titinio. Si pugnala e muore Trombe e tamburi. Entrano Bruto, Messala, Catone il giovane193, Stratone, Volunnio, Lucilio, [ Labio e Flavio] BRUTO
Dove, Messala, dove sta il suo corpo? MESSALA
Laggiù, e Titinio lo piange. BRUTO
La faccia di Titinio è rivolta in su. CATONE
Si è ucciso! BRUTO
Oh, Giulio Cesare, sei ancora potente. Il tuo spirito vagante volge le nostre spade nelle nostre stesse viscere194. Trombe e tamburi in lontananza CATONE
Valoroso Titinio, guardate come ha incoronato Cassio morto.
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 4
BRUTUS
Are yet two Romans living such as these? The last of all the Romans, fare thee well. It is impossible that ever Rome Should breed thy fellow. Friends, I owe more tears To this dead man than you shall see me pay. – I shall find time, Cassius, I shall find time. – Come, therefore, and to Thasos send his body. His funerals shall not be in our camp, Lest it discomfort us. Lucillius, come; And come, young Cato. Let us to the field. Labio and Flavio, set our battles on. ’Tis three o’clock, and, Romans, yet ere night We shall try fortune in a second fight.
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Exeunt [with the bodies] Alarum. Enter Brutus, Messala, young Cato, Lucillius, and Flavius
5.4
BRUTUS
Yet, countrymen, O yet hold up your heads. [Exit with Messala and Flavius] CATO
What bastard doth not? Who will go with me? I will proclaim my name about the field. I am the son of Marcus Cato, ho! A foe to tyrants, and my country’s friend. I am the son of Marcus Cato, ho!
5
Enter Soldiers, and fight [LUCILLIUS]
And I am Brutus, Marcus Brutus, I, Brutus, my country’s friend. Know me for Brutus. Soldiers kill Cato O young and noble Cato, art thou down? Why, now thou diest as bravely as Titinius, And mayst be honoured, being Cato’s son.
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 4
BRUTO
Vivono ancora due romani simili a loro? Ultimo di tutti i romani, addio. Roma non saprà generare uno pari a te. Amici, devo più lacrime a quest’ uomo morto di quante me ne vedrete scorrere. Troverò il tempo, Cassio, troverò il tempo – Venite dunque, e mandate il corpo a Taso195. Il suo funerale non avrà luogo nel nostro accampamento, perché non causi sconforto. Lucilio, vieni; e vieni giovane Catone. Andiamo al campo. Labio e Flavio, preparate le truppe. Sono le tre, e, romani, prima di notte, tenteremo la sorte in una seconda battaglia196. Escono [con i corpi] Tamburi e trombe. Entrano Bruto, Messala, Catone il giovane, Lucilio e Flavio197
V, 4 BRUTO
Voi, compatrioti, oh, tenete ancora alta la testa! [Esce con Messala e Flavio] CATONE
Chi è quel bastardo che non lo fa? Chi viene con me? Io proclamerò il mio nome nel campo di battaglia. Io sono il figlio di Marco Catone, ehi! Nemico dei tiranni e amico della patria. Io sono il figlio di Marco Catone, ehi! Entrano i soldati e combattono [LUCILIO]
E io sono Bruto, Marco Bruto, io, Bruto, amico della mia patria. Sappiate che sono Bruto198. I soldati uccidono Catone O giovane, nobile Catone, giaci a terra? Ebbene, ora tu muori valorosamente come Titinio, e potrai essere onorato come vero figlio di Catone.
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 4
[FIRST] SOLDIER
Yield, or thou diest. LUCILLIUS Only I yield to die. There is so much, that thou wilt kill me straight: Kill Brutus, and be honoured in his death. [FIRST] SOLDIER
We must not. – A noble prisoner.
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SECOND SOLDIER
Room, ho! Tell Antony Brutus is ta’en. Enter Antony FIRST SOLDIER
I’ll tell the news. Here comes the general. – (To Antony) Brutus is ta’en, Brutus is ta’en, my lord. ANTONY Where is he? LUCILLIUS
Safe, Antony, Brutus is safe enough. I dare assure thee that no enemy Shall ever take alive the noble Brutus. The gods defend him from so great a shame. When you do find him, or alive or dead, He will be found like Brutus, like himself. ANTONY (to First Soldier) This is not Brutus, friend, but, I assure you, A prize no less in worth. Keep this man safe. Give him all kindness. I had rather have Such men my friends than enemies. [To another Soldier] Go on, And see whe’er Brutus be alive or dead, And bring us word unto Octavius’ tent How everything is chanced. Exeunt [the Soldier at one door, Antony, Lucillius and other Soldiers, some bearing Cato’s body, at another door]
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GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 4
[PRIMO] SOLDATO
Arrenditi, o muori. LUCILIO
Mi arrendo solo se muoio. Eccoti abbastanza denaro perché tu mi uccida immediatamente. Uccidi Bruto e ti sarà reso onore per la sua morte. [PRIMO] SOLDATO
Non dobbiamo farlo. Un tale nobile prigioniero! SECONDO SOLDATO
Largo, ehi! Dite ad Antonio che Bruto è stato preso. Entra Antonio PRIMO SOLDATO
Darò io la notizia. Ecco che arriva il generale. – (ad Antonio) Bruto è preso, Bruto è preso, mio signore. ANTONIO
Dov’è? LUCILIO
Al sicuro, Antonio, al sicuro. Ti garantisco che nessun nemico mai prenderà vivo il nobile Bruto. Gli dèi lo difenderanno da una così grande vergogna! Quando lo troverai, vivo o morto, sarà sempre Bruto, il vero Bruto. ANTONIO (al primo soldato) Questo non è Bruto, amico, ma certo una preda di non minore valore. Tienilo al sicuro. Trattalo con ogni cortesia. Vorrei avere simili uomini come amici piuttosto che come nemici199. [A un altro soldato] Vai avanti e vedi se Bruto è vivo o è morto, poi venite alla tenda di Ottaviano a riferirci che cosa succede. Escono [il soldato da una porta, Antonio, Lucilio e altri soldati e con qualcuno che porta il corpo di Catone, dall’altra]
703
JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 5
Enter Brutus, Dardanius, Clitus, Strato, and Volumnius
5.5
BRUTUS
Come, poor remains of friends, rest on this rock. [He sits. Strato rests and falls asleep] CLITUS
Statillius showed the torchlight, but, my lord, He came not back. He is or ta’en or slain. BRUTUS
Sit thee down, Clitus. Slaying is the word: It is a deed in fashion. Hark thee, Clitus.
5
He whispers CLITUS
What I, my lord? No, not for all the world. BRUTUS
Peace, then, no words. CLITUS I’ll rather kill myself. He stands apart BRUTUS
Hark thee, Dardanius. He whispers DARDANIUS
Shall I do such a deed?
He joins Clitus CLITUS O Dardanius! DARDANIUS O Clitus! CLITUS
What ill request did Brutus make to thee? DARDANIUS
To kill him, Clitus. Look, he meditates.
704
10
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 5
Entrano Bruto, Dardanio, Clito, Stratone e Volunnio200
V, 5 BRUTO
Venite, poveri amici rimasti, riposate su questa roccia. [Si siede. Stratone riposa e si addormenta] CLITO
Statilio ha mandato il segnale con la torcia, ma, mio signore, non è più tornato. O è stato catturato oppure è stato ucciso201. BRUTO
Siediti, Clito. Uccidere è la parola: è un’azione consueta di questi tempi. Ascolta, Clito. Gli bisbiglia CLITO
Cosa? Io, mio signore? No, per nessun motivo al mondo. BRUTO
Zitto, allora. Non una parola. CLITO
Piuttosto mi uccido. Si mette da parte BRUTO
Ascolta tu, Dardanio! Gli bisbiglia DARDANIO
Io – una simile azione? Si unisce a Clito CLITO
Oh, Dardanio! DARDANIO
Oh, Clito! CLITO
Quale orribile richiesta ti ha fatto Bruto? DARDANIO
Di ucciderlo, Clito. Guarda, sta meditando.
705
JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 5
CLITUS
Now is that noble vessel full of grief, That it runs over even at his eyes. BRUTUS
Come hither, good Volumnius. List a word.
15
VOLUMNIUS
What says my lord? BRUTUS Why this, Volumnius. The ghost of Caesar hath appeared to me Two several times by night – at Sardis once, And this last night, here in Philippi fields. I know my hour is come. VOLUMNIUS Not so, my lord.
20
BRUTUS
Nay, I am sure it is, Volumnius. Thou seest the world, Volumnius, how it goes. Our enemies have beat us to the pit, Low alarums It is more worthy to leap in ourselves Than tarry till they push us. Good Volumnius, Thou know’st that we two went to school together. Even for that, our love of old, I prithee, Hold thou my sword hilts whilst I run on it.
25
VOLUMNIUS
That’s not an office for a friend, my lord. Alarum still CLITUS
Fly, fly, my lord! There is no tarrying here.
30
BRUTUS
Farewell to you, and you, and you, Volumnius. – Strato, thou hast been all this while asleep. [Strato wakes] Farewell to thee too, Strato. Countrymen, My heart doth joy that yet in all my life I found no man but he was true to me. I shall have glory by this losing day, 706
35
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 5
CLITO
Ora quel nobile vaso202 è così colmo di dolore che trabocca fino agli occhi. BRUTO
Vieni qui, buon Volunnio. Ascolta, una parola. VOLUNNIO
Che dice il mio signore? BRUTO
Ecco: questo. Lo spirito di Cesare mi è apparso di notte due volte – una volta a Sardi, e la notte scorsa, qui nei campi di Filippi 203. So che è giunta la mia ora. VOLUNNIO
Non è così, mio signore. BRUTO
Sì. Sono sicuro che è così, Volunnio. Tu vedi come va il mondo. I nostri nemici ci hanno portato fino all’orlo della fossa. Tamburi e trombe in lontananza È più dignitoso saltarci dentro da soli piuttosto che attendere che ci spingano dentro loro. Buon Volunnio, siamo andati a scuola insieme, lo sai. Proprio in nome di quell’antico amore, ti prego, reggi la mia spada mentre mi ci getto sopra. VOLUNNIO
Non è un compito per un amico, mio signore. Ancora trombe e tamburi CLITO
Fuggi, fuggi, mio signore. Non rimanere qui. BRUTO
Addio a te; a te, e a te, Volunnio. –Stratone, hai dormito tutto questo tempo. [Stratone si sveglia] Addio anche a te Stratone. Compatrioti, il mio cuore è colmo di gioia perché in tutta la mia vita non ho mai trovato un uomo che non mi sia stato fedele204. Da questo giorno di sconfitta ricaverò più
707
JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 5
More than Octavius and Mark Antony By this vile conquest shall attain unto. So fare you well at once, for Brutus’ tongue Hath almost ended his life’s history. Night hangs upon mine eyes. My bones would rest, That have but laboured to attain this hour.
40
Alarum. Cry within: ‘Fly, fly, fly!’ CLITUS
Fly, my lord, fly! Hence; I will follow.
BRUTUS
Exeunt Clitus, Dardanius, and Volumnius I prithee, Strato, stay thou by thy lord. Thou art a fellow of a good respect. Thy life hath had some smatch of honour in it. Hold then my sword, and turn away thy face While I do run upon it. Wilt thou, Strato?
45
STRATO
Give me your hand first. Fare you well, my lord. BRUTUS
Farewell, good Strato. Strato holds the sword, while Brutus runs on it Caesar, now be still. I killed not thee with half so good a will.
50 He dies
Alarum. Retreat. Enter Antony, Octavius, Messala, Lucillius, and the army OCTAVIUS What man is that? MESSALA
My master’s man. Strato, where is thy master? STRATO
Free from the bondage you are in, Messala. The conquerors can but make a fire of him, For Brutus only overcame himself, And no man else hath honour by his death.
708
55
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 5
gloria di quanta non ne otterranno Ottaviano e Antonio per la loro vile vittoria. Perciò, addio, in fretta, perché la lingua di Bruto ha quasi terminato la storia della sua vita. La notte incombe sui miei occhi. Le mie ossa, che hanno penato solo per raggiungere quest’ora, chiedono riposo205. Trombe e tamburi. Grida da dentro: ‘Fuggite, fuggite, fuggite!’ CLITO
Fuggi, mio signore, fuggi! BRUTO
Andate avanti: vi seguirò. Escono Clito, Dardanio e Volunnio Ti prego, Stratone, resta tu con il tuo signore. Tu sei un uomo degno di rispetto; la tua vita ha il sapore dell’onore. Reggi dunque la mia spada, e volta la faccia, mentre mi ci getto sopra. Lo farai, Stratone? STRATONE
Dammi prima la mano. Addio, mio signore. BRUTO
Addio, buon Stratone. Stratone regge la spada mentre Bruto vi si getta sopra Cesare, riposa in pace. Non ti ho ucciso con la metà dello zelo con cui ora uccido me stesso206. Muore Tamburi e trombe. Ritirata. Entrano Antonio, Ottaviano, Messala, Lucilio e l’esercito OTTAVIANO
Chi è quell’uomo? MESSALA
L’uomo del mio padrone. Stratone, dov’è il tuo padrone? STRATONE
Libero dalla schiavitù in cui ti trovi tu, Messala. I vincitori non ne potranno fare altro che un rogo, perché solo Bruto ha vinto Bruto, e nessun altro avrà l’onore dalla sua morte.
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JULIUS CAESAR, ACT 5 SCENE 5
LUCILLIUS
So Brutus should be found. I thank thee, Brutus, That thou hast proved Lucillius’ saying true. OCTAVIUS
All that served Brutus, I will entertain them. (To Strato) Fellow, wilt thou bestow thy time with me?
60
STRATO
Ay, if Messala will prefer me to you. OCTAVIUS
Do so, good Messala. MESSALA How died my master, Strato? STRATO
I held the sword, and he did run on it. MESSALA
Octavius, then take him to follow thee, That did the latest service to my master.
65
ANTONY
This was the noblest Roman of them all. All the conspirators save only he Did that they did in envy of great Caesar. He only in a general honest thought And common good to all made one of them. His life was gentle, and the elements So mixed in him that nature might stand up And say to all the world ‘This was a man’.
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OCTAVIUS
According to his virtue let us use him, With all respect and rites of burial. Within my tent his bones tonight shall lie, Most like a soldier, ordered honourably. So call the field to rest, and let’s away To part the glories of this happy day. Exeunt [with Brutus’ body]
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75
80
GIULIO CESARE, ATTO V SCENA 5
LUCILIO
Così doveva essere trovato. Ti ringrazio, Bruto, per aver confermato le parole di Lucilio. OTTAVIANO
Tutti quelli che hanno servito Bruto li prenderò con me, al mio servizio. (A Stratone) Tu, vuoi passare con me? STRATONE
Sì, se Messala mi raccomanda. OTTAVIANO
Fallo, Messala. MESSALA
Com’è morto il mio padrone, Stratone? STRATONE
Ho retto la spada e lui si è gettato sopra. MESSALA
Allora prendilo con te, Ottaviano, perché ha reso l’ultimo servizio al mio signore. ANTONIO
Questo fu il romano più nobile di tutti loro. Tutti i congiurati, salvo lui, hanno fatto quello che hanno fatto per invidia del grande Cesare. Si unì a loro solo in nome di un virtuoso progetto generale e per il bene di tutti. La sua vita è stata nobile, e gli elementi erano così ben mescolati in lui che la natura potrebbe alzarsi a proclamare a tutto il mondo: ‘questo fu un uomo’207. OTTAVIANO
Trattiamolo secondo le sue virtù, con ogni rispetto e con i dovuti riti funerari. Le sue ossa giaceranno nella mia tenda questa notte, come conviene a un soldato degno di onore. Chiamate al riposo tutti nel campo, mentre noi andiamo a dividerci la gloria di questo giorno felice208. Escono [con il corpo di Bruto]
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Hamlet Amleto Testo inglese a cura di GARY TAYLOR Nota introduttiva, traduzione e note di FRANCO MARENCO
IMMAGINE FRONTESPIZIO
Frontespizio del primo in-quarto dell’Amleto (Q1), 1603
Nota introduttiva
A lungo si è dibattuto e si continua dibattere sul valore che Amleto può avere avuto per le età successive e può avere oggi per noi, per i problemi cui si trova di fronte la civiltà del ventunesimo secolo, e su questo fronte non c’è disaccordo: concepita più di quattro secoli fa, la tragedia attira ancora, sui palcoscenici come sugli schermi come sulle pagine di un libro, spettatori, comuni lettori, poeti, attori, registi, filosofi, psicologi, antropologi, storici di ogni qualità, continente, razza e scuola di pensiero. È il problema dell’attualità di Shakespeare, quello che ha fatto scrivere a un critico, con tipico humour anglosassone: “Benché manchino prove conclusive, è difficile leggere Shakespeare senza pensare che fosse quasi sicuramente un assiduo studioso di Hegel, Marx, Nietzsche, Freud, Wittgestein e Derrida” (Terry Eagleton, Shakespeare, 1986). La battuta ironica è diretta all’accanimento critico-teorico che ha investito l’opera del Bardo nel secondo Novecento, che seguiva però a due secoli di accertata e universale influenza diretta, quando il mondo letterario occidentale, almeno da Goethe in poi, scorse in Shakespeare l’antesignano di tante sue ambizioni e tante sue conquiste. Al centro di questo movimento c’era invariabilmente la figura magnetica di Amleto. Hugo vide in lui il “moderno Prometeo”, per Nietzsche era “l’uomo dionisiaco”, per Mallarmé la juvénile ombre de tous, ainsi tenant du mythe, e la figure seule, una sorta di letterario buco nero, condensazione della realtà densa e compatta del mondo in una egocentrica, opaca soggettività – e per Joyce, su questa traccia, il prototipo dell’eroe introverso e polivalente che sarebbe diventato Stephen Dedalus; e tanti altri esponenti di avanguardie fra Otto e Novecento, da Laforgue a Carmelo Bene, risentirono 715
AMLETO
di quell’atteggiamento estetico cui Max Jacob diede il titolo di Hamlétisme. Per non dire dei registi come Jan Kott, che con i personaggi shakesperiani costruivano la loro galleria di contemporanei, con in prima fila “Amleto, [che] considera la vita come una partita persa a priori […] A volte crede di essere esistenzialista. A volte, soltanto un marxista ribelle. Ma sa che ‘la morte trasforma la vita in destino’”. Nell’introduzione generale a questo volume si è sfiorato quello che a noi sembra il nodo centrale della questione, cioè l’apparente contraddizione fra la qualità profondamente storica, se non documentaria di tutto un momento culturale, delle grandi creazioni shakespeariane, e la statura mitica raggiunta da tanti intrecci e personaggi di cui Amleto appare oggi il maggiore. Lo abbiamo fatto richiamando la distinzione avanzata da Walter Benjamin, fra la tragedia classica basata su miti inattaccabili dal tempo, orientamenti intellettuali stabili di civiltà, evolute non meno che primitive, e il “dramma luttuoso” dell’età barocca, veicolo invece di un nuovo senso della storia, di cui il tempo e le sue mutazioni diventano insieme ultimi soggetti e ultimi, inappellabili giudici. Ma abbiamo anche suggerito la possibilità che la contraddizione sia in fondo forzata, perché il rilievo storico e il valore mitico sono entrambi presenti in Shakespeare, e nell’Amleto in particolare, affidati a fattori diversi da quelli che Benjamin aveva in mente. La questione va esplorata a partire dal testo che stiamo per leggere, e che avanza una forte ipoteca in questo senso. La storia di Amleto si apre con ripetuti inviti a parlare, a rivelare la propria identità, poi a raccontare: inviti di Bernardo a Francisco, di Orazio a Bernardo, di Amleto a Orazio, di tutti allo Spettro che incombe nella notte di Elsinore – e lo Spettro parlerà, mettendo in moto l’azione. Poi, la storia si chiude con le parole di Orazio di fronte all’esercito norvegese e agli ambasciatori inglesi che contemplano – “orribile vista!” – i cadaveri dell’intera famiglia reale di Danimarca, falcidiata da una vendetta che ha tardato a compiersi, ma quando si è compiuta è risultata radicale: “Lasciatemi raccontare al mondo ancora ignaro cosa è successo. Udrete allora di atti carnali sanguinosi e contro natura, di giudizi accidentali, di uccisioni casuali, di morti procurate da complotti e pretesti inventati […] Di tutto questo io posso dare un racconto veritiero” (V, 2, 320-330). Offrendosi come coscienzioso cronista di quegli eventi luttuosi, che le fonti della 716
NOTA INTRODUTTIVA
tragedia attribuiscono alla storia del regno di Danimarca, Orazio non fa che rispondere all’ansia di Amleto morente, che negli ultimi momenti di vita lo ha investito di un compito superiore, che più di ogni altra cosa gli sta a cuore: la sua storia deve sopravvivere (V, 2, 285 sgg.). Come sempre in Shakespeare, quando il macchinario dell’intreccio ha ormai esaurito il suo estenuante lavoro, ecco che una nuova prova si profila all’orizzonte, in forma non più drammatica ma narrativa: al di là di ogni conclusione, la storia deve tornare a interessare il mondo, affidandosi a un testimone di profonda esperienza, e veritiero. Non è una sottrazione alla forza del dramma, ma un potenziamento oltre i suoi confini immediati, che Shakespeare conosceva bene come effimeri – “le nostre due ore di trambusto sulla scena” (Romeo e Giulietta, Prologo, 12) – e come fattori di emozioni che devono trovare tregua ed equilibrio nella reminiscenza e nell’elaborazione mentale, grazie ai tempi diversi e alla diversa, più lenta e più interiore, persuasività della parola narrata. Le parole di Orazio richiamano finali in cui l’eco degli eventi rappresentati non sarà spento, anzi si moltiplicherà e rigenererà per altri spettatori, per altri luoghi ed altre età, all’infinito (ecco, per tutti, Prospero alla fine della Tempesta: “… e parte di questa notte la passerò a discorrere su ciò che, non ho dubbi, la farà trascorrere in fretta: la storia della mia vita…”:V, 1, 303-305); e questo grazie all’inesauribile vigore della tradizione orale, che del dramma rimaneva una radice essenziale. Ma torniamo al centro della promessa che fa Orazio, colui che nel tempo proseguirà la storia, di “raccontare tutto secondo verità”: è la missione che nella modernità si è data la storiografia come veicolo del vero, contro ogni manipolazione e impostura, contro i generi che si affidano alla fantasia e alla retorica, cioè contro la tecnica, lo statuto stesso del racconto – materia questa oggi controversa e dibattutissima. E allora ci domandiamo – retoricamente, da spettatori esigenti – quale verità si appresta a raccontare Orazio, e con lui i registi e gli attori della tragedia, al pubblico di tutto il mondo e di tutte le età? Diranno che è vero il fantasma che si presenta alle sbigottite sentinelle del castello di Elsinore, e all’ancora più sbigottito Amleto? O diranno che è un’allucinazione, magari diabolica come Amleto stesso sembra temere? Diranno che Gertrude è complice o no nella morte del marito? E che il principe amava ancora Ofelia quando la trattava così male da farla impazzire? E la morte di una disperata Ofelia sarà voluta o accidentale? E come 717
AMLETO
disegnare il rapporto fra Amleto padre e Amleto figlio, ma soprattutto fra quest’ultimo e la madre? E come sviluppare il discorso che Amleto lascia incompiuto nei suoi ultimi istanti – “oh, vi potrei dire – ma lasciamo perdere…” (V, 2, 279-280) – quando sembra sul punto di rivelare finalmente qualcosa di sé e del “mistero” che fino alla fine lo circonda? Orazio, e con lui gli attori, i registi, gli infiniti spettatori non potranno non tornare su quelle parole, se vorranno davvero capire, e rappresentarci cosa è successo. E si riaffaccia la domanda, che mille interpreti si sono rivolta trovando sempre multiple, incerte risposte: qual è, quale può essere la verità di una finzione? C’è veramente inconciliabilità fra queste due categorie della scrittura? Ecco: è proprio questo testo a sciogliere l’interrogativo, e nei termini più lucidi: è nel testo letterario, paradigma di rappresentazione, che si realizza la prossimità, anzi l’alleanza fra finzione e verità, o come avrebbe detto Alessandro Manzoni a due secoli e mezzo di distanza, fra “assentimento poetico” e “assentimento storico” (negando, contro il suo stesso maggior lavoro, che quell’alleanza potesse funzionare: Sul romanzo storico, 1851); è, nei termini della nostra discussione, la congiunzione fra l’incisiva registrazione di una svolta epocale, e l’efficacia con cui quel passaggio viene espresso: insomma, fra Storia e Mito. Stiamo parlando della più evidente caratteristica dell’Amleto, che deriva dalla continua riflessione che l’autore esercita sul proprio linguaggio e sul proprio mestiere, anticipando tante fatiche accademiche moderne: è il risultato dell’impegno a costruire drammi nel dramma – il teatro che cerca in sé, nelle proprie pratiche, le risposte non solo ai problemi scenici, ma ai problemi epistemologici generali che il testo solleva. (Ciò che spiega l’enorme fervore critico dedicato a questa tragedia nel Novecento, età quant’altre mai tentata dall’autoreferenzialità della scrittura). Amleto si sente vittima di un tradimento e inscena la recita della follia, penetra la realtà con l’immaginazione, prepara una vendetta assumendo svariate maschere, impartisce a degli attori lezioni che segnano l’inizio del dramma moderno, inganna spie e sicari con una astuta simulazione, intrappola gli altri nell’imboscata preparata per lui… La strategia è quella di un attore consumato, a volte serio moralista e a volte lepido buffone, insondabile in ogni pensiero e imprendibile in ogni abbandono. Tale lo consacra proprio l’episodio del teatro nel teatro, quando sottopone Claudio – che lui sospetta di adulterio e fratricidio – alla prova della verità, 718
NOTA INTRODUTTIVA
facendolo assistere a una recita che è copia del suo delitto e spiandone le reazioni, ricevendo così conferma del terribile sospetto. Ecco come si intrecciano inestricabilmente i fattori della nostra problematica: per raggiungere una verità morale, la colpevolezza dello zio, Amleto si affida al teatro, alla recitazione di attori da lui stesso istruiti e diretti. È dunque attraverso la finzione che il principale drammaturgo della modernità intende penetrare la realtà; solo la finzione può sciogliere i dubbi, a quella e solo a quella si potrà rifare il veritiero racconto di Orazio, per conseguire la palma di narratore della storia di Danimarca e regista di una grande tragedia, l’una e l’altra a loro modo icone di una svolta nella storia del mondo. Nell’Amleto Shakespeare erige il suo teatro a chiave di volta di una nuova, esclusiva, ardita teoria della conoscenza. La finzione – una certa finzione, perseguita con la caparbia, assoluta perizia e dedizione a un mestiere secolare – si fa garante della verità, e viceversa. Lungi dall’entrare in contraddizione, la storia del principe di Danimarca si trasforma in mito del genere drammatico, ovvero in un’opera nello stesso tempo dentro e fuori da quel genere; e l’intero edificio si regge sull’energia e la straordinaria intensità del linguaggio poetico, un aspetto sul quale converrà tornare. Data e trasmissione del testo La vicenda di Amleto circolava sulle scene inglesi prima che Shakespeare vi mettesse mano, ben circoscritta nella trama-prototipo della vendetta. Il testo cui di solito si pensa a questo proposito è un anonimo ora perduto e detto Ur-Hamlet, che più di dieci anni prima aveva suscitato le iperboli dei cronisti, come “i discorsi tragici sparsi a piene mani da Amleto” (Thomas Nashe, 1589), o “il misero spettro che a teatro si sgolava a gridare come una venditrice di ostriche: ‘Amleto, vendetta!’” (Thomas Lodge, 1596). C’è chi suppone che quel testo fosse un primo assaggio dello stesso Shakespeare, ma un autore più accreditato è ora Thomas Kyd. Di quest’ultimo si è conservata una tragedia di vendetta in piena regola e molto popolare, The Spanish Tragedy (databile fra il 1582 e il 1592), che contiene chiari preludi alla trama shakespeariana. Altre, piuttosto vaghe prove di datazione si ricavano da pubblicazioni coeve che accennano al principe danese intorno al 1601, ed altre ancora, più sicure, da riferimenti interni al testo, come la vanitosa allusione che il personaggio di Polonio fa (in III, 2, 93-94) a una sua recita nel 719
AMLETO
Giulio Cesare, la tragedia shakespeariana immediatamente precedente l’Amleto, e sicuramente databile nella seconda metà del 1599. Un’altra allusione interna è quella alla “nidiata di bambini, di falchetti che urlano a squarciagola e vengono applauditi con tirannica foga” (II, 2, 326-327), che sembra alludere alla “guerra dei teatri” scatenata dalla comparsa nel Blackfriars Theatre di Londra di una compagnia di ragazzi, formidabili concorrenti delle compagnie di adulti (l’allusione è assente dall’edizione più autorevole durante la vita dell’autore, ma può far parte delle revisioni di suo pugno). Nel complesso, queste prove indicano il periodo fra la fine del 1599 e l’inizio del 1600 come il più probabile per la stesura della tragedia. Quanto alle edizioni originali, tre sono attestate dalla pubblicazione di due copie in-quarto, nel 1603 The Tragicall Historie of Hamlet Prince of Denmarke (qui Q1) e nel 1604-1605 (qui Q2), e poi di un volume in-folio del 1623 (qui F), che è l’edizione postuma di tutte le opere, radunate da due membri dell’antica compagnia di attori di cui Shakespeare faceva parte. Q1 è comunemente designato come un brogliaccio ritenuto a mente da qualche attore nella tragedia, mentre Q2 rappresenterebbe una brutta copia del manoscritto originale, e F la revisione di quella prima stesura, con tagli e aggiunte di mano dell’autore. Il processo di selezione e cura cui sono stati sottoposti i vari esemplari sopravvissuti (di Q1 rimangono due sole copie) ha fatto sì che per molto tempo i primi in-quarto di questa e di altre opere venissero considerati testi inaffidabili (bad quartos) perché risultati di pubblicazioni raffazzonate e non autorizzate – e in qualche caso anche piratesche. Nell’ultimo secolo però si è fatta strada una diversa convinzione, per cui queste prime edizioni rifletterebbero i copioni di scena usati nelle prime rappresentazioni, quindi rispondenti anche meglio delle edizioni successive alle esigenze della recitazione, e dotati di una loro autonomia estetica. Così Q1, che ha avuto un’edizione separata anche in Italia a cura di Alessandro Serpieri (1997), pur se fra tutti i quartos shakespeariani questo sembra il più disastrato, per i frequenti errori e le evidenti incongruenze. Q2, registrato ufficialmente già nel 1602 e poi scavalcato dall’edizione non autorizzata del 1603 (Q1), presenta nel 1604-1605 un testo molto più lungo – “di una buona metà” dice il frontespizio, che sostiene anche la derivazione dalla true and perfect copy di mano dell’autore – ma non si può dire che fosse anche molto accurato: alle prime armi dovevano 720
NOTA INTRODUTTIVA
essere i due compositori ai quali era stata affidata la stampa, troppo frettoloso il revisore finale, e la stessa scrittura del manoscritto non doveva rendere facile il loro compito. L’ipotesi oggi più accreditata è che la copia di Q2 pervenuta all’editore, lungi dall’essere true and perfect, fosse invece una “brutta” del testo fornito dall’autore alla compagnia. Questa versione venne pubblicata ancora nel 1611, nel 1622 (forse) e nel 1637. Quando nel 1623 venne pubblicato F, il testo-guida della nostra edizione, l’autore era morto da sette anni, ma i curatori avevano le carte in regola per ricordarne gli insegnamenti e le direttive. John Heminges e Henry Condell erano gli unici sopravvissuti dell’originale Compagnia del Lord Ciambellano per cui Amleto era stato scritto, dunque erano gli ultimi testimoni del testo che il pubblico aveva imparato a conoscere e prediligere. Le differenze fra F e Q2 sono prima di tutto quantitative: rispetto al predecessore F omette 230 versi e ne aggiunge 70. Sono tagli e aggiunte fatti con notevole perizia e competenza, tali da non alterare il senso generale della vicenda; se mai, i tagli contribuiscono ad accelerare l’azione, mentre le aggiunte rendono certi momenti dell’intreccio più comprensibili. Si è così pensato persuasivamente a un revisore autorevole come l’autore stesso, e quindi a F come alla riproduzione della copia, questa sì true and perfect nei limiti dell’editoria secentesca, che la compagnia aveva adottato per le sue recite nel corso degli anni. Le fonti e i loro generi Nella ricerca di trame capaci di soddisfare un pubblico sempre attirato da spettacoli cruenti e sensazionali, i drammaturghi elisabettiani si rivolsero al genere della vendetta, che prevedeva grandi carneficine finali. Tragedie di quel tipo avevano preso piede fin dagli anni ’60 del Cinquecento, con Seneca come ammirato capostipite. Jasper Heywood, Thomas Kyd e altri ne erano stati i divulgatori. Kyd si era rifatto al primo soliloquio di Atreo nel Tieste – “Ignave, iners, enervis…” (176-180) – quando, in The Spanish Tragedy (III, 7, 68-69; 12, 6-20; 13, 1-44; 95-107), il protagonista Hieronimo si rimprovera di chiacchierare invece di eseguire la propria urgente vendetta: precorreva così il monologo in cui Amleto si avvilisce per una simile colpa: “Oh, che miserabile mascalzone sono io!” ecc. (II, 2, 527 sgg.). Motivi come il fantasma che sollecita di essere vendicato – in Kyd un figlio che ossessiona il padre, in Shakespeare un padre che ossessiona il figlio; la follia che serve al vendicatore per co721
AMLETO
prire i propri piani di vendetta; le sue meditazioni sul suicidio; la recita che svela una verità scandalosa ignota ai personaggi; e, non ultimo, la crisi della comunicazione fra di loro: sono elementi che trascorrono da un testo all’altro, e di sicuro richiamo per platee mai sazie di brividi e raccapricci. Dopo Tito Andronico (1592), di ambientazione romana, dove gli ingredienti della vendetta sono presenti per così dire allo stato puro, in una incessante mitopoiesi di orrori, Shakespeare si sarebbe valso di fonti plurime di ascendenza italiana per Romeo e Giulietta (1595), e delle Vite parallele di Plutarco per Giulio Cesare (1599). Per l’Amleto trovava invece un modello traboccante di sanguinose faide fra famiglie reali nelle Danorum Regum Heroumque Historiae, compilate nel secolo XII dal Grammatico Sassone e riscritte da François de Belleforest nelle popolari Histoires tragiques (1570): fra queste, la vicenda del principe Amlethus che prepara la vendetta per l’uccisione del padre da parte dello zio, fingendosi pazzo – a sua volta una possibile reminiscenza della leggenda latina di Lucio Giunio Bruto, che cacciò da Roma i Tarquini dopo lo stupro di Lucrezia. Contro Amlethus complottano il re e i cortigiani, che spingono una compagna d’infanzia a sedurlo, poi fanno spiare un suo incontro con la madre. Lui uccide lo spione, lo fa a pezzi e lo getta nella fogna a nutrire i maiali. Lo zio fellone lo manda in Inghilterra con due accompagnatori, latori dell’ordine di ucciderlo. Amlethus fa sì che la sentenza di morte colpisca gli accompagnatori invece che lui, poi sposa la figlia del re inglese, ritorna in Danimarca, continua a fingersi pazzo finché non riesce a uccidere il re con la spada del padre. Il popolo lo applaude nuovo re. Belleforest aveva ripreso la storia di Amleth con aggiunte di ordine moralistico per quanto riguarda la liceità della vendetta, psicologico per quanto riguarda il protagonista, e di condanna della regina fedifraga; ma restano esclusivamente shakespeariani i motivi interni ed i momenti salienti dello spettacolo, lo Spettro e la compagnia degli attori, il teatro nel teatro e la follia e morte di Ofelia, Laerte e Fortebraccio come Amleto vendicatori del padre; e resta shakespeariana soprattutto l’umanità profonda e complessa attribuita al protagonista, quell’impronta di un “malinconico” distacco che enormemente lo distanzia dal tipo tradizionale del vendicatore. L’esitazione ad agire e il lacerante scavo nella propria coscienza restano gli aspetti che più lo distanziano da un archetipo ormai esausto. 722
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Un’altra possibile fonte, non documentata, è la storia di derivazione italiana – così Amleto la definisce – che fornisce il canovaccio del dramma nel dramma. Alcune coincidenze fanno pensare all’uccisione nel 1538 di Francesco Maria della Rovere duca di Urbino, si disse per effetto di un veleno che gli venne versato nell’orecchio mentre dormiva, da un agente del marchese Luigi Gonzaga. Così, un po’ pasticciata nei nomi, la storia diventava L’assassinio di Gonzago, che traspone le leggende feroci delle corti rinascimentali italiane a quelle non meno feroci delle corti nordiche medievali. E altri, forse più fugaci ma non meno penetranti spunti Shakespeare li derivava dalle sue svariate letture, dai maggiori classici ai contemporanei come Michel de Montaigne, i cui Saggi erano stati pubblicati in Francia dal 1580, e in Inghilterra nel 1603. La vicenda L’azione si apre in medias res, in un’ora notturna, con l’apparizione dello spettro del vecchio re Amleto, che rivela al principe suo figlio – Amleto anche lui – di essere stato ucciso dal fratello Claudio ora sposo della vedova, la regina Gertrude. Amleto si dispera per la perdita del padre e l’indifferenza della madre (I, 1-5), e dà presto segni di squilibrio: dopo avere riservato le sue attenzioni a Ofelia, figlia del cortigiano Polonio, ora la spaventa con comportamenti strambi. Lo sconcerto regna a corte: Polonio assicura che il principe ha perduto la testa per Ofelia, mentre la coppia reale affida a Rosencrantz e Guildenstern, antichi compagni di Amleto, il compito di venire a capo delle sue stranezze. Arriva a Elsinore una compagnia di teatranti; il primo attore si commuove recitando una scena patetica, ciò che scatena Amleto contro se stesso: una finzione ha prodotto più passione in un estraneo di quanta lui non sia in grado di mettere nella sua vendetta (II, 1-2). In un secondo soliloquio medita il suicidio, quindi allestisce per la corte la rappresentazione di un dramma in cui un re viene ucciso dal fratello. Claudio, alterato, abbandona la sala: il teatro ha colpito nel segno, confermando Amleto nei suoi propositi di vendetta. Claudio intanto ammette pregando il suo delitto, e il principe, che lo osserva di nascosto, trattiene la spada: non vuole mandarlo al Creatore in un momento favorevole per la sua anima. Ma di fronte alla madre non si trattiene, la accusa di insensibilità e adulterio, poi avverte che qualcuno li sta spiando, e trafigge Polonio nascosto dietro un arazzo 723
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(III, 1-4). Gli eventi precipitano: Claudio decide di inviare il principe e i suoi amici di un tempo in Inghilterra, dove Amleto dovrà essere immediatamente giustiziato. Ma la macchinazione non riesce: Amleto ha fatto sì che la sentenza di morte colpisse i suoi compagni di viaggio invece che lui, e annuncia il suo ritorno. Intanto Ofelia è sprofondata in una follia vera, che infiamma suo fratello Laerte già colpito dalla morte del padre; il re indica Amleto come responsabile di ambedue le disgrazie (IV, 1-7). E Amleto, appena tornato in patria, incontra il funerale della sua antica amata, morta nel frattempo; e in esso un Laerte che a sua volta vuole vendetta, e lo sfida a duello, avendo combinato con Claudio di ungere la spada con un veleno mortale (non contento, il re prepara anche una coppa avvelenata). Nel corso dello scontro le spade vengono scambiate, e sia Amleto che Laerte sono feriti mortalmente: alla rivelazione del tradimento Amleto uccide Claudio, mentre Gertrude beve dalla coppa di veleno e muore. La tragedia si conclude con l’arrivo di Fortebraccio a capo dell’esercito norvegese: a lui, figlio dell’antico rivale del padre, Amleto spirando lascia il suo regno, e a Orazio il compito di raccontare “gli atti carnali e sanguinosi” che si sono susseguiti in questa storia (V, 1-2). Prospettive critiche: Amleto mito della modernità La critica del Novecento appare concorde su un punto: il personaggio di Amleto rappresenta una soggettività nuova, introspettiva, lontana dall’eroismo monocorde che possedeva nelle fonti, e quindi da qualsiasi tipicità e fissità precostituita, e, come si è detto, fuori dagli schemi del genere di vendetta: “una frontiera della coscienza che deve ancora essere superata” (Bloom). Come attesta la formidabile storia della sua ricezione pubblicata da Margreta De Grazia, si tratta di una qualità emersa solo con l’Illuminismo, maturata nel Romanticismo, e ribadita di giorno in giorno nella nostra contemporaneità. Vi convergono analisi pur fortemente differenziate, basate sullo studio dei personaggi (Bradley), sugli elementi formali (Wilson, Knight) e semiotici, sia testuali che scenici (Serpieri, Elam), sull’immaginario e sull’inconscio collettivo, “traducendo in termini consapevoli ciò che doveva rimanere inconsapevole nella mente di Amleto” (Freud), e, in dipendenza da quest’ultimo assunto, sul tormento subconscio che lavora sotto la crosta dei discorsi del personaggio (Eliot, Jones, Green, Kerrigan, Adelman, Fusini), sullo sfondo storico-culturale (Jardine), spesso antropologicamente articolato (Greenblatt, Sinfield, Halpern), sull’in724
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stabilità del testo e sulla decostruzione della tradizione critica (Hawkes 1986, Sinfield, Ryan), sul carattere puramente teatrale, anti-realistico, nonsoggettivo del protagonista (Grady), sull’esitazione “amletica” come “attesa senza orizzonte” per il ritorno di una giustizia alternativa a quella globalizzata del liberalismo (Derrida), sulla “relazione fra tragedia del desiderio ed esigenze del lutto” cui viene sottratta la mediazione del rito, “valore dominante nel pensiero contemporaneo” (Lacan). Conclusione: “Amleto rimane proletticamente intonato al presente più vicino a noi” (De Grazia; cfr. Hawkes 2002). Non che le funzioni testuali più discusse – le esitazioni e i dubbi, il “pensar doppio” del principe danese – fossero un’invenzione di Shakespeare: Montaigne li aveva innalzati a simboli della propria più intima identità (Ellrodt, Grady). Ma una cosa era la materia grezza che il drammaturgo utilizzava per i suoi intrecci, e una cosa tutta diversa sono i risultati della sua elaborazione. Lo stesso genere del dramma viene sospinto verso una “forma metamitica […] che in sé contiene il formarsi del programma e il farsi dell’opera” (Bigliazzi). Tradizione accettata, tradizione trasformata: a distinguere queste due articolazioni del discorso shakespeariano interviene quello che in passato si concepiva come il “genio” dell’autore, e che la modernità – e in parte la post-modernità, comunque matrice di altre svolte – ha più moderatamente chiamato uso speciale, anzi specialissimo del linguaggio, scenico e poetico. Un linguaggio che aggiunge emozione ad emozione, ma che sa anche sottrarre, creare pause, aspettative senza esito, interrogativi senza risposta – insomma, che crea nello spettatore l’impressione di essere lui stesso parte dell’azione, con i propri sentimenti, i propri scatti di energia, i propri dubbi, in un tutto esposto ai piccoli e ai grandi mutamenti della vita. “Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia, Orazio” (I, 5, 168). Erano vertiginosi e sorprendenti accostamenti come questo, fra la limitatezza del sapere umano e l’infinità del cosmo, a far respirare in grande la cultura del tardo Rinascimento: un’età fondata sulla facoltà quasi illimitata di creare analogie e corrispondenze fra le varie categorie e le più minute suddivisioni del creato, ciò che non poneva confini alle più ardite figure retoriche, ai paragoni, alle metafore, alle metonimie, anzi che sollecitava continui, liberi sconfinamenti; un sistema questo che il sapere scientifico ha messo per sempre tra parentesi, ma che sopravvive in quell’organo speciale dell’umanità che è la memoria poeti725
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ca. Ed è vero che le testimonianze maggiori – e più velenose – sull’inventiva dei drammaturghi elisabettiani venivano da contemporanei a loro avversi come i religiosi puritani, che nello stile analogico individuavano la punta di diamante della retorica profana e della fantasia figurale, ivi compreso il travestimento sulla scena, e tutte le possibili operazioni di allegorizzazione e di mitografia paganeggiante che il teatro usava a piene mani (si veda anche R. Camerlingo sul Giulio Cesare, in questo volume). La forza più vera dell’invenzione shakespeariana sta nella sofisticazione che il suo verso, il pentametro, aveva raggiunto proprio nel momento di affrontare la composizione di Amleto. Il blank verse elisabettiano si era evoluto prima di lui, grazie soprattutto a Kyd e Marlowe, diventando uno strumento adattissimo alla recitazione, flessibile nei saliscendi dei giambi, ricco di cadenze variabili e forte di un ritmo sostenuto come per emozione personale, e coralmente assecondato da un pubblico entusiasta; ma nessuno come Shakespeare sarebbe riuscito a modularlo secondo le esigenze di una quanto mai nuova, viva caratterizzazione. Il famoso monologo sul suicidio, con i suoi trasalimenti improvvisi e le sue esitazioni, le fila del discorso spezzate, i dubbi irrisolti, le mutevoli scansioni, gli imprevedibili cambi di passo, è l’esempio di una inarrivabile originalità: To be, or not to be: that is the question… (III, 1, 58 sgg.) dove la forma della disputa accademica si trasforma in una confessione privata paradossalmente resa in pubblico, coinvolgendo un uditorio che mai fino allora aveva sperimentato una così intensa sintonia fra la sequenza ritmica e le proprie reazioni. Oltre ai concetti, a produrre significato qui sono le variazioni foniche e metriche, la precisa cerniera che allaccia il suono al significato. Ma, come ha notato tutta la critica maggiore dopo Freud, Amleto è difficile da inquadrare, da scoprire anche per chi lo ama e accompagna, per chi lo odia e tradisce (ma la “difficoltà”, suggerisce Hugh Grady, consiste nel suo essere “personalità umana non essenzialista, anti-sostantiva”, quindi personaggio che si risolve nella performance). Lui stesso si dichiara indecifrabile per i suoi più temibili inquisitori, gli “amici” Rosencrantz e Guildenstern, che vorrebbero “suonarlo come un flauto”: “Guardate che cosa ignobile voi due fate di me! Voi vorreste suonarmi, vorreste pretendere di conoscere i miei fori, vorreste penetrare nel cuore del mio mistero…” (III, 2, 334-340). Più lo si osserva e più Amleto appare sfuggente, ma questo diventa il modo di far vivere una personalità, di complicarla con mille riflessi e 726
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sfaccettature, sempre più lontane dalla monocromìa dei protagonisti tragici a lui contemporanei: un soggetto liminare, principe tragico e buffone impertinente, vendicatore imperioso e “inerte perdigiorno”, campione di virilità dalle profonde rifrazioni femminili (come dimostrano i successi in quel ruolo di grandi attrici come Sarah Siddons, Sarah Bernhardt, Asta Nielsen, Angela Winkler). Un “mistero” dilagante, che adotta la follia come strumento di occultamento di sé e di rivelazione degli altri. Facendosi scudo della sua antic disposition (I, 5, 173) Amleto si sottrae per qualche vitale momento alle logiche della vita di corte, per prevenire le mosse degli altri e perseguire la sua oscura missione. Ma la finzione non ottiene conoscenza senza provocare dolore: la prima vittima dello stratagemma è chi si sente a lui legata, Ofelia, e nella follia cade senza infingimenti, fino a morirne. Troviamo così una follia finta e mirata, una recita che va al di là di se stessa per mettere a nudo tutto “il marcio” della corte di Danimarca, e per implicazione delle corti di tutta Europa; e troviamo insieme una seconda follia, che non pretende né nasconde nulla, che non cerca nessuna verità, ma che della verità diventa testimonianza suprema rimanendo chiusa nel proprio intimo, nell’umiliazione e perdita personale, esponendo tutta se stessa allo sguardo del mondo: una condanna senza scampo, perché a subirla è una donna. Amleto e Ofelia, il pazzo finto e la vera pazza, si confrontano e definiscono a vicenda, offrono insieme quasi una casistica delle follie indotte dalla negazione dell’amore che corrompe la corte rinascimentale. Non è questa la follia dell’Elogio erasmiano, che ironicamente si presenta come forma particolare di una sostanza molto generale e diffusa, alla quale noi diamo spesso il nome del suo contrario, la sanità mentale; e non è la follia che altrettanto ironicamente invade Orlando, l’orgoglioso paladino della Cristianità, quando scopre che la principessa amata si è congiunta con un soldato semplice, e per giunta marocchino; né si tratta della follia della cultura popolare, per la quale la figura del folle non era codificata nei termini moderni, come pericolo sociale, “da rinchiudere”, ma se mai da rispettare come misticamente ispirata. Quella dell’Amleto è la follia che secondo Michel Foucault si presenta per la prima volta come discorso critico (Storia della follia nell’età classica, 1963): manipolando quel concetto Shakespeare e i suoi contemporanei potevano sconvolgere gli stereotipi dell’ideologia corrente, per penetrare in una sfera più profonda della ragione comune, fuori del suo ordine normale e dentro un 727
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ordine superiore. Attraverso la follia essi interrogavano la civiltà da un punto di vista opposto e rovesciato rispetto a quello usuale, partendo da un punto di vista nuovo e unico nella sua radicalità. Perde qui ogni cogenza la sistemazione aristotelica ripresa da tutta la teoria drammaturgica rinascimentale, e da quella neoclassica allora agli albori, che voleva l’azione (mythos) più importante del carattere (ethos): perde cogenza perché il senso del tragico riguarda ora un inedito, e tutto moderno, scollamento fra l’espressione e i codici sociali che ne erano la sostanza, e ne addossa il tormento al soggetto. È questa scoperta di un vuoto che si è aperto nella comunicazione a illuminare la scena memorabile in cui Laerte apprende dalla vaneggiante Ofelia della distruzione della loro famiglia: intonando la canzone dell’arcolaio, divagando sul rosmarino e le viole, Ofelia parla alle orecchie del fratello della morte di Polonio, delle responsabilità di Amleto, della spogliazione da lei subita come donna. “Un nulla – è il commento di Laerte – che dice tutto” (IV, 5, 172). Il “tutto” di Laerte, il pieno del significato tragico, si realizza nel “nulla” di Ofelia, il significante vuoto – e si pensi a quanta strada separi queste frasi dal sermoneggiare dei drammi precedenti. È come se soltanto la dispersione del senso potesse esprimere la loro tragedia. I sentimenti – il dolore di chi come Ofelia non è più nulla al di fuori dei ruoli tradizionali di figlia e di moglie, che il dramma ha negati – hanno perso contatto con i segni esteriori della morte, dell’intrigo di corte e dello scandalo. Ma è proprio questa frattura a rendere tanto più intenso e vertiginoso il senso della rovina: è proprio dall’oscurarsi dei codici che muove il percorso tragico. Nell’abbandonare a sé la parola come puro segno svuotato, Shakespeare sapeva di riempirla della sua massima illusorietà, e quindi della sua massima efficacia. E la distanza che separa la parola del dramma dall’affettazione di una “età indegna” si chiarisce nella formula sprezzante ed eversiva che Amleto, parlando a Orazio, riserva al linguaggio cortigiano di Osric, e di tutti i coloro che adoperano il “repertorio schiumoso” dell’ossequio ai potenti (V, 2, 153). È dunque una cultura arrivata al suo culmine e ormai insidiata da nuovi saperi e nuove retoriche a dare sostanza ed energia al linguaggio drammatico, collocandolo sul discrimine fra un passato di ricchezza fino in fondo vissuta – e per questo ormai sentita come fragile – e un futuro di sempre più elaborato scandaglio nella psicologia individuale. Quello che nel Rinascimento si configura come vertice estremo di civiltà, per noi di728
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venta la radice di un mito che travalica ogni condizionamento storico, un mito moderno che prende vita dal rito del teatro. Torniamo allora al nostro inizio, al compito che Amleto affida all’unico amico fedele, a Orazio: Orazio, sto morendo. […] A voi che pallidi e tremanti seguite questi eventi, che a questi atti assistete muti, se solo avessi tempo – poiché la morte è un duro gendarme, che non molla la presa – oh, vi potrei dire – ma lasciamo perdere. Orazio, io muoio e tu vivi. Racconta tu, come si deve, di me e della mia causa, a chi vorrà sapere … (V, 2, 285-291).
Si noti come quel “voi” comprenda il pubblico che gremisce il teatro non meno che i personaggi presenti sulla scena; e si ponga attenzione alla scelta delle parole, la dignità dei sentimenti unita alla eccentricità delle immagini, in quel congedo che chiede all’amico, in modo così commovente, di “separarsi dalla felicità per qualche tempo”, per “respirare il dolore di questo mondo crudele”, e finalmente per “raccontare la sua storia”. Ciò che cruccia Amleto è che le cose rimangano come sono, sconosciute al mondo incredulo: è il destino di ogni episodio storico, di ogni vita che non venga raccontata. Solo l’arte della narrazione può squarciare il velo dell’incognito, può fondare la vera trasparenza. Costruendo la tragedia come un percorso circolare, che comincia e finisce con il racconto che ne illustra la storia, Shakespeare sapeva di creare un mito per la modernità. La fortuna sulle scene e sullo schermo Sulle rappresentazioni dell’Amleto si può fondare la storia della recitazione nei teatri dell’Occidente. Shakespeare stesso ne aveva dettato le regole con la famosa esortazione agli attori convenuti a Elsinore: “Che l’azione si adatti alla parola, la parola all’azione” (III, 2, 17-18). Era un programma rivoluzionario, se pensiamo al difficile rapporto fra parola e azione (o gesto, mimica) che era prevalso nel teatro religioso medievale, e prevaleva ancora nel teatro popolare del tempo, molto incline a impartire lezioni edificanti per exempla. Nulla possiamo dire su come fosse recitato l’Amleto nelle prime rappresentazioni avvenute, come avvertiva il frontespizio del primo in-quarto, “nella città di Londra, nelle Università di Cambridge e Oxford e altrove”. La parte principale doveva essere affidata a Richard Burbage, il primattore della compagnia, e quella dello Spettro a Shakespeare. Testimonianze più esotiche ci giungono da … 729
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una nave inglese ancorata al largo della costa dell’africana Sierra Leone (!), a bordo della quale la tragedia venne recitata nel 1607; o dalla Germania, dove un dramma poi chiamato Der bestrafe Brudermord venne allestito forse addirittura nel 1603-1604. Dopo la riapertura dei teatri e la Restaurazione della monarchia nel 1660 si delinea una scansione della nostra storia in tre fasi distinte: la prima, fino agli inizi del Settecento, che aveva come preoccupazione principale la questione del testo da adattare ai gusti del pubblico e alle esigenze di una scena rinnovata, la seconda protratta per almeno due secoli e incentrata sulle figure dei protagonisti, e una terza, dagli inizi del Novecento, dominata invece dai registi e da nuove teorie di drammaturgia. Amleto divenne il banco di prova per ognuna di queste fasi. Sostenuta da un successo sempre più vasto, la tragedia non incappò nelle ridicole revisioni subite per più di un secolo da altri testi shakespeariani, ma come questi venne abbondantemente ridotta e ritagliata sulla personalità degli interpreti. L’era dei mattatori iniziò con Thomas Betterton, che impersonò Amleto per una quarantina d’anni (1661-1709). Nel 1775 un visitatore straniero confermava la crescente popolarità del testo descrivendo un pubblico che “recita coralmente ’To be or not to be’ come se fosse il Padre nostro”, e l’attore David Garrick maestoso sulla scena, “con le gambe divaricate ma senza perdere in dignità”. Nella seconda parte del secolo prese corpo un principe “romantico”, cioè ultrasensibile e malinconico, grazie soprattutto a John Philip Kemble: è la caratterizzazione “sentimentale” che G. B. Shaw avrebbe poi sarcasticamente demolito. Ancora nella temperie romantica, ma più nervosa e sconnessa, l’interpretazione di Edmund Kean, che inaugurava il famigerato crawl, ossia lo strisciare di Amleto per terra mentre osserva le reazioni del re Claudio durante il dramma nel dramma. Altri Amleti memorabili furono l’intellettuale ombroso di Edwin Booth di fronte alle platee americane della seconda metà dell’Ottocento, e quello frenetico di Henry Irving che durante la recita dell’Assassinio di Gonzago addentava il ventaglio di Ofelia fino a distruggerlo. Non poche, e alcune meritevoli, le interpretazioni di Amleto da parte di attrici, che abbiamo ricordato più sopra. In Europa la diffusione delle traduzioni fu costante dal Settecento in poi: a ragione una ricerca italiana diretta da Laura Caretti si intitola Il teatro del personaggio (1979), perché da noi la centralità dei primi attori fu particolarmente marcata, con Ernesto Rossi (ammirato da Stanislavskij) e Tommaso Salvini fra i maggiori nella seconda metà dell’Ottocento – un modello, il 730
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loro, che possiamo dire non ci abbia del tutto lasciato ancora ai giorni nostri. Lo spazio consentito non permette altro che un arido elenco, da cui sarebbe impossibile escludere Ruggero Ruggeri, Ermete Zacconi, Renzo Ricci, Memo Benassi, per finire con le memorie ancora fresche di Vittorio Gassman nel dopoguerra e Kim Rossi Stuart alla fine del secolo scorso. In Inghilterra, già alla fine dell’Ottocento i registi ingaggiano la loro battaglia per sostituire gli attori nel ruolo di maggiori interpreti della tragedia, riducendoli tra l’altro – era il credo di Edward Gordon Craig – “a semplici marionette”. Lo stesso Craig inaugura una nova concezione “simbolista” della scena, allestendo insieme a Constantin Stanislavskij a Mosca un mitico Amleto nel 1911. Il primo in abiti moderni è Colin Keith-Johnston diretto da Barry Jackson e H. K. Ayliff nel 1925. Poi la lezione della modernità viene fatta propria da una schiera sempre più folta di registi-attori quali John Gielgud, Laurence Olivier e, più vicino a noi, Mark Rylance. Olivier, sotto la direzione di Tyrone Guthrie, nel 1937 è un Amleto freudianamente attivo ed energico ma macerato dal complesso di Edipo – una figura poi trasposta in un film del 1948, che la fissa nella memoria di tutta una generazione. Non molto diverso l’Amleto di Kenneth Branagh (il film è del 1996, e sfrutta sontuosamente il colore e la fotografia molto “di maniera” di Alex Thomson); nel 2000 Rylance dirige e recita un Amleto sempre in bilico fra finta follia e isterica depressione. Numerose le svolte interpretative effettuate da registi non inglesi, spesso indotti all’ironia e alla provocazione iconoclasta: ricordiamo Carmelo Bene – che dirà “L’Amleto io non l’ho mai ‘fatto’, l’ho sempre ‘disfatto’” – , Grigorij Kozintsev e Jurij Ljubimov interpreti di due momenti diversi della cultura russa; Heiner Müller con Die Hamletmaschine (1978); Yukio Ninagawa, Daniel Mesguich, Eimuntas Nekrosius, Peter Zadek, Michael Almereyda con il film Hamlet 2000, Valter Malosti… FRANCO MARENCO
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NOTA INTRODUTTIVA
nei teatro milanesi dell’800, Bari, Adriatica, 1968; V. GENTILI, La recita della follia. Funzioni dell’insania nel teatro dell’età di Shakespeare, Torino, Einaudi, 1978; H. GRADY, Shakespeare, Machiavelli, and Montaigne. Power and Subjectivity from Richard II to Hamlet, Oxford, Oxford U. P., 2002; A. GREEN, Amleto e Amleto (1982), Roma, Borla, 1991; S. GREENBLATT, Amleto in Purgatorio. Figure dell’aldilà (2001), Roma, Carocci, 2002; T. HAWKES, ‘Telmah’, in That Shakespearian Rag. Essays on a Critical Process, London, Methuen, 1986; ID., Shakespeare in the Present, London-New York, Routledge, 2002; E. A. J. HONIGMANN, Shakespeare. Seven Tragedies Revisited, Basingstoke-New York, Palgrave, 2002; M. JACOB, L’Hamlétisme, in Art poetique, Paris, Emile-Paul Frères, 1922; L. JARDINE, Reading Shakesperare Historically, London, Routledge, 1996; EMRYS JONES, The Origins of Shakespeare, Oxford, Clarendon Press, 1977; ERNEST JONES, Hamlet and Oedipus, New York, Norton, 1949; W. KERRIGAN, Hamlet’s Perfection, Baltimore-London, Johns Hopkins U. P., 1996; C. S. KIEFER, The Myth and Madness of Ophelia, Washington U. P., Seattle 2002; R. KNOWLES, “Hamlet and counter-humanism”, Renaissance Quarterly, 52, 1999, pp. 1046-1069; J. LACAN, “Desire and the Interpretation of Desire in Hamlet” (1959), in S. FELMAN (cur.), Literature and Psychoanalysis. The Question of Reading: Otherwise, Baltimore-London, Johns Hopkins U. P., 1977; J. LAFORGUE, Moralités légendaires (1887), in Oeuvres complètes, Paris, L’age D’homme, 2000; S. MALLARMÉ, Hamlet (1886), in Oeuvres complètes, Paris, Gallimard, 1945; A. MARZOLA, L’impossibile puritanesimo di Amleto, Ravenna, Longo, 1985; K. E. MAUS, Inwardness and Theater in the English Renaissance, London-Chicago, Chicago U. P., 1995; G. MELCHIORI, Shakespeare. Genesi e struttura delle opere, Bari, Laterza, 1994; P. PARKER e G. HARTMAN (cur.), Shakespeare and the Question of Theory, New York-London, Methuen, 1985; F. R ICORDI, Shakespeare filosofo dell’essere, Milano, Mimesis, 2011; K. RYAN, Shakespeare, Basingstoke, Palgrave, 20023; A. SERPIERI (cur.), Shakespeare, la nostalgia dell’essere, Parma, Pratiche, 1985; A. SINFIELD, Literature in Protestant England, 15601660, London-Canberra, Croom Helm, 1983; B. O. STATES, Hamlet and the Concept of Character, Baltimore-London, Johns Hopkins U. P., 1992; M. TEMPERA (cur.), Hamlet dal testo alla scena, Bologna, Clueb,1990; J. D. WILSON, What happens in Hamlet, Cambridge, Cambridge U. P., 1935; R. WILSON, Secret Shakespeare. Studies in Theatre, Religion and Resistance, Manchester, Manchester U. P., 2004. 733
THE TRAGEDY OF HAMLET, PRINCE OF DENMARK THE PERSONS OF THE PLAY
}
GHOST of Hamlet, the late King of Denmark KING CLAUDIUS, his brother QUEEN GERTRUDE of Denmark, widow of King Hamlet, now wife of Claudius Prince HAMLET, son of King Hamlet and Queen Gertrude
VALTEMAND
POLONIUS, a lord LAERTES, son of Polonius OPHELIA, daughter of Polonius REYNALDO, servant of Polonius
A SAILOR Two CLOWNS, a gravedigger and his companion A PRIEST
HORATIO ROSENCRANTZ GUILDENSTERN FRANCISCO BARNARDO MARCELLUS
}
}
friends of Prince Hamlet
soldiers
CORNELIUS OSRIC GENTLEMEN
courtiers
FORTINBRAS, Prince of Norway A CAPTAIN in his army AMBASSADORS from England PLAYERS, who play the parts of the Prologue, Player King, Player Queen, and Lucianus, in ‘The Mousetrap’ Lords, messengers, attendants, guards, soldiers, followers of Laertes, sailors
SIGLE Q1: il primo in-quarto (1603); Q2: il secondo in-quarto (1604); Q3-5: ristampe di Q2 (1611, 1622, 1637); F: l’in-folio (1623). Il testo-guida di questa edizione è F, e il principale testo di confronto è Q2, tratto da un manoscritto imperfetto che ampliava ed emendava Q1, e a sua volta era ulteriormente emendato (e accorciato) in F: tracce testuali fanno pensare che questa sia la versione preparata per la messinscena. Per Gary Taylor, curatore del testo nell’ed. Oxford, F rappresenta una correzione, per mano dell’autore, dell’originale manoscritto imperfetto. La divisione in atti e scene, assente in Q2, è frutto della tradizione editoriale. Segnaliamo qui solo varianti con significati alternativi, non le didascalie di regia, comunque più volte rivedute. Una selezione di varianti rifiutate dall’ed. Oxford viene riportata fra le note al testo italiano, segnalate con un asterisco*.
734
LA TRAGEDIA DI AMLETO, PRINCIPE DI DANIMARCA PERSONAGGI
}
SPETTRO di Amleto, re di Danimarca morto da poco RE CLAUDIO, suo fratello GERTRUDE, regina di Danimarca, vedova di Amleto e ora moglie di Claudio Principe AMLETO, figlio di re Amleto e della regina Gertrude
VALTEMAND
POLONIO, un nobile della corte LAERTE, figlio di Polonio OFELIA, figlia di Polonio REINALDO, servo di Polonio
MARINAIO Due BUFFONI, che impersonano il becchino e il suo aiutante PRETE
ORAZIO ROSENCRANTZ GUILDENSTERN FRANCISCO BERNARDO MARCELLO
}
}
amici del principe Amleto
soldati
CORNELIO OSRIC GENTILUOMINI
cortigiani
FORTEBRACCIO, principe di Norvegia CAPITANO dell’esercito norvegese AMBASCIATORI inglesi ATTORI che recitano le parti del Prologo, del Re, della Regina e di Luciano in “La trappola” Dignitari, messaggeri, attendenti, guardie, soldati, seguaci di Laerte, marinai
735
HAMLET, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter Barnardo and Francisco, two sentinels, at several doors
BARNARDO Who’s there? FRANCISCO
Nay, answer me. Stand and unfold yourself. BARNARDO
Long live the King! FRANCISCO
Barnardo?
BARNARDO
He.
FRANCISCO
You come most carefully upon your hour. BARNARDO
’Tis now struck twelve. Get thee to bed, Francisco.
5
FRANCISCO
For this relief much thanks. ’Tis bitter cold, And I am sick at heart. BARNARDO Have you had quiet guard? FRANCISCO
Not a mouse stirring. BARNARDO Well, good night. If you do meet Horatio and Marcellus, The rivals of my watch, bid them make haste. Enter Horatio and Marcellus FRANCISCO
I think I hear them. – Stand! Who’s there? HORATIO Friends to this ground. MARCELLUS
And liegemen to the Dane. Give you good night.
FRANCISCO
MARCELLUS
O farewell, honest soldier. Who hath relieved you?
736
10
AMLETO, ATTO I SCENA 1
I, 1
Entrano Bernardo e Francisco, due sentinelle, da due porte diverse1
BERNARDO
Chi è là 2? FRANCISCO
No, rispondi tu a me. Fermati e dichiara chi sei 3. BERNARDO
Lunga vita al re! FRANCISCO
Bernardo? BERNARDO
Proprio io. FRANCISCO
Arrivi puntuale alla tua ora4! BERNARDO
È mezzanotte suonata. Vai a letto, Francisco. FRANCISCO
Grazie per il cambio. Fa un freddo cane, e ho il cuore in tumulto. BERNARDO
Tutto tranquillo? FRANCISCO
Non s’è mosso un topo. BERNARDO
Bene, buona notte. Se incontri Orazio e Marcello, i miei compagni di guardia, digli di spicciarsi. Entrano Orazio e Marcello FRANCISCO
Mi pare di sentirli. – Fermi! Chi è là? ORAZIO
Amici di questa terra. MARCELLO
E sudditi del re danese. FRANCISCO
Dal Signore, a voi una notte serena5. MARCELLO
E a te, onesto soldato. Chi ti ha dato il cambio?
737
HAMLET, ACT 1 SCENE 1
FRANCISCO
Barnardo has my place. Give you good night. MARCELLUS Holla, Barnardo!
Exit 15
BARNARDO Say – what, is Horatio there? HORATIO A piece of him. BARNARDO
Welcome, Horatio. Welcome, good Marcellus. MARCELLUS
What, has this thing appeared again tonight? BARNARDO I have seen nothing.
20
MARCELLUS
Horatio says ’tis but our fantasy, And will not let belief take hold of him Touching this dreaded sight twice seen of us. Therefore I have entreated him along With us to watch the minutes of this night, That if again this apparition come He may approve our eyes and speak to it.
25
HORATIO
Tush, tush, ’twill not appear. Sit down a while, And let us once again assail your ears, That are so fortified against our story, What we two nights have seen. HORATIO Well, sit we down, And let us hear Barnardo speak of this. BARNARDO Last night of all, When yon same star that’s westward from the pole Had made his course t’illume that part of heaven Where now it burns, Marcellus and myself, The bell then beating one – BARNARDO
738
30
35
AMLETO, ATTO I SCENA 1
FRANCISCO
Bernardo mi ha sostituito. La buona notte a voi. Esce MARCELLO
Ehilà, Bernardo! BERNARDO
Parla – c’è Orazio là? ORAZIO
Un pezzo di lui6. BERNARDO
Benvenuto, Orazio; e benvenuto, buon Marcello. MARCELLO
Allora, è apparsa di nuovo stanotte – quella cosa? BERNARDO
Io non ho visto nulla. MARCELLO
Orazio dice che è tutta immaginazione, e si rifiuta di credere a questa visione terrificante che noi abbiamo visto due volte. Perciò l’ho pregato di venire con noi, a far la guardia ogni singolo minuto di questa notte; ché se l’apparizione dovesse tornare lui possa confermare ciò che abbiamo visto noi, e parlarle. ORAZIO
Suvvia, non apparirà niente. BERNARDO
Siedi7 per un poco, e lascia che le tue orecchie8, così fortificate contro il nostro racconto, ancora una volta siano invase da quanto per due notti ci è capitato di vedere. ORAZIO
Bene, sediamoci e ascoltiamo Bernardo, che ce ne parli. BERNARDO
Proprio la scorsa notte, quando la stella9 a occidente del polo aveva fatto il suo corso e illuminava quella stessa parte del cielo dove ora risplende, Marcello ed io, mentre la campana suonava l’una –
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HAMLET, ACT 1 SCENE 1
Enter the Ghost in complete armour, holding a truncheon, with his beaver up MARCELLUS
Peace, break thee off. Look where it comes again. BARNARDO
In the same figure like the King that’s dead. MARCELLUS (to Horatio)
Thou art a scholar – speak to it, Horatio.
40
BARNARDO
Looks it not like the King? – Mark it, Horatio. HORATIO
Most like. It harrows me with fear and wonder. BARNARDO
It would be spoke to. Question it, Horatio. HORATIO (to the Ghost) What art thou that usurp’st this time of night, Together with that fair and warlike form In which the majesty of buried Denmark Did sometimes march? By heaven, I charge thee speak. MARCELLUS
45
MARCELLUS
It is offended. See, it stalks away. HORATIO (to the Ghost) Stay, speak, speak, I charge thee speak. MARCELLUS ’Tis gone, and will not answer. BARNARDO
Exit Ghost 50
BARNARDO
How now, Horatio? You tremble and look pale. Is not this something more than fantasy? What think you on’t? HORATIO
Before my God, I might not this believe Without the sensible and true avouch Of mine own eyes.
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55
AMLETO, ATTO I SCENA 1
Entra lo Spettro in armatura completa10 , con il bastone del comando e la visiera alzata11 MARCELLO
Zitto, taci. Guardalo, è tornato. BERNARDO
Sembra proprio il re che è morto. MARCELLO (a Orazio)
Tu che sei istruito12 – parlagli, Orazio. BERNARDO
Non assomiglia al re? – osservalo bene, Orazio. ORAZIO
Eccome! Mi sento rimescolare13 da paura e stupore. BERNARDO
Vuole che gli si parli. MARCELLO
Orazio, interrogalo. ORAZIO (allo Spettro)
Chi sei tu che usurpi14 il tempo notturno e l’imponente figura guerriera in cui usava incedere la maestà del re di Danimarca, ora sepolto? Per il cielo, ti ordino di parlare. MARCELLO
È offeso. BERNARDO
Guardate, se ne va. ORAZIO (allo Spettro)
Fermati e parla; parla, ti ordino di parlare. Esce lo Spettro MARCELLO
Se n’è andato. Non vuole rispondere. BERNARDO
E allora, Orazio? Tu tremi e impallidisci. Questa non è qualcosa di più che immaginazione? Cosa ne pensi? ORAZIO
Di fronte a Dio, non ci crederei senza il testimone concreto e veritiero dei miei occhi.
741
HAMLET, ACT 1 SCENE 1
MARCELLUS Is it not like the King? HORATIO As thou art to thyself.
Such was the very armour he had on When he th’ambitious Norway combated. So frowned he once when in an angry parley He smote the sledded Polacks on the ice. ’Tis strange.
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MARCELLUS
Thus twice before, and just at this dead hour, With martial stalk hath he gone by our watch.
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HORATIO
In what particular thought to work I know not, But in the gross and scope of my opinion This bodes some strange eruption to our state. MARCELLUS
Good now, sit down, and tell me, he that knows, Why this same strict and most observant watch So nightly toils the subject of the land, And why such daily cast of brazen cannon, And foreign mart for implements of war, Why such impress of shipwrights, whose sore task Does not divide the Sunday from the week: What might be toward that this sweaty haste Doth make the night joint-labourer with the day, Who is’t that can inform me? HORATIO That can I – At least the whisper goes so: our last king, Whose image even but now appeared to us, Was as you know by Fortinbras of Norway, Thereto pricked on by a most emulate pride, Dared to the combat; in which our valiant Hamlet – For so this side of our known world esteemed him –
70
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60. He: così in Q1 e Q2, non in F. 62. In Q1, Q2 e F Pollax, interpretato sia come pole-axe = “mazza”, sia come Polacks = “polacchi”. Inoltre, sleaded = “piombata” (?) di Q1 e Q2 diventa in F sledded = “su slitte”. La menzione del “ghiaccio” rende più verosimile questa seconda lezione. 742
AMLETO, ATTO I SCENA 1
MARCELLO
Non assomiglia al re? ORAZIO
Come te a te stesso. Tale era proprio l’armatura che aveva quando combatté contro l’ambizioso re di Norvegia, e tale il fiero cipiglio che mostrò in una furente trattativa, quando sul ghiaccio ricacciò i polacchi con le loro slitte. È strano. MARCELLO
Così già due volte, e proprio in quest’ora morta, con passo marziale è trascorso oltre la nostra guardia15. ORAZIO
Non so cosa pensare di preciso, ma riguardo al nostro stato in generale ritengo che ciò annunci uno strano sconvolgimento. MARCELLO
A proposito: ora sediamoci, e chi lo sa mi dica perché una così severa e attenta vigilanza viene imposta ogni notte ai sudditi di questo paese, e perché ogni giorno si fondono cannoni di bronzo, e si comprano all’estero strumenti di guerra, e si reclutano tanti mastri d’ascia, la cui dura fatica non separa la domenica dal resto della settimana. Chi può dirmi a quale scopo una così sudata urgenza fa sì che il lavoro della notte e il lavoro del giorno siano una cosa sola? ORAZIO
Te lo posso dire io – almeno per le voci che circolano: come sapete il nostro defunto sovrano, la cui immagine ci è apparsa or ora, venne sfidato a battaglia da Fortebraccio di Norvegia, spinto da emulazione e orgoglio. Ma il nostro Amleto valoroso – ché tale veniva stimato da tutti nel mondo conosciuto – uccise Fortebraccio,
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HAMLET, ACT 1 SCENE 1
Did slay this Fortinbras, who by a sealed compact Well ratified by law and heraldry Did forfeit with his life all those his lands Which he stood seized on to the conqueror; Against the which a moiety competent Was gagèd by our King, which had returned To the inheritance of Fortinbras Had he been vanquisher, as by the same cov’nant And carriage of the article designed His fell to Hamlet. Now sir, young Fortinbras, Of unimprovèd mettle hot and full, Hath in the skirts of Norway here and there Sharked up a list of landless resolutes For food and diet to some enterprise That hath a stomach in’t, which is no other – And it doth well appear unto our state – But to recover of us by strong hand And terms compulsative those foresaid lands So by his father lost. And this, I take it, Is the main motive of our preparations, The source of this our watch, and the chief head Of this post-haste and rummage in the land.
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Enter the Ghost, as before But soft, behold – lo where it comes again! I’ll cross it though it blast me. – Stay, illusion. The Ghost spreads his arms If thou hast any sound or use of voice, Speak to me. If there be any good thing to be done That may to thee do ease and grace to me, Speak to me. If thou art privy to thy country’s fate Which happily foreknowing may avoid,
86. Heraldry: in Q2 heraldy, una variante ortografica. 744
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AMLETO, ATTO I SCENA 1
il quale, secondo un patto sigillato e convalidato da leggi e regole della cavalleria, cedeva con la vita tutte le sue terre al vincitore16. A sua volta, il nostro re aveva messo in palio un patrimonio corrispondente, che sarebbe passato a Fortebraccio se avesse vinto lui, così come, per la stessa convenzione e articolo, il suo sarebbe passato ad Amleto. Ora, signore, il giovane Fortebraccio, di metallo non temprato, impulsivo e focoso, si mette a rastrellare qua e là in ogni angolo della Norvegia una schiera di diseredati17, costretti per guadagnarsi il pane a qualsiasi impresa che richieda ardimento, la quale in altro non consiste – come bene risulta a noi – che nel riprendersi con la forza e il sopruso le terre perdute da suo padre. E questo, secondo me, è il motivo principale dei nostri preparativi, l’origine della nostra sorveglianza, e la ragione primaria di tanta fretta e fermento nel paese18. Entra lo Spettro, come prima Ma attenti, guardate – eccolo che ritorna! Gli taglio la strada, dovesse annichilirmi – Fermati, illusione! Lo Spettro allarga le braccia Se hai voce e puoi parlare, parlami. Se c’è qualcosa di buono che possa dare pace a te e grazia a me, parlami. Se conosci il destino della tua terra che, prevedendolo, si possano evitare esiti funesti,
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HAMLET, ACT 1 SCENE 1
O speak! Or if thou hast uphoarded in thy life Extorted treasure in the womb of earth – For which, they say, you spirits oft walk in death – The cock crows Speak of it, stay and speak. – Stop it, Marcellus.
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MARCELLUS
Shall I strike at it with my partisan? HORATIO
Do, if it will not stand. ’Tis here. HORATIO ’Tis here. MARCELLUS ’Tis gone. We do it wrong, being so majestical, To offer it the show of violence, For it is as the air invulnerable, And our vain blows malicious mockery. BARNARDO
Exit Ghost
125
BARNARDO
It was about to speak when the cock crew. HORATIO
And then it started like a guilty thing Upon a fearful summons. I have heard The cock, that is the trumpet to the morn, Doth with his lofty and shrill-sounding throat Awake the god of day, and at his warning, Whether in sea or fire, in earth or air, Th’extravagant and erring spirit hies To his confine; and of the truth herein This present object made probation.
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MARCELLUS
It faded on the crowing of the cock. Some say that ever ’gainst that season comes Wherein our saviour’s birth is celebrated
131. Morn: così in Q2; in Q1 morning, in F day = “giorno”. 139. Say: così in Q 1 e Q2; in F says, trattando some come singolare. 746
140
AMLETO, ATTO I SCENA 1
oh parla! O se in vita hai ammassato nel ventre della terra tesori di rapina – cosa per cui dicono che voi spiriti andate vagando – Il gallo canta Parla allora, fermati e parla – fermalo, Marcello. MARCELLO
Lo colpisco con la lancia? ORAZIO
Fallo, se non si ferma. BERNARDO
È qui. ORAZIO
È qui. Esce lo Spettro MARCELLO
Se n’è andato. Abbiamo sbagliato, di fronte a tanta maestà, a far mostra di violenza. È davvero invulnerabile come l’aria, per lui i nostri colpi sono nulli, solo una maligna caricatura. BERNARDO
Stava per parlare quando il gallo ha cantato. ORAZIO
E poi è trasalito, come un colpevole al temuto appello. Ho sentito dire che il gallo, trombettiere del mattino, sveglia con la sua gola potente e acuta il dio del giorno19, e che al suo richiamo, che si trovi nel mare o nel fuoco, sulla terra o nell’aria 20, lo spirito vagante ed errabondo torni al suo confino. Di una tale verità ha dato prova questa cosa 21. MARCELLO
Si è dileguato al canto del gallo. C’è chi dice che sempre, quando arriva la stagione che celebra la nascita del nostro Salvatore, l’uccel-
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HAMLET, ACT 1 SCENE 2
The bird of dawning singeth all night long; And then, they say, no spirit can walk abroad, The nights are wholesome; then no planets strike, No fairy takes, nor witch hath power to charm, So hallowed and so gracious is the time.
145
HORATIO
So have I heard, and do in part believe it. But look, the morn in russet mantle clad Walks o’er the dew of yon high eastern hill. Break we our watch up, and by my advice Let us impart what we have seen tonight Unto young Hamlet; for upon my life, This spirit, dumb to us, will speak to him. Do you consent we shall acquaint him with it, As needful in our loves, fitting our duty?
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MARCELLUS
Let’s do’t, I pray; and I this morning know Where we shall find him most conveniently. 1.2
155 Exeunt
Flourish. Enter Claudius, King of Denmark, Gertrude the Queen, members of the Council, such as Polonius, his son Laertes and daughter Ophelia, Prince Hamlet dressed in black, with others
KING CLAUDIUS
Though yet of Hamlet our dear brother’s death The memory be green, and that it us befitted To bear our hearts in grief and our whole kingdom To be contracted in one brow of woe, Yet so far hath discretion fought with nature That we with wisest sorrow think on him Together with remembrance of ourselves. Therefore our sometime sister, now our queen, Th’imperial jointress of this warlike state, Have we as ’twere with a defeated joy, With one auspicious and one dropping eye, 144. Takes: così in Q1 e Q2; in F talks = “parla”. 748
5
10
AMLETO, ATTO I SCENA 2
lo dell’alba canti tutta la notte. Allora, dicono, nessuno spirito osa manifestarsi: le notti sono salubri, i pianeti non emanano le loro influenze, non ci sono incantesimi di fate né sortilegi di streghe, tanto benedetto e gradevole è quel tempo. ORAZIO
Così ho sentito anch’io, e ci credo in parte. Ma guardate, l’alba avvolta nel suo mantello rossiccio cammina sulla rugiada di quella collina a oriente. Ora smontiamo la guardia. Quello che abbiamo visto stanotte dobbiamo riferirlo, credo, al giovane Amleto. Sulla mia vita questo spirito, muto con noi, con lui parlerà. Acconsentite che lo si metta a parte di tutto, come impongono i nostri affetti, e conviene al nostro dovere? MARCELLO
Facciamolo, sì, vi prego. E io so dove più facilmente incontrarlo questa mattina. Escono I, 2
Squilli di tromba. Entrano Claudio re di Danimarca, la regina Gertrude, membri del Consiglio fra cui Polonio, suo figlio Laerte, sua figlia Ofelia, il principe Amleto in nero, e altri22
CLAUDIO
Benché sia ancora verde la memoria della morte del nostro diletto fratello Amleto, e a noi si addica di atteggiare i cuori al cordoglio, e all’intero regno di aggrottare la fronte in un unico rimpianto, tuttavia tanto ha lottato in noi la riflessione con la natura, da farcelo ricordare con più saggio rammarico, senza dimenticare noi stessi23. Quindi colei che un tempo ci era sorella, e ora ci è regina, l’imperiale comproprietaria 24 di questo stato bellicoso, noi l’abbiamo per così dire con gioia smorzata, con un occhio ardente e uno lacri-
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HAMLET, ACT 1 SCENE 2
With mirth in funeral and with dirge in marriage, In equal scale weighing delight and dole, Taken to wife. Nor have we herein barred Your better wisdoms, which have freely gone With this affair along. For all, our thanks. Now follows that you know young Fortinbras, Holding a weak supposal of our worth, Or thinking by our late dear brother’s death Our state to be disjoint and out of frame, Co-leaguèd with the dream of his advantage, He hath not failed to pester us with message Importing the surrender of those lands Lost by his father, with all bonds of law, To our most valiant brother. So much for him.
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25
Enter Valtemand and Cornelius Now for ourself, and for this time of meeting, Thus much the business is: we have here writ To Norway, uncle of young Fortinbras – Who, impotent and bed-rid, scarcely hears Of this his nephew’s purpose – to suppress His further gait herein, in that the levies, The lists, and full proportions are all made Out of his subject; and we here dispatch You, good Cornelius, and you, Valtemand, For bearers of this greeting to old Norway, Giving to you no further personal power To business with the King more than the scope Of these dilated articles allow. Farewell, and let your haste commend your duty.
30
35
VALTEMAND
In that and all things will we show our duty. KING CLAUDIUS
We doubt it nothing, heartily farewell.
24. Bonds: così in F; in Q2 bands, con lo stesso significato. 38. Dilated: così in F; in Q2 delated = “trasmesso”. 750
40
AMLETO, ATTO I SCENA 2
mante, con festa nel funerale e compianto nelle nozze, bilanciando parimenti piacere e dolore – noi l’abbiamo presa in moglie. Né per questo abbiamo scartato i vostri saggi consigli, che liberamente hanno accompagnato questi eventi. A tutti il nostro grazie. Il seguito già lo sapete. Il giovane Fortebraccio, poco considerando il nostro valore, pensando che la morte del nostro caro fratello abbia sconnesso e disarticolato il nostro stato, e spinto inoltre dall’illusione di un suo vantaggio, non ha cessato di molestarci con messaggi miranti alla restituzione delle terre cedute da suo padre al nostro valoroso fratello, secondo gli articoli del patto. Ma basta di lui. Entrano Valtemand e Cornelio Venendo a noi, e al nostro incontro, tenete presente questo: al re di Norvegia, zio di Fortebraccio – che se ne sta invalido in un letto, all’oscuro dei propositi di suo nipote – abbiamo richiesto di impedirgli ogni passo ulteriore, dato che la leva degli uomini, i ruoli, le formazioni sono tutte fatte dai suoi sudditi; e ora mandiamo voi, buon Cornelio, e voi Valtemand come messaggeri di questa richiesta al vecchio re di Norvegia, senza però attribuirvi il potere di trattare col re più di quanto non consentano i limiti presenti negli articoli qui formulati. Buon viaggio, e che la premura dimostri lo zelo. VALTEMAND
In quelli e in ogni altra cosa risalterà il nostro dovere. CLAUDIO
Non ne dubitiamo; un caro saluto a voi.
751
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
Exeunt Valtemand and Cornelius And now, Laertes, what’s the news with you? You told us of some suit. What is’t, Laertes? You cannot speak of reason to the Dane And lose your voice. What wouldst thou beg, Laertes, That shall not be my offer, not thy asking? The head is not more native to the heart, The hand more instrumental to the mouth, Than is the throne of Denmark to thy father. What wouldst thou have, Laertes? LAERTES Dread my lord, Your leave and favour to return to France, From whence though willingly I came to Denmark To show my duty in your coronation, Yet now I must confess, that duty done, My thoughts and wishes bend again towards France And bow them to your gracious leave and pardon.
46
50
56
KING CLAUDIUS
Have you your father’s leave? What says Polonius? POLONIUS
He hath, my lord, wrung from me my slow leave By laboursome petition, and at last Upon his will I sealed my hard consent. I do beseech you give him leave to go.
60
KING CLAUDIUS
Take thy fair hour, Laertes. Time be thine, And thy best graces spend it at thy will. But now, my cousin Hamlet, and my son – HAMLET
A little more than kin and less than kind.
65
KING CLAUDIUS
How is it that the clouds still hang on you?
58-60. Wrung from me … my hard consent: così in Q2; assente in F; Hard consent: in Q1 forced graunt = “permesso forzato”. 752
AMLETO, ATTO I SCENA 2
Escono Valtemand e Cornelio E ora, Laerte, che novità ci porti? Ci hai annunciato una supplica. In cosa consiste? Chi parla ragionevolmente al re danese ottiene udienza. Cosa chiedi, Laerte25, che non sia da me offerto piuttosto che richiesto da te? Il capo non è più grato al cuore, né la mano più indispensabile alla bocca, di quanto lo sia il trono di Danimarca nei confronti di tuo padre. Che cosa ti preme, Laerte? LAERTE
Mio temuto signore, il vostro permesso e consenso per tornare in Francia, da cui sono venuto sollecito in Danimarca per fare omaggio alla vostra incoronazione. Ora, compiuto il mio dovere, confesso che i miei pensieri e desideri sono di nuovo rivolti alla Francia, e si inchinano al vostro grazioso permesso e perdono. CLAUDIO
Hai il permesso di tuo padre? Polonio che dice? POLONIO
Mio signore, egli mi ha estorto con suppliche laboriose un esitante consenso, e alla fine ho messo il mio sigillo sul suo desiderio. Vi prego di concedergli licenza di partire26. CLAUDIO
Cogli la tua bella ora, Laerte. Sia tuo questo tempo, in esso spendi le tue migliori doti. Ma ora, Amleto, mio congiunto, figlio mio – AMLETO
Un po’ più che congiunto, e meno che figlio27. CLAUDIO
Come, sei ancora tutto rannuvolato?
753
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
HAMLET
Not so, my lord, I am too much i’th’ sun. QUEEN GERTRUDE
Good Hamlet, cast thy nightly colour off, And let thine eye look like a friend on Denmark. Do not for ever with thy vailèd lids Seek for thy noble father in the dust. Thou know’st ’tis common – all that lives must die, Passing through nature to eternity.
70
HAMLET
Ay, madam, it is common. If it be, Why seems it so particular with thee?
QUEEN GERTRUDE
75
HAMLET
Seems, madam? Nay, it is. I know not ‘seems’. ’Tis not alone my inky cloak, good-mother, Nor customary suits of solemn black, Nor windy suspiration of forced breath, No, nor the fruitful river in the eye, Nor the dejected haviour of the visage, Together with all forms, moods, shows of grief That can denote me truly. These indeed ‘seem’, For they are actions that a man might play; But I have that within which passeth show – These but the trappings and the suits of woe.
80
85
KING CLAUDIUS
’Tis sweet and commendable in your nature, Hamlet, To give these mourning duties to your father; But you must know your father lost a father; That father lost, lost his; and the survivor bound In filial obligation for some term To do obsequious sorrow. But to persever
90
67. I’th’ sun = “sotto il sole della maestà” (di Claudio): in Q2 in the son, = “nel ruolo di figlio”. L’ambiguità è favorita dall’omofonia dei due sostantivi. 77. Good-mother: emend. Oxford (Taylor); in Q2 cold mother = “fredda madre”; in F good Mother = “buona madre” (v. anche nota alla traduzione). 754
AMLETO, ATTO I SCENA 2
AMLETO
No mio signore, sono anzi troppo esposto al sole28. GERTRUDE
Buon Amleto, svesti quel colore notturno, e guarda amichevolmente il re. Non cercare eternamente, con gli occhi bassi 29, il tuo nobile padre nella polvere. Tu sai che è cosa comune – tutto ciò che vive deve morire, passare dalla natura all’eternità. AMLETO
Sì signora, è cosa comune30. GERTRUDE
Perché allora ti sembra così speciale? AMLETO
‘Sembra’, signora31? No, è. Io non conosco ‘sembra’. Signora matrigna32, non è solo il color d’inchiostro del mio mantello, né sono gli abiti di solenne nero rituale, le folate di sospiri e i singhiozzi forzati, e neanche il fiume copioso degli occhi, e neanche l’atteggiarsi afflitto del viso, insieme a tutte le forme, gli umori, le dimostrazioni di cordoglio – non sono quelli che possono descrivere la mia verità. Quelli davvero ‘sembrano’, perché sono azioni che si possono recitare. Ma io ho dentro ciò che supera ogni posa – fuori, del dolore ci sono solo addobbi e travestimenti. CLAUDIO
È gradito e commendevole nella tua natura, Amleto, di tributare a tuo padre il dovere del lutto; ma devi riconoscere che tuo padre perse un padre, e quel padre perduto perse il suo; e chi sopravvive è tenuto, per obbligo filiale, a osservare per qualche tempo il riguardo del dolore. Ma perseverare ostinatamente nel cordoglio è
755
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
In obstinate condolement is a course Of impious stubbornness, ’tis unmanly grief, It shows a will most incorrect to heaven, A heart unfortified, a mind impatient, An understanding simple and unschooled; For what we know must be, and is as common As any the most vulgar thing to sense, Why should we in our peevish opposition Take it to heart? Fie, ’tis a fault to heaven, A fault against the dead, a fault to nature, To reason most absurd, whose common theme Is death of fathers, and who still hath cried From the first corpse till he that died today, ‘This must be so’. We pray you throw to earth This unprevailing woe, and think of us As of a father; for let the world take note You are the most immediate to our throne, And with no less nobility of love Than that which dearest father bears his son Do I impart towards you. For your intent In going back to school in Wittenberg, It is most retrograde to our desire, And we beseech you bend you to remain Here in the cheer and comfort of our eye, Our chiefest courtier, cousin, and our son.
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QUEEN GERTRUDE
Let not thy mother lose her prayers, Hamlet. I pray thee stay with us, go not to Wittenberg. HAMLET
I shall in all my best obey you, madam.
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KING CLAUDIUS
Why, ’tis a loving and a fair reply. Be as ourself in Denmark. (To Gertrude) Madam, come. This gentle and unforced accord of Hamlet Sits smiling to my heart; in grate whereof, No jocund health that Denmark drinks today
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125
AMLETO, ATTO I SCENA 2
condotta di profana caparbietà, un patire non virile, che dimostra una volontà di contrastare il cielo, un cuore smarrito, un animo impaziente, un ragionare ingenuo e indisciplinato. Ciò che sappiamo dover accadere, che è comune come l’esperienza più ordinaria, perché dovremmo impuntarci e darsene ostinata pena? Suvvia, questa è una colpa – una colpa nei confronti del cielo, dei morti, della natura, del tutto assurda per la ragione che ha la morte dei padri come tema abituale, e che dal primo cadavere33 fino all’ultimo morto oggi ha gridato: ‘così deve essere’! Ti preghiamo dunque di gettare a terra questo sterile dolore, e di pensare a noi come a un padre. Il mondo prenda nota che tu sei l’erede più diretto del nostro trono, e che per te io nutro un amore non meno nobile di quello che il più tenero dei padri porta a suo figlio. Quanto al tuo proposito di tornare a studiare a Wittenberg34, questo è molto sgradito al nostro affetto, e ti preghiamo di consentire a rimanere qui, nel gioioso conforto del nostro occhio, come principale membro della nostra corte, e congiunto, e figlio. GERTRUDE
Non far sì che tua madre sprechi le sue preghiere, Amleto. Ti supplico, resta con noi, non andare a Wittenberg. AMLETO
Farò del mio meglio per obbedirvi, signora35. CLAUDIO
Oh, questa è una bella risposta affettuosa. Sii nostro pari in Danimarca. (A Gertrude) Andiamo, signora. Questo garbato e spontaneo consenso di Amleto mi porta il sorriso nel cuore. Grazie ad esso ogni esultante brindisi36 del re di Danimarca sarà echeggiato
757
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
But the great cannon to the clouds shall tell, And the King’s rouse the heavens shall bruit again, Re-speaking earthly thunder. Come, away. [Flourish.] Exeunt all but Hamlet HAMLET
O that this too too solid flesh would melt, Thaw, and resolve itself into a dew, Or that the Everlasting had not fixed His canon ’gainst self-slaughter! O God, O God, How weary, stale, fiat, and unprofitable Seem to me all the uses of this world! Fie on’t, ah fie, fie! ’Tis an unweeded garden That grows to seed; things rank and gross in nature Possess it merely. That it should come to this – But two months dead – nay, not so much, not two – So excellent a king, that was to this Hyperion to a satyr, so loving to my mother That he might not beteem the winds of heaven Visit her face too roughly! Heaven and earth, Must I remember? Why, she would hang on him As if increase of appetite had grown By what it fed on, and yet within a month Let me not think on’t; frailty, thy name is woman A little month, or ere those shoes were old With which she followed my poor father’s body, Like Niobe, all tears, why she, even she – O God, a beast that wants discourse of reason Would have mourned longer! – married with mine uncle, My father’s brother, but no more like my father Than I to Hercules; within a month, Ere yet the salt of most unrighteous tears Had left the flushing of her gallèd eyes,
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150. God: così in Q1 e Q2; in F Heaven = “cielo”, corretto forse in seguito alla legge del 1606 che proibiva il linguaggio irrispettoso, e di nominare Dio (la correzione non viene più segnalata). 758
AMLETO, ATTO I SCENA 2
fino alle nuvole dal grande cannone, e ad ogni sorso i cieli si risponderanno, ripetendo il tuono della terra. Andiamo dunque. [Squilli di trombe.] Escono tutti tranne Amleto AMLETO
Oh se questa carne troppo, troppo compatta37 potesse disfarsi, sciogliersi e risolversi in rugiada! Oh se l’eterno non avesse opposto la sua legge al massacro di noi stessi! Oh Dio, Dio, quanto fiacche, guaste, piatte e vane mi sembrano tutte le usanze del mondo! Che orrore, che orrore! È un giardino abbandonato, dove tutto va in seme; lo invadono solo cose marce e volgari. A questo siamo arrivati! Morto da due mesi – no, nemmeno due – un re così eccellente, che stava a questo come Iperione a un satiro38, così affettuoso con mia madre che alle brezze dell’aria non permetteva nemmeno di sfiorarle il viso troppo rudemente! Per il cielo, e per la terra, devo ricordare? Ma se lei si appoggiava a lui come se l’appetito le aumentasse cibandosene… e tuttavia, nel volgere di un mese – non devo pensarci. Fragilità, il tuo nome è donna39 – un breve mese, o prima che fossero da smettere le scarpe con cui ha seguito il feretro del mio povero padre, tutta in lacrime come Niobe40, ebbene lei, proprio lei – oh Dio, una bestia priva di ragione avrebbe tenuto il lutto più a lungo – va sposa a mio zio, al fratello di mio padre, ma non più simile a lui che io a Ercole. Nel giro di un mese, prima che il sale di bugiardissime lacrime avesse smesso di arrossarle gli occhi,
759
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
She married. O most wicked speed, to post With such dexterity to incestuous sheets! It is not, nor it cannot come to good. But break, my heart, for I must hold my tongue. Enter Horatio, Marcellus, and Barnardo HORATIO
Hail to your lordship. I am glad to see you well. Horatio – or I do forget myself.
HAMLET
160
HORATIO
The same, my lord, and your poor servant ever. HAMLET
Sir, my good friend; I’ll change that name with you. And what make you from Wittenberg, Horatio? – Marcellus. MARCELLUS My good lord.
165
HAMLET
I am very glad to see you. (To Barnardo) Good even, sir. – But what in faith make you from Wittenberg? HORATIO
A truant disposition, good my lord. HAMLET
I would not have your enemy say so, Nor shall you do mine ear that violence To make it truster of your own report Against yourself. I know you are no truant. But what is your affair in Elsinore? We’ll teach you to drink deep ere you depart.
170
HORATIO
My lord, I came to see your father’s funeral. HAMLET
I prithee do not mock me, fellow-student; I think it was to see my mother’s wedding. HORATIO
Indeed, my lord, it followed hard upon.
760
175
AMLETO, ATTO I SCENA 2
lei si sposa. Oh premura quanto mai perfida, precipitarsi con tanta disinvoltura fra lenzuola incestuose41! Non è bene, e non ne porta. Ma spezzati, cuore mio; io devo tenere a freno la lingua. Entrano Orazio, Marcello e Bernardo ORAZIO
Salute a vostra signoria. AMLETO
Lieto di vedervi bene. Orazio... o mi sbaglio? ORAZIO
Proprio io, mio signore, e sempre il vostro umile servitore. AMLETO
Buon amico! Contraccambio questo nome, signore. E cosa combini lontano da Wittenberg, Orazio? E Marcello? MARCELLO
Mio buon signore… AMLETO
Sono molto lieto di vedervi. (A Bernardo) Buona sera, signore. – [a Orazio]42 Ma cosa ti ha allontanato da Wittenberg? ORAZIO
Una propensione a perdere tempo, mio buon signore. AMLETO
Non vorrei sentir43 dire una cosa simile da un tuo nemico, né tu mi forzerai le orecchie fino a credere ciò che stai dicendo contro te stesso. Lo so che non sei un fannullone. Ma perché sei venuto a Elsinore? Ti insegneremo come si beve44, prima che tu riparta. ORAZIO
Mio signore, sono venuto per il funerale di vostro padre. AMLETO
Compagno dei miei studi, ti prego, non ti burlare di me. Penso invece che fosse per il matrimonio di mia madre. ORAZIO
In effetti, signore, è avvenuto subito dopo.
761
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
HAMLET
Thrift, thrift, Horatio. The funeral baked meats Did coldly furnish forth the marriage tables. Would I had met my dearest foe in heaven Ere I had ever seen that day, Horatio. My father – methinks I see my father.
180
HORATIO
O where, my lord? In my mind’s eye, Horatio.
HAMLET
HORATIO
I saw him once. A was a goodly king.
185
HAMLET
A was a man. Take him for all in all, I shall not look upon his like again. HORATIO
My lord, I think I saw him yesternight. HAMLET Saw? Who? HORATIO My lord, the King your father.
190
HAMLET The King my father? HORATIO
Season your admiration for a while With an attent ear till I may deliver, Upon the witness of these gentlemen, This marvel to you. HAMLET For God’s love let me hear!
195
HORATIO
Two nights together had these gentlemen, Marcellus and Barnardo, on their watch, In the dead waste and middle of the night, Been thus encountered. A figure like your father, Armed at all points exactly, cap-à-pie, Appears before them, and with solemn march Goes slow and stately by them. Thrice he walked By their oppressed and fear-surprisèd eyes
200
185. Qui, sotto e passim: A: così in Q2; he in Q1 e F (non più segnalato). 762
AMLETO, ATTO I SCENA 2
AMLETO
Economia Orazio, economia. Per il funerale venne preparato un arrosto che è stato poi servito freddo sulle tavole nuziali. Avessi incontrato il mio più notevole nemico in cielo piuttosto che vedere quel giorno, Orazio. Mio padre – mi sembra di vedere mio padre… ORAZIO
Dove, signore? AMLETO
Con l’occhio della mente, Orazio. ORAZIO
Io l’ho visto una volta. Era in tutto e per tutto un re. AMLETO
Era un uomo, in tutto e per tutto: non vedrò mai più uno come lui. ORAZIO
Mio signore, penso di averlo visto ieri notte. AMLETO
Visto? Chi? ORAZIO
Mio signore, il re vostro padre. AMLETO
Il re mio padre? ORAZIO
Temperate per un po’ la vostra sorpresa, e prestate attenzione affinché io possa riferirvi di tale portento, testimoni questi signori. AMLETO
Per l’amor di Dio fatemi sentire! ORAZIO
Per due notti consecutive questi gentiluomini, Marcello e Bernardo, durante la guardia, nell’ora morta e deserta a metà dello notte avevano fatto questo incontro: Una figura simile a vostro padre, armata di tutto punto, da capo a piedi45, gli si para davanti, e solennemente marciando gli passa accanto lenta e maestosa. Tre volte cammina davanti ai loro sbigottiti e allarmati, tenendosi a distanza
763
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
Within his truncheon’s length, whilst they distilled Almost to jelly with the act of fear Stand dumb and speak not to him. This to me In dreadful secrecy impart they did, And I with them the third night kept the watch, Where, as they had delivered, both in time, Form of the thing, each word made true and good, The apparition comes. I knew your father; These hands are not more like. HAMLET But where was this?
205
211
MARCELLUS
My lord, upon the platform where we watched. HAMLET
Did you not speak to it? HORATIO My lord, I did, But answer made it none; yet once methought It lifted up it head and did address Itself to motion like as it would speak, But even then the morning cock crew loud, And at the sound it shrunk in haste away And vanished from our sight. HAMLET ’Tis very strange.
215
220
HORATIO
As I do live, my honoured lord, ’tis true, And we did think it writ down in our duty To let you know of it. HAMLET
Indeed, indeed, sirs; but this troubles me. – Hold you the watch tonight? BARNARDO and MARCELLUS We do, my lord. HAMLET
Armed, say you? BARNARDO and MARCELLUS Armed, my lord. HAMLET
From top to toe?
204. Distilled: così in Q1 e Q2; in F bestilled = “allibiti”. 205. Jelly with the act of fear: ed. Oxford (Taylor) assente in F. 764
225
AMLETO, ATTO I SCENA 2
del suo bastone di comando, mentre loro, tremanti verga a verga per lo spavento, restano muti e non parlano. Questo mi hanno raccontato impauriti, in atterrito segreto, e la terza notte vengo a montare la guardia con loro; qui, come avevano detto, alla stessa ora e nella stessa forma, confermando ogni loro parola, viene l’apparizione. Io conoscevo vostro padre. Queste mie mani non si assomigliano di più. AMLETO
Ma dov’è successo? ORAZIO
Sugli spalti dove facevamo la guardia. AMLETO
E non gli avete parlato? ORAZIO
Sì mio signore, ma non ho avuto risposta; però una volta mi è parso che sollevasse il capo e si disponesse a parlare, ma proprio in quel momento il gallo ha cantato, e a quel suono lui si è dileguato in fretta, ed è scomparso alla nostra vista. AMLETO
È molto strano. ORAZIO
È vero, mio onorato signore, com’è vero che sono vivo; e abbiamo ritenuto che fosse nostro preciso dovere di farvelo sapere. AMLETO
Avete fatto bene, ma sono turbato. – Montate la guardia stanotte? BERNARDO e MARCELLO
Sì signore. AMLETO
Armato, avete detto? BERNARDO e MARCELLO
Armato, signore. AMLETO
Da capo a piedi?
765
HAMLET, ACT 1 SCENE 2
BARNARDO and MARCELLUS
My lord, from head to foot. Then saw you not his face.
HAMLET
HORATIO
O yes, my lord, he wore his beaver up. HAMLET
What looked he? Frowningly? HORATIO
A countenance more
In sorrow than in anger. HAMLET
Pale or red?
230
HORATIO
Nay, very pale. And fixed his eyes upon you? HORATIO Most constantly. HAMLET I would I had been there. HORATIO It would have much amazed you. HAMLET
HAMLET
Very like, very like. Stayed it long?
235
HORATIO
While one with moderate haste might tell a hundred. BARNARDO and MARCELLUS Longer, longer. HORATIO Not when I saw’t. HAMLET His beard was grizzly, no? HORATIO
It was as I have seen it in his life, A sable silvered. HAMLET I’ll watch tonight. Perchance ’Twill walk again.
242. Walk: così in Q1 e Q2; in F wake = “vegliare”. 766
240
AMLETO, ATTO I SCENA 2
BERNARDO e MARCELLO
Da capo a piedi, mio signore. AMLETO
Allora non l’avete visto in faccia. ORAZIO
Oh sì signore, la visiera era alzata. AMLETO
E che aspetto aveva? Era accigliato? ORAZIO
Un’espressione più di pena che d’ira. AMLETO
Pallido o colorito? ORAZIO
No, molto pallido. AMLETO
E vi fissava? ORAZIO
Sempre. AMLETO
Avrei voluto esserci. ORAZIO
Vi avrebbe molto turbato. AMLETO
È probabile, è probabile. È rimasto a lungo? ORAZIO
Il tempo di contare senza fretta fino a cento. BERNARDO e MARCELLO Di più, di più. ORAZIO
Non quando l’ho visto io. AMLETO
La barba era brizzolata, vero? ORAZIO
Era come glie l’ho vista quando era vivo, nero-argentata. AMLETO
Verrò alla guardia stanotte. Può darsi che torni.
767
HAMLET, ACT 1 SCENE 3
HORATIO
I warrant you it will.
HAMLET
If it assume my noble father’s person I’ll speak to it though hell itself should gape And bid me hold my peace. I pray you all, If you have hitherto concealed this sight, Let it be treble in your silence still, And whatsoever else shall hap tonight, Give it an understanding but no tongue. I will requite your loves. So fare ye well. Upon the platform ’twixt eleven and twelve I’ll visit you. ALL THREE Our duty to your honour.
245
250
HAMLET
Your love, as mine to you. Farewell. Exeunt all but Hamlet My father’s spirit in arms! All is not well. I doubt some foul play. Would the night were come. Till then, sit still, my soul. Foul deeds will rise, Though all the earth o’erwhelm them, to men’s eyes.
256 Exit
1.3
Enter Laertes and Ophelia, his sister
LAERTES
My necessaries are inbarqued. Farewell. And, sister, as the winds give benefit And convoy is assistant, do not sleep But let me hear from you. OPHELIA Do you doubt that? LAERTES
For Hamlet and the trifling of his favour, Hold it a fashion and a toy in blood, A violet in the youth of primy nature,
768
5
AMLETO, ATTO I SCENA 3
ORAZIO
Vi assicuro che verrà. AMLETO
Se assume l’aspetto del mio nobile padre gli parlo, dovesse l’inferno spalancare la bocca per impormi di tacere. A tutti quanti una preghiera: se finora avete tenuta segreta questa visione, mantenetela tre volte46 di più nel vostro silenzio, e qualsiasi cosa accada questa notte ponetevi mente ma non parlatene. Vi compenserò per il vostro affetto. A fra poco, sarò con voi sugli spalti fra le undici e mezzanotte. TUTTI E TRE
Il nostro dovere per vostro onore. AMLETO
Il vostro affetto, come il mio a voi. Arrivederci. Escono tutti tranne Amleto AMLETO
Lo spirito di mio padre in armi! Nulla va bene: temo qualche inganno scellerato. Vorrei che fosse già notte. Fino ad allora stai quieta, anima mia! Le azioni malvagie vengono a galla, anche se tutta la terra le vuol seppellire agli occhi degli uomini. Esce Entrano Laerte e Ofelia, sua sorella47
I, 3
LAERTE
I miei bagagli sono a bordo. Addio. E, sorella, se i venti saranno propizi e il trasporto disponibile, non dormirci su, e fatti sentire. OFELIA
Ne dubiti? LAERTE
Quanto ad Amleto e alle sue esuberanti attenzioni, prendile per un vezzo passeggero, una bizzarria del sangue, una viola nella giovi-
769
HAMLET, ACT 1 SCENE 3
Forward not permanent, sweet not lasting, The perfume and suppliance of a minute, No more. OPHELIA No more but so? LAERTES Think it no more. For nature crescent does not grow alone In thews and bulk, but as his temple waxes The inward service of the mind and soul Grows wide withal. Perhaps he loves you now, And now no soil nor cautel doth besmirch The virtue of his will; but you must fear, His greatness weighed, his will is not his own, For he himself is subject to his birth. He may not, as unvalued persons do, Carve for himself, for on his choice depends The sanity and health of the whole state; And therefore must his choice be circumscribed Unto the voice and yielding of that body Whereof he is the head. Then if he says he loves you, It fits your wisdom so far to believe it As he in his peculiar sect and force May give his saying deed, which is no further Than the main voice of Denmark goes withal. Then weigh what loss your honour may sustain If with too credent ear you list his songs, Or lose your heart, or your chaste treasure open To his unmastered importunity. Fear it, Ophelia, fear it, my dear sister, And keep within the rear of your affection, Out of the shot and danger of desire. The chariest maid is prodigal enough If she unmask her beauty to the moon. Virtue itself scapes not calumnious strokes. The canker galls the infants of the spring
10
15
20
25
30
35
9. Perfume and: così in Q2, non in F. 21. Sanity: emend. tardo; in F sanctity = “santità”; in Q2 safety = “salvezza”. 770
AMLETO, ATTO I SCENA 3
nezza della prima fioritura, precoce e non duratura, dolce e fuggevole, il profumo e lo svago di un minuto, non più di tanto. OFELIA
Non più di questo? LAERTE
Non pensarci più. Il corpo che cresce non si sviluppa soltanto nei muscoli o nella taglia, ma con l’ampliarsi di quel tempio48 maturano anche le operazioni interne della mente e dell’anima. Può darsi che lui ora ti ami, e che per ora non ci sia macchia o cautela che diminuisca la forza della sua volontà; ma tu devi temere, considerata la sua posizione, che questa volontà non gli appartenga fino in fondo, perché lui stesso è vincolato dalla sua nascita. Lui non può, come una persona qualunque, servirsi a piacer suo49: dalla sua scelta dipendono la sicurezza e la salute dell’intero stato, perciò essa deve essere approvata dal voto e dal benestare del corpo di cui lui è la testa. Così, se dice che ti ama, tu prudente credigli fino al punto in cui lui, nel suo speciale ruolo, possa dare consistenza alle sue parole, che non va oltre quanto gli consente il consenso della Danimarca. E considera quale perdita possa derivare al tuo onore, se dai troppo credulo ascolto alle sue canzoni, o perdi il tuo cuore, o se apri il tesoro della tua castità alla sua impulsiva indiscrezione. Temilo Ofelia, temilo mia cara sorella, trattieni i tuoi sentimenti, che stiano fuori della portata e del pericolo del desiderio. La fanciulla più ritrosa si fa prodiga scoprendo le sue bellezze alla luna; la virtù stessa non sfugge ai colpi della diffamazione. Troppo spesso il bruco corrode i boccioli della primavera prima che si schiuda-
771
HAMLET, ACT 1 SCENE 3
Too oft before their buttons be disclosed, And in the morn and liquid dew of youth Contagious blastments are most imminent. Be wary then; best safety lies in fear; Youth to itself rebels, though none else near.
40
OPHELIA
I shall th’effect of this good lesson keep As watchman to my heart; but, good my brother, Do not, as some ungracious pastors do, Show me the steep and thorny way to heaven Whilst like a puffed and reckless libertine Himself the primrose path of dalliance treads And recks not his own rede. LAERTES O fear me not.
45
50
Enter Polonius I stay too long – but here my father comes. A double blessing is a double grace; Occasion smiles upon a second leave. POLONIUS
Yet here, Laertes? Aboard, aboard, for shame! The wind sits in the shoulder of your sail, And you are stayed for. There – my blessing with thee, And these few precepts in thy memory See thou character. Give thy thoughts no tongue, Nor any unproportioned thought his act. Be thou familiar but by no means vulgar. The friends thou hast, and their adoption tried, Grapple them to thy soul with hoops of steel, But do not dull thy palm with entertainment Of each new-hatched unfledged comrade. Beware Of entrance to a quarrel, but being in,
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40. Their: così in Q2; in F the. 46. Watchman: così in Q2; in F watchmen. 57. Thee: così in Q1 e Q2; in F il più formale you, che lo stava soppiantando nell’uso comune. 65. New-hatched: così in Q2; in F unhatch’t = “non dischiuso”, “immaturo”. 772
AMLETO, ATTO I SCENA 3
no, ed è nella liquida rugiada del mattino che preme la minaccia del contagio. Dunque stai attenta; la migliore sicurezza sta nella diffidenza; la gioventù si ribella a se stessa anche se nessuno le si avvicina. OFELIA
Terrò il frutto di questa lezione a guardia del mio cuore; ma, buon fratello, non fare come certi ecclesiastici privi di grazia, che mostrano la strada ardua e spinosa che porta al cielo mentre loro, da libertini tronfi e scapestrati, percorrono il sentiero fiorito del piacere, e non si curano dei loro stessi insegnamenti. LAERTE
Oh, non temere. Entra Polonio Sto indugiando troppo – ma ecco mio padre. Una doppia benedizione è una doppia grazia. L’occasione mi offre sorridendo un secondo addio. POLONIO
Ancora qui, Laerte? A bordo, a bordo, che diamine! Il vento già gonfia la groppa della tua nave, e tu ti fai aspettare! Qui – abbiti la mia benedizione, e stampa bene nella memoria questi pochi precetti. Non dare voce ai tuoi pensieri, né effetto a quelli sconsiderati. Sii affabile ma in nessun modo volgare. Gli amici che hai, e di provata sincerità, assicurali al tuo animo con ganci d’acciaio, ma non ti indolenzire le palme per accogliere qualsiasi compagno50 appena uscito implume dal guscio. Guardati dai litigi, ma una volta
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HAMLET, ACT 1 SCENE 3
Bear’t that th’opposèd may beware of thee. Give every man thine ear but few thy voice. Take each man’s censure, but reserve thy judgement. Costly thy habit as thy purse can buy, But not expressed in fancy; rich not gaudy; For the apparel oft proclaims the man, And they in France of the best rank and station Are of all most select and generous chief in that. Neither a borrower nor a fender be, For loan oft loves both itself and friend, And borrowing dulls the edge of husbandry. This above all – to thine own self be true, And it must follow, as the night the day, Thou canst not then be false to any man Farewell – my blessing season this in thee.
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LAERTES
Most humbly do I take my leave, my lord. POLONIUS
The time invites you. Go; your servants tend. LAERTES
Farewell, Ophelia, and remember well What I have said to you. OPHELIA ’Tis in my memory locked, And you yourself shall keep the key of it. LAERTES Farewell.
86 Exit
POLONIUS
What is’t, Ophelia, he hath said to you? OPHELIA
So please you, something touching the Lord Hamlet. POLONIUS Marry, well bethought.
’Tis told me he hath very oft of late Given private time to you, and you yourself Have of your audience been most free and bounteous. If it be so – as so ’tis put on me, And that in way of caution – I must tell you
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AMLETO, ATTO I SCENA 3
che ci sei dentro bada che sia l’altro a guardarsi da te. Presta a tutti il tuo orecchio, ma a pochi la tua voce. Rispetta il parere di tutti ma riserva il tuo giudizio. Vesti come ti consente la borsa ma senza eccessiva fantasia, ricco ma non vistoso, perché spesso il vestito rivela l’uomo: in Francia quelli più in vista per rango e per censo stanno molto attenti soprattutto a questo. Non prendere e non dare a prestito del denaro, perché spesso ci si perde e il prestito e l’amico, e il far debiti spunta il filo dell’economia. Questo soprattutto: sii sincero con te stesso, e da ciò segua, come la notte al giorno, che non sarai mai falso con nessuno. Addio – la mia benedizione maturi tutto questo in te. LAERTE
Umilmente prendo congedo, mio signore. POLONIO
L’ora ti reclama51, va’: i servi aspettano. LAERTE
Addio, Ofelia, e ricorda bene quanto ti ho detto. OFELIA
È custodito nella mia memoria, e tu ne tieni la chiave. LAERTE
Addio. Esce POLONIO
Che cos’è che ti ha detto, Ofelia? OFELIA
A voi piacendo, qualcosa che riguarda il principe Amleto. POLONIO
Buona idea, in fede mia. Mi viene riferito che molto spesso, di recente, egli ti ha dedicato il suo tempo, e che tu stessa gli hai dato udienza con molta libertà e generosità. Se così è – come mi avvertono, per consigliare prudenza – devo dirti che non comprendi
775
HAMLET, ACT 1 SCENE 3
You do not understand yourself so clearly As it behoves my daughter and your honour. What is between you? Give me up the truth. OPHELIA
He hath, my lord, of late made many tenders Of his affection to me.
100
POLONIUS
Affection, pooh! You speak like a green girl Unsifted in such perilous circumstance. Do you believe his ‘tenders’ as you call them? OPHELIA
I do not know, my lord, what I should think. POLONIUS
Marry, I’ll teach you: think yourself a baby That you have ta’en his tenders for true pay, Which are not sterling. Tender yourself more dearly, Or – not to crack the wind of the poor phrase, Running it thus – you’ll tender me a fool.
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OPHELIA
My lord, he hath importuned me with love In honourable fashion –
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POLONIUS
Ay, fashion you may call it. Go to, go to. OPHELIA
And hath given countenance to his speech, my lord, With all the vows of heaven. POLONIUS
Ay, springes to catch woodcocks. I do know When the blood burns how prodigal the soul Lends the tongue vows. These blazes, daughter, Giving more light than heat, extinct in both Even in their promise as it is a-making,
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109. Running: emend. tardo; in Q2 wrong, successiv. emend. in wronging = “folleggiando” (?); in F roaming = “vagabondando”. 114. All the: così in F, accorciando il verso; in Q2 almost all the holy = “quasi tutti i santi”. 117. Lends: così in Q1 e Q2; in F gives = “dà”, “concede”. 776
AMLETO, ATTO I SCENA 3
chiaramente ciò che si conviene a mia figlia e al tuo onore. Cosa c’è fra voi? Dimmi la verità. OFELIA
Mio signore, di recente mi ha fatto molte profferte d’affetto. POLONIO
Affetto, boom! Parli come una ragazzina inesperta di circostanze così pericolose. Credi alle sue “profferte”, come le chiami tu? OFELIA
Non so, mio signore, cosa devo pensare. POLONIO
Diamine, te lo insegno io. Pensa che sei una bambina, che hai preso le sue profferte per buone, mentre non hanno vero valore. Offri te stessa a maggior prezzo, o – per non incitare oltre questa povera frase, facendola correre troppo52 – mi metti davanti a una sciocchina53. OFELIA
Mio signore, mi ha dichiarato il suo amore in maniera onorevole. POLONIO
Già, ‘maniera’ la chiami… Andiamo, su! OFELIA
Ed ha rinforzato il suo discorso, mio signore, con tutti i santi voti del cielo. POLONIO
Sì, trappole per acchiappare beccacce. Lo so bene com’è prodiga l’anima nel prestare alla lingua i suoi giuramenti, quando il sangue bolle. Simili vampate, figlia, danno più luce che calore; l’una e l’altro si spengono all’atto della promessa, e tu non devi prenderli per
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HAMLET, ACT 1 SCENE 4
You must not take for fire. From this time, daughter, Be somewhat scanter of your maiden presence. Set your entreatments at a higher rate Than a command to parley. For Lord Hamlet, Believe so much in him, that he is young, And with a larger tether may he walk Than may be given you. In few, Ophelia, Do not believe his vows, for they are brokers, Not of the dye which their investments show, But mere imploratators of unholy suits, Breathing like sanctified and pious bawds The better to beguile. This is for all – I would not, in plain terms, from this time forth Have you so slander any moment leisure As to give words or talk with the Lord Hamlet. Look to’t, I charge you. Come your ways. OPHELIA I shall obey, my lord. Exeunt 1.4
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Enter Prince Hamlet, Horatio, and Marcellus
HAMLET
The air bites shrewdly, it is very cold. HORATIO
It is a nipping and an eager air. HAMLET What hour now? HORATIO I think it lacks of twelve. MARCELLUS No, it is struck.
5
HORATIO
Indeed? I heard it not. Then it draws near the season Wherein the spirit held his wont to walk. A flourish of trumpets, and two pieces of ordnance goes off What does this mean, my lord?
120. From this time: così in Q2; in F for this time = “per ora”. 129. Imploratators: così nell’ed. Oxford (Taylor); in F implorators; non più usato da Shakespeare. 778
AMLETO, ATTO I SCENA 4
veri fuochi. D’ora in poi sii più avara della tua presenza di fanciulla. Per la tua conversazione fissa un valore più alto di un semplice invito a parlare. Quanto al principe Amleto, di lui credi soltanto che è giovane, e che gli si dà più corda di quella che puoi avere tu. In breve, Ofelia, non credere ai suoi giuramenti, sono cose da ruffiani, dai colori diversi da quelli delle vesti, meri procacciatori di cause empie, affannati ad apparire venerabili e pii, per meglio ingannare. Tutto qui 54 – in parole chiare, non voglio che d’ora in avanti tu disonori i tuoi momenti di libertà intrattenendo parole o chiacchiere con il principe Amleto. Attenta, è il mio comando. Vieni via. OFELIA
Obbedirò, signore. Escono I, 455
Entrano il principe Amleto, Orazio e Marcello56
AMLETO
L’aria morde accanita, fa molto freddo. ORAZIO
Aria tagliente, penetrante. AMLETO
Che ora è? ORAZIO
Manca poco a mezzanotte, credo. MARCELLO
No, è già suonata. ORAZIO
Davvero? Non l’ho sentita. Allora si avvicina il momento in cui lo spirito di solito si muove. Squilli di trombe, e due salve di cannone E questo cosa significa, signore?
779
HAMLET, ACT 1 SCENE 4
HAMLET
The King doth wake tonight and takes his rouse, Keeps wassail, and the swagg’ring upspring reels, And as he drains his draughts of Rhenish down The kettle-drum and trumpet thus bray out The triumph of his pledge. HORATIO Is it a custom? HAMLET Ay, marry is’t, And to my mind, though I am native here And to the manner born, it is a custom More honoured in the breach than the observance.
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Enter the Ghost, as before HORATIO Look, my lord, it comes. HAMLET
Angels and ministers of grace defend us! Be thou a spirit of health or goblin damned, Bring with thee airs from heaven or blasts from hell, Be thy intents wicked or charitable, Thou com’st in such a questionable shape That I will speak to thee. I’ll call thee Hamlet, King, father, royal Dane. O answer me! Let me not burst in ignorance, but tell Why thy canonized bones, hearsèd in death, Have burst their cerements, why the sepulchre Wherein we saw thee quietly enurned Hath oped his ponderous and marble jaws To cast thee up again. What may this mean, That thou, dead corpse, again in complete steel, Revisitst thus the glimpses of the moon, Making night hideous, and we fools of nature So horridly to shake our disposition
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18. A questo punto Q2 continua con ventidue versi sulla propensione dei danesi al bere, con varie considerazioni morali su tale vizio. Qui li troviamo fra le “Aggiunte”, alla fine del testo. 23. Intents: così in Q1 e Q2; in F events “eventi, eventualità”. 780
AMLETO, ATTO I SCENA 4
AMLETO
Il re sta sveglio stanotte, fa bisboccia, brinda e goffo si lancia in danze sfrenate, e a ogni bicchiere di vino del Reno che tracanna, lo strepito di tamburi e trombe ne segnala il trionfo. ORAZIO
Si usa così? AMLETO
Sì che si usa, ma a parer mio, che pure sono nativo di qui e ci sono avvezzo, è un’abitudine che si onora di più lasciandola cadere che osservandola. Entra lo Spettro, come prima ORAZIO
Guardate, mio signore, arriva! AMLETO
Gli angeli e i ministri della grazia ci difendano! Che tu sia uno spirito benigno o un demone dannato, che tu porti con te aure di paradiso o spifferi d’inferno, che siano maligne o pietose le tue intenzioni, tu vieni in forma talmente problematica da impormi di parlare. Ti chiamerò Amleto, re, padre, Danese regale, ma rispondimi! Non ridurmi in pezzi per l’ignoranza, ma dimmi: perché le tue ossa, consacrate e composte nella morte, hanno infranto le ceree fasce del sudario? Perché il sepolcro in cui ti abbiamo visto seppellire in pace ha aperto le sue pesanti fauci di marmo, per rigettarti fuori? Che cosa mai può significare, che tu, un povero cadavere, torni a prestarti ai riflessi della luna così completamente coperto di acciaio, deformando la notte e sconvolgendo la mente a noi, zimbelli della natura, con pensieri orrendi, ben al di là dei
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HAMLET, ACT 1 SCENE 4
With thoughts beyond the reaches of our souls? Say, why is this? Wherefore? What should we do? The Ghost beckons Hamlet HORATIO
It beckons you to go away with it As if it some impartment did desire To you alone. MARCELLUS (to Hamlet) Look with what courteous action It wafts you to a more removèd ground. But do not go with it. HORATIO (to Hamlet) No, by no means.
40
HAMLET
It will not speak. Then will I follow it. HORATIO
Do not, my lord. Why, what should be the fear? I do not set my life at a pin’s fee, And for my soul, what can it do to that, Being a thing immortal as itself?
HAMLET
45
The Ghost beckons Hamlet It waves me forth again. I’ll follow it. HORATIO
What if it tempt you toward the flood, my lord, Or to the dreadful summit of the cliff That beetles o’er his base into the sea, And there assume some other horrible form Which might deprive your sovereignty of reason And draw you into madness? Think of it.
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55
The Ghost beckons Hamlet HAMLET
It wafts me still. (To the Ghost) Go on, I’ll follow thee. MARCELLUS
You shall not go, my lord. 55. Qui Q2 continua con quattro versi assenti in F; anche per questi si vedano le “Aggiunte”. 782
AMLETO, ATTO I SCENA 4
limiti delle nostre anime? Dì, perché questo? A quale scopo? Che cosa dovremmo fare? Lo Spettro fa cenno ad Amleto ORAZIO
Vi fa segno di allontanarvi con lui, come se volesse rivelare qualcosa soltanto a voi. MARCELLO (ad Amleto) Guardate con quale gesto cortese vi invita a un luogo più appartato. Ma non andate con lui! ORAZIO (ad Amleto) No, per nessuna ragione! AMLETO
Ma qui non parla, quindi lo seguirò. ORAZIO
Non lo fate, mio signore. AMLETO
Perché, che paura dovrei avere? Per me la vita non vale uno spillo, e quanto alla mia anima, che male può farle, se è lei stessa immortale come lui? Lo Spettro fa cenno ad Amleto Mi fa di nuovo segno di seguirlo, e io lo seguo. ORAZIO
E se vi tentasse verso il baratro, mio signore, o verso la sommità di quella roccia terrificante, a strapiombo sul mare, e là assumesse qualche altra forma terribile, che potrebbe sottrarvi al controllo della ragione, e condurvi alla follia? Riflettete. Lo Spettro fa cenno ad Amleto AMLETO
Mi fa ancora segno. (Allo Spettro) Avanti, ti seguo. MARCELLO
No signore, non andate.
783
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
Hold off your hand.
HAMLET HORATIO
Be ruled. You shall not go. My fate cries out, And makes each petty artere in this body As hardy as the Nemean lion’s nerve.
HAMLET
60
The Ghost beckons Hamlet Still am I called. Unhand me, gentlemen. By heav’n, I’ll make a ghost of him that lets me. I say, away! (To the Ghost) Go on, I’ll follow thee. Exeunt the Ghost and Hamlet HORATIO
He waxes desperate with imagination. MARCELLUS
Let’s follow. ’Tis not fit thus to obey him.
65
HORATIO
Have after. To what issue will this come? MARCELLUS
Something is rotten in the state of Denmark. HORATIO
Heaven will direct it. Nay, let’s follow him.
MARCELLUS
Exeunt
Enter the Ghost, and Prince Hamlet following
1.5
HAMLET
Whither wilt thou lead me? Speak. I’ll go no further. GHOST
Mark me. HAMLET
I will.
My hour is almost come When I to sulph’rous and tormenting flames Must render up myself.
GHOST
1. Whither “dove” (interrogativo): in Q1 e Q2 whether, in F where. 784
AMLETO, ATTO I SCENA 5
AMLETO
Giù le mani! ORAZIO
Ragionate, non andate. AMLETO
Il destino mi chiama, e rende ogni singola vena di questo corpo soda come i nervi del leone di Nemea57. Lo Spettro fa cenno ad Amleto Ancora mi chiama. Non trattenetemi, signori. Per il cielo, ridurrò a un fantasma chi mi trattiene. Via vi dico! (Allo Spettro) Avanti, ti seguo. Escono lo Spettro e Amleto ORAZIO
È sconvolto dalla sua stessa immaginazione. MARCELLO
Seguiamolo. Non è giusto obbedirgli. ORAZIO
Andiamo. A cosa porterà tutto ciò? MARCELLO
C’è del marcio nello stato di Danimarca. ORAZIO
Provvederà il cielo. MARCELLO
Sì, seguiamolo. Escono I, 5
Entra lo Spettro, seguito dal principe Amleto58
AMLETO
Dove mi conduci? Parla. Non procedo oltre. SPETTRO
Ascoltami. AMLETO
Ti ascolto. SPETTRO
L’ora è prossima in cui devo riaffidarmi a fiamme sulfuree e tormentose59. 785
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
HAMLET
Alas, poor ghost!
GHOST
Pity me not, but lend thy serious hearing To what I shall unfold. HAMLET Speak, I am bound to hear.
5
GHOST
So art thou to revenge when thou shalt hear. HAMLET What? GHOST I am thy father’s spirit,
Doomed for a certain term to walk the night, And for the day confined to fast in fires Till the foul crimes done in my days of nature Are burnt and purged away. But that I am forbid To tell the secrets of my prison-house I could a tale unfold whose lightest word Would harrow up thy soul, freeze thy young blood, Make thy two eyes like stars start from their spheres, Thy knotty and combinèd locks to part, And each particular hair to stand on end Like quills upon the fretful porcupine. But this eternal blazon must not be To ears of flesh and blood. List, Hamlet, list, O list! If thou didst ever thy dear father love – HAMLET O God!
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15
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GHOST
Revenge his foul and most unnatural murder. HAMLET Murder?
25
GHOST
Murder most foul, as in the best it is, But this most foul, strange, and unnatural.
20. Fretful: così in Q1 e F; in Q2 fearful, che vale sia “spaventosa” che “spaventata”; porcupine: in Q1, Q2 e F porpentine. 22. List, Hamlet, list, O list: in F List Hamlet, oh list; in Q2 list, list, O list. 786
AMLETO, ATTO I SCENA 5
AMLETO
Ahimè, povero spettro! SPETTRO
Non compatirmi, ma presta attento ascolto a quanto rivelerò. AMLETO
Parla, sono obbligato ad ascoltare. SPETTRO
… E alla vendetta, quando saprai. AMLETO
Che cosa? SPETTRO
Sono lo spirito di tuo padre, condannato per un certo tempo a vagare di notte, e di giorno a digiunare nel fuoco finché non siano consumate e del tutto purgate dalle fiamme le malvagità da me commesse nei miei giorni naturali. Se non mi fosse interdetto di aprire i segreti della mia prigione, potrei raccontare cose di cui la più impalpabile ti strazierebbe l’anima, gelerebbe il tuo giovane sangue, e ti farebbe schizzare gli occhi dalle orbite come stelle, scompigliando i ben composti nodi della tua capigliatura: ogni singolo capello ti si rizzerebbe in testa come gli aculei dell’irascibile istrice. Ma questa cognizione60 eterna e arcana non è per orecchie di carne e sangue. Ascolta, Amleto, ascolta, oh ascolta! Se mai hai amato tuo padre – AMLETO
Dio mio! SPETTRO
Vendica il suo ignobile assassinio contro natura. AMLETO
Assassinio? SPETTRO
Assassinio oltremodo ignobile, come lo sono tutti, ma questo più ignobile ancora, abnorme, contro natura.
787
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
HAMLET
Haste, haste me to know it, that with wings as swift As meditation or the thoughts of love May sweep to my revenge. GHOST I find thee apt, And duller shouldst thou be than the fat weed That rots itself in ease on Lethe wharf Wouldst thou not stir in this. Now, Hamlet, hear. ’Tis given out that, sleeping in mine orchard, A serpent stung me. So the whole ear of Denmark Is by a forgèd process of my death Rankly abused. But know, thou noble youth, The serpent that did sting thy father’s life Now wears his crown.
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HAMLET
O my prophetic soul! Mine uncle? GHOST
Ay, that incestuous, that adulterate beast, With witchcraft of his wit, with traitorous gifts – O wicked wit and gifts, that have the power So to seduce! – won to his shameful lust The will of my most seeming-virtuous queen. O Hamlet, what a falling off was there! – From me, whose love was of that dignity That it went hand-in-hand even with the vow I made to her in marriage, and to decline Upon a wretch whose natural gifts were poor To those of mine. But virtue, as it never will be moved, Though lewdness court it in a shape of heaven, So lust, though to a radiant angel linked, Will sate itself in a celestial bed, And prey on garbage. But soft, methinks I scent the morning’s air.
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33. Rots, “marcisce”: così in F; in Q1 e Q2 roots = “si radica”. 43. Wit: emend. tardo; in Q1 will = “volontà”; in Q2 e F wits = “spiriti”. 788
AMLETO, ATTO I SCENA 5
AMLETO
Oh fammelo subito conoscere, che io possa, rapido come le ali del pensiero e dell’amore, gettarmi nella vendetta. SPETTRO
Ti trovo pronto, e dovresti essere più inerte e floscio dell’erba che si lascia macerare sulle rive del Lete61, se non ti dovessi attivare. Ora ascolta, Amleto. È stato detto che mentre dormivo in giardino mi abbia morso un serpente. In questo modo l’orecchio della Danimarca intera è stato indegnamente ingannato da un falso resoconto della mia morte. Ma tu, nobile giovane, sappi che il serpente che morse la vita di tuo padre ora ne porta la corona. AMLETO
Anima mia profetica! Mio zio? SPETTRO
Sì, una bestia incestuosa e adultera, con ingegno di stregone e doti di traditore – che siano dannati, se hanno il potere di sedurre così! – ha conquistato alla sua vergognosa libidine il desiderio della mia regina, all’apparenza tanto virtuosa. Oh Amleto, che caduta fu quella! – Da me, il cui amore manteneva la dignità dei primi voti del matrimonio, per abbassarsi fino a un infame le cui doti naturali erano una miseria rispetto alle mie! Ma come la virtù non si lascia smuovere malgrado la lussuria la corteggi in forma celestiale, così la libidine, pur se avvinta a un angelo radioso, si scatenerà in un letto eccellente, per poi andare a ingozzarsi di cose immonde. Ma piano, mi pare di sentire l’odore dell’aria del mattino. Devo
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HAMLET, ACT 1 SCENE 5
Brief let me be. Sleeping within mine orchard, My custom always in the afternoon, Upon my secure hour thy uncle stole With juice of cursèd hebenon in a vial, And in the porches of mine ears did pour The leperous distilment, whose effect Holds such an enmity with blood of man That swift as quicksilver it courses through The natural gates and alleys of the body, And with a sudden vigour it doth posset And curd, like eager droppings into milk, The thin and wholesome blood. So did it mine; And a most instant tetter barked about, Most lazar-like, with vile and loathsome crust, All my smooth body. Thus was I, sleeping, by a brother’s hand Of fife, of crown, of queen at once dispatched, Cut off even in the blossoms of my sin, Unhouseled, dis-appointed, unaneled, No reck’ning made, but sent to my account With all my imperfections on my head. O horrible, O horrible, most horrible! If thou hast nature in thee, bear it not. Let not the royal bed of Denmark be A couch for luxury and damnèd incest. But howsoever thou pursuest this act, Taint not thy mind, nor let thy soul contrive Against thy mother aught. Leave her to heaven, And to those thorns that in her bosom lodge To prick and sting her. Fare thee well at once. The glow-worm shows the matin to be near, And gins to pale his uneffectual fire. Adieu, adieu, Hamlet. Remember me.
75. Of Queen: così in Q1 e Q2; in F and Queen. 790
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90 Exit
AMLETO, ATTO I SCENA 5
spicciarmi. Dunque: mentre dormivo in giardino, com’era mia abitudine nel pomeriggio, nella mia ora sicura tuo zio venne furtivamente con una fiala di maledetto veleno62, e versò quel distillato pestilenziale nel cavo delle mie orecchie. Il suo effetto è talmente nemico del sangue umano da penetrare rapido come argento vivo attraverso le porte e le vie del corpo, dove con improvviso vigore, come gocce di acido nel latte, condensa e caglia in un attimo il sangue che scorreva sano. Così agì su di me, mentre una lebbra istantanea ricopriva la mia pelle levigata con una crosta schifosa, una dura e sozza corteccia come quella di Lazzaro63. Così, mentre dormivo, venni per mano del fratello repentinamente privato di vita, di corona, di regina. Falciato nel fiorire dei miei peccati, senza sacramenti, impreparato, senza unzione, senza esame di coscienza, mandato alla resa dei conti con sul capo tutte le mie imperfezioni. Oh orribile, oh orribile! Orribile! Se c’è umanità in te, non sopportarlo. Non tollerare che il regale letto di Danimarca sia un giaciglio di lussuria e dannato incesto. Ma comunque tu voglia affrontare quest’atto, non sporcare la tua coscienza, non tramare nulla contro tua madre. Lasciala al cielo, e siano le spine che le abitano nel petto a pungerla e graffiarla. Addio, mi affretto. La lucciola annuncia che si avvicina il mattino64: si spegne il suo flebile lume. Addio, addio Amleto. Ricordati di me. Esce
791
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
HAMLET
O all you host of heaven! O earth! What else? And shall I couple hell? O fie! Hold, hold, my heart, And you, my sinews, grow not instant old, But bear me stiffly up. Remember thee? Ay, thou poor ghost, while memory holds a seat In this distracted globe. Remember thee? Yea, from the table of my memory wipe away all trivial fond records, All saws of books, all forms, all pressures past, That youth and observation copied there, And thy commandment all alone shall live Within the book and volume of my brain Unmixed with baser matter. Yes, yes, by heaven. O most pernicious woman! O villain, villain, smiling, damnèd villain! My tables, My tables – meet it is I set it down That one may smile and smile and be a villain. At least I’m sure it may be so in Denmark.
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He writes So, uncle, there you are. Now to my word: It is ‘Adieu, adieu, remember me’. I have sworn’t. HORATIO and MARCELLUS (within) My lord, my lord. Enter Horatio and Marcellus MARCELLUS (calling) Lord Hamlet!
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HORATIO Heaven secure him. HAMLET So be it. HORATIO (calling) Illo, ho, ho, my lord. HAMLET
Hillo, ho, ho, boy; come, bird, come. MARCELLUS How is’t, my noble lord?
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107-108. My tables, / My tables: così nell’ed. Oxford; in F un verso unico. L’iterazione è una caratteristica di Amleto. 792
AMLETO, ATTO I SCENA 5
AMLETO
Oh voi schiere del cielo! Oh terra! – e che altro? Devo aggiungerci l’inferno? – Oh vergogna! Saldo, sta saldo cuore mio, e voi, miei nervi, non invecchiate di colpo: tenetemi in piedi. Ricordarmi di te? Ah povero spettro, finché la memoria regna in questo globo sconvolto65. Ricordarmi di te? Sì, dalla tavola della memoria cancellerò ogni nota sciocca e banale, ogni luogo comune, ogni forma, ogni impressione un tempo segnata nei libri della giovinezza e dell’osservazione, e solo il tuo comandamento vivrà nel libro della mia mente, lontano da più vili argomenti. Sì, sì, per il cielo! Oh donna funesta! Oh manigoldo, manigoldo, sorridente, dannato manigoldo! I miei appunti66 – conviene che metta giù come uno possa sorridere, e sorridere, ed essere un manigoldo67. Almeno in Danimarca, ciò accade di sicuro. Scrive Così, zio, eccoti qui. E ora, il mio motto è ‘Addio, addio, ricordati di me’. L’ho giurato. ORAZIO e MARCELLO (dentro) Mio signore, mio signore! Entrano Orazio e Marcello MARCELLO (chiama)
Principe Amleto! ORAZIO
Che il cielo lo protegga. AMLETO
Così sia. ORAZIO (chiama)
Ehilà, ehilà mio signore! AMLETO
Ehilà, ragazzo – vieni falcone, vieni68! MARCELLO
Come va, mio nobile signore?
793
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
HORATIO (to Hamlet) What news, my lord? HAMLET O wonderful! HORATIO
Good my lord, tell it. HAMLET
No, you’ll reveal it.
HORATIO
Not I, my lord, by heaven. MARCELLUS Nor I, my lord. HAMLET
How say you then, would heart of man once think it? But you’ll be secret? HORATIO and MARCELLUS Ay, by heav’n, my lord.
126
HAMLET
There’s ne’er a villain dwelling in all Denmark But he’s an arrant knave. HORATIO
There needs no ghost, my lord, come from the grave To tell us this. HAMLET Why, right, you are i’th’ right, And so without more circumstance at all I hold it fit that we shake hands and part, You as your business and desires shall point you For every man has business and desire, Such as it is – and for mine own poor part, Look you, I’ll go pray.
130
135
HORATIO
These are but wild and whirling words, my lord. HAMLET
I’m sorry they offend you, heartily, Yes, faith, heartily. HORATIO There’s no offence, my lord.
137. Whirling: così in Q1 e Q2; in F hurling = “impulsive”. Queste grafie erano spesso confuse. 794
AMLETO, ATTO I SCENA 5
ORAZIO (ad Amleto)
Che novità, signore? AMLETO
Meravigliose! ORAZIO
Mio buon signore, racconta! AMLETO
No, le rivelereste. ORAZIO
Non io, per il cielo. MARCELLO
E io neanche, signore. AMLETO
E allora che ne dite, vi sembra immaginabile da cuore d’uomo? Ma terrete il segreto? ORAZIO e MARCELLO Sì, per il cielo, mio signore! AMLETO
In tutta la Danimarca non c’è furfante che non sia un mascalzone matricolato. ORAZIO
Mio signore, non c’è bisogno che un fantasma torni dalla tomba per dirci questo. AMLETO
Eh, giusto, tu dici bene, e così senza ulteriori cerimonie ritengo ragionevole che ci si dia la mano e si vada ognuno per la sua strada, voi dove i vostri compiti e desideri vi portano – perché ognuno ha compiti e desideri, quali che siano: io, da poveraccio qual sono, andrò a pregare. ORAZIO
Ma queste sono parole peregrine e sconclusionate, signore. AMLETO
Mi spiace che suonino offensive, di cuore: ecco, proprio di cuore. ORAZIO
Nessuna offesa, mio signore.
795
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
HAMLET
Yes, by Saint Patrick, but there is, Horatio, And much offence, too. Touching this vision here, It is an honest ghost, that let me tell you. For your desire to know what is between us, O’ermaster’t as you may. And now, good friends, As you are friends, scholars, and soldiers, Give me one poor request. HORATIO What is’t, my lord? We will.
140
145
HAMLET
Never make known what you have seen tonight. HORATIO and MARCELLUS My lord, we will not. HAMLET Nay, but swear’t. HORATIO
In faith, my lord, not I. Nor I, my lord, in faith.
MARCELLUS HAMLET
Upon my sword. MARCELLUS We have sworn, my lord, already. HAMLET
Indeed, upon my sword, indeed. The Ghost cries under the stage GHOST
Swear.
151
HAMLET
Ah ha, boy, sayst thou so? Art thou there, truepenny? – Come on. You hear this fellow in the cellarage. Consent to swear. HORATIO Propose the oath, my lord. HAMLET
Never to speak of this that you have seen, Swear by my sword.
140. Horatio: così in Q1 e Q2; in F my lord = “mio signore”. 796
155
AMLETO, ATTO I SCENA 5
AMLETO
Sì, per San Patrizio69; ma sì Orazio, sì che c’è offesa, e tanta anche. Quanto a questa nostra visione, è uno spettro onesto, lascia che te lo dica. E quanto al tuo desiderio di sapere ciò che è avvenuto fra noi, cerca di dominarlo. E ora, buoni amici, com’è vero che siete amici, studiosi e soldati, accordatemi un piccolo favore. ORAZIO
Quale, signore? Lo faremo. AMLETO
Non divulgate mai ciò che avete visto stanotte. ORAZIO e MARCELLO Mio signore, non lo faremo. AMLETO
Ebbene, giuratelo. ORAZIO
In fede, signore, io non lo farò. MARCELLO
E neanch’io, mio signore, in fede. AMLETO
Sulla mia spada. MARCELLO
Abbiamo già giurato, mio signore. AMLETO
Sì, ma ora sulla mia spada. Lo Spettro grida da sotto il palcoscenico SPETTRO
Giurate! AMLETO
Ahah, ragazzo, è così che dici? Sei lì sotto, buon uomo70? Avanti! Ascoltate il tizio giù in cantina. Giurate, avanti. ORAZIO
Formulate il giuramento, signore. AMLETO
Giurate sulla mia spada di non parlare mai di quanto avete visto.
797
HAMLET, ACT 1 SCENE 5
GHOST (under the stage) Swear.
[They swear] HAMLET
Hic et ubique? Then we’ll shift our ground. – Come hither, gentlemen, And lay your hands again upon my sword. Never to speak of this that you have heard, Swear by my sword. GHOST (under the stage) Swear.
160
[They swear] HAMLET
Well said, old mole. Canst work i’th’ earth so fast? A worthy pioneer. – Once more remove, good friends. HORATIO
O day and night, but this is wondrous strange!
166
HAMLET
And therefore as a stranger give it welcome. There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in our philosophy. But come, Here as before, never, so help you mercy, How strange or odd soe’er I bear myself – As I perchance hereafter shall think meet To put an antic disposition on – That you at such time seeing me never shall, With arms encumbered thus, or this headshake, Or by pronouncing of some doubtful phrase As ‘Well we know’ or ‘We could an if we would’, Or ‘If we list to speak’, or ‘There be, an if they might’, Or such ambiguous giving out, to note That you know aught of me – this not to do, So grace and mercy at your most need help you, swear.
170
175
180
158. Our: così in Q1 e Q2; in F for, che si può ugualmente accordare con ground. 164. Earth: così in Q1 e Q2; in F ground = “terreno”. 178. They: così in Q1 e Q2; in F there. 798
AMLETO, ATTO I SCENA 5
SPETTRO (sotto il palcoscenico)
Giurate! [Giurano] AMLETO
Hic et ubique? Allora cambiamo posto71. Qui, signori, e mettete le mani ancora sulla mia spada. Sulla mia spada giurate di non fare mai parola di quanto avete sentito. Sulla mia spada, giurate. SPETTRO (sotto il palcoscenico) Giurate. [Giurano] AMLETO
Ben detto, vecchia talpa72! Lavori così svelto sotto terra? Un eccellente scavatore. – Ancora una volta, buoni amici, muoviamoci. ORAZIO
Per il giorno e la notte, questo è assolutamente strano! AMLETO
Allora accoglilo bene, come si fa con gli stranieri. Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la nostra filosofia, Orazio. Ma venite, e come prima diciamo: mai, che Dio vi aiuti, in qualsiasi modo strano o bizzarro io mi comporti – come d’ora in avanti potrei ritenere opportuno di fare, assumendo atteggiamenti stravaganti – mai in tali circostanze voi dovrete, mettendovi a braccia conserte, o scuotendo il capo, o pronunciando mezze frasi come “Beh, noi sappiamo”… o “Potremmo, se volessimo”… o “Se solo volessimo parlare”… o “C’è chi potrebbe”…, o simili accenni ambigui – mai dovrete lasciare intendere che sapete alcunché di me: questo giurate, e la grazia e la misericordia vi aiutino nell’ora del bisogno.
799
HAMLET, ACT 2 SCENE 1
GHOST (under the stage) Swear.
[They swear] HAMLET
Rest, rest, perturbèd spirit. – So, gentlemen, With all my love I do commend me to you, And what so poor a man as Hamlet is May do t’express his love and friending to you, God willing, shall not Jack. Let us go in together, And still your fingers on your lips, I pray. The time is out of joint. O cursèd spite That ever I was born to set it right! Nay, come, let’s go together. Exeunt 2.1
185
190
Enter old Polonius with his man Reynaldo
POLONIUS
Give him this money and these notes, Reynaldo. REYNALDO I will, my lord. POLONIUS
You shall do marv’lous wisely, good Reynaldo, Before you visit him to make enquire Of his behaviour. REYNALDO My lord, I did intend it.
5
POLONIUS
Marry, well said, very well said. Look you, sir, Enquire me first what Danskers are in Paris, And how, and who, what means, and where they keep, What company, at what expense; and finding By this encompassment and drift of question That they do know my son, come you more nearer Than your particular demands will touch it. Take you, as ’twere, some distant knowledge of him, As thus: ‘I know his father and his friends, And in part him’ – do you mark this, Reynaldo? REYNALDO Ay, very well, my lord. 1. This: così in Q1 e Q2; in F his = i suoi”. 4. To: così in Q1 e Q2; in F you. 800
10
15
AMLETO, ATTO II SCENA 1
SPETTRO (sotto il palcoscenico)
Giurate. [Giurano] AMLETO
E tu riposa, spirito turbato. – Così, signori, mi raccomando a voi con tutto il mio affetto; non vi mancherà, a Dio piacendo, ciò che un pover’uomo come Amleto potrà dare in simpatia e amicizia. Rientriamo insieme, e vi prego, ancora con il dito sulle labbra. Il nostro tempo è fuori squadra73. Una maledetta iattura, che io sia nato per rimetterlo in sesto. Su venite, andiamo via. Escono II, 1
Entrano il vecchio Polonio col suo servo Rinaldo74
POLONIO
Dagli questi soldi e queste missive, Rinaldo. RINALDO75
Lo farò, mio signore. POLONIO
Sarà cosa affatto saggia, buon Rinaldo, se prima di fargli visita ti informerai sulla sua condotta. RINALDO
Intendevo farlo, mio signore. POLONIO
Ah, davvero ben detto, molto ben detto. Dunque attento: informati prima su quali danesi si trovano a Parigi e come, chi sono, con quali mezzi campano, chi frequentano, e con quali spese; e discorrendo del più e del meno con questo e con quello, quando trovi chi conosca mio figlio arriva al punto senza fare domande specifiche. Invece mostra di conoscerlo per così dire alla lontana: “Conosco suo padre e i suoi amici – puoi dire – lui solo un poco”… Mi segui, Rinaldo? RINALDO
Sì, molto bene, mio signore.
801
HAMLET, ACT 2 SCENE 1
POLONIUS
‘And in part him, but’, you may say, ‘not well, But if’t be he I mean, he’s very wild, Addicted so and so’; and there put on him What forgeries you please – marry, none so rank As may dishonour him, take heed of that – But, sir, such wanton, wild, and usual slips As are companions noted and most known To youth and liberty. REYNALDO As gaming, my lord? POLONIUS Ay, or drinking, fencing, swearing, Quarrelling, drabbing – you may go so far.
20
25
REYNALDO
My lord, that would dishonour him. POLONIUS
Faith, no, as you may season it in the charge. You must not put another scandal on him, That he is open to incontinency. That’s not my meaning – but breathe his faults so quaintly That they may seem the taints of liberty, The flash and outbreak of a fiery mind, A savageness in unreclaimèd blood, Of general assault. REYNALDO But, my good lord–
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35
POLONIUS
Wherefore should you do this? REYNALDO Ay, my lord. I would know that. POLONIUS Marry, sir, here’s my drift, And I believe it is a fetch of warrant: You laying these slight sullies on my son, As ’twere a thing a little soiled i’th’ working, Mark you, your party in converse, him you would sound, Having ever seen in the prenominate crimes The youth you breathe of guilty, be assured He closes with you in this consequence: 802
40
45
AMLETO, ATTO II SCENA 1
POLONIO
… “Un poco” – potresti dire – “non molto, ma se è proprio quello di cui parlo, un tipo sregolato, dedito a questo e a quello”, e qui buttagli addosso le maldicenze che vuoi – però nessuna così grave che lo disonori, tieni bene a mente – ma diciamo le solite marachelle, le leggerezze, i capricci che sono notori e risaputi compagni dell’età e libertà giovanile. RINALDO
Come il gioco, per esempio? POLONIO
Sì, o il bere, il duello, le bestemmie, le liti, le donne – fin lì ci puoi arrivare. RINALDO
Ma signore, questo lo disonorerebbe. POLONIO
No, in fede, perché potresti mitigare gli addebiti. Non devi caricarlo di un altro scandalo, di essere facile alla fornicazione76. Non è questo che intendo – ma dai voce ai suoi difetti vagamente, in modo che sembrino pecche di libertà, lampi ed eccessi di un carattere focoso, moti di un sangue non ancora domato, come succede a tutti. RINALDO
Ma, mio buon signore – POLONIO
Mi chiedi perché dovresti farlo? RINALDO
Sì signor mio, vorrei saperlo. POLONIO
Diamine, ecco cosa intendo, e credo che sia un trucco consentito77. Addossando queste pecche veniali a mio figlio, come se fossero fin troppo abusate, stai attento se il tuo interlocutore, quello che vuoi sondare, abbia mai visto il ragazzo macchiarsi delle predette colpe, e vedrai che si associa a te con parole come: “Buon signore” o simi-
803
HAMLET, ACT 2 SCENE 1
‘Good sir’, or so, or ‘friend’, or ‘gentleman’, According to the phrase and the addition Of man and country. REYNALDO Very good, my lord. POLONIUS
And then, sir, does a this – a does – what was I about to say? By the mass, I was about to say something. Where did I leave?
51
REYNALDO
At ‘closes in the consequence’, at ‘friend, Or so’, and ‘gentleman’. POLONIUS
At ‘closes in the consequence’ – ay, marry, He closes with you thus: ‘I know the gentleman, I saw him yesterday’ – or t’other day, Or then, or then – ‘with such and such, and, as you say, There was a gaming, there o’ertook in’s rouse, There falling out at tennis’, or perchance ‘I saw him enter such a house of sale’, Videlicet, a brothel, or so forth. See you now, Your bait of falsehood takes this carp of truth; And thus do we of wisdom and of reach With windlasses and with assays of bias By indirections find directions out. So, by my former lecture and advice, Shall you my son. You have me, have you not? REYNALDO My lord, I have. POLONIUS God b’wi’ ye. Fare ye well. REYNALDO Good my lord.
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47. Addition, “forma di riguardo”, lascia comunque perplessi molti curatori, per alcuni dei quali si tratta di un refuso per addiction = “inclinazione, abitudine”. 49. Does a this – a does: così in Q2; in F a does (come già segnalato, a = he). 50. By the mass: in Q2, assente in F. 69. God b’wi’ ye: in Q2 e F God buy ye (e you) abbreviazione di God be with you. 804
AMLETO, ATTO II SCENA 1
li – “amico”, “gentiluomo” – secondo i modi di dire dell’individuo e del paese.. RINALDO
Molto bene signore… POLONIO
E poi, caro mio, lui fa – fa – cosa stavo per dire? Per la messa, stavo per dire qualcosa. Dove ero rimasto? RINALDO
A “si associa con parole”, a “amico, o qualcosa”, e “gentiluomo”… POLONIO
“Si associa con parole” – sì, diamine, lui si associa dicendo: “Conosco il gentiluomo, l’ho visto ieri” o l’altro giorno, o l’altro, o l’altro ancora – “con quello o con quella, e, come voi dite, stavano giocando, o si sbronzavano, litigavano al tennis”, o magari “l’ho visto entrare nella tal casa di malaffare”, vale a dire un bordello, eccetera eccetera. Allora vedi che la tua esca di frottole prende la carpa della verità. Così noi, gente saggia e lungimirante, stando sopravvento, con mosse oblique e per vie indirette, troviamo dove andare. Così, grazie alle mie istruzioni, tu scoprirai mio figlio. Mi hai capito, no? RINALDO
Capito, mio signore. POLONIO
Allora vai con Dio, e arrivederci. RINALDO
Mio buon signore…
805
HAMLET, ACT 2 SCENE 1
POLONIUS
Observe his inclination in yourself. REYNALDO I shall, my lord. POLONIUS And let him ply his music. REYNALDO Well, my lord. Enter Ophelia POLONIUS
Farewell. How now, Ophelia, what’s the matter?
Exit Reynaldo
OPHELIA
Alas, my lord, I have been so affrighted.
76
POLONIUS With what, i’th’ name of God? OPHELIA
My lord, as I was sewing in my chamber, Lord Hamlet, with his doublet all unbraced, No hat upon his head, his stockings fouled, Ungartered, and down-gyvèd to his ankle, Pale as his shirt, his knees knocking each other, And with a look so piteous in purport As if he had been loosèd out of hell To speak of horrors, he comes before me.
80
85
POLONIUS
Mad for thy love? My lord, I do not know, But truly I do fear it. POLONIUS What said he? OPHELIA
OPHELIA
He took me by the wrist and held me hard, Then goes he to the length of all his arm, And with his other hand thus o’er his brow He falls to such perusal of my face As a would draw it. Long stayed he so.
90
77. I’th’ name of God: così in Q2; in F in the name of Heaven = “nel nome del cielo” (cfr. I, 2, 150). 806
AMLETO, ATTO II SCENA 1
POLONIO
Osserva le sue inclinazioni personalmente. RINALDO
Lo farò, mio signore. POLONIO
… E che studi la musica. RINALDO
Bene, mio signore. Entra Ofelia POLONIO
Addio. Esce Rinaldo Ofelia, allora, cosa succede? OFELIA
Ahimè, signore, mi sono talmente spaventata! POLONIO
Ma di cosa, nel nome di Dio? OFELIA
Mio signore, stavo cucendo nella mia stanza quando il principe Amleto, con il giubbetto78 slacciato, senza cappello, le calze infangate e senza giarrettiere, che gli scendevano sulle caviglie come ceppi, pallido come la camicia, le ginocchia che sbattevano, e un aspetto così affranto come se fosse appena uscito dall’inferno per descriverne gli orrori79, mi viene davanti. POLONIO
Pazzo d’amore per te? OFELIA
Mio signore, non so, ma in verità lo temo. POLONIO
E cosa ha detto? OFELIA
Mi ha afferrato il polso tenendomi stretta, poi si allontana per la lunghezza del braccio, e con l’altra mano sulla fronte, così, mi fissa in volto come se volesse disegnarlo. A lungo è rimasto così. Alla
807
HAMLET, ACT 2 SCENE 1
At last, a little shaking of mine arm, And thrice his head thus waving up and down, He raised a sigh so piteous and profound That it did seem to shatter all his bulk And end his being. That done, he lets me go, And, with his head over his shoulder turned, He seemed to find his way without his eyes, For out o’ doors he went without their help, And to the last bended their light on me.
95
100
POLONIUS
Come, go with me. I will go seek the King. This is the very ecstasy of love, Whose violent property fordoes itself And leads the will to desperate undertakings As oft as any passion under heaven That does afflict our natures. I am sorry – What, have you given him any hard words of late?
105
OPHELIA
No, my good lord, but as you did command I did repel his letters and denied His access to me. POLONIUS That hath made him mad. I am sorry that with better speed and judgement I had not quoted him. I feared he did but trifle And meant to wreck thee. But beshrew my jealousy! By heaven, it is as proper to our age To cast beyond ourselves in our opinions As it is common for the younger sort To lack discretion. Come, go we to the King. This must be known, which, being kept close, might move More grief to hide than hate to utter love. Exeunt
102. Come: in Q2, assente in F. 113. Feared: così in Q2; in F fear. 115. By heaven: così in Q1 e Q2; in F it seems = “sembra”. 808
110
115
AMLETO, ATTO II SCENA 1
fine, scuotendomi un po’ il braccio, e muovendo la testa così, su e giù per tre volte, ha tirato un sospiro tanto pietoso e profondo che sembrava scuoterlo per tutto il corpo, e porre fine ai suoi giorni. Fatto questo mi lascia andare, gira la testa sopra la spalla ed esce trovando la strada senza l’aiuto degli occhi, perché fino all’ultimo tiene la loro luce su di me. POLONIO
Andiamo, vieni con me. Cerchiamo il re. Questa sì che è follia d’amore, di qualità violenta che distrugge se stessa, e conduce la volontà ad azioni disperate, com’è di qualsiasi passione che sotto il cielo affligge le nostre nature. Mi spiace – dimmi, hai usato espressioni dure di recente? OFELIA
No, mio buon signore, ma come avete comandato ho respinto le sue lettere e negato ogni incontro. POLONIO
E questo l’ha fatto impazzire. Mi spiace che non averlo studiato con maggiore prontezza80 e giudizio. Temevo che scherzasse soltanto, e ti volesse rovinare. Ma al diavolo i miei sospetti! Per il cielo, è proprio della nostra età esagerare nelle nostre convinzioni, com’è comune ai più giovani di mancare di discrezione. Vieni, andiamo dal re. La cosa si deve sapere: un amore simile produrrebbe più dolore nel tenerlo segreto che odio nel rivelarlo. Escono
809
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
2.2
[Flourish.] Enter King Claudius and Queen Gertrude, Rosencrantz and Guildenstern, with others
KING CLAUDIUS
Welcome, dear Rosencrantz and Guildenstern. Moreover that we much did long to see you, The need we have to use you did provoke Our hasty sending. Something have you heard Of Hamlet’s transformation – so I call it, Since not th’exterior nor the inward man Resembles that it was. What it should be, More than his father’s death, that thus hath put him So much from th’understanding of himself, I cannot deem of. I entreat you both That, being of so young days brought up with him, And since so neighboured to his youth and humour, That you vouchsafe your rest here in our court Some little time, so by your companies To draw him on to pleasures, and to gather, So much as from occasions you may glean, Whether aught to us unknown afflicts him thus That, opened, lies within our remedy.
5
10
15
QUEEN GERTRUDE
Good gentlemen, he hath much talked of you, And sure I am two men there is not living To whom he more adheres. If it will please you To show us so much gentry and good will As to expend your time with us a while For the supply and profit of our hope, Your visitation shall receive such thanks As fits a king’s remembrance.
10. Deem of: in Q2 dream of = “sognare”. 17. Whether … thus: l’intero verso in Q2, assente in F. 20. Is: in F are. 810
20
25
AMLETO, ATTO II SCENA 2
II, 2
[Squilli di tromba.] Entrano il re Claudio e la regina Gertrude, Rosencrantz e Guildenstern, con altri81
CLAUDIO
Benvenuti, cari Rosencrantz e Guildenstern82. Oltre al grande desiderio di vedervi, ci ha mosso a convocarvi cosi in fretta il bisogno che abbiamo di voi. Qualcosa avrete sentito della trasformazione di Amleto – così la chiamo io, perché né l’esterno né l’interno dell’uomo assomigliano a lui com’era prima. Che cosa sia, al di là della morte del padre, che lo ha allontanato così dal controllo di sé, non lo posso capire. Vi prego entrambi, fin dai primi anni allevati con lui e sempre poi vicini alla sua giovinezza e ai suoi stati d’animo, che vogliate prendervi un po’ di riposo qui a corte, e con la vostra compagnia indurlo a svagarsi, e insieme cercare di cogliere, presentandosi l’occasione, se qualcosa a noi ignoto lo affligga, e che, una volta individuato, possa essere da noi rimediato. GERTRUDE
Cari signori, lui ha molto parlato di voi, e vi assicuro che non ci sono due persone alle quali lui sia più affezionato. Se vi piacerà dimostrarci tanta gentilezza e bontà da passare un po’ del vostro tempo con noi per assecondare e sostenere la nostra speranza, la vostra visita otterrà una gratitudine degna del ricordo di un re.
811
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
Both your majesties Might, by the sovereign power you have of us, Put your dread pleasures more into command Than to entreaty. GUILDENSTERN But we both obey, And here give up ourselves in the full bent To lay our service freely at your feet To be commanded. ROSENCRANTZ
30
KING CLAUDIUS
Thanks, Rosencrantz and gentle Guildenstern. QUEEN GERTRUDE
Thanks, Guildenstern and gentle Rosencrantz. And I beseech you instantly to visit My too-much changèd son. – Go, some of ye, And bring the gentlemen where Hamlet is.
35
GUILDENSTERN
Heavens make our presence and our practices Pleasant and helpful to him. QUEEN GERTRUDE Ay, amen! Exeunt Rosencrantz and Guildenstern [with others] Enter Polonius POLONIUS
Th’ambassadors from Norway, my good lord, Are joyfully returned.
40
KING CLAUDIUS
Thou still hast been the father of good news. POLONIUS
Have I, my lord? Assure you, my good liege, I hold my duty, as I hold my soul, Both to my God and to my gracious King. And I do think – or else this brain of mine
45
29. But we: in F We. 31. Service: così in Q2; in F services. 43. Assure you, my good liege: in Q2 I assure my good liege, metricamente meno adeguato. 45. And: così in Q1 e Q2; in F one. 812
AMLETO, ATTO II SCENA 2
ROSENCRANTZ
Le vostre maestà possono, per il potere sovrano che hanno su di noi, esprimere il loro riverito desiderio più come comando che come preghiera. GUILDENSTERN
Obbediamo entrambi, e deponiamo il nostro servizio totalmente e liberamente ai vostri piedi, e attendiamo ordini. CLAUDIO
Grazie, Rosencrantz e gentile Guiderstern. GERTRUDE
Grazie, Guildenstern e gentile Rosencrantz. E vi prego di far subito visita a questo mio figlio troppo cambiato. – Qualcuno si muova, e accompagni questi gentiluomini dove si trova Amleto. GUILDENSTERN
I cieli rendano la nostra presenza e i nostri esercizi piacevoli e utili per lui. GERTRUDE
E così sia. Escono Rosencrantz e Guildenstern [con altri] Entra Polonio POLONIO
Mio buon signore, gli ambasciatori sono felicemente ritornati dalla Norvegia. CLAUDIO
Ti sei sempre padre di buone nuove. POLONIO
Davvero, mio signore? Vi assicuro, Maestà, che io assegno il mio dovere come la mia anima al servizio di Dio e del mio grazioso sovrano. E penso – altrimenti questo mio naso non fiuta più la traccia
813
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
Hunts not the trail of policy so sure As it hath used to do – that I have found The very cause of Hamlet’s lunacy. KING CLAUDIUS
O speak of that, that I do long to hear!
50
POLONIUS
Give first admittance to th’ambassadors. My news shall be the fruit to that great feast. KING CLAUDIUS
Thyself do grace to them, and bring them in. Exit Polonius He tells me, my sweet queen, that he hath found The head and source of all your son’s distemper.
55
QUEEN GERTRUDE
I doubt it is no other but the main – His father’s death and our o’er-hasty marriage. KING CLAUDIUS
Well, we shall sift him. Enter Polonius, Valtemand, and Cornelius Welcome, my good friends. Say, Valtemand, what from our brother Norway? VALTEMAND
Most fair return of greetings and desires. Upon our first he sent out to suppress His nephew’s levies, which to him appeared To be a preparation ’gainst the Polack; But better looked into, he truly found It was against your highness; whereat grieved That so his sickness, age, and impotence Was falsely borne in hand, sends out arrests On Fortinbras, which he, in brief, obeys, Receives rebuke from Norway, and, in fine,
60
65
48. It hath: così in Q2; in F I have. 52. Fruit: così in Q2; in F news = “notizie”. 58. My: così in Q2; assente in F, per un verso composto in spazi ristretti. 814
AMLETO, ATTO II SCENA 2
del governo con la sicurezza che era solito avere – di avere scoperto la causa della follia di Amleto. CLAUDIO
Oh parlaci di questo, che sono ansioso di sentire! POLONIO
Prima accogliere gli ambasciatori. Le mie notizie saranno la conclusione del loro ricevimento. CLAUDIO
Accoglili tu stesso, e falli entrare. Esce Polonio Mi dice, dolce regina , di aver scoperto la causa e origine di tutta l’agitazione di vostro figlio. 83
GERTRUDE
Temo che non sia altro che quella principale – la morte di suo padre e le nostre nozze troppo affrettate84. CLAUDIO
Bene, lo vaglieremo. Entrano Polonio, Valtemand e Cornelio Benvenuti, miei cari amici. Dimmi Valtemand, che notizie dal nostro fratello il re di Norvegia? VALTEMAND
Ricambia lealmente saluti e auguri. Alla nostra prima istanza mandò subito ad annullare i reclutamenti del nipote, che a lui erano apparsi come preparativi conto i Polacchi; però, esaminati più attentamente, gli fu chiaro che erano rivolti contro la vostra Altezza. Al che, dispiaciuto che la sua malattia, l’età e la debolezza fossero raggirate a quel modo, ordina a Fortebraccio di cessare ogni attività, e lui, in breve, obbedisce; viene redarguito dal norvegese, e
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
Makes vow before his uncle never more To give th’essay of arms against your majesty; Whereon old Norway, overcome with joy, Gives him three thousand crowns in annual fee And his commission to employ those soldiers So levied as before, against the Polack, With an entreaty herein further shown,
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He gives a letter to Claudius That it might please you to give quiet pass Through your dominions for his enterprise On such regards of safety and allowance As therein are set down. KING CLAUDIUS It likes us well, And at our more considered time we’ll read, Answer, and think upon this business. Meantime we thank you for your well-took labour. Go to your rest; at night we’ll feast together. Most welcome home.
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Exeunt Valtemand and Cornelius POLONIUS
This business is very well ended. My liege, and madam, to expostulate What majesty should be, what duty is, Why day is day, night night, and time is time, Were nothing but to waste night, day, and time. Therefore, since brevity is the soul of wit, And tediousness the limbs and outward flourishes, I will be brief. Your noble son is mad – ‘Mad’ call I it, for to define true madness, What is’t but to be nothing else but mad? But let that go. QUEEN GERTRUDE More matter with less art. POLONIUS
Madam, I swear I use no art at all. That he is mad, ’tis true; ’tis true ’tis pity, And pity ’tis ’tis true – a foolish figure, 816
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
infine giura davanti a suo zio di non provarci mai più a mettersi in armi contro la vostra Maestà. E qui il vecchio re, tutto contento, gli assegna tremila corone all’anno e il permesso di usare quei soldati già reclutati contro il re di Polonia, con una richiesta, qui contenuta, Consegna a Claudio una lettera Che vi piaccia concedere alla sua impresa il diritto di pacifico passaggio attraverso i vostri domini, alle condizioni di garanzia e sicurezza qui formulate. CLAUDIO
Siamo soddisfatti: a tempo più opportuno leggeremo e risponderemo, riflettendo ancora su questo affare. Intanto vi ringraziamo per la vostra ben condotta fatica. Andare a riposare, stanotte celebreremo insieme. Bentornati in patria. Escono Valtemand e Cornelio POLONIO
Questa faccenda si è conclusa molto bene. Mio sovrano, e signora, recitare ora che cos’è la maestà, e cos’è il dovere, e perché il giorno è giorno, la notte notte, e il tempo tempo, sarebbe soltanto uno spreco di notte, giorno e tempo. E allora, dato che la concisione costituisce l’anima dell’intelligenza, e la prolissità ne costituisce solo le membra e gli orpelli esterni, sarò breve. Il vostro nobile figliolo è pazzo – “pazzo” dico io, perché se dobbiamo definire la vera pazzia, cos’altro è se non l’essere pazzi? Ma lasciamo perdere. GERTRUDE
Più sostanza e meno arte. POLONIO
Signora, giuro che non uso arte alcuna. Che lui sia pazzo è vero; che sia vero è un peccato, e un peccato che sia vero – una futile
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
But farewell it, for I will use no art. Mad let us grant him, then; and now remains That we find out the cause of this effect – Or rather say ‘the cause of this defect’, For this effect defective comes by cause. Thus it remains, and the remainder thus. Perpend. I have a daughter – have whilst she is mine Who in her duty and obedience, mark, Hath given me this. Now gather and surmise.
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He reads a letter ‘To the celestial and my soul’s idol, the most beautified Ophelia’ – that’s an ill phrase, a vile phrase, ‘beautified’ is a vile phrase. But you shall hear – ‘these in her excellent white bosom, these’. QUEEN GERTRUDE Came this from Hamlet to her? POLONIUS
Good madam, stay a while. I will be faithful. ‘Doubt thou the stars are fire, Doubt that the sun doth move, Doubt truth to be a liar, But never doubt I love. O dear Ophelia, I am ill at these numbers. I have not art to reckon my groans. But that I love thee best, O most best, believe it. Adieu. Thine evermore, most dear lady, whilst this machine is to him, Hamlet.’ This in obedience hath my daughter showed me, And more above hath his solicitings, As they fell out by time, by means, and place, All given to mine ear.
112. Hear – these: emend. tardo; in Q2 hear – thus; in F hear, these. 113. Q2 aggiunge: etcetera. 818
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
figura retorica. Ma basta: non voglio metterci arte. Convenendo dunque che è pazzo, non rimane che trovare la causa di tale effetto – o diciamo meglio “la causa di tale difetto”, perché quest’effetto difettivo promana da una causa. Così rimane, e tale ne è il rimanente. Considerate. Ho una figlia – ce l’ho finché è mia – che per dovere ed obbedienza, tenete a mente, mi ha dato questa. Ora ascoltate e riflettete. Legge una lettera “All’idolo celestiale della mia anima, l’ultrabeatifica85 Ofelia” – una brutta frase, una frase meschina: “ultrabeatifica” è un detto meschino. Ma sentite: “queste nel suo eccellente bianco seno, queste”… GERTRUDE
È stata mandata da Amleto a lei? POLONIO
Buona signora, portate pazienza. Sarò fedele. “Dubita che le stelle sian fornaci, Dubita che il sole possa camminare, Dubita che le verità sian mentitrici, Ma del mio amor non dubitare. Oh cara Ofelia, me la cavo male con i versi, mi manca l’arte di scandire i sospiri. Ma ti amo tantissimo, oh tantissimo, credilo. Adieu. Il tuo per sempre, carissima signora, finché gli resta questo corpo disarticolato86 – Amleto”. Questa mia figlia me l’ha mostrata per obbedienza, e inoltre ha confidato alle mie orecchie le insistenze di lui, e come si sono ripetute, in quale tempo, e modo, e luogo.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
KING CLAUDIUS
But how hath she
Received his love? POLONIUS
What do you think of me?
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KING CLAUDIUS
As of a man faithful and honourable. POLONIUS
I would fain prove so. But what might you think, When I had seen this hot love on the wing, As I perceived it – I must tell you that– Before my daughter told me, what might you, Or my dear majesty your queen here, think, If I had played the desk or table-book, Or given my heart a winking mute and dumb, Or looked upon this love with idle sight – What might you think? No, I went round to work, And my young mistress thus I did bespeak: ‘Lord Hamlet is a prince out of thy star. This must not be’. And then I precepts gave her, That she should lock herself from his resort, Admit no messengers, receive no tokens; Which done, she took the fruits of my advice, And he, repulsèd – a short tale to make – Fell into a sadness, then into a fast, Thence to a watch, thence into a weakness, Thence to a lightness, and, by this declension, Into the madness wherein now he raves, And all we wail for. KING CLAUDIUS (to Gertrude) Do you think ’tis this? QUEEN GERTRUDE It may be; very likely.
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POLONIUS
Hath there been such a time – I’d fain know that That I have positively said ‘’Tis so’ When it proved otherwise? KING CLAUDIUS Not that I know.
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
CLAUDIO
Ma lei come ha risposto al suo amore? POLONIO
Che cosa pensate di me? CLAUDIO
Che siete un uomo fedele e d’onore. POLONIO
Vorrei proprio mostrarmi tale. Ma cosa avreste pensato, quando ho visto metter le ali a questo amore focoso, di cui mi accorsi, ve lo devo dire, prima che me ne parlasse mia figlia – cosa avreste voi, o la qui presente vostra regina, la mia cara Maestà, pensato, se avessi fatto da scrittoio o da quaderno, o strizzato l’occhio87 al mio cuore ammutolito, o fatto da spettatore indifferente di fronte a questo amore – cosa avreste pensato? No, io mi son messo all’opera, e così ho ammonito la mia madamigella: “Il nobile Amleto è un principe, e come tale è fuori della tua sfera. Così è e basta”; e poi le ho intimato che doveva star ben lontana dai luoghi che lui frequenta, non accogliere messaggeri, non accettare doni; al che lei colse i frutti dei miei consigli, mentre lui, respinto, a farla breve si abbatté molto, poi prese a digiunare, poi perse il sonno, poi sopravvenne la debolezza, poi il mancamento, e per questa china la pazzia per la quale ora lui farnetica, e noi tutti ci affliggiamo88. CLAUDIO (a Gertrude) Pensi che sia questo? GERTRUDE
Potrebbe essere; è molto probabile. POLONIO
C’è mai stata una volta, mi piacerebbe sapere, quando io o detto decisamente “È così”, e che sia stato altrimenti? CLAUDIO
Non che io sappia.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
POLONIUS (touching his head, then his shoulder)
Take this from this if this be otherwise. If circumstances lead me I will find Where truth is hid, though it were hid indeed Within the centre. KING CLAUDIUS How may we try it further?
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POLONIUS
You know sometimes he walks four hours together Here in the lobby. QUEEN GERTRUDE So he does indeed. POLONIUS
At such a time I’ll loose my daughter to him. (To Claudius) Be you and I behind an arras then. Mark the encounter. If he love her not, And be not from his reason fall’n thereon, Let me be no assistant for a state, But keep a farm and carters. KING CLAUDIUS We will try it.
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Enter Prince Hamlet, madly attired, reading on a book QUEEN GERTRUDE
But look where sadly the poor wretch comes reading. POLONIUS
Away, I do beseech you both, away. I’ll board him presently. O give me leave.
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Exeunt Claudius and Gertrude How does my good Lord Hamlet? HAMLET Well, God-’a’-mercy. POLONIUS Do you know me, my lord? HAMLET Excellent, excellent well. You’re a fishmonger. POLONIUS Not I, my lord. HAMLET Then I would you were so honest a man.
168. But: così in Q2; in F and. 822
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
POLONIO (toccandosi la testa, poi la spalla)
Staccatemi la testa dal collo89, se non è stato così. Se le circostanze mi guidano, troverò dove si nasconde la verità, pure se si nascondesse nel centro della terra. CLAUDIO
Quali altre prove possiamo avere? POLONIO
Sapete che a volte lui passeggia qui in corridoio90 per ore91 di seguito. GERTRUDE
È vero, così fa spesso. POLONIO
E una di queste volte gli metto alle calcagna mia figlia. (A Claudio) Noi mettiamoci dietro un arazzo92. Osservate l’incontro. Se lui non l’ama, e se non ha perso la testa per questo, che io non sia più ministro di uno stato, e vada a governare una fattoria e dei carrettieri. CLAUDIO
Facciamo questa prova. Entra il principe Amleto leggendo un libro, con un vestito stravagante GERTRUDE
Guardate, il poveretto se ne viene tristemente, leggendo. POLONIO
Via entrambi, vi prego. Lo abbordo subito. E lasciatemi fare. Escono Claudio e Gertrude Come sta il mio buon principe Amleto? AMLETO
Bene, ringraziando il cielo. POLONIO
Mi riconoscete, signore? AMLETO
In tutto e per tutto: siete un mezzano – di pesce93. POLONIO
Ma no, non io, mio signore. AMLETO
E allora vorrei che foste un uomo altrettanto onesto. 823
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
POLONIUS Honest, my lord? HAMLET Ay, sir. To be honest, as this world goes, is to
be one man picked out of ten thousand.
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POLONIUS That’s very true, my lord. HAMLET For if the sun breed maggots in a dead dog, being
a good kissing carrion – have you a daughter? POLONIUS I have, my lord. HAMLET Let her not walk i’th’ sun. Conception is a blessing, but not as your daughter may conceive. Friend, look to’t. POLONIUS (aside) How say you by that? Still harping on my daughter. Yet he knew me not at first – a said I was a fishmonger. A is far gone, far gone, and truly, in my youth I suffered much extremity for love, very near this. I’ll speak to him again. – What do you read, my lord? HAMLET Words, words, words. POLONIUS What is the matter, my lord? HAMLET Between who? POLONIUS I mean the matter you read, my lord. HAMLET Slanders, sir; for the satirical slave says here that old men have grey beards, that their faces are wrinkled, their eyes purging thick amber, or plum-tree gum, and that they have a plentiful lack of wit, together with most weak hams. All which, sir, though I most powerfully and potently believe, yet I hold it not honesty
180. Ten thousand: così in Q2; in F two thousand = “duemila”. 824
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
POLONIO
Onesto, mio signore? AMLETO
Sissignore. Da come va il mondo, essere onesto vuol dire essere prescelto tra diecimila. POLONIO
È molto vero, mio signore. AMLETO
Poiché se il sole genera vermi in un cane morto – una bella carogna94 degna di un bacio – avete una figlia? POLONIO
Ce l’ho, mio signore. AMLETO
Che non si esponga al sole95. Concepire è una benedizione, ma non come potrebbe concepire vostra figlia: attento amico, attento. POLONIO (a parte) Cosa ne dite? Sempre a battere lo stesso tasto, mia figlia. Prima però non mi ha riconosciuto – ha detto che ero un pescivendolo. È proprio andato, andato davvero; veramente nella mia giovinezza anch’io ho avuto le mie estreme sofferenze d’amore, molto simili a questa. Gli parlo ancora. – Cosa leggete, mio signore? AMLETO
Parole, parole, parole. POLONIO
Qual è la questione, mio signore? AMLETO
Fra chi? POLONIO
Voglio dire l’argomento di cui leggete. AMLETO
Maldicenze, signore; questo scribacchino96 satirico dice che i vecchi hanno barbe grigie e facce rugose, che gli occhi gli spurgano ambra spessa o colla di susino, e che hanno un’abbondante mancanza di spirito, assieme a una gran debolezza dei lombi. Tutte cose, signore, che io stesso credo fermamente e sicuramente, ma che non mi pare onesto mettersi a spiattellare così, perché voi stes-
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
to have it thus set down; for you yourself, sir, should be old as I am – if, like a crab, you could go backward. POLONIUS (aside) Though this be madness, yet there is method in’t. – Will you walk out of the air, my lord? HAMLET Into my grave. POLONIUS Indeed, that is out o’th’ air. (Aside) How pregnant sometimes his replies are! A happiness that often madness hits on, which reason and sanity could not so prosperously be delivered of. I will leave him, and suddenly contrive the means of meeting between him and my daughter. – My lord, I will take my leave of you. HAMLET You cannot, sir, take from me anything that I will more willingly part withal – except my life, my life, my life. POLONIUS (going) Fare you well, my lord. HAMLET These tedious old fools!
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[Enter Guildenstern and Rosencrantz] POLONIUS You go to seek the Lord Hamlet. There he is. ROSENCRANTZ God save you, sir. GUILDENSTERN [to Polonius] Mine honoured lord.
[Exit Polonius] ROSENCRANTZ (to Hamlet) My most dear lord.
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HAMLET My
ex’llent good friends. How dost thou, Guildenstern? Ah, Rosencrantz – good lads, how do ye both?
ROSENCRANTZ
As the indifferent children of the earth.
214. My Lord, I will take my leave: così in Q1 e Q2; in F My Honourable Lord, I will most humbly take my leave = “Onorevole signore, prendo umilmente congedo”. 217-218. Except my life, my life, my life: emend. Oxford; in F except my life, my life; Q2 ripete: except my life, except my life, except my life. 221. The Lord Hamlet: così in Q2; in F my Lord Hamlet = “il mio signor Amleto”, “monsignor Amleto”. 826
AMLETO, ATTO II SCENA 2
so, signore, dovreste invecchiare come me – se, come il granchio, poteste andare all’indietro. POLONIO (a parte) Sarà pure pazzia, ma c’è del metodo in essa. – Volete ripararvi dall’aria, mio signore? AMLETO
Nella fossa. POLONIO
Beh, quella sì che è riparata. (A parte) Come sono acute a volte le sue risposte! Sono espressioni felici con cui la pazzia spesso s’incrocia; ragione e sanità non riescono a produrne di così rigogliose. – Ora lo lascio, e procuro immediatamente di farlo incontrare con mia figlia. – Mio signore, prendo congedo da voi. AMLETO
Non potreste, signore, prendermi nulla da cui io più volentieri mi separerei – eccetto la mia vita, la mia vita, la mia vita… POLONIO (si allontana) State bene, mio signore. AMLETO
Questi noiosi vecchi idioti! [Entrano Guildenstern e Rosencrantz] POLONIO
Cercate il principe Amleto? Eccolo là. ROSENCRANTZ
Dio sia con voi, signore. GUILDENSTERN [a Polonio]
Mio onorato signore. [Esce Polonio] ROSENCRANTZ (a Amleto)
Mio carissimo signore. AMLETO
Miei buoni, eccellenti amici. Guildenstern, come stai? Ah, Rosencrantz – ragazzi miei, come state tutti e due? ROSENCRANTZ
Come stanno i normali figli della terra.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
GUILDENSTERN
Happy in that we are not over-happy, On Fortune’s cap we are not the very button. HAMLET Nor the soles of her shoe? ROSENCRANTZ Neither, my lord. HAMLET Then you live about her waist, or in the middle of her favour? GUILDENSTERN Faith, her privates we. HAMLET In the secret parts of Fortune? O, most true, she is a strumpet. What’s the news? ROSENCRANTZ None, my lord, but that the world’s grown honest. HAMLET Then is doomsday near. But your news is not true. Let me question more in particular. What have you, my good friends, deserved at the hands of Fortune that she sends you to prison hither? GUILDENSTERN Prison, my lord? HAMLET Denmark’s a prison. ROSENCRANTZ Then is the world one. HAMLET A goodly one, in which there are many confines, wards, and dungeons, Denmark being one o’th’ worst. ROSENCRANTZ We think not so, my lord. HAMLET Why, then ’tis none to you, for there is nothing either good or bad but thinking makes it so. To me it is a prison.
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242. Dopo true, Q2 omette trenta righe e riprende da what make you at Elsinore? (in F alla riga 272). Non riportiamo qui le molte modifiche che F introduce in questo dialogo rispetto a Q2, con l’evidente scopo di drammatizzarlo. 828
AMLETO, ATTO II SCENA 2
GUILDENSTERN
Felici di non essere troppo felici. Non siamo proprio il distintivo sul cappello della fortuna. AMLETO
Ma neanche le suole delle sue scarpe? ROSENCRANTZ
No, neanche quelle, mio signore. AMLETO
Allora le arrivate alla vita, o a metà dei suoi favori? GUILDENSTERN
Ne siamo intimi, davvero. AMLETO
Delle parti intime della fortuna? Ah, è vero che è una baldracca! Quali novità? ROSENCRANTZ
Nessuna, mio signore, se non che il mondo è diventato onesto. AMLETO
Allora si avvicina il giorno del Giudizio. Ma le vostre novità non sono veritiere. Rispondete a una domanda più particolare. Voi, miei cari amici, cosa avete meritato dalle mani della fortuna per essere mandati qui, in prigione? GUILDENSTERN
Prigione, mio signore? AMLETO
La Danimarca è una prigione. ROSENCRANTZ
Allora anche il mondo lo è. AMLETO
Sì, una prigione in piena regola, con molte celle, segrete e sentine, e la Danimarca è una delle peggiori. ROSENCRANTZ
Noi non la pensiamo così, mio signore. AMLETO
Allora non lo è per voi, perché non c’è cosa buona o cattiva che non sia il pensiero a farla tale. Per me è una prigione.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
ROSENCRANTZ Why, then your ambition makes it one; ’tis
too narrow for your mind. HAMLET O God, I could be bounded in a nutshell and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad dreams. GUILDENSTERN Which dreams indeed are ambition; for the very substance of the ambitious is merely the shadow of a dream. HAMLET A dream itself is but a shadow. ROSENCRANTZ Truly, and I hold ambition of so airy and light a quality that it is but a shadow’s shadow. HAMLET Then are our beggars bodies, and our monarchs and outstretched heroes the beggars’ shadows. Shall we to th’ court? For, by my fay, I cannot reason. ROSENCRANTZ and GUILDENSTERN We’ll wait upon you. HAMLET No such matter. I will not sort you with the rest of my servants, for, to speak to you like an honest man, I am most dreadfully attended. But in the beaten way of friendship, what make you at Elsinore? ROSENCRANTZ To visit you, my lord, no other occasion. HAMLET Beggar that I am, I am even poor in thanks, but I thank you; and sure, dear friends, my thanks are too dear a halfpenny. Were you not sent for? Is it your own inclining? Is it a free visitation? Come, deal justly with me. Come, come. Nay, speak. GUILDENSTERN What should we say, my lord? HAMLET Why, anything – but to th’ purpose. You were sent for, and there is a kind of confession in your looks
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
ROSENCRANTZ
Allora è la vostra ambizione a vederla così; è troppo limitata per il vostro spirito. AMLETO
Oh Dio, potrei rinchiudermi in un guscio di noce e ritenermi un re dello spazio infinito, se non fosse che faccio brutti sogni. GUILDENSTERN
I quali sogni sono appunto ambizione, perché la sostanza stessa dell’ambizione è la mera ombra di un sogno. AMLETO
Il sogno stesso non è che un’ombra. ROSENCRANTZ
Davvero, e per me l’ambizione ha una qualità così aerea e leggera che non è che la mera ombra di un’ombra. AMLETO
Allora sono corpi i nostri mendicanti, e ombre di mendicanti i nostri monarchi ed eroi stiracchiati. – Andiamo a corte? In fede mia, non riesco a ragionare. ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN Al vostro servizio. AMLETO
Neanche per idea. Non annovero col resto dei miei servitori, perché, parlando onestamente, è una compagnia orribile. Ma ancora in tema di amicizia, cosa ci fate a Elsinore? ROSENCRANTZ
Siamo venuti a trovarvi, mio signore; nessun’altra ragione. AMLETO
Deficiente che non sono altro, difetto persino di ringraziamenti. Ma vi ringrazio: anche se, cari amici, i miei ringraziamenti non valgono un soldo. Non siete stati chiamati? Siete qui per vostra volontà? La vostra è una visita spontanea? Orsù, siate leali con me. Avanti, parlate. GUILDENSTERN
Cosa dovremmo dire, mio signore? AMLETO
Insomma, qualsiasi cosa che svii il discorso97. Siete stati chiamati: nel vostro sguardo c’è una sorta di confessione che la decenza non 831
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
which your modesties have not craft enough to colour. I know the good King and Queen have sent for you. ROSENCRANTZ To what end, my lord? HAMLET That you must teach me. But let me conjure you by the rights of our fellowship, by the consonancy of our youth, by the obligation of our ever-preserved love, and by what more dear a better proposer could charge you withal, be even and direct with me whether you were sent for or no. ROSENCRANTZ (to Guildenstern) What say you? HAMLET Nay then, I have an eye of you – if you love me, hold not off. GUILDENSTERN My lord, we were sent for. HAMLET I will tell you why. So shall my anticipation prevent your discovery, and your secrecy to the King and Queen moult no feather. I have of late – but wherefore I know not – lost all my mirth, forgone all custom of exercise; and indeed it goes so heavily with my disposition that this goodly frame, the earth, seems to me a sterile promontory. This most excellent canopy the air, look you, this brave o’erhanging, this majestical roof fretted with golden fire – why, it appears no other thing to me than a foul and pestilent congregation of vapours. What a piece of work is a man! How noble in reason, how infinite in faculty, in form and moving how express and admirable, in action how like an angel, in apprehension how like a god – the beauty of the world, the paragon of animals! And yet to me what is this quintessence of dust? Man delights not me – no, nor woman neither, though by your smiling you seem to say so. ROSENCRANTZ My lord, there was no such stuff in my thoughts.
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298. So heavily: così in Q2; in F so heavenly = “così divinamente” (sarcasmo poco probabile nel contesto). 832
AMLETO, ATTO II SCENA 2
è capace di mascherare del tutto. So che il buon re e la regina vi hanno mandati a chiamare. ROSENCRANTZ
Ma a quale scopo, mio signore? AMLETO
Questo me lo dovete dire voi. Ma vi scongiuro, in nome della nostra amicizia, per l’accordo che c’era fra noi ragazzi, per gli obblighi di un affetto mai venuto meno, e per tutto ciò a cui potrebbe esortarvi un miglior consigliere, con me siate franchi e diretti: vi hanno o no mandati a chiamare? ROSENCRANTZ (a Guildenstern) Che ne dici? AMLETO
Attenti, vi tengo d’occhio. – Se mi volete bene, non siate vaghi. GUILDENSTERN
Mio signore, siamo stati chiamati. AMLETO
Il perché ve lo dico io, così vi anticipo ciò che dovreste rivelare, e l’impegno di segretezza che avete con il re e la regina non perde una piuma. Da qualche tempo – ma non so il perché – ho perduto tutto il mio buon umore, trascurato ogni esercizio fisico, e sono così giù di corda che questa bella struttura, la terra, mi appare come uno sterile promontorio. E questo straordinario baldacchino, l’aria – notate – questo imponente padiglione, questo soffitto maestoso trapunto di fuochi d’oro98 – ecco, tutto questo a me non appare altro che una sporca, pestilenziale accozzaglia di vapori. Che capolavoro è l’uomo! Quanto nobile nel ragionare, quanto infinite le sue facoltà, quanto adeguato e ammirevole nella forma e nei movimenti, simile a un angelo nell’azione, e nell’intelletto simile a un dio – lui, l’eccellenza del mondo, il paragone degli esseri animati! E tuttavia, che cos’è per me questa quintessenza di polvere99? L’uomo non mi piace – no, e nemmeno la donna, anche se sorridendo sembrate dire di sì. ROSENCRANTZ
Mio signore, non c’era niente di simile nei miei pensieri.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
HAMLET Why did you laugh, then, when I said ‘Man
delights not me’? ROSENCRANTZ To think, my lord, if you delight not in man what lenten entertainment the players shall receive from you. We coted them on the way, and hither are they coming to offer you service. HAMLET He that plays the King shall be welcome; his majesty shall have tribute of me. The adventurous Knight shall use his foil and target, the Lover shall not sigh gratis, the Humorous Man shall end his part in peace, the Clown shall make those laugh whose lungs are tickled o’th’ sear, and the Lady shall say her mind freely, or the blank verse shall halt for’t. What players are they? ROSENCRANTZ Even those you were wont to take delight in, the tragedians of the city. HAMLET How chances it they travel? Their residence both in reputation and profit was better both ways. ROSENCRANTZ I think their inhibition comes by the means of the late innovation. HAMLET Do they hold the same estimation they did when I was in the city? Are they so followed? ROSENCRANTZ No, indeed, they are not. HAMLET How comes it? Do they grow rusty? ROSENCRANTZ Nay, their endeavour keeps in the wonted pace. But there is, sir, an eyrie of children, little eyases, that cry out on the top of question and are most tyrannically clapped for’t. These are now the fashion, and so berattle the common stages – so they call them – that many wearing rapiers are afraid of goose-quills, and dare scarce come thither.
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314. Then, when: così in Q1 e Q2; in F when. 337. Da questo punto Q2 omette venticinque righe, sulla rivalità fra le compagnie teatrali professioniste, fra cui quella di Shakespeare – gli “uomini del Lord Ciambellano”, dal 1603 “uomini del Re” – e le nuove compagnie di ragazzi, attive in teatri privati. 834
AMLETO, ATTO II SCENA 2
AMLETO
E allora perché ti sei messo a ridere quando ho detto che “l’uomo non mi piace?”. ROSENCRANTZ
Perché pensavo, se l’uomo non vi piace, chissà allora l’accoglienza quaresimale che riceveranno gli attori. Li abbiamo sorpassati per strada, stanno arrivando per offrirvi i loro servigi. AMLETO
Quello che fa la parte del Re è benvenuto: sua maestà riceverà il mio tributo100. Il Cavaliere di ventura potrà usare spada e scudo, l’Innamorato non sospirerà invano, l’Eccentrico terminerà la sua parte in pace, il Buffone farà ridere di scatto101 chi soffre il solletico ai polmoni, e la Primadonna sarà libera di dire quel che pensa, affinché il verso sciolto non s’inceppi. Che attori sono? ROSENCRANTZ
Proprio quelli che vi dilettavano tanto, i tragici della città. AMLETO
Come mai vanno in giro? Una residenza stabile gli sarebbe più conveniente, per la reputazione come per il guadagno. ROSENCRANTZ
Penso che li spingano le limitazioni di recente istituite102. AMLETO
Sono ancora popolari come quando io ero in città? Hanno ancora un seguito? ROSENCRANTZ
No davvero, non ce l’hanno. AMLETO
E come mai? Si sono arrugginiti? ROSENCRANTZ
No, la passione è sempre quella. Ma ora c’è, signore, una nidiata di bambini, di falchetti che urlano a squarciagola e vengono applauditi con tirannica foga. Ora sono loro la moda, e disprezzano talmente i teatri comuni103 – li chiamano così – che molti che portano la spada hanno paura delle penne d’oca104, e non si fanno più vedere.
835
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
HAMLET What, are they children? Who maintains ’em?
How are they escoted? Will they pursue the quality no longer than they can sing? Will they not say afterwards, if they should grow themselves to common players – as it is like most will, if their means are not better – their writers do them wrong to make them exclaim against their own succession? ROSENCRANTZ Faith, there has been much to-do on both sides, and the nation holds it no sin to tarre them to controversy. There was for a while no money bid for argument unless the poet and the player went to cuffs in the question. HAMLET Is’t possible? GUILDENSTERN O, there has been much throwing about of brains. HAMLET Do the boys carry it away? ROSENCRANTZ Ay, that they do, my lord, Hercules and his load too. HAMLET It is not strange; for mine uncle is King of Denmark, and those that would make mows at him while my father lived give twenty, forty, an hundred ducats apiece for his picture in little. ’Sblood, there is something in this more than natural, if philosophy could find it out.
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357
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A flourish for the Players GUILDENSTERN There are the players.
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HAMLET Gentlemen, you are welcome to Elsinore. Your
hands, come. Th’appurtenance of welcome is fashion and ceremony. Let me comply with you in the garb, lest my extent to the players – which, I tell you, must show fairly outward – should more appear like entertainment than yours.
376
349. Like most will: emend. tardo; in F like most. 366. ’Sblood: così in Q2; non in F. Le imprecazioni vennero escluse dopo la legge del 1606 (v. I, 2, 150). 836
AMLETO, ATTO II SCENA 2
AMLETO
E che, sono ragazzini? Chi li mantiene? Chi li sovvenziona? E come continueranno la professione quando non sapranno più cantare105? Non diranno poi, se dovessero diventare attori comuni loro stessi – com’è probabile che la maggior parte lo diventi se non ha altri mezzi – non imputeranno ai loro autori la scorrettezza di averli fatti strepitare contro il loro stesso domani? ROSENCRANTZ
Veramente c’è stato un gran battibecco da una parte e dall’altra, e la gente non si fa scrupolo di aizzarli ad azzuffarsi. Per un po’ di tempo non valeva nulla una trama che non presentasse l’autore e l’attore intenti a darsele di santa ragione106. AMLETO
Davvero? GUILDENSTERN
Oh, c’è stata una grande battaglia di cervelli. AMLETO
E l’hanno vinta i ragazzi? ROSENCRANTZ
Sì mio signore, su tutti compreso Ercole e il suo carico107. AMLETO
Non è strano: dopotutto mio zio è re di Danimarca, e quelli che gli facevano le boccacce quando era vivo mio padre ora spendono venti, quaranta, cento ducati per un suo ritratto in miniatura. Perdio, c’è qualcosa che va oltre natura in questo, se solo la filosofia riuscisse a scoprirlo. Squilli di trombe annunciano gli attori GUILDENSTERN
Arrivano gli attori. AMLETO
Signori, siete i benvenuti a Elsinore. Datemi la mano, avanti! A un benvenuto si addicono eleganza e galateo108. Voglio usare con voi le stesse attenzioni, affinché la mia accoglienza agli attori – che, vi annuncio, dovrà essere grandiosa – non appaia migliore di quella che riservo a voi.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
[He shakes hands with them] You are welcome. But my uncle-father and aunt-mother are deceived. GUILDENSTERN In what, my dear lord? HAMLET I am but mad north-north-west; when the wind is southerly, I know a hawk from a handsaw.
381
Enter Polonius POLONIUS Well be with you, gentlemen. HAMLET (aside) Hark you, Guildenstern, and you too – at
each ear a hearer – that great baby you see there is not yet out of his swathing-clouts. ROSENCRANTZ (aside) Haply he’s the second time come to them, for they say an old man is twice a child. HAMLET (aside) I will prophesy he comes to tell me of the players. Mark it. – You say right, sir, for o’ Monday morning, ’twas so indeed. POLONIUS My lord, I have news to tell you. HAMLET My lord, I have news to tell you. When Roscius was an actor in Rome – POLONIUS The actors are come hither, my lord. HAMLET Buzz, buzz. POLONIUS Upon mine honour – HAMLET Then came each actor on his ass. POLONIUS The best actors in the world, either for tragedy, comedy, history, pastoral, pastorical-comical, historicalpastoral, tragical-historical, tragical-comical-historicalpastoral, scene individable or poem unlimited. Seneca
385. Haply: così in Q2; in F Happily = “felicemente”. 392. Was: così in Q1 e Q2; non in F. 838
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
[Dà loro la mano] Siete i benvenuti, ma mio zio-padre e mia zia-madre si ingannano. GUILDENSTERN
A quale riguardo, caro signore? AMLETO
Io sono matto solo da nord-nord-ovest. Quanto il vento spira a sud, distinguo un falco dalla sua preda109. Entra Polonio POLONIO
Ben trovati, signori. AMLETO (a parte)
Attento Guildenstern, e anche tu – un ascoltatore per orecchio110 – quel bamboccione che vedete lì non si è ancora liberato dalle fasce. ROSENCRANTZ (a parte) Magari c’è tornato dentro una seconda volta: dicono che un vecchio è due volte un bambino. AMLETO (a parte) Faccio una profezia: viene a dirmi degli attori. Attenti. – Dite bene, signore; era proprio lunedì mattina111. POLONIO
Mio signore, ho notizie da darvi. AMLETO
Mio signore, io ho notizie da darvi, quando Roscio112 recitava a Roma… POLONIO
Sono arrivati gli attori, mio signore. AMLETO
Perepepé, perepepé! POLONIO
Sul mio onore… AMLETO
… E sul suo asino arrivò ogni attore113. POLONIO
I migliori attori al mondo, per tragedie, commedie, storie, pastorali, pastoral-comiche, storico-pastorali, tragico-storiche, tragicocomico-storico-pastorali, a scena unica o poema illimitato114. Sene839
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
cannot be too heavy, nor Plautus too light. For the law of writ and the liberty, these are the only men. HAMLET O Jephthah, judge of Israel, what a treasure hadst thou! POLONIUS What a treasure had he, my lord? HAMLET Why, ‘One fair daughter and no more, The which he loved passing well’. POLONIUS (aside) Still on my daughter. HAMLET Am I not i’th’ right, old Jephthah? POLONIUS If you call me Jephthah, my lord, I have a daughter that I love passing well. HAMLET Nay, that follows not. POLONIUS What follows then, my lord? HAMLET Why ‘As by lot God wot’, and then you know ‘It came to pass As most like it was’ – the first row of the pious chanson will show you more, for look where my abridgements come.
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Enter four or five Players You’re welcome, masters, welcome all. – I am glad to see thee well. – Welcome, good friends. – O, my old friend! Thy face is valanced since I saw thee last. Com’st thou to beard me in Denmark? – What, my young lady and mistress. By’r Lady, your ladyship is nearer heaven than when I saw you last by the altitude of a chopine. Pray God your voice, like a piece of
400. Individable: emend. Oxford; in Q2 indevidible; in F indivible. 421. Pious chanson: così in Q2; in Q1 godly ballet = “divino balletto”; in F pons (?) chanson. 840
AMLETO, ATTO II SCENA 2
ca non può essere troppo grave né Plauto troppo leggero per loro. Sono unici, sia nel dramma regolare sia in quello libero. AMLETO
Oh Iefte115, giudice di Israele, che tesoro avevi! POLONIO
Quale tesoro aveva mai, mio signore? AMLETO
“Un’unica figlia, oh figlia mia, Che lui amava alla follia”116 … POLONIO (a parte) Ancora su mia figlia ... AMLETO
Non ho forse ragione, vecchio Iefte? POLONIO
Se devo rispondere al nome Iefte, mio signore, io ho una figlia che amo molto. AMLETO
No, è un non sequitur. POLONIO
E come consegue allora? AMLETO
Ecco: “Come per caso, Da Dio previsto” … E poi, voi sapete, “Così è avvenuto Come per decreto”… Ma vi spiegherà di più la prima stanza della pia chanson: intanto ecco che arriva chi mi impone di accorciare. Entrano quattro o cinque attori117 Siete i benvenuti, maestri, benvenuti tutti – sono felice di trovarti bene. – Benvenuti, cari amici. – oh, il mio vecchio amico! Dall’ultima volta che ti ho visto, la tua faccia si è ornata! Vieni a stanarmi in Danimarca, eh? – Oh, la mia giovane signora e padrona118. Madonna buona, da quando l’ho vista sua signoria è più vicina al cielo di un buon tacco. Pregate il cielo che la vostra voce non si sia 841
HAMLET, ACT 2 SCENE 2
uncurrent gold, be not cracked within the ring. – Masters, you are all welcome. We’ll e’en to’t like French falc’ners, fly at anything we see. We’ll have a speech straight. Come, give us a taste of your quality. Come, a passionate speech. FIRST PLAYER What speech, my good lord? HAMLET I heard thee speak me a speech once, but it was never acted, or, if it was, not above once; for the play, I remember, pleased not the million. ’Twas caviare to the general. But it was – as I received it, and others whose judgements in such matters cried in the top of mine – an excellent play, well digested in the scenes, set down with as much modesty as cunning. I remember one said there was no sallets in the lines to make the matter savoury, nor no matter in the phrase that might indict the author of affectation, but called it an honest method, as wholesome as sweet, and by very much more handsome than fine. One speech in it I chiefly loved, ’twas Aeneas’ tale to Dido, and thereabout of it especially where he speaks of Priam’s slaughter. If it live in your memory, begin at this fine – let me see, let me see: ‘The rugged Pyrrhus, like th’Hyrcanian beast’ – ’tis not so. It begins with Pyrrhus – ‘The rugged Pyrrhus, he whose sable arms, Black as his purpose, did the night resemble When he lay couchèd in the ominous horse, Hath now this dread and black complexion smeared With heraldry more dismal. Head to foot Now is he total gules, horridly tricked With blood of fathers, mothers, daughters, sons,
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425. Valanced: emend. Oxford; in Q1 vallanced, in Q2 valanct, in F valiant (illogico). 440. Judgements: così in Q1 e Q2; in F judgement. 446-447. As wholesome as sweet … fine: così in Q2, assente in F. 448. One speech: così in Q2; in F one chief speech = “un pezzo forte”. 460. Total : così in Q1 e Q2; in F to take (illogico). 842
AMLETO, ATTO II SCENA 2
rovinata al centro, come una moneta fuori corso. Signori, siete tutti benvenuti. Mettiamoci subito al lavoro, come i falconieri francesi119; per bersaglio, qualsiasi cosa ci arrivi a tiro. Cominciamo con un bel discorso. Avanti, un saggio delle vostre qualità. Un discorso appassionato! PRIMO ATTORE
Quale discorso, mio buon signore? AMLETO
Te ne ho sentito declamare uno, una volta, che però non venne recitato, o se lo fu non per più di una volta. Quanto al dramma, ricordo, quelli cui piacque non erano proprio milioni. Caviale per la massa. Ma era – come l’ho giudicato io, e altri il cui giudizio in materia suonava più autorevole del mio – un dramma eccellente, dalle scene ben equilibrate, e scritto con moderazione pari all’abilità. Ricordo che per qualcuno i versi non erano abbastanza speziati per dare sapore al piatto, né lo stile tanto complicato da addebitare all’autore troppa affettazione, ma che il metodo gli pareva onesto, tanto sano quanto garbato, e assai più bello che sottile120. Mi colpì in particolare uno dei discorsi, la narrazione che Enea tenne a Didone, specialmente dove tocca l’assassinio di Priamo121. Se l’hai ancora vivo nella memoria comincia da quel verso – vediamo, vediamo: “L’irsuto Pirro, come belva ircana122” – no, non era così, ma comincia con Pirro: – “L’irsuto Pirro dalle armi oscure, Nere come il suo intento e alla notte somiglianti Quand’egli stava rannicchiato nel fatal cavallo, Ora ha imbrattato la sua torva, funesta figura Con più terribile araldica. Tutto rosso è Ora da capo a piedi, orrendamente ornato Del sangue di padri, madri, figlie, figli,
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
Baked and impasted with the parching streets, That lend a tyrranous and damnèd light To their vile murders. Roasted in wrath and fire, And thus o’er-sizèd with coagulate gore, With eyes like carbuncles the hellish Pyrrhus Old grandsire Priam seeks.’ So, proceed you. POLONIUS Fore God, my lord, well spoken, with good accent and good discretion. FIRST PLAYER ‘Anon he finds him, Striking too short at Greeks. His antique sword, Rebellious to his arm, lies where it falls, Repugnant to command. Unequal match, Pyrrhus at Priam drives, in rage strikes wide; But with the whiff and wind of his fell sword Th’unnervèd father falls. Then senseless Ilium, Seeming to feel his blow, with flaming top Stoops to his base, and with a hideous crash Takes prisoner Pyrrhus’ ear. For lo, his sword, Which was declining on the milky head Of reverend Priam, seemed i’th’ air to stick. So, as a painted tyrant, Pyrrhus stood, And, like a neutral to his will and matter, Did nothing. But as we often see against some storm A silence in the heavens, the rack stand still, The bold winds speechless, and the orb below As hush as death, anon the dreadful thunder Doth rend the region: so, after Pyrrhus’ pause, A rousèd vengeance sets him new a-work; And never did the Cyclops’ hammers fall On Mars his armour, forged for proof eterne, With less remorse than Pyrrhus’ bleeding sword
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468. So proceed you: in Q2, assente in F; in Q1 so go on, con lo stesso significato. 476. Then senseless Ilium: così in F, non in Q2. 844
AMLETO, ATTO II SCENA 2
Cotto e incrostato dalla vampa di strade ardenti, Che luce tirannica e dannata riverberano Su quella vile strage123. Bruciato dalla collera e dal fuoco E ricoperto di sangue coagulato, Con occhi come carbonchi l’infernale Pirro Cerca il venerando Priamo”. Continua tu. POLONIO
Di fronte a Dio, mio signore, ben recitato, con buon accento e discrezione. PRIMO ATTORE
“Presto lo trova mentre ai greci Mena colpi troppo corti. Ribelle al braccio, L’antica spada dove s’abbatte resta, Il comando rifiutando. Su Priamo Pirro si avventa In duello diseguale, e mena un fendente a vuoto, Ma al sibilo ventoso dell’infame spada Cade lo sfiancato padre124. Allora, Ilio l’insensibile Quel colpo sembra risentire: la sommità in fiamme Si piega alla sua base, e con spaventoso fragore Cattura l’orecchio di Pirro. Ed ecco: la sua spada, In procinto di discendere sul latteo capo Di Priamo venerando, resta sospesa in aria. Così ristette Pirro come un tiranno dipinto, E come estraneo alla sua volontà e intento, Nulla faceva. Ma come spesso notiamo prima della tempesta Silenziosi i cieli, immobili le nuvole, senza Parole i venti esuberanti, l’orbe muto come la morte, Poi l’improvviso orrendo tuono lacerare l’aria – Così, dopo la pausa, con ridestato desiderio Di vendetta Pirro torna al lavoro. Mai i martelli Dei ciclopi percossero l’armatura di Marte, Da forgiare a prova eterna, con minor rimorso Di come la spada sanguinante di Pirro
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
Now falls on Priam. Out, out, thou strumpet Fortune! All you gods, In general synod, take away her power, Break all the spokes and fellies from her wheel, And bowl the round nave down the hill of heaven, As low as to the fiends!’ POLONIUS This is too long. HAMLET It shall to the barber’s, with your beard. (To First Player) Prithee, say on. He’s for a jig or a tale of bawdry, or he sleeps. Say on, come to Hecuba.
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FIRST PLAYER
‘But who, O who had seen the mobbled queen’ –
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HAMLET ‘The mobbled queen’? POLONIUS That’s good; ‘mobbled queen’ is good. FIRST PLAYER
‘Run barefoot up and down, threat’ning the flames With bisson rheum; a clout upon that head Where late the diadem stood, and for a robe, About her tank and all o’er-teemèd loins, A blanket in th’alarm of fear caught up – Who this had seen, with tongue in venom steeped, ’Gainst Fortune’s state would treason have pronounced. But if the gods themselves did see her then, When she saw Pyrrhus make malicious sport In mincing with his sword her husband’s limbs, The instant burst of clamour that she made – Unless things mortal move them not at all – Would have made milch the burning eyes of heaven, And passion in the gods.’ POLONIUS Look whe’er he has not turned his colour, and has tears in ‘s eyes. (To First Player) Prithee, no more.
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504. Mobbled: così in Q1 e Q2; in F inobled = “nobilitata” o “offesa”. 521. Whe’er: in Q1 if, in Q2 where, in F whether. 522. Prithee: così in Q2; in F pray you. 846
AMLETO, ATTO II SCENA 2
Cade ora su Priamo. Via, porca di una fortuna! E tutti voi, dèi riuniti in sinodo generale, Levatele il potere, rompete i raggi e i cerchi Delle sue ruote, e che il tondo mozzo rotoli Lungo il monte del cielo e fin giù, fra i diavoli!” POLONIO
Questo è troppo lungo. AMLETO
Andrà dal barbiere, con la vostra barba. (Al primo attore). Prosegui, ti prego. Lui è per i saltarelli e le storielle sconce, altrimenti se la dorme. Va avanti, veniamo a Ecuba. PRIMO ATTORE
“Ma chi, oh chi avesse visto velarsi125 la regina” – AMLETO
Velarsi la regina? POLONIO
Giusto, “velarsi la regina” è giusto. PRIMO ATTORE
“E correre scalza di qua, di là, le fiamme Minacciando con lacrime accecanti, Un cencio sul capo al posto del diadema, E per tutto manto, attorno agli scarni lombi Avvizziti dai molti parti, una coperta Afferrata nell’ansia dello spavento – Chi questo avesse visto, con lingua intinta nel veleno, Contro l’azione della fortuna avrebbe esclamato Al tradimento! E l’avessero vista gli stessi dèi Osservare l’irridente insulto da Pirro rivolto Alle membra del marito smembrate con la spada, Lo scoppio di grida che subito produsse – Avrebbe inumidito – se pur li muovon cose mortali – Gli occhi ardenti del cielo, e angustiato i numi”. POLONIO
Guardate se non ha cambiato colore, e ha le lacrime agli occhi! (Al primo attore) Ti prego, fermati qui.
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
HAMLET (to First Player) ’Tis well. I’ll have thee speak out
the rest soon. (To Polonius) Good my lord, will you see the players well bestowed? Do ye hear? – let them be well used, for they are the abstracts and brief chronicles of the time. After your death you were better have a bad epitaph than their ill report while you live. POLONIUS My lord, I will use them according to their desert. HAMLET God’s bodykins, man, much better. Use every man after his desert, and who should scape whipping? Use them after your own honour and dignity – the less they deserve, the more merit is in your bounty. Take them in. POLONIUS (to Players) Come, sirs. Exit HAMLET (to Players) Follow him, friends. We’ll hear a play tomorrow. Dost thou hear me, old friend? Can you play the murder of Gonzago? [PLAYERS] Ay, my lord. HAMLET We’ll ha’t tomorrow night. You could for a need study a speech of some dozen or sixteen lines which I would set down and insert in’t, could ye not? [PLAYERS] Ay, my lord. HAMLET Very well. Follow that lord, and look you mock him not. [Exeunt Players] My good friends, I’ll leave you till night. You are welcome to Elsinore. ROSENCRANTZ Good my lord.
528. Live: così in Q1 e Q2; in F lived. 531. Much: così in Q2; in Q1 far; non in F. 848
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AMLETO, ATTO II SCENA 2
AMLETO (al primo attore)
Va bene. Presto reciterai il resto. (A Polonio) Buon signore, volete curarvi che gli attori siano bene accolti? Mi sentite? – Che siano bene accolti, perché rappresentano in sintesi la cronaca dei tempi. Sarebbe meglio per voi avere un epitaffio maligno da morto che una loro esposizione maligna da vivo. POLONIO
Mio signore, li tratterò secondo il loro merito. AMLETO
Cristo santo, uomo, molto meglio! Trattate ognuno secondo il suo merito, e chi eviterà le frustate? Invece, trattateli secondo il vostro onore e la vostra dignità – quanto meno meritano loro, tanto più meritoria sarà la vostra generosità. Che entrino. POLONIO (agli attori) Entrate, signori. Esce AMLETO (agli attori)
Seguitelo, amici. Domani recitate. Ascolta, vecchio amico: sapete fare L’assassinio di Gonzago? [ATTORI]
Sì, mio signore. AMLETO
Domani sera lo facciamo. Potresti all’occorrenza imparare un discorso di dodici o sedici versi che io butterei giù, da inserire nel testo? [ATTORI]
Sì, mio signore. AMLETO
Molto bene. Seguite quel nobile, e attenti a non prenderlo in giro. [Escono gli attori] Cari amici, vi lascio fino a sera. Siete benvenuti a Elsinore. ROSENCRANTZ
Mio signore…
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
HAMLET
Exeunt all but Hamlet Now I am alone. O, what a rogue and peasant slave am I! Is it not monstrous that this player here, But in a fiction, in a dream of passion, Could force his soul so to his whole conceit That from her working all his visage wanned, Tears in his eyes, distraction in ‘s aspect, A broken voice, and his whole function suiting With forms to his conceit? And all for nothing. For Hecuba! What’s Hecuba to him, or he to Hecuba, That he should weep for her? What would he do Had he the motive and the cue for passion That I have? He would drown the stage with tears, And cleave the general ear with horrid speech, Make mad the guilty and appal the free, Confound the ignorant, and amaze indeed The very faculty of eyes and ears. Yet I, A dull and muddy-mettled rascal, peak Like John-a-dreams, unpregnant of my cause, And can say nothing – no, not for a king Upon whose property and most dear life A damned defeat was made. Am I a coward? Who calls me villain, breaks my pate across, Plucks off my beard and blows it in my face, Tweaks me by th’ nose, gives me the lie i’th’ throat As deep as to the lungs? Who does me this? Ha? ’Swounds, I should take it; for it cannot be But I am pigeon-livered and lack gall To make oppression bitter, or ere this Ay, so. God b’wi’ ye.
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556. Wanned: così in Q2; in F warm’d= “accalorato”. 578. ’Swounds: così in Q2, un’imprecazione; in F why = “ebbene” (v. I, 2, 150). 850
AMLETO, ATTO II SCENA 2
AMLETO
Sì, va bene. Dio sia con voi. Escono tutti tranne Amleto Ora sono solo. Oh, che miserabile mascalzone sono io! Non è mostruoso che questo attore qui, recitando nient’altro che una parte, un sogno di passione, abbia potuto sollevare la sua anima fino al senso pieno del racconto, tanto che per l’effetto il suo volto è tutto impallidito, lacrime agli occhi, aspetto sgomento, voce rotta, lo stile di recitazione del tutto adatto al significato? E tutto per niente. Per Ecuba! Cos’è Ecuba per lui, o lui per Ecuba, da farlo piangere per lei?126 Che farebbe, se avesse il motivo e il titolo alla passione che ho io? Inonderebbe la scena di lacrime, romperebbe i timpani del pubblico con discorsi orrendi, renderebbe folle il colpevole e sgomento l’innocente, confuso l’ignorante, inservibili le facoltà degli occhi e delle orecchie. Io invece, ottuso perdigiorno snervato127, me ne sto avvilito come il principe dei sognatori, inefficace alla mia causa, e non dico nulla – no, nemmeno per un re cui sono state sottratte – ah maledizione! – le sostanze e un generosissima vita. Sono un codardo? Allora, chi mi chiama furfante, chi mi spacca la testa, chi mi strappa la barba e me la soffia in faccia, chi mi prende per il naso, e mi ficca in gola fino ai polmoni l’accusa di bugiardo? Chi mi tratta così, eh? Sangue di Cristo128, prendo tutto, tutto addosso a me! Io devo avere il fegato di una colomba e mancare del fiele che rende amara l’affli-
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HAMLET, ACT 2 SCENE 2
I should ’a’ fatted all the region kites With this slave’s offal. Bloody, bawdy villain! Remorseless, treacherous, lecherous, kindless villain! O, vengeance! – Why, what an ass am I? Ay, sure, this is most brave, That I, the son of the dear murderèd, Prompted to my revenge by heaven and hell, Must, like a whore, unpack my heart with words And fall a-cursing like a very drab, A scullion! Fie upon’t, foh! – About, my brain. I have heard that guilty creatures sitting at a play Have by the very cunning of the scene Been struck so to the soul that presently They have proclaimed their malefactions; For murder, though it have no tongue, will speak With most miraculous organ. I’ll have these players Play something like the murder of my father Before mine uncle. I’ll observe his looks, I’ll tent him to the quick. If a but blench, I know my course. The spirit that I have seen May be the devil, and the devil hath power T’assume a pleasing shape; yea, and perhaps, Out of my weakness and my melancholy – As he is very potent with such spirits – Abuses me to damn me. I’ll have grounds More relative than this. The play’s the thing Wherein I’ll catch the conscience of the King. Exit
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581. ’A’: così in Q1 e Q2; in F have. Offal, bloody, bawdy: così in Q2; in F offal, bloody: a bawdy. 586. The dear murderèd: emend. Oxford di F: the deere murthered, che potrebbe includere l’immagine del cervo, da Shakespeare spesso accostata alla morte (cfr. III, 2, 259). 852
AMLETO, ATTO II SCENA 2
zione, se no le interiora di questo schiavo avrebbero già ingrassato tutti gli avvoltoi della regione. Carogna efferata, oscena! Carogna impenitente, traditrice, libidinosa, snaturata! Oh vendetta! – ma che asino sono mai io? Oh certo, è un grande atto di coraggio che io, figlio di un caro padre assassinato, spinto alla vendetta da cielo e terra insieme, come una puttana mi sgravi il cuore di parole, e mi metta a bestemmiare come una bagascia, una sguattera! Che vergogna! – Cervello mio, mettiti al lavoro129. Ho sentito dire che delle persone colpevoli, assistendo a un dramma, sono state colpite talmente nel profondo da rivelare lì per lì le loro malefatte. Ed è vero che il delitto, se non ha lingua, tuttavia parla con un suo organo miracoloso. A questi attori farò recitare di fronte a mio zio qualcosa che assomiglia all’assassinio di mio padre. Osserverò la sua espressione, lo sonderò fin nel profondo. Al minimo trasalimento saprò cosa devo fare. Lo spirito che ho incontrato può essere il diavolo, e il diavolo ha il potere di assumere una forma seducente. Già, e forse, grazie alla mia debolezza e malinconia – disposizioni che molto lo incoraggiano – mi inganna per dannarmi. Voglio fondamenti più solidi di questo. Il teatro è la cosa giusta per mettere alla prova la coscienza del re. Esce
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HAMLET, ACT 3 SCENE 1
3.1
Enter King Claudius, Queen Gertrude, Polonius, Ophelia, Rosencrantz, Guildenstern, and lords
KING CLAUDIUS (to Rosencrantz and Guildenstern)
And can you by no drift of circumstance Get from him why he puts on this confusion, Grating so harshly all his days of quiet With turbulent and dangerous lunacy? ROSENCRANTZ
He does confess he feels himself distracted, But from what cause a will by no means speak.
5
GUILDENSTERN
Nor do we find him forward to be sounded, But with a crafty madness keeps aloof When we would bring him on to some confession Of his true state. QUEEN GERTRUDE Did he receive you well? ROSENCRANTZ Most like a gentleman.
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GUILDENSTERN
But with much forcing of his disposition. ROSENCRANTZ
Niggard of question, but of our demands Most free in his reply. QUEEN GERTRUDE Did you assay him To any pastime?
15
ROSENCRANTZ
Madam, it so fell out that certain players We o’er-raught on the way. Of these we told him, And there did seem in him a kind of joy To hear of it. They are about the court, And, as I think, they have already order This night to play before him. POLONIUS ’Tis most true, And he beseeched me to entreat your majesties To hear and see the matter.
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AMLETO, ATTO III SCENA 1
III, 1
Entrano il re Claudio, la regina Gertrude, Polonio, Ofelia, Rosencrantz, Guildenstern, e nobili130
CLAUDIO (a Rosencrantz e Guildenstern)
… Ma non riuscite davvero, con nessun espediente dialettico, a farvi dire perché si inoltra in questo smarrimento, in questo febbrile sfarinare i suoi giorni di quiete con una follia tanto torbida e pericolosa? ROSENCRANTZ
Lui stesso ammette di sentirsi turbato, ma del perché non vuol per nulla parlare. GUILDENSTERN
Né si lascia interrogare, e con scaltri vaneggiamenti si tiene sulle sue quando lo vorremmo persuadere a confessare la verità sul suo stato. GERTRUDE
Vi ha accolti bene? ROSENCRANTZ
Da vero gentiluomo. GUILDENSTERN
Ma molto sforzandosi per esserlo. ROSENCRANTZ
Avaro di domande, ma assai generoso di risposte131. GERTRUDE
Gli avete proposto qualche svago? ROSENCRANTZ
Signora, è accaduto che lungo la strada abbiamo superato certi attori. Alla notizia del loro arrivo lui si è mostrato subito allegro. Essi sono ora a corte, e penso che abbiano avuto l’ordine di recitare per lui stasera. POLONIO
Sì, è così: lui mi ha pregato di invitare le vostre maestà a presenziare allo spettacolo.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 1
KING CLAUDIUS
With all my heart; and it doth much content me To hear him so inclined. – Good gentlemen, Give him a further edge, and drive his purpose on To these delights. ROSENCRANTZ We shall, my lord.
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Exeunt Rosencrantz and Guildenstern KING CLAUDIUS Sweet Gertrude, leave us too,
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For we have closely sent for Hamlet hither, That he, as ’twere by accident, may here Affront Ophelia. Her father and myself, lawful espials, Will so bestow ourselves that, seeing unseen, We may of their encounter frankly judge, And gather by him, as he is behaved, If’t be th’affliction of his love or no That thus he suffers for. QUEEN GERTRUDE I shall obey you. And for your part, Ophelia, I do wish That your good beauties be the happy cause Of Hamlet’s wildness; so shall I hope your virtues Will bring him to his wonted way again, To both your honours. OPHELIA Madam, I wish it may.
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Exit Gertrude POLONIUS
Ophelia, walk you here. – Gracious, so please you, We will bestow ourselves. – Read on this book, That show of such an exercise may colour Your loneliness. We are oft to blame in this: ’Tis too much proved that with devotion’s visage And pious action we do sugar o’er The devil himself. KING CLAUDIUS O, ’tis too true. (Aside) How smart a lash that speech doth give my conscience. 856
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AMLETO, ATTO III SCENA 1
CLAUDIO
Ben volentieri, e mi fa molto piacere sentire di questa sua inclinazione. – Buoni signori, spronatelo ancora e incoraggiatelo a questi passatempi. ROSENCRANTZ
Lo faremo, mio signore. Escono Rosencrantz e Guildenstern CLAUDIO
Dolce Gertrude, lasciateci anche voi. In segreto abbiamo procurato che Amleto venga qui, affinché, come per caso, incontri Ofelia. Suo padre ed io stesso, da legittime spie, ci disporremo in modo che, osservando inosservati, si possa giudicare chiaramente il loro incontro, e capire da lui e dal suo comportamento se è davvero l’amore l’afflizione che lo fa così tribolare. GERTRUDE
Vi obbedirò. Quanto a te, Ofelia, mi auguro che le tue grazie siano la felice causa dell’alterazione di Amleto, e che le tue virtù lo riportino al suo modo di essere abituale, con onore per tutti e due. OFELIA
Lo spero proprio, signora. Esce Gertrude POLONIO
Ofelia, tu passeggia qui. – Grazioso signore, se non vi dispiace andiamo a sistemarci. – Tu leggi questo libro, che l’esercizio possa motivare all’apparenza la tua solitudine. Spesso siamo da biasimare in questo, ed è comprovato che con un’espressione devota e uno sfoggio di pietà inzuccheriamo il diavolo in persona. CLAUDIO
Oh, è troppo vero. (A parte) Quale sferzata dà questo discorso alla mia coscienza! La faccia della sgualdrina si migliora con gli impia-
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HAMLET, ACT 3 SCENE 1
The harlot’s cheek, beautied with plast’ring art, Is not more ugly to the thing that helps it Than is my deed to my most painted word. O heavy burden!
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POLONIUS
I hear him coming. Let’s withdraw, my lord. Exeunt Claudius and Polonius Enter Prince Hamlet HAMLET
To be, or not to be; that is the question: Whether ’tis nobler in the mind to suffer The slings and arrows of outrageous fortune, Or to take arms against a sea of troubles, And, by opposing, end them. To die, to sleep – No more, and by a sleep to say we end The heartache and the thousand natural shocks That flesh is heir to – ’tis a consummation Devoutly to be wished. To die, to sleep. To sleep, perchance to dream. Ay, there’s the rub, For in that sleep of death what dreams may come When we have shuffled off this mortal coil Must give us pause. There’s the respect That makes calamity of so long life, For who would bear the whips and scorns of time, Th’oppressor’s wrong, the proud man’s contumely, The pangs of disprized love, the law’s delay, The insolence of office, and the spurns That patient merit of th’unworthy takes, When he himself might his quietus make With a bare bodkin? Who would these fardels bear, To grunt and sweat under a weary life, But that the dread of something after death, The undiscovered country from whose bourn No traveller returns, puzzles the will, 73. Proud: così in Q2; in F poor = “povero”. 858
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AMLETO, ATTO III SCENA 1
stri, ma al confronto con quanto la ricopre non è più brutta della mia azione al confronto della parola che ci ho dipinto sopra. Oh che peso! POLONIO
Lo sento venire. Ritiriamoci, mio signore. Escono Claudio e Polonio Entra Amleto AMLETO
Essere, o non essere132; qui sta il dilemma133. Se sia più nobile sopportare, piegarsi sotto i sassi, le frecce di un’insolente fortuna, o prendere le armi contro un mare di tormenti, e finire così, combattendo134. Morire, dormire. Nulla di più. Con un sonno imporre la fine dei mali del cuore e delle mille sciagure naturali cui la carne è erede: ecco una consumazione da desiderare devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare… Ah, qui sta l’inciampo135: quali sogni possano venire in quel sonno di morte, dopo che ci siamo scrollati di dosso questo viluppo mortale – ecco su cosa indugiare. È la riflessione che dà alla mala sorte una così lunga esistenza: chi sopporterebbe le frustate e gli oltraggi del tempo, le angherie dell’oppressore, le contumelie del superbo, gli spasimi dell’amore sprezzato, i ritardi della giustizia, l’insolenza del potere, e gli insulti che l’indegno riserva al merito paziente, quando lui stesso potrebbe pareggiare ogni conto136 con un nudo pugnale? Chi porterebbe simili fardelli, imprecando e sudando sotto il peso della vita, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte – la terra inesplorata dai cui confini nessun viaggiatore ritorna – strazia la
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HAMLET, ACT 3 SCENE 1
And makes us rather bear those ills we have Than fly to others that we know not of? Thus conscience does make cowards of us all, And thus the native hue of resolution Is sicklied o’er with the pale cast of thought, And enterprises of great pith and moment With this regard their currents turn awry, And lose the name of action. Soft you, now, The fair Ophelia! – Nymph, in thy orisons Be all my sins remembered. OPHELIA Good my lord, How does your honour for this many a day?
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HAMLET
I humbly thank you, well, well, well. OPHELIA
My lord, I have remembrances of yours That I have longèd long to redeliver. I pray you now receive them.
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HAMLET
No, no, I never gave you aught. OPHELIA
My honoured lord, you know right well you did, And with them words of so sweet breath composed As made the things more rich. Their perfume lost, Take these again; for to the noble mind Rich gifts wax poor when givers prove unkind. There, my lord. HAMLET Ha, ha? Are you honest? OPHELIA My lord. HAMLET Are you fair? OPHELIA What means your lordship?
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89. Awry: così in Q2; in F away, avv. con analogo significato. 99. You know: così in Q1 e Q2; in F I know = “io so”. 101. Their perfume lost: così in Q4; in F then perfume left = “poi, il profumo rimasto”. 860
AMLETO, ATTO III SCENA 1
volontà, e ci spinge a subire quei mali che conosciamo piuttosto che fuggire verso quelli che non conosciamo? Così la coscienza fa di noi tanti codardi, e così la tinta naturale della risolutezza impallidisce sotto l’impronta malata del pensiero, e le imprese di grande profondità e rilievo137 per questo virano dal loro corso e perdono il nome di azione. Piano, ora: la bella Ofelia! – Ninfa, nelle tue orazioni siano ricordati tutti i miei peccati. OFELIA
Mio buon signore, come è stato vostro onore in tutti questi giorni? AMLETO
Vi ringrazio umilmente; bene, bene, bene. OFELIA
Mio signore, ho dei ricordi di voi che ho desiderato a lungo di restituirvi. Ora vi prego di accettarli. AMLETO
No, no, non vi ho mai dato nulla. OFELIA
Mio onorato signore, voi sapete bene di avermeli dati, e con parole composte da un respiro così dolce da renderli più ricchi. Una volta svanito il loro profumo, essi ritornano a voi: all’animo nobile doni così ricchi diventano poveri, quando chi li dà si dimostra scortese. Eccoli, mio signore. AMLETO
Ha ha! Siete onesta? OFELIA
Mio signore? AMLETO
Siete bella? OFELIA
Cosa intende vostra signoria?
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HAMLET, ACT 3 SCENE 1
HAMLET That if you be honest and fair, your honesty
should admit no discourse to your beauty. OPHELIA Could beauty, my lord, have better commerce than with honesty? HAMLET Ay, truly, for the power of beauty will sooner transform honesty from what it is to a bawd than the force of honesty can translate beauty into his likeness. This was sometime a paradox, but now the time gives it proof. I did love you once. OPHELIA Indeed, my lord, you made me believe so. HAMLET You should not have believed me, for virtue cannot so inoculate our old stock but we shall relish of it. I loved you not. OPHELIA I was the more deceived. HAMLET Get thee to a nunnery. Why wouldst thou be a breeder of sinners? I am myself indifferent honest, but yet I could accuse me of such things that it were better my mother had not borne me. I am very proud, revengeful, ambitious, with more offences at my beck than I have thoughts to put them in, imagination to give them shape, or time to act them in. What should such fellows as I do crawling between heaven and earth? We are arrant knaves, all. Believe none of us. Go thy ways to a nunnery. Where’s your father? OPHELIA At home, my lord. HAMLET Let the doors be shut upon him, that he may play the fool nowhere but in ‘s own house. Farewell. OPHELIA O help him, you sweet heavens!
112. With: così in Q1 e Q2; in F your = “la vostra”. 135. Nowhere: così in Q1 e Q2; in F no way = “in nessun modo”. 862
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AMLETO, ATTO III SCENA 1
AMLETO
Che se siete onesta e bella, la vostra onestà non dovrebbe dialogare con la vostra bellezza. OFELIA
Ma potrebbe la bellezza, mio signore, aver miglior commercio che con l’onestà? AMLETO
Ah, certamente, perché il potere della bellezza trasformerà l’onestà da quella che è in una ruffiana, prima che la forza dell’onestà possa trasformare la bellezza in qualcosa che le somigli. Questo una volta era un paradosso, ma ora il tempo lo dimostra vero. In passato vi amavo. OFELIA
Così, signore, mi avete fatto credere. AMLETO
Non avreste dovuto credermi: la virtù non può innestarsi nel nostro vecchio ceppo senza rimuoverne un certo sentore138. Io non vi amavo. OFELIA
Tanto più sono stata ingannata. AMLETO
Vai139 in convento140. Perché generare dei peccatori? Io stesso sono normalmente onesto, e tuttavia potrei accusarmi di cose tali che sarebbe meglio che mia madre non mi avesse concepito. Io sono molto orgoglioso, vendicativo, ambizioso, con più peccati al mio comando che pensieri cui affidarli, fantasia per dargli forma, o tempo per metterli in atto. A che scopo i tipi come me stanno a strisciare fra la terra e il cielo? Siamo tutti dei cialtroni matricolati. Non credere a nessuno di noi. Vai per la tua strada, in convento. Tuo padre dov’è? OFELIA
A casa, mio signore. AMLETO
Chiudi le porte a doppia mandata, che possa fare il buffone solo a casa sua. Addio. OFELIA
Oh cieli, aiutatelo! 863
HAMLET, ACT 3 SCENE 1
HAMLET If thou dost marry, I’ll give thee this plague for
thy dowry: be thou as chaste as ice, as pure as snow, thou shalt not escape calumny. Get thee to a nunnery, go, farewell. Or if thou wilt needs marry, marry a fool; for wise men know well enough what monsters you make of them. To a nunnery, go, and quickly, too. Farewell. OPHELIA O heavenly powers, restore him! HAMLET I have heard of your paintings, too, well enough. God hath given you one face, and you make yourselves another. You jig, you amble, and you lisp, and nickname God’s creatures, and make your wantonness your ignorance. Go to, I’ll no more on’t. It hath made me mad. I say we will have no more marriages. Those that are married already – all but one – shall live. The rest shall keep as they are. To a nunnery, go. Exit
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OPHELIA
O what a noble mind is here o’erthrown! The courtier’s, soldier’s, scholar’s eye, tongue, sword, Th’expectancy and rose of the fair state, The glass of fashion and the mould of form, Th’observed of all observers, quite, quite, down! And I, of ladies most deject and wretched, That sucked the honey of his music vows, Now see that noble and most sovereign reason Like sweet bells jangled out of tune and harsh; That unmatched form and feature of blown youth Blasted with ecstasy. O woe is me, T’have seen what I have seen, see what I see!
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140. Go: così in F; non in Q2. To a nunnery go ricorre sette volte in Q1, tre in F, e solo due in Q2. 145. Paintings, too,: così in Q1: in Q2 paintings; in F pratlings, too, = “ciance”, “balbettii”. 146. Face: così in Q1 e Q2; in F pace = “cadenza”, “ritmo”; yourselves: così in Q1 e Q2; in F yourself. 864
AMLETO, ATTO III SCENA 1
AMLETO
Se ti sposi, ti do in dote questo maleficio: puoi essere casta come il ghiaccio e pura come la neve, non ti sottrarrai alla calunnia. Vai in convento, vai, addio. Se proprio vorrai sposarti, sposa uno sciocco: i saggi sanno troppo bene quali mostri potete fare di loro141. In convento, vai, e presto anche. Addio. OFELIA
Oh potenze celesti, risanatelo! AMLETO
Ho anche saputo di come vi imbellettate. Dio vi ha dato una faccia, e voi ve ne fate un’altra. Voi ancheggiate, vi dimenate, affettate pronunce, date nomignoli alle creature di Dio142, e fate passare per ingenuità la vostra sfacciataggine. Basta, non ne voglio più sapere. Mi ha fatto ammattire. Io dico che non vi saranno più matrimoni. Quelli che sono già sposati – tutti eccetto uno – vivranno. Gli altri rimarranno come sono. In convento, vai. Esce OFELIA
Oh, nobile mente caduta in rovina! Occhio, lingua, spada di cortigiano, di soldato, di dotto, promessa e fiore del giusto governo, specchio dei costumi e modello della cortesia, ammirato da tutti gli ammiratori e caduto così in basso! E io, delle donne la più mesta e sventurata, che succhiavo il miele delle sue armoniose promesse, ora vedo quella nobile ragione sovrana dissonare come tante campane che rintoccano stonate, quella incomparabile forma e figura di fiorente giovinezza consumata dalla demenza. Misera me, aver visto ciò che ho visto, vedere ciò che vedo!
865
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
Enter King Claudius and Polonius KING CLAUDIUS
Love? His affections do not that way tend, Nor what he spake, though it lacked form a little, Was not like madness. There’s something in his soul O’er which his melancholy sits on brood, And I do doubt the hatch and the disclose Will be some danger; which to prevent I have in quick determination Thus set it down: he shall with speed to England For the demand of our neglected tribute. Haply the seas and countries different, With variable objects, shall expel This something-settled matter in his heart, Whereon his brains still beating puts him thus From fashion of himself. What think you on’t?
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POLONIUS
It shall do well. But yet do I believe The origin and commencement of this grief Sprung from neglected love. – How now, Ophelia? You need not tell us what Lord Hamlet said; We heard it all. – My lord, do as you please, But, if you hold it fit, after the play Let his queen mother all alone entreat him To show his griefs. Let her be round with him, And I’ll be placed, so please you, in the ear Of all their conference. If she find him not, To England send him, or confine him where Your wisdom best shall think. KING CLAUDIUS It shall be so. Madness in great ones must not unwatched go. Exeunt 3.2
Enter Prince Hamlet and two or three of the Players
HAMLET Speak the speech, I pray you, as I pronounced
it to you – trippingly on the tongue; but if you mouth it, as many of your players do, I had as lief the town866
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AMLETO, ATTO III SCENA 2
Entrano re Claudio e Polonio CLAUDIO
Amore? I suoi sentimenti non virano a quella meta, e quanto ha detto, sebbene un po’ privo di forma, non era follia. C’è qualcosa nella sua anima su cui cova la sua malinconia, e temo che il suo schiudersi meni a qualche pericolo. Per prevenirlo, prendo prontamente questa decisione: andrà subito in Inghilterra a reclamare il tributo che non ci hanno pagato. Magari i mari e la diversità dei paesi, con il variare delle cose, cacceranno dal suo cuore questo elemento che vi ha preso alloggio, e su cui il suo cervello continua a battere, rendendolo così estraneo a se stesso. Cosa ne pensate? POLONIO
Dovrebbe fargli bene. E tuttavia credo ancora che l’origine e la fonte di questo disturbo derivino da un amore rifiutato. – Oh eccoti, Ofelia! Non hai bisogno di dirci quel che ti ha detto il nobile Amleto: abbiamo ascoltato tutto. – Mio signore, fate come vi piace, ma, se lo ritenete opportuno, dopo lo spettacolo procurate che la regina madre lo solleciti, a tu per tu, a rivelare quanto lo angoscia. Che gli parli chiaro, e io, se non vi dispiace, porgerò l’orecchio per tutta la durata del colloquio. Se non si scopre con lei, mandatelo in Inghilterra, o rinchiudetelo dove la vostra saggezza riterrà opportuno. CLAUDIO
Così faremo. La pazzia dei grandi non può non essere vigilata. Escono III, 2
Entrano il principe Amleto e due o tre attori
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AMLETO
Ti prego, pronuncia le battute come le ho pronunciate io, in punta di lingua144; se invece le declami come fanno molti dei nostri attori, preferirei che a recitare i miei versi fosse il banditore di città145. E
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HAMLET, ACT 3 SCENE 2
crier had spoke my lines. Nor do not saw the air too much with your hand, thus, but use all gently; for in the very torrent, tempest, and as I may say the whirlwind of your passion, you must acquire and beget a temperance that may give it smoothness. O, it offends me to the soul to hear a robustious, periwig-pated fellow tear a passion to tatters, to very rags, to split the ears of the groundlings, who for the most part are capable of nothing but inexplicable dumb shows and noise. I would have such a fellow whipped for o’erdoing Termagant. It out-Herods Herod. Pray you avoid it. A PLAYER I warrant your honour. HAMLET Be not too tame, neither; but let your own discretion be your tutor. Suit the action to the word, the word to the action, with this special observance: that you o’erstep not the modesty of nature. For anything so overdone is from the purpose of playing, whose end, both at the first and now, was and is to hold as ’twere the mirror up to nature, to show virtue her own feature, scorn her own image, and the very age and body of the time his form and pressure. Now this overdone, or come tardy off, though it make the unskilful laugh, cannot but make the judicious grieve; the censure of the which one must in your allowance o’erweigh a whole theatre of others. O, there be players that I have seen play, and heard others praise, and that highly, not to speak it profanely, that neither having the accent of Christians nor the gait of Christian, pagan, nor no man, have so strutted and bellowed that
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7. Your: in Q2, non in F. 9. Hear: così in Q1 e Q2; in F see = “vedere”. 13. I would have: così in Q1 e Q2; in F I could have = “potrei fare”. 19. O’erstep: così in Q2; in F ore-stop. 32. Nor no man: emend. tardo; in Q2 no / man; in Q1 Nor Turk; in F or Norman = “o normanno”. 868
AMLETO, ATTO III SCENA 2
non tranciare troppo l’aria con la mano – così – ma usa moderazione, perché nello stesso fluire, nella tempesta, e come dire, nel vortice della passione, devi ottenere e produrre una temperanza che le possa conferire naturalezza. Oh, mi ferisce il cuore udire un tizio esuberante e imparruccato che riduce una passione in pezzi, in tanti stracci, spaccando i timpani della platea146, per la maggior parte in grado di seguire solo pantomime incomprensibili e schiamazzi. Un tipo simile lo farei frustare: mettersi a blaterare addirittura più di Termagante147, voler essere più Erode di Erode148. Ti prego di evitare questo. UN ATTORE
Vostro onore ne sia certo. AMLETO
Non ti frenare nemmeno troppo, ma lasciati guidare dalla discrezione. Adatta l’azione alla parola, e la parola all’azione149 – con questa speciale avvertenza, di non scavalcare la moderazione della natura. Perché qualsiasi cosa esagerata si allontana dallo scopo del teatro, che era ed è, dalle origini ai giorni nostri, di reggere per così dire lo specchio alla natura, di mostrare alla virtù le sue vere sembianze, all’ingiuria la sua immagine, e all’età e al corpo del tempo la loro sagoma e impronta. Ciò che appare troppo caricato, o affievolito, può far ridere gli ignoranti, ma non può che dispiacere agli intenditori, il cui giudizio deve avere più peso per voi di un intero teatro di quegli altri. Oh, ci sono attori che ho visto recitare, e sentito altri lodare anche molto, i quali non avendo, a dirla rispettosamente, né la voce né il portamento da cristiani, o da pagani, o comunque da uomini, si pavoneggiavano e spolmonavano talmente
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HAMLET, ACT 3 SCENE 2
I have thought some of nature’s journeymen had made men, and not made them well, they imitated humanity so abominably. A PLAYER I hope we have reformed that indifferently with us, sir. HAMLET O, reform it altogether. And let those that play your clowns speak no more than is set down for them; for there be of them that will themselves laugh to set on some quantity of barren spectators to laugh too, though in the mean time some necessary question of the play be then to be considered. That’s villainous, and shows a most pitiful ambition in the fool that uses it. Go make you ready. Exeunt Players
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Enter Polonius, Guildenstern, and Rosencrantz (To Polonius) How now, my lord? Will the King hear this piece of work? POLONIUS And the Queen too, and that presently. HAMLET Bid the players make haste. Exit Polonius Will you two help to hasten them? ROSENCRANTZ and GUILDENSTERN We will, my lord.
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Exeunt HAMLET
What ho, Horatio! Enter Horatio HORATIO
Here, sweet lord, at your service.
HAMLET
Horatio, thou art e’en as just a man As e’er my conversation coped withal.
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HORATIO
O my dear lord –
44. A questo punto Q1 presenta alcuni esempi di battute comiche che i buffoni aggiungono alla loro parte, e che scompaiono del tutto sia da Q2 sia da F. 870
AMLETO, ATTO III SCENA 2
da farmi pensare che li avessero fatti, e non troppo bene, degli apprendisti della natura, tanto indegnamente imitavano l’umanità. UN ATTORE
Spero che questo sia stato un po’ corretto, signore. Almeno da noi. AMLETO
Ma correggetelo del tutto! E quelli di voi che recitano il buffone non dicano più di quanto c’è scritto nella parte. Ce ne sono che si mettono a ridere loro stessi per trascinare al riso qualche spettatore sprovveduto, anche se intanto ci sarebbe da prestare attenzione a un passo cruciale del dramma. Questa è cosa da mascalzoni, e mostra un’ambizione pietosa nell’idiota che la compie. Andate a prepararvi. Escono gli attori Entrano Polonio, Guildenstern e Rosencrantz (A Polonio) Ebbene, signore, verrà il re ad assistere a questa recita? POLONIO
… Anche la regina, e subito! AMLETO
Dite agli attori di far presto. Esce Polonio E voi due, volete dare una mano perché si spiccino? ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN
Sì mio signore. Escono AMLETO
Ehilà, Orazio! Entra Orazio ORAZIO
Eccomi signore, al vostro servizio. AMLETO
Orazio, tu sei l’uomo più giusto che io abbia mai avuto modo d’incontrare. ORAZIO
Oh, mio caro signore...
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HAMLET, ACT 3 SCENE 2
Nay, do not think I flatter; For what advancement may I hope from thee, That no revenue hast but thy good spirits To feed and clothe thee? Why should the poor be flattered? No, let the candied tongue lick absurd pomp, And crook the pregnant hinges of the knee Where thrift may follow feigning. Dost thou hear? – Since my dear soul was mistress of her choice And could of men distinguish, her election Hath sealed thee for herself; for thou hast been As one in suff’ring all that suffers nothing, A man that Fortune’s buffets and rewards Hath ta’en with equal thanks; and blest are those Whose blood and judgement are so well commingled That they are not a pipe for Fortune’s finger To sound what stop she please. Give me that man That is not passion’s slave, and I will wear him In my heart’s core, ay, in my heart of heart, As I do thee. Something too much of this. There is a play tonight before the King. One scene of it comes near the circumstance Which I have told thee of my father’s death. I prithee, when thou seest that act afoot, Even with the very comment of thy soul Observe mine uncle. If his occulted guilt Do not itself unkennel in one speech, It is a damnèd ghost that we have seen, And my imaginations are as foul As Vulcan’s stithy. Give him heedful note, For I mine eyes will rivet to his face, And after, we will both our judgements join To censure of his seeming.
HAMLET
61. Her: così in Q2; in F my = “la mia”. 77. Thy: così in Q2; in F my = “mia”. 82. Heedful: così in Q2; in F needful (?). 872
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AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO
No, non credere che sia adulazione; quali vantaggi potrei mai aspettarmi da te, che per nutrirti e vestirti non hai altro reddito che il buonumore? A che servirebbe adulare un povero? No, lascia che sia la lingua zuccherosa a leccare lo sfoggio assurdo, e gli utili cardini delle ginocchia a piegarsi perché al servilismo segua il tornaconto. Mi ascolti? – Da quando la mia anima è stata padrona delle sue scelte, distinguendo uomo da uomo, lei ha posto il suo sigillo su di te, ti ha fatto suo, perché nel soffrire tutto tu sei come uno che non ha sofferto nulla, un uomo che ha accolto con pari sopportazione tanto i colpi quanto i favori della fortuna; e sono benedetti coloro in cui passione150 e giudizio sono così ben mescolati da non permettere alla fortuna di suonarli come un piffero, e con un dito solo, sulla nota che piace a lei. Trovami l’uomo che non è schiavo della passione, che io lo porti al centro del mio cuore, anzi nel cuore del mio cuore, come faccio con te. Ma su questo ho detto abbastanza. Stasera c’è una recita davanti al re. Una scena si avvicina alle circostanze della morte di mio padre, di cui ti ho parlato. Ti prego, quando assisti a quello speciale momento, osserva mio zio con tutta la concentrazione possibile. Se a una certa battuta la sua colpa nascosta non esce dalla tana, quello che abbiamo visto è un fantasma dannato, e le mie fantasie sono nere come la fucina di Vulcano. Scrutalo con cura; dal canto mio, io inchioderò gli occhi sulla sua faccia: dopo confronteremo le nostre impressioni, e vaglieremo il suo atteggiamento.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 2
Well, my lord. If a steal aught the whilst this play is playing And scape detecting, I will pay the theft.
HORATIO
85
[Sound a flourish] HAMLET
They are coming to the play. I must be idle. Get you a place. [Danish march. Enter King Claudius, Queen Gertrude, Polonius, Ophelia, Rosencrantz, Guildenstern, and other lords attendant, with the King’s guard carrying torches] How fares our cousin Hamlet? HAMLET Excellent, i’faith, of the chameleon’s dish. I eat the air, promise-crammed. You cannot feed capons so. KING CLAUDIUS I have nothing with this answer, Hamlet. These words are not mine. HAMLET No, nor mine now. (To Polonius) My lord, you played once i’th’ university, you say. POLONIUS That I did, my lord, and was accounted a good actor. HAMLET And what did you enact? POLONIUS I did enact Julius Caesar. I was killed i’th’ Capitol. Brutus killed me. HAMLET It was a brute part of him to kill so capital a calf there. – Be the players ready? ROSENCRANTZ Ay, my lord, they stay upon your patience. KING CLAUDIUS
95
100
QUEEN GERTRUDE
Come hither, my good Hamlet. Sit by me.
94. No, nor mine now, my Lord, you: emend. tardo; in Q2 No, nor mine now, my Lord / you; in F no, nor mine. Now, my lord, you = “no, neanche miei. Ora, mio signore voi”… 874
AMLETO, ATTO III SCENA 2
ORAZIO
Bene, mio signore. Se lui ruba qualcosa durante la recita e io non lo scopro, pago io per il furto. [Squilli di trombe] AMLETO
Vengono per lo spettacolo. Devo sembrare distratto. Trovati un posto. [Marcia danese. Entrano il re Claudio, la regina Gertrude, Polonio, Ofelia, Rosencrantz, Guildenstern ed altri nobili del seguito, con guardie che portano torce] CLAUDIO
Come sta nostro cugino Amleto? AMLETO
Ottimamente, in fede. Mi nutre la dieta del camaleonte. Mangio l’aria, ripiena di promesse. Non potreste nutrire dei capponi meglio di così151. CLAUDIO
Amleto, la tua risposta mi sembra vuota. Non era questo che intendevo. AMLETO
E neanche io, ora. (A Polonio) Mio signore, voi dite di aver recitato una volta all’università. POLONIO
Sì, mio signore, e mi consideravano un buon attore. AMLETO
E cosa avete recitato? POLONIO
Recitai Giulio Cesare. Venni ucciso in Campidoglio152. Mi fece fuori Bruto. AMLETO
Una cosa molto brutale, in quel posto, uccidere un capodoglio153 grande così. – Sono pronti gli attori? ROSENCRANTZ
Sì, mio signore, aspettano un vostro cenno. GERTRUDE
Vieni qui, buon Amleto. Siedi accanto a me. 875
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
HAMLET No, good-mother, here’s mettle more attractive.
He sits by Ophelia POLONIUS (aside) O ho, do you mark that?
106
HAMLET (to Ophelia) Lady, shall I lie in your lap? OPHELIA No, my lord. HAMLET I mean my head upon your lap? OPHELIA Ay, my lord. HAMLET Do you think I meant country matters? OPHELIA I think nothing, my lord. HAMLET That’s a fair thought to lie between maids’ legs. OPHELIA What is, my lord? HAMLET No thing.
115
OPHELIA You are merry, my lord. HAMLET Who, I? OPHELIA Ay, my lord. HAMLET O God, your only jig-maker! What should a man
do but be merry? For look you how cheerfully my mother looks, and my father died within’s two hours. OPHELIA Nay, ’tis twice two months, my lord.
876
122
AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO
No, cara madre: qui c’è materiale154 più attraente. Siede accanto a Ofelia POLONIO (a parte)
Oh oh, avete notato? AMLETO (a Ofelia) Signora, posso giacervi in grembo? OFELIA
No, mio signore. AMLETO
Voglio dire: con il capo sul vostro grembo? OFELIA
Ho capito, signore. AMLETO
Pensate che alludessi a cose sconvenienti? OFELIA
Non penso nulla, mio signore. AMLETO
È bello pensare di mettersi fra le gambe delle fanciulle. OFELIA
Pensare cosa, mio signore? AMLETO
Oh, nulla! OFELIA
Siete scherzoso, mio signore. AMLETO
Chi, io? OFELIA
Sì, mio signore. AMLETO
Oh Dio, sono il vostro unico intrattenitore! Cosa deve fare un uomo, se non divertirsi? Guardate un po’ che aria allegra ha mia madre, con mio padre morto da due ore. OFELIA
Ma no, sono due volte due mesi, mio signore!
877
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
HAMLET So long? Nay then, let the devil wear black, for
I’ll have a suit of sables. O heavens, die two months ago and not forgotten yet! Then there’s hope a great man’s memory may outlive his life half a year. But, by’r Lady, a must build churches then, or else shall a suffer not thinking on, with the hobby-horse, whose epitaph is ‘For O, for O, the hobby-horse is forgot.’ Hautboys play. The dumb show enters. Enter a King and a Queen very lovingly, the Queen embracing him. She kneels and makes show of protestation unto him. He takes her up and declines his head upon her neck. He lays him down upon a bank of flowers. She, seeing him asleep, leaves him. Anon comes in a fellow, takes off his crown, kisses it, and pours poison in the King’s ears, and exits. The Queen returns, finds the King dead, and makes passionate action. The poisoner, with some two or three mutes, comes in again, seeming to lament with her. The dead body is carried away. The poisoner woos the Queen with gifts. She seems loath and unwilling a while, but in the end accepts his love. Exeunt the Players OPHELIA What means this, my lord?
130
HAMLET Marry, this is miching malhecho. That means
mischief. OPHELIA Belike this show imports the argument of the play.
Enter Prologue HAMLET We shall know by this fellow. The players cannot
keep counsel, they’ll tell all.
135
OPHELIA Will a tell us what this show meant?
131. Malhecho: così in Q2; in Q1 mallico; in F malicho. (v. nota alla traduzione). 134. We shall know by this fellow: così in Q1 e Q2; in F we shall know by these fellows = “ce lo diranno costoro”. 136. Will a tell us: così in Q2; in Q1 will he tell us; in F will they tell us = “ci diranno loro”. 878
AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO
Così tanto? Beh allora che il diavolo si vesta di nero, e io mi abbiglierò di zibellino155! Oh Dio, morto da due mesi e non ancora dimenticato! Allora c’è speranza che la memoria di un grand’uomo possa sopravvivergli un mezzo anno! Ma, per la madonna, dovrà costruire chiese, altrimenti rischia che nessuno più pensi a lui, come il cavalluccio il cui epitaffio è “Oh-oh. oh-ho, del cavalluccio ci si scordò”156! Suono di oboi. Entra la pantomima. Entrano un re e una regina in atteggiamento molto affettuoso. La regina abbraccia il re, poi si inginocchia e gli dimostra affetto. Lui la solleva e reclina il capo sul suo collo, poi si distende su una aiola di fiori. Lei, vedendolo assopito, lo lascia. In quel mentre entra un altro uomo, raccoglie la corona regale, la bacia, versa del veleno nelle orecchie del re, ed esce. La regina ritorna, trova il re morto, e fa gesti disperati. L’avvelenatore ritorna con due o tre altri, e fa mostra di prendere parte al dolore di lei. Il cadavere viene portato via. L’avvelenatore corteggia la regina con regali. Lei sembra riluttante per un po’, ma alla fine accetta l’amore di lui. Escono gli attori OFELIA
Questo cosa significa, mio signore? AMLETO
Perdiana, questo è un occulto maleficio157, ovverossia un misfatto. OFELIA
Forse questa pantomima introduce l’argomento del dramma. Entra il Prologo AMLETO
Ce lo dirà costui. Gli attori non sanno tenere un segreto, dicono tutto. OFELIA
Ci dirà lui il significato dello spettacolo?
879
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
HAMLET Ay, or any show that you’ll show him. Be not
you ashamed to show, he’ll not shame to tell you what it means. OPHELIA You are naught, you are naught. I’ll mark the play.
141
PROLOGUE
For us and for our tragedy Here stooping to your clemency, We beg your hearing patiently. HAMLET Is this a prologue, or the posy of a ring? OPHELIA ’Tis brief, my lord. HAMLET As woman’s love.
Exit 145
Enter the Player King and his Queen PLAYER KING
Full thirty times hath Phoebus’ cart gone round Neptune’s salt wash and Tellus’ orbèd ground, And thirty dozen moons with borrowed sheen About the world have times twelve thirties been Since love our hearts and Hymen did our hands Unite commutual in most sacred bands.
150
PLAYER QUEEN
So many journeys may the sun and moon Make us again count o’er ere love be done. But woe is me, you are so sick of late, So far from cheer and from your former state, That I distrust you. Yet, though I distrust, Discomfort you my lord it nothing must. For women’s fear and love holds quantity, In neither aught, or in extremity.
155
160
160-161. Q2 modifica i versi 160-161 in modo più disteso: For women fear too much, even as they love, / And women’s fear and love hold quantity – / Either none, in neither aught, or in extremity = “perché le donne più temono quando più amano; in loro, amore e timore hanno ugual misura: di entrambi hanno o nulla o tutto”. 880
AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO
Sì, e di ogni spettacolo che vorrete mostrargli. Non vergognatevi di mettervi in bella vista, lui non si vergognerà di darvi un significato. OFELIA
Siete spudorato. Spudorato. Io seguo la recita. PROLOGO
“Per noi e per la nostra tragedia, qui inchinandoci alla vostra clemenza, vi preghiamo di ascoltare con pazienza”. Esce AMLETO
Cos’è questo, un prologo o il motto su un anello? OFELIA
È breve, mio signore. AMLETO
Come l’amore di una donna. Entrano gli attori che fanno il re e la regina. ATTORE-RE
“Ben trenta volte il carro di Febo intorno alle salse onde di Nettuno e al terrestre orbe ha girato, e trenta volte dodici lune con luce riflessa intorno al mondo dodici volte trenta giri hanno compiuto, da quando Amore i nostri cuori, Imene le nostre mani hanno unito le une alle altre in vincolo sacrale158.” ATTORE-REGINA
“E altrettanti viaggi possano e sole e luna farci contare, prima che l’amore finisca. Ma ahimè, ultimamente vi siete così indebolito, così lontano dall’esuberanza e dall’antico vigore, che io temo per voi. Ma il mio timore non deve per nulla sconfortarvi, mio signore. Nelle donne amore e timore hanno ugual misura, che siano assenti
881
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
Now what my love is, proof hath made you know, And as my love is sized, my fear is so. PLAYER KING
Faith, I must leave thee, love, and shortly too. My operant powers their functions leave to do, And thou shalt live in this fair world behind, Honoured, beloved; and haply one as kind For husband shalt thou – PLAYER QUEEN O, confound the rest! Such love must needs be treason in my breast. In second husband let me be accurst; None wed the second but who killed the first. HAMLET Wormwood, wormwood.
165
170
PLAYER QUEEN
The instances that second marriage move Are base respects of thrift, but none of love. A second time I kill my husband dead When second husband kisses me in bed.
175
PLAYER KING
I do believe you think what now you speak; But what we do determine oft we break. Purpose is but the slave to memory, Of violent birth but poor validity, Which now like fruit unripe sticks on the tree, But fall unshaken when they mellow be. Most necessary ’tis that we forget To pay ourselves what to ourselves is debt. What to ourselves in passion we propose, The passion ending, doth the purpose lose. The violence of either grief or joy Their own enactures with themselves destroy. Where joy most revels, grief doth most lament;
180
185
163. Q2 aggiunge un distico che qui troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 165. Their: così in Q2; in F my. 172. Wormwood…: in Q2 That’s wormwood, indicato a margine come un a parte. 187. Either: così in Q2; in F: other = “altro”. 882
AMLETO, ATTO III SCENA 2
come che siano estremi. Ora, come io vi ami per prova lo sapete: tale è il mio amore, e tale il timore.” ATTORE-RE
“In fede devo lasciarti, amore, e pure presto. Le mie forze vitali abbandonano le loro funzioni, ma tu vivrai dopo di me in questo mondo ameno, amata e onorata; e forse qualcuno altrettanto gentile troverai per marito” – ATTORE-REGINA
“Oh, al diavolo gli altri! Un amore simile sarebbe tradimento nel mio petto. Maledetta sia se prendo un secondo marito; sposa il secondo solo chi ha ucciso il primo”. AMLETO
Assenzio, assenzio puro159! ATTORE-REGINA
“Le ragioni che muovono a un secondo matrimonio hanno a che fare con l’interesse, non con l’amore. Un marito morto lo uccido due volte quando il secondo mi bacia a letto”. ATTORE-RE
“Credo che tu dica quel che pensi, ma spesso si rovesciano le nostre risoluzioni. Della memoria il proposito non è che lo schiavo, vigoroso nel nascere ma povero di tenuta: pende dall’albero come un frutto acerbo, ma cade non scosso quand’è maturo160. Per necessità dimentichiamo di pagare a noi stessi ciò che a noi stessi dobbiamo. I propositi concepiti in preda alla passione, con la passione svaniscono. Per la loro violenza, dolore e gioia si distruggono nel realizzarsi. Più si sfoga la gioia, e più prorompe il dolore; alla
883
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
Grief joys, joy grieves, on slender accident. This world is not for aye, nor ’tis not strange That even our loves should with our fortunes change; For ’tis a question left us yet to prove Whether love lead fortune or else fortune love. The great man down, you mark his favourite flies; The poor advanced makes friends of enemies. And hitherto doth love on fortune tend, For who not needs shall never lack a friend, And who in want a hollow friend doth try Directly seasons him his enemy. But orderly to end where I begun, Our wills and fates do so contrary run That our devices still are overthrown; Our thoughts are ours, their ends none of our own. So think thou wilt no second husband wed; But die thy thoughts when thy first lord is dead.
190
196
200
205
PLAYER QUEEN
Nor earth to me give food, nor heaven light, Sport and repose lock from me day and night, Each opposite that blanks the face of joy Meet what I would have well and it destroy, Both here and hence pursue me lasting strife If, once a widow, ever I be wife. HAMLET If she should break it now! PLAYER KING (to Player Queen) ’Tis deeply sworn. Sweet, leave me here a while. My spirits grow dull, and fain I would beguile The tedious day with sleep. PLAYER QUEEN Sleep rock thy brain, And never come mischance between us twain.
210
215
Player King sleeps. Player Queen exits
195. Favorite: così in Q2; in F favourites. 208. Q2 inserisce qui un distico che questo volume riporta fra le “Aggiunte al testo”. 884
AMLETO, ATTO III SCENA 2
minima occasione il dolore gioisce e la gioia si addolora. Questo mondo non è eterno, e non è strano che persino il nostro amore possa mutare con la fortuna. È una cosa ancora da accertare se sia l’amore a portare fortuna, o la fortuna a portare amore. Quando il grand’uomo cade, ecco fuggire il favorito; arrivato al potere, il povero si fa amici i nemici. E fin qui è l’amore che segue la fortuna: infatti chi non ha bisogno non mancherà mai di amici, mentre chi nel bisogno ricorre a un falso amico, direttamente lo trasforma in nemico. Ma per finire con ordine là dove ho cominciato, volontà e destini seguono percorsi tanto contrari da sovvertire tutti i nostri piani; nostri sono i propositi, non le realizzazioni. Tu pensi di non sposare un secondo marito, ma una volta morto il primo morranno anche tali pensieri”. ATTORE-REGINA
“Non mi dia cibo la terra, né luce il cielo, svago e riposo mi siano negati giorno e notte, ogni contrarietà che scolora il volto della gioia si scontri con ogni mio desiderio e lo annienti, sia ora che poi mi perseguiti eterna pena se, una volta vedova, tornerò ad esser sposa”. AMLETO
E se ora infrangesse il voto! ATTORE-RE (all’Attore-Regina)
“Giuramento solenne. Mia consolazione, lasciami qui per un po’. Le mie facoltà si fanno pesanti e mi piacerebbe ingannare col sonno la monotonia della giornata”. ATTORE-REGINA
“Il sonno culli la tua mente, e mai intervenga fra noi un’incomprensione”. Dorme l’Attore-Re, ed esce l’Attore-Regina.
885
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
HAMLET (to Gertrude) Madam, how like you this play? QUEEN GERTRUDE The lady protests too much, methinks. HAMLET O, but she’ll keep her word.
220
KING CLAUDIUS Have you heard the argument? Is there
no offence in’t? HAMLET No, no, they do but jest, poison in jest. No offence
i’th’ world. KING CLAUDIUS What do you call the play?
225
HAMLET The Mousetrap. Marry, how? Tropically. This play
is the image of a murder done in Vienna. Gonzago is the Duke’s name, his wife Baptista. You shall see anon. ’Tis a knavish piece of work; but what o’ that? Your majesty, and we that have free souls, it touches us not. Let the galled jade wince, our withers are unwrung. Enter Player Lucianus This is one Lucianus, nephew to the King. OPHELIA You are as good as a chorus, my lord. HAMLET I could interpret between you and your love if I could see the puppets dallying. OPHELIA You are keen, my lord, you are keen. HAMLET It would cost you a groaning to take off mine edge. OPHELIA Still better, and worse.
232
235
233. You are as good as a chorus: così in Q1 e Q2; in F you are a good chorus. 886
AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO (a Gertrude)
Signora, vi piace questo spettacolo? GERTRUDE
Penso che la donna faccia troppe promesse. AMLETO
Ah, ma lei manterrà la parola! CLAUDIO
La trama la conosci? Non c’è niente di offensivo? AMLETO
No, no, fanno tutto per scherzo, avvelenano per scherzo. Nessuna offesa al mondo. CLAUDIO
Qual è il titolo? AMLETO
La trappola per topi161. In che senso? Ma metaforicamente, no? Questo dramma rappresenta un delitto avvenuto a Vienna. Il nome del duca è Gonzalo, e sua moglie è Battista. Vedrete subito. È un’opera furfantesca, ma che importa? Vostra Maestà, e tutti noi che abbiamo spiriti liberi, non ne siamo interessati. Recalcitri pure il ronzino piagato, noi abbiamo il garrese sano162. Entra l’Attore-Luciano Questo è un certo Luciano, nipote del re. OFELIA
Ci sapete fare come coro, signore. AMLETO
Potrei commentare i sollazzi vostri e del vostro amore vedendo come si trastullano le marionette. OFELIA
Siete mordace signore, siete mordace. AMLETO
Vi costerebbe un lamento a smussarmi il morso163. OFELIA
Di meglio in meglio, anzi in peggio.
887
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
HAMLET So you mis-take your husbands. (To Lucianus) Begin,
murderer. Pox, leave thy damnable faces and begin. Come: ‘the croaking raven doth bellow for revenge’.
242
PLAYER LUCIANUS
Thoughts black, hands apt, drugs fit, and time agreeing, Confederate season, else no creature seeing; Thou mixture rank of midnight weeds collected, With Hecate’s ban thrice blasted, thrice infected, Thy natural magic and dire property On wholesome life usurp immediately.
245
He pours the poison in the Player King’s ear HAMLET A poisons him i’th’ garden for ’s estate. His
name’s Gonzago. The story is extant, and writ in choice Italian. You shall see anon how the murderer gets the love of Gonzago’s wife. OPHELIA The King rises. HAMLET What, frighted with false fire? QUEEN GERTRUDE (to Claudius) How fares my lord? POLONIUS Give o’er the play. KING CLAUDIUS Give me some light. Away. [COURTIERS] Lights, lights, lights!
252
255
Exeunt all but Hamlet and Horatio HAMLET
Why, let the stricken deer go weep, The hart ungallèd play, For some must watch, while some must sleep, So runs the world away.
239. Your: così in Q1 e Q2; non in F. 888
260
AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO
È così che prendete marito, per ingannarlo. (A Luciano) Inizia, assassino. Al diavolo, lascia perdere le tue dannate smorfie e comincia! Avanti: il corvo che gracchia aspetta muggendo di ottenere vendetta164. ATTORE-LUCIANO
Neri pensieri, mani abili, droga perfetta, Propizia l’ora, nessuno di vedetta, Questo di erbe marcio miscuglio, Di mezzanotte il raccolto, Tre volte da Ecate165 maledetto, Tre volte infetto, con natural magia E trista proprietà si affretti ad usurpare Della vita la sanità, senza esitare. Versa il veleno nell’orecchio dell’Attore-Re AMLETO
Lo avvelena nel giardino per impossessarsi del regno. Di nome il re fa Gonzago. La storia è attestata, e scritta in sceltissimo italiano. Fra un po’ vedrete come l’assassino ottiene l’amore della moglie di Gonzago. OFELIA
Il re si alza! AMLETO
Come, spaventato da un colpo a salve? GERTRUDE (a Claudio)
Come sta il mio signore? POLONIO
Interrompete la recita. CLAUDIO
Fatemi luce, perdiana! [CORTIGIANI]
Luci, luci, luci! Escono tutti tranne Amleto e Orazio AMLETO
Vada a piangere il cervo colpito, e lasci il campo a quello illeso: qualcuno deve pur fare la guardia mentre gli altri dormono: così va 889
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
Would not this, sir, and a forest of feathers, if the rest of my fortunes turn Turk with me, with two Provençal roses on my razed shoes, get me a fellowship in a cry of players, sir? HORATIO Half a share. HAMLET A whole one, I. For thou dost know, O Damon dear, This realm dismantled was Of Jove himself, and now reigns here A very, very – pajock. HORATIO You might have rhymed. HAMLET O good Horatio, I’ll take the Ghosts word for a thousand pound. Didst perceive? HORATIO Very well, my lord. HAMLET Upon the talk of the pois’ning? HORATIO I did very well note him.
266
270
275
Enter Rosencrantz and Guildenstern HAMLET Ah ha! Come, some music, come, the recorders,
For if the King like not the comedy, Why then, belike he likes it not, pardie. Come, some music. GUILDENSTERN Good my lord, vouchsafe me a word with you. HAMLET Sir, a whole history. GUILDENSTERN The King, sir – HAMLET Ay, sir, what of him?
272. Pajock: in emend. tardo peacock. 890
280
285
AMLETO, ATTO III SCENA 2
il mondo166. Amico, tutto questo non basterebbe, se mai la fortuna si facesse turca con me167, per farmi avere una quota in una compagnia di attori, mettendomi addosso una foresta di piume e due rosette di Provenza sugli scarpini con gli spacchi168? ORAZIO
Mezza quota. AMLETO
Una intera per me! Perché Caro Damone169, come tu sai, Il regno è finito nei guai, E privo di Giove è ora occupato da un vero – un vero pavone! ORAZIO
Avreste potuto far rima170. AMLETO
Oh buon Orazio, punto mille sterline sulla parola dello spettro. Hai notato? ORAZIO
Molto bene, mio signore. AMLETO
Quando si è parlato di avvelenamenti? ORAZIO
L’ho notato molto bene. Entrano Rosencrantz e Guildenstern AMLETO
Ah, ah! Avanti con la musica, avanti i flauti! Se il re la commedia non gradisce, ciò vuol dir che la commedia patisce! Avanti con la musica! GUILDENSTERN
Mio buon signore, concedetemi una parola. AMLETO
Signore, una storia intera. GUILDENSTERN
Il re, signore – AMLETO
Oh sì signore, che ne è di lui? 891
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
GUILDENSTERN Is in his retirement marvellous distempered. HAMLET With drink, sir? GUILDENSTERN No, my lord, rather with choler.
290
HAMLET Your wisdom should show itself more richer to
signify this to his doctor, for for me to put him to his purgation would perhaps plunge him into far more choler. GUILDENSTERN Good my lord, put your discourse into some frame, and start not so wildly from my affair. HAMLET I am tame, sir. Pronunce. GUILDENSTERN The Queen your mother, in most great affliction of spirit, hath sent me to you. HAMLET You are welcome. GUILDENSTERN Nay, good my lord, this courtesy is not of the right breed. If it shall please you to make me a wholesome answer, I will do your mother’s commandment; if not, your pardon and my return shall be the end of my business. HAMLET Sir, I cannot. GUILDENSTERN What, my lord? HAMLET Make you a wholesome answer. My wit’s diseased. But, sir, such answers as I can make, you shall command; or rather, as you say, my mother. Therefore no more, but to the matter. My mother, you say? ROSENCRANTZ Then thus she says: your behaviour hath struck her into amazement and admiration.
310. As you say: così in Q2; in F you say = “dite”. 314. Struck: in F stroke. 892
296
300
305
312
AMLETO, ATTO III SCENA 2
GUILDENSTERN
Si è ritirato, in terribile agitazione. AMLETO
Per il vino, signore? GUILDENSTERN
No, piuttosto per la bile. AMLETO
La vostra saggezza si dimostrerebbe più copiosa chiamando un dottore: se fossi io a dargli la purga, la bile gli aumenterebbe troppo. GUILDENSTERN
Mio buon signore, date un ordine al vostro discorso, e non vi allontanate così strambamente dal mio argomento. AMLETO
Mi avete domato; sentenziate. GUILDENSTERN
La regina vostra madre, in grande afflizione, mi manda a voi. AMLETO
Siete il benvenuto. GUILDENSTERN
No, mio buon signore, questa vostra cortesia non risponde al galateo171. Se vorrete compiacervi di darmi una risposta sensata eseguirò l’ordine di vostra madre; se no, chiedo scusa e ritorno indietro, e il mio incarico sarà compiuto. AMLETO
Signore, non posso… GUILDENSTERN
Cosa, mio signore? AMLETO
… Darvi una risposta sensata. La mia mente è malata. Ma, signore, delle risposte che riuscirò a darvi ne disporrete voi; o piuttosto, come dite, ne disporrà mia madre. Quindi basta, veniamo al dunque. Mia madre, avete detto? ROSENCRANTZ
Lei così dice: che il vostro comportamento l’ha riempita di sbigottimento e stupore.
893
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
HAMLET O wonderful son, that can so astonish a mother!
But is there no sequel at the heels of this mother’s admiration? ROSENCRANTZ She desires to speak with you in her closet ere you go to bed. HAMLET We shall obey, were she ten times our mother. Have you any further trade with us? ROSENCRANTZ My lord, you once did love me. HAMLET So I do still, by these pickers and stealers. ROSENCRANTZ Good my lord, what is your cause of distemper? You do freely bar the door of your own liberty if you deny your griefs to your friend. HAMLET Sir, I lack advancement. ROSENCRANTZ How can that be when you have the voice of the King himself for your succession in Denmark? HAMLET Ay, but ‘while the grass grows…’ the proverb is something musty.
319
326
331
Enter one with a recorder O, the recorder. Let me see. (To Rosencrantz and Guildenstern, taking them aside) To withdraw with you, why do you go about to recover the wind of me as if you would drive me into a toil? GUILDENSTERN O my lord, if my duty be too bold, my love is too unmannerly. HAMLET I do not well understand that. Will you play upon this pipe? GUILDENSTERN My lord, I cannot. HAMLET I pray you.
332. In Q2 recorder è al plurale. 894
335
340
AMLETO, ATTO III SCENA 2
AMLETO
Oh figlio meraviglioso, che può tanto sbigottire una madre! Ma c’è un seguito alle calcagna di questo materno stupore?172 ROSENCRANTZ
Desidera parlare con voi nella sua camera prima che andiate a letto. AMLETO
Obbediremo, fosse dieci volte nostra madre. Avete altro da discutere con noi? ROSENCRANTZ
Mio signore, voi una volta mi volevate bene. AMLETO
E così ancora, per queste mie mani infide173. ROSENCRANTZ
Mio buon signore, qual è la causa del vostro malessere? Certo sbarrate la porta del vostro stesso riscatto se celate i vostri turbamenti a un amico. AMLETO
Signore, non riesco a fare carriera. ROSENCRANTZ
Ma come è possibile, quando avete la parola del re stesso per la successione al trono? AMLETO
Già, ma “campa caval”… – il proverbio174 è un po’ andato… Entra uno con un flauto Oh, il flauto! Fammi vedere. (A Rosencrantz e Guildenstern, tirandoli da parte) Detto fra noi, perché vi date da fare per venirmi sopravvento, come se voleste intrappolarmi? GUILDENSTERN
Oh mio signore, se sono troppo spavaldo nel fare il mio dovere, è perché troppo invadente è il mio affetto. AMLETO
Non vi capisco bene. Volete suonare questo flauto? GUILDENSTERN
Non ne sono capace, mio signore. AMLETO
Vi prego. 895
HAMLET, ACT 3 SCENE 2
GUILDENSTERN Believe me, I cannot. HAMLET I do beseech you. GUILDENSTERN I know no touch of it, my lord. HAMLET ’Tis as easy as lying. Govern these ventages with
your fingers and thumb, give it breath with your mouth, and it will discourse most excellent music. Look you, these are the stops. GUILDENSTERN But these cannot I command to any utterance of harmony. I have not the skill. HAMLET Why, look you now, how unworthy a thing you make of me! You would play upon me, you would seem to know my stops, you would pluck out the heart of my mystery, you would sound me from my lowest note to the top of my compass; and there is much music, excellent voice in this little organ, yet cannot you make it speak. ’Sblood, do you think I am easier to be played on than a pipe? Call me what instrument you will, though you can fret me, you cannot play upon me.
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Enter Polonius God bless you, sir. POLONIUS My lord, the Queen would speak with you, and
presently. HAMLET Do you see yonder cloud that’s almost in shape
of a camel? POLONIUS By th’ mass, and ’tis: like a camel, indeed. HAMLET Methinks it is like a weasel. POLONIUS It is backed like a weasel. HAMLET Or like a whale.
346. Fingers: così in Q2; in F finger. 357. ’Sblood: così in Q2; in F why: v. sopra, nota a II, 2, 578. 364. Yonder: così in Q2; in F that = “quella”. 365. Of: così in Q1 e Q2, in F like = “come”. 896
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AMLETO, ATTO III SCENA 2
GUILDENSTERN
Credetemi, non sono capace. AMLETO
Vi imploro. GUILDENSTERN
Non so nemmeno dove mettere le dita. AMLETO
È facile come mentire. Chiudete questi fori con le dita e il pollice, ci soffiate con la bocca, e vi canta una musica eccellente. Guardate qui, questi sono i fori. GUILDENSTERN
Ma io non so articolarci alcun tipo di armonia. Non ho stoffa. AMLETO
E allora, guardate che cosa ignobile voi due fate di me! Voi vorreste suonarmi, vorreste pretendere di conoscere i miei fori, vorreste penetrare nel cuore del mio mistero, vorreste suonarmi dalla nota più bassa al massimo della mia estensione; e c’è davvero molta musica, una voce eccellente in questo organetto, ma voi non sapete farlo parlare. Perdio, pensate che io sia più facile da suonare di un flauto? Prendetemi per lo strumento che volete, per quanto mi scuotiate non riuscite a suonarmi. Entra Polonio Dio vi benedica, signore. POLONIO
La regina vuole parlarvi, e subito. AMLETO
Vedete quella nuvola lassù, che ha quasi la forma di un cammello? POLONIO
Per la messa, è proprio così, davvero come un cammello. AMLETO
Io penso che assomiglia a una donnola. POLONIO
Ha il dorso di una donnola. AMLETO
O di una balena.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 3
POLONIUS Very like a whale.
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HAMLET Then will I come to my mother by and by. (Aside)
They fool me to the top of my bent. (To Polonius) I will come by and by. POLONIUS I will say so. HAMLET ‘By and by’ is easily said. Exit Polonius Leave me, friends.
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Exeunt Rosencrantz and Guildenstern ’Tis now the very witching time of night, When churchyards yawn, and hell itself breathes out Contagion to this world. Now could I drink hot blood, And do such bitter business as the day Would quake to look on. Soft, now to my mother. O heart, lose not thy nature! Let not ever The soul of Nero enter this firm bosom. Let me be cruel, not unnatural. I will speak daggers to her, but use none. My tongue and soul in this be hypocrites – How in my words somever she be shent, To give them seals never my soul consent. Exit 3.3
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Enter King Claudius, Rosencrantz, and Guildenstern
KING CLAUDIUS
I like him not, nor stands it safe with us To let his madness range. Therefore prepare you. I your commission will forthwith dispatch, And he to England shall along with you. The terms of our estate may not endure Hazard so dangerous as doth hourly grow Out of his lunacies. GUILDENSTERN We will ourselves provide. Most holy and religious fear it is To keep those many many bodies safe That live and feed upon your majesty. ROSENCRANTZ
The single and peculiar life is bound With all the strength and armour of the mind 898
5
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AMLETO, ATTO III SCENA 3
POLONIO
Proprio come una balena. AMLETO
Allora vengo subito da mia madre. (A parte) Tirano troppo la corda, a volermi tanto pazzo! (A Polonio) Vengo subito. POLONIO
Vado a riferire. AMLETO
“Subito” è presto detto. Esce Polonio Lasciatemi, amici. Escono Rosencrantz e Guildenstern Questa è l’ora più stregata della notte, quando sbadigliano i cimiteri e l’inferno stesso alita il suo contagio sul mondo. Ora io potrei bere sangue ancora caldo e compiere atti tanto scellerati che il giorno tremerebbe a guardarli. Basta; ora da mia madre. Oh cuore, non smarrire la tua natura! Che l’anima di Nerone175 non entri mai in questo saldo petto. Voglio essere crudele, non snaturato. A lei dirò pugnali, senza usarne. Siate ipocrite, lingua mia, anima mia – per quanto le parole la possano svergognare, che la mia anima non si presti mai a suggellarle. Esce III, 3
Entrano re Claudio, Rosencrantz e Guildenstern176
CLAUDIO
Lui non mi piace, e non è salutare per noi lasciare che la sua follia imperversi. Dunque siate pronti. Faccio subito predisporre le vostre credenziali, e lui verrà con voi in Inghilterra. La nostra condizione non può tollerare una minaccia così pericolosa, che aumenta di ora in ora per le sue stramberie177. GUILDENSTERN
Provvederemo. È cosa santa e devota affannarsi per la sicurezza di quei tanti e tanti corpi che vivono nutrendosi della vostra Maestà. ROSENCRANTZ
Ogni vita singola e individuale si vota con tutta la forza e le difese della mente a tener lontana ogni minaccia; ma ancor di più lo deve 899
HAMLET, ACT 3 SCENE 3
To keep itself from noyance; but much more That spirit upon whose weal depends and rests The lives of many. The cease of majesty Dies not alone, but like a gulf doth draw What’s near it with it. It is a massy wheel Fixed on the summit of the highest mount, To whose huge spokes ten thousand lesser things Are mortised and adjoined, which when it falls Each small annexment, petty consequence, Attends the boist’rous ruin. Never alone Did the King sigh, but with a general groan.
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KING CLAUDIUS
Arm you, I pray you, to this speedy voyage, For we will fetters put upon this fear Which now goes too free-footed. ROSENCRANTZ and GUILDENSTERN We will haste us.
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Exeunt both Enter Polonius POLONIUS
My lord, he’s going to his mother’s closet. Behind the arras I’ll convey myself To hear the process. I’ll warrant she’ll tax him home. And, as you said – and wisely was it said – ’Tis meet that some more audience than a mother, Since nature makes them partial, should o’erhear The speech of vantage. Fare you well, my liege. I’ll call upon you ere you go to bed, And tell you what I know. KING CLAUDIUS Thanks, dear my lord. Exit Polonius O, my offence is rank! It smells to heaven. It hath the primal eldest curse upon’t,
14. Weal: così in Q2; in F spirit = “spirito” (ripetizione incongrua). 15. Cease: in Q2 cess. 17. Qui Q2 aggiunge or. 900
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AMLETO, ATTO III SCENA 3
fare quello spirito dal cui vigore dipendono, e su cui riposano, le vite di tante persone. La maestà non muore da sola, ma come un gorgo attira e assorbe ciò che le sta vicino. È come una ruota massiccia posta sulla sommità del monte più alto, ai cui enormi raggi sono ancorate e incollate diecimila più piccole cose; e quando rotola giù, ogni minimo annesso, ogni impercettibile corredo ne accompagna il roboante tracollo. Il re non sospira mai da solo: lo segue il lamento universale. CLAUDIO
Vi prego, equipaggiatevi per un rapido viaggio. Noi mettiamo alla catena questa paura che ora troppo libera scorrazza. ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN Ci affrettiamo. Escono entrambi Entra Polonio POLONIO
Mio signore, lui sta andando nella stanza di sua madre. Io mi metterò dietro l’arazzo per ascoltare quel che dicono. Di sicuro lei gli darà la lavata di capo che si merita. E, come avete detto – saggiamente detto – è conveniente che un pubblico più ampio di una madre, parziale per natura, senta il loro discorso da posizione vantaggiosa. Vi saluto, Maestà. Verrò da voi prima che andiate a letto, a dirvi quel che ho appreso. CLAUDIO
Grazie, mio buon signore. Esce Polonio Oh, la putredine del mio peccato! Il suo lezzo sale fino al cielo. Ha addosso la prima e più antica maledizione, l’assassinio del fratello.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 3
A brother’s murder. Pray can I not. Though inclination be as sharp as will, My stronger guilt defeats my strong intent, And like a man to double business bound I stand in pause where I shall first begin, And both neglect. What if this cursèd hand Were thicker than itself with brother’s blood, Is there not rain enough in the sweet heavens To wash it white as snow? Whereto serves mercy But to confront the visage of offence? And what’s in prayer but this twofold force, To be forestallèd ere we come to fall, Or pardoned being down? Then I’ll look up. My fault is past – but O, what form of prayer Can serve my turn? ‘Forgive me my foul murder’? That cannot be, since I am still possessed Of those effects for which I did the murder – My crown, mine own ambition, and my queen. May one be pardoned and retain th’offence? In the corrupted currents of this world Offence’s gilded hand may shove by justice, And oft ’tis seen the wicked prize itself Buys out the law. But ’tis not so above. There is no shuffling, there the action lies In his true nature, and we ourselves compelled Even to the teeth and forehead of our faults To give in evidence. What then? What rests? Try what repentance can. What can it not? Yet what can it when one cannot repent? O wretched state, O bosom black as death, O limèd soul that, struggling to be free, Art more engaged! Help, angels! Make assay. Bow, stubborn knees; and heart with strings of steel, Be soft as sinews of the new-born babe. All may be well. He kneels.
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AMLETO, ATTO III SCENA 3
Pregare non posso, anche se lo desidero e insieme lo voglio: ma la maggior forza della colpa distrugge in me una pur forte intenzione. Come un uomo doppiamente indebitato sono in forse su quale debito onorare, e li trascuro entrambi178. Pur se lo spessore di questa mano maledetta fosse raddoppiato dal sangue coagulato di un fratello, non ci sarebbe negli alti cieli abbastanza pioggia per lavarla bianca come la neve? A che serve la misericordia se non a sfidare il delitto a viso aperto? E cosa c’è nella preghiera se non una duplice forza, che ci trattiene prima di cadere in fallo, o ci perdona quando si sia caduti? Guarderò in alto, allora. La mia colpa appartiene al passato – ma oh, quale preghiera mi può servire ora? Forse “Perdona il mio turpe assassinio”? No, questa non può andare, finché sono ancora in possesso di ciò – la mia corona, la mia ambizione, la mia regina – per cui ho commesso il delitto. Si può essere perdonati conservando quanto si è preso? Nelle correnti della corruzione di questo mondo la mano dorata della colpa può piegare la giustizia, e spesso vediamo come il frutto della rapina si compri la legge. Ma in cielo non succede così. Là non si bara, là l’azione esiste nella sua vera natura, là siamo obbligati a dar prova di noi stessi faccia a faccia con i peccati commessi. E allora? Cosa resta? Proviamo quanto può fare il pentimento. E quanto non può? E tuttavia, quanto può se uno non riesce a pentirsi? Oh sventurato! Oh petto nero come la morte, oh anima invischiata, che più lotti per liberarti e più rimani prigioniera! Angeli, aiuto! Provate a piegarvi, ginocchia ostinate! E tu cuore dalle corde d’acciaio, sii flessibile come i muscoli del neonato. Tutto può finire bene. Si inginocchia.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 3
Enter Prince Hamlet behind him HAMLET
Now might I do it pat, now a is praying, And now I’ll do’t, [He draws his sword] and so a goes to heaven, And so am I revenged. That would be scanned. A villain kills my father, and for that I, his sole son, do this same villain send To heaven. O, this is hire and salary, not revenge! A took my father grossly, full of bread, With all his crimes broad blown, as flush as May; And how his audit stands, who knows save heaven? But in our circumstance and course of thought ’Tis heavy with him. And am I then revenged To take him in the purging of his soul, When he is fit and seasoned for his passage? No.
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He sheathes his sword Up, sword, and know thou a more horrid hint. When he is drunk asleep, or in his rage, Or in th’incestuous pleasure of his bed, At gaming, swearing, or about some act That has no relish of salvation in’t, Then trip him that his heels may kick at heaven, And that his soul may be as damned and black As hell whereto it goes. My mother stays. This physic but prolongs thy sickly days.
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KING CLAUDIUS
My words fly up, my thoughts remain below. Words without thoughts never to heaven go.
Exit
77. Sole son: così in Q2; in F soul son = “figlio del cuore” ? 81. Flush: così in Q2; in F fresh = “fresco”. 904
AMLETO, ATTO III SCENA 3
Entra Amleto dietro di lui AMLETO
Ora lo potrei fare pulito pulito, ora che sta pregando; e ora lo faccio… [Sfodera la spada] … e così lui se ne va in cielo, e questa sarebbe la mia vendetta? Qui c’è bisogno di riflessione. Un manigoldo mi uccide il padre, e perciò io, suo unico figlio, mando in paradiso quello stesso manigoldo. Ma allora è un compenso, una remunerazione179, non una vendetta! Lui ha sorpreso mio padre nel pieno del peccato, satollo di pane, nel pieno delle sue colpe180 rigogliose come il maggio: e a che punto stia il suo rendiconto, chi può saperlo se non il cielo? Ma per quanto ne sappiamo e pensiamo, gli deve gravare addosso. Mi devo dunque vendicare mentre si purga l’anima, quando è pronto, maturo per il trapasso? No. Rinfodera la spada Ti distolgo, spada, fino a quando troverai una più terribile occasione, quando lui dorme ubriaco, o in piena collera, o nel piacere incestuoso del suo letto, al gioco, mentre bestemmia, o intento a qualche atto privo di qualsiasi sapore di salvezza – allora fallo inciampare, che scalci il cielo con i calcagni, con l’anima dannata e nera come l’inferno cui è diretta. Ma madre aspetta. Questa medicina non fa che prolungare i giorni della tua malattia. Esce CLAUDIO
Le mie parole volano in alto, ma i miei pensieri rimangono a terra. Senza i pensieri, le parole non raggiungono il cielo. Esce
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
3.4
Enter Queen Gertrude and Polonius
POLONIUS
A will come straight. Look you lay home to him. Tell him his pranks have been too broad to bear with, And that your grace hath screened and stood between Much heat and him. I’ll silence me e’en here. Pray you be round with him. HAMLET (within) Mother, mother, mother!
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QUEEN GERTRUDE
I’ll warr’nt you. Fear me not. Withdraw; I hear him coming. Polonius hides behind the arras. Enter Prince Hamlet HAMLET Now, mother, what’s the matter? QUEEN GERTRUDE
Hamlet, thou hast thy father much offended. HAMLET
Mother, you have my father much offended.
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QUEEN GERTRUDE
Come, come, you answer with an idle tongue. HAMLET
Go, go, you question with a wicked tongue. QUEEN GERTRUDE
Why, how now, Hamlet? HAMLET
What’s the matter now?
QUEEN GERTRUDE
Have you forgot me? No, by the rood, not so. You are the Queen, your husband’s brother’s wife. But – would you were not so – you are my mother.
HAMLET
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QUEEN GERTRUDE
Nay, then, I’ll set those to you that can speak. 12. A wicked tongue: così in Q2; in F an idle tongue = “[una lingua] parole inconsistenti”. 16. But – would you were not so – you: emend. Oxford; in Q2 and would it were not so, you; in F: but would you were not so. 906
AMLETO, ATTO III SCENA 4
III, 4
Entrano la regina Gertrude e Polonio181
POLONIO
Viene subito. Badate a farvi sentire. Ditegli che le sue stravaganze sono state troppo grandi per poterle sopportare, e che vostra Grazia lo ha protetto interponendosi fra lui e una gran sfuriata. Io me ne sto zitto qui. Vi prego, siate chiara con lui. AMLETO (da dentro) Madre, madre, madre! GERTRUDE
Ve lo assicuro, non temete. Ritiratevi. Sento che viene. Polonio si nasconde dietro l’arazzo. Entra il principe Amleto AMLETO182
Ebbene, madre, di che si tratta? GERTRUDE
Amleto, tu hai molto offeso tuo padre. AMLETO
Madre, voi avete molto offeso mio padre. GERTRUDE
Avanti, su, non rispondere così vanamente! AMLETO
Allora non chiedete con parole così indisponenti! GERTRUDE
Insomma Amleto, cosa succede? AMLETO
Di che si tratta, dunque? GERTRUDE
Dimentichi chi sono? AMLETO
No, per la croce, no. Siete la regina, la moglie del fratello di vostro marito. Ma siete anche – ah, così non fosse! – mia madre. GERTRUDE
Allora ti faccio affrontare da chi ti sa parlare.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
HAMLET
Come, come, and sit you down. You shall not budge. You go not till I set you up a glass Where you may see the inmost part of you.
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QUEEN GERTRUDE
What wilt thou do? Thou wilt not murder me? Help, help, ho! POLONIUS (behind the arras) What ho! Help, help, help! HAMLET
How now, a rat? Dead for a ducat, dead. He thrusts his sword through the arras POLONIUS
O, I am slain! QUEEN GERTRUDE (to Hamlet) O me, what hast thou done? HAMLET
Nay, I know not. Is it the King?
25
QUEEN GERTRUDE
O, what a rash and bloody deed is this! HAMLET
A bloody deed – almost as bad, good-mother, As kill a king and marry with his brother. QUEEN GERTRUDE
As kill a king? Ay, lady, ’twas my word. (To Polonius) Thou wretched, rash, intruding fool, farewell. I took thee for thy better. Take thy fortune. Thou find’st to be too busy is some danger. – Leave wringing of your hands. Peace, sit you down, And let me wring your heart; for so I shall If it be made of penetrable stuff, If damnèd custom have not brassed it so That it is proof and bulwark against sense.
HAMLET
31. Better: così in Q2; in F betters = “i più grandi”. 908
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AMLETO, ATTO III SCENA 4
AMLETO
Ma venite qui, su, e sedetevi. Non vi muovete, non vi alzate finché non vi avrò mostrato uno specchio in cui potrete vedere la parte più intima di voi stessa. GERTRUDE
Cosa vuoi fare? Non vorrai uccidermi! Aiuto, aiuto! POLONIO (dietro l’arazzo)
Oh, oh, aiuto, aiuto, aiuto! AMLETO
Che succede? Un topo! Scommessa: un ducato che lo faccio fuori! Affonda la spada nell’arazzo POLONIO
Oh, sono morto! GERTRUDE (a Amleto) Ahimè, cosa hai fatto? AMLETO
No, non so. È il re? GERTRUDE
Oh che atto forsennato e sanguinario! AMLETO
Un atto sanguinario – quasi altrettanto grave, cara madre, che uccidere un re e sposarsi con suo fratello. GERTRUDE
Come uccidere un re? AMLETO
Sì signora, così ho detto. (A Polonio) E tu, miserabile, scriteriato, invadente ficcanaso, addio. Ti ho scambiato per uno più in alto di te. Accetta la tua sorte. Scopri che è pericoloso immischiarsi troppo. – Smettetela di torcervi le mani. Ora sedete, che ho da torcervi il cuore: ce la farò se è di sostanza malleabile, se l’abitudine al male non l’ha fatto diventare di bronzo, un impassibile baluardo contro i sentimenti.
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
QUEEN GERTRUDE
What have I done, that thou dar’st wag thy tongue In noise so rude against me? HAMLET Such an act That blurs the grace and blush of modesty, Calls virtue hypocrite, takes off the rose From the fair forehead of an innocent love And sets a blister there, makes marriage vows As false as dicers’ oaths – O, such a deed As from the body of contraction plucks The very soul, and sweet religion makes A rhapsody of words. Heaven’s face doth glow, Yea, this solidity and compound mass With tristful visage, as against the doom, Is thought-sick at the act. QUEEN GERTRUDE Ay me, what act, That roars so loud and thunders in the index?
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HAMLET
Look here upon this picture, and on this, The counterfeit presentment of two brothers. See what a grace was seated on this brow – Hyperion’s curls, the front of Jove himself, An eye like Mars, to threaten or command, A station like the herald Mercury New lighted on a heaven-kissing hill; A combination and a form indeed Where every god did seem to set his seal To give the world assurance of a man. This was your husband. Look you now what follows. Here is your husband, like a mildewed ear Blasting his wholesome brother. Have you eyes? Could you on this fair mountain leave to feed,
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43. Sets; così in Q2; in F makes. 54. This: così in Q2; in F his (il possessivo ha sostituito il deittico, conservato nell’ed. Oxford). 64. Brother: così in Q2; in F breath = “fiato”. 910
AMLETO, ATTO III SCENA 4
GERTRUDE
Cos’ho mai fatto, che osi menare la lingua con tanta acredine contro di me? AMLETO
Un atto che insudicia la grazia e il rossore della modestia, che accusa di ipocrisia la virtù, che toglie la rosa dalla bella fronte di un amore innocente e vi imprime un marchio infamante183, che abbassa i voti nuziali alla stregua delle puntate nel gioco d’azzardo – Oh, un atto tale da svellere ogni spirito dal corpo del contratto di matrimonio, e fa della dolce religione un vaneggiamento parolaio. Il volto del cielo si infiamma, è così, e questa massa solida e composita184 con espressione triste185 si ammala solo a pensarlo, quell’atto: come nel giorno del Giudizio. GERTRUDE
Ahimè, quale atto può ruggire e tuonare così forte in un preambolo186? AMLETO
Guardate questo ritratto, e poi quest’altro: rappresentano le sembianze di due fratelli. Guardate quale grazia regnava su questo volto – i riccioli di Iperione, la fronte stessa di Giove, l’occhio di Marte minaccioso e altero, l’atteggiamento di Mercurio l’araldo187, salito al sommo di un monte che bacia il cielo, invero una combinazione e una forma su cui sembrava che ogni dio avesse impresso il suo sigillo per dare al mondo la certezza di che cos’è un uomo. Questo era vostro marito. E ora guardate il seguito. Ecco vostro marito: una spiga andata a male che infetta la spiga sana. Avete occhi? Avete smesso di nutrirvi su questo alto pascolo per ingozzarvi
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
And batten on this moor? Ha, have you eyes? You cannot call it love, for at your age The heyday in the blood is tame, it’s humble, And waits upon the judgement; and what judgement Would step from this to this? What devil was’t That thus hath cozened you at hood-man blind? O shame, where is thy blush? Rebellious hell, If thou canst mutine in a matron’s bones, To flaming youth let virtue be as wax And melt in her own fire. Proclaim no shame When the compulsive ardour gives the charge, Since frost itself as actively doth burn, And reason panders will. QUEEN GERTRUDE O Hamlet, speak no more! Thou turn’st mine eyes into my very soul, And there I see such black and grainèd spots As will not leave their tinct. HAMLET Nay, but to live In the rank sweat of an enseamèd bed, Stewed in corruption, honeying and making love Over the nasty sty – QUEEN GERTRUDE O, speak to me no more! These words like daggers enter in mine ears. No more, sweet Hamlet. HAMLET A murderer and a villain, A slave that is not twenti’th part the tithe Of your precedent lord, a vice of kings, A cutpurse of the empire and the rule, That from a shelf the precious diadem stole And put it in his pocket – QUEEN GERTRUDE No more.
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70. A questo punto Q2 aggiunge undici versi che qui troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 78. And: così in Q2; in F as = “come”. 80. Grainèd: così in F; in Q2 grieved = “addolorate”. 912
AMLETO, ATTO III SCENA 4
in questa palude? Ah, gli occhi ce li avete? Non potete chiamarlo amore, perché alla vostra età si calma il fervore del sangue, umilmente si mette agli ordini del giudizio. E quale giudizio passerebbe da questo a quest’altro? Quale demone ha potuto ingannarvi tanto al gioco di mosca cieca? Oh vergogna, dov’è il tuo rossore? Inferno delle rivolte, se puoi insorgere nelle ossa di una donna matura, che la virtù sia come cera davanti alla vampa della gioventù, e si sciolga al suo stesso fuoco. Proclama che non è vergogna quando l’ardore va alla carica senza freni, se il gelo stesso brucia con altrettanta forza, e la ragione fa da mezzana alla volontà. GERTRUDE
Oh Amleto, non parlare più! Tu mi rivolti gli occhi dentro la mia stessa anima, dove vedo macchie così nere e radicate che non se ne andranno mai188! AMLETO
Già, ma vivere nel sudore guasto di un letto insudiciato, affondata nella corruzione, nel miele e nell’amore di un immondo porcile189 – GERTRUDE
Oh non parlarmi più! Queste parole mi feriscono le orecchie come pugnali. Basta, dolce Amleto! AMLETO
Un assassino, un manigoldo, un furfante che non vale la ventesima parte della decima del vostro signore di prima, un buffone190 di re, un tagliaborse governativo, imperiale, che ha rubato da uno scaffale il diadema prezioso e se l’è messo in tasca – GERTRUDE
Basta!
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
HAMLET A king of shreds and patches –
Enter the Ghost in his nightgown Save me and hover o’er me with your wings, You heavenly guards! (To the Ghost) What would you, gracious figure? QUEEN GERTRUDE Alas, he’s mad. HAMLET (to the Ghost) Do you not come your tardy son to chide, That, lapsed in time and passion, lets go by Th’important acting of your dread command? O, say! GHOST Do not forget. This visitation Is but to whet thy almost blunted purpose. But look, amazement on thy mother sits. O, step between her and her fighting soul. Conceit in weakest bodies strongest works. Speak to her, Hamlet. HAMLET How is it with you, lady? QUEEN GERTRUDE Alas, how is’t with you, That you do bend your eye on vacancy, And with th’incorporal air do hold discourse? Forth at your eyes your spirits wildly peep, And, as the sleeping soldiers in th’alarm, Your bedded hair, like life in excrements, Start up and stand on end. O gentle son, Upon the heat and flame of thy distemper Sprinkle cool patience! Whereon do you look? HAMLET
On him, on him. Look you how pale he glares. His form and cause conjoined, preaching to stones, Would make them capable. (To the Ghost) Do not look upon me,
108. You do: così in Q2; in F you. 914
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AMLETO, ATTO III SCENA 4
AMLETO
Un re di pezze e ritagli – Entra lo Spettro, in vestaglia191 Guardie celesti, proteggetemi e stendete sopra di me le vostre ali! (Allo Spettro) Cosa vuole la tua augusta figura? GERTRUDE
Ahimè, è pazzo192. AMLETO (allo Spettro) Tu vieni a rimproverare il tuo figlio indolente, che ha perduto tempo e passione, e tralasciato di obbedire al tuo ordine tremendo! Oh parla! SPETTRO
Non dimenticare. Questa apparizione serve a pungolare il tuo proposito, ora quasi spuntato. Ma guarda, tua madre è accasciata. Oh, intervieni fra lei e la sua anima in conflitto! La suggestione si imprime più forte nei corpi più deboli. Parlale, Amleto. AMLETO
Come state, signora? GERTRUDE
Ahimè, come stai tu, che fissi lo sguardo nel vuoto e discorri con l’aria incorporea? Spiriti selvaggi si affacciano ai tuoi occhi, e, come soldati sorpresi dall’allarme nel sonno, i tuoi ben raccolti capelli si sollevano dritti e come dotati di vita propria193. Oh figlio gentile, spruzza una fredda pazienza sul calore e la fiamma della tua inquietudine! Ma dove guardi? AMLETO
Lui guardo, lui! Guardate la luce del suo pallore! Collegate il suo aspetto alla sua causa: se predicassero alle pietre le farebbero reagire! (Allo Spettro) Non mi guardare, affinché mostrando pietà tu
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
Lest with this piteous action you convert My stern effects. Then what I have to do Will want true colour – tears perchance for blood.
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QUEEN GERTRUDE
To whom do you speak this? Do you see nothing there?
HAMLET
QUEEN GERTRUDE
Nothing at all, yet all that is I see. HAMLET
Nor did you nothing hear? QUEEN GERTRUDE No, nothing but ourselves. HAMLET
Why, look you there. Look how it steals away. My father, in his habit as he lived. Look where he goes even now out at the portal.
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Exit the Ghost QUEEN GERTRUDE
This is the very coinage of your brain. This bodiless creation ecstasy Is very cunning in. HAMLET Ecstasy? My pulse as yours doth temperately keep time, And makes as healthful music. It is not madness That I have uttered. Bring me to the test, And I the matter will reword, which madness Would gambol from. Mother, for love of grace Lay not a flattering unction to your soul That not your trespass but my madness speaks. It will but skin and film the ulcerous place Whilst rank corruption, mining all within, Infects unseen. Confess yourself to heaven; Repent what’s past, avoid what is to come, And do not spread the compost o’er the weeds To make them ranker. Forgive me this my virtue,
143. Ranker: così in Q2; in F rank = “marciscano”. 916
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AMLETO, ATTO III SCENA 4
non converta i miei duri propositi: ciò che devo fare perderebbe i suoi veri colori – non del sangue, ma forse delle lacrime. GERTRUDE
A chi stai parlando? AMLETO
Non vedete nulla, là? GERTRUDE
Nulla di nulla, eppure vedo tutto quel che c’è. AMLETO
E nulla avete udito? GERTRUDE
No, se non noi stessi. AMLETO
Ebbene, guardate là. Guardate come si allontana turbato. Mio padre, vestito come da vivo. Guardate dove va: proprio adesso esce dalla porta. Esce lo Spettro GERTRUDE
Questa l’ha coniata il tuo cervello. La follia è abile a creare cose senza corpo. AMLETO
Follia? Il mio cuore batte regolare come il vostro, ed effonde una musica altrettanto sana. Non è follia quel che ho detto. Mettetemi alla prova e ripeterò tutto, mentre la follia se la svignerebbe. Madre, per amor di Dio, non vi ungete l’anima con l’illusione che a parlare non sia la vostra colpa ma la mia follia. Coprirebbe la piaga ulcerosa di una buccia fragile e sottile, mentre all’interno scaverebbe una malsana corruzione, infettando senza apparire. Confessatevi al cielo. Pentitevi di quanto è passato, evitate quanto deve venire, non spargete concime sulle erbacce perché marciscano ancora di più. Perdonate in me questo mia virtù, perché nel grasso di questi
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HAMLET, ACT 3 SCENE 4
For in the fatness of these pursy times Virtue itself of vice must pardon beg, Yea, curb and woo for leave to do him good.
145
QUEEN GERTRUDE
O Hamlet, thou hast cleft my heart in twain! HAMLET
O, throw away the worser part of it, And live the purer with the other half! Good night – but go not to mine uncle’s bed. Assume a virtue if you have it not. Refrain tonight, And that shall lend a kind of easiness To the next abstinence. Once more, good night; And when you are desirous to be blest, I’ll blessing beg of you. For this same lord, I do repent. But heaven hath pleased it so To punish me with this, and this with me, That I must be their scourge and minister. I will bestow him, and will answer well The death I gave him. So, again, good night. I must be cruel only to be kind. Thus bad begins, and worse remains behind. QUEEN GERTRUDE What shall I do?
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HAMLET
Not this, by no means, that I bid you do: Let the bloat King tempt you again to bed, Pinch wanton on your cheek, call you his mouse, And let him for a pair of reechy kisses, Or paddling in your neck with his damned fingers, Make you to ravel all this matter out, That I essentially am not in madness, But mad in craft. ’Twere good you let him know,
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151. A questo punto Q2 aggiunge dieci versi che qui troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 163. Qui Q2 aggiunge: One word more, good lady = “Una parola ancora, buona signora”. 166. Bloat: così in Q2; in F blunt = “brusco”, “ottuso”. 918
AMLETO, ATTO III SCENA 4
tempi incontinenti la virtù stessa deve chiedere perdono al vizio, sì, e inchinarsi e implorarlo di farle del bene. GERTRUDE
Oh Amleto, mi hai spezzato il cuore in due! AMLETO
Oh buttate via la sua parte peggiore, e vivete più sana con l’altra metà! Buona notte – ma non andate nel letto di mio zio. Simulate una virtù, se non l’avete. Astenetevi questa notte, e questo renderà un po’ più facile la prossima astinenza. Ancora una volta, buona notte; e quando vorrete essere benedetta, allora vi chiederò di benedirmi. Quanto a questo signore, mi dispiace. Ma è piaciuto al cielo di punire me con lui e lui con me, e fare di me il suo esecutore e il suo flagello. Provvederò a lui, e risponderò interamente della morte che gli ho dato. Così, di nuovo buona notte. Devo essere crudele per essere buono. Così comincia il male, e il peggio deve venire. GERTRUDE
Che devo fare? AMLETO
No, non quello che vi ho detto194. Lasciate che il re tutto boria vi tenti di nuovo al letto, vi pizzichi le guance in modo lascivo, vi chiami la sua topina, e lasciate che per un paio di viscidi baci, o strusciandovi il collo con le sue maledette dita, vi faccia rivelare tutta questa faccenda, che io non sono pazzo veramente, ma pazzo ad arte. Sarebbe bene che glie lo faceste sapere: chi se non una regina
919
HAMLET, ACT 4 SCENE 1
For who that’s but a queen, fair, sober, wise, Would from a paddock, from a bat, a gib, Such dear concernings hide? Who would do so? No, in despite of sense and secrecy, Unpeg the basket on the house’s top, Let the birds fly, and, like the famous ape, To try conclusions in the basket creep, And break your own neck down.
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QUEEN GERTRUDE
Be thou assured, if words be made of breath, And breath of life, I have no life to breathe What thou hast said to me. HAMLET I must to England. You know that? QUEEN GERTRUDE Alack, I had forgot. ’Tis so concluded on. HAMLET This man shall set me packing. I’ll lug the guts into the neighbour room. Mother, good night indeed. This counsellor Is now most still, most secret, and most grave, Who was in life a foolish prating knave. – Come, sir, to draw toward an end with you. – Good night, mother. Exit, tugging in Polonius 4.1
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Enter King Claudius to Queen Gertrude
KING CLAUDIUS
There’s matter in these sighs, these profound heaves; You must translate. ’Tis fit we understand them. Where is your son?
185. A questo punto Q2 aggiunge nove versi che qui troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 1, 0. Nelle edizioni originali c’è confusione su chi entra in scena a questo punto: Q2 prevede che entrino il re, Rosencrantz e Guildenstern; la regina, che vi è rimasta, prega i due cortigiani di allontanarsi. F prevede solo l’entrata del re. 1. Matter: così in Q2; in F matters. 920
AMLETO, ATTO IV SCENA 1
bella, saggia, dignitosa nasconderebbe a un rospo, a un pipistrello, a un gatto195 cose per lui tanto importanti? Chi lo farebbe? No, a dispetto del buon senso e della segretezza, spalancate la gabbia in cima alla casa, fate volare gli uccelli, e come la scimmia della favola ficcatevi nella gabbia per capire come uscirne, e rompetevi il collo giù di sotto196. GERTRUDE
Stai sicuro: se le parole sono fatte di fiato, e il fiato di vita, non ho vita per dare fiato quel che mi hai detto197. AMLETO
Devo andare in Inghilterra. Lo sapete? GERTRUDE
Mi spiace, l’avevo dimenticato. Dunque è deciso198. AMLETO
Quest’uomo199 mi costringe a sloggiare. Ne scarico le budella nella stanza accanto. Madre, ora davvero buona notte. Questo consigliere ora è del tutto muto, del tutto segreto, e del tutto serio, lui che in vita era uno sciocco chiacchierone. – Avanti, signore, con voi siamo arrivati alla fine. Buona notte, madre. Esce, trascinando Polonio IV, 1
Entrano parlando il re Claudio e la regina Gertrude 200
CLAUDIO
Questi sospiri, questo profondo ansimare hanno una ragione. Me la dovete tradurre; è opportuno che io la capisca. Vostro figlio dov’è?
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HAMLET, ACT 4 SCENE 1
QUEEN GERTRUDE
Ah, my good lord, what have I seen tonight! KING CLAUDIUS What, Gertrude? How does Hamlet?
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QUEEN GERTRUDE
Mad as the sea and wind when both contend Which is the mightier. In his lawless fit, Behind the arras hearing something stir, He whips his rapier out and cries ‘A rat, a rat!’, And in his brainish apprehension kills The unseen good old man. KING CLAUDIUS O heavy deed! It had been so with us had we been there. His liberty is full of threats to all – To you yourself, to us, to everyone. Alas, how shall this bloody deed be answered? It will be laid to us, whose providence Should have kept short, restrained, and out of haunt This mad young man. But so much was our love, We would not understand what was most fit, But, like the owner of a foul disease, To keep it from divulging, let it feed Even on the pith of life. Where is he gone?
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QUEEN GERTRUDE
To draw apart the body he hath killed, O’er whom – his very madness, like some ore Among a mineral of metals base, Shows itself pure – a weeps for what is done. KING CLAUDIUS O Gertrude, come away! The sun no sooner shall the mountains touch But we will ship him hence; and this vile deed We must with all our majesty and skill Both countenance and excuse. – Ho, Guildenstern!
6. Sea: così in Q1 e Q2; in F seas. 922
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AMLETO, ATTO IV SCENA 1
GERTRUDE
Ah mio buon signore, quel che non ho visto stanotte! CLAUDIO
Che cosa, Gertrude? Come sta Amleto? GERTRUDE
Matto come il mare e il vento quando disputano su chi è più forte. In un delirio sfrenato sente muovere qualcosa dietro l’arazzo, sguaina la spada, grida “Un topo, un topo!”, e in questo inganno della mente uccide il buon vecchio senza sapere. CLAUDIO
Oh atto scellerato! Sarebbe toccato a noi se fossimo stati lì. La sua esistenza in libertà è piena di minacce per tutti – per voi, per noi, per tutti. Ahimè, come rispondere di questo atto sanguinario? Sarà addebitato a noi, la cui previdenza avrebbe dovuto tenere a bada, rinchiudere, allontanare questo giovane pazzo. Ma tale era il nostro affetto che non abbiamo capito cosa fosse meglio, come chi è affetto da una malattia letale, e purché nessuno lo sappia lascia che questa gli divori l’essenza stessa della vita. Dov’è andato? GERTRUDE
A far sparire il corpo che ha ucciso, di fronte al quale la sua follia, come una vena d’oro in una miniera di metalli vili, si mostra pura: lui piange per quanto è successo. CLAUDIO
Andiamo, Gertrude! Lo imbarchiamo appena il sole avrà toccato i monti, e starà alla nostra maestà e abilità di dichiarare e giustificare questo atto sciagurato. – Ho, Guildenstern!
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HAMLET, ACT 4 SCENE 2
Enter Rosencrantz and Guildenstern Friends both, go join you with some further aid. Hamlet in madness hath Polonius slain, And from his mother’s closet hath he dragged him. Go seek him out, speak fair, and bring the body Into the chapel. I pray you haste in this.
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Exeunt Rosencrantz and Guildenstern Come, Gertrude, we’ll call up our wisest friends To let them know both what we mean to do And what’s untimely done. O, come away! My soul is full of discord and dismay. Exeunt 4.2
Enter Prince Hamlet
HAMLET Safely stowed. ROSENCRANTZ and GUILDENSTERN (within)
Hamlet, Lord Hamlet! HAMLET
What noise? Who calls on Hamlet? Enter Rosencrantz and Guildenstern O, here they come. ROSENCRANTZ
What have you done, my lord, with the dead body? HAMLET
Compounded it with dust, whereto ’tis kin.
5
ROSENCRANTZ
Tell us where ’tis, that we may take it thence And bear it to the chapel. HAMLET Do not believe it. ROSENCRANTZ Believe what? HAMLET That I can keep your counsel and not mine own. Besides, to be demanded of a sponge – what replication should be made by the son of a king?
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39. Qui Q2 ha cinque versi in più, che troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 5. In Q2: compound. 924
AMLETO, ATTO IV SCENA 2
Entrano Rosencrantz e Guildenstern Amici, andate entrambi a procurarvi altri aiuti. Amleto ha, nella sua follia, ucciso Polonio, e l’ha trascinato via dalla stanza di sua madre. Andate a cercarlo, parlategli gentilmente, e portate il corpo nella cappella. Vi prego di affrettarvi. Escono Rosencrantz e Guildenstern Vieni Gertrude, chiamiamo i nostri amici più saggi, per avvisarli di quanto vogliamo fare, e di quanto è stato fatto fuori luogo. Oh, andiamo! La mia anima è piena di confusione e smarrimento. Escono IV, 2
Entra il principe Amleto
AMLETO
Ora è al sicuro. ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN (da dentro)
Amleto, principe Amleto! AMLETO
Che rumore è questo? Chi chiama Amleto? Entrano Rosencrantz e Guildenstern Oh, eccoli che arrivano. ROSENCRANTZ
Mio signore, che ne avete fatto del morto? AMLETO
Mescolato201 alla polvere che gli è parente202. ROSENCRANTZ
Diteci dov’è, che lo si possa prendere e portare nella cappella. AMLETO
Non ci credete! ROSENCRANTZ
Non credere cosa? AMLETO
Che io possa mantenere il vostro segreto e non il mio203. Tra l’altro, se interrogato da una spugna, quale risposta dovrebbe dare un figlio di re?
925
HAMLET, ACT 4 SCENE 3
ROSENCRANTZ Take you me for a sponge, my lord? HAMLET Ay, sir, that soaks up the King’s countenance,
his rewards, his authorities. But such officers do the King best service in the end. He keeps them, like an ape an apple in the corner of his jaw, first mouthed to be last swallowed. When he needs what you have gleaned, it is but squeezing you, and, sponge, you shall be dry again. ROSENCRANTZ I understand you not, my lord. HAMLET I am glad of it. A knavish speech sleeps in a foolish ear. ROSENCRANTZ My lord, you must tell us where the body is, and go with us to the King. HAMLET The body is with the King, but the King is not with the body. The King is a thing – GUILDENSTERN A thing, my lord? HAMLET Of nothing. Bring me to him. Hide fox, and all after. Exit running, pursued by the others 4.3
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Enter King Claudius
KING CLAUDIUS
I have sent to seek him, and to find the body. How dangerous is it that this man goes loose! Yet must not we put the strong law on him. He’s loved of the distracted multitude, Who like not in their judgement but their eyes, And where ’tis so, th’offender’s scourge is weighed, But never the offence. To bear all smooth and even, This sudden sending him away must seem Deliberate pause. Diseases desperate grown By desperate appliance are relieved, Or not at all.
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16-17. Like an ape an apple: emend. tardo; in Q1 as an ape does nuts = “come fa una scimmia con le noccioline”; in Q2 like an apple = “come una mela”; in F like an ape = “come una scimmia”. 926
AMLETO, ATTO IV SCENA 3
ROSENCRANTZ
Mi prendete per una spugna, mio signore? AMLETO
Sì, signore, che si imbeve del favore del re, delle sue ricompense, dei suoi privilegi. Ma è alla fine che tali cortigiani rendono al re il loro miglior servizio. Lui li tiene, come fa la scimmia con la mela, in un angolo della bocca, e prima ne sente il sapore, e poi li inghiotte. Quando ha bisogno di ciò che avete assorbito non fa che strizzarvi e, spugne, voi ritornate asciutte. ROSENCRANTZ
Non vi capisco, mio signore. AMLETO
Questo mi rallegra. Un discorso malandrino si impigrisce nell’orecchio di uno sciocco. ROSENCRANTZ
Mio signore, dovete dirci dov’è il cadavere, e venire con noi dal re. AMLETO
Il cadavere sta con il re, ma il re non sta con il cadavere. Il re è una cosa... GUILDENSTERN
Una cosa, mio signore? AMLETO
Da nulla. Portatemi da lui. Nasconditi volpe, e tutti dietro204! Esce correndo, inseguito dagli altri IV, 3
Entra re Claudio205
CLAUDIO
Ho mandato a chiamare lui, e a cercare il cadavere. Com’è pericoloso che quest’uomo rimanga in libertà! E tuttavia non dobbiamo sottoporlo al rigore della legge. Lui è amato dalla folla irragionevole, che concede le proprie simpatie non con il senno ma con gli occhi, e quando ciò accade è la punizione, mai la colpa ad essere considerata. Perché tutto fili liscio, averlo allontanato così all’improvviso deve sembrare il frutto di un momento di riflessione. A mali estremi estremi rimedi, oppure nessuno.
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HAMLET, ACT 4 SCENE 3
Enter Rosencrantz How now, what hath befall’n? ROSENCRANTZ
Where the dead body is bestowed, my lord, We cannot get from him. KING CLAUDIUS But where is he? ROSENCRANTZ
Without, my lord, guarded to know your pleasure. KING CLAUDIUS Bring him before us.
15
ROSENCRANTZ
Ho, Guildenstern! Bring in my lord. Enter Prince Hamlet and Guildenstern KING CLAUDIUS
Now, Hamlet, where’s Polonius? HAMLET At supper. KING CLAUDIUS At supper? Where? HAMLET Not where he eats, but where a is eaten. A certain
convocation of politic worms are e’en at him. Your worm is your only emperor for diet. We fat all creatures else to fat us, and we fat ourselves for maggots. Your fat king and your lean beggar is but variable service – two dishes, but to one table. That’s the end. KING CLAUDIUS Alas, alas! HAMLET A man may fish with the worm that hath eat of a king, and eat of the fish that hath fed of that worm. KING CLAUDIUS What dost thou mean by this?
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25
AMLETO, ATTO IV SCENA 3
Entra Rosencrantz Allora, cos’è successo? ROSENCRANTZ
Dove il cadavere è stato messo, mio signore, non riusciamo a farcelo dire. CLAUDIO
Ma lui dov’è? ROSENCRANTZ
Qui fuori, signore, sotto scorta, in attesa di ordini. CLAUDIO
Portatelo al nostro cospetto. ROSENCRANTZ
Ho, Guildenstern, portate dentro il principe. Entrano il principe Amleto e Guildenstern CLAUDIO
Allora Amleto, dov’è Polonio? AMLETO
A cena. CLAUDIO
A cena? E dove? AMLETO
Non dove mangia, ma dove viene mangiato. Un certo consesso di vermi politici ci banchetta sopra. Il verme 206 è il solo imperatore della dieta 207. Noi ingrassiamo tutte le creature perché ingrassino noi, e ingrassiamo noi stessi per i vermi. Il re grasso e il mendicante magro sono due diverse portate – due piatti, ma di un unico menu. E questa è la fine. CLAUDIO
Ahimè, ahimè! AMLETO
Si può pescare con il verme che ha mangiato il re, e mangiare il pesce che si è nutrito di quel verme. CLAUDIO
Cosa intendi con questo?
929
HAMLET, ACT 4 SCENE 3
HAMLET Nothing but to show you how a king may go a
progress through the guts of a beggar.
31
KING CLAUDIUS Where is Polonius? HAMLET In heaven. Send thither to see. If your messenger
find him not there, seek him i’th’ other place yourself. But indeed, if you find him not this month, you shall nose him as you go up the stairs into the lobby. KING CLAUDIUS [to Rosencrantz] Go seek him there. HAMLET [to Rosencrantz] A will stay till ye come.
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Exit [Rosencrantz] KING CLAUDIUS
Hamlet, this deed of thine, for thine especial safety – Which we do tender as we dearly grieve For that which thou hast done – must send thee hence With fiery quickness. Therefore prepare thyself. The barque is ready, and the wind at help, Th’associates tend, and everything is bent For England. HAMLET For England? KING CLAUDIUS Ay, Hamlet. HAMLET Good.
40
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KING CLAUDIUS
So is it if thou knew’st our purposes. HAMLET I see a cherub that sees them. But come, for
England. Farewell, dear mother. KING CLAUDIUS Thy loving father, Hamlet.
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AMLETO, ATTO IV SCENA 3
AMLETO
Nulla, se non dimostrare come un re possa fare un viaggio di stato nelle budella di un mendicante. CLAUDIO
Dov’è Polonio? AMLETO
In paradiso. Mandateci qualcuno a vedere. Se il vostro messaggero non ce lo trova, cercatelo voi stesso nell’altro luogo. Ma davvero, se non lo trovate entro questo mese potrete fiutarlo salendo le scale che portano al portico. CLAUDIO [a Rosencrantz] Andate a cercarlo. AMLETO [a Rosencrantz] È lì che vi aspetta. Esce [Rosencrantz] CLAUDIO
Amleto, per la tua speciale sicurezza – cui noi tanto teniamo, come tanto ci addolora quanto hai fatto – questa tua azione deve farti prendere il largo con fulminea celerità. Dunque apprestati. La nave è pronta, il vento favorevole, i compagni ti aspettano, e tutto è pronto per l’Inghilterra. AMLETO
Per l’Inghilterra? CLAUDIO
Sì, Amleto. AMLETO
Bene. CLAUDIO
Proprio così, se conoscessi le nostre intenzioni. AMLETO
Vedo un cherubino che le vede. Ma via, in Inghilterra. Addio a te, cara madre. CLAUDIO
… E al tuo amorevole padre, Amleto.
931
HAMLET, ACT 4 SCENE 4
HAMLET My mother. Father and mother is man and wife,
man and wife is one flesh, and so my mother. Come, for England. Exit KING CLAUDIUS [to Guildenstern] Follow him at foot. Tempt him with speed aboard. Delay it not. I’ll have him hence tonight. Away, for everything is sealed and done That else leans on th’affair. Pray you, make haste.
56
Exit [Guildenstern] And, England, if my love thou hold’st at aught – As my great power thereof may give thee sense, Since yet thy cicatrice looks raw and red After the Danish sword, and thy free awe Pays homage to us – thou mayst not coldly set Our sovereign process, which imports at full, By letters conjuring to that effect, The present death of Hamlet. Do it, England, For like the hectic in my blood he rages, And thou must cure me. Till I know ’tis done, Howe’er my haps, my joys were ne’er begun. 4.4
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65
Exit
Enter Fortinbras with an army over the stage
FORTINBRAS
Go, captain, from me greet the Danish king. Tell him that by his licence Fortinbras Claims the conveyance of a promised march Over his kingdom. You know the rendezvous. If that his majesty would aught with us, We shall express our duty in his eye, And let him know so. CAPTAIN I will do’t, my lord. [Exit] FORTINBRAS Go safely on. Exeunt marching
5
9. Safely: in Q2 softly = “adagio”, “con calma”. A questo punto Q2 aggiunge un dialogo fra Amleto e il capitano, e un lungo monologo di Amleto, in cui la reiterata necessità della vendetta e la condanna della propria inerzia si mescolano con la considerazione, per contrasto, dell’inutilità della guerra. Qui troviamo l’uno e l’altro fra le “Aggiunte al testo”. 932
AMLETO, ATTO IV SCENA 4
AMLETO
A mia madre. Padre e madre sono marito a moglie, marito e moglie sono una sola carne, e quindi: a mia madre. Avanti, in Inghilterra. Esce CLAUDIO [a Guildenstern]
Stategli dietro. Fatelo salire subito a bordo. Non indugiate. Lo voglio fuori dai piedi questa notte. Andate: quel che riguarda questo affare tutto è stabilito e sigillato. Vi prego, fate in fretta. Esce [Guildenstern] E tu, re d’Inghilterra, se ti preme il mio affetto – come ti possono ammonire il mio grande potere e la cicatrice ancora ruvida e rossa che ti ha procurato la spada danese, e il rispetto che liberamente ci porti – tu non puoi considerare freddamente la nostra sovrana autorità, che ti comanda letteralmente, con lettere vergate a tale fine, la morte immediata di Amleto. Fallo, inglese, perché egli mi eccita il sangue come una febbre, e tu mi devi guarire. Finché non saprò che questo è stato fatto, qualunque sia la mia fortuna, le miei gioie non avranno mai inizio. Esce IV, 4
Entra Fortebraccio con un esercito in marcia sul palcoscenico208
FORTEBRACCIO
Vai, capitano, e saluta per me il re danese. Digli che, con il suo permesso, Fortebraccio chiede che sia mantenuta la promessa di passaggio attraverso le sue terre. Sai dove ci si troverà. Se sua Maestà volesse vederci, siamo pronti a rendergli omaggio di persona. Faglielo sapere. CAPITANO
Farò così, mio signore. [Esce] FORTEBRACCIO
Vai avanti sicuro209. Escono marciando210
933
HAMLET, ACT 4 SCENE 5
4.5
Enter Queen Gertrude and Horatio
QUEEN GERTRUDE
I will not speak with her. She is importunate, Indeed distraught. Her mood will needs be pitied. QUEEN GERTRUDE What would she have? HORATIO
HORATIO
She speaks much of her father, says she hears There’s tricks i’th’ world, and hems, and beats her heart, Spurns enviously at straws, speaks things in doubt That carry but half sense. Her speech is nothing, Yet the unshapèd use of it doth move The hearers to collection. They aim at it, And botch the words up fit to their own thoughts, Which, as her winks and nods and gestures yield them, Indeed would make one think there might be thought, Though nothing sure, yet much unhappily.
5
10
QUEEN GERTRUDE
’Twere good she were spoken with, for she may strew Dangerous conjectures in ill-breeding minds. Let her come in.
15
[Horatio withdraws to admit Ophelia] To my sick soul, as sin’s true nature is, Each toy seems prologue to some great amiss. So full of artless jealousy is guilt, It spills itself in fearing to be spilt.
20
Enter Ophelia mad, [her hair down, with a lute] OPHELIA
Where is the beauteous majesty of Denmark? QUEEN GERTRUDE How now, Ophelia?
0. In Q2 entrano Orazio, la regina e un gentiluomo, cui spettano le battute di Orazio. 9. They aim at it: in Q2 they yawn at it = “si sta a bocca aperta”. 20. 1. Her hair down, with a lute: la didascalia di Q1 playing on a lute, and her hair down, singing indica con maggiori particolari quello che doveva essere il modo di rappresentare in teatro la demenza femminile. 934
AMLETO, ATTO IV SCENA 5
Entrano la regina Gertrude e Orazio211
IV, 5
GERTRUDE
Non voglio parlare con lei. ORAZIO
Ma insiste, è proprio fuori di sé. Il suo stato chiede pietà. GERTRUDE
Che cosa vuole? ORAZIO
Parla molto di suo padre, dice di sapere che ci sono imbrogli dappertutto, e sospira, si batte il cuore, si inalbera per niente, pronuncia frasi vaghe, comprensibili solo a metà. Parla a vanvera, eppure quelle espressioni informi inducono chi l’ascolta a trovarvi un senso. Ci si interroga, si ricostruisce un discorso che significhi qualcosa, e lei lo favorisce ammiccando, accennando col capo, gesticolando, in modo da far pensare a qualche significato: nulla di sicuro, ma tutto molto infelice. GERTRUDE
È bene che qualcuno le parli, perché può disseminare congetture pericolose in menti maldisposte. Che entri. [Orazio si ritira per fare entrare Ofelia] Alla mia anima, sofferente come si addice alla vera natura del peccato, ogni minuzia sembra il prologo a qualche grande disastro. La colpa è così ricolma di confusi sospetti che per paura di essere stanata si stana da sé. Entra Ofelia vaneggiante, [con i capelli sciolti, e un liuto] OFELIA
Dov’è l’incantevole Maestà di Danimarca? GERTRUDE
Allora, Ofelia?
935
HAMLET, ACT 4 SCENE 5
OPHELIA (sings)
How should I your true love know From another one? – By his cockle hat and staff, And his sandal shoon.
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QUEEN GERTRUDE
Alas, sweet lady, what imports this song? OPHELIA Say you? Nay, pray you, mark. (Sings) He is dead and gone, lady, He is dead and gone. At his head a grass-green turf, At his heels a stone. QUEEN GERTRUDE Nay, but Ophelia – OPHELIA Pray you, mark. (Sings) White his shroud as the mountain snow –
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Enter King Claudius QUEEN GERTRUDE Alas, look here, my lord. OPHELIA (sings)
Larded with sweet flowers, Which bewept to the grave did – not – go With true-love showers. KING CLAUDIUS How do ye, pretty lady? OPHELIA Well, God’ield you. They say the owl was a baker’s daughter. Lord, we know what we are, but know not what we may be. God be at your table! KING CLAUDIUS (to Gertrude) Conceit upon her father. OPHELIA Pray you, let’s have no words of this, but when they ask you what it means, say you this. (Sings)
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40
46
AMLETO, ATTO IV SCENA 5
OFELIA (canta)
Come farei a riconoscere Fra i tanti il mio vero amore? Dalla conchiglia sul cappello, dai sandali e bordone212. GERTRUDE
Ahimè, dolce signora, cosa significa questa canzone? OFELIA
Dite? No, prego, state attenta (canta). Lui è morto e sepolto, signora, Morto e sepolto. Una zolla verde di erba sul capo, Un sasso ai suoi piedi. GERTRUDE
No, ma Ofelia... OFELIA
Attenta, vi prego (canta). Bianco il suo sudario come la neve dei monti… Entra il re Claudio213 GERTRUDE
Ahimè, guardate qui mio signore. OFELIA (canta) Guarnito di dolci fiori, Lui nella tomba 214 non andò rimpianto Da lacrime di vero amore. CLAUDIO
Come va, bella ragazza? OFELIA
Bene, che Dio ve ne renda merito. Dicono che la civetta fosse la figlia di un fornaio215. Signore Iddio, sappiamo cosa siamo, ma non cosa potremmo essere. Dio sia alla vostra tavola! CLAUDIO (a Gertrude) Fantastica su suo padre216. OFELIA
Vi prego, non parliamone, ma quando vi chiedono che cosa significa, voi rispondete così (canta): 937
HAMLET, ACT 4 SCENE 5
Tomorrow is Saint Valentine’s day, All in the morning betime, And I a maid at your window To be your Valentine. Then up he rose, and donned his clothes, And dupped the chamber door; Let in the maid, that out a maid Never departed more. KING CLAUDIUS Pretty Ophelia – OPHELIA Indeed, la? Without an oath, I’ll make an end on’t. (Sings) By Gis, and by Saint Charity, Alack, and fie for shame! Young men will do’t if they come to’t, By Cock, they are to blame. Quoth she ‘Before you tumbled me, You promised me to wed.’ So would I ‘a’ done, by yonder sun, An thou hadst not come to my bed. KING CLAUDIUS (to Gertrude) How long hath she been thus? OPHELIA I hope all will be well. We must be patient. But I cannot choose but weep to think they should lay him i’th’ cold ground. My brother shall know of it. And so I thank you for your good counsel. Come, my coach! Good night, ladies, good night, sweet ladies, good night, good night. Exit
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64. So would I: Q2 premette he answers – che, assente in F, viene qui ripreso (“E lui…”) per completezza. 938
AMLETO, ATTO IV SCENA 5
Domani è San Valentino Tutti si alzano presto al mattino E io, ragazza, alla tua finestra son venuta Per essere la tua Valentina. Allora lui si è alzato, Il suo vestito ha indossato, E la porta della stanza ha aperto; La ragazza ha fatto entrare Che non più ragazza ne è uscita. CLAUDIO
Bella Ofelia... OFELIA
Sì, davvero, finisco subito senza bestemmie. (Canta) Per Cr… e per la santa carità, Ahimè, che vergogna! I ragazzi, se gli capita, lo fanno; E perdinci 217, son da biasimare. Disse lei: “Prima di mettermi sotto Di sposarmi hai promesso”. E lui: “Per il sole, così avrei fatto, Se non fossi venuta nel mio letto”. CLAUDIO (a Gertrude) Da quanto tempo è così? OFELIA
Spero che tutto vada bene. Dobbiamo essere pazienti. Ma non posso fare a meno di piangere pensando che lo sotterrino nella fredda terra. Mio fratello lo saprà; e intanto io vi ringrazio per i vostri buoni consigli. Venga la mia carrozza! Buona notte, signore, buona notte dolci signore, buona notte, buona notte218. Esce
939
HAMLET, ACT 4 SCENE 5
KING CLAUDIUS (to Horatio)
Follow her close. Give her good watch, I pray you.
73
Exit Horatio O, this is the poison of deep grief! It springs All from her father’s death. O Gertrude, Gertrude, When sorrows come they come not single spies, But in battalions. First, her father slain; Next, your son gone, and he most violent author Of his own just remove; the people muddied, Thick and unwholesome in their thoughts and whispers For good Polonius’ death; and we have done but greenly In hugger-mugger to inter him; poor Ophelia Divided from herself and her fair judgement, Without the which we are pictures or mere beasts; Last, and as much containing as all these, Her brother is in secret come from France, Feeds on this wonder, keeps himself in clouds, And wants not buzzers to infect his ear With pestilent speeches of his father’s death; Wherein necessity, of matter beggared, Will nothing stick our persons to arraign In ear and ear. O my dear Gertrude, this, Like to a murd’ring-piece, in many places Gives me superfluous death.
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A noise within QUEEN GERTRUDE
Alack, what noise is this?
KING CLAUDIUS
Where is my Switzers? Let them guard the door.
95
Enter a Messenger What is the matter?
75. A questo punto Q2 aggiunge: – and now behold = “e ora guardate”… 87. Feeds: così in Q2; in F keeps (evitato nell’ed. Oxford per la inutile ripetizione con l’inizio). 940
AMLETO, ATTO IV SCENA 5
CLAUDIO (a Orazio)
Statele dietro. Fate buona guardia, vi prego. Esce Orazio Oh, questo è il veleno di un dolore profondo! Deriva tutto dalla morte del padre. Oh Gertrude, Gertrude, quando vengono, i mali non vengono come spie isolate, ma a battaglioni. Prima l’uccisione di suo padre, poi la partenza di vostro figlio, lui stesso artefice violento del suo giusto esilio; il popolo confuso, insensibile e maldisposto nei pensieri e nei mormorii sulla morte del buon Polonio; e noi abbiamo fatto male a sotterrarlo in fretta e in segreto219; la povera Ofelia, divisa da se stessa e dal suo miglior giudizio, senza il quale siamo figure dipinte o mere bestie; infine, e quasi la somma di tutto, suo fratello è appena arrivato segretamente dalla Francia, rimugina su tante anomalie, se ne sta fra le nuvole, e non gli mancano ciarloni che gli infettano le orecchie con detestabili discorsi sulla morte di suo padre; discorsi che, mancando di sostanza, non esitano ad accusare d’orecchio in orecchio le nostre persone. Mia cara Gertrude, questo, come un cannone caricato a mitraglia, in ogni arto mi infligge una morte superflua. Rumore all’interno220 GERTRUDE
Ahimè, cos’è questo rumore? CLAUDIO
Dove sono i miei svizzeri 221? Che guardino la porta. Entra un messaggero Cosa succede?
941
HAMLET, ACT 4 SCENE 5
Save yourself, my lord. The ocean, overpeering of his list, Eats not the flats with more impetuous haste Than young Laertes, in a riotous head, O’erbears your officers. The rabble call him lord, And, as the world were now but to begin, Antiquity forgot, custom not known, The ratifiers and props of every word, They cry ‘Choose we! Laertes shall be king.’ Caps, hands, and tongues applaud it to the clouds, ‘Laertes shall be king, Laertes king.’
MESSENGER
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QUEEN GERTRUDE
How cheerfully on the false trail they cry! A noise within O, this is counter, you false Danish dogs! KING CLAUDIUS The doors are broke.
Enter Laertes [with his followers at the door] LAERTES
Where is the King? – Sirs, stand you all without. ALL HIS FOLLOWERS No, let’s come in. LAERTES I pray you, give me leave. ALL HIS FOLLOWERS We Will, We will.
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LAERTES
I thank you. Keep the door. [Exeunt followers] O thou vile king, Give me my father. QUEEN GERTRUDE Calmly, good Laertes. LAERTES
That drop of blood that’s calm proclaims me bastard, Cries cuckold to my father, brands the harlot Even here between the chaste unsmirched brow Of my true mother.
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AMLETO, ATTO IV SCENA 5
MESSAGGERO
Mettetevi al riparo, mio signore. L’oceano che deborda oltre i suoi confini non divora le pianure con impeto più furioso di quanto il giovane Laerte, in veemente rivolta, non soverchi le vostre guardie. Il popolino lo invoca, e come se il mondo fosse ai suoi inizi si dimentica l’antico, si ignorano le usanze che conferiscono verità e forza a ogni parola, si grida “A noi la scelta! Laerte sarà re!”, e berretti, mani, lingue applaudono fino alle nuvole “Laerte sarà re, Laerte re!”. GERTRUDE
Questo è abbaiare dietro una falsa pista! Rumori all’interno Oh, fiutate al contrario222, falsi cani danesi! CLAUDIO
Hanno sfondato le porte. Entra Laerte [con i seguaci sulla porta] LAERTE
Dov’è il re? – signori, restate tutti fuori. SEGUACI
No, facci entrare. LAERTE
Vi prego, lasciate fare a me. SEGUACI
Va bene, sì, va bene. LAERTE
Vi ringrazio. Sorvegliate la porta. [Escono i seguaci] Tu, re vile, restituiscimi il padre. GERTRUDE
Con calma, buon Laerte. LAERTE
Quella goccia di sangue che resta calma mi proclama un bastardo, grida cornuto a mio padre, stampa il marchio della puttana 223 qui sulla fronte casta e immacolata della mia leale madre.
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HAMLET, ACT 4 SCENE 5
What is the cause, Laertes, That thy rebellion looks so giant-like? – Let him go, Gertrude. Do not fear our person. There’s such divinity doth hedge a king That treason can but peep to what it would, Acts little of his will. – Tell me, Laertes, Why thou art thus incensed. – Let him go, Gertrude. – Speak, man. LAERTES Where is my father? KING CLAUDIUS Dead. QUEEN GERTRUDE (to Laertes) But not by him. KING CLAUDIUS Let him demand his fill. KING CLAUDIUS
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LAERTES
How came he dead? I’ll not be juggled with. To hell, allegiance! Vows to the blackest devil! Conscience and grace to the profoundest pit! I dare damnation. To this point I stand, That both the worlds I give to negligence, Let come what comes. Only I’ll be revenged Most throughly for my father. KING CLAUDIUS Who shall stay you? LAERTES My will, not all the world; And for my means, I’ll husband them so well They shall go far with little. KING CLAUDIUS Good Laertes, If you desire to know the certainty Of your dear father’s death, is’t writ in your revenge That, sweepstake, you will draw both friend and foe, Winner and loser? LAERTES None but his enemies. KING CLAUDIUS Will you know them then?
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AMLETO, ATTO IV SCENA 5
CLAUDIO
Laerte, qual è il motivo che ingigantisce così la tua ribellione? – Lascia che faccia, Gertrude224. Non temere per la nostra persona. Il re è circondato da una tale barriera di divinità che il tradimento può soltanto intravedere quel che vorrebbe, e metterne in atto ben poco. – Dimmi, Laerte, perché sei così esasperato – Lascialo andare, protezione Gertrude. – Parla, uomo. LAERTE
Dov’è mio padre? CLAUDIO
Morto. GERTRUDE (a Laerte) Ma non per colpa sua. CLAUDIO
Lascia che si informi a volontà. LAERTE
Come è morto? Non mi faccio prendere per il naso. All’inferno la lealtà! Al diavolo più nero i giuramenti! Coscienza e grazia nell’abisso più profondo! Io sfido la dannazione. A questo punto sono deciso a rinunciare al mondo di qua e a quello di là, accada quel che vuole. Io voglio vendicarmi pienamente di mio padre. CLAUDIO
Chi può fermarti? LAERTE
Solo la mia volontà, non il resto del mondo; e quanto ai mezzi, li amministrerò così bene che con poco andranno lontano. CLAUDIO
Buon Laerte, tu vuoi sapere la verità sulla morte di tuo padre: ma la tua vendetta porta scritto che tu debba fare piazza pulita di tutti, amici e nemici, vincitori e vinti? LAERTE
Solo dei suoi nemici. CLAUDIO
Allora li vuoi conoscere?
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HAMLET, ACT 4 SCENE 5
LAERTES
To his good friends thus wide I’ll ope my arms, And, like the kind life-rend’ring pelican, Repast them with my blood. KING CLAUDIUS Why, now you speak Like a good child and a true gentleman. That I am guiltless of your father’s death, And am most sensibly in grief for it, It shall as level to your judgement pierce As day does to your eye.
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A noise within VOICES (within) Let her come in. LAERTES How now, what noise is that?
Enter Ophelia as before O heat dry up my brains! Tears seven times salt Burn out the sense and virtue of mine eye! By heaven, thy madness shall be paid by weight Till our scale turns the beam. O rose of May, Dear maid, kind sister, sweet Ophelia! O heavens, is’t possible a young maid’s wits Should be as mortal as an old man’s life? Nature is fine in love, and where ‘tis fine It sends some precious instance of itself After the thing it loves. OPHELIA (sings) They bore him barefaced on the bier, Hey non nony, nony, hey nony, And on his grave rained many a tear – Fare you well, my dove.
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146. Pelican: così in Q2; in F politician = politico (un bell’equivoco, a quei tempi come ai nostri?). 150. Sensibly: così in Q2; in F sensible. 161. An old man’s life: in Q2 a poor man’s life = “la vita di un pover’uomo”. I vv. 161-164 sono assenti in Q2. 167. Rained = così in Q2; in F rains. 946
AMLETO, ATTO IV SCENA 5
LAERTE
Ai suoi veri amici spalanco le braccia, e come il buon pellicano che dà la vita li nutro col mio sangue 225. CLAUDIO
Bene, ora parli da bravo figliolo e da vero gentiluomo. Che io sia senza colpa per la morte di tuo padre, ed estremamente addolorato per essa, apparirà chiaro al tuo giudizio come la luce del giorno ai tuoi occhi. Rumore da dentro VOCI (da dentro)
Lasciatela entrare. LAERTE
Allora, cos’è questo rumore? Entra Ofelia, come prima Che una fiamma mi dissecchi il cervello! E lacrime sette volte salate brucino il senso e la potenza dei miei occhi! Per il cielo, la tua follia sarà pagata con un peso tale da far pendere la bilancia dalla parte opposta 226. Oh rosa di maggio, cara fanciulla, gentile sorella, dolce Ofelia! Oh cieli, è possibile che l’intelletto di una fanciulla sia mortale come la vita di un vecchio? La natura in amore è sensibile, e quando lo è presta all’oggetto amato preziose qualità di sé 227. OFELIA (canta) Lo hanno portato sul carro col viso scoperto, Ehi là la la la là 228 E sulla sua tomba tante lacrime han pianto – Addio, colombella mia.
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HAMLET, ACT 4 SCENE 5
LAERTES
Hadst thou thy wits and didst persuade revenge, It could not move thus. OPHELIA You must sing ‘Down, a-down’, and you, ‘Call him a-down-a’. O, how the wheel becomes it! It is the false steward that stole his master’s daughter. LAERTES This nothing’s more than matter. OPHELIA There’s rosemary, that’s for remembrance. Pray, love, remember. And there is pansies; that’s for thoughts.
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LAERTES
A document in madness – thoughts and remembrance fitted. OPHELIA There’s fennel for you, and columbines. There’s rue for you, and here’s some for me. We may call it herb-grace o’ Sundays. O, you must wear your rue with a difference. There’s a daisy. I would give you some violets, but they withered all when my father died. They say a made a good end. (Sings) For bonny sweet Robin is all my joy.
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LAERTES
Thought and affliction, passion, hell itself She turns to favour and to prettiness. OPHELIA (sings) And will a not come again, And will a not come again? No, no, he is dead, Go to thy death-bed, He never will come again. His beard as white as snow, All flaxen was his poll.
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AMLETO, ATTO IV SCENA 5
LAERTE
Se tu avessi ancora intelletto, e chiedessi vendetta, non potresti commuoverci tanto. OFELIA
Devi cantare: “Giù, e giù”, e voi rispondete: “E giù, e giù”. Oh, come suona bene il ritornello! È stato il falso maggiordomo a rapire la figlia del padrone229. LAERTE
Un nulla, che dice tutto! OFELIA
Ecco il rosmarino, per il ricordo230. Ti prego, amore, ricorda. Ed ecco le viole, per pensare. LAERTE
Una lezione, pur nella follia – i pensieri uniti ai ricordi. OFELIA
Per voi ecco il finocchio, e l’aquilegia; ruta per voi, e un po’ per me. La possiamo chiamare erba di grazia, la domenica. Oh, voi dovete portare la vostra ruta in modo diverso. Ecco una margherita. Qualche violetta ve la darei, ma sono tutte appassite quand’è morto mio padre. Dicono che ha fatto una buona fine. (Canta) Perché il bel dolce Robin è tutta la mia gioia. LAERTE
Pensieri e afflizioni, la passione, l’inferno stesso, lei li trasforma in grazia e bellezza. OFELIA (canta) E più non tornerà, E più non tornerà? No, no, lui è morto, Vai al tuo letto di morte, Lui mai più verrà. La barba aveva bianca come la neve, La testa pallida come il lino.
949
HAMLET, ACT 4 SCENE 6
He is gone, he is gone, And we cast away moan. God ‘a’ mercy on his soul. And of all Christian souls, I pray God. God b’wi’ ye.
195
[Exeunt Ophelia and Gertrude] LAERTES Do you see this, O God? KING CLAUDIUS
Laertes, I must commune with your grief, Or you deny me right. Go but apart, Make choice of whom your wisest friends you will, And they shall hear and judge ’twixt you and me. If by direct or by collateral hand They find us touched, we will our kingdom give, Our crown, our life, and all that we call ours, To you in satisfaction. But if not, Be you content to lend your patience to us, And we shall jointly labour with your soul To give it due content. LAERTES Let this be so. His means of death, his obscure burial – No trophy, sword, nor hatchment o’er his bones, No noble rite nor formal ostentation – Cry to be heard, as ’twere from heaven to earth, That I must call’t in question. KING CLAUDIUS So you shall; And where th’offence is, let the great axe fall. I pray you go with me. Exeunt 4.6
Enter Horatio with a Servant
HORATIO
What are they that would speak with me?
199. O God: così in Q2; in F you Gods. 215. Call’t: così in Q2; in F call. 0. A servant: in Q2 a gentleman. 950
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205
210
215
AMLETO, ATTO IV SCENA 6
Se n’è andato, se n’è andato, E noi, abbandonati, piangiamo. Dio abbia pietà della sua anima E di tutte le anime cristiane. Così io prego Dio, e Dio sia con voi. [Escono Ofelia e Gertrude] LAERTE
Oh Dio, lo vedi questo231? CLAUDIO
Laerte, accetta che io partecipi al tuo dolore, o mi neghi un diritto. Parliamone lontano da qui, tu scegli chi vuoi fra i tuoi amici più saggi, e loro ascolteranno e giudicheranno le tue e le mie ragioni. Se in modo diretto o indiretto noi risulteremo implicati, come riparazione ti daremo il nostro regno, la nostra corona, la nostra vita, e tutto ciò che chiamiamo nostro. Altrimenti, sii disposto a concederci la tua pazienza, e noi ci adopreremo insieme alla tua anima, per darle la giusta soddisfazione. LAERTE
E sia. Il modo della sua morte, il funerale oscurato – senza trofei, spada, stemma sulla bara, senza un nobile rituale né formale cerimonia – tutto ciò invoca di essere ascoltato per così dire dal cielo alla terra, ed esaminato a fondo. CLAUDIO
E questo farai. E che la mannaia cada là dove c’è colpa. Ti prego, vieni con me. Escono IV, 6
Entra Orazio con un servo
232
ORAZIO
Chi sono quelli che mi vogliono parlare?
951
HAMLET, ACT 4 SCENE 6
SERVANT
Sailors, sir. They say they have letters for you. HORATIO Let them come in. Exit Servant I do not know from what part of the world I should be greeted if not from Lord Hamlet.
5
Enter [Sailors] A SAILOR God bless you, sir. HORATIO Let him bless thee too. A SAILOR A shall, sir, an’t please him. There’s a letter for
you, sir. It comes from th’ambassador that was bound for England – if your name be Horatio, as I am let to know it is. HORATIO (reads) ‘Horatio, when thou shall have overlooked this, give these fellows some means to the King. They have letters for him. Ere we were two days old at sea, a pirate of very warlike appointment gave us chase. Finding ourselves too slow of sail, we put on a compelled valour, and in the grapple I boarded them. On the instant they got clear of our ship, so I alone became their prisoner. They have dealt with me like thieves of mercy; but they knew what they did: I am to do a good turn for them. Let the King have the letters I have sent, and repair thou to me with as much haste as thou wouldst fly death. I have words to speak in thine ear will make thee dumb, yet are they much too light for the bore of the matter. These good fellows will bring thee where I am. Rosencrantz and Guildenstern hold their course for England. Of them I have much to tell thee. Farewell. He that thou knowest thine, Hamlet.’ Come, I will give you way for these your letters, And do’t the speedier that you may direct me To him from whom you brought them. Exeunt
23. Thine: così in Q2; in F your. 952
11
28
AMLETO, ATTO IV SCENA 6
SERVO
Marinai, signore. Dicono di avere delle lettere per voi. ORAZIO
Che entrino. Esce il servo Non so da quale parte del mondo potrei avere notizie, se non dal principe Amleto. Entrano [marinai] MARINAIO
Dio vi benedica, signore. ORAZIO
E benedica anche te. MARINAIO
Lo farà, signore, se vorrà. Ecco una lettera per voi, signore. Viene dall’ambasciatore diretto in Inghilterra – se il vostro nome è Orazio, come mi dicono. ORAZIO (legge) “Orazio, quando avrai letto questa, fai in modo che i suoi latori siano ammessi davanti al re. Portano lettere anche per lui. Non erano passati due giorni da quando abbiamo preso il mare, che una nave pirata armata di tutto punto ci ha dato la caccia. Scoprendoci troppo lenti di vela abbiamo messo su il coraggio necessario, e nell’abbordaggio io sono finito sulla loro nave. In quell’istante i due legni si sono allontanati, così sono rimasto l’unico loro prigioniero. Mi hanno trattato da predoni rispettosi, ma sapevano quel che facevano: ora devo rendergli il favore. Fai in modo che il re abbia le lettere che ho mandato, e vieni da me con tutta celerità che metteresti nel fuggire la morte. Ho da dirti all’orecchio parole che ti faranno ammutolire, ma sono ancora troppo leggere per il calibro della questione. Queste brave persone ti porteranno da me. Rosencrantz e Guildenstern sono in viaggio per l’Inghilterra, e su di loro ho molte cose da raccontarti. Addio, da colui che sai essere tuo, Amleto” Venite, vi indico come consegnare queste lettere, e fate presto, per potermi poi portare da colui che ve le ha affidate. Escono
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HAMLET, ACT 4 SCENE 7
4.7
Enter King Claudius and Laertes
KING CLAUDIUS
Now must your conscience my acquittance seal, And you must put me in your heart for friend, Sith you have heard, and with a knowing ear, That he which hath your noble father slain Pursued my life. LAERTES It well appears. But tell me Why you proceeded not against these feats, So crimeful and so capital in nature, As by your safety, wisdom, all things else, You mainly were stirred up. KING CLAUDIUS O, for two special reasons, Which may to you perhaps seem much unsinewed, And yet to me they’re strong. The Queen his mother Lives almost by his looks; and for myself – My virtue or my plague, be it either which – She’s so conjunctive to my life and soul That, as the star moves not but in his sphere, I could not but by her. The other motive Why to a public count I might not go Is the great love the general gender bear him, Who, dipping all his faults in their affection, Would, like the spring that turneth wood to stone, Convert his guilts to graces; so that my arrows, Too slightly timbered for so loud a wind, Would have reverted to my bow again, And not where I had aimed them.
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LAERTES
And so have I a noble father lost, A sister driven into desp’rate terms,
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21. Convert his guilts to graces: in Q2 convert his gyves to graces = “convertirebbe i suoi ceppi in decorazioni”. 24. I had aimed them: in Q2 I have aimed them; in F I had arm’d them = [per dove] “le avevo armate”. 954
AMLETO, ATTO IV SCENA 7
IV, 7
Entrano re Claudio e Laerte 233
CLAUDIO
Ora la tua coscienza deve suggellare la mia assoluzione, e tu devi ammettermi nel tuo cuore da amico, avendo udito, e con vigile orecchio, che chi ha ucciso il tuo nobile padre insidiava anche la mia vita 234. LAERTE
Mi sembra chiaro. Ma ditemi perché non avete provveduto a frenare delle azioni così criminose e devastanti, come la vostra tutela, saggezza, e tutto il resto vi spingevano a fare. CLAUDIO
Ah, per due speciali ragioni, che a te potranno apparire assai fiacche, ma sono buone per me. La regina sua madre vive quasi per i suoi occhi; e quanto a me – per grazia o disgrazia, sia quel che sia – lei è così saldata alla mia vita e alla mia anima che, come una stella si muove soltanto nella sua sfera 235, così io non posso muovermi che intorno a lei. L’altro motivo per cui non potevo scendere a uno scontro in pubblico è il grande amore che nutre per lui la gente comune, che avrebbe inondato tutte le sue colpe dell’affetto generale, e come la fonte che muta il legno in pietra236, le avrebbe convertite in virtù; cosicché le mie frecce, dal legno troppo leggero per un vento così forte, sarebbero ritornate all’arco, invece di colpire dove avrei mirato. LAERTE
E così io ho perduto un nobile padre, ho una sorella portata alla disperazione – una che, se la si può lodare per quella che era, stava
955
HAMLET, ACT 4 SCENE 7
Who has, if praises may go back again, Stood challenger, on mount, of all the age For her perfections. But my revenge will come. KING CLAUDIUS
Break not your sleeps for that. You must not think That we are made of stuff so flat and dull That we can let our beard be shook with danger, And think it pastime. You shortly shall hear more. I loved your father, and we love ourself. And that, I hope, will teach you to imagine –
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Enter a Messenger with letters How now? What news? MESSENGER Letters, my lord, from Hamlet. This to your majesty; this to the Queen. KING CLAUDIUS From Hamlet? Who brought them? MESSENGER
Sailors, my lord, they say. I saw them not. They were given me by Claudio. He received them.
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KING CLAUDIUS
Laertes, you shall hear them. – Leave us. Exit Messenger (Reads) ‘High and mighty, you shall know I am set naked on your kingdom. Tomorrow shall I beg leave to see your kingly eyes, when I shall, first asking your pardon, thereunto recount th’occasions of my sudden and more strange return. Hamlet.’ What should this mean? Are all the rest come back? Or is it some abuse, and no such thing?
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LAERTES
Know you the hand?
27. Who has: emend. tardo; in Q2 whose sorth = “i cui meriti”; in F who was = “che era. 49. Or is it some abuse, and no such thing?: così in Q2; in F or is it some abuse? Or no such thing? 956
AMLETO, ATTO IV SCENA 7
per le sue perfezioni su una vetta, a sfida di un’intera età. Ma non tarderà la mia vendetta. CLAUDIO
Non perderci il sonno. Non devi pensare che siamo fatti di materia così scadente e vile da permettere che ci tirino la barba minacciosi, pensando che si tratti di un gioco. Tra poco avrai altre notizie. Io amavo tuo padre, e noi amiamo noi stessi. E ciò, spero, ti insegnerà a immaginare... Entra un messaggero con lettere Allora, che notizie porti? MESSAGGERO
Lettere, mio signore, da Amleto. Questa per la vostra maestà, e questa per la regina. CLAUDIO
Da Amleto? Chi le ha portate? MESSAGGERO
Marinai, mio signore – mi dicono. Io non li ho visti. Le hanno date a Claudio237, e lui a me. CLAUDIO
Laerte, devi sentire. – Tu lasciaci Esce il messaggero (Legge) “Alto e potente, sappiate che sono approdato spoglio di tutto al vostro regno. Domani chiederò il permesso di presentarmi ai vostro regale cospetto, e allora racconterò, non prima di averne richiesto autorizzazione, le circostanze del mio improvviso e straordinario ritorno. Amleto”. Questo che cosa significa? Anche tutti gli altri sono tornati indietro? O è una presa in giro, e non è vero niente? LAERTE
Riconoscete la mano?
957
HAMLET, ACT 4 SCENE 7
’Tis Hamlet’s character. ‘Naked’ – and in a postscript here he says ‘Alone’. Can you advise me?
KING CLAUDIUS
50
LAERTES
I’m lost in it, my lord. But let him come. It warms the very sickness in my heart That I shall live and tell him to his teeth, ‘Thus diddest thou’. KING CLAUDIUS If it be so, Laertes – As how should it be so, how otherwise? – Will you be ruled by me?
55
LAERTES
If so you’ll not o’errule me to a peace. KING CLAUDIUS
To thine own peace. If he be now returned, As checking at his voyage, and that he means No more to undertake it, I will work him To an exploit, now ripe in my device, Under the which he shall not choose but fall; And for his death no wind of blame shall breathe; But even his mother shall uncharge the practice And call it accident. Some two months since Here was a gentleman of Normandy. I’ve seen myself, and served against, the French, And they can well on horseback; but this gallant Had witchcraft in’t. He grew into his seat, And to such wondrous doing brought his horse As had he been incorpsed and demi-natured With the brave beast. So far he passed my thought
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56. Diddest thou: così in F; in Q1 he dies = “muore”; in Q2 didst thou; emend. tardo diest thou = ”muori” 67. Since: così in Q2; in F hence, con lo stesso significato.A questo punto Q2 aggiunge quattordici versi in cui il re esalta le qualità di Laerte, che farebbero invidia ad Amleto; qui li troviamo alla fine, fra le “Aggiunte al testo”. 70. Can: così in Q2; in F ran = “corsero”. 958
AMLETO, ATTO IV SCENA 7
CLAUDIO
È quella di Amleto. “Spoglio di tutto” – e in un poscritto dice “da solo”. Me lo sai spiegare? LAERTE
Mi ci perdo, signore mio. Ma lasciate che venga. Mi toglie il gelo dal cuore poter vivere per dirgli sui denti “Così hai fatto tu 238!” CLAUDIO
Se è così, Laerte – ma così come? E come altrimenti? – vuoi farti guidare da me? LAERTE
E sia, ma non per impormi alcuna pace. CLAUDIO
La tua stessa pace. Se lui ora è tornato, ha sospeso il viaggio e non intende più proseguirlo, lo indurrò in un’insidia che è maturata nei miei piani, e nella quale non potrà non cadere; e per la sua morte non soffierà nessun vento accusatore; persino sua madre escluderà ogni imbroglio, e lo chiamerà un incidente239. Circa due mesi fa c’era qui un gentiluomo normanno. Io stesso ho visto, perché ci ho combattuto contro, i francesi cavalcare bene davvero, ma questo valoroso aveva una sua magia: si abbarbicava alla sella, e portava il cavallo a movimenti così straordinari come se lui stesso fosse incorporato e quasi connaturato a quella brava bestia. Tanto superava la
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HAMLET, ACT 4 SCENE 7
That I in forgery of shapes and tricks Come short of what he did. LAERTES A Norman was’t? KING CLAUDIUS A Norman.
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LAERTES
Upon my life, Lamord. KING CLAUDIUS
The very same.
LAERTES
I know him well. He is the brooch indeed, And gem, of all the nation. KING CLAUDIUS He made confession of you, And gave you such a masterly report For art and exercise in your defence, And for your rapier most especially, That he cried out ’twould be a sight indeed If one could match you. Sir, this report of his Did Hamlet so envenom with his envy That he could nothing do but wish and beg Your sudden coming o’er to play with him. Now, out of this – LAERTES What out of this, my lord?
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KING CLAUDIUS
Laertes, was your father dear to you? Or are you like the painting of a sorrow, A face without a heart? LAERTES Why ask you this?
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KING CLAUDIUS
Not that I think you did not love your father, But that I know love is begun by time,
78. Lamord: così in Q2; in F Lamound. 80. The: in Q2 our = “la nostra”. 85. In Q2 seguono tre versi di lode a Laerte, che qui troviamo alla fine, fra le “Aggiunte al testo”. 89. What: così in Q2; in F why. 960
AMLETO, ATTO IV SCENA 7
mia immaginazione, che per quanto io mi figuri volteggi e piroette resto lontano da quel che faceva lui. LAERTE
Era un normanno? CLAUDIO
Un normanno. LAERTE
Mi ci gioco la pelle: Lamord. CLAUDIO
Proprio lui. LAERTE
Lo conosco bene: è davvero il fiore all’occhiello, la gemma di tutta la nazione. CLAUDIO
Ha parlato molto bene di te, e dato un resoconto così eccellente della tua arte ed esercizio nella scherma, e soprattutto nella spada, da esclamare che sarebbe stato davvero uno spettacolo vederti affrontare qualcuno. Caro mio, questo racconto ha talmente avvelenato d’invidia Amleto, da fargli desiderare e auspicare il tuo immediato ritorno, per misurarsi con te. Ora, considerando questo – LAERTE
Considerando che cosa, mio signore? CLAUDIO
Laerte, ti era caro tuo padre? O sei come il ritratto del dolore, una faccia senza un cuore? LAERTE
Perché chiedete questo? CLAUDIO
Non perché io pensi che non amavi tuo padre, ma perché so che nel tempo si avvia l’amore, e perché vedo, in occasioni che lo pro-
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HAMLET, ACT 4 SCENE 7
And that I see, in passages of proof, Time qualifies the spark and fire of it. Hamlet comes back. What would you undertake To show yourself your father’s son in deed More than in words? LAERTES To cut his throat i’th’ church.
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KING CLAUDIUS
No place indeed should murder sanctuarize. Revenge should have no bounds. But, good Laertes, Will you do this? – keep close within your chamber. Hamlet returned shall know you are come home. We’ll put on those shall praise your excellence, And set a double varnish on the fame The Frenchman gave you; bring you, in fine, together, And wager on your heads. He, being remiss, Most generous, and free from all contriving, Will not peruse the foils; so that with ease, Or with a little shuffling, you may choose A sword unbated, and, in a pass of practice, Requite him for your father. LAERTES I Will do’t, And for that purpose I’ll anoint my sword. I bought an unction of a mountebank So mortal that, but dip a knife in it, Where it draws blood no cataplasm so rare, Collected from all simples that have virtue Under the moon, can save the thing from death That is but scratched withal. I’ll touch my point With this contagion, that if I gall him slightly, It may be death. KING CLAUDIUS Let’s further think of this; Weigh what convenience both of time and means
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95. Q2 assegna a Claudio altri dieci versi di argomento moraleggiante. Secondo alcuni commentatori il taglio operato da F è inopportuno. Qui lo troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 98. Your father’s son in deed: così in F4; in Q2 indeed your father’s son. 111. Pass: così in F; in Q2 pace, con uguale significato. 962
AMLETO, ATTO IV SCENA 7
vano, che il tempo ne riduce la favilla e l’ardore240. Amleto sta tornando. E cosa faresti tu per mostrarti figlio di tuo padre, nei fatti piuttosto che a parole? LAERTE
Gli taglierei la gola in chiesa. CLAUDIO
E infatti non c’è luogo che possa dare santuario all’assassinio. La vendetta non deve avere confini. Ma, buon Laerte, vuoi fare questo – stare ben chiuso nella tua stanza? Una volta tornato, Amleto saprà che sei di nuovo fra noi. Faremo in modo che si lodi la tua eccellenza, e si stenda una doppia mano di vernice sulla fama che ti ha dato il francese. Poi vi metteremo di fronte, e scommetteremo sulle vostre teste. Lui, distratto com’è, generoso ed estraneo ad ogni maneggio, non esaminerà le spade, cosicché tu potrai, con facilità o con un piccolo trucco, sceglierne una non spuntata e, nei primi assaggi, ripagarlo per tuo padre. LAERTE
Così farò, e per questo ungerò la spada. Ho comprato da un ciarlatano un unguento così mortale che basta intingervi un coltello, e dove questo tocca il sangue non c’è cataplasma così raro, composto da tutte le erbe che hanno efficacia sotto la luna, che possa salvare dalla morte chi ne venga appena graffiato. Io immergerò la mia punta in questo veleno, che se solo lo sfioro possa essere morte. CLAUDIO
Pensiamo ancora al momento e al modo che più convengano al nostro piano. Se questo dovesse fallire, e per una esecuzione fiacca
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HAMLET, ACT 4 SCENE 7
May fit us to our shape. If this should fail, And that our drift look through our bad performance, ’Twere better not essayed. Therefore this project Should have a back or second that might hold If this should blast in proof. Soft, let me see. We’ll make a solemn wager on your cunnings… I ha’t! When in your motion you are hot and dry – As make your bouts more violent to that end – And that he calls for drink, I’ll have prepared him A chalice for the nonce, whereon but sipping, If he by chance escape your venomed stuck, Our purpose may hold there. –
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Enter Queen Gertrude How now, sweet Queen? QUEEN GERTRUDE
One woe doth tread upon another’s heel, So fast they follow. Your sister’s drowned, Laertes. LAERTES Drowned? O, where?
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QUEEN GERTRUDE
There is a willow grows aslant a brook That shows his hoar leaves in the glassy stream. Therewith fantastic garlands did she make Of crow-flowers, nettles, daisies, and long purples, That liberal shepherds give a grosser name, But our cold maids do dead men’s fingers call them. There on the pendent boughs her crownet weeds Clamb’ring to hang, an envious sliver broke, When down the weedy trophies and herself Fell in the weeping brook. Her clothes spread wide, And mermaid-like a while they bore her up;
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128. Cunnings: così in Q2; in F commings (?). 130. That: così in Q2; in F the. 134. How now sweet Queen: così in F2; in Q1 How now Gertred; in Q2: But stay, what noise? = “Un momento, che rumore è questo?” 138. Aslant: in Q2 askant, con lo stesso significato. 144. Crownet: così in Q2; in F coronet. 964
AMLETO, ATTO IV SCENA 7
trasparire il nostro intento, sarebbe meglio non provarci neppure. Perciò questo progetto dovrebbe averne un secondo di rinforzo, che regga se il primo facesse fiasco all’atto pratico. Piano, fammi vedere. Faremo una scommessa solenne sulla vostra bravura… Ci sono! Quando per il gran movimento sarete accaldati e assetati – e a questo fine tu ti accanirai negli assalti – lui, nel caso che sia sfuggito al colpo avvelenato, chiederà da bere, e per quell’occasione io farò preparare241 un calice da cui basterà un sorso perché il nostro piano vada in porto. Entra la regina Gertrude Ebbene, dolce regina? GERTRUDE
Un male ricalca le orme di un altro, tanto presto si susseguono. Tua sorella è annegata, Laerte. LAERTE
Annegata? Oh, dove? GERTRUDE
C’è un salice che cresce inclinato su un ruscello, e riflette le sue foglie grigie sul vetro dell’acqua. Con quelle lei intrecciava fantasiose ghirlande di ranuncoli, ortiche, margherite e lunghi fiori porporini 242, cui gli scurrili pastori danno un nome volgare, ma che le pudiche ragazze chiamano invece dita di morto. Là, sui penduli rami, lei si arrampica per appendervi le sue coroncine d’erba, ma cede un ramo invidioso, e giù precipitano i suoi erbosi trofei e lei stessa, nel ruscello piangente. Le sue vesti si sono gonfiate tutt’intorno, e per un poco l’hanno sostenuta come una sirena, e intanto lei cantava
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HAMLET, ACT 5 SCENE 1
Which time she chanted snatches of old tunes, As one incapable of her own distress, Or like a creature native and endued Unto that element. But long it could not be Till that her garments, heavy with their drink, Pulled the poor wretch from her melodious lay To muddy death. LAERTES Alas, then is she drowned. QUEEN GERTRUDE Drowned, drowned.
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LAERTES
Too much of water hast thou, poor Ophelia, And therefore I forbid my tears. But yet It is our trick; nature her custom holds, Let shame say what it will.
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He weeps When these are gone, The woman will be out. Adieu, my lord. I have a speech of fire that fain would blaze, But that this folly douts it. Exit KING CLAUDIUS Let’s follow, Gertrude. How much I had to do to calm his rage! Now fear I this will give it start again; Therefore let’s follow. Exeunt 5.1
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Enter two Clowns [carrying a spade and a pickaxe]
FIRST CLOWN Is she to be buried in Christian burial that
wilfully seeks her own salvation? SECOND CLOWN I tell thee she is, and therefore make her
grave straight. The coroner hath sat on her, and finds it Christian burial. FIRST CLOWN How can that be unless she drowned herself in her own defence? SECOND CLOWN Why, ’tis found so.
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156. Alas, then she is downed: emend. tardo; in F alas, then, is she drowned? 4. Coroner: così in Q2; in F crowner, la forma arcaica. 966
AMLETO, ATTO V SCENA 1
vecchie canzoni, quasi non si rendesse conto della sua disgrazia, o appartenesse naturalmente a quell’elemento. Ma non ci volle molto perché i suoi vestiti, appesantiti dal troppo bere, trascinassero la miserella da un canto melodioso a una morte fangosa. LAERTE
Ahimè, allora è proprio annegata. GERTRUDE
Annegata, annegata. LAERTE
Troppa acqua ti è toccata, povera Ofelia, e perciò mi vieto le lacrime. Eppure, ecco come siamo: la natura impone la sua regola, dica quel che vuole la vergogna. Piange Quando finiranno queste243, non avrò più nulla di femminile. Addio, mio signore. Ho un discorso di fuoco che ben vorrebbe divampare, se non lo estinguessero queste debolezze. Esce CLAUDIO
Seguiamolo, Gertrude. Quanto ho dovuto sudare per calmare il suo furore! Ora temo che si scateni di nuovo, quindi seguiamolo. Escono V, 1
Entrano due rustici [con vanga e piccone]244
PRIMO BECCHINO
Deve essere seppellita con sepoltura cristiana una che cerca volontariamente la salvazione245? SECONDO BECCHINO
Ti dico di sì, quindi scavale subito la fossa. Il giudice ha indagato, e sentenziato che sia una sepoltura cristiana. PRIMO BECCHINO
Ma come può farlo, e meno che non si sia annegata per difendersi? SECONDO BECCHINO
Bah, così è stato deciso.
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HAMLET, ACT 5 SCENE 1
FIRST CLOWN It must be se offendendo, it cannot be else;
for here lies the point: if I drown myself wittingly, it argues an act; and an act hath three branches: it is to act, to do, and to perform. Argal she drowned herself wittingly. SECOND CLOWN Nay, but hear you, Goodman Delver. FIRST CLOWN Give me leave. Here lies the water – good. Here stands the man – good. If the man go to this water and drown himself, it is, will he nill he, he goes. Mark you that. But if the water come to him and drown him, he drowns not himself; argal he that is not guilty of his own death shortens not his own life. SECOND CLOWN But is this law? FIRST CLOWN Ay, marry, is’t: coroner’s quest law. SECOND CLOWN Will you ha’ the truth on’t? If this had not been a gentlewoman, she should have been buried out o’ Christian burial. FIRST CLOWN Why, there thou sayst, and the more pity that great folk should have count’nance in this world to drown or hang themselves more than their even Christian. Come, my spade. There is no ancient gentlemen but gardeners, ditchers, and gravemakers; they hold up Adam’s profession.
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[First Clown digs] SECOND CLOWN Was he a gentleman? FIRST CLOWN A was the first that ever bore arms. SECOND CLOWN Why, he had none. FIRST CLOWN What,
art a heathen? How dost thou understand the Scripture? The Scripture says Adam digged. Could he dig without arms? I’ll put another
9. Se offendendo: in Q2 so offended = “deve essersi offesa in quel modo”, che esclude l’errore comico del becchino. 12. To act: così in Q2; in F an act. Argal: deformazione “comica” del latino ergo. Quest’ultima forma è presente in Q1 ma in Q2 diventa or all = “insomma”, e in F argal. 968
AMLETO, ATTO V SCENA 1
PRIMO BECCHINO
Deve essere se offendendo246, non può essere altrimenti, e qui sta il punto: se mi affogo deliberatamente, si tratta di un atto; e un atto ha tre rami, agire, fare, eseguire. Ergo, si è annegata volontariamente. SECONDO BECCHINO
Ma stammi a sentire, egregio scavatore… PRIMO BECCHINO
Consentimi. Qui c’è l’acqua – bene. Qui c’è l’uomo – bene. Se l’uomo va all’acqua e si affoga, ecco che, volente o nolente, ci va. Attenzione. Ma se l’acqua viene da lui e lo affoga, non si è affogato da sé; ergo chi non è colpevole della propria morte non si abbrevia la vita. SECONDO BECCHINO
Ma è questa la legge? PRIMO BECCHINO
Eccome, così è: legge della magistratura inquirente. SECONDO BECCHINO
Vuoi sapere la verità? Se questa non fosse stata una gentildonna, sarebbe stata seppellita senza sepoltura cristiana. PRIMO BECCHINO
Oh, ora l’hai detto! Ed è un peccato che i grandi in questo mondo abbiano il permesso di affogarsi o impiccarsi più dei comuni cristiani 247. Avanti, la mia vanga. Non ci sono gentiluomini più antichi dei giardinieri, degli zappatori e dei becchini; tengono su la professione di Adamo248. [Il primo becchino comincia a scavare] SECONDO BECCHINO
Perché, era un gentiluomo? PRIMO BECCHINO
Il primo dotato di blasone a braccia249. SECONDO BECCHINO
Ma se non ne aveva! PRIMO BECCHINO
Ah, ti sei fatto pagano? Come leggi la Scrittura? La Scrittura dice che Adamo zappava. Come poteva zappare se non aveva braccia?
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HAMLET, ACT 5 SCENE 1
question to thee. If thou answerest me not to the purpose, confess thyself – SECOND CLOWN Go to. FIRST CLOWN What is he that builds stronger than either the mason, the shipwright, or the carpenter? SECOND CLOWN The gallows-maker; for that frame outlives a thousand tenants. FIRST CLOWN I like thy wit well, in good faith. The gallows does well. But how does it well? It does well to those that do ill. Now thou dost ill to say the gallows is built stronger than the church, argal the gallows may do well to thee. To’t again, come. SECOND CLOWN ‘Who builds stronger than a mason, a shipwright, or a carpenter?’ FIRST CLOWN Ay, tell me that, and unyoke. SECOND CLOWN Marry, now I can tell. FIRST CLOWN To’t. SECOND CLOWN Mass, I cannot tell.
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Enter Prince Hamlet and Horatio afar off FIRST CLOWN Cudgel thy brains no more about it, for your
dull ass will not mend his pace with beating; and when you are asked this question next, say ‘a grave-maker’; the houses that he makes lasts till doomsday. Go, get thee to Johan. Fetch me a stoup of liquor.
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Exit Second Clown (Sings) In youth when I did love, did love, Methought it was very sweet To contract-O-the time for-a-my behove, O methought there-a-was nothing-a-meet.
60. Get thee to Johan: in Q2 get thee in = “entra” (nell’osteria di Johan…). Stoup: così in F; in Q2 soop = “un sorso”. 64. There-a-was nothing-a-meet: così in Q2; in F there was nothing: il verso include le esclamazioni che sottolineano gli sforzi del becchino nello scavare. 970
AMLETO, ATTO V SCENA 1
E ti propongo un’altra domanda: se non rispondi a tono vatti a confessare – SECONDO BECCHINO
Sta’ un po’ zitto… PRIMO BECCHINO
Chi è che costruisce più forte: il muratore, il navale o il falegname? SECONDO BECCHINO
Il costruttore di forche: la sua opera sopravvive a mille pigionanti. PRIMO BECCHINO
Mi piace il tuo spirito, davvero. Le forche vanno bene. Ma come vanno bene? Vanno bene per quelli che fanno male. Però tu fai male a dire che la forca è più forte della chiesa, ergo la forca può andar bene a te. Prova ancora, avanti. SECONDO BECCHINO
“Chi costruisce più forte: un muratore, un navale o un falegname?” PRIMO BECCHINO
Avanti, dimmelo e poi fai riposo250. SECONDO BECCHINO
Perbacco, ora te lo dico. PRIMO BECCHINO
Dai. SECONDO BECCHINO
Per la messa, non lo so più. Entrano Amleto e Orazio in lontananza PRIMO BECCHINO
Non ti spremere più il cervello: l’asino pigro non accelera con le botte; e un’altra volta, quando qualcuno ti fa questa domanda tu rispondi “un becchino”; le case che costruisce lui durano fino al giorno del Giudizio. Bene, vai da Johan a prendermi una caraffa. Esce il secondo becchino (Canta) In gioventù, da grande amatore, grande amatore, Pensavo che fosse tanto attraente Passare – ooh – il tempo da grande – aah – signore, Ooh – che pacchia – aah – il dolce far niente251.
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HAMLET, ACT 5 SCENE 1
HAMLET Has this fellow no feeling of his business that a
sings at grave-making? HORATIO Custom hath made it in him a property of easiness. HAMLET ’Tis e’en so; the hand of little employment hath the daintier sense. FIRST CLOWN (sings) But age with his stealing steps Hath caught me in his clutch, And hath shipped me intil the land, As if I had never been such.
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[He throws up a skull] HAMLET That skull had a tongue in it and could sing
once. How the knave jowls it to th’ ground as if ’twere Cain’s jawbone, that did the first murder! This might be the pate of a politician which this ass o’er-offices, one that would circumvent God, might it not? HORATIO It might, my lord. HAMLET Or of a courtier, which could say ‘Good morrow, sweet lord. How dost thou, good lord?’ This might be my lord such a one, that praised my lord such a one’s horse when a meant to beg it, might it not? HORATIO Ay, my lord. HAMLET Why, e’en so, and now my lady Worm’s, chapless, and knocked about the mazard with a sexton’s spade. Here’s fine revolution, an we had the trick to see’t. Did these bones cost no more the breeding but to play at loggats with ’em? Mine ache to think on’t.
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73. Intil: in Q2 into. 74. 0. A skull: in Q1 a shovel = “una badilata di terra”. 77. This: così in Q2; in F it (per esigenze di spazio al fondo della riga). 79. Would: così in Q2; in F could. 88. An: così in Q2; in F if = “se” (variazione allora non rara, qui non più segnalata). 972
AMLETO, ATTO V SCENA 1
AMLETO
Quest’uomo non ha il senso del mestiere, che canta mentre scava fosse? ORAZIO
L’abitudine glie l’ha reso facile. AMLETO
Proprio così: usar poco le mani ti rende il tatto più delicato. PRIMO BECCHINO (canta) Ma l’età dal passo furtivo In pugno mi tenne da vivo, Nella terra mi ha spedito, Come se mai fossi esistito. [Tira su un teschio] AMLETO
C’era una lingua in quel cranio, e una volta poteva cantare. Guarda come quel birbante lo sbatte a terra come se fosse la mandibola di Caino, il primo assassino! Quella su cui questo asino maramaldeggia potrebbe essere la zucca di un politicante, uno capace di imbrogliare Dio in persona! ORAZIO
È così, mio signore. AMLETO
O di un cortigiano, uno capace di dire “Buon giorno, dolce signore. Come stai, buon signore?” Magari di un Lord tal-dei-tali che lodava il cavallo di Lord tal-dei-talaltri per farselo regalare. Non è così? ORAZIO
Sì, mio signore. AMLETO
Già, proprio così, e ora è della Signora dei Vermi, sganasciato e sbreccato in testa dalla vanga del becchino. Ecco una bella rivoluzione, e a noi è andata bene di vederla. Queste ossa son costate così poco ad allevarle, che ora ci si può giocare ai birilli? Le mie mi dolgono a pensarci.
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HAMLET, ACT 5 SCENE 1
FIRST CLOWN (sings)
A pickaxe and a spade, a spade, For and a shrouding-sheet; O, a pit of clay for to be made For such a guest is meet. [He throws up another skull] HAMLET There’s another. Why might not that be the skull
of a lawyer? Where be his quiddits now, his quillets, his cases, his tenures, and his tricks? Why does he suffer this rude knave now to knock him about the sconce with a dirty shovel, and will not tell him of his action of battery? H’m! This fellow might be in ‘s time a great buyer of land, with his statutes, his recognizances, his fines, his double vouchers, his recoveries. Is this the fine of his fines and the recovery of his recoveries, to have his fine pate full of fine dirt? Will his vouchers vouch him no more of his purchases, and double ones too, than the length and breadth of a pair of indentures? The very conveyances of his lands will hardly lie in this box; and must th’inheritor himself have no more, ha? HORATIO Not a jot more, my lord. HAMLET Is not parchment made of sheepskins? HORATIO Ay, my lord, and of calf-skins too. HAMLET They are sheep and calves that seek out assurance in that. I will speak to this fellow. (To the First Clown) Whose grave’s this, sirrah? FIRST CLOWN Mine, sir. (Sings) O, a pit of clay for to be made For such a guest is meet. HAMLET I think it be thine indeed, for thou liest in’t.
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AMLETO, ATTO V SCENA 1
PRIMO BECCHINO (canta)
Un piccone e una vanga, una vanga, E in aggiunta un sudario;252 Oh, una fossa di argilla che infanga, Degna di un così bel tenutario! [Tira su un altro teschio] AMLETO
Eccone un altro. E non potrebbe essere il cranio di un avvocato? Dove sono ora le sue astuzie, i suoi sofismi, le sue cause, le sue cauzioni, i suoi trucchi? Perché tollera che questo bifolco lo batta sul cocuzzolo con una sudicia pala, e non minaccia di fargli causa per lesioni? Hum! Ai suoi tempi costui poteva essere un grande latifondista, con le sue ipoteche, i suoi vincoli, le multe, le doppie garanzie, i riscatti… Ed è questa la fine delle sue finezze, e il riscatto dei suoi riscatti, di avere la sua fine capoccia piena di finissima polvere? E le sue garanzie, le singole e le doppie, non gli varranno altro che la lunghezza e larghezza di un paio di contratti 253? Gli stessi atti di proprietà delle sue terre starebbero a malapena in questa scatola, e lo stesso proprietario non godrebbe di uno spazio maggiore, no? ORAZIO
Non un dito di più, mio signore. AMLETO
La pergamena non è di pelle di pecora? ORAZIO
Sì, mio signore, e anche di vitello. AMLETO
Sono pecore e vitelli quelli che cercano di garantirsi con queste cose254. Voglio parlare a quest’uomo. (Al primo becchino) Ehi 255, di chi è questa tomba? PRIMO BECCHINO
Mia, signore. (Canta) Oh, una fossa di argilla che infanga, Degna di un così bel tenutario! AMLETO
Penso che sia tua davvero, perché ci stai 256 dentro. 975
HAMLET, ACT 5 SCENE 1
FIRST CLOWN You lie out on’t, sir, and therefore it is not
yours. For my part, I do not lie in’t, and yet it is mine. HAMLET Thou dost lie in’t, to be in’t and say ’tis thine.
’Tis for the dead, not for the quick; therefore thou liest. FIRST CLOWN ’Tis a quick lie, sir, ’twill away again from
me to you.
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HAMLET What man dost thou dig it for? FIRST CLOWN For no man, sir. HAMLET What woman, then? FIRST CLOWN For none, neither. HAMLET Who is to be buried in’t?
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FIRST CLOWN One that was a woman, sir; but, rest her
soul, she’s dead. HAMLET How absolute the knave is! We must speak by
the card, or equivocation will undo us. By the Lord, Horatio, these three years I have taken note of it. The age is grown so picked that the toe of the peasant comes so near the heel of the courtier he galls his kibe. (To the First Clown) How long hast thou been a grave maker? FIRST CLOWN Of all the days i’th’ year I came to’t that day that our last King Hamlet o’ercame Fortinbras. HAMLET How long is that since? FIRST CLOWN Cannot you tell that? Every fool can tell that. It was the very day that young Hamlet was born – he that was mad and sent into England.
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137. Heel: così in Q2; in F heels. The courtier: così in Q1 e Q2; in F our courtier = “il nostro cortigiano”. 976
AMLETO, ATTO V SCENA 1
PRIMO BECCHINO
Voi ci state fuori, signore, e quindi non è vostra. Quanto a me, io non ci sto steso dentro, eppure è mia. AMLETO
Tu dentro ci menti, a starci dentro dicendo che è tua; perché serve ai morti, non ai vivi, quindi tu menti. PRIMO BECCHINO
Viva è la menzogna, signore, e sarà di nuovo vostra dopo che mia. AMLETO
Per quale uomo stai scavando? PRIMO BECCHINO
Per nessun uomo, signore. AMLETO
Per quale donna, allora? PRIMO BECCHINO
Nemmeno per una donna. AMLETO
Chi ci deve essere seppellito? PRIMO BECCHINO
Una che era una donna, signore; ma, pace all’anima sua, è morta. AMLETO
È pignolo il bifolco! Dobbiamo parlare appuntino257, perché gli equivoci non ci mandino in malora. Perdio, Orazio, l’ho notato in questi tre anni: il secolo è diventato tanto formalista che l’alluce del villano si avvicina tanto al calcagno del cortigiano da sfregargli i geloni. (Al primo becchino) Da quanto fai il becchino? PRIMO BECCHINO
Di tutti i giorni dell’anno ci sono arrivato nel giorno in cui il nostro ultimo re Amleto sconfisse Fortebraccio. AMLETO
Ma quanto tempo fa? PRIMO BECCHINO
Non lo sapete? Qualsiasi testone lo sa. Era il giorno in cui è nato il giovane Amleto – quello che è diventato matto ed è stato mandato in Inghilterra.
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HAMLET, ACT 5 SCENE 1
HAMLET Ay, marry, why was he sent into England? FIRST CLOWN Why, because a was mad. A shall recover
his wits there; or if a do not, ’tis no great matter there. HAMLET Why? FIRST CLOWN ’Twill not be seen in him there. There the men are as mad as he. HAMLET How came he mad? FIRST CLOWN Very strangely, they say. HAMLET How strangely? FIRST CLOWN Faith, e’en with losing his wits. HAMLET Upon what ground? FIRST CLOWN Why, here in Denmark. I have been sexton here, man and boy, thirty years. HAMLET How long will a man lie i’th’ earth ere he rot? FIRST CLOWN I’faith, if a be not rotten before a die – as we have many pocky corpses nowadays, that will scarce hold the laying in – a will last you some eight year or nine year. A tanner will last you nine year. HAMLET Why he more than another? FIRST CLOWN Why, sir, his hide is so tanned with his trade that a will keep out water a great while, and your water is a sore decayer of your whoreson dead body. Here’s a skull, now. This skull has lain in the earth three-and-twenty years. HAMLET Whose was it?
150. Him there. There: così in Q2; in F him, there. 157. Sexton: così in Q2; in F sixteen = sedici. 978
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AMLETO, ATTO V SCENA 1
AMLETO
Ah, è vero, ma perché è stato mandato in Inghilterra? PRIMO BECCHINO
Beh, perché era matto. Laggiù ritroverà il senno, e se non lo ritrova, là non importa tanto. AMLETO
Perché? PRIMO BECCHINO
Là non si nota. Là gli uomini sono matti come lui. AMLETO
E com’è che è diventato matto? PRIMO BECCHINO
In modo assai strano, dicono. AMLETO
E come strano? PRIMO BECCHINO
Bah, proprio perdendo la testa. AMLETO
E la ragione? PRIMO BECCHINO
La regione? Qui in Danimarca! Ci faccio il sacrestano da trent’anni 258, da bambino e da adulto. AMLETO
Quanto deve stare un uomo nella terra per marcire? PRIMO BECCHINO
Per me, se non è marcio prima di morire – e oggi quanti cadaveri di impestati quasi si sfasciano quando li seppellisci! – durerà un otto o nove anni. Un conciatore vi dura nove. AMLETO
Perché lui più di un altro? PRIMO BECCHINO
Beh, signore, il suo mestiere gli concia talmente la pelle da tener lontana l’acqua per un bel po’; è l’acqua che fa marcire quel figlio di puttana di un cadavere. Ecco un teschio, ora. Questo teschio è rimasto sottoterra per ventitrè anni. AMLETO
Di chi era? 979
HAMLET, ACT 5 SCENE 1
FIRST CLOWN A whoreson mad fellow’s it was. Whose do
you think it was? HAMLET Nay, I know not. FIRST CLOWN A pestilence on him for a mad rogue – a poured a flagon of Rhenish on my head once! This same skull, sir, was Yorick’s skull, the King’s jester. HAMLET This? FIRST CLOWN E’en that. HAMLET Let me see.
177 179
He takes the skull Alas, poor Yorick. I knew him, Horatio – a fellow of infinite jest, of most excellent fancy. He hath borne me on his back a thousand times; and now, how abhorred my imagination is! My gorge rises at it. Here hung those lips that I have kissed I know not how oft. Where be your gibes now, your gambols, your songs, your flashes of merriment that were wont to set the table on a roar? Not one now to mock your own grinning? Quite chop-fallen? Now get you to my lady’s chamber and tell her, let her paint an inch thick, to this favour she must come. Make her laugh at that. Prithee, Horatio, tell me one thing. HORATIO What’s that, my lord? HAMLET Dost thou think Alexander looked o’ this fashion i’th’ earth? HORATIO E’en so. HAMLET And smelt so? Pah!
191
195
[He throws the skull down] HORATIO E’en so, my lord.
175-176. This same skull, sir: così in Q2 in F viene ripetuto. 179. Let me see: assente in Q2. 182. And now, how: così in Q1 e Q2; in F and how. 187. Grinning: così in Q2; in F leering = “occhieggiare, ammiccare sfrontatamente”. 980
AMLETO, ATTO V SCENA 1
PRIMO BECCHINO
Di un pazzo figlio di puttana. Di chi credete che fosse? AMLETO
No, non saprei. PRIMO BECCHINO
La peste a quel pazzo briccone – una volta mi ha versato una caraffa di vino del Reno sulla testa! Proprio questo teschio, signore, era il cranio di Yorick, il buffone del re. AMLETO
Questo? PRIMO BECCHINO
Proprio questo. AMLETO
Fammi vedere. Prende in mano il teschio Ah, povero Yorick. Lo conoscevo, Orazio – un uomo di arguzia infinita, di straordinaria inventiva. Mille volte mi ha portato sulla schiena; e ora, che ripugnanza mi ispira! Mi si rivolta lo stomaco. Qui c’erano quelle labbra che ho baciato non so quante volte. Dove sono ora i tuoi lazzi, le tue capriole, le tue canzoni, i lampi di allegria che facevano scoppiare dalle risa l’intera tavolata? Non c’è nessuno ora che sfotta il tuo ghigno? E tu non ti sganasci più? Ora va’ alla toeletta della dama e dille che può mettersi addosso un dito di trucco, che a questo aspetto dovrà arrivare. Falle fare una risata. Orazio, ti prego, dimmi una cosa. ORAZIO
Quale cosa, mio signore? AMLETO
Tu pensi che Alessandro avesse questo aspetto sottoterra? ORAZIO
Proprio questo. AMLETO
E puzzava così? Puah! [Getta a terra il cranio] ORAZIO
Proprio così, mio signore. 981
HAMLET, ACT 5 SCENE 1
HAMLET To what base uses we may return, Horatio! Why
may not imagination trace the noble dust of Alexander till a find it stopping a bung-hole? HORATIO ’Twere to consider too curiously to consider so. HAMLET No, faith, not a jot; but to follow him thither with modesty enough, and likelihood to lead it, as thus: Alexander died, Alexander was buried, Alexander returneth into dust, the dust is earth, of earth we make loam, and why of that loam whereto he was converted might they not stop a beer-barrel? Imperial Caesar, dead and turned to clay, Might stop a hole to keep the wind away. O, that that earth which kept the world in awe Should patch a wall t’expel the winter’s flaw! But soft, but soft; aside.
200
207
210
Hamlet and Horatio stand aside. Enter King Claudius, Queen Gertrude, Laertes, and a coffin, with a Priest and lords attendant Here comes the King, The Queen, the courtiers – who is that they follow, And with such maimèd rites? This doth betoken The corpse they follow did with desp’rate hand Fordo it own life. ’Twas of some estate. Couch we a while, and mark. LAERTES What ceremony else? HAMLET (aside to Horatio) That is Laertes, a very noble youth. Mark. LAERTES What ceremony else?
215
PRIEST
Her obsequies have been as far enlarged As we have warrantise. Her death was doubtful, And but that great command o’ersways the order She should in ground unsanctified have lodged
220
208. Imperial: così in F; in Q1 e Q2 imperious = “imperioso”. 211. Winter’s flaw: così in F; in Q2 water’s flaw = “raffica di pioggia”. 982
AMLETO, ATTO V SCENA 1
AMLETO
Che destinazione meschina ci aspetta, Orazio! Perché non seguiamo con la fantasia la nobile cenere di Alessandro, fino a ritrovarla che fa da tappo a una botte? ORAZIO
Sarebbe abbastanza strano immaginarla così. AMLETO
No invece, proprio no: basta seguirlo con un po’ di cautela, facendo caso alla probabilità, così: Alessandro è morto, Alessandro è stato seppellito, Alessandro è ritornato polvere, la polvere è terra, dalla terra si fa la calce, e perché mai non si potrebbe chiudere una botte di birra con quella calce in cui lui fu convertito? Cesare imperatore, morto e mutato in argilla, potrebbe turare un buco per ripararci dal vento259. Oh, che quella terra che seminò il terrore nel mondo debba ora rabberciare un muro per cacciare i rigori dell’inverno! Ma aspetta, aspetta, fatti da parte 260. Amleto e Orazio si fanno da parte. Entrano il re Claudio, la regina Gertrude, Laerte, e una bara, con un prete e nobili del seguito Ecco che vengono il re, la regina, i cortigiani – chi accompagnano, e con un rito così semplificato? Ciò significa che il morto si è tolto la vita con mano disperata. Ma era persona di rango. Nascondiamoci per un po’, e guardiamo. LAERTE
Quale cerimonia c’è ancora? AMLETO (a parte, a Orazio) Quello è Laerte, un giovane nobilissimo. Attento. LAERTE
Non c’è altra cerimonia? PRETE
Abbiamo esteso le sue esequie per quanto è consentito. La sua è una morte dubbia, e se la potestà dei grandi non prevalesse sulla norma avrebbe dovuto essere deposta in terreno non consacrato,
983
HAMLET, ACT 5 SCENE 1
Till the last trumpet. For charitable prayers, Shards, flints, and pebbles should be thrown on her, Yet here she is allowed her virgin rites, Her maiden strewments, and the bringing home Of bell and burial. LAERTES Must there no more be done? PRIEST No more be done. We should profane the service of the dead To sing sage requiem and such rest to her As to peace-parted souls. LAERTES Lay her i’th’ earth, And from her fair and unpolluted flesh May violets spring. I tell thee, churlish priest, A minist’ring angel shall my sister be When thou liest howling. HAMLET (aside) What, the fair Ophelia! QUEEN GERTRUDE (scattering flowers) Sweets to the sweet. Farewell. I hoped thou shouldst have been my Hamlet’s wife. I thought thy bride-bed to have decked, sweet maid, And not t’have strewed thy grave. LAERTES O, treble woe Fall ten times treble on that cursed head Whose wicked deed thy most ingenious sense Deprived thee off – Hold off the earth a while, Till I have caught her once more in mine arms. He leaps into the grave Now pile your dust upon the quick and dead Till of this flat a mountain you have made To o’ertop old Pelion, or the skyish head Of blue Olympus.
225. 226. 242. 243. 984
Shards non in Q2. Rites: così in F; in Q2 crants = “ghirlande”. Treble: così in Q2; in F terrible = “terribile”. Treble: in Q2 double = “doppio”.
226
230
235
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245
AMLETO, ATTO V SCENA 1
fino alla tromba finale; e invece che preghiere caritatevoli, su di lei dovremmo gettare cocci, selci e sassi. E tuttavia qui le sono concessi i riti verginali, le corone delle fanciulle, e l’accompagnamento di campane e sepoltura. LAERTE
E non c’è altro da fare? PRETE
Null’altro da fare. Profaneremmo il servizio dei morti se cantassimo il requiem e le dessimo il riposo come alle anime dipartite in pace. LAERTE
Deponetela nella terra, e che dalla sua bella carne incontaminata possano nascere viole. Io ti dico, cafone d’un prete, che mia sorella sarà un angelo glorificatore quando tu urlerai nella tomba. AMLETO (a parte) Come, la bella Ofelia! GERTRUDE (sparge fiori) Fiori a un dolce fiore. Addio. Ho sperato che tu fossi la sposa del mio Amleto. Pensavo, dolce fanciulla, di infiorare il tuo letto nuziale, non la tua tomba. LAERTE
Oh, un triplo dolore ricada dieci volte triplo su quel capo maledetto il cui atto malvagio ti ha privato del tuo eccellente senno! – trattenete la terra per un momento, finché non l’abbia stretta ancora una volta fra le braccia. Salta nella fossa Ora che la polvere si ammucchi sui vivi e sui morti, fino a fare di questa pianura una montagna che superi l’antico Pelio, o la cima dell’azzurro Olimpo261 su nel cielo.
985
HAMLET, ACT 5 SCENE 1
HAMLET (coming forward) What is he whose grief
250
Bears such an emphasis, whose phrase of sorrow Conjures the wand’ring stars and makes them stand Like wonder-wounded hearers? This is I, Hamlet the Dane. [Hamlet leaps in after Laertes] LAERTES The devil take thy soul.
255
HAMLET Thou pray’st not well.
I prithee take thy fingers from my throat, For though I am not splenative and rash, Yet have I something in me dangerous, Which let thy wiseness fear. Away thy hand. KING CLAUDIUS (to Lords) Pluck them asunder. QUEEN GERTRUDE Hamlet, Hamlet!
260
ALL [THE LORDS]
Gentlemen! HORATIO (to Hamlet) Good my lord, be quiet. HAMLET
Why, I will fight with him upon this theme Until my eyelids will no longer wag. QUEEN GERTRUDE O my son, what theme?
265
HAMLET
I loved Ophelia. Forty thousand brothers Could not, with all their quantity of love, Make up my sum. – What wilt thou do for her? KING CLAUDIUS O, he is mad, Laertes. QUEEN GERTRUDE (to Laertes) For love of God, forbear him. HAMLET (to Laertes) ’Swounds, show me what thou’lt do. Woot weep, woot fight, woot fast, woot tear thyself, Woot drink up eisel, eat a crocodile?
258. For: così in Q1 e Q2; in F sir. And: assente in Q2. 271. ’Swounds: così in Q2; in F come show me = “vieni a mostrarmi”. 273. Woot fast: così in Q2, non in F. 986
AMLETO, ATTO V SCENA 1
AMLETO (si fa avanti)
Chi è che si lamenta con tanta enfasi, e con parole di dolore ammalia le stelle orbitanti, fermandone il corso come di ascoltatori colpiti da un prodigio? Questo sono io, Amleto il danese262! [Balza nella fossa anche Amleto] LAERTE
Il demonio si prenda la tua anima! AMLETO
Tu non preghi come si deve. Ora toglimi le dita dalla gola perché, sebbene io non sia collerico né avventato, tuttavia c’è in me qualcosa di pericoloso, che la tua saggezza dovrebbe farti temere. Via questa mano! CLAUDIO (ai nobili) Separateli! GERTRUDE
Amleto, Amleto! TUTTI [I NOBILI]
Signori! ORAZIO (a Amleto)
Mio buon signore, calma. AMLETO
Perché? Per un simile motivo lotterò con lui finché mi battono le ciglia. GERTRUDE
Oh figlio mio, quale motivo? AMLETO
Io amavo Ofelia. Quarantamila fratelli non avrebbero potuto, con tutta la loro quantità d’amore, eguagliare il mio totale. – Tu, che cosa faresti per lei? CLAUDIO
Oh, è matto, Laerte! GERTRUDE (a Laerte)
Per l’amor di Dio, abbi pazienza. AMLETO (a Laerte) Sangue di Cristo, mostrami cosa vuoi fare. Vuoi 263 piangere, vuoi batterti, vuoi digiunare, vuoi farti a pezzi, vuoi bere aceto, man987
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
I’ll do’t. Dost thou come here to whine, To outface me with leaping in her grave? Be buried quick with her, and so will I. And if thou prate of mountains, let them throw Millions of acres on us, till our ground, Singeing his pate against the burning zone, Make Ossa like a wart. Nay, an thou’lt mouth, I’ll rant as well as thou. KING CLAUDIUS [to Laertes] This is mere madness, And thus a while the fit will work on him. Anon, as patient as the female dove When that her golden couplets are disclosed, His silence will sit drooping. HAMLET (to Laertes) Hear you, sir, What is the reason that you use me thus? I loved you ever. But it is no matter. Let Hercules himself do what he may, The cat will mew, and dog will have his day.
275
280
285
Exit
KING CLAUDIUS
I pray you, good Horatio, wait upon him. Exit Horatio (To Laertes) Strengthen your patience in our last night’s speech. We’ll put the matter to the present push. – Good Gertrude, set some watch over your son. – This grave shall have a living monument. An hour of quiet shortly shall we see; Till then, in patience our proceeding be. Exeunt 5.2
291
295
Enter Prince Hamlet and Horatio
HAMLET
So much for this, sir. Now, let me see, the other. You do remember all the circumstance? 295. Shortly: così in F; in Q2 thereby = “per (grazie a) questo”. (v. nota alla traduzione). 1. Now, let me see, the other: in Q2 Now you shall see the other = “ora vedrai il resto” (o “l’altra”: la nota alla traduzione prospetta le due interpretazioni possibili). 988
AMLETO, ATTO V SCENA 2
giare un coccodrillo? Lo farò anch’io. Vieni qui a piagnucolare, a sfidarmi saltando nella sua fossa? Fatti seppellire vivo con lei, e altrettanto farò io. E se ciarli tanto di montagne, lascia che gettino milioni di acri su di noi, finché questa terra, andando a scottarsi la zucca sotto la zona torrida, riduca il monte Ossa a una verruca. Non solo: se vuoi sbraitare, sbraiterò con te. CLAUDIO [a Laerte] Questa è mera pazzia, e l’attacco gli durerà ancora un po’. Presto però, con la pazienza della colomba che cova i suoi due piccoli dorati, silenzio e inerzia si impadroniranno di lui. AMLETO (a Laerte) Ascoltate, signore, per quale ragione mi trattate così? Io vi ho sempre voluto bene. Ma non importa. Faccia pure Ercole quanto può, il gatto miagolerà e il cane l’avrà vinta 264. Esce CLAUDIO
Vi prego, buon Orazio, seguitelo. Esce Orazio (A Laerte) Rafforza la tua pazienza pensando a quanto si è detto ieri sera. Daremo una spinta immediata alla questione. – Buona Gertrude, tieni d’occhio tuo figlio. – Questa tomba avrà un monumento vivente265. Presto266 conosceremo un’ora di quiete. Fino ad allora, comportiamoci con pazienza. Escono V, 2
Entrano il principe Amleto e Orazio267
AMLETO
… E questo è quanto. Ora, vediamo, l’altra268. Ricordi tutte le circostanze?
989
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
HORATIO Remember it, my lord! HAMLET
Sir, in my heart there was a kind of fighting That would not let me sleep. Methought I lay Worse than the mutines in the bilboes. Rashly – And praised be rashness for it: let us know Our indiscretion sometime serves us well When our dear plots do pall, and that should teach us There’s a divinity that shapes our ends, Rough-hew them how we will – HORATIO That is most certain. HAMLET Up from my cabin, My sea-gown scarfed about me in the dark, Groped I to find out them, had my desire, Fingered their packet, and in fine withdrew To mine own room again, making so bold, My fears forgetting manners, to unseal Their grand commission; where I found, Horatio – O royal knavery! – an exact command, Larded with many several sorts of reasons Importing Denmark’s health, and England’s, too, With ho! such bugs and goblins in my life, That on the supervise, no leisure bated, No, not to stay the grinding of the axe, My head should be struck off. HORATIO Is’t possible? HAMLET (giving it to him) Here’s the commission. Read it at more leisure. But wilt thou hear me how I did proceed? HORATIO I beseech you.
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HAMLET
Being thus benetted round with villainies – Ere I could make a prologue to my brains, They had begun the play – I sat me down, Devised a new commission, wrote it fair. 30. Villainies: emend. tardo; in Q2 e F villaines. 990
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AMLETO, ATTO V SCENA 2
ORAZIO
Eccome le ricordo, mio signore! AMLETO
C’era un conflitto nel mio cuore, che non mi lasciava dormire. Mi pareva di star peggio di un ammutinato ai ceppi. Di slancio – e sia lodata l’impulsività in questo caso: talvolta, riconosciamolo, l’irruenza ci serve, quando i calcoli raffinati ci vengono a mancare; e ciò dovrebbe insegnarci che c’è una forza superiore che orienta i nostri progetti, per quanto noi li si possa rozzamente imbastire 269. ORAZIO
Ciò è più che sicuro. AMLETO
Esco dalla cabina, al buio mi avvolgo la mantella sulle spalle, a tentoni trovo quel che cerco, afferro i loro incartamenti, alla fine me ne torno in cabina, mi faccio coraggio e – con un presentimento che mi fa scordare le buone maniere – rompo i sigilli 270 del mandato reale, dove trovo, Orazio – oh la regale furfanteria! – un ordine preciso, infarcito di molte diverse ragioni sulla salvezza della Danimarca, e anche dell’Inghilterra, e oh! quali incubi e malefici causati dalla mia esistenza, che alla prima lettura, senza indugio – no, neanche il tempo per affilare la scure, mi si doveva tagliare la testa 271. ORAZIO
Possibile? AMLETO (gli dà la lettera) Qui c’è il mandato. Leggilo con più calma. Ma vuoi sentire cos’ho fatto io? ORAZIO
Ve ne prego. AMLETO
Così impastoiato fra tante calunnie – prima che pensassi al prologo, il mio cervello aveva avviato lo spettacolo – mi sono seduto, ho escogitato un nuovo mandato, l’ho scritto appuntino: una volta cre-
991
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
I once did hold it, as our statists do, A baseness to write fair, and laboured much How to forget that learning; but, sir, now It did me yeoman’s service. Wilt thou know Th’effect of what I wrote? HORATIO Ay, good my lord.
35
HAMLET
An earnest conjuration from the King, As England was his faithful tributary, As love between them like the palm should flourish, As peace should still her wheaten garland wear And stand a comma ’tween their amities, And many such like ‘as’es of great charge, That on the view and know of these contents, Without debatement further more or less, He should the bearers put to sudden death, Not shriving-time allowed. HORATIO How was this sealed?
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HAMLET
Why, even in that was heaven ordinant. I had my father’s signet in my purse, Which was the model of that Danish seal; Folded the writ up in the form of th’other, Subscribed it, gave’t th’impression, placed it safely, The changeling never known. Now the next day Was our sea-fight; and what to this was sequent Thou know’st already. HORATIO
So Guildenstern and Rosencrantz go to’t.
41. 49. 52. 55. 992
Like; così in Q2; in F as. Ordinant: così in Q2; in F ordinate. In the form of th’other: così in Q2; in F in form of the other. Sequent: così in Q2; in F sement = “semente”, “precedente” (?).
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AMLETO, ATTO V SCENA 2
devo, come i nostri statisti, che fosse cosa volgare scrivere in bella calligrafia, e molto mi ero impegnato per dimenticare quell’arte; ma in questa circostanza, mio caro, mi ha reso un gran servigio. Vuoi sapere l’essenza di quanto ho scritto? ORAZIO
Sì, mio buon signore. AMLETO
Una ponderata richiesta da parte del re al re d’Inghilterra suo fedele tributario – affinché l’amore fra di loro come la palma fiorisca, affinché la pace continui a indossare la sua ghirlanda di spighe, ed a interporre non più di una virgola fra le loro amicizie, e tanti altri “affinché” di gran momento – che una volta viste e conosciute queste ragioni, senza ulteriori riguardi al più o al meno, mettesse i latori immediatamente a morte, non lasciandogli nemmeno il tempo di confessarsi. ORAZIO
Con quale sigillo? AMLETO
Beh, anche in questo il cielo è intervenuto. Avevo in tasca il sigillo di mio padre, che era il modello di quello danese; così ho ripiegato lo scritto nella stessa forma dell’altro, l’ho sottoscritto, l’ho sigillato e rimesso a posto, senza che nessuno si sia accorto dello scambio. Il giorno dopo c’è stata la battaglia in mare, e il seguito lo sai già. ORAZIO
Così Guildenstern e Rosencrantz hanno il fatto loro.
993
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
HAMLET
Why, man, they did make love to this employment. They are not near my conscience. Their defeat Doth by their own insinuation grow. ’Tis dangerous when the baser nature comes Between the pass and fell incensed points Of mighty opposites. HORATIO Why, what a king is this!
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HAMLET
Does it not, think’st thee, stand me now upon – He that hath killed my king and whored my mother, Popped in between th’election and my hopes, Thrown out his angle for my proper life, And with such coz’nage – is’t not perfect conscience To quit him with this arm? And is’t not to be damned To let this canker of our nature come In further evil?
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HORATIO
It must be shortly known to him from England What is the issue of the business there. HAMLET
It will be short. The interim’s mine, And a man’s life’s no more than to say ‘one’. But I am very sorry, good Horatio, That to Laertes I forgot myself; For by the image of my cause I see The portraiture of his. I’ll court his favours. But sure, the bravery of his grief did put me Into a tow’ring passion.
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58. Why … employment: assente in Q2. 59. Defeat: così in Q2; in F debate = “discussione”, o il suo argomento. 68. Dopo conscience Q2 inserisce un ? ed omette i prossimi quattordici versi. 79. I’ll court his favours: così in Q2; in F I’ll count his favours = “valuterò le sue inclinazioni”. 994
AMLETO, ATTO V SCENA 2
AMLETO
Beh, amico, avevano fatto la corte a questo incarico272. Non pesano sulla mia coscienza. La loro disfatta è figlia dal loro stesso immischiarsi. Per una natura meschina è pericoloso interporsi fra i fendenti e le punte infuriate di avversari potenti. ORAZIO
Ah, che re è questo273! AMLETO
E non ti sembra, dimmi, che ora stia a me – verso quello che ha ucciso il mio re e prostituito mia madre, che è saltato su fra la successione e le mie speranze, e ha gettato l’amo alla mia stessa vita, e con quali inganni – non è giusto che io, in perfetta coscienza 274, lo ripaghi con questo braccio? E non sarebbe peccato mortale permettere che questo cancro della natura cresca ad altro male? ORAZIO
Presto dall’Inghilterra gli arriveranno notizie dell’esito della missione. AMLETO
E presto sarà. L’intervallo spetta a me, e la vita di un uomo non è che il tempo di dire “uno”. Ma sono molto dispiaciuto, buon Orazio, di essermi lasciato trasportare con Laerte: nell’immagine della mia causa vedo il ritratto della sua. Farò di tutto per ingraziarmelo. Ma ostentando così il suo dolore mi ha fatto davvero infuriare.
995
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
HORATIO
Peace, who comes here?
Enter young Osric, a courtier, [taking off his hat] OSRIC
Your lordship is right welcome back to Denmark. HAMLET I humbly thank you, sir. (To Horatio) Dost know this water-fly? HORATIO No, my good lord. HAMLET Thy state is the more gracious, for ’tis a vice to know him. He hath much land, and fertile. Let a beast be lord of beasts, and his crib shall stand at the king’s mess. ’Tis a chuff, but, as I say, spacious in the possession of dirt. OSRIC Sweet lord, if your friendship were at leisure I should impart a thing to you from his majesty. HAMLET I will receive it, sir, with all diligence of spirit. Put your bonnet to his right use; ’tis for the head. OSRIC I thank your lordship, ’tis very hot. HAMLET No, believe me, ’tis very cold. The wind is northerly. OSRIC It is indifferent cold, my lord, indeed. HAMLET Methinks it is very sultry and hot for my complexion. OSRIC Exceedingly, my lord. It is very sultry, as ’twere – I cannot tell how. But, my lord, his majesty bade me signify to you that a has laid a great wager on your head. Sir, this is the matter. HAMLET I beseech you, remember.
85
90
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89. Chuff: emend. tardo; in Q2 chough = “cornacchia”; as I say: così in Q2; in F as I saw = “come vidi”. 91. Your friendship: in Q2 your lordship = “vostra signoria”. 996
AMLETO, ATTO V SCENA 2
ORAZIO
Attento, chi arriva? Entra [agitando il cappello]275 Osric, un cortigiano OSRIC
Sua signoria è benvenuta al suo ritorno in Danimarca. AMLETO
Vi ringrazio umilmente, signore. (A Orazio)276 Conosci questa libellula 277? ORAZIO
No, mio buon signore. AMLETO
Tanto meglio per te, perché conoscerlo è una perversione. Costui possiede molta terra, terra fertile. Che una bestia sia padrona di bestie, la sua mangiatoia starà alla mensa del re. È uno zotico, ma come dicevo ha vasti possedimenti di letame. OSRIC
Dolce signore, se la vostra combutta 278 fosse disposta, riferirei una cosa da parte di sua Maestà. AMLETO
La riceverò, signore, con tutta la diligenza del mio spirito. Date al cappello il suo giusto uso: è per la testa. OSRIC
Ringraziando sua signoria, fa molto caldo. AMLETO
No, credetemi, fa molto freddo. C’è la tramontana. OSRIC
È vero, mio signore, fa piuttosto freddo. AMLETO
Penso che sia molto afoso e caldo per la mia costituzione. OSRIC
Estremamente, mio signore. È molto afoso, per così dire – non riesco a dire come. Ma, mio signore, sua Maestà mi prega di significarvi che ha fatto una grande scommessa sulla vostra testa. Signore, ecco di che si tratta. AMLETO
Vi prego, ricordate. 997
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
OSRIC Nay, good my lord, for mine ease, in good faith.
Sir, you are not ignorant of what excellence Laertes is at his weapon. HAMLET What’s his weapon? OSRIC Rapier and dagger. HAMLET That’s two of his weapons. But well. OSRIC The King, sir, hath wagered with him six Barbary horses, against the which he imponed, as I take it, six French rapiers and poniards, with their assigns as girdle, hanger, or so. Three of the carriages, in faith, are very dear to fancy, very responsive to the hilts, most delicate carriages, and of very liberal conceit. HAMLET What call you the carriages? OSRIC The carriages, sir, are the hangers. HAMLET The phrase would be more germane to the matter if we could carry cannon by our sides. I would it might be hangers till then. But on: six Barbary horses against six French swords, their assigns, and three liberalconceited carriages – that’s the French bet against the Danish. Why is this ‘imponed’, as you call it? OSRIC The King, sir, hath laid, sir, that in a dozen passes between you and him he shall not exceed you three hits. He hath on’t twelve for nine, and it would come to immediate trial if your lordship would vouchsafe the answer.
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125
130
106. Good my lord: così in Q2; in F in good faith = “in fede”. 107. A questo punto Q2 aggiunge trentaquattro righe di elogi per Laerte, che qui troviamo fra le “Aggiunte al testo”. 112. Hath wagered: così in Q2; in Q1 hath laid a wager; in F ha’s wag’d. 113. Imponed: così in F; in Q2 impawned = “scommesso”, “puntato”. 118. Q2 inserisce qui una battuta di Orazio, sulla necessità di note per capire il linguaggio di Osric. Si vedano le “Aggiunte al testo”. 125. Why is this ‘imponed’ as you call it?: in Q2 Why, is this all you call it? = “Beh, è così che li chiamate?” 126. Sir (ripetuto): così in Q2, assente in F. 127. You: in Q2 yourself. 128. On’t: emend. Oxford; in Q2 laid on; in F one. I termini di questa scommessa sono tuttora poco chiari, e fonte di controversia. Nel Textual 998
AMLETO, ATTO V SCENA 2
OSRIC
No, mio buon signore, davvero sto comodo così 279. Signore, voi non siete ignorante di quale eccellenza abbia Laerte nella sua arma. AMLETO
Qual è l’arma? OSRIC
Spada e pugnale280. AMLETO
Così fanno due armi, ma va bene! OSRIC
Il re, signore, ha scommesso con lui sei cavalli berberi, contro i quali lui azzarda 281, credo, sei spade e pugnali francesi, con i loro accessori come cinture, pendagli e così via. In fede, tre di questi affusti sono molto fantasiosi, molto intonati alle else – dei rinforzi delicatissimi, di concezione molto liberale. AMLETO
Che cosa chiamate affusti 282? OSRIC
Gli affusti, signore, sono i pendagli. AMLETO
L’espressione sarebbe più adatta alla materia se ci portassimo al fianco un cannone. Prima di allora preferirei che rimanessero pendagli. Ma andiamo avanti: sei cavalli berberi contro sei spade francesi, gli accessori, e tre pendagli di concezione liberale – ecco la posta francese contro quella danese. E per cosa sono stati “azzardati”, come dite voi? OSRIC
Il re, signore, ha scommesso, signore, che in una dozzina di assalti fra voi e lui, lui non vi supererà per più di tre stoccate. Ci ha scommesso dodici contro nove, e si avrebbe subito la verifica se sua signoria volesse accondiscendere una risposta.
999
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
HAMLET How if I answer no? OSRIC I mean, my lord, the opposition of your person in
trial. HAMLET Sir, I will walk here in the hall. If it please his
majesty, ’tis the breathing time of day with me. Let the foils be brought; the gentleman willing, an the King hold his purpose, I will win for him an I can. If not, I’ll gain nothing but my shame and the odd hits. OSRIC Shall I re-deliver you e’en so? HAMLET To this effect, sir; after what flourish your nature will. OSRIC I commend my duty to your lordship. HAMLET Yours, yours. Exit Osric He does well to commend it himself; there are no tongues else for ’s turn. HORATIO This lapwing runs away with the shell on his head. HAMLET A did comply with his dug before a sucked it. Thus has he – and many more of the same bevy that I know the drossy age dotes on – only got the tune of the time and outward habit of encounter, a kind of yeasty collection which carries them through and through the most fanned and winnowed opinions; and do but blow them to their trial, the bubbles are out.
138
145
Companion all’ed. Oxford Taylor spiega bene le ragioni della sua scelta (p. 410). Nine: così in Q2; in F mine (incongruo). 139. E’en so?: in Q2 so? 143. Yours, yours: in Q2 solo Yours. 145. Turn: così in Q2; in F tongue = “lingua”. 148. A did comply: in Q2 ‘A did so, sir = “e così (lui) faceva, signore”. 154. Qui Q2 aggiunge quindici righe, con l’entrata di un Lord latore di un messaggio della regina ad Amleto, perché tratti cortesemente Laerte in quello che lei ritiene ancora un duello cavalleresco. V. anche, nel testo italiano, la nota a V, 2, 154, e le “Aggiunte al testo”. 149. Bevy: in Q2 breed = “razza”. 153. Most fanned [emend. tardo di F, fond] and winnowed opinions: in Q2 most profane and winnowed opinions = “opinioni più profane e più meditate”. 1000
AMLETO, ATTO V SCENA 2
AMLETO
E se rispondo di no? OSRIC
Intendo, signore, ad opporre la vostra persona nella sfida. AMLETO
Signore, io passeggerò qui nella sala. Se sua Maestà lo gradisce, questa per me è l’ora del moto. Che si portino le spade; se l’oppositore è comodo, e il re sempre intenzionato, vincerò per lui se mi riesce. Se no, non vincerò nulla se non la mia vergogna e qualche stoccata a mio danno. OSRIC
Vi devo riportare come sopra? AMLETO
Come sopra, con gli svolazzi che vorrete. OSRIC
Raccomando il mio servizio a vostra signoria. AMLETO
Al vostro, al vostro. Esce Osric Fa bene a raccomandarsi da solo. Non ci sono altre lingue che gli possano servire. ORAZIO
Questa pavoncella prende il volo con il guscio ancora sulla testa. AMLETO
Faceva un bell’inchino alla mammella di mamma prima di succhiarla. Lui, come tanti altri della covata per cui stravede questa indegna età, hanno imparato solo le parole di moda e le formule esteriori della conversazione, una sorta di repertorio schiumoso che le fa attraversare indenne le opinioni più aperte e meditate 283; ma prova a soffiarci sopra, e le bolle svaniscono284.
1001
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
HORATIO You will lose this wager, my lord.
155
HAMLET I do not think so. Since he went into France, I
have been in continual practice. I shall win at the odds. But thou wouldst not think how all here about my heart – but it is no matter. HORATIO Nay, good my lord – HAMLET It is but foolery, but it is such a kind of gaingiving as would perhaps trouble a woman. HORATIO If your mind dislike anything, obey it. I will forestall their repair hither, and say you are not fit. HAMLET Not a whit. We defy augury. There’s a special providence in the fall of a sparrow. If it be now, ’tis not to come. If it be not to come, it will be now. If it be not now, yet it will come. The readiness is all. Since no man has aught of what he leaves, what is’t to leave betimes?
160
170
Enter King Claudius, Queen Gertrude, Laertes, and lords, with Osric and other attendants with [trumpets, drums, cushions], foils, and gauntlets; a table, and flagons of wine on it KING CLAUDIUS
Come, Hamlet, come, and take this hand from me. HAMLET (to Laertes)
Give me your pardon, sir. I’ve done you wrong; But pardon’t as you are a gentleman. This presence knows, And you must needs have heard, how I am punished
156. You will lose this wager: così in F; in Q2 you will lose. 158. How all here about my heart: così in Q1 e F; in Q2 how ill all’s here about my heart = “tutto male c’è qui nel mio cuore”… 163. It: così in Q2; assente in F. 166-170. If it be now, ’tis not to come ... what is’t to leave betimes?: in Q2 If it be, ’tis not to come. If it be not to come, it will be now. If it be not now, yet it will come. The readiness is all, since no man of aught he leaves knows what is’t to leave betimes. Let be. = “Se è ora, non sarà poi. Se non è poi, sarà ora. Se non è ora, tuttavia sarà. Tutto sta nell’essere pronti. Nessuno sa quel che lascia, cosa importa lasciare prima del tempo? Così sia”. 1002
AMLETO, ATTO V SCENA 2
ORAZIO
Perderete questa scommessa, mio signore. AMLETO
Non credo. Da quando lui è andato in Francia io mi sono tenuto in costante esercizio. Con il vantaggio che ho, vincerò285. Ma non puoi immaginare quanto, qui nel cuore – ma non importa. ORAZIO
No, mio buon signore – AMLETO
Non è che una sciocchezza, ma è uno di quei presentimenti che potrebbero preoccupare una donna. ORAZIO
Se al vostro animo dispiace qualcosa, obbeditegli. Io impedirò che vengano, e dirò che non state bene. AMLETO
Niente affatto. Noi sfidiamo i presagi. C’è una provvidenza speciale anche nella caduta di un passero286. Se dev’essere ora, non sarà poi. Se non poi, sarà ora. Se non è ora, tuttavia verrà. Essere pronti è tutto287. Nessuno trattiene nulla di quanto lascia, cosa importa lasciare prima del tempo? Entrano il re Claudio, la regina Gertrude, Laerte, nobili, con Osric e altri inservienti, con [trombe, tamburi, cuscini], spade e guanti da schermitori; una tavola, con caraffe di vino. CLAUDIO
Vieni, Amleto, vieni, e prendi questa mano da me288. AMLETO (a Laerte) Perdonatemi, signore. Vi ho fatto torto; ma perdonatemi, da quel gentiluomo che siete. Tutti i presenti sanno, e voi dovete per forza aver sentito, che mi affligge una grave insania. Quanto ho fatto, che
1003
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
With sore distraction. What I have done That might your nature, honour, and exception Roughly awake, I here proclaim was madness. Was’t Hamlet wronged Laertes? Never Hamlet. If Hamlet from himself be ta’en away, And when he’s not himself does wrong Laertes, Then Hamlet does it not, Hamlet denies it. Who does it then? His madness. If’t be so, Hamlet is of the faction that is wronged. His madness is poor Hamlet’s enemy. Sir, in this audience Let my disclaiming from a purposed evil Free me so far in your most generous thoughts That I have shot mine arrow o’er the house And hurt my brother. LAERTES I am satisfied in nature, Whose motive in this case should stir me most To my revenge. But in my terms of honour I stand aloof, and will no reconcilement Till by some elder masters of known honour I have a voice and precedent of peace To keep my name ungored; but till that time I do receive your offered love like love, And will not wrong it. HAMLET I do embrace it freely, And will this brothers’ wager frankly play. – (To attendants) Give us the foils. Come on. LAERTES (to attendants) Come, one for me.
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HAMLET
I’ll be your foil, Laertes. In mine ignorance Your skill shall, like a star i’th’ darkest night, Stick fiery off indeed. LAERTES You mock me, sir. HAMLET No, by this hand. 186. Sir, in this audience: assente in Q2. 190. My brother: così in Q2; in F my mother = “mia madre”. 1004
201
205
AMLETO, ATTO V SCENA 2
possa aver fatto insorgere la vostra natura, l’onore, l’irritazione, qui dichiaro essere stata pazzia. È stato Amleto a far torto a Laerte? No, non Amleto. Se Amleto viene sottratto a se stesso, e quando non è se stesso fa torto a Laerte, allora non è Amleto a farlo, Amleto lo nega. Ma allora, chi lo fa? Lo fa la sua pazzia. E se è così, Amleto appartiene alla parte che subisce il torto. La pazzia è il nemico del povero Amleto. Signore, di fronte a questo pubblico fate sì che il mio disconoscere ogni intenzione malvagia tanto mi liberi nei vostri generosissimi pensieri, da farmi credere di aver tirato una freccia alla casa, e di aver ferito mio fratello. LAERTE
La mia natura, che più dovrebbe spingermi alla vendetta, è soddisfatta da queste parole. Ma resto fermo in termini di onore, e non accetto riconciliazione finché qualche anziano esperto della materia non mi offra un parere e un precedente di un simile patto, affinché il mio nome si mantenga incontaminato; fino ad allora, come amicizia ricevo l’offerta della vostra amicizia: ad essa non faccio torto. AMLETO
E io accetto senza riserve: in questa scommessa fraterna mi batterò lealmente – (Agli inservienti) Dateci le spade, avanti! LAERTE (agli inservienti) Avanti, una per me. AMLETO
Darò risalto al vostro valore289. Di fronte alla mia inesperienza la vostra abilità apparirà luminosa come una stella nella notte più buia. LAERTE
Vi prendete gioco di me, signore. AMLETO
No, per questa mano.
1005
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
KING CLAUDIUS
Give them the foils, young Osric. Cousin Hamlet, You know the wager? HAMLET Very well, my lord. Your grace hath laid the odds o’th’ weaker side. KING CLAUDIUS
I do not fear it; I have seen you both. But since he is bettered, we have therefore odds. LAERTES (taking a foil) This is too heavy; let me see another. HAMLET (taking a foil) This likes me well. These foils have all a length? OSRIC Ay, my good lord.
210
Hamlet and Laertes prepare to play KING CLAUDIUS (to attendants)
Set me the stoups of wine upon that table. If Hamlet give the first or second hit, Or quit in answer of the third exchange, Let all the battlements their ordnance fire. The King shall drink to Hamlet’s better breath, And in the cup an union shall he throw Richer than that which four successive kings In Denmark’s crown have worn. Give me the cups, And let the kettle to the trumpet speak, The trumpet to the cannoneer without, The cannons to the heavens, the heaven to earth, ‘Now the King drinks to Hamlet’.
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220
Trumpets the while he drinks Come, begin. And you, the judges, bear a wary eye. HAMLET (to Laertes) Come on, sir. LAERTES Come, my lord.
225
219. Union: così in F; in Q2 Onixe, un probabile errore di trascrizione dal MS. 222. Trumpet: così in Q2; in F trumpets. 228. Come, my Lord: così in Q2; in F come on, sir. 1006
AMLETO, ATTO V SCENA 2
CLAUDIO
Date loro le spade, giovane Osric. Cugino Amleto, conosci la scommessa? AMLETO
Molto bene, signore. Vostra grazia ha puntato sulla parte più debole. CLAUDIO
Non ho nessuna paura: vi ho visti entrambi. Ma siccome lui è favorito, abbiamo stabilito di avvantaggiarti. LAERTE (prende una spada) Questa è troppo pesante; vediamone un’altra. AMLETO (prende una spada) Questa mi va bene. Queste spade hanno tutte la stessa lunghezza? OSRIC
Sì, mio buon signore. Amleto e Laerte si preparano a duellare CLAUDIO (agli inservienti)
Mettetemi le caraffe di vino su quella tavola. Se Amleto porta a segno la prima o la seconda stoccata, o se risponde a quelle con la terza, che sparino le batterie di tutti gli spalti. Il re brinderà al miglior fiato di Amleto, e nella coppa getterà una perla Unica 290, più ricca di quella che quattro successivi re hanno portato sulla corona di Danimarca. A me le coppe, e che i tamburi annuncino alle trombe, le trombe al cannoniere là fuori, i cannoni ai cieli, e i cieli alla terra, “Ora il re brinda ad Amleto”! Squilli di tromba mentre il re beve Avanti, incominciate. E voi giudici tenete gli occhi aperti. AMLETO (a Laerte)
Avanti, signore. LAERTE
Avanti, mio signore.
1007
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
They play HAMLET One. LAERTES No.
230
HAMLET (to Osric) Judgement. OSRIC A hit, a very palpable hit. LAERTES Well, again. KING CLAUDIUS
Stay. Give me drink. Hamlet, this pearl is thine. Here’s to thy health. –
235
[Drum and] trumpets sound, and shot goes off Give him the cup. HAMLET
I’ll play this bout first. Set it by a while. – Come. They play again Another hit. What say you? LAERTES
A touch, a touch, I do confess. KING CLAUDIUS
Our son shall win. QUEEN GERTRUDE He’s fat and scant of breath. – Here, Hamlet, take my napkin. Rub thy brows. The Queen carouses to thy fortune, Hamlet.
240
HAMLET
Good madam. Gertrude, do not drink.
KING CLAUDIUS
QUEEN GERTRUDE
I will, my lord, I pray you pardon me.
236. Set it; così in Q1 e Q2; in F set. 241. Here Hamlet take my napkin: così in Q1 e Q2; in F here’s a napkin = “ecco un fazzoletto”. 1008
AMLETO, ATTO V SCENA 2
Si battono AMLETO
Una. LAERTE
No. AMLETO (a Osric)
Il verdetto? OSRIC
Una stoccata, una limpidissima stoccata. LAERTE
Va bene, ancora. CLAUDIO
Un momento. Datemi da bere. Amleto, questa perla è tua. Alla tua salute – Suono [di tamburi e] trombe, e parte un colpo di cannone Dategli la coppa. AMLETO
Prima faccio ancora questo assalto. Mettetela da parte per adesso. – Avanti. Combattono di nuovo Un altro colpo. Che ne dite? LAERTE
Toccato, toccato. Lo riconosco. CLAUDIO
Nostro figlio sta vincendo. GERTRUDE
Ma è appesantito291, e corto di fiato. – Avanti, Amleto, prendi il mio fazzoletto. Asciugati la fronte. La regina beve alla tua fortuna, Amleto. AMLETO
Buona signora. CLAUDIO
Gertrude, non bere. GERTRUDE
Invece sì, mio signore; vi prego, perdonatemi.
1009
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
She drinks, then offers the cup to Hamlet KING CLAUDIUS (aside)
It is the poisoned cup; it is too late.
245
HAMLET
I dare not drink yet, madam; by and by. QUEEN GERTRUDE (to Hamlet) Come, let me wipe thy face. LAERTES (aside to Claudius) My lord, I’ll hit him now. KING CLAUDIUS (aside to Laertes) I do not think’t. LAERTES (aside)
And yet ’tis almost ’gainst my conscience.
250
HAMLET
Come for the third, Laertes, you but dally. I pray you pass with your best violence. I am afeard you make a wanton of me. LAERTES
Say you so? Come on. They play OSRIC Nothing neither way. LAERTES (to Hamlet)
Have at you now! [Laertes wounds Hamlet.] In scuffling, they change rapiers, [and Hamlet wounds Laertes] KING CLAUDIUS (to attendants)
Part them, they are incensed. HAMLET (to Laertes)
Nay, come again. [The Queen falls down] OSRIC
Look to the Queen there, ho!
HORATIO
They bleed on both sides. (To Hamlet) How is’t, my lord?
1010
255
AMLETO, ATTO V SCENA 2
Beve, poi offre la coppa a Amleto CLAUDIO (a parte)
È la coppa avvelenata; troppo tardi! AMLETO
Non voglio ancora bere, signora; tra poco. GERTRUDE (a Amleto)
Avanti, lascia che ti asciughi il viso. LAERTE (a parte, a Claudio) Mio signore, adesso lo colpisco. CLAUDIO (a parte, a Laerte) Non lo credo. LAERTE (a parte) Eppure, è quasi contro la mia coscienza. AMLETO
Fatti avanti per la terza, Laerte, non indugiare. Ti prego, metticela tutta. Temo292 che tu mi stia trattando come un buono a nulla. LAERTE
Dici così? Fatti avanti. Combattono OSRIC
Niente, né da una parte né dall’altra. LAERTE (a Amleto) Allora prendi questa! [Laerte ferisce Amleto.] Si azzuffano, scambiandosi le spade [e Amleto ferisce Laerte] CLAUDIO (agli inservienti)
Divideteli, sono fuori di sè. AMLETO (a Laerte)
Avanti, fatti avanti! [La regina si accascia] OSRIC
Ehi attenzione alla regina, qui! ORAZIO
Sanguinano tutt’e due. (A Amleto) Mio signore, come state?
1011
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
OSRIC How is’t, Laertes? LAERTES
Why, as a woodcock to mine own springe, Osric. I am justly killed with mine own treachery.
260
HAMLET
How does the Queen? She swoons to see them bleed.
KING CLAUDIUS
QUEEN GERTRUDE
No, no, the drink, the drink! O my dear Hamlet, The drink, the drink – I am poisoned. [She dies] HAMLET
O villainy! Ho! Let the door be locked! Treachery, seek it out.
[Exit Osric] 265
LAERTES
It is here, Hamlet. Hamlet, thou art slain. No med’cine in the world can do thee good. In thee there is not half an hour of life. The treacherous instrument is in thy hand, Unbated and envenomed. The foul practice Hath turned itself on me. Lo, here I lie, Never to rise again. Thy mother’s poisoned. I can no more. The King, the King’s to blame.
270
HAMLET
The point envenomed too? Then, venom, to thy work. He hurts King Claudius ALL THE COURTIERS Treason, treason!
275
KING CLAUDIUS
O yet defend me, friends! I am but hurt.
264. Ho!: così in Q2; in F How? = “come?”. 269. Is in thy hand: in Q2 is in my hand = “ce l’ho in mano io”. (v. la nota alla traduzione). 1012
AMLETO, ATTO V SCENA 2
OSRIC
Laerte, come state? LAERTE
Beh, come una beccaccia che si è tesa la trappola da sola, Osric. È giusto che mi uccida il mio tradimento. AMLETO
Come sta la regina? CLAUDIO
È svenuta a vederli sanguinare. GERTRUDE
No, no, la coppa, la coppa! Oh mio caro Amleto, quel vino – mi ha avvelenata. [Muore] AMLETO
Oh vergogna! Oh! Chiudete le porte! [Esce Osric] Tradimento, scovatelo! LAERTE
È qui, Amleto. Amleto, sei finito. Nessuna medicina al mondo ti può risanare. Non ti rimane mezz’ora di vita. Lo strumento traditore ce l’hai in mano293. Non spuntata, e avvelenata. L’inganno infame si è ritorto contro di me. Ecco, qui giaccio per non rialzarmi mai più. Tua madre è stata avvelenata. Io non ho più forze. Il re, la colpa è del re. AMLETO
Anche la punta è avvelenata? Allora, veleno, compi la tua opera! Ferisce re Claudio TUTTI I CORTIGIANI
Tradimento, tradimento! CLAUDIO
Difendetemi ancora, amici! È solo una ferita!
1013
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
HAMLET
Here, thou incestuous, murd’rous, damned Dane, Drink off this potion. Is thy union here? Follow my mother. King Claudius dies LAERTES He is justly served. It is a poison tempered by himself. Exchange forgiveness with me, noble Hamlet. Mine and my father’s death come not upon thee, Nor thine on me. He dies
280
HAMLET
Heaven make thee free of it! I follow thee. I am dead, Horatio. Wretched Queen, adieu! You that look pale and tremble at this chance, That are but mutes or audience to this act, Had I but time – as this fell sergeant Death Is strict in his arrest – O, I could tell you – But let it be. Horatio, I am dead, Thou liv’st. Report me and my cause aright To the unsatisfied. HORATIO Never believe it. I am more an antique Roman than a Dane. Here’s yet some liquor left. HAMLET As thou’rt a man, Give me the cup. Let go. By heaven, I’ll ha’t. O God, Horatio, what a wounded name, Things standing thus unknown, shall live behind me! If thou didst ever hold me in thy heart,
277. 278. 291. 295. 296. 1014
285
290
295
Here: in Q2 hear = “ascolta”. Thy union: in Q2 the Onixe (cfr. sopra, v. 219). My cause aright: così in Q2; in F my causes right. I’ll ha’t: così in F; in Q2 I’ll hate = “odierò”. O God: così in Q2; in Q1 o fie = “oh vergogna!”; in F o good (?).
AMLETO, ATTO V SCENA 2
AMLETO
Fermo qui, tu incestuoso, assassino, dannato danese, bevi questo intruglio. La vedi la tua perla294? Vattene da mia madre. Claudio muore LAERTE
Se l’è meritato. Il veleno l’ha preparato lui. Scambiamoci il perdono, nobile Amleto. La mia morte e quella di mio padre non ricadano su di te, né la tua su di me. Muore AMLETO
Te ne liberi il cielo! Ti seguo. Orazio, sto morendo. Infelice regina, addio! A voi che pallidi e tremanti seguite questi eventi, che a questi atti assistete muti, se solo avessi tempo – poiché la morte è un duro gendarme, che non molla la presa – oh, vi potrei dire – ma lasciamo perdere. Orazio, io muoio e tu vivi. Racconta tu come si deve di me e della mia causa, a chi vorrà sapere. ORAZIO
Non ci sperate. Io sono più un antico romano che un danese. Qui è rimasto ancora un po’ da bere295. AMLETO
Se sei un uomo, dammi la coppa. Lasciala, per il cielo. La voglio! Oh Dio, Orazio, se queste cose rimanessero ignote, che nome infangato mi sopravviverebbe! Se mai ti sono stato a cuore, separati
1015
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
Absent thee from felicity a while, And in this harsh world draw thy breath in pain To tell my story.
300
March afar off, and shout within What warlike noise is this? Enter Osric OSRIC
Young Fortinbras, with conquest come from Poland, To th’ambassadors of England gives This warlike volley. HAMLET O, I die, Horatio! The potent poison quite o’ercrows my spirit. I cannot live to hear the news from England, But I do prophesy th’election lights On Fortinbras. He has my dying voice. So tell him, with th’occurrents, more and less, Which have solicited. The rest is silence. O, O, O, O! He dies
305
310
HORATIO
Now cracks a noble heart. Good night, sweet prince, And flights of angels sing thee to thy rest. – Why does the drum come hither? Enter Fortinbras with the English [Ambassadors], with a drummer, colours, and attendants FORTINBRAS Where is this sight?
315
HORATIO What is it ye would see?
If aught of woe or wonder, cease your search. FORTINBRAS
This quarry cries on havoc. O proud death, What feast is toward in thine eternal cell That thou so many princes at a shot So bloodily hast struck! AMBASSADOR The sight is dismal, And our affairs from England come too late. The ears are senseless that should give us hearing 1016
320
AMLETO, ATTO V SCENA 2
dalla felicità per qualche tempo, e respira il dolore di questo mondo crudele, per raccontare la mia storia! Si ode in lontananza una marcia, e grida da dentro Ah, rumori di guerra! Entra Osric OSRIC
Il giovane Fortebraccio, reduce da conquiste in Polonia, rivolge questo saluto guerresco agli ambasciatori d’Inghilterra296. AMLETO
Oh, muoio, Orazio! Il potente veleno sopraffà del tutto il mio spirito. Non vivrò per sentire le notizie dall’Inghilterra, ma faccio voti perché Fortebraccio sia eletto re. A lui va il mio auspicio di moribondo. Riferiscilo, insieme agli eventi grandi e piccoli che hanno portato a questo passo. Il resto è silenzio. Oh, oh, oh, oh! Muore ORAZIO
Così si spezza un nobile cuore. Buona notte, dolce principe; possa un volo d’angeli accompagnarti cantando al tuo riposo. – Ma perché si avvicinano i tamburi? Entra Fortebraccio con gli [ambasciatori] inglesi, un tamburino, bandiere e il seguito FORTEBRACCIO
Dov’è lo spettacolo? ORAZIO
Che cosa vorreste vedere? Se cosa malvagia o sbalorditiva, qui finisce la vostra ricerca. FORTEBRACCIO
Questo carnaio proclama un massacro. Oh morte superba, quale trionfo si prepara sotto le tue volte eterne, per aver abbattuto nel sangue tanti principi in un colpo solo? AMBASCIATORE
Orribile vista! Dall’Inghilterra troppo tardi portiamo notizie. Sorde sono le orecchie di chi dovrebbe dare ascolto a come il suo co-
1017
HAMLET, ACT 5 SCENE 2
To tell him his commandment is fulfilled, That Rosencrantz and Guildenstern are dead. Where should we have our thanks? HORATIO Not from his mouth, Had it th’ability of life to thank you. He never gave commandment for their death. But since so jump upon this bloody question You from the Polack wars, and you from England, Are here arrived, give order that these bodies High on a stage be placed to the view; And let me speak to th’ yet unknowing world How these things came about. So shall you hear Of carnal, bloody, and unnatural acts, Of accidental judgements, casual slaughters, Of deaths put on by cunning and forced cause; And, in this upshot, purposes mistook Fall’n on th’inventors’ heads. All this can I Truly deliver. FORTINBRAS Let us haste to hear it, And call the noblest to the audience. For me, with sorrow I embrace my fortune. I have some rights of memory in this kingdom, Which now to claim my vantage doth invite me.
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HORATIO
Of that I shall have also cause to speak, And from his mouth whose voice will draw on more. But let this same be presently performed, Even whiles men’s minds are wild, lest more mischance On plots and errors happen.
337. Forced cause: in Q2 for no cause = “senza una causa”. 345. Also: così in Q2; in F always = “sempre”. 1018
345
AMLETO, ATTO V SCENA 2
mando è stato eseguito, e come Rosencrantz e Guildenstern siano morti. Chi ci ringrazia ora? ORAZIO
Non la sua bocca, seppure avesse vita per ringraziarvi. Lui non ha mai dato l’ordine di metterli a morte. Ma poiché voi dalle guerra polacche e voi dall’Inghilterra siete arrivati così nel mezzo di sanguinosi eventi, date ordine che questi corpi siano esposti alla vista in alto su un palco, e lasciatemi raccontare al mondo ancora ignaro che cosa è successo. Udrete allora di atti carnali sanguinosi e contro natura, di giudizi accidentali, di uccisioni casuali, di morti procurate da complotti e pretesti inventati; e, in questa catastrofe, di calcoli sbagliati ricaduti su chi li ha concepiti. Di tutto questo io posso dare un racconto veritiero. FORTEBRACCIO
Affrettiamoci ad ascoltare tutto, e che i più nobili vengano a sentire. Quanto a me, con dolore abbraccio la mia fortuna. Su questo regno vanto diritti non dimenticati, che la sorte mi invita a reclamare. ORAZIO
Anche di questo avrò modo di parlare, per bocca di uno al cui voto altri seguiranno. Ma ciò sia fatto subito, anche se gli animi sono ancora eccitati, affinché nuove sventure non si aggiungano ai passati complotti ed errori.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
Let four captains Bear Hamlet like a soldier to the stage, For he was likely, had he been put on, To have proved most royally; and for his passage, The soldiers’ music and the rites of war Speak loudly for him. Take up the body. Such a sight as this Becomes the field, but here shows much amiss. Go, bid the soldiers shoot.
FORTINBRAS
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Exeunt, marching, with the bodies; after the which, a peal of ordnance are shot off ADDITIONAL PASSAGES
A. Just before the second entrance of the Ghost in 1.1 (l. 106.1), Q2 has these additional lines: BARNARDO
I think it be no other but e’en so. Well may it sort that this portentous figure Comes armèd through our watch so like the king That was and is the question of these wars. HORATIO
A mote it is to trouble the mind’s eye. In the most high and palmy state of Rome, A little ere the mightiest Julius fell, The graves stood tenantless, and the sheeted dead Did squeak and gibber in the Roman streets At stars with trains of fire, and dews of blood, Disasters in the sun; and the moist star, Upon whose influence Neptune’s empire stands, Was sick almost to doomsday with eclipse.
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355. Body: in Q2 bodies = “corpi”. Le varianti alle aggiunte sono in massima parte dovute alle numerosissime edizioni che si sono succedute attraverso i secoli, e sono di poco interesse in un’edizione italiana. 1020
AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
FORTEBRACCIO
Quattro capitani portino Amleto, come un soldato, sul palco. Messo alla prova, egli avrebbe dimostrato qualità assolutamente regali. Che al suo passaggio musiche marziali e riti guerreschi alzino la voce in suo onore. Sollevate il corpo. Uno spettacolo come questo si addice al campo di battaglia, ma qui appare del tutto fuori luogo. Andate, e ordinate ai soldati di sparare. Escono marciando, con i corpi; poi, una salva di cannone
AGGIUNTE AL TESTO
A. Prima della seconda apparizione dello Spettro in I, 1, 106, Q2 aggiunge: BERNARDO
Credo che non possa che essere così. E ben si spiega che questa figura annunciatrice di sventure passi in armi attraverso la nostra guardia, così simile al re che stava e sta nel centro di queste guerre. ORAZIO
È un granello che dà noia all’occhio della mente. Quando Roma conobbe la forma più alta del suo stato, fiorendo come la palma, poco tempo prima che il sommo Giulio cadesse, dalle tombe scoperchiate i morti nei loro sudari presero a vagare gemendo per le strade, mentre apparivano stelle con la coda di fuoco, e rugiade di sangue, e disastri nel sole; e l’umido astro sotto il cui influsso poggia il dominio di Nettuno297 subì un’eclisse da giorno del Giudizio.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
And even the like precurse of feared events, As harbingers preceding still the fates, And prologue to the omen coming on, Have heaven and earth together demonstrated Unto our climature and countrymen.
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B. Just before the entrance of the Ghost in 1.4 (l. 18.1), Q2 has these additional lines continuing Hamlet’s speech: This heavy-headed revel east and west Makes us traduced and taxed of other nations. They clepe us drunkards, and with swinish phrase Soil our addition; and indeed it takes From our achievements, though performed at height, The pith and marrow of our attribute. So, oft it chances in particular men That, for some vicious mole of nature in them – As in their birth, wherein they are not guilty, Since nature cannot choose his origin, By the o’ergrowth of some complexion, Oft breaking down the pales and forts of reason, Or by some habit that too much o’erleavens The form of plausive manners – that these men, Carrying, I say, the stamp of one defect, Being nature’s livery or fortune’s star, His virtues else be they as pure as grace, As infinite as man may undergo, Shall in the general censure take corruption From that particular fault. The dram of evil Doth all the noble substance over-daub To his own scandal.
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A 14. Feared events: in Q3 fearce [fierce] events = “avvenimenti feroci”. B 21. Over-daub: ed. Oxford; in Q2 of a doubt = “di un dubbio” (incongruo). 1022
AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
E proprio una simile anticipazione di temibili eventi, messaggeri che precedono i fati e sono prologo dell’incombente sventura, cielo e terra insieme hanno manifestato alle nostre regioni e ai loro abitanti. B. Prima che appaia lo Spettro in I, 4, 18, Q2 aggiunge i seguenti versi al discorso di Amleto: Questi bagordi scriteriati, a est e a ovest ci espongono alle beffe e ai rimproveri delle altre nazioni. Ci chiamano ubriaconi e ci danno dei porci, sporcando la nostra reputazione; e invero togliendo alle nostre imprese, anche alle maggiori, la tempra e il midollo di ogni rinomanza. Così accade spesso a particolari individui, che per qualche maligno neo della natura – per esempio della loro nascita, della quale non hanno colpa (perché la natura non può scegliere la sua origine), o per l’insorgere di una qualche tendenza che abbatta in loro i pali e le difese della ragione, o per qualche abitudine che porta all’eccesso la forma delle buone maniere – accade, dico, che questi individui segnati da un qualche difetto, sia esso livrea della natura o stella della fortuna, e pur dotati di virtù pure come la grazia, e infinite per quanto possibile all’uomo, vengano nel giudizio comune corrotte da quel particolare difetto. Una goccia di male può imbrattare un’intera nobile natura conducendola a una cattiva reputazione.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
C. After 1.4.55, Q2 has these additional lines continuing Horatio’s speech: The very place puts toys of desperation, Without more motive, into every brain That looks so many fathoms to the sea And hears it roar beneath. D. After 3.2.163, Q2 has this additional couplet concluding the Player Queen’s speech: Where love is great, the littlest doubts are fear; Where little fears grow great, great love grows there. E. After 3.2.208, Q2 has this additional couplet in the middle of the Player Queen’s speech: To desperation turn my trust and hope; An anchor’s cheer in prison be my scope. F. After ‘this?’ in 3.4.70, Q2 has this more expansive version of Hamlet’s lines of which F retains only ‘what devil… blind’: Sense sure you have, Else could you not have motion; but sure that sense Is apoplexed, for madness would not err, Nor sense to ecstasy was ne’er so thralled But it reserved some quantity of choice To serve in such a difference. What devil was’t That thus hath cozened you at hoodman-blind? Eyes without feeling, feeling without sight, Ears without hands or eyes, smelling sans all, Or but a sickly part of one true sense Could not so mope.
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AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
C. Dopo I, 4, 55, Q2 aggiunge i seguenti versi al discorso di Orazio: Il luogo stesso ispira pensieri disperati, senza motivo, a ciascuna mente che contempli da così in alto il mare, e lo senta ruggire giù in fondo. D. Dopo III, 2, 163, Q2 aggiunge un distico che conclude il discorso dell’attore-regina: Dove è grande l’amore, i minimi dubbi diventano paura; dove le piccole paure diventano grandi, grande diventa l’amore. E. Dopo III, 2, 208, Q2 aggiunge un distico nel discorso dell’attoreregina: Si mutino fede e speranza in disperazione, la regola dell’eremita diventi il mio conforto. F. Dopo “quest’altro?” in III, 4, 70, Q2 amplia le battute di Amleto, presenti in F solo da “Quale demone... mosca cieca?”: Certo i sensi ce li avete, se no non vi muovereste; ma certo questi vostri sensi sono infermi, perché la stessa pazzia non sbaglierebbe, né un senso è mai stato schiavo della frenesia, fino al punto di abbandonare qualsiasi metro di giudizio capace di individuare una tale differenza. Quale demone ha potuto ingannarvi tanto al gioco di mosca cieca? Occhi senza tatto, tatto senza vista, orecchie senza mani o occhi, odorato senza nulla, nemmeno una sola parte malandata di un solo senso avrebbe potuto ingannarsi tanto.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
G. After 3.4.151, Q2 has this more expansive version of Hamlet’s lines of which F retains only ‘refrain… abstinence’: That monster custom, who all sense doth eat, Of habits devilish, is angel yet in this: That to the use of actions fair and good He likewise gives a frock or livery That aptly is put on. Refrain tonight, And that shall lend a kind of easiness To the next abstinence, the next more easy – For use almost can change the stamp of nature – And either in the devil, or throw him out With wondrous potency.
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H. At 3.4.185, Q2 has these additional lines before ‘This man…’: HAMLET
There’s letters sealed, and my two schoolfellows – Whom I will trust as I will adders fanged – They bear the mandate, they must sweep my way And marshal me to knavery. Let it work, For ’tis the sport to have the engineer Hoised with his own petard; and’t shall go hard But I will delve one yard below their mines And blow them at the moon. O, ’tis most sweet When in one line two crafts directly meet.
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I. After ‘done’ in 4.1.39, Q2 has these additional lines continuing the King’s speech (the first three words are an editorial conjecture): So envious slander, Whose whisper o’er the world’s diameter, As level as the cannon to his blank, G 1-2. Eat / Of habits devilish: ed. Oxford, dopo una serie di emend. poco convincenti. 1026
AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
G. Dopo III, 4, 151, Q2 amplia le battute di Amleto, presenti in F solo da “Astenetevi” a “astinenza”: Quel mostro della consuetudine, che divora ogni sensatezza, la demoniaca abitudine, è angelo almeno in questo: che anche alle azioni buone e giuste offre una tonaca o livrea facili da indossare. Astenetevi stanotte, e questo renderà più facile la prossima astinenza, e più facile ancora quella dopo – l’uso infatti può quasi cambiare lo stampo della natura, e fare entrare il diavolo, o scacciarlo con forza portentosa. H. Dopo III, 4, 185, Q2 aggiunge i seguenti versi prima di “Quest’uomo”: Le lettere sono sigillate, e i miei due compagni di scuola – dei quali mi fido come di due serpi velenose – portano il mandato di spianarmi la strada e condurmi alla perdizione. Facciano pure, che è un bel divertimento vedere l’artificiere saltare in aria con il suo ordigno; e dovrebbe proprio andarmi male se non scaverò un metro sotto le loro mine e non li spedirò sulla luna. Oh, è davvero dolce quando due astuzie si scontrano per strada. I. Dopo ”fuori luogo”, in IV, 1, 39, Q2 aggiunge al discorso del re i seguenti versi (le prime tre parole rappresentano una congettura editoriale): Così la calunnia degli invidiosi, il cui mormorio trasporta, come il cannone al suo bersaglio, il suo colpo avvelenato per l’intero dia-
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
Transports his poisoned shot, may miss our name And hit the woundless air.
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J. Q2 has this more expansive version of the ending of 4.4: I will do’t, my lord.
CAPTAIN FORTINBRAS
Exit with his army
Go softly on.
Enter Prince Hamlet, Rosencrantz, Guildenstern, etc. HAMLET (to the Captain) Good sir, whose powers are these? CAPTAIN
They are of Norway, sir. HAMLET
How purposed, sir, I pray you?
CAPTAIN
Against some part of Poland. HAMLET
Who commands them, sir?
CAPTAIN
The nephew to old Norway, Fortinbras.
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HAMLET
Goes it against the main of Poland, sir, Or for some frontier? CAPTAIN
Truly to speak, and with no addition, We go to gain a little patch of ground That hath in it no profit but the name. To pay five ducats, five, I would not farm it, Nor will it yield to Norway or the Pole A ranker rate, should it be sold in fee.
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HAMLET
Why then, the Polack never will defend it. CAPTAIN
Yes, it is already garrisoned.
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AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
metro del mondo, potrà mancare il nostro nome e colpire l’aria invulnerabile. J. Alla fine di IV, 4, Q2 ha la seguente versione più ampia: CAPITANO
Lo farò, mio signore FORTEBRACCIO
Procedete con cautela. Esce con l’esercito Entrano il principe Amleto, Rosencrantz, Guildenstern ecc. AMLETO (al capitano)
Buon signore, quali forze sono queste? CAPITANO
Norvegesi, signore. AMLETO
E vi prego, signore, dove sono dirette? CAPITANO
Contro qualche parte della Polonia. AMLETO
Chi le comanda, signore? CAPITANO
Il nipote del vecchio re di Norvegia, Fortebraccio. AMLETO
E muovono contro la Polonia intera o qualche zona di frontiera? CAPITANO
A dire il vero, senza giunte, andiamo a conquistare un pezzetto di terra che non ha vantaggi, a parte il nome. Per cinque ducati, cinque, io non lo affitterei: né garantirebbe alla Norvegia o alla Polonia un prezzo maggiore se venisse venduto. AMLETO
Beh, allora la Polonia non lo difenderà mai. CAPITANO
E invece sì, lo hanno già presidiato.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
HAMLET
Two thousand souls and twenty thousand ducats Will now debate the question of this straw. This is th’imposthume of much wealth and peace, That inward breaks and shows no cause without Why the man dies. I humbly thank you, sir.
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CAPTAIN
Exit
God buy you, sir. ROSENCRANTZ
Will’t please you go, my lord?
HAMLET
I’ll be with you straight. Go a little before. Exeunt all but Hamlet How all occasions do inform against me And spur my dull revenge! What is a man If his chief good and market of his time Be but to sleep and feed? – a beast, no more. Sure, he that made us with such large discourse, Looking before and after, gave us not That capability and god-like reason To fust in us unused. Now whether it be Bestial oblivion, or some craven scruple Of thinking too precisely on th’event – A thought which, quartered, hath but one part wisdom And ever three parts coward – I do not know Why yet I live to say ‘This thing’s to do’, Sith I have cause, and will, and strength, and means, To do’t. Examples gross as earth exhort me, Witness this army of such mass and charge, Led by a delicate and tender prince, Whose spirit with divine ambition puffed Makes mouths at the invisible event, Exposing what is mortal and unsure To all that fortune, death, and danger dare, Even for an eggshell. Rightly to be great
J 17. Now: emend. tardo; non in Q2. 1030
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AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
AMLETO
Duemila anime e ventimila soldati entreranno in lizza per questa pagliuzza. Questo è l’ascesso che insidia tanta ricchezza e pace: ti scoppia dentro, ma al di fuori non mostra perché muori. Vi ringrazio umilmente, signore. CAPITANO
Dio sia con voi., signore. Esce ROSENCRANTZ
Andiamo, mio signore? AMLETO
Vi seguo subito. Andate pure avanti. Escono tutti tranne Amleto Quali colpe, quali sproni alla mia tarda vendetta mi impone ogni occasione! Cosa rimane di un uomo se il sommo bene e profitto del suo tempo non è che dormire e mangiare? – Niente più che una bestia, ecco cosa. Certo, colui che ci ha fatti con così alto calcolo, sollecito del prima e del dopo, non ci ha elargito le facoltà e la divina ragione perché ammuffissero in noi senza essere usate. Ora, che sia bestiale negligenza o qualche vile scrupolo nel pensare al fatto con troppa esattezza – un pensiero che, diviso in quarti, ha una sola parte di saggezza e tre di codardia – non so perché io viva ancora per dire “Questa cosa s’ha da fare” avendo motivo, e volontà, e forza, e mezzi per farla. Mi esortano esempi grandi come la terra, come un esercito così numeroso e costoso, condotto da un principe giovane e delicato, il cui spirito, spronato da divina ambizione, si fa beffe di ogni imprevisto, esponendo ciò che è mortale e incerto a tutto quanto possano osare la fortuna, la morte, il pericolo, e tutto per un guscio d’uovo. Essere veramente grandi non vuol dire agire
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
Is not to stir without great argument, But greatly to find quarrel in a straw When honour’s at the stake. How stand I, then, That have a father killed, a mother stained, Excitements of my reason and my blood, And let all sleep while, to my shame, I see The imminent death of twenty thousand men That, for a fantasy and trick of fame, Go to their graves like beds, fight for a plot Whereon the numbers cannot try the cause, Which is not tomb enough and continent To hide the slain. O, from this time forth My thoughts be bloody or be nothing worth!
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K. After ‘accident’ at 4.7.67, Q2 has these additional lines: My lord, I will be ruled, The rather if you could devise it so That I might be the organ. KING CLAUDIUS It falls right. You have been talked of, since your travel, much, And that in Hamlet’s hearing, for a quality Wherein they say you shine. Your sum of parts Did not together pluck such envy from him As did that one, and that, in my regard, Of the unworthiest siege. LAERTES What part is that, my lord? LAERTES
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KING CLAUDIUS
A very ribbon in the cap of youth, Yet needful too, for youth no less becomes The light and careless livery that it wears Than settled age his sables and his weeds Importing health and graveness.
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AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
senza un grande motivo, ma al contrario montare una grande controversia per un nonnulla, quando è in gioco l’onore. E cosa dire di me, allora, che ho il padre assassinato, la madre disonorata, una ragione e un sangue che ribollono, e tutto lascio dormire mentre, per la mia vergogna, vedo la morte imminente di ventimila uomini che per un capriccio e uno scherzo della fama se ne vanno alla tomba come se fosse un letto, combattono per un pezzo di terra che non gli lascia nemmeno lo spazio per combattere, e non è neanche tomba sufficiente a contenere tutti gli uccisi. Oh, da questo momento i miei pensieri siano sanguinari, o non valgano niente! K. Dopo “incidente”, in IV, 7, 67, Q2 aggiunge i seguenti versi: LAERTE
Mio signore, mi farò guidare, soprattutto se voi provvedete a che io ne sia lo strumento. CLAUDIO
Vieni a proposito. Dopo che sei partito, qui si è parlato molto di te, e alla presenza di Amleto, per un esercizio in cui si dice che tu sia brillante. La somma delle tue doti non gli ha procurato tanta invidia quanto quest’una – un’invidia, secondo me, del tipo più spregevole. LAERTE
Di quale dote si tratta, mio signore? CLAUDIO
Una coccarda sul cappello della giovinezza, e tuttavia necessaria anch’essa: alla giovinezza non stanno meno bene gli abiti allegri e trasandati che indossa di quanto non stiano all’età posata le pellicce e le stoffe scure, che sono segno di benessere e gravità.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
L. After ‘match you’ at 4.7.85, Q2 has these additional lines continuing the King’s speech: Th’escrimers of their nation He swore had neither motion, guard, nor eye If you opposed them. M. After 4.7.96, Q2 has these additional lines continuing the King’s speech: There lives within the very flame of love A kind of wick or snuff that will abate it, And nothing is at a like goodness still, For goodness, growing to a plurisy, Dies in his own too much. That we would do We should do when we would, for this ‘would’ changes, And hath abatements and delays as many As there are tongues, are hands, are accidents; And then this ‘should’ is like a spendthrift’s sigh, That hurts by easing. But to the quick of th’ulcer –
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N. After ‘Sir’ at 5.2.107, Q2 has these lines (in place of F’s ‘you are not ignorant of what excellence Laertes is at his weapon’): here is newly come to court Laertes, believe me, an absolute gentleman, full of most excellent differences, of very soft society and great showing. Indeed, to speak feelingly of him, he is the card or calendar of gentry, for you shall find in him the continent of what part a gentleman would see. HAMLET Sir, his definement suffers no perdition in you, though I know to divide him inventorially would dizzy th’arithmetic of memory, and yet but yaw neither in respect of his quick sail. But in the verity of extolment, I take him to be a soul of great article, and his infusion N 4. Feelingly: in Q2 sellingly = “alla maniera di un piazzista”. 1034
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AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
L. Dopo “affrontare qualcuno” in IV, 7, 85, Q2 aggiunge al discorso del re i seguenti versi: Giurava che gli spadaccini di quella nazione, in un incontro, non avrebbero avuto né movenza, né guardia, né occhio pari ai tuoi. M. Dopo IV, 7, 96, Q2 aggiunge al discorso del re i seguenti versi: Nella fiamma stessa dell’amore vive una specie di stoppino o mozzicone di candela che lo soffoca, e nulla mantiene nel tempo lo stesso livello di bontà, perché la bontà, giunta al suo eccesso298, muore di quel troppo stesso. Ciò che vorremmo fare lo dobbiamo fare quando lo vogliamo, perché questo “vogliamo” cambia, e subisce tagli e ritardi per quante sono le lingue, le mani, gli incidenti; dunque questo “vorremmo” è come il sospiro dello scialacquatore, che fa male quando lenisce299. Ma veniamo al vivo della piaga. N. Dopo “sto comodo così. Signore” in V, 2, 107, Q2 ha questi versi (al posto di “voi non siete ignorante di quale eccellenza abbia Laerte nella sua arma”in F): Di recente è arrivato a corte Laerte: credetemi, un perfetto gentiluomo, di eccellentissime distinzioni, di raffinatissima compagnia e di splendida scena. Davvero, parlando sentitamente di lui, lui è la mappa o il calendario del galateo; in lui trovate l’intero continente della regione che un gentiluomo vorrebbe visitare300. AMLETO
Signore, il suo definimento non soffre perdizione in voi, benché io sappia che a dividerlo inventorialmente farebbe venire le vertigini all’aritmetica della memoria, pur veleggiando controvento rispetto alla velocità della sua nave. Ma per esaltarlo veritieramente, lo ritengo un animo di supremo articolo, e il suo infuso di tale pregio
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
of such dearth and rareness as, to make true diction of him, his semblable is his mirror, and who else would trace him his umbrage, nothing more. OSRIC Your lordship speaks most infallibly of him. HAMLET The concernancy, sir? Why do we wrap the gentleman in our more rawer breath? OSRIC Sir? HORATIO Is’t not possible to understand in another tongue? You will to’t, sir, rarely. HAMLET What imports the nomination of this gentleman? OSRIC Of Laertes? HORATIO (aside to Hamlet) His purse is empty already; all ’s golden words are spent. HAMLET (to Osric) Of him, sir. OSRIC I know you are not ignorant – HAMLET I would you did, sir; yet, in faith, if you did it would not much approve me. Well, sir? OSRIC You are not ignorant of what excellence Laertes is. HAMLET I dare not confess that, lest I should compare with him in excellence. But to know a man well were to know himself. OSRIC I mean, sir, for his weapon. But in the imputation laid on him by them, in his meed he’s unfellowed.
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N 9. To yaw (il deviare di una nave dal proprio corso): così in Q2a; in Q2b raw = “crudo” (incongruo). 1036
AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
e rarità che, per dargli tutta la sua espressione, il suo sembiante è il suo stesso specchio, e chi potrebbe tenergli dietro se non la sua ombra, e nessun altro? OSRIC
La vostra signoria parla di lui in modo proprio infallibile. AMLETO
La concernenza, signore? Ma perché avvolgere il gentiluomo col nostro fiato più rozzo? OSRIC
Signore? ORAZIO
Non sarebbe possibile capirci in un’altra lingua? Voi ci arrivate, signore, davvero. AMLETO
Cosa comporta la nominazione di questo gentiluomo? OSRIC
Di Laerte? ORAZIO (a parte, a Amleto)
Ha già esaurito la borsa: tutte le sue parole dorate sono state spese. AMLETO (a Osric)
Di lui, signore. OSRIC
So che non siete ignorante – AMLETO
Preferirei che lo sapeste, signore; e tuttavia, in fede mia, se lo sapeste non ne avrei gran tornaconto. Ebbene, signore? OSRIC
Non siete ignorante di quale sia l’eccellenza di Laerte. AMLETO
Non oso confessarlo, per tema di dovermi confrontare con lui in eccellenza. Ma conoscere bene un uomo significa conoscere se stessi. OSRIC
Voglio dire, signore, la sua arma preferita. L’imputazione che gli si fa è di essere senza rivali nel suo campo.
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HAMLET, ADDITIONAL PASSAGES
O. After 5.2.118, Q2 has the following additional speech: HORATIO (aside to Hamlet) I knew you must be edified by
the margin ere you had done. P. After 5.2.154, Q2 has the following (in place of F’s ‘HORATIO You will lose this wager, my lord’): Enter a Lord LORD (to Hamlet) My lord, his majesty commended him to
you by young Osric, who brings back to him that you attend him in the hall. He sends to know if your pleasure hold to play with Laertes, or that you will take longer time. HAMLET I am constant to my purposes; they follow the King’s pleasure. If his fitness speaks, mine is ready, now or whensoever, provided I be so able as now. LORD The King and Queen and all are coming down. HAMLET In happy time. LORD The Queen desires you to use some gentle entertainment to Laertes before you fall to play. HAMLET She well instructs me. Exit Lord HORATIO You will lose, my lord.
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AMLETO, AGGIUNTE AL TESTO
O. Dopo V, 2, 118, Q2 aggiunge le seguenti battute: ORAZIO (a parte, a Amleto)
Sapevo che prima o dopo avrete dovuto chiedere istruzioni a una nota a margine. P. Dopo V, 2, 154, Q2 aggiunge (al posto di “ORAZIO: Perderete la scommessa, mio signore”): Entra un dignitario DIGNITARIO (a Amleto)
Mio signore, sua Maestà si è raccomandato a voi per opera del giovane Osric, il quale ora gli riferisce che lo aspettate nella sala. Mi manda a chiedevi se è vostro piacere battervi con Laerte o se desiderate prendere più tempo. AMLETO
Sono costante nei miei propositi, che seguono il piacere del re. Se lui è pronto, lo sono anch’io ora o in qualsiasi altro momento, purché mi trovi in forma come ora. DIGNITARIO
Il re e la regina e tutti stanno scendendo. AMLETO
Alla buon’ora. DIGNITARIO
La regina vi prega di trattare Laerte con gentilezza prima di combattere. AMLETO
Mi consiglia bene. Esce il dignitario ORAZIO
Perderete, mio signore.
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Othello Otello Testo inglese a cura di STANLEY WELLS Nota introduttiva, traduzione e note di MASOLINO D’AMICO
IMMAGINE FRONTESPIZIO
Frontespizio del primo in-quarto dell’Otello (Q), 1622
Nota introduttiva
Quella di Otello è una antica storia di cronaca nera, propalata dalla penna di un autore italiano del tardo Rinascimento, non però così datata da non far pensare a infinite tragedie simili, che ci inseguono quasi ogni giorno sulle pagine dei giornali, nate dal rapporto fra i sessi, da che mondo è mondo; tragedie insomma di cui tutti, oggi come ieri, nella loro vita possono essere stati spettatori, reali o immaginari ma comunque inorriditi. Infatti, di tutti i lavori di Shakespeare Otello è l’unico ambientato in un periodo pur non chiaramente specificato, ma vicino a tempi correnti (ai primi del Seicento Venezia era ancora una potenza marinara, e l’ultima sua guerra contro i turchi era ancora fresca nel ricordo di tutti). Tra le tragedie del Bardo, inoltre, è quella che più si allontana dalla concezione medievale secondo la quale il protagonista tragico deve essere un uomo eccezionale (l’exemplum è che nessuno deve ritenersi al di sopra della sventura) – Amleto è un principe, Lear e Macbeth sono, sono stati o diventano sovrani, Antonio e Coriolano sono eroici condottieri dell’antichità. Invece il Moro è soltanto un bravo generale al servizio di un doge, e il suo è un problema personale di rapporto con la moglie. Non fosse per lo sfondo esotico (per gli elisabettiani) della Serenissima prima e poi della colonia mediorientale di Cipro, la sua si potrebbe definire, ieri come oggi, una tragedia domestica, genere non frequentissimo ma pur ben noto ai contemporanei del Bardo, il cui capolavoro viene di solito indicato in Una donna uccisa con la dolcezza di Thomas Heywood (1603), anch’essa sulla vendetta di un marito che si crede tradito. Infine, Otello si distingue da quasi tutti gli altri lavori teatrali di Shakespeare e dalle tragedie in particolare per la linearità della trama. In Am1043
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leto, Macbeth, Re Lear l’avvenimento che cambia tutto succede all’inizio: Amleto scopre che il padre è stato assassinato, Macbeth uccide il suo re, Lear scaccia Cordelia e divide il regno tra le due figlie cattive: il resto in tutti e tre i casi sono episodi di un faticoso percorso per rimettere le cose a posto, il che riesce solo a metà e abbastanza insoddisfacentemente, dopo la morte del protagonista. Otello è il contrario. All’inizio il protagonista è un vincente, ha appena conquistato la donna del suo cuore, appare calmo e sicuro di sé, e dotato di una splendida eloquenza. Com’è possibile che un uomo così possa crollare – quali forze riusciranno ad avere la meglio su di lui? La storia è tutta qui, e Shakespeare la racconta con la tensione di un giallista, mostrandoci come il ragno tesse la tela e come la sua preda vi rimanga invischiata fino a non riuscire più a districarsene. A ottenere un capolavoro di suspense collaborano il ritmo serrato, martellante, che l’autore imprime all’azione, e la condizione della vittima innocente, indifesa e ignara. Il risultato è una discesa nell’abisso, lucidamente contemplata e cinicamente commentata dallo spietato macchinatore. La storia Venezia. Iago, “alfiere”, ossia portabandiera personale (una sorta di attendente) di Otello, prode generale moro al servizio della Repubblica, nutre un malanimo segreto contro costui, che gli ha preferito come proprio luogotenente Michele Cassio, un fiorentino dalla scarsa esperienza bellica; e allo scopo di vendicarsi promette a Roderigo, giovane e ricco patrizio veneziano, di aiutarlo per fargli ottenere i favori di Desdemona, la bella figlia del senatore Brabanzio, che questa stessa notte sta convolando a nozze segrete col Moro (I, 1). I due svegliano il senatore e lo incitano a far arrestare Otello, ma allo stesso tempo il generale è convocato davanti al Senato della Serenissima, allarmato per la notizia di una spedizione della flotta turca contro l’isola di Cipro, suo dominio (I, 2). Davanti al Senato Otello respinge le accuse di Brabanzio, di avere sedotto Desdemona ricorrendo ad arti magiche, e la fanciulla, convocata a sua volta, conferma la spontaneità del suo amore per lui. Brabanzio è costretto ad accettare a malincuore il fatto compiuto, e a Otello viene affidato il comando di un contingente che dovrà far subito vela per Cipro; Desdemona ottiene di seguirlo. Rimasto solo con Lodovico, Iago lo convince a arruolarsi e a partecipare alla spedizione (I, 3). 1044
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Il resto della vicenda si svolge a Cipro, dove le navi di Venezia giungono separatamente, per via di una tempesta che peraltro ha disperso e praticamente annientato le minacciose navi turche. Per primo approda Cassio, quindi è la volta di Iago con Desdemona; arriva quindi Otello, che fa proclamare dei festeggiamenti pubblici per la vittoria incruenta sugli infedeli, e per le proprie nozze (II, 1-2). Ma quando il generale si è coricato con la sposa, Iago mette in azione il suo piano per screditare Cassio, facendo ubriacare il luogotenente e quindi coinvolgendolo in una rissa nella quale resta ferito un cittadino importante dell’isola. Otello interviene sdegnato e rimuove Cassio dal suo incarico. Cassio è inconsolabile, ma Iago lo esorta a perorare la propria causa con la consorte del generale (II, 3). Così la mattina dopo Cassio chiede a Desdemona di intercedere per lui; ma quando questo avviene, Iago riesce abilmente a insospettire Otello, insinuandogli dubbi sull’eccessiva familiarità di sua moglie con il galante ex luogotenente (III, 1-2). In seguito Iago manovra Cassio spingendolo a compromettersi, mentre continua a ingannare Roderigo tenendolo in aspettativa; intanto Otello tratta la moglie con un imbarazzo che la donna non sa spiegarsi. Iago continua a soffiare sul fuoco esprimendo dubbi sulla lealtà di Cassio, finché Otello non gli chiede una prova definitiva delle sue sempre meno velate affermazioni (III, 3). Tramite la moglie Emilia, che ha seguito Desdemona come dama di compagnia, Iago si procura adesso un fazzoletto ricamato che Otello aveva regalato alla futura sposa, e questo fazzoletto lascia nelle stanze di Cassio. Cassio lo trova e a sua volta chiede a Bianca, cortigiana con cui ha una relazione, di copiare il ricamo di questo fazzoletto (III, 4). A questo punto Iago offre a Otello la prova richiesta: mentre il generale origlia nascosto, rivolge a Cassio delle domande sull’infatuazione di Bianca per lui, e sulla gelosia della donna. Cassio ride e si pavoneggia. Otello crede stia parlando di Desdemona. La situazione precipita quando sopraggiunge Bianca e restituisce a Cassio proprio “quel” fazzoletto. Otello ordina allora a Iago di far uccidere Cassio; a Desdemona penserà lui. Ma ecco un’ambasciata da Venezia condotta da due nobili veneziani, Lodovico e Graziano, allo scopo di richiamare Otello in patria e di conferire a Cassio il governo di Cipro (IV, 1). Otello riceve gli ambasciatori in stato quasi confusionale, e arriva a percuotere Desdemona davanti a loro (IV, 2). La sera Desdemona si appresta mestamente a coricarsi, accudita da Emilia; le due donne si scambiano vedute sulla fedeltà matrimoniale, e 1045
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Desdemona canta la triste canzone di una antica ancella di sua madre, morta per un amore infelice (IV, 3). Intanto Iago ha convinto Roderigo a pugnalare Cassio a tradimento, ma l’attentato è un mezzo fiasco, ché Cassio è solo ferito a una gamba, mentre Roderigo è ucciso da Iago perché non parli (V, 1). Sopraggiunge Otello, che licenzia Emilia e ingiunge a Desdemona di dire le sue preghiere: è venuto a ucciderla. Sordo alle proteste di innocenza di lei, le comunica che il suo presunto amante Cassio è già morto, e la strangola. Emilia rientra e trova Desdemona ancora viva, che con l’ultimo respiro scagiona Otello. Arrivano poi, richiamati da Emilia, Lodovico e altri, e ben presto si fa luce sull’accaduto: viene Cassio ferito, viene Iago che è stato arrestato e che dopo avere ucciso Emilia che lo accusava si chiude nel silenzio ed è portato via per essere torturato a morte. Disarmato e agli arresti, Otello pronuncia un’ultima tirata in cui rivendica la sua fedeltà alla Repubblica di Venezia e quindi si suicida con un pugnale che teneva nascosto (V, 2). Le fonti e la loro rielaborazione Shakespeare attinse la trama direttamente dalla settima novella nella terza decade degli Hecatommithi di Giovan Battista Giraldi Cinzio (1504-1573), raccontata da tale Curzio alla brigata che ascolta storie il cui tema generico, nella decade in questione, è l’infedeltà di mariti e mogli. Non esisteva una traduzione inglese degli Hecatommithi, e da riscontri lessicali appare quasi certo che il Bardo li abbia conosciuti direttamente nel testo italiano, dal quale derivò anche la vicenda di Misura per misura, o forse da una traduzione francese di Gabriel Chappuys (1584). La novella contiene la maggior parte degli elementi fondamentali della pièce compreso il fazzoletto (in seguito deplorato in Francia, quando alla Comédie la parola mouchoir, introdotta in un adattamento in alessandrini di Alfred de Vigny [1823], parve indegna di figurare in una tragedia); ma gli interventi di Shakespeare sul materiale sono importanti. Ne fanno parte tutto il prim’atto con l’antefatto a Venezia, mentre la novella comincia con l’invio a Cipro del Moro e di sua moglie dopo un certo periodo di felicità coniugale; l’invenzione del personaggio di Roderigo, il corteggiatore sfortunato di Desdemona gabbato da Iago; l’elevazione di Cassio a luogotenente, mentre nella novella è un semplice caporale; l’introduzione dei nomi di tutti i personaggi, che in Giraldi Cinzio sono indicati solo con le loro funzioni (l’“alfiero”, il caporale) tranne Desde1046
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mona (veramente, Disdemona, con l’osservazione che si trattava di un nome sfortunato, in quanto in greco significante “infelice”, “disgraziata”). Questi nomi sono vagamente allusivi al destino di chi li porta nel caso di Cassio, che verrà “cassato” cashiered, “degradato”), e soprattutto di Iago, come il santo spagnolo noto con l’appellativo di Matamoros, grande avversario degli invasori islamici. Del nome di Otello peraltro nessuno ha trovato finora una spiegazione soddisfacente; pare esistesse in Italia, ma che fosse molto raro, anche prima di Shakespeare, cui certamente se ne deve, se non l’invenzione, la grande diffusione successiva. I nomi mirati fanno parte della prassi shakespeariana di esplorare le psicologie individuali, cosa che nella novella non avviene. Giraldi Cinzio si limita a registrare i fatti, e in particolare le motivazioni del suo alfiere per tradire così crudelmente il generale sono tangibili: costui è innamorato di Disdemona e non riuscendo a conquistarla crede, sbagliando, che occorra eliminare il caporale di cui ella sarebbe segretamente presa; in un secondo momento l’amore si muta in odio, e il fellone vuole semplicemente vendicarsi di lei. Lo Iago di Shakespeare è invece una creatura estremamente complessa, che si autodescrive più di una volta, anche se i suoi monologhi, diversamente da quelli di Amleto, non contribuiscono a chiarirne il lato segreto. Non sembrano convincenti infatti le ragioni che Iago dà a Roderigo, ma anche al pubblico in generale, per giustificare il suo astio verso Otello. A Roderigo Iago racconta di essere amareggiato per la preferenza accordata da Otello a Cassio, un damerino accademico; al pubblico comunica inoltre di sospettare che Otello si sia infilato a suo tempo sotto le lenzuola di Emilia. Ora, della prima ragione non possiamo giudicare il fondamento, solo osservare che nessun altro nella pièce sembra condividerla (e comunque la crudeltà della reazione di Iago sembra esagerata); e la seconda appare smaccatamente pretestuosa, ché nel rapporto tra Otello e la moglie di Iago non si nota mai il minimo accenno a una familiarità meno che formale. Ma se queste sono giustificazioni che Iago dà soprattutto a se stesso, senza crederci davvero, bisogna aggiungere che lo spettatore elisabettiano non aveva difficoltà a identificare l’infida creatura come una ennesima e forse definitiva reincarnazione del Vizio medievale, ossia del falso amico, il cui scopo nascosto è portare l’uomo alla rovina anche se esternamente si presenta come affidabile. “Onesto” è l’aggettivo che quasi tutti accoppiano al nome di Iago nella pièce, e la schiettezza militaresca dell’uomo è sottolineata dalle 1047
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bestemmie e dalle oscenità con cui egli colorisce le sue battute (ma vedi sotto, a proposito del testo). Inizialmente Iago dice di voler solo sabotare Cassio e mettersi al suo posto, ma una volta raggiunto tale obbiettivo, non si accontenta. Nelle sue lezioni americane degli anni quaranta W. H. Auden parlò per lui di acte gratuit, concetto familiare a lettori allora freschi di Camus. Oggi si può anche vedere Iago come un artista della manipolazione che si innamora della propria efficienza – un torero che incontra l’avversario ideale, ossia una bestia che lo carica a testa bassa, senza ragionare, a ogni sventolio della capa; e quindi, inebriato della propria bravura, insiste nel numero anche quando ogni prudenza gli imporrebbe di smettere. Verdi e Boito (1883) trovarono impossibile rendere un carattere così contorto, e quindi inserirono il famoso “Credo”, in cui Iago proclama la propria devozione al Male assoluto. Forse però la migliore spiegazione del personaggio la diede Orson Welles nel film in cui commenta la lavorazione del suo Otello cinematografico (1951): “Io non so perché Iago faccia quello che fa, so solo che io Iago nella vita lo ho incontrato. Tre volte.” Le innovazioni veramente decisive di Shakespeare rispetto alla novella sono però altre due, entrambe studiatissime da tutti i commentatori. Una riguarda la compressione del tempo. La vicenda raccontata da Giraldi Cinzio dura parecchi mesi, e anche il finale si trascina parecchio (il Moro, per esempio, non ammette mai di avere assassinato la moglie; viene torturato a lungo ma poi rilasciato, e finalmente raggiunto e ucciso dai parenti di lei. L’alfiere torna al suo paese – mai specificato – e qui commette altri delitti, è a sua volta torturato per quelli, e muore di conseguenza). In Shakespeare invece, dopo l’antefatto a Venezia che si svolge tutto nella stessa notte, tra l’arrivo a Cipro e la morte violenta dei personaggi principali, non trascorrono che un paio di giorni. Il Dottor Johnson affermò che togliendo l’atto che si svolge a Venezia (come avrebbero poi fatto Verdi e Boito), Otello rispetta le regole aristoteliche di unità di tempo, luogo e azione; e in effetti alla rappresentazione il pubblico, catturato nel vortice della progressiva, inarrestabile caduta nel baratro del protagonista, tralascia di soffermarsi su parecchie contraddizioni. Cassio è appena sbarcato a Cipro, eppure la sua relazione con Bianca è di lunga data (fosse venuta anche lei da Venezia, al seguito della flotta? Alludesse a lei Iago nella prima scena, quando inesplicabilmente dice di Cassio che è almost damned in a fair wife?). Lodovico piomba da 1048
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Venezia con l’ordine per il rimpatrio di Otello neanche quarantotto ore dopo che la guerra contro i turchi è stata vinta: come hanno fatto nella Serenissima anche solo a sapere cosa era successo, non diciamo a fare arrivare una nave? Che l’ordine sia stato spiccato in seguito a mene di Brabanzio? Ma Brabanzio, lo si apprende subito dopo l’arrivo di Roderigo, è morto di crepacuore per l’abbandono della figlia! – Si è dunque parlato di un tempo teatrale, diverso da quello logico; e giustamente, per un palcoscenico dove il drammaturgo ha il controllo assoluto, e in pochi momenti, se la storia ne ha bisogno, può far passare, come per esempio in Romeo e Giulietta, una notte intera. Gli esempi di questa prassi nel repertorio elisabettiano non si contano. La seconda innovazione di Shakespeare riguarda il colore della pelle del protagonista. In Giraldi Cinzio costui è definito un Moro, ossia, presumibilmente, un oriundo del vicino Oriente o del Nordafrica, dall’incarnato olivastro o comunque non troppo scuro, convertito alla religione e ai costumi di Venezia. È uno straniero, ma perfettamente assimilato, e la sua origine non ha molto peso nello sviluppo nella storia. Ora, anche l’Otello di Shakespeare è assai rispettato per le sue imprese militari, e gode di una indiscussa autorità (poche parole gli bastano per spegnere ogni velleità alla torma armata guidata da Brabanzio, venuta per arrestarlo: “Mettete via quelle spade luccicanti, o la rugiada le farà arrugginire…”): ma a differenza del Moro di Giraldi Cinzio, ha due inconfessati motivi per sentirsi a disagio nella sua unione con Desdemona. Uno è quello dell’età: Otello è anziano, molto più anziano della giovane sposa, che ha conquistato proprio col racconto di una lunga vita piena di avventure e di sofferenze. L’altro è la sua negritudine. In una società dove il bianco è bello, e il nero è mostruoso – dove anche l’abbronzatura è un indice di degradazione (partendo per la guerra, il poeta John Donne più o meno in questi anni prepara l’amata a trovarlo, se e quando tornerà, coi capelli bianchi e la mano scurita dai raggi del sole) – Otello viene descritto come nero, anzi, nerissimo, un “caprone nero che monta una bianca pecorella”: ha il petto fuligginoso e i labbroni, è insomma fisicamente un primitivo, l’opposto del modello di un gentiluomo civilizzato. E proprio su questa sua caratteristica, che a Venezia nessuno per educazione o convenienza gli ha mai fatto notare, Iago fa leva allo scopo di minare la sua autostima. Davvero Otello pensa che una fanciulla aristocratica possa amare uno così? Ovvero che possa, toltosi un capriccio, continuare ad 1049
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amarlo a lungo? Nella situazione rielaborata da Shakespeare questo dato ha un peso decisivo. L’alfiere di Giraldi Cinzio è un astuto traditore che raggira un marito normalmente geloso. Iago è un fine psicologo, e identifica il punto debole di un uomo che tutti credevano invulnerabile perché valorosissimo, avendo intuito che proprio questo valore è il portato di un terribile complesso di inferiorità. La data e il testo Si sa con certezza che i King’s Men recitarono Otello nella “Banqueting House” del palazzo reale di Whitehall il 1° novembre 1604. All’origine della scelta di questo lavoro può esserci stata la constatazione dell’interesse del sovrano per il conflitto tra turchi e cristiani, avendo egli composto un poema sulla vittoria di Lepanto (1571) uscito nel 1591 e ristampato da poco, nel 1603; può anche darsi che il colore della pelle del protagonista coincidesse con una moda di quell’inverno, poiché poco dopo a corte fu rappresentato il masque di Ben Jonson intitolato Blackness, in cui la regina Anna e le sue dame si esibirono tinte di nero, come le figlie del Niger. Non è necessario peraltro supporre che l’esecuzione di quel primo novembre fosse una prima assoluta, ché anzi gli attori tendevano a presentare a corte solo lavori già collaudati; e considerando che i teatri erano stati chiusi a lungo sia nel 1604, per una epidemia di peste sia, prima ancora, nel marzo 1603, durante l’agonia della regina Elisabetta, molti ritengono probabile che Otello fosse stato scritto addirittura nel 1602. Il testo tuttavia non fu stampato che diversi anni dopo la morte dell’autore, quando ne videro la luce in rapida successione due edizioni, un volumetto in-quarto nel 1622 (Q), e l’in-folio con la raccolta quasi completa delle opere di Shakespeare, nel 1623. Nel 1630 infine uscì una seconda edizione in-quarto (Q2) il cui dettato è anch’esso utile e interessante, perché costituisce una ristampa di Q con correzioni suggerite dal confronto con F e dalla sensibilità di un curatore anonimo ma non sprovveduto. Diversamente da quanto accade con altri testi di Shakespeare, in cui le edizioni in-quarto sono parecchio diverse da quella dell’in-folio (è il caso di Amleto e di Re Lear), le differenze tra Q e F non sono clamorose, consistendo soprattutto nella sparizione di 63 tra imprecazioni e bestemmie presenti in Q, indubbiamente conseguenza dell’ordinanza con cui nel 1606 il linguaggio sporco o blasfemo fu vietato nel teatro e le commedie già esistenti dovettero essere espurgate. L’edizione in-quarto del 1050
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1622 dovette dunque basarsi su di un copione di prima della censura, e quella dell’in-folio del 1623, su di un testo censurato. Questa epurazione comportò, come fa notare Giorgio Melchiori, la rinuncia a un effetto che Shakespeare aveva calcolato: sempre più succube del turpiloquente Iago, a un certo punto Otello comincia a esprimersi come lui. Per risarcire in qualche modo il personaggio defraudato, Shakespeare gli avrebbe in un secondo tempo assegnato, sia pure a costo di allungare una pièce già tutt’altro che concisa, alcune battute in più, tra cui la memorabile, poetica tirata sulla Propontide e l’Ellesponto in III, 3. L’altra aggiunta principale di F rispetto a Q è la canzone del salice in V. Lunghi, dotti e ingegnosi dibattiti tra gli studiosi hanno tentato di stabilire, a partire dal 1930 fino a oggi, il rapporto tra le due versioni di Q e F: se entrambe derivassero da uno stesso manoscritto, con correzioni e aggiunte nel caso di F; se si tratti di due redazioni autonome; se F sia il lavoro completo e Q il copione abbreviato per la recitazione (a favore di quest’ultima tesi sta il fatto che Q è assai più ricco di didascalie, ma contro, quello che i presunti tagli, solo circa 160 versi in tutto, non alleggeriscono sufficientemente un dettato piuttosto lungo). Nell’impossibilità di stabilire convincentemente la superiorità definitiva di un testo sull’altro, la maggior parte degli editori si comporta integrando F, che delle due offre la versione più lunga, con le didascalie e le imprecazioni che da esso mancano, e tenendo presente la lezione di Q per decidere su qualche passo che appare corrotto o poco chiaro. Prospettive critiche Abbiamo accennato alla non casuale rilevanza della tragedia per qualsiasi tempo, e all’impressione che trasmette a ogni spettatore, di assistere a qualcosa di molto presente, molto vicino agli eventi più tremendi e tuttavia più consueti della cronaca nera – lo testimonia il grande successo con cui viene salutata oggi la sua ambientazione in epoche e luoghi privilegiati dalla cronaca, come il Medio Oriente e il suo stato di torbido fermento (regia di Nicholas Hytner, 2013). Una percezione come questa, di una esemplarità lampante eppure in qualche modo limitata, lontana dal respiro apertissimo e grandioso degli altri capolavori tragici, deve essere all’origine degli esordi critici di Otello nel Novecento, quando si disse che vi si perdeva “il contatto con l’interezza di Shakespeare”, a causa di “una relativa limitazione dell’atmosfera immaginativa” (Bradley). 1051
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Giudizio che resistette anche in critici e registi pur contrari all’approccio filosofico bradleyano, per cui il testo restava “divorziato da problemi più ampi, una cosa isolata di bellezza senza senso” (Knight). A tali riserve rispondeva nel tempo chi teneva conto della complementarietà di Otello e Iago: l’uno non poteva essere valutato senza l’altro; e altrettanto inestricabili erano le passioni che volta a volta prendevano corpo nei personaggi, come amore, odio, disprezzo, orgoglio, invidia; e all’interdipendenza dei personaggi corrispondeva di necessità il testo considerato come insieme indivisibile, e dunque come lavoro tutto letterario, da valutare in quanto tale. A stabilire tale principio contribuivano in modo determinante gli sviluppi della scienza linguistica, e la nuova attenzione che veniva rivolta all’analisi ravvicinata delle parole, degli stili, degli aspetti formali dell’espressione. Lo studioso che più ebbe influenza in tale ambito fu William Empson: il suo saggio sull’uso del termine “onesto” che nell’Otello compare, insieme a “onestà”, ben cinquantadue volte resta uno dei capisaldi della critica shakespeariana, e non solo. L’attributo con cui Otello definisce così spesso Iago viene collocato al centro di un complesso processo di mutamento della lingua, traccia di importanti sviluppi nell’intero quadro della cultura inglese. E da posizioni come queste avrebbero preso spunto finissime indagini fra semiotica e psicoanalisi per cui Otello è “la messa in scena della discriminazione antropologica e psicologica all’interno di una società borghese-puritana”, e dunque “psicoanalisi di un’epoca in quanto critica della sua ideologia” (Serpieri). Negli anni sessanta e settanta veniva comunque in primo piano lo sfondo storico della tragedia, con la tesi per cui Shakespeare avrebbe suggerito ai contemporanei, in contrasto con la superficie del dramma, l’essenziale umanità di Otello (Hunter) – tesi talvolta contestata, ma condivisa dai critici più innovativi, impegnati sia sul fronte della ricostruzione storica, sia su quello dell’analisi linguistica, sia nella decostruzione delle premesse e delle interpretazioni accreditate dal più “normale” e diffuso senso comune (Eagleton, Newman). Basandosi sulle tre figure di donne presenti nel dramma, veniva poi illuminato il ruolo che la società elisabettiana assegnava alla donna, e la luce sinistra in cui l’intreccio metteva Desdemona (Jardine). Ancora a tre figure femminili shakespeariane è dedicato uno studio di Nadia Fusini (2005), che si sofferma poi (2010) sull’“eroe eponimo della tragedia”, Iago, che “incarna il principio stesso della negazione”. 1052
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Tenendo presenti questi risultati, è ora opportuno ritornare all’esame di una battuta di Otello: “Davanti al mondo, credo che mia moglie sia onesta, e credo che non lo sia; credo che tu [Iago] sia leale, e credo che tu non lo sia…” (III, 3, 388-389). A Otello il mondo appare doppio: doppi i sentimenti, doppie le ansie, doppio il linguaggio. Le immagini dell’amore e della castità si confondono subito con quelle del tradimento e della morte violenta. E la certezza che il protagonista reclama non verrà mai, anzi verrà alla fine quando non servirà più, e verrà per annientare lui, e con lui tutte le perversioni e le illusioni che il suo mondo ha nutrito. Accanto alla gelosia, il suo sentimento più espresso resta quello della nostalgia per tutto quanto è andato disperso, travolto dalla parola doppia e dal tradimento che tutti gli altri sembrano conoscere fin troppo bene, tutti eccetto lui. Questa la sua vera esclusione: appartenere a, e vivere in, una sfera di ideali – le avventure, le conquiste e le vittorie, la lealtà dei soldati, l’amore – un mondo astratto, letterario, che impatta contro la realtà e ne viene distrutto. A poco serve interrogarsi sul silenzio finale di Iago: Iago non spiega quel suo accanimento nella perfidia e nella crudeltà perché non c’è niente da spiegare: quello che lo muove è un elemento, un impulso della natura umana da tutti conosciuto ed in tutti presente oltre ogni possibile decifrazione, oltre ogni disposizione della civiltà, oltre ogni costruzione razionale; è il destino, il finale di ogni tragedia, necessariamente oscuro, funereo: è il “… ma lasciamo perdere” di Amleto (V, 2, 290), l’“Oh! oh! oh!” di Lear (V, 3, 304) echeggiato da Otello (V, 2, 204), il “sono fuoco ed aria” di Cleopatra, che in ultimo abbandona i suoi “altri elementi […] alla vita più bassa” (V, 2, 283-284). E, come ha voluto il suo autore, a Iago noi non “domanderemo nulla. Quello che sappiamo sappiamo” (V, 2, 309), ed è tutto. Ma è il modo di arrivarci che ci abbaglia e conquista, quella interna, costante dialettica fra fantasia libidica e istanza di razionalità, di civiltà; una tensione mai allentata, che sfocia a poco a poco in rapimento dell’anima e incubo della ragione. Il protagonista e l’intera azione vengono così modellati da un irrisolto contrasto, che non lascia respiro e che sprigiona la più alta poesia nei momenti più critici e torbidi, come quando un’orribile condanna a morte si mescola a una casta dichiarazione d’amore, cui presiede a ragione l’aggettivo “sublime”:
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Questa è la causa, questa è la causa, anima mia… non chiedetemi di svelarla a voi, o caste stelle! È la causa. Eppure non voglio versare il suo sangue né straziare quella pelle più bianca della neve e liscia come l’alabastro dei monumenti. - Pure, deve morire, o tradirà altri uomini. Spengo questa luce… e poi spengo quest’altra! Quando estinguo te, o fiammeggiante ministro, io posso poi restituirti il tuo pristino lume se voglio tornare indietro; ma una volta spento il tuo lume, o stupenda opera della sublime natura, non so dove trovare come un Prometeo il fuoco con cui riaccendere la tua fiamma. (V, 2, 1-13)
Grande poesia, è l’unanime verdetto della critica: grande poesia della perdita, in primo luogo di una parola unica e decisiva, capace di comunicazione e di persuasione vera, di legame fra gli uomini, non di rottura, di inganno. Grande poesia che si staglia su uno sfondo continuo e torbido di ordini a tacere, a nascondere la realtà, a trattenere per sé ogni brano di evidenza e di verità; e di momenti in cui la parola serve a confondere e indurre in errore, invece che a chiarire e liberare. Il dettato stesso sembra dominato da una sola regola, la confusione e l’alterazione di ogni possibile intesa fra chi parla. Una forma frequente, quella del monologo, nasconde nelle sue pieghe il dialogo: sovente Otello parla a se stesso, ma bastano poche ellittiche, monosillabiche battute, in apparenza neutre, perché Iago intervenga a orientare le sue riflessioni oltre l’amore verso il delitto, cioè a dividere le due parti che convivono in lui, che lo fanno volere e disvolere, credere e non credere nello stesso tempo. È la “struttura paradossale” di cui ha parlato Giorgio Melchiori. Questo procedimento tocca il suo apice in scene memorabili come la terza del terzo atto, e ancora di più nella quarta, la celebre scena del fazzoletto, e nei rifacimenti che ha ispirato alla fantasia di innumerevoli scrittori, registi, compositori lungo la plurisecolare storia del mito. Per esempio il già ricordato Otello di Verdi e Boito, verso la fine del secondo atto, amplifica quella scena originale – il confronto fra Otello e Desdemona in cui Emilia era muta spettatrice – in un imponente quartetto in cui si intrecciano le voci del mezzosoprano (Emilia) e del baritono (Iago) che si contendono il pegno, del soprano (Desdemona) che chiede perdono per l’inquietudine del marito che lei non sa spiegare, e del tenore (Otello) che dà sfogo alle paure che gli ispirano l’età e il colore della pelle. E ancora: come scrive Stephen Greenblatt, tutto il finale è dominato dal cortocircuito fra due disposizioni complementari e tuttavia inconciliabili, il sospetto di Otello 1054
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e le proteste di innocenza di Desdemona, che si appoggiano e sviluppano a vicenda, che crescono insieme senza mai potersi incontrare. Molta strada è stata compiuta da quel primo capolavoro dell’incomunicabilità, ma rimane ben saldo al centro il suo nucleo psicologico, il mai soddisfatto anelito a comprendere, gli altri e sé stessi. La fortuna sulle scene Solo in tempi relativamente vicini a noi Otello sarebbe diventato la prima e la più celebre opera letteraria sul conflitto razziale: i contemporanei di Shakespeare, che vivevano in una Inghilterra dove gli stranieri erano rarissimi e comunque nessuno li considerava una minaccia, vi trovarono semplicemente una appassionante storia di amore e di morte e gli decretarono un successo di cui rimangono tracce nella registrazione di frequenti riprese. Quando nel 1660 i teatri furono riaperti dopo un ventennio di chiusura imposta dai puritani, e l’attività ripartì da zero, Otello fu tra i lavori subito rispolverati dal vecchio repertorio, e anzi proprio un allestimento di Otello ebbe la distinzione di ospitare la primissima attrice di sesso femminile ufficialmente autorizzata a esibirsi su di un palcoscenico pubblico, quando il sovrano Carlo II, che aveva apprezzato la recitazione femminile durante il suo lungo esilio in Francia, abrogò il veto che era stato in vigore fino allora. Nel Settecento la tragedia continuò a tenere le scene, sempre con un primattore adeguatamente annerito, ma a partire dall’epoca romantica e fino al Novecento inoltrato le strade dell’interpretazione del personaggio seguirono due concezioni abbastanza diverse, quella tradizionale (e aderente alla lettera del testo) di un Otello molto nero, diciamo africano, e quella relativamente nuova di un Otello caffellatte, arabo, talvolta quasi bianco – diciamo, orientale. Il primo di questi Otelli schiariti fu il supremo attore Edmund Kean, contemporaneo del poeta e critico Samuel Taylor Coleridge, il quale sostenne la tesi di un moro nel senso (forse) in cui lo aveva inteso Giraldi Cinzio: ossia di un nativo del vicino Oriente, esponente di una civiltà non meno raffinata di quella dell’Italia rinascimentale – un uomo fine, educato, eloquente – un uomo magnanimo, incapace di doppiezze, e perciò tanto più esposto alla mancanza di scrupoli di uno Iago. Sulla scia di Kean, il cui Moro leggeva ostentatamente brani del Corano, le scene inglesi conobbero dunque tutta una schiera di nobili generali dalla carnagione appena un po’ più scura – gentiluomini dal costume pittoresco, 1055
OTELLO
ma dal contegno impeccabile (così William Charles Macready, Henry Irving, Herbert Beerbohm Tree, Johnston Forbes-Robertson, ecc., fino ai novecenteschi Anthony Quayle e John Gielgud). In America però, dove la schiavitù vigeva ancora (in Inghilterra era stata abolita nel 1803), Otello era visto come un uomo uscito dalla giungla e poco addomesticato, e il suo accoppiamento con Desdemona, come qualcosa di estremamente sconveniente per non dire inaccettabile. L’Otello nero e passionale, il leone in gabbia, si riaffermò con forza a partire dagli anni 1870, soprattutto con l’interpretazione dell’italiano Tommaso Salvini. Salvini per la verità non si scuriva più che tanto, in compenso sconvolgeva il pubblico con le esplosioni di una energia che sembrava primordiale, al punto che diventò difficile trovare una Desdemona per le sue tournée inglesi (all’estero recitava in italiano, spesso in mezzo ad attori del luogo: anche la lingua inconsueta contribuiva alla costruzione di un selvaggio), data la violenza con cui scaraventava la partner sul letto prima di strangolarla. Ammiratissimo da Henry James e da Stanislavskij, seguito a ruota da un altro interprete italiano poco meno esagitato, Ernesto Rossi, Salvini era stato preceduto nel suo Otello-belva umana dal primo interprete della parte che non ebbe bisogno di truccarsi, l’americano Ira Aldridge, figlio di uno schiavo fuggito, il quale negli anni 1850 incontrò reazioni più commosse in Europa e in Russia di quante ne avesse avute in patria. Sulle tracce di Aldridge, con la figlia del quale aveva avuto contatti, fu un memorabile Otello a partire dal 1930 un altro afroamericano, il gigantesco cantante Paul Robeson, in una edizione che nacque in Inghilterra e che dei critici condannarono almeno in parte per un eccesso di naturalezza, Robeson avendo accentuato i caratteri etnici del personaggio con gesti e accenti che andavano a scapito della dizione dei versi, cui il gusto dell’epoca dava importanza suprema. All’Otello nerissimo, dopo varie oscillazioni del pendolo tra le due tendenze, si tornò con la prova epocale di Laurence Olivier nel 1964, quando il direttore del recentemente fondato National Theatre si trasformò in un impressionante, atletico barbaro, quasi un dittatore africano pronto a buttar via la civiltà occidentale e a tornare ai suoi riti primitivi. Questa estrema caratterizzazione del personaggio era nata anche dalla paura dell’attore di essere sopraffatto dal suo Iago, paura comune a molti interpreti, giustificata dal fatto che la parte di Iago, il quale tra l’altro ha più battute di Otello, risulta spesso di resa eccellente (non per nulla molto spesso la star desi1056
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dera cimentarvisi, e sono frequenti le coppie di attori che fanno Otello e Iago a turno – Henry Irving e Edwin Booth, entrambi con più successo come Iago, e via dicendo fino ai nostri Vittorio Gassman e Salvo Randone). In ogni caso il risultato fu una prova eccelsa, che riuscì a conciliare la metamorfosi fisica con la puntigliosa declamazione del blank verse shakespeariano, e rimase il precedente sul quale ogni primattore successivo si sarebbe misurato: chi riprendeva la concezione dell’africano seguiva Olivier, chi si rifaceva all’altra tradizione, dell’Otello orientale, ne prendeva le distanze. Ma gradualmente si fece strada il concetto di impiegare, almeno nelle edizioni di lingua inglese, attori dell’etnia giusta, come il cantante caraibico Willard White in una celebrata edizione diretta da Trevor Nunn nel 1989 (dove peraltro il vero trionfo andò allo Iago di Ian McKellen). Più recentemente, nell’era del politically correct, c’è chi osserva che l’atteggiamento di Shakespeare verso il personaggio è ancora troppo paternalista – James Earl Jones, un altro grande attore nero che ha impersonato Otello, cita il rifiuto di Sidney Poitier di salire sul palco “a far vedere un uomo nero che si fa menare per il naso” – ma tentativi di modificare la situazione come quello di un allestimento a Washington, con Patrick Stewart come Otello unico bianco in un cast completamente nero, o come l’Otello bianchissimo, un vero gigante del nord, diretto dall’illustre regista lituano Eimuntas Nekrosius sembrano episodi isolati più che aperture verso possibili sviluppi successivi. Se a Otello si toglie il colore e con quello il complesso di inferiorità, restiamo con un personaggio di vecchio guerriero geloso e incline a commiserarsi melodiosamente senza altri motivi che la coscienza di avere esaurito il proprio ciclo, dunque molto simile a un altro personaggio shakespeariano, il Marco Antonio di Antonio e Cleopatra. Conferma questa esigenza l’allestimento del National Theatre nel 2013, con due formidabili Adrian Lester (Otello) e Rory Kinnear (Iago). In Italia dopo Salvini e Rossi si distinsero come Otello Ermete Novelli, Giovanni Emanuel, Alamanno Morelli, e poi Ermete Zacconi, Renzo Ricci, Camillo Pilotto, Gino Cervi, i ricordati Gassman e Randone, e via dicendo fino a Franco Branciaroli, Eros Pagni, Sebastiano Lo Monaco. Tra i numerosi adattamenti cinematografici di Otello spicca quello diretto e interpretato da Orson Welles nel 1952, estroso e geniale malgrado le difficoltà produttive dallo stesso regista, rievocate in un documentario del 1972 (Filming Othello). Interessante l’Otello russo di Sergej Iosipovič 1057
OTELLO
Jutkevič con Sergej Bondarčuk (1959); insufficiente quello inglese di Stuart Burge (1965) derivato dall’edizione teatrale di John Dexter con Laurence Olivier, della quale non riesce a recuperare il fascino; e mediocrissimo quello di Oliver Parker (1995), con l’attore nero Laurence Fishbourne più, come Iago, Kenneth Branagh, a sua volta regista di film shakespeariani riusciti assai meglio di questo. MASOLINO D’AMICO
R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, 8 voll., 1957-1975, VII, Major Tragedies, London, Routledge & Kegan Paul; New York, Columbia UP, 1973; S. VILLARI (cur.), G. B. GIRALDI CINZIO, Gli ecatommiti, Roma, Salerno Editrice, 2012. Letteratura critica Fra le maggiori edizioni inglesi e americane segnaliamo quelle a cura di A. WALKER e J. D. WILSON, Cambridge, 1957; M. R. R IDLEY, Arden, 1958; K. MUIR, Penguin, 1968; G. B. EVANS, Riverside, 1972; D. BEVINGTON, Bantam, 1980; N. SANDERS, Cambridge, 1984; S. GREENBLATT, W. COHEN, J. E. HOWARD, K. E. MAUS, Norton, 1997 (testi stabiliti dall’ed. Oxford qui seguita: per Othello, da S. WELLS); L. C. ORLIN, Palgrave Macmillan, 2004; M. NEILL, Oxford, 2006. Fra le edizioni italiane, quelle di G. BALDINI, Rizzoli, 1963; A. MEO, Garzanti, 1974; S. QUASIMODO e G. MELCHIORI, Mondadori, 1976; S. PEROSA, Milano, Garzanti, 1990; A. LOMBARDO, Milano, Feltrinelli 1996. J. ADAMSON, Othello as Tragedy, Cambridge, Cambridge U. P., 1980; M. P. ALTESE, “Il volto di Otello: paradigmi estetici e mito romantico” in Verbis, III, 2, 2013, pp. 147-162; W. H. AUDEN, Il jolly nel mazzo, Milano, Garzanti 1972; ID., Lezioni su Shakespeare, Milano, Adelphi, 1997; A. G. BARTHELEMY (cur.), Critical Essays on Shakespeare’s Othello, New York, Hall, 1994; S. BASSI, Le metamorfosi di Otello. Storia di un’etnicità immaginaria, Bari, Graphis, 2000; A. C. BRADLEY, La tragedia di Shake1058
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speare (1904), Milano, Rizzoli 2002; J. L. CALDERWOOD, The Properties of Othello, Amherst, Massachusetts U. P., 1984; M. CASELLI, Il banderaro importuno. Saggio su Otello, Trieste, Battello, 2013; R. M. COLOMBO, Le utopie e la storia: saggio sull’Othello di Shakespeare, Bari, Adriatica, 1973; L. DI MICHELE (cur.), Aspetti di Otello, Napoli, Liguori, 1996; N. FUSINI, Donne fatali. Ofelia, Desdemona, Cleopatra, Roma, Bulzoni, 2005; ID., Di vita si muore. Lo spettacolo delle passioni nel teatro di Shakespeare, Milano, Mondadori, 2010; H. GARDNER, The Noble Moor, London, British Academy, 1955; H. GRANVILLE BARKER, Prefaces to Shakespeare, 2 voll., London, Heinemann, 1946-47; S. GREENBLATT, Renaissance SelfFashioning from More to Shakespeare, Chicago, Chicago U.P., 1980; T. EAGLETON, William Shakespeare, Oxford, Blackwell, 1986; W. EMPSON, Honest in Othello, in The Structure of Complex Words, London, Chatto & Windus, 1951; L. JARDINE, ‘Why should he call her whore?’ Defamation and Desdemona’s Case, in Reading Shakespeare Historically, London, Routledge, 1996; S. E. HYMAN, Iago, New York, Atheneum, 1970; G. K. HUNTER, Othello and Colour Prejudice (1967), in Dramatic Identities and Cultural Tradition, Liverpool, Liverpool U. P., 1978; G. W. KNIGHT, The Wheel of Fire, London, Routledge, 1930; J. KOTT, Arcadia amara, Milano, Feltrinelli, 1978; A. LOMBARDO, Henry James, The American e il mito di Otello, in V. GABRIELI (cur.), Friendship’s Garland, Roma, Storia e Letteratura, 1966; G. MELCHIORI, The Rhetoric of Character Construction, Shakespere Survey, 34, 1981; ID., Shakespeare. Genesi e struttura delle opere, Bari, Laterza, 1994; K. MUIR e P. EDWARDS, Aspects of Othello, Cambridge, Cambridge U. P., 1977; K. NEWMAN, ‘And wash the Ethiop white’. Femininity and the Mostruous in Othello, in J. E. HOWARD e M. F. O’ CONNOR (cur.), Shakesperare Reproduced. The Text in History and Ideology, London , Routledge, 1987; V. PAPETTI, Desdemona in Mauritania, in M. D’AMICO e S. CORSO (cur.), Postcolonial Shakespeare, Roma, Storia e Letteratura 2009; F. R ICORDI, Shakespeare filosofo dell’essere, Milano, Mimesis, 2011; S. ROSATI, Interpretazione dell’Otello, in V. GABRIELI (cur.), Friendship’s Garland, Roma, Storia e Letteratura, 1966; M. ROSENBERG, The Masks of Othello, Berkeley, California U. P., 1961; E. SALA DI FELICE e L. SANNA (cur.), Tre secoli di Otello, Roma, Bulzoni, 1999; A. SERPIERI, Otello; l’eros negato, Milano, Il formichiere, 1978; M. TEMPERA (cur.), Othello. Dal testo alla scena, Bologna, CLUEB, 1983.
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THE TRAGEDY OF OTHELLO THE MOOR OF VENICE THE PERSONS OF THE PLAY
OTHELLO, the Moor of Venice DESDEMONA, his wife Michael CASSIO, his lieutenant BIANCA, a courtesan, in love with Cassio IAGO, the Moor’s ensign EMILIA, Iago’s wife A CLOWN, a servant of Othello The DUKE of Venice BRABANZIO, Desdemona’s father, a Senator of Venice
GRAZIANO, Brabanzio’s brother LODOVICO, kinsman of Brabanzio SENATORS of Venice RODERIGO, a Venetian gentleman, in love with Desdemona MONTANO, Governor of Cyprus A HERALD A MESSENGER Attendants, officers, sailors, gentlemen of Cyprus, musicians
SIGLE Q: il primo in-quarto (1622); F: l’in-folio (1623). Il testo-guida di questa edizione è F (che dei due testi è il più lungo), con sporadiche integrazioni da Q (probabilmente una copia per la recitazione, ristampato in Qb, Qc, Qd ecc.), relative soprattutto all’eloquio blasfemo censurato in F in seguito alla legge del 1606 (Profanity Act), e alle didascalie di regia. Segnaliamo in nota solo varianti con significati alternativi, non le didascalie comunque variabili da un’edizione all’altra.
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LA TRAGEDIA DI OTELLO IL MORO DI VENEZIA PERSONAGGI
OTELLO1, il Moro di Venezia DESDEMONA 2, sua moglie MICHELE CASSIO, suo luogotenente BIANCA, cortigiana, innamorata di Cassio IAGO3, alfiere del Moro EMILIA, moglie di Iago UN BUFFONE, servitore di Otello Il DOGE di Venezia BRABANZIO, padre di Desdemona, Senatore di Venezia
GRAZIANO, fratello di Brabanzio LODOVICO, parente di Brabanzio SENATORI di Venezia RODERIGO, gentiluomo veneziano, innamorato di Desdemona MONTANO, Governatore di Cipro Un ARALDO Un MESSO Attendenti, ufficiali, marinaio, gentiluomini di Cipro, musici
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter Iago and Roderigo
RODERIGO
Tush, never tell me! I take it much unkindly That thou, Iago, who hast had my purse As if the strings were thine, shouldst know of this. IAGO ’Sblood, but you’ll not hear me! If ever I did dream of such a matter, abhor me.
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RODERIGO
Thou told’st me thou didst hold him in thy hate. IAGO Despise me
If I do not. Three great ones of the city, In personal suit to make me his lieutenant, Off-capped to him; and by the faith of man I know my price, I am worth no worse a place. But he, as loving his own pride and purposes, Evades them with a bombast circumstance Horribly stuffed with epithets of war, Nonsuits my mediators; for ‘Certes,’ says he, ‘I have already chose my officer.’ And what was he? Forsooth, a great arithmetician, One Michael Cassio, a Florentine, A fellow almost damned in a fair wife, That never set a squadron in the field Nor the division of a battle knows More than a spinster – unless the bookish theoric, Wherein the togaed consuls can propose As masterly as he. Mere prattle without practice Is all his soldiership; but he, sir, had th’election,
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1. Tush: così in Q, non in F. 4. ’Sblood: così in Q, non in F. Questa ed espressioni simili (’Swounds, God, Fore God, By’r Lady, By the mass, By heaven, In faith, Ud’s pity / death ecc.), in F censurate per la legge contro il turpiloquio e la bestemmia (Profanity Act) e sostituite per esigenze metriche con espressioni anodine (In truth, Indeed, Trust me, Why, Alas ecc.), sono spesso reintegrate in questa edizione, e d’ora in poi non più segnalate. 24. Togaed: così in Q; in F tongued = “linguacciuti”? 1062
OTELLO, ATTO I SCENA 1
Entrano Iago e Roderigo4
I, 1
RODERIGO
Basta, non dirmi altro! Sono molto contrariato che tu, Iago, mentre usavi della mia borsa come il padrone dei suoi lacci, fossi al corrente di questo. IAGO
Sangue di Cristo5, ma non mi ascolti! Se mai mi sono sognato una cosa simile, rinnegami pure. RODERIGO
E mi avevi detto che lo odiavi. IAGO
Disprezzami se non è così. Tre autorità cittadine per chiedergli di nominarmi suo luogotenente gli si sono scappellate davanti, e in fede mia io so quello che valgo, non merito un posto inferiore. Ma lui, tutto preso dal suo orgoglio e dalle sue idee, li rintuzza con una gonfia6 allocuzione orribilmente imbottita di epiteti militari: e in conclusione respinge i miei mediatori. “Il fatto è,” conclude, “che il mio ufficiale l’ho già scelto.” E chi è costui? Figuriamoci. Un esperto di calcoli7, un tale Michele Cassio, fiorentino, uno bravo a correre dietro alle sottane8 che non ha mai schierato uno squadrone in campo ma non conosce la condotta di una battaglia più di una comare, eccezion fatta per le teorie dei libri, su cui i consoli togati sanno discettare magistralmente come lui! Tutte chiacchiere, e pratica nessuna. Ecco la sua esperienza militare. Però lui è l’elet-
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 1
And I – of whom his eyes had seen the proof At Rhodes, at Cyprus, and on other grounds Christened and heathen – must be beleed and calmed By debitor and creditor. This counter-caster, He in good time must his lieutenant be, And I – God bless the mark! – his Moorship’s ensign.
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RODERIGO
By heaven, I rather would have been his hangman. IAGO
Why, there’s no remedy. ’Tis the curse of service. Preferment goes by letter and affection, And not by old gradation, where each second Stood heir to th’ first. Now, sir, be judge yourself Whether I in any just term am affined To love the Moor. RODERIGO I would not follow him then. IAGO O sir, content you. I follow him to serve my turn upon him. We cannot all be masters, nor all masters Cannot be truly followed. You shall mark Many a duteous and knee-crooking knave That, doting on his own obsequious bondage, Wears out his time much like his master’s ass For naught but provender, and when he’s old, cashiered. Whip me such honest knaves. Others there are Who, trimmed in forms and visages of duty, Keep yet their hearts attending on themselves, And, throwing but shows of service on their lords, Do well thrive by ’em, and when they have lined their coats, Do themselves homage. These fellows have some soul, And such a one do I profess myself – for, sir, It is as sure as you are Roderigo, Were I the Moor I would not be Iago.
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53. ’em: frequente in Q per them (così in F), variante non più segnalata. 1064
OTELLO, ATTO I SCENA 1
to, signor mio. E io, che sotto i suoi occhi ho dato prova a Rodi, a Cipro9 e in altre campagne cristiane e pagane, vado sottovento e in panna per questo libro mastro, per questo ragioniere: Lui alla buon’ora dev’essere il suo luogotenente, e io, Dio ci benedica, alfiere di sua signoria. RODERIGO
Quant’è vero Iddio, io avrei preferito essere il suo boia. IAGO
Ma non c’è rimedio. Sono gli incerti del servizio, le promozioni vengono per lettere e parzialità, non per la vecchia trafila, dove ogni secondo teneva dietro al primo. E ora, signor mio, giudica tu stesso se ho motivi plausibili di affetto per il Moro. RODERIGO
Fossi in te, non lo seguirei. IAGO
Calma, calma, amico. Io lo seguo per avere la mia rivalsa. Non tutti possiamo essere padroni, né tutti i padroni possono essere seguiti con fedeltà. Avrai notato molti deferenti manigoldi pronti a piegare il ginocchio che innamorati della loro ossequiente schiavitù si logorano l’esistenza come il somaro del padrone, per un pugno di biada, e poi da vecchi finiscono sul lastrico. Vadano al diavolo, questi pecoroni: ce n’è altri che sotto la mimica e la maschera dell’ossequio serbano il cuore al servizio di se stessi, e non prodigando ai padroni che le apparenze dello zelo prosperano, e quando si sono ben foderati il mantello è a sé che fanno omaggio. Questi hanno carattere, e tra costoro io mi annovero… Perché, signor mio, com’è certo che tu sei Roderigo, se io fossi il Moro, non vorrei essere Iago:
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 1
In following him I follow but myself. Heaven is my judge, not I for love and duty, But seeming so for my peculiar end. For when my outward action doth demonstrate The native act and figure of my heart In compliment extern, ’tis not long after But I will wear my heart upon my sleeve For daws to peck at. I am not what I am.
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RODERIGO
What a full fortune does the thick-lips owe If he can carry’t thus! IAGO Call up her father, Rouse him, make after him, poison his delight, Proclaim him in the streets; incense her kinsmen, And, though he in a fertile climate dwell, Plague him with flies. Though that his joy be joy, Yet throw such chances of vexation on’t As it may lose some colour.
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RODERIGO
Here is her father’s house. I’ll call aloud. IAGO
Do, with like timorous accent and dire yell As when, by night and negligence, the fire Is spied in populous cities. RODERIGO (calling) What ho, Brabanzio, Signor Brabanzio, ho! IAGO (calling) Awake, what ho, Brabanzio, thieves, thieves, thieves! Look to your house, your daughter, and your bags. Thieves, thieves! Enter Brabanzio in his nightgown at a window above BRABANZIO
What is the reason of this terrible summons? What is the matter there? RODERIGO
Signor, is all your family within? 1066
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OTELLO, ATTO I SCENA 1
ché seguendo lui, io seguo solo me stesso. Il cielo mi è giudice, non affetto o dovere mi guidano, ma sotto la loro apparenza, il mio tornaconto. Se mai le mie azioni esterne fossero conformi al moto e alla configurazione del mio cuore come una replica esterna, ecco che in poco tempo finirei col portare il cuore sulla manica, esposto alle beccate dei corvi. Io non sono quello che sono. RODERIGO
Gli vanno bene le cose, a quel labbrone, se può comportarsi così! IAGO
Tu chiama il padre, sveglialo, e non dar tregua al Moro, avvelenagli il piacere, svergognalo nelle strade, aizza i parenti di lei, e per quanto lieto sia il clima in cui egli si trova, infestalo di mosche: se pure la sua gioia è gioia vera, opprimila di tali fastidi da farle perdere almeno un po’ di colore. RODERIGO
Questa è la casa del padre. Gli do una voce. IAGO
Sì, con tono d’allarme, e grida disperate, come quando di notte un fuoco nato dalla negligenza viene avvistato nelle popolose città. RODERIGO (grida) Ehi, Brabanzio, signor Brabanzio, ehi! IAGO (grida) Sveglia! Ehi, Brabanzio! Al ladro, al ladro, al ladro! Bada alla tua casa, a tua figlia, alla tua borsa! Al ladro, al ladro! Entra Brabanzio in camicia da notte, a una finestra in alto10 BRABANZIO
Qual è il motivo di questo terribile appello? Che succede laggiù? RODERIGO
Signore, la vostra famiglia è tutta in casa?
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 1
IAGO
Are your doors locked? BRABANZIO Why, wherefore ask you this? IAGO
’Swounds, sir, you’re robbed. For shame, put on your gown. Your heart is burst, you have lost half your soul. Even now, now, very now, an old black ram Is tupping your white ewe. Arise, arise! Awake the snorting citizens with the bell, Or else the devil will make a grandsire of you. Arise, I say. BRABANZIO What, have you lost your wits?
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RODERIGO
Most reverend signor, do you know my voice? BRABANZIO Not I. What are you? RODERIGO My name is Roderigo.
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BRABANZIO The worser welcome.
I have charged thee not to haunt about my doors. In honest plainness thou hast heard me say My daughter is not for thee, and now in madness, Being full of supper and distempering draughts, Upon malicious bravery dost thou come To start my quiet. RODERIGO Sir, sir, sir. BRABANZIO But thou must needs be sure My spirits and my place have in their power To make this bitter to thee. RODERIGO Patience, good sir. BRABANZIO
What tell’st thou me of robbing? This is Venice. My house is not a grange. RODERIGO Most grave Brabanzio, In simple and pure soul I come to you.
101. Bravery: così in Q; in F knavery = “furfanteria”. 1068
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OTELLO, ATTO I SCENA 1
IAGO
E le porte sono chiuse? BRABANZIO
Ma perché mi chiedete questo? IAGO
Sangue di Cristo, signore, vi hanno derubato! Presto, vestitevi. Vi hanno schiantato il cuore, avete perso mezza anima; proprio ora, in questo stesso momento, un vecchio caprone nero sta montando la vostra bianca agnellina. In piedi, in piedi, svegliate con la campana i cittadini che russano, prima che il diavolo vi faccia diventare nonno. Alzatevi, vi dico! BRABANZIO
Vi ha dato di volta il cervello? RODERIGO
Reverendissimo signore, riconoscete la mia voce? BRABANZIO
No davvero, chi sei? RODERIGO
Mi chiamo Roderigo. BRABANZIO
Ancora meno gradito! Ti avevo ingiunto di non girare intorno alle mie porte; con onesta chiarezza mi hai sentito avvertirti che mia figlia non è per te; e ora come un pazzo, gonfio di cibo e di libagioni eccitanti, per una perversa bravata vieni qui a disturbare la mia pace? RODERIGO
Signore, signore, signore… BRABANZIO
Certo ti renderai conto che col mio carattere e la mia posizione posso fartela pagare salata. RODERIGO
Pazienza, mio signore. BRABANZIO
Di che furti vieni a cianciare? Siamo a Venezia, la mia casa non è una masseria sperduta! RODERIGO
Riverito signor Brabanzio, è con animo schietto e puro che io vengo a voi… 1069
OTHELLO, ACT 1 SCENE 1
IAGO (to Brabanzio) ’Swounds, sir, you are one of those
that will not serve God if the devil bid you. Because we come to do you service and you think we are ruffians, you’ll have your daughter covered with a Barbary horse, you’ll have your nephews neigh to you, you’ll have coursers for cousins and jennets for germans. BRABANZIO What profane wretch art thou? IAGO I am one, sir, that comes to tell you your daughter and the Moor are now making the beast with two backs.
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BRABANZIO
Thou art a villain. IAGO
You are a senator.
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BRABANZIO
This thou shalt answer. I know thee, Roderigo. RODERIGO
Sir, I will answer anything. But I beseech you, If’t be your pleasure and most wise consent – As partly I find it is – that your fair daughter, At this odd-even and dull watch o’th’ night, Transported with no worse nor better guard But with a knave of common hire, a gondolier, To the gross clasps of a lascivious Moor – If this be known to you, and your allowance, We then have done you bold and saucy wrongs. But if you know not this, my manners tell me We have your wrong rebuke. Do not believe That, from the sense of all civility, I thus would play and trifle with your reverence. Your daughter, if you have not given her leave, I say again hath made a gross revolt, Tying her duty, beauty, wit, and fortunes In an extravagant and wheeling stranger Of here and everywhere. Straight satisfy yourself. 118. Now: in Q, non in F. 122-138. Questi versi non compaiono in Q. 1070
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OTELLO, ATTO I SCENA 1
IAGO (a Brabanzio)
Cristo, signore, siete di quelli che non servirebbero Iddio se fosse il diavolo a esortarli. Poiché veniamo a rendervi un servizio, ci credete furfanti, e finirete con la figlia coperta da un cavallo di Barberia; i vostri nipotini vi nitriranno sul muso; avrete corsieri per cugini, e ginnetti11 per germani. BRABANZIO
Che sfacciato villano sei tu? IAGO
Io sono uno, signore, che è venuto a dirvi che vostra figlia e il Moro stanno facendo la bestia a due groppe. BRABANZIO
Sei un farabutto. IAGO
E voi, un senatore. BRABANZIO
Me ne risponderai tu, Roderigo. Ti conosco. RODERIGO
Signore, rispondo di tutto. Però vi imploro: se è con vostro beneplacito e illuminato consenso (come in parte comincio a scoprire) che la vostra bella figlia, in questa ambigua e morta ora della notte, sia scortata da niente di più né di meglio di un mercenario prezzolato, un gondoliere, fino agli amplessi brutali di un lascivo Moro… Se ciò vi è noto e ha il vostro consenso, noi vi abbiamo offeso in modo ardito e intollerabile. Ma se voi lo ignorate, i miei princìpi mi dicono che ci rimproverate a torto. Non penserete che abbandonerei ogni senso di decoro per farmi beffe così della vostra reverenza. Vostra figlia – se non le avete dato licenza – ripeto che vi si è ribellata contro, offrendo la sua obbedienza, la sua bellezza, il senno, la ricchezza a uno straniero vagabondo e nomade qui e in ogni altro luogo. Correte a sincerarvi di persona. Se ella è in camera sua, o
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 1
If she be in her chamber or your house, Let loose on me the justice of the state For thus deluding you. BRABANZIO (calling) Strike on the tinder, ho! Give me a taper, call up all my people. This accident is not unlike my dream; Belief of it oppresses me already. Light, I say, light! Exit IAGO Farewell, for I must leave you. It seems not meet nor wholesome to my place To be producted – as, if I stay, I shall – Against the Moor, for I do know the state, However this may gall him with some check, Cannot with safety cast him, for he’s embarked With such loud reason to the Cyprus wars, Which even now stands in act, that, for their souls, Another of his fathom they have none To lead their business, in which regard – Though I do hate him as I do hell pains – Yet for necessity of present life I must show out a flag and sign of love, Which is indeed but sign. That you shall surely find him, Lead to the Sagittary the raisèd search, And there will I be with him. So farewell. Exit
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Enter below Brabanzio in his nightgown, and servants with torches BRABANZIO
It is too true an evil. Gone she is, And what’s to come of my despisèd time Is naught but bitterness. Now, Roderigo, Where didst thou see her? – O unhappy girl! – With the Moor, sayst thou? – Who would be a father? – How didst thou know ’twas she? – O, she deceives me
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OTELLO, ATTO I SCENA 1
nella vostra casa, aizzatemi contro la giustizia della Repubblica per questo inganno. BRABANZIO (grida) Battete l’acciarino, voialtri! Datemi una torcia, svegliate tutti i miei! Questa storia mi ricorda un sogno che ho fatto. Già mi stringe la paura che possa essere vera. Delle luci, ho detto; delle luci! Esce IAGO
Addio, ora devo lasciarti: non sembra adatto né utile alla mia posizione esser messo, come accadrà se rimango, a testimoniare contro il Moro, perché so che la Repubblica per quanto questa faccenda possa attirargli qualche biasimo non può fare a meno di lui. Infatti lo hanno ingaggiato con unanimità di giudizi per la guerra di Cipro attualmente in corso, e neanche a dare in cambio le loro anime ne troverebbero un altro della sua esperienza per condurre l’impresa; ragion per cui, benché io lo odi come odio le pene dell’inferno, date le necessità del momento attuale devo ostentare la bandiera e l’insegna dell’affetto, insegna, si capisce, e non più. Se vuoi trovarlo senza fallo, guida le ricerche fino al Sagittario12, e io sarò lì con lui. Arrivederci. Esce Entra di sotto Brabanzio in camicia da notte con servi e fiaccole BRABANZIO
La disgrazia è anche troppo vera. Lei non c’è più, e a me della mia esistenza spregevole non resta che amarezza. Ma tu, Roderigo, dove l’hai vista? – Disgraziata fanciulla! – Col Moro, hai detto? – Chi oserà più esser padre? – Come hai fatto a riconoscerla? – Oh,
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 2
Past thought! – What said she to you? (To servants) Get more tapers, Raise all my kindred. [Exit one or more] (To Roderigo) Are they married, think you? RODERIGO Truly, I think they are.
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BRABANZIO
O heaven, how got she out? O, treason of the blood! Fathers, from hence trust not your daughters’ minds By what you see them act. Is there not charms By which the property of youth and maidhood May be abused? Have you not read, Roderigo, Of some such thing? RODERIGO Yes, sir, I have indeed. BRABANZIO (to servants) Call up my brother. (To Roderigo) O, would you had had her. (To servants) Some one way, some another.
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[Exit one or more] (To Roderigo) Do you know Where we may apprehend her and the Moor? RODERIGO
I think I can discover him, if you please To get good guard and go along with me. BRABANZIO
Pray you lead on. At every house I’ll call; I may command at most. (Calling) Get weapons, ho, And raise some special officers of night. On, good Roderigo. I will deserve your pains. Exeunt Enter Othello, Iago, and attendants with torches
1.2 IAGO
Though in the trade of war I have slain men, Yet do I hold it very stuff o’th’ conscience To do no contrived murder. I lack iniquity, 174. Maidhood: così in F; in Q manhood = “virilità”. 184. Night: così in F; in Q might = “potenza”. 1074
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OTELLO, ATTO I SCENA 2
sì, mi ha deluso oltre l’immaginabile! – Che ti ha detto? (Ai servi) Portate altre fiaccole, svegliate tutti i miei! [Esce uno o più] (A Roderigo) Si sono sposati, credi? RODERIGO
Veramente io credo di sì. BRABANZIO
O cielo! Come ha fatto a uscire? O tradimento del sangue! Padri, d’ora in avanti non giudicate le intenzioni delle figlie dalle loro azioni che vedete. Non vi sono forse incantesimi per mezzo dei quali la verecondia di giovinezza e verginità possono essere subornate? Non hai letto, Roderigo, di cose simili? RODERIGO
Sì, ne ho letto, signore. BRABANZIO (ai servi)
Chiamate mio fratello. (A Roderigo) Oh, l’avessi avuta tu! (Ai servi) Ma in un modo o nell’altro. [Escono uno o più] (A Roderigo) Tu sai dove possiamo catturarli, lei e il Moro? RODERIGO
Credo che potrei scovarli, se volete procurarvi una buona scorta e venire con me. BRABANZIO
Ti prego, fammi da guida. Busserò a ogni casa, e in molte posso dare ordini; (grida) prendete le armi, voialtri! E radunate la ronda della notte. Avanti, buon Roderigo, saprò compensarti dei tuoi servigi. Escono Entrano Otello, Iago, e attendenti con torce13
I, 2 IAGO
Pur avendo ucciso degli uomini nel commercio della guerra, io considero fondamentale per la coscienza non uccidere con premedita-
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 2
Sometime, to do me service. Nine or ten times I had thought to’ve yerked him here, under the ribs.
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OTHELLO
’Tis better as it is. Nay, but he prated, And spoke such scurvy and provoking terms Against your honour That, with the little godliness I have, I did full hard forbear him. But I pray you, sir, Are you fast married? Be assured of this: That the magnifico is much beloved, And hath in his effect a voice potential As double as the Duke’s. He will divorce you, Or put upon you what restraint or grievance The law, with all his might to enforce it on, Will give him cable. OTHELLO Let him do his spite. My services which I have done the signory Shall out-tongue his complaints. ’Tis yet to know – Which, when I know that boasting is an honour, I shall promulgate – I fetch my life and being From men of royal siege, and my demerits May speak unbonneted to as proud a fortune As this that I have reached. For know, Iago, But that I love the gentle Desdemona I would not my unhousèd free condition Put into circumscription and confine For the seas’ worth. IAGO
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Enter Cassio and officers, with torches But look, what lights come yond? IAGO
Those are the raisèd father and his friends. You were best go in. OTHELLO Not I. I must be found. My parts, my title, and my perfect soul Shall manifest me rightly. Is it they? 1076
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OTELLO, ATTO I SCENA 2
zione. Mi manca quell’iniquità che a volte potrebbe giovarmi. Nove o dieci volte sono stato sul punto di infilarglielo qui, tra le costole. OTELLO
Meglio così. IAGO
No, perché chiacchierava, e sparlava con termini così vili e offensivi contro il vostro onore, che con la scarsa mansuetudine di cui dispongo non lo reggevo più. Ma ditemi, signore, davvero siete sposato? Perché, tenetene conto, il Magnifico è molto benvoluto, e ha di fatto una voce potente il doppio di quella del doge; vi costringerà al divorzio, o vi imporrà quelle sanzioni e quei castighi che la legge, con tutta la forza che ha di imporla, gli metterà a disposizione. OTELLO
Sfoghi pure il suo dispetto. I servigi da me resi alla Repubblica taglieranno la lingua alle sue lamentele. Non si sa ancora – quando riterrò che vantarsi porti onore, sarò il primo a diffonderlo – che io derivo l’origine e l’esistenza da uomini di stirpe regale, e che i miei meriti possono parlare col berretto in testa anche a un rango elevato come questo che qui ho raggiunto. Perché sappilo, Iago: se non amassi la gentile Desdemona, non avrei confinato e messo in ceppi la mia condizione libera e errabonda per i tesori di tutto il mare. Entrano Cassio e ufficiali, con torce Ma guarda: cosa sono quelle luci, vengono qui? IAGO
Sono il padre buttato giù dal letto e i suoi amici, meglio se tornate dentro. OTELLO
No, debbono trovarmi: la mia qualità, il mio titolo e la mia anima intemerata mi renderanno giustizia. Sono loro?
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 2
IAGO By Janus, I think no. OTHELLO
The servants of the Duke, and my lieutenant! The goodness of the night upon you, friends. What is the news? CASSIO The Duke does greet you, general, And he requires your haste-post-haste appearance Even on the instant. OTHELLO What is the matter, think you?
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CASSIO
Something from Cyprus, as I may divine; It is a business of some heat. The galleys Have sent a dozen sequent messengers This very night at one another’s heels, And many of the consuls, raised and met, Are at the Duke’s already. You have been hotly called for, When, being not at your lodging to be found, The senate sent about three several quests To search you out. OTHELLO ’Tis well I am found by you. I will but spend a word here in the house And go with you. Exit CASSIO Ensign, what makes he here?
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IAGO
Faith, he tonight hath boarded a land-carrack. If it prove lawful prize, he’s made for ever. CASSIO
I do not understand. He’s married. CASSIO To who? IAGO
46. Sent: così in Q; in F hath sent. 1078
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OTELLO, ATTO I SCENA 2
IAGO
Per Giano, credo di no. OTELLO
I servi del doge, e il mio luogotenente! Felice notte a voi, amici! Quali nuove? CASSIO
Il doge vi saluta, generale. E vi chiede di comparirgli davanti subito, in questo stesso istante. OTELLO
Di che credi si tratti? CASSIO
Faccende di Cipro, posso immaginare; e faccende di qualche momento. Le galere hanno inviato una dozzina di corrieri questa stessa notte, uno dietro l’altro; e molti del consiglio, buttati giù dal letto e in gruppo, sono già dal doge. Voi siete stato invocato con urgenza, e non avendovi trovato a casa vostra, il senato ha mandato tre pattuglie diverse a cercarvi nella città. OTELLO
È una fortuna che mi abbia trovato tu. Dico solo una parola qui in casa e ti seguo. Esce CASSIO
Che ci fa qui, alfiere? IAGO
Ha abbordato una caravella di terra, questa notte. Se la preda risulterà legittima, è a posto per sempre. CASSIO
Non capisco. IAGO
Si è sposato. CASSIO
Con chi?
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 2
Enter Brabanzio, Roderigo, and officers, with lights and weapons IAGO
Marry, to – Enter Othello (To Othello) Come, captain, will you go? Have with you.
OTHELLO CASSIO
Here comes another troop to seek for you.
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IAGO
It is Brabanzio. General, be advised. He comes to bad intent. OTHELLO Holla, stand, there! RODERIGO (to Brabanzio) Signor, it is the Moor. BRABANZIO Down with him, thief! IAGO (drawing his sword) You, Roderigo? Come, sir, I am for you. OTHELLO
Keep up your bright swords, for the dew will rust ’em. (To Brabanzio) Good signor, you shall more command with years Than with your weapons.
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BRABANZIO
O thou foul thief, where hast thou stowed my daughter? Damned as thou art, thou hast enchanted her, For I’ll refer me to all things of sense, If she in chains of magic were not bound, Whether a maid so tender, fair, and happy, So opposite to marriage that she shunned The wealthy curlèd darlings of our nation, Would ever have, t’incur a general mock, Run from her guardage to the sooty bosom Of such a thing as thou – to fear, not to delight.
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OTELLO, ATTO I SCENA 2
Entrano Brabanzio, Roderigo, e ufficiali, con luci e armi IAGO
Perdiana14, con… Entra Otello (A Otello) Allora, capitano, ci andate? OTELLO
Andiamoci insieme. CASSIO
Ecco qui un’altra pattuglia che vi cerca. IAGO
È Brabanzio, generale, state in guardia, ha cattive intenzioni. OTELLO
Ehilà, fermi dove siete! RODERIGO (a Brabanzio) Signore, è il Moro! BRABANZIO
Catturate quel ladro! IAGO (sfoderando la spada) Sei tu, Roderigo? Vieni qui. A noi due! OTELLO
Mettete via quelle spade luccicanti, o la rugiada le farà arrugginire. (A Brabanzio) Buon signore, voi comanderete meglio con l’età che con le vostre armi. BRABANZIO
O vile ladro, dove hai nascosto mia figlia? Dannato che sei, tu me l’hai stregata, perché io mi appello alla ragione: se non fosse stata stretta in catene di magia, una fanciulla così tenera, dolce e felice, così avversa alle nozze da rifiutare i ricchi e adorni giovani della nostra città, sarebbe mai – sfidando il pubblico disprezzo – fuggita da chi la custodiva al petto fuligginoso di uno come te? Che spa-
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 2
Judge me the world if ’tis not gross in sense That thou hast practised on her with foul charms, Abused her delicate youth with drugs or minerals That weakens motion. I’ll have’t disputed on. ’Tis probable, and palpable to thinking. I therefore apprehend and do attach thee For an abuser of the world, a practiser Of arts inhibited and out of warrant. (To officers) Lay hold upon him. If he do resist, Subdue him at his peril. OTHELLO Hold your hands, Both you of my inclining and the rest. Were it my cue to fight, I should have known it Without a prompter. Whither will you that I go To answer this your charge? BRABANZIO To prison, till fit time Of law and course of direct session Call thee to answer. OTHELLO What if I do obey? How may the Duke be therewith satisfied, Whose messengers are here about my side Upon some present business of the state To bring me to him? OFFICER (to Brabanzio) ’Tis true, most worthy signor. The Duke’s in council, and your noble self, I am sure, is sent for. BRABANZIO How, the Duke in council? In this time of the night? Bring him away. Mine’s not an idle cause. The Duke himself, Or any of my brothers of the state, Cannot but feel this wrong as ’twere their own; For if such actions may have passage free, Bondslaves and pagans shall our statesmen be. Exeunt
73-78. Versi non in Q. 1082
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OTELLO, ATTO I SCENA 2
venta, non rassicura! Mi giudichi il mondo se non è lampante che tu hai praticato su di lei turpi incantesimi. Hai abusato della sua fragile giovinezza con droghe o filtri che fiaccano ogni resistenza. Lo chiederò in giudizio – è probabile, e palese al ragionamento. Pertanto io ti arresto e ti denuncio come seduttore, come praticante di arti proibite, e senza licenza. (Agli ufficiali) Prendetelo, se si ribella costringetelo a suo danno. OTELLO
Giù le mani. Tanto chi è dalla mia, quanto gli altri! Se mi toccasse di combattere, lo saprei senza bisogno di suggeritore. Dove volete che venga a rispondere alla vostra accusa? BRABANZIO
In prigione, fino a quando il tempo della legge e il corso della sessione non ti chiameranno a rispondere. OTELLO
E se obbedisco? Credete che sarà contento il doge, i cui messi sono qui al mio fianco, spinti da urgenti affari di Stato a condurmi da lui? UFFICIALE (a Brabanzio) È vero, degnissimo signore. Il doge è in consiglio, e anche la vostra signoria di certo è stata convocata. BRABANZIO
Cosa? Il doge in consiglio? A quest’ora di notte? Portatelo via; la mia non è questione da poco, il doge stesso e tutti i miei confratelli del governo non potranno che considerarla come un torto fatto a loro. Se fossimo in tali cose tolleranti, schiavi e pagani avremmo a governanti. Escono
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
Enter the Duke and Senators set at a table, with lights and officers
1.3 DUKE
There is no composition in these news That gives them credit. FIRST SENATOR Indeed, they are disproportioned. My letters say a hundred and seven galleys. DUKE
And mine a hundred-forty. And mine two hundred. But though they jump not on a just account – As, in these cases, where the aim reports ’Tis oft with difference – yet do they all confirm A Turkish fleet, and bearing up to Cyprus.
SECOND SENATOR
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DUKE
Nay, it is possible enough to judgement. I do not so secure me in the error, But the main article I do approve In fearful sense. SAILOR (within) What ho, what ho, what ho!
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Enter a Sailor OFFICER
A messenger from the galleys. Now, what’s the business?
DUKE
SAILOR
The Turkish preparation makes for Rhodes. So was I bid report here to the state By Signor Angelo. DUKE (to Senators) How say you by this change? FIRST SENATOR This cannot be, By no assay of reason – ’tis a pageant To keep us in false gaze. When we consider The importancy of Cyprus to the Turk,
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6. The aim: così in F; in Q they aim’d = prob. errore per they aim = “immaginano, suppongono”. 1084
OTELLO, ATTO I SCENA 3
Entrano il Doge e senatori seduti a un tavolo, con luci e ufficiali15
I, 3 DOGE
Ci sono troppe contraddizioni in queste notizie per dar loro credito. PRIMO SENATORE
Davvero, sono assai discordanti: le mie lettere dicono centosette galere. DOGE
Le mie, centoquaranta. SECONDO SENATORE
E le mie, duecento. Ma benché non si assommino in un totale coerente (quando si tratta di congetture, c’è spesso una differenza), pure tutte confermano una flotta turca, e diretta su Cipro. DOGE
Ma sì, è abbastanza possibile farsi un’idea. Non posso aggrapparmi agli errori di dettaglio fino a ignorare la sostanza dell’insieme, che è preoccupante. MARINAIO (da dentro) Olà, olà, olà! Entra un marinaio UN UFFICIALE
Un messo dalle galere. DOGE
Allora, che notizie? MARINAIO
La flotta turca si dirige su Rodi. Così mi ha incaricato di riferire qui, al Senato, il signor Angelo16. DOGE (ai Senatori) Cosa dite di questo cambiamento? PRIMO SENATORE
Non può essere, non ha nessun senso… è una finta per trarci in inganno. Se consideriamo l’importanza di Cipro per i turchi, e se
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
And let ourselves again but understand That, as it more concerns the Turk than Rhodes, So may he with more facile question bear it, For that it stands not in such warlike brace, But altogether lacks th’abilities That Rhodes is dressed in – if we make thought of this, We must not think the Turk is so unskilful To leave that latest which concerns him first, Neglecting an attempt of ease and gain To wake and wage a danger profitless.
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DUKE
Nay, in all confidence, he’s not for Rhodes. OFFICER Here is more news.
Enter a Messenger MESSENGER
The Ottomites, reverend and gracious, Steering with due course toward the Isle of Rhodes, Have there injointed them with an after fleet.
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FIRST SENATOR
Ay, so I thought. How many, as you guess? MESSENGER
Of thirty sail, and now they do restem Their backward course, bearing with frank appearance Their purposes toward Cyprus. Signor Montano, Your trusty and most valiant servitor, With his free duty recommends you thus, And prays you to believe him. DUKE ’Tis certain then for Cyprus. Marcus Luccicos, is not he in town? FIRST SENATOR He’s now in Florence. DUKE
Write from us to him post-post-haste. Dispatch. Enter Brabanzio, Othello, Roderigo, Iago, Cassio, and officers FIRST SENATOR
Here comes Brabanzio and the valiant Moor. 1086
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
inoltre ci rendiamo conto che non solo sta loro a cuore più di Rodi, ma che possono prenderla con un impegno meno oneroso, poiché non possiede fortificazioni così robuste ed è affatto priva delle difese naturali che circondano Rodi… se riflettiamo su questo, non dobbiamo ritenere i turchi così sciocchi da lasciare per ultimo quello che per primo li riguarda, tralasciando un tentativo facile e proficuo per suscitare invece e rischiare un danno infruttuoso. DOGE
Certo, è più che sicuro, non vanno a Rodi. UN UFFICIALE
Ecco altre notizie. Entra un messo MESSO
Gli ottomiti17, reverendi e graziosi signori, facendo rotta verso l’isola di Rodi, si sono colà riuniti con una seconda flotta. PRIMO SENATORE
Ecco, lo dicevo io: e quanti, secondo te? MESSO
Una trentina di vele, e adesso hanno virato e tornano sulla loro scia, recando con chiare intenzioni la loro minaccia verso Cipro. Il signor Montano, vostro fidato e valorosissimo servitore, con omaggio incondizionato vi informa di questo, e vi prega di crederlo. DOGE
E allora è certo, fanno rotta per Cipro. Marco Luccico18 non è qui in città? PRIMO SENATORE
In questo momento è a Firenze. DOGE
Scrivetegli a nostro nome, convocatelo immediatamente. Fate presto. Entrano Brabanzio, Otello, Roderigo, Iago, Cassio e ufficiali PRIMO SENATORE
Stanno arrivando Brabanzio e il valoroso Moro.
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
DUKE
Valiant Othello, we must straight employ you Against the general enemy Ottoman. (To Brabanzio) I did not see you. Welcome, gentle signor. We lacked your counsel and your help tonight.
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BRABANZIO
So did I yours. Good your grace, pardon me. Neither my place, nor aught I heard of business, Hath raised me from my bed, nor doth the general care Take hold on me; for my particular grief Is of so floodgate and o’erbearing nature That it engluts and swallows other sorrows, And it is still itself. DUKE Why, what’s the matter?
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BRABANZIO
My daughter, O, my daughter! [SENATORS] Dead? BRABANZIO Ay, to me. She is abused, stol’n from me, and corrupted By spells and medicines bought of mountebanks. For nature so preposterously to err, Being not deficient, blind, or lame of sense, Sans witchcraft could not.
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DUKE
Whoe’er he be that in this foul proceeding Hath thus beguiled your daughter of herself And you of her, the bloody book of law You shall yourself read in the bitter letter After your own sense, yea, though our proper son Stood in your action. BRABANZIO Humbly I thank your grace. Here is the man, this Moor, whom now it seems Your special mandate for the state affairs Hath hither brought. SENATORS We are very sorry for’t. 1088
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
DOGE
Valoroso Otello, noi dobbiamo subito impiegarvi contro il nostro comune nemico ottomano. (A Brabanzio) Non vi avevo visto; benvenuto, gentile signore. Ci sono mancati il vostro consiglio e il vostro aiuto, stanotte. BRABANZIO
E a me i vostri. Buona eccellenza, perdonatemi. Né la mia carica, né quanto ho udito delle nuove mi hanno fatto levare dal mio letto, né il comune pericolo ha interesse per me, poiché il mio dolore personale è di natura così travolgente e irresistibile, che assorbe e inghiotte gli altri affanni, e continua ad essere se stesso. DOGE
Perché? Di che si tratta? BRABANZIO
Mia figlia, ahimè, mia figlia! [SENATORI]
Morta? BRABANZIO
Sì, per me: le hanno fatto violenza. Rapita a me e corrotta da magie e pozioni comprate da ciarlatani, poiché una natura che non sia deficiente, cieca e priva di senso non può errare in modo così madornale senza stregoneria! DOGE
Chiunque sia stato con queste turpi trame a ingannare così vostra figlia contro se stessa e contro di voi, il cruento libro della legge sarete voi stesso a leggerglielo nell’amara lettera e nel debito senso, fosse stato il nostro stesso figlio a farvi torto. BRABANZIO
Umilmente ringrazio la vostra eccellenza. Ecco l’uomo: questo Moro, che ora a quanto sembra il vostro mandato speciale per gli affari di Stato ha qui condotto. SENATORI
Ce ne dispiace assai.
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
DUKE (to Othello)
What in your own part can you say to this? BRABANZIO Nothing but this is so.
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OTHELLO
Most potent, grave, and reverend signors, My very noble and approved good masters, That I have ta’en away this old man’s daughter, It is most true, true I have married her. The very head and front of my offending Hath this extent, no more. Rude am I in my speech, And little blessed with the soft phrase of peace, For since these arms of mine had seven years’ pith Till now some nine moons wasted, they have used Their dearest action in the tented field, And little of this great world can I speak More than pertains to feats of broils and battle. And therefore little shall I grace my cause In speaking for myself. Yet, by your gracious patience, I will a round unvarnished tale deliver Of my whole course of love, what drugs, what charms, What conjuration and what mighty magic – For such proceeding I am charged withal – I won his daughter. BRABANZIO A maiden never bold, Of spirit so still and quiet that her motion Blushed at herself – and she in spite of nature, Of years, of country, credit, everything, To fall in love with what she feared to look on! It is a judgement maimed and most imperfect That will confess perfection so could err Against all rules of nature, and must be driven To find out practices of cunning hell Why this should be. I therefore vouch again That with some mixtures powerful o’er the blood, Or with some dram conjured to this effect, He wrought upon her.
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
DOGE (a Otello)
E voi dal canto vostro cosa potete rispondere? BRABANZIO
Niente, se non che è così. OTELLO
Potentissimi, solenni e reverendi signori, miei assai nobili e ottimi padroni… che ho portato via la figlia a questo vecchio è assai vero; vero, che l’ho sposata… da capo a piedi, della mia offesa questa è l’estensione, non più. Ruvido sono nel mio parlare e poco favorito nella cortese eloquenza della pace; perché da quando queste mie braccia ebbero il vigore dei sette anni fino a nove lune fa, esse hanno compiuto le loro imprese più preziose sui campi di battaglia, e su poco di questo vasto mondo posso parlare oltre quanto riguarda le gesta di guerre e combattimenti. Pertanto poco gioverò alla mia causa parlando per me stesso: però col vostro grazioso consenso vorrei in schiette e disadorne parole descrivere tutto il corso del mio amore, con quali droghe, quali incantesimi, quali scongiuri o qual potere di magia (poiché di tali pratiche mi si accusa) ho conquistato la figlia di costui. BRABANZIO
Una fanciulla mai arrogante, di indole così tranquilla e quieta, che solo a muoversi arrossiva di se stessa; una così, a dispetto della natura, dell’età, della patria, del prestigio, di tutto, innamorarsi di un qualcosa che non ardiva guardare? È un giudizio monco e assai imperfetto quello che decretasse che la perfezione si sia così allontanata da ogni legge di natura: la causa di una cosa simile va ricercata in astute pratiche infernali. Io perciò dichiaro ancora una volta che con qualche mistura potente sopra il sangue o con qualche filtro affatturato a tale effetto costui riuscì a soggiogarla.
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
To vouch this is no proof Without more wider and more overt test Than these thin habits and poor likelihoods Of modern seeming do prefer against him. A SENATOR But Othello, speak. Did you by indirect and forcèd courses Subdue and poison this young maid’s affections, Or came it by request and such fair question As soul to soul affordeth? OTHELLO I do beseech you, Send for the lady to the Sagittary, And let her speak of me before her father. If you do find me foul in her report, The trust, the office I do hold of you Not only take away, but let your sentence Even fall upon my life. DUKE (to officers) Fetch Desdemona hither. DUKE
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OTHELLO
Ensign, conduct them. You best know the place. Exit Iago with two or three officers And till she come, as truly as to heaven I do confess the vices of my blood, So justly to your grave ears I’ll present How I did thrive in this fair lady’s love, And she in mine. DUKE Say it, Othello.
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OTHELLO
Her father loved me, oft invited me, Still questioned me the story of my life From year to year, the battles, sieges, fortunes That I have passed. I ran it through even from my boyish days To th’ very moment that he bade me tell it, Wherein I spoke of most disastrous chances, Of moving accidents by flood and field, Of hair-breadth scapes i’th’ imminent deadly breach, 1092
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
DOGE
Dichiarare non è provare, senza più certa e limpida evidenza: sono magri abiti e poveri ritratti di sembianze banali, questi che gli attribuite accusandolo. UN SENATORE
Ma tu, Otello, parla: hai con tattiche indirette e costrittive soggiogato e avvelenato gli affetti di questa fanciulla? O li hai conquistati col richiederli e con domande leali quali un’anima rivolge a un’altra anima? OTELLO
Io ve ne supplico, mandate a chiamare la signora al Sagittario, e che ella parli di me davanti a suo padre. Se mi troverete colpevole dal suo racconto, la fiducia, l’ufficio che mi avete conferito, rimuoveteli, non solo: che la vostra sentenza piombi sulla mia vita! DOGE (agli ufficiali) Conducete qui Desdemona. OTELLO
Alfiere, guidali tu che sai bene il posto. Esce Iago con due o tre ufficiali E intanto che viene, sinceramente come quando al cielo confesso i vizi della mia carne, con pari verità alle vostre gravi orecchie voglio riferire come ho prosperato nell’amore di quella bella signora, e lei nel mio. DOGE
Parla, Otello. OTELLO
Suo padre mi voleva bene, spesso mi invitava, sempre mi interrogava sulla storia della mia vita, di anno in anno; le battaglie, gli assedi, le fortune che ho sostenuto. La rievocavo tutta, fino dai giorni dell’infanzia, arrivando al momento stesso di cui mi chiedeva di parlare. E gli narravo le più pietose peripezie, emozionanti avventure, episodi in mare e in terra; di quando per un pelo ero scampato alla morte imminente nell’assalto; o catturato dall’insolente
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
Of being taken by the insolent foe And sold to slavery, of my redemption thence, And portance in my traveller’s history, Wherein of antres vast and deserts idle, Rough quarries, rocks, and hills whose heads touch heaven, It was my hint to speak. Such was my process, And of the cannibals that each other eat, The Anthropophagi, and men whose heads Do grow beneath their shoulders. These things to hear Would Desdemona seriously incline, But still the house affairs would draw her thence, Which ever as she could with haste dispatch She’d come again, and with a greedy ear Devour up my discourse; which I observing, Took once a pliant hour, and found good means To draw from her a prayer of earnest heart That I would all my pilgrimage dilate, Whereof by parcels she had something heard, But not intentively. I did consent, And often did beguile her of her tears When I did speak of some distressful stroke That my youth suffered. My story being done, She gave me for my pains a world of kisses. She swore in faith ’twas strange, ’twas passing strange, ’Twas pitiful, ’twas wondrous pitiful. She wished she had not heard it, yet she wished That heaven had made her such a man. She thankèd me, And bade me, if I had a friend that loved her, I should but teach him how to tell my story, And that would woo her. Upon this hint I spake.
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139. Antres: così in Q; in F antars, con lo stesso significato. Prima attestazione in inglese (la successiva in Keats). 146. Thence: così in Q, in F hence = “da qui”. 154. Intentively: così in in Q; in F instinctively = “instintivamente”. 158. Kisses = “baci” così in F; in Q sighs = “sospiri” (v. nota alla trad.). 1094
OTELLO, ATTO I SCENA 3
nemico, quando ero stato venduto come schiavo, e il mio successivo riscatto, e i portenti nella storia dei miei viaggi: in cui erano vasti antri e immobili deserti, gioghi scoscesi e rupi e monti col capo che tocca il cielo. A me toccava parlare, e così facevo. E narravo dei cannibali che si mangiano tra loro, gli antropofagi; e degli uomini col capo che gli cresce sotto le spalle19… Di udire questo Desdemona era sinceramente avida; ma poi le faccende di casa la reclamavano, e se riusciva a sbrigarle in fretta tornava un’altra volta, e con avido orecchio divorava i miei racconti. Il che osservando, colsi una volta al volo un’occasione, e trovai il modo di farle formulare una preghiera partita dal cuore, che le narrassi tutti i miei pellegrinaggi per esteso, perché solo in parte ne aveva qua e là sentito qualcosa, ma non di seguito. Acconsentii. E spesso le strappavo le lacrime, quando parlavo di qualche episodio doloroso che la mia giovinezza aveva sofferto. Finito il mio racconto, mi compensava per le mie traversie con un mondo di sospiri 20, giurava che davvero era strano, che era molto strano; che era commovente, era meravigliosamente commovente; le dispiaceva avere ascoltato, eppure avrebbe voluto che il cielo le avesse fatto un uomo simile21. E mi diceva grazie, e ripeteva che se avessi avuto un amico innamorato di lei, sarebbe bastato insegnargli a narrare la mia storia, e così l’avrebbe conquistata. A sentir questo mi feci avanti. Lei mi amò per i pericoli che
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
She loved me for the dangers I had passed, And I loved her that she did pity them. This only is the witchcraft I have used. Enter Desdemona, Iago, and attendants Here comes the lady. Let her witness it. DUKE
I think this tale would win my daughter, too. – Good Brabanzio, Take up this mangled matter at the best. Men do their broken weapons rather use Than their bare hands. BRABANZIO I pray you hear her speak. If she confess that she was half the wooer, Destruction on my head if my bad blame Light on the man! Come hither, gentle mistress. Do you perceive in all this noble company Where most you owe obedience? DESDEMONA My noble father, I do perceive here a divided duty. To you I am bound for life and education. My life and education both do learn me How to respect you. You are the lord of duty, I am hitherto your daughter. But here’s my husband, And so much duty as my mother showed To you, preferring you before her father, So much I challenge that I may profess Due to the Moor my lord. BRABANZIO God b’wi’you, I ha’ done. Please it your grace, on to the state affairs. I had rather to adopt a child than get it. Come hither, Moor. I here do give thee that with all my heart Which, but thou hast already, with all my heart
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
avevo corso, e io l’amai perché ne aveva avuto compassione. Questo è il solo incantesimo che abbia usato. Entrano Desdemona, Iago, e attendenti Ma ecco la mia signora, sia lei a testimoniare! DOGE
Credo che questo racconto avrebbe conquistato anche mia figlia… Caro Brabanzio, fate buon viso a questa faccenda compromessa; gli uomini preferiscono usare le armi rotte piuttosto che le mani nude. BRABANZIO
Ascoltate anche lei, vi prego. Se confesserà di essere in parte responsabile e il mio rancore ricadesse ancora su quest’uomo, che io sia maledetto! Vieni, gentile signora. Sai dire in tutto questo nobile consesso a chi devi più obbedienza? DESDEMONA
Mio nobile padre, io vedo qui una divisione di doveri. A voi sono debitrice della vita e dell’istruzione, e la vita e l’istruzione ugualmente mi insegnano a rispettarvi. A voi il mio obbligo, in quanto vostra figlia. Ma qui c’è mio marito; e quella obbedienza che mia madre mostrò a voi, preferendovi a suo padre, quella stessa io dichiaro che debbo professare dovuta al Moro, mio signore. BRABANZIO
Dio sia con te, non ho altro da dire! Eccellenza, si passi agli affari di Stato. Avrei dovuto adottare una figlia, non generarla. Vieni qui, Moro! Ecco, ti do con tutto il cuore quello che se tu non l’avessi
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
I would keep from thee. (To Desdemona) For your sake, jewel, I am glad at soul I have no other child, For thy escape would teach me tyranny, To hang clogs on ’em. I have done, my lord.
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DUKE
Let me speak like yourself, and lay a sentence Which, as a grece or step, may help these lovers Into your favour. When remedies are past, the griefs are ended By seeing the worst which late on hopes depended. To mourn a mischief that is past and gone Is the next way to draw new mischief on. What cannot be preserved when fortune takes, Patience her injury a mockery makes. The robbed that smiles steals something from the thief; He robs himself that spends a bootless grief.
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BRABANZIO
So let the Turk of Cyprus us beguile, We lose it not so long as we can smile. He bears the sentence well that nothing bears But the free comfort which from thence he hears, But he bears both the sentence and the sorrow That, to pay grief, must of poor patience borrow. These sentences, to sugar or to gall, Being strong on both sides, are equivocal. But words are words. I never yet did hear That the bruised heart was piercèd through the ear. I humbly beseech you proceed to th’affairs of state. DUKE The Turk with a most mighty preparation makes for Cyprus. Othello, the fortitude of the place is best known to you, and though we have there a substitute of most allowed sufficiency, yet opinion, a more sovereign mistress of effects, throws a more safer voice on you. You must therefore be content to slubber the 200. Into your favour: così in Q, non in F. 1098
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già, con tutto il cuore vorrei impedirti di avere. (A Desdemona) Grazie a te, gioia mia, ora sono felice di non avere altri figli. La tua fuga mi insegnerebbe a essergli tiranno, e li terrei in catene22. Ho finito, signore. DOGE
Parlerò io a nome vostro, pronunciando una sentenza che a mo’ di gradino o di piolo possa far salire questi innamorati nelle vostre grazie. Quando non c’è rimedio, non c’è più neanche il male. Una volta visto il peggio, e abbandonata ormai la speranza, dolersi per un danno passato e assorbito serve solo ad attirarne degli altri. Quando la sorte si porta via quello che non si può più conservare, la pazienza si fa beffe del suo danno. Il derubato che sorride ruba qualcosa al ladro; e chi spende un inutile dolore, svaligia se stesso. BRABANZIO
E allora lasciamo che il turco ci tolga pure Cipro, basta che sorridiamo, e non l’avremo persa. Sopporta bene la condanna chi non sopporta altro che le generose consolazioni ascoltate in proposito; ma sopporta tanto la condanna quanto il cordoglio chi per pagare il tributo del dolore deve attingere alla povera pazienza. Dure come sono da ambo i lati, queste condanne sono ambigue, nel senso dolce come in quello amaro. Ma le parole sono parole. Io non ho mai saputo che il cuore ferito fosse curato dall’orecchio. Di grazia, adesso: agli affari di Stato23. DOGE
I turchi con una potentissima flotta da guerra si dirigono su Cipro. Otello, le fortificazioni dell’isola tu le conosci meglio di chiunque, e per quanto sul posto abbiamo un sostituto di capacità ben provata, l’opinione pubblica, che è l’arbitra sovrana delle decisioni, ripone in te una fiducia ancora maggiore. Dovrai pertanto rassegnarti
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
gloss of your new fortunes with this more stubborn and boisterous expedition.
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OTHELLO
The tyrant custom, most grave senators, Hath made the flinty and steel couch of war My thrice-driven bed of down. I do agnize A natural and prompt alacrity I find in hardness, and do undertake This present wars against the Ottomites. Most humbly therefore bending to your state, I crave fit disposition for my wife, Due reference of place and exhibition, With such accommodation and besort As levels with her breeding. DUKE Why, at her father’s! BRABANZIO I will not have it so. OTHELLO Nor I. DESDEMONA Nor would I there reside, To put my father in impatient thoughts By being in his eye. Most gracious Duke, To my unfolding lend your prosperous ear, And let me find a charter in your voice T’assist my simpleness. DUKE What would you, Desdemona?
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DESDEMONA
That I did love the Moor to live with him, My downright violence and storm of fortunes May trumpet to the world. My heart’s subdued Even to the very quality of my lord. I saw Othello’s visage in his mind, And to his honours and his valiant parts Did I my soul and fortunes consecrate; So that, dear lords, if I be left behind, A moth of peace, and he go to the war, The rites for why I love him are bereft me,
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251. Very quality: così in F; in Q utmost pleasure = “massimo piacere”. 1100
OTELLO, ATTO I SCENA 3
a offuscare lo splendore della tua nuova felicità sotto le nubi di questa ardua e tempestosa spedizione. OTELLO
La tiranna abitudine, venerabili senatori, ha fatto sì che il giaciglio di pietra e acciaio della guerra sia per me come un soffice letto di piume. Io ritrovo sempre una naturale e pronta alacrità nel mezzo dei disagi, e quindi accetto di condurre questa guerra contro gli ottomani. Assai umilmente dunque inchinandomi alla vostra autorità chiedo un’adeguata situazione per mia moglie, con i debiti privilegi, un trattamento conforme e un seguito e un alloggio in carattere con il suo rango. DOGE
Ma da suo padre! BRABANZIO
No, questo non lo accetto. OTELLO
Neanch’io. DESDEMONA
E neppure io, non voglio abitare in quella casa e provocare in mio padre pensieri di impazienza standogli sotto gli occhi. Benevolo doge, alla mia preghiera prestate il vostro orecchio generoso, e fatemi trovare nella vostra voce un sostegno alla mia schiettezza… DOGE
Che cosa chiedi, Desdemona? DESDEMONA
Che ho amato il Moro tanto da voler vivere con lui, la mia aperta ribellione e il mio disprezzo delle conseguenze lo proclamano al mondo: il mio cuore è sottomesso al più minuscolo capriccio24 del mio signore. Io ho visto il vero volto di Otello nel suo spirito, e al suo onore e alla gloria della sua fama ho consacrato la mia anima e le mie sorti… Per questo, miei signori, se mi terrete qui inoperosa nella pace, mentre egli è in guerra, i diritti del mio amore per lui mi
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
And I a heavy interim shall support By his dear absence. Let me go with him. OTHELLO (to the Duke) Let her have your voice. Vouch with me heaven, I therefor beg it not To please the palate of my appetite, Nor to comply with heat – the young affects In me defunct – and proper satisfaction, But to be free and bounteous to her mind; And heaven defend your good souls that you think I will your serious and great business scant When she is with me. No, when light-winged toys Of feathered Cupid seel with wanton dullness My speculative and officed instruments, That my disports corrupt and taint my business, Let housewives make a skillet of my helm, And all indign and base adversities Make head against my estimation.
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DUKE
Be it as you shall privately determine, Either for her stay or going. Th’affair cries haste, And speed must answer it. A SENATOR (to Othello) You must away tonight.
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DESDEMONA
Tonight, my lord? This night.
DUKE
OTHELLO
With all my heart.
DUKE
At nine i’th’ morning here we’ll meet again. Othello, leave some officer behind, And he shall our commission bring to you, And such things else of quality and respect As doth import you. OTHELLO So please your grace, my ensign. A man he is of honesty and trust. 264. Me: emend. tardo; in Q e F my. 278. DESDEMONA… night: così in Q, non in F. 1102
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
saranno tolti, e un pesante intervallo dovrò sopportare per la sua triste assenza. Lasciatemi andare con lui! OTELLO (al Doge) Datele il vostro consenso. E tu, cielo, siimi testimone che questo non lo chiedo per compiacere gli ardori dei miei appetiti, né per estinguere quel calore – giovani stimoli ormai in me defunti – e darmi giusta soddisfazione, ma per saziarmi largamente del suo spirito; e il cielo impedisca alle vostre anime illuminate di pensare che io possa trascurare i vostri seri e grandi compiti perché ella sarà con me. No, quando i trastulli dalle ali lievi e il pennuto Cupido ottunderanno con lascivo torpore le mie facoltà speculative e attive così che i miei svaghi corrompano e inquinino il mio dovere, allora che le comari facciano una padella del mio elmo, e ogni indegna e bassa avversità dichiari guerra alla mia reputazione! DOGE
Sia come voi due personalmente deciderete, che resti o parta: l’impresa non consente indugi, l’unica risposta è la celerità. UN SENATORE (a Otello) Devi partire questa notte. DESDEMONA 25
Questa notte, signore? DOGE
Questa notte. OTELLO
Con tutto il cuore! DOGE
Domattina alle nove ci riuniremo qui di nuovo. Otello, lascia un tuo ufficiale qui a Venezia: costui ti recherà il nostro mandato con gli altri titoli e le credenziali che ti riguarderanno. OTELLO
Col beneplacito di vostra grazia, il mio alfiere è un uomo onesto e fidato. Alle sue cure io affido mia moglie, con quant’altro di ne-
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
To his conveyance I assign my wife, With what else needful your good grace shall think To be sent after me. DUKE Let it be so. Good night to everyone. (To Brabanzio) And, noble signor, If virtue no delighted beauty lack, Your son-in-law is far more fair than black.
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A SENATOR
Adieu, brave Moor. Use Desdemona well. BRABANZIO
Look to her, Moor, if thou hast eyes to see. She has deceived her father, and may thee. [Exeunt Duke, Brabanzio, Cassio, Senators, and officers] OTHELLO
My life upon her faith. Honest Iago, My Desdemona must I leave to thee. I prithee let thy wife attend on her, And bring them after in the best advantage. Come, Desdemona. I have but an hour Of love, of worldly matter and direction To spend with thee. We must obey the time.
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Exeunt Othello and Desdemona RODERIGO Iago. IAGO What sayst thou, noble heart? RODERIGO What will I do, think’st thou? IAGO Why, go to bed and sleep. RODERIGO I will incontinently drown myself.
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IAGO If thou dost, I shall never love thee after. Why, thou
silly gentleman! RODERIGO It is silliness to live when to live is torment;
and then have we a prescription to die when death is our physician.
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
cessario la vostra buona grazia riterrà di inviarmi in un secondo tempo. DOGE
Che così sia. La buonanotte a tutti. (A Brabanzio) E voi, nobile amico: se che virtù comporti anche bellezza è vero, vostro genero è bianco e non è nero. UN SENATORE
Addio, valoroso Moro, tratta bene Desdemona. BRABANZIO
Attento, Moro, e guardala, perché ha ingannato suo padre: può farlo anche con te. [Escono il Doge, Brabanzio, Cassio, Senatori, e ufficiali] OTELLO
La mia vita sulla sua fedeltà! Onesto Iago, la mia Desdemona devo affidarla a te; ti prego, fa’ che tua moglie la assista e raggiungimi con lei nel modo più opportuno. Vieni, Desdemona, non ho che un’ora per l’amore, per le faccende pratiche e le disposizioni, da passare con te. Dobbiamo obbedire al tempo. Escono Otello e Desdemona RODERIGO
Iago! IAGO
Che dici, nobile cuore? RODERIGO
E adesso che faccio, secondo te? IAGO
Diamine, vai a letto e dormi. RODERIGO
No, invece vado subito a annegarmi. IAGO
Be’, se lo fai, dopo non potrò più volerti bene. Sono cose da sciocchi, queste! RODERIGO
È da sciocchi vivere, quando la vita è un supplizio: e la cura, quando la morte è il nostro medico, è morire.
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
IAGO O, villainous! I ha’ looked upon the world for four
times seven years, and since I could distinguish betwixt a benefit and an injury I never found man that knew how to love himself. Ere I would say I would drown myself for the love of a guinea-hen, I would change my humanity with a baboon. RODERIGO What should I do? I confess it is my shame to be so fond, but it is not in my virtue to amend it. IAGO Virtue? A fig! ’Tis in ourselves that we are thus or thus. Our bodies are our gardens, to the which our wills are gardeners; so that if we will plant nettles or sow lettuce, set hyssop and weed up thyme, supply it with one gender of herbs or distract it with many, either to have it sterile with idleness or manured with industry, why, the power and corrigible authority of this lies in our wills. If the beam of our lives had not one scale of reason to peise another of sensuality, the blood and baseness of our natures would conduct us to most preposterous conclusions. But we have reason to cool our raging motions, our carnal stings, our unbitted lusts; whereof I take this that you call love to be a sect or scion. RODERIGO It cannot be. IAGO It is merely a lust of the blood and a permission of the will. Come, be a man. Drown thyself? Drown cats and blind puppies. I have professed me thy friend, and I confess me knit to thy deserving with cables of perdurable toughness. I could never better stead thee than now. Put money in thy purse. Follow thou the wars, defeat thy favour with an usurped beard. I say, put money in thy purse. It cannot be long that Desdemona should continue her love to the Moor – put
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311. Ha’: in questo testo frequente per has o have (non più segnalato). 326. Beam: emend. tardo; in Q balance = “equilibrio”; in F brain = “cervello”. 330. Our unbitted: così in Q; in F or unbitted = “o sfrenate”. 1106
OTELLO, ATTO I SCENA 3
IAGO
Che canaglia! Io sono quattro volte sette anni che guardo il mondo26, e da quando riesco a distinguere tra un beneficio e un danno non ho mai trovato un uomo che sapesse volersi bene. Prima di dire che mi annegherei per l’amore di una gonnella, cambierei la mia umanità con un babbuino. RODERIGO
Che devo fare? Lo confesso, è una vergogna essere così innamorato, ma non ho virtù per porvi rimedio. IAGO
Virtù? Balle! Dipende da noi essere in un modo o in un altro. I nostri corpi sono giardini, di cui la nostra volontà è il giardiniere. Ne segue che se ci piantiamo ortiche, o seminiamo lattuga, coltiviamo issopo, e sarchiamo timo; se li riforniamo di un tipo solo di erbe, o li scombussoliamo con parecchi, vuoi per averli sterili per incuria o ben concimati per buona applicazione – be’, il potere e l’autorità correttiva di far questo si trovano nella nostra volontà. Se nella bilancia della vita il piatto della ragione non facesse equilibrio con quello della sensualità, gli umori e la bassezza della nostra natura ci condurrebbero alle conclusioni più assurde. Ma abbiamo la ragione a raffreddare le nostre furiose emozioni, gli stimoli della carne, le sfrenate libidini, di cui ritengo che questo che tu chiami amore sia soltanto un frutto o un germoglio. RODERIGO
Non è possibile! IAGO
È soltanto un calore nel sangue e una sospensione della volontà. Forza, sii uomo! Annegarti? Si annegano i gatti e i cagnolini ciechi. Io mi dichiaro tuo amico, e mi riconosco legato ai tuoi meriti con funi di durevole resistenza; non potrò mai più esserti utile come ora. Metti denaro nella borsa; seguici a questa guerra, cambiati i connotati con una barba posticcia. Dico, metti denaro nella borsa. Non può durare a lungo, l’adorazione di Desdemona per quel
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OTHELLO, ACT 1 SCENE 3
money in thy purse – nor he his to her. It was a violent commencement in her, and thou shalt see an answerable sequestration – put but money in thy purse. These Moors are changeable in their wills – fill thy purse with money. The food that to him now is as luscious as locusts shall be to him shortly as bitter as coloquintida. She must change for youth. When she is sated with his body, she will find the error of her choice. Therefore put money in thy purse. If thou wilt needs damn thyself, do it a more delicate way than drowning. Make all the money thou canst. If sanctimony and a frail vow betwixt an erring barbarian and a super-subtle Venetian be not too hard for my wits and all the tribe of hell, thou shalt enjoy her; therefore make money. A pox o’ drowning thyself – it is clean out of the way. Seek thou rather to be hanged in compassing thy joy than to be drowned and go without her. RODERIGO Wilt thou be fast to my hopes if I depend on the issue? IAGO Thou art sure of me. Go, make money. I have told thee often, and I re-tell thee again and again, I hate the Moor. My cause is hearted, thine hath no less reason. Let us be conjunctive in our revenge against him. If thou canst cuckold him, thou dost thyself a pleasure, me a sport. There are many events in the womb of time, which will be delivered. Traverse, go, provide thy money. We will have more of this tomorrow. Adieu. RODERIGO
Where shall we meet i’th’ morning? At my lodging.
IAGO
RODERIGO
I’ll be with thee betimes. IAGO Go to, farewell – Do you hear, Roderigo? RODERIGO I’ll sell all my land. 1108
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OTELLO, ATTO I SCENA 3
Moro… metti denaro nella borsa… né la sua per lei; è stato un inizio violento, e tu vedrai una logica fine27: tu intanto metti denaro nella borsa… Questi Mori sono di indole incostante: …riempiti la borsa di denaro. Quel cibo che adesso trova dolce come locuste 28 gli risulterà presto aspro come la mela amara 29. Lei dovrà cercare la giovinezza; quando si sarà saziata del suo corpo, si accorgerà dell’errore della scelta. Perciò tu metti denaro nella borsa. Se proprio vuoi dannarti, fallo in un modo più delicato che annegandoti: metti insieme tutto il denaro che puoi. Se il rito, e una fragile promessa, tra un barbaro vagabondo e una raffinatissima veneziana, non si riveleranno troppo ardui per la mia astuzia assistita da tutti i diavoli dell’inferno, tu te la godrai; pertanto accumula denaro… Altro che annegarsi! Non se ne parla nemmeno. Pensa a farti impiccare dopo avere assaggiato la tua gioia, piuttosto che a annegarti rinunciando a lei. RODERIGO
Davvero sosterrai le mie speranze, se mi affido al risultato? IAGO
Puoi contare su di me… Va’, prendi il denaro… te l’ho detto più volte e te lo dico ancora, e ancora, io odio il Moro. La mia causa è robusta, la tua non è meno motivata. Facciamo un’alleanza nella nostra vendetta contro di lui. Se riuscirai a farlo becco, per te sarà un piacere e per me uno spasso. Ci sono molti eventi nel grembo del tempo, che presto saranno partoriti. Fila 30, adesso, raduna il tuo denaro. Ne riparleremo domani. Addio. RODERIGO
Dove ci troviamo domattina? IAGO
Da me. RODERIGO
Ci sarò di buon’ora. IAGO
Vai, arrivederci… Mi hai sentito, Roderigo? RODERIGO
Vado a vendere tutte le mie terre. Esce
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
IAGO
Thus do I ever make my fool my purse – For I mine own gained knowledge should profane If I would time expend with such a snipe But for my sport and profit I hate the Moor, And it is Thought abroad that ’twixt my sheets He has done my office. I know not if ’t be true, But I, for mere suspicion in that kind, Will do as if for surety. He holds me well: The better shall my purpose work on him. Cassio’s a proper man. Let me see now, To get his place, and to plume up my will In double knavery – how, how? Let’s see. After some time to abuse Othello’s ears That he is too familiar with his wife; He hath a person and a smooth dispose To be suspected, framed to make women false. The Moor is of a free and open nature, That thinks men honest that but seem to be so, And will as tenderly be led by th’ nose As asses are. I ha’t. It is ingendered. Hell and night Must bring this monstrous birth to the world’s light.
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2.1
Enter below Montano, Governor of Cyprus; two other gentlemen [above]
MONTANO
What from the cape can you discern al sea? FIRST GENTLEMAN
Nothing at all. It is a high-wrought flood. I cannot ’twixt the heaven and the main Descry a sail.
380. He has: così in F2; in Q ha’s; in F1 she has. 1110
OTELLO, ATTO II SCENA 1
IAGO
Così faccio sempre degli stupidi la mia borsa: perché rinnegherei la mia sudata esperienza, se perdessi il tempo con un simile allocco senza cavarne svago e profitto. Io esecro il Moro, e si è anche sussurrato che tra le mie lenzuola abbia fatto le mie veci. Non so quanto sia vero… Ma io per un sospetto in queste cose mi comporto come se fosse dimostrato. Lui mi stima, tanto meglio i miei propositi agiranno su di lui. Cassio è un uomo aitante, vediamo, adesso… Prendergli il posto e raggiungere il mio scopo… Un duplice misfatto… come, come? …vediamo. Tra un po’ di tempo, mormorare all’orecchio di Otello che Cassio si prende troppe libertà con sua moglie. Ha un aspetto fisico e dei modi insinuanti aperti ai sospetti, fatti apposta per indurre una donna in tentazione: e il Moro è di indole franca e aperta, tanto da credere onesto chi lo sembra soltanto: e si farà docilmente menare per il naso… come un somaro. Ho trovato. Inferno e notte grazie a tale inganno questo mostro alla luce porteranno. Esce II, 1
Entrano di sotto Montano, Governatore di Cipro; altri due Gentiluomini [di sopra]31
MONTANO
Che riuscite a vedere in mare, dalla punta? PRIMO GENTILUOMO
Niente di niente. Le onde sono così alte, che tra il cielo e l’acqua non potrei scorgere una vela.
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
MONTANO
Methinks the wind hath spoke aloud at land. A fuller blast ne’er shook our battlements. If it ha’ ruffianed so upon the sea, What ribs of oak, when mountains melt on them, Can hold the mortise? What shall we hear of this?
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SECOND GENTLEMAN
A segregation of the Turkish fleel; For do but stand upon the foaming shore, The chidden billow seems to pelt the clouds, The wind-shaked surge with high and monstrous mane Seems to cast water on the burning Bear And quench the guards of th’ever-fixèd Pole. I never did like molestation view On the enchafèd flood. MONTANO If that the Turkish fleet Be not enshellered and embayed, they are drowned. It is impossible to bear it out.
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Enter a third Gentleman THIRD GENTLEMAN News, lads! Our wars are done.
The desperate tempest hath so banged the Turks That their designment halts. A noble ship of Venice Hath seen a grievous wrack and sufferance On most part of their fleel. MONTANO How, is this true? THIRD GENTLEMAN The ship is here put in, A Veronessa. Michael Cassio, Lieutenant to the warlike Moor Othello, Is come on shore; the Moor himself at sea, And is in full commission here for Cyprus. MONTANO
I am glad on’t; ’tis a worthy governor.
27. Veronessa: così in Q; in F Verennessa (v. nota alla trad.). 1112
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OTELLO, ATTO II SCENA 1
MONTANO
Direi che il vento parla forte anche dentro terra… raffiche più gagliarde non hanno mai scosso i nostri bastioni. Se ha imperversato così anche sul mare, quali fiancate di quercia potranno reggere l’impeto di queste liquide montagne? Come andrà a finire? SECONDO GENTILUOMO
Con la dispersione della flotta turca: basta guardarli dalla riva schiumante, e i cavalloni incolleriti sembrano flagellare le nubi; sollevati dal vento, i flutti dalle mostruose criniere sembrano rovesciare acqua sull’Orsa incandescente e sommergere le scolte dell’immobile polo. Non ho mai visto tanto turbamento di furibonda marea. MONTANO
Se la flotta turca non ha trovato rifugio in qualche baia, è colata a picco. Resistere là in mezzo è impossibile. Entra un terzo Gentiluomo TERZO GENTILUOMO
Ci sono notizie, ragazzi, la guerra è finita! Questa furibonda tempesta ha percosso i turchi in tal maniera da stroncare il loro progetto. Una nobile nave di Venezia, ha assistito al naufragio e alle paurose traversie della maggior parte della loro flotta. MONTANO
Come? Ma è vero? TERZO GENTILUOMO
La nave è entrata in porto, una veronese32; Michele Cassio, luogotenente del valoroso moro Otello, è appena sbarcato. Il Moro stesso è in viaggio, diretto qui a Cipro, con poteri assoluti. MONTANO
Ne sono lieto, è un degno governatore.
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
THIRD GENTLEMAN
But this same Cassio, though he speak of comfort Touching the Turkish loss, yet he looks sadly, And prays the Moor be safe, for they were parted With foul and violent tempest. MONTANO Pray heavens he be, For I have served him, and the man commands Like a full soldier. Let’s to the sea-side, ho! – As well to see the vessel that’s come in As to throw out our eyes for brave Othello, Even till we make the main and th’aerial blue An indistinct regard. THIRD GENTLEMAN Come, let’s do so, For every minute is expectancy Of more arrivance.
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Enter Cassio CASSIO
Thanks, you the valiant of this warlike isle Thai so approve the Moor! O, let the heavens Give him defence against the elements, For I have lost him on a dangerous sea. MONTANO Is he well shipped?
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CASSIO
His barque is stoutly timbered, and his pilot Of very expert and approved allowance. Therefore my hopes, not surfeited to death, Stand in bold cure. VOICES (within) A sail, a sail, a sail! CASSIO What noise?
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A GENTLEMAN
The town is empty. On the brow o’th’ sea Stand ranks of people, and they cry ‘A sail!’
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43. Arrivance: così in Q; in F arrivancy, in inglese prima attestazione dell’uno e dell’altro termine. 1114
OTELLO, ATTO II SCENA 1
TERZO GENTILUOMO
Peraltro questo Cassio, pur recando nuove consolatorie circa le perdite dei turchi, ha un’aria addolorata, e prega che il Moro sia salvo; perché sono stati separati da una tempesta di maligna violenza. MONTANO
Preghiamo il cielo che lo sia; poiché io l’ho servito, e quell’uomo comanda da vero soldato. Su, andiamo al porto! Sia per vedere il vascello che ha attraccato, sia per scrutare l’orizzonte per il prode Otello, fino a non più distinguere l’azzurro del cielo da quello del mare. TERZO GENTILUOMO
Sì, andiamo; ogni momento possiamo aspettarci qualche altro arrivo. Entra Cassio CASSIO
Grazie a voi, o valorosi di quest’isola guerriera, che così lodate il Moro! I cieli lo difendano contro gli elementi, poiché io l’ho perso in un mare periglioso. MONTANO
Ha una buona nave? CASSIO
Un vascello robusto, e il pilota è molto esperto e di provata abilità. Perciò le mie speranze, non nutrite all’eccesso, si ostinano a non morire. VOCI (da dentro) Una vela, una vela, una vela! CASSIO
Che sono queste grida? UN GENTILUOMO
La città è deserta. Sul ciglio del mare sta la folla a frotte, e gridano: “Una vela!”
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
CASSIO
My hopes do shape him for the governor. A shot A GENTLEMAN
They do discharge their shot of courtesy – Our friends, at least. CASSIO I pray you, sir, go forth, And give us truth who ’tis that is arrived. A GENTLEMAN I shall.
Exit
MONTANO
But, good lieutenant, is your general wived?
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CASSIO
Most fortunately. He hath achieved a maid That paragons description and wild fame, One that excels the quirks of blazoning pens, And in th’essential vesture of creation Does tire the engineer.
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Enter Gentleman How now, who has put in? GENTLEMAN
’Tis one Iago, ensign to the general. CASSIO
He’s had most favourable and happy speed. Tempests themselves, high seas, and howling winds, The guttered rocks and congregated sands, Traitors ensteeped to enclog the guiltless keel, As having sense of beauty do omit Their mortal natures, letting go safely by The divine Desdemona. MONTANO What is she?
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CASSIO
She that I spake of, our great captain’s captain, Left in the conduct of the bold Iago,
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66. Engineer: in F ingeniuer, prob. dal francese ingenieur, da cui deriva il termine inglese. 1116
OTELLO, ATTO II SCENA 1
CASSIO
La mia speranza vi colloca il governatore. Un colpo di cannone UN GENTILUOMO
Spara a salve, almeno si tratta di amici. CASSIO
Vi prego, signore, andate a vedere e tornate a dirci chi è arrivato. UN GENTILUOMO
Vado. Esce MONTANO
Luogotenente, il vostro generale è ammogliato? CASSIO
Nel modo più felice. Ha conquistato una sposa che sfida le descrizioni della fama più audace; una che sconfigge i ghirigori delle penne più ricche d’estro, e negli elementi fondamentali della creazione supera ogni eccellenza33… Entra un Gentiluomo Allora, chi ha attraccato? GENTILUOMO
Un certo Iago, alfiere del generale. CASSIO
Ha avuto una traversata assai favorevole: le tempeste stesse, i marosi e i venti ululanti, le scogliere sommerse e le insidiose secche, traditori nascosti per inceppare l’innocente carena, quasi in omaggio alla bellezza, dimenticando i loro istinti comuni, hanno lasciato passare indenne la divina Desdemona. MONTANO
E chi è? CASSIO
Colei di cui parlavo, la capitana del nostro grande capitano, affidata alla custodia dell’ardimentoso Iago, il cui sbarco qui anticipa
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
Whose footing here anticipates our thoughts A sennight’s speed. Great Jove, Othello guard, And swell his sail with thine own powerful breath, That he may bless this bay with his tall ship, Make love’s quick pants in Desdemona’s arms, Give renewed fire to our extincted spirits, And bring all Cyprus comfort.
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Enter Desdemona, Iago, Emilia, and Roderigo O, behold, The riches of the ship is come on shore! You men of Cyprus, let her have your knees.
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Montano and the Gentlemen make curtsy to Desdemona Hail to thee, lady, and the grace of heaven Before, behind thee, and on every hand Enwheel thee round! DESDEMONA I thank you, valiant Cassio. What tidings can you tell me of my lord? CASSIO
He is not yet arrived, nor know I aught But that he’s well and will be shortly here.
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DESDEMONA
O, but I fear – how lost you company? CASSIO
The great contention of the sea and skies Parted our fellowship. VOICES (within) A sail, a sail! CASSIO But hark, a sail.
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A shot A GENTLEMAN
They give their greeting to the citadel. This likewise is a friend. CASSIO See for the news. Exit Gentleman 83. And bring … comfort: così in Q, non in F. 1118
OTELLO, ATTO II SCENA 1
le nostre previsioni di sette notti… Gran Giove, proteggi Otello, e gonfia la sua vela col tuo possente fiato, che possa rendere felice questa baia con la sua ammiraglia e rapidamente giungere tra le braccia di Desdemona, rinfocolare i nostri spenti spiriti e recare consolazione a tutta Cipro34... Entrano Desdemona, Iago, Emilia, e Roderigo Oh, guardate, il tesoro della nave è sceso a terra! Uomini di Cipro, in ginocchio davanti a lei! Montano e i Gentiluomini si inchinano a Desdemona Salute a te, signora! E il favore del cielo davanti, dietro e da ogni parte ti circondi e avviluppi! DESDEMONA
Grazie, prode Cassio: che notizie sapete darmi del mio signore? CASSIO
Non è ancora giunto, né so altro se non che sta bene, e presto sarà qui. DESDEMONA
Oh, ma io ho paura… come mai vi siete separati? CASSIO
La gran contesa del mare e dei cieli ha diviso il nostro sodalizio. VOCI (da dentro)
Una vela, una vela! CASSIO
Ma sentite, una vela. Un colpo di cannone UN GENTILUOMO
Salutano la cittadella. Evidentemente sono amici! CASSIO
Vai a raccogliere notizie. Il Gentiluomo esce
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
Good ensign, you are welcome. (Kissing Emilia) Welcome, mistress. Let it not gall your patience, good Iago, That I extend my manners. ’Tis my breeding That gives me this bold show of courtesy.
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IAGO
Sir, would she give you so much of her lips As of her tongue she oft bestows on me, You would have enough. DESDEMONA Alas, she has no speech! IAGO In faith, too much. I find it still when I ha’ leave to sleep. Marry, before your ladyship, I grant, She puts her tongue a little in her heart, And chides with thinking. EMILIA You ha’ little cause to say so.
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IAGO
Come on, come on. You are pictures out of door, Bells in your parlours; wildcats in your kitchens, Saints in your injuries; devils being offended, Players in your housewifery, and hussies in your beds. DESDEMONA
O, fie upon thee, slanderer!
116
IAGO
Nay, it is true, or else I am a Turk. You rise to play and go to bed to work. EMILIA
You shall not write my praise. No, let me not.
IAGO
DESDEMONA
What wouldst write of me, if thou shouldst praise me? IAGO
O, gentle lady, do not put me to’t, For I am nothing if not critical. DESDEMONA
Come on, essay – there’s one gone to the harbour? IAGO Ay, madam.
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OTELLO, ATTO II SCENA 1
Bravo alfiere, sei il benvenuto. Benvenuta, signora. (Bacia Emilia) Non avertene a male, buon Iago, se mi prendo questa libertà; sono abituato così, a queste audaci forme di omaggio. IAGO
Signore, s’ella vi fosse prodiga delle labbra come lo è con me della sua lingua, vi stanchereste presto. DESDEMONA
Ma no! Non parla mai. IAGO
Parla troppo, invece: me ne accorgo perfino quando vorrei dormire. Diamine, davanti alla vostra eccellenza, lo ammetto, tiene la lingua un po’ più dentro il cuore, e chiacchiera col pensiero. EMILIA
Non hai motivo di dir questo. IAGO
Andiamo, andiamo, per strada siete tanti quadri dipinti, in salotto, campanelli, gatti selvatici in cucina, sante quando ci ingiuriate, diavoli quando vi offendiamo noi. Siete oziose e svagate nelle faccende, e massaie operose solo a letto. DESDEMONA
Vergogna, calunniatore! IAGO
Se non è così, sono un turco. Vi alzate per giocare, e per lavorare vi mettete sotto le lenzuola. EMILIA
Non tocca a te cantare le mie lodi. IAGO
Infatti. DESDEMONA
E se doveste cantare le mie, come fareste? IAGO
Bella signora, non me lo domandate. Io sono capace solo di criticare. DESDEMONA
Suvvia, provateci… ma qualcuno è andato al porto? IAGO
Sì, signora.
1121
OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
DESDEMONA
I am not merry, but I do beguile The thing I am by seeming otherwise. Come, how wouldst thou praise me?
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IAGO
I am about it, but indeed my invention Comes from my pate as birdlime does from frieze – It plucks out brains and all. But my muse labours, And thus she is delivered: If she be fair and wise, fairness and wit, The one’s for use, the other useth it. DESDEMONA Well praised! How if she be black and witty?
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IAGO
If she be black and thereto have a wit, She’ll find a white that shall her blackness fit.
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DESDEMONA
Worse and worse. How if fair and foolish?
EMILIA IAGO
She never yet was foolish that was fair, For even her folly helped her to an heir. DESDEMONA These are old fond paradoxes, to make fools laugh i’th’ alehouse. What miserable praise hast thou for her That’s foul and foolish?
141
IAGO
There’s none so foul and foolish thereunto, But does foul pranks which fair and wise ones do. DESDEMONA O heavy ignorance! Thou praisest the worst best. But what praise couldst thou bestow on a deserving woman indeed – one that, in the authority of her merit, did justly put on the vouch of very malice itself? IAGO
She that was ever fair and never proud, Had tongue at will and yet was never loud, Never lacked gold and yet went never gay, 1122
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OTELLO, ATTO II SCENA 1
DESDEMONA
Non sono allegra, ma inganno quello che sono mostrandomi diversa. Su, come faresti il mio panegirico? IAGO
Ci sto pensando, ma veramente le idee mi si staccano dalla zucca come il vischio da uno strofinaccio, portandosi dietro il cervello e ogni cosa. Peraltro la Musa ha le doglie, e questo partorisce: Chi per bellezza è bionda e per talento è degna, L’uso di sua bellezza il talento le insegna. DESDEMONA
Bel complimento! E se la donna fosse bruna? IAGO
Sia bruna quanto vuole; s’è di talento vero, Pescherà sempre il bianco che si addice al suo nero. DESDEMONA
Di male in peggio. EMILIA
E se è bella ma sciocca? IAGO
La donna bella niuno trova sciocca, Ché vince ogni argomento – con i baci che ha in bocca. DESDEMONA
Queste sono vecchie assurdità, per far ridere gli sfaccendati nelle osterie. Quale pietoso complimento hai per una donna stupida e brutta? IAGO
Anche la brutta, goffa ed insipiente Fa certe porcherie come l’intelligente. DESDEMONA
O crassa ignoranza, che loda meglio il peggio! Ma quali lodi sapresti rivolgere a una donna che fosse degna davvero? A una cui la malizia in persona non potrebbe che confermare la validità dei suoi meriti? IAGO
Colei che bella senza menar vanto Ebbe la lingua e sempre tacque alquanto, Cui l’oro non mancò, ma fu modesta, 1123
OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
Fled from her wish, and yet said ‘Now I may’; She that, being angered, her revenge being nigh, Bade her wrong stay and her displeasure fly; She that in wisdom never was so frail To change the cod’s head for the salmon’s tail; She that could think and ne’er disclose her mind, See suitors following, and not look behind – She was a wight, if ever such wights were – DESDEMONA To do what?
155
160
IAGO
To suckle fools, and chronicle small beer. DESDEMONA O most lame and impotent conclusion! Do
not learn of him, Emilia, though he be thy husband. How say you, Cassio, is he not a most profane and liberal counsellor? CASSIO He speaks home, madam. You may relish him more in the soldier than in the scholar.
169
Cassio and Desdemona talk apart IAGO (aside) He takes her by the palm. Ay, well said –
whisper. With as little a web as this will I ensnare as great a fly as Cassio. Ay, smile upon her, do. I will gyve thee in thine own courtship. You say true, ’tis so indeed. If such tricks as these strip you out of your lieutenantry, it had been better you had not kissed your three fingers so oft, which now again you are most apt to play the sir in. Very good, well kissed, an excellent curtsy, ’tis so indeed; yet again your fingers to your lips? Would they were clyster-pipes for your sake. Trumpets within (Aloud) The Moor – I know his trumpet. CASSIO ’Tis truly so. DESDEMONA
Let’s meet him and receive him.
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OTELLO, ATTO II SCENA 1
Che si contenne, e seppe alzar la testa: Che offesa, invece di cercar giustizia Trasformò il suo malanimo in letizia; Che tra un grosso merluzzo e un salmoncino Da saggia scelse il men, ma sopraffino: Che riflettere sa senza svelarsi, E lasciarsi seguir senza voltarsi – Costei potrebbe, dirlo mi rimane… DESDEMONA
Potrebbe che? IAGO
Sfornare sciocchi e raccontar panzane. DESDEMONA
Che conclusione zoppicante e impotente! Non imparare da lui, Emilia, anche se è tuo marito. Cosa dite, Cassio, non è un consigliere particolarmente sboccato e licenzioso? CASSIO
Parla senza peli sulla lingua, signora. Avrete modo di apprezzarlo più come uomo d’armi che come letterato. Cassio e Desdemona parlano in disparte IAGO (a parte)
La prende per il palmo della mano; benissimo, le bisbiglia all’orecchio. Con questa debole ragnatela riuscirò a catturare un moscone grosso come Cassio. Sì, bravo, sorridile. Tu fai il damerino, e io ti inchiodo. Proprio così. Se queste sciocchezze ti spoglieranno della luogotenenza, rimpiangerai di esserti tanto baciato la punta delle dita35. Ecco, come fai anche adesso, per darti arie di rubacuori. Bravo, che bel bacio, che squisita riverenza! Proprio così! Ancora le dita alle labbra? Sarebbe meglio per te che fossero canne di clistere! Trombe da dentro (A voce alta) Il Moro! Riconosco la sua tromba. CASSIO
Sì, è lui. DESDEMONA
Andiamogli incontro, a riceverlo. 1125
OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
Lo where he comes!
CASSIO
Enter Othello and attendants OTHELLO (to Desdemona)
O my fair warrior! My dear Othello.
DESDEMONA OTHELLO
It gives me wonder great as my content To see you here before me. O my soul’s joy, If after every tempest come such calms, May the winds blow till they have wakened death, And let the labouring barque climb hills of seas Olympus-high, and duck again as low As hell’s from heaven. If it were now to die ’Twere now to be most happy, for I fear My soul hath her content so absolute That not another comfort like to this Succeeds in unknown fate. DESDEMONA The heavens forbid But that our loves and comforts should increase Even as our days do grow. OTHELLO Amen to that, sweet powers! I cannot speak enough of this content. It stops me here, it is too much of joy. And this, (they kiss) and this, the greatest discords be That e’er our hearts shall make. IAGO (aside) O, you are well tuned now, But I’ll set down the pegs that make this music, As honest as I am. OTHELLO Come, let us to the castle. News, friends: our wars are done, the Turks are drowned. How does my old acquaintance of this isle? – Honey, you shall be well desired in Cyprus, I have found great love amongst them. O my sweet, I prattle out of fashion, and I dote
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OTELLO, ATTO II SCENA 1
CASSIO
Eccolo che arriva! Entrano Otello e attendenti OTELLO (a Desdemona)
Oh, mia bella guerriera! DESDEMONA
Amato Otello! OTELLO
La mia meraviglia è grande quanto la felicità al vederti giunta qui prima di me. Gioia dell’anima mia! Se dopo ogni tempesta scende una calma così, soffino pure i venti fino a svegliare la morte, e la mia barca scali faticando montagne d’acqua alte come l’Olimpo, per poi precipitare giù in basso quanto l’inferno è distante dal cielo. Se dovessi morire36 adesso, sarebbe una morte colma di letizia, perché temo che la mia anima stia godendo una gioia così assoluta, che un’altra consolazione pari a questa l’ignoto destino non le possa riservare. DESDEMONA
Non voglia il cielo che il nostro amore e la nostra consolazione facciano altro che crescere col trascorrere dei giorni. OTELLO
Così sia, dèi benigni! Ma di questa gioia non riesco a dire, le parole mi fanno nodo alla gola, è la troppa felicità. Questo (si baciano), e questo, e questo, siano le più grandi dissonanze possibili tra i nostri cuori. IAGO (a parte) Ora siete sintonizzati, ma ci penserò io ad allentare le corde che formano questa armonia, parola di uomo onesto. OTELLO
Venite, andiamo al castello. Buone notizie, amici: la guerra è finita, i turchi sono in fondo al mare. Come stanno le mie vecchie conoscenze di quest’isola? – Tesoro, a Cipro ti vorranno bene, tra questa gente ho sempre trovato grande affetto. Oh, mia cara, sto cicalando senza senso, e vaneggio nella mia consolazione. – Ti prego,
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
In mine own comforts. I prithee, good Iago, Go to the bay and disembark my coffers. Bring thou the master to the citadel. He is a good one, and his worthiness Does challenge much respect. Come, Desdemona. – Once more, well met at Cyprus!
210
Exeunt Othello and Desdemona with all but Iago and Roderigo IAGO (to an attendant as he goes out) Do thou meet me
presently at the harbour. (To Roderigo) Come hither. If thou beest valiant – as they say base men being in love have then a nobility in their natures more than is native to them – list me. The lieutenant tonight watches on the court of guard. First, I must tell thee this: Desdemona is directly in love with him. RODERIGO With him? Why, ’tis not possible! IAGO Lay thy finger thus, and let thy soul be instructed. Mark me with what violence she first loved the Moor, but for bragging and telling her fantastical lies. To love him still for prating? – let not thy discreet heart think it. Her eye must be fed, and what delight shall she have to look on the devil? When the blood is made dull with the act of sport, there should be again to inflame it, and to give satiety a fresh appetite, loveliness in favour, sympathy in years, manners, and beauties, all which the Moor is defective in. Now, for want of these required conveniences, her delicate tenderness will find itself abused, begin to heave the gorge, disrelish and abhor the Moor. Very nature will instruct her in it and compel her to some second choice. Now, sir, this granted – as it is a most pregnant and unforced position – who stands so eminent in the degree of this fortune as Cassio does? – a knave very voluble, no
214. Hither: così in Q; in F thither = “lì” (moto a). 219. Must: così in F; in Q will. 1128
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OTELLO, ATTO II SCENA 1
mio buon Iago, vai al porto e fai sbarcare i miei bauli; accompagna il capitano alla cittadella; è bravo, e merita ogni riguardo. – Vieni, Desdemona! E ancora una volta, benedetto il nostro incontro a Cipro. Escono Otello e Desdemona seguiti da tutti tranne Iago e Roderigo IAGO (a un attendente che esce)
Con te ci vediamo tra poco al porto. (A Roderigo) Tu vieni qui37. Se hai fegato – come dicono, anche gli uomini vili se innamorati trovano nella loro natura una nobiltà superiore a quella con cui sono nati – ascoltami. Stanotte il luogotenente vigila sul corpo di guardia. Ma prima ho da dirti una cosa: Desdemona si è prontamente innamorata di lui. RODERIGO
Di lui? Ma è impossibile. IAGO
Metti qui il dito38, e aguzza l’intelletto. Ora ti spiego. Tu hai visto con quale violenza si è innamorata del Moro, solo per quelle sue fanfaronate e fantasiose bugie; credi che le chiacchiere alimenteranno il suo amore in eterno? Mettiti l’animuccia in pace. Anche l’occhio vuole la sua parte, e che gusto vuoi che provi lei, a guardare sempre il demonio? Quando il sangue è appesantito dall’atto del piacere, per riaccenderlo e dare nuovo appetito alla sazietà occorrono aspetto gradevole, parità d’anni, belle maniere, tutte cose di cui il Moro è assai carente. Ora, non trovando le necessarie attrattive, il fragile affetto di lei si sentirà deluso, comincerà a provare nausea e a detestare il Moro. La natura stessa le insegnerà tutto questo, costringendola a una scelta alternativa. Assodato ciò, signor mio, in quanto dato di fatto inoppugnabile, chi ha nel gioco carte migliori di Cassio? Un furfantello assai volubile, la cui coscienza arriva al
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
further conscionable than in putting on the mere form of civil and humane seeming for the better compass of his salt and most hidden loose affection. Why, none; why, none – a slipper and subtle knave, a finder of occasion, that has an eye can stamp and counterfeit advantages, though true advantage never present itself, a devilish knave! Besides, the knave is handsome, young, and hath all those requisites in him that folly and green minds look after. A pestilent complete knave, and the woman hath found him already. RODERIGO I cannot believe that in her. She’s full of most blessed condition. IAGO Blessed fig’s end! The wine she drinks is made of grapes. If she had been blessed, she would never have loved the Moor. Blessed pudding! Didst thou not see her paddle with the palm of his hand? Didst not mark that? RODERIGO Yes, that I did, but that was but courtesy. IAGO Lechery, by this hand; an index and obscure prologue to the history of lust and foul thoughts. They met so near with their lips that their breaths embraced together. Villainous thoughts, Roderigo! When these mutualities so marshal the way, hard at hand comes the master and main exercise, th’incorporate conclusion. Pish! But, sir, be you ruled by me. I have brought you from Venice. Watch you tonight. For the command, I’ll lay’t upon you. Cassio knows you not; I’ll not be far from you. Do you find some occasion to anger Cassio, either by speaking too loud, or tainting his discipline, or from what other course you please, which the time shall more favourably minister. RODERIGO Well.
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228. There should be again: così in Q, in F there should be a game = “sarebbe un gioco [riaccenderlo]”. 229. Appetite, loveliness: emend. tardo; in Q appetite. Love lines; in F appetite. Loveliness. 261. Mutualities: così in Q; in F mutabilities = “mutevolezze”, “volubilità”. 1130
OTELLO, ATTO II SCENA 1
massimo a fargli assumere una parvenza esterna di contegno civile e cortese, per coprire meglio le sue nascoste passioni lascive; un furbastro viscido e sfuggente, un cacciatore di occasioni, un falsario che imita tutte le qualità senza possederne una sola. E per giunta, il furfantello è belloccio, giovane, e ha tutti quei requisiti che possono far colpo su una fanciulla inesperta e avventata. Un furfantello fatto e finito, e lei gli ha già messo gli occhi addosso. RODERIGO
Non posso crederlo, una timorata come lei. IAGO
Timorata un corno! Il vino che beve è fatto con l’uva. Se fosse stata timorata, non si sarebbe innamorata del Moro. Timorata, proprio! Non l’hai vista quando gli palpava il palmo della mano? Lo hai notato, sì o no? RODERIGO
Sì, ma era solo un gesto di cortesia. IAGO
Libidine, dai retta a me. Indice e prologo di una storia di fantasie lubriche e lussuriose. Stavano così vicini con le bocche, che i loro fiati si abbracciavano. Pensieri illeciti, Roderigo! Quando queste reciprocità39 fanno da battistrada, il risultato arriva presto, voglio dire la conclusione carnale. Signore mio, lasciati servire. Sono io che ti ho portato fin qui da Venezia. Monta di guardia stanotte, a dartene l’incarico ci penserò io. Cassio non ti conosce, io ti starò vicino. Troverai il modo di irritare Cassio, o alzando la voce, o mancando alla disciplina, o con qualsiasi altro pretesto vorrai; il tempo volgerà la cosa a nostro favore. RODERIGO
Be’…
1131
OTHELLO, ACT 2 SCENE 1
IAGO Sir, he’s rash and very sudden in choler, and haply
may strike at you. Provoke him that he may, for even out of that will I cause these of Cyprus to mutiny, whose qualification shall come into no true taste again but by the displanting of Cassio. So shall you have a shorter journey to your desires by the means I shall then have to prefer them, and the impediment most profitably removed, without the which there were no expectation of our prosperity. RODERIGO I will do this, if you can bring it to any opportunity. IAGO I warrant thee. Meet me by and by at the citadel. I must fetch his necessaries ashore. Farewell. RODERIGO Adieu. Exit
279
IAGO
That Cassio loves her, I do well believe it. That she loves him, ’tis apt and of great credit. The Moor – howbe’t that I endure him not – Is of a constant, loving, noble nature, And I dare think he’ll prove to Desdemona A most dear husband. Now I do love her too, Not out of absolute lust – though peradventure I stand accountant for as great a sin – But partly led to diet my revenge For that I do suspect the lusty Moor Hath leapt into my seat, the thought whereof Doth, like a poisonous mineral, gnaw my inwards; And nothing can or shall content my soul Till I am evened with him, wife for wife – Or failing so, yet that I put the Moor At least into a jealousy so strong That judgement cannot cure, which thing to do, If this poor trash of Venice whom I trace For his quick hunting stand the putting on,
285
290
295
300
302. Trace = “pedinare, rincorrere”: così in F; in Q crush, seguito nella traduzione. 1132
OTELLO, ATTO II SCENA 1
IAGO
Quello è un impulsivo, sempre pronto alla collera, e c’è il caso che ti colpisca con la sua mazza; provocalo a farlo, perché proprio da questo io otterrò che questa gente di Cipro si ribelli, e la conseguenza non comporterà niente di meno che la destituzione di Cassio. Così avrai una scorciatoia per i tuoi desideri grazie ai mezzi che allora io avrò per assecondarli, e avremo assai fruttuosamente rimosso l’ostacolo perdurando il quale non vi sarebbero per noi prospettive di prosperità. RODERIGO
Farò quanto dici, se riesci a farmi avere così qualche occasione. IAGO
Garantisco io, troviamoci più tardi alla cittadella, ora devo sbarcare i suoi bagagli. Ti saluto. RODERIGO
Addio. Esce IAGO
Che Cassio l’ami, sono disposto a crederlo; che lei ami Cassio è concepibile, anzi, verosimile. Il Moro, per quanto io non possa soffrirlo, ha un carattere costante, nobile e affettuoso, e oserei dire che per Desdemona potrebbe dimostrarsi un marito eccellente. Adesso la amo anch’io…. Non solamente per motivi di lussuria (anche se forse potrei accusarmi di un peccato simile), ma in parte l’amo per desiderio di vendetta, perché sospetto che l’ingordo Moro sia balzato sulla mia sella, e questo pensiero sempre come un liquido corrosivo mi divora le viscere, e non mi metterò l’anima in pace finché non saremo pari, moglie per moglie. O perlomeno voglio suscitare nel Moro tormenti di gelosia così forti da non potersi curare con il senno. A tale scopo, se questo sciagurato di Venezia che io affardello40 per rallentarne la caccia riesce a eseguire i suoi compiti,
1133
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
I’ll have our Michael Cassio on the hip, Abuse him to the Moor in the rank garb – For I fear Cassio with my nightcap, too – Make the Moor thank me, love me, and reward me For making him egregiously an ass, And practising upon his peace and quiet Even to madness. ’Tis here, but yet confused. Knavery’s plain face is never seen till used. Exit
305
310
Enter Othello’s Herald reading a proclamation
2.2
HERALD It is Othello’s pleasure – our noble and valiant
general – that, upon certain tidings now arrived importing the mere perdition of the Turkish fleet, every man put himself into triumph: some to dance, some to make bonfires, each man to what sport and revels his addiction leads him; for besides these beneficial news, it is the celebration of his nuptial. So much was his pleasure should be proclaimed. All offices are open, and there is full liberty of feasting from this present hour of five till the bell have told eleven. Heaven bless the isle of Cyprus and our noble general, Othello! Exit Enter Othello, Desdemona, Cassio, and attendants
2.3
OTHELLO
Good Michael, look you to the guard tonight. Let’s teach ourselves that honourable stop Not to outsport discretion. CASSIO
Iago hath direction what to do, But notwithstanding, with my personal eye Will I look to’t.
5
305. In the rank garb: così in Q; in F in the right garb = “al modo giusto”. 6. Addiction: così in Q2; in Q1 mind = “propensione”; in F addition. 1134
OTELLO, ATTO II SCENA 3
metterò Cassio con le spalle al muro. Lo calunnierò col Moro senza possibilità di rimedio41 (perché ho paura di Cassio anche quando dormo42); così il Moro dovrà ringraziarmi, amarmi e compensarmi per averlo trasformato in un solenne somaro, inquinandogli la pace e la tranquillità fino a farlo impazzire. L’idea c’è, ma ancora in embrione; il volto del male si vede solo in azione. Esce Entra l’Araldo di Otello leggendo un proclama43
II, 2
ARALDO
È desiderio di Otello, nostro nobile e prode generale, che date le notizie sicure giunte testé e comportanti la totale distruzione della flotta turca, ciascuno si metta in stato di festa, e si eseguano danze e fuochi di gioia, e ci si dedichi a svaghi e diporti secondo inclinazione, poiché oltre a questa fausta novella si celebrano le nozze del generale. – Tanto era sua volontà che fosse proclamato. Tutte le dispense sono aperte, e c’è piena libertà da questa ora delle cinque fino a quando la campana non avrà battuto le undici. Il cielo benedica l’isola di Cipro, e il nostro nobile generale Otello! Esce Entrano Otello, Desdemona, Cassio, e attendenti44
II, 3
OTELLO
Caro Michele, bada tu stesso alla guardia questa notte; e imponiamoci quei limiti onorevoli che non trascendono la discrezione. CASSIO
Iago ha le disposizioni sul da farsi: ma a maggior misura controllerò anch’io con i miei occhi.
1135
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
Iago is most honest. Michael, good night. Tomorrow with your earliest Let me have speech with you. (To Desdemona) Come, my dear love, The purchase made, the fruits are to ensue. That profit’s yet to come ’tween me and you. (To Cassio) Good night.
OTHELLO
10
Exeunt Othello, Desdemona, and attendants Enter Iago CASSIO
Welcome, Iago. We must to the watch. IAGO Not this hour, lieutenant; ’tis not yet ten o’th’ clock. Our general cast us thus early for the love of his Desdemona, who let us not therefore blame. He hath not yet made wanton the night with her, and she is sport for Jove. CASSIO She’s a most exquisite lady. IAGO And I’ll warrant her full of game. CASSIO Indeed, she’s a most fresh and delicate creature. IAGO What an eye she has! Methinks it sounds a parley to provocation. CASSIO An inviting eye, and yet, methinks, right modest. IAGO And when she speaks, is it not an alarum to love? CASSIO She is indeed perfection. IAGO Well, happiness to their sheets. Come, lieutenant. I have a stoup of wine, and here without are a brace of Cyprus gallants that would fain have a measure to the health of black Othello. CASSIO Not tonight, good Iago. I have very poor and unhappy brains for drinking. I could well wish courtesy would invent some other custom of entertainment.
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19
25
32
OTELLO, ATTO II SCENA 3
OTELLO
Iago è più che onesto. Buonanotte, Michele. Domani appena alzato voglio parlarti. (A Desdemona) Vieni, amore mio. Imperfetto è l’acquisto, e sai perché? Manca ancora il profitto tra me e te. (A Cassio) Buonanotte. Escono Otello, Desdemona, e gli attendenti Entra Iago CASSIO
Benvenuto, Iago. Dobbiamo montare la guardia. IAGO
Non ancora, luogotenente, non sono ancora le dieci. Il generale ci ha licenziati presto per amore della sua Desdemona, e in questo non possiamo biasimarlo. Non ha ancora goduto una notte d’amore con lei, che è un bocconcino degno di Giove. CASSIO
È una dama squisitissima. IAGO
E ve lo dico io, piena di fuoco. CASSIO
Davvero una creatura fresca e delicata. IAGO
E con due occhi! Tutti un invito alla provocazione. CASSIO
Occhi seducenti, e tuttavia al tempo stesso li direi pudichi. IAGO
E quando parla, non sembra un richiamo d’amore? CASSIO
È la perfezione incarnata. IAGO
Be’, gioia alle loro lenzuola! …Venite, luogotenente. Ho un boccale di vino, e qui fuori ci sono un paio di galanti di Cipro che vorrebbero brindare alla salute del nero Otello. CASSIO
Stasera no, caro Iago. Ho una testa poco salda per il vino. Vorrei tanto che la creanza inventasse passatempi di altro genere.
1137
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
IAGO O, they are our friends! But one cup. I’ll drink for
you. CASSIO I ha’ drunk but one cup tonight, and that was craftily qualified, too, and behold what innovation it makes here! I am infortunate in the infirmity, and dare not task my weakness with any more. IAGO What, man, ’tis a night of revels, the gallants desire it! CASSIO Where are they?
40
IAGO
Here at the door. I pray you call them in. CASSIO I’ll do’t, but it dislikes me.
Exit
IAGO
If I can fasten but one cup upon him, With that which he hath drunk tonight already He’ll be as full of quarrel and offence As my young mistress’ dog. Now my sick fool Roderigo, Whom love hath turned almost the wrong side out, To Desdemona hath tonight caroused Potations pottle-deep, and he’s to watch. Three else of Cyprus – noble swelling spirits That hold their honours in a wary distance, The very elements of this warlike isle – Have I tonight flustered with flowing cups, And they watch too. Now ‘mongst this flock of drunkards Am I to put our Cassio in some action That may offend the isle. Enter Montano, Cassio, Gentlemen, [and servants] with wine But here they come. If consequence do but approve my dream, My boat sails freely both with wind and stream.
1138
45
50
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
IAGO
Ma sono amici… un bicchiere solo! Lo berrò io per voi. CASSIO
Ho già bevuto solo un bicchiere stasera, e annacquato per giunta: eppure guarda come mi ha ridotto. Ho la disgrazia di questa infermità, e non ho il coraggio di sfidare oltre la mia debolezza. IAGO
Ma andiamo, è una notte di baldoria. Gli amici lo esigono. CASSIO
Dove sono? IAGO
Qui, sulla porta. Vi prego, ditegli di entrare. CASSIO
D’accordo, ma lo faccio malvolentieri. Esce IAGO
Se riesco a mettergli in corpo anche solo un altro bicchiere in aggiunta a quello che stasera ha già bevuto, diventerà aggressivo e insolente come quei cagnolini da salotto… C’è poi quel rammollito di Roderigo cui l’amore ha ribaltato il cervello. Stasera ha brindato a Desdemona dando fondo alla botte, e ora monta la guardia. Tre giovani di Cipro, nobili spiriti bollenti che hanno sempre l’onore sulla punta della spada, tipici di questa isola bellicosa, li ho infiammati a forza di calici pieni, e sono di guardia anche loro. Ora, in questo branco di avvinazzati provocherò Cassio a qualche atto così dissennato da mettere in subbuglio tutta l’isola. Entrano Montano, Cassio, Gentiluomini [e servi] con del vino Ma eccoli che arrivano; se buona sorte il sogno mio asseconda, questo battello volerà sull’onda.
1139
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
CASSIO
Fore God, they have given me a rouse already.
60
MONTANO
Good faith, a little one; not past a pint, As I am a soldier. IAGO Some wine, ho! (Sings) And let me the cannikin clink, clink, And let me the cannikin clink. A soldier’s a man, O, man’s life’s but a span, Why then, let a soldier drink. Some wine, boys! CASSIO Fore God, an excellent song. IAGO I learned it in England, where indeed they are most potent in potting. Your Dane, your German, and your swag-bellied Hollander – drink, ho! – are nothing to your English. CASSIO Is your Englishman so exquisite in his drinking? IAGO Why, he drinks you with facility your Dane dead drunk. He sweats not to overthrow your Almain. He gives your Hollander a vomit ere the next pottle can be filled. CASSIO To the health of our general! MONTANO I am for it, lieutenant, and I’ll do you justice. IAGO O sweet England! (Sings) King Stephen was and a worthy peer, His breeches cost him but a crown; He held them sixpence all too dear, With that he called the tailor lown.
65
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60 e 69. God: così in Q, in F heaven, esso stesso più volte espunto per la proibizione di cui alla nota a I, 1, 4. 1140
OTELLO, ATTO II SCENA 3
CASSIO
Dio buono, mi hanno già fatto mandar giù un boccale! MONTANO
Diciamo la verità, era solo un bicchierino, meno di una pinta. Parola di soldato. IAGO
Del vino, oh! (Canta) Facciam tintinnare il bicchier, Facciam tintinnare il bicchier! La vita è una spanna, Ma il soldato tracanna. Facciam tintinnare il bicchier! Del vino, ragazzi! CASSIO
Bella canzoncina, perdio. IAGO
La imparai in Inghilterra. Laggiù sì che bevono! Danesi, tedeschi, o quei pancioni degli olandesi – su, bevete! – davanti agli inglesi sono zero. CASSIO
Sono così gran bevitori, gli inglesi? IAGO
Altroché. Sotterrano i danesi. Annientano i tedeschi senza nemmeno sudare. I poveri olandesi già vomitano, e loro si sono fatti riempire il boccale un’altra volta… CASSIO
Alla salute del nostro generale! MONTANO
Mi associo a voi, luogotenente: faccio onore al vostro invito. IAGO
O dolce Inghilterra! (Canta) Re Stefano era un sire senza pari: Gli chiesero uno scudo pei calzoni. “Sei soldi,” disse lui, “son troppo cari”, E processò quel sarto tra i felloni… 1141
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
He was a wight of high renown, And thou art but of low degree. ’Tis pride that pulls the country down, Then take thy auld cloak about thee. Some wine, ho! CASSIO Fore God, this is a more exquisite song than the other. IAGO Will you hear’t again? CASSIO No, for I hold him to be unworthy of his place that does those things. Well, God’s above all, and there be souls must be saved, and there be souls must not be saved. IAGO It’s true, good lieutenant. CASSIO For mine own part – no offence to the general, nor any man of quality – I hope to be saved. IAGO And so do I too, lieutenant. CASSIO Ay, but, by your leave, not before me. The lieutenant is to be saved before the ensign. Let’s ha’ no more of this. Let’s to our affairs. God forgive us our sins. Gentlemen, let’s look to our business. Do not think, gentlemen, I am drunk. This is my ensign, this is my right hand, and this is my left. I am not drunk now. I can stand well enough, and I speak well enough. GENTLEMEN Excellent well. CASSIO Why, very well then. You must not think then that I am drunk. Exit MONTANO
To th’ platform, masters. Come, let’s set the watch. Exeunt Gentlemen
89. Then: così in Q; in F and. 104. God forgive: così in Q; in F forgive. 1142
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
Re Stefano occupava un alto soglio Mentre tu sei soltanto un poverello; Abbiamo tutti quanti troppo orgoglio, Contentati del tuo vecchio mantello. Ehi, del vino! CASSIO
Cribbio, questa canzone mi piace ancora più dell’altra. IAGO
Volete il bis? CASSIO
No; chi fa queste cose lo considero indegno del suo rango. Be’, Dio è sopra tutti noi. Ci sono anime che debbono essere salvate, e ci sono anime che non debbono essere salvate45. IAGO
Questo è vero, caro luogotenente. CASSIO
Per parte mia, senza offesa per il generale né per alcun uomo di qualità, io spero di essere salvato. IAGO
Lo spero anch’io, luogotenente. CASSIO
Sì, ma se permetti, non prima di me. Il luogotenente deve salvarsi prima dell’alfiere. Ora però basta, al lavoro, Dio ci perdoni i nostri peccati! Signori, torniamo alle nostre faccende. Non crediate, signori, che io sia ubriaco. Questo è il mio alfiere, questa è la mia mano destra e questa la sinistra. Non sono ubriaco, mi reggo bene in piedi, e parlo come si deve. GENTILUOMINI
Ma certo. CASSIO
Ecco, benissimo. Non mettevi in testa che io sia ubriaco. Esce MONTANO
Amici, ai bastioni. Venite, disponiamo la guardia. Escono i Gentiluomini
1143
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
IAGO
You see this fellow that is gone before – He’s a soldier fit to stand by Caesar And give direction; and do but see his vice. ’Tis to his virtue a just equinox, The one as long as th’other. ’Tis pity of him. I fear the trust Othello puts him in, On some odd time of his infirmity, Will shake this island. MONTANO But is he often thus?
115
120
IAGO
’Tis evermore his prologue to his sleep. He’ll watch the horologe a double set If drink rock not his cradle. MONTANO It were well The general were put in mind of it. Perhaps he sees it not, or his good nature Prizes the virtue that appears in Cassio, And looks not on his evils. Is not this true?
125
Enter Roderigo IAGO [aside] How now, Roderigo!
I pray you after the lieutenant, go.
Exit Roderigo
MONTANO
And ’tis great pity that the noble Moor Should hazard such a place as his own second With one of an engraffed infirmity. It were an honest action to say so To the Moor. IAGO Not I, for this fair island! I do love Cassio well, and would do much To cure him of this evil. VOICES (within) Help, help! IAGO But hark, what noise? Enter Cassio, driving in Roderigo 137. VOICES… help!: in Q, non in F. 1144
130
135
OTELLO, ATTO II SCENA 3
IAGO
Avete visto quel tipo uscito ora? È un soldato degno di stare accanto a Cesare, nato per il comando; ma guardate il suo vizio! È l’equinozio preciso della sua virtù, lungo quanto lei. Peccato! Temo che la fiducia che Otello gli concede in qualche accesso della sua infermità finirà per turbare questa isola. MONTANO
Ma gli capita spesso? IAGO
È sempre più il preludio del suo sonno. Guarderebbe l’orologio fare il giro completo anche due volte se il vino non gli dondolasse la culla. MONTANO
Sarebbe bene che il generale ne fosse informato. Forse non se ne rende conto, o la sua buona indole apprezza le virtù manifeste di Cassio senza scorgerne i difetti. Non è così? Entra Roderigo IAGO [a parte]
Ehi, Roderigo! Mi raccomando ora, segui il luogotenente, vai! Roderigo esce MONTANO
È un gran peccato che il nobile Moro abbia arrischiato una carica importante come quella di suo secondo su uno con un simile vizio congenito. Compirebbe un’azione onesta chi ne avvisasse il Moro. IAGO
Io no, neanche per questa bella isola! Io voglio bene a Cassio, e farei di tutto per guarirlo da questo male. VOCI (da dentro)46 Aiuto, aiuto! IAGO
Avete sentito? Che rumore è questo? Entra Cassio, inseguendo Roderigo
1145
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
CASSIO ’Swounds, you rogue, you rascal! MONTANO What’s the matter, lieutenant?
140
CASSIO A knave teach me my duty? – I’ll beat the knave
into a twiggen bottle. RODERIGO Beat me? CASSIO Dost thou prate, rogue? MONTANO Nay, good lieutenant, I pray you, sir, hold your
hand.
146
CASSIO Let me go, sir, or I’ll knock you o’er the mazard. MONTANO Come, come, you’re drunk. CASSIO Drunk?
They fight IAGO (to Roderigo)
Away, I say. Go out and cry a mutiny. Exit Roderigo Nay, good lieutenant. God’s will, gentlemen! Help, ho! Lieutenant! Sir! Montano! Sir! Help, masters. Here’s a goodly watch indeed.
151
A bell rung Who’s that which rings the bell? Diablo, ho! The town will rise. God’s will, lieutenant, hold. You’ll be ashamed for ever.
155
Enter Othello and attendants, with weapons OTHELLO
What is the matter here?
MONTANO
’Swounds, I bleed still. I am hurt to th’ death. (Attacking Cassio) He dies.
139. ’Swounds, you: così in Q, in F you. V. nota a I, 1, 4. 151. God’s will: così in Q, in F Alas = “peccato” avv. (v. nota a I, 1, 4). 155. Hold: così in Q, non in F. 1146
OTELLO, ATTO II SCENA 3
CASSIO
Sangue di Cristo, farabutto, mascalzone! MONTANO
Che c’è, luogotenente? CASSIO
Il manigoldo mi insegna il mio dovere! Ma io a forza di botte lo ficco in una damigiana. RODERIGO
A me? CASSIO
Parli, farabutto? MONTANO
Luogotenente, da bravo, trattenetevi47! CASSIO
Lasciami stare, tu, o ti spacco la cocuzza! MONTANO
Calma, calma, siete ubriaco. CASSIO
Ubriaco io? Si battono IAGO (a Roderigo)
Fila, tu, esci fuori e grida “ribellione!” Roderigo esce Fermo, luogotenente. Per l’amor del cielo, signori! Aiuto! – Luogotenente – signore – Montano – signore… Aiuto, signori! Bel turno di guardia ci è toccato! Suona una campana Chi suona la campana? – Che diavolo! …Ehi, qui insorge tutta la città! Per l’amor del cielo, luogotenente, fermo, sarete disonorato per sempre! Entra Otello, con attendenti armati OTELLO
Che succede qui? MONTANO
Cribbio, sanguino. Sono ferito a morte. (Gettandosi su Cassio) Io lo ammazzo! 1147
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
OTHELLO Hold, for your lives! IAGO
Hold, ho, lieutenant, sir, Montano, gentlemen! Have you forgot all place of sense and duty? Hold, the general speaks to you. Hold, hold, for shame.
160
OTHELLO
Why, how now, ho? From whence ariseth this? Are we turned Turks, and to ourselves do that Which heaven hath forbid the Ottomites? For Christian shame, put by this barbarous brawl. He that stirs next to carve for his own rage Holds his soul light. He dies upon his motion. Silence that dreadful bell – it frights the isle From her propriety.
165
[Bell stops] What is the matter, masters? Honest Iago, that looks dead with grieving, Speak. Who began this? On thy love I charge thee.
170
IAGO
I do not know. Friends all but now, even now, In quarter and in terms like bride and groom Devesting them for bed; and then but now – As if some planet had unwitted men – Swords out, and tilting one at others’ breasts In opposition bloody. I cannot speak Any beginning to this peevish odds, And would in action glorious I had lost Those legs that brought me to a part of it.
175
180
OTHELLO
How comes it, Michael, you are thus forgot? CASSIO
I pray you pardon me. I cannot speak.
160. Place of sense: così in Q e F; in emend. tardo sense of place, seguito nella nostra traduzione. 1148
OTELLO, ATTO II SCENA 3
OTELLO
Fermi, se vi è cara la vita! IAGO
Fermi, fermi! Luogotenente – signore – Montano – signori… Avete dimenticato ogni senso del decoro, del dovere? Fermi, il generale vi sta parlando! Fermi, fermi! Vergogna! OTELLO
E allora, che c’è? Eh? Donde viene tutto questo? Siamo diventati turchi, e ci facciamo da soli quello che il cielo ha impedito agli ottomani? Se siete cristiani, vergognatevi e cessate questa barbara rissa! Il primo che si muove per sfogare il suo furore non si cura della sua anima: al primo gesto, muore. Fate tacere quella campana di malaugurio, metterà a soqquadro tutta l’isola. [La campana tace] Ma che succede, signori? Onesto Iago, tu che sembri morto dalla costernazione, parla. Chi ha cominciato? – Te l’ordino, in nome del tuo affetto. IAGO
Non lo so. Fino a poco fa, tutti amici; ancora adesso tutti d’amore e d’accordo, come marito e moglie che si spogliano per andare a letto. E tutt’a un tratto, quasi l’influsso di un pianeta li avesse fatti impazzire, spade sguainate, l’uno contro l’altro come a un torneo, in una lotta cruenta. Non saprei indicare alcuna origine a questo strano contrasto; maledette le gambe che mi ci hanno portato! Preferirei averle perse in un’impresa gloriosa. OTELLO
Michele, come hai potuto perdere il controllo così? CASSIO
Perdonatemi, vi prego; non riesco a parlare.
1149
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
OTHELLO
Worthy Montano, you were wont be civil. The gravity and stillness of your youth The world hath noted, and your name is great In mouths of wisest censure. What’s the matter, That you unlace your reputation thus, And spend your rich opinion for the name Of a night-brawler? Give me answer to it.
185
MONTANO
Worthy Othello, I am hurt to danger. Your officer Iago can inform you, While I spare speech – which something now offends me – Of all that I do know; nor know I aught By me that’s said or done amiss this night, Unless self-charity be sometimes a vice, And to defend ourselves it be a sin When violence assails us. OTHELLO Now, by heaven, My blood begins my safer guides to rule, And passion, having my best judgement collied, Essays to lead the way. ’Swounds, if I stir, Or do but lift this arm, the best of you Shall sink in my rebuke. Give me to know How this foul rout began, who set it on, And he that is approved in this offence, Though he had twinned with me, both at a birth, Shall lose me. What, in a town of war Yet wild, the people’s hearts brimful of fear, To manage private and domestic quarrel In night, and on the court and guard of safety! ’Tis monstrous. Iago, who began’t?
190
195
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210
183. Be: così in Q; in F to be. 200. ’Swounds, if I: così in Q; in F if I once = “se una volta io” (v. nota a I, 1, 4). 1150
OTELLO, ATTO II SCENA 3
OTELLO
Degno Montano, tu sempre tanto cortese! Così stimato dal mondo per la gravità e la saggezza nonostante la tua gioventù! Il tuo nome è cospicuo in bocca ai giudici più severi. Che è successo, per indurti a spogliarti così della tua reputazione e a scambiare la stima di cui godi con la nomea di bullo da osteria? Dammi una risposta. MONTANO
Prode Otello, io sono gravemente ferito, il tuo ufficiale Iago può informarti – mentre io risparmio il fiato, che ora come ora mi affatica – di tutto quello che so; né mi risulta niente di male ch’io abbia detto o fatto questa notte, a meno che sia colpa aver pietà di se stessi, e peccato difendersi quando la violenza ci assale. OTELLO
Ora, per il cielo, il sangue comincia a dominare il mio autocontrollo, e il furore, avendo ottenebrato la mia ragione più serena, tenta di mettersi alla guida. Per Cristo, se mi muovo, se appena alzo il braccio, i migliori tra voi saranno travolti dal mio sdegno. Fatemi sapere com’è iniziata questa immonda gazzarra, chi l’ha provocata, e il responsabile della trasgressione, fosse pure il mio gemello naturale, mi perderà. Ma come? In una città in guerra, ancora agitata, coi cuori del popolo traboccanti di paura, mettersi a ingaggiare liti private e domestiche di notte, nel recinto stesso del corpo di guardia? È mostruoso! Iago, chi ha cominciato?
1151
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
MONTANO (to Iago)
If partially affined or leagued in office Thou dost deliver more or less than truth, Thou art no soldier. IAGO Touch me not so near. I had rather ha’ this tongue cut from my mouth Than it should do offence to Michael Cassio. Yet I persuade myself to speak the truth Shall nothing wrong him. This it is, general. Montano and myself being in speech, There comes a fellow crying out for help, And Cassio following him with determined sword To execute upon him. Sir, this gentleman Steps in to Cassio, and entreats his pause. Myself the crying fellow did pursue, Lest by his clamour, as it so fell out, The town might fall in fright. He, swift of foot, Outran my purpose, and I returned, the rather For that I heard the clink and fall of swords And Cassio high in oath, which till tonight I ne’er might say before. When I came back – For this was brief – I found them close together At blow and thrust, even as again they were When you yourself did part them. More of this matter cannot I report, But men are men. The best sometimes forget. Though Cassio did some little wrong to him, As men in rage strike those that wish them best, Yet surely Cassio, I believe, received From him that fled some strange indignity Which patience could not pass. OTHELLO I know, Iago, Thy honesty and love doth mince this matter, Making it light to Cassio. Cassio, I love thee, But never more be officer of mine.
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
MONTANO (a Iago)
Se per parzialità o spirito di corpo riferisci di più o di meno di quanto sia vero, non sei un soldato. IAGO
Non mi tormentate così. Vorrei che mi fosse tagliata la lingua dalla bocca, prima di sentirla offendere Michele Cassio! Pure, sono convinto che raccontando la verità non gli farò alcun torto. È andata così, generale: Montano ed io stavamo conversando; e arriva di corsa un tale gridando aiuto, e Cassio che lo insegue con la spada in pugno e tutta l’aria di volerlo uccidere. Allora questo galantuomo si para davanti a Cassio, e tenta di fermarlo. Dal canto mio, io ho inseguito quello che gridava, per evitare che coi suoi urli, come poi è accaduto, si spargesse il panico in città. Quello, svelto di gambe, mi distanzia e sparisce; e io preferisco rientrare, avendo sentito il cozzo e il tintinnio delle spade, e Cassio imprecare, come mai prima d’ora mi risulta abbia fatto. Tornando dunque (ero stato via poco), li ho trovati ai ferri corti, a vibrare colpi e a pararli come facevano ancora quando voi stesso li avete separati. Altro di questa storia non so riferire. Gli uomini sono uomini, persino i migliori a volte si lasciano andare; anche se Cassio ha fatto un po’ male a Montano, come quando si perde la testa e si attacca qualcuno a cui si vuol bene, senza dubbio Cassio, credo, aveva ricevuto dall’uomo che è fuggito un grave affronto che nessuna pazienza avrebbe tollerato. OTELLO
Capisco, Iago, la tua onestà e il tuo affetto sminuzzano la questione, alleggerendola per Cassio. Cassio, io ti voglio bene, ma non sarai più mio ufficiale.
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
Enter Desdemona, attended Look if my gentle love be not raised up. I’ll make thee an example. DESDEMONA What is the matter, dear? OTHELLO All’s well now, sweeting. Come away to bed. (To Montano) Sir, for your hurts Myself will be your surgeon. (To attendants) Lead him off. Exeunt attendants with Montano Iago, look with care about the town, And silence those whom this vile brawl distracted. Come, Desdemona. ’Tis the soldier’s life To have their balmy slumbers waked with strife.
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Exeunt all but Iago and Cassio IAGO What, are you hurt, lieutenant? CASSIO Ay, past all surgery. IAGO Marry, God forbid.
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CASSIO Reputation, reputation, reputation – O, I ha’ lost
my reputation, I ha’ lost the immortal part of myself, and what remains is bestial! My reputation, Iago, my reputation. IAGO As I am an honest man, I thought you had received some bodily wound. There is more sense in that than in reputation. Reputation is an idle and most false imposition, oft got without merit and lost without deserving. You have lost no reputation at all unless you repute yourself such a loser. What, man, there are more ways to recover the general again. You are but now cast in his mood – a punishment more in policy than in malice, even so as one would beat his offenceless dog to affright an imperious lion. Sue to him again, and he’s yours.
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
Entra Desdemona, accompagnata Vedete! Anche la mia tenera sposa si è svegliata! Con te voglio dare un esempio. DESDEMONA
Che succede? OTELLO
Tutto è in ordine, amor mio. Torna a letto. (A Montano) Signore, la tua ferita la curerò io stesso. (Agli attendenti) Portatelo via. Escono gli attendenti con Montano Iago, perlustra con cura la città, e fai tacere coloro che questa indegna rissa ha spaventato. Vieni, Desdemona. È destino del soldato dal ristoro del sonno esser destato. Escono tutti tranne Iago e Cassio IAGO
Che c’è, siete ferito, luogotenente? CASSIO
Sì, e nessuno può curarmi. IAGO
Perdiana, che Dio non voglia! CASSIO
La reputazione, la reputazione, ho perso la mia reputazione! Ho perso la parte immortale di me stesso, signor mio, e quel che resta è bestiale. La mia reputazione, Iago, la mia reputazione! IAGO
Quant’è vero che sono un uomo onesto, credevo che foste stato ferito nel corpo, dove fa più danno che nella reputazione. La reputazione è una imposizione vana e molto falsa, spesso ottenuta senza merito, e persa senza colpa. Voi non avete perso nessuna reputazione, a meno che non siate voi stesso a decidere di averla persa. Coraggio, ci sono modi per riconquistare il generale! Adesso siete solo vittima del suo malumore, vi ha punito più per diplomazia che per farvi danno: come uno può bastonare il suo cane inoffensivo per intimidire un prepotente leone. Pregatelo un pochino, e sarà vostro.
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OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
CASSIO I will rather sue to be despised than to deceive so
good a commander with so slight, so drunken, and so indiscreet an officer. Drunk, and speak parrot, and squabble? Swagger, swear, and discourse fustian with one’s own shadow? O thou invisible spirit of wine, if thou hast no name to be known by, let us call thee devil. IAGO What was he that you followed with your sword? What had he done to you? CASSIO I know not. IAGO Is’t possible? CASSIO I remember a mass of things, but nothing distinctly; a quarrel, but nothing wherefore. O God, that men should put an enemy in their mouths to steal away their brains! That we should with joy, pleasance, revel, and applause transform ourselves into beasts! IAGO Why, but you are now well enough. How came you thus recovered? CASSIO It hath pleased the devil drunkenness to give place to the devil wrath. One unperfectness shows me another, to make me frankly despise myself. IAGO Come, you are too severe a moraller. As the time, the place, and the condition of this country stands, I could heartily wish this had not befallen; but since it is as it is, mend it for your own good. CASSIO I will ask him for my place again. He shall tell me I am a drunkard. Had I as many mouths as Hydra, such an answer would stop them all. To be now a sensible man, by and by a fool, and presently a beast! O, strange! Every inordinate cup is unblessed, and the ingredient is a devil.
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
CASSIO
Preferisco pregarlo di disprezzarmi, che deludere un così buon comandante con un ufficiale così leggero, ubriacone e scervellato. Ubriacarsi! Chiacchierare come un pappagallo! Attaccar briga! Bestemmiare! Fare lo spaccamontagne e offendersi con la propria ombra! Oh, invisibile spirito del vino, se tu non hai nome a cui rispondere, lascia che ti chiami demonio! IAGO
Chi era quello che inseguivate con la spada in pugno? Che vi aveva fatto? CASSIO
Non lo so. IAGO
Possibile? CASSIO
Mi rammento di una massa di cose, ma di niente con chiarezza; della lite, ma niente del motivo. Buon Dio, che gli uomini debbano versarsi in gola un nemico che poi gli ruba il cervello! Con che gioia, allegria, tripudio e applausi ci trasformiamo in bruti! IAGO
Ora però state abbastanza bene; come avete fatto a riprendervi così? CASSIO
Il diavolo ubriachezza si è compiaciuto di cedere il posto al diavolo ira; una imperfezione me ne mostra un’altra, per farmi sinceramente disprezzare me stesso. IAGO
Via, siete troppo severo come moralista. Date le circostanze, il luogo e la condizione del paese, vorrei di cuore che tutto questo non fosse accaduto. Ma poiché le cose ormai stanno così, aggiustatele, per il vostro bene. CASSIO
Quando gli richiederò il mio posto, risponderà che sono un ubriacone; e avessi tante bocche quante l’Idra, questa risposta me le tapperebbe tutte! Essere un uomo ragionevole, e poi di colpo uno sciocco, e subito dopo, una bestia! Ogni bicchiere di troppo è maledetto, e contiene essenze infernali. 1157
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
IAGO Come, come. Good wine is a good familiar creature,
if it be well used. Exclaim no more against it. And, good lieutenant, I think you think I love you. CASSIO I have well approved it, sir – I drunk? IAGO You or any man living may be drunk at a time, man. I’ll tell you what you shall do. Our general’s wife is now the general. I may say so in this respect, for that he hath devoted and given up himself to the contemplation, mark, and denotement of her parts and graces. Confess yourself freely to her. Importune her help to put you in your place again. She is of so free, so kind, so apt, so blessed a disposition, she holds it a vice in her goodness not to do more than she is requested. This broken joint between you and her husband entreat her to splinter, and, my fortunes against any lay worth naming, this crack of your love shall grow stronger than it was before. CASSIO You advise me well. IAGO I protest, in the sincerity of love and honest kindness. CASSIO I think it freely, and betimes in the morning I will beseech the virtuous Desdemona to undertake for me. I am desperate of my fortunes if they check me here. IAGO You are in the right. Good night, lieutenant. I must to the watch. CASSIO Good night, honest Iago. Exit
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IAGO
And what’s he then that says I play the villain, When this advice is free I give, and honest, Probal to thinking, and indeed the course To win the Moor again? For ’tis most easy Th’inclining Desdemona to subdue
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
IAGO
Via, via, il buon vino è un simpatico compagno, se usato bene. Non ve la prendete con lui. Mio buon luogotenente, credo sappiate che vi voglio bene. CASSIO
Ne ho avute molte prove… ubriaco, io! IAGO
A voi come a chiunque altro al mondo può capitare di ubriacarsi, una volta. Vi dirò cosa fare. …La moglie del nostro generale è adesso il vero generale. Nel senso che lui si è in tutto e per tutto dedicato alla contemplazione e adorazione delle virtù e grazie di lei. Non abbiate ritegno a confidarvi con quella donna, importunatela, e lei vi aiuterà a riottenere il vostro posto. Desdemona è così generosa, così umana, così affabile, così angelica di carattere, che le sembra di far poco se non fa molto di più di quanto le si chiede. Pregatela di comporre questo screzio tra voi e suo marito, e scommetto tutti i miei beni contro qualunque cosa che la frattura dei vostri affetti ne uscirà rinsaldata come non mai. CASSIO
Mi dai un buon consiglio. IAGO
Ne sono certo, con la sincerità dell’affetto e dell’onesta solidarietà. CASSIO
Lo credo senz’altro, e domani di buon’ora andrò a supplicare la virtuosa Desdemona che interceda per me. Non avrò più speranza nella mia fortuna, se sarò deluso a questo punto48. IAGO
Avreste ragione. Buonanotte, luogotenente. Io sono di ronda. CASSIO
Buonanotte, onesto Iago. Esce IAGO
Chi può dunque dire che mi comporto da furfante, quando i consigli che do sono generosi e onesti, conformi alla logica, e veramente tracciano la via per riconquistare il Moro? Poiché è facilissimo convincere la bendisposta Desdemona a qualunque impresa onesta. 1159
OTHELLO, ACT 2 SCENE 3
In any honest suit. She’s framed as fruitful As the free elements; and then for her To win the Moor, were’t to renounce his baptism, All seals and symbols of redeemèd sin, His soul is so enfettered to her love That she may make, unmake, do what she list, Even as her appetite shall play the god With his weak function. How am I then a villain, To counsel Cassio to this parallel course Directly to his good? Divinity of hell: When devils will the blackest sins put on, They do suggest at first with heavenly shows, As I do now; for whiles this honest fool Plies Desdemona to repair his fortune, And she for him pleads strongly to the Moor, I’ll pour this pestilence into his ear: That she repeals him for her body’s lust, And by how much she strives to do him good She shall undo her credit with the Moor. So will I turn her virtue into pitch, And out of her own goodness make the net That shall enmesh them all.
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Enter Roderigo How now, Roderigo? RODERIGO I do follow here in the chase, not like a hound that hunts, but one that fills up the cry. My money is almost spent, I ha’ been tonight exceedingly well cudgelled, and I think the issue will be I shall have so much experience for my pains: and so, with no money at all and a little more wit, return again to Venice. IAGO
How poor are they that ha’ not patience! What wound did ever heal but by degrees? Thou know’st we work by wit and not by witchcraft, And wit depends on dilatory time. Does’t not go well? Cassio hath beaten thee, 1160
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OTELLO, ATTO II SCENA 3
Per indole ella è munifica come i liberali elementi; e quindi può convincere il Moro fosse pure a rinnegare il suo battesimo, e tutti i sigilli e simboli del peccato redento; tanto l’anima di lui è incatenata al suo amore, che ella può fare, disfare e ottenere quello che vuole. L’appetito per lei domina come un tiranno i deboli istinti di lui. E dunque come posso essere un furfante, se consiglio a Cassio questa strada che fila dritta verso il suo bene? Divinità dell’inferno! Quando i diavoli vogliono indurre ai peccati più neri, sulle prime li propongono sotto gli aspetti più celestiali, come faccio io ora; e infatti mentre questo onesto scioccone pregherà Desdemona di riparare le sue sorti, ed ella sosterrà energicamente la sua causa presso il Moro, io verserò nell’orecchio di lui la velenosa insinuazione ch’ella lo voglia richiamato per appagare la propria lussuria. Ed ecco che più lei si sforzerà di fare il bene di Cassio, più nuocerà al proprio credito presso il Moro. Così trasformerò la sua virtù in tanta pece49, e con la sua stessa bontà tesserò la rete che li avvolgerà tutti. Entra Roderigo E allora, Roderigo? RODERIGO
Io a questa caccia partecipo non come un segugio che insegue, ma come quelli che stanno dietro a abbaiare. Il mio denaro è quasi finito; questa notte sono stato caricato di legnate; e credo che come conclusione avrò guadagnato solo tanta esperienza per i miei sforzi; e così con un poco più di cervello, e senza più nemmeno un soldo, ritornerò a Venezia. IAGO
Com’è povero chi è privo di pazienza! Quale ferita è mai guarita se non per gradi? Sai bene che lavoriamo con l’ingegno e non con la stregoneria, e che l’ingegno ha bisogno delle dilazioni del tempo. Non vanno bene le cose? Cassio ti ha picchiato, ma tu per quel-
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 1
And thou by that small hurt hast cashiered Cassio. Though other things grow fair against the sun, Yet fruits that blossom first will first be ripe. Content thyself a while. By the mass, ’tis morning. Pleasure and action make the hours seem short. Retire thee. Go where thou art billeted. Away, I say. Thou shalt know more hereafter. Nay, get thee gone. Exit Roderigo Two things are to be done. My wife must move for Cassio to her mistress. I’ll set her on. Myself a while to draw the Moor apart, And bring him jump when he may Cassio find Soliciting his wife. Ay, that’s the way. Dull not device by coldness and delay. Exit
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Enter Cassio with Musicians
3.1 CASSIO
Masters, play here – I will content your pains – Something that’s brief, and bid ‘Good morrow, general’. Music. Enter Clown CLOWN Why,
masters, ha’ your instruments been in Naples, that they speak i’th’ nose thus? MUSICIAN How, sir, how? CLOWN Are these, I pray you, wind instruments? MUSICIAN Ay, marry are they, sir. CLOWN O, thereby hangs a tail. MUSICIAN Whereby hangs a tale, sir? CLOWN Marry, sir, by many a wind instrument that I know. But masters, here’s money for you, and the general so likes your music that he desires you, for love’s sake, to make no more noise with it.
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368. By the mass: così in Q; in F in truth = “per la verità” (v. nota a I, 1, 4). 8-9. Tail … tale: in Q tail … tail; in F tale … tale [ambedue i testi eliminano il gioco osceno consentito dall’omofonia]. 1162
OTELLO, ATTO III SCENA 1
la sbucciatura hai fatto fuori Cassio; anche se altre cose crescono bene sotto il sole, pure i frutti che fioriscono per primi, per primi saranno maturi. Contentati, al momento. Per la messa, è mattina; col piacere e con l’azione, le ore sembrano corte. Ritirati… va’ dove ti hanno assegnato. Via, ti dico, che avrai presto altre notizie; forza, sparisci adesso! Roderigo esce Due cose bisogna fare. Mia moglie deve parlare di Cassio alla sua padrona, glielo dirò io… A me il compito di attirare il Moro da parte, e condurlo nel posto dove troverà Cassio in azione, a sollecitare sua moglie. Sì, la strada è questa. Bando agli indugi, o guasterei la festa. Esce Entra Cassio con musici50
III, 1 CASSIO
Maestri, suonate qui, vi ricompenserò per il disturbo. Una cosa breve, e poi dite “Buongiorno, generale.” Suonano. Entra il buffone BUFFONE
Ehi, maestri, i vostri strumenti sono raffreddati, che parlano così col naso51? MUSICO
Che vuoi dire? BUFFONE
Dico, sono strumenti ad aria questi qui? MUSICO
Sì, che diamine. BUFFONE
Ecco perché si danno tante arie. Per via del pendaglio52. MUSICO
Che pendaglio, signore? BUFFONE
Non hanno un pendaglio davanti? Non mi dite che non sono come tutti gli altri strumenti ad aria che conosco. Ma ecco del denaro per voi, maestri. Il generale apprezza tanto la vostra musica, che in nome del cielo vi prega di non farci altro rumore. 1163
OTHELLO, ACT 3 SCENE 1
MUSICIAN Well, sir, we will not. CLOWN If you have any music that may not be heard,
to’t again; but, as they say, to hear music the general does not greatly care. MUSICIAN We ha’ none such, sir. CLOWN Then put up your pipes in your bag, for I’ll away. Go, vanish into air, away. Exeunt Musicians CASSIO Dost thou hear, my honest friend? CLOWN No, I hear not your honest friend, I hear you. CASSIO Prithee, keep up thy quillets. There’s a poor piece of gold for thee. If the gentlewoman that attends the general’s wife be stirring, tell her there’s one Cassio entreats her a little favour of speech. Wilt thou do this? CLOWN She is stirring, sir. If she will stir hither, I shall seem to notify unto her.
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CASSIO
Do, good my friend.
Exit Clown
Enter Iago In happy time, Iago. IAGO
You ha’ not been abed, then. Why, no. The day had broke Before we parted. I ha’ made bold, Iago, To send in to your wife. My suit to her Is that she will to virtuous Desdemona Procure me some access.
CASSIO
29. CASSIO … friend: così in Q; non in F. 1164
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OTELLO, ATTO III SCENA 1
MUSICO
Va bene, signore, smettiamo. BUFFONE
Se avete della musica che non si sente, fate pure un bis, ma quanto a sentir musica, come si dice, il generale non ci tiene tanto. MUSICO
Musica muta? Non ne abbiamo, signore. BUFFONE
E allora rimettete le zampogne nel sacco, perché ho finito; sciò, svanite! I musici escono CASSIO
Ascolti, mio onesto amico? BUFFONE
Non ascolto il vostro onesto amico, ascolto voi. CASSIO
Basta con le tue facezie, ti prego, eccoti una monetina d’oro. Se la gentildonna che assiste la moglie del generale è alzata, dille che c’è un certo Cassio che chiede di parlarle un momento… mi fai questo favore? BUFFONE
È alzata, signore, e se vorrà venire fin qui, proverò a notificarglielo. CASSIO53
Ti prego, amico, da bravo. Il buffone esce Entra Iago Iago! Vieni a proposito. IAGO
Non siete neanche andato a letto, allora? CASSIO
Ma no, il giorno era spuntato prima che ci dividessimo. Ho preso la libertà, Iago, di mandare a chiamare tua moglie… la mia speranza è che interceda presso la virtuosa Desdemona per procurarmi un colloquio.
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 1
IAGO
I’ll send her to you presently, And I’ll devise a mean to draw the Moor Out of the way, that your converse and business May be more free. CASSIO I humbly thank you for’t. Exit Iago I never knew a Florentine more kind and honest.
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Enter Emilia EMILIA
Good morrow, good lieutenant. I am sorry For your displeasure, but all will sure be well. The general and his wife are talking of it, And she speaks for you stoutly. The Moor replies That he you hurt is of great fame in Cyprus, And great affinity, and that in wholesome wisdom He might not but refuse you. But he protests he loves you, And needs no other suitor but his likings To take the saf’st occasion by the front To bring you in again. CASSIO Yet I beseech you, If you think fit, or that it may be done, Give me advantage of some brief discourse With Desdemon alone. EMILIA Pray you come in. I will bestow you where you shall have time To speak your bosom freely. CASSIO I am much bound to you.
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Exeunt
48. To take the saf ’st occasion by the front: l’intero verso è in Q, non in F. 1166
OTELLO, ATTO III SCENA 1
IAGO
Ve la faccio venire subito, e troverò un pretesto per allontanare il Moro, così che il vostro conciliabolo e i vostri traffici possano avvenire con più agio. Esce Iago CASSIO
Ti ringrazio umilmente. Neanche un fiorentino ho mai visto più cortese e generoso54. Entra Emilia EMILIA
Buongiorno, caro luogotenente. Mi rincresce del vostro infortunio, ma tutto andrà presto a posto: il generale e sua moglie ne stanno parlando, e lei vi difende con ardore. Il Moro risponde che il ferito è molto noto qui a Cipro e ha parenti illustri, e che per ragioni di prudenza non poteva fare a meno di punirvi. Ma protesta che vi vuol bene e che senza altre raccomandazioni, il suo affetto coglierà la prima occasione disponibile55 per reintegrarvi. CASSIO
In ogni caso vi supplico, se lo credete fattibile e opportuno, ottenetemi la grazia di un breve abboccamento con Desdemona da sola. EMILIA
Vi prego, accomodatevi, farò in modo che abbiate ogni agio di comunicarle quanto vi sta a cuore. CASSIO
Ve ne sono molto obbligato. Escono
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
Enter Othello, Iago, and Gentlemen
3.2
OTHELLO
These letters give, Iago, to the pilot, And by him do my duties to the senate. That done, I will be walking on the works. Repair there to me. IAGO Well, my good lord, I’ll do’t.
Exit
OTHELLO
This fortification, gentlemen – shall we see’t? A GENTLEMAN We’ll wait upon your lordship.
5 Exeunt
Enter Desdemona, Cassio, and Emilia
3.3
DESDEMONA
Be thou assured, good Cassio, I will do All my abilities in thy behalf. EMILIA
Good madam, do. I warrant it grieves my husband As if the cause were his. DESDEMONA
O, that’s an honest fellow. Do not doubt, Cassio, But I will have my lord and you again As friendly as you were. CASSIO Bounteous madam, Whatever shall become of Michael Cassio He’s never anything but your true servant.
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DESDEMONA
I know’t. I thank you. You do love my lord. You have known him long, and be you well assured He shall in strangeness stand no farther off Than in a politic distance. CASSIO Ay, but, lady, That policy may either last so long, Or feed upon such nice and wat’rish diet, Or breed itself so out of circumstance,
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
Entrano Otello, Iago e gentiluomini56
III, 2
OTELLO
Queste lettere, Iago, dalle al pilota, e per suo tramite manda i miei omaggi al Senato. Quando hai fatto, io sono in giro sui bastioni, raggiungimi lì. IAGO
Bene, signor mio, sarà fatto. Esce OTELLO
Queste fortificazioni, signori, vogliamo visitarle? UN GENTILUOMO
Siamo agli ordini della vostra signoria. Escono Entrano Desdemona, Cassio e Emilia57
III, 3
DESDEMONA
State tranquillo, caro Cassio, voglio fare tutto quanto posso in vostro favore. EMILIA
Fatelo, signora, so che mio marito si addolora come se si trattasse di lui stesso. DESDEMONA
Oh, lui sì che è un onest’uomo. …Non dubitate, Cassio, vi rimetterò insieme, voi e il mio signore, amici come prima. CASSIO
Generosa signora, qualunque cosa gli accada, Michele Cassio rimarrà sempre il vostro servo più fedele. DESDEMONA
Lo so. Ve ne ringrazio. Voi amate il mio signore, e lo conoscete da tempo… Siate pure sicuro che l’allontanamento non durerà più di quanto esigerà la diplomazia. CASSIO
Sì, signora, ma questa diplomazia potrebbe protrarsi molto a lungo, o soddisfarsi di una dieta poco sostanziosa58, o dimenticare le stesse ragioni della sua esistenza. Non vorrei che in mia assenza,
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
That, I being absent and my place supplied, My general will forget my love and service. DESDEMONA
Do not doubt that. Before Emilia here I give thee warrant of thy place. Assure thee, If I do vow a friendship I’ll perform it To the last article. My lord shall never rest. I’ll watch him tame, and talk him out of patience. His bed shall seem a school, his board a shrift. I’ll intermingle everything he does With Cassio’s suit. Therefore be merry, Cassio, For thy solicitor shall rather die Than give thy cause away.
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Enter Othello and Iago EMILIA
Madam, here comes my lord.
CASSIO
Madam, I’ll take my leave. Why, stay, and hear me speak.
DESDEMONA CASSIO
Madam, not now. I am very ill at ease, Unfit for mine own purposes. DESDEMONA Well, do your discretion. IAGO Ha! I like not that. OTHELLO What dost thou say?
30 Exit Cassio
IAGO
Nothing, my lord. Or if, I know not what.
35
OTHELLO
Was not that Cassio parted from my wife? IAGO
Cassio, my lord? No, sure, I cannot think it, That he would steal away so guilty-like Seeing your coming. OTHELLO I do believe ’twas he.
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
col mio posto occupato da altri, il mio generale si scordasse del mio amore e dei miei servigi. DESDEMONA
Non abbiate timore: davanti a Emilia io qui vi garantisco che riavrete il vostro posto. Ve lo assicuro, quando faccio una promessa, io la mantengo fino all’ultimo punto. Il mio signore non avrà più requie. Lo addomesticherò59, gli parlerò fino a fargli perdere la pazienza; il suo letto diventerà una scuola, la tavola, un confessionale, mescolerò a tutto quello che fa la richiesta di Cassio. Perciò, Cassio, state allegro, il vostro avvocato preferisce morire che abbandonare la causa. Entrano Otello e Iago EMILIA
Signora, ecco il mio signore. CASSIO
Signora, vi lascio. DESDEMONA
Ma no, restate e sentite cosa gli dico. CASSIO
Meglio di no, signora, mi sento a disagio. Non farei i miei interessi. DESDEMONA
Sia come volete. Cassio esce IAGO
Ah, questo non mi piace! OTELLO
Che hai detto? IAGO
Niente, mio signore, o piuttosto… non saprei. OTELLO
Non era Cassio che si separava da mia moglie? IAGO
Cassio, mio signore? …No, certo, non mi sembrerebbe da lui sgattaiolare via così vedendovi arrivare, come un ladro. OTELLO
Io dico che era lui. 1171
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
DESDEMONA How now, my lord?
I have been talking with a suitor here, A man that languishes in your displeasure. OTHELLO Who is’t you mean? DESDEMONA
Why, your lieutenant, Cassio; good my lord, If I have any grace or power to move you, His present reconciliation take; For if he be not one that truly loves you, That errs in ignorance and not in cunning, I have no judgement in an honest face. I prithee call him back. OTHELLO Went he hence now? DESDEMONA Yes, faith, so humbled That he hath left part of his grief with me To suffer with him. Good love, call him back.
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OTHELLO
Not now, sweet Desdemon. Some other time. DESDEMONA
But shall’t be shortly? The sooner, sweet, for you.
OTHELLO
DESDEMONA
Shall’t be tonight at supper? OTHELLO No, not tonight. DESDEMONA
Tomorrow dinner, then? I shall not dine at home. I meet the captains at the citadel.
OTHELLO
60
DESDEMONA
Why then, tomorrow night, or Tuesday morn, On Tuesday noon, or night, on Wednesday morn – I prithee name the time, but let it not Exceed three days. In faith, he’s penitent, And yet his trespass, in our common reason – Save that, they say, the wars must make example Out of her best – is not almost a fault T’incur a private check. When shall he come? 1172
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
DESDEMONA
Salve, mio signore. Stavo parlando con un postulante, un uomo che langue perché non gli vuoi più bene. OTELLO
E chi sarebbe? DESDEMONA
Ma il tuo luogotenente, Cassio, mio signore. Se ho mai qualche grazia o potere di commuoverti, non respingere il suo pentimento: perché se non è uno che ti ama sinceramente, che ha errato per ignoranza e non per malizia, io non so più distinguere una faccia onesta. Richiamalo, ti prego. OTELLO
Era lui che se n’è andato? DESDEMONA
Sì, era lui, così umiliato da lasciare parte della sua tristezza con me. Io soffro con lui. Caro amore, richiamalo. OTELLO
Non ora, dolce Desdemona, in un altro momento. DESDEMONA
Ma sarà presto? OTELLO
Sì, presto, se tu lo vuoi. DESDEMONA
Quando, stasera per cena? OTELLO
No, stasera no. DESDEMONA
Domani a pranzo allora? OTELLO
Non pranzo a casa, vado coi capitani alla cittadella. DESDEMONA
Ma allora domani sera, o martedì mattina, o martedì a mezzogiorno, o la sera, o mercoledì mattina; ti prego, dimmi quando, ma che non sia oltre tre giorni. Ti giuro, è pentito, con tutto che la sua colpa, giudicata col metro comune (non fosse che come dicono, in guerra i migliori debbono dare esempio), quasi non è nemmeno un’infrazione da meritarsi un richiamo in privato. Quando può 1173
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
Tell me, Othello. I wonder in my soul What you would ask me that I should deny, Or stand so mamm’ring on? What, Michael Cassio, That came a-wooing with you, and so many a time When I have spoke of you dispraisingly Hath ta’en your part – to have so much to-do To bring him in? By’r Lady, I could do much.
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75
OTHELLO
Prithee, no more. Let him come when he will. I will deny thee nothing. DESDEMONA Why, this is not a boon. ’Tis as I should entreat you wear your gloves, Or feed on nourishing dishes, or keep you warm, Or sue to you to do a peculiar profit To your own person. Nay, when I have a suit Wherein I mean to touch your love indeed, It shall be full of poise and difficult weight, And fearful to be granted. OTHELLO I will deny thee nothing, Whereon I do beseech thee grant me this: To leave me but a little to myself.
80
85
DESDEMONA
Shall I deny you? No. Farewell, my lord. OTHELLO
Farewell, my Desdemona. I’ll come to thee straight. DESDEMONA
Emilia, come. (To Othello) Be as your fancies teach you. Whate’er you be, I am obedient. Exeunt Desdemona and Emilia OTHELLO
Excellent wretch! Perdition catch my soul But I do love thee, and when I love thee not, Chaos is come again. IAGO My noble lord.
75. By’r Lady: così in Q; in F trust me = “credimi” (v. nota a I, 1, 4). 1174
90
OTELLO, ATTO III SCENA 3
venire? Dimmelo, Otello: mi domando con tutto il cuore che cosa potresti chiedermi che io ti negherei o esiterei tanto prima di concederti! Ma chi, quel Michele Cassio che ti accompagnava a farmi la corte, e tante volte quando ho parlato con te senza riguardo ha preso le tue parti – devo faticare tanto per farlo riammettere? Madonna santa, devo proprio60… OTELLO
Basta, ti prego, che venga quando vuole, non voglio negarti niente. DESDEMONA
Guarda che non mi fai un favore. È come se ti pregassi di metterti i guanti o di mangiare piatti nutrienti, o di non prender freddo, o se ti implorassi di fare qualcosa che ti giova alla salute. Sì, quando vorrò un favore con cui veramente saggiare il tuo affetto, sarà qualcosa di serio, irto di difficoltà, pericoloso da concedere. OTELLO
Non voglio negarti niente. In cambio adesso però ti chiedo una cosa, di lasciarmi solo per un momento. DESDEMONA
Potrei rifiutartelo? No, arrivederci, mio signore. OTELLO
Arrivederci, mia Desdemona, ti raggiungerò tra poco. DESDEMONA
Emilia, vieni. Sia come detta il tuo capriccio. Comunque tu sia, io obbedisco. Escono Desdemona e Emilia OTELLO
Creatura incantevole! Si danni la mia anima se non ti amo, e quando non ti amerò più tutto riprecipiterà nel caos61. IAGO
Mio nobile signore...
1175
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
OTHELLO What dost thou say, Iago?
95
IAGO
Did Michael Cassio, when you wooed my lady, Know of your love? OTHELLO
He did, from first to last. Why dost thou ask? IAGO
But for a satisfaction of my thought, No further harm. OTHELLO Why of thy thought, Iago?
100
IAGO
I did not think he had been acquainted with her. OTHELLO
O yes, and went between us very oft. IAGO Indeed? OTHELLO
Indeed? Ay, indeed. Discern’st thou aught in that? Is he not honest? IAGO Honest, my lord? OTHELLO Honest? Ay, honest. IAGO My lord, for aught I know. OTHELLO What dost thou think? IAGO Think, my lord?
105
OTHELLO
‘Think, my lord?’ By heaven, thou echo’st me As if there were some monster in thy thought Too hideous to be shown! Thou dost mean something. I heard thee say even now thou liked’st not that, When Cassio left my wife. What didst not like? And when I told thee he was of my counsel In my whole course of wooing, thou cried’st ‘Indeed?’
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110
115
OTELLO, ATTO III SCENA 3
OTELLO
Che cosa dici, Iago? IAGO
Michele Cassio, quando corteggiavate la signora, sapeva del vostro amore? OTELLO
Sapeva tutto da cima a fondo… perché lo domandi? IAGO
Volevo soltanto chiarire una mia idea, niente di male. OTELLO
Che idea ti vuoi chiarire, Iago? IAGO
Non credevo che la conoscesse già da prima. OTELLO
Oh, sì, e spesso faceva la spola tra noi due. IAGO
Davvero! OTELLO
Davvero? Sì, davvero. Ci vedi qualcosa di strano? Cassio non è onesto? IAGO
Onesto, mio signore? OTELLO
Onesto, sì, onesto! IAGO
Mio signore, per quanto ne so io. OTELLO
Che cosa pensi? IAGO
Che cosa penso, signore? OTELLO
Che cosa penso, signore? Per il cielo, questo mi fa l’eco come se nascondesse nel pensiero un mostro troppo orrendo per manifestarsi. Tu vuoi insinuare qualcosa: ti ho sentito dire poco fa “questo non mi piace”, quando Cassio ha lasciato mia moglie. Cosa non ti piaceva? E quando ti ho detto che era stato mio confidente durante tutto il mio corteggiamento, hai esclamato “davvero?” e hai corrugato 1177
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
And didst contract and purse thy brow together As if thou then hadst shut up in thy brain Some horrible conceit. If thou dost love me, Show me thy thought. IAGO My lord, you know I love you. OTHELLO I think thou dost, And for I know thou’rt full of love and honesty, And weigh’st thy words before thou giv’st them breath, Therefore these stops of thine fright me the more; For such things in a false disloyal knave Are tricks of custom, but in a man that’s just, They’re close dilations, working from the heart That passion cannot rule. IAGO For Michael Cassio, I dare be sworn I think that he is honest.
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OTHELLO
I think so too. IAGO Men should be what they seem, Or those that be not, would they might seem none. OTHELLO
Certain, men should be what they seem. IAGO
Why then, I think Cassio’s an honest man. OTHELLO Nay, yet there’s more in this.
I prithee speak to me as to thy thinkings, As thou dost ruminate, and give thy worst of thoughts The worst of words. IAGO Good my lord, pardon me. Though I am bound to every act of duty, I am not bound to that all slaves are free to. Utter my thoughts? Why, say they are vile and false, As where’s that palace whereinto foul things Sometimes intrude not? Who has that breast so pure
140. That all slaves are free to: così in Q; in F that: all slaves are free. 1178
135
140
OTELLO, ATTO III SCENA 3
quelle sopracciglia come se avessi voluto sigillarti dentro il cranio qualche orribile idea… Se mi vuoi bene, mostrami il tuo pensiero. IAGO
Mio signore, voi sapete che vi voglio bene. OTELLO
Lo credo. E proprio perché ti so pieno di affetto e di onestà, e che pesi le parole prima di dar loro fiato, queste tue esitazioni mi fanno paura: cose del genere in un falso simulatore ipocrita sono trucchi del mestiere; ma in un uomo che è giusto sono reazioni spontanee che salgono da un cuore su cui la passione non sa imporsi. IAGO
Di Michele Cassio oserei giurare che sia un uomo onesto. OTELLO
Lo credo anch’io. IAGO
Gli uomini dovrebbero essere quello che sembrano, altrimenti sarebbe meglio che non sembrassero uomini! OTELLO
Certo, gli uomini dovrebbero essere quello che sembrano. IAGO
Be’, allora io credo che Cassio sia un uomo onesto. OTELLO
Sì, ma qua sotto c’è dell’altro. Ti prego, parla con me come parli con te stesso, come quando tu rumini e dai ai tuoi pensieri peggiori le peggiori parole. IAGO
Buon signore, perdonatemi; benché io sia tenuto a ogni atto di obbedienza, non sono tenuto a quello da cui anche l’ultimo schiavo è esonerato. Svelare i miei pensieri? Ma se fossero ignobili e falsi? Dov’è mai quel palazzo, nel quale non si insinuino talvolta anche degli oggetti immondi? Chi ha un petto così puro da non ospitare
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
But some uncleanly apprehensions Keep leets and law-days, and in sessions sit With meditations lawful?
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OTHELLO
Thou dost conspire against thy friend, Iago, If thou but think’st him wronged and mak’st his ear A stranger to thy thoughts. IAGO I do beseech you, Though I perchance am vicious in my guess – As I confess it is my nature’s plague To spy into abuses, and oft my jealousy Shapes faults that are not – that your wisdom then, From one that so imperfectly conceits, Would take no notice, nor build yourself a trouble Out of his scattering and unsure observance. It were not for your quiet nor your good, Nor for my manhood, honesty, and wisdom, To let you know my thoughts. OTHELLO What dost thou mean?
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IAGO
Good name in man and woman, dear my lord, Is the immediate jewel of their souls. Who steals my purse steals trash; ’tis something, nothing; ’Twas mine, ’tis his, and has been slave to thousands. But he that filches from me my good name Robs me of that which not enriches him And makes me poor indeed. OTHELLO By heaven, I’ll know thy thoughts.
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IAGO
You cannot, if my heart were in your hand; Nor shall not whilst ’tis in my custody. 144. But some: così in Q; in F wherein = “nel quale” [petto]. 153. That your wisdom then: emend. tardo; in Q I entreat you then = “vi prego allora”; in F that your wisdom... = “che la vostra saggezza...”. 159. What dost thou mean?: così in F; in Q ’Swounds (v. nota a I, 1, 4). 1180
OTELLO, ATTO III SCENA 3
nel tribunale del suo cuore qualche62 sospetto infame seduto in assise63 accanto ai pensieri più legittimi? OTELLO
Tu trami contro il tuo amico, Iago, se lo credi vittima di un torto, e del suo orecchio fai un estraneo ai tuoi pensieri. IAGO
Vi prego… Proprio perché forse mi inganno nelle mie congetture (e lo confesso, è una maledizione della mia natura questo voler cercare le malefatte, e spesso la mia curiosità immagina colpe inesistenti) – nella vostra saggezza a uno che così si perde in mille elucubrazioni non dovete dar retta, né costruirvi un rovello per le mie osservazioni malsicure e stravaganti. Non gioverebbe alla vostra pace né al vostro bene, né al mio onore, onestà o saggezza mettervi a parte dei miei pensieri. OTELLO
Che vuoi dire? IAGO
Il buon nome nell’uomo e nella donna è prezioso, signore; è l’autentico gioiello della nostra anima; chi mi ruba la borsa, ruba robaccia; è qualcosa, non è niente; era mia, ora è sua, ed era stata schiava di mille; ma chi mi sfila il mio buon nome mi ruba qualcosa che non arricchisce lui, mentre fa di me un miserabile. OTELLO
Per il cielo, voglio sapere cosa pensi! IAGO
Non potreste saperlo neanche se aveste il mio cuore nella mano, né finché lo avrò nel petto ve lo consentirò.
1181
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
OTHELLO
Ha! IAGO O, beware, my lord, of jealousy.
It is the green-eyed monster which doth mock The meat it feeds on. That cuckold lives in bliss Who, certain of his fate, loves not his wronger. But O, what damnèd minutes tells he o’er Who dotes yet doubts, suspects yet fondly loves! OTHELLO O misery!
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IAGO
Poor and content is rich, and rich enough, But riches fineless is as poor as winter To him that ever fears he shall be poor. Good God the souls of all my tribe defend From jealousy! OTHELLO Why, why is this? Think’st thou I’d make a life of jealousy, To follow still the changes of the moon With fresh suspicions? No, to be once in doubt Is once to be resolved. Exchange me for a goat When I shall turn the business of my soul To such exsufflicate and blowed surmises Matching thy inference. ’Tis not to make me jealous To say my wife is fair, feeds well, loves company, Is free of speech, sings, plays, and dances well. Where virtue is, these are more virtuous, Nor from mine own weak merits will I draw The smallest fear or doubt of her revolt, For she had eyes and chose me. No, Iago, I’ll see before I doubt; when I doubt, prove; And on the proof, there is no more but this: Away at once with love or jealousy.
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174. Fondly: emend. tardo; in Q strongly = “fortemente”; in F soundly = “solidamente”. 184. Once: così in Q; non in F. 189. Well: così in Q; non in F. 1182
OTELLO, ATTO III SCENA 3
OTELLO
Ah! IAGO
Oh, guardatevi dalla gelosia; è un mostro dagli occhi verdi64, che si prende gioco della vittima di cui si nutre65. Vive contento quel cornuto che conscio della propria sorte, non ama colei che lo tradisce; ma oh, quali minuti d’inferno sgrana colui che adora ma dubita, che sospetta ma non cessa di amare! OTELLO
Che tristezza! IAGO
Chi è povero e contento è ricco, e ricco assai, ma anche delle ricchezze infinite sono grame come l’inverno per colui che vive nel terrore di perderle. Buon Dio, proteggi l’anima di tutti i miei amici dalla gelosia! OTELLO
Perché… perché dici questo? Credi che voglia vivere una vita di gelosia, inseguendo sempre i capricci della luna con sospetti sempre nuovi? No, dubitare una volta vuol dire avere deciso. Ch’io diventi un caprone se lascerò occupare la mia anima da supposizioni così futili, gonfie e vaghe come quelle a cui alludi. Non può rendermi geloso sentir dire che mia moglie è bella, che ama i banchetti e la compagnia, parla liberamente, canta, suona e danza con maestria! Quando c’è la virtù, tutte queste sono cose virtuose… E neanche dalla scarsezza dei miei meriti voglio estrarre il minimo timore o dubbio di venirle a noia, perché aveva gli occhi, e ha scelto me. No, Iago, voglio vedere prima di dubitare, e se dubito, voglio la prova, e se ho la prova, non c’è più altro che questo: addio, subito, all’amore o alla gelosia!
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
IAGO
I am glad of this, for now I shall have reason To show the love and duty that I bear you With franker spirit. Therefore, as I am bound, Receive it from me. I speak not yet of proof. Look to your wife. Observe her well with Cassio. Wear your eyes thus: not jealous, nor secure. I would not have your free and noble nature Out of self-bounty be abused. Look to’t. I know our country disposition well. In Venice they do let God see the pranks They dare not show their husbands; their best conscience Is not to leave’t undone, but keep’t unknown. OTHELLO Dost thou say so?
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IAGO
She did deceive her father, marrying you, And when she seemed to shake and fear your looks She loved them most. OTHELLO And so she did. IAGO Why, go to, then. She that so young could give out such a seeming, To seel her father’s eyes up close as oak, He thought ’twas witchcraft! But I am much to blame. I humbly do beseech you of your pardon For too much loving you. OTHELLO I am bound to thee for ever.
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IAGO
I see this hath a little dashed your spirits. OTHELLO
Not a jot, not a jot. I’faith, I fear it has. I hope you will consider what is spoke Comes from my love. But I do see you’re moved .
IAGO
219. I’ faith: così in Q; in F trust me = “credetemi” (v. nota a I, 1, 4). 221. My: così in Q; in F your = “il vostro”. 1184
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
IAGO
Ne sono lieto davvero, perché ora mi sento in grado di mostrarvi l’affetto e la devozione che vi porto con maggiore franchezza: e dunque, se è mio dovere, vuoterò il sacco. Non parlo ancora di prove. Guardate vostra moglie, osservatela bene quando è con Cassio, ma con occhio attento, non geloso, né sicuro. Non vorrei che la vostra natura aperta e nobile si lasciasse ingannare per la troppa bontà. Attento… Io le conosco, le usanze dei nostri conterranei. A Venezia le donne confidano a Dio i capricci che non osano mostrare ai mariti; la loro onestà non consiste nel non fare una cosa, ma nel tenerla nascosta. OTELLO
Tu dici questo? IAGO
Ha ingannato suo padre sposando voi, e quando più sembrava schivare e temere il vostro aspetto, tanto più lo amava. OTELLO
Proprio così. IAGO
E allora. Una ragazza così giovane e già in grado di simulare così bene da cucire gli occhi di suo padre a filo doppio66, al punto che lui l’ha creduta stregoneria! – Ma faccio molto male, vi supplico umilmente di perdonarmi, è perché vi voglio troppo bene. OTELLO
Hai la mia eterna riconoscenza. IAGO
Vedo che questo vi ha turbato un poco. OTELLO
Neanche un po’, neanche un po’. IAGO
Invece ho paura di sì. Spero terrete conto che quanto ho detto è dettato dall’affetto67: ma vi vedo agitato. Voglio pregarvi di non
1185
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
I am to pray you not to strain my speech To grosser issues, nor to larger reach Than to suspicion. OTHELLO I Will not. IAGO Should you do so, my lord, My speech should fall into such vile success Which my thoughts aimed not. Cassio’s my worthy friend. My lord, I see you’re moved. OTHELLO No, not much moved. I do not think but Desdemona’s honest.
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IAGO
Long live she so, and long live you to think so! OTHELLO
And yet how nature, erring from itself – IAGO
Ay, there’s the point; as, to be bold with you, Not to affect many proposèd matches Of her own clime, complexion, and degree, Whereto we see in all things nature tends. Foh, one may smell in such a will most rank, Foul disproportions, thoughts unnatural! But pardon me. I do not in position Distinctly speak of her, though I may fear Her will, recoiling to her better judgement, May fall to match you with her country forms And happily repent. OTHELLO Farewell, farewell. If more thou dost perceive, let me know more. Set on thy wife to observe. Leave me, Iago. IAGO (going) My lord, I take my leave.
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OTHELLO
Why did I marry? This honest creature doubtless Sees and knows more, much more, than he unfolds. IAGO (returning) My lord, I would I might entreat your honour To scan this thing no farther. Leave it to time. 1186
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
attribuirmi affermazioni più gravi né di maggior portata di un sospetto. OTELLO
Non lo farò. IAGO
Se lo faceste, mio signore, il mio discorso finirebbe per avere un esito maligno che non era nel mio intento. Cassio è un mio degno amico… mio signore, ma voi siete turbato. OTELLO
No, non molto turbato. Sono più che convinto che Desdemona è onesta. IAGO
Che il cielo così la conservi, e conservi a voi la vostra fiducia! OTELLO
Benché, se la natura comincia a deviare… IAGO
Sì, questo è il punto. Tanto per esser franco con voi, il suo aver rifiutato molte proposte di matrimonio con gente della sua razza, del suo colore, del suo rango, malgrado le legittime tendenze della natura… è brutto, e può far pensare a dei gusti depravati, a una turpe mancanza di proporzioni, a pensieri innaturali. Ma perdonatemi: io non ho la pretesa di parlare specialmente di lei, anche se posso temere che un giorno, recuperando un giudizio più sano, ella possa mettersi a paragonarvi con le genti68 del suo paese, e magari pentirsi. OTELLO
Addio, addio. Se noterai qualche altra cosa, fammelo sapere, metti anche tua moglie sull’avviso. Ora lasciami, Iago. IAGO (avviandosi) Mio signore, vi ossequio. OTELLO
Perché mi sono sposato? Questa onesta creatura senza dubbio vede e sa più, molto più che non riveli. IAGO (tornando indietro) Mio signore, vorrei potervi convincere a non investigare oltre in questa faccenda. Lasciate fare al tempo: anche se è giusto che Cas-
1187
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
Although ’tis fit that Cassio have his place – For sure he fills it up with great ability – Yet, if you please to hold him off a while, You shall by that perceive him and his means. Note if your lady strain his entertainment With any strong or vehement importunity. Much will be seen in that. In the mean time, Let me be thought too busy in my fears – As worthy cause I have to fear I am – And hold her free, I do beseech your honour.
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OTHELLO
Fear not my government. I once more take my leave.
IAGO
Exit OTHELLO
This fellow’s of exceeding honesty, And knows all qualities with a learned spirit Of human dealings. If I do prove her haggard, Though that her jesses were my dear heart-strings I’d whistle her off and let her down the wind To prey at fortune. Haply for I am black, And have not those soft parts of conversation That chamberers have; or for I am declined Into the vale of years – yet that’s not much – She’s gone. I am abused, and my relief Must be to loathe her. O curse of marriage, That we can call these delicate creatures ours And not their appetites! I had rather be a toad And live upon the vapour of a dungeon Than keep a corner in the thing I love For others’ uses. Yet ’tis the plague of great ones; Prerogatived are they less than the base.
253. Hold: così in Q; non in F. 263. Qualities: così in Q; in F quantities = “quantità”, “misure”. 277. Of: così in Q; in F to. 1188
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
sio riabbia il suo posto, perché certo lo occupa con grande capacità, pure se vi piacesse tenerlo lontano ancora per un poco, potreste osservare lui e i suoi espedienti69: notare se la signora continua a perorare la sua causa con eccessiva insistenza di argomenti; questo può significare molto: e nel frattempo credete pure che esagero nelle mie paure (come ho buona ragione di temere) e non pensate male di lei, ve ne scongiuro. OTELLO
Non temere della mia discrezione. IAGO
Ancora una volta, i miei ossequi. Esce OTELLO
Costui è uno specchio di onestà e conosce con profonda esperienza ogni segreto70 della condotta umana. Se questo mio falco71 non è domato, avesse pure per pastoie le preziose corde del mio cuore, lo scaglierò via e lo abbandonerò al vento, in balia alla sua sorte. Forse perché sono nero, e non ho quei soavi argomenti di conversazione che i damerini hanno, o perché sono disceso in fondo alla valle degli anni – eppure non sono cose gravi – lei se n’è andata, io sono stato ingannato, e il mio sollievo sarà di odiare lei. Oh dannazione del matrimonio, che possiamo chiamare nostre queste creature delicate, e non i loro appetiti! Preferirei essere un rospo e vivere dei miasmi di una fogna che lasciare un angolo della creatura che amo perché altri ne usi! D’altronde, da questo male non si salva nessuno, predestinati siamo tutti, grandi e piccoli; è un destino inevita-
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
’Tis destiny unshunnable, like death. Even then this forkèd plague is fated to us When we do quicken.
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Enter Desdemona and Emilia Look where she comes. If she be false, O then heaven mocks itself! I’ll not believe’t. DESDEMONA How now, my dear Othello? Your dinner, and the generous islanders By you invited, do attend your presence. OTHELLO I am to blame.
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DESDEMONA
Why do you speak so faintly? Are you not well? OTHELLO
I have a pain upon my forehead here. DESDEMONA
Faith, that’s with watching. ’Twill away again. Let me but bind it hard, within this hour It will be well. OTHELLO Your napkin is too little.
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He puts the napkin from him. It drops. Let it alone. Come, I’ll go in with you. DESDEMONA
I am very sorry that you are not well. Exeunt Othello and Desdemona EMILIA (taking up the napkin)
I am glad I have found this napkin. This was her first remembrance from the Moor. My wayward husband hath a hundred times Wooed me to steal it, but she so loves the token – For he conjured her she should ever keep it – That she reserves it evermore about her
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282. O then heaven mocks itself!: così in Q; in F heaven mock’d itself = “il cielo si è burlato di se stesso”. 1190
OTELLO, ATTO III SCENA 3
bile, come la morte; a tutti quanti questo forcuto flagello72 ci viene messo in testa quando veniamo al mondo! Entrano Desdemona e Emilia Eccola che viene. Se è infedele, oh, allora il cielo si burla di se stesso73! Non voglio crederlo! DESDEMONA
Allora, mio caro Otello, la tua tavola e i generosi isolani che hai invitato attendono la tua presenza. OTELLO
Devi perdonarmi. DESDEMONA
Perché parli così piano? Non ti senti bene? OTELLO
Ho un dolore qui, sulla fronte74. DESDEMONA
Certo, è perché non hai dormito. Ti passerà. Ti fascio la testa, ed entro un’ora starai bene. OTELLO
Il tuo fazzoletto è troppo piccolo. Allontana da sé il fazzoletto. Questo cade in terra Lascia stare. Vengo dentro con te. DESDEMONA
Mi dispiace che non ti senta bene. Escono Otello e Desdemona EMILIA (raccogliendo il fazzoletto)
Che fortuna aver trovato questo fazzoletto. È stato il primo regalo che ha avuto dal Moro. Quel tipo strambo di mio marito mi ha chiesto cento volte di rubarglielo, ma lui le ha fatto giurare75 di non separarsene, e lei gli è tanto affezionata che se lo porta sempre
1191
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
To kiss and talk to. I’ll ha’ the work ta’en out, And give’t Iago. What he will do with it, Heaven knows, not I. I nothing, but to please his fantasy.
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Enter Iago IAGO
How now, what do you here alone? EMILIA
Do not you chide. I have a thing for you.
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IAGO
You have a thing for me? It is a common thing. EMILIA Ha? IAGO To have a foolish wife. EMILIA
O, is that all? What will you give me now For that same handkerchief? IAGO What handkerchief? EMILIA What handkerchief? Why, that the Moor first gave to Desdemona, That which so often you did bid me steal. IAGO Hast stol’n it from her?
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EMILIA
No, faith, she let it drop by negligence, And to th’advantage I, being here, took’t up. Look, here ’tis. IAGO A good wench! Give it me. EMILIA
What will you do with it, that you have been so earnest To have me filch it? IAGO Why, what is that to you? He takes the napkin
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OTELLO, ATTO III SCENA 3
addosso, e lo bacia, e ci parla. Ne farò copiare il ricamo e lo darò a Iago: cosa ci voglia fare lo sa il cielo, non io… Io so solo assecondare i suoi capricci. Entra Iago IAGO
E allora, che cosa fai lì sola? EMILIA
Non brontolare, ho una cosa per te. IAGO
Una cosa76 per me? Io ce l’ho già, una cosa. EMILIA
E cioè? IAGO
Una moglie sciocca. EMILIA
Ah, solo questo mi dici? E ora che mi dai in cambio di quel fazzoletto? IAGO
Che fazzoletto? EMILIA
Che fazzoletto? Ma quello che il Moro aveva regalato a Desdemona, e che tante volte mi hai chiesto di rubare. IAGO
Glielo hai preso? EMILIA
No, parola mia, le è caduto inavvertitamente, e per fortuna ero lì e l’ho raccolto. Guarda, eccolo. IAGO
Brava, dammelo. EMILIA
Cosa ci vuoi fare, che ci tenevi tanto da volere che lo rubassi? IAGO
E a te che importa? Prende il fazzoletto
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OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
EMILIA
If it be not for some purpose of import, Give’t me again. Poor lady, she’ll run mad When she shall lack it. IAGO
Be not acknown on’t. I have use for it. Go, leave me. Exit Emilia I will in Cassio’s lodging lose this napkin, And let him find it. Trifles light as air Are to the jealous confirmations strong As proofs of holy writ. This may do something. The Moor already changes with my poison. Dangerous conceits are in their natures poisons, Which at the first are scarce found to distaste, But, with a little act upon the blood, Burn like the mines of sulphur.
325
330
Enter Othello I did say so. Look where he comes. Not poppy nor mandragora Nor all the drowsy syrups of the world Shall ever medicine thee to that sweet sleep Which thou owedst yesterday. OTHELLO Ha, ha, false to me?
335
IAGO
Why, how now, general? No more of that. OTHELLO
Avaunt, be gone. Thou hast set me on the rack. I swear ’tis better to be much abused Than but to know’t a little. IAGO How now, my lord?
1194
340
OTELLO, ATTO III SCENA 3
EMILIA
Se non è per una cosa di gran peso, rendimelo. Povera signora, non avrà pace quando non lo troverà. IAGO
Tu fai finta di niente, so io cosa farne… Vai, lasciami solo. Emilia esce Nelle stanze di Cassio lascerò questo fazzoletto, così che lui lo trovi. Inezie leggere come l’aria sono per i gelosi conferme solide come prove della Sacra Scrittura; potrà servire a qualcosa. Il Moro già si sta alterando grazie al mio veleno… Le idee azzardate sono di loro natura veleni di cui dapprincipio non si sente il gusto acre, ma che appena arrivano a inquinare il sangue bruciano come miniere di zolfo. Entra Otello Lo dicevo! Guardalo come arriva, né il papavero né la mandragora, né tutti i torpidi sonniferi del mondo potranno più restituirti a quel dolce sonno che godevi fino a ieri. OTELLO
Ah, ah, falsa con me? IAGO
Su, su, generale, adesso basta. OTELLO
E tu vattene, che mi hai messo alla tortura! Giuro che è meglio essere tradito davvero che saperlo solo in parte. IAGO
Che dite, mio signore?
1195
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
OTHELLO
What sense had I of her stol’n hours of lust? I saw’t not, thought it not; it harmed not me. I slept the next night well, fed well, was free and merry. I found not Cassio’s kisses on her lips. He that is robbed, not wanting what is stol’n, Let him not know’t and he’s not robbed at all. IAGO I am sorry to hear this.
345
OTHELLO
I had been happy if the general camp, Pioneers and all, had tasted her sweet body, So I had nothing known. O, now for ever Farewell the tranquil mind, farewell content, Farewell the plumèd troops and the big wars That makes ambition virtue! O, farewell, Farewell the neighing steed and the shrill trump, The spirit-stirring drum, th’ear-piercing fife, The royal banner, and all quality, Pride, pomp, and circumstance of glorious war! And O, you mortal engines whose rude throats Th’immortal Jove’s dread clamours counterfeit, Farewell! Othello’s occupation’s gone. IAGO Is’t possible, my lord? OTHELLO [taking Iago by the throat] Villain, be sure thou prove my love a whore. Be sure of it. Give me the ocular proof, Or, by the worth of mine eternal soul, Thou hadst been better have been born a dog Than answer my waked wrath. IAGO Is’t come to this?
350
355
360
365
343. What sense had I of her stol’n hours of lust?: così in Q; in F What sense had I in her stol’n hours of lust? = “Che parte avevo io nelle sue furtive ore di lussuria?”. 1196
OTELLO, ATTO III SCENA 3
OTELLO
Cosa sapevo io delle sue furtive ore di lussuria? Non lo vedevo, non ci pensavo, e non soffrivo; dormivo placido la notte dopo, ero libero e allegro; non le trovavo i baci di Cassio sulla bocca. Chi è derubato, se non gli manca nulla finché non se ne accorge è come se non gli fosse mai successo. IAGO
Mi addolora sentirvi di questo. OTELLO
Sarei stato felice se tutto l’accampamento, zappatori compresi, avesse gustato il suo dolce corpo, purché non l’avessi saputo io! Oh, ora per sempre addio tranquillità, addio serenità: addio alle piumate truppe e alle grandi guerre che fanno dell’ambizione una virtù! Oh, addio… Addio ai nitriti dei destrieri e agli squilli di tromba, ai tamburi che esaltano il coraggio, ai clarini che squarciano l’orecchio, alle maestose bandiere e a ogni qualità, orgoglio, pompa e cerimonia della gloriosa guerra! E oh, voi macchine di morte, la cui ampia gola imita il frastuono della folgore di Giove immortale; addio! Otello non ha più ragione di esistere. IAGO
Possibile, mio signore? OTELLO [prendendo Iago per la gola]
Maledetto, tu bada di provarmi che il mio amore è una troia, bada di non sbagliare. O me ne dai una solida prova, o per l’anima che Dio ha dato all’uomo, ti converrebbe assai essere nato cane, piuttosto che subire la mia ira ridestata! IAGO
Siamo a questo punto?
1197
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
OTHELLO
Make me to see’t, or at the least so prove it That the probation bear no hinge nor loop To hang a doubt on, or woe upon thy life. IAGO My noble lord.
370
OTHELLO
If thou dost slander her and torture me, Never pray more; abandon all remorse, On horror’s head horrors accumulate, Do deeds to make heaven weep, all earth amazed, For nothing canst thou to damnation add Greater than that. IAGO O grace, O heaven forgive me! Are you a man? Have you a soul or sense? God buy you, take mine office. O wretched fool, That lov’st to make thine honesty a vice! O monstrous world, take note, take note, O world, To be direct and honest is not safe! I thank you for this profit, and from hence I’ll love no friend, sith love breeds such offence. OTHELLO Nay, stay. Thou shouldst be honest.
375
380
385
IAGO
I should be wise, for honesty’s a fool, And loses that it works for. OTHELLO By the world, I think my wife be honest, and think she is not. I think that thou art just, and think thou art not. I’ll have some proof. My name, that was as fresh As Dian’s visage, is now begrimed and black As mine own face. If there be cords, or knives, Poison, or fire, or suffocating streams, I’ll not endure it. Would I were satisfied!
390
395
380. Take mine office: così in Q; in F take thine office = “esonerami dal [tuo] servizio”. 388-395: questi versi non compaiono in Q1. 391. My name: così in F; in Q2 her name, seguito da molti curatori. 1198
OTELLO, ATTO III SCENA 3
OTELLO
Fammelo vedere, o perlomeno dimostralo in modo tale, che la tua prova non abbia ganci né anelli a cui appendere un solo dubbio; o ne va della tua vita! IAGO
Mio nobile signore… OTELLO
Se hai calunniato lei e torturato me, dimentica le preghiere, abbandona ogni rimorso, ammucchia orrori sul capo dell’orrore stesso; compi delitti da far piangere il cielo e stupire la terra, perché non potrai aggiungere alla tua dannazione niente di più tremendo. IAGO
Grazia divina! Oh, il cielo mi protegga! Ma siete un uomo, avete un’anima, un cervello? Addio, esoneratemi dal mio ufficio. – O povero scemo, che ti senti incolpare della tua onestà! O mondo mostruoso, guarda questo, guarda questo, o mondo! Essere leali e onesti è un’imprudenza. Vi ringrazio per questa lezione, e d’ora in poi non voglio avere più amici, se dall’affetto nascono simili oltraggi. OTELLO
No, rimani. Forse sei onesto. IAGO
Meglio se fossi saggio, l’onestà è una pazzia e perde i frutti del suo lavoro. OTELLO77
Davanti al mondo, credo che mia moglie sia onesta, e credo che non lo sia; credo che tu sia leale, e credo che tu non lo sia… Ho bisogno di una prova! Il mio nome78, che era limpido come il viso di Diana79, adesso è sporco e nero come la mia faccia. Se ci sono corde, o coltelli, veleno, o fuoco, o fiumi dove annegarsi, non lo sopporterò! Se solo avessi la certezza!
1199
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
IAGO
I see, sir, you are eaten up with passion. I do repent me that I put it to you. You would be satisfied? OTHELLO Would? Nay, and I will. IAGO
And may. But how, how satisfied, my lord? Would you, the supervisor, grossly gape on, Behold her topped? OTHELLO Death and damnation! O!
400
IAGO
It were a tedious difficulty, I think, To bring them to that prospect. Damn them then If ever mortal eyes do see them bolster More than their own! What then, how then? What shall I say? Where’s satisfaction? It is impossible you should see this, Were they as prime as goats, as hot as monkeys, As salt as wolves in pride, and fools as gross As ignorance made drunk. But yet I say, If imputation, and strong circumstances Which lead directly to the door of truth, Will give you satisfaction, you might ha’t.
405
410
OTHELLO
Give me a living reason she’s disloyal. IAGO I do not like the office,
But sith I am entered in this cause so far, Pricked to’t by foolish honesty and love, I will go on. I lay with Cassio lately, And being troubled with a raging tooth, I could not sleep. There are a kind of men So loose of soul that in their sleeps Will mutter their affairs. One of this kind is Cassio. In sleep I heard him say ‘Sweet Desdemona, Let us be wary, let us hide our loves’, 400. Supervisor: così in Q; in F supervision = la “supervisione”. 1200
415
420
OTELLO, ATTO III SCENA 3
IAGO
Vedo, signore, che siete divorato dalla passione… E mi pento di essere stato io a suscitarla. Vorreste la certezza? OTELLO
Se la vorrei? La voglio. IAGO
È possibile, ma come, che genere di certezza, mio signore? Vorreste forse come un rozzo mercante di cavalli, sovrintendere alla sua monta? OTELLO
Morte e dannazione… oh! IAGO
Sarebbe pieno di difficoltà, ritengo, portarli a dare questo spettacolo. Dio li danni se mai occhi di mortali li hanno visti accoppiarsi tranne i loro; e allora, che volete? Che devo dirvi? Come avere la certezza? È impossibile che vediate questo, fossero insaziabili come capre, lascivi come scimmie, violenti come lupi in calore; e stupidi e grossolani come villani ubriachi. D’altro canto io dico, se degli indizi e delle forti circostanze80 quali guidano direttamente alla porta della verità possono darvi la certezza, questi li avrete. OTELLO
Dammi una ragione valida della sua infedeltà. IAGO
Non mi piace questo compito. Ma visto che sono entrato nella questione fino a qui, spinto da una stolta onestà e dall’affetto, voglio continuare. Ho dormito con Cassio di recente, e infastidito da un dente infiammato non ho chiuso occhio. C’è un tipo di uomini dall’animo così aperto, che anche nel sonno borbottano dei fatti loro. Uno di questi è Cassio: nel sonno l’ho sentito dire, “Dolce Desdemona, siamo prudenti, nascondiamo il nostro amore!” E poi,
1201
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
And then, sir, would he grip and wring my hand, Cry ‘O, sweet creature!’, then kiss me hard, As if he plucked up kisses by the roots, That grew upon my lips, lay his leg o’er my thigh, And sigh, and kiss, and then cry ‘Cursèd fate, That gave thee to the Moor!’ OTHELLO O, monstrous, monstrous! IAGO Nay, this was but his dream.
425
430
OTHELLO
But this denoted a foregone conclusion. IAGO
’Tis a shrewd doubt, though it be but a dream, And this may help to thicken other proofs That do demonstrate thinly. OTHELLO I’ll tear her all to pieces.
435
IAGO
Nay, yet be wise; yet we see nothing done. She may be honest yet. Tell me but this: Have you not sometimes seen a handkerchief Spotted with strawberries in your wife’s hand?
440
OTHELLO
I gave her such a one. ’Twas my first gift. IAGO
I know not that, but such a handkerchief – I am sure it was your wife’s – did I today See Cassio wipe his beard with. OTHELLO If it be that – IAGO
If it be that, or any that was hers, It speaks against her with the other proofs.
445
429. And sigh, and kiss, and then cry: così in F; in Q and sighed, and kissed, and then cried, che si segue nella traduzione. 434. ’Tis a shrewd doubt…: così in Q; F assegna questo verso a Otello, non verosimilmente dopo che lui ha già concluso che si tratta di “cosa già avvenuta” (a foregone conclusion). 1202
OTELLO, ATTO III SCENA 3
signore, mi afferrava e mi stringeva la mano, gridava “Dolce creatura!” e mi baciava forte come volendo strappare i baci dalle radici che avevo sulle labbra, e mi premeva la gamba sopra la coscia, e sospirava, e baciava, e alla fine ha gridato, “Destino maledetto, che ti ha dato a quel Moro!” OTELLO
È mostruoso, mostruoso! IAGO
Sì, però era solo un sogno. OTELLO
Ma denunciava una cosa già avvenuta. IAGO
È un indizio significativo, anche se resta solo un sogno81, e potrà servire a convalidare altre prove di per sé troppo fragili. OTELLO
La farò in tanti pezzi! IAGO
No, abbiate prudenza, non c’è ancora niente di concreto, può ancora essere onesta. Ditemi solo questo: non avete visto qualche volta un fazzoletto con un motivo di fragole, in mano a vostra moglie? OTELLO
Gliene ho dato uno così, fu il mio primo regalo. IAGO
Questo non lo so, ma con un fazzoletto simile – sono sicuro che era di vostra moglie – questa mattina ho visto Cassio asciugarsi la barba. OTELLO
Se fosse quello… IAGO
Se fosse quello o un altro che le apparteneva, parlerebbe contro di lei insieme alle altre prove.
1203
OTHELLO, ACT 3 SCENE 3
OTHELLO
O that the slave had forty thousand lives! One is too poor, too weak for my revenge. Now do I see ’tis true. Look here, Iago. All my fond love thus do I blow to heaven – ’tis gone. Arise, black vengeance, from the hollow hell. Yield up, O love, thy crown and hearted throne To tyrannous hate! Swell, bosom, with thy freight, For ’tis of aspics’ tongues. IAGO Yet be content.
451
OTHELLO
O, blood, blood, blood! Patience, I say. Your mind may change.
IAGO
OTHELLO
Never, Iago. Like to the Pontic Sea, Whose icy current and compulsive course Ne’er knows retiring ebb, but keeps due on To the Propontic and the Hellespont, Even so my bloody thoughts with violent pace Shall ne’er look back, ne’er ebb to humble love, Till that a capable and wide revenge Swallow them up.
456
460
[He kneels] Now, by yon marble heaven, In the due reverence of a sacred vow I here engage my words. IAGO Do not rise yet.
465
Iago kneels Witness you ever-burning lights above, You elements that clip us round about, Witness that here Iago doth give up The execution of his wit, hands, heart To wronged Othello’s service. Let him command,
470
458. Knows: emend. tardo; in Q2 feels; in F keeps, con significati analoghi. 465. 0. He kneels: così in Q, non in F. 1204
OTELLO, ATTO III SCENA 3
OTELLO
Oh, se quell’infame avesse quarantamila vite! Una è troppo misera, troppo debole per la mia vendetta! Ora capisco. È vero. Vieni qui, Iago! Tutto il mio sciocco amore così io lo soffio al cielo… Finito. Sorgi, nera vendetta82, dal tuo cavo inferno, e tu, amore, cedi la tua corona e il trono del mio cuore al tirannico odio! Gonfiati, petto, del tuo carico, perché sei pieno di lingue di serpenti! IAGO
Vi prego, calmatevi. OTELLO
Oh, sangue, sangue, sangue! IAGO
Pazienza, dico, potreste ancora cambiare idea. OTELLO
No, mai, Iago! Come il mare della Pontide, la cui gelida corrente e il corso impetuoso non indietreggiano mai per la marea, ma vanno innanzi dritti verso la Propontide e l’Ellesponto83: simili ad esso i miei sanguinosi pensieri nel loro corso violento non si volteranno mai indietro, né avranno riflusso in umile amore, finché una infinita e totale vendetta li abbia travolti. [Si inginocchia]84 Ora per quel marmoreo cielo, nella debita reverenza a un sacro voto, io qui impegno la mia parola. IAGO
Non alzatevi ancora. Iago si inginocchia85 Siate testimoni, eterne luci celesti, e voi elementi che ci racchiudete, siate testimoni che qui Iago consacra ogni forza del suo ingegno, mano, cuore, al servizio di Otello tradito; che egli comandi,
1205
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
And to obey shall be in me remorse, What bloody business ever. [They rise] I greet thy love, Not with vain thanks, but with acceptance bounteous, And will upon the instant put thee to’t. Within these three days let me hear thee say That Cassio’s not alive. IAGO My friend is dead. ’Tis done at your request; but let her live. OTHELLO
475
OTHELLO
Damn her, lewd minx! O, damn her, damn her! Come, go with me apart. I will withdraw To furnish me with some swift means of death For the fair devil. Now art thou my lieutenant. IAGO I am your own for ever. 3.4
480 Exeunt
Enter Desdemona, Emilia, and the Clown
DESDEMONA Do you know, sirrah, where Lieutenant Cassio
lies? CLOWN I dare not say he lies anywhere. DESDEMONA Why, man? CLOWN He’s a soldier, and for me to say a soldier lies, ’tis
stabbing.
6
DESDEMONA Go to. Where lodges he? CLOWN To tell you where he lodges is to tell you where I
lie. DESDEMONA Can anything be made of this?
1206
10
OTELLO, ATTO III SCENA 4
e l’obbedire sarà per me uno scrupolo, fino a qualunque feroce conclusione. [Si rialzano] OTELLO
Saluto la tua fedeltà non con vani ringraziamenti, ma con una accettazione completa, e da questo stesso istante ti metto all’opera. In capo a tre giorni voglio che tu mi dica che Cassio non vive più. IAGO
Il mio amico è morto: sia fatto come voi volete. Ma lasciate che lei viva! OTELLO
Sia dannata, sconcia puttana; oh, sia dannata! Vieni, vieni via di qui con me, voglio andare a procurarmi un veloce mezzo di morte per quel bel diavolo. Ora tu sei il mio luogotenente. IAGO
Sono vostro per sempre. Escono III, 4
Entrano Desdemona, Emilia, e il buffone86
DESDEMONA
Ehi87, tu, lo sai dov’è di stanza il luogotenente Cassio? BUFFONE
Dov’è la distanza? È inutile che ve lo dica. DESDEMONA
E perché? BUFFONE
Perché se c’è distanza anche a gridare non vi sentirebbe. DESDEMONA
Via, dove abita? BUFFONE
Anche se vi dico la sua abitudine, non per questo si colma la distanza. DESDEMONA
Che senso hanno le tue parole?
1207
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
CLOWN I know not where he lodges, and for me to devise
a lodging and say he lies here, or he lies there, were to lie in mine own throat. DESDEMONA Can you enquire him out, and be edified by report? CLOWN I will catechize the world for him; that is, make questions, and by them answer. DESDEMONA Seek him, bid him come hither, tell him I have moved my lord on his behalf, and hope all will be well. CLOWN To do this is within the compass of man’s wit, and therefore I will attempt the doing it. Exit
15
20
DESDEMONA
Where should I lose the handkerchief, Emilia? EMILIA I know not, madam. DESDEMONA
Believe me, I had rather have lost my purse Full of crusadoes, and but my noble Moor Is true of mind, and made of no such baseness As jealous creatures are, it were enough To put him to ill thinking. EMILIA Is he not jealous?
25
DESDEMONA
Who, he? I think the sun where he was born Drew all such humours from him. Enter Othello EMILIA
Look where he comes.
DESDEMONA
I will not leave him now till Cassio Be called to him. How is’t with you, my lord?
1208
30
OTELLO, ATTO III SCENA 4
BUFFONE
Non conosco le sue abitudini né i suoi abiti né la distanza né la vicinanza. DESDEMONA
Puoi scoprire dove si trova, e istruirtene per voce di popolo? BUFFONE
Per lui catechizzerò il mondo, ossia farò domande e mi farò rispondere. DESDEMONA
Cercalo, pregalo di venire qui, digli che ho mosso il mio signore in suo favore, e che spero che tutto vada a finir bene. BUFFONE
Far questo rientra nelle possibilità umane, e pertanto lo tenterò. Esce DESDEMONA
Dove avrò perso quel fazzoletto, Emilia? EMILIA
Non lo so, signora. DESDEMONA
Credimi, avrei preferito perdere la borsa piena di zecchini88. Se il mio nobile Moro non fosse d’animo schietto, e incapace di meschinità dettate dalla gelosia, basterebbe questo a indurlo a cattivi pensieri. EMILIA
Non è geloso? DESDEMONA
Chi, lui? Credo che il sole sotto al quale è nato gli abbia prosciugato ogni umore del genere. Entra Otello EMILIA
Eccolo che viene. DESDEMONA
Ora non lo lascio scappare finché non richiamano Cassio da lui. Come sta il mio signore?
1209
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
OTHELLO
Well, my good lady. (Aside) O hardness to dissemble! – How do you, Desdemona? DESDEMONA Well, my good lord.
35
OTHELLO
Give me your hand. This hand is moist, my lady. DESDEMONA
It hath felt no age, nor known no sorrow. OTHELLO
This argues fruitfulness and liberal heart. Hot, hot and moist – this hand of yours requires A sequester from liberty; fasting, and prayer, Much castigation, exercise devout, For here’s a young and sweating devil here That commonly rebels. ’Tis a good hand, A frank one. DESDEMONA You may indeed say so, For ’twas that hand that gave away my heart.
40
45
OTHELLO
A liberal hand. The hearts of old gave hands, But our new heraldry is hands, not hearts. DESDEMONA
I cannot speak of this. Come now, your promise. OTHELLO What promise, chuck? DESDEMONA
I have sent to bid Cassio come speak with you. OTHELLO
I have a salt and sorry rheum offends me. Lend me thy handkerchief. DESDEMONA (offering a handkerchief) Here, my lord. OTHELLO
That which I gave you. I have it not about me.
DESDEMONA
1210
50
OTELLO, ATTO III SCENA 4
OTELLO
Bene, mia cara signora. (A parte) Oh, com’è difficile dissimulare! Come stai tu, Desdemona? DESDEMONA
Bene, mio buon signore. OTELLO
Dammi la mano. Questa mano è umida89, mia signora. DESDEMONA
Non ha ancora provato gli anni, né conosciuto angoscia. OTELLO
È indice di esuberanza, e di cuore generoso; calda, calda, e umida, questa tua mano ha bisogno di rinuncia alla libertà, digiuno e preghiera, molta mortificazione, esercizi devoti. Perché qui c’è un giovane e sudato diavoletto, in continua rivolta. È una buona mano, una mano sincera. DESDEMONA
E puoi dirlo forte, perché è stata questa mano a farti dono del mio cuore. OTELLO
Una mano generosa. Una volta i cuori davano le mani, ma la nostra nuova araldica è mani, non cuori90. DESDEMONA
Non so che dire di questo. Su, su, la tua promessa! OTELLO
Che promessa, carina? DESDEMONA
Ho mandato a dire a Cassio di venire qui a parlarti. OTELLO
Ho un raffreddore così noioso che mi infastidisce. Dammi il tuo fazzoletto. DESDEMONA (porgendogli un fazzoletto) Ecco, mio signore. OTELLO
Quello che ti ho dato. DESDEMONA
Non l’ho qui con me.
1211
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
OTHELLO Not? DESDEMONA
No, faith, my lord. OTHELLO That’s a fault. That handkerchief Did an Egyptian to my mother give. She was a charmer, and could almost read The thoughts of people. She told her, while she kept it ’Twould make her amiable, and subdue my father Entirely to her love; but if she lost it, Or made a gift of it, my father’s eye Should hold her loathèd, and his spirits should hunt After new fancies. She, dying, gave it me, And bid me, when my fate would have me wived, To give it her. I did so, and take heed on’t. Make it a darling, like your precious eye. To lose’t or give’t away were such perdition As nothing else could match. DESDEMONA Is’t possible?
56
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65
OTHELLO
’Tis true. There’s magic in the web of it. A sibyl that had numbered in the world The sun to course two hundred compasses In her prophetic fury sewed the work. The worms were hallowed that did breed the silk, And it was dyed in mummy, which the skilful Conserved of maidens’ hearts. DESDEMONA I’faith, is’t true?
70
75
OTHELLO
Most veritable. Therefore look to’t well. DESDEMONA
Then would to God that I had never seen it! OTHELLO Ha, wherefore? DESDEMONA
Why do you speak so startingly and rash? OTHELLO
Is’t lost? Is’t gone? Speak, is’t out o’th’ way? DESDEMONA Heaven bless us!
1212
80
OTELLO, ATTO III SCENA 4
OTELLO
No? DESDEMONA
No davvero, mio signore. OTELLO
Male. Quel fazzoletto fu un’egiziana a darlo a mia madre. Era una incantatrice, e sapeva quasi leggere i pensieri delle persone; e le disse che finché lo avesse conservato avrebbe reso desiderabile lei, e soggiogato mio padre in tutto e per tutto al suo amore. Ma se l’avesse perso o regalato, l’occhio di mio padre l’avrebbe vista con odio, e il suo cuore si sarebbe messo in caccia di nuove passioni91. Lei morendo lo diede a me, e mi chiese, quando il destino mi avesse dato moglie, di darlo a lei. Io così feci, e bada bene tu, tienilo caro come il bene dei tuoi occhi. Smarrirlo o darlo via sarebbe una perdita di cui nient’altro potrebbe compensarci. DESDEMONA
Possibile? OTELLO
È vero: c’è una magia nel suo tessuto. Una sibilla, che aveva contato nel mondo il corso del sole per ben duecento volte, fece il ricamo in stato di furore profetico; sacri erano i bachi che avevano filato quella seta, e fu immerso in liquido di mummie92, con cui gli egizi conservavano i cuori delle vergini. DESDEMONA
Ma è proprio vero? OTELLO
È più che vero, per questo conservalo con cura. DESDEMONA
Allora volesse Iddio che non lo avessi mai visto! OTELLO
Ah! E perché? DESDEMONA
Perché quel tono eccitato e violento? OTELLO
L’hai perduto? Non c’è più? Parla, è sparito? DESDEMONA
Il cielo ci protegga! 1213
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
OTHELLO Say you? DESDEMONA
It is not lost, but what an if it were? OTHELLO How? DESDEMONA
I say it is not lost. Fetch’t, let me see’t.
85
OTHELLO
DESDEMONA
Why, so I can, sir, but I will not now. This is a trick to put me from my suit. Pray you let Cassio be received again. OTHELLO
Fetch me the handkerchief. My mind misgives. DESDEMONA
Come, come, you’ll never meet a more sufficient man. OTHELLO
The handkerchief. I pray, talk me of Cassio.
91
DESDEMONA OTHELLO
The handkerchief. A man that all his time Hath founded his good fortunes on your love, Shared dangers with you – OTHELLO The handkerchief. DESDEMONA I’faith, you are to blame. OTHELLO ’Swounds! DESDEMONA
95 Exit
91-92. DESDEMONA … hankerchief: l’intero v. in due battute è in Q, non in F. 1214
OTELLO, ATTO III SCENA 4
OTELLO
Che dici? DESDEMONA
Non è perduto, ma anche se lo fosse? OTELLO
Ah! DESDEMONA
Ti dico, non l’ho perduto. OTELLO
Vai a prenderlo, fammelo vedere. DESDEMONA
Ma sì, potrei andarlo a prendere, ma ora non voglio. È solo un trucco per eludere la mia domanda. Ti prego, reintegra Cassio. OTELLO
Prendimi quel fazzoletto! Mi gira la testa. DESDEMONA
Su, su, non troverai più un uomo più adeguato… OTELLO
Il fazzoletto! DESDEMONA93
Ti prego, parlami di Cassio. OTELLO
Il fazzoletto! DESDEMONA
Un uomo che da tanto tempo fonda le sue buone fortune sul tuo affetto, che ha condiviso tanti pericoli con te… OTELLO
Il fazzoletto! DESDEMONA
È la verità, hai fatto male. OTELLO
Sangue di Cristo94! Esce
1215
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
EMILIA
Is not this man jealous? DESDEMONA I ne’er saw this before. Sure there’s some wonder in this handkerchief. I am most unhappy in the loss of it.
100
EMILIA
’Tis not a year or two shows us a man. They are all but stomachs, and we all but food. They eat us hungrily, and when they are full, They belch us. Enter Iago and Cassio Look you, Cassio and my husband. IAGO (to Cassio)
There is no other way. ’Tis she must do’t, And lo, the happiness! Go and importune her.
105
DESDEMONA
How now, good Cassio? What’s the news with you? CASSIO
Madam, my former suit. I do beseech you That by your virtuous means I may again Exist and be a member of his love Whom I, with all the office of my heart, Entirely honour. I would not be delayed. If my offence be of such mortal kind That nor my service past, nor present sorrows, Nor purposed merit in futurity Can ransom me into his love again, But to know so must be my benefit. So shall I clothe me in a forced content, And shut myself up in some other course To fortune’s alms. DESDEMONA Alas, thrice-gentle Cassio! My advocation is not now in tune. My lord is not my lord, nor should I know him Were he in favour as in humour altered.
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110
115
120
OTELLO, ATTO III SCENA 4
EMILIA
E quest’uomo non è geloso? DESDEMONA
Non lo avevo mai visto in questo stato. Ci dev’essere un potere magico in quel fazzoletto. Come mi dispiace di averlo perduto! EMILIA
Non basta un anno o due per conoscere un uomo. Sono tutti stomaco, e noialtre, solo cibo! Ci divorano avidamente, e quando sono sazi, ci vomitano. Entrano Iago e Cassio Guardate, Cassio e mio marito. IAGO (a Cassio)
Non c’è altra via, deve essere lei a farlo. Toh, che fortuna! Andate e insistete con lei. DESDEMONA
Ebbene, buon Cassio, quali sono le novità? CASSIO
Signora, la solita preghiera: vi supplico affinché grazie alla vostra virtuosa intercessione io possa di nuovo esistere e tornare ad avere parte dell’affetto di colui che onoro con tutta la rispettosa devozione del mio cuore. Non posso tollerare altri indugi: se il mio delitto è di gravità così capitale, che né i servigi passati, né il dolore presente, né i meriti promessi per il futuro possano riscattarmi al suo amore, dovrò contentarmi almeno di saperlo; così mi abbiglierò in una contentezza forzata, e mi rinchiuderò in qualche altra occupazione elemosinata dalla sorte. DESDEMONA
Ahimè, gentilissimo Cassio, la mia difesa non è intonata al vostro caso. Il mio signore non è il mio signore. Neanche lo riconoscerei, se fosse alterato nel volto come lo è nell’umore. Mi sono testimoni
1217
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
So help me every spirit sanctified As I have spoken for you all my best, And stood within the blank of his displeasure For my free speech! You must a while be patient. What I can do I will, and more I will Than for myself I dare. Let that suffice you.
125
IAGO
Is my lord angry? He went hence but now, And certainly in strange unquietness.
EMILIA
130
IAGO
Can he be angry? I have seen the cannon When it hath blown his ranks into the air, And, like the devil, from his very arm Puffed his own brother; and is he angry? Something of moment then. I will go meet him. There’s matter in’t indeed, if he be angry.
135
DESDEMONA
I prithee do so. Exit Iago Something sure of state, Either from Venice or some unhatched practice Made demonstrable here in Cyprus to him, Hath puddled his clear spirit; and in such cases Men’s natures wrangle with inferior things, Though great ones are their object. ’Tis even so; For let our finger ache and it indues Our other, healthful members even to a sense Of pain. Nay, we must think men are not gods, Nor of them look for such observancy As fits the bridal. Beshrew me much, Emilia, I was – unhandsome warrior as I am – Arraigning his unkindness with my soul; But now I find I had suborned the witness, And he’s indicted falsely. EMILIA Pray heaven it be State matters, as you think, and no conception Nor no jealous toy concerning you. 1218
140
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OTELLO, ATTO III SCENA 4
tutti gli spiriti beati di come ho parlato in vostro favore, meglio che potevo, e come mi sono messa al centro del bersaglio del suo dispiacere per la franchezza con cui gli ho parlato. Dovete pazientare ancora. Quel che potrò, lo farò, e più ancora di quanto oserei fare per me stessa: questo vi basti. IAGO
È adirato il mio signore? EMILIA
Se n’è andato proprio ora, e certo in preda a una strana inquietudine. IAGO
Adirato lui? Ho visto il cannone quando gli faceva saltare in aria i suoi soldati; e, come il demonio, dalle sue stesse braccia gli strappava il fratello. Adirato lui? Qualcosa di grave, certo. Io vado a cercarlo. C’è motivo di preoccuparsi davvero, se è adirato. DESDEMONA
Va’, ti prego. Iago esce Sarà certo una questione di Stato, o di Venezia, o qualche mala pratica che qui a Cipro gli sia stata palesata, a turbargli la serenità dello spirito; e in tali casi gli uomini naturalmente se la prendono con delle sciocchezze, mentre sono le cose grosse che li turbano. Sì, è così. Basta che ci dolga un dito, e questo induce nelle nostre membra sane un senso di dolore… Sì, dobbiamo pensare che gli uomini non sono dèi; né aspettarci da loro quelle attenzioni che vorremmo noi spose. Rimproverami molto, Emilia, stavo (inadeguata compagna quale sono) accusando con tutta l’anima la sua scortesia; ma ora vedo che avevo subornato il testimone, e che l’imputato è innocente. EMILIA
Voglia il cielo che siano affari di Stato come pensate voi, e non già sospetti o gelosie che vi riguardino.
1219
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
DESDEMONA
Alas the day, I never gave him cause.
155
EMILIA
But jealous souls will not be answered so. They are not ever jealous for the cause, But jealous for they’re jealous. It is a monster Begot upon itself, born on itself. DESDEMONA
Heaven keep the monster from Othello’s mind.
160
EMILIA Lady, amen. DESDEMONA
I will go seek him. Cassio, walk here about. If I do find him fit I’ll move your suit, And seek to effect it to my uttermost. CASSIO
I humbly thank your ladyship.
165
Exeunt Desdemona and Emilia Enter Bianca BIANCA
Save you, friend Cassio. What make you from home? How is’t with you, my most fair Bianca? I’faith, sweet love, I was coming to your house.
CASSIO
BIANCA
And I was going to your lodging, Cassio. What, keep a week away? Seven days and nights, Eightscore-eight hours, and lovers’ absent hours More tedious than the dial eightscore times! O weary reckoning! CASSIO Pardon me, Bianca, I have this while with leaden thoughts been pressed, But I shall in a more continuate time Strike off this score of absence. Sweet Bianca, Take me this work out. He gives her Desdemona’s napkin
1220
170
175
OTELLO, ATTO III SCENA 4
DESDEMONA
Ahimè, non gliene ho mai dato motivo! EMILIA
Ma a chi è geloso non bastano queste risposte. Non si è mai gelosi per un motivo, si è gelosi perché si è gelosi. È un mostro che nasce da se stesso, che si nutre di sé. DESDEMONA
Il cielo allontani quel mostro dall’animo di Otello! EMILIA
Signora, così sia. DESDEMONA
Voglio andare da lui. Cassio, voi non vi allontanate. Se lo trovo ben disposto, gli parlo in vostro favore, e cercherò di sostenervi con tutte le forze. CASSIO
Vi ringrazio umilmente, signora. Escono Desdemona e Emilia Entra Bianca
95
BIANCA
Salve, mio Cassio! CASSIO
Che cosa fai qui in giro? Come stai, mia bellissima Bianca? Lo sai, tesoro, stavo proprio venendo da te… BIANCA
E io stavo andando alle tue stanze, Cassio. Ma insomma! È una settimana che non ti vedo! Sette giorni e sette notti! Centosessantotto ore, e le ore di assenza degli innamorati sono più tediose della meridiana, centosessanta volte! Che tristi calcoli! CASSIO
Perdonami, Bianca, in questi giorni gravi pensieri mi hanno oppresso, ma vedrai che in un momento più adatto salderò il debito della mia assenza. Dolce Bianca, copiami questo ricamo. Le dà il fazzoletto di Desdemona
1221
OTHELLO, ACT 3 SCENE 4
O Cassio, whence came this? This is some token from a newer friend. To the felt absence now I feel a cause. Is’t come to this? Well, well. CASSIO Go to, woman. Throw your vile guesses in the devil’s teeth, From whence you have them. You are jealous now That this is from some mistress, some remembrance. No, by my faith, Bianca. BIANCA Why, whose is it? BIANCA
180
CASSIO
I know not, neither. I found it in my chamber. I like the work well. Ere it be demanded – As like enough it will – I would have it copied. Take it, and do’t, and leave me for this time. BIANCA Leave you? Wherefore?
185
CASSIO
I do attend here on the general, And think it no addition, nor my wish, To have him see me womaned. BIANCA Why, I pray you?
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CASSIO
Not that I love you not. BIANCA But that you do not love me. I pray you bring me on the way a little, And say if I shall see you soon at night. CASSIO
’Tis but a little way that I can bring you, For I attend here; but I’ll see you soon. BIANCA
’Tis very good. I must be circumstanced.
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Exeunt
195
OTELLO, ATTO III SCENA 4
BIANCA
Cassio, e questo da dove viene? È il pegno d’amore di una nuova amica! Ora capisco la causa dell’assenza che mi ha fatto soffrire. Siamo a questo? Bene, bene. CASSIO
Calmati, donna, Getta le tue ignobili congetture in bocca al diavolo che te le ha sussurrate. Tu sei gelosa perché credi venga da un’amante, sia un ricordo. Non è così, Bianca, ti assicuro. BIANCA
Perché, da chi viene? CASSIO
Non lo so neanch’io, l’ho trovato nella mia camera. Mi piace assai il motivo, e prima che me lo richiedano, come certamente accadrà, voglio farlo copiare. Prendilo, fallo tu, e lasciami per ora. BIANCA
Lasciarti, e perché? CASSIO
Aspetto qui il generale, e non è il caso, né lo desidero, di farmi trovare con una donna. BIANCA
E perché, di grazia? CASSIO
Non perché io non ti ami. BIANCA
Ma perché non mi vuoi bene. Ti prego, accompagnami per un tratto di strada, e dimmi se stasera ti vedrò presto. CASSIO
Posso accompagnarti solo per un tratto breve, perché devo aspettarlo qui. Ma ci rivedremo presto. BIANCA
Molto bene, si vede che devo adattarmi96. Escono
1223
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
Enter Iago and Othello
4.1 IAGO
Will you think so? OTHELLO Think so, Iago? IAGO
What, to kiss in private? An unauthorized kiss.
OTHELLO IAGO
Or to be naked with her friend in bed An hour or more, not meaning any harm? OTHELLO
Naked in bed, Iago, and not mean harm? It is hypocrisy against the devil. They that mean virtuously and yet do so, The devil their virtue tempts, and they tempt heaven.
5
IAGO
If they do nothing, ’tis a venial slip. But if I give my wife a handkerchief – OTHELLO What then?
10
IAGO
Why then, ’tis hers, my lord, and being hers, She may, I think, bestow’t on any man. OTHELLO
She is protectress of her honour, too. May she give that?
15
IAGO
Her honour is an essence that’s not seen. They have it very oft that have it not. But for the handkerchief – OTHELLO
By heaven, I would most gladly have forgot it. Thou said’st – O, it comes o’er my memory As doth the raven o’er the infectious house, Boding to all! – he had my handkerchief. IAGO
Ay, what of that?
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OTELLO, ATTO IV SCENA 1
Entrano Iago e Otello97
IV, 1 IAGO
E voi lo credete? OTELLO
Credere che, Iago? IAGO
Ma sì, che si bacino di nascosto. OTELLO
Un bacio senza autorizzazione! IAGO
O che stia nuda a letto con l’amico un’ora o più, senza far niente di male? OTELLO
Nudi a letto, Iago, senza far niente di male? È un’ipocrisia contro il demonio98: chi ha intenzioni virtuose eppure scherza col fuoco, il demonio tenta la sua virtù, e lui tenta il cielo. IAGO
D’accordo, non fanno niente, è un peccato veniale. Ma se io dessi a mia moglie un fazzoletto… OTELLO
Sì, allora? IAGO
Be’, allora è suo, mio signore, e siccome è suo, lei può darlo, direi, a qualunque uomo. OTELLO
È padrona anche del suo onore. Può dar via anche quello? IAGO
Il suo onore è un’essenza che non si vede, ce l’ha molto spesso chi non ce l’ha; ma il fazzoletto... OTELLO
Per il cielo, come vorrei essermelo scordato! Tu hai detto – oh, mi torna alla memoria come un corvo che vola su una casa impestata, diffondendo il contagio99! – che lui aveva il mio fazzoletto? IAGO
Sì, e allora?
1225
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
OTHELLO
That’s not so good now.
IAGO
What if I had said I had seen him do you wrong, Or heard him say – as knaves be such abroad, Who having by their own importunate suit Or voluntary dotage of some mistress Convinced or supplied them, cannot choose But they must blab – OTHELLO Hath he said anything?
25
IAGO
He hath, my lord. But, be you well assured, No more than he’ll unswear. OTHELLO What hath he said?
30
IAGO
Faith, that he did – I know not what he did. OTHELLO
What, what? Lie – OTHELLO With her? IAGO With her, on her, what you will. OTHELLO Lie with her? Lie on her? We say ‘lie on her’ when they belie her. Lie with her? ’Swounds, that’s fulsome! Handkerchief – confessions – hankerchief. To confess and be hanged for his labour. First to be hanged and then to confess! I tremble at it. Nature would not invest herself in such shadowing passion without some instruction. It is not words that shakes me thus. Pish! Noses, ears, and lips! Is’t possible? Confess? Handkerchief? O devil! IAGO
He falls down in a trance
1226
42
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
OTELLO
Allora… questo non mi piace. IAGO
E se avessi detto di averlo visto mentre vi faceva torto? O che l’ho sentito mentre diceva – ce ne sono in giro che quando a forza di impetrare o per l’infatuazione di qualche femmina, hanno convinto o soddisfatto, non possono fare a meno di spifferare ai quattro venti… OTELLO
Ha detto qualcosa? IAGO
Qualcosa, mio signore, ma state pur sicuro, non più di quanto sarà sempre pronto a negare. OTELLO
Che cosa ha detto? IAGO
Veramente, che è stato… non lo so dove è stato. OTELLO
Dove? Dove? IAGO
A letto. OTELLO
Con lei? IAGO
Con lei, su di lei, come volete. OTELLO
A letto con lei, sopra di lei? – È stato su di lei e lei era sotto di lui…100 a letto con lei, sangue di Cristo, è nauseante! Il fazzoletto… una confessione… il fazzoletto! 101 Che confessi, e sia impiccato per quello che ha fatto. Prima impiccato e poi la confessione… tremo al pensiero. La natura non si fa investire da una passione così travolgente senza partecipare102. Non sono le parole che mi scuotono così. Puah! Nasi, orecchie, bocche. È possibile? …Confessa? …E il fazzoletto? …Oh, diavolo! Cade a terra in deliquio
1227
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
IAGO
Work on; my medicine works. Thus credulous fools are caught, And many worthy and chaste dames even thus, All guiltless, meet reproach. What ho, my lord! My lord, I say. Othello!
45
Enter Cassio How now, Cassio? CASSIO What’s the matter? IAGO
My lord is fall’n into an epilepsy. This is his second fit. He had one yesterday. CASSIO
Rub him about the temples. No, forbear. The lethargy must have his quiet course. If not, he foams at mouth, and by and by Breaks out to savage madness. Look, he stirs. Do you withdraw yourself a little while, He will recover straight. When he is gone I would on great occasion speak with you.
50
IAGO
55 Exit Cassio
How is it, general? Have you not hurt your head? OTHELLO
Dost thou mock me? I mock you not, by heaven. Would you would bear your fortune like a man.
IAGO
OTHELLO
A hornèd man’s a monster and a beast. IAGO
There’s many a beast then in a populous city, And many a civil monster. OTHELLO Did he confess it?
50. No, forbear: così in Q, non in F. 1228
60
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
IAGO
Lavora, mio veleno, lavora: così si prendono i merli, e molte dame degne e caste, proprio così, per quanto incensurabili, si compromettono. Ehi, mio signore, mio signore, dico! Otello! Entra Cassio Siete voi, Cassio? CASSIO
Ma che succede? IAGO
Il mio signore ha una crisi epilettica. È già il secondo attacco, ne ha avuto uno ieri. CASSIO
Strofinagli le tempie! IAGO
No, aspettiamo103. Il letargo deve avere un corso tranquillo, altrimenti schiuma dalla bocca, e senza preavviso esplode in una pazzia furibonda. Ecco, si muove: ritiratevi un momento, si riprenderà presto. Quando poi siamo soli vorrei parlarvi di una faccenda importante. Cassio esce Come va, generale? Vi siete fatto male alla testa? OTELLO
Vuoi burlarti di me104? IAGO
Io burlarmi di voi? No, per il cielo, vorrei vedervi sopportare le disgrazie da uomo. OTELLO
Un uomo con le corna è un mostro, è un animale. IAGO
E allora ci sono tanti animali in una città popolata, e molti mostri tra i cittadini. OTELLO
Ha confessato?
1229
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
IAGO Good sir, be a man.
Think every bearded fellow that’s but yoked May draw with you. There’s millions now alive That nightly lie in those unproper beds Which they dare swear peculiar. Your case is better. O, ’tis the spite of hell, the fiend’s arch-mock, To lip a wanton in a secure couch And to suppose her chaste! No, let me know, And knowing what I am, I know what she shall be.
65
70
OTHELLO
O, thou art wise, ’tis certain. Stand you a while apart. Confine yourself but in a patient list. Whilst you were here, o’erwhelmèd with your grief – A passion most unsuiting such a man – Cassio came hither. I shifted him away, And laid good ’scuse upon your ecstasy, Bade him anon return and here speak with me, The which he promised. Do but encave yourself, And mark the fleers, the gibes and notable scorns That dwell in every region of his face. For I will make him tell the tale anew, Where, how, how oft, how long ago, and when He hath and is again to cope your wife. I say, but mark his gesture. Marry, patience, Or I shall say you’re all-in-all in spleen, And nothing of a man. OTHELLO Dost thou hear, Iago? I will be found most cunning in my patience, But – dost thou hear? – most bloody. IAGO That’s not amiss, But yet keep time in all. Will you withdraw? IAGO
76
80
85
91
Othello stands apart
76. Unsuiting: così in Qd; in Qc unfitting, con lo stesso significato; in F resulting (?). 1230
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
IAGO
Buon signore, siate uomo, pensate che chiunque si trovi sotto un giogo simile può tirare con voi. Ce n’è un milione oggi in giro che ogni notte entrano in quei letti comuni convinti che siano privati: il vostro caso è migliore. Oh, è la beffa del diavolo, il dileggio del demonio, mettere una sgualdrina in un giaciglio protetto e illuderci che sia casta. No, io voglio sapere, e sapendo cosa sono io, saprò anche chi è lei. OTELLO
Oh, tu sei saggio, questo è certo. IAGO
Tenetevi un po’ in disparte; accettate per un poco il freno della pazienza. Mentre eravate qui poco fa sopraffatto dal dolore – passione che fa torto a un uomo come voi – è passato Cassio. Io l’ho allontanato con la scusa del vostro mancamento, ma gli ho detto di tornare qui a parlare con me, il che ha promesso di fare. Voi nascondetevi e osservate i lazzi, gli scherni, il non celato disprezzo che abita ogni punto del suo viso; poiché io gli farò raccontare da cima a fondo la storia del dove, come, quante volte, da quanto tempo e quando si è fatto e tornerà a farsi vostra moglie. Vi dico solo di osservare i suoi gesti. Però controllatevi, o dovrò dichiarare che siete in preda alle passioni e non siete più un uomo. OTELLO
Mi ascolti, Iago? Voglio dimostrarmi pieno di astuzia nel mio controllo… Ma – stai a sentire? – pieno di ferocia. IAGO
Questo è giusto. Ma ogni cosa a suo tempo. Volete nascondervi? Otello si ritira in disparte
1231
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
Now will I question Cassio of Bianca, A hussy that by selling her desires Buys herself bread and cloth. It is a creature That dotes on Cassio – as ’tis the strumpet’s plague To beguile many and be beguiled by one. He, when he hears of her, cannot restrain From the excess of laughter.
95
Enter Cassio Here he comes. As he shall smile, Othello shall go mad; And his unbookish jealousy must conster Poor Cassio’s smiles, gestures, and light behaviours Quite in the wrong. How do you now, lieutenant?
100
CASSIO
The worser that you give me the addition Whose want even kills me. IAGO
Ply Desdemona well and you are sure on’t. Now, if this suit lay in Bianca’s power, How quickly should you speed! CASSIO (laughing) Alas, poor caitiff! OTHELLO (aside) Look how he laughs already.
105
IAGO
I never knew a woman love man so. CASSIO
Alas, poor rogue! I think i’faith she loves me. OTHELLO (aside)
Now he denies it faintly, and laughs it out. IAGO
Do you hear, Cassio? Now he importunes him To tell it o’er. Go to, well said, well said.
OTHELLO (aside)
97. Restrain: così in F; in Q refrain = “trattenersi”. 100. Conster: così in Q; in F conserve = “conserverà”. 1232
110
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
Ora voglio interrogare Cassio su Bianca, una comare che vendendo la sua desiderabilità si compra pane e vestiti; è una creatura che adora Cassio. È il castigo delle puttane, ingannare molti ed essere ingannate da uno solo. Lui quando sente il suo nome non può fare a meno di mettersi a ridere. Entra Cassio Eccolo. Quando lo vedrà allegro, Otello perderà la testa, e la sua ingenua gelosia costruirà105 i sorrisi, i gesti e la frivolezza del povero Cassio in senso totalmente errato. Come va, luogotenente? CASSIO
Ancora peggio, se mi dai quel titolo la cui assenza mi uccide. IAGO
Lavoratevi Desdemona, e state tranquillo. Certo, se la cosa fosse nelle mani di Bianca, ve la sbrighereste in poco tempo! CASSIO (ride) Ah, povera sciocchina! OTELLO (a parte) Guardalo, già ride! IAGO
Non ho mai visto una femmina così innamorata. CASSIO
Sì, poveretta, credo proprio che mi ami. OTELLO (a parte)
Lo nega senza convinzione, e ci ride sopra. IAGO
Ma hai sentito, Cassio? OTELLO (a parte)
E lui lo provoca perché parli. Sì, forza, bravo, bravo!
1233
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
IAGO
She gives it out that you shall marry her. Do you intend it? CASSIO Ha, ha, ha! OTHELLO (aside) Do ye triumph, Roman, do you triumph? CASSIO I marry! What, a customer? Prithee, bear some charity to my wit – do not think it so unwholesome. Ha, ha, ha! OTHELLO (aside) So, so, so, so. They laugh that wins. IAGO Faith, the cry goes that you marry her. CASSIO Prithee, say true. IAGO I am a very villain else. OTHELLO (aside) Ha’ you scored me? Well. CASSIO This is the monkey’s own giving out. She is persuaded I will marry her out of her own love and flattery, not out of my promise. OTHELLO (aside) Iago beckons me. Now he begins the story.
115
120
125
Othello draws closer CASSIO She was here even now. She haunts me in every
place. I was the other day talking on the sea-bank with certain Venetians, and thither comes the bauble, and falls me thus about my neck. OTHELLO (aside) Crying ‘O dear Cassio!’ as it were. His gesture imports it. CASSIO So hangs and lolls and weeps upon me, so shakes and pulls me – ha, ha, ha!
135
129. Beckons: così in Q; in F becomes = “diviene”. 132-133. And falls me = “e mi si aggrappa”: così in F, in Q: and by this hand she falls me, che si segue in traduzione. 1234
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
IAGO
Va dicendo in giro che la sposerete. Avete questa intenzione? CASSIO
Ah, ah, ah! OTELLO (a parte)
Sei in trionfo, romano106? Sei in trionfo? CASSIO
Sposarla io? Ma chi? Una cortigiana? Per favore, fai un po’ di credito al mio cervello, non considerarlo così malato. Ah, ah, ah! OTELLO (a parte) Ecco, ecco, ecco, ecco; ride chi vince. IAGO
Ve lo dico io, si dice che la sposerete. CASSIO
Per favore, di’ la verità. IAGO
Datemi del farabutto se non è così. OTELLO (a parte)
Mi hai ferito? Bene. CASSIO
La scimmiotta lo dice di sua iniziativa: è convinta che la sposerò, perché si è innamorata e si illude, non per nessuna mia promessa. OTELLO (a parte) Iago mi fa cenno, ora comincia la storia. Otello si avvicina CASSIO
Era qui un momento fa, mi perseguita dappertutto. L’altro giorno ero sulla spiaggia e parlavo con certi veneziani, e arriva questa fraschetta. Ti giuro su questa mano, che mi si aggrappa al collo così… OTELLO (a parte) Gridando, “Mio caro Cassio”, magari; dal gesto si direbbe. CASSIO
Si aggrappa, e mi stringe, e mi piange addosso, e mi trascina, e mi tira, ah, ah, ah!
1235
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
OTHELLO (aside) Now he tells how she plucked him to my
chamber. O, I see that nose of yours, but not that dog I shall throw it to! CASSIO Well, I must leave her company.
140
Enter Bianca IAGO Before me, look where she comes. CASSIO ’Tis such another fitchew! Marry, a perfumed one.
(To Bianca) What do you mean by this haunting of me? BIANCA Let the devil and his dam haunt you. What did
you mean by that same handkerchief you gave me even now? I was a fine fool to take it. I must take out the whole work – a likely piece of work, that you should find it in your chamber and know not who left it there. This is some minx’s token, and I must take out the work. There, give it your hobby-horse. (Giving Cassio the napkin) Wheresoever you had it, I’ll take out no work on’t. CASSIO How now, my sweet Bianca, how now, how now? OTHELLO (aside) By heaven, that should be my handkerchief. BIANCA An you’ll come to supper tonight, you may. An you will not, come when you are next prepared for.
155
Exit IAGO After her, after her. CASSIO Faith, I must, she’ll rail in the streets else. IAGO Will you sup there?
160
CASSIO Faith, I intend so.
148. Whole: in Q, non in F. 156. An … an: così in Q; in F if … if ; an è idioma per if (frequente, e qui non più segnalato). 1236
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
OTELLO (a parte)
Ora gli racconta come lo ha portato in camera mia. Vedo il tuo naso, ma non vedo il cane al quale lo getterò107. CASSIO
Be’, è arrivato il momento di darle il benservito. Entra Bianca IAGO
Parola mia, eccola che viene! CASSIO
È peggio di una puzzola108! Profumata, però. (A Bianca) Che significa questo? Mi vieni sempre dietro. BIANCA
Che ti vengano dietro il diavolo e la sua mamma! Che significa questo fazzoletto che mi hai dato poco fa? Sono stata proprio scema a prenderlo. Dovevo copiare tutto109 il ricamo? Bella storia, che l’hai trovato in camera tua senza avere idea di chi de lo avesse lasciato! Questo è il regalo di una sciacquetta, e io dovrei copiare il ricamo? Tieni, dallo alla tua nuova cavalla a dondolo110! (Dà a Cassio il fazzoletto) Dovunque tu lo abbia trovato, io non copio nessun ricamo! CASSIO
Ehi, che c’è, dolce Bianca, che c’è ora, che c’è? OTELLO (a parte) Per il cielo, quello dev’essere il mio fazzoletto! BIANCA
Se vuoi venire a cena questa sera, fai pure, e se non vuoi, vieni la prossima volta che hai voglia111. Esce IAGO
Seguitela, seguitela. CASSIO
Sì, è meglio, o farà una scenata in mezzo alla strada. IAGO
Ci andrete, a cena? CASSIO
Sì, penso proprio di sì.
1237
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
IAGO Well, I may chance to see you, for I would very
fain speak with you. CASSIO Prithee, come, will you? IAGO Go to, say no more. Exit Cassio OTHELLO How shall I murder him, Iago? IAGO Did you perceive how he laughed at his vice? OTHELLO O Iago! IAGO And did you see the handkerchief? OTHELLO Was that mine? IAGO Yours, by this hand. And to see how he prizes the foolish woman your wife. She gave it him, and he hath given it his whore. OTHELLO I would have him nine years a-killing. A fine woman, a fair woman, a sweet woman. IAGO Nay, you must forget that. OTHELLO Ay, let her rot and perish, and be damned tonight, for she shall not live. No, my heart is turned to stone; I strike it, and it hurts my hand. O, the world hath not a sweeter creature! She might lie by an emperor’s side, and command him tasks. IAGO Nay, that’s not your way.
171-173. IAGO… whore: così in F, non in Q. 1238
166
170
175
181
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
IAGO
Be’, può darsi che vi cerchi lì, perché ci terrei molto a dirvi due parole. CASSIO
Vieni anche tu allora, ti prego! IAGO
Andate, non dite altro ora. Cassio esce OTELLO
Come devo assassinarlo, Iago? IAGO
Avete visto come rideva dei suoi vizi? OTELLO
Oh, Iago! IAGO
E avete visto il fazzoletto? OTELLO
Ma era il mio? IAGO
Il vostro, ve lo giuro; e avete visto quanto ci tiene, a quella sciocca di vostra moglie? Lei glielo ha regalato, e lui lo ha dato alla sua puttana. OTELLO
Vorrei metterci nove anni a ucciderlo! Una donna così perfetta, una donna così bella, una donna così dolce! IAGO
No, questo dovete dimenticarlo. OTELLO
Sì, che crepi, marcisca, vada all’inferno questa notte stessa, perché non deve vivere! No, il mio cuore è diventato di pietra; lo colpisco e mi faccio male alla mano! Oh, il mondo non ha una creatura più dolce… Era degna di dividere il letto di un imperatore, e di dargli degli ordini. IAGO
No, non dovete fare così.
1239
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
OTHELLO Hang her, I do but say what she is – so delicate
with her needle, an admirable musician. O, she will sing the savageness out of a bear! Of so high and plenteous wit and invention. IAGO She’s the worse for all this. OTHELLO O, a thousand, a thousand times! And then of so gentle a condition. IAGO Ay, too gentle. OTHELLO Nay, that’s certain. But yet the pity of it, Iago. O, Iago, the pity of it, Iago! IAGO If you are so fond over her iniquity, give her patent to offend; for if it touch not you, it comes near nobody. OTHELLO I will chop her into messes. Cuckold me! IAGO O, ’tis foul in her. OTHELLO With mine officer. IAGO That’s fouler. OTHELLO Get me some poison, Iago, this night. I’ll not expostulate with her, lest her body and beauty unprovide my mind again. This night, Iago. IAGO Do it not with poison. Strangle her in her bed, even the bed she hath contaminated. OTHELLO Good, good, the justice of it pleases, very good. IAGO And for Cassio, let me be his undertaker. You shall hear more by midnight.
1240
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206
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
OTELLO
Che si impicchi, la descrivo solo com’è: così delicata con l’ago, mirabile musicista… Oh, col canto ammansirebbe un orso selvaggio! E uno spirito, una fantasia così alti e ricchi! IAGO
Questo la rende ancora più colpevole. OTELLO
Mille e mille volte. E poi, un’indole così soave! IAGO
Sì, troppo. OTELLO
Infatti, questo è certo, però che peccato, Iago. Oh, Iago, che peccato, Iago! IAGO
Se vi commuove tanto la sua iniquità, datele il permesso di offendere, perché se non nuoce a voi, non dà fastidio a nessun altro. OTELLO
Io la farò in cento pezzi… Mi ha messo le corna! IAGO
Oh, è stato brutto da parte sua. OTELLO
E con il mio ufficiale! IAGO
Peggio ancora. OTELLO
Trovami del veleno, Iago, questa notte. Non voglio spiegazioni con colei, temo che il suo cuore e la sua bellezza mi disarmino il cuore un’altra volta. Questa notte, Iago. IAGO
Non fatelo col veleno, strangolatela nel suo letto. In quello stesso letto che ha contaminato. OTELLO
Bene, bene, è giusto come dici, mi piace… molto bene. IAGO
E quanto a Cassio, lasciate che me ne occupi io. Avrete altre notizie prima di mezzanotte.
1241
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
OTHELLO Excellent good.
A trumpet What trumpet is that same? IAGO I warrant, something from Venice.
Enter Lodovico, Desdemona, and attendants ’Tis Lodovico. This comes from the Duke. See, your wife’s with him. LODOVICO God save the worthy general. OTHELLO With all my heart, sir. LODOVICO (giving Othello a letter) The Duke and the senators of Venice greet you. OTHELLO I kiss the instrument of their pleasures.
211
215
He reads the letter DESDEMONA
And what’s the news, good cousin Lodovico? IAGO (to Lodovico) I am very glad to see you, signor.
Welcome to Cyprus. LODOVICO I thank you. How does Lieutenant Cassio?
220
IAGO Lives, sir. DESDEMONA
Cousin, there’s fall’n between him and my lord An unkind breach. But you shall make all well. OTHELLO Are you sure of that? DESDEMONA My lord. OTHELLO (reads) ‘This fail you not to do as you will’ –
225
212. God save the worthy general: così in Q; in F Save you worthy general. 1242
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
OTELLO
Magnifico. Una tromba E questa tromba? IAGO
Arrivi da Venezia, di sicuro. Entrano Lodovico, Desdemona e seguito È Lodovico che viene dal Doge, e guardate, vostra moglie è con lui. LODOVICO
Dio salvi il valoroso generale! OTELLO
Vi ringrazio col cuore, signore. LODOVICO (dando a Otello una lettera) Il Doge e il Senato di Venezia vi salutano. OTELLO
Bacio lo strumento della loro volontà. Legge la lettera DESDEMONA
Cugino Lodovico, che notizie? IAGO (a Lodovico)
Sono assai lieto di vedervi, signore. Benvenuto a Cipro. LODOVICO
Vi ringrazio. Come sta il luogotenente Cassio? IAGO
È vivo, signore. DESDEMONA
Cugino, c’è stato tra lui e il mio signore un antipatico screzio, ma voi risanerete ogni cosa. OTELLO
Ne sei sicura? DESDEMONA
Mio signore? OTELLO (legge)
“Non frapponete indugi, ma così come vi trovate…”
1243
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
LODOVICO
He did not call, he’s busy in the paper. Is there division ’twixt my lord and Cassio? DESDEMONA
A most unhappy one. I would do much T’atone them, for the love I bear to Cassio.
230
OTHELLO
Fire and brimstone! My lord? OTHELLO Are you wise? DESDEMONA DESDEMONA
What, is he angry? Maybe the letter moved him, For, as I think, they do command him home, Deputing Cassio in his government. DESDEMONA By my troth, I am glad on’t. OTHELLO Indeed! DESDEMONA My lord? OTHELLO (to Desdemona) I am glad to see you mad. DESDEMONA Why, sweet Othello! OTHELLO Devil! LODOVICO
He strikes her DESDEMONA I have not deserved this. LODOVICO
My lord, this would not be believed in Venice, Though I should swear I saw’t. ’Tis very much. Make her amends, she weeps.
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235
240
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
LODOVICO
Non diceva a noi, sta leggendo la lettera. C’è discordia tra il mio signore e Cassio? DESDEMONA
Sì, purtroppo. Farei di tutto per riconciliarli, dato l’affetto che porto a Cassio. OTELLO
Fuoco d’inferno112! DESDEMONA
Mio signore? OTELLO
Lo sai quello che dici113? DESDEMONA
Ma è in collera? LODOVICO
Forse la lettera lo ha scosso; perché credo che lo richiamino in patria, delegando Cassio come governatore. DESDEMONA
Giuro che mi fa piacere. OTELLO
Davvero! DESDEMONA
Mio signore? OTELLO (a Desdemona) Vedo che sei diventata pazza114, brava! DESDEMONA
Perché, dolce Otello? OTELLO
Demonio! La colpisce DESDEMONA
Questo non lo merito. LODOVICO
Mio signore, nessuno lo crederebbe a Venezia, anche se giurassi di averlo visto! È troppo, chiedetele scusa, piange.
1245
OTHELLO, ACT 4 SCENE 1
O, devil, devil! If that the earth could teem with woman’s tears, Each drop she falls would prove a crocodile. Out of my sight! DESDEMONA (going) I will not stay to offend you. OTHELLO
245
LODOVICO
Truly, an obedient lady. I do beseech your lordship call her back. OTHELLO Mistress! DESDEMONA (returning) My lord? OTHELLO (to Lodovico) What would you with her, sir? LODOVICO Who, I, my lord?
250
OTHELLO
Ay, you did wish that I would make her turn. Sir, she can turn and turn, and yet go on And turn again, and she can weep, sir, weep, And she’s obedient, as you say, obedient, Very obedient. (To Desdemona) Proceed you in your tears. (To Lodovico) Concerning this, sir – (To Desdemona) O well painted passion! (To Lodovico) I am commanded home. (To Desdemona) Get you away. I’ll send for you anon. (To Lodovico) Sir, I obey the mandate, And will return to Venice. (To Desdemona) Hence, avaunt! Exit Desdemona (To Lodovico) Cassio shall have my place, and, sir, tonight I do entreat that we may sup together. You are welcome, sir, to Cyprus. Goats and monkeys!
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260
Exit LODOVICO
Is this the noble Moor whom our full senate Call all-in-all sufficient? Is this the nature
1246
266
OTELLO, ATTO IV SCENA 1
OTELLO
Oh, demonio, demonio! Se la terra fosse fecondata dalle lacrime delle donne, ogni goccia che costei versa diventerebbe un coccodrillo115. Via dai miei occhi! DESDEMONA (avviandosi per uscire) Non rimango, se vi do fastidio. LODOVICO
Ma è una moglie obbediente. Vi supplico, signore, richiamatela. OTELLO
Signora! DESDEMONA (tornando indietro)
Mio signore? OTELLO (a Lodovico)
Che cosa volete da lei, signore? LODOVICO
Chi, io, mio signore? OTELLO
Sì, mi avete chiesto voi di farla voltare. Caro signore, lei sa voltarsi e rivoltarsi, e continuare a rivoltarsi all’infinito, sa anche piangere, signore, piangere, ed è obbediente, come dite voi, obbediente; molto obbediente. (A Desdemona) Continui con le tue lacrime? (A Lodovico) Quanto a questa lettera… (A Desdemona) Oh, che ben dipinta commozione! (A Lodovico) Qui mi si comanda di tornare. (A Desdemona) Via, tu, ti mando a chiamare tra poco. (A Lodovico) Signore, obbedisco all’ordine e rientro a Venezia. – Via di qui, muoviti! Desdemona esce (A Lodovico) Cassio avrà il mio incarico. E questa sera, signore, vi prego di venire a pranzo da me, siete il benvenuto, signore, a Cipro… Caproni e scimmie116! Esce LODOVICO
E questo è il nobile Moro, che tutto il nostro Senato considera un uomo superiore? Questa è la nobile natura che la passione non può
1247
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
Whom passion could not shake, whose solid virtue The shot of accident nor dart of chance Could neither graze nor pierce? IAGO He is much changed. LODOVICO
Are his wits safe? Is he not light of brain?
271
IAGO
He’s that he is. I may not breathe my censure What he might be. If what he might he is not, I would to heaven he were. LODOVICO What, strike his wife! IAGO
Faith, that was not so well. Yet would I knew That stroke would prove the worst. LODOVICO Is it his use, Or did the letters work upon his blood And new-create his fault? IAGO Alas, alas. It is not honesty in me to speak What I have seen and known. You shall observe him, And his own courses will denote him so That I may save my speech. Do but go after, And mark how he continues.
275
281
LODOVICO
I am sorry that I am deceived in him.
Exeunt
Enter Othello and Emilia
4.2
OTHELLO You have seen nothing then? EMILIA
Nor ever heard, nor ever did suspect. OTHELLO
Yes, you have seen Cassio and she together. EMILIA
But then I saw no harm, and then I heard Each syllable that breath made up between ’em.
1248
5
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
alterare? La cui solida virtù né i colpi della sorte né i dardi del caso possono scalfire, né trafiggere? IAGO
È molto cambiato. LODOVICO
Ma credete che sia in sé? Non sarà indebolito nel cervello? IAGO
È quello che è. Non spetta a me pronunciare un giudizio su come potrebb’essere. Se non è come potrebbe, Dio volesse che lo fosse117! LODOVICO
Ma colpire sua moglie! IAGO
Certo, non è stato bello. Ma vorrei essere sicuro che questo colpo fosse stato il peggio. LODOVICO
Fa spesso così? O la lettera gli ha eccitato il sangue e ha provocato questo eccesso? IAGO
Ahimè, ahimè! Non è onesto che io adesso dica cosa ho visto e saputo. A voi osservarlo, e il suo contegno lo descriverà in modo tale, che posso fare a meno di parlare. Basta che gli andiate dietro e stiate a guardare il seguito. LODOVICO
Mi dispiace di essermi ingannato su di lui. Escono Entrano Otello e Emilia118
IV, 2
OTELLO
Non avresti visto niente, dunque? EMILIA
Né ho mai sentito, né ho mai avuto sospetti. OTELLO
Sì, ma hai visto Cassio e lei insieme. EMILIA
Ma non c’era niente di male, e poi ho sentito ogni sillaba che è uscita dai loro fiati combinati.
1249
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
OTHELLO What, did they never whisper? EMILIA Never, my lord. OTHELLO Nor send you out o’th’ way? EMILIA Never. OTHELLO
To fetch her fan, her gloves, her mask, nor nothing? EMILIA Never, my lord.
11
OTHELLO That’s strange. EMILIA
I durst, my lord, to wager she is honest, Lay down my soul at stake. If you think other, Remove your thought; it doth abuse your bosom. If any wretch ha’ put this in your head, Let heaven requite it with the serpent’s curse, For if she be not honest, chaste, and true, There’s no man happy; the purest of their wives Is foul as slander. OTHELLO Bid her come hither. Go. Exit Emilia She says enough, yet she’s a simple bawd That cannot say as much. This is a subtle whore, A closet lock and key of villainous secrets, And yet she’ll kneel and pray – I ha’ seen her do’t. Enter Desdemona and Emilia DESDEMONA
My lord, what is your will? Pray you, chuck, come hither.
OTHELLO
DESDEMONA
What is your pleasure?
1250
15
20
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
OTELLO
Come, non hanno mai parlato sottovoce? EMILIA
Mai, mio signore. OTELLO
Non ti hanno mai fatta allontanare? EMILIA
Mai. OTELLO
A prenderle il ventaglio, la maschera, i guanti o qualcos’altro? EMILIA
Mai, mio signore. OTELLO
È strano. EMILIA
Oserei, mio signore, scommettere che è onesta… Giocarci sopra la mia anima! Se pensate altrimenti, rimuovete quel pensiero, che froda il vostro petto. Se qualche miserabile vi ha messo questo in testa, il cielo lo ripaghi con la maledizione del serpente119; perché se lei non è onesta, casta e sincera, non esiste marito felice, e la più pura delle loro mogli è sporca come la calunnia. OTELLO
Falla venire qui, vai! Emilia esce Dice abbastanza, ma sarebbe una ruffiana da poco se non sapesse almeno dire. Lei è una puttana furba, uno scrigno con tanto di chiave, pieno di segreti orrendi; eppure si inginocchia a pregare, l’ho vista coi miei occhi. Entrano Desdemona e Emilia DESDEMONA
Mio signore, che vuoi? OTELLO
Vieni qui, bambina, ti prego. DESDEMONA
Comanda pure.
1251
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
Let me see your eyes. Look in my face. DESDEMONA What horrible fancy’s this? OTHELLO (to Emilia) Some of your function, mistress. Leave procreants alone, and shut the door, Cough or cry ‘Hem’ if anybody come. Your mystery, your mystery – nay, dispatch. OTHELLO
26
30
Exit Emilia DESDEMONA
Upon my knees, what doth your speech import? I understand a fury in your words, But not the words. OTHELLO Why, what art thou?
35
DESDEMONA
Your wife, my lord, your true and loyal wife. OTHELLO Come, swear it, damn thyself,
Lest, being like one of heaven, the devils themselves Should fear to seize thee. Therefore be double-damned: Swear thou art honest. DESDEMONA Heaven doth truly know it.
40
OTHELLO
Heaven truly knows that thou art false as hell. DESDEMONA
To whom, my lord? With whom? How am I false? OTHELLO (weeping)
Ah, Desdemon, away, away, away! DESDEMONA
Alas, the heavy day! Why do you weep? Am I the motive of these tears, my lord? If haply you my father do suspect An instrument of this your calling back, Lay not your blame on me. If you have lost him, I have lost him too.
34-35: But not the words: così in Q, non in F. 1252
45
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
OTELLO
Fammi vedere gli occhi… Guardami in viso. DESDEMONA
Che orribile capriccio è questo? OTELLO (a Emilia)
Fa’ il tuo lavoro, mezzana, lascia soli i fornicatori, e chiudi la porta, tossisci o fai “ehm” se viene qualcuno. Il tuo mestiere, il tuo mestiere120! Su, sparisci. Emilia esce DESDEMONA
Te lo chiedo in ginocchio, che significa quello che dici? Io capisco il furore nelle tue parole, ma non le parole121! OTELLO
Perché, chi sei tu? DESDEMONA
Tua moglie, mio signore, la tua fedele e leale moglie. OTELLO
Su, giuralo, e ti dannerai! A meno che, visto che sei simile a un angelo del cielo, i diavoli stessi abbiano paura di afferrarti, e così sarai dannata due volte. Giura che sei onesta. DESDEMONA
Il cielo di sicuro lo sa. OTELLO
Il cielo di sicuro sa che sei falsa come l’inferno. DESDEMONA
Falsa con chi, mio signore? Con chi? Come sarei falsa? OTELLO (piangendo)
Oh, Desdemona! Basta! Basta! Basta! DESDEMONA
Ahimè, che triste giorno. Perché piangi? Sono io la cagione di queste lacrime, mio signore? Se sospetti che mio padre sia lo strumento di questo tuo richiamo, non prendertela con me. Forse hai perso il suo affetto, ma allora l’ho perso anch’io.
1253
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
Had it pleased God To try me with affliction; had He rained All kind of sores and shames on my bare head, Steeped me in poverty to the very lips, Given to captivity me and my utmost hopes, I should have found in some place of my soul A drop of patience. But, alas, to make me The fixèd figure for the time of scorn To point his slow and moving finger at – Yet could I bear that too, well, very well. But there where I have garnered up my heart, Where either I must live or bear no life, The fountain from the which my current runs Or else dries up – to be discarded thence, Or keep it as a cistern for foul toads To knot and gender in! Turn thy complexion there, Patience, thou young and rose-lipped cherubin, Ay, here look grim as hell.
OTHELLO
50
55
60
65
DESDEMONA
I hope my noble lord esteems me honest. OTHELLO
O, ay – as summer flies are in the shambles, That quicken even with blowing. O thou weed, Who art so lovely fair, and smell’st so sweet, That the sense aches at thee – would thou hadst ne’er been born!
70
DESDEMONA
Alas, what ignorant sin have I committed? OTHELLO
Was this fair paper, this most goodly book, Made to write ‘whore’ upon? What committed? Committed? O thou public commoner,
75
50. Had He rained: in Q had they rained – che rende attivi “sorrows and shames”. 57. And moving: così in F, in Q unmoving = “immobile”, ma per altri curatori potrebbe significare “lento movimento”. 75-78. Versi assenti in Q. 1254
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
OTELLO
Se fosse piaciuto al cielo di infliggermi ogni sventura, di far piovere122 ogni genere di dolori e di vergogne sul mio capo nudo, di immergermi nella miseria fino alla bocca, di gettare in prigione me e le mie speranze, avrei trovato in qualche parte della mia anima un’ombra di pazienza; ma ahimè, fare di me il numero fisso su cui il tempo dello scherno muove il suo lento dito123… Eppure avrei sopportato anche questo, e bene, molto bene; ma là nel mio cuore, dove ho fatto provviste, dove debbo vivere o perdere la vita, la fonte dalla quale la mia corrente scorre oppure si dissecca124 – esserne allontanato, o tenerla come cisterna in cui immondi rospi si avvinghiano e riproducono! Cambia il colore del tuo incarnato, o Pazienza, giovane cherubino dalle labbra di rosa! Sì, sii nero come l’inferno! DESDEMONA
Spero che il mio nobile signore mi giudichi onesta. OTELLO
Oh, sì, come le mosche d’estate nei macelli, quando si moltiplicano al primo soffio d’aria125! Erba cattiva, perché sei di una bellezza così adorabile? Hai un profumo così, da farmi dolere i sensi… Non fossi mai nata! DESDEMONA
Ahimè, che peccato ho commesso? Non so nulla. OTELLO
Dunque questo candido foglio, questo nobilissimo libro fu fatto per scriverci “puttana”? – Cosa dici, “commesso”126? “Commesso”127! O pubblica donnaccia, dovrei fare delle mie guance fornaci
1255
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
I should make very forges of my cheeks, That would to cinders burn up modesty, Did I but speak thy deeds. What committed? Heaven stops the nose at it, and the moon winks; The bawdy wind, that kisses all it meets, Is hushed within the hollow mine of earth And will not hear’t. What committed? DESDEMONA By heaven, you do me wrong. OTHELLO Are not you a strumpet? DESDEMONA No, as I am a Christian. If to preserve this vessel for my lord From any other foul unlawful touch Be not to be a strumpet, I am none.
80
85
OTHELLO
What, not a whore? No, as I shall be saved. OTHELLO Is’t possible? DESDEMONA O heaven forgive us! OTHELLO I cry you mercy then. I took you for that cunning whore of Venice That married with Othello. (Calling) You, mistress, That have the office opposite to Saint Peter And keeps the gate of hell, DESDEMONA
90
95
Enter Emilia you, you, ay, you. We ha’ done our course. (Giving money) There’s money for your pains. I pray you, turn the key and keep our counsel.
Exit
EMILIA
Alas, what does this gentleman conceive? How do you, madam? How do you, my good lady? DESDEMONA Faith, half asleep.
1256
101
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
che fino in fondo brucerebbero la verecondia, se parlassi delle tue azioni. Cosa hai commesso? Il cielo si tappa il naso davanti a ciò, e la luna chiude gli occhi: il ruffiano vento che bacia tutto quello che tocca tace dentro le cave viscere della terra, e non vuole sentire! – Cos’hai commesso? Troia impudente! DESDEMONA
Per il cielo, mi fai torto. OTELLO
Non sei una troia? DESDEMONA
No, com’è vero che sono una cristiana. Se il preservare questo corpo per il mio signore da qualunque contatto sconcio e illecito significa non essere una troia, non lo sono. OTELLO
Non sei una puttana? DESDEMONA
No, sulla mia salvezza eterna. OTELLO
È possibile? DESDEMONA
Oh, cielo, abbi pietà. OTELLO
Allora ti domando perdono. Ti avevo preso per quella astuta puttana di Venezia che ha sposato Otello. (Chiama) E tu, mezzana, che hai l’incarico opposto a quello di San Pietro e fai la guardia alle porte dell’inferno128 Entra Emilia tu, tu! – Sì, tu: abbiamo finito. (Le dà del denaro) Ecco la mancia per il tuo disturbo. Mi raccomando, chiudi a chiave, e acqua in bocca. Esce EMILIA
Ahimè, ma cos’ha in testa quest’uomo? Come state, signora? Buona signora, come state? DESDEMONA
Veramente, mezza stordita. 1257
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
EMILIA
Good madam, what’s the matter with my lord? DESDEMONA
With who? Why, with my lord, madam.
EMILIA
DESDEMONA
Who is thy lord? He that is yours, sweet lady.
EMILIA
DESDEMONA
I ha’ none. Do not talk to me, Emilia. I cannot weep, nor answers have I none But what should go by water. Prithee tonight Lay on my bed my wedding sheets, remember. And call thy husband hither. EMILIA Here’s a change indeed.
105
Exit DESDEMONA
’Tis meet I should be used so, very meet. How have I been behaved, that he might stick The small’st opinion on my least misuse?
110
Enter Iago and Emilia IAGO
What is your pleasure, madam? How is’t with you? DESDEMONA
I cannot tell. Those that do teach young babes Do it with gentle means and easy tasks. He might ha’ chid me so, for, in good faith, I am a child to chiding. IAGO What is the matter, lady?
115
EMILIA
Alas, Iago, my lord hath so bewhored her, Thrown such despite and heavy terms upon her, That true hearts cannot bear it.
1258
120
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
EMILIA
Buona signora, che cos’ha il mio signore? DESDEMONA
Chi? EMILIA
Ma il mio signore, signora. DESDEMONA
Chi è il tuo signore? EMILIA
Lo stesso, dolce signora, che è il vostro. DESDEMONA
Io non ne ho alcuno. Ma non dirmi nulla, Emilia, non riesco a piangere, e non saprei rispondere se non con le lacrime. Ti prego, questa sera rifammi il letto con le lenzuola delle nozze, ricordatelo, e chiedi a tuo marito di venire qui. EMILIA
Ma che cambiamento! Esce DESDEMONA
È giusto che sia trattata così, più che giusto. Ma come mi sarò condotta, perché egli debba attribuire il biasimo più aspro al mio minimo errore? Entrano Iago e Emilia IAGO
In che posso servirvi, signora? E come state? DESDEMONA
Non lo so dire. Chi deve insegnare ai bambini lo fa con maniere gentili, e compiti facili: avrebbe potuto sgridarmi così, perché, dico davvero, sono una bambina se mi sgridano. IAGO
Ma cosa è successo? EMILIA
Ahimè, Iago, il mio signore le ha dato della puttana, l’ha caricata di un tal disprezzo e di tali epiteti che un cuore sincero non lo può tollerare.
1259
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
DESDEMONA Am I that name, Iago? IAGO What name, fair lady? DESDEMONA
Such as she said my lord did say I was. EMILIA
He called her whore. A beggar in his drink Could not have laid such terms upon his callet. IAGO Why did he so?
125
DESDEMONA
I do not know. I am sure I am none such. IAGO
Do not weep, do not weep. Alas the day! EMILIA
Hath she forsook so many noble matches, Her father and her country and her friends, To be called whore? Would it not make one weep?
130
DESDEMONA
It is my wretched fortune. Beshrew him for’t. How comes this trick upon him? DESDEMONA Nay, heaven doth know. IAGO
EMILIA
I will be hanged if some eternal villain, Some busy and insinuating rogue, Some cogging, cozening slave, to get some office, Have not devised this slander. I will be hanged else.
135
IAGO
Fie, there is no such man. It is impossible. DESDEMONA
If any such there be, heaven pardon him. EMILIA
A halter pardon him, and hell gnaw his bones! Why should he call her whore? Who keeps her company? What place, what time, what form, what likelihood?
1260
140
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
DESDEMONA
Merito quel nome, Iago? IAGO
Quale, bella signora? DESDEMONA
Quello che Emilia dice che il mio signore mi ha dato. EMILIA
Le ha detto puttana: un mendicante ubriaco non avrebbe potuto chiamare così la sua ganza! IAGO
E perché lo ha fatto? DESDEMONA
Non lo so, sono sicura di non essere una donna così. IAGO
Non piangete, non piangete! Oh, che disgrazia! EMILIA
Ha rinunciato a tanti nobili partiti, a suo padre, al suo paese, a tutti i suoi amici, per farsi chiamare puttana? Come si fa a non piangere? DESDEMONA
È il mio triste destino. IAGO
Che ricada sul suo capo! Come gli sono prese, queste mattane? DESDEMONA
Solo il cielo lo sa. EMILIA
Mi impicchino se qualche farabutto matricolato, qualche alacre e intrigante mascalzone, qualche insinuante, bugiardo vigliacco, per ottenere favori non ha inventato questa calunnia! Mi impicchino se non è così! IAGO
Via, non esistono uomini simili, è impossibile. DESDEMONA
E se esistessero, il cielo li perdoni! EMILIA
La forca li perdoni, e l’inferno gli divori le ossa! Perché doveva dirle puttana? Chi le gira intorno? Ma dove? Ma quando? Ma in 1261
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
The Moor’s abused by some most villainous knave, Some base, notorious knave, some scurvy fellow. O heaven, that such companions thou’dst unfold, And put in every honest hand a whip To lash the rascals naked through the world, Even from the east to th’ west! IAGO Speak within door.
145
EMILIA
O, fie upon them. Some such squire he was That turned your wit the seamy side without, And made you to suspect me with the Moor.
150
IAGO
You are a fool. Go to. O God, Iago, What shall I do to win my lord again? Good friend, go to him; for by this light of heaven, I know not how I lost him.
DESDEMONA
She kneels Here I kneel. If e’er my will did trespass ’gainst his love, Either in discourse of thought or actual deed, Or that mine eyes, mine ears, or any sense Delighted them in any other form, Or that I do not yet, and ever did, And ever will – though he do shake me off To beggarly divorcement – love him dearly, Comfort forswear me. Unkindness may do much, And his unkindness may defeat my life, But never taint my love.
155
160
[She rises] I cannot say ‘whore’. It does abhor me now I speak the word. To do the act that might the addition earn, Not the world’s mass of vanity could make me. 155-168. Versi assenti in Q. 1262
165
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
che modo? Come è verosimile? Il Moro è ingannato da qualche gran cialtrone, da un vile e volgare cialtrone, da un delinquente! O cielo, falli scoprire, questi begli amici, e arma di frusta ogni mano onesta per inseguirli nudi a scudisciate per tutto il mondo, i ribaldi, dall’alba al tramonto! IAGO
Parla piano. EMILIA
Oh, maledetti! È stato uno così che ti ha rivoltato il cervello come un guanto, insinuandoti sospetti su me e sul Moro. IAGO
Via, via, sei una sciocca! DESDEMONA
Mio buon Iago, che debbo fare per riavere il mio signore? Va’ da lui, buon amico, davanti a questa luce del cielo, non so come l’ho perso129. Si inginocchia Lo dico in ginocchio: se mai la mia volontà ha peccato contro il suo amore sia con discorsi o pensieri o autentiche azioni, o se i miei occhi, le mie orecchie o qualunque senso sia mai stato attratto da chiunque altro, o se io adesso, o prima, o mai – anche se ora mi scaccia con umiliante separazione – abbia fatto a meno di amarlo teneramente, la pace mi abbandoni! La crudeltà può fare molto; e la sua crudeltà può distruggere la mia vita, ma mai guastare il mio amore. [Si alza] Non posso dire “puttana”: mi fa orrore il solo pronunciare questa parola; per compiere l’atto che mi farebbe meritare quel nome non mi basterebbero tutte le vanità del mondo.
1263
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
IAGO
I pray you, be content. ’Tis but his humour. The business of the state does him offence, And he does chide with you. DESDEMONA If ’twere no other! IAGO It is but so, I warrant.
170
Flourish within Hark how these instruments summon you to supper. The messengers of Venice stays the meat. Go in, and weep not. All things shall be well.
175
Exeunt Desdemona and Emilia Enter Roderigo How now, Roderigo? RODERIGO
I do not find that thou deal’st justly with me. IAGO What in the contrary? RODERIGO Every day thou daff’st me with some device,
Iago, and rather, as it seems to me now, keep’st from me all conveniency than suppliest me with the least advantage of hope. I will indeed no longer endure it, nor am I yet persuaded to put up in peace what already I have foolishly suffered. IAGO Will you hear me, Roderigo? RODERIGO Faith, I have heard too much, for your words and performances are no kin together. IAGO You charge me most unjustly. RODERIGO With naught but truth. I have wasted myself out of my means. The jewels you have had from me to deliver Desdemona would half have corrupted a votarist. You have told me she hath received ’em, and returned me expectations and comforts of sudden respect and acquaintance, but I find none.
185
195
171. And he does chide with you: così in Q, non in F. 187-188: Faith, I have heard too much…: così in Q; in F And hell gnaw his bones, I have heard…: “che l’inferno gli rosicchi le ossa, ho sentito…” 1264
OTELLO, ATTO IV SCENA 2
IAGO
Vi prego, datevi pace, è solo di malumore: gli affari dello Stato lo disturbano, e se la prende con voi130. DESDEMONA
Se non ci fosse altro… IAGO
È così, ve lo garantisco. Squillo di trombe da dentro Sentite, questa musica vi chiama per la cena, e i grandi messaggeri di Venezia sono a mensa. Andate e non piangete, finirà tutto bene. Escono Desdemona e Emilia Entra Roderigo E allora, Roderigo? RODERIGO
Trovo che non mi stai trattando con lealtà. IAGO
Che dici? Al contrario! RODERIGO
Ogni giorno mi allontani con qualche pretesto, Iago, e, ora me ne rendo conto, preferisci tenermi lontano da ogni progresso piuttosto che darmi il minimo motivo di speranza. Davvero non voglio sopportarlo oltre, e non intendo nemmeno accettare tranquillamente quello che sciocco come sono ho tollerato finora. IAGO
Vuoi darmi retta, Roderigo? RODERIGO
Davvero, ho già sentito fin troppo131. Le tue parole non vanno d’accordo con le tue azioni. IAGO
Le tue accuse sono molto ingiuste. RODERIGO
È la pura verità. Ho dato fondo ai miei beni: i gioielli che hai avuto da me per consegnarli a Desdemona avrebbero corrotto una suora di clausura. Mi hai detto che li aveva accettati e che in cambio inviava incoraggiamenti e conforto alle mie aspettative di pronta considerazione e ricompensa; ma non ne vedo l’ombra. 1265
OTHELLO, ACT 4 SCENE 2
IAGO Well, go to, very well. RODERIGO ‘Very well’, ‘go to’! I cannot go to, man, nor
’tis not very well. Nay, I think it is scurvy, and begin to find myself fopped in it. IAGO Very well. RODERIGO I tell you ’tis not very well. I will make myself known to Desdemona. If she will return me my jewels, I will give over my suit and repent my unlawful solicitation. If not, assure yourself I will seek satisfaction of you. IAGO You have said now. RODERIGO Ay, and said nothing but what I protest intendment of doing. IAGO Why, now I see there’s mettle in thee, and even from this instant do build on thee a better opinion than ever before. Give me thy hand, Roderigo. Thou hast taken against me a most just exception, but yet I protest I have dealt most directly in thy affair. RODERIGO It hath not appeared. IAGO I grant, indeed, it hath not appeared, and your suspicion is not without wit and judgement. But, Roderigo, if thou hast that in thee indeed which I have greater reason to believe now than ever – I mean purpose, courage, and valour – this night show it. If thou the next night following enjoy not Desdemona, take me from this world with treachery, and devise engines for my life. RODERIGO Well, what is it? Is it within reason and compass? IAGO Sir, there is especial commission come from Venice to depute Cassio in Othello’s place.
1266
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OTELLO, ATTO IV SCENA 2
IAGO
Bene, continua. Molto bene. RODERIGO
Sì, molto bene, continua, solo che non posso continuare, caro mio, non va per niente bene, anzi ti dichiaro che la cosa è molto equivoca, e che comincio a temere di essere stato imbrogliato. IAGO
Molto bene. RODERIGO
Ti dico che non va molto bene! Voglio metterla in chiaro con Desdemona. Se mi restituisce i miei gioielli, rinuncerò alla mia corte e mi scuserò delle mie profferte illegittime; in caso contrario stai sicuro che esigerò soddisfazione da te. IAGO
Hai finito adesso? RODERIGO
Sì, e ho detto semplicemente quello che ho intenzione di fare. IAGO
Ora sì che vedo che hai del fegato! Da questo momento voglio fondare su di te un’opinione migliore di quella che avevo prima. Dammi la mano, Roderigo. Le tue obiezioni sono più che legittime, ma ti assicuro lo stesso di aver curato i tuoi interessi nel modo migliore. RODERIGO
Non si è visto. IAGO
Ammetto che non si è visto, e i tuoi sospetti non sono privi di senno né di giudizio; ma, Roderigo, se tu hai veramente dentro di te quello che adesso ho maggior motivo di credere che hai, voglio dire fermezza, coraggio, valore, questa notte danne prova. Se tu la notte dopo questa non ti godrai Desdemona, toglimi da questo mondo a tradimento, e inventa stratagemmi contro la mia vita. RODERIGO
Ma di che si tratta? È cosa che rientra nella ragione e nel buon senso? IAGO
Sappi che sono giunte disposizioni speciali da Venezia di insediare Cassio al posto del comandante. 1267
OTHELLO, ACT 4 SCENE 3
RODERIGO Is that true? Why then, Othello and Desdemona
return again to Venice. IAGO O no, he goes into Mauritania, and takes away with
him the fair Desdemona, unless his abode be lingered here by some accident, wherein none can be so determinate as the removing of Cassio. RODERIGO How do you mean ‘removing’ of him? IAGO Why, by making him uncapable of Othello’s place – knocking out his brains. RODERIGO And that you would have me to do. IAGO Ay, if you dare do yourself a profit and a right. He sups tonight with a harlotry, and thither will I go to him. He knows not yet of his honourable fortune. If you will watch his going thence, which I will fashion to fall out between twelve and one, you may take him at your pleasure. I will be near, to second your attempt, and he shall fall between us. Come, stand not amazed at it, but go along with me. I will show you such a necessity in his death that you shall think yourself bound to put it on him. It is now high supper-time, and the night grows to waste. About it. RODERIGO I will hear further reason for this. IAGO And you shall be satisfied. Exeunt 4.3
Enter Othello, Desdemona, Lodovico, Emilia, and attendants
LODOVICO
I do beseech you, sir, trouble yourself no further. OTHELLO
O, pardon me, ’twill do me good to walk. LODOVICO (to Desdemona)
Madam, good night. I humbly thank your ladyship. DESDEMONA
Your honour is most welcome.
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OTELLO, ATTO IV SCENA 3
RODERIGO
È vero? Ma allora Otello e Desdemona ritornano a Venezia. IAGO
Oh, no, lui va in Mauritania, e si porta dietro la bella Desdemona, a meno che il suo soggiorno venga prolungato da qualche imprevisto, e nessuno sarebbe più decisivo della rimozione di Cassio. RODERIGO
Che intendi per rimozione? IAGO
Ecco, bisogna metterlo nell’impossibilità di occupare il posto di Otello, sfondandogli il cranio. RODERIGO
E questo vuoi farmi fare! IAGO
Sì, se hai il coraggio di agire a tuo vantaggio e profitto. Stasera è a cena con una troia, e io lo raggiungo. Lui non sa ancora dell’onore che gli è toccato. Se tu lo aspetti quando esce, e io farò in modo che capiti tra le dodici e l’una, potrai andare sul sicuro. Io sarò lì vicino a darti manforte, e si troverà tra noi due. Forza, non ti imbambolare ora, ma vieni con me, ti voglio dimostrare la necessità della sua morte, finché non ti sentirai obbligato a dargliela. È già ora di cena, la notte avanza in fretta; andiamo! RODERIGO
Voglio vederci più chiaro in questa faccenda. IAGO
E sarai soddisfatto. Escono IV, 3
Entrano Otello, Desdemona, Lodovico, Emilia, e attendenti132
LODOVICO
Vi prego, signore, non disturbatevi ancora. OTELLO
Oh, per carità, mi faranno bene quattro passi. LODOVICO (a Desdemona) Signora, buonanotte. Umilmente vi ringrazio. DESDEMONA
Il vostro onore è il benvenuto. 1269
OTHELLO, ACT 4 SCENE 3
Will you walk, sir? O, Desdemona! DESDEMONA My lord? OTHELLO Get you to bed on th’instant. I will be returned forthwith. Dismiss your attendant there. Look’t be done. DESDEMONA I will, my lord. OTHELLO
5
Exeunt Othello, Lodovico, and attendants EMILIA How goes it now? He looks gentler than he did.
10
DESDEMONA
He says he will return incontinent. He hath commanded me to go to bed, And bid me to dismiss you. EMILIA Dismiss me? DESDEMONA
It was his bidding. Therefore, good Emilia, Give me my nightly wearing, and adieu. We must not now displease him. EMILIA I would you had never seen him.
15
DESDEMONA
So would not I. My love doth so approve him That even his stubbornness, his checks, his frowns – Prithee unpin me – have grace and favour in them. Emilia helps Desdemona to undress EMILIA
I have laid those sheets you bade me on the bed. DESDEMONA
All’s one. Good faith, how foolish are our minds! If I do die before thee, prithee shroud me In one of these same sheets. EMILIA Come, come, you talk.
12. 20. 22. 23.
He: così in Q; in F and. In them: così in Q, non in F. Good faith: così in in Q; in F good Father = “buon Padre”. Thee: così in Q; non in F.
1270
20
OTELLO, ATTO IV SCENA 3
OTELLO
Vogliamo avviarci, signore? Ah, Desdemona… DESDEMONA
Mio signore? OTELLO
Coricati, tornerò tra un momento, manda via la tua cameriera… Fai come ti dico. DESDEMONA
Sarà fatto, mio signore. Escono Otello, Lodovico, e attendenti EMILIA
Come va adesso? Sembra più gentile di prima. DESDEMONA
Ha detto che ritorna qui subito. E mi ha ordinato di andare a letto, e poi di lasciarti libera. EMILIA
Di lasciarmi libera? DESDEMONA
Questo ha ordinato, perciò, buona Emilia, prendimi la camicia da notte e addio, non dobbiamo disobbedirgli. EMILIA
Vorrei che non lo aveste mai incontrato! DESDEMONA
Io no, invece! Il mio amore lo accetta a tal punto, che anche i suoi malumori, i suoi scatti e cipigli – per favore, slacciami133 – hanno un’attrattiva e un fascino per me. Emilia aiuta Desdemona a spogliarsi EMILIA
Ho rifatto il letto con quelle lenzuola che volevate. DESDEMONA
Non c’era bisogno. Davvero134, che idee sciocche ci vengono! Se morissi prima di te, ti prego, avvolgimi in uno di quei lenzuoli. EMILIA
Su, su, che dite ora!
1271
OTHELLO, ACT 4 SCENE 3
DESDEMONA
My mother had a maid called Barbary. She was in love, and he she loved proved mad And did forsake her. She had a song of willow. An old thing ’twas, but it expressed her fortune, And she died singing it. That song tonight Will not go from my mind. I have much to do But to go hang my head all at one side And sing it, like poor Barbary. Prithee, dispatch.
25
30
EMILIA
Shall I go fetch your nightgown? No. Unpin me here. This Lodovico is a proper man.
DESDEMONA EMILIA
A very handsome man. He speaks well. EMILIA I know a lady in Venice would have walked barefoot to Palestine for a touch of his nether lip. DESDEMONA (sings) ‘The poor soul sat sighing by a sycamore tree, Sing all a green willow. Her hand on her bosom, her head on her knee, Sing willow, willow, willow. The fresh streams ran by her and murmured her moans, Sing willow, willow, willow. Her salt tears fell from her and softened the stones, Sing willow’ – Lay by these. – ‘willow, willow.’ Prithee, hie thee. He’ll come anon. ‘Sing all a green willow must be my garland. DESDEMONA
‘Let nobody blame him, his scorn I approve’ – Nay, that’s not next. Hark, who is’t that knocks? EMILIA It’s the wind.
30-51. Versi assenti in Q. 1272
35
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OTELLO, ATTO IV SCENA 3
DESDEMONA
Mia madre aveva un’ancella a nome Barbara135. Era innamorata, e il suo amore fu incostante, e la lasciò. Lei cantava di un salice136. Era solo una vecchia canzone, ma esprimeva la sua sorte, e lei morì mentre la cantava. Quella canzone stanotte non mi esce dalla mente. 137 Devo fare uno sforzo per non chinare la testa tutta da una parte e cantarla come la povera Barbara. Sbrigati, ti prego. EMILIA
Vado a prendervi la camicia da notte? DESDEMONA
No, slacciami qui. Quel Lodovico è un bell’uomo. EMILIA
Un uomo molto attraente. DESDEMONA
Parla bene. EMILIA
A Venezia conosco una persona che sarebbe andata scalza in Palestina solo per sfiorargli la bocca. DESDEMONA (canta) Sedea sospirando Sotto un albero un dì… Cantate del salice… Le mani congiunte E la testa sul sen… Il torrente scorreva E piangeva con lei… Cantate del salice… La dolce sua lacrima Anche il sasso scavò… Metti via questi. Cantate del salice… Ti prego, vai ora: sta per venire. Che nessuno lo biasimi Lui mi può disprezzar… No, questo non veniva adesso. Ascolta! Chi è che bussa? EMILIA
È il vento. 1273
OTHELLO, ACT 4 SCENE 3
DESDEMONA (sings)
‘I called my love false love, but what said he then? Sing willow, willow, willow. If I court more women, you’ll couch with more men.’ So, get thee gone. Good night. Mine eyes do itch. Doth that bode weeping? EMILIA ’Tis neither here nor there.
56
DESDEMONA
I have heard it said so. O, these men, these men! Dost thou in conscience think – tell me, Emilia – That there be women do abuse their husbands In such gross kind? EMILIA There be some such, no question.
60
DESDEMONA
Wouldst thou do such a deed for all the world? EMILIA
Why, would not you? No, by this heavenly light. EMILIA Nor I neither, by this heavenly light. I might do’t as well i’th’ dark. DESDEMONA
65
DESDEMONA
Wouldst thou do such a deed for all the world? EMILIA The world’s a huge thing. It is a great price for
a small vice. DESDEMONA In truth, I think thou wouldst not.
69
EMILIA In truth, I think I should, and undo’t when I had
done. Marry, I would not do such a thing for a joint ring, nor for measures of lawn, nor for gowns, petticoats, nor caps, nor any petty exhibition; but for all the whole world? Ud’s pity, who would not make her husband a cuckold to make him a monarch? I should venture purgatory for’t.
1274
76
OTELLO, ATTO IV SCENA 3
DESDEMONA (canta) 138
Dissi falso al mio amore, Cosa disse lui allor? Cantate del salice. Se corteggio altre donne Altri uomini tu puoi aver… Ecco, vai via ora, buonanotte. Ho gli occhi che mi bruciano… Significa che dovrò piangere? EMILIA
Non significa proprio niente. DESDEMONA
Lo avevo sentito dire una volta. Oh, questi uomini, questi uomini! Tu credi in coscienza… dimmi, Emilia… Che ci siano donne che tradiscono il marito in modo così turpe? EMILIA
Qualcuna ce n’è, senza dubbio. DESDEMONA
Tu faresti una cosa simile, per tutto il mondo? EMILIA
Perché, voi no? DESDEMONA
No, davanti a questa luce di cielo! EMILIA
Davanti a questa luce di cielo, nemmeno io. Piuttosto, lo farei al buio. DESDEMONA
Faresti una cosa simile, per tutto il mondo? EMILIA
Il mondo è una cosa grossa, è un gran prezzo per un piccolo peccato. DESDEMONA
In fede, io penso che non lo faresti. EMILIA
In fede, io penso che potrei farlo, e una volta fatto, disfarlo. Diamine, una cosa così non la farei per un anellino, per qualche misura di lino fine, o vestiti, gonnelle, cappellini o altre sciocchezze del genere. Ma per tutto il mondo! Dio139 ci salvi, chi non metterebbe le corna al marito, per farlo diventare re? Io ci rischierei il purgatorio. 1275
OTHELLO, ACT 4 SCENE 3
DESDEMONA
Beshrew me if I would do such a wrong For the whole world. EMILIA Why, the wrong is but a wrong i’th’ world, and having the world for your labour, ’tis a wrong in your own world, and you might quickly make it right.
81
DESDEMONA
I do not think there is any such woman. EMILIA
Yes, a dozen, and as many To th’ vantage as would store the world they played for. But I do think it is their husbands’ faults If wives do fall. Say that they slack their duties, And pour our treasures into foreign laps, Or else break out in peevish jealousies, Throwing restraint upon us; or say they strike us, Or scant our former having in despite: Why, we have galls; and though we have some grace, Yet have we some revenge. Let husbands know Their wives have sense like them. They see, and smell, And have their palates both for sweet and sour, As husbands have. What is it that they do When they change us for others? Is it sport? I think it is. And doth affection breed it? I think it doth. Is’t frailty that thus errs? It is so, too. And have not we affections, Desires for sport, and frailty, as men have? Then let them use us well, else let them know The ills we do, their ills instruct us so. DESDEMONA
Good night, good night. God me such uses send Not to pick bad from bad, but by bad mend! Exeunt
1276
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95
100
OTELLO, ATTO IV SCENA 3
DESDEMONA
Che io sia maledetta se commetterei un torto simile, anche in cambio di tutto il mondo. EMILIA
Ma il torto sarebbe solo un torto nel mondo; e quando aveste il mondo in cambio della fatica fatta, sarebbe un torto dentro un mondo vostro. Fareste presto a raddrizzarlo. DESDEMONA
Io non credo che esistano donne così. EMILIA
Ce ne sono a dozzine, anzi, tante quante ne può contenere il mondo, posta del loro gioco. Ma io penso che la colpa sia dei mariti, se le mogli tradiscono. O trascurano i loro doveri e riversano i loro tesori in grembo a qualcun’altra; o hanno eccessi di gelosia petulante e ci chiudono a chiave; oppure ci picchiano, o ci lesinano il nostro per dispetto. Anche noi abbiamo sangue nelle vene; e per quanto mansuete, abbiamo qualche spirito di vendetta. Sappiano i mariti che le mogli hanno i sensi come loro: ci vedono, e odorano, e hanno il palato per il dolce come per l’amaro, proprio come i mariti. Cosa credono di fare quando ci cambiano con altre? È per svago? Io credo di sì. E nasce dalle passioni? Credo anche questo. È la debolezza umana a errare così? Sì, pure. E noi, non abbiamo passioni? Desiderio di svago, e debolezze, proprio come gli uomini? E dunque, che ci trattino bene; e sappiano altrimenti che se pecchiamo è dietro i loro esempi. DESDEMONA
Buonanotte. Oh, Dio potesse darmi, anche attraverso il male, di emendarmi! Escono
1277
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
Enter Iago and Roderigo
5.1 IAGO
Here, stand behind this bulk. Straight will he come. Wear thy good rapier bare, and put it home. Quick, quick, fear nothing. I’ll be at thy elbow. It makes us or it mars us. Think on that, And fix most firm thy resolution.
5
RODERIGO
Be near at hand. I may miscarry in’t. IAGO
Here at thy hand. Be bold, and take thy stand. RODERIGO (aside) I have no great devotion to the deed, And yet he hath given me satisfying reasons. ’Tis but a man gone. Forth my sword – he dies! IAGO (aside) I have rubbed this young quat almost to the sense, And he grows angry. Now, whether he kill Cassio Or Cassio him, or each do kill the other, Every way makes my gain. Live Roderigo, He calls me to a restitution large Of gold and jewels that I bobbed from him As gifts to Desdemona. It must not be. If Cassio do remain, He hath a daily beauty in his life That makes me ugly; and besides, the Moor May unfold me to him – there stand I in much peril. No, he must die. But so, I hear him coming. Enter Cassio RODERIGO
I know his gait, ’tis he. (Attacking Cassio) Villain, thou diest.
1. Bulk: così in Q; in F bark (v. nota al testo italiano). 22. Hear: così in Q; in F heard = “ho sentito”. 1278
10
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OTELLO, ATTO V SCENA 1
Entrano Iago e Roderigo140
V, 1 IAGO
Ecco, mettiti dietro questa colonna141, verrà subito. Sfodera il ferro, da bravo, e bada di andare a segno. Presto, presto, e niente paura, io ti starò a fianco; o la va o la spacca, pensa a questo, e puntella saldamente la tua decisione. RODERIGO
Stammi vicino, potrei sbagliare il colpo. IAGO
Sono qui accanto. Fatti coraggio e prendi la spada. RODERIGO (a parte)
Non ho grande entusiasmo per questa impresa; d’altro canto, mi ha dato motivi soddisfacenti. Un uomo di meno al mondo. Forza, spada mia! È già morto. IAGO (a parte) Ho punto sul vivo questo bubboncello, e si è infiammato. Ora, che lui uccida Cassio o Cassio lui, o che si ammazzino entrambi, in ogni modo io ci guadagno. Roderigo vive? Vorrà da me ampia restituzione dell’oro e dei gioielli che gli ho sfilato come doni a Desdemona. Questo non va. Se resta vivo Cassio, la bellezza quotidiana della sua vita rende brutto me. E poi, il Moro può smascherarsi davanti a lui. Questo è un pericolo. No, deve morire. Ma ecco, sento che viene. Entra Cassio RODERIGO
Riconosco il suo passo, è lui. (Assale Cassio) Muori, ribaldo!
1279
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
CASSIO
That thrust had been mine enemy indeed, But that my coat is better than thou know’st. I will make proof of thine.
25
He stabs Roderigo, who falls RODERIGO
O, I am slain!
Iago wounds Cassio in the leg from behind. Exit Iago CASSIO (falling)
I am maimed for ever. Help, ho, murder, murder! Enter Othello [above] OTHELLO
The voice of Cassio. Iago keeps his word. RODERIGO O, villain that I am! OTHELLO It is even so.
30
CASSIO O, help, ho! Light, a surgeon! OTHELLO
’Tis he. O brave Iago, honest and just, That hast such noble sense of thy friend’s wrong – Thou teachest me. Minion, your dear lies dead, And your unblessed fate hies. Strumpet, I come. Forth of my heart those charms, thine eyes, are blotted. Thy bed, lust-stained, shall with lust’s blood be spotted.
35
Exit Enter Lodovico and Graziano CASSIO
What ho, no watch, no passage? Murder, murder! GRAZIANO
’Tis some mischance. The voice is very direful. CASSIO O, help! LODOVICO Hark.
1280
40
OTELLO, ATTO V SCENA 1
CASSIO
Quel colpo mi sarebbe stato nemico se la mia giubba non fosse stata più dura di quanto credevi; vediamo com’è la tua. Trafigge Roderigo, che cade RODERIGO
Oh, sono morto! Iago ferisce Cassio alla gamba colpendolo alle spalle, e esce CASSIO (cadendo)
Mi ha azzoppato per sempre, ehi, luce, all’assassino, all’assassino! Entra Otello [di sopra] OTELLO
La voce di Cassio; Iago ha mantenuto la parola. RODERIGO
Oh, che farabutto sono! OTELLO
È proprio così. CASSIO
Oh, aiuto, ehi! Luce! Un medico! OTELLO
È lui, oh, bravo Iago, onesto e giusto, che hai un così nobile senso del torto fatto al tuo amico: tu mi dai una lezione! – Carina, il tuo amato giace morto, e il tuo destino avanza a gran passi. Vengo da te, troia. Dal mio cuore l’incanto dei tuoi occhi è celato: il tuo letto insozzato dalla lussuria, di sangue lussurioso sarà macchiato. Esce Entrano Lodovico e Graziano CASSIO
Ma non ci sono guardie, non passa nessuno? All’assassino! GRAZIANO
Dev’essere successa una disgrazia, questi urli sono strazianti. CASSIO
Oh, aiuto! LODOVICO
Senti!
1281
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
RODERIGO O wretched villain! LODOVICO
Two or three groan. ’Tis heavy night. These may be counterfeits. Let’s think’t unsafe To come into the cry without more help.
45
RODERIGO
Nobody come? Then shall I bleed to death. Enter Iago with a light LODOVICO Hark. GRAZIANO
Here’s one comes in his shirt, with light and weapons. IAGO
Who’s there? Whose noise is this that cries on murder? LODOVICO
We do not know. Do not you hear a cry?
IAGO
50
CASSIO
Here, here. For heaven’s sake, help me. What’s the matter? GRAZIANO (to Lodovico) This is Othello’s ensign, as I take it. IAGO
LODOVICO
The same indeed, a very valiant fellow. IAGO (to Cassio)
What are you here that cry so grievously? CASSIO
Iago – O, I am spoiled, undone by villains. Give me some help. IAGO
O me, lieutenant, what villains have done this? CASSIO
I think that one of them is hereabout And cannot make away.
1282
55
OTELLO, ATTO V SCENA 1
RODERIGO
Infame farabutto! LODOVICO
Due o tre gemiti; è una notte oscura. Potrebbe essere un tranello, io dico che è imprudente andare a investigare senza qualche rinforzo. RODERIGO
Non viene nessuno, morirò dissanguato. Entra Iago con una lanterna LODOVICO
Sentite! GRAZIANO
Arriva qualcuno in camicia, armato e con una luce. IAGO
Chi va là? Cos’è questo baccano, chi ha gridato all’assassino? LODOVICO
Non lo sappiamo. IAGO
Non avete sentito gridare? CASSIO
Qui, qui, qui, per amor del cielo, aiutatemi! IAGO
Che succede? GRAZIANO (a Lodovico)
È l’alfiere di Otello, se non mi inganno. LODOVICO
Proprio lui, un tipo molto in gamba. IAGO (a Cassio)
Chi siete voi che gridate così pietosamente? CASSIO
Iago! Oh, sono rovinato, storpiato da dei furfanti – aiutami! IAGO
Oh, il mio luogotenente! Quali delinquenti hanno fatto questo? CASSIO
Credo che ce ne sia uno qua intorno… Non può andare lontano.
1283
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
O treacherous villains! (To Lodovico and Graziano) What are you there? Come in and give some help. RODERIGO O, help me there! CASSIO That’s one of ’em. IAGO (stabbing Roderigo) O murderous slave! O villain! IAGO
60
RODERIGO
O damned Iago! O inhuman dog! IAGO
Kill men i’th’ dark? Where be these bloody thieves? How silent is this town! Ho, murder, murder! (To Lodovico and Graziano) What may you be? Are you of good or evil?
66
LODOVICO
As you shall prove us, praise us. IAGO Signor Lodovico. LODOVICO He, sir. IAGO
I cry you mercy. Here’s Cassio hurt by villains. GRAZIANO Cassio? IAGO How is’t, brother? CASSIO My leg is cut in two. IAGO Marry, heaven forbid! Light, gentlemen. I’ll bind it with my shirt.
1284
70
75
OTELLO, ATTO V SCENA 1
IAGO
Traditori, vigliacchi! (A Lodovico e Graziano) Dove siete? Venite a darci manforte! RODERIGO
Oh, aiuto, sono qui! CASSIO
È uno di loro. IAGO (trafiggendo Roderigo)
Miserabile assassino, farabutto! RODERIGO
Maledetto Iago, cane senza cuore… oh, oh, oh! IAGO
Uccidere la gente al buio? Dove sono quei furfanti sanguinari? Che silenzio in città! Ehi, all’assassino, all’assassino! (A Lodovico e Graziano) E voi chi siete, gente perbene o manigoldi? LODOVICO
Ci apprezzerai quando ci avrai riconosciuti. IAGO
Il signor Lodovico? LODOVICO
Proprio lui. IAGO
Vi chiedo perdono. Qui c’è Cassio, ferito da malviventi. GRAZIANO
Cassio! IAGO
Come va, fratello? CASSIO
Ho la gamba tagliata in due. IAGO
Per la Vergine, Dio non voglia! Luce, signori, lo fascio con la mia camicia.
1285
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
Enter Bianca BIANCA
What is the matter, ho? Who is’t that cried? IAGO
Who is’t that cried? O my dear Cassio, My sweet Cassio, O, Cassio, Cassio!
BIANCA IAGO
O notable strumpet! Cassio, may you suspect Who they should be that have thus mangled you? CASSIO No.
80
GRAZIANO
I am sorry to find you thus. I have been to seek you. IAGO
Lend me a garter. So. O for a chair, To bear him easily hence! BIANCA
Alas, he faints. O, Cassio, Cassio, Cassio!
85
IAGO
Gentlemen all, I do suspect this trash To be a party in this injury. Patience a while, good Cassio. Come, come, Lend me a light. (Going to Roderigo) Know we this face or no? Alas, my friend, and my dear countryman. Roderigo? No – yes, sure – O heaven, Roderigo! GRAZIANO What, of Venice? IAGO Even he, sir. Did you know him? GRAZIANO Know him? Ay.
90
IAGO
Signor Graziano, I cry your gentle pardon. These bloody accidents must excuse my manners That so neglected you. GRAZIANO I am glad to see you.
1286
95
OTELLO, ATTO V SCENA 1
Entra Bianca BIANCA
Ma che succede? Chi gridava? IAGO
Come, chi gridava? BIANCA
Oh, mio caro Cassio! Oh, mio dolce Cassio! Cassio, Cassio! IAGO
Oh, che sfacciata puttana! Cassio, potete sospettare chi sia stato a maciullarvi in questo modo? CASSIO
No. GRAZIANO
Mi dispiace trovarvi così, vi stavo appunto cercando. IAGO
Datemi una giarrettiera. Bene. Ehi, una portantina, per toglierlo da qui! BIANCA
Ahimè, sviene! Oh, Cassio, Cassio, Cassio! IAGO
Signori miei, io ho il sospetto che questa frasca abbia a che fare con la faccenda. Un po’ di pazienza, buon Cassio! Su, su, fatemi luce. (Andando da Roderigo) La conosciamo questa faccia, o no? Ahimè, il mio amico e caro compaesano Roderigo? No… ma sì, certo! Oh, cielo, Roderigo! GRAZIANO
Ma come, di Venezia? IAGO
Proprio lui, signore, lo conoscevate? GRAZIANO
Eccome. IAGO
Signor Graziano, vi imploro di perdonarmi. Questi fatti di sangue debbono scusare le mie maniere, se vi ho trattato così, senza riguardo. GRAZIANO
Sono lieto di vedervi. 1287
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
IAGO
How do you, Cassio? O, a chair, a chair! GRAZIANO Roderigo. IAGO
He, he, ’tis he. Enter attendants with a chair O, that’s well said, the chair! Some good man bear him carefully from hence. I’ll fetch the general’s surgeon. (To Bianca) For you, mistress, Save you your labour. He that lies slain here, Cassio, Was my dear friend. What malice was between you?
100
CASSIO
None in the world, nor do I know the man.
105
IAGO (to Bianca)
What, look you pale? (To attendants) O, bear him out o’th’ air. (To Lodovico and Graziano) Stay you, good gentlemen. Exeunt attendants with Cassio in the chair [and with Roderigo’s body] (To Bianca) Look you pale, mistress? (To Lodovico and Graziano) Do you perceive the ghastness of her eye? (To Bianca) Nay, an you stare we shall hear more anon. (To Lodovico and Graziano) Behold her well; I pray you look upon her. Do you see, gentlemen? Nay, guiltiness Will speak, though tongues were out of use.
106. Out: così in Q; non in F. 1288
110
OTELLO, ATTO V SCENA 1
IAGO
Come state, Cassio? Oh, una portantina, una portantina! GRAZIANO
Roderigo! IAGO
Lui, lui, è lui. Entrano inservienti con una portantina Oh, alla buon’ora, la portantina! Qualche brav’uomo lo porti via con garbo. Io cerco il chirurgo del generale. (A Bianca) Quanto a te, signorina, risparmiati le smancerie. – Quell’uomo che giace lì trafitto, Cassio, era un mio caro amico. Che malanimo c’era tra voi due? CASSIO
Nessuno al mondo, nemmeno lo conosco. IAGO (a Bianca)
Sei pallida, eh? (Agli attendenti) Ehi, portatelo al riparo dall’aria142. (A Lodovico e Graziano) Un momento, buoni signori. Escono gli attendenti con Cassio nella portantina [e il corpo di Roderigo] (A Bianca) Siete pallida, madama? (A Lodovico e Graziano) Vedete che sguardo spaventato? (A Bianca) Sì, fissate pure, ne riparleremo tra poco. (A Lodovico e Graziano) Guardatela bene, ve ne prego, guardatela. La vedete, signori? Sì, la coscienza sporca si vede anche quando la lingua è fuori uso.
1289
OTHELLO, ACT 5 SCENE 1
Enter Emilia EMILIA
Alas, what is the matter? What is the matter, husband? IAGO
Cassio hath here been set on in the dark By Roderigo and fellows that are scaped. He’s almost slain, and Roderigo dead.
115
EMILIA
Alas, good gentleman! Alas, good Cassio! IAGO
This is the fruits of whoring. Prithee, Emilia, Go know of Cassio where he supped tonight. (To Bianca) What, do you shake at that?
120
BIANCA
He supped at my house, but I therefore shake not. IAGO
O, did he so? I charge you go with me. EMILIA (to Bianca) O, fie upon thee, strumpet! BIANCA
I am no strumpet, but of life as honest As you that thus abuse me. EMILIA As I? Fough, fie upon thee! IAGO
Kind gentlemen, let’s go see poor Cassio dressed. (To Bianca) Come, mistress, you must tell’s another tale. Emilia, run you to the citadel And tell my lord and lady what hath happed. Will you go on afore? Exit Emilia (Aside) This is the night That either makes me or fordoes me quite. Exeunt
116. Dead: così in Q; in F quite dead = “ morto del tutto”. 125. Fough: così in Q; non in F (v. nota al testo italiano). 1290
126
OTELLO, ATTO V SCENA 1
Entra Emilia EMILIA
Misericordia, che è successo? Che è successo, marito mio? IAGO
Cassio è stato aggredito col favore delle tenebre da Roderigo e altri che sono scappati; lui è agonizzante, e Roderigo è morto. EMILIA
Ah, povero signore! E povero Cassio! IAGO
Succede a chi va a puttane. Ti prego, Emilia, va’ a domandare a Cassio dove ha cenato stasera. (A Bianca) Che c’è, la domanda ti turba? BIANCA
Ha cenato a casa mia, ma la cosa non mi turba affatto. IAGO
Ah, è così? Ti ordino di venire con me. EMILIA (a Bianca)
Vergogna, vergognati, troietta! BIANCA
Non sono una troia, faccio una vita onesta quanto voi che mi insultate. EMILIA
Come me? Ma sentila143! Vergognati! IAGO
Gentili signori, andiamo a far medicare il povero Cassio. (A Bianca) Vieni, signorina, tu ci devi raccontare tante cose. Emilia, tu corri alla rocca e di’ al mio signore e alla signora l’accaduto. Volete andare avanti? Emilia esce (A parte) Questa è la notte che le mie sorti o favorisce, o inghiotte. Escono
1291
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
5.2
Enter Othello with a light. [He draws back a curtain, revealing] Desdemona asleep in her bed
OTHELLO
It is the cause, it is the cause, my soul. Let me not name it to you, you chaste stars. It is the cause. Yet I’ll not shed her blood, Nor scar that whiter skin of hers than snow, And smooth as monumental alabaster. Yet she must die, else she’ll betray more men. Put out the light, and then put out the light. If I quench thee, thou flaming minister, I can again thy former light restore Should I repent me; but once put out thy light, Thou cunning’st pattern of excelling nature, I know not where is that Promethean heat That can thy light relume. When I have plucked thy rose I cannot give it vital growth again. It needs must wither. I’ll smell thee on the tree.
5
10
15
[He kisses her] O balmy breath, that dost almost persuade Justice to break her sword! One more, one more. Be thus when thou art dead, and I will kill thee And love thee after. One more, and that’s the last. He kisses her So sweet was ne’er so fatal. I must weep, But they are cruel tears. This sorrow’s heavenly, It strikes where it doth love. She wakes. DESDEMONA Who’s there? Othello? OTHELLO Ay, Desdemona. DESDEMONA Will you come to bed, my lord? OTHELLO Have you prayed tonight, Desdemon? DESDEMONA Ay, my lord.
1292
20
25
OTELLO, ATTO V SCENA 2
V, 2
Entra Otello, con una torcia, [scosta una tenda, rivelando] Desdemona che dorme nel suo letto144
OTELLO
Questa è la causa145, questa è la causa, anima mia… non chiedetemi di svelarla a voi, o caste stelle! È la causa. Eppure non voglio versare il suo sangue né straziare quella pelle più bianca della neve e liscia come l’alabastro dei monumenti146. – Pure, deve morire, o tradirà altri uomini. Spengo questa luce… e poi spengo quest’altra! Quando estinguo te, o fiammeggiante ministro147, io posso poi restituirti il tuo pristino lume se voglio tornare indietro; ma una volta spento il tuo lume, o stupenda opera della sublime natura, non so dove trovare come un Prometeo148 il fuoco con cui riaccendere la tua fiamma. – Quando ho spiccato la tua rosa non posso più renderle la sua forza vitale, la rosa deve appassire: sentirò il tuo profumo sulla pianta. [La bacia] O balsamico fiato, che quasi sai convincere la Giustizia stessa a spezzare la sua spada! Un altro bacio, un altro. Sii così dopo morta, e io ti ucciderò e ti amerò anche dopo. Un altro bacio, e questo è l’ultimo. La bacia Dolcezza non fu mai così fatale. Debbo piangere, ma sono lacrime crudeli; questo dolore è celeste, distrugge lì dove ama149. Si sveglia. DESDEMONA
Chi c’è? Otello? OTELLO
Sì, Desdemona. DESDEMONA
Vieni a letto, mio signore? OTELLO
Hai pregato questa sera, Desdemona? DESDEMONA
Sì, mio signore.
1293
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
OTHELLO
If you bethink yourself of any crime Unreconciled as yet to heaven and grace, Solicit for it straight.
30
DESDEMONA
Alack, my lord, what may you mean by that? OTHELLO
Well, do it, and be brief. I will walk by. I would not kill thy unpreparèd spirit. No, heavens forfend! I would not kill thy soul. DESDEMONA
Talk you of killing? Ay, I do. DESDEMONA Then heaven Have mercy on me. OTHELLO Amen, with all my heart. OTHELLO
35
DESDEMONA
If you say so, I hope you will not kill me. OTHELLO Hum! DESDEMONA
And yet I fear you, for you’re fatal then When your eyes roll so. Why I should fear I know not, Since guiltiness I know not, but yet I feel I fear. OTHELLO Think on thy sins. DESDEMONA They are loves I bear to you. OTHELLO Ay, and for that thou diest.
41
DESDEMONA
That death’s unnatural that kills for loving. Alas, why gnaw you so your nether lip? Some bloody passion shakes your very frame. These are portents, but yet I hope, I hope They do not point on me. OTHELLO Peace, and be still.
37. So: così in Q; non in F. 1294
45
OTELLO, ATTO V SCENA 2
OTELLO
Se ti torna in mente qualche peccato non conciliato ancora con la grazia celeste, fanne subito ammenda. DESDEMONA
Ahimè, mio signore, cosa vuoi dire con questo? OTELLO
Be’, fallo e sii breve, io mi allontano un momento. Non voglio uccidere la tua anima se non è pronta: no, il cielo me ne guardi! Non voglio uccidere la tua anima. DESDEMONA
Hai detto uccidere? OTELLO
Sì. DESDEMONA
E allora, il cielo abbia pietà di me! OTELLO
Amen, con tutto il cuore! DESDEMONA
Se dici così, spero che non vorrai uccidermi. OTELLO
Ehm! DESDEMONA
D’altro canto ho paura di te, perché sei terribile quando rotei gli occhi in quel modo150. Perché dovrei temere, non lo so, dato che non conosco colpa: eppure sento che ho paura. OTELLO
Pensa ai tuoi peccati. DESDEMONA
Sono l’amore che ti porto. OTELLO
E per cui muori. DESDEMONA
È innaturale la morte che uccide per amore. Ahimè, ma perché ti mordi così il labbro? Una passione omicida ti scuote tutto. Sono presagi funesti. Ma io spero ancora, spero che non riguardino me. OTELLO
Taci, e non muoverti. 1295
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
DESDEMONA
I will so. What’s the matter? OTHELLO That handkerchief Which I so loved and gave thee, thou gav’st to Cassio.
50
DESDEMONA
No, by my life and soul. Send for the man And ask him. OTHELLO
Sweet soul, take heed, take heed of perjury. Thou art on thy deathbed. DESDEMONA Ay, but not yet to die. OTHELLO Presently. Therefore confess thee freely of thy sin, For to deny each article with oath Cannot remove nor choke the strong conception That I do groan withal. Thou art to die.
55
60
DESDEMONA
Then Lord have mercy on me. OTHELLO
I say amen.
DESDEMONA
And have you mercy, too. I never did Offend you in my life, never loved Cassio But with such general warranty of heaven As I might love. I never gave him token.
65
OTHELLO
By heaven, I saw my handkerchief in’s hand. O perjured woman! Thou dost stone my heart, And makes me call what I intend to do A murder, which I thought a sacrifice. I saw the handkerchief. DESDEMONA He found it, then. I never gave it him. Send for him hither. Let him confess a truth. OTHELLO He hath confessed.
1296
70
OTELLO, ATTO V SCENA 2
DESDEMONA
Obbedisco. Che cosa c’è? OTELLO
Quel fazzoletto a cui tenevo tanto e che ti avevo dato, tu lo hai dato a Cassio. DESDEMONA
No, sulla vita e sull’anima mia! Mandalo a chiamare e chiedilo a lui. OTELLO
Dolce anima, bada, bada a non spergiurare, sei sul tuo letto di morte. DESDEMONA
Sì, ma non per morire. OTELLO
Sì, tra poco. E dunque confessa sinceramente il tuo peccato, perché negarne qualunque particolare con giuramenti non può spostare né soffocare la forte convinzione che mi fa gemere così. Tu devi morire. DESDEMONA
Allora il Signore abbia pietà di me! OTELLO
Io dico, amen. DESDEMONA
E abbi pietà anche tu. Io mai ti ho offeso in tutta la vita… mai ho amato Cassio, se non con quel consenso accordato dal cielo all’amore legittimo. Mai gli ho dato un pegno. OTELLO
Per il cielo, gli ho visto il mio fazzoletto tra le mani! Donna spergiura, tu mi impietrisci il cuore e mi fai chiamare quello che intendo fare assassinio, mentre io lo ritenevo un sacro dovere. Io ho visto il fazzoletto. DESDEMONA
Lo avrà trovato, non gliel’ho dato mai, mandalo a chiamare che confessi la verità! OTELLO
Ha confessato.
1297
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
DESDEMONA
What, my lord? That he hath usèd thee. DESDEMONA How, unlawfully? OTHELLO Ay. DESDEMONA He will not say so. OTHELLO No, his mouth is stopped. Honest Iago hath ta’en order for’t. OTHELLO
75
DESDEMONA
O, my fear interprets! What, is he dead?
80
OTHELLO
Had all his hairs been lives, my great revenge Had stomach for ’em all. DESDEMONA (weeping) Alas, he is betrayed, and I undone. OTHELLO
Out, strumpet! Weep’st thou for him to my face? DESDEMONA
O, banish me, my lord, but kill me not. OTHELLO (attacking her) Down, strumpet.
85
DESDEMONA
Kill me tomorrow; let me live tonight. OTHELLO Nay, an you strive – DESDEMONA But half an hour. OTHELLO Being done, there is no pause. DESDEMONA But while I say one prayer. OTHELLO It is too late.
74. Us’d thee: così in F; in Q – ud’s death (bestemmia triviale). 1298
90
OTELLO, ATTO V SCENA 2
DESDEMONA
Cosa, mio signore? OTELLO
Di averti… morte di Dio! – usata. DESDEMONA
Come? In modo disonesto? OTELLO
Sì. DESDEMONA
Non può dirlo! OTELLO
No, ha la bocca tappata, l’onesto Iago ha avuto l’ordine di farlo. DESDEMONA
Ho paura di capire… Cosa, è morto? OTELLO
Avesse avuto una vita per capello, la mia feroce vendetta avrebbe avuto fame bastante per divorarle tutte. DESDEMONA (piangendo) Ahimè, l’hanno calunniato, e io sono perduta. OTELLO
Taci, troia! – Lo piangi davanti a me? DESDEMONA
Oh, scacciami, mio signore, ma non uccidermi! OTELLO (aggredendola) Giù, troia! DESDEMONA
Uccidimi domani, lasciami vivere questa notte! OTELLO
Ah, se ti ribelli… DESDEMONA
Solo mezz’ora... OTELLO
È fatta, nessun rinvio. DESDEMONA
Solo il tempo di dire una preghiera! OTELLO
È troppo tardi. 1299
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
He smothers her DESDEMONA O Lord, Lord, Lord!
Emilia at the door EMILIA (within)
My lord, my lord, what ho, my lord, my lord! OTHELLO
What noise is this? Not dead? Not yet quite dead? I that am cruel am yet merciful. I would not have thee linger in thy pain. So, so. EMILIA (within) What ho, my lord, my lord! OTHELLO Who’s there? EMILIA (within) O, good my lord, I would speak a word with you. OTHELLO (calling) Yes. – ’Tis Emilia. (Calling) By and by! – She’s dead. ’Tis like she comes to speak of Cassio’s death. The noise was high. Ha! No more moving. Still as the grave. Shall she come in? Were’t good? I think she stirs again. No. What’s best to do? If she come in, she’ll sure speak to my wife. My wife, my wife! What wife? I ha’ no wife. O insupportable, O heavy hour! Methinks it should be now a huge eclipse Of sun and moon, and that th’affrighted globe Should yawn at alteration. EMILIA (within) I do beseech you That I may speak with you. O, good my lord!
95
101
105
110
OTHELLO
I had forgot thee. – O, come in, Emilia. – Soft, by and by. Let me the curtains draw. He closes the bed-curtains
93. DESDEMONA … Lord: così in Q, non in F. 110. Should yawn: così in F; in Q did yawn = “si aprì, spaccò [come sbadigliando]”. 1300
OTELLO, ATTO V SCENA 2
La strangola DESDEMONA151
Oh Signore, Signore, Signore! Emilia alla porta EMILIA (da dentro)
Mio signore, mio signore! Ehi, mio signore, mio signore! OTELLO
Che voce è questa? Non è morta? Non è ancora morta? Io che sono crudele, sono anche misericordioso, non voglio che indugi nella sofferenza… Ecco, ecco. EMILIA (da dentro) Ehi, mio signore, mio signore! OTELLO
Chi è? EMILIA (da dentro)
Mio signore, devo dirvi una cosa! OTELLO (forte)
Sì... È Emilia. (Forte) Un momento! – È morta. Verrà a dirmi della morte di Cassio; c’è stato rumore. Ah! Non si muove più? Ferma come la tomba. La faccio entrare? È bene? Direi che si muove ancora… no. Cosa è meglio fare? Se viene dentro, vorrà certo parlare con mia moglie. Mia moglie, mia moglie, mia moglie: io non ho moglie. Oh, è insopportabile! Che momento tremendo! Ora sento come se dovesse venire una grande eclisse di sole e luna, e atterrito il globo spaccarsi152 con un cataclisma! EMILIA (da dentro) Vi supplico, devo parlarvi… Mio signore! OTELLO
Mi ero scordato di te. ...Oh, vieni dentro, Emilia! – Fai piano… Un momento! – Prima chiudo le tende. Chiude le tende del letto
1301
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
Where art thou? He opens the door. Enter Emilia What’s the matter with thee now? EMILIA
O my good lord, yonder’s foul murder’s done.
115
OTHELLO What, now? EMILIA But now, my lord. OTHELLO
It is the very error of the moon, She comes more nearer earth than she was wont, And makes men mad.
120
EMILIA
Cassio, my lord, hath killed a young Venetian Called Roderigo. OTHELLO Roderigo killed And Cassio killed? EMILIA No, Cassio is not killed. OTHELLO
Not Cassio killed? Then murder’s out of tune, And sweet revenge grows harsh. DESDEMONA O, falsely, falsely murdered! EMILIA O Lord, what cry is that? OTHELLO That? What?
125
EMILIA
Out and alas, that was my lady’s voice! [She opens the bed-curtains] Help, help, ho, help! O lady, speak again! Sweet Desdemona, O sweet mistress, speak! DESDEMONA
A guiltless death I die.
1302
130
OTELLO, ATTO V SCENA 2
Dove sei? Apre la porta. Entra Emilia Che ti prende adesso? EMILIA
Oh, mio buon signore, è stato commesso un delitto atroce! OTELLO
Quando, adesso? EMILIA
Proprio adesso, mio signore. OTELLO
È per la vicinanza della luna. Si accosta alla terra più di quanto solesse, e fa impazzire gli uomini. EMILIA
Cassio, mio signore, ha ucciso un giovane veneziano a nome Roderigo. OTELLO
Roderigo è morto? E Cassio è morto? EMILIA
No, Cassio non è morto. OTELLO
Cassio non è morto? Allora l’assassinio stona, e la dolce vendetta ha una nota stridente. DESDEMONA
Innocente, sono uccisa innocente! EMILIA
Oh Dio, chi ha gridato così? OTELLO
Eh? Cosa? EMILIA
Ahimè, che sento! È la voce della mia signora! [Apre le tende del letto] Ehi, aiuto, aiuto, aiuto! Oh, signora, parlate ancora, dolce Desdemona, mia dolce padrona, parlate! DESDEMONA
Muoio senza colpa.
1303
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
EMILIA
O, who hath done this deed?
DESDEMONA
Nobody, I myself. Farewell. Commend me to my kind lord. O, farewell!
She dies
OTHELLO
Why, how should she be murdered? EMILIA
Alas, who knows?
OTHELLO
You heard her say herself it was not I.
136
EMILIA
She said so, I must needs report the truth. OTHELLO
She’s like a liar gone to burning hell. ’Twas I that killed her. EMILIA
O, the more angel she, and you the blacker devil!
140
OTHELLO
She turned to folly, and she was a whore. EMILIA
Thou dost belie her, and thou art a devil. OTHELLO
She was false as water. Thou art rash as fire To say that she was false. O, she was heavenly true!
EMILIA
OTHELLO
Cassio did top her. Ask thy husband else. O, I were damned beneath all depth in hell But that I did proceed upon just grounds To this extremity! Thy husband knew it all. EMILIA
My husband? OTHELLO Thy husband.
136. Heard: così in Q; in F hear. 1304
145
OTELLO, ATTO V SCENA 2
EMILIA
Ma chi è stato a far questo? DESDEMONA
Nessuno… io stessa. Addio. Ricordami al mio generoso signore… Oh, addio! Muore OTELLO
Ma come, assassinata? E in che modo? EMILIA
Povera me, chi può saperlo? OTELLO
L’hai sentito dire da lei stessa, non sono stato io. EMILIA
Così ha detto, ne sono testimone. OTELLO
E per questa bugia è andata nel fuoco dell’inferno. Sono io che l’ho uccisa. EMILIA
Oh, tanto più angelo lei… E voi, più nero diavolo! OTELLO
Si era data al vizio, ed era una puttana. EMILIA
Tu la calunni, tu sei il diavolo! OTELLO
Era falsa come l’acqua. EMILIA
E tu, pazzo come il fuoco a dire che era falsa. Oh, era di una sincerità celestiale! OTELLO
Cassio l’ha montata, chiedi a tuo marito se non è vero. Oh, sarei dannato nel più profondo inferno se non fossi giunto con prove solide a questa estrema decisione. Tuo marito sapeva ogni cosa. EMILIA
Mio marito? OTELLO
Tuo marito. 1305
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
EMILIA
That she was false to wedlock?
OTHELLO
Ay, with Cassio. Had she been true, If heaven would make me such another world Of one entire and perfect chrysolite I’d not have sold her for it. EMILIA My husband?
150
OTHELLO
Ay, ’twas he that told me on her first. An honest man he is, and hates the slime That sticks on filthy deeds. EMILIA My husband?
155
OTHELLO
What needs this iterance? Woman, I say thy husband. EMILIA
O mistress, villainy hath made mocks with love. My husband say she was false? OTHELLO He, woman. I say thy husband. Dost understand the word? My friend, thy husband, honest, honest Iago.
160
EMILIA
If he say so, may his pernicious soul Rot half a grain a day. He lies to th’ heart. She was too fond of her most filthy bargain. OTHELLO Ha? EMILIA Do thy worst. This deed of thine is no more worthy heaven Than thou wast worthy her. OTHELLO Peace, you were best.
165
EMILIA
Thou hast not half that power to do me harm As I have to be hurt. O gull, O dolt, As ignorant as dirt! Thou hast done a deed – I care not for thy sword, I’ll make thee known 158-161. Versi assenti in Q. 166. Worst: così in Q; in F wotst (?). 1306
170
OTELLO, ATTO V SCENA 2
EMILIA
Che aveva infranto il vincolo nuziale? OTELLO
Sì, con Cassio. Ah, se mi fosse stata fedele! Se il cielo mi avesse offerto anche un altro mondo fatto di un’unica gemma purissima153, non gliel’avrei ceduta in cambio. EMILIA
Mio marito? OTELLO
Sì, è stato lui a dirmelo per primo. È un uomo onesto, e aborre il fango che si appiccica alle turpitudini. EMILIA
Mio marito? OTELLO
C’è bisogno di ripeterlo ancora? Donna, ho detto tuo marito. EMILIA154
O padrona, il tradimento si è fatto beffe dell’amore! Mio marito ha detto che era falsa? OTELLO
Proprio lui, donna, tuo marito, dico: la capisci questa parola? Il mio amico, tuo marito, l’onesto, onesto Iago. EMILIA
Se dice questo, possa la sua anima perversa marcire un pezzettino al giorno! Mente per la gola, lei lo amava troppo, lo schifoso che si era scelto! OTELLO
Ah! EMILIA
Fa’ del tuo peggio, questa tua azione non è degna del cielo più di quanto tu fossi degno di lei. OTELLO
Taci, ti conviene. EMILIA
Se vuoi farmi del male, non hai neanche la metà della forza che ho io di sopportarlo. Babbeo, o sciocco, ignorante come i rifiuti! Tu hai fatto una cosa… Non ho paura della tua spada, voglio che tu
1307
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
Though I lost twenty lives. Help, help, ho! Help! The Moor hath killed my mistress. Murder, murder! Enter Montano, Graziano, and Iago MONTANO
What is the matter? How now, general?
175
EMILIA
O, are you come, Iago? You have done well, That men must lay their murders on your neck. GRAZIANO What is the matter? EMILIA (to Iago) Disprove this villain if thou beest a man. He says thou told’st him that his wife was false. I know thou didst not. Thou’rt not such a villain. Speak, for my heart is full.
180
IAGO
I told him what I thought, and told no more Than what he found himself was apt and true. EMILIA
But did you ever tell him she was false?
185
IAGO I did. EMILIA
You told a lie, an odious, damnèd lie, Upon my soul a lie, a wicked lie. She false with Cassio? Did you say with Cassio? IAGO
With Cassio, mistress. Go to, charm your tongue.
190
EMILIA
I will not charm my tongue. I am bound to speak. My mistress here lies murdered in her bed. [MONTANO and GRAZIANO] O heavens forfend! EMILIA (to Iago) And your reports have set the murder on. OTHELLO
Nay, stare not, masters. It is true indeed.
192-200. Versi assenti in Q. 1308
195
OTELLO, ATTO V SCENA 2
lo sappia, ci rimettessi venti vite! Aiuto, aiuto, oh aiuto! Il Moro ha ucciso la mia padrona! All’assassino, all’assassino! Entrano Montano, Graziano e Iago MONTANO
Che succede? Che c’è, generale? EMILIA
Ah, sei venuto, Iago? Hai fatto un bel lavoro, se degli uomini possono accollarti i loro omicidi. GRAZIANO
Ma che succede? EMILIA (a Iago)
Smentisci questo vigliacco, se sei un uomo: dice che gli hai detto che sua moglie era falsa. Io so che non è vero – tu non sei così vigliacco. Parla, ché mi scoppia il cuore. IAGO
Gli ho detto quello che pensavo, e non di più di quanto egli stesso abbia riconosciuto come giusto e vero. EMILIA
Ma gli hai mai detto che lei era falsa? IAGO
Sì. EMILIA
Hai detto una menzogna, un’odiosa, dannata menzogna, sull’anima mia, una malvagia menzogna! Lei falsa con Cassio; hai detto con Cassio? IAGO
Con Cassio, sissignora – e ora via, frena la lingua! EMILIA
Non la freno no, la lingua, non posso non parlare! La mia padrona giace qui assassinata nel suo letto. [MONTANO e GRAZIANO] 155 Oh, il cielo non lo voglia! EMILIA (a Iago) E le tue cronache hanno istigato il delitto. OTELLO
No, non stupitevi, signori, è la verità. 1309
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
GRAZIANO
’Tis a strange truth. O monstrous act!
MONTANO EMILIA
Villainy, villainy, villainy! I think upon’t, I think. I smell’t. O villainy! I thought so then. I’ll kill myself for grief. O villainy, villainy!
200
IAGO
What, are you mad? I charge you get you home. EMILIA
Good gentlemen, let me have leave to speak. ’Tis proper I obey him, but not now. Perchance, Iago, I will ne’er go home. OTHELLO
O, O, O! Othello falls on the bed Nay, lay thee down and roar, For thou hast killed the sweetest innocent That e’er did lift up eye. OTHELLO [rising] O, she was foul! (To Graziano) I scarce did know you, uncle. There lies your niece, Whose breath indeed these hands have newly stopped. I know this act shows horrible and grim. EMILIA
205
210
GRAZIANO
Poor Desdemon, I am glad thy father’s dead. Thy match was mortal to him, and pure grief Shore his old thread in twain. Did he live now This sight would make him do a desperate turn, Yea, curse his better angel from his side, And fall to reprobance.
1310
215
OTELLO, ATTO V SCENA 2
GRAZIANO
Una verità incredibile. MONTANO
Che azione mostruosa! EMILIA
Infamia, infamia, infamia! Ora che ci rifletto, ne sento l’odore: infamia! Lo avevo sospettato, ora mi ucciderei dal dolore! Infamia, infamia! IAGO
Ma sei diventata matta? Te l’ordino, torna a casa. EMILIA
Signori, datemi licenza di parlare. Io gli devo obbedienza, ma non adesso. E forse, Iago, a casa non ci tornerò più. OTELLO
Ohhh! Ohhh! Ohhh! Otello cade sul letto EMILIA
Sì, rannicchiati, e tuona! Perché hai ucciso la più dolce innocente che mai abbia aperto gli occhi al mondo. OTELLO [alzandosi] Oh, era immonda! (A Graziano) Non vi avevo visto, zio. Qui giace vostra nipote, il cui respiro queste mani hanno appena soffocato. Lo so, è un atto che può sembrare terribile e atroce. GRAZIANO
Povera Desdemona, sono lieto che tuo padre sia morto! Le tue nozze gli sono state fatali, il dolore lancinante tranciò il vecchio filo cui era appeso. Fosse vivo ora, questa vista lo spingerebbe a un atto disperato. Sì, a forza di bestemmie scaccerebbe il suo angelo custode e si abbandonerebbe alla perdizione156.
1311
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
OTHELLO
’Tis pitiful. But yet Iago knows That she with Cassio hath the act of shame A thousand times committed. Cassio confessed it, And she did gratify his amorous works With that recognizance and pledge of love Which I first gave her. I saw it in his hand. It was a handkerchief, an antique token My father gave my mother. EMILIA O God! O heavenly God!
220
IAGO
’Swounds, hold your peace! ’Twill out, ’twill out. I peace? No, I will speak as liberal as the north. Let heaven, and men, and devils, let ’em all, All, all cry shame against me, yet I’ll speak. IAGO Be wise and get you home. EMILIA I will not. EMILIA
226
230
Iago draws his sword GRAZIANO (to Iago) Fie, your sword upon a woman? EMILIA
O thou dull Moor, that handkerchief thou speak’st of I found by fortune and did give my husband, For often, with a solemn earnestness – More than indeed belonged to such a trifle – He begged of me to steal’t. IAGO Villainous whore!
235
EMILIA
She give it Cassio? No, alas, I found it, And I did give’t my husband. IAGO Filth, thou liest.
224. O God! O heavenly God!: così in Q; in F Heaven! oh heavenly powers! = “Cielo! Oh poteri celesti! 1312
OTELLO, ATTO V SCENA 2
OTELLO
È doloroso, ma c’è Iago che sa come con Cassio ella quell’atto vergognoso mille volte abbia commesso. Cassio ha confessato, e lei ha compensato le sue fatiche galanti con quel riconoscimento e pegno d’amore che io stesso le avevo dato. Gliel’ho visto in mano. Era un fazzoletto, un antico presente di mio padre a mia madre. EMILIA
O Dio, o Dio del cielo! IAGO
Sangue di Cristo, taci. EMILIA
Che si sappia, che si sappia! Tacere io, signore? No, io invece parlo, libera come il vento157! Se il cielo, gli uomini e i diavoli, tutti, tutti, mi gridassero contro, lo stesso parlerei! IAGO
Ragiona, e torna a casa. EMILIA
Non lo farò! Iago sfodera la spada GRAZIANO (a Iago)
Vergogna, con la spada contro una donna! EMILIA
Stupido Moro, quel fazzoletto di cui parli io l’ho trovato per caso, e l’ho dato a mio marito, perché tanto spesso e con tanta insistenza, più di quanto in verità una simile inezia meritasse, mi aveva pregata di rubarlo! IAGO
Puttana traditrice! EMILIA
Lei darlo a Cassio? No, ahimè, fui io a trovarlo, e io lo diedi a mio marito. IAGO
Menti, schifosa!
1313
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
EMILIA
By heaven I do not, I do not, gentlemen. O murderous coxcomb! What should such a fool Do with so good a wife? OTHELLO Are there no stones in heaven But what serves for the thunder? Precious villain!
240
The Moor runs at Iago. Montano disarms Othello, Iago wounds his wife GRAZIANO
The woman falls. Sure he hath killed his wife. EMILIA
Ay, ay. O, lay me by my mistress’ side! GRAZIANO He’s gone, but his wife’s killed.
Exit Iago 245
MONTANO
’Tis a notorious villain. Take you this weapon Which I have here recovered from the Moor. Come, guard the door without. Let him not pass, But kill him rather. I’ll after that same villain, For ’tis a damnèd slave. Exeunt Montano and Graziano OTHELLO I am not valiant neither, But every puny whipster gets my sword. But why should honour outlive honesty? Let it go all. EMILIA What did thy song bode, lady? Hark, canst thou hear me? I will play the swan, And die in music. (Sings) ‘Willow, willow, willow.’ – Moor, she was chaste. She loved thee, cruel Moor. So come my soul to bliss as I speak true. So, speaking as I think, alas, I die. She dies
250
256
OTHELLO
I have another weapon in this chamber. It was a sword of Spain, the ice-brook’s temper. O, here it is. (Calling) Uncle, I must come forth.
247. Here: così in Q, non in F. 253-255. Versi assenti in Q. 1314
260
OTELLO, ATTO V SCENA 2
EMILIA
Per il cielo, non mento, io non mento, signori! O sanguinario imbecille! Che poteva farsene, un idiota così di una moglie tanto buona? OTELLO
Non ci sono altre pietre in cielo oltre quelle che servono per i tuoni? Infame vigliacco! Il Moro si getta su Iago. Montano disarma Otello. Iago uccide sua moglie GRAZIANO
La donna cade. Ha ammazzato sua moglie! EMILIA
Sì, sì. Distendetemi accanto alla mia padrona. Iago esce GRAZIANO
È scappato, ma sua moglie è spacciata. MONTANO
È un ignobile traditore. Prendete quest’arma che ho tolto dal fianco del Moro. Su, mettetevi di guardia alla porta, non fatelo uscire, piuttosto uccidetelo. Io inseguo quel traditore, è un abbietto, un infame. Escono Montano e Graziano OTELLO
Anche il mio valore non c’è più, se il primo omiciattolo mi toglie la spada. Ma perché poi l’onore dovrebbe vivere più dell’onestà? Che scompaia ogni cosa. EMILIA158
Cosa presagiva quella canzone, signora? Ascolta, puoi ancora udirmi? Voglio fare come il cigno, e morire in musica. (Canta) “Salice, salice, salice…” Moro, era casta, ti amava, Moro crudele – possa la mia anima salvarsi così come dico la verità. E mentre dico la verità, ahimè… muoio. Muore OTELLO
Ho un’altra arma in questa stanza, è una lama di Toledo, temprata in gelida acqua di ruscello. Oh, eccola. [Grida] Zio, ora devo uscire. 1315
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
GRAZIANO (within)
If thou attempt it, it will cost thee dear. Thou hast no weapon, and perforce must suffer. OTHELLO
Look in upon me then, and speak with me, Or, naked as I am, I will assault thee.
265
Enter Graziano GRAZIANO
What is the matter? OTHELLO Behold, I have a weapon; A better never did itself sustain Upon a soldier’s thigh. I have seen the day That, with this little arm and this good sword, I have made my way through more impediments Than twenty times your stop. But O, vain boast! Who can control his fate? ’Tis not so now. Be not afraid, though you do see me weaponed. Here is my journey’s end, here is my butt And very sea-mark of my utmost sail. Do you go back dismayed? ’Tis a lost fear. Man but a rush against Othello’s breast And he retires. Where should Othello go? (To Desdemona) Now, how dost thou look now? O illstarred wench, Pale as thy smock! When we shall meet at count This look of thine will hurl my soul from heaven, And fiends will snatch at it.
270
275
280
[He touches her] Cold, cold, my girl, Even like thy chastity. O cursèd, cursèd slave! Whip me, ye devils, From the possession of this heavenly sight. Blow me about in winds, roast me in sulphur,
273-279. Versi assenti in Q. 1316
285
OTELLO, ATTO V SCENA 2
GRAZIANO (da dentro)
Se ci provi la pagherai cara. Sei disarmato, meglio che ti rassegni. OTELLO
Affacciati a guardarmi allora, e parlami, o inerme come sono, ti aggredisco. Entra Graziano GRAZIANO
Che cosa vuoi? OTELLO
Guarda, ho un’arma, né una migliore fu mai vista al fianco di un soldato. E ho visto il giorno in cui con questo piccolo braccio e questa brava spada mi apersi un varco tra ostacoli maggiori venti volte di questo che mi poni. Ma, o vane vanterie! Chi può controllare il suo destino? Non certo io, ora. Non temere, anche se mi vedi armato159. Questo è l’approdo della mia traversata, questo è il mio ormeggio, e l’ultimo, estremo attracco della mia stanca vela. Perché indietreggi, hai paura? È paura sprecata. Punta anche un giunco contro il petto di Otello, e Otello cede. Dove può andare Otello? (A Desdemona) E tu: com’è ora il tuo volto? O sventurata creatura, pallida come la tua camicia! Quando ci incontreremo al giudizio, questo tuo viso farà scaraventare la mia anima giù dal cielo, e i diavoli la ghermiranno. [La tocca] Fredda, fredda, bambina mia, come la tua castità. Oh maledetto schiavo! A frustate, diavoli, scacciatemi dal possesso di questa vista celestiale, disperdetemi sui turbini, ardetemi nello zolfo, immer-
1317
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
Wash me in steep-down gulfs of liquid fire! O Desdemon! Dead Desdemon! Dead! O! O! Enter Lodovico, Montano, Iago guarded by officers, with Cassio in a chair LODOVICO
Where is this rash and most unfortunate man? OTHELLO
That’s he that was Othello. Here I am.
290
LODOVICO
Where is that viper? Bring the villain forth. OTHELLO
I look down towards his feet, but that’s a fable. (To Iago) If that thou beest a devil I cannot kill thee. He wounds Iago LODOVICO
Wrench his sword from him. Officers disarm Othello IAGO
I bleed, sir, but not killed.
OTHELLO
I am not sorry, neither. I’d have thee live, For in my sense ’tis happiness to die.
295
LODOVICO
O thou Othello, that was once so good, Fall’n in the practice of a cursèd slave, What shall be said to thee? OTHELLO Why, anything; An honourable murderer, if you will, For naught I did in hate, but all in honour. LODOVICO
This wretch hath part confessed his villainy. Did you and he consent in Cassio’s death? OTHELLO Ay.
295. Live: così in Qd e F; in Qc love (?). 1318
300
OTELLO, ATTO V SCENA 2
getemi nelle ripide cascate del fuoco liquefatto! Oh, Desdemona, Desdemona è morta! Morta! Oh, oh! Entrano Lodovico, Montano, Iago con ufficiali che lo sorvegliano, e Cassio in una portantina LODOVICO
Dov’è quell’uomo folle e così sciagurato? OTELLO
Ecco colui che fu Otello: sono qui. LODOVICO
Dov’è quella vipera? Portate qui il traditore. OTELLO
Guardo i suoi piedi, sperando che non sia una favola160: (a Iago) se tu fossi un diavolo, non potrei ucciderti. Ferisce Iago LODOVICO
Toglietegli quella spada! Gli ufficiali disarmano Otello IAGO
Sanguino, signore, ma non mi avete ucciso. OTELLO
Né mi dispiace, meglio che tu viva. Per me, morire sarebbe una gioia. LODOVICO
Oh, Otello, che una volta eri così buono, caduto nelle mene di un dannato schiavo, cosa si deve dire di te? OTELLO
Ma qualunque cosa: un assassino per onore, se volete; poiché nulla ho fatto per odio, ma tutto per onore. LODOVICO
Questo infame ha in parte confessato il suo tradimento. Avevate concordato con lui la morte di Cassio? OTELLO
Sì.
1319
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
CASSIO
Dear general, I never gave you cause.
305
OTHELLO
I do believe it, and I ask your pardon. Will you, I pray, demand that demi-devil Why he hath thus ensnared my soul and body? IAGO
Demand me nothing. What you know, you know. From this time forth I never will speak word. LODOVICO (to Iago) What, not to pray? GRAZIANO (to Iago) Torments will ope your lips. OTHELLO Well, thou dost best.
310
LODOVICO
Sir, you shall understand what hath befall’n, Which as, I think, you know not. Here is a letter, Found in the pocket of the slain Roderigo, And here another. The one of them imports The death of Cassio, to be undertook By Roderigo. OTHELLO O villain! CASSIO Most heathenish and most gross.
315
320
LODOVICO
Now here’s another discontented paper Found in his pocket too, and this it seems Roderigo meant to’ve sent this damnèd villain, But that, belike, Iago in the interim Came in and satisfied him. OTHELLO (to Iago) O thou pernicious caitiff! How came you, Cassio, by that handkerchief That was my wife’s? CASSIO I found it in my chamber, And he himself confessed it, but even now, That there he dropped it for a special purpose Which wrought to his desire. OTHELLO O fool, fool, fool!
1320
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OTELLO, ATTO V SCENA 2
CASSIO
Caro generale, non ve ne diedi mai motivo. OTELLO
Lo credo, e te ne chiedo perdono. Volete, vi prego, domandare a questo mezzo demonio perché mi ha così invischiato anima e corpo? IAGO
Non domandatemi nulla. Quello che sapete, sapete. D’ora in avanti non dirò più parola. LODOVICO (a Iago) Nemmeno per pregare? GRAZIANO (a Iago) La tortura ti scioglierà la lingua. OTELLO
Be’, così è meglio. LODOVICO
Signore, capirete cosa è accaduto se come credo non sapete questo. Ecco una lettera trovata in tasca al morto Roderigo, e questa è un’altra – in una si decide la morte di Cassio, da eseguirsi per mano di Roderigo. OTELLO
Che traditore! CASSIO
Vigliacco senza Dio! LODOVICO
E questo è un altro foglio pieno di recriminazioni trovato anch’esso in tasca sua. A quanto pare Roderigo voleva mandarlo a questo dannato traditore, senonché all’ultimo momento Iago è intervenuto, e lo ha placato. OTELLO (a Iago) Velenoso furfante! Come entrasti in possesso, Cassio, di un fazzoletto che era di mia moglie? CASSIO
Lo trovai in camera mia, ed egli stesso ha confessato or ora di avercelo lasciato lui, per un motivo particolare connesso col suo piano. OTELLO
Oh pazzo, pazzo, pazzo! 1321
OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
CASSIO
There is besides in Roderigo’s letter How he upbraids Iago, that he made him Brave me upon the watch, whereon it came That I was cast; and even but now he spake After long seeming dead, Iago hurt him, Iago set him on. LODOVICO (to Othello) You must forsake this room and go with us. Your power and your command is taken off, And Cassio rules in Cyprus. For this slave, If there be any cunning cruelty That can torment him much and hold him long, It shall be his. You shall close prisoner rest Till that the nature of your fault be known To the Venetian state. (To officers) Come, bring away.
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OTHELLO
Soft you, a word or two before you go. I have done the state some service, and they know’t. No more of that. I pray you, in your letters, When you shall these unlucky deeds relate, Speak of me as I am. Nothing extenuate, Nor set down aught in malice. Then must you speak Of one that loved not wisely but too well, Of one not easily jealous but, being wrought, Perplexed in the extreme; of one whose hand, Like the base Indian, threw a pearl away Richer than all his tribe; of one whose subdued eyes, Albeit unusèd to the melting mood, Drops tears as fast as the Arabian trees Their medicinable gum. Set you down this, And say besides that in Aleppo once, Where a malignant and a turbaned Turk
356. Indian: così in Q, in F Judean (v. nota al testo italiano). 1322
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OTELLO, ATTO V SCENA 2
CASSIO
Inoltre nella lettera Roderigo recrimina con Iago, che lo istigò a provocarmi durante la guardia, quando avvenne che fui sospeso. E anche adesso ha parlato, dopo molto che sembrava morto. Iago lo ha ferito, e Iago lo aveva sobillato. LODOVICO (a Otello) Dovete venir via da questa stanza e seguirci. Il vostro grado e il vostro comando vi sono tolti, e Cassio governa a Cipro. Quanto a questo infame, se vi sia un’ingegnosa tortura che possa farlo soffrire molto e vivere a lungo, sarà per lui. Voi resterete prigioniero finché la natura della vostra colpa non sarà nota al Senato di Venezia. (Agli ufficiali) Su, portatelo via. OTELLO
Un momento, una parola o due prima che andiate. Io ho reso alla Repubblica qualche servizio, e questo è noto... Lasciamo stare. Vi prego, nelle vostre lettere, quando riferirete questi dolorosi fatti, descriveteli come sono andati; non attenuate niente, e niente accrescete con malizia. Dovrete quindi parlare di uno che amò non saggiamente, ma anche troppo; di uno non facile alla gelosia, ma una volta istigato, sconvolto all’estremo; di uno la cui mano come quella di un povero selvaggio161, gettò via una perla più preziosa di tutta la sua tribù; di uno i cui occhi affranti, benché non usi a sciogliersi in pianto, versano lacrime così fitte come in Arabia gli alberi la resina e la gomma162. Scrivete questo; e dite inoltre che ad Aleppo una volta, quando un insolente turco inturbantato bastonò
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OTHELLO, ACT 5 SCENE 2
Beat a Venetian and traduced the state, I took by th’ throat the circumcisèd dog And smote him thus.
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He stabs himself LODOVICO O bloody period! GRAZIANO All that is spoke is marred. OTHELLO (to Desdemona)
I kissed thee ere I killed thee. No way but this: Killing myself, to die upon a kiss. He kisses Desdemona and dies CASSIO
This did I fear, but thought he had no weapon, For he was great of heart. LODOVICO (to Iago) O Spartan dog, More fell than anguish, hunger, or the sea, Look on the tragic loading of this bed. This is thy work. The object poisons sight. Let it be hid.
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[They close the bed-curtains] Graziano, keep the house, And seize upon the fortunes of the Moor, For they succeed on you. (To Cassio) To you, Lord Governor, Remains the censure of this hellish villain. The time, the place, the torture, O, enforce it! Myself will straight aboard, and to the state This heavy act with heavy heart relate. Exeunt [with Emilia’s body]
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OTELLO, ATTO V SCENA 2
un veneziano e offese la Repubblica, io lo afferrai per la gola, quel cane circonciso, e lo colpii così. Si pugnala LODOVICO
Che conclusione cruenta! GRAZIANO
Ogni parola è inutile. OTELLO (a Desdemona)
Ti ho baciata prima di ucciderti, mi resta solo questo, con un ultimo bacio uccidere me stesso. Bacia Desdemona e muore CASSIO
Questo temevo, ma lo credevo disarmato. Perché aveva un gran cuore. LODOVICO (a Iago) Cane spartano163 più torvo dell’agonia, della fame o del mare, guarda il tragico carico di questo giaciglio: è opera tua. Questo oggetto avvelena la vista – che sia celato. [Chiudono le tende] Graziano, occupate la casa e prendete possesso dei beni del Moro, poiché voi ne siete l’erede. (A Cassio) A voi, signor governatore, resta di giudicare questo traditore infernale, stabilendo il tempo, il luogo, la tortura164. Oh, applicatela! Quanto a me, mi imbarco subito. Al Senato con orror questo orrore andrà narrato. Escono [col corpo di Emilia]
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The History of King Lear (The Quarto Text) La storia di Re Lear Testo inglese a cura di GARY TAYLOR Nota introduttiva, traduzione e note di MASOLINO D’AMICO
Frontespizio del primo in-quarto di Re Lear (Q1), 1608
Nota introduttiva
Re Lear è la tragedia della crisi, dello smarrimento, dello scardinamento totale di ogni principio e di ogni idea ricevuta, del mondo alla rovescia, e per questo fu trovata così congeniale dal Novecento, secolo iniziato con la contestazione dei linguaggi tradizionali e proseguito con le due guerre più devastanti della storia dell’umanità. In Re Lear niente è come dovrebbe essere. Il sovrano si sottrae alle sue responsabilità e abdica, lasciando il regno a due figlie che immediatamente cercheranno di prevaricare l’una sull’altra. Né Lear né le sue eredi pensano nemmeno per un attimo al bene dei loro sudditi, e rimorsi in proposito verranno all’ex re solo quando sarà in preda alla follia. I figli si ribellano contro i genitori. La lingua non ha più significato, Lear chiede alle tre figlie una dichiarazione di affetto formale, sonora ma vuota, e scaccia la minore che non riesce a pronunciarla e che tenta invece di parlargli con sincerità. Anche l’unico servitore davvero fedele del sovrano viene accantonato, e per continuare a seguire i dettati della sua coscienza dovrà travestirsi. In questo mondo infatti la verità può sopravvivere solo mascherata. Allontanato e addirittura minacciato di morte da un altro padre che non capisce la sua progenie, Edgar figlio del duca di Gloucester è costretto a spogliarsi non solo simbolicamente dei suoi abiti aristocratici e a diventare un mendicante nudo, che per di più si finge pazzo. I soli discorsi di buon senso di tutta la pièce sono pronunciati dal buffone sotto forma di filastrocche e di battute paradossali. La natura, termine ripetuto quasi ossessivamente, è stravolta. Il figlio illegittimo di Gloucester non accetta la sua condizione “naturale” (sancita dalla società) e vuole sostituirsi al fratello, il figlio legittimo. Entrambe le figlie di Lear tradiscono i rispet1329
LA STORIA DI RE LEAR
tivi mariti. Sia il protagonista della storia principale, ossia Lear, sia il suo contraltare Gloucester, riescono a recuperare la coscienza dell’errore commesso solo dopo aver subito il contrappasso della perdita il primo della lucidità mentale, il secondo della vista corporea. Nessuno dei personaggi principali, infine, con la sola eccezione del purificato Edgar, incontra una fine “naturale”, ma tutti, ben otto senza contare quelli minori e innominati, muiono di morte violenta. Anche in precedenza Shakespeare aveva affrontato i temi dell’incomprensione tra padri e figli (Romeo e Giulietta, Il mercante di Venezia, Enrico IV I e II), dei figli bastardi e malcontenti (Re Giovanni, Molto rumore per nulla), dei vecchi dispotici che impazziscono o che temono di perdere il senno (Tito Andronico, La commedia degli equivoci), dei sovrani caduti (Riccardo II, Riccardo III); in Come vi piace un re scacciato si rifugia nella foresta, dove una figlia viene a cercarlo per ricongiungersi a lui. Quest’ultimo tema, la riunione tra un genitore e una figlia, sarà centrale nei lavori dell’ultima fase, Pericle, Il racconto d’inverno, La tempesta. Solo in Lear però la visione è completamente negativa. Qui non c’è redenzione, semmai solo espiazione, atrocemente dolorosa; la morale cristiana del perdono è accantonata, al massimo si può aspirare alla pazienza, alla sopportazione. “La maturità è tutto”, dice al padre disperato Edgar quando ha conquistato la saggezza: bisogna accettare di uscire di scena così come ci si era entrati. Nemmeno l’amore è una soluzione. Quando Lear, che lo temeva e lo respingeva, finalmente vi si abbandona, ha appena il tempo di riconoscerlo prima che il Male assoluto si imponga ancora una volta. Anche la lingua della tragedia risente di questa crisi. Basta confrontarla con un lavoro di pochissimi anni prima come Giulio Cesare per vedere come Shakespeare abbia accantonato una chiarezza cristallina in favore di un dettato involuto, tortuoso, a volte deliberatamente oscuro, per il 75% in versi (il consueto blank verse ma anche tiritere rimate, canzoni e canzoncine) e per il 25% in prosa. Così come Lear vuole dalle figlie solo retorica e non sentimenti genuini, molto di quello che viene detto è deliberatamente arzigogolato, con l’impiego di termini rari – circa cento vocaboli attestati qui per la prima volta, secondo l’Oxford English Dictionary! – e di costrutti fantasiosi: è il barocco usato non per decorare o meravigliare, ma per produrre l’effetto di un universo che ha smarrito la strada diretta, e dove l’individuo riesce a esprimersi davvero solo quando si sblocca travolto dalla passione (Lear nella tempesta). Si può 1330
NOTA INTRODUTTIVA
pensare che gli stessi contemporanei facessero fatica a seguire tutto, e sono giustificati coloro che nelle epoche successive – fuorviati dalle convenzioni teatrali vigenti, alle quali il teatro elisabettiano in generale ma questo testo in particolare male si conformava – ritennero Re Lear più adatto alla lettura meditata che alla rappresentazione. La storia* Nell’Inghilterra preromana il vecchio re Lear, ormai ottantenne, si prepara a lasciare il regno, diviso in parti uguali, alle sue tre figlie. In attesa della cerimonia, il duca di Gloucester presenta a un altro cortigiano, il conte di Kent, il proprio figlio bastardo Edmund. Poi Lear annuncia formalmente la divisione del regno, chiedendo a ciascuna delle figlie una pubblica dichiarazione di affetto. Sia la figlia maggiore Gonoril, moglie del duca di Albany, sia la mezzana Regan, moglie del duca di Cornovaglia, obbediscono, pronunciando sperticate profferte di amore. Ma la minore, Cordelia, nubile, si rifiuta di adeguarsi al tono delle sorelle, provocando l’ira del padre, che la disereda e la scaccia, dividendo quindi il suo terzo tra le altre due. Sono presenti i due pretendenti di Cordelia, il re di Francia e il duca di Borgogna, il primo dei quali si dichiara disposto a prenderla in moglie anche senza dote. Kent, che ha tentato di difendere Cordelia, è anch’egli condannato all’esilio (Q1: 1; F: I, 1). Edmund, il figlio bastardo di Gloucester, dichiara in un monologo l’insoddisfazione per la propria condizione di subordinazione al fratello legittimo, e subito dopo mette in azione un piano per screditarlo mostrando al padre una lettera falsificata in cui costui, Edgar, gli chiede di aiutarlo a ucciderlo per entrare in possesso dell’eredità (2; I, 2). Sdegnato, Gloucester ordina di arrestare Edgar, che si salva la vita scappando e travestendosi da mendicante folle (6; II, 1). In cambio della sua donazione, Lear ha chiesto alle figlie di trascorrere un mese presso ciascuna, a turno, con cento cavalieri di scorta. La prima a cui tocca è Gonoril, che però è decisa a scoraggiare il padre, e dà ordine al suo maggiordomo Oswald di trattarlo con scarsa considerazione, nella speranza che Lear si trasferisca dalla sorella (3; I, 3). Deciso a servire comunque Lear, il conte di Kent gli si presenta travestito e si fa assumere al suo servizio. Lo * Tra parentesi i riferimenti ai due testi originali, la “Storia” del 1608 e la “Tragedia” del 1623, il primo – Q1 – diviso in scene, il secondo – F – in atti e scene. 1331
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stratagemma di Gonoril ha successo: il maggiordomo tratta il vecchio re con insolenza, e malgrado Kent intervenga, Lear non riesce a avere soddisfazione da Gonoril, la quale addirittura gli annuncia che intende dimezzargli il seguito. Il buffone di Lear commenta con sardonica amarezza, e Lear parte sdegnato per recarsi dall’altra figlia, Regan, presso il duca di Gloucester (4-5; I, 4-5). Kent lo precede, e vede arrivare Oswald con istruzioni di Gonoril per la sorella; aggredisce Oswald, ma Regan lo fa mettere in ceppi. Sopraggiunge Lear, e Regan invece di condividere la sua indignazione lo esorta a tornare da Gonoril, la quale sopraggiunge poco dopo. Insieme, le due sorelle propongono al padre di eliminare del tutto il suo seguito. Davanti a tanta ingratitudine, Lear perde la testa, ed esce dal castello di Gloucester, seguito solo dal suo buffone e da Kent, mentre sta scoppiando una tempesta (7; II, 2). Gli elementi infuriano, e Kent trova il vecchio re che infuria a sua volta sfidandoli e invitandoli a colpire tutta l’ingratitudine umana. Poi il re, Kent e il matto trovano rifugio in un riparo dove si è già acquattato Edgar nelle sue vesti di mendicante folle. Lear delira, finché non interviene Gloucester, a sua volta uscito dal castello per cercarlo (8-13; III, 1-6). Quando Gloucester torna al castello, lo ha preceduto la notizia che Lear, raggiunto da alcuni suoi cavalieri, è in viaggio per Dover. Furibonde, le sorelle, che hanno fatto lega con Edmund, decretano un castigo per Gloucester, il quale viene accecato seduta stante da Cornwall. Però un servo di Gloucester, che cerca di opporsi, ferisce mortalmente Cornwall prima di essere a sua volta trafitto e ucciso da Regan, che quindi finisce di accecare Gloucester (14; III, 7). Gloucester accecato vaga per la pianura dove incontra il figlio Edgar sempre travestito, che senza farsi riconoscere lo prende per mano e lo guida (15; IV, 1). Giungono voci di uno sbarco dell’esercito francese con Cordelia, e Gonoril si promette a Edmund, sdegnata della disapprovazione manifestata da suo marito Albany per il trattamento di Gloucester e Lear (16-19; IV, 2-4). Intanto Lear è giunto al campo di Cordelia, dove un medico cerca di curare la sua alterazione mentale (18; IV, 3). Gloucester chiede a Edgar di guidarlo fino al precipizio della scogliera di Dover; Edgar gli descrive il luogo, e Gloucester si tuffa, credendo di cadere nell’abisso. Naturalmente rimane illeso, e Edgar lo convince di essere scampato a una caduta tremenda. I due riprendono il loro cammino, e incontrano Lear; Gloucester riconosce il sovrano dalla voce, ma Lear gli parla farneticando. Lasciato Lear, 1332
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Gloucester è raggiunto da Oswald che vorrebbe ucciderlo ma che viene ucciso da Edgar (20; IV, 5). Lear addormentato si risveglia tra le amorevoli braccia di Cordelia (21; IV, 6). Gloucester si spegnerà poco dopo. Guidati da Edmund, gli eserciti di Albany e di Regan, vedova di Cornwall, stanno per scendere in campo contro i francesi di Cordelia. Prima della battaglia Edgar prende da parte Albany e gli consegna un documento da leggere, per quindi proclamare una sfida (22; V, 1). La battaglia dura poco, Cordelia è sconfitta, e presa prigioniera con Lear (23; V, 2). Le due sorelle si contendono Edmund, che ha fatto la corte a entrambe, con legittima indignazione di Albany (il documento datogli da Edgar era la dichiarazione di Edmund a sua moglie). Edmund viene proclamato traditore e si invita chi vuole a sfidarlo. Si presenta Edgar, che si batte con Edmund e lo uccide. In punto di morte Edmund confessa di aver dato ordine di uccidere sia Lear sia Cordelia. Si cerca di fermare l’esecuzione, ma è tardi: Lear entra con in braccio Cordelia che è stata impiccata, e poco dopo muore di crepacuore. Frattanto Gonoril è stata avvelenata, e Regan si è suicidata. Albany consegna il regno a Edgar e Kent, ma quest’ultimo si schermisce, sa che raggiungerà presto il suo sovrano (24; V, 3). Le fonti Diversamente da Otello e Macbeth, Re Lear è ricavato da una storia che all’epoca era molto nota e popolare in Inghilterra. La racconta Raphael Holinshed nella sua History of England (1577), il libro alla base di tutti i drammi storici di Shakespeare, collocando il regno di Lear nell’800 a.C. Holinshed l’aveva derivata dalla Historia Regum Britanniae del monaco Geoffrey of Monmouth, vissuto nel dodicesimo secolo, e fantasioso cronista dei sovrani dell’isola di Albione a partire dal leggendario Brut, pronipote di Enea. Altre versioni ce n’erano nel popolare Mirror for Magistrates, antologia a più mani dove svariati personaggi illustri raccontano in versi la propria caduta, ristampata più volte a partire dal 1559; l’edizione del 1574 contiene un lamento (“complaint”) di Cordila o Cordell, composto da John Higgins. La storia è presente, ancora, nel Secondo Libro, Canto 10, del poema epico The Faerie Queene di Edmund Spenser. Ma più di queste versioni, tutte peraltro assai accessibili, il precedente immediato al quale Shakespeare si riferì fu un lavoro teatrale anonimo, in blank verse con frequente presenza di distici rimati, stampato nel 1605 ma rappresen1333
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tato già almeno dal 1594: The True Chronicle History of King Leir and his three daughters, Gonorill, Ragan, and Cordella. Qui Leir, addolorato per la morte di sua moglie, vuole dividere il regno tra le tre figlie nubili, due delle quali hanno accettato i rispettivi pretendenti – il re di Cornovaglia e il re di Cambria – ma la terza, Cordella, non dà segno di apprezzare nessuno. Leir decide di chiedere alle figlie quale lo ami di più, con l’intenzione di chiedere poi a Cordella di dimostrargli il suo amore accettando il partito che ha scelto per lei, ossia il re d’Irlanda. Ma il malvagio Skalliger rivela il piano alle sorelle maggiori, che per beffare Cordella la anticipano, pronunciando esagerate dichiarazioni di affetto. Quando Cordella non si mostra alla loro altezza, Leir la scaccia e divide il regno tra le maggiori. Arriva allora il re dei Galli, in incognito con un fido, Mumford, richiamato dalla fama della bellezza di Cordella. Cornovaglia e Cambria si incontrano mentre galoppano a reclamare le loro spose. Leir fa tirare a sorte tra di loro le metà del regno che ha diviso, e dichiara la propria intenzione di vivere con Gonorill; invano il suo servo Perillus perora la causa di Cordella. Arrivato in incognito, il re di Gallia conquista l’amore di Cordella. Poi Perillus a guisa di coro racconta come Gonorill si sia messa contro il padre, ordinando ai suoi servi di vessarlo; Gonorill stessa si lamenta delle stravaganze paterne col malvagio Skalliger, al suggerimento del quale, di dimezzare l’appannaggio di Leir, risponde di avere già deciso di annullarlo del tutto. Cornwall difende l’ex sovrano con la propria moglie, che lo disprezza per questo. Leir si augura di morire, ma Perillus cerca di consolarlo col pensiero che ha altre figlie fedeli; Leir allora rimpiange il torto fatto a Cordella, e lascia Gonorill per cercare miglior fortuna da Ragan. Intercettando una lettera del proprio marito a Leir, Gonorill scrive a Ragan proponendo di uccidere il padre. Cordella intanto in un monologo si augura di ottenere il perdono del Leir. Questi avanza faticosamente verso la casa di Ragan, accompagnato dal fido Perillus. Ragan lo accoglie con finta cortesia, ma appena sola accetta la proposta scritta di Gonorill e incarica il messo di uccidere Leir e Perillus. Frattanto l’ambasciatore gallico arriva alla corte di Cornovaglia dove cerca Leir. Leir e Perillus convincono il messo a non ucciderli. Leir finalmente capisce la vera natura di tutte e tre le figlie, e Perillus lo convince a recarsi in Francia a cercare aiuto da Cordella. A piedi, Perillus e Lear si avviano verso la Francia, e lungo il cammino incontrano Cordella e il marito che sono sbarcati travestiti sul suolo inglese. Cordella si rivela al 1334
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padre e i due si riconciliano. Il re di Francia invade l’Inghilterra, vince la guerra e Leir ritorna sul suo trono, ormai ben conscio della vera natura di tutte e tre le sue figlie. I punti di contatto di questa esposizione con la tragedia di Shakespeare sono evidenti, ma lo sono anche le differenze, le più flagranti delle quali sono il finale, lieto in Leir e assolutamente negativo in Lear; e la presenza, in Lear, della storia di Gloucester, parallela e speculare a quella del sovrano – Gloucester è un altro padre, di maschi però e non di femmine, che favorisce ingiustamente l’elemento deteriore nella sua prole a scapito di quello migliore; e che sconta amaramente il suo errore, perdendo la capacità fisica di discernere, ossia gli occhi, così come Lear perde quella morale, ossia la mente. Diversamente da altri autori elisabettiani, che affiancarono spesso alla trama principale una secondaria, talvolta di tono diverso (magari comica laddove quella principale è tragica), Shakespeare ricorre al cosiddetto subplot solo in questa tra tutte le sue tragedie; e lo ricavò, al solito adattandolo alle sue esigenze, dal grande romanzo prevalentemente in prosa di Sir Philip Sidney, Arcadia, stampato nel 1590, quattro anni dopo la morte dell’autore. Qui nel Libro Secondo, Capitolo 10, si narra la vicenda di un re di Paflagonia che scaccia e condanna a morte il figlio legittimo, per poi essere a sua volta deposto e accecato dal figlio bastardo che lo ha istigato a farlo. Pentito e miserabile, l’ex re vaga guidato da un giovane nel quale non ha riconosciuto il figlio cui ha fatto torto; a lui chiede di essere condotto in cima a una roccia per buttarsi giù e morire. Il figlio fa fallire questo piano ingannando il padre. Il contrasto tra figlio buono e figlio degenere culmina in un torneo, nel quale il buono trionfa e viene incoronato; solo a questo punto il padre muore, pentendosi della propria colpa ma lieto della virtù del rampollo legittimo. Altre letture, infine, lasciarono tracce nella tragedia di Shakespeare. Le due principali sono i Saggi di Montaigne nella traduzione di John Florio, e la Declaration of Egregious Popish Impostures di Samuel Harsnett, entrambi pubblicati nel 1603. Montaigne, già tenuto molto presente in Amleto (ma allora Shakespeare doveva averne conosciuto una redazione manoscritta) è riconoscibile nella presenza di alcune massime e di certe parole non comuni, in precedenza sconosciute al lessico del Bardo; il polemico libro di Harsnett, un attacco contro i trucchi con cui i Gesuiti convincono degli ingenui che sono posseduti dal demonio, contiene anch’esso una lingua molto personale di cui si riscontrano echi in Lear, e 1335
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soprattutto gli strani nomi dei diavoli elencati da Edgar quando si finge il pazzo Tom. Il rapporto tra padre e figli (analizzato anche in uno dei saggi di Montaigne), si accennava sopra, è uno dei temi costanti della produzione di Shakespeare, dai Due gentiluomini di Verona a Romeo e Giulietta, al Mercante di Venezia, al primo e secondo Enrico IV, e via elencando fino agli ultimi drammi – Il racconto d’inverno, La tempesta – dove il conflitto si avvia verso la pacificazione. Di questo percorso Re Lear è la tappa più pessimista e disperata, priva di un finale consolatorio, a costo di andare contro le fonti (anche in Holinshed Lear vince la battaglia finale, e Cordelia regnerà per cinque anni prima di morire a sua volta), Shakespeare impone una conclusione addirittura sadica. Questa non turbò i contemporanei: Re Lear fu addirittura scelto per una rappresentazione a Corte. Immagini di violenza e spietatezza erano bene accette, se non invocate, insieme da popolino e dignitari del regno. La data e il testo Si diceva che Re Lear fu rappresentato a Whitehall davanti a Giacomo I il 26 dicembre 1606. Siccome è probabile che non si trattasse di una prima rappresentazione assoluta, si pensa che fosse già stato scritto da qualche tempo, anche se non prima del 1603, data in cui uscirono almeno due dei libri i cui echi si riscontrano nella pièce. Può anche darsi che la pubblicazione nel 1605 di Leir, ossia del dramma anonimo di cui Lear è un rifacimento, sia stata provocata dal desiderio di sfruttare in qualche modo il successo della nuova tragedia. Il lavoro fu pubblicato una prima volta nel 1608, in formato in-quarto (Q1), edizione ristampata con la correzione di qualche errore ma senza cambiamenti significativi nel 1619 (Q2). Una versione abbastanza diversa uscì, invece, nell’in-folio del 1623 (F). Durante il diciassettesimo secolo entrambe le versioni continuarono ad essere ristampate indipendentemente l’una dall’altra (Q1 un’altra volta sola, F in più occasioni), finché nel 1709 il drammaturgo Nicholas Rowe, curatore della prima edizione “moderna” delle opere complete di Shakespeare – nella quale tra le altre iniziative furono divisi in atti e scene quei testi che non lo erano già – non si servì di F come testo base, correggendolo e adattandolo in qualche misura alle consuetudini del suo tempo. Dopo di lui il poeta Alexander Pope, curatore a sua volta di un’edizione di tutto Shakespeare (1723-25), inaugurò la prassi 1336
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seguita fino a oggi dalla stragrande maggioranza dei curatori, di integrare F con passi presenti solo in Q1. Fino a un’epoca molto vicina a noi infatti la teoria prevalente è stata che Q1 fosse una versione non autorizzata, scorretta e insoddisfacente di un testo meglio rappresentato da F, malgrado alcune evidenti lacune e difetti anche di questo. Quasi tutte le edizioni correnti, e comunque tutte quelle finora tradotte in italiano, fanno dunque confluire le due redazioni in una sola (gli inglesi chiamano conflation questa operazione), scegliendo, quando esistano due lezioni diverse dello stesso passo o della stessa parola, quella che più convince l’orecchio del curatore, magari dando conto in nota di quella scartata. Da una trentina di anni a questa parte, però, si è fatta strada l’idea che le due redazioni di Re Lear siano indipendenti l’una dall’altra, nel senso che la seconda rappresenterebbe una riscrittura della prima, probabilmente a vari anni di distanza. In occasione di una ripresa, Shakespeare sarebbe tornato sul suo materiale, tagliando, aggiungendo, modificando. Per fare un esempio solo, in Q1 la battuta conclusiva è affidata a Albany, secondo la prassi di far parlare per ultimo il personaggio più anziano e autorevole; in F la stessa battuta è pronunciata invece da Edgar, nel che qualcuno vede una nuova apertura del poeta verso il mondo dei giovani e del futuro, quasi un superamento del pessimismo totale della prima versione. Convinta che ciascuna delle due versioni rappresenti un momento perfettamente coerente e responsabile della storia scenica della tragedia, nel 1986, la Oxford University Press le ha quindi stampate entrambe dotando ciascuna di un apparato critico indipendente. Questa è stata l’inaugurazione di una prassi poi seguita da molti a partire dalla Norton, che nel 1997 è arrivata a stampare, nelle Opere Complete di Shakespeare, tre versioni: Q1, F e la conflation di Q1 e F. Dovendo però scegliere una versione sola per “il” volume degli Oxford World’s Classics, il curatore Stanley Wells, che è anche il direttore della collana, ha optato fin dal 1986, anche a costo di andare risolutamente controcorrente, per Q1, sia pure ricorrendo a F per chiarire alcuni aspetti discutibili o passaggi di interpretazione controversa: e questo nella convinzione che il testo rispecchi la concezione iniziale di Shakespeare e che quindi possegga una validità non compromessa dai suoi ripensamenti e riscritture nella redazione più tarda. La conseguenza più vistosa al primo impatto di questa decisione è la coraggiosa rinuncia alla divisione ormai tradizionale in atti e scene: la pièce si presenta infatti come una serie di 1337
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sequenze che il curatore ha numerato, da 1 a 24, col risultato di mettere in crisi la nostra pigra accettazione tradizionale delle scenografie di tipo ottocentesco (“sala di castello”, “brughiera”, ecc.) per affermare invece la disponibilità del palco elisabettiano, pronto a diventare qualunque cosa l’autore voglia che ci immaginiamo. Inoltre in Q1 figurano circa trecento versi non presenti in F, contro circa cento aggiunti a F rispetto a Q1 e quindi mancanti in questa edizione. La scena principale presente in Q1 e assente da F, quindi a un certo punto tagliata da Shakespeare o dalla sua compagnia, è quella del cosiddetto “mock trial”, ossia di Lear pazzo che crede di vedere in uno sgabello le figlie, e le processa. Alcune tra le principali battute aggiunte a F e quindi mancanti da Q1 sono del Fool, in particolare la profezia di Merlino. Sono queste differenze che giustificano la scelta della nostra edizione, di presentare separatamente i due titoli, con apparati indipendenti – che necessariamente collimano in più punti. Prospettive critiche Nella discussione critica Re Lear ha rivaleggiato a lungo con Amleto come maggiore tragedia del Bardo. Se l’Ottocento è apparso del tutto soggiogato dal principe danese, il Novecento soprattutto nella sua ultima parte ha rivolto maggiore riflessione al re britannico, per gli aspetti storicamente più sfaccettati e politicamente più traducibili nell’attualità che la sua tragedia presenta. Meno convinta la critica idealista dell’inizio del secolo, che vedeva il senso ultimo della tragedia nella redenzione di Lear, e le sue qualità nell’estrema forza poetica, nell’esemplarità e nel realismo dei personaggi, ma anche nella scarsa adattabilità alla scena moderna (Bradley) – quest’ultima un’obiezione già formulata da Charles Lamb, sulla quale torneremo. A scuotere un quadro di esclusiva coerenza tragica provvedevano gli anni trenta, mettendo in rilievo gli aspetti grotteschi dell’intreccio (Knight: Kott li avrebbe ripresi addirittura come antefatti del teatro dell’assurdo). Lo storicismo in auge dopo la seconda guerra mondiale si è mosso su più terreni: ancora in una luce di pietà cristiana, ha riferito l’azione tragica all’attacco che il mondo nuovo e predatorio del capitalismo impersonato da Edmund muoveva al vecchio, magnanimo ordine del Medioevo impersonato da Lear e Cordelia (Danby), mentre una tonalità più scettica, al limite del nichilismo, si sarebbe presto fatta sentire (Elton), inaugurando una falsariga di let1338
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tura consolidatasi nel tempo (e già presente in un’intuizione geniale di George Orwell). Tuttavia erano il teatro stesso, e l’arte viva della recitazione, a fissare i modelli più duraturi (che resistono in queste nostre pagine): negli anni sessanta due registi avrebbero dato alla tragedia il tono cupo del tramonto dell’umano e della desertificazione dei sentimenti, lasciando alla fine “un palcoscenico vuoto. Vuoto come il mondo” (così il polacco Jan Kott, seguito e perfezionato in questo dall’inglese Peter Brook). Ispirava tali realizzazioni la filosofia esistenzialista, insieme alle prospettive più amare che la situazione politica del mondo lasciava intravedere per l’umanità tutta: Lear vi appariva “rivolto verso la disperazione piuttosto che verso la redenzione” (Foakes). Ad approfondire questa desolante prospettiva interveniva la riscrittura della tragedia da parte di Edward Bond, catastrofica visione della violenza imperante nella storia della civiltà. Insieme alla già considerata molteplicità dei testi del Lear disponibili, ha contribuito a rinnovarne l’analisi la teoria letteraria, che con Shakespeare si è manifestata nelle sue forme indubbiamente più radicali. All’insegna dell’instabilità del testo – nozione contigua a quella del “decentramento” del soggetto – ha preso corpo un certo scetticismo nei confronti di qualsiasi fissità ed esclusività di interpretazione, che non ha tuttavia impedito lo scandaglio in aspetti considerati secondari o contraddittori, non nel testo solamente ma anche nelle posizioni di chi lo interroga, e la conseguente sua ridefinizione. Sono così emerse letture molto innovative ed apparentemente eccentriche, che privilegiano lo scontro delle ideologie, i sottotesti inesplorati, l’interrogazione di tutto ciò che è rimasto e rimane muto, segreto, rimosso – oltre alla disseminazione del testo, che resta aperto alle più estese influenze e risonanze delle età successive. A tale lavoro gli apporti principali sono venuti non più dalla filologia o dallo storicismo tradizionali (Heinemann), ma dall’antropologia, dalla psicoanalisi e dalla decostruzione. Fra i primi risultati quelli della storia culturale (Greenblatt, Dollimore, Sinfield, Halpern), della critica di genere e femminista (Mc Kluskie, Belsey), della psicoanalisi (Kahn, Fusini), del materialismo culturale (Hawkes). Più strettamente legate all’analisi del testo e della sua virtualità scenica restano le indagini dei nostri semiologi (Pagnini, Pugliatti, Serpieri, quest’ultimo con una profonda indagine nella psicologia della tragedia).
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Pur consapevole dell’enorme distanza percorsa da tali sviluppi, la nostra edizione non si sottrae al compito di suggerire un percorso di lettura sufficientemente unitario. Notato da tutti il disegno di disgregazione e sovvertimento generale di cui il testo ci rende spettatori, quale segnale di un’importante svolta nella storia dell’Occidente. Vi campeggia l’opposizione fra, da una parte, l’ordine sociale tradizionale (il sovrano, la gerarchia dei poteri, la fedeltà del suddito, l’autorità paterna, la fissità dei ruoli sociali), corrispondente all’ordine cosmico e della stessa natura, e legittimato dalle sue leggi; dall’altra le emergenti e impellenti motivazioni individuali a rompere quest’ordine, a sconvolgerlo per il proprio particolare vantaggio. Tutta la prima parte del dramma è dedicata al confronto fra le generazioni, che diventa confronto fra gli elementi stessi del cosmo: Lear asserisce perentoriamente un’autorità ormai arbitraria, astratta, e tanto più prepotente quanto più astratta, di fronte al concretissimo egoismo delle due figlie ribelli, e all’inudibile sincerità della figlia fedele; e l’opposizione si ripete nel rapporto fra Gloucester e Edmund, con Edgar come figlio calunniato, diseredato e ridotto al silenzio: il padre dà voce ai timori di chi vede diffondersi il disordine in ogni articolazione dell’universo, dai pianeti agli uomini e alle loro istituzioni (2; I, 2, 103-109), mentre il figlio illegittimo dichiara il suo “servigio” alla “natura”, e rivendica la rottura di ogni regola per un’assoluta affermazione individuale (I, 2, 1-15). A una “natura” libera da vincoli, e all’etica di un “nuovo” tutto da scoprire, si andavano accodando gli aggressivi capitani di un mercantilismo già proteso alla conquista di bottini, terre e proventi nel vasto mondo appena aperto alla concorrenza delle nazioni atlantiche. L’immagine fissa e perdente dello status quo era stata fissata dal personaggio di Ulisse in Troilo e Cressida (1600-1601), secondo la concezione medievale della Catena dell’essere: “I cieli stessi, i pianeti e questa terra al centro di tutto osservano una gerarchia […] secondo livelli perfettamente ordinati” (I, 3, 85-88), che all’uomo spetta soltanto di ripetere e rispettare nel proprio dominio. Ma troppe erano ormai le crepe aperte in un simile assetto ideale, e da qui viene la tragicità tutta moderna di situazioni in cui l’armonia del creato cede a una totale disarmonia. Nel Lear tale avvicendamento è chiaro fin dal momento in cui il re di Francia risolleva la diseredata Cordelia dall’abiezione in cui l’ha precipitata l’inviolabile autorità paterna: “Bella Cordelia, tu sei molto ricca perché povera, molto eletta perché 1340
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reietta, e molto amata perché disprezzata. Te e le tue virtù io qui prendo. Consentitemi di raccogliere quello che è stato gettato via” (I, 1, 241-244; I, 1, 250-253). Il linguaggio poetico registra il paradosso di un rovesciamento di ruoli che presto si ripropone ingigantito, quando il re stesso, l’incarnazione del comando, si troverà bandito e braccato fino in un misero tugurio in mezzo alla campagna, esposto alla furia della tempesta. Il corpo sacro del sovrano, il simbolo supremo del potere, viene esposto agli elementi scatenati privo di ogni autorità, svestito di ogni segno di dominio, e non solo: lui che era il capo razionale del regno perde la ragione. E che cosa dice Lear a questo punto? Invece delle recriminazioni e contumelie che pure sono parte del suo carattere, da lui provengono ora parole di comunanza con tutti coloro che soffrono, e con i poveri in particolare: Poveri disgraziati nudi, in qualunque luogo vi troviate a offrirvi al furore di questa spietata tempesta, come faranno senza un tetto quei vostri fianchi digiuni, i buchi e le finestre di quegli stracci, a difendervi da una stagione come questa? […] Fasto, ecco la tua medicina: esponiti a tutto quello che i miseri sentono, così da poterti spogliare del superfluo e darlo a loro… (11, 25-33; III, 4, 28-36).
È importante che a pronunciare queste parole sia chi ha compiuto un lungo e doloroso cammino: un simbolo non più di autorità materiale ma di una intravista, rinnovata autorità morale. È il delirio a fargli penetrare il senso essenziale delle cose, ad allargare la sua visione fino a includere non più figlie da premiare o biasimare, non più nobili da ingraziare o bandire, non più cortigiani e cavalieri del seguito, ma l’umanità intera. Ed è il venir meno dei ruoli, l’improvviso rimescolarsi e contraddirsi dei segni del potere a fare di queste scene il centro del dramma, e del re che sragiona un modello di retta conoscenza. Più tardi un altro personaggio, Gloucester che è stato privato della vista e che funziona da specchio di Lear – cieco uno spiritualmente, cieco l’altro materialmente – dirà al figlio che ha esiliato e non riconosce, ma “sente” come un povero mendicante cui fa dono di tutto quello che ancora possiede: “Così l’equa distribuzione impedisce gli eccessi, e ogni uomo avrà abbastanza” (15, 68-69; IV, 1, 64-65). Con il controcanto del Matto, la cui funzione è sempre di contraddire giocosamente e assurdamente il discorso dell’autorità per fare emergere le verità che l’autorità stessa non vede, Lear raggiunge una sostanza che 1341
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le forme gli avevano preclusa, e la nudità sua e del “povero Tom”, il mendicante come lui vaneggiante, è il simbolo che il traguardo è stato toccato: “Non è altro che questo l’uomo? Consideralo bene. Al baco tu non sei debitore della seta, né alla bestia della pelle, né alla pecora della lana, né allo zibetto del profumo. Qui sono in tre ad essere adulterati; tu invece sei la cosa in sé!” (11, 93-96; III, 4, 96-99). Ma di “cose in sé” si rivela depositaria la tragedia, cose sempre ignorate da tutti, e alla fine evidenti: l’amore filiale di Cordelia, la devozione di Kent, l’intrinseca nobiltà di Edgar. Il contrasto fra l’“adulterazione” delle forme e l’essenzialità della sostanza acquista evidenza proprio nell’esplodere dell’insania, che viene così a curare paradossalmente la perversione comunicativa degli inizi. E la statura gigantesca e sublime che Lear assume nella follia risponde alla meschinità da lui esibita nel suo ambiente, alle prese con i suoi problemi di re da tutti ascoltato come savio. Per una logica a un tempo stringente e allucinata, nell’infuriare della tempesta, nel misero tugurio nel quale ha trovato riparo con i suoi nuovi amici, egli improvvisa un processo alle sue figlie crudeli, rappresentate da sedili e panchetti. Solo nell’ironia e nella parodia si può realizzare il massimo del potere istituzionale, il giudizio sugli altri, finora usato dagli assassini in forma biecamente persecutoria e sommamente ingiusta, e dal teatro stesso, infinita rappresentazione di giudizi in forma convenzionale. Non dimentichiamo che un capolavoro non molto distante da questo sul piano metaletterario, il Don Chisciotte, appartiene esattamente agli stessi anni. Il cerchio si chiude quando Lear e Gloucester si incontrano al culmine della loro miseria: l’uno è pazzo, non riesce a fare un discorso sensato, eppure tocca verità sublimi: è come se la frammentazione del senso nascondesse ora una coerenza superiore, che riconduce insieme, liberamente e disordinatamente, i problemi grandi e costanti dell’amore, della giustizia, della morte; l’altro è cieco, eppure riconosce il re dalla voce, e le parole di quest’ultimo – “Ehi! Ma allora sei come me? Niente occhi nella testa, niente quattrini nella borsa? Hai le orbite orbate come la saccoccia; eppure lo vedi, come va questo mondo!” (20, 140-143; IV, 5, 141-144) – gettano una luce pietosissima e surreale sul loro incontro e sulla loro reale, basilare solidarietà. La realtà che si era nascosta all’uno e all’altro riemerge penosamente ma sicuramente in virtù del privilegio che l’uno e l’altro ha, di esulare totalmente dalla comunicazione convenzionale, di partecipare allo sconvolgimento di ogni codice e facoltà, 1342
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di essere le personificazioni di ciò che fa esclamare a Edgar di fronte a Lear che vaneggia: “Un misto di buonsenso e di stravaganze; la ragione nella pazzia!” (20, 164-165; IV, 5, 170-171). È proprio questo sentimento di confusione e di perdita degli orizzonti morali ad avere indotto molti critici contemporanei a preferire Lear ad Amleto (Foakes), e due grandi registi, Jan Kott e Peter Brook, a definire “contemporanea” un’opera prodotta esattamente quattro secoli fa. La fortuna sulle scene e sullo schermo Primo interprete di Lear fu Richard Burbage, per cui Shakespeare scrisse anche le parti di Amleto e Macbeth: quando Burbage morì nel 1619, un elogio funebre elenca Lear tra i suoi successi memorabili. Di rappresentazioni al tempo del Bardo non si sa molto altro. Dopo la chiusura dei teatri sotto il regime puritano di Cromwell, la tragedia fu riproposta sulle scene inglesi all’epoca della Restaurazione in un adattamento di Nahum Tate per il grande attore Thomas Betterton, che in qualche modo recuperava il fatto come raccontato in Leir. Come si è visto, Shakespeare aveva trasformato Leir da tragicommedia in tragedia; Tate compì il tragitto inverso, eliminando parecchio, tra cui il personaggio del Fool e quello del re di Francia, cosa quest’ultima che gli consentì di inserire una storia d’amore tra Edgar e Cordelia, i quali alla fine si sposano; fece vincere la battaglia alle truppe fedeli al vecchio re, e risparmiò la vita non solo a Lear e alla sua figlia più devota, ma anche a Gloucester e a Kent. Così edulcorato il testo, stampato nel 1681, piacque talmente da tenere le scene incontrastato, sia pure con ulteriori adattamenti di Garrick e di altri, in un tempo che trovava, anche per bocca del Dottor Johnson, intollerabilmente ingiusto il finale con la morte di Cordelia. In questa forma lo riprese spessissimo Betterton, emulato in seguito da Barton Booth, James Quin e altri, tra cui spiccò il sommo David Garrick (con ulteriori adattamenti), e poi da Charles Kemble, Edmund Kean ed altri. Così fino al 1838, quando in piena atmosfera di rivalutazione del Bardo l’attore e capocomico William Charles Macready trovò il coraggio di riproporre una versione, per quanto manipolata, che restituiva i tratti fondamentali di quella originale (tornò per l’occasione il Fool, recitato da una donna). Pur incontrando un buon successo e riuscendo a cancellare il rimaneggiamento di Tate praticamente per sempre, questo recupero non bastò tuttavia a colmare il baratro che si era venuto formando 1343
LA STORIA DI RE LEAR
tra Re Lear come supremo prodotto della fantasia titanica di Shakespeare, accostato dai critici romantici a visioni sovrumane degli artisti più grandi, come Dante e Michelangelo – e l’inadeguatezza dell’esecuzione teatrale. Il critico Charles Lamb, che peraltro non aveva mai visto un buon allestimento della tragedia, fu (nel saggio On the Tragedies of Shakespeare, 1811) tra i primi a teorizzare la sua irrappresentabilità. In particolare, scrisse, la tempesta, se eseguita realisticamente con fracasso di tuoni e di pioggia, rende ridicolo il furore di Lear, che così sovrastato diventa un ometto, un vecchierello impotente e velleitario. Dopo Macready Lear diventò una tappa obbligata nel percorso di tutti i grandi attori inglesi, ma l’idea che la pièce fosse troppo grandiosa per essere contenuta da un palcoscenico rimase viva, e anzi trovò la sua formulazione più autorevole nelle lezioni di A. C. Bradley poi raccolte in Shakespearean Tragedy (1904), pietra miliare della critica shakespeariana novecentesca. Il primo a sfatare il concetto secondo cui Re Lear sarebbe piuttosto un poema da leggere che un dramma da rappresentare fu il grande regista e teorico Harley Granville-Barker, che nel 1927 dimostrò in una lucidissima Preface alla pièce come per capirla sia necessario dimenticare il naturalismo del teatro moderno per recuperare, invece, il palcoscenico neutro degli elisabettiani, dove il luogo dell’azione è spesso indeterminato e solo a partire dal Settecento si sentì il bisogno di specificarlo. Non c’è bisogno di riprodurre realisticamente la tempesta che disturbava Lamb, per esempio, questa vive nelle parole del protagonista, che la descrive e vi si immedesima allo stesso tempo. E benché sia tradizionale collocare il re a questo punto su una landa desolata, bisogna riconoscere che la parola heath (landa, brughiera) non ricorre in nessun luogo del testo. Nell’Ottocento furono Lear, ancora, Samuel Phelps, Charles Kean, Edwin Booth, Henry Irving, e nelle sue tournée mattatoriali l’italiano Tommaso Salvini, ammirato da Henry James; ma è solo col Novecento e col farsi strada della concezione propugnata da Granville-Barker che la parte diventò si può dire ufficialmente il coronamento della carriera di tutti i più grandi attori shakespeariani, da F. R. Benson a Donald Wolfit, da John Gielgud a Michael Redgrave, da Charles Laughton a Paul Scofield a Laurence Olivier a Donald Sinden a Robert Stephens a John Wood a Brian Cox. In Italia a Salvini, Ernesto Rossi e Giovanni Emanuel tennero dietro Ermete Novelli, Ermete Zacconi, Renzo Ricci, e 1344
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via dicendo fino a Tino Carraro, Massimo De Francovich, Franco Branciaroli, Ugo Pagliai, Eros Pagni. Tra le versioni cinematografiche le memorabili sono quelle, entrambe in bianco e nero, russa di Grigorij Kozintsev con testo tradotto da Boris Pasternak (1970) e inglese di Peter Brook con Paul Scofield (1971), derivata con modifiche dallo spettacolo teatrale dello stesso regista; quella di Michael Elliott con Laurence Olivier (1983), di destinazione televisiva; e quella di Akira Kurosawa (1984), intitolata Ran, molto liberamente rielaborata e ambientata in un Giappone medievale, in cui il sovrano ha dei figli maschi e non delle femmine. MASOLINO D’AMICO
R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, 8 voll., 1957-1975, VII, Major Tragedies, London, Routledge & Kegan Paul; New York, Columbia U. P., 1973. Letteratura critica Fra le maggiori edizioni inglesi e americane segnaliamo quelle a cura di K. MUIR, Arden, 1952; M. WARREN, California, 1989; J. L. HALIO, The Tragedy, Cambridge, 1992; B. A. MOWAT e P. WERSTINE, Washington Square Press, 1993; R. WEIS, Parallel Text, Longman, 1993; J. L. HALIO, The First Quarto, Cambridge, 1994; S. GREEENBLATT ET AL., Norton, 1997; R. A. FOAKES, Arden, 1997; S. ORGEL, The Quarto and Folio, Penguin, 2000; S. WELLS, Oxford, 20012; Fra le edizioni italiane, quelle a cura di G. BALDINI, Rizzoli, 1963; A. MEO, Garzanti, 1974; G. MELCHIORI, Mondadori, 1976; A. LOMBARDO, Garzanti, 1976; G. BULLA, Newton Compton, 2012. C. BELSEY, The Subject of Tragedy. Identity and Difference in Renaissance Drama, London, Methuen, 1985; E. BOND, Lear, London, Methuen, 1970; S. BOOTH, King Lear, Macbeth, Indefinition and Tragedy, New Haven, Yale U. P., 1983; A. C. BRADLEY, La tragedia di Shakespeare (1904), Milano, Rizzoli, 2002; P. BROOK, Lo spazio vuoto (1968), Roma, Bulzoni, 1345
LA STORIA DI RE LEAR
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THE HISTORY OF KING LEAR
THE PERSONS OF THE PLAY LEAR, King of Britain GONORIL, Lear’s eldest daughter Duke of ALBANY, her husband REGAN, Lear’s second daughter Duke of CORNWALL, her husband CORDELIA, Lear’s youngest daughter suitors King of FRANCE of Cordelia Duke of BURGUNDY
}
Earl of KENT, later disguised as Caius Earl of GLOUCESTER EDGAR, elder son of Gloucester, later disguised as Tom o’ Bedlam EDMUND, bastard son of Gloucester
OLD MAN, a tenant of Gloucester CURAN, Gloucester’s retainer Lear’s FOOL OSWALD, Gonoril’s steward Three SERVANTS of Cornwall DOCTOR, attendant on Cordelia Three CAPTAINS A HERALD A KNIGHT A MESSENGER Gentlemen, servants, soldiers, followers, trumpeters, others
SIGLE Q: il primo in-quarto (1608, qui distinto in Q, Qa e Qb); derivano da Q altre edizioni in-quarto (Q2: 1608, e Q3: 1655); F: l’in-folio (F1: 1623, F2: 1632, F3: 1663, F4: 1685). L’edizione Bompiani, seguendo l’esempio della Oxford e di altre da essa derivate (come la Norton), pubblica le due versioni (Q e F) come testi a sé stanti, data la diversità che ne sottolinea l’evoluzione attraverso il tempo e le rinnovate strategie drammaturgiche – qualità che vengono più ampiamente discusse nella nostra introduzione. Come testo-guida proponiamo ora Q, e di seguito F, scartando del tutto la versione “integrata” (conflated) che ha tenuto banco dal Settecento in poi: un giacimento di celebri brani da sfruttare liberamente più che un testo da rispettare nella sua integrità. Q presenta circa trecento versi che non compaiono in F, mentre F ne contiene circa cento che non compaiono in Q. Segnaliamo le varianti indicate nell’ed. Oxford – ovvero solo quelle con significati alternativi, e non le didascalie più volte rivedute. Le trascrizioni sono sempre modernizzate, salvo quando il testo presenta insieme la grafia arcaica e quella moderna.
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LA STORIA DI RE LEAR
PERSONAGGI LEAR, Re di Britannia GONORIL, figlia maggiore di Lear Duca di ALBANY, suo marito REGAN, seconda figlia di Lear Duca di CORNOVAGLIA, suo marito CORDELIA, figlia minore di Lear pretendenti Re di FRANCIA di Cordelia Duca di BORGOGNA
}
Signore di KENT, in seguito travestito da Caio Signore di GLOUCESTER EDGAR, primogenito di Gloucester, in seguito travestito da Povero Tom EDMUND, figlio bastardo di Gloucester
VECCHIO, fittavolo di Gloucester CURAN, famiglio di Gloucester BUFFONE di Lear: il MATTO OSWALD, maggiordomo di Gonoril Tre SERVI di Cornovaglia DOTTORE, che cura Cordelia Tre CAPITANI Un ARALDO Un CAVALIERE Un MESSO Gentiluomini, servi, soldati, gente del seguito, trombettieri, altri
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
Sc. 1
Enter the Earl of Kent, the Duke of Gloucester, and Edmund the bastard
KENT I thought the King had more affected the Duke of
Albany than Cornwall. GLOUCESTER It did always seem so to us, but now in the
division of the kingdoms it appears not which of the Dukes he values most; for equalities are so weighed that curiosity in neither can make choice of either’s moiety. KENT Is not this your son, my lord? GLOUCESTER His breeding, sir, hath been at my charge. I have so often blushed to acknowledge him that now I am brazed to it. KENT I cannot conceive you. GLOUCESTER Sir, this young fellow’s mother could, whereupon she grew round-wombed and had indeed, sir, a son for her cradle ere she had a husband for her bed. Do you smell a fault? KENT I cannot wish the fault undone, the issue of it being so proper. GLOUCESTER But I have, sir, a son by order of law, some year elder than this, who yet is no dearer in my account. Though this knave came something saucily into the world before he was sent for, yet was his mother fair, there was good sport at his making, and the whoreson must be acknowledged. (To Edmund) Do you know this noble gentleman, Edmund? EDMUND No, my lord. GLOUCESTER (to Edmund) My lord of Kent. Remember him hereafter as my honourable friend. EDMUND (to Kent) My services to your lordship.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
Scena 1
Entrano il conte di Kent, il duca di Gloucester, e Edmund il bastardo1
KENT
Credevo che il re stimasse più il duca di Albany che Cornovaglia. GLOUCESTER
Eravamo di questa opinione anche noi. Ma ora, nella divisione dei regni, non si vede quale dei duchi valuti di più. Le porzioni sono state bilanciate così bene, che neanche dopo l’esame più scrupoloso uno di loro vorrebbe fare a cambio con l’altro. KENT
E questo non è vostro figlio, mio signore? GLOUCESTER
In effetti è stato allevato a mie spese. Sono arrossito tante volte ad ammetterlo, che ormai ci ho fatto il callo. KENT
Mi sembra inconcepibile. GLOUCESTER
A concepire fu la madre del giovanotto. Mise su un bel pancione tondo, e si ritrovò, caro signore, con un figlio in culla e senza un marito nel letto. Sentite odore di colpa? KENT
La colpa mi sembra accettabile, con un risultato così positivo. GLOUCESTER
Sennonché io ho anche un altro figlio, signore, in perfetta regola, un po’ più anziano di questo, ma non meno caro ai miei occhi. Certo, questo furfante è venuto al mondo da impertinente, prima d’essere chiamato. Ma sua madre era bella, a metterlo al mondo ce la siamo goduta, e il figlio di puttana va riconosciuto. (A Edmund) Lo conosci questo nobile gentiluomo, Edmund? EDMUND
No, mio signore. GLOUCESTER (a Edmund) È il signore di Kent. D’ora innanzi ricordalo come mio onorevole amico. EDMUND (a Kent) I miei servigi alla vostra signoria.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
KENT I must love you, and sue to know you better.
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EDMUND Sir, I shall study deserving. GLOUCESTER (to Kent) He hath been out nine years, and
away he shall again. Sound a sennet The King is coming.
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Enter one bearing a coronet, then King Lear, then the Dukes of Albany and Cornwall; next Gonoril, Regan, Cordelia, with followers LEAR
Attend my lords of France and Burgundy, Gloucester. GLOUCESTER I shall, my liege. [Exit] LEAR
Meantime we will express our darker purposes. The map there. Know we have divided In three our kingdom, and ’tis our first intent To shake all cares and business off our state, Confirming them on younger years. The two great princes, France and Burgundy – Great rivals in our youngest daughter’s love – Long in our court have made their amorous sojourn, And here are to be answered. Tell me, my daughters, Which of you shall we say doth love us most, That we our largest bounty may extend Where merit doth most challenge it? Gonoril, our eldest born, speak first.
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GONORIL
Sir, I do love you more than words can wield the matter; Dearer than eyesight, space, or liberty; Beyond what can be valued, rich or rare; No less than life; with grace, health, beauty, honour; As much as child e’er loved, or father, friend;
54. As: così in F; in Q a. 1352
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
KENT
Ti vorrò bene, e cercherò di conoscerti meglio. EDMUND
Signore, mi sforzerò di esserne degno. GLOUCESTER (a Kent)
È stato via nove anni, e presto ripartirà. Squilli di tromba. Ecco il Re. Entrano un attendente recando una corona, quindi [re] Lear, quindi i duchi di Albany2 e Cornovaglia; quindi Gonoril, Regan, Cordelia, e seguito LEAR
Accogli i principi di Francia e di Borgogna, Gloucester. GLOUCESTER
Obbedisco, sire. [Esce] LEAR
Frattanto noi esporremo i nostri propositi segreti3. Portate qui la mappa. Sappiate che abbiamo diviso il nostro regno in tre parti; ed è nostra prima intenzione rimuovere ogni cura ed ufficio dalla nostra autorità, affidandoli a forze più giovani. Due grandi prìncipi di Francia e di Borgogna, grandi rivali per l’amore della nostra minore, da tempo fanno un soggiorno galante nella nostra corte, e oggi sono qui per avere una risposta. Ditemi, figlie mie, quale di voi dovremo credere che ci ama di più, sì che la nostra munificenza possa estendersi maggiormente là dove il merito la reclama con più forza? Gonoril, tu sei nata per prima, parla per prima. GONORIL
Sire, io vi amo più di quanto parola possa esprimere; più della vista, dello spazio o della libertà; al di là di quello che è stimato ricco o raro; non meno della vita; con grazia, salute, bellezza, onore; tanto quanto mai figlia amò padre, o congiunto; è un amore che
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
A love that makes breath poor and speech unable. Beyond all manner of so much I love you. CORDELIA (aside) What shall Cordelia do? Love and be silent. LEAR (to Gonoril) Of all these bounds even from this line to this, With shady forests and wide skirted meads, We make thee lady. To thine and Albany’s issue Be this perpetual. – What says our second daughter? Our dearest Regan, wife to Cornwall, speak. REGAN Sir, I am made Of the self-same mettle that my sister is, And prize me at her worth. In my true heart I find she names my very deed of love – Only she came short, that I profess Myself an enemy to all other joys Which the most precious square of sense possesses. And find I am alone felicitate In your dear highness’ love. CORDELIA (aside) Then poor Cordelia – And yet not so, since I am sure my love’s More richer than my tongue. LEAR (to Regan) To thee and thine hereditary ever Remain this ample third of our fair kingdom, No less in space, validity, and pleasure Than that confirmed on Gonoril. (To Cordelia) But now our joy, Although the last, not least in our dear love: What can you say to win a third more opulent Than your sisters? CORDELIA Nothing, my lord. LEAR
How? Nothing can come of nothing. Speak again.
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fa povero il respiro, e la parola, incapace. Oltre ogni capacità di misura, io vi amo. CORDELIA (a parte) E tu, Cordelia, che farai? Ama, e taci. LEAR (a Gonoril) Di tutte queste terre che vanno da questa linea a questa, con ombrose foreste ed estese praterie, noi ti facciamo signora. Dei figli tuoi e di Albany siano esse in perpetuo. – Cosa dice la nostra seconda figlia? Regan carissima, sposa di Cornovaglia, parla. REGAN
Sire, io sono fatta della stessa tempra di mia sorella, non valutatemi di meno. Nel mio cuore sincero trovo che ella ha espresso il mio stesso vincolo di amore – solo, ella pecca per difetto, ché io mi proclamo nemica di qualunque altra gioia possa occupare il più minuscolo ritaglio di senno; e trovo che unicamente mi rallegro nell’amore della vostra cara maestà. CORDELIA (a parte) E allora, povera Cordelia! Ma invece no. Sono certa che il mio amore ha più peso della mia lingua. LEAR (a Regan) Tuo e dei tuoi eredi in eterno rimanga questo ampio terzo del nostro bel regno, non minore per spazio, valore e amenità di quello ricevuto da Gonoril. (A Cordelia) Ma ora, nostra delizia, minore ma non nel mio affetto, cosa ci dirai per assicurarti un terzo più opulento delle tue sorelle? Parla. CORDELIA
Niente, mio signore. LEAR
Come? Niente non frutta niente4. Parla ancora.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
CORDELIA
Unhappy that I am, I cannot heave My heart into my mouth. I love your majesty According to my bond, nor more nor less.
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LEAR
Go to, go to, mend your speech a little Lest it may mar your fortunes. CORDELIA Good my lord, You have begot me, bred me, loved me. I return those duties back as are right fit – Obey you, love you, and most honour you. Why have my sisters husbands if they say They love you all? Haply when I shall wed That lord whose hand must take my plight shall carry Half my love with him, half my care and duty. Sure, I shall never marry like my sisters, To love my father all. LEAR But goes this with thy heart? CORDELIA Ay, good my lord. LEAR So young and so untender? CORDELIA So young, my lord, and true.
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Well, let it be so. Thy truth then he thy dower; For by the sacred radiance of the sun, The mysteries of Hecate and the night, By all the operation of the orbs From whom we do exist and cease to be, Here I disclaim all my paternal care, Propinquity, and property of blood, And as a stranger to my heart and me Hold thee from this for ever. The barbarous Scythian,
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103. Mysteries: così in F2; in Q mistress = “amante”; in F1 miseries = “miserie”. Night: così in F; in Q might = “forza”, “potenza”. 1356
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
CORDELIA
Per quanto infelice io mi senta, non posso issare il mio cuore fino alla mia bocca. Amo la maestà vostra secondo il mio vincolo, né più, né meno. LEAR
Andiamo, andiamo, aggiusta un po’ le tue parole, se non vuoi rovinare le tue fortune. CORDELIA
Mio buon signore, voi mi avete procreata, nutrita, amata. Io ripago quei debiti al loro giusto valore – vi obbedisco, vi amo, vi onoro assai. Perché hanno marito le mie sorelle, se dicono di amare solo voi? Io spero, quando sarò sposa, che il signore la cui mano avrà la mia promessa con la stessa mano si prenda la metà del mio amore, delle mie cure e del dovere. Certo non mi sposerò come le mie sorelle, per amare mio padre e solo lui. LEAR
Ma questo è col cuore che lo dici? CORDELIA
Mio buon signore, sì. LEAR
Così giovane, e già così coriacea? CORDELIA
Così giovane, mio signore, e così sincera. LEAR
Bene, come vuoi tu. La tua sincerità sia la tua dote; perché, per i sacri raggi del sole, per i misteri di Ecate5 e della notte, per tutti gli influssi delle sfere grazie a cui esistiamo e cessiamo di esistere, io qui rinnego ogni mia paterna cura, parentela e legame di sangue, e quale estranea al mio cuore e a me ti considero da adesso e per sempre. Il barbaro scita6, o colui che fa pasto dei suoi nati per
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
Or he that makes his generation Messes to gorge his appetite, Shall be as well neighboured, pitied, and relieved As thou, my sometime daughter. KENT Good my liege –
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LEAR
Peace, Kent. Come not between the dragon and his wrath. I loved her most, and thought to set my rest On her kind nursery. [To Cordelia] Hence, and avoid my sight! – So be my grave my peace as here I give Her father’s heart from her. Call France. Who stirs? Call Burgundy. [Exit one or more] Cornwall and Albany, With my two daughters’ dowers digest this third. Let pride, which she calls plainness, marry her. I do invest you jointly in my power, Pre-eminence, and all the large effects That troop with majesty. Ourself by monthly course, With reservation of an hundred knights By you to be sustained, shall our abode Make with you by due turns. Only we still retain The name and all the additions to a king. The sway, revenue, execution of the rest, Belovèd sons, be yours; which to confirm, This crownet part betwixt you. KENT Royal Lear, Whom I have ever honoured as my king, Loved as my father, as my master followed, As my great patron thought on in my prayers –
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LEAR
The bow is bent and drawn; make from the shaft. KENT
Let it fall rather, though the fork invade The region of my heart. Be Kent unmannerly
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
saziare la sua fame, avrà da me la stessa accoglienza, pietà e consolazione di te che fosti mia figlia. KENT
Mio buon sire... LEAR
Silenzio, Kent! Non metterti tra il drago e la sua collera7. Lei amavo di più, e volevo affidare il mio riposo alle sue dolci cure. [A Cordelia] Vattene lontano dai miei occhi! – Non voglio trovar più pace nella tomba se non le tolgo il mio cuore di padre. Chiamate Francia! Nessuno si muove? Chiamate Borgogna! [Escono uno o più uomini] Cornovaglia e Albany, alla dote delle mie due figlie aggiungete questo terzo. Sia l’orgoglio, che costei chiama franchezza, il suo sposo! Io vi investo entrambi dei miei poteri, della sovranità e di ogni grande attributo attinente alla maestà. Quanto a noi, con un seguito di cento cavalieri mantenuti da voi, da voi dimoreremo a mesi alterni. Solo conserveremo il nome e gli onori di re. Il potere, le rendite, l’amministrazione del resto, amati figli, saranno vostri: e per confermarlo, questa corona dividetevela fra di voi. KENT
Augusto Lear, che io ho sempre onorato come mio re, amato come mio padre, seguito come mio signore, ricordato come mio grande patrono nelle mie preghiere... LEAR
L’arco è piegato e teso: attento alla freccia. KENT
Che venga, questa freccia, invece, anche se la punta arrivasse nella regione del mio cuore. Sì, Kent è sfrontato, se Lear è pazzo. Che
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
When Lear is mad. What wilt thou do, old man? Think’st thou that duty shall have dread to speak When power to flattery bows? To plainness honour’s bound When majesty stoops to folly. Reverse thy doom, And in thy best consideration check This hideous rashness. Answer my life my judgement, Thy youngest daughter does not love thee least, Nor are those empty-hearted whose low sound Reverbs no hollowness. LEAR Kent, on thy life, no more!
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KENT
My life I never held but as a pawn To wage against thy enemies, nor fear to lose it, Thy safety being the motive. LEAR Out of my sight! KENT
See better, Lear, and let me still remain The true blank of thine eye. LEAR Now, by Apollo –
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KENT
Now, by Apollo, King, thou swear’st thy gods in vain. LEAR [making to strike him] Vassal, recreant! KENT Do, kill thy physician, And the fee bestow upon the foul disease. Revoke thy doom, or whilst I can vent clamour From my throat I’ll tell thee thou dost evil.
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LEAR
Hear me; on thy allegiance hear me! Since thou hast sought to make us break our vow, Which we durst never yet, and with strayed pride To come between our sentence and our power, Which nor our nature nor our place can bear, Our potency made good take thy reward: 138. Mad: così in Q2, F; in Q1 man = “uomo”. 1360
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
cosa vuoi8 fare, vecchio? Credi che il dovere abbia paura di parlare quando l’autorità si piega all’adulazione? L’onore è obbligato a cantar chiaro, se la maestà si arrende alla follia. Revoca la tua sentenza; e nel tuo stesso interesse, frena questo odioso furore. Rispondo con la vita dei miei giudizi. La tua figlia minore non è quella che ti ama meno, né è vuoto il cuore di coloro la cui voce sommessa non fa da eco alle vanità. LEAR
Kent, se tieni alla vita, ora basta! KENT
La vita l’ho sempre considerata solo come un gettone da spendere contro i tuoi nemici; non ho paura di perderla, se ne va della tua salvezza. LEAR
Via dalla mia vista! KENT
Cerca di vedere meglio, Lear; e lascia che io continui a essere il sincero bersaglio dei tuoi occhi. LEAR
Ah, per Apollo... KENT
Sì, per Apollo, re, tu invochi i tuoi dèi invano. LEAR [fa per colpirlo] Servo traditore! KENT
Sì, ammazza il medico, e paga così la parcella alla sconcia malattia. Revoca la condanna, o finché avrò fiato da espellere dalla gola ti dirò che fai male. LEAR
Ascoltami, in nome del tuo patto di sudditanza, ascoltami! Tu hai tentato di farci rompere la nostra promessa, cosa che mai prima abbiamo osato fare, e con orgoglio smisurato ti sei intromesso tra la nostra decisione e il nostro potere, cosa che né la nostra natura né il nostro rango può tollerare. Se dunque abbiamo potere, ecco la
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
Four days we do allot thee for provision To shield thee from dis-eases of the world, And on the fifth to turn thy hated back Upon our kingdom. If on the next day following Thy banished trunk be found in our dominions, The moment is thy death. Away! By Jupiter, This shall not be revoked.
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KENT
Why, fare thee well, King; since thus thou wilt appear, Friendship lives hence, and banishment is here. (To Cordelia) The gods to their protection take thee, maid, That rightly thinks, and hast most justly said. (To Gonoril and Regan) And your large speeches may your deeds approve, That good effects may spring from words of love. Thus Kent, O princes, bids you all adieu; He’ll shape his old course in a country new. Exit
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Enter the King of France and the Duke of Burgundy, with the Duke of Gloucester GLOUCESTER
Here’s France and Burgundy, my noble lord. LEAR My lord of Burgundy,
We first address towards you, who with a king Hath rivalled for our daughter: what in the least Will you require in present dower with her Or cease your quest of love? BURGUNDY Royal majesty, I crave no more than what your highness offered; Nor will you tender less. LEAR Right noble Burgundy, When she was dear to us we did hold her so; But now her price is fallen. Sir, there she stands. If aught within that little seeming substance,
166. Next: emendamento tardo; in Q e F tenth = “decimo”. 1362
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
tua ricompensa: quattro giorni ti concediamo per rifornirti contro i rischi del mondo, e il quinto per voltare le tue odiate terga al nostro regno. Dal giorno dopo, se la tua esiliata carcassa sarà trovata nei nostri domini, quel momento sarà la tua morte. Vattene! Per Giove, questo non sarà revocato! KENT
Sovrano, addio. Così ti vuoi mostrare? L’amicizia in esilio dovrà andare. (A Cordelia) Fanciulla che con senno hai ragionato, Ti accolga e ti protegga un dio beato. (A Gonoril e Regan) Possiate confermare i paroloni Mostrando il vostro amore con le azioni! Così, o principi, Kent la strada trova: Seguirà la vita vecchia in terra nuova. Esce Entrano il Re di Francia e il Duca di Borgogna, con il Duca di Gloucester GLOUCESTER
Ecco Francia e Borgogna, mio nobile signore. LEAR
Mio signore di Borgogna, parlo per primo a voi, che contro un re vi siete misurato per nostra figlia. Con lei, qual è la dote minima che esigete per non rinunciare al vostro sogno d’amore? BORGOGNA
Preclara maestà, non bramo più di quanto la vostra altezza abbia offerto, né essa vorrà dare di meno. LEAR
Nobilissimo Borgogna, quando ella ci era cara, tanto così la stimavamo; ora però il suo prezzo è crollato. Signore, eccola: se dentro quella parvenza di sostanza c’è qualcosa, con l’aggiunta del
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
Or all of it, with our displeasure pieced, And nothing else, may fitly like your grace, She’s there, and she is yours. BURGUNDY I know no answer.
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LEAR
Sir, will you with those infirmities she owes, Unfriended, new-adopted to our hate, Covered with our curse and strangered with our oath, Take her or leave her? BURGUNDY Pardon me, royal sir. Election makes not up on such conditions.
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LEAR
Then leave her, sir; for by the power that made me, I tell you all her wealth. (To France) For you, great King, I would not from your love make such a stray To match you where I hate, therefore beseech you To avert your liking a more worthier way Than on a wretch whom nature is ashamed Almost to acknowledge hers.
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FRANCE
This is most strange, that she that even but now Was your best object, the argument of your praise, Balm of your age, most best, most dearest, Should in this trice of time commit a thing So monstrous to dismantle So many folds of favour. Sure, her offence Must be of such unnatural degree That monsters it, or your fore-vouched affections Fall’n into taint; which to believe of her Must be a faith that reason without miracle Could never plant in me. CORDELIA (to Lear) I yet beseech your majesty, If for I want that glib and oily art To speak and purpose not – since what I well intend,
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
nostro dispiacere e di nient’altro, che possa fare al caso vostro, è lì, è vostra. BORGOGNA
Non so che rispondere. LEAR
Insomma: con tutti i difetti che ella stessa riconosce, senza amici, or ora adottata dalla nostra avversione, coperta dalla nostra maledizione e estraniata dal nostro giuramento, volete prenderla, o lasciarla? BORGOGNA
Perdonatemi, regale sire, non si può scegliere in tali condizioni. LEAR
E allora lasciatela, messere, perché per quel dio che mi ha creato, vi ho descritto ogni sua ricchezza. (A Francia) Quanto a voi, grande re, non vorrei tradire il vostro affetto fino al punto di unirvi a colei che detesto, e perciò vi prego di dedicare la vostra predilezione a un oggetto più degno di una meschina che la natura quasi si vergogna di riconoscere per sua. FRANCIA
Questo è molto strano, che lei, che poco fa era il tesoro più prezioso, l’oggetto di ogni lode, il balsamo della vostra vecchiaia, la prediletta, la beneamata, abbia in questo scorcio di tempo commesso un’azione così mostruosa, da smantellare tanti bastioni di favore. Senza dubbio il suo delitto dev’essere contrario alla natura fino alla mostruosità, altrimenti l’affetto che avevate tanto ostentato sarebbe stato marcio. Credere questo di lei è peraltro una fede che senza ausilio di miracoli la ragione non potrà mai infondermi. CORDELIA (a Lear) Io prego la vostra maestà, poiché mi manca quell’arte liscia e untuosa di parlare a sproposito – infatti io quello che intendo lo faccio
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
I’ll do’t before I speak – that you acknow It is no vicious blot, murder, or foulness, No unclean action or dishonoured step That hath deprived me of your grace and favour, But even the want of that for which I am rich – A still-soliciting eye, and such a tongue As I am glad I have not, though not to have it Hath lost me in your liking. LEAR Go to, go to. Better thou hadst not been born than not to have pleased me better.
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FRANCE
Is it no more but this – a tardiness in nature, That often leaves the history unspoke That it intends to do? – My lord of Burgundy, What say you to the lady? Love is not love When it is mingled with respects that stands Aloof from the entire point. Will you have her? She is herself a dower. BURGUNDY Royal Lear, Give but that portion which yourself proposed, And here I take Cordelia by the hand, Duchess of Burgundy – LEAR Nothing. I have sworn. BURGUNDY (to Cordelia) I am sorry, then, you have so lost a father That you must lose a husband.
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CORDELIA
Peace be with Burgundy; since that respects Of fortune are his love, I shall not be his wife.
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FRANCE
Fairest Cordelia, that art most rich, being poor; Most choice, forsaken; and most loved, despised: 218. Acknow: emend. Taylor; in Q may know = “potete sapere”; in F: make known: “rendiate noto”. 222. The: emend. tardo; in Q e F for = “a causa di”. 1366
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
prima di parlare – di riconoscere che non fu vile macchia, omicidio o disonore, né atto non casto o attentato all’onore a privarmi della vostra grazia e del vostro favore, bensì proprio una carenza che in sé mi rende ricca: quella di un occhio che adesca e di una lingua quale sono lieta di non possedere, anche se il non averla mi ha fatto uscire dalle vostre grazie. LEAR
Via, via. Meglio se non fossi nata, visto che non mi hai compiaciuto. FRANCIA
Tutto qui? Una verecondia naturale, che sovente fa a meno di raccontare la storia di come intenda agire? – Mio signore di Borgogna, cosa dite voi a questa donna? L’amore non è amore quando si mischia con considerazioni estranee all’intera questione. La volete voi? Ella stessa è una dote. BORGOGNA
Maestoso Lear, dàlle quella parte che tu stesso hai proposto, e io qui prendo per la mano Cordelia, Duchessa di Borgogna. LEAR
Niente! Ho giurato. BORGOGNA (a Cordelia)
E allora mi rincresce che dopo aver perso così un padre, tu debba perdere un marito. CORDELIA
La pace sia con Borgogna! Poiché il suo amore va alla stima delle fortune, io non sarò sua moglie. FRANCIA
Bella Cordelia, tu sei molto ricca perché povera, molto eletta perché reietta, molto amata perché disprezzata. Te e le tue virtù io
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
Thee and thy virtues here I seize upon. Be it lawful, I take up what’s cast away. Gods, gods! ’Tis strange that from their cold’st neglect My love should kindle to inflamed respect. – Thy dowerless daughter, King, thrown to my chance, Is queen of us, of ours, and our fair France. Not all the dukes in wat’rish Burgundy Shall buy this unprized precious maid of me. – Bid them farewell, Cordelia, though unkind. Thou losest here, a better where to find.
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LEAR
Thou hast her, France. Let her be thine, for we Have no such daughter, nor shall ever see That face of hers again. Therefore be gone, Without our grace, our love, our benison. – Come, noble Burgundy.
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[Flourish.] Exeunt Lear and Burgundy, then Albany, Cornwall, Gloucester, [Edmund,] and followers FRANCE (to Cordelia)
Bid farewell to your sisters.
CORDELIA
Ye jewels of our father, with washed eyes Cordelia leaves you. I know you what you are, And like a sister am most loath to call Your faults as they are named. Use well our father. To your professèd bosoms I commit him. But yet, alas, stood I within his grace I would prefer him to a better place. So farewell to you both. GONORIL Prescribe not us our duties.
247. To my chance: così in F; in Q to thy chance = “alla tua sorte”. 258. Ye = emend. tardo; in Q e F the = “le”. 1368
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
qui prendo. Consentitemi di raccogliere quello che è stato gettato via. Dèi, dèi! È strano che dal loro gelido rigetto il mio amore si accenda a infiammato rispetto. La tua figlia senza dote, re, data alla mia sorte, è regina di noi, del nostro e della bella Francia. Né tutti i duchi della bagnata Borgogna mi ricompreranno questa svalutata ma preziosa fanciulla. – Di’ a tutti addio, Cordelia, per quanto scortesi. Tu lasci il qui in cambio di un dove migliore. LEAR
È tua, Francia; e tua rimanga, perché noi non abbiamo una tale figlia, né quel suo viso rivedremo mai più. Perciò andate pure, senza la nostra grazia, il nostro amore, la nostra benedizione. – Venite, nobile Borgogna. [Trombe.] Escono Lear e Borgogna, quindi Albany, Cornovaglia, Gloucester, [Edmund] e seguito FRANCIA (a Cordelia)
Di’ addio alle tue sorelle. CORDELIA
Gemme preziose di nostro padre, con occhi lavati Cordelia vi lascia. Io so cosa siete; e da sorella, non vorrei dare alle vostre colpe il loro nome. Trattate bene nostro padre. Ai vostri profferti petti io lo affido. Ma se mi trovassi ancora, ahimè, nelle sue grazie, vorrei vederlo in un luogo migliore. Vi dico addio a tutte e due. GONORIL
Non ci insegnare il nostro dovere.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 1
REGAN Let your study
Be to content your lord, who hath received you At fortune’s alms. You have obedience scanted, And well are worth the worst that you have wanted. CORDELIA
Time shall unfold what pleated cunning hides. Who covers faults, at last shame them derides. Well may you prosper. FRANCE Come, fair Cordelia.
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Exeunt France and Cordelia GONORIL Sister, it is not a little I have to say of what
most nearly appertains to us both. I think our father will hence tonight. REGAN That’s most certain, and with you. Next month with us. GONORIL You see how full of changes his age is. The observation we have made of it hath not been little. He always loved our sister most, and with what poor judgement he hath now cast her off appears too gross. REGAN ’Tis the infirmity of his age; yet he hath ever but slenderly known himself. GONORIL The best and soundest of his time hath been but rash; then must we look to receive from his age not alone the imperfection of long-engrafted condition, but therewithal unruly waywardness that infirm and choleric years bring with them. REGAN Such unconstant starts are we like to have from him as this of Kent’s banishment. GONORIL There is further compliment of leave-taking between France and him. Pray, let’s hit together. If our father carry authority with such dispositions as he bears, this last surrender of his will but offend us.
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270. The worst: emend. Taylor; in Q the worth = “il valore”; in F the want = “la perdita”. 1370
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 1
REGAN
Pensa piuttosto a onorare il tuo signore, che ti ha ricevuta come un’elemosina della sorte. Ti sei sottratta all’obbedienza, meritandoti la penuria che hai voluto. CORDELIA
Il tempo mostrerà quanto l’astuzia nasconde nei suoi anfratti, perché svergogna chi copre le sue colpe. Vi auguro ogni prosperità! FRANCIA
Vieni, mia bella Cordelia. Escono Francia e Cordelia GONORIL
Sorella, avrei qualcosa da dire su argomenti che ci riguardano da vicino. Credo che nostro padre voglia partire questa notte. REGAN
È più che certo, e con te. Tra un mese verrà da noi. GONORIL
Vedi come si diventa capricciosi alla sua età. Abbiamo avuto non poche occasioni di osservarlo. Ha sempre amato nostra sorella più di noi; e l’assurdità dei pretesti con cui ora la scaccia appare madornale. REGAN
Sono i malanni della sua età. D’altro canto, non è mai stato troppo presente a se stesso. GONORIL
Anche nei migliori anni della giovinezza era sempre impulsivo. Per questo dalla sua vecchiaia ci dobbiamo aspettare non solo i difetti ormai connaturati, ma anche quella incontrollabile incostanza che gli anni deboli e collerici si portano dietro. REGAN
Ci regalerà capricci improvvisi come questo dell’esilio di Kent. GONORIL
Di là stanno celebrando altre cerimonie di saluti tra lui e Borgogna. Ti prego, la nostra azione sia comune. Se nostro padre esercita l’autorità con la volubilità che ha esibito, questo suo ultimo voltafaccia finirà per nuocerci.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 2
REGAN We shall further think on’t. GONORIL We must do something, and i’th’ heat.
Sc. 2
Exeunt
Enter Edmund the bastard
EDMUND
Thou, nature, art my goddess. To thy law My services are bound. Wherefore should I Stand in the plague of custom and permit The curiosity of nations to deprive me For that I am some twelve or fourteen moonshines Lag of a brother? Why ‘bastard’? Wherefore ‘base’, When my dimensions are as well compact, My mind as generous, and my shape as true As honest madam’s issue? Why brand they us with ‘base, base bastardy’, Who in the lusty stealth of nature take More composition and fierce quality Than doth within a stale, dull-eyed bed go To the creating a whole tribe of fops Got ’tween a sleep and wake? Well then, Legitimate Edgar, I must have your land. Our father’s love is to the bastard Edmund As to the legitimate. Well, my legitimate, if This letter speed and my invention thrive, Edmund the base shall to th’ legitimate. I grow, I prosper. Now gods, stand up for bastards!
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Enter the Duke of Gloucester. Edmund reads a letter GLOUCESTER
Kent banished thus, and France in choler parted, And the King gone tonight, subscribed his power, Confined to exhibition – all this done Upon the gad? – Edmund, how now? What news?
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14. Creating: così in F; in Q creating of. 20. To th’: in Q e F tooth’, possibile gioco su “dente” = “morso”; in emend. tardo top the, nel senso di “spodestare”. 1372
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 2
REGAN
Bisogna rifletterci. GONORIL
Dobbiamo fare qualcosa, e senza indugi. Escono Entra Edmund, il bastardo
Scena 2
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EDMUND
Natura, tu sei la mia dea; alla tua legge sono legati i miei servigi. Perché dovrei accettare la calamità dell’usanza, e consentire al pregiudizio dei popoli di spogliarmi, solo perché sono dodici o quattordici lune dietro a un fratello? Perché “bastardo”? Perché vile? Quando possiedo un fisico ben fatto, uno spirito generoso e un aspetto schietto quanto quelli del rampollo della donna onesta? Perché bollarci come “vili, vergognosi bastardi”, noi cui il sotterfugio di natura conferisce più tempra e fiero carattere di quanto a un letto stanco e pigro serva a creare tutta una tribù di smidollati concepiti tra il sonno e la veglia? Bene, allora, legittimo Edgar, io voglio la tua terra. L’amore di nostro padre va a Edmund il bastardo come al legittimo. Bene, caro il mio legittimo, se questa missiva funziona e il mio disegno ha successo, Edmund il vile scavalcherà il legittimo10. Io cresco. Io prospero. E ora, dèi, favorite i bastardi! Entra il duca di Gloucester. Edmund legge una lettera GLOUCESTER
Kent bandito così! E Francia partito in collera! E il re che si è messo in viaggio questa notte! Avendo rinunciato al suo potere! Rassegnato a fare l’uomo di paglia! – E tutto questo in un attimo11! – Ehi, Edmund, e allora? Che notizie?
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 2
EDMUND So please your lordship, none. GLOUCESTER Why so earnestly seek you to put up that
letter? EDMUND I know no news, my lord. GLOUCESTER What paper were you reading? EDMUND Nothing, my lord. GLOUCESTER No? What needs then that terrible dispatch of it into your pocket? The quality of nothing hath not such need to hide itself. Let’s see. Come, if it be nothing I shall not need spectacles. EDMUND I beseech you, sir, pardon me. It is a letter from my brother that I have not all o’er-read; for so much as I have perused, I find it not fit for your liking. GLOUCESTER Give me the letter, sir. EDMUND I shall offend either to detain or give it. The contents, as in part I understand them, are to blame. GLOUCESTER Let’s see, let’s see. EDMUND I hope for my brother’s justification he wrote this but as an assay or taste of my virtue. He gives Gloucester a letter GLOUCESTER (reads) ‘This policy of age makes the world
bitter to the best of our times, keeps our fortunes from us till our oldness cannot relish them. I begin to find an idle and fond bondage in the oppression of aged tyranny, who sways not as it hath power but as it is suffered. Come to me, that of this I may speak more. If our father would sleep till I waked him, you should
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 2
EDMUND
Nessuna, signor padre. GLOUCESTER
Perché cerchi tanto di nascondere quella lettera? EDMUND
Non ho notizie, mio signore. GLOUCESTER
Che foglio stavi leggendo? EDMUND
Niente, mio signore. GLOUCESTER
No? Perché allora quella gran fretta di mettertelo in tasca? Il niente non ha tanto bisogno di nascondersi. Vediamo. Da’ qua. Se non è niente potrò fare a meno degli occhiali. EDMUND
Vi prego, signore, perdonatemi. È una lettera di mio fratello che non ho ancora finita; e per quel po’ che ne ho letto, non trovo sia il caso di mostrarvela. GLOUCESTER
Dammi quella lettera, signorino. EDMUND
Recherò offesa, sia a tenerla sia a darla. Il contenuto, così come in parte l’ho trovato, è deplorevole. GLOUCESTER
Fa’ vedere, fa’ vedere! EDMUND
Spero a giustificazione di mio fratello che l’abbia scritta solo per esercizio, o per saggiare la mia virtù. Dà una lettera a Gloucester GLOUCESTER
(legge) “Questa prassi di riverire l’età avanzata rende il mondo amaro nei nostri anni migliori, ci sottrae i nostri beni fino a quando siamo vecchi e non ce li godiamo più. Io comincio a trovare una schiavitù oziosa e sciocca questa tirannia degli anziani, fondata non su un potere intrinseco ma sulla nostra acquiescenza. Vieni da me, che su questo voglio dirti altre cose. Se nostro padre dormisse 1375
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 2
enjoy half his revenue for ever and live the beloved of your brother, Edgar.’ Hum, conspiracy! ‘Slept till I waked him, you should enjoy half his revenue’ – my son Edgar! Had he a hand to write this, a heart and brain to breed it in? When came this to you? Who brought it? EDMUND It was not brought me, my lord, there’s the cunning of it. I found it thrown in at the casement of my closet. GLOUCESTER You know the character to be your brother’s? EDMUND If the matter were good, my lord, I durst swear it were his; but in respect of that, I would fain think it were not. GLOUCESTER It is his. EDMUND It is his hand, my lord, but I hope his heart is not in the contents. GLOUCESTER Hath he never heretofore sounded you in this business? EDMUND Never, my lord; but I have often heard him maintain it to be fit that, sons at perfect age and fathers declining, his father should be as ward to the son, and the son manage the revenue. GLOUCESTER O villain, villain – his very opinion in the letter! Abhorred villain, unnatural, detested, brutish villain – worse than brutish! Go, sir, seek him, ay, apprehend him. Abominable villain! Where is he? EDMUND I do not well know, my lord. If it shall please you to suspend your indignation against my brother till you can derive from him better testimony of this intent, you should run a certain course; where if you violently proceed against him, mistaking his purpose, it would make a great gap in your own honour and shake in pieces the heart of his obedience. I dare pawn
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 2
fino a quando non lo svegliassi io, tu ti godresti in eterno la metà dei suoi beni, e vivresti amato da tuo fratello Edgar.” Hm! Una congiura! “Se dormisse e toccasse a me svegliarlo, tu ti godresti in eterno la metà dei suoi beni”. Mio figlio Edgar! Ha avuto una mano per scriverlo? E cuore e mente per concepirlo? Quando ti è arrivata? Chi l’ha portata? EDMUND
Non mi è stata portata, mio signore. Ecco l’astuzia. L’ho trovata nella mia stanza, gettata dalla finestra. GLOUCESTER
Riconosci la scrittura? È quella di tuo fratello? EDMUND
Se i concetti fossero buoni, signore, ci giurerei; ma in questo caso preferisco pensare di no. GLOUCESTER
È la sua. EDMUND
È la sua mano, signore; ma spero che il suo cuore non sia nel contenuto. GLOUCESTER
Prima non ti aveva mai sondato su questa faccenda? EDMUND
Mai, mio signore. Però gli ho sentito spesso sostenere che se i figli sono adulti e i padri in declino, il padre dovrebb’essere custodito dal figlio, e il figlio amministrare il patrimonio. GLOUCESTER
Oh, vigliacco, vigliacco! La stessa opinione della lettera! Sconcio vigliacco! Vigliacco snaturato, spregevole, bestiale! Peggio che bestiale! Va’, fila, cercamelo; lo farò arrestare. Vigliacco abominevole! Dov’è? EDMUND
Non lo so bene, mio signore. Se vi compiacerete di sospendere la vostra indignazione contro mio fratello in attesa di ottenerne chiarimenti sulle sue intenzioni, vi terrete sul sicuro, laddove se agirete con violenza contro di lui, fraintendendo i suoi scopi, aprirete una falla nel vostro onore e distruggerete il cuore della sua obbedienza. 1377
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 2
down my life for him he hath wrote this to feel my affection to your honour, and to no further pretence of danger. GLOUCESTER Think you so? EDMUND If your honour judge it meet, I will place you where you shall hear us confer of this, and by an auricular assurance have your satisfaction, and that without any further delay than this very evening. GLOUCESTER He cannot be such a monster. EDMUND Nor is not, sure. GLOUCESTER To his father, that so tenderly and entirely loves him – heaven and earth! Edmund seek him out, wind me into him. I pray you, frame your business after your own wisdom. I would unstate myself to be in a due resolution. EDMUND I shall seek him, sir, presently, convey the business as I shall see means, and acquaint you withal. GLOUCESTER These late eclipses in the sun and moon portend no good to us. Though the wisdom of nature can reason thus and thus, yet nature finds itself scourged by the sequent effects. Love cools, friendship falls off, brothers divide; in cities mutinies, in countries discords, palaces treason, the bond cracked between son and father. Find out this villain, Edmund; it shall lose thee nothing. Do it carefully. And the noble and true-hearted Kent banished, his offence honesty! Strange, strange! Exit EDMUND This is the excellent foppery of the world: that when we are sick in fortune – often the surfeit of our own behaviour – we make guilty of our disasters the sun, the moon, and the stars, as if we were villains by necessity, fools by heavenly compulsion, knaves, thieves, and treacherers by spherical predominance,
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 2
Io potrei giocarmi la vita sul fatto che ha scritto questo allo scopo di saggiare il mio affetto per vostro onore e senz’altra intenzione malvagia. GLOUCESTER
Lo credi davvero? EDMUND
Se vi sembra il caso, vi collocherò là dove potrete udirci parlare di queste cose, e chiamare i vostri orecchi a testimoni; e questo senz’altri indugi, stasera stessa. GLOUCESTER
Non sarà certo un tale mostro. EDMUND
Non lo è di sicuro. GLOUCESTER
A suo padre, che con tanta tenerezza lo ama. Cielo e terra! Trovalo, Edmund, sondalo per me, ti prego: imposta la strategia a tuo giudizio. Mi spoglierei del mio titolo pur di avere una certezza. EDMUND
Lo cercherò subito, signore. Condurrò la faccenda come mi riuscirà, e vi metterò al corrente. GLOUCESTER
Queste recenti eclissi del sole e della luna preannunciano poco di buono. Anche se la scienza della Natura può spiegarle in un modo o in un altro, la Natura stessa si trova sconvolta dalle conseguenze. L’amore cessa, l’amicizia finisce, i fratelli si dividono. In città, sommosse; in campagna, discordia; a palazzo, tradimento; e il patto fra figlio e padre che si spezza12. Trova questo vigliacco, Edmund, e non dovrai pentirtene; e fallo con cautela. E poi, il nobile e sincero Kent bandito! La sua offesa, l’onestà! È strano, è strano! Esce EDMUND
Ecco l’eccellente stupidità del mondo. Quando siamo vittime della fortuna, spesso per gli eccessi della nostra condotta, incolpiamo delle nostre sciagure il sole, la luna, le stelle, come se fossimo canaglie per necessità, sciocchi per un obbligo celestiale, furfanti, ladri e traditori per il dominio di quelle sfere, beoni, contafrottole 1379
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 2
drunkards, liars, and adulterers by an enforced obedience of planetary influence, and all that we are evil in by a divine thrusting on. An admirable evasion of whoremaster man, to lay his goatish disposition to the charge of stars! My father compounded with my mother under the Dragon’s tail and my nativity was under Ursa Major, so that it follows I am rough and lecherous. Fut! I should have been that I am had the maidenliest star of the firmament twinkled on my bastardy. Edgar . . .
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Enter Edgar and on’s cue out he comes, like the catastrophe of the old comedy; mine is villainous melancholy, with a sigh like them of Bedlam. – O, these eclipses do portend these divisions. EDGAR How now, brother Edmund, what serious contemplation are you in? EDMUND I am thinking, brother, of a prediction I read this other day, what should follow these eclipses. EDGAR Do you busy yourself about that? EDMUND I promise you, the effects he writ of succeed unhappily, as of unnaturalness between the child and the parent, death, dearth, dissolutions of ancient amities, divisions in state, menaces and maledictions against king and nobles, needless diffidences, banishment of friends, dissipation of cohorts, nuptial breaches, and I know not what. EDGAR How long have you been a sectary astronomical? EDMUND Come, come, when saw you my father last? EDGAR Why, the night gone by. EDMUND Spake you with him?
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118. Spherical: in F spiricall, in Q spirituall = “spirituale”. 129. On’s Q [trascr. cue, omofono] = “sulla sua battuta” è emend. Taylor: in Q out, in F pat = “a proposito”. 131. Them: così in Q; in F Tom [il soprannome che Edgar effettivamente assumerà dopo il tradimento che Edmund sta tramando]. 1380
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 2
e adulteri per una forzata obbedienza a influssi planetari; e tutto quello che siamo di cattivo, per una sorta di costrizione divina. Che ammirevole giustificazione per ogni fornicatore, l’attribuire la sua lussuria caprina13 agli uffici di una stella! Mio padre copulò con mia madre sotto la coda del Drago14, e la mia nascita fu sotto l’Orsa Maggiore; di conseguenza, io sono rozzo e lascivo. Cribbio! Io sarei quello che sono anche se la stella più virginale del firmamento avesse brillato sulla mia bastardaggine. Edgar... Entra Edgar Ed eccolo che arriva, come la catastrofe nelle commedie di una volta15. La mia parte è quella della canaglia malinconica, con sospiri come quelli dei matti16. – Oh! Queste eclissi preludono a discordanze. EDGAR
Salve, fratello Edmund! In quali serie riflessioni sei immerso? EDMUND
Sto pensando, fratello, a una profezia che ho letto l’altro giorno su quanto dovrebbe seguire a queste eclissi. EDGAR
Ti occupi di queste cose? EDMUND
Ti assicuro che gli effetti di cui scrive quello lì sono infelicissimi, tipo contrasti contro natura fra figlio e padre, morte, carestia, fine di antiche amicizie; divisioni nello Stato; minacce e maledizioni contro re e nobili; diffidenze infondate, amici esiliati, eserciti allo sbando, rotture di matrimonio e non so cos’altro ancora. EDGAR
Da quando in qua sei della setta degli astronomi? EDMUND
Su, su, quando hai visto mio padre l’ultima volta? EDGAR
Ieri sera. EDMUND
E ci hai parlato?
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 3
EDGAR Two hours together.
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EDMUND Parted you in good terms? Found you no
displeasure in him by word or countenance? EDGAR None at all. EDMUND Bethink yourself wherein you may have offended him, and at my entreaty forbear his presence till some little time hath qualified the heat of his displeasure, which at this instant so rageth in him that with the mischief of your person it would scarce allay. EDGAR Some villain hath done me wrong. EDMUND That’s my fear, brother. I advise you to the best. Go armed. I am no honest man if there be any good meaning towards you. I have told you what I have seen and heard but faintly, nothing like the image and horror of it. Pray you, away. EDGAR Shall I hear from you anon? EDMUND I do serve you in this business. Exit Edgar A credulous father, and a brother noble, Whose nature is so far from doing harms That he suspects none; on whose foolish honesty My practices ride easy. I see the business. Let me, if not by birth, have lands by wit. All with me’s meet that I can fashion fit. Exit Sc. 3
Enter Gonoril and Oswald, her gentleman
GONORIL
Did my father strike my gentleman For chiding of his fool?
165. I do: Taylor congettura: I, I do. 1382
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 3
EDGAR
Due ore filate. EDMUND
Vi siete separati in buoni termini? Hai trovato ostilità in lui con parole o contegno? EDGAR
Niente affatto. EDMUND
Rifletti bene su dove puoi averlo offeso; e io mi raccomando di evitare di vederlo, fin quando un po’ di tempo non abbia mitigato il calore del suo dispiacere. Questo al momento infuria in lui in modo tale, che un malanno sulla tua persona non basterebbe a placarlo. EDGAR
Qualche canaglia mi ha diffamato. EDMUND
Lo temo anch’io, fratello. Io ti consiglio per il meglio. Armati. Se sei circondato da buone intenzioni, vuol dire che non sono un uomo onesto. Ti ho detto quello che ho visto e sentito; ma ti ho detto poco, niente a confronto dell’orrore della faccenda. Vai, ti prego. EDGAR
Ti sentirò presto? EDMUND
Sono tuo servo in questa faccenda. Edgar esce Un padre credulo e un fratello nobile la cui natura è così lungi dal male, che non ne sospetta neanche l’esistenza; sulla cui sciocca onestà i miei complotti hanno facile vita! So come fare. A me, se non per nascita, le terre verranno per il cervello; tutto per me è lecito, se lo adatto ai miei fini. Esce Scena 3
Entrano Gonoril e Oswald, suo gentiluomo17
GONORIL
Così mio padre ha picchiato un mio gentiluomo perché aveva sgridato il suo buffone?
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 3
OSWALD
Yes, madam.
GONORIL
By day and night he wrongs me. Every hour He flashes into one gross crime or other That sets us all at odds. I’ll not endure it. His knights grow riotous, and himself upbraids us On every trifle. When he returns from hunting I will not speak with him. Say I am sick. If you come slack of former services You shall do well; the fault of it I’ll answer.
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[Hunting horns within] OSWALD He’s coming, madam. I hear him. GONORIL
Put on what weary negligence you please, You and your fellow servants. I’d have it come in question. If he dislike it, let him to our sister, Whose mind and mine I know in that are one, Not to be overruled. Idle old man, That still would manage those authorities That he hath given away! Now, by my life, Old fools are babes again, and must be used With checks as flatteries, when they are seen abused. Remember what I tell you. OSWALD Very well, madam.
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GONORIL
And let his knights have colder looks among you. What grows of it, no matter. Advise your fellows so. I would breed from hence occasions, and I shall, That I may speak. I’ll write straight to my sister To hold my very course. Go prepare for dinner. Exeunt severally
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 3
OSWALD
Sì, signora. GONORIL
Giorno e notte mi provoca; ogni ora combina qualche grossa leggerezza che scatena discordie. Non lo tollererò. I suoi cavalieri sono sempre più turbolenti, e anche lui ci sgrida per ogni nonnulla. Quando torna dalla caccia non gli voglio parlare. Digli che sto male. E se sarai meno zelante del solito, farai bene; ne rispondo io. [Corni di caccia, da dentro] OSWALD
Sta arrivando, signora; lo sento. GONORIL
Assumete tutta l’aria di negligenza e di sopportazione che volete, tu e i tuoi compagni. Che la cosa venga fuori! Se non gli garba, lo mando da mia sorella, che in questo la pensa come me: non vogliamo farci mettere i piedi in testa. Vecchio inutile, vorrebbe ancora esercitare quella autorità che ha dato via! E invece, quant’è vero che sono viva, i vecchi scemi ridiventano bambini, e vanno trattati con le cattive oltre che con le buone, quando si mostrano viziati. Ricorda quello che ti dico. OSWALD
Bene, signora. GONORIL
E che i suoi cavalieri siano trattati con freddezza. Cosa succederà dopo, non importa. Dillo ai tuoi compagni. Da questo voglio avere l’occasione di farmi sentire, e l’avrò. Scrivo subito a mia sorella perché adotti la mia stessa tattica. Va’ a preparare la cena. Escono da parti opposte
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
Enter the Earl of Kent, disguised
Sc. 4 KENT
If but as well I other accents borrow That can my speech diffuse, my good intent May carry through itself to that full issue For which I razed my likeness. Now, banished Kent, If thou canst serve where thou dost stand condemned, Thy master, whom thou lov’st, shall find thee full of labour.
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Enter King Lear and servants from hunting LEAR Let me not stay a jot for dinner. Go get it ready.
[Exit one] (To Kent) How now, what art thou? KENT A man, sir. LEAR What dost thou profess? What wouldst thou with
us? KENT I do profess to be no less than I seem, to serve him truly that will put me in trust, to love him that is honest, to converse with him that is wise and says little, to fear judgement, to fight when I cannot choose, and to eat no fish. LEAR What art thou? KENT A very honest-hearted fellow, and as poor as the King. LEAR If thou be as poor for a subject as he is for a king, thou’rt poor enough. What wouldst thou? KENT Service. LEAR Who wouldst thou serve? KENT You.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
Entra Kent travestito
Scena 4 KENT
Se mi riuscisse di prendere in prestito un altro accento per camuffare la mia voce, la mia intenzione potrà arrivare fino a quel buon fine per cui mi sono rasato tutto il viso. Ora, esiliato Kent, se riuscirai a servire colui che ti ha castigato, può darsi che il tuo padrone, che tu ami, abbia un beneficio dai tuoi sforzi. Entrano re Lear e inservienti, dalla caccia LEAR
Non mi fate aspettare la cena nemmeno un secondo! Via, preparatela! [Uno esce] (A Kent) E tu? Chi sei? KENT
Un uomo, signore. LEAR
Che hai da dichiarare? Che vuoi da noi? KENT
Dichiaro di non essere meno di quel che sembro; di servire fedelmente chi si fida di me; di amare chi è onesto; di conversare con chi è saggio e parla poco; di temere il giudizio finale; di battermi quando non posso evitarlo; e di non mangiare pesce18. LEAR
Chi sei? KENT
Uno dal cuore assai onesto, e povero quanto il re. LEAR
Se sei povero come suddito quanto lui come re, sei povero quanto basta. Che cosa vuoi? KENT
Servire. LEAR
E chi vuoi servire? KENT
Te.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
LEAR Dost thou know me, fellow?
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KENT No, sir, but you have that in your countenance
which I would fain call master. LEAR What’s that? KENT Authority. LEAR What services canst do? KENT I can keep honest counsel, ride, run, mar a curious tale in telling it, and deliver a plain message bluntly. That which ordinary men are fit for I am qualified in; and the best of me is diligence. LEAR How old art thou? KENT Not so young to love a woman for singing, nor so old to dote on her for anything. I have years on my back forty-eight. LEAR Follow me. Thou shalt serve me, if I like thee no worse after dinner. I will not part from thee yet. – Dinner, ho, dinner! Where’s my knave, my fool? Go you and call my fool hither. [Exit one]
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Enter Oswald the steward You, sirrah, where’s my daughter? OSWALD So please you – Exit LEAR What says the fellow there? Call the clotpoll back. Exeunt Servant [and Kent]
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
LEAR
Mi conosci, amico? KENT
No, signore; ma tu hai in te quello che io sono pronto a chiamare padrone. LEAR
E cioè? KENT
L’autorità. LEAR
Che servizi sai fare? KENT
So mantenere un segreto se è onesto, cavalco, corro, se devo raccontare una bella storia la rovino, ma i messaggi chiari li porto a destinazione. Per tutto quello che gli uomini comuni sanno fare, sono qualificato, e la mia specialità è la diligenza. LEAR
Quanti anni hai? KENT
Non così pochi, signore, da amare una donna per come canta, né tanti da adorarla per qualunque altro motivo. Di anni sulla groppa ne ho quarantotto. LEAR
Seguimi; mi servirai. Se mi sarai ancora simpatico dopo cena, non mi separerò da te. – A cena, ehi, la cena! Dov’è il mio furfante, il mio matto? Tu, vai a chiamarmi il mio matto! [Esce uno] Entra Oswald, il maggiordomo Ehi, tu, canaglia: dov’è mia figlia? OSWALD
Con permesso... Esce LEAR
Che ha detto quello lì? Richiamate il villanzone! Escono un Servo e Kent 1389
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
Where’s my fool? Ho, I think the world’s asleep. Enter the Earl of Kent [and a Servant] How now, where’s that mongrel? KENT He says, my lord, your daughter is not well. LEAR Why came not the slave back to me when I called
him?
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SERVANT Sir, he answered me in the roundest manner he
would not. LEAR A would not? SERVANT My lord, I know not what the matter is, but to my judgement your highness is not entertained with that ceremonious affection as you were wont. There’s a great abatement appears as well in the general dependants as in the Duke himself also, and your daughter. LEAR Ha, sayst thou so? SERVANT I beseech you pardon me, my lord, if I be mistaken, for my duty cannot be silent when I think your highness wronged. LEAR Thou but rememberest me of mine own conception. I have perceived a most faint neglect of late, which I have rather blamed as mine own jealous curiosity than as a very pretence and purport of unkindness. I will look further into’t. But where’s this fool? I have not seen him these two days. SERVANT Since my young lady’s going into France, sir, the fool hath much pined away. LEAR No more of that, I have noted it. Go you and tell my daughter I would speak with her. [Exit one] Go you, call hither my fool. [Exit one]
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
Ma dov’è il mio matto? Qui dormono tutti! Entrano il conte di Kent [e un Servo] E allora? Dov’è quel bastardo? KENT
Dice, mio signore, che vostra figlia non sta bene. LEAR
Perché non è tornato qui, il furfante, quando l’ho chiamato? SERVO
Sire, mi ha risposto chiaro e tondo che non gli andava. LEAR
Non gli andava! SERVO
Mio signore, non so cosa c’è sotto, ma a mio giudizio la vostra altezza non è trattata con quelle cerimonie di affetto a cui era avvezza. Una forte diminuzione di cortesia si nota tanto nei dipendenti in genere quanto nel duca stesso e in vostra figlia. LEAR
Ah, questo dici? SERVO
Vi prego di perdonarmi, sire, se vado errato; ma il mio dovere non sa rimanere in silenzio quando la vostra altezza mi sembra vittima di oltraggi. LEAR
Tu mi ricordi quanto avevo già notato da solo. Ultimamente ho constatato una punta di negligenza, che peraltro avevo attribuito alla mia eccessiva suscettibilità e non a scortesia intenzionale. Ci farò più attenzione. Ma dov’è il mio matto? Non lo vedo da due giorni. SERVO
Dacché la padroncina è andata in Francia, sire, il matto si è molto addolorato. LEAR
Non dirmelo, me ne sono accorto anch’io. Tu, va’ a dire a mia figlia che le voglio parlare. [Esce uno] E tu, va’ a chiamarmi il mio matto. [Esce uno] 1391
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
Enter Oswald the steward [crossing the stage] O you, sir, you, sir, come you hither. Who am I, sir? OSWALD My lady’s father.
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LEAR My lady’s father? My lord’s knave, you whoreson
dog, you slave, you cur! OSWALD I am none of this, my lord, I beseech you pardon
me. LEAR Do you bandy looks with me, you rascal?
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[Lear strikes him] OSWALD I’ll not be struck, my lord – KENT (tripping him) Nor tripped neither, you base football
player. LEAR (to Kent) I thank thee, fellow. Thou serv’st me, and
I’ll love thee.
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KENT (to Oswald) Come, sir, I’ll teach you differences.
Away, away. If you will measure your lubber’s length again, tarry; but away if you have wisdom. Exit Oswald LEAR Now, friendly knave, I thank thee.
Enter Lear’s Fool There’s earnest of thy service. He gives Kent money FOOL Let me hire him, too. (To Kent) Here’s my coxcomb. LEAR How now, my pretty knave, how dost thou? FOOL (to Kent) Sirrah, you were best take my coxcomb.
89. If you have: emend. tardo; in Q you have. 1392
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
Entra Oswald il maggiordomo [attraversando il palcoscenico] Ah! Eccolo. Vieni un po’ qui, signorino. Tu lo sai chi sono? OSWALD
Il padre della mia padrona. LEAR
“Il padre della mia padrona”, messer manigoldo! Cane bastardo, farabutto, verme! OSWALD
Non sono nessuna di queste cose, con il vostro permesso. LEAR
E tu osi guardarmi negli occhi, delinquente19? [Lear lo colpisce] OSWALD
Non mi lascio picchiare, mio signore! KENT (facendogli lo sgambetto)
E neanche sgambettare, eh, calciatore da quattro soldi? LEAR (a Kent)
Ti ringrazio, amico, mi hai reso un servizio. Ti avrò caro. KENT (a Oswald)
Su, signorino, ti insegno io il tuo posto. Vattene, vattene via! Se vuoi misurare un’altra volta quanto sei lungo, resta; ma se hai sale in zucca, fila! Oswald esce Ecco fatto. LEAR
Caro furfante, ti ringrazio. Entra il Matto di Lear Ecco a compenso del tuo servizio. Dà del denaro a Kent MATTO
Voglio assumerlo anch’io. (A Kent) Ti do il mio berretto a sonagli. LEAR
Ehi, il mio bricconcello! Come stai? MATTO (a Kent)
E tu farai meglio a mettertelo, il mio berretto a sonagli. 1393
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
KENT Why, fool?
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FOOL Why, for taking one’s part that’s out of favour. Nay,
an thou canst not smile as the wind sits, thou’lt catch cold shortly. There, take my coxcomb. Why, this fellow hath banished two on’s daughters and done the third a blessing against his will. If thou follow him, thou must needs wear my coxcomb. (To Lear) How now, nuncle? Would I had two coxcombs and two daughters. LEAR Why, my boy? FOOL If I gave them my living I’d keep my coxcombs myself. There’s mine; beg another off thy daughters. LEAR Take heed, sirrah – the whip. FOOL Truth is a dog that must to kennel. He must be whipped out when Lady the brach may stand by the fire and stink. LEAR A pestilent gall to me! FOOL [to Kent] Sirrah, I’ll teach thee a speech. LEAR Do. FOOL Mark it, uncle. Have more than thou showest, Speak less than thou knowest, Lend less than thou owest, Ride more than thou goest, Learn more than thou trowest, Set less than thou throwest, Leave thy drink and thy whore, And keep in-a-door,
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104. My living: emend. Taylor; in Q any = “qualsiasi sostanza”; in F all my: “tutte le mie sostanze”. 108. Ladie the brach: emend. tardo; in Q Ladie oth’e brach; in F the Lady Brach. 110. Gall: così in F; in Q gull = “sciocco”. 1394
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
KENT
Perché, matto? MATTO
Perché? Perché hai preso le parti di chi è in disgrazia. Lo sai che se20 non fai buon viso dove tira il vento, ti prendi il raffreddore. Tieni, prendi il mio berretto! Ma sì, questo qui ha bandito due sue figlie e alla terza ha fatto un favore senza volerlo. Se lo segui non puoi fare a meno di portare il mio berretto. (A Lear) Vero, zietto! Vorrei avere due berretti, e due figlie! LEAR
Perché, ragazzo mio? MATTO
Se dessi loro tutte le mie sostanze, mi terrei i miei berretti per me. Pendi il mio. Un altro chiedilo per carità alle tue figlie. LEAR
Tu stai attento alla frusta! MATTO
La verità è un cagnaccio che va al canile: quello lo si scaccia a frustate, e intanto la cagnolina puzzolente21 ha il permesso di stare accanto al fuoco. LEAR
Che mi venga un accidente! MATTO [a Kent] Senti qua, ti insegno un discorso. LEAR
Forza. MATTO
Senti bene, zietto. Mostra poco ed abbi assai, Non dir tutto quel che sai, Prendi poco e non prestare, Se hai un caval, non camminare, Se non pensi, almeno impara, Gioca sol con mano avara; Niente vino né puttane, Resta in casa e mangia pane,
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
And thou shalt have more Than two tens to a score. LEAR This is nothing, fool. FOOL Then, like the breath of an unfee’d lawyer, you gave me nothing for’t. Can you make no use of nothing, uncle? LEAR Why no, boy. Nothing can be made out of nothing. FOOL (to Kent) Prithee, tell him so much the rent of his land comes to. He will not believe a fool. LEAR A bitter fool. FOOL Dost know the difference, my boy, between a bitter fool and a sweet fool? LEAR No, lad. Teach me. FOOL [sings] That lord that counselled thee To give away thy land, Come, place him here by me; Do thou for him stand. The sweet and bitter fool Will presently appear, The one in motley here, The other found out there. LEAR Dost thou call me fool, boy? FOOL All thy other titles thou hast given away. That thou wast born with. KENT (to Lear) This is not altogether fool, my lord. FOOL No, faith; lords and great men will not let me. If I had a monopoly out, they would have part on’t, and
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
E tre lustri e una cinquina Faran più di una ventina. LEAR
Questo è niente, matto. MATTO
Vuol dire che è come il fiato di un legale non pagato: anche tu non mi hai dato niente. Non ci sai fare qualcosa con niente, tu, zietto? LEAR
No, ragazzo mio. Col niente non ci si fa proprio niente 22. MATTO (a Kent) Per favore, diglielo tu che è il totale della rendita23 delle sue terre. Lui non gli vuole credere, a un matto. LEAR
Un matto amaro! MATTO
La sai la differenza, ragazzo mio, fra un matto amaro e uno dolce? LEAR
No, ragazzo. Insegnamela. MATTO [canta] Colui che ti consiglia A ceder tutto il tuo Al mio posto tu piglia E tu mettiti al suo. Di matti una pariglia Otterremo perciò: Il dolce a me somiglia24, L’amaro invece... ohibò! LEAR
Mi stai dando del matto, ragazzo? MATTO
Tutti gli altri tuoi titoli li hai dati via; con quello ci sei venuto al mondo. KENT (a Lear) Non è matto del tutto, signore. MATTO
No, certo; i signori e i grandi uomini non me lo consentono. Se avessi il monopolio della pazzia, ne vorrebbero una parte; e le si1397
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
ladies too, they will not let me have all the fool to myself – they’ll be snatching. Give me an egg, nuncle, and I’ll give thee two crowns. LEAR What two crowns shall they be? FOOL Why, after I have cut the egg in the middle and eat up the meat, the two crowns of the egg. When thou clovest thy crown i’th’ middle and gavest away both parts, thou borest thy ass o’th’ back o’er the dirt. Thou hadst little wit in thy bald crown when thou gavest thy golden one away. If I speak like myself in this, let him be whipped that first finds it so. [Sings] Fools had ne’er less wit in a year, For wise men are grown foppish. They know not how their wits do wear, Their manners are so apish. LEAR When were you wont to be so full of songs, sirrah? FOOL I have used it, nuncle, ever since thou madest thy daughters thy mother; for when thou gavest them the rod and puttest down thine own breeches, [Sings] Then they for sudden joy did weep, And I for sorrow sung, That such a king should play bo-peep And go the fools among. Prithee, nuncle, keep a schoolmaster that can teach thy fool to lie. I would fain learn to lie. LEAR An you lie, we’ll have you whipped. FOOL I marvel what kin thou and thy daughters are. They’ll have me whipped for speaking true, thou wilt have me whipped for lying, and sometime I am whipped for holding my peace. I had rather be any kind of thing
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gnore, anche loro, non me la lascerebbero tutta per me; me la porterebbero via. Zietto, dammi un uovo e ti darò due corone. LEAR
E che corone sarebbero? MATTO
Be’, dopo che ho rotto l’uovo nel mezzo e ingoiato il tuorlo, le due corone dell’uovo. Quando tu hai spaccato la tua corona nel mezzo, e dato via ambo le parti, ti sei preso l’asino sulle spalle per non farlo infangare. Avevi poco senno nella tua zucca pelata quando hai dato via la tua corona d’oro. Se su questo parlo come il matto che sono, sia frustato il primo che se ne accorge. [Canta] Che mala parata pei matti Da quando son sciocchi i sapienti: Non san moderare le menti E li imitano anche coi fatti. LEAR
Da quando in qua sai tante canzoni, birbante? MATTO
Ho cominciato, zietto, quando hai fatto delle tue figlie le tue madri. Perché quando gli hai dato la verga e ti sei tirato giù le brache, [Canta] Dalla gioia piangevan le ragazze Mentre la mia canzon piange e depreca Che un tale re giocasse a moscacieca E facesse la fine di noi pazzi. Per favore, zietto, prendi un maestro che insegni a mentire al tuo matto. Mi piacerebbe imparare a mentire. LEAR
Se mentirai, briccone, noi ti faremo frustare. MATTO
Non capisco come facciate a essere parenti, tu e le tue figlie. Loro vogliono farmi frustare perché dico la verità; tu mi vuoi fare frustare perché mento; e qualche volta mi frustano perché non apro bocca. Vorrei essere qualunque cosa meno che un matto. Però non
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than a fool; and yet I would not be thee, nuncle. Thou hast pared thy wit o’ both sides and left nothing in the middle.
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Enter Gonoril Here comes one of the parings. LEAR
How now, daughter, what makes that frontlet on? Methinks you are too much o’ late i’th’ frown. FOOL Thou wast a pretty fellow when thou hadst no need to care for her frown. Now thou art an O without a figure. I am better than thou art, now. I am a fool; thou art nothing. [To Gonoril] Yes, forsooth, I will hold my tongue; so your face bids me, though you say nothing. [Sings] Mum, mum. He that keeps neither crust nor crumb, Weary of all, shall want some. That’s a shelled peascod. GONORIL (to Lear) Not only, sir, this your all-licensed fool, But other of your insolent retinue Do hourly carp and quarrel, breaking forth In rank and not-to-be-endurèd riots. Sir, I had thought by making this well known unto you To have found a safe redress, but now grow fearful, By what yourself too late have spoke and done, That you protect this course, and put it on By your allowance; which if you should, the fault Would not scape censure, nor the redress sleep Which in the tender of a wholesome weal Might in their working do you that offence, That else were shame, that then necessity Must call discreet proceedings. FOOL (to Lear) For, you trow, nuncle,
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vorrei essere te, zietto: tu ti sei spuntato il cervello da tutti e due i lati, senza lasciar niente in mezzo. Entra Gonoril Ecco una delle spuntature. LEAR
E allora, figlia? Perché quella nuvola sul viso? Direi che ti accigli un po’ troppo, ultimamente. MATTO
Tu stavi bene quando non avevi bisogno di badare al suo cipiglio. Ora sei uno zero senza la cifra. Ora io sto meglio di te: io sono un matto, mentre tu non sei niente. (A Gonoril) Sì, sì, adesso sto zitto, me lo comandi col viso anche senza dire nulla. [Canta] Zitti zitti, piano piano Chi non ha briciola né crosta Le vorrà presto sottomano. Ecco un guscio senza i piselli. GONORIL (a Lear) Non solo, sire, questo vostro matto con tutti i suoi privilegi, ma anche altri del vostro insolente seguito ogni ora si prendono di petto, abbandonandosi a sconce e intollerabili risse. Informandovi di questo, credevo di avervi posto un rimedio definitivo; ma ora temo, da quanto voi stesso di recente avete fatto e detto, che proteggiate questa condotta e l’approviate mostrandovi benevolo. Se fosse vero, il misfatto non si sottrarrebbe alla censura, né tarderebbe una correzione imposta da ragioni di benessere comune, quale potrebbe arrecarvi un’offesa che sarebbe persino vergognosa, se non ci fosse la necessità che la dimostra, invece, prudente e opportuna. MATTO (a Lear) Perché tu sai, zietto:
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
[Sings] The hedge-sparrow fed the cuckoo so long That it had it head bit off by it young; so out went the candle, and we were left darkling. LEAR (to Gonoril) Are you our daughter?
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GONORIL
Come, sir, I would you would make use of that good wisdom Whereof I know you are fraught, and put away These dispositions that of late transform you From what you rightly are. FOOL May not an ass know when the cart draws the horse? [Sings] ‘Whoop, jug, I love thee!’
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LEAR
Doth any here know me? Why, this is not Lear. Doth Lear walk thus, speak thus? Where are his eyes? Either his notion weakens, or his discernings Are lethargied. Sleeping or waking, ha? Sure, ’tis not so. Who is it that can tell me who I am? Lear’s shadow? I would learn that, for by the marks Of sovereignty, knowledge, and reason I should be false persuaded I had daughters. FOOL Which they will make an obedient father. LEAR (to Gonoril) Your name, fair gentlewoman? GONORIL Come, sir, This admiration is much of the savour Of other your new pranks. I do beseech you Understand my purposes aright, As you are old and reverend, should be wise. Here do you keep a hundred knights and squires, Men so disordered, so debauched and bold That this our court, infected with their manners, Shows like a riotous inn, epicurism
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
[Canta] Tanto il passero un cuculo ha sfamato, Che poi quello anche il capo gli ha mangiato. Così si è spenta la candela, e siamo rimasti al buio. LEAR (a Gonoril) E tu saresti nostra figlia? GONORIL
Via, signore, vorrei vedervi usare quel buon senso, di cui vi so ben fornito; e mettere da parte questi vostri umori, che negli ultimi tempi vi trasportano lontano da quello che voi siete. MATTO
Perché un asino non dovrebbe capire quand’è che il carro tira la cavalla? [Canta] “Oplà, Giovanna25! Ti voglio bene!” LEAR
Qualcuno mi conosce qua dentro? Questo non è Lear. Lear si muove così? Parla così? Dove sono i suoi occhi? O ha il senno indebolito, o la ragione in letargo... Ah! Dorme o è sveglio? Non è possibile. C’è qualcuno che possa dirmi chi sono? L’ombra di Lear? Mi piacerebbe saperlo. Perché per i segni della sovranità, il sapere e la ragione, dovrei convincermi a torto di avere delle figlie. MATTO
Grazie alle quali diventerai un padre obbediente. LEAR (a Gonoril)
Il tuo nome, bella dama? GONORIL
Andiamo, sire. Questa confusione ricorda assai altre vostre nuove trovate. Ora vi prego di non fraintendere i miei propositi adesso. Dato che siete vecchio e reverendo, dovete essere savio. Qui voi tenete cento cavalieri e scudieri, uomini così sregolati, così debosciati e sfacciati, che questa nostra corte, contagiata dalle loro maniere, sembra una locanda di malaffare: libertinaggio e lascivia la ren-
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
And lust make more like to a tavern, or brothel, Than a great palace. The shame itself doth speak For instant remedy. Be thou desired, By her that else will take the thing she begs, A little to disquantity your train, And the remainder that shall still depend To be such men as may besort your age, That know themselves and you. LEAR Darkness and devils! Saddle my horses, call my train together! –
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[Exit one or more] Degenerate bastard, I’ll not trouble thee. Yet have I left a daughter. GONORIL
You strike my people, and your disordered rabble Make servants of their betters.
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Enter the Duke of Albany LEAR
We that too late repent’s – O sir, are you come? Is it your will that we – prepare my horses. [Exit one or more] Ingratitude, thou marble-hearted fiend, More hideous when thou show’st thee in a child Than the sea-monster – (to Gonoril) detested kite, thou liest. My train are men of choice and rarest parts, That all particulars of duty know, And in the most exact regard support The worships of their name. O most small fault, How ugly didst thou in Cordelia show,
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239. More like to: emend. Taylor; in Q more like; in F it more like: aggiunte richieste dalla metrica. 253. Is it your will that we – prepare my horses: emend. Taylor; in Q: is it your will, that we prepare any horses?: “…che si sellino cavalli qualunque?”; in F: is it your will, speak Sir? Prepare my = “dite, signore, siete voi a volerlo? Sellate i miei cavalli”… 1404
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
dono più simile a una taverna o a un bordello che a una dimora regale. È una vergogna che invoca pronti rimedi. Perciò colei che altrimenti si prenderà da sola quello che chiede per favore, vi chiede di ridurre almeno un poco il vostro seguito; e che rimangano alle vostre dipendenze solo uomini convenienti alla vostra età, che conoscano se stessi e voi. LEAR
Tenebre e demoni! Sellate i miei cavalli! Radunate il mio seguito! [Escono uno o più] Bastarda degenere, ti tolgo il disturbo! Mi resta ancora una figlia. GONORIL
Voi alzate le mani sui miei uomini, e la vostra disordinata marmaglia si fa servire da chi le è superiore. Entra il duca di Albany LEAR
Noi che ci pentiamo troppo tardi... Oh, signore, ci siete anche voi? Siete voi a volere che noi… – Sellate i miei cavalli. [Escono uno o più] Ingratitudine, demonio dal cuore di marmo, più orrenda, quando ti manifesti in un rampollo, del mostro marino… (a Gonoril) detestato avvoltoio! Tu menti. Il mio seguito è di uomini di grandi e scelti meriti, che conoscono perfettamente il loro dovere e col massimo scrupolo sostengono la reputazione del loro nome. O minuscola infrazione, che tanto brutta mi sembrasti in Cordelia! Che come
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
That, like an engine, wrenched my frame of nature From the fixed place, drew from my heart all love, And added to the gall! O Lear, Lear! Beat at this gate that let thy folly in And thy dear judgement out. – Go, go, my people!
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ALBANY
My lord, I am guiltless as I am ignorant. LEAR
It may be so, my lord. Hark, nature, hear: Dear goddess, suspend thy purpose if Thou didst intend to make this creature fruitful. Into her womb convey sterility. Dry up in her the organs of increase, And from her derogate body never spring A babe to honour her. If she must teem, Create her child of spleen, that it may live And be a thwart disnatured torment to her. Let it stamp wrinkles in her brow of youth, With cadent tears fret channels in her cheeks, Turn all her mother’s pains and benefits To laughter and contempt, that she may feel – That she may feel How sharper than a serpent’s tooth it is To have a thankless child. – Go, go, my people!
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Exeunt Lear, [Kent, Fool, and servants] ALBANY
Now, gods that we adore, whereof comes this? GONORIL
Never afflict yourself to know the cause, But let his disposition have that scope That dotage gives it.
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Enter King Lear [and his Fool] 278. Cadent: così in F, difeso da Taylor sulla base della conoscenza del latino che certo non mancava all’autore (e al suo pubblico); in Q accent = “accentuate”? 281. That she may feel: così in Q1, non in Q2 e F. 1406
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
una catapulta schianta il bastione della mia natura abbattendone i sostegni, prosciugando ogni amore dal mio cuore e versandovi bile! O Lear, Lear, Lear! Picchia a questo ingresso26 da cui entrò la tua follia, e uscì il tuo prezioso equilibrio! – Via, via, miei cavalieri. ALBANY
Mio signore, io sono non meno innocente che ignorante. LEAR
Può anche darsi, signore. Ascolta, Natura, ascolta! Cara dea, se avevi intenzione di far feconda questa creatura, sospendi il tuo proposito! Dentro al suo grembo invia la sterilità! Inaridisci in lei gli organi della generazione, e da quel suo indegno corpo non nasca mai un bambino a onorarla! Ma se si riproduce, creale un figlio di fiele, che possa vivere per infliggerle tormenti innaturali! Che scavi rughe nella sua fronte di giovinezza, e solchi di lacrime lungo le sue guance, e volga le sue pene e consolazioni di madre in risa e disprezzo, sicché possa sentire… sicché possa sentire che il morso di un serpente non è micidiale come una figlia ingrata! – Andiamo, andiamo, gente mia! Escono Lear, [Kent, il Matto, e servi] ALBANY
Per gli dèi che adoriamo, a che è dovuto tutto questo? GONORIL
Non affliggerti adesso per saperne di più; lascia che il suo umore abbia lo sfogo consentitogli dal rimbambimento senile. Entra Re Lear [col suo Matto]
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
LEAR
What, fifty of my followers at a clap? Within a fortnight? ALBANY What is the matter, sir? LEAR
I’ll tell thee. (To Gonoril) Life and death! I am ashamed That thou hast power to shake my manhood thus, That these hot tears, that break from me perforce And should make thee – worst blasts and fogs upon thee! Untented woundings of a father’s curse Pierce every sense about thee! Old fond eyes, Beweep this cause again I’ll pluck you out And cast you, with the waters that you make, To temper clay. Yea, Is’t come to this? Yet have I left a daughter Whom, I am sure, is kind and comfortable. When she shall hear this of thee, with her nails She’ll flay thy wolvish visage. Thou shalt find That I’ll resume the shape which thou dost think I have cast off for ever; thou shalt, I warrant thee
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Exit GONORIL Do you mark that, my lord?
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ALBANY
I cannot be so partial, Gonoril, To the great love I bear you –
293. And should make thee – worst blasts…: emend. Taylor; in Q Should make the worst blasts = “dovrebbero essere fulmini mortali”; in F Should make thee, worth them /Blasts…: “dovrebbero disonorarti per averle provocate / Fulmini”… Nelle due versioni il pronome thee è reso con the, th’ ecc., occorrenze numerose in tutto il testo, che non segnaliamo più. 294. Untented: così in Qb (una copia alternativa di Q); in Qa untender = “rigido, aspro” (già incontrato con grande effetto in I, 99). 295. Pearce: così in Qb; in Qa peruse = “esplorino”. 1408
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
LEAR
Cosa, cinquanta cavalieri, di colpo? Dopo quindici giorni! ALBANY
Che succede, sire? LEAR
Te lo dico io… (a Gonoril) Vita e morte! Mi fa vergogna che tu abbia il potere di minare la mia virilità al punto che queste calde lacrime che mi vengono estorte e dovrebbero farti… Fulmini mortali e nebbie su di te! Che le ferite insondabili della maledizione paterna lacerino ogni tuo senso! Vecchi occhi istupiditi, piangete un’altra volta per questo, e io vi strapperò e getterò via con l’acqua che versate a fare della terra fango. Siamo dunque a questo? E sia! Ho ancora un’altra figlia, che è dolce e ospitale, ne sono certo. Quando sentirà questo di te, con le unghie ti strierà quel viso da lupa. E vedrai come riassumerò la forma che ora credi io abbia allontanata per sempre; te ne accorgerai, te lo garantisco. Esce GONORIL
Lo hai visto, mio signore? ALBANY
Non posso essere tanto parziale, Gonoril, verso il grande amore che ho per te...
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 4
Come, sir, no more. – You, more knave than fool, after your master! FOOL Nuncle Lear, nuncle Lear, tarry, and take the fool with thee. A fox when one has caught her, And such a daughter, Should sure to the slaughter, If my cap would buy a halter. So, the fool follows after. Exit GONORIL What, Oswald, ho! GONORIL
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Enter Oswald OSWALD Here, madam. GONORIL
What, have you writ this letter to my sister? OSWALD Yes, madam. GONORIL
Take you some company, and away to horse. Inform her full of my particular fears, And thereto add such reasons of your own As may compact it more. Get you gone, And after, your retinue. Exit Oswald Now, my lord, This milky gentleness and course of yours, Though I dislike not, yet under pardon You’re much more ataxed for want of wisdom Than praised for harmful mildness.
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ALBANY
How far your eyes may pierce I cannot tell. Striving to better aught, we mar what’s well. GONORIL Nay, then – ALBANY Well, well, the event.
330 Exeunt
324. And after: così in Qa; in Qb & hasten = “e affretta”. Your retinue: emend. Taylor; in Q e F returne = “ritorno”. 327. Ataxed: emend. tardo; in Qa alapt; in Qb attaskt; in F at task, con significato analogo. 1410
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 4
GONORIL
Basta così, signore. – E tu, più furfante che matto, segui il tuo padrone! MATTO
Zietto Lear, zietto Lear! Aspetta, aspetta, prendi il matto con te. Una volpe catturata E una figlia snaturata: L’una e l’altra va ammazzata. Una corda insaponata Già il buffone ha comperata. Esce27 GONORIL
Allora, Oswald, dico! Entra Oswald OSWALD
Eccomi, signora. GONORIL
Hai scritto quella lettera a mia sorella? OSWALD
Sì, signora. GONORIL
Prendi qualche compagno e monta a cavallo. Informala di tutti i miei particolari timori, e rinforza il discorso aggiungendo argomenti tuoi. Va’, e fatti seguire dai tuoi uomini. Oswald esce Ora, mio signore, questa tua mite gentilezza e dolcezza non le condanno, ma, se permetti, tu sei molto più criticato per mancanza di saggezza che lodato per la dannosa moderazione. ALBANY
Fin dove i tuoi occhi possano giungere non so dirlo; spesso per cercare il meglio si manda a monte il bene. GONORIL
Sì. E allora? ALBANY
Be’, be’... si vedrà. Escono 1411
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 5
Sc. 5
Enter King Lear, the Earl of Kent disguised, and Lear’s Fool
LEAR [to Kent] Go you before to Gloucester with these
letters. Acquaint my daughter no further with anything you know than comes from her demand out of the letter. If your diligence be not speedy, I shall be there before you. KENT I will not sleep, my lord, till I have delivered your letter. Exit FOOL If a man’s brains were in his heels, were’t not in danger of kibes? LEAR Ay, boy. FOOL Then, I prithee, be merry: thy wit shall ne’er go slipshod. LEAR Ha, ha, ha! FOOL Shalt see thy other daughter will use thee kindly, for though she’s as like this as a crab is like an apple, yet I con what I can tell. LEAR Why, what canst thou tell, my boy? FOOL She’ll taste as like this as a crab doth to a crab. Thou canst not tell why one’s nose stands in the middle of his face? LEAR No. FOOL Why, to keep his eyes on either side ’s nose, that what a man cannot smell out, a may spy into. LEAR I did her wrong. FOOL Canst tell how an oyster makes his shell?
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 5
Scena 5
Entrano re Lear, il conte di Kent, travestito, e il Matto di Lear 28
LEAR [a Kent]
Tu vai avanti, a Gloucester29, con queste lettere. Non informare mia figlia su quello che sai se non per rispondere a sue domande in merito alla missiva. Se la tua diligenza non sarà rapida, io sarò lì prima di te. KENT
Non dormirò, signore, finché non avrò consegnato la lettera. Esce MATTO
Ad avere il cervello nei calcagni non si corre il rischio dei geloni? LEAR
Sì, ragazzo. MATTO
Allora ti prego, fai buon viso. Il tuo non andrà mai in ciabatte30. LEAR
Ah, ah, ah! MATTO
Vedrai come l’altra tua figlia sarà carina con te: perché anche se assomiglia a questa come un limone31 assomiglia a una mela, io certe cose le so perché le so. LEAR
Che cosa sai tu, ragazzo? MATTO
Lei avrà il sapore di questa come un limone ha il sapore di un limone. E tu sai perché uno ha il naso in mezzo della faccia? LEAR
No. MATTO
Ma per avere un occhio da una parte e uno dall’altra del naso, così che quello che non si fiuta, lo si possa almeno sbirciare. LEAR
Sono stato ingiusto con lei... MATTO
E lo sai come l’ostrica fa il suo guscio?
1413
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 5
LEAR No. FOOL Nor I neither; but I can tell why a snail has a
house. LEAR Why? FOOL Why, to put his head in, not to give it away to his
daughter and leave his horns without a case.
31
LEAR
I will forget my nature. So kind a father! Be my horses ready? FOOL Thy asses are gone about them. The reason why the seven stars are no more than seven is a pretty reason. LEAR Because they are not eight. FOOL Yes. Thou wouldst make a good fool.
36
LEAR
To take’t again perforce – monster ingratitude! FOOL If thou wert my fool, nuncle, I’d have thee beaten
for being old before thy time. LEAR How’s that? FOOL Thou shouldst not have been old before thou hadst been wise.
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LEAR
O, let me not be mad, sweet heaven! I would not be mad. Keep me in temper. I would not be mad.
45
Enter a Servant Are the horses ready? SERVANT
Ready, my lord.
46-47. I would not be mad … I would not be mad: così in Q; secondo alcuni curatori da ridurre a “Not mad … I would not be mad”. 1414
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 5
LEAR
No. MATTO
E neanche io. Però io so perché la lumaca ha la sua casa. LEAR
Perché? MATTO
Ma per tenerci la testa; non per darla via alle sue figlie, e lasciare le corna all’aria aperta. LEAR
Voglio scordare la mia natura. Un padre così generoso! – Sono pronti i miei cavalli? MATTO
I tuoi somari sono andati a prenderli. La ragione per cui le sette stelle non sono più di sette è una ragione divertente. LEAR
Perché non sono otto? MATTO
Sì, infatti: tu saresti bravo come matto. LEAR
Riprendermelo con la forza… mostruosa ingratitudine! MATTO
Se tu fossi il mio matto, zietto, ti farei frustare perché sei diventato vecchio prima del tempo. LEAR
Come sarebbe? MATTO
Non dovevi diventare vecchio prima di essere diventato saggio. LEAR
Oh! Non farmi impazzire, pietoso cielo! Fammi restare in me; non voglio impazzire. Non voglio impazzire. Entra un Servo Sono pronti i cavalli? SERVO
Pronti, mio signore.
1415
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 6
LEAR (to Fool) Come, boy.
Exeunt Lear and Servant
FOOL
She that is maid now, and laughs at my departure, Shall not be a maid long, except things be cut shorter.
50
Exit Sc. 6
Enter Edmund the bastard, and Curan, meeting
EDMUND Save thee, Curan. CURAN And you, sir. I have been with your father, and
given him notice that the Duke of Cornwall and his duchess will be here with him tonight. EDMUND How comes that? CURAN Nay, I know not. You have heard of the news abroad? – I mean the whispered ones, for there are yet but ear-bussing arguments. EDMUND Not. I pray you, what are they? CURAN Have you heard of no likely wars towards twixt the two Dukes of Cornwall and Albany? EDMUND Not a word. CURAN You may then in time. Fare you well, sir.
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Exit EDMUND
The Duke be here tonight! The better, best. This weaves itself perforce into my business. [Enter Edgar at a window above]
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 6
LEAR (al Matto)
Vieni, ragazzo. Escono Lear e il Servo MATTO
C’è per caso una vergine che ride se mi assento? Non lo resterà a lungo, se lungo è l’argomento32. Esce Entrano Edmund il bastardo e Curan, incontrandosi33
Scena 6 EDMUND
Salve, Curan. CURAN
Lo stesso a voi, signore. Sono stato da vostro padre, e gli ho annunciato l’arrivo del duca di Cornovaglia e della sua duchessa, qui da lui questa sera. EDMUND
E come mai? CURAN
Veramente non lo so. Avete sentito le notizie? – Dico quelle dette sottovoce, perché ancora sono solo argomenti che sussurrano all’orecchio. EDMUND
No. Di che si tratta? CURAN
Non avete sentito di probabili conflitti imminenti, tra i duchi di Cornovaglia e di Albany? EDMUND
Non una parola. CURAN
Forse le sentirete col tempo. Arrivederci, signore. Esce EDMUND
Il duca qui stasera! Bene! A meraviglia! Questo si inserisce perfettamente nella mia impresa. [Entra Edgar a una finestra soprastante]
1417
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 6
My father hath set guard to take my brother, And I have one thing of a queasy question Which must ask briefness. Wit and fortune help! – Brother, a word. Descend, brother, I say. [Edgar climbs down] My father watches. O, fly this place. Intelligence is given where you are hid. You have now the good advantage of the night. Have you not spoken ’gainst the Duke of Cornwall aught? He’s coming hither now, in the night, i’th’ haste, And Regan with him. Have you nothing said Upon his party against the Duke of Albany? Advise you – EDGAR I am sure on’t, not a word.
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25
EDMUND
I hear my father coming. Pardon me. In cunning I must draw my sword upon you. Seem to defend yourself. Now, quit you well. (Calling) Yield, come before my father. Light here, here! (To Edgar) Fly, brother, fly! (Calling) Torches, torches! (To Edgar) So, farewell. Exit Edgar Some blood drawn on me would beget opinion Of my more fierce endeavour.
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He wounds his arm I have seen Drunkards do more than this in sport. (Calling) Father, father! Stop, stop! Ho, help!
35
Enter the Duke of Gloucester [and others]
27. Advise you - : emend. tardo; in Q advise your = “rifletti con il tuo”, o “sul tuo” [pericolo]?…; in F advise your self = “rifletti su te stesso, sulla tua posizione”… 29. In cunning: così in F; in Q in craving = “per impazienza”. 1418
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 6
Le guardie di mio padre hanno l’ordine di catturare mio fratello, e io ho una faccenda piuttosto delicata da risolvere in fretta. Rapidità e fortuna, tocca a voi! – Fratello, una parola. Scendi, fratello, dico! [Edgar scende giù] Mio padre vigila. Fratello! Devi fuggire da questo posto; ora si sa dove sei nascosto; approfitta del vantaggio della notte. Non hai detto qualcosa contro il duca di Cornovaglia? Sta arrivando qui, ora, di notte, in gran fretta, e Regan è con lui. Non hai parlato in suo favore, contro il duca di Albany? Rifletti... EDGAR
Neanche una parola, ne sono sicuro. EDMUND
Sento i passi di mio padre. Perdonami... Per finta ora devo minacciarti con la spada. Fai come se ti difendessi! Ora, scappa. (Forte) Arrenditi! Vieni con me da mio padre! Ehi, luce! Luce! (A Edgar) Scappa, fratello, scappa! (Forte) Delle torce, delle torce! (A Edgar) Addio, adesso. Edgar esce Un po’ di sangue addosso farà meglio credere alla mia fiera resistenza. Si ferisce il braccio Ho visto degli ubriachi fare di peggio per gioco. (Forte) Padre! Padre! Ferma, ferma! Aiuto! Entrano il duca di Gloucester [e altri34]
1419
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 6
GLOUCESTER
Now, Edmund, where is the villain?
EDMUND
Here stood he in the dark, his sharp sword out, Warbling of wicked charms, conjuring the moon To stand ’s auspicious mistress. GLOUCESTER But where is he? EDMUND
Look, sir, I bleed. GLOUCESTER
Where is the villain, Edmund?
40
EDMUND
Fled this way, sir, when by no means he could – GLOUCESTER
Pursue him, go after. By no means what?
Exeunt others
EDMUND
Persuade me to the murder of your lordship, But that I told him the revengive gods ’Gainst parricides did all their thunders bend, Spoke with how manifold and strong a bond The child was bound to the father. Sir, in fine, Seeing how loathly opposite I stood To his unnatural purpose, with fell motion, With his preparèd sword he charges home My unprovided body, lanced mine arm; But when he saw my best alarumed spirits Bold in the quarrel’s rights, roused to the encounter, Or whether ghasted by the noise I made Or [ ] I know not, But suddenly he fled. GLOUCESTER Let him fly far, Not in this land shall he remain uncaught, And found, dispatch. The noble Duke my master, My worthy arch and patron, comes tonight. By his authority I will proclaim it That he which finds him shall deserve our thanks, Bringing the murderous caitiff to the stake; He that conceals him, death. 1420
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 6
GLOUCESTER
Edmund, dov’è quel vigliacco? EDMUND
Era qui nel buio, l’aguzza spada in pugno, e borbottava malvagi incantesimi, chiamando la luna a tenergli bordone. GLOUCESTER
Ma dov’è ora? EDMUND
Guardate, signore, sanguino. GLOUCESTER
Edmund, dov’è quel vigliacco? EDMUND
Fuggito da questa parte, quando ha visto che non poteva... GLOUCESTER
Inseguitelo, presto! “Che non poteva” cosa?
Dei servi escono
EDMUND
Convincermi a assassinare la vostra signoria, perché io gli dicevo che gli dèi vendicatori scagliano tutti i fulmini contro i parricidi; gli spiegavo con quali solidi e molteplici vincoli il figlio è legato al padre. Da ultimo, signore, vedendo con quanto disgusto ero contrario al suo disegno innaturale, con sleale mossa ha vibrato la sua spada preparata contro il mio impreparato corpo, e mi ha colpito al braccio; e quando ha visto i miei spiriti correre all’erta fatti forti dalla giustizia della causa, pronti a opporglisi, o forse smontato dal rumore che facevo o [...] questo non lo so, ma di colpo è scappato35. GLOUCESTER
Fugga fin dove vuole, certo in questa terra non resterà libero; e come lo trovano, è spacciato. Il nobile duca mio padrone, mio degno signore e protettore, viene stanotte. Sulla sua autorità voglio proclamare che chi lo troverà riceverà il nostro grazie, se porta il vile assassino alla forca; e chi lo nasconde, la morte.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 6
EDMUND
When I dissuaded him from his intent And found him pitched to do it, with curst speech I threatened to discover him. He replied, ’Thou unpossessing bastard, dost thou think If I would stand against thee, could the reposure Of any trust, virtue, or worth in thee Make thy words faithed? No, what I should deny – As this I would, ay, though thou didst produce My very character – I’d turn it all To thy suggestion, plot, and damned pretence, And thou must make a dullard of the world If they not thought the profits of my death Were very pregnant and potential spurs To make thee seek it.’ GLOUCESTER Strong and fastened villain! Would he deny his letter? I never got him.
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Trumpets within Hark, the Duke’s trumpets. I know not why he comes. All ports I’ll bar. The villain shall not scape. The Duke must grant me that; besides, his picture I will send far and near, that all the kingdom May have note of him – and of my land, Loyal and natural boy, I’ll work the means To make thee capable.
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Enter the Duke of Cornwall and Regan CORNWALL
How now, my noble friend? Since I came hither, Which I can call but now, I have heard strange news. REGAN
If it be true, all vengeance comes too short Which can pursue the offender. How dost, my lord? GLOUCESTER
Madam, my old heart is cracked, is cracked.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 6
EDMUND
Quando cercavo di dissuaderlo dal suo intento e lo trovavo deciso a andare fino in fondo, con termini violenti l’ho minacciato di denunciarlo. Lui ha risposto, “Spiantato di un bastardo! E tu credi che se io ti contraddico, la sola fama di lealtà, virtù o valore che hai farà sì che ti credano? No; quello che negherò – e lo farò, anche se esibirai la mia stessa scrittura36 – lo muterò tutto in tuoi complotti, insidie e male pratiche. Devi credere che il mondo sia proprio stupido se non penserà che i vantaggi della mia morte sarebbero un allettamento così pregno e ricco di prospettive da indurti a cercarla.” GLOUCESTER
Che fior di canaglia, che sfacciato! Dice che smentirebbe la lettera? Non è figlio mio. Trombe da dentro Senti! Le trombe del duca. Non lo so, perché viene... Tutti i porti farò chiudere; non mi sfuggirà, quel vigliacco. Il duca me lo concederà. E poi manderò il suo ritratto dappertutto, che tutto il regno conosca le sue fattezze. E delle mie terre, giovane leale e naturale, troverò il modo di farti diventare l’erede. Entrano il duca di Cornovaglia e Regan CORNOVAGLIA
Che accade, mio nobile amico? È dal mio arrivo, or ora avvenuto, si può dire, che sento strane notizie. REGAN
Fossero vere, ogni vendetta sarebbe inadeguata per punire il colpevole. Come stai, mio signore? GLOUCESTER
Signora, il mio vecchio cuore si è spezzato, si è spezzato!
1423
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 6
REGAN
What, did my father’s godson seek your life? He whom my father named, your Edgar? GLOUCESTER
Ay, lady, lady; shame would have it hid. REGAN
Was he not companion with the riotous knights That tend upon my father?
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GLOUCESTER
I know not, madam. ’Tis too bad, too bad. EDMUND Yes, madam, he was. REGAN
No marvel, then, though he were ill affected. ’Tis they have put him on the old man’s death, To have the spoil and waste of his revenues. I have this present evening from my sister Been well informed of them, and with such cautions That if they come to sojourn at my house I’ll not be there. CORNWALL Nor I, assure thee, Regan. Edmund, I heard that you have shown your father A childlike office. EDMUND ’Twas my duty, sir. GLOUCESTER (to Cornwall) He did betray his practice, and received This hurt you see striving to apprehend him.
100
106
CORNWALL
Is he pursued? Ay, my good lord.
GLOUCESTER CORNWALL
If he be taken, he shall never more Be feared of doing harm. Make your own purpose How in my strength you please. For you, Edmund, Whose virtue and obedience doth this instant
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100. The spoil and waste: emend. tardo; in Qa thes e – and waste; in Qb the waste and spoyle; in F th’expence and waste, con significati analoghi. 1424
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 6
REGAN
Ma è vero, il figlioccio di mio padre voleva ucciderti? Colui al quale mio padre diede il nome, il tuo Edgar? GLOUCESTER
Oh, signora, signora, mi vergogno a confessarlo. REGAN
Non era un compagno dei turbolenti cavalieri al seguito di mio padre? GLOUCESTER
Non lo so, signora. È orribile, orribile! EDMUND
Sì, signora, era di quella cricca. REGAN
Non meraviglia che subisse cattive influenze. Sono stati loro a istigarlo a uccidere il vecchio, per arraffare e scialacquare i suoi beni. Proprio questa sera ho avuto da mia sorella dettagliate informazioni su di loro, e con tali avvertimenti, che se verranno a soggiornare in casa mia, non mi ci troveranno. CORNOVAGLIA
Né troveranno me, sta’ sicura, Regan. Edmund, sento che hai reso a tuo padre un servizio davvero filiale. EDMUND
Mio dovere, signore. GLOUCESTER (a Cornovaglia) Ha svelato la sua macchinazione, e ha ricevuto la ferita che vedete mentre tentava di arrestarlo. CORNOVAGLIA
Lo inseguono? GLOUCESTER
Sì, mio signore. CORNOVAGLIA
Se lo prendono, non farà più temere di commettere altro male. Servitevi come credete di ogni mia risorsa. Quanto a te, Edmund, la cui virtù e obbedienza in questo caso sono apparse tanto ammire-
1425
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
So much commend itself, you shall be ours. Natures of such deep trust we shall much need. You we first seize on. EDMUND I shall serve you truly, However else. GLOUCESTER (to Cornwall) For him I thank your grace.
115
CORNWALL
You know not why we came to visit you – REGAN
This out-of-season threat’ning dark-eyed nightOccasions, noble Gloucester, of some poise, Wherein we must have use of your advice. Our father he hath writ, so hath our sister, Of differences which I least thought it fit To answer from our home. The several messengers From hence attend dispatch. Our good old friend, Lay comforts to your bosom, and bestow Your needful counsel to our business, Which craves the instant use. GLOUCESTER I serve you, madam. Your graces are right welcome. Exeunt Sc. 7
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125
Enter the Earl of Kent, disguised, at one door, and Oswald the steward, at another door
OSWALD Good even to thee, friend. Art of the house? KENT Ay. OSWALD Where may we set our horses? KENT I’th’ mire. OSWALD Prithee, if thou love me, tell me. KENT I love thee not. OSWALD Why then, I care not for thee.
119. This: emend. tardo; in Q e F thus = “così” (cong.). 120. Poise: così in Qb; in Qa, Q2, F of some prise = “da apprezzare”. 124. Home: così in Qb e F; in Qa, Q2: hand = “mano”. 1426
5
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
voli, tu sarai dei nostri. Nature di così profonda lealtà sono preziose; sei il primo che arruoliamo. EDMUND
Vi servirò, signore. Se non altro, con fedeltà. GLOUCESTER (a Cornovaglia)
Vi ringrazio a suo nome. CORNOVAGLIA
Non conosci il perché di questa visita... REGAN
Così repentina, sfidando37 gli scuri occhi della notte… L’occasione, nobile Gloucester, è di qualche peso, e avremo bisogno del tuo consiglio. Nostro padre ci ha scritto, e così anche nostra sorella, di contrasti, cui ho pensato che non fosse il caso di rispondere da casa nostra. Entrambi i latori delle lettere aspettano il consenso per ripartire. Buon vecchio amico nostro, metti pace nel tuo petto, e regala i tuoi preziosi consigli ai nostri affari, che ne hanno grande urgenza. GLOUCESTER
Signora, servo vostro. Le vostre grazie sono le benvenute. Escono Scena 7
Entrano Kent, travestito, da una porta, e Oswald il maggiordomo da un’altra38
OSWALD
Buona sera a te, amico. Sei di casa? KENT
Sì. OSWALD
Dove possiamo lasciare i cavalli? KENT
Nel pantano. OSWALD
Per favore, se mi vuoi bene, dimmelo. KENT
Non te ne voglio. OSWALD
Quanto a questo, non te ne voglio neanch’io. 1427
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
KENT If I had thee in Lipsbury pinfold I would make thee
care for me. OSWALD Why dost thou use me thus? I know thee not. KENT Fellow, I know thee. OSWALD What dost thou know me for? KENT A knave, a rascal, an eater of broken meats, a base, proud, shallow, beggarly, three-suited, hundred-pound, filthy worsted-stocking knave; a lily-livered, actiontaking knave; a whoreson, glass-gazing, superfinical rogue; one-trunk-inheriting slave; one that wouldst be a bawd in way of good service, and art nothing but the composition of a knave, beggar, coward, pander, and the son and heir of a mongrel bitch, whom I will beat into clamorous whining if thou deny the least syllable of the addition. OSWALD What a monstrous fellow art thou, thus to rail on one that’s neither known of thee nor knows thee! KENT What a brazen-faced varlet art thou, to deny thou knowest me! Is it two days ago since I beat thee and tripped up thy heels before the King? Draw, you rogue; for though it be night, the moon shines.
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[He draws his sword] I’ll make a sop of the moonshine o’ you. Draw, you whoreson, cullionly barber-monger, draw! OSWALD Away. I have nothing to do with thee. KENT Draw, you rascal. You bring letters against the King, and take Vanity the puppet’s part against the
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
KENT
È perché non mi conosci, altrimenti scapperesti 39. OSWALD
Perché devi trattarmi così? Io non ti conosco. KENT
Amico, ti conosco io. OSWALD
Cosa conosci di me? KENT
Sei una canaglia, un ribaldo, un mangiapane a ufo 40; un vile sbruffone, un vacuo, miserabile furfante di quelli che hanno tre vestiti, cento sterline41 e la calzamaglia sempre sudicia42; un cacasotto43 che chiama le guardie44; un figlio di puttana superfino che non fa che guardarsi allo specchio; un pezzente con l’eredità che sta tutta in un baule solo; uno che vuol fare il ruffiano per avere un benservito, e che non è altro che un composto di farabutto, mendicante, vigliacco, mezzano, e figlio e erede di una cagna bastarda; uno che farò uggiolare a forza di legnate se nega anche una sola sillaba dell’elenco dei suoi titoli45. OSWALD
Che mostro saresti tu, che insulti così uno che non conosci e che non ti conosce? KENT
Che faccia di bronzo hai tu, lacchè, a negare di conoscermi! Solo due giorni fa ti ho fatto lo sgambetto e picchiato davanti al re. Tira fuori la spada, farabutto. Anche se è notte, c’è la luna. [Sguaina la spada] Ti affetto con la falce della luna46. Fuori la spada, figlio di puttana, coglione di un damerino47, fuori la spada! OSWALD
Vattene! Non ho niente a che spartire con te. KENT
Fuori la spada, ribaldo! Sei venuto con una lettera contro il re, ti sei messo con madonna Smorfiosa contro la regalità di suo padre!
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
royalty of her father. Draw, you rogue, or I’ll so carbonado your shanks – draw, you rascal, come your ways! OSWALD Help, ho, murder, help! KENT Strike, you slave! Stand, rogue! Stand, you neat slave, strike! OSWALD Help, ho, murder, help!
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Enter Edmund the bastard with his rapier drawn, [then] the Duke of Gloucester, [then] the Duke of Cornwall and Regan the Duchess EDMUND [parting them] How now, what’s the matter? KENT With you, goodman boy. An you please come, I’ll
flesh you. Come on, young master. GLOUCESTER Weapons? Arms? What’s the matter here? CORNWALL Keep peace, upon your lives. He dies that
strikes again. What’s the matter? REGAN The messengers from our sister and the King. CORNWALL (to Kent and Oswald) What’s your difference? Speak. OSWALD I am scarce in breath, my lord. KENT No marvel, you have so bestirred your valour, you cowardly rascal. Nature disclaims in thee; a tailor made thee. CORNWALL Thou art a strange fellow – a tailor make a man? KENT Ay, a tailor, sir. A stone-cutter or a painter could not have made him so ill though he had been but two hours at the trade.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
Fuori la spada, farabutto, o ti trincio48 quelle gambe... tira fuori la spada, manigoldo, avanti! OSWALD
Aiuto! Mi ammazza! Aiuto! KENT
Battiti, miserabile! Fermo, farabutto, fermo; su, miserabile, difenditi! OSWALD
Aiuto, aiuto, all’assassino! Entrano Edmund il bastardo con la spada in pugno, [quindi] il duca di Gloucester, [quindi] il duca di Cornovaglia e la duchessa Regan EDMUND [separandoli]
Ehi! Che succede? KENT
Ah! Anche tu, bel signorino, se ne hai voglia! Vieni, ti scortico. Sotto, sotto, padroncino. GLOUCESTER
Spade? Armi? Che cosa accade qui? CORNOVAGLIA
Fermi, se vi è cara la vita! Chi non si arresta, muore. Che cosa accade? REGAN
I messi di nostra sorella e del re. CORNOVAGLIA (a Kent e Oswald) Cosa avete da litigare? Parlate. OSWALD
Io quasi non ho fiato, mio signore. KENT
Si capisce, hai dato una tale dimostrazione di valore. Vigliacco e ribaldo, la natura si smentisce in te: è un sarto che ti ha fatto 49. CORNOVAGLIA
Sei un buffo tipo. Un sarto che fa un uomo? KENT
Sì, un sarto, signore. Un tagliapietre o un pittore non avrebbero potuto farlo così male neanche se fossero stati principianti. 1431
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
GLOUCESTER Speak yet; how grew your quarrel? OSWALD This ancient ruffian, sir, whose life I have spared
at suit of his grey beard – KENT Thou whoreson Z, thou unnecessary letter – (to Cornwall) my lord, if you’ll give me leave I will tread this unboulted villain into mortar and daub the walls of a jakes with him. (To Oswald) Spare my grey beard, you wagtail?
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CORNWALL
Peace, sir. You beastly knave, have you no reverence? KENT
Yes, sir, but anger has a privilege. CORNWALL Why art thou angry? KENT
That such a slave as this should wear a sword, That wears no honesty. Such smiling rogues As these, like rats, oft bite those cords in twain Which are too entrenched to unloose, smooth every passion That in the natures of their lords rebel, Bring oil to fire, snow to their colder moods, Renege, affirm, and turn their halcyon beaks With every gale and vary of their masters, Knowing naught, like dogs, but following. (To Oswald) A plague upon your epileptic visage! Smile you my speeches as I were a fool? Goose, an I had you upon Sarum Plain I’d send you cackling home to Camelot. CORNWALL
What, art thou mad, old fellow? How fell you out? Say that.
GLOUCESTER [to Kent] KENT
No contraries hold more antipathy Than I and such a knave. 73. Entrenched: emend. Taylor; in Q intrench; in F intrince. 78. Dogs: così in F; in Q days = “giorni”. 1432
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
CORNOVAGLIA
Continua. Com’è nato il litigio? OSWALD
Questo vecchio furfante, signore, la cui vita ho risparmiato per via della sua barba grigia50. KENT
Figlio di puttana, zeta, lettera che non serve a niente! (a Cornovaglia) Mio signore, se mi permettete, io vorrei tritare questo sfacciato villano in un mortaio e farci intonaco per un cesso. (A Oswald) Hai risparmiato la mia barba grigia, botolo scodinzolante? CORNOVAGLIA
Piano, tu! Razza di ignorante, non conosci rispetto? KENT
Sì, signore; ma la collera ha i suoi privilegi. CORNOVAGLIA
E cosa ti ha mandato in collera? KENT
Che un villano come questo debba avere la spada, e neanche un briciolo di onestà. Questi farabutti sorridenti, come i topi spesso rosicchiano quei legami sacri che altrimenti non si possono sciogliere51, così lusingano ogni passione che ribolle52 nella natura dei loro signori; buttano olio sul fuoco, neve sui loro umori più freddi; negano, affermano, e al pari dei gabbiani girano il becco a ogni vento e mutamento dei loro padroni, senza saper far altro che seguire, come i cani. (A Oswald) Accidenti alla tua faccia di epilettico! Ridi dei miei discorsi, come se fossi un matto? Oca, se ti trovassi sulla pianura di Sarum ti farei starnazzare fino a Camelot53. CORNOVAGLIA
Ehi, vecchio! Ma sei pazzo? GLOUCESTER [a Kent]
Il perché del litigio. Dicci questo. KENT
Non esiste maggiore antipatia tra due opposti che tra me e un furfante simile.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
CORNWALL
Why dost thou call him knave?
What’s his offence? KENT
His countenance likes me not.
86
CORNWALL
No more perchance does mine, or his, or hers. KENT
Sir, ’tis my occupation to be plain: I have seen better faces in my time Than stands on any shoulder that I see Before me at this instant. CORNWALL This is a fellow Who, having been praised for bluntness, doth affect A saucy roughness, and constrains the garb Quite from his nature. He cannot flatter, he. He must be plain, he must speak truth. An they will take’t, so; if not, he’s plain. These kind of knaves I know, which in this plainness Harbour more craft and more corrupter ends Than twenty silly-ducking observants That stretch their duties nicely.
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KENT
Sir, in good sooth, or in sincere verity, Under the allowance of your grand aspect, Whose influence, like the wreath of radiant fire In flickering Phoebus’ front – CORNWALL What mean’st thou by this? KENT To go out of my dialect, which you discommend so much. I know, sir, I am no flatterer. He that beguiled you in a plain accent was a plain knave, which for my part I will not be, though I should win your displeasure to entreat me to’t.
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93. Roughness: emend. moderno; in Q ruffines, in F ruffness, lemmi non attestati. 95. He must be plain: così in Q; in F An honest mind and plain: “animo schietto e aperto”. 105. Dialect: così in F, in Q dialogue = “dialogo, conversazione”. 1434
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
CORNOVAGLIA
Perché gli dai del furfante? Che ha commesso? KENT
Non gradisco la sua faccia. CORNOVAGLIA
Come forse non gradisci la mia, o la sua, o la sua. KENT
Signore, io faccio il mestiere di parlar chiaro. Ai miei tempi ho visto facce migliori di quelle che vedo in questo momento tra le spalle di chi ho davanti. CORNOVAGLIA
Ecco uno di quei tipi che avendo avuto elogi per la franchezza, fa poi sfoggio di insolenza, e si sente in dovere di continuare contro la sua stessa natura. Non sa adulare, lui! Animo schietto e aperto, sempre a dire la verità! E se l’accettano, bene; se no, ha parlato. È un genere di furfanti che conosco. In questa schiettezza celano più astuzia e intenzioni più corrotte di venti sciocchi moscardini ossequiosi con i loro sfoggi di cerimoniosa obbedienza. KENT
Signore, in buona fede e per dire tutta la verità, con venia della vostra presenza sublime il cui influsso, come il serto di fiamme radiose sulla fronte luminosa di Febo... CORNOVAGLIA
Ma che stai dicendo? KENT
Voglio uscire dal mio linguaggio, che tanto biasimate. Lo so, signore, che non sono un adulatore: colui che vi ha abbindolato con parole schiette era uno schietto furfante, il che io per parte mia non voglio essere, anche se la vostra disapprovazione dovesse chiedermi di diventarlo.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
CORNWALL (to Oswald)
What’s the offence you gave him? I never gave him any. It pleased the King his master very late To strike at me upon his misconstruction, When he, conjunct, and flattering his displeasure, Tripped me behind; being down, insulted, railed, And put upon him such a deal of man that That worthied him, got praises of the King For him attempting who was self-subdued, And in the fleshment of this dread exploit Drew on me here again. KENT None of these rogues and cowards But Ajax is their fool. CORNWALL [calling] Bring forth the stocks, ho! – You stubborn, ancient knave, you reverend braggart, We’ll teach you. KENT I am too old to learn. Call not your stocks for me. I serve the King, On whose employments I was sent to you. You should do small respect, show too bold malice Against the grace and person of my master, Stocking his messenger. CORNWALL [calling] Fetch forth the stocks! – As I have life and honour, there shall he sit till noon. OSWALD
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REGAN
Till noon? – till night, my lord, and all night too. KENT
Why, madam, if I were your father’s dog You could not use me so. REGAN Sir, being his knave, I will. [Stocks brought out] CORNWALL
This is a fellow of the selfsame nature Our sister speaks of. – Come, bring away the stocks.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
CORNOVAGLIA (a Oswald)
In che cosa lo hai offeso? OSWALD
In nulla. Ultimamente il re suo padrone si compiacque di colpirmi, per un suo malinteso; e allora lui, assecondandolo e per lusingarne la collera, mi buttò in terra da dietro, e mentre ero disteso, mi oltraggiò, mi sgridò, e tanto si pavoneggiò con la sua virilità che ebbe gli elogi del re per avere aggredito uno che si era già arreso; e ringalluzzito da questa impresa eroica, ora mi ha minacciato di nuovo con la spada. KENT
Per tutti questi vili farabutti Aiace54 sarebbe solo un buffone. CORNOVAGLIA [chiama] Portate qui i ceppi! – Tu testardo vecchiaccio, tu reverendo spaccone, ti insegno io… KENT
Sono troppo vecchio per imparare. Non fate venire i ceppi per me. Sono al servizio del re, e da lui sono stato mandato a voi. Voi mostrereste poco rispetto, anzi una troppo ardita ostilità contro la grazia e la persona del mio padrone, mettendo ai ceppi il suo messaggero. CORNOVAGLIA [chiama] Portate qui i ceppi! – Com’è vero che ho ancora vita e onore, ci resterà fino a mezzogiorno. REGAN
A mezzogiorno? Fino a notte, mio signore; anzi, tutta la notte. KENT
Ma signora, se fossi il cane di vostro padre non mi fareste questo. REGAN
Sei un suo tirapiedi, e lo farò. [Vengono portati i ceppi] CORNOVAGLIA
Questo è uno di quei lazzaroni di cui ci ha scritto nostra sorella. – Forza con questi ceppi!
1437
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
GLOUCESTER
Let me beseech your grace not to do so. His fault is much, and the good King his master Will check him for’t. Your purposed low correction Is such as basest and contemnèd wretches For pilf’rings and most common trespasses Are punished with. The King must take it ill That he’s so slightly valued in his messenger, Should have him thus restrained. CORNWALL I’ll answer that.
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REGAN
My sister may receive it much more worse To have her gentlemen abused, assaulted, For following her affairs. Put in his legs. They put Kent in the stocks Come, my good lord, away!
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Exeunt all but Gloucester and Kent GLOUCESTER
I am sorry for thee, friend. ’Tis the Duke’s pleasure, Whose disposition, all the world well knows, Will not be rubbed nor stopped. I’ll entreat for thee. KENT
Pray you, do not, sir. I have watched and travelled hard. Some time I shall sleep out; the rest I’ll whistle. A good man’s fortune may grow out at heels. Give you good morrow.
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GLOUCESTER
The Duke’s to blame in this; ’twill be ill took.
Exit
KENT
Good King, that must approve the common say: Thou out of heaven’s benediction com’st To the warm sun. [He takes out a letter] Approach, thou beacon to this under globe, That by thy comfortable beams I may 1438
155
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
GLOUCESTER
Posso pregare la vostra grazia di non farlo? La sua colpa è grave, e il buon re suo padrone gliela farà scontare; ma la pena ignobile che proponete serve di solito per punire i malfattori più bassi e spregevoli per furtarelli e infrazioni di poco conto. Il re potrebbe offendersi di essere stato così sminuito nel suo messo che viene rinchiuso in questa maniera. CORNOVAGLIA
Ne rispondo io. REGAN
Mia sorella potrebbe prenderla molto peggio se sapesse che il suo gentiluomo è insultato e aggredito perché sbrigava i suoi affari. Le gambe nei ceppi! Kent viene messo in ceppi Su, mio signore, andiamo. Escono tutti tranne Gloucester e Kent GLOUCESTER
Mi rincresce, amico. È il duca che decide, e lui ha un carattere, come tutti ben sanno, che non vuole essere contraddetto. Intercederò per te. KENT
Non fatelo, vi prego. Ho vegliato e viaggiato tanto; per un po’ dormirò, il resto del tempo, fischio. Alle persone perbene la fortuna può uscire dai calcagni55. Vi auguro il buon giorno. GLOUCESTER
Qui il duca ha torto. Sarà presa male. Esce KENT
Buon re, questo dimostra il detto comune, che quando esci dal favore del cielo, trovi il sole che ti scotta! [Estrae una lettera] Avvicinati, o faro di questo basso mondo56, affinché col conforto dei tuoi raggi io possa leggere questa lettera. Quasi nessuno vede
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Peruse this letter. Nothing almost sees miracles But misery. I know ’tis from Cordelia, Who hath now fortunately been informed Of my obscurèd course, and shall find time For this enormous state, seeking to give Losses their remedies. All weary and overwatched, Take vantage, heavy eyes, not to behold This shameful lodging. Fortune, good night; Smile; once more turn thy wheel. He sleeps
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Enter Edgar I heard myself proclaimed, And by the happy hollow of a tree Escaped the hunt. No port is free, no place That guard and most unusual vigilance Does not attend my taking. While I may scape I will preserve myself, and am bethought To take the basest and most poorest shape That ever penury in contempt of man Brought near to beast. My face I’ll grime with filth, Blanket my loins, elf all my hair with knots, And with presented nakedness outface The wind and persecution of the sky. The country gives me proof and precedent Of Bedlam beggars who with roaring voices Strike in their numbed and mortified bare arms Pins, wooden pricks, nails, sprigs of rosemary, And with this horrible object from low farms, Poor pelting villages, sheep-cotes and mills Sometime with lunatic bans, sometime with prayers
EDGAR
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163. And shall find time … remedies: è uno dei passi più controversi dell’intero canone shakespeariano (soprattutto per l’incertezza su a chi riferire il pronome who), che l’ed. Oxford emenda in modo comprensibile e la nostra traduzione chiarisce, pur con le dovute perplessità. 167. I heard: così in F; in Q I hear = “sento”. 1440
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
più miracoli, tranne i reietti. So che viene da Cordelia, che è stata fortunatamente messa al corrente della mia nuova identità, e che troverà il momento, in queste circostanze così avverse, di cercare di portare rimedio ai mali. Sfruttate la stanchezza della lunga veglia, o miei occhi, per non vedere la vergogna di questo alloggio. Fortuna, buonanotte. Sorridi. E ancora una volta, gira la tua ruota. Dorme Entra Edgar EDGAR
Li ho sentiti, sono messo al bando; e grazie all’opportuna cavità di un tronco, ho eluso l’inseguimento. Non c’è un porto che sia sicuro, né un luogo dove guardie e sentinelle sempre all’erta non tentino la mia cattura. Finché posso scappare, voglio badare a salvarmi; e ho pensato di darmi il più vile e povero aspetto con cui penuria, in disprezzo dell’uomo, lo avvicini alla bestia. La mia faccia la sporco di fango, mi copro solo i fianchi, mi arruffo57 tutta la testa, e con indifesa nudità mi espongo ai venti e alle persecuzioni del cielo. Ho notato l’esempio e il precedente di folli accattoni 58 che con tonante voce si conficcano nelle braccia nude, scarne e intorpidite, spilli, schegge di legno, chiodi, rametti di rosmarino, e con questo orribile sfoggio, per piccole fattorie, poveri sperduti villaggi, per ovili e mulini, talvolta con urla lunatiche, talvolta con preghiere,
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Enforce their charity. ‘Poor Tuelygod, Poor Tom!’ That’s something yet. Edgar I nothing am.
186 Exit
Enter King Lear, his Fool, and a Knight LEAR
’Tis strange that they should so depart from home And not send back my messenger. KNIGHT As I learned, The night before there was no purpose Of his remove. KENT (waking) Hail to thee, noble master.
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LEAR
How! Mak’st thou this shame thy pastime? FOOL Ha, ha, look, he wears cruel garters! Horses are tied by the heads, dogs and bears by th’ neck, monkeys by th’ loins, and men by th’ legs. When a man’s overlusty at legs, then he wears wooden nether-stocks. LEAR (to Kent) What’s he that hath so much thy place mistook To set thee here? KENT It is both he and she: Your son and daughter. LEAR No. KENT Yes. LEAR No, I say.
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KENT
I say yea. LEAR KENT
No, no, they would not. Yes, they have.
200
186. Tuelygod: così in Qa In Qb, Q2, F Turlygod. 188. Home: così in F; in Q hence = “da qui”. 190. Purpose: così in Q; in F purpose in them = “che avessero intenzione”. 194. Heads: così in F; in Q heels = “garretti”. 1442
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
esigono la carità. “Povero Turlygod 59!” “Povero Tom!” È meglio che niente; mentre come Edgar, io non sono più nulla. Esce Entrano re Lear, il suo matto e un cavaliere LEAR
È strano che siano così partiti di casa senza rimandarmi il mio messo. CAVALIERE
Da quel che so, la notte scorsa non c’era nessun suo spostamento in programma. KENT (destandosi) Salve a te, nobile padrone! LEAR
Ah! E per passare il tempo ti mortifichi così? MATTO
Ah, ah! Che giarrettiere rigide si è messo! I cavalli li legano per la testa, i cani e gli orsi per il collo, le scimmie per la vita, e gli uomini per le gambe. Quando un uomo è troppo svelto di gamba, allora porta i calzerotti di legno. LEAR
Chi ha frainteso la tua missione al punto di ridurti così? KENT
Lui e lei insieme, vostro figlio e vostra figlia. LEAR
No. KENT
Sì. LEAR
No, dico. KENT
E io dico di sì. LEAR
No, no, è impossibile. KENT
Sì, sì, invece.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
LEAR
By Jupiter, I swear no. They durst not do’t, They would not, could not do’t. ’Tis worse than murder, To do upon respect such violent outrage. Resolve me with all modest haste which way Thou mayst deserve or they propose this usage, Coming from us. KENT My lord, when at their home I did commend your highness’ letters to them, Ere I was risen from the place that showed My duty kneeling, came there a reeking post Stewed in his haste, half breathless, panting forth From Gonoril, his mistress, salutations, Delivered letters spite of intermission, Which presently they read, on whose contents They summoned up their meiny, straight took horse, Commanded me to follow and attend The leisure of their answer, gave me cold looks; And meeting here the other messenger, Whose welcome I perceived had poisoned mine – Being the very fellow that of late Displayed so saucily against your highness – Having more man than wit about me, drew. He raised the house with loud and coward cries. Your son and daughter found this trespass worth This shame which here it suffers.
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LEAR
O, how this mother swells up toward my heart! Histerica passio, down, thou climbing sorrow; Thy element’s below. – Where is this daughter?
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KENT
With the Earl, sir, within.
205. Propose: emend. Taylor; in Q purpose = “intendere, meditare”; in F impose = “imporre”. 214. Meiny: in Q men = “uomini, servi” (metricamente manchevole). 1444
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
LEAR
Per Giove, giuro di no! Non oserebbero, non potevano, non è possibile; è peggio che uccidere, offendere il rispetto con un oltraggio così violento. Narrami con velocità e discrezione in che maniera hai potuto meritare, o loro infliggerti, questo trattamento, tu che venivi mandato da noi. KENT
Mio signore, quando a casa loro stavo consegnando la lettera di vostra altezza, prima che mi fossi rialzato da dove mostravo il mio rispetto in ginocchio, giunse un corriere fumante, sudato per la corsa, mezzo trafelato, che ansimando porse saluti dalla sua signora Gonoril; e consegnò, anche se così mi interrompeva, una lettera che quelli lessero immediatamente, e subito dopo chiamarono i servi e montarono in sella, ordinando a me di seguirli, e di restare in attesa del loro agio di rispondermi; mi guardavano con freddezza. E trovando qui l’altro messo, la cui accoglienza come avevo visto aveva avvelenato la mia, e che era lo stesso tale che di recente aveva mostrato tanta insolenza contro la vostra altezza, con più impeto che cervello, gli ho mostrato la spada. Quello ha fatto crollare la casa a forza di urli striduli e codardi. Vostro figlio e vostra figlia hanno trovato questa colpa degna dell’infamia che ora essa soffre60. LEAR
Oh! Sento questo dolore61 salirmi su verso il cuore! Giù, hysterica passio62, dolore in ascesa! Il tuo posto è in basso. – Dov’è questa figlia? KENT
Dentro, sire, con il duca.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Follow me not; stay there.
LEAR
Exit KNIGHT (to Kent)
Made you no more offence than what you speak of? KENT
No. How chance the King comes with so small a train? FOOL An thou hadst been set in the stocks for that
question, thou hadst well deserved it. KENT Why, fool? FOOL We’ll set thee to school to an ant, to teach thee there’s no labouring in the winter. All that follow their noses are led by their eyes but blind men, and there’s not a nose among a hundred but can smell him that’s stinking. Let go thy hold when a great wheel runs down a hill, lest it break thy neck with following it; but the great one that goes up the hill, let him draw thee after. When a wise man gives thee better counsel, give me mine again. I would have none but knaves follow it, since a fool gives it. [Sings] That sir that serves for gain And follows but for form, Will pack when it begin to rain, And leave thee in the storm. But I will tarry, the fool will stay, And let the wise man fly. The knave turns fool that runs away, The fool no knave, pardie. KENT Where learnt you this, fool? FOOL Not in the stocks.
Enter King Lear and the Duke of Gloucester
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
LEAR
Non mi seguite; restate qui. Esce CAVALIERE (a Kent)
Non hai arrecato altra offesa che quella che hai detto? KENT
No. Perché il re viene con così poco seguito? MATTO
Se ti avessero messo alla gogna per questa domanda, lo avresti meritato. KENT
E perché, matto? MATTO
Ti manderemo a scuola da una formica che ti insegni che non si lavora d’inverno. Meno i ciechi, tutti quelli che seguono il proprio naso si fanno guidare dagli occhi; e non c’è un naso su venti che non distingua quello che puzza. Quando una grande ruota rotola giù da un colle, lascia la presa, perché se la segui ti rompi il collo; ma dalla grande ruota che va verso l’alto invece fatti trascinare. Quando un saggio ti darà un consiglio migliore, ridammi il mio; voglio che lo seguano soltanto i furfanti, perché è il consiglio di un matto. [Canta] Chi serve solo per tornaconto E sol ti assiste per l’apparenza Se il tempo è brutto a squagliarsi è pronto Abbandonandoti alla violenza. Ma io rimango; il matto è fedele, Sia pure il saggio che se la squaglia. Il manigoldo, lui alza le vele; Invece il matto non è canaglia. KENT
Dove lo hai imparato questo, matto? MATTO
Certo non nella gogna, matto. Entrano re Lear e il duca di Gloucester
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
LEAR
Deny to speak with me? They’re sick, they’re weary? They travelled hard tonight? – mere insolence, Ay, the images of revolt and flying off. Fetch me a better answer. GLOUCESTER My dear lord, You know the fiery quality of the Duke, How unremovable and fixed he is In his own course. LEAR Vengeance, death, plague, confusion! What ‘fiery quality’? Why, Gloucester, Gloucester, I’d Speak with the Duke of Cornwall and his wife. GLOUCESTER Ay, my good lord.
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LEAR
The King would speak with Cornwall; the dear father Would with his daughter speak, commands, tends service. ‘Fiery’? The Duke? – tell the hot Duke that Lear – No, but not yet. Maybe he is not well. Infirmity doth still neglect all office Whereto our health is bound. We are not ourselves When nature, being oppressed, commands the mind To suffer with the body. I’ll forbear, And am fallen out with my more headier will, To take the indisposed and sickly fit For the sound man. – Death on my state, Wherefore should he sit here? This act persuades me That this remotion of the Duke and her Is practice only. Give me my servant forth. Tell the Duke and ’s wife I’ll speak with them, Now, presently. Bid them come forth and hear me,
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255. Insolence: emend. tardo; in Q justice = “giustizia” (?); in F fetches (?). 265. Tends: così in Qa; in Qb her = “il suo”; emendamento tardo: their = “il loro”. 266. ‘Fiery’?: emend. tardo; in Qa The fierie; in F Fiery? The fiery = “focoso? Il focoso [duca!]” 1448
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
LEAR
Non vogliono parlare con me? Stanno male, sono stanchi? Hanno viaggiato tutta la notte? – Pura improntitudine, sì, chiari segni di rivolta e di diserzione. Portami una risposta migliore. GLOUCESTER
Mio caro sire, conoscete la fiera63 ostinazione del duca, quanto egli sia irremovibile e tenace nella sua condotta. LEAR
Vendetta, peste, morte e confusione! Come, “fiera”? Quale “ostinazione”? No, Gloucester, io voglio parlare col duca di Cornovaglia e con sua moglie. GLOUCESTER
Bene, buon signore. LEAR
Il re vuole parlare con Cornovaglia; il caro padre vuole parlare con sua figlia, lo esige, lo ordina. “Fiero”! Il duca! Di’ a questo duca tanto bollente, che Lear... No, non ancora; forse non sta bene; l’infermità fa trascurare quegli obblighi cui la salute è tenuta; noi non siamo noi stessi quando la natura, essendo oppressa, ordina all’animo di soffrire col corpo. Avrò pazienza. Vuol dire che me la prenderò con la mia testardaggine che mi ha fatto scambiare la crisi di un malato per l’uomo sano. – Morte al mio stato! Perché sta lì costui? Questo atto mi persuade che l’appartarsi del duca e di lei è solo una manovra. Ridatemi il mio servo, subito. Va’ a dire al duca e a sua moglie che voglio parlargli, ora, all’istante: ordinagli di ve-
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Or at their chamber door I’ll beat the drum Till it cry sleep to death. GLOUCESTER I would have all well Betwixt you. Exit LEAR O, my heart, my heart! FOOL Cry to it, nuncle, as the cockney did to the eels when she put ’em i’th’ paste alive. She rapped ’em o’th’ coxcombs with a stick, and cried ‘Down, wantons, down!’ ’Twas her brother that, in pure kindness to his horse, buttered his hay.
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Enter the Duke of Cornwall and Regan, the Duke of Gloucester, and others LEAR Good morrow to you both. CORNWALL Hail to your grace.
[Kent here set at liberty] REGAN I am glad to see your highness.
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LEAR
Regan, I think you are. I know what reason I have to think so. If thou shouldst not be glad I would divorce me from thy mother’s shrine, Sepulchring an adultress. (To Kent) Yea, are you free? Some other time for that. – Belovèd Regan, Thy sister is naught. O, Regan, she hath tied Sharp-toothed unkindness like a vulture here. I can scarce speak to thee. Thou’lt not believe Of how deplored a quality – O, Regan!
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REGAN
I pray you, sir, take patience. I have hope You less know how to value her desert Than she to slack her duty. LEAR My curses on her.
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293. Shrine: emend. Taylor per scrine: in Qa fruit = “frutto”; in Qb tomb = “tomba”. 1450
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
nire a ascoltarmi, o alla porta di camera loro io batterò il tamburo fino a fargli cessare il sonno in eterno. GLOUCESTER
Vorrei che tutto fosse tranquillo fra di voi. Esce LEAR
Oh! Il mio cuore, il mio cuore! MATTO
Gli devi gridare, zietto, come la cuoca alle anguille quando le metteva nella pasta ancora vive. Gli dava sulla zucca col bastone e gridava “Giù, birichine, giù!” Era quella che aveva un fratello che per fare contento il cavallo, gli imburrava il fieno64. Entrano il duca di Cornovaglia e Regan, il duca di Gloucester, e altri LEAR
Buongiorno a tutti e due. CORNOVAGLIA
Salve alla vostra grazia. [Kent viene liberato] REGAN
Sono lieta di vedere la vostra altezza. LEAR
Regan, credo sia vero. E so quale ragione ho di crederlo. Se tu non fossi lieta, dovrei divorziare dalla tomba di tua madre, che diverrebbe un’adultera. (A Kent) Ah! Sei libero? Ma ogni cosa a suo tempo. – Amata Regan, tua sorella è malvagia. Oh, Regan, mi ha appiccicato la vorace ingratitudine come un avvoltoio, qui65. Quasi non riesco a parlarti. Non potrai credere con che depravate azioni... oh, Regan! REGAN
Vi prego, signore, conservate la pazienza. Ho fiducia che siate voi a sottovalutare i suoi meriti, e non lei a venir meno al suo dovere66. LEAR
Ha la mia maledizione.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
REGAN O sir, you are old.
Nature in you stands on the very verge Of her confine. You should be ruled and led By some discretion that discerns your state Better than you yourself. Therefore I pray That to our sister you do make return; Say you have wronged her, sir. LEAR Ask her forgiveness? Do you mark how this becomes the house? [Kneeling] ‘Dear daughter, I confess that I am old. Age is unnecessary. On my knees I beg That you’ll vouchsafe me raiment, bed, and food.’
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REGAN
Good sir, no more. These are unsightly tricks. Return you to my sister. LEAR [rising] No, Regan. She hath abated me of half my train, Looked black upon me, struck me with her tongue Most serpent-like upon the very heart. All the stored vengeances of heaven fall On her ungrateful top! Strike her young bones, You taking airs, with lameness! CORNWALL Fie, fie, sir.
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LEAR
You nimble lightnings, dart your blinding flames Into her scornful eyes. Infect her beauty, You fen-sucked fogs drawn by the pow’rful sun To fall and blast her pride. REGAN O, the blest gods! So will you wish on me when the rash mood – LEAR
No, Regan. Thou shalt never have my curse. Thy tender-hested nature shall not give Thee o’er to harshness. Her eyes are fierce, but thine 305. In: così in F; in Q on. 329. Thy: così in F; in Q the. 1452
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
REGAN
O sire, voi siete vecchio. La natura in voi è sull’estremo limite del suo confine. Dovreste farvi guidare e condurre da chi è in grado di discernere il vostro stato meglio di voi stesso. Perciò vi prego di fare ritorno da mia sorella; ammettete con lei di averla offesa. LEAR
Dovrei chiederle scusa? Senti che bella scena familiare: [si inginocchia] “Cara figlia, riconosco di essere vecchio; i vecchi sono inutili; in ginocchio ti prego di concedermi vitto, alloggio e vestiti.” REGAN
Signore, basta, vi prego. Queste sono scene indecorose. Tornate da mia sorella. LEAR [alzandosi] No, Regan. Mi ha tolto la metà del mio seguito; mi ha guardato con astio; mi ha colpito con la lingua come un serpente, dritto sul cuore. Tutte le riserve di vendetta del cielo piombino sulla sua testa ingrata! Le ossa dei suoi nascituri67, oh arie mefitiche, rendetele deformi! CORNOVAGLIA
Vergogna, signore, vergogna! LEAR
Agili fulmini, scoccate le vostre fiamme accecanti sui suoi occhi pieni di disprezzo! Infettate la sua bellezza, velenosi vapori di palude, aspirati dal sole possente, sì da schiantare il suo orgoglio! REGAN
O santi numi! Questo augurerete anche a me quando, in preda all’ira. LEAR
No, Regan. Tu la mia maledizione non l’avrai mai. La tua natura così tenera non ti cederà alla crudeltà. I suoi occhi sono feroci, ma i
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Do comfort and not burn. ’Tis not in thee To grudge my pleasures, to cut off my train, To bandy hasty words, to scant my sizes, And, in conclusion, to oppose the bolt Against my coming in. Thou better know’st The offices of nature, bond of childhood, Effects of courtesy, dues of gratitude. Thy half of the kingdom hast thou not forgot, Wherein I thee endowed. REGAN Good sir, to th’ purpose.
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LEAR
Who put my man i’th’ stocks? [Trumpets within] What trumpet’s that?
CORNWALL
Enter Oswald the steward REGAN
I know’t, my sister’s. This approves her letters That she would soon be here. (To Oswald) Is your lady come?
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LEAR
This is a slave whose easy-borrowed pride Dwells in the fickle grace of her a follows. [He strikes Oswald] Out, varlet, from my sight! CORNWALL
What means your grace?
Enter Gonoril GONORIL
Who struck my servant? Regan, I have good hope Thou didst not know on’t. LEAR Who comes here? O heavens, If you do love old men, if your sweet sway Allow obedience, if yourselves are old,
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345. 0. [He strikes Oswald]: non in Q né in F; Taylor aggiunge questa didascalia per giustificare la domanda di Regan a 346. 1454
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
tuoi consolano e non bruciano. Non è da te lesinarmi i piaceri, decimarmi il seguito, parlarmi in modo brusco, ridurmi l’appannaggio, e in conclusione, mettere il paletto per non farmi più entrare. Tu li conosci meglio, i doveri della natura, i debiti dell’infanzia, le maniere della cortesia, gli obblighi della gratitudine. Tu non hai dimenticato la metà del regno di cui ti ho corredata. REGAN
Volete venire al fatto? LEAR
Chi ha messo il mio uomo nei ceppi? [Trombe da dentro] CORNOVAGLIA
Che sono queste trombe? Entra Oswald il maggiordomo REGAN
Le riconosco: mia sorella. Confermano la sua lettera, diceva che sarebbe venuta subito. (A Oswald) È arrivata la tua signora? LEAR
Questo è un miserabile la cui facile tracotanza si fa forte del futile favore di colei che68 serve. [Colpisce Oswald] Via, schiavo, sparisci! CORNOVAGLIA
Che intende vostra grazia? Entra Gonoril GONORIL
Chi ha colpito il mio servo? Regan, spero bene che tu non ne sapessi niente69. LEAR
Ma adesso chi arriva? O cieli! Se amate i vecchi, se il vostro soave governo conosce l’obbedienza, se siete vecchi anche voi, abbraccia-
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Make it your cause! Send down and take my part. (To Gonoril) Art not ashamed to look upon this beard? O Regan, wilt thou take her by the hand?
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GONORIL
Why not by the hand, sir? How have I offended? All’s not offence that indiscretion finds And dotage terms so. LEAR O sides, you are too tough! Will you yet hold? – How came my man i’th’ stocks?
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CORNWALL
I set him there, sir; but his own disorders Deserved much less advancement. LEAR You? Did you? REGAN
I pray you, father, being weak, seem so. If till the expiration of your month You will return and sojourn with my sister, Dismissing half your train, come then to me. I am now from home, and out of that provision Which shall be needful for your entertainment.
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LEAR
Return to her, and fifty men dismissed? No, rather I abjure all roofs, and choose To be a comrade with the wolf and owl, To wage against the enmity of the air Necessity’s sharp pinch. Return with her? Why, the hot-blood in France that dowerless took Our youngest born – I could as well be brought To knee his throne and, squire-like, pension beg To keep base life afoot. Return with her? Persuade me rather to be slave and sumpter To this detested groom. GONORIL At your choice, sir.
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367-368. To be a comrade … of the air: i due versi appaiono in Q e F nell’ordine inverso; l’emend. è tardo. 1456
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
te la causa! Scendete e prendete le mie parti! (A Gonoril) Non ti vergogni di guardare questa barba? Ma come, Regan, tu le porgi la mano? GONORIL
Mi si dovrebbe negare la mano, sire? In cosa ho offeso? Non sono offese, se a definirle tali è l’errore, e l’idiozia senile a confermarlo. LEAR
Fianchi miei, siete troppo forti; resistete ancora? – Chi ha messo il mio servo nei ceppi? CORNOVAGLIA
Io, sire; ma la sua bravata forse ha incontrato anche troppa clemenza. LEAR
Tu? Sei stato tu? REGAN
Vi prego, padre, adeguatevi alla vostra debolezza. Se fino allo scadere del vostro mese vorrete tornare a far soggiorno da mia sorella, congedando metà del vostro seguito, dopo venite da me. Ora non sono a casa mia, e non ho i mezzi necessari per ospitarvi degnamente. LEAR
Tornare da lei? Con cinquanta uomini di meno? Mai, piuttosto io rinuncio a ogni riparo, e scelgo di essere compagno al lupo e al gufo, di lottare contro i nemici dell’aria nella dura stretta del bisogno! Tornare da lei! Piuttosto, da quel focoso Francia, che senza dote ha preso la nostra ultimogenita – piuttosto andrei in ginocchio davanti al suo trono, e come uno scudiero, implorerei una pensione per continuare una misera esistenza. Tornare da lei! Convincimi piuttosto a fare da schiavo e da mula da soma a questo spregevole lacchè. GONORIL
Scegliete voi, sire.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
LEAR
Now I prithee, daughter, do not make me mad. I will not trouble thee, my child. Farewell. We’ll no more meet, no more see one another. But yet thou art my flesh, my blood, my daughter – Or rather a disease that lies within my flesh, Which I must needs call mine. Thou art a boil, A plague-sore, an embossèd carbuncle In my corrupted blood. But I’ll not chide thee. Let shame come when it will, I do not call it. I do not bid the thunder-bearer shoot, Nor tell tales of thee to high-judging Jove. Mend when thou canst; be better at thy leisure. I can be patient, I can stay with Regan, I and my hundred knights. REGAN Not altogether so, sir. I look not for you yet, nor am provided For your fit welcome. Give ear, sir, to my sister; For those that mingle reason with your passion Must be content to think you are old, and so – But she knows what she does. LEAR Is this well spoken now?
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REGAN
I dare avouch it, sir. What, fifty followers? Is it not well? What should you need of more, Yea, or so many, sith that both charge and danger Speaks ’gainst so great a number? How in a house Should many people under two commands Hold amity? ’Tis hard, almost impossible.
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GONORIL
Why might not you, my lord, receive attendance From those that she calls servants, or from mine?
380. That lies within: così in Q; in F that’s in, metricamente meno probabile. 1458
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
LEAR
Ora ti prego, figlia, di non farmi uscire di senno. Non ti darò altri fastidi, figlia mia; addio. Non ci incontreremo più, non ci rivedremo, tu ed io. Ma lo stesso tu sei la mia carne, il mio sangue, mia figlia; o piuttosto, una malattia della mia carne che devo riconoscere per mia. Tu sei una pustola, una piaga, o un enfio bubbone del mio corrotto sangue. Ma non ti sgrido. La vergogna giunga quando vuole, non la chiamo. Non chiedo al dio della folgore di scagliarla, né parlerò di te davanti all’alto giudizio di Giove. Emendati quando potrai; migliora senza fretta. Io avrò pazienza, intanto posso stare da Regan, io e i miei cento cavalieri. REGAN
Non è proprio così, sire. Io non vi aspettavo ancora, e non sono pronta ad accogliervi come si deve. Date ascolto, sire, a mia sorella; perché chi contrappone la ragione alla vostra passione deve rassegnarsi a definirvi vecchio, e quindi... Ma lei sa quello che fa. LEAR
E queste sono belle parole? REGAN
Secondo me sì, signore. Ma come! Cinquanta cavalieri? Sono pochi? A che ve ne servono di più? Sì, e anche quelli, visto che il costo e il rischio parlano contro un tale numero? Come fanno, in una casa, così tante persone, sotto due autorità, a tenere la pace? È difficile, quasi impossibile. GONORIL
Perché non potreste, mio signore, farvi servire da quelli che lei chiama servi, o dai miei?
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
REGAN
Why not, my lord? If then they chanced to slack you, We could control them. If you will come to me – For now I spy a danger – I entreat you To bring but ftve-and-twenty; to no more Will I give place or notice. LEAR I gave you all. REGAN And in good time you gave it.
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LEAR
Made you my guardians, my depositaries, But kept a reservation to be followed With such a number. What, must I come to you With five-and-twenty, Regan? Said you so?
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REGAN
And speak’t again, my lord. No more with me. LEAR
Those wicked creatures yet do seem well favoured When others are more wicked. Not being the worst Stands in some rank of praise. (To Gonoril) I’ll go with thee. Thy fifty yet doth double five-and-twenty, And thou art twice her love. GONORIL Hear me, my lord. What need you five-and-twenty, ten, or five, To follow in a house where twice so many Have a command to tend you? REGAN What needs one?
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LEAR
O, reason not the need! Our basest beggars Are in the poorest thing superfluous. Allow not nature more than nature needs, Man’s life is cheap as beast’s. Thou art a lady. If only to go warm were gorgeous,
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423. The need: così in F; in Q the deed = “l’atto”. 426. Man’s life is: così in F; in Q2 man’s life’s as = il sintagma diventa comparativo. 1460
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
REGAN
Perché no, mio signore? Così se non vi considerassero, noi li controlleremmo. Se voi veniste da me, ora mi rendo conto del rischio, vi pregherei di portarne solo venticinque. A non di più potrò dare accesso o accoglienza. LEAR
Io vi ho dato tutto. REGAN
E era ora. LEAR
Vi ho fatte mie custodi, mie tutrici, ma mi sono riservato un seguito di quel numero. Cosa? Vuoi che venga da te con venticinque? Regan, così hai detto? REGAN
E lo ripeto, mio signore. Da me, neanche uno di più. LEAR
Certe creature malvagie sembrano addirittura belle davanti ad altre ancora più malvagie. Il non essere il peggio dà già diritto a qualche lode. (A Gonoril) Verrò da te: i tuoi cinquanta sono il doppio di venticinque, vuol dire che tu mi vuoi bene il doppio di lei. GONORIL
Ascoltatemi, mio signore. Che bisogno avete di venticinque, dieci o cinque uomini vostri in una casa dove due volte un tal numero ha l’ordine di servirvi tutto il tempo? REGAN
Ma anche di uno solo? LEAR
Oh, non discutiamo sul bisogno! Il pezzente più abbietto ha anche lui qualcosa di superfluo. Se non dài alla natura più di quanto ha bisogno, l’uomo vive come la bestia. Tu sei una signora; se bastasse star caldi per essere alla moda... Ma la natura non ha bisogno di
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 7
Why, nature needs not what thou, gorgeous, wearest, Which scarcely keeps thee warm. But for true need – You heavens, give me that patience, patience I need. You see me here, you gods, a poor old fellow, As full of grief as age, wretchèd in both. If it be you that stirs these daughters’ hearts Against their father, fool me not so much To bear it tamely. Touch me with noble anger. O, let not women’s weapons, water-drops, Stain my man’s cheeks! No, you unnatural hags, I will have such revenges on you both That all the world shall – I will do such things – What they are, yet I know not; but they shall be The terrors of the earth. You think I’ll weep. No, I’ll not weep.
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[Storm within] I have full cause of weeping, but this heart Shall break into a hundred thousand flaws Or ere I’ll weep. – O fool, I shall go mad!
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Exeunt Lear, Gloucester, Kent, [Knight,] and Fool CORNWALL
Let us withdraw. ’Twill be a storm. REGAN
This house is little. The old man and his people Cannot be well bestowed. GONORIL ’Tis his own blame; Hath put himself from rest, and must needs taste his folly. REGAN
For his particular I’ll receive him gladly, But not one follower.
434. So: così in F; in Q to [too?]. 435. Tamely: così in F; in Q lamely = “in modo instabile”. 444. Into: così in F; in Q in. La correzione è giustificata dal metro. 1462
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 7
quello che porti per far figura, e che di caldo te ne tiene ben poco. Quanto al vero bisogno... O cieli, datemi la pazienza, di pazienza ho bisogno! Voi mi vedete qui, o dèi, come un povero vecchio, egualmente infelice nei dolori e negli anni di cui sono carico! Se siete voi a incitare i cuori di queste figlie contro il loro padre, non mi ingannate al punto di sopportarlo docilmente. Toccatemi con una nobile ira, e non lasciate che le gocce d’acqua, armi delle donne, macchino le mie guance virili! No, o snaturate streghe, io compirò tali vendette su voi due, che tutto il mondo... farò tali cose… quali, ancora non so, ma so che saranno il terrore della terra. Credete che piangerò? No, non piangerò. [Tempesta dentro] Ho tutte le ragioni per piangere, ma prima che io pianga questo cuore esploderà in centomila schegge. – O matto! Sto impazzendo. Escono Lear, Gloucester, Kent, [cavaliere,] e il matto CORNOVAGLIA
Meglio andare dentro, farà tempesta. REGAN
La casa è piccola. Il vecchio e i suoi non possono starci bene. GONORIL
È colpa sua; si è creato la sua inquietudine, e ora gli tocca di assaggiare la sua follia. REGAN
Fosse lui da solo, lo accoglierei con gioia, ma neanche uno del seguito.
1463
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 8
CORNWALL
So am I purposed. Where is my lord of Gloucester? REGAN
Followed the old man forth. Enter the Duke of Gloucester He is returned. GLOUCESTER
The King is in high rage, and will I know not whither. REGAN
’Tis good to give him way. He leads himself.
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GONORIL (to Gloucester)
My lord, entreat him by no means to stay. GLOUCESTER
Alack, the night comes on, and the bleak winds Do sorely rustle. For many miles about There’s not a bush. REGAN O sir, to wilful men The injuries that they themselves procure Must be their schoolmasters. Shut up your doors. He is attended with a desperate train, And what they may incense him to, being apt To have his ear abused, wisdom bids fear.
460
CORNWALL
Shut up your doors, my lord. ’Tis a wild night. My Regan counsels well. Come out o’th’ storm.
465 Exeunt
Storm. Enter the Earl of Kent disguised, and First Gentleman, at several doors
Sc. 8 KENT
What’s here, beside foul weather? FIRST GENTLEMAN One minded like the weather, Most unquietly. KENT I know you. Where’s the King? FIRST GENTLEMAN
Contending with the fretful element; Bids the wind blow the earth into the sea
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 8
CORNOVAGLIA
Sono d’accordo anch’io. Dov’è il signore di Gloucester? REGAN
Ha seguito il vecchio che usciva. Entra il duca di Gloucester È tornato. GLOUCESTER
Il re è in gran collera, e vuole andare non so dove. REGAN
Meglio lasciarlo fare, è padrone di se stesso. GONORIL (a Gloucester)
Mio signore, non dovete chiedergli di restare. GLOUCESTER
Ahimè, sta scendendo la notte, e i freddi venti soffiano crudeli. Per molte miglia non c’è neanche un cespuglio. REGAN
Oh, signore, agli ostinati i guai che si procurano con le loro mani debbono servire da lezione. Chiudete le porte. Ha con sé un seguito di disperati, e da quello a cui costoro possono spingerlo mediante l’adulazione, con lui tanto incline ad ascoltarla, la saggezza deve guardarsi. CORNOVAGLIA
Chiudete le porte, mio signore; è una brutta notte. La mia Regan dice bene. Venite via dalla tempesta. Escono Scena 8
Tempesta. Entrano il conte di Kent travestito e il primo gentiluomo, da porte opposte 70
KENT
Chi va là, oltre al maltempo? PRIMO GENTILUOMO
Uno che è come il tempo, assai agitato. KENT
Io vi conosco. Dov’è il re? PRIMO GENTILUOMO
Lotta contro il furore degli elementi; comanda al vento soffiando di gettare la terra dentro il mare, oppure di gonfiare le onde sinuo1465
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 8
Or swell the curlèd waters ’bove the main, That things might change or cease; tears his white hair, Which the impetuous blasts, with eyeless rage, Catch in their fury and make nothing of; Strives in his little world of man to outstorm The to-and-fro-conflicting wind and rain. This night, wherein the cub-drawn bear would couch, The lion and the belly-pinchèd wolf Keep their fur dry, unbonneted he runs, And bids what will take all. KENT But who is with him?
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FIRST GENTLEMAN
None but the fool, who labours to outjest His heart-struck injuries. KENT Sir, I do know you, And dare upon the warrant of my art Commend a dear thing to you. There is division, Although as yet the face of it be covered With mutual cunning, ’twixt Albany and Cornwall; But true it is. From France there comes a power Into this scattered kingdom, who already, Wise in our negligence, have secret feet In some of our best ports, and are at point To show their open banner. Now to you: If on my credit you dare build so far To make your speed to Dover, you shall find Some that will thank you, making just report Of how unnatural and bemadding sorrow The King hath cause to plain. I am a gentleman of blood and breeding, And from some knowledge and assurance offer This office to you. FIRST GENTLEMAN I will talk farther with you.
9. Outstorm: emend. tardo; in Q outscorn = “svilire totalmente”. 1466
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 8
se fin sopra la terra, finché ogni cosa o cambi o cessi. Si strappa i bianchi capelli che le turbinose raffiche con cieca ira afferrano e annientano; cerca, nel suo piccolo mondo di uomo, di dominare l’alterno conflitto di vento e pioggia. In una notte così, in cui l’orsa munta dai piccoli71 resta nella tana, e il leone e il lupo dal ventre senza fondo tengono il pelo all’asciutto, lui corre a testa nuda, e invoca quello che ingoierà ogni cosa. KENT
Ma chi è con lui? PRIMO GENTILUOMO
Nessuno, solo il matto, che si sforza di curare con gli scherzi le ferite del suo cuore. KENT
Signore, io vi conosco, e fatto forte da quanto ho avuto modo di osservare, mi arrischio a confidarvi una faccenda delicata. C’è discordia, benché il suo viso sia tuttora mascherato dall’astuzia di entrambi, tra Albany e Cornovaglia; ma è cosa vera. Dalla Francia arriva un corpo di spedizione nel nostro regno dissestato, e questo, sfruttando la nostra distrazione, è già sbarcato nei nostri porti migliori e sta per far garrire i suoi stendardi. Ora tocca a voi. Se mi date fiducia fino al punto di correre a Dover, colà troverete chi vi sarà grato quando farete un preciso resoconto del dolore innaturale e sconvolgente di cui il re ha motivo di lagnarsi. Io sono nato e cresciuto gentiluomo, ed è sulla fiducia e sapendo quello che faccio che vi offro questa incombenza72. PRIMO GENTILUOMO
Ne vorrei riparlare con voi.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 9
KENT No, do not.
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For confirmation that I am much more Than my out-wall, open this purse, and take What it contains. If you shall see Cordelia – As fear not but you shall – show her this ring And she will tell you who your fellow is, That yet you do not know. Fie on this storm! I will go seek the King. FIRST GENTLEMAN Give me your hand. Have you no more to say? KENT Few words, but to effect More than all yet: that when we have found the King – In which endeavour I’ll this way, you that – He that first lights on him holla the other.
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Exeunt severally Sc. 9
Storm. Enter King Lear and his Fool
LEAR
Blow, wind, and crack your cheeks! Rage, blow, You cataracts and hurricanoes, spout Till you have drenched the steeples, drowned the cocks! You sulphurous and thought-executing fires, Vaunt-couriers to oak-cleaving thunderbolts, Singe my white head; and thou all-shaking thunder, Smite flat the thick rotundity of the world, Crack nature’s mould, all germens spill at once That make ingrateful man. FOOL O nuncle, court holy water in a dry house is better than this rain-water out o’ door. Good nuncle, in, and ask thy daughters blessing. Here’s a night pities neither wise man nor fool.
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8. Spill: in questo senso è forma arcaica di to spoil, lezione adottata in altre edizioni. 1468
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 9
KENT
No, non è il caso. A conferma del mio essere molto di più di quanto appaia, aprite questa borsa e prendete quello che contiene. Se vedrete Cordelia – come certo non mancherete di fare – mostratele questo anello, e lei vi dirà chi è costui che ancora non conoscete. Maledetta tempesta! Io vado a cercare il re. PRIMO GENTILUOMO
Datemi la mano. Non avete altro da dire? KENT
Poche parole, ma quanto a importanza, più di tutto il resto. Quando troveremo il re – al quale scopo voi andate da questa parte, io da questa – il primo che lo vede gridi per chiamare l’altro. Escono da porte opposte Scena 9
Tempesta. Entrano re Lear e il suo Matto73
LEAR
Soffiate, venti, e spaccatevi le guance! Infuriate! Soffiate! E voi, cateratte e uragani, scrosciate fino a sommergere i campanili e annegare i loro galli segnavento! Voi sulfurei e folgoranti74 fuochi, avanguardie75 del fulmine che schianta le querce, strinate la mia bianca testa! E tu, tuono che tutto scuoti, spiana la grassa rotondità del mondo, infrangi le matrici della natura, e disperdi tutti quei semi che fanno l’uomo ingrato! MATTO
Oh zio, zio, l’acqua santa76 in una casa asciutta è meglio di quest’acqua di pioggia all’addiaccio. Buon zio, rientra e chiedi perdono alle tue figlie! Questa notte non ha pietà né di savi, né di matti.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 9
LEAR
Rumble thy bellyful; spit, fire; spout, rain. Nor rain, wind, thunder, fire are my daughters. I tax not you, you elements, with unkindness. I never gave you kingdom, called you children. You owe me no subscription. Why then, let fall Your horrible pleasure. Here I stand your slave, A poor, infirm, weak and despised old man, But yet I call you servile ministers, That have with two pernicious daughters joined Your high engendered battle ’gainst a head So old and white as this. O, ’tis foul! FOOL He that has a house to put his head in has a good headpiece. [Sings] The codpiece that will house Before the head has any, The head and he shall louse, So beggars marry many. The man that makes his toe What he his heart should make Shall have a corn cry woe, And turn his sleep to wake – for there was never yet fair woman but she made mouths in a glass.
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LEAR
No, I will be the pattern of all patience. [He sits.] Enter the Earl of Kent disguised I will say nothing. KENT Who’s there? FOOL Marry, here’s grace and a codpiece – that’s a wise
man and a fool. KENT (to Lear) Alas, sir, sit you here? Things that love night Love not such nights as these. The wrathful skies
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16. Tax: così in F; in Q task = “impongo il compito” [della disumanità]. 1470
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 9
LEAR
Fai rimbombare il tuo ventre! Sputa, fuoco! Vieni giù, pioggia! Né pioggia, né vento, tuono o fuoco sono mie figlie. Io non incolpo voi, o elementi, di disumanità. Io non vi avevo dato un regno, né il nome di figlie, voi non mi dovete sottomissione; e allora piombi pure il vostro orribile piacere. Io sono qua vostro schiavo, un povero, fiacco, infermo e disprezzato vecchio. Però vi dico che siete servili ministri, perché con quelle due perniciose figlie unite le vostre truppe celesti contro una testa bianca e vecchia come la mia. Oh, oh! È un’infamia! MATTO
Colui che ha una casa dove mettere la testa ha anche la testa a posto. [Canta] Chi al riparo il pisello Prima del capo pone Crede di salvar quello Ma lo mette in prigione77; E chi si cura l’alluce E poi trascura il cuore Ha di questo gli spasimi E dei calli il dolore. Perché non si è mai data donna bella che non abbia fatto le smorfie davanti allo specchio. LEAR
No, voglio essere un modello di pazienza. [Si siede.] Entra il conte di Kent travestito Non dirò nulla. KENT
Chi va là? MATTO
Diamine, una maestà e una brachetta78, ossia un savio e un matto. KENT (a Lear) Ahi, sire, siete qui? Neanche gli esseri79 che amano la notte amano notti come questa. I cieli inferociti atterriscono gli stessi vagabondi
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 9
Gallow the very wanderers of the dark And makes them keep their caves. Since I was man Such sheets of fire, such bursts of horrid thunder, Such groans of roaring wind and rain I ne’er Remember to have heard. Man’s nature cannot carry The affliction nor the force. LEAR Let the great gods, That keep this dreadful pother o’er our heads, Find out their enemies now. Tremble, thou wretch That hast within thee undivulgèd crimes Unwhipped of justice; hide thee, thou bloody hand, Thou perjured and thou simular man of virtue That art incestuous; caitiff, in pieces shake, That under covert and convenient seeming Hast practised on man’s life; Close pent-up guilts, rive your concealèd centres And cry these dreadful summoners grace. I am a man more sinned against than sinning. KENT Alack, bare-headed? Gracious my lord, hard by here is a hovel. Some friendship will it lend you ’gainst the tempest. Repose you there whilst I to this hard house – More hard than is the stone whereof ’tis raised, Which even but now, demanding after you, Denied me to come in – return and force Their scanted courtesy. LEAR My wit begins to turn. (To Fool) Come on, my boy. How dost, my boy? Art cold? I am cold myself. – Where is this straw, my fellow? The art of our necessities is strange,
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58: Concealèd centres: così in Q; in F concealing continents = “continenti occultanti”. 1472
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 9
delle tenebre e li convincono a restare nelle loro grotte. Da quando sono adulto tali lingue di fuoco, tali orridi scoppi di tuono, tali gemiti e ululati di vento e pioggia, non ricordo di aver sentito mai. La natura dell’uomo non può sopportare afflizione o paura come questi. LEAR
I grandi dèi che fanno questo tremendo fracasso sulle nostre teste trovino i loro nemici, ora. Trema, o infelice che hai dentro di te crimini ignorati e impuniti dalla giustizia; nascondetevi, mano insanguinata, e tu, spergiuro, e tu, simulacro di virtù che invece sei incestuoso! Trema fino a spezzarti, miserabile che sotto schietta e ingannevole apparenza hai cospirato contro una vita umana; oscure colpe segrete, lacerate il nascondiglio che vi contiene, e chiedete pietà a questi terribili messaggeri. Io sono più vittima che peccatore. KENT
Ma come, a testa nuda? Grazioso signore, qui accanto c’è un rifugio; vi darà un po’ di conforto contro la tempesta. Riposatevi lì mentre io a quella casa crudele – più dura80 delle pietre di cui è fatta, e dove anche poco fa, quando chiedevo di voi, mi è stato negato l’accesso – torno per far violenza alla loro avara cortesia. LEAR
Mi vacilla il cervello. (Al matto) Vieni, ragazzo mio. Come stai, piccolo? Hai freddo? Ho freddo io pure. – Dov’è questa paglia, amico? Strana l’arte dei nostri bisogni, a volte rende preziose cose
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 10
That can make vile things precious. Come, your hovel. – Poor fool and knave, I have one part of my heart That sorrows yet for thee. FOOL [sings] He that has a little tiny wit, With heigh-ho, the wind and the rain, Must make content with his fortunes fit, For the rain it raineth every day.
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LEAR
True, my good boy. (To Kent) Come, bring us to this hovel. Exeunt Sc. 10 Enter the Duke of Gloucester and Edmund the bastard, with lights GLOUCESTER
Alack, alack, Edmund, I like not this Unnatural dealing. When I desired their leave That I might pity him, they took from me The use of mine own house, charged me on pain Of their displeasure neither to speak of him, Entreat for him, nor any way sustain him. EDMUND Most savage and unnatural! GLOUCESTER Go to, say you nothing. There’s a division betwixt the Dukes, and a worse matter than that. I have received a letter this night – ’tis dangerous to be spoken – I have locked the letter in my closet. These injuries the King now bears will be revenged home. There’s part of a power already landed. We must incline to the King. I will seek him and privily relieve him. Go you and maintain talk with the Duke, that my charity be not of him perceived. If he ask for me, I am ill and gone to bed. Though I die for’t – as no less is threatened me – the King my old master must be relieved. There is some strange thing toward. Edmund, pray you be careful. Exit
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 10
vili. Su, al tuo rifugio. Povero matto, bricconcello mio, c’è un angolo del mio cuore che si affligge anche per te. MATTO [canta]81 Chi possiede un briciolo di senno Con il vento, ohilà, e con la pioggia, Di quel poco dovrà restar contento, Ché la pioggia non ci lascia mai... LEAR
Giusto, ragazzo. Su, portaci a questo rifugio. Escono82 Scena 10 Entrano il duca di Gloucester e Edmund il bastardo, con torce83 GLOUCESTER
Ahi, ahi, ahi! Edmund, non mi va questa condotta snaturata. Quando gli ho chiesto licenza di soccorrerlo, mi hanno tolto l’uso della mia stessa casa, ordinandomi sotto pena di perpetuo sfavore di non parlare di lui, di non intercedere per lui, e di non sostenerlo in alcun modo. EDMUND
Che cosa feroce e contro natura! GLOUCESTER
Taci, non dire niente. C’è discordia fra i duchi, e anche di peggio. Ho ricevuto una lettera questa notte – è gran rischio parlarne – l’ho chiusa a chiave nel mio scrittoio. I torti che il re sta ricevendo saranno vendicati come si deve. C’è un esercito che in parte è già sbarcato. Dobbiamo restare vicini al re. Ora io lo cercherò e lo aiuterò in segreto; tu intanto mantieni i contatti col duca, che non si accorga del mio soccorso. Se chiede di me, non sto bene e sono andato a letto. Dovessi morire per questo, secondo le loro minacce, il re mio vecchio signore va portato in salvo. Ci sono strane cose che incombono, Edmund. Mi raccomando, sii prudente. Esce
1475
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
EDMUND
This courtesy, forbid thee, shall the Duke Instantly know, and of that letter too. This seems a fair deserving, and must draw me That which my father loses: no less than all. The younger rises when the old do fall.
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Exit
Sc. 11 Storm. Enter King Lear, the Earl of Kent disguised, and Lear’s Fool KENT
Here is the place, my lord. Good my lord, enter. The tyranny of the open night’s too rough For nature to endure. LEAR Let me alone. KENT
Good my lord, enter here. LEAR
Wilt break my heart?
KENT
I had rather break mine own. Good my lord, enter.
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LEAR
Thou think’st ’tis much that this contentious storm Invades us to the skin. So ’tis to thee; But where the greater malady is fixed, The lesser is scarce felt. Thou’dst shun a bear, But if thy flight lay toward the roaring sea Thou’dst meet the bear i’th’ mouth. When the mind’s free, The body’s delicate. This tempest in my mind Doth from my senses take all feeling else Save what beats there: filial ingratitude. Is it not as this mouth should tear this hand For lifting food to’t? But I will punish sure. No, I will weep no more. – 6. Contentious: così in F; in Qa crulentious; in Qb tempestious. 10. Roaring: così in Qb e F; in Qa e Q2 raging = “irato”. 12. This: così in Qb; in Qa, Q2, F the. 14. Beats: così in Qb e F; in Qa e Q2 bears: “insiste, grava”. 1476
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
EDMUND
Questo intervento umanitario proibito sarà all’istante riferito al duca, e anche di questa lettera. Mi sembra un buon titolo di merito, e potrà darmi quello che mio padre perderà, ossia, tutto. Sale il giovane, quando il vecchio cade. Esce Scena 11 Tempesta. Entrano re Lear, il conte di Kent travestito, e il Matto di Lear84 KENT
Siamo arrivati, mio signore. Buon signore, entrate. La tirannia della notte all’addiaccio è troppo dura, la natura non la sopporta. LEAR
Lasciami solo. KENT
Signore, vi prego, entrate qui. LEAR
Vuoi spezzarmi il cuore? KENT
Prima spezzerei il mio. Da bravo, signore, entrate. LEAR
Ti sembra troppo che questo litigioso uragano ci entri dentro fino alle ossa; così è per te; ma dove si è insediato un gran male, quello minore quasi non si avverte più. Davanti a un orso, fuggi; ma se fuggendo finisci verso il mare infuriato, affronti le fauci dell’orso. Quando la mente è sgombra, il corpo è sensibilissimo; ma questa tempesta nella mia mente da tutti i miei sensi toglie ogni sofferenza tranne quella che mi pulsa dentro: l’ingratitudine filiale! Non è come se questa bocca mordesse questa mano perché le porta il cibo? Ma saprò punire. No, non voglio piangere più. – In una notte
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
In such a night as this! O Regan, Gonoril, Your old kind father, whose frank heart gave you all – O, that way madness lies. Let me shun that. No more of that. KENT Good my lord, enter.
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LEAR
Prithee, go in thyself. Seek thy own ease. This tempest will not give me leave to ponder On things would hurt me more; but I’ll go in. [Exit Fool] Poor naked wretches, wheresoe’er you are, That bide the pelting of this pitiless night, How shall your houseless heads and unfed sides, Your looped and windowed raggedness, defend you From seasons such as these? O, I have ta’en Too little care of this. Take physic, pomp, Expose thyself to feel what wretches feel, That thou mayst shake the superflux to them And show the heavens more just.
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Enter Lear’s Fool FOOL Come not in here, nuncle; here’s a spirit. Help me,
help me!
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KENT Give me thy hand. Who’s there? FOOL A spirit. He says his name’s Poor Tom. KENT
What art thou that dost grumble there in the straw? Come forth. [Enter Edgar as a Bedlam beggar] EDGAR Away, the foul fiend follows me. Through the
sharp hawthorn blows the cold wind. Go to thy cold bed and warm thee.
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18. In such a night as this!: così in Q; in F In such a night / To shut me out? Poure on, will endure / In such a night as this? = “In una notte come questa chiudermi fuori? Scroscia, pioggia: posso accettarlo. In una notte così?” 37. A spirit: così in Q; in F A spirit, a spirit = “un fantasma, un fantasma!”. 1478
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
come questa! Oh, Regan, Gonoril! Quel buon vecchio di vostro padre, che tutto vi diede con cuore sincero – oh, questa è la strada della follia; voglio evitarla. Ora basta. KENT
Buon signore, entrate qui. LEAR
Ti prego, entra tu, invece; cerca il tuo sollievo. Questa tempesta non mi dà tregua per pensare a cose che mi affliggono di più. – Ma sì, entro 85. [Il Matto esce] Poveri disgraziati nudi, in qualunque luogo vi troviate a offrirvi al furore di questa spietata tempesta, come faranno senza un tetto le vostre teste e quei fianchi digiuni, e i buchi e le finestre di quegli stracci a difendervi da una stagione come questa? Oh, io ho sempre trascurato queste cose! Fasto, ecco la tua medicina: esponiti a tutto quello che i miseri sentono, così da poterti spogliare del superfluo86 e darlo a loro, e mostrare un cielo più giusto87. Entra il Matto di Lear MATTO
Non entrare lì, zietto: c’è un fantasma. Aiuto! Aiuto! KENT
Dammi la mano. Chi c’è? MATTO
Un fantasma. Dice che si chiama povero Tom. KENT
Chi sei tu che grufoli lì nella paglia? Vieni fuori. [Entra Edgar camuffato da mendicante di Bedlam] EDGAR
Via! Il brutto diavolo mi segue! Il vento soffia freddo sui rovi del biancospino88. Vai sotto le coperte e riscaldati.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
LEAR
Hast thou given all to thy two daughters, And art thou come to this? EDGAR Who gives anything to Poor Tom, whom the foul fiend hath led through fire and through ford and whirlypool, o’er bog and quagmire; that has laid knives under his pillow and halters in his pew, set ratsbane by his potage, made him proud of heart to ride on a bay trotting-horse over four-inched bridges, to course his own shadow for a traitor. Bless thy five wits, Tom’s a-cold! Bless thee from whirlwinds, star-blasting, and taking. Do Poor Tom some charity, whom the foul fiend vexes. There could I have him, now, and there, and there again.
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LEAR
What, has his daughters brought him to this pass? (To Edgar) Couldst thou save nothing? Didst thou give them all? FOOL Nay, he reserved a blanket, else we had been all shamed. LEAR (to Edgar) Now all the plagues that in the pendulous air Hang fated o’er men’s faults fall on thy daughters! KENT He hath no daughters, sir.
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LEAR
Death, traitor! Nothing could have subdued nature To such a lowness but his unkind daughters. (To Edgar) Is it the fashion that discarded fathers Should have thus little mercy on their flesh? Judicious punishment: ’twas this flesh begot Those pelican daughters. EDGAR Pillicock sat on pillicock’s hill; a lo, lo, lo. FOOL This cold night will turn us all to fools and madmen.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
LEAR
Hai dato tutto alle tue figlie, e ti sei ridotto in questo stato? EDGAR
Chi dà qualcosa al povero Tom? Che il brutto diavolo ha inseguito per il fuoco e per la fiamma, per il guado e per il gorgo, per la palude e pel pantano; e gli ha messo i coltelli sotto il guanciale e il capestro sull’inginocchiatoio, e il veleno per i topi nella minestra89; per renderlo superbo lo ha fatto trottare su un baio oltre ponti di quattro pollici, a rincorrere la sua ombra come fosse un traditore. Benedetti i tuoi cinque sensi90! Tom ha freddo. Oh! Dio ti protegga dalle raffiche, dalle male stelle e dai contagi! Fate la carità al povero Tom, che il brutto diavolo tormenta. Potessi acchiapparlo così, e così, e poi così, e così91. LEAR
Ma no! Le sue figlie lo hanno conciato così? (A Edgar) Non hai salvato niente? Gli hai dato proprio tutto? MATTO
No, si è tenuto una coperta, altrimenti saremmo arrossiti tutti quanti. LEAR (A Edgar) E allora che tutte le pestilenze che sospese nell’aria incombono sulle colpe degli uomini, ricadano sulle tue figlie! KENT
Ma non ha figlie, signore. LEAR
Morte a te, mentitore! Niente avrebbe potuto umiliare la natura fino a un grado così infimo se non delle figlie disumane. (A Edgar) È l’usanza che i padri ripudiati abbiano così poca pietà della loro carne? Saggia punizione! È stata questa carne a procreare quelle dure figlie di pellicano92. EDGAR
Pellidure pellimolle se ne stava in cima al colle. Pirulì, pirulì! MATTO
Il freddo di questa notte ci trasformerà in tanti matti e buffoni.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
EDGAR Take heed o’th’ foul fiend; obey thy parents; keep
thy word justly; swear not; commit not with man’s sworn spouse: set not thy sweet heart on proud array. Tom’s a-cold. LEAR What hast thou been? EDGAR A servingman, proud in heart and mind, that curled my hair, wore gloves in my cap, served the lust of my mistress’ heart, and did the act of darkness with her; swore as many oaths as I spake words, and broke them in the sweet face of heaven; one that slept in the contriving of lust, and waked to do it. Wine loved I deeply, dice dearly, and in woman out-paramoured the Turk. False of heart, light of ear, bloody of hand; hog in sloth, fox in stealth, wolf in greediness, dog in madness, lion in prey. Let not the creaking of shoes nor the rustlings of silks betray thy poor heart to women. Keep thy foot out of brothel, thy hand out of placket, thy pen from lender’s book, and defy the foul fiend. Still through the hawthorn blows the cold wind. Heigh no nonny. Dolphin, my boy, my boy! Cease, let him trot by. LEAR Why, thou wert better in thy grave than to answer with thy uncovered body this extremity of the skies. Is man no more but this? Consider him well. Thou owest the worm no silk, the beast no hide, the sheep no wool, the cat no perfume. Here’s three on ’s are sophisticated; thou art the thing itself. Unaccommodated man is no more but such a poor, bare, forked animal as thou art. Off, off, you lendings! Come on, be true. FOOL Prithee, nuncle, be content. This is a naughty night to swim in. Now a little fire in a wild field were like
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72. Keep thy word: emend. tardo; in Q keep thy words = “controlla le tue parole”. 99. Come on, be true: così in Qa; in Qb come on; in F unbutton here = “sbottona qui” (che anticipa 24, 303-304, e Tragedy, V, 3, 285). 1482
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
EDGAR
Attenti al brutto diavolo; obbedisci ai genitori; mantieni la parola data; non bestemmiare; non commettere atti impuri con una donna sposata; non bramare vesti sgargianti93. Tom ha freddo. LEAR
Che cosa eri tu? EDGAR
Un servo, superbo d’animo e di cuore. Mi arricciavo i capelli, portavo sul berretto il guanto della mia bella, saziavo la lussuria della padrona, e con lei facevo la cosa che si fa al buio; pronunciavo più giuramenti che parole, e li rompevo davanti al dolce viso del cielo; ero uno che si addormentava pensando a un atto lascivo, e si svegliava per compierlo. Il vino lo amavo con passione, i dadi con trasporto, e le donne come nemmeno il gran sultano; falso di cuore, facile d’orecchio, sanguinario di mano: un cinghiale per la pigrizia, una volpe per l’astuzia, un lupo per l’avidità, un cane per la follia, un leone per la prepotenza. Né le scarpe scricchiolanti94 né le sete fruscianti consegnino mai il tuo povero cuore a una femmina; tieni il piede lontano dai bordelli, la mano dagli spacchi delle sottane, la penna dai registri degli usurai, e la farai in barba al brutto diavolo. Però il vento freddo soffia sempre sui biancospini. Ehilà, ehilà. Delfino95, ragazzo mio, su, su! Fermi96, che se ne vada pure al trotto. LEAR
Staresti meglio nella tomba, che a opporre il tuo corpo indifeso a questo scatenamento dei cieli. L’uomo non è dunque più di questo? Consideratelo bene. Tu non sei in debito col verme per la seta, né col daino per la pelle, né con la pecora per la lana, né con lo zibetto97 per il profumo. Ecco! Qui tre di noi sono sofisticati; tu sei la cosa in sé. Senza aggiustamenti l’uomo non è più di questo povero, spoglio animale forcuto98 che tu incarni. E allora via, via, cose prese a prestito! Vieni, obbedisci. MATTO
Ti prego, zietto, stai tranquillo; è una brutta notte per nuotare. Ora un focherello in un campo deserto sarebbe come il cuore di un
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
an old lecher’s heart – a small spark, all the rest on’s body cold. Look, here comes a walking fire. Enter the Duke of Gloucester with a [torch] EDGAR This is the foul fiend Flibbertigibbet. He begins at
curfew and walks till the first cock. He gives the web and the pin, squinies the eye, and makes the harelip; mildews the white wheat, and hurts the poor creature of earth. [Sings] Swithin footed thrice the wold, A met the night mare and her nine foal; Bid her alight And her troth plight, And aroint thee, witch, aroint thee! KENT (to Lear) How fares your grace? LEAR What’s he? KENT (to Gloucester) Who’s there? What is’t you seek? GLOUCESTER What are you there? Your names? EDGAR Poor Tom, that eats the swimming frog, the toad, the tadpole, the wall-newt and the water; that in the fury of his heart, when the foul fiend rages, eats cowdung for salads, swallows the old rat and the ditchdog, drinks the green mantle of the standing pool; who is whipped from tithing to tithing, and stock-punished, and imprisoned; who hath had three suits to his back, six shirts to his body, Horse to ride, and weapon to wear. But mice and rats and such small deer Hath been Tom’s food for seven long year –
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102. On’s: così in F; in Q in. 104. Flibbertigibbet: in Qa Sriberdegibit; in Qb Fliberdegibek, in F Fliberdegibet. 105. Gives: così in Qb; in Qa gins =”incomincia, avvia”. 106. Pin, squinies: emend. tardo; in Qa pin- / queues; in Qb pin, / squemes; in F pin, squints. 110. A: in Shakespeare spesso per he (non più segnalato). 1484
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
vecchio libidinoso: una piccola scintilla, e tutto il resto del corpo, freddo. Guarda! Arriva un fuoco ambulante. Entra il duca di Gloucester con una [torcia] EDGAR
Uh! Questo è il brutto diavolo Flibbertigibbet99! Lui comincia al coprifuoco e si aggira fino al canto del gallo. Fa venire gli arrossamenti e la cataratta, gli occhi storti e il labbro leporino, attacca la ruggine al grano giovane e affligge le povere creature della terra. [Canta] San Vitoldo100 che girava Ogni diavola incontrava Di smontare le diceva, Convertire la faceva... Pussa via, brutta strega! KENT (a Lear) Come state, sire? LEAR
Chi è? KENT (a Gloucester)
Chi va là? Cos’è che cercate? GLOUCESTER
Chi siete? I vostri nomi? EDGAR
Povero Tom, che mangia la rana nuotatrice, il rospo, il girino, la lucertola e il tritone; che nella furia del suo cuore, quando il brutto diavolo lo tormenta, mangia sterco di vacca invece dell’insalata; manda giù il topo vecchio e le carogne di cane101; beve il verde manto della pozza stagnante; e lo cacciano a frustate da tutte le parrocchie, e lo mettono alla gogna, e in prigione; ha tre vestiti per il groppone e sei camicie per il corpo. Ce l’ha il cavallo, le armi ed i panni, Ma sorci, topi e barbagianni102 Sol mangia Tom da più di sett’anni.
1485
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
Beware my follower. Peace, Smolking; peace, thou fiend! GLOUCESTER (to Lear) What, hath your grace no better company?
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EDGAR
The Prince of Darkness is a gentleman; Modo he’s called, and Mahu – GLOUCESTER (to Lear) Our flesh and blood is grown so vile, my lord, That it doth hate what gets it. EDGAR Poor Tom’s a-cold. GLOUCESTER (to Lear) Go in with me. My duty cannot suffer To obey in all your daughters’ hard commands. Though their injunction be to bar my doors And let this tyrannous night take hold upon you, Yet have I ventured to come seek you out And bring you where both food and fire is ready.
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140
LEAR
First let me talk with this philosopher. (To Edgar) What is the cause of thunder? My good lord,
KENT
Take his offer; go into the house. LEAR
I’ll talk a word with this most learnèd Theban. (To Edgar) What is your study? EDGAR
How to prevent the fiend, and to kill vermin. LEAR
Let me ask you one word in private. They converse apart
1486
145
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
Attenti a quello che mi segue. Buono, Smulkin103! Stai fermo, demonio! GLOUCESTER (a Lear) Cosa? La vostra grazia non ha migliore compagnia? EDGAR
Il principe delle tenebre è un gentiluomo. Modo, si chiama, e anche Mahu104. GLOUCESTER (a Lear) La nostra carne e sangue, mio signore, sono così vili ormai che odiano chi li ha fatti. EDGAR
Il povero Tom ha freddo. GLOUCESTER (a Lear)
Venite con me. Il mio dovere non sopporta di obbedire a tutti gli ordini spietati delle vostre figlie. Anche se mi hanno imposto di sbarrarvi le porte lasciandovi in balia di questa notte tiranna, mi sono avventurato alla vostra ricerca per portarvi là dove cibo e fuoco vi aspettano. LEAR
Prima voglio parlare con questo filosofo. (A Edgar) Qual è la causa del tuono? KENT
Buon signore, accettate l’offerta. Andate in casa. LEAR
Voglio dire una parola a questo dotto tebano105. (A Edgar) Che cosa studi? EDGAR
Come ingannare il diavolo e uccidere gli insetti nocivi. LEAR
Ti voglio dire una parola in privato. Conversano in disparte
1487
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 11
KENT (to Gloucester)
Importune him to go, my lord. His wits begin to unsettle. GLOUCESTER Canst thou blame him? His daughters seek his death. O, that good Kent, He said it would be thus, poor banished man! Thou sayst the King grows mad; I’ll tell thee, friend, I am almost mad myself. I had a son, Now outlawed from my blood; a sought my life But lately, very late. I loved him, friend; No father his son dearer. True to tell thee, The grief hath crazed my wits. What a night’s this! (To Lear) I do beseech your grace – LEAR O, cry you mercy. (To Edgar) Noble philosopher, your company. EDGAR Tom’s a-cold.
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GLOUCESTER
In, fellow, there in t’hovel; keep thee warm.
160
LEAR
Come, let’s in all. KENT
This way, my lord.
With him! I will keep still with my philosopher. KENT (to Gloucester) Good my lord, soothe him; let him take the fellow. GLOUCESTER Take him you on. KENT [to Edgar] Sirrah, come on. Go along with us. LEAR (to Edgar) Come, good Athenian. GLOUCESTER No words, no words. Hush. LEAR
165
148. Importune him: così in Q; in F importune him once more: “insistete ancora”. 1488
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 11
KENT (a Gloucester)
Insistete ancora perché vada, signore. La sua ragione comincia a vacillare. GLOUCESTER
Come biasimarlo? Le sue figlie vogliono la sua morte. Ah! Quel bravo Kent, che è stato esiliato, poveretto: lo aveva detto, lui! Dici che il re impazzisce. Amico, io ti dico che sono quasi impazzito anch’io. Avevo un figlio e ora l’ho bandito dal mio sangue. Ha attentato alla mia vita da poco, pochissimo; e io lo amavo, amico, nessun padre teneva di più a suo figlio. Ti dico la verità, il dolore mi ha sconvolto la ragione. Che notte è questa! (A Lear) Voglio pregare vostra grazia... LEAR
Oh, abbiate pazienza, signore. (A Edgar) Nobile filosofo, la vostra compagnia. EDGAR
Tom ha freddo. GLOUCESTER
Dentro, amico, dentro il riparo; mettiti al caldo. LEAR
Andiamo tutti. KENT
Di qui, signore. LEAR
Andate con lui! Voglio restare un po’ col mio filosofo. KENT (A Gloucester)
Signore, assecondatelo; ditegli di portarselo dietro. GLOUCESTER
Portatelo con voi. KENT [a Edgar]
Vieni, ragazzo; vieni con noi. LEAR (a Edgar)
Vieni, buon ateniese. GLOUCESTER
Niente parole, niente parole! Silenzio!
1489
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 12
EDGAR
Child Roland to the dark tower come, His word was still ‘Fie, fo, and fum; I smell the blood of a British man.’
Exeunt
Sc. 12 Enter the Duke of Cornwall and Edmund the bastard CORNWALL I will have my revenge ere I depart the house. EDMUND How, my lord, I may be censured, that nature
thus gives way to loyalty, something fears me to think of. CORNWALL I now perceive it was not altogether your brother’s evil disposition made him seek his death, but a provoking merit set a-work by a reprovable badness in himself. EDMUND How malicious is my fortune, that I must repent to be just! This is the letter he spoke of, which approves him an intelligent party to the advantages of France. O heavens, that his treason were not, or not I the detector! CORNWALL Go with me to the Duchess. EDMUND If the matter of this paper be certain, you have mighty business in hand. CORNWALL True or false, it hath made thee Earl of Gloucester. Seek out where thy father is, that he may be ready for our apprehension. EDMUND [aside] If I find him comforting the King, it will stuff his suspicion more fully. (To Cornwall) I will persever in my course of loyalty, though the conflict be sore between that and my blood. CORNWALL I will lay trust upon thee, and thou shalt find a dearer father in my love. Exeunt
167. Tower: così in F; in Q town = “città”. 12. Were not: così in F; in Q were = “fosse” [vero?]. 1490
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 12
EDGAR
E venne Orlando106 cavalier senza inganno, E disse, “Amici, vi tolgo l’affanno, Sento l’odore di sangue britanno”. Escono Scena 12 Entrano il duca di Cornovaglia e Edmund il bastardo
107
CORNOVAGLIA
Voglio la mia vendetta prima di andar via dalla sua casa. EDMUND
Mio signore, mi spaventa un po’ il pensiero di come sarò criticato. In questo modo la natura cede il passo alla lealtà, e fa spavento a pensarci. CORNOVAGLIA
Ora mi rendo conto che non fu del tutto per malvagità che tuo fratello abbia attentato alla sua vita. Fu un’azione meritoria, messa in moto dalla riprovevole nequizia di tuo padre. EDMUND
Triste sorte, la mia, che devo pentirmi di essere giusto! Questa è la lettera di cui parlava, che lo dimostra agente informatore al servizio della Francia. Cielo! Vorrei che non ci fosse tradimento, o almeno che non fossi stato io a rivelarlo! CORNOVAGLIA
Vieni con me dalla duchessa. EDMUND
Se quello che dice questo foglio è vero, avete un grosso problema fra le mani. CORNOVAGLIA
Vero o falso, ti ha fatto signore di Gloucester. Vedi di trovare tuo padre, che si possa catturarlo al più presto. EDMUND [a parte] Se lo trovo che soccorre il re, la cosa rafforzerà i suoi sospetti. (A Cornovaglia) Continuerò lungo il mio cammino di lealtà, anche se è doloroso il conflitto tra di essa e il mio sangue. CORNOVAGLIA
Mi fido di te; e tu in me troverai un padre più affettuoso. Escono 1491
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 13
Sc. 13 Enter the Duke of Gloucester and King Lear, the Earl of Kent disguised, Lear’s Fool, and Edgar as a Bedlam beggar GLOUCESTER Here is better than the open air; take it
thankfully. I will piece out the comfort with what addition I can. I will not be long from you. KENT All the power of his wits have given way to impatience; the gods discern your kindness!
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[Exit Gloucester] EDGAR Frateretto calls me, and tells me Nero is an angler
in the lake of darkness. Pray, innocent; beware the foul fiend. FOOL (to Lear) Prithee, nuncle, tell me whether a madman be a gentleman or a yeoman.
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LEAR
A king, a king! To have a thousand With red burning spits come hissing in upon them! EDGAR The foul fiend bites my back. FOOL (to Lear) He’s mad that trusts in the tameness of a wolf, a horse’s health, a boy’s love, or a whore’s oath. LEAR
It shall be done. I will arraign them straight. [To Edgar] Come, sit thou here, most learnèd justicer. [To Fool] Thou sapient sir, sit here. – No, you shefoxes – EDGAR Look where he stands and glares. Want’st thou eyes at troll-madam? [Sings] Come o’er the burn, Bessy, to me.
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15. Health: così in Q; emend. tardo, e comprensibile: heels = “garretti”. 17. Justicer: emend. tardo; in Q Justice = “giustizia”, ma anche ”giudice”. 19-20. Want’st thou eyes at troll-madam?: emend. Taylor; in Q1 wanst thou eyes, at / tral-madam; in Q2 wantst thou eies at tri- / all madam? 1492
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 13
Scena 13 Entrano il duca di Gloucester e re Lear, il conte di Kent camuffato, il Matto di Lear e Edgar come un mendicante di Bedlam108 GLOUCESTER
Qui si sta meglio che all’aperto, contentatevi. Cercherò di rendere il luogo più accogliente; non mi assento per molto. KENT
Tutte le forze della sua ragione hanno ceduto davanti alla sua inquietudine. Gli dèi ricompensino il vostro buon cuore! [Gloucester esce] EDGAR
Frateretto109 mi chiama e mi dice che Nerone è a pesca nel lago delle tenebre110. Prega, innocente, e attento al brutto diavolo! MATTO (a Lear) Per favore, zietto, dimmi se un pazzo è un gentiluomo o un borghese. LEAR
Un re, un re111! Averne mille con spiedi arroventati che sibilando li assaliscano... EDGAR
Il brutto diavolo mi morde alle spalle. MATTO (a Lear) Un pazzo è chi si affida alla mansuetudine di un lupo, alla salute di un cavallo, all’amore di un ragazzo, o al giuramento di una puttana112. LEAR
Sarà fatto, le processo subito. (A Edgar) Vieni a sederti qui, dottissimo giudice. (Al Matto) Tu, sapiente signore, mettiti qui. – No, voialtre signore volpi… EDGAR
Guardate come ci fissa immobile! Vuoi essere guardata così mentre ti processano, signora113? [Canta] Verrai, bella Bessy, sul fiume con me?
1493
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 13
FOOL [sings]
Her boat hath a leak, And she must not speak Why she dares not come over to thee. EDGAR The foul fiend haunts Poor Tom in the voice of a nightingale. Hoppedance cries in Tom’s belly for two white herring. Croak not, black angel: I have no food for thee. KENT (to Lear) How do you, sir? Stand you not so amazed. Will you lie down and rest upon the cushions?
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LEAR
I’ll see their trial first. Bring in the evidence. [To Edgar] Thou robèd man of justice, take thy place; [To Fool] And thou, his yokefellow of equity, Bench by his side. [To Kent] You are o’th’ commission, Sit you, too. EDGAR Let us deal justly. [Sings] Sleepest or wakest thou, jolly shepherd? Thy sheep be in the corn, And for one blast of thy minikin mouth Thy sheep shall take no harm. Purr, the cat is grey. LEAR Arraign her first. ’Tis Gonoril. I here take my oath before this honourable assembly she kicked the poor King her father. FOOL Come hither, mistress. Is your name Gonoril? LEAR She cannot deny it. FOOL Cry you mercy, I took you for a join-stool.
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LEAR
And here’s another, whose warped looks proclaim What store her heart is made on. Stop her there.
31. Their evidence: così in Q; emendamenti tardi vorrebbero the evidence, non sostenuto da Taylor. 1494
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 13
MATTO [canta]
La barca è bucata, Ed è tutta bagnata, Per questo non osa venire con te! EDGAR
Il brutto diavolo perseguita il povero Tom con voce di usignolo. Hoppedance114 grida nella pancia di Tom, vuole due aringhe bianche. Non gracchiare, angelo nero, non ho niente da darti da mangiare. KENT (a Lear) Come state, signore? Non rimanete in piedi così frastornato. Perché non vi distendete sui cuscini? LEAR
Prima voglio assistere al loro processo. Avanti i testimoni. [A Edgar] Tu, giudice togato, vai al tuo posto. [Al Matto] E tu, suo collega proboviro, sul banco accanto a lui. [A Kent] Anche tu sei della giuria. Siediti. EDGAR
Che si faccia giustizia. [Canta] Che fai, dormi o vegli, o bel pastorello? Il gregge è nel campo Ed al tuo richiamo Dal lupo ogni agnello avrà scampo. Ron ron! Il gatto115 è bigio. LEAR
Avanti lei per prima. È Gonoril! Io qui giuro davanti a questa onorevole assemblea che ha preso a calci il povero re suo padre. MATTO
Vieni avanti, femmina. Ti chiami Gonoril? LEAR
Non può certo negarlo. MATTO
Chiedo scusa, vi avevo presa per un panchetto. LEAR
Ed eccone un’altra, le cui smorfie truci proclamano di che stoffa sia fatto il suo cuore. Arrestatela! Armi, armi! Una spada, del 1495
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 13
Arms, arms, sword, fire, corruption in the place! False justicer, why hast thou let her scape? EDGAR Bless thy five wits. KENT (to Lear) O pity! Sir, where is the patience now That you so oft have boasted to retain? EDGAR (aside) My tears begin to take his part so much They’ll mar my counterfeiting. LEAR The little dogs and all, Tray, Blanch, and Sweetheart – see, they bark at me. EDGAR Tom will throw his head at them. – Avaunt, you curs! Be thy mouth or black or white, Tooth that poisons if it bite, Mastiff, greyhound, mongrel grim, Hound or spaniel, brach or him, Bobtail tyke or trundle-tail, Tom will make them weep and wail; For with throwing thus my head, Dogs leap the hatch, and all are fled. Loudla, doodla! Come, march to wakes and fairs And market towns. Poor Tom, thy horn is dry. LEAR Then let them anatomize Regan; see what breeds about her heart. Is there any cause in nature that makes this hardness? (To Edgar) You, sir, I entertain you for one of my hundred, only I do not like the fashion of your garments. You’ll say they are Persian attire; but let them be changed. KENT
Now, good my lord, lie here a while. LEAR Make no noise, make no noise. Draw the curtains.
So, so, so. We’ll go to supper i’th’ morning. So, so, so. He sleeps. Enter the Duke of Gloucester
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 13
fuoco! Corruzione, corruzione! Cattivo giustiziere, perché l’hai fatta scappare? EDGAR
Benedetti i tuoi cinque sensi! KENT (a Lear)
Per pietà, sire, dov’è quella pazienza che tanto spesso vi siete vantato di possedere? EDGAR (a parte) Le mie lacrime cominciano a prendere talmente le sue parti, da compromettere il mio travestimento. LEAR
Anche tutti i cagnolini, Trey, Blanche, Sweetheart – guarda, abbaiano a me. EDGAR
Tom gli tira la sua testa. Via, cagnacci! Abbi il muso bianco o nero, Sia il tuo morso velenoso, Sii mastin, bracco o levriero, Lupo o botolo ringhioso, Coda mozza, orecchie a cresta, Tutti Tom vi fa guaire: Se vi tiro la mia testa Non potrete che fuggire. Brr, brr, brrr116! Sciò! Via, in marcia verso veglie, fiere e mercati. Povero Tom ha il piatto vuoto117. LEAR
E dunque si anatomizzi Regan, si veda cosa le cresce intorno al cuore. Esiste in natura una causa qualunque che indurisca i cuori in questo modo? (A Edgar) Te, messere, ti arruolo tra i miei cento. Solo, non mi piace come ti vesti. Mi dirai che è un costume persiano; d’accordo, ma cambialo. KENT
Ora però, signore, distendetevi. Riposatevi un poco. LEAR
Non fate chiasso, non fate chiasso; chiudete le tende; sì, così. Ceneremo domattina. Sì, così, così 118. Dorme. Entra il duca di Gloucester 1497
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 13
GLOUCESTER (to Kent)
Come hither, friend. Where is the King my master? KENT
Here, sir, but trouble him not; his wits are gone.
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GLOUCESTER
Good friend, I prithee take him in thy arms. I have o’erheard a plot of death upon him. There is a litter ready. Lay him in’t And drive towards Dover, friend, where thou shalt meet Both welcome and protection. Take up thy master. If thou shouldst dally half an hour, his life, With thine and all that offer to defend him, Stand in assurèd loss. Take up, take up, And follow me, that will to some provision Give thee quick conduct. KENT (to Lear) Oppressèd nature sleeps. This rest might yet have balmed thy broken sinews Which, if convenience will not allow, Stand in hard cure. (To Fool) Come, help to bear thy master. Thou must not stay behind. GLOUCESTER Come, come away.
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Exeunt all but Edgar EDGAR
When we our betters see bearing our woes, We scarcely think our miseries our foes. Who alone suffers, suffers most i’th’ mind, Leaving free things and happy shows behind. But then the mind much sufferance doth o’erskip When grief hath mates, and bearing fellowship. How light and portable my pain seems now, When that which makes me bend, makes the King bow. He childed as I fathered. Tom, away. Mark the high noises, and thyself bewray
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88. Take up, take up: così in F, in Qa take up to keep, in Qb take up the king. 1498
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 13
GLOUCESTER (a Kent)
Vieni qui, amico. Dov’è il re mio signore? KENT
Qui, signore. Ma lasciatelo in pace, è uscito di senno. GLOUCESTER
Ti prego, amico, prendilo in braccio. Ho sentito di un complotto per ucciderlo. C’è una lettiga lì fuori; metticelo subito dentro e partite per Dover, amico, dove troverete buone accoglienze e protezione. Prendi il tuo padrone; dovessi attardarti mezz’ora, la sua vita con la tua e con quelle di chiunque voglia difenderlo corrono rischi certi. Prendilo, prendilo e seguimi, ti condurrò velocemente dove avrete qualche primo soccorso. KENT (a Lear) L’esausta natura dorme. Questa tregua può ancora blandire i tuoi nervi spezzati, che se le circostanze non lo consentono, sarà difficile curare. (Al matto) Su, aiutami a portare il tuo padrone. Non rimanere indietro. GLOUCESTER
Presto, presto, andiamo! Escono tutti tranne Edgar EDGAR
Quando vediamo chi è più di noi soffrire i nostri mali, quasi non consideriamo più nemiche le nostre sventure. Chi soffre solo, soffre soprattutto nell’anima, rinunciando alle cose libere e liete; però l’anima tollera anche grandi sofferenze quando il dolore ha dei compagni, e la sopportazione, amici. Come sembra leggera e agevole la mia pena adesso che quello che mi piega, fa curvare anche il re, lui per le figlie, io per il padre! Via, Tom! Segui gli alti conflitti, e aspetta a rivelarti fino a quando la calunnia, le cui
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 14
When false opinion, whose wrong thoughts defile thee, In thy just proof repeals and reconciles thee. What will hap more tonight, safe scape the King! Lurk, lurk. Exit
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Sc. 14 Enter the Duke of Cornwall and Regan, and Gonoril and Edmund the bastard, and Servants CORNWALL (to Gonoril)
Post speedily to my lord your husband. Show him this letter. The army of France is landed. (To Servants) Seek out the villain Gloucester. Exeunt some Hang him instantly.
REGAN GONORIL
Pluck out his eyes. Leave him to my displeasure. – Edmund, keep you our sister company. The revenges we are bound to take upon your traitorous father are not fit for your beholding. Advise the Duke where you are going, to a most festinate preparation; we are bound to the like. Our posts shall be swift, and intelligence betwixt us. – Farewell, dear sister. Farewell, my lord of Gloucester.
CORNWALL
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Enter Oswald the steward How now, where’s the King? OSWALD
My lord of Gloucester hath conveyed him hence. Some five- or six-and-thirty of his knights, Hot questants after him, met him at gate, Who, with some other of the lord’s dependants, Are gone with him towards Dover, where they boast To have well-armèd friends. CORNWALL Get horses for your mistress. Exit Oswald 6. Revenges: così in F; in Q revenge. 9. Posts: così in F, in Q post =”messaggero”. 15. Questants: emend. Taylor in Q questrits, in F questries. 1500
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 14
menzogne ti diffamano, sarà smentita dalle prove della tua lealtà, riabilitandoti. Questa notte accada quel che accada, purché si salvi il re! Nasconditi, ora, nasconditi! Esce Scena 14 Entrano il duca di Cornovaglia e Regan, Gonoril e Edmund il bastardo, e servi119 CORNOVAGLIA (a Gonoril)
Andate subito dal vostro signor marito con questa lettera: l’esercito di Francia è sbarcato. (Ai servi) Cercate quel traditore di Gloucester. Escono dei servi REGAN
E impiccatelo subito. GONORIL
Strappategli gli occhi! CORNOVAGLIA
Lasciatelo alla mia collera. Edmund, accompagna nostra sorella: le vendette che dobbiamo fare contro il traditore tuo padre non è il caso che tu le guardi. Avverti il duca dove sei diretto di prepararsi con la massima rapidità; noi faremo lo stesso. Ci scambieremo messi veloci e accorti. – Buon viaggio, cara sorella; buon viaggio, mio signore di Gloucester. Entra Oswald il maggiordomo Allora, dov’è il re? OSWALD
Il mio signore di Gloucester lo ha portato lontano. Trentacinque o trentasei suoi cavalieri che si erano gettati alla sua ricerca120, lo hanno incontrato alla porta e con altri uomini del duca vanno con lui verso Dover, dove vantano amici bene armati. CORNOVAGLIA
Prepara i cavalli per la tua signora. Oswald esce
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 14
GONORIL Farewell, sweet lord, and sister.
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CORNWALL
Edmund, farewell. Exeunt Gonoril and Edmund (To Servants) Go seek the traitor Gloucester. Pinion him like a thief; bring him before us. Exeunt other Servants Though we may not pass upon his life Without the form of justice, yet our power Shall do a curtsy to our wrath, which men May blame but not control. Who’s there – the traitor?
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Enter the Duke of Gloucester brought in by two or three REGAN
Ingrateful fox, ’tis he. CORNWALL (to Servants) Bind fast his corky arms. GLOUCESTER
What means your graces? Good my friends, consider You are my guests. Do me no foul play, friends. CORNWALL (to Servants) Bind him, I say – REGAN Hard, hard! O filthy traitor!
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GLOUCESTER
Unmerciful lady as you are, I am true. CORNWALL (to Servants)
To this chair bind him. (To Gloucester) Villain, thou shall find – Regan plucks Gloucester’s beard GLOUCESTER
By the kind gods, ’tis most ignobly done, To pluck me by the beard. REGAN So white, and such a traitor!
23. We: così in Q; in F well we, rafforzativo = “ben potremmo noi”… 1502
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 14
GONORIL
Addio, amabile signore. Addio, sorella. CORNOVAGLIA
Addio, Edmund. Escono Gonoril e Edmund (A dei servi) Cercate il traditore Gloucester, legatelo come un ladro e portatecelo qui. Escono altri servi A morte non possiamo condannarlo senza un processo formale, ma il nostro potere renderà omaggio alla nostra ira, che gli uomini possono deplorare ma non controllare. Chi c’è? – Il traditore? Entra Gloucester, condotto da due o tre REGAN
Volpe ingrata. È lui! CORNOVAGLIA (ai servi) Legategli quelle braccia avvizzite. GLOUCESTER
Che fanno le vostre grazie? Buoni amici, considerate che siete miei ospiti. Non mi fate torto, amici. CORNOVAGLIA (ai servi) Ho detto di legarlo… REGAN
Stretto, stretto! Schifoso traditore! GLOUCESTER
Spietata signora, non lo sono. CORNOVAGLIA (ai servi)
Legatelo a questa sedia. (A Gloucester) Manigoldo, la vedrai... Regan gli tira la barba GLOUCESTER
Per tutti gli dèi, è una azione ignobile, voi mi strappate la barba! REGAN
Così bianco, e così traditore!
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 14
GLOUCESTER Naughty lady,
These hairs which thou dost ravish from my chin Will quicken and accuse thee. I am your host. With robbers’ hands my hospitable favours You should not ruffle thus. What will you do?
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CORNWALL
Come, sir, what letters had you late from France? REGAN
Be simple, answerer, for we know the truth. CORNWALL
And what confederacy have you with the traitors Late footed in the kingdom? REGAN To whose hands You have sent the lunatic King. Speak.
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GLOUCESTER
I have a letter guessingly set down, Which came from one that’s of a neutral heart, And not from one opposed. CORNWALL Cunning. REGAN And false. CORNWALL
Where hast thou sent the King? GLOUCESTER To Dover. REGAN
Wherefore to Dover? Wast thou not charged at peril – CORNWALL
Wherefore to Dover? Let him first answer that.
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GLOUCESTER
I am tied to th’ stake, and I must stand the course. REGAN Wherefore to Dover, sir? GLOUCESTER
Because I would not see thy cruel nails Pluck out his poor old eyes, nor thy fierce sister In his anointed flesh rash boarish fangs. The sea, with such a storm as his bowed head 57. As: così in F; in Qa of; in Qb on. 1504
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 14
GLOUCESTER
Malvagia signora, questi peli che mi estirpi dal mento riprenderanno vita per accusarti. Io vi ho invitati qui; non dovete fare così violenza ai miei favori ospitali con mani di briganti. Che volete fare? CORNOVAGLIA
Su, signor mio: che lettere hai avuto dalla Francia? REGAN
Rispondi in breve, sappiamo la verità. CORNOVAGLIA
E che alleanza hai stretto con i traditori testè sbarcati nel regno? REGAN
Presso chi hai inviato quel pazzo del re? Parla! GLOUCESTER
Io ho avuto una lettera con delle congetture, che veniva da una persona neutrale e non da nemici. CORNOVAGLIA
Furbo. REGAN
E bugiardo. CORNOVAGLIA
Dove hai mandato il re? GLOUCESTER
A Dover. REGAN
Perché a Dover? Non ti era stato ordinato a tuo rischio... CORNOVAGLIA
Perché a Dover? Lascialo rispondere. GLOUCESTER
Sono legato al palo121, e devo subire. REGAN
Perché a Dover, signor mio? GLOUCESTER
Perché non volevo vedere le tue unghie crudeli strappargli quei poveri vecchi occhi; né la tua feroce sorella affondare zanne di cinghiale nelle sue sacre carni. Con una tempesta come quella che il
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 14
In hell-black night endured, would have buoyed up And quenched the stellèd fires. Yet, poor old heart, He holped the heavens to rage. If wolves had at thy gate howled that dern time, Thou shouldst have said ‘Good porter, turn the key; All cruels I’ll subscribe.’ But I shall see The wingèd vengeance overtake such children.
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CORNWALL
See’t shalt thou never. – Fellows, hold the chair. – Upon those eyes of thine I’ll set my foot.
65
GLOUCESTER
He that will think to live till he be old Give me some help! – O cruel! O ye gods! [Cornwall pulls out one of Gloucester’s eyes and stamps on it] REGAN (to Cornwall)
One side will mock another; t’other, too. CORNWALL (to Gloucester)
If you see vengeance – Hold your hand, my lord. I have served you ever since I was a child, But better service have I never done you Than now to bid you hold. REGAN How now, you dog! SERVANT
70
SERVANT
If you did wear a beard upon your chin I’d shake it on this quarrel. [To Cornwall] What do you mean? CORNWALL My villein!
75
SERVANT
Why then, come on, and take the chance of anger. They draw and fight 59. Stelled: così in Qb e F; in Qa e Q2 steeled = “taglienti come rasoi”. 63. All cruels I’ll subscribe: emend. Oxford; in Q all cruels else subscrib’d = “tutte le crudeltà comunque confermate”; in F all cruels else subscribe “conferma tutte le altre crudeltà”. 1506
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 14
suo capo nudo ha sopportato in una nera notte d’inferno, il mare stesso si sarebbe sollevato122 a spegnere i fuochi stellati123. Ma il suo povero vecchio cuore aiutava il cielo a infuriare. Se i lupi avessero ululato alle tue porte in quell’ora di terrore tu avresti detto, “Da bravo, portiere, alza il paletto, pur confermando ogni altra crudeltà124.” Ma io vedrò l’alata vendetta125 raggiungere queste figlie. CORNOVAGLIA
Tu non vedrai più nulla. – Tenete la sedia, voi. Voglio piantare il piede su questi tuoi occhi. GLOUCESTER
Chi vuol vivere fino a tarda età mi soccorra! – Oh, crudele! O dèi! [Cornovaglia cava un occhio a Gloucester e lo calpesta] REGAN (a Cornovaglia)
Così un lato riderà dell’altro. Via anche questo. CORNOVAGLIA (a Gloucester)
Se vedrai la vendetta... SERVO
Fermatevi ora, signore! Io vi servo da quando ero bambino, ma miglior servizio non vi ho mai reso di ora, che vi dico basta. REGAN
Come osi, cane! SERVO
Se aveste una barba sopra il mento vi sfiderei per questo. [A Cornovaglia] Che volete fare? CORNOVAGLIA
Un mio schiavo! SERVO
Ma sì, avanti; assumetevi il rischio della vostra collera. Sfoderano la spada e si battono
1507
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 14
REGAN [to another Servant]
Give me thy sword. A peasant stand up thus! She takes a sword and runs at him behind SERVANT (to Gloucester)
O, I am slain, my lord! Yet have you one eye left To see some mischief on him. [Regan stabs him again] O!
He dies
CORNWALL
Lest it see more, prevent it. Out, vile jelly!
81
He [pulls out] Gloucester’s other eye Where is thy lustre now? GLOUCESTER
All dark and comfortless. Where’s my son Edmund? Edmund, enkindle all the sparks of nature To quite this horrid act. REGAN Out, villain! Thou call’st on him that hates thee. It was he That made the overture of thy treasons to us, Who is too good to pity thee.
85
GLOUCESTER
O, my follies! Then Edgar was abused. Kind gods, forgive me that, and prosper him! REGAN (to Servants) Go thrust him out at gates, and let him smell His way to Dover. (To Cornwall) How is’t, my lord? How look you? CORNWALL
I have received a hurt. Follow me, lady. (To Servants) Turn out that eyeless villain. Throw this slave Upon the dunghill. Exit one or more with Gloucester [and the body]
84. Enkindle: così in F; in Q unbridle = “scatena, sbriglia”. 1508
90
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 14
REGAN [a un altro Servo]
Dammi la tua spada. Un pezzente tenerci testa così! Prende una spada e lo trafigge alle spalle SERVO (a Gloucester)
Oh! Sono morto! Mio signore, avete ancora un occhio per vederlo punito. [Regan lo pugnala un’altra volta] Oh! Muore CORNOVAGLIA
Impediamogli di vedere altro. Esci, vile gelatina! [Cava] l’altro occhio a Gloucester Dov’è la tua luce ora? GLOUCESTER
Tutto è buio e desolazione. Dov’è mio figlio Edmund? Edmund, accendi tutte le faville della natura per equilibrare questo atto mostruoso. REGAN
Via, traditore vigliacco! Tu invochi uno che ti detesta. È stato lui a rivelarci che ci avresti tradito. È troppo buono per compatirti. GLOUCESTER
Pazzo che sono stato! Allora Edgar è stato calunniato. Giusti dèi, perdonate me e proteggete lui! REGAN
Gettatelo fuori dal portone, e che la strada per Dover se la trovi col naso. (A Cornovaglia) Che hai, mio signore? Che aspetto! CORNOVAGLIA
Ho ricevuto un colpo. Seguimi, signora. (Ai servi) Cacciate quella canaglia senza gli occhi. E gettate questa carogna sul letamaio. Esce uno o più con Gloucester [e il cadavere]
1509
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 15
Regan, I bleed apace. Untimely comes this hurt. Give me your arm.
95
Exeunt Cornwall and Regan SECOND SERVANT
I’ll never care what wickedness I do If this man come to good. THIRD SERVANT If she live long And in the end meet the old course of death, Women will all turn monsters.
100
SECOND SERVANT
Let’s follow the old Earl and get the bedlam To lead him where he would. His roguish madness Allows itself to anything. THIRD SERVANT
Go thou. I’ll fetch some flax and whites of eggs To apply to his bleeding face. Now heaven help him! Exeunt severally Sc. 15 Enter Edgar as a Bedlam beggar EDGAR
Yet better thus and known to be contemned Than still contemned and flattered. To be worst, The low’st and most dejected thing of fortune, Stands still in esperance, lives not in fear. The lamentable change is from the best; The worst returns to laughter. Enter the Duke of Gloucester led by an Old Man
102. Roguish: così in Qa, assente in Qb. 4. Esperance: così in F; in Q experience = “esperienza”. 1510
5
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 15
Regan, perdo molto sangue. Questa ferita non ci voleva. Dammi il braccio. Escono Cornovaglia e Regan SECONDO SERVO
Se quell’uomo non fa una brutta fine mi sentirò libero di commettere qualunque infamia. TERZO SERVO
Se lei vivrà a lungo e da ultimo morirà di vecchiaia, le donne diventeranno tutte mostri. SECONDO SERVO
Seguiamo il vecchio, e cerchiamo il pazzo che lo guidi dove vuole andare. Quello con la sua follia capricciosa si può permettere di tutto. TERZO SERVO
Vai tu. Io prendo bende e chiara d’uovo per curargli la faccia che sanguina. Il cielo lo aiuti! Escono da porte opposte Scena 15 Entra Edgar come mendicante di Bedlam126 EDGAR
Meglio però così, sapere di essere disprezzato, che essere adulato e disprezzato lo stesso. Chi è nella condizione peggiore, l’essere più abbietto e abbandonato dalla fortuna vive nella speranza, e non in preda alla paura. Il cambiamento doloroso è quando si cambia dal meglio; dal peggio si passa facilmente al sorriso127. Entra il duca di Gloucester, condotto da un vecchio
1511
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 15
Who’s here? My father, parti-eyed? World, world, O world! But that thy strange mutations make us hate thee, Life would not yield to age. [Edgar stands aside] OLD MAN (to Gloucester)
O my good lord, I have been your tenant and your father’s tenant This fourscore –
10
GLOUCESTER
Away, get thee away, good friend, be gone. Thy comforts can do me no good at all; Thee they may hurt. OLD MAN
Alack, sir, you cannot see your way.
15
GLOUCESTER
I have no way, and therefore want no eyes. I stumbled when I saw. Full oft ’tis seen Our means secure us, and our mere defects Prove our commodities. Ah dear son Edgar, The food of thy abusèd father’s wrath – Might I but live to see thee in my touch I’d say I had eyes again. OLD MAN How now? Who’s there? EDGAR (aside) O gods! Who is’t can say ‘I am at the worst’? I am worse than e’er I was. OLD MAN ’Tis poor mad Tom. EDGAR (aside) And worse I may be yet. The worst is not As long as we can say ‘This is the worst.’ OLD MAN (to Edgar) Fellow, where goest? GLOUCESTER Is it a beggarman? OLD MAN Madman and beggar too.
20
25
7. Parti-eyed: così in Qb; in Qa, Q2 e F poorly led = “miseramente guidato”. 1512
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 15
Ma chi viene? Mio padre, con occhi insanguinati128? Oh mondo, mondo, mondo! Senza i tuoi strani cambiamenti che ti fanno odiare da noi, la vita non cederebbe alla vecchiaia. [Edgar rimane fermo in disparte] VECCHIO (a Gloucester)
Buon signore! Sono stato fittavolo vostro, e prima, di vostro padre, per ottant’anni... GLOUCESTER
Via! Vattene via! Buon amico, vattene. Il tuo conforto non può farmi alcun bene, mentre a te può nuocere. VECCHIO
Ahimè, signore, voi non vedete dove andate. GLOUCESTER
Io non ho dove andare, e perciò gli occhi non mi servono; quando ci vedevo, ho inciampato. Come si osserva spesso, quel che abbiamo ci rende tracotanti, mentre ciò che ci manca finisce per avvantaggiarci. Ah, caro figlio Edgar, che nutrivi la collera del tuo ingannato padre… Potessi vivere per vederti col tocco della mano, direi che ho riavuto gli occhi. VECCHIO
Ehi! Chi va là? EDGAR (a parte)
Oh dèi! Chi può dire “Ho raggiunto il peggio”? Io sto peggio di quanto sia mai stato. VECCHIO
Tom, il povero pazzo. EDGAR (a parte)
E peggio ancora potrò stare; il peggio non c’è mai finché possiamo dire “Questo è il peggio.” VECCHIO (a Edgar) Amico, dove vai? GLOUCESTER
È un mendicante? VECCHIO
Un mendicante, e un pazzo.
1513
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 15
GLOUCESTER
A has some reason, else he could not beg. In the last night’s storm I such a fellow saw, Which made me think a man a worm. My son Came then into my mind, and yet my mind Was then scarce friends with him. I have heard more since. As flies to wanton boys are we to th’ gods; They kill us for their sport. EDGAR (aside) How should this be? Bad is the trade that must play fool to sorrow, Ang’ring itself and others.
30
35
[He comes forward] Bless thee, master. GLOUCESTER
Is that the naked fellow? OLD MAN
Ay, my lord.
GLOUCESTER
Then prithee, get thee gone. If for my sake Thou wilt o’ertake us hence a mile or twain I’th’ way toward Dover, do it for ancient love, And bring some covering for this naked soul, Who I’ll entreat to lead me. OLD MAN Alack, sir, he is mad.
40
GLOUCESTER
’Tis the time’s plague when madmen lead the blind. Do as I bid thee; or rather do thy pleasure. Above the rest, be gone.
46
OLD MAN
I’ll bring him the best ’parel that I have, Come on’t what will. GLOUCESTER Sirrah, naked fellow!
Exit
EDGAR
Poor Tom’s a-cold. I cannot dance it farther. GLOUCESTER Come hither, fellow. EDGAR Bless thy sweet eyes, they bleed.
1514
50
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 15
GLOUCESTER
Un po’ di cervello ce l’avrà, per mendicare. Nella tempesta di stanotte ne ho visto uno così, che mi ha fatto pensare che l’uomo è un verme. E poi mi è venuto in mente mio figlio; eppure in quel momento non mi sentivo affatto suo amico. Ma dopo ho imparato delle cose. Come mosche per dei ragazzacci, siamo noi per gli dèi: ci uccidono per divertimento. EDGAR (a parte) Com’è possibile? Brutto mestiere, fare il matto davanti al dolore, irritando sé e gli altri. [Viene avanti] Dio ti benedica, padrone! GLOUCESTER
È quell’uomo nudo? VECCHIO
Sì, signore. GLOUCESTER
Allora per favore, vattene. Se per amor mio vorrai raggiungerci a un miglio o due da qui, sulla strada di Dover, fallo per l’antica devozione, e porta di che coprire quest’anima nuda alla quale chiederò di condurmi. VECCHIO
Ahimè, mio signore, è matto. GLOUCESTER
Sono tempi maledetti, quando i matti guidano i ciechi! Fa’ come ti ho chiesto, o meglio, fa’ come ti pare. Ma soprattutto, vattene. VECCHIO
Gli porterò le vesti migliori che ho, accada quel che accada. Esce GLOUCESTER
Ehi, uomo nudo... EDGAR
Povero Tom, ha freddo. Non ce la faccio più a fingere129. GLOUCESTER
Vieni qui, amico. EDGAR
I tuoi occhi benedetti colano sangue.
1515
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 15
GLOUCESTER Know’st thou the way to Dover? EDGAR Both stile and gate, horseway and footpath. Poor
Tom hath been scared out of his good wits. Bless thee, goodman, from the foul fiend. Five fiends have been in Poor Tom at once, as Obidicut of lust, Hobbididence prince of dumbness, Mahu of stealing, Modo of murder, Flibbertigibbet of mocking and mowing, who since possesses chambermaids and waiting-women. So bless thee, master.
61
GLOUCESTER
Here, take this purse, thou whom the heavens’ plagues Have humbled to all strokes. That I am wretched Makes thee the happier. Heavens deal so still. Let the superfluous and lust-dieted man That stands your ordinance, that will not see Because he does not feel, feel your power quickly. So distribution should undo excess, And each man have enough. Dost thou know Dover? EDGAR Ay, master.
65
70
GLOUCESTER
There is a cliff whose high and bending head Looks saucily in the confinèd deep. Bring me but to the very brim of it And I’ll repair the misery thou dost bear With something rich about me. From that place I shall no leading need. EDGAR Give me thy arm. Poor Tom shall lead thee.
75
Exit Edgar guiding Gloucester
72. Saucily: emend. Taylor; in Q firmly = “fissamente”; in F fearfully = “paurosamente”. 1516
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 15
GLOUCESTER
La sai la strada di Dover? EDGAR
Ogni barriera e ogni porta, ogni pista per cavalli e ogni sentiero. Povero Tom, lo hanno fatto uscire di senno dalla paura, benedetto figlio di un brav’uomo, attento al brutto diavolo! Cinque demoni sono entrati nel povero Tom tutti insieme: Obidicut della lussuria, Hoberdidence, principe del silenzio, Mahu, del furto, Modo, dell’assassinio, Flibbertigibbet, delle smorfie e dei lazzi: lui conquista sempre le cameriere e le dame di compagnia. E allora sii benedetto, padrone! GLOUCESTER
Ecco, prendi questa borsa, tu sul quale le maledizioni celesti si sono abbattute umiliandoti: che la mia infelicità ti renda più felice. Cieli, fate sempre così! Che colui che ha il superfluo e si pasce di piaceri, subordinando a sé i vostri comandamenti, che non vede perché non sente, provi subito la vostra forza. Così l’equa distribuzione impedisce gli eccessi e ogni uomo avrà abbastanza. Conosci Dover? EDGAR
Sì, padrone. GLOUCESTER
C’è una scogliera la cui testa sporgendosi in alto guarda con sfida un circoscritto abisso. Portami a quella roccia, al bordo estremo, e io riparerò la miseria che hai addosso con qualcosa di prezioso che ho con me. Giunti in quel punto non avrò più bisogno di guida. EDGAR
Dammi il braccio. Il povero Tom ti guiderà. Esce Edgar guidando Gloucester
1517
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 16
Sc. 16 Enter [at one door] Gonoril and Edmund the bastard GONORIL
Welcome, my lord. I marvel our mild husband Not met us on the way. Enter [at another door] Oswald the steward Now, where’s your master? OSWALD
Madam, within; but never man so changed. I told him of the army that was landed; He smiled at it. I told him you were coming; His answer was ‘The worse.’ Of Gloucester’s treachery And of the loyal service of his son When I informed him, then he called me sot, And told me I had turned the wrong side out. What he should most defy seems pleasant to him; What like, offensive. GONORIL (to Edmund) Then shall you go no further. It is the cowish terror of his spirit That dares not undertake. He’ll not feel wrongs Which tie him to an answer. Our wishes on the way May prove effects. Back, Edmund, to my brother. Hasten his musters and conduct his powers. I must change arms at home, and give the distaff Into my husband’s hands. This trusty servant Shall pass between us. Ere long you are like to hear, If you dare venture in your own behalf, A mistress’s command. Wear this. Spare speech. Decline your head. This kiss, if it durst speak, Would stretch thy spirits up into the air.
5
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[She kisses him] Conceive, and fare you well. EDMUND Yours in the ranks of death.
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10. Defy: emend. Taylor; in Q desire = “desiderare”; in F dislike = “sdegnare”. 1518
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 16
Scena 16 Entrano [da una porta] Gonoril e Edmund il bastardo130 GONORIL
Benvenuto, mio signore. È strano che il nostro mite consorte non ci sia venuto incontro. Entra [da un’altra porta] Oswald il maggiordomo Ehi, dov’è il tuo padrone? OSWALD
Signora, è dentro; ma vedeste com’è cambiato. Gli ho detto dell’armata che ha preso terra; lui ci ha fatto un sorriso. Gli ho detto del vostro arrivo; ha risposto, “Tanto peggio”. E quando l’ho informato del tradimento di Gloucester e della lealtà di suo figlio, mi ha dato dello stupido e mi ha detto che avevo capito tutto alla rovescia. Le notizie più cattive sembrano fargli piacere; quelle buone, contrariarlo. GONORIL (a Edmund) Tu allora non andare oltre. È il codardo terrore del suo spirito che non osa intraprendere. Non prende atto dei torti che lo obbligano a una reazione. Quello che ci auguravamo per strada potrebbe realizzarsi. Tu torna, Edmund, da mio cognato; raccogli i suoi uomini e comanda le sue forze. Io dovrò scambiare le parti qui a casa, e mettere la conocchia131 in mano a mio marito. Questo servo fedele ci terrà in contatto; ben presto forse sentirai, se oserai farti avanti per il tuo bene, gli ordini di una amante. Porta questo; taci, china la testa. Questo bacio, se osasse parlare, ti farebbe salire gli spiriti su fino al cielo. [Lo bacia] Rifletti, e fai buon viaggio. EDMUND
Vostro anche nelle file della morte.
1519
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 16
[Exit Edmund] To thee a woman’s services are due; My foot usurps my body. OSWALD Madam, here comes my lord. GONORIL My most dear Gloucester.
Exit Enter the Duke of Albany GONORIL
I have been worth the whistling. O Gonoril, You are not worth the dust which the rude wind Blows in your face. I fear your disposition. That nature which contemns it origin Cannot be bordered certain in itself. She that herself will sliver and disbranch From her material sap perforce must wither, And come to deadly use. GONORIL No more. The text is foolish. ALBANY
30
35
ALBANY
Wisdom and goodness to the vile seem vile; Filths savour but themselves. What have you done? Tigers, not daughters, what have you performed? A father, and a gracious, agèd man, Whose reverence even the head-lugged bear would lick, Most barbarous, most degenerate, have you madded. Could my good-brother suffer you to do it – A man, a prince by him so benefacted? If that the heavens do not their visible spirits Send quickly down to tame these vile offences,
40
45
28. My foot usurps my body: così in Qa; in Qb A fool usurps my bed = “uno sciocco usurpa il mio letto”; in F My fool usurps my body = “il mio matto usurpa il mio corpo”. 29. Whistling: così in Qb; in Qa whistle = “fischio”. 44. Benifacted: in Qa beneflicted; in Qb benefited. 1520
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 16
GONORIL
Mio amatissimo Gloucester! [Edmund esce] A te i favori di una donna sono dovuti; il piede, non la testa, usurpa il mio corpo132. OSWALD
Signora, viene il mio signore. Esce Entra il duca di Albany GONORIL
Una volta meritavo un po’ di attenzione133. ALBANY
Oh Gonoril! Tu non meriti la polvere che il rude vento ti soffia sulla faccia. Ho paura delle tue intenzioni. La natura che disprezza le proprie origini non può trovare in sé il proprio confine; il ramo che da solo si strappa e si separa dalla sua linfa vitale, è condannato a avvizzire e a diventare legno morto. GONORIL
Basta, la predica è insipida. ALBANY
La saggezza e la bontà sembrano vili ai vili; il sudiciume piace solo a se stesso. Che avete fatto? Tigri, non figlie, cosa avete commesso? Un padre, che è un vecchio venerando, la cui reverenza perfino l’orso con l’anello al naso ossequierebbe, voi barbare, voi degenerate, avete privato del senno. E il mio buon fratello ha tollerato che lo faceste?... Un uomo, un principe, da lui così beneficato! Se il cielo non invia presto quaggiù i suoi spiriti visibili a castigare queste ne-
1521
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 16
It will come, Humanity must perforce prey on itself, Like monsters of the deep. GONORIL Milk-livered man, That bear’st a cheek for blows, a head for wrongs; Who hast not in thy brows an eye discerning Thine honour from thy suffering; that not know’st Fools do those villains pity who are punished Ere they have done their mischief: where’s thy drum? France spreads his banners in our noiseless land, With plumèd helm thy flaxen biggin threats, Whiles thou, a moral fool, sits still and cries ‘Alack, why does he so?’ ALBANY See thyself, devil. Proper deformity shows not in the fiend So horrid as in woman. GONORIL O vain fool!
50
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60
ALBANY
Thou changèd and self-covered thing, for shame Bemonster not thy feature. Were’t my fitness To let these hands obey my blood, They are apt enough to dislocate and tear Thy flesh and bones. Howe’er thou art a fiend, A woman’s shape doth shield thee. GONORIL Marry your manhood, mew –
65
Enter [Second] Gentleman ALBANY What news? [SECOND] GENTLEMAN
O my good lord, the Duke of Cornwall’s dead, Slain by his servant going to put out The other eye of Gloucester. ALBANY Gloucester’s eyes?
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56. Flaxen begin threats: emend. Taylor; in Qa thy flayer begin threats = “minaccia il tuo berretto spelacchiato” (?); in Qb thy state begins thereat = “il tuo stato comincia lì”. 59. Shows: così in Qb; in Qa seems = “sembra”. 1522
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 16
fandezze, accadrà… Che immancabilmente l’umanità si divorerà da sola come i mostri degli abissi. GONORIL
Uomo dal fegato di latte134! Che porti la guancia per gli schiaffi, la testa per le corna! Che non hai in viso un occhio in grado di distinguere la gloria dalla passività; che non sai che solo gli stupidi compiangono i malfattori puniti prima che abbiano potuto nuocere. Dov’è il tuo tamburo? Francia fa garrire i suoi stendardi nella nostra terra ammutolita, con cimiero piumato sta minacciando il tuo stato, mentre tu, stupido moralista, stai lì che gridi “Ahimè! Perché fa questo?” ALBANY
Guardati, ché sei il diavolo! Nemmeno nel demonio la vera deformità si rivela orrida come nella donna. GONORIL
O vacuo sciocco! ALBANY
Creatura mutata e camuffata per la vergogna, non rendere evidente la tua mostruosità. Se consentissi a queste mani di obbedire al mio sangue, sarebbero capaci di slogarti e stracciare le ossa e le carni. Benché tu sia un demonio, una forma di donna ti protegge. GONORIL
Accidenti, che virilità! Miao! Entra [il Secondo] Gentiluomo ALBANY
Che notizie? [SECONDO] GENTILUOMO
Oh, mio buon signore, il duca di Cornovaglia è morto; ucciso dal suo servo mentre strappava l’altro occhio a Gloucester. ALBANY
Gloucester accecato?
1523
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 16
[SECOND] GENTLEMAN
A servant that he bred, thralled with remorse, Opposed against the act, bending his sword To his great master, who thereat enraged Flew on him, and amongst them felled him dead, But not without that harmful stroke which since Hath plucked him after. ALBANY This shows you are above, You justicers, that these our nether crimes So speedily can venge. But O, poor Gloucester! Lost he his other eye? [SECOND] GENTLEMAN Both, both, my lord. (To Gonoril) This letter, madam, craves a speedy answer. ’Tis from your sister. GONORIL (aside) One way I like this well; But being widow, and my Gloucester with her, May all the building on my fancy pluck Upon my hateful life. Another way The news is not so took. – I’ll read and answer. Exit
75
80
85
ALBANY
Where was his son when they did take his eyes? [SECOND] GENTLEMAN
Come with my lady hither. He is not here.
ALBANY
[SECOND] GENTLEMAN
No, my good lord; I met him back again. ALBANY Knows he the wickedness? [SECOND] GENTLEMAN
Ay, my good lord; ’twas he informed against him, And quit the house on purpose that their punishment Might have the freer course.
78. Justicers: così in Qb; in Qa justices (v. anche sopra, 13, 17). 1524
90
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 16
[SECONDO] GENTILUOMO
Un servo che aveva allevato, sconvolto dal rimorso si è opposto all’atto, rivolgendo la spada contro il potente padrone; il quale, adiratissimo, si è scagliato su di lui, e insieme a lei lo ha ucciso; ma non senza ricevere quella stoccata funesta, che in seguito ha reclamato la sua vita. ALBANY
Dunque ci siete, lassù, giustizieri, che questi nostri delitti così solleciti sapete vendicare! Ma, povero Gloucester! Ha perso l’altro occhio? [SECONDO] GENTILUOMO
Tutti e due, tutti e due, signore. (A Gonoril) Questa lettera, signora, chiede una rapida risposta. È di vostra sorella. GONORIL (a parte) Da un lato non mi dispiace. Ma con lei vedova e avvinta al mio Gloucester, il castello delle mie fantasie potrebbe crollare su questa mia vita che detesto. Sotto un altro verso, la notizia non è così cattiva. – Leggo, e rispondo. Esce ALBANY
Dov’era suo figlio quando gli hanno strappato gli occhi? [SECONDO] GENTILUOMO
Venuto qui con la mia signora. ALBANY
Ma qui non c’è. [SECONDO] GENTILUOMO
No, mio signore, l’ho incontrato che tornava indietro. ALBANY
Sa di questa infamia? [SECONDO] GENTILUOMO
Sì, mio signore. Era stato lui a denunciarlo, e aveva lasciato la casa di proposito, perché il loro castigo potesse avvenire senza intralci.
1525
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 17
Gloucester, I live To thank thee for the love thou showed’st the King, And to revenge thy eyes. – Come hither, friend. Tell me what more thou knowest. Exeunt
ALBANY
95
Sc. 17 Enter the Earl of Kent disguised, and [First] Gentleman KENT Why the King of France is so suddenly gone back
know you no reason? [FIRST] GENTLEMAN
Something he left imperfect in the state Which, since his coming forth, is thought of; which Imports to the kingdom so much fear and danger That his personal return was most required And necessary.
5
KENT
Who hath he left behind him general? [FIRST] GENTLEMAN
The Maréchal of France, Monsieur la Far. KENT Did your letters pierce the Queen demonstration of grief?
to
any 11
[FIRST] GENTLEMAN
Ay, sir. She took them, read them in my presence, And now and then an ample tear trilled down Her delicate cheek. It seemed she was a queen Over her passion who, most rebel-like, Sought to be king o’er her. KENT O, then it moved her.
15
[FIRST] GENTLEMAN
Not to a rage. Patience and sorrow strove Who should express her goodliest. You have seen Sunshine and rain at once; her smiles and tears Were like, a better way. Those happy smilets That played on her ripe lip seemed not to know What guests were in her eyes, which parted thence
12. Sir: emend. tardo; in Q say = “dì, parla”. 21. Seemed: emend. tardo; in Q seem = “sembrano”. 1526
20
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 17
ALBANY
Gloucester, vivrò per ringraziarti dell’amore che hai mostrato al re, e per vendicare i tuoi occhi. Vieni con me, amico: Dimmi cos’altro sai. Escono Scena 17
135
Entrano il signore di Kent travestito, e [il primo] gentiluomo136
KENT
Perché il re di Francia è tornato indietro così all’improvviso? Sapete la ragione? [PRIMO] GENTILUOMO
Una questione che aveva lasciato in sospeso nel suo Stato e a cui si pensava sin dal suo arrivo. È materia di tali timori e di tali rischi per il regno, da esigere come indispensabile il suo ritorno di persona. KENT
Chi ha lasciato come generale in capo? [PRIMO] GENTILUOMO
Il Maresciallo di Francia, Monsieur La Far. KENT
Le vostre lettere hanno commosso la regina fino a farle mostrare il suo dolore in qualche modo? [PRIMO] GENTILUOMO
Sì, signore. Le ha prese, le ha lette in mia presenza; e ogni tanto una gonfia lacrima le scivolava lungo la guancia delicata. Sembrava la regina di una passione che a mo’ di ribelle tentava di regnare su di lei. KENT
Ah! Sicché era commossa. [PRIMO] GENTILUOMO
Non fino all’ira. Pazienza e dolore gareggiavano a chi meglio manifestasse la sua bontà. Sapete quando piove e c’è il sole; i suoi sorrisi e le sue lacrime erano così, ma meglio. Quei sorrisetti lieti che scherzavano sulla sua bocca matura non sembravano conoscere gli ospiti dei suoi occhi, che di lì si partivano come perle cadute
1527
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 17
As pearls from diamonds dropped. In brief, Sorrow would be a rarity most beloved If all could so become it. KENT Made she no verbal question?
24
[FIRST] GENTLEMAN
Faith, once or twice she heaved the name of ‘father’ Pantingly forth as if it pressed her heart, Cried ‘Sisters, sisters, shame of ladies, sisters, Kent, father, sisters, what, i’th’ storm, i’th’ night, Let piety not be believed!’ There she shook The holy water from her heavenly eyes And clamour mastered, then away she started To deal with grief alone. KENT It is the stars, The stars above us govern our conditions, Else one self mate and make could not beget Such different issues. You spoke not with her since? [FIRST] GENTLEMAN No.
30
35
KENT
Was this before the King returned? [FIRST] GENTLEMAN
No, since.
KENT
Well, sir, the poor distressèd Lear’s i’th’ town, Who sometime in his better tune remembers What we are come about, and by no means Will yield to see his daughter. [FIRST] GENTLEMAN Why, good sir?
40
KENT
A sovereign shame so elbows him: his own unkindness, That stripped her from his benediction, turned her To foreign casualties, gave her dear rights To his dog-hearted daughters – these things sting His mind so venomously that burning shame Detains him from Cordelia.
45
32. Clamour mastered: emend. Taylor; in Q clamour moystened her = “le grida [ma anche “il dolore”] la bagnavano” (di lacrime). 1528
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 17
da diamanti. In breve, il dolore sarebbe una rarità adorabile, se in tutti facesse questo effetto. KENT
Non ha formulato domande? [PRIMO] GENTILUOMO
Sì, una volta o due ha esalato il nome “padre” ansimando, come per l’oppressione del cuore. Ha gridato “Sorelle! Sorelle! Vergogna delle donne! Sorelle! Kent! Padre! Sorelle! Ma come? Nella tempesta? Di notte? La pietà non può crederlo!” E allora si sgrullava quell’acqua santa dagli occhi celestiali, e dominava le grida137. Infine si è appartata per affrontare da sola la sua pena. KENT
Sono le stelle, le stelle su di noi, che governano le nostre condizioni; altrimenti uno stesso connubio non potrebbe generare prole così diversa. Non le avete più parlato? [PRIMO] GENTILUOMO
No. KENT
Fu prima del ritorno del re? [PRIMO] GENTILUOMO
No, dopo. KENT
Ebbene, il povero, angosciato Lear è in città; e qualche volta, nei momenti migliori, si ricorda il motivo della nostra venuta. Però in nessun modo accetta di rivedere sua figlia. [PRIMO] GENTILUOMO
Ma perché, signore? KENT
Una vergogna sovrana lo trattiene così. La sua disumanità che privò lei della sua benedizione, la lasciò all’incertezza del paese straniero, cedette i suoi sacri diritti a queste figlie dal cuore di cane – queste cose gli pungono l’animo con tanto veleno, che una cocente vergogna lo tiene lontano da Cordelia.
1529
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 18
[FIRST] GENTLEMAN
Alack, poor gentleman!
KENT
Of Albany’s and Cornwall’s powers you heard not? [FIRST] GENTLEMAN ’Tis so; they are afoot.
50
KENT
Well, sir, I’ll bring you to our master Lear, And leave you to attend him. Some dear cause Will in concealment wrap me up a while. When I am known aright you shall not grieve Lending me this acquaintance. I pray you go Along with me.
55 Exeunt
Sc. 18 Enter Queen Cordelia, a Doctor, and others CORDELIA
Alack, ’tis he! Why, he was met even now, As mad as the racked sea, singing aloud, Crowned with rank fumitor and furrow-weeds, With burdocks, hemlock, nettles, cuckoo-flowers, Darnel, and all the idle weeds that grow In our sustaining corn. The centuries send forth. Search every acre in the high-grown field, And bring him to our eye. [Exit one or more] What can man’s wisdom In the restoring his bereavèd sense, He that can help him Take all my outward worth. DOCTOR There is means, madam. Our foster-nurse of nature is repose, The which he lacks. That to provoke in him Are many simples operative, whose power Will close the eye of anguish.
5
10
15
2. Racked: emend. Taylor; in Q vent; in F vexed = “furioso”. 4. Burdocks: emend. tardo; in Q hor-docks, in F hardockes, oggetto di numerose congetture di ordine botanico. 6. The centuries: in Q a century is = “una centuria è stata mandata”; in F a century = “si mandi una centuria”. 1530
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 18
[PRIMO] GENTILUOMO
Ahimè, povero signore! KENT
Delle forze di Albany e Cornovaglia sapete niente? [PRIMO] GENTILUOMO
Sì, che sono scese in campo. KENT
Bene, signore, vi condurrò al nostro sire, Lear, e vi lascerò a servirlo. Un motivo importante mi avvolgerà ancora un poco nel mio travestimento; quando si saprà chi sono, non vi pentirete di avermi così dato fiducia. Di grazia, venite con me. Escono Scena 18 Entrano la regina Cordelia, un dottore, e altri138 CORDELIA
Ahimè! È lui. Lo hanno incontrato poco fa, pazzo come il mare in tempesta. Cantava a voce spiegata, incoronato di fumaria marcia e di erbacce, e di lappole, cicuta, ortiche, fiori di cuculo, loglio e di tutte le gramigne che crescono nel grano che ci nutre. Fate uscire una centuria; frugate ogni acro del campo sommerso di messi, e portatelo qui, davanti ai nostri occhi. [Esce uno o più] Che può fare la scienza umana per restituirgli il senno smarrito? Chi lo guarirà si prenda ogni mio bene visibile. DOTTORE
Il mezzo c’è, signora. La nostra nutrice naturale è il riposo, che ora gli manca. Per poterglielo dare esistono molte erbe assai efficaci, i cui poteri chiudono gli occhi all’angoscia.
1531
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 19
All blest secrets, All you unpublished virtues of the earth, Spring with my tears, be aidant and remediate In the good man’s distress! – Seek, seek for him, Lest his ungoverned rage dissolve the life That wants the means to lead it.
CORDELIA
20
Enter a Messenger News, madam. The British powers are marching hitherward.
MESSENGER CORDELIA
’Tis known before; our preparation stands In expectation of them. – O dear father, It is thy business that I go about; Therefore great France My mourning and important tears hath pitied. No blown ambition doth our arms incite, But love, dear love, and our aged father’s right. Soon may I hear and see him!
25
Exeunt
Sc. 19 Enter Regan and Oswald, Gonoril’s steward REGAN
But are my brother’s powers set forth? OSWALD
Ay, madam.
REGAN
Himself in person? Madam, with much ado. Your sister is the better soldier.
OSWALD REGAN
Lord Edmund spake not with your lord at home? OSWALD No, madam. REGAN
What might import my sister’s letters to him? OSWALD I know not, lady.
4. Lord: così in F; in Q lady = “signora”. 1532
5
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 19
CORDELIA
O segreti benedetti, o arcane virtù della terra, spuntate tutti sotto le mie lacrime, recate soccorso e medicina alla sventura di quell’uomo buono! – Cercatelo, cercatelo, prima che il suo furore incontrollato non distrugga quella vita cui manca il mezzo onde guidarsi. Entra un Messo MESSO
Novità, signora: le truppe di Britannia marciano in questa direzione. CORDELIA
Si sapeva. I nostri preparativi sono saldi nella loro attesa. – Oh caro padre! È per la tua causa che sono venuta qui139. Per questo il grande Francia ha compatito i miei lamenti e lacrime importune. Non tronfia ambizione incita le nostre armi, ma l’amore, il prezioso amore, e il diritto del nostro vecchio padre. Possa io udirlo e vederlo presto! Escono Scena 19 Entrano Regan e Oswald, il maggiordomo di Gonoril140 REGAN
Ma allora mio cognato ha mandato i suoi uomini? OSWALD
Sì, signora. REGAN
E lui in persona è con loro? OSWALD
Dopo aver fatto molte storie, signora. Vostra sorella è un soldato migliore. REGAN
Il nobile Edmund non ha parlato col vostro signore quando era da voi? OSWALD
No, signora. REGAN
A che scopo mia sorella dovrebbe scrivergli una lettera? OSWALD
Non lo so, signora. 1533
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 19
REGAN
Faith, he is posted hence on serious matter. It was great ignorance, Gloucester’s eyes being out, To let him live. Where he arrives he moves All hearts against us. Edmund, I think, is gone, In pity of his misery, to dispatch His ‘nighted life, moreover to descry The strength o’th’ army.
10
OSWALD
I must needs after with my letters, madam.
15
REGAN
Our troop sets forth tomorrow. Stay with us. The ways are dangerous. OSWALD I may not, madam. My lady charged my duty in this business. REGAN
Why should she write to Edmund? Might not you Transport her purposes by word? Belike – Something, I know not what. I’ll love thee much: Let me unseal the letter. OSWALD Madam, I’d rather –
20
REGAN
I know your lady does not love her husband. I am sure of that, and at her late being here She gave strange oeillades and most speaking looks To noble Edmund. I know you are of her bosom. OSWALD I, madam?
25
REGAN
I speak in understanding, for I know’t. Therefore I do advise you take this note. My lord is dead. Edmund and I have talked, And more convenient is he for my hand Than for your lady’s. You may gather more.
30
11. Edmund: così in F; in Q and now = “e ora”, difeso senza convinzione da qualche curatore. 15. After: emend. Taylor; in Q after him; in F after him, Madam. 1534
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 19
REGAN
Certo se è partito aveva delle faccende importanti. È stata una grossa sciocchezza lasciare in vita Gloucester, una volta accecato; dovunque va, solleva tutti i cuori contro di noi. Edmund secondo me è andato per compassione della sua triste sorte, a metter fine alla sua vita ottenebrata – e poi, anche a sincerarsi delle forze nemiche. OSWALD
Io devo raggiungerlo con la mia lettera, signora. REGAN
I nostri si avviano domani; resta con noi, le strade sono piene di pericoli. OSWALD
Non posso, signora: su questo la mia padrona ha impegnato il mio onore. REGAN
Perché ha dovuto scrivere a Edmund? Non potevi comunicare a voce il suo messaggio? Forse… Qualcosa, non so cosa. Ti sarò molto grata: fammi aprire la lettera. OSWALD
Signora, non vorrei che... REGAN
Io so che la tua signora non ama suo marito, e lo so di sicuro. E di recente quando era qui ha lanciato strane occhiate141 e sguardi molto eloquenti al nobile Edmund. So che sei un suo intimo. OSWALD
Io, signora? REGAN
Parlo con cognizione, lo so di certo. Pertanto ti consiglio di pensare bene a questo: il mio signore è morto; Edmund e io ci siamo parlati, e lui è più adatto alla mia mano che a quella della tua signora. Al resto puoi arrivare da solo. Se lo trovi, ti prego, dagli
1535
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
If you do find him, pray you give him this, And when your mistress hears thus much from you, I pray desire her call her wisdom to her. So, farewell. If you do chance to hear of that blind traitor, Preferment falls on him that cuts him off.
35
OSWALD
Would I could meet him, madam. I would show What lady I do follow. REGAN Fare thee well. Exeunt severally Sc. 20 Enter Edgar disguised as a peasant, with a staff, guiding the blind Duke of Gloucester GLOUCESTER
When shall we come to th’ top of that same hill? EDGAR
You do climb up it now. Look how we labour. GLOUCESTER
Methinks the ground is even. Horrible steep. Hark, do you hear the sea? GLOUCESTER No, truly. EDGAR
EDGAR
Why, then your other senses grow imperfect By your eyes’ anguish. GLOUCESTER So may it be indeed. Methinks thy voice is altered, and thou speak’st With better phrase and matter than thou didst.
5
EDGAR
You’re much deceived. In nothing am I changed But in my garments. GLOUCESTER Methinks you’re better spoken. EDGAR
Come on, sir, here’s the place. Stand still. How fearful And dizzy ’tis to cast one’s eyes so low! The crows and choughs that wing the midway air Show scarce so gross as beetles. Halfway down 1536
9
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
questo; e quando la tua padrona sentirà queste cose da te, ti prego, esortala a farsi un po’ più saggia. Ora fai buon viaggio. Se per caso sentirai di quel traditore cieco, benefici andranno a chi lo eliminerà. OSWALD
Mi venisse fra le mani, signora: vi farei vedere da quale parte sto. REGAN
Addio. Escono separatamente Scena 20 Entra Edgar camuffato da villico, con un bastone, guidando il cieco duca di Gloucester142 GLOUCESTER
Quando saremo in cima alla scogliera? EDGAR
Ci stiamo già arrampicando. Non sentite che fatica? GLOUCESTER
Ma il terreno mi sembra piano. EDGAR
No, è ripidissimo. Ascoltate! Non sentite il mare? GLOUCESTER
Veramente, no. EDGAR
Be’, allora i vostri altri sensi si sono avariati per via del dolore degli occhi. GLOUCESTER
Sì, può essere. Mi sembra anche che la tua voce sia cambiata, e che tu parli con più proprietà e con più logica di prima. EDGAR
Vi ingannate assai. Non sono cambiato in altro che nei vestiti. GLOUCESTER
A me sembra che tu parli meglio. EDGAR
Avanti, signore; ecco il punto; non vi muovete. Fa paura, fa girare la testa gettare giù gli occhi fino in fondo! I corvi e le cornacchie che battono le ali a mezz’aria non sembrano più grandi di scarafaggi. Giù sul costone c’è appeso uno che coglie erba medica143... 1537
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
Hangs one that gathers samphire, dreadful trade! Methinks he seems no bigger than his head. The fishermen that walk upon the beach Appear like mice, and yon tall anchoring barque Diminished to her cock, her cock a buoy Almost too small for sight. The murmuring surge That on the unnumbered idle pebble chafes Cannot be heard, it’s so high. I’ll look no more, Lest my brain turn and the deficient sight Topple down headlong. GLOUCESTER Set me where you stand.
15
20
EDGAR
Give me your hand. You are now within a foot Of th’extreme verge. For all beneath the moon Would I not leap upright. GLOUCESTER Let go my hand. Here, friend, ’s another purse; in it a jewel Well worth a poor man’s taking. Fairies and gods Prosper it with thee! Go thou farther off. Bid me farewell, and let me hear thee going.
25
30
EDGAR
Now fare you well, good sir. He stands aside GLOUCESTER
With all my heart.
EDGAR (aside)
Why I do trifle thus with his despair Is done to cure it. GLOUCESTER O you mighty gods, He kneels This world I do renounce, and in your sights Shake patiently my great affliction off! If I could bear it longer, and not fall To quarrel with your great opposeless wills, My snuff and loathèd part of nature should Burn itself out. If Edgar live, O bless him! – Now, fellow, fare thee well. 1538
35
40
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
brutto mestiere! Tutto intero non sembra più grande della sua testa. I pescatori che vanno lungo la spiaggia paiono topolini, e quel grosso bastimento all’ancora è piccolo come la sua scialuppa, la scialuppa, come una boa quasi invisibile. La mormorante risacca che spumeggia sugli innumerevoli ciottoli oziosi da quassù non si sente. Io smetto di guardare, o mi si confonde il cervello, e la vista frastornata mi fa piombare a capofitto144. GLOUCESTER
Fammi venire dove sei. EDGAR
Datemi la mano. Voi siete ora a meno di un piede dal bordo estremo. Per tutti i beni del mondo non vorrei fare questo salto. GLOUCESTER
Lasciami. Ecco, amico, un’altra borsa; ci troverai una gemma che a un povero non conviene rifiutare. Le fate e gli dèi te ne diano frutto! Tu vai via, ora. Dimmi addio e fammi sentire che vai. EDGAR
Allora fate buon viaggio, buon signore. Resta fermo in disparte GLOUCESTER
Con tutto il cuore. EDGAR (a parte)
Perché gioco così con la sua disperazione? Lo faccio solo per guarirla. GLOUCESTER
Possenti dèi! Si inginocchia A questo mondo ora rinuncio, e sotto i vostri occhi, rassegnato, mi libero dai miei grandi affanni. Potessi sopportarli oltre, senza finire per scontrarmi con le vostre grandi volontà irresistibili, la mia fiammella e la parte odiosa della mia natura brucerebbero fino in fondo. Se Edgar vive, oh, beneditelo! – E a te, amico, addio.
1539
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
Gone, sir. Farewell.
EDGAR
Gloucester falls forward (Aside) And yet I know not how conceit may rob The treasury of life, when life itself Yields to the theft. Had he been where he thought, By this had thought been past. – Alive or dead? (To Gloucester) Ho you, sir; hear you, sir? Speak. (Aside) Thus might he pass indeed. Yet he revives. (To Gloucester) What are you, sir? GLOUCESTER Away, and let me die.
45
EDGAR
Hadst thou been aught but goss’mer, feathers, air, So many fathom down precipitating Thou hadst shivered like an egg. But thou dost breathe, Hast heavy substance, bleed’st not, speak’st, art sound. Ten masts a-length make not the altitude Which thou hast perpendicularly fell. Thy life’s a miracle. Speak yet again. GLOUCESTER But have I fallen, or no?
50
55
EDGAR
From the dread summit of this chalky bourn. Look up a-height. The shrill-gorged lark so far Cannot be seen or heard. Do but look up. GLOUCESTER Alack, I have no eyes. Is wretchedness deprived that benefit To end itself by death? ’Twas yet some comfort When misery could beguile the tyrant’s rage And frustrate his proud will. EDGAR Give me your arm. Up. So, how now? Feel you your legs? You stand.
60
65
GLOUCESTER
Too well, too well.
53. A-length: emend. Taylor; in Q e F at each = “a ciascuno”, incongruo. 57. Summit: così in F; in Q summons = “richiami”. 65. How now?: emend. Taylor; in Q how; in F how is’t? 1540
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
EDGAR
Vado, signore. Addio. Gloucester si getta in avanti (A parte) D’altro canto, non so fino a che punto l’immaginazione può rubare il tesoro della vita, quando la vita stessa consente il furto; se fosse stato dove pensava, a questo punto non avrebbe più pensiero. – Vivo o morto? (A Gloucester) Ehi, signore! Amico! Mi sentite, signore? Parlate! (A parte) Così potrebbe morire davvero... invece rinviene. (A Gloucester) Chi siete, signore? GLOUCESTER
Via, lasciami morire. EDGAR
Fossi stato altro che un filo di ragno, una piuma, aria, precipitato così per tante tese, ti saresti frantumato come un uovo; ma respiri, sei intero, non sanguini, parli, sei sano. Dieci alberi maestri uno sull’altro non fanno l’altezza da cui sei caduto a perpendicolo. La tua vita è un miracolo. Parla ancora. GLOUCESTER
Ma sono caduto o no? EDGAR
Dalla terrificante cima di questa parete145 di gesso. Guarda in alto: l’allodola dalla gola stridente, da quaggiù non si vede né si sente; prova a guardare. GLOUCESTER
Ahimè! Io non ho occhi. Dunque all’infelicità è negato il beneficio di darsi la fine con la morte? Era un conforto, quando lo sventurato poteva eludere l’ira del tiranno e frustrarne la tracotante volontà. EDGAR
Dammi il braccio. Su; ecco. Come stai? Senti le gambe? Ora sei in piedi. GLOUCESTER
Troppo bene, troppo bene.
1541
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
This is above all strangeness. Upon the crown of the cliff what thing was that Which parted from you? GLOUCESTER A poor unfortunate beggar. EDGAR
EDGAR
As I stood here below, methoughts his eyes Were two full moons. A had a thousand noses, Horns whelked and wavèd like the enridgèd sea. It was some fiend. Therefore, thou happy father, Think that the clearest gods, who made their honours Of men’s impossibilities, have preserved thee.
70
GLOUCESTER
I do remember now. Henceforth I’ll bear Affliction till it do cry out itself ‘Enough, enough,’ and die. That thing you speak of, I took it for a man. Often would it say ‘The fiend, the fiend!’ He led me to that place.
75
EDGAR
Bear free and patient thoughts. Enter King Lear mad, [crowned with weeds and flowers] But who comes here? The safer sense will ne’er accommodate His master thus. LEAR No, they cannot touch me for coining. I am the King himself. EDGAR O thou side-piercing sight! LEAR Nature is above art in that respect. There’s your press-money. That fellow handles his bow like a crowkeeper. Draw me a clothier’s yard. Look, look, a mouse! Peace, peace, this toasted cheese will do it. There’s my gauntlet. I’ll prove it on a giant. Bring up the brown bills. O, well flown, bird, in the air. Ha! Give the word. EDGAR Sweet marjoram.
78. Often would it say: così in Q1; in F often t’would say. 1542
81
85
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
EDGAR
Questo supera ogni stranezza. Chi era quello che sulla cresta della scogliera si accomiatava da te? GLOUCESTER
Un povero sventurato mendicante. EDGAR
Da quaggiù mi sembrava che i suoi occhi fossero due lune piene; aveva mille nasi, corna bitorzolute e ondulate come il mare agitato; era un diavolo; perciò, o fortunato padre, pensa che gli dèi più puri, quelli che si compiacciono di gesta impossibili agli uomini, ti hanno salvato. GLOUCESTER
Ora ricordo. D’ora innanzi sopporterò l’afflizione finché non sarà essa stessa a gridare “Basta, basta”, e a morire. L’essere di cui parli credevo fosse un uomo; lui diceva spesso “Il diavolo, il diavolo”; mi ha condotto lui in quel luogo. EDGAR
Nutri pensieri pazienti e onesti. Entra Lear folle, [incoronato di erbacce e fiori] Ma chi viene? Un cervello a posto non farebbe mai girare il suo padrone in quello stato. LEAR
No, se batto moneta non possono rivaleggiare con me146; io sono il re in persona. EDGAR
Che vista da spezzare il cuore! LEAR
La natura vale più dell’arte sotto questo aspetto147. Prendi, recluta, ecco il tuo soldo148. Quel tipo lì tiene l’arco come uno spaventapasseri. Tendilo per la lunghezza di una misura da sarto149! Guarda, guarda! Un sorcio! Zitti, zitti! Questo pezzetto di cacio tostato basterà ad attirarlo. Ecco il mio guanto, sono pronto a sfidare anche un gigante. Avanti le picche brune! Oh, bel volo, falco150! Ehi! La parola d’ordine. EDGAR
Foglie di maggiorana151. 1543
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
LEAR Pass. GLOUCESTER I know that voice.
94
LEAR Ha, Gonoril! Ha, Regan! They flattered me like a
dog, and told me I had white hairs in my beard ere the black ones were there. To say ‘ay’ and ‘no’ to everything I said ‘ay’ and ‘no’ to was no good divinity. When the rain came to wet me once, and the wind to make me chatter, when the thunder would not peace at my bidding, there I found them, there I smelt them out. Go to, they are not men of their words. They told me I was everything; ’tis a lie, I am not ague-proof. GLOUCESTER
The trick of that voice I do well remember. Is’t not the King? LEAR Ay, every inch a king.
105
[Gloucester kneels] When I do stare, see how the subject quakes! I pardon that man’s life. What was thy cause? Adultery? Thou shalt not die for adultery. No, the wren goes to’t, and the small gilded fly Does lecher in my sight. Let copulation thrive, for Gloucester’s bastard son Was kinder to his father than my daughters Got ’tween the lawful sheets. To’t, luxury, pell-mell, For I lack soldiers. Behold yon simp’ring dame, Whose face between her forks presageth snow, That minces virtue, and does shake the head To hear of pleasure’s name: The fitchew nor the soilèd horse goes to’t With a more riotous appetite. Down from the waist They’re centaurs, though women all above. But to the girdle do the gods inherit; Beneath is all the fiend’s. There’s hell, there’s darkness,
110
115
120
103. Ague-proof: così in F; in Q argue-proof = “a prova di contenzioso”. 1544
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
LEAR
Passa. GLOUCESTER
Conosco quella voce. LEAR
Ah, Gonoril152! Ah, Regan! Mi accarezzavano come un cane, e mi dicevano che avevo peli bianchi nella barba quando non avevo neanche quelli neri153. Dicevano “sì” e “no” a tutto quello che dicevo io! “Sì” e “no”, era cattiva teologia. Quando la pioggia venne a bagnarmi una volta e il vento a darmi i brividi; quando il tuono non volle tacere al mio comando, ecco dove li trovai, ecco dove capii tutto di loro. Via, non sono uomini di parola. Dicevano che ero tutto. Non è vero: io non sono a prova di febbre. GLOUCESTER
Il suono di quella voce lo ricordo bene. Non è il re? LEAR
Sì, il re, da capo a piedi. [Gloucester si inginocchia] Quando fisso il suddito, vedi come trema? A quello faccio grazia della vita. Che reato hai commesso? Adulterio? Non morirai: morire per l’adulterio! No. Lo commette anche lo scricciolo, e la piccola mosca dorata si sfrena sotto i miei occhi. Che la copula dilaghi! Perché il figlio bastardo di Gloucester è stato più umano con suo padre delle mie figlie generate sotto lenzuola legittime. Datevi alla lussuria, alla rinfusa! Perché ho bisogno di soldati. Vedete quella dama smorfiosa con un viso che parla di neve fra le cosce154, che ciancia di virtù, e scuote la testa al solo nome del piacere: nemmeno la puzzola o il lustro stallone ci si buttano con appetito più gagliardo. Dalla vita in giù sono centauri, anche se sopra sono donne: fino alla cintola regnano gli dèi, sotto, è tutto del diavolo. Lì è l’inferno155, la tenebra, lì è la fossa sulfurea – l’arrosto, il bruciore,
1545
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
There’s the sulphury pit, burning, scalding, Stench, consummation. Fie, fie, fie; pah, pah! Give me an ounce of civet, good apothecary, To sweeten my imagination. There’s money for thee. GLOUCESTER O, let me kiss that hand! LEAR Here, wipe it first; it smells of mortality.
125
GLOUCESTER
O ruined piece of nature! This great world Shall so wear out to naught. Do you know me? LEAR I remember thy eyes well enough. Dost thou squiny on me? No, do thy worst, blind Cupid, I’ll not love. Read thou that challenge. Mark the penning of’t.
130
GLOUCESTER
Were all the letters suns, I could not see one.
135
EDGAR (aside)
I would not take this from report; it is, And my heart breaks at it. LEAR (to Gloucester) Read. GLOUCESTER What – with the case of eyes? LEAR O ho, are you there with me? No eyes in your head, nor no money in your purse? Your eyes are in a heavy case, your purse in a light; yet you see how this world goes. GLOUCESTER I see it feelingly. LEAR What, art mad? A man may see how the world goes with no eyes; look with thy ears. See how yon justice rails upon yon simple thief. Hark in thy ear: handy-dandy, which is the thief, which is the justice? Thou hast seen a farmer’s dog bark at a beggar? GLOUCESTER Ay, sir.
1546
139
144
150
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
il fetore, la consunzione; schifo, schifo, schifo! Puah, puah! Bravo speziale, dammi un’oncia di zibetto156, per profumarmi l’immaginazione. Ecco del denaro per te. GLOUCESTER
Oh, fatemi baciare quella mano. LEAR
Prima devo pulirla; puzza di mortalità. GLOUCESTER
O rovine di un capolavoro della natura! Questo grande mondo decadrà così fino al nulla157. Mi riconoscete? LEAR
Mi ricordo abbastanza i tuoi occhi. Mi guardi di traverso? No, fa’ quello che vuoi, cieco Cupido: io non mi innamoro. Leggi questa sfida; guarda se riconosci la scrittura. GLOUCESTER
Anche se le lettere fossero tanti soli, non potrei vederle. EDGAR (a parte)
Se me lo raccontassero, non ci crederei. Ma è così, e mi spezza il cuore. LEAR (a Gloucester) Leggi. GLOUCESTER
Come? Con le orbite prive degli occhi? LEAR
Ehi! Ma allora sei come me? Niente occhi nella testa, niente quattrini nella borsa? Hai le orbite orbate158 come la saccoccia; eppure lo vedi, come va questo mondo. GLOUCESTER
Non lo vedo, lo sento. LEAR
Eh? Sei matto? Si può vedere come va questo mondo anche senza occhi. Guarda con gli orecchi. Vedi come quel giudice grida contro quel semplice ladro? Ascolta con l’orecchio. Basta cambiarli di posto, e oplà, quale è il giudice e quale è il ladro? Hai mai visto un cane di fattore abbaiare a un mendicante? GLOUCESTER
Sì, signore. 1547
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
LEAR An the creature run from the cur, there thou
mightst behold the great image of authority. A dog’s obeyed in office. Thou rascal beadle, hold thy bloody hand. Why dost thou lash that whore? Strip thine own back. Thy blood as hotly lusts to use her in that kind For which thou whip’st her. The usurer hangs the cozener. Through tattered rags small vices do appear; Robes and furred gowns hides all. Get thee glass eyes, And, like a scurvy politician, seem To see the things thou dost not. No tears, now. Pull off my boots. Harder, harder! So. EDGAR (aside) O, matter and impertinency mixed – Reason in madness!
156
160
LEAR
If thou wilt weep my fortune, take my eyes. I know thee well enough: thy name is Gloucester. Thou must be patient. We came crying hither. Thou know’st the first time that we smell the air We wail and cry. I will preach to thee. Mark me. GLOUCESTER Alack, alack, the day! LEAR [removing his crown of weeds] When we are born, we cry that we are come To this great stage of fools. This’ a good block. It were a delicate stratagem to shoe A troop of horse with felt; and when I have stole upon These son-in-laws, then kill, kill, kill, kill, kill, kill!
165
170
175
Enter three Gentlemen
156. Thy blood as hotly: emend. Taylor; in Q thy blood hotly; in F thou hotly. 160. An: spesso equivalente a if = “se” (cong.). 161. No tears now: emend. Taylor; in Q no now = “no, ora”; in F now, now, now, now. 1548
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
LEAR
E se il malcapitato scappa davanti alla bestia, lì puoi vedere la grande immagine dell’autorità: un cane obbedito nelle sue funzioni. Vigliacco d’un aguzzino159, ferma quella mano sanguinaria! Perché frusti quella troia? Scopri le tue, di spalle, visto che bruci dalla voglia di farle quella cosa per cui la frusti. L’usuraio160 impicca il truffatore. Le vesti lacere fanno spuntare anche i vizi più minuti; i manti e le pellicce invece celano tutto 161. Fatti degli occhi di vetro, e come un vile politicante, fingi di vedere quello che non vedi. Basta lacrime, ora. Toglietemi gli stivali. Tira, tira! Così. EDGAR (a parte) Un misto di buonsenso e di stravaganze; la ragione nella pazzia! LEAR
Se vuoi piangere la mia sorte, prendi i miei occhi. Io ti conosco bene, il tuo nome è Gloucester. Devi avere pazienza. Qui ci siamo venuti piangendo. Tu lo sai, la prima volta che fiutiamo l’aria gemiamo e gridiamo. Ora ti faccio una predica. Stai a sentire. GLOUCESTER
Ahi, che giorno funesto! LEAR [togliendosi la corona di erbacce]
Quando nasciamo noi piangiamo perché siamo venuti su questa grande ribalta piena di pazzi. – Mica male questo cappello162! Sarebbe un astuto stratagemma, avvolgere nel feltro gli zoccoli dei cavalli di uno squadrone; e poi, una volta piombati alle spalle di questi generi, ammazza, ammazza, ammazza, ammazza, ammazza! Entrano tre gentiluomini
1549
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
[FIRST] GENTLEMAN
O, here he is. Lay hands upon him, sirs. (To Lear) Your most dear – LEAR
No rescue? What, a prisoner? I am e’en The natural fool of fortune. Use me well. You shall have ransom. Let me have a surgeon; I am cut to the brains. [FIRST] GENTLEMAN You shall have anything. LEAR No seconds? All myself? Why, this would make a man a man of salt, To use his eyes for garden water-pots, Ay, and laying autumn’s dust. [FIRST] GENTLEMAN Good sir –
180
185
LEAR
I will die bravely, like a bridegroom. What, I will be jovial. Come, come, I am a king, my masters, know you that? [FIRST] GENTLEMAN
You are a royal one, and we obey you.
190
LEAR Then there’s life in’t. Nay, an you get it, you shall
get it with running. Exit running, pursued by two Gentlemen [FIRST] GENTLEMAN
A sight most pitiful in the meanest wretch, Past speaking in a king. Thou hast one daughter Who redeems nature from the general curse Which twain hath brought her to. EDGAR Hail, gentle sir. [FIRST] GENTLEMAN Sir, speed you. What’s your will?
195
EDGAR
Do you hear aught of a battle toward?
177. Most dear –: così in Q1; in F most dear daughter = “amatissima figlia”. 184. A man a man: così in F; in Q a man. 194. Speaking: emend. Taylor; in Q e F speaking of, ridondante. 1550
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
[PRIMO] GENTILUOMO
Oh, eccolo! Prendetelo, signori. (A Lear) La vostra amatissima… LEAR
Nessun soccorso? Sono prigioniero? Sono nato per essere lo zimbello naturale della sorte. Trattatemi bene, avrete un riscatto. E chiamate un chirurgo, sono ferito nel cervello. [PRIMO] GENTILUOMO
Avrete qualunque cosa. LEAR
Niente aiuti? Tutto da solo? Ma questo farebbe di un uomo, un uomo di sale163, con gli occhi da usare come annaffiatoi da giardino, sì, per bagnare la polvere d’autunno. [PRIMO] GENTILUOMO
Buon signore… LEAR
Voglio fare una bella morte, elegante come uno sposo164. Certo! Voglio essere allegro. Andiamo, andiamo. Io sono un re, signori, lo sapete? [PRIMO] GENTILUOMO
Siete un sovrano, e vi rendiamo obbedienza. LEAR
Vuol dire che c’è ancora speranza. Avanti, se lo volete prendere, dovrete fare una corsa. Esce di corsa, seguito da due gentiluomini [PRIMO] GENTILUOMO
Questo che sarebbe pietoso nell’ultimo degli infelici, è indescrivibile in un re! Tu hai una figlia che redime la natura dalla maledizione universale arrecatale dalle altre due165. EDGAR
Salve, gentile signore! [PRIMO] GENTILUOMO
Salve a te. Cosa vuoi? EDGAR
Sapete nulla di una battaglia imminente?
1551
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
[FIRST] GENTLEMAN
Most sure and vulgar, everyone hears that That can distinguish sense. EDGAR But, by your favour, How near’s the other army?
200
[FIRST] GENTLEMAN
Near and on speedy foot, the main; descriers Stands on the hourly thoughts. EDGAR I thank you, sir. That’s all. [FIRST] GENTLEMAN
Though that the Queen on special cause is here, Her army is moved on. EDGAR I thank you, sir. Exit Gentleman
206
GLOUCESTER
You ever gentle gods, take my breath from me. Let not my worser spirit tempt me again To die before you please. EDGAR Well pray you, father. GLOUCESTER Now, good sir, what are you?
210
EDGAR
A most poor man, made lame by fortune’s blows, Who by the art of known and feeling sorrows Am pregnant to good pity. Give me your hand, I’ll lead you to some biding. GLOUCESTER [rising] Hearty thanks. The bounty and the benison of heaven To send thee boot to boot.
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Enter Oswald the steward A proclaimed prize! Most happy! That eyeless head of thine was first framed flesh To raise my fortunes. Thou most unhappy traitor,
OSWALD
220
204-5. Near … thoughts: Taylor emenda problematicamente sia Q che F, riportando la frase di P. W. K. Stone, The Textual History of ‘King Lear’ (1980), su questo passo come “la maggiore difficoltà testuale dell’intero dramma”. La traduzione lo chiarisce con le necessarie approssimazioni. 1552
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
[PRIMO] GENTILUOMO
Certo, lo sanno tutti. Lo sente chiunque sia in grado di udire un suono. EDGAR
Ma di grazia, quanto è lontano l’altro esercito? [PRIMO] GENTILUOMO
Poco, e il grosso avanza veloce; gli esploratori saranno qui da un momento all’altro. EDGAR
Grazie, signore; è tutto. [PRIMO] GENTILUOMO
La regina è qui per motivi speciali, ma il suo esercito è in marcia. EDGAR
Signore, vi ringrazio. Il Gentiluomo esce GLOUCESTER
O dèi sempre cortesi, toglietemi ogni alito di vita. Che i miei spiriti peggiori mi risparmino la tentazione di morire prima che vi piaccia! EDGAR
Buona preghiera, padre166. GLOUCESTER
Si può sapere chi siete, buon signore? EDGAR
Un uomo molto povero, domato dai colpi della fortuna; uno che grazie ai dolori che ha visto e provato è aperto alla pietà. Dammi la mano, ti condurrò a un rifugio. GLOUCESTER [si alza] Grazie di cuore. La munificenza e la benedizione del cielo ti ricompensino a usura167. Entra Oswald il maggiordomo OSWALD
Il bandito ricercato168! Bel colpo! Quella tua testa senza occhi si è incarnata per fare la mia fortuna. Sciagurato vecchio traditore,
1553
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
Briefly thyself remember. The sword is out That must destroy thee. GLOUCESTER Now let thy friendly hand Put strength enough to’t. OSWALD (to Edgar) Wherefore, bold peasant, Durst thou support a published traitor? Hence, Lest the infection of his fortune take Like hold on thee. Let go his arm. EDGAR ’Chill not let go, sir, without ’cagion. OSWALD Let go, slave, or thou diest. EDGAR Good gentleman, go your gate. Let poor volk pass. An ’chud have been swaggered out of my life, it would not have been so long by a vortnight. Nay, come not near the old man. Keep out, ’che vor’ ye, or I’ll try whether your costard or my baton be the harder; I’ll be plain with you. OSWALD Out, dunghill!
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They fight EDGAR ’Chill pick your teeth, sir. Come, no matter for
your foins. [Edgar knocks him down] OSWALD
Slave, thou hast slain me. Villain, take my purse. If ever thou wilt thrive, bury my body, And give the letters which thou find’st about me To Edmund, Earl of Gloucester. Seek him out Upon the British party. O untimely death! Death!
240
He dies EDGAR
I know thee well – a serviceable villain, As duteous to the vices of thy mistress As badness would desire. GLOUCESTER What, is he dead? EDGAR Sit you down, father. Rest you. Gloucester sits 1554
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
fai un breve atto di contrizione. Ho già in pugno la spada che sarà la tua fine. GLOUCESTER
Che la tua mano amica abbia tutta la forza che ci vuole! OSWALD (a Edgar)
Sfrontato bifolco, come osi soccorrere un notorio traditore? Indietro, se non vuoi che la sua malasorte ti contagi. Lasciagli il braccio! EDGAR
Nu’ lo lazzo, zigno’, senza n’a ragione169. OSWALD
Marrano, lascialo andare o muori. EDGAR
Zigno’, vadi p’a strada zuia e lazzate sta’ i puveretti. Ca si tenessi paura ‘e fanfarune170, nu’ ssaria campate quinnece iurne. Lazza sta’ ‘o vecchio, o ssi verrà ssi è più dura la capa toia, o il mio tortore. È chiaro? OSWALD
Via, mucchio di letame! Si battono EDGAR
Mo ve stuzzico i denti, zigno’. A me nu’ mme fate male171. [Edgar lo atterra] OSWALD
Zotico, mi hai ammazzato. Prenditi pure la mia borsa, marrano. Se vuoi prosperare, seppellisci il mio corpo; e porta le lettere che troverai nelle mie tasche a Edmund, signore di Gloucester. Cercalo nel campo dei britanni. Che morte prematura! O morte! Muore EDGAR
Ti conosco bene: una canaglia servizievole, compiacente ai vizi della tua padrona quanto il male può augurarsi. GLOUCESTER
Cosa! È morto? EDGAR
Sedete, padre; riposatevi. Gloucester si siede 1555
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 20
Let’s see his pockets. These letters that he speaks of May be my friends. He’s dead; I am only sorrow He had no other deathsman. Let us see. Leave, gentle wax; and manners, blame us not. To know our enemies’ minds we’d rip their hearts; Their papers is more lawful.
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He reads a letter ‘Let your reciprocal vows be remembered. You have many opportunities to cut him off. If your will want not, time and place will be fruitfully offered. There is nothing done if he return the conqueror; then am I the prisoner, and his bed my jail, from the loathed warmth whereof, deliver me, and supply the place for your labour. Your – wife, so I would say – your affectionate servant, and for you her own for venture, Gonoril.’ O indistinguished space of woman’s wit – A plot upon her virtuous husband’s life, And the exchange my brother! – Here in the sands Thee I’ll rake up, the post unsanctifled Of murderous lechers, and in the mature time With this ungracious paper strike the sight Of the death-practised Duke. For him ’tis well That of thy death and business I can tell.
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[Exit with the body] GLOUCESTER
The King is mad. How stiff is my vile sense, That I stand up and have ingenious feeling Of my huge sorrows! Better I were distraught; So should my thoughts be fencèd from my griefs, And woes by wrong imaginations lose The knowledge of themselves. A drum afar off. [Enter Edgar]
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 20
Vediamo queste tasche: le lettere di cui parla potrebbero essermi amiche. È morto, mi dispiace soltanto che non gli sia toccato un altro boia. Vediamo. Spostati, cera172 gentile, e tu, creanza, non ci rimproverare. Per conoscere l’animo dei nemici gli strappiamo il cuore, strappare i loro scritti è più lecito. Legge la lettera “Che i nostri voti reciproci non siano dimenticati. Hai molte opportunità per eliminarlo; se non ti mancherà la volontà, si presenteranno tempi e luoghi opportuni. Non c’è niente da fare se ritorna vincitore; allora io sarò la prigioniera, e il suo letto sarà la mia cella; affrancami da quel calore disgustoso, e occupa il suo posto come premio alle tue fatiche. La tua – sposa, vorrei chiamarmi – serva fedele, per te pronta a rischiare tutto. Gonoril.” Oh smisurato spazio delle brame femminili! Un complotto contro quel virtuoso marito, e in cambio, mio fratello! – Qui nella sabbia ti sotterrerò, empio messaggero di lussuriosi assassini; e a suo tempo con questo foglio sciagurato aprirò gli occhi al duca minacciato di morte. Buon per lui che possa riferire della tua morte e della tua missione! [Esce col cadavere] GLOUCESTER
Il re è pazzo. Come resiste invece la mia vile ragione, ché ho ancora la lucida coscienza dei miei enormi dolori! Meglio se fossi fuori di me: allora i miei pensieri sarebbero scissi dalle mie pene, e gli affanni grazie alle false fantasie perderebbero ogni nozione di se stessi. Tamburi in lontananza. [Entra Edgar]
1557
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 21
Give me your hand. Far off methinks I hear the beaten drum. Come, father, I’ll bestow you with a friend.
EDGAR
Exit Edgar guiding Gloucester Sc. 21 [Soft music.] Enter Queen Cordelia, and the Earl of Kent, disguised CORDELIA O thou good Kent,
How shall I live and work to match thy goodness? My life will be too short, and every measure fail me. KENT
To be acknowledged, madam, is o’erpaid. All my reports go with the modest truth, Nor more, nor clipped, but so. CORDELIA Be better suited. These weeds are memories of those worser hours. I prithee put them off. KENT Pardon me, dear madam. Yet to be known shortens my made intent. My boon I make it that you know me not Till time and I think meet. CORDELIA Then be’t so, my good lord.
5
10
[Enter the Doctor and First Gentleman] How does the King? Madam, sleeps still.
DOCTOR
O you kind gods, Cure this great breach in his abusèd nature; The untuned and hurrying senses O wind up Of this child-changèd father! DOCTOR So please your majesty That we may wake the King? He hath slept long. CORDELIA
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16
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 21
EDGAR
Dammi la mano. Mi sembra di sentire i rulli dei tamburi in lontananza. Vieni, padre. Ti affiderò a un amico. Escono, Edgar guidando Gloucester Scena 21 [Musica sommessa.] Entrano la regina Cordelia e il conte di Kent, travestito173 CORDELIA
Mio caro Kent, vivrò e opererò quanto basti a eguagliare la tua bontà? La mia vita sarà troppo corta e ogni sforzo sarà vano. KENT
L’averne atto da voi, signora, è il più gran premio. Possa ogni resoconto del mio agire seguire l’umile verità, né più né meno delle cose come stanno. CORDELIA
Vestiti meglio: questi stracci sono ricordo di ore assai peggiori. Togliteli, te ne prego. KENT
Perdonate, signora cara, ma se fossi riconosciuto il mio piano fallirebbe. Vi chiedo per favore di non riconoscermi finché il tempo ed io non lo riterremo opportuno. CORDELIA
E allora così sia, mio buon signore. [Entrano il dottore e il primo gentiluomo] Come sta il re? DOTTORE
Signora, dorme ancora. CORDELIA
Oh dèi generosi, curate questa vasta ferita nella sua oltraggiata natura! Restaurate l’armonia nei sensi scordati e dissonanti di questo padre diventato figlio! DOTTORE
Se piace alla vostra maestà, si potrebbe svegliare il re; ha dormito a lungo.
1559
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 21
CORDELIA
Be governed by your knowledge, and proceed I’th’ sway of your own will. Is he arrayed? [FIRST GENTLEMAN]
Ay, madam. In the heaviness of his sleep We put fresh garments on him.
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[DOCTOR]
Good madam, be by when we do awake him. I doubt not of his temperance. CORDELIA Very well. DOCTOR
Please you draw near. Louder the music there! King Lear is [discovered] asleep CORDELIA
O my dear father, restoration hang Thy medicine on my lips, and let this kiss Repair those violent harms that my two sisters Have in thy reverence made! KENT Kind and dear princess!
25
CORDELIA
Had you not been their father, these white flakes Had challenged pity of them. Was this a face To be exposed against the warring winds, To stand against the deep dread-bolted thunder In the most terrible and nimble stroke Of quick cross-lightning, to watch – poor perdu – With this thin helm? Mine injurer’s mean’st dog, Though he had bit me, should have stood that night Against my fire. And wast thou fain, poor father, To hovel thee with swine and rogues forlorn In short and musty straw? Alack, alack, ’Tis wonder that thy life and wits at once Had not concluded all! (To the Doctor) He wakes. Speak to him.
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34. Injurer: emend. tardo; in Q injurious = “ingiurioso”; in F enemy = “nemico”. 1560
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 21
CORDELIA
Fatti guidare dalla tua scienza, e segui il corso che vuoi tu. È abbigliato? [PRIMO GENTILUOMO]
Sì, signora, nel profondo del suo sonno lo abbiamo lavato e rivestito di nuovo. [DOTTORE]
Siate qui, buona signora, quando lo destiamo; sono certo che sarà tranquillo. CORDELIA
Bene. DOTTORE
Avvicinatevi, prego. Più forte, la musica! [Viene rivelato] re Lear addormentato CORDELIA
Oh mio caro padre! Il ristoro appenda la tua medicina alla mia bocca, e che questo bacio ripari la violenza di quel male che le mie due sorelle hanno arrecato alla tua età veneranda! KENT
Cara e dolce principessa! CORDELIA
Anche se non fossi stato loro padre, queste bianche ciocche esigevano pietà. Era questo un viso da opporre al ruggito dei venti? Con cui resistere al tremendo schianto del tuono? Al terribile e agile guizzo del rapido lampo serpeggiante? Con questo elmo così fragile – povera sentinella di avamposto174 – doveva far la guardia? Il cane più cattivo del mio nemico, anche se mi avesse morso, quella notte sarebbe stato accanto al mio fuoco. E tu hai dovuto, povero padre, rifugiarti coi porci e i reietti vagabondi in poca paglia ammuffita? Ahi, ahi, ahi! Stupisce che la tua vita non si sia spenta insieme col tuo senno. (Al Dottore) Si sveglia, parlategli.
1561
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 21
DOCTOR Madam, do you; ’tis fittest. CORDELIA (to Lear)
How does my royal lord? How fares your majesty? LEAR
You do me wrong to take me out o’th’ grave. Thou art a soul in bliss, but I am bound Upon a wheel of fire, that mine own tears Do scald like molten lead. CORDELIA Sir, know me.
45
LEAR
You’re a spirit, I know. Where did you die? CORDELIA (to the Doctor) Still, still far wide! DOCTOR
He’s scarce awake. Let him alone a while. LEAR
Where have I been? Where am I? Fair daylight? I am mightily abused. I should e’en die with pity To see another thus. I know not what to say. I will not swear these are my hands. Let’s see: I feel this pin prick. Would I were assured Of my condition. CORDELIA (kneeling) O look upon me, sir, And hold your hands in benediction o’er me. No, sir, you must not kneel. LEAR Pray do not mock. I am a very foolish, fond old man, Fourscore and upward, and to deal plainly, I fear I am not in my perfect mind. Methinks I should know you, and know this man; Yet I am doubtful, for I am mainly ignorant What place this is; and all the skill I have Remembers not these garments; nor I know not Where I did lodge last night. Do not laugh at me, For as I am a man, I think this lady To be my child, Cordelia. 46. Know me: così in Q1; in Q2 know you me; in F do you know me. 1562
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 21
DOTTORE
A voi, signora, è meglio. CORDELIA (a Lear)
Come sta il mio regale signore? Come si sente la maestà vostra? LEAR
Mi fai torto a svegliarmi dalla tomba. Tu sei un’anima beata; ma io sono avvinto a una ruota di fuoco, sì che le mie stesse lacrime scottano come piombo liquefatto175. CORDELIA
Mi riconoscete, sire? LEAR
Tu sei uno spirito, lo so. Dove sei morta? CORDELIA (al Dottore)
È ancora tanto lontano! DOTTORE
Si sta ancora svegliando, lasciatelo stare per un po’. LEAR
Dove sono stato? Dove sono? È la luce del sole? Ho subito grandi torti. Morirei di pietà se vedessi un altro in questo stato. Non so cosa dire. Non posso giurare che queste siano le mie mani; vediamo. Questo spillo punge, lo sento. Potessi essere sicuro del mio stato! CORDELIA (inginocchiandosi) Oh, guardate me, sire, e alzate la mano benedicente su di me. No, sire, voi in ginocchio no. LEAR
Ti prego, non beffarmi. Io sono un vecchio molto sciocco e svanito, ho ottant’anni e passa, ora più ora meno; e per dirla tutta, ho paura di non starci tutto con la testa. Mi sembra che dovrei conoscere te e anche quest’uomo; però ho i miei dubbi; perché intanto non so che luogo sia questo, e con tutti gli sforzi non ricordo questi abiti, così come non so dove ho passato questa notte. Non ridete di me; perché com’è vero che sono un uomo, credo che questa signora sia mia figlia Cordelia.
1563
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 21
CORDELIA
And so I am.
LEAR
Be your tears wet? Yes, faith. I pray, weep not. If you have poison for me, I will drink it. I know you do not love me; for your sisters Have, as I do remember, done me wrong. You have some cause; they have not. CORDELIA No cause, no cause. LEAR Am I in France? KENT In your own kingdom, sir. LEAR Do not abuse me.
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DOCTOR
Be comforted, good madam. The great rage You see is cured in him, and yet it is danger To make him even o’er the time he has lost. Desire him to go in; trouble him no more Till further settling. CORDELIA (to Lear) Will’t please your highness walk? LEAR You must bear with me. Pray now, forget and forgive. I am old And foolish. Exeunt all but Kent and [First] Gentleman [FIRST] GENTLEMAN Holds it true, sir, that the Duke Of Cornwall was so slain? KENT Most certain, sir. [FIRST] GENTLEMAN
Who is conductor of his people? KENT
The bastard son of Gloucester.
1564
As ’tis said,
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 21
CORDELIA
E così è. LEAR
Sono umide quelle lacrime? Sì, certo. Ma ti prego, non piangere; se hai un veleno per me, lo voglio bere. So che tu non mi ami, perché le tue sorelle, questo me lo ricordo, mi hanno fatto torto. Tu ne hai qualche motivo; loro no. CORDELIA
Non ho motivo, non ho motivo. LEAR
Mi trovo in Francia? KENT
Siete nel vostro regno, sire. LEAR
Non confondetemi. DOTTORE
Consolatevi, buona signora. La grande collera, vedete, è spenta in lui. D’altro canto, è rischioso farlo ripensare al tempo che ha perduto. Invitatelo a entrare, non turbatelo più finché non sarà migliorato ancora. CORDELIA (a Lear) Potete camminare, altezza? LEAR
Devi aver pazienza con me. Dimentica e perdona. Sono vecchio e svanito. Escono tutti tranne Kent e il [primo] gentiluomo [PRIMO] GENTILUOMO
Ma è vero, signore, che il duca di Cornovaglia è stato ucciso? KENT
Più che certo, signore. [PRIMO] GENTILUOMO
E chi comanda i suoi? KENT
Dicono, il figlio bastardo di Gloucester.
1565
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 22
They say Edgar, His banished son, is with the Earl of Kent In Germany. KENT Report is changeable. ’Tis time to look about. The powers of the kingdom Approach apace. [FIRST] GENTLEMAN The arbitrement is Like to be bloody. Fare you well, sir. Exit [FIRST] GENTLEMAN
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KENT
My point and period will be throughly wrought, Or well or ill, as this day’s battle’s fought.
Exit
Sc. 22 Enter Edmund, Regan, and their powers EDMUND
Know of the Duke if his last purpose hold, Or whether since he is advised by aught To change the course. He’s full of abdication And self-reproving. Bring his constant pleasure. Exit one or more REGAN
Our sister’s man is certainly miscarried.
5
EDMUND
’Tis to be doubted, madam. Now, sweet lord, You know the goodness I intend upon you. Tell me but truly – but then speak the truth – Do you not love my sister? EDMUND Ay: honoured love. REGAN
REGAN
But have you never found my brother’s way To the forfended place? EDMUND That thought abuses you.
3. Abdication: così in Qa; in Qb alteration = “alterazione, sconcerto”. 1566
10
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 22
[PRIMO] GENTILUOMO
Dicono che Edgar, il figlio esiliato, sia in Germania con il signore di Kent. KENT
Si sente dire di tutto. È ora di stare in guardia; gli eserciti del regno si avvicinano in fretta. [PRIMO] GENTILUOMO
Probabilmente la soluzione sarà sanguinosa. Addio, signore. Esce KENT
Nel bene o nel male, con la fine di questa battaglia sarà punto e da capo anche per me. Esce Scena 22 Entrano Edmund, Regan, e le loro truppe176 EDMUND
Fatevi dire dal duca se è fermo sulla sua ultima decisione, oppure se da allora qualcosa gli dia motivo di cambiare i programmi. È pieno di titubanze e di rimorsi. Portatemi la sua volontà definitiva. Escono uno o più uomini REGAN
All’uomo di nostra sorella è certo accaduto qualcosa. EDMUND
C’è di che temerlo, signora. REGAN
Ora, caro, sapete come intendo beneficarvi. Ditemi, ma sinceramente, dite solo la verità: voi non amate mia sorella? EDMUND
Sì, di amore lecito. REGAN
Ma non avete fatto mai le veci di mio cognato in quel luogo proibito? EDMUND
Questo pensiero non vi fa onore.
1567
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 22
REGAN I am doubtful
That you have been conjunct and bosomed with her, As far as we call hers. EDMUND No, by mine honour, madam. REGAN
I never shall endure her. Dear my lord, Be not familiar with her. EDMUND Fear me not. She and the Duke her husband –
16
Enter the Duke of Albany and Gonoril with troops GONORIL (aside)
I had rather lose the battle than that sister Should loosen him and me. ALBANY (to Regan) Our very loving sister, well bemet, For this I hear: the King is come to his daughter, With others whom the rigour of our state Forced to cry out. Where I could not be honest I never yet was valiant. For this business, It touches us as France invades our land; Yet hold’s the King, with others whom I fear. Most just and heavy causes make oppose.
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EDMUND
Sir, you speak nobly. REGAN Why is this reasoned?
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GONORIL
Combine together ’gainst the enemy; For these domestic poor particulars Are not to question here. ALBANY
Let us then determine with the ensign of war On our proceedings. EDMUND I shall attend you Presently at your tent. [Exit with his powers] REGAN Sister, you’ll go with us? GONORIL No. 1568
35
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 22
REGAN
Io ho il dubbio che voi vi siate congiunto con lei fino nella sua intimità più profonda. EDMUND
No, sul mio onore, signora. REGAN
Non lo tollererò. Caro signore, evitate le familiarità con lei. EDMUND
Non temete. Eccola col duca suo marito! Entrano il Duca di Albany e Gonoril con soldati GONORIL (a parte)
Preferirei perdere la battaglia che vedere questa sorella allontanarlo da me. ALBANY (a Regan) Ben trovata, sorella dilettissima. Questo ho udito: il re ha raggiunto sua figlia, con altri che la severità del nostro regime ha costretto alla fuga177. Se non mi trovassi nel giusto, non potrei mai dar prova di valore; ma questa circostanza ci tocca da vicino, perché Francia invade la nostra terra, pur se altre temibili forze sostengono il re. Motivi giusti e gravi dividono il campo. EDMUND
Nobili parole. REGAN
Perché queste spiegazioni? GONORIL
Unitevi contro il nemico; ora non è questione di questi screzi domestici e personali. ALBANY
E dunque decidiamo la nostra condotta con gli esperti della guerra. EDMUND
Vi raggiungerò tra poco nella vostra tenda. [Esce con le sue truppe] REGAN
Sorella, venite con noi? GONORIL
No. 1569
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 22
REGAN
’Tis most convenient. Pray you go with us. GONORIL [aside]
O ho, I know the riddle! (To Regan) I will go. Enter Edgar disguised as a peasant EDGAR (to Albany)
If e’er your grace had speech with man so poor, Hear me one word. ALBANY (to the others) I’ll overtake you.
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Exeunt all but Albany and Edgar Speak. EDGAR
Before you fight the battle, ope this letter. If you have victory, let the trumpet sound For him that brought it. Wretched though I seem, I can produce a champion that will prove What is avouchèd there. If you miscarry, Your business of the world hath so an end. Fortune love you – ALBANY Stay till I have read the letter. EDGAR I was forbid it. When time shall serve, let but the herald cry, And I’ll appear again. ALBANY Why, fare thee well. I will o’erlook the paper. Exit Edgar
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Enter Edmund EDMUND
The enemy’s in view; draw up your powers.
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He [offers] Albany a paper Here is the guess of their great strength and forces By diligent discovery; but your haste Is now urged on you. ALBANY We will greet the time. 56. Here: così in F; in Q hard = “difficile”. 1570
Exit
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 22
REGAN
Ma è meglio. Venite con noi, vi prego. GONORIL (a parte)
Ah, ah! Capisco che c’è sotto. (A Regan) Vengo. Entra Edgar travestito da contadino EDGAR (a Albany)
Se mai la vostra grazia ha prestato orecchio a un uomo così umile, consentitemi una parola. ALBANY (agli altri) Vi raggiungo. Escono tutti tranne Albany e Edgar Parla. EDGAR
Prima di combattere, aprite questa lettera. In caso di vittoria, fate squillare la tromba per chiamare chi ve l’ha recata: per misero che sembri, posso far scendere in lizza un campione che dimostrerà quanto qui si afferma. Se sarete sconfitto, non avrete più interessi a questo mondo. La fortuna vi arrida… ALBANY
Resta finché non ho letto la lettera. EDGAR
Mi è stato proibito. Quando sarà il momento, l’araldo lanci un grido, e io riapparirò. ALBANY
Allora, addio. Leggerò il tuo scritto. Edgar esce Entra Edmund EDMUND
Il nemico è in vista. Schierate gli uomini. Edgar [offre] a Albany una carta Ecco il computo delle loro forze complessive in base ad attenti accertamenti. Ora però vi è d’obbligo affrettarvi. ALBANY
Ci adegueremo. Esce 1571
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 23
EDMUND
To both these sisters have I sworn my love, Each jealous of the other as the stung Are of the adder. Which of them shall I take? – Both? – one? – or neither? Neither can be enjoyed If both remain alive. To take the widow Exasperates, makes mad, her sister Gonoril, And hardly shall I carry out my side, Her husband being alive. Now then, we’ll use His countenance for the battle, which being done, Let her that would be rid of him devise His speedy taking off. As for his mercy Which he intends to Lear and to Cordelia, The battle done, and they within our power, Shall never see his pardon; for my state Stands on me to defend, not to debate.
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Exit
Sc. 23 Alarum. The powers of France pass over the stage [led by] Queen Cordelia with her father in her hand. Then enter Edgar disguised as a peasant, guiding the blind Duke of Gloucester EDGAR
Here, father, take the shadow of this bush For your good host; pray that the right may thrive. If ever I return to you again I’ll bring you comfort. GLOUCESTER Grace go with you, sir.
Exit
Alarum and retreat. Enter Edgar EDGAR
Away, old man. Give me thy hand. Away. King Lear hath lost, he and his daughter ta’en. Give me thy hand. Come on. GLOUCESTER
No farther, sir. A man may rot even here.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 23
EDMUND
A entrambe queste sorelle ho giurato amore; e ciascuna sta in sospetto dell’altra, come chi è stato morso lo è del serpente. Quale devo scegliere? – Tutte e due? – Una? – Nessuna? Nessuna delle due si può godere se sono vive entrambe. Scegliere la vedova esaspera, fa impazzire sua sorella Gonoril; e certo non posso arrivare all’altra finché ha il marito vivo. Per adesso mi servo dell’appoggio178 di lui per la battaglia; e dopo, se lei vuole liberarsene, che escogiti il suo rapido congedo. Quanto alla pietà che costui intende avere per Lear e per Cordelia, a battaglia finita, con loro in nostro potere, non vedranno mai la sua clemenza; perché i miei interessi io sono qui per difenderli, non per sabotarli. Esce Scena 23 Trombe di battaglia. Attraversano il palco le forze di Francia [con alla testa] la regina Cordelia che tiene per mano suo padre. Poi entra Edgar travestito da contadino, guidando il cieco duca di Gloucester179 EDGAR
Vieni, padre180, prendi l’ombra di questo albero come tuo buon anfitrione; e prega che vincano i giusti. Se mai tornerò da te, ti recherò conforto. Esce GLOUCESTER
La grazia divina vi accompagni, signore! Trombe e ritirata. Entra Edgar EDGAR
Fuggiamo, vecchio! Dammi la mano: fuggiamo! Re Lear ha perso, e lo hanno preso con la figlia. Dammi la mano: vieni. GLOUCESTER
No, signore; si può marcire anche qui.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
EDGAR
What, in ill thoughts again? Men must endure Their going hence even as their coming hither. Ripeness is all. Come on. Exit Edgar guiding Gloucester
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Sc. 24 Enter Edmund with King Lear and Queen Cordelia prisoners, a Captain, and soldiers EDMUND
Some officers take them away. Good guard Until their greater pleasures best be known That are to censure them. CORDELIA (to Lear) We are not the first Who with best meaning have incurred the worst. For thee, oppressèd King, am I cast down, Myself could else outfrown false fortune’s frown. Shall we not see these daughters and these sisters?
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LEAR
No, no. Come, let’s away to prison. We two alone will sing like birds i’th’ cage. When thou dost ask me blessing, I’ll kneel down And ask of thee forgiveness; so we’ll live, And pray, and sing, and tell old tales, and laugh At gilded butterflies, and hear poor rogues Talk of court news, and we’ll talk with them too – Who loses and who wins, who’s in, who’s out, And take upon ’s the mystery of things As if we were God’s spies; and we’ll wear out In a walled prison packs and sects of great ones That ebb and flow by th’ moon. EDMUND (to soldiers) Take them away. LEAR (to Cordelia) Upon such sacrifices, my Cordelia, The gods themselves throw incense. Have I caught thee? He that parts us shall bring a brand from heaven And fire us hence like foxes. Wipe thine eyes.
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
EDGAR
Cosa? Ancora quei cattivi pensieri? Gli uomini devono tollerare di uscire dalla vita, così come di entrarci: la maturità è tutto181. Vieni. Edgar esce guidando Gloucester Scena 24 Entra Edmund con re Lear e Cordelia prigionieri, un capitano, e soldati EDMUND
Degli ufficiali li portino via. Sorvegliateli finché non si conoscano le decisioni di coloro che devono giudicarli. CORDELIA (a Lear) Non siamo i primi che con buone intenzioni hanno incontrato il peggio. Per te, oppresso re, mi affliggo; da sola saprei affrontare il cipiglio della fortuna ingannatrice. Non vedremo queste figlie e queste sorelle? LEAR
No, no, no, no! Andiamo, vieni con me in prigione. Noi due soli canteremo come uccelli nella gabbia. Quando tu chiederai la mia benedizione, io cadrò in ginocchio e chiederò il tuo perdono; così noi vivremo pregando, cantando, narrando vecchie storie, e ridendo delle dorate farfalle182, e sentendo poveri sciocchi dare notizie della corte; e noi racconteremo a loro di chi perde e chi vince, di chi è dentro e chi è fuori; e avremo su di noi il mistero delle cose come se fossimo le spie di Dio; e poi vedremo dal chiuso della nostra prigione, le fazioni e le sette dei grandi consumarsi nei loro flussi e riflussi governati dalla luna. EDMUND (ai soldati) Portateli via. LEAR (a Cordelia) Sopra tali sacrifici, mia Cordelia, gli dèi stessi gettano incenso. Ti ho ritrovata? Chi ci separerà dovrà portare un tizzone dal cielo e scacciarci da qui come si fa con le volpi183. Asciugati gli occhi; il
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
The goodyear shall devour ’em, flesh and fell, Ere they shall make us weep. We’ll see ’em starve first. Come. Exeunt all but Edmund and the Captain EDMUND Come hither, captain. Hark. Take thou this note. Go follow them to prison. One step I have advanced thee; if thou dost As this instructs thee, thou dost make thy way To noble fortunes. Know thou this: that men Are as the time is. To be tender-minded Does not become a sword. Thy great employment Will not bear question. Either say thou’lt do’t, Or thrive by other means. CAPTAIN I’ll do’t, my lord.
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EDMUND
About it, and write ‘happy’ when thou hast done. Mark, I say, instantly, and carry it so As I have set it down. CAPTAIN I cannot draw a cart, Nor eat dried oats. If it be man’s work, I’ll do’t.
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Exit
Enter the Duke of Albany, the two ladies Gonoril and Regan, [another Captain,] and others ALBANY (to Edmund)
Sir, you have showed today your valiant strain, And fortune led you well. You have the captives That were the opposites of this day’s strife. We do require then of you, so to use them As we shall find their merits and our safety May equally determine. EDMUND Sir, I thought it fit To send the old and miserable King To some retention and appointed guard,
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24. Goodyear: emend. Taylor; in Q good; in F good years; per altri gore = “il grumo di sangue” [met. la carneficina]. 42. Then: così in Q; in F them, che cambia ovviamente il senso della frase. 45. Send: così in Qb, Q2 e F; in Qa save = “proteggere”. 46. And appointed guard: così in Qb e Q2; non in Qa e F. 1576
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
malanno184 li divorerà tutti, carne e pelle, prima che ci facciano piangere; moriranno di fame prima. Vieni. Escono tutti tranne Edmund e il capitano EDMUND
Vieni qui, capitano: ascolta. Prendi questo foglio. Seguili alla prigione. Ti ho già promosso una volta; se agirai secondo queste istruzioni, ti aprirai una strada verso nobili destini. Sappi questo, che gli uomini sono come il loro tempo: avere l’animo tenero non fa bene a un soldato. Le tue grandi responsabilità non consentono domande. Di’ che obbedirai, o fa’ carriera con altri mezzi. CAPITANO
Obbedirò, signore. EDMUND
Forza, allora; e quando avrai finito, considerati fortunato. Attento, ho detto all’istante, e di fare tutto come l’ho scritto. CAPITANO
Io non posso tirare la carretta né vivere di avena secca; se è cosa fattibile da uomo, la farò185. Esce Entrano il duca di Albany, le due dame Gonoril e Regan, [un altro capitano,] e altri ALBANY (a Edmund)
Signore, oggi voi avete dato prova di valore, e la fortuna vi ha arriso. Avete preso prigionieri i nostri avversari di questa giornata di lotta; vi chiedo di consegnarceli, per farli trattare come decideremo che i loro meriti e la nostra sicurezza possano equamente comportare. EDMUND
Signore, ho ritenuto opportuno inviare il vecchio e sventurato re a una detenzione sotto apposita guardia; la sua vecchiaia e ancor
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
Whose age has charms in it, whose title more, To pluck the common bosom on his side And turn our impressed lances in our eyes Which do command them. With him I sent the Queen, My reason all the same, and they are ready Tomorrow, or at further space, to appear Where you shall hold your session. At this time We sweat and bleed. The friend hath lost his friend, And the best quarrels in the heat are cursed By those that feel their sharpness. The question of Cordelia and her father Requires a fitter place. ALBANY Sir, by your patience, I hold you but a subject of this war, Not as a brother. REGAN That’s as we list to grace him. Methinks our pleasure should have been demanded Ere you had spoke so far. He led our powers, Bore the commission of my place and person, The which immediate may well stand up And call itself your brother. GONORIL Not so hot. In his own grace he doth exalt himself More than in your advancement. REGAN In my right By me invested, he compeers the best.
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GONORIL
That were the most if he should husband you. REGAN
Jesters do oft prove prophets. Holla, holla – That eye that told you so looked but asquint.
GONORIL REGAN
Lady, I am not well, else I should answer From a full-flowing stomach. (To Edmund) General,
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
più il suo titolo hanno ancora un fascino capace di attirargli il favore popolare e volgere le lance da noi arruolate contro gli occhi di noi che le comandiamo. Con lui ho inviato la regina, per lo stesso motivo; e sono pronti domani o al più presto, a comparire là dove gli terrete il processo. Ora è il momento del sudore e del sangue. L’amico ha perso l’amico, e anche le cause migliori, a caldo, sono maledette da chi ne assaggia la durezza. La questione di Cordelia e di suo padre richiede una sede più adatta. ALBANY
Signore, abbiate pazienza, ma in questa guerra vi considero un subordinato, non un fratello. REGAN
Noi lo consideriamo tale, invece. E credo che si poteva chiedere la nostra opinione prima di parlare con quel tono. Ha guidato le nostre forze, col mandato del mio rango e della mia persona; e questa qualifica può ben valergli il nome di vostro fratello. GONORIL
Non ti scaldare tanto. Nel suo valore egli ha esaltato se stesso, ben più che nella tua promozione. REGAN
Nei miei diritti, dei quali lo ho investito, è alla pari dei migliori. GONORIL
Manca soltanto che diventi tuo marito. REGAN
Chi scherza è spesso buon profeta. GONORIL
Ehi, ehi! L’occhio che te lo ha detto era un po’ strabico186. REGAN
Signora, non mi sento bene, altrimenti rovescerei tutto quello che ho sullo stomaco187. (A Edmund) Generale, rileva tu i miei soldati,
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
Take thou my soldiers, prisoners, patrimony. Witness the world that I create thee here My lord and master. GONORIL Mean you to enjoy him, then?
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ALBANY
The let-alone lies not in your good will. EDMUND
Nor in thine, lord. ALBANY
Half-blooded fellow, yes.
EDMUND
Let the drum strike and prove my title good. ALBANY
Stay yet, hear reason. Edmund, I arrest thee On capital treason, and in thine attaint This gilded serpent. (To Regan) For your claim, fair sister, I bar it in the interest of my wife. ’Tis she is subcontracted to this lord, And I, her husband, contradict the banns. If you will marry, make your love to me. My lady is bespoke. – Thou art armed, Gloucester. If none appear to prove upon thy head Thy heinous, manifest, and many treasons,
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[He throws down a glove] There is my pledge. I’ll prove it on thy heart, Ere I taste bread, thou art in nothing less Than I have here proclaimed thee. REGAN Sick, O sick! GONORIL (aside) If not, I’ll ne’er trust poison. EDMUND (to Albany, [throwing down a glove]) There’s my exchange. What in the world he is That names me traitor, villain-like he lies. Call by thy trumpet. He that dares, approach; On him, on you – who not? – I will maintain My truth and honour firmly. ALBANY A herald, ho! 1580
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
i prigionieri, il patrimonio; davanti al mondo io qui ti creo mio signore e padrone. GONORIL
Allora vuoi godertelo tu? ALBANY
Impedirlo non è di tua pertinenza. EDMUND
Neanche vostra, signore. ALBANY
Sì, invece, mezzosangue. EDMUND
Rulli il tamburo, e proclami giusto il mio titolo. ALBANY
Un momento; ascoltate la ragione. Edmund, ti arresto per alto tradimento, e insieme con te, questo serpente dorato. (A Regan) Al tuo proposito, cara cognata, mi oppongo nell’interesse di mia moglie: è lei che è già promessa a questo signore, e io, suo marito, contraddico il tuo annuncio. Se vuoi sposarti, fai la corte a me, la mia signora è impegnata188. – Tu sei armato, Gloucester. Se nessuno arriva a rinfacciarti i tuoi perfidi, manifesti e molteplici tradimenti, [Getta a terra un guanto] Ecco il mio pegno. Prima di toccare altro pane, scriverò sul tuo cuore che non sei niente di meno di quanto ho proclamato. REGAN
Sto male! Sto male... GONORIL (a parte)
Altrimenti non sarebbe stato veleno. EDMUND (a Albany, [gettando un guanto])
Ecco in cambio il mio pegno. Chiunque in tutto il mondo mi dia del traditore, mente da vigliacco. Squilli la tromba; si avvicini chi ne ha il coraggio. Contro lui, contro voi – perché no? – saprò sostenere la mia lealtà e il mio onore con fermezza. ALBANY
Su, un araldo!
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
EDMUND A herald, ho, a herald! ALBANY
Trust to thy single virtue, for thy soldiers, All levied in my name, have in my name Took their discharge. REGAN This sickness grows upon me. ALBANY
She is not well. Convey her to my tent.
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Exit one or more with Regan [Enter a Herald and a trumpeter] Come hither, herald. Let the trumpet sound, And read out this. SECOND CAPTAIN Sound, trumpet! Trumpeter sounds HERALD (reads) ‘If any man of quality or degree in the
host of the army will maintain upon Edmund, supposed Earl of Gloucester, that he’s a manifold traitor, let him appear at the third sound of the trumpet. He is bold in his defence.’ EDMUND Sound! (Trumpeter sounds) Again! Enter Edgar, armed, at the third sound, a trumpeter before him ALBANY (to the Herald)
Ask him his purposes, why he appears Upon this call o’th’ trumpet. HERALD (to Edgar) What are you? Your name and quality, and why you answer This present summons? EDGAR O, know my name is lost, By treason’s tooth bare-gnawn and canker-bit. Yet ere I move’t, where is the adversary I come to cope withal?
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
EDMUND
Un araldo, su, un araldo! ALBANY
Affidati solo al tuo valore, ché i tuoi soldati, tutti arruolati nel mio nome, nel mio nome hanno avuto il congedo. REGAN
Mi sento sempre peggio. ALBANY
Non sta bene. Portatela nella mia tenda. Escono uno o più, con Regan [Entrano un araldo e un trombettiere] Vieni qui, araldo; che la tromba squilli. E leggi questo. SECONDO CAPITANO
Suona, tromba! Squillo di tromba ARALDO (legge)
“Se qualsivoglia gentiluomo di rango nelle schiere dell’esercito vuole sostenere che Edmund, presunto signore di Gloucester, è più volte traditore, che si manifesti entro il terzo squillo di tromba. Egli è pronto a difendersi.” EDMUND
Suona! (Il trombettiere suona) Ancora! Entra Edgar, armato, al terzo squillo, preceduto da un trombettiere ALBANY (all’araldo)
Si chiedano le sue intenzioni, perché si presenta a questo appello della tromba. ARALDO (a Edgar) Chi siete? Come vi chiamate? Che qualifica avete? E perché rispondete a questo appello? EDGAR
Sappi che il mio nome è perduto, roso e corrotto dal dente del tradimento. Però, prima di rivelarlo, dov’è l’avversario con cui vengo a misurarmi?
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
ALBANY
Which is that adversary?
EDGAR
What’s he that speaks for Edmund, Earl of Gloucester? EDMUND
Himself. What sayst thou to him? Draw thy sword, That if my speech offend a noble heart Thy arm may do thee justice. Here is mine.
EDGAR
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He draws his sword Behold, it is the privilege of my tongue, My oath, and my profession. I protest, Maugre thy strength, youth, place, and eminence, Despite thy victor-sword and fire-new fortune, Thy valour and thy heart, thou art a traitor, False to thy gods, thy brother, and thy father, Conspirant ’gainst this high illustrious prince, And from th’extremest upward of thy head To the descent and dust beneath thy feet A most toad-spotted traitor. Say thou no, This sword, this arm, and my best spirits are bent To prove upon thy heart, whereto I speak, Thou liest. EDMUND In wisdom I should ask thy name, But since thy outside looks so fair and warlike, And that thy tongue some say of breeding breathes, My right of knighthood I disdain and spurn. Here do I toss those treasons to thy head, With the hell-hated lie o’erturn thy heart, Which, for they yet glance by and scarcely bruise, This sword of mine shall give them instant way Where they shall rest for ever. Trumpets, speak!
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132. Conspirant: così in F; in Q conspicuate; in emendam. tardi conspirate. 140. Tongue: così in F; in Q being = “essere”. 141. My: emend. Taylor; in Q by = “per virtù di”. 143. O’erturn: emend. Taylor; in Q oreturnd; in F ore-whelme = “demolisco”. 1584
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
ALBANY
Chi è questo avversario? EDGAR
Chi è che parla per Edmund, di Gloucester? EDMUND
Lui stesso. Cosa hai da dirgli? EDGAR
Sguaina la spada: se le mie parole offendono un cuore nobile, il tuo braccio potrà renderti giustizia. Ecco la mia. Sfodera la spada Guarda. È privilegio della mia lingua, dei miei voti e della mia dichiarazione. Io affermo, malgrado la tua forza, condizione, giovinezza e reputazione, nonostante la tua spada vittoriosa e la tua fortuna di nuovo conio, nonostante il tuo valore e il tuo cuore – che sei un traditore, infedele verso i tuoi dèi, tuo fratello e tuo padre, cospiratore contro questo nobile e illustre principe, e dall’estremo vertice della tua testa giù fino alla polvere che hai sotto i piedi, che sei un traditore velenoso come un rospo. Negalo, e questa spada, questo braccio e i miei spiriti migliori sono pronti a provare sul tuo cuore, al quale parlo, che menti. EDMUND
Per prudenza dovrei chiederti il tuo nome; ma poiché esteriormente sembri così degno e marziale, e la tua lingua denuncia qualche tratto189 di educazione, io sdegno e respingo il mio diritto di cavaliere, e sul capo ti rimando questi tradimenti e le tue spregevoli menzogne infernali ti ricaccio nel cuore; e poiché per ora stanno lì a guardare inoffensive, questa mia spada gli aprirà subito la fossa dove riposeranno in eterno. Parlate voi, trombe!
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
[Flourish.] They fight. Edmund is vanquished [ALL]
Save him, save him! This is mere practice, Gloucester. By the law of arms thou art not bound to answer An unknown opposite. Thou art not vanquished, But cozened and beguiled. ALBANY Stop your mouth, dame, Or with this paper shall I stopple it. Thou worse than anything, read thine own evil. Nay, no tearing, lady. I perceive you know’t. GONORIL
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GONORIL
Say if I do, the laws are mine, not thine. Who shall arraign me for’t? ALBANY Most monstrous! Know’st thou this paper? GONORIL Ask me not what I know.
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Exit ALBANY
Go after her. She’s desperate. Govern her. Exit one or more EDMUND
What you have charged me with, that have I done, And more, much more. The time will bring it out. ’Tis past, and so am I. (To Edgar) But what art thou, That hast this fortune on me? If thou beest noble, I do forgive thee. EDGAR Let’s exchange charity. I am no less in blood than thou art, Edmund. If more, the more ignobly thou hast wronged me. [He takes off his helmet]
164. Ignobly: emend. Taylor, assente in Q. 1586
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
[Squilli di trombe.] Si battono. Edmund è vinto 190
[TUTTI]
Risparmialo, risparmialo! GONORIL
È stato un inganno, Gloucester. Per la legge delle armi non eri tenuto a rispondere a un avversario ignoto. Non sei stato vinto, ma truffato e illuso. ALBANY
Chiudete la bocca, signora, o con questo foglio ve la chiudo io. Tu, peggio di qualsiasi epiteto, leggi la tua colpa. No, non lo strapperete, signora. Vedo che lo conoscete. GONORIL
E in tal caso? La legge la faccio io, non tu. Chi mi potrà accusare per questo? ALBANY
Ma è mostruoso! Conosci questo foglio? GONORIL
Non chiedetemi cosa conosco. Esce ALBANY
Seguitela, è fuori di sé. Controllatela. Escono uno o più uomini EDMUND
Quello di cui mi avete accusato, sì, l’ho fatto, e di più, molto di più. Col tempo verrà fuori! È passato, e sono passato anch’io. (A Edgar) Ma chi sei tu che hai così prevalso su di me? Se sei nobile, ti perdono. EDGAR
Cortesia per cortesia. Non ti sono inferiore come sangue, Edmund; e se ti sono superiore, tanto più mi hai fatto torto. [Si toglie l’elmo]
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
My name is Edgar, and thy father’s son. The gods are just, and of our pleasant vices Make instruments to scourge us. The dark and vicious place where thee he got Cost him his eyes. EDMUND Thou hast spoken truth. The wheel is come full circled. I am here. ALBANY (to Edgar) Methought thy very gait did prophesy A royal nobleness. I must embrace thee. Let sorrow split my heart if I did ever hate Thee or thy father. EDGAR Worthy prince, I know’t. ALBANY Where have you hid yourself? How have you known the miseries of your father?
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EDGAR
By nursing them, my lord. List a brief tale, And when ’tis told, O that my heart would burst! The bloody proclamation to escape That followed me so near – O, our lives’ sweetness, That with the pain of death would hourly die Rather than die at once! – taught me to shift Into a madman’s rags, to assume a semblance That very dogs disdained; and in this habit Met I my father with his bleeding rings, The precious stones new-lost; became his guide, Led him, begged for him, saved him from despair; Never – O father! – revealed myself unto him Until some half hour past, when I was armed. Not sure, though hoping, of this good success, I asked his blessing, and from first to last Told him my pilgrimage; but his flawed heart – Alack, too weak the conflict to support – ’Twixt two extremes of passion, joy and grief, Burst smilingly. 166. Vices: così in F; in Q vertues = “virtù”. 1588
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LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
Il mio nome è Edgar, e tuo padre è anche il mio. Gli dèi sono giusti, e dei nostri piaceri corrotti fanno strumenti per perseguitarci; lo scuro e vizioso luogo dove ti generò gli è costato gli occhi. EDMUND
Hai parlato bene, è vero. La ruota ha compiuto tutto il giro; io sono qui191. ALBANY (a Edgar) Mi era sembrato che il tuo stesso portamento mostrasse una regale nobiltà. Devo abbracciarti. Che il dolore mi schianti il cuore, se ho mai odiato te o tuo padre. EDGAR
Degno principe, lo so. ALBANY
Dove ti eri nascosto? Come hai saputo delle sventure di tuo padre? EDGAR
Prendendomene cura, mio signore. Ascoltate una breve storia, finita la quale, mi scoppi pure il cuore! Per sfuggire al bando sanguinario che da vicino mi incalzava – o dolcezza della vita, che preferiamo morire ogni ora una morte dolorosa, piuttosto che morire una volta per tutte! – imparai a trasferirmi negli stracci di un folle, ad assumere sembianze che i cani stessi disprezzavano; e in questo arnese incontrai mio padre con i suoi anelli di sangue, da poco orbi delle loro gemme; ne divenni la guida, lo condussi, mendicai per lui, lo salvai dalla disperazione; mai – oh padre! – rivelandomi a lui, fino a una mezz’ora fa, quando ero armato. Non sicuro, pur nella speranza, del mio successo, gli chiesi la benedizione, e da cima a fondo gli raccontai le mie peripezie; ma il suo cuore ferito – ahimè, troppo debole per sopportare il conflitto – tra due passioni estreme, gioia e dolore, con un sorriso si spezzò.
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THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
This speech of yours hath moved me, And shall perchance do good. But speak you on – You look as you had something more to say.
EDMUND
ALBANY
If there be more, more woeful, hold it in, For I am almost ready to dissolve, Hearing of this. EDGAR This would have seemed a period To such as love not sorrow; but another To amplify, too much would make much more, And top extremity. Whilst I was big in clamour came there in a man Who, having seen me in my worst estate, Shunned my abhorred society; but then, finding Who ’twas that so endured, with his strong arms He fastened on my neck and bellowed out As he’d burst heaven; threw him on my father, Told the most piteous tale of Lear and him That ever ear received, which in recounting His grief grew puissant and the strings of life Began to crack. Twice then the trumpets sounded, And there I left him tranced. ALBANY But who was this?
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EDGAR
Kent, sir, the banished Kent, who in disguise Followed his enemy king, and did him service Improper for a slave. Enter [Second] Gentleman with a bloody knife [SECOND] GENTLEMAN Help, help!
What kind of help? What means that bloody knife?
ALBANY
202-204. But another / to amplify, too much: altro passo di difficile comprensione. Taylor riferisce another a sorrow, “dolore”: “amplificarlo farebbe diventare ciò che è già troppo in qualcosa che sorpasserebbe ogni limite”. 1590
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
EDMUND
Quanto hai detto mi ha commosso, e forse opererà del bene; ma continua; sembri avere altro da dire. ALBANY
Se c’è altro, e più triste ancora, tienlo per te; perché io sono quasi pronto a sciogliermi, sentendo questo. EDGAR
Questo sarebbe sembrato un punto d’arrivo a uno che non amasse il dolore; ma un altro, per aggiungere troppo, lo farebbe crescere in modo tale da varcare ogni limite. Mentre più forte mi lamentavo, giunse un uomo che avendomi visto nel mio stato peggiore evitò la mia ripugnante compagnia; ma poi, scoperto chi era che tanto sopportava, con braccia robuste mi strinse al collo e gridò forte come per sfondare il cielo; si gettò su mio padre; narrò su Lear e su di lui la storia più pietosa che mai orecchio ascoltasse; e nel racconto la sua pena si fece irresistibile, e le corde della vita cominciarono a spezzarsi. Due volte le trombe squillarono, e colà lo lasciai privo di sensi. ALBANY
Ma chi era costui? EDGAR
Kent, signore, l’esiliato Kent, che travestito aveva seguito il re suo nemico, rendendogli servigi troppo umili anche per uno schiavo. Entra il [secondo] gentiluomo con un coltello insanguinato [SECONDO] GENTILUOMO
Aiuto, aiuto!! ALBANY
Perché aiuto? Che significa quel coltello insanguinato?
1591
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
It’s hot, it smokes. It came even from the heart of – ALBANY Who, man? Speak. [SECOND] GENTLEMAN
[SECOND] GENTLEMAN
Your lady, sir, your lady; and her sister By her is poisonèd – she hath confessed it.
221
EDMUND
I was contracted to them both; all three Now marry in an instant. ALBANY
Produce their bodies, be they alive or dead. This justice of the heavens, that makes us tremble, Touches us not with pity.
225
Enter Kent as himself Here comes Kent, sir.
EDGAR ALBANY
O, ’tis he; the time will not allow The compliment that very manners urges. KENT I am come To bid my king and master aye good night. Is he not here? ALBANY Great thing of us forgot! – Speak, Edmund; where’s the King, and where’s Cordelia?
230
The bodies of Gonoril and Regan are brought in Seest thou this object, Kent? KENT Alack, why thus?
235
EDMUND Yet Edmund was beloved.
The one the other poisoned for my sake, And after slew herself. ALBANY Even so. – Cover their faces. EDMUND
I pant for life. Some good I mean to do, Despite of my own nature. Quickly send, Be brief in’t, to th’ castle; for my writ
1592
240
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
[SECONDO] GENTILUOMO
È caldo, fuma! È appena uscito dal cuore di – ALBANY
Di chi? Parla, ti dico! [SECONDO] GENTILUOMO
Di vostra moglie, signore, vostra moglie! E sua sorella è stata avvelenata da lei: ha confessato. EDMUND
Ero promesso a tutte e due. Tutti e tre ora ci sposiamo tra un attimo. ALBANY
Portate qui i loro corpi, vive o morte che siano. Questo giudizio dei cieli, che ci fa tremare, non ci ispira pietà. Entra Kent, non più travestito EDGAR
Ecco Kent, signore. ALBANY
Sì, è lui. Le circostanze non consentono le cerimonie che cortesia vorrebbe. KENT
Sono venuto a dare al mio re e padrone la buona notte. Non è qui? ALBANY
Che cosa non abbiamo dimenticato! – Parla, Edmund. Dov’è il re? E dov’è Cordelia? Vengono portati i corpi di Gonoril e Regan Vedi che scena, Kent? KENT
Ahimè! Perché questo? EDMUND
Pure, Edmund è stato amato. L’una ha avvelenato l’altra per me, e dopo si è uccisa. ALBANY
È vero. Copritegli le facce. EDMUND
Non ho più fiato; ma voglio fare del bene a dispetto della mia stessa natura. Presto, andate, ma di corsa, al castello; poiché ho 1593
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
Is on the life of Lear and on Cordelia. Nay, send in time. ALBANY Run, run, O run! EDGAR
To who, my lord? Who hath the office? Send Thy token of reprieve.
245
EDMUND
Well thought on! Take my sword. The captain, Give it the captain. ALBANY Haste thee for thy life. Exit [Second Captain] EDMUND
He hath commission from thy wife and me To hang Cordelia in the prison, and To lay the blame upon her own despair, That she fordid herself.
250
ALBANY
The gods defend her! – Bear him hence a while. Exeunt some with Edmund Enter King Lear with Queen Cordelia in his arms, [followed by the Second Captain] LEAR
Howl, howl, howl, howl! O, you are men of stones. Had I your tongues and eyes, I would use them so That heaven’s vault should crack. She’s gone for ever. I know when one is dead and when one lives. She’s dead as earth.
256
[He lays her down] Lend me a looking-glass. If that her breath will mist or stain the stone, Why, then she lives. KENT Is this the promised end? EDGAR
Or image of that horror? ALBANY
1594
Fall and cease.
260
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
mandato ordine di sopprimere Lear e anche Cordelia. Sì, non indugiate. ALBANY
Correte, correte! Oh, correte! EDGAR
Da chi, signore? Chi ha il comando? Mandate una conferma del contrordine. EDMUND
Giusto. Prendi la mia spada. Il capitano, datela al capitano. ALBANY
Vola, se tieni alla vita! Esce [il Secondo Capitano] EDMUND
Ha l’ordine mio e di tua moglie di impiccare Cordelia nel carcere, e di incolparne la sua disperazione, dicendo che si è suicidata192. ALBANY
Gli dèi la proteggano! – Portatelo via di qui. Escono alcuni con Edmund Entra Re Lear con Cordelia tra le braccia [seguito dal Secondo Capitano] LEAR
Urlate, urlate, urlate! Oh, voi siete uomini di sasso! Avessi le vostre lingue e i vostri occhi, ci squarcerei tutta la volta del firmamento. Se n’è andata per sempre. Io lo so quando uno è morto, e quando è vivo. È morta come la terra. [La depone a terra] Datemi uno specchietto. Se il suo respiro appanna o altera il cristallo, allora è viva. KENT
È la fine promessa, questa? EDGAR
O un’immagine di quell’orrore? ALBANY
Che crolli tutto!
1595
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
LEAR
This feather stirs. She lives. If it be so, It is a chance which does redeem all sorrows That ever I have felt. KENT [kneeling ] Ah, my good master! LEAR
Prithee, away. EDGAR
’Tis noble Kent, your friend.
LEAR
A plague upon you, murderous traitors all. I might have saved her; now she’s gone for ever. – Cordelia, Cordelia: stay a little. Ha? What is’t thou sayst? – Her voice was ever soft, Gentle, and low, an excellent thing in women. – I killed the slave that was a-hanging thee.
265
270
[SECOND] CAPTAIN
’Tis true, my lords, he did. Did I not, fellow? I have seen the day with my good biting falchion I would have made them skip. I am old now, And these same crosses spoil me. (To Kent) Who are you? Mine eyes are not o’ the best, I’ll tell you straight.
LEAR
275
KENT
If fortune bragged of two she loved or hated, One of them we behold. LEAR Are not you Kent? KENT
The same, your servant Kent. Where is your servant Caius? LEAR
He’s a good fellow, I can tell you that. He’ll strike, and quickly too. He’s dead and rotten. KENT
No, my good lord, I am the very man – LEAR I’ll see that straight. 279. You: così in F, assente in Q. 1596
280
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
LEAR
La piuma si muove – è viva! Se è così, questa fortuna riscatta tutti i dolori che ho mai provato. KENT [inginocchiandosi] Ah, mio buon padrone! LEAR
Vai via, ti prego. EDGAR
È il nobile Kent, il vostro amico. LEAR
La peste su di voi, assassini, traditori tutti! Avrei potuto salvarla; e ora se n’è andata per sempre! Cordelia, Cordelia! Resta ancora. Ah! Che hai detto? – La sua voce fu sempre dolce, gentile e bassa, eccellente cosa nella donna… Ho ucciso il vile che ti stava impiccando. [SECONDO] CAPITANO
È vero, miei signori: lo ha ucciso. LEAR
Non è così, amico? Ho visto il giorno che con la mia buona sciabola affilata li avrei fatti scappare. Sono vecchio ora, e questi miei affanni mi finiscono. (A Kent) Chi siete voi? I miei occhi non sono dei migliori, ve lo dico francamente. KENT
Se la fortuna si vanta di due che ha amato e odiato, ne abbiamo uno davanti. LEAR
Non sei Kent? KENT
Proprio lui, il vostro servo Kent. Dov’è il vostro servo Caio193? LEAR
È un bravo ragazzo, te lo dico io; mena le mani, e alla svelta. È morto e putrefatto. KENT
No, mio signore. Sono io quell’uomo... LEAR
Me ne accorgerò subito.
1597
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
KENT
That from your first of difference and decay Have followed your sad steps. LEAR You’re welcome hither. KENT
Nor no man else. All’s cheerless, dark, and deadly. Your eldest daughters have fordone themselves, And desperately are dead. LEAR So think I, too.
286
ALBANY
He knows not what he sees; and vain it is That we present us to him. EDGAR Very bootless. Enter another Captain [THIRD] CAPTAIN (to Albany)
Edmund is dead, my lord. ALBANY That’s but a trifle here. – You lords and noble friends, know our intent. What comfort to this great decay may come Shall be applied; for us, we will resign During the life of this old majesty To him our absolute power; (to Edgar and Kent) you to your rights, With boot and such addition as your honours Have more than merited. All friends shall taste The wages of their virtue, and all foes The cup of their deservings. – O see, see!
291
295
LEAR
And my poor fool is hanged. No, no life. Why should a dog, a horse, a rat have life, And thou no breath at all? O, thou wilt come no more.
300
283. From your first: così in F; in Q from your life = “dalla vostra vita”. 286. Fordone: così in F; in Q1 foredoom; in Q2 foredoom’d = “predestinate” [“si sono assicurate la loro perdizione”]. 292. Great: così in F, assente in Q. 1598
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
KENT
...Che dall’inizio dei vostri contrasti e declino ha seguito i vostri tristi passi... LEAR
Sei il benvenuto. KENT
Altri non sono. Tutto è tristezza, buio e morte. Le vostre figlie maggiori si sono autodistrutte, e sono perite nella disperazione. LEAR
Sì, così credo. ALBANY
Non sa quello che vede, ed è inutile mostrarci a lui. EDGAR
Del tutto inane. Entra un altro capitano [TERZO] CAPITANO (a Albany)
Edmund è morto, mio signore. ALBANY
Un’inezia, ormai. Signori e nobili amici, sappiate le nostre intenzioni. Ogni conforto che possa essere arrecato a questa grande rovina, sarà messo in opera. Dal canto nostro, noi consegneremo durante la vita di questa antica maestà il nostro potere assoluto nelle sue mani. (A Edgar e Kent) Vi reintegriamo entrambi nei vostri diritti con tali aggiunte quali il vostro onore ha più che meritato. Tutti gli amici gusteranno il premio della loro virtù, e tutti i nemici il calice del loro demerito. – Oh, ma guardate! Guardate! LEAR
E la mia matterella194, l’hanno impiccata! No, no, no, vita! Perché anche un cane, un cavallo, un ratto ha vita, e tu neppure un alito?
1599
THE HISTORY OF KING LEAR, SCENE 24
Never, never, never. – Pray you, undo This button. Thank you, sir. O, O, O, O! EDGAR He faints. (To Lear) My lord, my lord! LEAR Break, heart, I prithee break. EDGAR Look up, my lord.
305
KENT
Vex not his ghost. O, let him pass. He hates him That would upon the rack of this tough world Stretch him out longer. [Lear dies] EDGAR
O, he is gone indeed.
310
KENT
The wonder is he hath endured so long. He but usurped his life. ALBANY (to attendants) Bear them from hence. Our present business Is to general woe. (To Kent and Edgar) Friends of my soul, you twain Rule in this kingdom, and the gored state sustain.
315
KENT
I have a journey, sir, shortly to go: My master calls, and I must not say no. ALBANY
The weight of this sad time we must obey, Speak what we feel, not what we ought to say. The oldest have borne most. We that are young Shall never see so much, nor live so long. Exeunt carrying the bodies
1600
320
LA STORIA DI RE LEAR, SCENA 24
Tu non tornerai più, mai, mai, mai, mai, mai, mai più. – Vi prego, slacciatemi questo bottone. Grazie, signore. Oh, oh, oh195! EDGAR
È svenuto. (A Lear) Mio signore, mio signore! LEAR
Spezzati, cuore, te ne prego! EDGAR
Guardate qui, mio signore. KENT
Non tormentate il suo spirito. Oh, che si spenga. È suo nemico chi sulla ruota di questo duro mondo vuole tormentarlo ancora. [Lear muore] EDGAR
Se n’è andato, ormai. KENT
Il prodigio è che sia durato tanto: usurpava la vita. ALBANY (al suo seguito) Portateli via. Il nostro pensiero adesso è il lutto universale. (A Kent e Edgar) Amici del mio cuore, voi due governate questo regno, e curate le ferite dello Stato. KENT
Io ho un viaggio che devo fare, signore, e presto; il mio padrone mi chiama, non devo dire di no. ALBANY
Al peso di questi tristi tempi si deve obbedire; dire quel che si sente, non quel che si deve dire196. I vecchi hanno sofferto di più. Noi che giovani siamo, mai così tanto vedremo, né così tanto vivremo. Escono trasportando i cadaveri
1601
Timon of Athens Timone d’Atene Testo inglese a cura di JOHN JOWETT Nota introduttiva di FRANCO MARENCO Traduzione e note di FLAVIA DE STEINKÜHL
Nota introduttiva
Con la sua mescolanza di commedia nera, satira e tragedia, Timone d’Atene è una parabola per la nostra (amara) attualità: il più oscuro, il meno rappresentato dei drammi shakespeariani recupera un suo slancio grazie a uno svolgimento che assomiglia molto a quanto noi nel secolo XXI sentiamo sempre più come nostro. La storia, e l’azione, vi sono sempre sospese fra estremi opposti, messi in essere da una situazione di crisi, evidentemente perenne: alla prosperità succede la miseria, alla generosità l’egoismo, all’adulazione la diffamazione, alla pace la guerra, e sempre in forme esasperate, irredimibili. In mezzo a questi estremi sta la figura del protagonista che non è altro che la loro personalizzazione, estremo anche lui in tutto: “Come uomo tu non hai mai conosciuto il giusto mezzo – dice Apemanto a Timone – ma soltanto estremi, in un verso o nell’altro” (IV, 3, 300-301). All’inizio esageratamente prodigo dispensatore di doni, illusioni e cariche rimunerative a chiunque le chieda, Timone finisce misantropo isolato dalla comunità e dal mondo intero – non prima di aver maledetto tutti, da tutti essendo maledetto. Motore unico della storia: il denaro, l’interesse personale che travolge ogni freno e sgretola ogni principio di comunità. Il denaro che si emancipa in essere vivente, potere autonomo, invisibile e spietato, manipolatore di chi si illude di usarlo; il denaro che soffoca la voce della verità, che disumanizza, corrompe, mistifica… e presenta sempre il conto. Ma anche il denaro, anche l’interesse personale si fondono nello stesso calco degli opposti estremi che informa tutto e tutti, venendo volta a volta tesaurizzati e rifiutati, inseguiti e abbandonati, agognati e vilipesi: mai si approda a un equilibrio (si veda soprattutto lo scambio fra Timone, Apemanto e i banditi, in IV, 1605
TIMONE D’ATENE
3). Il paradosso e l’ossimoro restano le figure retoriche dominanti. Nella sfera economica che tutto comprende, ciò che si presenta come dono si rivela alla fine solo credito-debito, triste inesigibile credito-debito. Timone d’Atene è dunque propriamente un dramma-apologo, una favola cupamente ammonitrice e in fondo tragica, che fin dalle prime battute pronunciate da parassiti adulatori nel pieno trionfo dell’opulenza lascia intendere il suo deprimente finale, la caduta di ogni amicizia e protezione, di ogni benessere e ordine sociale, e la sconfitta di ogni legalità, e la dispersione di ogni idea di innocenza e di onestà; quella fine non è fine di un contratto, né solo di un dramma: è fine di ogni illusione riparatrice. Non ci saranno esempi di fratellanza e di vero scambio umano, non amore – confinata ai margini la donna: un paio di prostitute al seguito di un esercito, e delle matrone “mascherate da amazzoni”, in scena per un irrilevante intermezzo; non ci sarà sviluppo complesso, non sondaggio di psicologie: Timone si differenzia dalle altre tragedie shakespeariane per la forma fortemente orientata all’emblema se non all’allegoria, che fa pensare agli exempla medievali e alla tradizione dei De casibus illustrium virorum piuttosto che alle più sottili tipologie del teatro moderno – un aspetto che non toglie nulla all’incalzante modernità con cui viene riproposto il significato profondo della figura e della vicenda del suo eroe, già nota in tutta Europa in testi e forme diverse. La data e la trasmissione del testo Timone d’Atene appartiene a quel gruppo di drammi che compaiono per la prima volta a stampa nel volume in-folio del 1623. Questa resta l’unica testimonianza originale della sua esistenza, perché non si ha traccia di una messinscena in vita dell’autore – o meglio degli autori, come sarà chiaro fra breve. Anche la data di composizione è incerta: una possibile allusione (in III, 3, 33-34) al “Complotto delle polveri”, ordito da fanatici cattolici contro il re Giacomo I e il Parlamento nel 1605, consentirebbe di fissare quella data come termine di composizione a quo, mentre il termine ad quem potrebbe essere ricavato dalle accese polemiche che ebbero luogo a corte intorno al 1608 per la sregolatezza del re – irragionevolmente generoso con i suoi favoriti – e di cui si avrebbe un’eco nella prima parte del dramma. I commentatori sono quindi concordi nell’assegnare Timone agli anni 1606-1607, cioè coevo alle ultime tragedie, con le quali condivide elementi drammaturgici di sicura impronta 1606
NOTA INTRODUTTIVA
shakespeariana come la vicenda di un protagonista che si aliena dal consorzio umano (Coriolano) o ne viene alienato (Lear) – personaggi questi avvicinabili a Timone astrattamente, senza tener conto della ben diversa qualità “umana” con la quale vengono resi. L’ipotesi che il dramma fosse composto affrettatamente, e poi per qualche motivo scartato fino al momento della pubblicazione, è sostenuta dalla strana posizione in cui compare nel volume in-folio (comunemente Folio) del 1623, inserito fra Romeo e Giulietta e Giulio Cesare, ma con ben otto pagine bianche prima della tragedia intitolata al condottiero romano. Si pensa che a riempire tale intervallo fosse destinato il testo molto più lungo di Troilo e Cressida, che questo venisse ritirato all’ultimo momento forse per una lite sui diritti, e che il testo del Timone, in un primo tempo escluso dal Folio, fosse stato ricuperato per riempire il vuoto (il Troilo sarà poi stampato in posizione altrettanto anomala, fra i Drammi storici e le Tragedie, e con paginazione irregolare). La collaborazione Le peculiarità di cui si è appena discusso sono attribuibili in gran parte al fatto che Timone d’Atene è stato scritto, secondo l’opinione comune, in collaborazione con Thomas Middleton, un autore di sedici anni più giovane di Shakespeare ma già conosciuto per due commedie di forte impronta satirica, che avevano come obiettivo i poco raccomandabili costumi della Londra del primo sviluppo capitalistico. Le ragioni per cui un autore affermato come Shakespeare acconsentisse a un quasi principiante di collaborare restano oscure, ma è lecito supporre che fosse proprio la dimensione satirica, a lui poco congeniale, ad aprire le porte della collaborazione. Satire come Volpone (1606) di Ben Jonson, di grande inventività e virulenza contro la nuova economia, erano del resto all’ordine del giorno sulle scene di quegli anni, e non sorprende che Shakespeare volesse mettere mano a quel genere, facendosi aiutare da uno più cattivo di lui nel praticarlo: scene come quelle all’inizio degli atti I e III, il baccanale in cui i più astuti calcoli si mescolano alle più stravaganti ipocrisie (I, 2), o l’abietto servilismo dei parassiti che in poche battute si tramuta in bieca, sprezzante ingratitudine (III, 1), potrebbero vantaggiosamente figurare in qualsiasi City comedy del tempo – mentre qui acquistano risalto sullo sfondo oscuro della tragedia di un uomo che passa dalla megalomania dell’altruismo alla megalomania dell’egotismo. 1607
TIMONE D’ATENE
Naturalmente non è facilissimo stabilire quali parti fossero dell’uno e quali dell’altro drammaturgo. L’unica verifica attendibile può venire dall’analisi terminologica e stilistica, da cui emergono alcune faticose evidenze: certo scene come quelle appena menzionate sono di fattura middletoniana, e certo le furibonde invettive di Timone contro l’umanità intera che ricorrono specialmente nell’atto IV sono del più anziano maestro, che si era fatto o si andava facendo le ossa per questo registro su testi che lo impegnavano in condanne di ampio respiro come Coriolano e Re Lear. Indubbiamente questa doppia presenza autorale espone il testo a qualche scompenso, che tuttavia tende a risolversi nel potente effetto polemico dell’opera. Le fonti e i loro generi Il personaggio di Timone era familiare a tutta l’Europa rinascimentale, portato in auge dalla grande fortuna dei Dialoghi del greco Luciano di Samosata (secondo secolo d.C.), che già alla fine del Quattrocento alcuni autori – quelli italiani specialmente legati alla corte degli Estensi – avevano adattato alle scene nel quadro del rinnovamento etico-politico della cultura promosso dai loro mecenati. In Inghilterra la fortuna di Luciano era cominciata almeno da quando Erasmo e Tommaso Moro ne avevano fatto oggetto di amichevole corrispondenza, scambiandosi le traduzioni dal greco al latino; quelle di Erasmo erano fra i libri di testo nelle scuole inglesi, ed altre erano accessibili in tutte le maggiori lingue del continente, anche se per quella inglese si dovrà aspettare fino al 1634. Non c’è quindi da stupirsi se la vicenda di Timone, impregnata com’era da un moralismo radicale e catastrofico, riprendeva fiato in quel momento di crisi sociale che furono i primi anni del regno di Giacomo I, come si è detto attraversati dai sussulti di uno sviluppo capitalistico ai suoi esordi più aggressivi e disordinati, cui i drammaturghi londinesi rispondevano con altrettanto aggressive bordate di satire e polemiche irrispettose. La storia del misantropo ateniese Shakespeare la poteva ricavare da più di un’opera presente sul suo scrittoio: com’è noto (e si veda anche l’introduzione generale a questo volume), era sua abitudine di cercare le trame in opere già in circolazione, meglio se conosciute dal pubblico più vasto, affascinato dal miraggio di vederle rappresentate: opere acchiappate un po’ per ogni dove, senza tanto indagare sull’origine – classica, medievale o rinascimentale – né a quale genere appartenessero, ma capaci di offrire 1608
NOTA INTRODUTTIVA
dei solidi spunti drammatici: erano cronache, poemi, novelle, intrecci già sfruttati sulla scena da rimettere in sesto… Questo spiega tra l’altro perché, riguardo al Timone, parliamo di fonti appartenenti a tre generi – tragedia, satira e commedia – una mescolanza per nulla indigesta ai drammaturghi elisabettiani, e ancora di meno a quelli giacomiani. Si possono in effetti dividere in due ceppi maggiori, articolati nei tre generi già indicati, i testi cui Shakespeare e Middleton si sono rifatti. Il primo ceppo è quello della storia classica, che aveva già funzionato come eccellente miniera di eventi e soprattutto di discorsi memorabili: si tratta delle Vite parallele dei nobili greci e romani scritte fra il primo e il secondo secolo d.C. dallo storico e moralista greco Plutarco, che avevano ricevuto la splendida traduzione inglese di Thomas North (1579), derivata dal francese di Jacques Amyot. Shakespeare vi attinse a piene mani per le scene più importanti di tre tragedie: Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra e Coriolano (oltre che per passi di una commedia, Sogno di una notte di mezza estate). La menzione di Timone ricorre nella Vita di Marco Antonio e in quella di Alcibiade, in passi molto brevi centrati sulla bizzarria – curiosamente non tragica per l’autore greco e per il suo tempo, anzi piuttosto comica nelle versioni che ne venivano date da commediografi come Aristofane e altri – di un personaggio che subisce un affronto dagli abitanti della propria città, e per questo concepisce un odio assoluto contro tutti loro e il mondo intero. Plutarco usa questo episodio come commento allo stato d’animo che assalì Antonio dopo la sconfitta di Azio, ed è comprensibile che Shakespeare, in quegli anni immerso nella composizione della tragedia del triumviro romano, trovasse sfruttabili gli accenni alla misantropia di Timone in una vena tutta diversa da quella dell’aneddotica storica. Il grosso della pur esile trama va dunque ricercato altrove, insieme al forte richiamo all’elemento satirico che essa possiede, e questo lo troviamo nel Timone, o il misantropo, il quinto dei Dialoghi lucianeschi, capostipite del ceppo comico-satirico di Timone d’Atene. Vi ricorrono le figure dei parassiti incensatori e ingrati, quella del filosofo villano che prenderà il nome di Apemanto, le violente tirate del misantropo e una serie di episodi fra cui il ritrovamento di un tesoro, con esiti che i due autori inglesi deformeranno a loro uso e consumo. La trama era talmente nota e diffusa da impedire oggi accertamenti definitivi, ma l’analisi dei testi porta a indicare, fra le tante, due rielaborazioni del Dialogo cui Shakespeare 1609
TIMONE D’ATENE
e Middelton potrebbero essersi ispirati. Sono fonti fra di loro molto distanti nel tempo: la prima è un rifacimento eponimo di Matteo Maria Boiardo, scritto intorno al 1490 e concluso con un finale comico attribuito a nuovi personaggi, e una morale molto blanda, favorevole a un uso moderato della prosperità: “ricchezza senz’affanno assai più vale”... (Scena VI e ultima). Il testo italiano può avere ispirato quello inglese soprattutto nei brani dove vengono messe a confronto la specie umana e quella animale, naturalmente a detrimento della prima (cfr. Timone, IV, 1, 35-36), o dove il tema dell’oro evoca miti come quello di Danae, che sia l’autore greco sia quello italiano avevano condito di facili allusioni lubriche (cfr. Timone, IV, 3, 132-135). Più rilevante è però una anonima commedia inglese del primo Seicento, intitolata semplicemente Timon. Si tratta di un caleidoscopio di motivi propri della moralistica economica, confuso quanto basta per combinare prodigalità e prerogativa del comando, usura e sterilità, invettiva e ironia, cecità e visione, eloquenza e sgrammaticatura, in una serie di scene quasi indipendenti, con un esilissimo filo conduttore che fa pensare proprio a una pre-conoscenza della vicenda da parte del pubblico, attento più all’efficacia delle battute che alla coerenza dell’intreccio. Shakespeare può avere avuto sottomano la commedia anonima mettendo in scena i favoritismi di Timone e la dignità del servo che rifiuta la mancia del debitore ingrato (III, 1, 5-47), ma non certo scrivendo il finale: nella commedia Timone si pente della sua misantropia, e promette di ritornare alla comune vita civile in cambio dell’applauso del pubblico (come farà Prospero nella Tempesta shakespeariana), mentre nella tragedia Timone continua a battere sul tasto del pessimismo più catastrofico, scompare alla vista senza che si capisca come sia finito, e rifiuta la compagnia e la pietà dei suoi simili persino nell’epitaffio sulla sua tomba: “Passa, viandante, e impreca a sazietà; passa, non arrestare qui i tuoi passi” (V, 5, 70-71). La vicenda Una storia vecchia quella di Timone, vecchia di millenni, se il personaggio che l’ha ispirata era vissuto nel quarto secolo a. C. Ma una storia buona per tutte le stagioni, se aveva mantenuto tanta popolarità – se tornava utile alla mai bastante riflessione su uno dei problemi vitali di ogni società in ogni tempo, il rapporto fra la dimensione contabile delle grandi fortune e la dimensione umana di chi le ha accumulate. La vicenda, 1610
NOTA INTRODUTTIVA
così come la ri-raccontano Shakespeare e Middleton, è presto riassunta: il prodigo ateniese apre la sua casa a ogni sorta di clienti, questuanti e “amici”, tutti intenti a tesserne le lodi più sperticate, e a sfruttarne la prodigalità. Sono i rappresentanti di una società evoluta, articolata in vocazioni e mestieri – il mercante, il gioielliere, il pittore, il poeta, oltre a svariati “nobili signori e senatori” e “forestieri” – tutti ai piedi del loro anfitrione a chiedere favori, prestiti, prebende, posti meritati solo per il capriccio del potente. Due personaggi soltanto restano ai margini di quella grande kermesse, e sono un filosofo cinico e bisbetico, Apemanto – che sembra intravedere la realtà del generale egoismo al di là della cortina di ossequio e di adulazione che circonda il padrone di casa – e il maggiordomo e amministratore fedele, Flavio, che nulla può di fronte all’esaltazione filantropica del padrone “prima maniera” (pronto, nella “seconda”, a deviare verso una piena, struggente misantropia). Questi non tiene conto di alcuna realtà: rapito dal suo sogno di Grande Dispensatore di benessere materiale, egli sorvola incosciente sulla sua vera situazione, e questa non manca di palesarsi a tempo debito, quando finiscono le ricchezze da scialacquare e con esse la deferenza degli scrocconi che ne hanno beneficiato. L’utopia di Timone imbocca così un istantaneo declino: tutti i prestiti e i favori da lui elargiti non sono riconosciuti dai suoi beneficiati, mentre vengono reclamati i conti da lui lasciati in sospeso. La conseguenza è la sua reazione rabbiosa, incontenibile, violenta: invita tutta la compagnia a un banchetto di acqua e pietre solo per scaraventargliele addosso, e per dichiarare solennemente il suo “odio per l’uomo e l’umanità intera” (III, 7, 104), colpevole di irriconoscenza, di non osservare alcuna fede, di non riconoscere alcun valore. L’unico ad essere esentato da questa condanna universale sarà il servo Flavio, rimasto fedele anche nella disgrazia. Ma la città di Atene e tutta l’umanità hanno mostrato il loro “cuore di ferro” (III, 4, 82), e Timone fugge dall’una e ripudia l’altra, riducendosi a un’esistenza solitaria e miseranda nella foresta, nutrendosi solo di radici. Sarà in questo eremitaggio che l’oro ricomparirà alla sua portata con la scoperta di un tesoro sepolto, che non cambierà per nulla le cose: Timone ha sancito per sempre il suo nuovo carattere e il suo rifiuto del mondo. Finirà per disperdere il tesoro in mano ai prototipi della ricchezza male intesa e male usata: a prostitute, ladri, e al generale Alcibiade che muoverà il suo esercito contro Atene per vendicare se stesso e Timone degli affronti subiti – anche se Timo1611
TIMONE D’ATENE
ne, ormai depresso incurabile, pur desiderando la distruzione della città non porterà alcuna gratitudine al suo vendicatore. Prospettive critiche: un Timone moderno Era inevitabile che un testo come il Timone colpisse i posteri più ancora che i contemporanei, che forse non ebbero neanche modo di assistere a una sua rappresentazione. Ma in materia di dare e avere, di regime del dono e regime del profitto, di solidarietà umana e individualismo rapace, i posteri ne sapevano o credevano di sapere, e tuttora ne sanno per loro fortuna o sfortuna, molto più dei contemporanei di Shakespeare. E fra i posteri non mancarono di essere colpiti proprio i più attenti alla durezza della moderna legge del profitto. Marx e Engels, per esempio, nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 e poi nella Ideologia tedesca inseriscono la celebre invettiva di Timone contro l’oro, “divinità visibile” disumanizzata e disumanizzante (in IV, 3, 25-45 e 377-388), come esposizione già matura dell’antinomia fra “il denaro, forma più generale della proprietà, e le qualità della persona”, riconoscendo la potenza della facoltà poetica prima ancora di quella concettuale e logica; lo conferma nei nostri giorni l’inclusione della tragedia fra i testi più citati in Spettri di Marx di Jacques Derrida. Nella critica letteraria occidentale, tuttavia, la sensibilità per i problemi dell’economia è andata diminuendo nella misura in cui quei problemi venivano sempre più concepiti come “naturali” e perciò ineluttabili, insolubili – ed estranei alla verifica di conoscenze “altre” (si veda in particolare G. W. Knight). Nuove interpretazioni si affacciano sulla scorta di teorie scientifiche che il Seicento non conosceva – non, almeno, sotto i nomi assunti molto dopo: parliamo dell’antropologia e della psicanalisi, spesso attive in collaborazione. Oggi la lettura critica del Timone risente dell’una e dell’altra, sia nella prospettiva della cultura del dono nelle società arcaiche inaugurata da Marcel Mauss, sia nella prospettiva dell’invidia come motivazione psichica che modella tutto il dramma. Sulla seconda registriamo la convergenza di due approcci differenti: da una parte René Girard, per il quale l’invidia, nelle varianti del “desiderio mimetico” o “rivalità mimetica”, è la forza che unisce ma anche divide le comunità, e in quanto tale sta all’origine della crisi dell’autorità che ha luogo in molte tragedie shakespeariane, fra cui appunto il Timone, seppure in modo meno cogente che in Troilo e Cressida; dall’altra parte la scuola di Melanie Klein, che nell’opera distingue una 1612
NOTA INTRODUTTIVA
successione di stati d’animo rapportabili a quelli del bambino lattante nel momento in cui gli viene sottratto il seno materno, col conseguente impulso di distruggere “invidiosamente” ciò che più si ama: anche nel Timone, all’ostensione dell’amore e dell’abbondanza (Atto I) succede il senso di privazione e di smarrimento (Atto II), e poi la collera che scoperchia l’invidia presente nell’azione collettiva (Atti III, IV), e che porta con sé la guerra e la condanna di tutta una città (Atto V). L’ispirazione del pensiero femminista, della teoria psicoanalitica e del neostoricismo è evidente in un nutrito saggio di Coppélia Kahn, che ritiene la tragedia influenzata da una critica alla politica della prodigalità perseguita dal re Giacomo I come strumento di potere. Timone sarebbe anche l’ultimo di una serie di narcisisti shakespeariani, comprendente il “giovane” dei Sonetti e l’Adone di Venere e Adone, tutti rivolti al culto di sé stessi e tutti votati all’autodistruzione. Resta comunque impressionante la varietà dei punti di vista con cui si continua ad affrontare la tragedia: J. P. Ingram e Renato Rizzoli ritornano a una prospettiva di storia economica, il primo sostenendo che Timone disegna “la trasformazione della società da un regime paternalistico a un regime di leggi e di contratti”, e il secondo ravvisandovi un conflitto fra leggi dell’umanità e leggi del mercato, che si conciliano “all’interno della polis mercantile, all’insegna del negoziato e del compromesso”, una conclusione di cui la morte di Timone diventa il “necessario presupposto”, così segnandone la tragicità; J. R. Lupton la affronta sul piano della filosofia e dell’etica politica, avvicinando Timone al Libro di Giobbe, e ricavandone l’invito a “un confronto esistenziale con i limiti dell’amicizia come forma di vita, e quindi come modo di farci ricordare, e riallacciare, le nostre relazioni sociali.” A Girard si rifà ancora T. M. Prendergast in uno studio sul genere dell’invettiva nel primo Seicento, che trova nel Tersite del Troilo e Cressida, e nel Timone stesso, i suoi collaudi più efficaci, essendo anche in questo caso riferibile a una corrente polemica contro la politica dissipatrice del re. Tante pregevoli letture non sono lontane dal nostro punto di partenza, cioè dall’identificazione di una struttura formale basata su estremi inconciliabili, e sullo scivolamento da un preambolo dinamico e felice a una conclusione di tragico stupore, simboleggiata dalla morte “in contumacia” del protagonista: in pratica una allegoria consapevole e palese, e per nulla inattuale, di una società attivissima nei commerci ma in piena 1613
TIMONE D’ATENE
bancarotta morale. Già tutto il primo atto non è che un costante battibecco fra le qualità umane e civili dei personaggi e la loro valutazione in termini venali: quanto “vale” al mercato dei favori un gioiello, quanto un quadro, quanto una poesia, quanto l’amore fra due giovani? È tutto un intrecciarsi di calcoli, prezzi, quotazioni di cose non più riferite al soggetto che le produce, ma all’azione impersonale del mercato. (In una tragedia successiva di Middleton, Donne attente alle donne, l’amore coniugale entrerà scandalosamente in questo gioco). Nel Timone nulla si sottrae al mercanteggiamento, e nei termini più aggressivi: le frequenti allusioni al cannibalismo appaiono nel registro del motteggio e si imprimono invece su quello della più spietata sostanza: homo homini lupus. Solo lo zotico Apemanto sembra individuare il senso sotterraneo dell’omaggio che tutti riservano al padrone di casa, chiamandoli “furfanti” (I, 1, 183), e riservandoci una sorpresa: egli include Timone in questa categoria, “furfante” anche lui. Il perché lo scopriamo presto: in questo regime dello sfruttamento mascherato dal dono “allo scoperto”, Timone non è soltanto il creditore ma anche il debitore, non solo il beneficiario ma anche il beneficiato, cosa di cui lui sembra dimenticarsi, a differenza di tutti gli altri. Lo riconosce Flavio, non riuscendo a “fargli capire quanto pitocco sia il suo cuore, inetto ormai a soddisfare i suoi desideri. Le promesse che fa volano tanto al di là di quanto dispone, che ogni sua parola è un debito” (I, 2, 198-202). L’economia di Atene si tiene su un incrocio fittissimo di favori e interessi in apparenza gratuiti, ma nella sostanza tutti segnati sul libro nero dell’obbligo di reciprocità mafiosa, e ipocritamente sottaciuti. È la cultura moderna della proprietà gelosamente individuale e dello scambio mercantile che si sostituisce alla cultura del dono collettivo, del primitivo potlatch. La prodigalità di Timone diventa così nient’altro che una grande illusione: credendo di essere parte della società, e parte dominante, egli non fa che estraniarsene fin dall’inizio, una condizione che alcuni critici avvicinano all’unicità remota e inappellabile del Dio dei protestanti. Ma fin dall’inizio Timone è quello che sarà alla fine, un estraneo agli altri e a se stesso, come dirà Apemanto con un paradosso arguto: “Ti sei buttato via rimanendo te stesso” (IV, 3, 221). E una volta svuotata l’illusione non resta che la lotta ferina fra uomo e uomo, il ritorno alla primitività, la catastrofe di ogni convivenza civile. Così Timone arringa i banditi cui elargisce dell’oro: “Ogni cosa è ladra. Le leggi, 1614
NOTA INTRODUTTIVA
frusta e limite degli uomini, quando esercitano il potere con violenza, sono un ladrocinio senza fine. Non dovete amare neppure voi stessi. Su, derubatevi l’un l’altro. Eccovi altro oro. Tagliate la gola a tutti quelli che incontrate: sono dei ladri. È ad Atene che dovete andare: forzate i negozi, quello che riuscite a rubare è solo tolto a dei ladri. Per quest’oro che io vi do non siete obbligati a rubare di meno; ma l’oro sia comunque la vostra rovina. Amen” (IV, 3, 433-443). La verifica di questa traccia interpretativa è contenuta nelle opposte retoriche che reggono le ultime battute in III, 4 – una scena di biblica risonanza! – quando i servi sguinzagliati da Timone per il ricupero dei crediti sono appena stati licenziati con vari rifiuti da una serie di debitori, ed è ora la volta dei servi dei creditori di reclamare ciascuno la somma dovuta. Qui il contrasto non potrebbe essere più clamoroso: di Timone è il discorso delle passioni, del sangue, del corpo pressato e insidiato da straordinarie pretese, mentre dei servi è la lingua dei debiti e dei crediti, delle cambiali, delle monete da esigere: il mondo caldo e vago dei sentimenti si misura con il mondo freddo e spietato dell’usura. L’apice del duello, e del suo prevedibile esito, si ha nella frase che Timone pronuncia vanamente infuriato: “Tagliate il mio cuore a pezzi, uno per ogni conto da pagare” (III, 4, 90), cui gli esattori rispondono con una gragnuola di cifre, importi, quantità concrete... È in una scena come questa che si condensa il significato dell’opera. Per concludere, bisognerà ritornare al confronto fra Timone d’Atene e la tradizione che lo ha preceduto nel trattare temi così impegnativi: mentre nel dialogo di Luciano di Samosata l’oro, “la cosa più gradita ai mortali”, è una scoperta bene accolta da Timone, pur confermandolo nella sua misantropia – egli trattiene per sé il tesoro, mettendo ancora una volta alla porta gli adulatori che alla notizia del ritrovamento si sono rifatti vivi – e mentre il Timone degli epigoni si vota improvvisamente al compromesso fino a un lieto fine variamente rabberciato, ma tipica esca consolatoria per il pubblico borghese, il Timone shakespeariano prende decisioni del tutto nuove: la sua è rinuncia all’oro in sé e per sé, come essenza simbolica tristemente innalzata a religione, come unificazione astratta dei contrari, sostanza irriducibile nemica di chi se ne fa una ragione di vita. In quegli stessi anni il Volpone di Jonson, massima satira dell’accumulazione capitalistica, si apriva con una genuflessione e una preghiera all’oro, come se fosse un onnipotente, splendido dio pagano. Per Timone “seconda ma1615
TIMONE D’ATENE
niera” invece è proprio quella stessa materia a ripugnarlo, quel “gaglioffo giallo che imbastisce e disfa religioni, benedice i maledetti, fa idolatrare la lebbra canuta, colloca i ladri in posti di potere, conferendogli titolo, reverenza, consenso alla pari con coloro che siedono in senato”… (IV, 3, 34-38). Il suo odio per l’umanità è sineddoche di un odio sotterraneo e ancora più implacabile, per quel feticcio che ha rovinato ogni rapporto fra eguali, e decretato qualcosa di simile alla fine della civiltà. È questa intuizione di una materialità che si insedia a divinità generalizzata, che si isola da sola, del tutto autonoma dalla volontà di chi la usa, e anzi sua dominatrice, a dare a Shakespeare il più interno e felice spunto per la sua allegoria. Quello del Timone shakespeariano non è tanto un caso di misantropia, quanto un caso di misocrisia, di critica del mondo finanziario formulata nel primo Seicento e mai scomparsa dall’orizzonte: un fantasma che ogni tanto torna a manifestarsi nelle forme più concrete. La fortuna sulle scene Timone d’Atene è riconosciuto come uno dei drammi in assoluto più difficili da rappresentare, teso com’è fra l’arcaicità di una forma allegorica e incerta, e il potenziale tutto moderno della sua poesia e del suo immaginario. Non gli giovava, tra l’altro, il culto del suo autore come “barbaro” dispensatore di perle alla rinfusa, in trame poco coerenti e bisognose di essere rimesse all’onore del mondo. Infatti, più di un drammaturgo del secondo Seicento si fece in quattro per renderlo più gradito a un pubblico socialmente più ristretto, meno popolare di quello per cui scriveva Shakespeare – addolcendolo molto, per esempio aggiungendo un intreccio amoroso, con tanto di personaggi femminili fedeli e infedeli, e scappatelle persino di Timone, e slanci già tirannicidi di Alcibiade: grazie a queste aggiunte il titolo tenne il cartellone per lunghi anni. Riscritture all’insegna della più esplicita pruderie si ebbero nell’Ottocento, con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla sessualità e l’accentuazione del carattere eroico sia di Timone che di Alcibiade. Tutto al contrario si è comportato invece il Novecento, nel tentativo di implicare, con molta spregiudicatezza, quella trama nelle questioni e nei linguaggi di ogni giorno, e quindi di accentuarne gli aspetti più provocatori e polemici: fra questi non solo il maschilismo evidente nel cast dei personaggi, ma anche la qualità antieroica dei protagonisti. Lo spettacolo è stato ambientato sempre più lontano dall’Atene originaria, vuoi in una Londra bohémien1616
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ne molto indaffarata nella politica dei favori, vuoi fra le rovine della città danneggiata dalla guerra, vuoi in una terra esotica dove un Apemanto reporter di guerra convive con un Alcibiade barbudo direttamente prelevato dall’album della rivoluzione cubana, vuoi nella landa desolata tipica del teatro beckettiano, dove Timone compare semisepolto nella sabbia, vuoi in una poco complimentosa apoteosi dell’eroe megalomane, egoista, incurante della realtà. La figura più rilevante nell’invenzione del Timone di fine Novecento rimane quella di Peter Brook, massimo interprete di una lettura eclettica dei classici, fuori del tempo, arcaicizzante e attualizzante insieme. La messinscena ebbe luogo a Parigi nel 1974, in un teatro semidistrutto e lasciato in disadorna incompletezza, con la figura umana ridotta alla fine a semplice silhouette. Brook approfondì specialmente il contrasto fra la violenza delle leggi economiche e la vanità del sogno di comune redenzione, vestì gli attori con costumi fantasiosi e caricaturali, li istruì a recitare come se raccontassero una fiaba (una delle numerose reminiscenze brechtiane presenti nel suo teatro). Anche le regie del nuovo secolo si sono prodigate nella cattura di immagini dagli ormai inesauribili scenari della medialità più avanzata e dell’attualità politica, popolando la scena del Timone di magnati del petrolio, generali in uniforme, finanzieri implacabili, pin-up compiacenti, 007 coraggiosi, cantanti rock, squatters, travestiti, in un caleidoscopio di figure interrogate e ri-interrogate per attualizzare quanto più possibile un testo che appare, ormai su tutte le scene, infinitamente malleabile e, si direbbe per sua e nostra fortuna, incapace di eccessive resistenze filologiche. FRANCO MARENCO
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TIMONE D’ATENE
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NOTA INTRODUTTIVA
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1619
THE LIFE OF TIMON OF ATHENS
THE PERSONS OF THE PLAY TIMON of Athens A POET A PAINTER A JEWELLER A MERCHANT A mercer LUCILIUS, one of Timon’s servants An OLD ATHENIAN LORDS and SENATORS of Athens VENTIDIUS, one of Timon’s false friends ALCIBIADES, an Athenian captain APEMANTUS, a churlish philosopher One dressed as CUPID in the masque LADIES dressed as Amazons in the masque FLAVIUS, Timon’s steward FLAMINIUS Timon’s servants SERVILIUS Other SERVANTS of Timon
}
A FOOL A PAGE CAPHIS ISIDORE’S SERVANT Two of VARRO’S SERVANTS
}
Servants to Timon’s creditors
}
LUCULLUS flattering lords LUCIUS SEMPRONIUS LUCULLUS’ SERVANT LUCIUS’ SERVANT Three STRANGERS, one called Hostilius TITUS’ SERVANT HORTENSIUS’ SERVANT PHILOTUS’ SERVANT
}
other servants to Timon’s creditors
}
whores with PHRYNIA Alcibiades TIMANDRA The banditti, THIEVES SOLDIER of Alcibiades’ army Messengers, attendants, soldiers
SIGLE L’unica testimonianza del dramma, che non risulta sia mai stato messo in scena al tempo di Shakespeare, è quella dell’in-folio del 1623 (F, seguito, in altri anni, da F1, F2, F3). La congettura più probabile è che si tratti di un testo direttamente ricavato da un manoscritto in possesso della compagnia, dove si alternavano le calligrafie degli autori, cioè di Shakespeare e di Thomas Middleton, con tutte le incongruenze del caso, cui si aggiunsero senza dubbio le incomprensioni e gli errori usuali per i compositori. La forma in cui lo presentiamo è quella emendata – ma sarebbe più appropriato dire “riscritta” – dai vari curatori delle grandi edizioni shakespeariane attraverso i secoli, dai primissimi (Nicholas Rowe, Alexander Pope, Lewis Theobald, Edmund Malone) fino a John Jowett che firma l’ed. Oxford (di R. V. Holdsworth le attribuzioni di speciali parti a Middleton). Riproduciamo in minima parte quegli emendamenti, evidenziando invece alcune espressioni oscure o desuete, non reperibili nei dizionari.
1620
VITA DI TIMONE D’ATENE
PERSONAGGI TIMONE d’Atene Un POETA Un PITTORE Un GIOIELLIERE Un MERCANTE Un mercante di tessuti LUCILIO, servo di Timone Un VECCHIO ATENIESE NOBILI SIGNORI e SENATORI d’Atene VENTIDIO, falso amico di Timone ALCIBIADE, capitano ateniese APEMANTO, filosofo villano Un personaggio che nel masque compare come CUPIDO GENTILDONNE che nel masque compaiono in costume da Amazzoni FLAVIO, maggiordomo di Timone FLAMINIO servi di Timone SERVILIO Altri SERVI di Timone
}
Un BUFFONE Un PAGGIO CAFIS SERVO di ISIDORO Due SERVI di VARRONE
}
servi dei creditori di Timone
}
LUCULLO nobili ateniesi LUCIO adulatori SEMPRONIO SERVO di LUCULLO SERVO di LUCIO Tre FORESTIERI, fra cui uno di nome Ostilio SERVO di TITO SERVO di ORTENSIO SERVO di FILOTO
}
altri servi dei creditori di Timone
}
prostitute al seguito FRINE di Alcibiade TIMANDRA LADRI o banditi SOLDATO dell’esercito di Alcibiade Messi, uomini del seguito, soldati
1621
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
Enter Poet [at one door], Painter carrying a picture [at another door], [followed by] Jeweller Merchant, and Mercer, at several doors
1.1
POET
Good day, sir. PAINTER
I am glad you’re well.
POET
I have not seen you long. How goes the world? PAINTER
It wears, sir, as it grows. Ay, that’s well known. But what particular rarity, what strange, Which manifold record not matches? – See, Magic of bounty, all these spirits thy power Hath conjured to attend.
POET
5
[Merchant and Jeweller meet. Mercer passes over the stage, and exits] I know the merchant. PAINTER
I know them both. Th’other’s a jeweller. MERCHANT (to Jeweller)
O, ’tis a worthy lord! Nay, that’s most fixed.
JEWELLER
MERCHANT
A most incomparable man, breathed, as it were, To an untirable and continuate goodness. He passes. JEWELLER (showing a jewel) I have a jewel here.
10
MERCHANT
O, pray, let’s see’t. For the Lord Timon, sir? JEWELLER
If he will touch the estimate. But for that – POET (to himself)
‘When we for recompense have praised the vile, It stains the glory in that happy verse Which aptly sings the good.’ 1622
15
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
Entrano: il poeta [da una porta], il pittore che porta un ritratto [da un’altra porta], [seguiti dal] gioielliere, dal mercante e dal mercante di tessuti2 che entrano da porte diverse3
I, 11
POETA
Buongiorno, signore. PITTORE
Sono contento di trovarvi bene. POETA
È da molto che non vi vedo. Come va il mondo? PITTORE
Nel crescere si consuma, signore. POETA
Già, si sa. Ma che dire di questo fatto inconsueto, raro fra i tanti registrati dalle cronache? Vedete? Munificenza dal magico potere, sei stata tu a radunare qui per incanto tutti questi spiriti4! [Il mercante e il gioielliere si incontrano. Il mercante di tessuti attraversa la scena ed esce] Quel mercante, lo conosco. PITTORE
L’altro è un gioielliere. Io li conosco tutti e due. MERCANTE (al gioielliere)
Ah, è un signore di grandi meriti. GIOIELLIERE
Non c’è dubbio, non c’è dubbio. MERCANTE
Un uomo assolutamente straordinario, avvezzo, se così si può dire, a praticare indefessamente la bontà. Una persona superiore. GIOIELLIERE (mostra un gioiello) Ho qui un gioiello. MERCANTE
Ah, vediamo vediamo. Per il nobile Timone? GIOIELLIERE
Sempre che sia d’accordo sulla stima. Non fosse per quello… POETA (fra sé e sé) “Quando, in vista di un compenso, elogiamo ciò che è vile, si offusca lo splendore di versi intesi a celebrare giustamente il bene.” 1623
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
MERCHANT (to Jeweller)
’Tis a good form.
JEWELLER
And rich. Here is a water, look ye. PAINTER (to Poet) You are rapt, sir, in some work, some dedication To the great lord. POET A thing slipped idly from me. Our poesy is as a gum which oozes From whence ’tis nourished. The fire i’th’ flint Shows not till it be struck; our gentle flame Provokes itself, and like the current flies Each bound it chafes. What have you there?
20
25
PAINTER
A picture, sir. When comes your book forth? POET
Upon the heels of my presentment, sir. Let’s see your piece. PAINTER (showing the picture) ’Tis a good piece. POET
So ’tis. This comes off well and excellent. PAINTER
Indifferent. Admirable. How this grace Speaks his own standing! What a mental power This eye shoots forth! How big imagination Moves in this lip! To th’ dumbness of the gesture One might interpret.
POET
30
PAINTER
It is a pretty mocking of the life. Here is a touch; is’t good? POET I will say of it, It tutors nature. Artificial strife Lives in these touches livelier than life. Enter certain Senators
1624
35
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
MERCANTE (rivolto al gioielliere)
Una pietra ben tagliata. GIOIELLIERE
E preziosa. Della più bell’acqua, guardate. PITTORE (rivolto al poeta)
Signore, siete intento a comporre qualcosa da dedicare al nobile Timone5? POETA
Una cosuccia improvvisata. La vena di noi poeti è come una linfa che stilla da dove trova alimento. La scintilla che è nella selce non compare finché questa non sia percossa; la nostra fiamma gentile invece si attizza da sola e, come fa la corrente, scansa ogni sponda su cui picchia. Che cosa avete là? PITTORE
Un ritratto, signore. Quando esce il vostro libro? POETA
Subito dopo6 che l’avrò presentato in omaggio. Fate vedere il lavoro. PITTORE (mostra il ritratto) Un buon lavoro. POETA
Davvero, un ritratto straordinariamente ben riuscito. PITTORE
Così così. POETA
Stupefacente. Come parlano del suo rango questi tratti leggiadri! Che forza mentale dardeggia in questo sguardo! Quanta immaginazione esprime questo labbro! Persino a un gesto muto si può dare un senso. PITTORE
Non male come imitazione della vita. Di buona mano, non è vero? POETA
Direi che insegna alla natura7. In questi tocchi del pennello il certame dell’arte è più vivo della vita. Entrano dei senatori
1625
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
PAINTER How this lord is followed! POET
The senators of Athens. Happy man! PAINTER Look, more.
40
[The Senators pass over the stage, and exeunt] POET
You see this confluence, this great flood of visitors. I have in this rough work shaped out a man Whom this beneath world doth embrace and hug With amplest entertainment. My free drift Halts not particularly, but moves itself In a wide sea of tax. No levelled malice Infects one comma in the course I hold, But flies an eagle flight, bold and forth on, Leaving no tract behind. PAINTER How shall I understand you? POET I will unbolt to you. You see how all conditions, how all minds, As well of glib and slipp’ry creatures as Of grave and austere quality, tender down Their service to Lord Timon. His large fortune, Upon his good and gracious nature hanging, Subdues and properties to his love and tendance All sorts of hearts; yea, from the glass-faced flatterer To Apemantus, that few things loves better Than to abhor himself; even he drops down The knee before him, and returns in peace, Most rich in Timon’s nod. PAINTER I saw them speak together.
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POET
Sir, I have upon a high and pleasant hill Feigned Fortune to be throned. The base o’th’ mount Is ranked with all deserts, all kind of natures That labour on the bosom of this sphere
47. Tax: emend. tardo; in F wax = “cera”. 1626
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
PITTORE
Quanto seguito ha questo signore! POETA
I senatori di Atene. Che uomo fortunato! PITTORE
Guardate, altri ancora. [I senatori attraversano la scena ed escono] POETA
Vedete quanta folla si riversa qui, che marea di visitatori? In questo mio lavoro ancora incompiuto ho dato forma a un uomo vezzeggiato, festeggiato in mille modi dal mondo terreno8. Il mio libero estro non si attarda in dettagli, procede in un vasto mare di critiche ostili9. La malevolenza di bassa lega non infetta neppure un rigo del mio corso poetico, che prende il volo con ala d’aquila, prosegue ardito, senza lasciarsi alle spalle alcuna traccia. PITTORE
Difficile seguirvi. POETA
Sarò più chiaro. Come vedete, persone di ogni condizione e carattere, sia gentucola dalla chiacchiera facile e malfida sia persone di qualità, gravi e austere, offrono i loro servigi al signore Timone. È la sua grande ricchezza, unita a una natura buona e generosa, a soggiogare e indurre cuori tanto diversi ad amarlo e servirlo; proprio così, dall’adulatore più ipocrita10 fino ad Apemanto, cui poco dà gusto quanto il rendersi odioso. Persino Apemanto piega il ginocchio dinanzi a lui e se ne va in pace, reso ricco da un cenno di Timone. PITTORE
Li ho visti che si parlavano. POETA
Signore, ho rappresentato la Fortuna assisa su un trono, in cima a una collina alta e amena. Ai piedi del colle si affollano persone di ogni rango e valore, dall’indole più varia, che in seno a questo piccolo mondo si industriano ad aumentare le proprie fortune. Fra
1627
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
To propagate their states. Amongst them all Whose eyes are on this sovereign lady fixed One do I personate of Lord Timon’s frame, Whom Fortune with her ivory hand wafts to her, Whose present grace to present slaves and servants Translates his rivals. PAINTER ’Tis conceived to scope. This throne, this Fortune, and this hill, methinks, With one man beckoned from the rest below, Bowing his head against the sleepy mount To climb his happiness, would be well expressed In our condition. POET Nay, sir, but hear me on. All those which were his fellows but of late, Some better than his value, on the moment Follow his strides, his lobbies fill with tendance, Rain sacrificial whisperings in his ear, Make sacred even his stirrup, and through him Drink the free air. PAINTER Ay, marry, what of these?
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POET
When Fortune in her shift and change of mood Spurns down her late belovèd, all his dependants, Which laboured after him to the mountain’s top Even on their knees and hands, let him fall down, Not one accompanying his declining foot. PAINTER ’Tis common. A thousand moral paintings I can show That shall demonstrate these quick blows of Fortune’s More pregnantly than words. Yet you do well To show Lord Timon that mean eyes have seen The foot above the head. Trumpets sound. Enter Timon [wearing a rich Jewel], with a Messenger from Ventidius; Lucilius [and other Servants] attending. Timon addresses himself courteously to every suitor, then speaks to the Messenger 1628
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
costoro, che figgono gli occhi sulla regale dama, vi è uno in cui ho impersonato il nobile Timone: con lieve cenno dell’eburnea mano la Fortuna lo chiama a sé, e il favore che gli dimostra trasforma all’istante tutti i suoi nemici in schiavi e servi. PITTORE
Efficace invenzione. A mio parere, il trono, la Fortuna e la collina, insieme a un solo uomo che, scelto fra quelli in basso, si inerpica a capo chino verso il successo, rispecchiano assai bene la condizione di noi artisti. POETA
Non solo, signore. Vi dirò di più. Tutti quelli che gli erano amici, persino alcuni non di vecchia data e altri più ricchi di lui, seguono senza indugio i suoi passi, colmano di ossequi i suoi saloni, versano nel suo orecchio una pioggia di sussurri devoti, venerano addirittura la sua staffa11. È grazie a lui se respirano l’aria! PITTORE
Proprio così, perbacco12. E poi, che ne è di loro? POETA
Quando la Fortuna, balzana com’è, con una pedata ricaccia in basso il favorito di un tempo, tutti quelli che gli erano al seguito, che dietro a lui si industriavano addirittura con le unghie e coi denti a guadagnare la cima, lo lasciano cader giù; non uno che accompagni il suo piede che scende la china13. PITTORE
Così va il mondo. Mille istruttivi dipinti posso mostrarvi che illustrano con maggior pregnanza delle parole i colpi repentini che infligge la Fortuna. Ma voi fate bene a mostrare al signore Timone che anche occhi umili hanno visto come si finisca a gambe all’aria14. Squilli di trombe. Entra Timone [che indossa un prezioso gioiello] insieme a un messo inviato da Ventidio; lo scortano Lucilio [e altri servi]. Dopo essersi rivolto cortesemente ad ogni postulante, Timone parla con il messo
1629
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
TIMON Imprisoned is he, say you? MESSENGER
Ay, my good lord. Five talents is his debt, His means most short, his creditors most strait. Your honourable letter he desires To those have shut him up, which failing, Periods his comfort. TIMON Noble Ventidius! Well, I am not of that feather to shake off My friend when he must need me. I do know him A gentleman that well deserves a help, Which he shall have. I’ll pay the debt and free him. MESSENGER Your lordship ever binds him.
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TIMON
Commend me to him. I will send his ransom; And, being enfranchised, bid him come to me. ’Tis not enough to help the feeble up, But to support him after. Fare you well. MESSENGER All happiness to your honour.
110 Exit
Enter an Old Athenian OLD ATHENIAN
Lord Timon, hear me speak. TIMON
Freely, good father.
OLD ATHENIAN
Thou hast a servant named Lucilius. TIMON I have so. What of him? OLD ATHENIAN
Most noble Timon, call the man before thee. TIMON
Attends he here or no? Lucilius! LUCILIUS (coming forward) Here at your lordship’s service.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
TIMONE
Si trova in carcere, mi dite? MESSO
Sì, buon signore. Ha un debito di cinque talenti15, ma dispone di pochissimi mezzi, e i creditori sono assai accaniti. Prega che voi scriviate d’autorità a quelli che lo hanno incarcerato, altrimenti non c’è modo di soccorrerlo. TIMONE
Nobile Ventidio! Ebbene, io non sono uno che si scrolla di dosso l’amico quando ha bisogno di me16. So che è un gentiluomo che merita aiuto, e lo avrà. Pagherò io il suo debito e lo libererò. MESSO
Sarà legato alla signoria vostra da riconoscenza perpetua. TIMONE
Portategli il mio saluto. Manderò il suo riscatto. Una volta affrancato, venga da me. Non basta aiutare chi è debole a rialzarsi, è bene sostenerlo anche in seguito. Addio. MESSO
Pace e bene a vostro onore. Esce Entra un vecchio ateniese VECCHIO
Nobile Timone, chiedo udienza. TIMONE
Parla liberamente, buon padre. VECCHIO
Tu17 hai un servo di nome Lucilio. TIMONE
È così. Che c’è al riguardo? VECCHIO
Nobilissimo Timone, convocalo alla tua presenza. TIMONE
Si trova mica qui? Lucilio! LUCILIO (si fa avanti)
Eccomi, agli ordini della signoria vostra. 1631
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
OLD ATHENIAN
This fellow here, Lord Timon, this thy creature, By night frequents my house. I am a man That from my first have been inclined to thrift, And my estate deserves an heir more raised Than one which holds a trencher. TIMON Well, what further?
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OLD ATHENIAN
One only daughter have I, no kin else On whom I may confer what I have got. The maid is fair, o’th’ youngest for a bride, And I have bred her at my dearest cost In qualities of the best. This man of thine Attempts her love. I prithee, noble lord, Join with me to forbid him her resort. Myself have spoke in vain. TIMON The man is honest. OLD ATHENIAN Therefore he will be, Timon. His honesty rewards him in itself; It must not bear my daughter. TIMON Does she love him? OLD ATHENIAN She is young and apt. Our own precedent passions do instruct us What levity’s in youth. TIMON (to Lucilius) Love you the maid?
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LUCILIUS
Ay, my good lord, and she accepts of it. OLD ATHENIAN
If in her marriage my consent be missing, I call the gods to witness, I will choose Mine heir from forth the beggars of the world, And dispossess her all. TIMON How shall she be endowed If she be mated with an equal husband?
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OLD ATHENIAN
Three talents on the present; in future, all.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
VECCHIO
Questo giovanotto, nobile Timone, questo tuo servo, frequenta di notte la mia casa. Io sono un uomo che è stato sempre attento al risparmio, e il mio patrimonio merita un erede più su di uno che serve a tavola18. TIMONE
Capisco. Continua. VECCHIO
Io ho un’unica figlia, nessun altro parente a cui lasciare ciò che possiedo. La ragazza è bella, fra le più giovani da sposare, e ho provveduto con grandi spese a darle un’educazione delle migliori. Questo tuo uomo la insidia. Ti prego, nobile signore, dammi man forte e proibisci che lui la frequenti. Le mie parole non son servite a nulla. TIMONE
È un uomo onesto. VECCHIO
Quindi lo sia, Timone. La sua stessa onestà è per lui un premio e non deve servire da scusa per prendersi mia figlia. TIMONE
Lei lo ama? VECCHIO
È giovane e influenzabile. Le passioni che anche noi abbiamo vissute ci insegnano quanta leggerezza vi sia nei giovani. TIMONE (a Lucilio) E voi, amate la ragazza? LUCILIO
Sì, buon signore, e lei è consenziente. VECCHIO
Senza il mio consenso alle nozze, mi siano testimoni gli dèi che sceglierò il mio erede fra gli accattoni della terra e diserederò lei di ogni cosa. TIMONE
Quale sarà la sua dote se andrà sposa a un marito suo pari? VECCHIO
Tre talenti al momento; in futuro tutto.
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TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
TIMON
This gentleman of mine hath served me long. To build his fortune I will strain a little, For ’tis a bond in men. Give him thy daughter. What you bestow in him I’ll counterpoise, And make him weigh with her. OLD ATHENIAN Most noble lord, Pawn me to this your honour, she is his.
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TIMON
My hand to thee; mine honour on my promise. LUCILIUS
Humbly I thank your lordship. Never may That state or fortune fall into my keeping Which is not owed to you.
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Exeunt Lucilius and Old Athenian POET (presenting a poem to Timon)
Vouchsafe my labour, and long live your lordship! TIMON
I thank you. You shall hear from me anon. Go not away. (To Painter) What have you there, my friend? PAINTER
A piece of painting, which I do beseech Your lordship to accept. TIMON Painting is welcome. The painting is almost the natural man; For since dishonour traffics with man’s nature, He is but outside; these pencilled figures are Even such as they give out. I like your work, And you shall find I like it. Wait attendance Till you hear further from me. PAINTER The gods preserve ye! TIMON
Well fare you, gentleman. Give me your hand. We must needs dine together. (To Jeweller) Sir, your jewel Hath suffered under praise. 1634
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
TIMONE
Questo mio gentiluomo è da tempo al mio servizio. Farò un piccolo sforzo per fornirgli una fortuna, come patto fra uomini. Dagli tua figlia. Ciò che tu concederai sarà da me bilanciato in suo favore, in modo che conti quanto lei. VECCHIO
Nobilissimo signore, garantiscimelo sul tuo onore e lei è sua. TIMONE
Eccoti la mano; prometto sul mio onore. LUCILIO
Ringrazio umilmente la signoria vostra. Mai possano quei beni o fortuna venire in mio possesso senza che io riconosca di doverli a voi. Escono Lucilio e il vecchio ateniese POETA (offre in dono a Timone una composizione poetica)
Degnatevi di accettare il frutto delle mie fatiche, lunga vita alla signoria vostra! TIMONE
Grazie. Fra poco riceverete risposta. Non allontanatevi. (Rivolto al pittore) Che avete là, amico mio? PITTORE
Un dipinto, che prego umilmente la signoria vostra di accettare. TIMONE
La pittura è sempre benvenuta. Un dipinto rappresenta quasi perfettamente l’uomo naturale; al contrario, se una condotta disonorevole19 perverte la natura umana, l’uomo è soltanto un guscio vuoto. Queste figure, opera del pennello, sono tali quali si esprimono. Mi è cara l’opera di voi pittori, e avrete conferma del mio gradimento. Trattenetevi qui in attesa di una mia risposta. PITTORE
Gli dèi vi proteggano! TIMONE
Vi saluto, signore. Datemi la mano. Dobbiamo proprio pranzare insieme. (Al gioielliere) Signore, la vostra gemma è stata troppo apprezzata 20.
1635
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
JEWELLER
What, my lord, dispraise?
TIMON
A mere satiety of commendations. If I should pay you for’t as ’tis extolled It would unclew me quite. JEWELLER My lord, ’tis rated As those which sell would give; but you well know Things of like value differing in the owners Are prizèd by their masters. Believe’t, dear lord, You mend the jewel by the wearing it. TIMON Well mocked.
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MERCHANT
No, my good lord, he speaks the common tongue Which all men speak with him. Enter Apemantus Look who comes here. Will you be chid? JEWELLER We will bear, with your lordship. MERCHANT He’ll spare none. TIMON
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TIMON
Good morrow to thee, gentle Apemantus. APEMANTUS
Till I be gentle, stay thou for thy good morrow – When thou art Timon’s dog, and these knaves honest. TIMON
Why dost thou call them knaves? Thou know’st them not. APEMANTUS Are they not Athenians? TIMON Yes. APEMANTUS Then I repent not. JEWELLER You know me, Apemantus?
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
GIOIELLIERE
Come, mio signore, si è deprezzata? TIMONE
Troppi elogi, da riempirsi la bocca. Dovessi pagarvela per quanto viene decantata finirei sul lastrico. GIOIELLIERE
Mio signore, è stimata quanto pagherebbe chi la vende; ma voi sapete bene che cose di ugual valore hanno prezzo diverso a seconda di chi le possiede. Credetemi, buon signore, indossando la gemma sarete voi a impreziosirla. TIMONE
Bravo a prendere in giro! MERCANTE
No, buon signore, egli parla la lingua che tutti parlano con lui. Entra Apemanto TIMONE
Attenti a chi arriva. Siete pronti ai rimbrotti? GIOIELLIERE
Sopporteremo, insieme alla signoria vostra. MERCANTE
Non avrà riguardi per nessuno. TIMONE
Buongiorno a te, cortese Apemanto. APEMANTO
Tieniti il tuo buongiorno per quando io sarò cortese, tu sarai il cane di Timone, e questi furfanti saranno onesti. TIMONE
Perché li chiami furfanti? Non li conosci. APEMANTO
Sono o non sono Ateniesi? TIMONE
Sì. APEMANTO
Allora non rinnego le mie parole. GIOIELLIERE
Vero che conoscete me, Apemanto? 1637
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
APEMANTUS
Thou know’st I do. I called thee by thy name. TIMON Thou art proud, Apemantus! APEMANTUS Of nothing so much as that I am not like
Timon. TIMON Whither art going?
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APEMANTUS To knock out an honest Athenian’s brains. TIMON That’s a deed thou’lt die for. APEMANTUS Right, if doing nothing be death by th’ law. TIMON
How likest thou this picture, Apemantus? APEMANTUS The best for the innocence.
200
TIMON
Wrought he not well that painted it? APEMANTUS He wrought better that made the painter, and
yet he’s but a filthy piece of work. PAINTER You’re a dog. APEMANTUS Thy mother’s of my generation. What’s she,
if I be a dog? TIMON Wilt dine with me, Apemantus? APEMANTUS No, I eat not lords. TIMON An thou shouldst, thou’dst anger ladies. APEMANTUS O, they eat lords. So they come by great bellies.
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TIMON
That’s a lascivious apprehension.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
APEMANTO
Che ti conosco lo sai. Ti ho chiamato per nome. TIMONE
Ti vanti troppo, Apemanto! APEMANTO
Mi vanto soprattutto di non somigliare a Timone. TIMONE
Dov’è che stai andando? APEMANTO
A rompere la testa a un Ateniese onesto. TIMONE
Ti costerà la vita. APEMANTO
Va bene, se non far nulla varrebbe comunque la morte. TIMONE
Che te ne pare, Apemanto, di questo ritratto? APEMANTO
Ottimo perché innocuo. TIMONE
Chi l’ha dipinto non ha forse fatto un buon lavoro? APEMANTO
Ha lavorato meglio chi ha creato il pittore, mentre lui stesso è roba da far schifo. PITTORE
Sei un cane21. APEMANTO
Tua madre è della mia stessa razza. Se io sono un cane, lei che cos’è? TIMONE
Vuoi pranzare con me, Apemanto? APEMANTO
No, non mangio i nobili signori. TIMONE
A provarci, faresti incollerire le nobildonne. APEMANTO
Oh, a mangiarseli sono loro. È così che mettono su il pancione. TIMONE
Idee lascive, le tue. 1639
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
APEMANTUS
So thou apprehend’st it; take it for thy labour. TIMON
How dost thou like this jewel, Apemantus? APEMANTUS Not so well as plain dealing, which will not
cost a man a doit.
215
TIMON
What dost thou think ’tis worth? Not worth my thinking. How now, poet? POET How now, philosopher? APEMANTUS Thou liest. POET Art not one? APEMANTUS Yes. POET Then I lie not. APEMANTUS Art not a poet? POET Yes. APEMANTUS Then thou liest. Look in thy last work, where thou hast feigned him a worthy fellow. POET That’s not feigned, he is so. APEMANTUS Yes, he is worthy of thee, and to pay thee for thy labour. He that loves to be flattered is worthy o’th’ flatterer. Heavens, that I were a lord! TIMON What wouldst do then, Apemantus? APEMANTUS
215. Cost: così in F3, in F1 cast. 1640
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
APEMANTO
Così le concepisci tu; e tienitele per averle partorite 22. TIMONE
Apemanto, ti piace questa gemma? APEMANTO
Non tanto quanto mi piace l’onestà, che non costa il becco di un quattrino23. TIMONE
Quanto pensi che valga? APEMANTO
Non vale la pena che ci pensi. Come va, poeta? POETA
Come va, filosofo? APEMANTO
Bugiardo. POETA
Come, non sei un filosofo? APEMANTO
Sì. POETA
Allora non sono un bugiardo. APEMANTO
E tu, non sei un poeta? POETA
Sì. APEMANTO
Allora sei bugiardo. Sfoglia la tua ultima opera, cerca il punto in cui presenti Timone come un uomo degno. POETA
Lo è, non me lo sono inventato. APEMANTO
Già, degno di te e di pagarti per le tue fatiche. Chi ama essere adulato è degno di chi lo adula. Per il cielo! Come mi piacerebbe essere un gran signore! TIMONE
Allora che faresti, Apemanto?
1641
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
APEMANTUS E’en as Apemantus does now: hate a lord
with my heart. TIMON What, thyself? APEMANTUS Ay. TIMON Wherefore? APEMANTUS That I had no augury but to be a lord. – Art not thou a merchant? MERCHANT Ay, Apemantus.
235
APEMANTUS
Traffic confound thee, if the gods will not! MERCHANT If traffic do it, the gods do it.
240
APEMANTUS
Traffic’s thy god, and thy god confound thee! Trumpet sounds. Enter a Messenger TIMON What trumpet’s that? MESSENGER
’Tis Alcibiades, and some twenty horse All of companionship. TIMON (to Servants) Pray entertain them. Give them guide to us.
245
[Exit one or more Servants] [To Jeweller] You must needs dine with me. [To Poet] Go not you hence Till I have thanked you. [To Painter] When dinner’s done Show me this piece. [To all] I am joyful of your sights. Enter Alcibiades with [his horsemen] Most welcome, sir! APEMANTUS [aside] So, so, there.
Aches contract and starve your supple joints! That there should be small love ’mongst these sweet knaves,
237. Augury but: emend. Oxford; in F angry wit (?) 1642
250
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
APEMANTO
Ciò che Apemanto fa ora: detestare un gran signore con tutta l’anima. TIMONE
Come, detestare te stesso? APEMANTO
Proprio così. TIMONE
E per quale ragione? APEMANTO
Perché non mi sono mai augurato altro che di essere un gran signore24. Tu, sei o non sei un mercante? MERCANTE
Sì, Apemanto. APEMANTO
Ti mandi in rovina il commercio, se non lo faranno gli dèi! MERCANTE
Se lo farà il commercio, sarà opera degli dèi. APEMANTO
Il commercio è il tuo dio, e sia il tuo dio a rovinarti! Squilli di tromba. Entra un messo TIMONE
Che tromba è questa? MESSO
È Alcibiade25, con un drappello di una ventina di uomini a cavallo. TIMONE (ai servi) Vi prego, accoglieteli come si deve. Scortateli qui da noi. [Escono uno o più servi] [Al gioielliere] Dobbiamo proprio pranzare insieme. [Al poeta] Non andatevene prima che vi abbia ringraziato. [Al pittore] Finito il pranzo mostratemi il vostro lavoro. [A tutti] Felice di aver visto tutti voi. Entra Alcibiade [con i cavalieri] Benvenuto, signore! APEMANTO [a parte]
Guarda guarda! Che l’artrite rattrappisca e consumi le vostre flessibili giunture! Strano che fra questi garbati furfanti ci sia così poco 1643
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 1
And all this courtesy! The strain of man’s bred out Into baboon and monkey. ALCIBIADES (to Timon) Sir, you have saved my longing, and I feed Most hungrily on your sight. TIMON Right welcome, sir! Ere we depart, we’ll share a bounteous time In different pleasures. Pray you, let us in.
255
Exeunt all but Apemantus Enter two Lords FIRST LORD
What time o’ day is’t, Apemantus?
260
APEMANTUS
Time to be honest. FIRST LORD
That time serves still.
APEMANTUS
The most accursed thou, that still omitt’st it. SECOND LORD
Thou art going to Lord Timon’s feast? APEMANTUS
Ay, to see meat fill knaves, and wine heat fools. SECOND LORD Fare thee well, fare thee well.
265
APEMANTUS
Thou art a fool to bid me farewell twice. SECOND LORD Why, Apemantus? APEMANTUS Shouldst have kept one to thyself, for I mean
to give thee none. FIRST LORD Hang thyself! APEMANTUS No, I will do nothing at thy bidding. Make
thy requests to thy friend.
1644
270
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 1
affetto e tanta buona grazia! La stirpe umana si è trasformata in babbuini e scimmie. ALCIBIADE (a Timone) Signore, avete anticipato il mio desiderio di incontrarvi, ed ora mi nutro avidamente della vostra vista. TIMONE
Benvenuto, signore! Prima che sia ora di separarci ci daremo buon tempo in piaceri di ogni sorta. Prego, entriamo. Escono tutti eccetto Apemanto Entrano due nobili ateniesi PRIMO NOBILE
Che ora è, Apemanto? APEMANTO
Ora di essere onesti. PRIMO NOBILE
Sempre buona quell’ora. APEMANTO
Maledizione a te, che sempre te ne scordi. SECONDO NOBILE
Pensi di andare al banchetto di Timone? APEMANTO
Sì, per vedere del cibo che rimpinza i furfanti e del vino che scalda il sangue ai cretini. SECONDO NOBILE
Addio a te, stammi bene. APEMANTO
Sei sciocco a salutarmi due volte. SECONDO NOBILE
Perché, Apemanto? APEMANTO
Un saluto lo dovevi tenere per te, perché io saluti e auguri non intendo fartene. PRIMO NOBILE
Va’ a impiccarti! APEMANTO
Macché, io da te non prendo ordini. Passali al tuo amico. 1645
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
SECOND LORD Away, unpeaceable dog, or I’ll spurn thee
hence. Exit
APEMANTUS I will fly, like a dog, the heels o’th’ ass. FIRST LORD
He’s opposite to humanity. Come, shall we in, And taste Lord Timon’s bounty? He outgoes The very heart of kindness.
276
SECOND LORD
He pours it out. Plutus the god of gold Is but his steward; no meed but he repays Sevenfold above itself; no gift to him But breeds the giver a return exceeding All use of quittance. FIRST LORD The noblest mind he carries That ever governed man.
280
SECOND LORD
Long may he live in fortunes! Shall we in? [FIRST LORD] I’ll keep you company. 1.2
285 Exeunt
Hautboys playing loud music. A great banquet served in, [Flavius and Servants attending]; and then enter Timon, Alcibiades, the Senators, the Athenian Lords, and Ventidius which Timon redeemed from prison. Then comes, dropping after all, Apemantus, discontentedly, like himself
VENTIDIUS
Most honoured Timon, it hath pleased the gods to remember My father’s age and call him to long peace. He is gone happy, and has left me rich. Then, as in grateful virtue I am bound To your free heart, I do return those talents, Doubled with thanks and service, from whose help I derived liberty.
276-286. Versi attribuiti a Middleton. 1-251. Parte attribuita a Middleton. 1646
5
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
SECONDO NOBILE
Via di qua, cane attaccabrighe, o ti caccio a pedate. APEMANTO
Come fa il cane, starò alla larga dagli zoccoli posteriori dell’asino. Esce PRIMO NOBILE
26
Ce l’ha con tutto il genere umano. Su, vogliamo entrare a gustare la liberalità di Timone? Ha un grande cuore, più grande della generosità stessa. SECONDO NOBILE
Una liberalità che profonde a fiumi. Plutone, il dio dell’oro, gli fa da maggiordomo; non v’è omaggio che Timone non ricambi moltiplicato per sette, o dono che non frutti al donatore assai più dell’interesse corrente. PRIMO NOBILE
Possiede l’animo più nobile che abbia governato un uomo. SECONDO NOBILE
Lunga vita alle sue fortune! Vogliamo entrare? [PRIMO NOBILE] Vi accompagno. Escono I, 2
Forte musica di oboe. Viene servito un grande banchetto [con Flavio e dei servitori a disposizione]; poi entrano Timone, Alcibiade, i senatori, i nobili ateniesi e Ventidio, che Timone ha affrancato dal carcere. Da ultimo giunge Apemanto, aggrondato come al solito27
VENTIDIO28
Onorevolissimo Timone, è piaciuto agli dèi rammentarsi che mio padre era anziano e chiamarlo a pace duratura. Se n’è andato contento e mi ha lasciato ricco. Così, per la gratitudine che mi lega al vostro cuore generoso, restituisco quei talenti a cui devo la libertà, aggiungendovi altrettanti ringraziamenti e servigi.
1647
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
O, by no means, Honest Ventidius. You mistake my love. I gave it freely ever, and there’s none Can truly say he gives if he receives. If our betters play at that game, we must not dare To imitate them. Faults that are rich are fair.
TIMON
10
VENTIDIUS
A noble spirit! [The Lords stand with ceremony] Nay, my lords, Ceremony was but devised at first To set a gloss on faint deeds, hollow welcomes, Recanting goodness, sorry ere ’tis shown; But where there is true friendship, there needs none. Pray sit. More welcome are ye to my fortunes Than my fortunes to me.
TIMON
15
[They sit] FIRST LORD
My lord, we always have confessed it.
20
APEMANTUS
Ho, ho, confessed it? Hanged it, have you not? TIMON
O, Apemantus! You are welcome. No, You shall not make me welcome. I come to have thee thrust me out of doors.
APEMANTUS
TIMON
Fie, thou’rt a churl. Ye’ve got a humour there Does not become a man; ’tis much to blame. They say, my lords, Ira furor brevis est, But yon man is ever angry. Go, let him have a table by himself, For he does neither affect company Nor is he fit for’t, indeed.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
TIMONE
Non se ne parla, onesto Ventidio. Interpreti male il mio affetto. L’ho sempre dispensato liberamente; non c’è chi possa dire di aver donato davvero se riceve qualcosa in cambio29. Quand’anche altri migliori di noi stiano a quel gioco, non dobbiamo rischiare di imitarli. I difetti dei ricchi passano sempre per virtù 30. VENTIDIO
Spirito magnanimo! [I nobili ateniesi rimangono rispettosamente in piedi] TIMONE
Suvvia, signori, le cerimonie sono state concepite in primo luogo per dar lustro ad azioni fiacche, a parole vuote di benvenuto, a una bontà pronta a smentirsi e a dispiacersi prima ancora di essere mostrata. Dove esiste vera amicizia, non servono cerimonie. Per favore, sedete. Le mie fortune sono a vostra disposizione più di quanto lo siano per me. [Si siedono] PRIMO NOBILE
L’abbiamo sempre riconosciuto, mio signore. APEMANTO
Ma va’, riconosciuto? Sulla forca, non è così31? TIMONE
Ah, Apemanto! Benvenuto. APEMANTO
No, non mi devi dare il benvenuto. Vengo per essere cacciato via da te. TIMONE
Vergogna, sei un villano. Hai dei modi che mal si addicono a un uomo e meritano grande biasimo. Si usa dire, signori miei, Ira furor brevis est32, ma quest’uomo è perennemente in collera. Via, se ne stia a un tavolo da solo33, visto che non gli va la compagnia, e in compagnia non è per nulla adatto a stare.
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TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
APEMANTUS
Let me stay at thine apperil, Timon. I come to observe, I give thee warning on’t. TIMON
I take no heed of thee; thou’rt an Athenian, Therefore welcome. I myself would have no power: Prithee, let my meat make thee silent. APEMANTUS I scorn thy meat. ’Twould choke me, for I should ne’er flatter thee. O you gods, what a number of men eats Timon, and he sees ’em not! It grieves me to see so many dip their meat in one man’s blood; and all the madness is, he cheers them up, too. I wonder men dare trust themselves with men. Methinks they should invite them without knives: Good for their meat, and safer for their lives. There’s much example for’t. The fellow that sits next him, now parts bread with him, pledges the breath of him in a divided draught, is the readiest man to kill him. ’T’as been proved. If I were a huge man, I should fear to drink at meals, Lest they should spy my windpipe’s dangerous notes. Great men should drink with harness on their throats. TIMON (drinking to a Lord) My lord, in heart; and let the health go round.
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SECOND LORD
Let it flow this way, my good lord. APEMANTUS ‘Flow this way’? A brave fellow; he keeps his
tides well. Those healths will make thee and thy state look ill, Timon. Here’s that which is too weak to be a sinner: Honest water, which ne’er left man i’th’ mire. This and my food are equals; there’s no odds. Feasts are too proud to give thanks to the gods.
32. Apperil: mod. peril, “rischio”. 1650
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
APEMANTO
Fammi pure restare qui, Timone, ma a tuo rischio. Ti avviso che vengo per dir la mia. TIMONE
E io non ti do retta: sei ateniese, e quindi benvenuto. Nel caso in cui io stesso non riesca a zittirti, lo faccia il mio cibo. APEMANTO
Il tuo cibo io lo disprezzo. Mi strozzerebbe, dal momento che non sarei mai disposto ad adularti. Dèi del cielo, quanti sono gli uomini che si mangiano Timone, e lui neanche li vede! A me fa specie vederne tanti che inzuppano il cibo nel sangue di uno solo; e la cosa più folle è che lui per giunta li festeggia. Strano che gli uomini si fidino di altri uomini. Secondo me, si dovrebbe invitarli a pranzo senza i coltelli 34; un buon risparmio sul cibo e maggior sicurezza per la vita. Di esempi ce ne sono tanti: quel tale che gli sta seduto accanto e che ora divide con lui il pane e brinda alla sua salute nella stessa coppa è il più pronto a ucciderlo. È già capitato! Se fossi un grand’uomo, eviterei di bere a tavola per paura che altri colgano le fatali note della mia trachea35. Gli uomini d’alto rango dovrebbero bere con la gola cinta da una gorgiera. TIMONE (brinda a un nobile) Mio signore, beviamo di buon animo, e che girino i brindisi. SECONDO NOBILE
Fate scorrere le bevande da questa parte, mio buon signore. APEMANTO
‘Scorrere da questa parte’? Bravo, sa come approfittare della marea favorevole36. Quei brindisi alla tua salute, Timone, non faranno buon pro né a te né alle tue sostanze. Ecco qua invece qualcosa che è troppo debole37 per commettere peccato: l’acqua onesta, che non ha mai lasciato un uomo impantanato. Fra questa e il mio cibo non c’è differenza, sono uguali. Chi si satolla nei banchetti è troppo superbo per render grazie agli dèi.
1651
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
Apemantus’ grace Immortal gods, I crave no pelf. I pray for no man but myself. Grant I may never prove so fond To trust man on his oath or bond, Or a harlot for her weeping, Or a dog that seems a-sleeping, Or a keeper with my freedom, Or my friends if I should need ’em. Amen. So fall to’t. Rich men sin, and I eat root.
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[He eats] Much good dich thy good heart, Apemantus. TIMON Captain Alcibiades, your heart’s in the field now. ALCIBIADES My heart is ever at your service, my lord. TIMON You had rather be at a breakfast of enemies than a dinner of friends. ALCIBIADES So they were bleeding new, my lord; there’s no meat like ’em. I could wish my best friend at such a feast.
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APEMANTUS
Would all those flatterers were thine enemies then, That thou mightst kill ’em and bid me to ’em. FIRST LORD (to Timon) Might we but have that happiness, my lord, that you would once use our hearts, whereby we might express some part of our zeals, we should think ourselves for ever perfect. TIMON O, no doubt, my good friends, but the gods themselves have provided that I shall have much help from you. How had you been my friends else? Why have you that charitable title from thousands, did not you chiefly belong to my heart? I have told more of you to myself than you can with modesty speak in
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71. Dich: rara corruzione di do it, per may it do [much good to your heart]. 1652
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
Il benedicite di Apemanto Dèi immortali, io non cerco lucro. Per me solo, non per altri vi invoco. Fate che io non sia mai così stolto da fidarmi di chi giura o assicura, di una puttana che piagnucola38, di un cane che finga di dormire, di un carceriere che libertà prometta, o degli amici in caso di bisogno. Amen. Cominciate a servirvi. I ricchi fan peccati di gola, io mangio radici. [Mangia] Buon pro39, Apemanto. TIMONE
Capitano Alcibiade, il vostro cuore è ora sul campo di battaglia. ALCIBIADE
Il mio cuore è sempre al servizio vostro, signore. TIMONE
Certo preferireste far colazione di nemici piuttosto che pranzare con gli amici. ALCIBIADE
Purché buttino sangue, signore, non c’è pasto migliore. A un festino così potrei invitare il mio amico più caro. APEMANTO
Che bellezza se tutti questi adulatori fossero tuoi nemici, così li potresti uccidere e offrirmi un pranzo. PRIMO NOBILE (a Timone) Per una volta, signore, vorremmo aver la gioia che approfittaste voi dei nostri cuori, in modo da potervi esprimere almeno un po’ della nostra devozione! La nostra felicità sarebbe allora perfetta. TIMONE
Ah, miei buoni amici, senza dubbio sono stati gli dèi a disporre che io debba ricevere da voi un grande aiuto. Altrimenti come sareste amici miei? Come, infatti, fra mille altri vi fregereste di quel titolo benigno se non apparteneste soprattutto al mio cuore? Su di voi ho detto di più a me stesso di quanto possiate dire modestamente in 1653
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
your own behalf; and thus far I confirm you. ‘O you gods,’ think I, ‘what need we have any friends if we should ne’er have need of ’em? They were the most needless creatures living, should we ne’er have use for ’em, and would most resemble sweet instruments hung up in cases, that keeps their sounds to themselves.’ Why, I have often wished myself poorer, that I might come nearer to you. We are born to do benefits; and what better or properer can we call our own than the riches of our friends? O, what a precious comfort ’tis to have so many like brothers commanding one another’s fortunes! O, joy’s e’en made away ere’t can be born: mine eyes cannot hold out water, methinks. To forget their faults, I drink to you. APEMANTUS Thou weep’st to make them drink, Timon. SECOND LORD (to Timon) Joy had the like conception in our eyes, And at that instant like a babe sprung up.
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APEMANTUS
Ho, ho, I laugh to think that babe a bastard. THIRD LORD (to Timon)
I promise you, my lord, you moved me much. APEMANTUS Much!
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A tucket sounds within TIMON What means that trump?
Enter a Servant How now? SERVANT Please you, my lord, there are certain ladies most desirous of admittance. TIMON Ladies? What are their wills? SERVANT There comes with them a forerunner, my lord, which bears that office to signify their pleasures.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
vostro favore; vi confermo da sempre miei amici. E penso: o dèi del cielo, a che servirebbero gli amici se non ne avessimo mai bisogno? Se non potessimo approfittarne, sarebbero le creature più inutili al mondo e somiglierebbero a dolci strumenti che rinchiusi nelle loro custodie serbano soltanto per sé i propri suoni. Ebbene, ho spesso desiderato di essere più povero, così da starvi più vicino. Siamo venuti al mondo per fare del bene; e qual è il bene che a maggior ragione e più giustamente possiamo chiamare nostro se non le ricchezze dei nostri amici? Che preziosa consolazione è possederne tanti, che come fratelli dispongono delle reciproche fortune40! Ah, questa è una gioia che se ne fugge sul nascere: sento che i miei occhi non riescono a trattenere le lacrime. Per dimenticare quanto siano deboli brindo alla vostra salute. APEMANTO
Tu, Timone, piangi per farli bere. SECONDO NOBILE (a Timone)
Anche i nostri occhi hanno concepito una gioia simile, nata come un bimbo in quel momento stesso. APEMANTO
Ha, ha, me la rido al pensiero che quel bimbo è un bastardo41. TERZO NOBILE (a Timone) Signore, lo giuro, mi avete molto commosso. APEMANTO
Molto, davvero42! Squillo di tromba dall’interno TIMONE
Che cosa annuncia questa tromba? Entra un servo Ebbene? SERVO
Scusate, signore, ci sono delle dame ansiose di esser ricevute. TIMONE
Delle dame? Che cosa desiderano? SERVO
Signore, sono precedute da uno che ha il compito di illustrare i loro desideri. 1655
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
TIMON I pray let them be admitted.
Enter one as Cupid CUPID
Hail to thee, worthy Timon, and to all That of his bounties taste! The five best senses Acknowledge thee their patron, and come freely To gratulate thy plenteous bosom. Th’ear, Taste, touch, smell, all, pleased from thy table rise. They only now come but to feast thine eyes.
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TIMON
They’re welcome all. Let ’em have kind admittance. Music make their welcome! Exit Cupid [FIRST LORD] You see, my lord, how ample you’re beloved. Music. Enter a masque of Ladies as Amazons, with lutes in their hands, dancing and playing APEMANTUS
Hey-day, what a sweep of vanity comes this way! They dance? They are madwomen. Like madness is the glory of this life As this pomp shows to a little oil and root. We make ourselves fools to disport ourselves, And spend our flatteries to drink those men Upon whose age we void it up again With poisonous spite and envy. Who lives that’s not depravèd or depraves? Who dies that bears not one spurn to their graves Of their friends’ gift? I should fear those that dance before me now Would one day stamp upon me. ’T’as been done. Men shut their doors against a setting sun. The Lords rise from table with much adoring of Timon; and to show their loves each singles out an Amazon, and all dance, men with women, a lofty strain or two to the hautboys; and cease
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
TIMONE
Prego, siano ammesse alla mia presenza. Entra uno mascherato da Cupido43 CUPIDO
Salute a te, onorevole Timone, e a tutti quelli che gustano le molte forme della tua munificenza! I cinque nobilissimi sensi ti riconoscono loro patrono e vengono spontaneamente a render grazie al tuo cuore generoso. L’udito, il gusto, il tatto, l’odorato si levano dalla tua mensa appagati. Le dame ora giunte intendono dilettare soltanto i tuoi occhi. TIMONE
Sono tutte benvenute. Si facciano gentilmente entrare. E per accoglierle, musica! Esce Cupido [PRIMO NOBILE]
Vedete, signore, quanto siete amato. Musica. Entra uno spettacolo di dame mascherate da amazzoni che danzano e suonano imbracciando dei liuti APEMANTO
Guarda guarda, che gran parata di vanità si fa avanti! Danzano? Sono delle mentecatte. E pare follia lo splendore di una vita del genere, com’è chiaro se si paragona tanto sfarzo a un po’ d’olio e a delle radici44. Per sollazzarci noi facciamo i buffoni e sprechiamo lusinghe brindando alla salute di uomini sui quali risputeremo invidia e velenoso disprezzo quando saranno vecchi. Esiste forse fra i vivi chi non sia pervertito o non induca alla perversione? E fra i morti chi non sia finito nella tomba con una pedata, dono dei propri amici? Il mio timore è che quelle che ora danzano di fronte a me prima o poi mi calpestino. È storia vecchia. Al sole che tramonta gli uomini sbarrano la porta45. I nobili si alzano da tavola in ossequio a Timone; per dimostrargli affetto scelgono ognuno un’amazzone e danzano a coppie, al ritmo di uno o due maestosi motivi degli oboi; quindi si arrestano
1657
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
TIMON
You have done our pleasures much grace, fair ladies, Set a fair fashion on our entertainment, Which was not half so beautiful and kind. You have added worth unto’t and lustre, And entertained me with mine own device. I am to thank you for’t.
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FIRST [LADY]
My lord, you take us even at the best. APEMANTUS Faith; for the worst is filthy, and would not
hold taking, I doubt me.
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TIMON
Ladies, there is an idle banquet ’tends you. Please you to dispose yourselves. ALL LADIES Most thankfully, my lord. Exeunt Ladies TIMON Flavius. FLAVIUS My lord. TIMON The little casket bring me hither. FLAVIUS Yes, my lord. (aside) More jewels yet? There is no crossing him in’s humour, Else I should tell him well, i’faith I should. When all’s spent, he’d be crossed then, an he could. ’Tis pity bounty had not eyes behind, That man might ne’er be wretched for his mind. Exit FIRST LORD Where be our men? SERVANT Here, my lord, in readiness. SECOND LORD Our horses. [Exit Servant]
160. An: idiomatico per if, “se”; non più segnalato. 1658
155
161
TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
TIMONE
Belle signore, con molta grazia avete ingentilito i nostri piaceri e donato raffinatezza a uno svago che non era previsto così bello e piacevole. Avete aggiunto valore e lustro a una festa da me promossa. Ve ne devo ringraziare. PRIMA [DAMA]
Signore, ci cogliete nel momento migliore. APEMANTO
In fede mia, il momento peggiore è immondo46 e mi sa che non convenga coglierlo. TIMONE
Signore, siete attese a un modesto rinfresco. Accomodatevi, prego. TUTTE LE DAME
Molte grazie, signore. Le dame escono TIMONE
Flavio! FLAVIO
Signore. TIMONE
Il cofanetto, portamelo qui. FLAVIO
Sì, signore. (A parte) Altri gioielli? Non c’è verso di contrariarlo nei suoi capricci47; ma io dovrei parlargli chiaro, in fede mia dovrei farlo. Quando si sarà dato fondo al patrimonio, allora sì che vorrà sia fatto il possibile per cancellare i suoi debiti. Peccato che la liberalità non sappia guardarsi alle spalle; uno come lui non finirebbe in rovina per generosità. Esce PRIMO NOBILE
Dove sono i nostri uomini? SERVO
Qui, signore, a disposizione. SECONDO NOBILE
I cavalli. [Esce il servo] 1659
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
Enter Flavius with the casket. He gives it to Timon, [and exits] TIMON
O my friends, I have one word to say to you. Look you, my good lord, I must entreat you honour me so much As to advance this jewel. Accept and wear it, Kind my lord.
166
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FIRST LORD
I am so far already in your gifts. ALL LORDS So are we all.
[Timon gives them jewels.] Enter a Servant FIRST SERVANT My lord, there are certain nobles of the
senate newly alighted and come to visit you. TIMON They are fairly welcome. Exit Servant
174
Enter Flavius FLAVIUS I beseech your honour, vouchsafe me a word; it
does concern you near. TIMON
Near? Why then, another time I’ll hear thee. I prithee, let’s be provided to show them entertainment. FLAVIUS I scarce know how. Enter a Second Servant SECOND SERVANT
May it please your honour, Lord Lucius Out of his free love hath presented to you Four milk-white horses trapped in silver. TIMON
I shall accept them fairly. Let the presents Be worthily entertained.
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Exit Servant
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
Entra Flavio con il cofanetto. Lo dà a Timone [ed esce] TIMONE
Amici miei, ancora una parola. Sentite, buon signore, devo pregarvi di farmi il grande onore di dar lustro a questo gioiello. Accettatelo e portatelo, cortese signore. PRIMO NOBILE
Di doni sono già in grande debito con voi. TUTTI I NOBILI
Così anche noi tutti. [Timone dona loro dei gioielli.] Entra un servo PRIMO SERVO
Signore, sono appena smontati da cavallo dei nobili senatori giunti a farvi visita. TIMONE
Sono benvenuti. Esce il servo Entra Flavio FLAVIO
Imploro vostro onore di concedermi una parola; è cosa che vi riguarda da vicino. TIMONE
Da vicino? Via, ti darò ascolto un’altra volta. Si badi a predisporre una buona accoglienza, te lo raccomando. FLAVIO
Non saprei come. Entra un secondo servo SECONDO SERVO
Se aggrada a vostro onore, il nobile Lucio, in segno di grande affetto, vi ha fatto omaggio di quattro cavalli bianchi come il latte, bardati d’argento. TIMONE
Li accetto ben volentieri. E i presenti siano accolti degnamente. Esce il servo
1661
TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
Enter a Third Servant How now, what news?
185
THIRD SERVANT Please you, my lord, that honourable
gentleman Lord Lucullus entreats your company tomorrow to hunt with him, and has sent your honour two brace of greyhounds. TIMON
I’ll hunt with him, and let them be received Not without fair reward. Exit Servant FLAVIUS (aside) What will this come to? He commands us to provide and give great gifts, And all out of an empty coffer; Nor will he know his purse, or yield me this: To show him what a beggar his heart is, Being of no power to make his wishes good. His promises fly so beyond his state That what he speaks is all in debt, he owes For every word. He is so kind that he now Pays interest for’t. His land’s put to their books. Well, would I were gently put out of office Before I were forced out. Happier is he that has no friend to feed Than such that do e’en enemies exceed. I bleed inwardly for my lord. Exit TIMON (to the Lords) You do yourselves Much wrong, you bate too much of your own merits. (To Second Lord) Here, my lord, a trifle of our love.
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SECOND LORD
With more than common thanks I will receive it. THIRD LORD
O, he’s the very soul of bounty! TIMON (to First Lord) And now I remember, my lord, you gave good words the other day of a bay courser I rode on. ’Tis yours, because you liked it.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
Entra un terzo servo Ebbene, che novità? TERZO SERVO
Se vi aggrada, signore, il commendevole Lucullo vi prega di fargli compagnia domani a caccia e ha mandato a vostro onore due coppie di levrieri. TIMONE
Andrò a caccia con lui. Si accettino i levrieri, non senza ricambiare degnamente il dono. Esce il servo FLAVIO (a parte)
Dove si andrà a finire? Ci ordina di provvedere a fare dei gran regali, e tutto da una cassa vuota; non vuole neanche sapere quanto ha ancora nella borsa, né concedermi almeno questo: fargli capire quanto pitocco sia il suo cuore, inetto ormai a soddisfare i suoi desideri. Le promesse che fa volano tanto al di là di quanto dispone, che ogni sua parola è un debito. È tanto generoso che ora paga anche gli interessi. Le sue terre sono ormai sui libri contabili di altri. Beh, sarei contento se con buona grazia mi si deponesse dall’incarico prima di esser cacciato in malo modo. È più felice chi non ha amici da nutrire di chi ne ha tanti, e son peggio di nemici. Mi sanguina il cuore per il mio padrone. Esce TIMONE (rivolto ai nobili)
Fate a voi stessi un grande torto, stimate troppo poco i vostri meriti. (Rivolto al secondo nobile) Signore, ecco una piccolezza in segno del nostro affetto. SECONDO NOBILE
La accetto con i miei ringraziamenti più sentiti. TERZO NOBILE
Ah, Timone è la generosità in persona! TIMONE (al primo nobile)
Ora ricordo, signore, che l’altro giorno avete espresso il vostro apprezzamento per un baio che stavo cavalcando. Poiché vi è piaciuto, è vostro.
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TIMON OF ATHENS, ACT 1 SCENE 2
FIRST LORD
O I beseech you pardon me, my lord, in that. TIMON
You may take my word, my lord, I know no man Can justly praise but what he does affect. I weigh my friends’ affection with mine own. I’ll tell you true, I’ll call to you. ALL LORDS O, none so welcome.
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TIMON
I take all and your several visitations So kind to heart, ’tis not enough to give. Methinks I could deal kingdoms to my friends, And ne’er be weary. Alcibiades, Thou art a soldier, therefore seldom rich. [Giving a present] It comes in charity to thee, for all thy living Is ’mongst the dead, and all the lands thou hast Lie in a pitched field. ALCIBIADES Ay, defiled land, my lord. FIRST LORD We are so virtuously bound – TIMON And so am I to you. SECOND LORD So infinitely endeared – TIMON All to you. Lights, more lights!
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FIRST LORD
The best of happiness, honour, and fortunes Keep with you, Lord Timon. TIMON Ready for his friends.
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Exeunt all but Timon and Apemantus APEMANTUS What a coil’s here,
Serving of becks and jutting-out of bums! I doubt whether their legs be worth the sums That are given for ’em. Friendship’s full of dregs. Methinks false hearts should never have sound legs. Thus honest fools lay out their wealth on curtseys.
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TIMONE D’ATENE, ATTO I SCENA 2
PRIMO NOBILE
Vi chiedo venia, signore, non mi riferivo a quello. TIMONE
Parola mia, signore, non credo si possa giustamente lodare se non ciò che piace. Per me hanno lo stesso peso i gusti degli amici e i miei. Verrò a trovarvi, lo dico davvero. TUTTI I NOBILI
Nessuno è benvenuto quanto voi. TIMONE
Tutte le vostre visite, una per una, mi stanno così a cuore che non è abbastanza farvi dei doni. Potrei, credo, distribuire dei regni fra i miei amici senza mai stancarmi. Alcibiade, tu sei un soldato, e non ti capita tutti i giorni di essere ricco. [Gli dà un regalo] È carità nei tuoi riguardi, visto che ti guadagni la vita in mezzo ai morti e tutte le terre che possiedi stanno in un campo di battaglia. ALCIBIADE
Sì, terra deturpata, mio signore. PRIMO NOBILE
Vi siamo legati da così profondo affetto… TIMONE
E io a voi. SECONDO NOBILE
Infinitamente obbligati… TIMONE
Obbligo tutto mio. Luci, più luci! PRIMO NOBILE
Vi accompagnino ogni felicità, onore e fortuna, nobile Timone. TIMONE
Sempre a disposizione degli amici. Escono tutti salvo Timone e Apemanto APEMANTO
Che bolgia di salamelecchi e inchini a culo in fuori! Chissà se le genuflessioni48 che fanno valgono i denari con cui sono pagate. L’amicizia è colma di feccia. Meglio sarebbe, credo, per chi ha un cuore infido non aver gambe sane. Ecco com’è che i cretini onesti buttano i propri soldi per comprare riverenze. 1665
TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 1
TIMON
Now, Apemantus, if thou wert not sullen I would be good to thee. APEMANTUS No, I’ll nothing; for if I should be bribed too, there would be none left to rail upon thee, and then thou wouldst sin the faster. Thou giv’st so long, Timon, I fear me thou wilt give away thyself in paper shortly. What needs these feasts, pomps, and vainglories? TIMON Nay, an you begin to rail on society once, I am sworn not to give regard to you. Farewell, and come with better music. Exit APEMANTUS So. Thou wilt not hear me now, thou shall not then. I’ll lock thy heaven from thee. O, that men’s ears should be To counsel deaf, but not to flattery! Exit
240
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Enter a Senator [with bonds]
2.1
SENATOR
And late five thousand. To Varro and to Isidore He owes nine thousand, besides my former sum, Which makes it five-and-twenty. Still in motion Of raging waste! It cannot hold, it will not. If I want gold, steal but a beggar’s dog And give it Timon, why, the dog coins gold. If I would sell my horse and buy twenty more Better than he, why, give my horse to Timon – Ask nothing, give it him – it foals me straight, And able horses. No porter at his gate, But rather one that smiles and still invites All that pass by. It cannot hold. No reason Can sound his state in safety. Caphis ho! Caphis, I say! Enter Caphis CAPHIS
1666
Here, sir. What is your pleasure?
5
10
TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 1
TIMONE
Se tu, Apemanto, non fossi così astioso, ti tratterei bene. APEMANTO
No, non mi serve niente: se anch’io mi facessi corrompere, non resterebbe più nessuno a rampognarti e peccheresti più in fretta. Tu, Timone, non fai che dare regali, e temo che fra poco firmerai una cambiale per dar via te stesso. Che bisogno c’è di tutti questi banchetti, lussi e vanità? TIMONE
Insomma, se cominciate49 a prendervela con chi mi frequenta, giuro che non vi darò più retta. Addio, e fatevi vivo con miglior musica. Esce APEMANTO
D’accordo. Non mi vuoi dare ascolto adesso e non lo farai neanche allora. Ti sbarrerò ogni via di salvezza. Peccato che gli orecchi degli uomini debbano esser sordi ai consigli, non all’adulazione! Esce Entra un senatore [con delle cambiali]50
II, 1
SENATORE
E di recente cinquemila. A Varrone e a Isidoro deve novemila, senza contare la somma che già doveva a me, per cui in tutto fanno venticinque. Uno spreco furibondo, senza fine. Non si può continuare così, no. Se ho bisogno d’oro, rubo il cane a un mendicante e lo regalo a Timone; diamine, quel cane è una zecca di monete d’oro. Se mi va di vendere il cavallo e comprarne altri venti migliori di quelli che ha lui, diamine, regalo il cavallo a Timone – non chiedo nulla, glielo regalo – in quattro e quattr’otto mi figlia dei puledri di prim’ordine. Alla sua porta non c’è un custode, c’è invece un tale che sorride e invita a entrare il primo che passa. Non si può continuare così. Non c’è persona ragionevole che possa considerare sicuro il patrimonio di Timone. Cafis! Cafis, mi senti? Entra Cafis CAFIS
Eccomi, signore. Ai vostri comandi.
1667
TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
SENATOR
Get on your cloak and haste you to Lord Timon. Importune him for my moneys. Be not ceased With slight denial, nor then silenced when ‘Commend me to your master’, and the cap Plays in the right hand, thus; but tell him My uses cry to me, I must serve my turn Out of mine own, his days and times are past, And my reliances on his fracted dates Have smit my credit. I love and honour him, But must not break my back to heal his finger. Immediate are my needs, and my relief Must not be tossed and turned to me in words, But find supply immediate. Get you gone. Put on a most importunate aspect, A visage of demand, for I do fear When every feather sticks in his own wing Lord Timon will be left a naked gull, Which flashes now a phoenix. Get you gone.
15
20
25
30
CAPHIS
I go, sir. SENATOR [giving him bonds]
Take the bonds along with you, And have the dates in count. CAPHIS I will, sir. SENATOR Go. Exeunt [severally] 2.2
Enter Flavius, with many bills in his hand
FLAVIUS
No care, no stop; so senseless of expense That he will neither know how to maintain it Nor cease his flow of riot, takes no account How things go from him, nor resumes no care Of what is to continue. Never mind 1-44. Versi attribuiti a Middleton. 1668
5
TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
SENATORE
Mettiti il mantello e vai di corsa dal nobile Timone. Insisti che ti dia il denaro che mi deve. Non farti tagliare la parola in bocca dal minimo rifiuto, né poi zittirti se dice ‘Presenta i miei ossequi al tuo padrone’ giocherellando col cappello nella destra51, così. Digli invece che a mia volta devo far fronte con denari di tasca mia a necessità impellenti; sono passati i giorni e i tempi stabiliti ed essermi fidato di scadenze ora infrante ha dato un brutto colpo al mio prestigio. Ho per lui affetto e stima, ma non è il caso che io mi rompa la schiena per guarirgli un dito. Il denaro mi serve subito e il debito nei miei riguardi non si sconta palleggiando parole, deve essere rimborsato subito. Va’! Metti su il piglio più molesto che puoi, una grinta che reclama il dovuto. Quando ogni penna sarà infilata nell’ala che le spetta, ho paura che il nobile Timone che ora sfavilla come una fenice sarà nient’altro che un uccellaccio spennato52. Sbrigati, vai. CAFIS
Vado, signore. SENATORE [gli consegna delle cambiali]
Portati dietro le cambiali e tieni conto delle date. CAFIS
Certo, signore. SENATORE
Va’. Escono [separatamente] II, 2.
Entra Flavio con molte cambiali in mano
FLAVIO
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Non ci bada, non smette. Si rende così poco conto delle spese, che non vuole neppur sapere come gestirle né come arrestare il fiume di dissipazione. Non bada a come perde la roba, né si preoccupa di come andare avanti. Non si è mai visto uno così sconsiderato
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
Was to be so unwise to be so kind. What shall be done? He will not hear till feel. [A sound of horns within] I must be round with him, now he comes from hunting. Fie, fie, fie, fie! Enter Caphis [at one door] and Servants of Isidore and Varro [at another door] CAPHIS
Good even, Varro. What, you come for money?
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VARRO’S SERVANT Is’t not your business too? CAPHIS
It is; and yours too, Isidore? It is so.
ISIDORE’S SERVANT CAPHIS
Would we were all discharged. I fear it. Here comes the lord.
VARRO’S SERVANT CAPHIS
Enter Timon and his train, amongst them Alcibiades, [as from hunting] TIMON
So soon as dinner’s done we’ll forth again, My Alcibiades. Caphis meets Timon With me? What is your will? CAPHIS
My lord, here is a note of certain dues. TIMON Dues? Whence are you? CAPHIS Of Athens here, my lord. TIMON Go to my steward.
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
nella sua generosità. Che fare? Non darà ascolto finché non se ne accorgerà sulla sua pelle. [Suono di corni dall’interno] Devo affrontarlo ora che torna dalla caccia. Che vergogna, che vergogna! Entrano Cafis [da una porta] e dei servi di Isidoro e di Varrone [da un’altra] CAFIS
Buona sera, Varrone. Che succede, vieni in cerca di soldi? SERVO DI VARRONE
E tu, non vieni per quello? CAFIS
Già; anche tu, Isidoro? SERVO DI ISIDORO
Proprio così. CAFIS
C’è da sperare che ci saldi tutti. SERVO DI VARRONE
Ho paura di no. CAFIS
Eccolo, arriva il nobile Timone. Entra Timone [di ritorno dalla caccia] accompagnato dagli uomini del seguito, Alcibiade fra questi. TIMONE
Appena finito di pranzare55 usciremo di nuovo, caro Alcibiade. Cafis va incontro a Timone Cercate me? Che volete? CAFIS
Signore, ecco una lista di certi debiti. TIMONE
Debiti? Di dove siete56? CAFIS
Qui di Atene, signore. TIMONE
Andate dal mio maggiordomo. 1671
TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
CAPHIS
Please it your lordship, he hath put me off, To the succession of new days, this month. My master is awaked by great occasion To call upon his own, and humbly prays you That with your other noble parts you’ll suit In giving him his right. TIMON Mine honest friend, I prithee but repair to me next morning.
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CAPHIS
Nay, good my lord. TIMON
Contain thyself, good friend.
VARRO’S SERVANT
One Varro’s servant, my good lord. ISIDORE’S SERVANT (to Timon)
From Isidore. He humbly prays your speedy payment. CAPHIS (to Timon)
If you did know, my lord, my master’s wants –
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VARRO’S SERVANT (to Timon)
’Twas due on forfeiture, my lord, six weeks and past. ISIDORE’S SERVANT (to Timon)
Your steward puts me off, my lord, and I Am sent expressly to your lordship. TIMON Give me breath. – I do beseech you, good my lords, keep on. I’ll wait upon you instantly. Exeunt Alcibiades and Timon’s train (To Flavius) Come hither. Pray you, How goes the world, that I am thus encountered With clamorous demands of broken bonds And the detention of long-since-due debts, Against my honour?
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
CAFIS
Di grazia, signore, è un mese che mi rinvia di giorno in giorno. Per necessità urgenti 57 il mio padrone deve richiedere il suo e vi prega umilmente di fare appello alle vostre nobili qualità per dargli quanto gli spetta. TIMONE
Mio onesto amico, ti prego di ritornare da me domattina. CAFIS
No, buon signore. TIMONE
Un po’ di pazienza, buon amico. SERVO DI VARRONE
Sono un servo di Varrone, buon signore. SERVO DI ISIDORO (rivolto a Timone)
Da parte di Isidoro. Vi prega umilmente di pagarlo al più presto. CAFIS (a Timone) Se sapeste, signore, quanto bisogno ne ha il mio padrone… SERVO DI VARRONE (a Timone) Già più di sei settimane fa, signore, era prevista la confisca. SERVO DI ISIDORO (a Timone) Il vostro maggiordomo mi congeda con delle scuse, signore, e ho ordine di rivolgermi espressamente alla signoria vostra. TIMONE
Lasciatemi respirare… Vi prego58, cari signori, continuate pure. Di voi mi occuperò senza indugio. Escono Alcibiade e il seguito di Timone (A Flavio) Venite qui. Per favore, come diavolo mi trovo assalito in questo modo con vocianti richieste di onorare cambiali scadute e debiti di lunga data, e ne va di mezzo il mio onore?
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
FLAVIUS (to Servants)
Please you, gentlemen, The time is unagreeable to this business; Your importunacy cease till after dinner, That I may make his lordship understand Wherefore you are not paid. TIMON (to Servants) Do so, my friends. (To Flavius) See them well entertained. Exit FLAVIUS Pray draw near.
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Exit Enter Apemantus and Fool CAPHIS
Stay, stay, here comes the fool with Apemantus. Let’s ha’ some sport with ’em. VARRO’S SERVANT Hang him, he’ll abuse us. ISIDORE’S SERVANT A plague upon him, dog! VARRO’S SERVANT How dost, fool? APEMANTUS Dost dialogue with thy shadow? VARRO’S SERVANT I speak not to thee. APEMANTUS No, ’tis to thyself. (To Fool) Come away. ISIDORE’S SERVANT (to Varro’s Servant) There’s the fool hangs on your back already. APEMANTUS No, thou stand’st single: thou’rt not on him yet. CAPHIS (to Isidore’s Servant) Where’s the fool now? APEMANTUS He last asked the question. Poor rogues’ and usurers’ men, bawds between gold and want.
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
FLAVIO (rivolto ai servi)
Per favore, signori, non è il momento di occuparci della cosa. Smettete di insistere così fastidiosamente fino a dopo il pranzo, per darmi modo di spiegare a sua signoria perché non vi si paga. TIMONE (ai servi) Fate come vi dice, amici. (A Flavio) Badate che siano accolti bene. Esce FLAVIO
Da questa parte, prego. Esce Entrano Apemanto e il Matto CAFIS
Fermi, fermi! Arriva il matto insieme ad Apemanto. Divertiamoci un po’ con loro. SERVO DI VARRONE
Che si impicchi! Quello ci coprirà d’ingiurie. SERVO DI ISIDORO
Cane, che gli pigli la peste! SERVO DI VARRONE
Come va la vita, matto? APEMANTO
Fai conversazione con la tua ombra? SERVO DI VARRONE
Non parlo con te. APEMANTO
No, parli con te stesso. (Rivolto al Matto) Scansati! SERVO DI ISIDORO (al servo di Varrone)
Il matto ce l’hai già addosso59. APEMANTO
Ma no, sei sempre scapolo, non gli sei ancora sopra. CAFIS (al servo di Isidoro)
Adesso il matto dov’è? APEMANTO
È chi ha fatto la domanda per ultimo. Voi, poveracci al servizio di furfanti e usurai, fate i ruffiani fra l’oro e il bisogno60.
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
ALL SERVANTS What are we, Apemantus?
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APEMANTUS Asses. ALL SERVANTS Why? APEMANTUS That you ask me what you are, and do not
know yourselves. Speak to ’em, fool. FOOL How do you, gentlemen?
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ALL SERVANTS Gramercies, good fool. How does your
mistress? FOOL She’s e’en setting on water to scald such chickens
as you are. Would we could see you at Corinth. APEMANTUS Good; gramercy.
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Enter Page with two letters FOOL Look you, here comes my mistress’ page. PAGE Why, how now, captain? What do you in this wise
company? How dost thou, Apemantus? APEMANTUS Would I had a rod in my mouth, that I might
answer thee profitably. PAGE Prithee, Apemantus, read me the superscription of
these letters. I know not which is which. APEMANTUS Canst not read? PAGE No.
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
TUTTI I SERVI
Che cosa siamo noi, Apemanto? APEMANTO
Degli asini. TUTTI I SERVI
Perché? APEMANTO
Perché chiedete a me che cosa siete, e non conoscete voi stessi. Parlagli tu, matto. MATTO
Come ve la passate, signori? TUTTI I SERVI
Bene, tante grazie61 caro matto. La tua padrona come sta? MATTO
Mette al fuoco dell’acqua per sbollentare dei polli come voi62. Sarebbe bello incontrarvi a Corinto63! APEMANTO
Bravo, tante grazie. Entra un paggio con due lettere MATTO
Occhio che arriva il paggio della padrona. PAGGIO
Ehi, capo, tutto bene? Come mai in questa saggia compagnia? E tu Apemanto, come va? APEMANTO
Magari avessi un bastone in bocca, che ti risponderei come si deve64. PAGGIO
Per favore, Apemanto, leggimi l’indirizzo di queste lettere. Non so quale è quella giusta. APEMANTO
Non sai leggere? PAGGIO
No.
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
APEMANTUS There will little learning die then that day
thou art hanged. This is to Lord Timon, this to Alcibiades. Go, thou wast born a bastard, and thou’lt die a bawd. PAGE Thou wast whelped a dog, and thou shalt famish a dog’s death. Answer not; I am gone. Exit APEMANTUS E’en so thou outrunn’st grace. Fool, I will go with you to Lord Timon’s. FOOL Will you leave me there? APEMANTUS If Timon stay at home. (To Servants) You three serve three usurers? ALL SERVANTS Ay. Would they served us. APEMANTUS So would I: as good a trick as ever hangman served thief. FOOL Are you three usurers’ men? ALL SERVANTS Ay, fool. FOOL I think no usurer but has a fool to his servant. My mistress is one, and I am her fool. When men come to borrow of your masters they approach sadly and go away merry, but they enter my mistress’s house merrily and go away sadly. The reason of this? VARRO’S SERVANT I could render one. APEMANTUS Do it then, that we may account thee a whoremaster and a knave, which notwithstanding thou shall be no less esteemed.
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
APEMANTO
Allora perirà poca scienza il giorno che finirai sulla forca. Questa qui è per il nobile Timone, questa per Alcibiade. Fila via, sei nato bastardo e morirai ruffiano. PAGGIO
Tu cane sei, messo al mondo da una cagna, e morirai di fame come un cane. Non rispondere, me ne vado. Esce APEMANTO
Corri, che batti anche la misericordia divina65. Matto, ti accompagno io dal nobile Timone. MATTO
E mi lasci lì? APEMANTO
Se Timone rimane in casa, sì66. (Ai servi) Voi tre, siete al servizio di tre usurai? TUTTI I SERVI
Sì. Magari fossero loro servi nostri. APEMANTO
Piacerebbe anche a me: un bel servizio, che neanche il boia ha mai fatto a un ladro. MATTO
Davvero voi tre siete servi di usurai? TUTTI I SERVI
Sì, matto. MATTO
Secondo me non c’è usuraio che non abbia un matto al suo servizio. La mia padrona è una così67 e io sono il suo matto. Quando vengono degli uomini a chiedere un prestito ai vostri padroni arrivano che sono tristi e se ne vanno allegri; invece in casa della mia padrona entrano allegri e se ne vanno via tristi. Come mai? SERVO DI VARRONE
Una ragione la saprei. APEMANTO
Allora dilla, così sapremo che sei un puttaniere e un furfante, ma non per questo sarai meno stimato. 1679
TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
VARRO’S SERVANT What is a whoremaster, fool?
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FOOL A fool in good clothes, and something like thee. ’Tis
a spirit; sometime ’t appears like a lord, sometime like a lawyer, sometime like a philosopher with two stones more than’s artificial one. He is very often like a knight; and generally in all shapes that man goes up and down in from fourscore to thirteen, this spirit walks in. VARRO’S SERVANT Thou art not altogether a fool. FOOL Nor thou altogether a wise man. As much foolery as I have, so much wit thou lack’st. APEMANTUS That answer might have become Apemantus.
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Enter Timon and Flavius ALL SERVANTS Aside, aside, here comes Lord Timon.
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APEMANTUS Come with me, fool, come. FOOL I do not always follow lover, elder brother, and
woman: sometime the philosopher. Exeunt Apemantus and Fool FLAVIUS (to Servants)
Pray you, walk near. I’ll speak with you anon. Exeunt Servants TIMON
You make me marvel wherefore ere this time Had you not fully laid my state before me, That I might so have rated my expense As I had leave of means. FLAVIUS You would not hear me. At many leisures I proposed –
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
SERVO DI VARRONE
Che cos’è un puttaniere, matto? MATTO
Un buffone ben vestito, più o meno come te. Uno spirito, che talvolta compare come nobile signore, talvolta come avvocato, talvolta come filosofo con due palle68 in aggiunta alla sua pietra filosofale. Molto spesso somiglia a un cavaliere. In generale, tante sono le forme che assume questo spiritello quante sono quelle in cui se ne va in giro un uomo dai tredici agli ottant’anni. SERVO DI VARRONE
Non sei del tutto matto. MATTO
Né tu del tutto saggio. Tanta è la mia matterìa quanto è il comprendonio che ti manca. APEMANTO
Una risposta degna di Apemanto. Entrano Timone e Flavio TUTTI I SERVI
Largo, largo, arriva il nobile Timone. APEMANTO
Vieni con me, matto, vieni. MATTO
Non sempre seguo gli innamorati, i fratelli maggiori e le donne69: a volte vado dietro ai filosofi. Escono Apemanto e il Matto FLAVIO (rivolto ai servi)
Vi prego, non allontanatevi. Vi parlerò fra poco. I servi escono TIMONE
Mi sorprende che non mi abbiate esposto prima d’ora la situazione del mio patrimonio, in modo da consentirmi di misurare le spese secondo le mie risorse. FLAVIO
Non mi davate ascolto. Più volte in momenti tranquilli ho fatto presente…
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
Go to. Perchance some single vantages you took, When my indisposition put you back, And that unaptness made your minister Thus to excuse yourself. FLAVIUS O my good lord, At many times I brought in my accounts, Laid them before you; you would throw them off And say you summed them in mine honesty. When for some trifling present you have bid me Return so much, I have shook my head and wept, Yea, ’gainst th’authority of manners prayed you To hold your hand more close. I did endure Not seldom nor no slight checks when I have Prompted you in the ebb of your estate And your great flow of debts. My lovèd lord – Though you hear now too late, yet now’s a time – The greatest of your having lacks a half To pay your present debts. TIMON Let all my land be sold. TIMON
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FLAVIUS
’Tis all engaged, some forfeited and gone, And what remains will hardly stop the mouth Of present dues. The future comes apace. What shall defend the interim, and at length How goes our reck’ning?
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TIMON
To Lacedaemon did my land extend. FLAVIUS
O my good lord, the world is but a word. Were it all yours to give it in a breath, How quickly were it gone. TIMON You tell me true.
132. Summed: emend. Oxford; in F1 sound; in F2 found. 1682
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
TIMONE
Sciocchezze70! Avete forse scelto qualche rara occasione in cui ero mal disposto, e questo vi ha dato il destro di giustificarvi. FLAVIO
Ah, mio buon signore, più volte vi ho portato i conti e ve li ho sottoposti; voi li buttavate da una parte dicendo che a tirar le somme bastava la mia onestà. E quando per un regalo da poco mi ordinavate di ricambiarlo con chissà quanto, scuotevo la testa e piangevo. Sì, contravvenendo a quanto dettano le buone maniere vi ho pregato di non avere le mani bucate71. E quando accennavo al patrimonio che calava72 e al fiume dei vostri debiti, ho sopportato non rari e non lievi rimbrotti. Mio amato signore, anche se prestate ascolto troppo tardi, ora è il momento di farlo: la maggiore valutazione dei vostri averi non basta a pagare la metà dei debiti che avete oggi. TIMONE
Si vendano tutte le mie terre. FLAVIO
Sono tutte ipotecate, alcune confiscate e perse, e ciò che rimane tapperà a malapena la bocca dei debiti presenti. Il futuro incalza. Come porre riparo nel frattempo, e alla fine quale sarà la resa dei conti? TIMONE
Le mie terre arrivavano fino a Sparta. FLAVIO
Mio buon signore, il mondo è soltanto una parola. Fosse tutto vostro da regalarlo in un soffio, come farebbe presto a sparire! TIMONE
È davvero così?
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
FLAVIUS
If you suspect my husbandry or falsehood, Call me before th’exactest auditors And set me on the proof. So the gods bless me, When all our offices have been oppressed With riotous feeders, when our vaults have wept With drunken spilth of wine, when every room Hath blazed with lights and brayed with minstrelsy, I have retired me to a wasteful cock, And set mine eyes at flow. TIMON Prithee, no more.
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FLAVIUS
‘Heavens,’ have I said, ‘the bounty of this lord! How many prodigal bits have slaves and peasants This night englutted! Who is not Timon’s? What heart, head, sword, force, means, but is Lord Timon’s? Great Timon, noble, worthy, royal Timon! Ah, when the means are gone that buy this praise, The breath is gone whereof this praise is made. Feast won, fast lost; one cloud of winter show’rs, These flies are couched.’ TIMON Come, sermon me no further. No villainous bounty yet hath passed my heart. Unwisely, not ignobly, have I given. Why dost thou weep? Canst thou the conscience lack To think I shall lack friends? Secure thy heart. If I would broach the vessels of my love And try the argument of hearts by borrowing, Men and men’s fortunes could I frankly use As I can bid thee speak. FLAVIUS Assurance bless your thoughts!
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TIMON
And in some sort these wants of mine are crowned That I account them blessings, for by these Shall I try friends. You shall perceive how you
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
FLAVIO
Se sospettate vi sia stata disonestà nella mia amministrazione, citatemi dinanzi ai revisori più severi, mettetemi alla prova. Gli dèi mi assistano! Quando tutti i nostri locali di servizio73 erano oberati di ospiti ingordi e schiamazzanti, quando le cantine lagrimavano per il vino versato da ubriachi, quando ogni stanza sfolgorava di luci ed echeggiava di triviali giullarate, io sparivo dietro una botte che perdeva vino74 e lasciavo sgorgare lacrime. TIMONE
Basta, ti prego. FLAVIO
‘Cielo’, dicevo, ‘com’è generoso il mio signore! Quanti prodighi bocconi sono finiti stasera in gola a dei gaglioffi, a degli zotici! Chi non è uomo di Timone? Quale cuore, testa, spada, potere, patrimonio non appartiene a Timone? Grande Timone, nobile, degno, regale Timone! Ah, non appena finiscono i denari che comprano queste lodi, ha fine anche il fiato di cui le lodi son fatte. Guadagni da festa, ben poco ne resta75. Basta una nube, un acquazzone invernale, e questi mosconi cercano riparo.’ TIMONE
Suvvia, non farmi altre prediche. Il mio cuore non ha albergato una generosità indegna. Sono stato incauto nel donare, ma non turpe. Perché piangi? Come mai manchi di buon senso al punto di credere che a me mancheranno gli amici? Fatti animo. Se io volessi attingere alle vene di affetto nei miei confronti e chiedessi un prestito per saggiare il contenuto dei loro cuori, mi sarebbe altrettanto facile disporre di uomini e delle loro fortune che ordinare a te di aprir bocca. FLAVIO
Voglia il cielo che i vostri pensieri trovino conferma! TIMONE
E in qualche modo queste mie ristrettezze acquistano maggior pregio, al punto che le ritengo una benedizione perché mi consentiranno di mettere alla prova gli amici. Capirai76 allora quanto
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TIMON OF ATHENS, ACT 2 SCENE 2
Mistake my fortunes. I am wealthy in my friends. – Within there, Flaminius, Servilius! Enter Flaminius, Servilius, and a Third Servant ALL SERVANTS
My lord, my lord. I will dispatch you severally, (To Servilius) You to Lord Lucius, (To Flaminius) to Lord Lucullus you – I hunted with his honour today – (To Third Servant) You to Sempronius. Commend me to their loves, And I am proud, say, that my occasions have Found time to use ’em toward a supply of money. Let the request be fifty talents. FLAMINIUS As you have said, my lord. Exeunt Servants TIMON
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FLAVIUS
Lord Lucius and Lucullus? Hmh!
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TIMON
Go you, sir, to the senators, Of whom, even to the state’s best health, I have Deserved this hearing. Bid ’em send o’th’ instant A thousand talents to me. FLAVIUS I have been bold, For that I knew it the most general way, To them, to use your signet and your name; But they do shake their heads, and I am here No richer in return. TIMON Is’t true? Can’t be?
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FLAVIUS
They answer in a joint and corporate voice That now they are at fall, want treasure, cannot Do what they would, are sorry, you are honourable, But yet they could have wished – they know not – Something hath been amiss – a noble nature May catch a wrench – would all were well – ’tis pity; And so, intending other serious matters, 1686
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TIMONE D’ATENE, ATTO II SCENA 2
ti sbagli nel valutare le mie fortune. La mia ricchezza sono i miei amici. Voi, là dentro, Flaminio, Servilio! Entrano Flaminio, Servilio e un terzo servo TUTTI I SERVI
Signore, signore. TIMONE
Vi manderò da varie parti. (A Servilio) Voi andrete dal nobile Lucio. (A Flaminio) Voi dal nobile Lucullo; oggi sono stato a caccia con sua signoria. (Al terzo servo) Voi da Sempronio. Raccomandatemi al loro affetto; sono orgoglioso, ditelo, che le difficoltà in cui mi trovo offrano l’occasione di rivolgermi a loro per ottenere un prestito. La richiesta sia di cinquanta talenti. FLAMINIO
Sarà fatto, signore. Escono i servi FLAVIO
Lucio e Lucullo? Mah! TIMONE
E voi, signore, andrete dai senatori. Io, che ho contribuito alla miglior salute dello Stato, merito che mi diano ascolto. Chiedete che mi inviino senza indugio mille talenti. FLAVIO
Ho già avuto l’ardire di rivolgermi a loro usando il vostro sigillo77 e il vostro nome, come sapevo essere consuetudine. Ma si limitano a scuotere la testa, e il risultato è che son tornato qua non più ricco di prima. TIMONE
È vero? Può essere? FLAVIO
Rispondono in coro, con voce unanime, che ora sono in cattive acque, a corto di risorse, non possono fare come vorrebbero, se ne rammaricano; voi siete degno di rispetto, però avrebbero voluto… non sanno bene… qualcosa non è andato per il verso giusto… una natura nobile può fare un passo falso… si augurano che tutto vada bene… peccato. E così, adducendo di avere altri impegni
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 1
After distasteful looks and these hard fractions, With certain half-caps and cold moving nods They froze me into silence. TIMON You gods reward them! Prithee, man, look cheerly. These old fellows Have their ingratitude in them hereditary. Their blood is caked, ’tis cold, it seldom flows. ’Tis lack of kindly warmth they are not kind; And nature as it grows again toward earth Is fashioned for the journey dull and heavy. Go to Ventidius. Prithee, be not sad. Thou art true and honest – ingenuously I speak – No blame belongs to thee. Ventidius lately Buried his father, by whose death he’s stepped Into a great estate. When he was poor, Imprisoned, and in scarcity of friends, I cleared him with five talents. Greet him from me. Bid him suppose some good necessity Touches his friend, which craves to be remembered With those five talents. That had, give’t these fellows To whom ’tis instant due. Ne’er speak or think That Timon’s fortunes ’mong his friends can sink. FLAVIUS
I would I could not think it. That thought is bounty’s foe: Being free itself, it thinks all others so. Exeunt [severally] 3.1
Enter Flaminius, with a box under his cloak, waiting to speak with Lucullus. From his master, enters a Servant to him
LUCULLUS’ SERVANT I have told my lord of you. He is
coming down to you. FLAMINIUS I thank you, sir.
Sc. 1 – Sc. 6. Parte attribuita a Middleton. 1688
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 1
importanti, dopo sguardi infastiditi e queste dure frasi smozzicate accompagnate da mezzi saluti e freddi cenni del capo, mi hanno ridotto a un gelido silenzio. TIMONE
Dèi del cielo, ricompensateli come meritano! E tu, per favore, metti su una faccia allegra. In persone così vecchie l’ingratitudine è innata. Hanno il sangue raggrumato, freddo, che scorre di rado. Se non sono generosi è per mancanza di calore naturale: mentre si appresta a ridiventare terra la natura si fa ottusa e pesante in vista del viaggio. Recati da Ventidio. Non essere triste, ti prego. Sei leale e onesto (lo dico in tutta sincerità) e non sei da biasimare in nulla. Da poco Ventidio ha dato sepoltura a suo padre, e alla sua morte è venuto in possesso di grandi beni. Quando era povero, in carcere, senza amici, l’ho affrancato con cinque talenti. Portagli i miei saluti. Fagli capire che il suo amico si trova in un grave frangente e lo prega di ricordarsi di lui per quei cinque talenti. Non appena li avrai, dalli a queste persone che bisogna saldare subito. Non devi mai dire o pensare che le fortune di Timone possano naufragare in mezzo a tanti amici. FLAVIO
Magari potessi non pensarlo. È un pensiero nemico della munificenza: chi è generoso pensa che tutti gli altri lo siano. Escono [separatamente] III, 1
Entra Flaminio con una cassetta sotto il mantello; è in attesa di parlare con Lucullo. Mandato dal padrone, entra in scena un servo che gli si avvicina78 .
SERVO DI LUCULLO79
Vi ho annunciato al padrone. Sta scendendo a incontrarvi. FLAMINIO
Grazie, signore.
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 1
Enter Lucullus LUCULLUS’ SERVANT Here’s my lord.
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LUCULLUS (aside) One of Lord Timon’s men? A gift, I
warrant. Why, this hits right; I dreamt of a silver basin and ewer tonight. – Flaminius, honest Flaminius, you are very respectively welcome, sir. (To his Servant) Fill me some wine. Exit Servant And how does that honourable, complete, free-hearted gentleman of Athens, thy very bountiful good lord and master? FLAMINIUS His health is well, sir. LUCULLUS I am right glad that his health is well, sir. And what hast thou there under thy cloak, pretty Flaminius? FLAMINIUS Faith, nothing but an empty box, sir, which in my lord’s behalf I come to entreat your honour to supply, who, having great and instant occasion to use fifty talents, hath sent to your lordship to furnish him, nothing doubting your present assistance therein. LUCULLUS La, la, la, la, ‘nothing doubting’ says he? Alas, good lord! A noble gentleman ’tis, if he would not keep so good a house. Many a time and often I ha’ dined with him and told him on’t, and come again to supper to him of purpose to have him spend less; and yet he would embrace no counsel, take no warning by my coming. Every man has his fault, and honesty is his. I ha’ told him on’t, but I could ne’er get him from’t.
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Enter Servant, with wine SERVANT Please your lordship, here is the wine. LUCULLUS Flaminius, I have noted thee always wise.
(Drinking) Here’s to thee!
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 1
Entra Lucullo SERVO DI LUCULLO
Ecco il padrone. LUCULLO (a parte) Un uomo del nobile Timone? Un regalo, scommetto. Beh, capita a proposito: la notte scorsa ho sognato un bacile e una brocca d’argento… Flaminio, onesto Flaminio, il mio più rispettoso benvenuto. (Rivolto al suo servo) Servimi del vino. Il servo esce E come sta il tuo generosissimo signore e padrone, onorato, perfetto, liberale gentiluomo di Atene? FLAMINIO
Di salute sta bene. LUCULLO
Sono davvero contento che di salute stia bene. E che cosa hai là, sotto il mantello, caro Flaminio mio? FLAMINIO
In fede mia, signore, null’altro che una cassetta vuota, che per conto del mio padrone prego vostro onore di approvvigionare. Visto che ha grande e urgente bisogno di disporre di cinquanta talenti, mi ha mandato dalla signoria vostra a chiedere di darglieli, nella certezza di un vostro pronto aiuto. LUCULLO
Piano, piano! ‘Nella certezza’ dice? Ahimè, ottimo signore! Certo, è una nobile persona, peccato che sia tanto ospitale. Più di una volta, anzi spesso, ho pranzato con lui e gliel’ho fatto notare; e sono anche tornato da lui a cena con l’idea di fargli spendere meno. Però non ha voluto dar retta a consigli né mettersi sull’avviso grazie alle mie visite. Ognuno ha i suoi difetti e il suo è la liberalità80. Gliel’ho detto, ma non sono mai riuscito a distoglierlo. Entra il servo con del vino SERVO
Ecco il vino, prego, vossignoria. LUCULLO
Flaminio, mi sono accorto che sei uno che ragiona. (Beve) Alla tua salute! 1691
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 1
FLAMINIUS Your lordship speaks your pleasure.
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LUCULLUS I have observed thee always for a towardly
prompt spirit, give thee thy due, and one that knows what belongs to reason; and canst use the time well if the time use thee well. (Drinking) Good parts in thee! (To his Servant) Get you gone, sirrah. Exit Servant Draw nearer, honest Flaminius. Thy lord’s a bountiful gentleman; but thou art wise, and thou know’st well enough, although thou com’st to me, that this is no time to lend money, especially upon bare friendship without security. (Giving coins) Here’s three solidares for thee. Good boy, wink at me, and say thou saw’st me not. Fare thee well. FLAMINIUS
Is’t possible the world should so much differ, And we alive that lived?
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He throws the coins at Lucullus Fly, damnèd baseness, To him that worships thee. LUCULLUS Ha! Now I see thou art a fool, and fit for thy master. Exit FLAMINIUS
May these add to the number that may scald thee. Let molten coin be thy damnation, Thou disease of a friend, and not himself. Has friendship such a faint and milky heart It turns in less than two nights? O you gods, I feel my master’s passion! This slave Unto this hour has my lord’s meat in him. Why should it thrive and turn to nutriment, When he is turned to poison? O, may diseases only work upon’t; And when he’s sick to death, let not that part of nature
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37. Sirrah: esclamazione di comando rivolta ai subordinati. 42. Solidares: plurale improprio di solidus aureus, moneta romana da cui derivò la forma contratta italiana ‘soldo’. 1692
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 1
FLAMINIO
Se così piace dire alla signoria vostra. LUCULLO
Ho anche osservato che capisci sempre le cose al volo, bisogna dartene atto. Sei uno che conosce i limiti del ragionevole, e sai approfittare di una buona occasione se questa ti si presenta al momento giusto. (Beve) Buon pro ti faccia! (Al servo) Togliti di torno, ragazzo. Esce il servo Avvicinati, onesto Flaminio. Il tuo padrone è un gentiluomo liberale; ma tu sei uno che ragiona e, anche se vieni da me, sai fin troppo bene che questi non sono tempi da prestare denaro, specialmente per pura amicizia e senza garanzie. (Gli dà delle monete) Eccoti tre denari81. Bravo, strizzami l’occhio e di’ che non mi hai visto. Stammi bene. FLAMINIO
È mai possibile che il mondo sia così cambiato e noi, che in quel mondo siamo vissuti, siamo ancor vivi? Scaglia le monete addosso a Lucullo Via, maledetto vile metallo, vola da chi ti venera. LUCULLO
Ah sì? Ora vedo che sei uno stolto, degno del tuo padrone. Esce FLAMINIO
Che queste monete si aggiungano alle tante che ti ustioneranno nell’inferno! Fuse, per dannarti per sempre! Tu, malanno di un amico, non vero amico. Può mai essere che l’amicizia abbia un cuore così codardo, così simile al latte che inacidisce nel giro di due notti? O dèi del cielo! Provo la furia che prova il mio padrone! Questo gaglioffo ha tuttora in corpo il cibo del mio signore. Perché quel cibo dovrebbe prosperare e diventare nutrimento quando lui è diventato veleno? Oh, vorrei che gli toccassero soltanto malattie, e che quando sarà sull’orlo della tomba la parte di natura pagata
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 2
Which my lord paid for be of any power To expel sickness, but prolong his hour. 3.2
61 Exit
Enter Lucius, with three Strangers
LUCIUS Who, the Lord Timon? He is my very good friend,
and an honourable gentleman. FIRST STRANGER We know him for no less, though we are but strangers to him. But I can tell you one thing, my lord, and which I hear from common rumours: now Lord Timon’s happy hours are done and past, and his estate shrinks from him. LUCIUS Fie, no, do not believe it. He cannot want for money. SECOND STRANGER But believe you this, my lord, that not long ago one of his men was with the Lord Lucullus to borrow so many talents – nay, urged extremely for’t, and showed what necessity belonged to’t, and yet was denied. LUCIUS How? SECOND STRANGER I tell you, denied, my lord. LUCIUS What a strange case was that! Now before the gods, I am ashamed on’t. Denied that honourable man? There was very little honour showed in’t. For my own part, I must needs confess I have received some small kindnesses from him, as money, plate, jewels, and suchlike trifles – nothing comparing to his; yet had he not mistook him and sent to me, I should ne’er have denied his occasion so many talents.
12. So many: così in F, in emend. successivi fifty = “cinquanta”. 1694
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 2
dal mio signore non abbia la forza di scacciare il male e gli prolunghi invece l’agonia! Esce Entra Lucio insieme a tre forestieri82
III, 2 LUCIO
Chi? Il nobile Timone? È un mio carissimo amico e un gentiluomo degno di ogni stima. PRIMO FORESTIERO
Così lo conosciamo noi per fama, se non personalmente. Tuttavia, signore, vi posso riferire un’indiscrezione che mi è giunta all’orecchio: ormai sono finiti e tramontati gli anni prosperi del nobile Timone. Il patrimonio gli sfugge dalle mani. LUCIO
Macché, non credeteci. Il denaro non gli manca. SECONDO FORESTIERO
Credete allora a questo, signore: poco fa uno dei suoi servitori è stato dal nobile Lucullo per ottenere un prestito di non so quanti talenti; non solo, lo ha richiesto con insistenza facendo capire quanto fosse urgente. Tuttavia ha ricevuto risposta negativa. LUCIO
Come? SECONDO FORESTIERO
Risposta negativa, vi dico, signore. LUCIO
Un caso davvero strano! Giuro per gli dèi che ne provo vergogna. Negato un prestito a un uomo così degno di stima? Si vede che di stima ce n’era assai poca. Quanto a me, non ho difficoltà a confessare di aver ricevuto da lui delle piccole cortesie come denaro, argenteria, gioielli e cosucce del genere – nulla in confronto a quanto egli possiede. Ebbene, se non avesse scelto l’uomo sbagliato e avesse invece mandato a chiedere a me, non avrei mai rifiutato di dargli i talenti di cui aveva bisogno.
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 2
Enter Servilius SERVILIUS (aside) See, by good hap yonder’s my lord. I
have sweat to see his honour. (To Lucius) My honoured lord! [LUCIUS] Servilius! You are kindly met, sir. Fare thee well. Commend me to thy honourable virtuous lord, my very exquisite friend. SERVILIUS May it please your honour, my lord hath sent – LUCIUS Ha! What has he sent? I am so much endeared to that lord, he’s ever sending. How shall I thank him, think’st thou? And what has he sent now? SERVILIUS He’s only sent his present occasion now, my lord, requesting your lordship to supply his instant use with so many talents.
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[LUCIUS]
I know his lordship is but merry with me. He cannot want fifty-five hundred talents. SERVILIUS
But in the mean time he wants less, my lord. If his occasion were not virtuous I should not urge it half so faithfully.
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LUCIUS
Dost thou speak seriously, Servilius? SERVILIUS Upon my soul, ’tis true, sir. LUCIUS What a wicked beast was I to disfurnish myself against such a good time when I might ha’ shown myself honourable! How unluckily it happened that I should purchase the day before a little part, and undo a great deal of honour! Servilius, now before the gods I am not able to do, the more beast I, I say. I was sending to use Lord Timon myself – these gentlemen can witness – but I would not for the wealth of Athens I had done’t now. Commend me bountifully to his good lordship; and I hope his honour will conceive the fairest
39. Fifty five hundred: così in F; v. la nota alla traduzione. 1696
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 2
Entra Servilio SERVILIO (a parte)
Meno male, ecco laggiù il mio signore. Mi ci è voluto per trovare sua signoria. (A Lucio) Mio onorato signore! [LUCIO]
Servilio! È un piacere incontrarti. Salute a te. Porta i miei omaggi al tuo onorevole padrone, uomo di qualità e mio eccellente amico. SERVILIO
Piacendo a vostro onore, il mio padrone ha mandato… LUCIO
Davvero! Che cosa ha mandato? Mi sento così obbligato verso quel nobiluomo, manda sempre qualcosa. Come pensi che debba ringraziarlo? E che cosa ha mandato questa volta? SERVILIO
Ha soltanto mandato a dire, signore, che ora si trova in difficoltà, per cui chiede alla signoria vostra di fornirgli una certa somma in talenti da usare subito. [LUCIO] Mi sa che sua signoria mi prende in giro. Non può aver bisogno di cinquanta… cinquecento talenti83. SERVILIO
Per ora gliene servono di meno, signore. Se questo suo bisogno non fosse dignitoso, non insisterei con tanto impegno. LUCIO
Parli seriamente, Servilio? SERVILIO
Per l’anima mia, è la verità, signore. LUCIO
Che bestia infame sono stato a sguarnirmi del mio denaro quando questa era un’occasione così buona per dimostrarmi un uomo d’onore! Una sfortuna che proprio il giorno prima io abbia acquistato ben poco84 e ora ci rimetta tanto in prestigio! Servilio, giuro per gli dèi, non posso far nulla, bestia che non sono altro. Stavo per sollecitare io stesso un prestito al nobile Timone (questi signori possono confermarlo), ma ora non vorrei averlo fatto per tutto l’oro di Atene. Porta i miei più liberali omaggi a sua signoria; e spero che suo onore penserà di me tutto il bene possibile, visto che non 1697
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 2
of me because I have no power to be kind. And tell him this from me: I count it one of my greatest afflictions, say, that I cannot pleasure such an honourable gentleman. Good Servilius, will you befriend me so far as to use mine own words to him? SERVILIUS Yes, sir, I shall.
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[LUCIUS]
I’ll look you out a good turn, Servilius. Exit Servilius True as you said: Timon is shrunk indeed; And he that’s once denied will hardly speed. Exit FIRST STRANGER
Do you observe this, Hostilius? SECOND STRANGER
Ay, too well.
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FIRST STRANGER
Why, this is the world’s soul, and just of the same piece Is every flatterer’s spirit. Who can call him his friend That dips in the same dish? For, in my knowing, Timon has been this lord’s father And kept his credit with his purse, Supported his estate; nay, Timon’s money Has paid his men their wages. He ne’er drinks, But Timon’s silver treads upon his lip; And yet – O see the monstrousness of man When he looks out in an ungrateful shape! – He does deny him, in respect of his, What charitable men afford to beggars.
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THIRD STRANGER
Religion groans at it. For mine own part, I never tasted Timon in my life, Nor came any of his bounties over me To mark me for his friend; yet I protest, For his right noble mind, illustrious virtue, And honourable carriage, Had his necessity made use of me I would have put my wealth into donation And the best half should have returned to him,
FIRST STRANGER
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 2
posso proprio venirgli incontro. E digli questo da parte mia: è per me un grandissimo rammarico, dillo, di non poter contentare un gentiluomo così onorevole. Buon Servilio, vuoi farmi il favore di parlargli usando le mie stesse parole? SERVILIO
Lo farò, signore. [LUCIO]
Vedrò di ricambiarti come si deve, Servilio. Esce Servilio È così come avete detto: Timone è davvero in cattive acque85; e chi si è sentito dire di no una volta, non farà molta strada. Esce PRIMO FORESTIERO
Vedi, Ostilio, come vanno le cose? SECONDO FORESTIERO
Sì, fin troppo bene. PRIMO FORESTIERO
Insomma, questa è l’anima del mondo, e della stessa lega è lo spirito di ogni adulatore. Chi può chiamare amico uno che intinge nel suo stesso piatto86? A quanto ne so, Timone è stato come un padre per quel nobiluomo, gli ha salvato la reputazione con la propria borsa e dato una mano a mantenere il patrimonio; di più, è stato il denaro di Timone a pagare i salari degli uomini di Lucio. Ogni volta che Lucio beve, l’argento di Timone gli carezza le labbra. E tuttavia – che mostro è l’uomo quando si rivela in una forma ingrata! – con tutto ciò che possiede, Lucio nega a Timone ciò che le persone caritatevoli cavan di tasca per i mendicanti. TERZO FORESTIERO
Cosa che grida vendetta al cielo87. PRIMO FORESTIERO
Per quanto mi riguarda, non ho mai avuto a che fare con Timone in vita mia, né mi sono arrivati dei generosi doni che mi indicassero come suo amico. Tuttavia, per il suo nobilissimo animo, la virtù illustre e l’onorato modo d’agire, tengo a dichiarare che se fosse ricorso a me nel momento del bisogno, avrei considerato la mia ricchezza come un dono e gliene avrei restituita la metà migliore. 1699
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 3
So much I love his heart. But I perceive Men must learn now with pity to dispense, For policy sits above conscience. 3.3
Exeunt
Enter Timon’s Third Servant, with Sempronius, another of Timon’s friends
SEMPRONIUS
Must he needs trouble me in’t? Hmh! ’Bove all others? He might have tried Lord Lucius or Lucullus; And now Ventidius is wealthy too, Whom he redeemed from prison. All these Owes their estates unto him. SERVANT My lord, They have all been touched and found base metal, For they have all denied him. SEMPRONIUS How, have they denied him? Has Ventidius and Lucullus denied him, And does he send to me? Three? Hmh! It shows but little love or judgement in him. Must I be his last refuge? His friends, like physicians, Thrive, give him over; must I take th’ cure upon me? He’s much disgraced me in’t. I’m angry at him, That might have known my place. I see no sense for’t But his occasions might have wooed me first, For, in my conscience, I was the first man That e’er receivèd gift from him. And does he think so backwardly of me now That I’ll requite it last? No. So it may prove an argument of laughter To th’ rest, and I ’mongst lords be thought a fool. I’d rather than the worth of thrice the sum He’d sent to me first, but for my mind’s sake. I’d such a courage to do him good. But now return, And with their faint reply this answer join: Who bates mine honour shall not know my coin. Exit SERVANT Excellent. Your lordship’s a goodly villain. The devil knew not what he did when he made man 1700
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 3
Tanto mi è caro il suo grande cuore. Ma mi avvedo che ora gli uomini devono imparare a fare a meno della pietà. L’opportunismo prevale sulla rettitudine. Escono Entra il terzo servo di Timone insieme a Sempronio, un altro amico di Timone88
III, 3
SEMPRONIO
Deve proprio mettere di mezzo me? Bah! Me, prima degli altri? Avrebbe fatto meglio a tentare col nobile Lucio o con Lucullo; e ora è ricco anche Ventidio, che lui ha fatto uscire dal carcere. Tutti e tre devono a lui le loro grandi fortune. SERVO
Signore, alla prova si è visto che erano tutti vile metallo, perché tutti gli hanno detto di no. SEMPRONIO
Come, detto di no a lui? Gli hanno detto di no Ventidio e Lucullo, e si rivolge a me? Tre? Bah! Si vede che ha poco affetto per me o poco buon senso. Tocca a me essere la sua ultima salvezza? I suoi amici fanno come i dottori: si arricchiscono e poi lo lasciano perdere; spetta a me di curarlo? Mi ha fatto un grande sgarbo. Sono in collera con lui, avrebbe dovuto sapere qual è il mio posto89. Mi pare assurdo che in questo frangente non abbia pensato di rivolgersi prima di tutto a me, visto che, a quanto so, sono stato io il primo a ricevere dei regali da lui. E adesso ha così poca opinione di me che dovrei essere l’ultimo a ricambiarlo? No. Per gli altri sarei argomento di riso e fra i nobili signori passerei per stolto. Tanto per dire quanto sono disponibile, avrei preferito che avesse chiesto tre volte tanto; se non altro per il rispetto che ho per lui, ero più che incline a fargli del bene. Tu ora torna a casa e alle vaghe risposte degli altri aggiungi questa: chi umilia il mio onore non vedrà i miei soldi. Esce SERVO
Benissimo. Vossignoria è un furfante bello e buono. Il diavolo non sapeva quel che faceva quando insegnò agli uomini l’opportuni1701
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 4
politic – he crossed himself by’t, and I cannot think but in the end the villainies of man will set him clear. How fairly this lord strives to appear foul! Takes virtuous copies to be wicked, like those that under hot ardent zeal would set whole realms on fire; of such a nature is his politic love. This was my lord’s best hope. Now all are fled Save only the gods. Now his friends are dead. Doors that were ne’er acquainted with their wards Many a bounteous year must be employed Now to guard sure their master; And this is all a liberal course allows: Who cannot keep his wealth must keep his house.
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Exit 3.4
Enter Varro’s two Servants, meeting others, all Servants of Timon’s creditors, to wait for his coming out. Then enter [Servants of] Lucius, Titus, and Hortensius
VARRO’S [FIRST] SERVANT
Well met; good morrow, Titus and Hortensius. TITUS’ SERVANT The like to you, kind Varro. HORTENSIUS’ SERVANT
Lucius, what, do we meet together? LUCIUS’ SERVANT
Ay, and I think one business does command us all, For mine is money. TITUS’ SERVANT So is theirs and ours. Enter [a Servant of] Philotus LUCIUS’ SERVANT
And Sir Philotus too! PHILOTUS’ SERVANT
Good day at once.
LUCIUS’ SERVANT
Welcome, good brother. What do you think the hour? PHILOTUS’ SERVANT Labouring for nine.
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 4
smo: si è rovinato da solo, e mi tocca pensare che infine le furfanterie umane ne faranno un santerello. Con che garbo questo signore cerca di non apparire turpe! Per fare il male si ammanta di virtù, come quelli che per ardente zelo sarebbero pronti a dar fuoco a interi regni90. Ecco di che natura è il suo affetto opportunista. Questa era la migliore speranza che avesse il mio signore. Ora tutti si sono dileguati tranne gli dèi. Morti sono i suoi amici. Le porte che in tanti anni prosperi non conobbero mai catenacci servono ora a far buona guardia al padrone. E questa è la dovuta conclusione di una condotta generosa: chi non sa tener chiusa la borsa deve chiudersi in casa91. Esce III, 4
Entrano due servi di Varrone, che si imbattono in altri servi, tutti creditori di Timone in attesa che esca di casa. Entrano quindi [dei servi di] Lucio, Tito e Ortensio92.
[PRIMO] SERVO DI VARRONE
Buongiorno. Ben trovati, Tito e Ortensio. SERVO DI TITO
Altrettanto a voi, caro Varrone. SERVO DI ORTENSIO
Lucio93, come mai ci incontriamo tutti qua? SERVO DI LUCIO
Già. Direi tutti per la stessa faccenda. Io per dei soldi. SERVO DI TITO
Anche loro e anche noi. Entra [un servo di] Filoto SERVO DI LUCIO
Anche messer Filoto! SERVO DI FILOTO
Buongiorno, buongiorno. SERVO DI LUCIO
Benvenuto, caro fratello. Che ora sarà? SERVO DI FILOTO
Quasi le nove.
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 4
LUCIUS’ SERVANT So much? PHILOTUS’ SERVANT Is not my lord seen yet?
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LUCIUS’ SERVANT Not yet. PHILOTUS’ SERVANT
I wonder on’t; he was wont to shine at seven. LUCIUS’ SERVANT
Ay, but the days are waxed shorter with him. You must consider that a prodigal course Is like the sun’s, But not, like his, recoverable. I fear ’Tis deepest winter in Lord Timon’s purse; that is, One may reach deep enough, and yet find little. PHILOTUS’ SERVANT I am of your fear for that.
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TITUS’ SERVANT
I’ll show you how t’observe a strange event. Your lord sends now for money? HORTENSIUS’ SERVANT Most true, he does.
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TITUS’ SERVANT
And he wears jewels now of Timon’s gift, For which I wait for money. HORTENSIUS’ SERVANT It is against my heart. LUCIUS’ SERVANT Mark how strange it shows. Timon in this should pay more than he owes, And e’en as if your lord should wear rich jewels And send for money for ’em.
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HORTENSIUS’ SERVANT
I’m weary of this charge, the gods can witness. I know my lord hath spent of Timon’s wealth, And now ingratitude makes it worse than stealth. VARRO’S FIRST SERVANT
Yes; mine’s three thousand crowns. What’s yours?
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 4
SERVO DI LUCIO
Così tardi? SERVO DI FILOTO
Sua signoria non si è ancora visto? SERVO DI LUCIO
Non ancora. SERVO DI FILOTO
Strano. Di solito compariva alle sette. SERVO DI LUCIO
Già, ma le giornate gli si sono accorciate. Tenete conto che il cammino di un prodigo è come il corso del sole94, ma non può, come quello, ricominciare daccapo. Ho paura che nella borsa di Timone sia pieno95 inverno: si può infatti frugare fino in fondo, ma si trova poco. SERVO DI FILOTO
La vostra paura è anche la mia. SERVO DI TITO
Vi faccio notare un fatto strano. Il vostro signore ora manda a chiedere dei soldi? SERVO DI ORTENSIO
Esatto, è così. SERVO DI TITO
E porta dei gioielli donati da Timone per i quali io sono qui ad aspettare dei soldi. SERVO DI ORTENSIO
La cosa non mi va giù. SERVO DI LUCIO
Guardate che strano. Timone dovrebbe dunque pagare più del dovuto: è come se il vostro signore indossasse dei ricchi gioielli e mandasse a chiedere del denaro per pagarli. SERVO DI ORTENSIO
Ne ho abbastanza di questo incarico, per gli dèi. So che il mio signore ha speso dei soldi che erano di Timone e ora l’ingratitudine li rende peggio di una ruberia. PRIMO SERVO DI VARRONE
Sì. Io sono qui a chiedere tremila corone. E voi?
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 4
Five thousand, mine.
LUCIUS’ SERVANT VARRO’S FIRST SERVANT
’Tis much deep, and it should seem by th’ sum Your master’s confidence was above mine, Else surely his had equalled. Enter Flaminius TITUS’ SERVANT
One of Lord Timon’s men.
LUCIUS’ SERVANT
Flaminius! Sir, a word. Pray, is my lord Ready to come forth? FLAMINIUS No, indeed he is not. TITUS’ SERVANT We attend his lordship. Pray signify so much. FLAMINIUS I need not tell Him that; he knows you are too diligent.
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Enter Flavius, muffled in a cloak LUCIUS’ SERVANT
Ha, is not that his steward muffled so? He goes away in a cloud. Call him, call him. TITUS’ SERVANT (to Flavius) Do you hear, sir? VARRO’S SECOND SERVANT (to Flavius) By your leave, sir. FLAVIUS What do ye ask of me, my friend?
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TITUS’ SERVANT
We wait for certain money here, sir. Ay, If money were as certain as your waiting, ’Twere sure enough. Why then preferred you not your sums and bills When your false masters ate of my lord’s meat? Then they could smile and fawn upon his debts, And take down th’int’rest into their glutt’nous maws. You do yourselves but wrong to stir me up. Let me pass quietly.
FLAVIUS
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 4
SERVO DI LUCIO
Io cinquemila. PRIMO SERVO DI VARRONE
Un debito enorme; dalla cifra, si direbbe che il vostro padrone si fidasse di Timone più del mio, altrimenti la sua somma sarebbe pari all’altra. Entra Flaminio SERVO DI TITO
Ecco uno degli uomini del nobile Timone. SERVO DI LUCIO
Flaminio! Una parola! Scusate, sua signoria è sul punto di uscire? FLAMINIO
No, non è pronto. SERVO DI TITO
Siamo in attesa di sua signoria. Per favore avvisatelo. FLAMINIO
Non occorre che glielo dica; sa bene che siete fin troppo zelanti. Entra Flavio imbacuccato in un mantello SERVO DI LUCIO
Ehi! Quello là, imbacuccato, non è il suo maggiordomo? Fila via tutto coperto, un nuvolone. Chiamatelo! Chiamatelo! SERVO DI TITO (a Flavio) Sentite, signore! SECONDO SERVO DI VARRONE (a Flavio) Permettete, signore. FLAVIO
Che volete da me, amico? SERVO DI TITO
Siamo qui in attesa di certi soldi, signore. FLAVIO
Sì, sì. Se i soldi fossero certi quanto è certa la vostra attesa, sarebbe una bella garanzia. Perché allora non vi siete fatti avanti con le cambiali, con i conti, quando i vostri ipocriti padroni mangiavano a spese del mio signore? Allora sì che sorridevano e scodinzolavano ai suoi debiti, e mandavano giù gli interessi nelle fauci ingorde. A provocarmi fate il vostro danno. Lasciatemi passare senza fare sto1707
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 4
Believe’t, my lord and I have made an end. I have no more to reckon, he to spend. LUCIUS’ SERVANT
Ay, but this answer will not serve. FLAVIUS
If ’twill not serve ’tis not so base as you, For you serve knaves. Exit VARRO’S FIRST SERVANT How? What does his cashiered worship mutter? VARRO’S SECOND SERVANT No matter what; he’s poor, and that’s revenge enough. Who can speak broader than he that has no house to put his head in? Such may rail against great buildings.
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Enter Servilius TITUS’ SERVANT O, here’s Servilius. Now we shall know
some answer. SERVILIUS If I might beseech you, gentlemen, to repair some other hour, I should derive much from’t; for, take’t of my soul, my lord leans wondrously to discontent. His comfortable temper has forsook him. He’s much out of health, and keeps his chamber. LUCIUS’ SERVANT
Many do keep their chambers are not sick, And if it be so far beyond his health Methinks he should the sooner pay his debts And make a clear way to the gods. SERVILIUS Good gods! TITUS’ SERVANT
We cannot take this for an answer, sir. FLAMINIUS (within)
Servilius, help! My lord, my lord!
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 4
rie. Credetemi, il mio signore e io abbiamo chiuso. Io non ho più conti da fare, né lui soldi da spendere. SERVO DI LUCIO
Già, ma questa risposta non serve96. FLAVIO
Se non serve, non è vile come voi, che siete servi di furfanti. Esce PRIMO SERVO DI VARRONE
Come come? Che cosa borbotta sua eccellenza che ha avuto il benservito? SECONDO SERVO DI VARRONE
Non importa che cosa; è povero e ben gli sta. Chi può parlare a vanvera meglio di uno che non ha un tetto sulla testa? Sono quelli senza casa che se la prendono con i palazzi. Entra Servilio SERVO DI TITO
Ah, ecco Servilio. Adesso avremo una risposta. SERVILIO
Signori, vorrei pregarvi tanto di ripassare in un altro momento, mi fareste un favore. Sull’anima mia, credetemi, il mio signore è straordinariamente abbattuto. Il suo carattere cordiale lo ha abbandonato. È assai malfermo in salute e se ne sta chiuso in camera. SERVO DI LUCIO
Molti che se ne stanno chiusi in camera non sono malati97! E se ha tanti problemi di salute, penso che dovrebbe sbrigarsi a pagare i debiti e avviarsi incontro agli dèi con la coscienza a posto. SERVILIO
Gli dèi ci aiutino! SERVO DI TITO
Questa non ci pare una risposta, signore. FLAMINIO (fuori scena)
Servilio, aiuto! Signore, mio signore!
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TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 4
Enter Timon in a rage TIMON
What, are my doors opposed against my passage? Have I been ever free, and must my house Be my retentive enemy, my jail? The place which I have feasted, does it now, Like all mankind, show me an iron heart?
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LUCIUS’ SERVANT
Put in now, Titus. TITUS’ SERVANT
My lord, here is my bill.
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LUCIUS’ SERVANT
Here’s mine. [HORTENSIUS’ SERVANT] And mine, my lord. VARRO’S [FIRST and] SECOND SERVANTS And ours, my lord. PHILOTUS’ SERVANT All our bills. TIMON
Knock me down with ’em, cleave me to the girdle. LUCIUS’ SERVANT Alas, my lord. TIMON Cut my heart in sums.
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TITUS’ SERVANT Mine fifty talents. TIMON
Tell out my blood. LUCIUS’ SERVANT
Five thousand crowns, my lord.
TIMON
Five thousand drops pays that. What yours? And yours? VARRO’S FIRST SERVANT My lord – VARRO’S SECOND SERVANT My lord –
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95
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 4
Entra Timone, infuriato TIMONE
Come? Mi sbarrano il passo le porte di casa mia? Libero sono sempre stato, e la mia casa dev’essere un nemico che mi imprigiona, il mio carcere? Il luogo delle mie feste e banchetti mi mostra ora, come l’umanità intera, un cuore di ferro? SERVO DI LUCIO
Fatti avanti adesso, Tito. SERVO DI TITO
Signore, ecco la mia cambiale. SERVO DI LUCIO
Ecco la mia. [SERVO DI ORTENSIO] E la mia, signore. [PRIMO e] SECONDO SERVO DI VARRONE E le nostre, signore. SERVO DI FILOTO
Tutte le nostre cambiali98. TIMONE
Cambiali, pugnali che voi usate per buttarmi a terra, per spaccarmi in due99! SERVO DI LUCIO
Ahimè, signore. TIMONE
Tagliate il mio cuore a pezzi, uno per ogni conto da pagare. SERVO DI TITO
Il mio è cinquanta talenti. TIMONE
Contate il mio sangue goccia a goccia. SERVO DI LUCIO
Cinquemila corone, signore. TIMONE
Cinquemila gocce a saldo. E il vostro conto quant’è? E il vostro? PRIMO SERVO DI VARRONE
Signore… SECONDO SERVO DI VARRONE
Signore… 1711
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 5
TIMON
Tear me, take me, and the gods fall upon you. Exit HORTENSIUS’ SERVANT Faith, I perceive our masters may
throw their caps at their money. These debts may well be called desperate ones, for a madman owes ’em.
99
Exeunt Enter Timon and Flavius
3.5 TIMON
They have e’en put my breath from me, the slaves. Creditors? Devils! FLAVIUS My dear lord – TIMON What if it should be so? FLAVIUS My lord –
5
TIMON
I’ll have it so. My steward! Here, my lord.
FLAVIUS TIMON
So fitly? Go bid all my friends again: Lucius, Lucullus, and Sempronius – all luxors, all. I’ll once more feast the rascals. FLAVIUS O my lord, You only speak from your distracted soul. There is not so much left to furnish out A moderate table. TIMON Be it not in thy care. Go, I charge thee, invite them all. Let in the tide Of knaves once more. My cook and I’ll provide. Exeunt [severally]
1712
10
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 5
TIMONE
Fatemi a brani, prendetemi, e vi maledicano gli dèi. Esce SERVO DI ORTENSIO
In fede mia, mi sa che i nostri padroni possono mettere il sale sulla coda100 ai loro soldi. Si può ben dire che siano debiti senza speranza, perché chi deve il denaro ha perso la ragione. Escono Entrano Timone e Flavio
III, 5
TIMONE
Mi hanno persino tolto il fiato101, i gaglioffi. Creditori? Demòni. FLAVIO
Signore caro… TIMONE
E se si facesse così102? FLAVIO
Mio signore… TIMONE
Così voglio che sia. Maggiordomo! FLAVIO
Eccomi, signore. TIMONE
Esattamente così! Va’ a invitare di nuovo tutti i miei amici: Lucio, Lucullo e Sempronio, tutti quei debosciati103. Ancora una volta offrirò un banchetto ai furfanti. FLAVIO
Mio signore, queste sono soltanto parole del vostro animo sconvolto. Non resta nemmeno quanto basta a imbandire una mensa modesta. TIMONE
Non sarai tu a occupartene. Va’, te lo ordino, invitali tutti. Fai entrare ancora una volta quel fiume di canaglie. Il cuoco ed io ci occuperemo di tutto. Escono [da porte diverse]
1713
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 6
3.6
Enter three Senators at one door
FIRST SENATOR
My lords, you have my voice to’t. The fault’s bloody. ’Tis necessary he should die. Nothing emboldens sin so much as mercy. SECOND SENATOR Most true; the law shall bruise ’im. [Enter Alcibiades at another door, with attendants] ALCIBIADES
Honour, health, and compassion to the senate! FIRST SENATOR Now, captain.
5
ALCIBIADES
I am an humble suitor to your virtues; For pity is the virtue of the law, And none but tyrants use it cruelly. It pleases time and fortune to lie heavy Upon a friend of mine, who in hot blood Hath stepped into the law, which is past depth To those that without heed do plunge into’t. He is a man, setting his feat aside, Of comely virtues; Nor did he soil the fact with cowardice – An honour in him which buys out his fault – But with a noble fury and fair spirit, Seeing his reputation touched to death, He did oppose his foe; And with such sober and unnoted passion He did behave his anger, ere ’twas spent, As if he had but proved an argument.
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FIRST SENATOR
You undergo too strict a paradox, Striving to make an ugly deed look fair. Your words have took such pains as if they laboured To bring manslaughter into form, and set quarrelling Upon the head of valour – which indeed Is valour misbegot, and came into the world When sects and factions were newly born. 1714
25
30
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 6
III, 6
Entrano tre senatori da una stessa porta104
PRIMO SENATORE
Signori, su questo avete il mio voto. Si tratta di un delitto cruento. È inevitabile la condanna a morte. Nulla rende arrogante il crimine quanto la clemenza. SECONDO SENATORE
Verissimo. La legge dovrà colpire il colpevole duramente. [Entra da un’altra porta Alcibiade con il seguito] ALCIBIADE
Onore, salute e clemenza al senato! PRIMO SENATORE
Dunque, capitano. ALCIBIADE
Mi rivolgo alle virtù vostre da umile postulante, poiché la pietà è la virtù della legge, e soltanto i tiranni applicano la legge con crudeltà. Tempo e fortuna hanno voluto essere duri con un mio amico che a sangue caldo ha fatto un passo falso, incappando in quella legge che è un baratro senza fondo per chi incautamente vi precipiti. A parte il crimine commesso, è un uomo di belle virtù. Il suo non fu un gesto macchiato di viltà (onore questo che riscatta la sua colpa): infatti affrontò l’avversario soltanto quando vide la propria reputazione offesa a morte, e lo fece con nobile furore e animo leale. E con tanta sobrietà e controllo seppe mitigare la propria ira fino a spegnerla, da sembrare impegnato ad argomentare una tesi. PRIMO SENATORE
Vi servite di un paradosso forzato per tentare di far apparire bella una brutta azione. Le vostre parole si sono affannate a dare sia forma legale a un omicidio sia dignità di valore alla litigiosità, quando in realtà si tratta di un valore bastardo, che ha fatto il suo ingresso nel mondo quando sette e fazioni erano sul nascere. È veramente
1715
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 6
He’s truly valiant that can wisely suffer The worst that man can breathe, and make his wrongs his outsides To wear them like his raiment carelessly, And ne’er prefer his injuries to his heart To bring it into danger. If wrongs be evils and enforce us kill, What folly ’tis to hazard life for ill!
35
ALCIBIADES
My lord – FIRST SENATOR You cannot make gross sins look clear.
To revenge is no valour, but to bear. ALCIBIADES
My lords, then, under favour, pardon me If I speak like a captain. Why do fond men expose themselves to battle, And not endure all threats, sleep upon’t, And let the foes quietly cut their throats Without repugnancy? If there be Such valour in the bearing, what make we Abroad? Why then, women are more valiant That stay at home if bearing carry it, And the ass more captain than the lion, the felon Loaden with irons wiser than the judge, If wisdom be in suffering. O my lords, As you are great, be pitifully good. Who cannot condemn rashness in cold blood? To kill, I grant, is sin’s extremest gust, But in defence, by mercy, ’tis most just. To be in anger is impiety, But who is man that is not angry? Weigh but the crime with this. SECOND SENATOR You breathe in vain.
40
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50
55
32. Outsides: così in F; in OED il senso di “abiti” non è attestato prima del 1614. 1716
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 6
valoroso chi sa tollerare con saggezza il peggio che può uscir di bocca a un uomo, chi sa dare ai torti un valore esteriore portandoseli addosso con noncuranza come fossero abiti, chi non antepone mai le offese al proprio cuore, mettendolo a rischio. Se i torti sono un male e ci spingono a uccidere, quale follia è rischiare la vita per il male! ALCIBIADE
Signore… PRIMO SENATORE
Non potete far apparire limpide colpe così torbide. Il valore non sta nel vendicarsi, ma nel tollerare. ALCIBIADE
Signori, un momento. Scusatemi se parlo da soldato. Perché mai ci sono dei pazzi che rischiano la vita in battaglia invece di sopportare le minacce, dormirci sopra e farsi tagliare tranquillamente la gola dai nemici senza colpo ferire? Se c’è tanto valore nella tolleranza, che ci stiamo a fare noi lontano dalla nostra città? Allora, se ciò che conta è tollerare, sono più valorose le donne che se ne stanno a casa; se il patire è saggezza, l’asino è miglior condottiero del leone, il criminale in ceppi più saggio del giudice. Miei nobili signori, siete grandi, siate anche clementi. Chi, ragionando a sangue freddo, non condannerebbe un’azione avventata? Uccidere, lo riconosco, è la colpa più acerrima, ma se commessa per difendersi e degna di clemenza, è più che giusta. Essere irati è un’empietà105, ma chi è l’uomo che non si lascia andare all’ira? Nel valutare il crimine commesso tenete presente tutto questo. SECONDO SENATORE
Parole inutili.
1717
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 6
ALCIBIADES
In vain?
His service done at Lacedaemon and Byzantium Were a sufficient briber for his life.
60
FIRST SENATOR
What’s that? Why, I say, my lords, he’s done fair service, And slain in fight many of your enemies. How full of valour did he bear himself In the last conflict, and made plenteous wounds!
ALCIBIADES
SECOND SENATOR
He has made too much plenty with ’em. He’s a sworn rioter; he has a sin That often drowns him and takes his valour prisoner. If there were no foes, that were enough To overcome him. In that beastly fury He has been known to commit outrages And cherish factions. ’Tis inferred to us His days are foul and his drink dangerous.
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FIRST SENATOR
He dies. ALCIBIADES Hard fate! He might have died in war.
My lords, if not for any parts in him – Though his right arm might purchase his own time And be in debt to none – yet more to move you, Take my deserts to his and join ’em both. And for I know Your reverend ages love security, I’ll pawn my victories, all my honour to you Upon his good returns. If by this crime he owes the law his life, Why, let the war receive’t in valiant gore, For law is strict, and war is nothing more.
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FIRST SENATOR
We are for law; he dies. Urge it no more, On height of our displeasure. Friend or brother, He forfeits his own blood that spills another.
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85
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 6
ALCIBIADE
Inutili? Il servizio che quell’uomo ha prestato a Sparta e a Bisanzio basterebbe a pagargli la vita. PRIMO SENATORE
E perché mai? ALCIBIADE
Ebbene, signori, dico che ha reso un buon servizio, ha ucciso in battaglia molti vostri nemici. Quanto valore ha dimostrato nell’ultimo conflitto, quante ferite ha inferto! SECONDO SENATORE
Di ferite ne ha inferte fin troppe. È uno che cerca la rissa; a volte affoga nel vizio del bere, vizio che imprigiona il suo valore. In mancanza di nemici, basterebbe quello a sopraffarlo. È noto che nella sua furia bestiale ha commesso violenze e favorito complotti. Siamo informati che nella vita è un furfante e che da ubriaco è pericoloso. PRIMO SENATORE
A morte. ALCIBIADE
Destino crudele! Meglio per lui sarebbe stato morire in guerra. Signori, se non si vogliono valutare le sue qualità (benché basterebbe la sua destra a guadagnargli la vita senza essere in debito con nessuno) dirò di più per smuovervi: aggiungete i miei meriti ai suoi, uniteli. E poiché io so che la vostra età veneranda ama garanzie certe, vi offro le mie vittorie, tutto il mio onore in pegno della riconoscenza con cui vi ripagherà. Se per il crimine commesso deve la sua vita alla legge, ebbene sia la guerra a prendersela a prezzo del suo sangue valoroso. La legge è severa, la guerra lo è altrettanto. PRIMO SENATORE
Noi siamo per la legge: deve morire. Non insistete o incorrerete nel nostro alto corruccio. Amico o fratello, chi versa il sangue di un altro lo espia con il proprio.
1719
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 6
ALCIBIADES
Must it be so? It must not be. My lords, I do beseech you know me. SECOND SENATOR
How?
ALCIBIADES
Call me to your remembrances. THIRD SENATOR
What?
90
ALCIBIADES
I cannot think but your age has forgot me. It could not else be I should prove so base To sue and be denied such common grace. My wounds ache at you. FIRST SENATOR Do you dare our anger? ’Tis in few words, but spacious in effect: We banish thee for ever. ALCIBIADES Banish me? Banish your dotage, banish usury That makes the senate ugly. FIRST SENATOR If after two days’ shine Athens contain thee, attend our weightier judgement; And, not to swell your spirit, he shall be Executed presently. Exeunt Senators [and attendants]
95
100
ALCIBIADES
Now the gods keep you old enough that you may live Only in bone, that none may look on you! I’m worse than mad. I have kept back their foes While they have told their money and let out Their coin upon large interest – I myself, Rich only in large hurts. All those for this? Is this the balsam that the usuring senate Pours into captains’ wounds? Banishment! It comes not ill; I hate not to be banished. It is a cause worthy my spleen and fury, That I may strike at Athens. I’ll cheer up My discontented troops, and lay for hearts. ’Tis honour with most lands to be at odds. Soldiers should brook as little wrongs as gods. Exit 1720
105
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TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 6
ALCIBIADE
Per forza è così? Così non deve essere. Signori, vi prego di ricordarvi chi sono. SECONDO SENATORE
Come sarebbe? ALCIBIADE
Fate appello alla vostra memoria. TERZO SENATORE
Cosa? ALCIBIADE
Posso solo pensare che a dimenticarmi sia stata la vostra vecchiaia. Altrimenti come si spiega che io debba valere così poco da invocare un favore tanto comune e vedermelo negare? Le mie ferite dolgono sotto i vostri occhi. PRIMO SENATORE
Sfidi la nostra collera? È un’ira di poche parole, ma che ha vaste conseguenze: sei bandito per sempre. ALCIBIADE
Bandire me? Bandite la vostra sciocca senilità, bandite l’usura che deturpa il senato! PRIMO SENATORE
Se fra due giorni sarai ancora nella città di Atene, aspettati un verdetto più pesante; e per non dare altro fiato al tuo spirito arrogante, quell’uomo sarà giustiziato al più presto. Escono i senatori [e il seguito] ALCIBIADE
Gli dèi vi concedano una vecchiaia lunga abbastanza da ridurvi pelle e ossa, impresentabili agli occhi di tutti! Sono fuori di me. Mentre questi contavano il denaro e lo prestavano ad alto interesse io tenevo a bada i loro nemici; e io, io, ero ricco soltanto di grandi ferite. Tante ferite in cambio di questo? È questo il balsamo che il senato usuraio versa sulle ferite dei suoi capitani? L’esilio! Non giunge a sproposito: non disdegno di essere esiliato. Sarà una causa degna della mia bile, della mia furia, e mi darà modo di colpire Atene. Rianimerò le mie truppe malcontente, cercherò cuori generosi. Molti nemici molto onore. Al pari degli dèi, i soldati non dovrebbero tollerare alcun torto. 1721
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 7
3.7
Enter divers of Timon’s friends, [amongst them Lucullus, Lucius, Sempronius, and other Lords and Senators,] at several doors
FIRST LORD The good time of day to you, sir. SECOND LORD I also wish it to you. I think this honourable
lord did but try us this other day. FIRST LORD Upon that were my thoughts tiring when we
encountered. I hope it is not so low with him as he made it seem in the trial of his several friends. SECOND LORD It should not be, by the persuasion of his new feasting. FIRST LORD I should think so. He hath sent me an earnest inviting, which many my near occasions did urge me to put off, but he hath conjured me beyond them, and I must needs appear. SECOND LORD In like manner was I in debt to my importunate business, but he would not hear my excuse. I am sorry when he sent to borrow of me that my provision was out. FIRST LORD I am sick of that grief too, as I understand how all things go. SECOND LORD Every man hears so. What would he have borrowed of you? FIRST LORD A thousand pieces. SECOND LORD A thousand pieces? FIRST LORD What of you? SECOND LORD He sent to me, sir –
6
12
16
20
[Loud music.] Enter Timon and attendants Here he comes.
0-36. Parte attribuita a Middleton. 1722
25
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 7
III, 7
Entrano da porte differenti vari amici di Timone [fra cui Lucullo, Lucio, Sempronio e altri nobili e senatori]106
PRIMO NOBILE107
Buongiorno a voi, signore. SECONDO NOBILE
Anche a voi da parte mia. Penso che l’altro giorno questo onorevole signore abbia voluto soltanto metterci alla prova. PRIMO NOBILE
Anch’io stavo arrovellandomi108 al riguardo quando ci siamo incontrati. Spero che non si trovi davvero in cattive acque come ha fatto credere quando ha saggiato la disponibilità di tanti suoi amici. SECONDO NOBILE
Pare di no, come fa pensare questo nuovo banchetto. PRIMO NOBILE
Lo credo anch’io. Mi ha fatto avere un invito assai pressante, che i miei molti impegni personali mi avrebbero consigliato di rifiutare; ma ha insistito che li rimandassi, così mi tocca farmi vivo. SECONDO NOBILE
Come voi, avevo anch’io delle scadenze di affari urgenti, ma non ha voluto sentire scuse. Purtroppo, quando ha mandato a chiedermi il prestito, il mio denaro era stato impegnato in altro modo. PRIMO NOBILE
Un grosso dispiacere anche per me, dal momento che so come vanno le cose. SECONDO NOBILE
Cose ormai all’orecchio di tutti. Quanto intendeva chiedervi? PRIMO NOBILE
Mille monete d’oro. SECONDO NOBILE
Mille? PRIMO NOBILE
E a voi? SECONDO NOBILE
Mi ha mandato a chiedere… [Musica forte.] Entra Timone con il seguito Ecco che viene. 1723
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 7
TIMON With all my heart, gentlemen both; and how fare
you? FIRST LORD Ever at the best, hearing well of your lordship. SECOND LORD The swallow follows not summer more
willing than we your lordship.
30
TIMON (aside) Nor more willingly leaves winter, such
summer birds are men. – Gentlemen, our dinner will not recompense this long stay. Feast your ears with the music a while, if they will fare so harshly o’th’ trumpets’ sound; we shall to’t presently. FIRST LORD I hope it remains not unkindly with your lordship that I returned you an empty messenger. TIMON O sir, let it not trouble you. SECOND LORD My noble lord – TIMON Ah, my good friend, what cheer?
35
40
[A table and stools are] brought in SECOND LORD My most honourable lord, I am e’en sick of
shame that when your lordship this other day sent to me I was so unfortunate a beggar. TIMON Think not on’t, sir. SECOND LORD If you had sent but two hours before – TIMON Let it not cumber your better remembrance. – Come, bring in all together.
1724
45
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 7
TIMONE
Signori, un saluto di tutto cuore a entrambi. Come state? PRIMO NOBILE
Benissimo, avendo anche sentito che tutto va bene con la signoria vostra. SECONDO NOBILE
Com’è grato alla rondine seguire l’estate, è grato a noi seguire vossignoria. TIMONE (a parte) Non le è meno grato lasciare l’inverno109, come fanno gli uomini, veri uccelli migratori. Signori, il nostro pranzo non saprà risarcire questa lunga attesa. Nel frattempo nutrite di musica i vostri orecchi, se il suono delle trombe non sarà cibo troppo aspro. Ci metteremo a tavola fra poco. PRIMO NOBILE
Spero che vossignoria non mi serbi rancore se ho rimandato il messaggero a mani vuote. TIMONE
Ma no, non angustiatevi. SECONDO NOBILE
Mio nobile signore… TIMONE
Caro amico, che mi dite di bello? [Vengono] portati in [scena un tavolo e dei sedili] SECONDO NOBILE
Onorevole signore, mi sento quasi male per la vergogna di esser stato malauguratamente al verde l’altro giorno, quando vossignoria si è rivolto a me. TIMONE
Non datevene pensiero. SECONDO NOBILE
Se l’aveste fatto soltanto due ore prima… TIMONE
Non gravate di questo peso la vostra ottima memoria. Avanti, portate dentro tutto quanto.
1725
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 7
[Enter Servants with covered dishes] SECOND LORD All covered dishes. FIRST LORD Royal cheer, I warrant you. THIRD LORD Doubt not that, if money and the season can
yield it.
51
FIRST LORD How do you? What’s the news? THIRD LORD Alcibiades is banished. Hear you of it? FIRST and SECOND LORDS Alcibiades banished? THIRD LORD ’Tis so, be sure of it.
55
FIRST LORD How, how? SECOND LORD I pray you, upon what? TIMON My worthy friends, will you draw near? THIRD LORD I’ll tell you more anon. Here’s a noble feast
toward.
60
SECOND LORD This is the old man still. THIRD LORD Will’t hold, will’t hold? SECOND LORD It does; but time will – and so – THIRD LORD I do conceive.
64
TIMON Each man to his stool with that spur as he would
to the lip of his mistress. Your diet shall be in all places alike. Make not a city feast of it, to let the meat cool ere we can agree upon the first place. Sit, sit. The gods require our thanks.
1726
69
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 7
[Entrano dei servitori con dei piatti coperti] SECONDO NOBILE
Tutti piatti coperti. PRIMO NOBILE
Festa da re, ve lo dico io. TERZO NOBILE
Senza dubbio, se il denaro e la buona stagione fanno la loro parte. PRIMO NOBILE
Come state? Novità? TERZO NOBILE
Alcibiade è stato esiliato. Non avete sentito? PRIMO e SECONDO NOBILE Alcibiade esiliato? TERZO NOBILE
È così, lo confermo. PRIMO NOBILE
Come, come? SECONDO NOBILE
E per quale ragione, prego? TIMONE
Miei degni amici, volete accomodarvi? TERZO NOBILE
Fra poco vi dirò di più. Ora ci attende un banchetto sontuoso. SECONDO NOBILE
È l’uomo di sempre. TERZO NOBILE
Ma durerà? Durerà? SECONDO NOBILE
Per ora dura; ma col tempo… e così… TERZO NOBILE
Capisco, capisco. TIMONE
Ciascuno si accomodi, con la foga con cui cercherebbe le labbra dell’amata. Qualsiasi sia il posto occupato, le pietanze saranno le stesse. Non pensate di essere a un banchetto ufficiale110, non è il caso di lasciar raffreddare il cibo prima di accordarsi su chi si accomodi per primo. Sedete, sedete. Gli dèi vogliono essere ringraziati. 1727
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 7
They sit You great benefactors, sprinkle our society with thankfulness. For your own gifts make yourselves praised; but reserve still to give, lest your deities be despised. Lend to each man enough that one need not lend to another; for were your godheads to borrow of men, men would forsake the gods. Make the meat be beloved more than the man that gives it. Let no assembly of twenty be without a score of villains. If there sit twelve women at the table, let a dozen of them be as they are. The rest of your foes, O gods – the senators of Athens, together with the common tag of people – what is amiss in them, you gods, make suitable for destruction. For these my present friends, as they are to me nothing, so in nothing bless them; and to nothing are they welcome. – Uncover, dogs, and lap. The dishes are uncovered, and seen to be full of steaming water [and stones] SOME LORDS What does his lordship mean?
85
OTHER LORDS I know not. TIMON
May you a better feast never behold, You knot of mouth-friends. Smoke and lukewarm water Is your perfection. This is Timon’s last, Who, stuck and spangled with your flattery, Washes it off, and sprinkles in your faces Your reeking villainy.
90
[He throws water in their faces] Live loathed and long, Most smiling, smooth, detested parasites, Courteous destroyers, affable wolves, meek bears, You fools of fortune, trencher-friends, time’s flies, Cap-and-knee slaves, vapours, and minute-jacks! Of man and beast the infinite malady Crust you quite o’er.
1728
95
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 7
Si siedono Voi111 che siete i nostri grandi benefattori, spargete gratitudine su questa compagnia. Per i doni che fate esigete lode; tenete però sempre in serbo qualcosa, per evitare che le vostre divine persone siano oggetto di disprezzo. Prestate a ciascun uomo quanto basta perché non debba prestare ad altri; se infatti voi, esseri divini, doveste chiedere un prestito agli uomini, gli uomini disconoscerebbero gli dèi. Fate in modo che sia più amato il cibo dell’uomo che lo offre. Che in ogni compagnia di venti non manchi una ventina di furfanti. E se a tavola siedono dodici donne, fate che una dozzina siano… quello che sono. Ascoltatemi, o dèi del cielo: tutti gli altri vostri nemici (i senatori di Atene insieme alla vile plebaglia) per il male che è in loro, voi, o dèi, mandateli in rovina. Quanto agli amici miei qui presenti, visto che per me non sono nulla, non benediteli in nulla; e a nulla sono qui benvenuti. Cani, scoprite i piatti e leccate. I piatti vengono scoperchiati e rivelano di essere pieni di acqua fumante [e di pietre] ALCUNI NOBILI
Che cosa ha in mente sua signoria? ALTRI NOBILI
Non lo so. TIMONE
Vi auguro di non vedere mai più un banchetto migliore, branco di amici ingordi112. Fumo e acqua calda sono il cibo che fa per voi. Questa è l’ultima cosa che farà Timone: invischiato e indorato dalla vostra adulazione, la lava via e vi spruzza in faccia la vostra fetida ribalderia. [Getta acqua in faccia ai commensali] Vi auguro una vita lunga e piena d’odio, abominevoli parassiti sempre pronti a sorridere e a lisciare, cerimoniosi distruttori, lupi dalla voce umana, orsi addomesticati, buffoni al servizio della fortuna, amici ingordi113, mosche del tempo buono114, gaglioffi pronti a inchinarsi e a scappellarsi, uomini fatti d’aria, pupazzi che si muovono a tempo115! Vi copra di croste ogni e ciascuna delle infermità che colpiscono uomini e bestie.
1729
TIMON OF ATHENS, ACT 3 SCENE 7
[A Lord is going] What, dost thou go? Soft, take thy physic first. Thou too, and thou. [He beats them] Stay, I will lend thee money, borrow none.
100
Exeunt Lords, leaving caps and gowns What, all in motion? Henceforth be no feast Whereat a villain’s not a welcome guest. Burn house! Sink Athens! Henceforth hated be Of Timon man and all humanity!
Exit
Enter the Senators and other Lords FIRST LORD How now, my lords?
105
SECOND LORD
Know you the quality of Lord Timon’s fury? THIRD LORD
Push! Did you see my cap? I have lost my gown. FIRST LORD He’s but a mad lord, and naught but humours sways him. He gave me a jewel th’other day, and now he has beat it out of my hat. Did you see my jewel? [THIRD] LORD Did you see my cap? FOURTH LORD
[SECOND] LORD
Here ’tis. FOURTH LORD Here lies my gown. FIRST LORD
Let’s make no stay.
SECOND LORD
Lord Timon’s mad. I feel’t upon my bones.
THIRD LORD
104-114. Parte attribuita a Middleton. 1730
110
TIMONE D’ATENE, ATTO III SCENA 7
[Uno dei nobili si allontana] Come? Vai via? Piano, prima prendi la medicina. E anche tu, e tu. [Li picchia] Fermati, ti presto dei soldi, non ti chiedo di darmene! Escono i nobili, abbandonando cappelli e mantelli Come? Via tutti? D’ora in poi non ci sarà banchetto a cui un furfante non sia gradito ospite. A fuoco, casa! Sprofonda Atene! D’ora in poi Timone odierà l’uomo e l’umanità intera! Esce Entrano i senatori e altri nobili PRIMO NOBILE
Ebbene, signori?116 SECONDO NOBILE
Si sa il perché dell’ira furibonda di Timone? TERZO NOBILE
Accidenti! Avete mica visto il mio cappello? QUARTO NOBILE
Io ho perso il mantello. PRIMO NOBILE
È matto e basta, in preda soltanto a bizzarrie. L’altro giorno mi ha donato un gioiello e ora me l’ha tolto dal cappello a bastonate. Avete mica visto il mio gioiello? [TERZO] NOBILE
E il mio cappello, l’avete visto? [SECONDO] NOBILE
Eccolo. QUARTO NOBILE
E il mantello, eccolo qua. PRIMO NOBILE
Andiamocene via. SECONDO NOBILE
Il nobile Timone è impazzito. TERZO NOBILE
Me lo dicono le mie ossa.
1731
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 1
FOURTH LORD
One day he gives us diamonds, next day stones. Exeunt Enter Timon
4.1 TIMON
Let me look back upon thee. O thou wall That girdles in those wolves, dive in the earth, And fence not Athens! Matrons, turn incontinent! Obedience fail in children! Slaves and fools, Pluck the grave wrinkled senate from the bench And minister in their steads! To general filths Convert o’th’ instant, green virginity! Do’t in your parents’ eyes. Bankrupts, hold fast! Rather than render back, out with your knives, And cut your trusters’ throats. Bound servants, steal! Large-handed robbers your grave masters are, And pill by law. Maid, to thy master’s bed! Thy mistress is o’th’ brothel. Son of sixteen, Pluck the lined crutch from thy old limping sire; With it beat out his brains! Piety and fear, Religion to the gods, peace, justice, truth, Domestic awe, night rest, and neighbourhood, Instruction, manners, mysteries, and trades, Degrees, observances, customs, and laws, Decline to your confounding contraries, And let confusion live! Plagues incident to men, Your potent and infectious fevers heap On Athens, ripe for stroke! Thou cold sciatica, Cripple our senators, that their limbs may halt As lamely as their manners! Lust and liberty, Creep in the minds and marrows of our youth, That ’gainst the stream of virtue they may strive And drown themselves in riot! Itches, blains, Sow all th’Athenian bosoms, and their crop
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 1
QUARTO NOBILE
Un giorno ci regala diamanti, il giorno dopo pietre. Escono IV, 1
Entra Timone117
TIMONE
Fatti guardare, muro che cingi questi lupi! Sprofonda sotto terra, non proteggere Atene! Voi, madri di famiglia, trasformatevi in donne invereconde! E i figli, smettano di ubbidire! Gaglioffi e cretini, strappate dagli scanni i gravi senatori dalle guance rugose, governate al loro posto! Vergini giovinette118, convertitevi subito in donne schifose al servizio di tutti! E fatelo sotto gli occhi dei genitori. Bancarottieri, continuate imperterriti! Invece di rimborsare i debiti, fuori i coltelli e tagliate la gola a chi vi ha fatto credito. Servitori, rubate! I vostri padroni, persone serie, rapinano a man bassa, saccheggiano per legge. Serva di casa, a letto col padrone! La tua padrona è una da bordello. E tu, sedicenne, strappa di mano al vecchio padre zoppo la stampella imbottita e con quella fagli schizzar via il cervello! Pietà e timore, devozione verso gli dèi, pace, giustizia, verità, obbedienza domestica, riposo notturno e buon vicinato, istruzione, belle maniere, mestieri119 e commerci, gerarchie, rispettose regole, costumi e leggi, digradate nei vostri rovinosi contrari e lasciate in vita soltanto il caos! Morie che colpite gli uomini, ammassate le vostre più potenti febbri contagiose su Atene, che è matura per il colpo di grazia! E tu fredda sciatica, storpia i senatori, fagli vacillare le gambe, zoppe com’è zoppa la loro condotta! Lussuria e licenziosità, insinuatevi nel cervello e nel midollo120 dei nostri giovani, che lottino contro il fiume della virtù e affoghino nelle gozzoviglie. Pruriti, pustole, seminate i petti di
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 2
Be general leprosy! Breath infect breath, That their society, as their friendship, may Be merely poison!
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[He tears off his clothes] Nothing I’ll bear from thee But nakedness, thou detestable town; Take thou that too, with multiplying bans. Timon will to the woods, where he shall find Th’unkindest beast more kinder than mankind. The gods confound – hear me you good gods all – Th’Athenians, both within and out that wall; And grant, as Timon grows, his hate may grow To the whole race of mankind, high and low. Amen. 4.2
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40 Exit
Enter Flavius, with two or three Servants
FIRST SERVANT
Hear you, master steward, where’s our master? Are we undone, cast off, nothing remaining? FLAVIUS
Alack, my fellows, what should I say to you? Let me be recorded: by the righteous gods, I am as poor as you. FIRST SERVANT Such a house broke, So noble a master fall’n? All gone, and not One friend to take his fortune by the arm And go along with him? SECOND SERVANT As we do turn our backs From our companion thrown into his grave, So his familiars to his buried fortunes Slink all away, leave their false vows with him Like empty purses picked; and his poor self, A dedicated beggar to the air, With his disease of all-shunned poverty, Walks like contempt alone. 1-51. Tutta la scena è attribuita a Middleton. 1734
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 2
tutti gli Ateniesi e il raccolto sia lebbra generale! Il respiro contagi il respiro, diventino veleno l’amicizia e la convivenza con gli altri! [Si strappa di dosso gli abiti] Città odiosa, da te non voglio che mi rimanga addosso null’altro che nudità; prenditi anche questo, insieme a maledizioni senza fine. Timone se ne andrà nei boschi, dove troverà bestie nemiche più amiche degli umani. Ascoltatemi, voi tutti o dèi benigni, maledite gli Ateniesi fuori e dentro quel muro. E come cresce Timone, fate che cresca il suo odio per l’intera razza degli uomini, quelli in alto e quelli in basso. Amen. Esce Entra Flavio insieme a due o tre servi121
IV, 2
PRIMO SERVO
Signor maggiordomo, sentite, dov’è il padrone? Siamo davvero rovinati, cacciati via, non resta più niente? FLAVIO
Purtroppo, che cosa dirvi, compagni miei? Mi siano testimoni gli dèi giusti: sono povero quanto voi. PRIMO SERVO
Una casa come questa ridotta in miseria, decaduto un padrone così nobile? Perso tutto, e neppure un amico che nella sventura gli dia il braccio e gli stia accanto? SECONDO SERVO
Non appena voltiamo le spalle a un nostro compagno che è gettato nella fossa, quelli122 che avevano dimestichezza con le sue sepolte fortune se la svignano tutti lasciandogli le loro false promesse, come borse rapinate rimaste vuote; e lui, pover’uomo cui non resta che elemosinare l’aria, malato di una povertà che tutti sfuggono, se ne va randagio come il disprezzo.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 2
Enter other Servants More of our fellows.
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FLAVIUS
All broken implements of a ruined house. THIRD SERVANT
Yet do our hearts wear Timon’s livery. That see I by our faces. We are fellows still, Serving alike in sorrow. Leaked is our barque, And we, poor mates, stand on the dying deck Hearing the surges’ threat. We must all part Into this sea of air. FLAVIUS Good fellows all, The latest of my wealth I’ll share amongst you. Wherever we shall meet, for Timon’s sake Let’s yet be fellows. Let’s shake our heads and say, As ’twere a knell unto our master’s fortunes, ‘We have seen better days.’
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He gives them money Let each take some. Nay, put out all your hands. Not one word more. Thus part we rich in sorrow, parting poor. They embrace, and the Servants part several ways O, the fierce wretchedness that glory brings us! Who would not wish to be from wealth exempt, Since riches point to misery and contempt? Who would be so mocked with glory, or to live But in a dream of friendship, To have his pomp and all what state compounds But only painted like his varnished friends? Poor honest lord, brought low by his own heart, Undone by goodness! Strange, unusual blood When man’s worst sin is he does too much good! Who then dares to be half so kind again? For bounty, that makes gods, does still mar men. My dearest lord, blessed to be most accursed, Rich only to be wretched, thy great fortunes 1736
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 2
Entrano altri servi Altri nostri compagni. FLAVIO
Tutti utensili rotti di una casa distrutta. TERZO SERVO
Ma i nostri cuori vestono ancora la livrea di Timone, lo leggo sui nostri volti. Siamo ancora compagni, in servizio anche nel momento del dolore. Il nostro bastimento fa acqua e noi, poveri marinai, stiamo ritti sul ponte prossimo alla morte, assordati dai flutti minacciosi. Dobbiamo andarcene tutti, naufraghi in questo mare d’aria. FLAVIO
Bravi compagni, fra voi tutti dividerò il poco che resta della mia ricchezza. Compagni bisogna restare, in nome di Timone, dovunque capiterà di incontrarci. Su, scuotiamo la testa e diciamo, come a ricordare con un rintocco funebre le fortune del padrone: ‘Abbiamo visto giorni migliori’. Distribuisce loro del denaro A ognuno un poco. Su, tendete le mani. Non una parola di più. Ce ne andiamo ricchi di dolore, ognuno povero per la sua strada. Si abbracciano, e i servi si disperdono Oh, quanto son dure le angustie che ci procura la gloria! Chi non preferirebbe rinunciare a essere ricco, dal momento che la ricchezza reca infelicità e disprezzo? Chi vorrebbe una simile gloria da burla, una vita che è soltanto un sogno d’amicizia, chi godere del fasto e di ogni cosa connessa con un alto rango, tutto però dipinto, tutto orpello come i suoi amici? Povero, onesto signore, trascinato in basso dal suo stesso cuore, rovinato dalla bontà! Strana, inconsueta indole quella di un uomo la cui colpa è di fare troppo del bene! Chi allora oserà avere neanche metà della gentilezza di Timone? La generosità, virtù negli dèi, è rovina per gli uomini. Mio signore carissimo, benedetto per finire stramaledetto, ricco soltanto per finire pitocco, le tue grandi fortune sono diventate le tue
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
Are made thy chief afflictions. Alas, kind lord! He’s flung in rage from this ingrateful seat Of monstrous friends; Nor has he with him to supply his life, Or that which can command it. I’ll follow and enquire him out. I’ll ever serve his mind with my best will. Whilst I have gold I’ll be his steward still.
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Enter Timon [from his cave] in the woods, [half naked, and with a spade]
4.3 TIMON
O blessèd breeding sun, draw from the earth Rotten humidity; below thy sister’s orb Infect the air. Twinned brothers of one womb, Whose procreation, residence, and birth Scarce is dividant, touch them with several fortunes, The greater scorns the lesser. Not nature, To whom all sores lay siege, can bear great fortune But by contempt of nature. It is the pasture lards the brother’s sides, The want that makes him lean. Raise me this beggar and demit that lord, The senator shall bear contempt hereditary, The beggar native honour. Who dares, who dares In purity of manhood stand upright And say ’This man’s a flatterer’? If one be, So are they all, for every grece of fortune Is smoothed by that below. The learnèd pate Ducks to the golden fool. All’s obliquy; There’s nothing level in our cursèd natures But direct villainy. Therefore be abhorred All feasts, societies, and throngs of men.
10. Lean: così in F3; in F1 leave = “se ne va”. 11. Demit: emend. Oxford; in F deny’t = “negatelo”. 1738
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
peggiori disgrazie. Ahimè, generoso signore! In un impeto d’ira ha abbandonato questo covo ingrato di amici snaturati; non ha con sé di che vivere, né ciò che serve a procacciarlo. Vado a chiedere dove può esser finito. Lo servirò sempre con tutto il mio impegno. E finché avrò ancora un po’ d’oro resterò il suo fido maggiordomo. Esce IV, 3
Entra Timone [dalla sua grotta] nei boschi, [seminudo e con una vanga in mano]123
TIMONE
Sole benedetto che alimenti124 il mondo, cava dalla terra l’umidità putrida, infetta l’aria sotto l’orbita di tua sorella, la luna! A due gemelli figli di un grembo solo, a stento diversi uno dall’altro per concepimento, luogo e nascita, assegna fortune differenti, tanto che chi dei due possiede di più dileggi l’altro che ha di meno. La natura assediata da ogni sorta di mali può generare grande fortuna soltanto nel disprezzo della natura stessa. Sono i floridi pascoli a ingrassare i fianchi di un fratello, se non li ha l’altro smagrisce. Provate a dare125 un alto rango a un pitocco e a degradare un nobiluomo: al senatore toccherà il disprezzo, eredità dei pitocchi, al pitocco l’onore avito. Chi osa, chi, ergersi da uomo senza macchia e dire: ‘Costui è un adulatore?’ Se uno lo è, lo sono tutti gli altri, perché ogni gradino della fortuna è spianato dal gradino che gli sta sotto. Il sapientone si inchina al cretino che possiede dell’oro. Tutto è distorto, non c’è nulla di retto nelle nostre malnate nature se non ben mirata furfanteria. Perciò si esecrino tutti i banchetti, i
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
His semblable, yea, himself, Timon disdains. Destruction fang mankind. Earth, yield me roots. He digs Who seeks for better of thee, sauce his palate With thy most operant poison. He finds gold What is here? Gold? Yellow, glittering, precious gold? No, gods, I am no idle votarist: Roots, you clear heavens. Thus much of this will make Black white, foul fair, wrong right, Base noble, old young, coward valiant. Ha, you gods! Why this, what, this, you gods? Why, this Will lug your priests and servants from your sides, Pluck stout men’s pillows from below their heads. This yellow slave Will knit and break religions, bless th’accursed, Make the hoar leprosy adored, place thieves, And give them title, knee, and approbation With senators on the bench. This is it That makes the wappered widow wed again. She whom the spittle house and ulcerous sores Would cast the gorge at, this embalms and spices To th’ April day again. Come, damnèd earth, Thou common whore of mankind, that puts odds Among the rout of nations; I will make thee Do thy right nature.
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March afar off Ha, a drum! Thou’rt quick; But yet I’ll bury thee. He buries gold Thou’lt go, strong thief, When gouty keepers of thee cannot stand. 1740
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
raduni, le folle d’uomini! Timone disdegna i suoi simili e persino se stesso. Distruzione, azzanna la stirpe umana! Terra, a me offri radici! Scava E a chi vuole di meglio stuzzica il palato con il tuo veleno più potente. Trova dell’oro Qui che c’è126? Oro? Oro giallo, luccicante, prezioso? No, o sommi dèi, non rinnego il voto che ho fatto. Radici, siete voi che aprite la via del cielo. Di quest’oro ne basta poco per far diventare il nero bianco, il brutto bello, l’ingiusto giusto, il vile nobile, il vecchio giovane, il codardo valente. Ditelo, o dèi, perché è così? Questo, o dèi, che è? Ebbene, sarà questo a sottrarvi i sacerdoti e i vostri accoliti, questo che toglierà il cuscino di sotto la testa a uomini robusti. Questo il gaglioffo giallo che imbastirà e disferà religioni, benedirà i maledetti, farà idolatrare la lebbra canuta, collocherà i ladri in posti di potere, conferendogli titolo, reverenza, consenso alla pari con coloro che siedono in senato. È questo che permette alla vedova avvizzita di ritrovar marito, questo che ridona la fragranza e il balsamo di un giorno d’aprile a una che farebbe vomitare un lazzaretto con le sue piaghe purulente. Su, terra dannata, puttana della stirpe umana, che semini discordia fra nazioni sediziose, saprò io farti agire come vuole la tua vera natura127. Una marcia risuona in lontananza Ah, un tamburo! Oro, sei vivo, ma io ti seppellisco. Seppellisce l’oro Tu, grande ladro, camminerai anche quando i tuoi custodi non si reggeranno più in piedi per la gotta.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
He keeps some gold Nay, stay thou out for earnest. Enter Alcibiades, with soldiers playing drum and fife, in warlike manner; and Phrynia and Timandra ALCIBIADES
What art thou there? Speak.
TIMON
A beast, as thou art. The canker gnaw thy heart For showing me again the eyes of man.
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ALCIBIADES
What is thy name? Is man so hateful to thee That art thyself a man? TIMON
I am Misanthropos, and hate mankind. For thy part, I do wish thou wert a dog, That I might love thee something. ALCIBIADES I know thee well, But in thy fortunes am unlearned and strange.
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TIMON
I know thee too, and more than that I know thee I not desire to know. Follow thy drum. With man’s blood paint the ground gules, gules. Religious canons, civil laws, are cruel; Then what should war be? This fell whore of thine Hath in her more destruction than thy sword, For all her cherubin look. PHRYNIA Thy lips rot off!
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TIMON
I will not kiss thee; then the rot returns To thine own lips again. ALCIBIADES
How came the noble Timon to this change? TIMON
As the moon does, by wanting light to give. But then renew I could not like the moon; There were no suns to borrow of.
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
Mette da parte un po’ d’oro No, tu sta’ fuori, a garanzia. Entrano al suono di pifferi e tamburi Alcibiade, dei soldati in assetto di guerra, Frine e Timandra128 ALCIBIADE
Tu, là, chi sei? Parla. TIMONE
Una bestia, come sei tu. Il cancro129 ti roda il cuore per avermi mostrato una volta di più sembianze umane. ALCIBIADE
Come ti chiami? Tanto è l’odio che hai per l’uomo, quando sei un uomo tu stesso? TIMONE
Sono un misantropo130 e odio l’umanità intera. Quanto a te, vorrei tanto che tu fossi un cane, così potrei in qualche modo amarti. ALCIBIADE
Conosco bene te, ma delle tue sfortunate vicende so poco o nulla. TIMONE
Anch’io conosco te, e non mi va di sapere più di quanto io di te già sappia. Segui il tuo tamburo. Dipingi il suolo di sangue umano, rendilo rosso, rosso131. I dettami della religione, le leggi civili, sono crudeli. La guerra, allora, che dovrebbe essere? Questa tua funesta puttana, con la sua faccia angelica, ha in sé più distruzione della tua spada. FRINE
Ti si marcissero le labbra! TIMONE
Non ci penso a baciarti, perciò il marciume ritorna sulle labbra tue. ALCIBIADE
Come mai Timone è così cambiato? TIMONE
Come cambia la luna, se non riesce più a dar luce. Ma io non ho potuto rinnovarmi come fa la luna: non c’erano soli a cui chiedere un prestito.
1743
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
ALCIBIADES
Noble Timon, what friendship may I do thee?
70
TIMON
None but to maintain my opinion. ALCIBIADES What is it, Timon? TIMON Promise me friendship, but perform none. If thou
wilt promise, the gods plague thee, for thou art a man. If thou dost not perform, confound thee, for thou art a man.
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ALCIBIADES
I have heard in some sort of thy miseries. TIMON
Thou saw’st them when I had prosperity. ALCIBIADES
I see them now; then was a blessèd time. TIMON
As thine is now, held with a brace of harlots.
80
TIMANDRA
Is this th’Athenian minion, whom the world Voiced so regardfully? TIMON Art thou Timandra? TIMANDRA Yes. TIMON
Be a whore still. They love thee not that use thee. Give them diseases, leaving with thee their lust. Make use of thy salt hours: season the slaves For tubs and baths, bring down rose-cheeked youth To the tub-fast and the diet. TIMANDRA Hang thee, monster!
85
ALCIBIADES
Pardon him, sweet Timandra, for his wits Are drowned and lost in his calamities. I have but little gold of late, brave Timon, The want whereof doth daily make revolt
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90
TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
ALCIBIADE
Nobile Timone, che cosa posso fare per te da buon amico? TIMONE
Nulla, se non essere d’accordo con quel che penso io. ALCIBIADE
Che sarebbe? TIMONE
Farmi promesse d’amicizia, ma non mantenerle. E se prometti, ti perseguitino gli dèi perché sei un uomo. Se non mantieni le promesse, maledizione a te perché sei un uomo. ALCIBIADE
In qualche modo mi è giunta voce delle tue miserie. TIMONE
Quelle le hai viste quando ero nell’agiatezza. ALCIBIADE
Le vedo adesso; allora erano giorni benedetti. TIMONE
Come i tuoi ora, che te la fai con una coppia di sgualdrine. TIMANDRA
È questo il beniamino d’Atene, di cui il mondo parlava con tanta ammirazione? TIMONE
E tu sei Timandra? TIMANDRA
Sì. TIMONE
Continua a fare la puttana. Non ti ama chi si approfitta di te. Tu allora regala malattie a quelli che ti lasciano erede della loro lussuria. Trai profitto dalle tue ore salaci: tieni in salamoia quei gaglioffi, pronti per le stufe e i bagni caldi132, piega la gioventù dalle guance di rosa all’astinenza e alle diete. TIMANDRA
Va’ a impiccarti, mostro! ALCIBIADE
Scusalo, dolce Timandra, il suo senno è affogato, perso nelle sue sventure. Io ho ormai poco oro, valente Timone, ed è questa penuria che ogni giorno scatena la sedizione fra la mia soldataglia indi1745
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
In my penurious band. I have heard and grieved How cursèd Athens, mindless of thy worth, Forgetting thy great deeds, when neighbour states But for thy sword and fortune trod upon them –
95
TIMON
I prithee, beat thy drum and get thee gone. ALCIBIADES
I am thy friend, and pity thee, dear Timon. TIMON
How dost thou pity him whom thou dost trouble? I had rather be alone. ALCIBIADES Why, fare thee well. Here is some gold for thee. TIMON Keep it. I cannot eat it.
100
ALCIBIADES
When I have laid proud Athens on a heap – TIMON
Warr’st thou ’gainst Athens? ALCIBIADES
Ay, Timon, and have cause.
TIMON
The gods confound them all in thy conquest, And thee after, when thou hast conquerèd.
105
ALCIBIADES
Why me, Timon? That by killing of villains Thou wast born to conquer my country. Put up thy gold.
TIMON
He gives Alcibiades gold Go on; here’s gold; go on. Be as a planetary plague when Jove Will o’er some high-viced city hang his poison In the sick air. Let not thy sword skip one. Pity not honoured age for his white beard; He is an usurer. Strike me the counterfeit matron; It is her habit only that is honest, Herself’s a bawd. Let not the virgin’s cheek 1746
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
gente. Mi è giunta la notizia, di cui mi dolgo, che Atene maledetta, incurante dei tuoi meriti e immemore delle tue grandi imprese, quando soltanto la tua spada e la tua fortuna impedivano che gli Stati vicini la calpestassero133… TIMONE
Ti prego, batti il tuo tamburo e togliti di torno. ALCIBIADE
Io ti sono amico, caro Timone, e mi fai pena. TIMONE
Com’è che ti fa pena uno a cui continui a dar fastidio? Io preferirei stare solo. ALCIBIADE
Allora buona fortuna. Eccoti un po’ d’oro. TIMONE
Tientelo. Non posso mangiarlo. ALCIBIADE
Quando avrò ridotto la superba Atene a un mucchio di rovine… TIMONE
Attaccherai Atene? ALCIBIADE
Sì, Timone, e ne ho motivo. TIMONE
Con la tua vittoria gli dèi annientino tutti gli Ateniesi, e quando avrai vinto annientino anche te. ALCIBIADE
Perché, Timone, anche me? TIMONE
Perché dalla nascita era tuo destino che conquistassi la mia terra uccidendo dei furfanti. Rimettilo in tasca, il tuo oro. Dà dell’oro a Alcibiade Va’ per la tua strada, ecco dell’oro. Va’. Sarai una peste planetaria134, come accade se Giove sospende il suo veleno nell’aria infetta sopra una città depravata. La tua spada non ne risparmi neanche uno. Non avere pietà del vecchio venerando dalla barba bianca: è un usuraio. Colpisci quella che è soltanto una matrona falsa: casta è la sua veste, ma lei è una ruffiana. Non permettere che la 1747
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
Make soft thy trenchant sword; for those milk paps That through the window-bars bore at men’s eyes Are not within the leaf of pity writ; But set them down horrible traitors. Spare not the babe Whose dimpled smiles from fools exhaust their mercy. Think it a bastard whom the oracle Hath doubtfully pronounced thy throat shall cut, And mince it sans remorse. Swear against objects. Put armour on thine ears and on thine eyes Whose proof nor yells of mothers, maids, nor babes, Nor sight of priests in holy vestments bleeding, Shall pierce a jot. There’s gold to pay thy soldiers. Make large confusion, and, thy fury spent, Confounded be thyself. Speak not. Be gone.
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126
ALCIBIADES
Hast thou gold yet? I’ll take the gold thou giv’st me, Not all thy counsel.
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TIMON
Dost thou or dost thou not, heaven’s curse upon thee! PHRYNIA and TIMANDRA
Give us some gold, good Timon. Hast thou more? TIMON
Enough to make a whore forswear her trade, And to make wholesomeness a bawd. Hold up, you sluts, Your aprons mountant.
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[He throws gold into their aprons] You are not oathable, Although I know you’ll swear, terribly swear, Into strong shudders and to heavenly agues Th’immortal gods that hear you. Spare your oaths; I’ll trust to your conditions. Be whores still,
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135. Wholesomeness: emend. Oxford; in F whores = “puttane”; in altri emend. whore. 1748
TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
guancia di una vergine ammorbidisca i fendenti della tua spada: le mammelle che attraverso le grate delle finestre cercano gli sguardi degli uomini non sono iscritte nel libro della pietà; tu registrale fra i peggiori traditori. Non risparmiare il bimbo che sorridendo con le sue fossette strappa pietà agli sciocchi: consideralo un bastardo che un ambiguo vaticinio ha destinato a tagliarti la gola, fallo a pezzi senza rimorsi. Giura di non farti sviare da nulla. Copriti gli orecchi e gli occhi con una corazza tanto salda che né le grida di madri, vergini, bimbi, né la vista di sacerdoti dai paramenti insanguinati possano trapassare. Eccoti dell’oro per pagare i soldati. Semina il caos, e quando sia spenta la tua furia, perisci anche tu. Taci. Vattene. ALCIBIADE
Hai altro oro? L’oro che mi dai lo prendo, ma non voglio consigli. TIMONE
Che tu li voglia o non li voglia, ti maledicano gli dèi! FRINE e TIMANDRA
Un po’ d’oro dallo a noi, buon Timone. Ne hai ancora? TIMONE
Abbastanza perché una puttana ripudi il suo mestiere, e per fare di chi è onesta una ruffiana. Voi, sgualdrine, su col grembiule135. [Getta dell’oro nei grembiuli di tutte e due] Ai giuramenti vostri non c’è da prestar fede, anche se sono convinto che siete pronte a giurare, a spergiurare, tanto da far venire i brividi e la febbre celeste agli dèi immortali che vi danno ascolto. Quindi risparmiatevi i giuramenti, mi fido del mestiere che fate.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
And he whose pious breath seeks to convert you, Be strong in whore, allure him, burn him up. Let your close fire predominate his smoke; And be no turncoats. Yet may your pain-sick months Be quite contrary, and thatch your poor thin roofs With burdens of the dead – some that were hanged, No matter. Wear them, betray with them; whore still; Paint till a horse may mire upon your face. A pox of wrinkles! PHRYNIA and TIMANDRA Well, more gold; what then? Believe’t that we’ll do anything for gold. TIMON Consumptions sow In hollow bones of man, strike their sharp shins, And mar men’s spurring. Crack the lawyer’s voice, That he may never more false title plead Nor sound his quillets shrilly. Hoar the flamen That scolds against the quality of flesh And not believes himself. Down with the nose, Down with it flat; take the bridge quite away Of him that his particular to foresee Smells from the general weal. Make curled-pate ruffians bald, And let the unscarred braggarts of the war Derive some pain from you. Plague all, That your activity may defeat and quell The source of all erection. There’s more gold. Do you damn others, and let this damn you; And ditches grave you all! PHRYNIA and TIMANDRA More counsel with more money, bounteous Timon.
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TIMON
More whore, more mischief first; I have given you earnest. ALCIBIADES
Strike up the drum towards Athens. Farewell, Timon. If I thrive well, I’ll visit thee again.
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
Non smentitevi come puttane, e se uno tenta con pie parole di convertirvi, siate puttane fino in fondo, adescatelo, bruciatelo136. Che la vostra sorda fiamma la vinca sul suo fumo137. E non cambiate idea. Però mi auguro che i mesi in cui farete con tanto impegno il vostro mestiere vi si voltino contro, che impaglino quei vostri poveri tetti radi138 con le pesanti zazzere dei morti, magari degli impiccati, che importa? Portatele, quelle parrucche ingannatrici; continuate a fare le puttane, impiastricciatevi la faccia al punto che un cavallo vi si possa infangare. Crepino le rughe! FRINE e TIMANDRA Bene, ancora oro. Che altro? Sta’ sicuro che per l’oro noi siamo pronte a tutto. TIMONE
Seminate consunzione nelle ossa vuote degli uomini, smagritegli gli stinchi, che siano impotenti a dar di sprone139. Agli avvocati incrinate la voce140, che non possano mai più perorare cause false né strillare cavilli in tribunale. Fate incanutire141 il sacerdote che predica contro la natura della carne, senza crederci neppure lui. Via il naso, giù piatto142; toglietelo tutto, compreso il dorso, a chi fiuta il proprio interesse e trascura il bene comune. I ruffiani dalla testa ricciuta, pelateli, e fate che i millantatori, reduci senza ferite dalla guerra, imparino da voi cos’è il dolore. Impestate tutti, usate il vostro mestiere per frustrare e soffocare la fonte di ogni erezione143. Ecco qua altro oro. Come portate rovina agli altri, così quest’oro sia la vostra rovina. E siano i fossi la vostra sepoltura! FRINE e TIMANDRA Altri consigli e ancora soldi, generoso Timone. TIMONE
Prima di tutto più puttaneria, più danno; l’oro ve l’ho dato in pegno. ALCIBIADE
Rullate il tamburo, in marcia verso Atene. Addio, Timone. Se avrò fortuna come spero, verrò nuovamente a trovarti.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
TIMON
If I hope well, I’ll never see thee more. ALCIBIADES I never did thee harm. TIMON Yes, thou spok’st well of me. ALCIBIADES Call’st thou that harm? TIMON
Men daily find it. Get thee away, And take thy beagles with thee. ALCIBIADES We but offend him. Strike!
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Exeunt [to drum and fife] all but Timon TIMON
That nature, being sick of man’s unkindness, Should yet be hungry! He digs the earth Common mother – thou Whose womb unmeasurable and infinite breast Teems and feeds all, whose selfsame mettle Whereof thy proud child, arrogant man, is puffed Engenders the black toad and adder blue, The gilded newt and eyeless venomed worm, With all th’abhorrèd births below crisp heaven Whereon Hyperion’s quick’ning fire doth shine – Yield him who all thy human sons do hate From forth thy plenteous bosom, one poor root. Ensear thy fertile and conceptious womb; Let it no more bring out ingrateful man. Go great with tigers, dragons, wolves, and bears; Teem with new monsters whom thy upward face Hath to the marbled mansion all above Never presented.
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He finds a root O, a root! Dear thanks. Dry up thy marrows, vines, and plough-torn leas, Whereof ingrateful man with liquorish draughts
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
TIMONE
Se sarà come spero io, non ti vedrò mai più. ALCIBIADE
Io non ti ho mai fatto del male. TIMONE
Sì, hai parlato bene di me. ALCIBIADE
E questo lo chiami male? TIMONE
Gli uomini lo sperimentano ogni giorno. Vattene via, e porta con te le tue cagne da caccia144. ALCIBIADE
Non facciamo che esasperarlo. Rullate i tamburi! Tutti, meno Timone, escono [al suono di pifferi e tamburi] TIMONE
Strano che la natura, nauseata della cattiveria dell’uomo, abbia ancora fame! Scava la terra Madre comune, dal tuo grembo sconfinato e dal seno infinito tu partorisci e nutri tutti noi; con la medesima sostanza di cui è gonfio di arroganza l’uomo, tuo figlio superbo, tu generi il rospo nero e la vipera azzurra, la salamandra dorata e il cieco orbettino velenoso, insieme alle tante creature ripugnanti sotto il cielo chiaro cui dà lume il vivo fuoco di Iperione145: dal tuo fertile seno offri una povera radice a colui che odia tutti gli uomini tuoi figli! Rendi sterile il tuo grembo fertile e prolifico, che non metta più al mondo l’uomo ingrato. Concepisci tigri, draghi, lupi, orsi, una prole di mostri nuovi che la tua superficie non ha mai mostrato alla volta variegata del cielo! Trova una radice Ah, una radice! Grazie tante. Inaridisci le tue linfe, le vigne e i campi arati da cui l’uomo ingrato ricava bevande liquorose e boc-
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
And morsels unctuous greases his pure mind, That from it all consideration slips! – Enter Apemantus More man? Plague, plague! APEMANTUS
I was directed hither. Men report Thou dost affect my manners, and dost use them.
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TIMON
’Tis then because thou dost not keep a dog Whom I would imitate. Consumption catch thee! APEMANTUS
This is in thee a nature but infected, A poor unmanly melancholy, sprung From change of fortune. Why this spade, this place, This slave-like habit, and these looks of care? Thy flatterers yet wear silk, drink wine, lie soft, Hug their diseased perfumes, and have forgot That ever Timon was. Shame not these woods By putting on the cunning of a carper. Be thou a flatterer now, and seek to thrive By that which has undone thee. Hinge thy knee, And let his very breath whom thou’lt observe Blow off thy cap. Praise his most vicious strain, And call it excellent. Thou wast told thus. Thou gav’st thine ears like tapsters that bade welcome To knaves and all approachers. ’Tis most just That thou turn rascal. Hadst thou wealth again, Rascals should have’t. Do not assume my likeness.
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TIMON
Were I like thee, I’d throw away myself. APEMANTUS
Thou hast cast away thyself being like thyself – A madman so long, now a fool. What, think’st That the bleak air, thy boisterous chamberlain, Will put thy shirt on warm? Will these mossed trees
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
coni unti che deturpano la sua mente pura, sì che ogni rispetto umano sguscia via! Entra Apemanto Un altro uomo? Peste, peste! APEMANTO
Mi hanno mandato per di qua. Corre voce che tu ostenti i miei modi, che ti comporti come me. TIMONE
È perché non hai un cane, che imiterei volentieri. Ti pigliasse una malattia da disfarti! APEMANTO
Questa che hai in te è soltanto una natura malata, una melancolia degradante nata da un rovescio di fortuna. Perché mai questa vanga, questo luogo, queste vesti da servo, questi sguardi ansiosi? Chi ti adulava indossa ancora abiti di seta, beve vino, dorme sul morbido, stringe fra le braccia profumi infetti e ha dimenticato che Timone sia mai esistito. Non essere la vergogna di questi boschi vestendo l’acrimonia di un censore. Ora sei tu a dover adulare, trarre profitto da ciò che ti ha portato alla rovina. Piega il ginocchio e lascia che il fiato di chi riverisci ti faccia volare il cappello dalla testa. Loda i suoi vizi più perversi, chiamali eccellenti. Anche a te hanno detto così. E tu prestavi ascolto, come fanno i garzoni da osteria che danno il benvenuto ai furfanti e a chiunque capita. È più che giusto che anche tu diventi una canaglia. Se tornassi ricco, la tua ricchezza se la godrebbero delle canaglie. Non pretendere di imitarmi. TIMONE
Fossi simile a te, mi butterei via. APEMANTO
Ti sei buttato via rimanendo te stesso. Per lungo tempo un pazzo, ora uno senza cervello. E che? Credi forse che l’aria rigida, un cameriere senza riguardi, ti farà indossare la camicia tiepida? E che questi alberi muscosi, che son durati più della vita di un’aquila,
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
That have outlived the eagle page thy heels And skip when thou point’st out? Will the cold brook, Candied with ice, caudle thy morning taste To cure thy o’ernight’s surfeit? Call the creatures Whose naked natures live in all the spite Of wreakful heaven, whose bare unhousèd trunks To the conflicting elements exposed Answer mere nature; bid them flatter thee. O, thou shall find – TIMON A fool of thee! Depart.
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APEMANTUS
I love thee better now than e’er I did. TIMON
I hate thee worse. APEMANTUS TIMON
Why? Thou flatter’st misery.
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APEMANTUS
I flatter not, but say thou art a caitiff. TIMON
Why dost thou seek me out? To vex thee.
APEMANTUS TIMON
Always a villain’s office, or a fool’s. Dost please thyself in’t? APEMANTUS Ay. TIMON What, a knave too? APEMANTUS
If thou didst put this sour cold habit on To castigate thy pride, ’twere well; but thou Dost it enforcedly. Thou’dst courtier be again Wert thou not beggar. Willing misery Outlives incertain pomp, is crowned before. The one is filling still, never complete; The other at high wish. Best state, contentless, Hath a distracted and most wretched being,
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
saranno come paggi alle tue calcagna, pronti a scattare a un tuo cenno? E il gelido ruscello incrostato di ghiaccio offrirà forse al tuo palato mattutino una tisana che rimedi lo stravizio della notte passata? Chiama gli animali che vivono nudi in balia del cielo vendicativo, corpi esposti alla furia degli elementi, senza una casa, soggetti unicamente alla natura. Ordina loro di adularti! Ah, ti accorgerai… TIMONE
Senza cervello sei tu! Via di qui! APEMANTO
Ora ti voglio bene più che mai. TIMONE
Io ti detesto ancor peggio. APEMANTO
Perché? TIMONE
Perché lusinghi l’indigenza. APEMANTO
Io non lusingo, dico che sei un disperato. TIMONE Perché allora vieni a cercarmi? APEMANTO
Per tormentarti. TIMONE
Da sempre è stato il mestiere di un gaglioffo o di un buffone. E ci provi gusto? APEMANTO
Sì. TIMONE
Ma va’, sei anche un mascalzone? APEMANTO
Se tu avessi indossato questa fredda acrimonia per castigare il tuo orgoglio, bene; ma lo fai perché costretto. Se tu non fossi ridotto a mendicare, ti piacerebbe stare di nuovo a corte. La miseria bene accetta ha più lunga vita di una magnificenza dalla durata incerta, raggiunge prima il suo coronamento. L’una, mai sazia, si riempie di continuo il ventre, l’altra è più che soddisfatta. La prosperità
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
Worse than the worst, content. Thou shouldst desire to die, being miserable. TIMON
Not by his breath that is more miserable. Thou art a slave whom fortune’s tender arm With favour never clasped, but bred a dog. Hadst thou like us from our first swathe proceeded The sweet degrees that this brief world affords To such as may the passive drudges of it Freely command, thou wouldst have plunged thyself In general riot, melted down thy youth In different beds of lust, and never learned The icy precepts of respect, but followed The sugared game before thee. But myself, Who had the world as my confectionary, The mouths, the tongues, the eyes and hearts of men At duty, more than I could frame employment, That numberless upon me stuck, as leaves Do on the oak, have with one winter’s brush Fell from their boughs, and left me open, bare For every storm that blows – I to bear this, That never knew but better, is some burden. Thy nature did commence in sufferance, time Hath made thee hard in’t. Why shouldst thou hate men? They never flattered thee. What hast thou given? If thou wilt curse, thy father, that poor rag, Must be thy subject, who in spite put stuff To some she-beggar and compounded thee Poor rogue hereditary. Hence, be gone. If thou hadst not been born the worst of men Thou hadst been a knave and flatterer. APEMANTUS Art thou proud yet? TIMON Ay, that I am not thee. APEMANTUS I that I was No prodigal.
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
malcontenta vive di ansietà e squallore, ed è peggio della peggiore indigenza, contenta di essere com’è. A te, ora indigente, non resta che agognare la morte. TIMONE
Ma non perché lo dice chi è più miserabile di me. Tu sei un disgraziato che la fortuna dalle morbide braccia non ha mai stretto al petto con favore, anzi ti ha fatto nascere cane. Se tu fin dalla culla avessi percorso come noi i dolci gradi del potere che questo breve mondo concede a quelli che hanno pieno comando su chi sgobba senza dir parola, ti saresti tuffato nella gozzoviglia generale, dissolvendo la tua giovinezza in cento letti di lussuria e non avresti mai imparato le gelide regole del retto vivere; no, avresti inseguito le prede inzuccherate che ti capitavano davanti. Io invece avevo a disposizione il mondo intero come mio pasticciere, e al mio servizio le bocche, le lingue, gli occhi e i cuori di tanti, più di quanti ne potessi impiegare, uomini che mi stavano attaccati come le foglie alla quercia; ma a una brusca raffica invernale son caduti dai rami e mi hanno lasciato spoglio, nudo a ogni tempesta. Per me, che non ho mai conosciuto se non di meglio, sopportare tutto questo è un peso. La tua vita è iniziata nel tormento, il tempo ti ha indurito. Perché dovresti odiare gli uomini? Non ti hanno mai adulato. E tu, hai mai dato qualcosa? Se vuoi maledire, prenditela con tuo padre, povero straccione che per spregio ha messo incinta146 una mendicante e ha fabbricato te, vagabondo per diritto ereditario. Va’ via, vattene. Se tu non fossi nato il peggiore fra gli uomini, saresti stato un furfante e un adulatore. APEMANTO
Ancora così superbo? TIMONE
Sì, di non essere te. APEMANTO
E io di non essere stato prodigo.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
I that I am one now. Were all the wealth I have shut up in thee I’d give thee leave to hang it. Get thee gone. That the whole life of Athens were in this! Thus would I eat it.
TIMON
He bites the root APEMANTUS [offering food] Here, I will mend thy feast. TIMON
First mend my company: take away thyself.
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APEMANTUS
So I shall mend mine own by th’ lack of thine. TIMON
’Tis not well mended so, it is but botched; If not, I would it were. APEMANTUS What wouldst thou have to Athens? TIMON
Thee thither in a whirlwind. If thou wilt, Tell them there I have gold. Look, so I have.
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APEMANTUS
Here is no use for gold. The best and truest, For here it sleeps and does no hirèd harm. APEMANTUS Where liest a-nights, Timon? TIMON Under that’s above me. Where feed’st thou a-days, Apemantus? APEMANTUS Where my stomach finds meat; or rather, where I eat it. TIMON Would poison were obedient, and knew my mind! APEMANTUS Where wouldst thou send it? TIMON
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
TIMONE
Io di esserlo ora. Se tutto il mio oro fosse rinchiuso in te, ti darei licenza di impiccarlo. Vattene. Magari la vita di Atene fosse tutta qui dentro! Me la mangerei, così. Addenta la radice APEMANTO [gli offre del cibo]
Ecco qua, per migliorare il tuo festino. TIMONE
Prima migliora la mia compagnia: porta via te stesso. APEMANTO
Migliorerò la mia, visto che mancherà la tua. TIMONE
Non sarà granché meglio, sarà solo rabberciata147. Ma mi piacerebbe che così fosse. APEMANTO
C’è qualcosa che vorresti mandare ad Atene? TIMONE
Te, in una tempesta di vento. Se vuoi, di’ a quelli là che ho dell’oro. Guarda, ne ho davvero. APEMANTO
Qui l’oro non serve. TIMONE
Serve al meglio ed è il più fidato, perché qui dorme e non fa del male a pagamento. APEMANTO
E tu di notte dove dormi? TIMONE
Sotto quello che ho sopra la testa. E tu, Apemanto, dove mangi di giorno? APEMANTO
Dove il mio stomaco trova cibo; ossia mangio dove mangio. TIMONE
Mi piacerebbe che il veleno fosse ubbidiente e mi leggesse nel pensiero! APEMANTO
Dove gli diresti di andare? 1761
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
TIMON To sauce thy dishes. APEMANTUS The middle of humanity thou never knewest,
but the extremity of both ends. When thou wast in thy gilt and thy perfume, they mocked thee for too much curiosity; in thy rags thou know’st none, but art despised for the contrary. There’s a medlar for thee; eat it. TIMON On what I hate I feed not. APEMANTUS Dost hate a medlar? TIMON Ay, though it look like thee. APEMANTUS An thou’dst hated meddlers sooner, thou shouldst have loved thyself better now. What man didst thou ever know unthrift that was beloved after his means? TIMON Who, without those means thou talk’st of, didst thou ever know beloved? APEMANTUS Myself. TIMON I understand thee: thou hadst some means to keep a dog. APEMANTUS What things in the world canst thou nearest compare to thy flatterers? TIMON Women nearest; but men, men are the things themselves. What wouldst thou do with the world, Apemantus, if it lay in thy power? APEMANTUS Give it the beasts, to be rid of the men. TIMON Wouldst thou have thyself fall in the confusion of men, and remain a beast with the beasts?
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
TIMONE
A condire le tue pietanze. APEMANTO
Come uomo tu non hai mai conosciuto il giusto mezzo148, ma soltanto eccessi in un verso o nell’altro. Quando vivevi nell’oro e nei profumi ti beffavano per quant’eri raffinato; ora che sei straccione e la raffinatezza non sai più che cosa sia, ti disprezzano per il contrario. Eccoti una nespola, mangiala. TIMONE
Non mi nutro di roba che detesto. APEMANTO
Detesti una nespola? TIMONE
Già, se è putrida, ti somiglia. APEMANTO
Se a suo tempo tu avessi odiato i putridi149 intriganti, ora avresti più amore per te stesso. Hai mai conosciuto uno dalle mani bucate che fosse amato a misura dei soldi sprecati? TIMONE
E tu uno che fosse amato senza quei soldi di cui parli? APEMANTO
Me stesso. TIMONE
Ho capito, avevi quanto basta per mantenere un cane150. APEMANTO
Secondo te, che cos’altro al mondo somiglia di più ai tuoi adulatori? TIMONE
Più di tutto le donne; ma gli uomini… gli uomini sono l’adulazione stessa. E tu, Apemanto, che ne faresti di questo mondo se potessi disporne a piacimento? APEMANTO
Lo darei alle bestie, per disfarmi degli uomini. TIMONE
Vorresti allora farti travolgere nella rovina generale e rimanere bestia fra le bestie?
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
APEMANTUS Ay, Timon. TIMON A beastly ambition, which the gods grant thee
t’attain to. If thou wert the lion, the fox would beguile thee. If thou wert the lamb, the fox would eat thee. If thou wert the fox, the lion would suspect thee when peradventure thou wert accused by the ass. If thou wert the ass, thy dullness would torment thee, and still thou lived’st but as a breakfast to the wolf. If thou wert the wolf, thy greediness would afflict thee, and oft thou shouldst hazard thy life for thy dinner. Wert thou the unicorn, pride and wrath would confound thee, and make thine own self the conquest of thy fury. Wert thou a bear, thou wouldst be killed by the horse. Wert thou a horse, thou wouldst be seized by the leopard. Wert thou a leopard, thou wert german to the lion, and the spots of thy kindred were jurors on thy life; all thy safety were remotion, and thy defence absence. What beast couldst thou be that were not subject to a beast? And what a beast art thou already, that seest not thy loss in transformation! APEMANTUS If thou couldst please me with speaking to me, thou mightst have hit upon it here. The common wealth of Athens is become a forest of beasts. TIMON How, has the ass broke the wall, that thou art out of the city? APEMANTUS Yonder comes a poet and a painter. The plague of company light upon thee! I will fear to catch it, and give way. When I know not what else to do, I’ll see thee again. TIMON When there is nothing living but thee, thou shalt be welcome. I had rather be a beggar’s dog than Apemantus.
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APEMANTUS
Thou art the cap of all the fools alive. TIMON
Would thou wert clean enough to spit upon.
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
APEMANTO
Certo, Timone. TIMONE
Un’aspirazione da bestia, che gli dèi ti concedano si avveri. Se tu fossi leone, la volpe ti gabberebbe. Se fossi agnello, la volpe ti divorerebbe. Se fossi volpe, il leone non si fiderebbe di te quando ad accusarti fosse l’asino151. Se fossi asino, patiresti di stupidità e vivresti unicamente da colazione per il lupo. Se fossi lupo saresti afflitto da voracità e più di una volta rischieresti la vita per un pranzo. Se fossi unicorno, orgoglio e ira ti porterebbero alla rovina, perché saresti vittima della tua stessa furia152. Fossi orso, saresti ucciso dal cavallo153. Fossi cavallo, saresti catturato dal leopardo. Fossi leopardo, saresti germano del leone e le macchie154 del tuo parente ti condannerebbero a morte: unica tua salvezza sarebbe la fuga, unica difesa l’assenza. Quale bestia saresti che non fosse soggetta a un’altra bestia? E che razza di bestia sei già, a non capire che ci rimetti a trasformarti in bestia! APEMANTO
Se pensavi di farmi piacere con queste tue parole, forse ci sei riuscito. La repubblica di Atene è diventata una selva di bestie155. TIMONE
Ma va’, l’asino ha mica rotto il muro, visto che sei fuori della città? APEMANTO
Laggiù stanno arrivando un poeta e un pittore156. La peste a farti compagnia! Non vorrei prendermela anch’io, quindi sgombro il campo. Se un giorno non saprò che altro fare, verrò di nuovo a trovarti. TIMONE
Se un giorno non ci sarà null’altro di vivo al mondo, sarai gradito ospite. Preferirei essere il cane di un mendicante piuttosto che Apemanto. APEMANTO
Tu sei il caporione157 di tutti gli insensati sulla terra. TIMONE
Magari tu fossi abbastanza pulito da sputarti addosso.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
APEMANTUS
A plague on thee! Thou art too bad to curse. TIMON
All villains that do stand by thee are pure. APEMANTUS
There is no leprosy but what thou speak’st. TIMON If I name thee.
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I’d beat thee, but I should infect my hands. APEMANTUS
I would my tongue could rot them off. TIMON
Away, thou issue of a mangy dog! Choler does kill me that thou art alive. I swoon to see thee. APEMANTUS Would thou wouldst burst! TIMON Away, thou tedious rogue!
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[He throws a stone at Apemantus] I am sorry I shall lose a stone by thee. APEMANTUS Beast! TIMON Slave!
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APEMANTUS Toad! TIMON Rogue, rogue, rogue!
I am sick of this false world, and will love naught But even the mere necessities upon’t. Then, Timon, presently prepare thy grave. Lie where the light foam of the sea may beat Thy gravestone daily. Make thine epitaph, That death in me at others’ lives may laugh.
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He looks on the gold O, thou sweet king-killer, and dear divorce ’Twixt natural son and sire; thou bright defiler Of Hymen’s purest bed; thou valiant Mars; Thou ever young, fresh, loved, and delicate wooer,
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
APEMANTO
Peste a te! Conti troppo poco per sprecarsi a maledirti. TIMONE
Al tuo confronto, tutti i furfanti sono immacolati. APEMANTO
Se esiste la lebbra, è quella che ti esce di bocca. TIMONE
Se pronuncio il tuo nome. Ti picchierei, ma mi infetterei le mani. APEMANTO
Magari la mia lingua potesse farle marcire e cascar via. TIMONE
Via tu, figlio di un cane rognoso! Muoio di rabbia al pensiero che sei vivo. Mi sento svenire alla tua sola vista. APEMANTO
Che gusto se ti venisse un accidente! TIMONE
Via di qua, gaglioffo molesto! [Tira una pietra ad Apemanto] Mi spiace sprecare una pietra per te. APEMANTO
Bestia! TIMONE
Gaglioffo! APEMANTO
Rospo! TIMONE
Furfante che non sei altro! Sono nauseato di questo mondo falso, e non mi sarà caro se non quel poco che al mondo è necessario. Perciò, Timone, senza indugio preparati la tomba. Giacerai dove ogni giorno la lieve spuma del mare può frangersi sulla tua lapide. Componi il tuo epitaffio. Così la morte mia potrà farsi beffe delle vite degli altri. Abbassa lo sguardo sull’oro Dolce assassino di re, tu che a caro prezzo separi il figlio dal vecchio padre, tu fulgente deturpatore del letto incorrotto di Imeneo; tu, valente Marte158; tu, innamorato perennemente giovane, florido, 1767
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
Whose blush doth thaw the consecrated snow That lies on Dian’s lap; thou visible god, That sold’rest close impossibilities And mak’st them kiss, that speak’st with every tongue To every purpose; O thou touch of hearts: Think thy slave man rebels, and by thy virtue Set them into confounding odds, that beasts May have the world in empire. APEMANTUS Would ’twere so, But not till I am dead. I’ll say thou’st gold. Thou wilt be thronged to shortly. TIMON Thronged to? APEMANTUS Ay.
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TIMON
Thy back, I prithee. APEMANTUS
Live, and love thy misery.
TIMON
Long live so, and so die. I am quit. Enter the Banditti, thieves APEMANTUS
More things like men. Eat, Timon, and abhor them. Exit FIRST THIEF Where should he have this gold? It is some
poor fragment, some slender ort of his remainder. The mere want of gold and the falling-from of his friends drove him into this melancholy. SECOND THIEF It is noised he hath a mass of treasure.
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
amato, voluttuoso, che con il tuo rossore sai sciogliere la neve consacrata in grembo a Diana159; tu, dio visibile che saldi situazioni incompatibili congiungendole in un bacio; tu che parli ogni lingua e persegui ogni scopo; tu, pietra di paragone160 dei cuori, immagina che gli uomini tuoi schiavi si ribellino! Usa allora il tuo potere per precipitarli in rovinose contese, in modo che le bestie possano fare del mondo il loro impero. APEMANTO
Magari avvenisse così, ma non prima che io sia morto. Dirò che hai dell’oro. Fra non molto sarai circondato da una folla. TIMONE
Da una folla? APEMANTO
Sì. TIMONE
Volta le spalle, fammi questo favore. APEMANTO
Goditi la tua miseria finché vivi. TIMONE
E tu finché vivi resta come sei, e così muori. Finalmente me ne sono liberato. Entrano dei banditi, per rubare APEMANTO
Altra roba… uomini, si direbbe. Mangia, Timone, e coprili di improperi. Esce PRIMO LADRO
Ma dov’è che terrebbe quest’oro? È soltanto una misera briciola, un avanzo di quel che gli è rimasto. Di oro non ce n’è più e gli amici lo han piantato, ecco cos’è che lo ha ridotto in questo stato di tetraggine. SECONDO LADRO
Gira la voce che abbia un tesoro, e grosso.
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
THIRD THIEF Let us make the assay upon him. If he care
not for’t, he will supply us easily. If he covetously reserve it, how shall ‘s get it? SECOND THIEF True, for he bears it not about him; ’tis hid. FIRST THIEF Is not this he? OTHER THIEVES Where? SECOND THIEF ’Tis his description. THIRD THIEF He, I know him. ALL THIEVES (coming forward) Save thee, Timon. TIMON Now, thieves.
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ALL THIEVES
Soldiers, not thieves. TIMON
Both, too, and women’s sons.
ALL THIEVES
We are not thieves, but men that much do want. TIMON
Your greatest want is, you want much of meat. Why should you want? Behold, the earth hath roots. Within this mile break forth a hundred springs. The oaks bear mast, the briars scarlet hips. The bounteous housewife nature on each bush Lays her full mess before you. Want? Why want?
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FIRST THIEF
We cannot live on grass, on berries, water, As beasts and birds and fishes. TIMON
Nor on the beasts themselves, the birds and fishes; You must eat men. Yet thanks I must you con That you are thieves professed, that you work not In holier shapes; for there is boundless theft
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
TERZO LADRO
Mettiamolo alla prova. Se dell’oro non gli importa niente, ce lo darà facilmente. Se invece vuol tenerselo stretto, come facciamo a pigliarcelo? SECONDO LADRO
Il fatto è che non se lo porta addosso; è nascosto. PRIMO LADRO
È mica lui, quello? GLI ALTRI LADRI
Dove? SECONDO LADRO
Lui, tale e quale. TERZO LADRO
Lui, lo riconosco. TUTTI I LADRI (mentre si fanno avanti)
Salve, Timone. TIMONE
Ebbene, ladri? TUTTI I LADRI
Soldati, non ladri. TIMONE
Soldati e anche ladri, e figli di donne. TUTTI I LADRI
Non siamo ladri, siamo uomini che hanno molto bisogno. TIMONE
Più che altro un gran bisogno di mangiare. Perché? Che cosa vi manca? Guardate, la terra ha radici. Per un miglio qui intorno sgorgano cento sorgenti. Le querce danno ghiande, i rovi bacche rosse. La natura, generosa massaia, su ogni cespuglio vi apparecchia un pranzo completo. Bisogno? Ma di che? PRIMO LADRO
Non possiamo vivere di erba, bacche, acqua, come le bestie, gli uccelli e i pesci. TIMONE
E nemmeno vivere di bestie, uccelli e pesci: dovete mangiare uomini. Ma io tengo a ringraziarvi assai perché siete ladri dichiarati e non praticate forme di lavoro più oneste: nelle professioni destinate 1771
TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
In limited professions. (Giving gold) Rascal thieves, Here’s gold. Go suck the subtle blood o’th’ grape Till the high fever seethe your blood to froth, And so scape hanging. Trust not the physician: His antidotes are poison, and he slays More than you rob. Take wealth and lives together. Do villainy; do, since you protest to do’t, Like workmen. I’ll example you with thievery. The sun’s a thief, and with his great attraction Robs the vast sea. The moon’s an arrant thief, And her pale fire she snatches from the sun. The sea’s a thief, whose liquid surge resolves The moon into salt tears. The earth’s a thief, That feeds and breeds by a composture stol’n From gen’ral excrement. Each thing’s a thief. The laws, your curb and whip, in their rough power Has unchecked theft. Love not yourselves. Away, Rob one another. There’s more gold. Cut throats; All that you meet are thieves. To Athens go, Break open shops; nothing can you steal But thieves do lose it. Steal no less for this I give you, And gold confound you howsoe’er. Amen. THIRD THIEF He’s almost charmed me from my profession by persuading me to it. FIRST THIEF ’Tis in the malice of mankind that he thus advises us, not to have us thrive in our mystery. SECOND THIEF I’ll believe him as an enemy, and give over my trade. FIRST THIEF Let us first see peace in Athens. There is no time so miserable but a man may be true. Exeunt Thieves
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
a pochi si ruba alla grande. (Distribuisce dell’oro) Ladri farabutti, eccovi dell’oro. Andate a succhiare il sangue traditore dell’uva finché un febbrone non vi faccia schiumare e ribollire il sangue risparmiandovi in tal modo la forca. Non fidatevi del dottore161: i suoi antidoti sono veleno, ne ammazza più lui di quanti voi derubiate. Pigliatevi i soldi e insieme anche le vite. Fate il male, fatelo, visto che dichiarate di farlo per mestiere. Vi darò qualche esempio di arte del furto. Il sole è un ladro che usa la sua grande forza d’attrazione per predare il vasto mare. La luna è una ladra che di peggio non ce n’è162: carpisce al sole il suo pallido fuoco. Ladro è il mare, i cui liquidi flutti sciolgono la luna in lacrime salate163. La terra è un ladro: dà nutrimento e vita grazie al concime che ruba a rifiuti di ogni genere. Ogni cosa è ladra. Le leggi, frusta e limite degli uomini, quando esercitano il potere con violenza, sono un ladrocinio senza fine. Non dovete amare neppure voi stessi. Su, derubatevi l’un l’altro. Eccovi altro oro. Tagliate la gola a tutti quelli che incontrate: sono dei ladri. È ad Atene che dovete andare: forzate i negozi, quello che riuscite a rubare è solo tolto a dei ladri. Per quest’oro che io vi do non siete obbligati a rubare di meno; ma l’oro sia comunque la vostra rovina. Amen. TERZO LADRO
A furia di persuadermi a fare il ladro mi ha quasi incantato a lasciare la professione. PRIMO LADRO
Parla per darci consigli sulla malvagità umana, non per farci prosperare nel lavoro. SECONDO LADRO
Io gli credo come crederei a un nemico che vuol farmi abbandonare il mestiere. PRIMO LADRO
Prima stiamo a vedere se ad Atene torna la pace. Non c’è di peggio che provare a essere onesti. Escono i ladri
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
Enter Flavius to Timon FLAVIUS O you gods!
Is yon despised and ruinous man my lord,w Full of decay and failing? O monument And wonder of good deeds evilly bestowed! What an alteration of honour has desp’rate want made! What viler thing upon the earth than friends, Who can bring noblest minds to basest ends! How rarely does it meet with this time’s guise, When man was wished to love his enemies! Grant I may ever love and rather woo Those that would mischief me than those that do!
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Timon sees him He’s caught me in his eye. I will present My honest grief unto him, and as my lord Still serve him with my life. – My dearest master. TIMON
Away! What art thou? Have you forgot me, sir?
FLAVIUS TIMON
Why dost ask that? I have forgot all men; Then if thou grant’s! thou’rt man, I have forgot thee. FLAVIUS An honest poor servant of yours.
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TIMON
Then I know thee not. I never had Honest man about me; ay, all I kept were knaves, To serve in meat to villains. FLAVIUS The gods are witness, Ne’er did poor steward wear a truer grief For his undone lord than mine eyes for you.
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TIMON
What, dost thou weep? Come nearer then; I love thee Because thou art a woman, and disclaim’st Flinty mankind whose eyes do never give 461-537. Versi attribuiti a Middleton. 1774
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
Entra Flavio che si avvicina a Timone 164
FLAVIO
Dèi del cielo! Quell’uomo laggiù, ridotto così male, oggetto di disprezzo, è il mio signore? Deperito e indebolito? O straordinaria testimonianza di buone azioni dispensate malamente! Quanto sfregio ha recato al suo onore la disastrosa indigenza! Che cosa c’è di più vile al mondo di amici che son capaci di ridurre animi nobilissimi a bassezze inaudite! Come si adatta al mondo d’oggi la raccomandazione che l’uomo ami i suoi nemici! Bello sarebbe che io potessi amare, anzi riverire quelli che vorrebbero farmi del male, non solo quelli che me ne fanno! Timone lo scorge Mi ha scorto. Voglio fargli capire quanto io sia sinceramente angustiato per lui, e come la mia vita sia sempre al servizio del mio signore. Padrone mio carissimo! TIMONE
Va’ via! Chi sei? FLAVIO
Vi siete scordato di me, signore? TIMONE
Perché lo chiedi? Ho scordato tutti gli uomini. Così, se dici di essere un uomo, ho scordato anche te. FLAVIO
Un vostro povero, onesto servitore. TIMONE
Allora non ti conosco. Non ho mai avuto accanto a me chi fosse onesto. Sì, erano tutti farabutti quelli che tenevo a servire a tavola, delle canaglie. FLAVIO
Mi siano testimoni gli dèi, mai un povero maggiordomo fu più sinceramente addolorato per il padrone in disgrazia di quanto i miei occhi mostrino per voi. TIMONE
Come? Piangi? Allora avvicinati: sento affetto per te perché sei una donna e rinneghi una virilità di pietra, che ha lagrime soltanto per
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TIMON OF ATHENS, ACT 4 SCENE 3
But thorough lust and laughter. Pity’s sleeping. Strange times, that weep with laughing, not with weeping! FLAVIUS
I beg of you to know me, good my lord, T’accept my grief, [He offers his money] and whilst this poor wealth lasts To entertain me as your steward still. TIMON Had I a steward So true, so just, and now so comfortable? It almost turns my dangerous nature mild. Let me behold thy face. Surely this man Was born of woman. Forgive my general and exceptless rashness, You perpetual sober gods! I do proclaim One honest man – mistake me not, but one, No more, I pray – and he’s a steward. How fain would I have hated all mankind, And thou redeem’st thyself! But all save thee I fell with curses. Methinks thou art more honest now than wise, For by oppressing and betraying me Thou mightst have sooner got another service; For many so arrive at second masters Upon their first lord’s neck. But tell me true – For I must ever doubt, though ne’er so sure – Is not thy kindness subtle, covetous, A usuring kindness, and, as rich men deal gifts, Expecting in return twenty for one?
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FLAVIUS
No, my most worthy master, in whose breast Doubt and suspect, alas, are placed too late. You should have feared false times when you did feast. Suspect still comes where an estate is least. That which I show, heaven knows, is merely love, 1776
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TIMONE D’ATENE, ATTO IV SCENA 3
il riso e la lussuria. La compassione dorme. Strani tempi, questi, che lagrimano dal ridere, non per piangere! FLAVIO
Vi supplico di riconoscermi, mio buon signore, di accettare il mio dolore [gli offre il proprio denaro] e di continuare a tenermi al vostro servizio come maggiordomo finché durerà questo piccolo tesoro. TIMONE
Avevo dunque un maggiordomo così sincero, così giusto, e ora così soccorrevole? Questo forse addolcisce la mia natura violenta. Fatti guardare in faccia. Senza dubbio questo è uomo nato da donna. Perdonatemi, o dèi eternamente temperanti, di essere stato così avventato nel giudicare tutti senza eccezioni. Ora dico forte che un uomo onesto c’è – soltanto uno, badate, non più d’uno, prego – ed è un maggiordomo. Avevo scelto di odiare l’umanità intera, e tu ti sei affrancato! Ma, tranne te, io stronco tutti con maledizioni. Mi pare tuttavia che tu sia più onesto che accorto. Se mi avessi tradito e vilipeso, avresti trovato prima un altro posto: molti finiscono al servizio di un secondo padrone calpestando il primo. E dal momento che devo sempre dubitare, anche se non sono mai stato così certo, dimmi davvero: la tua disponibilità non è ipocrita, avida, una disponibilità da usuraio che si aspetta di ricevere in cambio venti volte tanto, come i ricchi quando si scambiano regali? FLAVIO
No, stimatissimo padrone; troppo tardi, ahimè, dubbio e diffidenza vi sono entrati in petto. Avreste dovuto temere le falsità quando eravate impegnato a far festa. Il sospetto arriva sempre quando un patrimonio è agli sgoccioli. Ciò che io vi dimostro, lo sa il cielo, è soltanto affetto, doverosa obbedienza e sollecitu-
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 1
Duty and zeal to your unmatchèd mind, Care of your food and living; and, believe it, My most honoured lord, For any benefit that points to me, Either in hope or present, I’d exchange For this one wish: that you had power and wealth To requite me by making rich yourself.
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TIMON
Look thee, ’tis so. Thou singly honest man, [He gives Flavius gold] Here, take. The gods, out of my misery, Has sent thee treasure. Go, live rich and happy, But thus conditioned: thou shall build from men, Hate all, curse all, show charity to none, But let the famished flesh slide from the bone Ere thou relieve the beggar. Give to dogs What thou deniest to men. Let prisons swallow ’em, Debts wither ’em to nothing; be men like blasted woods, And may diseases lick up their false bloods. And so farewell, and thrive. FLAVIUS O, let me stay And comfort you, my master. TIMON If thou hat’st curses, Stay not. Fly whilst thou art blest and free. Ne’er see thou man, and let me ne’er see thee.
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Exeunt [Timon into his cave, Flavius another way] 5.1
Enter Poet and Painter
PAINTER As I took note of the place, it cannot be far where
he abides. POET What’s to be thought of him? Does the rumour hold for true that he’s so full of gold? PAINTER Certain. Alcibiades reports it. Phrynia and Timandra had gold of him. He likewise enriched poor
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 1
dine per il vostro incomparabile spirito, desiderio di accudirvi nel cibo e nei bisogni della vita; credetemi, onoratissimo signore, sarei pronto a rinunciare a ogni compenso, presente o in cui sperassi, in cambio di un unico augurio, che foste ricco e potente. Basterebbe a ripagarmi. TIMONE
Ebbene, guarda, è così. Tu, uomo di rara onestà, [dà dell’oro a Flavio] ecco, prendi. Gli dèi si sono serviti della mia disgrazia per procurarti un tesoro. Va’, vivi ricco e felice, ma a una condizione: costruirai la tua casa lontano dagli uomini, li odierai tutti, maledirai tutti, non mostrerai pietà per nessuno. Prima di soccorrere un mendicante lascia che la carne affamata gli si stacchi dalle ossa. Da’ ai cani ciò che neghi agli uomini. Che il carcere li inghiotta e i debiti li consumino, li riducano a un nulla165. E quando saranno come foreste schiantate dalla tempesta, possano le malattie leccare il loro sangue falso. E così ti dico addio augurandoti ogni bene. FLAVIO
Padrone mio, lasciate che rimanga a confortarvi. TIMONE
Se non vuoi che ti maledica, non rimanere. Fuggi finché sei caro agli dèi e sei libero. Non vedere mai più essere umano, e che io non ti veda mai più. Escono [Timone si ritira nella caverna, Flavio da un’altra parte] Entrano il poeta e il pittore166
V, 1
PITTORE
Ho preso nota del luogo in cui dimora, quindi non può essere lontano. POETA
Che cosa si deve pensare? Corre voce che abbia tanto oro, ma sarà vero? PITTORE
Senza dubbio. Lo dice Alcibiade. Frine e Timandra hanno avuto dell’oro da lui. Ne ha anche dato chissà quanto a dei poveri soldati
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 1
straggling soldiers with great quantity. ’Tis said he gave unto his steward a mighty sum. POET Then this breaking of his has been but a try for his friends? PAINTER Nothing else. You shall see him a palm in Athens again, and flourish with the highest. Therefore ’tis not amiss we tender our loves to him in this supposed distress of his. It will show honestly in us, and is very likely to load our purposes with what they travail for, if it be a just and true report that goes of his having. POET What have you now to present unto him? PAINTER Nothing at this time, but my visitation; only I will promise him an excellent piece. POET I must serve him so too, tell him of an intent that’s coming toward him. PAINTER Good as the best.
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[Enter Timon from his cave, unobserved] Promising is the very air o’th’ time; it opens the eyes of expectation. Performance is ever the duller for his act, and but in the plainer and simpler kind of people the deed of saying is quite out of use. To promise is most courtly and fashionable. Performance is a kind of will or testament which argues a great sickness in his judgement that makes it. TIMON (aside) Excellent workman, thou canst not paint a man so bad as is thyself.
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 1
sbandati, li ha fatti ricchi. Al maggiordomo pare abbia regalato una somma ingente. POETA
Allora quella sua bancarotta non era che una finta per mettere alla prova gli amici? PITTORE
Null’altro. Lo vedrai nuovamente ad Atene, una palma vigorosa fra le più alte167. Quindi non è una cattiva idea fargli presente il nostro affetto in un momento in cui a quanto pare è in angustie. Da parte nostra sarà una dimostrazione di onestà e, se la notizia che possiede dell’oro corrisponde al vero, è probabile che i nostri sforzi trovino giusta ricompensa. POETA
Che avete ora da offrirgli in dono? PITTORE
Nulla questa volta se non la mia visita, ma gli prometterò un dipinto di eccellente fattura. POETA
Anch’io devo fargli un omaggio, parlargli di qualcosa che intendo dedicargli. PITTORE
Benissimo. [Entra Timone dalla caverna, inosservato] Al momento promettere è di gran moda: le promesse suscitano aspettative, fanno sgranare gli occhi. Ma è una vera sciocchezza mantenerle; ormai fare ciò che si è detto non usa più se non fra persone sempliciotte, di poco conto. Promettere è molto elegante, raffinato; mantenere le promesse è quasi far testamento, e dimostra che chi si comporta in tal modo è completamente senza cervello. TIMONE (a parte) Artista sopraffino, non riusciresti a dipingere un uomo tanto disonesto quanto sei tu stesso.
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 1
POET (to Painter) I am thinking what I shall say I have
provided for him. It must be a personating of himself, a satire against the softness of prosperity, with a discovery of the infinite flatteries that follow youth and opulency. TIMON (aside) Must thou needs stand for a villain in thine own work? Wilt thou whip thine own faults in other men? Do so; I have gold for thee. POET (to Painter) Nay, let’s seek him. Then do we sin against our own estate When we may profit meet and come too late. PAINTER True. When the day serves, before black-cornered night, Find what thou want’st by free and offered light. Come. TIMON (aside) I’ll meet you at the turn. What a god’s gold, That he is worshipped in a baser temple Than where swine feed! ’Tis thou that rigg’st the barque and plough’s! the foam, Settlest admired reverence in a slave. To thee be worship, and thy saints for aye Be crowned with plagues, that thee alone obey. Fit I meet them.
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He comes forward to them POET
Hail, worthy Timon! PAINTER
Our late noble master!
TIMON
Have I once lived to see two honest men?
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POET
Sir, having often of your open bounty tasted, Hearing you were retired, your friends fall’n off, Whose thankless natures, O abhorred spirits, Not all the whips of heaven are large enough – What, to you,
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 1
POETA (rivolto al pittore)
Sto pensando a che cosa dirgli di avere in serbo per lui. Dev’essere un’opera che lo raffiguri, una satira che castighi le mollezze della prosperità e riveli le infinite lusinghe che accompagnano la gioventù e l’opulenza. TIMONE (a parte) Devi proprio essere un modello di infamia in un’opera di tuo pugno? Vuoi castigare i tuoi stessi vizi presentandoli negli altri? Fa’ pure, ho dell’oro per te. POETA (rivolto al pittore) Su, andiamo a cercarlo. È un gran danno per i nostri interessi se non cogliamo in tempo una buona occasione. PITTORE
Vero. Al momento giusto, prima che calino le ombre della notte trova ciò che ti serve con il favore della luce. Vieni. TIMONE (a parte) Vi aspetto al varco. Che razza di dio è mai l’oro, venerato in un tempio168 più ignobile di un porcile! Sei tu, oro, che armi le navi e solchi le onde spumeggianti169, che ispiri reverenza attonita in chi è schiavo. È giusto che tu sia venerato, e che i tuoi santi, che obbediscono soltanto a te, siano per sempre coronati di malattie pestilenziali. È ora che io li incontri. Si avvicina ai due POETA
Salve, onorevole Timone! PITTORE
Nostro nobile padrone di un tempo! TIMONE
Per una volta nella vita vedo due uomini onesti? POETA
Signore, più volte abbiamo gustato la vostra generosità senza limiti, ora apprendiamo che vi siete esiliato, che i vostri amici si sono dileguati… nature ingrate, anime spregevoli che a castigarle non basterebbero tutti i flagelli del cielo… Come, fare questo a voi, quando
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 1
Whose star-like nobleness gave life and influence To their whole being! I am rapt, and cannot cover The monstrous bulk of this ingratitude With any size of words. TIMON
Let it go naked; men may see’t the better. You that are honest, by being what you are Make them best seen and known. PAINTER He and myself Have travelled in the great show’r of your gifts, And sweetly felt it. TIMON Ay, you are honest men.
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PAINTER
We are hither come to offer you our service.
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TIMON
Most honest men. Why, how shall I requite you? Can you eat roots and drink cold water? No. POET and PAINTER What we can do we’ll do to do you service. TIMON
You’re honest men. You’ve heard that I have gold, I am sure you have. Speak truth; you’re honest men. PAINTER
So it is said, my noble lord, but therefor Came not my friend nor I.
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TIMON
Good honest men. (To Painter) Thou draw’st a counterfeit Best in all Athens; thou’rt indeed the best; Thou counterfeit’st most lively. PAINTER So so, my lord. TIMON
E’en so, sir, as I say. (To Poet) And for thy fiction, Why, thy verse swells with stuff so fine and smooth That thou art even natural in thine art. But for all this, my honest-natured friends,
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 1
la vostra nobiltà astrale era influsso benigno, infondeva vita alla loro esistenza! Sono sconcertato, non trovo parole per dare veste a questa ingratitudine mostruosa. TIMONE
Che resti nuda, così gli uomini potranno vederla meglio. Voi, uomini onesti, per il solo fatto di esserlo svelerete chi siano gli ingrati. PITTORE
Io stesso e lui siamo stati oggetto di una pioggia di doni da parte vostra, doni per noi dolcissimi. TIMONE
Sì, siete uomini onesti. PITTORE
Siamo venuti fin qui per offrirvi i nostri servigi. TIMONE
Campioni di onestà. Come ripagarvi? Vi va di mangiare radici e bere acqua fredda? No? POETA e PITTORE Faremo il possibile per contentarvi. TIMONE
Siete uomini onesti. Avrete sentito dire, ne sono certo, che ho dell’oro. Dite la verità, voi che siete onesti. PITTORE
Così corre voce, nobile signore, ma non è per questo che siamo venuti io e il mio amico. TIMONE
Uomini come si deve, onesti. (Rivolto al pittore) Meglio di ogni altro artista ad Atene tu riproduci il vero: sai davvero come dar vita a una finzione. PITTORE
Mi arrangio, signore. TIMONE
È come dico io, signore, proprio così. (Rivolto al Poeta) Quanto al tuo estro creativo, ebbene i tuoi versi scorrono con parole così fini e piane che nell’artificio sei del tutto naturale. Ciò nonostante, onesti
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 1
I must needs say you have a little fault. Marry, ’tis not monstrous in you, neither wish I You take much pains to mend. POET and PAINTER Beseech your honour To make it known to us. TIMON You’ll take it ill. POET and PAINTER Most thankfully, my lord. TIMON Will you indeed? POET and PAINTER Doubt it not, worthy lord.
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TIMON
There’s never a one of you but trusts a knave That mightily deceives you. POET and PAINTER Do we, my lord? TIMON
Ay, and you hear him cog, see him dissemble, Know his gross patchery, love him, feed him, Keep in your bosom; yet remain assured That he’s a made-up villain. PAINTER I know none such, my lord. POET Nor I.
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TIMON
Look you, I love you well. I’ll give you gold, Rid me these villains from your companies. Hang them or stab them, drown them in a draught, Confound them by some course, and come to me, I’ll give you gold enough. POET and PAINTER Name them, my lord, let’s know them.
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TIMON
You that way and you this – but two in company – Each man apart, all single and alone, Yet an arch-villain keeps him company. [To Painter] If where thou art two villains shall not be, Come not near him. [To Poet] If thou wouldst not reside
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 1
amici miei, vi devo dire che avete un piccolo difetto. Diamine, nulla di terribile, e non voglio che vi diate troppa pena a rimediarlo. POETA e PITTORE Scongiuriamo vostro onore di farci sapere qual è. TIMONE
Ci rimarrete male. POETA e PITTORE Ve ne saremo immensamente grati, signore. TIMONE
Davvero? POETA e PITTORE Non dubitate, onorato signore. TIMONE
Di voi che siete in due, neppure uno diffida di un furfante che vi inganna alla grande. POETA e PITTORE Davvero, signore? TIMONE
Sì. E lo sentite raccontare fandonie, lo vedete fingere, conoscete i suoi imbrogli volgari, lo amate, lo nutrite, ve lo tenete in petto; ma io vi garantisco che è una canaglia bella e buona. PITTORE
Non conosco una persona così, signore. POETA
Neppure io. TIMONE
State a sentire, io vi voglio un gran bene. Vi darò dell’oro, ma dovete togliermi di torno quei furfanti che vi fanno compagnia. Impiccateli, pugnalateli, affogateli in una latrina, mandateli all’inferno in qualche modo. Poi venite da me e vi darò dell’oro a volontà. POETA e PITTORE Il loro nome, signore, diteci chi sono. TIMONE
Tu per di qua e tu per di là, ma siete sempre in due. Ognuno per conto suo, tutto da solo, e tuttavia in compagnia di un furfante matricolato. [Al pittore] Se dove sei tu due furfanti sono di troppo, non andargli vicino. [Al poeta] E tu, se non vuoi trovarti a tu per 1787
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 2
But where one villain is, then him abandon. Hence; pack! [Striking him] There’s gold. You came for gold, ye slaves. [Striking Painter] You have work for me; there’s payment. Hence! [Striking Poet] You are an alchemist; make gold of that. Out, rascal dogs! Exeunt [Poet and Painter one way, Timon into his cave] 5.2
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Enter Flavius and two Senators
FLAVIUS
It is in vain that you would speak with Timon, For he is set so only to himself That nothing but himself which looks like man Is friendly with him. FIRST SENATOR Bring us to his cave. It is our part and promise to th’ Athenians To speak with Timon. SECOND SENATOR At all times alike Men are not still the same. ’Twas time and griefs That framed him thus. Time with his fairer hand Offering the fortunes of his former days, The former man may make him. Bring us to him, And chance it as it may. FLAVIUS Here is his cave. (Calling) Peace and content be here! Lord Timon, Timon, Look out and speak to friends. Th’Athenians By two of their most reverend senate greet thee. Speak to them, noble Timon. Enter Timon out of his cave TIMON
Thou sun that comforts, burn! Speak and be hanged. For each true word a blister, and each false Be as a cantherizing to the root o’th’ tongue, Consuming it with speaking. FIRST SENATOR Worthy Timon – 1788
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 2
tu con un furfante, uno solo, voltagli le spalle. Via, vattene! [Lo picchia] Eccovi dell’oro. Voi, vigliacchi, è per l’oro che siete venuti. [Picchia il pittore] Hai un tuo dipinto da darmi? Questo è in pagamento. Via di qua! [Picchia il poeta] Tu che sei alchimista, cambia questo in oro. Via, cani imbroglioni! Escono [Il poeta e il pittore da una parte, mentre Timone rientra nella caverna] Entrano Flavio e due senatori
V, 2 FLAVIO
È inutile tentare di parlare a Timone, si è talmente arroccato in se stesso che nulla che abbia aspetto d’uomo, tranne se stesso, gli pare amico. PRIMO SENATORE
Portaci alla sua caverna. È nostro impegno, come abbiamo promesso agli Ateniesi, di parlare a Timone. SECONDO SENATORE
Gli uomini non sono sempre gli stessi in ogni momento della vita. Sono stati il tempo e gli affanni a ridurlo così. E il tempo potrebbe farlo tornare quello di una volta se con mano più benigna gli offrisse le fortune passate170. Portaci da lui, sarà quel che sarà. FLAVIO
Ecco la caverna. (Chiama) Pace e bene a questo luogo! Nobile Timone, signore, affacciatevi a parlare a degli amici. Due dei più venerandi senatori vi recano il saluto degli Ateniesi. Parlate con loro, nobile Timone. Entra Timone, comparendo dalla caverna TIMONE
Sole, tu che rallegri la terra, arroventala! E voi, parlate e andate sulla forca! Ogni parola sincera diventi una vescica, ogni parola falsa un marchio a fuoco alla radice della lingua, che la distrugga nel parlare. PRIMO SENATORE
Degno Timone…
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 2
TIMON
Of none but such as you, and you of Timon.
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FIRST SENATOR
The senators of Athens greet thee, Timon. TIMON
I thank them, and would send them back the plague Could I but catch it for them. FIRST SENATOR O, forget What we are sorry for, ourselves in thee. The senators with one consent of love Entreat thee back to Athens, who have thought On special dignities which vacant lie For thy best use and wearing. SECOND SENATOR They confess Toward thee forgetfulness too general-gross, Which now the public body, which doth seldom Play the recanter, feeling in itself A lack of Timon’s aid, hath sense withal Of it own fail, restraining aid to Timon; And send forth us to make their sorrowed render, Together with a recompense more fruitful Than their offence can weigh down by the dram; Ay, even such heaps and sums of love and wealth As shall to thee blot out what wrongs were theirs, And write in thee the figures of their love, Ever to read them thine. TIMON You witch me in it, Surprise me to the very brink of tears. Lend me a fool’s heart and a woman’s eyes, And I’ll beweep these comforts, worthy senators.
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FIRST SENATOR
Therefore so please thee to return with us, And of our Athens, thine and ours, to take The captainship, thou shalt be met with thanks, Allowed with absolute power, and thy good name
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 2
TIMONE
Degno soltanto di gente come voi, e voi di Timone. PRIMO SENATORE
I senatori di Atene ti salutano, Timone. TIMONE
Li ringrazio e in cambio gli manderei la peste, se appena mi riuscisse di pigliarla per loro. PRIMO SENATORE
Dimentica i torti patiti, di cui noi stessi ci rammarichiamo. Con affettuoso, unanime consenso i senatori ti esortano a tornare ad Atene: hanno in mente di conferirti delle cariche speciali ora vacanti, che sarebbero da te ricoperte e rappresentate al meglio. SECONDO SENATORE
Confessano anche di essersi macchiati di palese e rozza ingratitudine nei tuoi confronti. Il governo in carica di rado si smentisce, ma ora, sperimentato quanto gli manchi l’aiuto di Timone, riconosce di aver mancato nel negare aiuto a Timone. Quindi ci manda a fare dolente ammenda, a offrirti una ricompensa per te più proficua di quanto pesi allo scrupolo sulla bilancia il danno arrecato; non solo, ti offre anche affetto e ricchezze così cospicue da cancellare del tutto i propri torti e iscrivere invece in te le cifre171 di un affetto che potrai leggere come tue per sempre. TIMONE
Una proposta allettante la vostra, che mi stupisce fino alle lacrime. Prestatemi il cuore di uno sciocco e gli occhi di una donna, onorevoli senatori, e piangerò per queste consolanti parole. PRIMO SENATORE
Ti piaccia dunque far ritorno con noi e prendere la guida della nostra Atene, nostra e tua. Sarai accolto con gratitudine, ti verrà concesso potere assoluto, e il tuo buon nome avrà autorevole vita.
1791
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 2
Live with authority. So soon we shall drive back Of Alcibiades th’approaches wild, Who, like a boar too savage, doth root up His country’s peace. SECOND SENATOR And shakes his threat’ning sword Against the walls of Athens. FIRST SENATOR Therefore, Timon –
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TIMON
Well, sir, I will; therefore I will, sir, thus. If Alcibiades kill my countrymen, Let Alcibiades know this of Timon: That Timon cares not. But if he sack fair Athens, And take our goodly agèd men by th’ beards, Giving our holy virgins to the stain Of contumelious, beastly, mad-brained war, Then let him know, and tell him Timon speaks it In pity of our agèd and our youth, I cannot choose but tell him that I care not; And – let him take’t at worst – for their knives care not While you have throats to answer. For myself, There’s not a whittle in th’ unruly camp But I do prize it at my love before The reverend’st throat in Athens. So I leave you To the protection of the prosperous gods, As thieves to keepers. FLAVIUS (to Senators) Stay not; all’s in vain.
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TIMON
Why, I was writing of my epitaph. It will be seen tomorrow. My long sickness Of health and living now begins to mend, And nothing brings me all things. Go; live still. Be Alcibiades your plague, you his, And last so long enough. FIRST SENATOR We speak in vain.
1792
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 2
Così non tarderemo a respingere il furibondo assalto di Alcibiade, che come un cinghiale inferocito sradica la pace del suo paese. SECONDO SENATORE
E brandisce minaccioso la spada contro le mura di Atene. PRIMO SENATORE
Quindi, Timone… TIMONE
D’accordo, signore, lo farò. E lo farò, signore, in questo modo. Se Alcibiade uccide i miei concittadini, ad Alcibiade fate sapere questo da parte di Timone: Timone se ne infischia. Se mette a sacco la bella Atene, trascina i nostri gran vecchi per la barba, consegna le nostre sante vergini all’ignominia di una guerra insolente, bestiale, folle, allora fategli sapere, ditegli che Timone parla per pietà dei nostri anziani e dei giovani. Ci tengo a dirgli che me ne infischio (e se la prenda pure a male), perché anche i loro coltelli se ne infischiano finché voi avrete gole da porgere. Quanto a me, non c’è lama nel campo dei ribelli che io non stimi più degna del mio affetto della gola più veneranda d’Atene. Per concludere, vi affido alla protezione degli dèi propizi, come ladri in mano ai carcerieri. FLAVIO (ai senatori) Non attardatevi, tutto è vano. TIMONE
Vediamo, stavo scrivendo il mio epitaffio. Lo potrete vedere domani. Il mio lungo male, di salute e del vivere, comincia a sanarsi, e il non aver nulla mi procura ogni cosa. Andate, continuate la vostra vita. Alcibiade sia la vostra peste, voi la sua, e che duri così quanto basta. PRIMO SENATORE
Parliamo invano.
1793
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 2
TIMON
But yet I love my country, and am not One that rejoices in the common wrack As common bruit doth put it. FIRST SENATOR That’s well spoke. TIMON
Commend me to my loving countrymen – FIRST SENATOR
These words become your lips as they pass through them.
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SECOND SENATOR
And enter in our ears like great triumphers In their applauding gates. TIMON Commend me to them, And tell them that to ease them of their griefs, Their fears of hostile strokes, their aches, losses, Their pangs of love, with other incident throes That nature’s fragile vessel doth sustain In life’s uncertain voyage, I will some kindness do them. I’ll teach them to prevent wild Alcibiades’ wrath. FIRST SENATOR (aside) I like this well; he will return again.
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TIMON
I have a tree which grows here in my close That mine own use invites me to cut down, And shortly must I fell it. Tell my friends, Tell Athens, in the sequence of degree From high to low throughout, that whoso please To stop affliction, let him take his haste, Come hither ere my tree hath felt the axe, And hang himself. I pray you do my greeting. FLAVIUS (to Senators) Trouble him no further. Thus you still shall find him.
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TIMON
Come not to me again, but say to Athens, Timon hath made his everlasting mansion Upon the beachèd verge of the salt flood, 1794
100
TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 2
TIMONE
Amo però il mio paese e non sono uno che, come dicono, si rallegra della rovina generale. PRIMO SENATORE
Questo è ben detto. TIMONE
Salutate per me i miei affezionati concittadini. PRIMO SENATORE
Le parole che pronunciate onorano le vostre labbra. SECONDO SENATORE
Ed entrano nelle nostre orecchie come trionfatori accolti alle porte da folle plaudenti. TIMONE
Salutateli da parte mia, dite che per alleviare i loro affanni, le paure dei colpi ostili, i mali, le perdite, gli spasimi d’amore e gli altri patimenti che il fragile naviglio della natura umana affronta nel viaggio incerto della vita, farò loro una gentilezza: gli insegnerò a prevenire la furia selvaggia di Alcibiade. PRIMO SENATORE (a parte) Mi piace come parla; tornerà. TIMONE
Nel terreno qui accanto cresce un albero che mi sarebbe utile tagliare, e dovrò presto abbatterlo. Dite ai miei amici, dite agli Ateniesi, dalle più alte cariche fino a quelli in basso, che chiunque voglia por fine ai suoi affanni si sbrighi a venire qui prima che il mio albero senta la scure, e vi si impicchi. Portate, vi prego, il mio saluto. FLAVIO (ai senatori) Non importunatelo più. Lo troverete sempre tale e quale. TIMONE
Non tornate mai più qui da me, ma dite ad Atene che Timone ha scelto a sua eterna dimora la rena al limite del salso mare, così una
1795
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 3
Who once a day with his embossèd froth The turbulent surge shall cover. Thither come, And let my gravestone be your oracle. Lips, let four words go by, and language end. What is amiss, plague and infection mend. Graves only be men’s works, and death their gain. Sun, hide thy beams. Timon hath done his reign.
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Exit [into his cave] FIRST SENATOR
His discontents are unremovably Coupled to nature.
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SECOND SENATOR
Our hope in him is dead. Let us return, And strain what other means is left unto us In our dear peril. FIRST SENATOR It requires swift foot. 5.3
Exeunt
Enter two other Senators, with a Messenger
[THIRD] SENATOR
Thou hast painfully discovered. Are his files As full as thy report? MESSENGER I have spoke the least. Besides, his expedition promises Present approach. [FOURTH] SENATOR
We stand much hazard if they bring not Timon.
5
MESSENGER
I met a courier, one mine ancient friend, Whom, though in general part we were opposed, Yet our old love made a particular force And made us speak like friends. This man was riding From Alcibiades to Timon’s cave With letters of entreaty which imported His fellowship i’th’ cause against your city, In part for his sake moved.
1796
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 3
volta al giorno la marea turbolenta la coprirà con la sua turgida schiuma172. Venite là, e che la mia pietra tombale sia il vostro oracolo. Labbra, lasciatevi sfuggire ancora due parole, poi abbia fine il linguaggio. E se c’è ancora qualcosa che non va, siano la peste e il contagio a porvi rimedio. Gli uomini lavorino soltanto a fare tombe, e come compenso abbiano la morte. Sole, nascondi i tuoi raggi. Timone ha concluso il suo regno. Esce [scomparendo nella caverna] PRIMO SENATORE
Il suo rancore è inscindibile dalla sua natura. SECONDO SENATORE
La speranza che riponevamo in lui è morta. Torniamo ad Atene, a tentare qualsiasi altro mezzo ci resta nel gran pericolo in cui siamo. PRIMO SENATORE
Bisogna far presto. Escono Entrano altri due senatori accompagnati da un messaggero173
V, 3
[TERZO] SENATORE
La ricognizione che hai fatto è preoccupante. Le sue schiere sono così nutrite come dici nel tuo rapporto? MESSO
Ho detto ancora poco. Per giunta, il fatto che sia così veloce fa pensare che ne sia imminente l’arrivo. [QUARTO] SENATORE
Corriamo un grande rischio se non riportano qui Timone. MESSO
Ho incontrato un corriere, mio vecchio amico, e benché fossimo di parte avversa in questioni di interesse generale, l’antico affetto è prevalso e ci ha fatto parlare da amici. L’uomo, mandato da Alcibiade, era diretto a cavallo alla caverna di Timone. Portava delle lettere che lo sollecitavano ad associarsi nella comune impresa contro la vostra città, impresa in parte iniziata in suo favore.
1797
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 5
Enter the other Senators [THIRD] SENATOR
Here come our brothers.
[FIRST] SENATOR
No talk of Timon; nothing of him expect. The enemy’s drum is heard, and fearful scouring Doth choke the air with dust. In, and prepare. Ours is the fall, I fear, our foe’s the snare. Exeunt 5.4
15
Enter a Soldier, in the woods, seeking Timon
SOLDIER
By all description, this should be the place. Who’s here? Speak, ho! No answer? [He discovers a gravestone] What is this? Dead, sure, and this his grave. What’s on this tomb I cannot read. The character I’ll take with wax. Our captain hath in every figure skill, An aged interpreter, though young in days. Before proud Athens he’s set down by this, Whose fall the mark of his ambition is. Exit 5.5
5
Trumpets sound. Enter Alcibiades with his powers, before Athens
ALCIBIADES
Sound to this coward and lascivious town Our terrible approach. A parley sounds. The Senators appear upon the walls Till now you have gone on and filled the time With all licentious measure, making your wills The scope of justice. Till now myself and such As slept within the shadow of your power Have wandered with our traversed arms, and breathed Our sufferance vainly. Now the time is flush When crouching marrow, in the bearer strong, Cries of itself ‘No more’; now breathless wrong
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5
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 5
Entrano gli altri senatori [TERZO] SENATORE
Arrivano i nostri confratelli. [PRIMO] SENATORE
Basta parlare di Timone, da lui non c’è da aspettarsi nulla. Si sente rullare il tamburo del nemico, la sua temibile avanzata rende l’aria soffocante di polvere. Dentro, e prepararsi alla difesa. Gli avversari hanno teso una trappola, e noi, temo, vi cadremo. Escono V, 4
Nei boschi. Entra un soldato in cerca di Timone
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SOLDATO
Secondo le descrizioni, il posto sarebbe questo. Chi c’è? Ehi, parlate! Nessuna risposta? [Adocchia una lapide] Che roba è questa? Morto, è chiaro, e questa è la sepoltura. Ma ciò che sta scritto sulla tomba non so leggerlo. Tirerò giù le parole con la cera175. Il nostro capitano è bravo a decifrare qualsiasi cosa scritta; anche se è giovane, è un interprete consumato. A quest’ora avrà già assediato l’orgogliosa Atene: farla cadere è ciò cui mira la sua ambizione. Esce V, 5
Fanfare. Entra Alcibiade con i suoi armati; è davanti ad Atene176
ALCIBIADE
Trombe, annunciate il nostro temibile arrivo a questa città vile e lasciva. Le trombe chiamano a una trattativa. I senatori compaiono sulle mura177 Finora avete continuato a riempire le vostre giornate con atti illegali di ogni sorta, amministrando la giustizia a piacer vostro. Finora io stesso e tutti quelli che dormivano all’ombra del vostro potere non abbiamo mosso un dito, esprimendo il nostro scontento senza alcun costrutto. Ora la misura è colma e lo spirito umiliato di uomini forti grida impaziente ‘Basta!’ Ora il torto che non ha più voce
1799
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 5
Shall sit and pant in your great chairs of ease, And pursy insolence shall break his wind With fear and horrid flight. FIRST SENATOR Noble and young, When thy first griefs were but a mere conceit, Ere thou hadst power or we had cause of fear, We sent to thee to give thy rages balm, To wipe out our ingratitude with loves Above their quantity. SECOND SENATOR So did we woo Transformèd Timon to our city’s love By humble message and by promised means. We were not all unkind, nor all deserve The common stroke of war. FIRST SENATOR These walls of ours Were not erected by their hands from whom You have received your grief; nor are they such That these great tow’rs, trophies, and schools should fall For private faults in them. SECOND SENATOR Nor are they living Who were the motives that you first went out. Shame that they wanted cunning, in excess, Hath broke their hearts. March, noble lord, Into our city with thy banners spread. By decimation and a tithèd death, If thy revenges hunger for that food Which nature loathes, take thou the destined tenth, And by the hazard of the spotted die Let die the spotted. FIRST SENATOR All have not offended. For those that were, it is not square to take, On those that are, revenges. Crimes like lands Are not inherited. Then, dear countryman, Bring in thy ranks, but leave without thy rage. Spare thy Athenian cradle and those kin Which, in the bluster of thy wrath, must fall
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 5
siederà ansimante sui grandi, comodi scanni e l’avida178 insolenza si darà a disastrosa fuga, senza fiato179 per il terrore. PRIMO SENATORE
Quando tu, nobile e giovane, cominciavi a dar fiato alle tue lagnanze, e prima che tu potessi incutere timore o noi avessimo motivo di temere, ti abbiamo inviato ambasciate per lenire le tue ire, per cancellare la nostra ingratitudine con segni d’affetto ben più numerosi di quelle. SECONDO SENATORE
Con umili messaggi e promesse in denaro abbiamo anche tentato di blandire Timone, così cambiato, perché amasse la nostra città. Non siamo stati tutti degli ingrati, né meritiamo una guerra che è un flagello per tutti. PRIMO SENATORE
Queste nostre mura non sono state erette dalle mani di uomini da cui hai ricevuto offesa, e non è per le loro colpe personali che dovrebbero cadere queste grandi torri, i monumenti e le pubbliche residenze. SECONDO SENATORE
Né sono più in vita quelli a cui si deve se un tempo te ne andasti180. La gran vergogna per aver mancato di lungimiranza ha stroncato loro il cuore. Entra nella nostra città, nobile signore, marciando a bandiere spiegate. Se per vendetta sei affamato di morti scelti per decimazione, un cibo che ripugna alla natura, prenditi quell’uno su dieci e perisca chi la sorte designerà con i segni dei dadi181. PRIMO SENATORE
Non tutti sono colpevoli, non è giusto vendicarsi su chi è vivo ora per le colpe di quelli che erano in vita allora. I delitti non si ereditano come le terre. Quindi, caro concittadino, fa’ entrare le tue schiere, ma lascia fuori le mura la tua ira. Risparmia Atene, tua culla, e i consanguinei che nel turbine del tuo furore perirebbero
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TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 5
With those that have offended. Like a shepherd Approach the fold and cull th’infected forth, But kill not all together. SECOND SENATOR What thou wilt, Thou rather shall enforce it with thy smile Than hew to’t with thy sword. FIRST SENATOR Set but thy foot Against our rampired gates and they shall ope, So thou wilt send thy gentle heart before To say thou’lt enter friendly. SECOND SENATOR Throw thy glove, Or any token of thine honour else, That thou wilt use the wars as thy redress, And not as our confusion. All thy powers Shall make their harbour in our town till we Have sealed thy full desire. ALCIBIADES [throwing up a glove] Then there’s my glove. Descend, and open your unchargèd ports. Those enemies of Timon’s and mine own Whom you yourselves shall set out for reproof Fall, and no more; and to atone your fears With my more noble meaning, not a man Shall pass his quarter or offend the stream Of regular justice in your city’s bounds But shall be remedied to your public laws At heaviest answer. BOTH SENATORS ’Tis most nobly spoken. ALCIBIADES Descend, and keep your words.
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[Trumpets sound. Exeunt Senators from the walls.]
62. Remedied to. Così in F1; in F2 remedied by = “castigato [dalle pubbliche leggi]”. 1802
TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 5
insieme ai colpevoli. Come fa il pastore, va all’ovile e scegli chi è infetto, non uccidere tutti insieme. SECONDO SENATORE
Imporrai ciò che vuoi più facilmente col sorriso che brandendo la spada. PRIMO SENATORE
Ti basterà tentare col piede le nostre porte barricate: si apriranno, purché tu mandi innanzi il tuo nobile cuore a dire che entrerai da amico. SECONDO SENATORE
Lancia il guanto o un altro pegno del tuo onore a conferma che userai la guerra in nome dei torti patiti, non a nostro danno. Tutti i tuoi armati potranno acquartierarsi nella nostra città finché non avremo ratificato ogni tua richiesta. ALCIBIADE [lancia in alto un guanto] Ecco allora il mio guanto. Scendete, aprite le vostre porte ancora indenni. Non periranno se non i nemici di Timone e miei che voi stessi indicherete come degni di biasimo; e al fine di sedare i vostri timori, questi sono gli ordini che nobilmente intendo dare: chi dei miei soldati abbandonerà il proprio quartiere o recherà offesa al corso regolare della giustizia dentro le mura della città sarà consegnato182 alle vostre pubbliche leggi e chiamato a rispondere pesantemente. I DUE SENATORI
Nobilissimo discorso. ALCIBIADE
Scendete e mantenete la parola. [Suono di trombe. I senatori lasciano le mura uscendo di scena.]
1803
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 5
Enter Soldier, with a tablet of wax SOLDIER
My noble general, Timon is dead, Entombed upon the very hem o’th’ sea; And on his gravestone this insculpture, which With wax I brought away, whose soft impression Interprets for my poor ignorance.
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Alcibiades reads the epitaph ALCIBIADES
‘Here lies a wretched corpse, Of wretched soul bereft. Seek not my name. A plague consume You wicked caitiffs left! Here lie I, Timon, who alive All living men did hate. Pass by and curse thy fill, but pass And stay not here thy gait.’ These well express in thee thy latter spirits. Though thou abhorred’st in us our human griefs, Scorned’st our brains’ flow and those our droplets which From niggard nature fall, yet rich conceit Taught thee to make vast Neptune weep for aye On thy low grave, on faults forgiven. Dead Is noble Timon, of whose memory Hereafter more.
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71-74 e 75-78. Versi che rappresentano due versioni contrastanti dell’epitaffio di Timone, ambedue presenti nella Vita di Marco Antonio di Plutarco, la prima (che non rivela il nome dell’estensore) come opera di Timone, e la seconda (che nomina Timone) del poeta Callimaco. È possibile che fossero inserite entrambe nel manoscritto della tragedia, in attesa dell’esclusione dell’una o dell’altra, esclusione che non è avvenuta. La prima viene comunque di solito omessa nelle messinscene moderne. 1804
TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 5
Entra un soldato che ha in mano una tavoletta di cera SOLDATO
Nobile generale, Timone è morto, sepolto in riva al mare; sulla sua lapide quest’iscrizione, che ho portato via impressa nella morbida cera, dà voce alla mia povera ignoranza. Alcibiade legge l’epitaffio ALCIBIADE
‘Qui giace un misero cadavere, della sua misera anima orbato. Non tentate di scoprire il mio nome. La peste consumi voi, malvagi e carogne ancora al mondo. Qui giaccio io, Timone, che in vita odiai ogni uomo che vivesse. Passa, viandante, e impreca a sazietà; passa, non arrestare qui i tuoi passi183.’ Queste parole esprimono bene i sentimenti che ti animavano nei tuoi ultimi giorni di vita. Detestavi, sì, i nostri affanni umani, disprezzavi le effusioni delle nostre menti184, le lagrimucce che stillano dalla natura avara185, ma il tuo fertile intelletto ti insegnò a far lagrimare per sempre sulla tua povera tomba l’immenso Nettuno per colpe perdonate. Morto è il nobile Timone. In seguito si dirà di più in sua memoria.
1805
TIMON OF ATHENS, ACT 5 SCENE 5
[Enter Senators through the gates] Bring me into your city, And I will use the olive with my sword, Make war breed peace, make peace stint war, make each Prescribe to other as each other’s leech. Let our drums strike. [Drums.] Exeunt [through the gates]
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TIMONE D’ATENE, ATTO V SCENA 5
[Entrano in scena i senatori dalle porte della città] Conducetemi nella vostra città e insieme alla mia spada userò l’olivo: farò in modo che la guerra generi pace, che la pace freni la guerra, e l’una prescriva all’altra reciproco rimedio186. Rullino i tamburi. [Rulli di tamburi.] Escono [dalle porte della città]
1807
Macbeth Testo inglese a cura di STANLEY WELLS Nota introduttiva, traduzione e note di MASOLINO D’AMICO
IMMAGINE FRONTESPIZIO
Frontespizio della prima pubblicazione sopravvissuta del Macbeth in-folio (F), 1623
Nota introduttiva
Dei grandi protagonisti tragici di Shakespeare, Macbeth è il solo la cui caduta dipende da una propria iniziativa deliberata: non da un errore commesso (Lear, Timone), non da un nemico preciso (Otello), non da una situazione familiare (Amleto), non da una passione incontrollabile (Antonio), non da una situazione politica (Coriolano). Sia pure con qualche indecisione, Macbeth abbraccia consapevolmente il suo destino e poi lo segue senza rimpianti e senza pentirsi, fino alle conseguenze estreme. Visto dall’esterno, Macbeth è un uomo tutto d’un pezzo, una irresistibile macchina da guerra. Uccidere chiunque sembri ostacolarlo è per lui l’unica condotta concepibile, così come l’escalation sociale – barone di questo, poi barone di quello, poi sovrano assoluto – è l’unica motivazione al mondo. Macbeth non lotta per governare il paese, o per fare il bene dei suoi sudditi. Per lui è come una gara sportiva in cui arrivare in cima significa semplicemente aver battuto tutti gli altri; una volta ottenuto questo, si può anche morire. Per un uomo così, niente effusioni liriche come Otello, niente dialettica introspettiva come Amleto: rispetto a quei personaggi tanto complessi egli appare schematico come l’eroe di una moralità medievale, nelle tappe di una discesa verso l’abisso. Ma ripetiamolo: è così se visto dall’esterno, dove le sue azioni non possono apparire che mostruose. A guardarlo più da vicino – a spiarlo nell’intimità – le cose cambiano. Ancora una volta Shakespeare prende una situazione indifendibile – Petruccio domatore di Caterina, Edmund traditore del fratellastro, Iago – e in qualche modo la spiega, articolando le motivazioni del criminale. Non cerca così di rendercelo simpatico – tout comprendre, c’est tout pardonner è un motto di cui Roger Shattuck ha dimostrato una volta per tutte la fallibilità – ma gli dà la possibilità di dire la sua. E se Macbeth non riesce a convincere, certamente affasci1811
MACBETH
na con la profondità delle sue elucubrazioni, di cui William Empson e Frank Kermode hanno analizzato la complessità sintattica, quest’ultimo persino rintracciando addirittura nel passo famoso “domani e poi domani” una reminiscenza di quel formidabile esploratore del concetto di tempo, Sant’Agostino (quamdiu, quamdiu, “cras et cras”?). Senza contare che per rendere drammaticamente interessante Macbeth c’è il rapporto con sua moglie, lei sì creatura tra le più fosche e potenti create dalla fantasia di Shakespeare. È Lady Macbeth, il cui nome non sapremo mai, che fin dall’inizio vede con chiarezza il destino maledetto dell’indissolubile coppia; è lei che senza esitazioni dà un nome a quello che suo marito non osa formulare; è lei che usa con aggressiva indifferenza le immagini più atroci (“ho allattato, ma toglierei il capezzolo dalla bocca del bambino e gli sfonderei il cranio, se lo avessi giurato”) per costringere il compagno ad ammettere quello che esita a confessare anche a se stesso. Con Macbeth Shakespeare mostra il Male assoluto, ossia il delitto più nero – un regicidio aggravato, se fosse possibile, dal tradimento, dalla mancanza di riconoscenza verso un benefattore, dalla violazione delle leggi di ospitalità, e dalla violenza nei confronti di un congiunto (Macbeth è cugino primo di Duncan). Apparentemente lo fa alla maniera greca, ossia introducendo delle divinità che si inseriscono nei destini dei mortali; ma a ben guardare le streghe non governano gli avvenimenti, si limitano solo a prevederli. Rappresentate come comari impegnate in piccoli traffici di vendette personali e confezione di pozioni ripugnanti, esse predicono a Macbeth un destino che si verificherebbe comunque, anche senza il suo intervento; un intervento che, beffa suprema, è dettato dall’impazienza sua e della sua consorte, e che avrà conseguenze nefaste anche per la coppia. Nessun altro lavoro di Shakespeare insiste tanto sulle tenebre che avvolgono l’azione, con tanto di contorno di spiriti maligni e di sinistri volatili notturni. E tuttavia le sue prime rappresentazioni avvennero, come testimonia l’astrologo e ciarlatano Simon Forman, al Globe, la grande playhouse all’aperto dei King’s Men, dove si recitava di giorno e alla luce del sole. Questa considerazione può lasciare perplesso un pubblico moderno abituato a messinscene realistiche, dato che nel lavoro i due terzi dell’azione si svolgono di notte e in un buio parziale che ha richiamato a dei commentatori le tele del Caravaggio, un buio al quale il dialogo si riferisce spesso. E non solo: qui la notte, in particolare quella dell’atroce delitto, è associata al terrore, e Macbeth che, come dice egli stesso, “ha ucciso il sonno”, è condannato a non uscirne mai più. Tuttavia all’epoca gli spettatori il buio non lo “vedevano”, ma dovevano immaginarlo. Solo 1812
NOTA INTRODUTTIVA
dal 1608, quando finalmente riuscirono ad avere il permesso di esibirsi oltre che al Globe anche nella sala coperta di Blackfriars, che avevano acquistato già da tempo, i King’s Men poterono contare su di una sala illuminata artificialmente, anche se l’oscurità totale non era ottenibile neanche qui, data la necessità di tenere sempre acceso un lampadario centrale. Inoltre il fatto che la compagnia continuò ad agire alternandosi nei suoi due locali fa pensare che gli spettacoli non fossero alterati in modo significativo. Il pubblico era abituato a certe convenzioni, come l’uso di torce per suggerire la scarsa visibilità, e lavorava di fantasia seguendo le indicazioni date dai personaggi: la scena neutra poteva trasformarsi secondo le necessità dell’autore. Macbeth offre un caso estremo di questa agilità quando il fiducioso re Duncan e Banquo arrivano nel castello di Inverness (I, 6) e lo descrivono compiaciuti come un luogo idilliaco, dove il rondone ama collocare il suo nido. Poche ore dopo, però, poco prima dell’alba di questa stessa notte, quando queste mura hanno assistito al feroce assassinio, il posto è diventato l’opposto di un paradiso: il portiere che viene ad aprire a Macduff e Lennox giunti a svegliare il sovrano si autodefinisce addirittura il guardiano dell’inferno. In un saggio rimasto come una pietra miliare della critica shakespeariana Thomas De Quincey spiegò nel 1823 come l’avvento di questo loquace plebeo sia un espediente drammatico per riportare di colpo la quotidianità dopo che l’orrore del delitto, avvenuto in un silenzio sovrumano, aveva spostato l’azione in una dimensione sospesa e quasi irreale. Rimettendo i piedi sulla terra ci sembra lì per lì di essere usciti dall’incubo, ma poi ci accorgiamo di non avere affatto sognato. Il repentino passaggio dello stesso sito da un estremo all’altro, dalla beatitudine alla dannazione, è caratteristico di un testo dove gli opposti coesistono fino dalle primissime battute delle streghe, sulla battaglia persa e vinta, sul bello che è brutto e sul brutto che è bello. In un attimo Macbeth diventa da eroe fulgidissimo, regicida (ossia autore del più infame delitto concepibile, vedi Dante che assegna agli uccisori di Cesare la pena più spaventosa di tutte); più tardi, trascinato dal suo destino, finirà per non sapere più distinguere tra finzione e verità, tra una foresta vera e un esercito che si cela dietro dei rami tagliati; la vita stessa gli apparirà come la vana recita di un attore: “La vita non è che un’ombra che cammina, un povero istrione che si agita tronfio per un’ora sulla scena e del quale poi non si sente più nulla. È un racconto narrato da un idiota, pieno di frastuono e di furia, del tutto privo di significato” (V, 5, 23-27). Impostata su questi contrasti molto netti, la tragedia ha un andamento semplice e chiaro, che però contrasta con l’estrema involuzione del lin1813
MACBETH
guaggio. Via via che si invischiano nel loro delitto, Macbeth e sua moglie si esprimono con metafore sempre più dense e contorte, talvolta di non facile decodificazione nemmeno da parte dei loro primi destinatari. Questa considerazione, brillantemente analizzata da Frank Kermode, sembra confermata dall’interessantissimo cosiddetto Padua promptbook, ovvero una copia dell’in-folio 1623 (veramente, di una ristampa, assegnabile a un arco di tempo che va dal 1625 al 1635) di proprietà della biblioteca dell’Università di Padova. Qui sono rimasti preziosi appunti manoscritti in vista di una rappresentazione, non precisamente databili ma ovviamente di un periodo in cui ancora vigeva lo stile di messinscena “elisabettiano”: e si notano significative semplificazioni di tirate di Macbeth in I, 3 e 7, e di Ross in IV, 2, l’eliminazione di tutta la parte del Portiere, del denso monologo di Macbeth in V, 3, e altri tagli mirati, si direbbe, a rendere il dettato meno ostico. Tragedia relativamente atipica rispetto alle altre di Shakespeare, si diceva, per la brevità; e poi anche per la lingua quasi ininterrottamente “alta” (solo un 7% circa in prosa contro un 93% in versi; nelle altre tragedie la prosa occupa circa un terzo del totale), e per l’assenza quasi completa di elementi comici. Contro i becchini in Amleto, contro il clown in Re Lear, contro un altro clown e le facezie spesso spinte di Iago in Otello, qui c’è soltanto l’episodio del portiere, che alcuni non ritengono di mano del Bardo (tra questi in prima fila Coleridge, il quale non voleva ammettere che Shakespeare fosse sceso a certe volgarità, pur poi riconoscendo a denti stretti che l’espressione del “sentiero delle primule” [the primrose path] non poteva essere stata concepita da nessun altro. Kermode vede invece nell’episodio nientemeno che il cardine della pièce). Ma Macbeth si distingue dalle altre grandi tragedie anche per la strategia narrativa, che si rifà piuttosto al chronicle play o dramma storico, dove si seguono, condensandoli, gli annali; sotto questo punto di vista il suo lontano precedente shakespeariano sarebbe Riccardo III, altra storia di usurpatore sanguinario che alla fine trova il suo castigo. Del chronicle play ha anche l’ampiezza del numero dei personaggi, da affresco storico più che da rielaborazione di una vicenda contenuta: una quarantina o poco meno, anche se saggiamente distribuiti così da poter essere recitati da una compagnia di quattordici elementi abili nel doubling (come nella memorabile edizione da camera diretta da Trevor Nunn, Stratford 1976), o anche meno. La storia Siamo nella Scozia dell’undicesimo secolo, al tempo in cui sull’Inghilterra regna Edoardo il Confessore. Su di una brughiera desolata tre strane 1814
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creature apostrofano due guerrieri, generali reduci da una sanguinosa battaglia, salutando il primo, Macbeth, coi titoli di barone di Glamis e Cawdor, e annunciandogli che sarà re, e il secondo, Banquo, con la profezia che saranno sovrani i suoi figli. Grazie agli sforzi dei due, il re scozzese Duncan ha appena sventato l’aggressione di truppe norvegesi, aiutata dal tradimento di alcuni suoi baroni, il feudo di uno dei quali, Cawdor appunto, egli ora trasmette a Macbeth per ricompensarlo del suo eroismo (I, 1-3). Nella stessa occasione Duncan investe il figlio primogenito Malcolm della successione al trono, e comunica a Macbeth l’intenzione di trascorrere la notte come suo ospite nel castello di Inverness. Qui la notizia dell’arrivo del sovrano giunge con una lettera di Macbeth alla moglie, nella quale si racconta anche della profezia delle streghe. Lady Macbeth decide immediatamente di cogliere l’occasione per realizzare quella profezia facendo uccidere dal marito il re quando si troverà sotto il loro tetto, e con feroce energia propone questo programma al marito quando questi arriva, poco prima del corteo reale. Sopraggiungendo, Duncan è colpito dall’aspetto idilliaco del castello di Inverness, dal quale si ripromette riposo e serenità (I, 4-6). Ma la notte stessa il suo anfitrione lo trafigge nel sonno, essendone spronato da un colloquio intensamente drammatico con la moglie (I, 7). Emergendo dalla camera di Duncan trasognato e sgomento per l’atto che ha compiuto, Macbeth confessa alla moglie di non avere avuto la forza di sporcare di sangue le guardie del corpo, dormienti per aver bevuto del vino drogato, com’era previsto dal piano dei coniugi; a incaricarsene è pertanto la donna (II, 2). Subito dopo il delitto, essendo ormai l’alba, dei colpi insistenti bussati al portone del castello provocano l’intervento di un loquace portiere, che paragona se stesso al guardiano dell’inferno. Due baroni, Macduff e Lennox, vengono a svegliare il re come convenuto. Il delitto è scoperto, e Macbeth uccide le sentinelle addormentate dichiarando poi di averlo fatto perché convinto della loro colpevolezza. Nel trambusto i figli di Duncan, Malcolm e Donalbain, capiscono di non essere al sicuro e fuggono, il primo diretto in Inghilterra, il secondo in Irlanda, il che consente a Macbeth di gettare su di loro la colpa dell’assassinio (II, 3-4). Macbeth ottiene quindi per sé la successione al trono, e si reca a Scone per l’incoronazione, seguito da tutti i nobili ma non da Macduff (III, 1). Diventato re, Macbeth decide ora di eliminare Banquo, e incarica del compito alcuni sicari che dovranno agire mentre i sovrani offrono un banchetto a tutti i loro fidi. I sicari uccidono Banquo ma si lasciano scappare il figlio di costui, Fleance, che ripara all’estero (III, 2-3). Durante il banchetto Macbeth vede il fantasma insanguinato di Banquo occupare 1815
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il posto vuoto di costui, e ha quindi una crisi che sua moglie gestisce con sangue freddo, rimproverando lui e rimandando a casa i convitati (III, 4). Macbeth decide allora di cercare nuovamente le streghe, che vediamo incontrare Ecate, dea degli incantesimi e degli spettri (III, 5). Frattanto apprendiamo che Macduff è partito per ottenere dal re inglese truppe e aiuti onde liberare il trono di Scozia (III, 6). Macbeth ha un nuovo incontro con le streghe, che rispondono alle sue domande in modo sibillino: gli dicono di guardarsi da Macduff, ma aggiungono che sarà al sicuro fino a quando il bosco di Birnam non andrà a Dunsinane, e che comunque nessun nato di donna potrà mai nuocergli. Dopo sue insistenze per avere notizie sulla stirpe di Banquo che dovrebbe ereditare il suo regno, le streghe gli mostrano una luminosa serie di ben otto sovrani discesi da costui (IV, 1). Continuando il suo regime di terrore, Macbeth fa trucidare la moglie e i figli che Macduff ha lasciato dietro di sé (IV, 2). Intanto Macduff ha raggiunto Malcolm in Inghilterra e ha con lui un lungo colloquio durante il quale il principe lo convince di possedere le qualità giuste per regnare, dopo un primo momento nel quale si è invece autodescritto come un dissoluto peccatore, allo scopo di mettere l’altro alla prova. Il colloquio termina con l’arrivo di Ross, altro nobile scozzese, con la terribile notizia dello sterminio della famiglia di Macduff (IV, 3). I vendicatori partono per la Scozia, dove Lady Macbeth, ormai folle, si esibisce in una scena di sonnambulismo, spiata da un medico e da una dama di compagnia: convinta di avere le mani lorde di sangue, tenta invano di pulirsele (V, 1). Si avvicina il momento della resa dei conti. Per arrivare sotto gli spalti di Dunsinane, dove Macbeth si è asserragliato, gli assalitori si nascondono con rami tagliati dagli alberi del bosco di Birnam (V, 2). Mentre Macbeth sta per scendere in campo – ma molti suoi uomini lo abbandonano – è raggiunto dalla notizia del suicidio di sua moglie, subito seguita da quella dell’apparente arrivo del bosco di Birnam, come beffardamente indicato dalle streghe (V, 4-5). Battendosi disperatamente, Macbeth uccide in duello il giovane Siward, figlio del generale degli inglesi (V, 7), ma poi è raggiunto e trucidato da Macduff, il quale non è letteralmente nato da donna, ma è stato fatto nascere con un parto cesareo. La sua testa viene portata su una picca, e i vincitori acclamano Malcolm re di Scozia (V, 8-11). La data e il testo Non si sa bene quando sia stato composto Macbeth, in ogni caso non prima del 1603. Si pensa intorno al 1606, quindi dopo Otello e Re Lear, e forse mentre Shakespeare elaborava Antonio e Cleopatra (nel dettato 1816
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c’è un’allusione a Marco Antonio), plausibilmente a titolo di omaggio per Giacomo I, regnante da tre anni, da parte della compagnia di cui Shakespeare faceva parte e che alla sua accessione Giacomo aveva ufficializzato come i King’s Men. Il sovrano faceva risalire la sua dinastia a Fleance, il leggendario figlio di Banquo fuggito in Inghilterra dopo la morte di costui. Secondo le cronache antiche, Fleance approdò alla corte del Galles, dove sedusse la figlia di quel re, e il prodotto di quella unione, Walter, tornò in Scozia dove fece carriera fino ad essere nominato stewart o stuart, ossia amministratore del regno. I suoi discendenti avrebbero adottato l’appellativo di quella carica come loro cognome, col quale sarebbero arrivati al trono, instaurando la dinastia da cui sarebbero scesi Maria Stuart e a suo figlio Giacomo, sesto di Scozia e poi primo d’Inghilterra, dopo l’unificazione delle corone in seguito alla morte di Elisabetta (gli Stuart sarebbero rimasti sul trono ancora per circa un secolo, fino alla morte della regina Anna, seconda figlia di Giacomo II, nel 1714). Un altro ammiccamento al sovrano in carica la tragedia conterrebbe nella presenza delle streghe: Giacomo aveva contestato le affermazioni di Reginald Scot, autore di The Discoverie of Witchcraft (1584), che minimizzava la portata del fenomeno, con un saggio intitolato Demonologie influenzato dalla caccia alle streghe praticata sul Continente (tra l’altro, il re era convinto di essere scampato per miracolo da una tempesta sul mare scatenata da streghe quando si era recato in Danimarca per sposare Anna, figlia del re Federico II di Danimarca), e aveva introdotto in Scozia pene severe per il reato di stregoneria. Un ulteriore omaggio al re poteva essere letto, ancora, nella scena alla corte d’Inghilterra in cui Malcolm definisce le virtù del monarca ideale con termini ricalcati dal trattato Basilicon Doron, di pugno dello stesso Giacomo. Ma già il fatto stesso che si parli di Scozia sembra significativo. L’ambientazione scozzese infatti era tutt’altro che frequente nel teatro elisabettiano, in cui si riscontrano solo tre lavori con tale sfondo prima di Macbeth, nessuno dei quali oltretutto pervenuto fino a noi. Allusioni alla contemporaneità si trovano poi nella tirata del portiere (II, 3), come in particolare l’accenno a un equivocator o sostenitore della dottrina gesuitica della riserva mentale, in cui il pubblico riconosceva facilmente il sacerdote Garnet processato nel marzo di quell’anno 1606 per la sua parte avuta nella Congiura delle Polveri contro il re e il Parlamento, e giustiziato poco dopo. La tragedia era certamente nota nel 1607, anno in cui vi si allude in altri due lavori drammatici, l’anonimo “Il puritano” (The Puritan) e il più noto “Cavaliere dal pestello ardente” (The Knight of the Burning Pestle) di Beaumont e Fletcher; nel 1611 fu ascoltata dal 1817
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surricordato Simon Forman, che ne ha lasciato un riassunto abbastanza puntuale e interessante. Non risulta peraltro che il testo sia stato pubblicato prima del 1623, quando uscì nell’in-folio, ossia nel celebre tomo curato dai colleghi attori di Shakespeare per onorare la sua memoria sette anni dopo la morte del Bardo. Tuttavia, la versione di cui disponiamo sembra contenere interventi successivi alla composizione, e per mano diversa da quella dell’autore: tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere una interpolazione spuria la scena 5 del terz’atto con l’apparizione di Ecate e di tre streghe che non sono quelle già note, nonché il breve episodio con un’altra comparsa della stessa Ecate e streghe nella scena 1 del quart’atto. Sono aggiunte che forse comportarono tagli; in ogni caso molti studiosi moderni, pur notando l’eccezionale brevità della pièce – solo La commedia degli errori e La tempesta sono più concise, in tutto il canone shakespeariano – le trovano incongrue e spesso le eliminano dalle loro edizioni, o le stampano in nota. In ogni caso però forniscono occasioni per musiche e danze di esseri soprannaturali, oltre a contenere due canzoni tolte da una commedia di Middleton, “La strega” (The Witch), rappresentata dalla compagnia di Shakespeare tra il 1609 e il 1616: a quanto pare il pubblico aveva manifestato di gradire una spettacolarizzazione dello scabro copione originale, e vale la pena di rilevare che la tradizione di ampliare questo aspetto del lavoro continuò a tenere le scene fino a quasi tutto l’Ottocento. Nella sua introduzione all’edizione Penguin della tragedia, la studiosa Carol Chillington Rutter fa notare inoltre che The Witch fu proibita dalla censura a partire dal 1616 per le sue allusioni a uno scandalo che coinvolgeva personaggi altolocati e che aveva avuto aspetti collegati alla stregoneria: è quindi possibile che la compagnia dei King’s Men rispolverasse l’altro lavoro con streghe del suo repertorio introducendovi materiale di quello non più utilizzabile ma tuttora appetitoso. Diversamente da quanto accade per altre tragedie shakespeariane, dunque, il curatore del dettato di Macbeth ha a disposizione un solo testo antico su cui basarsi, ed è oltretutto un testo relativamente ben curato dagli editori dell’in-folio, i quali poterono probabilmente basarsi su di un copione usato per la rappresentazione teatrale (donde l’abbondanza di didascalie). I problemi principali sono la decisione da prendere circa le surricordate scene di probabile interpolazione, e la presenza qua e là di versi stampati come prosa, da riportare graficamente al loro aspetto originale. 1818
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Le fonti Del regno di Macbeth si parla ampiamente nella “Cronaca” di Raphael Holinshed (The Chronicles of England, Scotland and Ireland, 1577, ampliata nel 1587), opera largamente consultata da Shakespeare anche per i suoi dieci drammi sulla storia inglese e per Re Lear. Com’era sua prassi abituale, il Bardo adattò il materiale liberamente, riducendolo e condensandolo, nonché contaminandolo con episodi presenti nello stesso volume ma non riferiti al regno di Macbeth. Questi regnò dal 1040 al 1057, avendo ucciso, procedimento a quel tempo non inconsueto, il suo predecessore Duncan, non un vecchio dai capelli bianchi come in Shakespeare bensì un giovane piuttosto debole e indeciso. Holinshed riferisce che Macbeth regnò saggiamente per un decennio, durante il quale visitò anche la città di Roma, ma negli ultimi anni diventò crudele e sanguinario. Da ultimo fu deposto per mano di Malcolm figlio di Duncan, bambino all’epoca della morte del padre, dopo una lunga guerra (Malcolm sarebbe stato ucciso a sua volta, ma in battaglia, nel 1093, dalle truppe di Guglielmo il Conquistatore; gli successe il fratello minore Donalbain o Donaldbain, anch’egli presente in Shakespeare). In Holinshed si trovano la profezia delle streghe, colà chiamate peraltro “ninfe” o “fate”; l’assassinio di Banquo e la fuga di Fleance; lo sterminio della famiglia di Macduff; il denso, significativo colloquio tra Macduff e Malcolm alla corte di Edoardo il Confessore. Però in Holinshed Banquo è un complice di Macbeth, uno scomodo compagno di strada del quale l’usurpatore decide di sbarazzarsi ben dieci anni dopo il misfatto. Inoltre l’uccisione di Duncan ospite nel castello di Macbeth è modellata sulla morte di un altro re più antico, pure narrata da Holinshed: Duff (un progenitore di Macduff), ad opera del suo barone Donwald. Di qui vengono particolari come l’uccisione delle guardie e i prodigi che commentano la morte del sovrano. È preso da qui inoltre lo spunto per il personaggio di Lady Macbeth, suggerito, oltre che dalla moglie del Macbeth di Holinshed, da quella non meno ambiziosa di Donwald. Entrambe queste donne insistono col marito perché elimini il suo sovrano, anche se nella cronaca sono poco caratterizzate, mentre Shakespeare sviluppa Lady Macbeth fino a farne l’anima nera della vicenda. Un’altra invenzione totalmente shakespeariana è quella dell’apparizione dello spettro di Banquo al banchetto, così suggestiva da essere diventata proverbiale.
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Le prospettive critiche Apre la contesa moderna su Macbeth il contrasto fra la considerazione del personaggio come entità “reale”, bandiera di A. C. Bradley, e l’analisi del linguaggio in cui quel personaggio e l’intero testo comunicano, come volevano invece i critici vicini all’insegnamento di F. R. Leavis, o al new criticism americano. Il dissidio è bene espresso dall’ironia del titolo di L. C. Knights: Quanti figli aveva Lady Macbeth?, domanda cui nessuno potrebbe rispondere, perché Shakespeare non lo dice nell’unica “realtà” che conta, quella della sua poesia. I meriti espressivi del dramma – in quanto poema “sublime” – erano comunque da sempre in primo piano, ben al di là di quelli strettamente drammaturgici. Insomma, come scrisse Knights, un’opera che ha più cose in comune con La terra desolata di T. S. Eliot che con Casa di bambola di Ibsen. A sollecitare maggiormente gli studiosi negli anni trenta e quaranta del Novecento subentrarono poi le grandi tematiche della vita e della morte (G. W. Knight) e le immagini poetiche (Spurgeon, Brooks), mentre gli anni successivi si rivolgevano piuttosto al medievalismo percepibile sia nella caratterizzazione, sia nella struttura morale del dramma (Tillyard), ed ai riti comunitari che vi fanno da sfondo (Holloway). In confronto con le altre grandi tragedie shakespeariane, il rinnovamento delle prospettive critiche su Macbeth – meno psicologicamente problematico di Amleto, meno storicamente esemplare di Re Lear – sarebbe stato più lento; ad avviarlo, non per caso, la figura di Lady Macbeth, osservata sotto la lente del pensiero femminista. L’accento cadeva prima sul suo ruolo sociale (Klein), poi sull’evidenza corporale e sulla forza primordiale del suo genere (Adelman), che portavano a comprendere, a rispettare e riabilitare il mostro di crudeltà che teneva banco nelle interpretazioni precedenti – pur se per altri era impossibile isolarla dal marito, per quel vincolo di “straordinaria comunanza e complicità” trattato da Shakespeare con “profondità, serietà e persino tenerezza” (Everett). Le strade della critica tornavano a dividersi negli anni ottanta-novanta, per la concorrenza fra l’analisi in profondità del testo e l’interesse a stabilire collegamenti e interrelazioni fra il testo stesso e il più ampio contesto culturale che lo circonda – concorrenza che non escludeva comunque molti casi di fruttuosa collaborazione. Il primo approccio è bene esemplificato dal lavoro di Stephen Booth, dove la polisemia del linguaggio contribuisce a mettere in rilievo il dubbio e l’indeterminatezza delle motivazioni, dei 1820
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propositi e della stessa struttura drammaturgica; e da Alessandro Serpieri, per cui la tragedia si articola su due aree semantiche fondamentali, quella del tempo – “un tempo ‘moderno’, ‘della soggettività’, alternativo al tempo circolare-ciclico-verticale del cosmo simbolico violato dal protagonista” – e quella della paura, “oggetto fondamentale della sua mente”; non diversamente, Nadia Fusini riscontra nella paura il sentimento dominante della tragedia, paura come “angoscia” (Heidegger), “malattia del tempo, una specie di paralisi del presente, che blocca lo slancio verso il futuro”. A rappresentare il secondo approccio scegliamo, fra tanti “neostorici”, il proponente di questa scuola, Stephen Greenblatt, che affronta l’elemento stregonesco del dramma riferendolo al dibattito sul soprannaturale ad esso contemporaneo, e giungendo alla conclusione di una accorta mescolanza di metafisico e reale, tale da mettere in dubbio nella resa testuale le stesse certezze che la messinscena sfrutta fino in fondo, fino a produrre “un’infezione nebulosa, uno svenarsi dal demoniaco nel secolare e dal secolare nel demoniaco”. Su argomenti più riferibili alla tradizionale storia delle idee e delle istituzioni rappresentate si esercitano studiosi come D. S. Kastan, per il quale Macbeth espone versioni contrastanti della regalità, tali da mettere in crisi la stessa logica dell’assolutismo monarchico. Macbeth continua una riflessione iniziata almeno con Re Lear – nell’intreccio di Gloucester e del suo figlio naturale, Edmund – che molto ha inciso sul rinnovamento del teatro inglese, e che corrisponde al ben più ampio rinnovamento delle “grandi narrazioni” della cultura occidentale in atto fra Cinque e Seicento. Si tratta del confronto tra due opposti modi di concepire la storia dell’umanità: da una parte il motivo profetico già orizzonte morale del teatro del Medioevo e del primo Cinquecento, ed ora fortemente riaffermato dal provvidenzialismo dei movimenti religiosi protestanti, per cui il destino dell’uomo, e quindi le sue azioni e il loro valore politico e morale, sono predeterminati da forze superiori e inappellabili – rappresentate nella tragedia, in modo favolistico e beffardo, dalle streghe e dalle loro oscure predizioni; e dall’altra parte la volontà, il carattere, le azioni che l’individuo, e quindi i singoli personaggi, compiono in una intensa vicenda personale autonomamente vissuta, e aprendosi caparbiamente, contro ogni legge, all’avventura e all’affermazione, ma per questo anche alla delusione e alla sconfitta – che diventa, 1821
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per personaggi e pubblico insieme, difficoltà di discernere e prevedere, smarrimento del bandolo, resa all’arbitrio e alla casualità, e ricerca di nuove certezze, non più ultraterrene ma in tutto e per tutto “naturali”, mondane. Da una traccia prefissata e legittimata dalle Scritture – e quindi provvista da una motivazione esterna – si passa così a una linearità mossa, rappresentabile secondo criteri nuovi, dettati da motivazioni interne, cioè dalle stesse attività umane alle quali una storia sempre più imprevedibile forniva una incerta legittimazione. Il mondo di Macbeth è dominato da istinti violenti e primordiali, che nella loro realizzazione trovano anche la loro fine. L’opera vive allora dell’incontro/scontro fra due retoriche uguali ed opposte, della predestinazione e dell’imprevedibilità, che la immergono nel buio dell’inconoscibilità, dell’interrogazione sempre inevasa, del tempo che non passa mai o che passa troppo in fretta, dell’impulso che elude qualsiasi calcolo e disegno; fino alla finale perdita di un preciso significato che non sia quello della lotta per un potere sempre infido, precario e minaccioso. Banquo apre questo processo all’inizio, quando Ross annuncia che la prima profezia si è avverata: “Spesso per indurci a fare il nostro male gli strumenti delle tenebre ci dicono delle verità; ci attirano con inezie che si rivelano autentiche, per poi tradirci nelle questioni più gravi” (I, 3, 120-125); e Macbeth chiude il cerchio alla fine, quando ogni profezia si è avverata, e ora viene paradossalmente respinta proprio da colui che ha favorito/colpito nel più duro dei modi: “Che questi diavoli burloni non vengano più creduti, ché ci prendono in giro coi doppi sensi, mantengono la parola della promessa al nostro orecchio e poi la infrangono alla nostra speranza” (V, 10, 19-22). Le trame oracolari/provvidenziali di cui Macbeth rappresenta l’estrema affermazione e insieme l’abissale declino non scompaiono dall’ambito dell’esercizio letterario, ma permangono, nel teatro come nella narrativa, in una posizione altamente problematica, a metà fra la falsa coscienza e una vera – ma incomprensibile – rivelazione, che rende ancora più oscuro il futuro che si prepara. “Nessuno, pur lavorando di fantasia, può orientarsi fin dall’inizio; tutti si interrogano su come finirà la cosa, finché non è avvenuta” scriveva Thomas Cartwright nei versi encomiastici premessi a un’edizione (1647) delle opere di John Fletcher, collaboratore di Shakespeare e suo successore come autore “interno” dei King’s Men, la sua antica compagnia: così il teatro teorizzava i fondamentali meccanismi dell’inchiesta e della sorpresa, mentre il più spazioso genere del romanzo declinava, nella 1822
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sostanza dell’invenzione se non nella giustificazione ideologica, una forma di libertà del tutto nuova, basata sul succedersi e sul rinnovarsi delle avventure più che sull’effetto drammatico della singola scena. È il caso del Robinson Crusoe (1719): Defoe dichiara nella prefazione che il romanzo intende “giustificare e onorare la saggezza della Provvidenza in tutta la varietà delle situazioni umane”: ci propone così una parabola enciclopedica, aperta a ogni angolo del vasto mondo, ma insieme ad essa ci dà un eroe antitetico a quella premessa, un modello di coraggio, di industria e di autodisciplina capace di costruire da sé il proprio destino, contro ogni avversità e fuori da ogni prevedibilità, da ogni decreto superiore. È la diserzione dalla logica provvidenziale, cui prende parte tutto l’Occidente. Per non dire dei successori di Robinson e del suo autore, sui quali si allunga la fine di un paradigma di racconto, donde la riflessione degli studiosi moderni: L’enorme produzione narrativa dell’Ottocento può far pensare a una condizione di ansia provocata dalla perdita degli intrecci provvidenziali: la formalizzazione della storia dell’individuo, o della società, o delle istituzioni diventa impellente quando non c’è più una trama sacrale e magistrale cui affidarsi, una trama che organizzi e spieghi il mondo. (P. Brooks, Reading for the Plot. Design and Intention in Narrative, 1984, p. 22).
La fortuna sulle scene Nel teatro inglese, come si sa, Macbeth ha la reputazione di portar male a chi lo allestisce, tanto che gli attori britannici di solito si astengono dal nominarlo – lo chiamano, eufemisticamente, the Scottish play. Donde venga tale reputazione non si sa, ché la sola presenza di streghe e altre creature malevole, comune a tanti altri lavori, non basterebbe; più probabile sembra il fatto che malgrado la popolarità e le frequenti riproposte della pièce, sono rari gli interpreti il cui nome sia rimasto legato al personaggio principale. Molti sono i grandi Amleto, Otello, Lear, ma di grandi e indiscussi Macbeth il Walhalla del teatro anglosassone è quasi privo. Il solo ad essere entrato davvero nella leggenda in quella parte senza alcuna riserva di critici o spettatori è rimasto David Garrick, il quale peraltro lo recitava nel costume dei suoi tempi, ossia in inquartata e con parrucca incipriata, riportando effetti che un contemporaneo definì di graceful horror. Fatto sta che, come molti protagonisti moderni hanno argomentato, magari dopo essercisi cimentati, quella di Macbeth è una parte abbastanza ingrata. Il personaggio 1823
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non cresce alla distanza, ma al contrario, impallidisce; dopo l’agghiacciante climax del second’atto, Macbeth diventa sempre meno attivo e sempre più spettatore: vede (solo lui) l’ombra del trucidato Banquo, assiste alla processione dei futuri re discesi da Fleance, prende atto impotente della rinuncia a combattere dei suoi uomini, e malgrado qualche velleità di opporsi, in pratica si rassegna alla sconfitta. Non è nemmeno un vero mostro, qualcuno che susciti un odio intenso; abituato a uccidere in guerra, quando trasferisce quella disinvoltura su persone che bisogna eliminare freddamente, per eseguire un programma, domina senza problemi le proprie tentazioni di rimorso, come il soldato che ammazza i civili a malincuore, ma, gli ordini essendo ordini, li ammazza lo stesso. All’inizio tutti gli attribuiscono una magnanimità che poi non ha modo di manifestare, e a noi che lo osserviamo si mostra soltanto come un criminale maldestro e particolarmente infelice. Non lo troviamo simpatico, ma nemmeno lo esecriamo; al massimo suscita la nostra pietà. Dal punto di vista dell’attore, ha qualche monologo incisivo, ma a ben guardare, poco dove un vero istrione possa affondare i denti. Naturalmente tutti i mattatori delle scene britanniche hanno sempre affrontato la parte, e molti con onore (tra i tanti del Novecento, John Gielgud, Donald Wolfit, Laurence Olivier… Alec Guinness fallì, curiosamente accoppiato con una Lady, Simone Signoret, dal pronunciato accento francese): ma è significativo che forse l’unica edizione moderna a riscontrare una approvazione incondizionata sia stata quella surricordata diretta da Trevor Nunn, con Ian McKellen e Judi Dench che all’epoca non erano ancora delle autentiche star, ma che accettarono di integrarsi in un dinamico lavoro di équipe. La novità della tragedia è semmai il rilievo dato alla protagonista femminile, come Verdi (vedi sotto) subito intuì – anche se come sempre in un teatro dove i ruoli femminili erano affidati a dei giovinetti travestiti, questa parte è di durata relativamente breve. In ogni caso è significativo che nell’Ottocento proprio come Lady Macbeth abbia conosciuto il suo massimo trionfo, anche, se non soprattutto, nei Paesi di lingua inglese, una interprete eccelsa come la nostra Adelaide Ristori, in una riduzione del testo che diminuiva assai la statura del protagonista, facendone quasi un succube della feroce volontà di sua moglie. Diversamente che nel mondo anglosassone, e benché da noi la gente di spettacolo sia o comunque sia stata nel passato ben più superstiziosa dei suoi colleghi stranieri, in Italia la pièce non ha mai goduto cattiva fama: probabilmente perché fu proprio Macbeth, nel vigoroso, geniale adatta1824
NOTA INTRODUTTIVA
mento musicale di Giuseppe Verdi su libretto di Mario Piave (1847), a iniziare la voga di Shakespeare nella penisola. Prima di questo capolavoro, audace e innovativo anche per quanto riguarda la tradizione operistica (il tenore ridotto a comprimario, la primadonna con voce aspra e niente affatto gradevole), il Bardo, pur molto ammirato da lettori illustri come Foscolo e Manzoni, e tradotto da parecchi letterati dal secondo decennio dell’Ottocento in poi, si era affacciato sulle nostre scene molto di rado, e in allestimenti poco fortunati; il Macbeth verdiano iniziò una voga che non si sarebbe più fermata. In particolare si cimentarono come Macbeth, a partire dal 1856, Alamanno Morelli, Ernesto Rossi e Tommaso Salvini, cui tennero dietro nel secolo successivo, tra gli altri, Ruggero Ruggeri, Gianni Santuccio, Tino Buazzelli, Antonio Crast, Glauco Mauri, ecc., fino, in tempi più vicino a noi, a Kim Rossi Stuart e a Michele Placido. Numerose, per finire, le versioni cinematografiche del lavoro, tra cui spiccano quella in bianco e nero di Orson Welles (1948), che diede alla vicenda una cornice quasi barbarica, primitiva, pre-cristiana (e dove il regista-protagonista rimontò i dialoghi di Shakespeare spostando i versi secondo dei criteri tutti suoi); quella, anch’essa in bianco e nero, di Akira Kurosawa, intitolata Il trono di sangue (1957), pochissimo parlata e ambientata nell’antico Giappone (a differenza di Welles e come Verdi, Kurosawa diede molto spicco alla protagonista femminile); e quella, a colori, diretta da Roman Polanski (1971), prodotta da Hugh Hefner per la Playboy Productions (donde una Lady nuda), sceneggiata da Kenneth Tynan, con una coppia di protagonisti molto giovani e ambiziosi (Jon Finch e Francesca Annis), e la trovata di fare di Ross (John Stride) un personaggio emblematico di sorridente voltagabbana, sempre a fianco di chi detiene il potere. MASOLINO D’AMICO R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti R. HOLINSHED, The Chronicles of England, Scotland and Ireland (1577 e 1587), in G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, 8 voll., 1957-1975, VII, Major Tragedies, London, Routledge & Kegan Paul; New York, Columbia UP, 1973. 1825
MACBETH
Letteratura critica Fra le edizioni inglesi e americane segnaliamo quelle a cura di W. J. CRAIG, Oxford, 1914; J. G. WILSON, Cambridge, 1947 e 1951; K. MUIR, Arden, 1951; G. K. HUNTER, Penguin, 1967; N. BROOKE, Oxford, 1990; R. GILL, Oxford, 1992; P. VESTINE e B. MOWAT, Folger Library, 1993; E. A. J. HONIGMANN, Arden, 1997; S. GREEENBLATT, W. COHEN, J. E. HOWARD, K. E. MAUS, Norton, 1997; A. R. BRAUNMULLER, Cambridge, 1997; N. SANDERS, Cambridge, 2003; M: NEILL, Oxford, 2006; fra le edizioni italiane, quelle a cura di G. BALDINI, Rizzoli, 1963; E. CHINOL, Mursia, 1971; A. MEO, Garzanti, 1974; A. LOMBARDO e G. MELCHIORI, Mondadori, 1976; N. D’AGOSTINO, Garzanti, 1989; R. RUTELLI, Marsilio, 1996. J. ADELMAN, Suffocating Mothers: Fantasies of Maternal Origin in Shakespeare’s Plays, Hamlet to The Tempest, New York-London, Routledge, 1992; A. C. BRADLEY, La tragedia di Shakespeare (1904), Milano, Rizzoli, 2002; N. BROOKE, Macbeth and Baroque Aesthetics, in K. ELAM (cur.), Shakespeare Today, Firenze, La casa Usher, 1984; C. BROOKS, The Well Wrought Urn, London, Dobson Books, 1947; S. BOOTH, King Lear, Macbeth, Indefinition, and Tragedy, New Haven Conn., Yale U. P., 1983; J. L. CALDERWOOD, If It Were Done: ‘Macbeth’ and Tragic Action, Amherst, Massachusetts U. P., 1986; M. CAPPUZZO, Da Duncan a Malcolm: la tragedia di Macbeth, Messina, Peloritana, 1972; S. CAVELL, Il pallore di Macbeth, in Il ripudio del sapere. Lo scetticismo nelle tragedie di Shakespeare, Torino, Einaudi 2004; R. CIOCCA, Il cerchio d’oro: i re sacri nel teatro shakespeariano, Roma, Officina, 1987; C. CORTI, Macbeth: la parola e l’immagine, Pisa, ETS, 1974; N. D’AGOSTINO, Macbeth senza morale, in Studi sul Rinascimento, Università di Milano 1984; T. DE QUINCEY, On the Knocking of the Gate in Macbeth (1823), trad. Bussano alla porta di Macbeth in M. PRAZ, Caleidoscopio shakespeariano, Bari, Adriatica, 1969; G. R. ELLIOTT, Dramatic Providence in Macbeth, Princeton NJ, Princeton U. P., 1958; W. EMPSON, Seven Types of Ambiguity, London, Chatto & Windus, 1930; B. EVERETT, Young Hamlet: Essays on Shakespeare’s Tragedies, Oxford, Clarendon Press, 1989; H. W. FAWKNER, Deconstructing Macbeth. The Hyperontological View, London-Toronto, Fairleigh-Dickinson UP, 1990; N. FUSINI, Di vita si muore. Lo spettacolo delle passioni nel teatro di Shakespeare, Milano, Mondadori, 2010; R. GIRARD, Shakespeare – Il teatro dell’invidia (1990), Milano, Adelphi, 1998; H. GRANVILLE BARKER, Prefaces to Shakespeare, 2 1826
NOTA INTRODUTTIVA
voll., London, Heinemann, 1946-47; S. GREENBLATT, “Shakespeare Bewitched”, in J. N. COX, L. J. REYNOLDS (cur.), New Historical Literary Study: Essays on Reproducing Texts, Representing History, Princeton, Princeton U. P., 1993; W. HAZLITT, Characters in Shakespeare’s Plays, London, 1817; T. HAWKES (cur.), Twentieth-Century Interpretations of Macbeth, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1977; J. HOLLOWAY, The Story of the Night: Studies in Shakespeare’s Major Tragedies, London, Routledge & Kegan Paul, 1961; D. S. KASTAN, Shakespeare after Theory, New York-London, Routledge, 1999; F. KERMODE, Il linguaggio di Shakespeare, Milano, Bompiani, 2000; J. L. KLEIN, Lady Macbeth: “Infirm of Purpose”, in C. R. S. LENZ, G. GREENE e C. T. NEELY (cur.), The Woman’s Part. Feminist criticism of Shakespeare, Urbana, Illinois U. P., 1980; G. W. KNIGHT, The Imperial Theme, Oxford, Oxford UP, 1931; L. C. KNIGHTS, How Many Children Had Lady Macbeth? in Explorations, London, Chatto & Windus, 1946; A. LOMBARDO, Lettura del Macbeth (1969), a cura di R. Colombo, Milano, Feltrinelli, 2010; F. MARENCO, ‘Great mischiefs mask in expected pleasures’: The Rhetoric of Expectation and the Rhetoric of Surprise in English Baroque Theater, in M. MARRAPODI e G. MELCHIORI (cur.), Italian Studies in Shakespeare and His Contemporaries, Newark-London, Delaware U. P., 1999; G. MELCHIORI, Shakespeare. Genesi e struttura delle opere, Bari, Laterza, 1994; N. MOSCHOVAKIS (cur.), Macbeth: New Critical Essays, London-New York, Routledge, 2008; C. MUCCI, Macbeth, ovvero la stregoneria come costruzione culturale al tempo di Giacomo I, Napoli, Liguori, 2001; K. MUIR, Shakespeare’s Tragic Sequence, London, Hutcinson, 1972; ID. e P. EDWARDS (cur.), Aspects of Macbeth, Cambridge, Cambridge U. P., 1977; M. PAGNINI, Shakespeare e il paradigma della specularità, Pisa, ETS, 1976; L. POTTER, Othello:Shakespeare in performance, Manchester, Manchester U. P., 2002; M. ROSENBERG, The Masks of Macbeth, Berkeley CA, California U. P., 1978; F. R ICORDI, Shakespeare filosofo dell’essere, Milano, Mimesis 2011; A. SERPIERI, Macbeth: il tempo della paura, in Retorica e immaginario, Parma, Pratiche, 1986; K. SHARPE e S. N. ZWICKER (cur.), Politics of Discorse. The Literature and History of Seventeenth-Century England, Berkeley, California U. P., 1987; R. SHATTUCK, Forbidden Knowledge – From Prometheus to Pornography, New York, St. Martin’s Press, 1966; C. SPURGEON, Shakespeare’s Imagery and What It tells Us, Cambridge, Cambridge U. P., 1935; M. TEMPERA (cur.), Macbeth. Dal testo alla scena, Bologna, Clueb, 1982; E. M. W. TILLYARD, Shakespeare’s History Plays, London, Chatto & Windus, 1944. 1827
THE TRAGEDY OF MACBETH
THE PERSONS OF THE PLAY KING DUNCAN of Scotland MALCOLM DONALBAIN
}
SIWARD, Earl of Northumberland YOUNG SIWARD, his son An English DOCTOR
his sons
A CAPTAIN in Duncan’s army MACBETH, Thane of Glamis, later Thane of Cawdor, then King of Scotland A PORTER at Macbeth’s castle Three MURDERERS attending on Macbeth SEYTON, servant of Macbeth LADY MACBETH, Macbeth’s wife attending A DOCTOR of Physic on Lady A Waiting-GENTLEWOMAN Macbeth
}
BANQUO, a Scottish thane FLEANCE, his son MACDUFF, Thane of Fife LADY MACDUFF, his wife MACDUFF’S SON LENNOX ROSS Scottish Thanes ANGUS CAITHNESS MENTEITH
HECATE, Queen of the Witches Six WITCHES Three APPARITIONS, one an armed head, one a bloody child, one a child crowned A SPIRIT LIKE A CAT Other SPIRITS An OLD MAN A MESSENGER MURDERERS SERVANTS A show of eight kings; Lords and Thanes, attendants, soldiers, drummers
}
SIGLE Al contrario delle altre tragedie maggiori, accessibili ai contemporanei in più edizioni, Macbeth ha un solo testo di riferimento, quello dell’in-folio del 1623 (F), derivato dal copione di pugno dell’autore, con adattamenti e almeno due aggiunte importanti (le apparizioni di Ecate: atto III, sc. 5, e IV, 1) generalmente ritenute di Thomas Middleton. Al curatore moderno non resta che dare conto delle varianti da stati successivi della stampa (F1 e F2, o F quando coincidenti) e da emendamenti di curatori successivi, trascurando i loro nomi; vengono altresì trascurate le didascalie di scena, comunque più volte rivedute.
1828
LA TRAGEDIA DI MACBETH
PERSONAGGI DUNCAN re di Scozia MALCOLM DONALBAIN
}
suoi figli
UN CAPITANO dell’esercito di Duncan MACBETH, barone di Glamis, poi barone di Cawdor, poi re di Scozia UN PORTIERE al castello di Macbeth Tre ASSASSINI al servizio di Macbeth SEYTON, servitore di Macbeth LADY MACBETH, moglie di Macbeth UN MEDICO al servizio di Una DAMA DI Lady Macbeth COMPAGNIA
}
BANQUO, barone scozzese FLEANCE, suo figlio MACDUFF, barone del Fife LADY MACDUFF, sua moglie FIGLIO DI MACDUFF LENNOX ROSS ANGUS baroni scozzesi CAITHNESS MENTEITH
SIWARD, conte di Northumberland GIOVANE SIWARD, suo figlio Un MEDICO inglese ECATE, regina delle streghe Sei STREGHE Tre APPARIZIONI, una testa con elmo, un fanciullo insanguinato, un fanciullo incoronato Uno SPIRITO IN FORMA DI GATTO Altri SPIRITI Un VECCHIO Un MESSO ASSASSINI SERVI Una processione di otto re; signori e baroni, attendenti, soldati, tamburini
}
1829
MACBETH, ACT 1 SCENE 2
1.1
Thunder and lightning. Enter three Witches
FIRST WITCH
When shall we three meet again? In thunder, lightning, or in rain? SECOND WITCH
When the hurly-burly’s done, When the battle’s lost and won. THIRD WITCH
That will be ere the set of sun.
5
FIRST WITCH
Where the place? SECOND WITCH Upon the heath. THIRD WITCH
There to meet with Macbeth. FIRST WITCH
I come, Grimalkin. SECOND WITCH
Paddock calls. Anon.
THIRD WITCH ALL
Fair is foul, and foul is fair, Hover through the fog and filthy air. 1.2
10 Exeunt
Alarum within. Enter King Duncan, Malcolm, Donalbain, Lennox, with attendants, meeting a bleeding Captain
KING DUNCAN
What bloody man is that? He can report, As seemeth by his plight, of the revolt The newest state. MALCOLM This is the sergeant Who like a good and hardy soldier fought ’Gainst my captivity. Hail, brave friend. Say to the King the knowledge of the broil As thou didst leave it.
1830
5
MACBETH, ATTO I SCENA 2
Tuoni e lampi. Entrano tre streghe1
I, 1
PRIMA STREGA
Quando ci rivediamo, noi tre? Col tuono, col lampo, o con la pioggia 2? SECONDA STREGA
Quando il tafferuglio sarà finito, quando la battaglia sarà vinta, e persa3. TERZA STREGA
Allora, prima del tramonto. PRIMA STREGA
E l’appuntamento? SECONDA STREGA
Sulla landa. TERZA STREGA
Dove incontreremo Macbeth. PRIMA STREGA
Vengo, Grimalkin! SECONDA STREGA
Paddock chiama! TERZA STREGA
Arrivo4! TUTTE
Il bello è brutto e il brutto è bello. Vola nella nebbia e nell’aria lercia! Escono I, 2
Trombe da dentro. Entrano re Duncan, Malcolm, Donalbain, Lennox, con attendenti, e incontrano un capitano coperto di sangue5
RE DUNCAN
Chi è quell’uomo insanguinato? Da com’è ridotto, dovrebbe poter riferire gli ultimi esiti della rivolta. MALCOLM
È lui! Il sergente che da bravo soldato esperto si è battuto perché non fossi preso. Salve, valoroso amico! Riferisci al re quanto sai della battaglia al momento in cui l’hai lasciata.
1831
MACBETH, ACT 1 SCENE 2
Doubtful it stood, As two spent swimmers that do cling together And choke their art. The merciless Macdonald – Worthy to be a rebel, for to that The multiplying villainies of nature Do swarm upon him – from the Western Isles Of kerns and galloglasses is supplied, And fortune on his damnèd quarry smiling Showed like a rebel’s whore. But all’s too weak, For brave Macbeth – well he deserves that name! – Disdaining fortune, with his brandished steel Which smoked with bloody execution, Like valour’s minion Carved out his passage till he faced the slave, Which ne’er shook hands nor bade farewell to him Till he unseamed him from the nave to th’ chops, And fixed his head upon our battlements.
CAPTAIN
10
15
20
KING DUNCAN
O valiant cousin, worthy gentleman! CAPTAIN
As whence the sun ’gins his reflection Shipwrecking storms and direful thunders break, So from that spring whence comfort seemed to come Discomfort swells. Mark, King of Scotland, mark. No sooner justice had, with valour armed, Compelled these skipping kerns to trust their heels But the Norwegian lord, surveying vantage, With furbished arms and new supplies of men Began a fresh assault.
25
30
13. Galloglasses: in F gallowgrosses (mod. gallowglasses), con lo stesso significato. 14. Quarry: così in F; emendamenti tardi sostituiscono con quarrel = “contesa”. 26. Break: emend. tardo; non in F1; in F2 breaking = “che scoppiano”. 32. Furbished: emend. tardo dell’orig. furbushed, peraltro normale ortografia a quel tempo. 1832
MACBETH, ATTO I SCENA 2
CAPITANO
Era incerta, maestà, come quando due nuotatori sfiniti si aggrappano soffocandosi a vicenda. Allo spietato Macdonald, ribelle in piena regola – in quanto su di lui le molteplici iniquità della natura brulicano e si moltiplicano – dalle Isole dell’Ovest6 arrivano in rinforzo fanti e cavalieri7, e la fortuna, sorridendo alla sua maledetta preda8, sembrava la puttana di un ribelle. Ma non basta: perché il prode Macbeth – che ben merita questo nome – disprezzando la fortuna, brandendo il suo acciaio fumante di sangue di strage, come l’eletto del valore si apre un passaggio, e trovatosi faccia a faccia con quel miserabile – non gli ha stretto la mano né gli ha detto salve finché non lo ha sdrucito dall’ombelico alla mascella per poi piantarne la testa sui nostri spalti. RE DUNCAN
O valoroso cugino! Degno gentiluomo! CAPITANO
Come là dove il sole inizia il suo viaggio di ritorno9 scoppiano tempeste foriere di naufragi e terribili fulmini, così, da quella sorgente donde sembrava venire il conforto, sgorga il suo contrario. Ascolta, re di Scozia, ascolta! – Da poco la giustizia, armata dal valore, aveva costretto questi agili fanti a voltare i tacchi, quando il sire di Norvegia, colto il momento propizio, con armi intatte e truppe fresche scatena un nuovo assalto.
1833
MACBETH, ACT 1 SCENE 2
KING DUNCAN
Dismayed not this our captains, Macbeth and Banquo? CAPTAIN
Yes, as sparrows eagles, or the hare the lion! If I say sooth I must report they were As cannons overcharged with double cracks, So they doubly redoubled strokes upon the foe. Except they meant to bathe in reeking wounds Or memorize another Golgotha, I cannot tell –But I am faint. My gashes cry for help.
35
40
KING DUNCAN
So well thy words become thee as thy wounds: They smack of honour both. – Go get him surgeons. Exit Captain with attendants Enter Ross and Angus Who comes here? The worthy Thane of Ross.
MALCOLM
45
LENNOX
What haste looks through his eyes! So should he look That seems to speak things strange. ROSS God save the King. KING DUNCAN
Whence cam’st thou, worthy thane? ROSS From Fife, great King, Where the Norwegian banners flout the sky And fan our people cold. Norway himself, with terrible numbers, Assisted by that most disloyal traitor The Thane of Cawdor, began a dismal conflict, Till that Bellona’s bridegroom, lapped in proof, Confronted him with self-comparisons, Point against point, rebellious arm ’gainst arm,
50
55
46. What haste: così in F2; in F1 what a haste: l’art. indeterminativo si suppone interpolato. 1834
MACBETH, ATTO I SCENA 2
RE DUNCAN
E questo non ha turbato i nostri capitani, Macbeth e Banquo? CAPITANO
Sì – come i passeri turbano le aquile, o la lepre il leone. Se dico la verità, debbo riferire che sono stati come cannoni caricati a doppia polvere10; così essi raddoppiavano i colpi sul nemico. Forse volevano bagnarsi nel sangue fumante delle ferite, o commemorare lì un secondo Golgotha11: non so dirlo. – Ma vengo meno; i miei squarci gridano soccorso. RE DUNCAN
Le tue parole ti si addicono come le tue ferite, sanno di onore entrambe. Trovategli dei chirurghi! Esce il Capitano e i suoi attendenti Entrano Ross e Angus Chi viene adesso? MALCOLM
Il nobile barone12 di Ross. LENNOX
Che ansia nei suoi occhi! È lo sguardo di chi sembra voler dire cose strane. ROSS
Dio salvi il re! RE DUNCAN
E tu da dove vieni, nobile barone? ROSS
Da Fife, grande sovrano, dove gli stendardi norvegesi sferzano il cielo fino a sollevare un vento che raggela le nostre schiere. Lo stesso sire di Norvegia, con orde terribili, assistito da quell’infame tra i traditori, il signore di Cawdor, scatena un nuovo scontro spaventoso; finché quello sposo di Bellona13, tutto coperto di ferro14, non lo ha affrontato faccia a faccia, spada contro spada ribelle,
1835
MACBETH, ACT 1 SCENE 3
Curbing his lavish spirit; and to conclude, The victory fell on us – KING DUNCAN Great happiness. ROSS That now Sweno, the Norways’ king, craves composition; Nor would we deign him burial of his men Till he disbursèd at Saint Colum’s inch Ten thousand dollars to our general use.
60
KING DUNCAN
No more that Thane of Cawdor shall deceive Our bosom interest. Go pronounce his present death, And with his former title greet Macbeth. ROSS I’ll see it done.
65
KING DUNCAN
What he hath lost, noble Macbeth hath won. Exeunt severally 1.3
Thunder. Enter the three Witches
FIRST WITCH
Where hast thou been, sister? SECOND WITCH
Killing swine. THIRD WITCH
Sister, where thou?
FIRST WITCH
A sailor’s wife had chestnuts in her lap, And munched, and munched, and munched. ‘Give me,’ quoth I. ‘Aroint thee, witch,’ the rump-fed runnion cries. Her husband’s to Aleppo gone, master o’th’ Tiger. But in a sieve I’ll thither sail, And like a rat without a tail I’ll do, I’ll do, and I’ll do.
5
SECOND WITCH
I’ll give thee a wind.
61. Colum’s: emend. di Colmes (F), per avere due sillabe nel verso. 1836
10
MACBETH, ATTO I SCENA 3
braccio contro braccio, frenandogli gli spiriti scatenati; e in breve, la vittoria è toccata a noi... RE DUNCAN
Gran giubilo! ROSS
...Tanto che ora Sweno, re di Norvegia, chiede tregua, né noi gli consentiamo di seppellire i suoi uomini prima che abbia sborsato, all’isola di Saint Colum15, diecimila talleri16 per noi. RE DUNCAN
Il signore di Cawdor ha finito di giocare coi nostri vitali17 interessi. Va’, proclama la sua morte immediata, e saluta con il suo titolo Macbeth. ROSS
Sarà fatto. RE DUNCAN
Quello che Cawdor ha perso, il nobile Macbeth ha conquistato. Escono separatamente I, 3
Tuoni. Entrano le tre streghe18
PRIMA STREGA
Dove sei stata, sorella? SECONDA STREGA
A ammazzare maiali. TERZA STREGA.
E tu, sorella? PRIMA STREGA
Una moglie di marinaio si teneva in grembo delle castagne e ruminava, ruminava, ruminava. “Dalle anche a me,” dico. “Vattene, strega”, risponde quella trippona19. Suo marito è quartiermastro sulla Tiger in rotta per Aleppo. Ma io in un setaccio veleggio fin lì 20 e come un topo senza coda 21 lo sistemo, e lo sistemo, e lo sistemo. SECONDA STREGA
Io ti do un vento22.
1837
MACBETH, ACT 1 SCENE 3
FIRST WITCH
Thou’rt kind. THIRD WITCH
And I another. FIRST WITCH
I myself have all the other, And the very ports they blow, All the quarters that they know I’th’ shipman’s card. I’ll drain him dry as hay. Sleep shall neither night nor day Hang upon his penthouse lid. He shall live a man forbid. Weary sennights nine times nine Shall he dwindle, peak, and pine. Though his barque cannot be lost, Yet it shall be tempest-tossed. Look what I have. SECOND WITCH Show me, show me.
15
20
25
FIRST WITCH
Here I have a pilot’s thumb, Wrecked as homeward he did come. Drum within THIRD WITCH
A drum, a drum – Macbeth doth come. ALL (dancing in a ring) The weird sisters hand in hand, Posters of the sea and land, Thus do go about, about, Thrice to thine, and thrice to mine, And thrice again to make up nine. Peace! The charm’s wound up. Enter Macbeth and Banquo 30. Weird: emend. di weyward, oggi wayward = “ribelle”. 1838
30
35
MACBETH, ATTO I SCENA 3
PRIMA STREGA
Sei gentile. TERZA STREGA
E io un altro. PRIMA STREGA
Tutti gli altri li ho già. E dai porti soffieranno da tutte le direzioni che conoscono nella bussola del marinaio. Lo farò secco come paglia, e il sonno non si poserà né di notte né di giorno sulle arcate della sua fronte23; vivrà come uno scomunicato, per nove volte nove stanche settimane deperirà, languirà, dimagrirà. Anche se non si perderà, il suo vascello dalle tempeste sbattuto sarà. Guardate che ho qui! SECONDA STREGA
Mostrami, mostrami! PRIMA STREGA
Qui ho il pollice di un pilota naufragato mentre tornava a casa. Tamburi dentro TERZA STREGA
Il tamburo, il tamburo! Arriva Macbeth. TUTTE (danzando in cerchio)
Le Fatali 24 Sorelle, mano in mano, viaggiatrici per mare e per terra, così vanno in giro, in giro, tre volte a te, e tre volte a me, e di nuovo tre volte, per fare nove. Zitte! L’incantesimo è chiuso. Entrano Macbeth e Banquo
1839
MACBETH, ACT 1 SCENE 3
MACBETH
So foul and fair a day I have not seen. BANQUO
How far is’t called to Forres? – What are these, So withered, and so wild in their attire, That look not like th’inhabitants o’th’ earth And yet are on’t? – Live you, or are you aught That man may question? You seem to understand me By each at once her choppy finger laying Upon her skinny lips. You should be women, And yet your beards forbid me to interpret That you are so. MACBETH (to the Witches) Speak, if you can. What are you?
40
45
FIRST WITCH
All hail, Macbeth! Hail to thee, Thane of Glamis. SECOND WITCH
All hail, Macbeth! Hail to thee, Thane of Cawdor. THIRD WITCH
All hail, Macbeth, that shalt be king hereafter! BANQUO
Good sir, why do you start and seem to fear Things that do sound so fair? (To the Witches) I’th’ name of truth, Are ye fantastical or that indeed Which outwardly ye show? My noble partner You greet with present grace and great prediction Of noble having and of royal hope, That he seems rapt withal. To me you speak not. If you can look into the seeds of time And say which grain will grow and which will not, Speak then to me, who neither beg nor fear Your favours nor your hate. FIRST WITCH Hail! SECOND WITCH Hail! 37. Forres: emend. tardo per Foris, in F Soris. 1840
50
55
60
MACBETH, ATTO I SCENA 3
MACBETH
Mai visto un giorno così brutto e così bello25. BANQUO
Quanto c’è ancora per Forres? – Ma cosa sono queste creature così vizze e così selvatiche nel loro abbigliamento, da non sembrare abitanti di questa terra, su cui pur si trovano? Siete vive? O siete qualcosa che si può interrogare? Sembrate capirmi, dato che ciascuna si porta sulle labbra quei diti così grinzosi. Dovreste essere donne; eppure le vostre barbe mi proibiscono di prendervi per tali. MACBETH (alle Streghe) Rispondete, se potete! Che cosa siete? PRIMA STREGA
Salve, Macbeth, salve, barone di Glamis! SECONDA STREGA
Salve, Macbeth, salve, barone di Cawdor! TERZA STREGA
Salve, Macbeth, che dopo sarai re! BANQUO
Buon signore, perché trasalisci e sembri temere parole dal suono così bello? – (Alle Streghe) In nome della verità, siete creature dell’immaginazione, o siete davvero quello che sembrate? Il mio nobile compagno lo salutate con benevolenza e grandiosi vaticini di nobili promozioni e di speranze regali, tanto che ne sembra affascinato. A me però non parlate. Se potete scrutare nei semi del tempo e dire quale grano crescerà e quale no, parlate dunque a me, che non chiedo né temo né i vostri favori né la vostra ostilità. PRIMA STREGA
Salve! SECONDA STREGA
Salve!
1841
MACBETH, ACT 1 SCENE 3
THIRD WITCH Hail! FIRST WITCH
Lesser than Macbeth, and greater. SECOND WITCH
Not so happy, yet much happier. THIRD WITCH
Thou shalt get kings, though thou be none. So all hail, Macbeth and Banquo!
65
FIRST WITCH
Banquo and Macbeth, all hail! MACBETH
Stay, you imperfect speakers, tell me more. By Sinel’s death I know I am Thane of Glamis, But how of Cawdor? The Thane of Cawdor lives, A prosperous gentleman, and to be king Stands not within the prospect of belief, No more than to be Cawdor. Say from whence You owe this strange intelligence, or why Upon this blasted heath you stop our way With such prophetic greeting. Speak, I charge you.
70
75
The Witches vanish BANQUO
The earth hath bubbles, as the water has, And these are of them. Whither are they vanished? MACBETH
Into the air, and what seemed corporal Melted as breath into the wind. Would they had stayed. BANQUO
Were such things here as we do speak about, Or have we eaten on the insane root That takes the reason prisoner?
81
MACBETH
Your children shall be kings. BANQUO You shall be king. MACBETH
And Thane of Cawdor too. Went it not so? 1842
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MACBETH, ATTO I SCENA 3
TERZA STREGA
Salve! PRIMA STREGA
Meno di Macbeth! e tuttavia più grande. SECONDA STREGA
Non così felice, e molto più felice. TERZA STREGA
Progenitore di re, anche se tu re non sarai. Perciò salve a voi, Macbeth e Banquo! PRIMA STREGA
Salve a voi Banqo e Macbeth! MACBETH
Un momento, parlatrici imperfette. Ditemi di più. Per la morte di Sinel 26 so di essere barone di Glamis, ma Cawdor? Il barone di Cawdor è vivo, ed è un prospero gentiluomo. E quanto ad essere re, non sembra che possa essere più credibile dell’essere Cawdor. Dite da dov’è che derivate queste strane notizie; o perché su questa landa maledetta fermate il nostro cammino con tali profetici saluti! Ve l’ordino: parlate! Le streghe spariscono BANQUO
La terra ha delle bolle, così come l’acqua, e queste sono di quelle. Dove sono sparite? MACBETH
Nell’aria. Sembravano avere un corpo solido, e si sono dissolte come un alito nel vento. Perché non sono rimaste? BANQUO
Ma erano qui davvero, questi oggetti di cui stiamo parlando? O abbiamo mangiato quella radice 27 balorda che fa prigioniera la ragione? MACBETH
I tuoi figli saranno re. BANQUO
Tu sarai re. MACBETH
E anche signore di Cawdor; non hanno detto così? 1843
MACBETH, ACT 1 SCENE 3
BANQUO
To th’ self-same tune and words. Who’s here? Enter Ross and Angus ROSS
The King hath happily received, Macbeth, The news of thy success, and when he reads Thy personal venture in the rebels’ sight His wonders and his praises do contend Which should be thine or his; silenced with that, In viewing o’er the rest o’th’ self-same day He finds thee in the stout Norwegian ranks, Nothing afeard of what thyself didst make, Strange images of death. As thick as hail Came post with post, and every one did bear Thy praises in his kingdom’s great defence, And poured them down before him. ANGUS (to Macbeth) We are sent To give thee from our royal master thanks; Only to herald thee into his sight, Not pay thee.
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ROSS
And, for an earnest of a greater honour, He bade me from him call thee Thane of Cawdor, In which addition, hail, most worthy thane, For it is thine. BANQUO What, can the devil speak true?
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MACBETH
The Thane of Cawdor lives. Why do you dress me In borrowed robes? ANGUS Who was the thane lives yet, But under heavy judgement bears that life Which he deserves to lose. Whether he was combined With those of Norway, or did line the rebel With hidden help and vantage, or that with both 94. Make: aggiunta tarda, in F solo didst. 96. Came: emend. tardo; in F can. 1844
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MACBETH, ATTO I SCENA 3
BANQUO
Così suonava la canzone, parole e musica. – Chi va là? Entrano Ross e Angus ROSS
Macbeth, il re ha ricevuto con giubilo la notizia della tua vittoria, e quando legge della parte che hai avuto nella battaglia coi ribelli, il suo stupore e le sue lodi lottano per quali debbano esser tue, e quale suo. Ammutolito da questo, nel contemplare il resto della stessa giornata ti trova tra le robuste file norvegesi, per nulla intimorito da quelle stesse portentose immagini di morte che tu stesso hai creato. Fitti come la grandine giungevano i messi uno dopo l’altro, e ciascuno recava le tue lodi nella sublime difesa del suo regno, e le riversava davanti a lui. ANGUS (a Macbeth) Siamo stati inviati a renderti grazie dal nostro regale padrone; solo per scortarti alla sua presenza, non per compensarti. ROSS
E quale pegno di onori maggiori mi ha ordinato di chiamarti barone di Cawdor; titolo col quale ti saluto, valoroso signore, poiché è tuo. BANQUO
Possibile? Da quando il diavolo dice la verità 28? MACBETH
Il barone di Cawdor vive. Perché mi metti addosso il vestito di un altro? ANGUS
Vive colui che era barone di Cawdor; ma sospesa a un grave giudizio porta quella vita che merita di perdere. Se si fosse accordato con quelli di Norvegia, o se rifornisse i ribelli con aiuti segreti e
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MACBETH, ACT 1 SCENE 3
He laboured in his country’s wrack, I know not; But treasons capital, confessed, and proved Have overthrown him. MACBETH (aside) Glamis, and Thane of Cawdor. The greatest is behind. (To Ross and Angus) Thanks for your pains. (To Banquo) Do you not hope your children shall be kings When those that gave the thane of Cawdor to me Promised no less to them? BANQUO That, trusted home, Might yet enkindle you unto the crown, Besides the thane of Cawdor. But ’tis strange, And oftentimes to win us to our harm The instruments of darkness tell us truths, Win us with honest trifles to betray’s In deepest consequence. (To Ross and Angus) Cousins, a word, I pray you. MACBETH (aside) Two truths are told As happy prologues to the swelling act Of the imperial theme. (To Ross and Angus) I thank you, gentlemen. (Aside) This supernatural soliciting Cannot be ill, cannot be good. If ill, Why hath it given me earnest of success Commencing in a truth? I am Thane of Cawdor. If good, why do I yield to that suggestion Whose horrid image doth unfix my hair And make my seated heart knock at my ribs Against the use of nature? Present fears Are less than horrible imaginings. My thought, whose murder yet is but fantastical, Shakes so my single state of man that function Is smothered in surmise, and nothing is But what is not. BANQUO (to Ross and Angus) Look how our partner’s rapt.
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MACBETH, ATTO I SCENA 3
con favori, o se in entrambi i modi abbia tramato la rovina del paese, non lo so; ma un tradimento capitale, confessato e provato, lo ha perduto. MACBETH (a parte) Glamis, e barone di Cawdor! Il meglio deve ancora venire. (A Ross e Angus) Grazie per le vostre fatiche. (A Banquo) Non speri che i tuoi figli saranno re? Coloro che mi hanno fatto barone di Cawdor non gli hanno promesso niente di meno. BANQUO
Prendendoli in parola, potresti essere spinto a bramare29 la corona dopo la signoria di Cawdor. Però è strano. Spesso per indurci a fare il nostro male gli strumenti delle tenebre ci dicono delle verità; ci attirano con inezie che si rivelano autentiche, per poi tradirci nelle questioni più gravi. – (A Ross e Angus) Cugini, una parola, vi prego. MACBETH (a parte) Due verità sono state dette, lieti prologhi alla grandiosa 30 recita del tema imperiale. – (A Ross e Angus) Signori, vi ringrazio. – (A parte) Questo incitamento soprannaturale non può essere un male – non può essere un bene. Se è un male, perché darmi una garanzia di successo cominciando con una cosa vera? Io sono barone di Cawdor. Se è un bene, perché mi abbandono a quella congettura, perché accolgo quella immagine orrenda che mi fa rizzare i capelli e battere il saldo cuore sulle costole sconvolgendo l’ordine naturale? Le paure concrete sono minori degli orrori immaginati. Il mio pensiero, che è assassino solo nella fantasia, squassa talmente la mia singola condizione di uomo31, che l’azione è soffocata dalle elucubrazioni, e niente è se non quello che non è32. BANQUO (a Ross e Angus) Guardate com’è assorto il nostro amico.
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MACBETH, ACT 1 SCENE 4
MACBETH (aside)
If chance will have me king, why, chance may crown me Without my stir. BANQUO (to Ross and Angus) New honours come upon him, Like our strange garments, cleave not to their mould But with the aid of use. MACBETH (aside) Come what come may, Time and the hour runs through the roughest day.
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BANQUO
Worthy Macbeth, we stay upon your leisure. MACBETH
Give me your favour. My dull brain was wrought With things forgotten. (To Ross and Angus) Kind gentlemen, your pains Are registered where every day I turn The leaf to read them. Let us toward the King. (Aside to Banquo) Think upon what hath chanced, and at more time, The interim having weighed it, let us speak Our free hearts each to other. BANQUO Very gladly.
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MACBETH
Till then, enough. (To Ross and Angus) Come, friends. Exeunt 1.4
Flourish. Enter King Duncan, Lennox, Malcolm, Donalbain, and attendants
KING DUNCAN
Is execution done on Cawdor? Are not Those in commission yet returned? MALCOLM My liege, They are not yet come back. But I have spoke With one that saw him die, who did report That very frankly he confessed his treasons, Implored your highness’ pardon, and set forth A deep repentance. Nothing in his life 1848
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MACBETH, ATTO I SCENA 4
MACBETH (a parte)
Se il caso mi vorrà re, be’, il caso potrà incoronarmi senza che io alzi un dito. BANQUO (a Ross e Angus) Nuovi onori gli piovono addosso come i vestiti nuovi, che non aderiscono al corpo se non con l’aiuto della consuetudine. MACBETH (a parte) Accada quel che accada, il tempo e le ore passano, anche nel giorno più duro. BANQUO
Onorevole Macbeth, ti stiamo aspettando. MACBETH
Perdonatemi. La mia testa era annebbiata, persa dietro cose dimenticate. (A Ross e Angus) Signori, la vostra sollecitudine è registrata nel libro che sfoglio tutti i giorni per rileggerlo. Raggiungiamo il re. (A Banquo) Rifletti su quanto è accaduto, e tra qualche tempo, quando si sarà decantato, parliamone liberamente tra noi due. BANQUO
Molto volentieri. MACBETH
Per il momento, silenzio! – (A Ross e Angus) Venite, amici. Escono I, 4
Trombe. Entrano re Duncan, Lennox, Malcolm, Donalbain, e attendenti33
RE DUNCAN
Cawdor è stato giustiziato? Gli incaricati non sono ancora tornati? MALCOLM
Mio signore, non ancora, Però ho parlato con uno che lo ha visto morire, e ha riferito che assai sinceramente ha confessato il suo tradimento, implorato il perdono di vostra altezza, e manifestato un pentimento profondo. Niente nella sua vita gli ha fatto onore come
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MACBETH, ACT 1 SCENE 4
Became him like the leaving it. He died As one that had been studied in his death To throw away the dearest thing he owed As ’twere a careless trifle. KING DUNCAN There’s no art To find the mind’s construction in the face. He was a gentleman on whom I built An absolute trust.
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Enter Macbeth, Banquo, Ross, and Angus (To Macbeth) O worthiest cousin, The sin of my ingratitude even now Was heavy on me! Thou art so far before That swiftest wing of recompense is slow To overtake thee. Would thou hadst less deserved, That the proportion both of thanks and payment Might have been mine. Only I have left to say, ‘More is thy due than more than all can pay’.
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MACBETH
The service and the loyalty I owe, In doing it, pays itself. Your highness’ part Is to receive our duties, and our duties Are to your throne and state children and servants Which do but what they should by doing everything Safe toward your love and honour. KING DUNCAN Welcome hither. I have begun to plant thee, and will labour To make thee full of growing. – Noble Banquo, That hast no less deserved, nor must be known No less to have done so, let me enfold thee And hold thee to my heart. BANQUO There if I grow The harvest is your own. KING DUNCAN My plenteous joys, Wanton in fullness, seek to hide themselves In drops of sorrow. Sons, kinsmen, thanes, And you whose places are the nearest, know 1850
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MACBETH, ATTO I SCENA 4
la maniera con cui l’ha lasciata. È morto come uno che si fosse preparato a gettar via in punto di morte l’oggetto più prezioso che possedeva quasi fosse un’inezia. RE DUNCAN
Nessuna arte insegna a scoprire nei volti le macchinazioni della mente. Io in quel gentiluomo avevo riposto una fiducia assoluta. Entrano Macbeth, Banquo, Ross e Angus (A Macbeth) Valoroso cugino! Proprio adesso mi sentivo gravato dal peccato dell’ingratitudine. Tu mi precedi in modo tale che le ali più rapide della ricompensa sono troppo lente per raggiungerti. Vorrei che i tuoi meriti fossero minori, e che così il rapporto tra ringraziamenti e premi andasse a mio vantaggio. Ma non mi resta che dire, “Ti spetta ben più di quanto potrò mai pagare.” MACBETH
Il servizio e la lealtà che vi debbo nel compiersi si pagano da sé. Alla vostra maestà spetta la nostra obbedienza, e la nostra obbedienza va al vostro trono e al vostro stato. Siamo figli e servi e facciamo soltanto quello che dobbiamo fare per salvaguardare il vostro onore, e assicurarci il vostro amore34. RE DUNCAN
Benvenuto qui. Ho iniziato a seminarti, e mi adopererò per farti crescere al massimo. – Nobile Banquo, tu non hai meritato di meno, né meno si deve sapere che così è; lascia che ti abbracci e che ti stringa al cuore. BANQUO
Se vi crescerò, il raccolto sarà vostro. RE DUNCAN
Le mie abbondanti gioie, lussureggianti nell’esuberanza, cercano di nascondersi in gocce di dolore. – Figli, parenti, baroni, e voi che ci siete più vicini, sappiate che designiamo alla successione del
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MACBETH, ACT 1 SCENE 5
We will establish our estate upon Our eldest, Malcolm, whom we name hereafter The Prince of Cumberland; which honour must Not unaccompanied invest him only, But signs of nobleness, like stars, shall shine On all deservers. (To Macbeth) From hence to Inverness, And bind us further to you.
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MACBETH
The rest is labour which is not used for you. I’ll be myself the harbinger, and make joyful The hearing of my wife with your approach; So humbly take my leave. KING DUNCAN My worthy Cawdor. MACBETH (aside) The Prince of Cumberland – that is a step On which I must fall down or else o’erleap, For in my way it lies. Stars, hide your fires, Let not light see my black and deep desires; The eye wink at the hand; yet let that be Which the eye fears, when it is done, to see.
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Exit
KING DUNCAN
True, worthy Banquo, he is full so valiant, And in his commendations I am fed. It is a banquet to me. Let’s after him, Whose care is gone before to bid us welcome. It is a peerless kinsman. Flourish. Exeunt 1.5
Enter Lady Macbeth, with a letter
LADY MACBETH (reading) ‘They met me in the day of success,
and I have learned by the perfect’st report they have more in them than mortal knowledge. When I burned in desire to question them further, they made themselves air, into which they vanished. Whiles I stood rapt in the wonder of it came missives from the King, who all-hailed me “Thane of Cawdor”, by which title before these weird sisters saluted me, and referred me to the coming on of time with “Hail, King that shalt be!” This have I thought 1852
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MACBETH, ATTO I SCENA 5
regno il nostro primogenito, Malcolm, che pertanto nominiamo Principe di Cumberland35. Questo onore non investirà lui solo, ma insegne di nobiltà come stelle splenderanno su tutti i meritevoli. (A Macbeth) E ora, a Inverness, ad aumentare i nostri vincoli con te36. MACBETH
È fatica quel riposo che non viene speso per per voi. Farò io stesso l’araldo37 e allieterò le orecchie di mia moglie con la notizia del vostro arrivo. Mi congedo umilmente. RE DUNCAN
Mio valoroso Cawdor! MACBETH (a parte) Principe di Cumberland! Questo è un gradino sul quale io debbo cadere, se non lo scavalco, poiché si trova sul mio percorso. Stelle, nascondete i vostri fuochi, la luce non penetri nel buio dei miei segreti desideri, l’occhio non guardi la mano. Ma si compia quello che, una volta compiuto, l’occhio teme di guardare. Esce RE DUNCAN
È vero, ottimo Banquo, è in tutto e per tutto così valoroso, e dei suoi meriti io mi nutro: è un banchetto per me. Seguiamolo, lui che si premura di precederci per darci il benvenuto. È un congiunto impareggiabile. Trombe. Escono I, 5
Entra Lady Macbeth con una lettera38
LADY MACBETH (legge)
“Le ho incontrate nel giorno della vittoria, e da ottime fonti ho appreso che dentro di sé hanno una conoscenza più che mortale. Ardevo dal desiderio di interrogarle ulteriormente, ma si sono trasformate in aria, e nell’aria sono svanite. Mentre ero ancora in preda allo stupore sono arrivati messi del re che tutti mi hanno salutato barone di Cawdor, dandomi il titolo col quale le fatali sorelle mi avevano apostrofato, prima di rimandarmi al futuro con un ‘Salve, tu che sarai re.’ Questo mi è parso il caso di comunicarti, carissima
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MACBETH, ACT 1 SCENE 5
good to deliver thee, my dearest partner of greatness, that thou mightst not lose the dues of rejoicing by being ignorant of what greatness is promised thee. Lay it to thy heart, and farewell.’ Glamis thou art, and Cawdor, and shalt be What thou art promised. Yet do I fear thy nature. It is too full o’th’ milk of human kindness To catch the nearest way. Thou wouldst be great, Art not without ambition, but without The illness should attend it. What thou wouldst highly, That wouldst thou holily; wouldst not play false, And yet wouldst wrongly win. Thou’dst have, great Glamis, That which cries ‘Thus thou must do’ if thou have it, And that which rather thou dost fear to do Than wishest should be undone. Hie thee hither, That I may pour my spirits in thine ear And chastise with the valour of my tongue All that impedes thee from the golden round Which fate and metaphysical aid doth seem To have thee crowned withal.
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Enter a Servant What is your tidings? SERVANT
The King comes here tonight. Thou’rt mad to say it. Is not thy master with him, who, were’t so, Would have informed for preparation?
LADY MACBETH
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SERVANT
So please you, it is true. Our thane is coming, One of my fellows had the speed of him, Who, almost dead for breath, had scarcely more Than would make up his message.
22. ’Thus thou must do’: le virgolette non in F. 29, 30, 33, 37. Servant: emend. tardo per Mess. [Messenger] = “messo”. 1854
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MACBETH, ATTO I SCENA 5
compagna della mia grandezza, perché non mancassi di godere a tua volta restando ignorante di quale grandezza sia promessa anche a te. Serbalo nel cuore, e addio.” Sei Glamis, e Cawdor, e sarai quello che ti è stato promesso. Però io temo la tua natura, troppo colma del latte dell’umana bontà per imboccare scorciatoie. Non ti manca ambizione, vorresti essere grande, ma senza il male che deve accompagnarlo. Quello che più vuoi, lo vuoi in odore di santità; non vuoi barare, ma vuoi vincere pur sapendoti in torto. Tu devi avere, o grande Glamis, quello che grida, “Devi farlo” se lo vuoi, e che temi di fare più di quanto desideri che non sia fatto. Vieni, non tardare oltre affinché io possa riversare la mia fermezza nel tuo orecchio e frenare con la forza della mia lingua tutto quello che ti tiene lontano da quel cerchio d’oro di cui il fato e l’aiuto soprannaturale sembrano volerti incoronare. Entra un servitore Che notizie porti? SERVITORE
Il Re sarà qui questa sera. LADY MACBETH
Sei pazzo a dirlo. Non è con lui il tuo padrone? Se così fosse, avrebbe avvertito per i preparativi. SERVITORE
È così davvero. Il nostro padrone sta arrivando; uno dei miei compagni che ha corso più veloce di lui è mezzo morto, e non aveva quasi più il fiato per formulare il suo messaggio.
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MACBETH, ACT 1 SCENE 5
Give him tending; Exit Servant The raven himself is hoarse That croaks the fatal entrance of Duncan Under my battlements. Come, you spirits That tend on mortal thoughts, unsex me here, And fill me from the crown to the toe top-full Of direst cruelty. Make thick my blood, Stop up th’access and passage to remorse, That no compunctious visitings of nature Shake my fell purpose, nor keep peace between Th’effect and it. Come to my woman’s breasts, And take my milk for gall, you murd’ring ministers, Wherever in your sightless substances You wait on nature’s mischief. Come, thick night, And pall thee in the dunnest smoke of hell, That my keen knife see not the wound it makes, Nor heaven peep through the blanket of the dark To cry ‘Hold, hold!’
LADY MACBETH
He brings great news.
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Enter Macbeth Great Glamis, worthy Cawdor, Greater than both by the all-hail hereafter, Thy letters have transported me beyond This ignorant present, and I feel now The future in the instant. MACBETH My dearest love, Duncan comes here tonight. LADY MACBETH And when goes hence?
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MACBETH
Tomorrow, as he purposes. O never Shall sun that morrow see. Your face, my thane, is as a book where men May read strange matters. To beguile the time, Look like the time; bear welcome in your eye, Your hand, your tongue; look like the innocent flower,
LADY MACBETH
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MACBETH, ATTO I SCENA 5
LADY MACBETH
Occupati di lui, ha recato una grande notizia. Il servitore esce È sfiatato persino il corvo che gracchia l’ingresso fatale di Duncan sotto i miei spalti 39. E ora a voi, spiriti che ispirate i pensieri funesti40! Strappatemi il mio sesso e riempitemi dalla testa ai piedi della più inflessibile crudeltà; addensate il mio sangue41, impedite l’accesso e il varco alla pietà, che nessun rimorso né resipiscenza naturale possa far vacillare la mia torva decisione, o mantenere la pace tra di essa e il suo effetto. Calatevi nel mio seno di donna e mutate il mio latte in veleno, o maestri di morte, che nelle vostre forme invisibili dirigete i crimini della natura. Scendi, fitta notte, e ammantati nel più torbido fumo d’inferno, che la punta del mio pugnale non veda la ferita che infligge, né il cielo possa affacciarsi dalla cortina di tenebra per gridare, “Ferma… ferma!” Entra Macbeth Grande Glamis, prode Cawdor, e ben presto acclamato più grande ancora! La tua lettera mi ha trasportato oltre questo presente che nulla sospetta; io adesso, in questo istante, sento il futuro. MACBETH
Mia amatissima, Duncan sarà qui stasera. LADY MACBETH
E quando se ne andrà? MACBETH
Vuole ripartire domani. LADY MACBETH
Oh, non c’è sole che vedrà quel domani! Il tuo volto, mio signore, è come un libro dove gli uomini possono leggere cose strane. Per ingannare i tempi, assumi l’aspetto dei tempi; abbi il benvenuto nell’occhio, nella mano, nella lingua. Devi sembrare il fiore inno-
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MACBETH, ACT 1 SCENE 6
But be the serpent under’t. He that’s coming Must be provided for; and you shall put This night’s great business into my dispatch, Which shall to all our nights and days to come Give solely sovereign sway and masterdom.
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MACBETH
We will speak further. Only look up clear. To alter favour ever is to fear. Leave all the rest to me.
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LADY MACBETH
1.6
Exeunt
[Hautboys and torches.] Enter King Duncan, Malcolm, Donalbain, Banquo, Lennox, Macduff, Ross, Angus, and attendants
KING DUNCAN
This castle hath a pleasant seat. The air Nimbly and sweetly recommends itself Unto our gentle senses. BANQUO This guest of summer, The temple-haunting martlet, does approve By his loved mansionry that the heavens’ breath Smells wooingly here. No jutty, frieze, Buttress, nor coign of vantage but this bird Hath made his pendant bed and procreant cradle; Where they most breed and haunt I have observed The air is delicate.
5
Enter Lady Macbeth KING DUNCAN See, see, our honoured hostess!
The love that follows us sometime is our trouble, Which still we thank as love. Herein I teach you How you shall bid God ‘ield us for your pains, And thank us for your trouble.
4. Martlet: in F marlet, forma arcaica di martlet. 5. Mansionry: in F mansonry. 9. Most: emend. tardo per must (F) = “devono”. 1858
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MACBETH, ATTO I SCENA 6
cente, ma essere il serpe che si cela sotto il fiore42. Per colui che è in arrivo bisogna prepararsi; affida a me l’organizzazione della grande impresa di questa notte, che a tutte le nostre notti e giorni futuri darà imperio sovrano e potere. MACBETH
Ne riparleremo dopo. LADY MACBETH
Solo, mostrati sereno; far vedere un viso agitato è sempre un rischio. Tutto il resto lascialo a me. Escono I, 6
[Oboi e torce.] Entrano re Duncan, Malcolm, Donalbain, Banquo, Lennox, Macduff, Ross, Angus e attendenti43
RE DUNCAN
Questo castello ha una posizione amena. L’aria leggera e dolce si fa assaporare dai nostri sensi ammansiti. BANQUO
L’ospite dell’estate, il rondone44 che ama le chiese, dimostra scegliendolo a sua dimora prediletta, che l’alito del paradiso qui ha un profumo d’amore. Non c’è sporgenza, fregio, contrafforte né angolo propizio dove questo uccello non abbia fatto il suo pendulo letto e la sua fertile culla; e dove preferiscono accoppiarsi e dimorare, ho notato che l’aria è delicata. Entra Lady Macbeth RE DUNCAN
Vedi, vedi, la nostra onorevole ospite! L’amore che ci segue a volte è il nostro intralcio, e tuttavia in quanto è amore, continuiamo a ringraziarlo. Così vi insegno a dirci “Dio vi rimeriti” per il vostro disturbo, e a ringraziarci per le pene che vi sarete presa.
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MACBETH, ACT 1 SCENE 7
All our service In every point twice done, and then done double, Were poor and single business to contend Against those honours deep and broad wherewith Your majesty loads our house. For those of old, And the late dignities heaped up to them, We rest your hermits. KING DUNCAN Where’s the Thane of Cawdor? We coursed him at the heels, and had a purpose To be his purveyor; but he rides well, And his great love, sharp as his spur, hath holp him To his home before us. Fair and noble hostess, We are your guest tonight. LADY MACBETH Your servants ever Have theirs, themselves, and what is theirs in count To make their audit at your highness’ pleasure, Still to return your own. KING DUNCAN Give me your hand. Conduct me to mine host. We love him highly, And shall continue our graces towards him. By your leave, hostess. Exeunt LADY MACBETH
1.7
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Hautboys. Torches. Enter a sewer and divers servants with dishes and service over the stage. Then enter Macbeth
MACBETH
If it were done when ’tis done, then ’twere well It were done quickly. If th’assassination Could trammel up the consequence, and catch With his surcease success: that but this blow Might be the be-all and the end-all, here, But here upon this bank and shoal of time, We’d jump the life to come. But in these cases We still have judgement here, that we but teach Bloody instructions which, being taught, return
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6. Shoal: emend. tardo per school (F) con lo stesso significato (aggiornato rispetto al sec. XVII). 1860
MACBETH, ATTO I SCENA 7
LADY MACBETH
Ogni nostro servizio raddoppiato due volte e poi raddoppiato ancora sarebbe povera cosa se dovesse gareggiare con quegli onori ampi e profondi di cui la vostra maestà carica la nostra dimora. Sia per quelli passati, sia per le distinzioni ad essi aggiunte di recente, noi dovremo pregare per voi come eremiti45. RE DUNCAN
E dov’è il barone di Cawdor? Lo abbiamo tallonato, e volevamo fargli da araldo46; ma lui monta bene, e il suo grande amore, aguzzo come il suo sprone, lo ha spinto fino a casa prima di noi. Bella e nobile padrona, siamo vostri ospiti stasera. LADY MACBETH
I vostri servi sempre tengono i loro servi, se stessi e quanto è loro, pronti a disposizione del piacere della vostra altezza, per quando vorrà tornarne in possesso. RE DUNCAN
Datemi la mano. Portatemi dal mio anfitrione. Noi lo amiamo assai e continueremo a favorirlo. Col vostro permesso, signora. Escono I, 7
Oboi. Torce. Entrano un maggiordomo e vari servi con piatti e servizio, attraversando la scena. Poi entra Macbeth47
MACBETH
Se fosse concluso una volta fatto, l’ideale sarebbe che fosse fatto presto48. Se l’assassinio potesse irretire le conseguenze e catturare col suo semplice accadere, il successo; se il colpo potesse essere il tutto e la fine del tutto – qui, qui e solo qui, su questa battigia49 del tempo, rischieremmo la vita futura. Ma in casi come questo noi siamo giudicati anche qui – noi che pur ci limitiamo a insegnare sanguinosi delitti che una volta appresi, tornano a perseguitare
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MACBETH, ACT 1 SCENE 7
To plague th’inventor. This even-handed justice Commends th’ingredience of our poisoned chalice To our own lips. He’s here in double trust: First, as I am his kinsman and his subject, Strong both against the deed; then, as his host, Who should against his murderer shut the door, Not bear the knife myself. Besides, this Duncan Hath borne his faculties so meek, hath been So clear in his great office, that his virtues Will plead like angels, trumpet-tongued against The deep damnation of his taking-off, And pity, like a naked new-born babe, Striding the blast, or heaven’s cherubin, horsed Upon the sightless couriers of the air, Shall blow the horrid deed in every eye That tears shall drown the wind. I have no spur To prick the sides of my intent, but only Vaulting ambition which o’erleaps itself And falls on th’other.
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Enter Lady Macbeth How now? What news? LADY MACBETH
He has almost supped. Why have you left the chamber? MACBETH
Hath he asked for me? Know you not he has?
LADY MACBETH
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MACBETH
We will proceed no further in this business. He hath honoured me of late, and I have bought Golden opinions from all sorts of people, Which would be worn now in their newest gloss, Not cast aside so soon. LADY MACBETH Was the hope drunk Wherein you dressed yourself? Hath it slept since? And wakes it now to look so green and pale At what it did so freely? From this time 1862
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MACBETH, ATTO I SCENA 7
l’istigatore. Questa giustizia equanime offre la mistura del nostro calice avvelenato alle nostre stesse labbra. Qui lui è doppiamente fiducioso. In primo luogo, perché sono suo congiunto e suo suddito, due validi argomenti per farmi desistere; poi, come suo anfitrione, io dovrei sbarrare la porta al suo attentatore, non brandire il coltello. Senza contare che questo Duncan ha usato il suo potere con tale moderazione, è stato così puntuale nel suo grande ufficio, che le sue virtù come angeli dalla lingua di tromba denunceranno la mostruosa ingiustizia del suo assassinio. E la pietà, come un pargoletto nudo appena nato in groppa alla tempesta50, o come il cherubino celeste, montato sui ciechi corrieri dell’aria51, soffierà l’atto orrendo in ogni occhio finché le lacrime non annegheranno il vento52. Io non ho sperone per pungolare i fianchi del mio proposito, ma solo un’ambizione che spicca un salto incontrollato e cade a capofitto dall’altra parte53. Entra Lady Macbeth Allora? Che succede? LADY MACBETH
Sta terminando di mangiare. Perché hai abbandonato il banchetto? MACBETH
Ha chiesto di me? LADY MACBETH
Non lo immagini? MACBETH
Questa impresa finisce qui. Mi ha appena colmato di onori, e ho acquistato presso ogni genere di persone una stima aurea che va indossata ora finché luccica, e non scartata così presto. LADY MACBETH
Era ubriaca la speranza in cui ti avvolgevi? Dorme ancora, non si è più svegliata? Si riscuote adesso, verde e pallida, per contemplare quello che aveva fatto così spontaneamente? D’ora in avanti così
1863
MACBETH, ACT 1 SCENE 7
Such I account thy love. Art thou afeard To be the same in thine own act and valour As thou art in desire? Wouldst thou have that Which thou esteem’st the ornament of life, And live a coward in thine own esteem, Letting ‘I dare not’ wait upon ‘I would’, Like the poor cat i’th’ adage? MACBETH Prithee, peace. I dare do all that may become a man; Who dares do more is none. LADY MACBETH What beast was’t then That made you break this enterprise to me? When you durst do it, then you were a man; And to be more than what you were, you would Be so much more the man. Nor time nor place Did then adhere, and yet you would make both. They have made themselves, and that their fitness now Does unmake you. I have given suck, and know How tender ’tis to love the babe that milks me. I would, while it was smiling in my face, Have plucked my nipple from his boneless gums And dashed the brains out, had I so sworn As you have done to this. MACBETH If we should fail? LADY MACBETH We fail! But screw your courage to the sticking-place And we’ll not fail. When Duncan is asleep – Whereto the rather shall his day’s hard journey Soundly invite him – his two chamberlains Will I with wine and wassail so convince That memory, the warder of the brain, Shall be a fume, and the receipt of reason A limbeck only. When in swinish sleep Their drenchèd natures lies as in a death, 47. Do more: emend. tardo per no more (F) = “non più”. 68. Lies: così in F1: in F2 lie. 1864
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MACBETH, ATTO I SCENA 7
considero il tuo amore. Hai paura di mostrarti nell’azione e nel coraggio all’altezza di quello che sei nel desiderio? Vorresti avere quello che consideri l’ornamento della vita, e vivere da codardo ai tuoi stessi occhi? Come il gatto che voleva il pesce ma non bagnarsi le zampe, lasciando che il “non oso” controlli il “vorrei”? MACBETH
Ti prego, taci. Io oso fare tutto quello che è degno di un uomo; chi osa di più, non lo è. LADY MACBETH
E allora quale bestia ti ha convinto a svelarmi questo progetto? Se osassi realizzarlo, allora saresti un uomo: e il tentativo di diventare più di quello che eri ti renderebbe uomo ancora di più. Prima, né il tempo né il luogo erano adatti; e tuttavia eri pronto a renderli tali. Ora lo sono diventati, e questa loro saldezza ti toglie le forze. Io ho allattato54, e so com’è dolce amare il bambino che mi succhia; eppure anche guardando il suo sorriso io gli strapperei il capezzolo dalle gengive senza denti e gli sfonderei il cranio, se avessi giurato di farlo come tu hai giurato di fare questo. MACBETH
Ma se fallissimo? LADY MACBETH
Fallire noi? Tu incocca bene il tuo coraggio55, e non falliremo. Quando Duncan dormirà, come certo il faticoso viaggio di oggi lo inviterà a fare, i suoi due attendenti 56 con vino e vivande io li ingozzerò al punto che la loro memoria, guardiana del cervello, diventerà vapore, e la sede della ragione, non più di un alambicco. Quando in un sonno porcino giaceranno ebbri come nella morte,
1865
MACBETH, ACT 2 SCENE 1
What cannot you and I perform upon Th’unguarded Duncan? What not put upon His spongy officers, who shall bear the guilt Of our great quell? MACBETH Bring forth men-children only, For thy undaunted mettle should compose Nothing but males. Will it not be received, When we have marked with blood those sleepy two Of his own chamber and used their very daggers, That they have done’t? LADY MACBETH Who dares receive it other, As we shall make our griefs and clamour roar Upon his death? MACBETH I am settled, and bend up Each corporal agent to this terrible feat. Away, and mock the time with fairest show. False face must hide what the false heart doth know.
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Exeunt 2.1
Enter Banquo and Fleance, with a torch before him
BANQUO How goes the night, boy? FLEANCE
The moon is down. I have not heard the clock. BANQUO
And she goes down at twelve. I take’t ’tis later, sir.
FLEANCE BANQUO (giving Fleance his sword)
Hold, take my sword. There’s husbandry in heaven, Their candles are all out. Take thee that, too. A heavy summons lies like lead upon me, And yet I would not sleep. Merciful powers, Restrain in me the cursèd thoughts that nature Gives way to in repose. Enter Macbeth, and a servant with a torch Give me my sword. Who’s there?
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MACBETH, ATTO II SCENA 1
cos’è che tu ed io non potremo compiere sull’indifeso Duncan? Cosa non potremo riversare sui suoi fradici custodi, che porteranno la colpa della nostra grandiosa carneficina? MACBETH
Genera solo maschi! La tua intrepida tempra non deve forgiare altro che uomini. Chi non crederà, quando avremo segnato col sangue quei due dormiglioni nella sua stanza, e usato i loro stessi pugnali, chi dubiterà che siano stati loro? LADY MACBETH
Chi oserà credere altrimenti, quando avremo dato voce al nostro cordoglio per la sua morte? MACBETH
Sono determinato; e chiamo a raccolta ogni facoltà corporea per questa terribile impresa. Andiamo a ingannare il tempo con l’espressione più festosa; un viso falso deve celare quello che il falso cuore ben sa. Escono II, 1
Entrano Banquo e Fleance, preceduti da una torcia57
BANQUO
Com’è la notte, figlio? FLEANCE
La luna è tramontata. Non ho sentito l’orologio. BANQUO
E tramonta alle dodici. FLEANCE
Credo che sia più tardi, padre. BANQUO (dà a Fleance la sua spada)
Tieni, prendimi la spada. Tirano a risparmiare in cielo, hanno spento tutte le candele. – Prendi anche questo58. – Ho addosso una sonnolenza greve come piombo, e tuttavia non vorrei dormire. Divinità celesti, allontanate da me nella vostra misericordia i pensieri maledetti che la natura lascia liberi nel riposo. Entrano Macbeth e un servo con una torcia Ridammi la spada59! Chi va là?
1867
MACBETH, ACT 2 SCENE 1
MACBETH A friend.
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BANQUO
What, sir, not yet at rest? The King’s a-bed. He hath been in unusual pleasure, and Sent forth great largesse to your offices. This diamond he greets your wife withal By the name of most kind hostess, and shut up In measureless content. MACBETH Being unprepared Our will became the servant to defect, Which else should free have wrought. BANQUO All’s well. I dreamt last night of the three weird sisters. To you they have showed some truth. MACBETH I think not of them; Yet, when we can entreat an hour to serve, We would spend it in some words upon that business If you would grant the time. BANQUO At your kind’st leisure.
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MACBETH
If you shall cleave to my consent when ’tis, It shall make honour for you. BANQUO So I lose none In seeking to augment it, but still keep My bosom franchised and allegiance clear, I shall be counselled. MACBETH Good repose the while. BANQUO Thanks, sir. The like to you.
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Exeunt Banquo and Fleance MACBETH (to the Servant)
Go bid thy mistress, when my drink is ready, She strike upon the bell. Get thee to bed. Exit Servant Is this a dagger which I see before me, The handle toward my hand? Come, let me clutch thee. I have thee not, and yet I see thee still.
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MACBETH, ATTO II SCENA 1
MACBETH
Amici. BANQUO
Ma non sei ancora a letto? Il re si è coricato. Si è compiaciuto in modo eccezionale, e con grande munificenza ha ricambiato i tuoi servigi. Mediante questa gemma saluta tua moglie con l’epiteto di cortesissima ospite. Si è ritirato infinitamente soddisfatto. MACBETH
Non essendo preparati, la nostra volontà è diventata schiava del difetto; altrimenti il nostro operato non avrebbe conosciuto limiti. BANQUO
È andato tutto bene. Questa notte ho sognato le tre sorelle fatali. A te qualcosa di vero hanno detto. MACBETH
Io non ci penso più. Però quando avremo un po’ di tempo, lo investiremo in qualche parola su quella faccenda, se me lo consentirai. BANQUO
A tua disposizione. MACBETH
E se ti troverai d’accordo con me, quando sarà il momento, ne ricaverai onore. BANQUO
Finché non perderò l’onore, per tentare di accrescerlo, ma manterrò sgombra la coscienza e salda la lealtà, sarò saggio60. MACBETH
Buon riposo, intanto. BANQUO
Grazie, lo stesso a te. Escono Banquo e Fleance MACBETH (al servo)
Di’ alla tua padrona che quando è pronto il mio cordiale, suoni il campanello. Poi vai a letto. Il servo esce È un pugnale questo che mi vedo davanti, col manico verso la mia mano? Vieni, lasciati impugnare. Non ti tengo, eppure continuo
1869
MACBETH, ACT 2 SCENE 1
Art thou not, fatal vision, sensible To feeling as to sight? Or art thou but A dagger of the mind, a false creation Proceeding from the heat-oppressèd brain? I see thee yet, in form as palpable As this which now I draw. Thou marshall’st me the way that I was going, And such an instrument I was to use. Mine eyes are made the fools o’th’ other senses, Or else worth all the rest. I see thee still, And on thy blade and dudgeon gouts of blood, Which was not so before. There’s no such thing. It is the bloody business which informs Thus to mine eyes. Now o’er the one half-world Nature seems dead, and wicked dreams abuse The curtained sleep. Witchcraft celebrates Pale Hecate’s offerings, and withered murder, Alarumed by his sentinel the wolf, Whose howl’s his watch, thus with his stealthy pace, With Tarquin’s ravishing strides, towards his design Moves like a ghost. Thou sure and firm-set earth, Hear not my steps which way they walk, for fear Thy very stones prate of my whereabout, And take the present horror from the time, Which now suits with it. Whiles I threat, he lives. Words to the heat of deeds too cold breath gives.
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A bell rings I go, and it is done. The bell invites me. Hear it not, Duncan; for it is a knell That summons thee to heaven or to hell.
Exit
55. Strides: emend. tardo per sides (F) = “fianchi”. 56: Sure: emend. tardo per sowre (F) = “aspra”. 57. Which way they walk: emend. tardo per which they may walk (F): “su cui possono camminare”. 1870
MACBETH, ATTO II SCENA 1
a vederti! Non sei percepibile al tatto, o visione fatale, come alla vista? O non sei che un pugnale della mente, una creazione ingannatrice nata da una febbre del cervello? Io ti vedo ancora, in forma tangibile quanto questo che ora sto sguainando. Tu mi indichi il cammino su cui mi avviavo, e gli strumenti che avrei adoperato. O i miei occhi sono diventati il trastullo degli altri sensi, o valgono solo loro, e il resto, niente. Continuo a vederti, e sulla lama e sull’elsa vedo gocce di sangue che prima non c’erano. Non c’è una cosa simile, è l’impresa cruenta che assume questa forma davanti a me. Ora su metà del mondo la natura sembra morta, e sogni infami violentano il sonno tra le sue coltri. La magia nera celebra i sacrifici della pallida Ecate61; e lo smunto Assassinio, ridestato dal lupo sua sentinella, i cui ululati lo guardano, così, col suo passo furtivo, con l’incedere dello stupratore Tarquinio 62, verso la sua preda avanza come uno spettro. Tu terra salda e incrollabile, non udire i miei passi, dove sono diretti, per paura che le stesse pietre cicalando mi rivelino e sottraggano al tempo l’orrore del momento che gli appartiene. Mentre io minaccio, lui vive; troppo freddo è l’alito delle parole sul calore dell’azione. Suona una campana Vado, ed è fatta; la campana mi invita. Non ascoltarla, Duncan, perché è un rintocco che ti convoca in paradiso, o all’inferno. Esce
1871
MACBETH, ACT 2 SCENE 2
2.2
Enter Lady Macbeth
LADY MACBETH
That which hath made them drunk hath made me bold. What hath quenched them hath given me fire. Hark, peace! – It was the owl that shrieked, the fatal bellman Which gives the stern’st good-night. He is about it. The doors are open, and the surfeited grooms Do mock their charge with snores. I have drugged their possets That death and nature do contend about them Whether they live or die.
5
Enter Macbeth [above] MACBETH
Who’s there? What ho?
Exit
LADY MACBETH
Alack, I am afraid they have awaked, And ’tis not done. Th’attempt and not the deed Confounds us. Hark! – I laid their daggers ready; He could not miss ’em. Had he not resembled My father as he slept, I had done’t.
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[Enter Macbeth below] My husband! MACBETH
I have done the deed. Didst thou not hear a noise? LADY MACBETH
I heard the owl scream and the crickets cry. Did not you speak? MACBETH When? LADY MACBETH Now. MACBETH As I descended? LADY MACBETH
Ay. MACBETH Hark! – Who lies i’th’ second chamber?
1872
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MACBETH, ATTO II SCENA 2
II, 2
Entra Lady Macbeth63
LADY MACBETH
Quello che li ha ubriacati a me ha dato coraggio; quello che li ha spenti, mi ha infiammata. – Ascolta! Zitti! È la civetta che ha strillato: ronda fatale che augura l’estrema buonanotte64. Lo sta facendo. Le porte sono aperte, e le guardie sazie di cibo si beffano russando del loro compito. Ho versato droga nel loro vino65, così che morte e natura se le contendono, incerte se farle vivere o morire. Entra Macbeth [di sopra] MACBETH
Ehi! Chi va là? LADY MACBETH
Ahi, temo che si siano svegliati, e che non sia fatta. Tentare senza concludere sarebbe la rovina – Ssst! – Gli ho messo lì i loro pugnali, non può non averli trovati. Mentre dormiva66 sembrava mio padre, altrimenti l’avrei fatto io. [Entra Macbeth di sotto] – Mio marito! MACBETH
L’ho fatto. Non hai sentito un rumore67? LADY MACBETH
Ho sentito il grido della civetta e il canto dei grilli. Tu non hai parlato? MACBETH
Quando? LADY MACBETH
Adesso. MACBETH
Mentre scendevo? LADY MACBETH
Sì. MACBETH
Ascolta! – Chi c’è nella camera accanto?
1873
MACBETH, ACT 2 SCENE 2
LADY MACBETH
Donalbain. MACBETH (looking at his hands) This is a sorry sight. LADY MACBETH
A foolish thought, to say a sorry sight. MACBETH
There’s one did laugh in’s sleep, and one cried ‘Murder!’ That they did wake each other. I stood and heard them. But they did say their prayers and addressed them Again to sleep. LADY MACBETH There are two lodged together.
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MACBETH
One cried ‘God bless us’ and ‘Amen’ the other, As they had seen me with these hangman’s hands. List’ning their fear I could not say ‘Amen’ When they did say ‘God bless us.’
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LADY MACBETH
Consider it not so deeply. MACBETH
But wherefore could not I pronounce ‘Amen’? I had most need of blessing, and ‘Amen’ Stuck in my throat. LADY MACBETH These deeds must not be thought After these ways. So, it will make us mad.
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MACBETH
Methought I heard a voice cry ‘Sleep no more, Macbeth does murder sleep’ – the innocent sleep, Sleep that knits up the ravelled sleave of care, The death of each day’s life, sore labour’s bath, Balm of hurt minds, great nature’s second course, Chief nourisher in life’s feast – LADY MACBETH What do you mean?
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MACBETH, ATTO II SCENA 2
LADY MACBETH
Donalbain. MACBETH (guardandosi le mani)
È uno spettacolo pietoso. LADY MACBETH
È da sciocchi dire, che spettacolo pietoso. MACBETH
Ce n’è uno che ha riso nel sonno, e uno ha gridato “All’assassino!” Così si sono svegliati. Io mi sono fermato a ascoltare. Ma hanno detto le preghiere e si sono affidati di nuovo al sonno. LADY MACBETH
Sono due che dormono insieme. MACBETH
Uno ha gridato, “Dio ci benedica!”, e l’altro, “Amen”, come se mi avessero visto con queste mani da boia68. Li sentivo, avevano paura; e non sono riuscito a dire “Amen”, quando hanno detto “Dio ci benedica.” LADY MACBETH
Non ti ci fissare. MACBETH
Ma perché non ho potuto dire “Amen”? Sentivo il bisogno di una benedizione. Eppure l’“Amen” mi è rimasto nella gola. LADY MACBETH
Azioni come questa non vanno rimuginate in questo modo; altrimenti si diventa pazzi. MACBETH
Mi è parso di sentire una voce che gridava, “Non dormirai più: Macbeth uccide a tradimento il sonno, l’innocente sonno, il sonno che scioglie i fili aggrovigliati dell’angoscia 69, morte della vita di ogni giorno, bagno della dura fatica, balsamo degli animi dolenti, alimento primario70 della grande natura, nutrimento essenziale nel banchetto della vita.” LADY MACBETH
Ma che vuoi dire?
1875
MACBETH, ACT 2 SCENE 2
MACBETH
Still it cried ‘Sleep no more’ to all the house, ‘Glamis hath murdered sleep, and therefore Cawdor Shall sleep no more, Macbeth shall sleep no more.’
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LADY MACBETH
Who was it that thus cried? Why, worthy thane, You do unbend your noble strength to think So brain-sickly of things. Go get some water And wash this filthy witness from your hand. Why did you bring these daggers from the place? They must lie there. Go, carry them, and smear The sleepy grooms with blood. MACBETH I’ll go no more. I am afraid to think what I have done, Look on’t again I dare not. LADY MACBETH Infirm of purpose! Give me the daggers. The sleeping and the dead Are but as pictures. ’Tis the eye of childhood That fears a painted devil. If he do bleed I’ll gild the faces of the grooms withal, For it must seem their guilt.
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Exit
Knock within Whence is that knocking? – How is’t with me when every noise appals me? What hands are here! Ha, they pluck out mine eyes. Will all great Neptune’s ocean wash this blood Clean from my hand? No, this my hand will rather The multitudinous seas incarnadine, Making the green one red.
MACBETH
Enter Lady Macbeth LADY MACBETH
My hands are of your colour, but I shame To wear a heart so white. Knock within
1876
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MACBETH, ATTO II SCENA 2
MACBETH
E continuava a gridare, “Non si dorme più!” a tutta la casa; “Glamis ha assassinato il sonno”, e per questo Cawdor non dormirà più – Macbeth non dormirà mai più. LADY MACBETH
Chi gridava così? Via, mio signore, tu umìli la tua nobile forza col pensare così morbosamente alle cose. Vai a prendere dell’acqua e lavati dalle mani questa sozza testimonianza. Perché hai portato qui questi pugnali? Devono restare di là. Su, rimetticeli, e sporca di sangue le guardie addormentate. MACBETH
Io non ci torno. Ho paura anche solo di pensare a quello che ho fatto; non oso guardarlo di nuovo. LADY MACBETH
Che uomo indeciso! Dammi i pugnali. Dormienti e morti sono solo un’immagine; è l’occhio dell’infanzia che teme il diavolo dipinto. Se gli esce ancora del sangue, ci dipingerò71 le facce delle guardie, devono sembrare loro i colpevoli. Esce Bussano da dentro MACBETH
Dov’è che bussano? Perché ogni rumore mi sgomenta? Che mani sono queste? Ah, mi strappano gli occhi. Basterà tutto l’oceano del grande Nettuno a lavarmi questo sangue dalla mano? No – è più facile che questa mia mano invermigli le moltitudini dei mari facendo del loro verde un solo rosso. Entra Lady Macbeth LADY MACBETH
Le mie mani hanno il colore delle tue, ma avrei vergogna di avere un cuore così esangue. Bussano dentro
1877
MACBETH, ACT 2 SCENE 3
I hear a knocking At the south entry. Retire we to our chamber. A little water clears us of this deed. How easy is it then! Your constancy Hath left you unattended.
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Knock within Hark, more knocking. Get on your nightgown, lest occasion call us And show us to be watchers. Be not lost So poorly in your thoughts.
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MACBETH
To know my deed ’twere best not know myself. Knock within Wake Duncan with thy knocking. I would thou couldst. Exeunt 2.3
Enter a Porter. Knocking within
PORTER Here’s a knocking indeed! If a man were porter
of hell-gate he should have old turning the key. Knock within Knock, knock, knock. Who’s there, i’th’ name of Beelzebub? Here’s a farmer that hanged himself on th’expectation of plenty. Come in time! Have napkins enough about you; here you’ll sweat for’t.
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Knock within Knock, knock. Who’s there, in th’other devil’s name? Faith, here’s an equivocator that could swear in both the scales against either scale, who committed treason enough for God’s sake, yet could not equivocate to heaven. O, come in, equivocator.
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Knock within
5. Come in time!: così in F; molte volte emendato, ma adeguato per “a tempo debito!”. 1878
MACBETH, ATTO II SCENA 3
Sento bussare al portone sud. Ritiriamoci in camera nostra, due gocce d’acqua ci ripuliranno di questa azione. Lo vedi com’è facile? La tua fermezza ti ha abbandonato. Bussano dentro Senti! Bussano ancora. Mettiti la veste da camera, perché non si pensi che eravamo alzati. Non perderti così penosamente nei tuoi pensieri. MACBETH
Per guardare quello che ho fatto sarebbe meglio non riconoscere me stesso72. Bussano dentro Sveglia Duncan, se puoi! Magari potessi farlo! Escono II, 3
Entra un portiere. Bussano da dentro73
PORTIERE74
Senti come bussano! Se uno facesse il portiere all’inferno, non farebbe che maneggiare il chiavistello. Bussano da dentro Bum, bum, bum! Chi è, in nome di Belzebù? Eh? Un contadino che, aspettando un buon raccolto, si è impiccato75. Al momento giusto! Portati le salviette, c’è da sudare qua dentro. Bussano da dentro Bum, bum! Chi è, nel nome di quell’altro diavolo76? Ma guarda, un cavillatore77 che giurava su tutti e due i piatti della bilancia, prima su questo e poi su quello, ne ha commessi abbastanza di tradimenti in nome di Dio, ma malgrado tutti i suoi cavilli per arrivare fino al paradiso ci vuol altro. Entra, entra, cavillatore! Bussano da dentro
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MACBETH, ACT 2 SCENE 3
Knock, knock, knock. Who’s there? ‘Faith, here’s an English tailor come hither for stealing out of a French hose. Come in, tailor. Here you may roast your goose. Knock within Knock, knock. Never at quiet. What are you? – But this place is too cold for hell. I’ll devil-porter it no further. I had thought to have let in some of all professions that go the primrose way to th’everlasting bonfire. Knock within Anon, anon! He opens the gate I pray you remember the porter.
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Enter Macduff and Lennox MACDUFF
Was it so late, friend, ere you went to bed That you do lie so late? PORTER Faith, sir, we were carousing till the second cock, and drink, sir, is a great provoker of three things. MACDUFF What three things does drink especially provoke? PORTER Marry, sir, nose-painting, sleep, and urine. Lechery, sir, it provokes and unprovokes: it provokes the desire but it takes away the performance. Therefore much drink may be said to be an equivocator with lechery: it makes him and it mars him; it sets him on and it takes him off; it persuades him and disheartens him, makes him stand to and not stand to; in conclusion, equivocates him in a sleep, and, giving him the lie, leaves him. MACDUFF I believe drink gave thee the lie last night. PORTER That it did, sir, i’the very throat on me; but I requited him for his lie, and, I think, being too strong for him, though he took up my legs sometime, yet I made a shift to cast him.
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MACBETH, ATTO II SCENA 3
Bussa, bussa, bussa! Chi è? Guarda guarda! Un sarto inglese che è venuto qui per avere rubato stoffa da un paio di brache francesi78. Entra qui, sarto, che ti riscaldi il ferro da stiro79! Bussano da dentro Bussa, bussa! Non si sta mai tranquilli! Chi sei? – Ma questo posto è troppo freddo. Come inferno non funziona. Non lo faccio più, il diavolo portiere. Credevo di aver fatto entrare qualcuno per ciascuna delle professioni che lungo il sentiero delle primule vanno all’eterno falò. Bussano da dentro Arrivo, arrivo. Apre il portone E non dimenticatevi del portiere80. Entrano Macduff e Lennox MACDUFF
Sei andato a letto così tardi, amico, che ti alzi solo ora? PORTIERE
Veramente, signore, abbiamo fatto baldoria fino al secondo gallo81; e il bere, signore, è un grande provocatore di tre cose. MACDUFF
Quali tre cose provoca il bere, in modo particolare? PORTIERE
Diamine, signore, naso rosso, sonno, e urina. La lussuria, signore, la stimola e la reprime: stimola il desiderio ma impedisce la prestazione. Perciò si può dire che il molto vino sia un cavillatore con la lussuria: fa e disfa, incoraggia e scoraggia, indurisce e rammollisce, tira su e butta giù; in conclusione, a forza di cavilli ti attira nel sonno82, e dopo averti sbugiardato83, ti lascia. MACDUFF
Credevo che il vino ti avesse sbugiardato ieri sera. PORTIERE
Lo ha fatto, signore, e in pieno84. Però io l’ho chiamato a rispondere della sua accusa, e siccome credo di essere stato troppo forte per lui, malgrado mi abbia preso un tantino alle gambe, sono riuscito a scrollarmelo di dosso85. 1881
MACBETH, ACT 2 SCENE 3
MACDUFF Is thy master stirring?
Enter Macbeth Our knocking has awaked him: here he comes. [Exit Porter] LENNOX (to Macbeth)
Good morrow, noble sir. Good morrow, both.
MACBETH MACDUFF
Is the King stirring, worthy thane? MACBETH
Not yet.
MACDUFF
He did command me to call timely on him. I have almost slipped the hour. MACBETH I’ll bring you to him.
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MACDUFF
I know this is a joyful trouble to you, But yet ’tis one. MACBETH
The labour we delight in physics pain. This is the door. MACDUFF I’ll make so bold to call, For ’tis my limited service.
50 Exit Macduff
LENNOX
Goes the King hence today? MACBETH He does; he did appoint so. LENNOX
The night has been unruly. Where we lay Our chimneys were blown down, and, as they say, Lamentings heard i’th’ air, strange screams of death, And prophesying with accents terrible Of dire combustion and confused events New-hatched to th’ woeful time. The obscure bird
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56
MACBETH, ATTO II SCENA 3
MACDUFF
È in piedi il tuo padrone? Entra Macbeth I nostri colpi al portone lo hanno svegliato, eccolo. [Il Portiere esce] LENNOX (a Macbeth)
Buongiorno, nobile signore. MACBETH
Buongiorno a tutti e due. MACDUFF
Il re si è alzato, prode barone? MACBETH
Non ancora. MACDUFF
Mi ha incaricato di chiamarlo presto. Per poco non lasciavo passare l’ora. MACBETH
Vi conduco da lui. MACDUFF
So che per voi è un fastidio gradito. Ma è pur sempre un fastidio. MACBETH
I fastidi che ci piacciono curano il dolore – ecco la porta. MACDUFF
Mi permetterò di entrare, il mio compito si limita a questo. Macduff esce LENNOX
Il Re parte oggi? MACBETH
Sì, così ha ordinato. LENNOX
La notte è stata inquieta. Dove dormivamo noi, i camini sono stati abbattuti, e, dicono, si sono sentiti lamenti nell’aria, strane grida di morte, e profezie, con accenti terribili, di orrendi sconquassi e disordini in preparazione di tempi dolorosi. L’uccello oscuro86 ha
1883
MACBETH, ACT 2 SCENE 3
Clamoured the livelong night. Some say the earth Was feverous and did shake. MACBETH ’Twas a rough night.
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LENNOX
My young remembrance cannot parallel A fellow to it. Enter Macduff O horror, horror, horror! Tongue nor heart cannot conceive nor name thee. MACBETH and LENNOX What’s the matter? MACDUFF
MACDUFF
Confusion now hath made his masterpiece. Most sacrilegious murder hath broke ope The Lord’s anointed temple and stole thence The life o’th’ building. MACBETH What is’t you say – the life? LENNOX Mean you his majesty?
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MACDUFF
Approach the chamber and destroy your sight With a new Gorgon. Do not bid me speak. See, and then speak yourselves. Exeunt Macbeth and Lennox Awake, awake! Ring the alarum bell. Murder and treason! Banquo and Donalbain, Malcolm, awake! Shake off this downy sleep, death’s counterfeit, And look on death itself. Up, up, and see The great doom’s image. Malcolm, Banquo, As from your graves rise up, and walk like sprites To countenance this horror. Bell rings. Enter Lady Macbeth
80. Ring the bell!: così in F, escluso da emend. successivi. 1884
75
MACBETH, ATTO II SCENA 3
schiamazzato tutta la notte. Alcuni dicono che la terra aveva la febbre e ha tremato. MACBETH
È stata una brutta notte. LENNOX
Io sono giovane e ho poca esperienza, ma non ne ricordo una simile. Entra Macduff MACDUFF
O orrore, orrore, orrore! Lingua e cuore non possono concepirti, né nominarti! MACBETH e LENNOX Che è successo? MACDUFF
L’abominio ha fatto il suo capolavoro. Il delitto più sacrilego ha violato il tempio consacrato del Signore87, e ne ha trafugato la vita. MACBETH
Che hai detto? La vita? LENNOX
Intendi sua maestà? MACDUFF
Entrate in quella stanza e una nuova Gorgone vi annienterà la vista88. Non chiedetemi di parlare – guardate e poi a parlare siate voi. Escono Macbeth e Lennox Sveglia, sveglia! Suonate l’allarme! Tradimento e assassinio! Banquo, Donalbain! Malcolm! Sveglia! Scacciate questo morbido sonno, falsificazione della morte, e guardate la morte stessa! In piedi, in piedi, e vedrete l’immagine del Giudizio Universale! – Malcolm, Banquo, come dalla vostra tomba alzatevi e incedete quali fantasmi per affrontare questo orrore. Suonate la campana! Suona la campana. Entra Lady Macbeth
1885
MACBETH, ACT 2 SCENE 3
What’s the business, That such a hideous trumpet calls to parley The sleepers of the house? Speak, speak. MACDUFF O gentle lady, ’Tis not for you to hear what I can speak. The repetition in a woman’s ear Would murder as it fell. LADY MACBETH
80
Enter Banquo O Banquo, Banquo, Our royal master’s murdered! LADY MACBETH Woe, alas – What, in our house? BANQUO Too cruel anywhere. Dear Duff, I prithee contradict thyself, And say it is not so.
85
Enter Macbeth, Lennox, [and Ross] MACBETH
Had I but died an hour before this chance I had lived a blessèd time, for from this instant There’s nothing serious in mortality. All is but toys. Renown and grace is dead. The wine of life is drawn, and the mere lees Is left this vault to brag of.
90
95
Enter Malcolm and Donalbain DONALBAIN What is amiss? MACBETH You are, and do not know’t.
The spring, the head, the fountain of your blood Is stopped, the very source of it is stopped. MACDUFF
Your royal father’s murdered. MALCOLM
O, by whom?
LENNOX
Those of his chamber, as it seemed, had done’t. Their hands and faces were all badged with blood, So were their daggers, which, unwiped, we found 1886
100
MACBETH, ATTO II SCENA 3
LADY MACBETH
Che succede? Cos’è questa tromba insopportabile che chiama a raccolta chi dorme sotto questo tetto? Parlate, parlate! MACDUFF
O soave signora, non è per voi ascoltare quello che posso dire. ripeterlo all’orecchio di una donna sarebbe darle un colpo mortale. Entra Banquo O Banquo, Banquo! Il re nostro signore è stato assassinato! LADY MACBETH
Ahimè! Come? In casa nostra? BANQUO
Sarebbe atroce dovunque. Caro Duff, ti prego, smentisci te stesso e di’ che non è vero. Entrano Macbeth, Lennox [e Ross] MACBETH
Se fossi morto un’ora prima di questo fatto sarei vissuto felice, ma da questo momento la vita umana non contiene più niente che sia serio – solo inezie; la fama e la grazia sono morte. Il vino della vita è stato bevuto fino in fondo, e per vantarsi a questa cantina resta solo la feccia89. Entrano Malcolm e Donalbain DONALBAIN
Chi sta male? MACBETH
Tu, e non lo sai. La sorgente, l’origine, il capo, la fonte del tuo sangue si è chiusa, la sua stessa sorgente è bloccata. MACDUFF
Il tuo regale padre è stato assassinato. MALCOLM
Oh! E da chi? LENNOX
Sono stati i custodi della sua camera, a quanto pare. Avevano mani e facce tutte striate di sangue, e così i loro pugnali, che, non puliti,
1887
MACBETH, ACT 2 SCENE 3
Upon their pillows. They stared and were distracted. No man’s life was to be trusted with them.
105
MACBETH
O, yet I do repent me of my fury That I did kill them. MACDUFF Wherefore did you so? MACBETH
Who can be wise, amazed, temp’rate and furious, Loyal and neutral in a moment? No man. Th’expedition of my violent love Outran the pauser, reason. Here lay Duncan, His silver skin laced with his golden blood, And his gashed stabs looked like a breach in nature For ruin’s wasteful entrance; there the murderers, Steeped in the colours of their trade, their daggers Unmannerly breeched with gore. Who could refrain, That had a heart to love, and in that heart Courage to make ‘s love known? LADY MACBETH Help me hence, ho!
110
115
MACDUFF
Look to the lady. MALCOLM (aside to Donalbain)
Why do we hold our tongues, That most may claim this argument for ours? DONALBAIN (aside to Malcolm) What should be spoken here, where our fate, Hid in an auger-hole, may rush and seize us? Let’s away. Our tears are not yet brewed. MALCOLM (aside to Donalbain) Nor our strong sorrow Upon the foot of motion. BANQUO Look to the lady;
120
Exit Lady Macbeth, attended
111. Outran: emend. tardo per outrun (F), non tempo ma participio passato. 1888
MACBETH, ATTO II SCENA 3
abbiamo trovato sui loro cuscini; erano imbambolati e storditi, non gli si poteva affidare la vita di nessuno. MACBETH
Ora mi pento del furore che me li ha fatti trucidare. MACDUFF
Perché l’avete fatto? MACBETH
Chi riesce a essere saggio, sconvolto, moderato e furibondo, leale e neutrale, nello stesso momento? Nessuno. La foga del mio amore violento ha sopraffatto la prudenza della ragione. Lì c’era Duncan, l’argentea pelle ricamata con l’oro del suo sangue, e gli squarci sembravano brecce aperte nella natura per il devastante ingresso della rovina. Lì, gli assassini, lordi del colore dei loro commerci; coi pugnali indecentemente inguainati90 nel sangue secco. Chi, avendo un cuore per amare, e in quel cuore il coraggio per manifestare quell’amore, chi avrebbe potuto trattenersi? LADY MACBETH
Devo uscire di qui, aiutatemi! MACDUFF
Soccorrete la signora! MALCOLM (a parte, a Donalbain)
Perché tratteniamo la lingua, noi che dovremmo sentirci coinvolti più di tutti? DONALBAIN (a parte a Malcolm) Cosa si può dire qui, dove la nostra condanna, nascosta in qualche pertugio91, potrebbe assalirci e annientarci? Andiamo via. Le nostre lacrime non sono ancora mature. MALCOLM (a parte a Donalbain) Né il nostro forte dolore si è ancora messo in moto92. BANQUO
Soccorrete la signora! Lady Macbeth esce, assistita
1889
MACBETH, ACT 2 SCENE 4
And when we have our naked frailties hid, That suffer in exposure, let us meet And question this most bloody piece of work, To know it further. Fears and scruples shake us. In the great hand of God I stand, and thence Against the undivulged pretence I fight Of treasonous malice. MACDUFF And so do I. ALL So all.
125
130
MACBETH
Let’s briefly put on manly readiness, And meet i’th’ hall together. ALL Well contented. Exeunt all but Malcolm and Donalbain MALCOLM
What will you do? Let’s not consort with them. To show an unfelt sorrow is an office Which the false man does easy. I’ll to England.
135
DONALBAIN
To Ireland, I. Our separated fortune Shall keep us both the safer. Where we are There’s daggers in men’s smiles. The nea’er in blood, The nearer bloody. MALCOLM This murderous shaft that’s shot Hath not yet lighted, and our safest way Is to avoid the aim. Therefore to horse, And let us not be dainty of leave-taking, But shift away. There’s warrant in that theft Which steals itself when there’s no mercy left. Exeunt 2.4
Enter Ross with an Old Man
OLD MAN
Threescore and ten I can remember well, Within the volume of which time I have seen Hours dreadful and things strange, but this sore night Hath trifled former knowings.
1890
141
MACBETH, ATTO II SCENA 4
E quando avremo nascosto le nostre nude fragilità che esposte soffrono, riuniamoci e indaghiamo questo atto così cruento per saperne di più. Timori e dubbi ci agitano. Mi affido alla grande mano di Dio! Con quella mi batterò contro il complotto segreto della traditrice perfidia. MACDUFF
E anch’io. TUTTI
Tutti noi. MACBETH
Indossiamo rapidamente una virile determinazione, e riuniamoci nella sala. TUTTI
D’accordo. Escono tutti tranne Malcolm e Donalbain MALCOLM
Che pensi di fare? Non uniamoci a loro. Esibire un dolore non sentito è un compito che l’uomo falso esegue facilmente. Io vado in Inghilterra. DONALBAIN
Io, in Irlanda. Separati, le nostre sorti ci proteggeranno meglio. Lì dove siamo ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini. Il più prossimo nel sangue è il più sanguinario93. MALCOLM
La freccia assassina che è stata scoccata è ancora in volo, e il nostro partito più prudente è evitare che ci raggiunga. Perciò, a cavallo, e non perdiamo tempo coi commiati, ma filiamocela. È giustificato il sotterfugio di chi fugge di soppiatto, quando non c’è più pietà. Escono II, 4
Entra Ross con un vecchio94
VECCHIO
Sette decine di anni mi ricordo bene, nel volume del quale tempo ho visto ore tremende e strane cose; ma questa dura notte ha reso inezie quello che conoscevo.
1891
MACBETH, ACT 2 SCENE 4
Ha, good father, Thou seest the heavens, as troubled with man’s act, Threatens his bloody stage. By th’ clock ’tis day, And yet dark night strangles the travelling lamp. Is’t night’s predominance or the day’s shame That darkness does the face of earth entomb When living light should kiss it? OLD MAN ’Tis unnatural, Even like the deed that’s done. On Tuesday last A falcon, tow’ring in her pride of place, Was by a mousing owl hawked at and killed. ROSS
5
10
ROSS
And Duncan’s horses – a thing most strange and certain – Beauteous and swift, the minions of their race, Turned wild in nature, broke their stalls, flung out, Contending ’gainst obedience, as they would Make war with mankind. OLD MAN ’Tis said they ate each other.
15
ROSS
They did so, to th’amazement of mine eyes That looked upon’t. Enter Macduff Here comes the good Macduff. How goes the world, sir, now? MACDUFF Why, see you not?
20
ROSS
Is’t known who did this more than bloody deed? MACDUFF
Those that Macbeth hath slain. Alas the day, What good could they pretend? MACDUFF They were suborned. Malcolm and Donalbain, the King’s two sons, Are stol’n away and fled, which puts upon them Suspicion of the deed. ROSS
1892
25
MACBETH, ATTO II SCENA 4
ROSS
Ah, buon padre, vedi che i cieli, come turbati dall’azione dell’uomo, minacciano il suo cruento palcoscenico. Per l’orologio è giorno, e invece la scura notte strozza il lume che è in cammino; è il predominio della notte o la vergogna del giorno se la tenebra seppellisce il viso della terra quando la luce vivente lo dovrebbe baciare? VECCHIO
È innaturale, proprio come l’azione commessa. Martedì scorso un falco torreggiante nella fierezza del suo rango95 è stato raggiunto e ucciso da un gufo cacciatore di topi. ROSS
E i cavalli di Duncan – cosa stranissima ma certa – belli e veloci, i campioni della loro razza, sono diventati selvaggi, hanno sfondato i box, sono corsi fuori, ribellandosi all’obbedienza, come volendo far guerra all’umanità96. VECCHIO
Pare si siano divorati tra loro. ROSS
È vero, con stupore dei miei occhi che lo hanno visto. Entra Macduff Ecco che viene il buon Macduff. E come va il mondo ora, signore? MACDUFF
Perché, non lo vedete? ROSS
Si sa chi ha commesso questo atto peggio che sanguinario? MACDUFF
Coloro che Macbeth ha trucidato. ROSS
Ahinoi! E che vantaggio se ne aspettavano? MACDUFF
Erano stati istigati. Malcolm e Donalbain, i due figli del re, sono scappati di nascosto, il che indirizza su di loro i sospetti del fatto.
1893
MACBETH, ACT 3 SCENE 1
ROSS
’Gainst nature still. Thriftless ambition, that will raven up Thine own life’s means! Then ’tis most like The sovereignty will fall upon Macbeth.
30
MACDUFF
He is already named and gone to Scone To be invested. ROSS Where is Duncan’s body? MACDUFF Carried to Colmekill, The sacred storehouse of his predecessors, And guardian of their bones. ROSS Will you to Scone?
35
MACDUFF
No, cousin, I’ll to Fife. Well, I will thither.
ROSS MACDUFF
Well, may you see things well done there. Adieu, Lest our old robes sit easier than our new. ROSS Farewell, father.
40
OLD MAN
God’s benison go with you, and with those That would make good of bad, and friends of foes. Exeunt severally 3.1
Enter Banquo
BANQUO
Thou hast it now: King, Cawdor, Glamis, all As the weird women promised; and I fear Thou played’st most foully for’t. Yet it was said It should not stand in thy posterity, But that myself should be the root and father Of many kings. If there come truth from them – As upon thee, Macbeth, their speeches shine –
5
38. Well,: aggiunta tarda non in F. 2. Weird: emend. di weyard (anche in III, 4, 132 e IV, 1, 152, non più segnalato). 1894
MACBETH, ATTO III SCENA 1
ROSS
Di nuovo contro natura! L’insaziabile ambizione è pronta a divorare la stessa fonte della propria vita! Allora è assai probabile che la sovranità tocchi a Macbeth? MACDUFF
È già stato nominato ed è andato a Scone97 per l’investitura. ROSS
Dov’è il corpo di Duncan? MACDUFF
Portato a Colmekill98, sacrario dei suoi predecessori e custode delle loro ossa. ROSS
Tu ci vai, a Scone? MACDUFF
No, cugino, io vado a Fife99. ROSS
Be’, io ci vado. MACDUFF
Bene, ti auguro di vedere delle cose fatte bene – Addio! Purché le vesti nuove non ci stiano addosso peggio delle vecchie100. ROSS
Addio, padre. VECCHIO
La benedizione di Dio sia con voi, e con coloro che vorrebbero far male del bene, e nemici degli amici! Escono separandosi III, 1
Entra Banquo101
BANQUO
Ci sei arrivato. Sei re, Cawdor, Glamis, tutto quello che le sorelle fatali ti avevano promesso; e temo che tu abbia giocato sporco per arrivarci. Tuttavia è stato detto che il regno non sarebbe passato ai tuoi posteri, ma che io stesso sarei stato radice e padre di molti re. Se erano fonti di verità, e quanto hanno detto su di te è stato fulgidamente vero, Macbeth – perché, confermate le loro affermazioni,
1895
MACBETH, ACT 3 SCENE 1
Why by the verities on thee made good May they not be my oracles as well, And set me up in hope? But hush, no more.
10
Sennet sounded. Enter Macbeth as King, Lady Macbeth as Queen, Lennox, Ross, lords, and attendants MACBETH
Here’s our chief guest. If he had been forgotten It had been as a gap in our great feast, And all-thing unbecoming. MACBETH (to Banquo) Tonight we hold a solemn supper, sir, And I’ll request your presence. BANQUO Let your highness Command upon me, to the which my duties Are with a most indissoluble tie For ever knit. MACBETH Ride you this afternoon? BANQUO Ay, my good lord. LADY MACBETH
15
20
MACBETH
We should have else desired your good advice, Which still hath been both grave and prosperous, In this day’s council; but we’ll talk tomorrow. Is’t far you ride? BANQUO
As far, my lord, as will fill up the time ’Twixt this and supper. Go not my horse the better, I must become a borrower of the night For a dark hour or twain. MACBETH Fail not our feast. BANQUO My lord, I will not.
25
30
23. Talk: emend. tardo per take (F), emendato anche in take’t = “lo (ri) prendiamo”. 1896
MACBETH, ATTO III SCENA 1
non potrebbero esserlo anche i miei oracoli, e farmi sperare? Ora, però, silenzio! Basta. Squilli di tromba. Entrano Macbeth in abito regale, Lady Macbeth come regina, Lennox, Ross, nobili e attendenti MACBETH
Ecco il nostro ospite privilegiato. LADY MACBETH
Se fosse stato dimenticato, nella nostra grande festa ci sarebbe stato un vuoto assolutamente intollerabile. MACBETH (a Banquo) Questa sera diamo un banchetto solenne, signor mio, ed esigo la tua presenza. BANQUO
Vostra altezza comandi, la mia obbedienza le è legata con un vincolo indissolubile, stretto per sempre. MACBETH
Esci a cavallo oggi pomeriggio? BANQUO
Sì, mio signore. MACBETH
Altrimenti avremmo chiesto il tuo parere, che è sempre stato serio e fruttuoso, al consiglio di oggi: ma lo faremo domani. Ti allontanerai parecchio? BANQUO
Tanto da riempire il tempo, mio signore, fino all’ora di cena. Se il mio cavallo non tira, dovrò prendere in prestito alla notte un’ora o due. MACBETH
Non mancare al nostro banchetto. BANQUO
Non mancherò, mio signore.
1897
MACBETH, ACT 3 SCENE 1
MACBETH
We hear our bloody cousins are bestowed In England and in Ireland, not confessing Their cruel parricide, filling their hearers With strange invention. But of that tomorrow, When therewithal we shall have cause of state Craving us jointly. Hie you to horse. Adieu, Till you return at night. Goes Fleance with you?
35
BANQUO
Ay, my good lord. Our time does call upon ‘s. MACBETH
I wish your horses swift and sure of foot, And so I do commend you to their backs. Farewell. Exit Banquo Let every man be master of his time Till seven at night. To make society The sweeter welcome, we will keep ourself Till supper-time alone. While then, God be with you.
40
Exeunt all but Macbeth and a Servant Sirrah, a word with you. Attend those men Our pleasure?
46
SERVANT
They are, my lord, without the palace gate. MACBETH
Bring them before us.
Exit Servant
To be thus is nothing But to be safely thus. Our fears in Banquo Stick deep, and in his royalty of nature Reigns that which would be feared. ’Tis much he dares, And to that dauntless temper of his mind He hath a wisdom that doth guide his valour To act in safety. There is none but he Whose being I do fear, and under him My genius is rebuked as, it is said, Mark Antony’s was by Caesar. He chid the sisters When first they put the name of king upon me, 1898
50
55
MACBETH, ATTO III SCENA 1
MACBETH
Ci risulta che i nostri cugini lordi di sangue, rifugiatisi in Inghilterra e in Irlanda, non confessano il loro crudele parricidio, e invece riempiono di strane invenzioni chi li ascolta102. Ma di questo, a domani, quando avremo le questioni di stato a reclamarci insieme. Corri dal tuo cavallo. Addio fino al tuo ritorno questa sera. Viene con te Fleance? BANQUO
Sì, mio signore; e il tempo già ci incalza. MACBETH
Abbiate cavalli veloci e dal piede saldo! Vi affido alle loro groppe. Addio. Banquo esce Che ognuno sia padrone del suo tempo fino alle sette di stasera. Per essere più affabili in compagnia, noi rimarremo soli fino all’ora di cena. Fino allora, Dio sia con voi! Escono tutti tranne Macbeth e un servo Ehi, tu! Una parola. Quegli uomini mi stanno aspettando? SERVO
Mio signore, sono al portone del palazzo. MACBETH
Conducili al nostro cospetto. Il servo esce Essere questo non è niente, se non lo si è senza rischi. I nostri timori su Banquo hanno radici profonde; e nella regalità della sua natura regna un motivo di timore. Banquo è un ardimentoso; e all’intrepida disposizione del suo animo aggiunge una saggezza che guida il suo valore a un’azione prudente. Non c’è nessun altro di cui tema l’esistenza; e davanti a lui il mio spirito abbassa il capo come, si dice, facesse quello di Marco Antonio davanti a Cesare104. Affrontò le sorelle quando per la prima volta mi imposero il nome 103
1899
MACBETH, ACT 3 SCENE 1
And bade them speak to him. Then, prophet-like, They hailed him father to a line of kings. Upon my head they placed a fruitless crown, And put a barren sceptre in my grip, Thence to be wrenched with an unlineal hand, No son of mine succeeding. If’t be so, For Banquo’s issue have I filed my mind, For them the gracious Duncan have I murdered, Put rancours in the vessel of my peace Only for them, and mine eternal jewel Given to the common enemy of man To make them kings, the seeds of Banquo kings. Rather than so, come fate into the list And champion me to th’utterance. Who’s there?
60
65
70
Enter Servant and two Murderers (To the Servant) Now go to the door, and stay there till we call. Exit Servant Was it not yesterday we spoke together?
75
MURDERERS
It was, so please your highness. Well then, now Have you considered of my speeches? Know That it was he in the times past which held you So under fortune, which you thought had been Our innocent self. This I made good to you In our last conference, passed in probation with you How you were borne in hand, how crossed, the instruments, Who wrought with them, and all things else that might To half a soul, and to a notion crazed, Say ‘Thus did Banquo’. FIRST MURDERER You made it known to us. MACBETH
80
85
71. Seeds: così in F, poi emendato in seed, ma qui giustamente mantenuto nella forma originaria. 1900
MACBETH, ATTO III SCENA 1
di re, e gli ordinò di parlargli. E quelle, profetiche, lo salutarono padre di una dinastia di sovrani. In testa a me misero una corona sterile, e nel pugno, uno scettro infecondo, destinato ad essere strappato da una mano non consanguinea, senza che mi succeda un figlio mio. Se sarà così, mi sarò avvelenato l’anima per la stirpe di Banquo; per loro avrò assassinato il generoso Duncan, versato odio nel vaso della mia pace solo per loro, e consegnato la mia gemma eterna105 al nemico comune di ogni uomo: per far loro re, per fare re il seme di Banquo! Ma piuttosto scenda in lizza il Destino, e mi sfidi all’ultimo sangue! Chi c’è? Entrano un servo e due assassini (Al servo) Tu vai alla porta e resta lì finché non ti chiamiamo. Il servo esce Non ci siamo parlati ieri, noialtri? ASSASSINI
Sì, se piace alla vostra maestà. MACBETH
Bene, allora, avete pensato a quello che vi ho detto? Avete capito che in passato, quando eravate suoi soldati, è stato lui a tenervi nei bassi ranghi, mentre credevate fossi stato io, che ero innocente? Questo ve l’ho spiegato nel nostro ultimo colloquio; vi ho dimostrato come vi ha ingannati, come vi ha ostacolati; di chi si serviva, con chi agiva e tutto il resto, così che anche chi avesse l’anima e l’intelletto in disordine non potrebbe che dire,“È stato Banquo.” PRIMO ASSASSINO
Ce lo avete spiegato.
1901
MACBETH, ACT 3 SCENE 1
MACBETH
I did so, and went further, which is now Our point of second meeting. Do you find Your patience so predominant in your nature That you can let this go? Are you so gospelled To pray for this good man and for his issue, Whose heavy hand hath bowed you to the grave And beggared yours for ever? FIRST MURDERER We are men, my liege.
90
MACBETH
Ay, in the catalogue ye go for men, As hounds and greyhounds, mongrels, spaniels, curs, Shoughs, water-rugs, and demi-wolves are clept All by the name of dogs. The valued file Distinguishes the swift, the slow, the subtle, The housekeeper, the hunter, every one According to the gift which bounteous nature Hath in him closed; whereby he does receive Particular addition from the bill That writes them all alike. And so of men. Now, if you have a station in the file, Not i’th’ worst rank of manhood, say’t, And I will put that business in your bosoms Whose execution takes your enemy off, Grapples you to the heart and love of us, Who wear our health but sickly in his life, Which in his death were perfect. SECOND MURDERER I am one, my liege, Whom the vile blows and buffets of the world Hath so incensed that I am reckless what I do to spite the world. FIRST MURDERER And I another, So weary with disasters, tugged with fortune, That I would set my life on any chance To mend it or be rid on’t. MACBETH Both of you Know Banquo was your enemy. 1902
95
100
105
110
115
MACBETH, ATTO III SCENA 1
MACBETH
E sono andato oltre; ecco lo scopo di questo nostro secondo incontro. Trovate che nella vostra natura la pazienza predomina fino al punto di farvi tollerare tutto questo? Il Vangelo vi ha convinti106 al punto che pregate per questo brav’uomo e per i suoi figli, dopo che il peso della sua mano vi ha piegati fino alla tomba, gettando nella miseria i vostri discendenti, per sempre? PRIMO ASSASSINO
Siamo uomini, signore. MACBETH
Sì, nel catalogo figurate come uomini, così come i segugi, e i levrieri, i bastardi, i bassotti, i botoli, i barboncini, gli spinoni e i mezzi lupi vanno tutti sotto il nome di cani. Ma la lista dei valori distingue i veloci, i lenti, i furbi, i casalinghi, i cacciatori, ciascuno secondo il talento che la munifica natura ha racchiuso in lui – dal quale egli riceve una particolare distinzione nell’inventario dove sono scritti tutti allo stesso modo. Così gli uomini. Ora, se nella lista occupate un posto che non sia tra gli infimi dell’umanità, ditelo, e io vi metterò nell’animo un’impresa la cui esecuzione eliminerà il vostro nemico e vi inchioderà nel cuore e nell’affetto di noi, la cui salute è minacciata dalla vita di costui, ma con la sua morte guarirebbe. SECONDO ASSASSINO
Io sono uno, mio signore, che i colpi bassi e le ingiurie del mondo hanno esasperato al punto di renderlo capace di qualunque cosa pur di fare danno, a dispetto del mondo. PRIMO ASSASSINO
E io un altro, così sfinito dalle disgrazie, tartassato dalla sfortuna, che esporrei la vita a qualsiasi rischio pur di raddrizzarla o liberarmene. MACBETH
Sapete entrambi che Banquo era vostro nemico.
1903
MACBETH, ACT 3 SCENE 1
MURDERERS
True, my lord.
MACBETH
So is he mine, and in such bloody distance That every minute of his being thrusts Against my near’st of life; and though I could With barefaced power sweep him from my sight And bid my will avouch it, yet I must not, For certain friends that are both his and mine, Whose loves I may not drop, but wail his fall Who I myself struck down. And thence it is That I to your assistance do make love, Masking the business from the common eye For sundry weighty reasons. SECOND MURDERER We shall, my lord, Perform what you command us. FIRST MURDERER Though our lives –
120
125
MACBETH
Your spirits shine through you. Within this hour at most I will advise you where to plant yourselves, Acquaint you with the perfect spy o’th’ time, The moment on’t; for’t must be done tonight, And something from the palace; always thought That I require a clearness; and with him, To leave no rubs nor botches in the work, Fleance, his son, that keeps him company – Whose absence is no less material to me Than is his father’s – must embrace the fate Of that dark hour. Resolve yourselves apart. I’ll come to you anon. MURDERERS We are resolved, my lord.
130
135
140
MACBETH
I’ll call upon you straight. Abide within. Exeunt Murderers
131. Perfect spy: così in F, poi variamente spiegato e emendato, ma la metafora è efficace. 1904
MACBETH, ATTO III SCENA 1
ASSASSINI
È vero, signore. MACBETH
È nemico anche mio, e con un contrasto così cruento che ogni attimo della sua esistenza è una pugnalata nei miei organi vitali; e benché potrei con aperto sfoggio di forza spazzarlo dalla mia vista e dire che così ho voluto, tuttavia non debbo farlo, per certi amici tanto suoi quanto miei al cui affetto non posso rinunciare; anzi, dovrò piangere la caduta di colui che io stesso avrò abbattuto. Per questo sto corteggiando il vostro aiuto, Ho molte ragioni importanti per celare la cosa all’occhio del mondo. SECONDO ASSASSINO
Signore, noi faremo quello che ci comandate. PRIMO ASSASSINO
A costo della vita. MACBETH
Vedo che sprizzate coraggio. Al massimo entro un’ora vi farò sapere dove appostarvi, vi metterò in contatto con la perfetta spia del tempo, il momento ideale; poiché deve essere fatto questa sera, e a qualche distanza dal castello. Sia sempre chiaro che io non debbo esservi coinvolto – e con lui, per non lasciare la minima pecca nel lavoro, Fleance, il figlio che lo accompagna, la cui eliminazione non ha per me minore importanza di quella del padre, dovrà condividere il fato dell’ora oscura. Andate e decidetevi107, vi raggiungo tra poco. ASSASSINI
Abbiamo già deciso, signore. MACBETH
Vi richiamo subito. Aspettate dentro. Gli assassini escono
1905
MACBETH, ACT 3 SCENE 2
It is concluded. Banquo, thy soul’s flight, If it find heaven, must find it out tonight. 3.2
Exit
Enter Lady Macbeth and a Servant
LADY MACBETH Is Banquo gone from court? SERVANT
Ay, madam, but returns again tonight. LADY MACBETH
Say to the King I would attend his leisure For a few words. SERVANT Madam, I will. LADY MACBETH Naught’s had, all’s spent, Where our desire is got without content. ’Tis safer to be that which we destroy Than by destruction dwell in doubtful joy.
Exit 6
Enter Macbeth How now, my lord, why do you keep alone, Of sorriest fancies your companions making, Using those thoughts which should indeed have died With them they think on? Things without all remedy Should be without regard. What’s done is done.
10
MACBETH
We have scorched the snake, not killed it. She’ll close and be herself, whilst our poor malice Remains in danger of her former tooth. But let the frame of things disjoint, both the worlds suffer, Ere we will eat our meal in fear, and sleep In the affliction of these terrible dreams That shake us nightly. Better be with the dead, Whom we to gain our peace have sent to peace, Than on the torture of the mind to lie In restless ecstasy. Duncan is in his grave. After life’s fitful fever he sleeps well.
1906
15
20
25
MACBETH, ATTO III SCENA 2
È concluso. – Banquo, se il volo della tua anima, deve trovare il cielo, deve trovarlo stanotte. Esce III, 2
Entrano Lady Macbeth e un servitore108
LADY MACBETH
Banquo ha lasciato la corte? SERVITORE
Sì, signora, ma ritorna questa sera. LADY MACBETH
Di’ al re che vorrei approfittare del suo tempo per scambiare qualche parola. SERVITORE
Subito, signora. Esce LADY MACBETH
Non abbiamo avuto nulla e abbiamo sprecato tutto, quando il nostro desiderio si realizza senza contentarci. Meglio essere quello che distruggiamo, se la distruzione non ci dà che una dubbia gioia. Entra Macbeth Che c’è, mio signore? Perché ve ne state solo scegliendo per compagnia le fantasie più cupe, frequentando quei pensieri che avrebbero dovuto morire, invece, con i loro soggetti? Sulle cose senza rimedio non si deve rimuginare; quello che è fatto, è fatto. MACBETH
Abbiamo graffiato il serpente, non lo abbiamo ucciso; guarirà e ridiventerà come prima, mentre la nostra povera malizia è ancora esposta al pericolo del suo dente. Ma si disarticoli la struttura delle cose, patiscano rovina questo mondo e quell’altro109, prima che noi ci rassegniamo a mangiare i nostri pasti in preda alla paura, e a dormire tormentati da questi sogni orrendi che ci scuotono ogni notte! – Meglio stare coi morti che noi per conquistarci la pace abbiamo mandato alla pace, che giacere vittime della tortura della mente in un ininterrotto delirio. Duncan è nella sua tomba. Dopo la sfebbrata della vita, dorme tranquillo; il tradimento ha
1907
MACBETH, ACT 3 SCENE 2
Treason has done his worst. Nor steel nor poison, Malice domestic, foreign levy, nothing Can touch him further. LADY MACBETH Come on, gentle my lord, Sleek o’er your rugged looks, be bright and jovial Among your guests tonight. MACBETH So shall I, love, And so I pray be you. Let your remembrance Apply to Banquo. Present him eminence Both with eye and tongue; unsafe the while that we Must lave our honours in these flattering streams And make our faces visors to our hearts, Disguising what they are. LADY MACBETH You must leave this.
30
35
MACBETH
O, full of scorpions is my mind, dear wife! Thou know’st that Banquo and his Fleance lives. LADY MACBETH
But in them nature’s copy’s not eterne. MACBETH
There’s comfort yet, they are assailable. Then be thou jocund. Ere the bat hath flown His cloistered flight, ere to black Hecate’s summons The shard-borne beetle with his drowsy hums Hath rung night’s yawning peal, there shall be done A deed of dreadful note. LADY MACBETH What’s to be done?
40
45
MACBETH
Be innocent of the knowledge, dearest chuck, Till thou applaud the deed. – Come, seeling night, Scarf up the tender eye of pitiful day, And with thy bloody and invisible hand Cancel and tear to pieces that great bond Which keeps me pale. Light thickens, and the crow Makes wing to th’ rooky wood. Good things of day begin to droop and drowse, Whiles night’s black agents to their preys do rouse. 1908
50
MACBETH, ATTO III SCENA 2
fatto quanto poteva fare. Né lama né veleno, scelleratezza in patria, soldataglie straniere, niente può più toccarlo. LADY MACBETH
Càlmati. dolce signore, spiana la fronte aggrondata, sii lieto e gioviale tra i tuoi ospiti questa sera. MACBETH
Lo sarò, amore mio, e siilo anche tu, ti prego. Abbi ogni riguardo per Banquo, onoralo con l’occhio e con la lingua. Finché non saremo al sicuro dovremo risciacquare i nostri titoli in fiumi di lusinghe e fare dei nostri volti maschere dei nostri cuori, dissimulando la loro realtà. LADY MACBETH
Basta. Devi smettere, ora. MACBETH
Oh, ho l’animo pieno di scorpioni, cara moglie! Lo sai anche tu: Banquo e Fleance sono vivi. LADY MACBETH
Anche per loro la matrice110 della natura non è eterna. MACBETH
Sì, c’è ancora una consolazione, sono vulnerabili; rallégrati dunque. Prima che il pipistrello abbia terminato il suo volo circoscritto, prima che al richiamo della negra Ecate lo scarafaggio nato dallo sterco col suo sonnolento ronzio abbia suonato il richiamo agli sbadigli della notte, sarà compiuta un’impresa terribile. LADY MACBETH
Che si deve fare? MACBETH
Tu sarai innocente, non saprai nulla, mio tesoro111, fino a quando applaudirai l’accaduto. Scendi, notte che accechi112, benda il tenero occhio del pietoso giorno, e con la tua mano sanguinosa e invisibile annulla e straccia quella tremenda cambiale che mantiene il pallore sul mio viso! La luce si intorbida, e il corvo si dirige verso il suo boschetto; le buone creature del giorno cominciano a chinare il capo e a assopirsi, mentre i neri agenti della notte si svegliano in cerca
1909
MACBETH, ACT 3 SCENE 3
Thou marvell’st at my words; but hold thee still. Things bad begun make strong themselves by ill. So prithee go with me. Exeunt 3.3
55
Enter three Murderers
FIRST MURDERER (to Third Murderer)
But who did bid thee join with us? Macbeth. SECOND MURDERER (to First Murderer) He needs not our mistrust, since he delivers Our offices and what we have to do To the direction just. FIRST MURDERER (to Third Murderer) Then stand with us. The west yet glimmers with some streaks of day. Now spurs the lated traveller apace To gain the timely inn, and near approaches The subject of our watch. THIRD MURDERER Hark, I hear horses. BANQUO (within) Give us a light there, ho! SECOND MURDERER Then ’tis he. The rest That are within the note of expectation Already are i’th’ court. FIRST MURDERER His horses go about. THIRD MURDERER
5
10
THIRD MURDERER
Almost a mile; but he does usually, So all men do, from hence to th’ palace gate Make it their walk. Enter Banquo and Fleance with a torch SECOND MURDERER (aside) A light, a light. THIRD MURDERER (aside) FIRST MURDERER (aside) Stand to’t.
7. And: così in F2; in F1 end = [la] “fine”. 1910
’Tis he. 15
MACBETH, ATTO III SCENA 3
di preda. – Le mie parole ti stupiscono, ma sii tranquilla; le cose iniziate nel male, col male si rafforzano. Ti prego, vieni con me. Escono III, 3
Entrano tre assassini113
PRIMO ASSASSINO (al terzo assassino)
Ma chi ti ha ordinato di unirti a noi? TERZO ASSASSINO
Macbeth. SECONDO ASSASSINO (al primo assassino)
Non dobbiamo diffidare di lui, dal momento che conosce i nostri compiti e il da farsi nei minimi particolari. PRIMO ASSASSINO (al terzo assassino) Allora resta con noi; l’occidente ha ancora qualche barbaglio della luce del giorno, ora sprona il viandante tardivo ad affrettarsi per guadagnare la provvidenziale locanda; e l’oggetto della nostra veglia si avvicina. TERZO ASSASSINO
Ascoltate, sento dei cavalli! BANQUO (da dentro)
Ehi, fateci luce! SECONDO ASSASSINO
Allora è lui. Gli altri della lista degli invitati sono già nella corte. PRIMO ASSASSINO
I suoi cavalli fanno il giro. TERZO ASSASSINO
Quasi un miglio; ma lui di solito, come tutti gli altri, da qui al portone del palazzo si reca a piedi. Entrano Banquo e Fleance, con una torcia SECONDO ASSASSINO (a parte)
Una luce, una luce! TERZO ASSASSINO (a parte)
È lui. PRIMO ASSASSINO (a parte)
Altolà!
1911
MACBETH, ACT 3 SCENE 4
BANQUO
It will be rain tonight. FIRST MURDERER Let it come down. First Murderer strikes out the torch. The others attack Banquo BANQUO
O, treachery! Fly, good Fleance, fly, fly, fly! Thou mayst revenge. – O slave! He dies. Exit Fleance THIRD MURDERER Who did strike out the light? FIRST MURDERER Was’t not the way?
20
THIRD MURDERER
There’s but one down. The son is fled. SECOND MURDERER
We have lost best half of our affair. FIRST MURDERER
Well, let’s away and say how much is done. Exeunt with Banquo’s body 3.4
Banquet prepared. Enter Macbeth as King, Lady Macbeth as Queen, Ross, Lennox, Lords, and attendants. [Lady Macbeth sits]
MACBETH
You know your own degrees; sit down. At first and last The hearty welcome. LORDS Thanks to your majesty. They sit MACBETH
Ourself will mingle with society And play the humble host. Our hostess keeps her state, But in best time we will require her welcome.
1912
5
MACBETH, ATTO III SCENA 4
BANQUO
Questa notte farà pioggia. PRIMO ASSASSINO
Che venga giù! Il primo assassino spegne la torcia. Gli altri aggrediscono Banquo BANQUO
Tradimento! Scappa, Fleance, da bravo, scappa, scappa, scappa! Puoi vendicarmi… Oh, miserabile! Muore. Fleance esce TERZO ASSASSINO
Chi ha spento la fiaccola? PRIMO ASSASSINO
Non si doveva fare così? TERZO ASSASSINO
Ne è caduto uno solo; il figlio è scappato. SECONDO ASSASSINO
Abbiamo perso la metà migliore del nostro impegno. PRIMO ASSASSINO
Be’, andiamo a dire quanto è stato fatto. Escono col corpo di Banquo Tavola imbandita. Entrano Macbeth in veste regale, Lady Macbeth in veste di regina, Ross, Lennox, nobili e attendenti. [Lady Macbeth si siede] 114
III, 4
MACBETH
Conoscete il vostro rango, sedete. Dal primo all’ultimo, un cordiale benvenuto. NOBILI
Grazie alla vostra maestà. Siedono tutti MACBETH
Noi ci mescoleremo alla compagnia e faremo da anfitrione in umiltà. La nostra signora rimane sul suo trono; ma a tempo debito le chiederemo di darvi il benvenuto.
1913
MACBETH, ACT 3 SCENE 4
LADY MACBETH
Pronounce it for me, sir, to all our friends, For my heart speaks they are welcome. Enter First Murderer [to the door] MACBETH
See, they encounter thee with their hearts’ thanks. Both sides are even. Here I’ll sit, i’th’ midst. Be large in mirth. Anon we’ll drink a measure The table round. (To First Murderer) There’s blood upon thy face. FIRST MURDERER (aside to Macbeth) ’Tis Banquo’s, then.
10
MACBETH
’Tis better thee without than he within. Is he dispatched? FIRST MURDERER
My lord, his throat is cut. That I did for him.
15
MACBETH
Thou art the best o’th’ cut-throats. Yet he’s good That did the like for Fleance. If thou didst it, Thou art the nonpareil. FIRST MURDERER Most royal sir, Fleance is scaped. MACBETH
Then comes my fit again; I had else been perfect, Whole as the marble, founded as the rock, As broad and general as the casing air, But now I am cabined, cribbed, confined, bound in To saucy doubts and fears. But Banquo’s safe?
20
FIRST MURDERER
Ay, my good lord. Safe in a ditch he bides, With twenty trenchèd gashes on his head, The least a death to nature.
1914
25
MACBETH, ATTO III SCENA 4
LADY MACBETH
Pronunciatelo voi per me, signore, a tutti i nostri amici, perché il mio cuore afferma che sono i benvenuti. Entra il primo assassino [sulla porta] MACBETH
Vedi come ti ringraziano col cuore a loro volta! Le due parti115 sono equilibrate. Mi siederò qui nel mezzo. Non lesinate l’allegria. Tra poco faremo un brindisi per tutta la tavolata. (Al primo assassino) Hai del sangue sul viso. PRIMO ASSASSINO (a parte a Macbeth) Allora è di Banquo. MACBETH
Meglio sopra di te che dentro di lui. È spacciato? PRIMO ASSASSINO
Mio signore, ha la gola tagliata; questo gli ho fatto. MACBETH
Sei il migliore dei tagliagole. Ma è bravo anche chi lo ha fatto a Fleance. Se sei stato tu, sei impareggiabile. PRIMO ASSASSINO
Mio regale signore – Fleance è fuggito. MACBETH
Ecco che mi torna la febbre. Sarei stato perfetto, compatto come il marmo, solido come la roccia, vasto e illimitato come l’aria che tutto abbraccia; mentre ora sono ingabbiato, ristretto, rinchiuso, incatenato da impertinenti dubbi e paure. – Ma Banquo è al sicuro? PRIMO ASSASSINO
Sì, mio buon signore, dorme tranquillo in un fosso, con squarci aperti nella testa. Il più piccolo sarebbe fatale a chiunque.
1915
MACBETH, ACT 3 SCENE 4
Thanks for that. There the grown serpent lies. The worm that’s fled Hath nature that in time will venom breed, No teeth for th’ present. Get thee gone. Tomorrow We’ll hear ourselves again. Exit First Murderer LADY MACBETH My royal lord, You do not give the cheer. The feast is sold That is not often vouched, while ’tis a-making, ’Tis given with welcome. To feed were best at home. From thence the sauce to meat is ceremony, Meeting were bare without it. MACBETH
30
35
Enter the Ghost of Banquo, and sits in Macbeth’s place Sweet remembrancer. Now good digestion wait on appetite, And health on both. LENNOX May’t please your highness sit? MACBETH
MACBETH
Here had we now our country’s honour roofed Were the graced person of our Banquo present, Who may I rather challenge for unkindness Than pity for mischance. ROSS His absence, sir, Lays blame upon his promise. Please’t your highness To grace us with your royal company?
40
MACBETH
The table’s full. LENNOX
Here is a place reserved, sir.
MACBETH Where? LENNOX
Here, my good lord. What is’t that moves your highness? MACBETH
Which of you have done this? LORDS
1916
What, my good lord?
45
MACBETH, ATTO III SCENA 4
MACBETH
Grazie per questo. Lì giace il serpe adulto. Il serpentello fuggito ha una natura che produrrà il veleno col tempo, ma non ha denti al momento. – Vattene. Domani ci sentiremo ancora. Il primo assassino esce LADY MACBETH
Mio regale signore, aspettiamo il tuo brindisi! È venale il banchetto dove non si ricorda spesso agli ospiti che sono bene accetti. Per mangiare, si mangia bene anche a casa. Se si va fuori, le cortesie sono la salsa dell’arrosto; arido è il convito che ne è privo. Entra lo spettro di Banquo, e si siede al posto di Macbeth MACBETH
Sei cara a ricordarmelo! Ora la buona digestione assista l’appetito, e la salute, entrambi. LENNOX
Non volete sedervi, altezza? MACBETH
Avremmo tutto il fior fiore della nazione sotto il nostro tetto se fosse presente anche la nobile persona del nostro Banquo. Ma preferirei doverlo rimproverare per la scortesia, piuttosto che rammaricarmi di una disgrazia. ROSS
La sua assenza, sire, contraddice la sua promessa. Ma la vostra altezza non ci onora con la sua augusta compagnia? MACBETH
Non c’è più posto a tavola. LENNOX
Qui c’è un posto riservato, sire. MACBETH
Dove? LENNOX
Qui, mio buon signore. Ma che ha la vostra altezza? MACBETH
Chi di voi ha fatto questo? NOBILI
Che cosa, sire? 1917
MACBETH, ACT 3 SCENE 4
MACBETH (to the Ghost)
Thou canst not say I did it. Never shake Thy gory locks at me. ROSS (rising) Gentlemen, rise. His highness is not well. LADY MACBETH (rising) Sit, worthy friends. My lord is often thus, And hath been from his youth. Pray you, keep seat. The fit is momentary. Upon a thought He will again be well. If much you note him You shall offend him, and extend his passion. Feed, and regard him not.
50
55
She speaks apart with Macbeth Are you a man? MACBETH
Ay, and a bold one, that dare look on that Which might appal the devil. LADY MACBETH O proper stuff! This is the very painting of your fear; This is the air-drawn dagger which you said Led you to Duncan. O, these flaws and starts, Impostors to true fear, would well become A woman’s story at a winter’s fire Authorized by her grandam. Shame itself, Why do you make such faces? When all’s done You look but on a stool.
60
65
MACBETH
Prithee see there. Behold, look, lo – how say you? Why, what care I? If thou canst nod, speak, too! If charnel-houses and our graves must send Those that we bury back, our monuments Shall be the maws of kites. Exit Ghost LADY MACBETH What, quite unmanned in folly? MACBETH
If I stand here, I saw him. Fie, for shame!
LADY MACBETH
1918
70
MACBETH, ATTO III SCENA 4
MACBETH (allo spettro)
Non puoi dire che sono stato io; non mi scuotere in faccia le tue chiome insanguinate! ROSS (alzandosi) Signori, in piedi. Sua altezza non sta bene. LADY MACBETH (alzandosi) Restate seduti, amici. Al mio signore capita spesso, è stato così fin da giovane. Non vi alzate, vi prego. È un attacco temporaneo; tra un attimo starà di nuovo bene. Se gli badate troppo lo offendete, peggiorando la crisi. Mangiate, e non guardatelo. Parla in disparte con Macbeth Sei un uomo, tu? MACBETH
Sì, e coraggioso, anche. Uno che guarda in faccia cose che spaventerebbero anche il demonio. LADY MACBETH
Bella roba! Questa è l’immagine della tua paura, come quel pugnale fatto di aria che secondo te ti guidava da Duncan116. Oh, queste smanie e tremori, impostori davanti alla paura vera, starebbero bene nella favola di una comare davanti al fuoco, d’inverno, autorizzata dalla nonna. Che vergogna! Perché fai quelle smorfie? A conti fatti stai fissando solo un sedile vuoto. MACBETH
Guarda anche tu, ti prego! Guarda! Non vedi? Lì! – Che cosa dici117? Ma che mi importa? Parla, invece di scuotere la testa! Se gli ossari e le tombe si mettono a rispedirci chi ci abbiamo sepolto, i nostri mausolei saranno le pance degli avvoltoi118. Lo spettro esce LADY MACBETH
Che c’è, la pazzia ti ha castrato? MACBETH
L’ho visto, com’è vero che sono qui! LADY MACBETH
Vergognati!
1919
MACBETH, ACT 3 SCENE 4
MACBETH
Blood hath been shed ere now, i’th’ olden time, Ere human statute purged the gentle weal; Ay, and since, too, murders have been performed Too terrible for the ear. The time has been That, when the brains were out, the man would die, And there an end. But now they rise again With twenty mortal murders on their crowns, And push us from our stools. This is more strange Than such a murder is. LADY MACBETH (aloud) My worthy lord, Your noble friends do lack you. MACBETH I do forget. Do not muse at me, my most worthy friends. I have a strange infirmity which is nothing To those that know me. Come, love and health to all, Then I’ll sit down. (To an attendant) Give me some wine. Fill full.
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80
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Enter Ghost I drink to th’ general joy of th’whole table, And to our dear friend Banquo, whom we miss. Would he were here. To all and him we thirst, And all to all. LORDS Our duties, and the pledge.
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They drink MACBETH (seeing the Ghost)
Avaunt, and quit my sight! Let the earth hide thee. Thy bones are marrowless, thy blood is cold. Thou hast no speculation in those eyes Which thou dost glare with. LADY MACBETH Think of this, good peers, But as a thing of custom. ’Tis no other; Only it spoils the pleasure of the time. MACBETH What man dare, I dare. Approach thou like the ruggèd Russian bear, The armed rhinoceros, or th’Hyrcan tiger; 1920
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100
MACBETH, ATTO III SCENA 4
MACBETH
Del sangue è stato versato anche prima d’ora, ai vecchi tempi, prima che la legge umana purificasse e ingentilisse la società; sì, ma anche in seguito delitti orrendi sono stati commessi, troppo orrendi per riferirli. C’è stato un tempo in cui sfondandogli il cranio l’uomo moriva, e la cosa finiva lì. Ora invece risorgono con venti ferite mortali nella testa e ci buttano giù dai nostri sedili. Questo è ancora più incredibile di un simile delitto. LADY MACBETH (a voce alta) Mio stimato signore, i tuoi nobili amici ti reclamano. MACBETH
Dimenticavo… Non vi meravigliate, degnissimi amici. Io ho una strana malattia, che non è nulla per chi mi conosce. Venite, amore e salute a tutti! Ora mi siedo. (A un attendente) Datemi del vino! Pieno fino all’orlo! Entra lo spettro Bevo alla salute di tutta la tavolata e del nostro caro amico Banquo, che ci manca. Vorrei che fosse qui! A tutti, e a lui assente, vogliamo bere. Ogni cosa a tutti. NOBILI
La nostra obbedienza e fedeltà! Bevono MACBETH (vedendo lo spettro)
Via, sparisci! Che la terra ti inghiotta! Hai le ossa senza midollo, il sangue freddo; non puoi vedere con quegli occhi con cui mi stai fissando. LADY MACBETH
Nobili signori, consideratela una cosa normale. Non è altro, anche se guasta l’allegria del momento. MACBETH
Dove può arrivare il coraggio di un uomo, lì arrivo anch’io. Vienimi davanti con la forma dell’ispido orso di Russia, del rinoceronte dal grande corno, o della tigre ircana119; assumi qualunque aspetto
1921
MACBETH, ACT 3 SCENE 4
Take any shape but that, and my firm nerves Shall never tremble. Or be alive again, And dare me to the desert with thy sword. If trembling I inhabit then, protest me The baby of a girl. Hence, horrible shadow, Unreal mock’ry, hence! Exit Ghost Why so, being gone, I am a man again. Pray you sit still.
105
LADY MACBETH
You have displaced the mirth, broke the good meeting With most admired disorder. MACBETH Can such things be And overcome us like a summer’s cloud, Without our special wonder? You make me strange Even to the disposition that I owe, When now I think you can behold such sights And keep the natural ruby of your cheeks When mine is blanched with fear. ROSS What sights, my lord?
110
LADY MACBETH
I pray you, speak not. He grows worse and worse. Question enrages him. At once, good night. Stand not upon the order of your going, But go at once. LENNOX Good night, and better health Attend his majesty. LADY MACBETH A kind good-night to all.
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Exeunt Lords MACBETH
It will have blood, they say. Blood will have blood. Stones have been known to move, and trees to speak, Augurs and understood relations have
104. I inhabit then: così in F1. Passo oscuro, e molto dibattuto. Forse equivalente di “persevero”. 1922
MACBETH, ATTO III SCENA 4
tranne questo, e i miei nervi incrollabili non tremeranno mai. Oppure resuscita, e sfidami nel deserto con la spada; se vedrai in me il minimo tremore, allora, di’ che sono la bambola di una ragazzina. Vattene, ombra spaventosa! Via di qui, illusione beffarda! Lo spettro esce Ecco, ora che se n’è andato sono di nuovo un uomo. – Ma vi prego, sedetevi. LADY MACBETH
Hai distrutto il buonumore, hai rovinato la festa con questa stranissima frenesia. MACBETH
Possibile che esistano cose simili che ci coprono come una nube d’estate senza che dobbiamo stupirci? Tu mi metti in conflitto con la mia stessa natura, quando rifletto che sei capace di guardare uno spettacolo come questo e mantenere il colore naturale sulle guance mentre le mie sbiancano dalla paura. ROSS
Guardare che, sire? LADY MACBETH
Tacete, vi prego, va sempre peggio, le domande lo esasperano. Dunque buonanotte, non badate all’ordine120 quando uscite, andate via subito. LENNOX
Buonanotte, e auguri di miglior salute per sua maestà. LADY MACBETH
Buonanotte, buonanotte a tutti. Escono i nobili MACBETH
Vorrà sangue, dicono che il sangue vuole sangue121. Si sa di pietre che si sono mosse, di alberi che hanno parlato122; profezie e indizi123
1923
MACBETH, ACT 3 SCENE 5
By maggot-pies and choughs and rooks brought forth The secret’st man of blood. What is the night?
125
LADY MACBETH
Almost at odds with morning, which is which. MACBETH
How sayst thou that Macduff denies his person At our great bidding? LADY MACBETH Did you send to him, sir? MACBETH
I hear it by the way, but I will send. There’s not a one of them but in his house I keep a servant fee’d. I will tomorrow, And betimes I will, to the weird sisters. More shall they speak, for now I am bent to know By the worst means the worst. For mine own good All causes shall give way. I am in blood Stepped in so far that, should I wade no more, Returning were as tedious as go o’er. Strange things I have in head that will to hand, Which must be acted ere they may be scanned.
130
135
LADY MACBETH
You lack the season of all natures, sleep.
140
MACBETH
Come, we’ll to sleep. My strange and self-abuse Is the initiate fear that wants hard use. We are yet but young in deed. 3.5
Exeunt
Thunder. Enter the three Witches meeting Hecate
FIRST WITCH
Why, how now, Hecate? You look angerly. HECATE
Have I not reason, beldams as you are? Saucy and over-bold, how did you dare To trade and traffic with Macbeth In riddles and affairs of death, And I, the mistress of your charms, The close contriver of all harms, 1924
5
MACBETH, ATTO III SCENA 5
compresi mediante gazze124, corvi e cornacchie hanno denunciato il più segreto e sanguinario degli omicidi. A che punto è la notte? LADY MACBETH
Sta per battersi col mattino, per decidere chi dei due prevarrà. MACBETH
E di questo che dici? Macduff non accetta il nostro invito regale. LADY MACBETH
Gli avevi mandato qualcuno? MACBETH
L’ho appreso per vie traverse. Ma manderò. Tutti loro hanno in casa almeno un servo pagato da me. – Domani vado – e di buon’ora – dalle Sorelle Fatali. Devono dirmi di più. Voglio sapere, dovessi ricorrere ai mezzi peggiori, il peggio. Il mio personale interesse deve avere la precedenza su tutto. Affondo nel sangue a un punto tale che se pure non dovessi proseguire oltre, tornare indietro sarebbe ancora più penoso che continuare. Ho in testa strani progetti che vanno messi in atto prima ancora di poterli esaminare a fondo. LADY MACBETH
Ti manca il sale di ogni cosa, il sonno. MACBETH
Vieni, andiamo a dormire. La mia strana illusione autodistruttiva è la paura del principiante che ha bisogno di esperienza. Siamo ancora giovani in queste imprese. Escono Tuoni. Entrano le tre streghe, che incontrano Ecate
III, 5
125
PRIMA STREGA
Cosa succede, Ecate? Sembri irritata. ECATE
E non ne ho motivo, comari, se siete arroganti e impertinenti? Come avete osato mettervi a trafficare con Macbeth spacciando indovinelli e questioni di morte? Mentre io, signora delle vostre magie, vera orditrice di tutti i mali, non sono stata convocata a fare
1925
MACBETH, ACT 3 SCENE 5
Was never called to bear my part Or show the glory of our art? – And, which is worse, all you have done Hath been but for a wayward son, Spiteful and wrathful, who, as others do, Loves for his own ends, not for you. But make amends now. Get you gone, And at the pit of Acheron Meet me i’th’ morning. Thither he Will come to know his destiny. Your vessels and your spells provide, Your charms and everything beside. I am for th’air. This night I’ll spend Unto a dismal and a fatal end. Great business must be wrought ere noon. Upon the corner of the moon There hangs a vap’rous drop profound. I’ll catch it ere it come to ground, And that, distilled by magic sleights, Shall raise such artificial sprites As by the strength of their illusion Shall draw him on to his confusion. He shall spurn fate, scorn death, and bear His hopes ’bove wisdom, grace, and fear; And you all know security Is mortals’ chiefest enemy. SPIRITS (singing dispersedly within) Come away, come away. Hecate, Hecate, come away.
10
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34. (SPIRITS … within): ed. Oxford (Wells); in F Musicke and a Song = “musica e una canzone”. Come away, come away…: dal v. 34 al 73 la prima canzone di Ecate e gli spiriti, assente in F, e ripresa da The Witch di Middleton, dramma recitato più volte dalla compagnia dei King’s Men. 1926
MACBETH, ATTO III SCENA 5
la mia parte né a esibire il trionfo dell’arte nostra! E quel che è peggio, avete fatto tutto per un giovanotto disobbediente, ostinato e collerico, che come altri segue il suo tornaconto e non voi. Rimediate adesso. Andate, e nella fossa di Acheronte incontriamoci domattina. Colà costui verrà per conoscere il suo destino. Preparate i vostri alambicchi e le vostre litanie, gli incantesimi e tutto il resto. Io torno nell’aria. Questa notte la dedicherò a un intento sinistro e fatale. Grandi cose vanno fatte prima di giorno. Dalla falce della luna pende una goccia di vapore condensato126; debbo afferrarla prima che cada sulla terra, così che, distillata con formule magiche, evochi spiriti artificiali che con la forza della loro illusione lo trascineranno alla rovina. Costui disprezzerà il fato, deriderà la morte, spingerà le sue speranze oltre saggezza, grazia e paura. Voi lo sapete bene: l’eccesso di fiducia è il peggiore nemico dei mortali. SPIRITI (cantano sparsamente da dentro)127 Vieni via, vieni via. Ecate, Ecate, vieni via.
1927
MACBETH, ACT 3 SCENE 5
HECATE
Hark, I am called! My little spirit, see, Sits in a foggy cloud and stays for me. The Song SPIRITS [within]
Come away, come away, Hecate, Hecate, come away. HECATE
I come, I come, I come, I come, With all the speed I may, With all the speed I may. Where’s Stadlin? SPIRIT [within] Here. HECATE Where’s Puckle? ANOTHER SPIRIT [within] Here. OTHER SPIRITS [within] And Hoppo, too, and Hellwain, too, We lack but you, we lack but you. Come away, make up the count.
40
45
HECATE
I will but ’noint, and then I mount. [Spirits appear above.] A Spirit like a Cat descends SPIRITS [above]
There’s one comes down to fetch his dues, A kiss, a coll, a sip of blood, And why thou stay’st so long I muse, I muse, Since the air’s so sweet and good.
50
HECATE
O, art thou come? What news, what news? SPIRIT LIKE A CAT
All goes still to our delight. Either come, or else refuse, refuse.
38-73. SPIRITS [within]: ed. Oxford (Wells); in F Sing within = “cantano da dentro”. Si omettono tutte le varianti aggiunte dall’ed. Oxford al testo di Middleton. 1928
MACBETH, ATTO III SCENA 5
ECATE
Sentite! Mi chiamano. Il mio spiritello, vedete, sta in una nuvola di nebbia e mi aspetta. La Canzone SPIRITI (da dentro)
Vieni via, vieni via. Ecate, Ecate, vieni via. ECATE
Vengo, vengo, vengo, vengo, con tutta la velocità che posso, con tutta la velocità che posso. Dov’è Stadling? SPIRITO (da dentro) Qui. ECATE
Dov’è Puckle? ALTRO SPIRITO (da dentro)
Qui. ALTRO SPIRITO (da dentro)
E c’è anche Hopper, e anche Hellwain; non ci manchi che te, non ci manchi che te; vieni via, chiudi il conto. ECATE
Ora mi ungo128 e quindi salgo in groppa, ora mi ungo e quindi salgo in groppa. [Compaiono degli spiriti in alto.] Uno spirito in forma di gatto scende giù SPIRITI (in alto)
Eccone uno che scende a prendersi quello che gli spetta, un bacio, un abbraccio, un sorso di sangue; e perché ci metti tanto, mi domando, mi domando, poiché l’aria è così dolce e buona. ECATE
Oh, sei venuto: che notizie, che notizie? SPIRITO IN FORMA DI GATTO
Tutto va sempre a meraviglia, ora vieni oppure rifiuta, rifiuta.
1929
MACBETH, ACT 3 SCENE 6
HECATE
Now I am furnished for the flight.
55
She ascends with the spirit and sings Now I go, now I fly, Malkin my sweet spirit and I. [SPIRITS and HECATE] O what a dainty pleasure ’tis To ride in the air When the moon shines fair, And sing, and dance, and toy, and kiss. Over woods, high rocks and mountains, Over seas and misty fountains, Over steeples, towers and turrets, We fly by night ’mongst troops of spirits. No ring of bells to our ears sounds, No howls of wolves, no yelps of hounds. No, not the noise of waters-breach Or cannons’ throat our height can reach. SPIRITS [above] No ring of bells to our ears sounds, No howls of wolves, no yelps of hounds. No, not the noise of waters-breach Or cannons’ throat our height can reach.
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Exeunt into the heavens the Spirit like a Cat and Hecate FIRST WITCH
Come, let’s make haste. She’ll soon be back again. Exeunt 3.6
Enter Lennox and another Lord
LENNOX
My former speeches have but hit your thoughts, Which can interpret farther. Only I say Things have been strangely borne. The gracious Duncan Was pitied of Macbeth: marry, he was dead; And the right valiant Banquo walked too late, 1930
5
MACBETH, ATTO III SCENA 6
ECATE
Ora sono pronta per il volo, Ascende con lo spirito e canta ora vado e adesso volo, Malkin129, il mio dolce spirito, ed io. [SPIRITI e ECATE] Oh che piacere squisito è questo cavalcare nell’aria quando la bella luna risplende, e far festa e cantare e trastullarsi e baciarsi. Sopra i boschi, le alte rocce e le montagne, sopra i mari e le fontane nebbiose, sopra campanili, torri e torrioni, noi voliamo di notte tra falangi di spiriti. Nessun rintocco di campane suona ai nostri orecchi, nessun rumore di lupi, o latrato di segugi, no, né il rumore di acque sciabordanti, o gola di cannone può raggiungere la nostra quota. SPIRITI [sopra] Nessun rintocco di campane suona ai nostri orecchi, nessun rumore di lupi, o latrato di segugi, no, né il rumore di acque sciabordanti, o gola di cannone può raggiungere la nostra quota. Ascendono al cielo lo spirito in forma di gatto e Ecate PRIMA STREGA
Venite, sbrighiamoci; tornerà presto. Escono III, 6
Entrano Lennox e un altro nobile130
LENNOX
Quanto ho detto finora ha coinciso coi vostri pensieri, e potete arrivare alla conclusione. Io dico solo che le cose sono state condotte in modo strano. Il generoso Duncan è stato compianto da Macbeth; perdiana, era morto!131 E il valorosissimo Banquo è andato a pas-
1931
MACBETH, ACT 3 SCENE 6
Whom you may say, if’t please you, Fleance killed, For Fleance fled: men must not walk too late. Who cannot want the thought how monstrous It was for Malcolm and for Donalbain To kill their gracious father? Damnèd fact, How it did grieve Macbeth! Did he not straight In pious rage the two delinquents tear, That were the slaves of drink, and thralls of sleep? Was not that nobly done? Ay, and wisely too, For ’twould have angered any heart alive To hear the men deny’t. So that I say He has borne all things well, and I do think That had he Duncan’s sons under his key – As, an’t please heaven, he shall not – they should find What ’twere to kill a father. So should Fleance. But peace, for from broad words, and ’cause he failed His presence at the tyrant’s feast, I hear Macduff lives in disgrace. Sir, can you tell Where he bestows himself? LORD The son of Duncan From whom this tyrant holds the due of birth Lives in the English court, and is received Of the most pious Edward with such grace That the malevolence of fortune nothing Takes from his high respect. Thither Macduff Is gone to pray the holy King upon his aid To wake Northumberland and warlike Siward, That by the help of these – with Him above To ratify the work – we may again Give to our tables meat, sleep to our nights, Free from our feasts and banquets bloody knives, Do faithful homage, and receive free honours,
14. Ay: emend. tardo per I (F) = “io”. 24. Son: emend. tardo sons (F) = “figli”. 1932
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MACBETH, ATTO III SCENA 6
seggio troppo tardi; e se volete, potete dire che Fleance lo ha ucciso, visto che Fleance è scappato. Non si deve andare a passeggio troppo tardi. Chi può fare a meno di pensare quanto fu mostruoso per Malcolm e per Donalbain uccidere il loro grazioso padre? Azione orrenda, come ha addolorato Macbeth! Non ha forse sùbito, in pio furore, macellato i due delinquenti, che erano schiavi del vino, e vittime del sonno? Non è stata una nobile azione? Sì, e anche saggia; perché avrebbe irritato ogni cuore vivente sentir quegli uomini negarlo. Così io dico che ha gestito bene ogni cosa; e sono certo che se avesse i figli di Duncan sotto chiave – mentre, se piace il cielo, non li ha – quelli vedrebbero cosa significa uccidere un padre; e lo vedrebbe anche Fleance. Ma stiamo zitti! Da chiacchiere sfrenate, e dalla sua assenza alla festa del tiranno, apprendo che Macduff è in disgrazia. Signore, sapete dirmi dove si trova? NOBILE
Il figlio di Duncan, al quale il tiranno ha sottratto quanto gli spettava per nascita, vive alla corte inglese, accolto dal piissimo Edoardo132 con tale grazia che la malevolenza della sorte nulla sottrae al suo alto prestigio. Colà Macduff si è recato a pregare il santo re, con il suo aiuto, di incitare Northumberland e il bellicoso Siward, affinché con l’aiuto di questi – e con Colui che è in alto ad approvare l’opera – possiamo di nuovo dare cibo alle nostre tavole, sonno alle nostre notti, e senza coltelli insanguinati alle nostre feste e banchetti, scambiarci omaggi sinceri e ricevere liberi onori – tut-
1933
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
All which we pine for now. And this report Hath so exasperate their king that he Prepares for some attempt of war. LENNOX Sent he to Macduff?
40
LORD
He did, and with an absolute ‘Sir, not I,’ The cloudy messenger turns me his back And hums, as who should say ‘You’ll rue the time That clogs me with this answer.’ LENNOX And that well might Advise him to a caution t’hold what distance His wisdom can provide. Some holy angel Fly to the court of England and unfold His message ere he come, that a swift blessing May soon return to this our suffering country Under a hand accursed. LORD I’ll send my prayers with him.
45
Exeunt 4.1
A Cauldron. Thunder. Enter the three Witches
FIRST WITCH
Thrice the brinded cat hath mewed. SECOND WITCH
Thrice, and once the hedge-pig whined. THIRD WITCH
Harpier cries ‘’Tis time, ’tis time.’ FIRST WITCH
Round about the cauldron go, In the poisoned entrails throw. Toad that under cold stone Days and nights has thirty-one Sweltered venom sleeping got, Boil thou first i’th’ charmèd pot.
38. Their: così in F; the per un emend. tardo. 1934
5
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
te cose che adesso rimpiangiamo. E questo resoconto ha talmente esasperato il loro re133, che si prepara a qualche tentativo di guerra. LENNOX
Ha mandato qualcuno da Macduff134? NOBILE
Si capisce. E ricevuto un perentorio “Nossignore!”, l’imbronciato messo volta i tacchi e borbotta, come per dire, “Rimpiangerete una risposta che mi danneggia la carriera.” LENNOX
E questo potrebbe consigliargli135 tanta prudenza da fargli mettere in mezzo tutta la distanza che la sua saggezza può fornirgli. Qualche santo angelo corra alla corte d’Inghilterra e palesi il suo messaggio prima che arrivi lui, così che una rapida benedizione possa presto tornare a questo nostro paese sofferente sotto una mano maledetta! NOBILE
Manderò con lui le mie preghiere. Escono IV, 1
Un calderone. Tuono. Entrano le tre streghe136
PRIMA STREGA
Per tre volte il soriano ha miagolato. SECONDA STREGA
Tre, e una volta ha uggiolato il porcospino. TERZA STREGA
Harpier137 grida! È ora, è ora! PRIMA STREGA
Gira intorno al calderone, getta dentro le viscere avvelenate: rospo, che sotto fredda pietra per trentuno giorni e notti hai sudato veleno formato nel sonno, bolli per primo nella pentola fatata.
1935
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
ALL
Double, double, toil and trouble, Fire burn, and cauldron bubble.
10
SECOND WITCH
Fillet of a fenny snake, In the cauldron boil and bake. Eye of newt and toe of frog, Wool of bat and tongue of dog, Adder’s fork and blind-worm’s sting, Lizard’s leg and owlet’s wing, For a charm of powerful trouble, Like a hell-broth boil and bubble.
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ALL
Double, double, toil and trouble, Fire burn, and cauldron bubble.
20
THIRD WITCH
Scale of dragon, tooth of wolf, Witches’ mummy, maw and gulf Of the ravined salt-sea shark, Root of hemlock digged i’th’dark, Liver of blaspheming Jew, Gall of goat, and slips of yew Slivered in the moon’s eclipse, Nose of Turk, and Tartar’s lips, Finger of birth-strangled babe Ditch-delivered by a drab, Make the gruel thick and slab. Add thereto a tiger’s chaudron For th’ingredience of our cauldron.
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ALL
Double, double, toil and trouble, Fire burn, and cauldron bubble. SECOND WITCH
Cool it with a baboon’s blood, Then the charm is firm and good. Enter Hecate and the other three Witches
1936
35
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
TUTTE
Doppio, doppio travaglio e guaio; brucia, fuoco, gorgoglia, calderone. SECONDA STREGA
Filetto di serpente di palude, nel calderone bolli e cuoci; occhio di ramarro, e dito di rana, lana di pipistrello e lingua di cane, forca di vipera, e aculeo di orbetto, zampa di lucertola e ala di gufetto, per un incantesimo dal possente maleficio, come un brodo d’inferno, bolli e gorgoglia. TUTTE
Doppio, doppio travaglio e guaio; brucia fuoco, gorgoglia, calderone. TERZA STREGA
Scaglia di drago, dente di lupo, mummia di strega, ventre e interiora del satollo138 squalo di mare salato, radice di cicuta scavata nel buio, fegato di ebreo bestemmiatore, bile di capra, e fronde di tasso strappate nell’eclisse della luna, naso di turco, e labbra di tartaro, dito di neonato strangolato, partorito in un fosso da una puttana, rendi la broda spessa e vischiosa. Aggiungi viscere di tigre tra gli ingredienti del nostro calderone. TUTTE
Doppio, doppio travaglio e guaio, brucia, fuoco, gorgoglia, calderone. SECONDA STREGA
Raffreddalo col sangue di un babbuino: allora l’incantesimo è saldo e buono. Entrano Ecate e le altre tre streghe139
1937
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
HECATE
O, well done! I commend your pains, And everyone shall share i’th’ gains. And now about the cauldron sing Like elves and fairies in a ring, Enchanting all that you put in.
40
Music and a song HECATE
Black spirits and white, red spirits and grey, Mingle, mingle, mingle, you that mingle may.
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FOURTH WITCH
ALL
Titty, Tiffin, keep it stiff in; Firedrake, Puckey, make it lucky; Liard, Robin, you must bob in. Round, around, around, about, about, All ill come running in, all good keep out.
50
FOURTH WITCH
Here’s the blood of a bat. HECATE
Put in that, O put in that! FIFTH WITCH
Here’s leopard’s bane. HECATE
Put in a grain. FOURTH WITCH
The juice of toad, the oil of adder.
55
FIFTH WITCH
Those will make the younker madder. HECATE
Put in, there’s all, and rid the stench. A WITCH
Nay, here’s three ounces of a red-haired wench.
44. Black spirits…: dal v. 44 al 60, la seconda canzone di Ecate e le streghe, assente in F. Si omettono tutte le varianti aggiunte dall’ed. Oxford al testo di Middleton, comunque variamente emendato. 1938
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
ECATE
Brave! Lodo il vostro impegno; e tutti divideranno il guadagno. E ora intorno al calderone cantate come elfi e fate in cerchio, stregando tutto quello che ci avete messo dentro. Musica, e una canzone Spiriti neri e bianchi, spiriti rossi e grigi, mischiatevi, mischiatevi, mischiatevi, voi che potete mischiarvi. QUARTA STREGA140
Titty, Tiffin, tenetelo dentro bello duro. Firedrake, Puckey, dategli la buona sorte. Liard, Robin, voi saltateci dentro. CORO DI STREGHE
Gira, gira, gira, di qua e di là, corra dentro tutto il male, resti fuori tutto il bene. QUARTA STREGA
Ecco il sangue di un pipistrello. ECATE
Mettilo dentro, oh, mettilo dentro! QUINTA STREGA
Ecco il cervello di una lucertola. ECATE
Metticene un granello! QUARTA STREGA
Il succo di rospo, l’olio di vipera. QUINTA STREGA
Faranno ammattire il giovanotto! ECATE
Metti dentro, c’è tutto, e libera la puzza. UNA STREGA
No, ci sono tre once della ragazza coi capelli rossi141.
1939
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
Round, around, around, about, about, All ill come running in, all good keep out.
ALL
60
SECOND WITCH
By the pricking of my thumbs, Something wicked this way comes. [Knock within] Open, locks, whoever knocks. Enter Macbeth MACBETH
How now, you secret, black, and midnight hags, What is’t you do? ALL THE WITCHES A deed without a name.
65
MACBETH
I conjure you by that which you profess, Howe’er you come to know it, answer me. Though you untie the winds and let them fight Against the churches, though the yeasty waves Confound and swallow navigation up, Though bladed corn be lodged and trees blown down, Though castles topple on their warders’ heads, Though palaces and pyramids do slope Their heads to their foundations, though the treasure Of nature’s germens tumble all together Even till destruction sicken, answer me To what I ask you. FIRST WITCH Speak. SECOND WITCH Demand. THIRD WITCH We’ll answer. FIRST WITCH
Say if thou’dst rather hear it from our mouths Or from our masters. MACBETH Call ’em, let me see ’em.
75. Germens: emend. tardo; in F germaine (?). 1940
70
75
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
CORO DELLE STREGHE
Gira, gira, gira, di qua e di là, corra dentro tutto il male, resti fuori tutto il bene. SECONDA STREGA
Mi prudono i pollici, segno che arriva qualcuno. [Bussano da dentro] Apritevi, chiavistelli, chiunque bussi! Entra Macbeth MACBETH
E allora, segrete e nere megere di mezzanotte! Che state facendo? TUTTE LE STREGHE
Un atto senza nome. MACBETH
Vi ordino, in nome di quello in cui credete, in qualunque modo lo abbiate appreso, di rispondermi, doveste anche scatenare i venti e farli combattere contro le chiese, con le spumose onde travolgere e ingoiare i bastimenti, a costo di annientare il grano ancora verde e di abbattere gli alberi, di far crollare i castelli sulla testa dei loro guardiani, piegare il capo di palazzi e piramidi sulle fondamenta; se anche le essenze primordiali della natura si confondessero fino a nauseare la stessa distruzione – rispondete a quanto vi domando. PRIMA STREGA
Parla. SECONDA STREGA
Interroga. TERZA STREGA
Risponderemo. PRIMA STREGA
Preferisci sentirlo dalla nostra bocca, o dai nostri padroni? MACBETH
Chiamateli. Fatemeli vedere.
1941
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
FIRST WITCH
Pour in sow’s blood that hath eaten Her nine farrow; grease that’s sweaten From the murderer’s gibbet throw Into the flame. ALL THE WITCHES Come high or low, Thyself and office deftly show.
80
Thunder. First Apparition: an armed head MACBETH
Tell me, thou unknown power – He knows thy thought. Hear his speech, but say thou naught.
FIRST WITCH
86
FIRST APPARITION
Macbeth, Macbeth, Macbeth, beware Macduff, Beware the Thane of Fife. Dismiss me. Enough. Apparition descends MACBETH
Whate’er thou art, for thy good caution thanks. Thou hast harped my fear aright. But one word more –
90
FIRST WITCH
He will not be commanded. Here’s another, More potent than the first. Thunder. Second Apparition: a bloody child SECOND APPARITION Macbeth, Macbeth, Macbeth. MACBETH Had I three ears I’d hear thee. SECOND APPARITION
Be bloody, bold, and resolute. Laugh to scorn The power of man, for none of woman born Shall harm Macbeth.
95
Apparition descends MACBETH
Then live, Macduff – what need I fear of thee? But yet I’ll make assurance double sure, And take a bond of fate thou shall not live, 1942
100
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
PRIMA STREGA
Getta sangue di scrofa che abbia mangiato i suoi nove maialetti142; grasso trasudato dalla forca dell’assassino, gettalo nella fiamma. TUTTE LE STREGHE
Vieni, nobile o pezzente, svelto, mostra te e il tuo compito. Tuono. Prima apparizione: una testa con elmo143 MACBETH
Dimmi, entità ignota… PRIMA STREGA
Lui ti legge nel pensiero. Ascolta quanto dice, ma non parlare. PRIMA APPARIZIONE
Macbeth, Macbeth, Macbeth: guardati da Macduff! Guardati dal signore di Fife! Congedatemi. Basta. L’apparizione scende MACBETH
Chiunque tu sia, grazie per l’avvertimento; hai indovinato il mio timore. Un’altra parola, però… PRIMA STREGA
Non si può dargli ordini. Eccone un altro più potente del primo. Tuono. Seconda apparizione, un bambino insanguinato144 SECONDA APPARIZIONE
Macbeth, Macbeth, Macbeth! MACBETH
Anche se avessi tre orecchie, ti ascolterei. SECONDA APPARIZIONE
Sii sanguinario, audace e risoluto; fatti beffe del potere dell’uomo; poiché nessuno che sia uscito da donna potrà nuocere a Macbeth. L’apparizione scende MACBETH
Quand’è così, vivi, Macduff; che bisogno ho di temerti? Ma no145, voglio raddoppiare le certezze, perché io possa dire alla
1943
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
That I may tell pale-hearted fear it lies, And sleep in spite of thunder. Thunder. Third Apparition: a child crowned, with a tree in his hand What is this That rises like the issue of a king, And wears upon his baby-brow the round And top of sovereignty? ALL THE WITCHES Listen, but speak not to’t.
105
THIRD APPARITION
Be lion-mettled, proud, and take no care Who chafes, who frets, or where conspirers are. Macbeth shall never vanquished be until Great Birnam Wood to high Dunsinane Hill Shall come against him. Apparition descends That will never be. Who can impress the forest, bid the tree Unfix his earth-bound root? Sweet bodements, good! Rebellious dead, rise never till the wood Of Birnam rise, and on’s high place Macbeth Shall live the lease of nature, pay his breath To time and mortal custom. Yet my heart Throbs to know one thing. Tell me, if your art Can tell so much, shall Banquo’s issue ever Reign in this kingdom? ALL THE WITCHES Seek to know no more. MACBETH
110
115
MACBETH
I will be satisfied. Deny me this, And an eternal curse fall on you! Let me know.
120
109. Dunsinane: emend. tardo per Dunsmane (F). 113. Rebellious dead: così in F; vari emend., fra cui rebellious head = “capo ribelle” e rebellion’s head = “la testa della ribellione”. 114. On’s high place: emend. Oxford (Wells); in F our high plac’d (?), variamente spiegato. 1944
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
paura dal cuore pallido che mente, e dormire a dispetto del tuono. Tuono. Terza apparizione, un bambino incoronato, con un albero nella mano146 Chi è costui che sorge come il figlio di un re e porta sulla fronte infantile il cerchio e il culmine della sovranità? TUTTE LE STREGHE
Ascolta, ma non parlargli. TERZA APPARIZIONE
Abbi tempra di leone, sii fiero e non badare a chi smania, a chi rampogna, o a dove siano i cospiratori; Macbeth non sarà mai sconfitto, fino a quando la grande foresta di Birnam fino all’alto colle di Dunsinane non verrà a sfidarlo. L’apparizione scende MACBETH
Questo non sarà mai. Chi può arruolare una foresta, ordinare agli alberi di svellere le radici conficcate nella terra? Ottime profezie! Bene! Morti, datevi pace147: non vi solleverete finché la foresta di Birnam non si sollevi anch’essa; e il nostro supremo Macbeth vivrà il suo corso di natura, e offrirà l’ultimo respiro al tempo e all’uso dei mortali. Ma il mio cuore pulsa solo per sapere una cosa. Ditemi, se la vostra arte è capace di tanto – la stirpe di Banquo regnerà mai su questo regno? TUTTE LE STREGHE
Non cercare di sapere altro. MACBETH
Voglio una risposta! Se me la negate, vi schianti un’eterna maledizione! Ditemi.
1945
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
The cauldron sinks. Hautboys Why sinks that cauldron? And what noise is this? FIRST WITCH Show. SECOND WITCH Show. THIRD WITCH Show.
125
ALL THE WITCHES
Show his eyes and grieve his heart, Come like shadows, so depart. A show of eight kings, the last with a glass in his hand; and Banquo MACBETH
Thou art too like the spirit of Banquo. Down! Thy crown does sear mine eyeballs. And thy hair, Thou other gold-bound brow, is like the first. A third is like the former. Filthy hags, Why do you show me this? – A fourth? Start, eyes! What, will the line stretch out to th’ crack of doom? Another yet? A seventh? I’ll see no more – And yet the eighth appears, who bears a glass Which shows me many more; and some I see That twofold balls and treble sceptres carry. Horrible sight! Now I see ’tis true, For the blood-baltered Banquo smiles upon me, And points at them for his.
130
135
Exeunt kings and Banquo What, is this so?
140
Ay, sir, all this is so. But why Stands Macbeth thus amazedly? Come, sisters, cheer we up his sprites, And show the best of our delights. I’ll charm the air to give a sound
145
[HECATE]
139. Blood-baltered: in F blood-bolter’d, con lo stesso significato. 1946
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
Il calderone sprofonda. Oboi Perché sprofonda, quel calderone? E che rumore è questo? PRIMA STREGA
Mostratevi! SECONDA STREGA
Mostratevi! TERZA STREGA
Mostratevi! TUTTE LE STREGHE
Mostratevi ai suoi occhi e affliggete il suo cuore: Venite come ombre, e così andatevene. Processione di otto re, l’ultimo con uno specchio in mano148; e Banquo MACBETH
Tu assomigli troppo allo spettro di Banquo. Via! La tua corona mi lacera le pupille. E la tua chioma, seconda fronte cinta d’oro, è come quella del primo; un terzo è come gli altri. Luride megere, perché mi mostrate questo? – Un quarto? Trasecolate, occhi! Cosa, la dinastia si estenderà fino al giorno del giudizio? Un altro ancora? Il settimo? Non voglio vederne più. E invece ecco l’ottavo, con uno specchio che me ne mostra molti altri ancora149. E qualcuno ne vedo con in mano due globi e tre scettri150! Orrenda vista! Ora capisco che è vero, Perché Banquo coperto di sangue151 mi sorride e li indica come suoi discendenti. Escono i re e Banquo Come! È così? [ECATE]152 Sì, signore, è così. Ma perché sta Macbeth così meravigliato? Venite, sorelle, rallegriamo i suoi spiriti e mostriamogli il meglio delle nostre delizie. Incanterò l’aria perché produca una musica mentre
1947
MACBETH, ACT 4 SCENE 1
While you perform your antic round, That this great king may kindly say Our duties did his welcome pay. Music. The Witches dance, and vanish MACBETH
Where are they? Gone? Let this pernicious hour Stand aye accursèd in the calendar. Come in, without there.
150
Enter Lennox LENNOX
What’s your grace’s will?
MACBETH
Saw you the weird sisters? LENNOX
No, my lord.
MACBETH
Came they not by you? LENNOX
No, indeed, my lord.
MACBETH
Infected be the air whereon they ride, And damned all those that trust them. I did hear The galloping of horse. Who was’t came by?
155
LENNOX
’Tis two or three, my lord, that bring you word Macduff is fled to England. MACBETH Fled to England? LENNOX Ay, my good lord. MACBETH (aside) Time, thou anticipat’st my dread exploits. The flighty purpose never is o’ertook Unless the deed go with it. From this moment The very firstlings of my heart shall be The firstlings of my hand. And even now, To crown my thoughts with acts, be it thought and done: The castle of Macduff I will surprise, Seize upon Fife, give to th’edge o’th’ sword His wife, his babes, and all unfortunate souls 1948
160
165
MACBETH, ATTO IV SCENA 1
voi eseguirete il vostro girotondo rituale, così che questo grande re possa cortesemente dire che la nostra obbedienza gli ha dato il benvenuto. Musica. Le streghe danzano, e svaniscono MACBETH
Dove sono? Sparite? Che quest’ora malefica rimanga maledetta per sempre nel calendario. Chi c’è lì fuori? Che entri. Entra Lennox LENNOX
Cosa comanda vostra altezza? MACBETH
Hai visto le sorelle fatali? LENNOX
No, mio sire. MACBETH
Non ti sono passate accanto? LENNOX
No, davvero, sire. MACBETH
Si infetti l’aria che attraversano e sia dannato chi si fida di loro. Ho sentito un cavallo al galoppo. Chi è venuto? LENNOX
Due o tre uomini, mio signore, con la notizia che Macduff è fuggito in Inghilterra. MACBETH
Fuggito in Inghilterra! LENNOX
Sì, mio buon signore. MACBETH (a parte)
Tempo, tu anticipi le mie terribili gesta; il fuggevole progetto non è mai concluso se l’azione non lo accompagna. D’ora in poi i primissimi nati del mio cuore saranno i primogeniti della mia mano. E anche adesso, per coronare di atti i miei pensieri, pensato e fatto: sorprenderò il castello di Macduff; occuperò Fife, passerò a fil di spada sua moglie, i suoi rampolli e tutte le sciagurate anime che da
1949
MACBETH, ACT 4 SCENE 2
That trace him in his line. No boasting like a fool; This deed I’ll do before this purpose cool. But no more sights! (To Lennox) Where are these gentlemen? Come bring me where they are. Exeunt 4.2
170
Enter Macduff ’s Wife, her Son, and Ross
LADY MACDUFF
What had he done to make him fly the land? ROSS
You must have patience, madam. He had none. His flight was madness. When our actions do not, Our fears do make us traitors. ROSS You know not Whether it was his wisdom or his fear. LADY MACDUFF
5
LADY MACDUFF
Wisdom – to leave his wife, to leave his babes, His mansion, and his titles in a place From whence himself does fly? He loves us not, He wants the natural touch, for the poor wren, The most diminutive of birds, will fight, Her young ones in her nest, against the owl. All is the fear and nothing is the love; As little is the wisdom, where the flight So runs against all reason. ROSS My dearest coz, I pray you school yourself. But for your husband, He is noble, wise, judicious, and best knows The fits o’th’ season. I dare not speak much further, But cruel are the times when we are traitors And do not know ourselves; when we hold rumour From what we fear, yet know not what we fear, But float upon a wild and violent sea Each way and none. I take my leave of you; 22. None: emend. tardo per [to] move = “muoversi, agitarsi”. 1950
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MACBETH, ATTO IV SCENA 2
lui discendono. – Basta, questo è parlare da bravaccio. Compirò quest’azione prima che l’intenzione si raffreddi. Basta visioni! (A Lennox) Dove sono questi signori? Vieni, portami da loro. Escono IV, 2
Entrano la moglie di Macduff, suo figlio, e Ross
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LADY MACDUFF
Ma che ha fatto, per dover lasciare il paese così? ROSS
Dovete avere pazienza, signora. LADY MACDUFF
Lui non l’ha avuta. La sua fuga è stata una follia; se non ci fanno traditori le nostre azioni, ci pensano le nostre paure. ROSS
Voi non sapete se sia stata saggezza o paura. LADY MACDUFF
Saggezza? Lasciare sua moglie, lasciare i suoi piccoli, la sua dimora e i suoi titoli, in un luogo dal quale egli stesso fugge via? Non ci vuole bene. Gli manca l’istinto naturale; perché il misero scricciolo, che è il più minuscolo degli uccelli, si batte per i suoi nati nel nido, contro il gufo. La paura è tutto e l’amore, nulla; come piccola è la saggezza, quando la fuga va così contro ogni ragione. ROSS
Carissima cugina154, vi prego, fatevi una ragione. Quanto a vostro marito, è nobile, saggio, giudizioso, e sa meglio di tutti cosa si addica al momento. Non oso dire molto altro, Ma sono crudeli i tempi in cui siamo traditori e nemmeno lo sappiamo; quando ci aggrappiamo alle dicerie per combattere le nostre paure, ma non sappiamo cosa temiamo, e galleggiamo su di un mare selvaggio e violento, sbattuti dappertutto155. – Mi congedo da voi; tra non molto sarò di
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MACBETH, ACT 4 SCENE 2
Shall not be long but I’ll be here again. Things at the worst will cease, or else climb upward To what they were before. My pretty cousin, Blessing upon you!
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LADY MACDUFF
Fathered he is, and yet he’s fatherless. ROSS
I am so much a fool, should I stay longer It would be my disgrace and your discomfort. I take my leave at once. LADY MACDUFF Sirrah, your father’s dead, And what will you do now? How will you live?
Exit 30
MACDUFF’S SON
As birds do, mother. LADY MACDUFF What, with worms and flies? MACDUFF’S SON
With what I get, I mean, and so do they. LADY MACDUFF
Poor bird, thou’dst never fear the net nor lime, The pitfall nor the gin.
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MACDUFF’S SON
Why should I, mother? Poor birds they are not set for. My father is not dead, for all your saying. LADY MACDUFF Yes, he is dead. How wilt thou do for a father? MACDUFF’S SON Nay, how will you do for a husband? LADY MACDUFF Why, I can buy me twenty at any market. MACDUFF’S SON Then you’ll buy ’em to sell again. LADY MACDUFF Thou speak’st with all thy wit, and yet, i’faith, with wit enough for thee. MACDUFF’S SON Was my father a traitor, mother?
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MACBETH, ATTO IV SCENA 2
nuovo qui. Raggiunto il peggio, le cose cessano o ricominciano a salire fino a com’erano prima. Mio grazioso cuginetto, che Dio ti benedica! LADY MACDUFF
Ha un padre, eppure è senza padre. ROSS
Sono proprio uno sciocco, se restassi ancora nuocerei a me e metterei voi a disagio. Mi congedo subito. Esce LADY MACDUFF
Bambino mio, tuo padre è morto. Che farai tu ora? Come vivrai? FIGLIO DI MACDUFF
Come gli uccelli, mamma. LADY MACDUFF
Eh? Di vermi e mosche? FIGLIO DI MACDUFF
Di quello che troverò, voglio dire, come fanno loro. LADY MACDUFF
Povero uccellino, e non avrai paura della rete o del vischio, del laccio o della trappola! FIGLIO DI MACDUFF
E perché dovrei, madre? Gli uccellini poveri non li caccia nessuno. Mio padre non è morto, malgrado quello che dite. LADY MACDUFF
Sì che è morto. Come farai senza padre? FIGLIO DI MACDUFF
No, come farete voi senza marito? LADY MACDUFF
Ma io me ne posso comprare venti a qualunque mercato. FIGLIO DI MACDUFF
Li comprate per poi rivenderli. LADY MACDUFF
Parli con tutto il senno che hai, ma più di quello alla tua età non puoi averne. FIGLIO DI MACDUFF
Mio padre era un traditore, madre? 1953
MACBETH, ACT 4 SCENE 2
LADY MACDUFF Ay, that he was. MACDUFF’S SON What is a traitor? LADY MACDUFF Why, one that swears and lies. MACDUFF’S SON And be all traitors that do so? LADY MACDUFF Everyone that does so is a traitor, and
must be hanged.
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MACDUFF’S SON And must they all be hanged that swear
and lie? LADY MACDUFF Every one. MACDUFF’S SON Who must hang them?
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LADY MACDUFF Why, the honest men. MACDUFF’S SON Then the liars and swearers are fools, for
there are liars and swearers enough to beat the honest men and hang up them. LADY MACDUFF Now God help thee, poor monkey! But how wilt thou do for a father? MACDUFF’S SON If he were dead you’d weep for him. If you would not, it were a good sign that I should quickly have a new father. LADY MACDUFF Poor prattler, how thou talk’st!
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Enter a Messenger MESSENGER
Bless you, fair dame. I am not to you known, Though in your state of honour I am perfect. I doubt some danger does approach you nearly. If you will take a homely man’s advice, Be not found here. Hence with your little ones! To fright you thus methinks I am too savage,
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MACBETH, ATTO IV SCENA 2
LADY MACDUFF
Sì, infatti. FIGLIO DI MACDUFF
Cos’è un traditore? LADY MACDUFF
Be’, uno che giura e mente156. FIGLIO DI MACDUFF
E tutti quelli che lo fanno sono traditori? LADY MACDUFF
Chiunque lo fa è un traditore, e deve essere impiccato. FIGLIO DI MACDUFF
E tutti quelli che giurano e mentono devono essere impiccati? LADY MACDUFF
Tutti quanti. FIGLIO DI MACDUFF
E chi li deve impiccare? LADY MACDUFF
Be’, gli uomini onesti. FIGLIO DI MACDUFF
Allora quelli che mentono e giurano sono sciocchi; perché quelli che mentono e giurano sono così tanti che possono battere gli uomini onesti e impiccarli. LADY MACDUFF
Che Dio ti protegga, povera scimmietta! Ma come farai senza padre? FIGLIO DI MACDUFF
Se fosse morto, voi lo piangereste; se non lo piangeste, sarebbe un buon segno che avrei presto un nuovo padre. LADY MACDUFF
Povero chiacchierino, quanto parli! Entra un messo MESSO
Dio vi benedica, bella signora! Non vi sono noto, ma so bene il vostro prestigio157. Temo che un pericolo vi si stia avvicinando. Se accettate il consiglio di un uomo semplice, non fatevi trovare qui. Partite con i vostri piccoli! So di essere brutale a spaventarvi così, e
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
To do worse to you were fell cruelty, Which is too nigh your person. Heaven preserve you. I dare abide no longer. Exit Messenger LADY MACDUFF Whither should I fly? I have done no harm. But I remember now I am in this earthly world, where to do harm Is often laudable, to do good sometime Accounted dangerous folly. Why then, alas, Do I put up that womanly defence To say I have done no harm?
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Enter Murderers What are these faces? A MURDERER Where is your husband?
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LADY MACDUFF
I hope in no place so unsanctified Where such as thou mayst find him. A MURDERER He’s a traitor. MACDUFF’S SON
Thou liest, thou shag-haired villain. What, you egg! Young fry of treachery! MACDUFF’S SON He has killed me, mother. Run away, I pray you. A MURDERER (stabbing him)
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[He dies.] Exit Macduff ’s Wife crying ‘Murder!’ followed by Murderers [with the Son’s body] 4.3
Enter Malcolm and Macduff
MALCOLM
Let us seek out some desolate shade, and there Weep our sad bosoms empty. MACDUFF Let us rather Hold fast the mortal sword, and like good men Bestride our downfall birthdom. Each new morn New widows howl, new orphans cry, new sorrows
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83. Shag-haired: emend. tardo per shagge-ear’d (F) = “dalle orecchie mozze”. 1956
MACBETH, ATTO IV SCENA 3
fare di peggio sarebbe una abietta crudeltà, ma il rischio è concreto. Il cielo vi salvi! Non oso trattenermi oltre. Esce il messo LADY MACDUFF
E dove dovrei fuggire? Non ho fatto male a nessuno. Però ricordo ora che mi trovo in questo mondo terreno, dove fare del male è sovente lodevole, e far bene a volte è considerato una rischiosa follia. Perché dunque, ahimè, accampo questa difesa femminile di dire che non ho fatto del male? Entrano gli assassini Che facce sono queste? ASSASSINO
Dov’è tuo marito? LADY MACDUFF
Spero, in nessun posto così profano che qualcuno come voi possa trovarlo. ASSASSINO
È un traditore. FIGLIO DI MACDUFF
Tu menti, farabutto zazzerone! ASSASSINO (trafiggendolo)
Cosa, uovo, piccolo germe di tradimento! FIGLIO DI MACDUFF
Mi ha ucciso, madre! Fuggite, vi prego. [Muore.] Lady Macduff esce gridando “assassinio!”, inseguita dagli assassini col corpo del figlio IV, 3
Entrano Malcolm e Macduff158
MALCOLM159
Cerchiamo un posto desolato all’ombra, e qui piangiamo fino a svuotare il petto della tristezza. MACDUFF
No, piuttosto impugniamo la spada micidiale; e da valorosi liberiamo160 la nostra patria caduta. Ogni mattina nuove vedove gridano, nuovi orfani piangono, nuovi dolori percuotono il cielo in pieno
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
Strike heaven on the face that it resounds As if it felt with Scotland and yelled out Like syllable of dolour. MALCOLM What I believe I’ll wail, What know believe; and what I can redress, As I shall find the time to friend, I will. What you have spoke it may be so, perchance. This tyrant, whose sole name blisters our tongues, Was once thought honest. You have loved him well. He hath not touched you yet. I am young, but something You may discern of him through me: and wisdom To offer up a weak poor innocent lamb T’appease an angry god. MACDUFF I am not treacherous. MALCOLM But Macbeth is. A good and virtuous nature may recoil In an imperial charge. But I shall crave your pardon. That which you are my thoughts cannot transpose. Angels are bright still, though the brightest fell. Though all things foul would wear the brows of grace, Yet grace must still look so. MACDUFF I have lost my hopes.
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MALCOLM
Perchance even there where I did find my doubts. Why in that rawness left you wife and child, Those precious motives, those strong knots of love, Without leave-taking? I pray you, Let not my jealousies be your dishonours, But mine own safeties. You may be rightly just, Whatever I shall think. MACDUFF Bleed, bleed, poor country! Great tyranny, lay thou thy basis sure, For goodness dare not check thee. Wear thou thy wrongs; 15. Discern: così in F; in emend. successivi deserve = “meritare”. 1958
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MACBETH, ATTO IV SCENA 3
viso, con schiaffi che rimbombano come se il cielo riecheggiasse la Scozia, ed emettesse analoghi urli di sofferenza. MALCOLM
Quello che credo, piangerò; quello che so, credo; e quello che potrò aggiustare, come troverò il momento favorevole, aggiusterò. Quanto avete detto, può essere che sia vero. Questo tiranno, il cui solo nome ci piaga la lingua, una volta fu creduto onesto; voi lo avete amato assai; non vi ha toccato ancora. Io sono giovane; ma qualche merito presso di lui potreste farvi, attraverso me161; ed è cosa saggia offrire un povero e debole agnello innocente per placare l’ira di un dio. MACDUFF
Non sono un traditore. MALCOLM
Ma Macbeth lo è. Una natura buona e virtuosa può vacillare davanti a un comando imperiale. Ma vi impetro perdono: quello che siete, i miei pensieri non possono cambiare; gli angeli sono luminosi, anche se il più luminoso cadde162. Seppure tutte le cose turpi indossassero l’aspetto della grazia, la grazia deve pur continuare ad avere il suo. MACDUFF
Io ho perso le mie speranze163. MALCOLM
Forse proprio lì dove io ho trovato i miei dubbi164. Perché avete lasciato in quel luogo indifeso moglie e figli, quei preziosi obiettivi, quei forti nodi d’amore, senza nemmeno salutarli? Vi prego, che i miei scrupoli non siano il vostro disonore, ma la mia prudenza. Potete avere ragione voi, qualunque cosa io penserò. MACDUFF
Sanguina, sanguina, povera nazione! Grande tirannide, rafforza le tue fondamenta, poiché il bene non osa contrastarti; ammantati nei
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
The title is affeered. Fare thee well, lord. I would not be the villain that thou think’st For the whole space that’s in the tyrant’s grasp, And the rich east to boot. MALCOLM Be not offended. I speak not as in absolute fear of you. I think our country sinks beneath the yoke. It weeps, it bleeds, and each new day a gash Is added to her wounds. I think withal There would be hands uplifted in my right, And here from gracious England have I offer Of goodly thousands. But for all this, When I shall tread upon the tyrant’s head, Or wear it on my sword, yet my poor country Shall have more vices than it had before, More suffer, and more sundry ways, than ever, By him that shall succeed. MACDUFF What should he be?
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MALCOLM
It is myself I mean, in whom I know All the particulars of vice so grafted That when they shall be opened black Macbeth Will seem as pure as snow, and the poor state Esteem him as a lamb, being compared With my confineless harms. MACDUFF Not in the legions Of horrid hell can come a devil more damned In evils to top Macbeth. MALCOLM I grant him bloody, Luxurious, avaricious, false, deceitful, Sudden, malicious, smacking of every sin That has a name. But there’s no bottom, none, In my voluptuousness. Your wives, your daughters, Your matrons, and your maids could not fill up The cistern of my lust, and my desire
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60. Sudden: in F sodaine; Gary Taylor suggerisce sullen = “rancoroso”. 1960
MACBETH, ATTO IV SCENA 3
tuoi torti, il titolo è legittimato165. Addio, signore! Non vorrei essere il farabutto che credete neanche per tutto il territorio nelle grinfie del tiranno, con tutto il ricco Oriente per soprammercato. MALCOLM
Non offendetevi; non dico così per timore di voi. Penso che il nostro paese sprofonda sotto il giogo, piange, sanguina, e ogni giorno un nuovo squarcio si aggiunge alle sue ferite. Penso pertanto che delle mani si leverebbero per sostenere i miei diritti; e qui dall’ospitale re d’Inghilterra ho l’offerta di solide migliaia. Malgrado ciò, quando calpesterò la testa del tiranno o la porterò sulla mia spada, il mio povero paese riceverà ancora più vizi di prima, più sofferenze, e più numerose vie, che mai, da colui che gli succederà. MACDUFF
E chi sarebbe costui? MALCOLM
Io stesso, voglio dire: nel quale so che ogni componente del vizio è così innestata, che quando sboccerà, il nero Macbeth sembrerà puro come neve, e il povero Stato lo troverà un agnello, a confronto delle mie sconfinate malizie166. MACDUFF
Neanche dalle legioni dell’orrido inferno può venire un demonio così dannato nelle infamie da superare Macbeth. MALCOLM
Lui è sanguinario, lo ammetto, lussurioso, avido, falso, subdolo, incostante, maligno, gravato da ogni peccato che abbia un nome. Ma non c’è fondo, credetemi, alla mia libidine. Le vostre mogli, le vostre figlie, le vostre matrone e le vostre ancelle non potrebbero riempire la cisterna della mia foia, e il mio desiderio travolgerebbe
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
All continent impediments would o’erbear That did oppose my will. Better Macbeth Than such an one to reign. MACDUFF Boundless intemperance In nature is a tyranny. It hath been Th’untimely emptying of the happy throne, And fall of many kings. But fear not yet To take upon you what is yours. You may Convey your pleasures in a spacious plenty And yet seem cold. The time you may so hoodwink. We have willing dames enough. There cannot be That vulture in you to devour so many As will to greatness dedicate themselves, Finding it so inclined. MALCOLM With this there grows In my most ill-composed affection such A staunchless avarice that were I king I should cut off the nobles for their lands, Desire his jewels and this other’s house, And my more having would be as a sauce To make me hunger more, that I should forge Quarrels unjust against the good and loyal, Destroying them for wealth. MACDUFF This avarice Sticks deeper, grows with more pernicious root Than summer-seeming lust, and it hath been The sword of our slain kings. Yet do not fear. Scotland hath foisons to fill up your will Of your mere own. All these are portable, With other graces weighed.
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MALCOLM
But I have none. The king-becoming graces, As justice, verity, temp’rance, stableness, Bounty, perseverance, mercy, lowliness, Devotion, patience, courage, fortitude, I have no relish of them, but abound In the division of each several crime, 1962
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MACBETH, ATTO IV SCENA 3
ogni tentativo di limitarlo che si opponesse alla mia volontà. Meglio Macbeth a regnare, che uno come me. MACDUFF
L’intemperanza illimitata nella natura, è tirannide. Per causa sua troni felici sono rimasti vuoti prima del tempo, e sono caduti molti re. Ma non temete per questo di prendervi quello che è vostro. Potrete soddisfare in segreto i vostri piaceri con ampia abbondanza, e tuttavia sembrare freddo; potrete ingannare il mondo. Abbiamo abbastanza dame ben disposte. Non è possibile che l’avvoltoio dentro di voi ne divori tante quante vorranno offrirsi al grand’uomo, vista la sua inclinazione. MALCOLM
Oltre a questo, si manifesta nelle mie male assortite passioni un’avidità così sfrenata che, se fossi re, eliminerei i nobili per toglier loro la terra, vorrei le gioie di questo e la casa di quest’altro, e il mio aver di più sarebbe come una salsa che mi aumenterebbe l’appetito, fino a farmi orchestrare accuse ingiuste contro i buoni e leali, distruggendoli per la loro ricchezza. MACDUFF
Questa avidità affonda radici più profonde e cresce con più danno della lussuria della giovinezza167; ed è stata la spada che ha trucidato dei nostri re. Ma non temete; la Scozia ha ricchezze da soddisfare ogni vostra voglia con quanto già in vostro possesso. Tutte questi sono vizi accettabili, se bilanciati da altre virtù. MALCOLM
Ma io non ne ho. Delle virtù ideali del sovrano, come giustizia, sincerità, temperanza, stabilità, generosità, perseveranza, pietà, modestia, devozione, pazienza, coraggio, fortitudine, non ho neanche l’ombra168, mentre abbondo nelle sfumature di ogni singolo vizio,
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
Acting it many ways. Nay, had I power I should Pour the sweet milk of concord into hell, Uproar the universal peace, confound All unity on earth. MACDUFF O Scotland, Scotland!
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MALCOLM
If such a one be fit to govern, speak. I am as I have spoken. MACDUFF Fit to govern? No, not to live. O nation miserable, With an untitled tyrant bloody-sceptered, When shalt thou see thy wholesome days again, Since that the truest issue of thy throne By his own interdiction stands accursed And does blaspheme his breed? Thy royal father Was a most sainted king. The Queen that bore thee, Oft’ner upon her knees than on her feet, Died every day she lived. Fare thee well. These evils thou repeat’st upon thyself Hath banished me from Scotland. O, my breast – Thy hope ends here! MALCOLM Macduff, this noble passion, Child of integrity, hath from my soul Wiped the black scruples, reconciled my thoughts To thy good truth and honour. Devilish Macbeth By many of these trains hath sought to win me Into his power, and modest wisdom plucks me From over-credulous haste; but God above Deal between thee and me, for even now I put myself to thy direction and Unspeak mine own detraction, here abjure The taints and blames I laid upon myself For strangers to my nature. I am yet Unknown to woman, never was forsworn, Scarcely have coveted what was mine own,
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108. Accursed: in F1 accust, in F2 accurst; accused in emend. successivi. 1964
MACBETH, ATTO IV SCENA 3
che pratico in molti modi. Sì, se avessi il potere, io verserei il dolce latte della concordia nell’inferno, sconvolgerei la pace universale, confonderei ogni unità sulla terra. MACDUFF
O Scozia, Scozia! MALCOLM
Se uno così è adatto a governare, ditemi. Io sono come ho detto. MACDUFF
Adatto a governare! No, neanche a vivere! O infelice nazione, con un tiranno senza titolo, dallo scettro insanguinato, quando rivedrai i tuoi giorni sereni, se il più legittimo erede del tuo trono si fa accusatore di se stesso e diffama la propria natura? Il vostro regale padre era un re molto santo; la regina che vi mise al mondo, più sovente in ginocchio che in piedi, morì ogni giorno della sua vita169. Addio! Questi mali che ripetete su voi stesso mi hanno esiliato dalla Scozia. O mio petto, la tua speranza finisce qui! MALCOLM
Macduff, questa nobile passione, figlia dell’integrità, dalla mia anima ha spazzato i neri dubbi, convincendomi profondamente della vostra lealtà e onorabilità. Il diabolico Macbeth con molti di questi allettamenti ha tentato di conquistarmi al suo potere, e la mia modesta saggezza mi sottrae a una troppo credula fretta. Ma Iddio lassù faccia da tramite tra te e me; perché fin da questo momento io mi affido alla tua guida, e rinnego la mia stessa diffamazione; io qui abiuro i difetti e le colpe di cui mi sono accusato come estranei alla mia natura. Io sono ancora sconosciuto alla donna, mai ho spergiurato, né ho mai bramato neanche quello che era mio. In nessun
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
At no time broke my faith, would not betray The devil to his fellow, and delight No less in truth than life. My first false-speaking Was this upon myself. What I am truly Is thine and my poor country’s to command, Whither indeed, before thy here-approach, Old Siward with ten thousand warlike men, Already at a point, was setting forth. Now we’ll together; and the chance of goodness Be like our warranted quarrel! – Why are you silent?
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MACDUFF
Such welcome and unwelcome things at once ’Tis hard to reconcile.
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Enter a Doctor MALCOLM
Well, more anon. (To the Doctor) Comes the King forth, I pray you? DOCTOR
Ay, sir. There are a crew of wretched souls That stay his cure. Their malady convinces The great essay of art, but at his touch, Such sanctity hath Heaven given his hand, They presently amend. MALCOLM I thank you, doctor.
145 Exit Doctor
MACDUFF
What’s the disease he means? ’Tis called the evil – A most miraculous work in this good King, Which often since my here-remain in England I have seen him do. How he solicits heaven Himself best knows, but strangely visited people, All swoll’n and ulcerous, pitiful to the eye, The mere despair of surgery, he cures,
MALCOLM
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134. Before thy here-approach: così in F2; in F1 before they here-approach = “prima che arrivino”. 1966
MACBETH, ATTO IV SCENA 3
momento ho infranto la parola data, non tradirei il diavolo al suo compagno, e mi beo della verità come della vita stessa. La prima bugia che abbia mai detto l’ho detta ora su di me. Quello che sono veramente è tuo e del mio povero paese perché lo comandiate; ed è lì che di fatto, prima del tuo arrivo, il vecchio Siward con diecimila uomini bellicosi già pronti, stava per dirigersi. Ora ci andremo insieme; e che la buona sorte ci arrida come merita la nostra causa! Perché taci? MACDUFF
Cose così bene e così male accette insieme è difficile conciliarle. Entra un medico MALCOLM
Bene, continueremo poi. (Al medico) Il re viene, di grazia? MEDICO
Sì, signore. C’è una frotta di disgraziati che aspettano la sua cura. La loro infermità sconfigge i grandi sforzi della scienza; ma al suo tocco, tale santità il cielo ha dato alla sua mano, guariscono di colpo170. MALCOLM
Vi ringrazio, dottore. Il medico esce MACDUFF
A quale morbo accenna? MALCOLM
Si chiama il Male... È un’opera miracolosa di questo buon re, che spesso durante questo mio soggiorno in Inghilterra gli ho visto compiere. Come induca il cielo, lo sa solo lui: ma persone dalle singolari infermità, tutte gonfie e ulcerate, pietose all’occhio, disperazione della medicina, egli guarisce appendendogli al collo un
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MACBETH, ACT 4 SCENE 3
Hanging a golden stamp about their necks, Put on with holy prayers; and ’tis spoken, To the succeeding royalty he leaves The healing benediction. With this strange virtue He hath a heavenly gift of prophecy, And sundry blessings hang about his throne That speak him full of grace.
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Enter Ross MACDUFF
See who comes here.
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MALCOLM
My countryman, but yet I know him not. MACDUFF
My ever gentle cousin, welcome hither. MALCOLM
I know him now. Good God betimes remove The means that makes us strangers! ROSS Sir, amen. MACDUFF
Stands Scotland where it did? Alas, poor country, Almost afraid to know itself. It cannot Be called our mother, but our grave, where nothing But who knows nothing is once seen to smile; Where sighs and groans and shrieks that rend the air Are made, not marked; where violent sorrow seems A modern ecstasy. The dead man’s knell Is there scarce asked for who, and good men’s lives Expire before the flowers in their caps, Dying or ere they sicken. MACDUFF O relation Too nice and yet too true! MALCOLM What’s the newest grief? ROSS
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ROSS
That of an hour’s age doth hiss the speaker; Each minute teems a new one. MACDUFF How does my wife? 1968
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MACBETH, ATTO IV SCENA 3
sigillo d’oro con sante preghiere; e si dice che ai regnanti successivi lascerà la benedizione risanatrice. Oltre a questa strana virtù egli ha un dono celestiale di profezia, e intorno al suo trono aleggiano parecchie benedizioni che lo proclamano pieno di grazia. Entra Ross MACDUFF
Guardate chi viene. MALCOLM
Un mio compatriota; ma ancora non lo riconosco. MACDUFF
Cugino gentilissimo, siate il benvenuto. MALCOLM
Ora lo riconosco. Il buon Dio rimuova presto gli ostacoli che ci rendono estranei! ROSS
Signore, così sia. MACDUFF
La Scozia è allo stesso punto? ROSS
Ahimè, povera patria! Che ha quasi paura di riconoscere se stessa! Non la si può chiamare nostra madre, ma nostra tomba; dove nessuno se non chi tutto ignora viene mai visto sorridere; dove sospiri e gemiti e grida che lacerano l’aria sono lanciati, e nessuno li nota; dove violenti dolori sembrano la normalità. La campana a morto suona senza che nemmeno si domandi per chi, e la vita dei buoni spira prima dei fiori nei loro cappelli: muoiono prima ancora di essersi ammalati. MACDUFF
O resoconto troppo puntuale, e tuttavia troppo vero. MALCOLM
Qual è l’ultima sciagura? ROSS
Quella di un’ora fa getta il biasimo su chi la riferisce: ogni minuto ne fa nascere una nuova. MACDUFF
Come sta mia moglie? 1969
MACBETH, ACT 4 SCENE 3
ROSS
Why, well. MACDUFF
And all my children? Well, too.
ROSS MACDUFF
The tyrant has not battered at their peace? ROSS
No, they were well at peace when I did leave ’em.
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MACDUFF
Be not a niggard of your speech. How goes’t? ROSS
When I came hither to transport the tidings Which I have heavily borne, there ran a rumour Of many worthy fellows that were out, Which was to my belief witnessed the rather For that I saw the tyrant’s power afoot. Now is the time of help. (To Malcolm) Your eye in Scotland Would create soldiers, make our women fight To doff their dire distresses. MALCOLM Be’t their comfort We are coming thither. Gracious England hath Lent us good Siward and ten thousand men; An older and a better soldier none That Christendom gives out. ROSS Would I could answer This comfort with the like. But I have words That would be howled out in the desert air Where hearing should not latch them. MACDUFF What concern they – The general cause, or is it a fee-grief Due to some single breast? ROSS No mind that’s honest But in it shares some woe, though the main part Pertains to you alone. MACDUFF If it be mine, Keep it not from me; quickly let me have it. 1970
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MACBETH, ATTO IV SCENA 3
ROSS
Ma, bene. MACDUFF
E tutti i miei figli? ROSS
Bene anche loro. MACDUFF
Il tiranno non ha insidiato la loro pace? ROSS
No. Erano bene in pace quando li ho lasciati. MACDUFF
Non essere avaro del tuo discorso. Come stanno le cose? ROSS
Quando sono partito per portare le notizie che ho recato come un fardello assai pesante, correva voce di molti degni compagni scesi in campo, voce che ho ritenuto degna di conferma perché ho visto le forze del tiranno schierate. Questo è il momento dei soccorsi. (A Malcolm) Il vostro occhio in Scozia creerebbe soldati, farebbe combattere anche le nostre donne pur di uscire dalla loro infelicità. MALCOLM
Sia loro consolazione che stiamo venendo. Il generoso re d’Inghilterra ci ha prestato il buon Siward con diecimila uomini – un soldato più vecchio e migliore del quale la Cristianità non potrebbe esprimere. ROSS
Potessi rispondere a questa consolazione con una simile! Mentre ho parole che dovrebbero essere ululate nell’aria del deserto, dove l’udito non le fermerebbe. MACDUFF
A che proposito? La causa comune, o è un dolore171 che tocca un petto singolo? ROSS
Non c’è animo onesto che non condivida un affanno, anche se la parte principale riguarda solo voi. MACDUFF
Se è mio, non me lo nascondete; datemelo subito.
1971
MACBETH, ACT 4 SCENE 3
ROSS
Let not your ears despise my tongue for ever, Which shall possess them with the heaviest sound That ever yet they heard. MACDUFF H’m, I guess at it. ROSS
Your castle is surprised, your wife and babes Savagely slaughtered. To relate the manner Were on the quarry of these murdered deer To add the death of you. MALCOLM Merciful heaven! (To Macduff) What, man, ne’er pull your hat upon your brows. Give sorrow words. The grief that does not speak Whispers the o’erfraught heart and bids it break.
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210
MACDUFF
My children too? Wife, children, servants, all That could be found. MACDUFF And I must be from thence! My wife killed too? ROSS I have said. MALCOLM Be comforted. Let’s make us medicines of our great revenge To cure this deadly grief. ROSS
215
MACDUFF
He has no children. All my pretty ones? Did you say all? O hell-kite! All? What, all my pretty chickens and their dam At one fell swoop? MALCOLM Dispute it like a man. MACDUFF I shall do so, But I must also feel it as a man. I cannot but remember such things were That were most precious to me. Did heaven look on And would not take their part? Sinful Macduff, They were all struck for thee. Naught that I am, 1972
220
226
MACBETH, ATTO IV SCENA 3
ROSS
Che le vostre orecchie non disprezzino la mia lingua per sempre, quando la occuperanno col suono più pesante che abbiano mai sentito. MACDUFF
Uhm! Lo indovino. ROSS
Il vostro castello è stato assalito, vostra moglie e i piccoli selvaggiamente massacrati. Riferendone il modo si aggiungerebbe al mucchio172 di questi cervi assassinati la morte di voi pure. MALCOLM
Pietoso cielo! (A Macduff) E voi, amico! Non calcatevi il cappello sulla fronte173, date parole al dolore: il dolore che non parla sussurra al cuore sopraffatto e lo fa spezzare. MACDUFF
Anche i miei figli? ROSS
Moglie, figli, servi, tutti quelli che hanno trovato. MACDUFF
E io dovevo essere lontano! Anche mia moglie uccisa? ROSS
L’ho detto. MALCOLM
Consolatevi. Facciamo della nostra grande vendetta un rimedio per curare questo dolore mortale. MACDUFF
Lui non ha figli174. Tutti i miei bei bambini? Hai detto tutti? Avvoltoio d’inferno! Come, tutti i miei bei pulcini e la loro chioccia, in un solo colpo175 dannato? MALCOLM
Reagite da uomo. MACDUFF
Questo farò, ma devo anche soffrire come un uomo. Non posso non ricordare che quelle creature erano quanto avevo di più prezioso. Ha guardato, il cielo, e non ha preso le loro parti? Peccatore Macduff! Sono tutti stati uccisi per te. Per quanto io non valga
1973
MACBETH, ACT 5 SCENE 1
Not for their own demerits but for mine Fell slaughter on their souls. Heaven rest them now. MALCOLM
Be this the whetstone of your sword. Let grief Convert to anger: blunt not the heart, enrage it.
230
MACDUFF
O, I could play the woman with mine eyes And braggart with my tongue! But gentle heavens Cut short all intermission. Front to front Bring thou this fiend of Scotland and myself. Within my sword’s length set him. If he scape, Heaven forgive him too. MALCOLM This tune goes manly. Come, go we to the King. Our power is ready; Our lack is nothing but our leave. Macbeth Is ripe for shaking, and the powers above Put on their instruments. Receive what cheer you may: The night is long that never finds the day. Exeunt 5.1
235
240
Enter a Doctor of Physic and a Waiting-Gentlewoman
DOCTOR I have two nights watched with you, but can
perceive no truth in your report. When was it she last walked? GENTLEWOMAN Since his majesty went into the field I have seen her rise from her bed, throw her nightgown upon her, unlock her closet, take forth paper, fold it, write upon’t, read it, afterwards seal it, and again return to bed, yet all this while in a most fast sleep. DOCTOR A great perturbation in nature, to receive at once the benefit of sleep and do the effects of watching. In this slumbery agitation besides her walking and other actual performances, what at any time have you heard her say? GENTLEWOMAN That, sir, which I will not report after her.
8
13
237. This tune goes manly: emend. tardo; in F this time goes manly = “questo è tempo da uomini”. 1974
MACBETH, ATTO V SCENA 1
nulla, non per loro demeriti, ma per i miei, il massacro è piombato sulle loro anime. Il cielo dia loro il riposo! MALCOLM
Sia questa la pietra dove affilare la vostra spada; che il dolore si muti in ira; non ottundete il cuore, eccitatelo. MACDUFF
Oh, potrei fare la donna coi miei occhi e il fanfarone con la lingua! Ma tu, cielo gentile, non porre tempo in mezzo. Faccia a faccia porta questo demonio di Scozia e me stesso. Mettilo alla portata della mia spada; e se sfugge, il cielo perdoni anche lui. MALCOLM
Questa è musica virile. Venite, andiamo dal re; le nostre forze sono pronte; non ci restano che gli addii. Macbeth è maturo per essere colto, e le forze superne indossano le loro armi. Consolatevi come potete: lunga è la notte che non trova mai il giorno. Escono Entrano un medico e una dama di compagnia
V, 1
176
MEDICO
Due notti ho vegliato con voi, ma non trovo conferme alla vostra descrizione. Quando si è mossa l’ultima volta? DAMA
Dopo che sua altezza è sceso in campo. L’ho vista alzarsi dal letto, buttarsi addosso la vestaglia, aprire il suo scrittorio, prendere un foglio, piegarlo, scriverci, rileggerlo, dopo, sigillarlo e poi tornare a letto, e tutto sempre nel sonno più profondo. MEDICO
Un grande turbamento nella natura, ricevere allo stesso tempo il beneficio del sonno e svolgere le attività della veglia. In questa agitazione semiassopita, a parte camminare e altre azioni meccaniche, che cosa le avete sentito dire, in qualunque momento? DAMA
Questo, signore, non posso riferirlo.
1975
MACBETH, ACT 5 SCENE 1
DOCTOR You may to me; and ’tis most meet you should. GENTLEWOMAN Neither to you nor anyone, having no
witness to confirm my speech. Enter Lady Macbeth with a taper Lo you, here she comes. This is her very guise, and, upon my life, fast asleep. Observe her. Stand close. DOCTOR How came she by that light? GENTLEWOMAN Why, it stood by her. She has light by her continually. ’Tis her command. DOCTOR You see her eyes are open. GENTLEWOMAN Ay, but their sense are shut. DOCTOR What is it she does now? Look how she rubs her hands. GENTLEWOMAN It is an accustomed action with her, to seem thus washing her hands. I have known her continue in this a quarter of an hour. LADY MACBETH Yet here’s a spot. DOCTOR Hark, she speaks. I will set down what comes from her to satisfy my remembrance the more strongly. LADY MACBETH Out, damned spot; out, I say. One, two, – why, then ’tis time to do’t. Hell is murky. Fie, my lord, fie, a soldier and afeard? What need we fear who knows it when none can call our power to account? Yet who would have thought the old man to have had so much blood in him?
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24
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24. Sense are: così in F; in emend. tardi sense is, ma all’epoca il vocabolo poteva avere valore plurale. 1976
MACBETH, ATTO V SCENA 1
MEDICO
A me potete, anzi, sarebbe opportuno. DAMA
Né a voi né a nessun altro, non avendo testimoni a confermarlo. Entra Lady Macbeth con una candela Guardate! Eccola. È proprio così che fa; e, giuro a Dio, completamente addormentata. Osservatela, statele vicino. MEDICO
Come si è procurata quel lume? DAMA
Ma era vicino a lei. Ha sempre la luce accesa accanto, è un suo ordine. MEDICO
Vedete, ha gli occhi aperti. DAMA
Sì, ma i suoi sensi sono chiusi. MEDICO
Che fa adesso? Sembra che si stropicci le mani. DAMA
È un gesto abituale per lei, fare come se si lavasse le mani. L’ho vista continuare anche per un quarto d’ora. LADY MACBETH
C’è ancora una macchia. MEDICO
Ascoltate! Parla. Mi voglio appuntare quello che dice, per ricordarmelo meglio. LADY MACBETH
Via, macchia maledetta! Via, dico! – Uno… due177. Ecco, è il momento di farlo. – Com’è buio, l’inferno. – Vergogna, signor mio, vergogna, un soldato che ha paura! Non dobbiamo temere cosa si sappia, quando nessuno ci può fare responsabili178! – Ma chi avrebbe creduto che il vecchio potesse contenere tanto sangue?
1977
MACBETH, ACT 5 SCENE 1
DOCTOR Do you mark that?
39
LADY MACBETH The Thane of Fife had a wife. Where is
she now? What, will these hands ne’er be clean? No more o’ that, my lord, no more o’ that. You mar all with this starting. DOCTOR Go to, go to. You have known what you should not. GENTLEWOMAN She has spoke what she should not, I am sure of that. Heaven knows what she has known. LADY MACBETH Here’s the smell of the blood still. All the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand. O, O, O! DOCTOR What a sigh is there! The heart is sorely charged. GENTLEWOMAN I would not have such a heart in my bosom for the dignity of the whole body. DOCTOR Well, well, well. GENTLEWOMAN Pray God it be, sir. DOCTOR This disease is beyond my practice. Yet I have known those which have walked in their sleep who have died holily in their beds. LADY MACBETH Wash your hands, put on your nightgown, look not so pale. I tell you yet again, Banquo’s buried. He cannot come out on’s grave. DOCTOR Even so? LADY MACBETH To bed, to bed. There’s knocking at the gate. Come, come, come, come, give me your hand. What’s done cannot be undone. To bed, to bed, to bed. Exit
1978
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61
MACBETH, ATTO V SCENA 1
MEDICO
Avete sentito? LADY MACBETH
Il barone del Fife179, aveva una moglie. Dov’è ora? – Ah, queste mani non saranno mai più pulite? – Basta, mio signore, ora basta. Rovinerete tutto con queste isterie. MEDICO
Via, via! Avete sentito quello che non dovevate sentire. DAMA
È lei che ha detto quello che non doveva dire, ne sono certa. Lo sa il cielo cosa sapeva lei. LADY MACBETH
Qui sa ancora di sangue. Tutti i profumi dell’Arabia non potranno purificare questa piccola mano. Oh, oh, oh! MEDICO
Che sospiro! Ha un gran peso sul cuore. DAMA
Io non vorrei avere un cuore così dentro il petto, per la dignità di tutto il corpo. MEDICO
Bene, bene, bene. DAMA
Pregate Iddio che bene sia, signore. MEDICO
È un male che non so curare; e tuttavia ho saputo di persone che camminavano nel sonno e poi sono morte da santi nel loro letto. LADY MACBETH
Lavati le mani, mettiti la vestaglia, non essere così pallido. – Te lo ripeto un’altra volta, Banquo è sepolto; non può uscire dalla tomba. MEDICO
È così? LADY MACBETH
A letto, a letto! Bussano al portone. Su, su, su, su, dammi la mano; quello che è fatto non si disfa più. A letto, a letto, a letto. Esce
1979
MACBETH, ACT 5 SCENE 2
DOCTOR Will she go now to bed?
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GENTLEWOMAN Directly. DOCTOR
Foul whisp’rings are abroad. Unnatural deeds Do breed unnatural troubles; infected minds To their deaf pillows will discharge their secrets. More needs she the divine than the physician. God, God forgive us all! Look after her. Remove from her the means of all annoyance, And still keep eyes upon her. So, good night. My mind she has mated, and amazed my sight. I think, but dare not speak. GENTLEWOMAN Good night, good doctor.
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Exeunt 5.2
Enter Menteith, Caithness, Angus, Lennox, soldiers, with a drummer and colours
MENTEITH
The English power is near, led on by Malcolm, His uncle Siward, and the good Macduff. Revenges burn in them, for their dear causes Would to the bleeding and the grim alarm Excite the mortified man. ANGUS Near Birnam Wood Shall we well meet them. That way are they coming.
5
CAITHNESS
Who knows if Donalbain be with his brother? LENNOX
For certain, sir, he is not. I have a file Of all the gentry. There is Siward’s son, And many unrough youths that even now Protest their first of manhood. MENTEITH What does the tyrant? CAITHNESS
Great Dunsinane he strongly fortifies. Some say he’s mad, others that lesser hate him Do call it valiant fury; but for certain 1980
10
MACBETH, ATTO V SCENA 2
MEDICO
E adesso va a letto? DAMA
Sì, subito. MEDICO
Sconci mormorii sono in giro, atti innaturali generano turbamenti innaturali; animi infettati ai loro sordi cuscini confessano i loro segreti. Costei ha più bisogno del prete che del medico. Dio, Dio, perdonaci tutti! Tenetela d’occhio, toglietele ogni mezzo di nuocersi e non perdetela mai di vista. E così, buonanotte. Mi ha confuso la mente, e frastornato la vista. Penso, ma non oso parlare. DAMA
Buonanotte, buon dottore. Escono Tamburi e bandiere. Entrano Menteth, Caithness, Angus, Lennox, soldati, con un tamburino e stendardi180
V, 2
MENTEITH
L’esercito inglese è vicino, condotto da Malcolm, da suo zio Siward181 e dal buon Macduff. In loro brucia la vendetta; poiché gli atroci torti subiti da loro ecciterebbero l’uomo più mansueto al cruento e sinistro allarme. ANGUS
Li incontreremo alla foresta di Birnam; vengono da quella parte. CAITHNESS
Chi sa se Donalbain è con suo fratello? LENNOX
No di sicuro, signore. Ho una lista di tutti i gentiluomini: ci sono il figlio di Siward e parecchi giovani imberbi che appena adesso dichiarano la prima maturità. MENTEITH
Che fa il tiranno? CAITHNESS
Fortifica assai la grande Dunsinane. C’è chi dice che è pazzo. Altri, che lo odiano meno, lo chiamano valoroso furore. Ma di certo
1981
MACBETH, ACT 5 SCENE 3
He cannot buckle his distempered cause Within the belt of rule. ANGUS Now does he feel His secret murders sticking on his hands. Now minutely revolts upbraid his faith-breach. Those he commands move only in command, Nothing in love. Now does he feel his title Hang loose about him, like a giant’s robe Upon a dwarfish thief. MENTEITH Who then shall blame His pestered senses to recoil and start When all that is within him does condemn Itself for being there? CAITHNESS Well, march we on To give obedience where ’tis truly owed. Meet we the medicine of the sickly weal, And with him pour we in our country’s purge, Each drop of us. LENNOX Or so much as it needs To dew the sovereign flower and drown the weeds. Make we our march towards Birnam.
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Exeunt, marching 5.3
Enter Macbeth, the Doctor of Physic, and attendants
MACBETH
Bring me no more reports. Let them fly all. Till Birnam Wood remove to Dunsinane I cannot taint with fear. What’s the boy Malcolm? Was he not born of woman? The spirits that know All mortal consequences have pronounced me thus: ‘Fear not, Macbeth. No man that’s born of woman Shall e’er have power upon thee.’ Then fly, false thanes, And mingle with the English epicures. The mind I sway by and the heart I bear Shall never sag with doubt nor shake with fear. Enter Servant 1982
5
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MACBETH, ATTO V SCENA 3
non può contenere la sua causa sgangherata dentro la cintura del comando. ANGUS
Ora si sente i suoi assassini segreti appiccicati alle mani; ora ogni minuto rivolte sfidano il suo tradimento. Coloro che comanda agiscono solo per gli ordini, mai per amore. Ora sente che il suo titolo gli pende da tutte le parti, come un nano che abbia rubato le vesti di un gigante182. MENTEITH
Chi dunque biasimerà i suoi nervi afflitti se sobbalzano e trasaliscono quando tutto quello che ha dentro condanna se stesso perché è lì? CAITHNESS
Bene, proseguiamo la marcia e tributiamo la nostra obbedienza a chi ne ha diritto. Uniamoci al medico dello stato malato, e con lui per purgare la nostra patria versiamo fino all’ultima goccia. LENNOX
O quanto ce ne vorrà per cospargere di rugiada il fiore sovrano e allagare le erbacce. Marciamo verso la foresta di Birnam. Escono marciando V, 3
Entrano Macbeth, il medico, e attendenti
183
MACBETH
Non portatemi altri bollettini, che fuggano pure tutti. Finché la foresta di Birnam non muoverà verso Dunsinane non ci sarà timore che possa corrodermi. Chi è Malcolm? un ragazzo. Non è nato da una donna? Gli spiriti che conoscono ogni vicenda umana184 mi hanno detto: “Non temere, Macbeth, perché nessuno che sia uscito da una donna avrà mai potere su di te.” Perciò fuggite, baroni bugiardi, e mescolatevi coi sibariti inglesi; la mente che mi governa e il cuore che ho in petto non saranno mai piegati dal dubbio né scossi dal timore. Entra un servo185
1983
MACBETH, ACT 5 SCENE 3
The devil damn thee black, thou cream-faced loon! Where gott’st thou that goose look? SERVANT There is ten thousand – MACBETH Geese, villain? SERVANT Soldiers, sir.
15
MACBETH
Go prick thy face and over-red thy fear, Thou lily-livered boy. What soldiers, patch? Death of thy soul, those linen cheeks of thine Are counsellors to fear. What soldiers, whey-face? SERVANT The English force, so please you.
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MACBETH
Exit Servant Seyton! – I am sick at heart When I behold – Seyton, I say! – This push Will cheer me ever or disseat me now. I have lived long enough. My way of life Is fall’n into the sere, the yellow leaf, And that which should accompany old age, As honour, love, obedience, troops of friends, I must not look to have, but in their stead Curses, not loud but deep, mouth-honour, breath Which the poor heart would fain deny and dare not. Seyton! Take thy face hence.
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Enter Seyton SEYTON What’s your gracious pleasure? MACBETH
What news more?
SEYTON
All is confirmed, my lord, which was reported.
24. My way of life: in emend. tardo my May of life = “il maggio della mia esistenza”. 1984
MACBETH, ATTO V SCENA 3
Il diavolo ti faccia diventare nero, poltrone dal viso di panna! Dove hai preso quella faccia da oca? SERVO
Ci sono diecimila… MACBETH
Oche, miserabile? SERVO
Soldati, sire. MACBETH
Pizzicati il viso e copri di rosso la tua paura, ragazzo dal fegato di giglio186. Quali soldati, imbecille? Morte alla tua anima! Quelle tue guance di lino sono consiglieri della paura. Quali soldati, faccia di farina? SERVO
L’esercito inglese, se vi piace. MACBETH
Porta via quella faccia. Il servo esce Seyton! – Mi sento oppresso quando rifletto – Seyton, dico! – Questo scontro o mi farà godere187 per sempre, o mi eliminerà di colpo. Ho vissuto abbastanza. Il corso della mia esistenza è arrivato all’autunno188, alla foglia gialla; e tutto quello che dovrebbe accompagnare la vecchiaia, come onore, amore, obbedienza, la compagnia degli amici, non debbo aspettarmelo; al posto loro, invece, sono maledizioni, non gridate ma dentro, lusinghe a fior di labbra, fiato che il povero cuore sarebbe lieto di respingere, ma non osa. – Seyton! Entra Seyton SEYTON
Comandate, altezza. MACBETH
Altre notizie? SEYTON
Tutti i rapporti confermati, sire.
1985
MACBETH, ACT 5 SCENE 3
MACBETH
I’ll fight till from my bones my flesh be hacked. Give me my armour. SEYTON ’Tis not needed yet. MACBETH I’ll put it on. Send out more horses. Skirr the country round. Hang those that talk of fear. Give me mine armour. How does your patient, doctor? DOCTOR Not so sick, my lord, As she is troubled with thick-coming fancies That keep her from her rest. MACBETH Cure her of that. Canst thou not minister to a mind diseased, Pluck from the memory a rooted sorrow, Raze out the written troubles of the brain, And with some sweet oblivious antidote Cleanse the fraught bosom of that perilous stuff Which weighs upon the heart? DOCTOR Therein the patient Must minister to himself.
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MACBETH
Throw physic to the dogs; I’ll none of it. (To an attendant) Come, put mine armour on. Give me my staff. Seyton, send out. Doctor, the thanes fly from me. (To an attendant) Come, sir, dispatch. – If thou couldst, doctor, cast The water of my land, find her disease, And purge it to a sound and pristine health, I would applaud thee to the very echo, That should applaud again. (To an attendant) Pull’t off, I say.
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41. Cure her: così in F2; in F1 cure. 46. Fraught: emend. Oxford; in F stufft = “pieno di” (corretto forse per evitare la ripetizione). 1986
MACBETH, ATTO V SCENA 3
MACBETH
Mi batterò finché non mi strapperanno la carne dalle ossa. Dammi la mia corazza. SEYTON
È ancora presto. MACBETH
Io me la metto. Manda altri cavalieri, perlustrate189 il paese. E sia impiccato chi parla di paura. – La mia corazza! Dottore, come sta la tua paziente? MEDICO
Non è tanto malata, altezza, quanto angosciata da fantasie che sopraggiungono fitte e le impediscono il riposo. MACBETH
Guariscila. Non hai medicine per una mente inferma, capaci di estirpare dalla memoria un dolore che ci ha messo radici, cancellare gli affanni incisi nel cervello, e con qualche dolce antidoto che dà l’oblio, sgombrare il petto oppresso dalla perniciosa materia che incombe sul cuore? MEDICO
In questi casi, sire, è il paziente che deve curare se stesso. MACBETH
Buttala ai cani la tua medicina, io non ne voglio. (A un attendente) Su, infilami la corazza, dammi la mazza190! Seyton, manda gli uomini. – Dottore, i baroni mi abbandonano. (A un attendente) Sbrigati, tu! – Se tu potessi, dottore, esaminare l’orina della mia terra191, scoprire di che soffre, e con un bel purgante rimetterla in buona salute come prima, ti applaudirei al punto che la stessa eco raddoppierebbe l’applauso. (A un attendente) Tira, ti dico! (Al
1987
MACBETH, ACT 5 SCENE 4
(To the Doctor) What rhubarb, cyme, or what purgative drug Would scour these English hence? Hear’st thou of them? DOCTOR
Ay, my good lord. Your royal preparation Makes us hear something. MACBETH (To an attendant) Bring it after me. I will not be afraid of death and bane Till Birnam Forest come to Dunsinane. DOCTOR (aside) Were I from Dunsinane away and clear, Profit again should hardly draw me here.
60
Exeunt 5.4
Enter Malcolm, Siward, Macduff, Siward’s Son, Menteith, Caithness, Angus, and soldiers, marching, with a drummer and colours
MALCOLM
Cousins, I hope the days are near at hand That chambers will be safe. MENTEITH We doubt it nothing. SIWARD
What wood is this before us? MENTEITH
The wood of Birnam.
MALCOLM
Let every soldier hew him down a bough And bear’t before him. Thereby shall we shadow The numbers of our host, and make discovery Err in report of us. A SOLDIER It shall be done. SIWARD
We learn no other but the confident tyrant Keeps still in Dunsinane, and will endure Our setting down before’t. 57. Cyme: così in F1 (inemendabile per Wells); in F4 senna. 1988
5
MACBETH, ATTO V SCENA 4
medico) Quale rabarbaro, quale senna192 o quale droga lassativa potrebbe liberarci da questi inglesi? Ne sai qualcosa, tu? MEDICO
Sì, mio buon signore; i vostri regali preparativi ce ne dànno un sentore. MACBETH (a un attendente) Questo portamelo tu. – Non temerò morte né rovina finché la foresta di Birnam non verrà a Dunsinane. MEDICO (a parte) Se fossi ben lontano da Dunsinane e in salvo, non c’è profitto che mi ci farebbe tornare. Escono V, 4
Entrano Malcolm, Siward, Macduff, il figlio di Siward, Menteth, Caithness, Angus, e soldati, in marcia con un tamburino e stendardi193
MALCOLM
Cugini, spero che sia vicino il giorno in cui si starà al sicuro in camera da letto194. MENTEITH
Non ne dubitiamo. SIWARD
Che bosco è questo davanti a noi? MENTEITH
Il bosco di Birnam. MALCOLM
Che ogni soldato si tagli un ramo e lo porti davanti; così celeremo il numero dei nostri e indurremo all’errore gli esploratori nemici. SOLDATO
Sarà fatto. SIWARD
Apprendiamo che soltanto quel tiranno sicuro di sé rimane a Dunsinane, e si opporrà al nostro assedio.
1989
MACBETH, ACT 5 SCENE 5
’Tis his main hope, For where there is advantage to be gone, Both more and less have given him the revolt, And none serve with him but constrainèd things, Whose hearts are absent too. MACDUFF Let our just censures Attend the true event, and put we on Industrious soldiership. SIWARD The time approaches That will with due decision make us know What we shall say we have, and what we owe. Thoughts speculative their unsure hopes relate, But certain issue strokes must arbitrate; Towards which, advance the war. Exeunt, marching MALCOLM
5.5
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15
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Enter Macbeth, Seyton, and soldiers, with a drummer and colours
MACBETH
Hang out our banners on the outward walls. The cry is still ‘They come.’ Our castle’s strength Will laugh a siege to scorn. Here let them lie Till famine and the ague eat them up. Were they not forced with those that should be ours We might have met them dareful, beard to beard, And beat them backward home.
5
A cry within of women What is that noise? SEYTON
It is the cry of women, my good lord.
[Exit]
MACBETH
I have almost forgot the taste of fears. The time has been my senses would have cooled To hear a night-shriek, and my fell of hair Would at a dismal treatise rouse and stir
10
11. Advantage to be gone: emend. tardo; in F advantage to be given = “vantaggio da concedere”. 1990
MACBETH, ATTO V SCENA 5
MALCOLM
È la sua speranza principale. Perché dove ne hanno avuta l’occasione, grandi e piccoli gli si sono ribellati, e nessuno lo serve se non gente costretta, il cui cuore è assente come quello degli altri. MACDUFF
Che le nostre giuste valutazioni aspettino l’evolversi degli eventi; intanto adottiamo un alacre impegno militare. SIWARD
Si avvicina il tempo che con debita decisione ci farà sapere cosa diremo di avere, e di cosa saremo debitori. Le congetture riportano le loro incerte speranze, ma solo i colpi decidono le questioni con certezza; per arrivare a questo, avanzi la guerra. Escono, in marcia V, 5
Entrano Macbeth, Seyton, e soldati, con un tamburino e stendardi195
MACBETH
Appendete i nostri stendardi sulle mura esterne. Il grido è sempre, “Arrivano”. La forza della nostra roccaforte si riderà di qualunque assedio. Se ne stiano lì finché la fame e la febbre li divorino. Si fanno forti di uomini che erano nostri196, altrimenti li avremmo affrontati faccia a faccia e rimandati a casa loro. Grido di donne da dentro Che è questo grido? SEYTON
È un grido di donne, sire. [Esce] MACBETH
Ho quasi dimenticato il sapore della paura. C’è stato un tempo in cui i miei sensi si sarebbero raggelati sentendo un grido notturno, e i capelli a un racconto pauroso si sarebbero drizzati per lo spavento
1991
MACBETH, ACT 5 SCENE 5
As life were in’t. I have supped full with horrors. Direness, familiar to my slaughterous thoughts, Cannot once start me. [Enter Seyton] Wherefore was that cry?
15
SEYTON
The Queen, my lord, is dead. She should have died hereafter. There would have been a time for such a word. Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow Creeps in this petty pace from day to day To the last syllable of recorded time, And all our yesterdays have lighted fools The way to dusty death. Out, out, brief candle. Life’s but a walking shadow, a poor player That struts and frets his hour upon the stage, And then is heard no more. It is a tale Told by an idiot, full of sound and fury, Signifying nothing.
MACBETH
20
25
Enter a Messenger Thou com’st to use Thy tongue: thy story quickly. MESSENGER Gracious my lord, I should report that which I say I saw, But know not how to do’t. MACBETH Well, say, sir.
30
MESSENGER
As I did stand my watch upon the hill I looked toward Birnam, and anon methought The wood began to move. MACBETH Liar and slave! MESSENGER
Let me endure your wrath if’t be not so. Within this three mile may you see it coming. I say, a moving grove.
1992
35
MACBETH, ATTO V SCENA 5
come cose vive. Mi sono saziato di orrori; l’atrocità cui i miei pensieri omicidi sono avvezzi non può più farmi trasalire. [Entra Seyton] Perché quel grido? SEYTON
La regina, sire, è morta. MACBETH
Doveva pur morire, prima o poi. Sarebbe venuto il momento di quella parola – domani, e domani, e domani striscia a piccoli passi giorno dopo giorno fino all’ultima sillaba registrata del tempo; e tutti i nostri ieri hanno illuminato a degli sciocchi la strada verso la polverosa morte. Spegniti, spegniti, breve candela! La vita non è che un’ombra che cammina, un povero istrione che si agita tronfio per un’ora sulla scena e del quale poi non si sente più nulla. È un racconto narrato da un idiota, pieno di frastuono e di furia, del tutto privo di significato. Entra un messo Vieni per usare la lingua, no? Racconta la tua storia, e fai presto. MESSO
Mio grazioso signore, dovrei riferire quanto dico di aver visto, ma non so come farlo. MACBETH
Be’, parla. MESSO
Mentre ero di guardia in cima al colle ho guardato verso Birnam, e mi è parso che il bosco si mettesse in cammino. MACBETH
Miserabile bugiardo! MESSO
Ch’io subisca la vostra ira se non è così. A tre miglia di distanza potrete vederlo venire. un bosco in moto, dico.
1993
MACBETH, ACT 5 SCENE 6
If thou speak’st false Upon the next tree shall thou hang alive Till famine cling thee. If thy speech be sooth, I care not if thou dost for me as much. I pall in resolution, and begin To doubt th’equivocation of the fiend, That lies like truth. ‘Fear not till Birnam Wood Do come to Dunsinane’ – and now a wood Comes toward Dunsinane. Arm, arm, and out. If this which he avouches does appear There is nor flying hence nor tarrying here. I ’gin to be aweary of the sun, And wish th’estate o’th’ world were now undone. Ring the alarum bell. [Alarums] Blow wind, come wrack, At least we’ll die with harness on our back. Exeunt
MACBETH
5.6
40
45
Enter Malcolm, Siward, Macduff, and their army with boughs, with a drummer and colours
MALCOLM
Now near enough. Your leafy screens throw down, And show like those you are. [They throw down the boughs] You, worthy uncle, Shall with my cousin, your right noble son, Lead our first battle. Worthy Macduff and we Shall take upon’s what else remains to do According to our order. SIWARD Fare you well. Do we but find the tyrant’s power tonight, Let us be beaten if we cannot fight.
5
MACDUFF
Make all our trumpets speak, give them all breath, Those clamorous harbingers of blood and death. Exeunt. Alarums continued
40. Pall: emend. tardo per [to] pull (F) = “tirare le briglie del cavallo”. 1994
10
MACBETH, ATTO V SCENA 6
MACBETH
Se dici il falso, ti farò appendere vivo all’albero più vicino finché la fame non ti avrà disseccato. Se dici il vero, fai pure lo stesso a me, non mi importa. La mia sicurezza viene meno. Comincio a dubitare dei doppi sensi197 del maligno, le cui menzogne sembrano verità. “Non temere, finché il bosco di Birnam non verrà a Dunsinane” – e ora un bosco avanza su Dunsinane. Alle armi, alle armi, e via! Se quello che costui spergiura dovesse comparire, non servirà fuggire da qui, e nemmeno restarci. Comincio ad essere stanco del sole. Vorrei che l’ordine del mondo crollasse adesso. Suonate l’allarme! [Squilli di tromba] Soffia, vento, vieni, rovina; almeno moriremo dentro le nostre armature. Escono V, 6
Entrano Malcolm, Siward, Macduff, e il loro esercito, con rami, con un tamburino e stendardi
MALCOLM
Ora siamo abbastanza vicini. Gettate i vostri schermi di foglie e mostratevi come siete. [Gettano i rami] Voi, prode zio, con mio cugino, il vostro nobile figlio, guiderete il nostro primo assalto. Il degno Macduff e noi ci assumeremo quanto resterà da fare, secondo il piano. SIWARD
Addio. – Troviamo le forze del tiranno questa notte; e se allora non sapremo combattere, che ci sconfiggano pure. MACDUFF
Fate parlare tutte le nostre trombe, date fiato a tutte quante, sonori messaggeri di sangue e di morte! Escono. Continuano gli assalti
1995
MACBETH, ACT 5 SCENE 8
5.7
Enter Macbeth
MACBETH
They have tied me to a stake. I cannot fly, But bear-like I must fight the course. What’s he That was not born of woman? Such a one Am I to fear, or none. Enter Young Siward YOUNG SIWARD What is thy name?
5
MACBETH Thou’lt be afraid to hear it. YOUNG SIWARD
No, though thou call’st thyself a hotter name Than any is in hell. MACBETH My name’s Macbeth. YOUNG SIWARD
The devil himself could not pronounce a title More hateful to mine ear. MACBETH No, nor more fearful.
10
YOUNG SIWARD
Thou liest, abhorrèd tyrant. With my sword I’ll prove the lie thou speak’st. They fight, and Young Siward is slain Thou wast born of woman, But swords I smile at, weapons laugh to scorn, Brandished by man that’s of a woman born.
MACBETH
Exit [with the body] 5.8
Alarums. Enter Macduff
MACDUFF
That way the noise is. Tyrant, show thy face! If thou beest slain and with no stroke of mine, My wife and children’s ghosts will haunt me still. I cannot strike at wretched kerns, whose arms Are hired to bear their staves. Either thou, Macbeth, Or else my sword with an unbattered edge I sheathe again undeeded. There thou shouldst be;
1996
5
MACBETH, ATTO V SCENA 8
V, 7
Entra Macbeth
MACBETH
Mi hanno legato a un palo, non posso fuggire, solo battermi, come un orso alla catena198. Chi è costui che non è uscito da una donna? Uno così devo temere, nessun altro. Entra il Giovane Siward GIOVANE SIWARD
Qual è il tuo nome? MACBETH
Avrai paura quando lo sentirai. GIOVANE SIWARD
No, neanche se ti chiamassi con un nome più rovente di quanti ce ne sono all’inferno. MACBETH
Il mio nome è Macbeth. GIOVANE SIWARD
Il demonio stesso non potrebbe pronunciare un appellativo più odioso al mio orecchio. MACBETH
Né più pauroso. GIOVANE SIWARD
Menti, aborrito tiranno! Con la mia spada dimostrerò la menzogna che pronunci. Si battono, e il Giovane Siward è trucidato MACBETH
Eri nato di donna. Ma delle spade io mi rido, delle armi mi faccio beffe, se brandite da un uomo che è uscito da una donna. Esce [con il corpo] V, 8
Assalti. Entra Macduff
MACDUFF
Il rumore viene da qui. Tiranno, mostra il tuo viso. Se sei morto, e non per un mio fendente, mia moglie e i miei figli mi perseguiteranno per sempre. Non posso colpire dei disgraziati199, le cui braccia sono state prezzolate per reggere le lance. O tu, Macbeth, o la mia spada con filo intatto rinfodero inutilizzata 200. Lì dovresti 1997
MACBETH, ACT 5 SCENE 10
By this great clatter one of greatest note Seems bruited. Let me find him, fortune, And more I beg not. 5.9
Exit. Alarums
Enter Malcolm and Siward
SIWARD
This way, my lord. The castle’s gently rendered. The tyrant’s people on both sides do fight. The noble thanes do bravely in the war. The day almost itself professes yours, And little is to do. MALCOLM We have met with foes That strike beside us. SIWARD Enter, sir, the castle.
5
Exeunt. Alarum 5.10
Enter Macbeth
MACBETH
Why should I play the Roman fool, and die On mine own sword? Whiles I see lives, the gashes Do better upon them. Enter Macduff MACDUFF
Turn, hell-hound, turn.
MACBETH
Of all men else I have avoided thee. But get thee back. My soul is too much charged With blood of thine already. MACDUFF I have no words; My voice is in my sword, thou bloodier villain Than terms can give thee out.
5
They fight; alarum Thou losest labour. As easy mayst thou the intrenchant air With thy keen sword impress as make me bleed. Let fall thy blade on vulnerable crests;
MACBETH
1998
10
MACBETH, ATTO V SCENA 10
essere: da questo gran fracasso sembra che si acclami uno molto in alto. Fammelo trovare, fortuna! E di più non ti chiedo. Esce. Squilli di tromba V, 9
Entrano Malcolm e Siward
SIWARD
Di qui, mio signore. Il castello si è arreso senza opporre resistenza. La gente del tiranno combatte da ambo le parti; i nobili baroni si comportano valorosamente nella guerra; quasi da sé la giornata si dichiara vostra, e poco resta da fare. MALCOLM
Abbiamo incontrato nemici che tirandoci addosso ci mancano apposta. SIWARD
Entrate, signore, nel castello. Escono. Squilli di tromba V, 10
Entra Macbeth
MACBETH
Perché dovrei recitare la parte dello stupido romano e morire sulla mia spada 201? Finché vedo persone vive, le ferite staranno meglio addosso a loro. Entra Macduff MACDUFF
Voltati, cane infernale, voltati! MACBETH
Tra tutti gli uomini ho evitato te. Torna indietro, la mia anima è già anche troppo carica del sangue dei tuoi. MACDUFF
Io non ho parole; la mia voce è nella mia spada, farabutto più sanguinario di quanto epiteto possa descriverti. Si battono. Squilli di tromba MACBETH
Sprechi fatica. Faresti prima a affettare l’invulnerabile aria col filo della tua spada, che a cavar sangue a me. Abbatti la tua lama su
1999
MACBETH, ACT 5 SCENE 11
I bear a charmèd life, which must not yield To one of woman born. MACDUFF Despair thy charm, And let the angel whom thou still hast served Tell thee Macduff was from his mother’s womb Untimely ripped.
15
MACBETH
Accursèd be that tongue that tells me so, For it hath cowed my better part of man; And be these juggling fiends no more believed, That palter with us in a double sense, That keep the word of promise to our ear And break it to our hope. I’ll not fight with thee. MACDUFF Then yield thee, coward, And live to be the show and gaze o’th’ time. We’ll have thee as our rarer monsters are, Painted upon a pole, and underwrit ‘Here may you see the tyrant.’ MACBETH I will not yield To kiss the ground before young Malcolm’s feet, And to be baited with the rabble’s curse. Though Birnam Wood be come to Dunsinane, And thou opposed being of no woman born, Yet I will try the last. Before my body I throw my warlike shield. Lay on, Macduff, And damned be him that first cries ‘Hold, enough!’ Exeunt fighting. Alarums They enter fighting, and Macbeth is slain. [Exit Macduff with Macbeth’s body] 5.11
Retreat and flourish. Enter with a drummer and colours Malcolm, Siward, Ross, thanes, and soldiers
MALCOLM
I would the friends we miss were safe arrived. SIWARD
Some must go off; and yet by these I see So great a day as this is cheaply bought. 2000
20
25
30
MACBETH, ATTO V SCENA 11
elmi vulnerabili; io ho una vita stregata, che non cederà a chi è uscito da una donna. MACDUFF
Diffida del tuo sortilegio, e fatti dire dal demonio202 che hai sempre servito che Macduff fu strappato anzitempo dall’utero di sua madre203. MACBETH
Maledetta la lingua che mi dice questo, perché ha intimorito la mia parte migliore e più virile. E che questi diavoli burloni non vengano più creduti, ché ci prendono in giro coi doppi sensi, mantengono la parola della promessa al nostro orecchio e poi la infrangono alla nostra speranza. Non mi batto con te. MACDUFF
E allora arrenditi, vigliacco, e vivi per essere lo spettacolo e la meraviglia del mondo. Ti metteremo appeso204 in cima a un palo come i mostri più rari, e sotto la scritta “Qui vedete il tiranno.” MACBETH
Non mi arrenderò per baciare il terreno ai piedi del giovane Malcolm e offrirmi agli improperi della marmaglia. Anche se il bosco di Birnam è venuto a Dunsinane e se mi affronti tu, che non sei nato da donna, giocherò l’ultima carta. Davanti al mio corpo getto il mio scudo guerriero. Picchia, Macduff; sia maledetto il primo che grida “Basta!” Escono combattendo. Squilli di tromba. Rientrano combattendo, e Macbeth è trucidato. [Macduff esce col corpo di Macbeth] V, 11
Ritirata e trombe. Entrano con tamburi e bandiere Malcolm, Siward, Ross, baroni, e soldati
MALCOLM
Vorrei che gli amici che non sono qui fossero arrivati sani e salvi. SIWARD
Qualcuno deve pur cadere; e tuttavia, da questi che vedo, una giornata grandiosa come questa è comprata a buon mercato.
2001
MACBETH, ACT 5 SCENE 11
MALCOLM
Macduff is missing, and your noble son. ROSS (to Sward)
Your son, my lord, has paid a soldier’s debt. He only lived but till he was a man, The which no sooner had his prowess confirmed In the unshrinking station where he fought, But like a man he died. SIWARD Then he is dead?
5
ROSS
Ay, and brought off the field. Your cause of sorrow Must not be measured by his worth, for then It hath no end. SIWARD Had he his hurts before?
10
ROSS
Ay, on the front. Why then, God’s soldier be he. Had I as many sons as I have hairs I would not wish them to a fairer death; And so his knell is knolled. MALCOLM He’s worth more sorrow, And that I’ll spend for him. SIWARD He’s worth no more. They say he parted well and paid his score, And so God be with him. Here comes newer comfort. SIWARD
15
Enter Macduff with Macbeth’s head MACDUFF (to Malcolm)
Hail, King, for so thou art. Behold where stands Th’usurper’s cursèd head. The time is free. I see thee compassed with thy kingdom’s pearl, That speak my salutation in their minds, Whose voices I desire aloud with mine: Hail, King of Scotland!
2002
20
MACBETH, ATTO V SCENA 11
MALCOLM
Mancano Macduff e il vostro nobile figlio. ROSS (a Siward)
Vostro figlio, mio signore, ha pagato un debito da soldato. Ha vissuto solo fino a essere uomo; e non appena il suo coraggio è stata confermato da non aver abbandonato il posto del combattimento, come un uomo, è morto. SIWARD
Dunque è morto? ROSS
Sì, e portato fuori dal campo. Il vostro motivo di dolore non va misurato col suo valore, poiché allora non avrebbe fine. SIWARD
Le ferite le aveva davanti? ROSS
Sì, sul petto. SIWARD
Be’, allora sia un soldato di Dio. Avessi tanti figli maschi quanti capelli, non augurerei loro morte più bella. E così la sua campana è suonata. MALCOLM
Merita più dolore, e glielo dedicherò io. SIWARD
Non ne merita di più. Dicono che si è congedato bene, e che ha pagato il suo debito. Dunque Dio sia con lui. Ecco una nuova consolazione. Entra Macduff con la testa di Macbeth MACDUFF (a Malcolm)
Salve, re! Poiché tale sei. Guarda dove si trova la maledetta testa dell’usurpatore205. Il tempo è libero. Ti vedo circondato dal fior fiore del tuo regno che pronuncia dentro di sé il mio saluto, le cui voci voglio sonore con la mia: Salve, re di Scozia!
2003
MACBETH, ACT 5 SCENE 11
ALL BUT MALCOLM
Hail, King of Scotland!
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Flourish MALCOLM
We shall not spend a large expense of time Before we reckon with your several loves And make us even with you. My thanes and kinsmen, Henceforth be earls, the first that ever Scotland In such an honour named. What’s more to do Which would be planted newly with the time, As calling home our exiled friends abroad, That fled the snares of watchful tyranny, Producing forth the cruel ministers Of this dead butcher and his fiend-like queen – Who, as ’tis thought, by self and violent hands Took off her life – this and what needful else That calls upon us, by the grace of grace We will perform in measure, time, and place. So thanks to all at once, and to each one, Whom we invite to see us crowned at Scone. Flourish. Exeunt Omnes
25. all but Malcolm: in F all. 2004
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MACBETH, ATTO V SCENA 11
TUTTI TRANNE MALCOLM
Salve, re di Scozia! Trombe MALCOLM
Non lasceremo passare molto tempo prima di fare i calcoli del vostro amore per noi e raddrizzare il bilancio di ciascuno. Miei baroni e parenti, d’ora in avanti siate conti, i primi che mai il re di Scozia abbia nominato a tale onore 206. Quanto resta ancora da fare, e che bisogna seminare daccapo con il tempo, come richiamare i nostri amici esiliati dall’estero, fuggiti dalle insidie della occhiuta tirannide, snidare i crudeli ministri di questo macellaio defunto e della sua diabolica regina – che, si pensa, da sé e con mani violente si sia tolta la vita – questo, e ogni altra necessità che ci si imponga, con la grazia della Grazia eseguiremo con misura, al momento e nel luogo opportuno: e dunque grazie a tutti insieme, e a ciascuno, che invitiamo a vederci incoronati a Scone. Trombe. Exeunt omnes
2005
Antony and Cleopatra Antonio e Cleopatra Testo inglese a cura di STANLEY WELLS Nota introduttiva, traduzione e note di GILBERTO SACERDOTI
Nota introduttiva
L’Antonio e Cleopatra inizia con un soldato che dice: “Ah, il rimbambimento del nostro generale trabocca ogni misura.” Gli incipit shakespeariani sono cruciali, ma forse mai come in questo dramma, dominato da un’opposizione. Da una parte il “giovanotto” Ottaviano e la sua Roma sulle soglie dell’Impero e di una “pace universale” che segnerà l’avvento dell’Era Cristiana. Dall’altra un Egitto su cui regna un “serpente del vecchio Nilo”, una Regina “profondamente corrugata dal tempo” e “nera per i pizzicotti d’amore di Febo”, che in trono indossa “le vesti della dea Iside”, e cui “si addicono anche le cose più vili, tanto che i santi sacerdoti la benedicono quando è lussuriosa”. Ma Antonio compete per il dominio del mondo, e il suo straripamento non riguarda solo lui. In virtù della sua “devozione” per la “zingara” il Nilo comunica col Tevere, e l’antico mondo del Serpente minaccia di sommergere Roma stessa. E Antonio, in Egitto, lo sa: “Che Roma si sciolga nel Tevere, e l’ampio arco del ben ordinato impero cada. Questo è il mio spazio. I regni sono argilla.” “L’umanità”, scrive Bachofen, “deve l’affermazione del principio paterno all’idea romana di Stato, che sconfigge il pericolo di Iside”. Senza l’ideale politico dell’Impero Roma non avrebbe potuto “contrapporsi vittoriosamente al principio materialistico della Madre”, alla “concezione naturalistica asiatica” e alla “religione dionisiaca”, con la sua “insofferenza per ogni specie di limiti” e la “consapevole divinificazione del lato animale della nostra natura”. Per lo studioso del Mutterrecht (1869) “la dignificazione dell’umanità richiedeva perentoriamente la distruzione inesorabile delle precedenti civiltà sensualistiche”. Senza tale determinazione “la traslazione definitiva dall’oriente all’occidente della forza civilizzatrice” 2009
ANTONIO E CLEOPATRA
non vi sarebbe stata, e Roma “mai avrebbe potuto celebrare quel suo trionfo sulle seduzioni dell’Egitto, l’espressione figurata del quale si ha nella scena della morte dell’ultima Candace afroditica ed eterica d’Oriente – Cleopatra – e di Augusto che ne contempla il corpo esanime”. Nel dramma, però, Cleopatra del tutto esanime non è, giacché Augusto stesso dice: “sembra che dorma, come se volesse catturare un altro Antonio col forte lacciolo della sua grazia”. E la scena finale è un’inversione di quella architettata con l’inganno da Augusto, il quale calcolava di tenerla in vita perché “la sua presenza a Roma darebbe vita eterna al nostro trionfo”. Ma l’ingannatore viene ingannato, il serpente del vecchio Nilo riesce ad applicarsi al seno un “grazioso serpente” dal “morso immortale”, e alla fine è quell’“asino impolitico” di Augusto che è costretto a seguire in “solenne parata” il suo funerale. La morte di Cleopatra diventa così “un rituale” (Jones), “un trionfo in cui Cesare stesso è costretto a contribuire alla sua fama” (Neill), e “la fine dell’Antonio e Cleopatra sembra anche un inizio” (Wilders). Nel dramma, dunque, il trionfo dell’Occidente è lungi dall’apparire definitivo o eterno, tanto da porre dei problemi di classificazione. Poiché i protagonisti non subiscono alcuna caduta tragica, e alla fine vengono innalzati in un clima essenzialmente lirico, è arduo definirlo tragedia: l’esultanza del finale lo associa semmai ai tardi romances, con le loro suggestioni di rinnovamento e rinascita. Se molti dubitano del suo carattere tragico, è invece “opinione condivisa più o meno da tutti” che si tratti di un “dramma storico” ambientato “in un periodo e in un’atmosfera di catastrofe mondiale” (Cavell). Ma come nei drammi storici inglesi gli eventi del passato erano sempre funzionali a ciò che di più scottante aveva l’attualità, così anche in questo “dramma storico sull’antica Roma”, osserva Cavell, “gli eventi narrati devono essere una parabola o un precedente di quelli che si svolgono al tempo e nel mondo di Shakespeare – un mondo, il suo, che è anche all’origine del nostro. Ma ciò significa allora che Shakespeare avverte una catastrofe in corso nel suo, e nel nostro, mondo. Di cosa si tratta dunque, di quale catastrofe?” Nel dramma, per imbattersi in un evento catastrofico che era in pieno corso al tempo di Shakespeare e che segna l’inizio dei tempi nostri ci vuol poco: basta aspettare che i protagonisti aprano bocca, e a sedici versi dallo straripamento iniziale l’universo intero trabocca ogni misura e si 2010
NOTA INTRODUTTIVA
espande in uno spazio infinito, dissolvendo nella sua piena il ben ordinato edificio del vecchio cosmo. Gli amanti, infatti, entrano in scena così: CLEOPATRA Se è amore veramente, dimmi quanto è grande. ANTONIO Un amore misurabile è un amore miserabile. CLEOPATRA Voglio che si stabilisca il confine fino al quale sono amata. ANTONIO E allora devi necessariamente scoprire un nuovo cielo e una nuova terra. (I, 1, 14-17)
Questo nuovo universo che bisogna per forza scoprire dovrà per forza essere incommensurabile, altrimenti sarebbe miserabile, com’è evidentemente il vecchio universo misurabile… Il passaggio dal mondo finito e gerarchicamente ordinato del cosmo medievale all’universo infinito ed omogeneo della modernità è il più catastrofico dei mutamenti di paradigma vissuti dall’uomo agli inizi del secolo XVII, e questi quattro versi (che si chiudono con una citazione di Apocalisse XXI) ci permettono, o meglio ci impongono, di compierlo. La dirompente idea di un universo che è uno spazio infinito senza centro e senza margine risale a Giordano Bruno, che a Londra, una ventina d’anni prima di questo dramma, aveva pubblicato una serie di Dialoghi dove oltre a propagandare il copernicanesimo egli predica “il suo nuovo vangelo dell’unità e infinità del mondo” (Koyré, Dal mondo chiuso all’universo infinito, 1957). Un nuovo vangelo che entra subito in collisione col vecchio: se per Antonio un universo misurabile è un corrispettivo miserabile di un amore incommensurabile, già nel De l’infinito un universo finito (com’è il cosmo aristotelico-cristiano, ma anche quello copernicano) non può che corrispondere o a un Dio impotente che non ce la fa a farlo infinito, oppure a un Dio miserabile – un “ricco possessore” che si rivela però “parco, sordido ed avaro elargitore”, rifiutandosi di comunicare alla natura la sua infinita ricchezza. L’universo infinito, d’altronde, era incompatibile con un Dio esterno e superiore alla natura. Nel nuovo cielo tutto è di pari dignità, e tutto vive e si muove – a cominciare dalla nuova terra che già con Copernico era diventata un astro – perché la divinità è un’energia immanente alla natura che anima la materia stessa. Al soprannaturalismo cristiano Bruno oppone l’antica sapienza degli Egizi, la cui religione non insegnava a 2011
ANTONIO E CLEOPATRA
“violentar la legge di natura per un’altra sopra – o estra – o contrannaturale”, perché sapeva che la natura “non è altro che dio nelle cose”. Ma questa sapienza non era morta per sempre, e con la nuova astronomia la Verità, figlia del Tempo, tornava a splendere. Citando l’Asclepio dell’antico sacerdote Ermete, Bruno lo usa come un’Apocalisse rovesciata: dopo il ciclo di tenebre cristiane, giunto al nadir con le guerre civili di religione, l’antica religione naturale dell’Egitto sarebbe riemersa, “richiamando il mondo all’antico volto”. In altri termini, con la rivelazione in terra inglese di un universo che traboccava ogni argine e misura, a Londra riprendevano vita le antiche concezioni naturalistiche legate a quell’Iside che già nel trattatello dedicatole da Plutarco era “l’immagine dell’essenza nella materia”, “il principio femminile della natura” che “accoglie nel suo seno i germi vitali dell’intero universo”. La rivoluzione astronomica riportava in alto ciò che agli inizi della nostra Era era stato spinto in basso, e dopo sedici secoli la piena del Nilo, che già aveva minacciato l’“ordine” romano, giungeva a gonfiare le sponde del Tamigi – e avrebbe continuato a crescere fino a minacciare l’intero ordine europeo. Iside-Natura sarà al centro della mitologia massonica, che coniugava l’Illuminismo con le tradizioni misteriche dell’Antichità; i seguaci tedeschi di Spinoza la identificheranno col suo deus sive natura, e Iside sarà oggetto di culto nella Rivoluzione, quando comparirà nelle scenografie delle feste che celebravano la fine del Dispotismo e della Superstizione. “La natura”, dice un indovino nella seconda scena, è un “infinito libro di segreti” (I, 2, 8), e se, con Amleto, scopo del teatro è “reggere lo specchio alla natura”, qualche suo segreto può ben restarci intrappolato… Se per scoprire un nuovo cielo bastano i versi in cui si dice che bisogna farlo, alla scoperta di una nuova terra è dedicata un’intera scena, una festa che finisce con canti e balli. A bordo della nave di Pompeo i grandi della terra celebrano con copiose libagioni un fugace accordo che sospende la guerra civile, e Antonio ed Enobarbo raccontano le meraviglie dell’Egitto ai Romani che non ci sono mai stati. La scena inizia con una metafora astronomica in cui la vecchia terra che non è “vista muoversi” è paragonata a un’orrenda orbita vuota che “dis-astra” il volto della “immensa sfera” universale. Ma in uno sgangherato “Baccanale egiziano” coreografato da Enobarbo la terra è vista muoversi – anche se col decisivo aiuto di un “vino conquistatore” che permette di “lavarsi il cervello” diventando 2012
NOTA INTRODUTTIVA
“figli del tempo”. Nella buffonesca “mascherata” finale tutti danzano in tondo cantando a squarciagola in coro un inno teurgico che impetra la teofania di Bacco. E il ritornello, che va ripetuto da ciascuno “con tutta la forza con cui lo possono sparare i suoi potenti fianchi”, fa: “Facci bere finché il mondo giri, facci bere finché il mondo giri!” (II, 7, 115). Certo, bevendo oltre misura gira la testa, e così si vede girar la terra… Ma esaudendo la preghiera dei suoi fedeli, e alterandone i sensi, Dioniso si limiterà a ingannarli mostrando loro un’illusione, o – in vino veritas – renderà manifesto quel segreto della natura che ai sobri resta nascosto? Quando Bruno, a Oxford, sostenne che il mondo gira, un futuro Primate della Chiesa d’Inghilterra registrò che un certo “omiciattolo italiano” aveva intrapreso “il tentativo di far stare in piedi l’opinione di Copernico per cui la terra gira, mentre in verità era piuttosto la sua testa che girava, e il suo cervello che non stava fermo” (Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, 1964). Ma i capogiri di Bruno erano più illuminati della sobria saldezza di cervello del dottore oxoniense, e pare che Shakespeare se ne sia accorto. Che poi l’opinione di Copernico e di Bruno ci sia sparata nelle orecchie in un Baccanale egiziano è stravagante fino a un certo punto, giacché Bruno stesso aveva presentato il copernicanesimo come restituzione di un’antica verità egiziana, e non senza ragioni. In un passo di Ermete, riportato nel popolare De occulta philosophia di Cornelio Agrippa, si dice che la terra, anche se “sembra immobile”, è “soggetta a una moltitudine di movimenti”, perché sarebbe “ridicolo supporre che questa nutrice di tutti gli esseri fosse immobile”. E così Bruno (per il quale la “nostra perpetua nutrice e madre” si muove perché, come “tutti gli altri astri” dell’universo infinito, è dotata di “anima propria”) aveva presentato Copernico come “aurora” di quel “sole de l’antiqua vera filosofia” egiziana che, “per tanti secoli sepolta”, tornava a splendere. E ancora nel Sistema del mondo di Newton, che “la Terra si muove” è una “antichissima opinione” originariamente “diffusa dagli Egizi”, che solevano celebrare “con riti sacri e geroglifici” questi “misteri superiori alla comprensione del volgo”… E in questo contesto risulta meno stravagante un’altra meraviglia di cui si parla in questa geroglifica scena: il fatto che in Egitto coccodrilli e serpenti vengono partoriti direttamente dal fango che ricopre la terra dopo le inondazioni. Ma per la filosofia egiziana le due meraviglie sono una sola. La madre di tutti gli esseri viventi non può non 2013
ANTONIO E CLEOPATRA
essere viva, e dunque si muove: generazione e moto sono manifestazioni della stessa energia cosmica immanente. Per Goethe la Natura si nasconde con l’eccesso di evidenza, e il mistero più difficile a cogliersi è quel “sacro mistero alla luce del giorno” (Epirrhema) che abbiamo davanti agli occhi. Quand’anche i portentosi segreti della natura contenuti in questo dramma dovessero restar tali per l’eccesso di volume con cui ci vengono urlati nelle orecchie, la loro applicazione “morale” non verrebbe meno. “L’analogia micro-macrocosmica della visione del mondo elisabettiana resta valida anche quando quella visione viene messa in dubbio” – e se nel dramma vige una “nuova economia psichica” il cui “paradosso ultimo” è che “la trascendenza è ottenuta solo attraverso l’immersione nella natura” (Adelman 1973), una ragione c’è. Se nel nuovo cielo la terra, diventata stella, cessa di essere il luogo più basso e distante da Dio, altrettanto avviene nel dramma per ciò che massimamente era terreno e basso nel microcosmo umano. “Nessuna nostra parte è tanto povera” dice Cleopatra “da non essere figlia del cielo” (I, 3, 36-37). La fisica gravitazionale delle passioni è invertita: i “piaceri” non trascinano più in basso, ma sono “come i delfini” che “mostrano il dorso al di sopra dell’elemento in cui vivono” (V, 2, 88-89). A Cleopatra, che “quanto più soddisfa tanto più affama”, sono applicate le stesse parole della Sapienza dell’Ecclesiastico (“chi mangia di me avrà ancora fame”) che Dante riserva a Beatrice in quanto figura della Sapienza “che saziando di sé di sé asseta” (Purgatorio, XXXI, 129). Ma se in questo dramma la “Cleopatràs lussurïosa” dell’Inferno può coincidere con la paradisiaca Beatrice è per fondati motivi. Al centro del vecchio cosmo di Dante c’era la terra, il luogo più basso dell’universo, al centro della terra l’Inferno, e al centro dell’Inferno le “parti più povere” o “più vili” di Satana. Nella sfera infinita del nuovo cielo, invece, il centro è dappertutto, ed ha ovunque in sé quel sacro “fuoco” che “anima il fango del Nilo”. E così nel nuovo e antico universo di questo dramma “cielo e terra possono suonare assieme i loro suoni”, producendo una musica cosmica e umana che è unica nel corpus shakespeariano. Data e trasmissione del testo Il dramma non può essere stato scritto più tardi del 1608, quando l’editore Blount registrò l’acquisto dei diritti di un Antony and Cleopatra 2014
NOTA INTRODUTTIVA
che è quasi certamente il testo shakespeariano. Poiché Blount, legato ai King’s Men di Shakespeare, non lo pubblicò, la registrazione aveva probabilmente lo scopo di prevenire eventuali piraterie. Il dramma sembra comunque noto da un paio d’anni. In una tragedia di Barnabe Barnes del 1606 due principi vengono uccisi dal villain con degli aspidi applicati al seno, diventando così “rivali di Cleopatra” – quella di Shakespeare, perché in Plutarco l’aspide viene applicato al braccio. E nel 1607 Samuel Daniel, autore nel 1594 di una Tragedy of Cleopatra, ne produce una nuova versione influenzata dal dramma shakespeariano. Sembra dunque che entrambi gli autori lo abbiano visto in scena alla fine del 1606 o agli inizi del 1607. In tal caso il dramma sarebbe attiguo al Macbeth (1606) e successivo di un anno al primo Lear, la History (1605 circa, seguita dalla Tragedy solo nel 1610) – drammi dominati anch’essi da formidabili figure femminili. L’Antonio e Cleopatra venne pubblicato solo nel First Folio del 1623, che fornisce l’unico testo autorevole che ci sia stato trasmesso – il che riduce al minimo i problemi editoriali. Il testo stampato riproduce con ogni probabilità il manoscritto dell’autore o di un suo trascrittore. Anche se l’opera è completa, le indicazioni di scena non sono sempre adatte alla rappresentazione, e non si tratta ancora di un copione. Alcuni editors parlano di “bella copia autorale”. Le fonti La fonte primaria è la Vita di Antonio di Plutarco, una delle Vite parallele, tradotte dal francese da Thomas North, che vengono usate anche in Giulio Cesare, Coriolano e Timone di Atene. Che Shakespeare abbia lavorato col testo di Plutarco di fronte è evidente dalla fedeltà con cui lo segue anche in pezzi di eccezionale caratura poetica, come il “trionfo” di Cleopatra-Venere quando compare per la prima volta ad Antonio sul fiume Cidno. Ma come ogni fonte shakespeariana anche questa risulta profondamente alterata. Oltre che da Plutarco, la storia di Antonio e Cleopatra era nota da numerose fonti romane legate alla propaganda augustea, che la presentano in una luce denigratoria. Nell’Eneide la battaglia di Azio è profeticamente al centro dello scudo di Enea, che è l’anti-tipo di Antonio. Il pio eroe non si lascia rimbambire dalle seduzioni afroditiche della sua regina africana, ma fedele al suo destino fonda Roma, dando inizio a un percorso che Augusto (che nel dramma sconfigge ad Azio lo “zimbello” della “sgualdrina” 2015
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egiziana) porta trionfalmente a termine. Nella Farsalia di Lucano Cleopatra è una nuova Elena che minaccia la nuova Troia traslata in Occidente. In Svetonio, Floro, Dione Cassio e Appiano, quella che a tutti gli effetti è una spietata guerra civile tra aspiranti al dominio personale della terra viene presentata come un conflitto tra barbarie orientale e civiltà romana. Questa visione viene ereditata da gran parte delle versioni medievali e rinascimentali, che seguono Agostino, per il quale Ottaviano era stato scelto dalla Provvidenza per regnare al momento della nascita di Cristo. La versione di Plutarco (che è della generazione di Tacito e non deve compiacere Augusto) è più ambigua. Il machiavellismo di Ottaviano non viene occultato, e il fascino di Cleopatra è oggetto di franca ammirazione. Tuttavia il giudizio finale resta quello romano: Cleopatra “svegliò e portò al delirio molte passioni ancora latenti e sopite” in Antonio, e gli fa perdere “onore” e “grandezza”. Nel dramma il giudizio viene trasferito in bocca ai Romani, diventando così espressione del loro interessato punto di vista. Le potenzialità dialettiche di Plutarco vengono poi radicalizzate. Da un lato il testo nobilita l’amore passionale ben più di quanto avvenga nella fonte, e dall’altro abbassa la figura di Ottaviano e l’intero mondo politico di Roma, dove termini come “onore” e “grandezza” vengono usati per mascherare la più cinica ricerca dell’utile personale. I “regni” sembrano davvero “argilla”, se non un “letamaio”… L’alterazione più notevole è però l’invenzione di Enobarbo, che nel dramma è un personaggio di eccezionale rilievo, e in Plutarco è appena menzionato. Confidente di entrambi i protagonisti, egli tende a dimenticare che “la verità dovrebbe tacere”, e poiché gli capita di non tacerla ha funzioni di Fool e di Coro. L’epica dell’impero non lo incanta: i competitori al dominio del mondo gli sembrano “un paio di mascelle” che dopo aver ingurgitato un’enorme quantità di carne umana finiranno per macinarsi vicendevolmente – come il “lupo universale” dell’ambizione che in Troilo e Cressida finisce per “divorare se stesso”. In compenso, è un simpatetico connaisseur di Cleopatra e dell’Egitto. È lui il poeta del Cidno ed è lui lo scenografo dei baccanali egiziani. Quando Antonio, colpito da un “pensiero romano” si augura di non aver mai visto Cleopatra, Enobarbo ribatte: “In tal caso, signore, non avreste mai visto un meraviglioso capolavoro, e il non esserne stato benedetto avrebbe screditato il vostro viaggio” (I, 2, 145-147). Conoscere Cleopatra è una benedizione che può dar senso al grand tour della vita. 2016
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Ma Plutarco sembra aver contribuito anche con un altro testo. Quando Cleopatra dà udienza in trono in th’habiliments of the goddess Isis, Shakespeare sta, sì, seguendo la Vita di Antonio (“Cleopatra indossò il manto sacro di Iside e diede udienza come una nuova Iside”), ma in North le vesti isiache sono chiamate apparell. Gli habiliments di Iside si trovano invece in Of Isis and Osiris, la traduzione inglese del De Iside et Osiride di Plutarco, pubblicata da Philemon Holland nel 1603. Poiché il resto del passo segue fedelmente la Vita, l’uso di habiliments sembra dimostrare che Shakespeare, oltre alla Vita, aveva di fronte a sé anche Of Isis and Osiris. Il De Iside, d’altronde, rende meno sconcertante la facilità con cui Cleopatra, che pure spesso è “null’altro che una donna”, all’improvviso può non avere “più nulla della donna”, e parecchio di una Dea che è la Natura stessa. Alle volte, alla lettera, Cleopatra si sdoppia. Dopo una scenata di gelosia, Antonio le chiede “Fredda con me?” E lei risponde: “Oh, caro, se lo fossi, che dal mio freddo cuore il cielo generi grandine, e la avveleni alla fonte, e la prima pietra mi cada dentro al collo; e sciogliendosi dissolva la mia vita” (III, 13, 161-165). In cielo c’è dunque una macro-Cleopatra, il cui cuore genera una grandine che uccide la micro-Cleopatra. Ma anche Antonio è un makro-anthropos che incarna l’universo: la sua faccia, dice Cleopatra, è “come i cieli”, dove sono “fissati un sole e una luna” che illuminano “la piccola O della terra” (V, 2, 79). L’Antonio e Cleopatra insiste a farci prendere gli amanti come personaggi completamente mortali, e al tempo stesso come gigantesche figure semi-divine. Degli habiliments di Iside sappiamo, da Plutarco, che sono “di diverse tinture e colori” perché questa dea rappresenta “la materia, la quale si evolve in tutte le forme e a tutte le forme si presta”. E poiché Iside è “il principio femminile della natura, quello cioè che accoglie nel suo seno i germi vitali dell’intero universo, Platone la chiama nutrice e Pandeches, cioè capace di tutto, dal momento che assume tutte le forme”. Quanto a Cleopatra sappiamo, da Enobarbo, che, a differenza di tutte le altre donne, “l’età non la può avvizzire, né l’abitudine rendere stantia la sua infinita varietà” (II, 5, 241-242). L’infinita varietà di Cleopatra sembra dunque avere la sua fonte nella infinita molteplicità di Iside Pandeches. Durante l’assenza di Antonio Cleopatra disdegna di ascoltare la musica dell’eunuco Mardian, che è unseminared e può soltanto pensare a “ciò 2017
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che Venere fece con Marte”. Unseminared vuol dire, certo, “castrato”, ma è un conio linguistico che parte da seminary, “semenzaio” – e cioè proprio ciò che ha in sé (oltre che Cleopatra) anche Iside, la quale “accoglie nel suo seno i germi vitali dell’intero universo”. Quanto ai rapporti con la musica e “ciò che Venere fece con Marte”, il De Iside rivela come dalla loro unione nasca “Armonia” – e “armonia di opposti è l’armonia dell’universo”, dove “il bene e il male sono mescolati”, perché “non esiste niente in natura che sia completamente puro”. Il De Iside aiuta a spiegare la natura intimamente armonica di una Cleopatra che nella sua infinita varietà contiene e fa consuonare tutti gli opposti: alto e basso, cielo e terra, vita e morte, puro e impuro, bene e male. Innestando Plutarco su Plutarco e Iside su Cleopatra, il dramma acquista significati mitico-sapienziali che la sola Vita non offriva. Prima dell’Antonio e Cleopatra, in Inghilterra erano state pubblicate The Tragedy of Antony della contessa di Pembroke (1592) e The tragedy of Cleopatra del suo protegé Samuel Daniel (1594). La prima è una traduzione del Marc Antoine di Robert Garnier (1578), che si basava a sua volta sulla prima drammatizzazione della Vita di Antonio di Plutarco: la Cleopatra di Giraldi Cinzio (1542). Neoclassica e senechiana, la Tragedy of Antony presenta un trattamento simpatetico di Cleopatra che culmina in un suicidio altamente romantico, il cui linguaggio erotico riecheggia nella scena della morte in Shakespeare. La tragedia di Daniel era anch’essa un closet drama destinato alla lettura. Le tracce più notevoli che ha lasciato in Shakespeare sono la sceneggiata di Cleopatra per convincere Ottaviano che non ha intenzione di darsi la morte, e il personaggio di Dolabella, che, come in Shakespeare, resta affascinato da Cleopatra prigioniera e ne diventa l’ultimo ammiratore romano. Entrambe le opere recano poi tracce di una tradizione storiografica alternativa a quella augustea. In Tacito Ottaviano non è un dio, ma un politico astuto e spietato il cui trionfo stende un sudario sulla libertà romana – e ambizioso e macchiato di sangue è sia in Garnier che in Daniel. E se Tacito inizia gli Annali sottolineando come la storia dipenda dal punto di vista e dagli interessi di chi la scrive, e che gran parte della storiografia augustea era opera di adulatori, Ottaviano, in Shakespeare, tiene pronti nella sua tenda dei documenti (della cui autenticità è lui stesso l’unico garante) che dimostrano “con quanta durezza sono stato trascinato in questa guerra, e quanto calmo e gentile io sia sempre 2018
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stato” – forse sono gli stessi documenti che il Divo Augusto metterà a disposizione dei suoi storiografi. Shakespeare, infine, conosceva certamente la Legend of Good Women, dove Chaucer, su commissione del Dio dell’Amore, compone una magnifica lode di Cleopatra, che è la prima delle “Donne Buone” e una “Martire dell’Amore”. La vicenda Il primo atto inizia ad Alessandria, dove Antonio, citando l’Apocalisse, rassicura Cleopatra sulle dimensioni del suo amore e rifiuta di ricevere i messi di Cesare. Nella scena successiva un’ancella di Cleopatra si fa predire il futuro da un indovino che sa leggere “nell’infinito libro di segreti della natura”; ma le sue previsioni non la soddisfano, e se ne predice un altro, influenzato dal Libro della Scrittura. Antonio, intanto, ricevuta la notizia che sua moglie Fulvia è morta, decide di tornare a Roma e, comunicata la decisione a Cleopatra, parte (I, 1-3). Mentre Cesare e Lepido, a Roma, commentano la scandalosa assenza del terzo triumviro e ricevono notizie sulla crescente potenza di Pompeo, Cleopatra, sola in Egitto, non sa come passare il tempo, fantastica su ciò che Antonio fa a Roma, e invidia il “felice cavallo” che forse in quel momento sta montando. Mentre se lo immagina, da Roma arriva un messo con una perla che Antonio gli ha consegnato prima di montare un “famelico stallone” (I, 4-5). Il secondo atto inizia in Sicilia, dove Pompeo viene a sapere che Antonio ha raggiunto i triumviri, i quali, a Roma, si accordano sul matrimonio di Antonio con la sorella di Cesare e organizzano un incontro con Pompeo (II, 1-4). In Egitto Cleopatra riceve la notizia del matrimonio e quasi ammazza il messo che gliela porta (II, 5). Nelle vicinanze di Napoli i triumviri raggiungono un accordo con Pompeo che viene festeggiato nei Baccanali Egiziani a bordo della sua nave (II, 6-7). Il terzo atto inizia in Oriente, dove Ventidio ha sconfitto i Parti, e prosegue a Roma, dove Antonio e Ottavia partono per Atene (III, 1-2). Mentre Cleopatra, in Egitto, richiama il messo maltrattato e gli estorce notizie rassicuranti sulla bruttezza della rivale, Ottavia, ad Atene, decide di tornare in forma privata a Roma per sedare le tensioni tra il fratello e il marito. Ma Enobarbo ed Eros ci informano che Cesare ha fatto arrestare Lepido, che un ufficiale di Antonio ha assassinato Pompeo, e che la flotta di Antonio è ormai pronta a muovere “contro l’Italia e Cesare” (III, 3-5). 2019
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Cesare, in Italia, racconta che Antonio, in Egitto, regala regni a Cleopatra vestita da Iside. Nel mezzo del racconto arriva Ottavia senza scorta, e il fratello lo considera un casus belli (III, 6). D’ora in poi il teatro dell’azione è solo l’Oriente. Gli eventi precipitano. Ad Azio Antonio decide di esaudire Cleopatra: lo scontro con Cesare sarà per mare, e Cleopatra vi parteciperà. Ma nel mezzo della battaglia Cleopatra fugge, Antonio le va dietro, la flotta si sbanda, la battaglia è persa (III, 7-10). Antonio manda un messo a Cesare, che neanche lo ascolta: avendo deciso che Antonio deve morire e Cleopatra vivere per seguire il suo trionfo a Roma, manda un messo per circuirla. Il messo, sorpreso a baciare la mano di Cleopatra, viene fatto frustare da Antonio, che si dà del cornuto citando il Salmo citato da Cristo sulla croce. Rappacificatosi con Cleopatra progetta un’altra battaglia, mentre Enobarbo annuncia l’intenzione di abbandonarlo (III, 11-13). Nel quarto atto Cesare si fa beffe della “vecchia canaglia” che l’ha sfidato a singolar tenzone, e Antonio, la notte prima della battaglia, offre ai suoi seguaci un’ultima cena così strana che Cleopatra chiede per due volte cosa significhi. I soldati di guardia, intanto, sentono la musica del dio Ercole che abbandona Antonio (IV, 1-3). Il giorno dopo, Antonio, armato da Cleopatra, viene informato del tradimento di Enobarbo e gli spedisce il suo tesoro al campo di Cesare: Enobarbo, ricevutolo, annuncia che il rimorso lo farà morire. La notte, mentre Antonio, vinta la battaglia, festeggia, Enobarbo muore perché la colpa gli polverizza il cuore (IV, 4-10). Sconfitto nell’ulteriore battaglia del giorno dopo, Antonio accusa Cleopatra di averlo venduto a Cesare e la minaccia. Cleopatra si ritira nel suo mausoleo, e gli manda a dire che si è uccisa. Antonio, informatone, chiede a Eros di ucciderlo, ma il liberto, invece, uccide se stesso. Antonio cerca di imitarlo, ma si ferisce soltanto: agonizzante, riceve la notizia che Cleopatra è viva e chiede di essere portato da lei. Cleopatra non apre la porta per paura di essere catturata, ma con l’aiuto delle ancelle lo issa nel mausoleo, dove Antonio le muore tra le braccia (IV, 11-16). Nel quinto atto Cesare riceve un’ambasciata da Cleopatra che gli chiede che intenzioni abbia, e le manda un messo che, mentre la rassicura, la fa prigioniera. Un secondo messo, Dolabella, prova compassione e la informa che il “signore universale” intende trascinarla nel suo trionfo a Roma. Arriva Cesare, e Cleopatra, assieme al suo tesoriere, gli fa credere che ciò che le importa è restare in possesso dei suoi gioielli. Cesare, sicuro che 2020
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Cleopatra non vuole suicidarsi, se ne va. Sola con le ancelle, Cleopatra si prepara a un nuovo Cidno. Le guardie lasciano entrare un contadino con un cesto di fichi dove sono nascosti degli aspidi. Cleopatra, incoronata, bacia l’ancella Iras, che stramazza morta al suolo. Dopo aver chiesto: “Ho l’aspide sulle labbra?”, si applica un aspide al seno e muore, seguita dalla seconda ancella. Quando arriva, Cesare può solo constatare che ciò che temeva è avvenuto. Così ordina che l’esercito segua il funerale, raccomandando “che questa grande solennità si svolga nel massimo ordine” (V, 1-2). Problematica e prospettiva critica Se l’approdo di molta critica shakespeariana recente è che ogni tragedia, studiata sufficientemente a lungo, si rivela deliberatamente provocatrice di incertezza, l’Antonio e Cleopatra non fa eccezione, perché presenta “ambiguità più profonde di quelle create dalle altre tragedie di Shakespeare” (Wilders). Un dramma che finisce col suicidio dei protagonisti, ad esempio, dovrebbe essere, appunto, una tragedia, ma già Bradley nel 1909, nel primo saggio importante che gli sia stato dedicato (Oxford Lectures on Poetry), ne dubita. A Coleridge, che si chiedeva se “il più meraviglioso dei drammi storici di Shakespeare” non potesse essere “un rivale formidabile di Macbeth, Lear, Amleto e Otello”, l’eminente vittoriano risponde che il “voler classificare l’Antonio e Cleopatra tra le opere massime di Shakespeare” non rivela solo “una caduta nel giudizio critico”, ma “qualcosa di più, e di più importante”: “l’incapacità di individuare i tratti caratteristici dell’Antonio e Cleopatra”. Poiché l’opera non è mai “palesemente terribile o pietosa”, e vi è troppo “distacco ironico nella rappresentazione del conflitto”, lo spettatore non può provare quei sentimenti di pietà e orrore che producono la catarsi tragica. Della prima metà del dramma non si può dire che sia “di tono decisamente tragico”, e “certo non lo sono le scene con Cleopatra”, che suscitano “perfino divertimento”. La scena del Baccanale è “per larga parte umoristica”; “sempre umoristico” è Enobarbo, per lo meno “in questa parte del dramma”, e la flagellazione del messo di Cesare, “nonostante la collera di Antonio, muove le risa”. Un dramma siffatto “sarà anche magistrale come l’Otello e il Macbeth, sarà anche più di quelli incantevole; ma naturalmente non può sommuovere le stesse passioni”. Quanto ai protagonisti, “è meglio per la salvezza del mondo e anche per loro stessi, che siano caduti in rovina e morti”. 2021
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Che Bradley, grazie alla sua dispatia per il dramma, sia riuscito a individuarne i tratti caratteristici è indubbio. Il tragico, in effetti, vi è deliberatamente mescolato col comico, e il mixtum di questi e altri opposti è proprio il carattere più distintivo dell’opera. “In Otello e Macbeth il bene e il male sono localizzati con precisione”, ma qui “non si può trovare nulla di puramente buono o cattivo” – ma se “una tragedia fondata su questi presupposti non poteva soddisfare i lettori vittoriani, che nella tragedia cercavano consolazione e sostegno, nello scettico ventesimo secolo essa è stata meglio apprezzata” (Wilders). In effetti, buona parte della migliore critica novecentesca si concentra proprio su quel carattere misto, ambiguo, contraddittorio e paradossale che per Bradley era un difetto. Per Traversi la visione “lirica” e quella “realistica” sono componenti inscindibili dello stesso assieme “organico”, e la vera “impresa” del dramma sta nel “lasciare spazio a entrambe le valutazioni, ognuna delle quali va continuamente bilanciata con quella opposta”: ciò che da un lato è “sordida infatuazione”, dall’altro è “sentimento trionfante” e “passione trascendente”. L’Egitto, dove “la marcescenza è la base della fertilità”, sembra aver infuso nel dramma certe caratteristiche: la metafora fondamentale è quella del “fango del Nilo”. Per Neill “il testo presenta continuamente possibilità estreme e opposte, senza darci i mezzi per decidere”, lasciandoci nella situazione di Ottavia, che tra marito e fratello si trova “tra due estremi senza via di mezzo”. Se poi “qualche risposta è contenuta nel testo, più che inclinare verso una o l’altra soluzione (o un compromesso tra loro), tende a un’insistenza paradossale sulla successiva (o addirittura simultanea) verità delle alternative opposte”. Questa irresolubile contraddittorietà investe l’identità stessa dei protagonisti. Raccogliendo la “lucida analisi” di Dollimore, che in Radical Tragedy mostra come Shakespeare abbia assorbito le idee di Montaigne sulla natura discontinua, molteplice, paradossale e fluida dell’identità, Neill mostra come Montaigne fosse a sua volta influenzato da due testi di Plutarco: La E delfica, e Iside e Osiride, entrambi parte dei Moralia tradotti da Holland. L’Iside di Plutarco, che “assume tutte le forme” ed è “capace di tutto”, è “una sorta di icona della identità fluida” esplorata dall’altro saggio – dal quale, a sua volta, Montaigne toglie di peso intere sezioni nel più scettico dei suoi Essais, la Apologia di Raymond Sebond (1580). E di questa plutarchesca e montaigniana identità soggetta a una sorta di “flusso eracliteo”, Cleopatra, 2022
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nella sua “infinita varietà”, è un’icona non meno icastica della Dea di cui indossa gli habiliments. Quando Ellen Terry affermava che Shakespeare, in Cleopatra, aveva dipinto una donna “scostumata e capricciosa”, e che se la si vuole rappresentare anche come una “grande donna”, allora la sua parte “non sta assieme”, l’attrice vittoriana vedeva Cleopatra con gli occhi del suo amico Shaw, per il quale l’Antonio e Cleopatra era la rappresentazione melodrammatica di una “infatuazione di mezza età”. Ma è dubbio che il naturalismo psicologico sia adatto a comprendere il dramma, ed è possibile che Shakespeare, nello scrivere la parte di Cleopatra, non abbia mai avuto “l’intenzione di farla ‘stare assieme’ con la coerenza che il diciannovesimo secolo considerava ‘naturale’” (Neill). Schanzer lo considera “di gran lunga il più grande, e il più quintessenziale, dei problem plays”, perché tende deliberatamente a introdurre incertezza nei nostri presupposti morali. Per Honigmann può esser letto come una tragedia sia eroica che comica. Per Jones la passione vi è rappresentata come sia distruttiva che creativa, e già la scena iniziale mostra che vi sono tanti punti di vista quanti esseri umani. Bevington giunge a considerarlo un test di Rorschach, e si chiede “se la inconoscibilità del giudizio autorale non sia in effetti deliberata”. Il più acuto dei tentativi novecenteschi di affrontare la peculiarità del dramma è forse quello di Janet Adelman. “Un dramma” scrive la studiosa “deve insegnarci come vederlo, e un dramma complesso insisterà che lo si veda in diversi modi contemporaneamente. Ma che fare con un dramma in cui i modi di visione ci portano a significati contraddittorii?”. Ma qualche valido insegnamento sul modo di guardarlo il dramma ce lo dà. Quando dice di Antonio che “anche se da una parte c’è dipinta una Gorgone, dall’altra è un Marte”, Cleopatra lo paragona a una “prospettiva” o “prisma ottico”: un congegno che, osservato di fronte, mostra un’immagine, e da destra e sinistra altre due. Un simile gadget, che Galileo paragona alla poesia allegorica, non è soltanto utile per allenarsi a vedere cose contraddittorie nel medesimo oggetto, ma anche per rivelare e nascondere al tempo stesso. Se viene osservato solo di fronte un prisma ottico mostra una sola immagine, e se non si fa un passo a sinistra e uno a destra, le altre due restano invisibili – il che, in caso di “verità” e “segreti 2023
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della natura” che “dovrebbero tacere”, può venir buono per farli tacere e parlare al tempo stesso. E quando Cleopatra definisce Antonio “tintura”, “grande medicina” e “misto celestiale” cui si addice la “violenza” di estremi umorali opposti, questi concetti alchemici sono parimenti utili. Perché “il mixtum alchemico, la cui nozione ha giocato un ruolo tanto grande nella filosofia del Rinascimento”, era l’esempio di una “conciliazione degli opposti” in cui le opposte forme sussistevano come “tensione interiore nel composto” (Koyré, Mystiques, spirituels, alchimistes du XVI siècle, 1955). Si potrebbe dire la critica novecentesca giunge a scoprire che il dramma stesso è un prisma ottico e un mixtum alchemico. La fortuna sulle scene Per essere una delle più grandi creazioni di Shakespeare, com’è ampiamente considerato, il dramma ha una storia teatrale sorprendentemente limitata. Di rappresentazioni seicentesche non resta traccia diretta, e il neoclassicismo della Restaurazione lo cancellò dalle scene. Fino agli inizi del secolo XIX gli venne preferita la riscrittura di Dryden, All for Love, dove Cleopatra è semplificata, la politica tenuta ai margini, e al centro sta la crisi dell’eroe, il cui Amore confligge, in una serie di dibattiti, con l’Onore, l’Amicizia e il Matrimonio. Solo Garrick, nel 1759, azzardò senza successo un revival comunque influenzato da Dryden. La prima vera rappresentazione che ci sia nota è quella di Kemble al Covent Garden nel 1813. Puntando alla grandiosità esotica, lo spettacolo espungeva il comico, riduceva la politica e tagliava il Baccanale egiziano, ma in compenso esibiva una “Grandiosa Battaglia Navale” e culminava in una “Processione Funebre” accompagnata da un coro di quarantacinque cantori. La produzione risultò profetica: per tutto il secolo e oltre l’interesse si concentrerà sul fascino di una ricostruzione spettacolare del passato cui contribuiva la nascente archeologia. Il che ben si addiceva alla storia di una conquista imperiale in cui gli splendori decadenti e effemminati della barbarie orientale venivano inevitabilmente sopraffatti dall’energia virile della civiltà occidentale – un approccio che nel 1962 troverà la sua tardiva apoteosi filmica nel Cleopatra di Mankiewicz con Elizabeth Taylor. Dopo la produzione di Phelps del 1849, celebrata per le scene egiziane straordinariamente vraisemblables, continua la ricerca dell’opulenza visiva, anche a costo di feroci tagli: la produzione di Chatterton del 1873 riduceva il dramma a dodici scene, ma per il matrimonio di Antonio con 2024
NOTA INTRODUTTIVA
Ottavia trovava spazio per una processione romana, completa di Amazzoni, trenta coristi bambini, e un balletto intitolato “La Via dei Fiori”. Quanto ai costumi, il programma li garantiva copiati “Dalla Splendida Collezione di Antichità Romane ed Egiziane del British Museum”. Spettacolarità e tagli continuano in età edoardiana. La “magnifica” produzione di Tree del 1906 viene lodata per aver colto l’autentico spirito di un dramma che è “più un panorama che una tragedia ben composta”, e solo nella tournée berlinese i critici tedeschi troveranno da ridire sulle sforbiciate e l’interpolazione di tableaux: “la rappresentazione scenica rischiava ormai di uccidere il dramma” (Neill). Le cose cambiano solo con le catastrofi delle guerre mondiali. Le austere versioni di Bridges-Adams (1921) e Atkins (1922), influenzate da Granville-Barker, ripristinano la continuità delle scene. Con la produzione di Leigh (1925) il Punch scopre che il dramma è “una strana e magnifica mescolanza” che “rompe trionfalmente” tutte le regole; e con quella di Shaw (1953) il Times si accorge che la vera “magnificenza” stava nelle “immensità cosmiche” che emergevano dal flusso ininterrotto delle quarantadue scene. La reazione anti-spettacolare, che prosegue negli anni sessanta e settanta, mette in luce aspetti prima trascurati. La sontuosità archeologica aveva coinciso con l’apogeo dell’imperialismo inglese, e con una lettura in cui l’ordine razionale di Roma era insidiato dal sensualismo decadente di una femme fatale con la pelle scura. Nell’Inghilterra post-imperiale del 1978, invece, il gelido ascetismo minimalista di Brook subordinava la retorica romantica alla cruda realpolitik dell’imperialismo romano. Pur con occasionali ritorni allo spettacolarismo (come quello di Nunn del 1972, in concomitanza con la mostra di Tutankhamun al British Museum), l’interpretazione disincantata e politica continuerà a prevalere nei decenni successivi. Ma più decoratività esterna si strappa al dramma, più emergono le difficoltà interne. Anche in produzioni eccezionali, come quella di Shaw con Michael Redgrave e Peggy Ashcroft (1953), o quella di Hall con Anthony Hopkins e Judi Dench (1987), nascono dubbi sulla possibilità stessa di “raggiungere nella rappresentazione tutto ciò che il copione sembra richiedere” (Bevington). Una produzione che cerca di adeguarsi alla sontuosità retorica del testo rischia di soffocare l’azione con la spettacolarità. Se sceglie l’austerità, rischia di immiserire la scala. Se un attore eccel2025
ANTONIO E CLEOPATRA
le in una faccia del prisma, può fallire nelle altre. Da Garrick a Hopkins non c’è Antonio che non sia stato irriso o per mancanza di statura eroica, o per vuota magniloquenza, e con Cleopatra è peggio. Se già nel secolo XVII doveva essere difficile, per un boy actor, “squittire” con la grandiosità che Cleopatra a volte richiede (e altre no), per un’attrice novecentesca la sua “infinita varietà” non è più agevole. E “se ciascuna delle due parti principali è difficilmente eseguibile con successo, una rappresentazione soddisfacente di entrambe è praticamente inaudita” (Neill). Recensendo sul TLS lo spettacolo di Noble del 1982, Stanley Wells insinuava che “se nessuna produzione sembra aver mai fornito un correlativo della forza poetica del testo” forse “la colpa è di Shakespeare”: forse “questo dramma può essere pienamente realizzato solo nel teatro della mente” – ciò di cui sembra abbia tenuto conto l’italiano Luca De Fusco, in una severa messinscena “multimediale” fra l’onirico e lo statuario, con Luca Lazzareschi e Gaia Aprea per la stagione 2013-2014. GILBERTO SACERDOTI R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, VII, Major Tragedies, London, Routledge & Kegan Paul; New York, Columbia U. P., 1973; PLUTARCO, Vite di Demetrio e Antonio, in Vite parallele dei nobili greci e romani, a cura di C. Carena, 3 voll., vol. III, Torino, Einaudi, 1958. Letteratura critica Fra le principali edizioni inglesi e americane del testo segnaliamo quelle a cura di J. D. WILSON, Cambridge, 1950; M. R. R IDLEY, Arden, 1954 (basata sulla prima edizione Arden di R. H. Case del 1906, di cui riporta le note); E. JONES, Penguin, 1977; D. BEVINGTON, Cambridge, 1990; M. NEILL, Oxford, 1994; J. WILDERS, Arden, 1997; Fra le edizioni italiane, quelle a cura di S. QUASIMODO e G. MELCHIORI, Mondadori, 1978; S. PEROSA, Garzanti, 1985; A. LOMBARDO, Feltrinelli, 2000.
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NOTA INTRODUTTIVA
J. ADELMAN, The Common Liar: An Essay on Antony and Cleopatra, New Haven, Yale U. P., 1973; ID., Suffocating Mothers: Fantasies of Maternal Origin in Shakespeare’s Plays, Hamlet to The Tempest, New York-London, Routledge, 1992; A. BARTON, ‘Nature’s piece ’gainst fancy’: The Divided Catastrophe in Anthony and Cleopatra, London, Bedford College, 1973; B. J. BONO, Literary Transvaluation: From Vergilian Epic to Shakespearean Tragicomedy, Berkeley, California U. P., 1984; A. BRADLEY, La tragedia di Shakespeare (1909), Milano, Garzanti, 1975; P. CANTOR, Shakespeare’s Rome: Republic and Empire, Ithaca, Cornell U. P., 1976; S. CAVELL, Il ripudio del sapere. Lo scetticismo nelle tragedie di Shakespeare (1987), Torino, Einaudi, 2003; J. F. DANBY, Poets on Fortune’s Hill, London, Faber, 1952; F. M. DICKEY, Not Wisely But Too Well: Shakespeare’s Love Tragedies, San Marino, Cal., Huntington Library, 1957; J. DOLLIMORE, Radical Tragedy: Religion, Ideology and Power in the Drama of Shakespeare and His Contemporaries, Brighton, Harvester Press, 1984; E. A. J. HONIGMANN, Shakespeare: Seven Tragedies. The Dramatist’s Manipulation of Response, Basingstoke, Macmillan, 1976; G. W. KNIGHT, The Imperial Theme, London, Methuen, 1961; G. MELCHIORI, Shakespeare. Genesi e struttura delle opere, Bari, Laterza, 1994; G. SACERDOTI, Nuovo cielo, nuova terra. La rivelazione copernicana di “Antonio e Cleopatra”, Bologna, Il Mulino, 1990; E. SCHANZER, The Problem Plays of Shakespeare: A Study of Julius Caesar, Measure for Measure and Antony and Cleopatra, London, Routledge & Kegan Paul, 1963; D. TRAVERSI, An Approach to Shakespeare, London, Hollis & Carter, 1969.
2027
THE TRAGEDY OF ANTONY AND CLEOPATRA
THE PERSONS OF THE PLAY Mark ANTONY (Marcus Antonius), triumvir of Rome DEMETRIUS PHILO Domitius ENOBARBUS friends and VENTIDIUS followers SILIUS of Antony EROS CAMIDIUS SCARUS DECRETAS
Sextus POMPEY (Pompeius) MENECRATES friends of MENAS Pompey VARRIUS
Octavius CAESAR, triumvir of Rome OCTAVIA, his sister MAECENAS AGRIPPA friends and TAURUS followers DOLABELLA of Caesar THIDIAS GALLUS PROCULEIUS
A SOOTHSAYER An AMBASSADOR
}
}
}
CLEOPATRA, Queen of Egypt CHARMIAN IRAS attending ALEXAS on Cleopatra MARDIAN, a eunuch DIOMED SELEUCUS
}
MESSENGERS A BOY who sings A SENTRY and men of his WATCH Men of the GUARD An EGYPTIAN A CLOWN SERVANTS SOLDIERS
LEPIDUS, triumvir of Rome Eunuchs, attendants, captains, soldiers, servants SIGLE Al contrario di altre tragedie accessibili ai contemporanei in più edizioni, e al pari di Julius Caesar, Timon of Athens, Macbeth e Coriolanus, Antony and Cleopatra ha un solo testo di riferimento, quello dell’in-folio del 1623 (F, ristampato con variazioni in F1, F2 e F3), derivato dal manoscritto di pugno dell’autore, più curato degli altri e affidato a compositori non incompetenti. I numerosi emendamenti di cui si compone ora questo testo si devono alle edizioni che si sono succedute nel tempo, di cui Stanley Wells offre un’ampia ricapitolazione nel Textual Companion che accompagna l’edizione Oxford da lui curata: per noi, una messa a punto definitiva che ci esenta dal riprodurli, salvo quando interessano la traduzione. Vengono trascurate tutte le varianti delle didascalie di regia, comunque spesso rivedute.
2028
LA TRAGEDIA DI ANTONIO E CLEOPATRA
PERSONAGGI Marco ANTONIO (Marcus Antonius), triumviro di Roma DEMETRIO FILONE Domizio ENOBARBO Amici e VENTIDIO seguaci di SILIO Antonio EROS CANIDIO SCARO DECRETAS
Sesto POMPEO (Pompeius) MENECRATE Amici di MENAS Pompeo VARRIO
CESARE Ottaviano, triumviro di Roma OTTAVIA, sua sorella MECENATE AGRIPPA Amici e TAURO seguaci di DOLABELLA Cesare THIDIAS GALLO PROCULEIO
Un INDOVINO Un AMBASCIATORE
}
}
LEPIDO, triumviro di Roma
}
CLEOPATRA, Regina d’Egitto CHARMIAN IRAS Al seguito ALEXAS di Cleopatra MARDIAN, un eunuco DIOMEDE SELEUCO
}
MESSAGGERI Un RAGAZZO che canta Una SENTINELLA e uomini della sua GUARDIA Uomini della GUARDIA Un EGIZIANO Un CLOWN SERVI SOLDATI Eunuchi, attendenti, capitani, soldati, servi
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 1
Enter Demetrius and Philo
1.1 PHILO
Nay, but this dotage of our General’s O’erflows the measure. Those his goodly eyes, That o’er the files and musters of the war Have glowed like plated Mars, now bend, now turn The office and devotion of their view Upon a tawny front. His captain’s heart, Which in the scuffles of great fights hath burst The buckles on his breast, reneges all temper, And is become the bellows and the fan To cool a gipsy’s lust.
5
Flourish. Enter Antony, Cleopatra, her ladies, the train, with eunuchs fanning her Look where they come. Take but good note, and you shall see in him The triple pillar of the world transformed Into a strumpet’s fool. Behold and see. CLEOPATRA (to Antony) If it be love indeed, tell me how much.
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ANTONY
There’s beggary in the love that can be reckoned.
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CLEOPATRA
I’ll set a bourn how far to be beloved. ANTONY
Then must thou needs find out new heaven, new earth. Enter a Messenger MESSENGER News, my good lord, from Rome. ANTONY Grates me: the sum. CLEOPATRA Nay, hear them, Antony.
Fulvia perchance is angry; or who knows If the scarce-bearded Caesar have not sent His powerful mandate to you: ‘Do this, or this,
11. In: così in F; l’ed. Oxford congettura even = “perfino”. 2030
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 1
I, 1
Entrano Demetrio e Filone1
FILONE
Ah, il rimbambimento del nostro generale trabocca ogni misura. I suoi begli occhi, che sulle schiere di guerra sfolgoravano come Marte cinto di corazza, ora si chinano, e volgono l’officio e la devozione della loro vista sopra una fronte bruna 2. Il suo cuore di capitano, che nelle mischie delle grandi battaglie ha fatto scoppiare le fibbie sul suo petto, rinnega ogni temperanza, ed è diventato un mantice e un ventaglio per rinfrescare la lussuria di una zingara 3. Squillo di trombe. Entrano Antonio, Cleopatra, le sue damigelle, il seguito, con eunuchi che la sventagliano4 Guarda, ecco che arrivano: osserva bene, e in lui vedrai uno dei tre pilastri del mondo trasformato nello zimbello di una sgualdrina. Fai attenzione e guarda. CLEOPATRA (ad Antonio) Se è amore veramente, dimmi quanto è grande. ANTONIO
Un amore misurabile è un amore miserabile. CLEOPATRA
Voglio che si stabilisca il confine fino al quale sono amata. ANTONIO
E allora devi necessariamente scoprire un nuovo cielo e una nuova terra 5. Entra un messaggero MESSAGGERO
Notizie da Roma, mio buon signore. ANTONIO
Che seccatura: dimmi il sunto! CLEOPATRA
Ma no, ascoltale, Antonio. Forse Fulvia6 è arrabbiata; o magari l’imberbe Cesare7 ti ha inviato il suo possente comando: ‘Fa que-
2031
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 1
Take in that kingdom and enfranchise that. Perform’t, or else we damn thee.’ ANTONY How, my love? CLEOPATRA Perchance? Nay, and most like. You must not stay here longer. Your dismission Is come from Caesar, therefore hear it, Antony. Where’s Fulvia’s process – Caesar’s, I would say – both? Call in the messengers. As I am Egypt’s queen, Thou blushest, Antony, and that blood of thine Is Caesar’s homager; else so thy cheek pays shame When shrill-tongued Fulvia scolds. The messengers!
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ANTONY
Let Rome in Tiber melt, and the wide arch Of the ranged empire fall. Here is my space. Kingdoms are clay. Our dungy earth alike Feeds beast as man. The nobleness of life Is to do thus; when such a mutual pair And such a twain can do’t – in which I bind On pain of punishment the world to weet – We stand up peerless. CLEOPATRA [aside] Excellent falsehood! Why did he marry Fulvia and not love her? I’ll seem the fool I am not. (To Antony) Antony Will be himself. ANTONY But stirred by Cleopatra. Now, for the love of Love and her soft hours Let’s not confound the time with conference harsh. There’s not a minute of our lives should stretch Without some pleasure now. What sport tonight?
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CLEOPATRA
Hear the ambassadors. Fie, wrangling queen, Whom everything becomes – to chide, to laugh, To weep; how every passion fully strives
ANTONY
52. How: emend. tardo; in F1 who; in F2 whose. 2032
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 1
sto, o questo, conquista quel regno e libera quell’altro. Esegui, o ti condanniamo.’ ANTONIO
Come, amore mio? CLEOPATRA
Forse? Ma no, è sicuro. Qui non ci devi più restare. Cesare t’ha mandato il congedo, e dunque ascoltalo, Antonio. Dov’è l’ordine di comparizione di Fulvia? – di Cesare, volevo dire – o è di tutti e due? Chiamate i messaggeri. Com’è vero che sono la regina d’Egitto, tu arrossisci, Antonio, e quel tuo sangue rende omaggio a Cesare; oppure la tua guancia paga un tributo di vergogna alla stridula Fulvia che ti sgrida. I messaggeri! ANTONIO
Che Roma si sciolga nel Tevere, e cada l’ampio arco del ben ordinato impero8. Questo è il mio spazio. I regni sono argilla. Il letamaio della terra nutre tanto la bestia quanto l’uomo. La nobiltà della vita è fare questo; quando due sono una coppia tanto una da poterlo fare – ed io comando al mondo di riconoscerlo, pena il castigo – noi siamo impareggiabili9. CLEOPATRA [a parte] Eccellente falsità! Come, ha sposato Fulvia e non la amava? Sembrerò la sciocca che non sono. (Ad Antonio) Antonio sarà se stesso. ANTONIO
Ma mosso da Cleopatra. Oh, per amore dell’Amore e delle sue dolci ore, non sprechiamo il tempo scambiandoci sgradevolezze; neppure un minuto della nostra vita dovrebbe passare senza qualche piacere. Che divertimento vuoi stasera? CLEOPATRA
Ascolta gli ambasciatori. ANTONIO
Basta, litigiosa regina, cui si addice tutto – rimproverare, ridere, piangere; come ogni passione lotta per diventare, in te, bella e am-
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
To make itself, in thee, fair and admired! No messenger but thine; and all alone Tonight we’ll wander through the streets and note The qualities of people. Come, my queen. Last night you did desire it. (To the Messenger) Speak not to us.
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Exeunt Antony and Cleopatra with the train, [and by another door the Messenger] DEMETRIUS
Is Caesar with Antonius prized so slight? PHILO
Sir, sometimes when he is not Antony He comes too short of that great property Which still should go with Antony. DEMETRIUS I am full sorry That he approves the common liar who Thus speaks of him at Rome; but I will hope Of better deeds tomorrow. Rest you happy. Exeunt 1.2
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Enter Enobarbus, a Soothsayer, Charmian, Iras, Mardian the eunuch, Alexas, [and attendants]
CHARMIAN Lord Alexas, sweet Alexas, most anything
Alexas, almost most absolute Alexas, where’s the soothsayer that you praised so to th’ Queen? O that I knew this husband, which you say Must charge his horns with garlands! ALEXAS Soothsayer! SOOTHSAYER Your will?
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CHARMIAN
Is this the man? Is’t you, sir, that know things? SOOTHSAYER
In nature’s infinite book of secrecy A little I can read. ALEXAS (to Charmian) Show him your hand.
5. Charge: emend. tardo; in F change = “cambiare”. 2034
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
mirata10! Solo messaggeri tuoi; e questa notte vagheremo tutti soli per le strade a notare le caratteristiche della gente. Venite, mia regina. Ieri sera ne avevate voglia. (Al messaggero) Non parlarci. Escono Antonio e Cleopatra assieme al seguito, [e il messaggero da un’altra porta] DEMETRIO
Conta così poco Cesare, per Antonio? FILONE
Signore, a volte quando non è Antonio11 viene meno alle grandi qualità che Antonio dovrebbe sempre avere. DEMETRIO
Mi addolora che confermi le dicerie del volgo che così parla di lui a Roma; ma per domani spero in azioni migliori. Buona fortuna. Escono I, 2
Entrano Enobarbo, un indovino, Charmian, Iras, l’eunuco Mardian, Alexas, [e degli attendenti]
CHARMIAN
Signor Alexas, dolce Alexas, meraviglioso Alexas, quasi assolutissimo Alexas, dov’è l’indovino che hai tanto lodato alla Regina? Oh, potessi conoscere questo marito che, come dici, dovrà caricarsi le corna di ghirlande12! ALEXAS
Indovino! INDOVINO
Che volete? CHARMIAN
È questo l’uomo? Siete voi, signore, che conoscete le cose? INDOVINO
Nell’infinito libro di segreti della natura so leggere un poco. ALEXAS (a Charmian) Mostragli la mano.
2035
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
ENOBARBUS (calling) Bring in the banquet quickly,
Wine enough Cleopatra’s health to drink. [Enter servants with food and wine, and exeunt] CHARMIAN (to Soothsayer) Good sir, give me good fortune. SOOTHSAYER I make not, but foresee. CHARMIAN
Pray then, foresee me one. You shall be yet Far fairer than you are. CHARMIAN He means in flesh. SOOTHSAYER
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IRAS
No, you shall paint when you are old. Wrinkles forbid!
CHARMIAN ALEXAS
Vex not his prescience. Be attentive. CHARMIAN
Hush!
SOOTHSAYER
You shall be more beloving than beloved. CHARMIAN I had rather heat my liver with drinking.
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ALEXAS Nay, hear him. CHARMIAN Good now, some excellent fortune! Let me be
married to three kings in a forenoon and widow them all. Let me have a child at fifty to whom Herod of Jewry may do homage. Find me to marry me with Octavius Caesar, and companion me with my mistress. SOOTHSAYER
You shall outlive the lady whom you serve.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
ENOBARBO (grida)
Sbrigatevi a portare il banchetto, e che ci sia vino abbastanza per bere alla salute di Cleopatra. [Entrano dei servi con cibo e vino, ed escono] CHARMIAN (all’indovino)
Buon signore, dammi una buona fortuna. INDOVINO
Io non faccio, ma prevedo. CHARMIAN
E allora ti prego, prevedimene una. INDOVINO
Sarete ancora più bella di quanto siete. CHARMIAN
Vuol dire in carne. IRAS
No, che da vecchia ti imbelletterai. CHARMIAN
Maledizione alle rughe! ALEXAS
Non disturbate la sua prescienza. State attente. CHARMIAN
Sshh! INDOVINO
Sarete più amante che amata. CHARMIAN
Piuttosto mi riscaldo il fegato col bere. ALEXAS
Dai, ascoltalo. CHARMIAN
Forza, una fortuna eccellente! Fammi sposare a tre re in una mattinata, e restar vedova di tutti e tre. Fammi avere un bambino a cinquant’anni, al quale Erode di Giudea possa rendere omaggio13. Scopri che mi sposerò con Cesare Ottaviano e rendimi uguale alla mia padrona. INDOVINO
Vivrete più a lungo della signora che servite. 2037
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
CHARMIAN O, excellent! I love long life better than figs. SOOTHSAYER
You have seen and proved a fairer former fortune Than that which is to approach. CHARMIAN Then belike my children shall have no names. Prithee, how many boys and wenches must I have?
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SOOTHSAYER
If every of your wishes had a womb, And fertile every wish, a million. CHARMIAN Out, fool – I forgive thee for a witch. ALEXAS You think none but your sheets are privy to your wishes. CHARMIAN (to the Soothsayer) Nay, come, tell Iras hers. ALEXAS We’ll know all our fortunes. ENOBARBUS Mine, and most of our fortunes, tonight shall be drunk to bed. IRAS (showing her hand to the Soothsayer) There’s a palm presages chastity, if nothing else. CHARMIAN E’en as the o’erflowing Nilus presageth famine. IRAS Go, you wild bedfellow, you cannot soothsay. CHARMIAN Nay, if an oily palm be not a fruitful prognostication, I cannot scratch mine ear. (To the Soothsayer) Prithee, tell her but a workaday fortune. SOOTHSAYER Your fortunes are alike.
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IRAS
But how, but how? Give me particulars. SOOTHSAYER I have said.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
CHARMIAN
Oh, eccellente! La vita lunga mi piace più dei fichi14. INDOVINO
La fortuna che hai visto e conosciuto è migliore di quella che si avvicina. CHARMIAN
E allora è probabile che i miei figli non avranno nome15. Per piacere, quanti bambini e quante bambine devo avere? INDOVINO
Se ogni vostra voglia avesse un grembo e fosse fertile, un milione. CHARMIAN
Vattene, scemo! Come stregone ti assolvo. ALEXAS
Tu credi che le tue voglie le conoscano solo le tue lenzuola. CHARMIAN (all’indovino)
Dai, forza, di’ a Iras la sua. ALEXAS
Vogliamo tutti sapere le nostre fortune. ENOBARBO
La mia, e quella di gran parte di noi stanotte, sarà ubriachi a letto. IRAS (mostrando la mano all’indovino)
Ecco un palmo che se non altro presagisce castità. CHARMIAN
Sì, come lo straripamento del Nilo presagisce carestia. IRAS
Basta, come compagna di letto sei una poco di buono, e non sai indovinare! CHARMIAN
Be’, se un palmo oleoso non è pronostico di fertilità, allora non so grattarmi l’orecchio. (All’indovino) Ti prego, dalle una fortuna da giorno feriale. INDOVINO
Le vostre fortune sono uguali. IRAS
Ma come? Come? Dammi i particolari! INDOVINO
Ho detto. 2039
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
IRAS Am I not an inch of fortune better than she? CHARMIAN Well, if you were but an inch of fortune better
than I, where would you choose it? IRAS Not in my husband’s nose.
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CHARMIAN Our worser thoughts heavens mend! Alexas –
come, his fortune, his fortune. O, let him marry a woman that cannot go, sweet Isis, I beseech thee, and let her die too, and give him a worse, and let worse follow worse till the worst of all follow him laughing to his grave, fiftyfold a cuckold. Good Isis, hear me this prayer, though thou deny me a matter of more weight; good Isis, I beseech thee. IRAS Amen, dear goddess, hear that prayer of the people. For as it is a heart-breaking to see a handsome man loose-wived, so it is a deadly sorrow to behold a foul knave uncuckolded. Therefore, dear Isis, keep decorum, and fortune him accordingly. CHARMIAN Amen. ALEXAS Lo now, if it lay in their hands to make me a cuckold, they would make themselves whores but they’d do’t. Enter Cleopatra ENOBARBUS
Hush, here comes Antony. CHARMIAN
Not he, the Queen.
CLEOPATRA
Saw you my lord? No, lady.
ENOBARBUS CLEOPATRA
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Was he not here?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
IRAS
Ma non ho neanche un pollice di fortuna più di lei? CHARMIAN
Be’, se avessi un pollice di fortuna più di me, dove lo vorresti? IRAS
Non nel naso di mio marito. CHARMIAN
Correggano i cieli i nostri peggiori pensieri! Alexas – dai, la sua fortuna, la sua fortuna. Oh, fagli sposare una donna frigida, dolce Iside, ti supplico, e poi falla morire, e dagliene una peggiore, e ancora e sempre peggio finché la peggiore di tutte lo accompagni ridendo alla tomba, cinquanta volte cornuto. Buona Iside, ascolta la mia preghiera, anche se dovessi negarmi cose più importanti; buona Iside, ti supplico. IRAS
Amen. Cara dea, ascolta la preghiera del popolo16. Perché come spezza il cuore vedere un bell’uomo mal sposato, così è un dolore mortale se una sporca canaglia non viene fatto becco. Dunque, cara Iside, mantieni il decoro, e dagli la fortuna che si merita. CHARMIAN
Amen. ALEXAS
Ah, se dipendesse da loro farmi becco, diventerebbero puttane, pur di farlo. Entra Cleopatra ENOBARBO
Silenzio, arriva Antonio. CHARMIAN
Non è lui, è la regina. CLEOPATRA
Avete visto il mio signore? ENOBARBO
No, signora. CLEOPATRA
Non era qui?
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
CHARMIAN No, madam.
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CLEOPATRA
He was disposed to mirth, but on the sudden A Roman thought hath struck him. Enobarbus! ENOBARBUS Madam? CLEOPATRA
Seek him, and bring him hither. Where’s Alexas? ALEXAS
Here at your service. My lord approaches.
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Enter Antony with a Messenger CLEOPATRA
We will not look upon him. Go with us. Exeunt all but Antony and the Messenger MESSENGER
Fulvia thy wife first came into the field. ANTONY Against my brother Lucius? MESSENGER
Ay, but soon that war had end, and the time’s state Made friends of them, jointing their force ’gainst Caesar, Whose better issue in the war from Italy Upon the first encounter drave them. ANTONY Well, what worst?
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MESSENGER
The nature of bad news infects the teller. ANTONY
When it concerns the fool or coward. On. Things that are past are done. With me ’tis thus: Who tells me true, though in his tale lie death, I hear him as he flattered. MESSENGER Labienus – This is stiff news – hath with his Parthian force Extended Asia; from Euphrates His conquering banner shook, from Syria To Lydia and to Ionia, Whilst – 2042
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
CHARMIAN
No, signora. CLEOPATRA
Era incline all’allegria, ma d’improvviso lo ha colpito un pensiero romano17. Enobarbo! ENOBARBO
Signora? CLEOPATRA
Vallo a cercare e portalo qui. Dov’è Alexas? ALEXAS
Qui, al vostro servizio. Il mio signore sta arrivando. Entra Antonio con un messaggero CLEOPATRA
Non desideriamo vederlo. Seguitemi. Escono tutti tranne Antonio e il messaggero MESSAGGERO
Tua moglie Fulvia è stata la prima a scendere in campo. ANTONIO
Contro mio fratello Lucio? MESSAGGERO
Sì, ma quella guerra è finita subito, lo stato dei tempi li ha fatti amici18, e hanno unito le loro forze contro Cesare, il cui successo in guerra li ha cacciati dall’Italia fin dal primo scontro. ANTONIO
Bene, e cos’altro di peggio? MESSAGGERO
La natura delle cattive notizie infetta chi le riferisce19. ANTONIO
Quando riguarda gli sciocchi o i codardi. Avanti. Le cose passate per me sono concluse. Con me è così: chi mi dice il vero, anche se nel suo racconto c’è la morte, lo ascolto come se mi adulasse20. MESSAGGERO
Labieno – questa è una notizia dura – col suo esercito di Parti ha preso l’Asia 21; la sua bandiera vittoriosa sventola dall’Eufrate e la Siria fino alla Lidia e la Ionia, mentre...
2043
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
ANTONY
Antony, thou wouldst say – O, my lord!
MESSENGER ANTONY
Speak to me home. Mince not the general tongue. Name Cleopatra as she is called in Rome. Rail thou in Fulvia’s phrase, and taunt my faults With such full licence as both truth and malice Have power to utter. O, then we bring forth weeds When our quick winds lie still, and our ills told us Is as our earing. Fare thee well a while. MESSENGER At your noble pleasure. Exit Messenger
100
Enter another Messenger ANTONY
From Sicyon, ho, the news? Speak there. [SECOND MESSENGER] The man from Sicyon – [ANTONY] Is there such a one? [SECOND MESSENGER] He stays upon your will. ANTONY Let him appear.
106
Exit Second Messenger These strong Egyptian fetters I must break, Or lose myself in dotage. Enter another Messenger with a letter What are you? [THIRD MESSENGER] Fulvia thy wife is dead. ANTONY
2044
Where died she?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
ANTONIO
Antonio, volevi dire? MESSAGGERO
Oh, mio signore! ANTONIO
Parla con franchezza. Non addolcirmi quello che si dice. Chiama Cleopatra coi nomi che le danno a Roma. Accusami con le parole di Fulvia, e denuncia le mie colpe con tutta la licenza che si prendono la verità e il malanimo. Oh, quando la mente vivace resta in ozio produciamo erbacce; e chi ci dice i nostri torti è come se ci arasse. Per il momento, addio. MESSAGGERO
Come piace a vostra signoria. Esce il messaggero Entra un secondo messaggero ANTONIO
Che notizie da Sicione22? Parla, tu. [SECONDO MESSAGGERO] L’uomo da Sicione – [ANTONIO] C’è o non c’è? [SECONDO MESSAGGERO] È a vostra disposizione. ANTONIO
Fallo entrare. Esce il secondo messaggero Devo romperle, queste forti catene egiziane, o il mio rimbambimento mi rovinerà. Entra un terzo messaggero, con una lettera Chi sei? [TERZO MESSAGGERO]
Tua moglie Fulvia è morta. ANTONIO
Dove è morta?
2045
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
THIRD MESSENGER In Sicyon.
Her length of sickness, with what else more serious Importeth thee to know, this bears. He gives Antony the letter ANTONY
Forbear me. [Exit Third Messenger]
There’s a great spirit gone. Thus did I desire it. What our contempts doth often hurl from us We wish it ours again. The present pleasure, By revolution low’ring, does become The opposite of itself. She’s good being gone; The hand could pluck her back that shoved her on. I must from this enchanting queen break off. Ten thousand harms more than the ills I know My idleness doth hatch. How now, Enobarbus!
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[Enter Enobarbus] ENOBARBUS
What’s your pleasure, sir? ANTONY
I must with haste from hence.
ENOBARBUS Why, then we kill all our women. We see
how mortal an unkindness is to them; if they suffer our departure, death’s the word. ANTONY I must be gone. ENOBARBUS Under a compelling occasion let women die. It were pity to cast them away for nothing, though between them and a great cause they should be esteemed nothing. Cleopatra catching but the least noise of this dies instantly. I have seen her die twenty times upon far poorer moment. I do think there is mettle in death, which commits some loving act upon her, she hath such a celerity in dying. ANTONY She is cunning past man’s thought.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
TERZO MESSAGGERO
A Sicione. La durata della malattia, e le altre cose più serie che è importante tu conosca, stanno qui. Dà la lettera ad Antonio ANTONIO
Lasciami solo. [Esce il terzo messaggero] Se ne è andato un grande spirito. Era quello che desideravo. Ma ciò che allontaniamo con disprezzo spesso poi lo rivogliamo indietro. Il piacere del momento, abbassandosi per rivoluzione 23, diventa il contrario di se stesso. Siccome se ne è andata, adesso è buona; la stessa mano che la respingeva adesso la vorrebbe riafferrare. Mi devo liberare da questa regina incantatrice. Il mio ozio va covando diecimila sventure, oltre i mali che già conosco. [Entra Enobarbo] Ehi, Enobarbo! ENOBARBO
Cosa desiderate, signore? ANTONIO
Devo andarmene di qui immediatamente. ENOBARBO
Ma allora ammazziamo tutte le nostre donne. Lo sappiamo quanto è mortale per loro una scortesia: dovessero sopportare la nostra partenza sarebbe morte sicura. ANTONIO
Devo andarmene. ENOBARBO
Le donne facciamole morire se proprio l’occasione ci costringe. Sarebbe un peccato buttarle via per niente, anche se tra loro e una grande causa, andrebbero stimate come niente. Cleopatra, se solo ne ha il minimo sentore, muore all’istante. L’ho vista morire venti volte per motivi ben più lievi. Credo che nella morte ci sia un nerbo, che commette su di lei qualche atto d’amore, tanto è celere nel morire24. ANTONIO
È astuta più di quanto un uomo possa immaginare. 2047
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 2
ENOBARBUS Alack, sir, no. Her passions are made of
nothing but the finest part of pure love. We cannot call her winds and waters sighs and tears; they are greater storms and tempests than almanacs can report. This cannot be cunning in her; if it be, she makes a shower of rain as well as Jove. ANTONY Would I had never seen her! ENOBARBUS O, sir, you had then left unseen a wonderful piece of work, which not to have been blessed withal would have discredited your travel. ANTONY Fulvia is dead. ENOBARBUS Sir. ANTONY Fulvia is dead. ENOBARBUS Fulvia? ANTONY Dead. ENOBARBUS Why, sir, give the gods a thankful sacrifice. When it pleaseth their deities to take the wife of a man from him, it shows to man the tailors of the earth; comforting therein that when old robes are worn out there are members to make new. If there were no more women but Fulvia, then had you indeed a cut, and the case to be lamented. This grief is crowned with consolation; your old smock brings forth a new petticoat, and indeed the tears live in an onion that should water this sorrow.
144
150
ANTONY
The business she hath Cannot endure my absence.
broachèd
in
the
state 164
153-155. It shows … new: passo di significato incerto, che la traduzione tenta di districare. 2048
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 2
ENOBARBO
Ahimè, signore, no. Le sue passioni sono composte solo delle più raffinate parti del più puro amore. Non possiamo chiamare venti e acque i suoi sospiri e le sue lacrime; sono bufere e tempeste maggiori di quelle che possono riportare gli almanacchi. E questo in lei non può essere astuzia; se lo è, sa far scrosciare la pioggia come Giove25. ANTONIO
Non l’avessi mai vista! ENOBARBO
In tal caso, signore, non avreste mai visto un meraviglioso capolavoro, e il non esserne stato benedetto avrebbe screditato il vostro viaggio26. ANTONIO
Fulvia è morta. ENOBARBO
Signore. ANTONIO
Fulvia è morta. ENOBARBO
Fulvia? ANTONIO
Morta. ENOBARBO
Bene, signore, offrite agli dèi un sacrificio di ringraziamento. Quando lor signore le divinità si compiacciono di portar via la moglie a un uomo, mostrano all’uomo i sarti della terra; confortandolo, che quando i vestiti vecchi sono consumati ci sono membri che ne fanno di nuovi. Se non ci fossero altre donne che Fulvia, allora sarebbe davvero un colpo, e il caso lamentevole. Ma questo dolore è incoronato di consolazione; il vostro vecchio grembiule dà alla luce una gonna nuova, e davvero, le lacrime che dovrebbero innaffiare questo dolore stanno tutte in una cipolla 27. ANTONIO
Gli intrighi che ha suscitato nello stato non possono tollerare la mia assenza.
2049
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 3
ENOBARBUS And the business you have broached here
cannot be without you, especially that of Cleopatra’s, which wholly depends on your abode. ANTONY
No more light answers. Let our officers Have notice what we purpose. I shall break The cause of our expedience to the Queen, And get her leave to part; for not alone The death of Fulvia, with more urgent touches, Do strongly speak to us, but the letters too Of many our contriving friends in Rome Petition us at home. Sextus Pompeius Hath given the dare to Caesar and commands The empire of the sea. Our slippery people, Whose love is never linked to the deserver Till his deserts are past, begin to throw Pompey the Great and all his dignities Upon his son, who – high in name and power, Higher than both in blood and life – stands up For the main soldier; whose quality, going on, The sides o’th’ world may danger. Much is breeding Which, like the courser’s hair, hath yet but life, And not a serpent’s poison. Say our pleasure, To such whose place is under us, requires Our quick remove from hence. ENOBARBUS I shall do’t. Exeunt severally 1.3
Enter Cleopatra, Charmian, Alexas, and Iras
CLEOPATRA
Where is he? I did not see him since.
CHARMIAN
I71. Leave: emend. tardo; in F love. 2050
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 3
ENOBARBO
E l’intrigo che avete suscitato qui non può stare senza di voi, specialmente quello di Cleopatra, che dipende interamente dalla vostra presenza. ANTONIO
Basta risposte leggere. Che gli ufficiali vengano informati dei nostri propositi. Comunicherò alla Regina la causa della nostra fretta e otterrò il permesso di partire. Perché non solo la morte di Fulvia, e cose ancora più urgenti ci parlano a gran voce, ma anche le lettere di molti nostri astuti amici a Roma ci richiedono di tornare in patria. Sesto Pompeo28 ha sfidato Cesare e impera sul mare. Il nostro mutevole popolo, il cui amore non va mai a chi lo merita se non dopo che ha cessato di meritarlo, comincia a conferire il titolo e le dignità di Pompeo Magno al figlio, che – eminente per fama e per potenza, e più ancora per spirito e energia – appare come il primo dei soldati; se il suo partito dovesse rafforzarsi, metterebbe in pericolo l’equilibrio del mondo. Si vanno generando molte cose che, come il crine di cavallo, per il momento hanno soltanto vita, ma non ancora il veleno del serpente 29. Comunica ai nostri subalterni che intendiamo partire quanto prima. ENOBARBO
Sarà fatto. Escono separatamente I, 3
Entrano Cleopatra, Charmian, Alexas, e Iras30
CLEOPATRA
Dov’è? CHARMIAN
Non l’ho più visto.
2051
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 3
CLEOPATRA [to Alexas]
See where he is, who’s with him, what he does. I did not send you. If you find him sad, Say I am dancing; if in mirth, report That I am sudden sick. Quick, and return.
5
Exit [Alexas] CHARMIAN
Madam, methinks, if you did love him dearly, You do not hold the method to enforce The like from him. CLEOPATRA What should I do I do not? CHARMIAN
In each thing give him way; cross him in nothing. CLEOPATRA
Thou teachest like a fool, the way to lose him.
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CHARMIAN
Tempt him not so too far. Iwis, forbear. In time we hate that which we often fear. Enter Antony But here comes Antony. I am sick and sullen.
CLEOPATRA ANTONY
I am sorry to give breathing to my purpose. CLEOPATRA
Help me away, dear Charmian, I shall fall. It cannot be thus long – the sides of nature Will not sustain it. ANTONY Now, my dearest queen.
15
CLEOPATRA
Pray you, stand farther from me. ANTONY
What’s the matter?
CLEOPATRA
I know by that same eye there’s some good news. What says the married woman – you may go?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 3
CLEOPATRA [a Alexas]
Va a vedere dov’è, con chi è, cosa fa. Io non ti ho mandato. Se lo trovi triste, digli che sto ballando; se è allegro, riferiscigli che mi sono ammalata all’improvviso. Va’ e torna in fretta. Esce [Alexas] CHARMIAN
Signora, secondo me, se lo amate veramente, non è questo il metodo per costringerlo a ricambiare. CLEOPATRA
Cosa dovrei fare che non faccio? CHARMIAN
Cedergli in tutto; non contrastarlo in nulla. CLEOPATRA
Sei un’insegnante sciocca, è il modo di perderlo. CHARMIAN
Non provocatelo tanto; vi prego, trattenetevi. Col tempo giungiamo a odiare ciò che spesso temiamo. Entra Antonio Ma ecco che arriva Antonio. CLEOPATRA
Sono malata e triste. ANTONIO
Sono spiacente di dovervi comunicare i miei propositi. CLEOPATRA
Aiutami, Charmian cara, sto svenendo. Così non può andare avanti a lungo, i fianchi della natura non lo sosterranno. ANTONIO
Ma, carissima regina. CLEOPATRA
Vi prego, statemi lontano. ANTONIO
Che succede? CLEOPATRA
Lo so dagli occhi che c’è qualche buona notizia. Cosa dice la donna sposata – che potete andare? Non vi avesse mai dato il permesso di
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 3
Would she had never given you leave to come. Let her not say ’tis I that keep you here. I have no power upon you; hers you are. ANTONY
The gods best know – O, never was there queen So mightily betrayed! Yet at the first I saw the treasons planted. ANTONY Cleopatra – CLEOPATRA
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CLEOPATRA
Why should I think you can be mine and true – Though you in swearing shake the thronèd gods – Who have been false to Fulvia? Riotous madness, To be entangled with those mouth-made vows Which break themselves in swearing. ANTONY Most sweet queen –
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CLEOPATRA
Nay, pray you, seek no colour for your going, But bid farewell and go. When you sued staying, Then was the time for words; no going then. Eternity was in our lips and eyes, Bliss in our brow’s bent; none our parts so poor But was a race of heaven. They are so still, Or thou, the greatest soldier of the world, Art turned the greatest liar. ANTONY How now, lady!
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CLEOPATRA
I would I had thy inches. Thou shouldst know There were a heart in Egypt. ANTONY Hear me, Queen. The strong necessity of time commands Our services a while, but my full heart Remains in use with you. Our Italy Shines o’er with civil swords. Sextus Pompeius Makes his approaches to the port of Rome. Equality of two domestic powers
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 3
venire. Che non mi venga a dire che sono io che vi trattengo qui. Io non ho alcun potere su di voi; siete tutto suo. ANTONIO
Gli dèi sanno bene... CLEOPATRA
Oh, mai regina è stata tradita in questo modo! Eppure, del seme del tradimento m’ero accorta subito. ANTONIO
Cleopatra... CLEOPATRA
Perché dovrei pensare che potete essere mio e fedele – anche se a forza di giurare scuoteste il trono degli dèi – se siete stato infedele a Fulvia? Sarei una pazza furiosa, se mi lasciassi irretire da voti fatti con le sole labbra e infranti mentre vengono giurati. ANTONIO
Dolcissima regina... CLEOPATRA
No, per piacere, non imbellettatemi la vostra partenza, ma dite addio e andatevene. Quando supplicavate di restare, allora sì era tempo di parole; niente partenze allora. Negli occhi e sulle labbra c’era l’eternità, beatitudine nell’arco delle ciglia; nessuna nostra parte era tanto povera da non essere figlia del cielo. Ed è ancora così, o tu, il più grande soldato del mondo, sei diventato il più gran bugiardo. ANTONIO
Ma che dite, signora? CLEOPATRA
Fossi grande come te, allora scopriresti che in Egitto c’era un cuore! ANTONIO
Ascoltatemi, regina. La forte necessità dei tempi31 esige per un poco i miei servizi, ma il cuore resta qui intero ad uso vostro. La guerra civile fa scintillare di spade tutta la nostra Italia. Sesto Pompeo si avvicina al porto di Roma. L’uguaglianza delle due fazioni interne
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 3
Breed scrupulous faction. The hated, grown to strength, Are newly grown to love. The condemned Pompey, Rich in his father’s honour, creeps apace Into the hearts of such as have not thrived Upon the present state, whose numbers threaten; And quietness, grown sick of rest, would purge By any desperate change. My more particular, And that which most with you should safe my going, Is Fulvia’s death.
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56
CLEOPATRA
Though age from folly could not give me freedom, It does from childishness. Can Fulvia die? ANTONY She’s dead, my queen. He offers letters Look here, and at thy sovereign leisure read The garboils she awaked. At the last, best, See when and where she died. CLEOPATRA O most false love! Where be the sacred vials thou shouldst fill With sorrowful water? Now I see, I see, In Fulvia’s death how mine received shall be.
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ANTONY
Quarrel no more, but be prepared to know The purposes I bear, which are or cease As you shall give th’advice. By the fire That quickens Nilus’ slime, I go from hence Thy soldier-servant, making peace or war As thou affects. CLEOPATRA Cut my lace, Charmian, come. But let it be. I am quickly ill and well; So Antony loves. ANTONY My precious queen, forbear, And give true evidence to his love, which stands An honourable trial.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 3
alimenta la discordia in ogni cosa. Chi era odiato, diventato forte, diventa oggetto di un nuovo amore. Pompeo, già messo al bando, ricco dell’onore di suo padre, va rapidamente insinuandosi nei cuori di chi non ha prosperato nello stato attuale, il cui numero è minacciosamente grande; e la pace, nauseata della quiete, cerca purghe in qualsiasi cambiamento disperato. Il mio più particolare motivo, e che dovrebbe rassicurarvi appieno sulla mia partenza, è la morte di Fulvia. CLEOPATRA
Sebbene l’età non sia riuscita a liberarmi dalla follia, lo ha fatto con la puerilità. Fulvia può morire? ANTONIO
È morta, mia regina. Mostra le lettere Guardate qua, leggete pure con sovrana calma che intrighi ha suscitato. E infine, il meglio, leggete quando e dove è morta. CLEOPATRA
Oh falsissimo amore! Dove sono le sacre fiale che dovresti riempire di acqua addolorata32? Nella morte di Fulvia vedo, vedo appieno, il modo in cui accoglierai la mia. ANTONIO
Basta litigi, cercate piuttosto di capire quali sono i miei propositi, la cui vita o morte dipende dai consigli che darete. Per il fuoco che anima il fango del Nilo33, me ne vado in qualità di tuo soldato e servo, pronto alla pace o alla guerra secondo il tuo volere. CLEOPATRA
Tagliami i lacci, Charmian, svelta. Ma no, lascia perdere. Mi ammalo e guarisco in un istante; come ama Antonio. ANTONIO
Smettetela, mia preziosa regina, e rendete giusta testimonianza a un amore che sa sostenere la prova dell’onore.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 3
So Fulvia told me. I prithee turn aside and weep for her, Then bid adieu to me, and say the tears Belong to Egypt. Good now, play one scene Of excellent dissembling, and let it look Like perfect honour. ANTONY You’ll heat my blood. No more. CLEOPATRA
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CLEOPATRA
You can do better yet; but this is meetly.
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ANTONY
Now by my sword – And target. Still he mends. But this is not the best. Look, prithee, Charmian, How this Herculean Roman does become The carriage of his chafe. ANTONY I’ll leave you, lady. CLEOPATRA Courteous lord, one word. Sir, you and I must part; but that’s not it. Sir, you and I have loved; but there’s not it; That you know well. Something it is I would – O, my oblivion is a very Antony, And I am all forgotten. ANTONY But that your royalty Holds idleness your subject, I should take you For idleness itself. CLEOPATRA ’Tis sweating labour To bear such idleness so near the heart As Cleopatra this. But sir, forgive me, Since my becomings kill me when they do not Eye well to you. Your honour calls you hence, Therefore be deaf to my unpitied folly, And all the gods go with you. Upon your sword Sit laurel victory, and smooth success Be strewed before your feet. CLEOPATRA
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 3
CLEOPATRA
L’ho imparato da Fulvia. Per piacere, girati e piangi per lei, poi congedati, e dimmi che le lacrime appartengono all’Egitto. Forza, recita una bella scena di simulazione, che sembri perfetto onore. ANTONIO
Mi farai bollire il sangue. Basta. CLEOPATRA
Puoi far meglio; ma già così non è male. ANTONIO
Per la mia spada... CLEOPATRA
E per lo scudo. Continua a migliorare. Ma non è ancora il suo meglio. Ti prego, guarda, Charmian, quanto si addice a questo erculeo romano la postura dell’adirato. ANTONIO
Vi lascio, signora. CLEOPATRA
Mio cortese signore, una parola. Signore, voi ed io dobbiamo separarci; ma non è questo. Signore, voi ed io ci siamo amati; ma non è neanche questo; questo lo sapete bene. C’è qualcosa che vorrei – oh, il mio oblio è un vero Antonio, e non ricordo nulla. ANTONIO
Se la frivolezza non fosse un suddito della vostra regalità, vi prenderei per la frivolezza stessa. CLEOPATRA
È una fatica da sudare avere questa frivolezza tanto vicina al cuore quanto Cleopatra al suo. Ma perdonatemi, signore, giacché perfino le mie grazie mi uccidono se non vi appaiono tali. Il vostro onore esige che partiate, siate dunque sordo alla mia incompatita follia, e che tutti gli dèi siano con voi. Sulla vostra spada risieda l’alloro della vittoria, e facili successi vi siano sparsi innanzi ai piedi.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 4
Let us go. Come. Our separation so abides and flies That thou residing here goes yet with me, And I hence fleeting, here remain with thee. Away. Exeunt severally
ANTONY
1.4
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Enter Octavius reading a letter, Lepidus, and their train
CAESAR
You may see, Lepidus, and henceforth know, It is not Caesar’s natural vice to hate Our great competitor. From Alexandria This is the news: he fishes, drinks, and wastes The lamps of night in revel; is not more manlike Than Cleopatra, nor the queen of Ptolemy More womanly than he; hardly gave audience Or vouchsafed to think he had partners. You shall find there A man who is the abstract of all faults That all men follow. LEPIDUS I must not think there are Evils enough to darken all his goodness. His faults in him seem as the spots of heaven, More fiery by night’s blackness; hereditary Rather than purchased; what he cannot change Than what he chooses.
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CAESAR
You are too indulgent. Let’s grant it is not Amiss to tumble on the bed of Ptolemy, To give a kingdom for a mirth, to sit And keep the turn of tippling with a slave, To reel the streets at noon, and stand the buffet With knaves that smells of sweat. Say this becomes him – As his composure must be rare indeed Whom these things cannot blemish – yet must Antony No way excuse his foils when we do bear So great weight in his lightness. If he filled 2060
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 4
ANTONIO
Andiamo. Vieni. La nostra è una separazione che resta e va, perché tu, restando qui, vieni con me, ed io, partendo, resto qui con te. Andiamo! Escono separatamente I, 4
Entrano Ottaviano, che legge una lettera, Lepido, e il loro seguito34
CESARE
Qui potete vedere, Lepido, e di conseguenza sapere, che l’odio per il nostro grande collega non è un vizio naturale di Cesare. Le notizie da Alessandria sono queste: pesca, beve, e spreca in baldorie le lampade della notte; non è più virile di Cleopatra, né la Regina di Tolomeo35 è più femminile di lui; a stento ha dato udienza o s’è degnato di riconoscere che ha dei soci. In lui potete vedere un uomo che è il compendio di tutte le colpe cui è soggetta l’umanità. LEPIDO
Non riesco a credere che vi siano mali sufficienti ad oscurare tutta la sua bontà. Le colpe in lui sembrano come le macchie del cielo, che il buio della notte rende più fulgenti; ereditarie più che acquistate; più un qualcosa che non può cambiare che una scelta 36. CESARE
Siete troppo indulgente. Ammettiamo non vi sia nulla di male nel far capriole sul letto di Tolomeo, nel ricompensare una barzelletta con un regno, nel bere a turno in compagnia di schiavi, nel barcollare ubriaco per le strade a mezzogiorno, e nel fare a pugni con canaglie che puzzano di sudore37. Diciamo che tutto ciò gli si addice – una costituzione davvero rara se tali cose non la macchiano – e tuttavia le colpe di Antonio non possono essere in alcun modo scusate quando siamo noi a dover sopportare il grande peso della sua leggerezza. Se riempie i suoi ozi di voluttuosità, lo pagherà con
2061
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 4
His vacancy with his voluptuousness, Full surfeits and the dryness of his bones Call on him for’t. But to confound such time That drums him from his sport, and speaks as loud As his own state and ours – ’tis to be chid As we rate boys who, being mature in knowledge, Pawn their experience to their present pleasure, And so rebel to judgement.
30
Enter a Messenger LEPIDUS
Here’s more news.
MESSENGER
Thy biddings have been done, and every hour, Most noble Caesar, shalt thou have report How ’tis abroad. Pompey is strong at sea, And it appears he is beloved of those That only have feared Caesar. To the ports The discontents repair, and men’s reports Give him much wronged. [Exit] CAESAR I should have known no less. It hath been taught us from the primal state That he which is was wished until he were, And the ebbed man, ne’er loved till ne’er worth love, Comes deared by being lacked. This common body, Like to a vagabond flag upon the stream, Goes to, and back, lackeying the varying tide, To rot itself with motion.
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[Enter a second Messenger] Caesar, I bring thee word Menecrates and Menas, famous pirates, Makes the sea serve them, which they ear and wound With keels of every kind. Many hot inroads They make in Italy. The borders maritime Lack blood to think on’t, and flush youth revolt. No vessel can peep forth but ’tis as soon
SECOND MESSENGER
44. Deared: emend. tardo; in F feared = “temuto”. 2062
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 4
indigestioni e secchezza delle ossa38. Ma sprecare un tempo che lo richiama coi tamburi dai divertimenti, parlando ad alta voce del suo e del nostro stato – ciò è da riprovare, così come sgridiamo quei ragazzi che hanno raggiunto la maturità della conoscenza e tuttavia danno in pegno l’esperienza per il piacere del momento, ribellandosi al giudizio. Entra un Messaggero LEPIDO
Ecco altre notizie. MESSAGGERO
I tuoi ordini sono stati eseguiti, e ogni ora, nobilissimo Cesare, ti verrà riferito cosa avviene nel mondo. Pompeo è forte per mare, e sembra sia amato da coloro che avevano solo temuto Cesare. I malcontenti vanno adunandosi nei porti, e circolano voci che gli son state fatte grandi offese. [Esce] CESARE
Avrei dovuto immaginarlo. Già gli stati dei primordi ci insegnano che chi è al potere è benvoluto solo prima di averlo, e che chi declina, mai amato finché lo meritava, suscita affetto con la sua mancanza. Il corpo del popolo, come un giunco vagabondo sulla corrente, va su e giù, adulando la mutevole marea, fino a marcire del suo stesso moto. [Entra un secondo Messaggero] SECONDO MESSAGGERO
Cesare, ti porto la notizia che Menecrate e Menas, famosi pirati, hanno asservito il mare, che arano e feriscono con scafi di ogni tipo. Fanno molte violente incursioni in Italia. Le regioni costiere impallidiscono al solo pensarci, e l’ardente gioventù si ribella. Non c’è vascello che si azzardi a uscire senza essere catturato appena
2063
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 4
Taken as seen; for Pompey’s name strikes more Than could his war resisted. [Exit] CAESAR Antony, Leave thy lascivious wassails. When thou once Was beaten from Modena, where thou slew’st Hirtius and Pansa, consuls, at thy heel Did famine follow, whom thou fought’st against – Though daintily brought up – with patience more Than savages could suffer. Thou didst drink The stale of horses, and the gilded puddle Which beasts would cough at. Thy palate then did deign The roughest berry on the rudest hedge. Yea, like the stag when snow the pasture sheets, The barks of trees thou browsed. On the Alps It is reported thou didst eat strange flesh, Which some did die to look on; and all this – It wounds thine honour that I speak it now – Was borne so like a soldier that thy cheek So much as lanked not. LEPIDUS ’Tis pity of him. CAESAR Let his shames quickly Drive him to Rome. ’Tis time we twain Did show ourselves i’th’ field; and to that end Assemble we immediate council. Pompey Thrives in our idleness. LEPIDUS Tomorrow, Caesar, I shall be furnished to inform you rightly Both what by sea and land I can be able To front this present time. CAESAR Till which encounter It is my business, too. Farewell.
76. We: così in F2; in F1 me = “a me”. 2064
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 4
visto; il nome di Pompeo colpisce più di un suo esercito, cui ci potremmo opporre. [Esce] CESARE
Antonio, abbandona le tue lascive baldorie. Quando un tempo fosti cacciato da Modena, dove avevi ucciso i consoli Irzio e Pansa, fosti inseguito alle calcagna dalla carestia, contro la quale combattesti – tu cresciuto tra le delicatezze – con più sopportazione dei selvaggi. Hai bevuto l’orina dei cavalli, e acque melmose ed iridate che una bestia avrebbe rifiutato. Il tuo palato allora non sdegnava le più umili bacche delle più selvatiche siepi. Sì, come il cervo quando la neve ricopre i pascoli, hai rosicchiato la corteccia degli alberi. Si dice che sulle Alpi tu abbia mangiato strane carni, che solo a guardarle alcuni sono morti; e tutto questo – è una ferita al tuo onore che io ne parli adesso – venne tanto marzialmente sopportato che neppure ti si scavarono le guance39. LEPIDO
È un vero peccato per lui. CESARE
Che le sue vergogne lo conducano rapidamente a Roma. È tempo che noi due ci si mostri assieme in campo; e a tale scopo riuniamoci subito in consiglio. Pompeo prospera nel nostro ozio. LEPIDO
Domani, Cesare, potrò informarvi con precisione di quali forze sia di mare che di terra sono in grado di disporre per affrontare questa situazione. CESARE
Fino all’incontro sarà mia cura fare altrettanto. Addio.
2065
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 5
LEPIDUS
Farewell, my lord. What you shall know meantime Of stirs abroad I shall beseech you, sir, To let me be partaker. CAESAR
Doubt not, sir. I knew it for my bond. 1.5
Exeunt
Enter Cleopatra, Charmian, Iras, and Mardian
CLEOPATRA Charmian! CHARMIAN Madam? CLEOPATRA (yawning)
Ha, ha. Give me to drink mandragora. CHARMIAN Why, madam? CLEOPATRA
That I might sleep out this great gap of time My Antony is away. CHARMIAN You think of him too much.
5
CLEOPATRA
O, ’tis treason! CHARMIAN
Madam, I trust not so.
CLEOPATRA
Thou, eunuch Mardian! MARDIAN What’s your highness’ pleasure? CLEOPATRA
Not now to hear thee sing. I take no pleasure In aught an eunuch has. ’Tis well for thee That, being unseminared, thy freer thoughts May not fly forth of Egypt. Hast thou affections? MARDIAN Yes, gracious madam.
2066
10
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 5
LEPIDO
Addio, mio signore. Se nel frattempo verrete a sapere qualcosa di ciò che avviene fuori d’Italia, vi prego, signore, di mettermene a parte. CESARE
Non dubitate, signore. Lo ritenevo già un mio dovere. Escono I, 5
Entrano Cleopatra, Charmian, Iras, e Mardian40
CLEOPATRA
Charmian! CHARMIAN
Signora? CLEOPATRA (sbadigliando) Aahh! Dammi da bere della mandragora41. CHARMIAN
Perché, signora? CLEOPATRA
Per superare dormendo il grande vuoto di tempo in cui il mio Antonio è via. CHARMIAN
Pensate troppo a lui. CLEOPATRA
Oh, è tradimento! CHARMIAN
Non credo, signora. CLEOPATRA
Tu, eunuco Mardian! MARDIAN
Qual è il piacere di vostra altezza? CLEOPATRA
Non di sentirti cantare, al momento. Io non provo alcun piacere in ciò che un eunuco ha. Andrà bene per te che, privo di semenzaio, i tuoi più liberi pensieri non possono volar via dall’Egitto42. Hai passioni? MARDIAN
Sì, graziosa signora. 2067
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 5
CLEOPATRA Indeed? MARDIAN
Not in deed, madam, for I can do nothing But what indeed is honest to be done. Yet have I fierce affections, and think What Venus did with Mars. CLEOPATRA O, Charmian, Where think’st thou he is now? Stands he or sits he? Or does he walk? Or is he on his horse? O happy horse, to bear the weight of Antony! Do bravely, horse, for wot’st thou whom thou mov’st? – The demi-Atlas of this earth, the arm And burgonet of men. He’s speaking now, Or murmuring ‘Where’s my serpent of old Nile?’ – For so he calls me. Now I feed myself With most delicious poison. Think on me, That am with Phoebus’ amorous pinches black, And wrinkled deep in time. Broad-fronted Caesar, When thou wast here above the ground I was A morsel for a monarch, and great Pompey Would stand and make his eyes grow in my brow. There would he anchor his aspect, and die With looking on his life.
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20
25
30
Enter Alexas ALEXAS
Sovereign of Egypt, hail!
CLEOPATRA
How much unlike art thou Mark Antony! Yet, coming from him, that great medicine hath With his tinct gilded thee. How goes it With my brave Mark Antony? ALEXAS Last thing he did, dear Queen, He kissed – the last of many doubled kisses – This orient pearl. His speech sticks in my heart.
23. Arm: così in F; l’ ed. Oxford congettura acme. 2068
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 5
CLEOPATRA
Davvero? MARDIAN
Proprio davvero no, signora, perché non posso far altro che ciò che è davvero onesto fare. Tuttavia ho forti passioni, e penso a ciò che Venere fece con Marte43. CLEOPATRA
Oh, Charmian, dove pensi che sia in questo momento? Sarà in piedi, o seduto? O starà camminando? O è a cavallo? Oh felice cavallo, che porti il peso di Antonio! Coraggio, cavallo, perché lo sai chi trasporti? – Il semi-Atlante della terra, il braccio e l’elmo dell’umanità44. Sta parlando ora, o mormorando ‘Dov’è il mio serpente del vecchio Nilo?’ – Perché è così che mi chiama. Ora mi cibo del più delizioso dei veleni. Non star troppo a riguardare che sono nera per i pizzicotti d’amore di Febo45 e profondamente corrugata dal tempo. Cesare dall’ampia fronte, quando eri qui sopra la terra, allora ero un boccone da monarchi, e il grande Pompeo mi si parava innanzi, gli occhi dilatati fissi sulla mia fronte. Lì ancorava lo sguardo, e moriva vedendo la sua vita46. Entra Alexas ALEXAS
Salve, sovrana dell’Egitto. CLEOPATRA
Quanto sei diverso da Marco Antonio! Tuttavia, provenendo da lui, quella grande medicina ti ha dorato con la sua tintura47. Come sta il mio bravo Marco Antonio? ALEXAS
L’ultima cosa che ha fatto, cara regina, è stato baciare – l’ultimo di molti baci doppi – questa perla dell’oriente. Il suo discorso mi si è ficcato in cuore.
2069
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 1 SCENE 5
CLEOPATRA
Mine ear must pluck it thence. ‘Good friend,’ quoth he, ‘Say the firm Roman to great Egypt sends This treasure of an oyster; at whose foot, To mend the petty present, I will piece Her opulent throne with kingdoms. All the East, Say thou, shall call her mistress.’ So he nodded, And soberly did mount an arm-jaunced steed, Who neighed so high that what I would have spoke Was beastly dumbed by him. CLEOPATRA What, was he sad or merry? ALEXAS
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ALEXAS
Like to the time o’th’ year between the extremes Of hot and cold, he was nor sad nor merry.
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CLEOPATRA
O well divided disposition! Note him, Note him, good Charmian, ’tis the man; but note him. He was not sad, for he would shine on those That make their looks by his; he was not merry, Which seemed to tell them his remembrance lay In Egypt with his joy; but between both. O heavenly mingle! Be’st thou sad or merry, The violence of either thee becomes; So does it no man else. Met’st thou my posts?
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60
ALEXAS
Ay, madam, twenty several messengers. Why do you send so thick? CLEOPATRA Who’s born that day When I forget to send to Antony Shall die a beggar. Ink and paper, Charmian! Welcome, my good Alexas. Did I, Charmian, Ever love Caesar so? CHARMIAN O, that brave Caesar!
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47. Arm-jaunced: emend. Oxford; in F arm-gaunt, per cui si veda la nota alla traduzione. 2070
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO I SCENA 5
CLEOPATRA
Di lì il mio orecchio lo dovrà strappare. ALEXAS
‘Mio buon amico,’ dice, ‘di’ che il Romano costante manda questo tesoro di un’ostrica al grande Egitto; ai cui piedi, per rimediare alla meschinità del dono, deporrò regni che rendano il suo trono più opulento. Tutto l’Oriente, dille, ti chiamerà sua signora.’ Poi accennò col capo e montò sobriamente uno scalpitante 48 stallone, il quale nitrì tanto forte che ciò che volevo dire venne bestialmente ammutolito49. CLEOPATRA
Dimmi, era triste o allegro? ALEXAS
Come quel periodo dell’anno tra gli estremi del caldo e del freddo, non era né triste né allegro. CLEOPATRA
Oh, ben bilanciata disposizione! Osservalo, osservalo, mia buona Charmian, è lui l’uomo, osservalo ti dico. Non era triste, perché voleva risplendere su chi modella il proprio aspetto in base al suo; non era allegro, come a dir loro che i suoi ricordi sono in Egitto assieme alla sua gioia; ma a metà tra i due. Oh misto celestiale! Sia tu triste o allegro, la violenza di entrambi ti si addice, come a nessun altro50. Hai incontrato i miei messi? ALEXAS
Sì, signora, venti diversi messaggeri. Perché li mandate così fitti? CLEOPATRA
Chi nasce il giorno in cui ho dimenticato di mandar messi a Antonio morirà in miseria. Inchiostro e carta, Charmian! Benvenuto, mio buon Alexas! Dimmi, Charmian, ho mai amato Cesare altrettanto? CHARMIAN
Oh, il meraviglioso Cesare!
2071
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 1
CLEOPATRA
Be choked with such another emphasis! Say ‘the brave Antony’. CHARMIAN The valiant Caesar. CLEOPATRA
By Isis, I will give thee bloody teeth If thou with Caesar paragon again My man of men. CHARMIAN By your most gracious pardon, I sing but after you. CLEOPATRA My salad days, When I was green in judgement, cold in blood, To say as I said then. But come, away, Get me ink and paper. He shall have every day a several greeting, Or I’ll unpeople Egypt. 2.1
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75 Exeunt
Enter Pompey, Menecrates, and Menas, in warlike manner
POMPEY
If the great gods be just, they shall assist The deeds of justest men. [MENECRATES] Know, worthy Pompey, That what they do delay they not deny. POMPEY
Whiles we are suitors to their throne, decays The thing we sue for. [MENECRATES] We, ignorant of ourselves, Beg often our own harms, which the wise powers Deny us for our good; so find we profit By losing of our prayers. POMPEY I shall do well. The people love me, and the sea is mine. My powers are crescent, and my auguring hope Says it will come to th’ full. Mark Antony In Egypt sits at dinner, and will make No wars without doors. Caesar gets money where
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5
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 1
CLEOPATRA
Strozzati, se ripeti il complimento! Di’ ‘il meraviglioso Antonio’. CHARMIAN
Il valoroso Cesare. CLEOPATRA
Per Iside, ti faccio sanguinare i denti se paragoni di nuovo Cesare al mio uomo incomparabile. CHARMIAN
Con vostra graziosissima licenza, seguo soltanto il vostro ritornello. CLEOPATRA
Oh, i miei verdi anni, il giudizio era acerbo, e il sangue freddo, per dire quello che dicevo allora. Ma vieni, andiamo, portami inchiostro e carta. Ogni giorno riceverà un nuovo saluto, o spopolerò l’Egitto. Escono II, 1
Entrano Pompeo, Menecrate, e Menas, in tenuta di guerra51
POMPEO
Se i grandi dèi sono giusti, assisteranno le azioni degli uomini più giusti. [MENECRATE]
Sappi, degno Pompeo, che non negano ciò che differiscono52. POMPEO
Mentre siamo supplici di fronte al loro trono, decade ciò per cui li supplichiamo. [MENECRATE]
Ignoranti di noi stessi, spesso imploriamo il nostro danno, e le sagge potenze ce lo negano per il nostro bene; così ricaviamo profitto dalla perdita delle nostre preghiere. POMPEO
Mi andrà bene: il popolo mi ama, e il mare è mio. Le mie forze sono in fase crescente, e la preveggente speranza dice che giungeranno al plenilunio. Marco Antonio in Egitto se ne sta seduto a cena, e non farà guerre se non a porte chiuse. Cesare ammassa soldi men-
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 1
He loses hearts. Lepidus flatters both, Of both is flattered; but he neither loves, Nor either cares for him. [MENAS] Caesar and Lepidus Are in the field; a mighty strength they carry.
15
POMPEY
Where have you this? ’Tis false. [MENAS] From Silvius, sir. POMPEY
He dreams. I know they are in Rome together, Looking for Antony. But all the charms of love, Salt Cleopatra, soften thy waned lip. Let witchcraft join with beauty, lust with both Tie up the libertine, in a field of feasts Keep his brain fuming; Epicurean cooks Sharpen with cloyless sauce his appetite, That sleep and feeding may prorogue his honour Even till a Lethe’d dullness –
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25
Enter Varrius How now, Varrius? VARRIUS
This is most certain that I shall deliver: Mark Antony is every hour in Rome Expected. Since he went from Egypt, ’tis A space for farther travel. POMPEY I could have given less matter A better ear. Menas, I did not think This amorous surfeiter would have donned his helm For such a petty war. His soldiership Is twice the other twain. But let us rear The higher our opinion, that our stirring Can from the lap of Egypt’s widow pluck The ne’er lust-wearied Antony.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 1
tre perde cuori. Lepido adula entrambi, e da entrambi è adulato; ma non ama nessuno dei due, e nessuno dei due si cura di lui. [MENAS]
Cesare e Lepido sono scesi in campo, e con grandi forze. POMPEO
Chi te l’ha detto? È falso. [MENAS]
Silvio, signore. POMPEO
Se l’è sognato. So che sono a Roma assieme, in cerca di Antonio. Lasciva Cleopatra, possano tutti gli incantesimi d’amore addolcire le tue labbra declinanti! Che la stregoneria si allei con la bellezza, e la lussuria con entrambe, fino a legare il libertino in un campo di festini, che gli facciano fumare il cervello; cuochi epicurei stuzzichino il suo appetito con salse che non stuccano, così che l’onore sia posposto a sonno e cibo, finché un torpore del Lete – Entra Varrio Che c’è, Varrio? VARRIO
La notizia che porto è assolutamente certa: Marco Antonio è atteso a Roma da un momento all’altro. Da quando è partito dall’Egitto, c’era tempo per un viaggio anche più lungo. POMPEO
Avrei prestato un orecchio più lieto a una notizia meno grave. Menas, non pensavo che nella sua ingordigia d’amore egli avrebbe indossato l’elmo per una così misera guerra. Come soldato vale il doppio degli altri due assieme. Ma la stima di noi stessi cresce, se i nostri movimenti possono strappare Antonio, mai sazio di lussuria, dal grembo della vedova d’Egitto53.
2075
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
I cannot hope Caesar and Antony shall well greet together. His wife that’s dead did trespasses to Caesar, His brother warred upon him, although, I think, Not moved by Antony. POMPEY I know not, Menas, How lesser enmities may give way to greater. Were’t not that we stand up against them all, ’Twere pregnant they should square between themselves, For they have entertainèd cause enough To draw their swords. But how the fear of us May cement their divisions, and bind up The petty difference, we yet not know. Be’t as our gods will have’t; it only stands Our lives upon to use our strongest hands. Come, Menas. Exeunt MENAS
2.2
40
45
50
Enter Enobarbus and Lepidus
LEPIDUS
Good Enobarbus, ’tis a worthy deed, And shall become you well, to entreat your captain To soft and gentle speech. ENOBARBUS I shall entreat him To answer like himself. If Caesar move him, Let Antony look over Caesar’s head And speak as loud as Mars. By Jupiter, Were I the wearer of Antonio’s beard I would not shave’t today. LEPIDUS ’Tis not a time For private stomaching. ENOBARBUS Every time Serves for the matter that is then born in’t. LEPIDUS
But small to greater matters must give way. ENOBARBUS
Not if the small come first. 2076
5
10
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
MENAS
Non riesco a immaginarmi che Cesare e Antonio possano intendersi. Sua moglie che è morta aveva fatto dei torti a Cesare, suo fratello gli aveva fatto guerra, anche se, credo, non spinto da Antonio. POMPEO
Non so, Menas, se le inimicizie minori possano cedere alle maggiori. Non fosse che noi li combattiamo tutti, è probabile che si scontrerebbero tra loro, perché hanno accumulato motivi sufficienti per sguainare le spade. Ma se la paura che gli incutiamo possa saldare le loro divisioni e appianare i loro meschini dissidi, questo ancora non lo sappiamo. Sia come piace ai nostri dèi; le nostre vite dipendono dall’uso delle nostre forti mani. Vieni, Menas. Escono II, 2
Entrano Enobarbo e Lepido
54
LEPIDO
Buon Enobarbo, sarebbe un’azione meritevole, e ben degna di voi, indurre il vostro capitano a un linguaggio cortese e moderato. ENOBARBO
Lo indurrò a rispondere come gli corrisponde. Se Cesare lo provoca, che Antonio guardi Cesare dall’alto in basso e parli forte quanto Marte. Per Giove, fossi io a portare la barba di Antonio, oggi non mi raserei 55. LEPIDO
Non è tempo di dissapori privati. ENOBARBO
Ogni tempo è buono per la cosa che vi nasce. LEPIDO
Ma le cose piccole devono cedere alle maggiori. ENOBARBO
Non se le piccole vengono prima.
2077
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
Your speech is passion. But pray you, stir no embers up. Here comes The noble Antony.
LEPIDUS
Enter at one door Antony and Ventidius ENOBARBUS
And yonder Caesar.
Enter at another door Caesar, Maecenas, and Agrippa ANTONY (to Ventidius)
If we compose well here, to Parthia. Hark, Ventidius. CAESAR I do not know, Maecenas; ask Agrippa. LEPIDUS (to Caesar and Antony) Noble friends, That which combined us was most great; and let not A leaner action rend us. What’s amiss, May it be gently heard. When we debate Our trivial difference loud, we do commit Murder in healing wounds. Then, noble partners, The rather for I earnestly beseech, Touch you the sourest points with sweetest terms, Nor curstness grow to th’ matter. ANTONY ’Tis spoken well. Were we before our armies, and to fight, I should do thus.
15
20
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[Antony and Caesar embrace.] Flourish CAESAR Welcome to Rome. ANTONY Thank you. CAESAR Sit. ANTONY Sit, sir. CAESAR Nay then.
They sit
2078
30
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
LEPIDO
Il vostro discorso è dettato dalla passione. Ma vi prego di non soffiare sulle braci. Ecco che arriva il nobile Antonio. Entrano da una porta Antonio e Ventidio ENOBARBO
E lì Cesare. Entrano da un’altra porta Cesare, Mecenate e Agrippa ANTONIO (a Ventidio)
Se qua ci mettiamo d’accordo, in Partia. Ascolta, Ventidio. CESARE
Non lo so, Mecenate; chiedilo ad Agrippa 56. LEPIDO (a Cesare e Antonio) Nobili amici, ciò che ci ha unito era molto grande; non ci dividano delle sciocchezze. Ciò che non va, ascoltiamolo con calma. Quando si dibattono ad alta voce dei contrasti banali, si commette assassinio nel curare le ferite. Dunque, nobili colleghi, vi supplico col massimo calore di toccare i punti più amari coi termini più dolci 57, e di non aggiungere il malanimo alla questione. ANTONIO
Ben detto. Fossimo di fronte ai nostri eserciti, e sul punto di combattere, farei così. [Antonio e Cesare si abbracciano.] Squillo di trombe CESARE
Benvenuto a Roma. ANTONIO
Grazie. CESARE
Sedete. ANTONIO
Sedete, signore. CESARE
Va bene, allora. Si siedono
2079
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
ANTONY
I learn you take things ill which are not so, Or being, concern you not. CAESAR I must be laughed at If or for nothing or a little I Should say myself offended, and with you Chiefly i’th’ world; more laughed at that I should Once name you derogately, when to sound your name It not concernèd me.
35
ANTONY
My being in Egypt, Caesar, what was’t to you?
40
CAESAR
No more than my residing here at Rome Might be to you in Egypt. Yet if you there Did practise on my state, your being in Egypt Might be my question. ANTONY How intend you ‘practised’? CAESAR
You may be pleased to catch at mine intent By what did here befall me. Your wife and brother Made wars upon me, and their contestation Was theme for you. You were the word of war.
45
ANTONY
You do mistake the business. My brother never Did urge me in his act. I did enquire it, And have my learning from some true reports That drew their swords with you. Did he not rather Discredit my authority with yours, And make the wars alike against my stomach, Having alike your cause? Of this, my letters Before did satisfy you. If you’ll patch a quarrel, As matter whole you have to make it with, It must not be with this. CAESAR You praise yourself By laying defects of judgement to me, but You patched up your excuses.
2080
50
55
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
ANTONIO
Sento che prendete a male cose che di male non ne hanno, o se l’avessero, non vi riguarderebbe. CESARE
Sarei ben degno d’essere deriso se per nulla o per poco mi dicessi offeso, e proprio da voi tra tutti al mondo; e ancora più degno d’essere deriso se anche una sola volta vi avessi nominato con disprezzo, quando non era affar mio pronunciare il vostro nome. ANTONIO
Che io stessi in Egitto, Cesare, cosa vi importava? CESARE
Non più di quanto il mio restare a Roma potesse importare a voi in Egitto. E tuttavia se lì complottavate contro il mio potere, allora il vostro essere in Egitto potrebbe essere una questione mia. ANTONIO
Cosa intendete con ‘complottare’? CESARE
Vogliate compiacervi di capire cosa intendo in base a ciò che mi è successo qui. Vostra moglie e vostro fratello mi hanno fatto guerra, e la loro rivolta vi concerneva. Il grido di guerra eravate voi. ANTONIO
In questa faccenda vi sbagliate. Mio fratello non mi ha mai tirato in ballo in ciò che ha fatto. Mi sono informato, e lo so da rapporti di gente fidata che ha sguainato la spada assieme a voi. Anzi, non ha piuttosto screditato la mia autorità assieme alla vostra, entrando in guerra contro il mio volere, visto che la vostra causa era anche mia? Nelle mie lettere ve ne ho già reso conto a sufficienza. Se volete attaccar briga, trovate altri motivi, questo non basta. CESARE
Vi lodate da voi stesso, attribuendomi difetti di giudizio; ma le vostre scuse sono raffazzonate.
2081
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
Not so, not so. I know you could not lack, I am certain on’t, Very necessity of this thought, that I, Your partner in the cause ’gainst which he fought, Could not with graceful eyes attend those wars Which fronted mine own peace. As for my wife, I would you had her spirit in such another. The third o’th’ world is yours, which with a snaffle You may pace easy, but not such a wife. ENOBARBUS Would we had all such wives, that the men might go to wars with the women. ANTONY
60
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ANTONY
So much uncurbable, her garboils, Caesar, Made out of her impatience – which not wanted Shrewdness of policy too – I grieving grant Did you too much disquiet, for that you must But say I could not help it. CAESAR I wrote to you When, rioting in Alexandria, you Did pocket up my letters, and with taunts Did gibe my missive out of audience.
75
ANTONY
Sir, he fell upon me ere admitted, then. Three kings I had newly feasted, and did want Of what I was i’th’ morning; but next day I told him of myself, which was as much As to have asked him pardon. Let this fellow Be nothing of our strife. If we contend, Out of our question wipe him. CAESAR You have broken The article of your oath, which you shall never Have tongue to charge me with. LEPIDUS Soft, Caesar.
2082
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
ANTONIO
Non è così, non è così. Sono sicuro che anche a voi non può sfuggire la logica dei miei ragionamenti: siccome ero alleato vostro nella causa contro cui lui combatteva, non potevo vedere di buon occhio delle guerre che minacciavano la mia stessa pace. Quanto a mia moglie, vorrei che ne trovaste un’altra col suo spirito! Un terzo del mondo è vostro, e con un morso potete facilmente metterlo al passo, ma non una moglie come quella. ENOBARBO
Avessimo tutti mogli tali, che gli uomini potessero far guerra con le donne58. ANTONIO
Tanto indomabile era coi suoi intrighi, concepiti da un’impazienza cui non mancava astuzia politica, che posso capire, Cesare, e mi dispiace, che vi abbia potuto inquietare fin troppo, ma dovete riconoscere che io non ci potevo fare niente. CESARE
Vi ho scritto: mentre ad Alessandria facevate baldoria vi siete ficcato le lettere in tasca, cacciando e sbeffeggiando il mio messo. ANTONIO
Signore, mi era piombato addosso senza essere annunciato. Avevo appena festeggiato tre re, e non ero esattamente come al mattino; ma il giorno dopo gliel’ho spiegato io stesso, che equivaleva a chiedergli perdono. Non sia lui la causa dello screzio. Se dobbiamo discutere, spazziamolo via dalla questione. CESARE
Avete violato i termini del vostro patto, cosa di cui non potreste mai accusarmi. LEPIDO
Piano, Cesare.
2083
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
ANTONY No, Lepidus, let him speak.
The honour is sacred which he talks on now, Supposing that I lacked it. But on, Caesar: The article of my oath –
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CAESAR
To lend me arms and aid when I required them, The which you both denied. ANTONY Neglected, rather, And then when poisoned hours had bound me up From mine own knowledge. As nearly as I may I’ll play the penitent to you, but mine honesty Shall not make poor my greatness, nor my power Work without it. Truth is that Fulvia, To have me out of Egypt, made wars here, For which myself, the ignorant motive, do So far ask pardon as befits mine honour To stoop in such a case. LEPIDUS ’Tis noble spoken.
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MAECENAS
If it might please you to enforce no further The griefs between ye; to forget them quite Were to remember that the present need Speaks to atone you. LEPIDUS Worthily spoken, Maecenas. ENOBARBUS Or if you borrow one another’s love for the instant, you may, when you hear no more words of Pompey, return it again. You shall have time to wrangle in when you have nothing else to do.
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ANTONY
Thou art a soldier only. Speak no more. ENOBARBUS That truth should be silent I had almost forgot. ANTONY
You wrong this presence, therefore speak no more. ENOBARBUS Go to, then; your considerate stone.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
ANTONIO
No, Lepido, lasciate che parli. L’onore di cui parla adesso è sacro, ammesso che io vi abbia mancato. Ma avanti, Cesare: i termini del mio patto... CESARE
Di prestarmi armi e aiuti quando lo richiedessi, e mi avete negato entrambi. ANTONIO
Trascurato, piuttosto, e quando avvinto da ore avvelenate non conoscevo più me stesso. Per quanto mi è possibile, farò la parte del penitente, ma la mia onestà non può svilire la mia grandezza, né può il mio potere sussistere senza di essa. La verità è che Fulvia, per farmi abbandonare l’Egitto, ha fatto guerre qui, del che io, inconsapevole motivo, chiedo perdono nella misura in cui si addice al mio onore chinarmi in un caso come questo. LEPIDO
Nobilmente detto. MECENATE
Compiacetevi di non insistere ulteriormente sulle lamentele che vi dividono; dimenticarle del tutto equivarrebbe a ricordare che la necessità del momento esige la vostra riconciliazione. LEPIDO
Degnamente detto, Mecenate. ENOBARBO
Ossia, se voleste prestarvi reciprocamente affetto per questo istante, potrete sempre restituirlo appena non si senta più parlare di Pompeo. Avrete tempo di azzuffarvi quando non avrete altro da fare. ANTONIO
Tu sei solo un soldato. Taci. ENOBARBO
Che la verità dovrebbe tacere me l’ero quasi dimenticato. ANTONIO
Stai facendo torto ai presenti, dunque taci. ENOBARBO
Va bene, allora; zitto e discreto come una pietra.
2085
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
CAESAR
I do not much dislike the matter, but The manner of his speech, for’t cannot be We shall remain in friendship, our conditions So diff’ring in their acts. Yet if I knew What hoop should hold us staunch, from edge to edge O’th’ world I would pursue it. AGRIPPA Give me leave, Caesar. CAESAR Speak, Agrippa.
121
AGRIPPA
Thou hast a sister by the mother’s side, Admired Octavia. Great Mark Antony Is now a widower. CAESAR Say not so, Agrippa. If Cleopatra heard you, your reproof Were well deserved of rashness.
125
ANTONY
I am not married, Caesar. Let me hear Agrippa further speak.
130
AGRIPPA
To hold you in perpetual amity, To make you brothers, and to knit your hearts With an unslipping knot, take Antony Octavia to his wife; whose beauty claims No worse a husband than the best of men; Whose virtue and whose general graces speak That which none else can utter. By this marriage All little jealousies which now seem great, And all great fears which now import their dangers, Would then be nothing. Truths would be tales Where now half-tales be truths. Her love to both Would each to other and all loves to both Draw after her. Pardon what I have spoke, For ’tis a studied, not a present thought, By duty ruminated.
2086
135
140
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
CESARE
Quello che mi spiace non è tanto il contenuto, ma la forma del suo discorso, perché è impossibile che restiamo amici, se i nostri temperamenti differiscono tanto nelle azioni. Tuttavia, se conoscessi il cerchio che ci può tenere stretti, andrei a cercarlo fino in capo al mondo. AGRIPPA
Col vostro permesso, Cesare. CESARE
Parla, Agrippa. AGRIPPA
Tu hai una sorella per parte di madre, l’ammirata Ottavia. Il grande Marco Antonio adesso è vedovo. CESARE
Non dir così, Agrippa. Se Cleopatra ti sentisse, saresti giustamente rimproverato per la tua audacia. ANTONIO
Non sono sposato, Cesare. Sentiamo cos’altro ha da dire Agrippa. AGRIPPA
Per mantenervi in un’amicizia perenne, per rendervi fratelli, e per legare i vostri cuori con un nodo indissolubile, Antonio prenda in moglie Ottavia; la cui bellezza esige un marito non peggiore del migliore degli uomini; le cui virtù e le cui grazie in generale parlano con un’eloquenza superiore alle parole. Con questo matrimonio tutte le piccole rivalità che ora appaiono grandi, e tutte le grandi paure, coi pericoli che comportano, non sarebbero più nulla. Le verità diventerebbero racconti, mentre ora dei mezzi racconti diventano verità. Il suo amore per entrambi si tirerebbe dietro il vostro reciproco amore e quello di tutti per entrambi voi. Perdonate ciò che ho detto, perché non è un’improvvisazione, ma un pensiero studiato e ruminato dal dovere.
2087
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
ANTONY
Will Caesar speak?
145
CAESAR
Not till he hears how Antony is touched With what is spoke already. ANTONY What power is in Agrippa, If I would say ‘Agrippa, be it so’, To make this good? CAESAR The power of Caesar, And his power unto Octavia. ANTONY May I never To this good purpose, that so fairly shows, Dream of impediment! Let me have thy hand. Further this act of grace, and from this hour The heart of brothers govern in our loves And sway our great designs. CAESAR There’s my hand.
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155
Antony and Caesar clasp hands A sister I bequeath you whom no brother Did ever love so dearly. Let her live To join our kingdoms and our hearts; and never Fly off our loves again. LEPIDUS Happily, amen.
160
ANTONY
I did not think to draw my sword ’gainst Pompey, For he hath laid strange courtesies and great Of late upon me. I must thank him only, Lest my remembrance suffer ill report; At heel of that, defy him. LEPIDUS Time calls upon’s. Of us must Pompey presently be sought, Or else he seeks out us. ANTONY Where lies he? CAESAR
About the Mount Misena. What is his strength By land?
ANTONY
2088
165
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
ANTONIO
Cesare non parla? CESARE
Non prima che senta com’è toccato Antonio da ciò che è stato detto. ANTONIO
Che potere ha Agrippa, se io dicessi ‘d’accordo, Agrippa’, di farlo succedere? CESARE
Il potere di Cesare, e il suo potere su Ottavia. ANTONIO
Che neanche mai mi sogni impedimenti a questo buon proposito, che ha un così bell’aspetto! Dammi la mano. Promuovi questo atto di grazia, e d’ora innanzi un cuore fraterno governi il nostro amore e guidi i nostri grandi disegni. CESARE
Ecco la mia mano. Antonio e Cesare si stringono la mano Vi consegno una sorella che mai fratello ha tanto caramente amato. Possa ella vivere per unire i nostri regni e i nostri cuori; e i nostri amori non disertino mai più. LEPIDO
Così sia, amen. ANTONIO
Non pensavo di sguainare la spada contro Pompeo, perché con me di recente è stato di rara e grande cortesia 59. Devo almeno ringraziarlo, che poi non si parli male di me; e subito dopo, sfidarlo. LEPIDO
Il tempo stringe. Dobbiamo quanto prima trovare Pompeo, oppure sarà lui a trovarci. ANTONIO
Dov’è? CESARE
Vicino a Capo Miseno. ANTONIO
Che forze ha per terra?
2089
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
Great and increasing, but by sea He is an absolute master. ANTONY So is the fame. Would we had spoke together. Haste we for it; Yet ere we put ourselves in arms, dispatch we The business we have talked of. CAESAR With most gladness, And do invite you to my sister’s view, Whither straight I’ll lead you. ANTONY Let us, Lepidus, Not lack your company. LEPIDUS Noble Antony, Not sickness should detain me. CAESAR
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175
Flourish. Exeunt all but Enobarbus, Agrippa, and Maecenas MAECENAS (to Enobarbus) Welcome from Egypt, sir. ENOBARBUS Half the heart of Caesar, worthy Maecenas!
My honourable friend, Agrippa!
180
AGRIPPA Good Enobarbus! MAECENAS We have cause to be glad that matters are so
well digested. You stayed well by’t in Egypt. ENOBARBUS Ay, sir, we did sleep day out of countenance, and made the night light with drinking. MAECENAS Eight wild boars roasted whole at a breakfast and but twelve persons there – is this true? ENOBARBUS This was but as a fly by an eagle. We had much more monstrous matter of feast, which worthily deserved noting. MAECENAS She’s a most triumphant lady, if report be square to her.
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190
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
CESARE
Grosse e crescenti, ma in mare è padrone assoluto. ANTONIO
Così si dice. Ci fossimo consultati. Affrettiamoci; ma prima di indossare le armi, spicciamoci con la faccenda di cui abbiamo parlato. CESARE
Con grandissima gioia, e vi invito a vedere mia sorella, vi ci porto subito. ANTONIO
Lepido, non vorrete privarci della vostra compagnia. LEPIDO
Nobile Antonio, neanche la malattia mi tratterrebbe. Squillo di trombe. Escono tutti tranne Enobarbo, Agrippa e Mecenate MECENATE (a Enobarbo)
Bentornato dall’Egitto, signore. ENOBARBO
Nobile Mecenate, metà del cuore di Cesare! Mio onorevole amico, Agrippa! AGRIPPA
Buon Enobarbo! MECENATE
Abbiamo motivo di rallegrarci che tutto si è arrangiato così bene. Ve la siete spassata in Egitto. ENOBARBO
Sì, signore, abbiamo sconvolto il giorno a furia di dormire, e trasformato la notte in luce bevendo. MECENATE
Otto intieri cinghiali arrosto a colazione, e solo dodici persone60 – è vero? ENOBARBO
Quella era solo una mosca in confronto a un’aquila: abbiamo avuto ben più mostruosa materia di festa, e veramente degna di nota. MECENATE
Quella donna è una vera trionfatrice61, se ciò che si dice è esatto.
2091
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
ENOBARBUS When she first met Mark Antony, she pursed
up his heart upon the river of Cydnus. AGRIPPA There she appeared indeed, or my reporter
devised well for her.
196
ENOBARBUS I will tell you.
The barge she sat in, like a burnished throne Burned on the water. The poop was beaten gold; Purple the sails, and so perfumèd that The winds were love-sick with them. The oars were silver, Which to the tune of flutes kept stroke, and made The water which they beat to follow faster, As amorous of their strokes. For her own person, It beggared all description. She did lie In her pavilion – cloth of gold, of tissue – O’er-picturing that Venus where we see The fancy outwork nature. On each side her Stood pretty dimpled boys, like smiling Cupids, With divers-coloured fans whose wind did seem To glow the delicate cheeks which they did cool, And what they undid did. AGRIPPA O, rare for Antony!
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ENOBARBUS
Her gentlewomen, like the Nereides, So many mermaids, tended her i’th’ eyes, And made their bends adornings. At the helm A seeming mermaid steers. The silken tackle Swell with the touches of those flower-soft hands That yarely frame the office. From the barge A strange invisible perfume hits the sense Of the adjacent wharfs. The city cast Her people out upon her, and Antony, Enthroned i’th’ market-place, did sit alone, Whistling to th’air, which but for vacancy Had gone to gaze on Cleopatra too, And made a gap in nature. AGRIPPA Rare Egyptian! 2092
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
ENOBARBO
La prima volta che incontrò Marco Antonio sul fiume Cidno62, gli prese il cuore e se lo mise in tasca. AGRIPPA
Fu lì che in effetti gli apparve – o è una bella invenzione di chi me l’ha riferita. ENOBARBO
Ve la racconto io63; il battello su cui era seduta ardeva sull’acqua come un trono brunito; la poppa era d’oro sbalzato, le vele di porpora, e tanto profumate che i venti se n’erano innamorati; i remi d’argento, battuti al suono di flauti, facevan sì che l’acqua, colpita, li inseguisse più veloce, come innamorata delle loro battute. Quanto alla sua persona, rendeva miserabile qualsiasi descrizione: distesa sotto un baldacchino – un tessuto intrecciato d’oro – era un quadro superiore a quelle Veneri in cui la fantasia è vista superare la natura64; ai due lati, dei graziosi bambini con le fossette, come Cupidi sorridenti, agitavano dei ventagli multicolori, la cui brezza pareva accendere le delicate guance che rinfrescavano, facendo ciò che disfacevano65. AGRIPPA
Oh, che meraviglia, per Antonio! ENOBARBO
Le sue gentildonne, come altrettante Nereidi e Sirene pronte a servirla a un cenno dei suoi occhi, l’adornavano con i loro inchini. Al timone governava una fanciulla simile a una sirena; le sartie di seta si gonfiavano al tocco di quelle mani soffici come fiori che eseguivano con destrezza il loro officio. Dal battello uno strano invisibile profumo colpiva i sensi delle rive adiacenti. La popolazione della città si era riversata su di lei; e Antonio, in trono sulla piazza del mercato, se ne stava seduto da solo, fischiettando all’aria, la quale, non fosse per paura del vuoto, sarebbe andata anch’essa ad ammirare Cleopatra, aprendo una voragine in natura66. AGRIPPA
Meravigliosa Egiziana!
2093
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 2
ENOBARBUS
Upon her landing Antony sent to her, Invited her to supper. She replied It should be better he became her guest, Which she entreated. Our courteous Antony, Whom ne’er the word of ‘No’ woman heard speak, Being barbered ten times o’er, goes to the feast, And for his ordinary pays his heart For what his eyes eat only. AGRIPPA Royal wench! She made great Caesar lay his sword to bed. He ploughed her, and she cropped. ENOBARBUS I saw her once Hop forty paces through the public street, And having lost her breath, she spoke and panted, That she did make defect perfection, And breathless, pour breath forth. MAECENAS Now Antony Must leave her utterly. ENOBARBUS Never. He will not. Age cannot wither her, nor custom stale Her infinite variety. Other women cloy The appetites they feed, but she makes hungry Where most she satisfies. For vilest things Become themselves in her, that the holy priests Bless her when she is riggish.
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MAECENAS
If beauty, wisdom, modesty can settle The heart of Antony, Octavia is A blessèd lottery to him. AGRIPPA Let us go. Good Enobarbus, make yourself my guest Whilst you abide here. ENOBARBUS Humbly, sir, I thank you.
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Exeunt
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 2
ENOBARBO
Quando giunse a riva, Antonio mandò ad invitarla a cena. Lei replicò che era meglio che l’ospite fosse lui, e che lo supplicava di accettare. Il nostro cortese Antonio, cui mai donna ha sentito pronunciare la parola ‘no’, dopo essersi sbarbato dieci volte, va alla festa, e paga col cuore un banchetto in cui mangiano soltanto gli occhi. AGRIPPA
Che femmina regale! Al grande Cesare fece mettere la spada a letto, lui la arò, e lei diede frutto67. ENOBARBO
Un giorno l’ho vista saltare a gallo zoppo quaranta volte sulla pubblica via68, e avendo perso il fiato, parlò e ansimò, così che trasformò il difetto in perfezione, e senza fiato, emise fiato69. MECENATE
Adesso Antonio la deve lasciare per sempre. ENOBARBO
No. Non lo farà mai. L’età non la può avvizzire, né l’abitudine rendere stantia la sua infinita varietà. Le altre donne saziano fino alla nausea gli appetiti che suscitano, ma lei quanto più soddisfa tanto più affama70. Perché a lei si addicono anche le cose più vili, tanto che i santi sacerdoti la benedicono quando è lussuriosa71. MECENATE
Se bellezza, sapienza, modestia possono sistemare il cuore di Antonio, Ottavia è per lui una benedetta lotteria. AGRIPPA
Andiamo. Finché restate qui, siete mio ospite. ENOBARBO
Vi ringrazio umilmente, signore. Escono
2095
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 3
2.3
Enter Antony and Caesar; Octavia between them
ANTONY
The world and my great office will sometimes Divide me from your bosom. OCTAVIA All which time, Before the gods my knee shall bow my prayers To them for you. ANTONY Good night, sir. My Octavia, Read not my blemishes in the world’s report. I have not kept my square, but that to come Shall all be done by th’ rule. Good night, dear lady. Good night, sir. CAESAR Good night. Exeunt Caesar and Octavia
5
Enter Soothsayer ANTONY
Now, sirrah. You do wish yourself in Egypt?
10
SOOTHSAYER
Would I had never come from thence, nor you Gone thither. ANTONY If you can, your reason? SOOTHSAYER
I see it in my motion, have it not in my tongue. But yet hie you to Egypt again. ANTONY Say to me Whose fortunes shall rise higher: Caesar’s or mine?
15
SOOTHSAYER
Caesar’s. Therefore, O Antony, stay not by his side. Thy daemon, that thy spirit which keeps thee, is Noble, courageous, high, unmatchable, Where Caesar’s is not. But near him thy angel Becomes afeard, as being o’erpowered. Therefore Make space enough between you. ANTONY Speak this no more.
12. Gone thither: emend. Oxford; in F thither. 2096
20
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 3
II, 3
Entrano Antonio e Cesare, con Ottavia in mezzo72
ANTONIO
A volte il mondo e il mio grande ufficio mi divideranno dal vostro cuore. OTTAVIA
E per tutto quel tempo, inginocchiata di fronte agli dèi, li pregherò per voi. ANTONIO
Buona notte, signore. Ottavia mia, non leggere le mie colpe nei racconti del mondo. Non ho rigato dritto, ma in futuro sarà tutto in regola. Buona notte, mia cara signora. Buona notte, signore. CESARE
Buona notte. Escono Cesare e Ottavia Entra un indovino ANTONIO
E allora, compare, vorresti essere in Egitto73? INDOVINO
Non ne fossi mai partito, né voi foste venuto qui. ANTONIO
Per quale ragione, se la sai? INDOVINO
La sento, ma non ce l’ho sulla lingua. Voi però affrettatevi a tornare in Egitto. ANTONIO
Dimmi, quali fortune saliranno più in alto, quelle di Cesare o le mie? INDOVINO
Quelle di Cesare. E dunque, Antonio, non restargli a fianco. Il tuo demone, lo spirito che ti custodisce, è nobile, coraggioso, elevato e senza pari, dove non c’è quello di Cesare. Ma accanto a lui il tuo angelo diventa timoroso, come ne fosse sopraffatto. Dunque metti spazio sufficiente tra di voi. ANTONIO
Non dirlo più.
2097
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 4
SOOTHSAYER
To none but thee; no more but when to thee. If thou dost play with him at any game Thou art sure to lose; and of that natural luck He beats thee ’gainst the odds. Thy lustre thickens When he shines by. I say again, thy spirit Is all afraid to govern thee near him; But he away, ’tis noble. ANTONY Get thee gone. Say to Ventidius I would speak with him.
25
Exit Soothsayer He shall to Parthia; be it art or hap, He hath spoken true. The very dice obey him, And in our sports my better cunning faints Under his chance. If we draw lots, he speeds. His cocks do win the battle still of mine When it is all to nought, and his quails ever Beat mine, inhooped, at odds. I will to Egypt; And though I make this marriage for my peace, I’th’ East my pleasure lies.
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35
Enter Ventidius O, come, Ventidius. You must to Parthia, your commission’s ready. Follow me, and receive’t. 2.4
Enter Lepidus, Maecenas, and Agrippa
LEPIDUS
Trouble yourselves no further. Pray you, hasten Your generals after. AGRIPPA Sir, Mark Antony Will e’en but kiss Octavia, and we’ll follow. LEPIDUS
Till I shall see you in your soldier’s dress, Which will become you both, farewell.
2098
Exeunt
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 4
INDOVINO
Solo a te e a nessun altro. A qualsiasi gioco giochiate, è sicuro che tu perdi; ha una fortuna naturale che lo fa vincere anche quand’è in svantaggio. Se lui t’è accanto tu non brilli più. Lo ripeto, vicino a lui il tuo spirito ha paura di guidarti; ma se è lontano, è nobile. ANTONIO
Vattene. Di’ a Ventidio che voglio parlargli. Esce l’indovino Se ne andrà in Partia; sia arte o caso, ha detto il vero. Perfino i dadi gli obbediscono, e quando giochiamo tutte le mie astuzie non valgono la sua fortuna. Se tiriamo a sorte, vince lui. Se i suoi galli combattono coi miei, vincono loro anche se dati a zero, e nell’arena le sue quaglie battono sempre le mie, contro ogni previsione. Tornerò in Egitto; anche se ho fatto questo matrimonio per la mia pace, il mio piacere è in Oriente. Entra Ventidio Oh, venite, Ventidio. Andrete in Partia, la nomina è pronta. Seguitemi, venite a prenderla. Escono II, 4
Entrano Lepido, Mecenate e Agrippa
LEPIDO
Non preoccupatevi d’altro. Vi prego, affrettatevi a seguire i vostri generali. AGRIPPA
Signore, Marco Antonio ha solo da dare un bacio a Ottavia, e poi lo seguiremo. LEPIDO
Finché non vi vedo in vesti da soldato, che stanno bene a entrambi, addio.
2099
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 5
We shall, As I conceive the journey, be at the Mount Before you, Lepidus. LEPIDUS Your way is shorter. My purposes do draw me much about. You’ll win two days upon me. MAECENAS and AGRIPPA Sir, good success. LEPIDUS Farewell. Exeunt Maecenas and Agrippa at one door, Lepidus at another
5
MAECENAS
2.5
Enter Cleopatra, Charmian, Iras, and Alexas
CLEOPATRA
Give me some music – music, moody food Of us that trade in love. CHARMIAN, IRAS, and ALEXAS The music, ho! Enter Mardian, the eunuch CLEOPATRA
Let it alone. Let’s to billiards. Come, Charmian. CHARMIAN
My arm is sore. Best play with Mardian. CLEOPATRA
As well a woman with an eunuch played As with a woman. Come, you’ll play with me, sir? MARDIAN As well as I can, madam.
5
CLEOPATRA
And when good will is showed, though’t come too short The actor may plead pardon. I’ll none now. Give me mine angle. We’ll to th’ river. There, My music playing far off, I will betray Tawny-finned fishes. My bended hook shall pierce Their slimy jaws, and as I draw them up I’ll think them every one an Antony, And say ‘Ah ha, you’re caught!’
10
12. Tawny-finned: emend. tardo, in F tawny-fine = “di scura bellezza”. 2100
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 5
MECENATE
Da come vedo il viaggio, saremo a Capo Miseno prima di voi, Lepido. LEPIDO
La vostra via è più breve. Io ho molti impegni in giro. Mi precederete di due giorni. MECENATE e AGRIPPA Buona fortuna, signore. LEPIDO
Addio. Escono Mecenate e Agrippa da una porta, Lepido da un’altra II, 5
Entrano Cleopatra, Charmian, Iras e Alexas74
CLEOPATRA
Datemi musica – musica, malinconico cibo di noi che traffichiamo in amore. CHARMIAN, IRAS e ALEXAS Ehi, la musica! Entra l’eunuco Mardian CLEOPATRA
Lascia perdere75. Andiamo a giocare a biliardo. Vieni, Charmian. CHARMIAN
Mi fa male il braccio. Meglio che giochiate con Mardian. CLEOPATRA
Se una donna ha da giocare con un eunuco, tanto vale che giochi con una donna. Avanti, volete giocare con me, signore? MARDIAN
Per quel che posso, signora. CLEOPATRA
E quando c’è la buona voglia, anche se non ce la fa l’attore può sempre chiedere perdono. Adesso non voglio. Datemi la canna da pesca. Andremo al fiume. Lì, con la mia musica che suona in lontananza, ingannerò i pesci dalle pinne scure. Il mio amo ricurvo perforerà le loro viscide mascelle, e tirandoli su penserò che ognuno di loro è un Antonio, e dirò ‘Ha ha, t’ho preso!’
2101
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 5
’Twas merry when You wagered on your angling, when your diver Did hang a salt fish on his hook, which he With fervency drew up. CLEOPATRA That time – O times! – I laughed him out of patience, and that night I laughed him into patience, and next morn, Ere the ninth hour, I drunk him to his bed, Then put my tires and mantles on him whilst I wore his sword Philippan. CHARMIAN
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Enter a Messenger O, from Italy. Ram thou thy fruitful tidings in mine ears, That long time have been barren. MESSENGER Madam, madam!
25
CLEOPATRA
Antonio’s dead. If thou say so, villain, Thou kill’st thy mistress; but well and free, If thou so yield him, there is gold, and here My bluest veins to kiss – a hand that kings Have lipped, and trembled kissing. MESSENGER First, madam, he is well. CLEOPATRA
Why, there’s more gold. But, sirrah, mark: we use To say the dead are well. Bring it to that, The gold I give thee will I melt and pour Down thy ill-uttering throat. MESSENGER Good madam, hear me. CLEOPATRA Well, go to, I will. But there’s no goodness in thy face. If Antony Be free and healthful, so tart a favour To trumpet such good tidings! If not well, Thou shouldst come like a Fury crowned with snakes, Not like a formal man. MESSENGER Will’t please you hear me?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 5
CHARMIAN
È stato bello quella volta che avete scommesso sulla pesca, quando il vostro tuffatore appese un pesce secco al suo amo, e lui lo tirò su con gran fervore76. CLEOPATRA
Ah, quella volta – che tempi! Risi finché perse la pazienza, e quella notte risi finché la recuperò, e la mattina dopo, prima delle nove, lo stesi ubriaco sopra il letto, e gli misi addosso le mie vesti ed il mio manto, mentre io indossavo la sua spada di Filippi77. Entra un messaggero Oh, dall’Italia. Spingi le tue fertili notizie nel mio orecchio, così a lungo sterile. MESSAGGERO
Signora, signora! CLEOPATRA
Antonio è morto. Se lo dici, canaglia, ammazzi la tua signora; ma se annunci che è libero e sta bene, ecco dell’oro, ed ecco le mie più azzurre vene da baciare – una mano sfiorata da labbra di re, che tremavano nel baciarla. MESSAGGERO
Innanzitutto, signora, sta bene. CLEOPATRA
Eccoti dell’altro oro. Ma attento, furfante: si dice anche dei morti che stanno bene. Se è questo che intendi, l’oro lo fondo e te lo colo in quella gola da cui esce il male. MESSAGGERO
Mia buona signora, ascoltatemi. CLEOPATRA
D’accordo, forza, ti ascolto. Ma c’è poco di buono in quella tua faccia. Se Antonio è libero e in salute, perché un’aria così tetra nel dar fiato a notizie così buone? Se non stesse bene, dovresti venire come una Furia incoronata di serpenti, e non semplicemente in forma d’uomo. MESSAGGERO
Volete compiacervi di ascoltarmi?
2103
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 5
CLEOPATRA
I have a mind to strike thee ere thou speak’st. Yet if thou say Antony lives, is well, Or friends with Caesar, or not captive to him, I’ll set thee in a shower of gold, and hail Rich pearls upon thee. MESSENGER Madam, he’s well. CLEOPATRA Well said.
45
MESSENGER
And friends with Caesar. Thou’rt an honest man.
CLEOPATRA
MESSENGER
Caesar and he are greater friends than ever. CLEOPATRA
Make thee a fortune from me. MESSENGER But yet, madam – CLEOPATRA
I do not like ‘But yet’; it does allay The good precedence. Fie upon ‘But yet’. ‘But yet’ is as a jailer to bring forth Some monstrous malefactor. Prithee, friend, Pour out the pack of matter to mine ear, The good and bad together. He’s friends with Caesar, In state of health, thou sayst; and, thou sayst, free.
50
56
MESSENGER
Free, madam? No, I made no such report. He’s bound unto Octavia. CLEOPATRA For what good turn? MESSENGER
For the best turn i’th’ bed. I am pale, Charmian.
CLEOPATRA
MESSENGER
Madam, he’s married to Octavia.
2104
60
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 5
CLEOPATRA
Credo piuttosto che ti picchierò prima che parli. Tuttavia, se dici che Antonio vive, sta bene, o è amico di Cesare, o non è suo prigioniero, ti coprirò con una pioggia d’oro, e una grandinata di ricche perle78. MESSAGGERO
Sta bene, signora. CLEOPATRA
Ben detto. MESSAGGERO
Ed è amico di Cesare. CLEOPATRA
Sei un onest’uomo. MESSAGGERO
Con Cesare sono più amici che mai. CLEOPATRA
Ti stai facendo una fortuna. MESSAGGERO
Però, signora... CLEOPATRA
Non mi piace quel ‘però’; rovina la bontà dei precedenti. Che gli venga un accidente al tuo ‘però’. ‘Però’ è come un carceriere che tira fuori un qualche mostruoso malfattore. Ti prego, amico, vuota tutto il sacco dentro il mio orecchio, il bene assieme al male. È amico di Cesare, in stato di salute, come dici; e, come dici, libero. MESSAGGERO
Libero, signora? No, una cosa del genere non l’ho detta. È legato a Ottavia. CLEOPATRA
A che buon proposito? MESSAGGERO
Il migliore dei propositi: il letto. CLEOPATRA
Sono pallida, Charmian. MESSAGGERO
Signora, si è sposato con Ottavia.
2105
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 5
CLEOPATRA
The most infectious pestilence upon thee! She strikes him down MESSENGER
Good madam, patience! CLEOPATRA What say you? She strikes him Hence, horrible villain, or I’ll spurn thine eyes Like balls before me. I’ll unhair thy head, She hales him up and down Thou shalt be whipped with wire and stewed in brine, Smarting in ling’ring pickle. MESSENGER Gracious madam, I that do bring the news made not the match.
66
CLEOPATRA
Say ’tis not so, a province I will give thee, And make thy fortunes proud. The blow thou hadst Shall make thy peace for moving me to rage, And I will boot thee with what gift beside Thy modesty can beg. MESSENGER He’s married, madam.
70
CLEOPATRA
Rogue, thou hast lived too long. She draws a knife Nay then, I’ll run. What mean you, madam? I have made no fault.
MESSENGER
Exit
CHARMIAN
Good madam, keep yourself within yourself. The man is innocent. CLEOPATRA
Some innocents ’scape not the thunderbolt. Melt Egypt into Nile, and kindly creatures
2106
75
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 5
CLEOPATRA
Che ti prenda la peggiore delle pesti. Lo percuote gettandolo a terra MESSAGGERO
Mia buona signora, abbiate pazienza! CLEOPATRA
Cosa dici? Lo percuote Vattene, orribile canaglia, o ti cavo gli occhi e li prendo a calci come palle. Ti faccio calvo, Lo scuote su e giù ti faccio frustare col fil di ferro, ti metto in salamoia, che ti brucino le piaghe sotto aceto. MESSAGGERO
Mia graziosa signora, io che porto la notizia non ho fatto il matrimonio. CLEOPATRA
Di’ che non è vero e ti do una provincia, ti costruisco una splendida fortuna. I colpi che hai preso saranno la pena per avermi fatto incollerire, ma vi aggiungerò qualsiasi dono la tua modestia mi vorrà domandare. MESSAGGERO
È sposato, signora. CLEOPATRA
Canaglia, sei vissuto troppo a lungo. Tira fuori un coltello MESSAGGERO
E no, allora scappo. Cosa intendete fare, signora? Io non ho commesso alcuna colpa. Esce CHARMIAN
Signora, contenetevi. L’uomo è innocente. CLEOPATRA
Ci sono innocenti che non sfuggono ai fulmini. Che l’Egitto si sciolga nel Nilo, e le sue gentili creature diventino tutte serpenti! 2107
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 5
Turn all to serpents! Call the slave again. Though I am mad I will not bite him. Call!
80
CHARMIAN
He is afeard to come. I will not hurt him.
CLEOPATRA
[Exit Charmian] These hands do lack nobility that they strike A meaner than myself, since I myself Have given myself the cause. Enter the Messenger again [with Charmian] Come hither, sir. Though it be honest, it is never good To bring bad news. Give to a gracious message An host of tongues, but let ill tidings tell Themselves when they be felt. MESSENGER I have done my duty. CLEOPATRA Is he married? I cannot hate thee worser than I do If thou again say ‘Yes’. MESSENGER He’s married, madam.
85
90
CLEOPATRA
The gods confound thee! Dost thou hold there still? MESSENGER
Should I lie, madam? O, I would thou didst, So half my Egypt were submerged and made A cistern for scaled snakes. Go, get thee hence. Hadst thou Narcissus in thy face, to me Thou wouldst appear most ugly. He is married?
CLEOPATRA
95
MESSENGER
I crave your highness’ pardon. CLEOPATRA He is married? MESSENGER
Take no offence that I would not offend you. To punish me for what you make me do Seems much unequal. He’s married to Octavia. 2108
100
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 5
Richiamate quello schiavo. Anche se sono fuori di me non lo morderò. Chiamatelo! CHARMIAN
Ha paura di venire. CLEOPATRA
Non gli farò alcun male. [Esce Charmian] Queste mani mancano di nobiltà nel colpire chi mi è inferiore, quando la causa sono poi io stessa. Rientra il messaggero [con Charmian] Venite, signore. Anche se è onesto, non è mai bene portare notizie cattive. A un messaggio gradito sia dato un esercito di lingue, ma le cattive notizie si raccontino da sole quando le si avverte. MESSAGGERO
Ho fatto il mio dovere. CLEOPATRA
È sposato? Non posso odiarti più di quanto ti odio se mi ripeti ‘Sì’. MESSAGGERO
È sposato, signora. CLEOPATRA
Che gli dèi ti mandino in rovina! Continui a insistere? MESSAGGERO
Dovrei mentire, signora? CLEOPATRA
Oh, magari lo facessi, anche se la metà del mio Egitto, sommersa, diventasse una palude di serpenti squamosi. Via, vattene. Avessi il volto di Narciso, mi sembreresti orrendo. È sposato? MESSAGGERO
Supplico il perdono di vostra altezza. CLEOPATRA
È sposato? MESSAGGERO
Non offendetevi con me che non intendo offendervi. Punirmi per ciò che mi costringete a fare mi sembrerebbe oltremodo ingiusto. È sposato con Ottavia.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 6
CLEOPATRA
O that his fault should make a knave of thee, That act not what thou’rt sure of! Get thee hence. The merchandise which thou hast brought from Rome Are all too dear for me. Lie they upon thy hand, And be undone by ’em. Exit Messenger CHARMIAN Good your highness, patience.
106
CLEOPATRA
In praising Antony I have dispraised Caesar. CHARMIAN Many times, madam. CLEOPATRA
I am paid for’t now. Lead me from hence. I faint. O Iras, Charmian – ’tis no matter. Go to the fellow, good Alexas, bid him Report the feature of Octavia: her years, Her inclination; let him not leave out The colour of her hair. Bring me word quickly.
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Exit Alexas Let him for ever go – let him not, Charmian; Though he be painted one way like a Gorgon, The other way’s a Mars. [To Mardian] Bid you Alexas Bring me word how tall she is. Pity me, Charmian, But do not speak to me. Lead me to my chamber.
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Exeunt 2.6
Flourish. Enter Pompey and Menas at one door, with a drummer and a trumpeter; at another, Caesar, Lepidus, Antony, Enobarbus, Maecenas, Agrippa, with soldiers marching
POMPEY
Your hostages I have, so have you mine, And we shall talk before we fight. CAESAR Most meet That first we come to words, and therefore have we Our written purposes before us sent,
104. Act: emend. Oxford; in F art = “arte”. 2110
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 6
CLEOPATRA
La sua colpa t’ha reso una canaglia, anche se quello di cui sei così sicuro non l’hai fatto tu! Vattene. La mercanzia che hai portato da Roma è troppo cara per me. Tientela, e che ti mandi in rovina. Esce il messaggero CHARMIAN
Pazienza, mia buona regina. CLEOPATRA
Lodando Antonio ho disprezzato Cesare. CHARMIAN
Molte volte, signora. CLEOPATRA
E adesso ne sono ripagata. Portatemi via. Sto svenendo. Oh Iras, Charmian – non importa. Va’ da quell’uomo, buon Alexas, ordinagli di riferire che aspetto ha Ottavia: gli anni, il carattere; che non si scordi il colore dei capelli. Torna subito con la risposta. Esce Alexas Se ne vada pure per sempre – no, Charmian; anche se da una parte c’è dipinta una Gorgone, dall’altra è un Marte79. [A Mardian] Ordina ad Alexas di riferire quanto è alta. Abbi pietà di me, Charmian, ma non parlarmi. Portami nella mia stanza. Escono II, 6
Squillo di tromba. Entrano Pompeo e Menas da una porta, con un tamburino e un trombettiere; dall’altra, Cesare, Lepido, Antonio, Enobarbo, Mecenate, Agrippa, con soldati in marcia80
POMPEO
Io ho i vostri ostaggi, voi avete i miei: prima di combattere parliamo. CESARE
È certamente opportuno parlamentare prima, e per questo ti abbiamo già mandato le nostre proposte per iscritto; se le hai con-
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 6
Which if thou hast considered, let us know If ’twill tie up thy discontented sword And carry back to Sicily much tall youth That else must perish here. POMPEY To you all three, The senators alone of this great world, Chief factors for the gods: I do not know Wherefore my father should revengers want, Having a son and friends, since Julius Caesar, Who at Philippi the good Brutus ghosted, There saw you labouring for him. What was’t That moved pale Cassius to conspire? And what Made the all-honoured, honest Roman Brutus, With the armed rest, courtiers of beauteous freedom, To drench the Capitol but that they would Have one man but a man? And that is it Hath made me rig my navy, at whose burden The angered ocean foams; with which I meant To scourge th’ingratitude that despiteful Rome Cast on my noble father. CAESAR Take your time.
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ANTONY
Thou canst not fear us, Pompey, with thy sails. We’ll speak with thee at sea. At land thou know’st How much we do o’ercount thee. POMPEY At land indeed Thou dost o’ercount me of my father’s house, But since the cuckoo builds not for himself, Remain in’t as thou mayst. LEPIDUS Be pleased to tell us – For this is from the present – how you take The offers we have sent you. CAESAR There’s the point. ANTONY
Which do not be entreated to, but weigh What it is worth, embraced.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 6
siderate, facci sapere se fermeranno la spada del tuo scontento, riportando in Sicilia tanta bella gioventù che perirà altrimenti qui. POMPEO
A voi tre, unici senatori di questo grande mondo, ministri supremi degli dèi81; non vedo perché dovrebbero mancare vendicatori a mio padre, lui che ha un figlio e amici, visto che Giulio Cesare, che a Filippi comparve al buon Bruto come spettro82, vi ha visto faticare a suo vantaggio. Cosa ha spinto il pallido Cassio a cospirare? E cosa ha mosso Bruto, quell’onesto Romano da tutti onorato, assieme agli altri armati, cortigiani della bella libertà, a inzuppare il Campidoglio, se non il desiderio che un uomo non sia altro che un uomo? Ed è questo che mi ha fatto armare questa flotta, sotto il cui peso schiuma l’oceano incollerito; con la quale intendevo fustigare l’ingratitudine che l’oltraggiosa Roma ha riversato sul mio nobile padre. CESARE
Non avere fretta. ANTONIO
Non ci fai paura, Pompeo, con le tue vele. Parleremo con te per mare. In terra già lo sai quanto ti soverchiamo. POMPEO
In terra, per l’appunto, m’hai soverchiato della casa di mio padre83, ma visto che il cuculo non costruisce per se stesso, restaci pure se ti riesce. LEPIDO
Questa è un’altra storia – dicci piuttosto, se lo vuoi, cosa ti pare delle offerte che ti abbiamo mandato. CESARE
È questo il punto. ANTONIO
Non sentirti costretto, ma soppesa se son degne di essere accettate.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 6
And what may follow, To try a larger fortune? POMPEY You have made me offer Of Sicily, Sardinia; and I must Rid all the sea of pirates; then to send Measures of wheat to Rome; this ’greed upon, To part with unbacked edges, and bear back Our targes undinted. CAESAR, ANTONY, and LEPIDUS That’s our offer. POMPEY Know, then, I came before you here a man prepared To take this offer. But Mark Antony Put me to some impatience. Though I lose The praise of it by telling, you must know, When Caesar and your brother were at blows, Your mother came to Sicily, and did find Her welcome friendly. ANTONY I have heard it, Pompey, And am well studied for a liberal thanks Which I do owe you. POMPEY Let me have your hand. CAESAR
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Pompey ad Antony shake hands I did not think, sir, to have met you here. ANTONY
The beds i’th’ East are soft; and thanks to you, That called me timelier than my purpose hither; For I have gained by’t. CAESAR (to Pompey) Since I saw you last There is a change upon you. POMPEY Well, I know not What counts harsh fortune casts upon my face, But in my bosom shall she never come To make my heart her vassal. LEPIDUS Well met here.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 6
CESARE
E cosa può seguire, se tenti una fortuna maggiore. POMPEO
Mi avete offerto Sicilia e Sardegna; io devo liberare il mare dai pirati, e mandare rifornimenti di grano a Roma. Accordatici su questo, ci separiamo senza guastare il filo delle spade e ammaccare i nostri scudi. CESARE, ANTONIO e LEPIDO Questa è la nostra offerta. POMPEO
Sappiate, allora, che ero venuto preparato ad accoglierla. Ma Marco Antonio mi ha fatto spazientire. Anche se il raccontarlo me ne toglie il merito, dovete sapere che quando Cesare e vostro fratello erano in guerra, vostra madre venne in Sicilia, e vi trovò la più amichevole delle accoglienze. ANTONIO
L’ho sentito, Pompeo, e sono determinato a ringraziarvene liberalmente, come devo. POMPEO
Qua la mano. Pompeo e Antonio si stringono la mano Non credevo, signore, di incontrarvi qui. ANTONIO
I letti dell’Oriente sono morbidi; e grazie di avermi fatto tornare prima di quanto intendessi: ne ho guadagnato. CESARE (a Pompeo) Siete cambiato dall’ultima volta che vi ho visto. POMPEO
Non so che conti l’aspra fortuna mi abbia inciso in volto, ma non arriverà mai a entrarmi in petto e rendere il mio cuore suo vassallo. LEPIDO
Felice di incontrarvi.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 6
POMPEY
I hope so, Lepidus. Thus we are agreed. I crave our composition may be written And sealed between us. CAESAR That’s the next to do. POMPEY
We’ll feast each other ere we part, and let’s Draw lots who shall begin. ANTONY That will I, Pompey. POMPEY No, Antony, take the lot. But, first or last, your fine Egyptian cookery Shall have the fame. I have heard that Julius Caesar Grew fat with feasting there. ANTONY You have heard much. POMPEY I have fair meanings, sir. ANTONY And fair words to them. POMPEY Then so much have I heard, And I have heard Apollodorus carried – ENOBARBUS
No more o’ that, he did so. What, I pray you?
POMPEY
ENOBARBUS
A certain queen to Caesar in a mattress. POMPEY
I know thee now. How far’st thou, soldier? ENOBARBUS
Well, and well am like to do, for I perceive Four feasts are toward.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 6
POMPEO
Lo spero, Lepido. Dunque siamo d’accordo. Vorrei che l’intesa venisse messa per iscritto e sigillata. CESARE
È la prima cosa da fare. POMPEO
Prima di separarci ci festeggeremo l’un l’altro: tiriamo a sorte chi comincia. ANTONIO
Comincio io, Pompeo. POMPEO
No, Antonio, tiriamo a sorte. Ma che siate il primo o l’ultimo, sarà la vostra sapiente cucina egiziana a conquistare la fama. Ho sentito che Giulio Cesare è ingrassato a forza di far festa laggiù. ANTONIO
Avete sentito molto. POMPEO
Intendevo in senso buono, signore. ANTONIO
E con buone parole. POMPEO
Questo è quello che ho sentito. E ho sentito che Apollodoro ha portato – ENOBARBO
Basta così, l’ha portata. POMPEO
Cosa, di grazia? ENOBARBO
Una certa regina a Cesare in un materasso84. POMPEO
Adesso ti riconosco. Come stai, soldato? ENOBARBO
Sto bene e starò meglio, visto che ci aspettano quattro feste.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 6
POMPEY
Let me shake thy hand.
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Pompey and Enobarbus shake hands I never hated thee. I have seen thee fight When I have envied thy behaviour. ENOBARBUS
Sir, I never loved you much, but I ha’ praised ye When you have well deserved ten times as much As I have said you did.
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POMPEY
Enjoy thy plainness. It nothing ill becomes thee. Aboard my galley I invite you all. Will you lead, lords? CAESAR, ANTONY, and LEPIDUS Show’s the way, sir. POMPEY Come. Exeunt all but Enobarbus and Menas MENAS (aside)
Thy father, Pompey, would ne’er have made this treaty. (To Enobarbus) You and I have known, sir. ENOBARBUS At sea, I think. MENAS We have, sir. ENOBARBUS You have done well by water. MENAS And you by land. ENOBARBUS I will praise any man that will praise me, though it cannot be denied what I have done by land. MENAS Nor what I have done by water. ENOBARBUS Yes, something you can deny for your own safety. You have been a great thief by sea.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 6
POMPEO
Fammi stringerti la mano. Pompeo ed Enobarbo si stringono la mano Non ti ho mai odiato. Ti ho visto combattere e ho invidiato il tuo comportamento. ENOBARBO
Signore, io non vi ho mai amato, ma quando vi ho lodato, meritavate dieci volte quello che dicevo. POMPEO
Goditi la tua franchezza. Non ti sta affatto male. Vi invito tutti a bordo della mia galea. Volete fare strada, signori? CESARE, ANTONIO e LEPIDO Guidateci voi, signore. POMPEO
Venite. Escono tutti tranne Enobarbo e Menas MENAS (a parte)
Tuo padre, Pompeo, non avrebbe mai fatto questo contratto. (A Enobarbo) Voi ed io ci siamo conosciuti, signore. ENOBARBO
In mare, credo. MENAS
Sì, signore. ENOBARBO
Vi siete battuto bene sull’acqua. MENAS
E voi sulla terra. ENOBARBO
Io intendo lodare tutti quelli che mi lodano, anche se non si può negare quello che ho fatto sulla terra. MENAS
E neanche quello che io ho fatto sull’acqua. ENOBARBO
Qualcosa potreste negarlo per vostra stessa sicurezza. Siete stato un gran ladro in mare.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 6
MENAS And you by land.
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ENOBARBUS There I deny my land service; but give me
your hand, Menas. If our eyes had authority, here they might take two thieves kissing. They shake hands MENAS All men’s faces are true, whatsome’er their hands
are.
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ENOBARBUS But there is never a fair woman has a true
face. MENAS No slander; they steal hearts. ENOBARBUS We came hither to fight with you. MENAS For my part, I am sorry it is turned to a drinking.
Pompey doth this day laugh away his fortune.
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ENOBARBUS If he do, sure he cannot weep’t back again. MENAS You’ve said, sir. We looked not for Mark Antony
here. Pray you, is he married to Cleopatra? ENOBARBUS Caesar’s sister is called Octavia. MENAS True, sir. She was the wife of Caius Marcellus. ENOBARBUS But she is now the wife of Marcus Antonius. MENAS Pray ye, sir? ENOBARBUS ’Tis true. MENAS Then is Caesar and he for ever knit together.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 6
MENAS
E voi in terra. ENOBARBO
E allora rinnego il mio servizio di terra; ma datemi la mano, Menas. Se i nostri occhi ne avessero l’autorità, qui potrebbero arrestare due ladri che si baciano. Si stringono la mano MENAS
Le facce degli uomini sono tutte oneste, come che siano le loro mani. ENOBARBO
Ma non c’è bella donna che abbia una faccia onesta. MENAS
Non è una calunnia; rubano i cuori. ENOBARBO
Eravamo venuti qui per combattervi. MENAS
Per parte mia, mi spiace che sia diventata una bevuta. Oggi Pompeo, con una risata, butta via la sua fortuna. ENOBARBO
Se è così, certo non la recupererà piangendo. MENAS
L’avete detto, signore. Non ci aspettavamo di trovare qui Marco Antonio. Ditemi, vi prego, si è sposato con Cleopatra? ENOBARBO
La sorella di Cesare si chiama Ottavia. MENAS
È vero, signore. Era la moglie di Caio Marcello. ENOBARBO
Ma adesso è la moglie di Marco Antonio. MENAS
Prego, signore? ENOBARBO
È la verità. MENAS
Dunque Cesare e lui sono legati per sempre. 2121
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 7
ENOBARBUS If I were bound to divine of this unity I would
not prophesy so. MENAS I think the policy of that purpose made more in
the marriage than the love of the parties. ENOBARBUS I think so, too. But you shall find the band
that seems to tie their friendship together will be the very strangler of their amity. Octavia is of a holy, cold, and still conversation. MENAS Who would not have his wife so? ENOBARBUS Not he that himself is not so, which is Mark Antony. He will to his Egyptian dish again; then shall the sighs of Octavia blow the fire up in Caesar, and, as I said before, that which is the strength of their amity shall prove the immediate author of their variance. Antony will use his affection where it is. He married but his occasion here. MENAS And thus it may be. Come, sir, will you aboard? I have a health for you. ENOBARBUS I shall take it, sir. We have used our throats in Egypt. MENAS Come, let’s away. Exeunt 2.7
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Music plays. Enter two or three Servants with a banquet
FIRST SERVANT Here they’ll be, man. Some o’ their plants
are ill rooted already; the least wind i’th’ world will blow them down. SECOND SERVANT Lepidus is high-coloured. FIRST SERVANT They have made him drink alms-drink. SECOND SERVANT As they pinch one another by the disposition, he cries out ‘No more!’ – reconciles them to his entreaty and himself to th’ drink.
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1. Be: così in F. Wells considera questo verbo inadatto a ciò che segue, e lie un possibile sostituto. 2122
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 7
ENOBARBO
Dovessi divinare di questa unità, non sarebbe questa la mia profezia. MENAS
Credo che in questo matrimonio i propositi politici siano stati più importanti dell’amore delle parti. ENOBARBO
Lo credo anch’io. Ma si scoprirà che il nastro che sembra legare la loro amicizia sarà lo strangolatore della loro fratellanza. Ottavia è di indole santa, fredda e posata. MENAS
Chi non vorrebbe che sua moglie fosse tale? ENOBARBO
Non chi non lo è a sua volta, come Marco Antonio. Tornerà al suo piatto egiziano; allora i sospiri di Ottavia soffieranno sul fuoco di Cesare, e, come ho detto, ciò che è la forza della loro amicizia si dimostrerà causa immediata della loro discordia. Antonio farà uso del suo affetto lì dove si trova. Qui ha sposato solo un’occasione. MENAS
Può ben essere. E allora, signore, volete venire a bordo? Ho un brindisi da offrirvi. ENOBARBO
Lo accetto, signore. Abbiamo tenuto in esercizio la gola, in Egitto. MENAS
Su, andiamo. Escono II, 7
Musica. Entrano due o tre servi con un banchetto
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PRIMO SERVO
Eccoli che arrivano, amico. Alcuni hanno già le piante sradicate; basterebbe un soffio di vento per buttarli giù. SECONDO SERVO
Lepido è bello rosso. PRIMO SERVO
Gli han fatto bere i fondi. SECONDO SERVO
Quando si punzecchiano, lui grida ‘Basta!’ – e supplicandoli di riconciliarsi si riconcilia con la bottiglia. 2123
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 7
FIRST SERVANT But it raises the greater war between him
and his discretion. SECOND SERVANT Why, this it is to have a name in great men’s fellowship. I had as lief have a reed that will do me no service as a partisan I could not heave. FIRST SERVANT To be called into a huge sphere and not to be seen to move in’t, are the holes where eyes should be which pitifully disaster the cheeks.
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A sennet sounded. Enter Caesar, Antony, Pompey, Lepidus, Agrippa, Maecenas, Enobarbus, and Menas, with other captains [and a boy] ANTONY (to Caesar)
Thus do they, sir: they take the flow o’th’ Nile By certain scales i’th’ pyramid. They know By th’ height, the lowness, or the mean, if dearth Or foison follow. The higher Nilus swells The more it promises; as it ebbs, the seedsman Upon the slime and ooze scatters his grain, And shortly comes to harvest. LEPIDUS You’ve strange serpents there? ANTONY Ay, Lepidus. LEPIDUS Your serpent of Egypt is bred now of your mud by the operation of your sun; so is your crocodile. ANTONY They are so.
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POMPEY
Sit, and some wine. A health to Lepidus! [Antony, Pompey, and Lepidus sit] LEPIDUS I am not so well as I should be, but I’ll ne’er out. ENOBARBUS Not till you have slept – I fear me you’ll be in
till then.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 7
PRIMO SERVO
Il che alimenta la guerra tra il suo senno e lui. SECONDO SERVO
Ecco cosa vuol dire avere un nome in compagnia dei grandi. Preferirei avere una cannuccia che non serve a nulla, piuttosto che uno spadone che non riesco a sollevare. PRIMO SERVO
Essere chiamati in un’immensa sfera e non esser visti muovervisi dentro, è come avere buchi dove dovrebbero esserci occhi, il che disastra pietosamente le guance86. Squillo di trombe. Entrano Cesare, Antonio, Pompeo, Lepido, Agrippa, Mecenate, Enobarbo e Menas, con altri capitani [e un ragazzo] ANTONIO (a Cesare)
Fanno proprio così, signore: determinano il livello del Nilo con certe misure incise sulle piramidi87. A seconda che sia alto, medio o basso, sanno se seguirà abbondanza o carestia. Più cresce il Nilo, maggiore è la promessa; e quando defluisce, il seminatore sparge il suo grano sul fangoso limo, e in breve si ha il raccolto. LEPIDO
Avete strani serpenti da quelle parti? ANTONIO
Sì, Lepido. LEPIDO
I vostri serpenti d’Egitto nascono dal vostro fango per opera del vostro sole; e così anche il vostro coccodrillo88. ANTONIO
Proprio così. POMPEO
Sediamoci, e del vino. Alla salute di Lepido! [Antonio, Pompeo e Lepido si siedono] LEPIDO
Potrei star meglio, ma non mi chiamo fuori. ENOBARBO
Senza dormire non ne esci – fino ad allora temo ci resterai dentro.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 7
Nay, certainly, I have heard the Ptolemies’ pyramises are very goodly things: without contradiction I have heard that. MENAS (aside to Pompey) Pompey, a word. POMPEY (aside to Menus) Say in mine ear; what is’t? MENAS (aside to Pompey) Forsake thy seat, I do beseech thee, captain, And hear me speak a word. POMPEY (aside to Menas) Forbear me till anon. (Aloud) This wine for Lepidus! LEPIDUS
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Menas whispers in Pompey’s ear LEPIDUS What manner o’ thing is your crocodile?
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ANTONY It is shaped, sir, like itself, and it is as broad as
it hath breadth. It is just so high as it is, and moves with it own organs. It lives by that which nourisheth it, and the elements once out of it, it transmigrates. LEPIDUS What colour is it of? ANTONY Of it own colour, too. LEPIDUS ’Tis a strange serpent. ANTONY ’Tis so, and the tears of it are wet. CAESAR (to Antony) Will this description satisfy him? ANTONY With the health that Pompey gives him; else he is a very epicure. POMPEY (aside to Menas) Go hang, sir, hang! Tell me of that? Away, Do as I bid you. (Aloud) Where’s this cup I called for?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 7
LEPIDO
Sì, certamente, ho sentito dire che le piramidi dei Tolomei sono una cosa magnifica: è incontrovertibile, l’ho sentito dire89. MENAS (a parte a Pompeo) Pompeo, una parola. POMPEO (a parte a Menas) Dimmelo nell’orecchio; cosa c’è? MENAS (a parte a Pompeo) Alzati da quella sedia, ti prego, capitano, e lascia che ti dica una parola. POMPEO (a parte a Menas) Aspetta un momento. (A voce alta) Alla salute di Lepido! Menas bisbiglia nell’orecchio di Pompeo LEPIDO
Che genere di cosa è il vostro coccodrillo? ANTONIO
È conformato come se stesso, signore, ed è largo quanto la sua larghezza. È alto esattamente quant’è alto, e si muove grazie ai propri organi. Vive di ciò che lo nutre, e quando gli elementi lo abbandonano, trasmigra90. LEPIDO
Di che colore è? ANTONIO
Del suo proprio colore. LEPIDO
È uno strano serpente. ANTONIO
Sì, e le sue lacrime sono bagnate. CESARE (a Antonio)
Lo soddisferà questa descrizione? ANTONIO
Sì, con l’aiuto dei brindisi di Pompeo; altrimenti è un vero epicureo91. POMPEO (a parte a Menas) Va’ a farti impiccare! Dirmi cosa? Vattene, t’ho detto. (A voce alta) Dov’è la coppa che ho ordinato?
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 7
MENAS (aside to Pompey)
If for the sake of merit thou wilt hear me, Rise from thy stool. POMPEY [rising] I think thou’rt mad. The matter? [Menas and Pompey stand apart] MENAS
I have ever held my cap off to thy fortunes.
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POMPEY
Thou hast served me with much faith. What’s else to say? Be jolly, lords. ANTONY These quicksands, Lepidus, Keep off them, for you sink. MENAS
Wilt thou be lord of all the world? POMPEY
What sayst thou?
MENAS
Wilt thou be lord of the whole world? That’s twice.
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POMPEY
How should that be? But entertain it And, though thou think me poor, I am the man Will give thee all the world. POMPEY Hast thou drunk well? MENAS
MENAS
No, Pompey, I have kept me from the cup. Thou art, if thou dar’st be, the earthly Jove. Whate’er the ocean pales or sky inclips Is thine, if thou wilt ha’t. POMPEY Show me which way!
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MENAS
These three world-sharers, these competitors, Are in thy vessel. Let me cut the cable; And when we are put off, fall to their throats. All there is thine.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 7
MENAS (a parte a Pompeo)
Se per i miei meriti mi volessi ascoltare, alzati dallo sgabello. POMPEO [alzandosi]
Devi essere impazzito. Cosa c’è? [Menas e Pompeo si appartano] MENAS
Mi son sempre tolto il cappello di fronte alle tue fortune. POMPEO
Mi hai servito con grande fedeltà. Che altro c’è da dire? Allegri, signori. ANTONIO
Attento alle sabbie mobili, Lepido, o ci affondi. MENAS
Vuoi essere signore del mondo intero? POMPEO
Cosa dici? MENAS
Vuoi essere signore del mondo intero? E fa due. POMPEO
E come sarebbe? MENAS
Tu pensaci soltanto, e per povero che tu mi possa considerare, io sono l’uomo che può darti il mondo intero. POMPEO
Hai bevuto per bene? MENAS
No, Pompeo, mi sono astenuto dal bicchiere. Tu sei, se osi esserlo, il Giove terreno. Tutto ciò che l’oceano racchiude o il cielo abbraccia è tuo, se tu lo vuoi avere. POMPEO
Mostrami il modo! MENAS
Questi tre comproprietari del mondo, questi soci, sono sul tuo vascello. Lascia che tagli gli ormeggi; una volta al largo, gli saltiamo alla gola. E tutto è tuo.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 7
Ah, this thou shouldst have done And not have spoke on’t. In me ’tis villainy, In thee ’t had been good service. Thou must know ’Tis not my profit that does lead mine honour; Mine honour, it. Repent that e’er thy tongue Hath so betrayed thine act. Being done unknown, I should have found it afterwards well done, But must condemn it now. Desist, and drink.
POMPEY
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He returns to the others MENAS (aside)
For this, I’ll never follow thy palled fortunes more, Who seeks and will not take when once ’tis offered, Shall never find it more. POMPEY This health to Lepidus!
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ANTONY
Bear him ashore. – I’ll pledge it for him, Pompey. ENOBARBUS
Here’s to thee, Menas! Enobarbus, welcome.
MENAS
POMPEY
Fill till the cup be hid. One lifts Lepidus, drunk, and carries him off ENOBARBUS
There’s a strong fellow, Menas.
MENAS Why?
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ENOBARBUS
A bears the third part of the world, man; seest not? MENAS
The third part then is drunk. Would it were all, That it might go on wheels. ENOBARBUS Drink thou, increase the reels. MENAS Come. POMPEY
This is not yet an Alexandrian feast.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 7
POMPEO
Ah, questo lo dovevi fare, e non parlarmene. In me è un’infamia, in te sarebbe stato un buon servigio. Sappi che in me non è il profitto che comanda all’onore, ma l’onore al profitto. Pentiti che la tua lingua abbia tradito la tua azione. Fatta a mia insaputa, dopo l’avrei trovata fatta bene, ma adesso mi tocca condannarla. Desisti e bevi. Ritorna dagli altri MENAS (a parte)
E allora non seguirò mai più la tua declinante fortuna. Chi cerca e non afferra quando è offerto, non lo ritroverà mai più. POMPEO
Alla salute di Lepido! ANTONIO
Portatelo a riva. – Bevo io per lui, Pompeo. ENOBARBO
Questo è alla tua, Menas! MENAS
Benvenuto, Enobarbo. POMPEO
Riempi finché la coppa non si veda più. Un servo solleva Lepido, ubriaco, e lo porta via ENOBARBO
Quello è un tipo forte, Menas. MENAS
Perché? ENOBARBO
Porta un terzo del mondo, non lo vedi? MENAS
Allora un terzo del mondo è ubriaco. Lo fosse anche il resto, filerebbe sulle ruote92. ENOBARBO
Bevi anche tu, fagli aumentare i giri93. MENAS
Dai. POMPEO
Ma non è ancora una festa alessandrina. 2131
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 2 SCENE 7
ANTONY
It ripens towards it. Strike the vessels, ho! Here’s to Caesar! CAESAR I could well forbear’t. It’s monstrous labour when I wash my brain, An it grow fouler. ANTONY Be a child o’th’ time. CAESAR Possess it, I’ll make answer. But I had rather fast from all, four days, Than drink so much in one. ENOBARBUS (to Antony) Ha, my brave Emperor, Shall we dance now the Egyptian bacchanals, And celebrate our drink? POMPEY Let’s ha’t, good soldier. ANTONY Come, let’s all take hands Till that the conquering wine hath steeped our sense In soft and delicate Lethe. ENOBARBUS All take hands. Make battery to our ears with the loud music. The while I’ll place you, then the boy shall sing. The holding every man shall beat as loud As his strong sides can volley.
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Music plays. Enobarbus places them hand in hand [BOY] (sings) Come, thou monarch of the vine, Plumpy Bacchus, with pink eyne! In thy vats our cares be drowned, With thy grapes our hairs be crowned! Cup us till the world go round, Cup us till the world go round! CAESAR
What would you more? Pompey, good night. (To Antony) Good-brother, Let me request you off. Our graver business Frowns at this levity. Gentle lords, let’s part. You see we have burnt our cheeks. Strong Enobarb 2132
110
115
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO II SCENA 7
ANTONIO
Ci si sta avvicinando. Un altro brindisi, su! Questo è per Cesare! CESARE
Ne farei volentieri a meno. È una fatica mostruosa, se lavarsi il cervello lo sporca. ANTONIO
Sii figlio del tempo. CESARE
E io ti rispondo, siine il padrone94. Meglio un digiuno completo di quattro giorni che bere tanto in uno solo. ENOBARBO (a Antonio) Allora, mio bravo Imperatore, vogliamo ballare i baccanali egiziani, e celebrare la nostra bevuta? POMPEO
D’accordo, mio buon soldato. ANTONIO
Venite, prendiamoci tutti per mano finché il vino conquistatore abbia sommerso i nostri sensi in un dolce e delicato Lete. ENOBARBO
Prendiamoci tutti per mano95. Che una forte musica ci bombardi le orecchie. Io intanto vi dispongo, poi il ragazzo canterà. Ognuno ripeta il ritornello con tutta la forza con cui lo possono sparare i suoi potenti fianchi96. Musica. Enobarbo fa prendere tutti per mano [RAGAZZO] (canta)
Vieni, monarca della vigna97, Bacco paffuto, con gli occhi socchiusi! Annega i nostri affanni nei tuoi tini, Coronaci di pampini i capelli! Facci bere finché il mondo giri, Facci bere finché il mondo giri98! CESARE
Cos’altro volete? Buona notte, Pompeo. (Ad Antonio) Mio buon fratello, congediamoci, vi prego. I nostri più gravi impegni sdegnano questa leggerezza. Gentili signori, è il momento di separarci. Come vedete, ci siamo bruciati le guance. Il forte Enobarbo è più 2133
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 1
Is weaker than the wine, and mine own tongue Splits what it speaks. The wild disguise hath almost Anticked us all. What needs more words? Good night. Good Antony, your hand. POMPEY I’ll try you on the shore.
120
ANTONY
And shall, sir. Give’s your hand. O Antony, You have my father’s house. But what, we are friends! Come down into the boat.
POMPEY
126
Exeunt all but Enobarbus and Menas ENOBARBUS
Take heed you fall not, Menas. I’ll not on shore. No, to my cabin. These drums, these trumpets, flutes, what! Let Neptune hear we bid a loud farewell To these great fellows. Sound and be hanged, sound out!
MENAS
Sound a flourish, with drums ENOBARBUS (throwing his cap in the air)
Hoo, says a! There’s my cap. Ho, noble captain, come!
MENAS
Exeunt 3.1
Enter Ventidius, with Silius and other Roman soldiers, as it were in triumph; the dead body of Pacorus borne before him
VENTIDIUS
Now, darting Parthia, art thou struck; and now Pleased fortune does of Marcus Crassus’ death Make me revenger. Bear the King’s son’s body Before our army. Thy Pacorus, Orodes, Pays this for Marcus Crassus. SILIUS Noble Ventidius Whilst yet with Parthian blood thy sword is warm, The fugitive Parthians follow. Spur through Media, Mesopotamia, and the shelters whither 2134
5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 1
debole del vino, e la mia stessa lingua spacca ciò che dice. Questa intemperante mascherata ci ha reso tutti quasi dei buffoni99. C’è bisogno di altre parole? Buona notte. Mio buon Antonio, datemi la mano. POMPEO
Ci risfideremo a riva. ANTONIO
Senz’altro. Qua la mano. POMPEO
Oh, Antonio, tu hai la casa di mio padre. Ma che importa, siamo amici! Venite, la scialuppa è calata. Escono tutti tranne Enobarbo e Menas ENOBARBO
Occhio a non cadere, Menas. MENAS
Io non vengo a riva. No, me ne vado in cabina. Questi tamburi, queste trombe, questi flauti! Che Nettuno senta il nostro fragoroso addio a questi grandi. Musica, e impiccatevi, forza, musica! Squillo di trombe, con tamburi ENOBARBO (gettando il cappello in aria)
Ehilà! Ecco il mio cappello. MENAS
Bravo, nobile capitano, vieni! Escono Entrano Ventidio, con Silio e altri soldati romani, come in trionfo; di fronte a lui il cadavere di Pacoro100
III, 1
VENTIDIO
Eccoti colpita, Partia arciera; la fortuna si compiace ora di farmi vendicatore della morte di Marco Crasso. In testa all’esercito sia messo il corpo del figlio del re. Così, Orode, il tuo Pacoro paga per Marco Crasso101. SILIO
Nobile Ventidio, insegui i Parti in fuga mentre di sangue parto è ancora calda la tua spada. Spingiti in Media, in Mesopotamia, fin
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 1
The routed fly. So thy grand captain, Antony, Shall set thee on triumphant chariots and Put garlands on thy head. VENTIDIUS O Silius, Silius, I have done enough. A lower place, note well, May make too great an act. For learn this, Silius: Better to leave undone than by our deed Acquire too high a fame when him we serve’s away. Caesar and Antony have ever wo More in their officer than person. Sossius, One of my place in Syria, his lieutenant, For quick accumulation of renown, Which he achieved by th’ minute, lost his favour. Who does i’th’ wars more than his captain can Becomes his captain’s captain; and ambition, The soldier’s virtue, rather makes choice of loss Than gain which darkens him. I could do more to do Antonius good, But ’twould offend him, and in his offence Should my performance perish. SILIUS Thou hast, Ventidius, that Without the which a soldier and his sword Grants scarce distinction. Thou wilt write to Antony?
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16
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VENTIDIUS
I’ll humbly signify what in his name, That magical word of war, we have effected; How, with his banners and his well-paid ranks, The ne’er-yet-beaten horse of Parthia We have jaded out o’th’ field. SILIUS Where is he now?
30
VENTIDIUS
He purposeth to Athens; whither, with what haste The weight we must convey with’s will permit, We shall appear before him. – On there; pass along. Exeunt
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35
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 1
dove si rifugiano gli sconfitti. Così il tuo grande capitano, Antonio, ti porrà su un carro trionfale, cingendoti il capo di ghirlande. VENTIDIO
Oh Silio, Silio, ho già fatto abbastanza. Chi ha un rango inferiore, ricorda, può compiere azioni troppo grandi. Imparalo, Silio: meglio lasciare incompiuto che acquistare con le nostre gesta una fama troppo alta, quando colui che serviamo è assente. Cesare e Antonio hanno sempre vinto più con gli ufficiali che di persona. Sossio, mio pari grado in Siria, suo luogotenente, a causa di una rapida accumulazione di fama, che ogni istante si accresceva, ha perso il suo favore. Chi in guerra fa più di quanto sappia fare il capitano, diventa capitano del suo capitano; e l’ambizione, la virtù del soldato, sceglie di perdere, piuttosto che vincere ciò che la oscura. Potrei fare di più per il bene di Antonio, ma lo offenderebbe, e in quell’offesa perirebbe la mia azione102. SILIO
Ventidio, tu hai ciò che quando manca, soldato e spada non si distinguono. Scriverai ad Antonio? VENTIDIO
Gli notificherò umilmente ciò che in suo nome, quella magica parola di guerra, abbiamo compiuto; come, grazie alle sue bandiere e le sue ben pagate truppe, l’invitto cavallo di Partia è stato cacciato dal campo come un ronzino. SILIO
Dov’è adesso? VENTIDIO
È diretto a Atene; dove gli compariremo innanzi con tutta la fretta che ci consente il peso che dobbiamo trascinarci. Avanti; in marcia. Escono
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 2
3.2
Enter Agrippa at one door, Enobarbus at another
AGRIPPA What, are the brothers parted? ENOBARBUS
They have dispatched with Pompey; he is gone. The other three are sealing. Octavia weeps To part from Rome, Caesar is sad, and Lepidus Since Pompey’s feast, as Menas says, is troubled With the green-sickness. AGRIPPA ’Tis a noble Lepidus.
5
ENOBARBUS
A very fine one. O, how he loves Caesar! AGRIPPA
Nay, but how dearly he adores Mark Antony! ENOBARBUS
Caesar? Why, he’s the Jupiter of men. AGRIPPA
What’s Antony – the god of Jupiter?
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ENOBARBUS
Spake you of Caesar? How, the nonpareil? AGRIPPA
O Antony, O thou Arabian bird! ENOBARBUS
Would you praise Caesar, say ‘Caesar’; go no further. AGRIPPA
Indeed, he plied them both with excellent praises. ENOBARBUS
But he loves Caesar best; yet he loves Antony – Hoo! Hearts, tongues, figures, scribes, bards, poets, cannot Think, speak, cast, write, sing, number – hoo! – His love to Antony. But as for Caesar – Kneel down, kneel down, and wonder. AGRIPPA Both he loves.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 2
III, 2
Entrano Agrippa da una porta, Enobarbo da un’altra103
AGRIPPA
Come, i fratelli si sono separati? ENOBARBO
Con Pompeo hanno risolto; se n’è andato. Gli altri tre sigillano. Ottavia piange perché lascia Roma, Cesare è triste, e Lepido, dopo la festa di Pompeo, è verde come un’innamorata104. AGRIPPA
Davvero nobile, quel Lepido! ENOBARBO
Un uomo straordinario. Oh, come ama Cesare! AGRIPPA
Sì, ma quanto adora Marco Antonio! ENOBARBO
Cesare? È il Giove degli uomini. AGRIPPA
E Antonio allora cos’è – il dio di Giove? ENOBARBO
Parlavi di Cesare? L’impareggiabile? AGRIPPA
Oh Antonio, oh araba fenice! ENOBARBO
Vuoi lodare Cesare? Di’ ‘Cesare’; non serve altro. AGRIPPA
Li ha proprio ingozzati di lodi strabilianti. ENOBARBO
Ma più di ogni altro ama Cesare; anche se Antonio lo ama – Ooh! Cuori, lingue, cifre, scribi, bardi e poeti non possono pensare, dire, calcolare, scrivere, cantare e verseggiare – ooh! – il suo amore per Antonio. Ma quanto a Cesare – in ginocchio, in ginocchio, ad ammirare. AGRIPPA
Li ama entrambi.
2139
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 2
ENOBARBUS
They are his shards, and he their beetle. [Trumpet within] So,
20
This is to horse. Adieu, noble Agrippa. AGRIPPA
Good fortune, worthy soldier, and farewell. Enter Caesr, Antony, Lepidus, and Octavia ANTONY (to Caesar) No further, sir. CAESAR
You take from me a great part of myself. Use me well in’t. Sister, prove such a wife As my thoughts make thee, and as my farthest bond Shall pass on thy approof. Most noble Antony, Let not the piece of virtue which is set Betwixt us as the cement of our love To keep it builded, be the ram to batter The fortress of it; for better might we Have loved without this mean if on both parts This be not cherished. ANTONY Make me not offended In your distrust. CAESAR I have said. ANTONY You shall not find, Though you be therein curious, the least caus For what you seem to fear. So, the gods keep you, And make the hearts of Romans serve your ends. We will here part.
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CAESAR
Farewell, my dearest sister, fare thee well. The elements be kind to thee, and make Thy spirits all of comfort. Fare thee well. OCTAVIA (weeping) My noble brother!
31. For: così in F; emend. possibile: sir = “signore”. 2140
40
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 2
ENOBARBO
Sono le sue elitre, e lui il loro scarabeo. [Trombe da dentro] Questo vuol dire a cavallo. Addio, nobile Agrippa. AGRIPPA
Buona fortuna, mio bravo soldato, e stammi bene. Entrano Cesare, Antonio, Lepido, e Ottavia ANTONIO (a Cesare)
Basta così, signore. CESARE
Vi portate via gran parte di me stesso. Trattatemi bene in lei. Sorella, sii la moglie che sei nei miei pensieri, tale che in pegno possa azzardarci tutto. Nobilissimo Antonio, non fate che questo esempio di virtù, posto tra noi per cementare il nostro amore e mantenerlo in piedi, sia invece l’ariete che ne abbatte la fortezza; meglio era amarci senza usare questo mezzo, se non è caro a entrambi. ANTONIO
Non offendetemi con la vostra sfiducia. CESARE
Ho finito. ANTONIO
Anche a cercarla minuziosamente, non troverete in me la benché minima causa di ciò che sembrate paventare. Che gli dèi vi conservino, dunque, facendo sì che i cuori dei Romani servano ai vostri fini105. Ci separiamo qui. CESARE
Addio, sorella carissima, stammi bene. Che gli elementi ti siano propizi, e ti confortino lo spirito. Stammi bene. OTTAVIA (piangendo) Mio nobile fratello!
2141
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 2
ANTONY
The April’s in her eyes; it is love’s spring, And these the showers to bring it on. Be cheerful. OCTAVIA
Sir, look well to my husband’s house, and –
45
CAESAR
What, Octavia? I’ll tell you in your ear.
OCTAVIA
She whispers to Caesar ANTONY
Her tongue will not obey her heart, nor can Her heart inform her tongue – the swan’s-down feather, That stands upon the swell at full of tide, And neither way inclines. ENOBARBUS (aside to Agrippa) Will Caesar weep? AGRIPPA (aside to Enobarbus) He has a cloud in’s face. ENOBARBUS (aside to Agrippa) He were the worse for that were he a horse; So is he, being a man. AGRIPPA (aside to Enobarbus) Why, Enobarbus, When Antony found Julius Caesar dead He cried almost to roaring, and he wept When at Philippi he found Brutus slain. ENOBARBUS (aside to Agrippa) That year indeed he was troubled with a rheum. What willingly he did confound he wailed, Believe’t, till I wept too. CAESAR No, sweet Octavia, You shall hear from me still. The time shall not Outgo my thinking on you. ANTONY Come, sir, come, I’ll wrestle with you in my strength of love. Look, here I have you (embracing Caesar); thus I let you go, And give you to the gods. 2142
50
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 2
ANTONIO
Aprile è nei suoi occhi, è la primavera dell’amore, e questi son gli scrosci che l’annunciano. Su, allegra. OTTAVIA
Signore, badate alla casa di mio marito106, e... CESARE
Cosa, Ottavia? OTTAVIA
Ve lo dico in un orecchio. Bisbiglia a Cesare ANTONIO
La lingua non obbedisce al cuore, e il cuore non sa istruire la lingua – la piuma di un cigno, sull’acqua dell’alta marea, che non inclina da nessuna parte. ENOBARBO (a parte ad Agrippa) Piangerà, Cesare? AGRIPPA (a parte ad Enobarbo) Ha una nuvola in faccia. ENOBARBO (a parte ad Agrippa) In un cavallo sarebbe un difetto; e lo è anche in lui, che è uomo. AGRIPPA (a parte ad Enobarbo) Be’, Enobarbo, quando Antonio trovò Giulio Cesare morto, pianse che quasi ruggiva, e pianse a Filippi quando trovò Bruto ucciso. ENOBARBO (a parte ad Agrippa) Quell’anno soffriva davvero di raffreddore. Ciò che deliberatamente distruggeva, lo piangeva, e tanto, credimi, che piangevo anch’io107. CESARE
No, mia dolce Ottavia, continuerai ad avere mie notizie. Non cesserò col tempo di pensarti. ANTONIO
Venite, signore, venite, voglio lottare con voi a chi ha più forza d’amore. Ecco, vi ho preso (abbraccia Cesare); e così vi lascio, e vi affido agli dèi.
2143
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 3
Adieu, be happy.
CAESAR
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LEPIDUS
Let all the number of the stars give light To thy fair way. CAESAR Farewell, farewell. He kisses Octavia Farewell.
ANTONY
Trumpets sound. Exeunt Antony, Octavia, and Enobarbus at one door, Caesar, Lepidus, and Agrippa at another 3.3
Enter Cleopatra, Charmian, Iras, and Alexas
CLEOPATRA
Where is the fellow? ALEXAS Half afeard to come. CLEOPATRA
Go to, go to. Enter the Messenger as before Come hither, sir. Good majesty, Herod of Jewry dare not look upon you But when you are well pleased. CLEOPATRA That Herod’s head I’ll have; but how, when Antony is gone, Through whom I might command it? (To the Messenger) Come thou near. ALEXAS
MESSENGER
Most gracious majesty! CLEOPATRA Didst thou behold Octavia? MESSENGER Ay, dread Queen.
2144
5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 3
CESARE
Addio, siate felice. LEPIDO
Che le stelle tutte quante diano luce al tuo splendido cammino. CESARE
Addio, addio. Bacia Ottavia ANTONIO
Addio. Suono di trombe. Escono Antonio, Ottavia ed Enobarbo da una porta, Cesare, Lepido e Agrippa da un’altra III, 3
Entrano Cleopatra, Charmian, Iras e Alexas108
CLEOPATRA
DOv’è quell’uomo? ALEXAS
Ha un po’ paura di entrare. CLEOPATRA
Su, su. Entra il messaggero come prima Venite qua, signore. ALEXAS
Vostra maestà, Erode di Giudea non ardirebbe guardarvi se non quando siete di buon umore. CLEOPATRA
Voglio la testa di quell’Erode; ma come ordinarla, visto che Antonio se n’è andato109? (Al messaggero) Avvicinati. MESSAGGERO
Vostra graziosissima maestà! CLEOPATRA
Hai osservato Ottavia? MESSAGGERO
Sì, temuta regina.
2145
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 3
CLEOPATRA
Where?
Madam, in Rome. I looked her in the face, and saw her led Between her brother and Mark Antony.
MESSENGER
10
CLEOPATRA
Is she as tall as me? She is not, madam.
MESSENGER CLEOPATRA
Didst hear her speak? Is she shrill-tongued or low? MESSENGER
Madam, I heard her speak. She is low-voiced. CLEOPATRA
That’s not so good. He cannot like her long. CHARMIAN
Like her? O Isis, ’tis impossible!
15
CLEOPATRA
I think so, Charmian. Dull of tongue, and dwarfish. What majesty is in her gait? Remember If e’er thou looked’st on majesty. MESSENGER She creeps. Her motion and her station are as one. She shows a body rather than a life, A statue than a breather. CLEOPATRA Is this certain?
20
MESSENGER
Or I have no observance. Three in Egypt Cannot make better note. CLEOPATRA He’s very knowing, I do perceive’t. There’s nothing in her yet. The fellow has good judgement. CHARMIAN Excellent. CLEOPATRA (to the Messenger) Guess at her years, I prithee. CHARMIAN
2146
25
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 3
CLEOPATRA
Dove? MESSAGGERO
A Roma, signora. L’ho guardata in faccia, e l’ho vista camminare tra suo fratello e Marco Antonio. CLEOPATRA
È alta come me? MESSAGGERO
No, non lo è, signora. CLEOPATRA
L’hai sentita parlare? Ha la voce alta o bassa? MESSAGGERO
L’ho sentita parlare, signora. Ha la voce bassa. CLEOPATRA
Questo non va molto bene. Non può piacergli a lungo. CHARMIAN
Piacergli? Oh Iside, è impossibile! CLEOPATRA
Lo credo anch’io, Charmian. Di voce spenta, e nana. Ha della maestà nel portamento? Cerca di ricordarlo, se hai mai visto cos’è la maestà. MESSAGGERO
Striscia. Moto e quiete in lei sono un tutt’uno. È più un corpo che una vita, più una statua che un essere animato. CLEOPATRA
Davvero? MESSAGGERO
Sì, o non sono capace di osservare. CHARMIAN
In tutto l’Egitto non ci sono tre persone che notino le cose come lui. CLEOPATRA
Se ne intende, lo vedo. Non c’è niente in lei. Ha del discernimento, l’uomo. CHARMIAN
Eccellente. CLEOPATRA (al messaggero) Dimmi, per piacere: quanti anni le daresti? 2147
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 3
MESSENGER
Madam,
She was a widow – Widow? Charmian, hark. MESSENGER And I do think she’s thirty. CLEOPATRA CLEOPATRA
Bear’st thou her face in mind? Is’t long or round? MESSENGER Round, even to faultiness.
30
CLEOPATRA
For the most part, too, they are foolish that are so. Her hair – what colour? MESSENGER Brown, madam; and her forehead As low as she would wish it. CLEOPATRA (giving money) There’s gold for thee. Thou must not take my former sharpness ill. I will employ thee back again. I find thee Most fit for business. Go, make thee ready. Our letters are prepared. Exit Messenger CHARMIAN A proper man.
35
CLEOPATRA
Indeed he is so. I repent me much That so I harried him. Why, methinks, by him, This creature’s no such thing. CHARMIAN Nothing, madam.
40
CLEOPATRA
The man hath seen some majesty, and should know. CHARMIAN
Hath he seen majesty? Isis else defend, And serving you so long! CLEOPATRA
I have one thing more to ask him yet, good Charmian. But ’tis no matter. Thou shalt bring him to me Where I will write. All may be well enough.
2148
45
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 3
MESSAGGERO
Signora, era vedova... CLEOPATRA
Vedova? Hai sentito, Charmian? MESSAGGERO
E credo sia sulla trentina. CLEOPATRA
Ti ricordi la faccia? È lunga o tonda? MESSAGGERO
Tonda, anche troppo. CLEOPATRA
Quelle così di solito sono sceme. E i capelli – di che colore sono? MESSAGGERO
Castani, signora; e la fronte ce l’ha bassa da non credersi. CLEOPATRA (dandogli soldi)
Eccoti dell’oro. Non prendertela se prima ti ho trattato male. Ti impiegherò di nuovo. Ti trovo adattissimo al mestiere. Su, preparati. Le nostre lettere sono pronte. Esce il messaggero CHARMIAN
Una persona per bene. CLEOPATRA
Sì, in effetti. Mi spiace molto di averlo strapazzato. Be’, da quello che dice non è un granché questa creatura. CHARMIAN
Non è niente, signora. CLEOPATRA
Un po’ di maestà l’ha vista, e dovrebbe sapere. CHARMIAN
Se ha visto della maestà? Per Iside, dopo avervi servito tanto a lungo! CLEOPATRA
Ho un’altra cosa da chiedergli, cara Charmian, ma non importa. Vado a scrivere, portamelo lì. Può andare ancora tutto bene.
2149
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 4
CHARMIAN I warrant you, madam.
3.4
Exeunt
Enter Antony and Octavia
ANTONY
Nay, nay, Octavia, not only that, That were excusable, that and thousands more Of semblable import; but he hath waged New wars ’gainst Pompey, made his will and read it To public ear, spoke scantly of me; When perforce he could not But pay me terms of honour, cold and sickly He vented them, most narrow measure lent me. When the best hint was given him, he not took’t, Or did it from his teeth. OCTAVIA O my good lord, Believe not all, or if you must believe, Stomach not all. A more unhappy lady, If this division chance, ne’er stood between, Praying for both parts. The good gods will mock me presently, When I shall pray ‘O, bless my lord and husband!’, Undo that prayer by crying out as loud ‘O, bless my brother!’ Husband win, win brother Prays and destroys the prayer; no midway ’Twixt these extremes at all. ANTONY Gentle Octavia, Let your best love draw to that point which seeks Best to preserve it. If I lose mine honour, I lose myself. Better I were not yours Than yours so branchless. But, as you requested, Yourself shall go between’s. The meantime, lady, I’ll raise the preparation of a war Shall stain your brother. Make your soonest haste; So your desires are yours. OCTAVIA Thanks to my lord. The Jove of power make me most weak, most weak, Your reconciler! Wars ’twixt you twain would be 2150
5
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 4
CHARMIAN
Garantito, signora. Escono III, 4
Entrano Antonio e Ottavia110
ANTONIO
No, no, Ottavia, non è solo questo, che sarebbe scusabile, questo e mille altre cose di pari peso; ma ha di nuovo mosso guerra a Pompeo, ha fatto testamento e l’ha letto in pubblico111; di me quasi non parla, e se non può evitare termini d’onore, gli escono di bocca con freddezza e malavoglia; me le dà molto corte. Anche nella migliore delle occasioni, o non la coglie, o lo fa a denti stretti. OTTAVIA
Mio buon signore, non prestate fede a tutto, e se proprio lo dovete, non risentitevi di tutto. Donna più infelice, se vi divideste, non ci sarà mai stata, io che prego per entrambe le parti. Gli dèi benigni mi scherniranno, sentendomi pregare ‘Oh benedite il mio signore e marito’, e poi disfare la preghiera implorando con altrettanto ardore ‘Oh benedite mio fratello!’ Vinci marito, vinci fratello – una preghiera che distrugge l’altra, due estremi senza via di mezzo112. ANTONIO
Gentile Ottavia, riservate il vostro amore più genuino a chi più cerca di preservarlo. Se io perdo il mio onore, perdo me stesso. Meglio sarebbe che non fossi vostro, che vostro in maniera tanto spoglia. Ma, come avete richiesto, andrete voi stessa a far da tramite tra noi. Nel frattempo, signora, preparerò una guerra che possa eclissare vostro fratello. Affrettatevi il più possibile, giacché è questo che desiderate. OTTAVIA
Grazie, mio signore. Possa il potente Giove far di me, così debole, così debole, la vostra riconciliatrice! Una guerra tra voi sarebbe
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 5
As if the world should cleave, and that slain men Should solder up the rift. ANTONY
When it appears to you where this begins, Turn your displeasure that way, for our faults Can never be so equal that your love Can equally move with them. Provide your going, Choose your own company, and command what cost Your heart has mind to.
35
Exeunt 3.5
Enter Enobarbus and Eros, meeting
ENOBARBUS How now, friend Eros? EROS There’s strange news come, sir. ENOBARBUS What, man? EROS Caesar and Lepidus have made wars upon Pompey. ENOBARBUS This is old. What is the success?
5
EROS Caesar, having made use of him in the wars ’gainst
Pompey, presently denied him rivality, would not let him partake in the glory of the action, and, not resting here, accuses him of letters he had formerly wrote to Pompey; upon his own appeal seizes him; so the poor third is up, till death enlarge his confine.
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ENOBARBUS
Then, world, thou hast a pair of chops, no more, And throw between them all the food thou hast, They’ll grind the one the other. Where’s Antony? EROS
He’s walking in the garden, thus, and spurns The rush that lies before him, cries ‘Fool Lepidus!’ And threats the throat of that his officer That murdered Pompey.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 5
come se il mondo si spaccasse in due: solo dei cadaveri potrebbero poi saldare la voragine. ANTONIO
Quando vi sarà chiaro dov’è che ha avuto inizio tutto questo, volgete il vostro sdegno in quella direzione, perché le nostre colpe non saranno mai talmente uguali che il vostro amore possa accompagnarsi equamente con entrambi. Provvedete alla vostra partenza, scegliete chi vi debba accompagnare, decidete a vostro piacimento delle spese. Escono III, 5
Entrano Enobarbo ed Eros, che si incontrano
ENOBARBO
Come va, Eros, amico mio? EROS
Arrivano strane notizie, signore113. ENOBARBO
E cioè? EROS
Cesare e Lepido hanno mosso guerra a Pompeo. ENOBARBO
Questa è vecchia. Qual è la successiva? EROS
Cesare, subito dopo averlo usato nella guerra con Pompeo, gli ha negato parità di rango, non gli permette di partecipare alla gloria dell’azione, e, non contento, lo accusa di essersi scambiato lettere con Pompeo; in base alla sua stessa imputazione lo fa arrestare, e così il povero terzo è sotto chiave, finché la morte allarghi i suoi confini. ENOBARBO
E allora, mondo, hai solo un paio di mascelle, non di più: buttaci pure in mezzo tutto il cibo che hai, l’una macinerà l’altra. Dov’è Antonio? EROS
Passeggia in giardino, così, prende a calci i giunchi che ha davanti, gridando ‘Scemo di un Lepido!’, e minaccia la gola di quel suo ufficiale che ha assassinato Pompeo114. 2153
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 6
ENOBARBUS
Our great navy’s rigged.
EROS
For Italy and Caesar. More, Domitius: My lord desires you presently. My news I might have told hereafter. ENOBARBUS ’Twill be naught. But let it be; bring me to Antony. EROS Come, sir. 3.6
20
Exeunt
Enter Agrippa, Maecenas, and Caesar
CAESAR
Contemning Rome, he has done all this and more In Alexandria. Here’s the manner oft: I’th’ market place on a tribunal silvered, Cleopatra and himself in chairs of gold Were publicly enthroned. At the feet sat Caesarion, whom they call my father’s son, And all the unlawful issue that their lust Since then hath made between them. Unto her He gave the stablishment of Egypt; made her Of lower Syria, Cyprus, Lydia, Absolute queen. MAECENAS This in the public eye?
5
10
CAESAR
I’th’ common showplace, where they exercise. His sons he there proclaimed the kings of kings; Great Media, Parthia, and Armenia He gave to Alexander. To Ptolemy he assigned Syria, Cilicia, and Phoenicia. She In th’habiliments of the goddess Isis That day appeared, and oft before gave audience, As ’tis reported, so. MAECENAS Let Rome be thus informed.
15
AGRIPPA
Who, queasy with his insolence already, Will their good thoughts call from him.
2154
20
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 6
ENOBARBO
La nostra grande flotta è armata. EROS
Contro l’Italia e Cesare. A proposito, Domizio: il mio signore vuole vederti immediatamente. Le notizie avrei potuto dartele dopo. ENOBARBO
Sarà niente. Comunque, portami da Antonio. EROS
Venite, signore. Escono III, 6
Entrano Agrippa, Mecenate e Cesare115
CESARE
In spregio a Roma ha fatto questo e altro ad Alessandria. Ecco come: nel foro, su una tribuna d’argento, Cleopatra e lui si sono pubblicamente insediati su troni d’oro. Ai loro piedi sedeva Cesarione, che dicono figlio di mio padre, e tutta l’illegittima progenie che la loro lussuria ha successivamente generato116. A lei ha consegnato il governo dell’Egitto, e l’ha fatta regina assoluta della Siria inferiore, di Cipro e della Lidia. MECENATE
Tutto questo in pubblico? CESARE
In piazza d’armi, dove si fanno le esercitazioni. Lì ha proclamato i suoi figli re dei re; la Grande Media, la Partia e l’Armenia li ha dati ad Alessandro. A Tolomeo ha assegnato la Siria, la Cilicia e la Fenicia. Quel giorno lei è comparsa nelle vesti della dea Iside117, e a quanto pare, già prima aveva spesso dato udienza come tale. MECENATE
Che Roma ne sia informata. AGRIPPA
Già nauseata della sua insolenza, gli toglierà ogni credito.
2155
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 6
The people knows it, And have now received his accusations. AGRIPPA Who does he accuse? CAESAR
CAESAR
Caesar, and that having in Sicily Sextus Pompeius spoiled, we had not rated him His part o’th’ isle. Then does he say he lent me Some shipping, unrestored. Lastly, he frets That Lepidus of the triumvirate Should be deposed; and being, that we detain All his revenue. AGRIPPA Sir, this should be answered.
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30
CAESAR
’Tis done already, and the messenger gone. I have told him Lepidus was grown too cruel, That he his high authority abused And did deserve his change. For what I have conquered, I grant him part; but then in his Armenia, And other of his conquered kingdoms, I demand the like. MAECENAS He’ll never yield to that.
35
CAESAR
Nor must not then be yielded to in this. Enter Octavia with her train OCTAVIA
Hail, Caesar, and my lord; hail, most dear Caesar! CAESAR
That ever I should call thee castaway!
40
OCTAVIA
You have not called me so, nor have you cause. CAESAR
Why have you stol’n upon us thus? You come not Like Caesar’s sister. The wife of Antony Should have an army for an usher, and The neighs of horse to tell of her approach 2156
45
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 6
CESARE
Il popolo ne è a conoscenza, e ora sono arrivate le sue accuse. AGRIPPA
E chi accusa? CESARE
Cesare, e che dopo aver tolto la Sicilia a Sesto Pompeo, non gli abbiamo assegnato la sua parte di isola. Poi dice che mi ha prestato delle navi, e io non le ho restituite. Infine si lamenta che Lepido sia stato deposto dal triumvirato; e che, dopo averlo fatto, noi ci siamo tenuti tutte le sue entrate. AGRIPPA
A questo bisogna rispondere, signore. CESARE
Già fatto, il messaggero è partito. Gli ho detto che Lepido era diventato troppo crudele, che abusava della sua alta autorità, e che si meritava il cambiamento118. Di quello che ho conquistato io, gli garantisco una parte; però allora chiedo che nella sua Armenia, e in quegli altri regni che ha conquistato, anche lui faccia lo stesso. MECENATE
Questo non lo accetterà mai. CESARE
E noi non accetteremo mai che non lo faccia. Entra Ottavia con il suo seguito OTTAVIA
Salve, Cesare, mio signore; salve mio carissimo Cesare! CESARE
Che un giorno dovessi chiamarvi reietta!119 OTTAVIA
Non l’avete mai fatto, e non ne avete motivo. CESARE
Perché arrivate da noi così di nascosto? Non venite come sorella di Cesare. La moglie di Antonio dovrebbe avere un esercito come araldo, il nitrito dei cavalli dovrebbe annunciarne l’arrivo ben pri-
2157
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 6
Long ere she did appear. The trees by th’ way Should have borne men, and expectation fainted, Longing for what it had not. Nay, the dust Should have ascended to the roof of heaven, Raised by your populous troops. But you are come A market maid to Rome, and have prevented The ostentation of our love; which, left unshown, Is often left unloved. We should have met you By sea and land, supplying every stage With an augmented greeting. OCTAVIA Good my lord, To come thus was I not constrained, but did it On my free will. My lord, Mark Antony, Hearing that you prepared for war, acquainted My grievèd ear withal, whereon I begged His pardon for return. CAESAR Which soon he granted, Being an obstruct ’tween his lust and him.
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55
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OCTAVIA
Do not say so, my lord. CAESAR I have eyes upon him,
And his affairs come to me on the wind. Where is he now? OCTAVIA My lord, in Athens. CAESAR
No, my most wrongèd sister. Cleopatra Hath nodded him to her. He hath given his empire Up to a whore; who now are levying The kings o’th’ earth for war. He hath assembled Bocchus, the King of Libya; Archelaus Of Cappadocia; Philadelphos, King Of Paphlagonia; the Thracian King Adallas; King Malchus of Arabia; King of Pont; Herod of Jewry; Mithridates, King Of Comagene; Polemon and Amyntas, The Kings of Mede and Lycaonia; With a more larger list of sceptres. 2158
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 6
ma della sua comparsa. Gli alberi sulla sua strada dovrebbero essere carichi di uomini, che, bramosi di ciò che non hanno, svengono nell’attesa. No, la polvere sollevata dalle vostre popolose truppe avrebbe dovuto ascendere fino al tetto del cielo. Ma voi arrivate a Roma come una serva al mercato, e ci avete impedito di ostentare il nostro amore. Il quale, se non viene mostrato, spesso non viene neanche amato. Avremmo dovuto incontrarvi per mare e per terra, con festeggiamenti a ogni tappa maggiori. OTTAVIA
Mio buon signore, non sono stata costretta ad arrivare così, ma l’ho fatto di mia libera volontà. Il mio signore, Marco Antonio, sentendo che vi preparavate alla guerra, ne ha informato il mio dolente orecchio, e io gli ho chiesto di poter tornare. CESARE
E lui ve l’ha subito concesso, visto che eravate di ostacolo tra la sua lussuria e lui. OTTAVIA
Non dite così, mio signore. CESARE
Ho occhi che lo spiano, e i suoi affari mi arrivano con la velocità del vento. Dov’è adesso? OTTAVIA
Ad Atene, mio signore. CESARE
No, mia umiliatissima sorella. Cleopatra gli ha fatto cenno di raggiungerla. Ha consegnato il suo impero a una puttana; e adesso stanno arruolando i re della terra per muovere contro di noi. Ha messo assieme Bocco, Re di Libia; Archelao, di Cappadocia; Filadelfo, Re di Paflagonia; il Re di Tracia Adalla; Malco Re di Arabia; il Re del Ponto; Erode di Giudea; Mitridate, Re di Comagene; Polemone e Aminta, Re di Media e Licaonia; e una lista di scettri ancora più lunga.
2159
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 7
Ay me most wretched, That have my heart parted betwixt two friends That does afflict each other! CAESAR Welcome hither. Your letters did withhold our breaking forth Till we perceived both how you were wrong led And we in negligent danger. Cheer your heart. Be you not troubled with the time, which drives O’er your content these strong necessities; But let determined things to destiny Hold unbewailed their way. Welcome to Rome; Nothing more dear to me. You are abused Beyond the mark of thought, and the high gods, To do you justice, makes their ministers Of us and those that love you. Best of comfort, And ever welcome to us. AGRIPPA Welcome, lady. MAECENAS Welcome, dear madam. Each heart in Rome does love and pity you. Only th’adulterous Antony, most large In his abominations, turns you off, And gives his potent regiment to a trull That noises it against us. OCTAVIA Is it so, sir? OCTAVIA
CAESAR
Most certain. Sister, welcome. Pray you Be ever known to patience. My dear’st sister! 3.7
Enter Cleopatra and Enobarbus
CLEOPATRA
I will be even with thee, doubt it not. ENOBARBUS But why, why, why? CLEOPATRA
Thou hast forspoke my being in these wars, And sayst it is not fit. ENOBARBUS Well, is it, is it?
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Exeunt
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 7
OTTAVIA
Oh me sventurata, che ho il cuore diviso tra due amici che si fanno del male l’un l’altro! CESARE
Benvenuta! Le vostre lettere hanno ritardato la nostra rottura finché ci siamo accorti che venivate ingannata, e che noi stessi eravamo in pericolo a causa della nostra negligenza. Ma coraggio! Non preoccupatevi se la dura necessità dei tempi calpesta la vostra felicità; ciò che il destino ha predeterminato segua illacrimato il proprio corso. Benvenuta a Roma; nulla poteva essermi più caro. Vi si sta oltraggiando al di là del pensabile, e gli alti dèi, per rendervi giustizia, fanno di noi e di chi vi ama i loro ministri. Confortatevi, per noi siete sempre la benvenuta. AGRIPPA
Benvenuta, signora. MECENATE
Benvenuta, cara signora. Non c’è cuore in Roma che non vi ami e compatisca. L’unico che vi ripudi è l’adultero Antonio, senza limiti nelle sue abominazioni, che consegna la sua potente autorità a una sgualdrina che va sbraitando contro di noi. OTTAVIA
È davvero così, signore? CESARE
Esattamente così. Benvenuta, sorella. Abbiate pazienza, ve ne prego. Sorella mia carissima! Escono III, 7
Entrano Cleopatra ed Enobarbo120
CLEOPATRA
Con te faremo i conti, non dubitare. ENOBARBO
Ma perché, perché, perché? CLEOPATRA
Hai sparlato della mia presenza in questa guerra, e dici che non è opportuna. ENOBARBO
Perché – lo è, forse, lo è? 2161
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 7
CLEOPATRA
Is’t not denounced against us? Why should not we Be there in person? ENOBARBUS [aside] Well, I could reply If we should serve with horse and mares together, The horse were merely lost; the mares would bear A soldier and his horse. CLEOPATRA What is’t you say?
5
ENOBARBUS
Your presence needs must puzzle Antony, Take from his heart, take from his brain, from’s time What should not then be spared. He is already Traduced for levity; and ’tis said in Rome That Photinus, an eunuch, and your maids Manage this war. CLEOPATRA Sink Rome, and their tongues rot That speak against us! A charge we bear i’th’ war, And as the president of my kingdom will Appear there for a man. Speak not against it. I will not stay behind.
10
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Enter Antony and Camidius Nay, I have done. Here comes the Emperor. ANTONY Is it not strange, Camidius, That from Tarentum and Brundisium He could so quickly cut the Ionian Sea And take in Toryne? – You have heard on’t, sweet? ENOBARBUS
21
CLEOPATRA
Celerity is never more admired Than by the negligent. ANTONY A good rebuke, Which might have well becomed the best of men To taunt at slackness. Camidius, we Will fight with him by sea. CLEOPATRA By sea – what else?
2162
25
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 7
CLEOPATRA
Non è contro di noi che è stata dichiarata?121 Perché non dovremmo esserci in persona? ENOBARBO [a parte] Be’, potrei rispondere che se andassimo a combattere con cavalli e giumente assieme, i cavalli sarebbero perduti; le giumente porterebbero il soldato e il suo cavallo. CLEOPATRA
Cos’è che dici? ENOBARBO
La vostra presenza non può che sconcertare Antonio, gli toglierà dal cuore, dal cervello e dal suo stesso tempo ciò di cui invece non può fare a meno. Già lo si accusa di leggerezza; e a Roma si dice che in questa guerra comandano l’eunuco Fotino e le vostre ancelle. CLEOPATRA
Che Roma sprofondi122, e a chi parla contro di noi gli si marcisca la lingua! In questa guerra dobbiamo fare la nostra parte, e come presidente del mio regno intendo comparirvi come un uomo123. È inutile che tu ti opponga. Non resterò indietro. Entrano Antonio e Canidio ENOBARBO
D’accordo, ho concluso. Ecco che arriva l’Imperatore. ANTONIO
Non è strano, Canidio, che da Taranto e Brindisi sia riuscito a attraversare così in fretta il Mar Ionio e prendere Torone? 124 – Lo sapevi, amore? CLEOPATRA
Nessuno ammira la velocità più di chi la neglige. ANTONIO
Un buon rimprovero, fustigare l’indolenza si addice anche ai migliori degli uomini. Canidio, li affronteremo per mare. CLEOPATRA
Per mare – dove altro?
2163
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 7
CAMIDIUS
Why will my lord do so? For that he dares us to’t.
ANTONY
ENOBARBUS
So hath my lord dared him to single fight.
30
CAMIDIUS
Ay, and to wage this battle at Pharsalia, Where Caesar fought with Pompey. But these offers Which serve not for his vantage, he shakes off, And so should you. ENOBARBUS Your ships are not well manned, Your mariners are muleters, reapers, people Engrossed by swift impress. In Caesar’s fleet Are those that often have ’gainst Pompey fought. Their ships are yare, yours heavy. No disgrace Shall fall you for refusing him at sea, Being prepared for land. ANTONY By sea, by sea.
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40
ENOBARBUS
Most worthy sir, you therein throw away The absolute soldiership you have by land; Distract your army, which doth most consist Of war-marked footmen; leave unexecuted Your own renownèd knowledge; quite forgo The way which promises assurance, and Give up yourself merely to chance and hazard From firm security. ANTONY I’ll fight at sea. CLEOPATRA
I have sixty sails, Caesar none better.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 7
CANIDIO
Perché vuol fare questo il mio signore? ANTONIO
Perché ci sfida a farlo. ENOBARBO
Se è per questo il mio signore lo ha sfidato a singolar tenzone… CANIDIO
Sì, e a ingaggiare questa battaglia a Farsalo, dove Cesare ha combattuto con Pompeo. Ma queste offerte, che non servono al suo vantaggio, lui le rigetta, e voi dovreste fare altrettanto. ENOBARBO
Le vostre navi sono male equipaggiate, i vostri marinai sono mulattieri, mietitori, gente arruolata a forza e in fretta125. Nella flotta di Cesare ci sono quelli che hanno combattuto spesso con Pompeo. Le loro navi sono agili, le vostre pesanti. Non c’è nessun disonore a rifiutargli il mare, se siamo preparati per la terra. ANTONIO
In mare, in mare. ENOBARBO
Mio valoroso signore, in questo modo gettate via l’assoluta supremazia che avete in terra; dividete il vostro esercito, che in gran parte consiste di fanteria segnata dalla guerra; tralasciate di esercitare la vostra ben nota competenza; abbandonate la strada che promette sicurezza, e abdicando a una solida certezza vi consegnate all’azzardo e al caso. ANTONIO
Combatterò per mare. CLEOPATRA
Ho sessanta vele, che Cesare non ne ha di migliori.
2165
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 7
ANTONY
Our overplus of shipping will we burn, And with the rest full-manned, from th’head of Actium Beat th’approaching Caesar. But if we fail, We then can do’t at land.
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Enter a Messenger Thy business? MESSENGER
The news is true, my lord. He is descried. Caesar has taken Toryne.
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ANTONY
Can he be there in person? ’Tis impossible; Strange that his power should be. Camidius, Our nineteen legions thou shalt hold by land, And our twelve thousand horse. We’ll to our ship. Away, my Thetis! Enter a Soldier How now, worthy soldier?
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SOLDIER
O noble Emperor, do not fight by sea. Trust not to rotten planks. Do you misdoubt This sword and these my wounds? Let th’Egyptians And the Phoenicians go a-ducking; we Have used to conquer standing on the earth, And fighting foot to foot. ANTONY Well, well; away!
65
Exeunt Antony, Cleopatra, and Enobarbus SOLDIER
By Hercules, I think I am i’th’ right. CAMIDIUS
Soldier, thou art; but his whole action grows Not in the power on’t. So our leader’s led, And we are women’s men. SOLDIER You keep by land The legions and the horse whole, do you not? 2166
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 7
ANTONIO
Il sovrappiù di navi lo bruceremo, e con le restanti bene equipaggiate dal capo di Azio batteremo Cesare che avanza. Se perdiamo, possiamo sempre farcela per terra. Entra un messaggero Che c’è? MESSAGGERO
La notizia è vera, signore. È stato avvistato. Cesare ha preso Torone. ANTONIO
Come può esserci in persona? È impossibile. È già strano che ci sia il suo esercito. Canidio, a te il comando a terra delle nostre diciannove legioni, e dei nostri dodicimila cavalli. E noi sulla nostra nave. Andiamo, mia Teti126! Entra un soldato Che c’è, mio buon soldato? SOLDATO
Oh nobile imperatore, non combattete per mare. Non fidatevi di tavole marce. Dubitate forse di questa spada e di queste mie ferite? Facciano le anatre gli Egizi e i Fenici; noi siamo stati abituati a conquistare stando sulla terra e combattendo piede contro piede. ANTONIO
D’accordo, d’accordo; andiamo! Escono Antonio, Cleopatra ed Enobarbo SOLDATO
Per Ercole, sono convinto di aver ragione. CANIDIO
E ce l’hai, soldato; ma le sue azioni non si basano sulla forza. E così il nostro condottiero è condotto, e noi siamo uomini di donne. SOLDATO
Siete voi che a terra comandate le legioni e tutta la cavalleria, vero?
2167
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 8
CAMIDIUS
Marcus Octavius, Marcus Justeius, Publicola and Caelius are for sea, But we keep whole by land. This speed of Caesar’s Carries beyond belief. SOLDIER While he was yet in Rome His power went out in such distractions As beguiled all spies. CAMIDIUS Who’s his lieutenant, hear you?
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SOLDIER
They say, one Taurus. CAMIDIUS
Well I know the man.
Enter a Messenger MESSENGER
The Emperor calls Camidius. CAMIDIUS
With news the time’s in labour, and throws forth Each minute some. Exeunt 3.8
80
Enter Caesar with his army, marching, and Taurus
CAESAR Taurus! TAURUS My lord? CAESAR
Strike not by land. Keep whole. Provoke not battle Till we have done at sea. (Giving a scroll) Do not exceed The prescript of this scroll. Our fortune lies Upon this jump. Exit Caesar and his army at one door, Taurus at another
2168
5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 8
CANIDIO
Marco Ottavio, Marco Giusteio, Publicola e Celio comandano in mare, noi in terra. Questa velocità di Cesare ha dell’incredibile. SOLDATO
Mentre era ancora a Roma, le sue forze sono partite a scaglioni, ingannando tutte le spie. CANIDIO
Sai chi è il suo luogotenente? SOLDATO
Dicono sia un certo Tauro. CANIDIO
Lo conosco bene. Entra un messaggero MESSAGGERO
L’Imperatore chiama Canidio. CANIDIO
Il tempo è gravido di notizie, ogni minuto ne partorisce una. Escono Entrano Cesare con il suo esercito in marcia e Tauro
III, 8
CESARE
Tauro! TAURO
Signore? CESARE
Non attaccare per terra. Tieni le forze unite. Non dare battaglia finché non avremo concluso per mare. (Dandogli un rotolo) Attieniti agli ordini scritti in questo rotolo. Ci giochiamo la fortuna in questo azzardo. Escono Cesare e il suo esercito da una porta, Tauro da un’altra
2169
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 10
Enter Antony and Enobarbus
3.9
ANTONY
Set we our squadrons on yon side o’th’ hill In eye of Caesar’s battle, from which place We may the number of the ships behold, And so proceed accordingly.
Exeunt
Camidius marcheth with his land army one way over the stage, and Taurus, the lieutenant of Caesar, with his army the other way. After their going in is heard the noise of a sea-fight. Alarum. Enter Enobarbus
3.10
ENOBARBUS
Naught, naught, all naught! I can behold no longer. Th’Antoniad, the Egyptian admiral, With all their sixty, fly and turn the rudder. To see’t mine eyes are blasted. Enter Scarus SCARUS
Gods and goddesses –
All the whole synod of them! What’s thy passion?
ENOBARBUS
5
SCARUS
The greater cantle of the world is lost With very ignorance; we have kissed away Kingdoms and provinces. ENOBARBUS How appears the fight? SCARUS
On our side like the tokened pestilence, Where death is sure. Yon riband-red nag of Egypt – Whom leprosy o’ertake! – i’th’ midst o’th’ fight – When vantage like a pair of twins appeared, Both as the same, or rather ours the elder – The breese upon her, like a cow in June, Hoists sails and flies.
11
10. Riband-red: emend. Oxford (che unisce l’allusione al rosso dell’abito di una meretrice ai segni mortali delle peste); in F ribaudred, molto discusso. 2170
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 10
Entrano Antonio ed Enobarbo
III, 9
ANTONIO
Disponiamo i nostri squadroni su quel fianco della collina, di fronte allo schieramento di Cesare; da lì possiamo osservare il numero delle navi, e decidere di conseguenza. Escono III, 10 Da una parte Canidio marcia in scena con il suo esercito di terra, dall’altra Tauro, luogotenente di Cesare, con il suo esercito. Dopo che sono usciti si sente il rumore di una battaglia navale. Trombe. Entra Enobarbo ENOBARBO
Tutto perduto, perduto, perduto! Non riesco più a guardare. L’Antoniade, l’ammiraglia egiziana, ha girato il timone ed è fuggita assieme alle altre sessanta. Vederlo mi ha infettato gli occhi. Entra Scaro SCARO
Per gli dèi e per le dee – tutto quanto il sinodo! ENOBARBO
Cosa ti infuria? SCARO
La più grande parte del mondo è perduta per pura ignoranza; per un bacio abbiamo dato via regni e province. ENOBARBO
Come si presenta la battaglia? SCARO
Per noi come la peste coi bubboni, quando la morte è sicura. Quella rossoinfiocchettata giumenta egiziana – che le prenda la lebbra! – nel mezzo della battaglia – quando il vantaggio sembrava una coppia di gemelli, il nostro semmai nato prima – come una vacca in giugno attaccata da un tafano, spiega le vele e fugge.
2171
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 11
That I beheld. Mine eyes did sicken at the sight, and could not Endure a further view. SCARUS She once being luffed, The noble ruin of her magic, Antony, Claps on his sea-wing and, like a doting mallard, Leaving the fight in height, flies after her. I never saw an action of such shame. Experience, manhood, honour, ne’er before Did violate so itself. ENOBARBUS Alack, alack! ENOBARBUS
15
20
Enter Camidius CAMIDIUS
Our fortune on the sea is out of breath, And sinks most lamentably. Had our general Been what he knew himself, it had gone well. O, he has given example for our flight Most grossly by his own.
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ENOBARBUS
Ay, are you thereabouts? Why then, good night indeed! CAMIDIUS
Toward Peloponnesus are they fled. SCARUS
’Tis easy to’t, and there I will attend What further comes. CAMIDIUS To Caesar will I render My legions and my horse. Six kings already Show me the way of yielding. ENOBARBUS I’ll yet follow The wounded chance of Antony, though my reason Sits in the wind against me. [Exeunt severally] 3.11
Enter Antony with Attendants
ANTONY
Hark, the land bids me tread no more upon’t, It is ashamed to bear me. Friends, come hither. 2172
30
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 11
ENOBARBO
Questo l’ho visto, e nel vederlo gli occhi mi sono venuti meno: non ce l’ho fatta a guardare ancora. SCARO
Una volta che lei ha virato, la nobile rovina della sua magia, Antonio, spiega al vento le sue ali marine e, come il maschio dell’anatra infoiato, le fugge dietro, lasciando la battaglia nel suo culmine. Non ho mai visto un’azione tanto vergognosa. Mai prima esperienza, virilità, onore, hanno tanto profanato se stessi. ENOBARBO
Ahimè, ahimè! Entra Canidio CANIDIO
La nostra fortuna in mare ha perso il fiato, e affonda miserevolmente. Se il nostro generale fosse stato se stesso, tutto sarebbe andato bene. Oh, con la sua fuga ha dato alla nostra un ben obbrobrioso esempio. ENOBARBO
Ah, siamo arrivati a questo? Allora, buonanotte davvero! CANIDIO
Sono fuggiti verso il Peloponneso. SCARO
È facile arrivarci, aspetterò gli sviluppi lì. CANIDIO
Io consegnerò a Cesare legioni e cavalleria. Già sei re mi hanno illustrato la via della resa. ENOBARBO
Io seguirò ancora la fortuna ferita di Antonio, anche se la ragione mi soffia contro127. [Escono separatamente] III, 11 Entra Antonio con attendenti128 ANTONIO
Ascoltate, la terra mi ingiunge di non calpestarla più, si vergogna di portarmi. Amici, venite qui. Mi sono tanto attardato in questo
2173
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 11
I am so lated in the world that I Have lost my way for ever. I have a ship Laden with gold. Take that; divide it, fly, And make your peace with Caesar. ATTENDANTS Fly? Not we.
5
ANTONY
I have fled myself, and have instructed cowards To run and show their shoulders. Friends, be gone. I have myself resolved upon a course Which has no need of you. Be gone. My treasure’s in the harbour. Take it. O, I followed that I blush to look upon. My very hairs do mutiny, for the white Reprove the brown for rashness, and they them For fear and doting. Friends, be gone. You shall Have letters from me to some friends that will Sweep your way for you. Pray you, look not sad, Nor make replies of loathness. Take the hint Which my despair proclaims. Let that be left Which leaves itself. To the seaside straightway! I will possess you of that ship and treasure. Leave me, I pray, a little. Pray you now, Nay, do so; for indeed I have lost command. Therefore I pray you; I’ll see you by and by.
10
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Exeunt attendants He sits down. Enter Cleopatra led by Charmian, Iras, and Eros EROS
Nay, gentle madam, to him. Comfort him.
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IRAS Do, most dear Queen. CHARMIAN Do. Why, what else? CLEOPATRA Let me sit down. O Juno!
She sits down ANTONY No, no, no, no, no. EROS (to Antony) See you here, sir?
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30
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 11
mondo che ho perduto per sempre la mia strada. Ho una nave carica d’oro. Prendetelo, dividetevelo, fuggite, e fate pace con Cesare129. ATTENDENTI
Fuggire? Non noi. ANTONIO
Io stesso sono fuggito, e ho insegnato ai codardi come si scappa mostrando le spalle. Andatevene, amici. Mi sono deciso a un passo che non ha bisogno di voi. Andatevene. Il mio tesoro è nel porto. Prendetelo. Ho seguito chi ora arrossisco a guardare. I miei stessi capelli si ammutinano, i bianchi accusano i castani di avventatezza, e questi quelli di paura e di rimbambimento. Andatevene, amici. Vi darò lettere per certi amici che vi spalancheranno la strada. Non siate tristi, vi prego, e non opponetemi un rifiuto. Cogliete il suggerimento proclamato dalla mia disperazione. Che chi abbandona se stesso venga abbandonato. Dritti alla riva! Vi consegno quella nave e il suo tesoro. Lasciatemi un po’ solo, ve ne prego. Vi prego, sì, davvero; ho veramente perduto il comando. Dunque vi prego; ci vediamo tra poco. Escono gli attendenti Si siede Entra Cleopatra preceduta da Charmian, Iras ed Eros EROS
Su, gentile signora, andate da lui. Confortatelo. IRAS
Sì, carissima regina. CHARMIAN
Sì. Cos’altro resta? CLEOPATRA
Fatemi sedere. Oh Giunone! Si siede ANTONIO
No, no, no, no. EROS (ad Antonio)
Vedete chi c’è, signore?
2175
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 11
ANTONY O fie, fie, fie! CHARMIAN Madam. IRAS Madam. O good Empress! EROS Sir, sir. ANTONY
Yes, my lord, yes. He at Philippi kept His sword e’en like a dancer, while I struck The lean and wrinkled Cassius; and ’twas I That the mad Brutus ended. He alone Dealt on lieutenantry, and no practice had In the brave squares of war. Yet now – no matter. CLEOPATRA ([rising,] to Charmian and Iras) Ah, stand by. EROS The Queen, my lord, the Queen. IRAS Go to him, madam. Speak to him. He’s unqualitied With very shame. CLEOPATRA Well then, sustain me. O!
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40
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EROS
Most noble sir, arise. The Queen approaches. Her head’s declined, and death will seize her but Your comfort makes the rescue. ANTONY
I have offended reputation; A most unnoble swerving. EROS Sir, the Queen. ANTONY [rising] O, whither hast thou led me, Egypt? See How I convey my shame out of thine eyes By looking back what I have left behind ’Stroyed in dishonour. CLEOPATRA O, my lord, my lord, Forgive my fearful sails! I little thought You would have followed.
47. Seize: in F cease, all’epoca assimilabili. 2176
50
55
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 11
ANTONIO
Vergogna, vergogna, vergogna! CHARMIAN
Signora. IRAS
Signora. Oh mia buona Imperatrice! EROS
Signore, signore. ANTONIO
Sissignore, sì. A Filippi teneva la spada nel fodero come un ballerino, mentre io colpivo il magro e rugoso Cassio; e sono stato io a finire Bruto rabbioso130. Combatteva soltanto per procura, non aveva alcuna pratica degli splendidi squadroni della guerra. Invece adesso – non importa. CLEOPATRA ([alzandosi,] a Charmian ed Iras) Ah, statemi accanto. EROS
La Regina, mio signore, la Regina. IRAS
Andate da lui, signora. Parlategli. È fuori di sé dalla vergogna. CLEOPATRA
Va bene, sostenetemi. Oh! EROS
Alzatevi, nobilissimo signore. Sta venendo la Regina. Ha il capo chino, l’afferrerà la morte se il vostro conforto non le viene in aiuto. ANTONIO
Ho offeso la reputazione; la più ignobile delle colpe. EROS
La Regina, signore. ANTONIO [alzandosi]
Oh, dove mi hai condotto, Egitto? Guarda come estraggo la mia vergogna dai tuoi occhi, vedendovi ciò che mi son lasciato dietro, distrutto dal disonore131. CLEOPATRA
Oh, mio signore, mio signore, perdona le mie timorose vele! Non credevo che mi avreste seguito.
2177
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 12
Egypt, thou knew’st too well My heart was to thy rudder tied by th’ strings, And thou shouldst tow me after. O’er my spirit Thy full supremacy thou knew’st, and that Thy beck might from the bidding of the gods Command me. CLEOPATRA O, my pardon! ANTONY Now I must To the young man send humble treaties, dodge And palter in the shifts of lowness, who With half the bulk o’th’ world played as I pleased, Making and marring fortunes. You did know How much you were my conqueror, and that My sword, made weak by my affection, would Obey it on all cause. CLEOPATRA Pardon, pardon! ANTONY
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ANTONY
Fall not a tear, I say. One of them rates All that is won and lost. Give me a kiss.
70
He kisses her Even this repays me. (To an Attendant) We sent our schoolmaster; Is a come back? (To Cleopatra) Love, I am full of lead. (Calling) Some wine Within there, and our viands! Fortune knows We scorn her most when most she offers blows. Exeunt 3.12
Enter Caesar, [Agrippa,] Thidias, and Dolabella, with others
CAESAR
Let him appear that’s come from Antony. Know you him?
58. Tow: emend. tardo; in F stow = “mettere da parte”. 2178
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 12
ANTONIO
Egitto, lo sapevi fin troppo bene che il mio cuore era legato con le corde al tuo timone, e che mi avresti rimorchiato. Sapevi della tua piena supremazia sul mio spirito, e che il comando di un tuo cenno poteva farmi disobbedire agli ordini degli dèi. CLEOPATRA
Oh, perdonami! ANTONIO
Ora devo mandare umili trattati al giovanotto, arrabattarmi con gli espedienti della bassezza, io che con la metà della mole del mondo giocavo a piacimento mio, creando e distruggendo fortune. Sapevi in che misura eri la mia conquistatrice, e che la mia spada, indebolita dalla passione, ti avrebbe obbedito in ogni cosa. CLEOPATRA
Perdono, perdono! ANTONIO
Niente lacrime. Una sola vale tutto ciò che è stato vinto e perduto. Dammi un bacio. La bacia Basta questo a ripagarmi. (A un attendente) Avevamo mandato il nostro precettore: è tornato? (A Cleopatra) Amore, sono pieno di piombo. (Comanda) Portate qua del vino, e delle vivande! La Fortuna sa che quanto più ci batte più noi la deridiamo. Escono III, 12 Entrano Cesare, [Agrippa,] Thidias e Dolabella, con altri132 CESARE
Fate entrare il messo di Antonio. Lo conoscete?
2179
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 12
Caesar, ’tis his schoolmaster; An argument that he is plucked, when hither He sends so poor a pinion of his wing, Which had superfluous kings for messengers Not many moons gone by.
DOLABELLA
5
Enter Ambassador from Antony CAESAR
Approach and speak.
AMBASSADOR
Such as I am, I come from Antony. I was of late as petty to his ends As is the morn-dew on the myrtle leaf To his grand sea. CAESAR Be’t so. Declare thine office.
10
AMBASSADOR
Lord of his fortunes he salutes thee, and Requires to live in Egypt; which not granted, He lessens his requests, and to thee sues To let him breathe between the heavens and earth, A private man in Athens. This for him. Next, Cleopatra does confess thy greatness, Submits her to thy might, and of thee craves The circle of the Ptolemies for her heirs, Now hazarded to thy grace. CAESAR For Antony, I have no ears to his request. The Queen Of audience nor desire shall fail, so she From Egypt drive her all-disgraced friend, Or take his life there. This if she perform She shall not sue unheard. So to them both.
15
20
AMBASSADOR
Fortune pursue thee! Bring him through the bands.
CAESAR
Exit Ambassador, attended (To Thidias) To try thy eloquence now ’tis time. Dispatch. From Antony win Cleopatra. Promise, 2180
25
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 12
DOLABELLA
È il suo precettore, Cesare; segno che è spennato, se ci manda una così misera piuma della sua ala, lui che gli sovrabbondavano i re per messaggeri, non molte lune fa133. Entra l’ambasciatore di Antonio CESARE
Avvicinati e parla. AMBASCIATORE
Così come mi vedete, vengo da parte di Antonio. Solo poco fa, contavo tanto poco per i suoi scopi, quanto la rugiada del mattino su una foglia di mirto in confronto al suo vasto mare. CESARE
Va bene. Di’ quello che devi. AMBASCIATORE
Egli ti saluta signore delle sue fortune, e chiede di vivere in Egitto; se ciò non gli è concesso, riduce le richieste, e ti supplica di lasciarlo respirare tra cielo e terra vivendo privatamente a Atene. Questo per lui. Quanto a Cleopatra, riconosce la tua grandezza, si sottomette alla tua potenza, e per i suoi eredi aspira alla corona dei Tolomei, che è ora alla mercé della tua grazia. CESARE
Per le richieste di Antonio non ho orecchie. Alla Regina non mancherà l’ascolto dei suoi desideri, a condizione che cacci dall’Egitto il suo infamato amico, o lì gli tolga la vita. Se lo fa, la sua supplica non sarà inascoltata. Le mie due risposte sono queste. AMBASCIATORE
La fortuna ti accompagni! CESARE
Fategli attraversare le linee. Esce l’ambasciatore, accompagnato (A Thidias) È il momento di provare la tua eloquenza. Va’. Strappa Cleopatra a Antonio. Promettile a nostro nome ciò che chiede.
2181
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
And in our name, what she requires. Add more As thine invention offers. Women are not In their best fortunes strong, but want will perjure The ne’er-touched vestal. Try thy cunning, Thidias. Make thine own edict for thy pains, which we Will answer as a law. THIDIAS Caesar, I go.
30
CAESAR
Observe how Antony becomes his flaw, And what thou think’st his very action speaks In every power that moves. THIDIAS Caesar, I shall.
35
Exeunt Caesar and his train at one door, and Thidias at another 3.13
Enter Cleopatra, Enobarbus, Charmian, and Iras
CLEOPATRA
What shall we do, Enobarbus? Think, and die.
ENOBARBUS CLEOPATRA
Is Antony or we in fault for this? ENOBARBUS
Antony only, that would make his will Lord of his reason. What though you fled From that great face of war, whose several ranges Frighted each other? Why should he follow? The itch of his affection should not then Have nicked his captainship, at such a point, When half to half the world opposed, he being The mooted question. ’Twas a shame no less Than was his loss, to course your flying flags And leave his navy gazing. CLEOPATRA Prithee, peace.
5
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29. As thine invention offers: emend. tardo; in F from thine invention – offers. 10. Mooted: emend. tardo; in F meered = “maggiore”. 2182
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
Aggiungi ciò che ti suggerisce l’invenzione. Le donne non sono forti neanche nella buona fortuna, ma il bisogno renderà spergiura la vestale immacolata. Prova la tua astuzia, Thidias. Decretati tu stesso la ricompensa, la onoreremo come fosse legge. THIDIAS
Vado, Cesare. CESARE
Osserva come Antonio prende la sua disgrazia, e ciò che a tuo giudizio rivela ogni sua azione e movimento. THIDIAS
Sarà fatto, Cesare. Escono Cesare e il suo seguito da una porta, Thidias da un’altra III, 13 Entrano Cleopatra, Enobarbo, Charmian e Iras134 CLEOPATRA
Cosa dobbiamo fare, Enobarbo? ENOBARBO
Pensare e morire135. CLEOPATRA
Chi ha la colpa di tutto questo, Antonio o noi? ENOBARBO
Soltanto Antonio, che ha asservito la ragione alla sua voglia. Che importa che voi siate fuggita dal grande volto della guerra, i cui opposti schieramenti si impaurivano l’un l’altro? Perché doveva seguirvi? Il prurito del desiderio non avrebbe dovuto intaccargli il valore militare, in un momento in cui una metà del mondo si opponeva all’altra, e l’occasione della disputa era lui. È stata una vergogna non minore di ciò che ha perduto, seguire le vostre bandiere nella fuga, e lasciare la flotta stupefatta. CLEOPATRA
Ti prego, taci.
2183
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
Enter the Ambassador with Antony ANTONY
Is that his answer? AMBASSADOR Ay, my lord. ANTONY
The Queen shall then have courtesy, so she Will yield us up. AMBASSADOR He says so. ANTONY Let her know’t. (To Cleopatra) To the boy Caesar send this grizzled head, And he will fill thy wishes to the brim With principalities. CLEOPATRA That head, my lord? ANTONY (to the Ambassador) To him again. Tell him he wears the rose Of youth upon him, from which the world should note Something particular. His coin, ships, legions, May be a coward’s, whose ministers would prevail Under the service of a child as soon As i’th’ command of Caesar. I dare him therefore To lay his gay caparisons apart And answer me declined, sword against sword, Ourselves alone. I’ll write it. Follow me.
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Exeunt Antony and Ambassador ENOBARBUS (aside)
Yes, like enough, high-battled Caesar will Unstate his happiness and be staged to th’ show Against a sworder! I see men’s judgements are A parcel of their fortunes, and things outward Do draw the inward quality after them To suffer all alike. That he should dream, Knowing all measures, the full Caesar will Answer his emptiness! Caesar, thou hast subdue His judgement, too. Enter a Servant
2184
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
Entra l’ambasciatore con Antonio ANTONIO
È questa la sua risposta? AMBASCIATORE
Sì, mio signore. ANTONIO
La Regina otterrà indulgenza, a condizione che ci consegni. AMBASCIATORE
Così dice. ANTONIO
Che lo sappia. (A Cleopatra) Manda questa testa brizzolata a Cesare, e il ragazzo esaudirà i tuoi desideri, riempiendoti di principati. CLEOPATRA
Quella testa, mio signore? ANTONIO (all’ambasciatore)
Torna da lui. Digli che indosso ha la rosa della gioventù, da cui il mondo ha diritto di attendersi qualcosa di particolare. Le sue monete, navi, legioni potrebbero appartenere a un codardo, i cui subalterni vincerebbero tanto al servizio di un bambino che al comando di Cesare. Perciò lo sfido a mettere da parte le sue sgargianti vesti, e affrontare me in declino, spada contro spada, noi due da soli. Glielo scrivo. Seguimi. Escono Antonio e l’ambasciatore ENOBARBO (a parte)
Sì, proprio probabile: Cesare, signore di un potente esercito, si spoglierà del proprio successo per dare spettacolo su un palco contro uno spadaccino. Vedo che il giudizio dell’uomo fa tutt’uno con la sua fortuna, e che le cose esterne si tirano dietro le qualità interiori, a guastarsi assieme. Che un uomo che conosce l’alto e il basso debba sognarsi che Cesare, nella sua pienezza, voglia rispondere alla sua vacuità! Cesare, tu hai soggiogato anche il suo giudizio. Entra un servo
2185
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
A messenger from Caesar.
SERVANT CLEOPATRA
What, no more ceremony? See, my women: Against the blown rose may they stop their nose, That kneeled unto the buds. Admit him, sir. Exit Servant ENOBARBUS (aside)
Mine honesty and I begin to square. The loyalty well held to fools does make Our faith mere folly; yet he that can endure To follow with allegiance a fall’n lord Does conquer him that did his master conquer, And earns a place i’th’ story.
40
Enter Thidias CLEOPATRA
Caesar’s will?
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THIDIAS
Hear it apart. CLEOPATRA
None but friends; say boldly.
THIDIAS
So haply are they friends to Antony. ENOBARBUS
He needs as many, sir, as Caesar has, Or needs not us. If Caesar please, our master Will leap to be his friend. For us, you know, Whose he is, we are: and that is Caesar’s.
50
THIDIAS
So. (To Cleopatra) Thus, then, thou most renowned: Caesar entreats Not to consider in what case thou stand’st Further than he is Caesar. CLEOPATRA Go on; right royal. THIDIAS
He knows that you embraced not Antony As you did love, but as you fearèd him.
2186
55
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
SERVO
Un messaggero da parte di Cesare. CLEOPATRA
Come, senza altre cerimonie? Guardate, donne: di fronte alla rosa sfiorita si tura il naso anche chi si inginocchiava al bocciolo. Fallo entrare. Esce il servo ENOBARBO (a parte)
Io e la mia onestà cominciamo a separarci. Mantenersi leali ad uno sciocco rende la fede pura follia; e tuttavia, chi sopporta di seguire con devozione il suo signore caduto, conquista chi lo ha conquistato, e si guadagna un posto nella storia136. Entra Thidias CLEOPATRA
Cosa vuole Cesare? THIDIAS
Ascoltalo in disparte. CLEOPATRA
Qui ci sono solo amici. Parla senza timore. THIDIAS
Ma magari sono amici di Antonio. ENOBARBO
Gliene occorrono quanti ne ha Cesare, altrimenti non gli serviamo neanche noi. Se Cesare vuole, il nostro signore si affretterà ad essere suo amico. Quanto a noi, come sapete, apparteniamo a chi appartiene lui: cioè a Cesare. THIDIAS
Ah. (A Cleopatra) Bene, allora, illustrissima: Cesare ti supplica di non considerare la situazione in cui ti trovi, ma solo che lui è Cesare. CLEOPATRA
Continua; assolutamente regale. THIDIAS
Egli sa che non avete abbracciato Antonio perché lo amavate, ma perché ne avevate paura.
2187
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
CLEOPATRA O. THIDIAS
The scars upon your honour therefore he Does pity as constrainèd blemishes, Not as deserved. CLEOPATRA He is a god, and knows What is most right. Mine honour was not yielded, But conquered merely. ENOBARBUS (aside) To be sure of that I will ask Antony. Sir, sir, thou art so leaky That we must leave thee to thy sinking, for Thy dearest quit thee. THIDIAS Shall I say to Caesar What you require of him? – For he partly begs To be desired to give. It much would please him That of his fortunes you should make a staff To lean upon. But it would warm his spirits To hear from me you had left Antony, And put your self under his shroud, The universal landlord. CLEOPATRA What’s your name?
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Exit 65
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THIDIAS
My name is Thidias. Most kind messenger, Say to great Caesar this in deputation: I kiss his conqu’ring hand. Tell him I am prompt To lay my crown at’s feet, and there to kneel Till from his all-obeying breath I hear The doom of Egypt. THIDIAS ’Tis your noblest course. Wisdom and fortune combating together, If that the former dare but what it can,
CLEOPATRA
74. Deputation: emend. tardo; in F disputation = “disputa”. 77. Till: emend. tardo; in F tell him = “digli”. 2188
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
CLEOPATRA
Oh. THIDIAS
Di conseguenza le cicatrici che deturpano il vostro onore, egli le compatisce come macchie subite, ma non meritate. CLEOPATRA
È un dio, e conosce la verità vera. Il mio onore non è stato concesso, ma solo conquistato. ENOBARBO (a parte) Per esserne sicuro lo chiederò ad Antonio. Mio signore, mio signore, fai talmente acqua che dovremo lasciarti affondare, se chi più ti è caro ti abbandona137. Esce THIDIAS
Posso comunicare a Cesare ciò che gli chiedete? – Perché egli quasi implora che si desideri che egli dia. Gli farebbe molto piacere che voi voleste fare delle sue fortune il bastone cui appoggiarvi. Ma gli riscalderebbe lo spirito sentirmi riferire che avete abbandonato Antonio, riparandovi sotto il suo mantello di signore universale138. CLEOPATRA
Come vi chiamate? THIDIAS
Il mio nome è Thidias. CLEOPATRA
Gentilissimo messaggero, da parte mia dite al grande Cesare questo: che bacio la sua mano conquistatrice. Ditegli che sono pronta a deporre la mia corona ai suoi piedi, e a restar lì in ginocchio finché non avrò udito dalla sua voce cui tutto obbedisce qual è il destino dell’Egitto. THIDIAS
È la condotta più nobile che potevate tenere. Quando saggezza e fortuna si combattono, se la prima osa soltanto ciò che può, non vi
2189
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
No chance may shake it. Give me grace to lay My duty on your hand. He kisses Cleopatra’s hand Your Caesar’s father oft, When he hath mused of taking kingdoms in, Bestowed his lips on that unworthy place, As it rained kisses.
CLEOPATRA
Enter Antony and Enobarbus Favours, by Jove that thunders! What art thou, fellow? THIDIAS One that but performs The bidding of the fullest man, and worthiest To have command obeyed. ENOBARBUS You will be whipped. ANTONY (calling) Approach, there! – Ah, you kite! Now, gods and devils, Authority melts from me of late. When I cried ‘Ho!’, Like boys unto a muss kings would start forth, And cry ‘Your will?’ – Have you no ears? I am Antony yet. ANTONY
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Enter servants Take hence this jack, and whip him. ENOBARBUS [aside to Thidias]
’Tis better playing with a lion’s whelp Than with an old one dying. ANTONY Moon and stars! Whip him! Were’t twenty of the greatest tributaries That do acknowledge Caesar, should I find them So saucy with the hand of she here – what’s her name Since she was Cleopatra? Whip him, fellows, Till like a boy you see him cringe his face, And whine aloud for mercy. Take him hence. THIDIAS
Mark Antony – 2190
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
è caso che la possa scuotere139. Concedetemi la grazia di deporre il mio doveroso omaggio sulla vostra mano. Bacia la mano di Cleopatra CLEOPATRA
Spesso il padre del vostro Cesare, mentre meditava la conquista di qualche regno, applicava le labbra a questo indegno luogo, facendovi piovere baci. Entrano Antonio ed Enobarbo ANTONIO
Favori, per Giove tonante! Chi sei? THIDIAS
Uno che si limita a eseguire gli ordini del più potente degli uomini, e del più degno che si obbedisca ai suoi comandi. ENOBARBO
Sarai frustato. ANTONIO (chiamando) Venite qua, voi! – Ah, avvoltoio! Dèi e diavoli, ultimamente la mia autorità si va liquefacendo. Quando gridavo ‘Ehi’ i re scattavano come ragazzi in gara, gridando ‘Cosa volete?’ – Non ce le avete le orecchie? Sono pur sempre Antonio. Entrano dei servi Portatemi via questo qua, e frustatelo. ENOBARBO [a parte a Thidias]
Meglio giocare con un leoncino che con un vecchio leone morente. ANTONIO
Luna e stelle! Frustatelo! Fossero anche venti dei più grandi tributari soggetti a Cesare, se li trovassi a prendersi licenze con la mano di questa – com’è che si chiama, visto che non è più Cleopatra? Frustatelo, ragazzi, finché gli vedrete fare smorfie come un bambino, piagnucolando per aver perdono. Portatelo via. THIDIAS
Marco Antonio...
2191
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
Tug him away. Being whipped, Bring him again. This jack of Caesar’s shall Bear us an errand to him.
ANTONY
Exeunt servants with Thidias You were half blasted ere I knew you. Ha Have I my pillow left unpressed in Rome, Forborne the getting of a lawful race, And by a gem of women, to be abused By one that looks on feeders? CLEOPATRA Good my lord – ANTONY You have been a boggler ever. But when we in our viciousness grow hard – O misery on’t! – the wise gods seel our eyes, In our own filth drop our clear judgements, make us Adore our errors, laugh at’s while we strut To our confusion. CLEOPATRA O, is’t come to this?
105
110
115
ANTONY
I found you as a morsel cold upon Dead Caesar’s trencher; nay, you were a fragment Of Gnaeus Pompey’s, besides what hotter hours Unregistered in vulgar fame you have Luxuriously picked out. For I am sure, Though you can guess what temperance should be, You know not what it is. CLEOPATRA Wherefore is this?
120
ANTONY
To let a fellow that will take rewards And say ‘God quit you’ be familiar with My playfellow your hand, this kingly seal And plighter of high hearts! O that I were Upon the hill of Basan to outroar The hornèd herd! For I have savage cause, And to proclaim it civilly were like
2192
125
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
ANTONIO
Trascinatevelo via. E dopo averlo frustato riportatemelo. Questo fattorino di Cesare gli recapiterà un nostro messaggio. Escono servi con Thidias Eri mezza arrugginita prima che ti conoscessi. Ma come, a Roma ho fatto a meno di schiacciare il mio cuscino, ho tralasciato di generare una discendenza legittima, e da un gioiello di donna, per venire insultato da una che si scambia occhiate coi servi? CLEOPATRA
Mio buon signore... ANTONIO
Sei sempre stata equivoca. Ma quando ci induriamo nel vizio – Oh che miseria! – gli dèi nella loro saggezza ci cuciono gli occhi, ci insozzano la limpidità del giudizio col nostro stesso lerciume, ci fanno adorare i nostri errori, e ridono mentre incediamo compiaciuti verso la rovina140. CLEOPATRA
Ah, siamo arrivati a questo? ANTONIO
Ti ho trovata che eri un boccone freddo sul piatto di Cesare morto; anzi, eri già un resto di Gneo Pompeo, per non parlare delle ore più bollenti, sfuggite al registro della fama popolare, che ti sei riservata per la tua lussuria. Magari puoi fare congetture su cosa sia la temperanza, ma sono sicuro che non sai cos’è. CLEOPATRA
Perché tutto questo? ANTONIO
Permettere a uno che accetta mance dicendo ‘Dio ve ne renda merito’ di prendersi delle libertà con la tua mano, la mia compagna di giochi, pegno e sigillo regale di nobili cuori! Oh fossi sulle colline di Basan a ruggire più forte della mandria cornuta141! Cause di furore ne ho abbastanza, e proclamarlo civilmente sa-
2193
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
A haltered neck which does the hangman thank For being yare about him. Enter a Servant with Thidias Is he whipped? SERVANT Soundly, my lord. ANTONY Cried he, and begged a pardon? SERVANT He did ask favour.
135
ANTONY (to Thidias)
If that thy father live, let him repent Thou wast not made his daughter; and be thou sorry To follow Caesar in his triumph, since Thou hast been whipped for following him. Henceforth The white hand of a lady fever thee, Shake thou to look on’t. Get thee back to Caesar; Tell him thy entertainment. Look thou say He makes me angry with him, for he seems Proud and disdainful, harping on what I am, Not what he knew I was. He makes me angry, And at this time most easy ’tis to do’t, When my good stars that were my former guides Have empty left their orbs, and shot their fires Into th’abyss of hell. If he mislike My speech and what is done, tell him he has Hipparchus, my enfranchèd bondman, whom He may at pleasure whip, or hang, or torture, As he shall like, to quit me. Urge it thou. Hence, with thy stripes, be gone!
140
145
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Exit [Servant with] Thidias CLEOPATRA Have you done yet? ANTONY Alack, our terrene moon
Is now eclipsed, and it portends alone The fall of Antony. CLEOPATRA (aside) I must stay his time. ANTONY
To flatter Caesar would you mingle eyes With one that ties his points? 2194
155
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
rebbe come avere un cappio al collo e ringraziare il boia per la sua destrezza. Entra un servo con Thidias È stato frustato? SERVO
Ben bene, signore. ANTONIO
Ha gridato, e ha supplicato perdono? SERVO
Ha chiesto grazia. ANTONIO (a Thidias)
Se tuo padre vive, che si penta che non sei sua figlia; e tu rimpiangerai di seguire Cesare in trionfo, visto che per seguirlo sei stato frustato. D’ora in poi la bianca mano di una signora ti dia la febbre, ti prendano i brividi a guardarla. Torna da Cesare, raccontagli del tuo trattamento. Ricordati di dirgli che mi fa arrabbiare, perché fa il superbo e lo sdegnoso, sempre a insistere su quello che sono, e non su quello che lui sa che ero. Mi fa arrabbiare, che in questo momento è facilissimo, ora che le mie buone stelle, un tempo le mie guide, hanno lasciato vuote le loro orbite, scagliando il loro fuoco nell’abisso dell’inferno. Se non gli piace quello che ho detto e fatto, digli che per rifarsi ha Ipparco, il mio liberto, e che lo può frustare a suo piacere, oppure impiccare, o torturare, quello che vuole. Raccomandaglielo. Via, tu e le tue strisce, vattene! Esce [il servo con] Thidias CLEOPATRA
Hai finito? ANTONIO
Ahimè, la nostra luna terrena s’è eclissata, e presagisce soltanto la caduta di Antonio. CLEOPATRA (a parte) Devo aspettare che gli passi. ANTONIO
Per adulare Cesare ti scambi occhiate con uno che gli allaccia le stringhe delle scarpe?
2195
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 3 SCENE 13
CLEOPATRA
Not know me yet?
160
ANTONY
Cold-hearted toward me? CLEOPATRA Ah, dear, if I be so, From my cold heart let heaven engender hail, And poison it in the source, and the first stone Drop in my neck: as it determines, so Dissolve my life! The next Caesarion smite, Till by degrees the memory of my womb, Together with my brave Egyptians all, By the discandying of this pelleted storm Lie graveless till the flies and gnats of Nile Have buried them for prey! ANTONY I am satisfied. Caesar sits down in Alexandria, where I will oppose his fate. Our force by land Hath nobly held; our severed navy too Have knit again, and fleet, threat’ning most sea-like. Where hast thou been, my heart? Dost thou hear, lady? If from the field I shall return once more To kiss these lips, I will appear in blood. I and my sword will earn our chronicle. There’s hope in’t yet. CLEOPATRA That’s my brave lord.
165
170
175
ANTONY
I will be treble-sinewed, hearted, breathed, And fight maliciously; for when mine hours Were nice and lucky, men did ransom lives Of me for jests; but now I’ll set my teeth, And send to darkness all that stop me. Come, Let’s have one other gaudy night. Call to me All my sad captains. Fill our bowls once more. Let’s mock the midnight bell. CLEOPATRA It is my birthday. I had thought to’ve held it poor, but since my lord Is Antony again, I will be Cleopatra. 2196
180
185
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO III SCENA 13
CLEOPATRA
Non mi conosci ancora? ANTONIO
Fredda con me? CLEOPATRA
Oh, caro, se lo fossi, che dal mio freddo cuore il cielo generi grandine142, e la avveleni alla fonte, e la prima pietra mi cada dentro al collo; e sciogliendosi dissolva la mia vita. La successiva colpisca Cesarione143, finché man mano la memoria del mio grembo, assieme a tutti i miei bravi Egiziani, per lo scongelamento di questa tempesta di proiettili, giacciano senza tomba finché le mosche e le zanzare del Nilo, cibandosene, diano loro sepoltura. ANTONIO
Sono soddisfatto. Cesare è accampato di fronte ad Alessandria, dove mi opporrò al suo fato. Le nostre forze di terra si sono comportate nobilmente; e anche la nostra flotta dispersa si è riunita e naviga minacciosa e bene equipaggiata. Dove sei stato, mio cuore? Mi ascolti, mia signora? Se ancora una volta tornerò dal campo a baciare queste labbra, comparirò coperto di sangue. Io e la mia spada ci guadagneremo la cronaca. C’è ancora speranza. CLEOPATRA
Questo è il mio bravo signore. ANTONIO
Triplicherò muscoli, cuore e fiato, e combatterò con cattiveria; nelle mie ore fortunate e liete, con me bastava una battuta per riscattarsi la vita; ma adesso stringerò i denti, e manderò nel buio chiunque mi si opponga. Vieni, facciamo un’altra notte di baldoria. Chiamatemi tutti i miei tristi capitani. Riempiamo ancora una volta le nostre coppe. Prendiamoci gioco delle campane della mezzanotte. CLEOPATRA
È il mio compleanno. Pensavo di passarlo tristemente, ma poiché il mio signore è nuovamente Antonio, io sarò Cleopatra.
2197
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 1
ANTONY We will yet do well.
190
CLEOPATRA
Call all his noble captains to my lord! ANTONY
Do so. We’ll speak to them, and tonight I’ll force The wine peep through their scars. Come on, my queen, There’s sap in’t yet. The next time I do fight I’ll make death love me, for I will contend Even with his pestilent scythe.
195
Exeunt all but Enobarbus ENOBARBUS
Now he’ll outstare the lightning. To be furious Is to be frighted out of fear, and in that mood The dove will peck the estridge; and I see still A diminution in our captain’s brain Restores his heart. When valour preys on reason, It eats the sword it fights with. I will seek Some way to leave him. 4.1
200
Exit
Enter Caesar, reading a letter, with Agrippa, Maecenas, and his army
CAESAR
He calls me boy, and chides as he had power To beat me out of Egypt. My messenger He hath whipped with rods, dares me to personal combat, Caesar to Antony. Let the old ruffian know I have many other ways to die; meantime, Laugh at his challenge. MAECENAS Caesar must think, When one so great begins to rage, he’s hunted Even to falling. Give him no breath, but now Make boot of his distraction. Never anger Made good guard for itself. CAESAR Let our best heads Know that tomorrow the last of many battles We mean to fight. Within our files there are, 2198
5
10
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 1
ANTONIO
Ci può ancora andare bene. CLEOPATRA
Che tutti i nobili capitani del mio signore siano convocati! ANTONIO
Sì. Gli parleremo, e questa notte forzerò il vino a sprizzare dalle loro cicatrici. Vieni, mia regina, la nostra linfa non s’è esaurita. La prossima volta che combatto, mi farò amare dalla morte, duellerò anche con la sua falce pestilenziale144. Escono tutti tranne Enobarbo ENOBARBO
Adesso fulminerà il fulmine cogli occhi. Essere furiosi vuol dire essere tanto spaventati da non avere più paura, e in questo umore la colomba può attaccare lo sparviero; e continuo a constatare che nel nostro capitano la diminuzione del cervello si traduce in aumento di coraggio. Quando l’audacia depreda la ragione, mangia la spada con cui combatte. Cercherò il modo di abbandonarlo145. Esce IV, 1
Entra Cesare, leggendo una lettera, con Agrippa, Mecenate e il suo esercito146
CESARE
Mi chiama ragazzo, mi sgrida come se avesse la forza di cacciarmi via dall’Egitto. Ha fatto frustare con le verghe il mio messaggero, mi sfida a singolar tenzone, Cesare contro Antonio. Fate sapere a quella vecchia canaglia che ho molti altri modi di morire; nel frattempo, rido della sua sfida. MECENATE
Cesare deve considerare che quando un uomo così grande dà segni di furore, vuol dire che è allo stremo. Non dategli respiro, approfittate del suo sconvolgimento. L’ira non è mai stata una buona guardiana di se stessa. CESARE
Si comunichi ai nostri comandanti che domani intendiamo combattere l’ultima di molte battaglie. Di quelli che hanno servito
2199
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 2
Of those that served Mark Antony but late, Enough to fetch him in. See it done, And feast the army. We have store to do’t, And they have earned the waste. Poor Antony!
15 Exeunt
4.2
Enter Antony, Cleopatra, Enobarbus, Charmian, Iras, Alexas, with others
ANTONY
He will not fight with me, Domitius? No. ANTONY Why should he not? ENOBARBUS ENOBARBUS
He thinks, being twenty times of better fortune, He is twenty men to one. ANTONY Tomorrow, soldier, By sea and land I’ll fight. Or I will live Or bathe my dying honour in the blood Shall make it live again. Woot thou fight well?
5
ENOBARBUS
I’ll strike, and cry ‘Take all!’ Well said. Come on! Call forth my household servants. Let’s tonight Be bounteous at our meal.
ANTONY
Enter Servitors Give me thy hand. Thou hast been rightly honest; so hast thou, Thou, and thou, and thou; you have served me well, And kings have been your fellows. CLEOPATRA (to Enobarbus) What means this? ENOBARBUS (to Cleopatra) ’Tis one of those odd tricks which sorrow shoots Out of the mind.
2200
10
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 2
Marco Antonio fino a ieri, nelle nostre fila ce ne sono tanti che bastano loro per catturarlo. Vedi che sia fatto, e che le truppe festeggino. Provviste per farlo ne abbiamo, e lo spreco se lo sono meritato. Povero Antonio! Escono IV, 2
Entrano Antonio, Cleopatra, Enobarbo, Charmian, Iras, Alexas e altri147
ANTONIO
Non vuole battersi con me, Domizio? ENOBARBO
No. ANTONIO
E perché non vuole? ENOBARBO
Pensa che, avendo venti volte la vostra fortuna, sarebbe venti contro uno. ANTONIO
Domani, soldato, combatteremo per mare e per terra. O vivrò, o bagnerò il mio onore morente nel sangue che lo farà rivivere. Combatterai bene, tu? ENOBARBO
A ogni colpo griderò ‘Chi vince prende tutto!’ ANTONIO
Ben detto. Vieni! Chiama i servi. Questa notte saremo generosi nella nostra cena. Entrano i servi Dammi la mano. Tu sei stato onesto; e anche tu, tu, e tu, e tu; mi avete servito bene, e avete avuto dei re per compagni. CLEOPATRA (a Enobarbo) Cosa significa questo? ENOBARBO (a Cleopatra) È uno di quegli strani trucchi che il dolore fa germogliare dalla mente148.
2201
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 2
ANTONY (to a Servitor) And thou art honest too.
15
I wish I could be made so many men, And all of you clapped up together in An Antony, that I might do you service So good as you have done. SERVITORS The gods forbid! ANTONY
Well, my good fellows, wait on me tonight. Scant not my cups, and make as much of me As when mine empire was your fellow too, And suffered my command. CLEOPATRA (aside to Enobarbus) What does he mean? ENOBARBUS (aside to Cleopatra) To make his followers weep. ANTONY Tend me tonight. Maybe it is the period of your duty. Haply you shall not see me more; or if, A mangled shadow. Perchance tomorrow You’ll serve another master. I look on you As one that takes his leave. Mine honest friends, I turn you not away, but, like a master Married to your good service, stay till death. Tend me tonight two hours. I ask no more; And the gods yield you for’t! ENOBARBUS What mean you, sir, To give them this discomfort? Look, they weep, And I, an ass, am onion-eyed. For shame, Transform us not to women. ANTONY Ho, ho, ho, Now the witch take me if I meant it thus! Grace grow where those drops fall. My hearty friends, You take me in too dolorous a sense; For I spake to you for your comfort, did desire you To burn this night with torches. Know, my hearts, I hope well of tomorrow, and will lead you Where rather I’ll expect victorious life
2202
20
25
30
35
40
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 2
ANTONIO (a un servo)
E anche tu sei onesto. Vorrei poter essere trasformato in tanti uomini quanti siete voi, e che voi tutti foste racchiusi assieme in un unico Antonio, per potervi servire bene, come voi avete servito me. SERVI
Gli dèi non vogliano! ANTONIO
Ebbene, miei buoni compagni, servitemi ancora questa notte. Non lesinate le coppe, e non consideratemi meno di quando il mio impero era un compagno vostro, e sottostava al mio comando. CLEOPATRA (a parte ad Enobarbo) Cosa vuole fare? ENOBARBO (a parte a Cleopatra) Far piangere i suoi seguaci. ANTONIO
Servitemi ancora questa notte. Forse è la fine del vostro servizio. Forse non mi vedrete più; o se mi vedrete, sarò un’ombra straziata149. Forse domani servirete un altro padrone. Vi guardo come uno che prende congedo. Miei onesti amici, io non vi mando via, ma, come un padrone sposato al vostro buon servizio150, resto fino alla morte. Servitemi altre due ore questa notte. Non chiedo altro; e gli dèi ve ne rendano merito! ENOBARBO
Cosa volete fare, signore, turbandoli in questo modo? Guardate, piangono, e io, asino, ho gli occhi da cipolla151. Vergogna, non trasformateci in donne. ANTONIO
Oh, oh, oh, il diavolo mi porti se volevo questo! Cresca grazia dove cadono quelle gocce. Amici miei dal grande cuore, mi prendete in un senso troppo doloroso; io vi ho parlato per confortarvi, desideravo che bruciaste questa notte con le torce. Sappiate, cuori miei, che ho buone speranze per domani, e che voglio condurvi dove mi
2203
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 3
Than death and honour. Let’s to supper, come, And drown consideration. 4.3
Exeunt
Enter a company of Soldiers
FIRST SOLDIER
Brother, good night. Tomorrow is the day. SECOND SOLDIER
It will determine one way. Fare you well. Heard you of nothing strange about the streets? FIRST SOLDIER Nothing. What news? SECOND SOLDIER
Belike ’tis but a rumour. Good night to you.
5
FIRST SOLDIER
Well, sir, good night. Enter other Soldiers, meeting them SECOND SOLDIER
Soldiers, have careful watch.
THIRD SOLDIER
And you. Good night, good night. They place themselves in every corner of the stage Here we; an if tomorrow Our navy thrive, I have an absolute hope Our landmen will stand up. FIRST SOLDIER ’Tis a brave army, And full of purpose. SECOND SOLDIER
Music of the hautboys is under the stage SECOND SOLDIER FIRST SOLDIER
Peace, what noise? List, list!
SECOND SOLDIER
Hark! FIRST SOLDIER Music i’th’ air.
2204
10
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 3
attendo vita vittoriosa, più che morte e onore. Venite, andiamo a cena, anneghiamo le preoccupazioni152. Escono IV, 3
Entra una compagnia di soldati153
PRIMO SOLDATO
Buona notte, fratello. Il giorno è domani. SECONDO SOLDATO
In un modo o in un altro, sarà decisivo. Stammi bene. Non hai sentito niente di strano per le strade? PRIMO SOLDATO
Nulla. Che notizie ci sono? SECONDO SOLDATO
Forse è soltanto una voce. Buona notte. PRIMO SOLDATO
Bene, amico, buona notte. Entrano altri soldati, che li incontrano SECONDO SOLDATO
Fate buona guardia, soldati. TERZO SOLDATO
E voi pure. Buona notte, buona notte. Si dispongono ai quattro angoli della scena SECONDO SOLDATO
Noi ci mettiamo qua. Se domani alla nostra flotta andrà bene, ho sicura speranza che la fanteria resisterà. PRIMO SOLDATO
È un buon esercito, pieno di determinazione. Musica di oboe sotto la scena SECONDO SOLDATO
Silenzio, cos’è questo rumore? PRIMO SOLDATO
Senti, senti! SECONDO SOLDATO
Ascolta! PRIMO SOLDATO
Musica nell’aria. 2205
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 4
THIRD SOLDIER
Under the earth.
FOURTH SOLDIER
It signs well, does it not? THIRD SOLDIER No. FIRST SOLDIER
Peace, I say!
What should this mean? SECOND SOLDIER
’Tis the god Hercules, whom Antony loved, Now leaves him. FIRST SOLDIER Walk. Let’s see if other watchmen Do hear what we do. SECOND SOLDIER How now, masters? ALL (speaking together) How now? How now? Do you hear this? FIRST SOLDIER Ay. Is’t not strange?
15
THIRD SOLDIER
Do you hear, masters? Do you hear? FIRST SOLDIER
Follow the noise so far as we have quarter. Let’s see how it will give off. ALL Content. ’Tis strange. Exeunt 4.4
Enter Antony and Cleopatra, with Charmian and others
ANTONY (calling)
Eros, mine armour, Eros! Sleep a little.
CLEOPATRA ANTONY
No, my chuck. Eros, come, mine armour, Eros! Enter Eros with armour
2206
20
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 4
TERZO SOLDATO
Sotto terra. QUARTO SOLDATO
È un buon segno, vero? TERZO SOLDATO
No. PRIMO SOLDATO
Fate silenzio, insomma! Che significato può avere? SECONDO SOLDATO
È il dio Ercole, che Antonio amava, che ora lo abbandona154. PRIMO SOLDATO
Andiamo a vedere se anche le altre sentinelle sentono quello che sentiamo noi. SECONDO SOLDATO
Come va, compagni? TUTTI (parlando assieme) Allora? Allora? Lo sentite? PRIMO SOLDATO
Sì. Non è strano? TERZO SOLDATO
Sentite, compagni? Sentite? PRIMO SOLDATO
Seguiamo il rumore fin dove arriva la nostra guardia. Vediamo quando smette. TUTTI
D’accordo. È strano. Escono IV, 4
Entrano Antonio e Cleopatra, con Charmian ed altri155
ANTONIO (chiamando)
Eros, la mia armatura, Eros! CLEOPATRA
Dormi un altro po’156. ANTONIO
No, passerotta. Eros, forza, la mia armatura, Eros! Entra Eros con l’armatura
2207
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 4
Come, good fellow, put thine iron on. If fortune be not ours today, it is Because we brave her. Come. CLEOPATRA Nay, I’ll help, too. What’s this for? ANTONY Ah, let be, let be! Thou art The armourer of my heart. False, false! This, this!
5
CLEOPATRA
Sooth, la, I’ll help. Thus it must be. She helps Antony to arm Well, well, We shall thrive now. Seest thou, my good fellow? Go put on thy defences. EROS Briefly, sir. ANTONY
10
CLEOPATRA
Is not this buckled well? ANTONY Rarely, rarely. He that unbuckles this, till we do please To doff’t for our repose, shall hear a storm. Thou fumblest, Eros, and my queen’s a squire More tight at this than thou. Dispatch. O love, That thou couldst see my wars today, and knew’st The royal occupation! Thou shouldst see A workman in’t.
15
Enter an armed Soldier Good morrow to thee. Welcome. Thou look’st like him that knows a warlike charge. To business that we love we rise betime, And go to’t with delight.
20
3. Thine: così in F, spesso emendato con la ripetizione mine. 5-6. I’ll help too. / What’s this for?: F attribuisce le due battute a Cleopatra, emend. tardi assegnano la seconda a Antonio. 2208
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 4
Avanti, amico mio, mettimi questo ferro addosso. Se la fortuna oggi non sarà nostra, è perché la sfidiamo. Forza. CLEOPATRA
No, voglio aiutare anch’io. Questo a cosa serve? ANTONIO
Lascia perdere, lascia perdere! Tu sei l’armigera del mio cuore. Sbagliato, sbagliato! Questo, questo! CLEOPATRA
Sul serio, no, voglio aiutare. Dev’essere così. Aiuta Antonio ad armarsi ANTONIO
Bene, bene, adesso andrà tutto bene. Hai visto, amico mio? Va ad armarti. EROS
Subito, signore. CLEOPATRA
Vero che l’ho affibbiata bene? ANTONIO
Magnifico, magnifico. Chi cercasse di slacciarla prima che me la voglia togliere per riposare, sentirà una tempesta. Stai facendo un pasticcio, Eros, la mia regina è uno scudiero più bravo di te. Svelto. Oh amore mio, potessi tu vedere la mia guerra, oggi, sapresti cos’è un’occupazione da re. Vedresti un vero artista. Entra un soldato armato Buon giorno a te. Benvenuto. Hai l’aria di chi sa cos’è il mestiere della guerra. Per faccende che amiamo, ci alziamo di buon’ora, e andiamo a sbrigarle con gioia.
2209
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 5
A thousand, sir, Early though’t be, have on their riveted trim, And at the port expect you.
SOLDIER
Shout within. Trumpets flourish. Enter [Captains] and Soldiers CAPTAIN
The morn is fair. Good morrow, General. SOLDIERS
Good morrow, General. ’Tis well blown, lads. This morning, like the spirit of a youth That means to be of note, begins betimes. So, so. Come, give me that. This way. Well said. Fare thee well, dame. Whate’er becomes of me, This is a soldier’s kiss.
ANTONY
25
He kisses Cleopatra Rebukable And worthy shameful check it were to stand On more mechanic compliment. I’ll leave thee Now like a man of steel. You that will fight, Follow me close. I’ll bring you to’t. Adieu.
30
Exeunt all but Cleopatra and Charmian CHARMIAN
Please you retire to your chamber? Lead me. He goes forth gallantly. That he and Caesar might Determine this great war in single fight! Then, Antony – but now! Well, on. Exeunt
CLEOPATRA
4.5
Trumpets sound. Enter Antony and Eros, meeting a Soldier
SOLDIER
The gods make this a happy day to Antony! ANTONY
Would thou and those thy scars had once prevailed To make me fight at land!
2210
35
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 5
SOLDATO
Anche se è presto, signore, già in mille hanno ribadito l’armatura, e vi aspettano alle porte. Grida dall’interno. Squilli di tromba. Entrano [capitani] e soldati CAPITANO
La mattina è bella. Buon giorno, Generale. SOLDATI
Buon giorno, Generale. ANTONIO
Comincia bene, ragazzi. Questa mattinata, come lo spirito di un giovanotto che vuol farsi notare, inizia per tempo. Così, così. Su, dammi quello. Così. Ben detto. Statemi bene, signora. Checché ne sia di me, questo è il bacio di un soldato. Bacia Cleopatra Attenersi a convenevoli più comuni sarebbe riprovevole, e degno di vergognoso biasimo. Mi congedo da te come un uomo d’acciaio. Chi vuol combattere mi venga dietro. Vi ci porto io. Addio. Escono tutti tranne Cleopatra e Charmian CHARMIAN
Volete ritirarvi nelle vostre stanze? CLEOPATRA
Accompagnami. È partito da eroe. Oh, se lui e Cesare potessero risolvere questa grande guerra in singolar tenzone! In quel caso Antonio – però adesso… Va bene, andiamo. Escono IV, 5
Squilli di trombe. Entrano Antonio ed Eros, che incontrano un soldato157
SOLDATO
Che gli dèi rendano questo giorno felice per Antonio! ANTONIO
Oh, se tu e le tue ferite mi aveste convinto a combattere per terra!
2211
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 6
Hadst thou done so, The kings that have revolted, and the soldier That has this morning left thee, would have still Followed thy heels. ANTONY Who’s gone this morning? SOLDIER
5
SOLDIER
Who? One ever near thee. Call for Enobarbus, He shall not hear thee, or from Caesar’s camp Say ‘I am none of thine’. ANTONY What sayest thou? SOLDIER
Sir, he is with Caesar. EROS (to Antony)
Sir, his chests and treasure He has not with him. ANTONY Is he gone? SOLDIER Most certain.
10
ANTONY
Go, Eros, send his treasure after. Do it. Detain no jot, I charge thee. Write to him – I will subscribe – gentle adieus and greetings. Say that I wish he never find more cause To change a master. O, my fortunes have Corrupted honest men! Dispatch. Enobarbus! 4.6
15 Exeunt
Flourish. Enter Agrippa, Caesar, with Enobarbus and Dolabella
CAESAR
Go forth, Agrippa, and begin the fight. Our will is Antony be took alive. Make it so known. AGRIPPA Caesar, I shall.
Exit
CAESAR
The time of universal peace is near. Prove this a prosp’rous day, the three-nooked world Shall bear the olive freely.
2212
5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 6
SOLDATO
Se lo avessi fatto, i re che si sono rivoltati, e il soldato che questa mattina ti ha lasciato, ti seguirebbero ancora. ANTONIO
Chi se n’è andato questa mattina? SOLDATO
Chi? Uno che ti è sempre stato vicino. Chiama Enobarbo e non ti sentirà, o dal campo di Cesare risponderà ‘Non sono più dei tuoi’. ANTONIO
Cosa dici? SOLDATO
Che sta con Cesare, signore. EROS (ad Antonio)
Signore, non si è portato gli scrigni col tesoro. ANTONIO
Se ne è andato? SOLDATO
Esatto. ANTONIO
Va’, Eros, mandagli il suo tesoro. Fallo. Non trattenere nulla, mi raccomando. Scrivigli – io poi firmo – cari saluti e auguri. Digli che spero che non abbia più motivo di cambiare padrone. Oh, le mie fortune sono riuscite a corrompere anche gli onesti! Muoviti. Enobarbo! Escono IV, 6
Squillo di trombe. Entrano Agrippa e Cesare, con Enobarbo e Dolabella158
CESARE
Avanti, Agrippa, da’ inizio alla battaglia. La nostra volontà è che Antonio sia preso vivo. Rendila nota. AGRIPPA
Lo sarà, Cesare. Esce CESARE
Il tempo della pace universale si avvicina. Se la giornata ci sarà propizia, il mondo tripartito produrrà olivo in abbondanza159.
2213
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 6
Enter a Messenger Antony Is come into the field. CAESAR Go charge Agrippa Plant those that have revolted in the van, That Antony may seem to spend his fury Upon himself. MESSENGER
10
Exeunt Messenger [at one door], Caesar and Dolabella [at another] ENOBARBUS
Alexas did revolt, and went to Jewry on Affairs of Antony; there did dissuade Great Herod to incline himself to Caesar And leave his master, Antony. For this pains, Caesar hath hanged him. Camidius and the rest That fell away have entertainment but No honourable trust. I have done ill, Of which I do accuse myself so sorely That I will joy no more.
15
Enter a Soldier of Caesar’s Enobarbus, Antony Hath after thee sent all thy treasure, with His bounty overplus. The messenger Came on my guard, and at thy tent is now Unloading of his mules. ENOBARBUS I give it you. SOLDIER Mock not, Enobarbus, I tell you true. Best you safed the bringer Out of the host. I must attend mine office, Or would have done’t myself. Your Emperor Continues still a Jove. SOLDIER
20
25
Exit
ENOBARBUS
I am alone the villain of the earth, And feel I am so most. O Antony, 12. Dissuade: così in F; in emend. tardi persuade = “persuadere”. 2214
30
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 6
Entra un messaggero MESSAGGERO
Antonio è in campo. CESARE
Va’, ordina ad Agrippa di schierare in prima linea i disertori, che ad Antonio sembri di consumare la sua furia su se stesso. Escono il messaggero [da una porta], Cesare e Dolabella [da un’altra] ENOBARBO
Alexas si è ribellato; era andato in Giudea per affari di Antonio, e lì ha convinto Erode il Grande di passare a Cesare e abbandonare il suo signore Antonio. Per compensarlo delle sue fatiche, Cesare l’ha impiccato. Canidio e gli altri che hanno disertato hanno ottenuto impiego, ma non fiducia e onore. Ho agito male, e me ne accuso tanto amaramente che non avrò più gioia. Entra un soldato di Cesare SOLDATO
Enobarbo, Antonio ti ha mandato tutto il tuo tesoro, con un sovrappiù di generosità sua. Il messaggero è arrivato mentre ero di guardia, e adesso sta scaricando i muli alla tua tenda. ENOBARBO
Tientelo tu. SOLDATO
Non scherzare, Enobarbo, quello che ho detto è vero. Per sicurezza, faresti bene a scortare il messaggero oltre le linee. L’avrei fatto io, ma sono di servizio. Il tuo Imperatore continua a essere un Giove. Esce ENOBARBO
Sono il più grande malvagio della terra, e fortissimamente sento che lo sono160. Oh Antonio, miniera di bontà, come avresti ripaga-
2215
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 8
Thou mine of bounty, how wouldst thou have paid My better service, when my turpitude Thou dost so crown with gold! This blows my heart. If swift thought break it not, a swifter mean Shall outstrike thought; but thought will do’t, I feel. I fight against thee? No, I will go seek Some ditch wherein to die. The foul’st best fits My latter part of life. Exit
35
Alarum. Enter Agrippa [with drummers and trumpeters]
4.7
AGRIPPA
Retire! We have engaged our selves too far. Caesar himself has work, and our oppression Exceeds what we expected.
Exeunt
Alarums. Enter Antony, and Scarus wounded
4.8 SCARUS
O my brave Emperor, this is fought indeed! Had we done so at first, we had droven them home With clouts about their heads. ANTONY Thou bleed’st apace. SCARUS
I had a wound here that was like a T, But now ’tis made an H. Retreat sounded far off ANTONY
They do retire.
5
SCARUS
We’ll beat ’em into bench-holes. I have yet Room for six scotches more. Enter Eros EROS
They are beaten, sir, and our advantage serves For a fair victory. SCARUS Let us score their backs And snatch ’em up as we take hares, behind. ’Tis sport to maul a runner.
2216
10
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 8
to il mio buon servizio, se così incoroni d’oro la mia turpitudine. Questo mi gonfia il cuore. Se il rapido pensiero non lo spezza, un mezzo più rapido del pensiero lo anticiperà; ma il pensiero sarà sufficiente, credo161. Io combattere contro di te? No, vado a cercarmi un fosso in cui morire. Il più sozzo sarà il più adatto all’ultima parte della mia vita. Esce Allarme. Entra Agrippa [con tamburini e trombettieri]162
IV, 7
AGRIPPA
Ritiriamoci! Ci siamo spinti troppo avanti. Anche Cesare ha il suo daffare, e la pressione è più forte del previsto. Escono Allarme. Entrano Antonio e Scaro ferito
IV, 8 SCARO
Oh mio bravo Imperatore, questo sì è combattere! Avessimo fatto così fin dall’inizio, li avremmo rimandati a casa con la testa fasciata. ANTONIO
Tu stai perdendo molto sangue. SCARO
Avevo una ferita che era come una T, ma adesso è diventata un’H163. Suono di ritirata in lontananza ANTONIO
Si ritirano. SCARO
Li cacceremo fin dentro ai loro cessi. Ho spazio per altre sei ferite. Entra Eros EROS
Sono battuti, signore, e il nostro vantaggio spiana la via a una bella vittoria. SCARO
Marchiamogli la schiena, pigliamoli da dietro, come lepri. È divertente fare a pezzi chi scappa.
2217
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 9
ANTONY (to Eros)
I will reward thee Once for thy sprightly comfort, and tenfold For thy good valour. Come thee on. SCARUS I’ll halt after. Exeunt 4.9
Alarum. Enter Antony again in a march; drummersand trumpeters; Scarus, with others
ANTONY
We have beat him to his camp. Run one before, And let the Queen know of our gests. [Exit a soldier] Tomorrow, Before the sun shall see’s, we’ll spill the blood That has today escaped. I thank you all, For doughty-handed are you, and have fought Not as you served the cause, but as’t had been Each man’s like mine. You have shown all Hectors. Enter the city, clip your wives, your friends, Tell them your feats whilst they with joyful tears Wash the congealment from your wounds, and kiss The honoured gashes whole.
5
Enter Cleopatra (To Scarus) Give me thy hand. To this great fairy I’ll commend thy acts, Make her thanks bless thee. (To Cleopatra, embracing her) O thou day o’th’ world, Chain mine armed neck; leap thou, attire and all, Through proof of harness to my heart, and there Ride on the pants triumphing. CLEOPATRA Lord of lords! O infinite virtue, com’st thou smiling from The world’s great snare uncaught? ANTONY My nightingale, We have beat them to their beds. What, girl, though grey Do something mingle with our younger brown, yet ha’ we 2218
11
15
20
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 9
ANTONIO (a Eros)
Ti ricompenserò una volta per il conforto del tuo buon umore, e dieci per il tuo grande coraggio. Vieni. SCARO
Ti verrò dietro zoppicando. Escono IV, 9
Allarme. Entra di nuovo Antonio in marcia con tamburini, trombettieri, Scaro ed altri
ANTONIO
Lo abbiamo ricacciato nel suo campo. Qualcuno corra avanti a informare la Regina delle nostre gesta. [Esce un soldato] Domani, prima che il sole ci scorga, spilleremo il sangue che oggi ci è sfuggito. Vi ringrazio tutti, avete combattuto con mano gagliarda, non come se serviste una causa, ma come se la mia fosse quella di ciascuno164. Vi siete dimostrati tutti degli Ettori. Entrate in città, abbracciate mogli e amici, raccontate le vostre imprese, mentre loro con lacrime di gioia vi laveranno il sangue rappreso delle ferite, guarendo di baci quegli onorevoli squarci. Entra Cleopatra (A Scaro) Dammi la mano. A questa grande fata encomierò i tuoi atti, perché ti benedica coi suoi ringraziamenti. (A Cleopatra, abbracciandola) Oh tu, luce del mondo, incatenami il collo corazzato; spacca la mia impenetrabile armatura, addobbata come sei balzami in cuore, e cavalcane in trionfo gli ansiti. CLEOPATRA
Signore dei signori! Oh infinita virtù, torni sorridente dalla grande trappola del mondo che non ti ha catturato? ANTONIO
Mio usignolo, li abbiamo ributtati a letto. Ragazza, anche se un po’ di grigio ci brizzola il più giovane castano, abbiamo ancora un cer-
2219
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 10
A brain that nourishes our nerves, and can Get goal for goal of youth. Behold this man. Commend unto his lips thy favouring hand; Kiss it, my warrior. Scarus kisses Cleopatra’s hand He hath fought today As if a god, in hate of mankind, had Destroyed in such a shape. CLEOPATRA I’ll give thee, friend, An armour all of gold. It was a king’s.
25
ANTONY
He has deserved it, were it carbuncled Like holy Phoebus’ car. Give me thy hand. Through Alexandria make a jolly march. Bear our hacked targets like the men that owe them. Had our great palace the capacity To camp this host, we all would sup together And drink carouses to the next day’s fate, Which promises royal peril. Trumpeters, With brazen din blast you the city’s ear; Make mingle with our rattling taborins, That heaven and earth may strike their sounds together, Applauding our approach. Trumpets sound. Exeunt 4.10
30
35
Enter a Sentry and his company; Enobarbus follows
SENTRY
If we be not relieved within this hour We must return to th’ court of guard. The night Is shiny, and they say we shall embattle By th’ second hour i’th’ morn. FIRST WATCH This last day was A shrewd one to’s. ENOBARBUS O bear me witness, night – SECOND WATCH
What man is this? Stand close, and list him.
FIRST WATCH
2220
5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 10
vello che ci nutre i nervi, e possiamo competere punto per punto con la gioventù. Guarda quest’uomo. Affida alle sue labbra il favore della tua mano. Baciala, mio guerriero. Scaro bacia la mano di Cleopatra Oggi ha combattuto come se un dio che odia l’umanità facesse strage sotto le sue spoglie. CLEOPATRA
Amico, ti darò un’armatura tutta d’oro. Era di un re. ANTONIO
L’ha meritata, fosse anche incrostata di gemme come il carro del santo Febo. Dammi la mano. Marceremo allegramente per Alessandria. Porteremo i nostri scudi ammaccati come si addice ai loro possessori. Se il nostro grande palazzo avesse la capacità di ospitare questo esercito, ceneremmo tutti assieme, brindando allegramente al fato di domani, che promette pericolo regale. Trombettieri, rompete le orecchie della città col clamore degli ottoni; fate un misto coi rullanti tamburi, che cielo e terra possano suonare assieme i loro suoni, plaudendo al nostro arrivo. Suono di trombe. Escono IV, 10 Entra una sentinella con la sua compagnia; segue Enobarbo165 SENTINELLA
Se non ci danno il cambio entro quest’ora dobbiamo tornare al posto di guardia. La notte è luminosa e dicono che per la seconda ora del mattino bisogna prepararsi alla battaglia. PRIMA GUARDIA
Quest’ultima giornata è stata dura per noi. ENOBARBO
Oh siimi testimone, notte – SECONDA GUARDIA
Chi è quest’uomo? PRIMA GUARDIA
Avviciniamoci e ascoltiamo.
2221
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 10
ENOBARBUS
Be witness to me, O thou blessèd moon, When men revolted shall upon record Bear hateful memory, poor Enobarbus did Before thy face repent. SENTRY Enobarbus? SECOND WATCH Peace; hark further. ENOBARBUS
O sovereign mistress of true melancholy, The poisonous damp of night disponge upon me, That life, a very rebel to my will, May hang no longer on me. Throw my heart Against the flint and hardness of my fault, Which, being dried with grief, will break to powder, And finish all foul thoughts. O Antony, Nobler than my revolt is infamous, Forgive me in thine own particular, But let the world rank me in register A master-leaver and a fugitive. O Antony! O Antony! He dies FIRST WATCH Let’s speak to him.
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SENTRY
Let’s hear him, for the things he speaks May concern Caesar. SECOND WATCH Let’s do so. But he sleeps. SENTRY
Swoons, rather; for so bad a prayer as his Was never yet for sleep. FIRST WATCH Go we to him. SECOND WATCH
Awake, sir, awake; speak to us. FIRST WATCH Hear you, sir? SENTRY
The hand of death hath raught him.
2222
25
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 10
ENOBARBO
Oh benedetta luna, quando si registrerà l’odiosa memoria dei traditori, siimi testimone che il povero Enobarbo di fronte al tuo volto s’è pentito. SENTINELLA
Enobarbo? SECONDA GUARDIA
Silenzio; continuiamo ad ascoltare. ENOBARBO
Oh sovrana signora della vera malinconia, stilla su di me la velenosa umidità della notte, che la vita, ribelle alla volontà, non mi resti più attaccata. Scagliami il cuore contro la dura selce della colpa, cosicché, disseccato dal dolore, si riduca in polvere ponendo fine a tutti i cattivi pensieri166. Oh Antonio, più nobile di quanto il mio tradimento è infame, tu per parte tua perdona quello che t’ho fatto, ma lascia che il mondo nel suo registro mi annoveri come un disertore che ha abbandonato il suo signore. Oh Antonio! Oh Antonio! Muore PRIMA GUARDIA
Parliamogli. SENTINELLA
Ascoltiamolo, perché parla di cose che possono interessare a Cesare. SECONDA GUARDIA
Hai ragione. Ma dorme. SENTINELLA
Sembra piuttosto svenuto; nessuno si è mai addormentato con una preghiera così brutta. PRIMA GUARDIA
Avviciniamoci. SECONDA GUARDIA
Sveglia, signore, sveglia; diteci qualcosa. PRIMA GUARDIA
Ci sentite, signore? SENTINELLA
La mano della morte lo ha afferrato. 2223
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 13
Drums afar off Hark, the drums Demurely wake the sleepers. Let us bear him To th’ court of guard; he is of note. Our hour Is fully out.
30
SECOND WATCH
Come on, then. He may recover yet. Exeunt with the body 4.11
Enter Antony and Scarus with their army
ANTONY
Their preparation is today by sea; We please them not by land. SCARUS For both, my lord. ANTONY
I would they’d fight i’th’ fire or i’th’ air; We’d fight there too. But this it is: our foot Upon the hills adjoining to the city Shall stay with us. Order for sea is given. They have put forth the haven – Where their appointment we may best discover, And look on their endeavour. Exeunt 4.12
Enter Caesar and his army
CAESAR
But being charged, we will be still by land – Which, as I take’t, we shall, for his best force Is forth to man his galleys. To the vales, And hold our best advantage. 4.13
Exeunt
[Alarum afar off, as at a seafight.] Enter Antony and Scarus
ANTONY
Yet they are not joined. Where yon pine does stand I shall discover all. I’ll bring thee word Straight how ’tis like to go. Exit
2224
5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 13
Tamburi in lontananza Ecco che i tamburi vanno sommessamente svegliando i dormienti. Portiamolo al posto di guardia; è un uomo di riguardo. La nostra ora è terminata. SECONDA GUARDIA
Forza, allora. Forse si può ancora risvegliare. Escono col corpo IV, 11 Entrano Antonio e Scaro con il loro esercito167 ANTONIO
Oggi si preparano in mare; in terra non gli piacciamo. SCARO
Si preparano per tutti e due, signore. ANTONIO
Vorrei che combattessero nel fuoco o nell’aria; combatteremmo anche lì. Ma adesso il piano è questo: la fanteria sulle colline accanto alla città resta con noi. Per il mare gli ordini sono dati. Sono già usciti dal porto – andiamo dove si può scoprire meglio come son disposti e cosa fanno. Escono IV, 12 Entra Cesare con il suo esercito CESARE
A meno che non ci attacchino, per terra staremo fermi – e andrà così, credo, perché le forze migliori le ha usate per equipaggiare le galee. Andiamo a occupare le posizioni migliori nelle valli. Escono IV, 13 [Allarme in lontananza, come in una battaglia navale.] Entrano Antonio e Scaro ANTONIO
Ancora non si sono scontrati. Vedrò tutto da dove c’è quel pino. Ti dirò subito come sta andando. Esce
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 13
Swallows have built In Cleopatra’s sails their nests. The augurs Say they know not, they cannot tell, look grimly, And dare not speak their knowledge. Antony Is valiant, and dejected, and by starts His fretted fortunes give him hope and fear Of what he has and has not.
SCARUS
5
Enter Antony All is lost. This foul Egyptian hath betrayèd me. My fleet hath yielded to the foe, and yonder They cast their caps up, and carouse together Like friends long lost. Triple-turned whore! ’Tis thou Hast sold me to this novice, and my heart Makes only wars on thee. Bid them all fly; For when I am revenged upon my charm, I have done all. Bid them all fly. Be gone. [Exit Scarus] O sun, thy uprise shall I see no more. Fortune and Antony part here; even here Do we shake hands. All come to this? The hearts That spanieled me at heels, to whom I gave Their wishes, do discandy, melt their sweets On blossoming Caesar; and this pine is barked That overtopped them all. Betrayed I am. O this false soul of Egypt! This grave charm, Whose eye becked forth my wars and called them home, Whose bosom was my crownet, my chief end, Like a right gipsy hath at fast and loose Beguiled me to the very heart of loss. What, Eros, Eros!
ANTONY
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Enter Cleopatra Ah, thou spell! Avaunt. CLEOPATRA
Why is my lord enraged against his love?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 13
SCARO
Le rondini hanno fatto il nido nelle vele di Cleopatra. Gli àuguri dicono che non sanno, che non sono in grado di dire, hanno l’aria tetra, e non osano dire ciò che sanno. Antonio è coraggioso e scoraggiato, e di volta in volta la sua incerta fortuna gli fa sperare e temere ciò che ha e non ha. Entra Antonio ANTONIO
Tutto è perduto. Quella sporca Egiziana mi ha tradito. La flotta si è consegnata al nemico, eccoli che lanciano in aria i berretti, e trincano in compagnia come amici che si ritrovano dopo tanto tempo. Tre volte puttana! Sei tu che mi hai venduto a questo novellino, e il mio cuore fa guerra solo a te. Ordina a tutti di fuggire; perché una volta vendicatomi del mio incantesimo, avrò finito. Ordina a tutti di fuggire. Va’. [Esce Scaro] Oh sole, non ti vedrò più sorgere. La fortuna e Antonio qui prendono congedo; ci stringiamo la mano proprio qui. Tutto si è ridotto a questo? I cuori che mi scodinzolavano alle calcagna, quando gli davo ciò che desideravano, ora si squagliano come la glassa, e fanno colare il loro dolciume sul bocciolo di Cesare; e questo pino, che prima li sovrastava tutti, ora è scortecciato. Sono tradito. Oh falsa anima d’Egitto! Questa fatale incantatrice, che con un cenno degli occhi scatenava e revocava le mie guerre, il cui cuore era la mia corona e il mio supremo fine, come una vera zingara mi ha truffato coi suoi trucchi, ed ho perduto tutto. Ehi, Eros, Eros! Entra Cleopatra Ah, strega! Vattene. CLEOPATRA
Perché il mio signore è adirato col suo amore?
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 14
ANTONY
Vanish, or I shall give thee thy deserving And blemish Caesar’s triumph. Let him take thee And hoist thee up to the shouting plebeians; Follow his chariot, like the greatest spot Of all thy sex; most monster-like be shown For poor’st diminutives, for dolts, and let Patient Octavia plough thy visage up With her preparèd nails. Exit Cleopatra ’Tis well thou’rt gone, If it be well to live. But better ‘twere Thou fell’st into my fury, for one death Might have prevented many. Eros, ho! The shirt of Nessus is upon me. Teach me, Alcides, thou mine ancestor, thy rage. Let me lodge Lichas on the horns o’th’ moon, And with those hands that grasped the heaviest club Subdue my worthiest self. The witch shall die. To the young Roman boy she hath sold me, and I fall Under this plot. She dies for’t. Eros, ho! Exit 4.14
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Enter Cleopatra, Charmian, Iras, Mardian
CLEOPATRA
Help me, my women! O, he’s more mad Than Telamon for his shield; the boar of Thessaly Was never so embossed. CHARMIAN To th’ monument! There lock yourself, and send him word you are dead. The soul and body rive not more in parting Than greatness going off. CLEOPATRA To th’ monument! Mardian, go tell him I have slain myself. Say that the last I spoke was ‘Antony’, And word it, prithee, piteously. Hence, Mardian, And bring me how he takes my death. To th’ monument! Exeunt
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5
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 14
ANTONIO
Sparisci, o ti darò quello che meriti, rovinando il trionfo di Cesare. Che ti prenda, che ti esponga su un palco ai plebei urlanti; segui il suo cocchio, in qualità di peggior macchia del tuo sesso; possa tu essere esibita come un vero mostro alla più miserabile feccia, agli idioti, e che la paziente Ottavia ti ari il volto, dopo essersi preparate le unghie. Esce Cleopatra Hai fatto bene a andartene, se vivere è un bene. Ma se fossi incorsa nella mia furia sarebbe stato meglio, perché una morte sola ne avrebbe prevenute molte. Ehi, Eros! Ho addosso la camicia di Nesso. Insegnami, Alcide, mio grande antenato, la tua furia. Fammi spedire Lica sulle corna della luna, e possano le mani che hanno brandito la più pesante delle clave sottomettere la parte di me che più ne è degna168. La strega deve morire. Mi ha venduto al ragazzetto romano, e io cado vittima di questo complotto. Pagherà con la morte. Eros, ehi! Esce IV, 14 Entrano Cleopatra, Charmian, Iras e Mardian169 CLEOPATRA
Aiutatemi, donne mie! Oh, è più pazzo di quant’era il Telamonio col suo scudo; il cinghiale di Tessaglia non ha mai schiumato tanto170. CHARMIAN
Al monumento! Sprangatevi dentro, e mandate a dirgli che siete morta. Quando l’anima si separa dal corpo, lo strazio non è maggiore di quando la grandezza se ne va. CLEOPATRA
Al monumento! Mardian, va’ a dirgli che mi sono uccisa. Di’ che la mia ultima parola è stata ‘Antonio’, e dillo, ti prego, in modo commovente. Va’, Mardian, e riferiscimi come prende la mia morte. Al monumento171! Escono
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 15
4.15
Enter Antony and Eros
ANTONY
Eros, thou yet behold’st me? EROS Ay, noble lord. ANTONY
Sometime we see a cloud that’s dragonish, A vapour sometime like a bear or lion, A towered citadel, a pendent rock, A forked mountain, or blue promontory With trees upon’t that nod unto the world And mock our eyes with air. Thou hast seen these signs; They are black vesper’s pageants. EROS Ay, my lord.
5
ANTONY
That which is now a horse even with a thought The rack distains, and makes it indistinct As water is in water. EROS It does, my lord.
10
ANTONY
My good knave Eros, now thy captain is Even such a body. Here I am Antony, Yet cannot hold this visible shape, my knave. I made these wars for Egypt, and the Queen – Whose heart I thought I had, for she had mine, Which whilst it was mine had annexed unto’t A million more, now lost – she, Eros, has Packed cards with Caesar, and false-played my glory Unto an enemy’s triumph. Nay, weep not, gentle Eros. There is left us Ourselves to end ourselves.
15
20
Enter Mardian
4. Towered: emend. tardo; in F toward. 10. Distains: emend. Oxford; in F dislimms = “smembra”, come un corpo sotto la tortura della ruota (rack). Cfr. The Tempest, IV, 1, 155-56. 2230
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 15
IV, 15 Entrano Antonio ed Eros ANTONIO
Mi vedi ancora, Eros? EROS
Sì, nobile signore. ANTONIO
A volte vediamo una nuvola che sembra un drago, altre un vapore che è come un orso o un leone, una cittadella turrita, una roccia a strapiombo, una montagna forcuta, o un promontorio azzurro con degli alberi sopra che fanno cenni al mondo, ingannando i nostri occhi con dell’aria. Li hai visti questi segni; sono i cortei del vespero nero. EROS
Sì, mio signore. ANTONIO
Ciò che ora è un cavallo, nel tempo di un pensiero il cumulo di nubi lo scolora, rendendolo indistinto come acqua nell’acqua. EROS
È vero, mio signore. ANTONIO
Eros, ragazzo mio, ora il tuo capitano è un corpo come quelli. Io, Antonio, sono qui, e tuttavia non riesco a mantenere questa mia forma visibile, ragazzo mio172. Queste guerre le ho fatte per l’Egitto, e la Regina – il cui cuore pensavo di avere, giacché lei aveva il mio, il quale, mentre era mio se ne era annessi un altro milione, ora perduti – lei, Eros, ha truccato le carte a favore di Cesare, e barando ha consegnato la mia gloria al trionfo di un nemico. No, non piangere, buon Eros. Ci siamo ancora noi per porre fine a noi stessi. Entra Mardian
2231
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 15
O thy vile lady, She has robbed me of my sword! MARDIAN No, Antony, My mistress loved thee, and her fortunes mingled With thine entirely. ANTONY Hence, saucy eunuch, peace! She hath betrayed me, and shall die the death.
25
MARDIAN
Death of one person can be paid but once, And that she has discharged. What thou wouldst do Is done unto thy hand. The last she spake Was ‘Antony, most noble Antony!’ Then in the midst a tearing groan did break The name of Antony. It was divided Between her heart and lips. She rendered life, Thy name so buried in her. ANTONY Dead, then? MARDIAN Dead.
30
ANTONY
Unarm, Eros. The long day’s task is done, And we must sleep. (To Mardian) That thou depart’st hence safe Does pay thy labour richly. Go. Exit Mardian Off, pluck off.
35
Eros helps Antony to unarm The seven-fold shield of Ajax cannot keep The battery from my heart. O, cleave, my sides! Heart, once be stronger than thy continent; Crack thy frail case. Apace, Eros, apace. No more a soldier. Bruisèd pieces, go; You have been nobly borne. – From me a while.
40
Exit Eros I will o’ertake thee, Cleopatra, and Weep for my pardon. So it must be, for now All length is torture. Since the torch is out, Lie down, and stray no farther. Now all labour 2232
45
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 15
Oh, quella infame della tua signora mi ha derubato della mia spada! MARDIAN
No, Antonio, la mia padrona ti amava, e le sue fortune le aveva interamente mescolate con le tue. ANTONIO
Vattene, eunuco impudente, taci! Mi ha tradito e sarà messa a morte. MARDIAN
Una persona può pagare con la morte una volta sola, e lei ha già saldato. Ciò che volevi fare ti è già stato fatto. Le sue ultime parole sono state ‘Antonio, nobilissimo Antonio!’, poi nel mezzo un gemito straziante ha spezzato il nome di Antonio. È rimasto diviso tra il cuore e le labbra. Ha reso la vita, col tuo nome così sepolto in lei. ANTONIO
Morta, dunque? MARDIAN
Morta. ANTONIO
Spogliami dell’armatura, Eros. La lunga fatica del giorno è terminata, e dobbiamo dormire. (A Mardian) L’andartene via indenne è già una ricca ricompensa del tuo lavoro. Va’. Esce Mardian Su, toglimela. Eros aiuta Antonio a togliersi l’armatura Il settemplice scudo di Aiace non basterebbe a contenere il bombardamento del mio cuore. Oh, fendetevi, fianchi! Cuore, sii per una volta più forte di ciò che ti racchiude; spezza la tua fragile cassa173. Svelto, Eros, svelto. Non più un soldato. Via, pezzi ammaccati; siete stati portati con nobiltà. – Lasciami solo un attimo. Esce Eros Ti raggiungerò, Cleopatra, e piangerò per avere perdono. Così dev’essere, perché ora durare è una tortura. Giacché la torcia è spenta, stendiamoci, e non muoviamoci più. Ogni sforzo ora rovi-
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 15
Mars what it does; yea, very force entangles Itself with strength. Seal, then, and all is done. Eros! – I come, my queen. – Eros! – Stay for me. Where souls do couch on flowers we’ll hand in hand, And with our sprightly port make the ghosts gaze. Dido and her Aeneas shall want troops, And all the haunt be ours. Come, Eros, Eros!
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Enter Eros EROS
What would my lord? Since Cleopatra died I have lived in such dishonour that the gods Detest my baseness. I, that with my sword Quartered the world, and o’er green Neptune’s back With ships made cities, condemn myself to lack The courage of a woman; less noble mind Than she which by her death our Caesar tells ‘I am conqueror of myself.’ Thou art sworn, Eros, That when the exigent should come, which now Is come indeed – when I should see behind me Th’inevitable prosecution of Disgrace and horror – that on my command Thou then wouldst kill me. Do’t. The time is come. Thou strik’st not me; ’tis Caesar thou defeat’st. Put colour in thy cheek. EROS The gods withhold me! Shall I do that which all the Parthian darts, Though enemy, lost aim and could not? ANTONY Eros, Wouldst thou be windowed in great Rome and see Thy master thus with pleached arms, bending down His corrigible neck, his face subdued To penetrative shame, whilst the wheeled seat Of fortunate Caesar, drawn before him, branded His baseness that ensued? EROS I would not see’t. ANTONY
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 15
na ciò che fa; sì, perfino la forza si impastoia della sua stessa forza. Dunque non resta che apporre il sigillo, ed è finita. Eros! – Vengo, mia signora. – Eros! – Aspettami. Dove le anime si stendono sui fiori noi andremo tenendoci per mano, il vigore del nostro portamento lascerà gli spettri stupefatti. Didone e il suo Enea resteranno senza seguito, tutto l’affollamento sarà per noi174. Vieni, Eros, Eros! Entra Eros EROS
Cosa desidera il mio signore? ANTONIO
Da quando Cleopatra è morta sono vissuto in un tale disonore che gli dèi detestano la mia bassezza. Io, che con la mia spada ho squartato il mondo, che con le mie navi ho eretto città sul verde dorso di Nettuno, mi condanno da me stesso perché mi manca il coraggio di una donna; ho un animo meno nobile di colei che con la sua morte dice al nostro Cesare ‘Sono la conquistatrice di me stessa’. Eros, tu mi hai giurato che in caso di necessità, e questo lo è davvero – quando mi fossi visto dietro un inevitabile strascico di vergogna e orrore, allora tu mi avresti ucciso. Fallo. Il momento è giunto. Non colpisci me; è Cesare che sconfiggi. Fatti tornare il rosso sulle guance. EROS
Gli dèi non vogliano! Dovrò io fare quello che tutte le frecce dei Parti, pur nemiche, sbagliando bersaglio non sono riuscite a fare? ANTONIO
Vorresti tu, Eros, da una finestra della grande Roma vedere il tuo padrone così, a braccia conserte, che piega il collo per essere umiliato, il volto sottoposto alla penetrazione della vergogna, mentre il carro di Cesare vittorioso, trainato innanzi a lui, imprime il marchio dell’abiezione sopra chi lo segue? EROS
Non intendo vederlo.
2235
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 15
ANTONY
Come then; for with a wound I must be cured. Draw that thy honest sword, which thou hast worn Most useful for thy country. EROS O sir, pardon me!
80
ANTONY
When I did make thee free, swor’st thou not then To do this when I bade thee? Do it at once, Or thy precedent services are all But accidents unpurposed. Draw, and come. EROS
Turn from me then that noble countenance Wherein the worship of the whole world lies. ANTONY (turning away) Lo thee!
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EROS
My sword is drawn. Then let it do at once The thing why thou hast drawn it. EROS My dear master, My captain, and my Emperor: let me say, Before I strike this bloody stroke, farewell. ANTONY ’Tis said, man; and farewell. ANTONY
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EROS
Farewell, great chief. Shall I strike now? Now, Eros.
ANTONY
[Eros stabs himself ] EROS
Why, there then, thus I do escape the sorrow Of Antony’s death. He dies ANTONY Thrice nobler than myself, Thou teachest me, O valiant Eros, what I should and thou couldst not. My queen and Eros Have by their brave instruction got upon me A nobleness in record. But I will be
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 15
ANTONIO
E allora avanti; perché è con una ferita che devo essere curato. Sguaina la tua onesta spada, che con tanta utilità del tuo paese hai maneggiato175. EROS
Oh signore, esimetemi! ANTONIO
Quando ti ho liberato, non hai giurato di farlo, se te lo avessi comandato? Fallo immediatamente, o tutti i tuoi servigi anteriori non sono che accidenti non voluti. Sguaina e vieni. EROS
E allora distogliete da me quel nobile volto in cui risiede l’adorazione del mondo intero. ANTONIO (girandosi) Ecco. EROS
La mia spada è sguainata. ANTONIO
E allora falle subito fare ciò per cui l’hai sguainata. EROS
Mio caro padrone, mio capitano, e mio Imperatore: prima che sferri questo colpo mortale, lasciate che vi dica addio. ANTONIO
L’hai detto, ragazzo; addio. EROS
Addio, mio grande capo. Colpisco adesso? ANTONIO
Adesso, Eros. [Eros colpisce se stesso] EROS
Ecco, allora: così sfuggo al dolore della morte di Antonio. Muore ANTONIO
Tre volte più nobile di me, tu mi insegni, valoroso Eros, ciò ch’io dovrei e tu non hai potuto fare. La mia regina ed Eros, con la loro coraggiosa lezione, mi hanno superato nelle cronache della nobiltà. 2237
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 15
A bridegroom in my death, and run into’t As to a lover’s bed. Come then, and, Eros, Thy master dies thy scholar. To do thus I learned of thee.
100
He stabs himself How, not dead? Not dead? The guard, ho! O, dispatch me! Enter a guard [and Decretas] What’s the noise?
FIRST GUARD ANTONY
I have done my work ill, friends. O, make an end Of what I have begun! SECOND GUARD The star is fall’n.
105
FIRST GUARD
And time is at his period. ALL THE GUARDS Alas And woe! ANTONY Let him that loves me strike me dead. FIRST GUARD
Not I. SECOND GUARD Nor I. THIRD GUARD
Nor anyone.
Exeunt the guard
DECRETAS
Thy death and fortunes bid thy followers fly. He takes Antony’s sword This sword but shown to Caesar, with this tidings, Shall enter me with him. Enter Diomedes DIOMEDES
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Where’s Antony?
110
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 15
Ma sarò come uno sposo nella morte, le correrò incontro come al letto di un’amante. Forza, allora, e il tuo maestro, Eros, muore tuo scolaro. A fare così ho imparato da te. Si colpisce Come, non sono morto? Non sono morto? Ehi, guardie! Oh, finitemi! Entrano delle guardie [e Decretas] PRIMA GUARDIA
Cos’è questo rumore? ANTONIO
Ho fatto male il mio lavoro, amici. Oh, portate a termine ciò che ho cominciato! SECONDA GUARDIA
La stella è caduta. PRIMA GUARDIA
E il tempo è alla sua fine176. TUTTE LE GUARDIE
Ahimè, sventura! ANTONIO
Chi mi ama mi uccida. PRIMA GUARDIA
Io no. SECONDA GUARDIA
Io neanche. TERZA GUARDIA
E neanche nessun altro. Escono le guardie DECRETAS
La tua morte e le tue fortune comandano la fuga ai tuoi seguaci. Prende la spada di Antonio Questa spada, mostrata a Cesare e accompagnata da questa notizia, mi introdurrà nei suoi favori. Entra Diomede DIOMEDE
Dov’è Antonio? 2239
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 15
DECRETAS
There, Diomed, there. Lives he? Wilt thou not answer, man?
DIOMEDES
Exit Decretas ANTONY
Art thou there, Diomed? Draw thy sword, and give me Sufficing strokes for death. DIOMEDES Most absolute lord, My mistress Cleopatra sent me to thee.
115
ANTONY
When did she send thee? Now, my lord.
DIOMEDES ANTONY
Where is she?
DIOMEDES
Locked in her monument. She had a prophesying fear Of what hath come to pass; for when she saw – Which never shall be found – you did suspect She had disposed with Caesar, and that your rage Would not be purged, she sent word she was dead; But fearing since how it might work, hath sent Me to proclaim the truth; and I am come, I dread, too late.
120
125
ANTONY
Too late, good Diomed. Call my guard, I prithee. DIOMEDES
What ho, the Emperor’s guard! The guard, what ho! Come, your lord calls. Enter four or five of the guard of Antony ANTONY
Bear me, good friends, where Cleopatra bides. ’Tis the last service that I shall command you. FIRST GUARD
Woe, woe are we, sir, you may not live to wear All your true followers out.
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130
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 15
DECRETAS
Lì, Diomede, lì. DIOMEDE
È vivo? Cosa fai, non rispondi? Esce Decretas ANTONIO
Sei tu, Diomede? Sguaina la spada, e colpisci quanto basta perché muoia. DIOMEDE
Mio sovrano signore, mi manda Cleopatra, la mia padrona. ANTONIO
Quando ti ha mandato? DIOMEDE
Adesso, mio signore. ANTONIO
Dov’è? DIOMEDE
Chiusa nel suo monumento. Aveva un timore profetico di ciò che si è verificato; perché quando ha visto – il che mai sarà provato – che la sospettavate di essersi accordata con Cesare, e che la vostra collera era inespurgabile, ha mandato a dire che era morta; ma poi, temendone gli effetti, mi ha mandato a dichiarare la verità; ma sono arrivato, temo, troppo tardi. ANTONIO
Troppo tardi, buon Diomede. Chiamami le guardie, per piacere. DIOMEDE
Ehilà, guardie dell’Imperatore! Guardie, ehilà! Venite, il vostro signore vi chiama. Entrano quattro o cinque delle guardie di Antonio ANTONIO
Buoni amici, portatemi dove si trova Cleopatra. È l’ultimo servizio che vi ordino. PRIMA GUARDIA
Ci dispiace, ci dispiace, signore, che non possiate vivere tanto da servirvi fino in fondo di tutti i vostri fedeli seguaci.
2241
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 16
Most heavy day!
ALL THE GUARDS ANTONY
Nay, good my fellows, do not please sharp fate To grace it with your sorrows. Bid that welcome Which comes to punish us, and we punish it, Seeming to bear it lightly. Take me up. I have led you oft; carry me now, good friends, And have my thanks for all.
135
Exeunt bearing Antony [and Eros] 4.16
Enter Cleopatra [and her maids aloft], with Charmian and Iras
CLEOPATRA
O Charmian, I will never go from hence. CHARMIAN
Be comforted, dear madam. No, I will not. All strange and terrible events are welcome, But comforts we despise. Our size of sorrow, Proportioned to our cause, must be as great As that which makes it.
CLEOPATRA
5
Enter Diomedes [below] How now? Is he dead? DIOMEDES
His death’s upon him, but not dead. Look out o’th’ other side your monument. His guard have brought him thither. Enter below Antony, borne by the guard O sun, Burn the great sphere thou mov’st in; darkling stand The varying shore o’th’ world! O Antony, Antony, Antony! Help, Charmian, Help, Iras, help, help, friends below! Let’s draw him hither. ANTONY Peace. Not Caesar’s valour Hath o’erthrown Antony, but Antony’s Hath triumphed on itself. CLEOPATRA
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 16
TUTTE LE GUARDIE
Triste giorno! ANTONIO
No, miei buoni compagni, non compiacete il duro fato onorandolo col vostro dolore. Se diamo il benvenuto a ciò che viene per punirci, siamo noi che lo puniamo, sembrando sopportarlo facilmente. Tiratemi su. Spesso vi ho condotto io; adesso portatemi voi, buoni amici, e grazie a tutti. Escono portando Antonio [ed Eros] IV, 16 Entrano Cleopatra [e le sue ancelle, sopra], Charmian e Iras177 CLEOPATRA
Oh Charmian, non uscirò mai di qui. CHARMIAN
Confortatevi, cara signora. CLEOPATRA
No, non voglio. Tutti i più strani e terribili eventi sono i benvenuti, ma il conforto lo disprezziamo. La dimensione del nostro dolore, essendo proporzionata alla nostra causa, dev’esser grande quanto ciò che lo produce. Entra Diomede [sotto] E allora? È morto? DIOMEDE
La morte è su di lui, ma non è morto. Guarda dall’altra parte del monumento. Le guardie lo hanno portato lì. Entra sotto Antonio, portato dalle guardie CLEOPATRA
Oh sole, brucia la grande sfera in cui ti muovi; cali la tenebra sulle mutevoli sponde della terra178. Oh Antonio, Antonio, Antonio! Aiuto, Charmian, aiuto, Iras, aiuto, aiuto, amici lì sotto! Tiriamolo su. ANTONIO
Silenzio! Non è stato il valore di Cesare ad abbattere Antonio, ma quello di Antonio che ha trionfato su se stesso.
2243
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 16
So it should be, That none but Antony should conquer Antony. But woe ’tis so!
CLEOPATRA
ANTONY
I am dying, Egypt, dying. Only I here importune death awhile until Of many thousand kisses the poor last I lay upon thy lips. CLEOPATRA I dare not, dear, Dear, my lord, pardon. I dare not, Lest I be taken. Nor th’imperious show Of the full-fortuned Caesar ever shall Be brooched with me, if knife, drugs, serpents, have Edge, sting, or operation. I am safe. Your wife, Octavia, with her modest eyes And still conclusion, shall acquire no honour Demuring upon me. But come, come, Antony. – Help me, my women. – We must draw thee up. Assist, good friends. ANTONY O quick, or I am gone!
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CLEOPATRA
Here’s sport indeed. How heavy weighs my lord! Our strength is all gone into heaviness, That makes the weight. Had I great Juno’s power The strong-winged Mercury should fetch thee up And set thee by Jove’s side. Yet come a little. Wishers were ever fools. O come, come, come!
35
They heave Antony aloft to Cleopatra And welcome, welcome! Die when thou hast lived, Quicken with kissing. Had my lips that power, Thus would I wear them out. They kiss ALL THE LOOKERS-ON A heavy sight. ANTONY I am dying, Egypt, dying.
Give me some wine, and let me speak a little.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 16
CLEOPATRA
Così doveva essere, che nessuno salvo Antonio potesse conquistare Antonio. Ma che dolore che così sia! ANTONIO
Sto morendo, Egitto, morendo. Importuno la morte ancora un poco solo per deporre sulle tue labbra il povero ultimo di molte migliaia di baci. CLEOPATRA
Non oso, caro, caro, mio signore, perdonami. Non oso, ho paura di esser presa. Finché coltelli, veleni e serpenti avranno filo, effetti e morso, l’imperioso spettacolo di Cesare ricolmo di fortuna non mi avrà mai come suo gioiello. Qui sono al sicuro. Tua moglie Ottavia, con la sua modestia e la sua muta riprovazione, non trarrà onore dal tenermi gli occhi addosso. Ma vieni, vieni, Antonio. – Aiutatemi, donne. – Ti dobbiamo tirar su. Aiutatemi, buoni amici. ANTONIO
Presto, o sarò morto! CLEOPATRA
Proprio un bel divertimento. Quanto pesa il mio signore! La nostra forza è diventata tutta pesantezza, è questo che fa il peso. Avessi i poteri della grande Giunone, Mercurio dalle forti ali ti tirerebbe su, mettendoti a fianco di Giove. Su, ancora un po’. Fantasticare è da sciocchi. Oh, vieni, vieni, vieni! Sollevano Antonio fino a Cleopatra Benvenuto, benvenuto! Muori dopo aver vissuto, prendi vita dai miei baci. Se le mie labbra ne avessero il potere, le consumerei così. Si baciano TUTTI GLI ASTANTI
Uno spettacolo penoso. ANTONIO
Sto morendo, Egitto, morendo. Dammi del vino, voglio parlare un po’.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 4 SCENE 16
CLEOPATRA
No, let me speak, and let me rail so high That the false hussy Fortune break her wheel, Provoked by my offence. ANTONY One word, sweet queen. Of Caesar seek your honour, with your safety. O!
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CLEOPATRA
They do not go together. Gentle, hear me. None about Caesar trust but Proculeius.
ANTONY
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CLEOPATRA
My resolution and my hands I’ll trust, None about Caesar. ANTONY
The miserable change now at my end Lament nor sorrow at, but please your thoughts In feeding them with those my former fortunes, Wherein I lived the greatest prince o’th’ world, The noblest; and do now not basely die, Not cowardly put off my helmet to My countryman; a Roman by a Roman Valiantly vanquished. Now my spirit is going; I can no more. CLEOPATRA Noblest of men, woot die? Hast thou no care of me? Shall I abide In this dull world, which in thy absence is No better than a sty?
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Antony dies O see, my women, The crown o’th’ earth doth melt. My lord! O, withered is the garland of the war. The soldier’s pole is fall’n. Young boys and girls Are level now with men. The odds is gone, And there is nothing left remarkable Beneath the visiting moon. She falls 2246
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO IV SCENA 16
CLEOPATRA
No, voglio parlare io, e inveire tanto forte che quella sgualdrina infedele della Fortuna rompa la sua ruota, furibonda delle mie ingiurie. ANTONIO
Solo una parola, dolce regina. Da Cesare cerca di avere salvo l’onore, oltre che la vita. CLEOPATRA
Le due cose non vanno assieme. ANTONIO
Ascoltami, cara. Degli uomini di Cesare, fidati solo di Proculeio. CLEOPATRA
Mi fido della mia risoluzione e delle mie mani, non degli uomini di Cesare. ANTONIO
Non piangere e non ti addolorare per la sorte miseramente mutata ora alla mia fine, ma rallegra i tuoi pensieri nutrendoli delle mie fortune precedenti, quando vivevo come il più gran principe del mondo, il più nobile; e ora non muoio ignobilmente, né come un codardo mi tolgo l’elmo di fronte al mio compatriota; sono un romano onorevolmente sconfitto da un romano. Ora il mio spirito se ne sta andando; non ce la faccio più. CLEOPATRA
Nobilissimo tra gli uomini, vuoi morire? Non ti importa nulla di me? Dovrò restare in questo stupido mondo, che in tua assenza non è meglio di un porcile? Antonio muore Oh guardate, donne, la corona della terra si discioglie. Mio signore! Oh, appassita è la ghirlanda della guerra. È caduta la stella polare del soldato. Ragazzi e ragazze ora sono pari agli uomini. È scomparsa la diversità, e non è rimasto nulla di notevole sotto le visite della luna179. Sviene
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 1
CHARMIAN O, quietness, lady! IRAS She’s dead, too, our sovereign. CHARMIAN
Lady! Madam! O, madam, madam, madam!
IRAS
CHARMIAN IRAS
Royal Egypt, Empress! Peace, peace, Iras! CLEOPATRA (recovering) No more but e’en a woman, and commanded By such poor passion as the maid that milks And does the meanest chores. It were for me To throw my sceptre at the injurious gods, To tell them that this world did equal theirs Till they had stol’n our jewel. All’s but naught. Patience is sottish, and impatience does Become a dog that’s mad. Then is it sin To rush into the secret house of death Ere death dare come to us? How do you, women? What, what, good cheer! Why, how now, Charmian? My noble girls! Ah, women, women! Look, Our lamp is spent, it’s out. Good sirs, take heart; We’ll bury him, and then what’s brave, what’s noble, Let’s do it after the high Roman fashion, And make death proud to take us. Come, away. This case of that huge spirit now is cold. Ah, women, women! Come. We have no friend But resolution, and the briefest end. CHARMIAN
Exeunt, those above bearing off Antony’s body 5.1
Enter Caesar with his council of war: Agrippa, Dolabella, Maecenas, Gallus, Proculeius
CAESAR
Go to him, Dolabella, bid him yield. Being so frustrate, tell him, he but mocks The pauses that he makes. 2248
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 1
CHARMIAN
Oh, calmatevi, signora! IRAS
È morta anche lei, la nostra sovrana. CHARMIAN
Signora! IRAS
Signora! CHARMIAN
Oh, signora, signora, signora! IRAS
Regina d’Egitto, Imperatrice! CHARMIAN
Zitta, zitta, Iras! CLEOPATRA (rinvenendo)
Null’altro che una donna, e comandata dalle stesse povere passioni della ragazza che munge e fa i più umili lavori. Dovrei scagliare il mio scettro contro gli oltraggiosi dèi180, proclamare che questo mondo eguagliava il loro, prima che ci rubassero il gioiello. Tutto non è altro che nulla. La pazienza è da idioti, e l’impazienza si addice ai cani rabbiosi. E allora è forse un peccato precipitarsi nella casa segreta della morte prima che la morte osi venire da noi? Come state, donne? Su, su, allegre! Che c’è, Charmian? Mie nobili fanciulle! Ah, donne, donne! Guardate, la nostra lampada s’è spenta, è consumata. Coraggio, buone signore; lo seppelliremo, e poi ciò che è nobile, ciò che è coraggioso, lo faremo in grande stile alla romana, che la morte sia orgogliosa di prenderci. Venite, andiamo. Questo contenitore di quel grande spirito è ormai freddo. Ah, donne, donne! Venite. Non abbiamo altri amici che la risolutezza, e la fine più breve. Escono, quelli di sopra portando via il corpo di Antonio V, 1
Entra Cesare con il suo consiglio di guerra: Agrippa, Dolabella, Mecenate, Gallo, Proculeio181
CESARE
Va’ da lui, Dolabella, ingiungigli la resa. Digli che essendo così inerme, il suo temporeggiare è ridicolo. 2249
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 1
DOLABELLA
Caesar, I shall.
Exit
Enter Decretas with the sword of Antony CAESAR
Wherefore is that? And what art thou that dar’st Appear thus to us? DECRETAS I am called Decretas. Mark Antony I served, who best was worthy Best to be served. Whilst he stood up and spoke He was my master, and I wore my life To spend upon his haters. If thou please To take me to thee, as I was to him I’ll be to Caesar; if thou pleasest not, I yield thee up my life. CAESAR What is’t thou sayst?
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DECRETAS
I say, O Caesar, Antony is dead. CAESAR
The breaking of so great a thing should make A greater crack. The rivèd world Should have shook lions into civil streets, And citizens to their dens. The death of Antony Is not a single doom; in that name lay A moiety of the world. DECRETAS He is dead, Caesar, Not by a public minister of justice, Nor by a hirèd knife; but that self hand Which writ his honour in the acts it did Hath, with the courage which the heart did lend it, Splitted the heart. This is his sword; I robbed his wound of it. Behold it stained With his most noble blood. CAESAR (weeping) Look you, sad friends, The gods rebuke me; but it is a tidings To wash the eyes of kings.
15. Rivèd: emend. Oxford; in F rouud = “rotondo”. 2250
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 1
DOLABELLA
Vado, Cesare. Esce Entra Decretas con la spada di Antonio CESARE
Cosa significa questo? E chi sei tu che osi comparirci innanzi in questo modo? DECRETAS
Mi chiamo Decretas. Ho servito Marco Antonio, che più di ogni altro meritava il migliore dei servizi. Finché parlava e si reggeva in piedi è stato il mio padrone, e io ho consumato la vita a impiegarla contro chi lo odiava. Se ti compiaci di prendermi con te, sarò per Cesare ciò che sono stato per lui; altrimenti ti consegno la mia vita. CESARE
Cosa stai dicendo? DECRETAS
Dico, Cesare, che Antonio è morto. CESARE
La notizia di un crollo così grande dovrebbe scoppiare con più grande schianto. Il mondo, squarciato, dovrebbe far fuggire i leoni nelle vie delle città, e i cittadini nelle loro tane182. La morte di Antonio non è la catastrofe183 di un singolo; in quel nome c’è la metà del mondo. DECRETAS
È morto, Cesare, non ad opera di un ministro della pubblica giustizia, né per un pugnale prezzolato; ma quella stessa mano che scriveva del suo onore negli atti che compiva, col coraggio che il cuore gli ha prestato, gli ha spaccato il cuore. Questa è la sua spada; l’ho rubata alla sua ferita. Vedi com’è macchiata del suo nobilissimo sangue. CESARE (piangendo) Guardate, tristi amici, gli dèi mi rimproverano; ma è una notizia che inonderebbe occhi di re184.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 1
[AGRIPPA] And strange it is That nature must compel us to lament Our most persisted deeds. MAECENAS His taints and honours Waged equal with him. [AGRIPPA] A rarer spirit never Did steer humanity; but you gods will give us Some faults to make us men. Caesar is touched.
30
MAECENAS
When such a spacious mirror’s set before him He needs must see himself. CAESAR O Antony, I have followed thee to this. But we do lance Diseases in our bodies. I must perforce Have shown to thee such a declining day, Or look on thine. We could not stall together In the whole world. But yet let me lament, With tears as sovereign as the blood of hearts, That thou, my brother, my competitor In top of all design, my mate in empire, Friend and companion in the front of war, The arm of mine own body, and the heart Where mine his thoughts did kindle – that our stars, Unreconciliable, should divide Our equalness to this. Hear me, good friends –
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Enter an Egyptian But I will tell you at some meeter season. The business of this man looks out of him; We’ll hear him what he says. – Whence are you?
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EGYPTIAN
A poor Egyptian, yet the Queen my mistress, Confined in all she has, her monument, Of thy intents desires instruction, That she preparèdly may frame herself To th’ way she’s forced to.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 1
[AGRIPPA]
Ed è strano che la natura debba costringerci a lamentare le azioni che più abbiamo perseguito. MECENATE
Macchie e onori in lui si bilanciavano. [AGRIPPA]
Spirito più raro mai ha guidato l’umanità; ma voi dèi ci date qualche colpa per renderci uomini. Cesare è toccato. MECENATE
Se un così ampio specchio gli viene messo innanzi, per forza ha da vedere se stesso. CESARE
Oh Antonio, sono io che ti ho portato a questo. Ma le malattie del corpo le incidiamo col bisturi. O ti mostravo il giorno del mio tramonto, o dovevo necessariamente assistere al tuo. Il mondo intero non bastava per installarci insieme. E tuttavia mi sia concesso piangere, con lacrime sovrane come il sangue dei cuori, che tu, mio fratello, mio socio in ogni grande impresa, mio collega nell’impero, amico e compagno sul fronte della guerra, braccio del mio stesso corpo, cuore in cui il mio accendeva i suoi pensieri – che le nostre stelle, irreconciliabili, abbiano così diviso la nostra parità. Ascoltate, buoni amici – Entra un egiziano Ma ve lo dirò in un momento più adatto. Quest’uomo ha un’incombenza, ce l’ha scritto in faccia. Sentiamo cosa ha da dire. – Da dove vieni? EGIZIANO
Sono un povero egiziano, ma la Regina mia signora, confinata nel suo monumento, che è tutto ciò che le resta, desidera essere istruita circa le tue intenzioni, per potersi adeguatamente preparare a ciò che le si impone.
2253
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
Bid her have good heart. She soon shall know of us, by some of ours, How honourable and how kindly we Determine for her. For Caesar cannot live To be ungentle. EGYPTIAN So; the gods preserve thee! Exit CAESAR
CAESAR
Come hither, Proculeius. Go, and say We purpose her no shame. Give her what comforts The quality of her passion shall require, Lest in her greatness, by some mortal stroke, She do defeat us; for her life in Rome Would be eternal in our triumph. Go, And with your speediest bring us what she says And how you find of her. PROCULEIUS Caesar, I shall. Exit
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CAESAR
Gallus, go you along.
Exit Gallus
Where’s Dolabella, To second Proculeius? ALL BUT CAESAR Dolabella!
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CAESAR
Let him alone; for I remember now How he’s employed. He shall in time be ready. Go with me to my tent, where you shall see How hardly I was drawn into this war, How calm and gentle I proceeded still In all my writings. Go with me, and see What I can show in this. 5.2
Enter Cleopatra, Charmian, Iras, and Mardian
CLEOPATRA
My desolation does begin to make A better life. ’Tis paltry to be Caesar. Not being Fortune, he’s but Fortune’s knave, 59. Live: emend. tardo; in F leave = “trascurare”. 2254
75 Exeunt
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CESARE
Dille che stia di buon animo. Le faremo presto sapere, da qualcuno dei nostri, quanto onorevole e gentile è ciò che abbiamo deciso per lei. Perché Cesare non può vivere senza essere gentile. EGIZIANO
Bene; che gli dèi ti proteggano! Esce CESARE
Vieni qua, Proculeio. Va’ a dirle che non le riserviamo alcuna vergogna. Dalle qualunque conforto possa essere richiesto dal suo stato d’animo, che nella sua grandezza non ci sconfigga con qualche colpo mortale; la sua presenza a Roma darebbe vita eterna al nostro trionfo. Va’, e torna il prima possibile a riferirci cosa dice e come l’hai trovata. PROCULEIO
Vado, Cesare. Esce CESARE
Va’ anche tu, Gallo. Esce Gallo Dov’è Dolabella, che aiuti Proculeio? TUTTI TRANNE CESARE
Dolabella! CESARE
Lasciate perdere; adesso mi ricordo che è impegnato. Sarà pronto tra poco. Venite con me nella mia tenda, dove vedrete con quanta durezza sono stato trascinato in questa guerra, e quanto calmo e gentile io sia sempre stato in tutto ciò che ho scritto185. Venite con me a vedere quello che ho da mostrarvi. Escono V, 2
Entrano Cleopatra, Charmian, Iras e Mardian186
CLEOPATRA
La mia desolazione comincia a produrre una vita migliore. È miserabile essere Cesare. Non essendo la Fortuna, è solo un servo
2255
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
A minister of her will. And it is great To do that thing that ends all other deeds, Which shackles accidents and bolts up change, Which sleeps and never palates more the dung, The beggar’s nurse, and Caesar’s.
5
Enter Proculeius PROCULEIUS
Caesar sends greeting to the Queen of Egypt, And bids thee study on what fair demands Thou mean’st to have him grant thee. CLEOPATRA What’s thy name?
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PROCULEIUS
My name is Proculeius. Antony Did tell me of you, bade me trust you; but I do not greatly care to be deceived, That have no use for trusting. If your master Would have a queen his beggar, you must tell him That majesty, to keep decorum, must No less beg than a kingdom. If he please To give me conquered Egypt for my son, He gives me so much of mine own as I Will kneel to him with thanks. PROCULEIUS Be of good cheer. You’re fall’n into a princely hand; fear nothing. Make your full reference freely to my lord, Who is so full of grace that it flows over On all that need. Let me report to him Your sweet dependency, and you shall find A conqueror that will pray in aid for kindness, Where he for grace is kneeled to. CLEOPATRA Pray you, tell him I am his fortune’s vassal, and I send him The greatness he has got. I hourly learn A doctrine of obedience, and would gladly Look him i’th’ face. CLEOPATRA
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
della Fortuna, un ministro della sua volontà. E invece è grande fare la cosa che pone fine a ogni altra azione, che mette in ceppi gli accidenti e imprigiona la mutazione, che dorme e non assaggia più il letame, nutrimento dell’accattone, e di Cesare187. Entra Proculeio PROCULEIO
Cesare manda saluti alla Regina d’Egitto, e ti chiede di studiare quali giuste richieste tu desideri che egli ti conceda. CLEOPATRA
Come ti chiami? PROCULEIO
Il mio nome è Proculeio. CLEOPATRA
Antonio mi ha parlato di voi, mi ha detto che potevo fidarmi; ma non mi importa molto di essere ingannata, visto che della fiducia non so che farmene. Se il vostro padrone vuole avere una regina per mendicante, dovete dirgli che la maestà, per mantenere il decoro, non può mendicare nulla meno che un regno. Se si compiace di darmi per mio figlio l’Egitto conquistato, di ciò che è mio mi dà quanto basta perché io mi inginocchi a ringraziarlo. PROCULEIO
State di buon animo. Siete caduta in mani principesche; non abbiate timori. Sentitevi libera di contare senza riserve sul mio signore, che è così pieno di grazia che essa trabocca su chiunque ne ha bisogno188. Lasciate che gli riferisca della vostra dolce dipendenza, e troverete in lui un conquistatore disposto a pregare perché lo si aiuti ad essere gentile, ove ci si inginocchi a chiedergli grazia. CLEOPATRA
Ditegli, vi prego, che sono vassalla della sua fortuna, e che gli riconosco la grandezza che ha ottenuto. Apprendo ad ogni ora una dottrina di obbedienza189, e lo vedrei volentieri in faccia.
2257
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
This I’ll report, dear lady; Have comfort, for I know your plight is pitied Of him that caused it.
PROCULEIUS
[Enter Roman soldiers from behind] PROCULEIUS (to the soldiers)
You see how easily she may be surprised. Guard her till Caesar come. IRAS Royal Queen –
35
CHARMIAN
O Cleopatra, thou art taken, Queen! CLEOPATRA (drawing a dagger)
Quick, quick, good hands! PROCULEIUS (disarming Cleopatra)
Hold, worthy lady, hold! Do not yourself such wrong, who are in this Relieved but not betrayed. CLEOPATRA What, of death too, That rids our dogs of languish? PROCULEIUS Cleopatra, Do not abuse my master’s bounty by Th’undoing of yourself. Let the world see His nobleness well acted, which your death Will never let come forth. CLEOPATRA Where art thou, death? Come hither, come. Come, come, and take a queen Worth many babes and beggars. PROCULEIUS O temperance, lady!
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CLEOPATRA
Sir, I will eat no meat. I’ll not drink, sir. If idle talk will once be necessary, I’ll not sleep, neither. This mortal house I’ll ruin, Do Caesar what he can. Know, sir, that I Will not wait pinioned at your master’s court, Nor once be chastised with the sober eye Of dull Octavia. Shall they hoist me up And show me to the shouting varletry 2258
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
PROCULEIO
Glielo riferirò, cara signora; confortatevi, perché so che le vostre difficoltà sono compatite da chi le ha causate. [Entrano da dietro dei soldati romani] PROCULEIO (ai soldati)
Vedete quanto facilmente la si può sorprendere. Sorvegliatela finché arriva Cesare190. IRAS
Regale Maestà – CHARMIAN
Oh Cleopatra, sei presa, Regina! CLEOPATRA (estraendo un pugnale)
Svelte, svelte, buone mani! PROCULEIO (disarmando Cleopatra) Ferma, degna signora, ferma! Non fatevi un simile torto, in questo modo venite salvata, non tradita. CLEOPATRA
Ah sì, anche dalla morte, che libera dalla sofferenza perfino i nostri cani? PROCULEIO
Cleopatra, non insultate la generosità del mio padrone distruggendo voi stessa. Lasciate che il mondo assista alla nobiltà delle sue azioni, cui la vostra morte impedirebbe di apparire. CLEOPATRA
Dove sei, morte? Vieni qua, vieni. Vieni, vieni, e prendi una regina che non vale meno di tanti bambini e mendicanti. PROCULEIO
Moderatevi, signora! CLEOPATRA
Non toccherò più cibo, signore. Non berrò più, signore. E neppure dormirò, se per una volta le oziose parole saranno necessarie. Rovinerò questa casa mortale, qualunque cosa possa fare Cesare. Sappiate, signore, che non comparirò con le ali mozzate alla corte del vostro padrone, né mai verrò rimproverata dal sobrio sguardo della sciocca Ottavia. Vogliono issarmi su un palco per mostrarmi
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
Of censuring Rome? Rather a ditch in Egypt Be gentle grave unto me; rather on Nilus’ mud Lay me stark naked, and let the waterflies Blow me into abhorring; rather make My country’s high pyramides my gibbet, And hang me up in chains. PROCULEIUS You do extend These thoughts of horror further than you shall Find cause in Caesar.
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Enter Dolabella Proculeius, What thou hast done thy master Caesar knows, And he hath sent for thee. For the Queen, I’ll take her to my guard. PROCULEIUS So, Dolabella, It shall content me best. Be gentle to her. (To Cleopatra) To Caesar I will speak what you shall please, If you’ll employ me to him. CLEOPATRA Say I would die. DOLABELLA
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Exit Proculeius DOLABELLA
Most noble Empress, you have heard of me.
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CLEOPATRA
I cannot tell. DOLABELLA
Assurèdly you know me.
CLEOPATRA
No matter, sir, what I have heard or known. You laugh when boys or women tell their dreams; Is’t not your trick? DOLABELLA I understand not, madam. CLEOPATRA
I dreamt there was an Emperor Antony. O, such another sleep, that I might see But such another man! DOLABELLA If it might please ye – 2260
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
al servidorame urlante di Roma censuratrice? Mi sia piuttosto tomba gentile un fosso in Egitto; meglio giacere tutta nuda sul fango del Nilo, e che i mosconi mi gonfino fino all’abbominio; meglio fare un patibolo delle alte piramidi del mio paese, e impiccarmici in catene. PROCULEIO
State estendendo questi pensieri di orrore al di là di quanto ne potrete trovar causa in Cesare. Entra Dolabella DOLABELLA
Proculeio, il tuo padrone Cesare sa ciò che hai fatto, e ti manda a chiamare. Quanto alla Regina, la prendo in consegna io. PROCULEIO
D’accordo, Dolabella, per me va benissimo. Sii gentile con lei. (A Cleopatra) Se volete avvalervi dei miei servigi, posso riferire a Cesare ciò che desiderate. CLEOPATRA
Di’ che voglio morire. Esce Proculeio DOLABELLA
Nobilissima Imperatrice, credo abbiate sentito parlare di me. CLEOPATRA
Non saprei dire. DOLABELLA
Sono sicuro che sapete chi sono. CLEOPATRA
Poco importa, signore, ciò che ho sentito o so. Quando i bambini o le donne raccontano i loro sogni, voi ridete; non è questo il vostro costume? DOLABELLA
Non capisco, signora. CLEOPATRA
Ho sognato che c’era un Antonio Imperatore. Oh, un altro sonno così, da poter vedere un altro uomo così! DOLABELLA
Se per caso voleste... 2261
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
CLEOPATRA
His face was as the heav’ns, and therein stuck A sun and moon, which kept their course and lighted The little O o’th’ earth. DOLABELLA Most sovereign creature –
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CLEOPATRA
His legs bestrid the ocean; his reared arm Crested the world. His voice was propertied As all the tunèd spheres, and that to friends; But when he meant to quail and shake the orb, He was as rattling thunder. For his bounty, There was no winter in’t; an autumn ’twas, That grew the more by reaping. His delights Were dolphin-like; they showed his back above The element they lived in. In his livery Walked crowns and crownets. Realms and islands were As plates dropped from his pocket. DOLABELLA Cleopatra –
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91
CLEOPATRA
Think you there was, or might be, such a man As this I dreamt of? DOLABELLA Gentle madam, no. CLEOPATRA
You lie, up to the hearing of the gods. But if there be, or ever were one such, It’s past the size of dreaming. Nature wants stuff To vie strange forms with fancy; yet t’imagine An Antony were nature’s piece ’gainst fancy, Condemning shadows quite. DOLABELLA Hear me, good madam: Your loss is as yourself, great, and you bear it As answering to the weight. Would I might never
95. Or: così in F3; in F1 nor = “né”. 2262
95
100
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CLEOPATRA
La sua faccia era come i cieli, e vi erano fissati un sole e una luna, che mantenevano il loro corso illuminando la piccola O della terra. DOLABELLA
Sovrana creatura... CLEOPATRA
Le sue gambe cavalcavano l’oceano; il suo braccio alzato era il cimiero del mondo. Con gli amici la sua voce era armonica, come le sfere accordate tra loro; ma se voleva atterrire e far tremare l’orbe, era un rombo di tuono. Quanto a generosità, non conosceva inverno; era un autunno che più lo si mieteva e più fruttificava191. I suoi piaceri erano come i delfini; mostravano il dorso al di sopra dell’elemento in cui vivevano192. Indossando la sua livrea, lo seguivano corone e coroncine. Reami ed isole erano come monete che gli cadevano di tasca. DOLABELLA
Cleopatra... CLEOPATRA
Pensate che vi sia stato, o possa esserci, un uomo come quello che ho sognato? DOLABELLA
No, gentile signora. CLEOPATRA
È una menzogna, e che arriva fino alle orecchie degli dèi. Ma se ci fosse, o mai ci fosse stato, uno così, sarebbe al di là della misura dei sogni. Alla natura manca materia per competere in strane forme con la fantasia; ma immaginare un Antonio sarebbe il capolavoro della natura che sconfigge la fantasia, condannandone le ombre senza appello193. DOLABELLA
Ascoltatemi, buona signora: la vostra perdita è come voi, grande, e voi la sopportate come corrisponde al peso. Possa io non raggiun-
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
O’ertake pursued success but I do feel, By the rebound of yours, a grief that smites My very heart at root. CLEOPATRA I thank you, sir. Know you what Caesar means to do with me?
105
DOLABELLA
I am loath to tell you what I would you knew. CLEOPATRA
Nay, pray you, sir. Though he be honourable –
DOLABELLA CLEOPATRA
He’ll lead me then in triumph. Madam, he will, I know’t.
DOLABELLA
Flourish. Enter Caesar, with Proculeius, Gallus, Maecenas, and others of his train ALL
Make way, there! Caesar! Which is the Queen of Egypt? DOLABELLA (to Cleopatra) It is the Emperor, madam. CAESAR
Cleopatra kneels Arise! You shall not kneel. I pray you rise, rise, Egypt. CLEOPATRA (rising) Sir, the gods Will have it thus. My master and my lord I must obey. CAESAR Take to you no hard thoughts. The record of what injuries you did us, Though written in our flesh, we shall remember As things but done by chance. CLEOPATRA Sole sir o’th’ world, I cannot project mine own cause so well To make it clear, but do confess I have CAESAR
103. Smites: emend. tardo; in F suits = “si adatta”. 2264
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115
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
gere mai i fini che perseguo, se non sento, per rimbalzo del vostro, un dolore che mi penetra fino in fondo al cuore. CLEOPATRA
Vi ringrazio, signore. Sapete cosa intende fare di me Cesare? DOLABELLA
Provo riluttanza a dirvi ciò che vorrei sapeste. CLEOPATRA
Avanti, vi prego, signore. DOLABELLA
Pur essendo egli un uomo d’onore... CLEOPATRA
Mi trascinerà nel suo trionfo. DOLABELLA
Sì, signora, lo so per certo. Trombe. Entra Cesare, con Proculeio, Gallo, Mecenate ed altri del suo seguito TUTTI
Fate largo, lì! C’è Cesare! CESARE
Qual è la Regina d’Egitto? DOLABELLA (a Cleopatra) È l’Imperatore, signora. Cleopatra si inginocchia CESARE
Alzatevi! Non vi permetto di inginocchiarvi. Vi prego di alzarvi, alzatevi, Egitto! CLEOPATRA (alzandosi) Signore, così vogliono gli dèi. Devo obbedire al mio signore e padrone. CESARE
Non abbandonatevi a pensieri dolorosi. Anche se il registro delle ingiurie che ci avete fatto è scritto nella nostra carne, le ricorderemo come cose fatte solo per caso. CLEOPATRA
Unico signore del mondo, non sono in grado di esporre tanto bene la mia causa da provarne l’innocenza, ma confesso di essere stata 2265
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
Been laden with like frailties which before Have often shamed our sex. CAESAR Cleopatra, know We will extenuate rather than enforce. If you apply yourself to our intents, Which towards you are most gentle, you shall find A benefit in this change; but if you seek To lay on me a cruelty by taking Antony’s course, you shall bereave yourself Of my good purposes and put your children To that destruction which I’ll guard them from, If thereon you rely. I’ll take my leave.
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CLEOPATRA
And may through all the world! ’Tis yours, and we, Your scutcheons and your signs of conquest, shall Hang in what place you please. (Giving a paper) Here, my good lord.
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CAESAR
You shall advise me in all for Cleopatra. CLEOPATRA
This is the brief of money, plate, and jewels I am possessed of. ’Tis exactly valued, Not petty things admitted. Where’s Seleucus?
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[Enter Seleucus] SELEUCUS Here, madam. CLEOPATRA (to Caesar)
This is my treasurer. Let him speak, my lord, Upon his peril, that I have reserved To myself nothing. Speak the truth, Seleucus. SELEUCUS
Madam, I had rather seal my lips Than to my peril speak that which is not. CLEOPATRA What have I kept back? SELEUCUS
Enough to purchase what you have made known.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
soggetta alle fragilità che già in precedenza hanno spesso disonorato il nostro sesso. CESARE
Cleopatra, sappiate che vogliamo essere indulgenti, più che puntigliosi. Se vi adeguerete alle nostre intenzioni, che per ciò che vi concerne sono assolutamente benevole, scoprirete dei benefici in questo mutamento; ma se cercherete di farmi apparire crudele, seguendo la via di Antonio, vi priverete dei miei buoni propositi, condannando i vostri figli a una distruzione da cui intendo preservarli, se mi darete fiducia194. Ora prendo congedo e vado. CLEOPATRA
E avete il mondo intero dove andare! È vostro, e noi, vostri blasoni e insegne di conquista, potete appenderci dove più vi piace. (Consegnando una carta) Tenete, mio buon signore. CESARE
Per Cleopatra, sarete voi a consigliarmi in tutto. CLEOPATRA
Questa è la lista del denaro, l’argenteria e i gioielli di cui sono in possesso. Tutto valutato con esattezza, escludendo le sciocchezze. Dov’è Seleuco? [Entra Seleuco] SELEUCO
Sono qui, signora. CLEOPATRA (a Cesare)
Questo è il mio tesoriere. Se volete, mio signore, può dichiarare a suo rischio e pericolo che per me non ho trattenuto nulla. Di’ la verità, Seleuco. SELEUCO
Signora, preferirei cucirmi la labbra piuttosto che dichiarare a mio rischio e pericolo ciò che non è. CLEOPATRA
Cosa mi sono tenuta? SELEUCO
Quanto basta a comprare ciò che avete dichiarato.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
CAESAR
Nay, blush not, Cleopatra. I approve Your wisdom in the deed. CLEOPATRA See, Caesar! O, behold How pomp is followed! Mine will now be yours, And should we shift estates, yours would be mine. The ingratitude of this Seleucus does Even make me wild. – O slave, of no more trust Than love that’s hired! What, goest thou back? Thou shalt Go back, I warrant thee; but I’ll catch thine eyes Though they had wings. Slave, soulless villain, dog! O rarely base! CAESAR Good Queen, let us entreat you.
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CLEOPATRA
O Caesar, what a wounding shame is this, That thou vouchsafing here to visit me, Doing the honour of thy lordliness To one so meek – that mine own servant should Parcel the sum of my disgraces by Addition of his envy. Say, good Caesar, That I some lady trifles have reserved, Immoment toys, things of such dignity As we greet modern friends withal; and say Some nobler token I have kept apart For Livia and Octavia, to induce Their mediation – must I be unfolded With one that I have bred? The gods! It smites me Beneath the fall I have. (To Seleucus) Prithee, go hence, Or I shall show the cinders of my spirits Through th’ashes of my chance. Wert thou a man Thou wouldst have mercy on me. CAESAR Forbear, Seleucus. Exit Seleucus
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CESARE
No, non arrossite, Cleopatra. Io approvo la saggezza del vostro comportamento. CLEOPATRA
Guardate, Cesare! Osservate come gli uomini vanno dietro alla pompa! I miei adesso sono tuoi, ma dovessimo cambiare di condizione, i vostri diventerebbero mei. L’ingratitudine di questo Seleuco mi rende pazza. – Ah, schiavo, la tua fedeltà non vale più dell’amore che si affitta! Che fai, scappi? Scappa pure, ma ti garantisco che ti prendo gli occhi anche se avessero le ali. Schiavo, canaglia senz’anima, cane! Ah, che bassezza impareggiabile! CESARE
Buona Regina, vi prego. CLEOPATRA
Oh Cesare, che vergogna atroce, tu ti degni di venire a visitarmi, concedi l’onore della tua grandezza a una così umile donna – e che un mio proprio servo debba accrescere la somma delle mie disgrazie con l’aggiunta della sua malignità. Diciamo, buon Cesare, che mi sono tenuta delle sciocchezzuole da signora, ninnoli insignificanti, cose di poco conto come si regalano ad amiche qualsiasi; e diciamo che un qualche più nobile omaggio l’ho tenuto da parte per Livia e Ottavia, per indurle a intercedere per me – devo per questo venir smascherata da uno che ho nutrito? Per gli dèi! È un colpo che mi fa cadere ancora più in basso. (A Seleuco) Vattene, per piacere, o ti mostrerò le braci del mio spirito da sotto le ceneri della mia fortuna. Se tu fossi un uomo avresti pietà di me. CESARE
Ritirati, Seleuco. Esce Seleuco
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
CLEOPATRA
Be it known that we, the greatest, are misthought For things that others do; and when we fall We answer others’ merits in our name, Are therefore to be pitied. CAESAR Cleopatra, Not what you have reserved nor what acknowledged Put we i’th’ roll of conquest. Still be’t yours. Bestow it at your pleasure, and believe Caesar’s no merchant, to make prize with you Of things that merchants sold. Therefore be cheered. Make not your thoughts your prisons. No, dear Queen; For we intend so to dispose you as Yourself shall give us counsel. Feed and sleep. Our care and pity is so much upon you That we remain your friend; and so adieu.
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CLEOPATRA
My master and my lord! CAESAR Not so. Adieu. Flourish. Exeunt Caesar and his train CLEOPATRA
He words me, girls, he words me, that I should not Be noble to myself. But hark thee, Charmian. She whispers to Charmian IRAS
Finish, good lady. The bright day is done, And we are for the dark. CLEOPATRA (to Charmian) Hie thee again. I have spoke already, and it is provided. Go put it to the haste. CHARMIAN Madam, I will. Enter Dolabella DOLABELLA
Where’s the Queen?
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CLEOPATRA
Si sappia che noi, i più grandi, veniamo condannati per cose fatte da altri; e quando cadiamo dobbiamo rispondere a nostro nome dei loro atti, e dunque siamo da compiangere. CESARE
Cleopatra, ciò che vi siete tenuta e ciò che avete dichiarato noi non lo iscriveremo nel registro della conquista. Sia tutto ancora vostro. Disponetene a piacere, e credetemi, Cesare non è un mercante, da mettersi a discutere con voi il prezzo di cose vendute da mercanti. State dunque di buon animo. Non fate dei vostri pensieri una prigione. No, cara Regina; perché di voi intendiamo disporre come voi stessa ci consiglierete. Nutritevi e dormite. Tanta è la nostra cura e pietà di voi che restiamo vostri amici; e dunque addio. CLEOPATRA
Mio signore e padrone! CESARE
Non dite così. Addio195. Trombe. Esce Cesare con il suo seguito CLEOPATRA
Parole, ragazze, parole, vuole soltanto che io non sia nobile con me stessa. Ma ascolta, Charmian. Bisbiglia a Charmian IRAS
È finita, buona signora. Il giorno luminoso si è concluso, e ci aspetta il buio. CLEOPATRA (a Charmian) Torna subito. Ho già parlato, ed è tutto pronto. Di’ che si faccia in fretta. CHARMIAN
Sì, signora. Entra Dolabella DOLABELLA
Dov’è la Regina?
2271
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
CHARMIAN CLEOPATRA
Exit
Behold, sir. Dolabella!
DOLABELLA
Madam, as thereto sworn by your command – Which my love makes religion to obey – I tell you this: Caesar through Syria Intends his journey, and within three days You with your children will he send before. Make your best use of this. I have performed Your pleasure, and my promise. CLEOPATRA Dolabella, I shall remain your debtor. DOLABELLA I your servant. Adieu, good Queen. I must attend on Caesar.
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CLEOPATRA
Farewell, and thanks. Exit Dolabella Now, Iras, what think’st thou? Thou, an Egyptian puppet shall be shown In Rome, as well as I. Mechanic slaves With greasy aprons, rules, and hammers shall Uplift us to the view. In their thick breaths, Rank of gross diet, shall we be enclouded, And forced to drink their vapour. IRAS The gods forbid!
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CLEOPATRA
Nay, ’tis most certain, Iras. Saucy lictors Will catch at us like strumpets, and scald rhymers Ballad us out o’ tune. The quick comedians Extemporally will stage us, and present Our Alexandrian revels. Antony Shall be brought drunken forth, and I shall see Some squeaking Cleopatra boy my greatness I’th’ posture of a whore. IRAS O, the good gods! CLEOPATRA Nay, that’s certain.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CHARMIAN
Eccola, signore. Esce CLEOPATRA
Dolabella! DOLABELLA
Signora, come per vostro ordine ho giurato – e il mio amore fa che l’obbedirvi sia una religione – ho da dirvi questo: Cesare nel suo viaggio intende passare per la Siria, ed entro tre giorni vi manderà avanti assieme ai vostri figli. Fatene l’uso che vi sembra migliore. Io ho adempiuto il vostro desiderio, e la mia promessa. CLEOPATRA
Dolabella, resterò vostra debitrice. DOLABELLA
E io vostro servo. Addio, buona Regina. Devo tornare da Cesare. CLEOPATRA
Addio, e grazie. Esce Dolabella Allora, Iras, che ne pensi? Tu, una bambola egiziana, sarai mostrata a Roma, come me. Dei manovali schiavi con grembiuli unti, regoli e martelli ci tireranno su per esibirci. E noi, avvolte nella nuvola del loro fiato pesante, guastato dalla dieta grossolana, saremo costrette a bere i loro vapori. IRAS
Gli dèi non vogliano. CLEOPATRA
No, è più che sicuro, Iras. Dei littori lascivi ed insolenti ci tratteranno come prostitute196, dei miserabili rimatori stonati canteranno ballate su di noi. Dei commedianti spiritosi ci metteranno estemporaneamente in scena, presentando le nostre feste alessandrine. Antonio verrà tirato fuori ubriaco, e io vedrò la grandezza di Cleopatra fatta da un ragazzino che squittisce con posture da puttana197. IRAS
Oh, dèi buoni! CLEOPATRA
No, è sicuro. 2273
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
IRAS
I’ll never see’t! For I am sure my nails Are stronger than mine eyes. CLEOPATRA Why, that’s the way To fool their preparation and to conquer Their most absurd intents.
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Enter Charmian Now, Charmian! Show me, my women, like a queen. Go fetch My best attires. I am again for Cydnus To meet Mark Antony. Sirrah Iras, go. Now, noble Charmian, we’ll dispatch indeed, And when thou hast done this chore I’ll give thee leave To play till doomsday. – Bring our crown and all.
225
[Exit Iras] A noise within Wherefore’s this noise? Enter a Guardsman Here is a rural fellow That will not be denied your highness’ presence. He brings you figs.
GUARDSMAN
230
CLEOPATRA
Let him come in. Exit Guardsman What poor an instrument May do a noble deed! He brings me liberty. My resolution’s placed, and I have nothing Of woman in me. Now from head to foot I am marble-constant. Now the fleeting moon No planet is of mine. Enter Guardsman, and Clown with a basket GUARDSMAN
2274
This is the man.
235
ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
IRAS
Non lo vedrò mai! Perché sono certa che le mie unghie sono più forti dei miei occhi. CLEOPATRA
Ecco, questo è il modo di beffare i loro preparativi e di sconfiggere le loro assurdissime intenzioni. Entra Charmian Finalmente, Charmian! Donne mie, mostratemi come una regina. Andate a prendere le mie vesti migliori. Torno di nuovo al Cidno per incontrare Marco Antonio. Iras, ragazza mia, va’. Adesso, nobile Charmian, la faremo davvero finita, e quando avrai compiuto il tuo lavoro ti darò il permesso di giocare fino al giorno del giudizio. – Porta la corona e tutto il resto. [Esce Iras] Un rumore da dentro Cos’è questo rumore? Entra una guardia GUARDIA
C’è qui uno di campagna che insiste perché non gli sia negato l’accesso a vostra altezza. Vi porta dei fichi. CLEOPATRA
Fallo entrare. Esce la guardia Che povero strumento può compiere una nobile azione! Mi porta la libertà. La mia risoluzione è presa, e non ho più nulla della donna in me. Ora da capo a piedi ho la fermezza del marmo. Ora la fuggevole luna non è più il mio pianeta. Entra la guardia, e il clown con un cestino GUARDIA
Ecco l’uomo.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
CLEOPATRA
Exit Guardsman Hast thou the pretty worm Of Nilus there, that kills and pains not? CLOWN Truly, I have him; but I would not be the party that should desire you to touch him, for his biting is immortal; those that do die of it do seldom or never recover. CLEOPATRA Remember’st thou any that have died on’t? CLOWN Very many, men, and women too. I heard of one of them no longer than yesterday, a very honest woman, but something given to lie, as a woman should not do but in the way of honesty, how she died of the biting of it, what pain she felt. Truly, she makes a very good report o’th’ worm; but he that will believe all that they say shall never be saved by half that they do; but this is most falliable: the worm’s an odd worm. CLEOPATRA Get thee hence, farewell. CLOWN I wish you all joy of the worm. CLEOPATRA Farewell. CLOWN You must think this, look you, that the worm will do his kind. CLEOPATRA Ay, ay; farewell. CLOWN Look you, the worm is not to be trusted but in the keeping of wise people; for indeed there is no goodness in the worm. CLEOPATRA Take thou no care; it shall be heeded. Avoid, and leave him.
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CLEOPATRA
Va’, e lascialo qui. Esce la guardia Ce l’hai, il grazioso serpente del Nilo, che uccide e non fa male? CLOWN
Certo che ce l’ho; ma non vorrei essere io chi vi invita a toccarlo, perché il suo morso è immortale; chi ne muore non guarisce mai, o solo di rado198. CLEOPATRA
Ti ricordi di qualcuno che ne è morto? CLOWN
Moltissimi, uomini, e anche donne. Ho sentito di una non più tardi di ieri, una donna onestissima, anche se un po’ incline a soggiacere alla menzogna199, come una donna non dovrebbe fare se non per onestà, com’è morta del suo morso, e il dolore che ha sentito. Davvero, dice un gran bene del serpente; ma chi crede a tutto ciò che dicono non verrà mai salvato dalla metà di ciò che fanno200; ma questo è assolutamente fallibile: il serpente è uno strano serpente. CLEOPATRA
Va’, e addio. CLOWN
Vi auguro ogni gioia del serpente. CLEOPATRA
Addio. CLOWN
Attenzione, dovete ricordare che il serpente farà secondo la sua natura. CLEOPATRA
Sì, sì. Addio. CLOWN
Attenzione, del serpente ci si può fidare solo se è in mano ai sapienti; perché davvero non c’è alcuna bontà nel serpente. CLEOPATRA
Non ti preoccupare, lo terrò a mente.
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
CLOWN Very good. Give it nothing, I pray you, for it is
not worth the feeding. CLEOPATRA Will it eat me? CLOWN You must not think I am so simple but I know the devil himself will not eat a woman; I know that a woman is a dish for the gods, if the devil dress her not. But truly, these same whoreson devils do the gods great harm in their women; for in every ten that they make, the devils mar five. CLEOPATRA Well, get thee gone, farewell. CLOWN Yes, forsooth. I wish you joy o’th’ worm.
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Exit, leaving the basket Enter [Iras] with a robe, crown, and other jewels CLEOPATRA
Give me my robe. Put on my crown. I have Immortal longings in me. Now no more The juice of Egypt’s grape shall moist this lip.
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Charmian and Iras help her to dress Yare, yare, good Iras, quick – methinks I hear Antony call. I see him rouse himself To praise my noble act. I hear him mock The luck of Caesar, which the gods give men To excuse their after wrath. Husband, I come. Now to that name my courage prove my title. I am fire and air; my other elements I give to baser life. So, have you done? Come then, and take the last warmth of my lips.
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She kisses them Farewell, kind Charmian. Iras, long farewell. Iras falls and dies Have I the aspic in my lips? Dost fall? If thou and nature can so gently part, The stroke of death is as a lover’s pinch,
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
CLOWN
Molto bene. Non dategli nulla, vi prego, perché non vale la pena di nutrirlo. CLEOPATRA
Mangerà me? CLOWN
Non penserete che io sia un tale sempliciotto da non sapere che neanche il diavolo in persona mangerebbe una donna; lo so che la donna è un piatto per gli dèi, se non la condisce il diavolo. Ma davvero, quegli stessi figli di puttana dei diavoli causano grandi danni agli dèi con le loro donne; perché su dieci che ne fanno, i diavoli gliene guastano cinque. CLEOPATRA
Va bene, vattene una buona volta, addio. CLOWN
Ma certo. Vi auguro di godervi il serpente. Esce, lasciando il cestino Entra [Iras] con una veste, una corona e altri gioielli CLEOPATRA
Datemi la veste. Mettetemi la corona. Ho in me desideri immortali. Ora il succo dell’uva d’Egitto non bagnerà più queste labbra. Charmian e Iras l’aiutano a vestirsi Avanti, avanti, mia buona Iras, svelta – mi sembra di sentire Antonio che mi chiama. Lo vedo alzarsi per lodare la mia nobile azione. Lo sento deridere Cesare e la sua fortuna, che gli dèi danno agli uomini per poi giustificare la loro ira. Vengo, sposo. Provi ora il mio coraggio che quel nome è un mio diritto201. Sono fuoco ed aria; i miei altri elementi li lascio alla più bassa vita. E allora, avete finito? Venite dunque a cogliere l’ultimo calore delle mie labbra. Le bacia Addio, mia gentile Charmian. Un lungo addio, Iras. Iras cade e muore Ho l’aspide sulle labbra 202? Cadi? Se tu e la natura vi potete separare tanto dolcemente, il colpo della morte è come il pizzicotto di 2279
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
Which hurts and is desired. Dost thou lie still? If thus thou vanishest, thou tell’st the world It is not worth leave-taking. CHARMIAN
Dissolve, thick cloud, and rain, that I may say The gods themselves do weep. CLEOPATRA This proves me base. If she first meet the curlèd Antony He’ll make demand of her, and spend that kiss Which is my heaven to have.
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She takes an aspic from the basket and puts it to her breast Come, thou mortal wretch, With thy sharp teeth this knot intrinsicate Of life at once untie. Poor venomous fool, Be angry, and dispatch. O, couldst thou speak, That I might hear thee call great Caesar ass Unpolicied! CHARMIAN O eastern star! CLEOPATRA Peace, peace. Dost thou not see my baby at my breast, That sucks the nurse asleep? CHARMIAN O, break! O, break!
300
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CLEOPATRA
As sweet as balm, as soft as air, as gentle. O Antony! She puts another aspic to her arm Nay, I will take thee too. What should I stay – She dies CHARMIAN In this vile world? So, fare thee well. Now boast thee, death, in thy possession lies A lass unparalleled. Downy windows, close,
308. Vile: emend. tardo; in F wild = “selvaggio”. 2280
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
un amante, che fa male ed è desiderato. Stai lì immobile distesa? Se svanisci così, dici al mondo che non merita il congedo. CHARMIAN
Sciogliti in pioggia, densa nube, che io possa dire che gli dèi stessi piangono. CLEOPATRA
Questo mi fa apparire vile. Se incontra per prima il ricciuto Antonio, lui si interesserà di lei, spendendo il bacio che è mio paradiso avere 203. Prende un aspide dal cestino e se lo mette al seno Vieni, creaturina mortale, sciogli d’un tratto col tuo dente aguzzo questo intricato nodo della vita. Arrabbiati, sciocchino velenoso, e sbrigati a spacciarmi. Oh, potessi tu parlare, e io sentirti chiamare il grande Cesare asino impolitico! CHARMIAN
Oh stella dell’oriente! CLEOPATRA
Piano, piano. Non vedi che ho il bambino al seno, che succhiando addormenta la nutrice204? CHARMIAN
Oh, basta! Oh, basta! CLEOPATRA
Dolce come un balsamo, soave e gentile come l’aria. Oh Antonio! Si mette un altro aspide al braccio Sì, prendo anche te. Perché dovrei restare – Muore CHARMIAN
In questo basso mondo? Ecco, addio. E ora gloriati, morte, che giace in tuo possesso una fanciulla senza pari. Chiudetevi, finestre
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
And golden Phoebus never be beheld Of eyes again so royal. Your crown’s awry. I’ll mend it, and then play – Enter the Guard, rustling in FIRST GUARD Where’s the Queen? CHARMIAN Speak softly. Wake her not.
315
FIRST GUARD
Caesar hath sent – CHARMIAN
Too slow a messenger.
She applies an aspic O come apace, dispatch! I partly feel thee. FIRST GUARD
Approach, ho! All’s not well. Caesar’s beguiled. SECOND GUARD
There’s Dolabella sent from Caesar. Call him. [Exit a Guardsman] FIRST GUARD
What work is here, Charmian? Is this well done?
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CHARMIAN
It is well done, and fitting for a princess Descended of so many royal kings. Ah, soldier!
She dies
Enter Dolabella DOLABELLA
How goes it here? All dead.
SECOND GUARD
Caesar, thy thoughts Touch their effects in this. Thyself art coming To see performed the dreaded act which thou So sought’st to hinder. ALL A way there, a way for Caesar!
DOLABELLA
312. Awry: emend. tardo, in F away. 2282
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
piumate, e l’aureo Febo non sia mai più visto da occhi così regali. La vostra corona è storta. La raddrizzo e poi vado a giocare 205 – Entrano precipitosamente le guardie PRIMA GUARDIA
Dov’è la Regina? CHARMIAN
Parla piano. Non svegliarla. PRIMA GUARDIA
Cesare ha mandato... CHARMIAN
Un messaggero troppo lento. Si applica un aspide Svelto, sbrigati! Un po’ ti sento. PRIMA GUARDIA
Ehi, venite! C’è qualcosa che non va. Cesare è ingannato. SECONDA GUARDIA
C’è Dolabella, mandato da Cesare. Chiamatelo. [Esce una guardia] PRIMA GUARDIA
Cos’avete combinato, Charmian? Ti sembra una cosa ben fatta? CHARMIAN
Ben fatta, e degna di una principessa che discende da tanti re sovrani. Ah, soldato! Muore Entra Dolabella DOLABELLA
Che succede qui? SECONDA GUARDIA
Tutte morte. DOLABELLA
In questo modo, Cesare, i tuoi pensieri si toccano con la realtà. Stai venendo tu stesso a vedere compiuto l’atto che temevi, e che tanto hai cercato di impedire. TUTTI
Fate largo, largo a Cesare! 2283
ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
Enter Caesar and all his train, marching DOLABELLA (to Caesar)
O sir, you are too sure an augurer. That you did fear is done. CAESAR Bravest at the last, She levelled at our purposes, and, being royal, Took her own way. The manner of their deaths? I do not see them bleed. DOLABELLA (to a Guardsman) Who was last with them?
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FIRST GUARD
A simple countryman that brought her figs. This was his basket. CAESAR Poisoned, then. FIRST GUARD O Caesar, This Charmian lived but now; she stood and spake. I found her trimming up the diadem On her dead mistress; tremblingly she stood, And on the sudden dropped. CAESAR O, noble weakness! If they had swallowed poison, ’twould appear By external swelling; but she looks like sleep, As she would catch another Antony In her strong toil of grace. DOLABELLA Here on her breast There is a vent of blood, and something blown. The like is on her arm. FIRST GUARD This is an aspic’s trail, And these fig-leaves have slime upon them such As th’aspic leaves upon the caves of Nile. CAESAR Most probable That so she died; for her physician tells me She hath pursued conclusions infinite Of easy ways to die. Take up her bed, And bear her women from the monument. She shall be buried by her Antony. No grave upon the earth shall clip in it A pair so famous. High events as these 2284
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
Entra Cesare col suo seguito in marcia DOLABELLA (a Cesare)
Oh signore, siete un augure troppo capace. Ciò che temevate è fatto. CESARE
Coraggiosa fino alla fine, aveva indovinato le nostre intenzioni, e, essendo regale, ha scelto la sua propria strada. In che modo sono morte? Non le vedo sanguinare. DOLABELLA (a una guardia) Con chi son state per ultimo? PRIMA GUARDIA
Un semplice contadino che le ha portato dei fichi. Questo era il suo cestino. CESARE
Avvelenate, dunque. PRIMA GUARDIA
Cesare, questa Charmian un momento fa era viva; era in piedi e parlava. L’ho trovata che aggiustava il diadema sul capo della sua signora morta; era in piedi, tremava, e all’improvviso è caduta. CESARE
Oh, nobile debolezza! Se avessero ingoiato del veleno, lo si vedrebbe dal gonfiore esterno; ma lei sembra che dorma, come se volesse catturare un altro Antonio col forte lacciolo della sua grazia. DOLABELLA
Qui sul seno è uscito del sangue, ed è un po’ gonfia. Lo stesso sul braccio. PRIMA GUARDIA
È la traccia dell’aspide, e su queste foglie di fico c’è una bava come quella che lascia l’aspide nelle grotte del Nilo. CESARE
Molto probabile che sia morta così; perché il suo medico mi dice che aveva fatto infiniti esperimenti sul modo di morire facilmente. Alzate il letto, e portate le sue donne fuori dal monumento. Sarà sepolta accanto al suo Antonio. Non ci sarà tomba in terra che serri in sé una coppia così famosa. Eventi di questa altezza
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ANTONY AND CLEOPATRA, ACT 5 SCENE 2
Strike those that make them, and their story is No less in pity than his glory which Brought them to be lamented. Our army shall In solemn show attend this funeral, And then to Rome. Come, Dolabella, see High order in this great solemnity. Exeunt all, soldiers bearing Cleopatra [on her Bed], Charmian, and Iras
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ANTONIO E CLEOPATRA, ATTO V SCENA 2
colpiscono chi li causa, e la loro storia per la sua pietosità non è inferiore alla gloria di chi li ha portati ad essere compianti. Il nostro esercito parteciperà in solenne parata a questo funerale, e poi a Roma. Vieni, Dolabella, abbi cura che questa grande solennità si svolga nel massimo ordine206. Escono tutti, con i soldati che portano Cleopatra [sul suo letto], Charmian e Iras
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Coriolanus Coriolano Testo inglese a cura di JOHN JOWETT Nota introduttiva, traduzione e note di MARIANGELA TEMPERA
Nota introduttiva
Dopo Amleto, Macbeth, il primo Re Lear, Antonio e Cleopatra, non ci aspetteremmo Coriolano – una tragedia che non prosegue nell’esplorazione della natura umana con la stessa incomparabile originalità delle precedenti. In genere, critici e spettatori ammirano il virtuosismo verbale dell’autore, ma non sono affascinati dal protagonista ed emotivamente coinvolti nella sua vicenda. Ben pochi concorderebbero con il famoso giudizio di T.S. Eliot che considerava Coriolano il capolavoro tragico di Shakespeare, un successo artistico superiore a Amleto. Figura leggendaria, la cui realtà storica non era stata ancora messa in dubbio ai tempi di Shakespeare, Caio Marzio Coriolano vive sullo sfondo della Roma repubblicana il dramma politico di un grande guerriero incapace di trasformarsi in grande statista, di un aristocratico incapace di scendere a compromessi con “le masse”. Ad esso si intreccia il dramma privato di un uomo che non riesce a sottrarsi ad un infantile rapporto di dipendenza dalla madre e che viene tradito dall’unico avversario che considera degno della sua stima e amicizia. Non c’è dubbio che a dominare nel testo sia la dimensione pubblica del dramma politico, costruito con tale sofisticata ambiguità che Coriolano si presta a letture diametralmente opposte da parte di registi e critici conservatori e progressisti. Al termine del più lungo lavoro teatrale del drammaturgo dopo Amleto, conosciamo Caio Marzio meno a fondo del protagonista del brevissimo Macbeth. La nostra familiarità con le strategie shakespeariane di costruzione dei personaggi nelle tragedie precedenti ci induce ad aspettare il momento in cui Coriolano si rivelerà a noi – ma questo momento non arriva mai. L’autore assegna al protagonista il 23% delle battute, ma esse 2291
CORIOLANO
includono due soli, brevi monologhi che ben poco aggiungono a quello che il suo comportamento pubblico ci lascia intuire su di lui. Coriolano è oggetto di ossessivi commenti e valutazioni da parte di quasi tutti gli altri personaggi, ma nessuno di loro è costruito in modo tale da ispirare completa fiducia. L’unica eccezione potrebbe essere rappresentata da Virgilia, la silenziosa moglie del guerriero, ma a lei, appunto, Shakespeare non assegna battute sul carattere del marito. La scelta dell’autore di mettere a disposizione dei destinatari del suo lavoro meno strumenti del solito per penetrare sotto la superficie del personaggio è sicuramente deliberata. Assieme al coevo Timone d’Atene, incentrato anch’esso sull’autoisolamento del protagonista dal suo contesto sociale, Coriolano sembra offrire al giudizio dei critici e degli spettatori il risultato di un nuovo modo di “fare tragedia” che l’autore sta sperimentando e che abbandonerà dopo questo tentativo. La data e la trasmissione del testo Coriolano compare per la prima volta a stampa nell’in-folio del 1623. La mancanza di edizioni in-quarto e di riferimenti a messe in scena nel periodo giacomiano rende impossibile una datazione precisa della tragedia. Con ragionevole certezza è possibile soltanto dire che essa è posteriore al 1605, anno di pubblicazione di Remains of a Greater Work concerning Britain di William Camden (che Shakespeare dimostra di conoscere) e anteriore alla prima rappresentazione di Epicoene di Ben Jonson (fine 1609 – inizio 1610) che contiene un’allusione a Coriolano. Riferimenti ad eventi contemporanei (i disordini del 1607 nelle campagne inglesi, una gelata del Tamigi del gennaio 1608) inducono la maggior parte degli studiosi a ipotizzare che il testo sia stato scritto durante il lungo periodo di chiusura dei teatri a causa della peste che va dalla seconda metà del 1608 a quasi tutto il 1609. La prima rappresentazione potrebbe pertanto risalire alla fine del 1609. Coriolano potrebbe quindi essere uno dei primi testi messi in scena dai King’s Men, la compagnia teatrale di Shakespeare, al Blackfriars, un teatro privato che diventò da quel momento la loro sede invernale. L’ipotesi è resa ancora più plausibile dalla divisione in cinque atti, tipica dei lavori commissionati dai teatri privati, che richiedevano intervalli nel corso della rappresentazione. Ovviamente, una prima rappresentazione presso un teatro al chiuso non esclude la possibilità di messe in scena successive al Globe per un pubblico molto più vasto e meno selezionato. 2292
NOTA INTRODUTTIVA
Come risulta evidente dall’indice dell’in-folio, Coriolano (pp. 1-30) doveva aprire la sezione dedicata alle tragedie. Nel volume, esso è tuttavia preceduto da Troilo e Cressida, aggiunto all’ultimo momento e stampato senza numeri di pagina. Sul testo hanno lavorato due compositori, convenzionalmente identificati come A (responsabile per poco più del 7% delle pagine) e B. Coriolano presenta numerosi casi di confusione nella divisione dei versi, che tuttavia non creano particolari difficoltà di interpretazione. Quale versione di Coriolano ci è stata tramandata dall’edizione in-folio? Come argomenta Lee Bliss, l’ipotesi più probabile è che i compositori abbiano avuto sotto gli occhi la trascrizione di un manoscritto autorale che era stato annotato da membri della compagnia per farne un copione (Bliss, ed. Cambridge). Le numerosissime didascalie, infatti, hanno spesso il carattere di notazioni necessarie alla messa in scena (si vedano, per esempio, i puntuali, ripetuti riferimenti a effetti musicali). Di particolare interesse sono le didascalie che potremmo definire di tipo narrativo. Del tutto insolite in un copione, esse sono quasi certamente di mano dell’autore: I cittadini se ne vanno quatti quatti (I, 1, 249), Entrano Volumnia e Virgilia [...] Si accomodano su due bassi sgabelli e cominciano a cucire (I, 3, 1) e, naturalmente, la più famosa di tutte – Lui le prende la mano, in silenzio (V, 3, 183). A parte l’indicazione Atto primo. Scena prima, l’infolio non presenta alcuna divisione in scene. L’edizione Oxford accetta quasi integralmente quella stabilita da Edward Capell per la sua edizione del 1768. Le fonti Per la sua versione dell’apologo di Menenio Agrippa, Shakespeare tiene presenti sia la versione proposta da William Camden nel suo Remains of a Greater Work concerning Britain (1605) che quella di Tito Livio nel secondo libro di Ab urbe condita, tradotto da Philemon Holland (The Romane Historie, 1600). Anne Barton ha dimostrato che, pur non utilizzando il testo di Livio per la costruzione della trama, il drammaturgo sicuramente lo conosceva e ne è influenzato nella sua presentazione del mondo romano (v. Riferimenti bibliografici). La fonte principale della tragedia è la Vita di Coriolano nelle Vite parallele dei nobili greci e romani di Plutarco (I-II secolo d.C.), che Shakespeare conosceva nella traduzione di Thomas North dalla versione francese di 2293
CORIOLANO
Jacques Amyot. La prima edizione del lavoro di North è del 1576, ma il drammaturgo utilizza la ristampa, con revisioni, del 1595. Il lavoro di Shakespeare sulla fonte è stato oggetto di un approfondito studio di Claudia Corti. Tragedia politica e dramma privato I contemporanei di Shakespeare erano affascinati dalla civiltà romana e dalle vite dei grandi personaggi che avevano saputo trasformare un villaggio del Lazio nel caput mundi. Fondata, secondo la leggenda, da un discendente di Enea, Londra era “Troy-novant”, la nuova Troia destinata a raccogliere il testimone di Roma e eguagliarne o addirittura superarne lo splendore. Gli autori latini erano studiati non solo per il loro valore di “classici” ma perché offrivano preziosi precetti direttamente applicabili alla vita politica contemporanea. Secondo le fonti latine e greche, il culto dell’onore, l’esaltazione del valore militare, il sacrificio di sé per il bene della patria erano valori che Roma aveva rappresentato al massimo grado nel periodo repubblicano; sono questi i valori che l’Inghilterra si vanta di avere fatto propri. In Coriolano, Shakespeare li celebra ma al tempo stesso mostra con quanta facilità essi possano degenerare e quanto siano soggetti “all’interpretazione dei tempi” (IV, 7, 50). La vicenda di Coriolano era sicuramente nota al pubblico selezionato del Blackfriars; grazie alla familiarità con la traduzione inglese delle Vite di Plutarco, molti spettatori sarebbero stati in grado di apprezzare la tragedia shakespeariana non solo sul piano spettacolare ma anche come esercizio di aemulatio, imitazione e superamento di una fonte classica. Naturalmente, essi avrebbero colto molto meglio di noi i riferimenti alla realtà contemporanea, dai più palesi e innocui ai più sotterranei e pericolosi; avrebbero anche accettato, come naturale componente di una scrittura tesa ad attualizzare la materia storica, gli anacronismi di cui abbonda il testo. “Entra un manipolo di cittadini in rivolta con mazze, randelli e altre armi.” La didascalia che apre la prima scena del primo atto sembra preludere a una sommossa. Invece, i cittadini armati esprimono articolati giudizi su una controversa figura politica, si lamentano per il prezzo del grano, accusano i ricchi di indifferenza ma non si abbandonano ad atti di violenza. Per i primi spettatori di Coriolano, il parallelo con l’attualità politica era del tutto evidente. All’inizio del Seicento, infatti, una serie di disastrosi 2294
NOTA INTRODUTTIVA
raccolti e la recinzione abusiva (enclosure) e destinazione al pascolo di vaste aree della campagna inglese da parte di grandi proprietari terrieri avevano lasciato molti contadini senza mezzi di sostentamento e provocato un forte aumento del prezzo del grano. Nel 1607, il malcontento era culminato in gravi disordini (la Midlands Revolt) in diverse contee, fra le quali il Warwickshire da cui proveniva Shakespeare. L’incipit parrebbe gettare le basi per una riproposta teatrale degli scontri del 1607, ma l’ingresso di Menenio segnala che non è questa l’intenzione dell’autore. Anche se non abbiamo alcun documento relativo alla distribuzione dei ruoli in Coriolano fra i componenti dei King’s Men, sappiamo che della compagnia faceva parte, nel 1609, un apprezzatissimo clown, Robert Armin. L’unico ruolo adatto a lui nella tragedia è quello dell’eccentrico mediatore fra patrizi e plebei che Shakespeare prende da Plutarco, dove era poco più di una comparsa, e trasforma in una figura di primo piano assegnandogli un numero di battute inferiore solo a quello del protagonista. Si può quindi ipotizzare che la caratterizzazione del personaggio sia ritagliata su misura per il clown. Menenio propone una versione “repubblicana” del tradizionale parallelo fra corpo umano e corpo sociale perché identifica i patrizi con il ventre e non con la testa coronata. Questo spostamento dell’attenzione verso la parte bassa del corpo ci prepara all’ingresso di Caio Marzio, il quale si lancia nella prima di una serie di invettive che non paiono controllate dalla ragione. Il contrasto fra Richard Burbage, il mattatore della compagnia per il quale fu presumibilmente scritto il ruolo di Coriolano, e il minuscolo Armin doveva sottolineare, anche sul piano fisico, la dimensione gigantesca del protagonista. È nell’assedio di Corioli che Caio Marzio dimostra di essere un’irresistibile macchina da guerra. Mentre il comandante Cominio non disdegna di ordinare alle sue truppe una ritirata strategica, Caio Marzio conosce solo l’assalto, indifferente alla propria incolumità e a quella dei suoi uomini. Con le brevi, vivacissime scene dedicate al sovrumano sprezzo del pericolo del suo protagonista, Shakespeare si avventura su un terreno più pericoloso dei riferimenti ai disordini del 1607. Ben vivo nella memoria del suo pubblico era ancora il ricordo di Robert Devereux conte di Essex. Aristocratico, arrogante, eroico in battaglia, favorito della regina Elisabetta, Essex era stato, a ragione, accusato di tradimento e giustiziato nel 1601. Già nel sermone pronunciato da William Barlow davanti alla 2295
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regina una settimana dopo l’esecuzione, il conte era stato paragonato a Coriolano (Holland, ed. Arden) e i paralleli fra la sua vicenda e la storia romana continuarono negli anni successivi. Nel 1604, Ben Jonson aveva avuto seri problemi con le autorità per il suo Sejanus, probabilmente perché, nella prima versione, la figura del protagonista poteva apparire ispirata a Essex. Shakespeare, tuttavia, riesce a mantenere i paralleli fra il conquistatore di Corioli e il temerario conte entro limiti accettabili per la censura del suo tempo. Anche uno spettatore del tutto ignaro di storia romana capirebbe facilmente che il grande guerriero sarà un pessimo politico. La Roma che Coriolano ama e che, in tempo di pace, difende con appassionata irruenza verbale non esiste quasi più. È una città che ha sempre basato la sua economia sulla guerra e, quindi, ha scelto il coraggio sul campo di battaglia come unità di misura del valore di un uomo. Ma, come ci fa capire Cominio, nel suo elogio di Coriolano, è giunto il momento di mettere in discussione persino questo tratto fondamentale della civiltà romana: “È opinione comune che il valore sia la più alta virtù, quella che più nobilita chi la possiede. Se è così, l’uomo di cui parlo non ha pari al mondo” (II, 2, 83-86). Il “se” di Cominio non intacca le granitiche certezze di Coriolano ma segnala inequivocabilmente agli spettatori che i tempi sono cambiati. Nelle scene che coinvolgono Coriolano e i tribuni della plebe, Shakespeare teatralizza lo scontro fra due visioni inconciliabili della res publica. I suoi primi spettatori avrebbero trovato numerosi riferimenti alla crisi dei rapporti fra il re e il parlamento che aveva infiammato la scena politica inglese nel 1604-6 e che, in relazione a Coriolano, è stata puntualmente analizzata da W. G. Zeeveld. Convinto assertore dell’inviolabilità delle prerogative reali e completamente privo del fiuto politico di Elisabetta, Giacomo I si era inimicato il popolo e i suoi rappresentanti in parlamento abusando spudoratamente della purveyance – il diritto della Corona di acquistare beni e soprattutto provviste fissandone il prezzo (ovviamente inferiore a quello di mercato). Nel 1604, John Hare e Lawrence Hyde presentarono una proposta di legge che limitava gli abusi dei purveyors. Contro di loro si scagliò il re in un discorso del 1605 in cui denunciava quei “tribuni del popolo a cui non è stato possibile chiudere la bocca in materia di Puritani e di purveyance”. Da quel momento, il parallelo fra gli oppositori parlamentari 2296
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di Giacomo I e i tribuni romani diventò un luogo comune del linguaggio politico. Nel 1606, dopo un intervento particolarmente violento di Hare, si levarono da altri parlamentari ripetuti inviti ad esprimere il dissenso mildly “con gentilezza” – proprio il termine che Cominio e Menenio usano più volte per convincere Coriolano a moderare il suo furore antipopolare in III, 2, 139-46. Qualunque fosse l’orientamento politico di Shakespeare, presentare i tribuni in luce non completamente negativa a così breve distanza da questi episodi sarebbe stato un suicidio professionale. Nel 1604, in risposta alle accuse del re, i parlamentari produssero un’Apology of the House of Commons, made to the King, touching their Privileges, nella quale ricordavano che “la voce del popolo, nelle materie di sua conoscenza, è comunemente considerata la voce di Dio”. Contestata e respinta dal re e dai suoi sostenitori che consideravano invece la vox populi espressione della bestia dalle molte teste, questa affermazione e le polemiche successive possono spiegare l’insistenza sul termine voice (voce/voto) nella tragedia. La procedura con cui Coriolano deve chiedere singoli voti al popolo per accedere al consolato ha più aspetti in comune con il diritto giacomiano che con quello romano (Parker, ed. Oxford). Anche il suo rifiuto di mostrare le ferite, che non compare in Plutarco, sarebbe stato perfettamente comprensibile al pubblico del Blackfriars perché “esibire le proprie ferite e menar vanto delle proprie imprese militari era un comportamento fortemente stigmatizzato ai tempi di Shakespeare” (Jorgensen). Fedele soltanto alla sua personale visione di onore, Coriolano è costretto a prendere la via dell’esilio. Poiché la sua storia è ambientata nel periodo repubblicano, Roma è ancora solo una delle città laziali in lotta per la supremazia a livello regionale e quindi c’è davvero “un mondo altrove” (III, 3, 139). Fin dal primo atto, Shakespeare introduce i Volsci come una comunità tanto simile a quella romana da poter legittimamente aspirare a prenderne il posto. Fondamentale per chiarire questo punto è l’incontro in terra di nessuno fra due spie. Dal volsco Adriano veniamo a sapere che i suoi concittadini hanno pronto un esercito in tutto simile a quello romano, “con i centurioni e i loro uomini già immatricolati uno a uno” (IV, 3, 41-42). La scelta del suo interlocutore Nicanor di passare al nemico ci segnala che l’esito della partita è ancora così incerto che un cittadino romano può ragionevolmente decidere di scommettere sulla 2297
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vittoria volsca. Nel quinto atto, gli abitanti di Corioli dimostreranno la stessa capacità dei romani di passare dall’adorazione all’odio per il grande guerriero che, pure, ha ancora una volta dimostrato di essere in grado di rovesciare da solo le sorti di un conflitto. Figura appena schizzata in Plutarco, Aufidio, il generale volsco, diventa un personaggio a tutto tondo nella tragedia shakespeariana. Annunciato nel primo atto come l’unico avversario a cui Caio Marzio concede l’onore di uno sguardo invidioso, Aufidio semina il terrore fra i romani davanti a Corioli, ma viene sconfitto nel duello con il suo eterno rivale. Il percorso eroico del personaggio si conclude qui: al suo rientro in scena, egli ci informa che userà qualsiasi mezzo, lecito o illecito, per aver ragione di colui che non riesce a piegare in uno scontro leale. Il ricordo di queste parole dovrebbe indurci a interpretare come atto di dissimulazione e calcolo politico l’entusiasmo con cui il volsco accoglie l’esule Coriolano nel quarto atto. Ma Shakespeare complica il quadro insinuando nelle parole del personaggio connotazioni dichiaratamente omoerotiche. La fantasia erotica privata descritta in quello che Aufidio sostiene essere un suo sogno ricorrente finisce per condizionare anche il suo comportamento pubblico: “Il nostro generale stesso se lo coccola come se fosse la sua amante” (IV, 5, 199-200), racconta un servitore. Tuttavia, il rapporto privato di Coriolano che cambia il corso della storia non è quello con Aufidio, ma con Volumnia, la madre. Sull’infanzia e adolescenza di Coriolano Shakespeare ci fornisce una quantità di dettagli che non ha eguali per nessun altro dei suoi personaggi. L’invito a cercare in quella parte della sua vita che precede l’inizio dell’azione tragica la spiegazione dei comportamenti distruttivi e autodistruttivi che portano alla morte del protagonista è stato accolto dalla critica di orientamento freudiano con comprensibile entusiasmo. Coriolano è figlio unico di madre vedova – e che madre! Volumnia non ha solo generato il grande guerriero, l’ha plasmato, spingendolo ancora imberbe sul campo di battaglia, facendo dipendere la sua approvazione dal numero di ferite riportate e di nemici uccisi, eccitandosi al pensiero di essere riuscita a trasformare un delizioso bimbetto in una micidiale macchina da guerra: “La morte, quel nero spirito, ha dimora nel suo braccio muscoloso. Ogni volta che lo alza e lo abbassa un uomo muore” (II, 1, 157-158). Nella sua sfera emotiva, il figlio sostituisce il marito morto, quel padre assente di cui il testo non ci dice nulla. In un sag2298
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gio del 1980, rivisto nel 1992, Janet Adelman sostiene che al centro del testo c’è l’immagine di una madre che, invece di nutrire il figlio, gli ha insegnato a vedere il bisogno di cibo come un pericoloso segno di debolezza, a trovare sostentamento solo nella sua rabbia, come fa lei stessa che, invitata a cena da Menenio, risponde: “La collera è il mio piatto forte. A cena mangio me stessa e così nutrendomi morirò di fame” (IV, 2, 53-54). Volumnia si identifica con la Roma aristocratica e guerriera che disprezza e tiene a distanza la plebe. È però capace di machiavellici sotterfugi politici per raggiungere i suoi obiettivi e, nella seconda scena del terzo atto, si inserisce da pari a pari nella conversazione degli uomini che cercano di convincere Coriolano a fingere umiltà per riconquistare il favore perduto dei plebei. Ma il saggio di recitazione che offre, con evidente gusto, al figlio e ai patrizi (“Va’ da loro con il tuo bravo cappello in mano...”, III, 2, 73 ecc.) non sortisce l’effetto desiderato. Per indurlo a risparmiare Roma, dovrà abbandonare il linguaggio politico e rispolverare il suo inesauribile repertorio di ricatti emotivi. Paradossalmente, il meno “domestico” fra gli ultimi eroi tragici shakespeariani, quello che non vediamo mai in una dimensione davvero privata, è anche quello che ha la più convenzionale delle famiglie. Ha una moglie, Virgilia, che, al contrario della suocera, non ambisce a conquistarsi un posto sulla scena politica né in prima persona né vicariamente attraverso il marito. Nella terza scena del primo atto, la vediamo tenere pacatamente testa alla formidabile Volumnia e proporsi come modello della tradizionale matrona romana che non esce di casa mentre il marito è in guerra. Quando Coriolano, rientrando in trionfo a Roma, la saluta con il famoso “Salve, mio silenzio pieno di grazia!” (II, 1, 172) ci aspettiamo che questo verso, finalmente lontano dal registro dell’invettiva che abbiamo imparato ad associare al protagonista, preluda a un duetto d’amore fra i coniugi, ma questo non avviene. Non ci saranno neppure quadretti di vita domestica con il figlioletto, Marzio, al quale Shakespeare ritaglia un piccolo spazio, nella scena madre del quinto atto, presentandolo come uno di quei bambini saccenti del suo teatro che tanto piacevano ai suoi contemporanei. Ma è più probabile che il pubblico moderno lo ricordi come il furibondo bimbetto che, nel primo atto, ci viene descritto da Valeria mentre fa a brandelli coi denti una farfalla: “tipico di suo padre” (I, 3, 69) è l’entusiastico commento di Volumnia. 2299
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Coriolano ha quel figlio maschio di cui Macbeth avverte così fortemente la mancanza, ma la sua funzione nel testo non è tanto quella di consentire al padre di vedere in lui il proprio futuro quanto quella di aggiungere dettagli al quadro che gli spettatori sono chiamati a farsi del suo passato. Come la maggior parte delle scene di vita pubblica, le scene di vita privata sono in funzione di Coriolano, il più sgradevole fra i protagonisti delle ultime tragedie shakespeariane. Nel capitolo dedicato a Coriolano del suo fondamentale studio su Language as Symbolic Action (1966), Kenneth Burke osserva che “alla luce delle teorie freudiane sulla natura fecale dell’invettiva, le ultime due sillabe del nome dell’eroe sono così ‘giuste’ che oggi si cerca spesso di aggirare il problema alterando la pronuncia tradizionale (trasformando in aperta la a lunga)”. Quasi tutti i critici che, a distanza di qualche decennio, decidono di approfondire questa imbarazzante linea interpretativa, esordiscono citando l’osservazione di Burke. In un postscriptum del 1987 al suo saggio su Coriolano, la cita Stanley Cavell per poi concludere che Shakespeare voleva “farci ridere di questa sublime vendetta del linguaggio, che fa dello stesso suono il suffisso di un nome cui si associa il prestigio militare e la definizione della forma dello sfintere”. Maurice Hunt si propone di sviluppare la breve notazione di Burke individuando in Coriolano una “voce posteriore” che ne fa un precursore di Calibano e sostenendo che ad essa va attribuito l’incontrollabile flusso di invettive a cui si abbandona il personaggio. Nel 2013, l’ipotesi che Shakespeare abbia deliberatamente sfruttato la possibilità di doppi sensi scurrili insita nel nome del suo protagonista è considerata plausibile persino dal curatore della nuova edizione Arden, Peter Holland, il quale si sofferma in particolare sullo sprezzante commento di Coriolano alla notizia che Roma è di nuovo in guerra: “Così ci purgheremo delle nostre scorie ammuffite” (I, 1, 225-226). I plebei sono i residui della digestione di cui il corpo politico si libera attraverso la guerra. Doppi sensi a sfondo sessuale e battute scatologiche si insinuano senza difficoltà dentro a pagine di sublime poesia nel teatro di Shakespeare, sempre attento a soddisfare le aspettative del suo pubblico. Al contrario dei loro contemporanei continentali, gli spettatori inglesi apprezzavano molto la commistione del registro alto con quello basso anche nelle tragedie. Accanto ai lazzi di Menenio e alle allusioni omoerotiche 2300
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di Aufidio, la comicità va cercata anche nel disgusto che Coriolano ripetutamente manifesta per i corpi dei plebei. Alle infinite variazioni verbali sul loro fiato puzzolente si accompagnano vivide descrizioni dei loro corpi affetti da disgustose malattie. Inserite in una tragedia politica e precedute dall’apologo di Menenio, le invettive di Coriolano contribuiscono a imprimere nella mente degli spettatori l’immagine di un corpo dello stato malato che può ritrovare la salute solo purgandosi dei suoi elementi improduttivi. A quei fragments, “rimasugli” (I, 1, 221) che per il protagonista sono i plebei, si contrappone il corpo dell’eroe erculeo che le cicatrici non deturpano ma nobilitano. Come osserva Volumnia, il sangue delle ferite ricevute in combattimento “[si] addice a un uomo più dell’oro al monumento che gli innalzeranno” (I, 3, 41-42). Contro questa esaltazione del corpo patrizio si scagliano i tribuni, che lo ridicolizzano attraverso una sprezzante sineddoche. Pur riconoscendo che Roma è minacciata da una grave malattia sociale, essi ne attribuiscono la causa non ai plebei ma a Coriolano: è lui il piede in cancrena che bisogna amputare per salvare il resto della persona (III, 1, 296-312). Neanche il corpo di Aufidio sfugge alla frantumazione verbale. Nel corso di un comico scambio di vedute sul valore dei due grandi avversari, uno dei suoi servitori ricorda che, davanti a Corioli, Caio Marzio “l’ha tagliato e spezzettato come un filetto sulle braci.” E un altro conclude: “E se aveva gusti da cannibale poteva grigliarlo e mangiarselo” (IV, 5, 191-194). Questa è solo la più dettagliata di una serie di immagini riconducibili al campo semantico del cannibalismo, apertasi con una recriminazione dei plebei nei confronti dei patrizi: “Se non ci divora la guerra, lo faranno loro” (I, 1, 82-83), un concetto che Coriolano riformulerà a modo suo: solo l’autorità del senato impedisce ai plebei di sbranarsi a vicenda (I, 1, 184-186). Secondo Menenio, invece, sono i plebei a voler divorare Coriolano, come il lupo divora l’agnello (II, 1, 9-10). E così il cerchio si chiude e il corpo sociale è vittima di un autodistruttivo scontro fra le sue parti. Alla fine della tragedia il conflitto politico rimane irrisolto. Nel quinto atto, patrizi e plebei accolgono Volumnia con lo stesso, unanime giubilo che avevano dimostrato, nel secondo, al rientro trionfale di Coriolano dopo la sconfitta dei Volsci. Nulla nel testo ci autorizza a pensare che, grazie alla morte dell’irriducibile nemico del popolo, questo momento magico durerà più a lungo del precedente. 2301
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Il termine che più icasticamente definisce il protagonista di questo dramma shakespeariano è alone, “da solo”, più volte utilizzato sia da Coriolano stesso – “me ne vado da solo, come un drago solitario” (IV, 1, 3031) – che da altri personaggi. Da solo egli respinge i nemici in tempo di guerra con risultati eccezionali, ma da solo respinge anche i compromessi in tempo di pace con risultati disastrosi. Inutilmente Volumnia gli spiega che per aver successo in politica non deve fare altro che pronunciare “parole bastarde, sillabe che non hanno nulla a che vedere con i [suoi] veri sentimenti” (III, 2, 56-58), fare in sostanza quello che si richiede agli attori: dal palcoscenico di un teatro, questo personaggio proclama ripetutamente la sua incapacità di recitare. Costretto a partecipare all’umiliante “cerimonia” della richiesta di voti al popolo, avverte: “È una parte che reciterò arrossendo” (II, 2, 145-146). E, infatti, l’interpretazione non convince appieno il suo pubblico. Sollecitato dalla madre a fare un secondo tentativo impegnandosi di più, ribadisce che non sarà mai in grado di interpretare con naturalezza il ruolo della puttana e conclude: “No, non lo farò, per paura di tradire la mia più intima verità e con le azioni del corpo insegnare all’animo una bassezza indelebile” (III, 2, 120-123). Recitare il copione scritto per lui dai patrizi e accompagnarlo con i gesti più appropriati è un inaccettabile tradimento di sé – almeno finché Coriolano è Coriolano. Costretto all’esilio, Caio Marzio arriva ad Anzio “irriconoscibile e con il volto coperto” (IV, 4, 1 did.), come un attore che annulla se stesso nell’interpretazione del ruolo di un mendicante. Da questo momento, il personaggio (che non può più fregiarsi del nome di Coriolano, comprensibilmente sgradito ai Volsci) sembra dimenticare il suo orrore precedente per la recitazione e comincia a ricostruirsi un’identità sulla base di un nuovo copione che lui stesso va scrivendo e nel quale il tradimento, prima nei confronti di Roma poi nei confronti dei Volsci, non è più visto come problematico. Quest’uomo nuovo, che vorrebbe poter essere “autore di se stesso” (V, 3, 36), si esprime con una voce nuova, più diplomatica nei rapporti con i Volsci, più pacata quando respinge le ambascerie romane. Anche se la vista dei famigliari lo riduce “come un guitto che si è dimenticato le battute” (V, 3, 40-41), la silenziosa resa all’implacabile retorica di Volumnia non è seguita da un immediato ritorno all’antico copione. Il discorso tattico con cui cerca di trasformare agli occhi dei Volsci una parziale sconfitta in una completa vittoria avrebbe incontrato 2302
NOTA INTRODUTTIVA
la piena approvazione di Volumnia e dei patrizi che in III, 2 avevano tentato inutilmente di indurlo a usare proprio quel tipo di linguaggio per convincere i plebei. Solo quando Aufidio lo accusa di tradimento e lo schernisce, l’uomo nuovo si dissolve e il Coriolano dei primi atti prende il suo posto, dando sfogo, per l’ultima volta, alla sua “voce posteriore”. La mancanza di introspezione di Coriolano, condivisa dal suo rivale Aufidio, lascia insoddisfatti molti critici e spettatori che applicano all’ultima tragedia le stesse chiavi di lettura dei capolavori precedenti. In realtà, essa potrebbe rappresentare un tentativo, del tutto nuovo e singolarmente moderno, di mettere in scena personaggi che non osano (o non sanno) leggere le proprie emozioni e motivazioni. Come osserva Frank Kermode a proposito di quel discorso di Aufidio su Coriolano (IV, 7, 28-57) che nessun critico ha saputo disambiguare in modo soddisfacente, ciò che cogliamo “sono i mutamenti inattesi, i ritorni indietro, le metafore che abbagliano per poi scomparire prima che le si possa comprendere”. Allo stesso modo, il protagonista affastella immagini e scardina l’ordine naturale del discorso con una frequenza che non può essere ricondotta esclusivamente all’incontinenza verbale. Forse, Coriolano rifugge dall’analisi di se stesso perché dentro al corpo dell’eroe erculeo Shakespeare ha celato un indicibile grumo di tenebra. Adattamenti e messe in scena Parigi, dicembre 1933. Alla Comédie Française debutta un Coriolan tradotto e adattato da René-Louis Piachaud per la regia di Emile Fabre. È una versione che, con semplificazioni del linguaggio shakespeariano e surrettizie aggiunte di battute, riduce i cittadini a una feccia indistinta contro cui si erge il baluardo del protagonista e del patriziato. Indignata dallo scoppio di uno scandalo che coinvolgeva membri del parlamento e galvanizzata dall’ascesa di Hitler al potere, l’estrema destra francese accorre in massa a teatro e sottolinea con entusiastici applausi tutte le invettive di Coriolano nonché i saluti romani delle oltre duecento comparse che facevano ala al suo trionfo. Nei mesi successivi, la sinistra si organizza per rispondere con fischi agli applausi, rendendo quasi impossibile il lavoro degli attori. Dopo una serata particolarmente turbolenta, la direzione del teatro decide di sospendere le repliche dello spettacolo. Berlino, primi anni cinquanta. In visita a Bertolt Brecht, Giorgio Strehler vede una copia del Coriolano sul tavolo del drammaturgo e si sorprende 2303
CORIOLANO
del suo interesse per un testo reazionario e fascista. Brecht consiglia al suo giovane ammiratore di rileggere con più attenzione una tragedia che, a suo avviso, è stata a lungo fraintesa e su cui sta lavorando intensamente. Negli Scritti teatrali rimane una preziosa traccia dell’analisi della prima scena del primo atto in forma di dialogo fra Brecht e i suoi collaboratori. Lo scontro fra patrizi e plebei è visto in termini di lotta di classe, i cittadini sono individui uniti dalla presa di coscienza del proprio potere. Il drammaturgo morì nel 1956, prima che l’adattamento fosse completato (sarebbe stato messo in scena dal Berliner Ensemble solo nel 1964), ma il suo interesse per Coriolano aveva contagiato Strehler che presenterà la sua versione della tragedia al Piccolo Teatro di Milano nel 1957, con Tino Carraro nel ruolo del protagonista. Anche Giorgio Strehler, come Brecht, avverte la necessità di una nuova traduzione che affida a Gilberto Tofano. La traduzione deve assecondare un’interpretazione della tragedia che il regista illustra dettagliatamente nel programma di sala. Per Strehler, “il fulcro della tragedia [...] è fissato nel contrasto fra classe patrizia e plebe [...]. Soltanto inserita in questa tragedia della dialettica storica, la tragedia personale di Coriolano diventa un catalizzatore anch’esso tipico, perché si realizzi l’avvenimento tragico voluto dal poeta [...]. L’eroe ci appare del tutto irrazionale, del tutto fuori della storia, staccato dalla collettività che lo circonda. Non si muove contro la plebe soltanto, ma contro tutti, compreso se stesso.” Il regista divide la tragedia in ventidue scene introdotte da didascalie che riassumono e commentano l’azione. Le scene sono essenziali, senza giochi di luci che possano incoraggiare l’immedesimazione. Agli attori chiede una recitazione straniata, fedele ai canoni del teatro epico, pur non rinunciando a un pathos più tradizionale per la grande scena fra Coriolano (Tino Carraro) e Volumnia (Wanda Capodaglio). Il risultato è una lettura della tragedia più brechtiana di quella che il Berliner porterà in tournée sette anni dopo. Come Brecht e Strehler ben sapevano, traduzioni diverse di Coriolano possono contribuire a veicolare messaggi politici opposti. Sulla scena inglese, i registi non hanno l’opzione di disambiguare a proprio piacimento il linguaggio del Bardo e, comunque, devono soddisfare un pubblico meno appassionato ai risvolti politici di un testo di quello continentale. Pur non rientrando nella hit parade delle opere shakespeariane che vengono continuamente riproposte dalle principali compagnie, Coriolano va 2304
NOTA INTRODUTTIVA
in scena abbastanza spesso, di solito quando la compagnia dispone di un attore con le indispensabili doti fisiche e vocali. Laurence Olivier offrì la sua migliore interpretazione del personaggio nel 1959 (regia: Peter Hall), quando aveva già cinquantadue anni. È rimasta famosa la scena della sua uccisione: l’attore sale di corsa sugli spalti di Corioli, offre il petto alle lance dei Volsci e cade all’indietro, trattenuto per i piedi dai guerrieri. L’immagine di Coriolano che, sospeso a testa in giù, viene finito dal pugnale di Aufidio, fu vista dai critici come un riferimento all’esibizione pubblica del cadavere di Mussolini. A partire dalla versione di Tyrone Guthrie del 1963, con John Neville (Coriolano) e Ian McKellen (Aufidio), la tensione omoerotica fra i due guerrieri, specialmente nelle scene del duello nel primo atto e dell’incontro nel quarto, è sempre più spesso riconosciuta come componente importante del testo. Alcuni registi, tuttavia, si interrogano sul grado di coinvolgimento emotivo di Coriolano (al quale Shakespeare non assegna battute altrettanto rivelatrici). Così, accanto a una maggioranza di registi che lo fanno rispondere all’abbraccio di Aufidio nel quarto atto, c’è chi, come David Thacker nel 1994, offre al pubblico l’immagine di un Coriolano (Toby Stephens) che reagisce irrigidendosi in un atteggiamento di imbarazzato rifiuto. Dopo aver interpretato il ruolo di Coriolano a teatro nel 2000, Ralph Fiennes cominciò a pensare alla possibilità di dirigere se stesso in una trasposizione cinematografica della tragedia. Prevedibilmente, non fu facile trovare i finanziamenti per un film tratto da un dramma shakespeariano poco frequentato dal grande pubblico. Girato nel 2010 e presentato al Festival di Berlino nel 2011, il Coriolano di Fiennes fu accolto molto bene dai critici ma largamente ignorato dal pubblico delle sale cinematografiche. Il regista sceglie di lasciare inalterato (sia pure con ampi tagli e frequenti trasposizioni di scene) il testo shakespeariano, ambientando però l’azione ai giorni nostri in “A Place Calling Itself Rome” (“un luogo che chiama se stesso Roma”), dal titolo di una deludente riscrittura teatrale del dramma in chiave ultrareazionaria ad opera di John Osborne (1973). Quasi tutto il film fu girato a Belgrado e i paralleli fra la conquista di Corioli e gli episodi della guerra nella ex-Yugoslavia sono deliberati e sottolineati da un uso della cinepresa ispirato ai servizi dal fronte degli inviati televisivi. In un’intervista rilasciata ad Arianna Finos, Raph Fiennes afferma che Coriolano è un ragazzo che non è mai cresciuto: “per lui il campo di battaglia è come un giardino di giochi. Si sente realizzato e completo solo quando 2305
CORIOLANO
combatte. Non ha vocabolario sociale [...]. Il Bardo mostra la sua unica intimità con un altro uomo, Aufidio [...] Coriolano è destinato alla sconfitta [...]. È vulnerabile e non è attraente ma vuole essere se stesso” (La Repubblica, 20 luglio 2012). Coadiuvato da una strepitosa Vanessa Redgrave nel ruolo di Volumnia, Fiennes rende perfettamente sullo schermo l’infelicità dell’uomo privato. L’ambientazione contemporanea e la ricchezza di mezzi tecnici del cinema gli impediscono però di rappresentare in modo altrettanto convincente la felicità del guerriero. A teatro, con scene essenziali e poche comparse a significare interi eserciti, possiamo lasciarci trasportare completamente dalle parole di Shakespeare e entusiasmarci per l’uomo solo che conquista un’intera città. Al cinema, i voli di caccia militari, i carri armati e le esplosioni di interi edifici ci ricordano quanto sia improbabile, nei conflitti moderni, che il risultato di uno scontro dipenda dall’eroismo di un singolo. E l’irresistibile macchina da guerra umana disegnata da Shakespeare si trasforma in una figura anacronistica e vagamente patetica. MARIANGELA TEMPERA
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti PLUTARCO, Vite di Alcibiade e Coriolano, in Vite parallele, a cura di C. Carena, 3 voll., vol. I, Torino, Einaudi, 1958; G. BULLOUGH (cur.), Coriolanus, in Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, 8 voll., vol. V: The Roman Plays, London-Henley, Routledge and Kegan Paul, 1977, pp. 451-563. Letteratura critica Fra le edizioni inglesi e americane, sono di particolare importanza quelle a cura di G. R. HIBBARD, Penguin, 2005 (I ed. 1967); R. B. PARKER, Oxford, 1994; P. BROCKBANK, Arden, 2007 (I ed. 1976); L. BLISS, New Cambridge, 2010 (I ed. 2000); P. HOLLAND, Arden, 2013; fra le edizioni francesi, quella a cura di J.-M. DÉPRATS, Paris, Gallimard, 2002; fra le edizioni italiane, vanno ricordate almeno quelle a cura di P. CHIARINI e G. MELCHIORI, in I drammi classici, Mondadori, 1978; N. D’AGOSTINO, Garzanti, 1988; A. LOMBARDO, Feltrinelli, 2002. 2306
NOTA INTRODUTTIVA
J. ADELMAN, Suffocating Mothers, New York-London, Routledge, 1992; A. BARTON, “Livy, Machiavelli and Shakespeare’s Coriolanus (1985)”, in Essays, Mainly Shakespearean, Cambridge, Cambridge U. P., 1994; K. BURKE, “Coriolanus – and the Delights of Faction”, in Language as Symbolic Action. Essays on Life, Literature and Method, Berkeley-Los Angeles, California U. P., 1966; S. CAVELL, “Coriolano e le interpretazioni della politica”, in Il ripudio del sapere. Lo scetticismo nel teatro di Shakespeare, trad. D. Tarizzo, Torino, Einaudi, 2004; W. CHERNAIK, “The City and the Battlefield”, in The Myth of Rome in Shakespeare and His Contemporaries, Cambridge, Cambridge U. P., 2011; C. CORTI, “Coriolano: presentazione delle fonti, tabulazione, commento”, in A. SERPIERI ET AL., Nel laboratorio di Shakespeare. Dalle fonti ai drammi, 4 voll., 4, I drammi romani, Parma, Pratiche, 1988; ID., “‘As if the man were author of himself’: The Re-Fashioning of the Oedipal Hero from Plutarch’s Martius to Shakespeare’s Coriolanus”, in M. MARRAPODI (cur.), Italian Culture in the Drama of Shakespeare and His Contemporaries, Aldershot, Ashgate, 2007; M. DEL SAPIO GARBERO, N. ISENBERG, M. PENNACCHIA (cur.), Questioning Bodies in Shakespeare’s Rome, Goettingen, V&R Unipress, 2010; L. DI MICHELE (cur.), Tragiche risonanze shakespeariane, Napoli, Liguori, 2001; A. H. GOMME, Notes on Coriolanus, London, Ginn & Co., 1969; M. HUNT, “The Backward Voice of Coriol-anus”, Shakespeare Studies, 32, 2004; P. A. JORGENSEN, “Shakespeare’s Coriolanus: Elizabethan Soldier”, in PMLA, 64 n. 1, 1949; C. KAHN, “Mother of Battles: Volumnia and Her Son in Coriolanus”, in Roman Shakespeare, London, Routledge, 1997; F. KERMODE, Il linguaggio di Shakespeare, trad. G. Luciani, Milano, Bompiani, 2000; N. C. LIEBLER, “Bread and Circuses: Coriolanus and St George”, in Shakespeare’s Festive Tragedy. The Ritual Foundations of Genre, London-New York, Routledge, 1995; G. MILES, Shakespeare and the Constant Romans, Oxford, Clarendon Press, 1996; M. QUADRI, Coriolanus: l’arma della parola, Pisa, ETS, 1990; M. TEMPERA (cur.), Coriolanus dal testo alla scena, Bologna, Clueb, 2000; D. WHEELER (cur.), Coriolanus. Critical Essays, New York-London, Garland, 1995; W. G. ZEEFELD, “Coriolanus and Jacobean Politics”, The Modern Language Review, 57, 1962.
2307
THE TRAGEDY OF CORIOLANUS THE PERSONS OF THE PLAY Caius MARTIUS, later surnamed CORIOLANUS MENENIUS Agrippa Titus LARTIUS COMINIUS
patricians of Rome
generals
Tullus AUFIDIUS, general of the Volscian army His LIEUTENANT His SERVINGMEN CONSPIRATORS with Aufidius Volscian LORDS Volscian CITIZENS SOLDIERS in the Volscian army
VOLUMNIA, Coriolanus’ mother VIRGILIA, his wife YOUNG MARTIUS, his son VALERIA, a chaste lady of Rome
ADRIAN, a Volscian NICANOR, a Roman A Roman HERALD MESSENGERS AEDILES
SICINIUS Velutus tribunes of the Roman people Junius BRUTUS CITIZENS of Rome SOLDIERS in the Roman army
A gentlewoman, an usher, Roman and Volscian senators and nobles, captains in the Roman army, officers, lictors
SIGLA Al pari di altre quindici opere teatrali shakespeariane, Coriolanus ha un solo testo di riferimento, quello dell’in-folio del 1623 (F). La nostra è una selezione di emendamenti di curatori successivi, tratta dal Textual Companion dell’edizione Oxford. Ad esso si rinvia il lettore per l’attribuzione dei singoli emendamenti e per un quadro dettagliato di tutti gli altri problemi testuali.
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LA TRAGEDIA DI CORIOLANO PERSONAGGI Caio MARZIO, poi soprannominato CORIOLANO1 MENENIO Agrippa Tito LARZIO COMINIO
patrizi romani
generali
Tullo AUFIDIO, generale dell’esercito volsco Il suo LUOGOTENENTE I suoi SERVITORI COSPIRATORI della fazione di Aufidio CITTADINI volsci ARISTOCRATICI volsci SOLDATI volsci
VOLUMNIA, madre di Coriolano VIRGILIA, sua moglie Il PICCOLO MARZIO, suo figlio VALERIA, una casta dama romana
ADRIANO, un volsco NICANOR, un romano ARALDO romano MESSAGGERI EDILI
tribuni SICINIO Veluto del popolo romano Giunio BRUTO CITTADINI di Roma SOLDATI romani
Una dama di compagnia, un valletto, senatori e aristocratici romani e volsci, capitani dell’esercito romano, uscieri, littori
2309
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter a company of mutinous Citizens with staves, clubs, and other weapons
FIRST CITIZEN Before we proceed any further, hear me
speak. ALL Speak, speak. FIRST CITIZEN You are all resolved rather to die than to
famish? ALL Resolved, resolved. FIRST CITIZEN First, you know Caius Martius is chief enemy to the people. ALL We know’t, we know’t. FIRST CITIZEN Let us kill him, and we’ll have corn at our own price. Is’t a verdict? ALL No more talking on’t, let it be done. Away, away. SECOND CITIZEN One word, good citizens. FIRST CITIZEN We are accounted poor citizens, the patricians good. What authority surfeits on would relieve us. If they would yield us but the superfluity while it were wholesome we might guess they relieved us humanely, but they think we are too dear. The leanness that afflicts us, the object of our misery, is as an inventory to particularize their abundance; our sufferance is a gain to them. Let us revenge this with our pikes ere we become rakes; for the gods know I speak this in hunger for bread, not in thirst for revenge. SECOND CITIZEN Would you proceed especially against Caius Martius? [THIRD CITIZEN] Against him first.
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5
11
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
Entra un manipolo di cittadini in rivolta con mazze, randelli e altre armi2
I, 1
PRIMO CITTADINO
Prima di procedere oltre3, ascoltatemi. TUTTI
Parla, parla. PRIMO CITTADINO
Siete tutti giunti alla stessa risoluzione: meglio la morte della fame? TUTTI
Sì, sì. PRIMO CITTADINO
Prima di tutto, sapete bene che Caio Marzio è il peggior nemico del popolo. TUTTI
Lo sappiamo, lo sappiamo. PRIMO CITTADINO
Uccidiamolo e avremo il grano al nostro prezzo 4. È questo il verdetto? TUTTI
Basta con le parole, si faccia. Andiamo, andiamo. SECONDO CITTADINO
Una parola, egregi cittadini. PRIMO CITTADINO
Vorrai dire poveri cittadini, egregi sono i signori. Con quello che spreca chi comanda ci sarebbe cibo per tutti. Se solo ci dessero i loro avanzi quando non sono ancora andati a male, potremmo credere al loro buon cuore, ma ci considerano troppo cari 5. La magrezza che ci affligge e che fa della nostra miseria un pubblico spettacolo, è l’inventario esatto della loro abbondanza; la nostra sofferenza per loro è profitto. Vendichiamoci coi forconi prima di ridurci come rastrelli6. Perché gli dèi lo sanno bene che dico questo perché ho fame di pane, non sete di vendetta. SECONDO CITTADINO
Il primo della lista è dunque Caio Marzio? [TERZO CITTADINO]
Lui per primo.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
[FOURTH CITIZEN] He’s a very dog to the commonalty. SECOND CITIZEN Consider you what services he has done
for his country? FIRST CITIZEN Very well, and could be content to give him good report for’t, but that he pays himself with being proud. [FIFTH CITIZEN] Nay, but speak not maliciously. FIRST CITIZEN I say unto you, what he hath done famously, he did it to that end – though soft-conscienced men can be content to say ‘it was for his country’, ‘he did it to please his mother, and to be partly proud’ – which he is even to the altitude of his virtue. SECOND CITIZEN What he cannot help in his nature you account a vice in him. You must in no way say he is covetous. FIRST CITIZEN If I must not, I need not be barren of accusations. He hath faults, with surplus, to tire in repetition.
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Shouts within What shouts are these? The other side o’th’ city is risen. Why stay we prating here? To th’ Capitol! ALL Come, come. Enter Menenius FIRST CITIZEN Soft, who comes here? SECOND CITIZEN Worthy Menenius Agrippa, one that hath
always loved the people. FIRST CITIZEN He’s one honest enough. Would all the rest
were so! MENENIUS
What work’s, my countrymen, in hand? Where go you With bats and clubs? The matter. Speak, I pray you.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
[QUARTO CITTADINO]
È un mastino contro la gente comune. SECONDO CITTADINO
E non volete tener conto dei servizi che ha reso alla patria? PRIMO CITTADINO
Come no. E saremmo ben disposti a metterglieli a credito7, se non provvedesse da solo a saldarsi la parcella con il suo orgoglio. [QUINTO CITTADINO]
Dai, non essere maligno. PRIMO CITTADINO
Ribadisco: quello che ha fatto di glorioso l’ha fatto per la gloria. Anche se le anime belle si compiacciono di dire “l’ha fatto per la patria”, “l’ha fatto per far piacere a sua madre8 e per appagare un po’ l’orgoglio” che possiede in misura pari al coraggio. SECONDO CITTADINO
Quello che non può cambiare nella sua natura glielo metti a debito come una colpa. Non puoi certo dire che sia avido. PRIMO CITTADINO
Non per questo resterò a corto di accuse. I suoi difetti bastano e avanzano per sfiancare chi tenti di enumerarli tutti. Grida da dentro Che grida sono queste? L’altra parte della città si è sollevata. Basta con queste chiacchiere inutili. Al Campidoglio! TUTTI
Andiamo, andiamo! Entra Menenio PRIMO CITTADINO
Un momento. Chi arriva? SECONDO CITTADINO
Il nobile Menenio Agrippa, uno che ha sempre amato il popolo9. PRIMO CITTADINO
È un uomo perbene. Fossero tutti come lui! MENENIO
Concittadini miei, che cosa state facendo? Dove andate con mazze e bastoni? I fatti, vi prego. Parlate10.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
[FIRST] CITIZEN Our business is not unknown to th’ senate.
They have had inkling this fortnight what we intend to do, which now we’ll show ’em in deeds. They say poor suitors have strong breaths; they shall know we have strong arms, too. MENENIUS
Why, masters, my good friends, mine honest neighbours, Will you undo yourselves?
60
[FIRST] CITIZEN
We cannot, sir. We are undone already. MENENIUS
I tell you, friends, most charitable care Have the patricians of you. For your wants, Your suffering in this dearth, you may as well Strike at the heaven with your staves as lift them Against the Roman state, whose course will on The way it takes, cracking ten thousand curbs Of more strong link asunder than can ever Appear in your impediment. For the dearth, The gods, not the patricians, make it, and Your knees to them, not arms, must help. Alack, You are transported by calamity Thither where more attends you, and you slander The helms o’th’ state, who care for you like fathers, When you curse them as enemies. [FIRST] CITIZEN Care for us? True, indeed! They ne’er cared for us yet: suffer us to famish, and their store-houses crammed with grain; make edicts for usury to support usurers; repeal daily any wholesome act established against the rich; and provide more piercing statutes daily to chain up and restrain the poor. If the wars eat us not up, they will; and there’s all the love they bear us. MENENIUS Either you must Confess yourselves wondrous malicious Or be accused of folly. I shall tell you 2314
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
[PRIMO] CITTADINO
Le nostre intenzioni non sono ignote al senato. Ha avuto due settimane per farsene un’idea. Adesso passiamo ai fatti. Dicono che i postulanti poveri hanno il fiato pesante11; si accorgeranno che hanno pesanti anche le mani. MENENIO
Perché, signori, miei buoni amici, miei onesti vicini, volete la vostra rovina? [PRIMO] CITTADINO
E come potremmo? Siamo già rovinati. MENENIO
Vi assicuro, amici, che i patrizi hanno per voi la più caritatevole cura. Quanto ai vostri attuali bisogni, alle vostre sofferenze durante questa carestia, tirare randellate al cielo varrebbe quanto tirarle contro lo stato romano: il suo corso procederà inarrestabile spezzando diecimila ostacoli ben più forti di quelli che potete opporgli voi. Gli dèi, non i patrizi, hanno inviato la carestia e il loro aiuto si invoca sulle ginocchia, non agitando le braccia. Ahimè, vi fate trascinare dalla sventura verso altre sventure ed è calunnia maledire come nemici coloro che reggono il timone dello stato e hanno cura di voi come padri. [PRIMO] CITTADINO
Cura di noi? Buona questa! Non si sono mai curati di noi: ci lasciano soffrire la fame e hanno i granai pieni; fanno editti contro l’usura a sostegno degli usurai12; ogni giorno cassano leggi sacrosante che spiacciono ai ricchi e ogni giorno ne inventano di più affilate per infilzare e paralizzare i poveri. Se non ci divora la guerra, lo faranno loro13. Ecco tutto l’amore che ci portano. MENENIO
Riconoscetevi colpevoli di straordinaria malignità o accettate di passare per pazzi. Vi racconterò un gustoso aneddoto. Magari l’a-
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
A pretty tale. It may be you have heard it, But since it serves my purpose, I will venture To stale’t a little more. [FIRST] CITIZEN Well, I’ll hear it, sir. Yet you must not think to fob off our disgrace with a tale. But an’t please you, deliver.
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MENENIUS
There was a time when all the body’s members, Rebelled against the belly, thus accused it: That only like a gulf it did remain I’th’ midst o’th’ body, idle and unactive, Still cupboarding the viand, never bearing Like labour with the rest; where th’other instruments Did see and hear, devise, instruct, walk, feel, And, mutually participate, did minister Unto the appetite and affection common Of the whole body. The belly answered –
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[FIRST] CITIZEN
Well, sir, what answer made the belly? MENENIUS
Sir, I shall tell you. With a kind of smile, Which ne’er came from the lungs, but even thus – For look you, I may make the belly smile As well as speak – it tauntingly replied To th’ discontented members, the mutinous parts That envied his receipt; even so most fitly As you malign our senators for that They are not such as you. [FIRST] CITIZEN Your belly’s answer – what? The kingly crownèd head, the vigilant eye, The counsellor heart, the arm our soldier, Our steed the leg, the tongue our trumpeter, With other muniments and petty helps In this our fabric, if that they –
90. Stale’t: emend. tardo; in F scale’t = “ridimensionarlo”. 2316
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
vete già sentito, ma poiché mi viene a proposito correrò il rischio di renderlo ancora più stantio. [PRIMO] CITTADINO
Bene, l’ascolterò, signore. Però non sognarti di poter liquidare le nostre sventure con un aneddoto. Ma se ti fa piacere, racconta. MENENIO
Accadde un giorno che tutte le membra del corpo umano si ribellarono contro il ventre con queste accuse: che se ne stava bello placido in mezzo al corpo come una voragine che incamerava cibo senza mai partecipare al lavoro comune; gli altri organi, invece, vedevano, udivano, pensavano, davano ordini, camminavano, sentivano e, tutti insieme, sopperivano ai bisogni e ai desideri dell’intero corpo. Il ventre rispose... [PRIMO] CITTADINO
Ebbene, signore, che cosa rispose il ventre? MENENIO
Ve lo dirò, signore. Con un sorrisetto che non veniva dai polmoni14, ma era fatto circa così15 – perché, sia ben chiaro, se posso far parlare il ventre posso farlo anche sorridere – replicò con gran sarcasmo alle membra scontente e agli organi in rivolta che gli invidiavano il suo profitto, proprio come voi sparlate dei patrizi perché non sono come voi. [PRIMO] CITTADINO
E allora16? La risposta del ventre sarebbe questa? La testa incoronata è il nostro re, l’occhio la vedetta, il cuore il consigliere17, il braccio il soldato, la gamba il destriero, la lingua il trombettiere con tutti gli altri ingranaggi e supporti minori di questa nostra macchina, se tutti questi...
2317
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
What then? Fore me, this fellow speaks! What then? What then?
MENENIUS
[FIRST] CITIZEN
Should by the cormorant belly be restrained, Who is the sink o’th’ body – MENENIUS Well, what then?
120
[FIRST] CITIZEN
The former agents, if they did complain, What could the belly answer? MENENIUS I will tell you, If you’ll bestow a small of what you have little – Patience – a while, you’st hear the belly’s answer. [FIRST] CITIZEN
You’re long about it. Note me this, good friend: Your most grave belly was deliberate, Not rash like his accusers, and thus answered: ‘True is it, my incorporate friends,’ quoth he, ‘That I receive the general food at first Which you do live upon, and fit it is, Because I am the storehouse and the shop Of the whole body. But, if you do remember, I send it through the rivers of your blood Even to the court, the heart, to th’ seat o’th’ brain; And through the cranks and offices of man The strongest nerves and small inferior veins From me receive that natural competency Whereby they live. And though that all at once’ – You my good friends, this says the belly, mark me –
MENENIUS
[FIRST] CITIZEN
Ay, sir, well, well.
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130
135
CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
MENENIO
Se tutti cosa? Certo che parla proprio bene questo qui! E allora cosa? Cosa? [PRIMO] CITTADINO
...fossero controllati dal ventre cormorano18, chiavica del corpo... MENENIO
Bene, allora? [PRIMO] CITTADINO
Se i suddetti agenti si lamentassero, cosa potrebbe mai rispondere il ventre? MENENIO
Te lo dirò. Se mi concedi un po’ di quello che ti fa difetto – la pazienza – sentirai la risposta del ventre. [PRIMO] CITTADINO
Certo che la fai lunga. MENENIO
Attento adesso, mio buon amico: il vostro reverendissimo ventre era cauto, non precipitoso come i suoi accusatori, e rispose così: “Amici che siete incorporati con me19, è vero che ricevo per primo tutto il cibo che vi tiene in vita ed è giusto che sia così perché sono io il deposito e il punto di smercio per tutto il corpo. Ma, se ci pensate bene, sono io che smisto il nutrimento attraverso i fiumi del vostro sangue fino alla corte che è il cuore, fino al trono, che è il cervello20, e attraverso i tortuosi corridoi di servizio del corpo umano i nervi principali e le vene più insignificanti ricevono da me la parte di nutrimento che è di loro spettanza e ne vivono21. E anche se collettivamente...” Fate attenzione miei buoni amici, è sempre il ventre che parla... [PRIMO] CITTADINO
Certo, signore. Bene, bene.
2319
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
‘Though all at once cannot See what I do deliver out to each, Yet I can make my audit up that all From me do back receive the flour of all And leave me but the bran.’ What say you to’t?
MENENIUS
140
[FIRST] CITIZEN
It was an answer. How apply you this?
145
MENENIUS
The senators of Rome are this good belly, And you the mutinous members. For examine Their counsels and their cares, digest things rightly Touching the weal o’th’ common, you shall find No public benefit which you receive But it proceeds or comes from them to you, And no way from yourselves. What do you think, You, the great toe of this assembly?
150
[FIRST] CITIZEN
I the great toe? Why the great toe? MENENIUS
For that, being one o’th’ lowest, basest, poorest Of this most wise rebellion, thou goest foremost. Thou rascal, that art worst in blood to run, Lead’st first to win some vantage. But make you ready your stiff bats and clubs. Rome and her rats are at the point of battle. The one side must have bale. Enter Martius Hail, noble Martius! MARTIUS
Thanks. – What’s the matter, you dissentious rogues, That, rubbing the poor itch of your opinion, Make yourselves scabs? [FIRST] CITIZEN We have ever your good word.
143. Flour: emend. tardo; in F Flowre = “fiore”. 2320
155
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
MENENIO
“E anche se collettivamente non potete vedere quello che faccio arrivare a ciascuno di voi, posso dimostrarvi, conti alla mano, che tutti voi ricevete da me il fiore della farina e mi lasciate solo la crusca.” Che ve ne pare? [PRIMO] CITTADINO
È una risposta. E come si applica al nostro caso? MENENIO
I senatori di Roma sono questo munifico ventre, voi le membra in rivolta. Esaminate i loro solleciti provvedimenti, digerite bene la materia che concerne l’interesse comune e scoprirete che dei pubblici benefici che ricevete non ce n’è uno che vi derivi da voi stessi: tutti discendono da loro a voi. E allora? che cosa ne pensi tu che sei il ditone del piede di questo consesso? [PRIMO] CITTADINO
Io il ditone? E perché mai? MENENIO
Perché essendo uno dei più bassi, terra terra, poveri elementi di questa geniale ribellione ti butti davanti a tutti. Tu, cialtrone, che hai meno fiato per correre, ti metti in prima fila se c’è un profitto in vista. Ma preparate pure mazze e bastoni nodosi. Roma va allo scontro con i suoi ratti e una delle due fazioni finirà male. Entra Marzio Salute a te, nobile Marzio! MARZIO
Grazie. Che succede, cialtroni in rivolta, che a furia di grattare la rogna delle vostre ridicole opinioni vi siete trasformati in pustole 22? [PRIMO] CITTADINO
Certo che hai sempre una parola buona per noi.
2321
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
MARTIUS
He that will give good words to thee will flatter Beneath abhorring. What would you have, you curs That like nor peace nor war? The one affrights you, The other makes you proud. He that trusts to you, Where he should find you lions finds you hares, Where foxes, geese. You are no surer, no, Than is the coal of fire upon the ice, Or hailstone in the sun. Your virtue is To make him worthy whose offence subdues him, And curse that justice did it. Who deserves greatness Deserves your hate, and your affections are A sick man’s appetite, who desires most that Which would increase his evil. He that depends Upon your favours swims with fins of lead, And hews down oaks with rushes. Hang ye! Trust ye? With every minute you do change a mind, And call him noble that was now your hate, Him vile that was your garland. What’s the matter, That in these several places of the city You cry against the noble senate, who, Under the gods, keep you in awe, which else Would feed on one another? (To Menenius) What’s their seeking?
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MENENIUS
For corn at their own rates, whereof they say The city is well stored. MARTIUS Hang ’em! They say? They’ll sit by th’ fire and presume to know What’s done i’th’ Capitol, who’s like to rise, Who thrives and who declines; side factions and give out Conjectural marriages, making parties strong And feebling such as stand not in their liking Below their cobbled shoes. They say there’s grain enough! Would the nobility lay aside their ruth And let me use my sword, I’d make a quarry
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
MARZIO
Chi avesse una parola buona per te sarebbe un adulatore indegno persino di disprezzo. Che cosa volete, bestie che non amate né la pace né la guerra? L’una vi spaventa, l’altra vi rende insolenti. Chi si fida di voi si ritrova con delle lepri quando gli servono leoni, delle oche quando avrebbe bisogno di volpi. Non avete maggior tenuta di un tizzone sul ghiaccio23 o di un chicco di grandine al sole. Per voi virtù è inneggiare a chi è punito per le sue colpe e maledire la giustizia che lo condanna. Chi merita la gloria merita il vostro odio e i vostri desideri sono come gli appetiti di un malato che non è mai sazio di ciò che peggiora il suo male. Chi si appoggia a voi nuota con pinne di piombo e cerca di abbattere le querce con dei giunchi. Ma andate alla forca! Fidarsi di voi? Cambiate parere ad ogni istante e chiamate nobile chi fino a un momento fa odiavate e cialtrone quello a cui avevate appena offerto la corona. Perché correte da una parte all’altra della città imprecando contro il nobile senato che, per delega degli dèi, vi tiene in soggezione, impedendovi di sbranarvi a vicenda? (A Menenio) Che cos’è che vogliono? MENENIO
Grano a prezzo agevolato. Secondo loro, la città ne ha in abbondanza. MARZIO
Ma sono da impiccare! Secondo loro? Si siedono intorno al fuoco e pretendono di sapere che cosa succede in Campidoglio, chi potrebbe essere in ascesa, chi è in vetta e chi in declino. Prendono partito, si inventano alleanze politiche e a parole rafforzano le fazioni che prediligono e si mettono sotto le scarpe rattoppate quelle che non amano. Secondo loro c’è abbastanza grano! Se solo i patrizi mettessero da parte la loro compassione e mi lasciassero usare la spada,
2323
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
With thousands of these quartered slaves as high As I could pitch my lance. MENENIUS
Nay, these are all most thoroughly persuaded, For though abundantly they lack discretion, Yet are they passing cowardly. But I beseech you, What says the other troop? MARTIUS They are dissolved. Hang ’em. They said they were an-hungry, sighed forth proverbs – That hunger broke stone walls, that dogs must eat, That meat was made for mouths, that the gods sent not Corn for the rich men only. With these shreds They vented their complainings, which being answered, And a petition granted them – a strange one, To break the heart of generosity And make bold power look pale – they threw their caps As they would hang them on the horns o’th’ moon, Shouting their emulation. MENENIUS What is granted them?
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MARTIUS
Five tribunes to defend their vulgar wisdoms, Of their own choice. One’s Junius Brutus, Sicinius Velutus, and I know not. ‘Sdeath, The rabble should have first unroofed the city Ere so prevailed with me! It will in time Win upon power and throw forth greater themes For insurrection’s arguing. MENENIUS This is strange. MARTIUS (to the Citizens) Go get you home, you fragments. Enter a Messenger hastily MESSENGER Where’s Caius Martius? MARTIUS Here. What’s the matter? MESSENGER
The news is, sir, the Volsces are in arms.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
ne squarterei a migliaia di questi schiavi e ne farei una catasta alta quanto un mio tiro di lancia. MENENIO
Ma no, questi sono già del tutto convinti perché, anche se scarseggiano in discernimento, abbondano in codardia 24. Ma dimmi, l’altra masnada cosa dice? MARZIO
Si sono dileguati. Impiccarli! Dicevano di aver ’na fffame25, borbottavano proverbi – che la fame spacca le pietre, che anche i cani devono mangiare, che la carne è fatta per le bocche, che gli dèi non hanno mandato il grano solo per i ricchi26. Con queste scemenze si purgavano27 delle loro rimostranze. Appena ebbero risposta e fu accolta una loro richiesta – una da non crederci, da spezzare il cuore dei generosi e far impallidire il potere più saldo – buttarono in aria i berretti28 come se volessero appenderli ai corni della luna e si abbandonarono a una gara di grida. MENENIO
Che cosa gli è stato concesso? MARZIO
Cinque tribuni per tutelare il loro senno volgare – e scelti da loro. Ci sono Giunio Bruto, Sicinio Veluto e non so chi altro29. Perdio, la marmaglia avrebbe dovuto scoperchiare tutti gli edifici della città prima di piegare me. Col tempo aumenterà il suo potere e offrirà sempre nuovi argomenti ai sobillatori di professione. MENENIO
Da non crederci. MARZIO (ai cittadini) Andatevene a casa, rimasugli. Entra di corsa un messaggero MESSAGGERO
Dov’è Caio Marzio? MARZIO
Qui. Cosa succede? MESSAGGERO
È giunta notizia che i Volsci sono in armi.
2325
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
MARTIUS
I am glad on’t. Then we shall ha’ means to vent Our musty superfluity.
225
Enter Sicinius, Brutus, Cominius, Lartius, with other Senators See, our best elders. FIRST SENATOR
Martius, ’tis true that you have lately told us. The Volsces are in arms. MARTIUS They have a leader, Tullus Aufidius, that will put you to’t. I sin in envying his nobility, And were I anything but what I am, I would wish me only he. COMINIUS You have fought together!
230
MARTIUS
Were half to half the world by th’ ears and he Upon my party, I’d revolt to make Only my wars with him. He is a lion That I am proud to hunt. FIRST SENATOR Then, worthy Martius, Attend upon Cominius to these wars. COMINIUS (to Martius) It is your former promise. MARTIUS Sir, it is, And I am constant. Titus Lartius, thou Shalt see me once more strike at Tullus’ face. What, art thou stiff? Stand’st out? LARTIUS No, Caius Martius. I’ll lean upon one crutch and fight with th’other Ere stay behind this business. MENENIUS O true bred! [FIRST] SENATOR
Your company to th’ Capitol, where I know Our greatest friends attend us.
2326
235
240
CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
MARZIO
Me ne rallegro. Così ci purgheremo delle nostre scorie ammuffite. Entrano Sicinio, Bruto, Cominio, Larzio e altri senatori Guardate, i nostri padri più nobili. PRIMO SENATORE
Marzio, quello che ci avevi preannunciato si avvera. I Volsci sono in armi. MARZIO
Hanno un capo, Tullo Aufidio30, che vi darà del filo da torcere. Io faccio peccato nell’invidiare la sua nobiltà e se non fossi chi sono non vorrei essere altro che lui. COMINIO
Vi siete già battuti! MARZIO
Se una metà del mondo azzannasse l’altra e lui fosse nella mia metà, io passerei al nemico pur di far guerra solo a lui. È un leone che sono fiero di braccare. PRIMO SENATORE
Allora, nobile Marzio, combatti al seguito di Cominio in questa guerra. COMINIO (a Marzio) Me lo avevi promesso. MARZIO
È vero, signore. E sono costante31. Tito Larzio, mi vedrai di nuovo sferrare colpi in faccia a Tullo. Come? Sei paralitico? Ti chiami fuori? LARZIO
No, Caio Marzio. Mi appoggerò a una stampella e menerò fendenti con l’altra piuttosto che restare nelle retrovie32. MENENIO
Nobile sangue! [PRIMO] SENATORE
Degnatevi di accompagnarci al Campidoglio, dove so che ci attendono i nostri migliori amici.
2327
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 1
LARTIUS (to Cominius)
Lead you on. (To Martius) Follow Cominius. We must follow you, Right worthy your priority. COMINIUS Noble Martius. [FIRST] SENATOR (to the Citizens) Hence to your homes, be gone. MARTIUS Nay, let them follow. The Volsces have much corn. Take these rats thither To gnaw their garners. Citizens steal away Worshipful mutineers, Your valour puts well forth. (To the Senators) Pray follow.
245
250
Exeunt all but Sicinius and Brutus SICINIUS
Was ever man so proud as is this Martius? BRUTUS He has no equal. SICINIUS
When we were chosen tribunes for the people – BRUTUS
Marked you his lip and eyes? SICINIUS
Nay, but his taunts.
255
BRUTUS
Being moved, he will not spare to gird the gods. SICINIUS Bemock the modest moon. BRUTUS
The present wars devour him! He is grown Too proud to be so valiant. SICINIUS Such a nature, Tickled with good success, disdains the shadow Which he treads on at noon. But I do wonder His insolence can brook to be commanded Under Cominius. BRUTUS Fame, at the which he aims – In whom already he’s well graced – cannot Better be held nor more attained than by
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265
CORIOLANO, ATTO I SCENA 1
LARZIO (a Cominio)
Tu in testa a tutti. (A Marzio) Tu segui Cominio. E noi seguiremo te, ben degno della precedenza. COMINIO
Nobile Marzio. [PRIMO] SENATORE (ai cittadini)
Via, a casa. Andatevene. MARZIO
Ma no, che ci seguano pure. I Volsci hanno molto grano. Porta là questi ratti e si rosicchieranno i loro granai. (I cittadini se ne vanno quatti quatti) Venerabili rivoltosi, il vostro coraggio promette bene. (Ai senatori) Degnatevi di seguirmi. Escono tutti tranne Sicinio e Bruto SICINIO
È mai esistito un uomo superbo quanto questo Marzio? BRUTO
È unico. SICINIO
Quando ci hanno scelti come tribuni del popolo... BRUTO
Hai notato come atteggiava le labbra e gli occhi? SICINIO
E le sue battute, allora? BRUTO
Se provocato, è capace di strapazzare gli dèi. SICINIO
E farsi beffe della casta luna. BRUTO
Che questa guerra se lo porti! Il suo valore l’ha insuperbito troppo. SICINIO
Un carattere come il suo, stuzzicato dal successo, disprezza il mondo intero come l’ombra che calpesta a mezzogiorno. Mi domando se la sua arroganza si lascerà comandare da Cominio. BRUTO
La gloria a cui aspira – e che già lo predilige – non può essere mantenuta o accresciuta meglio che nel ruolo di comandante in 2329
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 2
A place below the first; for what miscarries Shall be the general’s fault, though he perform To th’ utmost of a man, and giddy censure Will then cry out of Martius ‘O, if he Had borne the business!’ SICINIUS Besides, if things go well, Opinion, that so sticks on Martius, shall Of his demerits rob Cominius. BRUTUS Come, Half all Cominius’ honours are to Martius, Though Martius earned them not; and all his faults To Martius shall be honours, though indeed In aught he merit not. SICINIUS Let’s hence and hear How the dispatch is made, and in what fashion, More than his singularity, he goes Upon this present action. BRUTUS Let’s along. Exeunt 1.2
271
275
Enter Aufidius, with Senators of Corioles
FIRST SENATOR
So, your opinion is, Aufidius, That they of Rome are entered in our counsels And know how we proceed. AUFIDIUS Is it not yours? What ever have been thought on in this state That could be brought to bodily act ere Rome Had circumvention? ’Tis not four days gone Since I heard thence. These are the words. I think I have the letter here – yes, here it is.
5
[He reads the letter] ‘They have pressed a power, but it is not known Whether for east or west. The dearth is great, The people mutinous, and it is rumoured Cominius, Martius your old enemy, Who is of Rome worse hated than of you, And Titus Lartius, a most valiant Roman, 2330
10
CORIOLANO, ATTO I SCENA 2
seconda; tutto quello che va storto sarà responsabilità del generale, anche se si spende fino ai limiti dell’umano, e gli sciocchi criticoni invocheranno Marzio: “Oh se fosse stato lui al comando!” SICINIO
E se invece va tutto bene, la fama che già stravede per Marzio, scipperà a Cominio i suoi meriti. BRUTO
Via, metà degli onori di Cominio vanno a Marzio, anche se Marzio non se li è guadagnati e tutti i suoi errori si trasformeranno in onori per Marzio, senza alcun merito da parte sua. SICINIO
Andiamo a sentire come è organizzata la spedizione e come intende agire, presunzione a parte. BRUTO
Dai, andiamo. Escono I, 2
Entra Aufidio con dei senatori di Corioli
33
PRIMO SENATORE
Quindi secondo te, Aufidio, i Romani hanno spie34 nei nostri consigli e conoscono le nostre intenzioni? AUFIDIO35
Non sei d’accordo? Quando mai nel nostro stato abbiamo progettato qualcosa che siamo riusciti a tradurre in azione prima che Roma ne avesse sentore? Non sono passati quattro giorni da quando ho ricevuto dispacci da là. Queste sono le parole esatte. Credo di avere con me la lettera – sì, eccola. [Legge la lettera] “Hanno costretto ad arruolarsi un intero esercito36, ma non si sa se muoverà verso est o verso ovest. La carestia è dura, il popolo in subbuglio e corre voce che Cominio, Marzio – il tuo antico nemico, in odio ai Romani più che a te – e Tito Larzio, un romano di grande
2331
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 2
These three lead on this preparation Whither ’tis bent. Most likely ’tis for you. Consider of it.’ FIRST SENATOR Our army’s in the field. We never yet made doubt but Rome was ready To answer us. AUFIDIUS Nor did you think it folly To keep your great pretences veiled till when They needs must show themselves, which in the hatching, It seemed, appeared to Rome. By the discovery We shall be shortened in our aim, which was To take in many towns ere, almost, Rome Should know we were afoot. SECOND SENATOR Noble Aufidius, Take your commission, hie you to your bands. Let us alone to guard Corioles. If they set down before’s, for the remove Bring up your army, but I think you’ll find They’ve not prepared for us. AUFIDIUS O, doubt not that. I speak from certainties. Nay, more, Some parcels of their power are forth already, And only hitherward. I leave your honours. If we and Caius Martius chance to meet, ’Tis sworn between us we shall ever strike Till one can do no more. ALL THE SENATORS The gods assist you!
15
20
25
30
35
AUFIDIUS
And keep your honours safe. FIRST SENATOR Farewell. SECOND SENATOR Farewell. ALL
Farewell. Exeunt, [Aufidius at one door, Senators at another door]
2332
CORIOLANO, ATTO I SCENA 2
valore, tutti e tre comandano la spedizione, qualunque sia il suo obiettivo. Molto probabilmente, sei tu. Tienine conto.” PRIMO SENATORE
Abbiamo messo in campo un esercito. Non avevamo dubbi sulla pronta reazione di Roma. AUFIDIO
E non vi è parso sciocco covare in segreto i vostri ambiziosi progetti fino a quando non si sono schiusi, mentre, a quanto pare, Roma li conosceva già nell’uovo. Questa fuga di notizie ci costringerà a ridimensionare il nostro obiettivo, che era di occupare quante più città possibile prima ancora, quasi, che Roma si accorgesse che eravamo in movimento. SECONDO SENATORE
Nobile Aufidio, accetta il comando e vai a raggiungere le tue truppe. Affida a noi la difesa di Corioli. Se si accampano davanti alle mura, riconduci qui l’esercito per spezzare l’assedio, ma credo che ti accorgerai che non sono pronti per le nostre mosse. AUFIDIO
Non farti illusioni. So di cosa parlo. Ti dirò di più: alcune avanguardie del loro esercito sono già in marcia e sono dirette proprio qui. Prendo congedo dalle vostre signorie. Se mai io e Caio Marzio dovessimo rincontraci, c’è un patto tra noi: ci batteremo fino all’ultimo respiro. TUTTI I SENATORI
Che gli dèi ti assistano! AUFIDIO
E proteggano le vostre signorie! PRIMO SENATORE
Addio! SECONDO SENATORE
Addio! TUTTI
Addio! Escono [Aufidio da una porta, i senatori da un’altra]
2333
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 3
1.3
Enter Volumnia and Virgilia, mother and wife to Martius. They set them down on two low stools and sew
VOLUMNIA I pray you, daughter, sing, or express yourself
in a more comfortable sort. If my son were my husband, I should freelier rejoice in that absence wherein he won honour than in the embracements of his bed where he would show most love. When yet he was but tender-bodied and the only son of my womb, when youth with comeliness plucked all gaze his way, when for a day of kings’ entreaties a mother should not sell him an hour from her beholding, I, considering how honour would become such a person – that it was no better than, picture-like, to hang by th’ wall if renown made it not stir – was pleased to let him seek danger where he was like to find fame. To a cruel war I sent him, from whence he returned his brows bound with oak. I tell thee, daughter, I sprang not more in joy at first hearing he was a man-child than now in first seeing he had proved himself a man. VIRGILIA But had he died in the business, madam, how then? VOLUMNIA Then his good report should have been my son. I therein would have found issue. Hear me profess sincerely: had I a dozen sons, each in my love alike, and none less dear than thine and my good Martius’, I had rather had eleven die nobly for their country than one voluptuously surfeit out of action.
17
25
Enter a Gentlewoman GENTLEWOMAN Madam, the Lady Valeria is come to visit
you. VIRGILIA (to Volumnia) Beseech you give me leave to retire
myself. VOLUMNIA Indeed you shall not.
Methinks I hear hither your husband’s drum, See him pluck Aufidius down by th’ hair; 2334
30
CORIOLANO, ATTO I SCENA 3
Entrano Volumnia e Virgilia, madre e moglie di Marzio. Si accomodano su due bassi sgabelli e cominciano a cucire37
I, 3
VOLUMNIA
Per favore, figlia mia, canta o esprimiti in modo un po’ più allegro. Se mio figlio fosse il mio sposo38, troverei più motivi di gioia in quell’assenza che gli permette di conquistarsi onori che negli amplessi del letto in cui potrebbe dar prova della più ardente passione. Quando era ancora un bimbetto e il solo figlio del mio ventre, quando, leggiadro adolescente, calamitava su di sé gli sguardi di tutti, quando neanche se un re l’avesse pregata per un giorno intero una madre avrebbe accettato di perderlo di vista cedendoglielo per un’ora, io, ben consapevole di quanto l’onore si addicesse a una tale persona – che sarebbe stata solo un bel quadro appeso al muro se la gloria non le avesse dato vita – fui ben lieta di lasciargli cercare il pericolo là dove poteva trovare la fama. A una guerra crudele lo mandai e mi ritornò cinto di foglie di quercia39. Credimi, figlia mia: non provai un maggior sussulto di gioia quando mi fu detto che avevo partorito un ometto di quando vidi per la prima volta che si era comportato da uomo. VIRGILIA
E se fosse morto nell’impresa, signora? Allora? VOLUMNIA
Allora la sua buona reputazione sarebbe stata mio figlio. In lei avrei trovato la mia discendenza. Ascolta, ti dico la verità: se avessi una dozzina di figli, tutti a me ugualmente cari e nessuno meno caro del tuo e mio buon Marzio, preferirei che undici morissero eroicamente per la patria piuttosto che uno si imboscasse per sfiancarsi nei piaceri. Entra una dama di compagnia DAMA
Signora, la nobile Valeria40 è venuta in visita. VIRGILIA (a Volumnia) Vi41 prego, consentitemi di ritirarmi. VOLUMNIA
Assolutamente no. Mi par di sentire avvicinarsi il tamburo di tuo marito, di vederlo piegare Aufidio e trascinarlo per i capelli, men2335
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 3
As children from a bear, the Volsces shunning him. Methinks I see him stamp thus, and call thus: ‘Come on, you cowards, you were got in fear Though you were born in Rome!’ His bloody brow With his mailed hand then wiping, forth he goes, Like to a harvest-man that’s tasked to mow Or all or lose his hire.
35
VIRGILIA
His bloody brow? O Jupiter, no blood!
40
VOLUMNIA
Away, you fool! It more becomes a man Than gilt his trophy. The breasts of Hecuba When she did suckle Hector looked not lovelier Than Hector’s forehead when it spit forth blood At Grecian sword, contemning. (To the Gentlewoman) Tell Valeria We are fit to bid her welcome. Exit Gentlewoman
45
VIRGILIA
Heavens bless my lord from fell Aufidius! VOLUMNIA
He’ll beat Aufidius’ head below his knee And tread upon his neck. Enter Valeria, with an usher and the Gentlewoman VALERIA My ladies both, good day to you. VOLUMNIA Sweet madam.
50
VIRGILIA I am glad to see your ladyship. VALERIA How
do you both? You are manifest housekeepers. What are you sewing here? A fine spot, in good faith. How does your little son?
VIRGILIA
I thank your ladyship; well, good madam. VOLUMNIA He had rather see the swords and hear a drum
than look upon his schoolmaster.
2336
55
CORIOLANO, ATTO I SCENA 3
tre i Volsci si ritraggono da lui come bambini davanti a un orso. Lo vedo battere il piede così, e gridare così: “Forza, codardi! Siete stati concepiti nella paura, anche se siete nati a Roma!” Poi, tergendosi il sangue dalla fronte con il guanto di ferro, eccolo che avanza, come un mietitore che deve falciare tutto il campo o perdere la sua paga42. VIRGILIA
Sangue sulla fronte? No, Giove, il sangue no. VOLUMNIA
Zitta, sciocchina. Si addice a un uomo più dell’oro al monumento che gli innalzeranno. I seni di Ecuba quando allattava il suo Ettore non erano più seducenti della fronte di Ettore che sputava sangue sulle spade dei greci in segno di disprezzo. (Alla dama) Di’ a Valeria che siamo pronte a darle il benvenuto. Esce la dama VIRGILIA
Gli dèi proteggano il mio signore da quel selvaggio di Aufidio. VOLUMNIA
Forzerà la testa di Aufidio sotto le sue ginocchia e gli metterà un piede sul collo. Entrano Valeria, preceduta da un valletto, e la dama VALERIA
Signore mie, buongiorno a voi. VOLUMNIA
Carissima! VIRGILIA
Sono lieta di vedere vostra signoria. VALERIA
Come va? Siete proprio due casalinghe. Che cosa stai cucendo? Davvero un bel ricamo. E il tuo bambino 43 come sta? VIRGILIA
Ringrazio vostra signoria. Bene, gentile signora. VOLUMNIA
Preferisce la vista delle spade e il suono del tamburo alle lezioni del precettore.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 3
VALERIA O’ my word, the father’s son! I’ll swear ’tis a
very pretty boy. O’ my troth, I looked upon him o’ Wednesday half an hour together. He’s such a confirmed countenance! I saw him run after a gilded butterfly, and when he caught it he let it go again, and after it again, and over and over he comes, and up again, catched it again. Or whether his fall enraged him, or how ’twas, he did so set his teeth and tear it! O, I warrant, how he mammocked it! VOLUMNIA One on’s father’s moods. VALERIA Indeed, la, ’tis a noble child. VIRGILIA A crack, madam. VALERIA Come, lay aside your stitchery. I must have you play the idle housewife with me this afternoon. VIRGILIA No, good madam, I will not out of doors. VALERIA Not out of doors? VOLUMNIA She shall, she shall. VIRGILIA Indeed, no, by your patience. I’ll not over the threshold till my lord return from the wars. VALERIA Fie, you confine yourself most unreasonably. Come, you must go visit the good lady that lies in. VIRGILIA I will wish her speedy strength, and visit her with my prayers, but I cannot go thither. VOLUMNIA Why, I pray you? VIRGILIA ’Tis not to save labour, nor that I want love.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 3
VALERIA
Parola mia, è proprio figlio di suo padre! È davvero un bel bambino. Confesso che mi sono incantata a guardarlo per più di mezzora mercoledì scorso. Ha un portamento così fiero! L’ho visto correre dietro a una farfalla dorata, acchiapparla, lasciarla andare, e via a inseguirla di nuovo, un ruzzolone, si tira su e la riacchiappa. Non so se è stata la caduta a infuriarlo o che altro. Comunque, se la mette tra i denti così e la fa a brandelli. Vi assicuro che l’ha ridotta in poltiglia. VOLUMNIA
Uno sbalzo d’umore tipico di suo padre. VALERIA
Ohilà, è proprio di nobile stirpe. VIRGILIA
Un vero terremoto. VALERIA
Su, smettila di agucchiare. Voglio che tu faccia la casalinga oziosa insieme a me questo pomeriggio. VIRGILIA
No, signora. Non voglio uscire. VALERIA
Non vuoi? VOLUMNIA
Uscirà, uscirà. VIRGILIA
No davvero, se non vi dispiace. Non varcherò la soglia di casa finché mio marito non tornerà dalla guerra. VALERIA
Ma dai, ti chiudi in carcere senza alcun motivo. Forza, c’è da far visita a quella cara dama che sta per partorire. VIRGILIA
Le auguro di rimettersi in fretta e le farò visita con le mie preghiere, ma non posso andare da lei di persona. VOLUMNIA
Si può sapere perché? VIRGILIA
Non è per pigrizia né per poco affetto. 2339
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 3
VALERIA You would be another Penelope. Yet they say
all the yarn she spun in Ulysses’ absence did but fill Ithaca full of moths. Come, I would your cambric were sensible as your finger, that you might leave pricking it for pity. Come, you shall go with us. VIRGILIA No, good madam, pardon me, indeed I will not forth. VALERIA In truth, la, go with me, and I’ll tell you excellent news of your husband. VIRGILIA O, good madam, there can be none yet. VALERIA Verily, I do not jest with you: there came news from him last night. VIRGILIA Indeed, madam? VALERIA In earnest, it’s true. I heard a senator speak it. Thus it is: the Volsces have an army forth, against whom Cominius the general is gone with one part of our Roman power. Your lord and Titus Lartius are set down before their city Corioles. They nothing doubt prevailing, and to make it brief wars. This is true, on mine honour; and so, I pray, go with us. VIRGILIA Give me excuse, good madam, I will obey you in everything hereafter. VOLUMNIA (to Valeria) Let her alone, lady. As she is now she will but disease our better mirth. VALERIA In truth, I think she would. Fare you well, then. Come, good sweet lady. Prithee, Virgilia, turn thy solemness out o’ door and go along with us. VIRGILIA No, at a word, madam. Indeed, I must not. I wish you much mirth.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 3
VALERIA
Ti atteggi a novella Penelope. Eppure dicono che tutta la lana che filò mentre Ulisse era lontano servì solo a riempire Itaca di parassiti44. Andiamo, vorrei che la tua tela di lino sentisse il dolore come le tue dita, così ne avresti compassione e smetteresti di pungerla. Forza, tu verrai con noi. VIRGILIA
No, mia buona signora, perdonatemi, non mi muoverò. VALERIA
Ohilà, prometto che se vieni con me ti darò ottime nuove di tuo marito. VIRGILIA
Oh, mia buona signora, non possono esserci già notizie. VALERIA
Davvero, non ti sto prendendo in giro. Sono arrivate notizie ieri sera. VIRGILIA
Davvero, signora? VALERIA
Ma se ti dico di sì! L’ho sentito da un senatore. Ecco come stanno le cose: i Volsci hanno in campo un esercito contro il quale Cominio muove con una parte delle forze romane. Il tuo signore e Tito Larzio sono accampati davanti alla città di Corioli. Sono sicuri di vincere e spicciare in fretta la guerra. Tutto vero, sul mio onore; quindi, per favore, vieni con noi. VIRGILIA
Vi prego di scusarmi, gentile signora, in futuro vi obbedirò in tutto. VOLUMNIA (a Valeria) Meglio lasciarla stare, signora. Così immusonita ci rovinerebbe tutto il divertimento. VALERIA
Credo proprio che sia vero. Addio, allora. Andiamo, carissima. Virgilia, spazza via il tuo umor nero e vieni con noi. VIRGILIA
Per l’ultima volta, no, signora. Non mi è proprio possibile. Vi auguro il miglior divertimento. 2341
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 4
VALERIA Well then, farewell.
Exeunt [Valeria, Volumnia, and usher at one door, Virgllia and Gentlewoman at another door] 1.4
Enter Martius, Lartius with a drummer, [a trumpeter,] and colours, with captains and Soldiers [carrying scaling ladders], as before the city Corioles; to them a Messenger
MARTIUS
Yonder comes news. A wager they have met. LARTIUS
My horse to yours, no. MARTIUS LARTIUS
’Tis done. Agreed.
MARTIUS (to the Messenger)
Say, has our general met the enemy? MESSENGER
They lie in view, but have not spoke as yet. LARTIUS
So, the good horse is mine. MARTIUS
I’ll buy him of you.
5
LARTIUS
No, I’ll nor sell nor give him. Lend you him I will, For half a hundred years. (To the trumpeter) Summon the town. MARTIUS (to the Messenger) How far off lie these armies? MESSENGER Within this mile and half. MARTIUS
Then shall we hear their ’larum, and they ours. Now Mars, I prithee, make us quick in work, That we with smoking swords may march from hence To help our fielded friends.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 4
VALERIA
Addio, allora. Escono [Valeria, Volumnia e il valletto da una porta, Virgilia e la dama dall’altra] I, 4
Entrano Marzio, Larzio con un tamburino, [un trombettiere] e le insegne, con capitani e soldati [che portano scale da appoggiare alle mura], come se fossero davanti alla città di Corioli; un messaggero va verso di loro45
MARZIO
Arrivano notizie. Scommetto che si sono già scontrati. LARZIO
Il mio cavallo contro il tuo: non ancora. MARZIO
Buona. LARZIO
D’accordo. MARZIO (al messaggero)
Di’, il nostro generale si è scontrato col nemico? MESSAGGERO
Si fronteggiano, ma non si sono ancora battuti46. LARZIO
Quindi, quel bel destriero è mio. MARZIO
Me lo rivendi? LARZIO
No, non te lo vendo né te lo regalo. Al massimo posso prestartelo, per un mezzo secolo. (Al trombettiere) Chiama a parlamento la città. MARZIO (al messaggero) A che distanza sono questi eserciti? MESSAGGERO
A meno di un miglio e mezzo. MARZIO
Quindi noi sentiremo i loro segnali di battaglia e loro i nostri. Ora ti prego, Marte, facci concludere in fretta, che con le spade ancora fumanti possiamo muovere in soccorso dei nostri amici sul campo. 2343
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 4
(To the trumpeter)
Come, blow thy blast.
They sound a parley. Enter two Senators, with others, on the walls of Corioles (To the Senators) Tullus Aufidius, is he within your walls? FIRST SENATOR
No, nor a man that fears you less than he: That’s lesser than a little. Drum afar off [To the Volscians] Hark, our drums Are bringing forth our youth. We’ll break our walls Rather than they shall pound us up. Our gates, Which yet seem shut, we have but pinned with rushes. They’ll open of themselves.
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Alarum far off (To the Romans) Hark you, far off There is Aufidius. List what work he makes Amongst your cloven army.
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[Exeunt Volscians from the walls] MARTIUS
O, they are at it!
LARTIUS
Their noise be our instruction. Ladders, ho! [They prepare to assault the walls.] Enter the army of the Volsces from the gates MARTIUS
They fear us not, but issue forth their city. Now put your shields before your hearts, and fight With hearts more proof than shields. Advance, brave Titus. They do disdain us much beyond our thoughts, Which makes me sweat with wrath. Come on, my fellows. He that retires, I’ll take him for a Volsce, And he shall feel mine edge.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 4
(Al trombettiere) Forza, fa’ sentire la tua voce potente. Squillo di trombe a parlamento. Entrano due senatori, con seguito, sugli spalti di Corioli47 (Ai senatori) Tullo Aufidio è dentro alle mura? PRIMO SENATORE
Né lui né alcuno che ti tema più di lui, cioè più di niente. Rulli di tamburi in lontananza (Ai Volsci) Sentite? I tamburi chiamano a raccolta la nostra gioventù. Sfonderemo48 le mura piuttosto che lasciarci intrappolare come animali. Le nostre porte, che sembrano sprangate, sono fermate con giunchi. Si apriranno da sole. Segnale di carica in lontananza (Ai Romani) Sentite? Laggiù c’è Aufidio. Sentite come si dà da fare fra le vostre truppe smembrate. [I Volsci abbandonano gli spalti] MARZIO
Oh sì, la battaglia è incominciata. LARZIO
I loro suoni di guerra ci siano d’esempio. Forza con quelle scale! [Si preparano a dar l’assalto alle mura.] Dalle porte entrano le schiere dei Volsci MARZIO
Non ci temono! Fanno una sortita! Ora levate gli scudi innanzi ai vostri cuori, e combattete con cuori più temprati degli scudi. Avanti, valoroso Tito. Chi immaginava che ci disprezzassero tanto? Trasudo rabbia. Avanti, ragazzi. Chi arretra, lo prendo per un Volsco e gli faccio assaggiare la mia spada.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 5
Alarum. The Romans are beat back [and exeunt] to their trenches, [the Volsces following] 1.5
Enter [Roman Soldiers, in retreat, followed by] Martius, cursing
MARTIUS
All the contagion of the south light on you, You shames of Rome! You herd of – boils and plagues Plaster you o’er, that you may be abhorred Farther than seen, and one infect another Against the wind a mile! You souls of geese That bear the shapes of men, how have you run From slaves that apes would beat! Pluto and hell: All hurt behind! Backs red, and faces pale With flight and agued fear! Mend and charge home, Or by the fires of heaven I’ll leave the foe And make my wars on you. Look to’t. Come on. If you’ll stand fast, we’ll beat them to their wives, As they us to our trenches. Follow.
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[The Romans come forward towards the walls.] Another alarum, and [enter the army of the Volsces.] Martius beats them back [through] the gates So, now the gates are ope. Now prove good seconds. ’Tis for the followers fortune widens them, Not for the fliers. Mark me, and do the like. He enters the gates FIRST SOLDIER
Foolhardiness! Not I. Nor I.
SECOND SOLDIER
Alarum continues. The gates close, and Martius is shut in FIRST SOLDIER
See, they have shut him in. [THIRD SOLDIER] To th’ pot, I warrant him. Enter Lartius
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 5
Segnale di carica. I Romani sono respinti [e escono] in direzione delle loro trincee, [inseguiti dai Volsci]49 I, 5
Entrano [soldati romani in fuga, seguiti da] Marzio che li copre di insulti50
MARZIO
Che tutte le pestilenze del sud 51 vi piombino addosso, siete la disgrazia di Roma! Branco di... Che possiate ricoprirvi di pustole e piaghe, da far schifo prima ancora di vedervi, e che possiate impestarvi a vicenda a un miglio di distanza, anche controvento. Anime di oche dall’apparenza umana, come avete potuto scappare davanti a schiavi che delle scimmie potrebbero sconfiggere! Per Plutone e il suo inferno: tutti feriti alle spalle! Arrossato il didietro e la faccia smorta per la fuga e la paura quartana! Rimediate e caricateli, o per i fuochi celesti, lascerò perdere il nemico e farò guerra a voi. Forza, avanti. Se tenete botta, li rispediremo fra le braccia delle loro mogli, come loro ci hanno rispedito nelle trincee. Seguitemi. [I Romani avanzano verso le mura.] Altro segnale di carica e [entra l’esercito dei Volsci.] Marzio li respinge [fin dentro alle] porte Ecco, adesso le porte sono aperte. Dimostratevi buoni secondi. La fortuna le spalanca a chi insegue, non a chi scappa. Guardatemi e fate come me. Entra dalle porte PRIMO SOLDATO
È pazzo! Io no. SECONDO SOLDATO
Neanch’io. Continuano i segnali di carica. Le porte si chiudono e Marzio resta intrappolato52 PRIMO SOLDATO
Vedete, l’hanno chiuso dentro. [TERZO SOLDATO]
È già fritto, non ho dubbi. Entra Larzio
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 6
LARTIUS
What is become of Martius? Slain, sir, doubtless.
[FOURTH SOLDIER] FIRST SOLDIER
Following the fliers at the very heels, With them he enters, who upon the sudden Clapped-to their gates. He is himself alone To answer all the city. LARTIUS O noble fellow, Who sensibly outdares his senseless sword And, when it bows, stand’st up! Thou art lost, Martius. A carbuncle entire, as big as thou art, Were not so rich a jewel. Thou wast a soldier Even to Cato’s wish, not fierce and terrible Only in strokes, but with thy grim looks and The thunder-like percussion of thy sounds Thou mad’st thine enemies shake as if the world Were feverous and did tremble. Enter Martius, bleeding, assaulted by the enemy Look, sir. O, ’tis Martius! Let’s fetch him off, or make remain alike.
FIRST SOLDIER LARTIUS
They fight, and all exeunt into the city 1.6
Enter certain Romans with spoils
FIRST ROMAN This will I carry to Rome. SECOND ROMAN And I this. THIRD ROMAN A murrain on’t, I took this for silver.
[He throws it away.] Alarum continues still afar off. Enter Martius, bleeding, and Lartius with a trumpeter. Exeunt Romans with spoils
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 6
LARZIO
Che ne è stato di Marzio? [QUARTO SOLDATO]
Caduto, signore, di sicuro. PRIMO SOLDATO
È proprio alle calcagna dei fuggiaschi, entra con loro, e quelli di colpo sbattono chiuse le porte. E lui resta solo a vedersela contro tutta la città. LARZIO
O valoroso, che, pur sensibile ai colpi, osi più della tua spada insensibile e quando persino lei si piega resti tutto d’un pezzo. Sei perduto, Marzio. Un rubino perfetto, grande quanto te, non sarebbe un gioiello altrettanto prezioso. Eri il soldato ideale vagheggiato da Catone53, non solo feroce e spietato quando andavi all’assalto, ma capace di far vacillare i nemici con la tua espressione corrusca e con il rombo di tuono della tua voce, come se il mondo intero tremasse di febbre. Entra Marzio che butta sangue e ha i nemici addosso PRIMO SOLDATO
Guardate, signore. LARZIO
È Marzio! Andiamo a riprendercelo o a morire con lui. Si battono e escono tutti attraverso le porte della città I, 6
Entrano alcuni Romani con del bottino54
PRIMO ROMANO
Questo me lo porto a Roma. SECONDO ROMANO
E io questo. TERZO ROMANO
Che gli venga un canchero! Questo l’avevo preso per argento. [Lo getta via.] Continuano i segnali di carica. Entrano Marzio, sanguinante, e Larzio con un trombettiere. Escono i Romani con il bottino
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 6
MARTIUS
See here these movers that do prize their honours At a cracked drachma! Cushions, leaden spoons, Irons of a doit, doublets that hangmen would Bury with those that wore them, these base slaves, Ere yet the fight be done, pack up. Down with them! And hark what noise the general makes. To him. There is the man of my soul’s hate, Aufidius, Piercing our Romans. Then, valiant Titus, take Convenient numbers to make good the city, Whilst I, with those that have the spirit, will haste To help Cominius. LARTIUS Worthy sir, thou bleed’st. Thy exercise hath been too violent For a second course of fight. MARTIUS Sir, praise me not. My work hath yet not warmed me. Fare you well. The blood I drop is rather physical Than dangerous to me. To Aufidius thus I will appear and fight. LARTIUS Now the fair goddess fortune Fall deep in love with thee, and her great charms Misguide thy opposers’ swords! Bold gentleman, Prosperity be thy page. MARTIUS Thy friend no less Than those she placeth highest. So farewell. LARTIUS Thou worthiest Martius! Exit Martius Go sound thy trumpet in the market-place. Call thither all the officers o’th’ town, Where they shall know our mind. Away. Exeunt [severally]
4. Honours: emend. tardo; in F hours = “ore”. 2350
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 6
MARZIO
Ma guardale queste creature che stimano le loro ore di servizio una dracma bucata. Cuscini, cucchiai di stagno, ferri vecchi 55, panciotti che il boia seppellirebbe con chi li indossa, questi schiavi senza onore prima ancora che la battaglia sia finita hanno già stipato di tutto. Che vadano al diavolo! Senti che fragore intorno al nostro generale. Corriamo da lui. L’uomo che odio con tutta l’anima, Aufidio, è là a infilzar Romani. E dunque, valoroso Tito, prenditi truppe sufficienti per controllare la città, mentre io, con quelli che ne hanno il coraggio, mi precipito in aiuto di Cominio. LARZIO
Nobile signore, perdi sangue. Hai speso troppe forze per affrontare un secondo scontro. MARZIO
Niente lodi, signore. Quello che ho fatto finora non mi ha neanche riscaldato i muscoli. Addio. Il sangue che perdo è tutta salute, non un pericolo per me. Così apparirò ad Aufidio e mi batterò con lui. LARZIO
Che la bella dea Fortuna si innamori pazzamente di te e usi il suo fascino per confondere le spade dei tuoi nemici. Nobile audace, che il successo sia il tuo paggio. MARZIO
E che arrida anche a te, non meno che ai prediletti della Fortuna. E dunque, addio. LARZIO
Nobilissimo Marzio! Esce Marzio Va’ a suonare la tua tromba sulla piazza del mercato. Raduna lì tutti i notabili della città per apprendere le nostre intenzioni. Andiamo. Escono [da porte diverse]
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 7
1.7
Enter Cominius, as it were in retire, with soldiers
COMINIUS
Breathe you, my friends. Well fought. We are come off Like Romans, neither foolish in our stands Nor cowardly in retire. Believe me, sirs, We shall be charged again. Whiles we have struck, By interims and conveying gusts we have heard The charges of our friends. The Roman gods Lead their successes as we wish our own, That both our powers, with smiling fronts encount’ring, May give you thankful sacrifice!
5
Enter a Messenger Thy news? MESSENGER
The citizens of Corioles have issued, And given to Lartius and to Martius battle. I saw our party to their trenches driven, And then I came away. COMINIUS Though thou speak’st truth, Methinks thou speak’st not well. How long is’t since? MESSENGER Above an hour, my lord.
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COMINIUS
’Tis not a mile; briefly we heard their drums. How couldst thou in a mile confound an hour, And bring thy news so late? MESSENGER Spies of the Volsces Held me in chase, that I was forced to wheel Three or four miles about; else had I, sir, Half an hour since brought my report. Enter Martius, bloody COMINIUS Who’s yonder,
That does appear as he were flayed? O gods! He has the stamp of Martius, and I have Before-time seen him thus.
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[Exit]
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 7
I, 7
Entra Cominio, come se si stesse ritirando, con dei soldati56
COMINIO
Riprendete fiato, amici miei. Vi siete battuti bene. Ne siamo venuti a capo da Romani, senza resistenze insensate o ritirate codarde57. Credetemi, signori, ci assaliranno di nuovo. Mentre ci battevamo, a tratti folate di vento ci hanno portato il suono delle cariche dei nostri amici. Che gli dèi di Roma diano loro lo stesso successo che speriamo per noi, così che le due ali del nostro esercito, incontrandosi con fronti 58 spianate al sorriso, possano offrire sacrifici di ringraziamento. Entra un messaggero Che notizie porti? MESSAGGERO
I cittadini di Corioli hanno fatto una sortita e attaccato Larzio e Marzio. Ho visto i nostri ricacciati fin dentro alle trincee, poi sono venuto via. COMINIO
Anche se racconti la verità non la racconti tutta. Quanto tempo è passato? MESSAGGERO
Più di un’ora, signore. COMINIO
La distanza è meno di un miglio; da poco abbiamo sentito i tamburi. Come hai fatto a dissolvere un’ora in un miglio e ad arrivare così tardi con la notizia? MESSAGGERO
Avevo le spie dei Volsci alle calcagna e ho dovuto macinarne tre o quattro di miglia; altrimenti vi avrei fatto rapporto mezzora fa, signore. [Esce] Entra Marzio, coperto di sangue COMINIO
Chi è quell’uomo laggiù che sembra l’abbiano scuoiato? Oh dèi! Ha il portamento di Marzio e l’ ho già visto altre volte in questo stato. 2353
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 7
MARTIUS
Come I too late?
COMINIUS
The shepherd knows not thunder from a tabor More than I know the sound of Martius’ tongue From every meaner man. MARTIUS Come I too late?
25
COMINIUS
Ay, if you come not in the blood of others, But mantled in your own. MARTIUS O, let me clip ye In arms as sound as when I wooed, in heart As merry as when our nuptial day was done, And tapers burnt to bedward!
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[They embrace] COMINIUS
Flower of warriors! How is’t with Titus Lartius? MARTIUS
As with a man busied about decrees, Condemning some to death and some to exile, Ransoming him or pitying, threat’ning th’other; Holding Corioles in the name of Rome Even like a fawning greyhound in the leash, To let him slip at will. COMINIUS Where is that slave Which told me they had beat you to your trenches? Where is he? Call him hither. MARTIUS Let him alone. He did inform the truth. But for our gentlemen, The common file – a plague – tribunes for them? – The mouse ne’er shunned the cat as they did budge From rascals worse than they. COMINIUS But how prevailed you?
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MARTIUS
Will the time serve to tell? I do not think. Where is the enemy? Are you lords o’th’ field? If not, why cease you till you are so? 2354
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 7
MARZIO
Arrivo troppo tardi? COMINIO
Il pastore non distingue il tuono da un tamburello meglio di quanto io distingua la voce di Marzio da quella di tutti i suoi inferiori. MARZIO
Arrivo troppo tardi? COMINIO
Sì, se arrivi avvolto in un mantello di sangue non di altri ma tuo. MARZIO
Oh, lascia che ti stringa fra le braccia come quando corteggiavo la mia fidanzata, con il cuore colmo della stessa gioia di quando, la sera delle nozze, le torce ci illuminarono la via del letto59. [Si abbracciano] COMINIO
Fiore dei guerrieri! Che ne è di Tito Larzio? MARZIO
È tutto preso dalle sue sentenze. Alcuni li condanna a morte, altri all’esilio, uno lo libera su riscatto, un altro per compassione, un terzo lo minaccia; nel nome di Roma tiene in pugno Corioli come si tiene al guinzaglio un levriero scodinzolante che si può sciogliere a piacimento. COMINIO
Dov’è quello schiavo che mi ha detto che vi avevano ributtati nelle trincee? Dov’è? Chiamatelo! MARZIO
Lascialo stare. Ha riferito il vero. I nostri bei signorini, la bassa truppa – che la peste li colga! E gli danno anche dei tribuni? Mai visto un sorcio fuggire il gatto come questi scappavano davanti a una marmaglia peggiore di loro. COMINIO
Ma come hai fatto a vincere? MARZIO
Abbiamo tempo per parlarne? Non credo proprio. Dov’è il nemico? Siete padroni del terreno? Se no, perché arrestarvi prima di esserlo? 2355
CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 7
COMINIUS
Martius, we have at disadvantage fought, And did retire to win our purpose.
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MARTIUS
How lies their battle? Know you on which side They have placed their men of trust? COMINIUS As I guess, Martius, Their bands i’th’ vanguard are the Antiates, Of their best trust; o’er them Aufidius, Their very heart of hope. MARTIUS I do beseech you By all the battles wherein we have fought, By th’ blood we have shed together, by th’ vows we have made To endure friends, that you directly set me Against Aufidius and his Antiates, And that you not delay the present, but, Filling the air with swords advanced and darts, We prove this very hour. COMINIUS Though I could wish You were conducted to a gentle bath And balms applied to you, yet dare I never Deny your asking. Take your choice of those That best can aid your action. MARTIUS Those are they That most are willing. If any such be here – As it were sin to doubt – that love this painting Wherein you see me smeared; if any fear Lesser his person than an ill report; If any think brave death outweighs bad life, And that his country’s dearer than himself, Let him alone, or so many so minded,
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He waves his sword Wave thus to express his disposition, And follow Martius.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 7
COMINIO
Marzio, ci siamo battuti da una posizione di svantaggio e abbiamo fatto una ritirata strategica. MARZIO
E il loro schieramento? Dove hanno collocato gli uomini migliori? COMINIO
Direi che all’avanguardia ci sono gli Anziati, le loro truppe più fide, capeggiati da Aufidio, il cuore della loro speranza. MARZIO
Ti prego, per tutte le battaglie che abbiamo combattuto, per il sangue che abbiamo versato insieme, per i voti di eterna amicizia che ci siamo scambiati, posizionami proprio di fronte a Aufidio e ai suoi Anziati. Non indugiare proprio adesso, ma, riempiendo l’aria di dardi e spade sguainate, cimentiamoci subito nell’impresa. COMINIO
Anche se preferirei farti condurre a un bagno rilassante e farti cospargere di balsami, pure non ho mai osato rifiutarti nulla. Scegli tu quelli che meglio possono aiutarti nell’impresa. MARZIO
Sono quelli che più lo desiderano. Se c’è qualcuno qui – e sarebbe criminale dubitarne – che ama questa pittura di cui mi vedete macchiato; qualcuno che ha meno paura di perdere la vita che l’onore; qualcuno che pensa che una morte gloriosa sia preferibile a una vita codarda e ama la patria più di sè stesso, che lui solo, o quanti la pensano come lui (rotea in aria la spada) segnali in questo modo la sua volontà e segua Marzio 60.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 9
They all shout and wave their swords, [then some] take him up in their arms and they cast up their caps O’ me alone, make you a sword of me? If these shows be not outward, which of you But is four Volsces? None of you but is Able to bear against the great Aufidius A shield as hard as his. A certain number – Though thanks to all – must I select from all. The rest shall bear the business in some other fight As cause will be obeyed. Please you to march, And I shall quickly draw out my command, Which men are best inclined. COMINIUS March on, my fellows. Make good this ostentation, and you shall Divide in all with us. Exeunt marching 1.8
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Enter Lartius [through the gates of Corioles], with a drummer and a trumpeter, a Lieutenant, other soldiers, and a scout
LARTIUS (to the Lieutenant)
So, let the ports be guarded. Keep your duties As I have set them down. If I do send, dispatch Those centuries to our aid. The rest will serve For a short holding. If we lose the field We cannot keep the town. LIEUTENANT Fear not our care, sir. LARTIUS Hence, and shut your gates upon’s. [Exit Lieutenant] (To the scout) Our guider, come; to th’ Roman camp conduct us. Exeunt towards Cominius and Caius Martius 1.9
Alarum, as in battle. Enter Martius, bloody, and Aufidius, at several doors
MARTIUS
I’ll fight with none but thee, for I do hate thee Worse than a promise-breaker. 2358
5
CORIOLANO, ATTO I SCENA 9
Tutti gridano e roteano le spade, [poi alcuni] lo sollevano sulle spalle e gettano in aria i berretti Oh sì, solo di me! Fate di me la vostra spada61? Se questa non è una sceneggiata, chi di voi non vale quattro Volsci? Non c’è uno solo tra voi che non sia in grado di opporre al grande Aufidio uno scudo duro quanto il suo. Ringrazio tutti, ma devo fare delle scelte. Gli altri potranno rendersi utili in altre battaglie, quando si presenterà l’occasione. Ora sfilatemi davanti e in un baleno selezionerò il mio plotone fra gli uomini più adatti. COMINIO
In marcia, ragazzi. Confermate in battaglia queste manifestazioni di entusiasmo e dividerete il bottino in parti uguali con noi. Escono marciando I, 8
Entra Larzio [dalle porte di Corioli], con un tamburino e un trombettiere, un luogotenente, altri soldati e un esploratore62
LARZIO (al luogotenente)
Sorveglia bene le porte. Esegui gli ordini come te li ho trasmessi. Se lo chiedo, manda quelle centurie in nostro aiuto. Il resto ti basterà per resistere un po’ di giorni. Se perdiamo sul campo, addio città. LUOGOTENENTE
Non dubitare di noi, signore. LARZIO
Vai e spranga le porte alle nostre spalle. [Esce il luogotenente] (All’esploratore) Vieni, guida; portaci al campo romano. Escono in direzione di Cominio e Caio Marzio I, 9
Segnali di battaglia. Entrano Marzio, coperto di sangue, e Aufidio, da porte diverse63
MARZIO
Solo con te mi batterò, perché ti odio più di uno spergiuro.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 10
We hate alike. Not Afric owns a serpent I abhor More than thy fame and envy. Fix thy foot.
AUFIDIUS
MARTIUS
Let the first budger die the other’s slave, And the gods doom him after. AUFIDIUS If I fly, Martius, Holla me like a hare. MARTIUS Within these three hours, Tullus, Alone I fought in your Corioles’ walls, And made what work I pleased. ’Tis not my blood Wherein thou seest me masked. For thy revenge, Wrench up thy power to th’ highest. AUFIDIUS Wert thou the Hector That was the whip of your bragged progeny, Thou shouldst not scape me here.
5
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Here they fight, and certain Volsces come in the aid of Aufidius. Martius fights till the Volsces be driven in breathless, [Martius following] Officious and not valiant, you have shamed me In your condemnèd seconds. Exit 1.10
Alarum. A retreat is sounded. [Flourish.] Enter at one door Cominius with the Romans, at another door Martius with his arm in a scarf
COMINIUS (to Martius)
If I should tell thee o’er this thy day’s work Thou’lt not believe thy deeds. But I’ll report it Where senators shall mingle tears with smiles, Where great patricians shall attend and shrug, I’th’ end admire; where ladies shall be frighted And, gladly quaked, hear more; where the dull tribunes, That with the fusty plebeians hate thine honours, Shall say against their hearts ‘We thank the gods Our Rome hath such a soldier.’ 2360
5
CORIOLANO, ATTO I SCENA 10
AUFIDIO
Odio ricambiato. Non c’è serpente in Africa che io aborrisca più della tua fama invidiata. In guardia! MARZIO
Che muoia schiavo dell’altro il primo che fa un passo indietro e che sia poi dannato dagli dèi. AUFIDIO
Se scappo, Marzio, inseguimi col grido di chi caccia la lepre. MARZIO
Neanche tre ore fa, Tullo, io combattevo da solo dentro alle mura della tua Corioli e la devastavo a mio piacimento. Non è mio il sangue che mi fa da maschera. Per vendicarti, spremi le tue forze fino all’ultima goccia. AUFIDIO
Anche se tu fossi Ettore in persona, quel flagello da cui si vanta di discendere la tua gente64, oggi non potresti sfuggirmi. Si battono e alcuni Volsci accorrono in aiuto di Aufidio. Marzio combatte finché i Volsci non si ritirano senza più fiato, [inseguiti da Marzio] Lo zelo non è coraggio! Mi avete disonorato con il vostro dannato soccorso! Esce I, 10
Segnali di carica. Suona un ordine di ritirata. [Squillo di tromba.] Da una parte entra Cominio con i Romani, dall’altra Marzio con un braccio al collo65
COMINIO (a Marzio)
Se dovessi ripeterti quello che hai fatto oggi, non crederesti alle tue azioni. Ma farò il mio rapporto là dove i senatori mischieranno lacrime e sorrisi, dove i grandi patrizi ascolteranno fingendo indifferenza, ma poi cederanno all’ammirazione, dove le signore saranno terrorizzate e, godendosi i loro brividi, chiederanno di ascoltare ancora; dove i tribuni immusoniti, che con la fetida plebe odiano la tua gloria, diranno a malincuore: “Siano rese grazie agli dèi che la nostra Roma ha un tale soldato.” Eppure eri venuto alla
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 10
Yet cam’st thou to a morsel of this feast, Having fully dined before.
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Enter Lartius, with his power, from the pursuit O general, Here is the steed, we the caparison. Hadst thou beheld – MARTIUS Pray now, no more. My mother, Who has a charter to extol her blood, When she does praise me grieves me. I have done As you have done, that’s what I can; induced As you have been, that’s for my country. He that has but effected his good will Hath overta’en mine act. COMINIUS You shall not be The grave of your deserving. Rome must know The value of her own. ’Twere a concealment Worse than a theft, no less than a traducement, To hide your doings and to silence that Which, to the spire and top of praises vouched, Would seem but modest. Therefore, I beseech you – In sign of what you are, not to reward What you have done – before our army hear me. LARTIUS
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MARTIUS
I have some wounds upon me, and they smart To hear themselves remembered. COMINIUS Should they not, Well might they fester ’gainst ingratitude, And tent themselves with death. Of all the horses – Whereof we have ta’en good, and good store – of all The treasure in this field achieved and city, We render you the tenth, to be ta’en forth Before the common distribution At your only choice.
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 10
nostra festa solo per spilluzzicare qualcosa, visto che avevi appena finito un banchetto66. Entra Larzio con i suoi dall’inseguimento dei nemici LARZIO
O generale, lui è il destriero, noi solo la gualdrappa. Se tu l’avessi visto... MARZIO
Basta, per favore. Persino mia madre, che ha ogni diritto di celebrare il suo stesso sangue, mi addolora quando mi loda. Ho fatto quello che avete fatto voi: tutto ciò che era in mio potere, con le vostre stesse motivazioni – l’amore per la mia patria. Chi ha fatto tutto quello che poteva ha fatto più di me67. COMINIO
Non sarai tu la tomba dei tuoi meriti. Roma deve sapere quanto valgono i suoi figli. Sarebbe omertà peggiore di un furto o di una calunnia nascondere i tuoi atti di valore e mettere la sordina a quello che non si riuscirebbe a celebrare abbastanza neppure esaltandolo fino alle spire più alte della lode. Pertanto, ti prego, come attestato di ciò che sei, non come premio per ciò che hai fatto, davanti a tutto l’esercito, ascoltami. MARZIO
Ho un po’ di ferite su di me e bruciano nel sentirsi ricordare. COMINIO
Ma se non le ricordassimo, potrebbero infettarsi per l’ingratitudine e curarsi con la morte. Di tutti i cavalli che abbiamo preso – e sono tanti e di gran razza, di tutto il bottino accumulato sul campo e in città, noi ti assegniamo la decima parte da prelevarsi, a tua esclusiva scelta, prima della divisione fra tutti.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 10
I thank you, general, But cannot make my heart consent to take A bribe to pay my sword. I do refuse it, And stand upon my common part with those That have upheld the doing.
MARTIUS
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A long flourish. They all cry ‘Martius, Martius!’, casting up their caps and lances. Cominius and Lartius stand bare May these same instruments which you profane Never sound more. When drums and trumpets shall I’th’ field prove flatterers, let courts and cities be Made all of false-faced soothing. When steel grows Soft as the parasite’s silk, let him be made An overture for th’ wars. No more, I say. For that I have not washed my nose that bled, Or foiled some debile wretch, which without note Here’s many else have done, you shout me forth In acclamations hyperbolical, As if I loved my little should be dieted In praises sauced with lies. COMINIUS Too modest are you, More cruel to your good report than grateful To us that give you truly. By your patience, If ’gainst yourself you be incensed we’ll put you, Like one that means his proper harm, in manacles, Then reason safely with you. Therefore be it known, As to us, to all the world, that Caius Martius Wears this war’s garland, in token of the which My noble steed, known to the camp, I give him, With all his trim belonging; and from this time, For what he did before Corioles, call him,
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46. Overture: così in F; altri curatori preferiscono l’emend. tardo ovator = “colui che gioisce” o “colui che trionfa”. 2364
CORIOLANO, ATTO I SCENA 10
MARZIO
Ti ringrazio, mio generale, ma non posso convincere il mio cuore ad accettar mazzette per i servigi della mia spada. Prendo solo la parte che spetta a tutti quelli che hanno partecipato all’impresa. Lungo squillo di tromba. Tutti gridano “Marzio, Marzio!” gettando in aria berretti e lance. Cominio e Larzio restano a capo scoperto Che questi strumenti che state profanando possano non suonare più. Quando i tamburi e le trombe si dimostreranno adulatori sul campo, che le corti e le città si riempiano di viscidi ipocriti. Quando l’acciaio si fa morbido come la seta del parassita, mandateci lui a combattere68. Basta, ripeto. Perché non mi sono ancora scrostato il sangue dal naso, o perché ho sconfitto qualche gracile poveraccio, cosa che molti altri hanno fatto senza encomio, mi acclamate con grida iperboliche, come se mi facesse piacere vedere quel poco che sono messo a una dieta di complimenti insaporiti da menzogne. COMINIO
Sei troppo modesto, più crudele verso la tua fama che grato a noi che te ne facciamo sincero omaggio. Abbi pazienza, se sei così autodistruttivo, ti ammanetteremo, come si fa con chi vuole infliggersi danno, poi, in sicurezza, ragioneremo con te. Si renda pertanto noto a tutti noi e al mondo che a Caio Marzio spetta la palma della vittoria in questa guerra. In riconoscimento di ciò gli faccio dono del mio nobile destriero, noto a voi tutti, bardato con i paramenti più preziosi. E d’ora innanzi, per ciò che fece davanti a Corioli,
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 10
With all th’applause and clamour of the host, Martius Caius Coriolanus. Bear th’addition Nobly ever!
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Flourish. Trumpets sound, and drums ALL Martius Caius Coriolanus! CORIOLANUS (to Cominius) I will go wash,
And when my face is fair you shall perceive Whether I blush or no. Howbeit, I thank you. I mean to stride your steed, and at all times To undercrest your good addition To th’ fairness of my power. COMINIUS So, to our tent, Where, ere we do repose us, we will write To Rome of our success. You, Titus Lartius, Must to Corioles back. Send us to Rome The best, with whom we may articulate For their own good and ours. LARTIUS I shall, my lord. CORIOLANUS The gods begin to mock me. I, that now Refused most princely gifts, am bound to beg Of my lord general. COMINIUS Take’t, ’tis yours. What is’t?
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CORIOLANUS
I sometime lay here in Corioles, And at a poor man’s house. He used me kindly. He cried to me; I saw him prisoner; But then Aufidius was within my view, And wrath o’erwhelmed my pity. I request you To give my poor host freedom. COMINIUS O, well begged! Were he the butcher of my son he should Be free as is the wind. Deliver him, Titus. LARTIUS
Martius, his name?
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 10
chiamatelo, con l’applauso e l’ovazione dell’esercito, Marzio Caio Coriolano69. Porta sempre questo appellativo con onore. Squilli di trombe e rulli di tamburi TUTTI
Marzio Caio Coriolano! CORIOLANO (a Cominio)
Vado a lavarmi e quando il mio viso sarà ripulito vedrai se arrossisco o no. Ad ogni modo, grazie. Intendo cavalcare il tuo destriero e portare sempre come un cimiero questo bel blasone, al meglio delle mie capacità. COMINIO
Alle nostre tende, dunque, dove, prima di riposare, notificheremo a Roma il nostro successo. Tu, Tito Larzio, devi tornare a Corioli. Mandaci a Roma i loro uomini migliori, coi quali sia possibile trattare per il loro e nostro bene. LARZIO
Sarà fatto, signore. CORIOLANO
Gli dèi cominciano a burlarsi di me. Ho appena rifiutato doni principeschi e sono costretto a mendicare un favore dal mio generale. COMINIO
Prendilo, è tuo. Di che cosa si tratta? CORIOLANO
Una volta ho soggiornato a Corioli, nella casa di un pover’uomo. È stato gentile con me. Mi ha chiesto aiuto; l’ho visto in catene; ma in quel momento mi si parò davanti Aufidio e la furia ebbe la meglio sulla pietà. Ti chiedo di concedere la libertà al mio povero ospite. COMINIO
Davvero un bel mendicare! Anche se mi avesse macellato un figlio sarebbe libero come il vento. Fallo rilasciare, Tito. LARZIO
Il nome, Marzio.
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CORIOLANUS, ACT 1 SCENE 11
By Jupiter, forgot! I am weary, yea, my memory is tired. Have we no wine here? COMINIUS Go we to our tent. The blood upon your visage dries; ’tis time It should be looked to. Come. CORIOLANUS
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[A flourish of cornetts.] Exeunt 1.11
Enter Aufidius, bloody, with two or three Soldiers
AUFIDIUS The town is ta’en. A SOLDIER
’Twill be delivered back on good condition. AUFIDIUS Condition?
I would I were a Roman, for I cannot, Being a Volsce, be that I am. Condition? What good condition can a treaty find I’th’ part that is at mercy? Five times, Martius, I have fought with thee; so often hast thou beat me, And wouldst do so, I think, should we encounter As often as we eat. By th’ elements, If e’er again I meet him beard to beard, He’s mine, or I am his! Mine emulation Hath not that honour in’t it had, for where I thought to crush him in an equal force, True sword to sword, I’ll potch at him some way Or wrath or craft may get him. A SOLDIER He’s the devil.
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AUFIDIUS
Bolder, though not so subtle. My valour, poisoned With only suff’ring stain by him, for him Shall fly out of itself. Nor sleep nor sanctuary, Being naked, sick, nor fane nor Capitol, The prayers of priests nor times of sacrifice – Embargements all of fury – shall lift up Their rotten privilege and custom ’gainst
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CORIOLANO, ATTO I SCENA 11
CORIOLANO
Dimenticato, per Giove70! Sono sfinito, sì, la mia memoria è stanca. Non c’è vino qui? COMINIO
Andiamo alla tua tenda. Il sangue che hai sul viso si sta seccando ed è ora di provvedere. Vieni. [Squilli di cornette 71.] Escono I, 11
Entra Aufidio, coperto di sangue, con due o tre soldati 72
AUFIDIO
La città è presa. UN SOLDATO
Ci sarà restituita a buone condizioni73. AUFIDIO
Condizioni? Vorrei essere un Romano perché da Volsco non posso essere quello che sono. Condizioni? Quali condizioni di benessere possono trovare i negoziatori in quella parte che è alla mercé dell’altra? Cinque volte, Marzio, mi sono battuto con te e altrettante mi hai sconfitto e credo che continueresti a farlo anche se dovessimo scontrarci dopo ogni pasto. Per le forze della natura, se mai ci rincontreremo faccia a faccia, lui è mio o io suo. La mia rivalità non ha più in sé la lealtà di un tempo. Mentre un tempo pensavo di schiacciarlo in uno scontro leale, spada contro spada, ora gli darò addosso in qualunque modo collera o astuzia possano suggerire per farlo mio. UN SOLDATO
È il diavolo in persona. AUFIDIO
Più audace ma non altrettanto astuto. Eclissato solo da lui, il mio valore è stato avvelenato e per causa sua abbandonerà la sua orbita. Né sonno né diritto d’asilo74, nudità o malattia, né tempio né Campidoglio, preghiere di sacerdoti o feste comandate – tutti freni alla furia – opporranno i loro putrefatti privilegi e costumi al mio odio
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
My hate to Martius. Where I find him, were it At home upon my brother’s guard, even there, Against the hospitable canon, would I Wash my fierce hand in’s heart. Go you to th’ city. Learn how ’tis held, and what they are that must Be hostages for Rome. A SOLDIER Will not you go?
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AUFIDIUS
I am attended at the cypress grove. I pray you – ’Tis south the city mills – bring me word thither How the world goes, that to the pace of it I may spur on my journey. A SOLDIER I shall, sir.
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Exeunt [Aufidius at one door, Soldiers at another door] 2.1
Enter Menenius with the two tribunes of the people, Sicinius and Brutus
MENENIUS The augurer tells me we shall have news
tonight. BRUTUS Good or bad? MENENIUS Not according to the prayer of the people, for they love not Martius. SICINIUS Nature teaches beasts to know their friends. MENENIUS Pray you, who does the wolf love? SICINIUS The lamb. MENENIUS Ay, to devour him, as the hungry plebeians would the noble Martius. BRUTUS He’s a lamb indeed that baas like a bear. MENENIUS He’s a bear indeed that lives like a lamb. You two are old men. Tell me one thing that I shall ask you.
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5
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
per Marzio. Dovunque lo troverò, fosse pure in casa mia sotto la protezione di mio fratello, anche lì, contro tutte le leggi dell’ospitalità, laverò la mia fiera mano nel suo cuore. Entrate nella città, scoprite come è controllata e chi sono quelli che devono andare ostaggi a Roma. UN SOLDATO
Tu non vieni? AUFIDIO
Sono atteso nel boschetto dei cipressi. È a sud dei nostri mulini75. Vi prego, venite lì a riferirmi come va il mondo, perché sulla sua andatura io possa regolare i miei movimenti. UN SOLDATO
Sarà fatto, mio signore. Escono [Aufidio da una porta, i soldati da un’altra] Entra Menenio con i due tribuni della plebe, Sicinio e Bruto76
II, 1
MENENIO
L’augure mi dice che questa sera avremo notizie. BRUTO
Buone o cattive? MENENIO
Non quelle per cui prega il popolo, perché non ama Marzio. SICINIO
La natura insegna alle bestie a riconoscere gli amici. MENENIO
Dimmi, chi ama il lupo77? SICINIO
L’agnello. MENENIO
Sì, per divorarlo, come farebbero volentieri i plebei morti di fame con il nobile Marzio. BRUTO
Proprio un bell’agnello che fa “beee” come un orso. MENENIO
Proprio un bell’orso che vive come un agnello. Siete due vecchi; rispondete dunque alla domanda che vi farò.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
SICINIUS and BRUTUS Well, sir? MENENIUS In what enormity is Martius poor in that you
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two have not in abundance? BRUTUS He’s poor in no one fault, but stored with all. SICINIUS Especially in pride. BRUTUS And topping all others in boasting. MENENIUS This is strange now. Do you two know how
you are censured here in the city – I mean of us o’th’ right-hand file. Do you? SICINIUS and BRUTUS Why, how are we censured? MENENIUS Because – you talk of pride now – will you not be angry? SICINIUS and BRUTUS Well, well, sir, well? MENENIUS Why, ’tis no great matter, for a very little thief of occasion will rob you of a great deal of patience. Give your dispositions the reins, and be angry at your pleasures – at the least, if you take it as a pleasure to you in being so. You blame Martius for being proud? BRUTUS We do it not alone, sir. MENENIUS I know you can do very little alone, for your helps are many, or else your actions would grow wondrous single. Your abilities are too infant-like for doing much alone. You talk of pride. O that you could turn your eyes toward the napes of your necks, and make but an interior survey of your good selves! O that you could! SICINIUS and BRUTUS What then, sir?
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
SICINIO e BRUTO
Ebbene, signore? MENENIO
Di quale enorme vizio è privo Marzio, mentre voi ne avete abbondanza? BRUTO
Non è privo di nessuno. Ha scorte abbondanti di tutti. SICINIO
Soprattutto di orgoglio. BRUTO
E del vizio di vantarsi più di chiunque altro. MENENIO
Curioso. Lo sapete come siete etichettati voi due qui in città – voglio dire, da noi che siamo all’ala destra78? Lo sapete? SICINIO e BRUTO Allora? Come siamo etichettati? MENENIO
Perché... a proposito di orgoglio, non è che ve la prenderete? SICINIO e BRUTO Allora, signore? Allora? Allora? MENENIO
Bah! Niente di importante, perché basta un pretesto da niente per derubarvi di un bel po’ di pazienza. Sciogliete le briglie ai vostri umori e abbandonatevi alla collera a vostro piacere, ammesso che comportarvi così vi dia piacere. A Marzio rimproverate l’orgoglio? BRUTO
E in questo non siamo soli, signore. MENENIO
Lo so che da soli siete capaci di ben poco: senza il sostegno delle masse, le vostre azioni si ridurrebbero a un’irrilevanza da strabiliare. Quanto a competenze, siete messi come bimbetti che non sanno fare quasi nulla da soli. Ah, se poteste vedervi la nuca con i vostri stessi occhi ed esaminare ben bene l’interno delle vostre riverite persone! Se solo poteste! SICINIO e BRUTO Che accadrebbe, signore?
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
MENENIUS Why, then you should discover a brace of
unmeriting, proud, violent, testy magistrates, alias fools, as any in Rome. SICINIUS Menenius, you are known well enough too. MENENIUS I am known to be a humorous patrician, and one that loves a cup of hot wine with not a drop of allaying Tiber in’t; said to be something imperfect in favouring the first complaint, hasty and tinder-like upon too trivial motion; one that converses more with the buttock of the night than with the forehead of the morning. What I think, I utter, and spend my malice in my breath. Meeting two such wealsmen as you are – I cannot call you Lycurguses – if the drink you give me touch my palate adversely, I make a crooked face at it. I cannot say your worships have delivered the matter well, when I find the ass in compound with the major part of your syllables. And though I must be content to bear with those that say you are reverend grave men, yet they lie deadly that tell you have good faces. If you see this in the map of my microcosm, follows it that I am known well enough too? What harm can your bisson conspectuities glean out of this character, if I be known well enough too? BRUTUS Come, sir, come, we know you well enough. MENENIUS You know neither me, yourselves, nor anything. You are ambitious for poor knaves’ caps and legs. You wear out a good wholesome forenoon in hearing a cause between an orange-wife and a faucet-seller, and then rejourn the controversy of threepence to a second day of audience. When you are hearing a matter between party and party, if you chance to be pinched with the colic, you make faces like mummers, set up the bloody flag against all patience, and in roaring for a chamber-pot, dismiss the controversy bleeding, the more entangled by your hearing. All the peace you make in their cause is calling both the parties knaves. You are a pair of strange ones. 2374
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
MENENIO
Accadrebbe che scoprireste un paio79 di magistrati senza meriti, orgogliosi, brutali, tignosi, oserei dire dei completi inetti, come a Roma non ce n’è di peggio. SICINIO
Menenio, anche tu sei ben conosciuto. MENENIO
Sono conosciuto come un patrizio eccentrico, che ama la sua coppa di vin brulé senza neanche una goccia di Tevere ad annacquarla; uno che ha il difettuccio di decidere a favore di chi parla per primo; uno che si infuria e prende fuoco per futili motivi, che ha più familiarità con le chiappe della notte che con la fronte del mattino. Quello che penso, lo dico e la mia perfidia è solo verbale. Quando incontro due servitori dello stato come voi (non posso mica chiamarvi due Licurghi! 80), se quel che mi fate bere mi disgusta il palato, storco la bocca. Non posso dire che le eccellenze vostre hanno parlato bene quando trovo asinerie fin dentro alla maggior parte delle vostre sillabe. E anche se mi tocca sopportare chi sostiene che siete uomini gravi e degni di rispetto, sono dei maledetti bugiardi quelli che dicono che avete delle belle facce oneste. Se nella mappa del mio microcosmo81 vedete tutto ciò, ne consegue che anch’io sono ben conosciuto? E se anch’io sono ben conosciuto, che difetto riesce a spremere da questo ritratto la vostra offuscata perspicacitezza82? BRUTO
Via, signore. Ti conosciamo bene. MENENIO
Voi non conoscete né me, né voi stessi né nient’altro. Ambite alle scappellate e agli inchini di poveri cialtroni. Bruciate una mattinata intera a sentire una causa fra una fruttivendola e un venditore di tappi e poi aggiornate questa controversia da due soldi a una seconda udienza. E se, mentre ascoltate le parti, vi piglia una colica, fate smorfie da guitti, alzate il vessillo rosso83 contro la pazienza e, chiedendo a ruggiti un pitale, mollate lì la controversia con le sue piaghe aperte, ancora più attorcigliata dopo il vostro intervento. Tutta la pace che siete capaci di mettere fra le parti è chiamare entrambi cialtroni. Siete davvero due bei tipi. 2375
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
BRUTUS Come, come, you are well understood to be a
perfecter giber for the table than a necessary bencher in the Capitol. MENENIUS Our very priests must become mockers if they shall encounter such ridiculous subjects as you are. When you speak best unto the purpose it is not worth the wagging of your beards, and your beards deserve not so honourable a grave as to stuff a botcher’s cushion or to be entombed in an ass’s pack-saddle. Yet you must be saying ‘Martius is proud’, who, in a cheap estimation, is worth all your predecessors since Deucalion, though peradventure some of the best of ’em were hereditary hangmen. Good e’en to your worships. More of your conversation would infect my brain, being the herdsmen of the beastly plebeians. I will be bold to take my leave of you.
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He leaves Brutus and Sicinius, who stand aside. Enter in haste Volumnia, Virgilia, and Valeria How now, my as fair as noble ladies – and the moon, were she earthly, no nobler – whither do you follow your eyes so fast? VOLUMNIA Honourable Menenius, my boy Martius approaches. For the love of Juno, let’s go. MENENIUS Ha, Martius coming home? VOLUMNIA Ay, worthy Menenius, and with most prosperous approbation. MENENIUS [throwing up his cap] Take my cap, Jupiter, and I thank thee! Hoo, Martius coming home? VIRGILIA and VALERIA Nay, ’tis true. VOLUMNIA Look, here’s a letter from him. The state hath another, his wife another, and I think there’s one at home for you.
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
BRUTO
Suvvia, sappiamo che sei più bravo a far del sarcasmo a tavola che a renderti utile in Campidoglio. MENENIO
Ma se persino i sacerdoti diventerebbero spiritosi se incontrassero soggetti ridicoli come voi. Quando date il meglio di voi, i vostri discorsi non valgono l’agitarsi delle vostre barbe e le vostre barbe non meritano onorata sepoltura nel cuscino di un rattoppatore o nella sella di un somaro. Eppure, insistete a dire “Marzio è orgoglioso”, lui che, proprio a svenderlo, vale tutti i vostri antenati su su fino a Deucalione84 – e magari i migliori tra loro sono stati boia di padre in figlio. Statemi bene, eccellentissimi. Una dose maggiore della vostra conversazione mi infetterebbe il cervello, visto che siete i mandriani del popolo bue. Avrò l’ardire di prender congedo da voi. Si stacca da Bruto e Sicinio, che restano in disparte. Entrano spedite Volumnia, Virgilia e Valeria Ebbene, mie signore tanto belle quanto nobili – e la luna, se fosse creatura terrena, non sarebbe più nobile85– dove correte all’inseguimento dei vostri occhi? VOLUMNIA
Ottimo Menenio, Marzio, il mio ragazzo, sta arrivando. Per amore di Giunone, andiamo. MENENIO
Che? Marzio torna a casa? VOLUMNIA
Sì, nobile Menenio, e con tutti gli onori. MENENIO [gettando in aria il berretto]
Prenditi il mio berretto, Giove, e i miei ringraziamenti! Hurrah! Marzio sta venendo a casa? VIRGILIA e VALERIA Proprio così. VOLUMNIA
Guarda, ecco una sua lettera. Un’altra l’ha inviata al senato una a sua moglie, e credo che anche tu ne troverai una a casa.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
MENENIUS I will make my very house reel tonight. A letter
for me? VIRGILIA Yes, certain, there’s a letter for you; I saw’t.
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MENENIUS A letter for me? It gives me an estate of seven
years’ health, in which time I will make a lip at the physician. The most sovereign prescription in Galen is but empiricutic and, to this preservative, of no better report than a horse-drench. Is he not wounded? He was wont to come home wounded. VIRGILIA O, no, no, no! VOLUMNIA O, he is wounded, I thank the gods for’t! MENENIUS So do I, too, if it be not too much. Brings a victory in his pocket, the wounds become him. VOLUMNIA On’s brows, Menenius. He comes the third time home with the oaken garland. MENENIUS Has he disciplined Aufidius soundly? VOLUMNIA Titus Lartius writes they fought together, but Aufidius got off. MENENIUS And ’twas time for him too, I’ll warrant him that. An he had stayed by him, I would not have been so fidiussed for all the chests in Corioles and the gold that’s in them. Is the senate possessed of this? VOLUMNIA Good ladies, let’s go. Yes, yes, yes. The senate has letters from the general, wherein he gives my son the whole name of the war. He hath in this action outdone his former deeds doubly. VALERIA In truth, there’s wondrous things spoke of him. MENENIUS Wondrous, ay, I warrant you; and not without his true purchasing.
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
MENENIO
Stasera farò ballare la casa stessa. Una lettera per me? VIRGILIA
Sì, c’è di sicuro una lettera per te: l’ho vista. MENENIO
Una lettera per me? Vale sette anni di salute, durante i quali farò le linguacce al medico. La più perfetta prescrizione di Galeno è solo un prodotto “empiriceutico”86 e, al confronto di questo tonico, vale quanto una purga da cavallo. Ferite non ne ha? In passato tornava sempre con ferite. VIRGILIA
Oh, no, no, no! VOLUMNIA
Naturalmente ha delle ferite e ne rendo grazie agli dèi. MENENIO
Anch’io, purché non siano gravi. Le ferite gli donano, con una vittoria in tasca. VOLUMNIA
In fronte, Menenio. Per la terza volta torna inghirlandato di quercia. MENENIO
Le ha suonate a Aufidio? VOLUMNIA
Tito Larzio scrive che si sono battuti corpo a corpo, ma Aufidio è sgusciato via. MENENIO
Appena in tempo, posso garantirglielo. Se fosse rimasto, non avrei voluto essere così “aufidiusato”87 per tutti i forzieri di Corioli e l’oro che contengono. Il senato è al corrente di tutto ciò? VOLUMNIA
Care signore, andiamo. Sì, sì, sì. Il senato ha lettere del generale che attribuisce a mio figlio tutto il merito della vittoria. In questa campagna ha superato al quadrato i suoi meriti precedenti. VALERIA
Si dicono cose davvero straordinarie di lui. MENENIO
Straordinarie, certo e ben meritate.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
VIRGILIA The gods grant them true. VOLUMNIA True? Pooh-whoo! MENENIUS True? I’ll be sworn they are true. Where is he
wounded? (To the tribunes) God save your good worships. Martius is coming home. He has more cause to be proud. (To Volumnia) Where is he wounded? VOLUMNIA I’th’ shoulder and i’th’ left arm. There will be large cicatrices to show the people when he shall stand for his place. He received in the repulse of Tarquin seven hurts i’th’ body. MENENIUS One i’th’ neck and two i’th’ thigh – there’s nine that I know. VOLUMNIA He had before this last expedition twenty-five wounds upon him. MENENIUS Now it’s twenty-seven. Every gash was an enemy’s grave.
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A shout and flourish Hark, the trumpets. VOLUMNIA These are the ushers of Martius. Before him
he carries noise, and behind him he leaves tears. Death, that dark spirit, in’s nervy arm doth lie, Which being advanced, declines; and then men die.
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Trumpets sound a sennet. Enter [in state] Cominius the general and Lartius, between them Coriolanus, crowned with an oaken garland, with captains and soldiers and a Herald HERALD
Know, Rome, that all alone Martius did fight Within Corioles’ gates, where he hath won With fame a name to ‘Martius Caius’; these In honour follows ‘Coriolanus’. Welcome to Rome, renownèd Coriolanus! A flourish sounds
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
VIRGILIA
Vogliano gli dèi che siano vere. VOLUMNIA
Vere? Ma per favore! MENENIO
Vere? Pronto a giurarlo! Dov’è ferito? (Ai tribuni). Che Dio preservi le vostre signorie. Marzio sta tornando a casa. E ha nuovi motivi d’orgoglio. (A Volumnia) Dov’è ferito? VOLUMNIA
Alla spalla e al braccio sinistro. Ci saranno delle belle cicatrici da mostrare al popolo quando si candiderà per la carica che merita. Sette ferite al corpo le ricevette nella cacciata di Tarquinio. MENENIO
Una al collo e due alla coscia – a me ne risultano nove. VOLUMNIA
Prima di quest’ultima campagna aveva addosso venticinque ferite. MENENIO
Adesso sono ventisette. E ogni squarcio ha significato morte per un nemico. Grida e trombe Attenzione, ecco le trombe. VOLUMNIA
Sono gli araldi di Marzio. Davanti a lui entusiastici clamori, dietro di lui solo lacrime. La morte, quel nero spirito, ha dimora nel suo braccio muscoloso. Ogni volta che lo alza e lo abbassa un uomo muore. Si dà fiato alle trombe. Entrano [in parata solenne] il generale Cominio e Larzio con Coriolano in mezzo a loro, inghirlandato di quercia, con capitani e soldati e un araldo ARALDO
Sappi, Roma, che da solo Marzio si è battuto dentro alle mura di Corioli, dove si è conquistato con onore un nome da aggiungere a “Marzio Caio”; a questi segue, in segno di riconoscimento, “Coriolano”. Bentornato a Roma, grande Coriolano! Squilli di tromba
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
ALL
Welcome to Rome, renownèd Coriolanusl CORIOLANUS
No more of this, it does offend my heart. Pray now, no more. COMINIUS Look, sir, your mother. CORIOLANUS (to Volumnia) O, You have, I know, petitioned all the gods For my prosperity!
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He kneels Nay, my good soldier, up, My gentle Martius, worthy Caius,
VOLUMNIA
[He rises] And, by deed-achieving honour newly named – What is it? – ‘Coriolanus’ must I call thee? But O, thy wife! CORIOLANUS (to Virgilia) My gracious silence, hail. Wouldst thou have laughed had I come coffined home, That weep’st to see me triumph? Ah, my dear, Such eyes the widows in Corioles wear, And mothers that lack sons. MENENIUS Now the gods crown thee! [CORIOLANUS] (to Valeria) And live you yet? O my sweet lady, pardon.
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VOLUMNIA
I know not where to turn. O, welcome home! And welcome, general, and you’re welcome all! MENENIUS
A hundred thousand welcomes! I could weep And I could laugh, I am light and heavy. Welcome! A curse begnaw at very root on’s heart That is not glad to see thee. You are three That Rome should dote on. Yet, by the faith of men, We have some old crab-trees here at home that will not
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
TUTTI
Bentornato a Roma, grande Coriolano! CORIOLANO
Basta così, mi colpite al cuore. Vi prego, basta. COMINIO
Guardate, signore, c’è vostra madre. CORIOLANO (a Volumnia)
So che hai sacrificato a tutti gli dèi per il mio successo! Si inginocchia VOLUMNIA
No, mio valoroso soldato; su, mio gentile Marzio, mio degno Caio, [si alza] e, per la gloria conquistata con le tue imprese, ora ri-nominato... Com’è che devo chiamarti – “Coriolano”?88 Ma ecco tua moglie. CORIOLANO (a Virgilia) Salve, mio silenzio pieno di grazia! Avresti riso se fossi tornato in una bara, visto che ti sciogli in lacrime al mio trionfo? Ah, mia cara, occhi così li sfoggiano le vedove di Corioli e le madri che hanno perso i figli. MENENIO
E ora, che gli dèi ti incoronino. [CORIOLANO] [a Menenio]89 Ancora tra noi? (A Valeria) Oh, vi chiedo scusa, gentile signora. VOLUMNIA
Non so da che parte voltarmi. Bentornato a casa! E bentornato anche voi, generale; e bentornati tutti! MENENIO
Centomila volte bentornati! Mi vien da piangere e da ridere, mi sento leggero e pesante. Il malocchio distrugga alla radice il cuore di chi non è contento di vederti. Siete tre eroi per cui Roma dovrebbe fare pazzie. Eppure, vi garantisco che qui da noi ci sono dei vecchi meli selvatici che rigettano qualsiasi innesto di simpatia per
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
Be grafted to your relish. Yet welcome, warriors! We call a nettle but a nettle, and The faults of fools but folly. COMINIUS Ever right. CORIOLANUS Menenius, ever, ever.
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HERALD
Give way there, and go on. CORIOLANUS [to Volumnia and Virgilia]
Your hand, and yours. Ere in our own house I do shade my head The good patricians must be visited, From whom I have received not only greetings, But with them change of honours. VOLUMNIA I have lived To see inherited my very wishes, And the buildings of my fancy. Only There’s one thing wanting, which I doubt not but Our Rome will cast upon thee. CORIOLANUS Know, good mother, I had rather be their servant in my way Than sway with them in theirs. COMINIUS On, to the Capitol.
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A flourish of cornetts. Exeunt in state, as before, all but Brutus and Sicinius, who come forward BRUTUS
All tongues speak of him, and the blearèd sights Are spectacled to see him. Your prattling nurse Into a rapture lets her baby cry While she chats him; the kitchen malkin pins Her richest lockram ’bout her reechy neck, Clamb’ring the walls to eye him. Stalls, bulks, windows Are smothered up, leads filled and ridges horsed With variable complexions, all agreeing In earnestness to see him. Seld-shown flamens Do press among the popular throngs, and puff To win a vulgar station. Our veiled dames 2384
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
voi90. Eppure, bentornati, guerrieri! Noi chiamiamo ortica l’ortica e sciocchezze gli errori degli sciocchi91. COMINIO
Acuto come sempre. CORIOLANO
Sempre, sempre, Menenio. ARALDO
Fate largo, laggiù, e avanti. CORIOLANO [a Volumnia e Virgilia]
La tua mano, e la tua. Prima che io possa riparare la mia testa all’ombra della nostra casa, bisogna far visita ai bravi patrizi, dai quali non ho ricevuto solo indirizzi di saluto ma anche onori su onori. VOLUMNIA
Ho vissuto abbastanza per vederti ereditare, realizzati, tutti i miei desideri e castelli in aria. Solo una cosa mi manca ancora, e non dubito che Roma te l’assegnerà. CORIOLANO
Sappi, madre mia, che preferirei rendere loro servizio a modo mio che governarli a modo loro. COMINIO
Avanti, al Campidoglio. Squilli di cornette. In parata, come prima, escono tutti tranne Bruto e Sicinio, che vengono avanti BRUTO
Tutte le lingue parlano di lui e gli occhi miopi ricorrono agli occhiali per vederlo92. La balia ciarliera lascia che il bimbo frigni fino alle convulsioni per spettegolare su di lui; la sguattera si drappeggia lo strofinaccio più sciccoso intorno al collo appiccicoso93 e scala muri per vederlo. Bancarelle, banconi, finestre sono stracolmi. Gente di ogni tipo affolla i tetti di piombo e sta a cavalcioni delle grondaie per l’ansia di vederlo. I flàmini94 che raramente si concedono allo sguardo pubblico, sgomitano in mezzo alla calca e sbuffano per conquistarsi un posto tra i poveracci. Le nostre dame velate affi-
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
Commit the war of white and damask in Their nicely guarded cheeks to th’ wanton spoil Of Phoebus’ burning kisses. Such a pother As if that whatsoever god who leads him Were slily crept into his human powers And gave him graceful posture. SICINIUS On the sudden I warrant him consul. BRUTUS Then our office may During his power go sleep.
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SICINIUS
He cannot temp’rately transport his honours From where he should begin and end, but will Lose those he hath won. BRUTUS In that there’s comfort. SICINIUS Doubt not The commoners, for whom we stand, but they Upon their ancient malice will forget With the least cause these his new honours, which That he will give them make I as little question As he is proud to do’t. BRUTUS I heard him swear, Were he to stand for consul, never would he Appear i’th’ market-place nor on him put The napless vesture of humility, Nor, showing, as the manner is, his wounds To th’ people, beg their stinking breaths. SICINIUS ’Tis right.
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BRUTUS
It was his word. O, he would miss it rather Than carry it, but by the suit of the gentry to him, And the desire of the nobles. SICINIUS I wish no better Than have him hold that purpose, and to put it In execution. 214. Guarded: emend. tardo; in F gawded = “truccate”. 2386
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
dano alla lasciva devastazione dei baci ardenti di Febo il bianco che guerreggia con il rosa sulle loro guance ben protette. Un tale tumulto si spiegherebbe solo se il dio, chiunque egli sia, che gli fa da guida si fosse insinuato di nascosto nella sua forma umana per dargli statura divina. SICINIO
Tiro a indovinare: lo fanno console. BRUTO
Allora possiamo mettere in sonno la nostra carica finché il potere è in mano a lui. SICINIO
È capace di conquistare il potere ma non di amministrarlo e perderà gli onori che riceve adesso. BRUTO
Be’, è già qualcosa. SICINIO
Stai pur certo che i plebei, che noi rappresentiamo, per antica ruggine dimenticheranno i suoi nuovi onori al minimo pretesto. E lui non mancherà di fornirglielo per via del suo orgoglio. Ne sono più che certo. BRUTO
L’ho sentito giurare che, se dovesse candidarsi al consolato, mai e poi mai si presenterebbe al Foro, né vestirebbe la sdrucita toga dell’umiltà95, né, mostrando le sue ferite al popolo, come vuole l’usanza, implorerebbe voti dai loro fiati puzzolenti. SICINIO
È vero. BRUTO
Parole sue. Oh, preferirebbe perdere il consolato che ottenerlo se non fosse che i gentiluomini lo chiedono e gli aristocratici lo desiderano. SICINIO
Non chiedo di meglio che vederlo tener fede a quel proposito e metterlo in pratica.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 1
’Tis most like he will.
BRUTUS SICINIUS
It shall be to him then, as our good wills, A sure destruction. BRUTUS So it must fall out To him, or our authority’s for an end. We must suggest the people in what hatred He still hath held them; that to’s power he would Have made them mules, silenced their pleaders, And dispropertied their freedoms, holding them In human action and capacity Of no more soul nor fitness for the world Than camels in their war, who have their provand Only for bearing burdens, and sore blows For sinking under them. SICINIUS This, as you say, suggested At some time when his soaring insolence Shall touch the people – which time shall not want If he be put upon’t, and that’s as easy As to set dogs on sheep – will be his fire To kindle their dry stubble, and their blaze Shall darken him for ever.
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Enter a Messenger BRUTUS
What’s the matter?
MESSENGER
You are sent for to the Capitol. ’Tis thought That Martius shall be consul. I have seen The dumb men throng to see him, and the blind To hear him speak. Matrons flung gloves, Ladies and maids their scarves and handkerchiefs, Upon him as he passed. The nobles bended As to Jove’s statue, and the commons made A shower and thunder with their caps and shouts. I never saw the like.
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 1
BRUTO
Ci puoi scommettere. SICINIO
Sarà di sicuro la sua rovina, proprio quello che speriamo. BRUTO
Deve andare così, o tanti saluti alla nostra autorità. Dobbiamo sobillare96 il popolo rammentandogli fino a che punto li ha sempre odiati; che, se fosse dipeso da lui, avrebbe trasformato loro stessi in muli, ridotto al silenzio i loro rappresentanti e alienato i loro diritti, convinto com’è che in quanto ad azioni e capacità umane non abbiano più anima o dignità dei cammelli da guerra che ricevono il rancio solo perché portano pesi e bastonate quando ci stramazzano sotto. SICINIO
E tutto questo, come dici, insinuato al momento giusto, quando la sua incontenibile arroganza colpirà il popolo (e non mancherà l’occasione, se viene appena stuzzicato, il che è facile come aizzare un cane contro delle pecore), sarà la fiaccola con cui lui stesso darà fuoco alle loro stoppie secche e il fumo di quell’incendio lo oscurerà per sempre. Entra un messaggero BRUTO
Che cosa c’è? MESSAGGERO
Siete convocati in Campidoglio. È opinione comune che Marzio sarà console. Ho visto i muti accalcarsi per vederlo, i ciechi per ascoltarlo97. Al suo passaggio, le matrone gli gettavano i guanti, le signore e le fanciulle sciarpe e fazzoletti. I patrizi piegavano il ginocchio come davanti alla statua di Giove e i plebei creavano pioggia coi berretti e tuono con le grida. Mai visto niente di simile.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 2
Let’s to the Capitol, And carry with us ears and eyes for th’ time, But hearts for the event. SICINIUS Have with you. BRUTUS
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Exeunt
Enter two Officers, to lay cushions, as it were in the Capitol
FIRST OFFICER Come, come, they are almost here. How
many stand for consulships? SECOND OFFICER Three, they say, but ’tis thought of everyone
Coriolanus will carry it. FIRST OFFICER That’s a brave fellow, but he’s vengeance
proud and loves not the common people. SECOND OFFICER Faith, there hath been many great men
that have flattered the people who ne’er loved them; and there be many that they have loved they know not wherefore, so that if they love they know not why, they hate upon no better a ground. Therefore for Coriolanus neither to care whether they love or hate him manifests the true knowledge he has in their disposition, and out of his noble carelessness lets them plainly see’t. FIRST OFFICER If he did not care whether he had their love or no he waved indifferently ’twixt doing them neither good nor harm; but he seeks their hate with greater devotion than they can render it him, and leaves nothing undone that may fully discover him their opposite. Now to seem to affect the malice and displeasure of the people is as bad as that which he dislikes, to flatter them for their love. SECOND OFFICER He hath deserved worthily of his country, and his ascent is not by such easy degrees as those who, having been supple and courteous to the people, bonneted, without any further deed to have them at all into their estimation and report. But he hath so planted his honours in their eyes and his actions in
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 2
BRUTO
Andiamo al Campidoglio, con occhi e orecchie ben aperti sul presente, ma il nostro progetto nel cuore. SICINIO
Sono con te. Escono II, 2
Entrano due uscieri che dispongono grandi cuscini, come si usava in Campidoglio98
PRIMO USCIERE
Forza, sbrigati, stanno per arrivare. Quanti sono in lizza per il consolato? SECONDO USCIERE
Tre, si dice. Ma tutti pensano che ce la farà Coriolano. PRIMO USCIERE
È un valoroso, ma orgoglioso da non crederci e non ama la gente comune. SECONDO USCIERE
Se è per questo, ce ne sono stati tanti di grandi uomini che si sono arruffianati il popolo senza amarlo – e tanti che lui ha amato senza sapere perché. Ora, se l’amore del popolo è senza ragione, il suo odio non è meglio motivato. E quindi, se Coriolano se ne infischia di essere amato o odiato dal popolo, dimostra di conoscerne a fondo gli umori e glielo fa capire con aristocratica nonchalance. PRIMO USCIERE
Se non gli importasse niente del loro amore, non si curerebbe di trattarli bene o male. Invece, cerca il loro odio con più accanimento di quello che riescono a mettere loro nel ricambiare e non perde occasione per mettere in chiaro che è il loro nemico. Ora, atteggiarsi a cultore del disprezzo e dell’ostilità del popolo non è meglio di quello che lui disapprova: arruffianarseli per averne il favore. SECONDO USCIERE
Certo che ne ha di meriti nei confronti della patria e non ha scelto la via più facile per la gloria come quelli che, dopo essere stati ossequiosi e servili nei confronti del popolo, si sono rimessi in testa i loro bravi cappelli99, e non hanno fatto più niente per guadagnarsi il suo favore. Lui invece gli ha ficcato negli occhi la sua gloria e nel 2391
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 2
their hearts that for their tongues to be silent and not confess so much were a kind of ingrateful injury. To report otherwise were a malice that, giving itself the lie, would pluck reproof and rebuke from every ear that heard it. FIRST OFFICER No more of him. He’s a worthy man. Make way, they are coming.
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A sennet. Enter the Patricians, and Sicinius and Brutus, the tribunes of the people, lictors before them; Coriolanus, Menenius, Cominius the consul. [The Patricians take their places and sit.] Sicinius and Brutus take their places by themselves. Coriolanus stands MENENIUS
Having determined of the Volsces, and To send for Titus Lartius, it remains As the main point of this our after-meeting To gratify his noble service that Hath thus stood for his country. Therefore please you, Most reverend and grave elders, to desire The present consul and last general In our well-found successes to report A little of that worthy work performed By Martius Caius Coriolanus, whom We met here both to thank and to remember With honours like himself.
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[Coriolanus sits] Speak, good Cominius. Leave nothing out for length, and make us think Rather our state’s defective for requital Than we to stretch it out. (To the tribunes) Masters o’th’ people, We do request your kindest ears and, after, Your loving motion toward the common body To yield what passes here.
FIRST SENATOR
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 2
cuore le sue azioni così a fondo che se le loro lingue tacessero e non riconoscessero i suoi meriti sarebbe il colmo dell’ingratitudine. Sostenere il contrario sarebbe una malignità che, smentendosi da sola, strapperebbe disapprovazione e rimprovero a ogni orecchio in ascolto. PRIMO USCIERE
Non parliamo più di lui – è un uomo di valore. Spostati, arrivano. Squilli di tromba. Entrano i patrizi e Sicinio e Bruto, tribuni del popolo, preceduti dai littori; Coriolano, Menenio e il console Cominio. [I patrizi raggiungono i loro posti e si siedono.] Sicinio e Bruto siedono in disparte. Coriolano rimane in piedi. MENENIO
Prese le nostre decisioni sui Volsci e convocato Tito Larzio, rimane da stabilire, come punto principale di questa seconda seduta, la ricompensa per chi ha reso servizi così eccezionali al suo paese. Pertanto, reverendi e saggi senatori, vi piaccia di invitare il console in carica, nostro generale in quest’ultima fausta impresa, a farci una breve relazione sulle epiche gesta di Caio Marzio Coriolano. È per ringraziarlo e tributargli onori degni di lui che siamo qui riuniti. [Coriolano si siede] PRIMO SENATORE
Parla, buon Cominio. Prendi il tempo che ti serve per essere esaustivo. Facci pensare che allo stato manchino i mezzi per un’adeguata ricompensa piuttosto che a noi la volontà di usarli fino all’estremo limite. (Ai tribuni) Signori del popolo, a voi chiediamo un benevolo ascolto, seguito dalla vostra benevola pressione sul popolo affinché approvi quanto viene qui deliberato.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 2
We are convented Upon a pleasing treaty, and have hearts Inclinable to honour and advance The theme of our assembly. BRUTUS Which the rather We shall be blessed to do if he remember A kinder value of the people than He hath hereto prized them at. MENENIUS That’s off, that’s off. I would you rather had been silent. Please you To hear Cominius speak? BRUTUS Most willingly, But yet my caution was more pertinent Than the rebuke you give it. MENENIUS He loves your people, But tie him not to be their bedfellow. Worthy Cominius, speak. SICINIUS
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Coriolanus rises and offers to go away (To Coriolanus) Nay, keep your place. [FIRST] SENATOR Sit, Coriolanus. Never shame to hear
What you have nobly done. CORIOLANUS Your honours’ pardon, I had rather have my wounds to heal again Than hear say how I got them. BRUTUS Sir, I hope My words disbenched you not? CORIOLANUS No, sir, yet oft When blows have made me stay I fled from words. You soothed not, therefore hurt not; but your people, I love them as they weigh – MENENIUS Pray now, sit down.
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 2
SICINIO
Siamo riuniti per una delibera che a noi piace e i nostri cuori possono essere indotti a onorarla e promuoverla. BRUTO
Cosa che saremo tanto più lieti di fare se lui si ricorderà di attribuire al popolo maggior valore che in passato. MENENIO
Fuori tema, fuori tema! Avrei preferito il tuo silenzio. Ti interessa sentir parlare Cominio? BRUTO
Certamente. Però la mia osservazione era più pertinente del tuo rabbuffo. MENENIO
Lo ama, il vostro popolo. Ma non potete pretendere che ci vada a letto. Parla, nobile Cominio. Coriolano si alza e accenna a uscire (A Coriolano) No, resta al tuo posto. [PRIMO] SENATORE
Siediti, Coriolano. Non vergognarti mai di ascoltare il racconto delle tue nobili imprese. CORIOLANO
Chiedo venia alle Signorie Vostre. Preferirei dover medicare di nuovo le mie ferite piuttosto che sentir raccontare come le ho ricevute. BRUTO
Spero che non siano state le mie parole a farti saltar giù dallo scranno. CORIOLANO
No, signore, eppure spesso, mentre i colpi mi inchiodavano sul posto sono scappato davanti alle parole. Non mi hai adulato e quindi non mi hai ferito; ma il tuo popolo lo amo per quel che vale... MENENIO
Dai, siediti, per favore.
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 2
CORIOLANUS
I had rather have one scratch my head i’th’ sun When the alarum were struck than idly sit To hear my nothings monstered. Exit MENENIUS Masters of the people, Your multiplying spawn how can he flatter – That’s thousand to one good one – when you now see He had rather venture all his limbs for honour Than one on’s ears to hear it? Proceed, Cominius.
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COMINIUS
I shall lack voice; the deeds of Coriolanus Should not be uttered feebly. It is held That valour is the chiefest virtue, and Most dignifies the haver. If it be, The man I speak of cannot in the world Be singly counterpoised. At sixteen years, When Tarquin made a head for Rome, he fought Beyond the mark of others. Our then dictator, Whom with all praise I point at, saw him fight When with his Amazonian chin he drove The bristled lips before him. He bestrid An o’erpressed Roman, and, i’th’ consul’s view, Slew three opposers. Tarquin’s self he met, And struck him on his knee. In that day’s feats, When he might act the woman in the scene, He proved best man i’th’ field, and for his meed Was brow-bound with the oak. His pupil age Man-entered thus, he waxèd like a sea, And in the brunt of seventeen battles since He lurched all swords of the garland. For this last Before and in Corioles, let me say I cannot speak him home. He stopped the fliers, And by his rare example made the coward Turn terror into sport. As weeds before A vessel under sail, so men obeyed And fell below his stem. His sword, death’s stamp, Where it did mark, it took. From face to foot 2396
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 2
CORIOLANO
Preferirei farmi grattare la testa al sole quando suona la carica che starmene seduto in ozio ad ascoltare i miei nonnulla trasformati in prodigi. Esce MENENIO
Signori del popolo, come può adulare i vostri prolifici proletari (fra i quali uno su mille vale qualcosa) lui che, come vedete, preferirebbe rischiare tutte le membra per la gloria piuttosto che un solo orecchio per sentirne parlare? Vai avanti, Cominio. COMINIO
Mi mancheranno le parole100. Non si possono celebrare le imprese di Coriolano in toni smorzati. È opinione comune che il valore sia la più alta virtù, quella che più nobilita chi la possiede. Se è così101, l’uomo di cui parlo non ha pari al mondo. A sedici anni, quando Tarquinio prese le armi contro Roma, si batté meglio di ogni altro. Il nostro dittatore di allora, del quale mi piace qui celebrare il nome102, lo vide in battaglia, quando, con il suo mento glabro da amazzone, costrinse in ritirata le labbra irsute che gli si facevano contro. Fece scudo col suo corpo a un romano caduto a terra e, sotto gli occhi del console, uccise tre nemici. Si scontrò con lo stesso Tarquinio e, con i suoi colpi, lo costrinse a inginocchiarsi. Nelle gloriose azioni di quel giorno, lui, che a teatro avrebbe ancora potuto recitare parti di donna103, dimostrò di essere l’uomo migliore sul campo e in premio ebbe la fronte cinta di quercia. In questo modo lo scolaretto diventò uomo, si gonfiò come il mare e, nella mischia delle diciassette battaglie che seguirono, strappò a tutte le spade la ghirlanda della gloria. Per la più recente, davanti e dentro a Corioli, lasciatemi dire che le mie parole non possono rendergli giustizia. Fermò i fuggiaschi e, con il suo eccezionale esempio, indusse i codardi a trasformare il terrore in sprezzatura. Come alghe davanti a un vascello che avanza a vele spiegate, gli uomini si piegavano e cadevano sotto la sua prora. La sua spada, sigillo di morte, dove toccava rapiva104. Dalla testa ai piedi era una sagoma di
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CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 2
He was a thing of blood, whose every motion Was timed with dying cries. Alone he entered The mortal gate of th’ city, which he, painted With shunless destiny, aidless came off, And with a sudden reinforcement struck Corioles like a planet. Now all’s his. When by and by the din of war gan pierce His ready sense, then straight his doubled spirit Requickened what in flesh was fatigate, And to the battle came he, where he did Run reeking o’er the lives of men as if ’Twere a perpetual spoil; and till we called Both field and city ours he never stood To ease his breast with panting. MENENIUS Worthy man.
110
115
120
[FIRST] SENATOR
He cannot but with measure fit the honours Which we devise him. COMINIUS Our spoils he kicked at, And looked upon things precious as they were The common muck of the world. He covets less Than misery itself would give, rewards His deeds with doing them, and is content To spend the time to end it. MENENIUS He’s right noble. Let him be called for. [FIRST] SENATOR Call Coriolanus. OFFICER He doth appear.
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130
Enter Coriolanus MENENIUS
The senate, Coriolanus, are well pleased To make thee consul. CORIOLANUS I do owe them still My life and services. MENENIUS It then remains That you do speak to the people. 2398
135
CORIOLANO, ATTO II SCENA 2
sangue, i cui movimenti erano tutti scanditi da grida di moribondi. Da solo varcò la porta funesta della città, da cui, segnato col colore di un destino inevitabile105, uscì senza aiuto e, ricomposte le fila, si abbatté all’improvviso su Corioli come un pianeta106. A questo punto, tutto è suo. Ma appena il fragore degli scontri colpì i suoi sensi già all’erta, un rinnovato ardore rianimò la sua carne stanca e si buttò nella mischia e lì, fumante di sangue, travolse le vite degli uomini come se fosse lui stesso una perpetua strage107; e finché non fummo padroni del campo e della città, non concesse un momento di tregua al petto ansimante. MENENIO
Valoroso! [PRIMO] SENATORE
E all’altezza degli onori che gli prepariamo. COMINIO
Il bottino108, l’ha preso a calci e ha disprezzato oggetti preziosi come spazzatura. La sua avidità è inferiore a quello che l’avarizia stessa gli assegnerebbe; agire è per lui il compenso dell’azione e il tempo ben speso un fine in sé. MENENIO
È davvero nobile. Sia richiamato. [PRIMO] SENATORE
Chiamate Coriolano. USCIERE
Sta arrivando. Entra Coriolano MENENIO
Il senato, Coriolano, si compiace di nominarti console. CORIOLANO
La mia vita e i miei servigi sono come sempre a sua disposizione. MENENIO
Non ti rimane dunque che parlare al popolo.
2399
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 2
I do beseech you, Let me o’erleap that custom, for I cannot Put on the gown, stand naked, and entreat them For my wounds’ sake to give their suffrage. Please you that I may pass this doing. SICINIUS Sir, the people Must have their voices, neither will they bate One jot of ceremony. MENENIUS (to Coriolanus) Put them not to’t. Pray you, go fit you to the custom and Take to you, as your predecessors have, Your honour with your form. CORIOLANUS It is a part That I shall blush in acting, and might well Be taken from the people. BRUTUS (to Sicinius) Mark you that? CORIOLANUS
141
145
CORIOLANUS
To brag unto them ‘Thus I did, and thus’, Show them th’unaching scars, which I should hide, As if I had received them for the hire Of their breath only! MENENIUS Do not stand upon’t. – We recommend to you, tribunes of the people, Our purpose to them; and to our noble consul Wish we all joy and honour.
150
SENATORS
To Coriolanus come all joy and honour! A flourish of cornetts, then exeunt all but Sicinius and Brutus BRUTUS
You see how he intends to use the people. SICINIUS
May they perceive’s intent! He will require them As if he did contemn what he requested Should be in them to give.
2400
155
CORIOLANO, ATTO II SCENA 2
CORIOLANO
Vi prego, consentitemi di passare sopra a quell’usanza. Non posso indossare la tunica di rito, squarciarla e implorarli di darmi il loro voto per le mie ferite. Vi piaccia consentirmi di non seguire in questo la prassi. SICINIO
Signore, il popolo ha il diritto di far sentire la sua voce e non rinuncerà nemmeno al più piccolo passaggio del cerimoniale109. MENENIO (a Coriolano) Non provocarli. Per favore, inchinati all’usanza e, come i tuoi predecessori, prenditi la carica nei modi prescritti. CORIOLANO
È una parte che reciterò arrossendo in un copione che si potrebbe tranquillamente sottrarre al popolo. BRUTO (a Sicinio) Hai sentito? CORIOLANO
Pavoneggiarmi davanti a loro “Ho fatto questo, ho fatto quello”, esibire cicatrici indolori che dovrei nascondere, come se le avessi ricevute solo per comprarmi i loro fiati! MENENIO
Non impuntarti. Tribuni, vi affidiamo la nostra proposta perché la illustriate al popolo; e al nostro nobile console auguriamo tutti gioia e onore. SENATORI
A Coriolano, gioia e onore. Squilli di cornette, poi escono tutti tranne Sicinio e Bruto BRUTO
Vedi come intende trattare il popolo? SICINIO
Spero che colgano la sua intenzione. Si appellerà a loro come se gli facesse schifo che sia in loro potere concedergli quello che chiede.
2401
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
Come, we’ll inform them Of our proceedings here. On th’ market-place I know they do attend us. Exeunt
BRUTUS
2.3
160
Enter seven or eight Citizens
FIRST CITIZEN Once, if he do require our voices we ought
not to deny him. SECOND CITIZEN We may, sir, if we will. THIRD CITIZEN We have power in ourselves to do it, but
it is a power that we have no power to do. For if he show us his wounds and tell us his deeds, we are to put our tongues into those wounds and speak for them; so if he tell us his noble deeds we must also tell him our noble acceptance of them. Ingratitude is monstrous, and for the multitude to be ingrateful were to make a monster of the multitude, of the which we, being members, should bring ourselves to be monstrous members. FIRST CITIZEN And to make us no better thought of, a little help will serve; for once we stood up about the corn, he himself stuck not to call us the many-headed multitude. THIRD CITIZEN We have been called so of many, not that our heads are some brown, some black, some abram, some bald, but that our wits are so diversely coloured; and truly I think if all our wits were to issue out of one skull, they would fly east, west, north, south, and their consent of one direct way should be at once to all the points o’th’ compass. SECOND CITIZEN Think you so? Which way do you judge my wit would fly? THIRD CITIZEN Nay, your wit will not so soon out as another man’s will, ’tis strongly wedged up in a blockhead. But if it were at liberty, ’twould sure southward.
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30
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
BRUTO
Vieni. Andiamo ad informarli di quanto abbiamo fatto qui. Al foro, so che ci aspettano lì. Escono II, 3
Entrano sette o otto cittadini110
PRIMO CITTADINO
Ribadisco, se ci chiede i nostri voti111, non dovremmo negarglieli. SECONDO CITTADINO
Però, se vogliamo possiamo, signore. TERZO CITTADINO
Abbiamo in noi il potere per farlo, ma è un potere che non abbiamo il potere di esercitare. Perché se ci mostra le ferite e ci fa il racconto delle sue imprese, dobbiamo mettere le nostre lingue in quelle ferite e dar loro la parola; allo stesso modo, se ci fa il racconto delle sue alte imprese, dobbiamo esprimergli la nostra nobile riconoscenza. L’ingratitudine è mostruosa e se il popolo fosse ingrato si trasformerebbe in un mostro, e quindi noi, che del popolo siamo membri, ci ridurremmo ad essere membra di un mostro. PRIMO CITTADINO
E ci vuol poco per farci giudicare così male: quella volta che ci facemmo sentire per il grano, proprio lui non esitò a chiamarci la moltitudine dalle mille teste112. TERZO CITTADINO
Ci hanno chiamato così in tanti e non perché tra le nostre teste ce ne sono di brune, di nere, di bionde, di calve, ma perché i nostri senni sono di colori così diversi. Credo che se fuoriuscissero tutti dallo stesso cranio si involerebbero verso est, ovest, nord e sud e, se dovessero accordarsi sul tragitto più breve, sceglierebbero tutti e quattro i punti della bussola. SECONDO CITTADINO
Ne sei convinto? E secondo te in che direzione volerebbe il mio senno? TERZO CITTADINO
Eh, il tuo senno mica potrà liberarsi alla velocità di un altro, conficcato com’è in una testa di legno. Ma se fosse libero andrebbe sicuramente a sud. 2403
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
SECOND CITIZEN Why that way? THIRD CITIZEN To lose itself in a fog where, being three
parts melted away with rotten dews, the fourth would return for conscience’ sake, to help to get thee a wife. SECOND CITIZEN You are never without your tricks. You may, you may. THIRD CITIZEN Are you all resolved to give your voices? But that’s no matter, the greater part carries it. I say, if he would incline to the people there was never a worthier man.
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40
Enter Coriolanus in a gown of humility, with Menenius Here he comes, and in the gown of humility. Mark his behaviour. We are not to stay all together, but to come by him where he stands by ones, by twos, and by threes. He’s to make his requests by particulars, wherein every one of us has a single honour in giving him our own voices with our own tongues. Therefore follow me, and I’ll direct you how you shall go by him. ALL THE CITIZENS Content, content. Exeunt Citizens
47
MENENIUS
O sir, you are not right. Have you not known The worthiest men have done’t? CORIOLANUS What must I say? ‘I pray, sir’? Plague upon’t, I cannot bring My tongue to such a pace. ‘Look, sir, my wounds. I got them in my country’s service, when Some certain of your brethren roared and ran From th’ noise of our own drums’? MENENIUS O me, the gods! You must not speak of that, you must desire them To think upon you.
2404
50
55
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
SECONDO CITTADINO
E perché? TERZO CITTADINO
Per perdersi nella nebbia, dove, dopo che tre parti si sono sciolte nelle guazze putride113, la quarta ritornerebbe per scrupolo di coscienza ad aiutarti a trovar moglie. SECONDO CITTADINO
Hai sempre la battuta pronta. Continua pure. TERZO CITTADINO
Siete tutti decisi a concedere i vostri voti? Comunque non fa differenza, si va a maggioranza. Per me, se solo fosse più favorevole al popolo, non si sarebbe mai visto uomo più degno. Entra Coriolano vestito della tunica dell’umiltà, con Menenio Eccolo, e con la tunica dell’umiltà. State attenti al suo comportamento. Non dobbiamo starcene tutti in gruppo, ma avvicinarci a lui singolarmente, oppure due o tre alla volta. Lui è tenuto a rivolgersi ai singoli, in modo che ciascuno abbia singolarmente l’onore di dargli il suo voto con parole sue. Perciò seguitemi e vi mostrerò come rivolgervi a lui. TUTTI I CITTADINI
Bene, bene. Escono i cittadini MENENIO
Signore, ti sbagli. Non sai che l’hanno fatto gli uomini più nobili? CORIOLANO
Cosa devo dire? “Vi prego, signore”? Maledizione! Non riesco a dare quel ritmo lì alla mia lingua. “Signore, guarda le mie ferite. Le ho ricevute al servizio del mio paese quando c’erano certuni della tua tribù che urlavano e scappavano al solo sentire i nostri tamburi”? MENENIO
Oh che gli dèi mi assistano! Di questo non devi proprio parlare. Devi pregarli di tenerti presente.
2405
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
Think upon me? Hang ’em. I would they would forget me like the virtues Which our divines lose by ’em. MENENIUS You’ll mar all. I’ll leave you. Pray you, speak to ’em, I pray you, In wholesome manner. CORIOLANUS Bid them wash their faces And keep their teeth clean. Exit Menenius CORIOLANUS
60
Enter three of the Citizens So, here comes a brace. You know the cause, sir, of my standing here. THIRD CITIZEN
We do, sir. Tell us what hath brought you to’t. CORIOLANUS Mine own desert. SECOND CITIZEN Your own desert? CORIOLANUS Ay, but not mine own desire. THIRD CITIZEN How not your own desire? CORIOLANUS No, sir, ’twas never my desire yet to trouble the poor with begging. THIRD CITIZEN You must think if we give you anything we hope to gain by you. CORIOLANUS Well then, I pray, your price o’th’ consulship? FIRST CITIZEN The price is to ask it kindly. CORIOLANUS Kindly, sir, I pray let me ha’t. I have wounds to show you which shall be yours in private. (To Second Citizen) Your good voice, sir. What say you?
2406
65
70
74
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
CORIOLANO
Tenermi presente? Impiccarli! Vorrei che mi dimenticassero, come le prediche che i sacerdoti perdono tempo a fargli. MENENIO
Ma così rovini tutto. Adesso ti lascio. Ti prego, ti prego, cerca di avere un sano abboccamento con loro114. CORIOLANO
Digli di lavarsi la faccia e sciacquarsi bene la bocca. Esce Menenio Entrano tre dei cittadini Ah, eccone un paio115. Signore, voi sapete per quale motivo me ne sto qui. TERZO CITTADINO
Lo sappiamo, signore. Dicci che cosa ti ha indotto a farlo. CORIOLANO
I miei meriti. SECONDO CITTADINO
I tuoi meriti? CORIOLANO
Sì, ma non un mio personale desiderio. TERZO CITTADINO
Come, non un tuo personale desiderio? CORIOLANO
No, signore, non è mai stato mio desiderio importunare i poveri con richieste d’elemosina. TERZO CITTADINO
Devi capire che se ti diamo qualcosa ci aspettiamo un guadagno da te. CORIOLANO
Bene, allora: a che prezzo lo date il consolato? PRIMO CITTADINO
Il prezzo è chiederlo con cortesia. CORIOLANO
Con cortesia, signore, ti prego di darmi il tuo assenso. Ho ferite da mostrarti che potrai vedere in privato116. (Al secondo cittadino) Il tuo voto prezioso, signore. Che mi dici? 2407
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
SECOND CITIZEN You shall ha’t, worthy sir. CORIOLANUS A match, sir. There’s in all two worthy voices
begged. I have your alms. Adieu. THIRD CITIZEN (to the other Citizens) But this is something
80
odd. SECOND CITIZEN An ’twere to give again – but ’tis no
matter.
Exeunt Citizens
Enter two other Citizens CORIOLANUS Pray you now, if it may stand with the tune
of your voices that I may be consul, I have here the customary gown. [FOURTH] CITIZEN You have deserved nobly of your country, and you have not deserved nobly. CORIOLANUS Your enigma? [FOURTH] CITIZEN You have been a scourge to her enemies, you have been a rod to her friends. You have not, indeed, loved the common people. CORIOLANUS You should account me the more virtuous that I have not been common in my love. I will, sir, flatter my sworn brother the people to earn a dearer estimation of them. ’Tis a condition they account gentle. And since the wisdom of their choice is rather to have my hat than my heart, I will practise the insinuating nod and be off to them most counterfeitly; that is, sir, I will counterfeit the bewitchment of some popular man, and give it bountiful to the desirers. Therefore, beseech you I may be consul. [FIFTH] CITIZEN We hope to find you our friend, and therefore give you our voices heartily. [FOURTH] CITIZEN You have received many wounds for your country.
2408
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
SECONDO CITTADINO
Sarà tuo, nobile signore. CORIOLANO
Affare fatto. Due bei voti sono bell’e mendicati. Ho le vostre elemosine. Addio. TERZO CITTADINO (agli altri cittadini) Certo che è ben strano. SECONDO CITTADINO
Se dovessi ridarglielo... ma lasciamo perdere. Escono i cittadini Entrano altri due cittadini CORIOLANO
E adesso prego voi. Se dire di sì al mio consolato s’intona con le vostre voci, mi sono messo la tunica giusta. [QUARTO] CITTADINO
Hai meritato e demeritato molto nei confronti della patria. CORIOLANO
Mi sciogli l’enigma? [QUARTO] CITTADINO
Sei stato un flagello per i suoi nemici, una sferza per i suoi amici. Non si può proprio dire che tu abbia amato la gente comune. CORIOLANO
Dovresti considerarmi tanto più virtuoso in quanto non ho messo in comune il mio amore. Sono pronto ad arruffianarmi il popolo, mio fratello di sangue, per crescere nella sua stima. È un comportamento che lui considera cortese. E poiché nella sua infinita saggezza preferisce il mio cappello117 al mio cuore, mi profonderò in deferenti inchini e finti ossequi; intendo dire, signore, che mi impadronirò dei trucchi di qualche demagogo e li distribuirò a piene mani a chi li vuole. E quindi, ti prego, concedimi di diventare console. [QUINTO] CITTADINO
Noi speriamo che ci sarai amico e quindi ti offriamo di cuore i nostri voti. [QUARTO] CITTADINO
Hai ricevuto molte ferite per la tua patria. 2409
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
CORIOLANUS I will not seal your knowledge with showing
them. I will make much of your voices, and so trouble you no farther. BOTH CITIZENS The gods give you joy, sir, heartily. CORIOLANUS Most sweet voices. Exeunt Citizens Better it is to die, better to starve, Than crave the hire which first we do deserve. Why in this womanish toge should I stand here To beg of Hob and Dick that does appear Their needless vouches? Custom calls me to’t. What custom wills, in all things should we do’t, The dust on antique time would lie unswept, And mountainous error be too highly heaped For truth to o’erpeer. Rather than fool it so, Let the high office and the honour go To one that would do thus. I am half through. The one part suffered, the other will I do.
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Enter three Citizens more Here come more voices. Your voices! For your voices I have fought, Watched for your voices, for your voices bear Of wounds two dozen odd; battles thrice six I have seen and heard of for your voices, have Done many things, some less, some more. Your voices! Indeed I would be consul. [SIXTH] CITIZEN He has done nobly, and cannot go without any honest man’s voice. [SEVENTH] CITIZEN Therefore let him be consul. The gods give him joy and make him good friend to the people! ALL THE CITIZENS Amen, amen. God save thee, noble consul! CORIOLANUS Worthy voices. Exeunt Citizens
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137
115. Womanish toge: emend. tardo; in F Wooluish tongue = “lingua da lupo”. 2410
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
CORIOLANO
Se lo sai già, inutile mostrartele. Li tratterò bene i vostri voti e non vi seccherò mai più. ENTRAMBI I CITTADINI
Che gli dèi ti diano la felicità, signore. Davvero. CORIOLANO
Voti preziosissimi! Escono i cittadini Meglio la morte, meglio la fame che smaniare per un incarico di cui si è più che degni. Perché devo starmene qui in questa tunica da donnetta118 a elemosinare i voti inutili di Tizio e Caio? Perché è l’usanza. Ma se noi seguissimo sempre alla lettera tutte le usanze, la polvere del passato non verrebbe mai spazzata via e la montagna di errori si farebbe talmente alta da bloccare la vista alla verità. Piuttosto che fare guittate del genere, vadano pure l’alta carica e l’onore a chi se la sente. Sono a metà strada. Ho sopportato la prima parte, sopporterò la seconda. Entrano altri tre cittadini Altri voti in arrivo. I vostri voti! Per i vostri voti ho combattuto, per i vostri voti ho vegliato, per i vostri voti mi porto addosso più o meno due dozzine di ferite; con i miei occhi e orecchie sono stato testimone di tre volte sei battaglie per i vostri voti e ho fatto molte cose più o meno importanti. I vostri voti! Ci tengo moltissimo a diventare console. [SESTO] CITTADINO
Si è comportato da valoroso e non può mancargli il voto di tutti gli uomini onesti. [SETTIMO] CITTADINO
E dunque, che sia console. Gli dèi gli diano felicità e ne facciano un buon amico del popolo. TUTTI I CITTADINI
Amen, amen. Dio ti protegga, nobile console! CORIOLANO
Voti preziosi. Escono i cittadini
2411
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
Enter Menenius with Brutus and Sicinius MENENIUS
You have stood your limitation, and the tribunes Endue you with the people’s voice. Remains That in th’ official marks invested, you Anon do meet the senate. CORIOLANUS Is this done?
140
SICINIUS
The custom of request you have discharged. The people do admit you, and are summoned To meet anon upon your approbation.
145
CORIOLANUS
Where, at the senate-house? There, Coriolanus.
SICINIUS
CORIOLANUS
May I change these garments? You may, sir.
SICINIUS CORIOLANUS
That I’ll straight do, and, knowing myself again, Repair to th’ senate-house. MENENIUS
I’ll keep you company. (To the tribunes) Will you along?
150
BRUTUS
We stay here for the people. SICINIUS
Fare you well. Exeunt Coriolanus and Menenius
He has it now, and by his looks methinks ’Tis warm at’s heart. BRUTUS With a proud heart he wore His humble weeds. Will you dismiss the people? Enter the Plebeians SICINIUS
How now, my masters, have you chose this man?
2412
155
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
Entra Menenio con Bruto e Sicinio MENENIO
Hai retto per il tempo prescritto e i tribuni ti conferiscono il voto popolare. Ti resta solo da presentarti subito in senato con le insegne ufficiali della carica. CORIOLANO
Ho finito? SICINIO
Hai rispettato l’usanza della postulazione. Il popolo ti accetta ed è chiamato a riunirsi subito per la ratifica. CORIOLANO
Dove? In senato? SICINIO
Proprio lì, Coriolano. CORIOLANO
Posso cambiarmi d’abito? SICINIO
Certamente, signore. CORIOLANO
Lo faccio subito e quando sarò di nuovo riconoscibile a me stesso, andrò in senato. MENENIO
Vengo con te. (Ai tribuni) Venite anche voi? BRUTO
Aspettiamo qui il popolo. SICINIO
Addio. Escono Coriolano e Menenio Ce l’ha fatta. E si direbbe proprio che gli riscaldi il cuore. BRUTO
È con un cuore colmo d’orgoglio che ha indossato la tunica dell’umiltà. Pensi tu a congedare il popolo? Entrano i plebei SICINIO
Allora, miei padroni, avete scelto quest’uomo?
2413
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
FIRST CITIZEN He has our voices, sir. BRUTUS
We pray the gods he may deserve your loves. SECOND CITIZEN
Amen, sir. To my poor unworthy notice He mocked us when he begged our voices. THIRD CITIZEN
Certainly. He flouted us downright.
160
FIRST CITIZEN
No, ’tis his kind of speech. He did not mock us. SECOND CITIZEN
Not one amongst us save yourself but says He used us scornfully. He should have showed us His marks of merit, wounds received for’s country. SICINIUS
Why, so he did, I am sure. No, no; no man saw ’em.
ALL THE CITIZENS THIRD CITIZEN
He said he had wounds which he could show in private, And with his hat, thus waving it in scorn, ‘I would be consul,’ says he. ‘Agèd custom But by your voices will not so permit me. Your voices therefore.’ When we granted that, Here was ‘I thank you for your voices, thank you. Your most sweet voices. Now you have left your voices I have no further with you.’ Was not this mockery?
166
170
SICINIUS
Why either were you ignorant to see’t, Or, seeing it, of such childish friendliness To yield your voices? BRUTUS (to the Citizens) Could you not have told him As you were lessoned: when he had no power But was a petty servant to the state, He was your enemy, ever spake against Your liberties and the charters that you bear I’th’ body of the weal; and now arriving 2414
175
180
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
PRIMO CITTADINO
Ha i nostri voti, signore. BRUTO
Preghiamo gli dèi che si meriti anche il vostro amore. SECONDO CITTADINO
Amen, signore. Secondo il mio modesto parere, si è fatto beffe di noi mentre implorava i nostri voti. TERZO CITTADINO
È vero. Ci ha proprio sfottuti per bene. PRIMO CITTADINO
Ma no, è il suo modo di parlare. Non ci stava prendendo in giro. SECONDO CITTADINO
A parte te, non ce n’è uno qui che non trovi che è stato sprezzante con noi. Doveva mostrarci i testimoni del suo valore, le ferite ricevute per la patria. SICINIO
E l’ha fatto di sicuro. TUTTI I CITTADINI
No, no; non le ha viste nessuno. TERZO CITTADINO
Ha detto che aveva ferite che poteva far vedere in privato. E sventolando proprio così il cappello, in segno di disprezzo, dice: “Vorrei diventare console. Un’antica usanza non me lo consente senza i vostri voti. Allora, i vostri voti.” Appena glieli abbiamo assicurati, lui fa: “Vi ringrazio per i vostri voti, grazie. I vostri preziosi voti. Ora che me li avete dati, con voi ho chiuso.” E questo non è prenderci in giro? SICINIO
Ma perché siete stati così sempliciotti da non capire o, se avevate capito, così infantili e candidi da dargli i vostri voti? BRUTO (ai cittadini) Ve l’avevamo pur spiegato che cosa dovevate dirgli: che quando non aveva potere ed era un umile servitore dello stato era vostro nemico, sempre lì a parlare contro le vostre libertà e i diritti che avete nella repubblica; e adesso che arriva alle pompe e agli onori
2415
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
A place of potency and sway o’th’ state, If he should still malignantly remain Fast foe to th’ plebeii, your voices might Be curses to yourselves. You should have said That as his worthy deeds did claim no less Than what he stood for, so his gracious nature Would think upon you for your voices and Translate his malice towards you into love, Standing your friendly lord. SICINIUS (to the Citizens) Thus to have said As you were fore-advised had touched his spirit And tried his inclination, from him plucked Either his gracious promise which you might, As cause had called you up, have held him to, Or else it would have galled his surly nature, Which easily endures not article Tying him to aught. So putting him to rage, You should have ta’en th’advantage of his choler And passed him unelected. BRUTUS (to the Citizens) Did you perceive He did solicit you in free contempt When he did need your loves, and do you think That his contempt shall not be bruising to you When he hath power to crush? Why, had your bodies No heart among you? Or had you tongues to cry Against the rectorship of judgement? SICINIUS (to the Citizens) Have you Ere now denied the asker, and now again, Of him that did not ask but mock, bestow Your sued-for tongues?
185
190
195
200
205
THIRD CITIZEN
He’s not confirmed, we may deny him yet. SECOND CITIZEN And will deny him.
I’ll have five hundred voices of that sound. FIRST CITIZEN
I twice five hundred, and their friends to piece ’em.
2416
210
CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
di un alto incarico, se rimane ancora nemico giurato e tristo dei plebei, i vostri voti potrebbero ritorcersi come maledizioni contro di voi. Dovevate dirgli che, come i suoi meriti lo rendevano più che degno della carica a cui aspira, così il suo buon carattere l’avrebbe sicuramente indotto ad avere un occhio di riguardo per i suoi elettori, a trasformare la sua ostilità in benevolenza e a rivelarsi il vostro benevolo signore. SICINIO (ai cittadini) Parole di questo genere, come vi avevamo suggerito, l’avrebbero punto sul vivo e messo alla prova. Delle due, l’una: o gli strappavate una benevola promessa che, al bisogno, potevate imporgli di mantenere, oppure provocavate il suo cattivo carattere che non sopporta alcun vincolo. Così, avendolo fatto infuriare avreste potuto approfittare della sua collera per non farlo eleggere. BRUTO (ai cittadini) Vi siete accorti che elemosinava con totale disprezzo i vostri voti quando ne aveva bisogno e pensate che il suo disprezzo non vi riempirà di lividi quando avrà il potere di schiacciarvi? Ma come, tanti corpi e neanche un po’ d’animo? O avevate lingue solo per ribellarvi contro il governo della ragione? SICINIO (ai cittadini) In passato avete rifiutato i voti a chi ve li chiedeva e adesso invece mettete le vostre preziose lingue al servizio di uno che, anziché chiedere, vi prende in giro? TERZO CITTADINO
Non è ancora stato confermato. Possiamo ancora dirgli di no. SECONDO CITTADINO
E gli diremo di no. Per almeno cinquecento voci, garantisco io. PRIMO CITTADINO
E io per due volte cinquecento – e i loro amici di rinforzo.
2417
CORIOLANUS, ACT 2 SCENE 3
BRUTUS
Get you hence instantly, and tell those friends They have chose a consul that will from them take Their liberties, make them of no more voice Than dogs that are as often beat for barking, As therefor kept to do so. SICINIUS (to the Citizens) Let them assemble, And on a safer judgement all revoke Your ignorant election. Enforce his pride And his old hate unto you. Besides, forget not With what contempt he wore the humble weed, How in his suit he scorned you; but your loves, Thinking upon his services, took from you Th’apprehension of his present portance, Which most gibingly, ungravely he did fashion After the inveterate hate he bears you. BRUTUS (to the Citizens) Lay A fault on us your tribunes, that we laboured No impediment between, but that you must Cast your election on him. SICINIUS (to the Citizens) Say you chose him More after our commandment than as guided By your own true affections, and that your minds, Preoccupied with what you rather must do Than what you should, made you against the grain To voice him consul. Lay the fault on us. BRUTUS (to the Citizens) Ay, spare us not. Say we read lectures to you, How youngly he began to serve his country, How long continued, and what stock he springs of, The noble house o’th’ Martians, from whence came That Ancus Martius, Numa’s daughter’s son, Who after great Hostilius here was king; Of the same house Publius and Quintus were, That our best water brought by conduits hither; And Censorinus that was so surnamed,
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CORIOLANO, ATTO II SCENA 3
BRUTO
Disperdetevi subito e andate a dire a quegli amici che hanno scelto un console che li priverà delle loro libertà e li ridurrà a non avere più voce in capitolo dei cani, picchiati perché abbaiano eppure addestrati per farlo. SICINIO (ai cittadini) Chiamateli a raccolta e, dopo averci pensato meglio, ritrattate un voto dato per ignoranza. Ponete l’accento sul suo orgoglio e sull’antico odio verso di voi. E poi non dimenticate con quanto disprezzo ha indossato la toga dell’umiltà e come vi ha scherniti nell’appellarsi a voi. Ma il vostro amore per chi ha reso tali servigi vi ha fatto sottovalutare il suo comportamento presente, l’indecoroso dileggio che il suo antico odio per voi gli ha ispirato. BRUTO (ai cittadini) Date la colpa a noi tribuni che, spazzati via tutti i dubbi, abbiamo fatto pressioni d’ogni genere perché lo votaste. SICINIO (ai cittadini) Dite che l’avete scelto più per obbedire ai nostri ordini che guidati dai vostri veri sentimenti; che le vostre menti, prese da quello che dovevate (piuttosto che da quello che avreste dovuto) fare, ve l’hanno fatto acclamare console contro voglia. Date la colpa a noi. BRUTO (ai cittadini) Sì, dateci addosso. Dite pure che vi abbiamo indottrinato: com’era giovane quando incominciò a servire la patria, per quanto tempo l’ha servita, da quale stirpe discende, la nobile casata dei Marzii, che conta fra i suoi quell’Anco Marzio, figlio della figlia di Numa, che fu re tra noi dopo il grande Ostilio; alla stessa casata appartennero Publio e Quinto che con i loro acquedotti ci portarono l’acqua migliore e Censorino119, così soprannominato – e degnamente, vi-
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
And nobly named so, twice being censor, Was his great ancestor. SICINIUS (to the Citizens) One thus descended, That hath beside well in his person wrought To be set high in place, we did commend To your remembrances, but you have found, Scaling his present bearing with his past, That he’s your fixèd enemy, and revoke Your sudden approbation. BRUTUS (to the Citizens) Say you ne’er had done’t – Harp on that still – but by our putting on; And presently when you have drawn your number, Repair to th’ Capitol. [A CITIZEN] We will so. [ANOTHER CITIZEN] Almost all Repent in their election. Exeunt Citizens BRUTUS Let them go on. This mutiny were better put in hazard Than stay, past doubt, for greater. If, as his nature is, he fall in rage With their refusal, both observe and answer The vantage of his anger. SICINIUS To th’ Capitol, come. We will be there before the stream o’th’ people, And this shall seem, as partly ’tis, their own, Which we have goaded onward. Exeunt 3.1
Cornetts. Enter Coriolanus, Menenius, all the gentry; Cominius, Lartius, and other Senators
CORIOLANUS
Tullus Aufidius then had made new head? LARTIUS
He had, my lord, and that it was which caused Our swifter composition.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
sto che fu per due volte censore – fu anche lui uno dei suoi grandi antenati. SICINIO (ai cittadini) Uno di così alto lignaggio e per giunta con tutti i meriti personali necessari per aspirare a un’alta carica, ebbene sì, noi ve lo avevamo raccomandato; ma voi, mettendo su un piatto della bilancia il suo comportamento attuale e sull’altro il suo passato, avete visto che è un vostro implacabile nemico e revocate un voto troppo affrettato. BRUTO (ai cittadini) Dite e ribadite che non l’avreste mai fatto se non per le nostre insistenze e appena radunata una folla sufficiente, correte al Campidoglio. [UN CITTADINO]
Lo faremo. [UN ALTRO CITTADINO]
Quasi tutti si sono pentiti di averlo votato. Escono i cittadini BRUTO
Lasciali andare. Meglio correre il rischio di questa sommossa che rimanere in attesa di una più grande che non potrà mancare. Se, com’è nella sua natura, si infurierà per il loro rifiuto, saremo lì per spiare i segni della sua ira e sfruttarla a nostro vantaggio. SICINIO
Al Campidoglio, vieni. Ci arriveremo prima della fiumana di popolo. Così quello che abbiamo istigato sembrerà, come in parte è, un loro moto spontaneo. Escono III, 1
Cornette. Entrano Coriolano, Menenio, tutti i patrizi, Cominio, Larzio e altri senatori120
CORIOLANO
Dunque Tullo Aufidio stava raccogliendo un nuovo esercito? LARZIO
Sì, signore, ed è questo che ci ha costretti a concludere la pace più in fretta.
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
CORIOLANUS
So then the Volsces stand but as at first, Ready when time shall prompt them to make raid Upon’s again. COMINIUS They are worn, lord consul, so That we shall hardly in our ages see Their banners wave again. CORIOLANUS (to Lartius) Saw you Aufidius?
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LARTIUS
On safeguard he came to me, and did curse Against the Volsces for they had so vilely Yielded the town. He is retired to Antium.
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CORIOLANUS
Spoke he of me? He did, my lord.
LARTIUS
CORIOLANUS
How? What?
LARTIUS
How often he had met you sword to sword; That of all things upon the earth he hated Your person most; that he would pawn his fortunes To hopeless restitution, so he might Be called your vanquisher. CORIOLANUS At Antium lives he? LARTIUS At Antium.
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CORIOLANUS
I wish I had a cause to seek him there, To oppose his hatred fully. Welcome home.
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Enter Sicinius and Brutus Behold, these are the tribunes of the people, The tongues o’th’ common mouth. I do despise them, For they do prank them in authority Against all noble sufferance. SICINIUS Pass no further.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
CORIOLANO
Allora i Volsci sono al punto di prima, pronti al momento opportuno a ricominciare con le incursioni contro di noi. COMINIO
Sono molto provati, mio console121. Non credo che vivremo abbastanza a lungo da rivedere i loro stendardi al vento. CORIOLANO (a Larzio) Hai visto Aufidio? LARZIO
È venuto da me con un salvacondotto e imprecava contro i Volsci codardi che ci avevano consegnato la città. Adesso si è ritirato ad Anzio. CORIOLANO
Ha parlato di me? LARZIO
Sì, mio signore. CORIOLANO
Come? Cosa? LARZIO
Quante volte si è scontrato con te spada contro spada; che non c’è nulla in terra che odia più della tua persona; che impegnerebbe tutte le sue fortune a fondo perduto pur di essere proclamato tuo vincitore. CORIOLANO
Ad Anzio vive? LARZIO
Ad Anzio. CORIOLANO
Se solo avessi un motivo per andarlo a cercare fin là e prendere di petto il suo odio. Bentornato a casa. Entrano Sicinio e Bruto Guarda, guarda. Arrivano i tribuni del popolo, le lingue della sua grande bocca. Ho solo disprezzo per loro perché si pavoneggiano nella loro autorità mettendo a dura prova la sopportazione patrizia. SICINIO
Non procedere oltre. 2423
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
CORIOLANUS Ha, what is that? BRUTUS
It will be dangerous to go on. No further. CORIOLANUS What makes this change? MENENIUS The matter?
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COMINIUS
Hath he not passed the noble and the common? BRUTUS
Cominius, no. Have I had children’s voices?
CORIOLANUS
[FIRST] SENATOR
Tribunes, give way. He shall to th’ market-place. BRUTUS
The people are incensed against him. Stop, Or all will fall in broil. CORIOLANUS Are these your herd? Must these have voices, that can yield them now And straight disclaim their tongues? What are your offices? You being their mouths, why rule you not their teeth? Have you not set them on? MENENIUS Be calm, be calm. SICINIUS
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CORIOLANUS
It is a purposed thing, and grows by plot To curb the will of the nobility. Suffer’t, and live with such as cannot rule Nor ever will be ruled. BRUTUS Call’t not a plot. The people cry you mocked them, and of late When corn was given them gratis, you repined, Scandalled the suppliants for the people, called them Time-pleasers, flatterers, foes to nobleness.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
CORIOLANO
Ehi, come sarebbe a dire? BRUTO
Procedere sarà pericoloso. Fermati. CORIOLANO
E questo cambiamento a che cosa è dovuto? MENENIO
Il motivo? COMINIO
Non ha avuto il placet di patrizi e plebei? BRUTO
No, Cominio. CORIOLANO
Sono stato votato da dei bambini? [PRIMO] SENATORE
Spostatevi, tribuni. Andrà al foro. BRUTO
Il popolo è in collera contro di lui. SICINIO
Fermati o scoppia una rivolta. CORIOLANO
E questo sarebbe il vostro gregge? Ma devono proprio avere il voto quelli che prima lo danno e subito dopo se lo rimangiano? Qual è il vostro mandato? Se siete le loro bocche perché non tenete a freno i loro denti? O li avete sguinzagliati voi? MENENIO
Calmati, calmati. CORIOLANO
È tutta una macchinazione, ordita per piegare la volontà dei patrizi. Subitela e dovrete fare i conti con gentaglia che non è capace di governare e non si lascia governare. BRUTO
Non chiamarla macchinazione. Il popolo grida che ti sei fatto beffe di loro e che di recente, quando gli è stato distribuito grano gratis, tu eri contrario e hai calunniato quelli che intercedevano per il popolo chiamandoli opportunisti, ruffiani e nemici dei patrizi.
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
CORIOLANUS
Why, this was known before. BRUTUS
Not to them all.
CORIOLANUS
Have you informed them sithence? How, I inform them? [CORIOLANUS] You are like to do such business. BRUTUS Not unlike Each way to better yours. BRUTUS
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CORIOLANUS
Why then should I be consul? By yon clouds, Let me deserve so ill as you, and make me Your fellow tribune. SICINIUS You show too much of that For which the people stir. If you will pass To where you are bound, you must enquire your way, Which you are out of, with a gentler spirit, Or never be so noble as a consul, Nor yoke with him for tribune. MENENIUS Let’s be calm.
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COMINIUS
The people are abused, set on. This palt’ring Becomes not Rome, nor has Coriolanus Deserved this so dishonoured rub, laid falsely I’th’ plain way of his merit. CORIOLANUS Tell me of corn? This was my speech, and I will speak’t again. MENENIUS Not now, not now. [FIRST] SENATOR Not in this heat, sir, now. CORIOLANUS Now as I live, I will. My nobler friends, I crave their pardons. For the mutable rank-scented meinie,
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
CORIOLANO
Ma di questo erano già al corrente. BRUTO
Mica tutti. CORIOLANO
Ti sei premurato tu di informarli? BRUTO
Chi, io? [CORIOLANO] Ne sei sicuramente capace. BRUTO
E anche di fare il tuo lavoro meglio di te. CORIOLANO
E allora perché dovrei fare il console? Per le nubi in cielo, fammi demeritare quanto te e poi nominare tribuno. Così diventiamo colleghi. SICINIO
Fai troppo sfoggio di quei modi che mettono in subbuglio il popolo. Se ti sei perso e vuoi raggiungere la tua meta, devi chiedere la strada con tono più gentile, altrimenti non raggiungerai mai la nobiltà di un console né potrai fare il paio con lui come tribuno. MENENIO
Restiamo calmi. COMINIO
Il popolo è stato gabbato e sobillato. Questi brogli non si addicono a Roma e Coriolano non meritava di trovare questi disonorevoli ostacoli sul liscio percorso del suo merito122. CORIOLANO
E dai con la storia del grano! Questo è ciò che ho detto e che sono pronto a ripetere. MENENIO
Non adesso, non adesso. [PRIMO] SENATORE
Non mentre sei così alterato, signore. CORIOLANO
Proprio adesso, invece, quant’è vero che sono vivo. Imploro il vostro perdono, miei più nobili amici. Quanto alle masse volubili e 2427
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
Let them regard me, as I do not flatter, And therein behold themselves. I say again, In soothing them we nourish ’gainst our Senate The cockle of rebellion, insolence, sedition, Which we ourselves have ploughed for, sowed, and scattered By mingling them with us, the honoured number Who lack not virtue, no, nor power, but that Which they have given to beggars. MENENIUS Well, no more.
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[FIRST] SENATOR
No more words, we beseech you. How, no more? As for my country I have shed my blood, Not fearing outward force, so shall my lungs Coin words till their decay against those measles Which we disdain should tetter us, yet sought The very way to catch them.
CORIOLANUS
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BRUTUS
You speak o’th’ people as if you were a god To punish, not a man of their infirmity.
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SICINIUS
’Twere well we let the people know’t. What, what, his choler?
MENENIUS
CORIOLANUS
Choler? Were I as patient as the midnight sleep, By Jove, ’twould be my mind. SICINIUS It is a mind That shall remain a poison where it is, Not poison any further. CORIOLANUS ‘Shall remain’? Hear you this Triton of the minnows? Mark you His absolute ‘shall’? COMINIUS ’Twas from the canon. CORIOLANUS ‘Shall’? O good but most unwise patricians, why, You grave but reckless senators, have you thus 2428
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
puzzolenti, che si specchino in me se vogliono vedere se stessi: io non li lusingo. Ribadisco che, nell’arruffianarceli, noi nutriamo contro il senato il loglio cattivo di ribellione, insolenza e sedizione. Noi stessi abbiamo arato e seminato ben bene per diffonderlo, quando abbiamo permesso ai plebei di mescolarsi a noi, il patriziato a cui non manca né valore, no, né potere – tranne quello che esso stesso ha ceduto agli straccioni. MENENIO
Adesso basta. [PRIMO] SENATORE
Basta con le parole, per favore. CORIOLANO
Come, basta? Come ho versato il mio sangue per la patria senza temere gli assalti dei nemici, così i miei polmoni finché avranno forza conieranno parole contro le pustole di questi lebbrosi123 di cui temiamo il contagio pur facendo di tutto per prenderlo. BRUTO
Tu parli del popolo come se tu fossi un dio vendicatore, non un uomo con le loro stesse fragilità. SICINIO
Sarà bene che di questo informiamo il popolo. MENENIO
Di che cosa, del suo umore collerico? CORIOLANO
Ma quale umore collerico? Anche se avessi la calma del sonno più profondo, per Giove, questo sarebbe il mio modo di pensare. SICINIO
Un modo di pensare che è veleno e deve rimanere dov’è per non avvelenare altri. CORIOLANO
“Deve”? Ma lo sentite questo Tritone dei molluschi124? Con quanta autorità dice “deve”? COMINIO
Qui si va contro le regole. CORIOLANO
“Deve”? O buoni ma sconsideratissimi patrizi e voi, gravi ma avventati senatori, perché avete consentito a quest’Idra di scegliersi 2429
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
Given Hydra here to choose an officer That, with his peremptory ‘shall’, being but The horn and noise o’th’ monster’s, wants not spirit To say he’ll turn your current in a ditch And make your channel his? If he have power, Then vail your impotence; if none, awake Your dangerous lenity. If you are learned, Be not as common fools; if you are not, Let them have cushions by you. You are plebeians If they be senators, and they are no less When, both your voices blended, the great’st taste Most palates theirs. They choose their magistrate, And such a one as he, who puts his ‘shall’, His popular ‘shall’, against a graver bench Than ever frowned in Greece. By Jove himself, It makes the consuls base, and my soul aches To know, when two authorities are up, Neither supreme, how soon confusion May enter ’twixt the gap of both and take The one by th’ other. COMINIUS Well, on to th’ market-place.
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CORIOLANUS
Whoever gave that counsel to give forth The corn o’th’ storehouse gratis, as ’twas used Sometime in Greece – MENENIUS Well, well, no more of that.
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CORIOLANUS
Though there the people had more absolute power – I say they nourished disobedience, fed The ruin of the state. BRUTUS Why shall the people give One that speaks thus their voice? CORIOLANUS I’ll give my reasons, More worthier than their voices. They know the corn Was not our recompense, resting well assured 101. Impotence: emend. tardo; in F Ignorance. 2430
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
un rappresentante che, pur non essendo altro che il fragoroso corno dentro a cui soffia il mostro, con il suo perentorio “deve” non si fa scrupolo di dire che devierà la vostra corrente in un fosso per far suo il letto del vostro fiume? Se ha tanto potere, datene la colpa alla vostra indolenza, se non ce l’ha, scrollatevi di dosso la vostra pericolosa indulgenza. Se siete saggi, non comportatevi come sciocchi ignoranti; se non lo siete, lasciate che si accomodino sui cuscini accanto a voi. Siete voi i plebei se loro sono senatori, e non sono niente di meno se, mescolandovi come ingredienti, il sapore al piatto lo danno soprattutto loro125. Si scelgono il loro magistrato, uno come quello lì, che oppone il suo “deve”, il suo “deve” plebeo, a un’assemblea più severa di quante abbiano mai mostrato la loro fronte corrucciata alla Grecia126. Per il grande Giove, ciò svilisce il consolato, e mi piange il cuore a riconoscere con quale rapidità, quando due autorità si confrontano e nessuna delle due è suprema, il caos si insinua nel vuoto tra loro e si serve dell’una per distruggere l’altra. COMINIO
Va bene, andiamo al foro. CORIOLANO
Chiunque suggerì di distribuire gratis il grano delle riserve, come in qualche occasione si è fatto in Grecia... MENENIO
Dai, dai, basta con questa storia. CORIOLANO
... anche se là il popolo aveva maggior potere, ribadisco: costui ha alimentato la disobbedienza e nutrito la rovina dello stato. BRUTO
Perché il popolo dovrebbe dare i suoi voti a uno che parla così? CORIOLANO
Ti esporrò le mie ragioni, ben più degne dei loro voti. Sanno che non gli abbiamo dato il grano come ricompensa perché non posso-
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
They ne’er did service for’t. Being pressed to th’ war, Even when the navel of the state was touched, They would not thread the gates. This kind of service Did not deserve corn gratis. Being i’th’ war, Their mutinies and revolts, wherein they showed Most valour, spoke not for them. Th’accusation Which they have often made against the senate, All cause unborn, could never be the native Of our so frank donation. Well, what then? How shall this bosom multiplied digest The senate’s courtesy? Let deeds express What’s like to be their words: ‘We did request it, We are the greater poll, and in true fear They gave us our demands.’ Thus we debase The nature of our seats, and make the rabble Call our cares fears, which will in time Break ope the locks o’th’ senate and bring in The crows to peck the eagles. MENENIUS Come, enough.
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BRUTUS
Enough with over-measure. No, take more. What may be sworn by, both divine and human, Seal what I end withal! This double worship, Where one part does disdain with cause, the other Insult without all reason, where gentry, title, wisdom Cannot conclude but by the yea and no Of general ignorance, it must omit Real necessities, and give way the while To unstable slightness. Purpose so barred, it follows Nothing is done to purpose. Therefore beseech you – You that will be less fearful than discreet, That love the fundamental part of state More than you doubt the change on’t, that prefer A noble life before a long, and wish To jump a body with a dangerous physic That’s sure of death without it – at once pluck out
CORIOLANUS
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
no ignorare che non hanno fatto niente per meritarselo. Chiamati alle armi, quando l’ombelico stesso dello stato era in pericolo, rifiutarono persino di uscire in colonna dalle porte della città. Un servizio di questo tipo non meritava grano gratis. Una volta in guerra, le maggiori prove di valore le hanno date in ammutinamenti e rivolte che non depongono sicuramente a loro favore. Le accuse che hanno spesso mosso al senato, sempre infondate, non possono certo essere all’origine della nostra tanto generosa donazione. E allora? Come farà questa bestia dai molti ventri127 a digerire la cortesia del senato? Le loro azioni ci indichino quali potranno essere le loro parole128: “Noi l’abbiamo chiesto, noi siamo la maggioranza e loro hanno ceduto solo per paura.” Così mortifichiamo la natura del nostro consesso e la nostra sollecitudine la facciamo chiamare paura da quella plebaglia che col tempo scardinerà le serrature del senato e farà entrare i corvi a beccare le aquile. MENENIO
Su, è già abbastanza. BRUTO
Abbastanza? È fin troppo. CORIOLANO
No, ce n’è ancora. E tutto quanto di divino e umano presiede ai giuramenti suggelli la mia conclusione. Questa autorità divisa, dove una parte disprezza l’altra con buona causa e ne viene insultata senza alcuna ragione, dove aristocrazia, titoli e saggezza non possono arrivare a una decisione se non con il sì o il no delle masse ignoranti, non può che trascurate i veri bisogni e lasciare spazio alla superficialità e indecisione. Quando non si può pianificare niente, tutto vien fatto a casaccio. Pertanto vi imploro, voi che vi proponete di essere più avveduti che pavidi, voi che amate l’essenza stessa dello stato tanto da non temere di apportarvi cambiamenti129, voi che preferite una vita gloriosa a una lunga e siete disposti a dare una scossa con una medicina pericolosa a un corpo che, senza, sarebbe destinato a morte sicura: strappate subito la lingua
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
The multitudinous tongue; let them not lick The sweet which is their poison. Your dishonour Mangles true judgement, and bereaves the state Of that integrity which should become’t, Not having the power to do the good it would For th’ill which doth control’t. BRUTUS He’s said enough.
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SICINIUS
He’s spoken like a traitor, and shall answer As traitors do. CORIOLANUS Thou wretch, despite o’erwhelm theel What should the people do with these bald tribunes, On whom depending, their obedience fails To th’ greater bench? In a rebellion, When what’s not meet but what must be was law, Then were they chosen. In a better hour Let what is meet be said it must be meet, And throw their power i’th’ dust.
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BRUTUS
Manifest treason. This a consul? No.
SICINIUS BRUTUS
The aediles, ho! Enter an Aedile Let him be apprehended.
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SICINIUS
Go call the people, [Exit Aedile] (To Coriolanus) in whose name myself Attach thee as a traitorous innovator, A foe to th’ public weal. Obey, I charge thee, And follow to thine answer. CORIOLANUS Hence, old goat! ALL [THE PATRICIANS]
We’ll surety him. COMINIUS (to Sicinius) Aged sir, hands off.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
alla moltitudine, non lasciate che lecchino quel dolce sapore che per loro è veleno. La vostra umiliazione fa a brandelli la giustizia e lascia lo stato orfano di quell’integrità che dovrebbe essergli consona, incapace di fare il bene che vorrebbe per via del male che lo controlla. BRUTO
Ha detto abbastanza. SICINIO
Ha parlato da traditore e ne risponderà da traditore. CORIOLANO
Miserabile, che il disprezzo ti travolga! Che se ne fa il popolo di questi strapelati tribuni, quando per dar retta a loro nega la sua obbedienza all’assemblea più autorevole? Furono eletti durante una rivolta, quando bisognava fare di necessità giustizia. In tempi migliori, si riconosca che ciò che è giusto è necessario, e si getti alle ortiche il loro potere. BRUTO
Tradimento, non c’è dubbio! SICINIO
Console costui? Mai! BRUTO
Si chiamino gli edili130. (Entra un edile) Che sia arrestato! SICINIO
Va’ a chiamare il popolo, [Esce l’edile] (a Coriolano) in nome del quale io ti arresto come traditore e sovversivo131, nemico dello stato. Obbedisci, te lo ordino e seguici per l’interrogatorio. CORIOLANO
Levati di torno, vecchio caprone! TUTTI [I PATRIZI]
Garantiamo noi per lui. COMINIO (a Sicinio) Giù le mani, vegliardo.
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
CORIOLANUS (to Sicinius)
Hence, rotten thing, or I shall shake thy bones Out of thy garments. SICINIUS Help, ye citizens! Enter a rabble of Plebeians, with the Aediles MENENIUS
On both sides more respect. Here’s he That would take from you all your power. BRUTUS Seize him, aediles. SICINIUS
ALL [THE CITIZENS]
Down with him, down with him! Weapons, weapons, weapons!
SECOND SENATOR
They all bustle about Coriolanus [CITIZENS and PATRICIANS] [in dispersed cries]
Tribunes! Patricians! Citizens! What ho! Sicinius! Brutus! Coriolanus! Citizens! [SOME CITIZENS and PATRICIANS] Peace, peace, peace! Stay! Hold! Peace!
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MENENIUS
What is about to be? I am out of breath. Confusion’s near; I cannot speak. You tribunes To th’ people, Coriolanus, patience! Speak, good Sicinius. SICINIUS Hear me, people, peace.
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ALL [THE CITIZENS]
Let’s hear our tribune! Peace! Speak, speak, speak! SICINIUS
You are at point to lose your liberties. Martius would have all from you – Martius Whom late you have named for consul. MENENIUS Fie, fie, fie, This is the way to kindle, not to quench. [FIRST] SENATOR
To unbuild the city, and to lay all flat. 2436
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
CORIOLANO (a Sicinio)
Levati di torno, spazzatura, o ti scrollo le ossa fuori dai vestiti. SICINIO
Aiuto, cittadini. Entra la marmaglia plebea con gli edili MENENIO
Rispetto, da entrambe le parti! SICINIO
Ecco davanti a voi quello che vorrebbe strapparvi tutti i poteri. BRUTO
Prendetelo, edili. TUTTI [I CITTADINI]
Abbasso Coriolano, abbasso! SECONDO SENATORE
Mano alle armi, alle armi, alle armi. Tutti si affollano intorno a Coriolano [CITTADINI e PATRIZI] [con grida confuse]
Tribuni! Patrizi! Cittadini! Forza! Sicinio! Bruto! Coriolano! Cittadini! [ALCUNI CITTADINI e PATRIZI] Calma, calma, calma! Fermi! Aspettate! Calma! MENENIO
Che sta succedendo? Mi manca il fiato. Siamo sull’orlo del caos, non riesco a parlare. Voi tribuni, rivolgetevi al popolo e tu, Coriolano, pazienza! Parla, mio buon Sicinio. SICINIO
Cittadini, ascoltatemi. Calma! TUTTI [I CITTADINI]
Ascoltiamo il nostro tribuno! Calma! Parla, parla, parla! SICINIO
State per perdere i vostri diritti. Marzio vorrebbe portarvi via tutto – quel Marzio che avete appena nominato console. MENENIO
No, no, vergognati! Così alimenti l’incendio invece di spegnerlo. [PRIMO] SENATORE
Demolisci la città e la radi al suolo. 2437
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
SICINIUS
What is the city but the people? True, The people are the city. BRUTUS By the consent of all We were established the people’s magistrates. ALL [THE CITIZENS]
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ALL [THE CITIZENS]
You so remain. And so are like to do. [CORIOLANUS] That is the way to lay the city flat, To bring the roof to the foundation, And bury all which yet distinctly ranges In heaps and piles of ruin. SICINIUS This deserves death. MENENIUS
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BRUTUS
Or let us stand to our authority, Or let us lose it. We do here pronounce, Upon the part o’th’ people in whose power We were elected theirs, Martius is worthy Of present death. SICINIUS Therefore lay hold of him, Bear him to th’ rock Tarpeian; and from thence Into destruction cast him. BRUTUS Aediles, seize him.
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ALL THE CITIZENS
Yield, Martius, yield. MENENIUS Hear me one word. Beseech you, tribunes, hear me but a word. AEDILES Peace, peace! MENENIUS (to the tribunes) Be that you seem, truly your country’s friend, And temp’rately proceed to what you would Thus violently redress.
2438
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
SICINIO
E la città che cos’è se non il popolo132? TUTTI [I CITTADINI]
È vero, il popolo è la città. BRUTO
Col consenso generale abbiamo assunto la carica di magistrati del popolo. TUTTI [I CITTADINI]
E rimarrete tali. MENENIO
Ma certo! Perché no? [CORIOLANO]
È così che si rade al suolo una città, si abbattono i tetti sulle fondamenta e si seppellisce in pile di rovine tutto quello che si erge in buon ordine. SICINIO
Sono parole che meritano la morte. BRUTO
O ci battiamo per la nostra autorità o la perdiamo. Noi qui dichiariamo solennemente, in nome del popolo in virtù dei cui poteri siamo stati eletti suoi rappresentanti, che Marzio merita di essere immediatamente messo a morte. SICINIO
Pertanto, arrestatelo e conducetelo alla rupe Tarpeia133 e da lì gettatelo perché si sfracelli. BRUTO
Edili, prendetelo. TUTTI I CITTADINI
Arrenditi, Marzio, arrenditi. MENENIO
Una parola sola, vi prego, tribuni, ascoltate una parola sola. EDILI
Silenzio, silenzio! MENENIO (ai tribuni)
Siate quello che sembrate, amici sinceri della patria, e affrontate con moderazione il problema che vorreste risolvere così brutalmente.
2439
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
Sir, those cold ways That seem like prudent helps are very poisons Where the disease is violent. Lay hands upon him, And bear him to the rock.
BRUTUS
220
Coriolanus draws his sword No, I’ll die here. There’s some among you have beheld me fighting. Come, try upon yourselves what you have seen me.
CORIOLANUS
MENENIUS
Down with that sword. Tribunes, withdraw a while. BRUTUS
Lay hands upon him. Help Martius, help! You that be noble, help him, young and old. ALL [THE CITIZENS] Down with him, down with him! MENENIUS
226
In this mutiny the tribunes, the Aediles, and the people are beat in MENENIUS (to Coriolanus)
Go get you to your house. Be gone, away! All will be naught else. SECOND SENATOR (to Coriolanus) Get you gone. [CORIOLANUS] Stand fast; we have as many friends as enemies.
230
MENENIUS
Shall it be put to that? The gods forbid! (To Coriolanus) I prithee, noble friend, home to thy house. Leave us to cure this cause. MENENIUS For ’tis a sore upon us You cannot tent yourself. Be gone, beseech you. [COMINIUS] Come, sir, along with us. [FIRST] SENATOR
220. Poisons: emend. tardo; in F poysonous = “velenosi”. 2440
235
CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
BRUTO
Signore, quella moderazione che passa per essere un cauto rimedio è veleno quando il male è virulento. Arrestatelo e portatelo alla rupe. Coriolano sfodera la spada CORIOLANO
No, morirò qui. Ce ne sono tra voi che mi hanno visto combattere. Forza, sperimentate su voi stessi quello che mi avete visto fare. MENENIO
Abbassa quella spada. Tribuni, allontanatevi un momento. BRUTO
Arrestatelo. MENENIO
Aiutate Marzio, aiutatelo! Chi ha sangue nobile, giovane o vecchio, lo aiuti. TUTTI [I CITTADINI]
A morte, a morte! Nel tumulto i tribuni, gli edili e il popolo sono respinti MENENIO (a Coriolano)
Tornatene a casa. Svelto, vattene! Altrimenti è la fine. SECONDO SENATORE (a Coriolano)
Va’ via. [CORIOLANO]
Tenete duro! Abbiamo tanti amici quanti nemici. MENENIO
Dovremo arrivare a tanto? [PRIMO] SENATORE
Gli dèi non vogliano! (A Coriolano) Ti prego, mio nobile amico, rifugiati nella tua casa. Lascia a noi la cura di questo malanno. MENENIO
È un bubbone che ci affligge tutti, non puoi medicarlo da solo. Va’ via, ti prego. [COMINIO]
Vieni signore, vieni con noi.
2441
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
[CORIOLANUS]
I would they were barbarians, as they are, Though in Rome littered; not Romans, as they are not, Though calved i’th’ porch o’th’ Capitol. [MENENIUS] Be gone. Put not your worthy rage into your tongue. One time will owe another. CORIOLANUS On fair ground I could beat forty of them. MENENIUS I could myself Take up a brace o’th’ best of them, yea, the two tribunes.
240
COMINIUS
But now ’tis odds beyond arithmetic, And manhood is called foolery when it stands Against a falling fabric. (To Coriolanus) Will you hence Before the tag return, whose rage doth rend Like interrupted waters, and o’erbear What they are used to bear? MENENIUS (to Coriolanus) Pray you be gone. I’ll try whether my old wit be in request With those that have but little. This must be patched With cloth of any colour. COMINIUS Nay, come away.
245
250
Exeunt Coriolanus and Cominius A PATRICIAN This man has marred his fortune. MENENIUS
His nature is too noble for the world. He would not flatter Neptune for his trident Or Jove for’s power to thunder. His heart’s his mouth. What his breast forges, that his tongue must vent, And, being angry, does forget that ever He heard the name of death.
2442
255
CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
[CORIOLANO]
Vorrei che fossero barbari, come di fatto sono, anche se scodellati a Roma, non Romani, come di fatto non sono, anche se figliati sotto il portico del Campidoglio134. [MENENIO]
Va’ via. Non sfogare la tua fiera collera attraverso la lingua. Lascia fare al tempo. CORIOLANO
In campo aperto ne batterei quaranta. MENENIO
Anch’io saprei misurarmi con un paio dei loro uomini migliori – i tribuni, magari. COMINIO
Ma adesso il nostro svantaggio è incalcolabile e il coraggio si chiama stupidità quando si butta a puntellare una casa che crolla. (A Coriolano) Per favore, vattene prima che ritornino gli straccioni. La loro furia è come quella di un fiume che, quando è in piena, travolge e abbatte gli argini da cui pure si lasciava contenere. MENENIO (a Coriolano) Sì, sì, vattene. Vedrò se tra quelli che ne sono così carenti il mio vecchio ingegno ha ancora un po’di credito. Bisogna metterci una pezza – di qualunque colore. COMINIO
Su, vieni via. Escono Coriolano e Cominio UN PATRIZIO
Ecco un uomo che si è rovinato con le sue mani. MENENIO
La sua natura è troppo nobile per come va il mondo. Non si arruffianerebbe Nettuno per il suo tridente o Giove per il potere di scatenare i tuoni. Dal cuore alla bocca: quello che gli si agita in petto arriva dritto alla lingua e quando è in collera dimentica di avere mai sentito il nome stesso della morte.
2443
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
A noise within Here’s goodly work.
260
A PATRICIAN
I would they were abed. I would they were in Tiber. What the vengeance, could he not speak ’em fair?
MENENIUS
Enter Brutus and Sicinius, with the rabble again SICINIUS Where is this viper
That would depopulate the city and Be every man himself? MENENIUS You worthy tribunes –
265
SICINIUS
He shall be thrown down the Tarpeian rock With rigorous hands. He hath resisted law, And therefore law shall scorn him further trial Than the severity of the public power, Which he so sets at naught. FIRST CITIZEN He shall well know The noble tribunes are the people’s mouths, And we their hands. ALL [THE CITIZENS] He shall, sure on’t. MENENIUS Sir, sir. SICINIUS Peace!
270
MENENIUS
Do not cry havoc where you should but hunt With modest warrant. SICINIUS Sir, how comes’t that you Have holp to make this rescue? MENENIUS Hear me speak. As I do know the consul’s worthiness, So can I name his faults.
2444
275
CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
Un rumore da dentro Bella roba! UN PATRIZIO
Vorrei che fossero a nanna. MENENIO
E io vorrei che fossero nel Tevere. Ma accidenti, non poteva trattarli con cortesia? Rientrano Bruto e Sicinio, con la marmaglia SICINIO
Dov’è questa vipera che voleva spopolare la città ed essere solo lui tutto il popolo? MENENIO
Nobili tribuni... SICINIO
Sarà scaraventato giù dalla rupe Tarpeia da mani implacabili. Si è opposto alla legge e quindi la legge gli rifiuterà qualsiasi giudizio che non sia quello severo del potere pubblico da lui tenuto in così poco conto. PRIMO CITTADINO
Imparerà che i nobili tribuni sono le bocche del popolo e noi le sue mani. TUTTI [I CITTADINI]
Sì, sì. Di sicuro. MENENIO
Signore, signore. SICINIO
Silenzio! MENENIO
Non gridare “Al massacro!” quando dovresti cacciare con i cani al guinzaglio135. SICINIO
Signore, come mai hai contribuito a strapparlo alla legge? MENENIO
Dammi retta. Come conosco le virtù del console, così posso enumerare i suoi difetti.
2445
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
SICINIUS Consul? What consul? MENENIUS The consul Coriolanus. BRUTUS He consul?
280
ALL [THE CITIZENS] No, no, no, no, no! MENENIUS
If, by the tribunes’ leave and yours, good people, I may be heard, I would crave a word or two, The which shall turn you to no further harm Than so much loss of time. SICINIUS Speak briefly, then, For we are peremptory to dispatch This viperous traitor. To eject him hence Were but our danger, and to keep him here Our certain death. Therefore it is decreed He dies tonight. MENENIUS Now the good gods forbid That our renownèd Rome, whose gratitude Towards her deservèd children is enrolled In Jove’s own book, like an unnatural dam Should now eat up her own!
285
290
295
SICINIUS
He’s a disease that must be cut away. MENENIUS
O, he’s a limb that has but a disease – Mortal to cut it off, to cure it easy. What has he done to Rome that’s worthy death? Killing our enemies, the blood he hath lost – Which I dare vouch is more than that he hath By many an ounce – he dropped it for his country; And what is left, to lose it by his country Were to us all that do’t and suffer it A brand to th’ end o’th’ world. SICINIUS This is clean cam. BRUTUS
Merely awry. When he did love his country It honoured him.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
SICINIO
Console? Quale console? MENENIO
Il console Coriolano. BRUTO
Lui console? TUTTI [I CITTADINI]
No, no, no, no, no! MENENIO
Se, con il permesso dei tribuni e di voi tutti, brava gente, mi è consentito di farmi sentire, bramerei dirvi una o due parole. Al massimo, vi costerà un po’ del vostro tempo. SICINIO
Sii breve, dunque, perché siamo ben decisi a far fuori questa vipera traditrice. Espellerlo dalla città ci esporrebbe al pericolo, trattenerlo qui alla morte certa. Pertanto è deciso. Stasera muore. MENENIO
Che gli dèi benevoli impediscano che la nostra gloriosa Roma, ricordata nel libro stesso di Giove per la sua gratitudine verso i figli meritevoli, come una madre snaturata adesso si metta a divorare i suoi figli! SICINIO
Lui è una cancrena che va amputata. MENENIO
No, è solo un arto malato – fatale da amputare, facile da curare. Che cosa ha fatto contro Roma per meritare la morte? Mentre uccideva i nostri nemici, il sangue che ha perduto (ben più di quello che ha in corpo adesso, ne sono certo) l’ha versato per la sua patria; e se dovesse perdere quello che gli è rimasto per mano della patria, sarebbe per tutti noi che compiamo o lasciamo compiere quell’atto un marchio d’infamia fino alla fine dei secoli. SICINIO
Bah! Sono tutte balle. BRUTO
Distorci tutto. Quando lui l’amava, la patria l’ha coperto di onori.
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 1
The service of the foot, Being once gangrened, is not then respected For what before it was. BRUTUS We’ll hear no more. Pursue him to his house and pluck him thence, Lest his infection, being of catching nature, Spread further. MENENIUS One word more, one word! This tiger-footed rage, when it shall find The harm of unscanned swiftness, will too late Tie leaden pounds to’s heels. Proceed by process, Lest parties – as he is beloved – break out And sack great Rome with Romans. BRUTUS If it were so? SICINIUS (to Menenius) What do ye talk? Have we not had a taste of his obedience: Our aediles smote, ourselves resisted? Come. [SICINIUS]
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MENENIUS
Consider this: he has been bred i’th’ wars Since a could draw a sword, and is ill-schooled In bolted language. Meal and bran together He throws without distinction. Give me leave, I’ll go to him and undertake to bring him Where he shall answer by a lawful form, In peace, to his utmost peril. FIRST SENATOR Noble tribunes, It is the humane way. The other course Will prove too bloody, and the end of it Unknown to the beginning. SICINIUS Noble Menenius, Be you then as the people’s officer. (To the Citizens) Masters, lay down your weapons. BRUTUS Go not home.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 1
[SICINIO]
Quando un piede è in cancrena, mica te lo tieni caro per i suoi servigi passati. BRUTO
Basta così. Dategli la caccia fino dentro casa e strappatelo da lì, perché la sua infezione, che è contagiosa, non dilaghi. MENENIO
Ancora una parola, una sola. Questa furia che corre su zampe di tigre, quando vedrà il danno prodotto da una fretta sconsiderata, troppo tardi si legherà pesi di piombo ai calcagni. Seguite le procedure per evitare che le fazioni si scatenino (è molto amato) e che la grande Roma sia saccheggiata dai Romani. BRUTO
E se così fosse? SICINIO (a Menenio) Ma di cosa parli? Non l’abbiamo assaggiata la sua obbedienza? Le percosse ai nostri edili, la resistenza contro di noi? Ma dai! MENENIO
Tenete conto di questo. È stato allevato in mezzo alle guerre fin da quando è riuscito a tenere in mano una spada e non è stato addestrato al linguaggio raffinato136. Mischia la farina con la crusca senza neanche accorgersene. Se mi autorizzate, vado da lui e mi impegno a portarlo là dove, pacatamente e in piena legalità, risponderà di tutto a suo rischio e pericolo. PRIMO SENATORE
Nobili tribuni, è questo il modo più civile. L’altra strada richiederà troppo sangue e ci porterà a una conclusione che adesso è impossibile prevedere. SICINIO
Nobile Menenio, fai tu dunque il rappresentante del popolo. (Ai cittadini) Miei signori, deponete le armi. BRUTO
Ma non andate a casa.
2449
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 2
SICINIUS
Meet on the market-place. (To Menenius) We’ll attend you there, Where if you bring not Martius, we’ll proceed In our first way. MENENIUS I’ll bring him to you. (To the Senators) Let me desire your company. He must come, Or what is worst will follow. [FIRST] SENATOR Pray you, let’s to him.
335
Exeunt [tribunes and Citizens at one door, Patricians at another door] 3.2
Enter Coriolanus, with Nobles
CORIOLANUS
Let them pull all about mine ears, present me Death on the wheel or at wild horses’ heels, Or pile ten hills on the Tarpeian rock, That the precipitation might down stretch Below the beam of sight, yet will I still Be thus to them.
5
Enter Volumnia A PATRICIAN
You do the nobler.
I muse my mother Does not approve me further, who was wont To call them woollen vassals, things created To buy and sell with groats, to show bare heads In congregations, to yawn, be still, and wonder, When one but of my ordinance stood up To speak of peace or war. (To Volumnia) I talk of you. Why did you wish me milder? Would you have me False to my nature? Rather say I play The man I am. VOLUMNIA O, sir, sir, sir, I would have had you put your power well on Before you had worn it out. CORIOLANUS
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 2
SICINIO
L’appuntamento è al foro. (A Menenio) Ti aspetteremo lì e, se non ci porti Marzio, ritorneremo al nostro piano precedente. MENENIO
Ve lo porterò. (Ai senatori) Vi prego, unitevi a me. Deve venire o le conseguenze saranno catastrofiche. [PRIMO] SENATORE
Di grazia, andiamo da lui. Escono [i tribuni e i cittadini da una porta, i patrizi da un’altra] III, 2
Entra Coriolano, con dei patrizi137
CORIOLANO
Che mi facciano crollare tutto addosso, scegliere fra morire sulla ruota o squartato da cavalli selvaggi, o impilino dieci colline sulla rupe Tarpeia così che il fondo del precipizio non sia più visibile a occhio nudo, io resterò sempre così138 per loro. Entra Volumnia UN PATRIZIO
È la scelta che ti fa più onore. CORIOLANO
Non capisco perché mia madre non mi approva di più, lei che li chiamava schiavi straccioni, buoni solo per essere venduti e comprati con degli spiccioli, per stare col cappello in mano nelle assemblee, zitti zitti a sbadigliare e restare a bocca aperta se solo uno del mio rango si alzava a parlare di pace o di guerra. (A Volumnia) Sto parlando di te. Perché mi vorresti più pacato? Vorresti farmi tradire la mia natura? Di’ piuttosto che recito la parte dell’uomo che sono. VOLUMNIA
Signore, signore, signore, avrei voluto che tu l’avessi almeno indossata la toga del potere prima di farla a pezzi.
2451
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 2
CORIOLANUS
Let go.
VOLUMNIA
You might have been enough the man you are With striving less to be so. Lesser had been The taxings of your dispositions if You had not showed them how ye were disposed Ere they lacked power to cross you. CORIOLANUS Let them hang. VOLUMNIA Ay, and burn too.
20
Enter Menenius, with the Senators MENENIUS (to Coriolanus)
Come, come, you have been too rough, something too rough. You must return and mend it. [FIRST] SENATOR There’s no remedy Unless, by not so doing, our good city Cleave in the midst and perish. VOLUMNIA (to Coriolanus) Pray be counselled. I have a heart as little apt as yours, But yet a brain that leads my use of anger To better vantage. MENENIUS Well said, noble woman. Before he should thus stoop to th’ herd, but that The violent fit o’th’ time craves it as physic For the whole state, I would put mine armour on, Which I can scarcely bear. CORIOLANUS What must I do? MENENIUS Return to th’ tribunes. CORIOLANUS Well, what then, what then? MENENIUS Repent what you have spoke. CORIOLANUS
For them? I cannot do it to the gods. Must I then do’t to them?
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30
35
CORIOLANO, ATTO III SCENA 2
CORIOLANO
Lascia perdere. VOLUMNIA
Magari potevi metterci meno impegno a mostrarti per quello che sei. Gli ostacoli ai tuoi piani sarebbero stati minori se tu non glieli avessi rivelati quando erano ancora in grado di opporsi. CORIOLANO
La forca ci vuole. VOLUMNIA
Certo, e anche il rogo. Entra Menenio con i senatori MENENIO (a Coriolano)
Su, su. Sei stato troppo brutale, un po’ troppo brutale. Devi ritornare e metterci una pezza. [PRIMO] SENATORE
Non c’è alternativa. Se non lo fai, la nostra bella città si spacca a metà e muore. VOLUMNIA (a Coriolano) Ti prego, lasciati consigliare. Il mio cuore è intransigente quanto il tuo, ma il mio cervello mi induce a fare uso migliore della collera. MENENIO
Ben detto, nobile signora. Se le convulsioni di questo nostro tempo non richiedessero un tal gesto come medicina per l’intero stato, piuttosto che vederlo inchinarsi così davanti a quelle bestie, mi rimetterei l’armatura – ed è un peso che sopporto a fatica. CORIOLANO
Che cosa devo fare? MENENIO
Tornare dai tribuni. CORIOLANO
Va bene, e poi, e poi? MENENIO
Ritrattare quello che hai detto. CORIOLANO
Per far piacere a loro? Non ci riuscirei nemmeno davanti agli dèi e devo farlo davanti a loro? 2453
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 2
You are too absolute, Though therein you can never be too noble, But when extremities speak. I have heard you say, Honour and policy, like unsevered friends, I’th’ war do grow together. Grant that, and tell me In peace what each of them by th’ other lose That they combine not there. CORIOLANUS Tush, tush! MENENIUS A good demand. VOLUMNIA
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VOLUMNIA
If it be honour in your wars to seem The same you are not, which for your best ends You adopt your policy, how is it less or worse That it shall hold companionship in peace With honour, as in war, since that to both It stands in like request? CORIOLANUS Why force you this?
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VOLUMNIA
Because that now it lies you on to speak to th’ people, Not by your own instruction, nor by th’ matter Which your heart prompts you, but with such words That are but roted in your tongue, though but Bastards and syllables of no allowance To your bosom’s truth. Now this no more Dishonours you at all than to take in A town with gentle words, which else would put you To your fortune and the hazard of much blood. I would dissemble with my nature where My fortunes and my friends at stake required I should do so in honour. I am in this Your wife, your son, these senators, the nobles; And you will rather show our general louts How you can frown than spend a fawn upon ’em For the inheritance of their loves and safeguard Of what that want might ruin.
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 2
VOLUMNIA
Sei un perfezionista139, fin troppo. E in questo, da vero aristocratico, non potrai mai eccedere, a meno che non lo richiedano condizioni estreme. Ti ho spesso sentito dire che in guerra onore e tattica140 avanzano a braccetto come amici inseparabili. Se ammetti questo, spiegami quale danno fa l’una all’altro in tempo di pace perché non convenga più combinarli. CORIOLANO
Ma per favore! MENENIO
Buona domanda. VOLUMNIA
Se nelle tue guerre ti sembra onorevole apparire diverso da quello che sei (è una tattica che adotti per raggiungere i tuoi fini), perché se quella stessa tattica si accompagna all’onore in pace ciò è tanto più grave che in guerra, visto che si tratta di un’alleanza necessaria in entrambi i casi? CORIOLANO
Perché insisti tanto? VOLUMNIA
Perché adesso è tuo dovere parlare al popolo non come ti suggeriscono il cervello e il cuore, ma con parole che la tua lingua ha imparato a memoria, parole bastarde, sillabe che non hanno nulla a che vedere con i tuoi veri sentimenti. Ora, questo non è più disonorevole che conquistare una città con belle parole, quando l’alternativa sarebbe un esito per te incerto e il rischio di un bagno di sangue. Io dissimulerei la mia natura se la mia sorte e i miei amici fossero in pericolo e quindi lo richiedesse l’onore. Io qui parlo a nome di tua moglie, di tuo figlio, di questi senatori, dei patrizi; e tu preferisci mostrare a questi cafoni plebei come ti riesce bene il cipiglio piuttosto che sprecare un paio di smancerie per conquistarti il loro affetto e salvaguardare ciò che potrebbe andare in rovina se non te lo concedessero.
2455
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 2
Noble lady! (To Coriolanus) Come, go with us, speak fair. You may salve so, Not what is dangerous present, but the loss Of what is past. VOLUMNIA I prithee now, my son, MENENIUS
70
[She takes his bonnet] Go to them with this bonnet in thy hand, And thus far having stretched it – here be with them – Thy knee bussing the stones – for in such business Action is eloquence, and the eyes of th’ ignorant More learnèd than the ears – waving thy head, With often, thus, correcting thy stout heart, Now humble as the ripest mulberry That will not hold the handling; or say to them Thou art their soldier and, being bred in broils, Hast not the soft way which, thou dost confess, Were fit for thee to use as they to claim, In asking their good loves; but thou wilt frame Thyself, forsooth, hereafter theirs so far As thou hast power and person. MENENIUS (to Coriolanus) This but done Even as she speaks, why, their hearts were yours; For they have pardons, being asked, as free As words to little purpose. VOLUMNIA (to Coriolanus) Prithee now, Go, and be ruled, although I know thou hadst rather Follow thine enemy in a fiery gulf Than flatter him in a bower. Enter Cominius Here is Cominius.
78. With: emend. tardo; in F Which = “la quale”. 2456
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 2
MENENIO
Nobile signora! (A Coriolano) Forza, vieni con noi e parla come si deve. Forse così riesci a rimediare non solo ai rischi presenti ma alle perdite passate. VOLUMNIA
Ti prego, figlio mio. [Gli prende il cappello] Va’ da loro col tuo bravo cappello in mano e tendilo per bene verso di loro, così, come piace a loro. Poi, piegando il ginocchio a baciare le pietre – perché in simili situazioni un gesto vale mille parole e gli occhi dell’ignorante imparano più in fretta delle orecchie, scuotendo più volte il capo così, disciplinando il tuo animo fiero, sii arrendevole come la mora troppo matura che cede al tocco più leggero; oppure, di’ che sei il loro soldato e, cresciuto fra le battaglie, non hai quei modi gentili che, adesso lo ammetti, sarebbe tuo dovere usare e loro diritto pretendere quando chiedi il loro appoggio; ma d’ora in poi ti conformerai in tutto alla loro volontà per quanto è in tuo potere e nel tuo carattere. MENENIO (a Coriolano) E se fai questo proprio come lo dice lei, di sicuro ti conquisti i loro cuori, perché, se gli viene chiesto, sono tanto pronti al perdono quanto a parlare a vanvera. VOLUMNIA (a Coriolano) E adesso, per favore, vai e stai calmo, anche se so bene che preferiresti inseguire il tuo nemico fin dentro a un baratro di fuoco piuttosto che arruffianartelo sotto a una pergola. Entra Cominio Ecco Cominio.
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 2
COMINIUS
I have been i’th’ market-place; and, sir, ’tis fit You make strong party, or defend yourself By calmness or by absence. All’s in anger.
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MENENIUS
Only fair speech. I think ’twill serve, if he Can thereto frame his spirit. VOLUMNIA He must, and will. Prithee now, say you will, and go about it. COMINIUS
CORIOLANUS
Must I go show them my unbarbèd sconce? Must I with my base tongue give to my noble heart A lie that it must bear? Well, I will do’t. Yet were there but this single plot to lose, This mould of Martius they to dust should grind it And throw’t against the wind. To th’ market-place. You have put me now to such a part which never I shall discharge to th’ life. COMINIUS Come, come, we’ll prompt you.
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VOLUMNIA
I prithee now, sweet son, as thou hast said My praises made thee first a soldier, so, To have my praise for this, perform a part Thou hast not done before. CORIOLANUS Well, I must do’t. Away, my disposition; and possess me Some harlot’s spirit! My throat of war be turned, Which choired with my drum, into a pipe Small as an eunuch or the virgin voice That babies lull asleep! The smiles of knaves Tent in my cheeks, and schoolboys’ tears take up The glasses of my sight! A beggar’s tongue
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101. A lie that it must bear? Well, I will do it: emend. tardo; in F A Lye, that it must beare well? I will doo’t = “una menzogna che deve sopportare bene? Lo farò”. 2458
CORIOLANO, ATTO III SCENA 2
COMINIO
Sono stato al foro e, signore, è bene che tu ti presenti con una buona scorta oppure ti difendi con la calma o con l’assenza. Sono tutti furibondi. MENENIO
Bastano solo parole cortesi. COMINIO
Lo credo anch’io, ammesso che lui riesca a controllare il suo temperamento. VOLUMNIA
Deve farlo e lo farà. Adesso per favore, di’ che lo farai e fallo. CORIOLANO
Devo presentarmi con la capoccia indifesa141? Con la mia pavida lingua devo smentire il mio nobile cuore e costringerlo a sopportare? E va bene, lo farò. Ma sia ben chiaro che se fosse a repentaglio solo questo po’ di terra, questa forma che è Marzio, potrebbero ridurla a polveri da disperdere controvento. Al foro. Mi avete costretto a un ruolo che non saprò mai interpretare con naturalezza. COMINIO
Via, via, ti daremo noi la battuta. VOLUMNIA
E adesso, per favore, mio caro figlio, come hai sempre detto che sono state prima di tutto le mie lodi a fare di te un soldato, così, per meritarti di nuovo le mie lodi, recita una parte che non hai mai affrontato prima. CORIOLANO
Va bene, devo farlo. Il mio antico spirito mi abbandoni e si impossessi di me quello di una puttana qualsiasi. Che la mia voce tonante che in guerra accompagnava il tamburo si metta a squittire come quella di un eunuco o quella verginale che culla il sonno dei bambini. Che i sorrisi dei ciarlatani si accampino sulle mie guance e le lacrime degli scolaretti appannino i cristalli dei miei occhi! Che la
2459
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 2
Make motion through my lips, and my armed knees, Who bowed but in my stirrup, bend like his That hath received an alms! I will not do’t, Lest I surcease to honour mine own truth, And by my body’s action teach my mind A most inherent baseness. VOLUMNIA At thy choice, then. To beg of thee it is my more dishonour Than thou of them. Come all to ruin. Let Thy mother rather feel thy pride than fear Thy dangerous stoutness, for I mock at death With as big heart as thou. Do as thou list. Thy valiantness was mine, thou sucked’st it from me, But owe thy pride thyself. CORIOLANUS Pray be content. Mother, I am going to the market-place. Chide me no more. I’ll mountebank their loves, Cog their hearts from them, and come home beloved Of all the trades in Rome. Look, I am going. Commend me to my wife. I’ll return consul, Or never trust to what my tongue can do I’th’ way of flattery further. VOLUMNIA Do your will.
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Exit Volumnia COMINIUS
Away! The tribunes do attend you. Arm yourself To answer mildly, for they are prepared With accusations, as I hear, more strong Than are upon you yet.
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CORIOLANUS
The word is ‘mildly’. Pray you let us go. Let them accuse me by invention, I Will answer in mine honour. MENENIUS Ay, but mildly. CORIOLANUS Well, mildly be it, then – mildly.
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Exeunt
145
CORIOLANO, ATTO III SCENA 2
lingua di un mendicante guizzi fra le mie labbra e le mie ginocchia che, nell’armatura, si piegavano solo in arcione si inchinino come quelle di chi ha appena ricevuto un’elemosina. No, non lo farò, per paura di tradire la mia più intima verità e con le azioni del corpo insegnare all’animo una bassezza indelebile. VOLUMNIA
Allora, fa’ come meglio credi. Star qui a pregarti è più disonorevole per me che per te pregare loro. Che vada tutto a rotoli. Che tua madre subisca le conseguenze del tuo orgoglio piuttosto che temere la tua pericolosa cocciutaggine, perché io sprezzo la morte con un cuore grande quanto il tuo. Fa’ come ti pare. Il tuo coraggio era mio, l’hai succhiato da me, ma l’orgoglio lo devi a te stesso. CORIOLANO
Quietati, ti prego. Madre, vado al foro. Non sgridarmi più. Farò il ciarlatano per il loro amore, gli scipperò il cuore e ritornerò a casa con l’amore di tutti gli artigiani di Roma. Guarda, ora vado. Porta i miei saluti a mia moglie. Ritornerò console, o non fidarti più di quello che la mia lingua è in grado di fare quando si mette ad adulare. VOLUMNIA
Fa’ come vuoi. Esce Volumnia COMINIO
Andiamo! I tribuni ti attendono. Trova la forza per rispondere con gentilezza perché loro, a quanto sento, hanno pronte accuse più gravi di quelle che già ti pesano addosso. CORIOLANO
La parola d’ordine è “con gentilezza”. Vi prego, andiamo. Che mi rivolgano pure accuse inventate, io risponderò sul mio onore. MENENIO
Sì, ma con gentilezza. CORIOLANO
E con gentilezza sia, allora, con gentilezza. Escono
2461
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 3
3.3
Enter Sicinius and Brutus
BRUTUS
In this point charge him home: that he affects Tyrannical power. If he evade us there, Enforce him with his envy to the people, And that the spoil got on the Antiats Was ne’er distributed. Enter an Aedile What, will he come?
5
AEDILE
He’s coming. How accompanied?
BRUTUS AEDILE
With old Menenius, and those senators That always favoured him. SICINIUS Have you a catalogue Of all the voices that we have procured, Set down by th’ poll? AEDILE I have, ’tis ready.
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SICINIUS
Have you collected them by tribes? AEDILE
I have.
SICINIUS
Assemble presently the people hither, And when they hear me say ‘It shall be so I’th’ right and strength o’th’ commons’, be it either For death, for fine, or banishment, then let them, If I say ‘Fine’, cry ‘Fine!’, if ‘Death’, cry ‘Death!’, Insisting on the old prerogative And power i’th’ truth o’th’ cause. AEDILE I shall inform them.
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BRUTUS
And when such time they have begun to cry, Let them not cease, but with a din confused Enforce the present execution Of what we chance to sentence. 2462
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 3
Entrano Sicinio e Bruto142
III, 3 BRUTO
Dacci dentro su questo punto: che aspira a farsi tiranno. Se riesce a svicolare, incalzalo con il suo odio verso il popolo e la mancata distribuzione del bottino preso agli Anziati. Entra un edile E allora? Viene? EDILE
Sta arrivando. BRUTO
In compagnia di chi? EDILE
Del vecchio Menenio e di quei senatori che sono sempre stati dalla sua parte. SICINIO
Hai una lista di tutti i voti sicuri, registrati uno per uno? EDILE
Ce l’ho, è pronta. SICINIO
Li hai raccolti per tribù143? EDILE
Sì. SICINIO
Raduna subito qui il popolo e quando mi sentiranno dire “Sarà così, in virtù dei diritti e del potere del popolo”, qualunque cosa io chieda – morte, ammenda o esilio, se dico “ammenda” che gridino “Ammenda!”, se “morte” “Morte!”, insistendo sull’antico privilegio e sulla forza che deriva loro dalla giusta causa. EDILE
Glielo spiegherò. BRUTO
E una volta che abbiano cominciato a gridare, che non smettano, ma con indistinto fragore esigano l’immediata esecuzione della nostra sentenza, quale che sia.
2463
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 3
Very well.
AEDILE SICINIUS
Make them be strong, and ready for this hint When we shall hap to give’t them. BRUTUS [to the Aedile] Go about it. [Exit Aedile] Put him to choler straight. He hath been used Ever to conquer and to have his worth Of contradiction. Being once chafed, he cannot Be reined again to temperance. Then he speaks What’s in his heart, and that is there which looks With us to break his neck.
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Enter Coriolanus, Menenius, and Cominius, with other [Senators and Patricians] SICINIUS Well, here he comes. MENENIUS (to Coriolanus) Calmly, I do beseech you. CORIOLANUS
Ay, as an hostler that for th’ poorest piece Will bear the knave by th’ volume. – Th’honoured gods Keep Rome in safety and the chairs of justice Supplied with worthy men, plant love among’s, Throng our large temples with the shows of peace, And not our streets with war! FIRST SENATOR Amen, amen. MENENIUS A noble wish. Enter the Aedile with the Citizens SICINIUS
Draw near, ye people. AEDILE
List to your tribunes. Audience!
Peace, I say. CORIOLANUS First, hear me speak.
37. Throng: emend. tardo; in F Through = “attraverso”. 2464
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 3
EDILE
Benissimo. SICINIO
Che siano determinati e pronti a cogliere l’imbeccata quando avremo occasione di dargliela. BRUTO [all’edile] Datti da fare. [Esce l’edile] Fallo infuriare subito. È stato abituato ad avere sempre la meglio sul campo e negli scontri verbali. Una volta preso fuoco non può essere ricondotto alla moderazione. È allora che dice quello che pensa davvero e troveremo materia per rompergli l’osso del collo. Entrano Coriolano, Menenio e Cominio con altri [senatori e patrizi] SICINIO
Bene, eccolo qui. MENENIO (a Coriolano)
Con calma, ti prego. CORIOLANO
Sì, come lo stalliere che per la più misera monetina accetta valanghe di insulti. Che gli dèi a cui siamo devoti proteggano Roma, assegnino gli scranni della giustizia a uomini meritevoli, gettino il seme dell’amore fra noi, riempiano i nostri vasti templi con cerimonie di pace e non le nostre strade con la guerra! PRIMO SENATORE
Amen, amen. MENENIO
Un nobile auspicio. Entra l’edile con i cittadini SICINIO
Avvicinatevi, voi del popolo. EDILE
Date ascolto ai vostri tribuni. Ascoltate! Silenzio, vi dico. CORIOLANO
Prima, lasciatemi parlare. 2465
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 3
SICINIUS and BRUTUS
Well, say. – Peace ho!
CORIOLANUS
Shall I be charged no further than this present? Must all determine here? SICINIUS I do demand If you submit you to the people’s voices, Allow their officers, and are content To suffer lawful censure for such faults As shall be proved upon you. CORIOLANUS I am content.
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MENENIUS
Lo, citizens, he says he is content. The warlike service he has done, consider. Think Upon the wounds his body bears, which show Like graves i’th’ holy churchyard. CORIOLANUS Scratches with briers, Scars to move laughter only. MENENIUS Consider further That when he speaks not like a citizen, You find him like a soldier. Do not take His rougher accents for malicious sounds, But, as I say, such as become a soldier Rather than envy you. COMINIUS Well, well, no more. CORIOLANUS What is the matter That, being passed for consul with full voice, I am so dishonoured that the very hour You take it off again? SICINIUS Answer to us. CORIOLANUS Say, then. ’Tis true I ought so. SICINIUS
We charge you that you have contrived to take From Rome all seasoned office, and to wind Yourself into a power tyrannical, For which you are a traitor to the people. 56. Accents: emend. tardo; in F Actions = “azioni”. 2466
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 3
SICINIO e BRUTO
Bene, parla. Silenzio, voi! CORIOLANO
Non dovrò rispondere ad altre accuse oltre a quelle di oggi? Tutto finisce qui? SICINIO
Esigo di sapere se ti sottoponi al giudizio del popolo, riconosci i suoi rappresentanti e accetti di scontare la pena prevista dalla legge per i reati di cui sarai riconosciuto colpevole. CORIOLANO
Accetto. MENENIO
Sentito, cittadini? Dice che accetta. Considerate i servigi che ha reso in tempo di guerra. Pensate alle ferite sul suo corpo, fitte come tombe in terra consacrata. CORIOLANO
Sgraffiature di spini. Cicatrici che fan solo ridere. MENENIO
Considerate anche che, quando non parla da cittadino, è perché salta fuori il soldato. Non scambiate i suoi accenti rudi per malanimo; considerateli il linguaggio che si addice a un soldato, non la prova del suo astio nei vostri confronti. COMINIO
Bene, bene. Adesso basta. CORIOLANO
Si potrebbe sapere perché, nominato console all’unanimità, nel giro di un’ora, mi disonorate con il ritiro della nomina? SICINIO
Sei tu che devi rispondere a noi. CORIOLANO
E allora, parlate. È vero, dovrei. SICINIO
Noi ti accusiamo di avere cospirato per cancellare a Roma ogni autorità costituita e assicurarti per vie traverse un potere da tiranno144. Per questo, sei un traditore del popolo.
2467
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 3
CORIOLANUS
How, traitor? Nay, temperately – your promise.
MENENIUS
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CORIOLANUS
The fires i’th’ lowest hell fold in the people! Call me their traitor, thou injurious tribune? Within thine eyes sat twenty thousand deaths, In thy hands clutched as many millions, in Thy lying tongue both numbers, I would say ‘Thou liest’ unto thee with a voice as free As I do pray the gods. SICINIUS Mark you this, people? ALL [THE CITIZENS] To th’ rock, to th’ rock with him! SICINIUS Peace! We need not put new matter to his charge. What you have seen him do and heard him speak, Beating your officers, cursing yourselves, Opposing laws with strokes, and here defying Those whose great power must try him – Even this, so criminal and in such capital kind, Deserves th’extremest death. BRUTUS But since he hath Served well for Rome – CORIOLANUS What do you prate of service?
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BRUTUS
I talk of that that know it. CORIOLANUS
You?
MENENIUS
Is this the promise that you made your mother? COMINIUS
Know, I pray you – I’ll know no further. Let them pronounce the steep Tarpeian death, Vagabond exile, flaying, pent to linger
CORIOLANUS
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 3
CORIOLANO
Che? Un traditore? MENENIO
Moderazione, ti prego – la tua promessa! CORIOLANO
Che le fiamme del più basso inferno inghiottano il popolo. Osi chiamarmi traditore, tribuno insolente? Anche se ventimila condanne a morte avessero dimora nei tuoi occhi, altrettanti milioni fossero strette nelle tue mani e entrambi i numeri si sommassero sulla tua lingua menzognera, io ti direi “Tu menti” con la stessa voce schietta con cui prego gli dèi. SICINIO
L’hai sentito, popolo? TUTTI [I CITTADINI]
Alla rupe, alla rupe! SICINIO
Calma! non c’è bisogno di aggiungere altro alle imputazioni. Quello che gli avete visto fare e sentito dire – percuotere i vostri rappresentanti, coprirvi di insulti, opporre resistenza alla legge, e, proprio adesso, sfidare il potere di coloro che l’hanno chiamato in giudizio – questo solo, questo crimine da pena capitale, lo rende degno della morte più infamante. BRUTO
Ma poiché ha ben servito Roma... CORIOLANO
Di che servizio vai blaterando tu? BRUTO
Parlo di materia che conosco. CORIOLANO
Tu? MENENIO
È questa la promessa fatta a tua madre? COMINIO
Sappi, ti prego... CORIOLANO
Non voglio sapere altro. Anche se mi condannano al salto dall’alta rupe Tarpeia, all’esilio vagabondo, alla scorticazione, alla morte 2469
CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 3
But with a grain a day, I would not buy Their mercy at the price of one fair word, Nor check my courage for what they can give To have’t with saying ‘Good morrow’. SICINIUS For that he has, As much as in him lies, from time to time Inveighed against the people, seeking means To pluck away their power, as now at last Given hostile strokes, and that not in the presence Of dreaded justice, but on the ministers That doth distribute it, in the name o’th’ people, And in the power of us the tribunes, we E’en from this instant banish him our city In peril of precipitation From off the rock Tarpeian, never more To enter our Rome gates. I’th’ people’s name I say it shall be so. ALL [THE CITIZENS] It shall be so, It shall be so. Let him away. He’s banished, And it shall be so.
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COMINIUS
Hear me, my masters and my common friends. SICINIUS
He’s sentenced. No more hearing. Let me speak. I have been consul, and can show for Rome Her enemies’ marks upon me. I do love My country’s good with a respect more tender, More holy and profound, than mine own life, My dear wife’s estimate, her womb’s increase, And treasure of my loins. Then if I would Speak that – SICINIUS We know your drift. Speak what? COMINIUS
BRUTUS
There’s no more to be said, but he is banished, As enemy to the people and his country. It shall be so. 2470
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CORIOLANO, ATTO III SCENA 3
d’inedia con un solo chicco di grano al giorno, io non comprerò la loro misericordia con una sola parola gentile, né terrò a freno il mio animo per cavare qualcosa da loro, anche se mi bastasse un “Buongiorno”. SICINIO
Visto che, per quanto poteva, ha ripetutamente offeso il popolo, cercando modi per strappargli il suo potere, e da ultimo ha fatto ricorso alla violenza, e questo non solo in presenza della terribile giustizia ma contro coloro che l’amministrano, noi, in nome del popolo e in virtù dei poteri conferiti ai tribuni, da questo momento stesso lo bandiamo dalla città e gli imponiamo di non riaffacciarsi mai più alle porte di Roma, pena la morte dalla rupe Tarpeia. In nome del popolo, io decreto che così sarà. TUTTI [I CITTADINI]
Così sarà, così sarà. Che se ne vada. È bandito e così sarà. COMINIO
Ascoltatemi, miei signori e amici del popolo... SICINIO
La sentenza è stata pronunciata. L’udienza è conclusa. COMINIO
Concedetemi di parlare. Sono stato console e posso mostrarvi i segni che i nemici di Roma hanno lasciato sul mio corpo. Amo il bene della mia patria con una devozione più tenera, sacra e profonda di quella che porto alla mia vita, all’onore di mia moglie, al frutto del suo ventre e al tesoro dei miei lombi145. Quindi, se io vi dicessi... SICINIO
Sì, lo sappiamo dove vai a parare. Dicessi cosa? BRUTO
Non c’è più niente da dire, tranne che è bandito come nemico del popolo e della patria. Così sarà.
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CORIOLANUS, ACT 3 SCENE 3
ALL [THE CITIZENS] It shall be so, it shall be so. CORIOLANUS
You common cry of curs, whose breath I hate As reek o’th’ rotten fens, whose loves I prize As the dead carcasses of unburied men That do corrupt my air: I banish you. And here remain with your uncertainty. Let every feeble rumour shake your hearts; Your enemies, with nodding of their plumes, Fan you into despair! Have the power still To banish your defenders, till at length Your ignorance – which finds not till it feels – Making but reservation of yourselves, Still your own foes, deliver you As most abated captives to some nation That won you without blows! Despising For you the city, thus I turn my back. There is a world elsewhere.
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Exeunt Coriolanus, Cominius, and Menenius, with the rest of the Patricians. The Citizens all shout, and throw up their caps AEDILE
The people’s enemy is gone, is gone.
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ALL THE CITIZENS
Our enemy is banished, he is gone. Hoo-oo! SICINIUS
Go see him out at gates, and follow him As he hath followed you, with all despite. Give him deserved vexation. Let a guard Attend us through the city.
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ALL THE CITIZENS
Come, come, let’s see him out at gates. Come. The gods preserve our noble tribunes! Come.
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Exeunt
CORIOLANO, ATTO III SCENA 3
TUTTI [I CITTADINI]
Così sarà, così sarà. CORIOLANO
Voi, branco di randagi bastardi, il vostro fiato mi fa schifo quanto i miasmi di una palude infetta, il vostro favore lo valuto quanto le carcasse putrefatte di uomini insepolti che mi ammorbano l’aria: sono io che vi bandisco! Restatevene qui con le vostre ansie: che ogni bisbiglio faccia sussultare i vostri cuori e i nemici vi precipitino in un turbine di terrore solo agitando le piume dei loro cimieri! Tenetevelo pure stretto il potere di bandire chi vi difende fino a quando finalmente la vostra ignoranza (che capisce solo quello che prova sulla sua pelle), risparmiando solo voi (che siete i peggiori nemici di voi stessi), vi consegnerà, prigionieri tremebondi, a qualche popolo che vi avrà sconfitti senza colpo ferire! Disprezzo la città per colpa vostra e vi volto le spalle, così. C’è un mondo altrove. Escono Coriolano, Cominio e Menenio con gli altri patrizi. Tutti i cittadini gridano e gettano in aria i berretti EDILE
Il nemico del popolo se ne è andato, se ne è andato. TUTTI I CITTADINI
Il nostro nemico è bandito, se ne è andato. Urrà! SICINIO
Accompagnatelo alle porte con lo stesso disprezzo che ha sempre avuto per voi. Fategli assaggiare l’umiliazione che si merita. Delle guardie ci scortino attraverso la città. TUTTI I CITTADINI
Andiamo, andiamo, accompagniamolo alle porte. Andiamo. Gli dèi ci conservino i nostri nobili tribuni! Andiamo. Escono
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 1
4.1
Enter Coriolanus, Volumnia, Virgilia, Menenius, and Cominius, with the young nobility of Rome
CORIOLANUS
Come, leave your tears. A brief farewell. The beast With many heads butts me away. Nay, mother, Where is your ancient courage? You were used To say extremities was the trier of spirits, That common chances common men could bear, That when the sea was calm all boats alike Showed mastership in floating; fortune’s blows When most struck home, being gentle wounded craves A noble cunning. You were used to load me With precepts that would make invincible The heart that conned them. VIRGILIA O heavens, O heavens! CORIOLANUS Nay, I prithee, woman –
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VOLUMNIA
Now the red pestilence strike all trades in Rome, And occupations perish! CORIOLANUS What, what, what? I shall be loved when I am lacked. Nay, mother, Resume that spirit when you were wont to say, If you had been the wife of Hercules Six of his labours you’d have done, and saved Your husband so much sweat. Cominius, Droop not. Adieu. Farewell, my wife, my mother. I’ll do well yet. Thou old and true Menenius, Thy tears are salter than a younger man’s, And venomous to thine eyes. My sometime general, I have seen thee stern, and thou hast oft beheld Heart-hard’ning spectacles. Tell these sad women ’Tis fond to wail inevitable strokes As ’tis to laugh at ’em. My mother, you wot well My hazards still have been your solace, and – Believe’t not lightly – though I go alone, Like to a lonely dragon that his fen Makes feared and talked of more than seen, your son 2474
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 1
IV, 1
Entrano Coriolano, Volumnia, Virgilia, Menenio e Cominio con i giovani patrizi romani146
CORIOLANO
Su, basta con le lacrime. Un addio breve. La bestia dalle molte teste mi scaccia a cornate. No, madre, dov’è il tuo coraggio d’un tempo? Hai sempre detto che è nelle situazioni estreme che si misura il carattere delle persone, che per le avversità ordinarie vanno bene anche uomini ordinari, che quando il mare è calmo tutte le barche sono capaci di galleggiare; ma quando la fortuna colpisce duro, ci vuole la classe di un aristocratico per sopportare con noncuranza le ferite. Eri tu che mi imbottivi di precetti che avrebbero reso invincibile il cuore di chi li avesse bene appresi. VIRGILIA
Oh dèi del cielo! CORIOLANO
No, ti prego, donna... VOLUMNIA
Che la peste rossa147 colpisca tutti gli artigiani di Roma e tutti i mestieri vadano in rovina! CORIOLANO
Cosa, cosa, cosa? Mi ameranno quando sentiranno la mia mancanza. No, madre, ritrova lo spirito di quando eri solita dire che, se tu fossi stata la moglie di Ercole, sei delle sue fatiche te le saresti sobbarcate tu per risparmiare tanto sudore a tuo marito. Cominio, non avvilirti. Addio. Addio, moglie mia, madre mia. Me la caverò bene. E tu, vecchio e fidato Menenio, le tue lacrime hanno più sale di quelle di un giovane e sono un veleno per i tuoi occhi. E tu che sei stato il mio generale, ti ho visto impassibile di fronte a spettacoli che induriscono il cuore. Di’ a queste donne desolate che piangere davanti a disgrazie inevitabili è sciocco quanto riderne. Madre mia, sai bene che dai miei pericoli ti sono sempre venute gioie e, non dubitarne, anche se me ne vado da solo, come un drago148 solitario in mezzo alla sua palude che ne fa oggetto di paura e leggenda più
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 1
Will or exceed the common or be caught With cautelous baits and practice. VOLUMNIA My first son, Whither will thou go? Take good Cominius With thee a while. Determine on some course More than a wild exposure to each chance That starts i’th’ way before thee. [VIRGILIA] O the gods!
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COMINIUS
I’ll follow thee a month, devise with thee Where thou shalt rest, that thou mayst hear of us And we of thee. So, if the time thrust forth A cause for thy repeal, we shall not send O’er the vast world to seek a single man, And lose advantage, which doth ever cool I’th’ absence of the needer. CORIOLANUS Fare ye well. Thou hast years upon thee, and thou art too full Of the wars’ surfeits to go rove with one That’s yet unbruised. Bring me but out at gate. Come, my sweet wife, my dearest mother, and My friends of noble touch. When I am forth, Bid me farewell, and smile. I pray you come. While I remain above the ground you shall Hear from me still, and never of me aught But what is like me formerly. MENENIUS That’s worthily As any ear can hear. Come, let’s not weep. If I could shake off but one seven years From these old arms and legs, by the good gods, I’d with thee every foot. CORIOLANUS Give me thy hand. Come.
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Exeunt
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 1
che se fosse visibile, tuo figlio emergerà fra tutti o sarà catturato grazie a subdole esche e frodi. VOLUMNIA
Mio unico figlio149, dove andrai? Fatti accompagnare per un tratto dal buon Cominio. Fai un piano, non andare alla cieca contro qualsiasi sorte ti si pari davanti. [VIRGILIA]
Oh dèi! COMINIO
Ti seguirò per un mese, decidendo con te dove ti fermerai a riposare, in modo che tu possa avere nostre notizie e noi tue. Così se il tempo partorisce una buona occasione per richiamarti, non dovremo mandare esploratori in tutto il mondo in cerca di un solo uomo, perdendo il momento opportuno, che vien sempre meno se chi ne ha bisogno non è lì per coglierlo. CORIOLANO
Addio. Tu porti il peso degli anni e avverti troppo le fatiche della guerra per andar vagando con uno che non le sente. Accompagnami solo fuori dalle porte. Venite, mia dolce moglie, madre adorata e amici di nobile tempra. Appena uscito, ditemi addio con un sorriso. Vi prego, venite. Finché calpesterò la terra, sentirete dire molte cose su di me, ma nulla mai che sia indegno di ciò che sono stato un tempo. MENENIO
Impossibile udire parole più nobili. Su, non piangiamo. Se potessi solo scrollare via sette anni da queste vecchie braccia e gambe, per gli dèi, ti seguirei passo per passo. CORIOLANO
Dammi la tua mano. Venite. Escono
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 2
4.2
Enter the two tribunes, Sicinius and Brutus, with the Aedile
SICINIUS (to the Aedile)
Bid them all home. He’s gone, and we’ll no further. The nobility are vexed, whom we see have sided In his behalf. BRUTUS Now we have shown our power, Let us seem humbler after it is done Than when it was a-doing. SICINIUS (to the Aedile) Bid them home. Say their great enemy is gone, and they Stand in their ancient strength. BRUTUS Dismiss them home.
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Exit Aedile Enter Volumnia, Virgilia, [weeping,] and Menenius Here comes his mother. SICINIUS Let’s not meet her. BRUTUS Why? SICINIUS They say she’s mad.
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BRUTUS
They have ta’en note of us. Keep on your way. VOLUMNIA
O, you’re well met! Th’hoarded plague o’th’ gods Requite your love! MENENIUS Peace, peace, be not so loud. VOLUMNIA (to the tribunes) If that I could for weeping, you should hear – Nay, and you shall hear some. Will you be gone? VIRGILIA (to the tribunes) You shall stay, too. I would I had the power To say so to my husband. SICINIUS (to Volumnia) Are you mankind?
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 2
Entrano i due tribuni, Sicinio e Bruto, con l’edile150
IV, 2
SICINIO (all’edile)
Mandali tutti a casa. Se n’è andato e qui ci fermiamo. I patrizi che abbiamo visto schierarsi con lui sono furibondi. BRUTO
Abbiamo dato prova del nostro potere. Adesso che la missione è compiuta, mostriamoci più umili di quando era da compiere. SICINIO (all’edile) Mandali a casa. Di’ che il loro grande nemico se ne è andato e che hanno recuperata intatta l’antica forza. BRUTO
Falli tornare a casa Esce l’edile Entrano Volumnia, Virgilia [in lacrime] e Menenio Arriva sua madre. SICINIO
Evitiamola. BRUTO
Perché? SICINIO
Dicono che sia fuori di testa. BRUTO
Ormai ci hanno visti. Tiriamo dritto. VOLUMNIA
Ma come sono contenta di vedervi! Che tutte le pestilenze che gli dèi tengono in serbo ricompensino il vostro amore! MENENIO
Calma, calma, non gridare così. VOLUMNIA (ai tribuni)
Se non mi soffocasse il pianto, ne sentireste... No, ne sentirete. [A Sicinio] Come, te ne vai già via? VIRGILIA [a Bruto]151 Resta anche tu. Potessi dire la stessa cosa a mio marito. SICINIO (a Volumnia) Sei della razza degli uomini152?
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 2
VOLUMNIA
Ay, fool. Is that a shame? Note but this, fool: Was not a man my father? Hadst thou foxship To banish him that struck more blows for Rome Than thou hast spoken words? SICINIUS O blessèd heavens!
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VOLUMNIA
More noble blows than ever thou wise words, And for Rome’s good. I’ll tell thee what – yet go. Nay, but thou shalt stay too. I would my son Were in Arabia, and thy tribe before him, His good sword in his hand. SICINIUS What then? VIRGILIA What then? He’d make an end of thy posterity. VOLUMNIA Bastards and all. Good man, the wounds that he does bear for Rome! MENENIUS Come, come, peace.
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SICINIUS
I would he had continued to his country As he began, and not unknit himself The noble knot he made. BRUTUS I would he had. VOLUMNIA
‘I would he had’! ’Twas you incensed the rabble – Cats that can judge as fitly of his worth As I can of those mysteries which heaven Will not have earth to know. BRUTUS (to Sicinius) Pray, let’s go. VOLUMNIA Now pray, sir, get you gone. You have done a brave deed. Ere you go, hear this: As far as doth the Capitol exceed
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 2
VOLUMNIA
Sì, sciocco. Dovrei vergognarmi? Tieni a mente questo, sciocco: Non era un uomo mio padre? E tu non sei quello che ha avuto l’astuzia volpina di bandire uno che ha menato più fendenti per Roma di quante parole hai mai detto tu? SICINIO
Oh, benedetti gli dèi! VOLUMNIA
Più nobili colpi lui che sagge parole tu – e tutti per il bene di Roma. Sappi che – ma no, vattene. No, invece, resta. Vorrei che mio figlio fosse fuori dal mondo civile, in Arabia, con davanti la tua tribù e la sua fida spada in mano. SICINIO
E allora? VIRGILIA
Allora? Tanti saluti alla tua discendenza. VOLUMNIA
Bastardi compresi. Valoroso! Se penso alle ferite che porta addosso per Roma! MENENIO
Via, via, calma. SICINIO
Vorrei che avesse continuato a servire il suo paese come faceva un tempo invece di sciogliere da solo il nobile patto che lo legava a Roma. BRUTO
Magari fosse andata così. VOLUMNIA
“Magari fosse andata così”? Ma se siete stati voi ad aizzare la marmaglia, voi gatti randagi in grado di giudicare il suo valore come io di capire i misteri che il cielo non vuol far conoscere ai terrestri. BRUTO (a Sicinio) Per favore, andiamo. VOLUMNIA
Ma certo, signori, andate pure. Bella prodezza avete fatto. Prima di andare, ascoltate ancora questo: di quanto il Campidoglio sovrasta
2481
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 3
The meanest house in Rome, so far my son – This lady’s husband here, this, do you see? – Whom you have banished does exceed you all.
45
BRUTUS
Well, well, we’ll leave you. Why stay we to be baited With one that wants her wits? Exeunt tribunes VOLUMNIA Take my prayers with you. I would the gods had nothing else to do But to confirm my curses. Could I meet ’em But once a day, it would unclog my heart Of what lies heavy to’t. MENENIUS You have told them home And, by my troth, you have cause. You’ll sup with me? SICINIUS
50
VOLUMNIA
Anger’s my meat, I sup upon myself, And so shall starve with feeding. (To Virgilia) Come, let’s go. Leave this faint puling and lament as I do, In anger, Juno-like. Come, come, come.
55
Exeunt Volumnia and Virgilia MENENIUS
Fie, fie, fie. Exit
4.3
Enter Nicanor, a Roman, and Adrian, a Volscian
NICANOR I know you well, sir, and you know me. Your
name, I think, is Adrian. ADRIAN It is so, sir. Truly, I have forgot you. NICANOR I am a Roman, and my services are, as you are,
against ’em. Know you me yet? ADRIAN Nicanor, no? NICANOR The same, sir.
2482
5
CORIOLANO, ATTO IV SCENA 3
la più misera casupola romana, di tanto mio figlio il marito di questa gentildonna, la vedete? – sovrasta tutti voi. BRUTO
Va bene, va bene, ci congediamo. SICINIO
Perché star qui a farci provocare da una che è fuori di testa? Escono i tribuni VOLUMNIA
Le mie preghiere vi accompagnino. Vorrei che gli dèi non avessero altro da fare che dare seguito alle mie maledizioni. Un incontro al giorno con quei due mi libererebbe il cuore dal peso che lo schiaccia. MENENIO
Gliele hai cantate – e ne avevi ben motivo. Vieni a cena da me? VOLUMNIA
La collera è il mio piatto forte. A cena mangio me stessa e così nutrendomi morirò di fame. (A Virgilia) Su, andiamo. E piantala di frignare sottovoce. Lamentati come me, con la voce di Giunone tonante di collera. Via, via, via. Escono Volumnia e Virgilia MENENIO
Oh, poveri noi! Esce IV, 3
Entrano Nicanor, un Romano e Adriano, un Volsco153
NICANOR154
Ti conosco bene, signore, e tu conosci me. Mi sembra che il tuo nome sia Adriano. ADRIANO
È così, signore, ma se devo essere sincero non mi ricordo di te. NICANOR
Sono un Romano e, come te, offro i miei servigi contro i Romani. Adesso mi riconosci? ADRIANO
Nicanor, o sbaglio? NICANOR
Proprio lui, signore. 2483
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 3
ADRIAN You had more beard when I last saw you, but
your favour is well approved by your tongue. What’s the news in Rome? I have a note from the Volscian state to find you out there. You have well saved me a day’s journey. NICANOR There hath been in Rome strange insurrections, the people against the senators, patricians, and nobles. ADRIAN Hath been? – is it ended then? Our state thinks not so. They are in a most warlike preparation, and hope to come upon them in the heat of their division. NICANOR The main blaze of it is past, but a small thing would make it flame again, for the nobles receive so to heart the banishment of that worthy Coriolanus that they are in a ripe aptness to take all power from the people, and to pluck from them their tribunes for ever. This lies glowing, I can tell you, and is almost mature for the violent breaking out. ADRIAN Coriolanus banished? NICANOR Banished, sir. ADRIAN You will be welcome with this intelligence, Nicanor. NICANOR The day serves well for them now. I have heard it said the fittest time to corrupt a man’s wife is when she’s fallen out with her husband. Your noble Tullus Aufidius will appear well in these wars, his great opposer Coriolanus being now in no request of his country. ADRIAN He cannot choose. I am most fortunate thus accidentally to encounter you. You have ended my business, and I will merrily accompany you home.
9. Approved: emend. tardo; in F appear’d = “apparso”. 2484
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25
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 3
ADRIANO
Avevi più barba l’ultima volta che ti ho visto, ma la voce mi conferma che sei tu. Che novità a Roma? Ho istruzioni dai Volsci di venire a cercarti. Mi hai risparmiato una giornata buona di viaggio. NICANOR
Ci sono stati strani disordini a Roma, la plebe contro senatori, patrizi e aristocratici. ADRIANO
Ci sono stati? Quindi sono finiti? I nostri capi non ne sono convinti. Si stanno armando in tutta fretta e sperano di piombar loro addosso quando sono più divisi. NICANOR
La fiammata più violenta è spenta, ma basterebbe un niente per riattizzarla perché i patrizi se la sono presa tanto per l’esilio del grande Coriolano che hanno maturato la decisione di togliere al popolo tutto il potere e strappargli per sempre i suoi tribuni. Le braci sono belle calde, te lo dico io, e quasi pronte per innescare una violenta deflagrazione. ADRIANO
Coriolano esiliato? NICANOR
Esiliato, signore. ADRIANO
Con informazioni così sarai molto ben accolto, Nicanor. NICANOR
L’occasione non potrebbe essere più propizia per loro. Ho sentito dire che il momento migliore per sedurre una moglie è quando lei è in collera con il marito. Il vostro valoroso Tullo Aufidio farà un figurone in queste guerre, adesso che Roma non sa più che farsene del suo grande avversario Coriolano. ADRIANO
Non c’è dubbio. È stata proprio una fortuna incontrarti per caso. Mi hai fatto concludere tutto quello che dovevo fare e ti riaccompagno allegramente a casa.
2485
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 4
NICANOR I shall between this and supper tell you most
strange things from Rome, all tending to the good of their adversaries. Have you an army ready, say you? ADRIAN A most royal one – the centurions and their charges distinctly billeted already in th’entertainment, and to be on foot at an hour’s warning. NICANOR I am joyful to hear of their readiness, and am the man, I think, that shall set them in present action. So, sir, heartily well met, and most glad of your company. ADRIAN You take my part from me, sir. I have the most cause to be glad of yours. NICANOR Well, let us go together. Exeunt 4.4
43
49
Enter Coriolanus in mean apparel, disguised and muffled
CORIOLANUS
A goodly city is this Antium. City, ’Tis I that made thy widows. Many an heir Of these fair edifices fore my wars Have I heard groan and drop. Then know me not, Lest that thy wives with spits and boys with stones In puny battle slay me. Enter a Citizen Save you, sir. CITIZEN
And you. CORIOLANUS Direct me, if it be your will,
Where great Aufidius lies. Is he in Antium? CITIZEN
He is, and feasts the nobles of the state At his house this night. CORIOLANUS Which is his house, beseech you?
2486
5
CORIOLANO, ATTO IV SCENA 4
NICANOR
Da adesso all’ora di cena ne ho da raccontarti di cose stranissime su Roma e tutte a vantaggio dei suoi nemici. Hai detto che avete pronto un esercito? ADRIANO
Di prim’ordine, con i centurioni e i loro uomini già immatricolati uno ad uno155, mobilitati e pronti a mettersi in marcia con un preavviso di un’ora. NICANOR
Mi riempie di gioia sentire che sono pronti e credo proprio che sarò io a dare il segnale d’avvio. Quindi, signore, ben lieto di averti incontrato e di proseguire in tua compagnia. ADRIANO
Mi hai tolto la battuta, signore. Il piacere è tutto mio. NICANOR
Bene, proseguiamo insieme. Escono IV, 4
Entra Coriolano in abiti dimessi, irriconoscibile e con il volto coperto156
CORIOLANO
Niente male questa Anzio. Città, sono stato io a riempirti di vedove. E quanti eredi di queste dimore ho sentito gemere e cadere sotto i miei colpi. Quindi non riconoscermi, altrimenti le tue massaie con gli spiedi e i tuoi monelli con i sassi mi faranno a pezzi in uno scontro puerile. Entra un cittadino Salute a te, signore. CITTADINO
E a te. CORIOLANO
Potresti indirizzarmi alla dimora del grande Aufidio? È ad Anzio? CITTADINO
Sì e stasera fa festa con tutta l’aristocrazia nella sua casa. CORIOLANO
E qual è la sua casa? 2487
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
CITIZEN
This here before you. Thank you, sir. Farewell.
CORIOLANUS
11 Exit Citizen
O world, thy slippery turns! Friends now fast sworn, Whose double bosoms seem to wear one heart, Whose hours, whose bed, whose meal and exercise Are still together, who twin as ’twere in love Unseparable, shall within this hour, On a dissension of a doit, break out To bitterest enmity. So fellest foes, Whose passions and whose plots have broke their sleep To take the one the other, by some chance, Some trick not worth an egg, shall grow dear friends And interjoin their issues. So with me. My birthplace hate I, and my love’s upon This enemy town. I’ll enter. If he slay me, He does fair justice; if he give me way, I’ll do his country service. Exit 4.5
15
20
25
Music plays. Enter a Servingman
FIRST SERVINGMAN Wine, wine, wine! What service is
here? I think our fellows are asleep.
[Exit]
Enter a Second Servingman SECOND SERVINGMAN Where’s Cotus? My master calls for
him. Cotus!
Exit
Enter Coriolanus, as before CORIOLANUS A goodly house. The feast
Smells well, but I appear not like a guest. Enter the First Servingman
2488
5
CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
CITTADINO
Proprio questa davanti a te. CORIOLANO
Grazie, signore e addio. Esce il cittadino O mondo, come sono insidiose le tue giravolte. Fra amici che si sono appena giurati eterna fede, due petti in cui sembra battere un cuore solo, due che hanno diviso le ore, il letto, il cibo e la fatica, quasi gemelli resi inseparabili dall’amore, in pochi minuti, per uno screzio da niente, scoppia la più devastante inimicizia. E così due acerrimi nemici, spinti da violente passioni a star svegli la notte per studiare come distruggersi a vicenda, per un fatto casuale, più irrilevante di un guscio d’uovo, improvvisamente diventano amici e fanno sposare tra loro i figli. È così per me. Odio il mio luogo natale e amo questa città nemica. Adesso entro: se mi ammazza, è pura giustizia; se mi accoglie, saprò rendermi utile al suo paese. Esce IV, 5
Musica da dentro. Entra un servitore157
PRIMO SERVITORE
Ancora vino, vino! Ma che razza di servizio è questo? Qua dormono tutti, mi sembra. [Esce] Entra un secondo servitore SECONDO SERVITORE
Dov’è Coto? Il padrone lo cerca. Coto! Esce Entra Coriolano con gli abiti di prima CORIOLANO
Gran bella casa. Il profumo del cibo è buono, ma io non sono qui come ospite. Entra il primo servitore
2489
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
FIRST SERVINGMAN What would you have, friend? Whence
are you? Here’s no place for you. Pray go to the door. Exit CORIOLANUS
I have deserved no better entertainment In being Coriolanus.
10
Enter Second Servingman SECOND SERVINGMAN Whence are you, sir? Has the porter
his eyes in his head, that he gives entrance to such companions? Pray get you out. CORIOLANUS Away! SECOND SERVINGMAN Away? Get you away. CORIOLANUS Now thou’rt troublesome. SECOND SERVINGMAN Are you so brave? I’ll have you talked with anon.
15
Enter Third Servingman. The First meets him THIRD SERVINGMAN What fellow’s this? FIRST SERVINGMAN A strange one as ever I looked on. I
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cannot get him out o’th’ house. Prithee, call my master to him. THIRD SERVINGMAN (to Coriolanus) What have you to do here, fellow? Pray you, avoid the house. CORIOLANUS
Let me but stand. I will not hurt your hearth. THIRD SERVINGMAN What are you? CORIOLANUS A gentleman. THIRD SERVINGMAN A marvellous poor one.
2490
25
CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
PRIMO SERVITORE
Ehi, amico, cosa vai cercando? Da dove vieni? Non è posto per te. Quella è la porta. Esce CORIOLANO
Non merito di meglio, visto che sono Coriolano. Entra il secondo servitore SECONDO SERVITORE
E tu da dove vieni, messere? Ma non ce li ha gli occhi il portiere, che fa entrare gentaglia come te? Dai, vattene. CORIOLANO
Va’ via! SECONDO SERVITORE
Cosa? Ma vai via tu. CORIOLANO
Adesso mi hai seccato. SECONDO SERVITORE
Sei così insolente? Adesso chiamo uno che ti sistema. Entra il terzo servitore. Il primo gli va incontro TERZO SERVITORE
E chi sarebbe costui? PRIMO SERVITORE
Strambi come lui non ne avevo mai visti. Non mi riesce di sbatterlo fuori. Chiama qui il padrone, per favore. TERZO SERVITORE (a Coriolano) Ma cosa ci fai tu qui? Per favore, vedi di andartene. CORIOLANO
Lasciami stare in piedi qui. Mica ti sciupo il focolare158. TERZO SERVITORE
Che cosa sei? CORIOLANO
Un gentiluomo. TERZO SERVITORE
Molto male in arnese.
2491
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
CORIOLANUS True, so I am. THIRD SERVINGMAN Pray you, poor gentleman, take up
29
some other station. Here’s no place for you. Pray you, avoid. Come. CORIOLANUS
Follow your function. Go and batten on cold bits. He pushes him away from him THIRD SERVINGMAN What, you will not? – Prithee tell my
master what a strange guest he has here. SECOND SERVINGMAN And I shall.
35
Exit Second Servingman THIRD SERVINGMAN Where dwell’st thou? CORIOLANUS Under the canopy. THIRD SERVINGMAN Under the canopy? CORIOLANUS Ay. THIRD SERVINGMAN Where’s that?
40
CORIOLANUS I’th’ city of kites and crows. THIRD SERVINGMAN I’th’ city of kites and crows? What an
ass it is! Then thou dwell’st with daws, too? CORIOLANUS No, I serve not thy master. THIRD SERVINGMAN How, sir? Do you meddle with my master? CORIOLANUS Ay, ’tis an honester service than to meddle with thy mistress. Thou prat’st and prat’st. Serve with thy trencher. Hence! He beats him away.
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45
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
CORIOLANO
Verissimo. TERZO SERVITORE
E allora, gentiluomo male in arnese, fammi il favore di trovarti un’altra posizione159. Non è posto per te qui. Forza, aria. Via. CORIOLANO
Fa’ il tuo mestiere e va’ a ingozzarti di avanzi freddi. (Lo spinge via). TERZO SERVITORE
E allora? Non vuoi muoverti? – Ehi tu, va’ a dire al padrone che ospite strambo abbiamo qui. SECONDO SERVITORE
Ci vado di corsa. Esce il secondo servitore TERZO SERVITORE
Dove stai di casa? CORIOLANO
Sotto la volta stellata160. TERZO SERVITORE
Sotto la volta stellata? CORIOLANO
Sì. TERZO SERVITORE
E dov’è? CORIOLANO
Nella città degli sparvieri e dei corvi. TERZO SERVITORE
Nella città degli sparvieri e dei corvi? Ma guarda che asino! Allora stai con le cornacchie ciarliere? CORIOLANO
No, non sono al servizio del tuo padrone. TERZO SERVITORE
Che? Interferisci col mio padrone? CORIOLANO
Sì, sempre meglio che interferire con la tua padrona161. Non fai altro che chiacchiere. Va’ a offrire in giro il tuo vassoio. Vattene! Lo manda via a botte. 2493
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
Enter Aufidius, with the Second Servingman AUFIDIUS Where is this fellow? SECOND SERVINGMAN Here, sir. I’d have beaten him like a
dog but for disturbing the lords within. [The Servingmen stand aside] AUFIDIUS
Whence com’st thou? What wouldst thou? Thy name? Why speak’st not? Speak, man. What’s thy name? CORIOLANUS [unmuffling his head] If, Tullus, Not yet thou know’st me, and seeing me dost not Think me for the man I am, necessity Commands me name myself. AUFIDIUS What is thy name?
56
CORIOLANUS
A name unmusical to the Volscians’ ears And harsh in sound to thine. AUFIDIUS Say, what’s thy name? Thou hast a grim appearance, and thy face Bears a command in’t. Though thy tackle’s torn, Thou show’st a noble vessel. What’s thy name?
61
CORIOLANUS
Prepare thy brow to frown. Know’st thou me yet? AUFIDIUS I know thee not. Thy name?
65
CORIOLANUS
My name is Caius Martius, who hath done To thee particularly, and to all the Volsces, Great hurt and mischief. Thereto witness may My surname Coriolanus. The painful service, The extreme dangers, and the drops of blood Shed for my thankless country, are requited But with that surname – a good memory And witness of the malice and displeasure Which thou shouldst bear me. Only that name remains. The cruelty and envy of the people, Permitted by our dastard nobles, who 2494
70
75
CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
Entra Aufidio con il secondo servitore AUFIDIO
E dov’è questo tizio? SECONDO SERVITORE
Qui, signore. L’avrei preso a calci come un cane, ma non volevo disturbare la festa. [I servitori si mettono in disparte] AUFIDIO
Da dove vieni? Che cosa vuoi? Il tuo nome? Perché non parli? Dai, parla. Qual è il tuo nome? CORIOLANO [scoprendosi il volto] Tullo, se non mi riconosci ancora e guardandomi non pensi all’uomo che sono, necessità vuole che io dichiari il mio nome. AUFIDIO
Qual è il tuo nome? CORIOLANO
Un nome che suona male all’orecchio dei Volsci e stride ancora di più al tuo. AUFIDIO
Forza, qual è il tuo nome? Hai un aspetto sinistro e l’impronta del comando sul volto. Il sartiame è a pezzi, ma il vascello162 è di gran classe. Qual è il tuo nome? CORIOLANO
Sta’ pronto ad accigliarti. Adesso mi riconosci163? AUFIDIO
Non ti conosco. Il tuo nome? CORIOLANO
Il mio nome è Caio Marzio. Sono quello che ha causato a te in particolare e a tutti i Volsci gran dolore e danno. Lo può testimoniare il mio soprannome Coriolano. Il faticoso servizio, i pericoli estremi e le stille di sangue versate per la mia ingrata patria sono tutti ricompensati solo con quel soprannome – buono per ricordati e giustificare il livore e la malevolenza che dovresti avere per me. Mi resta solo quel nome. La crudeltà e l’invidia del popolo, non contrastata da aristocratici codardi che, tutti, mi avevano abban-
2495
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
Have all forsook me, hath devoured the rest, And suffered me by th’ voice of slaves to be Whooped out of Rome. Now this extremity Hath brought me to thy hearth. Not out of hope – Mistake me not – to save my life, for if I had feared death, of all the men i’th’ world I would have ’voided thee, but in mere spite To be full quit of those my banishers Stand I before thee here. Then if thou hast A heart of wreak in thee, that wilt revenge Thine own particular wrongs and stop those maims Of shame seen through thy country, speed thee straight, And make my misery serve thy turn. So use it That my revengeful services may prove As benefits to thee; for I will fight Against my cankered country with the spleen Of all the under-fiends. But if so be Thou dar’st not this, and that to prove more fortunes Thou’rt tired, then, in a word, I also am Longer to live most weary, and present My throat to thee and to thy ancient malice, Which not to cut would show thee but a fool, Since I have ever followed thee with hate, Drawn tuns of blood out of thy country’s breast, And cannot live but to thy shame unless It be to do thee service. AUFIDIUS O Martius, Martius! Each word thou hast spoke hath weeded from my heart A root of ancient envy. If Jupiter Should from yon cloud speak divine things And say ‘’Tis true’, I’d not believe them more Than thee, all-noble Martius. Let me twine Mine arms about that body whereagainst My grainèd ash an hundred times hath broke, And scarred the moon with splinters. (He embraces Coriolanus) 2496
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
donato, hanno divorato il resto e permesso che fossi inseguito fin fuori Roma dalla canea degli schiavi che mi avevano votato contro. Questa calamità mi ha condotto al tuo focolare. Non fraintendermi: non è stata la speranza di avere salva la vita, perché se avessi temuto la morte, di tutti gli uomini al mondo avrei evitato te. È solo per rancore, per vendicarmi di chi mi ha bandito che sono qui davanti a te. E quindi, se hai un cuore pieno d’odio che vuole vendicare i torti subiti di persona e porre rimedio alle vergognose mutilazioni ben visibili su tutto il corpo del tuo paese, affrettati a usare la mia disgrazia a tuo vantaggio. Usala in modo che la mia opera di vendicatore ti arrechi profitto, perché io mi batterò contro il mio paese incancrenito con tutta la ferocia degli spiriti infernali. Ma se mai fosse che non te la senti di farlo e non hai fiato per ritentare la sorte, allora, per farla breve, anch’io sono stanco di vivere e offro la gola a te e al tuo antico livore. Non tagliarmela farebbe di te uno sciocco perché ti ho sempre tallonato con odio, ho tratto tinozze di sangue dal petto del tuo paese e posso solo vivere a tuo disdoro se non vivo al tuo servizio. AUFIDIO
Oh Marzio, Marzio! Con ogni parola che hai detto mi hai estirpato dal cuore una radice dell’antico odio. Se Giove da quella nube parlasse di divini misteri e dicesse “È tutto vero”, non gli crederei più che a te, nobilissimo Marzio. Lascia che io intrecci le mie braccia attorno al tuo corpo contro il quale la mia lancia di frassino nodoso si è cento volte infranta sfigurando la luna con le sue schegge. (Ab-
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
Here I clip The anvil of my sword, and do contest As hotly and as nobly with thy love As ever in ambitious strength I did Contend against thy valour. Know thou first, I loved the maid I married; never man Sighed truer breath. But that I see thee here, Thou noble thing, more dances my rapt heart Than when I first my wedded mistress saw Bestride my threshold. Why, thou Mars, I tell thee We have a power on foot, and I had purpose Once more to hew thy target from thy brawn, Or lose mine arm for’t. Thou hast beat me out Twelve several times, and I have nightly since Dreamt of encounters ’twixt thyself and me – We have been down together in my sleep, Unbuckling helms, fisting each other’s throat – And waked half dead with nothing. Worthy Martius, Had we no other quarrel else to Rome but that Thou art thence banished, we would muster all From twelve to seventy, and, pouring war Into the bowels of ungrateful Rome, Like a bold flood o’erbear’t. O, come, go in, And take our friendly senators by th’ hands Who now are here taking their leaves of me, Who am prepared against your territories, Though not for Rome itself. CORIOLANUS You bless me, gods.
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AUFIDIUS
Therefore, most absolute sir, if thou wilt have The leading of thine own revenges, take Th’one half of my commission and set down – As best thou art experienced, since thou know’st Thy country’s strength and weakness – thine own ways: Whether to knock against the gates of Rome, Or rudely visit them in parts remote To fright them ere destroy. But come in. 2498
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
braccia Coriolano) Ora abbraccio in te l’incudine della mia spada e accetto la sfida del tuo amore con lo stesso ardore e nobiltà con cui in passato, con forza ambiziosa, ho sfidato il tuo valore. Per prima cosa, sappi che amavo la fanciulla che avrei poi sposato: nessun uomo si è abbandonato a sospiri d’amore più sinceri. Ma nel vederti qui, glorioso obelisco, il cuore mi danza in petto più eccitato di quando vidi la mia sposa varcare per la prima volta la mia soglia. Sappi dunque, caro Marte, che abbiamo un esercito in armi e che era mia intenzione strappare lo scudo dal tuo braccio muscoloso o perdere il mio nel tentativo. Ben dodici volte mi hai sconfitto e da allora ogni notte ho sognato nuovi incontri fra noi due (nei miei sogni ci prendevamo, slacciandoci gli elmi e afferrandoci alla gola) e mi sono svegliato spompato e con le mani intorno a un vuoto164. Valoroso Marzio, se non avessimo altro motivo di contesa con Roma oltre al fatto che ti ha bandito, chiameremmo alle armi tutti i maschi fra i dodici e i settant’anni e, versando guerra nelle viscere dell’ingrata Roma, la travolgeremmo come un’irresistibile alluvione. Su vieni, entra in casa e stringi la mano amica dei nostri senatori che sono qui per accomiatarsi da me che sono pronto a muovere contro i vostri territori, se non contro Roma stessa. CORIOLANO
Questa è la vostra benedizione, o dèi. AUFIDIO
Pertanto, prodigio di perfezione, se vuoi essere a capo delle tue vendette, prendi metà del mio comando e decidi tu il piano d’azione in base alla tua esperienza poiché tu ben conosci i punti di forza e di debolezza del tuo paese: sia che tu voglia puntare dritto alle porte di Roma o cominciare con un’incursione in una zona remota per spaventarli prima di distruggerli. Ma vieni dentro. Lascia
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
Let me commend thee first to those that shall Say yea to thy desires. A thousand welcomes! And more a friend than ere an enemy; Yet, Martius, that was much. Your hand. Most welcome!
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Exeunt
[The two Servingmen come forward] FIRST SERVINGMAN Here’s a strange alteration! SECOND SERVINGMAN By my hand, I had thought to have
strucken him with a cudgel, and yet my mind gave me his clothes made a false report of him. FIRST SERVINGMAN What an arm he has! He turned me about with his finger and his thumb as one would set up a top. SECOND SERVINGMAN Nay, I knew by his face that there was something in him. He had, sir, a kind of face, methought – I cannot tell how to term it. FIRST SERVINGMAN He had so, looking, as it were – would I were hanged but I thought there was more in him than I could think. SECOND SERVINGMAN So did I, I’ll be sworn. He is simply the rarest man i’th’ world. FIRST SERVINGMAN I think he is yet a greater soldier than he you wot on. SECOND SERVINGMAN Who, my master? FIRST SERVINGMAN Nay, it’s no matter for that. SECOND SERVINGMAN Worth six on him. FIRST SERVINGMAN Nay, not so, neither; but I take him to be the greater soldier. SECOND SERVINGMAN Faith, look you, one cannot tell how to say that. For the defence of a town our general is excellent. FIRST SERVINGMAN Ay, and for an assault too.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
che ti presenti a quelli che diranno sì ai tuoi desideri. Mille volte benvenuto! Più amico oggi che nemico in passato – ed è tutto dire, Marzio. La mano. Benvenuto, davvero. Escono [Si fanno avanti i due servitori] PRIMO SERVITORE
Proprio un bel cambiamento! SECONDO SERVITORE
Giuro su questa mano che stavo per prenderlo a randellate, ma il cervello mi avvertiva che i suoi vestiti dicevano il falso. PRIMO SERVITORE
E la forza del suo braccio? Mi ha fatto piroettare fra il pollice e l’indice come una trottola. SECONDO SERVITORE
Come no, l’ho capito dalla faccia che c’era un non so che in lui. Caro mio, aveva una di quelle facce... non so come spiegarmi. PRIMO SERVITORE
E quell’aria che aveva? Come uno che... m’impiccassero se non ho capito subito che in lui c’era più di quel che riuscivo a capire. SECONDO SERVITORE
Anch’io, giuro. È proprio unico al mondo. PRIMO SERVITORE
Secondo me, lui è più grande di chi sappiamo165. SECONDO SERVITORE
Chi, il padrone? PRIMO SERVITORE
Non ci piove. SECONDO SERVITORE
Di lui ne vale sei. PRIMO SERVITORE
Non esageriamo, però è il miglior soldato dei due. SECONDO SERVITORE
Guarda, non so proprio come dire. Per la difesa di una città il nostro generale è bravissimo. PRIMO SERVITORE
Come no, anche per l’assalto. 2501
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
Enter the Third Servingman THIRD SERVINGMAN O, slaves, I can tell you news – news,
you rascals! FIRST and SECOND SERVINGMEN What, what, what? Let’s partake. THIRD SERVINGMAN I would not be a Roman of all nations. I had as lief be a condemned man. FIRST and SECOND SERVINGMEN Wherefore? Wherefore? THIRD SERVINGMAN Why, here’s he that was wont to thwack our general, Caius Martius. FIRST SERVINGMAN Why do you say ‘thwack our general’? THIRD SERVINGMAN I do not say ‘thwack our general’; but he was always good enough for him. SECOND SERVINGMAN Come, we are fellows and friends. He was ever too hard for him. I have heard him say so himself. FIRST SERVINGMAN He was too hard for him directly. To say the truth on’t, before Corioles he scotched him and notched him like a carbonado. SECOND SERVINGMAN An he had been cannibally given, he might have broiled and eaten him too. FIRST SERVINGMAN But more of thy news! THIRD SERVINGMAN Why, he is so made on here within as if he were son and heir to Mars; set at upper end o’th’ table, no question asked him by any of the senators but they stand bald before him. Our general himself makes a mistress of him, sanctifies himself with’s hand, and turns up the white o’th’ eye to his discourse. But the bottom of the news is, our general is cut i’th’ middle, and but one half of what he was yesterday, for the other has half by the entreaty and grant of the
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
Entra il terzo servitore TERZO SERVITORE
Ohi, schiavi, ne ho di notizie! Notizie, lazzaroni! PRIMO e SECONDO SERVITORE Cosa, cosa, cosa? Dai, vuota il sacco. TERZO SERVITORE
Fra tutti i popoli, quello che non vorrei essere è un Romano. Preferirei una condanna a morte. PRIMO e SECONDO SERVITORE Perché? Perché? TERZO SERVITORE
Perché abbiamo tra noi quello che pestava il nostro generale, Caio Marzio. PRIMO SERVITORE
Perché dici “pestava il nostro generale”? TERZO SERVITORE
Non proprio “pestava il nostro generale”; dico che gli ha sempre tenuto testa. SECONDO SERVITORE
Dai, siamo fra amici. Era troppo forte per lui. Gliel’ho proprio sentito dire io. PRIMO SERVITORE
Era troppo forte per lui, per dirla schietta. La verità è che davanti a Corioli l’ha tagliato e spezzettato come un filetto sulle braci. SECONDO SERVITORE
E se aveva gusti da cannibale poteva grigliarlo e mangiarselo. PRIMO SERVITORE
Ma dacci altre notizie! TERZO SERVITORE
Beh, qui lo trattano come se fosse il figlio ed erede di Marte; l’hanno messo a capotavola e nessun senatore gli fa domande senza scappellarsi. Il nostro generale stesso se lo coccola come se fosse la sua amante, gli tocca la mano come se prendesse l’acqua santa e quando lui parla rovescia gli occhi al cielo. Ma la vera notizia è che il nostro generale è tagliato in due ed è solo la metà di quello che era ieri perché una metà è passata all’altro per preghiera e conces-
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 5
whole table. He’ll go, he says, and sowl the porter of Rome gates by th’ ears. He will mow all down before him, and leave his passage polled. SECOND SERVINGMAN And he’s as like to do’t as any man I can imagine. THIRD SERVINGMAN Do’t? He will do’t; for look you, sir, he has as many friends as enemies; which friends, sir, as it were durst not – look you, sir – show themselves, as we term it, his friends whilst he’s in dejectitude. FIRST SERVINGMAN Dejectitude? What’s that? THIRD SERVINGMAN But when they shall see, sir, his crest up again and the man in blood, they will out of their burrows like conies after rain, and revel all with him. FIRST SERVINGMAN But when goes this forward? THIRD SERVINGMAN Tomorrow, today, presently. You shall have the drum struck up this afternoon. ’Tis as it were a parcel of their feast, and to be executed ere they wipe their lips. SECOND SERVINGMAN Why, then we shall have a stirring world again. This peace is nothing but to rust iron, increase tailors, and breed ballad-makers. FIRST SERVINGMAN Let me have war, say I. It exceeds peace as far as day does night. It’s sprightly walking, audible and full of vent. Peace is a very apoplexy, lethargy; mulled, deaf, sleepy, insensible; a getter of more bastard children than war’s a destroyer of men. SECOND SERVINGMAN ’Tis so, and as war in some sort may be said to be a ravisher, so it cannot be denied but peace is a great maker of cuckolds. FIRST SERVINGMAN Ay, and it makes men hate one another.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 5
sione dell’intera tavolata. Dice che vuole andare a tirare le orecchie al custode delle porte di Roma. Vuole falciare tutto davanti a sé e far terra bruciata al suo passaggio. SECONDO SERVITORE
E non riesco a immaginare un uomo più capace di lui di farlo. TERZO SERVITORE
Farlo? Lo farà. Perché vedi, caro mio, ha tanti amici quanti nemici; i quali amici, come posso dire, non osavano, vedi caro mio, mostrarsi, come diremmo, suoi amici finché lui era in disagiatezza166. PRIMO SERVITORE
Disagiatezza? E cos’è? TERZO SERVITORE
Ma aspetta che lo vedano con la cresta dritta e buon sangue nelle vene e usciranno dalle loro tane come conigli dopo la pioggia per fargli festa. PRIMO SERVITORE
E questo quando sarà? TERZO SERVITORE
Domani, oggi, all’istante. Sentirai rullare il tamburo già questo pomeriggio. È quasi come se facesse parte del programma della festa, da realizzare prima di pulirsi la bocca. SECONDO SERVITORE
Bene! Almeno ci sarà di nuovo un bel po’ di movimento. Questa pace serve solo a far arrugginire il ferro, dar lavoro ai sarti167 e moltiplicare i cantastorie. PRIMO SERVITORE
Datemi la guerra, dico io. Sta alla pace come il giorno alla notte. Ha passo elastico, voce possente e buon fiuto. Pace è come dire apoplessia e letargo; è instupidita, sorda, sonnacchiosa, inerte; produce più bambini bastardi lei che cadaveri di uomini la guerra. SECONDO SERVITORE
Proprio così. E come si può quasi dire che la guerra è una gran produttrice di stupri, così non si può negare che la pace lo è di cornuti. PRIMO SERVITORE
Già, e fa odiare gli uomini tra loro.
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
THIRD SERVINGMAN Reason; because they then less need
one another. The wars for my money. I hope to see Romans as cheap as Volscians. [A sound within] They are rising, they are rising. FIRST and SECOND SERVINGMEN In, in, in, in. 4.6
Exeunt
Enter the two tribunes, Sicinius and Brutus
SICINIUS
We hear not of him, neither need we fear him. His remedies are tame – the present peace And quietness of the people, which before Were in wild hurry. Here do we make his friends Blush that the world goes well, who rather had, Though they themselves did suffer by’t, behold Dissentious numbers pest’ring streets than see Our tradesmen singing in their shops and going About their functions friendly.
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Enter Menenius BRUTUS
We stood to’t in good time. Is this Menenius?
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SICINIUS
’Tis he, ’tis he. O, he is grown most kind of late. Hail, sir. MENENIUS Hail to you both. SICINIUS
Your Coriolanus is not much missed But with his friends. The commonwealth doth stand, And so would do were he more angry at it.
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MENENIUS
All’s well, and might have been much better if He could have temporized. SICINIUS Where is he, hear you? MENENIUS Nay, I hear nothing. His mother and his wife hear nothing from him.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
TERZO SERVITORE
Ovvio: perché in tempo di pace hanno meno bisogno l’uno dell’altro. Io punto tutto sulla guerra. Spero di vedere i Romani offerti a prezzi stracciati come i Volsci. [Un suono da dentro] Si alzano da tavola, si alzano. PRIMO e SECONDO SERVITORE
Dai, dai, dai, dentro. Escono Entrano i due tribuni, Sicinio e Bruto168
IV, 6
SICINIO
Notizie di lui non ne arrivano e non c’è motivo per temerlo. L’antidoto contro di lui è domestico: l’attuale pace e tranquillità del popolo, che prima era agitatissimo169. Con questa calma generale abbiamo fatti arrossire i suoi amici che avrebbero preferito, contro il loro stesso interesse, vedere masse di contestatori impestare le strade, piuttosto che i nostri artigiani cantare nelle botteghe e farsi i fatti loro in piena armonia. Entra Menenio BRUTO
Abbiamo tenuto duro quando ci voleva. È mica Menenio, quello? SICINIO
Proprio lui. Si è fatto così gentile ultimamente. Salute, signore. MENENIO
Salute a voi due. SICINIO
Il tuo Coriolano non è molto rimpianto, se non dai suoi amici. Lo stato tiene bene e terrebbe anche se lui fosse ancora più furente. MENENIO
Tutto va bene e andrebbe ancora meglio se avesse saputo temporeggiare. SICINIO
Dove si trova? Hai notizie? MENENIO
No, io non ne so niente – e neanche sua madre e sua moglie. 2507
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
Enter three or four Citizens ALL THE CITIZENS (to the tribunes)
The gods preserve you both. SICINIUS
Good e’en, our neighbours.
BRUTUS
Good e’en to you all, good e’en to you all. FIRST CITIZEN
Ourselves, our wives and children, on our knees Are bound to pray for you both. SICINIUS Live and thrive. BRUTUS Farewell, kind neighbours. We wished Coriolanus had loved you as we did.
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ALL THE CITIZENS
Now the gods keep you! Farewell, farewell.
SICINIUS and BRUTUS
Exeunt Citizens SICINIUS
This is a happier and more comely time Than when these fellows ran about the streets Crying confusion. BRUTUS Caius Martius was A worthy officer i’th’ war, but insolent, O’ercome with pride, ambitious past all thinking, Self-loving – SICINIUS And affecting one sole throne Without assistance. MENENIUS I think not so. SICINIUS
We should by this, to all our lamentation, If he had gone forth consul found it so. BRUTUS
The gods have well prevented it, and Rome Sits safe and still without him. Enter an Aedile
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
Entrano tre o quattro cittadini TUTTI I CITTADINI (ai tribuni)
Che gli dèi vi conservino entrambi. SICINIO
Buona sera, amici. BRUTO
Buonasera a tutti, buonasera. PRIMO CITTADINO
Noi tutti, con le mogli e i figli, dobbiamo solo pregare in ginocchio per voi. SICINIO
Godetevi la vita e prosperate. BRUTO
Addio, cari amici. Se solo Coriolano vi avesse amato quanto noi. TUTTI I CITTADINI
Gli dèi vi conservino! SICINIO e BRUTO
Addio, addio. Escono i cittadini SICINIO
Certo che si vive molto meglio adesso di quando questi correvano per le strade incitando alla rivolta. BRUTO
Caio Marzio era un ufficiale valoroso in guerra, ma arrogante, dominato dall’orgoglio, ambizioso oltre ogni dire, pieno di sé... SICINIO
E puntava al potere assoluto, senza altri intorno. MENENIO
Non sono d’accordo. SICINIO
A quest’ora ce ne saremmo già accorti a nostre spese se fosse diventato console. BRUTO
Sono stati gli dèi a impedirlo e Roma se ne sta sicura e in pace senza di lui. Entra un edile 2509
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
Worthy tribunes, There is a slave whom we have put in prison Reports the Volsces, with two several powers, Are entered in the Roman territories, And with the deepest malice of the war Destroy what lies before ’em. MENENIUS ’Tis Aufidius, Who, hearing of our Martius’ banishment, Thrusts forth his horns again into the world, Which were inshelled when Martius stood for Rome, And durst not once peep out. SICINIUS Come, what talk you of Martius? BRUTUS (to the Aedile) Go see this rumourer whipped. It cannot be The Volsces dare break with us. MENENIUS Cannot be? We have record that very well it can, And three examples of the like hath been Within my age. But reason with the fellow, Before you punish him, where he heard this, Lest you shall chance to whip your information And beat the messenger who bids beware Of what is to be dreaded. SICINIUS Tell not me. I know this cannot be. BRUTUS Not possible. AEDILE
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Enter a Messenger MESSENGER
The nobles in great earnestness are going All to the senate-house. Some news is come That turns their countenances.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
EDILE
Nobili tribuni, uno schiavo che abbiamo arrestato riferisce che i Volsci con due eserciti sono penetrati in territorio romano e con brutalità mai vista in guerra distruggono tutto quanto hanno davanti. MENENIO
È Aufidio che, appena saputo dell’esilio del nostro Marzio, ritira fuori quelle corna che, quando Marzio era paladino di Roma, teneva ben ritirate nel guscio senza mai osare mostrarle. SICINIO
Ma dai, che cosa c’entra Marzio? BRUTO (all’edile)
Vai a far frustare questo allarmista. Non può essere che i Volsci osino rompere con noi. MENENIO
Non può essere? La storia ci insegna che può essere eccome. Io stesso ricordo tre casi di cui sono stato testimone. Ma parlate con questo tizio, prima di punirlo; fatevi dire dove l’ha sentito dire per non correre il rischio di frustare la notizia e picchiare il messaggero che vi mette in guardia dal pericolo. SICINIO
Non dirmelo. So che non può essere. BRUTO
Non è possibile. Entra un messaggero MESSAGGERO
I patrizi stanno tutti correndo in gran fretta al senato. Stanno arrivando notizie che li hanno fatti sbiancare.
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
’Tis this slave. (To the Aedile) Go whip him fore the people’s eyes. – His raising, Nothing but his report. Exit Aedile MESSENGER Yes, worthy sir, The slave’s report is seconded, and more, More fearful, is delivered. SICINIUS What more fearful? SICINIUS
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MESSENGER
It is spoke freely out of many mouths – How probable I do not know – that Martius, Joined with Aufidius, leads a power ’gainst Rome, And vows revenge as spacious as between The young’st and oldest thing. SICINIUS This is most likely!
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BRUTUS
Raised only that the weaker sort may wish Good Martius home again. SICINIUS The very trick on’t. MENENIUS This is unlikely. He and Aufidius can no more atone Than violent’st contrariety.
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Enter another Messenger SECOND MESSENGER
You are sent for to the senate. A fearful army, led by Caius Martius Associated with Aufidius, rages Upon our territories, and have already O’erborne their way, consumed with fire and took What lay before them. Enter Cominius COMINIUS O, you have made good work! MENENIUS What news? What news?
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
SICINIO
È sempre quello schiavo. (All’edile) Frustalo sotto gli occhi del popolo: l’allarme è solo colpa sua e del suo racconto. Esce l’edile MESSAGGERO
Sì, nobile signore, le parole dello schiavo hanno trovato conferma e arrivano altre ben più spaventose notizie. SICINIO
Che cosa c’è di più spaventoso? MESSAGGERO
Si sente dire senza remore da più parti, non so quant’è probabile, che Marzio d’accordo con Aufidio guida un esercito contro Roma e promette una vendetta senza quartiere che travolga tutti, dai più giovani ai più vecchi. SICINIO
Meno probabile di così! BRUTO
È una voce fatta circolare solo perché i più deboli auspichino il ritorno a casa del buon Marzio. SICINIO
È sicuramente quello il trucco. MENENIO
Non direi proprio. Lui e Aufidio possono andare d’accordo quanto gli opposti più inconciliabili. Entra un altro messaggero SECONDO MESSAGGERO
Siete convocati in senato. Un esercito terribile, guidato da Caio Marzio in lega con Aufidio, si è scatenato contro i nostri territori e ha già travolto ogni resistenza. Tutto quello che incontra, l’ha messo a ferro e fuoco e catturato. Entra Cominio COMINIO
Bel lavoro avete fatto! MENENIO
Che notizie? Che notizie?
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
COMINIUS
You have holp to ravish your own daughters and To melt the city leads upon your pates, To see your wives dishonoured to your noses. MENENIUS What’s the news? What’s the news?
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COMINIUS
Your temples burnèd in their cement, and Your franchises, whereon you stood, confined Into an auger’s bore. MENENIUS Pray now, your news? (To the tribunes) You have made fair work, I fear me. (To Cominius) Pray, your news. If Martius should be joined wi’th’ Volscians –
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COMINIUS
If? He is their god. He leads them like a thing Made by some other deity than nature, That shapes man better, and they follow him Against us brats with no less confidence Than boys pursuing summer butterflies, Or butchers killing flies. MENENIUS (to the tribunes) You have made good work, You and your apron-men, you that stood so much Upon the voice of occupation and The breath of garlic-eaters! COMINIUS (to the tribunes) He’ll shake your Rome about your ears.
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MENENIUS
As Hercules did shake down mellow fruit. (To the tribunes) You have made fair work. BRUTUS But is this true, sir? COMINIUS Ay, and you’ll look pale Before you find it other. All the regions Do smilingly revolt, and who resists Are mocked for valiant ignorance, And perish constant fools. Who is’t can blame him? Your enemies and his find something in him.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
COMINIO
Avete collaborato a stuprare le vostre figlie, a fondere il piombo dei tetti sulle vostre zucche, a vedere le mogli disonorate sotto il vostro naso. MENENIO
Ma le notizie? Le notizie? COMINIO
I vostri templi bruciati fino alle fondamenta e le vostre libertà, che vi premevano tanto, così ristrette da stare nel forellino di un succhiello. MENENIO
Ti prego, le notizie adesso! (Ai tribuni) L’avete fatta grossa, temo. (A Cominio) Le notizie, ti prego. Se Marzio si è alleato con i Volsci... COMINIO
Se? È il loro dio. Li guida come un qualcosa creato da una divinità che non è la natura e sa creare superuomini. E loro lo seguono contro di noi, moscerini, con la disinvolta sicurezza di ragazzi che inseguono farfalle estive e macellai che uccidono mosche. MENENIO (ai tribuni) L’avete fatta grossa, voi e i vostri seguaci coi loro bei grembiuli, voi che ci tenevate tanto ai voti degli artigiani e al fiato dei mangiatori d’aglio! COMINIO (ai tribuni) Vi tirerà giù Roma sulla testa. MENENIO
Come Ercole tirò giù i frutti maturi170. (Ai tribuni) L’avete fatta grossa. BRUTO
Ma è tutto vero, signore? COMINIO
Sì e farai in tempo a impallidire prima che venga smentito. Tutte le comunità si ribellano sorridendo e quelli che resistono sono presi in giro per un valore che è prova d’ignoranza e muoiono da fedelissimi cretini. E chi può dargli torto? I vostri nemici e i suoi trovano qualcosa di buono in lui.
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
MENENIUS We are all undone unless
The noble man have mercy. Who shall ask it? The tribunes cannot do’t, for shame; the people Deserve such pity of him as the wolf Does of the shepherds. For his best friends, if they Should say ‘Be good to Rome’, they charged him even As those should do that had deserved his hate, And therein showed like enemies. MENENIUS ’Tis true. If he were putting to my house the brand That should consume it, I have not the face To say ‘Beseech you, cease.’ (To the tribunes) You have made fair hands, You and your crafts! You have crafted fair! COMINIUS (to the tribunes) You have brought A trembling upon Rome such as was never S’incapable of help. SICINIUS and BRUTUS Say not we brought it. MENENIUS How? Was’t we? We loved him, but like beasts and cowardly nobles Gave way unto your clusters, who did hoot Him out o’th’ city. COMINIUS But I fear They’ll roar him in again. Tullus Aufidius, The second name of men, obeys his points As if he were his officer. Desperation Is all the policy, strength, and defence That Rome can make against them. COMINIUS
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Enter a troop of Citizens Here come the clusters. (To the Citizens) And is Aufidius with him? You are they That made the air unwholesome when you cast Your stinking greasy caps in hooting at Coriolanus’ exile. Now he’s coming, And not a hair upon a soldier’s head
MENENIUS
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
MENENIO
Siamo tutti perduti a meno che quel valoroso non abbia pietà. COMINIO
E chi andrà a chiedergliela? Non i tribuni, per vergogna; il popolo merita la sua pietà come il lupo quella dei pastori. Quanto ai suoi migliori amici, se dicessero “Sii buono con Roma”, si accoderebbero nella preghiera a quelli che hanno meritato il suo odio e si dimostrerebbero così suoi nemici. MENENIO
È vero. Se stesse appiccando alla mia casa l’incendio che la consumerà, non avrei la faccia tosta di dirgli: “Ti prego, smetti.” (Ai tribuni) Avete proprio le mani d’oro, voi e i vostri artigiani! Avete tirato le fila di un capolavoro171. COMINIO (ai tribuni) Avete tirato addosso a Roma un terremoto mai visto e irrimediabile. SICINIO e BRUTO Non dite che siamo stati noi. MENENIO
No? E chi allora, noi? Noi l’amavamo, ma, da bestie e aristocratici codardi, abbiamo ceduto alle vostre masse che l’hanno cacciato dalla città a gran voce. COMINIO
E temo che a gran voce lo richiameranno. Tullo Aufidio, secondo per fama tra gli uomini, gli obbedisce in tutto come se fosse ai suoi ordini. La disperazione è l’unica tattica172, forza e difesa che Roma può mettere in campo contro di loro. Entra un gruppo di cittadini MENENIO
Eccole qui le masse. (Ai cittadini) Aufidio è con lui? Voi siete quelli che appestarono l’aria col lancio di berretti sozzi e puzzolenti e con urla che invocavano l’esilio di Coriolano. Adesso lui è in arrivo e non c’è un solo capello sulla testa di un suo soldato che non si tra-
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 6
Which will not prove a whip. As many coxcombs As you threw caps up will he tumble down, And pay you for your voices. ’Tis no matter. If he could burn us all into one coal, We have deserved it. ALL THE CITIZENS Faith, we hear fearful news. FIRST CITIZEN For mine own part, When I said ‘banish him’ I said ’twas pity. SECOND CITIZEN And so did I. THIRD CITIZEN And so did I, and to say the truth so did very many of us. That we did, we did for the best, and though we willingly consented to his banishment, yet it was against our will.
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COMINIUS
You’re goodly things, you voices. You have made good work, You and your cry. Shall’s to the Capitol? COMINIUS O, ay, what else? MENENIUS
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Exeunt Menenius and Cominius SICINIUS
Go, masters, get you home. Be not dismayed. These are a side that would be glad to have This true which they so seem to fear. Go home, And show no sign of fear. FIRST CITIZEN The gods be good to us! Come, masters, let’s home. I ever said we were i’th’ wrong when we banished him. SECOND CITIZEN So did we all. But come, let’s home. Exeunt Citizens BRUTUS
I do not like this news. SICINIUS Nor I.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 6
sformerà in una frusta. Farà rotolare a terra tante zucche di giullari quanti berretti lanciaste in aria e vi ripagherà per i vostri voti. Ma che importanza ha? Ci riducesse tutti a un solo tizzone, ce lo siamo meritato. TUTTI I CITTADINI
Eh sì, si sentono notizie tremende. PRIMO CITTADINO
Per parte mia, quando ho detto “Banditelo!” ho anche aggiunto che era un peccato. SECONDO CITTADINO
Anch’io. TERZO CITTADINO
Anch’io, e, a dire il vero, anche moltissimi altri tra noi. Quello che abbiamo fatto fu a fin di bene e anche se abbiamo consentito volentieri al suo esilio, è stato contro la nostra volontà. COMINIO
Certo che siete dei geni, voi e i vostri voti. MENENIO
L’avete fatta grossa, voi e i vostri urli. Andiamo al Campidoglio? COMINIO
Ovviamente, e dove se no? Escono Menenio e Cominio SICINIO
Andate, nostri padroni, tornate a casa. Non avvilitevi. Quei due sono del partito che sarebbe ben lieto se quello che dice di temere fosse vero. Andate a casa e non mostrate di aver paura. PRIMO CITTADINO
Che gli dèi ci aiutino. Andiamo, signori, a casa. L’ho sempre detto che abbiamo avuto torto a bandirlo. SECONDO CITTADINO
Tutti l’abbiamo detto. Ma venite, andiamo a casa. Escono i cittadini BRUTO
Queste notizie non mi piacciono. SICINIO
Neanche a me. 2519
CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 7
BRUTUS
Let’s to the Capitol. Would half my wealth Would buy this for a lie. SICINIUS Pray let’s go. 4.7
Exeunt
Enter Aufidius with his Lieutenant
AUFIDIUS Do they still fly to th’ Roman? LIEUTENANT
I do not know what witchcraft’s in him, but Your soldiers use him as the grace fore meat, Their talk at table, and their thanks at end, And you are darkened in this action, sir, Even by your own. AUFIDIUS I cannot help it now, Unless by using means I lame the foot Of our design. He bears himself more proudlier, Even to my person, than I thought he would When first I did embrace him. Yet his nature In that’s no changeling, and I must excuse What cannot be amended. LIEUTENANT Yet I wish, sir – I mean for your particular – you had not Joined in commission with him, but either Have borne the action of yourself or else To him had left it solely.
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AUFIDIUS
I understand thee well, and be thou sure, When he shall come to his account, he knows not What I can urge against him. Although it seems – And so he thinks, and is no less apparent To th’ vulgar eye – that he bears all things fairly And shows good husbandry for the Volscian state, Fights dragon-like, and does achieve as soon As draw his sword, yet he hath left undone That which shall break his neck or hazard mine Whene’er we come to our account.
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 7
BRUTO
Darei metà dei miei beni perché fossero false. SICINIO
Dai, andiamo. Escono IV, 7
Entra Aufidio con il suo luogotenente
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AUFIDIO
E continuano a precipitarsi dal Romano? LUOGOTENENTE
Non so che stregoneria c’è in lui, ma i tuoi soldati usano il suo nome come preghiera prima di mettersi a tavola, come argomento di conversazione mentre mangiano e ringraziamento quando hanno finito. E in quest’impresa tu sei lasciato in ombra dai tuoi stessi uomini. AUFIDIO
Non posso farci niente: potrei intervenire solo con mezzi che azzopperebbero il nostro progetto. Anche nei miei confronti ha un comportamento molto più altezzoso di quel che mi aspettavo quando per la prima volta lo accolsi fra le mie braccia. Ma in questo è fedele alla sua natura e io devo giustificare quello che non si può correggere. LUOGOTENENTE
Eppure signore vorrei – per il tuo interesse personale – che tu non avessi condiviso il comando con lui. Era meglio se conducevi la campagna tu stesso o la lasciavi completamente nelle sue mani. AUFIDIO
Ti capisco benissimo e sta’ pur certo che, quando verrà a fare i conti174, non immagina neanche che cosa tirerò fuori contro di lui. Anche se all’apparenza – e lui per primo ne è convinto e così sembra al volgo – si comporta lealmente in tutto, difende gli interessi del nostro stato, si batte come un drago e per vincere gli basta sguainare la spada, pure continua a lasciare incompiuto quello che costerà a lui il collo o metterà a repentaglio il mio quando faremo i conti.
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CORIOLANUS, ACT 4 SCENE 7
LIEUTENANT
Sir, I beseech you, think you he’ll carry Rome? AUFIDIUS
All places yields to him ere he sits down, And the nobility of Rome are his. The senators and patricians love him too. The tribunes are no soldiers, and their people Will be as rash in the repeal as hasty To expel him thence. I think he’ll be to Rome As is the osprey to the fish, who takes it By sovereignty of nature. First he was A noble servant to them, but he could not Carry his honours even. Whether ’twas pride, Which out of daily fortune ever taints The happy man; whether defect of judgement, To fail in the disposing of those chances Which he was lord of; or whether nature, Not to be other than one thing, not moving From th’ casque to th’ cushion, but commanding peace Even with the same austerity and garb As he controlled the war: but one of these – As he hath spices of them all – not all, For I dare so far free him – made him feared, So hated, and so banished. But he has a merit To choke it in the utt’rance. So our virtues Lie in th’interpretation of the time, And power, unto itself most commendable, Hath not a tomb so evident as a chair T’extol what it hath done. One fire drives out one fire, one nail one nail; Rights by rights falter, strengths by strengths do fail. Come, let’s away. When, Caius, Rome is thine, Thou art poor’st of all; then shortly art thou mine. Exeunt
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CORIOLANO, ATTO IV SCENA 7
LUOGOTENENTE
Dimmi, signore, pensi che si farà carico lui di prendere Roma? AUFIDIO
Tutte le città gli si arrendono prima ancora che abbia piantato le tende e i nobili romani sono dalla sua parte. Anche i senatori e i patrizi lo amano. I tribuni non sono uomini di guerra e la loro gente sarà tanto veloce a richiamarlo quanto è stata avventata a cacciarlo. Penso che sarà per Roma quello che il falco pescatore è per il pesce, che acchiappa per legge di natura. In principio li ha serviti bene ma poi non ha saputo gestire con equilibrio gli onori ricevuti. Che sia stato a causa dell’orgoglio, che con successi giornalieri guasta l’uomo fortunato, o di un difetto di giudizio che non gli ha permesso di sfruttare le buone occasioni di cui pure disponeva, oppure a causa della sua natura, di quel suo essere sempre uguale a se stesso, incapace di passare dall’elmo al seggio175, obbligato a gestire la pace con la stessa austera durezza con cui dominava la guerra: uno solo di questi difetti poiché ha un po’ di tutti e tre ma non tutti e tre per intero (questo glielo riconosco) l’ha reso temuto e quindi odiato e quindi esiliato. Pure un merito ce l’ha, che svanisce al solo nominarlo. Così le nostre virtù dipendono dall’interpretazione dei tempi e il potere, quanto mai lodevole in se stesso, non ha tomba più sicura di un pulpito da cui si celebri ciò che ha fatto. Fuoco scaccia fuoco e chiodo scaccia chiodo, un diritto soccombe a un altro diritto e la forza cede alla forza. Vieni, andiamo. Caio, quando Roma sarà tua, tu ne sarai impoverito e dopo poco sarai mio176. Escono
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 1
5.1
Enter Menenius, Cominius, Sicinius and Brutus, the two tribunes, with others
MENENIUS
No, I’ll not go. You hear what he hath said Which was sometime his general, who loved him In a most dear particular. He called me father, But what o’ that? (To the tribunes) Go, you that banished him. A mile before his tent fall down, and knee The way into his mercy. Nay, if he coyed To hear Cominius speak, I’ll keep at home.
5
COMINIUS
He would not seem to know me. Do you hear?
MENENIUS (to the tribunes) COMINIUS
Yet one time he did call me by my name. I urged our old acquaintance and the drops That we have bled together. ‘Coriolanus’ He would not answer to, forbade all names. He was a kind of nothing, titleless, Till he had forged himself a name o’th’ fire Of burning Rome. MENENIUS (to the tribunes) Why, so! You have made good work. A pair of tribunes that have wracked fair Rome To make coals cheap – a noble memory!
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COMINIUS
I minded him how royal ’twas to pardon When it was less expected. He replied It was a bare petition of a state To one whom they had punished. MENENIUS Very well. Could he say less?
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COMINIUS
I offered to awaken his regard For’s private friends. His answer to me was He could not stay to pick them in a pile 2524
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 1
V, 1
Entrano Menenio, Cominio, Sicinio e Bruto, i due tribuni, con altri177
MENENIO
No, non ci vado. Lo avete sentito che cosa ha detto al suo vecchio generale, che pure lo aveva così caro. Mi chiamava padre – e allora? (Ai tribuni) Andateci voi che lo avete esiliato. A un miglio dalla sua tenda cadete in ginocchio e tracciatelo strisciando, il sentiero che porta alla sua misericordia. No, se ha ricevuto controvoglia Cominio, io me ne resto a casa. COMINIO
Ha fatto finta di non riconoscermi. MENENIO (ai tribuni) Sentito? COMINIO
Eppure una volta mi ha chiamato per nome. Io insistevo sulla nostra antica amicizia e sulle gocce di sangue versate insieme. Non rispondeva al nome di “Coriolano” e rifiutava tutti gli altri. Si considerava una specie di ignoto, senza titoli, finché non si fosse forgiato un nome nel fuoco dell’incendio di Roma. MENENIO (ai tribuni) Bene! L’avete combinata grossa! Un paio di tribuni ha devastato Roma per abbassare il prezzo del carbone – un bel monumento alla memoria! COMINIO
Gli ho ricordato che il perdono è tanto più degno di un re quanto più giunge inaspettato. Ha ribattuto che era umiliante per uno stato supplicare qualcuno che aveva punito. MENENIO
Benissimo. Non poteva dire di meno. COMINIO
Ho cercato di risvegliare il suo affetto per gli amici personali. Mi ha risposto che non poteva star lì a tirarli fuori da un mucchio di
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 1
Of noisome, musty chaff. He said ’twas folly, For one poor grain or two, to leave unburnt And still to nose th’offence. MENENIUS For one poor grain or two? I am one of those. His mother, wife, his child, And this brave fellow too – we are the grains. (To the tribunes) You are the musty chaff, and you are smelt Above the moon. We must be burnt for you.
30
SICINIUS
Nay, pray be patient. If you refuse your aid In this so never-needed help, yet do not Upbraid’s with our distress. But sure, if you Would be your country’s pleader, your good tongue, More than the instant army we can make, Might stop our countryman. MENENIUS No, I’ll not meddle.
35
SICINIUS
Pray you go to him. MENENIUS
What should I do?
BRUTUS
Only make trial what your love can do For Rome towards Martius.
40
MENENIUS
Well, and say that Martius return me, As Cominius is returned, unheard – what then? But as a discontented friend, grief-shot With his unkindness? Say’t be so? SICINIUS Yet your good will Must have that thanks from Rome after the measure As you intended well. MENENIUS I’ll undertake’t. I think he’ll hear me. Yet to bite his lip And ‘hmh’ at good Cominius much unhearts me. He was not taken well, he had not dined. The veins unfilled, our blood is cold, and then We pout upon the morning, are unapt 2526
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50
CORIOLANO, ATTO V SCENA 1
paglia putrida e infetta. Ha aggiunto che sarebbe stata pura follia, per salvare un chicco o due, non dar fuoco a quella schifezza e sopportarne il fetore178. MENENIO
Per un chicco o due? Uno sono io. Sua madre, la moglie, il figlio e anche questo valoroso – noi siamo i chicchi. (Ai tribuni) Voi siete la paglia putrida e la vostra puzza si sente fin oltre la luna. E noi dobbiamo bruciare per causa vostra. SICINIO
No, abbi pazienza, per favore. Se ci rifiuti il tuo aiuto quando ne abbiamo più che mai bisogno, almeno non rinfacciarci la nostra disgrazia. Ma di certo, se tu volessi intercedere per la patria, la tua grande eloquenza potrebbe fermare il nostro compatriota meglio dell’esercito improvvisato che dovremmo mettere in campo. MENENIO
No, non m’impiccio. SICINIO
Ti prego, vai da lui. MENENIO
Per fare cosa? BRUTO
Solo per vedere che cosa il tuo amore per Marzio può fare per Roma. MENENIO
Bene. Supponi che Marco mi rispedisca al mittente, come Cominio, senza avermi ascoltato, cosa sarei allora? Nient’altro che un amico abbacchiato e profondamente ferito dalla sua ostilità? Se va così? SICINIO
Il tuo impegno sarà ricompensato da Roma con gratitudine pari alla generosità delle tue intenzioni. MENENIO
Lo farò. Credo che mi starà a sentire. Anche se quel suo mordersi le labbra e mugugnare davanti al buon Cominio mi deprimono non poco. È stato preso nel momento sbagliato, prima di pranzo. Quando le vene non sono ben riempite, il sangue è freddo e allora siamo ingrugnati per tutta la mattina, incapaci di dare o perdo2527
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 2
To give or to forgive; but when we have stuffed These pipes and these conveyances of our blood With wine and feeding, we have suppler souls Than in our priest-like fasts. Therefore I’ll watch him Till he be dieted to my request, And then I’ll set upon him.
55
BRUTUS
You know the very road into his kindness, And cannot lose your way. MENENIUS Good faith, I’ll prove him. Speed how it will, I shall ere long have knowledge Of my success. Exit COMINIUS He’ll never hear him. SICINIUS Not?
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COMINIUS
I tell you, he does sit in gold, his eye Red as ’twould burn Rome, and his injury The jailer to his pity. I kneeled before him; ’Twas very faintly he said ‘Rise’, dismissed me Thus with his speechless hand. What he would do He sent in writing after me, what he would not, Bound with an oath to hold to his conditions. So that all hope is vain unless his noble mother And his wife, who as I hear mean to solicit him For mercy to his country. Therefore let’s hence, And with our fair entreaties haste them on. Exeunt 5.2
Enter Menenius to the Watch or guard
FIRST WATCHMAN Stay. Whence are you? SECOND WATCHMAN Stand, and go back.
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 2
nare; ma quando abbiamo ben rimpinzato queste condutture del nostro sangue con cibo e vino, il nostro animo è più conciliante di quando digiuniamo come i preti179. Perciò lo terrò d’occhio finché la sua dieta non lo renderà ben disposto verso la mia richiesta e a quel punto andrò all’attacco. BRUTO
Conosci benissimo la strada che porta al suo benvolere e non c’è pericolo che tu ti perda. MENENIO
In fede mia, lo metterò alla prova. Vada come deve andare. Presto saprò se ce l’ho fatta. Esce COMINIO
Non gli darà ascolto. SICINIO
No? COMINIO
Ve lo dico io. Se ne sta là seduto, circonfuso d’oro180, un rosso negli occhi come se volesse appiccar fuoco a Roma e l’offesa subita è carceriere della sua misericordia. Mi sono inginocchiato davanti a lui; con voce appena udibile mi ha detto “Alzati” e mi ha liquidato così, con un gesto muto della mano. Ciò che intende fare me lo ha comunicato dopo per iscritto, e anche ciò che non intende fare, perché vincolato da un giuramento ad accettare certe condizioni. A meno che la sua nobile madre e sua moglie che, come sento dire, intendono implorarlo di avere pietà del suo paese…181 Andiamo dunque, e affrettiamo la loro impresa con le nostre cortesi preghiere. Escono V, 2
Entra Menenio e si dirige verso le sentinelle182
PRIMA SENTINELLA
Alt! Da dove vieni? SECONDA SENTINELLA
Fermati e fai marcia indietro.
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 2
MENENIUS You guard like men; ’tis well.
But, by your leave, I am an officer Of state, and come to speak with Coriolanus. FIRST WATCHMAN From whence?
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MENENIUS
From Rome. FIRST WATCHMAN You may not pass, you must return.
Our general will no more hear from thence. SECOND WATCHMAN
You’ll see your Rome embraced with fire before You’ll speak with Coriolanus. MENENIUS Good my friends, If you have heard your general talk of Rome And of his friends there, it is lots to blanks My name hath touched your ears. It is Menenius.
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FIRST WATCHMAN
Be it so; go back. The virtue of your name Is not here passable. MENENIUS I tell thee, fellow, Thy general is my lover. I have been The book of his good acts, whence men have read His fame unparalleled happily amplified; For I have ever verified my friends, Of whom he’s chief, with all the size that verity Would without lapsing suffer. Nay, sometimes, Like to a bowl upon a subtle ground, I have tumbled past the throw, and in his praise Have almost stamped the leasing. Therefore, fellow, I must have leave to pass. FIRST WATCHMAN Faith, sir, if you had told as many lies in his behalf as you have uttered words in your own, you should not pass here, no, though it were as virtuous to lie as to live chastely. Therefore go back. MENENIUS Prithee, fellow, remember my name is Menenius, always factionary on the party of your general.
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 2
MENENIO
Siete delle buone sentinelle; va bene. Se permettete però, io sono un rappresentante dello stato e sono venuto qui per parlare con Coriolano. PRIMA SENTINELLA
Da dove? MENENIO
Da Roma. PRIMA SENTINELLA
Non puoi passare, devi tornare indietro. Il nostro generale non vuole sentire più nessuno che viene da lì. SECONDA SENTINELLA
Vedrai la tua Roma in un anello di fuoco prima di riuscire a parlare con Coriolano. MENENIO
Se avete sentito il vostro generale parlare di Roma e degli amici che ha là, ve lo do mille a uno che il mio nome vi è arrivato alle orecchie. Sono Menenio. PRIMA SENTINELLA
Sia come sia, torna indietro. Il tuo nome non è la parola d’ordine qui. MENENIO
Eppure ti assicuro, giovanotto, che il tuo generale mi ama. Io sono stato il registro delle sue nobili gesta su cui gli altri hanno letto della sua gloria ineguagliata e magari anche amplificata, poiché ho sempre esaltato i miei amici, di cui lui è il primo, con tutti gli abbellimenti che la verità tollera senza scadere nella menzogna. Anzi, a volte, come una boccia su un terreno accidentato, sono ruzzolato oltre la meta183 e nel lodarlo ho quasi autenticato il falso. Perciò, giovanotto, mi devi lasciar passare. PRIMA SENTINELLA
In verità, signore, se tu avessi detto tante fregne per lui quante belle parole per te, non passeresti lo stesso – neanche se darla via184 fosse lo stesso che far vita casta. Quindi, fai marcia indietro. MENENIO
Ti prego, amico, ricordati che il mio nome è Menenio e che ho sempre militato nel partito del tuo generale. 2531
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 2
SECOND WATCHMAN Howsoever you have been his liar, as
you say you have, I am one that, telling true under him, must say you cannot pass. Therefore go back. MENENIUS Has he dined, canst thou tell? For I would not speak with him till after dinner. FIRST WATCHMAN You are a Roman, are you? MENENIUS I am as thy general is. FIRST WATCHMAN Then you should hate Rome as he does. Can you, when you have pushed out your gates the very defender of them, and in a violent popular ignorance given your enemy your shield, think to front his revenges with the easy groans of old women, the virginal palms of your daughters, or with the palsied intercession of such a decayed dotant as you seem to be? Can you think to blow out the intended fire your city is ready to flame in with such weak breath as this? No, you are deceived, therefore back to Rome, and prepare for your execution. You are condemned, our general has sworn you out of reprieve and pardon. MENENIUS Sirrah, if thy captain knew I were here, he would use me with estimation. FIRST WATCHMAN Come, my captain knows you not. MENENIUS I mean thy general. FIRST WATCHMAN My general cares not for you. Back, I say, go, lest I let forth your half pint of blood. Back. That’s the utmost of your having. Back. MENENIUS Nay, but fellow, fellow – Enter Coriolanus with Aufidius
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 2
SECONDA SENTINELLA
Anche se sei stato il suo ballista di fiducia, come dici, io sono uno che ha il compito di dir la verità sotto di lui e quindi devo dirti che non puoi passare. Dunque, fai marcia indietro. MENENIO
Che tu sappia, ha già pranzato? Perché vorrei parlargli solo dopo pranzo. PRIMA SENTINELLA
Tu sei Romano, vero? MENENIO
Proprio come il tuo generale. PRIMA SENTINELLA
E allora dovresti odiare Roma quanto lui. Ma davvero dopo aver buttato fuori dalle porte proprio quello che le difendeva e, sull’onda violenta dell’ignoranza popolare, ceduto il vostro scudo al nemico, tu pensi di poter far fronte alla sua vendetta con i facili lamenti delle vecchie, le mani verginali delle vostre figlie o l’intermediazione paralitica di un vecchio rincoglionito come sembri tu? Pensi davvero di poter estinguere le fiamme che stanno per avvolgere la tua città con la debole forza del tuo soffio? No, ti sbagli, e quindi torna a Roma e preparati a morire. Siete condannati, il nostro generale ha giurato di non concedervi né tregua né grazia. MENENIO
Ragazzino, se il tuo capitano sapesse che sono qui mi porterebbe rispetto. PRIMA SENTINELLA
Ma dai, il mio capitano nemmeno ti conosce. MENENIO
Volevo dire il tuo generale. PRIMA SENTINELLA
Il mio generale se ne infischia di te. Via, indietro, se non vuoi che ti spilli la tua mezza pinta di sangue. Indietro. Più di così non ci cavi. Indietro! MENENIO
No, ma, amico, amico... Entra Coriolano con Aufidio
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 2
CORIOLANUS What’s the matter? MENENIUS (to First Watchman) Now, you companion, I’ll
say an errand for you. You shall know now that I am in estimation. You shall perceive that a jack guardant cannot office me from my son Coriolanus. Guess but by my entertainment with him if thou stand’st not i’th’ state of hanging, or of some death more long in spectatorship and crueller in suffering. Behold now presently, and swoon for what’s to come upon thee. (To Coriolanus) The glorious gods sit in hourly synod about thy particular prosperity, and love thee no worse than thy old father Menenius does! (Weeping) O, my son, my son, thou art preparing fire for us. Look thee, here’s water to quench it. I was hardly moved to come to thee, but being assured none but myself could move thee, I have been blown out of our gates with sighs, and conjure thee to pardon Rome and thy petitionary countrymen. The good gods assuage thy wrath and turn the dregs of it upon this varlet here, this, who like a block hath denied my access to thee! CORIOLANUS Away! MENENIUS How? Away?
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CORIOLANUS
Wife, mother, child, I know not. My affairs Are servanted to others. Though I owe My revenge properly, my remission lies In Volscian breasts. That we have been familiar, Ingrate forgetfulness shall poison rather Than pity note how much. Therefore be gone. Mine ears against your suits are stronger than Your gates against my force. Yet, for I loved thee,
85
He gives him a letter Take this along. I writ it for thy sake, And would have sent it. Another word, Menenius, I will not hear thee speak. – This man, Aufidius, Was my beloved in Rome; yet thou behold’st. 2534
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 2
CORIOLANO
Cosa succede? MENENIO (alla prima sentinella) Adesso, mio caro, lo faccio io il rapporto su di te. Adesso scoprirai che sono tenuto in gran conto. Ti accorgerai che un fantaccino scemo non può proibirmi di parlare con mio figlio Coriolano. Da come andrà il nostro incontro prova a indovinare se non sei a un passo dall’impiccagione o da una morte che offra uno spettacolo più lungo agli spettatori e una sofferenza più crudele al condannato. Adesso guarda e svieni al pensiero di cosa ti aspetta. (A Coriolano) Che gli dèi gloriosi siano riuniti in permanenza per favorire la tua personale prosperità e non ti amino meno di Menenio, il tuo vecchio padre! (Piange) O figlio, figlio mio, tu per noi prepari il fuoco. Guarda: ecco qui l’acqua per spegnerlo. È stato duro convincermi a venire da te, ma, con l’assicurazione che nessuno, tranne me, poteva convincerti, sono stato spinto fuori dalle porte della città a forza di sospiri; e ti scongiuro di salvare Roma e i tuoi concittadini imploranti. Gli dèi plachino la tua collera e quel che resta lo rovescino su questo cialtrone qui, questo, che, duro come un sasso, mi impediva di avvicinarmi a te! CORIOLANO
Vattene! MENENIO
Come, vattene? CORIOLANO
Moglie, madre, figlio non conosco più nessuno. Il mio braccio è al servizio di altri. Anche se dispongo in pieno della mia vendetta, il mio perdono è nei cuori dei Volsci. Quanto alla nostra passata amicizia, è più facile che sia avvelenata dall’oblio ingrato che tenuta in giusto conto dalla pietà. E quindi, vattene. La resistenza delle mie orecchie alle tue preghiere supera quella delle vostre porte alla mia forza. Eppure, siccome un tempo ti ho amato, gli consegna una lettera prendila. L’ho scritta per te e te l’avrei fatta avere. Neanche una parola, Menenio, voglio più sentire da te. Aufidio, a Roma io amavo quest’uomo; eppure, vedi bene. 2535
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
AUFIDIUS You keep a constant temper.
Exeunt Coriolanus and Aufidius FIRST WATCHMAN Now, sir, is your name Menenius? SECOND WATCHMAN ’Tis a spell, you see, of much power.
You know the way home again. FIRST WATCHMAN Do you hear how we are shent for keeping your greatness back? SECOND WATCHMAN What cause do you think I have to swoon? MENENIUS I neither care for th’ world nor your general. For such things as you, I can scarce think there’s any, you’re so slight. He that hath a will to die by himself fears it not from another. Let your general do his worst. For you, be that you are long, and your misery increase with your age. I say to you as I was said to, ‘Away!’
95
101
Exit FIRST WATCHMAN A noble fellow, I warrant him. SECOND WATCHMAN The worthy fellow is our general. He’s
the rock, the oak, not to be wind-shaken. 5.3
108
Exeunt
Enter Coriolanus and Aufidius, with Volscian soldiers. [Coriolanus and Aufidius sit]
CORIOLANUS
We will before the walls of Rome tomorrow Set down our host. My partner in this action, You must report to th’ Volscian lords how plainly I have borne this business. AUFIDIUS Only their ends You have respected, stopped your ears against The general suit of Rome, never admitted
2536
5
CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
AUFIDIO
Sei di carattere costante185. Escono Coriolano e Aufidio PRIMA SENTINELLA
Allora, signore, il tuo nome è Menenio? SECONDA SENTINELLA
Certo che come incantesimo funziona proprio bene. La strada di casa la sai. PRIMA SENTINELLA
Sentito che cazziatone ci ha fatto per aver fermato l’altezza vostra? SECONDA SENTINELLA
Secondo te, che motivo ho per svenire? MENENIO
Non mi curo né del mondo né del vostro generale. Quanto a robetta come voi, siete così insignificanti che faccio fatica a credere che esistete. Chi è pronto a darsi la morte di sua mano non la teme da un altro. Che il vostro generale faccia del suo peggio. Quanto a voi, restate come siete per molto tempo e che le vostre sciagure crescano con gli anni. Quello che mi è stato detto dico a voi: “Via!” Esce PRIMA SENTINELLA
Un vero gentiluomo, non c’è che dire. SECONDA SENTINELLA
L’unico che conta è il nostro generale. Lui è la roccia, la quercia che non crolla al vento. Escono V, 3
Entrano Coriolano e Aufidio con soldati volsci. [Coriolano e Aufidio si siedono]186
CORIOLANO
Domani schiereremo l’esercito davanti alle mura di Roma. Tu, mio partner in questa impresa, devi riferire ai capi dei Volsci con quanta lealtà ho condotto l’azione187. AUFIDIO
Hai fatto sempre e solo i loro interessi, ti sei turato le orecchie per non sentire le implorazioni di tutta Roma, non hai mai tollerato 2537
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
A private whisper, no, not with such friends That thought them sure of you. CORIOLANUS This last old man, Whom with a cracked heart I have sent to Rome, Loved me above the measure of a father, Nay, godded me indeed. Their latest refuge Was to send him, for whose old love I have – Though I showed sourly to him – once more offered The first conditions, which they did refuse And cannot now accept, to grace him only That thought he could do more. A very little I have yielded to. Fresh embassies and suits, Nor from the state nor private friends, hereafter Will I lend ear to.
10
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Shout within Ha, what shout is this? Shall I be tempted to infringe my vow In the same time ’tis made? I will not.
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Enter Virgilia, Volumnia, Valeria, Young Martius, with attendants My wife comes foremost, then the honoured mould Wherein this trunk was framed, and in her hand The grandchild to her blood. But out, affection! All bond and privilege of nature break; Let it be virtuous to be obstinate.
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[Virgilia] curtsies What is that curtsy worth? Or those dove’s eyes Which can make gods forsworn? I melt, and am not Of stronger earth than others. Volumnia bows My mother bows, As if Olympus to a molehill should In supplication nod; and my young boy Hath an aspect of intercession which Great nature cries ‘Deny not’. – Let the Volsces 2538
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
sussurri in privato neanche da parte di amici che erano sicuri di poter contare su di te. CORIOLANO
L’ultimo, quel vecchio, che ho rispedito a Roma con il cuore a pezzi, mi amava più di quanto potrebbe un padre, anzi, mi considerava un dio. Per loro, mandare lui era l’ultima spiaggia ed è per l’antico amore che gli portavo, anche se l’ho trattato bruscamente, che ho riproposto le condizioni iniziali, che loro hanno rifiutato e che adesso non possono più accettare188 – solo per dare un contentino a lui che era convinto di poter fare di più. Ho ceduto di ben poco. D’ora innanzi a nuove ambascerie o petizioni, ufficiali o da parte di amici, non presterò orecchio. Grida dall’interno Ehi, cosa sono queste grida? Sarò tentato di venir meno al mio voto nel momento stesso in cui l’ho pronunciato? Non lo farò. Entrano Virgilia, Volumnia, Valeria, il piccolo Marzio, con il loro seguito Prima viene mia moglie, poi la venerata matrice da cui ha preso forma questo corpo e tiene per mano il nipotino del suo sangue. Ma bando ai sentimenti! Si spezzino tutti i vincoli e diritti naturali. Che l’intransigenza diventi una virtù. [Virgilia] fa una riverenza A che serve quella riverenza? O quegli occhi di colomba che renderebbero spergiuri gli dèi stessi? Io mi sciolgo: non sono fatto di argilla più dura degli altri uomini189. Volumnia si inchina Mia madre si inchina ed è come se l’Olimpo si piegasse a supplicare un mucchietto di terra che è la tana di una talpa; e il mio bambino ha un’implorazione negli occhi che fa gridare alla natura: “Non dirgli di no”. Che i Volsci passino su Roma con l’aratro e devastino
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
Plough Rome and harrow Italy! I’ll never Be such a gosling to obey instinct, but stand As if a man were author of himself And knew no other kin. VIRGILIA My lord and husband.
35
CORIOLANUS
These eyes are not the same I wore in Rome. VIRGILIA
The sorrow that delivers us thus changed Makes you think so. CORIOLANUS Like a dull actor now I have forgot my part, and I am out Even to a full disgrace. [Rising] Best of my flesh, Forgive my tyranny, but do not say For that ‘Forgive our Romans’.
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[Virgilia kisses him] O, a kiss Long as my exile, sweet as my revenge! Now, by the jealous queen of heaven, that kiss I carried from thee, dear, and my true lip Hath virgined it e’er since. You gods, I prate, And the most noble mother of the world Leave unsaluted! Sink, my knee, i’th’ earth.
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He kneels Of thy deep duty more impression show Than that of common sons. VOLUMNIA O, stand up blest, [Coriolanus rises] Whilst with no softer cushion than the flint I kneel before thee, and unproperly Show duty as mistaken all this while Between the child and parent. She kneels
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
l’Italia. Non sarò mai un paperotto che obbedisce all’istinto ma sarò fermo come un uomo che è autore di se stesso e non conosce vincoli di sangue. VIRGILIA
Mio signore e sposo. CORIOLANO
Questi non sono gli stessi occhi che avevo a Roma. VIRGILIA
Te lo fa credere il dolore che ci fa apparire tanto diverse. CORIOLANO
Adesso sono come un guitto che si è dimenticato le battute, boccheggio e mi prendo i fischi. [Alzandosi] Parte migliore della mia carne, perdona la mia crudeltà, ma non dire per questo “Perdona i nostri Romani”. [Virgilia lo bacia] Oh, un bacio lungo come il mio esilio e dolce come la mia vendetta! Ora, per la gelosa regina del cielo190, quel bacio io lo presi da te, mia cara, e le mie labbra fedeli l’hanno conservato vergine da allora. Oh dèi, io chiacchiero e lascio insalutata la più nobile madre del mondo! Sprofonda, ginocchio, nella terra. Si inginocchia Che il tuo devoto omaggio lasci un’impronta più profonda di quella dei figli comuni. VOLUMNIA
Alzati, benedetto dagli dèi, [Coriolano si alza] mentre io su un cuscino non più morbido del silice mi inginocchio davanti a te e dimostro contro ogni buona usanza che finora ci siamo sbagliati nel definire chi deve rispetto a chi fra un genitore e un figlio. Si inginocchia
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
What’s this? Your knees to me? To your corrected son?
CORIOLANUS
[He raises her] Then let the pebbles on the hungry beach Fillip the stars; then let the mutinous winds Strike the proud cedars ’gainst the fiery sun, Murd’ring impossibility to make What cannot be slight work. VOLUMNIA Thou art my warrior. I holp to frame thee. Do you know this lady?
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CORIOLANUS
The noble sister of Publicola, The moon of Rome, chaste as the icicle That’s candied by the frost from purest snow And hangs on Dian’s temple – dear Valeria! VOLUMNIA (showing Coriolanus his son) This is a poor epitome of yours, Which by th’ interpretation of full time May show like all yourself. CORIOLANUS (to Young Martius) The god of soldiers, With the consent of supreme Jove, inform Thy thoughts with nobleness, that thou mayst prove To shame unvulnerable, and stick i’th’ wars Like a great sea-mark standing every flaw And saving those that eye thee! VOLUMNIA (to Young Martius) Your knee, sirrah. [Young Martius kneels] CORIOLANUS That’s my brave boy. VOLUMNIA
Even he, your wife, this lady, and myself Are suitors to you.
63. Holp: emend. tardo; in F hope = “spero”. 66. Candied: emend. tardo; in F curdied = “coagulato”. 2542
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
CORIOLANO
Che significa questo? Tu ti inginocchi davanti a me? Davanti al figlio che hai fatto vergognare? [La risolleva] Allora che i ciottoli sulla famelica191 spiaggia si fiondino a colpire le stelle, che i venti ribelli scaglino i cedri orgogliosi contro il sole infuocato assassinando l’impossibilità per rendere facile ciò che non può essere192. VOLUMNIA
Sei il mio guerriero. Ho contribuito a darti forma. Conosci questa dama? CORIOLANO
La nobile sorella di Publicola193, la nostra luna, casta come la scheggia di ghiaccio che il freddo condensa da neve purissima e fa pendere dal tempio di Diana194– cara Valeria! VOLUMNIA (mostrando a Coriolano il figlio) Questo è un povero riassunto di te stesso che, quando il tempo ne avrà dato la giusta interpretazione, potrà assomigliarti in tutto. CORIOLANO (al piccolo Marzio) Il dio dei soldati195, con l’assenso del grande Giove, infonda nobiltà ai tuoi pensieri, così che tu possa dimostrarti invulnerabile al disonore ed ergerti in mezzo alle guerre come un grande faro che resiste a tutte le tempeste e salva chi lo vede. VOLUMNIA (al piccolo Marzio) In ginocchio, giovanotto. [Il piccolo Marzio si inginocchia] CORIOLANO
E bravo il mio ragazzo! VOLUMNIA
Lui pure, tua moglie, questa dama e io stessa siamo qui a supplicarti.
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
I beseech you, peace. Or if you’d ask, remember this before: The things I have forsworn to grant may never Be held by you denials. Do not bid me Dismiss my soldiers, or capitulate Again with Rome’s mechanics. Tell me not Wherein I seem unnatural. Desire not t’allay My rages and revenges with your colder reasons. VOLUMNIA O, no more, no more! You have said you will not grant us anything – For we have nothing else to ask but that Which you deny already. Yet we will ask, That, if you fail in our request, the blame May hang upon your hardness. Therefore hear us. CORIOLANUS
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CORIOLANUS
Aufidius and you Volsces, mark, for we’ll Hear naught from Rome in private. [He sits] Your request? VOLUMNIA
Should we be silent and not speak, our raiment And state of bodies would bewray what life We have led since thy exile. Think with thyself How more unfortunate than all living women Are we come hither, since that thy sight, which should Make our eyes flow with joy, hearts dance with comforts, Constrains them weep and shake with fear and sorrow, Making the mother, wife, and child to see The son, the husband, and the father tearing His country’s bowels out; and to poor we Thine enmity’s most capital. Thou barr’st us Our prayers to the gods, which is a comfort That all but we enjoy. For how can we, Alas, how can we for our country pray, 2544
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
CORIOLANO
Vi prego, tacete. O se proprio dovete chiedere, prima ricordatevi questo: ciò che ho giurato di non concedere mai non dovete considerarlo rifiutato a voi. Non chiedetemi di congedare i miei soldati o di venire di nuovo a patti con la bassa manovalanza romana. Non ditemi che così sembro agire contro natura. Non sperate di placare la mia furia vendicativa con spassionati ragionamenti. VOLUMNIA
Oh, basta, basta! Hai appena detto che non ci concederai nulla – poiché non abbiamo nulla da chiedere oltre a quello che ci hai già rifiutato. Eppure chiederemo, così che, se non consenti alle nostre richieste, la colpa sia tutta della tua durezza. E dunque, ascoltaci. CORIOLANO
Aufidio e voi Volsci, prestate attenzione perché non ascolteremo in privato nulla che venga da Roma. [Siede] Che cosa volete? VOLUMNIA
Anche se restassimo mute e senza parole, le nostre vesti e lo stato dei nostri corpi svelerebbero che vita abbiamo fatto dopo il tuo esilio. Prova a pensare se noi qui davanti a te non siamo le più sfortunate fra tutte le donne, poiché la tua vista che dovrebbe farci versare lacrime di gioia e balzare il cuore in petto di consolazione, ci fa piangere e palpitare di paura e dolore, costringendo la madre, la moglie e il figlio a guardare il figlio, marito e padre che strappa le viscere alla sua patria: è per noi, sventurate, che la tua ostilità è più fatale. Tu ci impedisci di pregare gli dèi, conforto concesso a tutti ma non a noi. Ahimè, come, come potremmo pregare per la patria,
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
Whereto we are bound, together with thy victory, Whereto we are bound? Alack, or we must lose The country, our dear nurse, or else thy person, Our comfort in the country. We must find An evident calamity, though we had Our wish which side should win. For either thou Must as a foreign recreant be led With manacles thorough our streets, or else Triumphantly tread on thy country’s ruin, And bear the palm for having bravely shed Thy wife and children’s blood. For myself, son, I purpose not to wait on fortune till These wars determine. If I cannot persuade thee Rather to show a noble grace to both parts Than seek the end of one, thou shall no sooner March to assault thy country than to tread – Trust to’t, thou shalt not – on thy mother’s womb That brought thee to this world. VIRGILIA Ay, and mine, That brought you forth this boy to keep your name Living to time. YOUNG MARTIUS A shall not tread on me. I’ll run away till I am bigger, but then I’ll fight.
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CORIOLANUS
Not of a woman’s tenderness to be Requires nor child nor woman’s face to see. I have sat too long.
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[He rises and turns away] Nay, go not from us thus. If it were so that our request did tend To save the Romans, thereby to destroy The Volsces whom you serve, you might condemn us As poisonous of your honour. No, our suit Is that you reconcile them: while the Volsces May say ‘This mercy we have showed’, the Romans ‘This we received’, and each in either side
VOLUMNIA
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
com’è nostro dovere, e al tempo stesso per la tua vittoria, com’è nostro dovere? Povere noi, che dobbiamo perdere la patria, nostra diletta nutrice, oppure te, nostro conforto in patria. Andremmo sicuramente incontro alla sventura, anche se potessimo scegliere chi vincerà. Perché o tu dovrai essere trascinato in catene attraverso la nostra città come un disertore passato al nemico, oppure calpesterai in trionfo le rovine della tua patria e riceverai la palma per aver valorosamente versato il sangue di tua moglie e dei tuoi figli. Quanto a me, figlio, io non intendo aspettare che la fortuna decida le sorti di questa guerra. Se non riesco a convincerti a dar prova di nobile misericordia verso entrambe le parti piuttosto che cercare la distruzione di una sola, tu non marcerai all’assalto del tuo paese senza prima calpestare – credimi pure, è così – il ventre di tua madre che ti ha messo al mondo. VIRGILIA
Sì, e anche il mio, che ti ha partorito questo bambino per mantenere vivo il tuo nome nel tempo. PICCOLO MARZIO
Me no che non mi calpesta. Io scappo, poi divento più grande, e poi mi batto. CORIOLANO
Per non commuoversi come una donna non bisogna guardare in faccia né un bambino né una donna. Sono rimasto seduto troppo a lungo. [Si alza e accenna ad andarsene] VOLUMNIA
No, non congedarti da noi così. Se la nostra richiesta tendesse a salvare i Romani attraverso la distruzione dei Volsci che ti hanno al loro servizio, potresti rimproverarci per aver avvelenato il tuo onore. No, quello che ti chiediamo è di riconciliarli, così che i Volsci possano dire “Abbiamo dato prova di pietà” e i Romani “L’abbiamo ricevuta” e ciascuno dalle due parti ti acclami e gridi “Sii benedet-
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
Give the all-hail to thee and cry ‘Be blest For making up this peace!’ Thou know’st, great son, The end of war’s uncertain; but this certain, That if thou conquer Rome, the benefit Which thou shalt thereby reap is such a name Whose repetition will be dogged with curses, Whose chronicle thus writ: ‘The man was noble, But with his last attempt he wiped it out, Destroyed his country, and his name remains To th’ ensuing age abhorred.’ Speak to me, son. Thou hast affected the fine strains of honour, To imitate the graces of the gods, To tear with thunder the wide cheeks o’th’ air, And yet to charge thy sulphur with a bolt That should but rive an oak. Why dost not speak? Think’st thou it honourable for a noble man Still to remember wrongs? Daughter, speak you, He cares not for your weeping. Speak thou, boy. Perhaps thy childishness will move him more Than can our reasons. There’s no man in the world More bound to’s mother, yet here he lets me prate Like one i’th’ stocks. Thou hast never in thy life Showed thy dear mother any courtesy, When she, poor hen, fond of no second brood, Has clucked thee to the wars and safely home, Loaden with honour. Say my request’s unjust, And spurn me back. But if it be not so, Thou art not honest, and the gods will plague thee That thou restrain’st from me the duty which To a mother’s part belongs. – He turns away. Down, ladies. Let us shame him with our knees. To his surname ‘Coriolanus’ ’longs more pride Than pity to our prayers. Down! An end. This is the last.
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
to per aver negoziato questa pace!” Tu sai bene, mio grande figlio, che la fine di una guerra è sempre incerta; certo è invece questo: che se tu conquisti Roma, il beneficio che ne ricaverai sarà quello di un nome che le maledizioni accompagneranno come cani ogni volta che verrà pronunciato e di cui le cronache scriveranno così: “Era stato un uomo nobile, ma con quest’ultima impresa ha spazzato via tutto e distrutto il suo paese. Il suo nome sarà aborrito dai posteri.” Parlami, figlio. Hai voluto far tua l’essenza stessa dell’onore, imitare le prerogative degli dèi: lacerare col tuono le guance possenti del dio dei venti196 per poi caricare la tua collera sulfurea di un fulmine che spacca solo una quercia. Perché non parli? Ti sembra degno di un uomo nobile rimuginare continuamente i torti subiti? Figlia, parla tu, le tue lacrime non lo toccano. Parla tu, ragazzo. Forse la tua tenera età lo commuoverà più dei nostri ragionamenti. Non c’è uomo al mondo più vincolato197 a sua madre, eppure mi lascia qui a parlare a vuoto come un disgraziato alla gogna. In tutta la tua vita non hai mai avuto un gesto gentile per tua madre, mentre lei, povera chioccia che non ha mai voluto altri pulcini, starnazzava nel vederti partire per la guerra e tornare sano e salvo e carico di onori. Di’ che la mia richiesta è ingiusta e ricacciami indietro. Ma se non è così, non sei onesto e gli dèi ti perseguiteranno perché mi neghi il rispetto che è dovuto a una madre. Ci volta le spalle. In ginocchio, signore. Svergogniamolo con le nostre ginocchia. Al suo appellativo di “Coriolano” l’orgoglio si addice più della pietà per le nostre preghiere. Giù! E poi basta, questa è la fine.
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 3
The ladies and Young Martius kneel So we will home to Rome, And die among our neighbours. – Nay, behold’s. This boy, that cannot tell what he would have, But kneels and holds up hands for fellowship, Does reason our petition with more strength Than thou hast to deny’t. – Come, let us go. This fellow had a Volscian to his mother. His wife is in Corioles, and this child Like him by chance. – Yet give us our dispatch. I am hushed until our city be afire, And then I’ll speak a little.
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He holds her by the hand, silent O mother, mother! What have you done? Behold, the heavens do ope, The gods look down, and this unnatural scene They laugh at. O my mother, mother, O! You have won a happy victory to Rome; But for your son, believe it, O believe it, Most dangerously you have with him prevailed, If not most mortal to him. But let it come.
CORIOLANUS
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[The ladies and Young Martius rise] Aufidius, though I cannot make true wars, I’ll frame convenient peace. Now, good Aufidius, Were you in my stead would you have heard A mother less, or granted less, Aufidius? AUFIDIUS
I was moved withal. I dare be sworn you were. And, sir, it is no little thing to make Mine eyes to sweat compassion. But, good sir, What peace you’ll make, advise me. For my part, I’ll not to Rome; I’ll back with you, and pray you Stand to me in this cause. – O mother! Wife!
CORIOLANUS
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 3
Le dame e il piccolo Marzio si inginocchiano Adesso torniamo a Roma per morire con i nostri concittadini. Ma guardaci, almeno. Questo bimbo che non è capace di dire quello che vuole, ma si inginocchia e tende le mani per fare come noi, perora la nostra causa con più forza di quanta ne hai trovata tu per respingerla. Su, andiamocene. Quest’uomo ha una madre volsca. Sua moglie è a Corioli e questo bimbo gli assomiglia per puro caso. Licenziaci pure. Io me ne starò zitta finché la nostra città non sarà in fiamme e a quel punto dirò un paio di cosette. Lui le prende la mano, in silenzio198 CORIOLANO
Madre, madre, che cosa hai fatto? Osserva, la volta celeste si apre, gli dèi guardano giù e questa scena innaturale li fa ridere. Oh madre, madre mia, oh! Hai ottenuto una grande vittoria per Roma, ma quanto a tuo figlio, credi pure, oh credilo, hai trionfato su di lui con suo grave, se non mortale, pericolo. Ma sia quel che sia. [Le dame e il piccolo Marzio si rialzano] Aufidio, anche se non posso più fare con lealtà la guerra, tratterò una buona pace. Dimmi, mio buon Aufidio, al mio posto tu avresti prestato minore ascolto a una madre o le avresti fatto concessioni minori? AUFIDIO
Mi sono commosso anch’io. CORIOLANO
Non ne dubito. E, credimi, non è impresa da poco far trasudare di compassione i miei occhi. Ma, mio buon signore, consigliami tu sulla pace che vuoi concludere199. Quanto a me, non torno a Roma; torno indietro con te e ti prego di sostenermi in questa causa. Oh, madre! Moglie!
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 4
AUFIDIUS (aside)
I am glad thou hast set thy mercy and thy honour At difference in thee. Out of that I’ll work Myself a former fortune. CORIOLANUS (to Volumnia and Virgilia) Ay, by and by. But we will drink together, and you shall bear A better witness back than words, which we On like conditions will have counter-sealed. Come, enter with us. Ladies, you deserve To have a temple built you. All the swords In Italy, and her confederate arms, Could not have made this peace. Exeunt 5.4
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Enter Menenius and Sicinius
MENENIUS See you yon coign o’th’ Capitol, yon cornerstone? SICINIUS Why, what of that? MENENIUS If it be possible for you to displace it with your
little finger, there is some hope the ladies of Rome, especially his mother, may prevail with him. But I say there is no hope in’t, our throats are sentenced and stay upon execution. SICINIUS Is’t possible that so short a time can alter the condition of a man? MENENIUS There is differency between a grub and a butterfly, yet your butterfly was a grub. This Martius is grown from man to dragon. He has wings, he’s more than a creeping thing. SICINIUS He loved his mother dearly. MENENIUS So did he me, and he no more remembers his mother now than an eight-year old horse. The tartness of his face sours ripe grapes. When he walks, he moves like an engine, and the ground shrinks before his treading. He is able to pierce a corslet with his eye, talks like a knell, and his ‘hmh!’ is a battery. He sits
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 4
AUFIDIO (a parte)
Sono contento che tu abbia provocato in te stesso una contesa fra misericordia e onore. Ne approfitterò per ritornare alla mia antica fortuna. CORIOLANO (a Volumnia e Virgilia) Sì, tra poco200. Intanto, beviamo insieme, e, meglio delle parole, porterete con voi un documento che noi faremo controfirmare alle condizioni stabilite. Su, entrate con noi. Signore, meritate che si innalzi un tempio in vostro onore. Tutte le spade e tutti gli eserciti d’Italia non sarebbero riusciti ad ottenere questa pace. Escono V, 4
Entrano Menenio e Sicinio201
MENENIO
Vedi quel muro d’angolo che regge il Campidoglio? SICINIO
Sì, e allora? MENENIO
Se riesci a spostarlo con il mignolo, c’è una qualche speranza che le dame romane riescano a far breccia su di lui. Ma ribadisco che non c’è più alcuna speranza: le nostre gole sono condannate e aspettano la mannaia. SICINIO
Com’è possibile che un tempo così breve cambi la natura di un uomo? MENENIO
Ce n’è di differenza fra un bruco e una farfalla, eppure la farfalla è stata un bruco. Questo Marzio da uomo è diventato un drago. Ha messo le ali, è ben di più di un essere che striscia per terra. SICINIO
Amava molto sua madre. MENENIO
Amava anche me e adesso non si ricorda di sua madre più di un cavallo di otto anni. Il suo cipiglio fa inacidire l’uva matura. Quando cammina, si muove come una macchina da guerra e la terra si ritrae davanti a lui. È capace di perforare una corazza con lo sguardo, parla come una campana da morto e si schiarisce la voce con una 2553
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 4
in his state as a thing made for Alexander. What he bids be done is finished with his bidding. He wants nothing of a god but eternity and a heaven to throne in. SICINIUS Yes: mercy, if you report him truly. MENENIUS I paint him in the character. Mark what mercy his mother shall bring from him. There is no more mercy in him than there is milk in a male tiger. That shall our poor city find; and all this is ’long of you. SICINIUS The gods be good unto us! MENENIUS No, in such a case the gods will not be good unto us. When we banished him we respected not them, and, he returning to break our necks, they respect not us.
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Enter a Messenger MESSENGER (to Sicinius)
Sir, if you’d save your life, fly to your house. The plebeians have got your fellow tribune And hale him up and down, all swearing if The Roman ladies bring not comfort home They’ll give him death by inches. Enter another Messenger What’s the news?
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Good news, good news. The ladies have prevailed, The Volscians are dislodged, and Martius gone. A merrier day did never yet greet Rome, No, not th’expulsion of the Tarquins. SICINIUS Friend, Art thou certain this is true? Is’t most certain?
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SICINIUS SECOND MESSENGER
SECOND MESSENGER
As certain as I know the sun is fire. Where have you lurked that you make doubt of it? Ne’er through an arch so hurried the blown tide As the recomforted through th’ gates.
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 4
cannonata. Siede in trono come la statua di Alessandro202. Quello che ordina di fare è fatto all’istante. Per essere un dio non gli manca che l’eternità e un cielo su cui regnare. SICINIO
Gli manca anche la misericordia, se il tuo ritratto è fedele. MENENIO
Lo dipingo dal vero. Vedrai quanta misericordia porterà a casa sua madre. Non c’è più misericordia in lui che latte nel maschio della tigre. La nostra povera città se ne renderà conto; e tutto questo avviene per causa vostra. SICINIO
Che gli dèi ci siano propizi. MENENIO
No, in un caso del genere gli dèi non ci saranno propizi. Ce ne siamo infischiati di loro quando l’abbiamo bandito e adesso che torna a spezzarci il collo loro se ne infischiano di noi. Entra un messaggero MESSAGGERO (a Sicinio)
Signore, se ti preme la vita corri a nasconderti in casa. I plebei hanno preso l’altro tribuno e lo stanno trascinando su e giù per le strade. Giurano tutti che, se le dame romane non riportano a casa buone notizie, lo faranno morire di morte lenta. Entra un altro messaggero SICINIO
Che notizie? SECONDO MESSAGGERO
Buone, buone! Le dame hanno vinto, i Volsci hanno levato le tende e Marzio se ne è andato. Giorno più lieto non si è mai levato su Roma, no, non dalla cacciata dei Tarquini. SICINIO
Amico, sei sicuro che sia vero? È proprio vero? SECONDO MESSAGGERO
Come sono sicuro che il sole è fatto di fuoco. Ma dove siete stati rintanati per avere questi dubbi? Mai fiume in piena è precipitato attraverso un arco con la stessa irruenza del popolo rassicurato attraverso le porte della città. 2555
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 5
Trumpets, hautboys, drums, beat all together Why, hark you, The trumpets, sackbuts, psalteries, and fifes, Tabors and cymbals and the shouting Romans Make the sun dance.
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A shout within Hark you! This is good news. I will go meet the ladies. This Volumnia Is worth of consuls, senators, patricians, A city full; of tribunes such as you, A sea and land full. You have prayed well today. This morning for ten thousand of your throats I’d not have given a doit.
MENENIUS
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Music sounds still with the shouts Hark how they joy! SICINIUS (to the Messenger)
First, the gods bless you for your tidings. Next, [Giving money] Accept my thankfulness.
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SECOND MESSENGER
Sir, we have all great cause to give great thanks. SICINIUS
They are near the city. Almost at point to enter. SICINIUS We’ll meet them, and help the joy. SECOND MESSENGER
5.5
Exeunt
Enter [at one door] Lords [and Citizens], [at another door] two Senators with the ladies Volumnia, Virgilia, and Valeria, passing over the stage
A SENATOR
Behold our patroness, the life of Rome! Call all your tribes together, praise the gods, And make triumphant fires. Strew flowers before them. Unshout the noise that banished Martius, Repeal him with the welcome of his mother. Cry ‘Welcome, ladies, welcome!’ 2556
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 5
Trombe, oboi, tamburi suonati insieme Ecco, li sentite? Trombe, tromboni, salteri e pifferi, tamburelli e cembali e le grida dei Romani fanno danzare il sole. Grida da dentro Ascoltate! MENENIO
Queste sì che sono buone notizie! Andrò incontro alle dame. Questa Volumnia vale un’intera città di consoli, senatori e patrizi; di tribuni come voi, ne vale tutto un mare e una terra. Questa mattina non avrei dato un soldo per diecimila delle vostre gole. Ancora musica mista a grida Senti come gioiscono! SICINIO (al messaggero) Prima di tutto, gli dèi ti benedicano per le notizie che porti. Poi, [dandogli del denaro] accetta un pegno della mia gratitudine. SECONDO MESSAGGERO
Signore, abbiamo tutti infinite ragioni per rendere infinite grazie. SICINIO
Si avvicinano alla città. SECONDO MESSAGGERO
Stanno per entrare. SICINIO
Andiamo loro incontro e uniamoci alla gioia generale. Escono V, 5
Entrano [da una porta] nobili [e cittadini], [da un’altra porta] due senatori e le dame Volumnia, Virgilia e Valeria, che attraversano il palcoscenico203
UN SENATORE
Contemplate la nostra patrona, la vita di Roma! Chiamate a raccolta le tribù, rendete grazie agli dèi e accendete fuochi di vittoria. Spargete fiori al loro passaggio, revocate con grida più alte le grida che bandirono Marzio, richiamatelo con il benvenuto che riservate a sua madre. Gridate: “Bentornate, signore, bentornate!”
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 6
Welcome, ladies, welcome!
ALL
A flourish with drums and trumpets. Exeunt 5.6
Enter Tullus Aufidius with attendants
AUFIDIUS
Go tell the lords o’th’ city I am here. Deliver them this paper. Having read it, Bid them repair to th’ market-place, where I, Even in theirs and in the commons’ ears, Will vouch the truth of it. Him I accuse The city ports by this hath entered, and Intends t’appear before the people, hoping To purge himself with words. Dispatch.
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Exeunt attendants Enter three or four Conspirators of Aufidius’ faction Most welcome. FIRST CONSPIRATOR
How is it with our general? Even so As with a man by his own alms impoisoned, And with his charity slain. SECOND CONSPIRATOR Most noble sir, If you do hold the same intent wherein You wished us parties, we’ll deliver you Of your great danger. AUFIDIUS Sir, I cannot tell. We must proceed as we do find the people. AUFIDIUS
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THIRD CONSPIRATOR
The people will remain uncertain whilst ’Twixt you there’s difference, but the fall of either Makes the survivor heir of all. AUFIDIUS I know it, And my pretext to strike at him admits A good construction. I raised him, and I pawned Mine honour for his truth; who being so heightened, He watered his new plants with dews of flattery, 2558
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 6
TUTTI
Bentornate, signore, bentornate! Fanfara con tamburi e trombe. Escono V, 6
Entra Tullo Aufidio con il suo seguito204
AUFIDIO
Andate a dire ai signori della città che sono qui. Consegnate questo foglio. Quando l’avranno letto, invitateli a radunarsi al foro, dove io, davanti a loro e al popolo, garantirò che è tutto vero. Colui che accuso è già entrato dalle porte della città con l’intenzione di presentarsi al popolo e cavarsela con un bel discorso. Andate. Esce il seguito Entrano tre o quattro cospiratori della fazione di Aufidio Siate i benvenuti. PRIMO COSPIRATORE
Come sta il nostro generale? AUFIDIO
Come un uomo avvelenato dalle sue elemosine e pugnalato dalla sua stessa carità. SECONDO COSPIRATORE
Nobilissimo signore, se sei ancora convinto del piano di cui ci hai reso partecipi, ti libereremo dal grande pericolo che ti sovrasta. AUFIDIO
Non saprei dire, signore. Dobbiamo agire in base agli umori del popolo. TERZO COSPIRATORE
Il popolo rimarrà incerto finché c’è inimicizia fra voi, ma la caduta di uno dei due renderà il vincitore erede di tutto205. AUFIDIO
Lo so e il mio pretesto per attaccarlo si basa su ragioni ben difendibili. Io l’ho rimesso in piedi e ho offerto il mio onore a garanzia della sua lealtà; e lui, giunto al potere, ha innaffiato le sue nuove pianticelle con la rugiada dell’adulazione, seducendo così i miei
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 6
Seducing so my friends; and to this end He bowed his nature, never known before But to be rough, unswayable, and free. THIRD CONSPIRATOR Sir, his stoutness When he did stand for consul, which he lost By lack of stooping – AUFIDIUS That I would have spoke of. Being banished for’t, he came unto my hearth, Presented to my knife his throat. I took him, Made him joint-servant with me, gave him way In all his own desires; nay, let him choose Out of my files, his projects to accomplish, My best and freshest men; served his designments In mine own person, holp to reap the fame Which he did end all his, and took some pride To do myself this wrong, till at the last I seemed his follower, not partner, and He waged me with his countenance as if I had been mercenary. FIRST CONSPIRATOR So he did, my lord. The army marvelled at it, and in the last, When he had carried Rome and that we looked For no less spoil than glory – AUFIDIUS There was it, For which my sinews shall be stretched upon him. At a few drops of women’s rheum, which are As cheap as lies, he sold the blood and labour Of our great action; therefore shall he die, And I’ll renew me in his fall.
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Drums and trumpets sound, with great shouts of the people But hark. FIRST CONSPIRATOR
Your native town you entered like a post, And had no welcomes home; but he returns Splitting the air with noise. 2560
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 6
amici; e a questo scopo ha piegato la sua natura, che prima era nota soltanto per essere intrattabile, rigida e libera. TERZO COSPIRATORE
Signore, la sua rigidità, quando si candidò e perse il consolato perché non volle piegarsi... AUFIDIO
Ci stavo arrivando. Bandito per quel motivo, venne al mio focolare e offrì la gola al mio coltello. Io lo accolsi, lo feci mio socio, acconsentii a tutti i suoi desideri; non solo, gli permisi di scegliere dal mio esercito gli uomini migliori e più vigorosi per portare a compimento le sue imprese. Mi misi di persona a sua disposizione e lo aiutai a mietere quella fama che ha poi tenuto tutta per sé. E dire che ero quasi fiero di aver agito contro il mio interesse tanto che alla fine sembravo un suo dipendente non un partner e lui mi ripagava guardandomi dall’alto in basso come un soldato mercenario. PRIMO COSPIRATORE
Proprio così, mio signore. L’esercito non riusciva a crederci e alla fine, proprio quando avevamo Roma in pugno e potevamo contare su un bottino non inferiore alla gloria... AUFIDIO
Questo è il punto. È per questo che con ogni mia fibra voglio la sua rovina. Per qualche sgocciolio di occhi di donne che non costa niente, come le bugie, ha svenduto il sangue e la fatica della nostra grande azione. Per questo deve morire e dalla sua caduta io rinascerò. Suoni di tamburi e trombe e grida di popolo Ma silenzio. PRIMO COSPIRATORE
Sei rientrato nella tua città natale206 come un corriere e non c’era nessuno a riceverti. Arriva lui e il clamore squassa l’aria.
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 6
And patient fools, Whose children he hath slain, their base throats tear With giving him glory. THIRD CONSPIRATOR Therefore, at your vantage, Ere he express himself or move the people With what he would say, let him feel your sword, Which we will second. When he lies along, After your way his tale pronounced shall bury His reasons with his body. SECOND CONSPIRATOR
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Enter the Lords of the city Say no more. Here come the lords. ALL THE LORDS You are most welcome home. AUFIDIUS I have not deserved it. But, worthy lords, have you with heed perused What I have written to you? ALL THE LORDS We have. FIRST LORD And grieve to hear’t. What faults he made before the last, I think Might have found easy fines. But there to end Where he was to begin, and give away The benefit of our levies, answering us With our own charge, making a treaty where There was a yielding – this admits no excuse. AUFIDIUS He approaches. You shall hear him. AUFIDIUS
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Enter Coriolanus marching with drum and colours, the Commoners being with him CORIOLANUS
Hail, lords! I am returned your soldier, No more infected with my country’s love Than when I parted hence, but still subsisting Under your great command. You are to know That prosperously I have attempted, and With bloody passage led your wars even to The gates of Rome. Our spoils we have brought home Doth more than counterpoise a full third part 2562
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 6
SECONDO COSPIRATORE
E ci sono degli indulgenti cretini a cui ha sgozzato i figli che si sgolano per gridare la sua gloria. Codardi! TERZO COSPIRATORE
Per questo, al momento opportuno, prima che possa dire la sua o convincere il popolo con le sue parole207, fagli sentire la tua spada e noi ti aiuteremo. Fatto fuori lui, la sua storia, raccontata a modo tuo, seppellirà, insieme al cadavere, le sue ragioni. Entrano gli aristocratici AUFIDIO
Non dite altro. Ecco gli aristocratici. TUTTI GLI ARISTOCRATICI
Ti porgiamo il benvenuto in patria. AUFIDIO
Non l’ho meritato. Ma, nobili signori, avete letto con attenzione quanto vi ho scritto? TUTTI GLI ARISTOCRATICI
Sì. PRIMO ARISTOCRATICO
E ci ha profondamente addolorati. Le colpe commesse prima di quest’ultima avrebbero meritato, credo, punizioni leggere. Ma chiudere la partita proprio lì dove avrebbe dovuto incominciarla, bruciarsi il vantaggio di avere già arruolato un esercito, lasciandoci come unico profitto le nostre spese208, firmando un trattato con chi era pronto alla resa – tutto questo è imperdonabile. AUFIDIO
Eccolo. Sentirete quel che ha da dire. Entra Coriolano che marcia con tamburi e insegne seguito dai popolani CORIOLANO
Salve, signori! Ritorno come vostro soldato, non più infettato dall’amore per il mio paese di quando ero partito, ma ancora e sempre soggetto al vostro comando supremo. Dovete sapere che mi sono battuto con successo e ho tracciato una scia di sangue per voi fino alle porte di Roma. Il bottino che abbiamo portato a casa vale un terzo in più delle spese di guerra 209. Abbiamo firmato una pace 2563
CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 6
The charges of the action. We have made peace With no less honour to the Antiates Than shame to th’ Romans. And we here deliver, Subscribed by th’ consuls and patricians, Together with the seal o’th’ senate, what We have compounded on.
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He gives the Lords a paper Read it not, noble lords, But tell the traitor in the highest degree He hath abused your powers. CORIOLANUS Traitor? How now? AUFIDIUS Ay, traitor, Martius. CORIOLANUS Martius? AUFIDIUS
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AUFIDIUS
Ay, Martius, Caius Martius. Dost thou think I’ll grace thee with that robbery, thy stol’n name, ‘Coriolanus’, in Corioles? You lords and heads o’th’ state, perfidiously He has betrayed your business, and given up, For certain drops of salt, your city, Rome – I say your city – to his wife and mother, Breaking his oath and resolution like A twist of rotten silk, never admitting Counsel o’th’ war. But at his nurse’s tears He whined and roared away your victory, That pages blushed at him, and men of heart Looked wond’ring each at others. CORIOLANUS Hear’st thou, Mars?
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AUFIDIUS
Name not the god, thou boy of tears. Ha? AUFIDIUS No more. CORIOLANUS CORIOLANUS
Measureless liar, thou hast made my heart Too great for what contains it. ‘Boy’? O slave! – Pardon me, lords, ’tis the first time that ever 2564
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 6
non meno onorevole per gli Anziati di quanto sia vergognosa per i Romani. E qui vi consegniamo, sottoscritto dai consoli e dai patrizi e con il sigillo del senato, le clausole dell’accordo. Consegna un foglio agli aristocratici AUFIDIO
Non leggetelo, nobili signori, ma dite al peggiore dei traditori che ha abusato del potere a lui delegato. CORIOLANO
Traditore? In che senso? AUFIDIO
Sì, traditore, Marzio. CORIOLANO
Marzio? AUFIDIO
Sì, Marzio, Caio Marzio. Non crederai che voglia onorarti con quell’impostura, con quel nome di “Coriolano” che ci hai rubato, proprio qui a Corioli 210? Signori e maggiorenti della città, perfidamente costui ha tradito i vostri interessi e consegnato, per qualche goccia salata, la vostra città, Roma – ripeto, la vostra città – a sua moglie e a sua madre, spezzando il suo solenne giuramento come un cordoncino di seta marcia e senza mai convocare un consiglio di guerra. Ma davanti alle lacrime della sua tata, frignando e berciando, ha buttato via la vostra vittoria, roba che i paggi arrossivano per lui e gli uomini di valore si guardavano allibiti. CORIOLANO
Ma lo senti, Marte? AUFIDIO
Non invocare il dio, lacrimoso giovinetto211. CORIOLANO
Che? AUFIDIO
Non dico altro. CORIOLANO
Spudorato bugiardo, mi hai gonfiato il cuore da farlo scoppiare. “Giovinetto”? Oh schiavo! Perdonatemi, signori, è la prima volta
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 6
I was forced to scold. Your judgements, my grave lords, Must give this cur the lie, and his own notion – Who wears my stripes impressed upon him, that Must bear my beating to his grave – shall join To thrust the lie unto him. FIRST LORD Peace both, and hear me speak.
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CORIOLANUS
Cut me to pieces, Volsces. Men and lads, Stain all your edges on me. ‘Boy’! False hound, If you have writ your annals true, ’tis there That, like an eagle in a dove-cote, I Fluttered your Volscians in Corioles. Alone I did it. ‘Boy’! AUFIDIUS Why, noble lords, Will you be put in mind of his blind fortune, Which was your shame, by this unholy braggart, Fore your own eyes and ears? ALL THE CONSPIRATORS Let him die for’t. ALL THE PEOPLE [shouting dispersedly] Tear him to pieces! Do it presently! He killed my son! My daughter! He killed my cousin Marcus! He killed my father! SECOND LORD Peace, ho! No outrage, peace. The man is noble, and his fame folds in This orb o’th’ earth. His last offences to us Shall have judicious hearing. Stand, Aufidius, And trouble not the peace. CORIOLANUS [drawing his sword] O that I had him with six Aufidiuses, Or more, his tribe, to use my lawful sword! AUFIDIUS [drawing his sword] Insolent villain! ALL THE CONSPIRATORS Kill, kill, kill, kill, kill him! Two Conspirators draw and kill Martius, who falls. Aufidius [and Conspirators] stand on him
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 6
che sono costretto a usare parole forti. Il vostro giudizio, venerabili signori, deve smentire questo cane randagio. Quello che lui ben sa (lui che porta i segni della mia verga impressi sul corpo e porterà nella tomba memoria dei miei colpi) contribuirà a ricacciargli in gola la menzogna. PRIMO ARISTOCRATICO
Smettetela tutti e due e ascoltatemi. CORIOLANO
Fatemi a pezzi 212, Volsci. Uomini e ragazzi, macchiate le vostre punte del mio sangue. “Giovinetto”! Cane traditore, se le tue cronache riportano la verità, deve esserci scritto che, come un’aquila in una colombaia, ho disperso i tuoi Volsci a Corioli. E l’ho fatto da solo. “Giovinetto”! AUFIDIO
Ma come, nobili signori, permetterete che questo empio gradasso rievochi davanti ai vostri occhi e alle vostre orecchie quel colpo di fortuna cieca che è stato la vostra vergogna? TUTTI I COSPIRATORI
Che muoia per questo! TUTTO IL POPOLO [con grida da ogni parte]
Fatelo a pezzi! Adesso! Ha ucciso mio figlio! Mia figlia! Ha ucciso mio cugino Marco! Ha ucciso mio padre! SECONDO ARISTOCRATICO
Calma! Niente violenza, calma! L’uomo è nobile e la sua gloria abbraccia il mondo intero. Le sue colpe più recenti saranno giudicate serenamente. Fermati, Aufidio, e non turbar la quiete pubblica. CORIOLANO [estraendo la spada] Ah se potessi avere lui, con altri sei o più Aufidii e tutta la sua tribù, a portata della mia spada leale. AUFIDIO [estraendo la spada] Insolente carogna! TUTTI I COSPIRATORI
Dagli, dagli, dagli, dagli, dagli! Due cospiratori estraggono le spade e uccidono Marzio che cade a terra. Aufidio [e i cospiratori] lo schiacciano sotto i piedi
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CORIOLANUS, ACT 5 SCENE 6
LORDS
Hold, hold, hold, hold! AUFIDIUS My noble masters, hear me speak. FIRST LORD
O Tullus! SECOND LORD (to Aufidius)
Thou hast done a deed whereat Valour will weep. THIRD LORD [to Aufidius and the Conspirators] Tread not upon him, masters. All be quiet. Put up your swords. AUFIDIUS My lords, When you shall know – as in this rage Provoked by him you cannot – the great danger Which this man’s life did owe you, you’ll rejoice That he is thus cut off. Please it your honours To call me to your senate, I’ll deliver Myself your loyal servant, or endure Your heaviest censure. FIRST LORD Bear from hence his body, And mourn you for him. Let him be regarded As the most noble corpse that ever herald Did follow to his urn. SECOND LORD His own impatience Takes from Aufidius a great part of blame. Let’s make the best of it. AUFIDIUS My rage is gone, And I am struck with sorrow. Take him up. Help three o’th’ chiefest soldiers; I’ll be one. Beat thou the drum, that it speak mournfully. Trail your steel pikes. Though in this city he Hath widowed and unchilded many a one, Which to this hour bewail the injury, Yet he shall have a noble memory. Assist. A dead march sounded. Exeunt bearing the body of Martius
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CORIOLANO, ATTO V SCENA 6
GLI ARISTOCRATICI
Fermi, fermi, fermi, fermi 213! AUFIDIO
Miei nobili padroni, ascoltatemi! PRIMO ARISTOCRATICO
Oh Tullo! SECONDO ARISTOCRATICO (ad Aufidio)
Hai compiuto un’azione che farà piangere il valore. TERZO ARISTOCRATICO [ad Aufidio e ai cospiratori]
Non calpestatelo, signori. Calmatevi tutti. Rinfoderate le spade. AUFIDIO
Miei signori, quando verrete a sapere – e in questa esplosione di rabbia provocata da lui è impossibile – quale grave pericolo rappresentava per voi la vita di quest’uomo, sarete ben lieti che sia stato ucciso così. Se le signorie vostre vorranno convocarmi in senato, io mi dimostrerò vostro fedele servitore o accetterò la più dura delle sentenze. PRIMO ARISTOCRATICO
Portate via il suo corpo e rendetegli gli onori funebri. Che sia trattato come la più nobile salma che mai araldo ha accompagnato alla tomba. SECONDO ARISTOCRATICO
La sua irruenza sminuisce di molto la colpa di Aufidio. Di questo dovremo tenere gran conto. AUFIDIO
La mia collera è svanita ed è subentrato il dolore. Sollevatelo. Tre dei guerrieri migliori aiutino; io sarò il quarto. Tu batti un rullio funebre sul tamburo. Piegate verso terra le punte delle vostre picche214. Anche se in questa città ha strappato il marito e i figli a molte che ancora piangono la perdita subita, la sua memoria sarà degnamente onorata. Aiutatemi. Risuona una marcia funebre Escono portando il corpo di Marzio
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The Tragedy of King Lear (The Folio Text) La tragedia di Re Lear Testo inglese a cura di GARY TAYLOR Nota introduttiva, traduzione e note di MASOLINO D’AMICO
Nota introduttiva
Come detto nella Nota introduttiva a La storia di Re Lear, alla quale si rimanda, il capolavoro tragico di Shakespeare ci è pervenuto in due versioni entrambe a stampa, quella della cosiddetta edizione in-quarto o Q (1608, ristampata più volte con correzioni), e quella pubblicata nell’infolio del 1623 (F), anch’essa ristampata in almeno altre quattro edizioni. La redazione più antica, che non è divisa in atti e in scene, è più lunga, contenendo circa trecento versi che non compaiono in F; in compenso, F aggiunge un centinaio di versi rispetto a Q. Appare evidente che si tratta di due redazioni dello stesso testo, quella presumibilmente originale (Q), e una sua rielaborazione avvenuta in un secondo tempo, in occasione di una ripresa del lavoro. Questa seconda versione, data la sua autorevolezza e coerenza, e anche per considerazioni stilistiche riguardo alle aggiunte, è da considerarsi dello stesso autore, ed appare più agile della prima; i tagli sono mirati, e l’effetto generale è di una migliore recitabilità. Alle prese con le due versioni, tuttavia, e indecisi su quale scegliere, i curatori delle opere del Bardo decisero, a partire dal primo Settecento, di far confluire tutto il materiale disponibile in un dettato unico, un po’ come quei dvd che “reintegrano” i film con materiale a suo tempo scartato in fase di montaggio. Il risultato fu un dettato ipertrofico (non per nulla ci furono critici romantici che giudicarono il Lear irrappresentabile), che poi gli stessi attori settecenteschi e ottocenteschi, e dopo di loro i registi moderni, tagliarono e adattarono secondo le loro esigenze. Non che tener presente entrambe le redazioni sia un’impresa oziosa, F può servire per chiarire passi controversi di Q e viceversa. Ma che ciascuna delle due vada considerata autonomamente, nella propria validità 2573
LA TRAGEDIA DI RE LEAR
di testo teatrale non bisognoso di aggiunte, è oggi accettato dagli studiosi, anche se gli editori esitano a offrire versioni troppo aggressivamente diverse da quella familiare. Le differenze infatti sono sostanziose, e sottili; talvolta riguardano singole parole o aggettivi, e quindi il confronto deve essere capillare. I blocchi principali sono tuttavia vistosi. Eccone una scelta: in F non ci sono più le irriverenze del Matto verso il suo padrone (Scena 4, 136-51); l’annuncio che Kent fa dello sbarco dei francesi in Inghilterra (Sc. 8, 21-23); il cosiddetto processo che l’allucinato Lear conduce contro le figlie, che crede di vedere (Sc. 13, 13-52); il commento su questa scena pronunciato da Edgar (ivi, 97-110); i pietosi commenti di due servi di Gloucester accecato (Sc. 14, 97-106); parte della protesta di Albany per il trattamento del re (Sc. 16); la scena in cui un Gentiluomo descrive a Kent il dolore di Cordelia nell’apprendere del padre (Sc. 17); la musica nella riunione di Lear e Cordelia (Sc. 21); la descrizione di Edgar del suo incontro con Kent (Sc. 21). Scompare il personaggio del Dottore, le cui battute sono affidate a un Gentiluomo – altre battute sono assegnate a personaggi diversi rispetto a Q – e diversa è la grafia di alcuni nomi, a partire da quello del sovrano. La maggiore scorrevolezza di F rispetto a Q è ottenuta anche mediante l’eliminazione di alcuni passi per così dire di riflessione e di commento, alla fine di singole scene. Un effetto di tale compressione e di alcuni spostamenti meno evidenti è una maggiore autorevolezza di Cordelia come capo dell’esercito che sbarca in soccorso di Lear, esercito sulla cui nazionalità francese adesso si insiste assai meno. Sul versante opposto, quello delle aggiunte – circa cento versi in totale, per la maggior parte in passi piuttosto brevi – spicca la cosiddetta, ironica profezia di Merlino pronunciata dal Matto (3. 2). MASOLINO D’AMICO Per i riferimenti bibliografici si rimanda a “La Storia di Re Lear”
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King Lear in-folio 1623
THE TRAGEDY OF KING LEAR
THE PERSONS OF THE PLAY LEAR, King of Britain GONERIL, Lear’s eldest daughter Duke of ALBANY, her husband REGAN, Lear’s second daughter Duke of CORNWALL, her husband CORDELIA, Lear’s youngest daughter suitors King of FRANCE of Cordelia Duke of BURGUNDY Earl of KENT, later disguised as Caius Earl of GLOUCESTER EDGAR, elder son of Gloucester, later disguised as Tom o’ Bedlam
}
EDMOND, bastard son of Gloucester OLD MAN, Gloucester’s tenant CURAN, Gloucester’s retainer Lear’s FOOL OSWALD, Goneril’s steward A SERVANT of Cornwall A KNIGHT A HERALD A CAPTAIN Gentlemen, servants, soldiers, attendants, messengers
SIGLE Q: il primo in-quarto (1608, qui distinto in Q, Qa e Qb); derivano da Q altre edizioni in-quarto (Q2: 1608, e Q3: 1655); F: l’in-folio (F1: 1623, F2: 1632, F3: 1663, F4: 1685). L’edizione Bompiani, seguendo l’esempio della Oxford, pubblica le due versioni (Q e F) come testi a sé stanti, data la diversità che ne evidenzia l’evoluzione attraverso il tempo e le rinnovate strategie drammaturgiche – qualità che vengono più ampiamente discusse nella nostra introduzione. Come testo-guida proponiamo ora F, derivato soprattutto da Q2, e che presenta circa cento versi assenti in Q, mentre Q ne contiene circa trecento non in F. Segnaliamo le varianti indicate nell’ed. Oxford – ovvero solo quelle con significati alternativi, e non le didascalie più volte rivedute. Le trascrizioni sono sempre modernizzate, salvo quando il testo presenta insieme la grafia arcaica e quella moderna.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR
PERSONAGGI LEAR, Re di Britannia GONERIL, figlia maggiore di Lear Duca di ALBANY, suo marito REGAN, seconda figlia di Lear Duca di CORNOVAGLIA, suo marito CORDELIA, figlia minore di Lear pretendenti Re di FRANCIA di Cordelia Duca di BORGOGNA Conte di KENT, in seguito travestito da Caio Conte di GLOUCESTER EDGAR, figlio maggiore di Gloucester, in seguito travestito da Tom o’ Bedlam
}
EDMOND, figlio bastardo di Gloucester VECCHIO, fittavolo di Gloucester CURAN, gentiluomo della casa di Gloucester BUFFONE di Lear OSWALD, maggiordomo di GONERIL Un SERVO di Cornovaglia Un CAVALIERE Un ARALDO Un CAPITANO Gentiluomini, servi, soldati, attendenti, messi
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter the Earl of Kent, the Duke of Gloucester, and Edmond
KENT I thought the King had more affected the Duke of
Albany than Cornwall. GLOUCESTER It did always seem so to us, but now in the division of the kingdom it appears not which of the Dukes he values most; for qualities are so weighed that curiosity in neither can make choice of either’s moiety. KENT Is not this your son, my lord? GLOUCESTER His breeding, sir, hath been at my charge. I have so often blushed to acknowledge him that now I am brazed to’t. KENT I cannot conceive you. GLOUCESTER Sir, this young fellow’s mother could, whereupon she grew round-wombed and had indeed, sir, a son for her cradle ere she had a husband for her bed. Do you smell a fault? KENT I cannot wish the fault undone, the issue of it being so proper. GLOUCESTER But I have a son, sir, by order of law, some year older than this, who yet is no dearer in my account. Though this knave came something saucily to the world before he was sent for, yet was his mother fair, there was good sport at his making, and the whoreson must be acknowledged. (To Edmond) Do you know this noble gentleman, Edmond? EDMOND No, my lord. GLOUCESTER (to Edmond) My lord of Kent. Remember him hereafter as my honourable friend. EDMOND (to Kent) My services to your lordship.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
Entrano il conte di Kent, il duca di Gloucester e Edmond1
I, 1 KENT
Credevo che il re avesse più considerazione per il duca di Albany che per Cornovaglia. GLOUCESTER
Eravamo di questa opinione anche noi. Ma ora, nella divisione del regno, non si vede quale dei duchi lui valuti di più. Le loro qualità sono bilanciate così bene, che neanche un esame scrupolosissimo può accertare quale sia preferibile. KENT
Questo non è vostro figlio, mio signore? GLOUCESTER
In effetti è stato allevato a mie spese. Sono arrossito tante volte ad ammetterlo, che ci ho fatto il callo. KENT
Mi sembra inconcepibile. GLOUCESTER
A concepire è stata sua madre. Mise su un bel pancione tondo, e si ritrovò, caro signore, con un figlio in culla e senza marito nel letto. Ci fiutate sotto la colpa? KENT
La colpa non mi sembra da rimpiangere, il risultato è così positivo. GLOUCESTER
Sennonché io ho anche un altro figlio in perfetta regola, un po’ più anziano di questo, ma che non è più caro ai miei occhi. Certo, questo furfante è venuto al mondo da impertinente, prima d’essere chiamato. Ma sua madre era bella, e a farlo ce la siamo goduta, e il figlio di puttana va riconosciuto. (A Edmond) Lo conosci questo nobile gentiluomo, Edmond? EDMOND
No, mio signore. GLOUCESTER (a Edmond) È il signore di Kent. Ricordalo d’ora innanzi come mio onorevole amico. EDMOND (a Kent) I miei servigi alla vostra signoria.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
KENT I must love you, and sue to know you better. EDMOND Sir, I shall study deserving.
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GLOUCESTER (to Kent) He hath been out nine years, and
away he shall again. Sennet The King is coming. Enter King Lear, the Dukes of Cornwall and Albany, Goneril, Regan, Cordelia, and attendants LEAR
Attend the lords of France and Burgundy, Gloucester. Exit
GLOUCESTER I shall, my lord. LEAR
Meantime we shall express our darker purpose. Give me the map there. Know that we have divided In three our kingdom, and ’tis our fast intent To shake all cares and business from our age, Conferring them on younger strengths while we Unburdened crawl toward death. Our son of Cornwall, And you, our no less loving son of Albany, We have this hour a constant will to publish Our daughters’ several dowers, that future strife May be prevented now. The princes France and Burgundy – Great rivals in our youngest daughter’s love – Long in our court have made their amorous sojourn, And here are to be answered. Tell me, my daughters – Since now we will divest us both of rule, Interest of territory, cares of state – Which of you shall we say doth love us most, That we our largest bounty may extend Where nature doth with merit challenge? Goneril, Our eldest born, speak first.
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GONERIL
Sir, I love you more than words can wield the matter; Dearer than eyesight, space, and liberty; Beyond what can be valued, rich or rare, 2580
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
KENT
Ti vorrò bene, e cercherò di conoscerti meglio. EDMOND
Signore, mi sforzerò di esserne degno. GLOUCESTER (a Kent)
È stato via nove anni e se ne ripartirà. Squilli di tromba Ecco il re. Entrano re Lear, i duchi di Cornovaglia e di Albany2 , Goneril, Regan, Cordelia, e seguito LEAR
Accogli i principi di Francia e di Borgogna, Gloucester. GLOUCESTER
Obbedisco, sire. Esce LEAR
Frattanto noi esporremo i nostri segreti propositi. Portate qui la mappa. Sappiate che abbiamo diviso in tre il nostro regno; ed è nostro saldo intento di scuotere ogni cura ed ufficio dai nostri anni affidandoli a più giovani forze, mentre noi, esonerati, strisciamo verso la morte. Nostro figlio di Cornovaglia e tu, nostro non meno amato figlio di Albany: noi desideriamo fermamente a questo punto proclamare le singole doti delle nostre figlie, che futuri screzi siano prevenuti sin d’ora. I prìncipi di Francia e di Borgogna, grandi rivali per l’amore della nostra minore, da tempo fanno un soggiorno galante nella nostra corte, e oggi avranno risposta. Ditemi, mie figliole – poiché stiamo per spogliarci del potere, di ogni interesse di territorio, delle cure dello stato – quale di voi diremo che ci ama di più, sì che la nostra munificenza possa estendersi maggiormente là dove la natura fa a gara col merito? Goneril, tu sei nata per prima, parla per prima. GONERIL
Sire, io vi amo più di quanto parola possa esprimere, più della vista, dello spazio o della libertà, oltre quel che è stimato ricco o raro;
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
No less than life; with grace, health, beauty, honour; As much as child e’er loved or father found; A love that makes breath poor and speech unable. Beyond all manner of so much I love you. CORDELIA (aside) What shall Cordelia speak? Love and be silent. LEAR (to Goneril) Of all these bounds even from this line to this, With shadowy forests and with champaigns riched, With plenteous rivers and wide-skirted meads, We make thee lady. To thine and Albany’s issues Be this perpetual. – What says our second daughter? Our dearest Regan, wife of Cornwall?
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REGAN
I am made of that self mettle as my sister, And prize me at her worth. In my true heart I find she names my very deed of love – Only she comes too short, that I profess Myself an enemy to all other joys Which the most precious square of sense possesses, And find I am alone felicitate In your dear highness’ love. CORDELIA (aside) Then poor Cordelia – And yet not so, since I am sure my love’s More ponderous than my tongue. LEAR (to Regan) To thee and thine hereditary ever Remain this ample third of our fair kingdom, No less in space, validity, and pleasure Than that conferred on Goneril. (To Cordelia) Now our joy, Although our last and least, to whose young love The vines of France and milk of Burgundy Strive to be interessed: what can you say to draw A third more opulent than your sisters? Speak. 74. Possesses: così in Q; in F professes = “professa”. 2582
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
non meno di una vita ricca di grazia, salute, bellezza, onore; tanto quanto mai figlia amò o padre si scoprì amato. È un amore che fa il respiro povero e la parola incapace; oltre ogni capacità di misura, io vi amo. CORDELIA (a parte) Cosa dirà Cordelia? Ama, e taci. LEAR (a Goneril) Di tutte queste terre che vanno da questa linea a questa, ricche di ombrose foreste e di campagne, di abbondanti fiumi ed estese praterie, noi ti facciamo signora. Dei figli tuoi e di Albany tutto ciò sia in perpetuo. – Cosa dice la nostra seconda figlia? La cara Regan, sposa di Cornovaglia? REGAN
Io sono fatta dello stesso metallo di mia sorella, non valutatemi di meno. Nel mio cuore sincero trovo che ella ha espresso il mio stesso contratto di amore. Solo, lei pecca per difetto, ché io mi proclamo nemica di ogni altra gioia che il più minuscolo ritaglio di senno possieda, e trovo che soltanto mi rallegro nell’amore della vostra cara maestà. CORDELIA (a parte) E allora, povera Cordelia! Eppure no. Sono certa che il mio amore ha più peso della mia lingua. LEAR (a Regan) Tuo e dei tuoi eredi in eterno sia questo ampio terzo del nostro bel reame, non minore per spazio, ricchezza e valore di quello assegnato a Goneril. (A Cordelia) Ma ora, nostra delizia, minore ma non nel mio affetto, tu il cui giovane amore i vigneti di Francia e il latte di Borgogna si contendono a gara: cosa ci dirai per assicurarti un terzo più opulento delle tue sorelle? Parla.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
CORDELIA Nothing, my lord. LEAR Nothing? CORDELIA Nothing. LEAR
Nothing will come of nothing. Speak again.
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CORDELIA
Unhappy that I am, I cannot heave My heart into my mouth. I love your majesty According to my bond, no more nor less. LEAR
How, how, Cordelia? Mend your speech a little Lest you may mar your fortunes. CORDELIA Good my lord, You have begot me, bred me, loved me. I return those duties back as are right fit – Obey you, love you, and most honour you. Why have my sisters husbands if they say They love you all? Haply when I shall wed That lord whose hand must take my plight shall carry Half my love with him, half my care and duty. Sure, I shall never marry like my sisters. LEAR But goes thy heart with this? CORDELIA Ay, my good lord. LEAR So young and so untender? CORDELIA So young, my lord, and true.
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LEAR
Let it be so. Thy truth then be thy dower; For by the sacred radiance of the sun, The mysteries of Hecate and the night, By all the operation of the orbs From whom we do exist and cease to be, Here I disclaim all my paternal care, Propinquity, and property of blood, And as a stranger to my heart and me
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110. Mysteries: così in F2; in Q mistress = “amante”; in F1 miseries = “miserie”. 2584
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
CORDELIA
Niente, mio signore. LEAR
Niente? CORDELIA
Niente. LEAR
Niente non frutta niente3. Parla ancora. CORDELIA
Per quanto infelice io mi senta, non posso issare il mio cuore fino alla mia bocca. Amo la vostra maestà secondo il mio vincolo, né più, né meno. LEAR
Come, come, Cordelia? Aggiusta un po’ le tue parole, se non vuoi rovinare le tue fortune. CORDELIA
Mio buon signore, voi mi avete procreata, nutrita, amata: io ripago quei debiti al loro giusto valore... vi obbedisco, vi amo, vi onoro assai. Perché hanno marito le mie sorelle, se dicono di amare solo voi? Io spero, quando sarò sposa, che il signore la cui mano avrà il mio pegno accetti la metà del mio amore, delle mie cure e del dovere. Certo non mi sposerò come le mie sorelle. LEAR
Ma questo è col cuore che lo dici? CORDELIA
Mio buon signore, sì. LEAR
Così giovane, e già così coriacea? CORDELIA
Così giovane, mio signore, e così sincera. LEAR
Sia come vuoi. La tua sincerità sia la tua dote; perché, per i sacri raggi del sole, per i misteri di Ecate4 e della notte, per tutti gli influssi delle sfere grazie a cui esistiamo e cessiamo di esistere, io qui rinnego ogni mia paterna cura, ogni parentela e legame di sangue, e quale estranea al mio cuore e a me ti considero da adesso
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
Hold thee from this for ever. The barbarous Scythian, Or he that makes his generation messes To gorge his appetite, shall to my bosom Be as well neighboured, pitied, and relieved As thou, my sometime daughter. KENT Good my liege – LEAR Peace, Kent. Come not between the dragon and his wrath. I loved her most, and thought to set my rest On her kind nursery. [To Cordelia] Hence, and avoid my sight! – So be my grave my peace as here I give Her father’s heart from her. Call France. Who stirs? Call Burgundy. [Exit one or more] Cornwall and Albany, With my two daughters’ dowers digest the third. Let pride, which she calls plainness, marry her. I do invest you jointly with my power, Pre-eminence, and all the large effects That troop with majesty. Ourself by monthly course, With reservation of an hundred knights By you to be sustained, shall our abode Make with you by due turn. Only we shall retain The name and all th’addition to a king. The sway, Revenue, execution of the rest, Belovèd sons, be yours; which to confirm, This crownet part between you. KENT Royal Lear, Whom I have ever honoured as my king, Loved as my father, as my master followed, As my great patron thought on in my prayers –
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LEAR
The bow is bent and drawn; make from the shaft. KENT
Let it fall rather, though the fork invade The region of my heart. Be Kent unmannerly When Lear is mad. What wouldst thou do, old man? 2586
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
per sempre. Il barbaro scita5, o colui che fa pasto dei suoi nati per saziare la sua fame, avrà dal mio seno più accoglienza, pietà e consolazione di te che fosti mia figlia. KENT
Mio buon sire... LEAR
Silenzio, Kent! Non metterti tra il drago6 e la sua collera. Lei amavo di più, e volevo affidare la mia stanchezza alle sue dolci cure. [A Cordelia] Vattene lontano dai miei occhi! – Non voglio trovar più pace nella tomba se non le tolgo il mio cuore di padre. Chiamate Francia! Chi si muove? Chiamate Borgogna! [Escono uno o più] Cornovaglia e Albany, alla dote delle mie due figlie aggiungete questo terzo. Sia l’orgoglio, che costei chiama franchezza, il suo sposo! Io vi investo entrambi dei miei poteri, della sovranità e di ogni grande attributo attinente alla maestà. Quanto a noi, con un seguito di cento cavalieri mantenuti da voi, da voi dimoreremo a mesi alterni. Solo conserveremo il nome e gli onori di re: il potere, gli appannaggi, l’amministrazione del resto, amati figli, saranno vostri: e per confermarlo, questa corona dividetevela tra di voi. KENT
Augusto Lear, che io ho sempre onorato come mio re, amato come mio padre, seguito come mio signore, ricordato come mio grande patrono nelle mie preghiere... LEAR
L’arco è piegato e teso: attento alla freccia. KENT
Che venga, questa freccia, invece, anche se la punta giungesse nella regione del mio cuore. Sia sfrontato Kent, se Lear è pazzo. Che cosa vuoi7 fare, vecchio? Credi che il dovere tema di parlare
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
Think’st thou that duty shall have dread to speak When power to flattery bows? To plainness honour’s bound When majesty falls to folly. Reserve thy state, And in thy best consideration check This hideous rashness. Answer my life my judgement, Thy youngest daughter does not love thee least, Nor are those empty-hearted whose low sounds Reverb no hollowness. LEAR Kent, on thy life, no more!
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KENT
My life I never held but as a pawn To wage against thine enemies, ne’er feared to lose it,c Thy safety being motive. LEAR Out of my sight!
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KENT
See better, Lear, and let me still remain The true blank of thine eye. LEAR Now, by Apollo – KENT
Now, by Apollo, King, thou swear’st thy gods in vain. LEAR [making to strike him]
O vassal! Miscreant! ALBANY and [CORDELIA] Dear sir, forbear.
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KENT (to Lear)
Kill thy physician, and thy fee bestow Upon the foul disease. Revoke thy gift, Or whilst I can vent clamour from my throat I’ll tell thee thou dost evil.
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LEAR
Hear me, recreant; on thine allegiance hear me! That thou hast sought to make us break our vows, Which we durst never yet, and with strained pride To come betwixt our sentence and our power, Which nor our nature nor our place can bear,
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156. Ne’er feared: emend. tardo; in Q nor fear = “né temo”; in F nere fear. 2588
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
quando l’autorità si piega all’adulazione? L’onore ha l’obbligo di cantare chiaro quando la maestà cade nella follia. Serba il tuo scettro; e nel tuo stesso interesse, frena questo furore odioso. Rispondo con la vita dei miei giudizi. La tua figlia minore non è quella che ti ama meno, né è vuoto il cuore di coloro la cui voce sommessa non fa da eco alle vanità. LEAR
Kent, se tieni alla vita, ora basta! KENT
La vita l’ho sempre considerata solo una pedina da spendere contro i tuoi nemici; non ho paura di perderla, se ne va della tua salvezza. LEAR
Via dalla mia vista! KENT
Cerca di vedere meglio, Lear; e lascia che io continui ad essere il sincero bersaglio dei tuoi occhi. LEAR
Ah, per Apollo... KENT
Sì, per Apollo, re, tu invochi i tuoi dèi invano. LEAR [fa per colpirlo]
Servo blasfemo! ALBANY e [CORDELIA] Caro sire, fermatevi! KENT (a Lear) Sì, ammazza il medico, e paga così la parcella alla sconcia malattia. Revoca la donazione, o finché avrò fiato da espellere dalla gola ti dirò che fai male. LEAR
Ascolta me, rinnegato! In nome del tuo patto di sudditanza, ascolta! Tu hai tentato di farci rompere la nostra promessa, cosa che mai prima abbiamo osato fare, e con orgoglio smisurato ti sei frapposto tra la nostra decisione e il nostro potere, cosa che né la nostra natura né il nostro rango può tollerare. Se dunque abbiamo potere,
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
Our potency made good take thy reward: Five days we do allot thee for provision To shield thee from disasters of the world, And on the sixth to turn thy hated back Upon our kingdom. If on the seventh day following Thy banished trunk be found in our dominions, The moment is thy death. Away! By Jupiter, This shall not be revoked.
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KENT
Fare thee well, King; sith thus thou wilt appear, Freedom lives hence, and banishment is here. (To Cordelia) The gods to their dear shelter take thee, maid, That justly think’st, and hast most rightly said. (To Goneril and Regan) And your large speeches may your deeds approve, That good effects may spring from words of love. Thus Kent, O princes, bids you all adieu; He’ll shape his old course in a country new. Exit
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Flourish. Enter the Duke of Gloucester with the King of France, the Duke of Burgundy, and attendants [CORDELIA] Here’s France and Burgundy, my noble lord. LEAR My lord of Burgundy, We first address toward you, who with this King Hath rivalled for our daughter: what in the least Will you require in present dower with her Or cease your quest of love? BURGUNDY Most royal majesty, I crave no more than hath your highness offered; Nor will you tender less.
175. Seventh: emend. tardo; in F tenth = “decimo”. 179. Sith thus: così in F; in Q1 since thus; in Q 2 since = “dacché”. 2590
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
ecco la tua ricompensa. Cinque giorni ti concediamo per provvederti di quanto possa proteggerti dai rischi del mondo; e il sesto volgerai le tue sgradite spalle al nostro regno. Se il settimo giorno la tua esiliata carcassa sarà trovata nei nostri domini, quel momento sarà la tua morte. Vattene! Per Giove, questo non sarà revocato! KENT
Addio, sovrano. Se così vuoi apparire, la libertà è altrove, e l’esilio è proprio qui. (A Cordelia) Gli dèi al loro sacro rifugio ti accolgano, fanciulla che con giustizia ragioni, e con ragione hai parlato. (A Goneril e Regan) E possano i vostri atti confermare i vostri paroloni, e buoni esiti nascere da accenti d’amore. Così Kent, oh prìncipi, vi dice a tutti addio; e seguirà la sua vecchia strada in una terra nuova. Esce Trombe. Entra il duca di Gloucester con il re di Francia, il duca di Borgogna, e seguito [CORDELIA] Ecco Francia e Borgogna, mio nobile signore. LEAR
Mio signore di Borgogna, per primo dirò a voi, che con questo re avete gareggiato per nostra figlia. Qual è la dote minima che esigete insieme con lei per non rinunciare al vostro sogno d’amore? BORGOGNA
Preclara maestà, non bramo più di quanto la vostra Altezza ha offerto, né essa vorrà dare di meno.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
Right noble Burgundy, When she was dear to us we did hold her so; But now her price is fallen. Sir, there she stands. If aught within that little seeming substance, Or all of it, with our displeasure pieced, And nothing more, may fitly like your grace, She’s there, and she is yours. BURGUNDY I know no answer. LEAR
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LEAR
Will you with those infirmities she owes, Unfriended, new adopted to our hate, Dowered with our curse and strangered with our oath, Take her or leave her? BURGUNDY Pardon me, royal sir. Election makes not up in such conditions.
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LEAR
Then leave her, sir; for by the power that made me, I tell you all her wealth. (To France) For you, great King, I would not from your love make such a stray To match you where I hate, therefore beseech you T’avert your liking a more worthier way Than on a wretch whom nature is ashamed Almost t’acknowledge hers. FRANCE This is most strange, That she whom even but now was your best object, The argument of your praise, balm of your age, The best, the dear’st, should in this trice of time Commit a thing so monstrous to dismantle So many folds of favour. Sure, her offence Must be of such unnatural degree That monsters it, or your fore-vouched affection Fall into taint; which to believe of her Must be a faith that reason without miracle Should never plant in me.
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215. Best: così in Q; assente in F. Dear’st: così in ed. Oxford; in Q e F deerest. 2592
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
LEAR
Nobilissimo Borgogna, quando ella ci era cara, tale era il suo valore; ma ora il suo prezzo è crollato. Signore, lei è lì. Se dentro quella parvenza di sostanza c’è qualcosa – con l’aggiunta del nostro dispiacere e di nient’altro – che possa fare al caso vostro, eccola lì, prendetela. BORGOGNA
Non so che rispondere. LEAR
Con tutti i difetti che ella stessa riconosce, senza amici, or ora entrata nella nostra avversione, con in dote la nostra maledizione, estraniata dal nostro giuramento, volete prenderla, o lasciarla? BORGOGNA
Perdonatemi, regale sire, non si può scegliere in tali condizioni. LEAR
E allora lasciatela, messere; perché per quel dio che mi ha creato, vi ho detto ogni sua ricchezza. (A Francia) Quanto a voi, grande re, non vorrei impormi al vostro amore fino al punto di unirvi a chi detesto; io vi prego pertanto di rivolgere i vostri affetti a un qualche oggetto più degno di una meschina che Natura si vergogna quasi, di riconoscere per sua. FRANCIA
Questo è molto strano. Che lei, che poco fa era il tesoro più prezioso, l’oggetto di ogni lode, il balsamo della vostra vecchiaia, la prediletta, la beneamata, abbia in questo scorcio di tempo commesso una cosa così mostruosa, da smantellare tanti bastioni di favore. Senza dubbio il suo delitto dev’essere contrario alla natura fino alla mostruosità, altrimenti l’affetto che avevate tanto ostentato sarebbe stato marcio. Credere questo di lei è peraltro una fede che senza ausilio di miracoli la ragione non potrà mai infondermi.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
CORDELIA (to Lear)
I yet beseech your majesty, If for I want that glib and oily art To speak and purpose not – since what I well intend, I’ll do’t before I speak – that you make known It is no vicious blot, murder, or foulness, No unchaste action or dishonoured step That hath deprived me of your grace and favour, But even the want of that for which I am richer – A still-soliciting eye, and such a tongue That I am glad I have not, though not to have it Hath lost me in your liking. LEAR Better thou Hadst not been born than not t’have pleased me better.
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FRANCE
Is it but this – a tardiness in nature, Which often leaves the history unspoke That it intends to do? – My lord of Burgundy, What say you to the lady? Love’s not love When it is mingled with regards that stands Aloof from th’entire point. Will you have her? She is herself a dowry. BURGUNDY (to Lear) Royal King, Give but that portion which yourself proposed, And here I take Cordelia by the hand, Duchess of Burgundy. LEAR Nothing. I have sworn. I amfirm. BURGUNDY (to Cordelia) I am sorry, then, you have so lost a father That you must lose a husband. CORDELIA Peace be with Burgundy; Since that respect and fortunes are his love, I shall not be his wife.
225. Well intend: così in Q; in F will intend = “intenderò”. 2594
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
CORDELIA (a Lear)
Io prego la vostra maestà (poiché mi manca quell’arte liscia e untuosa di parlare senza propormi di agire, infatti quello che intendo io lo faccio prima di parlare), di rendere noto che non fu vile macchia, omicidio o disonore, né atto non casto, o attentato all’onore, a privarmi della vostra grazia, ma proprio una mancanza che in sé mi rende ricca: quella di un occhio che adesca e di una lingua quale sono lieta di non avere, anche se il non averla mi ha tolta al vostro favore. LEAR
Meglio se non fossi venuta al mondo, visto che non mi hai compiaciuto. FRANCIA
Tutto qui? Una verecondia naturale che sovente evita di raccontare la storia di quel che intende fare? Mio signore di Borgogna, cosa dite voi a questa signora? L’amore non è amore quando si mischia con considerazioni estranee all’intera questione. La volete voi? Ella da sola vale una dote. BORGOGNA (a Lear) Regale Lear, dalle quella parte che tu stesso hai proposto, e qui prendo Cordelia per la mano, duchessa di Borgogna. LEAR
Niente! Ho giurato; sono fermo. BORGOGNA (a Cordelia) A me rincresce che dopo aver perso così un padre, tu perda ora anche un marito. CORDELIA
Pace abbia Borgogna! Dacché il suo amore è rivolto al rispetto e alla fortuna, io non sarò sua moglie.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
FRANCE
Fairest Cordelia, that art most rich, being poor; Most choice, forsaken; and most loved, despised: Thee and thy virtues here I seize upon. Be it lawful, I take up what’s cast away. Gods, gods! ’Tis strange that from their cold’st neglect My love should kindle to inflamed respect. – Thy dowerless daughter, King, thrown to my chance, Is queen of us, of ours, and our fair France. Not all the dukes of wat’rish Burgundy Can buy this unprized precious maid of me. – Bid them farewell, Cordelia, though unkind. Thou losest here, a better where to find.
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LEAR
Thou hast her, France. Let her be thine, for we Have no such daughter, nor shall ever see That face of hers again. Therefore be gone, Without our grace, our love, our benison. – Come, noble Burgundy. Flourish. Exeunt all but France and the sisters FRANCE
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Bid farewell to your sisters.
CORDELIA
Ye jewels of our father, with washed eyes Cordelia leaves you. I know you what you are, And like a sister am most loath to call Your faults as they are named. Love well our father. To your professèd bosoms I commit him. But yet, alas, stood I within his grace I would prefer him to a better place. So farewell to you both. REGAN Prescribe not us our duty. GONERIL Let your study Be to content your lord, who hath received you At fortune’s alms. You have obedience scanted, And well are worth the want that you have wanted.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
FRANCIA
Bella Cordelia, tu sei molto ricca perché povera, molto eletta perché reietta, e molto amata perché disprezzata. Te e le tue virtù io qui prendo, consentitemi di raccogliere quello che è stato gettato via. Dèi, dèi! È strano che dal loro gelido rigetto il mio amore si accenda a infiammato rispetto. – La tua figlia senza dote, re, data alla mia sorte, è regina di noi, del nostro e della bella Francia. Né tutti i duchi dell’irrigata Borgogna mi ricompreranno questa svalutata ma preziosa fanciulla. – Di’ a tutti addio, Cordelia, anche se scortesi. Tu lasci il qui in cambio di un dove migliore. LEAR
È tua, Francia; e tua rimanga, perché noi non abbiamo una tale figlia, né quel suo viso rivedremo mai più. Perciò andate senza la nostra grazia, il nostro amore, la nostra benedizione. Venite, nobile Borgogna. Trombe. Escono tutti tranne Francia e le sorelle FRANCIA
Di’ addio alle tue sorelle. CORDELIA
Gioielli di nostro padre, con occhi lavati Cordelia vi lascia. Io lo so cosa siete; e da sorella, non vorrei dare alle vostre colpe il loro nome. Amate nostro padre; ai vostri profferti petti io lo affido. Ma se mi trovassi ancora, ahimè, nelle sue grazie, vorrei vederlo in un luogo migliore. Vi dico addio a tutte e due. REGAN
Non ci insegnare il nostro dovere. GONERIL
Pensa piuttosto a contentare il tuo signore, che ti ha ricevuta come un’elemosina della sorte. Ti sei sottratta all’obbedienza, meritandoti la penuria che hai voluto.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 1
CORDELIA
Time shall unfold what pleated cunning hides, Who covert faults at last with shame derides. Well may you prosper. FRANCE Come, my fair Cordelia.
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Exeunt France and Cordelia GONERIL Sister, it is not little I have to say of what most
nearly appertains to us both. I think our father will hence tonight. REGAN That’s most certain, and with you. Next month with us. GONERIL You see how full of changes his age is. The observation we have made of it hath been little. He always loved our sister most, and with what poor judgement he hath now cast her off appears too grossly. REGAN ’Tis the infirmity of his age; yet he hath ever but slenderly known himself. GONERIL The best and soundest of his time hath been but rash; then must we look from his age to receive not alone the imperfections of long-engrafted condition, but therewithal the unruly waywardness that infirm and choleric years bring with them. REGAN Such unconstant starts are we like to have from him as this of Kent’s banishment. GONERIL There is further compliment of leave-taking between France and him. Pray you, let us sit together. If our father carry authority with such disposition as he bears, this last surrender of his will but offend us. REGAN We shall further think of it. GONERIL We must do something, and i’th’ heat. Exeunt
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281. Who covert faults at last with shame derides: emend. tardo = “Chi infine ricopre di vergogna le colpe segrete”; in Q e F who covers faults… che si segue nella traduzione. 2598
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 1
CORDELIA
Il tempo mostrerà quanto l’astuzia nasconde nelle sue pieghe; alla fine svergogna chi copre le proprie colpe. Vi auguro ogni prosperità! FRANCIA
Vieni, mia bella Cordelia. Escono Francia e Cordelia GONERIL
Sorella, avrei parecchio da dire su argomenti che ci riguardano da vicino. Credo che nostro padre voglia partire questa notte. REGAN
È più che certo, e con te; tra un mese verrà da noi. GONERIL
Vedi come si diventa capricciosi alla sua età. Abbiamo avuto non poche occasioni di osservarlo. Ha sempre amato nostra sorella più di noi; e l’assurdità dei pretesti con cui ora la scaccia appare madornale. REGAN
Sono i malanni della sua età. D’altro canto, non è mai stato troppo presente a se stesso. GONERIL
Anche ai suoi tempi migliori era sempre impulsivo. Per questo dalla sua vecchiaia ci dobbiamo aspettare oltre ai difetti ormai connaturati, quella incostanza incontrollabile che gli anni deboli e collerici si portano dietro. REGAN
Ci regalerà capricci improvvisi come questo dell’esilio di Kent. GONERIL
Ci sono ulteriori cerimonie di commiati tra lui e Francia. Ti prego, sediamoci insieme. Se nostro padre esercita l’autorità con la volubilità che ha sfoggiato, quest’ultima concessione finirà per nuocerci. REGAN
Bisogna rifletterci. GONERIL
Bisogna fare qualcosa, e senza indugi. Escono 2599
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 2
1.2
Enter Edmond the bastard
EDMOND
Thou, nature, art my goddess. To thy law My services are bound. Wherefore should I Stand in the plague of custom and permit The curiosity of nations to deprive me For that I am some twelve or fourteen moonshines Lag of a brother? Why ‘bastard’? Wherefore ‘base’, When my dimensions are as well compact, My mind as generous, and my shape as true As honest madam’s issue? Why brand they us With ‘base’, with ‘baseness, bastardy – base, base’ – Who in the lusty stealth of nature take More composition and fierce quality Than doth within a dull, stale, tirèd bed Go to th’ creating a whole tribe of fops Got ’tween a sleep and wake? Well then, Legitimate Edgar, I must have your land. Our father’s love is to the bastard Edmond As to th’ legitimate. Fine word, ‘legitimate’. Well, my legitimate, if this letter speed And my invention thrive, Edmond the base Shall to th’ legitimate. I grow, I prosper. Now gods, stand up for bastards!
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Enter the Duke of Gloucester. Edmond reads a letter GLOUCESTER
Kent banished thus, and France in choler parted, And the King gone tonight, prescribed his power, Confined to exhibition – all this done Upon the gad? – Edmond, how now? What news?
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4. Curiosity: così in Q e F; in emend. tardo curtesy = “la cortesia” (che accentua il sarcasmo). 21. To th’ legitimate: così in Q; in F tooth’ legitimate, possibile gioco su “dente” = “morso”; in emend. tardo top the legitimate, che si segue in traduzione. 2600
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 2
I, 2
Entra Edmond il bastardo8
EDMOND
Natura, tu sei la mia dea; alla tua legge sono legati i miei servigi. Perché dovrei accettare la calamità dell’usanza, e consentire al pregiudizio dei popoli di spogliarmi, solo perché sono dodici o quattordici lune dietro a un fratello? Perché “bastardo”? Perché “vile”? Quando possiedo un fisico ben fatto, uno spirito generoso e un aspetto schietto quanto quelli di colui che nacque da una donna onesta? Perché bollarci come “vili”? “Viltà”? “Bastardo”? “Vili, vili”? Noi cui il gagliardo sotterfugio di natura conferisce più tempra e fiero carattere di quanto a un letto stanco, vecchio, pigro, serva a creare tutta una tribù di idioti concepiti tra il sonno e la veglia? Bene, allora, legittimo Edgar, io voglio la tua terra. Nostro padre ama il bastardo Edmond quanto il legittimo. Bella parola, “legittimo”! Be’, caro legittimo, se questa missiva funziona e il mio disegno ha successo, Edmond il vile aggredirà9 il legittimo. Io cresco. Io prospero. Ora, dèi, favorite i bastardi! Entra il duca di Gloucester. Edmond legge una lettera GLOUCESTER
Kent bandito così! E Francia partito in collera! E il re che si è messo in viaggio questa notte! Avendo rinunciato al suo potere! Rassegnato a fare l’uomo di paglia! E tutto questo in un attimo10! – Ehi, Edmond, e allora? Che notizie?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 2
EDMOND So please your lordship, none. GLOUCESTER Why so earnestly seek you to put up that
letter? EDMOND I know no news, my lord. GLOUCESTER What paper were you reading? EDMOND Nothing, my lord. GLOUCESTER No? What needed then that terrible dispatch of it into your pocket? The quality of nothing hath not such need to hide itself. Let’s see. Come, if it be nothing I shall not need spectacles. EDMOND I beseech you, sir, pardon me. It is a letter from my brother that I have not all o’er-read; and for so much as I have perused, I find it not fit for your o’erlooking. GLOUCESTER Give me the letter, sir. EDMOND I shall offend either to detain or give it. The contents, as in part I understand them, are to blame. GLOUCESTER Let’s see, let’s see. EDMOND I hope for my brother’s justification he wrote this but as an assay or taste of my virtue. He gives Gloucester a letter GLOUCESTER (reads) ‘This policy and reverence of age makes
the world bitter to the best of our times, keeps our fortunes from us till our oldness cannot relish them. I begin to find an idle and fond bondage in the oppression of aged tyranny, who sways not as it hath power but as it is suffered. Come to me, that of this I may speak more. If our father would sleep till I waked him, you
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 2
EDMOND
Nessuna, signor padre. GLOUCESTER
Perché cerchi tanto di nascondere quella lettera? EDMOND
Non ho notizie, mio signore. GLOUCESTER
Che foglio stavi leggendo? EDMOND
Niente, mio signore. GLOUCESTER
No? Perché allora quella gran fretta di mettertelo in tasca? Il niente non ha tanto bisogno di nascondersi. Vediamo. Da’ qua. Se non è niente potrò fare a meno degli occhiali. EDMOND
Vi prego, signore, perdonatemi. È una lettera di mio fratello che non ho ancora finita; e per quel po’ che ne ho letto, non trovo sia il caso di mostrarvela. GLOUCESTER
Dammi quella lettera, signorino. EDMOND
Recherò offesa, sia a tenerla sia a darla. Il contenuto, così come in parte l’ho trovato, è deplorevole. GLOUCESTER
Fa’ vedere, fa’ vedere! EDMOND
Spero a giustificazione di mio fratello che l’abbia scritta solo per esercizio, o per saggiare la mia virtù. Dà la lettera a Gloucester GLOUCESTER (legge)
“Questa prassi di riverire l’età avanzata ci amareggia il mondo nei nostri anni migliori, ci sottrae i nostri beni fino a quando siamo vecchi e non ce li godiamo più. Io comincio a trovare una schiavitù oziosa e sciocca questa tirannia degli anziani, fondata non su un potere intrinseco ma sulla nostra passività. Vieni da me, che su questo voglio dirti altre cose. Se nostro padre dormisse fino a 2603
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 2
should enjoy half his revenue for ever and live the beloved of your brother, Edgar.’ Hum, conspiracy! ‘Sleep till I wake him, you should enjoy half his revenue’ – my son Edgar! Had he a hand to write this, a heart and brain to breed it in? When came you to this? Who brought it? EDMOND It was not brought me, my lord, there’s the cunning of it. I found it thrown in at the casement of my closet. GLOUCESTER You know the character to be your brother’s? EDMOND If the matter were good, my lord, I durst swear it were his; but in respect of that, I would fain think it were not. GLOUCESTER It is his. EDMOND It is his hand, my lord, but I hope his heart is not in the contents. GLOUCESTER Has he never before sounded you in this business? EDMOND Never, my lord; but I have heard him oft maintain it to be fit that, sons at perfect age and fathers declined, the father should be as ward to the son, and the son manage his revenue. GLOUCESTER O villain, villain – his very opinion in the letter! Abhorred villain, unnatural, detested, brutish villain – worse than brutish! Go, sirrah, seek him. I’ll apprehend him. Abominable villain! Where is he? EDMOND I do not well know, my lord. If it shall please you to suspend your indignation against my brother till you can derive from him better testimony of his intent, you should run a certain course; where if you violently proceed against him, mistaking his purpose, it would make a great gap in your own honour and shake in pieces the heart of his obedience. I dare pawn down my
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 2
quando non lo svegliassi io, tu ti godresti in eterno la metà dei suoi beni, e vivresti amato da tuo fratello Edgar”. Hm! Una congiura! “Se dormisse e toccasse a me svegliarlo, tu ti godresti in eterno la metà dei suoi beni”. – Mio figlio Edgar! Ha avuto una mano per scriverlo? E cuore e mente per concepirlo? Quando l’hai avuta? Chi l’ha portata? EDMOND
Non mi è stata portata, mio signore. Ecco l’astuzia. L’ho trovata nella mia stanza, gettata dalla finestra. GLOUCESTER
Riconosci la scrittura? È quella di tuo fratello? EDMOND
Se i concetti fossero buoni, signore, ci giurerei; ma in questo caso preferisco pensare di no. GLOUCESTER
È la sua. EDMOND
È la sua mano, signore; ma spero che il suo cuore non sia nel contenuto. GLOUCESTER
Prima non ti aveva mai sondato su questa faccenda? EDMOND
Mai, mio signore. Però gli ho sentito spesso sostenere che se i figli sono adulti e i padri in declino, il padre dovrebb’essere custodito dal figlio, e il figlio amministrare i suoi beni. GLOUCESTER
Oh, vigliacco, vigliacco! La stessa opinione della lettera! Sconcio vigliacco! Vigliacco snaturato, spregevole, bestiale! Peggio che bestiale! Va’, fila, cercamelo; lo farò arrestare. Vigliacco abominevole! Dov’è? EDMOND
Non lo so bene, mio signore. Se vi compiacerete di sospendere la vostra indignazione contro mio fratello in attesa di ottenerne chiarimenti sulle sue intenzioni, vi terrete sul sicuro, laddove se agirete con violenza contro di lui avendo frainteso i suoi scopi, aprirete una falla nel vostro onore e distruggerete il cuore della sua obbedienza. 2605
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 2
life for him that he hath writ this to feel my affection to your honour, and to no other pretence of danger. GLOUCESTER Think you so? EDMOND If your honour judge it meet, I will place you where you shall hear us confer of this, and by an auricular assurance have your satisfaction, and that without any further delay than this very evening. GLOUCESTER He cannot be such a monster. Edmond, seek him out, wind me into him, I pray you. Frame the business after your own wisdom. I would unstate myself to be in a due resolution. EDMOND I will seek him, sir, presently, convey the business as I shall find means, and acquaint you withal. GLOUCESTER These late eclipses in the sun and moon portend no good to us. Though the wisdom of nature can reason it thus and thus, yet nature finds itself scourged by the sequent effects. Love cools, friendship falls off, brothers divide; in cities, mutinies; in countries, discord; in palaces, treason; and the bond cracked ’twixt son and father. This villain of mine comes under the prediction: there’s son against father. The King falls from bias of nature: there’s father against child. We have seen the best of our time. Machinations, hollowness, treachery, and all ruinous disorders follow us disquietly to our graves. Find out this villain, Edmond; it shall lose thee nothing. Do it carefully. And the noble and true-hearted Kent banished, his offence honesty! ’Tis strange. Exit EDMOND This is the excellent foppery of the world: that when we are sick in fortune – often the surfeits of our own behaviour – we make guilty of our disasters the sun, the moon, and stars, as if we were villains on necessity, fools by heavenly compulsion, knaves, thieves, and treachers by spherical predominance, drunkards, liars, and adulterers by an enforced obedience of planetary influence, and all that we are evil in by a
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 2
Io potrei giocarmi la vita sul fatto che ha scritto questo per saggiare il mio affetto per il vostro onore e senz’altra intenzione malvagia. GLOUCESTER
Lo credi davvero? EDMOND
Se vi sembra il caso, vi collocherò là dove potrete udirci parlare di queste cose, e chiamare i vostri orecchi a testimoni; e questo senz’altri indugi, stasera stessa. GLOUCESTER
Non può essere un tale mostro. Edmond, cercalo, insinuati per me nei suoi pensieri. Imposta la strategia a tuo giudizio. Mi spoglierei del mio titolo pur di avere una certezza. EDMOND
Lo cercherò subito, signore. Condurrò la faccenda come mi riuscirà, e vi metterò al corrente. GLOUCESTER
Queste recenti eclissi del sole e della luna preannunciano poco di buono. Anche se la scienza della natura può spiegarle in un modo o in un altro, la natura stessa si trova sconvolta dalle conseguenze. L’amore cessa, l’amicizia finisce, i fratelli si dividono. In città, sommosse; in campagna, discordia; a palazzo, tradimento; e il patto fra figlio e padre che si spezza. Questo mio vigliacco rientra nella previsione, c’è il figlio contro il padre; il re che esce dall’influsso della natura; c’è il padre contro il figlio. Abbiamo visto il meglio del nostro tempo: macchinazioni, vuoto, tradimento e ogni rovinoso disordine ci seguono senza pace fino alla tomba. Trova questo vigliacco, Edmond; non ci rimetterai. E fallo con cautela. E poi, il nobile e sincero Kent bandito! La sua offesa, l’onestà! È strano. Esce EDMOND
Ecco l’eccellente stupidità del mondo. Quando siamo vittime della fortuna – spesso per gli eccessi della nostra condotta – incolpiamo delle nostre sciagure il sole, la luna, le stelle, come se fossimo canaglie di necessità, sciocchi per un obbligo celestiale, furfanti, ladri e traditori per il dominio di quelle sfere, beoni, contafrottole e adulteri per una forzata obbedienza a influssi planetari; e tutto 2607
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 2
divine thrusting on. An admirable evasion of whoremaster man, to lay his goatish disposition on the charge of a star! My father compounded with my mother under the Dragon’s tail and my nativity was under Ursa Major, so that it follows I am rough and lecherous. Put! I should have been that I am had the maidenliest star in the firmament twinkled on my bastardizing.
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Enter Edgar Pat he comes, like the catastrophe of the old comedy. My cue is villainous melancholy, with a sigh like Tom o’ Bedlam. [He reads a book] – O, these eclipses do portend these divisions. Fa, so, la, mi. EDGAR How now, brother Edmond, what serious contemplation are you in? EDMOND I am thinking, brother, of a prediction I read this other day, what should follow these eclipses. EDGAR Do you busy yourself with that? EDMOND I promise you, the effects he writes of succeed unhappily. When saw you my father last? EDGAR The night gone by. EDMOND Spake you with him? EDGAR Ay, two hours together. EDMOND Parted you in good terms? Found you no displeasure in him by word nor countenance? EDGAR None at all.
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128. Fut!: così in Q, non in F; nel testo del 1623 molte omissioni si devono alla legge contro il turpiloquio e la bestemmia del 1606 (Profanity Act). 132. Sigh: così in Q2; in Q1 sith (?). 2608
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 2
quello che siamo di cattivo, per una sorta di costrizione divina. Che ammirevole evasione per ogni fornicatore, l’attribuire la sua lussuria caprina11 agli uffici di una stella! Mio padre copulò con mia madre sotto la coda del Drago12, e la mia nascita fu sotto l’Orsa Maggiore; di conseguenza, io sono rozzo e lascivo13. Cribbio! Io sarei quello che sono anche se la stella più virginale del firmamento avesse brillato sulla mia bastardaggine. Entra Edgar Ed eccolo che arriva, come la catastrofe nelle commedie di una volta14. La mia parte è quella della canaglia malinconica, con sospiri da Tom il matto15. [Legge un libro] – Oh! Queste eclissi preludono a discordanze. Fa, sol, la, mi16. EDGAR
Salve, fratello Edmond, in quali serie riflessioni sei immerso? EDMOND
Sto pensando, fratello, a una profezia che ho letto l’altro giorno su quanto dovrebbe seguire a queste eclissi. EDGAR
Ti occupi di queste cose? EDMOND
Ti assicuro che gli effetti di cui scrive quello lì sono infelicissimi. Quando hai visto mio padre l’ultima volta? EDGAR
Ieri sera. EDMOND
Ci hai parlato? EDGAR
Come no, due ore filate. EDMOND
Vi siete separati cordialmente? Hai trovato ostilità in lui con parole o contegno? EDGAR
Niente affatto.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 3
EDMOND Bethink yourself wherein you may have offended
him, and at my entreaty forbear his presence until some little time hath qualified the heat of his displeasure, which at this instant so rageth in him that with the mischief of your person it would scarcely allay. EDGAR Some villain hath done me wrong. EDMOND That’s my fear. I pray you have a continent forbearance till the speed of his rage goes slower; and, as I say, retire with me to my lodging, from whence I will fitly bring you to hear my lord speak. Pray ye, go. There’s my key. If you do stir abroad, go armed. EDGAR Armed, brother? EDMOND Brother, I advise you to the best. I am no honest man if there be any good meaning toward you. I have told you what I have seen and heard but faintly, nothing like the image and horror of it. Pray you, away. EDGAR Shall I hear from you anon? EDMOND I do serve you in this business. Exit Edgar A credulous father, and a brother noble, Whose nature is so far from doing harms That he suspects none; on whose foolish honesty My practices ride easy. I see the business. Let me, if not by birth, have lands by wit. All with me’s meet that I can fashion fit. Exit 1.3
Enter Goneril and Oswald, her steward
GONERIL
Did my father strike my gentleman For chiding of his fool?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 3
EDMOND
Rifletti bene su dove puoi averlo offeso; e io mi raccomando di evitare di vederlo, finché un po’ di tempo abbia mitigato il calore del suo dispiacere. Questo al momento infuria in lui in modo tale, che un malanno sulla tua persona non basterebbe a placarlo. EDGAR
Qualche canaglia mi ha diffamato. EDMOND
Temo anch’io. Ti prego, controllati e pazienta finché la sua ira non rallenti la sua corsa, e intanto come ti ho detto seguimi nelle mie stanze, dove ti farò ascoltare a tratti le parole di sua signoria. Va’, ti prego. Ecco la chiave. Se esci, vai armato. EDGAR
Armato, fratello? EDMOND
Fratello, io ti consiglio per il meglio. Se sei circondato da buone intenzioni, vuol dire che non sono un uomo onesto. Ti ho detto quello che ho visto e sentito; ma ti ho detto poco, niente a confronto dell’orrore della faccenda. Vai, ti prego. EDGAR
Ti sentirò presto? EDMOND
Sono tuo servo in questa faccenda. Edgar esce Un padre credulo e un fratello nobile la cui natura è così lungi dal far male, che non sospetta neanche; sulla cui sciocca onestà i miei complotti hanno facile vita! So come fare. A me, se non per nascita, le terre verranno per il cervello; tutto per me è lecito, se lo adatto ai miei fini. Esce I, 3
Entrano Goneril e Oswald, suo maggiordomo
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GONERIL
Così mio padre ha picchiato un mio gentiluomo perché aveva sgridato il suo buffone?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
OSWALD
Ay, madam.
GONERIL
By day and night he wrongs me. Every hour He flashes into one gross crime or other That sets us all at odds. I’ll not endure it. His knights grow riotous, and himself upbraids us On every trifle. When he returns from hunting I will not speak with him. Say I am sick. If you come slack of former services You shall do well; the fault of it I’ll answer.
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[Horns within] OSWALD He’s coming, madam. I hear him. GONERIL
Put on what weary negligence you please, You and your fellows. I’d have it come to question. If he distaste it, let him to my sister, Whose mind and mine I know in that are one. Remember what I have said. OSWALD Well, madam.
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GONERIL
And let his knights have colder looks among you. What grows of it, no matter. Advise your fellows so. I’ll write straight to my sister to hold my course. Prepare for dinner. Exeunt severally Enter the Earl of Kent, disguised
1.4 KENT
If but as well I other accents borrow That can my speech diffuse, my good intent May carry through itself to that full issue For which I razed my likeness. Now, banished Kent,
18-19. So / I’ll: fra il v. 18 e il 19 in Q ricorre il v. I would breed from hence occasions, and I shall, that I may speak = “Da questo voglio avere l’occasione di farmi sentire, e l’avrò”. L’ed. Oxford (Gary Taylor) attribuisce l’omissione al salto di una riga da parte del compositore di F mentre trascriveva da Q2. 2612
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
OSWALD
Sì, signora. GONERIL
Giorno e notte mi provoca. Ogni ora combina qualche grossa leggerezza che scatena discordie tra noi tutti. Non lo tollererò. I suoi cavalieri sono turbolenti, e anche lui ci sgrida per ogni nonnulla. Quando torna dalla caccia non gli voglio parlare. Digli che sto male. E se sarai meno zelante del solito, farai bene; al caso, ne rispondo io. [Corni da dentro] OSWALD
Sta arrivando, signora; lo sento. GONERIL
Mettete su tutta l’aria di negligenza e di sopportazione che volete, tu e i tuoi compagni. Che la cosa venga fuori! Se non gli garba, lo mando da mia sorella, i cui propositi so che coincidono con i miei18. Ricorda quello che ho detto. OSWALD
Bene, signora. GONERIL
E che i suoi cavalieri siano trattati con freddezza. Cosa ne segue, non importa. Dillo ai tuoi compagni. Scrivo subito a mia sorella perché adotti la mia tattica. Preparate la cena. Escono da uscite diverse Entra il conte di Kent, travestito19
I, 4 KENT
Se mi riuscisse di prendere in prestito un altro accento per camuffare la mia voce, la mia intenzione potrà arrivare fino a quel buon fine per cui mi sono rasato il viso. Ora, esiliato Kent, se riuscirai a
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
If thou canst serve where thou dost stand condemned, So may it come thy master, whom thou lov’st, Shall rind thee full of labours.
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Horns within. Enter King Lear and attendants from hunting LEAR Let me not stay a jot for dinner. Go get it ready.
[Exit one] (To Kent) How now, what art thou? KENT A man, sir.
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LEAR What dost thou profess? What wouldst thou with
us? KENT I do profess to be no less than I seem, to serve him truly that will put me in trust, to love him that is honest, to converse with him that is wise and says little, to fear judgement, to fight when I cannot choose, and to eat no fish. LEAR What art thou? KENT A very honest-hearted fellow, and as poor as the King. LEAR If thou be’st as poor for a subject as he’s for a king, thou’rt poor enough. What wouldst thou? KENT Service. LEAR Who wouldst thou serve? KENT You. LEAR Dost thou know me, fellow? KENT No, sir, but you have that in your countenance which I would fain call master.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
servire colui che ti ha castigato, può darsi che il tuo padrone, che tu ami, si renderà conto delle tue fatiche. Corni da dentro. Entrano re Lear e seguito, di ritorno dalla caccia LEAR
Non mi fate aspettare la cena nemmeno un secondo! Via, preparatela! [Uno esce] (A Kent) E tu? Chi sei? KENT
Un uomo, signore. LEAR
Che hai da dichiarare? Che vuoi da noi? KENT
Dichiaro di non essere meno di quel che sembro; di servire fedelmente chi si fida di me; di amare chi è onesto; di conversare con chi è saggio e parla poco; di temere il giudizio finale; di battermi quando non posso evitarlo; e di non mangiare pesce20. LEAR
Chi sei? KENT
Uno dal cuore assai onesto, e povero quanto il re. LEAR
Se sei povero come suddito quanto lui come re, sei povero quanto basta. Che cosa vuoi? KENT
Servire. LEAR
E chi vuoi servire? KENT
Te. LEAR
Mi conosci, amico? KENT
No, signore; ma tu hai in viso quello che io sono pronto a chiamare padrone.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
LEAR What’s that? KENT Authority.
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LEAR What services canst do? KENT I can keep honest counsel, ride, run, mar a curious
tale in telling it, and deliver a plain message bluntly. That which ordinary men are fit for I am qualified in; and the best of me is diligence. LEAR How old art thou? KENT Not so young, sir, to love a woman for singing, nor so old to dote on her for anything. I have years on my back forty-eight. LEAR Follow me. Thou shalt serve me, if I like thee no worse after dinner. I will not part from thee yet. Dinner, ho, dinner! Where’s my knave, my fool? Go you and call my fool hither. [Exit one]
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Enter Oswald the steward You, you, sirrah, where’s my daughter?
44 Exit
OSWALD So please you – LEAR What says the fellow there? Call the clotpoll back.
Exit a knight Where’s my fool? Ho, I think the world’s asleep. Enter a Knight How now? Where’s that mongrel? KNIGHT He says, my lord, your daughter is not well.
44. You, you: così in F, in Q you. 2616
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
LEAR
E cioè? KENT
L’autorità. LEAR
Che servizi sai fare? KENT
So mantenere un segreto se è onesto, cavalco, corro, se devo raccontare una storia squisita la rovino, ma i messaggi chiari li porto a destinazione. Per tutto quello che gli uomini comuni sanno fare, sono qualificato, e la mia specialità è la diligenza. LEAR
Quanti anni hai? KENT
Non così pochi, signore, da amare una donna per come canta, né tanti da adorarla per qualunque altro motivo. Di anni sulla groppa ne ho quarantotto. LEAR
Seguimi; mi servirai. Se mi sarai ancora simpatico dopo cena, non mi separerò da te. A cena, ehi, la cena! Dov’è il mio furfante, il mio matto? Tu, vai chiamarmi il mio matto! [Uno esce] Entra Oswald il maggiordomo Ehi tu, furfante, tu: dov’è mia figlia? OSWALD
Con permesso... Esce LEAR
Che ha detto quello? Richiamate quel villanzone! Esce un cavaliere Ma dov’è il mio matto? Qui dormono tutti! Entra un cavaliere E allora? Dov’è quel bastardo? CAVALIERE
Dice che vostra figlia non sta bene, altezza. 2617
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
LEAR Why came not the slave back to me when I called
him? KNIGHT Sir, he answered me in the roundest manner he would not. LEAR A would not? KNIGHT My lord, I know not what the matter is, but to my judgement your highness is not entertained with that ceremonious affection as you were wont. There’s a great abatement of kindness appears as well in the general dependants as in the Duke himself also, and your daughter. LEAR Ha, sayst thou so? KNIGHT I beseech you pardon me, my lord, if I be mistaken, for my duty cannot be silent when I think your highness wronged. LEAR Thou but rememberest me of mine own conception. I have perceived a most faint neglect of late, which I have rather blamed as mine own jealous curiosity than as a very pretence and purpose of unkindness. I will look further into’t. But where’s my fool? I have not seen him these two days. KNIGHT Since my young lady’s going into France, sir, the fool hath much pined away. LEAR No more of that, I have noted it well. Go you and tell my daughter I would speak with her. [Exit one] Go you, call hither my fool. [Exit one]
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Enter Oswald the steward [crossing the stage] O you, sir, you, come you hither, sir, who am I, sir? OSWALD My lady’s father.
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54. A: così in Q1; in Q2 e F he. La forma idiomatica è frequente, e non più segnalata. 2618
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
LEAR
Perché non è tornato qui, il furfante, quando l’ho chiamato? CAVALIERE
Sire, mi ha risposto chiaro e tondo che non gli andava. LEAR
Non gli andava! CAVALIERE
Mio signore, non so cosa c’è sotto, ma a mio giudizio la vostra altezza non è trattata con quelle cerimonie di affetto a cui era avvezza. Una forte diminuzione di cortesia si nota tanto nei dipendenti in genere quanto nel duca stesso, e in vostra figlia. LEAR
Ah, questo dici? CAVALIERE
Vi prego di perdonarmi, sire, se vado errato; ma il mio dovere non sa rimanere in silenzio se la vostra altezza mi sembra vittima di oltraggi. LEAR
Tu mi ricordi quanto avevo già notato da solo. Ultimamente ho constatato una punta di negligenza, che peraltro avevo attribuito alla mia eccessiva suscettibilità e non a scortesia intenzionale. Ci farò più attenzione. Ma dov’è il mio matto? Non lo vedo da due giorni. CAVALIERE
Dacché la padroncina è andata in Francia, sire, il matto si è molto addolorato. LEAR
Non dirmelo, me ne sono accorto anch’io. Tu, va’ a dire a mia figlia che le voglio parlare. [Uno esce] E tu, va’ a chiamarmi il mio matto. [Uno esce] Entra Oswald il maggiordomo [attraversando il palco] Ah! Eccolo. Vieni un po’ qui, signorino. Tu lo sai chi sono? OSWALD
Il padre della padrona. 2619
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
LEAR My lady’s father? My lord’s knave, you whoreson
dog, you slave, you cur! OSWALD I am none of these, my lord, I beseech your pardon. LEAR Do you bandy looks with me, you rascal?
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[Lear strikes him] OSWALD I’ll not be strucken, my lord. KENT [tripping him] Nor tripped neither, you base football
player.
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LEAR (to Kent) I thank thee, fellow. Thou serv’st me, and
I’ll love thee. KENT (to Oswald) Come, sir, arise, away. I’ll teach you
differences. Away, away. If you will measure your lubber’s length again, tarry; but away, go to. Have you wisdom? So. Exit Oswald LEAR Now, my friendly knave, I thank thee.
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Enter Lear’s Fool There’s earnest of thy service. He gives Kent money FOOL Let me hire him, too. (To Kent) Here’s my coxcomb. LEAR How now, my pretty knave, how dost thou? FOOL (to Kent) Sirrah, you were best take my coxcomb. LEAR Why, my boy?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
LEAR
“Il padre della padrona”, messer manigoldo! Cane bastardo, farabutto, verme! OSWALD
Non sono nessuna di queste cose, mio signore, con il vostro permesso. LEAR
E tu osi guardarmi negli occhi, delinquente21? [Lear lo colpisce] OSWALD
Non mi lascio picchiare, mio signore! KENT [gli fa lo sgambetto]
E neanche sgambettare, eh, calciatore da quattro soldi? LEAR (a Kent)
Ti ringrazio, amico. Mi hai reso un servizio, e ti avrò caro. KENT (a Oswald)
Su, signorino, alzati e fila! Ti insegno io il tuo posto. Vattene, vattene via! Resta solo se vuoi misurare un’altra volta quanto sei lungo. Fila! Hai sale in zucca? Ecco fatto. Oswald esce LEAR
Caro furfante, ti ringrazio. Entra il matto di Lear Ecco a compenso del tuo servizio. Dà del denaro a Kent MATTO
Voglio assumerlo anch’io. (A Kent) Ti do il mio berretto a sonagli. LEAR
Ehi, il mio bricconcello! Come stai? MATTO (a Kent)
E tu farai meglio a metterti il mio berretto a sonagli. LEAR
Perché, ragazzo mio?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
FOOL Why? For taking one’s part that’s out of favour. (To
Kent) Nay, an thou canst not smile as the wind sits, thou’lt catch cold shortly. There, take my coxcomb. Why, this fellow has banished two on’s daughters and did the third a blessing against his will. If thou follow him, thou must needs wear my coxcomb. (To Lear) How now, nuncle? Would I had two coxcombs and two daughters. LEAR Why, my boy? FOOL If I gave them all my living I’d keep my coxcombs myself. There’s mine; beg another off thy daughters. LEAR Take heed, sirrah – the whip. FOOL Truth’s a dog must to kennel. He must be whipped out when the Lady Brach may stand by th’ fire and stink. LEAR A pestilent gall to me! FOOL [to Kent] Sirrah, I’ll teach thee a speech. LEAR Do. FOOL Mark it, nuncle: Have more than thou showest, Speak less than thou knowest, Lend less than thou owest, Ride more than thou goest, Learn more than thou trowest, Set less than thou throwest, Leave thy drink and thy whore, And keep in-a-door, And thou shalt have more Than two tens to a score.
111. The Lady Brach: così in F; in Q Ladie oth’e brach [bitch]. 2622
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
MATTO
Perché? Perché hai preso le parti di chi non è in favore. (A Kent) Lo sai che se22 non fai buon viso dove tira il vento, ti prendi il raffreddore. Tieni, prendi il mio berretto! Ma sì, questo qui ha bandito due sue figlie e alla terza ha fatto un favore senza volerlo. Se lo segui non puoi fare a meno di portare il mio berretto. (A Lear) Eh, sì, zietto! Vorrei avere due berretti, e due figlie! LEAR
Perché, ragazzo mio? MATTO
Se dessi loro tutte le mie sostanze, mi terrei i miei berretti per me. Prendi il mio. Un altro chiedilo per carità alle tue figlie. LEAR
Tu stai attento alla frusta! MATTO
La verità è un cagnaccio che va al canile: quello lo si scaccia a frustate, e intanto la cagnolina puzzolente della signora padrona 23 ha il permesso di stare accanto al fuoco. LEAR
Che mi venga un accidente! MATTO (a Kent)
Senti qua, ti insegno un discorso. LEAR
Forza. MATTO
Senti bene, zietto: Mostra poco ed abbi assai, Non dir tutto quel che sai, Prendi poco e non prestare, Se hai un caval, non camminare, Se non pensi, almeno impara, Gioca sol con mano avara; Niente vino né puttane, Resta in casa e mangia pane, E tre lustri e una cinquina Faran più di una ventina.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
KENT This is nothing, fool. FOOL Then ’tis like the breath of an unfee’d lawyer: you
gave me nothing for’t. (To Lear) Can you make no use of nothing, nuncle? LEAR Why no, boy. Nothing can be made out of nothing. FOOL (to Kent) Prithee, tell him so much the rent of his land comes to. He will not believe a fool. LEAR A bitter fool. FOOL Dost know the difference, my boy, between a bitter fool and a sweet one? LEAR No, lad. Teach me. FOOL Nuncle, give me an egg, and I’ll give thee two crowns. LEAR What two crowns shall they be? FOOL Why, after I have cut the egg i’th’ middle and eat up the meat, the two crowns of the egg. When thou clovest thy crown i’th’ middle and gavest away both parts, thou borest thine ass o’th’ back o’er the dirt. Thou hadst little wit in thy bald crown when thou gavest thy golden one away. If I speak like myself in this, let him be whipped that first finds it so. [Sings] Fools had ne’er less grace in a year, For wise men are grown foppish, And know not how their wits to wear, Their manners are so apish. LEAR When were you wont to be so full of songs, sirrah?
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135. Dost know; così in Q1; in Q2 e F dost thou know. 143. Crown: così in Q e F2; in F1 crowns, indicato nell’ed. Oxford come un errore tipico del compositore di F1 – come anche, a 159, il fool di F1 mentre Q e F2 portano fools. 2624
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
KENT
Questo è niente, matto. MATTO
Vuol dire che è come il fiato di un legale non pagato: anche tu non mi hai dato niente. (A Lear) Non ci sai fare qualcosa con niente, tu, zietto? LEAR No, ragazzo mio. Col niente non ci si fa proprio niente 24. MATTO (a Kent) Per favore, diglielo tu che è il totale della rendita25 delle sue terre. Lui non gli vuol credere, a un matto. LEAR
Un matto amaro! MATTO
La sai la differenza, ragazzo mio, fra un matto amaro e uno dolce? LEAR
No, ragazzo. Insegnamela 26. MATTO
Zietto, dammi un uovo e ti darò due corone. LEAR
E che corone sarebbero? MATTO
Be’, dopo che ho rotto l’uovo nel mezzo e ingoiato il tuorlo, le due corone dell’uovo. Quando tu hai spaccato la tua corona nel mezzo, e dato via ambo le parti, ti sei preso l’asino sulle spalle per non farlo infangare. Avevi poco senno nella tua zucca pelata quando hai dato via la tua corona d’oro. Se su questo parlo come colui che sono, sia frustato il primo che se ne accorge. [Canta] Che mala parata pei matti Da quando son sciocchi i sapienti: Non san moderare le menti E li imitano anche coi fatti. LEAR
Da quando in qua sai tante canzoni, birbante?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
FOOL I have used it, nuncle, e’er since thou madest thy
daughters thy mothers; for when thou gavest them the rod and puttest down thine own breeches, [Sings] Then they for sudden joy did weep, And I for sorrow sung, That such a king should play bo-peep And go the fools among. Prithee, nuncle, keep a schoolmaster that can teach thy fool to lie. I would fain learn to lie. LEAR An you lie, sirrah, we’ll have you whipped. FOOL I marvel what kin thou and thy daughters are. They’ll have me whipped for speaking true, thou’lt have me whipped for lying, and sometimes I am whipped for holding my peace. I had rather be any kind o’ thing than a fool; and yet I would not be thee, nuncle. Thou hast pared thy wit o’ both sides and left nothing i’th’ middle.
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Enter Goneril Here comes one o’ the parings.
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LEAR
How now, daughter? What makes that frontlet on? You are too much of late i’th’ frown. FOOL Thou wast a pretty fellow when thou hadst no need to care for her frowning. Now thou art an O without a figure. I am better than thou art, now. I am a fool; thou art nothing. [To Goneril] Yes, forsooth, I will hold my tongue; so your face bids me, though you say nothing. [Sings] Mum, mum. He that keeps nor crust nor crumb, Weary of all, shall want some. That’s a shelled peascod.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
MATTO
Ho cominciato, zietto, quando hai fatto delle tue figlie le tue madri. Perché quando gli hai dato la verga e ti sei tirato giù le brache, [Canta] Dalla gioia piangevan le ragazze Mentre la mia canzon piange e depreca Che un tale re giocasse a moscacieca E facesse la fine di noi pazzi. Per favore, zietto, prendi un maestro che insegni a mentire al tuo matto. Mi piacerebbe imparare a mentire. LEAR
Se mentirai, briccone, noi ti faremo frustare. MATTO
Non capisco come facciate a essere parenti, tu e le tue figlie. Loro vogliono farmi frustare perché dico la verità; tu mi vuoi fare frustare perché mento; e qualche volta mi frustano perché non apro bocca. Vorrei essere qualunque cosa meno che un matto. Però non vorrei essere te, zietto: tu ti sei spuntato il cervello da tutti e due i lati, senza lasciar niente in mezzo. Entra Goneril Ecco una delle spuntature. LEAR
E allora, figlia? Perché quella nuvola sul viso? Ti accigli un po’ troppo, ultimamente. MATTO
Tu stavi bene quando non avevi bisogno di badare al suo cipiglio. Ora sei uno zero senza la cifra. Ora io sto meglio di te: io sono un matto, mentre tu non sei niente. [A Goneril] Sì, sì, adesso sto zitto, me lo comandi col viso anche senza dire nulla. [Canta] Zitti zitti, piano piano Chi non ha briciola né crosta Le vorrà presto sottomano. Ecco un guscio senza i piselli.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
GONERIL (to Lear)
Not only, sir, this your all-licensed fool, But other of your insolent retinue Do hourly carp and quarrel, breaking forth In rank and not-to-be-endurèd riots. Sir, I had thought by making this well known unto you To have found a safe redress, but now grow fearful, By what yourself too late have spoke and done, That you protect this course, and put it on By your allowance; which if you should, the fault Would not scape censure, nor the redresses sleep Which in the tender of a wholesome weal Might in their working do you that offence, Which else were shame, that then necessity Will call discreet proceeding. FOOL (to Lear) For, you know, nuncle, [Sings] The hedge-sparrow fed the cuckoo so long That it’s had it head bit off by it young; so out went the candle, and we were left darkling. LEAR (to Goneril) Are you our daughter?
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GONERIL
I would you would make use of your good wisdom, Whereof I know you are fraught, and put away These dispositions which of late transport you From what you rightly are. FOOL May not an ass know when the cart draws the horse? [Sings] ‘Whoop, jug, I love thee!’
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LEAR
Does any here know me? This is not Lear. Does Lear walk thus, speak thus? Where are his eyes? Either his notion weakens, his discernings Are lethargied – ha, waking? ’Tis not so. Who is it that can tell me who I am? FOOL Lear’s shadow. LEAR (to Goneril) Your name, fair gentlewoman?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
GONERIL (a Lear)
Non solo, sire, questo vostro matto con tutti i suoi privilegi, ma anche altri del vostro insolente seguito ogni ora si prendono di petto, abbandonandosi a risse sconce e intollerabili. Io informandovi di questo credevo di avervi posto un rimedio definitivo; ma ora temo, da quanto voi stesso di recente avete fatto e detto, che proteggiate questa condotta e l’approviate mostrandovi benevolo. Se ciò fosse vero, il misfatto non si sottrarrebbe alla censura, né potrebbe tardare una correzione che, imposta da ragioni di benessere comune, potrebbe col suo manifestarsi arrecarvi un’offesa quale sarebbe persino vergognosa, laddove invece la necessità la mostra prudente e opportuna. MATTO (a Lear) Perché tu sai, zietto: [Canta] Tanto il passero un cuculo ha sfamato, Che poi quello anche il capo gli ha mangiato. Così si è spenta la candela, e siamo rimasti al buio. LEAR (a Goneril) E tu sei nostra figlia? GONERIL
Vorrei vedervi usare quel buon senso, di cui vi so ben fornito; e mettere da parte questi vostri umori, che negli ultimi tempi vi trasportano lontano da quello che voi siete. MATTO
Perché un asino non dovrebbe capire quand’è che il carro tira la cavalla? [Canta] Oplà, Giovanna 27! Ti voglio bene. LEAR
Qualcuno mi conosce qua dentro? Questo non è Lear. Lear si muove così? Parla così? Dove sono i suoi occhi? O ha il senno indebolito, o la ragione in letargo... Ah! È sveglio? Non è possibile. C’è qualcuno che possa dirmi chi sono? MATTO
L’ombra di Lear28. LEAR (a Goneril) Il tuo nome, bella signora?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
GONERIL
This admiration, sir, is much o’th’ savour Of other your new pranks. I do beseech you To understand my purposes aright, As you are old and reverend, should be wise. Here do you keep a hundred knights and squires, Men so disordered, so debauched and bold That this our court, infected with their manners, Shows like a riotous inn. Epicurism and lust Makes it more like a tavern or a brothel Than a graced palace. The shame itself doth speak For instant remedy. Be then desired, By her that else will take the thing she begs, A little to disquantity your train, And the remainders that shall still depend To be such men as may besort your age, Which know themselves and you. LEAR Darkness and devils! Saddle my horses, call my train together! –
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[Exit one or more] Degenerate bastard, I’ll not trouble thee. Yet have I left a daughter. GONERIL
You strike my people, and your disordered rabble Make servants of their betters. Enter the Duke of Albany Woe that too late repents! Is it your will? Speak, sir. – Prepare my horses.
LEAR
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[Exit one or more] Ingratitude, thou marble-hearted fiend, More hideous when thou show’st thee in a child Than the sea-monster – ALBANY Pray sir, be patient. LEAR (to Goneril) Detested kite, thou liest. My train are men of choice and rarest parts, That all particulars of duty know, 2630
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
GONERIL
Questa confusione, sire, ha molto il sapore di altre vostre nuove trovate. Io vi prego di non fraintendere i miei propositi adesso: dato che siete vecchio e reverendo, dovete essere savio. Qui voi tenete cento cavalieri e scudieri, uomini così disordinati, così debosciati e sfacciati, che questa nostra corte, contagiata dalle loro maniere, sembra una locanda di malaffare: libertinaggio e lascivia la fanno più simile a una taverna o a un bordello che a una sede regale. È una vergogna che invoca pronti rimedi. Perciò vi chiede colei che altrimenti si prenderà la cosa che implora, di ridurre almeno un poco il vostro seguito, e che chi rimarrà ancora alle vostre dipendenze siano uomini convenienti alla vostra età, che conoscano se stessi e voi. LEAR
Tenebre e demoni! Sellate i miei cavalli! Radunate il mio seguito!... [Esce uno o più] Bastarda degenere, ti tolgo il disturbo! Mi resta ancora una figlia. GONERIL
Voi alzate le mani sui miei uomini, e la vostra disordinata marmaglia si fa servire da chi le è superiore. Entra il duca di Albany LEAR
Guai a chi si pente troppo tardi! Lo volete anche voi? Parlate, signore. – Sellate i miei cavalli. [Esce uno o più] Ingratitudine, diavolo dal cuore di marmo, più orrenda del mostro marino, quando ti manifesti in un rampollo... ALBANY
Vi prego, sire, portate pazienza. LEAR (a Goneril)
Detestato avvoltoio! Tu menti. Il mio seguito è di uomini di grandi e scelti meriti, che conoscono perfettamente il loro dovere e con lo
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
And in the most exact regard support The worships of their name. O most small fault, How ugly didst thou in Cordelia show, Which, like an engine, wrenched my frame of nature From the fixed place, drew from my heart all love, And added to the gall! O Lear, Lear, Lear! Beat at this gate that let thy folly in And thy dear judgement out. – Go, go, my people!
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ALBANY
My lord, I am guiltless, as I am ignorant Of what hath moved you. LEAR It may be so, my lord. Hear, nature; hear, dear goddess, hear: Suspend thy purpose if thou didst intend To make this creature fruitful. Into her womb convey sterility. Dry up in her the organs of increase, And from her derogate body never spring A babe to honour her. If she must teem, Create her child of spleen, that it may live And be a thwart disnatured torment to her. Let it stamp wrinkles in her brow of youth, With cadent tears fret channels in her cheeks, Turn all her mother’s pains and benefits To laughter and contempt, that she may feel – That she may feel How sharper than a serpent’s tooth it is To have a thankless child. Away, away!
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Exeunt Lear, [Kent, and attendants] ALBANY
Now, gods that we adore, whereof comes this?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
scrupolo più minuto sostengono la reputazione del loro nome. O minuscola infrazione, che tanto brutta mi sei sembrata in Cordelia! Che come una catapulta abbatté il bastione della mia natura schiantandolo da dov’era, prosciugando ogni amore dal mio cuore e accrescendone la bile! O Lear, Lear, Lear! Picchia a questo ingresso29 da cui entrò la tua follia, e uscì il tuo prezioso giudizio! – Via, via, miei cavalieri! ALBANY
Mio signore, io sono non meno innocente che ignorante di quanto vi àltera così. LEAR
Può anche darsi, signore. Ascolta, Natura, ascolta! Cara dea, ascolta! Sospendi il tuo proposito, se avevi intenzione di far feconda questa creatura! Dentro al suo grembo invia la sterilità! Inaridisci in lei gli organi della generazione, e da quel suo indegno corpo non nasca mai un bambino a onorarla! Ma se si riproduce, creale un figlio di fiele, che possa vivere per infliggere innaturali tormenti a lei! Che scavi rughe nella sua fronte di gioventù, e solchi di lacrime lungo le sue guance, e volga le sue pene e consolazioni di madre in risa e disprezzo, sicché possa sentire... che possa sentire come il morso di un serpente non è micidiale come una figlia ingrata! Andiamo, andiamo! Escono Lear, [Kent e seguito] ALBANY
Per gli dèi che adoriamo, a che è dovuto tutto questo?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
GONERIL
Never afflict yourself to know more of it, But let his disposition have that scope As dotage gives it. Enter King Lear LEAR
What, fifty of my followers at a clap? Within a fortnight? ALBANY What’s the matter, sir?
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LEAR
I’ll tell thee. (To Goneril) Life and death! I am ashamed That thou hast power to shake my manhood thus, That these hot tears, which break from me perforce, Should make thee worth them. Blasts and fogs upon thee! Th’untented woundings of a father’s curse Pierce every sense about thee! Old fond eyes, Beweep this cause again I’ll pluck ye out And cast you, with the waters that you loose, To temper clay. Ha! Let it be so. I have another daughter Who, I am sure, is kind and comfortable. When she shall hear this of thee, with her nails She’ll flay thy wolvish visage. Thou shalt find That I’ll resume the shape which thou dost think I have cast off for ever. Exit GONERIL Do you mark that? ALBANY
I cannot be so partial, Goneril, To the great love I bear you – GONERIL
Pray you, content. What, Oswald, ho! – You, sir, more knave than fool, after your master.
271. More of it: così in F1; in Q the cause = “la causa”; in F2 of it. 2634
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
GONERIL
Non affliggerti adesso per saperne di più; lascia che il suo umore abbia quello sfogo che il rimbambimento senile gli consente. Entra re Lear LEAR
Cosa, cinquanta cavalieri, di colpo? Dopo quindici giorni! ALBANY
Che cosa succede, sire? LEAR
Te lo dico io… (A Goneril) Vita e morte! Io mi vergogno che tu abbia il potere di minare la mia virilità al punto che queste calde lacrime che mi vengono estorte ti rendano degna di loro. Fulmini e nebbie su di te! Che le ferite insondabili della maledizione paterna lacerino ogni tuo senso! Vecchi occhi istupiditi, piangete un’altra volta per questo, e io vi strapperò e getterò via con l’acqua che effondete, a fare della terra fango. Ah, e sia! Ho ancora un’altra figlia, che è dolce e ospitale, ne sono certo. Quando sentirà questo di te, con le unghie ti strierà quel viso da lupa. E vedrai come riassumerò la forma che ora credi io abbia allontanata per sempre. Esce GONERIL
Lo hai visto? ALBANY
Non posso essere tanto parziale, Goneril, verso il grande amore che ho per te... GONERIL
Per favore, ora taci. – Ehi, Oswald, dove sei? E tu, più furfante che matto. Segui il tuo padrone!
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 4
FOOL
Nuncle Lear, nuncle Lear, Tarry, take the fool with thee. A fox when one has caught her, And such a daughter, Should sure to the slaughter, If my cap would buy a halter. So, the fool follows after.
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300 Exit
GONERIL
This man hath had good counsel – a hundred knights? ’Tis politic and safe to let him keep At point a hundred knights, yes, that on every dream, Each buzz, each fancy, each complaint, dislike, He may enguard his dotage with their powers And hold our lives in mercy. – Oswald, I say!
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ALBANY
Well, you may fear too far. Safer than trust too far. Let me still take away the harms I fear, Not fear still to be taken. I know his heart. What he hath uttered I have writ my sister. If she sustain him and his hundred knights When I have showed th’unfitness –
GONERIL
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Enter Oswald the steward How now, Oswald? What, have you writ that letter to my sister? OSWALD Ay, madam. GONERIL
Take you some company, and away to horse. Inform her full of my particular fear, And thereto add such reasons of your own As may compact it more. Get you gone, And hasten your return. Exit Oswald
320. Hasten: così in Qb e F; in Qa, Q2 after. 2636
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 4
MATTO
Zietto Lear, zietto Lear! Aspetta, aspetta, prendi il matto con te. Una volpe catturata E una figlia snaturata: L’una e l’altra va ammazzata. Una corda insaponata Già il buffone ha comperata. Esce GONERIL
Una bella inventiva, quest’uomo. – Cento cavalieri! Era prudente e saggio fargli tenere lì pronti cento cavalieri? Sì che al minimo accenno, a un sussurro, a un sogno, a una protesta o smania, lui potesse agguerrire la sua demenza con la loro forza e tenere le nostre vite alla sua mercè. – Oswald, dico! ALBANY
Be’, forse le tue paure sono esagerate. GONERIL
Meglio così che fidarsi troppo. Lasciami eliminare i mali che temo, per non temere di essere eliminata io. Conosco il suo cuore. Quello che ha detto, l’ho scritto a mia sorella; se lei accoglierà lui e i suoi cento cavalieri quando le avrò mostrato l’assurdità... Entra Oswald il maggiordomo Allora, Oswald! Hai scritto quella lettera a mia sorella? OSWALD
Sì, signora. GONERIL
Prendi qualche compagno e monta a cavallo. Informala di tutti i miei particolari timori e rinforza il discorso aggiungendo argomenti tuoi. Va’, e torna presto. Oswald esce
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 5
No, no, my lord, This milky gentleness and course of yours, Though I condemn not, yet under pardon You are much more attasked for want of wisdom Than praised for harmful mildness.
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ALBANY
How far your eyes may pierce I cannot tell. Striving to better, oft we mar what’s well. GONERIL Nay, then – ALBANY Well, well, th’event. 1.5
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Exeunt
Enter King Lear, the Earl of Kent disguised, the First Gentleman, and Lear’s Fool
LEAR [to the Gentleman, giving him a letter] Go you before
to Gloucester with these letters. [Exit Gentleman] [To Kent, giving him a letter] Acquaint my daughter no further with anything you know than comes from her demand out of the letter. If your diligence be not speedy, I shall be there afore you. KENT I will not sleep, my lord, till I have delivered your letter. Exit FOOL If a man’s brains were in’s heels, were’t not in danger of kibes? LEAR Ay, boy. FOOL Then, I prithee, be merry: thy wit shall not go slipshod. LEAR Ha, ha, ha! FOOL Shalt see thy other daughter will use thee kindly, for though she’s as like this as a crab’s like an apple, yet I can tell what I can tell.
323. Attasked: così in Qb; in Qa e Q2 alapt; in F at task. 327. 2638
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 5
No, no, mio signore, questa tua mite gentilezza e dolcezza non le condanno, ma, se permetti, tu sei molto più criticato per mancanza di saggezza che lodato per la dannosa moderazione. ALBANY
Fin dove i tuoi occhi possano giungere non so dirlo; spesso per cercare il meglio si manda a monte il bene. GONERIL
Sì. E allora... ALBANY
Be’, be’, si vedrà. Escono Entrano re Lear, il conte di Kent travestito, il primo gentiluomo, e il matto di Lear 30
I, 5
LEAR [al gentiluomo, dandogli una lettera]
Tu vai avanti, da Gloucester31, con queste lettere. [Il gentiluomo esce] [A Kent, dandogli una lettera] Non informare mia figlia su quello che sai se non per rispondere a sue domande in merito alla missiva. Se la tua diligenza non sarà rapida, io sarò lì prima di te. KENT
Non dormirò, signore, finché non avrò consegnato la lettera. Esce MATTO
Ad avere il cervello nei calcagni non si corre il rischio dei geloni? LEAR
Sì, ragazzo. MATTO
Allora ti prego, fai buon viso. Il tuo non andrà in ciabatte32. LEAR
Ah, ah, ah! MATTO
Vedrai come sarà carina con te l’altra tua figlia: perché anche se assomiglia a questa come un limone33 assomiglia a una mela, io certe cose le so perché le so.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 1 SCENE 5
LEAR What canst tell, boy? FOOL She will taste as like this as a crab does to a crab.
Thou canst tell why one’s nose stands i’th’ middle on ‘s face? LEAR No. FOOL Why, to keep one’s eyes of either side ‘s nose, that what a man cannot smell out, a may spy into. LEAR I did her wrong. FOOL Canst tell how an oyster makes his shell? LEAR No. FOOL Nor I neither; but I can tell why a snail has a house. LEAR Why? FOOL Why, to put ‘s head in, not to give it away to his daughters and leave his horns without a case.
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LEAR
I will forget my nature. So kind a father! Be my horses ready? FOOL Thy asses are gone about ’em. The reason why the seven stars are no more than seven is a pretty reason. LEAR Because they are not eight. FOOL Yes, indeed, thou wouldst make a good fool. LEAR
To take’t again perforce – monster ingratitude!
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO I SCENA 5
LEAR
Che cosa sai tu, ragazzo? MATTO
Lei avrà il sapore di questa come un limone ha il sapore di un limone. Lo sai perché uno ha il naso in mezzo della faccia? LEAR
No. MATTO
Ma per avere un occhio da una parte e uno dall’altra del naso, così che quello che non si fiuta, si possa almeno sbirciarlo. LEAR
Sono stato ingiusto con lei... MATTO
E lo sai come l’ostrica fa il suo guscio? LEAR
No. MATTO
E neanche io. Però io so perché la lumaca ha la sua casa. LEAR
Perché? MATTO
Ma per tenerci la testa; non per darla via alle sue figlie, e lasciare le corna all’aria aperta. LEAR
Voglio scordare la mia natura. Un padre così generoso! – Sono pronti i cavalli? MATTO
Gli asini sono andati a prenderli. La ragione per cui le sette stelle non sono più di sette è una ragione divertente. LEAR
Perché non sono otto? MATTO
Sì, davvero. Tu andresti bene come matto. LEAR
Riprendermelo con la forza! Mostruosa ingratitudine!
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 1
FOOL If thou wert my fool, nuncle, I’d have thee beaten
for being old before thy time. LEAR How’s that? FOOL Thou shouldst not have been old till thou hadst been wise.
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LEAR
O, let me not be mad, not mad, sweet heaven! Keep me in temper. I would not be mad.
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[Enter the First Gentleman] How now, are the horses ready? Ready, my lord. LEAR (to Fool) Come, boy. [Exeunt Lear and Gentleman] [FIRST] GENTLEMAN FOOL
She that’s a maid now, and laughs at my departure, Shall not be a maid long, unless things be cut shorter. [Exit] 2.1
Enter Edmond the bastard, and Curan, severally
EDMOND Save thee, Curan. CURAN And you, sir. I have been with your father, and
given him notice that the Duke of Cornwall and Regan his duchess will be here with him this night. EDMOND How comes that? CURAN Nay, I know not. You have heard of the news abroad? – I mean the whispered ones, for they are yet but ear-kissing arguments. EDMOND Not I. Pray you, what are they?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 1
MATTO
Se tu fossi il mio matto, zietto, ti farei frustare perché sei diventato vecchio prima del tempo. LEAR
Come sarebbe? MATTO
Non dovevi diventare vecchio prima di essere diventato saggio. LEAR
Oh! Non farmi impazzire, non farmi impazzire, pietoso cielo! Fammi restare in me; non voglio impazzire. [Entra il primo gentiluomo] Allora! Sono pronti i cavalli? [PRIMO] GENTILUOMO
Pronti, mio signore. LEAR (al matto)
Vieni, ragazzo. [Escono Lear e il gentiluomo] MATTO
C’è per caso una vergine che ride se mi assento? Non lo resterà a lungo, se lungo è l’argomento34. [Esce] Entrano Edmond il bastardo e Curan, da porte opposte35
II, 1
EDMOND
Salve, Curan. CURAN
Lo stesso a voi, signore. Sono stato da vostro padre, e gli ho annunciato che il duca di Cornovaglia e la sua duchessa saranno qui da lui questa sera. EDMOND
E come mai? CURAN
Veramente non lo so. Avete sentito le notizie? – Dico quelle dette sottovoce, perché ancora sono solo argomenti che accarezzano l’orecchio. EDMOND No. Di che si tratta? 2643
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 1
CURAN Have you heard of no likely wars toward twixt
the Dukes of Cornwall and Albany?
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EDMOND Not a word. CURAN You may do then in time. Fare you well, sir.
Exit EDMOND
The Duke be here tonight! The better, best. This weaves itself perforce into my business.
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[Enter Edgar at a window above] My father hath set guard to take my brother, And I have one thing of a queasy question Which I must act. Briefness and fortune work! – Brother, a word, descend. Brother, I say. [Edgar climbs down] My father watches. O sir, fly this place. Intelligence is given where you are hid. You have now the good advantage of the night. Have you not spoken ’gainst the Duke of Cornwall? He’s coming hither, now, i’th’ night, i’th’ haste, And Regan with him. Have you nothing said Upon his party ’gainst the Duke of Albany? Advise yourself. EDGAR I am sure on’t, not a word.
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EDMOND
I hear my father coming. Pardon me. In cunning I must draw my sword upon you. Draw. Seem to defend yourself. Now, quit you well. (Calling) Yield, come before my father. Light ho, here! (To Edgar) Fly, brother! (Calling) Torches, torches! (To Edgar) So, farewell. Exit Edgar Some blood drawn on me would beget opinion Of my more fierce endeavour. He wounds his arm
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 1
CURAN
Non avete sentito di probabili conflitti imminenti, tra i duchi di Cornovaglia e di Albany? EDMOND
Non una parola. CURAN
Forse le sentirete col tempo. Arrivederci, signore. Esce EDMOND
Il duca qui stasera! Bene! A meraviglia! Questo si inserisce da sé nella mia impresa. [Entra Edgar a una finestra sopra] Le guardie di mio padre hanno l’ordine di catturare mio fratello; e io ho una cosa, e piuttosto ripugnante da portare a segno. Rapidità e fortuna, tocca a voi! – Fratello, una parola, scendi. Fratello, dico! [Edgar scende] Mio padre vigila. Fratello, devi fuggire da questo posto. Ora si sa dove sei nascosto. Approfitta del vantaggio della notte. Non hai parlato contro il duca di Cornovaglia? Sta arrivando qui, ora, di notte, in gran fretta, e Regan è con lui. Non hai detto niente in suo favore, contro il duca di Albany? Rifletti. EDGAR
Neanche una parola, ne sono sicuro. EDMOND
Sento i passi di mio padre. Perdonami. Per finta ora devo minacciarti con la spada. Sguaina! Fingi di difenderti! Ora, scappa. (Forte) Arrenditi! Vieni con me da mio padre! Ehi, luce! Luce! (A Edgar) Scappa, fratello! (Forte) Delle torce! Delle torce! ( A Edgar) Addio, adesso. Edgar esce Un po’ di sangue addosso farà meglio credere alla mia fiera resistenza. Si ferisce il braccio
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 1
I have seen drunkards Do more than this in sport. (Calling) Father, father! Stop, stop! Ho, help!
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Enter the Duke of Gloucester, and servants with torches GLOUCESTER
Now, Edmond, where’s the villain?
EDMOND
Here stood he in the dark, his sharp sword out, Mumbling of wicked charms, conjuring the moon To stand’s auspicious mistress. GLOUCESTER But where is he? EDMOND
Look, sir, I bleed. Where is the villain, Edmond?
GLOUCESTER
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EDMOND
Fled this way, sir, when by no means he could – GLOUCESTER
Pursue him, ho! Go after. Exeunt servants By no means what? EDMOND
Persuade me to the murder of your lordship, But that I told him the revenging gods ’Gainst parricides did all the thunder bend, Spoke with how manifold and strong a bond The child was bound to th’ father. Sir, in fine, Seeing how loathly opposite I stood To his unnatural purpose, in fell motion With his preparèd sword he charges home My unprovided body, latched mine arm; And when he saw my best alarumed spirits Bold in the quarrel’s right, roused to th’encounter, Or whether ghasted by the noise I made, Full suddenly he fled.
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36. Ho help!: aggiunto nell’ed. Oxford. 39. Stand’s: così in Q1; stand his in Q2; stand in F; sul significato, è possibile azzardare stand as? 2646
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 1
Ho visto degli ubriachi fare di peggio, e solo per gioco. (Forte) Padre! Padre! Ferma, ferma! – Ehi, aiuto! Entrano il duca di Gloucester, e servi con torce36 GLOUCESTER
Edmond, dov’è quel vigliacco? EDMOND
Era qui nel buio, l’aguzza spada in pugno, e borbottava malvagi incantesimi, chiamando la luna a reggergli il moccolo. GLOUCESTER
Ma dov’è ora? EDMOND
Guardate, sanguino. GLOUCESTER
Edmond, dov’è quel vigliacco? EDMOND
Fuggito da questa parte, quando ha visto che non poteva... GLOUCESTER
Inseguitelo, presto! Dei servi escono “Che non poteva” cosa? EDMOND
Convincermi a assassinare la vostra signoria, anche se io gli dicevo che gli dèi vendicatori scagliano tutti i fulmini contro i parricidi; gli spiegavo con quali solidi e molteplici vincoli il figlio è legato al padre. Da ultimo, signore, vedendo con quanto disgusto ero contrario al suo disegno innaturale, con sleale mossa ha vibrato la sua spada preparata contro il mio corpo indifeso, e mi ha colpito al braccio; e quando ha visto i miei spiriti correre all’erta fatti forti dalla giustizia della causa, pronti a opporglisi, o forse smontato dal rumore che facevo, di colpo è scappato37.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 1
Let him fly far, Not in this land shall he remain uncaught, And found, dispatch. The noble Duke my master, My worthy arch and patron, comes tonight. By his authority I will proclaim it That he which finds him shall deserve our thanks, Bringing the murderous coward to the stake; He that conceals him, death.
GLOUCESTER
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EDMOND
When I dissuaded him from his intent And found him pitched to do it, with curst speech I threatened to discover him. He replied, ’Thou unpossessing bastard, dost thou think If I would stand against thee, would the reposal Of any trust, virtue, or worth in thee Make thy words faithed? No, what I should deny – As this I would, ay, though thou didst produce My very character – I’d turn it all To thy suggestion, plot, and damnèd practice, And thou must make a dullard of the world If they not thought the profits of my death Were very pregnant and potential spirits To make thee seek it.’ GLOUCESTER O strange and fastened villain! Would he deny his letter, said he?
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Tucket within Hark, the Duke’s trumpets. I know not why he comes. All ports I’ll bar. The villain shall not scape. The Duke must grant me that; besides, his picture I will send far and near, that all the kingdom May have due note of him – and of my land, Loyal and natural boy, I’ll work the means To make thee capable.
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77. Said he?: così in F; in Q I never got him = “non l’ho potuto acchiappare”. 2648
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 1
GLOUCESTER
Fugga fin dove vuole, certo in questa terra non resterà libero; e come lo trovano, è spacciato. Il nobile duca mio padrone, mio degno signore e protettore, viene stanotte. Forte della sua autorità, voglio proclamare che chi lo trova riceverà il nostro grazie, se porta il vile assassino alla forca; e a chi lo nasconde, la morte. EDMOND
Quando cercavo di dissuaderlo dal suo intento e lo trovavo deciso a andare fino in fondo, con termini violenti l’ho minacciato di denunciarlo. Lui ha risposto, “Spiantato di un bastardo! E tu credi che se io ti contraddico, la sola fama di lealtà, fede o virtù che hai farà sì che ti credano? No; quello che negherò – e lo farò, anche se esibirai la mia stessa scrittura38 – lo muterò tutto in tuoi complotti, insidie e male pratiche. Devi credere che il mondo sia proprio stupido se non pensassero che i vantaggi della mia morte sarebbero un allettamento così pregno di prospettive da indurti a cercarla.” GLOUCESTER
Che fior di canaglia, che sfacciato! Dice che smentirebbe la lettera? Trombe da dentro Senti! Le trombe del duca. Non lo so, perché viene...Tutti i porti farò chiudere; non mi sfuggirà, quel vigliacco. Il duca me lo concederà. E poi manderò il suo ritratto dappertutto, ché tutto il regno conosca le sue fattezze. – E delle mie terre, giovane leale e naturale, troverò il modo di farti beneficiario.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 1
Enter the Duke of Cornwall, Regan, and attendants CORNWALL
How now, my noble friend? Since I came hither, Which I can call but now, I have heard strange news.
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REGAN
If it be true, all vengeance comes too short Which can pursue th’offender. How dost, my lord? GLOUCESTER
O madam, my old heart is cracked, it’s cracked. REGAN
What, did my father’s godson seek your life? He whom my father named, your Edgar?
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GLOUCESTER
O lady, lady, shame would have it hid! REGAN
Was he not companion with the riotous knights That tend upon my father? GLOUCESTER
I know not, madam. ’Tis too bad, too bad.
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EDMOND
Yes, madam, he was of that consort. REGAN
No marvel, then, though he were ill affected. ’Tis they have put him on the old man’s death, To have th’expense and spoil of his revenues. I have this present evening from my sister Been well informed of them, and with such cautions That if they come to sojourn at my house I’ll not be there. CORNWALL Nor I, assure thee, Regan. Edmond, I hear that you have shown your father A childlike office. EDMOND It was my duty, sir.
86. Strange news: così in Q; in F strangeness = “cose azzardate”. 99. Spoil: così in Qb; in Qa, Q2 e F waste = “dilapidare”. 2650
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 1
Entrano il duca di Cornovaglia, Regan e seguito CORNOVAGLIA
Che accade, mio nobile amico? È dal mio arrivo, or ora avvenuto, si può dire, che sento strane notizie. REGAN
Fossero vere, ogni vendetta sarebbe inadeguata per punire il colpevole. Come stai, mio signore? GLOUCESTER
Oh, signora, il mio vecchio cuore si è spezzato, si è spezzato! REGAN
Ma è vero, il figlioccio di mio padre voleva ucciderti? Colui al quale mio padre diede il nome, il tuo Edgar? GLOUCESTER
Oh, signora, signora, mi vergogno a confessarlo! REGAN
Non era un compagno dei turbolenti cavalieri al seguito di mio padre? GLOUCESTER
Non lo so, signora. È orribile, orribile! EDMOND
Sì, signora, era di quella cricca. REGAN
Non meraviglia allora che subisse cattive influenze. Sono stati loro a istigarlo a uccidere il vecchio, per arraffare e scialacquare i suoi beni. Proprio questa sera ho avuto da mia sorella dettagliate informazioni su di loro, e con tali avvertimenti che se verranno a soggiornare in casa mia, non mi ci troveranno. CORNOVAGLIA
Né troveranno me, Regan, sta’ sicura. Edmond, sento che hai reso a tuo padre un servizio davvero filiale. EDMOND
Mio dovere, signore.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 1
GLOUCESTER (to Cornwall)
He did bewray his practice, and received This hurt you see striving to apprehend him. CORNWALL
Is he pursued? Ay, my good lord.
GLOUCESTER CORNWALL
If he be taken, he shall never more Be feared of doing harm. Make your own purpose How in my strength you please. For you, Edmond, Whose virtue and obedience doth this instant So much commend itself, you shall be ours. Natures of such deep trust we shall much need. You we first seize on. EDMOND I shall serve you, sir, Truly, however else. GLOUCESTER (to Cornwall) For him I thank your grace.
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CORNWALL
You know not why we came to visit you – REGAN
Thus out of season, threading dark-eyed night – Occasions, noble Gloucester, of some poise, Wherein we must have use of your advice. Our father he hath writ, so hath our sister, Of differences which I least thought it fit To answer from our home. The several messengers From hence attend dispatch. Our good old friend, Lay comforts to your bosom, and bestow Your needful counsel to our businesses, Which craves the instant use. GLOUCESTER I serve you, madam. Your graces are right welcome. Flourish. Exeunt
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119. Poise: così in Qb; in Qa prise; in Q2 e F prize = “valore”. 122. Least: così in Qb; in Qa, Q2 e F best = “meglio”, che si segue nella traduzione. 2652
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 1
GLOUCESTER (a Cornovaglia)
Ha svelato la macchinazione, e ha ricevuto la ferita che vedete mentre tentava di arrestarlo. CORNOVAGLIA
Lo inseguono? GLOUCESTER
Sì, mio signore. CORNOVAGLIA
Se lo prendono, non farà più temere di commettere altro male. Servitevi come credete di ogni mia risorsa. Quanto a te, Edmond, la cui virtù e obbedienza in questo caso sono apparse tanto ammirevoli, tu sarai dei nostri. Nature di così profonda lealtà sono preziose; tu sei il primo che arruoliamo. EDMOND
Vi servirò, signore, se non altro, con fedeltà. GLOUCESTER (a Cornovaglia) Vi ringrazio a suo nome. CORNOVAGLIA
Non conoscete il perché di questa visita... REGAN
Così repentina, sotto gli scuri occhi della notte39. L’occasione, nobile Gloucester, è di qualche peso, e avremo bisogno del tuo consiglio. Nostro padre ci ha scritto, e così anche nostra sorella, di contrasti, cui ho pensato fosse meglio rispondere lontano da casa nostra. Entrambi i latori delle lettere aspettano il consenso per ripartire. Buon vecchio amico nostro, riporta la pace nel tuo petto, e regala i tuoi preziosi consigli ai nostri affari che ne hanno grande urgenza. GLOUCESTER
Signora, servo vostro. Le vostre Grazie sono le benvenute. Trombe. Escono
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
2.2
Enter the Earl of Kent, disguised, and Oswald the steward, severally
OSWALD Good dawning to thee, friend. Art of this house? KENT Ay. OSWALD Where may we set our horses? KENT I’th’ mire. OSWALD Prithee, if thou lov’st me, tell me.
5
KENT I love thee not. OSWALD Why then, I care not for thee. KENT If I had thee in Lipsbury pinfold I would make thee
care for me. OSWALD Why dost thou use me thus? I know thee not. KENT Fellow, I know thee. OSWALD What dost thou know me for? KENT A knave, a rascal, an eater of broken meats, a base, proud, shallow, beggarly, three-suited, hundred-pound, filthy worsted-stocking knave; a lily-livered, actiontaking, whoreson, glass-gazing, super-serviceable, finical rogue; one-trunk-inheriting slave; one that wouldst be a bawd in way of good service, and art nothing but the composition of a knave, beggar, coward, pander, and the son and heir of a mongrel bitch, one whom I will beat into clamorous whining if thou deniest the least syllable of thy addition.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
Entrano il conte di Kent, travestito, e Oswald il maggiordomo, da porte opposte40
II, 2
OSWALD
Buon risveglio a te, amico. Sei di casa? KENT
Sì. OSWALD
Dove possiamo lasciare i cavalli? KENT
Nel pantano. OSWALD
Per favore, se mi vuoi bene, dimmelo. KENT
Non te ne voglio. OSWALD
Quanto a questo, non te ne voglio neanch’io. KENT
È perché non mi conosci, altrimenti scapperesti41. OSWALD
Perché devi trattarmi così? Io non ti conosco. KENT
Amico, ti conosco io. OSWALD
Cosa conosci di me? KENT
Sei una canaglia, un ribaldo, un mangiapane a ufo 42; un vile sbruffone, un vacuo, miserabile furfante di quelli che hanno tre vestiti43, cento sterline44 e la calzamaglia sempre sudicia45; un cacasotto46 figlio di puttana che chiama le guardie47; un pezzente con l’eredità che sta tutta in un baule solo, sempre a guardarsi nello specchio quando non ti lecca i piedi; uno che vuol fare il ruffiano per avere un benservito, e che non è altro che un composto di farabutto, mendicante, vigliacco, mezzano, e figlio e erede di una cagna bastarda; uno che farò uggiolare a forza di legnate se nega anche una sola sillaba dell’elenco dei suoi titoli48.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
OSWALD Why, what a monstrous fellow art thou, thus to
rail on one that is neither known of thee nor knows thee! KENT What a brazen-faced varlet art thou, to deny thou knowest me! Is it two days since I tripped up thy heels and beat thee before the King? Draw, you rogue; for though it be night, yet the moon shines.
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[He draws his sword] I’ll make a sop o’th’ moonshine of you, you whoreson, cullionly barber-monger, draw! OSWALD Away. I have nothing to do with thee. KENT Draw, you rascal. You come with letters against the King, and take Vanity the puppet’s part against the royalty of her father. Draw, you rogue, or I’ll so carbonado your shanks – draw, you rascal, come your ways! OSWALD Help, ho, murder, help! KENT Strike, you slave! Stand, rogue! Stand, you neat slave, strike! OSWALD Help, ho, murder, murder!
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Enter Edmond the bastard, [then] the Duke of Cornwall, Regan, the Duke of Gloucester, and servants EDMOND How now, what’s the matter? Part. KENT With you, goodman boy. If you please, come, I’ll
flesh ye. Come on, young master. GLOUCESTER Weapons? Arms? What’s the matter here?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
OSWALD
Ma che mostro saresti tu, che insulti così uno che non conosci e che non ti conosce? KENT
Che faccia di bronzo hai tu, lacchè, a negare di conoscermi! Solo due giorni fa ti ho fatto lo sgambetto e picchiato davanti al re. Tira fuori la spada, farabutto. Anche se è notte, c’è la luna. [Sfodera la spada] Ti affetto con la falce della luna49, figlio di puttana, coglione di un damerino profumato50! Fuori la spada! OSWALD
Vattene! Non ho niente a che spartire con te. KENT
Prendi la spada, ribaldo! Sei venuto con una lettera contro il re, ti sei messo con madonna Smorfiosa contro la regalità di suo padre! Fuori la spada, farabutto, o ti trincio quelle gambe51... tira fuori la spada! Difenditi! OSWALD
Aiuto! Mi ammazza! Aiuto! KENT
Battiti, miserabile! Fermo, farabutto, fermo; su, miserabile, difenditi! OSWALD
Aiuto, aiuto, all’assassino! Entrano Edmond il bastardo, [poi] il duca di Cornovaglia, Regan, il duca di Gloucester, e servi EDMOND
Ehi! Che succede? Separatevi! KENT
Ah! Anche tu, bel signorino, se ne hai voglia! Vieni, ti scortico. Sotto, sotto, padroncino. GLOUCESTER
Spade? Armi? Che cosa accade qui?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
CORNWALL
Keep peace, upon your lives. He dies that strikes again. What is the matter? REGAN The messengers from our sister and the King. CORNWALL (to Kent and Oswald) What is your difference? Speak. OSWALD I am scarce in breath, my lord. KENT No marvel, you have so bestirred your valour, you cowardly rascal. Nature disclaims in thee; a tailor made thee. CORNWALL Thou art a strange fellow – a tailor make a man? KENT A tailor, sir. A stone-cutter or a painter could not have made him so ill though they had been but two years o’th’ trade. CORNWALL Speak yet; how grew your quarrel? OSWALD This ancient ruffian, sir, whose life I have spared at suit of his grey beard – KENT Thou whoreson Z, thou unnecessary letter – (to Cornwall) my lord, if you’ll give me leave I will tread this unbolted villain into mortar and daub the wall of a jakes with him. (To Oswald) Spare my grey beard, you wagtail? CORNWALL Peace, sirrah. You beastly knave, know you no reverence?
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KENT
Yes, sir, but anger hath a privilege. CORNWALL Why art thou angry? KENT
That such a slave as this should wear a sword, Who wears no honesty. Such smiling rogues as these, Like rats, oft bite the holy cords a-twain
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
CORNOVAGLIA
Fermi, se vi è cara la vita! Chi non si arresta, muore. Che cosa accade? REGAN
I messi di nostra sorella e del re. CORNOVAGLIA (a Kent e Oswald)
Cosa avete da litigare? Parlate. OSWALD
Io quasi non ho fiato, mio signore. KENT
Si capisce, hai dato una tale dimostrazione di valore. Vigliacco e ribaldo, la natura si smentisce in te: è un sarto che ti ha fatto52. CORNOVAGLIA
Sei un buffo tipo. Un sarto che fa un uomo? KENT
Sì, un sarto, signore. Per quanto nuovi del mestiere, un tagliapietre o un pittore non avrebbero potuto farlo così male. CORNOVAGLIA
Parlate. Com’è nato il litigio? OSWALD
Questo vecchio furfante, signore, la cui vita ho risparmiato per via della sua barba grigia...53 KENT
Figlio di puttana, zeta, lettera che non serve a niente! [A Cornovaglia] Mio signore, se mi permettete, io vorrei tritare questo sfacciato villano in un mortaio e farci intonaco per un cesso. (A Oswald) Hai risparmiato la mia barba grigia, botolo scodinzolante? CORNOVAGLIA
Piano, tu! Razza di ignorante, non conosci rispetto? KENT
Sì, signore; ma la collera ha i suoi privilegi. CORNOVAGLIA
E cosa ti ha mandato in collera? KENT
Che un villano come questo debba avere la spada e neanche un briciolo di onestà. Farabutti sorridenti come questi, come i topi spesso rosicchiano quei legami sacri che altrimenti non si possono 2659
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
Which are too intrince t’unloose, smooth every passion That in the natures of their lords rebel; Being oil to fire, snow to the colder moods, Renege, affirm, and turn their halcyon beaks With every gall and vary of their masters, Knowing naught, like dogs, but following. [To Oswald] A plague upon your epileptic visage! Smile you my speeches as I were a fool? Goose, an I had you upon Sarum Plain I’d drive ye cackling home to Camelot.
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CORNWALL
What, art thou mad, old fellow? How fell you out? Say that.
GLOUCESTER [to Kent] KENT
No contraries hold more antipathy Than I and such a knave. CORNWALL Why dost thou call him knave? What is his fault? KENT His countenance likes me not.
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CORNWALL
No more perchance does mine, nor his, nor hers. KENT
Sir, ’tis my occupation to be plain: I have seen better faces in my time Than stands on any shoulder that I see Before me at this instant. CORNWALL This is some fellow Who, having been praised for bluntness, doth affect A saucy roughness, and constrains the garb Quite from his nature. He cannot flatter, he; An honest mind and plain, he must speak truth.
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78. Renege: così in Q; in F revenge = “vendicano”. 79. Gall = “irritazione, fastidio” così in F1; in Q e F2 gale, che si segue nella traduzione. 83. An: così in Q1, idiomatico per if (in Q2 e F); non più segnalato. 2660
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
sciogliere54, così lusingano ogni passione che ribolle55 nella natura dei loro signori; buttano olio sul fuoco, neve sui loro umori più freddi; negano, affermano, e al pari dei gabbiani girano il becco a ogni vento e mutamento dei loro padroni, senza saper far altro che seguire, come i cani. [A Oswald] Accidenti alla tua faccia di epilettico! Ridi dei miei discorsi, come se fossi un matto? Oca, se ti trovassi sulla pianura di Sarum ti farei starnazzare fino a Camelot56. CORNOVAGLIA
Ehi, vecchio! Ma sei pazzo? GLOUCESTER [a Kent]
Il perché del litigio. Dicci questo. KENT
Non esiste maggiore antipatia tra due opposti che tra me e un furfante simile. CORNOVAGLIA
Perché gli dai del furfante? Che ha commesso? KENT
Non gradisco la sua faccia. CORNOVAGLIA
Come forse non gradisci la mia, o la sua, o la sua. KENT
Signore, io faccio il mestiere di parlar chiaro. Ai miei tempi ho visto facce migliori di quelle che vedo tra le spalle di chi ho davanti a me in questo momento. CORNOVAGLIA
Questo è uno di quei tipi che avendo avuto elogi per la franchezza, fa poi sfoggio di insolenza, e si sente in dovere di continuare contro la sua stessa natura. Non sa adulare, lui! Animo schietto e aperto, sempre a dire la verità! E se l’accettano, bene; se no, ha
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
An they will take’t, so; if not, he’s plain. These kind of knaves I know, which in this plainness Harbour more craft and more corrupter ends Than twenty silly-ducking observants That stretch their duties nicely.
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KENT
Sir, in good faith, in sincere verity, Under th’allowance of your great aspect, Whose influence, like the wreath of radiant fire On flick’ring Phoebus’ front – CORNWALL What mean’st by this? KENT To go out of my dialect, which you discommend so much. I know, sir, I am no flatterer. He that beguiled you in a plain accent was a plain knave, which for my part I will not be, though I should win your displeasure to entreat me to’t. CORNWALL (to Oswald) What was th’offence you gave him? OSWALD I never gave him any. It pleased the King his master very late To strike at me upon his misconstruction, When he, compact, and flattering his displeasure, Tripped me behind; being down, insulted, railed, And put upon him such a deal of man That worthied him, got praises of the King For him attempting who was self-subdued, And in the fleshment of this dread exploit Drew on me here again. KENT None of these rogues and cowards But Ajax is their fool. CORNWALL Fetch forth the stocks! [Exeunt some servants] You stubborn, ancient knave, you reverend braggart, We’ll teach you.
120. Dread exploit: così in Q; in F dead exploit = “impresa morta”. 2662
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
parlato. È un genere di furfanti che conosco. In questa schiettezza celano più astuzia e più corrotti fini di venti sciocchi moscardini ossequiosi con i loro sfoggi di cerimoniosa obbedienza. KENT
Signore, in buona fede e per dire tutta la verità, con venia della vostra presenza sublime il cui influsso, come il serto di fiamme radiose sulla fronte luminosa di Febo57... CORNOVAGLIA
Ma che stai dicendo? KENT
Voglio uscire dal mio linguaggio, che tanto biasimate. Lo so, signore, che non sono un adulatore: colui che vi ha abbindolato con parole schiette era uno schietto furfante, il che io per parte mia non voglio essere, anche se la vostra disapprovazione dovesse chiedermi di diventarlo. CORNOVAGLIA (a Oswald) In che cosa lo hai offeso? OSWALD
In nulla. Ultimamente il re suo padrone si compiacque di colpirmi, per un suo malinteso; e allora lui, assecondandolo e per lusingarne la collera, mi buttò in terra da dietro, e mentre ero disteso, mi oltraggiò, mi sgridò, e tanto si pavoneggiò con la sua virilità che ne ebbe gli elogi del re per avere aggredito uno che si era già arreso; e ringalluzzito da questa impresa eroica ora mi ha minacciato di nuovo con la spada. KENT
Per tutti questi vili farabutti Aiace58 sarebbe solo un buffone. CORNOVAGLIA
Portate qui i ceppi! [Dei servi escono] Stupido vecchio ostinato, venerando ammazzasette, ora ti daremo una lezione.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
Sir, I am too old to learn. Call not your stocks for me. I serve the King, On whose employment I was sent to you. You shall do small respect, show too bold malice Against the grace and person of my master, Stocking his messenger. CORNWALL [calling] Fetch forth the stocks! – As I have life and honour, there shall he sit till noon. KENT
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REGAN
Till noon? – till night, my lord, and all night too.
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KENT
Why, madam, if I were your father’s dog You should not use me so. REGAN Sir, being his knave, I will. Stocks brought out CORNWALL
This is a fellow of the selfsame colour Our sister speaks of. – Come, bring away the stocks. GLOUCESTER
Let me beseech your grace not to do so. The King his master needs must take it ill That he, so slightly valued in his messenger, Should have him thus restrained. CORNWALL I’ll answer that.
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[They put Kent in the stocks] REGAN
My sister may receive it much more worse To have her gentlemen abused, assaulted. CORNWALL Come, my good lord, away! Exeunt all but Gloucester and Kent
141. Gentlemen: così in Q1; in Q2 e F gentleman. 2664
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
KENT
Signore, sono troppo vecchio per imparare. Lasciate stare i vostri ceppi. Io servo il re, al cui impiego sono stato inviato qui da voi. Mostrerete poco rispetto nonché una malizia troppo audace contro la graziosa persona del mio padrone mettendo il suo messo alla gogna. CORNOVAGLIA [forte] Portate qui i ceppi! Se ho ancora vita e onore, ci resterà fino alle dodici. REGAN
Alle dodici? Fino a notte, mio signore; anzi, tutta la notte. KENT
Ma signora, se fossi il cane di vostro padre non mi fareste questo. REGAN
Sei un suo scherano, e lo farò. Vengono portati i ceppi CORNOVAGLIA
Questo è uno di quei lazzaroni di cui ci ha scritto nostra sorella. – Forza con questi ceppi! GLOUCESTER
Posso pregare la vostra grazia di non farlo? 59 Il re potrebbe offendersi di essere stato così sminuito nel suo messo che viene rinchiuso in questa maniera. CORNOVAGLIA
Ne rispondo io. [Kent viene messo in ceppi] REGAN
Mia sorella potrebbe prenderla molto peggio se sapesse che il suo gentiluomo è insultato e aggredito. CORNOVAGLIA
Su, mio signore, andiamo. Escono tutti tranne Gloucester e Kent
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
GLOUCESTER
I am sorry for thee, friend. ’Tis the Duke’s pleasure, Whose disposition, all the world well knows, Will not be rubbed nor stopped. I’ll entreat for thee. KENT
Pray do not, sir. I have watched and travelled hard. Some time I shall sleep out; the rest I’ll whistle. A good man’s fortune may grow out at heels. Give you good morrow.
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GLOUCESTER
The Duke’s to blame in this; ’twill be ill taken.
Exit
KENT
Good King, that must approve the common say: Thou out of heaven’s benediction com’st To the warm sun.
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[He takes out a letter] Approach, thou beacon to this under globe, That by thy comfortable beams I may Peruse this letter. Nothing almost sees miracles But misery. I know ’tis from Cordelia, Who hath now fortunately been informed Of my obscurèd course, and shall find time For this enormous state, seeking to give Losses their remedies. All weary and o’erwatched, Take vantage, heavy eyes, not to behold This shameful lodging. Fortune, good night; Smile once more; turn thy wheel. He sleeps
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Enter Edgar I heard myself proclaimed, And by the happy hollow of a tree Escaped the hunt. No port is free, no place That guard and most unusual vigilance Does not attend my taking. Whiles I may scape
EDGAR
160. For: emend. tardo; in Q e F from. 2666
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
GLOUCESTER
Mi rincresce, amico. È il duca che decide, e lui ha un carattere, come tutti ben sanno, che non vuole lasciarsi convincere né fermare. Intercederò per te. KENT
Non fatelo, vi prego. Ho vegliato e viaggiato tanto; per un po’ dormirò, il resto fischio. Alle persone perbene la fortuna può uscire dai calcagni60. Vi auguro il buon giorno. GLOUCESTER
Qui il duca ha torto. Sarà presa male. Esce KENT
Buon re, questo dimostra il detto comune, che quando esci dal favore del cielo trovi il sole che ti scotta! [Estrae una lettera] Avvicinati, o faro di questo basso mondo61, perché col conforto dei tuoi raggi possa leggere questa lettera. Quasi nessuno vede più miracoli, tranne i reietti. So che viene da Cordelia, che è stata fortunatamente messa al corrente della mia nuova identità; ella farà in modo, in queste circostanze così avverse, di cercare di portare rimedio ai mali. Sfruttate la stanchezza della lunga veglia, o miei occhi, per non vedere la vergogna di questo alloggio. Fortuna, buonanotte. Manda ancora un sorriso. Gira la tua ruota. Dorme Entra Edgar EDGAR
Li ho sentiti, sono messo al bando; e grazie all’opportuna cavità di un tronco, ho eluso l’inseguimento. Non c’è porto non sorvegliato né luogo dove guardie e sentinelle sempre all’erta non tentino la mia cattura. Finché posso scappare, voglio badare a salvarmi; e ho
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
I will preserve myself, and am bethought To take the basest and most poorest shape That ever penury in contempt of man Brought near to beast. My face I’ll grime with filth, Blanket my loins, elf all my hairs in knots, And with presented nakedness outface The winds and persecutions of the sky. The country gives me proof and precedent Of Bedlam beggars who with roaring voices Strike in their numbed and mortifièd arms Pins, wooden pricks, nails, sprigs of rosemary, And with this horrible object from low farms, Poor pelting villages, sheep-cotes and mills Sometime with lunatic bans, sometime with prayers Enforce their charity. ‘Poor Tuelygod, Poor Tom.’ That’s something yet. Edgar I nothing am.
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Exit Enter King Lear, his Fool, and [the First] Gentleman LEAR
’Tis strange that they should so depart from home And not send back my messenger. [FIRST] GENTLEMAN As I learned, The night before there was no purpose in them Of this remove. KENT (waking) Hail to thee, noble master.
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LEAR
Ha! Mak’st thou this shame thy pastime? No, my lord. FOOL Ha, ha, he wears cruel garters! Horses are tied by the heads, dogs and bears by th’ neck, monkeys by th’ loins, and men by th’ legs. When a man’s overlusty at legs, then he wears wooden nether-stocks. LEAR (to Kent) What’s he that hath so much thy place mistook To set thee here? KENT
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
pensato di darmi il più vile e povero aspetto con cui penuria, a disprezzo dell’uomo, lo avvicini alla bestia. La mia faccia la sporco di fango, mi copro solo i fianchi, mi arruffo62 tutta la testa, e con indifesa nudità affronto i venti e le persecuzioni del cielo. Ho notato l’esempio e il precedente di folli accattoni63 che con tonante voce si conficcano nelle braccia nude, scarne e intorpidite, spilli, schegge di legno, chiodi, rametti di rosmarino, e con questo orribile sfoggio, per piccole fattorie, poveri sperduti villaggi, per ovili e mulini, talvolta con urla lunatiche, talvolta con preghiere, esigono la carità. “Povero Turlygod64!” “Povero Tom!” È meglio che niente; mentre come Edgar, io non sono più nulla. Esce Entrano re Lear, il suo matto e [il primo] gentiluomo LEAR
È strano che siano così partiti di casa senza rimandarmi il mio messo. [PRIMO] GENTILUOMO
A quel che so, la notte scorsa non c’era nessuno spostamento in programma. KENT (si sveglia) Salve a te, nobile padrone! LEAR
Ah! E fai di quest’onta un passatempo? KENT
No, mio signore. MATTO
Ah, ah! Ha dei calzini rigidi! I cavalli li legano per la testa, i cani e gli orsi per il collo, le scimmie per la vita, e gli uomini per le gambe. Quando un uomo è troppo svelto di gamba, allora porta i calzerotti di legno. LEAR (a Kent) Chi ha frainteso il tuo rango al punto di ridurti così?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
It is both he and she: Your son and daughter. LEAR No. KENT Yes. LEAR No, I say. KENT
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KENT
I say yea. LEAR
By Jupiter, I swear no.
KENT
By Juno, I swear ay. They durst not do’t, They could not, would not do’t. ’Tis worse than murder, To do upon respect such violent outrage. Resolve me with all modest haste which way Thou mightst deserve or they impose this usage, Coming from us. KENT My lord, when at their home I did commend your highness’ letters to them, Ere I was risen from the place that showed My duty kneeling, came there a reeking post Stewed in his haste, half breathless, painting forth From Goneril, his mistress, salutations, Delivered letters spite of intermission, Which presently they read, on whose contents They summoned up their meiny, straight took horse, Commanded me to follow and attend The leisure of their answer, gave me cold looks; And meeting here the other messenger, Whose welcome I perceived had poisoned mine – Being the very fellow which of late Displayed so saucily against your highness – Having more man than wit about me, drew. He raised the house with loud and coward cries. LEAR
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207. Painting forth: così in F1, secondo Gary Taylor accettabile per “descrivendo, illustrando”; in Q e F2 panting forth, che si segue nella traduzione. 2670
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
KENT
Insieme, lui e lei: vostro figlio e vostra figlia. LEAR
No. KENT
Sì. LEAR
No, dico. KENT
E io dico di sì. LEAR
Per Giove, giuro di no! KENT
Per Giunone, giuro di sì! LEAR
Non oserebbero, non potevano, non è possibile; è peggio che uccidere, offendere il rispetto con un oltraggio così violento. Narrami con velocità e discrezione in che maniera hai potuto meritare, o loro infliggerti, questo trattamento, tu che venivi a nostro nome. KENT
Mio signore, quando a casa loro stavo consegnando la lettera di vostra altezza, prima che mi fossi rialzato da dove mostravo il mio rispetto in ginocchio, giunse un corriere fumante, sudato per la corsa, mezzo trafelato, che ansimando porse saluti dalla sua signora Goneril; e consegnò una lettera, non badando a interrompermi, che quelli lessero immediatamente, e, appresone il contenuto, chiamarono i servi e subito montarono in sella, ordinando a me di seguirli, e di restare in attesa del loro agio di rispondermi; mi guardavano con freddezza. E trovando qui l’altro messo, il cui benvenuto come avevo visto aveva avvelenato il mio, e che era lo stesso tale che di recente si era mostrato così insolente contro la vostra altezza, con più impeto che cervello, gli ho mostrato la spada. Quello ha buttato giù la casa con urli striduli e codardi. Vostro figlio e
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
Your son and daughter found this trespass worth The shame which here it suffers. FOOL Winter’s not gone yet if the wild geese fly that way. [Sings] Fathers that wear rags Do make their children blind, But fathers that bear bags Shall see their children kind. Fortune, that arrant whore, Ne’er turns the key to th’ poor. But for all this thou shall have as many dolours for thy daughters as thou canst tell in a year.
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LEAR
O, how this mother swells up toward my heart! Histerica passio down, thou climbing sorrow; Thy element’s below. – Where is this daughter? KENT
With the Earl, sir, here within. LEAR
Follow me not; stay here. Exit
[FIRST] GENTLEMAN (to Kent)
Made you no more offence but what you speak of? KENT None.
How chance the King comes with so small a number? FOOL An thou hadst been set i’th’ stocks for that question, thou’dst well deserved it. KENT Why, Fool? FOOL We’ll set thee to school to an ant, to teach thee there’s no labouring i’th’ winter. All that follow their noses are led by their eyes but blind men, and there’s not a nose among twenty but can smell him that’s
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
vostra figlia hanno trovato questa colpa degna dell’infamia che ora essa soffre. MATTO
L’inverno non è ancora finito, se le oche selvatiche vanno da quella parte65. [Canta] Se il padre non ha grana Il figlio si allontana Ma il padre col valsente Rende il figlio obbediente. La fortuna bagascia Fuori i poveri lascia. Ma in ogni modo dalle tue figlie avrai tanti dolori quanti potrai contarne in un anno. LEAR
Oh! Sento questo dolore 66 salirmi su verso il cuore! Giù, hysterica passio67, dolore in ascesa; il tuo posto è in basso. Dov’è questa figlia? KENT
Dentro, sire, con il duca. LEAR
Non mi seguite; restate qui. Esce [PRIMO] GENTILUOMO (a Kent)
Non hai arrecato altra offesa che quella che hai detto? KENT
No. Perché il re viene con così poco seguito? MATTO
Se ti avessero messo alla gogna per questa domanda, lo avresti meritato. KENT
Perché, matto? MATTO
Ti manderemo a scuola da una formica che ti insegni che non si lavora d’inverno. Meno i ciechi, tutti quelli che seguono il proprio naso si fanno guidare dagli occhi; e non c’è un naso su venti che non 2673
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
stinking. Let go thy hold when a great wheel runs down a hill, lest it break thy neck with following; but the great one that goes upward, let him draw thee after. When a wise man gives thee better counsel, give me mine again. I would have none but knaves follow it, since a fool gives it. [Sings] That sir which serves and seeks for gain And follows but for form, Will pack when it begin to rain, And leave thee in the storm. But I will tarry, the fool will stay, And let the wise man fly. The knave turns fool that runs away, The fool no knave, pardie. KENT Where learned you this, Fool? FOOL Not i’th’ stocks, fool.
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Enter King Lear and the Duke of Gloucester LEAR
Deny to speak with me? They are sick, they are weary, They have travelled all the night? – mere fetches, The images of revolt and flying off. Fetch me a better answer. GLOUCESTER My dear lord, You know the fiery quality of the Duke, How unremovable and fixed he is In his own course. LEAR Vengeance, plague, death, confusion! ‘Fiery’? What ‘quality’? Why, Gloucester, Gloucester, I’d speak with the Duke of Cornwall and his wife.
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GLOUCESTER
Well, my good lord, I have informed them so.
253. Begin: così in Q1; in Q2 e F begins. 262. Fetches: così in F; in Q Justice. 2674
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
distingua quello che puzza. Quando una grande ruota rotola giù da un colle, lascia la presa, perché se la segui ti rompi il collo; ma dalla grande ruota che va verso l’alto invece fatti trascinare. Quando un saggio ti darà un consiglio migliore, ridammi il mio. Voglio che lo seguano soltanto i furfanti, perché è il consiglio di un matto. [Canta] Chi serve solo per tornaconto E sol ti assiste per l’apparenza Se il tempo è brutto a squagliarsi è pronto Abbandonandoti alla violenza. Ma io rimango; il matto è fedele, Sia pure il saggio che se la squaglia. Il manigoldo, lui alza le vele; Invece il matto non è canaglia. KENT
Dove lo hai imparato questo, matto? MATTO
Certo non nella gogna, matto. Entrano re Lear e il duca di Gloucester LEAR
Non vogliono parlare con me! Stanno male, sono stanchi, hanno viaggiato tutta la notte? – Tutti pretesti! Sintomi di rivolta e di evasione. Portami una risposta migliore. GLOUCESTER
Mio caro sire, conoscete la fiera68 disposizione del duca, quanto sia irremovibile e tenace nella sua condotta. LEAR
Vendetta, peste, morte e confusione! Come, “fiera”? Quale “disposizione”? No, Gloucester, Gloucester, voglio parlare col duca di Cornovaglia e con sua moglie. GLOUCESTER
Bene, buon signore, li ho informati di questo.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
LEAR
‘Informed them’? Dost thou understand me, man? GLOUCESTER Ay, my good lord. LEAR
The King would speak with Cornwall; the dear father Would with his daughter speak, commands, tends service. Are they ‘informed’ of this? My breath and blood – ‘Fiery’? The ‘fiery’ Duke – tell the hot Duke that – No, but not yet. Maybe he is not well. Infirmity doth still neglect all office Whereto our health is bound. We are not ourselves When nature, being oppressed, commands the mind To suffer with the body. I’ll forbear, And am fallen out with my more headier will, To take the indisposed and sickly fit For the sound man. – Death on my state, wherefore Should he sit here? This act persuades me That this remotion of the Duke and her Is practice only. Give me my servant forth. Go tell the Duke and ‘s wife I’d speak with them, Now, presently. Bid them come forth and hear me, Or at their chamber door I’ll beat the drum Till it cry sleep to death. GLOUCESTER I would have all well betwixt you.
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Exit LEAR
O me, my heart! My rising heart! But down. FOOL Cry to it, nuncle, as the cockney did to the eels when she put ’em i’th’ paste alive. She knapped ’em o’th’ coxcombs with a stick, and cried ‘Down, wantons, down!’ ’Twas her brother that, in pure kindness to his horse, buttered his hay.
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274. Commands, tends: così in F; in Qa come and tends; in Qb, Q2 commands her = “le ordina”. 2676
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
LEAR
Li hai informati! Ma sono stato chiaro, o no? GLOUCESTER
Sì, sire. LEAR
Il re vuole parlare con Cornovaglia. Il caro padre vuole parlare con sua figlia, lo esige, lo ordina. Sono stati “informati” di questo? Il sangue del mio sangue! “Fiero”! Il “fiero” duca! Di’ a questo duca tanto bollente, che... No, non ancora; forse non sta bene; l’infermità fa trascurare quegli obblighi cui la salute è tenuta; noi non siamo noi stessi quando la natura, essendo oppressa, ordina all’animo di soffrire col corpo. Avrò pazienza. Vuol dire che me la prenderò con la mia testardaggine che mi ha fatto scambiare la crisi di un malato per l’uomo sano. – Morte al mio stato! Perché sta lì costui? Questo atto mi persuade che l’appartarsi del duca e di lei è solo una manovra. Ridatemi il mio servo, subito. Va’ a dire al duca e a sua moglie che voglio parlargli. Ora, all’istante: ordinagli di venire a ascoltarmi, o alla porta di camera loro io batterò il tamburo fino a fargli cessare il sonno in eterno. GLOUCESTER
Vorrei tutto tranquillo fra di voi. Esce LEAR
Oh! Il cuore, mi... mi sale il cuore! Stai giù! MATTO
Gli devi gridare, zietto, come la cuoca alle anguille quando le metteva nella pasta ancora vive. Gli dava sulla zucca col bastone e gridava “Giù, birichine, giù!” Era quella che aveva un fratello che per fare contento il cavallo, gli imburrava il fieno69.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
Enter the Duke of Cornwall, Regan, the Duke of Gloucester, and servants LEAR Good morrow to you both. CORNWALL Hail to your grace.
Kent here set at liberty REGAN I am glad to see your highness.
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LEAR
Regan, I think you are. I know what reason I have to think so. If thou shouldst not be glad I would divorce me from thy mother’s shrine, Sepulchring an adultress. (To Kent) O, are you free? Some other time for that. [Exit Kent] Belovèd Regan, Thy sister’s naught. O, Regan, she hath tied Sharp-toothed unkindness like a vulture here. I can scarce speak to thee. Thou’lt not believe With how depraved a quality – O, Regan!
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REGAN
I pray you, sir, take patience. I have hope You less know how to value her desert Than she to scant her duty. LEAR Say, how is that?
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REGAN
I cannot think my sister in the least Would fail her obligation. If, sir, perchance She have restrained the riots of your followers, ’Tis on such ground and to such wholesome end As clears her from all blame. LEAR My curses on her. REGAN O sir, you are old. Nature in you stands on the very verge Of his confine. You should be ruled and led By some discretion that discerns your state
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303. Shrine: così nell’ed. Oxford; in Qa fruit = “frutto”; in Qb, Q2 e F tomb, seguito nella traduzione. 2678
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
Entrano il duca di Cornovaglia, Regan, il duca di Gloucester, e servi LEAR
Buongiorno a tutti e due. CORNOVAGLIA
Salve alla vostra grazia. Kent viene liberato REGAN
Sono lieta di vedere la vostra altezza. LEAR
Regan, credo sia vero. E so quale ragione ho di crederlo: se tu non fossi lieta, dovrei divorziare dalla tomba di tua madre, che conterrebbe un’adultera. (A Kent) Oh! Sei libero? Ma ogni cosa a suo tempo. [Kent esce] Amata Regan, tua sorella è malvagia. Oh, Regan, mi ha appiccicato la vorace ingratitudine come un avvoltoio, qui70. Quasi non riesco a parlarti. Non potrai credere con che depravate azioni... o Regan! REGAN
Vi prego, signore, conservate la pazienza. Io spero che siate voi a sottovalutare i suoi meriti e non lei a venir meno al suo dovere. LEAR
Eh? Cosa dici? REGAN
Non posso credere che mia sorella sia minimamente mancata ai suoi obblighi. Se per caso ha frenato le risse dei vostri seguaci, è per ragioni e per fini così sani, da assolverla da ogni biasimo. LEAR
Maledizione a lei. REGAN
O sire, voi siete vecchio. La natura in voi è sull’estremo limite del suo confine. Dovreste farvi guidare e condurre da chi è in grado
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
Better than you yourself. Therefore I pray you That to our sister you do make return; Say you have wronged her. LEAR Ask her forgiveness? Do you but mark how this becomes the house? [Kneeling] ‘Dear daughter, I confess that I am old. Age is unnecessary. On my knees I beg That you’ll vouchsafe me raiment, bed, and food.’
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REGAN
Good sir, no more. These are unsightly tricks. Return you to my sister. LEAR [rising] Never, Regan. She hath abated me of half my train, Looked black upon me, struck me with her tongue Most serpent-like upon the very heart. All the stored vengeances of heaven fall On her ingrateful top! Strike her young bones, You taking airs, with lameness! CORNWALL Fie, sir, fie.
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335
LEAR
You nimble lightnings, dart your blinding flames Into her scornful eyes. Infect her beauty, You fen-sucked fogs drawn by the pow’rful sun To fall and blister. REGAN O, the blest gods! So will you wish on me when the rash mood is on.
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LEAR
No, Regan. Thou shalt never have my curse. Thy tender-hafted nature shall not give Thee o’er to harshness. Her eyes are fierce, but thine Do comfort and not burn. ’Tis not in thee To grudge my pleasures, to cut off my train, To bandy hasty words, to scant my sizes, And, in conclusion, to oppose the bolt
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341. Blister: così in F; in Q blast her pride = “annienta il suo orgoglio”; in emend. Tardo blister her “riempila di piaghe”. 2680
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
di discernere il vostro stato meglio di voi stesso. Perciò vi prego di fare ritorno da mia sorella; ammettete con lei di averla offesa. LEAR
Dovrei chiederle scusa? Senti che bella scena familiare [Si inginocchia]: “Cara figlia, riconosco di essere vecchio. I vecchi sono inutili; in ginocchio ti prego di concedermi vitto, alloggio e vestiti.” REGAN
Buon signore, basta così. Queste sono scene indecorose. Tornate da mia sorella. LEAR [alzandosi] Questo mai, Regan. Mi ha tolto la metà del mio seguito; mi ha guardato con astio; mi ha colpito con la lingua come un serpente, dritto sul cuore. Tutte le riserve di vendetta del cielo piombino sulla sua testa ingrata! Le ossa71 dei suoi nascituri, o arie mefitiche, rendetele deformi! CORNOVAGLIA
Vergogna, sire, vergogna! LEAR
Agili fulmini, scoccate le vostre fiamme accecanti nei suoi occhi pieni di disprezzo! Infettate la sua bellezza, velenosi vapori di palude, aspirati dal sole possente, con chiazze e piaghe orrende! REGAN
O santi numi! Questo augurerete anche a me quando sarete in preda all’ira. LEAR
No, mai, Regan, la mia maledizione tu non l’avrai. La tua natura così tenera non ti cederà mai alla crudeltà. I suoi occhi sono feroci, ma i tuoi consolano e non bruciano. Non è da te lesinarmi i piaceri, decimarmi il seguito, parlarmi in modo brusco, ridurmi l’appannaggio, e in conclusione, mettere il paletto per non farmi più entra-
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
Against my coming in. Thou better know’st The offices of nature, bond of childhood, Effects of courtesy, dues of gratitude. Thy half o’th’ kingdom hast thou not forgot, Wherein I thee endowed. REGAN Good sir, to th’ purpose.
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LEAR
Who put my man i’th’ stocks? Tucket within CORNWALL
What trumpet’s that?
Enter Oswald the steward REGAN
I know’t, my sister’s. This approves her letter That she would soon be here. (To Oswald) Is your lady come?
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LEAR
This is a slave whose easy-borrowed pride Dwells in the sickly grace of her a follows. (To Oswald) Out, varlet, from my sight! CORNWALL What means your grace? Enter Goneril LEAR
Who stocked my servant? Regan, I have good hope Thou didst not know on’t. Who comes here? O heavens, If you do love old men, if your sweet sway Allow obedience, if you yourselves are old, Make it your cause! Send down and take my part. (To Goneril) Art not ashamed to look upon this beard? O Regan, will you take her by the hand? GONERIL
Why not by th’ hand, sir? How have I offended? All’s not offence that indiscretion finds And dotage terms so.
359. Sickly: così in F3; in Q fickle = “volubile”, in F1 fickly. 2682
365
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
re. Tu li conosci meglio, i doveri della natura, i debiti dell’infanzia, le maniere delle cortesia, gli obblighi della gratitudine. Tu non ti sei scordata la metà del regno di cui ti ho corredata. REGAN
Buon sire, volete venire al fatto? LEAR
Chi ha messo il mio uomo alla gogna? Trombe da dentro CORNOVAGLIA
Che sono queste trombe? Entra Oswald il maggiordomo REGAN
La riconosco: mia sorella. Confermano la sua lettera, diceva che sarebbe venuta subito. (A Oswald) È arrivata la tua signora? LEAR
Questo è un miserabile la cui facile tracotanza si fa forte del futile favore di colei che72 serve. (A Oswald) Via, schiavo, sparisci! CORNOVAGLIA
Che intende vostra grazia? Entra Goneril LEAR
Chi ha messo il mio servo alla gogna? Regan, io ho buone speranze che tu non sapessi niente73. Ma chi viene ora? O cieli! Se amate i vecchi, se il vostro governo soave conosce l’obbedienza, se siete vecchi anche voi, abbracciate la nostra causa; scendete e prendete le mie parti! (A Goneril) Non ti vergogni di guardare questa barba? Ma come, Regan, tu le porgi la mano? GONERIL
Mi si dovrebbe negare la mano, sire? In cosa ha offeso? Non sono offese, se a definirle tali è l’errore e l’idiozia senile a confermarlo.
2683
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
O sides, you are too tough! Will you yet hold? – How came my man i’th’ stocks?
LEAR
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CORNWALL
I set him there, sir; but his own disorders Deserved much less advancement. LEAR You? Did you? REGAN
I pray you, father, being weak, seem so. If till the expiration of your month You will return and sojourn with my sister, Dismissing half your train, come then to me. I am now from home, and out of that provision Which shall be needful for your entertainment.
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LEAR
Return to her, and fifty men dismissed? No, rather I abjure all roofs, and choose To be a comrade with the wolf and owl, To wage against the enmity o’th’ air Necessity’s sharp pinch. Return with her? Why, the hot-blooded France, that dowerless took Our youngest born – I could as well be brought To knee his throne and, squire-like, pension beg To keep base life afoot. Return with her? Persuade me rather to be slave and sumpter To this detested groom. GONERIL At your choice, sir.
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LEAR
I prithee, daughter, do not make me mad. I will not trouble thee, my child. Farewell. We’ll no more meet, no more see one another. But yet thou art my flesh, my blood, my daughter – Or rather a disease that’s in my flesh, Which I must needs call mine. Thou art a boil, A plague-sore or embossèd carbuncle
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382-383. To be … air: emend. tardo; i due versi appaiono in ordine rovesciato in Q e F. 2684
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
LEAR
Fianchi miei, siete troppo forti; resistete ancora? Chi ha messo il mio servo ai ceppi? CORNOVAGLIA
Io, sire; ma la sua bravata forse ha incontrato troppa clemenza. LEAR
Tu! Sei stato tu? REGAN
Vi prego, padre, adeguatevi alla vostra debolezza. Se fino allo scadere del vostro mese vorrete tornare a far soggiorno da mia sorella, congedando metà del vostro seguito, dopo venite da me. Ora non sono a casa mia, e non ho quei mezzi che servirebbero a ospitarvi degnamente. LEAR
Tornare da lei? Con cinquanta uomini di meno? Mai, piuttosto io rinuncio a ogni riparo, e scelgo di esser compagno al lupo e al gufo, di opporre l’amaro pungolo del bisogno contro l’ostilità dell’aria! Tornare da lei? Piuttosto, da quel focoso Francia, che senza dote ha preso la nostra ultimogenita – piuttosto andrei in ginocchio davanti al suo trono, e come uno scudiero, implorerei una pensione per continuare una misera esistenza. Tornare da lei? Convincimi piuttosto a fare da schiavo e da mula da soma a questo spregevole lacchè. GONERIL
Scegliete voi, sire. LEAR
Ti prego, figlia, non farmi uscire di senno. Non ti darò altri fastidi, figlia mia; addio. Non ci incontreremo più, non ci rivedremo, tu ed io; ma lo stesso tu sei la mia carne, il mio sangue, mia figlia – o piuttosto, una malattia della mia carne che devo riconoscere per mia. Tu sei una pustola, una piaga, o un enfio bubbone del mio corrotto
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
In my corrupted blood. But I’ll not chide thee. Let shame come when it will, I do not call it. I do not bid the thunder-bearer shoot, Nor tell tales of thee to high-judging Jove. Mend when thou canst; be better at thy leisure. I can be patient, I can stay with Regan, I and my hundred knights. REGAN Not altogether so. I looked not for you yet, nor am provided For your fit welcome. Give ear, sir, to my sister; For those that mingle reason with your passion Must be content to think you old, and so – But she knows what she does. LEAR Is this well spoken?
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REGAN
I dare avouch it, sir. What, fifty followers? Is it not well? What should you need of more, Yea, or so many, sith that both charge and danger Speak ’gainst so great a number? How in one house Should many people under two commands Hold amity? ’Tis hard, almost impossible.
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GONERIL
Why might not you, my lord, receive attendance From those that she calls servants, or from mine? REGAN
Why not, my lord? If then they chanced to slack ye, We could control them. If you will come to me – For now I spy a danger – I entreat you To bring but five-and-twenty; to no more Will I give place or notice. LEAR I gave you all. REGAN And in good time you gave it.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
sangue. Ma non ti sgrido. La vergogna giunga quando vuole, non la chiamo. Non chiedo al dio della folgore di scagliarla, né parlerò di te davanti all’alto giudizio di Giove. Emendati quando potrai; migliora senza fretta. Io avrò pazienza, intanto posso stare da Regan, io e i miei cento cavalieri. REGAN
Non è proprio così. Io non vi aspettavo ancora, e non sono pronta ad accogliervi come si deve. Date ascolto, sire, a mia sorella; perché chi contrappone la ragione alla vostra passione deve rassegnarsi a definirvi vecchio, eccetera... Ma lei sa quello che fa. LEAR
E queste sono belle parole? REGAN
Secondo me sì, signore. Ma come, cinquanta cavalieri? Non bastano? A che ve ne servono di più? Sì, e anche quelli, visto che il costo e il rischio parlano contro un tale numero? Come fanno, in una casa, così tante persone, sotto due autorità, a tenere la pace? È difficile, quasi impossibile. GONERIL
Perché non volete, mio signore, farvi servire da quelli che lei chiama servi, o dai miei? REGAN
Perché no, mio signore? Così se non vi considerassero, noi li controlleremmo. Se voi veniste da me – ora che mi rendo conto del rischio – vi pregherei di portarne solo venticinque. A non di più potrò dare accesso o riconoscimento. LEAR
Io vi ho dato tutto... REGAN
Ed era ora di darcelo.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
LEAR
Made you my guardians, my depositaries, But kept a reservation to be followed With such a number. What, must I come to you With five-and-twenty? Regan, said you so?
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REGAN
And speak’t again, my lord. No more with me. LEAR
Those wicked creatures yet do look well favoured When others are more wicked. Not being the worst Stands in some rank of praise. (To Goneril) I’ll go with thee. Thy fifty yet doth double five-and-twenty, And thou art twice her love. GONERIL Hear me, my lord. What need you five-and-twenty, ten or five, To follow in a house where twice so many Have a command to tend you? REGAN What need one?
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LEAR
O, reason not the need! Our basest beggars Are in the poorest thing superfluous. Allow not nature more than nature needs, Man’s life is cheap as beast’s. Thou art a lady. If only to go warm were gorgeous, Why, nature needs not what thou, gorgeous, wear’st, Which scarcely keeps thee warm. But for true need – You heavens, give me that patience, patience I need. You see me here, you gods, a poor old man, As full of grief as age, wretched in both. If it be you that stirs these daughters’ hearts Against their father, fool me not so much To bear it tamely. Touch me with noble anger, And let not women’s weapons, water-drops, Stain my man’s cheeks. No, you unnatural hags, I will have such revenges on you both
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
LEAR
Vi ho fatte mie custodi, mie tutrici, ma mi sono riservato un seguito di quel numero. Cosa? Vuoi che venga da te con venticinque? Regan, così hai detto? REGAN
E lo ripeto. Da me, neanche uno di più. LEAR
Certe creature malvagie sembrano addirittura belle davanti ad altre ancora più malvagie. Il non essere il peggio da già diritto a qualche lode. (A Goneril) Verrò da te: i tuoi cinquanta sono il doppio di venticinque, vuol dire che tu hai il doppio del suo affetto. GONERIL
Ascoltatemi, mio signore. Che bisogno avete di venticinque, dieci o cinque uomini vostri in una casa dove due volte un tal numero ha l’ordine di servirvi tutto il tempo? REGAN
Ma anche di uno solo? LEAR
Oh, non discutiamo sul bisogno! Il pezzente più abbietto ha anche lui qualcosa di superfluo. Se non dai alla natura più di quanto ha bisogno, l’uomo vive come la bestia. Tu sei una signora; se bastasse star caldi per essere alla moda... Ma la natura non ha bisogno di quello che porti per far figura, e che di caldo te ne tiene ben poco. Quanto al vero bisogno... Oh cieli, datemi la pazienza, di pazienza ho bisogno! Voi mi vedete qui, o dèi, come un povero vecchio, pieno di dolori e di anni con pari infelicità! Se siete voi a incitare i cuori di queste figlie contro il loro padre, non mi ingannate al punto di sopportarlo docilmente. Infondetemi un po’ di nobile ira, e non lasciate che le gocce d’acqua, armi delle donne, macchino le mie guance virili! No, o snaturate streghe, io compirò tali vendette su voi due che tutto il mondo... farò tali cose, quali ancora non so,
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 2 SCENE 2
That all the world shall – I will do such things – What they are, yet I know not; but they shall be The terrors of the earth. You think I’ll weep. No, I’ll not weep. I have full cause of weeping,
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Storm and tempest But this heart shall break into a hundred thousand flaws Or ere I’ll weep. – O Fool, I shall go mad! Exeunt Lear, Fool, Gentleman, and Gloucester CORNWALL
Let us withdraw. ’Twill be a storm.
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REGAN
This house is little. The old man and ’s people Cannot be well bestowed. GONERIL ’Tis his own blame; Hath put himself from rest, and must needs taste his folly. REGAN
For his particular I’ll receive him gladly, But not one follower. GONERIL So am I purposed. Where is my lord of Gloucester?
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CORNWALL
Followed the old man forth. [Enter the Duke of Gloucester] He is returned. GLOUCESTER
The King is in high rage. Whither is he going?
CORNWALL
GLOUCESTER
He calls to horse, but will I know not whither. CORNWALL
’Tis best to give him way. He leads himself. GONERIL (to Gloucester) My lord, entreat him by no means to stay. 2690
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO II SCENA 2
ma so che saranno il terrore della terra. Credete che piangerò? No, non piangerò. Ho tutte le ragioni per piangere, Tuoni e tempesta ma questo cuore esploderà in centomila schegge prima che io pianga. – Oh matto, Sto impazzendo! Escono Lear, il matto, il gentiluomo, e Gloucester CORNOVAGLIA
Meglio andare dentro, farà tempesta. REGAN
La casa è piccola; il vecchio e i suoi non ci possono stare bene. GONERIL
È colpa sua; si è creato la sua inquietudine, e ora gli tocca di assaggiare la sua follia. REGAN
Fosse lui da solo, lo accoglierei con gioia, ma neanche uno del seguito. GONERIL
Sono d’accordo anch’io. Dov’è il signore di Gloucester? CORNOVAGLIA
Ha seguito il vecchio che usciva. [Entra il duca di Gloucester] Ma è tornato. GLOUCESTER
Il re è in gran collera. CORNOVAGLIA
Dove si dirige? GLOUCESTER
Ha chiesto il cavallo, ma dove vada non so. CORNOVAGLIA
Meglio lasciarlo fare, è padrone di se stesso. GONERIL (a Gloucester)
Mio signore, non dovete chiedergli di restare.
2691
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 1
GLOUCESTER
Alack, the night comes on, and the high winds Do sorely ruffle. For many miles about There’s scarce a bush. REGAN O sir, to wilful men The injuries that they themselves procure Must be their schoolmasters. Shut up your doors. He is attended with a desperate train, And what they may incense him to, being apt To have his ear abused, wisdom bids fear.
475
CORNWALL
Shut up your doors, my lord. ’Tis a wild night. My Regan counsels well. Come out o’th’ storm. 3.1
480 Exeunt
Storm still. Enter the Earl of Kent disguised and [the First] Gentleman, severally
KENT
Who’s there, besides foul weather? One minded like the weather, Most unquietly. KENT I know you. Where’s the King? [FIRST] GENTLEMAN
[FIRST] GENTLEMAN
Contending with the fretful elements; Bids the wind blow the earth into the sea Or swell the curled waters ’bove the main, That things might change or cease. KENT But who is with him?
5
[FIRST] GENTLEMAN
None but the Fool, who labours to outjest His heart-struck injuries. KENT Sir, I do know you, And dare upon the warrant of my note Commend a dear thing to you. There is division, Although as yet the face of it is covered With mutual cunning, ’twixt Albany and Cornwall,
2692
10
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 1
GLOUCESTER
Ahimè, la notte si fa avanti, e i freddi venti soffiano crudeli; per molte miglia non c’è neanche un cespuglio. REGAN
Oh, signore, agli ostinati i guai che si procurano con le loro mani debbono servire da lezione. Chiudete le porte. Ha con sé un seguito di disperati, e da quello a cui costoro possono spingerlo con l’adulazione, con lui tanto incline ad ascoltarla, la saggezza deve guardarsi. CORNOVAGLIA
Chiudete le porte, mio signore; è una brutta notte. La mia Regan dice bene. Venite via dalla tempesta. Escono Ancora tempesta. Entrano il conte di Kent travestito e [il primo] gentiluomo, da porte opposte 74
III, 1 KENT
Chi va là, oltre al maltempo? [PRIMO] GENTILUOMO
Uno che è come il tempo, assai agitato. KENT
Io vi conosco. Dov’è il re? [PRIMO] GENTILUOMO
Lotta contro il furore degli elementi; comanda al vento di gettare la terra dentro il mare, oppure soffiando di gonfiare le onde sinuose fin sopra la terra, finché ogni cosa o cambi o cessi75. KENT
Ma chi è con lui? [PRIMO] GENTILUOMO
Nessuno, solo il matto, che si sforza di curare con gli scherzi le ferite del suo cuore. KENT
Signore, vi conosco, e fatto forte da quanto ho avuto modo di osservare, mi arrischio a confidarvi una faccenda delicata. C’è discordia, benché il suo viso sia tuttora mascherato dall’astuzia di entrambi, tra Albany e Cornovaglia; i quali – come si addice a coloro che le
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 2
Who have – as who have not that their great stars Throned and set high – servants, who seem no less, Which are to France the spies and speculations Intelligent of our state. What hath been seen, Either in snuffs and packings of the Dukes, Or the hard rein which both of them hath borne Against the old kind King; or something deeper, Whereof perchance these are but furnishings –
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20
[FIRST] GENTLEMAN
I will talk further with you. No, do not. For confirmation that I am much more Than my out-wall, open this purse, and take What it contains. If you shall see Cordelia – As fear not but you shall – show her this ring And she will tell you who that fellow is That yet you do not know. Fie on this storm! I will go seek the King.
KENT
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[FIRST] GENTLEMAN
Give me your hand. Have you no more to say? KENT
Few words, but to effect more than all yet: That when we have found the King – in which your pain That way, I’ll this – he that first lights on him Holla the other. Exeunt severally
30
Storm still. Enter King Lear and his Fool
3.2 LEAR
Blow, winds, and crack your cheeks! Rage, blow, You cataracts and hurricanoes, spout Till you have drenched our steeples, drowned the cocks! You sulph’rous and thought-executing fires, Vaunt-couriers of oak-cleaving thunderbolts, Singe my white head; and thou all-shaking thunder, Strike flat the thick rotundity o’th’ world, 2694
5
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 2
stelle hanno messo in trono e innalzato – hanno servi i quali tali sembrano, ma poi sono spie che a Francia riferiscono fatti e notizie del nostro stato. Quanto costoro hanno visto, vuoi sugli screzi e gli attriti tra i duchi, o sulle dure redini che entrambi hanno usato contro il vecchio e umano re, vuoi su cose più profonde, di cui questi sono forse solo sintomi...76 [PRIMO] GENTILUOMO
Ne vorrei riparlare con voi. KENT
No, non è il caso. A conferma del mio essere molto di più di quanto si veda, aprite questa borsa e prendete quello che contiene. Se vedrete Cordelia, come certo non mancherete di fare, mostratele questo anello, e lei vi dirà chi è costui che ancora non conoscete. Maledetta tempesta! Io vado a cercare il re. [PRIMO] GENTILUOMO
Datemi la mano. Non avete altro da dire? KENT
Poche parole, ma quanto a importanza, più di tutto il resto. Che quando troveremo il re – al quale scopo voi andate da questa parte, io da questa – il primo che lo vede gridi per chiamare l’altro. Escono da porte opposte Ancora tempesta. Entrano re Lear e il matto77
III, 2 LEAR
Soffiate, venti, e spaccatevi le guance! Infuriate! Soffiate! E voi, cateratte e uragani, scrosciate fino a inondare i nostri campanili e annegare i loro galli segnavento! Voi sulfurei e fulminei78 fuochi, avanguardie79 della folgore che schianta le querce, strinate la mia bianca testa! E tu, tuono che tutto scuoti, spiana la grassa rotondità
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 2
Crack nature’s moulds, all germens spill at once That makes ingrateful man. FOOL O nuncle, court holy water in a dry house is better than this rain-water out o’ door. Good nuncle, in, ask thy daughters blessing. Here’s a night pities neither wise men nor fools.
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LEAR
Rumble thy bellyful; spit, fire; spout, rain. Nor rain, wind, thunder, fire are my daughters. I tax not you, you elements, with unkindness. I never gave you kingdom, called you children. You owe me no subscription. Then let fall Your horrible pleasure. Here I stand your slave, A poor, infirm, weak and despised old man, But yet I call you servile ministers, That will with two pernicious daughters join Your high-engendered battles ’gainst a head So old and white as this. O, ho, ’tis foul! FOOL He that has a house to put ‘s head in has a good head-piece. [Sings] The codpiece that will house Before the head has any, The head and he shall louse, So beggars marry many. The man that makes his toe What he his heart should make Shall of a corn cry woe, And turn his sleep to wake – for there was never yet fair woman but she made mouths in a glass. Enter the Earl of Kent disguised LEAR
No, I will be the pattern of all patience. I will say nothing. KENT Who’s there?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 2
del mondo, infrangi le matrici della natura, e disperdi tutti quei semi che fanno l’ingrato uomo! MATTO
Oh zio, zio, sai che l’acqua santa80 in una casa asciutta è meglio di quest’acqua di pioggia all’aperto. Buon zio, rientra e chiedi perdono alle tue figlie! Questa notte non ha pietà né di savi, né di matti. LEAR
Fai rimbombare il tuo ventre! Sputa, fuoco! Vieni giù, pioggia! Né pioggia, né vento, tuono o fuoco sono mie figlie. Io non incolpo voi, o elementi, di disumanità; io non vi avevo dato un regno, né il nome di figlie. Voi non mi dovete sottomissione. E allora piombi pure il vostro orribile piacere. Io sono qua vostro schiavo, un povero, fiacco, infermo e disprezzato vecchio. Però vi dico che siete servili ministri, ché con quelle due perniciose figlie, unite le vostre truppe celesti contro una testa bianca e vecchia come la mia. Oh, oh! È un’infamia! MATTO
Colui che ha una casa dove mettere la testa ha anche la testa a posto. [Canta] Chi al riparo il pisello Prima del capo pone Crede di salvar quello Ma lo mette in prigione81. E chi si cura l’alluce E poi trascura il cuore Ha di questo gli spasimi E dei calli il dolore... perché non si è mai data donna bella che non abbia fatto le smorfie davanti allo specchio. Entra il conte di Kent travestito LEAR
No, voglio essere un modello di pazienza. Non dirò nulla. KENT
Chi va là? 2697
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 2
FOOL Marry, here’s grace and a codpiece – that’s a wise
man and a fool. KENT (to Lear) Alas, sir, are you here? Things that love night Love not such nights as these. The wrathful skies Callow the very wanderers of the dark And make them keep their caves. Since I was man Such sheets of fire, such bursts of horrid thunder, Such groans of roaring wind and rain I never Remember to have heard. Man’s nature cannot carry Th’affliction nor the fear. LEAR Let the great gods, That keep this dreadful pother o’er our heads, Find out their enemies now. Tremble, thou wretch That hast within thee undivulgèd crimes Unwhipped of justice; hide thee, thou bloody hand, Thou perjured and thou simular of virtue That art incestuous; caitiff, to pieces shake, That under covert and convenient seeming Has practised on man’s life; close pent-up guilts, Rive your concealing continents and cry These dreadful summoners grace. I am a man More sinned against than sinning. KENT Alack, bare-headed? Gracious my lord, hard by here is a hovel. Some friendship will it lend you ’gainst the tempest. Repose you there while I to this hard house – More harder than the stones whereof ’tis raised, Which even but now, demanding after you, Denied me to come in – return and force Their scanted courtesy. LEAR My wits begin to turn. (To Fool) Come on, my boy. How dost, my boy? Art cold? I am cold myself. – Where is this straw, my fellow? The art of our necessities is strange, And can make vile things precious. Come, your hovel. – 2698
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 2
MATTO
Diamine, una maestà e una brachetta82, ossia un savio e un matto. KENT (a Lear) Ahi, sire, siete qui? Neanche gli esseri83 che amano la notte amano notti come questa. I cieli inferociti atterriscono gli stessi vagabondi delle tenebre e li convincono a restare nelle loro grotte. Da quando sono adulto tali lingue di fuoco, tali orridi scoppi di tuono, tali gemiti e ululati di vento e pioggia, non ricordo di aver sentito mai. La natura dell’uomo non può sopportare afflizione o paura come questi. LEAR
I grandi dèi che fanno questo tremendo fracasso sulle nostre teste scoprano ora i loro nemici, ora. Trema, o infelice che hai dentro di te crimini ignorati e impuniti dalla giustizia; nasconditi, mano insanguinata, e tu, spergiuro, e tu, simulacro di virtù che invece sei incestuoso; trema fino a spezzarti, miserabile che sotto schietta e ingannevole apparenza hai cospirato contro una vita umana; nascoste colpe segrete, lacerate il nascondiglio che vi contiene, e chiedete a questi terribili messaggeri la grazia. Io sono più vittima che peccatore. KENT
Ma come, a testa nuda? Grazioso signore, qui accanto c’è un rifugio; vi darà un po’ di conforto contro la tempesta. Riposatevi lì mentre a quella casa crudele – più dura84 delle pietre di cui è fatta, e dove anche poco fa, quando chiedevo di voi, mi è stato negato l’accesso – io torno a far violenza alla loro avara cortesia. LEAR
Mi vacilla il cervello. (Al matto) Vieni, ragazzo mio. Come stai, piccolo? Hai freddo? Ho freddo io pure. – Dov’è questa paglia, amico? Strana l’arte dei nostri bisogni, a volte rende preziose cose
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 3
Poor fool and knave, I have one part in my heart That’s sorry yet for thee. FOOL [Sings] He that has and a little tiny wit, With heigh-ho, the wind and the rain, Must make content with his fortunes fit, Though the rain it raineth every day.
75
LEAR
True, boy. (To Kent) Come, bring us to this hovel. Exeunt Lear and Kent FOOL This is a brave night to cool a courtesan. I’ll speak
a prophecy ere I go: When priests are more in word than matter; When brewers mar their malt with water; When nobles are their tailors’ tutors, No heretics burned, but wenches’ suitors, Then shall the realm of Albion Come to great confusion. When every case in law is right; No squire in debt nor no poor knight; When slanders do not live in tongues, Nor cutpurses come not to throngs; When usurers tell their gold i’th’ field, And bawds and whores do churches build, Then comes the time, who lives to see’t, That going shall be used with feet. This prophecy Merlin shall make; for I live before his time. Exit 3.3
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Enter the Duke of Gloucester and Edmond Alack, alack, Edmond, I like not this unnatural dealing. When I desired their leave that I might pity him, they took from me the use of mine
GLOUCESTER
83. When nobles ar their tailors’ tutors: così in F; secondo Taylor i termini dovrebbero essere invertiti: when tailors are thir nobles’ tutors. 2700
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 3
vili. Su, al tuo rifugio. – Povero matto, bricconcello mio, c’è un angolo del mio cuore che si affligge anche per te. MATTO [canta] 85 Chi possiede un briciolo di senno Con il vento, ohilà, e con la pioggia, Di quel poco dovrà restar contento, Ché la pioggia non ci lascia mai... LEAR
Giusto, ragazzo. (A Kent) Su, portaci a questo rifugio. Escono Lear e Kent MATTO
Ottima notte per raffreddare gli ardori di una cortigiana. Voglio fare una profezia prima di andare: Più fatti che parole i preti ci daranno E con l’acqua i birrai la birra allungheranno; I nobili saranno dei lor sarti i tutori, Sul rogo bruceranno soltanto i seduttori86; Regnerà la giustizia in ogni tribunale, Non ci sarà scudiero che se la passi male; Le calunnie nessuno verrà più ad ascoltare, La borsa nella folla nessun vorrà tagliare; Con l’oro gli usurai faranno grandi spese, Le ruffiane e le troie edificheran chiese. Se accade tutto questo, il reame di Albione Finirà finalmente in piena confusione; Ecco dunque il momento, e chi è vivo lo vede, Che chi vuol camminare lo fa muovendo il piede. Questa profezia la farà Merlino, perché io vivo prima del suo tempo87. Esce III, 3
Entrano il duca di Gloucester e Edmond
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GLOUCESTER
Ahi, ahi, ahi! Edmond, non mi va questa condotta snaturata. Quando gli ho chiesto licenza di soccorrerlo, mi hanno tolto l’uso
2701
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
own house, charged me on pain of perpetual displeasure neither to speak of him, entreat for him, or any way sustain him. EDMOND Most savage and unnatural! GLOUCESTER Go to, say you nothing. There is division between the Dukes, and a worse matter than that. I have received a letter this night – ’tis dangerous to be spoken – I have locked the letter in my closet. These injuries the King now bears will be revenged home. There is part of a power already footed. We must incline to the King. I will look him and privily relieve him. Go you and maintain talk with the Duke, that my charity be not of him perceived. If he ask for me, I am ill and gone to bed. If I die for’t – as no less is threatened me – the King my old master must be relieved. There is strange things toward, Edmond; pray you be careful. Exit
6
EDMOND
This courtesy, forbid thee, shall the Duke Instantly know, and of that letter too. This seems a fair deserving, and must draw me That which my father loses: no less than all. The younger rises when the old doth fall. Enter King Lear, the Earl of Kent disguised, and Lear’s Fool
3.4 KENT
Here is the place, my lord. Good my lord, enter. The tyranny of the open night’s too rough For nature to endure. Storm still LEAR
Let me alone.
KENT
Good my lord, enter here. LEAR
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Wilt break my heart?
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Exit
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
della mia stessa casa, ordinandomi sotto pena di perpetuo sfavore di non parlare di lui, di non intercedere per lui, e di non sostenerlo in alcun modo. EDMOND
Che cosa feroce e contro natura! GLOUCESTER
Taci, non dire niente. C’è discordia fra i duchi, e anche di peggio. Ho ricevuto una lettera questa notte – è gran rischio parlarne – l’ho chiusa a chiave nel mio scrittoio. I torti che il re sta ricevendo saranno vendicati come si deve. C’è un esercito che in parte è già sbarcato. Dobbiamo restare vicini al re. Ora io lo cercherò e lo aiuterò in segreto; tu intanto mantieni i contatti col duca, che non si accorga del mio soccorso. Se chiede di me, non sto bene e sono andato a letto. Se morirò per questo – a questo arrivano le loro minacce – il re mio vecchio padrone va portato in salvo. Ci sono strane cose che incombono, Edmond. Mi raccomando, sii prudente. Esce EDMOND
Questo intervento umanitario proibito sarà all’istante riferito al duca, e anche di questa lettera. Mi sembra un buon titolo di merito, e potrà darmi quello che mio padre perderà, ossia, tutto. Sale il giovane, quando il vecchio cade. Esce Entrano re Lear, il conte di Kent travestito, e il matto di Lear89
III, 4 KENT
Siamo arrivati, mio signore; buon signore, entrate. La tirannia della notte all’addiaccio è troppo dura, la natura non la sopporta. La tempesta continua LEAR
Lasciami solo. KENT
Signore, vi prego, entrate qui. LEAR
Vuoi spezzarmi il cuore? 2703
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
KENT
I had rather break mine own. Good my lord, enter.
5
LEAR
Thou think’st ’tis much that this contentious storm Invades us to the skin. So ’tis to thee; But where the greater malady is fixed, The lesser is scarce felt. Thou’dst shun a bear, But if thy flight lay toward the roaring sea Thou’dst meet the bear i’th’ mouth. When the mind’s free, The body’s delicate. This tempest in my mind Doth from my senses take all feeling else Save what beats there: filial ingratitude. Is it not as this mouth should tear this hand For lifting food to’t? But I will punish home. No, I will weep no more. – In such a night To shut me out? Pour on, I will endure. In such a night as this! O Regan, Goneril, Your old kind father, whose frank heart gave all – O, that way madness lies. Let me shun that. No more of that. KENT Good my lord, enter here.
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LEAR
Prithee, go in thyself. Seek thine own ease. This tempest will not give me leave to ponder On things would hurt me more; but I’ll go in. (To Fool) In, boy; go first. [Kneeling] You houseless poverty – Nay, get thee in. I’ll pray, and then I’ll sleep. Exit Fool Poor naked wretches, wheresoe’er you are, That bide the pelting of this pitiless storm, How shall your houseless heads and unfed sides, Your looped and windowed raggedness, defend you
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10. Roaring = “ruggente”: così in Qb e F; in Qa e Q2 raging, che si segue nella traduzione. 12. This: così in Qb; in Qa, Q2 e F the. 2704
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
KENT
Prima spezzerei il mio. Da bravo, signore, entrate. LEAR
Ti sembra tanto che questo litigioso uragano ci entri dentro fino alle ossa. Così è per te; ma dove un gran male si è insediato, quello inferiore non si avverte. Davanti a un orso, fuggi; ma se fuggendo finisci verso il mare infuriato, affronti le mascelle dell’orso. Quando la mente è sgombra, il corpo è sensibilissimo; ma questa tempesta nella mia mente da tutti i miei sensi toglie ogni sofferenza eccetto quella che mi pulsa dentro: l’ingratitudine filiale. Non è come se questa bocca mordesse questa mano perché le porta il cibo? Ma saprò punire. No, non voglio piangere più. – In una notte come questa chiudermi fuori! Scroscia, pioggia: posso accettarlo. In una notte così! Oh, Regan, Goneril, il buon vecchio padre vostro, che tutto vi diede con cuore sincero! No! Questa è la strada della follia; voglio evitarla. Ora basta. KENT
Buon signore, entrate qui. LEAR
Ti prego, entra tu, invece. Cerca il tuo sollievo. Questa tempesta non mi dà tregua per pensare a cose che mi affliggono di più. Ma sì, entro. (Al matto) Dentro, ragazzo; prima tu. [Si inginocchia] Povertà senza tetto... Sì, entra. Io voglio pregare, e poi dormirò. Il matto esce Poveri disgraziati nudi, in qualunque luogo vi troviate a offrirvi al furore di questa spietata tempesta, come faranno senza un tetto quei vostri fianchi digiuni, i buchi e le finestre di quegli stracci, a
2705
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
From seasons such as these? O, I have ta’en Too little care of this. Take physic, pomp, Expose thyself to feel what wretches feel, That thou mayst shake the superflux to them And show the heavens more just.
35
Enter Lear’s Fool, [and Edgar as a Bedlam beggar in the hovel] EDGAR
Fathom and half! Fathom and half! Poor Tom! FOOL Come not in here, nuncle. Here’s a spirit. Help me,
help me! KENT Give me thy hand. Who’s there?
40
FOOL A spirit, a spirit. He says his name’s Poor Tom. KENT
What art thou that dost grumble there i’th’ straw? Come forth. [Edgar comes forth] Away, the foul fiend follows me. Thorough the sharp hawthorn blow the winds. Hm! Go to thy cold bed and warm thee.
EDGAR
LEAR
Didst thou give all to thy two daughters, And art thou come to this? EDGAR Who gives anything to Poor Tom, whom the foul fiend hath led through fire and through flame, through ford and whirlpool, o’er bog and quagmire; that hath laid knives under his pillow and halters in his pew, set ratsbane by his porridge, made him proud of heart to ride on a bay trotting-horse over four-inched bridges, to course his own shadow for a traitor. Bless thy five wits, Tom’s a-cold! O, do, de, do, de, do de. Bless thee from whirlwinds, star-blasting, and taking. Do Poor Tom some
45. Cold: così in Q, assente in F. 46. Two: così in Q, assente in F. 2706
45
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
difendervi da una stagione come questa? Oh, io ho sempre trascurato queste cose! Fasto, ecco la tua cura: esponiti a tutto quello che i miseri sentono, così da poterti spogliare del superfluo90 e darlo a loro, e mostrare un cielo più giusto. Entrano il matto di Lear [e Edgar come mendicante di Bedlam, nel rifugio] EDGAR
Una tesa e mezza, una tesa e mezza! Povero Tom! MATTO
Non entrare lì, zietto: c’è un fantasma. Aiuto! Aiuto! KENT
Dammi la mano. Chi c’è? MATTO
Un fantasma, un fantasma: dice che si chiama povero Tom. KENT
Chi sei tu che grufoli lì nella paglia? Vieni fuori. [Edgar viene avanti] EDGAR
Via! Il brutto diavolo mi segue! Il vento soffia sui rovi del biancospino91. Uuuh! Vai sotto le coperte e riscaldati. LEAR
Hai dato tutto alle tue figlie? E ti sei ridotto in questo stato? EDGAR
Chi dà qualcosa al povero Tom, che il brutto diavolo ha inseguito per il fuoco e per la fiamma, per il guado e per il gorgo, per la palude e pel pantano; e gli ha messo i coltelli sotto il guanciale e il capestro sull’inginocchiatoio, e il veleno per i topi nella minestra92; per renderlo superbo lo ha fatto trottare su un baio oltre ponti di quattro pollici, a rincorrere la sua ombra come fosse un traditore. Benedetti i tuoi cinque sensi93! Tom ha freddo. Oh! Brr-brr-brrbrrr94! Dio ti protegga dalle raffiche, dalle male stelle e dai contagi!
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
charity, whom the foul fiend vexes. There could I have him now, and there, and there again, and there. Storm still LEAR
Has his daughters brought him to this pass? (To Edgar) Couldst thou save nothing? Wouldst thou give ’em all? FOOL Nay, he reserved a blanket, else we had been all shamed. LEAR (to Edgar) Now all the plagues that in the pendulous air Hang fated o’er men’s faults light on thy daughters! KENT He hath no daughters, sir.
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LEAR
Death, traitor! Nothing could have subdued nature To such a lowness but his unkind daughters. (To Edgar) Is it the fashion that discarded fathers Should have thus little mercy on their flesh? Judicious punishment: ’twas this flesh begot Those pelican daughters. EDGAR Pillicock sat on Pillicock Hill; alow, alow, loo, loo. FOOL This cold night will turn us all to fools and madmen. EDGAR Take heed o’th’ foul fiend; obey thy parents; keep thy words’ justice; swear not; commit not with man’s sworn spouse; set not thy sweet heart on proud array. Tom’s a-cold. LEAR What hast thou been? EDGAR A servingman, proud in heart and mind, that curled my hair, wore gloves in my cap, served the lust of my mistress’ heart, and did the act of darkness with her; swore as many oaths as I spake words, and broke them in the sweet face of heaven; one that slept in the contriving of lust, and waked to do it. Wine loved I
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72. Alow, alow, loo, loo: così in F; in Q a lo lo, forse il ritornello di una ballata. 2708
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
Fate la carità al povero Tom, che il brutto diavolo tormenta. Potessi acchiapparlo così, e così, e poi così, e così95. La tempesta continua LEAR
Le sue figlie lo hanno conciato così? (A Edgar) Non hai salvato niente? Gli hai dato proprio tutto? MATTO
No, si è tenuto una coperta, altrimenti saremmo arrossiti tutti quanti. LEAR (a Edgar) E allora che tutte le pestilenze che sospese nell’aria incombono sulle colpe degli uomini, ricadano sulle tue figlie! KENT
Ma non ha figlie, sire. LEAR
Morte a te, mentitore! Niente avrebbe potuto umiliare la natura fino a un grado così infimo se non delle figlie disumane. (A Edgar) È l’usanza che i padri ripudiati abbiano così poca pietà della loro carne? Saggia punizione! È stata questa carne a procreare quelle dure figlie di pellicano96. EDGAR
Pellidure pellimolle se ne stava in cima al colle. Pirulì, pirulì! MATTO
Il freddo di questa notte ci trasformerà in tanti matti e buffoni. EDGAR
Attenti al brutto diavolo. Obbedisci ai genitori; mantieni la parola data; non bestemmiare; non commettere atti impuri con una donna sposata; non bramare vesti sgargianti97. Tom ha freddo. LEAR
Che cosa eri tu? EDGAR
Un servo, superbo d’animo e di cuore. Mi arricciavo i capelli, portavo sul berretto il guanto della mia bella, saziavo la lussuria della padrona, e con lei facevo la cosa che si fa al buio; pronunciavo più giuramenti che parole, e li infrangevo davanti al dolce viso del cielo; ero uno che si addormentava pensando a un atto lascivo, e 2709
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
deeply, dice dearly, and in woman out-paramoured the Turk. False of heart, light of ear, bloody of hand; hog in sloth, fox in stealth, wolf in greediness, dog in madness, lion in prey. Let not the creaking of shoes nor the rustling of silks betray thy poor heart to woman. Keep thy foot out of brothels, thy hand out of plackets, thy pen from lenders’ books, and defy the foul fiend. Still through the hawthorn blows the cold wind, says suum, mun, nonny. Dauphin, my boy! Boy, cessez; let him trot by.
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Storm still LEAR Thou wert better in a grave than to answer with
thy uncovered body this extremity of the skies. Is man no more than this? Consider him well. Thou owest the worm no silk, the beast no hide, the sheep no wool, the cat no perfume. Ha, here’s three on ‘s are sophisticated; thou art the thing itself. Unaccommodated man is no more but such a poor, bare, forked animal as thou art. Off, off, you lendings! Come, unbutton here.
103
Enter the Duke of Gloucester with a torch FOOL Prithee, nuncle, be contented. ’Tis a naughty night
to swim in. Now a little fire in a wild field were like an old lecher’s heart – a small spark, all the rest on ‘s body cold. Look, here comes a walking fire. EDGAR This is the foul fiend Flibbertigibbet. He begins at curfew and walks till the first cock. He gives the web
92. Say suum, mun, nonny: così in F; in Q hay no on ny: onomatopee per il suono del vento. 93. Cessez: emend. per sesey (trascrizione secondo la pronuncia francese): così in F; in Q cease = “cessare”. 102-103. Come, unbutton here: così in F; in Qa e Q2 come on, be true = “avanti dì la verità”; in Qb come on = “avanti”. 2710
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
si svegliava per compierlo. Il vino lo amavo con passione, i dadi con trasporto, e le donne come nemmeno il gran sultano; falso di cuore, facile d’orecchio, sanguinario di mano: un cinghiale per la pigrizia, una volpe per l’astuzia, un lupo per l’avidità, un cane per la follia, un leone per la prepotenza. Né le scarpe scricchiolanti98 né le sete fruscianti consegnino mai il tuo povero cuore a una femmina; tieni il piede lontano dai bordelli, la mano dagli spacchi delle sottane, la penna dai registri degli usurai, e la farai in barba al brutto diavolo. Però il vento freddo soffia sempre sui biancospini. Dice vuuu, huuu99, ehilà. Delfino100, ragazzo mio, su, su! Ragazzo, cessez101; lascialo andar via al trotto. La tempesta continua LEAR
Staresti meglio in una tomba, che a opporre il tuo corpo indifeso a questo scatenamento dei cieli. L’uomo non è dunque più di questo? Consideratelo bene. Tu non sei in debito col verme per la seta, né col daino per la pelle, né con la pecora per la lana, né con lo zibetto per il profumo102. Ecco! Qui tre di noi sono sofisticati; tu sei la cosa in sé. Senza aggiustamenti l’uomo non è più di questo povero, spoglio animale forcuto103 che tu incarni. E allora via, via, cose prese a prestito! Vieni, sbottona qui104. Entra il duca di Gloucester con una torcia MATTO
Ti prego, zietto, stai tranquillo. È una brutta notte per nuotare. Ora un focherello in un campo deserto sarebbe come il cuore di un vecchio libidinoso – una piccola scintilla, e tutto il resto del corpo, freddo. Guarda! Arriva un fuoco ambulante. EDGAR
Uh! Questo è il brutto diavolo Flibbertigibbet105! Lui comincia al coprifuoco e si aggira fino al canto del gallo. Fa venire gli arrossa-
2711
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
and the pin, squints the eye, and makes the harelip; mildews the white wheat, and hurts the poor creature of earth. [Sings] Swithin footed thrice the wold, A met the night mare and her nine foal, Bid her alight And her troth plight, And aroint thee, witch, aroint thee! KENT (to Lear) How fares your grace? LEAR What’s he? KENT (to Gloucester) Who’s there? What is’t you seek? GLOUCESTER What are you there? Your names? EDGAR Poor Tom, that eats the swimming frog, the toad, the tadpole, the wall-newt and the water; that in the fury of his heart, when the foul fiend rages, eats cowdung for salads, swallows the old rat and the ditchdog, drinks the green mantle of the standing pool; who is whipped from tithing to tithing, and stocked, punished, and imprisoned; who hath had three suits to his back, six shirts to his body, Horse to ride, and weapon to wear; But mice and rats and such small deer Have been Tom’s food for seven long year. Beware my follower. Peace, Smulkin; peace, thou fiend! GLOUCESTER (to Lear) What, hath your grace no better company?
112
115
120
130
EDGAR
The Prince of Darkness is a gentleman. Modo he’s called, and Mahu.
135
108. Fiend: così in Q, assente in F. 109. Till the first cock: così in Q; in F at first cock. 114. Foal: emend. Oxford; in Q e F fold, probabile forma alternativa a foal. 2712
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
menti e la cataratta, gli occhi storti e il labbro leporino, attacca la ruggine al grano giovane e affligge le povere creature della terra. [Canta] Swithin106 va per la brughiera Con la cavalla tutta nera E le monta sulla groppa Nella notte poi galoppa... Pussa via, brutta strega! KENT (a Lear) Come state, sire? LEAR
Chi è? KENT (a Gloucester)
Chi va là? Cos’è che cercate? GLOUCESTER
Chi siete voialtri? I vostri nomi? EDGAR
Povero Tom, che mangia la rana nuotatrice, il rospo, il girino, la lucertola e il tritone; che nella furia del suo cuore, quando il brutto diavolo lo tormenta, mangia sterco di vacca invece dell’insalata; manda giù il topo vecchio e le carogne di cane107; beve il verde manto della pozza stagnante; e lo cacciano a frustate da tutte le parrocchie, e lo mettono alla gogna, e in prigione; ha tre vestiti per il groppone e sei camicie per il corpo. Ce l’ha il cavallo, le armi ed i panni, Ma sorci, topi e barbagianni108 Sol mangia Tom da più di sett’anni. Attenti a quello che mi segue. Buono, Smulkin109! Stai fermo, demonio! GLOUCESTER (a Lear) Cosa? La vostra grazia non ha migliore compagnia? EDGAR
Il principe delle tenebre è un gentiluomo. Modo, si chiama, e anche Mahu110.
2713
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 4
GLOUCESTER (to Lear)
Our flesh and blood, my lord, is grown so vile That it doth hate what gets it. EDGAR Poor Tom’s a-cold. GLOUCESTER (to Lear) Go in with me. My duty cannot suffer T’obey in all your daughters’ hard commands. Though their injunction be to bar my doors And let this tyrannous night take hold upon you, Yet have I ventured to come seek you out And bring you where both fire and food is ready.
140
LEAR
First let me talk with this philosopher. (To Edgar) What is the cause of thunder?
145
KENT
Good my lord, take his offer; go into th’ house. LEAR
I’ll talk a word with this same learnèd Theban. (To Edgar) What is your study? EDGAR
How to prevent the fiend, and to kill vermin. LEAR
Let me ask you one word in private.
150
They converse apart KENT (to Gloucester)
Importune him once more to go, my lord. His wits begin t’unsettle. GLOUCESTER Canst thou blame him? Storm still His daughters seek his death. Ah, that good Kent, He said it would be thus, poor banished man! Thou sayst the King grows mad; I’ll tell thee, friend, I am almost mad myself. I had a son, Now outlawed from my blood; a sought my life But lately, very late. I loved him, friend;
2714
154
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 4
GLOUCESTER (a Lear)
La nostra carne e sangue, mio signore, sono così vili ormai che odiano chi le ha fatte. EDGAR
Il povero Tom ha freddo. GLOUCESTER (a Lear)
Venite con me. Il mio dovere non sopporta di obbedire a tutti gli ordini spietati delle vostre figlie. Anche se mi hanno imposto di sbarrarvi le porte lasciandovi in balia di questa notte tiranna, mi sono avventurato alla vostra ricerca per portarvi là dove cibo e fuoco vi aspettano. LEAR
Prima voglio parlare con questo filosofo. (A Edgar) Qual è la causa del tuono? KENT
Buon signore, accettate l’offerta. Andate in casa. LEAR
Voglio dire una parola a questo dotto tebano111. (A Edgar) Che cosa studi? EDGAR
Come ingannare il diavolo e uccidere gli insetti nocivi. LEAR
Ti voglio dire una parola in privato. Parlano a parte KENT (a Gloucester)
Insistete ancora perché vada, signore. La sua ragione comincia a vacillare. GLOUCESTER
Come biasimarlo? La tempesta continua Le sue figlie vogliono la sua morte. Ah! Quel bravo Kent, che è stato esiliato, poveretto: lo aveva detto, lui! Dici che il re impazzisce. Amico, io ti dico che sono quasi impazzito anch’io. Avevo un figlio e ora l’ho bandito dal mio sangue. Ha attentato alla mia vita da poco, pochissimo; e io lo amavo, amico, nessun padre teneva di più
2715
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 5
No father his son dearer. True to tell thee, The grief hath crazed my wits. What a night’s this! (To Lear) I do beseech your grace – LEAR O, cry you mercy, sir! (To Edgar) Noble philosopher, your company. EDGAR Tom’s a-cold.
159
GLOUCESTER
In, fellow, there in t’hovel; keep thee warm. LEAR
Come, let’s in all. KENT
This way, my lord.
With him! I will keep still with my philosopher. KENT (to Gloucester) Good my lord, soothe him; let him take the fellow. GLOUCESTER Take him you on. KENT [to Edgar] Sirrah, come on. Go along with us. LEAR (to Edgar) Come, good Athenian. GLOUCESTER No words, no words. Hush. LEAR
165
EDGAR
Child Roland to the dark tower came, His word was still ‘Fie, fo, and fum; I smell the blood of a British man.’ 3.5
170 Exeunt
Enter the Duke of Cornwall and Edmond
CORNWALL I will have my revenge ere I depart his house. EDMOND How, my lord, I may be censured, that nature
thus gives way to loyalty, something fears me to think of.
2716
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 5
a suo figlio. Ti dico la verità, il dolore mi ha sconvolto la ragione. Che notte è questa! (A Lear) Voglio pregare vostra grazia... LEAR
Oh, abbiate pazienza, signore! (A Edgar) Nobile filosofo, la vostra compagnia. EDGAR
Tom ha freddo. GLOUCESTER
Dentro, amico, dentro il riparo; mettiti al caldo. LEAR
Andiamo dentro tutti. KENT
Di qui, signore. LEAR
Andate con lui! Voglio restare ancora col mio filosofo. KENT (a Gloucester)
Signore, assecondatelo; ditegli di portarselo dietro. GLOUCESTER
Portatelo con voi. KENT [a Edgar]
Vieni, ragazzo; vieni con noi. LEAR (a Edgar)
Vieni, buon ateniese. GLOUCESTER
Niente parole, niente parole. Silenzio. EDGAR
E venne Orlando112 cavalier senza inganno, E disse, amici vi tolgo l’affanno, Sento l’odore di sangue britanno. Escono III, 5
Entrano il duca di Cornovaglia e Edmond113
CORNOVAGLIA
Voglio la mia vendetta prima di andar via dalla sua casa. EDMOND
Il pensiero di come sarò criticato, mio signore, perché la natura ha ceduto il passo alla lealtà, mi spaventa. 2717
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 6
CORNWALL I now perceive it was not altogether your
brother’s evil disposition made him seek his death, but a provoking merit set a-work by a reprovable badness in himself. EDMOND How malicious is my fortune, that I must repent to be just! This is the letter which he spoke of, which approves him an intelligent party to the advantages of France. O heavens, that this treason were not, or not I the detector! CORNWALL Go with me to the Duchess. EDMOND If the matter of this paper be certain, you have mighty business in hand. CORNWALL True or false, it hath made thee Earl of Gloucester. Seek out where thy father is, that he may be ready for our apprehension. EDMOND [aside] If I find him comforting the King, it will stuff his suspicion more fully. (To Cornwall) I will persever in my course of loyalty, though the conflict be sore between that and my blood. CORNWALL I will lay trust upon thee, and thou shalt find a dearer father in my love. Exeunt 3.6
8
14
19
Enter the Earl of Kent disguised, and the Duke of Gloucester
GLOUCESTER Here is better than the open air; take it
thankfully. I will piece out the comfort with what addition I can. I will not be long from you. KENT All the power of his wits have given way to his impatience; the gods reward your kindness! Exit Gloucester
25. Dearer: così in Q; in F dear. 2718
5
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 6
CORNOVAGLIA
Ora mi rendo conto che non fu del tutto per malvagità che tuo fratello attentasse alla sua vita. Fu un’azione meritoria, messa in moto dalla riprovevole nequizia di tuo padre. EDMOND
Triste sorte, la mia, che devo pentirmi di essere giusto! Questa è la lettera di cui parlava, che lo dimostra agente informatore al servizio della Francia. Cielo! Vorrei che non ci fosse tradimento, o almeno che non fossi stato io a rivelarlo! CORNOVAGLIA
Vieni con me dalla duchessa. EDMOND
Se quello che dice questo foglio è vero, avete un grosso problema fra le mani. CORNOVAGLIA
Vero o falso, ti ha fatto signore di Gloucester. Vedi di trovare tuo padre, che si possa catturarlo al più presto. EDMOND [a parte] Se lo trovo che soccorre il re, la cosa rafforzerà i suoi sospetti. (A Cornovaglia) Continuerò lungo il mio cammino di lealtà, anche se è doloroso il conflitto fra di essa e il mio sangue. CORNOVAGLIA
Mi fido di te; e tu in me troverai un padre più affettuoso. Escono Entrano il conte di Kent travestito, e il duca di Gloucester 114
III, 6
GLOUCESTER
Qui si sta meglio che all’aperto, contentatevi. Cercherò di rendere il luogo più accogliente; non mi assento per molto. KENT
Tutte le forze della sua ragione hanno ceduto davanti alla sua inquietudine. Gli dèi ricompensino il vostro buon cuore! Gloucester esce
2719
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 6
Enter King Lear, Edgar as a Bedlam beggar, and Lear’s Fool EDGAR Frateretto calls me, and tells me Nero is an angler
in the lake of darkness. Pray, innocent, and beware the foul fiend. FOOL Prithee, nuncle, tell me whether a madman be a gentleman or a yeoman. LEAR A king, a king! FOOL No, he’s a yeoman that has a gentleman to his son; for he’s a mad yeoman that sees his son a gentleman before him.
10
LEAR
To have a thousand with red burning spits Come hissing in upon ’em! EDGAR Bless thy five wits. KENT (to Lear) O, pity! Sir, where is the patience now That you so oft have boasted to retain? EDGAR (aside) My tears begin to take his part so much They mar my counterfeiting. LEAR The little dogs and all, Tray, Blanch, and Sweetheart – see, they bark at me. EDGAR Tom will throw his head at them. – Avaunt, you curs! Be thy mouth or black or white, Tooth that poisons if it bite, Mastiff, greyhound, mongrel grim, Hound or spaniel, brach or him, Bobtail tyke or trundle-tail, Tom will make him weep and wail;
15
19
25
28. Tyke: così in Q e F4; in F1 tight = “vivace”, o anche “fedele” (come aggettivo); inutili, dal punto di vista della traduzione, i tentativi di normalizzazione del linguaggio del finto mendicante, irridente proprio nei confronti di qualsiasi spunto in questo senso. 2720
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 6
Entrano re Lear, Edgar come un mendicante di Bedlam, e il matto di Lear EDGAR
Frateretto115 mi chiama e mi dice che Nerone è a pesca nel lago delle tenebre116. Prega, innocente, e attento al brutto diavolo! MATTO
Per favore, zietto, dimmi se un pazzo è un gentiluomo o un borghese. LEAR
Un re, un re! MATTO
No, è un borghese che ha un figlio gentiluomo, perché è pazzo il borghese che vede il figlio gentiluomo prima di lui. LEAR
Averne mille con spiedi roventi che le aggrediscano sibilando! 117 EDGAR
Benedetti i tuoi cinque sensi! KENT (a Lear)
Per pietà, sire, dov’è quella pazienza che tanto spesso vi siete vantato di possedere? EDGAR (a parte) Le mie lacrime cominciano a prendere talmente le sue parti, da compromettere il mio travestimento. LEAR
Anche tutti i cagnolini, Trey, Blanche e Sweetheart: guarda, abbaiano a me. EDGAR
Tom gli tira la sua testa. – Via, cagnacci! Abbi il muso bianco o nero, Sia il tuo morso velenoso, Sii mastin, bracco o levriero, Lupo o botolo ringhioso, Coda mozza, orecchie a cresta, Tutti Tom vi fa guaire:
2721
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 6
For with throwing thus my head, Dogs leapt the hatch, and all are fled. Do, de, de, de. Sese! Come, march to wakes and fairs And market towns. Poor Tom, thy horn is dry. LEAR Then let them anatomize Regan; see what breeds about her heart. Is there any cause in nature that makes these hard-hearts? (To Edgar) You, sir, I entertain for one of my hundred, only I do not like the fashion of your garments. You will say they are Persian; but let them be changed.
30
KENT
Now, good my lord, lie here and rest a while.
40
LEAR Make no noise, make no noise. Draw the curtains.
So, so. We’ll go to supper i’th’ morning. [He sleeps] FOOL And I’ll go to bed at noon.
Enter the Duke of Gloucester GLOUCESTER (to Kent)
Come hither, friend. Where is the King my master? KENT
Here, sir, but trouble him not; his wits are gone.
45
GLOUCESTER
Good friend, I prithee take him in thy arms. I have o’erheard a plot of death upon him. There is a litter ready. Lay him in’t And drive toward Dover, friend, where thou shalt meet Both welcome and protection. Take up thy master. If thou shouldst dally half an hour, his life, With thine and all that offer to defend him,
50
32. Do, de, de, de, sese: così in F; in Q loodla doodla. V. nota precedente (III, 6, 28). 2722
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 6
Se vi tiro la mia testa Non potrete che fuggire. Brr, brr, brrr! Sciò118! Via, in marcia verso veglie, fiere e mercati. Povero Tom ha il piatto vuoto119. LEAR
E dunque si anatomizzi Regan, si veda cosa le cresce intorno al cuore. Esiste in natura una causa qualunque che indurisca i cuori in questo modo? (A Edgar) Te, messere, ti arruolo fra i miei cento. Solo, non mi piace come ti vesti. Mi dirai che è un costume persiano; d’accordo, ma cambialo. KENT
Ora però, signore, distendetevi. Riposatevi un poco. LEAR
Non fate chiasso, non fate chiasso; chiudete le tende; sì, così. Ceneremo domattina. [Dorme] MATTO
E io andrò a letto a mezzogiorno120. Entra il duca di Gloucester GLOUCESTER (a Kent)
Vieni qui, amico. Dov’è il re mio signore? KENT
Qui, signore. Ma lasciatelo in pace, è uscito di senno. GLOUCESTER
Ti prego, amico, prendilo in braccio. Ho sentito di un complotto per ucciderlo. C’è una lettiga lì pronta. Metticelo subito e partite per Dover, dove troverete buone accoglienze e protezione. Prendi il tuo padrone; dovessi attardarti mezz’ora, la sua vita con la tua e con quelle di chiunque voglia difenderlo corrono rischi certi. Pren-
2723
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 7
Stand in assurèd loss. Take up, take up, And follow me, that will to some provision Give thee quick conduct. Come, come away.
55
Exeunt, [Kent carrying Lear in his arms] Enter the Duke of Cornwall, Regan, Goneril, Edmond the bastard, and Servants
3.7
CORNWALL (to Goneril)
Post speedily to my lord your husband. Show him this letter. The army of France is landed. (To Servants) Seek out the traitor Gloucester. Exeunt some Hang him instantly.
REGAN GONERIL
Pluck out his eyes. Leave him to my displeasure. Edmond, keep you our sister company. The revenges we are bound to take upon your traitorous father are not fit for your beholding. Advise the Duke where you are going, to a most festinate preparation; we are bound to the like. Our posts shall be swift and intelligent betwixt us. (To Goneril) Farewell, dear sister. (To Edmond) Farewell, my lord of Gloucester.
CORNWALL
5
11
Enter Oswald the steward How now, where’s the King? OSWALD
My lord of Gloucester hath conveyed him hence. Some five- or six-and-thirty of his knights, Hot questrists after him, met him at gate, Who, with some other of the lord’s dependants, Are gone with him toward Dover, where they boast To have well-armèd friends. CORNWALL Get horses for your mistress. Exit Oswald
15
53. Take up, take up: così in F; in Qa e Q2 take up to keep; in Qb take up the King. 2724
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 7
dilo, prendilo e seguimi, e ti condurrò velocemente dove avrete qualche primo soccorso. Escono, [con Kent che porta in braccio Lear]121 Entrano il duca di Cornovaglia, Regan, Goneril, Edmond il bastardo, e servi122
III, 7
CORNOVAGLIA (a Goneril)
Andate subito dal vostro signor marito. Mostrategli questa lettera. L’esercito di Francia è sbarcato. (Ai servi) Cercate quel traditore di Gloucester. Escono dei servi REGAN
Impiccatelo subito. GONERIL
Cavategli gli occhi! CORNOVAGLIA
Lasciatelo alla mia collera. Edmond accompagna nostra sorella. Le vendette che dobbiamo compiere contro il traditore tuo padre non è il caso che tu le guardi. Avverti il duca dove sei diretto di prepararsi con la massima rapidità; noi faremo lo stesso. Ci scambieremo messi veloci e accorti. (A Goneril) Buon viaggio, cara sorella. (A Edmund) Buon viaggio, signore di Gloucester. Entra Oswald il maggiordomo Allora, dov’è il re? OSWALD
Il mio signore di Gloucester lo ha portato lontano. Trentacinque o trentasei dei suoi cavalieri che si erano gettati alla sua ricerca123, lo hanno incontrato alla porta e con altri uomini del conte vanno con lui verso Dover, dove vantano amici bene armati. CORNOVAGLIA
Prepara i cavalli per la tua signora. Oswald esce
2725
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 7
GONERIL Farewell, sweet lord, and sister.
20
CORNWALL
Edmond, farewell. Exeunt Goneril and Edmond (To Servants) Go seek the traitor Gloucester. Pinion him like a thief; bring him before us. Exeunt other Servants Though well we may not pass upon his life Without the form of justice, yet our power Shall do a curtsy to our wrath, which men May blame but not control.
25
Enter the Duke of Gloucester and Servants Who’s there – the traitor? REGAN
Ingrateful fox, ’tis he. CORNWALL (to Servants) Bind fast his corky arms. GLOUCESTER
What means your graces? Good my friends, consider You are my guests. Do me no foul play, friends. CORNWALL (to Servants) Bind him, I say. REGAN Hard, hard! O filthy traitor!
30
GLOUCESTER
Unmerciful lady as you are, I’m none. CORNWALL (to Servants) To this chair bind him. (To Gloucester) Villain, thou shalt find – Regan plucks Gloucester’s beard GLOUCESTER
By the kind gods, ’tis most ignobly done, To pluck me by the beard. REGAN So white, and such a traitor?
2726
35
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 7
GONERIL
Addio, amabile signore. Addio, sorella. CORNOVAGLIA
Addio, Edmond. Escono Goneril e Edmond [Ai servi] Cercate il traditore Gloucester, legatelo come un ladro e portatecelo qui. Escono altri servi A morte non possiamo condannarlo senza un processo formale, ma il nostro potere renderà omaggio alla nostra ira, che gli uomini possono deplorare ma non controllare. Entra il duca di Gloucester con servi Chi c’è? Il traditore? REGAN
Volpe ingrata. È lui! CORNOVAGLIA (ai servi)
Legategli quelle braccia avvizzite. GLOUCESTER
Che fanno le vostre grazie? Buoni amici, considerate che siete miei ospiti. Non mi fate torto, amici. CORNOVAGLIA (ai servi) Ho detto di legarlo. REGAN
Stretto, stretto! Schifoso traditore! GLOUCESTER
Spietata signora, non lo sono. CORNOVAGLIA (ai servi) Legatelo a questa sedia. Manigoldo, la vedrai... Regan tira la barba a Gloucester GLOUCESTER
Per tutti gli dèi, è un’azione ignobile, voi mi strappate la barba! REGAN
Così bianco, e così traditore!
2727
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 7
GLOUCESTER Naughty lady,
These hairs which thou dost ravish from my chin Will quicken and accuse thee. I am your host. With robbers’ hands my hospitable favours You should not ruffle thus. What will you do?
40
CORNWALL
Come, sir, what letters had you late from France? REGAN
Be simple-answered, for we know the truth. CORNWALL
And what confederacy have you with the traitors Late footed in the kingdom? REGAN To whose hands You have sent the lunatic King. Speak.
45
GLOUCESTER
I have a letter guessingly set down, Which came from one that’s of a neutral heart, And not from one opposed. CORNWALL Cunning. REGAN And false. CORNWALL
Where hast thou sent the King? To Dover.
GLOUCESTER REGAN
Wherefore to Dover? Wast thou not charged at peril – CORNWALL
Wherefore to Dover? – Let him answer that.
51
GLOUCESTER
I am tied to th’ stake, and I must stand the course. REGAN Wherefore to Dover? GLOUCESTER
Because I would not see thy cruel nails Pluck out his poor old eyes, nor thy fierce sister In his anointed flesh stick boarish fangs. The sea, with such a storm as his bare head In hell-black night endured, would have buoyed up And quenched the stellèd fires. 2728
55
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 7
GLOUCESTER
Malvagia signora, questi peli che mi estirpi dal mento riprenderanno vita per accusarti. Io vi ho invitati qui; non dovete fare così violenza ai miei favori ospitali con mani di briganti. Che volete fare? CORNOVAGLIA
Su, signor mio: che lettere hai avuto dalla Francia? REGAN
Rispondi in breve, sappiamo la verità. CORNOVAGLIA
E che alleanza hai stretto con i traditori testé sbarcati nel regno? REGAN
Da chi hai mandato quel pazzo del re? Parla! GLOUCESTER
Io ho avuto una lettera con delle congetture, che veniva da una persona neutrale e non da nemici. CORNOVAGLIA
Furbo. REGAN
E bugiardo. CORNOVAGLIA
Dove hai mandato il re? GLOUCESTER
A Dover. REGAN
Perché a Dover? Non ti era stato ordinato a tuo rischio... CORNOVAGLIA
Perché a Dover? Lascialo rispondere. GLOUCESTER
Sono legato al palo124, e devo subire. REGAN
Perché a Dover? GLOUCESTER
Perché non volevo vedere le tue unghie crudeli cavargli quei poveri vecchi occhi, né la tua feroce sorella affondare zanne di cinghiale nelle sue sacre carni. Con una tempesta come quella che il suo capo nudo ha sopportato in una nera notte d’inferno, il mare stesso si sarebbe sollevato125 a spegnere i fuochi stellati126; ma il suo povero 2729
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 7
Yet, poor old heart, he holp the heavens to rain. If wolves had at thy gate howled that stern time, Thou shouldst have said ‘Good porter, turn the key; All cruels I’ll subscribe.’ But I shall see The wingèd vengeance overtake such children.
60
CORNWALL
See’t shalt thou never. – Fellows, hold the chair. – Upon these eyes of thine I’ll set my foot.
65
GLOUCESTER
He that will think to live till he be old Give me some help! – O cruel! O you gods! [Cornwall pulls out one of Gloucester’s eyes and stamps on it] REGAN (to Cornwall)
One side will mock another; th’other, too. CORNWALL (to Gloucester)
If you see vengeance – Hold your hand, my lord. I have served you ever since I was a child, But better service have I never done you Than now to bid you hold. REGAN How now, you dog! SERVANT
70
SERVANT
If you did wear a beard upon your chin I’d shake it on this quarrel. [To Cornwall] What do you mean? CORNWALL My villein!
75
SERVANT
Nay then, come on, and take the chance of anger. They draw and fight
63. All cruels I’ll subscribe: emend. Oxford; in Q all cruels else subscrib’d = “tutte le crudeltà comunque confermate”; in F all cruels else subscribe “conferma tutte le altre crudeltà”. 2730
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 7
vecchio cuore aiutava il cielo a piovere. Se i lupi avessero ululato alle tue porte in quell’ora di terrore tu avresti detto, “Da bravo, portiere, alza il paletto, anche se confermo ogni altra crudeltà127”. Ma io vedrò l’alata vendetta128 raggiungere queste figlie. CORNOVAGLIA
Tu non vedrai più nulla. – Tenete la sedia, voi. – Voglio piantare il piede su questi tuoi occhi. GLOUCESTER
Chi vuol vivere fino a tarda età mi soccorra! – Oh, crudele! O dèi! [Cornovaglia cava un occhio a Gloucester e lo calpesta] REGAN (a Cornovaglia)
Così un lato riderà dell’altro. Via anche questo. CORNOVAGLIA (a Gloucester) Se vedrai la vendetta... SERVO
Fermatevi ora, signore! Io vi servo da quando ero bambino, ma miglior servizio non vi ho mai reso di ora, che vi dico basta. REGAN Come osi, cane! SERVO
Se aveste una barba sopra il mento vi sfiderei per questo. [A Cornovaglia] Che volete fare? CORNOVAGLIA
Un mio schiavo! SERVO
Ma sì, avanti; seguite pure la vostra collera. Sfoderano le spade e si battono
2731
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 3 SCENE 7
REGAN (to another Servant)
Give me thy sword. A peasant stand up thus! [She takes a sword and runs at him behind] SERVANT (to Gloucester)
O, I am slain. My lord, you have one eye left To see some mischief on him. [Regan stabs him again] He dies
O! CORNWALL
Lest it see more, prevent it. Out, vile jelly!
81
He [pulls out] Gloucester’s other eye Where is thy lustre now? GLOUCESTER
All dark and comfortless. Where’s my son Edmond? Edmond, enkindle all the sparks of nature To quite this horrid act. REGAN Out, treacherous villain! Thou call’st on him that hates thee. It was he That made the overture of thy treasons to us, Who is too good to pity thee.
85
GLOUCESTER
O, my follies! Then Edgar was abused. Kind gods, forgive me that, and prosper him! REGAN (to Servants) Go thrust him out at gates, and let him smell His way to Dover. Exit one or more with Gloucester How is’t, my lord? How look you?
90
CORNWALL
I have received a hurt. Follow me, lady. (To Servants) Turn out that eyeless villain. Throw this slave Upon the dunghill. Regan, I bleed apace. Untimely comes this hurt. Give me your arm. Exeunt [with the body]
2732
95
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO III SCENA 7
REGAN (a un altro servo)
Dammi la tua spada. Un pezzente tenerci testa così! [Prende una spada e lo trafigge alle spalle] SERVO (a Gloucester)
Oh! Sono morto! Mio signore, avete ancora un occhio per vederlo punito. [Regan lo trafigge ancora] Muore
Oh! CORNOVAGLIA
Impediamogli di vedere altro. Esci, vile gelatina! [Cava l’altro occhio a Gloucester] Dov’è la tua luce ora? GLOUCESTER
Tutto è buio e desolazione. Dov’è mio figlio Edmond? Edmond, accendi tutte le faville della natura per equilibrare questo atto mostruoso. REGAN
Via, traditore vigliacco! Tu invochi uno che ti detesta. È stato lui a rivelarci che ci avresti tradito; è troppo buono per compatirti. GLOUCESTER
Pazzo che sono stato! Allora Edgar è stato calunniato. Giusti dèi, perdonate me e proteggete lui! REGAN (ai servi) Gettatelo fuori dal portone, e che col fiuto si trovi la strada per Dover. Escono uno o più con Gloucester Che hai, mio signore? Che aspetto! CORNOVAGLIA
Ho ricevuto un colpo. Seguimi, signora. (Ai servi) Cacciate quella canaglia senza gli occhi. E gettate questa carogna sul letamaio. Regan, perdo molto sangue. Questa ferita non ci voleva. Dammi il braccio. Escono [con il corpo]129
2733
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 1
Enter Edgar as a Bedlam beggar
4.1 EDGAR
Yet better thus and known to be contemned Than still contemned and flattered. To be worst, The low’st and most dejected thing of fortune, Stands still in esperance, lives not in fear. The lamentable change is from the best; The worst returns to laughter. Welcome, then, Thou unsubstantial air that I embrace. The wretch that thou hast blown unto the worst Owes nothing to thy blasts.
5
Enter the Duke of Gloucester led by an Old Man But who comes here? My father, parti-eyed? World, world, O world! But that thy strange mutations make us hate thee, Life would not yield to age.
10
[Edgar stands aside] OLD MAN (to Gloucester)
O my good lord, I have been your tenant and your father’s tenant These fourscore years.
GLOUCESTER
Away, get thee away, good friend, be gone. Thy comforts can do me no good at all; Thee they may hurt. OLD MAN You cannot see your way.
15
GLOUCESTER
I have no way, and therefore want no eyes. I stumbled when I saw. Full oft ’tis seen Our means secure us, and our mere defects Prove our commodities. O dear son Edgar, The food of thy abusèd father’s wrathMight I but live to see thee in my touch I’d say I had eyes again.
20
10. Parti-eyed: così in Qb; in Qa, Q2 e F poorly led = “miseramente guidato”. 2734
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 1
Entra Edgar come mendicante di Bedlam130
IV, 1 EDGAR
Meglio però così, sapere di essere disprezzato, che essere adulato, e poi disprezzato lo stesso. La condizione peggiore, l’essere più abbietto e abbandonato dalla fortuna, vive nella speranza, e non in preda alla paura. Il cambiamento doloroso è quando si cambia dal meglio; dal peggio si passa facilmente al sorriso. Benvenuta, dunque, impalpabile aria, al mio abbraccio: il miserabile che hai gettato nel peggio non deve nulla alle tue raffiche. Entra il duca di Gloucester, condotto da un vecchio Ma chi viene? Mio padre, con occhi multicolori131? O mondo, mondo, mondo! Senza i tuoi strani cambiamenti che ti fanno odiare da noi, la vita non cederebbe alla vecchiaia. [Edgar si fa da parte] VECCHIO (a Gloucester)
Buon signore! Sono stato fittavolo vostro, e prima, di vostro padre, per ottant’anni. GLOUCESTER
Via! Vattene via! Buon amico, vattene. Il tuo conforto non può farmi alcun bene, mentre a te può nuocere. VECCHIO
Voi non vedete dove andate. GLOUCESTER
Io non ho dove andare, e perciò gli occhi non mi servono. Quando ci vedevo, ho inciampato. Come si osserva spesso, quel che abbiamo ci rende tracotanti, mentre ciò che ci manca finisce per avvantaggiarci. O caro figlio Edgar, alimento alla collera del tuo ingannato padre! Potessi vivere per vederti col tocco della mano, direi che ho riavuto gli occhi.
2735
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 1
OLD MAN
How’now? Who’s there?
EDGAR (aside)
O gods! Who is’t can say ‘I am at the worst’? I am worse than e’er I was. OLD MAN (to Gloucester) ’Tis poor mad Tom. EDGAR (aside) And worse I may be yet. The worst is not So long as we can say ‘This is the worst.’ OLD MAN (to Edgar) Fellow, where goest? GLOUCESTER Is it a beggarman? OLD MAN Madman and beggar too.
25
30
GLOUCESTER
A has some reason, else he could not beg. I’th’ last night’s storm I such a fellow saw, Which made me think a man a worm. My son Came then into my mind, and yet my mind Was then scarce friends with him. I have heard more since. As flies to wanton boys are we to th’ gods; They kill us for their sport. EDGAR (aside) How should this be? Bad is the trade that must play fool to sorrow, Ang’ring itself and others.
35
[He comes forward] Bless thee, master. GLOUCESTER
Is that the naked fellow? OLD MAN
2736
Ay, my lord.
40
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 1
VECCHIO
Ehi! Chi va là? EDGAR (a parte)
O dèi! Chi può dire “Sono al peggio”? Io sto peggio di quanto sia mai stato. VECCHIO (a Gloucester) È il povero Tom, il pazzo. EDGAR (a parte) E peggio ancora potrò stare; il peggio non c’è mai finché possiamo dire “Questo è il peggio.” VECCHIO (a Edgar) Amico, dove vai? GLOUCESTER
È un mendicante? VECCHIO
Un mendicante, e un pazzo. GLOUCESTER
Un po’ di cervello ce l’avrà, per mendicare. Nella tempesta di stanotte ne ho visto uno così, che mi ha fatto pensare che l’uomo è un verme. E poi mi è venuto in mente mio figlio; eppure in quel momento non mi sentivo affatto suo amico. Ma dopo ho imparato delle cose. Come mosche per dei ragazzacci, siamo noi per gli dèi: ci uccidono per divertimento. EDGAR (a parte) Com’è possibile? Brutto mestiere, fare il matto davanti al dolore, irritando sé e gli altri. [Si fa avanti] Dio vi benedica, padrone! GLOUCESTER
È quell’uomo nudo? VECCHIO
Sì, signore.
2737
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 1
GLOUCESTER
Get thee away. If for my sake Thou wilt o’ertake us hence a mile or twain I’th’ way toward Dover, do it for ancient love, And bring some covering for this naked soul, Which I’ll entreat to lead me. OLD MAN Alack, sir, he is mad.
45
GLOUCESTER
’Tis the time’s plague when madmen lead the blind. Do as I bid thee; or rather do thy pleasure. Above the rest, be gone. OLD MAN
I’ll bring him the best ‘parel that I have, Come on’t what will. GLOUCESTER Sirrah, naked fellow!
50 Exit
EDGAR
Poor Tom’s a-cold. (Aside) I cannot daub it further. GLOUCESTER
Come hither, fellow. EDGAR (aside)
And yet I must. (To Gloucester) Bless thy sweet eyes, they bleed. GLOUCESTER Know’st thou the way to Dover? EDGAR Both stile and gate, horseway and footpath. Poor Tom hath been scared out of his good wits. Bless thee, goodman’s son, from the foul fiend.
57
GLOUCESTER
Here, take this purse, thou whom the heavens’ plagues Have humbled to all strokes. That I am wretched Makes thee the happier. Heavens deal so still. Let the superfluous and lust-dieted man That slaves your ordinance, that will not see Because he does not feel, feel your power quickly.
60
42. Get thee away: così in F; in Q then prithee get thee gone = “allora ti prego di andartene”. 2738
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 1
GLOUCESTER
Vai via. Se per amor mio vorrai raggiungerci a un miglio o due da qui, sulla strada di Dover, fallo per l’antica devozione, e porta di che coprire quest’anima nuda alla quale chiederò di condurmi. VECCHIO
Ma mio signore, è matto. GLOUCESTER
Sono tempi maledetti, quando i matti guidano i ciechi! Fa’ come ti ho chiesto, o meglio, fa’ come ti pare. Ma soprattutto, vattene. VECCHIO
Gli porterò le vesti migliori che ho, accada quel che accada. Esce GLOUCESTER
Ehi, uomo nudo... EDGAR
Povero Tom, ha freddo. (A parte) Non ce la faccio più a fingere132. GLOUCESTER
Vieni qui, amico. EDGAR (a parte)
Eppure devo. (A Gloucester) Siano benedetti i tuoi occhi, colano sangue. GLOUCESTER
Sai la strada di Dover? EDGAR
Ogni barriera e ogni porta, ogni pista per cavalli e ogni sentiero. Povero Tom, lo hanno fatto uscire di senno dalla paura, benedetto figlio di un brav’uomo, attento al brutto diavolo133! GLOUCESTER
Ecco, prendi questa borsa, tu sul quale le maledizioni celesti si sono abbattute umiliandoti. Che la mia infelicità ti renda più felice. Cieli, fate sempre così! Che colui che ha il superfluo e si pasce di piaceri, subordinando a sé i vostri comandamenti, che non vede perché non sente, provi subito la vostra forza. Così l’equa distribu-
2739
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 2
So distribution should undo excess, And each man have enough. Dost thou know Dover? EDGAR Ay, master.
66
GLOUCESTER
There is a cliff whose high and bending head Looks fearfully in the confinèd deep. Bring me but to the very brim of it And I’ll repair the misery thou dost bear With something rich about me. From that place I shall no leading need. EDGAR Give me thy arm. Poor Tom shall lead thee. Exit Edgar guiding Gloucester 4.2
70
Enter Goneril and Edmond the bastard [at one door] and Oswald the steward [at another]
GONERIL
Welcome, my lord. I marvel our mild husband Not met us on the way. (To Oswald) Now, where’s your master? OSWALD
Madam, within; but never man so changed. I told him of the army that was landed; He smiled at it. I told him you were coming; His answer was ‘The worse’. Of Gloucester’s treachery And of the loyal service of his son When I informed him, then he called me sot, And told me I had turned the wrong side out. What most he should dislike seems pleasant to him; What like, offensive. GONERIL (to Edmond) Then shall you go no further, It is the cowish terror of his spirit That dares not undertake. He’ll not feel wrongs Which tie him to an answer. Our wishes on the way May prove effects. Back, Edmond, to my brother. Hasten his musters and conduct his powers.
2740
5
11
15
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 2
zione impedisce gli eccessi e ogni uomo avrà abbastanza. Conosci Dover? EDGAR
Sì, padrone. GLOUCESTER
C’è una scogliera la cui testa sporgendosi in alto guarda paurosa un circoscritto abisso. Tu portami a quella roccia, al bordo estremo, e io riparerò la miseria che hai addosso con qualcosa di prezioso che ho con me. Giunti in quel punto non avrò più bisogno di guida. EDGAR
Dammi il braccio. Il povero Tom ti guiderà. Edgar esce guidando Gloucester IV, 2
Entrano Goneril e Edmond il bastardo [da una porta] e Oswald il maggiordomo [da un’altra]134
GONERIL
Benvenuto, mio signore. È strano che il nostro mite consorte non ci sia venuto incontro. (A Oswald) Ehi, dov’è il tuo padrone? OSWALD
Signora, è dentro; ma vedeste com’è cambiato. Gli ho detto dell’armata che ha preso terra; lui ci ha fatto un sorriso. Gli ho detto del vostro arrivo; ha risposto, “Tanto peggio”. E quando l’ho informato del tradimento di Gloucester e della lealtà di suo figlio, mi ha dato dello stupido e mi ha detto che avevo capito tutto alla rovescia. Le notizie più cattive sembrano fargli piacere; quelle buone, contrariarlo. GONERIL (a Edmond) Tu allora non andare oltre. È il codardo terrore del suo spirito che non osa intraprendere. Non prende atto dei torti che lo obbligano a una reazione. Quello che ci auguravamo per strada potrebbe realizzarsi. Tu, Edmond, torna da mio cognato. Raccogli i suoi uomini
2741
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 2
I must change names at home, and give the distaff Into my husband’s hands. This trusty servant Shall pass between us. Ere long you are like to hear, If you dare venture in your own behalf, A mistress’s command. Wear this. Spare speech. Decline your head. This kiss, if it durst speak, Would stretch thy spirits up into the air.
20
[She kisses him] Conceive, and fare thee well. EDMOND Yours in the ranks of death. GONERIL My most dear Gloucester.
25 Exit Edmond
O, the difference of man and man! To thee a woman’s services are due; My fool usurps my body. OSWALD Madam, here comes my lord. Enter the Duke of Albany GONERIL
I have been worth the whistling. O Goneril, You are not worth the dust which the rude wind Blows in your face. GONERIL Milk-livered man, That bear’st a cheek for blows, a head for wrongs; Who hast not in thy brows an eye discerning Thine honour from thy suffering – ALBANY See thyself, devil. Proper deformity shows not in the fiend So horrid as in woman. GONERIL O vain fool! ALBANY
30
36
Enter a Messenger 17. Names: così in F, in Q arms = “armi”. 29. My fool usurps my body: così in F; in Qa my foot usurps my body = “in me, il piede usurpa il corpo”; in Qb A fool usurps my bed = “uno sciocco usurpa il mio letto”. Cfr. Q, 16, 28. 30. Whistling: così in Qb; in Qa, Q2 e F whistle = “fischio”. 36. Shows: così in Qb; in Qa, Q2 e F seems = “sembra, appare”. 2742
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 2
e comanda le sue forze. Io dovrò scambiare i nomi135 qui a casa, e mettere la conocchia136 in mano a mio marito. Questo servo fidato ci terrà in contatto. Ben presto forse sentirai, se oserai farti avanti per il tuo bene, gli ordini di una amante. Porta questo. Parla poco. China la testa. Questo bacio, se osasse parlare, ti farebbe salire gli spiriti su fino al cielo. [Lo bacia] Rifletti, e fai buon viaggio. EDMOND
Vostro anche nelle file della morte. GONERIL
Mio amatissimo Gloucester! Edmond esce Oh, la differenza fra uomo e uomo! A te i favori di una donna sono dovuti; il mio corpo è usurpato dal mio buffone137. OSWALD
Signora, viene il mio signore. Entra il duca di Albany GONERIL
Una volta valevo un po’ di attenzione138. ALBANY
O Goneril! Tu non vali la polvere che il rude vento ti soffia sulla faccia139. GONERIL
Uomo dal fegato di latte140! Che porti la guancia per gli schiaffi, la testa per le corna! Che non hai in viso un occhio in grado di capire quand’è che sopportare cessa di essere onorevole... ALBANY
Guardati, ché sei il diavolo! La vera deformità non si rivela nemmeno nel demonio orrida come nella donna. GONERIL
O vacuo sciocco! Entra un messo
2743
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 2
MESSENGER
O my good lord, the Duke of Cornwall’s dead, Slain by his servant going to put out The other eye of Gloucester. ALBANY Gloucester’s eyes?
40
MESSENGER
A servant that he bred, thrilled with remorse, Opposed against the act, bending his sword To his great master, who thereat enraged Flew on him, and amongst them felled him dead, But not without that harmful stroke which since Hath plucked him after. ALBANY This shows you are above, You justicers, that these our nether crimes So speedily can venge. But O, poor Gloucester! Lost he his other eye? MESSENGER Both, both, my lord. – This letter, madam, craves a speedy answer. ’Tis from your sister. GONERIL (aside) One way I like this well; But being widow, and my Gloucester with her, May all the building in my fancy pluck Upon my hateful life. Another way The news is not so tart. – I’ll read and answer. [Exit with Oswald] ALBANY
Where was his son when they did take his eyes? MESSENGER
Come with my lady hither. ALBANY
He is not here.
MESSENGER
No, my good lord; I met him back again. ALBANY Knows he the wickedness?
47. Justicers: così in Qb; in Qa, Q2 e F justices (v. anche sopra, 13, 17). 2744
45
50
55
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 2
MESSO
Oh, mio buon signore, il duca di Cornovaglia è morto; ucciso dal suo servo mentre strappava l’altro occhio a Gloucester. ALBANY
Gloucester accecato? MESSO
Un servo che aveva allevato, sconvolto dal rimorso si è opposto all’atto, rivolgendo la spada contro il potente padrone, il quale, adiratissimo, si è scagliato su di lui, e insieme a lei lo ha ucciso; ma non senza ricevere quella stoccata funesta, che in seguito ha reclamato la sua vita. ALBANY
Dunque ci siete, lassù, giustizieri, che questi nostri delitti così solleciti sapete vendicare! Ma, povero Gloucester! Ha perso un occhio? MESSO
Tutti e due, tutti e due, signore. Questa lettera, signora, chiede una rapida risposta: è di vostra sorella. GONERIL (a parte) Da un lato questo non mi dispiace. Ma con lei vedova e avvinta al mio Gloucester il castello delle mie fantasie potrebbe crollare su questa mia vita che detesto. Sotto un altro verso, la notizia non è così cattiva. – Leggo, e rispondo. [Esce con Oswald] ALBANY
Dov’era suo figlio quando gli hanno strappato gli occhi? MESSO
Era venuto qui con la mia signora. ALBANY
Ma qui non c’è. MESSO
No, mio signore, l’ho incontrato che tornava indietro. ALBANY
Sa di questa infamia?
2745
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 3
MESSENGER
Ay, my good lord; ’twas he informed against him, And quit the house on purpose that their punishment Might have the freer course. ALBANY Gloucester, I live To thank thee for the love thou showed’st the King, And to revenge thine eyes. – Come hither, friend. Tell me what more thou know’st. Exeunt 4.3
60
Enter with a drummer and colours, Queen Cordelia, Gentlemen, and soldiers
CORDELIA
Alack, ’tis he! Why, he was met even now, As mad as the vexed sea, singing aloud, Crowned with rank fumitor and furrow-weeds, With burdocks, hemlock, nettles, cuckoo-flowers, Darnel, and all the idle weeds that grow In our sustaining corn. A century send forth. Search every acre in the high-grown field, And bring him to our eye. [Exit one or more] What can man’s wisdom In the restoring his bereavèd sense, He that helps him take all my outward worth. [FIRST] GENTLEMAN There is means, madam. Our foster-nurse of nature is repose, The which he lacks. That to provoke in him Are many simples operative, whose power Will close the eye of anguish. CORDELIA All blest secrets, All you unpublished virtues of the earth, Spring with my tears, be aidant and remediate In the good man’s distress! – Seek, seek for him,
5
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3. Fumitor: emend. Oxford; in Q femitar; in F fenitar. 4. Burdocks: emend. tardo; in Q hor-docks, in F hardocks, oggetto di numerose congetture di ordine botanico. 18. Distress: così in Q; in F desires = “desideri”. 2746
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 3
MESSO
Sì, mio signore. Era stato lui a denunciarlo, e aveva lasciato la casa di proposito, perché il loro castigo potesse avvenire senza intralci. ALBANY
Gloucester, vivrò per ringraziarti dell’amore che hai mostrato al re, e per vendicare i tuoi occhi. – Vieni con me, amico. Dimmi cos’altro sai. Escono141 IV, 3
Entrano con un tamburino e insegne la regina Cordelia, gentiluomini, e soldati142
CORDELIA
Ahimè! È lui. Lo hanno incontrato poco fa, pazzo come il mare in tempesta. Cantava a voce spiegata, incoronato di fumaria marcia e di erbacce, e di lappole, cicuta, ortiche, fiori di cuculo, loglio e di tutte le gramigne che crescono nel grano che ci nutre. Fate uscire una centuria. Frugate ogni acro del campo sommerso di messi, e portatelo qui, davanti ai nostri occhi. [Escono uno o più] Che può fare la scienza umana per restituirgli il senno smarrito? Chi lo guarirà si prenda ogni mio bene visibile. [PRIMO] GENTILUOMO
Il mezzo c’è, signora. La nostra nutrice naturale è il riposo, che ora gli manca; per poterglielo dare esistono molte erbe assai efficaci, i cui poteri chiudono gli occhi all’angoscia. CORDELIA
O segreti benedetti, o arcane virtù della terra, sgorgate tutti con le mie lacrime! Portate soccorso e medicina alla sventura di quell’uomo buono! – Cercatelo, cercatelo, prima che il suo furore
2747
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 4
Lest his ungoverned rage dissolve the life That wants the means to lead it. Enter a Messenger News, madam. The British powers are marching hitherward.
MESSENGER
20
CORDELIA
’Tis known before; our preparation stands In expectation of them. – O dear father, It is thy business that I go about; Therefore great France My mourning and importuned tears hath pitied. No blown ambition doth our arms incite. But love, dear love, and our aged father’s right. Soon may I hear and see him! Exeunt
25
Enter Regan and Oswald the steward
4.4 REGAN
But are my brother’s powers set forth? OSWALD
Ay, madam.
REGAN
Himself in person there? OSWALD Madam, with much ado. Your sister is the better soldier. REGAN
Lord Edmond spake not with your lord at home? OSWALD No, madam. REGAN
What might import my sister’s letters to him? OSWALD I know not, lady. REGAN
Faith, he is posted hence on serious matter. It was great ignorance, Gloucester’s eyes being out,
6. Letters: così in Q1; in Q2 e F letter. 2748
5
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 4
incontrollato non distrugga quella vita cui manca il mezzo onde guidarsi. Entra un Messo MESSO
Novità, signora: le truppe di Britannia marciano in questa direzione. CORDELIA
Si sapeva. I nostri preparativi si drizzano in loro attesa. – Oh caro padre! È per la tua causa che sono venuta qui143; per questo il grande Francia ha compatito i miei lamenti e lacrime importune. Non tronfia ambizione incita le nostre armi, ma l’amore, il prezioso amore, e il diritto del nostro vecchio padre. Possa io udirlo e vederlo presto! Escono Entrano Regan e Oswald il maggiordomo
IV, 4
144
REGAN
Ma allora mio cognato ha mandato i suoi uomini? OSWALD
Sì, signora. REGAN
E lui in persona è con loro? OSWALD
Dopo aver fatto molte storie, signora. Vostra sorella è migliore come soldato. REGAN
Il duca Edmond non ha parlato col vostro signore quando era da voi? OSWALD
No, signora. REGAN
Che può volere mia sorella in una lettera per lui? OSWALD
Non lo so, signora. REGAN
Certo se è partito aveva delle faccende importanti. È stata una grossa sciocchezza lasciare in vita Gloucester, una volta accecato. Do2749
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 4
To let him live. Where he arrives he moves All hearts against us. Edmond, I think, is gone, In pity of his misery, to dispatch His ’nighted life, moreover to descry The strength o’th’ enemy.
10
OSWALD
I must needs after, madam, with my letter.
15
REGAN
Our troops set forth tomorrow. Stay with us. The ways are dangerous. OSWALD I may not, madam. My lady charged my duty in this business. REGAN
Why should she write to Edmond? Might not you Transport her purposes by word? Belike – Some things – I know not what. I’ll love thee much: Let me unseal the letter. OSWALD Madam, I had rather –
20
REGAN
I know your lady does not love her husband. I am sure of that, and at her late being here She gave strange oeillades and most speaking looks To noble Edmond. I know you are of her bosom. OSWALD I, madam?
25
REGAN
I speak in understanding. Y’are, I know’t. Therefore I do advise you take this note. My lord is dead. Edmond and I have talked, And more convenient is he for my hand Than for your lady’s. You may gather more. If you do find him, pray you give him this, And when your mistress hears thus much from you, I pray desire her call her wisdom to her. So, fare you well.
30
35
15. After, Madam: emend. Oxford; in Q after him; in F after him, Madam. 2750
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 4
vunque va, solleva tutti i cuori contro di noi. Edmond secondo me è andato per compassione della sua triste sorte, a metter fine alla sua vita ottenebrata, e poi anche a sincerarsi delle forze nemiche. OSWALD
Io devo raggiungerlo, signora, con la mia lettera. REGAN
I nostri si avviano domani; resta con noi, le strade sono piene di pericoli. OSWALD
Non posso, signora: su questo la mia padrona ha impegnato il mio onore. REGAN
Perché ha dovuto scrivere a Edmond? Non potevi comunicare a voce il suo messaggio? Forse... Qualche cosa... non so cosa. Ti sarò molto grata: fammi aprire la lettera. OSWALD
Signora, non vorrei che... REGAN
Io so che la tua signora non ama suo marito, e lo so di sicuro. E di recente quando era qui ha lanciato strane occhiate145 e sguardi molto eloquenti al nobile Edmond. So che sei un suo intimo. OSWALD
Io, signora! REGAN
Parlo con cognizione. È così, lo so di certo. Pertanto ti consiglio di pensare bene a questo: il mio signore è morto; Edmond e io ci siamo parlati, e lui è più adatto alla mia mano che a quella della tua signora. Al resto puoi arrivare da solo. Se lo trovi, ti prego, dagli questo; e quando la tua padrona sentirà queste cose da te, ti prego, esortala a farsi un po’ più saggia. Ora fai buon viaggio. Se
2751
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
If you do chance to hear of that blind traitor, Preferment falls on him that cuts him off. OSWALD
Would I could meet him, madam. I should show What party I do follow. REGAN Fare thee well.
40
Exeunt severally Enter Edgar disguised as a peasant, with a staff, guiding the blind Duke of Gloucester
4.5
GLOUCESTER
When shall I come to th’ top of that same hill? EDGAR
You do climb up it now. Look how we labour. GLOUCESTER
Methinks the ground is even. EDGAR Horrible steep. Hark, do you hear the sea? GLOUCESTER No, truly. EDGAR
Why, then your other senses grow imperfect By your eyes’ anguish. GLOUCESTER So may it be indeed. Methinks thy voice is altered, and thou speak’st In better phrase and matter than thou didst.
5
EDGAR
You’re much deceived. In nothing am I changed But in my garments. GLOUCESTER Methinks you’re better spoken. EDGAR
Come on, sir, here’s the place. Stand still. How fearful And dizzy ’tis to cast one’s eyes so low! The crows and choughs that wing the midway air Show scarce so gross as beetles. Halfway down Hangs one that gathers samphire, dreadful trade! 39. I could meet him: così in Q e F2; in F1 I could meet. 2752
12
15
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 5
per caso sentirai di quel traditore cieco, benefici andranno a chi lo eliminerà. OSWALD
Mi venisse fra le mani, signora: vi farei vedere da quale parte sto. REGAN
Addio. Escono da porte opposte Entra Edgar vestito da contadino, con un bastone, e guida il cieco duca di Gloucester146
IV, 5
GLOUCESTER
Quando saremo in cima alla scogliera? EDGAR
Ci stiamo già arrampicando. Non sentite che fatica? GLOUCESTER
Ma il terreno mi sembra piano. EDGAR
No, è ripidissimo. Ascoltate! Non sentite il mare? GLOUCESTER
Veramente, no. EDGAR
Be’, allora i vostri altri sensi si sono avariati per via del dolore degli occhi. GLOUCESTER
Sì, può essere. Mi sembra anche che la tua voce sia cambiata, e che tu parli con più proprietà e con più logica di prima. EDGAR
Vi ingannate assai. Non sono cambiato in altro che nei vestiti. GLOUCESTER
A me sembra che tu parli meglio. EDGAR
Avanti, signore; ecco il punto; non vi muovete. Fa paura, fa girare la testa gettare giù gli occhi fino in fondo! I corvi e le cornacchie che battono le ali a mezz’aria non sembrano più grandi di scarafaggi. A mezza costa c’è appeso uno che coglie erba medica147...
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
Methinks he seems no bigger than his head. The fishermen that walk upon the beach Appear like mice, and yon tall anchoring barque Diminished to her cock, her cock a buoy Almost too small for sight. The murmuring surge That on th’unnumbered idle pebble chafes Cannot be heard so high. I’ll look no more, Lest my brain turn and the deficient sight Topple down headlong. GLOUCESTER Set me where you stand.
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EDGAR
Give me your hand. You are now within a foot Of th’extreme verge. For all beneath the moon Would I not leap upright. GLOUCESTER Let go my hand. Here, friend, ‘s another purse; in it a jewel Well worth a poor man’s taking. Fairies and gods Prosper it with thee! Go thou further off. Bid me farewell, and let me hear thee going.
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EDGAR
Now fare ye well, good sir. He stands aside GLOUCESTER
With all my heart.
EDGAR (aside)
Why I do trifle thus with his despair Is done to cure it. GLOUCESTER (kneeling) O you mighty gods, This world I do renounce, and in your sights Shake patiently my great affliction off! If I could bear it longer, and not fall To quarrel with your great opposeless wills, My snuff and loathèd part of nature should Burn itself out. If Edgar live, O bless him! – Now, fellow, fare thee well.
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brutto mestiere! Tutto intero non sembra più grande della sua testa. I pescatori che vanno lungo la spiaggia paiono topolini, e quel grosso bastimento all’ancora è piccolo come la sua scialuppa, la scialuppa, come una boa quasi invisibile. La mormorante risacca che spumeggia sugli innumerevoli ciottoli oziosi da quassù non si sente. Io smetto di guardare, o mi si confonde il cervello, e la vista frastornata mi fa piombare a capofitto148. GLOUCESTER
Fammi venire dove sei. EDGAR
Datemi la mano. Voi siete ora a meno di un piede dal bordo estremo. Per tutti i beni del mondo non vorrei fare questo salto. GLOUCESTER
Lasciami. Ecco, amico, un’altra borsa; ci troverai una gemma che a un povero non conviene rifiutare. Le fate e gli dèi te ne diano frutto! Tu vai via, ora. Dimmi addio e fammi sentire che vai. EDGAR
Allora fate buon viaggio, buon signore. Si apparta GLOUCESTER
Con tutto il cuore. EDGAR (a parte)
Perché gioco così con la sua disperazione? Lo faccio solo per guarirla. GLOUCESTER (si inginocchia) Possenti dèi, a questo mondo ora rinuncio, e sotto i vostri occhi rassegnato, mi libero dai miei grandi affanni! Potessi sopportarli oltre, senza finire per scontrarmi con le vostre grandi volontà irresistibili, la mia fiammella e la parte odiosa della mia natura brucerebbero fino in fondo. Se Edgar vive, oh, beneditelo! – E a te, amico, addio.
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Gone, sir. Farewell.
EDGAR
Gloucester falls forward (Aside) And yet I know not how conceit may rob The treasury of life, when life itself Yields to the theft. Had he been where he thought, By this had thought been past. – Alive or dead? (To Gloucester) Ho, you, sir, friend; hear you, sir? Speak. (Aside) Thus might he pass indeed. Yet he revives. (To Gloucester) What are you, sir? GLOUCESTER Away, and let me die.
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EDGAR
Hadst thou been aught but gossamer, feathers, air, So many fathom down precipitating Thou’dst shivered like an egg. But thou dost breathe, Hast heavy substance, bleed’st not, speak’st, art sound. Ten masts a-length make not the altitude Which thou hast perpendicularly fell. Thy life’s a miracle. Speak yet again. GLOUCESTER But have I fall’no, or no?
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EDGAR
From the dread summit of this chalky bourn. Look up a-height. The shrill-gorged lark so far Cannot be seen or heard. Do but look up. GLOUCESTER Alack, I have no eyes. Is wretchedness deprived that benefit To end itself by death? ’Twas yet some comfort When misery could beguile the tyrant’s rage And frustrate his proud will. EDGAR Give me your arm. Up, so. How is’t? Feel you your legs? You stand. GLOUCESTER Too well, too well.
53. A-length; emend. Oxford; in Q e F at each. 2756
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EDGAR
Vado, signore. Addio. Gloucester si getta in avanti (A parte) D’altro canto, non so fino a che punto l’immaginazione può rubare il tesoro della vita, quando la vita stessa consente il furto. Se fosse stato dove pensava, a questo punto non avrebbe più pensiero. – Vivo o morto? (A Gloucester) Ehi, signore! Amico! Mi sentite, signore? Parlate! (A parte) Così potrebbe morire davvero. Invece, rinviene. (A Gloucester) Chi siete, signore? GLOUCESTER
Via, lasciami morire. EDGAR
Se tu fossi stato altro che un filo di ragno, una piuma, aria, con tante tese che sei precipitato, ti saresti frantumato come un uovo; ma respiri, sei intero, non sanguini, parli, sei sano. Dieci alberi maestri uno sull’altro non fanno l’altezza da cui sei caduto a perpendicolo. La tua vita è un miracolo. Parla ancora. GLOUCESTER
Ma sono caduto o no? EDGAR
Dalla terrificante cima di questa parete149 di gesso. Guarda in alto: l’allodola dalla gola stridente da quaggiù non si vede né si sente; prova a guardare. GLOUCESTER
Ahimè! Io non ho occhi. Dunque all’infelicità è negato il beneficio di darsi fine con la morte? Era un conforto, quando lo sventurato poteva eludere l’ira del tiranno e frustrarne la tracotante volontà. EDGAR
Dammi il braccio. Su; ecco. Come stai? Senti le gambe? Ora sei in piedi. GLOUCESTER
Sto troppo bene, troppo bene.
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This is above all strangeness. Upon the crown o’th’ cliff what thing was that Which parted from you? GLOUCESTER A poor unfortunate beggar. EDGAR
EDGAR
As I stood here below, methoughts his eyes Were two full moons. He had a thousand noses, Horns whelked and wavèd like the enragèd sea. It was some fiend. Therefore, thou happy father, Think that the clearest gods, who make them honours Of men’s impossibilities, have preserved thee.
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GLOUCESTER
I do remember now. Henceforth I’ll bear Affliction till it do cry out itself ‘Enough, enough,’ and die. That thing you speak of, I took it for a man. Often ’twould say ‘The fiend, the fiend!’ He led me to that place.
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EDGAR
Bear free and patient thoughts. Enter King Lear mad, [crowned with weeds and flowers] But who comes here? The safer sense will ne’er accommodate His master thus. LEAR No, they cannot touch me for crying. I am the King himself. EDGAR O thou side-piercing sight! LEAR Nature’s above art in that respect. There’s your press-money. That fellow handles his bow like a crowkeeper. Draw me a clothier’s yard. Look, look, a mouse! Peace, peace, this piece of toasted cheese will do’t. There’s my gauntlet. I’ll prove it on a giant. Bring up
71. Enragèd: così in F, in Q enridged. 83. Crying: così in F; in Q coining = “battere moneta”. 2758
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EDGAR
Questo va oltre ogni stranezza. Chi era quello che sulla cresta della scogliera si accomiatava da te? GLOUCESTER
Un povero sventurato mendicante. EDGAR
Da quaggiù mi sembrava che i suoi occhi fossero due lune piene. Aveva mille nasi, corna bitorzolute e ondulate come il mare agitato; era un diavolo. Perciò, o fortunato padre, pensa che gli dèi più puri, quelli che si compiacciono di gesta impossibili agli uomini, ti hanno salvato. GLOUCESTER
Ora ricordo. D’ora innanzi sopporterò l’afflizione finché non sarà essa stessa a gridare “Basta, basta”, e a morire. L’essere di cui parli credevo fosse un uomo; lui diceva spesso “Il diavolo, il diavolo!” Mi ha condotto lui in quel luogo. EDGAR
Nutri pensieri pazienti e onesti. Entra re Lear folle, [incoronato di erbacce e fiori] Ma chi viene? Un cervello a posto non farebbe mai girare il suo padrone in questo stato. LEAR
No, se piango150 non possono dirmi niente; io sono il re in persona. EDGAR
Che vista da spezzare il cuore! LEAR
La natura vale più dell’arte sotto questo aspetto151. Prendi, recluta, ecco il tuo soldo152. Quel tipo lì tiene l’arco come uno spaventapasseri. Tendilo per la lunghezza di una misura da sarto153! Guarda, guarda! Un sorcio! Zitti, zitti, questo pezzetto di cacio tostato basterà ad attirarlo. Ecco il mio guanto, sono pronto a sfidare anche
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the brown bills. O, well flown, bird, i’th’ clout, i’th’ clout! Whew! Give the word. EDGAR Sweet marjoram. LEAR Pass. GLOUCESTER I know that voice. LEAR Ha! Goneril with a white beard? They flattered me like a dog, and told me I had the white hairs in my beard ere the black ones were there. To say ‘ay’ and ‘no’ to everything that I said ‘ay’ and ‘no’ to was no good divinity. When the rain came to wet me once, and the wind to make me chatter; when the thunder would not peace at my bidding, there I found ’em, there I smelt ’em out. Go to, they are not men o’ their words. They told me I was everything; ’tis a lie, I am not ague-proof.
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GLOUCESTER
The trick of that voice I do well remember. Is’t not the King? LEAR Ay, every inch a king. [Gloucester kneels] When I do stare, see how the subject quakes! I pardon that man’s life. What was thy cause? Adultery? Thou shalt not die. Die for adultery! No, the wren goes to’t, and the small gilded fly Does lecher in my sight. Let copulation thrive, For Gloucester’s bastard son Was kinder to his father than my daughters Got ’tween the lawful sheets. To’t, luxury, pell-mell, For I lack soldiers. Behold yon simp’ring dame, Whose face between her forks presages snow, That minces virtue, and does shake the head To hear of pleasure’s name. The fitchew nor the soilèd horse goes to’t With a more riotous appetite. Down from the waist They’re centaurs, though women all above. But to the girdle do the gods inherit; 2760
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un gigante. Avanti le picche brune! Oh, bel volo, falco154; centro, centro pieno! Iu-hu! La parola d’ordine. EDGAR
Foglie di maggiorana155. LEAR
Passa. GLOUCESTER
Conosco quella voce. LEAR
Ah! Goneril con una barba bianca? Mi accarezzavano come un cane, e mi dicevano che avevo peli bianchi nella barba quando non avevo neanche quelli neri156. Dire “sì” e “no” a tutto quello a cui io dicevo “sì” e “no” era cattiva teologia. Quando la pioggia venne a bagnarmi una volta e il vento a darmi i brividi; quando il tuono non volle tacere al mio comando, ecco dove li trovai, ecco dove capii tutto di loro. Via, non sono uomini di parola. Dicevano che ero tutto. Non è vero: io non sono a prova di febbre. GLOUCESTER
Il suono di quella voce lo ricordo bene. Non è il re? LEAR
Sì, un re, da capo a piedi. [Gloucester si inginocchia] Quando fisso il suddito, vedi come trema? A quello faccio grazia della vita. Che reato hai commesso? Adulterio? Non morirai: morire per l’adulterio! No. Lo commette anche lo scricciolo, e la piccola mosca dorata si sfrena sotto i miei occhi. Che la copula dilaghi! Perché il figlio bastardo di Gloucester è stato più umano con suo padre delle mie figlie generate sotto lenzuola legittime. Datevi alla lussuria, alla rinfusa! Perché ho bisogno di soldati. Guardate quella dama smorfiosa con un viso che parla di neve fra le cosce157, che ciancia di virtù, e scuote la testa al solo nome del piacere. Nemmeno la puzzola o il lustro stallone ci si buttano con appetito più gagliardo. Dalla vita in giù sono centauri, anche se sopra sono donne: fino alla cintola regnano gli dèi, sotto, è
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Beneath is all the fiend’s. There’s hell, there’s darkness, there is the sulphurous pit, burning, scalding, stench, consumption. Fie, fie, fie; pah, pah! Give me an ounce of civet, good apothecary, sweeten my imagination. There’s money for thee. GLOUCESTER O, let me kiss that hand! LEAR Let me wipe it first; it smells of mortality. GLOUCESTER
O ruined piece of nature! This great world Shall so wear out to naught. Dost thou know me? LEAR I remember thine eyes well enough. Dost thou squiny at me? No, do thy worst, blind Cupid, I’ll not love. Read thou this challenge. Mark but the penning of it.
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GLOUCESTER
Were all thy letters suns, I could not see.
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EDGAR (aside)
I would not take this from report; it is, And my heart breaks at it. LEAR (to Gloucester) Read. GLOUCESTER What – with the case of eyes? LEAR O ho, are you there with me? No eyes in your head, nor no money in your purse? Your eyes are in a heavy case, your purse in a light; yet you see how this world goes. GLOUCESTER I see it feelingly. LEAR What, art mad? A man may see how this world goes with no eyes; look with thine ears. See how yon justice rails upon yon simple thief. Hark in thine ear: change places, and handy-dandy, which is the justice, which is the thief? Thou hast seen a farmer’s dog bark at a beggar?
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tutto del diavolo. Lì è l’inferno158, la tenebra, lì è la fossa sulfurea, l’arrosto, il bruciore, il fetore, la consunzione; schifo, schifo, schifo! Puah, puah! Bravo speziale, dammi un’oncia di zibetto159, per profumarmici l’immaginazione. Ecco del denaro per te. GLOUCESTER
Oh, fatemi baciare quella mano! LEAR
Prima devo pulirla; puzza di mortalità. GLOUCESTER
O rovine di un capolavoro della natura! Questo grande mondo decadrà così fino al nulla160. Mi riconoscete? LEAR
Mi ricordo abbastanza i tuoi occhi. Mi guardi di traverso? No, fa’ quello che vuoi, cieco Cupido: non mi innamoro. Leggi questa sfida; guarda se riconosci la scrittura. GLOUCESTER
Anche se le lettere fossero tanti soli, non potrei vederle. EDGAR (a parte)
Se me lo raccontassero, non ci crederei. Ma è così, e mi spezza il cuore. LEAR (a Gloucester) Leggi. GLOUCESTER
Come? Con le orbite prive degli occhi? LEAR
Ehi! Ma allora sei come me? Niente occhi nella testa, niente quattrini nella borsa? Hai le orbite orbate come la saccoccia161; eppure lo vedi, come va questo mondo. GLOUCESTER
Non lo vedo, lo sento. LEAR
Eh? Sei matto? Si può vedere come va questo mondo anche senza occhi; guarda con gli orecchi. Vedi come quel giudice grida contro quel semplice ladro? Ascolta con l’orecchio. Basta cambiarli di posto, e oplà162, quale è il giudice e quale è il ladro? Hai mai visto un cane di fattore abbaiare a un mendicante?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
GLOUCESTER Ay, sir. LEAR An the creature run from the cur, there thou
mightst behold the great image of authority. A dog’s obeyed in office. Thou rascal beadle, hold thy bloody hand. Why dost thou lash that whore? Strip thy own back. Thou hotly lusts to use her in that kind For which thou whip’st her. The usurer hangs the cozener. Through tattered clothes great vices do appear; Robes and furred gowns hide all. Plate sin with gold, And the strong lance of justice hurtless breaks; Arm it in rags, a pygmy’s straw does pierce it. None does offend, none, I say none. I’ll able ’em. Take that of me, my friend, who have the power To seal th’accuser’s lips. Get thee glass eyes, And, like a scurvy politician, seem To see the things thou dost not. Now, now, now, now! Pull off my boots. Harder, harder! So. EDGAR (aside) O, matter and impertinency mixed – Reason in madness!
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LEAR
If thou wilt weep my fortunes, take my eyes. I know thee well enough: thy name is Gloucester. Thou must be patient. We came crying hither. Thou know’st the first time that we smell the air We waul and cry. I will preach to thee. Mark. GLOUCESTER Alack, alack the day! LEAR [removing his crown of weeds] When we are born, we cry that we are come To this great stage of fools. This’ a good block. It were a delicate stratagem to shoe A troop of horse with felt. I’ll put’t in proof, And when I have stol’no upon these son-in-laws, Then kill, kill, kill, kill, kill, kill!
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 5
GLOUCESTER
Sì, sire. LEAR
E se il malcapitato scappa davanti alla bestia, lì tu puoi vedere la grande immagine dell’autorità: un cane obbedito nelle sue funzioni. Vigliacco d’un aguzzino163, ferma quella mano sanguinaria! Perché ora frusti quella troia? Scopri le tue, di spalle, visto che bruci dalla voglia di farle quella cosa per cui la frusti. L’usuraio164 impicca il truffatore. Le vesti lacere fanno vedere i grandi vizi; i manti e le pellicce invece celano tutto. Copri d’oro il peccato, e la forte lancia della giustizia innocua ci si spezza; rivestilo di stracci, e lo trafigge anche la pagliuzza di un pigmeo. Nessuno è colpevole, nessuno, ti dico, nessuno; ma io li autorizzo. Ascolta me, amico, che ho il potere di chiudere la bocca di chi accusa. Fatti degli occhi di vetro; e come un vile politicante, fingi di vedere quello che non vedi. Ora, ora, ora, ora toglietemi gli stivali; tira, tira! Così. EDGAR (a parte) Un misto di buonsenso e di stravaganze – la ragione nella pazzia! LEAR
Se vuoi piangere la mia sorte, prendi i miei occhi. Io ti conosco bene, il tuo nome è Gloucester. Devi avere pazienza. Qui ci siamo venuti piangendo. Tu lo sai. La prima volta che fiutiamo l’aria ululiamo165 e gridiamo. Ora ti faccio una predica, Attento! GLOUCESTER
Ahi, che giorno funesto! LEAR [togliendosi la corona di fiori]
Quando nasciamo noi piangiamo perché siamo venuti su questa grande ribalta piena di pazzi. Mica male questo cappello166! Sarebbe un astuto stratagemma, avvolgere nel feltro gli zoccoli dei cavalli di uno squadrone; voglio fare la prova. E poi, una volta piombati alle spalle di questi generi, ammazza, ammazza, ammazza, ammazza, ammazza!
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
Enter [two] Gentlemen [FIRST] GENTLEMAN
O, here he is. Lay hand upon him. [To Lear] Sir, Your most dear daughter –
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LEAR
No rescue? What, a prisoner? I am even The natural fool of fortune. Use me well. You shall have ransom. Let me have surgeons; I am cut to th’ brains. [FIRST] GENTLEMAN You shall have anything. LEAR No seconds? All myself? Why, this would make a man a man of salt, To use his eyes for garden water-pots. I will die bravely, like a smug bridegroom. What, I will be jovial. Come, come, I am a king. Masters, know you that?
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[FIRST] GENTLEMAN
You are a royal one, and we obey you. LEAR Then there’s life in’t. Come, an you get it, you shall
get it by running. Sa, sa, sa, sa! Exit running [pursued by a Gentleman] [FIRST] GENTLEMAN
A sight most pitiful in the meanest wretch, Past speaking in a king. Thou hast a daughter Who redeems nature from the general curse Which twain have brought her to. EDGAR Hail, gentle sir. [FIRST] GENTLEMAN Sir, speed you. What’s your will?
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EDGAR
Do you hear aught, sir, of a battle toward?
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184. Lay hand upon him. [To Lear] Sir: emend. tardo; in Q lay hand upon him, sirs = “prendetelo, signori”; in F lay had upon him, sir = “prendilo, signore”. 201. Speaking: emend. Oxford; in Q e F speaking of. 2766
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 5
Entrano [due] gentiluomini [PRIMO] GENTILUOMO
Oh, eccolo! Prendetelo. [A Lear] Sire, la vostra amatissima figlia... LEAR
Nessun soccorso? Cosa, prigioniero? Sono nato per essere lo zimbello naturale della sorte. Trattatemi bene. Avrete un riscatto. E chiamate dei chirurghi, sono ferito nel cervello. [PRIMO] GENTILUOMO
Avrete qualunque cosa. LEAR
Niente aiuti? Tutto da solo? Ma questo farebbe di un uomo un uomo di sale167, con gli occhi da usare come annaffiatoi da giardino. Voglio fare una bella morte, elegante come uno sposo168. Certo! Voglio essere allegro. Andiamo, andiamo. Io sono un re. Signori, lo sapete? [PRIMO] GENTILUOMO
Siete un sovrano, e vi diamo obbedienza. LEAR
Vuol dire che c’è ancora speranza. Avanti, se lo volete prendere, dovrete fare una corsa. Ah, ah, ah, ah169! Esce di corsa [inseguito da un Gentiluomo] [PRIMO] GENTILUOMO
Questo sarebbe pietoso nell’ultimo degli infelici, è indescrivibile in un re. Tu hai una figlia che redime la natura dalla maledizione universale arrecatale dalle altre due170. EDGAR
Salve, gentile signore. [PRIMO] GENTILUOMO
Salve a te. Cosa vuoi? EDGAR
Sapete nulla di una battaglia imminente?
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
[FIRST] GENTLEMAN
Most sure and vulgar, everyone hears that That can distinguish sound. EDGAR But, by your favour, How near’s the other army?
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[FIRST] GENTLEMAN
Near and on speedy foot. The main descry Stands in the hourly thought. EDGAR I thank you, sir. That’s all. [FIRST] GENTLEMAN
Though that the Queen on special cause is here, Her army is moved on. EDGAR I thank you, sir. Exit Gentleman GLOUCESTER
You ever gentle gods, take my breath from me. Let not my worser spirit tempt me again To die before you please. EDGAR Well pray you, father. GLOUCESTER Now, good sir, what are you?
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EDGAR
A most poor man, made tame to fortune’s blows, Who by the art of known and feeling sorrows Am pregnant to good pity. Give me your hand, I’ll lead you to some biding. GLOUCESTER [rising] Hearty thanks. The bounty and the benison of heaven To boot and boot.
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Enter Oswald the steward A proclaimed prize! Most happy! That eyeless head of thine was first framed flesh To raise my fortunes. Thou old unhappy traitor,
OSWALD
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207-208. Hears that / That: così in Q1; in Q2 hears / That; in F hears that, which. 212. Stands in: emend. Oxford; in Q e F stands on. 225. To boot and boot: così in F; in Qa to save thee = “salvandoti”. 2768
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 5
[PRIMO] GENTILUOMO
Certo, lo sanno tutti. Lo sente chiunque sia in grado di udire un suono. EDGAR
Ma di grazia, quanto è lontano l’altro esercito? [PRIMO] GENTILUOMO
Poco, e avanza veloce; il grosso sarà qui da un momento all’altro. EDGAR
Grazie, signore; è tutto. [PRIMO] GENTILUOMO
La regina è qui per motivi speciali, ma il suo esercito è in marcia. EDGAR
Vi ringrazio, signore. Il gentiluomo esce GLOUCESTER
O dèi sempre cortesi, toglietemi ogni alito di vita. Che i miei spiriti peggiori non mi tentino ancora a morire prima che vi piaccia! EDGAR
Buona preghiera, padre171. GLOUCESTER
Si può sapere chi siete, buon signore? EDGAR
Un uomo molto povero, domato dai colpi della fortuna, che grazie ai dolori che ha visto e provato è aperto alla pietà. Datemi la mano, vi condurrò a un rifugio. GLOUCESTER [alzandosi] Grazie di cuore: che la munificenza e la benedizione del cielo ti ricompensino a usura172. Entra Oswald il maggiordomo OSWALD
Il bandito ricercato173! Bel colpo! Quella tua testa senza occhi si è incarnata per fare la mia fortuna. Sciagurato vecchio traditore,
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
Briefly thyself remember. The sword is out That must destroy thee. GLOUCESTER Now let thy friendly hand Put strength enough to’t. OSWALD (to Edgar) Wherefore, bold peasant, Durst thou support a published traitor? Hence, Lest that th’infection of his fortune take Like hold on thee. Let go his arm. EDGAR ’Chill not let go, sir, without vurther ’cagion. OSWALD Let go, slave, or thou diest. EDGAR Good gentleman, go your gate, and let poor volk pass. An ’chud ha’ been swaggered out of my life, ’twould not ha’ been so long as ’tis by a vortnight. Nay, come not near th’old man. Keep out, ’che vor’ ye, or l’s’ try whether your costard or my baton be the harder; I’ll be plain with you. OSWALD Out, dunghill! EDGAR ’Chill pick your teeth, sir. Come, no matter vor your foins.
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[Edgar knocks him down] OSWALD
Slave, thou hast slain me. Villain, take my purse. If ever thou wilt thrive, bury my body, And give the letters which thou find’st about me To Edmond, Earl of Gloucester. Seek him out Upon the English party. O untimely death! Death!
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He dies EDGAR
I know thee well – a serviceable villain, As duteous to the vices of thy mistress As badness would desire. GLOUCESTER What, is he dead? EDGAR Sit you down, father. Rest you.
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231. Durst: così in Q1; in Q e F darest (coniugazione arcaica di to dare). 234. ’Cagion: così in Q; in F ’casion (storpiature di occasion). 2770
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 5
fai un breve atto di contrizione. È già sguainata la spada che sarà la tua fine. GLOUCESTER
Che la tua mano amica abbia tutta la forza che ci vuole! OSWALD (a Edgar)
Sfrontato bifolco, come osi soccorrere un notorio traditore? Indietro, se non vuoi che il contagio delle sue sorti si impossessi anche di te. Lasciagli il braccio! EDGAR
Nu’ lo lazzo, zigno’, senza ’na ragione174. OSWALD
Marrano, lascialo andare o muori. EDGAR
Zigno’, vadi p’a strada zuia e lazzate sta’ i puveretti. Ca si tenessi paura ‘e fanfarune175, nu’ ssaria campate quinnece iurne. Lazza sta’ ‘o vecchio, o ssi verrà ssi è più dura la capa toia, o il mio tortore. È chiaro? OSWALD
Via, mucchio di letame! EDGAR
Mo ve stuzzico i denti, zigno’. A me nu’ mme fate male176. [Egar lo abbatte] OSWALD
Zotico, mi hai ammazzato. Prenditi pure la mia borsa, marrano. Se vuoi prosperare, seppellisci il mio corpo; e porta le lettere che troverai nelle mie tasche a Edmond, duca di Gloucester. Cercalo nel campo dei britanni. Che morte prematura! Oh morte! Muore EDGAR
Ti conosco bene – una canaglia servizievole, sollecito ai vizi della tua padrona quanto il male può augurarsi. GLOUCESTER
Cosa! È morto? EDGAR
Sedete, padre; riposatevi.
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THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 5
Gloucester sits Let’s see these pockets. The letters that he speaks of May be my friends. He’s dead; I am only sorrow He had no other deathsman. Let us see. Leave, gentle wax, and manners; blame us not. To know our enemies’ minds we rip their hearts; Their papers is more lawful.
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He reads the letter ‘Let our reciprocal vows be remembered. You have many opportunities to cut him off. If your will want not, time and place will be fruitfully offered. There is nothing done if he return the conqueror; then am I the prisoner, and his bed my jail, from the loathed warmth whereof, deliver me, and supply the place for your labour. Your – wife, so I would say, – affectionate servant, and for you her own for venture, Goneril.’ O indistinguished space of woman’s will – A plot upon her virtuous husband’s life, And the exchange my brother! – Here in the sands Thee I’ll rake up, the post unsanctified Of murderous lechers, and in the mature time With this ungracious paper strike the sight Of the death-practised Duke. For him ’tis well That of thy death and business I can tell.
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[Exit with the body] GLOUCESTER
The King is mad. How stiff is my vile sense, That I stand up and have ingenious feeling Of my huge sorrows! Better I were distraught, So should my thoughts be severed from my griefs, Drum afar off
256. Sorrow: così in Q1; in Q2 e F sorry. 2772
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 5
Gloucester si siede Vediamo queste tasche. Le lettere di cui parla potrebbero essermi amiche. È morto, mi dispiace soltanto che non gli sia toccato un altro boia. Vediamo. Spostati, cera177 gentile, e tu, creanza, non ci rimproverare: per conoscere l’animo dei nemici gli strappiamo il cuore, strappare i loro scritti è più lecito. Legge la lettera “Che i nostri voti reciproci non siano dimenticati. Hai molte opportunità per eliminarlo; se non ti mancherà la volontà, si presenteranno tempi e luoghi opportuni. Non c’è niente da fare se ritorna vincitore; allora io sarò la prigioniera, e il suo letto sarà la mia cella; affrancami da quel calore disgustoso, e occupa il suo posto come premio alle tue fatiche. La tua – sposa, vorrei chiamarmi – serva fedele, Goneril.” O smisurato spazio delle brame femminili – un complotto contro quel virtuoso marito, e, in cambio, mio fratello! – Qui nella sabbia ti sotterrerò, empio messaggero di lussuriosi assassini; e a suo tempo con questo foglio sciagurato aprirò gli occhi al duca minacciato di morte. Buon per lui che possa riferire della tua morte e della tua missione! [Esce con il corpo] GLOUCESTER
Il re è pazzo. Ma come resiste la mia vile ragione, se ho ancora la lucida coscienza dei miei enormi dolori! Meglio se fossi fuori di me: allora i miei pensieri sarebbero scissi dalle mie pene, Tamburi in lontananza
2773
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 6
And woes by wrong imaginations lose The knowledge of themselves. [Enter Edgar] Give me your hand. Far off methinks I hear the beaten drum. Come, father, I’ll bestow you with a friend.
EDGAR
285
Exit Edgar guiding Gloucester Enter Queen Cordelia, the Earl of Kent disguised, and [the First] Gentleman
4.6
CORDELIA
O thou good Kent, how shall I live and work To match thy goodness? My life will be too short, And every measure fail me. KENT
To be acknowledged, madam, is o’erpaid. All my reports go with the modest truth, Nor more, nor clipped, but so. CORDELIA Be better suited. These weeds are memories of those worser hours. I prithee put them off. KENT Pardon, dear madam. Yet to be known shortens my made intent. My boon I make it that you know me not Till time and I think meet. CORDELIA Then be’t so, my good lord. – How does the King? [FIRST] GENTLEMAN Madam, sleeps still. CORDELIA O you kind gods, Cure this great breach in his abusèd nature; Th’untuned and jarring senses O wind up Of this child-changèd father! [FIRST] GENTLEMAN So please your majesty That we may wake the King? He hath slept long.
2774
5
10
16
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 6
e gli affanni grazie alle false fantasie perderebbero ogni nozione di se stessi. [Entra Edgar] EDGAR
Datemi la mano. Mi sembra di sentire i rulli dei tamburi in lontananza. Venite, padre, vi affiderò a un amico. Edgar esce guidando Gloucester Entrano la regina Cordelia, il conte di Kent travestito, e il [primo] gentiluomo178
IV, 6
CORDELIA
Mio caro Kent, come potrò vivere e operare per ricambiare la tua bontà? La mia vita sarà troppo corta e ogni sforzo sarà vano. KENT
L’averne atto da voi, signora, è il più gran premio. Possa ogni resoconto del mio agire seguire l’umile verità, né più né meno delle cose come stanno. CORDELIA
Vestiti meglio. Questi stracci sono ricordo di ore assai peggiori, togliteli, ti prego. KENT
Perdonate, signora cara, ma se fossi riconosciuto il mio piano fallirebbe. Vi chiedo per favore di non riconoscermi finché il tempo ed io non lo riterremo opportuno. CORDELIA
E allora così sia, mio buon signore. – Come sta il re? [PRIMO] GENTILUOMO
Signora, dorme ancora. CORDELIA
Oh dèi generosi, curate questa vasta ferita nella sua oltraggiata natura! Restaurate l’armonia nei sensi scordati e dissonanti di questo padre diventato figlio! [PRIMO] GENTILUOMO
Se piace alla vostra maestà, si potrebbe svegliare il re; ha dormito a lungo.
2775
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 6
CORDELIA
Be governed by your knowledge, and proceed I’th’ sway of your own will. Is he arrayed? [FIRST] GENTLEMAN
Ay, madam. In the heaviness of sleep We put fresh garments on him.
20
Enter King Lear asleep, in a chair carried by servants Be by, good madam, when we do awake him. I doubt not of his temperance. CORDELIA
O my dear father, restoration hang Thy medicine on my lips, and let this kiss Repair those violent harms that my two sisters Have in thy reverence made! KENT Kind and dear princess!
25
CORDELIA
Had you not been their father, these white flakes Did challenge pity of them. Was this a face To be opposed against the warring winds? Mine enemy’s dog, though he had bit me, should have stood That night against my fire. And wast thou fain, poor father, To hovel thee with swine and rogues forlorn In short and musty straw? Alack, alack, ’Tis wonder that thy life and wits at once Had not concluded all! (To the Gentleman) He wakes. Speak to him. [FIRST] GENTLEMAN Madam, do you; ’tis fittest. CORDELIA (to Lear) How does my royal lord? How fares your majesty?
30
35
22. I doubt not of his: così in Q e F3; in F1: I doubt of his. 29. Warring = “in conflitto”: così in Q; in F jarring, che si segue nella traduzione. 2776
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 6
CORDELIA
Fatti guidare dalla tua scienza, e segui il corso che vuoi tu. È abbigliato? [PRIMO] GENTILUOMO
Sì, signora, nel profondo del suo sonno gli abbiamo messo addosso altre vesti. Entra Lear addormentato in una portantina recata da servi Siate qui, buona signora, quando lo destiamo. Sono certo che sarà tranquillo. CORDELIA
Oh mio caro padre, il ristoro appenda la tua medicina alla mia bocca, e che questo bacio ripari la violenza di quel male che le mie due sorelle hanno arrecato alla tua età veneranda! KENT
Cara e dolce principessa! CORDELIA
Anche se non fossi stato il loro padre, queste bianche ciocche esigevano pietà. Era questo un viso da opporre al ruggito dei venti179? Se il cane del mio nemico mi avesse morso, quel cane sarebbe stato accanto al mio fuoco, quella notte. E tu hai dovuto, povero padre, rifugiarti coi porci e i reietti vagabondi su poca paglia ammuffita? Ahi, ahi, ahi! Stupisce che la tua vita non si sia spenta insieme col tuo senno. (Al gentiluomo) Si sveglia, parlategli. [PRIMO] GENTILUOMO
A voi, signora, è meglio. CORDELIA (a Lear) Come sta il mio regale signore? Come si sente la maestà vostra?
2777
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 4 SCENE 6
LEAR
You do me wrong to take me out o’th’ grave. Thou art a soul in bliss, but I am bound Upon a wheel of fire, that mine own tears Do scald like molten lead. CORDELIA Sir, do you know me?
40
LEAR
You are a spirit, I know. Where did you die? CORDELIA (to the Gentleman) Still, still far wide! [FIRST] GENTLEMAN
He’s scarce awake. Let him alone a while. LEAR
Where have I been? Where am I? Fair daylight? I am mightily abused. I should ev’no die with pity To see another thus. I know not what to say. I will not swear these are my hands. Let’s see: I feel this pin prick. Would I were assured Of my condition. CORDELIA (kneeling) O look upon me, sir, And hold your hands in benediction o’er me. You must not kneel. LEAR Pray do not mock. I am a very foolish, fond old man, Fourscore and upward, Not an hour more nor less; and to deal plainly, I fear I am not in my perfect mind. Methinks I should know you, and know this man; Yet I am doubtful, for I am mainly ignorant What place this is; and all the skill I have Remembers not these garments; nor I know not Where I did lodge last night. Do not laugh at me, For as I am a man, I think this lady To be my child, Cordelia. CORDELIA And so I am, I am.
45
50
55
60
52. Do not mock: così in Q1; in Q2 e F do not mock me, che si segue nella traduzione. 2778
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO IV SCENA 6
LEAR
Mi fai torto a svegliarmi dalla tomba. Tu sei un’anima beata, ma io sono avvinto a una ruota di fuoco, sì che le mie stesse lacrime scottano come piombo liquefatto180. CORDELIA
Mi riconoscete, sire? LEAR
Tu sei uno spirito, lo so. Quando sei morta? CORDELIA (al gentiluomo)
È ancora tanto lontano! [PRIMO] GENTILUOMO
Si sta ancora svegliando, lasciatelo stare per un po’. LEAR
Dove sono stato? Dove sono? È la luce del sole? Ho subito grandi torti. Morirei di pietà se vedessi un altro in questo stato. Non so cosa dire. Non posso giurare che queste siano le mie mani. Vediamo. Questo spillo punge, lo sento. Potessi essere sicuro del mio stato! CORDELIA (inginocchiandosi) Oh, guardate me, sire, e alzate la mano benedicente su di me. Non dovete inginocchiarvi. LEAR
Ti prego, non beffarmi. Io sono un vecchio molto sciocco e svanito, ho ottant’anni e passa, ora più ora meno; e per dirla chiara, ho paura di non starci tutto con la testa. Mi sembra che dovrei conoscere te e anche quest’uomo; però ho i miei dubbi; perché intanto non so che luogo sia questo, e con tutti gli sforzi non ricordo questi abiti, così come non so dove ho passato questa notte. Non ridete di me; perché com’è vero che sono un uomo, credo che questa signora sia mia figlia Cordelia. CORDELIA
Ed è così, sono io! Sono io.
2779
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 1
LEAR
Be your tears wet? Yes, faith. I pray, weep not. If you have poison for me, I will drink it. I know you do not love me; for your sisters Have, as I do remember, done me wrong. You have some cause; they have not. CORDELIA No cause, no cause. LEAR Am I in France? KENT In your own kingdom, sir. LEAR Do not abuse me.
65
70
[FIRST] GENTLEMAN
Be comforted, good madam. The great rage You see is killed in him. Desire him to go in. Trouble him no more till further settling. CORDELIA (to Lear) Will’t please your highness walk?
75
LEAR
You must bear with me. Pray you now, forget And forgive. I am old and foolish.
Exeunt
Enter with a drummer and colours Edmond, Regan, Gentlemen, and soldiers
5.1
EDMOND
Know of the Duke if his last purpose hold, Or whether since he is advised by aught To change the course. He’s full of abdication And self-reproving. Bring his constant pleasure. Exit one or more REGAN
Our sister’s man is certainly miscarried.
5
EDMOND
’Tis to be doubted, madam.
3. Abdication: così in Qa; in Qb, Q2 e F alteration= “alterazione, collera”. 2780
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 1
LEAR
Sono umide quelle lacrime? Sì, certo. Ma ti prego, non piangere. Se hai un veleno per me, lo voglio bere. So che tu non mi ami, perché le tue sorelle, questo me lo ricordo, mi hanno fatto torto; tu ne hai qualche motivo; loro no. CORDELIA
Non ho motivo, non ho motivo. LEAR
Mi trovo in Francia? KENT
Nel vostro regno, sire. LEAR
Non confondetemi. [PRIMO] GENTILUOMO
Consolatevi, buona signora. La grande collera, vedete, è spenta in lui. Invitatelo a entrare, non turbatelo più finché non sarà migliorato ancora. CORDELIA (a Lear) Potete camminare, altezza? LEAR
Devi aver pazienza con me. Dimentica e perdona. Sono vecchio e svanito181. Escono Entrano, con un tamburino e bandiere, Edmund, Regan, gentiluomini e soldati182
V, 1
EDMOND
Fatevi dire dal duca se è fermo sulla sua ultima decisione, oppure se da allora qualcosa gli dia motivo di cambiare i programmi. È pieno di titubanze e di rimorsi. Portatemi la sua volontà definitiva. Escono uno o più REGAN
All’uomo di nostra sorella è certo accaduto qualcosa. EDMOND
C’è di che temerlo, signora.
2781
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 1
Now, sweet lord, You know the goodness I intend upon you. Tell me but truly – but then speak the truthDo you not love my sister? EDMOND In honoured love. REGAN
REGAN
But have you never found my brother’s way To the forfended place? EDMOND No, by mine honour, madam.
10
REGAN
I never shall endure her. Dear my lord, Be not familiar with her. EDMOND Fear me not. She and the Duke her husband –
15
Enter with a drummer and colours the Duke of Albany, Goneril, and soldiers ALBANY (to Regan)
Our very loving sister, well bemet. (To Edmond) Sir, this I heard: the King is come to his daughter, With others whom the rigour of our state Forced to cry out. REGAN Why is this reasoned? GONERIL
Combine together ’gainst the enemy; For these domestic and particular broils Are not the question here.
20
ALBANY
Let’s then determine with th’ensign of war On our proceeding. REGAN Sister, you’ll go with us? GONERIL No. REGAN
’Tis most convenient. Pray go with us. GONERIL (aside)
O ho, I know the riddle! (To Regan) I will go. 2782
25
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 1
REGAN
Ora, caro signore, sapete come io intenda beneficarvi. Ditemi, ma sinceramente – dite la verità – voi non amate mia sorella? EDMOND
Sì, di lecito amore. REGAN
Ma non avete fatto mai le veci di mio cognato in quel luogo proibito? EDMOND
No, sul mio onore, signora. REGAN
Non lo tollererò. Caro signore, evitate le familiarità con lei. EDMOND
Non temete. Lei e il duca suo marito... Entrano, con un tamburino e insegne, Albany, Goneril e soldati ALBANY (a Regan)
Ben trovata, sorella dilettissima. (A Edmund) Signore, questo ho udito: il re ha raggiunto sua figlia, con altri che il rigore del nostro stato ha costretto alla fuga183. REGAN
Perché queste spiegazioni? GONERIL
Unitevi contro il nemico; questi screzi domestici e personali non sono in ballo adesso. ALBANY
E dunque decidiamo la nostra condotta con gli esperti della guerra. REGAN
Sorella, venite con noi? GONERIL
No. REGAN
Ma è meglio. Venite con noi, vi prego. GONERIL (a parte)
Ah, ah! Capisco che c’è sotto! (A Regan) Vengo.
2783
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 1
Enter Edgar disguised as a peasant EDGAR (to Albany)
If e’er your grace had speech with man so poor, Hear me one word. ALBANY (to the others) I’ll overtake you. Exeunt both the armies Speak. EDGAR
Before you fight the battle, ope this letter. If you have victory, let the trumpet sound For him that brought it. Wretched though I seem, I can produce a champion that will prove What is avouchèd there. If you miscarry, Your business of the world hath so an end, And machination ceases. Fortune love you.
30
35
ALBANY
Stay till I have read the letter. I was forbid it. When time shall serve, let but the herald cry, And I’ll appear again. ALBANY Why, fare thee well. I will o’erlook thy paper. Exit Edgar EDGAR
40
Enter Edmond EDMOND
The enemy’s in view; draw up your powers. He [offers] Albany a paper Here is the guess of their true strength and forces By diligent discovery; but your haste Is now urged on you. ALBANY We will greet the time.
45 Exit
36. Love: così in F (congiuntivo), in Q loves (indicativo). 2784
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 1
Entra Edgar camuffato da contadino EDGAR (a Albany)
Se mai la vostra grazia ha porto orecchio a un uomo così umile, consentitemi una parola. ALBANY (agli altri) Vi raggiungo. Escono entrambi gli eserciti Parla. EDGAR
Prima di combattere, aprite questa lettera. In caso di vittoria, fate squillare la tromba per chiamare chi ve l’ha recata. Per misero che sembri, posso far scendere in lizza un campione che dimostrerà quanto qui si afferma. Se sarete sconfitto, non avrete più interessi a questo mondo, e ogni complotto sarà cessato. La fortuna vi arrida. ALBANY
Resta finché non ho letto la lettera. EDGAR
Mi è stato proibito. Quando sarà il momento, che l’araldo lanci un grido, e io riapparirò. ALBANY
Allora, addio. Leggerò il tuo scritto. Edgar esce Entra Edmond EDMOND
Il nemico è in vista. Schierate gli uomini. [Offre] ad Albany un foglio Ecco il computo delle loro forze complessive in base ad attenti accertamenti. Ora però la fretta vi è d’obbligo. ALBANY
Ci adegueremo. Esce
2785
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 2
EDMOND
To both these sisters have I sworn my love, Each jealous of the other as the stung Are of the adder. Which of them shall I take? – Both? – one? – or neither? Neither can be enjoyed If both remain alive. To take the widow Exasperates, makes mad, her sister Goneril, And hardly shall I carry out my side, Her husband being alive. Now then, we’ll use His countenance for the battle, which being done, Let her who would be rid of him devise His speedy taking off. As for the mercy Which he intends to Lear and to Cordelia, The battle done, and they within our power, Shall never see his pardon; for my state Stands on me to defend, not to debate.
50
55
Exit
Alarum within. Enter with a drummer and colours King Lear, Queen Cordelia, and soldiers over the stage; and exeunt. Enter Edgar disguised as a peasant, guiding the blind Duke of Gloucester
5.2
EDGAR
Here, father, take the shadow of this tree For your good host; pray that the right may thrive. If ever I return to you again I’ll bring you comfort. GLOUCESTER Grace go with you, sir. Exit Edgar Alarum and retreat within. Enter Edgar EDGAR
Away, old man. Give me thy hand. Away. King Lear hath lost, he and his daughter ta’en. Give me thy hand. Come on. GLOUCESTER
No further, sir. A man may rot even here.
2786
5
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 2
EDMOND
A entrambe queste sorelle ho giurato amore, e ciascuna è in sospetto dell’altra, come chi è stato morso lo è del serpente. Quale devo scegliere? – Tutte e due? – Una? – Nessuna? Nessuna delle due si può godere se sono vive entrambe. Scegliere la vedova esaspera, fa impazzire sua sorella Goneril; e certo non posso arrivare all’altra finché ha il marito vivo. Per adesso mi servo dell’appoggio184 di lui per la battaglia; e dopo, se lei vuole liberarsene, che escogiti il suo rapido congedo. Quanto alla pietà che lui intende avere per Lear e per Cordelia, a battaglia finita con loro in nostro potere, non vedranno mai la sua clemenza; perché i miei interessi io sono qui per difenderli, non per sabotarli. Esce Trombe da dentro. Entrano, con un tamburino e insegne, re Lear, la regina Cordelia e soldati, che percorrono il palco e escono. Entrano Edgar camuffato da contadino, che guida il cieco duca di Gloucester185
V, 2
EDGAR
Vieni, padre186, prendi l’ombra di questo albero come tuo ospite accogliente; e prega che vincano i giusti. Se mai tornerò da te, ti recherò conforto. GLOUCESTER
La grazia divina vi accompagni, signore! Edgar esce Trombe e ritirata da dentro. Entra Edgar EDGAR
Fuggiamo, vecchio! Dammi la mano: fuggiamo! Re Lear ha perso, e lo hanno preso con la figlia. Dammi la mano. Vieni. GLOUCESTER
No, signore. Si può marcire anche qui.
2787
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
EDGAR
What, in ill thoughts again? Men must endure Their going hence even as their coming hither. Ripeness is all. Come on. GLOUCESTER And that’s true, too.
10
Exit Edgar guiding Gloucester Enter in conquest with a drummer and colours Edmond; King Lear and Queen Cordelia as prisoners; soldiers; a Captain
5.3
EDMOND
Some officers take them away. Good guard Until their greater pleasures first be known That are to censure them. CORDELIA (to Lear) We are not the first Who with best meaning have incurred the worst. For thee, oppressèd King, I am cast down, Myself could else outfrown false fortune’s frown. Shall we not see these daughters and these sisters?
5
LEAR
No, no, no, no. Come, let’s away to prison. We two alone will sing like birds i’th’ cage. When thou dost ask me blessing, I’ll kneel down And ask of thee forgiveness; so we’ll live, And pray, and sing, and tell old tales, and laugh At gilded butterflies, and hear poor rogues Talk of court news, and we’ll talk with them too – Who loses and who wins, who’s in, who’s out, And take upon ‘s the mystery of things As if we were God’s spies; and we’ll wear out In a walled prison packs and sects of great ones That ebb and flow by th’ moon. EDMOND (to soldiers) Take them away.
10
15
LEAR
Upon such sacrifices, my Cordelia, The gods themselves throw incense. Have I caught thee? 2788
20
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
EDGAR
Cosa? Ancora quei cattivi pensieri? Gli uomini devono tollerare di uscire dalla vita, così come di entrarci. La maturità è tutto187. Vieni. GLOUCESTER
È vero anche questo. Esce Edgar guidando Gloucester Entrano vittoriosi con un tamburino e insegne Edmond; re Lear e la regina Cordelia prigionieri; soldati; un capitano
V, 3
EDMOND
Degli ufficiali li portino via. Sorvegliateli finché non si conoscano le decisioni di coloro che devono giudicarli. CORDELIA (a Lear) Non siamo i primi che con buone intenzioni hanno incontrato il peggio. Per te, oppresso re, mi affliggo; da sola saprei affrontare il cipiglio della fortuna ingannatrice. Non vedremo queste figlie e queste sorelle? LEAR
No, no, no, no! Andiamo, vieni con me in prigione. Noi due soli canteremo come uccelli nella gabbia; quando tu chiederai la mia benedizione, io cadrò in ginocchio e chiederò il tuo perdono; così noi vivremo pregando, cantando, narrando vecchie storie, e ridendo delle farfalle dorate188, e sentendo poveri sciocchi dare notizie della corte; e noi racconteremo a loro di chi perde e chi vince, di chi è dentro e chi è fuori; e avremo su di noi il mistero delle cose come se fossimo le spie di Dio; e poi vedremo dal chiuso della nostra prigione le fazioni e le sette dei grandi consumarsi nei loro flussi e riflussi governati dalla luna. EDMOND (ai soldati) Portateli via. LEAR
Sopra tali sacrifici, mia Cordelia, gli stessi dèi gettano incenso. Ti ho ritrovata? Chi ci separerà dovrà portare un tizzone dal cielo e
2789
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
He that parts us shall bring a brand from heaven And fire us hence like foxes. Wipe thine eyes. The goodyear shall devour them, flesh and fell, Ere they shall make us weep. We’ll see ’em starved first. Come. Exeunt all but Edmond and the Captain EDMOND Come hither, captain. Hark. Take thou this note. Go follow them to prison. One step I have advanced thee; if thou dost As this instructs thee, thou dost make thy way To noble fortunes. Know thou this: that men Are as the time is. To be tender-minded Does not become a sword. Thy great employment Will not bear question. Either say thou’lt do’t, Or thrive by other means. CAPTAIN I’ll do’t, my lord.
26
30
EDMOND
About it, and write ‘happy’ when thou’st done. Mark, I say, instantly, and carry it so As I have set it down. Exit the Captain
35
Flourish. Enter the Duke of Albany, Goneril, Regan, [drummer, trumpeter] and soldiers ALBANY
Sir, you have showed today your valiant strain, And fortune led you well. You have the captives Who were the opposites of this day’s strife. I do require them of you, so to use them As we shall find their merits and our safety May equally determine. EDMOND Sir, I thought it fit To send the old and miserable King To some retention and appointed guard, Whose age had charms in it, whose title more, To pluck the common bosom on his side
40
45
24. Goodyear: emend. Oxford; in Q good; in F good years; per altri gore = “il grumo di sangue” [metaforicamente, la carneficina]. 45. And appointed guard: così in Qb e Q2, non in F. 2790
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
scacciarci da qui come si fa con le volpi189. Asciugati gli occhi; il malanno190 li divorerà tutti, carne e pelle, prima che ci facciano piangere; moriranno di fame prima. Vieni. Escono tutti tranne Edmund e il Capitano EDMOND
Vieni qui, capitano: ascolta. Prendi questo foglio. Seguili alla prigione. Ti ho già promosso una volta; se agirai secondo queste istruzioni, ti aprirai una via a nobili destini. Sappi questo, che gli uomini sono come i tempi loro. Avere l’animo tenero non fa bene a un soldato. Le tue grandi responsabilità non consentono domande. Di’ che obbedirai, o fa’ carriera con altri mezzi. CAPITANO
Obbedirò, signore. EDMOND
Forza, allora; e considerati fortunato quando avrai finito. Attento – ho detto all’istante, e di fare tutto come l’ho scritto191. Il capitano esce Trombe. Entrano il duca di Albany, Goneril, Regan, [tamburino, trombettiere] e ufficiali ALBANY
Signore, oggi voi avete dato prova di valore, e la fortuna vi ha arriso. Avete preso prigionieri i nostri avversari di questa giornata di lotta. Vi chiedo di consegnarceli, per farli trattare come decideremo che i loro meriti e la nostra sicurezza possano equamente comportare. EDMOND
Signore, ho pensato bene di mandare il vecchio e sventurato re a una detenzione sotto apposita guardia; la sua vecchiaia e ancor più il suo titolo hanno ancora un fascino capace di attirargli il favo-
2791
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
And turn our impressed lances in our eyes Which do command them. With him I sent the Queen, My reason all the same, and they are ready Tomorrow, or at further space, t’appear Where you shall hold your session. ALBANY Sir, by your patience, I hold you but a subject of this war, Not as a brother. REGAN That’s as we list to grace him. Methinks our pleasure might have been demanded Ere you had spoke so far. He led our powers, Bore the commission of my place and person, The which immediacy may well stand up And call itself your brother. GONERIL Not so hot. In his own grace he doth exalt himself More than in your addition. REGAN In my rights By me invested, he compeers the best.
50
55
60
ALBANY
That were the most if he should husband you. REGAN
Jesters do oft prove prophets. Holla, holla – That eye that told you so looked but asquint.
GONERIL
65
REGAN
Lady, I am not well, else I should answer From a full-flowing stomach. (To Edmond) General, Take thou my soldiers, prisoners, patrimony. Dispose of them, of me. The walls is thine. Witness the world that I create thee here My lord and master. GONERIL Mean you to enjoy him? ALBANY
The let-alone lies not in your good will. EDMOND
Nor in thine, lord. 2792
70
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
re popolare e volgere le lance da noi arruolate contro gli occhi di noi che le comandiamo. Con lui ho inviato la regina, per lo stesso motivo; e sono pronti domani o al più presto, a comparire dove gli terrete il processo192. ALBANY
Signore, abbiate pazienza, ma in questa guerra vi considero un subordinato, non un fratello. REGAN
Noi lo consideriamo tale, invece. E credo che si poteva chiedere la nostra opinione prima di parlare con quel tono. Ha guidato le nostre forze, col mandato del mio rango e della mia persona; e questa qualifica può ben valergli il nome di vostro fratello. GONERIL
Non ti scaldare tanto. Nel suo valore egli ha esaltato se stesso, ben più che nelle tue deleghe. REGAN
Nei miei diritti, dei quali lo ho investito, è alla pari dei migliori. ALBANY
Manca soltanto che vi sposi. REGAN
Chi scherza è spesso buon profeta. GONERIL
Ehi, ehi! L’occhio che te lo ha detto era un po’ strabico193! REGAN
Signora, non mi sento bene; se no rovescerei tutto questo che ho sullo stomaco194. (A Edmond) Generale, rileva tu i miei soldati, prigionieri, patrimonio; disponi di loro, di me; la fortezza è tua; davanti al mondo qui io ti creo mio signore e padrone. GONERIL
Pensi di godertelo tu? ALBANY
Impedirlo non è di tua pertinenza. EDMOND
Neanche vostra, signore.
2793
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
ALBANY
Half-blooded fellow, yes.
REGAN (to Edmond)
Let the drum strike and prove my title thine. ALBANY
Stay yet, hear reason. Edmond, I arrest thee On capital treason, and in thy attaint This gilded serpent. (To Regan) For your claim, fair sister, I bar it in the interest of my wife. ’Tis she is subcontracted to this lord, And I, her husband, contradict your banns. If you will marry, make your loves to me. My lady is bespoke. GONERIL An interlude!
75
80
ALBANY
Thou art armed, Gloucester. Let the trumpet sound. If none appear to prove upon thy person Thy heinous, manifest, and many treasons, There is my pledge.
85
[He throws down a glove] I’ll make it on thy heart, Ere I taste bread, thou art in nothing less Than I have here proclaimed thee. REGAN Sick, O sick! GONERIL (aside) If not, I’ll ne’er trust medicine. EDMOND (to Albany, [throwing down a glove]) There’s my exchange. What in the world he is That names me traitor, villain-like he lies. Call by the trumpet. He that dares, approach; On him, on you, – who not? – I will maintain My truth and honour firmly. ALBANY A herald, ho!
76. Attaint: così in Q; in F arrest. 2794
90
95
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
ALBANY
E invece sì, mezzosangue. REGAN (a Edmond)
Rulli il tamburo, e proclami tuo il mio titolo. ALBANY
Un momento; ascoltate la ragione. Edmond, ti arresto per alto tradimento, e insieme con te, questo serpente dorato. (A Regan) La tua intenzione, cara cognata, la contrasto nell’interesse di mia moglie: è lei che è già promessa a questo conte, e io, suo marito, contraddico il tuo annuncio. Se vuoi sposarti, fai la corte a me. La mia signora è impegnata. GONERIL
Che pagliacciata! ALBANY
Sei armato, Gloucester. Che la tromba suoni. Se nessuno compare a provare sulla tua persona i tuoi odiosi, manifesti e molteplici tradimenti, ecco il mio pegno. [Getta a terra un guanto] Scriverò sul tuo cuore prima di toccare altro pane, che non sei niente di meno di quanto ho proclamato. REGAN
Sto male! Sto male... GONERIL (a parte)
Altrimenti non sarebbe stato veleno. EDMOND (a Albany, [gettando a terra un guanto])
Ecco in cambio il mio pegno. Chiunque in tutto il mondo mi dia del traditore, mente da vigliacco. Squilli la tromba. Chi ardisce avvicinarsi, contro lui, contro voi, contro chiunque, saprò sostenere con fermezza la mia lealtà e il mio onore. ALBANY
Su, un araldo!
2795
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
Enter a Herald (To Edmond) Trust to thy single virtue, for thy soldiers, All levied in my name, have in my name Took their discharge. REGAN My sickness grows upon me. ALBANY
She is not well. Convey her to my tent. Exit one or more with Regan Come hither, herald. Let the trumpet sound, And read out this.
100
A trumpet sounds HERALD (reads) ‘If any man of quality or degree within
the lists of the army will maintain upon Edmond, supposed Earl of Gloucester, that he is a manifold traitor, let him appear by the third sound of the trumpet. He is bold in his defence.’
106
First trumpet Again. Second trumpet Again. Third trumpet. Trumpet answers within. Enter Edgar, armed ALBANY (to the Herald)
Ask him his purposes, why he appears Upon this call o’th’ trumpet. HERALD (to Edgar) What are you? Your name, your quality, and why you answer This present summons? EDGAR Know, my name is lost, By treason’s tooth bare-gnawn and canker-bit. Yet am I noble as the adversary I come to cope. ALBANY Which is that adversary?
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
Entra un araldo (a Edmond) Affidati solo al tuo valore, ché i tuoi soldati, tutti arruolati a mio nome, in mio nome hanno avuto il congedo. REGAN
Mi sento sempre peggio. ALBANY
Non sta bene. Portatela nella mia tenda. Escono uno o più, con Regan Vieni qui, araldo; che la tromba squilli. E leggi questo. Squillo di tromba ARALDO (legge)
“Se qualsivoglia gentiluomo di rango nelle schiere dell’esercito vuole sostenere che Edmond, presunto duca di Gloucester, è più volte traditore, che si manifesti entro il terzo squillo di tromba. Egli è pronto a difendersi.” Primo squillo Ancora! Secondo squillo Ancora! Terzo squillo Una tromba risponde da dentro. Entra Edgar armato ALBANY (all’araldo)
Si chiedano le sue intenzioni, perché si presenta a questo appello della tromba. ARALDO (a Edgar) Chi siete? Come vi chiamate? Che qualifica avete? E perché rispondete a questo appello? EDGAR
Sappi che il mio nome è perduto, roso e corrotto dal dente del tradimento. Però sono nobile quanto l’avversario con cui vengo a misurarmi. ALBANY
Chi è questo avversario?
2797
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
EDGAR
What’s he that speaks for Edmond, Earl of Gloucester? EDMOND
Himself. What sayst thou to him? Draw thy sword, That if my speech offend a noble heart Thy arm may do thee justice. Here is mine.
EDGAR
He draws his sword Behold, it is the privilege of mine honour, My oath, and my profession. I protest, Maugre thy strength, place, youth, and eminence, Despite thy victor-sword and fire-new fortune, Thy valour and thy heart, thou art a traitor, False to thy gods, thy brother, and thy father, Conspirant ’gainst this high illustrious prince, And from th’extremest upward of thy head To the descent and dust below thy foot A most toad-spotted traitor. Say thou no, This sword, this arm, and my best spirits are bent To prove upon thy heart, whereto I speak, Thou liest. EDMOND In wisdom I should ask thy name, But since thy outside looks so fair and warlike, And that thy tongue some say of breeding breathes, What safe and nicely I might well demand By rule of knighthood I disdain and spurn. Back do I toss those treasons to thy head, With the hell-hated lie o’erwhelm thy heart, Which, for they yet glance by and scarcely bruise, This sword of mine shall give them instant way Where they shall rest for ever. Trumpets, speak!
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120. Behold, it is the privilege; così in Q, in F behold it is my privilege / The privilege. 123. Despite: così in Q; in F despise = “disprezzare”. 135. Demand: emend. Oxford; in F delay = “ritardare”. 137. Those: così in Q; in F these; Q2 omette l’intero verso. 2798
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
EDGAR
Chi è che parla per Edmond, duca di Gloucester? EDMOND
Lui stesso. Cosa hai da dirgli? EDGAR
Sguaina la spada, ché se le mie parole offendono un cuore nobile, il tuo braccio potrà renderti giustizia. Ecco la mia. Sfodera la spada Guarda. È privilegio del mio onore, dei miei voti e della mia dichiarazione. Io affermo, malgrado la tua forza, condizione, giovinezza e reputazione, nonostante la tua spada vittoriosa e la tua fortuna di nuovo conio, nonostante il tuo valore e il tuo cuore, che sei un traditore, infedele verso i tuoi dèi, tuo fratello e tuo padre, cospiratore contro questo nobile e illustre principe, e dall’estremo vertice della tua testa giù fino alla polvere che hai sotto i piedi, che sei un traditore velenoso come un rospo. Negalo, e questa spada, questo braccio e i miei spiriti migliori sono pronti a provare sul tuo cuore, al quale parlo, che menti. EDMOND
Per prudenza dovrei chiederti il tuo nome; ma poiché esteriormente sembri così degno e marziale, e la tua lingua denuncia qualche tratto di educazione, quel rinvio che potrei legittimamente ottenere in base al codice cavalleresco io sdegno e respingo; e sul capo ti rimando questi tradimenti e le tue spregevoli menzogne infernali ti ricaccio nel cuore; e poiché per ora stanno lì a guardare inoffensive, questa mia spada gli aprirà subito la fossa dove riposeranno in eterno. Parlate voi, trombe!
2799
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
Alarums. They fight. Edmond is vanquished [ALL]
Save him, save him! This is practice, Gloucester. By th’ law of arms thou wast not bound to answer An unknown opposite. Thou art not vanquished, But cozened and beguiled. ALBANY Shut your mouth, dame, Or with this paper shall I stopple it. [To Edmond] Hold, sir, thou worse than any name: read thine own evil. (To Goneril) No tearing, lady. I perceive you know it. GONERIL
146
GONERIL
Say if I do, the laws are mine, not thine. Who can arraign me for’t? Exit ALBANY Most monstrous! – O, know’st thou this paper? EDMOND Ask me not what I know. ALBANY
Go after her. She’s desperate. Govern her.
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Exit one or more EDMOND
What you have charged me with, that have I done, And more, much more. The time will bring it out. ’Tis past, and so am I. (To Edgar) But what art thou, That hast this fortune on me? If thou’rt noble, I do forgive thee. EDGAR Let’s exchange charity. I am no less in blood than thou art, Edmond. If more, the more thou’st wronged me.
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[He takes off his helmet]
143. Arms: così in Q; in F war = “guerra” [legge di guerra]. 146. Stopple: così in Q1; in Q2 e F stop = “chiudere, fermare”. 150-151. Most monstrous, / O: così in F; in Q1 most monstrous; in Q2 monster. 2800
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
Squilli di trombe. Si battono. Edmond è vinto [TUTTI] 195 Risparmialo, risparmialo! GONERIL
È stato un inganno, Gloucester. Per la legge delle armi non eri tenuto a rispondere a un avversario ignoto. Non sei stato vinto, ma truffato e illuso. ALBANY
Chiudete la bocca, signora, o con questo foglio ve la chiudo io. [A Edmond] Fermo, signore, peggiore di qualsiasi epiteto, leggi la tua colpa. (A Goneril) Non strappatelo, signora. Vedo che lo conoscete. GONERIL
E in tal caso? La legge la faccio io, non tu. Chi può accusarmi per questo? Esce ALBANY
Ma è mostruoso! Oh! Conosci questo foglio? EDMOND
Non chiedetemi cosa conosco. ALBANY
Seguitela, è fuori di se. Controllatela. Escono uno o più EDMOND
Quello di cui mi avete accusato, sì, l’ho fatto, e di più, molto di più. Col tempo verrà fuori; è passato, e sono passato anch’io. (A Edgar) Ma chi sei tu che hai così prevalso su di me? Se sei nobile, ti perdono. EDGAR
Cortesia per cortesia. Non ti sono inferiore come sangue, Edmond; e se ti sono superiore, tanto più mi hai fatto torto. [Si toglie l’elmo]
2801
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
My name is Edgar, and thy father’s son. The gods are just, and of our pleasant vices Make instruments to plague us. The dark and vicious place where thee he got Cost him his eyes. EDMOND Thou’st spoken right. ’Tis true. The wheel is come full circle. I am here. ALBANY (to Edgar) Methought thy very gait did prophesy A royal nobleness. I must embrace thee. Let sorrow split my heart if ever I Did hate thee or thy father. EDGAR Worthy prince, I know’t. ALBANY Where have you hid yourself? How have you known the miseries of your father?
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EDGAR
By nursing them, my lord. List a brief tale, And when ’tis told, O that my heart would burst! The bloody proclamation to escape That followed me so near – O, our lives’ sweetness, That we the pain of death would hourly die Rather than die at once! – taught me to shift Into a madman’s rags, t’assume a semblance That very dogs disdained; and in this habit Met I my father with his bleeding rings, Their precious stones new-lost; became his guide, Led him, begged for him, saved him from despair; Never – O fault! – revealed myself unto him Until some half hour past, when I was armed. Not sure, though hoping, of this good success, I asked his blessing, and from first to last Told him our pilgrimage; but his flawed heart – Alack, too weak the conflict to support – ’Twixt two extremes of passion, joy and grief, Burst smilingly.
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LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
Il mio nome è Edgar, e sono figlio di tuo padre. Gli dèi sono giusti, e dei nostri piaceri corrotti fanno strumenti per perseguitarci. Lo scuro e vizioso luogo dove ti generò gli è costato gli occhi. EDMOND
Hai parlato bene. È vero. La ruota ha compiuto tutto il giro; io sono qui196. ALBANY (a Edgar) Mi era sembrato che il tuo stesso portamento mostrasse una regale nobiltà. Devo abbracciarti. Che il dolore mi schianti il cuore, se ho mai odiato te o tuo padre. EDGAR
Degno principe, lo so. ALBANY
Dove ti eri nascosto? Come hai saputo delle sventure di tuo padre? EDGAR
Prendendomene cura, mio signore. Ascoltate una breve storia; finita la quale, mi scoppi pure il cuore! Per sfuggire al bando sanguinario che da vicino mi incalzava – oh dolcezza della vita, che preferiamo morire ogni ora una morte dolorosa, piuttosto che morire una volta per tutte! – imparai a trasferirmi negli stracci di un folle, ad assumere sembianze che i cani stessi sdegnavano; e in questo arnese incontrai mio padre con i suoi anelli di sangue, da poco orbi delle loro gemme; ne divenni la guida, lo condussi, mendicai per lui, lo salvai dalla disperazione; mai – quale errore! – rivelandomi a lui, fino a una mezz’ora fa, quando ero armato. Non sicuro, pur nella speranza, del mio successo, gli chiesi la benedizione, e da cima a fondo gli raccontai le mie peripezie; ma il suo cuore ferito – ahimè, troppo debole per sopportare il conflitto – tra due passioni estreme, gioia e dolore, con un sorriso si spezzò.
2803
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
This speech of yours hath moved me, And shall perchance do good. But speak you on – You look as you had something more to say.
EDMOND
ALBANY
If there be more, more woeful, hold it in, For I am almost ready to dissolve, Hearing of this.
195
Enter a Gentleman with a bloody knife GENTLEMAN
Help, help, O help! What kind of help?
EDGAR ALBANY
Speak, man.
EDGAR
What means this bloody knife? ’Tis hot, it smokes. It came even from the heart of – O, she’s dead! ALBANY Who dead? Speak, man. GENTLEMAN
200
GENTLEMAN
Your lady, sir, your lady; and her sister By her is poisoned. She confesses it. EDMOND
I was contracted to them both; all three Now marry in an instant. EDGAR Here comes Kent. Enter the Earl of Kent as himself ALBANY
Produce the bodies, be they alive or dead. Goneril’s and Regan’s bodies brought out This judgement of the heavens, that makes us tremble, Touches us not with pity. – O, is this he? (To Kent) The time will not allow the compliment Which very manners urges.
2804
205
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
EDMOND
Quanto hai detto mi ha commosso, e forse opererà del bene; ma continua – sembri avere altro da dire. ALBANY
Se c’è altro, e più triste ancora, tienlo per te; perché io sono quasi pronto a sciogliermi, sentendo questo197. Entra un gentiluomo con un coltello insanguinato GENTILUOMO
Aiuto, aiuto! Oh, aiuto! EDGAR
Perché aiuto? ALBANY
Parla. EDGAR
Che significa questo coltello insanguinato? GENTILUOMO
È caldo, fuma! È appena uscito dal cuore di... oh! è morta. ALBANY
Chi è morta? Parla, ti dico! GENTILUOMO
Vostra moglie, signore, vostra moglie. E sua sorella è stata avvelenata da lei. Ha confessato. EDMOND
Ero fidanzato con tutte e due. Tutti e tre ora ci sposiamo tra un attimo. EDGAR
Ecco Kent. Entra il conte di Kent, nel proprio aspetto ALBANY
Portate qui i loro corpi, siano vive o morte. Vengono portati i corpi di Goneril e Regan Questo giudizio dei cieli, che ci fa tremare, non ci ispira pietà. – Oh! È lui? (A Kent) Le circostanze non consentono le cerimonie che cortesia vorrebbe.
2805
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
I am come To bid my king and master aye good night. Is he not here? ALBANY Great thing of us forgot! – Speak, Edmond; where’s the King, and where’s Cordelia? – Seest thou this object, Kent? KENT Alack, why thus? EDMOND Yet Edmond was beloved. The one the other poisoned for my sake, And after slew herself. ALBANY Even so. – Cover their faces. KENT
210
215
EDMOND
I pant for life. Some good I mean to do, Despite of mine own nature. Quickly send, Be brief in it, to th’ castle; for my writ Is on the life of Lear and on Cordelia. Nay, send in time. ALBANY Run, run, O run!
220
EDGAR
To who, my lord? – Who has the office? Send Thy token of reprieve. EDMOND
Well thought on! Take my sword. The captain, Give it the captain. EDGAR Haste thee for thy life.
225
Exit [the Gentleman] EDMOND (to Albany)
He hath commission from thy wife and me To hang Cordelia in the prison, and To lay the blame upon her own despair, That she fordid herself.
225. The Captaine: così in Q1; non in Q2 né in F. 2806
230
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
KENT
Sono venuto a dare al mio re e padrone la buona notte. Non è qui? ALBANY
Che cosa non abbiamo dimenticato! – Parla, Edmond. Dov’è il re? E dov’è Cordelia? – Vedi che scena, Kent? KENT
Ahimè! Perché questo? EDMOND
Pure, Edmond è stato amato. L’una ha avvelenato l’altra per me, e dopo si è ammazzata. ALBANY
È vero. – Copritegli le facce. EDMOND
Non ho più fiato; ma voglio fare del bene a dispetto della mia stessa natura. Presto, andate, ma fate presto, al castello; poiché ho mandato ordine di sopprimere Lear e anche Cordelia. Sì, non indugiate. ALBANY
Correte, correte! Oh, correte! EDGAR
Da chi, signore? – Chi ha il comando? Mandate una conferma del contrordine. EDMOND
Giusto. Prendete la mia spada. Al capitano, datela al capitano. EDGAR
Vola, se tieni alla vita! Esce [il gentiluomo] EDMOND (a Albany)
Ha l’ordine mio e di tua moglie di impiccare Cordelia nel carcere, e di incolparne la sua disperazione, dicendo che si è suicidata198.
2807
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
ALBANY
The gods defend her! – Bear him hence a while. Exeunt some with Edmond Enter King Lear with Queen Cordelia in his arms, [followed by the Gentleman] LEAR
Howl, howl, howl, howl! O, you are men of stones. Had I your tongues and eyes, I’d use them so That heaven’s vault should crack. She’s gone for ever. I know when one is dead and when one lives. She’s dead as earth.
235
[He lays her down] Lend me a looking-glass. If that her breath will mist or stain the stone, Why, then she lives. KENT Is this the promised end? EDGAR
Or image of that horror? Fall and cease.
ALBANY LEAR
This feather stirs. She lives. If it be so, It is a chance which does redeem all sorrows That ever I have felt. KENT [kneeling] O, my good master!
240
LEAR
Prithee, away. EDGAR
’Tis noble Kent, your friend.
LEAR
A plague upon you, murderers, traitors all. I might have saved her; now she’s gone for ever. – Cordelia, Cordelia: stay a little. Ha? What is’t thou sayst? – Her voice was ever soft,
232. Howl, howl, howl, howl!: così in Q, in F howl, howl, howl! 2808
246
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
ALBANY
Gli dèi la proteggano! Portatelo via di qui. Escono alcuni con Edmond Entra Lear con la regina Cordelia tra le braccia, [seguito dal gentiluomo] LEAR
Urlate, urlate, urlate! Oh, voi siete uomini di sasso! Avessi le vostre lingue e i vostri occhi, ci squarcerei tutta la volta del firmamento. Se n’è andata per sempre. Io lo so quando uno è morto, e quando è vivo; è morta come la terra. [La depone] Datemi uno specchietto, ché se il suo respiro appanna o altera il cristallo, allora è viva. KENT
È la fine promessa, questa? EDGAR
O un’immagine di quell’orrore? ALBANY
Che tutto crolli. LEAR
La piuma si muove – è viva! Se è così, è un caso che riscatta tutti i dolori che ho mai provato. KENT [inginocchiandosi] Mio buon padrone! LEAR
Vai via, ti prego. EDGAR
È il nobile Kent, il vostro amico. LEAR
La peste su di voi, assassini, traditori tutti! Avrei potuto salvarla; e ora se n’è andata per sempre! Cordelia, Cordelia! Resta ancora un poco. Ah! Che hai detto? – La sua voce fu sempre dolce, gentile e
2809
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
Gentle, and low, an excellent thing in woman. – I killed the slave that was a-hanging thee. GENTLEMAN
’Tis true, my lords, he did. Did I not, fellow? I have seen the day with my good biting falchion I would have made them skip. I am old now, And these same crosses spoil me. (To Kent) Who are you? Mine eyes are not o’th’ best, I’ll tell you straight.
LEAR
250
KENT
If fortune brag of two she loved and hated, One of them we behold. LEAR This’ a dull sight. Are you not Kent? KENT The same, your servant Kent. Where is your servant Caius?
255
LEAR
He’s a good fellow, I can tell you that. He’ll strike, and quickly too. He’s dead and rotten.
260
KENT
No, my good lord, I am the very man – LEAR I’ll see that straight. KENT
That from your first of difference and decay Have followed your sad steps. LEAR You’re welcome hither. KENT
Nor no man else. All’s cheerless, dark, and deadly. Your eldest daughters have fordone themselves, And desperately are dead. LEAR Ay, so think I.
252. Them: così in Q; in F him. 256. This’: emend. tardo; in F this is. 265. You’r: così in Q1; in Q2 e F2 you are. 268. Ay, so think I: così in Q1; in Q2 e F Ay, so I think. 2810
267
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
bassa, eccellente cosa nella donna. – Ho ucciso il vile che ti stava impiccando. GENTILUOMO
È vero, miei signori: lo ha ucciso. LEAR
Non è così, amico? Ho visto il giorno, che con la mia buona sciabola affilata li avrei fatti scappare. Sono vecchio ora, e questi miei affanni mi finiscono. (A Kent) Chi siete voi? I miei occhi non sono dei migliori, ve lo dico francamente. KENT
Se la fortuna si vanta di due che ha amato e odiato, ne abbiamo uno davanti. LEAR
Ho la vista offuscata. Non sei Kent? KENT
Proprio lui, il vostro servo Kent. Dov’è il vostro servo Caio199? LEAR
Quello è un bravo ragazzo, te lo dico io. Mena le mani, e alla svelta. È morto e putrefatto. KENT
No, mio signore. Sono io quell’uomo... LEAR
Me ne accorgerò subito. KENT
...Che dall’inizio dei vostri contrasti e declino ha seguito i vostri tristi passi. LEAR
Sei il benvenuto. KENT
Altri non sono. Tutto è tristezza, buio e morte. Le vostre figlie maggiori si sono autodistrutte, e sono perite nella disperazione. LEAR
Sì, così credo.
2811
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
ALBANY
He knows not what he says; and vain is it That we present us to him. Enter a Messenger EDGAR
Very bootless.
270
MESSENGER (to Albany)
Edmond is dead, my lord. That’s but a trifle here. – You lords and noble friends, know our intent. What comfort to this great decay may come Shall be applied; for us, we will resign During the life of this old majesty To him our absolute power; (To Edgar and Kent) you to your rights, With boot and such addition as your honours Have more than merited. All friends shall taste The wages of their virtue, and all foes The cup of their deservings. – O see, see!
ALBANY
275
280
LEAR
And my poor fool is hanged. No, no, no life? Why should a dog, a horse, a rat have life, And thou no breath at all? Thou’lt come no more. Never, never, never, never, never. [To Kent] Pray you, undo this button. Thank you, sir. Do you see this? Look on her. Look, her lips. Look there, look there. He dies EDGAR He faints. (To Lear) My lord, my lord! KENT [to Lear] Break, heart, I prithee break. EDGAR (to Lear) Look up, my lord.
286
KENT
Vex not his ghost. O, let him pass. He hates him That would upon the rack of this tough world Stretch him out longer. EDGAR He is gone indeed.
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290
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
ALBANY
Non sa quello che dice, ed è inutile mostrarci a lui. Entra un messo EDGAR
Del tutto inane. MESSO (a Albany) Edmond è morto, mio signore. ALBANY
Questa è un’inezia, ormai. – Signori e nobili amici, sappiate le nostre intenzioni. Ogni conforto che possa essere arrecato a questa grande rovina, sarà messo in opera. Dal canto nostro, noi consegneremo durante la vita di questa antica maestà il nostro potere assoluto nelle sue mani; (A Edgar e Kent) voi vi reintegriamo entrambi nei vostri diritti con tali aggiunte quali il vostro onore ha più che meritato. Tutti gli amici gusteranno il premio della loro virtù, e tutti i nemici il calice del loro demerito. – Oh, ma guardate! Guardate! LEAR
E la mia matterella 200, l’hanno impiccata! No, no, no, vita! Perché anche un cane, un cavallo, un ratto ha vita, e tu neppure un alito? Tu non tornerai più, mai, mai, mai, mai, mai, mai più. [A Kent] Vi prego, slacciatemi qui. Grazie, signore. Lo vedete questo? Guardatela, guardate la sua bocca. Guardate qui, guardate! Muore EDGAR
È svenuto. (A Lear) Mio signore, mio signore! KENT [a Lear]
Spezzati, cuore, spezzati, te ne prego! EDGAR (a Lear) Guardate qui, mio signore. KENT
Non tormentate il suo spirito. Oh, che si spenga. È suo nemico chi sulla ruota di questo duro mondo vuole tormentarlo ancora. EDGAR
Se n’è andato, ormai.
2813
THE TRAGEDY OF KING LEAR, ACT 5 SCENE 3
KENT
The wonder is he hath endured so long. He but usurped his life. ALBANY
Bear them from hence. Our present business Is general woe. (To Edgar and Kent) Friends of my soul, you twain Rule in this realm, and the gored state sustain.
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KENT
I have a journey, sir, shortly to go: My master calls me; I must not say no. EDGAR
The weight of this sad time we must obey, Speak what we feel, not what we ought to say. The oldest hath borne most. We that are young Shall never see so much, nor live so long. Exeunt with a dead march, carrying the bodies
2814
300
LA TRAGEDIA DI RE LEAR, ATTO V SCENA 3
KENT
Il prodigio è che sia durato tanto. Usurpava la vita. ALBANY
Portateli via. Il nostro pensiero adesso è il lutto universale. (A Edgar e Kent) Amici del mio cuore, voi due governate questo regno, e curate le ferite dello stato. KENT
Io ho un viaggio che devo fare, signore, e presto; il mio padrone mi chiama; non devo dire di no. EDGAR
Al peso di questi tristi tempi si deve obbedire; dire quel che si sente, non quel che si deve dire201. I vecchi hanno sofferto di più; noi che giovani siamo mai così tanto vedremo, né così tanto vivremo. Escono con una marcia funebre, portando i corpi
2815
NOTE
Tito Andronico 1 L’elenco dei personaggi è introdotto da E. Ravenscroft, Titus Andronicus, or the Rape of Lavinia, London, J. Hindmarsh, 1687.
linconia all’influenza di Saturno. Bassiano era invece il nome dell’imperatore noto con il soprannome di Caracalla. 5 In età elisabettiana, si credeva che la sommità del Campidoglio ospitasse il Senato.
Pius (= “pio”) è in Virgilio l’epiteto di Enea, leggendario fondatore di Roma.
6
Atto I, sc. 1 2 La scena: Roma, sul Campidoglio, nei pressi del palazzo senatorio. Le didascalie sono tratte in gran parte dall’in-folio del 1623 e derivano probabilmente da un prompt-book (copione del suggeritore) usato per le prime rappresentazioni dell’opera. Rispecchiano quindi le convenzioni teatrali d’età elisabettiana, ma non necessariamente le intenzioni dell’autore.
Le didascalie aloft (= “in alto”) e below (= “in basso”) indicano l’uso da parte degli attori di una galleria posta più in alto del palco principale. Il Tito è tra i drammi di Shakespeare che sfruttano meglio questa possibilità scenica. Il passaggio al palco superiore indica simbolicamente l’ascesa al potere; quello inferiore rappresenta l’agone in cui conquistarlo.
3
4 Saturnino era un nome comune nella Roma imperiale. Shakespeare potrebbe averlo scelto anche per il significato astrologico implicito in esso, che collega la ma-
7 Il popolo dei Goti, di origine germanica, entrò in conflitto con i Romani a partire dal III secolo d.C. Non c’è tuttavia nella tragedia particolare attenzione alla verosimiglianza storica: qui indica genericamente un popolo barbaro (Miola). 8 Il riferimento al cocchio è assente nelle prime edd.; la sua presenza pare tuttavia confermata dal v. 249. 9
Tito si rivolge a Giove Capitolino.
Padre di cinquanta figli, Priamo fu re di Troia durante la guerra con i Greci. 10
11 Secondo il mito, lo Stige era il fiume che separava le anime dall’ingresso in Ade; cfr. Eneide, VI, 352-353.
Receptacle = “ricettacolo”, luogo di rifugio; lo stesso termine indica una tomba in Romeo e Giulietta, IV, 3, 38.
12
13 Molteplici indizi testuali (la didascalia al v. 69, che in Q1 omette il nome di Alarbo; la scarsa naturalezza dei passaggi tra i
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NOTE
TITO ANDRONICO
vv. 95-96 e 149-150; la maggior scioltezza del passaggio tra il v. 96 e il v. 150) portano a pensare che l’episodio che segue, in cui si racconta il sacrificio di Alarbo (96-149), possa essere stato aggiunto dopo la prima stesura del testo. Si tratta di uno dei brani su cui è basata l’ipotesi della composizione in due tempi e a quattro mani dell’opera (Vickers 2004).
23 Anche l’immagine delle lacrime come tributary rivers tornerà in Cimbelino, IV, 2, 36.
“Alle ombre dei fratelli”, in latino nel testo inglese.
14
Nel nome di Tamora, si possono leggere la sensualità (amor) e il nome del suo amante (Moor).
15
Qui passion = “dolore”, “pena”. Il teatro elisabettiano impiegava questo termine con un vasto raggio di significati.
16
L’elogio della clemenza era un tema frequente negli specula principis, sul modello classico del De clementia (55-56 d.C.) di Seneca.
17
Irreligious piety (= “devozione blasfema”) è un ossimoro che rimanda, come completando un chiasmo, ai precedenti piety (v. 118) e religiously (v. 127).
18
Il mondo classico indicava con il nome di Scizia le regioni a nord del mar Nero e reputava i suoi abitanti selvaggi e feroci. Cfr. Erodoto, Storie, IV.
19
20 Nei revenge plays elisabettiani, sharp (= “aspro”) è l’aggettivo tradizionalmente associato alla vendetta (Bowers).
Demetrio fa riferimento alla storia di Ecuba, regina di Troia, che si vendicò della morte del giovane figlio Polidoro, uccidendo il suo assassino, Polimestore, re di Tracia; cfr. Euripide, Ecuba, che tuttavia fa avvenire l’uccisione nella tenda della regina troiana, e Ovidio, Metamorfosi, XIII, 533-575. Il particolare della tenda potrebbe fare riferimento anche alla storia biblica di Giaele che uccise il generale canaanita Sisara; cfr. Giudici, 4.17-22.
21
Questi versi sembrano anticipare un passo di Cimbelino, IV, 2, 259-282.
22
2820
PP. 31-43
24 Lavinia è per Tito un cordial (= “cordiale”), nel senso di una medicina o nutrimento che rinvigorisce il cuore.
La massima, comune nella tragedia antica, secondo cui nessuno può essere detto felice prima di morire, era attribuita a Solone, che l’avrebbe pronunciata durante una conversazione con il re Creso, mentre questi lo interrogava a proposito della felicità (Erodoto, Storie, I, 32).
25
Palliament (= “pallio”) è termine di origine latina (forse da pallium e paludamentum) e non ha altri riscontri in Shakespeare. Siccome l’unica altra occorrenza registrata di questa parola è in un’opera di George Peele, essa è sembrata un indizio della sua collaborazione alla composizione del Tito (Waith 1984). 26
In latino candidatus = “vestito di bianco”, con la toga candida di chi aspirava a una carica pubblica.
27
L’immagine introduce l’idea del corpo dello stato, fondamentale nello sviluppo della tragedia.
28
29 Knighted (= “essere investito cavaliere”) è un anacronismo che riporta al mondo romano un’usanza di età medievale. 30 Con il nome di Titano, Tito si riferisce a Elio, dio del sole, figlio dei titani Iperione e Teia. 31 Giustizia è Astrea, il cui arrivo sulla terra veniva legato all’età dell’oro di Saturno, zio di Titano, dio del sole, e quindi ai raggi con cui questi faceva maturare i frutti.
È possibile che Tito entrasse in scena su un cocchio, come il Tamerlano di Christopher Marlowe in Tamburlaine the Great (1587) e il Moro di George Peele in The Battle of Alcazar (1588-1589).
32
33 Fealty (= “fedeltà”) è un termine feudale impropriamente riportato all’antica Roma: cfr. nota a I, 1, 196.
PP. 45-63
TITO ANDRONICO
NOTE
“A ognuno il suo”, in latino nel testo inglese. Nella stessa battuta Marco utilizza un verbo, to seize (= “afferrare”), che in termini legali indicava la presa di possesso di una proprietà.
sione oraziana (Satire, II, 3, 187) o quella ovidiana (Metamorfosi, XIII, 1-398).
34
35 L’espressione rimanda al Tamburlaine di Marlowe, pt. 1, III, 3, 41: For Will and Shall best fitteth Tamburlaine. 36 Espressione analoga si legge nella terza parte di Enrico VI, III, 3, 260. 37 Piece ha anche il significato di “persona”, “donna”, ma qui Saturnino paragona Lavinia a una monetina: l’espressione inglese (changing piece) abbina all’idea dello scarso valore quella di cambiare sempre di mano.
Figlia di Urano e Gea, Febe era una titanide. Esiodo la ricorda come “coronata d’oro” e “brillante”; cfr. Teogonia, 136 e 404. Madre di Latona, e dunque nonna di Apollo e di Diana, era talvolta confusa con quest’ultima dea, come probabilmente in questo caso, che riprende un passo virgiliano; cfr. Eneide, I, 498-501.
38
Mettere in bocca a Saturnino l’espressione priest and holy water (= “prete e acqua santa”) è uno dei tipici anacronismi di Shakespeare, che cala nell’antica Roma la retorica antipapista del suo tempo.
39
Imeneo era il dio del matrimonio. Secondo il mito, compariva dinanzi ai cortei nuziali per guidarli. 40
Come nel caso del sacrificio di Alarbo, anche l’episodio che segue, ai vv. 338-387, relativo alla sepoltura di Muzio, potrebbe essere stato aggiunto in seconda stesura.
41
42 Monument indica la tomba; cfr. anche Romeo e Giulietta, V, 3, 127.
Espressione riservata per tradizione all’ultimogenito, come Beniamino, figlio di Giacobbe e Rachele; cfr. Genesi, 35, 1624. 45
Dump indicava, in musica, un lamento funebre.
46
47 Played your prize (= “vincere l’assalto”) era un’espressione tecnica della scherma. 48 Rape sta qui genericamente per rapimento.
La battuta gioca sull’allitterazione tra short (= “corto”) e sharp (= “tagliente”). Si è reso il gioco di parole con una figura etimologica: “tagli”/“tagliente”. 49
50 Il tema dell’ingratitudine di Roma sarà più tardi al centro del Coriolano (1608). 51 In termini legali, l’adozione indicava in età elisabettiana l’inserimento di una persona in un gruppo, nell’ambito della famiglia, dell’amicizia, della cittadinanza; l’adoptio latina era invece uno status che garantiva il diritto di eredità.
Agli anacronismi temporali nella rappresentazione di Roma, si aggiunge un’incongruenza geografica. La pretesa che vi fossero delle pantere nei boschi intorno all’Urbe dà alla rappresentazione un tocco di esotismo.
52
Mentre bonjour (= “buongiorno”) si legge nel testo in francese, gramercy (= “grazie”) è una forma arcaica dell’inglese che lo ricalca da vicino (grand merci).
53
43
Atto II, sc. 1
44 Marco fa riferimento al racconto della morte di Aiace, di matrice sofoclea. Shakespeare potrebbe averne conosciuta la ver-
La scena: Roma, nei pressi del palazzo imperiale. La prima stesura del testo non prevedeva l’uscita di scena e l’immediato rientro di Aronne. È probabile che, al momento di dividere la tragedia in atti, questo punto fosse scelto per condurre fuori scena la tomba degli Andronici.
Shall (= “e lo sarà”): Tito è stizzito dall’espressione di supponenza che sente da un personaggio di rango inferiore al suo. Un’espressione analoga tornerà in Coriolano, III, 1, 89-101.
54
2821
NOTE
TITO ANDRONICO
55 La descrizione dell’ascesa di Tamora riprende da vicino un brano del Doctor Faustus di Marlowe.
in Enrico VI pt. 1, V, 3, 78-79; e in Riccardo III, I, 2, 227-228.
Riprende un passo delle Metamorfosi di Ovidio: maior sum quam cui possit fortuna nocere (VI, 198). 56
L’immagine del galoppo nel cielo è evocata anche in altre opere coeve: cfr. Peele, Anglorum Feriae, 24; Marlowe, Edward II, IV, 3, 44, e Doctor Faustus, 13, 70; e soprattutto Romeo e Giulietta, III, 2, 1-31.
57
Aronne si riferisce qui al mito di Prometeo, che rubò il fuoco agli dèi per portarlo agli uomini e fu condannato a rimanere incatenato su una rupe del Caucaso; cfr. Eschilo, Prometeo incatenato. In questi versi c’è un’ulteriore somiglianza con un’opera di Peele (Edward I, IV, 21).
58
59 È possibile che l’espressione vada presa alla lettera e che Aronne si sfilasse i panni da prigioniero e vestisse l’abito da cortigiano. Una trasformazione simile avveniva anche nel Tamburlaine di Marlowe, pt. 1, I, 2.
To wanton this queen: il verbo suggerisce un possibile gioco di parole tra queen (= “regina”) e quean (= “prostituta”).
60
61 Leggendaria regina degli Assiri, forse vissuta nel IX secolo a.C., Semiramide è nota per la sfrenata lussuria. Dante la ricorda nell’Inferno, V, 55-60; Boccaccio nel De mulieribus claribus (1362).
Clubs, clubs! era il grido che gli apprendisti usavano per alimentare o sedare una rissa.
62
63 Lath era la spada di legno usata dal Vizio nei morality plays.
PP. 63-71
Sia Aronne che i figli di Tamora parlano costantemente per frasi fatte. Qui Demetrio si serve di tre espressioni proverbiali: all women may be won = “non c’è donna che non si possa conquistare”; much water goes by the mill than the miller knows not of = “dal mulino passa più acqua di quanta ne sappia il mugnaio”; it is safe taking a shive of a cut loaf = “è facile rubare una fetta al pane tagliato” (Waith).
67
Aronne fa riferimento al tradimento di Venere, moglie di Vulcano e amante di Marte; cfr. Metamorfosi, IV, 169-189.
68
Questa battuta potrebbe avere un riferimento biografico: secondo alcuni studiosi, Shakespeare si sarebbe trasferito a Londra per sfuggire all’accusa di aver cacciato di frodo.
69
70 Il dialogo è giocato su espressioni che suggeriscono doppi sensi a sfondo sessuale (snatch, turn, hit).
Aronne si riferisce a Lucrezia, moglie di Collatino. Modello di virtù per le donne romane, fu violentata da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo. Lo stupro spinse i Romani, guidati da Giunio Bruto, a rivoltarsi contro la dinastia di origine etrusca, dando allo stato un ordinamento repubblicano; cfr. Livio, Storia di Roma, I, 57-59, e Ovidio, Fasti, II, 725-852. Shakespeare avrebbe raccontato questa storia in Lucrezia violata (1594).
71
64
72 Shakespeare gioca sulla polisemia dell’inglese plot, che letteralmente è un luogo, ma può indicare anche un intrigo.
La catafora riecheggia da vicino un passo di Thomas Kyd in The Spanish Tragedy (1588), II, 6, 5-6.
To strike (= “colpire”) è un termine proprio del lessico della caccia, che qui assume una connotazione sessuale.
Nell’Inghilterra elisabettiana era proibito sguainare le spade in pubblico.
65
66 Espressione proverbiale di cui Shakespeare si serve anche nei Sonetti, XLI, 5-6: Gentle thou art, and therefore to be won, / Beauteous thou art, therefore to be assailed;
2822
73
La casa della Fama è descritta da Ovidio nelle Metamorfosi, XII, 46-69. The House of Fame (1379-1380) è inoltre il titolo di un’opera di Geoffrey Chaucer.
74
PP. 73-83
TITO ANDRONICO
NOTE
75 “Giusto o sbagliato che sia”, in latino nel testo inglese. Demetrio sembra riadattare versi di Orazio (Odi, I, 18, 10-11: cum fas atque nefas exiguo fine libidinum / discernunt avidi) e di Ovidio (Metamorfosi, VI, 585-586: fasque nefasque / confusura ruit).
84 Dominator è in astrologia il termine che indica il pianeta che esercita la propria influenza su una persona. Per quanto riguarda i significati astrologici di Saturno, cfr. la nota a I, 1, 1.
“Sono portato per le regioni stigie in mezzo alle ombre”, in latino nel testo inglese. Citazione adattata da Seneca, Fedra, I, 1180: per Styga, per amnes igneos amens sequar. 76
Il martellare della vendetta è un’immagine frequente nella letteratura dell’epoca: cfr. ad esempio Giles Fletcher the Elder, The Rising to the Crown of Richard the Third: blood and revenge did hammer in my head = “il sangue e la vendetta mi martellavano nella testa”.
85
Aronne fa riferimento alla storia di Filomela, giovane violata e mutilata da Tereo, marito di sua sorella Progne, che si vendicherà facendogli mangiare il figlio, dopo averlo ucciso e cucinato. Shakespeare riprende la storia da Ovidio (Metamorfosi, VI, 424-676).
86
Atto II, sc. 2 77 La scena: Roma, nei pressi del palazzo imperiale. Il riferimento ai cani non deve stupire: nel teatro elisabettiano erano talvolta impiegati anche degli animali, benché in questo caso potrebbe trattarsi di rumori fuori scena.
“Grigio” era per convenzione il cielo del mattino; non c’è dunque contraddizione con “terso”.
78
Atto II, sc. 3 La scena: in una foresta, non lontano da Roma.
79
80 La frase, non del tutto chiara, prelude al tradimento per cui Aronne userà quell’oro, ora mettendolo a “riposo” nella buca, ma prevedendo l’“affanno” di chi lo andrà a cercare. Sembra qui risuonare un passo di Kyd, The Spanish Tragedy, III, 13, 29, quando Hieronimo oppone il “riposo” di cui fa sfoggio al reale “affanno” con cui prepara la vendetta.
È possibile leggere un gioco di parole tra no more (= “basta”) e no Moor (= “niente Moro”). 87
Il mito racconta che Atteone vide Diana mentre faceva il bagno presso una fonte dentro una grotta. Per punizione, la dea lo mutò in cervo e i suoi stessi cani lo straziarono. Cfr. Ovidio, Metamorfosi, III, 131-252. 88
Omero descrive i Cimmeri come un popolo dell’estremo settentrione, che vive in perfetta oscurità. Cfr. Odissea, X, 487-574, e XI; e Ovidio, Metamorfosi, XI, 592-649.
89
L’immagine della doppia caccia si incontra anche nel coevo Venere e Adone (1592-1593), al v. 696.
90 In contraddizione con le nozze celebrate il giorno prima, il “lungo tempo” delle chiacchiere sul tradimento di Tamora genera uno strano raddoppiamento temporale. L’incongruenza manca nella possibile fonte The History of Titus Andronicus, che sviluppa la trama in un tempo più ampio, tanto che l’imperatore stesso finisce per sospettare della propria consorte.
Tamora fa riferimento al racconto virgiliano dell’incontro d’amore tra Enea e Didone. Cfr. Eneide, IV, 160-172.
91 Per connotare la lascivia di Tamora, Shakespeare gioca sull’omofonia dell’inglese tra goth (= “gota”) e goat (= “capra”).
Eco è in Ovidio una ninfa canora; cfr. Metamorfosi, III, 356 sgg.
81
82
83
2823
NOTE
TITO ANDRONICO
92 Il macabro paragone riecheggia in Thomas Nashe, The Unfortunate Traveller (1593), II, 292.
nel “letto dell’onore”, poiché il ventiduesimo è Muzio, da lui stesso ucciso come traditore. A meno di ipotizzare che lo abbia perdonato, l’incongruenza è un indizio a favore della tesi secondo cui l’episodio della morte di Muzio (I, 1, 96149) sarebbe stato aggiunto dopo la prima stesura del testo.
93 Ironicamente, outlive (= “sopravvivere”) è il verbo che Tito aveva usato nel primo atto salutando Lavinia (I, 1, 170). 94 Paws (= “zampe”) è sineddoche per claws (= “artigli”).
Marzio fa riferimento alla storia di Piramo e Tisbe, amanti infelici che si uccisero, ciascuno credendo per errore che l’altro fosse morto. Cfr. Ovidio, Metamorfosi, IV, 55-166.
95
Secondo la mitologia antica, il Cocìto è un fiume dell’Ade, cioè degli Inferi. 96
Il sambuco era simbolicamente associato al tradimento: in Pene d’amor perdute (1594-1595), V, 2, 599, è ricordato come l’albero cui si impiccò Giuda.
97
Atto II, sc. 4 98
La scena: nei pressi di Roma.
Marco paragona il destino di Lavinia a quello di Filomela, violentata e mutilata da Tereo: cfr. nota a II, 3, 43. 99
Il sole. Questa parte del discorso di Marco richiama da vicino la fonte ovidiana.
100
101 Venere e Adone, 331-334, presenta lo stesso parallelo tra il forno murato e il dolore nascosto. 102 Marco fa riferimento al mito di Orfeo, che ammansì Cerbero con la sua musica, quando scese in Ade per chiedere indietro Euridice; cfr. Virgilio, Georgiche, IV, 453-527, e Ovidio, Metamorfosi, X, 1-77. Analoga allusione si incontra in Lucrezia violata (552-553).
Atto III, sc. 1 103
La scena: in una strada di Roma.
Tito sbaglia il conto dei suoi stessi figli: ne ha persi ventidue, ma solo ventuno
104
2824
PP. 85-125
105 Questa costruzione retorica riprende quella di un brano di The Spanish Tragedy di Kyd (I, 3, 23-27).
Tito fa riferimento al racconto della caduta di Troia (Eneide, II, 1-804). 106
Shakespeare gioca sull’omofonia dell’inglese tra dear (= “cara”) e deer (= “cerbiatta”). 107
108 Nel teatro elisabettiano, il dumb show (= “pantomima”) era una parte del dramma recitata senza discorso; cfr. ad es. Amleto, III, 2.
Il limbo è la dimora dei non battezzati, ai bordi dell’inferno: cfr. anche La commedia degli equivoci (1594), dove è detto peggiore dell’inferno (IV, 2, 32).
109
Tito si serve della stessa antitesi impiegata in precedenza da Lavinia (II, 2, 149).
110
Nei vv. 222-230, lo sfogo di Tito segue da vicino un brano di The Spanish Tragedy di Kyd (III, 13, 95-123).
111
Marco fa riferimento a un passo biblico: “rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto”. Cfr. Romani, XII, 15.
112
113 Questa strana cerimonia fatta di giuramenti e arti mutilati è stata spesso presa ad esempio di come la crudeltà del Titus finisca per cadere nel ridicolo. Q1 prevede addirittura che Lavinia prenda la mano di Tito tra i denti; tuttavia parrebbe trattarsi di una lezione spuria (Kendall). 114 Lucio si riferisce alla cacciata di Tarquinio il Superbo da Roma, in seguito allo stupro di Lucrezia perpetrato dal figlio Sesto Tarquinio: cfr. nota a II, 1, 109.
PP. 127-145
TITO ANDRONICO
NOTE
Atto III, sc. 2
126
La scena: una stanza della casa di Tito. Il testo di questa scena è stato stampato per la prima volta in F; probabilmente si tratta di un episodio aggiunto in un momento successivo alla prima stesura dell’opera.
127
115
La battuta gioca sull’allitterazione tra tenfold (= “sterminate”) e folded (= “conserte”). Si è reso il gioco di parole con una figura etimologica: “inabbracciabile”/”braccia”.
116
117 Un uso analogo del termine fool tornerà in Re Lear (1605-1606), impiegato dal vecchio re alla vista di Cordelia: and my poor fool is hanged = “e la mia matterella, l’hanno impiccata” (V, 3, 300). 118 Tito si riferisce al racconto che Enea fa a Didone della caduta di Troia: cfr. anche nota a III, 1, 69. 119 Il passo tornerà quasi identico nel Re Lear: Come, lets’ away to prison / We two alone will sing like birds i’th’ cage = “vieni, andiamo in prigione. Noi due canteremo da soli come uccelli in gabbia” (V, 1, 8).
Tito fa riferimento alla cacciata dei Tarquini causata dalla violenza contro Lucrezia: cfr. nota a II, 1, 109.
Shakespeare potrebbe aver tratto l’idea della scrittura nella sabbia, che non c’è nella storia di Filomela, dalla vicenda di Io, che Ovidio racconta in un altro passo nelle Metamorfosi (I, 804-806). “O dominatore del grande cielo / Così calmo odi i delitti, così calmo li guardi?”, in latino nel testo inglese. Citazione adattata da Seneca, Fedra, II, 671-672: Magne regnator deum, / Tam lentus audis scelera? tam lentus vides?
128
129 Tito paragona Lucio, in quanto campione di Roma, a Ettore, campione di Troia.
Ancora un riferimento alla storia di Lucrezia: cfr. nota a II, 1, 109.
130
Injuries are written in brass = “le offese sono scritte nell’ottone”; Tito fa riferimento a un’espressione proverbiale (Bate 1984).
131
Secondo la tradizione, le foglie su cui la Sibilla scriveva le sue profezie spesso si perdevano nel vento.
132
Atto IV, sc. 1 120 La scena: nel giardino della casa di Tito.
Madre di Tiberio e Caio Gracco, Cornelia era il prototipo della donna romana attenta all’educazione dei figli; cfr. Plutarco, Vite parallele, Tiberio e Caio Gracco, I sgg. 121
Marco si riferisce all’Orator o al De oratore, due trattati di retorica di Cicerone.
122
Il giovane Lucio fa riferimento alla storia di Ecuba, impazzita per la morte del figlio Polidoro: cfr. nota a I, 1, 138.
123
Lavinia porta l’attenzione di Tito sulla storia di Filomela, che tanto somiglia alla sua: cfr. nota a II, 3, 43. 124
125 Ovidio ambienta lo stupro di Filomela “tra le tenebre di antichi boschi”; cfr. Metamorfosi, VI, 521: silvis obscura vetustis.
Atto IV, sc. 2 La scena: nel palazzo dell’imperatore. L’uomo che entra con il figlio di Lucio è probabilmente un servo di Tito. 133
134 “Chi ha vita integra e pura / non ha bisogno d’archi né di giavellotti mauri”, in latino nel testo inglese. Citazione adattata da Orazio, Odi, I, XXII, 1-2, dove si legge Mauris invece di Mauri. Lo stesso errore si ritrova nella Brevissima Institutio di William Lily, che probabilmente è stata la fonte usata da Shakespeare, nonché la “grammatica” cui fa riferimento Chirone nella battuta successiva.
Tamora appare prossima al parto. Il testo ritorna all’opposizione rest / unrest, già sfruttata in II, 3, 8, che ricorda un celebre discorso di Hieronimo in The Spanish Tragedy di Kyd.
135
2825
NOTE
TITO ANDRONICO
136 La battuta gioca sull’omofonia dell’inglese tra l’avverbio more (= “più”) e l’appellativo Moor (= “Moro”).
due volte nella Spanish Tragedy (III, 13, 108 e 140).
La battuta gioca sul doppio senso del verbo inglese to deliver (= “consegnare”, “sgravarsi”).
137
138 Blowze = “ragazza” di carnagione chiara e capelli rossi. Aronne usa il termine in senso ironico.
Il dialogo gioca sui doppi sensi a sfondo sessuale suggeriti dai verbi do (= “fare”) e undo (= “disfare”).
139
Encelado era uno dei giganti che mossero all’attacco degli dèi dell’Olimpo, in compagnia di Tifone, mostro gigantesco e padre di mostri.
140
Alcide è un appellativo di Ercole, nipote di Alceo, re di Tirinto.
141
L’esclamazione di Aronne riecheggia il passo evangelico dei sepolcri imbiancati; cfr. Matteo, XXIII, 27. 142
Aronne si serve di un’espressione proverbiale: black will take no other hue = “il nero non prende nessun altro colore” (Waith). 143
La battuta gioca sul doppio significato del termine inglese mistress (= “padrona”, ma anche “amante”).
144
L’allitterazione gioca tra Aaron (= “Aronne”) e air (= “aria”). 145
Di lac concretum (= “latte coagulato”), si nutrivano, secondo Tacito, i Germani; cfr. Germania, XXIII.
146
Atto IV, sc. 3 La scena: in una pubblica piazza, presso il palazzo imperiale. 147
148 Citazione da Ovidio, Metamorfosi, I, 150: “Astrea ha lasciato la terra”, in latino nel testo inglese. Secondo il mito, Astrea, dea della giustizia, lasciò la terra prima dell’attacco dei giganti. In età elisabettiana, la regina veniva talvolta celebrata come Astrea tornata sulla terra. Astrea è citata
2826
PP. 147-169
La dea ricercata è Astrea. Tutto il monologo di Tito è improntato alla demenza. 149
150 L’Acheronte è un fiume infernale. Il lago rovente cui Tito fa riferimento al verso precedente è invece Flegetonte.
Sono proverbiali sia l’opposizione tra cespugli e cedri (high cedars fall when low shrubs remain = “gli alti cedri cadono, mentre i bassi cespugli durano”) sia il riferimento alle schiene d’acciaio (he is metal to the back = “è di metallo fino alla schiena”) (Bate).
151
Tito rovescia un verso di Virgilio: flectere si nequeo superos, Acheronta movebo = “se non posso piegare gli dèi, scuoterò l’Acheronte”. Cfr. Eneide, VII, 312. 152
I nomi degli dèi sono dati in latino nel testo inglese.
153
Tito si riferisce alla costellazione della Vergine, tradizionalmente associata ad Astrea. L’implicita sovrapposizione tra la mitologia classica e la religiosità cristiana dà alla battuta una blasfema comicità.
154
Marco fa riferimento a un’espressione proverbiale: to cast beyond the moon = “mirare oltre la luna”, ovvero troppo in alto per colpire o ottenere alcunché. 155
156 Nel teatro elisabettiano, la definizione di clown indicava sia gli attori cui erano demandate le parti di registro comicobasso sia gli uomini di campagna. 157 Il clown non capisce la parola Jupiter (= “Giove”) e fa riferimento al gibbet-maker (= “boia”). Si è reso l’equivoco con un nuovo gioco di parole: “Giove”/“giovedì”. Il pun sarà ripreso in The Golden Age (1611) di Thomas Heywood.
Atto IV, sc. 4 158
La scena: Roma, nel palazzo imperiale.
Nel riferirsi a Tamora, il clown storpia l’aggettivo “imperiale” (emperial invece di imperial). 159
PP. 171-201
TITO ANDRONICO
Coriolano, generale romano vincitore dei Volsci, fu poi bandito e si vendicò guidando contro la patria l’esercito degli antichi nemici. Shakespeare gli ha dedicato la sua ultima tragedia romana (1608).
160
Il riferimento al potere della lingua rimanda implicitamente all’inerme Lavinia.
161
Atto V, sc. 1 162
La scena: nei pressi di Roma.
Nel XVI secolo si credeva che gli sciami d’api fossero guidati da un capo maschio (invece che da un’ape regina).
163
Oggi tawny = “marrone chiaro”, quasi rossiccio; in età elisabettiana invece = “nero”.
164
Lucio si serve di un’espressione proverbiale: a black man is a pearl in a fair woman’s eye = “un nero è una perla nell’occhio di una bella donna” (Waith).
165
Nelle prime edizioni, non ci sono virgolette. L’aggiunta implica una differenza sostanziale: in questo caso Aronne non scaglia la maledizione, si limita a minacciare di farlo.
166
L’anacronismo mette in relazione la Roma antica con quella dell’età di Shakespeare: cfr. nota a I, 1, 320. 167
To dote more than a fool on his bauble (= “adorare qualcosa più di quanto un buffone faccia con il suo scettro”) era un’espressione proverbiale (Bate).
168
La battuta gioca sulla polisemia della parola trim (come verbo = “acconciare”, “tagliare”; come aggettivo = “godibile”).
169
Codding spirit = “istinto animalesco” (da cod = “testicolo”). 170
Aronne si serve di un’espressione proverbiale: to blush like a black dog = “arrossire come un cane nero” (E. Waith, cit., p. 174).
171
La lista di efferatezze avvicina Aronne al Barabas di The Jew of Malta (1589) di Marlowe (II, 3, 176-202). 172
NOTE
Atto V, sc. 2 173
La scena: un cortile della casa di Tito.
Agli inizi del teatro elisabettiano erano ancora frequenti personaggi tipici della scena medievale, allegoricamente nominati secondo vizi, virtù e psicologie particolari. Per esempio, Vendetta appare in funzione di “coro” in The Spanish Tragedy.
174
Tito si riferisce all’integrazione fra parola e gesto, che sarà un caposaldo della recitazione nel teatro shakespeariano, come tale proclamato in Amleto, III, 2, 16. Cfr. F. Marenco, La parola in scena. La comunicazione teatrale nell’età di Shakespeare, Torino, Utetlibreria, 2004.
175
Tamora si riferisce qui al mito di Prometeo, cfr. nota a II, 1, 17.
176
Questo passo fa pensare che Tamora sia entrata in scena su un cocchio, come forse Tito in I, 1, 69.
177
Tito si riferisce a Fetonte, figlio del titano Iperione, e al suo tentativo di guidare il carro del padre; cfr. Metamorfosi, I, 944 sgg.
178
L’immagine richiama Lucrezia violata, 577: mud not the fountain that gave drink to thee = “non infangare la fonte che ti ha dato da bere”.
179
180 La ricetta di Tito deriva forse dall’uso elisabettiano di inserire teste di vitello nei timballi da cuocere al forno.
Altro riferimento alla storia di Filomela (cfr. nota a II, 3, 43): Tito si paragona a Progne, sorella di Filomela e moglie di Tereo, cui, per vendetta, fece mangiare le carni del figlio Iti. Tereo fu tramutato in sparviero o upupa, e le due sorelle in rondine e usignolo.
181
Tito fa riferimento alla festa di nozze di Ippodamia e Piritoo, dove ebbe luogo lo scontro tra i Lapiti e i Centauri; cfr. Ovidio, Metamorfosi, XII, 210-535.
182
2827
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
Atto V, sc. 3
cora qualche lacrima dalla tua tenera fonte, poiché a richiederlo è la gentile natura. Gli amici devono rimanere insieme agli amici, nella pena e nel dolore”. Cfr. le note al testo inglese.
La scena: dapprima fuori Roma, poi in un cortile della casa di Tito. Il teatro elisabettiano prevedeva la possibilità di collocare la scena in località diverse. Nelle prime edizioni, la didascalia non esplicitava l’effettiva presenza del figlio di Aronne, che tuttavia appare probabile in relazione ai vv. 1-15, e necessaria in riferimento al v. 118.
183
Virginio, centurione romano ricordato da Livio (Storia di Roma, III, 44-58), aveva ucciso la figlia per impedirne lo stupro da parte di Appio Claudio. Shakespeare modifica la fonte o si rifà ad un’altra versione (forse Lodowick Lloyd, The Pilgrimage of Princes, 1573), poiché parla del dolore del padre susseguente allo stupro.
184
Il pranzo antropofago rimanda ovviamente al Tieste di Seneca.
185
La prima frase del patrizio romano è piuttosto oscura, poiché fa riferimento alla rovina di Roma come a una possibilità futura. Sono state fatte varie congetture al riguardo. Riferire il lamento alle vicende appena svolte sembra l’ipotesi più ragionevole.
“Tigre” è uno degli appellativi che Ovidio attribuisce a Progne. Cfr. Metamorfosi, VI, 636-637. 190
Fino al ritrovamento di Q1 si pensava che, al posto di quest’ultimo verso, la tragedia finisse con alcuni vv. in più, riportati nelle edd. successive: “ed essendo così, non se ne abbia pietà. Badate che sia fatta giustizia di Aronne, il dannato Moro da cui hanno avuto inizio le nostre disgrazie. Poi si dia ordine allo Stato in modo che eventi simili non possano mandarlo in rovina”. Cfr. le note al testo inglese. È possibile che questa incongruenza derivi da una lacuna più vasta nel finale dell’opera.
191
186
Marco fa riferimento al racconto virgiliano della presa di Troia (cfr. nota a III, 1, 69). Sinone era il soldato greco che, fingendo di essere stato abbandonato dai suoi, persuase i Troiani ad introdurre il cavallo di legno in città. In Lucrezia violata, 15201561, Tarquinio, qui messo in parallelo con Saturnino, è esplicitamente paragonato a Sinone.
187
In The Apology of Poetry (1579), Philip Sidney usava il termine commiseration per parlare dello scopo della tragedia, con riferimento alla concezione aristotelica della pietà.
188
In F la fine della battuta di Lucio e l’inizio di quella di Marco (precisamente i vv. 164-168) appaiono in forma diversa: “venendo incontro alla tua infanzia: perciò, come un bimbo amorevole, versa an-
189
2828
PP. 203-247
LUIGI M ARFÈ
Romeo e Giulietta Prologo In Q1 il prologo è di dodici versi, due quartine e due distici, mentre in Q2, qui tradotto in prosa, è un sonetto “shakespeariano” di quattordici decasillabi rimati c.s.: ABAB CDCD EFEF GG. In Q1 è assente l’idea della conciliazione finale delle famiglie. 1
“Coro” era il titolo di derivazione classica assunto da un residuo del teatro medievale, il presentatore o illustratore della vicenda rappresentata: un personaggio e una voce distinta dalle altre, e veicolo della “morale” dello spettacolo. Nel teatro elisabettiano si era confermata l’unicità della voce, ma si era attenuata la sua funzione magistrale, per lasciare il posto a quella ancora retoricamente alta ma moralmente neutra del cronista degli eventi, o, come nell’Enrico V, di espositore di un’estetica
2
PP. 247-253
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
teatrale. Lo impersonava un attore della compagnia.
della strada, rasente il muro. In queste battute il significato devia metaforicamente verso l’attività sessuale.
La durata media di uno spettacolo elisabettiano, con un ritmo di recitazione incalzante, e senza interruzioni fra una scena e l’altra.
3
Atto I, sc. 1 La scena: una strada di Verona. Nell’originale non esistono indicazioni di luogo, che vennero aggiunte dai curatori e registi dei secoli successivi. I dialoghi sono pieni di giochi di parole e doppi sensi osceni, impossibili da tradurre letteralmente. Si supplisce qui con usi gergali del tutto liberi, mantenendo costanti i registri.
4
5 Piccoli scudi rotondi, di solito usati dai servi.
L’espressione to carry coal ( lett. “portare carbone”) equivaleva in gergo a sottomettersi, subire umiliazione. La risposta di Gregorio insiste sul significato letterale ricorrendo a collier, “carbonaio” (a quel tempo una categoria poco rispettabile) che mette in gioco per assonanza i successivi choler (“collera”) e collar (“collare”, dal quale Sansone dovrebbe tirar fuori il neck, “collo”: proverbiale per “evitare l’impiccagione”). Scegliamo di spostare il gioco di parole dal registro dei mestieri a quello del cibo, donde il nazionalismo che addebitiamo, molto fantasticando, a un personaggio veronese (“magnarane” sarebbero tradizionalmente i francesi).
Weaker vessels: “vasi più deboli” è una cit. dalla Prima lettera di Pietro, III, 7 (“voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole…”) qui completamente distorta dall’allusione oscena al corpo femminile, contenitore delle “armi” maschili.
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10 L’intraducibile gioco di parole scompone maidenhead (“verginità”) fra maid o maiden (“ragazza”), e head (“testa”). 11
Lo stesso doppio senso in II, 3, 147-149: il servo Pietro lo esercita ai danni della Balia. 13
6
7 Continua la serie gergale, ora basata su doppi sensi osceni. I verbi to move, to stir, to strike, to draw, e più sotto to stand, alludono agli effetti dell’eccitazione sessuale maschile. Gregorio sta mettendo in dubbio la virilità di Sansone. Immaginiamo che sulla scena le battute, in inglese come in italiano, debbano essere accompagnate da gesti che ne esplicitino il significato nascosto.
Per chi porta armi da taglio, to take the wall significa prendere la parte più sicura
8
Poor John: dieta povera a base di pesce.
12
Tradizionale atto di sfida.
Il nome (italiano) non era nelle fonti, e può essere servito a caratterizzare il personaggio in senso pacifico, come in effetti sarà nel resto del dramma.
14
Washing blow (oggi comunemente swashing blow): la locuzione ricorre in un testo cui Shakespeare ha spesso in mente, la traduzione delle Metamorfosi di Ovidio fatta da Arthur Golding (1567) nel lib. V, vv. 203-204: Astiage longo ense ferit (“colpì con lunga spada”) Aconteo, frase che Golding amplifica, con tipica prolissità ma anche per esigenze metriche, con did with a long sharp arming sword a washing blow him give.
15
“Smarrite” sia perché senza “cuore”, coraggio (heart-less), sia, per assonanza, senza maschio dominante (hart=“cervo”). Anche Tebaldo procede su un doppio registro ancora osceno, insieme dell’insulto e della misoginia.
16
Come succede in altri episodi e in altri drammi, il personaggio in scena in veste da camera suggerisce la fretta con cui è stato distolto di sorpresa dalle abitudini quotidiane. 17
2829
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
M. Bandello ambienta la storia “in Verona al tempo del signor Bartolomeo [della] Scala”, reggente della città dal settembre 1301 al marzo 1304. (Cfr. Novelle, II, 9); e così fa la fonte più diretta del dramma, The Tragicall Historye of Romeus and Juliet di A. Brooke, v. 13 (in G. Bullough e B. Gibbons: tutti i titoli in bibliografia).
24
18
Villafranca è il castello dei Capuleti in Bandello, p. 308; tradotta come Freetown in Brooke, The Tragicall Historye, v. 1974, p. 266; Shakespeare sistema i Capuleti in una casa borghese, e riserva il castello al principe.
19
Shakespeare sfrutta questa immagine anche in contesto tragico, nel racconto dell’uccisione di Priamo da parte di Pirro Neottolemo (Amleto, II, 2, 476): essa faceva parte della contesa poetica con Christopher Marlowe, che l’aveva usata nel dramma Dido, Queen of Carthage, II, 1, 548-549. Il confronto con Marlowe riprenderà lena con eccezionale efficacia nel discorso di Giulietta all’inizio di III, 2.
20
In questo dialogo sulla malinconia amorosa che accomuna Benvolio e Romeo si fanno strada concetti, immagini, antitesi, iperboli in cui il Rinascimento riconosceva l’influenza della tradizione petrarchesca, e che dominano con il loro artificio la fase del primo amore di Romeo – come segni assai probabili di una critica a quella tradizione: ben diverse, cioè meno artificiose e più dirette, saranno le espressioni nella fase dell’amore vero, quello per, e soprattutto di, Giulietta.
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PP. 255-265
Riferito alla teoria degli umori, i fluidi che si mescolano nel corpo secondo la medicina del greco Galeno (I-II sec. d. C.), per cui si veda qui la nota a II, 1, 7. La prevalenza della bile nera comportava malinconia. A Romeo, che ha passato la notte insonne, le nove del mattino sembrano un’ora avanzata. Il suo tono trasognato stabilisce un forte contrasto con la scena del diverbio che ha appena avuto luogo.
25
26 Cupido, dio dell’amore nella mitologia romana (Eros nella mitologia greca), viene talvolta rappresentato bendato, come simbolo della casualità con cui scaglia le sue frecce, e colpisce indiscriminatamente.
Inizia la guerra dei sentimenti in Romeo, e con essa una retorica molto studiata, fatta di ossimori e bisticci – che però non durerà a lungo. Tutto il dialogo con Benvolio, come anche la parte del vecchio Capuleti in I, 2, e l’elogio di Paride che fa sua moglie in I, 3, 80-92, sono improntati ai monumenti espressivi della convenzione letteraria europea, che cadranno fragorosamente di fronte all’incisiva, irruente novità portata dall’amore per Giulietta.
27
Ancora un’allusione oscena ben mascherata: mark, il bersaglio del tiro con l’arco, è anche l’organo sessuale femminile, da “colpire” (hit) nei due sensi.
28
Nel Pantheon romano Diana era la vergine dea della natura, protettrice dalla castità femminile.
29
Sycamore: l’assonanza con una espressione del vocabolario cortese, sick-amour (mal d’amore) lo designava albero della malinconia degli innamorati.
Il riferimento è a Danae: per sedurla Giove le cade in grembo trasformato in una pioggia d’oro – un mito frequentatissimo nella letteratura del primo periodo dell’accumulazione capitalistica. Cfr. C. Lombardi, pp. 69-73.
23 Ancora un’immagine colta dalla mitologia latina, e per certi versi esotica per il pubblico elisabettiano: Aurora è la dea che ogni mattina si leva dal letto maritale per rischiarare il mondo con il colore dello zafferano.
31 È il tema dei primi diciassette sonetti di Shakespeare; cfr. il primo, dove il fair youth, il “giovane avvenente” cui è dedicata la prima parte della raccolta, viene rimproverato perché mak’st waste in niggarding, “ti sprechi risparmiandoti”, non
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2830
30
PP. 267-273
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
volendo procreare. Rivolto a un uomo nei sonetti, il rimprovero diventa qui omaggio a una donna “troppo virtuosa”.
figli essendo morti, inghiottiti dalla terra”. Lombardo traduce: “Tranne lei, la terra ha ingoiato / Tutte le mie speranza: adesso / Sarà lei, spero, la signora della mia terra”; e Bigliazzi: “La terra ha inghiottito ogni mia speranza, tranne lei; / lei è la signora che riempie di speranze la mia terra”. Condividiamo la scelta dei curatori dell’edizione Oxford, che hanno preferito omettere del tutto il distico.
Bisticcio di derivazione petrarchesca: cfr. i versi dedicati agli occhi di Laura nella canzone 71 delle Rime sparse, vv. 29-30: “… n’lor presenza m’è più caro il morir che ‘l viver senza”.
32
Atto I, sc. 2 33
La scena: una strada di Verona.
Cerchiamo di seguire l’implicito riferimento all’agiatezza economica che contiene il verbo to reckon (“calcolare”), e che allude al possibile interesse venale di Paride.
34
Questa frase lascia intendere che Paride abbia già chiesto da tempo la mano di Giulietta, mentre in Bandello e Brooke viene chiamato in causa solo dopo la morte di Tebaldo, per consolare un’affranta Giulietta – ma non, come crede il vecchio Capuleti, per la morte del cugino –. 35
Shakespeare riduce l’età di Giulietta rispetto alle fonti (in Brooke ha sedici anni), evidentemente allo scopo di attribuirle un innamoramento assoluto e irriflesso, non confrontabile, com’è in Romeo, con innamoramenti precedenti.
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A questo punto Q2 aggiunge due versi, assenti da Q1: Earth hath swallowed all my hopes but she, / She’s the hopeful Lady of my earth (li leggiamo anche nella nota a fondo pagina del testo inglese). Il loro significato è controverso, e poco congruo rispetto al resto del discorso: una parte della critica li considera due distinti abbozzi abbandonati dello stesso autore. Varie le interpretazioni: secondo Gibbons earth è polisenso, e richiama sia la sepoltura nella terra, sia la fertilità del corpo, sia le proprietà della famiglia, ovvero: “Tutte le mie speranze sono riposte nella fertilità di Giulietta, frutto dei miei lombi, che erediterà le mie terre”. G. B. Evans, invece, interpreta così: “Lei è l’ultima speranza di vita rimastami su questa terra, i miei altri
37
Capuleti si riferisce a un vecchio proverbio, per cui l’uno non contava come numero.
38
Sirrah (ora e in passi successivi): modo di rivolgersi ai subordinati.
39
Pietro, con battute caratteristiche del clown, si lamenta del compito che gli è stato affidato (e che dipende dalla capacità di leggere e scrivere) confondendo gli strumenti tipici dei vari mestieri, e mescolando qui pro quo salaci, es. con to meddle, “immischiarsi”, “maneggiare”, facilmente estendibile a “masturbarsi”; e con yard, metafora per il “membro virile”. Si notano echi parodistici di un testo molto noto al tempo, John Lyly, Euphues, the Anatomy of Wit (1578), modello di quello stile ricercato chiamato, dal suo titolo, “eufuismo”.
40
Benvolio cerca di consolare Romeo con una serie di luoghi comuni.
41
Cioè una nuova occasione d’amore, che penetra l’occhio dell’innamorato con un nuovo veleno.
42
Lett. “foglia di piantaggine”, riferito agli impacchi foglie che si usavano per curare le ferite. Romeo, convinto dell’eccezionalità dei propri sentimenti, è sarcastico perché non si sente sollevato dalle frasi di saggezza convenzionale dell’amico, ed equivoca su quanto il suo toccasana dovrebbe curare (lo “stinco”invece che l’animo).
43
44 Pietro ha capito il contrario di quanto, laconicamente come per toglierselo d’intorno, ha detto Romeo.
2831
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
L’espressione di Pietro è equivoca: up = “su”, sta forse a indicare la sala delle feste in casa Capuleti, ma potrebbe essere abbreviazione di come up = “va là”.
svolto in un sonetto di sette distici a rima baciata.
45
I suoi occhi, che l’attore indica con un gesto. Pur sommersi dal pianto essi non muoiono, dimostrando così di essere come quegli eretici che, rivelandosi sotto la tortura per annegamento, vengono poi condannati al rogo.
46
Atto I, sc. 3 47
La scena: Casa Capuleti.
Ladybird: lett. “coccinella”, che in italiano non avrebbe il senso, affettuoso ma anche provocatorio, che ha nel linguaggio familiare della balia, che alterna spesso, come avviene per questa battuta e per la successiva, due intercalari, l’osé (alludendo qui alla perdita della verginità da parte sua, e ad un simile momento nel futuro di Giulietta) e l’invocazione vagamente riparatoria. 48
49 Lammas tide: il primo agosto, tradizionalmente celebrato cuocendo il primo pane del raccolto.
L’estratto di assenzio, amarissimo al gusto, era usato per indurre il lattante a rifiutare la poppata.
50
51
Per il terremoto.
Holidame: alterazione di halidom, “santa reliquia”, popolarmente ritenuta composta da holy e dame, “santa signora”, un epiteto riservato alla Madonna.
52
Man of wax: lett. uomo di cera, anche malleabile a piacimento: come rilevano molti commentatori, una lode assai dubbia.
53
Una delle tante distrazioni shakespeariane: Paride non comparirà alla festa.
54
55 L’esageratamente favorevole paragone che segue fra Paride e un libro d’amore, esempio di concettismo secentesco, è
2832
PP. 273-285
Atto I, sc. 4 56 La scena: davanti alla casa dei Capuleti. Questa divisione in scene è stata introdotta dai curatori settecenteschi. Nella rappresentazione originale I, 4 non era diviso da I, 5, e il passaggio dall’ambiente antistante la casa dei Capuleti alla sala della festa era lasciato alla immaginazione degli spettatori. Si veda anche la prima nota all’atto secondo, qui sotto.
Il discorso che apriva il masque, il trattenimento mascherato e recitato (con ambizioni letterarie) che coronava le feste importanti (esempio in Molto rumore per nulla, II, 1; e in Pene d’amore perdute, V, 2). Shakespeare e la sua compagnia inserivano spesso un masque negli spettacoli per la corte. Per la successione di discorso e masque in una festa alla corte di Enrico VIII nel 1527 si veda una lettera di Gasparo Spinelli, segretario dell’ambasciatore veneziano Marcantonio Venier, in M. Sanudo, I diarii, 58 voll., Venezia, Visentini, 1879-1902, XLV, p. 267. 57
La figura del Cupido “bendato” era spesso usata come presentatore del masque.
58
59 L’arco “alla tartara”, un ingrediente di scena, è quello di origini asiatiche oggi detto riflesso o composito, la cui forma può essere avvicinata al disegno delle labbra, o alla parentesi graffa; mentre l’arco inglese, terrore dagli eserciti nemici, era a forma di parentesi tonda.
Frase ambiguamente minacciosa: measure è la giusta distanza dei corpi sia nella danza, sia nella scherma.
60
61 I torcieri non partecipavano al ballo. La frase gioca sui doppi sensi di heavy (“pesante”/“triste”) e light (“luce”/“leggero”), che rendono ardua la traduzione.
PP. 285-295
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
62 Il gioco è fonetico: sole (suola) e soul (anima) si pronunciano allo stesso modo.
che si riproduce senza posa ed estremizza senza freni, e che è facilmente riconducibile a meccanismi inconsci, di affioramento di un desiderio (di cui Mercuzio è sicuramente depositario) indicibile in termini socialmente accettabili e proprio per questo scatenato nel celarsi per reinventarsi di continuo. Nella modernità prevale naturalmente l’evocazione di un erotismo rimosso, di natura omosessuale secondo molti (Goldberg specialmente: v. n. a II, 1, 38). Queen (regina) è infatti omofono di Quean (prostituta), e Mab ne era un equivalente. La trasgressività travolgente di Mercuzio deve aver suggerito la memorabile personificazione en travesti nel film di Baz Luhrmann del 1996, dove l’attore nero Harold Perrineau canta questi versi.
Pitch: nel gergo della falconeria, l’altezza dalla quale il falco piomba sulla preda.
63
Si coglie il doppio senso licenzioso della frase personalizzando love/tender thing (“amore”/”tenera cosa”: il corpo dell’amata) e burden (“peso”/”opprimere”/”premere”). Il dialogo fra Romeo e Mercuzio è allusivo alle varie fasi dell’attività sessuale, dall’insorgenza del desiderio, al suo attacco (to prick, “pungere”), al suo “pesare” sul partner (burden), al suo venir meno (to beat down, “abbattere”). Anche qui pensiamo che la gestualità dell’attore debba cooperare con le parole del testo. 64
Case è sia “maschera” sia, nel gergo di strada, “vagina”.
65
Beetle-brow: sopracciglia folte e sporgenti, tratti della maschera che ha anche le guance rosse.
66
Il pavimento di casa Capuleti era immaginato di stuoie.
67
Romeo si propone di fare da terzo incomodo nelle coppie di ballerini/innamorati, cioè rinuncia (per ora) a partecipare alla festa attivamente. Molti i proverbi inglesi ricordati, tutti simili all’italiano col quale qui si traduce.
68
Mercuzio risponde all’ultima frase (proverbiale) di Romeo con una frase simile; the constable’s own words (lett. “le parole del gendarme”) inizia una sequenza di proverbi. Dun significa “sciocco”, ma era anche soprannome per un cavallo, donde Dun is in the mire (“il cavallo Dun è nel pantano”, un gioco del Natale in cui i giocatori mimavano lo sforzo di tirar fuori dal fango di una palude un cavallo rappresentato da un ciocco di legno.
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70 Questa figura è stata attribuita al folklore celtico, ma resta comunque una delle grandi creazioni della fantasia shakespeariana. Il monologo di Mercuzio mette in gioco – e in parte celebra, in parte deride – un immaginario fiabesco debordante,
71 La lezione di Q2, Philome, può apparire plausibile pensando al mito greco, e al ricamo con cui l’infelice Filomela, stuprata e privata della lingua, riuscì a comunicare con la sorella Procne, che la vendicò. 72 Secondo un detto popolare, alle ragazze indolenti spuntavano i vermi (cioè veniva la scabbia) fra le dita.
Tributo che la comunità locale elargiva alla Chiesa, pari a un decimo dei prodotti della terra. 73
Fathom era la tesa (braccio) di corda piombata con la quale i naviganti misuravano la profondità dei fondali marini (per evitare le secche): “cinque braccia”, pari a nove metri ca., è misura evidentemente esagerata dalla fantasia di Mercuzio.
74
75 Creature della fantasia popolare, autori di ogni sorta di scherzi bizzarri.
Ancora un doppio senso osceno: volgarmente nothing vale “vagina”.
76
Atto I, sc. 5 La scena: casa Capuleti (v. anche sopra, la prima nota a I, 4). Nelle diverse edizioni originali cambia la distribuzione delle 77
2833
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
parti fra Primo, Secondo, Terzo, Quarto Servitore e Pietro.
to rappresentazioni della figura umana, proibite dal primo Comandamento; la loro assenza di vita (ne era prova la loro immobilità), le rivelava come finzioni mendaci: J. Jewel, An Homily against Peril of Idolatry ecc. (1571), in Certain Sermons or Homilies, Appointed to Read in Churches in the Time of queen Elizabeth, Oxford, 1683, p. 111; cfr. F. Marenco, “Classico e moderno. L’intertesto del teatro inglese nel primo Seicento”, in M. T. Giaveri, L. Marfè, V. Salerno (cur.), Classico/ Moderno, Messina, Mesogea, 2011, pp. 119-135.
78
Cioè a Romeo e alla sua compagnia.
Per alcuni commentatori l’autore, dimenticando di aver prima (in I, 3, 16-17) situato l’azione in luglio, ha in mente qui una delle sue fonti (Brooke), che la colloca nel periodo natalizio. Ma la collocazione in luglio viene poi confermata in III, 1, 2, ecc.
79
80 La Pentecoste era un punto di riferimento generico nel calendario medievale.
Sequenza di cinque distici a rima baciata, che inizia solennemente la “conversione” di Romeo all’amore vero: è il repentino passaggio della sua poesia a un registro più alto e intenso, sottolineato dalla ricercatezza delle metafore che riprendono i contrasti di colore (bianco/nero) presenti nei maggiori momenti di effusione della coppia.
81
Cock-a-hoop: il tappo dei contenitori di birra o vino, fatto come una testa di gallo. La frase indicava la perdita di controllo dovuta a ubriachezza.
82
Il dialogo d’amore ai versi 92-105 compone un sonetto “shakespeariano” (v. sopra, nota al Prologo), imperniato sull’accostamento di due linguaggi, il religioso e l’erotico.
83
Gioco di parole sui palmi delle mani e le palme con cui tornavano i pellegrini dalla Terra Santa (palmieri). Nei dizionari di italiano/inglese pubblicati da John Florio fra Cinque e Seicento il nome di Romeo viene incluso fra quelli che designano i pellegrini in Terra Santa. 84
Thou: è il “tu” familiare, che Romeo usa per la prima volta nei confronti di Giulietta, che invece continua con il più formale you.
85
Se fosse santa, risponde Giulietta, sarebbe una statua immobile. La battuta echeggia ambiguamente un argomento centrale dell’iconoclastìa protestante: le statue dei santi erano contestate in quan-
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PP. 295-309
87 Questa didascalia, assente in Q2, era presente in Q1 e giustifica l’improvvisa adesione del Capuleti alla prospettiva di mettere fine alla festa.
Atto II, Coro 88 Nuovo sonetto “shakespeariano”: quattordici decasillabi con rime ABAB CDCD EFEF GG. Si noti come le vicende che aspettano gli innamorati comportino per entrambi, oltre al contrasto fra i sentimenti personali e l’appartenenza familiare, anche quello delle convenzioni poetiche tradizionali contro se stesse.
Atto II, sc. 1 La disposizione di questa scena, e della successiva, è tra le più controverse del teatro shakespeariano, per la presenza del “muro del giardino”, indicata nel dialogo (II, 1, 5) ma assente nelle didascalie. La scena elisabettiana aveva caratteristiche molto diverse dalla scena moderna: fra tutte, quella di non prevedere scenari illusionistici, e quindi di affidare i particolari dell’ambientazione, e gli stessi cambiamenti di scena, esclusivamente all’efficacia del dialogo e quindi alla immaginazione del pubblico. È assai difficile che nella produzione originale figurasse un muro, che avrebbe ostruito una gran parte della visuale al pubblico, sia quello che osservava a livello del palcoscenico aperto
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PP. 309-315
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
“a grembiule” sulla platea, sia quello che prendeva posto nei vari ordini delle gallerie. Varie ipotesi sono state fatte su come tale presenza potesse essere visualizzata dagli spettatori, e la più verosimile è che Romeo “si nascondesse” alla vista di Benvolio e Mercuzio dietro una delle colonne che sorreggevano il tetto sopra il palcoscenico, per procedere poi, “scavalcando il muro”, verso il fondo, dove (in II, 3) sarebbe apparsa Giulietta, in alto sulla scena superiore del teatro – la “finestra” cui registi, artisti e operatori turistici avrebbero poi aggiunto il famoso “balcone”.
dere all’attività sessuale, con i soliti doppi sensi qui molto accentuati, come nel caso di medlar che è omofono di meddler, “ficcanaso” ma anche “fornicatore”.
È tradizionalmente metafora poetica per il corpo umano. 90
Secondo la terapeutica galenica, ancora seguita nel Rinascimento, nel corpo agiscono i quattro principali “umori” (liquidi corporali) della collera, del sangue, della flemma e della malinconia. La loro mescolanza è salutare, mentre la prevalenza di un umore sull’altro provoca pericolosi squilibri. Ben Jonson, autore contemporaneo di Shakespeare, scrisse due commedie satiriche ad essi intitolate: Ciascuno scopra il suo umore, 1598; e Ciascuno curi il suo umore, 1599. 91
92 Dove (che rima con love) è “colomba”: qui traduciamo con cuore per riprodurre la rima.
L’ed. Oxford sostituisce Adam, ovvero il riferimento ad Adam Bell, arciere celebrato in numerose ballate del tempo, al più frequente Abraham, l’epiteto che si attribuiva a mendicanti vagabondi.
93
Nelle ballate popolari Cofetua era un re africano indifferente alle grazie femminili, fino a che vide una giovane mendicante seminuda, si innamorò di lei e la fece sua regina. 94
Riferito al trucco esibito in qualche fiera di paese, la scimmia “morta” che resuscita per un incantesimo dell’imbonitore. Mercuzio crede Romeo ancora innamorato di Rosalina, e non perde occasione per allu-
95
Open-arse, emendamento ora generalmente accettato, ha evidenti sottintesi sessuali e persino sodomitici: é questa la base per le interpretazioni che scorgono un’affezione omosessuale di Mercuzio nei confronti di Romeo, e quindi una sua rivalità nei confronti di Giulietta; più discretamente, in Q1 è open et cetera, in Q2 open, or. 96
Popp’rin’ è abbreviazione di Poperinghe, località delle Fiandre dove si coltivavano pere di quella forma. Da questo passo traggono spunto Jonathan Goldberg e altri per mettere in discussione le interpretazioni più edulcorate della “purezza” e della rispettabilità sociale dell’amore di Romeo e Giulietta, rilevandone le implicazioni trasgressive e “omosociali”. C’è anche chi pensa al possibile gioco di assonanze fra Poperinghe e pop-her-in, di intuibile traducibilità. Cfr. J. Goldberg, pp. 218-235.
97
A questo punto alcune edizioni fanno iniziare una nuova scena (II, 2) che non appare necessaria: Q2 suppone che Romeo sia sempre stato presente in scena, seppure nascosto dietro una delle colonne del palcoscenico (v. nota all’inizio di II, 1). 98
È l’unica indicazione testuale, negli originali non accompagnata da didascalie, di dove si trovi Giulietta al momento del famoso dialogo.
99
Era (ed è ancora in certe culture) credenza comune che le ragazze insoddisfatte fossero consumate da un disagio che le rendeva pallide e macilente.
100
101 In their spheres: le sfere concentriche in cui muovevano i pianeti nel sistema cosmologico tolemaico.
L’opposizione fra nome ed essenza è antico argomento filosofico, che già segnava il contrasto fra nominalisti e realisti. Venne ripreso, fra gli altri, da Michel de
102
2835
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
Montaigne fin dalla prima edizione dei Saggi (Essais, 1580), in cui distingueva fra “il nome” e “la cosa”: “il nome non è una parte della cosa né della sostanza: è un pezzo estraneo aggiunto alla cosa e fuori di essa” (“Della gloria”, Saggi, a cura di F. Garavini e A. Tournon, Milano, Bompiani, p. 1143). Shakespeare lo trasporta clamorosamente nel contesto tutto nuovo della casistica d’amore.
caratterizzarlo in senso paterno e arcaico, ma debole o inefficace di fronte all’irruenza della gioventù. Nel suo discorso sulle erbe sono molte le opposizioni dei contrari che caratterizzano l’intera tragedia, e le premonizioni della fine degli amanti.
103 È una citazione dall’Ars Amandi (I, 633) di Ovidio, autore sul quale Shakespeare deve essersi a lungo esercitato, prima a scuola poi per tutta la carriera di drammaturgo. Cfr. sotto, III, 2, 1-4; e J. Bate e A. B. Taylor in bibliografia. 104 Tassel-gentle o tercel-gentle era un falcone pregiato, caro ai principi cacciatori.
Un’altra reminiscenza ovidiana. Nelle Metamorfosi (III, 359-401) Eco, la “ninfa della voce”, si innamora di Narciso ma non viene ricambiata, e lei si ritira in “boschi e antri” dove langue per sempre d’amore. 105
L’appellativo sta in rapporto con il linguaggio dei falconieri appena inaugurato da Giulietta, ma definisce finemente a) l’immaturità della ragazza (nyas è un falchetto che non ha ancora volato); b) la situazione scenica, con lei che chiama dal nido che è ancora la sua casa. Shakespeare usa ancora questo termine in Amleto, II, 2, 340, per definire le compagnie di ragazzi vociferanti (an eyrie of children, little eyases, that cry out on the top of question) che hanno successo nei teatri privati, a scapito delle compagnie di adulti che recitano nei teatri pubblici.
106
Atto II, sc. 2 La scena: per strada, a Verona. In altre edizioni II, 2 e II, 3 si scambiano la collocazione. 107
In questo monologo e nei passi successivi Frate Lorenzo si esprime in distici a rima baciata, facilmente recitabili come cantilene di antica saggezza: un modo per
108
2836
PP. 319-337
In mitologia Elio, dio del sole e figlio dei titani Iperione e Teia, era rappresentato come il cocchiere di un carro di fuoco trainato da quattro cavalli alati, che disegnava nel cielo il percorso del giorno. Le immagini di questo passo ricordano l’inizio del secondo libro delle Metamorfosi di Ovidio, grande rievocazione della punizione subita da Fetonte per aver voluto, lui inesperto, guidare il carro del padre. Ma v. anche sotto, n. a III, 2, 1-7.
109
110
Il matrimonio impartito da un religio-
so. L’esclamazione segnala l’appartenenza di frate Lorenzo all’ordine dei frati minori (poi francescano), come in Bandello.
111
Atto II, sc. 3 La scena: come prima. In altre edizioni compare come II, 2.
112
Pin… butt-shaft: per l’arcieristica del tempo, il centro del bersaglio e la freccia pesante usata per esercitarsi su distanze corte. 113
114 Tibert era il nome del gatto nel medievale Roman de Renard, conosciuto in tutta Europa: una raccolta di favole satiriche che avevano per protagonisti gli animali personificati. Il titolo di “principe” potrebbe anche associare Tebaldo ai “Principi dei matti” (come il Prince des Sots in Francia, o il Lord of misrule in Inghilterra) che si affacciavano ancora sulla scena comica cinque-seicentesca dopo aver presieduto alle annuali feste della “sregolatezza” in molte corti del continente. Nelle feste natalizie delle Università di Oxford e Cambridge esercitavano ancora il loro “regno” i Christmas Princes (cfr. E. Welsford, The Fool, London, 1935, p. 212).
PP. 337-343
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
Con compliments si allude ai protocolli del duello importati dall’Italia. Difatti, nel primo quarto a stampa del testo (Q1, 7, 17 ), questa frase incominciava con l’esclamazione Catso (ossia “cazzo”, non raro nel teatro inglese del primo Seicento).
amante Leandro in una notte di tempesta, Tisbe che credette morto Piramo, e per questo si uccise – con un errore nell’interpretazione dei segni simile a quello che aspetta Romeo e Giulietta.
115
Un maestro di scherma italiano, Rocco Bonetti, era noto a Londra per il vanto di “infilzare qualsiasi inglese su qualsiasi bottone”. L’identificazione emerge in S. Lee e C. T. Onions (cur.), Shakespeare’s England, Oxford, Clarendon Press, 1916. 116
Per very first house è da intendersi una primaria scuola di scherma; per first and second cause le cause per cui, secondo l’etichetta, un gentiluomo poteva sfidare a duello. Similmente, nei versi successivi, passado, punto reverso, hai sono termini, si direbbe spagnolizzati, della tecnica schermistica italiana, per affondo, rovescio, stoccata giunta a segno. 117
Nel testo traspare un intraducibile gioco di parole, fra bones (ossa) e il francese bons, facile richiamo alla malattia “francese” per eccellenza in quel tempo, la sifilide, detta anche in inglese boneache, mal di ossa.
118
119 Una girandola di giochi di parole, da roe (uova di pesce, ma anche cerbiatto) alla sillaba finale nel nome di Romeo, che senza il Ro iniziale diventa me-ho (ohimè): tutte convergono sull’allusione alla perdita di virilità (ossia di sperma, e – ohimè – della cerbiatta Rosalina).
Oltre che nella precettistica della scherma, viene nuovamente marcata la distanza dalla tradizione poetica continentale. 120
Rassegna delle protagoniste di grandi leggende d’amore: Laura amata dal Petrarca, Didone sposa abbandonata da Enea, Cleopatra regina d’Egitto con Giulio Cesare e poi con Marco Antonio – “zingara” perché si riteneva che gli zingari provenissero dall’Egitto – Elena per cui fu combattuta la guerra di Troia, Ero che perse il suo 121
122 Counterfeit è una moneta falsa. To give the counterfeit è oggi, nel gergo degli operatori finanziari, sostituito dall’omologo to give the rip, traducibile in modo ancora più sconcio.
Si apre una nuova tenzone a colpi di doppi sensi osceni: case è “caso” ma anche “vagina”, bow in the hams è “inchinarsi” ma anche “mostrare gli effetti debilitanti dell’attività sessuale”, kindly hit it è “azzeccato con garbo” ma anche “penetrata in posizione naturale”.
123
124
Pink: cima, ma anche garofano.
Pink for flower: “dianto [piccolo garofano]– come dire fiore”, ma anche “rosa – come dire vagina”.
125
Switch and spurs = spronare a tutta velocità. Espressione poi divenuta proverbiale.
126
Nel gergo campagnolo il termine wildgoose chase (caccia all’anatra selvatica) designava una cavalcata di molte persone, in cui l’unica regola era che il cavaliere davanti a tutti sceglieva il percorso. 127
Letterale per quello che si suppone sia il comportamento affettuoso fra cavalli; per metafora, “ti vezzeggio”.
128
129 Bauble è la verga del giullare, che poteva finire in una vescica gonfiabile – la frase suggerisce chiaramente un’immagine oscena.
Mercuzio gioca sull’omofonia di tale (racconto) e tail (coda), anche qui implicando significati lubrici, che la traduzione tenta di non tradire del tutto, se si intende che il “racconto” rappresenta i sesso maschile, e il “contropelo” riguarda l’inguine femminile.
130
To occupy: “star dentro”, da leggere nel doppio senso erotico.
131
2837
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
Era il grido dei naviganti quando avvistavano una nave: vuol definire l’apparizione della Balia. “Camicia” e “grembiule” caratterizzavano l’uomo e la donna.
143 Il rosmarino era un simbolo della memoria, nell’amore e anche nella morte.
132
133
La Balia affetta maniere signorili.
Romeo altera il detto abituale, “in mancanza di meglio”. Alla Balia sfugge l’intenzione giocosa, e offre a Mercuzio l’occasione per canzonarla. 134
Per affettare un linguaggio colto, con l’equivoco fra confidence (“confidenza”) e conference (“colloquio”) la balia mette in moto una serie di solecismi comici, che Benvolio e poi Mercuzio sono pronti a sfruttare.
135
136 Mercuzio non si smentisce. Anche ai danni della balia inventa questo paragone con un piatto vietato all’osservanza quaresimale, alludendo ad altri divieti e precauzioni di carattere sanitario. Hoar (“ammuffita”) è omofono di whore (“puttana”) e stale è “rafferma” come aggettivo, ma ancora “sgualdrina” come sostantivo.
Traduciamo l’accenno a una ballata del tempo, La costanza di Susanna, citando qualcosa di simile nel repertorio pop italiano contemporaneo.
137
138 Ropery: “viluppo di corde” (per la forca) e per estensione “espressioni involute e sconce”. 139 And a speak…: il doppio senso osceno di queste frasi, inavvertito dal personaggio che le pronuncia ma non dal pubblico, si rivela con il seguito, I’ll take him down, “lo stendo”, ma anche “lo faccio ammosciare”. Era più esplicito in Q1: and hee stand to = “e se mi sta su”, “se mi si oppone (in senso fisico)…”.
Skeans-mates può riferirsi a bande di vagabondi armati di lunghi coltelli (skenes).
140
Ancora un doppio senso nel verbo to use = “usare”, anche sessualmente.
141
To lay knife aboard si riferisce all’usanza di “mettere il coltello sul tavolo” per riservare un posto. 142
2838
PP. 343-363
Frasi nell’insieme oscure, intese a suggerire sia la concitazione, sia l’analfabetismo della Balia. La lettera “r” era tradizionalmente usata per indicare l’abbaiare del cane; la sua pronuncia però si poteva equivocare facilmente con quella di arse, “culo” – che probabilmente viene in mente alla Balia (che non sa leggere) provocandone l’interruzione. Lo stesso vale per sententious, che dovrebbe essere un errore per sentences, “frasi”, che secondo la Balia Giulietta sa comporre abilmente.
144
Atto II, sc. 4 145
La scena. Il giardino di casa Capuleti.
Atto II, sc. 5 146
La scena: la cella di frate Lorenzo.
La metafora chiude passione, morte e polvere da sparo in una triade simbolica usata in più occasioni. Cfr. III, 3, 131-132; e V, 1, 64-65. 147
È anche allusione alla “leggerezza” della fanciulla che pretende di sposarsi senza il consenso della famiglia.
148
To blazon: lett. “interpretare precisamente la simbologia araldica di uno stemma”.
149
Atto III, sc. 1 150
La scena: una strada di Verona.
L’azione si suppone in luglio: era credenza comune che il caldo provocasse violenza, soprattutto nelle regioni mediterranee.
151
Nel periodo della Pasqua si mettevano i vestiti nuovi. 152
Zounds: esclamazione molto comune nei testi shakespeariani, aveva origine in una bestemmia – God’s o Christ’s wounds – “sulle ferite di Dio”, o “di Cristo”.
153
PP. 365-379
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
Livery: la “livrea” che segnalava appartenenza a questo o quel casato; ma anche, per assonanza con liver, “fegato”: “se ha un fegato come il vostro”, ovvero “la vostra codardia”. Tebaldo ha usato il possessivo deittico “mio” nel senso comune del riconoscimento di una persona, ma Mercuzio lo equivoca come segno di appropriazione alle fazioni in contrasto.
soliloquio di Giulietta come un episodio dell’intenso scambio “intertestuale” in cui erano ingaggiati Shakespeare e Christopher Marlowe – questa volta, purtroppo, uno scambio postumo. Shakespeare aveva ripetutamente usato l’immagine nell’Enrico VI (1589-1591), e Marlowe nell’Edoardo II (1592). Ma Marlowe muore assassinato nel 1593, e l’anno dopo – che è il termine a quo della composizione di Romeo e Giulietta (l’anno ad quem è il 1596) – viene portato sulle scene per la prima volta il Dr. Faustus. Al momento di abbandonare la vita terrena per la dannazione, Faust cerca di fermare il tempo citando in latino il verso Lente, lente currite noctis equi (sc. 13, 70) direttamente da Ovidio (Amores, I, 13, 40), dove esprimeva il desiderio di prolungare una notte d’amore. In modo per nulla inusuale, Shakespeare destina l’immagine a un uso nuovo, capovolto rispetto all’originale: dove Ovidio e Faust invocano lentezza dai destrieri della notte, dai destrieri della luce Giulietta invoca velocità perché il giorno si concluda presto. La comune reminiscenza ovidiana è inoltre attestata dal termine fiery-footed, usata dal traduttore Arthur Golding nella traduzione delle Metamorfosi, II, v. 491 (1567), un testo di cui troviamo innumerevoli riprese nell’opera di Shakespeare.
154
Alla stoccado: it. alla stoccata (così nelle ed. moderne): vince chi tocca al primo affondo.
155
156 La traduzione (quasi) letterale vale il tradizionale invito dello sfidante anche italiano, a lasciare il luogo pubblico per combattere in un luogo appartato. Un’altra traduzione possibile sarebbe “te ne vai così [evitando il confronto]?” 157
V. n. a II, 3, 18.
Gioco su grave nei due sensi di “serio” (come aggettivo) e “tomba” (come sostantivo). 158
159 In Q1 seguono altre frasi di amarezza e denuncia: “starò a cavallo sulle spalle di quattro uomini, per i vostri Montecchi e Capuleti. E poi qualche gaglioffo di campagna, qualche becchino, qualche misero straccione scriverà il mio epitaffio, che Tebaldo è arrivato a violare le leggi del principe, e Mercuzio è stato ammazzato per una prima e una seconda causa di sfida”.
Cousin: termine generico di parentela. Difatti, in Q1 è kinsman, “parente”.
160
Atto III, sc. 2 161
La scena: la camera di Giulietta.
L’immagine mitologica di Fetonte che ruba il cocchio solare al padre Febo (Apollo) (e viene punito da Giove che lo annienta con un fulmine) faceva parte del repertorio poetico rinascimentale, in particolare dal teatro elisabettiano, per le ovvie premonizioni tragiche – e ironiche nei confronti dell’azione eroica – che consentiva. È legittimo leggere le prime battute del famoso
162
Le invocazioni alla notte sono frequenti nella poesia drammatica shakespeariana, e con funzioni diverse, anche opposte: cfr. quella per coprire il progettato delitto di Lady Macbeth in Macbeth, I, 5, 49-53.
163
Qui è necessaria una forzatura della traduzione, per una serie di vocaboli propri della falconeria che oscurerebbero il senso per un lettore moderno: to hood è l’operazione di mettere il cappuccio al falco, unmanned è il falco non addestrato, to bate è lo sbattere delle ali in gabbia. Sono tutti significati che accentuano il carattere passionale di questo discorso.
164
2839
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
La frase ai vv. 15-16 suona spezzata, e viene difatti interpretata come prova di concitazione.
n’è abbastanza per congetturare una distrazione e un ripensamento, che danno luogo a soluzioni divergenti, se non opposte: l’“io” di Q2 (1599) può far pensare a un verso inizialmente composto dall’autore per e su se stesso, in imitazione stretta di Ovidio – parte tamen meliore mei super alta perennis / Astra ferar, nomenque erit indelebile nostrum… (Met., XV, 875-876) – e poi prestato al personaggio di Giulietta senza tanto preoccuparsi di chi fosse la battuta; mentre il “lui” (Romeo) di Q4 (1623) varrebbe una più comprensibile revisione ad opera dell’autore, della compagnia o dello stampatore, e la “liberazione” di quel verso dall’eccessiva influenza ovidiana. Per molti richiami all’antica credenza cfr. anche P. Boitani, Il grande racconto delle stelle, Bologna, il Mulino, 2012.
165
Anche nelle parole di Giulietta si moltiplicano le antitesi (qui dei colori), gli ossimori, i bisticci, le ambiguità. Molto commentata quella del verbo to die, “morire”, che nasconde il doppio senso del raggiungimento di una soddisfazione sessuale, e con esso il senso della contiguità di Eros e Thanatos, di vita e morte. Tale cortocircuito sfocia qui nella straordinaria immagine dell’esplosione cosmica del corpo di Romeo (per cui si veda anche la nota seguente), evocativa insieme di una perdita e di un effervescente, incontrollabile appagamento; il tutto riportato a un registro cerimoniale e mondano nei versi successivi, sulla compravendita del corpo come reggia d’amore. Prevedibilmente, la feconda polisemia propria di to die riemerge in Giulietta anche nel momento della morte, diventando così indistinguibile da una riaffermazione della vita. Cfr. V, 3, 169, e n.
166
167 In Q4 I diventa he, più logico – unico dubbio il doppio senso permesso da to die (v. nota precedente) – in vista del rapporto fra la morte e l’assunzione dell’amato fra gli astri del firmamento. L’immagine dell’essere umano che alla morte diventa una stella – qui sublimemente frammentata – può suscitare sorpresa oggi, ma era usuale nelle culture primitive, nella mitologia e soprattutto nella poesia classica che Shakespeare sicuramente conosceva (v. nota a III, 2, 3). Basti pensare alle Metamorfosi di Ovidio, in cui assistiamo alla trasformazione in stelle non solo di figure mitologiche come Callisto e Arcade (nelle costellazioni dell’Orsa maggiore e dell’Orsa minore: II, 409-507), ma altresì di personaggi storici come Giulio Cesare, la cui anima viene trasformata dalla madre Venere in cometa (XV, 843-851) e del poeta stesso quando verrà la morte (XV, 873876). Cfr. Ovidio, Le Metamorfosi, a cura di G. Paduano, Torino, Einaudi, 2000. Ce
2840
PP. 379-387
Anche qui la traduzione può seguire solo parzialmente il testo, rivolto al gergo della finanza con to break, “rompere” ma anche “fallire”, che regge l’immagine del “fallimento”, bankruptcy, del cuore.
168
Cfr. Ecclesiaste, XII, 1 e 7: “Ricordati del tuo creatore […] prima che ritorni la polvere alla terra, com’era prima…” 169
Cfr. Romeo in I, 1, 176-183: il rinnovarsi degli ossimori, alcuni marcatamente di origine biblica, segnano l’intensificarsi della tragedia, e a questa contribuisce – ora e nei versi successivi, specialmente i 97-127 – l’espressione dello stato d’animo diviso di Giulietta, ciò di cui abbiamo cercato di tener conto nella traduzione. 170
171 Modern significa qui “ordinario, comune”.
Atto III, sc. 3 172
La scena: la cella di Frate Lorenzo.
Sono tante le premonizioni della fine, sempre involontarie e sempre amaramente ironiche, che si affacciano nella seconda parte del dramma, divenuta improvvisamente cupa, e del tutto tragica. 173
PP. 391-413
ROMEO E GIULIETTA
Un esempio di concettismo estremo: le labbra diventano rosse per il pudore di baciarsi – cioè congiungersi.
174
I vv. 40-43 di Q2 aggiungono delle iterazioni, e delle assonanze intraducibili: “Le mosche possono farlo, mentre io devo fuggire, e voi dite ancora che esilio non è morte? Romeo non può, lui è esiliato. Le mosche possono, ma io devo fuggire. Loro sono libere, ma io sono esiliato”.
175
La didascalia riguarda la struttura della scena elisabettiana: i colpi provengono “da dentro”, cioè dal fondo del palcoscenico, mentre nella finzione naturalistica sarebbero da leggere come provenienti “da fuori”.
176
O woeful… predicament: secondo alcuni commentatori queste espressioni appartengono allo stile del Frate piuttosto che della Balia. 177
L’intervento della Balia a questo punto è contestato come spurio nell’autorevole ed. Gibbons 1980.
178
Atto III, sc. 4 179
La scena: la casa dei Capuleti.
Nella falconeria, i mews erano i ricoveri dei falchi, e mewed up è “rinchiusa come un falco”: Donna Capuleti ci riporta involontariamente al segreto codice d’amore dei due giovani (v. sopra, II, 3, 203 sgg., e le note a II, 10 ecc.).
180
Atto III, sc. 5 La scena: la camera di Giulietta che guarda il giardino. Per il significato della didascalia si veda sopra, la prima nota a II, 1. La coppia appare sulla “scena superiore” del teatro; in Q1 la menzione della scala di corda è sostituita da un illusionistico “alla finestra”. Tuttavia, all’entrata di Donna Capuleti (v. 64) la scena cambia senza che lo segnalino né il testo né le didascalie, e diventa la stanza di Giulietta, dalla quale lei poi scende sulla “scena inferiore”, come
181
NOTE
segnalato dalla didascalia da Q1, dopo il v. 67. Cioè della luna: Cinzia (ingl. Cynthia) era un epiteto della dea greca della luna, Artemide.
182
Sovrapposizione di due usi del verbo to divide, quello generico di “dividere” o “separare”, e quello specifico della tecnica musicale, di suddividere un’armonia in una sequenza di note “staccate”.
183
Credenza popolare sullo scambio dei brutti occhi dell’allodola per quelli belli del rospo.
184
Hunt’s-up, originariamente la sveglia per i cacciatori, era anche un omaggio canoro tributato alla sposa il mattino successivo al matrimonio.
185
Dall’espressione proverbiale sorrow is dry “la tristezza non ha lacrime”.
186
La fortuna è un argomento costante della tragedia; qui è personificata come rivale di Giulietta. 187
188 La scena del confronto fra Giulietta e suo padre si svolgerà sul palcoscenico, non nell’angusta “galleria” superiore dove si è svolto l’incontro con Romeo, e dalla quale lei scende subito.
Incomincia il grande esercizio di dissimulazione comunicativa – un discorso palese ma finto che cela un discorso sincero ma segreto, usando le stesse parole – con cui Giulietta parla alla famiglia di vendetta, e a se stessa (e al pubblico) di Romeo, avvicinando sempre di più, e confondendo, il concetto dell’amore con quello della morte. Lo scarto dipende qui addirittura dalla scansione del verso 94: … till I behold him dead è “finché non lo vedo morto”, ma till I behold him, dead is my poor heart… è “finché non lo vedo, morto è il mio povero cuore”…
189
190 Si noti lo spirito vivifico che promana da queste promesse di morte.
2841
NOTE
ROMEO E GIULIETTA
Alla metafora della barca che naufraga si affiderà Romeo ingerendo il veleno fatale. Cfr. V, 3, 118.
203
191
Su una carretta venivano trasportati i condannati a morte. 192
God-i’-good-e’en! (lett. God give ye good even!) è un’espressione di impazienza, simile a un certo uso di good night! oggi. 193
194 La traduzione letterale è imposta dall’astrusità del concetto: Giulietta si chiede come potrebbe trasferire l’impegno contratto col matrimonio a un altro marito quando Romeo, al quale l’ha promesso, è ancora in vita.
Watcing her go: in Q1 She looks after Nurse, non diverso nel significato ma più diretto.
195
Atto IV, sc. 1 196
La scena: la cella di Frate Lorenzo.
Giulietta continua nella strategia di parlare a un doppio livello di significati.
197
198 Voce proverbiale. Marlowe, da quel grande cultore/detrattore delle élites europee che era, ne aveva usato una versione sofisticata: que sera sera (Dr. Faustus, I, 1, 74-75).
In altre ed. tomb è sostituito da shroud, “sudario”, che assolutizza il rifiuto di Giulietta, pronta a condividere il talamo con la morte piuttosto che tradire quello che sente come suo unico possibile amante. 199
Atto IV, sc. 2-4 Nelle tre scene che seguono si alternano mattina e sera in casa Capuleti.
200
Proverbio sulla mancanza di fiducia nelle proprie azioni.
201
Cioè mercoledì mattina, come Capuleti voleva all’inizio (III, 4, 17); ora sembra voler approfittare della arrendevolezza della figlia. 202
2842
PP. 417-445
Battute interpretabili come un richiamo subito represso.
204 In Q1 Giulietta dice invece: “dovrei per forza sposare il conte?”.
Giulietta sta amplificando gli echi terrorizzanti della credenza popolare, comune nel medioevo, che la pianta della mandragola riproducesse le fattezze umane, che avesse qualità vegetali e animali insieme, che nascesse ai piedi delle forche nutrita dal sangue o dallo sperma degli impiccati, e che emettesse un grido spaventoso al momento di essere strappata dalla terra.
205
206 Questa didascalia da Q1 segnala che Giulietta recita la sua parte nel “retro” della scena, dove era collocato il suo letto. Poi, da IV, 4, l’azione di sposta sul proscenio, e ritorna alla “camera di Giulietta” quando la Balia aprirà le tende del letto (v. 28) e la troverà esanime.
Come molti curatori hanno segnalato, il nome di Angelica non designa un personaggio peraltro assente nel dramma, ma il nomignolo che Capuleti dà alla Balia, identificandola con una delle erbe aromatiche che sta portando, o confondendola ironicamente con l’asiatica principessa ariostesca – donde la risposta ugualmente canzonatoria.
207
208 La traduzione letterale forza appena in senso volgare il significato del termine inglese.
Jealous-hood: sul significato si fanno numerose congetture, fra cui quella che fosse un cappuccio (hood) indossato dai gelosi per spiare senza essere riconosciuti. È più probabile che si tratti dell’aggiunta del suffisso hood (“la qualità di”, come in womanhood) al termine caratterizzante, in questo caso jealous. 209
210 In Q1 call Will, “chiedete a Will”, cioè a Will Kemp, il famoso buffone della compagnia di Shakespeare; è una battuta buona per le prime rappresentazioni, come attesta anche Q2 in IV, 4, 126.
PP. 447-459
ROMEO E GIULIETTA
NOTE
211 Alcuni curatori fanno iniziare da questo punto l’atto quarto, scena 5, per chiarire che l’azione si svolge nella “camera di Giulietta”, fino a che la Balia e i Musici non ritornano al proscenio (v. 122).
tasche dei musici, normalmente sguarnite), nel secondo una preoccupazione per lo stato della custodia di uno strumento: tutti e due insieme suggeriscono l’estraneità del musico alla situazione dei Capuleti.
212 Rest significa riposo, sonno, ma qui la balia allude anche a un altro significato, quello della “resta”, l’arresto della lancia sulla corazza dei cavalieri nei tornei, e quindi alla “lancia [sessuale] in resta” del conte pronto alla consumazione delle nozze.
221
213
Q1 attribuisce questa battuta a Paride.
Nel testo inglese la personificazione della morte è maschile.
214
L’ed. Oxford divide i vv. 68-91 in spezzoni di sei versi ciascuno, attribuiti a Paride, Donna Capuleti, Balia, e Capuleti, tali da suggerire la forma di una trenodia recitata “a cappella” dalle quattro voci. In altre edizioni i vv. 70-73 vengono pronunciati da Paride dopo il v. 85; e Capuleti, pronunciando il suo lamento, ne riprende le formule e le cadenze.
215
Cfr. Thomas Kyd, The Spanish Tragedy, III, 2, 2: “Oh life, no life, but lively form of death”. Spetta a Paride quello che può ben comparire come il sigillo finale di tutto l’atto e di tutto il dramma, sulla convergenza di amore e morte, ora non più nel contesto vitalistico del corteggiamento ma in quello deprimente della presagibile tragedia.
216
217 Come anche dopo (V, 1, 17), si richiama un’espressione proverbiale, per cui essere morti equivale a “stare bene”.
Il rosmarino, in Shakespeare pianta del ricordo (Amleto, IV, 5, 175), era usato sia nei matrimoni sia nei funerali. V. anche sopra, n. a II, 3, 197-198.
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Didascalia da Q1: la scena cambia ancora, dalla “camera di Giulietta” al proscenio.
219
Case è sia “caso”, sia “custodia” (degli strumenti): nel primo significato la frase comporta ottimismo economico (per le
“Pietro” introduce un intermezzo comico, da tutta la critica giudicato poco opportuno a questo punto. Si suppone che fosse inserito, da Shakespeare o da altri collaboratori, per riportare in scena nei panni di Pietro il buffone della compagnia, Will Kemp, che il pubblico reclamava a gran voce (e che la didascalia di Q2 menziona esplicitamente). Una canzone di quel titolo esisteva veramente ai tempi di Shakespeare; oggi ne sopravvive solo il motivo. Cfr. F. W. Sternfeld, Music in Shakespearean tragedy (1963), Abingdon, Routledge, 2005, p. 102.
222
To give the gleek: prendere in giro, scherzare su qualcuno.
223
Sono effettivamente i primi versi di una canzone di Richard Edwards, In commendation for Musick, apparsa nella collezione The Paradyse of Dainty Devices del 1576: When griping grief the heart would wound, / And doleful dumps the mind oppress / There music with her silver sound… Il quarto verso ricorre sotto, al v. 168. 224
225 Minikin (in Q 1; Catlin in Q 2-4): una corda per strumenti ad arco. Questa traduzione trascura i nomi propri premessi ai nomi degli oggetti musicali, perché i primi sono meno caratterizzanti dei secondi. 226 Il rebeck, “ribeca” in italiano, era una forma primitiva di violino a tre o cinque corde, di origine araba.
Il soundpost è l’“anima” del violino, incastrata sotto il “piede destro” del ponticello, importante per ottenere una migliore qualità sonora.
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220
Atto V, sc. 1 228
La scena: una strada di Mantova.
2843
NOTE
GIULIO CESARE
229 L’amore, tradizionalmente assegnato a presiedere le operazioni del cuore.
verso finestre multiple, dà luce all’interno di chiese e palazzi.
230
Ancora l’inestricabile nodo fra morte e vita.
Romeo stesso, secondo il suo proposito di morire in quella tomba.
Evidentemente, in assetto da viaggio a cavallo.
243
231
232 Come prima frate Lorenzo (IV, 5, 76 e n.), Baldassarre gioca sul detto proverbiale che essere morti è “star bene”.
Q1 rafforza il comando con un come forth I say = “vieni fuori, dico!”
233
Il ducato era una moneta in uso in molti territori del continente, che Shakespeare usa spesso nei drammi non ambientati in Inghilterra. Qui si tratta comunque di una somma esagerata per un veleno. 234
Ancora la triade metaforica passionemorte-polvere da sparo (cfr. II, 6, 9-11; e III, 3, 131-132), qui preparata dall’ambiguità del termine trunk, riferibilr sia al “corpo umano” sia a una “canna di arma da fuoco”.
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PP. 459-519
242
A questo punto Q2 aggiunge: “[ … notte]. Vieni, riposa fra le mie braccia: ecco, alla tua salute. [Passo corrotto:] prima che tu ci cada dentro (?). Ah, onesto speziale, agisce in fretta il tuo veleno! Così, con un bacio, io muoio”.
Intraducibile ma essenziale l’ambiguità dell’aggettivo quick, “veloce” ma anche “vitale”.
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Risvegliandosi smarrita, Giulietta può non aver avvertito il peso del corpo di Romeo. Così viene generalmente interpretata questa frase, che ricorre anche nella fonte principale di Shakespeare, il poemetto di Arthur Brooke.
245
Restorative: il bacio che la risana, riunendola all’amato.
246
C’è chi legge rest (“riposa”) invece che rust (“arrugginisci”). La prima lezione è forse più logica, ma la seconda aggiunge il senso del decadimento corporale. 247
Atto V, sc. 2 236
La scena: la cella di frate Lorenzo.
È la battuta conclusiva del connubio amore/morte, rafforzata dall’implicazione erotica presente nel verbo to die, “morire”, già commentato sopra, III, 2, 21. 248
Atto V, sc. 3 La scena: la tomba dei Capuleti, collocata nel “retro” del proscenio, cioè, nell’architettura del teatro elisabettiano, sotto la “scena superiore”. Anche qui molte didascalie da Q1.
237
La sequenza dei versi è: una quartina a rima alternata seguita da un distico a rima baciata. 238
In Q2 Balthasar è chiamato Peter. Come si è già visto, nelle prime rappresentazioni Will Kemp doveva essere attivo in quel ruolo, e “doppiare” in altri.
239
Una previsione eccessiva: secondo il calcolo fatto da lei stessa in I, 3, 73-74, Donna Capuleti dovrebbe essere sotto la trentina, avendo avuto Giulietta all’età di quattordici anni. 249
Joys può significare “gioie” ma anche, metaforicamente, “figli”.
250
FRANCO M ARENCO
Conjuration (“evocazione di uno spirito”): emendamento tardo, in luogo di coniurations (Q1) e commiration (Q2).
Giulio Cesare
Lantern: nell’architettura rinascimentale (e moderna), la “lanterna” che, attra-
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240
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2844
Atto I, sc. 1 La scena: Una strada di Roma. La città di Roma è il luogo in cui viene situata
PP. 519-523
GIULIO CESARE
NOTE
la maggior parte degli eventi fino all’atto quarto, sc. 1. Qui il popolo romano è per le strade a festeggiare la vittoria di Cesare sui due figli di Pompeo avvenuta a Munda nell’ottobre del 45 a.C. L’assassinio di Cesare avvenne alle idi di Marzo del 44 a.C.. Shakespeare comprime dunque le date con efficaci effetti drammatici. In questo celebre incipit Shakespeare sembrerebbe volere marcare il clima dell’instabilità politica di Roma alla vigilia della congiura contro Cesare.
riecheggia nel with all o withall del verso 24. Qui Shakespeare dà voce alle lamentele diffuse su alcuni confessori che approfittavano del rapporto intimo e segreto della confessione per indurre le penitenti a rapporti sessuali illeciti con loro. Shakespeare ottiene così il doppio effetto di prendere in giro una istituzione molto controversa nell’Europa del Cinquecento, e di rappresentare l’instabilità politica e sociale di Roma alla vigilia dell’assassinio di Cesare.
Il plebeo gioca sul doppio senso di cobbler: “ciabattino”, e dal verbo to cobble, “mettere insieme approssimativamente”, “arruffone”, “confusionario”, “pasticcione”. Questo ciabattino somiglia ai molti personaggi popolari di Shakespeare che svolgono una funzione sovversiva dell’ordine sociale, sovvertendo in primo luogo l’ordine del linguaggio.
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3 La omofonia tra sole e soul, permette di assimilare la riparazione delle suole delle scarpe (soles) e quella delle anime (souls), equiparando così il mestiere del ciabattino al compito affidato al confessore di porre rimedio all’inevitabile “consumo” delle anime nel corso della vita. Con il suo gioco di parole il ciabattino irrita evidentemente Marullo e irride il suo severo rimprovero e la sua autorità.
Continua il gioco linguistico tra “scarpe” e “anime”. Tutto il lessico delle battute del ciabattino fa riferimento al dibattito cinquecentesco sulla confessione. In particolare emerge l’ immagine promossa dai cattolici del confessore come “chirurgo” (surgeon, mender) dell’anima, che finisce però per essere ridotta a un altro stereotipo del confessore come ficcanaso nella vita privata dei fedeli. A rafforzare lo scherno sovvertitore del ciabattino nei confronti della confessione, il gioco linguistico contiene anche una parte oscena che fa perno sulla parola awl, “punteruolo” – con un evidente riferimento al fallo maschile, seguito da “cose di donne” – il cui suono
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Come tribuni della plebe Marullo e Flavio sono i tutori della repubblica e aperti nemici di Cesare. Essi sono schierati dalla parte di Pompeo, soggetto anche di una delle Vite di Plutarco, eletto a campione della libertà repubblicana. Pompeo fu sconfitto in Spagna e poi defnitivamente a Farsalo nel 48 a.C. I tribuni fanno notare che il trionfo di Cesare è il frutto di una guerra civile e non di una conquista. Nella narrazione di Plutarco, la vittoria di Cesare su Pompeo e sui suoi figli viene riprovata da tutti i Romani. Shakespeare invece presenta un conflitto di opinioni tra plebe e tribuni. Nel rimprovero dei tribuni emerge la rappresentazione della plebe come volatile e ideologicamente indifferente.
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Mettle. Letteralmente “metallo”, vocabolo preso a prestito dall’alchimia, un antico e complesso sistema di pensiero molto diffuso nell’Europa del Cinquecento secondo il quale i metalli sono suscettibili di trasmutazione. Ha qui inizio una lunga serie di metafore alchemiche che si estende a tutto il testo e che mira a rappresentare il temperamento dei personaggi. In questo caso, il “vile metallo” è, nel sistema alchemico, il piombo, suscettibile, al contrario dei più nobili argento e oro, di una rapida trasmutazione. Shakespeare sembra volere sottolineare il disprezzo dei tribuni per la volatilità degli umori del popolo che dovrebbero difendere dalla tirannia di Cesare. Per una interpretazione di questo incipit vedi l’Introduzione.
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2845
NOTE
GIULIO CESARE
Qui Shakespeare segue Plutarco (Bruto e Marco Antonio) che narra di statue di Cesare adornate con diademi e allori dai suoi sostenitori. Sono i simboli della auspicata monarchia. L’ordine di Marullo di spogliare le statue, tuttavia, non può non ricordare, allora come adesso, il carattere iconoclasta dell’ala più estrema dei protestanti inglesi, accesi nemici di ogni rappresentazione politico-religiosa associata alla pompa e alle cerimonie comuni sia alla Chiesa cattolica sia alla monarchia imperiale spagnola di cui Elisabetta I fece invece ampio uso (cfr. F. Yates, Astrea: l’idea di impero nel Cinquecento, (1975), Torino, Einaudi, 1978). È già da questo punto che Shakespeare identificherà, almeno in parte, i repubblicani romani con i puritani inglesi.
donne sterili toccate dai corridori sarebbero divenute fertili, mentre quelle incinte avrebbero avuto un buon parto. Cesare sembra credere alla leggenda invitando la sterile moglie Calpurnia a mettersi sulla strada di Antonio durante la corsa sacra. Shakespeare altera la narrazione di Plutarco che non menziona la preoccupazione di Cesare per il suo futuro dinastico legato alla sterilità di Calpurnia nella sua prima uscita pubblica. Sembra però volerci dare un piccolo indizio iniziale su un Cesare superstizioso, e dunque fragile, che entrerà in conflitto con una posa ostentatamente scettica, all’altezza del suo ruolo, quando dichiarerà di lì a poco di non volere tenere conto del monito dell’indovino, del sogno premonitore di Calpurnia e dei prodigi che si manifesteranno a Roma interpretati comunemente come presagi di sventura.
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La festa dei Lupercali si teneva a Roma il 15 febbraio in onore del dio Luperco, protettore del bestiame contro l’attacco dei lupi. (Lupercale era anche chiamata la grotta ai piedi del Palatino nella quale Romolo e Remo vennero nutriti dalla lupa nella leggenda fondatrice di Roma). Shakespeare comprime le date, avvicinando il trionfo di Cesare sui figli di Pompeo avvenuto nell’ottobre dell’anno precedente. 8
Atto I, sc. 2 La scena: Roma. Cesare si reca trionfalmente al Foro, circondato dai futuri protagonisti della congiura. Shakespeare arricchisce la narrazione di Plutarco con la presenza della moglie Calpurnia e dell’indovino.
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10 Come tutti i corridori che partecipano alla corsa sacra della festa dei Lupercali, Antonio è nudo tranne che per una cintura di pelle di capra. 11 Per la festa dei Lupercali, i giovani e nobili romani correvano nudi intorno al colle del Palatino colpendo con strisce di pelli di capra coloro che incontravano sulla loro strada. Secondo la leggenda, le
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PP. 523-527
12 Quick spirits (“spiriti vivaci”) erano generalmente chiamati i cortigiani brillanti e gaudenti, condannati dai loro opposti hard spirits (“spiriti profondi e pesanti”) per la loro apparente superficialità. Il contrasto tra il carattere introverso di Bruto e quello leggero ed estroverso di Antonio è tuttavia già in Plutarco. Shakespeare sottolinea il primo errore di giudizio di Bruto che sottovaluta il carattere gaudente di Antonio, trascurando la capacità di dissimulazione degli “spiriti vivaci”. Vedi ancora II, 1, 164, 180-82. 13 Love: ho tradotto qui come altrove la parola love rivolto da uomo a uomo con “amore”. Nel contesto greco-latino del dramma, la parola a cui Shakespeare fa riferimento è la greca philia, l’amicizia tra uomini, legame fondamentale nell’architettura politica e sociale della Roma antica e ritenuta di maggiore valore dell’amore coniugale. Dato il suo significato, molto più profondo e più politico della moderna amicizia, ho ritenuto opportuno di rendere conto con “amore” della forza e della densità del legame politico e intellettuale tra i
PP. 529-535
GIULIO CESARE
protagonisti della vicenda, oltre che delle loro “passioni”. La visione di se stesso nella pupilla dell’altro è un luogo comune della cultura neo-platonica del sedicesimo secolo. La sua origine è in Platone, Alcibiade Maggiore, 132d 133d. In questo caso essa esprime il forte legame amicale tra Cassio e Bruto che non risulta nella fonte plutarchiana. Shakesperare sembra avere altri scopi: quello di mostrare l’intreccio tra le due facce della psicologia della congiura. Con questa battuta Bruto, infatti, offre a Cassio l’opportunità di proporsi come specchio della sua interiorità turbata di cui si fa indirettamente complice senza prendersene la responsabilità. In questo gioco di specchi, Cassio assume il ruolo meno nobile della congiura, mentre Bruto avrà cura di lasciare intatta la sua immagine di uomo puro e tormentato. Il contrasto tra i motivi nobili di Bruto e quelli privati di Cassio è un tema portante dell’architettura della tragedia e ricorre in tutto il testo. L’immagine nobile pretesa da Bruto, tuttavia, verrà in più punti incrinata dalla retorica shakespeariana. 14
Da dietro le quinte di questo giustamente celebre colloquio tra Bruto e Cassio, Shakespeare fa risuonare la scena pubblica come per misurarne gli effetti sulle coscienze individuali dei congiurati. È una superba rappresentazione del rapporto tra l’interiorità degli attori politici e l’azione politica – un tema che occuperà da ora in poi il centro delle grandi tragedie di Shakespeare. Qui vengono evidenziati la distanza, l’isolamento e il senso di superiorità dell’élite repubblicana di fronte agli eventi pubblici di cui è protagonista la folla, che Cesare invece cerca, demagogicamente, di sedurre.
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L’onore di cui Cassio parlerà nella sua storia sarà di tutt’altra natura di quella di Bruto. Per Cassio l’onore tende a confondersi con la reputazione personale.
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NOTE
Secondo Plutarco Cesare soffriva di epilessia, che si manifestò per la prima volta nella campagna di Spagna.
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La metafora delle “labbra” che diventano esangui perdendo il loro “colore” serve a rendere l’idea del soldato che diserta la propria bandiera (“colore” sta anche per colore della bandiera), alludendo dunque al corpo malato di Cesare come disertore della patria.
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Alas. Il Folio non ha virgolette sulle parole riportate da un altro personaggio. Molti curatori (Dorsch, Daniell, Humphreys, Melchiori, Serpieri) attribuiscono Alas a Cassio, piuttosto che a Cesare, come esempio della sua ironia.
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Il rancore personale di Cassio verso Cesare è in Plutarco (Bruto). Shakespeare lo mostra nella vivida narrazione di Cassio che mira a ridimensionare l’immagine deificata di Cesare enfatizzando le debolezze del suo corpo. Il racconto di Cassio altera fino a capovolgere la fonte plutarchiana, che invece narra di un Cesare combattivo e incurante della sua salute precaria anche nei momenti più impervi delle sue campagne militari, oltre che a essere un ottimo nuotatore (Cesare). A questo ridimensionamento di Cesare a creatura comune se non inferiore in natura, Cassio oppone l’immagine epica di se stesso.
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Si noti come le battute finali di Cassio facciano breccia nella coscienza di Bruto portandolo a interpretare erroneamente gli applausi della folla come consenso alla temuta incoronazione di Cesare. In realtà, come sapremo, sta accadendo il contrario.
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Ora il ridimensionamento riguarda tutti gli uomini di fronte a un Cesare divenuto, immeritatamente, un colosso.
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Cassio tenta di instillare in Bruto lo stesso spirito competitivo che anima il suo rapporto con Cesare. 23
24 Gioco di parole tra Rome e room, “Roma” e “spazio”, omofone in epoca elisabettiana. Occupata da un solo uomo
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NOTE
GIULIO CESARE
– uomo precedentemente diminuito e reso indegno delle sue pretese monarchiche – Roma ora ha perso la sua grandezza ed è ridotta a un mero piccolo spazio. La metafora del contrasto fra le misure di un contenitore e del suo contenuto era un luogo comune del teatro elisabettiano, con varianti ben note a quegli spettatori. La sua origine è stata rintracciata nel paragone teologico fra la grandezza di Gesù Cristo e l’esilità del corpo di Maria che gli ha dato vita umana. Marlowe lo aveva usato nel suo modo polemico e antireligioso nel monologo di apertura de L’ebreo di Malta (1589-1590), in cui Barabas si vanta di accumulare infinite riches in a little room (“ricchezze infinite in un piccolo spazio”), e Shakespeare stesso lo aveva ritoccato incongruamente in Come vi piace (III, 3, 11), coevo del Giulio Cesare, assegnando al buffone Touchstone una battuta sulla sorpresa provocata su un avventore da un grosso conto (a great reckoning) da pagare nel piccolo spazio (in a little room) di una taverna. Cfr. G. K. Hunter, “The Theology of the Jew of Malta”, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXVII, 1964, pp. 211-240.
pericoloso; l’eccessiva serietà, l’isolamento sociale (né Cassio né Bruto partecipano alla festa dei Lupercali), l’inquietudine interiore sono per Cesare potenzialmente eversivi. È un giudizio che in parte potrebbe adattarsi anche al severo e tormentato Bruto, e che combacia con il giudizio di Shakespeare sui personaggi cupi, isolati e nemici di ogni piacere privato. Celebri i versi da Il mercante di Venezia: “L’uomo che non ha musica in sé…è pronto al tradimento, all’inganno e alla rapina” (V, 1, 83-85).
25 Cassio si appella ai valori repubblicani difesi dall’antenato di Bruto, Lucio Giunio Bruto – per tradizione fondatore della repubblica romana nel 509 a.C. – che aveva cacciato i Tarquini e in particolare Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma. La storia dell’antenato di Bruto si trova in Plutarco (Bruto).
Sleeve, “manica”: si tratta evidentemente di un anacronismo, dato che le tuniche romane ne erano prive.
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Shakespeare mette insieme le osservazioni di Plutarco sul carattere di Cassio che si trovano in tre Vite: Cesare, Antonio e Bruto. Il ritratto che ne segue è attribuito a Cesare, in opposizione al giudizio di Bruto sul carattere gaudente di Antonio. Per Cesare, l’assenza di piacere nella vita privata di Cassio ne fa un uomo politicamente
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PP. 535-541
Un’ulteriore manifestazione di contraddizione tra il Cesare privato e quello pubblico: “Io temo quell’uomo, ma Cesare non deve e non può temere nulla.” Qui, come altrove, la divaricazione tra l’io di Cesare e il suo ruolo è segnata dal nominare se stesso come ‘Cesare’ quando indica la sua funzione pubblica. Shakespeare fa apparire più volte la consapevolezza di Cesare sulla differenza tra la sua fragilità interiore e la sua immagine pubblica, e sulla volontà di fare prevalere la seconda sulla prima.
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La sordità di Cesare è un’invenzione di Shakespeare.
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30 In Plutarco (Cesare), Cesare rifiuta due volte la corona, e anche nel testo di Shakespeare Cassio e Bruto sentono gridare la plebe solo due volte. Nella Vita di Antonio, tuttavia, Plutarco narra che Cesare rifiutò la corona diverse volte. 31
Honest è usato con intenzione sarcastica.
Coronet: in Plutarco (Cesare), a Cesare fu offerta un corona intrecciata con il lauro.
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33 Il racconto di Casca è tutto in prosa colloquiale e sciatta, coerentemente con l’intenzione di diminuire la sacralità della cerimonia e Cesare stesso. Le parole di Cassio richiamano inoltre l’idea sprezzante dei tribuni Marullo e Flavio nei confronti della plebe pronta ad acclamare Cesare. Casca è dunque un altro repubblicano che manifesta disprezzo e distanza nei con-
PP. 541-547
GIULIO CESARE
fronti della plebe in nome della cui libertà parteciperà alla congiura contro Cesare. Gioco di parole su falling sickness, alla lettera “malcaduco”, che ho tradotto con “epilessia”, come viene comunemente tradotto, con cui Cassio insiste sulla caduta politica a cui sono costretti i repubblicani con l’ascesa di Cesare.
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35 Questa è la prima delle frequenti associazioni tra la scena politica e la scena teatrale che costituiscono il sistema nervoso del testo.
Shakespeare mette insieme due episodi tratti dalla Vita di Cesare e dalla Vita di Antonio. Nel primo, Cesare offende il Senato per aver rifiutato gli onori che esso intende attribuirgli e, per farsi perdonare, sulla strada di casa offre la gola a chiunque voglia tagliarla. In seguito si scusa attribuendo l’accaduto alla sua malattia. Il secondo è quello dell’incoronazione in cui invita gli astanti a tagliargli la testa. Riunendo i due episodi Shakespeare riesce a rappresentare il timore di Cesare di svelare il suo vero desiderio, e cioè quello di accettare la corona nel momento in cui, essendo svenuto, viene meno la sorveglianza della coscienza che lo condiziona. Si tratta dell’episodio più significativo della consapevolezza di Cesare di dovere nascondere la sua interiorità sempre diversa, se non opposta, dall’immagine che si propone di presentare sulla scena pubblica. 36
Secondo Plutarco (Vita di Cicerone), Cicerone usava parlare in greco rivolgendosi solo a un uditorio istruito. Casca, come riferisce Plutarco (Cesare), non conosceva il greco, e al verso 278 usa l’espressione it was Greek to me (“per me parlava greco”), nel significato, diventato proverbiale, di “non comprensibile”.
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Put to silence, “messi a tacere”, suona come un eufemismo per “uccisi”. Plutarco, tuttavia scrive che i due tribuni furono rimossi dal loro incarico.
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NOTE
Per il suo disprezzo del popolo e di Cesare, Casca si presenta come candidato ideale per la congiura che Cassio sta tessendo.
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Ancora una metafora alchemica. I metalli (mettle) nobili e onorevoli a cui è associato Bruto sono, nel linguaggio alchemico, l’oro e l’argento che non possono essere trasmutati in una sostanza più vile. E tuttavia Cassio immagina che anche il nobile Bruto possa essere mutato e corrotto se entra in contatto con uomini non pari a lui.
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La logica della frase è complessa. Da una parte Cassio afferma che al posto di Bruto si assicurerebbe di non venire influenzato da Cassio su Cesare, dall’altra immagina che Bruto possa essere indotto dall’amore di Cesare a cedere (seduced) al suo desiderio di essere incoronato rinunciando così ai suoi principi. Se Cassio fosse al posto di Bruto, l’amore di Cesare non gli farebbe cambiare idea (humour: ancora un vocabolo attirato nel campo semantico dell’alchimia a cui è legata la teoria degli umori). È proprio questa supposta suscettibilità di Bruto alla seduzione di Cesare che induce Cassio a presumere di potere a sua volta convincerlo alle sue ragioni.
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Nella narrazione di Plutarco, gli autori dei fogli che incitano alla rivolta contro Cesare e lasciati ai piedi della statua dell’antenato di Bruto e sulla sua sedia di pretore sono politici e cittadini romani; qui sono contraffatti dal solo Cassio. Il movente della congiura è quindi attribuito a Cassio solamente e alla sua ostilità privata contro Cesare. Shakespeare dunque non attribuisce alcuna legittimazione popolare né politica alla congiura.
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Atto I, sc. 3 43
La scena: una strada di Roma.
Di fronte ai prodigi che precedono l’assassinio di Cesare di cui Plutarco narra nella Vita di Cesare, Cicerone fa la sua prima entrata in scena mostrando la fred44
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NOTE
GIULIO CESARE
dezza e lo scetticismo che si addicono al suo ruolo di umanista.
abbiano a che fare con un imminente sovvertimento sociale, per presentarsi come chi non teme, ma al contrario domina e affronta entrambi i poteri politici e naturali, stabilendo così la sua superiorità su Casca. Così facendo, Cassio mette in atto uno dei più canonici principi politici: la pretesa di sapere interpretare eventi soprannaturali per incutere soggezione nei sudditi propensi a credere e temere il loro potere. È un principio descritto e difeso da Machiavelli che raccomandava ai principi che vogliano ottenere “buoni ordini”. (N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Torino, Einaudi, 2000, pp. 66, 67) di seguire lo stratagemma di Numa, che finse di avere rapporti con una ninfa per ottenere l’obbedienza dei Romani, perché gli uomini temono più i poteri sovrannaturali che quelli terreni. Si tratta dell’uso della religione per scopi politici. La differenza tra il Numa machiavelliano e Cassio è che il primo ha come obiettivo la “fortuna” della città; il secondo mira a sconfiggere e sostituire un avversario politico, animato da invidia e rabbia.
Il lessico drammatico usato da Casca per descrivere il sovvertimento dell’ordine naturale del cosmo (questa volta convenientemente in versi) ben si adatta alla sua lettura dei fenomeni straordinari come segno di sovvertimento politico (civil strife). È un’associazione su cui lavorerà Cassio. 45
È la risposta di Casca alla fredda indifferenza di Cicerone, che sottintende, secondo Casca, una spiegazione razionale degli eventi soprannaturali. Alla fine del sedicesimo secolo, il rapido avanzare della nuova scienza entra in conflitto frontale con le interpretazioni di carattere magico o religioso con cui venivano spiegati i fenomeni straordinari della natura. Filosofi e scienziati, da Pomponazzi a Bruno a Thomas Harriott, insistono invece sulle ‘cause naturali’ di tali fenomeni, preparando il cammino della rivoluzione scientifica del diciassettesimo secolo.
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47 La risposta sbrigativa di Cicerone al rifiuto di Casca di interpretare gli eventi straordinari come ‘naturali‘ ruota intorno alla arbitrarietà di ogni interpretazione soggettiva. Cicerone anticipa l’uso strumentale dello sconvolgimento del cosmo che farà Cassio con lo scopo di coinvolgere Casca nella congiura. 48 Who is there? È l’espressione resa celebre dall’inizio di Amleto. E come nell’incipit della tragedia più famosa, anche qui l’espressione rende l’idea dell’atmosfera di allarme e di paura che incombe sulla vicenda. 49 By your voice, “dalla voce”: enfatizza la confusione delle identità nella notte adatta all’atmosfera della congiura. 50 La sfida alla potenza mostruosa della natura con cui Cassio aveva esordito ai vv. 45-52 si trasforma in sfida al potere mostruoso e minaccioso di Cesare a cui l’associa. Cassio fa leva sulla paura di Casca e sul suo sospetto che gli eventi soprannaturali
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PP. 547-557
E cioè attraverso il suicidio. La minaccia di suicidio di Cassio è suggerita dalla morale stoica, ed è di tutt’altra natura dalla meditazione sulla morte di Amleto. Quella di Cassio si può interpretare come una recita allo scopo di convincere Casca; per ironia della sorte, Cassio si suiciderà davvero nel quinto Atto, dopo avere male interpretato i segnali della battaglia per mancanza di fiducia nella sua stessa causa. 51
Il portico fu costruito da Pompeo nel 55 a.C. insieme al suo teatro, undici anni prima dell’assassinio di Cesare. Plutarco situa qui la scena dell’assassinio, mentre Shakespeare la sposta al Campidoglio insieme alla statua di Pompeo, ai cui piedi cade Cesare.
52
Bruto era appena stato nominato pretore da Cesare.
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Casca è un personaggio per lo più inventato da Shakespeare sulla base di pochi
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PP. 557-563
GIULIO CESARE
NOTE
cenni di Plutarco. Emotivo, suggestionabile, lento di riflessi, Casca rappresenta l’uomo comune, e il suo appassionato elogio di Bruto sembra esprimere una vox populi che infastidisce il cinico Cassio.
Introduzione), Dover Wilson scrive nella influente Introduzione alla sua edizione (pp. xxx-xxi) che il ragionamento di Bruto è impeccabile e che esso è “l’effetto del potere sul carattere”. T. S. Dorsch, invece insiste sul conflitto tra ragioni personali e il bene comune (Introduction, p. 34). Per David Daniell, il ragionamento di Bruto è una razionalizzazione intesa a costruire (fashion) la legittimità di un’azione violenta in assenza di prove della colpevolezza di Cesare (Introduction, p. 127). Si potrebbe aggiungere che il discorso di Bruto utilizza il pensiero machiavelliano sulla necessità di prevenire l’ascesa di un avversario politico eliminandolo. Ciò che Shakespeare sembra mettere in gioco qui non è il conflitto tra repubblica e monarchia, ma un mero conflitto di potere che Bruto camuffa maldestramente come un conflitto ideologico.
Atto II, sc. 1 La scena: il giardino della casa di Bruto. Questa è la prima delle uniche due scene ambientate in un interno che occupano quasi per intero il secondo atto. La seconda è ambientata nella casa di Cesare. Sono entrambe dedicate alla vita interiore e privata dei due protagonisti. Il giardino e la notte, contrastanti il rumore della folla e lo scatenamento della natura, sono il luogo e il tempo adatto per la meditazione di Bruto. 55
56 Lucio è un personaggio inventato interamente da Shakespeare.
Era luogo comune dei trattati politici dell’epoca che il re si distinguesse dal tiranno per la sua capacità di far prevalere la ragione sui suoi desideri privati. Il suo principio filosofico sta nella Repubblica di Platone da cui, com’è noto, sono escluse le emozioni quali elementi perturbanti della polis. 57
58 Questo celebre soliloquio è spesso stato messo in relazione con i soliloqui di Amleto. Ma il paragone è del tutto improprio. Se le meditazioni di Amleto hanno carattere prevalentemente esistenziale e ritardano l’azione, qui nulla ostacola la decisione ad agire che invece è subito presa all’inizio del monologo: “deve essere con la sua morte”. Ciò che segue è un dibattito interno sulla giustificazione dell’azione. Avendo escluso ogni rancore personale, Bruto si lancia in un serratissimo ragionamento non su Cesare tiranno, ma sulla possibilità (may, “potrebbe”) che lo diventi. La tirannia è un’ipotesi, non un fatto. Su questo soliloquio si sono espressi con pareri diversi se non opposti molti critici. Rispondendo alla “perplessità” di S. T. Coleridge (vedi
Immediatamente dopo il dibattito interiore, Shakespeare ritorna alla fonte plutarchiana che parla di sollecitazioni collettive a liberare Roma dalla minaccia della monarchia di Cesare. Qui, tuttavia, non è Roma, ma Cassio l’autore delle sollecitazioni a uccidere Cesare. Il trucco di Cassio fornisce subdolamente a Bruto l’autorizzazione popolare con cui estinguere il suo dubbio morale e procedere nell’azione. 59
60 Bruto ora riconosce l’intenzione di Cassio di indurlo a cercare dentro di sé le ragioni del regicidio, ma nell’accoglierla, sembra non volere accollarsi la responsabilità della sua decisione.
L’angoscia del tempo che intercorre tra l’impulso ad agire e un’azione che si ritiene mostruosa si amplificherà nel caso di Macbeth fino a riempire di fantasmi la mente del regicida. 61
La corrispondenza tra individuo e cosmo, cardine della filosofia rinascimentale, permette di associare l’interiorità di Bruto turbata dalle forze umane (mortali) insorte contro lo spirito (immortale) che dovrebbe guidarle in uno stato attraversato da una guerra civile. A coniugare le due dimensio-
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NOTE
GIULIO CESARE
ni (interiore e politica) la parola state indica sia la condizione interna dell’individuo sia la nazione.
acclamato Cesare – e concetti indefiniti come “epoca corrotta”, “tirannia” – che, per sua stessa ammissione, non hanno riscontro nella realtà –, o “onestà” “nobiltà” “coraggio” delle anime dei congiurati che Bruto estende a ogni romano. La negazione del regicidio come azione politica, e l’invocazione di una causa trascendente e giusta in sé, si esprime qui esplicitamente per la prima volta, avviando tutte le iniziative di Bruto che si riveleranno disastrose per la sua stessa causa.
63 Brother, “fratello”, sta qui per “cognato”, avendo Cassio sposato la sorella di Bruto, Giunia.
Secondo Esiodo, Erebo era figlio del Caos; il termine venne esteso a significare il regno dell’oscurità e gli Inferi.
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Passaggio apparentemente insignificante, ma che svolge molteplici funzioni referenziali e simboliche. Ci ricorda in primo luogo il sorgere dell’alba di un giorno decisivo per le sorti di Roma. In secondo luogo, a puntare la spada verso est e a spostarne il punto nella direzione del Campidoglio è proprio Casca che per primo colpirà Cesare. A questo va aggiunto che il sole è il più comune simbolo della regalità. Quindi, con un gesto quasi premonitore, nell’indicare l’est nella direzione del Campidoglio, Casca punta simbolicamente la spada verso Cesare, monarca che, come il sole, è appena sorto su Roma.
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66 Plutarco nota che non fu fatto nessun giuramento. Ma il netto rifiuto e il lungo, animato commento che segue, fa intendere che Shakespeare sfrutti la fonte per mostrare il comportamento ostinatamente impolitico di Bruto. Il giuramento, infatti, è stato a lungo in Occidente una forma di contratto che gli uomini erano fermamente tenuti a rispettare (cfr. P. Prodi, Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente, Bologna, Il Mulino, 1992). Il rifiuto di Bruto di stipulare formalmente un patto con i congiurati di cui ha appena appreso nomi e visto i volti, il disprezzo per ogni forma di accordo tra gli uomini, ridotto a vile espediente per anime deboli, equivale al rifiuto di riconoscere la congiura come azione politica di una parte concretamente e politicamente identificabile della nazione. Al contrario, Bruto invoca come unica giusta causa per il regicidio la generale sofferenza della popolazione – che ha invece appena
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PP. 563-571
I versi 131-139 sono imbastiti da una serie di vocaboli e metafore alchemici – stain, mettle, performance, particle, “macchiare”, “metallo”, “azione”,”particella” – nei quali si esprime la fantasia di Bruto di attribuire ai Romani un unico sangue, puro e nobile come l’oro.
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Dopo la lunga, ispirata tirata di Bruto, Cassio risponde, forse infastidito, cambiando bruscamente discorso e riportando il dialogo all’organizzazione concreta della congiura. È il primo segno del crescente disaccordo tra il realismo politico di Cassio e l’idealismo di Bruto che sfocerà nel litigio dell’atto quarto.
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Nella narrazione di Plutarco tutti i congiurati e non solo Bruto decidono di tenere Cicerone fuori dalla congiura a causa della sua indole codarda accentuata dall’età. Ciò avrebbe spento l’entusiasmo e l’audacia necessari all’impresa.
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70 L’intenzione nobile di trasformare l’assassinio in un sacrificio purificatorio viene immediatamente smentita dall’uso di termini tecnici di un macellaio per descrivere ciò che l’assassinio non deve essere: cut the head off, hack the limbs, dismember, hew him as a carcass, “tagliare la testa”, “fare a pezzi”, “smembrare”, “maciulliarlo come una carcassa per cani”. Il tentativo di nobilitare la realtà dell’atto sanguinario non riesce a nascondere l’interiorità violenta di Bruto. Cfr. Daniell, Introduction, p. 54, “Qualsiasi cosa Bruto pensa di stare dicendo… quando ci arriva …rivela il suo desi-
PP. 571-575
GIULIO CESARE
derio”. Proprio di macellai parlerà invece Antonio quando rimarrà solo con il corpo di Cesare. Come nel primo soliloquio in cui Bruto cerca una giustificazione all’assassinio, anche questo sembra un ragionamento che lascia “perplessi”. Il rito sacrificale con cui Bruto dichiara di volere nobilitare la brutalità dell’assassinio, si rivela qui una messa in scena a cui il “volgo” deve credere. Bruto dunque smentisce nello stesso discorso l’intento nobile dell’assassinio ricorrendo a uno dei più comuni comportamenti politici: quello di apparire innocenti pur agendo in modo violento.
71
72 In Plutarco, la discussione sulla morte di Antonio avviene dopo l’assassinio di Cesare, e il veto di Bruto è motivato dalla speranza che Antonio possa aiutare il suo paese a ritrovare la libertà, non, come qui, dalla sottovalutazione della sua reazione politica. 73 Di questo primo errore politico di Bruto parla anche Plutarco. Bruto insiste nell’interpretare la leggerezza di Antonio come segno d’incapacità politica. Cassio ha naturalmente ragione e ciò che teme in Antonio si rivelerà giusto.
Un evidente anacronismo, se si considerano le didascalie per uno spettacolo del Cinquecento come parte dell’ambientazione nel primo secolo a. C. Dal punto di vista scenico, però, si tratta di un espediente volto a marcare il tempo della congiura e creare suspense.
74
75 Secondo la leggenda, il modo con cui catturare questi animali favolosi era di provocarlo e di correre a nascondersi dietro un albero, lasciando che l’unicorno proseguisse la sua corsa fino a infilzare il corno nell’albero. Nella Faerie Queene di Edmund Spenser, II, 5, 10, è un leone a mettere in atto questo stratagemma.
Si supponeva che il loro riflesso facesse imbizzarrire gli orsi. 76
NOTE
Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, VIII, 8, racconta come gli elefanti siano intrappolati in buche, dalle quali i loro simili cercano di aiutarli ad uscire buttando loro rami e sterpi. 77
Secondo Plutarco (Bruto), Quinto Ligario fu perdonato da Cesare per aver combattuto contro di lui alleandosi con Pompeo, a seguito di un discorso di Cicerone in sua difesa. Plutarco racconta che Ligario partecipò alla congiura per odio della tirannia. Shakespeare insiste sulle ragioni personali.
78
Untired può significare sia “saldo”, “indomito”, sia qualcuno che non indossa costumi da attore (tires, da cui un-tired, un-attired). Poiché il senso complessivo delle raccomandazioni di Bruto ai congiurati è di “recitare senza mostrare di recitare”, ho scelto di tradurre con “naturale”. Il contesto da cui Shakespeare ricava le parole di Bruto, infatti, è quello che unisce il comportamento del cortigiano a cui Castiglione suggerisce di nascondere lo sforzo dell’artificio apparendo naturali (opponendo sprezzatura ad affettazione), e quello dell’attore che deve nascondere l’arte della recitazione e apparire naturale rimanendo, secondo le poetiche del tempo, fedele alla forma del ruolo che impersona (formal constancy, “costante decoro”). Il concetto che unisce la corte e il teatro è dunque la “simulazione”, elemento fondamentale della politica di ogni tempo e tanto più essenziale nel caso di una congiura. Viene qui ribadita la sovrapposizione tra politica e teatro. Inutile aggiungere che è la simulazione politica in questo caso a farne le spese. 79
80 Questo è uno dei pochi momenti in cui Shakespeare concede a Bruto una umanità altrimenti assente nel suo ruolo politico. Esso prepara l’atmosfera intima e domestica dell’incontro con Porzia.
L’episodio dell’incontro con Porzia è fedele fin nei dettagli alla fonte plutarchiana (Bruto).
81
2853
NOTE
GIULIO CESARE
82 La delicata supplica di Porzia è quella di svolgere un ruolo nella vita di Bruto che superi i limiti del matrimonio. Nel contesto della cultura romana in cui l’amicizia maschile occupa un posto più alto dell’amore coniugale, Porzia si propone ripetutamente come “un altro io” (v. 273): sono le parole usate da Montaigne in un suo famoso saggio sull’amicizia nel quale, riprendendo la lezione dell’antichità, e situandola in una sfera privata, contrappone l’amicizia maschile all’amore per una donna. Non per questo il ruolo di Porzia deve essere interpretato come maschile (Kahn, p. 99). Non solo Porzia chiede una intimità più profonda di quella richiesta dalle convenzioni del matrimonio, ma anche più fidata di quella – messa in forte questione nel contesto del dramma – dell’amicizia politica appena contratta con gli uomini camuffati che si sono introdotti furtivamente nella vita privata della coppia.
del congiurato, ha bisogno della cura eversiva proposta da Bruto.
Per rifiutare l’immagine convenzionale della donna come creatura debole e incapace di saldo legame con gli uomini (com’è d’altronde descritta ancora da Montaigne stesso), Porzia deve rivendicare la sua origine familiare. Ella è figlia di Marco Porcio Catone, famoso per la sua severa moralità. Alleato di Pompeo, si uccise piuttosto che cadere nelle mani di Cesare.
83
L’episodio è narrato in Plutarco (Bruto). Il vocabolario usato qui – constancy, patience – testimonia dell’adesione di Porzia alla filosofia stoica attribuita al padre Catone. Il gesto simbolico dovrebbe valere per Porzia come prova estrema di affidabilità, che la renderebbe degna della fiducia di Bruto.
84
L’entrata di Ligario ammalato, presente nel racconto di Plutarco, ma situato prima dell’incontro con Porzia, dà a Shakespeare l’opportunità di ritornare alla scena politica, dopo l’intervallo privato, facendo scaturire dalla malattia di Ligario una catena linguistica e semantica che si riversa in quella sociale e politica e che, come quella
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PP. 579-589
Atto II, sc. 2 La scena: casa di Cesare. Questa scena è simmetrica alla precedente. Ora è il Cesare privato a manifestare la sua interiorità dentro le mura domestiche e in una intima conversazione con la moglie Calpurnia. 86
87 Tutte le risposte all’accorata e confidenziale richiesta di Calpurnia di non andare in Campidoglio sono espresse in terza persona e in un linguaggio magniloquente e sentenzioso. Shakespeare sembra così raggiungere due obiettivi per la caratterizzazione di Cesare: da una parte il dovere di essere all’altezza del proprio ruolo – da cui il riferimento a se stesso come ‘Cesare’ opposto a ‘io’ – e dunque di tenere a distanza la parte privata che – proprio perché così fortemente negata – minaccia l’immagine pubblica. Dall’altra, di mostrare un aspetto virtualmente scivoloso del potere di Cesare: la vanità.
Una credenza tanto antica quanto la Bibbia, e oltre, faceva corrispondere i mutamenti del cielo – comete, eclissi, ecc. – a imminenti mutamenti nel potere regale, generalmente negativi. 88
Come Porzia nella scena precedente, anche Calpurnia ha la funzione di svelare le contraddizioni interne del marito, che lui nega recisamente. Calpurnia pronuncia la parola che Cesare teme maggiormente: “paura”, e si offre come schermo su cui proiettarla, per difenderlo da se stesso e dalla minaccia del mondo esterno.
89
90 Decio enumera alla rinfusa elementi ed emblemi della scienza araldica rinascimentale, così attualizzando (anacronisticamente) l’idea del beneficio pubblico che porterebbe la nuova funzione di Cesare. L’immagine del monarca di cui i sudditi bevono il sangue è simile a quella del pellicano che nutre i suoi piccoli squarciandosi il petto (cfr. anche Amleto, IV, 5, 144). Era
PP. 591-605
GIULIO CESARE
uno dei simboli medievali più diffusi del Cristo mansueto e generoso che amorevolmente dona il sangue ai figli per redimerli: faceva parte della simbologia della casa reale Tudor, e campeggiava in uno dei più celebri ritratti di Elisabetta I, a significare il rapporto d’amore e di sacrificio che la legava ai propri sudditi. L’associazione tra Cesare ed Elisabetta diviene così evidente. L’assassinio di Cesare viene qui per la prima volta immerso nell’ambito della simbologia cristologica. 91 Decio ha suonato la nota giusta per far cadere Cesare: contraddicendo l’apprensione di Calpurnia e offrendo un’interpretazione del sogno favorevole all’immagine grandiosa che Cesare ha di sé, Decio fa leva sulla vanità, sulla paura di avere paura e sulla suscettibilità all’adulazione del condottiero. 92 Tutt’altro che tirannico, Cesare qui si mostra affabile e generoso con i congiurati. Con questo invito a bere vino, continua l’allusione cristologica a Cesare come vittima sacrificale, e ai congiurati come traditori.
Atto II, sc. 3 La scena: Una strada vicino al Campidoglio.
93
Atto II, sc. 4 La scena: davanti alla casa di Bruto. Questa breve scena tutta centrata sullo stato di ansia parossistica di Porzia sembra avere la duplice funzione di mostrare la tensione per l’imminente assassinio – del quale Porzia ha avuto notizia, come promesso da Bruto – e di preparare il lettore al suo futuro suicidio. 94
Atto III, sc. 1 95
La scena: Roma, Il Campidoglio.
NOTE
Le ultime brevi scene del secondo atto sono affidate a pochi personaggi (Artemidoro, Porzia, l’indovino e Lucio) con lo scopo di creare l’atmosfera piena di tensione che precede l’assassinio. Il terzo atto ha invece inizio con l’entrata di tutti i protagonisti della scena dell’assassinio, dando spazio a una rappresentazione fortemente spettacolare.
96
I versi 24-30 sono concepiti come istruzioni per la scena dell’assassinio che avverrà a breve come una rappresentazione teatrale in cui ogni congiurato, come un attore, dovrà recitare la sua parte.
97
Ancora una immagine alchemica (true quality, melteth) per esprimere la nobile e quindi immutabile sostanza di cui Cesare dichiara di essere fatto. Al contrario di quanto accaduto in privato, quando si lascia convincere dalle ben costruite adulazioni di Decio, davanti al Senato Cesare deve essere all’altezza del ruolo di re inflessibile amministratore della giustizia, così come veniva rappresentato nelle teorie del buon sovrano dell’epoca di Shakespeare. 98
È il verso intorno a cui si è accumulata una polemica che parte da un commento di Ben Jonson, scrittore contemporaneo di Shakespeare, che in Timber: Or Discoveries Made Upon And Matter, del 1640, trovava la frase Caesar doth not wrong without cause, “ridicola”. La frase, omessa in F, ricompare nelle edizioni successive perché probabilmente popolare e tenuta a mente dal pubblico elisabettiano. È possibile che Jonson individui nella frase il principio machiavelliano del fine che giustifica i mezzi, molto esecrato e negato dall’establishment elisabettiano, e che quindi la ridicolizzi per giustificarne la eliminazione.
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Un’altra immagine regale di cui Cesare si appropria con autorità. Questa volta l’immagine fa esplicito riferimento alle rappresentazioni del sovrano sorrette dalla visione tolemaico/aristotelica del cosmo in cui il re è figura della stella polare, fissa nel firmamento, e non soggetta al movimento
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2855
NOTE
GIULIO CESARE
degli altri astri. L’idea che sosteneva questa immagine era che, nell’esercizio delle sue funzioni, il sovrano dovesse essere guidato esclusivamente dalla ragione, evitando attentamente di venire dominato dalle sue passioni o interessi privati. Era una immagine molto diffusa, ma anche molto discussa perché affidava a uno solo un potere che per rimanere tale doveva escludere non solo le passioni, ma anche altre forze che potessero contrastarlo o piegarlo. Anche nelle sue migliori espressioni, questo potere che pretendeva di opporsi rigidamente alle richieste dei corpi intermedi rischiava di divenire tirannico. Qui sembra che Shakespeare metta in scena il dibattito sulla sovranità assai acceso all’epoca, esponendo implicitamente le ragioni degli antimonarchici sui pericoli del potere assoluto. Se da una parte dunque Cesare è rappresentato come sovrano assoluto – ma non tirannico né crudele – dall’altra Shakespeare rafforza la rappresentazione dell’assassinio di Cesare come illegittimo e sacrilego.
vecchio e marginale senatore sembrerebbe un espediente retorico per alzare la tensione e creare l’atmosfera di confusione e shock subito dopo l’assassinio.
Iperbole di origine mitologica: Cesare attribuisce a Cinna una volontà sovrumana, come quella dei Titani ribelli contro Zeus, che tentarono di raggiungere la vetta dell’Olimpo dalla loro residenza sul monte Othrys sollevando l’uno sull’altro due altri rilievi della Tessaglia, il Pelio e l’Ossa; Zeus li sconfisse facendo precipitare su di loro i due monti. Cfr. Ovidio, Metamorfosi, I, 151-161.
101
La frase famosa si trova in Svetonio trascritta in greco nella Vita dei Cesari. Il latino Et tu Brute, fili mi non si trova negli autori classici, e Shakespeare può averla trovata in qualche opera del suo tempo. Si noti che Shakespeare non riporta il fili mi, benché venga riconosciuto da Cesare un rapporto speciale con Bruto rispetto agli altri congiurati (Then fall Caesar, “Allora cadi, Cesare”). 102
Publio è un vecchio senatore lasciato fuori dalla congiura. La domanda su un 103
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PP. 605-611
Il commento è ovviamente ironico.
Shakespeare sfrutta l’estensione semantica di to wash per suggerire sia l’azione di immergere le mani, sia quella di mondarsi, con questo atto, della tirannia. Ciò consente la traduzione con due verbi diversi.
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106 Per la traduzione cfr. la nota precedente. Si avvera il sogno di Calpurnia. Plutarco narra dell’assassinio come di un atto violento e sanguinario, ma non menziona il lavacro nel sangue di Cesare. La ritualità dell’assassinio, che Bruto aveva respinto con il rifiuto del giuramento, viene sostituita da un rito al cui centro c’è il sangue di Cesare. Di sangue e di mattatoio, Bruto aveva parlato rinnegando entrambi, e invocando un sacrificio purificatore. Ora il sacrificio si rivela sanguinario e primitivo. 107 La dimensione metateatrale raggiunge qui il suo apice. Cassio è consapevole di stare al tempo stesso facendo la storia e recitando una scena che verrà ri-recitata nella storia futura infinitamente. Al rito sacrificale viene quindi aggiunto quello del teatro, rafforzando il significato metastorico e altamente simbolico dell’evento. Sulla sovrapposizione di rito sacrificale fondante di un nuovo ordine e di rito teatrale, in particolare la tragedia, cfr. R. Girard, “Collective Violence and Sacrifice in Julius Caesar.”in Salmagundi No. 88/89, 25th Anniversary Issue (Fall 1990-Winter 1991), pp. 399-419.
Anticipando il discorso diretto rivolto ai congiurati, Antonio si tiene fedele a Cesare e alla sua memoria, e al tempo stesso rende omaggio a coloro che ora hanno in mano il potere di Roma e della sua vita. 108
Rank: la parola significa “corrotto” e per estensione “gonfio”. In questo caso, il secondo significato è quello giusto, dato il
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PP. 611-625
GIULIO CESARE
NOTE
riferimento al versamento di sangue (be let blood), o salasso, usato quando si riteneva che un suo eccesso gonfiasse il corpo malato. Ma poiché il sangue versato è nobile e “ha arricchito” (made rich) le spade dei congiurati, esso non può non ricordare il sangue di Cristo che redime i suoi aguzzini.
lessico tutto emotivo dell’immaginario cristiano – “lacrime”, “sangue” e “cuore” – e termini politici come “amici” e nemici”, Shakespeare sembra volere indicare l’uso politico che Antonio fa della simbologia cristiana.
Ancora una volta Antonio non tradisce Cesare, ma rende omaggio ai nuovi “signori” della terra che lo hanno sostituito. Al contrario di Bruto, Antonio segue abilmente una strategia politica: per vendicare Cesare, dovrà prima di tutto salvare la propria vita.
110
In questa scena Shakespeare fa risaltare efficacemente la natura violenta di Bruto, che Bruto nega persino dinnanzi all’evidenza. Con le mani arrossate di sangue, Bruto pretende che vengano giudicati non i suoi atti, ma le “buone” intenzioni del suo cuore. Secondo Girard (“Collective Violence”, cit.), la violenza di Bruto e del sacrificio sono il frutto dell’ammirazione e del rispetto per il rivale Cesare, che si trasforma in odio. Girard, dunque, scorge nella violenza del rito sacrificale un elemento antropologico prima che politico.
111
Da notare che Antonio evoca lo “spirito” di Cesare proprio davanti al corpo che Bruto avrebbe idealmente voluto salvare. Al contrario di Bruto, Antonio non separa lo spirito dal corpo, né, come al v. 205, “Giulio” da “Cesare”.
112
Il cervo è tradizionalmente figura del Cristo mansueto, cacciato e ferito dal diavolo e dai peccati. Il gioco di parole omofone tra hart (cervo) e heart (cuore) rafforza la simbologia di Cesare come il Cristo sacrificato e dei congiurati come aguzzini. Le parole di Antonio si avviano a un crescendo che culminerà con l’orazione funebre davanti al corpo di Cesare. L’entrata di Antonio segna il passaggio dal violento sacrificio primitivo di cui parla Girard al sacrificio di Cristo che fonda il cristianesimo, e con esso la civiltà. Mescolando il
113
Secondo grave errore di Bruto contrastato invano da Cassio e segnalato da Plutarco. 114
In questo celebre monologo di Antonio, lo spirito di Cesare da morto assume una forza immensamente più potente e distruttiva di quella che aveva da vivo.
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Atto III, sc. 2 116
La scena: Roma, il Foro.
Plutarco non riporta alcun discorso di Bruto, ma altrove nella Vita di Bruto menziona una sua lettera che mostrava i suoi modi spartani. Qui il breve discorso di Bruto che dovrebbe rendere conto al popolo del grave assassinio è dato in una prosa fredda e spassionata. Esso è costruito su un ragionamento semplice, logico e pulito: “ho ucciso Cesare perché era ambizioso, la sua ambizione rischiava di diventare tirannia, la sua tirannia avrebbe privato il popolo romano della sua libertà. Con il mio atto ho dunque fatto torto solo a chi è così ‘barbaro’ e ‘vile’ da non amare la patria e la libertà”. La risposta che Bruto sollecita, quindi, è obbligata. Nessuno infatti potrà ammettere di essere ‘barbaro’ o ‘vile’ o di non amare il suo paese. Lungi dal richiedere il consenso della plebe sul suo atto, sulla cui giustezza non ammette dubbi, Bruto la intimidisce, accusando di barbarie e viltà coloro che non fossero consenzienti. Tutt’altra retorica adotterà Antonio nel suo discorso funebre.
117
118 Con questo evidente malinteso degli ideali repubblicani di Bruto, Shakespeare ci fa vedere attraverso gli occhi apolitici della plebe che l’assassinio di Cesare prima di essere un’azione politica è il risultato di una mera lotta di potere in cui Bruto sosti-
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NOTE
GIULIO CESARE
tuisce Cesare nel possesso di Roma (Cfr. R. Girard, “Collective violence”, cit.).
e figurativo della dottrina cattolica della fine del Cinquecento. Dato il successo della sua orazione funebre, si può facilmente dedurre che, nel contesto del conflitto politico-religioso tra cattolici e protestanti che divideva l’Europa del sedicesimo secolo, la propaganda cattolica abbia per Shakespeare una maggiore presa sulla emotività della popolazione e quindi una maggiore manovrabilità politica di quanto non abbia la rigida e fredda giustificazione ideologica di marca protestante usata da Bruto.
Ecco il discorso più celebre dell’opera. Giustamente celebre, perché nel testo di Shakespeare cambia il corso della storia. Plutarco non lo riporta, ma nella Vita di Antonio parla dello stile “asiatico” (cioè solenne e ornato, che il Seicento avrebbe opposto allo stile “attico”, incisivo, rigoroso) di questo discorso, di cui apprezza la grazia, efficace per istigare la plebe contro i congiurati, benché lo trovi ostentato e vanaglorioso. Da queste osservazioni, Shakespeare ricava per Antonio una retorica brillante ed efficace. Opponendosi all’algida e asciutta prosa di Bruto, Antonio parla in versi sinuosi, caldi e coinvolgenti. A partire dall’indirizzo alla plebe a cui si appella in primo luogo con il personale friends ampliandosi poi ai più inclusivi Romans e countrymen. Da notare nell’incipt del suo discorso il riconoscimento dei torti attribuiti da Bruto a Cesare fino a negare l’intenzione di lodarlo. Evitando dunque la retorica della lode funeraria, Antonio si avvia gradualmente alla figura centrale della sua orazione che è quella di negare per affermare più fortemente, e viceversa.
119
La pausa prodotta da troppa genuina emozione, serve ad Antonio anche a verificare la reazione della plebe. Una mossa abile che sortirà a breve l’effetto voluto. 120
Periodo ipotetico che esprime, negando, l’esatta intenzione di Antonio: incitare la plebe alla ribellione e fare torto ai congiurati: alla fine della sua orazione Antonio otterrà che le sue parole indirette vengano fatte proprie dalla plebe in forma diretta.
121
Qui Antonio parla del corpo di Cesare come quello di un santo martire, i cui resti mortali – “sangue e capelli” – diventano reliquie sacre. Nell’immaginario mistico, il corpo sacro del martire è per eccellenza quello di Cristo. Tutto il discorso di Antonio fa pieno uso del patrimonio linguistico
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PP. 627-635
Antonio ha ottenuto il suo scopo. Ripetendo le emozioni, le negazioni, le affermazioni e le smentite dell’oratore la plebe si convince, invece di essere trascinata, di trascinare lui verso la vendetta.
123
124 Questo è il massimo avvicinamento di un membro della classe dirigente di Roma al popolo. Il distacco, e persino il disprezzo dei tribuni della plebe e dei repubblicani che dichiarano di agire in nome del popolo, è qui abolito. Antonio “scende” tra la folla con il suo “permesso”, creando, da abilissimo politico, quel legame emotivo che gli serve per governarla. 125 Antonio non raggiunse Cesare in Gallia se non tre anni dopo la vittoria sui Nervii. E tuttavia il racconto serve a creare una memoria personale e affettiva con il mantello di Cesare lacerato dai pugnali dei congiurati, prima di scoprire il corpo.
Antonio, naturalmente, non era presente all’uccisione di Cesare, ma riesce a creare un effetto di realtà per gli occhi della plebe in cerchio intorno al corpo di Cesare. Indicando le ferite e ricreando con le sue parole l’assassinio con lo scopo di far piangere gli spettatori, Antonio sembra svolgere il ruolo del regista di un teatro elisabettiano (e specificamente il Globe appena costruito). Antonio dunque propone una nuova spettacolare versione dell’assassinio facendo degli attori della scena originaria degli odiosi aguzzini, e del corpo di
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PP. 635-645
GIULIO CESARE
NOTE
Cesare quello di un martire molto simile al Cristo deposto.
scena sembra una parodia della furia cieca con cui i congiurati si accaniscono su Cesare. La plebe infuriata massacra un uomo innocente a causa del suo nome. Il linciaggio del poeta Cinna, scambiato per un congiurato, mette in luce l’errore e la ferocia dei congiurati stessi, rappresentando Cesare, per interposta persona, come un capro espiatorio.
127 Nel sollevare con studiato gesto teatrale il mantello di Cesare, Antonio trasforma la scena evocata del corpo pugnalato nella realtà incontrovertibile del corpo ferito. L’esposizione del corpo per sollevare la folla è già in Plutarco (Bruto).
Dopo la potente scena della esposizione del corpo di Cesare che infiamma la plebe, Antonio ritorna alla strategia retorica della negazione e della diminuzione solo apparentemente per abbassare la tensione. Con un ultimo e geniale giro di parole, dopo avere negato il potere della sua stessa parola (potere che implicitamente nega anche al discorso di Bruto cui paragona il suo), e di possedere l’arte retorica che invece possiede pienamente, Antonio finge di delegare alla verità “muta” (poor poor dumb mouths), ma drammaticamente “reale”, delle ferite di Cesare il compito di sollevare (rise and mutiny) la plebe contro coloro che le hanno inferte. 128
129 Qui Shakespeare segue Plutarco (Cesare, Bruto) che racconta dei tentativi della plebe di linciare i congiurati e di bruciare le loro case.
Secondo Plutarco, Lepido era un potente e intimo amico di Cesare (Cesare).
130
In Plutarco (Bruto), l’arrivo di Ottaviano a Roma era tutt’altro che desiderato da Antonio che invece progettava di agire autonomamente e di approfittare della rivolta a suo esclusivo vantaggio. 131
In Plutarco, la fuga di Bruto e Cassio avviene molto più tardi. Qui, la reazione immediata dei due congiurati rende la sequenza narrativa molto più drammatica.
132
Con le parole del plebeo, Shakespeare fa il verso al proclamato desiderio di Bruto di poter uccidere lo spirito di Cesare senza passare per il suo corpo.
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Atto IV, sc. 1 La scena: Casa di Antonio. C’è qui un salto temporale di un anno. Antonio e Ottaviano, infatti, combatterono a lungo prima di allearsi per battere i repubblicani definitivamente nella battaglia di Filippi nell’estate del 42 a.C. Nella storia, la scena a casa di Antonio si svolge nel novembre del 43 a.C.. Omettendo, tagliando o dilatando il tempo storico con particolare disinvoltura in questo quarto atto, Shakespeare sembra invece interessato a elevare l’effetto drammatico. 136
Con il brusco incipit del quarto atto, la plebe come soggetto politico scompare, rivelando la cruda lotta di potere tra le due fazioni in lotta. L’Antonio trascinatore di folle impietosito davanti al corpo di Cesare, ritorna alla realpolitik.
137
Si tratta di Lucio Emilio Paolo. Aveva sostenuto Bruto e aveva dichiarato Lepido nemico pubblico per la sua alleanza con Antonio dopo l’assassinio di Cesare. Fu Lepido stesso a metterlo in cima alla lista di proscrizione, ma riuscì a fuggire. 138
Plutarco menziona un certo Publius Sicilius (Bruto) facente parte della lista di proscrizione, ma non era nipote di Antonio. Lo era invece Lucio Cesare (Antonio).
139
Atto III, sc. 3 133
La scena: una strada di Roma.
“Cinna il poeta”: si tratta di Gaio Elvio Cinna, ammirato da Catullo. L’episodio è narrato in Plutarco (Cesare). La breve 134
Il triumvirato che presto trionferà sui repubblicani mostra qui il suo volto cinico e freddo. I legami personali e affettivi
140
2859
NOTE
GIULIO CESARE
a cui aveva fatto appello Antonio nella sua celebre orazione funebre vengono sbrigativamente spezzati in nome di una politica degradata a mera burocrazia, e il testamento di Cesare annullato.
146
Secondo Plutarco (Antonio) Antonio era il più temuto dei triumviri perché più vecchio di Ottaviano. Nel 44. a.C. aveva quarant’anni, circa il doppio degli anni di Ottaviano.
141
Dall’associazione di Lepido a un asino da soma Antonio passa ora ad associarlo a un cavallo da guerra da lui stesso addestrato. In un crescendo di disprezzo, Antonio ora entra in una relazione sadica e di potere con Lepido ponendosi metaforicamente in sella al suo corpo. 142
In Plutarco (Antonio), il ruolo di Lepido è molto più forte. Qui Shakespeare vuole forse mettere in scena il latente dissidio tra i più importanti protagonisti del futuro di Roma, Ottaviano e Antonio, a cui farà eco quello più esplicito tra Bruto e Cassio nelle scene successive. In queste scene viene allo scoperto il carattere dei quattro attori principali degli eventi che preludono alla guerra civile e alle sue conseguenze nefaste. In questo caso, il carattere sanguigno di Antonio, che impiega ventisei eloquenti versi per denigrare Lepido, è contrapposto al gelido Ottaviano che ribatte con brevi e secche battute – l’uno e l’altro manterranno tali caratteri in Antonio e Cleopatra.
143
La metafora si riferisce allo spettacolo del bearbaiting, molto seguito all’epoca, tenuto in strutture di legno simili ai teatri, durante il quale un orso veniva legato a un palo e circondato da cani abbaianti (bayed about) che costringevano l’orso a difendersi, pur così impedito nei movimenti.
144
Atto IV, sc. 2 La scena: Accampamento vicino Sardi, capitale della Lidia in Asia Minore. Davanti alla tenda di Bruto. 145
2860
PP. 647-655
Things done, undone. Il campo repubblicano si presenta subito diviso. Il disaccordo tra Bruto e Cassio è narrato anche in Plutarco (Bruto). Ma è con suprema finezza psicologica che Shakespeare lo metterà in parole nella scena successiva.
147 Alcuni editori fanno iniziare qui una nuova scena. V., per es., l’ed. Arden, a cura di Daniell, 1998. 148 Il litigio tra Bruto e Cassio è riprodotto verbatim dalla Vita di Bruto di Plutarco. Il quale, però, divide il litigio in due parti situandolo in tempi diversi. 149 Icthing palm, lett. “palmo pruriginoso”. È una espressione idiomatica che indica avidità, come se il palmo della mano che prude avesse bisogno di venire in contatto con oro o denaro per placare il prurito. Plutarco ricorda che Cassio fu avido e crudele con gli abitanti di Rodi, e lo contrappone a Bruto, generoso e clemente con quelli della Licia.
Con il suo nome Cassio fa apparire nobile questa corruzione, ciò che rende impossibile punire chiunque.
150
Come aveva profetizzato Antonio (III, 1, 254-275), lo spirito di Cesare, lungi dall’essere assassinato come Bruto avrebbe voluto, comincia la sua opera distruttrice. Da nemico comune dei repubblicani esso diviene causa della loro disgregazione. 151
152 Che Cesare tollerasse il saccheggio e le truffe di altri si trova in Plutarco. Ma non se ne era fatta menzione nel dramma di Shakespeare. Al contrario, l’immagine di Cesare era rimasta intatta anche nelle meditazioni di Bruto sulla necessità di assassinarlo in II, 1, 18-21.
Cassio riprende la frase proverbiale di Bruto del cane che abbaia alla luna al v. 79, e la sposta nel campo metaforico del bearbaiting, il popolare spettacolo che abbiamo decritto più sopra. I cani venivano aizzati contro l’orso incatenato, diminuendone l’autonomia e le difese (hedge me in).
153
PP. 657-681
GIULIO CESARE
NOTE
154 Plutarco narra del carattere irascibile di Cassio (Bruto).
da volta è Messala a informare Bruto alla fine di un elenco di notizie riguardanti la situazione militare. Prima Bruto confessa a Cassio il suo dolore privato, poi diventa il destinatario di una notizia privata annunciata pubblicamente, e in questo secondo caso Bruto deve mostrare la sua capacità di reprimere il dolore.
155 Al carattere collerico di Cassio viene contrapposto quello freddo e sprezzante di Bruto.
L’ “onestà” di cui Bruto fa compiaciuta professione al v.122 sembra sostanziarsi ora nella pretesa di mantenere pulita la coscienza, delegando all’alleato il lavoro sporco di procurare il denaro necessario a condurre la campagna contro gli eserciti del triumvirato. 156
157 Al centro della protesta di Cassio si ravvisa un moto di gelosia. Lo spirito di Cesare agisce ancora come elemento disgregante sull’amicizia tra Bruto e Cassio.
Bruto parla di sé stesso, offrendo a Cassio una tregua.
158
159 L’episodio è raccontato in Plutarco (Bruto). Si tratta di Marco Faonio, filosofo cinico e non poeta. In Plutarco, Faonio recita dei versi di Omero.
Il poeta riprende l’Iliade 1, 259, in cui il vecchio Nestore cerca di mettere pace tra Achille e Agamennone. La scena, ricordata in Plutarco, viene sdrammatizzata da Shakespeare, con lo scopo di inserire uno spunto comico che alleggerisca la tensione.
160
La filosofia di cui parla Cassio è lo stoicismo il cui principio fondamentale è il controllo del dolore (e delle passioni) e un distacco emotivo verso le avversità della vita. Tuttavia, Plutarco scrive che Bruto è un platonico e quindi non uno stoico. Su come e perché per Bruto Shakespeare si rifaccia allo stoicismo cfr. G. Miles 1996, pp. 125-127.
161
Porzia si tolse la vita inghiottendo tizzoni ardenti. Questa è la prima volta in cui viene riportata la morte di Porzia. Poi la ripete Messala ai vv. 240-241. Si è pensato a un errore, ma fra le due occasioni c’è una differenza che forse Shakespeare voleva sottolineare: la prima volta è Bruto a informare Cassio, in coda a un colloquio che da litigioso si è mutato in intimo. La secon-
162
La filosofia cui allude Cassio è di nuovo quella stoica che insegna a sopportare le sventure della vita. L’osservazione attribuisce a Bruto la capacità di reprimere i dolori della vita privata anche in casi estremi.
163
Il contrasto tra Cassio e Bruto sulla strategia militare è riportato in Plutarco (Bruto). Anche in questo caso, come nei precedenti tentativi di Cassio di convincere Bruto a uccidere Antonio e di non farlo parlare davanti al corpo di Cesare, la strategia di Bruto, ostinatamente sostenuta contro quella proposta da Cassio, risulterà disastrosa.
164
È una delle più belle formulazioni del detto che la fortuna deve essere afferrata al volo. La metafora della marea che va presa al suo crescere è proverbiale. A questa Shakespeare aggiunge quella dei capitali investiti nelle imprese mercantili, argomento di grande attualità nella Londra degli inizi del Seicento.
165
Anacronismo. Bruto non potrebbe sfogliare un libro, che non esisteva al suo tempo. 166
Nella Vita di Bruto, Plutarco racconta che uno spirito apparve a Bruto perché gli dei erano offesi per l’assassinio di Cesare, ma non dice che era il fantasma di Cesare. Nel dramma di Shakespeare Bruto lo identifica come spirito di Cesare solo più tardi (V, 5, 17).
167
Con parole simili, in una scena celebre e molto più complessa di questa (III, 4, 123-124), Amleto si rivolgerà alla madre chiedendo conferma dell’apparizione del fantasma del padre, ricevendo la medesima risposta.
168
2861
NOTE
GIULIO CESARE
Atto V, sc.1
178
169
La scena: la pianura di Filippi.
Shakespeare contrae il tempo cronologico anche in questo caso. L’incontro tra Bruto e Cassio messo in scena alla fine del quarto atto avvenne a Sardi all’inizio del 42 a. C., mentre la battaglia di Filippi avvenne nove mesi dopo.
170
Fearful, “pauroso”, qui nel significato di causare, non di avere paura.
171
172 Nella Vita di Bruto, Plutarco scrive che questo contrasto avvenne tra Bruto e Cassio, e che fu Bruto a pretendere di guidare la destra dell’esercito come segno di supremazia. Qui evidentemente Shakespeare trova il litigio adatto a descrivere con poche battute il carattere imperioso di Ottaviano e la volontà di prevalere su Antonio. 173 Il rituale scambio di insulti prima della battaglia, comunemente usato nell’epica, diviene qui un incrocio di battute tra i quattro generali, intorno al contrasto o accordo tra parole e fatti.
Ibla: località della Sicilia famosa per il suo miele. Il significato è: “Antonio, per quanto mielate siano le tue parole, i colpi che ci aspettiamo sono maligni”.
174
Ottaviano, finora fuori dalla disputa verbale, conclude sancendo la fine della politica fondata sulla parola infida e traditrice, e il ritorno alla guerra. Ciò che ora deciderà il corso della storia non saranno più le parole ma la forza. Come sappiamo, ereditando il genio militare di Cesare, Ottaviano chiude definitivamente l’epoca repubblicana della storia di Roma e dà inizio all’impero, incarnando e nello stesso tempo vendicando lo spirito di Cesare.
175
176 three and thirty, In Plutarco (Cesare) le ferite sono ventitrè. Data l’aura cristologica che si è creata intorno a Cesare, le trentatrè ferite farebbero pensare agli anni di Cristo.
Assumendone il nome, Ottaviano asserisce qui di essere erede legittimo di Cesare (che lo aveva adottato nel 45 a.C.).
177
2862
PP. 681-691
Ottaviano spera che i traditori lo inseguano perché si ritiene più abile di loro.
Quest’ultimo scambio di battute contrasta la “gioventù” di Ottaviano e la “dissolutezza” di Antonio alla vecchiaia e pedanteria dei due repubblicani apparsi giovani e impetuosi rivoluzionari nei primi atti.
179
180 Shakespeare qui segue da vicino Plutarco (Bruto), sia nella similitudine con la battaglia perduta da Pompeo a Farsalo, sia nell’adesione di Cassio all’epicureismo. Plutarco scrive anche che nei giorni che precedettero la disfatta di Filippi, Cassio si mise a pregare gli dei. Shakespeare amplifica e trasforma l’accenno di Plutarco in una immagine potente, presentando un Cassio superstizioso, incline a credere ai cattivi presagi, e quindi non più epicureo. Un mutamento che prelude alla sfiducia nella propria causa, alla erronea interpretazione degli eventi militari, e al conseguente suicidio.
Secondo i principi della filosofia stoica, il suicidio è un’azione biasimevole. Ma il riferimento alla “provvidenza” fa pensare all’assimilazione dello stoicismo da parte delle dottrine cristiane, soprattutto per quanto riguarda concetti quali la sopportazione dei mali e la censura del suicidio.
181
182 Ho tradotto be led in triumph con “portato dietro il trionfo” dalla posizione che occupavano i prigionieri in una processione trionfale.
L’apparente contraddizione di Bruto sul suicidio è in realtà fondata sulla distinzione tra volere fuggire le insidie di un nemico politico (com’era il caso di Catone Uticense, che si uccise per non cadere nella mani di Giulio Cesare) e il non voler subire una sicura prigionia.
183
Atto V, sc. 2 184
La scena: il campo di battaglia.
Plutarco (Bruto) racconta che Bruto provocò una grande confusione nel suo schieramento perché mandava ordini a 185
PP. 691-705
GIULIO CESARE
NOTE
capitani di bande private delle quali le sue legioni non sapevano nulla. Fu questa mancanza di comunicazione sul campo di battaglia a causare la sconfitta di Bruto.
nel mondo dell’epica antica e medievale a cui fa riferimento, ma è generato dalla mente melanconica di Cassio. Il trasferimento dell’idea di “Errore” da un mondo in cui esso veniva addebitato agli dei, e il suo ri-posizionamento nell’interiorità dell’individuo, è forse una delle formulazioni più efficaci dell’entrata nel mondo moderno. In questo mondo però l’errore si ritorce contro chi l’ha generato concedendo come unica espiazione il suicidio.
Atto V, sc. 3 La scena: un’altra parte del campo di battaglia.
186
187 Plutarco racconta la battaglia a lungo. Shakespeare lo segue fedelmente selezionando e enfatizzando i vari episodi. Qui mostra che la causa della sconfitta di Cassio è la mancanza di ordini chiari da parte di Bruto. Quest’ultimo ha rotto il fronte dell’esercito di Ottaviano sul lato destro del campo. Sul lato sinistro, Cassio invece viene circondato da Antonio, che lo sconfigge.
Anche qui Shakespeare segue Plutarco fedelmente. In Plutarco, però, a guardare ciò che accade a valle è Cassio stesso con la sua vista difettosa. Nell’affidare a Pindaro (che intanto sale sull’upperstage) il compito di vedere, Shakespeare consente a Cassio di commentare e meditare su ciò che Pindaro riferisce, ottenendo un effetto drammatico di grande efficacia. 188
Cassio in effetti non ha visto proprio nulla, e Titinio non solo non è stato fatto prigioniero, come apprenderemo presto, ma non è stato catturato davanti a lui. Shakespeare enfatizza la capacità della vista interna – pregiudizi, emozioni, stati d’animo, ecc. – di distorcere non solo la realtà esterna, ma anche quella interna.
189
190
Parthia: l’Iran attuale.
È l’esito inevitabile a cui conduce il testo a partire dalla profezia di Antonio in III, 1, 259-275, fino alla trasformazione della psiche dei due congiurati principali.
191
192 Le diagnosi di Titinio e Messala spiegano il significato del suicidio. Cassio viene sconfitto da se stesso prima che dagli eventi. E l’“Errore”, nominato come figura allegorica non è più figlio del caso, come
Catone il giovane è il fratello di Porzia. Gli altri sono amici di Bruto.
193
194 È il riconoscimento dell’accresciuto potere dello spirito di Cesare dopo la sua morte e della sua vendetta contro chi intendeva ucciderlo. 195
Taso è un’isola vicina a Filippi.
La seconda battaglia di Filippi si tenne venti giorni dopo. 196
Atto V, sc. 4 La scena: un’altra parte del campo di battaglia.
197
198 Secondo Plutarco, Lucilio si fece passare per Bruto per allentare la pressione su di lui.
La frase di Antonio è presa direttamente da Plutarco.
199
Atto V, sc. 5 200
La scena: un’altra parte del campo.
L’episodio è narrato in Plutarco in modo più ampio e articolato. Bruto era convinto che molti suoi uomini fossero sopravvissuti alla battaglia. Per dargliene conferma Statilio si era offerto di attraversare le linee nemiche e di raggiungere il campo. Un segnale con la torcia avrebbe indicato una risposta positiva. Ma Statilio non ritornò perché preso e ucciso dai nemici. Il suo non ritorno è per Bruto segno della disfatta definitiva.
201
2863
NOTE
AMLETO
202 “Vaso” è parola biblica per indicare l’uomo plasmato da Dio. È celebre la metafora del vaso e del vasaio per indicare l’uomo e Dio in Romani IX, 22.
chia e repubblica avviando la storia al futuro imperiale di Roma.
Bruto riconosce lo spirito che gli è apparso come quello di Cesare. Non è dunque il cupio dissolvi dell’aggressivo Cassio a vincere Bruto. Lo spirito di Cesare ha qui ancora la forma di un avversario politico a cui Bruto riconosce la vittoria.
PP. 707-739
ROSANNA CAMERLINGO
203
204 È ancora un’altra differenza fra Bruto e Cassio, che abbiamo visto tradito dai suoi uomini in V, 3, 1-4.
Il discorso di Bruto è una parafrasi poetica di quello riportato da Plutarco. Bruto, al contrario di Cassio, crede ancora nella sua causa, e ritiene “vile” la imminente vittoria di Antonio e Ottaviano, dalla quale è certo di potere ricavare, più dei vincitori, gloria e memoria per sé e i suoi ideali.
205
206 Le ultime parole di Bruto, come quelle di Cassio, sono rivolte a Cesare. Con una differenza: Cassio si vede sconfitto dalla vendetta dello spirito di Cesare trasformatosi in senso di colpa. Bruto, invece, fino alla morte riconosce e ammira la statura e la potenza del suo avversario.
Tocca ad Antonio l’elogio funebre di Bruto. Nel distinguerlo appassionatamente dagli altri congiurati, Antonio distilla l’essenza della virtù di Bruto, ma può permettersi di lodarla solo se è morto il corpo che l’ha interpretata. Da notare che Shakespeare qui oppone l’ideale umanista dell’uomo in cui tutti gli elementi sono in armonioso equilibrio a quella deificata di Cesare.
207
208 Le parole di Ottaviano chiudono il dramma e la storia di Cesare e Bruto. Lo spirito di Cesare ha vinto incarnandosi nel freddo Ottaviano. Con il suo saluto formale e dovuto all’avversario morto con onore, e il suo brusco ritorno al futuro, Ottaviano liquida per sempre il conflitto tra monar-
2864
Amleto Atto I, sc. 1 Il testo lascia indovinare solo gradualmente le caratteristiche della scena, sugli spalti del castello reale di Elsinore in Danimarca, in piena notte. Le recite al Globe si svolgevano alla luce del giorno, lontano da qualsiasi nozione e pretesa di rappresentazione naturalistica. Si suppone che per indicare la notte gli attori portassero delle fiaccole.
1
2 Un incipit reso famoso soprattutto dai registi che l’hanno innalzato a falsariga del dramma. Nel 1996 Peter Brook l’ha adottato come titolo – Qui est là? – della sua produzione parigina, e nel 2000 lo ha spostato alla fine, in questo modo riaprendo la storia a sviluppi infiniti – per quella che è, peraltro, un’aspirazione propria di tutto il teatro shakespeariano. 3 Francisco è la sentinella di guardia, ed è lui a chiedere a Bernardo di identificarsi. Trapela in tutta la scena un senso di allarme, ansia (ribadita in I, 1, 11) e diffidenza reciproca, che prelude all’apparizione dello Spettro.
Forse, come la battuta a I, 1, 4, da dirsi con tono ironico. 4
Give you good night: forma ellittica di una frase proverbiale, [God] give… 5
6 Il freddo riduce Orazio a un manichino disarticolato. 7 Non la postura più appropriata per delle sentinelle. I commentatori moderni visualizzano Bernardo e Orazio accovacciati, e Marcello in piedi a montare la guardia.
Uno dei frequenti riferimenti ad “assalti”, “attacchi”, “invasioni” dell’organo
8
PP. 739-749
AMLETO
NOTE
dell’udito, implicitamente connesso con le modalità dell’uccisione di Amleto padre.
mista a distacco, ovvero diffidenza, degli uomini nei confronti dell’apparizione.
Per la precisione con cui il testo individua questa stella “a occidente del polo”, gli astronomi moderni l’hanno identificata con una supernova, ovvero un’esplosione stellare dotata di grande energia, che effettivamente apparve nella costellazione di Cassiopea e venne osservata a Wittenberg nel 1572, e poi dall’astronomo danese Tycho Brahe. Cfr. D. W. Olson, M. S. Olson, R. L. Doescher, “The Stars of Hamlet”, in Sky and Telescope, nov. 1998, pp. 68-73.; e D. H. Levy, The Sky in Early Modern English Literature. A Study of Allusione to Celestial Events in Elizabethan and Jacobean Writing, 1572-1620, New York & London, Springer, 2011, cap. I.
15
9
10 Nella drammaturgia shakespeariana le armature collocano chi le indossa in un periodo storico passato, in contrasto con le più moderne uniformi indossate dagli altri personaggi – nell’Amleto, quelle militari delle sentinelle.
In Spettri di Marx, cap. 1, J. Derrida discute l’effetto visiera dell’apparizione dello Spettro (per cui “non vediamo chi ci guarda”) in relazione a fenomeni economici e di contestazione nella contemporaneità. 11
Nella cultura elisabettiana la lingua appropriata a parlare con i fantasmi era il latino. 12
* Harrows: (in Q1 horrors, in Q2 horrowes) prob. forma antica dello stesso verbo, ripreso dalla cultura agraria: “frantumare, rimescolare la terra con l’erpice”. È una delle varianti degli in-quarto considerate non canoniche nell’ed. Oxford.
* By our watch: così in Q2 e F; in Q1 through our watch = “attraverso la nostra guardia”. Secondo molti commentatori questo patto riguardava i patrimoni personali dei due re, non i loro interi regni: ma poteva esservi incluso il diritto dei figli alla successione. L’informazione che dà Orazio sembra insistere su termini e formule legali.
16
* Landless: in Q1 e Q2 lawless = “fuorilegge”.
17
Qui Q2 aggiunge uno scambio di diciassette versi fra Bernardo e Orazio, in cui si ricordano i portenti che nell’antica Roma precedettero l’uccisione di Giulio Cesare. In questa edizione si trova alla fine, nelle “Aggiunte al testo”. Il colloquio è di solito messo in scena dai registi moderni, perché indica un distacco fra la prima e la seconda entrata dello Spettro.
18
Apollo, nella mitologia greca dio del sole. La commistione di simboli pagani e cristiani (v. sotto, v. 140) era comune nella letteratura del tempo.
19
I quattro elementi secondo la scienza del tempo.
20
In tutti i personaggi permane il dubbio su che cosa sia veramente lo Spettro.
21
13
Orazio ritiene ancora che lo Spettro sia un inganno, che “usurpa” sia le sembianze del re Amleto, sia i sensi di chi lo vede. Ma ci può essere ironia nell’attribuire usurpazione a chi ne è stato vittima, come confermerebbe la reazione “offesa” dello Spettro. Tutta la scena è dominata da emozione
14
Atto I, sc. 2 La scena: la sala del trono del castello di Elsinore.
22
Il discorso di Claudio davanti alla corte è considerato da molti commentatori come un modello di abile equilibrismo diplomatico, non senza un’ostentazione di fermezza nei confronti della minaccia norvegese. 23
24 Jointress era termine legale, qui usato per indicare una vedova con diritto a parte della proprietà del marito defunto. Con tipica capziosità Claudio sfrutta lo stato di
2865
NOTE
AMLETO
Gertrude, per così dire annettendolo al proprio, come co-erede del re scomparso.
mai good Mother – lezioni da Q2 e F, adottate da altri curatori.
Alcuni registi scorgono nella reiterazione del nome di Laerte una strategia per eludere una richiesta di ascolto che Amleto manifesterebbe a gesti durante lo scambio Claudio-Cornelio-Valtemand.
Il primo cadavere della storia biblica è Abele, non un padre ma un fratello. Nella prospettiva generale della tragedia il testo tende così un tranello ironico a Claudio, presto svelando che proprio lui è l’assassino del fratello. Shakespeare ricorre spesso all’episodio del primo omicidio, che è anche un fratricidio, nei drammi storici che mettono in scena le lotte intestine alle maggiori famiglie. V. il vol. I di questa edizione.
25
La terminologia di Polonio è quella dei documenti legali.
26
27 Laconicità, ambiguità, arguzia: con questo tipico bisticcio la strategia di discorso di Amleto si distanzia subito dalla retorica ampia, insincera e cavillosa dello zio e della corte. A little more than kin, and less than kind è adattamento di un proverbio, the nearer in kin the less in kindness = più si è parenti, e meno si va d’accordo; con esso Amleto prende atto del più stretto rapporto in cui lo coinvolge il matrimonio di Claudio con sua madre, ma al contempo nega che questo faccia di lui un “figlio”, e anzi tiene a suggerire il rifiuto all’approfondirsi di tale rapporto, e una critica implicita – di innaturalità – al matrimonio stesso, che ne è l’origine.
Giocando sull’omofonia fra sun e son, Amleto unisce due significati: “troppo esposto al sole”, e “troppo nel ruolo di figlio”.
28
* Vailèd: così in Q2; in F veyled = “[ciglia] velate”.
29
30 Ancora un sarcastico gioco di parole: insieme alla comunanza nella morte, Amleto allude alla comunanza, cioè alla promiscuità, nei rapporti sessuali.
PP. 753-761
33
È l’università dove Lutero proclamò le “tesi” che diedero vita al movimento protestante. Marlowe vi aveva ambientato il Dr. Faustus (1592). 34
35
Amleto risponde alla madre, non allo zio.
È stato notato come ogni occasione sembra buona al re per farsi una bevuta (così anche nella scena finale). 36
* Solid: in Q1 e Q2 sallied, rivisto dai curatori moderni in sullied = “sporca”, “sporcata”. F è da preferire perché risponde dei probabili interventi dell’autore.
37
38 Due figure della letteratura classica: nella mitologia greca Iperione era il titano padre di Elio, dio del sole: Shakespeare li identifica spesso. Il satiro era creatura selvaggia, partecipe di due nature, quella umana e quella animale (il capro), e come tale raffigurato.
Anche questo un proverbio – misogino – dell’epoca.
39
31 Questo scambio pone sotto il segno della finzione lo sfoggio di cordoglio della corte, in contrasto con la sincerità del sentimento di Amleto.
Sempre nella mitologia greca Niobe era figura del cordoglio familiare: i suoi sei figli furono uccisi da Apollo e Artemide, e lei tanto pianse da venire tramutata in una statua di pietra che ancora versava lacrime. Cfr. Ovidio, Metamorfosi, VI, 146-312.
Il testo dell’ed. Oxford è diverso da quello di altre: good-mother equivaleva a stepmother, matrigna. Naturalmente questa scelta orienta la risposta di Amleto in senso molto più aggressivo e provocatorio che cold mother, cooled mother – e più che
41 La proibizione che un uomo sposasse la vedova del fratello era di origine biblica (Levitico 18.16), e presente nella consuetudine giudaico-cristiana. Enrico VIII, padre della regina Elisabetta, aveva ottenuto il permesso papale di sposare Caterina d’A-
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2866
40
PP. 761-791
AMLETO
NOTE
ragona, vedova di suo fratello Arturo, poi l’aveva ripudiata come sposa illegittima.
che è stato introdotto a buona ragione da Edward Capell nell’edizione dei tutte le opere nel 1768.
42 Aggiungiamo questa didascalia che appare necessaria per distinguere a chi si rivolge Amleto. 43 * Have: in Q2 hear. Variante non canonica nell’ed. Oxford, superata nella traduzione. 44 Detto ironicamente, data l’antipatia che Amleto nutre per questa abitudine. Cfr. sotto, I, 4, 9-18.
Cap-à-pie: l’espressione è dal francese antico, evidentemente parente dell’espressione italiana.
45
* Treble: in Q2 tenable = “da tenere”; spesso preferito in altre edizioni.
46
Atto I, sc. 3 La scena: l’appartamento privato di Polonio nel castello. 47
Cfr. 1 Corinzi, III, 16: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”
48
Carve for himself: a tavola, “tagliare [la carne] per sé”, cioè servirsi da soli. La metafora era proverbiale.
49
* Comrade: in Q1 e Q2 courage = “bellimbusto”, “spaccone”.
50
* Invites: in Q2 invests you = “te ne dà potere”. 51
La metafora proviene dal gergo dell’equitazione: “far correre un cavallo fino a sfiatarlo”.
52
La frase ammette un significato alternativo: “mi fai apparire uno sciocco”.
53
This is for all (questo è tutto) qui tradotto ironicamente, per sottolineare la scarsa coscienza che ha Polonio della propria compiaciuta e petulante facondia.
54
Atto I, sc. 4 A questo punto nessuno degli originali (Q1, Q2, F) ha questo cambio di scena, 55
La scena: gli spalti del castello di Elsinore.
56
Potente bestia mitologica, strangolata da Ercole alla sua prima fatica.
57
Atto I, sc. 5 Ancora l’aggiunta di una scena, frutto di revisioni successive; la si giustifica supponendo che mostri una diversa sezione degli spalti, dove i personaggi si muovono liberamente per rispettare la volontà dello Spettro (v. sotto, v. 158).
58
È lo scenario del Purgatorio secondo la dottrina cattolica. L’importanza del Purgatorio per la struttura e il significato complessivo della tragedia è discussa ampiamente da S. Greenblatt 2001. 59
60 Blazon – “scudo”, “stemma” araldico – era, in senso esteso, la parte verbale, scritta e arcana (“anima”) che insieme a una figura spesso sibillina (“corpo”) dava vita all’elemento centrale dell’araldica rinascimentale, l’emblema o impresa, oggetto di una vera e propria scienza emblematica. 61 Nella mitologia greca e romana il Lete è il fiume dell’oblio, nel quale si bagnano le anime al momento di reincarnarsi. Dante lo colloca sul monte del Purgatorio, come lavacro delle anime in procinto di salire al Paradiso. Ancora importante a questo proposito S. Greenblatt 2011. 62 Hebenon: in Q1 e Q2 hebona, un’erba velenosa non identificata. Simili veleni sono menzionati frequentemente nel teatro elisabettiano, come propri degli ambienti del più spietato potere.
In Luca, XVI, 19-31, Lazzaro è il lebbroso risuscitato da Cristo.
63
Matin, la funzione religiosa del mattino: è l’unica ricorrenza di questo termine nel canone shakespeariano, che asseconda
64
2867
NOTE
AMLETO
l’aura solenne e quasi liturgica dell’intera scena.
77 * Fetch of warrant: in Q2 fetch of wit = “abile stratagemma”.
La polisemia tocca insieme il mondo intero e la stessa testa di Amleto.
78
65
66 Un passo che per alcuni commentatori tradisce un’ingenua pedanteria.
Antica (e sempre valida) massima, per cui il manigoldo sorride per nascondere il male che sta preparando.
67
Amleto emette il richiamo del falconiere al falcone, per parodiare le grida dei compagni.
68
Per la connessione di San Patrizio e della successiva formula hic et ubique con il Purgatorio si veda lo studio di S. Greenblatt, cit..
PP. 793-819
I personaggi sono immaginati vestiti nella foggia rinascimentale, poi sempre reinventata o aggiornata nelle messinscene successive, estendendo al teatro l’esercizio dell’anacronismo usuale nelle altre arti mimetiche.
Questa descrizione avvicina imprevedibilmente Amleto allo Spettro che ha appena lasciato la scena.
79
80
* Speed: in Q2 heed = “attenzione”.
69
(Tom) Truepenny: nel teatro popolare il personaggio dell’onest’uomo. 70
Hic et ubique: “Qui e dappertutto”, a significare la totalità dell’impegno che stanno prendendo (e Amleto mima questa assenza di confini spostandosi da una parte all’altra del palcoscenico). L’ubiquità di Dio come del diavolo era materia molto discussa dai teologi delle Riforma.
71
72 Ricordiamo che sia Hegel che Marx hanno letto in questa metafora la prefigurazione delle forze sotterranee che determinano l’insorgere di movimenti politici rivoluzionari, motori della storia.
Out of joint: in chirurgia, è termine che designa le ossa fratturate. 73
Atto II, sc. 1 Come in I, 3, la scena è la casa di Polonio.
74
Usiamo il nome italiano, anche se, nel testo, quello inglese viene di solito indicato come variante di Reynard, il personaggio della Volpe astuta nel folklore nordico. 75
Polonio sembra tollerare che Laerte frequenti occasionalmente prostitute (sopra, v. 27: drabbing), ma non che si abbandoni abitualmente all’incontinenza sessuale.
76
2868
Atto II, sc. 2 La scena: la sala, o l’anticamera, dei ricevimenti nel castello. È la scena più lunga di tutto il dramma, così in tutti gli originali.
81
82 Due nomi che si alternano spesso, dando spazio a effetti retorici (come più sotto, ai vv. 33-34), non lontani da confusioni comiche, pronte a tentare autori moderni come Tom Stoppard in Rosencrantz and Guildenstern are Dead (1967), con i personaggi inclini a scambiarsi le identità.
* My sweet queen: in Q2 my dear Gertrude. 83
84 Queste parole sembrano scagionare Gertrude dalla consapevolezza del delitto; più generalmente, servono a sospendere ancora l’assegnazione delle colpe nell’intera storia.
Da beautified a beatified il passo è breve: qui come in altri momenti, attraverso Polonio il testo si prende gioco della retorica aulica; ma nella lettera-tranello che Amleto gli fa trovare, è tutta la tradizione della poesia d’amore italiana ad essere presa di mira, con immagini come quella della donna che è veicolo di beatitudine per l’innamorato. Appare ingenua la critica che alcuni commentatori muovono allo stile della lettera, ritenendolo “indegno” della mente di Amleto.
85
PP. 819-837
AMLETO
NOTE
Machine: il corpo come assemblaggio di arti separati. È a questa immagine che probabilmente si rifà il drammaturgo tedesco Heiner Müller in Hamlet-machine (1979).
où est fait un ample discours des miseères humaines (1561).
86
87 * Winking: in F working, più genericamente “lo stimolo a tacere”.
* Wail for: in Q2 mourn for = “portiamo il lutto”. 88
Letteralmente: “staccate questa da questo”…
89
Lobby: sala o corridoio adibiti ad anticamera per gli ospiti in visita.
90
91 Four (“quattro”) poteva avere valore generico, per “parecchie”. 92 Arras: dal nome della città francese famosa per queste manifatture.
Fishmonger (pescivendolo) equivocabile con fleshmonger, “ruffiano” – donde la nostra traduzione. Sotto il velo della follia, Amleto comincia a parlare liberamente.
93
94 Con carrion (carogna) Shakespeare allude alla dissolutezza sessuale in Troilo e Cressida, IV, 1, 72.
Come sopra, I, 2, 67, il testo gioca sull’omofonia di sun (sole) e son (figlio, ossia Amleto stesso). E conception e conceive offrono il doppio senso di “pensare”, e “concepire” materialmente la prole.
95
* Slave, “schiavo, disgraziato”: così in F; in Q2 rogue = “furfante, briccone”. 96
97
Amleto usa il sarcasmo.
Con “baldacchino”, “padiglione”, e “soffitto” Amleto allude anche alla struttura e al tetto del teatro, il Globe, sul quale era dipinto il cielo stellato. 98
Di questa straordinaria ambivalenza la critica (Ellrodt) ha indicato una possibile fonte nei Saggi di Michel de Montaigne; più di recente Knowles è risalito a un altro autore francese, Pierre Boaistuau, dal quale Shakespeare aveva già derivato materiali, in Bref discours de l’excellence et dignité de l’homme (1558) e Le théâtre du monde,
99
Amleto distingue così fra due re, l’attore e quello reale, cui riserva opposti sentimenti.
100
O’th’sear: lo scatto automatico [del grilletto o del cane] di un’arma.
101
Il dialogo non riguarda più la Danimarca della finzione teatrale, ma, nel vissuto degli spettatori, l’Inghilterra contemporanea e la stessa compagnia di Shakespeare, (per questa ragione i riferimenti alle polemiche fra gli autori sono presenti in F, pubblicato a distanza di tempo, ma omessi da Q2, pubblicato troppo vicino alle prime messinscene). Le “limitazioni” che poteva subire una compagnia come quella degli “uomini del Ciambellano” – dal 1603 “uomini del Re” – che recitava nei teatri pubblici, poteva subire numerose “limitazioni”, dalla censura esercitata dalle autorità civili ed ecclesiastiche fino al sorgere di compagnie rivali, di ragazzi reclutati fra i coristi delle maggiori chiese e di gran successo nei teatri privati (il seguito del dialogo si rivolge a questa particolare “innovazione”). Così non era raro che i gruppi teatrali più accreditati lasciassero temporaneamente la città per una tournée “in provincia”.
102
“Comuni”, o pubblici, sorti fra il 1576 e il 1604: il Theatre, il Curtain, il Rose, lo Swan, il Globe, il Fortune, il Red Bull. L’aggettivo poco lusinghiero che usa Rosencrantz sembra definire più la sua personalità che l’oggetto del discorso. 103
I gentiluomini hanno paura degli autori (le “penne d’oca”) per le aggressive satire cui vengono fatti segno: le compagnie di ragazzi si andavano specializzando in commedie satiriche, fra le quali spiccavano quelle di Ben Jonson. Shakespeare si mantenne sempre lontano da questo genere.
104
105 Il problema si presentava per il timbro di voce dei ragazzi nel passaggio fra l’adolescenza l’età adulta.
2869
NOTE
AMLETO
È evidente il riferimento alla cosiddetta “guerra dei teatri”, combattuta da autori e sostenitori dei teatri pubblici – e di trame più tradizionali, basate su narrazioni e figure popolari – contro autori e sostenitori dei teatri privati – e di trame rivolte all’attualità, fustigatrici di costumi e vizi nell’ambito sociale.
112
106
107 Si tratta della raffigurazione di Ercole con sulla schiena il globo, che campeggiava come insegna del Globe, il teatro di proprietà della compagnia di Shakespeare. Si precisa dunque la valenza polemica di queste battute, e la scarsa propensione dell’autore alla satira e ai contrasti esasperati.
Le frasi che seguono, è chiaro, sono rivolte a Rosencrantz e Guildenstern, e confermano che Amleto nutre ormai un forte sospetto sulla lealtà dei due vecchi amici.
108
Nel significato letterale, handsaw (sega) può indicare solo una stravaganza da matto; qualche curatore corregge in hernsaw (airone), donde una traduzione che promuove un volatile a possibile preda dell’altro. In una lunga nota all’edizione del 1997, A. Serpieri (pp. 323-324) elimina l’incongruenza fra il falco e la sega collegando i termini inglesi al mestiere del muratore, e quindi traducendo “sparviero” e “spatola”, come calcolata strategia di una follia simulata. Altri commentatori ravvisano in queste battute gli elementi di un’allegoria cosmologica, in cui il testo metterebbe a confronto l’acceso dibattito suscitato dalle nuove teorie sull’ordine cosmico. Cfr., tra gli altri, P. Usher, Hamlet’s Universe, San Diego, Aventine Press, 2006.
109
L’interiezione resta sospesa fra l’antica confidenza e il nuovo sospetto nei confronti di Rosencrantz e Guildenstern.
110
L’ultima frase vuole evitare i sospetti di Polonio, facendogli intendere di aver interrotto il colloquio fra Amleto e Rosencrantz.
111
2870
PP. 837-843
Quinto Roscio, famoso attore romano del primo secolo a. C., amico di Cicerone che scrisse un’orazione in sua lode.
113 Forse il brano di una ballata, ma la pronuncia fa anche sospettare un’allusione a arse, “culo”. 114 Le due forme drammatiche in uso allora, la “scena unica” (indivisa) che seguiva le unità aristoteliche, e la produzione poetica più libera, come erano spesso i drammi elisabettiani.
Nella Bibbia (Giudici, 11) Iefte è il giudice e condottiero degli Israeliti che sacrificò la figlia in olocausto, come promesso se Dio gli avesse dato la forza per sconfiggere gli Ammonniti. Amleto pronuncia qui un verso di quattordici sillabe, sorpassato dal più agile metro usato da Shakespeare, quindi probabilmente una citazione. 115
116 Questi, come i successivi a 416-421, sono versi di una ballata popolare di derivazione biblica. 117
* Q2 non specifica quanti attori entrino
Lady: ovviamente rivolto a un ragazzo che interpreta un ruolo femminile. 118
119 L’unica spiegazione possibile è che i francesi godessero fama di grandi, attivi falconieri. 120 Sono formule retoriche molto usate nella trattatistica letteraria del tempo. 121 Derivato da Virgilio, Eneide, II, 506558. Secondo John Dryden si tratta di una imitazione, se non di una parodia, dei modi retorici molto sostenuti usati da “altri poeti”. (Dalla narrazione che Enea fa a Didone della distruzione di Troia Christopher Marlowe e Thomas Nashe avevano tratto The Tragedy of Dido, Queen of Carthage, 1587-1593, pubbl. 1594). Non tutti i commentatori moderni sostengono l’ipotesi di Dryden. Cfr. anche la nota a II, 2, 477 qui sotto, e la discussione del passo nella seconda parte del volume di Silvia Bigliazzi.
PP. 843-859
AMLETO
NOTE
122
L’Ircania, “terra dei lupi” in persiano antico, era per i Greci la regione a sud del Mar Caspio, celebre per le feroci tigri.
Hieronimo, il protagonista-vendicatore di The Spanish Tragedy, (v. III, 7, 68-69; 12, 6-20; 13, 1-44; 95-107).
* To their vile murders: in Q2 to their lord’s murder = “sull’uccisione del loro signore”.
128
123
124 Cfr. Marlowe e Nashe, The Tragedy of Dido, cit., II, 1, 253-254, in cui Enea racconta dell’uccisione di Priamo, suo padre, da parte di Pirro Neottolemo, figlio di Achille: [he] whiskt his sword about, / and with the wind thereof the King fell down. Nel testo di Marlowe wind (“vento”) è emendamento di wound (“ferita”, poco efficace per rendere la furia estrema di Pirro: il debole vecchio re non cade colpito dalla spada, ma per la vibrazione di questa nell’aria). L’emendamento nel dramma di Marlowe è stato introdotto da J. P. Collier (1789-1883) per affinità con il discorso del Primo Attore, poi Attore-Re nell’Amleto.
Nella lezione di F non mobbled ma inobled, “nobilitata” o anche, al contrario, “offesa, degradata”. 125
Cfr. M. F. Quintiliano, Institutio Oratoria, VI, 2, 35: “Ho visto spesso istrioni e comici andarsene ancora piangenti dopo aver cessato la loro parte in una rappresentazione molto drammatica. E se in cose scritte da altri la sola recita così accende, pur essendo gli affetti finti, che cosa non faremo noi, che dobbiamo pensare cose per poter commuoverci delle vicende di coloro che sono sotto processo?” Istituzione oratoria, trad. O. Frilli, Bologna, Zanichelli, 1987, p. 47.
126
127 Momenti intertestuali come questo, in cui il potenziale vendicatore si autoaccusa per la propria inazione, erano presenti in celebri precedenti come il Tieste di Seneca, qui indubbiamente echeggiato (il passo è citato nella nostra Introduzione). Ma molte tragedie di vendetta elisabettiane e giacomiane presero a modello il passo senechiano: prima di Shakespeare Thomas Kyd lo aveva diluito in ripetuti soliloqui di
Swounds = Christ’s wounds: una forte bestemmia (più tardi ripetuta, e qui non più segnalata), omessa nelle altre edizioni originali del dramma.
129 Cfr. l’esortazione age, anime che Atreo rivolge a se stesso preparandosi alla vendetta in Seneca, Thyestes, in Tragedie, a cura di G. Giardina con la collaborazione di R. Cuccioli Melloni, Torino, Utet, 2006, v. 192.
Atto III, sc. 1 La scena come in II, 2: l’anticamera o la sala dei ricevimenti.
130
Frase sibillina, che alcuni curatori capovolgono.
131
L’incipit di questo celebre soliloquio non doveva essere del tutto estraneo al pubblico elisabettiano se Christopher Marlowe, nel suo ultimo, potente dramma Dr. Faustus (1592-1593) aveva usato la frase Oncaymaeon, trascrizione dal greco on kai me on, “essere e non essere” (sc. 1, v. 12), per designare l’insegnamento di Aristotele e la filosofia analitica, una delle materie che Faustus decide di abbandonare insieme alla logica, alla medicina, al diritto, alla teologia, per abbracciare la magia che lo porterà nelle braccia del diavolo Mefistofele, al quale venderà l’anima. La citazione riguarda un tema di discussione filosofica proprio delle scuole, e deriva in forma abbreviata da un’opera di Gorgia di Leontini pervenuta solo attraverso parafrasi, Perì physeos è perì tou mè ontos, “Sulla natura e sul non essere”, cfr. l’ed. a cura di R. Ioli, Hildesheim, Olms, 2010. (Per una diversa traduzione si veda R. Gill, Commentary al Dr. Faustus nell’ed. Oxford 1990, p. 54). Se accettata, l’ipotesi – suggeritami da Piero Boitani – costituirebbe una tappa nella lunga storia di rivalità ed emulazione che
132
2871
NOTE
AMLETO
legava i due principali drammaturghi del teatro elisabettiano.
141
133 La frase that is the question è stato variamente resa in italiano, dal tradizionale “è il problema” (Montale) o “questo è il problema” (Baldini), al recente “questa è la domanda”, giustificato da Serpieri 1980 e Lombardo 1995 come filosoficamente più pregnante. “Qui sta il dilemma” vuole spingersi oltre su questa strada, non impervia per la recitazione.
“Vi discostate dalla lingua naturale”, stabilita irrevocabilmente da Dio nei giorni della creazione (Genesi, II, 19-20). Amleto sta criticando le pose e artificiosità delle classi superiori, mostrando l’influenza del nuovo codice di rigore e severità espressiva promosso dal Protestantesimo. Su questo passo in particolare si veda lo studio di Alessandra Marzola, L’impossibile puritanesimo di Amleto, 1985.
La famosa sospensione del pensiero di Amleto fra opposte alternative di azione e inazione è stata avvicinata da Ellrodt 1975 ad alcuni passi dei Saggi di Michel de Montaigne; fra questi, l’inizio di Del pentirsi (Libro III, cap. 2) che l’autore descrive come “una registrazione di diversi e mutevoli eventi e di idee incerte. E talvolta contrarie: sia che io stesso sia diverso, sia che colga gli oggetti secondo altri aspetti e considerazioni.” (trad. F. Garavini, Milano, Bompiani, Classici della letteratura europea, 2012, p. 1487); altre somiglianze occorrono in più punti del testo. 134
Rub: nel gioco delle bocce è l’ostacolo sulla studiata traiettoria di un lancio.
135
Quietus: latino quietus est, formula usata per estinguere un debito e pareggiare un conto. Shakespeare si avvale spesso della terminologia contabile.
136
137 * Pith: in Q2 pitch, “altezza” (raggiunta dal volo del falcone in caccia), un richiamo certo più sensazionale. 138 Trapiantata nel ceppo della natura umana corrotta dal peccato originale, la virtù non può rimuoverne del tutto la corruttela.
Il pathos e la drammaticità di questo momento sembrano meglio resi abbandonando la forma di cortesia per passare – per poche battute – a una forma più confidenziale, in seconda persona.
139
Nunnery poteva anche essere inteso ben più provocatoriamente, come “bordello”.
140
2872
PP. 859-867
In senso fisico (cornificandoli) ma anche in senso psichico, rendendoli gelosi.
142
Atto III, sc. 2 143
La scena: il teatro interno alla corte.
Ovvero con dizione agile e leggera. Non troviamo di meglio della traduzione che fa Eugenio Montale di quello che resta un ardito traslato per una tecnica di recitazione. Secondo T. Stern, Rehersal from Shakespeare to Sheridan, Oxford, Oxford U. P., 2000, queste istruzioni ricalcano il modo usuale di provare una scena nel teatro elisabettiano, con gli attori che pronunciavano le loro battute davanti all’autore, o all’impresario, o al suggeritore.
144
145 Passo cruciale per comprendere lo stile di recitazione della compagnia di Shakespeare, e con esso l’intero sviluppo del teatro occidentale: qui Amleto è chiaramente il portavoce dell’autore, che sollecita gli attori a superare le convenzioni della drammaturgia contemporanea. La sua lezione li conduce lontano dall’enfasi retorica dei discorsi come quello di Pirro nella scena precedente, verso un modo di recitazione più naturale e riflessivo. Di grande importanza, poi, la raccomandazione di “adattare l’azione alla parola, e la parola all’azione”, fortemente innovativa rispetto alla separazione presente nel teatro medievale, e non ancora scomparsa alla fine del XVI secolo, fra la parola magistrale e ieratica che presenta l’argomento, e l’azione che lo dimostra e lo mima. Amalgamando questi fondamentali elementi, Shakespeare e
PP. 869-887
AMLETO
gli elisabettiani ottenevano il risultato di sottomettere l’uno e l’altro a un unico disegno drammatico. A questo proposito si veda F. Marenco, La parola in scena, Torino, UTET, 2003. Groundlings erano (e sono, nelle ricostruzioni del teatro elisabettiano all’aperto) gli spettatori che si assiepavano in piedi nella platea (ground) davanti al palcoscenico, e che pagavano il modico prezzo di un soldo (penny).
146
147 Nel teatro medievale Termagante era una figura di divinità mussulmana, dedita a una predicazione violenta e sconsiderata. 148 Archetipo del tiranno strepitante nelle rappresentazioni religiose medievali, Erode era il re di Giudea al tempo della nascita di Cristo. Temendo che nascesse un rivale ordinò lo sterminio degli innocenti. 149 Action viene spesso tradotto “gesto”, adatto a un’idea di recitazione moderna; ma qui, come confermano anche le parole che seguono, si prende posizione contro qualcosa di più ampio della gestualità, che tocca l’intera tradizione del teatro “dalle origini ai giorni nostri”. 150 Secondo la psicologia rinascimentale, spesso vicina alla fisiologia, blood è metonimia di “emozione”, “passione”. Cfr. K. E. Maus 1995.
La credenza che i camaleonti si nutrissero d’aria consente ad Amleto di equivocare sull’omofonia di air (aria) e heir (erede), e quindi di alludere all’eredità del potere che lo zio gli sta sottraendo, con promesse che potrebbero nutrire capons (nel senso di capponi ma anche di gonzi, imbecilli).
151
Cesare non fu ucciso in Campidoglio ma nel poco distante Senato. Qui possiamo immaginare un moto di assenso nel pubblico delle prime rappresentazioni, che conosceva il Giulio Cesare (1599), ed è possibile che riconoscesse in Polonio lo stesso attore che recitava la parte di Cesare in quella tragedia di poco precedente.
152
NOTE
Il gioco di parole che si cerca di tradurre è tra Capitol, il Campidoglio, e capital, “importante”.
153
Con metal Amleto allude all’attrazione che la calamita esercita sul metallo. Le perplessità di certi commentatori di fronte alle implicazioni oscene nello scambio fra Amleto e Ofelia sembrano superabili da una sensibilità più aggiornata.
154
155 Sable è la pelle di zibellino, ma come aggettivo vale “nero”, “scuro”, ecc. Così Amleto rinuncia al lutto, e nello stesso tempo lo riprende.
Lo hobby-horse era un cavalluccio di vimini indossato dai danzatori della morris dance (moresca) nelle feste popolari, che il severo regime dei puritani andava contrastando in tutto il paese, donde il ritornello in memoriam menzionato da Amleto.
156
Malhecho: spagnolo per “misfatto”, cui Amleto aggiunge l’assonante miching, “che occulta”. Queste parole sibilline sono scritte in modo diverso nei testi originali.
157
Il testo della recita riprende le immagini della poesia mitologica – detta anche “epica” dai contemporanei – che tracimava spesso nei drammi; non è azzardato pensare che enfatizzando la retorica di questo momento di teatro nel teatro Shakespeare continui a prendere ironicamente le distanze dagli autori del passato e delle compagnie rivali.
158
159 Bevanda amara, che provoca amarezza in Amleto – e dovrebbe provocarla negli astanti. Si noti come l’amarezza del principe si manifesti quando in discussione è la regina.
Nel suo discorso, l’attore-re si appoggia a una serie di adagi e proverbi della saggezza popolare.
160
La trappola per topi è un titolo inventato lì per lì, e allude al proposito di intrappolare il re. 161
2873
NOTE
AMLETO
162 Our withers are unwrung: idioma dal mondo ippico, entrato nei vocabolari col valore di “non abbiamo colpe”.
173 Nell’anglicano Libro delle Preghiere il catecumeno promette to keep my hands from picking and stealing (tenere lontane le mani dal borseggiare e rubare).
163 To take off an edge: smussare il filo di una lama; qui con il doppio senso di rintuzzare gli scherzi di Amleto, ma anche di sedarne il desiderio sessuale – da cui il “lamento” che costerebbe ad Ofelia. 164 Allusione a una esagerata prosopopea presente in un dramma anonimo su Riccardo III del 1591, in cui era tutta la natura, e gli animali stessi, a reclamare vendetta: evidentemente la frase era diventata proverbiale fra i frequentatori abituali dei teatri.
Dea dei maghi, delle streghe e degli spettri, vive nei mondi degli uomini, degli dei e dei morti.
165
È probabile che qui Amleto canterelli versi di ballate popolari poi perdute. 166
167 Cioè se la fortuna gli si volgesse contro – come i cristiani che si convertono all’Islam – prendendo la direzione opposta a quella che ha mostrato or ora, favorendo una recita così importante: Amleto esulta perché il suo piano di smascherare Claudio sembra avere successo.
La proprietà delle compagnie teatrali era suddivisa in quote, e così i loro profitti. Il passo riguarda poi elementi – le piume sul cappello, gli ornamenti delle scarpe – dell’abbigliamento stravagante che gli attori indossavano anche fuori dai teatri: ne rimangono testimonianze polemiche nei trattati di morale.
168
Probabile allusione alla storia dei due inseparabili amici, Damone e Pizia.
169
Orazio si aspettava la rima con was, e quindi, se mai, ass (asino) piuttosto che l’oscuro pajock, forse per peacock.
170
171 Possiamo arguire da questa risposta che le ultime parole di Amleto siano dette in tono sgarbato, non conciliante.
* Q2 aggiunge: Impart = “esprimetevi”, “dite”. 172
2874
PP. 887-911
Equivalente il proverbio inglese: while the grass grows the horse starves.
174
Narrano gli storici romani che Nerone fece ammazzare la madre Agrippina. 175
Atto III, sc. 3 176
La scena: la sala del trono.
* Hazard so dangerous as doth hourly grow out of his lunacies: in Q2 hazard so near us as doth hourly grow / out of his brows = “un pericolo così prossimo a noi che cresce di ora in ora sul suo volto”. 177
Vorrebbe pentirsi del peccato (pregando) ma anche conservarne i frutti, cioè il regno e la moglie.
178
* This is hire and salary: in Q2, this is base and silly = “questo è basso e sciocco”.
179
Probabile reminiscenza della condanna di Gerusalemme in Ezechiele, 16. 49, che la traduzione autorizzata dalla chiesa anglicana paragonava alla “iniquità di tua sorella Sodoma: orgoglio, pienezza di pane, e ozio abbondante”.
180
Atto III, sc. 4 La scena: la camera della regina Gertrude.
181
182 Di questo dialogo si ricorda una notevole traduzione in dialetto vicentino di Luigi Meneghello, Trapianti, Milano, Rizzoli, 2002, pp. 108-119.
Blister: l’impronta lasciata dalla pratica di marchiare sulla fronte le prostitute, al tempo di Shakespeare presente solo nell’immaginario collettivo.
183
184 La terra, composta dei quattro elementi. 185
* Tristful: in Q2 heated = “accaldato”.
PP. 911-929
AMLETO
NOTE
186 In the index: letteralmente “nell’indice” del libro che Amleto sta squadernando davanti alla madre. Nei libri antichi, e ancor oggi in quelli inglesi, l’indice è posto all’inizio.
via anche lei, ottenendo solo di precipitare al suolo.
Tra le molteplici prerogative del dio Mercurio c’era quella della comunicazione.
187
* As will not leave their tinct: così in Q2; in F as will leave there their tinct = “che vi lasceranno la loro macchia”. 188
Forse una reminiscenza del testo del Grammatico Sassone, dove Amleth uccide lo spione intruso, lo fa a pezzi e lo dà in pasto ai maiali.
189
Il Vice, “vizio”, era un personaggio del teatro inglese del Medioevo e del Cinquecento, che aveva caratteristiche perturbanti, presto sviluppate in senso buffonesco, e confluite nel personaggio del clown. Questa figura, e il suo abito da Arlecchino, viene evocata anche al v. 92, quando Amleto parla di “re di pezze e ritagli”. 190
Da notare che in Q1 Amleto chiede alla madre che lo aiuti nel compiere la vendetta, e che lei acconsente: “Occulterò, consentirò, aiuterò al meglio qualunque stratagemma tu abbia in mente”.
197
198 I versi aggiunti in Q2 rendono chiari i sospetti di Amleto sullo scopo del viaggio, e il suo piano per evitare la trappola, e farci cadere invece i suoi compagni. Li si veda fra le “Aggiunte al testo”. 199
Riferito a Polonio.
Atto IV, sc. 1 - 2 La scena: una sala del castello di Elsinore.
200
Q2 sostituisce compound a compounded, implicando un imperativo: “mescolatelo”, cioè “sotterratelo”.
201
Cfr. Genesi, 3, 19: “polvere sei, e polvere ritornerai”.
202
Il segreto di Rosencrantz e Guildenstern è quello di essere incaricati del re, quello di Amleto è il nascondiglio del corpo di Polonio.
191
La curiosa didascalia sta certamente a marcare una differenza rispetto alla prima apparizione dello Spettro, armato di tutto punto.
203
192
Come conferma tutto lo scambio successivo, Gertrude non vede lo spirito che vede suo figlio.
204 Grido di un gioco a rimpiattino dei bambini.
Excrement è qui usato nel senso di escrescenza del corpo, e riferito ai capelli.
Atto IV, sc. 3
193
È chiaro che tutto questo discorso è sarcastico. 194
Tre animali considerati a quel tempo vicini al mondo della stregoneria. Il senso della frase è che nessuna regina con quelle virtù riuscirebbe a tenere nascosta la notizia agli agenti delle tenebre. 195
Il riferimento è a una favola ora perduta, che doveva raccontare di una scimmia che porta una gabbia di uccelli sulla cima di una casa, lascia volar via gli uccelli, e per imitarli entra nella gabbia e tenta di volar 196
La scena: una parte del castello vicina alla precedente.
205
L’uso del possessivo davanti al nome è colloquiale, e indica una disposizione di sufficienza nei confronti dell’interlocutore. La nostra traduzione affida questa funzione ad altre parti del discorso. 206
207 Your worm is your only emperor for diet: frase generalmente ritenuta allusiva alla Dieta di Worms, dove Lutero nel 1521 sostenne le sue tesi protestanti. Secondo Greenblatt si tratta di una parodia dell’acceso dibattito che si era aperto fra
2875
NOTE
AMLETO
cattolici e protestanti sul tema della transustanziazione.
216
Atto IV, sc. 4 208
La scena: l’esterno del castello.
* Safely: in Q2 softly = “adagio”, “con calma”. 209
In Q2 il dialogo fra Amleto e il capitano viene molto esteso, a proposito della conquista che Fortebraccio intende fare in Polonia di certe terre incolte e infruttifere, ciò che spinge Amleto a meditare tristemente sull’inutilità della guerra, ed a tornare al paragone, già accennato alla fine del secondo atto, fra i grandi motivi della passione e dell’agire umano – là la forza del sentimento tragico, qui la lena conquistatrice di Fortebraccio – e l’inerzia del vendicatore mancato che lo stesso Amleto sente gravare su di sé. Il passo si trova in questo volume fra le “Aggiunte al testo”.
210
Atto IV, sc. 5 La scena: la sala del trono. In Q2 entra anche un gentiluomo, che pronuncia le battute assegnate da F a Orazio. 211
212 Ofelia enumera gli oggetti che caratterizzavano i pellegrini al santuario di Compostella. Le parole fanno parte di una canzone popolare molto nota, sul tema della perdita dell’amato, e suggeriscono che la causa della sua follia sia duplice, che sia cioè dovuta a tale perdita, oltre che a quella del padre.
Se Orazio si è ritirato (dopo IV, 5, 16) ora dovrebbe rientrare con Claudio, che si rivolge a lui in IV, 5, 73. 213
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* Grave: in Q2 ground = “terra”.
Probabile reminiscenza di una leggenda popolare, in cui la figlia di un fornaio rifiuta il pane a Gesù, e questi la tramuta in civetta: ancora un riferimento al problema della trasustanziazione.
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2876
PP. 933-947
Claudio coglie nella canzone di Ofelia il richiamo alla morte (di cui la civetta era considerata annunciatrice) ma non il richiamo all’amore. Le interiezioni del re mostrano tutta la sua vacuità e volgarità, e come tali sono state tradotte.
217 By Cock: una storpiatura del quasi omofono “Per Dio”, qui con un doppio senso: in gergo cock vale l’organo della riproduzione maschile.
Merita ricordare che questo estremo addio di Ofelia ricompare alla fine della seconda sezione della Terra desolata di T. S. Eliot, come chiusura di una serata in un sordido ambiente popolare.
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219 In hugger-mugger: cfr. Plutarco, Vita di Marco Bruto, nella traduzione di Sir Thomas North (dal testo francese di Jacques Amyot): Antonius thinking …that his [Caesar’s] body should be honourably buried and not in hugger-mugger…: “Antonio, pensando che il corpo di Cesare dovesse essere sepolto onorevolmente, e non in fretta e in segreto”… 220 Interno: si tratta della parte interna del palcoscenico elisabettiano, che gli spettatori non vedono. I rumori si moltiplicano in questa scena, come annunci di importanti svolte drammatiche. 221 Mercenari svizzeri erano impiegati da diverse corti rinascimentali, come oggi dal papato. 222 This is counter viene dal gergo venatorio, quando i cani seguono una pista diversa da quella della selvaggina. 223
V. sopra, n. a III, 4, 43.
Il testo suggerisce che Gertrude si intrometta fisicamente fra Laerte e il re. 224
Secondo un’antica leggenda il pellicano, in manc