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Italian Pages [1078] Year 2009
ESIODO
TUTTE LE OPERE ETFRAMMENTI CON LA PRIMA TRADUZIONE DEGLI SCOLII A cura di Cesare Cassanmagnago
GW
ROYPAN ους IL PENSIERO OCCIDENTALE
Testo greco a fronte
[91219]
δα απἴ εοπηϊπεία ΙΙ ταςςοπίο ἀο]ίς Muse, cioè la conoscenza (gnosis) del RIS ERE St are IE
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soggiacciono ai medesimi
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e hanno come artefice Dio, e invero πο ο ο ο μμ ο υπ tutto sono la materia, il principio (archè) e gli elementi ( ο οκ ISS TO a verso gli elementi. Alcuni lo dicono acqua, altri aria (...)
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difatti è venuto all’esistenza dall’invisibile.”
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BOMPIANI TL PENSIERO OCCIDENTALE direttore
GIOVANNI REALE
segretari:
Alberto Bellanti Vincenzo Cicero Diego Fusaro Giuseppe Girgenti Roberto Radice
ESIODO TUTTE LE OPERE E I FRAMMENTI CON LA PRIMA TRADUZIONE DEGLI SCOLN Testo greco a fronte
Introduzione, traduzione,
note e apparati di Cesare Cassanmagnago
BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE
ISBN 978-88-452-6319-4 © 2009 R.C.S. Libri S.p.A., Milano
T edizione Bompiani N Pensiero Occidentale settembre 2009
A Giovanni Reale e a mia madre
Non c’è un solo indovino tra gli uomini terrestri che potrebbe conoscere la mente dell’egioco Zeus (fr. 253 Most)
A se stesso procura il male chi procura il male a un altro e la decisione maligna è pessima per chi l’ha concepita (Erga, vv. 265-6) La ricchezza è la vita per i miseri mortali (Erga, v. 686)
INTRODUZIONE
1. Estodo di Ascra: vita e opere Le uniche notizie sicure sulla vita di Esiodo derivano dalla sua stessa opera. Le altre testimonianze — si dice — o sono fantasiose o dipendono da quanto ci ha egli stesso trasmesso, con amplificazioni più o meno credibili. Ma non è da trascurare la tradizione (orale e non) sempre così viva presso gli antichi, che può essere portatrice di preziose indicazioni, per quanto purtroppo per lo più senza riscontro e dunque dipendenti dal prestigio del testimone, per cui trattandosi di questioni biografiche, ma anche linguistiche ed esegetiche, si può affidarsi, e lo si fa volentieri,
alla testimonianza
di Platone
o Plutarco
o
Pausania o Proclo o altri, meno a quella di oscuri compilatori
e simili. In questo senso, quando Pausania dice che dai Beoti
dell’Elicone gli fu mostrata una tavola di piombo con iscritti i
versi, ormai sbiaditi dal tempo, — da Esiodo a Pausania inter-
corrono non meno di 800 anni — degli Erga, creduti dai locali
l’unico vero poema csiodeo, si è tentati di credergli. Ma Pau-
sania aggiunge subito dopo un’altra tradizione che dice ‘indipendente dall’altra’1, Il fatto è che le tradizioni per quanto vive non sono per ciò stesso vere. È infatti in questo caso non è sostenibile che la Teogonia non sia esiodea e almeno il nucleo fondante del Catalogo delle donne. E c’è da intendersi sull’autenticità in antico: è comprensibile che già nell’antichità gli Erga apparissero genuini e meno o per niente le altre opere esiodee. Ciò dipende dal fatto che i ‘protoi euretaì (Omero ed Esiodo), in ogni senso, della cultura ellenica e i maestri incontestati di un numero pressochè infinito di generazioni, ebbero, almeno ai loro tempi, in quell’età che noi chiamiamo arcaica, innumerevoli imitatori, data anche
la presenza di una tradizione orale vivissima incarnata da aedi e rapsodi tutti seguaci dell’epos cosiddetto omerico, della sua lingua, del suo stile. Ciò comportò l’accrescimento di quanto
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INTRODUZIONE
messo per iscritto autenticamente, per es. da Esiodo in persona. La moltiplicazione dei poemi anche in termini di duplica-
zioni (Grandi Erga, Grandi Eote) portò al formarsi di un’estesa
produzione, che, come nel caso della produzione di botteghe di artisti rinascimentali e post-rinascimentali comprendenti un maestro e tanti allievi, non può se non in piccola parte essere attribuita al maestro o caposcuola. Dunque nel dubbio si finì in qualche caso col restringere assurdamente il numero delle opere autentiche; processo peraltro simmetricamente opposto a quello che portò al costituirsi del ‘Corpus esiodeo’ e del ‘Ciclo epico”. Tanto più che con Omero ed Esiodo, che vissero in epoche tutt’altro che sicuramente precisabili, ci si trova a una svolta di civiltà: nel passaggio dalla tradizione orale a quella scritta, essi si trovarono ad essere i primi, quanto meno i primi geniali poeti - ammesso che Omero sia mai esistito come persona — a coglie-
re la novità rivoluzionaria e le opportunità nuove e stupefacenti del mezzo offerto appunto dalla scrittura (da cui la conseguente cospicua alfabetizzazione della popolazione greca) : e non va dimenticato, per completare il quadro, che essi si trovarono a fungere da codificatori o regolatori di una materia poetica, come
si dice, che aveva tradizione secolare. Con
tutto
quello che significa in termini di forme e di contenuti. A questo punto si può capire che il problema dell’autenticità in rapporto alle tradizioni correnti al tempo di Pausania o di Plutarco, conterraneo di Esiodo, entrambi pressochè con-
temporanei, presuppone una complessità che il moderno lettore non ha immediatamente presente. Ritornando ai dati biografici relativi a Esiodo, qualcuno ha perfino avanzato il dubbio non dissennato che sia semplicemente un nome}, come potrebbe essere il caso di Omero, senza
che a questo sia mai corrisposta una persona reale in carne ed ossa. Certo è una posizione estremistica e per di più nel caso di Esiodo urta contro precise affermazioni sia nella Teogoria sia negli Erga di quello che non si può non credere l’autore, riguardo a se stesso. Mentre,
in Omero,
l’autore è defilato,
invisibile, anonimo, Esiodo si presenta e parla di sé. Si può
INTRODUZIONE
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ritenerla tutta una invenzione letteraria? Non è impossibile;
però non è solo estremistico, come si è detto, ma anche contra-
rio ad una tradizione secolare che pare temerario smentire. Se è vero che la critica analitica, della seconda metà dell’800primi decenni del ‘900 (penso a F. Jacoby), ha quasi demolito l’opera di Esiodo e di Omero, ci si è però accorti per tempo che tutto ciò era insensato, non foss’altro perchè controvertibile e arbitrario. Dunque possiamo (e dobbiamo) non solo credere alla stori-
cità di Esiodo in base alla sua opera, i cui contorni sono da discutere e precisare, ma anche, con le dovute precauzioni, alla
tradizione plurisecolare che lo riguarda. Lo scetticismo cui certo empirismo, non solo in ambito filologico, può condurre oggi (ieri era una critica filologica tanto spietata quanto a volte spocchiosa), è meglio abbandonarlo, pena la dissoluzione di quanto abbiamo tra le mani; allo stesso modo riguardo al credere che il testo si configuri come un uni-
verso
a se stante,
quasi
un microcosmo
immateriale
senza
agganci col reale, una realtà mentale senza connessione alcuna con quella extra-mentale. Quando
Esiodo
parla
del
suo
incontro
con
le Muse,
comunque lo si voglia interpretare, o di suo fratello Perse o di suo padre o della gara in occasione delle esequie di Anfida-
mante, lo fa con tale persuasività, in prima persona, che non si
può non credergli. Non sono solo allegorie, come volentieri si era propensi ad intendere alla fine dell’età imperiale e poi in quella medievale, né puri espedienti letterari. La ‘poetica’ non meno arcaica che classica (la prima per lo più irriflessa, nel caso di Esiodo coincidente con la veridicità della sua ‘dìdaxis’) è aliena non solo dall’allegorismo, il che
non significa che non si serva di tecniche anche sofisticate comprendenti simbolismo e quant'altro (penso allo Scudo), ma dalla pura finzione ludica fine a se stessa (non esisteva il principio ‘dell’arte per l’arte”)4, perché l’uomo greco cerca il vero e la sua rappresentazione, ritenendo, magari con troppa facilità
aprioristica, che il mentale e l’extra-mentale si corrispondano o, se si preferisce, che il pensiero e il reale siano di regola in sin-
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INTRODUZIONE
tonia e che stia al sapiente (poeta o filosofo) di cogliere e comunicare quella che in seguito sarà detta ‘adaequatio rei et intel-
lectus’, ovvero la verità?.
Sono soprattutto tre passi degli Erga6 che ci danno qualche informazione biografica. Dice lo stesso Esiodo che suo padre, cui viene dato da altre fonti il nome Dios (forse per erronea lettura di Erga,v.299), originario di Cuma eolica, quindi dell’ Asia
Minore, spinto dalla miseria si diede ai commerci per mare e
infine, forse perché non ne aveva tratto il benessere sperato o perchè rovinato, si trasferì ad Ascra, un villaggio a sud dell’Elicone?, sul quale il poeta, che vi era nato, scrive versi non tanto distanti, almeno nello spirito, da quelli di Leopardi nei confronti di Recanati (‘il natio borgo selvaggio’ popolato da ‘gente zotica e vile’), per quanto Esiodo non commenti né critichi i costumi dei conterranei: “ E venne a stabilirsi nei pressi dell’Elicone, in un povero villaggio, / Ascra, brutto d’inverno, penoso d’estate, favorevole mai”. Verosimilmente alla morte del padre, si ebbe una prima divisione del patrimonio, a seguito di una causa; ma il fratello
Perse non si accontentò e poi aveva bisogno di mezzi, perché aveva speso troppo coi re-giudici ‘divoratori di doni’ e ancora doveva spendere per avere il loro appoggio, e spiava ogni occasione per intentare un altro processo al fratello onde sottrargli altre parti di eredità.8 Esiodo gli propose un accordo extragiudiziario: non sappiamo davvero come reagì Perse né se ci fu mai un altro processo e con quale esito. È certo che il poema che è una parte preponderante della poesia esiodea, quella didascalica e gnomica o sapienziale, fiorisce a partire dalla lite. Che diventa un’occasione di alta poesia. E anche in questo caso, già lo pseudo-Proclo, nei Prolegomena? agli scolii, si poneva il problema del personaggio Perse, reale o convenzione letteraria che fosse:” Dopo la genealogia eroica e i cataloghi, ha cercato di creare una materia nuova e diversa; e appunto,
esauritisi i temi relativi alle guerre e alle battaglie, introduce l'insegnamento dell’agricoltura e la congiuntura dei giorni, come personaggio plasmando e anzi prendendo la figura del fratello Perse, sia in accordo con la verità sia secondo la conve-
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nienza di tale figura e in armonia con la materia trattata, così che non risulti un racconto sgradevole e al fine di mostrare la meta raggiunta a partire dalla lite col fratello”. Rimandando a più tardi (a proposito di ‘Poesia e poeta’) la riflessione su Teog., 22-34, che tratta dell’epifania delle Muse e della conseguente investitura poetica di Esiodo, una specie di rinascita in un’altra dimensione per il pastore di agnelli, sono da considerare i versi successivi a quelli relativi al padre, Erga, 650-662, in cui Esiodo, rammentando la sua poca dimestichezza con la navigazione, se non paura ed ostilità insieme, raccon-
ta del suo unico viaggio per mare, il passaggio dell’Euripo per raggiungere Calcide, ove dice di aver partecipato con successo alle gare poetiche nell’ambito dei giochi funebri per la morte di Anfidamante, re dell’Eubea. Perché Esiodo, oltre che vero-
similmente contadino, era anche aedo; ma dell’aedo pare che
non avesse, stranamente, il tratto tipico della vita itinerante.
È comunque questo l’unico dato storicamente rilevante che
ci consente di datare Esiodo; ma non è così semplice, perché la guerra lelantea o lelantina tra Calcide ed Fretria per il predominio dell’Eubea, cui prese parte Anfidamante, oscilla tra fine
VIII secolo e fine VII secolo!0. Come racconta lui stesso, riportò la vittoria ed ebbe in premio un tripode che poi consacrò alle Muse, sue protettrici. Ma c’è un altro dato, a conferma del precedente, ed è un frammento (fr.6) di Semonide di Amorgo che si ispirerebbe ad un passaggio degli Erga (vv.702-3). Se è così, essendo Semonide, originario di Samo, collocabile tra il VII e il VI secolo, Esiodo si porrebbe prima di tale data. E se si potesse dimostrare che anche Archiloco ha imitato Esiodo, si risalirebbe ulteriormente di un secolo, intorno alla metà-fine
dell’VIII secolo.1!
Quanto alla morte, correvano nell’antichità voci inquietanti: che fosse stato ucciso, per errore o intenzionalmente, poichè avrebbe quanto meno coperto l’oltraggio fatto alla figlia del suo ospite locrese.!? In seguito, gettato in mare, il suo corpo sarebbe stato recuperato e sepolto dagli Orcomèni, vicino a
quello dell’ecista di Orcòmeno, Minia. La testimonianza di Proclo (scolio ai vv.633-640), che ricorda espressamente
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INTRODUZIONE
Plutarco, è di grande interesse e per certi aspetti decisiva: “Plutarco dice Ascra allora inabitata, perché i Tespiesi ne avevano massacrato gli abitanti e gli Orcomeni ne avevano raccolti i sopravvissuti; per cui il Dio ordinò agli Orcomeni di prendere i resti di Esiodo e di seppellirli presso di loro, come attesta anche Aristotele, scrivendo la Costituzione degli Orcomeni”.1
resti di Esiodo dunque sarebbero sempre rimasti ad Ascra, dove il poeta sarebbe morto, fintantochè gli Orcomeni non ne trasferirono i resti accanto a quelli di Minia, nell’agorà di Orcomeno, se si crede a Tzetzes!ì.
Ma per tornare a quella che è la leggenda sanguinosa della sua morte, fonte cospicua è l’Agore o Gara tra Omero ed Esiodo, che rievoca la presunta tenzone poetica tra i due, che,
nello scritto, databile al II sec. d.C (età adrianea) ma risalente forse al V, perché Aristofane nella Pace (vv. 1282-3;1286-1287)
ne ricorda quattro versi, sono dati ipso facto come contempo-
tanei . E su questo tornerò tra breve. Ora, tale documento, che
ha carattere scolastico e induce a preferire le opere della pace (Esiodo vince su Omero e questo ricalca la sua vittoria in Erga, v. 657), contiene anche una vita di Esiodo che concorda sostan-
zialmente con il racconto di Plutarco, che lo dichiara innocen-
te, di Suda, X secolo, e di Tzetzes, XII secolo, che dipende da
Proclo (che attinge a Plutarco). In sintesi: un oracolo spinse Esiodo ad evitare il ‘nemeo’; dunque stette lontano dall’Argolide. Giunto in Locride ozolia, a Oinoe, si rese colpevole, nella presunta versione originaria
della vicenda, di rapporti illeciti con la figlia del suo ospite. Fu poi ucciso dai fratelli di lei in un luogo detto ‘nemeo’. Gettato in mare, il corpo arrivò all’entrata del golfo di Corinto. Raccolto da Locresi occupati in una festa religiosa, fu seppellito in luogo segreto perchè non cadesse nelle mani degli Orcomeni. Infine, secondo Pausania, gli Orcomeni raggiunsero il loro scopo, di recuperare il corpo, guidati da una cornacchia. Si può concludere!4 — ma niente ci impedisce di credere che ci sia del vero nella tradizione della sua morte infelice — che si tratti della gara tra due città, Naupatto locrese, famosa per l’epopea dei Canti di Naupatto, e Orcomeno beotica. Naupatto
INTRODUZIONE
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cercò, senza riuscirci, di ‘annettersi’ il poeta, famoso per il Catalogo, come aveva cercato di fare con Stesicoro, l'Omero
lirico, cioè l’archeghètes’ della poesia corale epica, il preteso figlio di Esiodo, avuto appunto dalla locrese sedotta, vicenda leggendaria già nota a Filocoro, come l’attesta lo scoliaste (che non pare Proclo) 15.
Resta da affrontare il nome stesso: Esiodo. Ma prima, connesso al problema cronologico, quello della contemporaneità o posteriorità o anteriorità rispetto ad Omero. Ora, per la contemporaneità sono l‘Agore, Aulo Gellio, Clemente Alessandrino; per la posteriorità di Omero: un'iscrizione del Marmzor Parium e per es. un passo delle Razze di Aristofane che proponeva la sequenza Orfeo, Museo, Esiodo, Omero (vv.10301036); per l’anteriorità di Omero, che è poi l’opinio communis di oggi, militavano Plutarco, Cicerone, Velleio Patercolo!6. Per
quanto un certo numero di indizi inviti a considerare le opere di Esiodo posteriori a quelle di Omero, è molto tentante l’ipotesi di una contemporaneità dei due poeti, tra fine VIII secolo e inizi VIII,
Il nome Esiodo, prescindendo dalle spesso fantasiose etimologie degli antichi (per es. “colui che cammina per una strada propizia, ‘aisìa)” o da ‘hesis’, gioia, e ‘eido,’ dico!8), pare
derivare da ‘hèdomai’ e ‘hodòs’: ‘colui che prende piacere a viaggiare’; ed era un nome bene augurante per il figlio di un commerciante per mare, per quanto poi convertitosi alla vita
agricola. secondo presenta so il suo
È interessante l’ipotesi di Most, secondo cui, in un tempo, certo dopo l’investitura delle Muse che rapper Esiodo una svolta decisiva, il poeta avrebbe intenome come ‘colui che esprime canti’( ‘hesi” da ‘hìemi’
e ‘audè/aoidè’); e la prova sarebbe nella ripetizione martellan-
te di ‘ossan hieisai’ (‘=che fanno risuonare la loro voce’), ben
quattro volte in meno di sessanta versi (Teog., vv. 10, 43, 65, 67), alla fine dell’esametro, a sottolineare la sua nuova identità
dopo l’investitura raccontata proprio in quel brano. E ‘ossa’, la parola ‘originaria’, vale ‘audè,’ che Esiodo usa in relazione con le Muse: cfr.vv. 31- ‘aoidè’ in Mazon-, 39, 97, collegato, come ben si capisce, ad ‘aoidè’, che indica il canto e la poesia!9.
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INTRODUZIONE
a) Il problema del ‘Corpus esiodeo’ La tradizione medievale bizantina ci ha trasmesso tre opere, in buono stato: la Teogonia, le Opere e i giorni, lo Scudo, che si presentano qui di seguito in tale ordine, seguite dal Catalogo. Ma l’antichità conosceva molte altre opere, per lo più per noi perdute, salvo la cospicua resurrezione del poderoso Catalogo delle donne o Eoie, che ha raggiunto qualche decennio fa, con la pubblicazione di un gran numero di papiri egiziani, un livello che era impensabile all’inizio del ‘900. Un catalogo, pur incompleto, si può leggere in Pausania? oltre agli Erga si ricordano, nell’ordine, il Catalogo, le Grandi Eote, la Teogonia, la Melampodia, la Katàbasi di Piritoo all’Ade, le Esortazioni
(‘Parainèseis’) di Chirone e altri poemi non precisati; poco oltre
si allude a una Mantica, che è verosimilmente l’Ornitomanzia, e a Interpretazioni di portenti. A questi sono da aggiungere,
noti da altre fonti (come Suda): l’Astrozomia (ricordata da Manilio, Astronomica,2,11-25), un poema sui primi metallurgi-
sti, cioè i Dattili dell’Ida , l’Egimio, poema epico celebrativo di un antico re dorico (ma il poema era già in antico attribuito di frequente a Cercope di Mileto), il Matrimonio di Ceice, re di Trachi in Tessaglia, le Grandi Eose, le Grandi Opere, l’ Epicedio per Batraco, ricordato da Suda, i Vasaî e persino dei versi Sui cibi conservati.2! La domanda che immediatamente ci si pone è: quanto di tutto questo è davvero di Esiodo? Difficile rispondere in modo certo e univoco. Sicuramente lo sono gli Erga, la Teogonia e almeno, ritengo, il nucleo originario del Catalogo delle donne, mentre è opinione corrente che lo Scudo sia posteriore di circa un secolo ad Esiodo, se si colloca quest’ultimo a fine VIII secolo, per quanto sia di ispirazione esiodea; ciò su cui ritornerò. Tutto il resto fa parte dell’accrescimento che si operò in età arcaica ad opera dei tanti seguaci e imitatori. Esemplare l’immagine della palla di neve che usò Wilamowitz22, magari con qualche sottovalutazione, per rappresentare l’accrescersi a dismisura del Catalogo. Entrando in merito alle connessioni tra i poemi? che per tempo si operò, anche per motivi pratici legati alla conservazio-
INTRODUZIONE
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ne dei rotoli papiracei, va detto che la Teogonia, che certamen-
te è anteriore agli Erga (ovvero alle Opere e giorni), per dei rimandi interni eloquenti e indiscutibili, preparava negli ultimi versi, e non solo negli ultimi due, il passaggio al Caza/ogo,il quale è posteriore almeno alla Teogoria ; lo Scudo rampolla per
così dire dal IV libro del Catalogo e ne è una sorta di amplifi-
cazione monografica, dedicato com'è alla gloria di Eracle, gli Erga stessi, anzi la loro parte finale, cioè le Herzèraz, preludevano quasi certamente all’Ornitorzanzia. Il Garzos di Ceice si riallacciava, per contenuto,
a quella Cicnomachia
che è lo
Scudo (Ceice è suocero di Cicno). La Melampodia merita un discorso a parte perché, per quanto se ne sappia ben poco, fa accostare ad una realtà, quella della mantica e, se vogliamo
evocare Dodds, dell’irrazionale, che era gran parte del quotidiano greco in età arcaica e non solo, dato il politeismo anche soffocante (‘panta mestà theòn’, ripete ancora Epitteto?24) e lucrezianamente superstizioso, ciò a cui ci avvicinano le elucubrazioni delle Herzèra:, che qualcuno ha voluto non esiodee. Ma Esiodo doveva ben amare, da veggente qual era per molti
versi, su generis beninteso, questa materia e i suoi eroici mitici rappresentanti : Calcante, Tiresia, Melampo, Mopso e altri?5.
La Teogonia, il grande poema cosmogonico, è altra cosa dallo spirito dell’epos che si nutre di battaglie ed aristìe all’insegna del perseguimento di quell’aretè in cui Jaeger, a buon diritto, vide il sigillo della Grecità non solo arcaica?6. E una tra-
dizione continentale??, è stato detto, per contrapporla all’altra, ionica, che, non meno secolare di questa seconda, per quanto ne subisca il fascino irresistibile, obbedisce ad altre esigenze. Tanto più che la Beozia così prossima all’Eubea, in età arcaica in stretti rapporti col mondo fenicio, poteva ben recepire e conservare tradizioni mitopoietiche orientali?8. Ora, se è vero che è proprio del mondo indeuropeo la presenza di almeno due categorie non solo sociali ma psicologiche, antropologiche, ovvero di due ‘bìoi’ ben distinti, quello dei guerrieri (per es.gli ‘kshatriya’ indiani) e quello dei sacerdoti (i ‘brahmàna’)29, certamente Esiodo appartiene, con ogni probabilità consapevolmente?0, a questa seconda percezione
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INTRODUZIONE
fondamentale del mondo che egli assume e riformula e di cui rivendica discretamente il primato: quello della poesia e del poeta (cfr. il proemio della Teog., vv. 80 sgg.); e questa è orientata alla pace, all’eunomìa’, cara a Solone, e, nel suo caso, unico tra i Greci e forse tra gli antichi, celebratrice dell’ergon o attività lavorativa, come azione costruttiva e sociale, non
distruttiva e persino narcisistica come è il caso paradigmatico di Achille. La poesia esiodea, invece, da quella teologica della Teogonia a quella gnomica degli Erga, è poesia di vita che si iscrive nella durata, quella ciclica ed eterna del tempo e della natura, per quanto il concetto non sia in lui ancora presente come sarà poi specie presso i filosofi, e al suo posto si eriga negli Erga la figura quasi monoteistica?! di uno Zeus non più (solo) frivolo, ma garante di un ordine giusto e pacifico. Ritornando al ‘Corpus esiodeo’, gli antichi per primi erano consapevoli dell’accrescimento, ai loro occhi abbastanza normale, dell’originario nucleo esiodeo -perché la quasi ossessiva esigenza moderna di originalità era loro sconosciuta, vigendo piuttosto il principio della ‘retractatio’ (‘palinodìa’) che certo però non escludeva i diritti di...paternità. Plutarco di Cheronea (T/II sec. d.C.), che si occupò del suo antico conter-
raneo, e in particolare degli Erga di cui fu esegeta- il suo commento era in quattro libri-, non esita a parlare di interpolazione a proposito del Matrimonio di Ceice, Aristofane di Bisanzio asserisce la non autenticità dei Precetti di Chirone, Apollonio Rodio rigetta l’Orzitomanzia (pare), Ateneo fa capire che le Grandi Opere e le Grandi Eoie erano solo attribuite ad Esio-
do32, ancora Plutarco dichiara i suoi dubbi sull’ Astronorzia33, e
così via. Per non parlare dei dubbi su brani e singoli versi del testo di ciascuna delle opere trasmesseci per tradizione diretta, al punto che si arrivò ai nostri tempi a considerare, de facto, interpolata la maggior parte del testo, per es., della Teogonia, finchè un articolo di recensione (o piuttosto stroncatura) di P. Friedlaender34 del 1931, non giunse ad arrestare tale pericolosa tendenza, cui non si era sottratto il pur bel testo di Mazon, che risale al 1928. Nel solco di Friedlaender è l'odierna tendenza, ben rappresentata da Arrighetti, a spiegare Esiodo (la
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cui unità e coerenza interne sono state recuperate soprattutto a partire da Walcot e Schwabl) con l’epos, secondo complessi rapporti di continuità e discontinuità, per cui anche ripetizioni e giustapposizioni di più redazioni si spiegano con le convenzioni dello stile epico e con la paratassi arcaica, ciò che evita le dolorose atetesi di altri tempi.35 b) Poesia e poeta; lingua e stile: tra tradizione e innovazione Il poeta omerico è anonimo e, invocando le Muse, com'era nel costume, le invita anche pressantemente a ‘cantare’ il per-
sonaggio eroico o la situazione, per lo più bellica, in tema. L'incontro di Esiodo con le Muse e innanzitutto la loro epifania, ovvero il loro manifestarsi, comunque lo si interpreti, realizza un rapporto ‘personale’ inedito tra il poeta, persona non più anonima, e la divinità che è patrona della poesia e infine la poesia stessa, in quanto trascende il soggetto per la materia e il trattamento della medesima. Il poeta, da sempre ponte tra il reale-divino e una comunità di umani, era un mediatore36 che
d’ordinario si teneva celato, tra le quinte del grande spettacolo o meglio rappresentazione vera-falsa del reale stesso.
La prima diffusione della scrittura in Grecia, verosimilmente alla metà dell’VIII secolo, mise in crisi l’oralità tradizionale
cui si accompagnava la formularità anche per ragioni mnemotecniche: il dibattito critico verte oggi su quanto ci sia ancora di ‘orale’ e di formulare in composizioni affidate alla scrittura. Si può fin d’ora asserire che se il modo di esprimersi esiodeo è epico e formulare, non lo è per niente il pensiero??. Verosimilmente anche per la spinta rappresentata dalla scrittura, il poeta ora si mette in primo piano, anche perché la sua credibilità è
da dimostrare o quanto meno supportare. Da tutto questo si
sarà indotti a considerare l’investitura delle Muse in Teog., 2234 come una ‘finzione letteraria’: non credo che sia (solo) tale. È piuttosto una svolta non meno epocale che personale di
Esiodo, sul piano del vissuto, si direbbe. Femio e Demodoco8, celebri aedi in Omero e archetipi di tale ‘bios’, hanno una fievole individualità; Esiodo invece ha la tempra del creatore, vero ‘poietès’, che, erede di una lunga tradizione e all’alba di
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INTRODUZIONE
giorni nuovi, s’inventa, da pastore che era, una vita che realizza in forme inedite, pur travestite di antico, le premesse per il sentire dei nuovi tempi, che in Ionia stavano maturando, quel-
li della rivoluzione ‘razionalistica’. Esiodo, il vate che non disdegna la mantica, l’omerida trasgressivo, il meteco insoddisfatto, diventa il cantore di un mondo che, per niente immemore della tradizione aristocratica, di cui l’'epos omerico era il caposaldo sul piano della rappresentazione, è però diversamente orientato: si direbbe, per molti aspetti, un mondo ‘borghese.” Se non fosse che tale pensiero e valutazione presenta l’inconveniente non piccolo di limitare il messaggio di Esiodo, consegnato ai posteri soprattutto negli Erga, facendone un puro prodotto di contingenze storiche. Ma, come ben sentirono gli antichi nei lunghi secoli dopo di lui, così non è: il cantore degli dei Olimpi e il ‘didàskalos’ per eccellenza, quasi alla pari di Omero, non per niente si riallacciava alle Muse e a Zeus, e si lasciava ispirare dal loro soffio immortale. Nella Teogonia il poeta, che racconta il vero, ispirato dalle Muse, docile alla loro voce, si lascia abbagliare da una plurisecolare tradizione di cui narra, anche con apporti personali, i lineamenti, anzi li codifica, ma questo non è fine a se stesso: lo
scopo in qualche modo è quello di costituire la cornice irrinunciabile dell’uomo degli Erga, che è lui stesso come anti-Perse,
essendo Perse figura emblematica di un'umanità vana e facilmente corrotta, perché ox sa, incapace di sollevarsi al vero volto del divino, quello dell’ordine spietato e tranquillo, quello della Dike che fa la fortuna della città giusta e, se trasgredita, la rovina della città ingiusta.3? Naturalmente la mentalità cosiddetta arcaica è sintetica e paratattica e quindi molto lontana dallo spirito sistematico che gerarchizza e preordina in vista di questo o quell’obiettivo; in altre parole, ritenere che Esiodo
miri al messaggio presunto ‘finale’ degli Erga sarebbe un errore, perché non terrebbe conto della mentalità arcaica che fa convivere diverse e contraddittorie istanze: è questo il suo fascino e la sua forza, come per certi versi anche la sua debolezza. In ogni caso, il poeta degli Erga si occupa prevalentemente dell’uomo; e anche la seconda parte (già dai vv. 286 in poi) sempre più didascalica e spicciola, non contrasta col resto: ne è il
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compimento e l’inveramento nella quotidianità. Il poeta del ‘Chaos’ (= Spazio beante) è anche il poeta di minuti precetti su come trattare col vicino. E che ammonisce non solo Perse, il suo anti-eroe, il suo ‘alter ego’ rovesciato, ma i cosiddetti re, cioè un’intera categoria sociale potente e ricca, cui i piccoli pos-
sidenti non potevano che stare subordinati, nelle mani dei quali era rimasto un potere giurisdizionale che Esiodo visibilmente contesta, in nome di coerenza ed equità; peraltro l’incipiente fissazione per iscritto delle leggi doveva non poco contribuire alla percezione del sopruso e indurre alla reazione. Il moralismo che qualcuno vede e liquida con fastidio non è tale: si tratta del naturale sviluppo di un discorso poetico tutto umano, bisognerebbe dire anche ‘politico’ dato il ruolo determinante della ‘polis’ seppure ai suoi primi passi, che, muovendo da astrali profondità e da incredibili teomachìe (penso alla Titanomachia e alla Tifonomachia), mostra di sapere, per quanto oscuramente, che è il cuore dell’uomo il motore del divenire umano.40 Il destinatario degli Erga è Perse, poi sono i re, infine è l’u-
manità intera. Il poeta docers, che pareneticamente addita
mete di una virtù peraltro molto concreta che si confonde con benessere e prosperità, è un seguace dell’epos omerico, come la lingua, affine a quella omerica, testimonia; ma è dall’interno che cambia le regole secolari e le devìa, a cantare non più, come dice Aristofane, ‘ranghi di battaglia, virtù e armamenti di guerrieri”, alla maniera del ‘ divino Omero’, ma ‘ i lavori dei campi, le stagioni dei frutti, le semine’. #1 I neologismi anche audaci, lo stile talora puntuto e scabro, lontano dalla levigatezza morbida ed attraente di Omero, sono anche il bagaglio non tanto (o non solo) del poeta contadino quanto di una sensibilità meno compiaciuta, tutta cose e spesso denuncia di storture, in primis quella rappresentata dai giudizi iniqui e tortuosi (‘skoliaì dikai’).
Ma non si creda a una presunta ingenuità di Esiodo: i due
proemi (dei due poemi), la cui facies è ormai assodata dopo tanto
dibattere,
rivelano,
basta scorrerli con acume
critico,
tanta perizia quanta novità, in rapporto agli inni di stampo omerico che fungevano da proemio alle recitazioni epiche. Perizia e novità che lo fanno distante dalle litanie innografiche,
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che pur non rinnega e anzi utilizza, e vicino a una rivoluzione individuale mai invero compiuta, perché l’ascoltatore - più che lettore in quel tempo- non avrebbe capito e se ne sarebbe allontanato disgustato. L’autocorrezione celebre di Erga, v.11
(‘Non c’era dunque un solo genere di Eris...’), come ha ben visto un acuto interprete come Most, è in fondo un modo di darsi maggiore credibilità. Né, per tornare a Femio, Esiodo commette l’ingenuità di dichiarare:” Sono autodidatta (‘autodidaktos’), un dio nel mio cuore i sentieri tutti / del canto fece
nascere (‘enèphysen’) "42. E invece dalle Muse in persona che egli ha ricevuto un sapere sovrumano:”Queste dunque una volta ammaestrarono Esiodo nel bel canto”. La lingua di Esiodo, in cui di regola non si segnalano beotismi, non è meno convenzionale di quella omerica, di cui ripete emistichi, versi interi, epiteti e formule tradizionali; ma non
di rado, anche sul piano strettamente formale e non solo strutturale,
Esiodo
innova:
risemantizza
l’aggettivazione,
crea
forme artificiali (per es. i neologismi ‘cheirodìkai’ o il porta-
casa, il dorme-di-giorno, il senz’osso e simili, tutti segnalati
nelle note) e soprattutto, riflettendo sul rapporto che noi chiameremmo tra significante e significato, si pone già dalla Teogonia il problema dello spessore semantico dei termini, in rapporto al reale beninteso. Il raddoppiamento dei concetti è un esempio della sua ricerca espressiva e ‘ontologica’, se il termine non fosse anacronistico nel suo caso. È così che le cose,
apparendogli spesso duali, ambigue e contraddittorie (Notte e
Giorno, due Erides ecc.) — ciò che anticipa certo Eraclito: la
dialettica dei contrari e l'armonia che si genera da questi-, non gli appaiono sufficientemente rese da un lessico, quello tradizionale, arborescente ma semanticamente monocorde e unila-
terale. Senza mai arrivare al concetto (‘ènnoia’), Esiodo oscilla
tra la parola-temine (‘ònoma’) e un contenuto facilmente garantito dalla tendenza alla personificazione divina antropomorfica: per es. la dike /Dike oscilla tra il verdetto, la causa forense, la legge e la ‘vergine figlia di Zeus’ (Erga, 256) che ne è per così dire, ai suoi occhi, l'essenza e la garanzia. E non è solo esigenza di poeta od istanza che chiameremmo
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etico-religiosa; nel caso di cui sopra, è la naturale tendenza che
nasce nel clima ‘mitologico’ del pensare per immagini: il concetto immateriale e puramente mentale (il ‘logos endiàthetos”) è ancora lontano. La sensazione è che, in attesa che la rivoluzione razionalistica e ‘laica’, per così dire, prendesse avvio e infine si compisse, in quell'epoca di transizione che è l’età arcaica, un paio di secoli dalla rivoluzione della scrittura ai
Sofisti, e anche prima, si raddoppia, si moltiplica, ma sempre nell’ambito del ‘pensare’ mitico, senza mai cambiare di dimensione. In altri termini la parola è già sovrana — ricordiamo l’onnipotenza che la parola avrà presso Gorgia- ma non è svincolata dal mito divino, in cui si cerca e si rappresenta il senso profondo del reale. Ancora quasi magicamente evocando i nomi degli dei, o inventandone (penso all’elenco delle Nereidi e delle Oceanine ma anche alle tante personificazioni della progenie di Eris)4, si crede di sapere e di interpretare la mente di Zeus, ahimè sempre lontana e imprendibile, come lamenta il poeta (frr.10,97-98;253). Solo raggiunta la naturalità razionale, si scoprirà di nuovo, specie dopo i Sofisti, il reale e il mistero insondabile, che è quello dell’alterità e quindi della vita; e il mito classico non morirà, anzi sarà per secoli, in chiave meta-
forica e ludica, l’anima della poesia e dell’arte. Già con Prometeo, invero più con quello di Eschilo che con quello di Esiodo, è posto il problema complesso e intricato, aporia suprema, della coscienza (personale) e del sapere avulso dal contesto rassicurante, ma anche obnubilante e annichi-
lente, dell’unità uomini-dei che il mito rappresentava ed offriva#. Più di un secolo prima di Eschilo, Esiodo avverte la solitudine dell’uomo,
la corruttibilità
dopo
Mecone,
ovvero
il
luogo misterioso del divorzio tra dei e uomini: insomma qualcosa si è rotto, e qualcosa va ricostruito con la parola ispirata, nonostante l'amarezza di un presente duro e iniquo. Si pensi ai versi dedicati alla quinta età, quella presente (Erga,vv. 174175):” Volesse il cielo che io non vivessi della quinta stirpe / tra gli uomini, ma o fossi morto prima o vivessi poi”. Pare di sentire il pessimismo del leopardiano ‘secol di fango’, salvo che qui è un’epoca del mondo che si giudica non un secolo.
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2. La Teogonia: analisi strutturale — Il proemio (vv. 1-115), che appare doppio (vv. 1-103; 104-
115) e segue una tecnica ad incastro per prolessi e riprese, è un
inno alle Muse (prima eliconie, poi olimpie e di Pieria), che si può dividere in tre sezioni: nella prima (vv. 1-35), ai primi 21 versi, di gusto innografico, fa seguito la rivoluzionaria epifania che eleva il pastore al rango dei re (‘diotrepheis’), dei quali è simbolo lo scettro. Il quale caratterizzava anche gli araldi: e non deve il poeta da ora farsi araldo e banditore del volere delle Muse, figlie di Zeus? Dal v. 36 al v. 103, ripresa la formula del v.1, si narra delle Muse e del loro canto celebrativo degli dei e di Zeus, che ha assegnato a questi le dovute competenze e i giusti onori (‘moirai’ e ‘timaì’). E narrata anche la generazione delle Muse da Zeus e Mnemosine e le loro attività, come nei primi versi del poema: canto e danza, a celebrare gli dei, le leggi e i costumi prudenti degl’immortali. Dopo i vv.68-74 che riprendono i versi iniziali, si elencano le nove Muse, di cui Calliope è la più eccellente. Seguono gli
effetti che l’onore accordato dalle Muse procura: l’uomo che è
da loro amato, e che le ama, esprime giuste sentenze ed è amato dal popolo in mezzo al quale spicca per la sua persuasiva eloquenza. Ed Esiodo pare correggersi: i re vengono (com’era tradizione) da Zeus, sono gli aedi che vengono dalle
Muse. Seguono a chiusura di questa lunga seconda sezione, versi che sottolineano il ruolo delle Muse nel calmare cure e dolori (vv. 98-103). E viene alla mente il verso dantesco: ‘l’amo-
roso canto che mi solea quetar tutte mie doglie’. La terza sezione (vv. 104-115) presenta un nuovo proemio in forma di saluto alle Muse, con inviti pressanti loro rivolti conformemente alla tradizione rapsodica (cfr. vv. 963-4) e la propositio tbematis ( vv. 108 sgg.). — L'origine del mondo ai vv. 116-122. Le entità primordiali: Chaos, da intendere come Spazio beante ovvero aperto, Gaia o Gea o Terra, il Tartaro (ovvero rispettivamente le realtà terrestri e quelle sotterranee) ed Eros, principio generatore. Non sono realtà create né sono’ontologicamente’,
tà divenute o venute all'esistenza.
ma tutte sono real-
INTRODUZIONE
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— La progenie dello Spazio beante, vv. 123-125. Sono Erebo e Notte. Da quest’ultima Etere e Giorno. — La progenie della Terra (vv. 126-210). È la Terra che gene-
ra Urano o Cielo, poi i monti, le Ninfe, Ponto. Insieme Gaia e Urano generano Oceano, i Titani e Tetis, i tre Ciclopi e i tre Centimani. L'ultimo dei Titani, Crono (annunciato dal v. 137),
castra Urano suo padre, che nascondeva i figli nella Terra (vv.
160-182); da ciò la nascita delle Erinni e dei Giganti; infine di
Afrodite( vv. 191-206). Ai vv. 207-210 si ricorda, quasi tardiva aggiunta (nello spirito della tecnica già vista), il polemico nome di Titani dato da Urano ai figli, sempre in contrasto con loro.
— La progenie dello Spazio beante (vv. 211-232) ritorna, a
incastro, dopo la progenie della Terra. La discendenza della Notte (vv. 211-225): altri figli della Notte, senza un intervento
‘maschile’: il Destino, la Kera, la Morte, il Sonno, Biasimo, Afflizione, poi le Esperidi, le tre Moire e Seguono Nemesi, Inganno, Tenerezza, Vecchiezza ed l’animo violento’ (cfr. Erga, v.11). La discendenza di 226-232): Fatica, Oblio, Fame, ecc.
i Sogni, le Kere. Eris ‘dalEris (vv.
— La progenie della Terra (vv. 233-269): Ponto genera principalmente Nereo che genera le Nereidi, in numero di cinquanta. Viene ripreso Taumante (v. 237 e poi 265) che sposa
l’Oceanina Elettra: loro discendenza sono Iride e le tre Arpie.
— La progenie della Terra (vv. 270-336). La discendenza di
Forchi, figlio di Ponto, e Chetò è una serie di mostri: le due
Graie, le tre Gorgoni; è rievocata la decapitazione di Medusa da parte di Perseo; progenie di quest’ultimo, fino a Gerione, a
Echidna (forse figlia di Chetò), compagna di Tifone, da cui Cerbero, il mostro di Lerna, la Chimera, la Sfinge: contro questi mostri intervenne Eracle e, nel caso della Chimera, Pegaso,
e Bellerofonte. Infine torna Chetò (v. 333) con il suo ultimo figlio, un terribile serpente.
— La progenie della Terra (vv. 337-452): i figli dei Titani, cioè la prole di Oceano e Tetis (vv. 337-370), ovvero i Fiumi e le tremila Oceanine, tra cui Stige è la più eccellente. Segue la prole
di Teia e Iperione, vv. 371-77: Sole, Luna e Aurora, i venti gene-
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rati da Aurora e da Astreo. Viene ripresa Stige (vv. 383-404) che genera, con Pallante, Zelos, Nike, Cratos, Bie ; segue una breve digressione su Stige e sul ruolo dei figli Cratos e Bie presso Zeus (su Stige, ‘giuramento degli dei,’ ancora vv. 776 sgg). Poi Febe e Coio generano Letò ed Asterie che con Perse dà alla luce Ecate, figura di particolare rilievo: Inno ad Ecate, vv. 411-452. — La progenie della Terra (vv. 453-506). Gli ultimi figli dei
Titani, cioè la discendenza di Crono e Rea, e la successione di Zeus al trono: Istie, Demetra, Era, Ade, Posidone. Ma Crono
ingoia i figli; allora Rea si allontana e va a partorire a Creta (vv. 477 sgg.). Col tempo Crono rivomita i figli e innanzitutto la pietra che aveva ingurgitato al posto di Zeus; il quale libera i Ciclopi, col fulmine e il tuono dei quali è destinato a regnare al posto di Crono. — La progenie della Terra: in particolare i fatti di Prometeo (vv. 507-616). Gli ultimi figli dei Titani, cioè i figli di Iapeto:
Atlante, Menetio, Prometeo. Incatenato, al v. 521, e poi libera-
to da Eracle che uccide l’aquila; segue il ‘divorzio’ di Mecone col sacrificio frodolento (vv, 536-557), la collera di Zeus, il furto del fuoco e la punizione realizzata con la donna (vv. 558-616);
in particolare la formazione della donna, ‘stirpe funesta’: la donna è come un fuco, e se è cattiva moglie è un inferno (vv, 570-612), infine ritorno a Prometeo incatenato (vv, 613-616).
— Il conflitto tra Olimpi e Titani o Titanomachia (vv. 617720). Zeus libera i Centimani imprigionati da Urano, che diventano alleati nella guerra decennale coi Titani: Zeus parla loro e quelli rispondono favorevolmente (vv. 644-664). Lo scontro dei Centimani e dei Titani (vv. 665-686); segue l’intervento di Zeus (vv. 687-712: in particolare, aristia di Zeus ai vv.
687-700); ripresa dello scontro precedente (vv. 713-720); poi la
similitudine dell’incudine (vv. 721-725): i Titani sconfitti sono confinati nel Tartaro.
— Il Tartaro (vv. 721-819). Descrizione del luogo ‘recinto da un bronzeo riparo’ e suoi abitanti : i Titani, i Centimani loro
custodi, Notte e Giorno, Sonno e Morte, Ade e Persefone col
cane Cerbero, Stige. Su questa si sofferma (vv. 775-806) per dar
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rilievo alla negatività dello spergiuro, a partire dalla punizione
che tocca agli dei stessi. Lezt-mz0tiv è il buio, della Notte: lei, i
suoi figli, Ade, Stige si succedono, introdotti anaforicamente
con ‘entha’(=lì), ripetuto sette volte. Le radici della terra e del
mare sono dette trovarsi lì (una prima volta al v. 728, poi, con va-
riazione, ai vv. 736-744, ripetuti a 807-810). Al v. 814 ritornano i
Titani, in rapporto con ‘l’abisso nebbioso’ e anche i Centimani: entrambi già ricordati ai vv. 729-735; e in entrambi i casi è menzionato Posidone. Struttura anulare del racconto con riprese a intreccio, come già visto, e ripetizioni spesso con variazioni.
— La progenie della Terra: l’ultimo suo figlio Tifeo e la Tifonomachia (vv. 820-880). Descrizione del mostro (vv. 823-835) e scontro (vv. 836-858): richiama la Titanomachia, però con ruolo qui preminente di Zeus. Tifeo vinto è precipitato nel Tartaro (v. 868). Conseguenze dello scontro e similitudini (vv.
859-867), i venti figli di Tifeo e quelli benefici. Zeus infine
impera e distribuisce le dovute ‘timaì’ (vv. 881-885).
- Il finale del poema (vv. 886-1022). Ancora discendenti della Terra: la progenie di Zeus, il quale prima sposa Metis (v. 886) poi Temi (v. 901) poi Era (v. 921), da Atena, la cui nascita è del tutto speciale, dalla testa del padre (v. 924), ripresa due volte, a distan-
za, ai vv. 888 e 924, alle tre Ore, alle tre Moire, alle tre Cariti, a Persefone avuta da Demetra, alle nove Muse, a Letò, Apollo,
Artemide, poi Ebe, Ares, Ilizia avuti da Era. Dopo Efesto, figlio di Era, simmetrico ad Atena per nascita, v. 927, altre figure olimpie: Ermete, Dioniso, Eracle, qui (vv. 950-955) ormai diviniz-
zato, fino alla prole del Sole (tra cui Medea figlia di Eeta). Dopo un saluto agli Olimpi (vv. 963-4) e un‘invocazione alle
Muse, in stile tradizionale, segue (vv. 965-1022) un catalogo di
mortali nati da dee: Demetra che genera Pluto, Armonie genera Inò, Semele, Agave, Autonoe, Polidoro; Calliroe genera Gerione.... Si racconta dell’unione di Medea (ripresa al v. 992 dopo il v. 961) con Iasone e del loro figlio Medeo, discepolo di Chirone; poi di alcune Nereidi, tra cui Teti andata sposa a Peleo, da cui Achille; di Afrodite Citerea sposa di Anchise, da cui Enea; fino alla prole di Odisseo e Circe, ovvero Agrio, Latino e Telegono, e di Odisseo con Calipso.
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Il poema generazione generazione tali unitesi a
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si chiude prima rammentando questo tipo di mista divina-umana, poi anticipando l’altro tipo di mista, quella del Catalogo: ovvero di donne mordegli dei.
Si tratta di una teogonia ‘ascendente’ che culmina con l’attuale signore degli dei, ovvero con l’olimpio Zeus. Egli ha dovuto combattere per ottenere il primato; analogamente Crono aveva debellato il padre Urano, che impediva ai figli di vedere la luce, e altrettanto fece Zeus con Crono che ingoiava i figli. La sua signoria ha una storia che parte da premesse ‘caotiche’, ovvero informi o preformali e indeterminate, e in parti-
colare dalla coppia primordiale Gaia-Urano, per quanto Urano sia generato dalla stessa Gaia, la quale ha così un primato iniziale simmetrico a quello finale di Zeus. Da questa coppia primordiale nasce la stirpe dei Titani, il più giovane dei quali è Crono; da lui nascono altre divinità la più giovane delle quali è Zeus. Dunque quello Zeus che in Omero è il più anziano dei fratelli, che si dividono con lui il dominio del mondo, ovvero Posidone ed Ade, è in Esiodo il più giovane. Il quale otterrà il regno solo dopo aver vinto ‘l’egoismo immobilista delle entità primordiali’46. La teo-cosmogonia esiodea, a base caotico-evolutiva (e non creazionistica), poggia, come si è visto, su tre entità prime: Chaos, Gaia ed Eros. Ma avendo Eros un ruolo solo promotore, restano lo Spazio beante o Abisso, che ha una sua progenie (Erebo, ovvero l’Oscurità primordiale, e Notte, e da questa Etere, ovvero lo Spazio luminoso, e Giorno) e Gaia. Poi la progenie di Chaos prosegue, tramite la Notte, fino ad Fris che produce altre spiacevoli realtà; e così si conclude. Chaos nor è dunque il principio degli dei dell'Olimpo né del mondo formato. È piuttosto Gaia che con Urano genera gli dei, i Titani, i Ciclopi, i Centimani;
realtà spesso mostruose come sono in
genere gli esseri delle origini. Combattendo la loro informità e inerzia Zeus realizza il nuovo ordine, dopo aver vinto in particolare i Titani e Tifeo, e inghiottito Metis, il Senno personificato. Dalla seconda sposa di Zeus dopo Metis, cioè da Temi, che è l'Ordine della legge, nascono le Ore, ovvero Giustizia, Pace
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e Buongoverno, e le Moire, le dee del ‘nuovo e più razionale
destino’. Zeus regna con Zelos, Nike, Bia e Cratos, rispetta
antiche divinità come Ecate o Stige ma non è ugualmente rispettoso di una figura complessa come quella di Prometeo. Quest'ultimo è parente di Zeus e a lui misteriosamente legato, ma insegna agli uomini, la cui origine non risulta dalla Teogonia (che non si occupa di antropogonia né dell’umanità se non in questo episodio) né dagli Erga, a frodare gli dei in occasione dei sacrifici e anzi a Mecone cercò di indurre Zeus in errore; allora Zeus priva gli uomini, di cui Prometeo è de facto campione, del prezioso fuoco. A questo punto, una seconda volta Prometeo interviene rubando il fuoco. Così Zeus punisce Prometeo, che poi libera per mezzo di Eracle, e anche gli uomini mandando loro mali d’ogni genere, a partire da Pandora (il cui nome compare solo negli Erga). Non in Esiodo, ma tardivamente, a Prometeo si attribuì d’aver plasmato l’uomo; con Crono il Titano, che ha tratti di divinità primordiale, ha in comune l’attributo di ‘ankylomètes’(per es. vv. 495, 546),
e svolge attività demiurgiche come un #rickster insieme benefi-
co e rovinoso”, Resta da rilevare come, in assenza di spinte monistiche, si
evidenzi nella Teogoria la tipica bipolarità greca (che rimanda filosoficamente alla dualità di essere-non essere): Caos e Gaia, Zeus e i Titani, Olimpo e Tartaro ecc., per non parlare della compresenza di polarità opposte in ciascuna figura divina o forza (per es. le due Erides )48, Può essere utile, come ho fatto in sede di note (cfr. nota 24, relativa alle entità primordiali) accennare alle teogonie cosiddette orfiche, appartenenti a diverse correnti, i cui testi sono di difficile datazione. Numerose cosmogonie e teogonie arcaiche erano attribuite a poeti leggendari come Orfeo, Museo, Lino e a Epimenide cretese (VI secolo a.C.). La diffusione di tale produzione ha trovato recente conferma nel papiro di Derveni (in Macedonia), che contiene un commento anonimo del IV sec. a.C. a una teogonia orfica in esametri risalente al V a. C..49 In che cosa si differenziano da quella olimpica di Esiodo? A parte la diversità sul piano dei racconti mitici e delle figure
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divine, è diverso l’arnimzus di tali narrazioni, il cui scopo era di gettare un ponte tra il mondo divino, immortale, e quello umano, mortale, ben distinti in Esiodo malgrado l’antropomorfismo, consentendo all’inzziato, attraverso una percezione sapienziale (o gnosi50) del divino e severe norme di vita, di accedere a forme di partecipazione tusiva, quali si conoscono dai culti misterici, per es. eleusini o dionisiaci, secondo prospettive escatologiche e soteriologiche. In questi culti e miti ‘elemento ctonio più antico, mediterraneo, riaffiorava insieme
a parecchia ‘irrazionalità’, nel senso di Dodds — entità iniziali erano Ctonia, la Notte, il Tempo, Zas, il demiurgo Phanes, Eros e altri —. È da osservare che mentre in Esiodo il regno di Zeus è trionfo positivo dell'ordine, in un passo di Apollonio Rodio (Argonautiche, I, 494 sgg.), Orfeo, che si trova tra gli Argonauti, canta l’unità perduta del mondo a seguito di una contesa. Le forme del mondo appaiono dunque illusorie e il molteplice una dolorosa caduta da cui redimersi ovvero salvarsi. Ma, come sappiamo dagli Erga, il tempo della vita non va esente da sofferenze e anzi l’età presente, la quinta, è avvertita come età di pericolosa decadenza; quindi l'esigenza di riscatto, seppure
non iniziatico-soterico, è ben presente anche in Esiodo, la cui
devozione probabilmente di origine familiare per Ecate, la forte eticità religiosa presente negli Erga e l’anelito alla vagheggiata armonia ‘dei primordi’ ci avvertono di quanto sia azzardato stabilire separazioni troppo nette, in base a nostri semplicistici schemi classificatori. a) Il pensiero mitico di Esiodo e i
suoi tratti prefilosofici
Innanzitutto, una domanda: perché indagare i rapporti di Esiodo col successivo pensiero filosofico che si fa tradizionalmente cominciare con Talete, contemporaneo di Solone (VIVI sec.), quindi neppure un secolo dopo Esiodo, se si pone l’akzè (0 floruit) di quest’ultimo negli ultimi decenni dell'VIII secolo? Perché la filosofia occupa un posto di primo piano nella cultura greca e occidentale e perché ci sono elementi e atteggiamenti anche impliciti, almeno nelle due opere
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principali di Esiodo, che spingono a mettere a fuoco e a cercare l'essenza delle complesse relazioni tra la tradizione poetica e la ‘rivoluzione’ del logos, che peraltro non fu per niente eversiva ma nondimeno tenacemente pervasiva del clima culturale antico: mito e logos coesistettero, con alti e bassi e alterne vicende, in tutti i secoli dell’antichità greco-romana. Scrive C. Rowe, uno dei maggiori studiosi del pensiero arcaico greco: “E comunemente affermato... e quasi universalmente dato per scontato che Esiodo sia comparso nel momento della transizione da modalità di pensiero mitopoietiche a razionali. H. Diller dà a questa affermazione comune un significato più preciso: “Esiodo rappresenta un ponte dal pensiero mitico a quello filosofico’. Questa opinione su Esiodo è giustificata in molti modi diversi”51, A prima vista, invero, il mondo del mito pare del tutto altro da quello filosofico successivo, che, conviene sottolinearlo, 54 nel logos (la cui essenza è dimostrativa) il suo strumento, il suo modello, la sua guida, il suo fine. Ma non è così; c'è naturalmen-
te continuità pur nella prevalente discontinuità. Se appartiene alla filosofia la rappresentazione della totalità del reale, il puro interesse speculativo, la ricerca delle cause (‘archaì’) o almeno la ricerca eziologica , allora la Teogoria prelude alla filosofia. Del resto, l'esigenza di completezza, l'aspirazione alla comprensione, attraverso il mito, della totalità delle cose presiede anche all’ispirazione del Catalogo delle donne e ne guida lo sviluppo, vivente Esiodo e dopo. Tanto più che il grande organismo teogonico esiodeo si pone nel divenire, dal momento che i principi primordiali, a partire da ‘Chaos’(che ho tradotto di preferenza ‘Spazio aperto o beante’)52, si muovono nel solco di un flusso eterno da cui prendono misteriosamente origine. La Teogonia è nascita di dei da un Reale che resta nell’ombra, indefinito e indefinibile, che però
neppure viene percepito come non si allude a come fecero i
preso in considerazione come tale, esigenza mentale o intellettuale. In nessuna Archè o Principio primo contemporanei autori delle prime
perché non altre parole, o Assoluto, Uparishad
indiane, che trovavano, acquisizione certa, il Brabzzan. Se que-
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INTRODUZIONE
st’ultimo è Principio non principiato (e metarazionale), è tutto il contrario per le entità primordiali esiodee, a partire dal fatto che sono più d’una, né il ‘Chaos’, o Gaia, ambisce ad avere un
ruolo supremo.
Conviene sentire quanto dice Reale a proposito del ‘principio’ (archè), termine peraltro non impiegato per primo da Talete ma da Anassimandro suo discepolo: “Il ‘principio-acqua’
(sc.di Talete) non ha assolutamente più nulla a che vedere col
‘caos’ esiodeo, né con qualunque principio mitico. Aristotele dice che è ‘ciò da cui derivano originariamente e in cui si risolvono da ultimo tutti gli esseri’; è ‘una realtà che permane identica nel trasmutarsi delle sue affezioni’, cioè una realtà che
‘continua ad esistere immutata’ pur attraverso il processo generativo di tutto.”54 E tale principio fu detto ‘physis’, cioè ‘natura’, ma nel senso, precisa Reale, di realtà prima, originaria e fondamentale. Orbene, la Teogonia esiodea non va alla ricerca di principi intesi nel modo sopra detto, ma piuttosto di principi? ed origini (aîtia), che individua in entità primordiali da cui proviene geneticamente l’ordine attuale e finale di Zeus, conformemente al moto ascendente del pensiero teogonico esiodeo. È piuttosto Zeus, come si vedrà di più e meglio negli Erga, che assume un ruolo non indegno di un sentire monoteistico (si veda in particolare il proemio). Scrive Kerènyi: ”Risalire alle origini e ai tempi primordiali è un tratto fondamentale di ogni mitologia. Si è trovata la precisa espressione per questo fatto: dietro l'apparente ‘perchè?’ si nasconde sempre il ‘da che cosa?’, dietro l’aîtion sta sempre l’archè... Dove il filosofo sarebbe spinto dal mondo di fenomeni circostanti a dire che cosa ‘veramente è ’, il narratore di miti
si volge verso i tempi primordiali per raccontare che cosa ‘veramente era’. Originarietà per lui equivale a verità” . Il mito fonda, è
fondazione
in
astratto
grazie
al
mitologema,
ovvero
Gruendung, e fondazione reale, cioè Begruendung, in quanto dal mitologema discendono atti. Immaginando la Teogonia come una piramide, essa con la sua punta, partendo dalle origini, si rivolge all’attualità del
INTRODUZIONE
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regno di Zeus. L’archè-pbysis dei primi filosofi, fonte, foce e ‘sostanza’ di tutte le cose, è ben altra cosa. Tornando alla Teogonia, ebbene essa si può con qualche
audacia definire un grande affresco mitologico sotto il quale è, in controluce, la sinopia del ‘xosmos-physis’, nel senso di divenire naturale. È dunque una cosmogonia e preludio alle cosmologie filosofiche, tranne che per arrivarci pienamente si trattava di rinunciare alle personificazioni divine e di accontentarsi del puro piano orizzontale dell’esistere secondo la causalità naturale, al quale del resto, come ho cercato di mostrare, il pensiero mitico esiodeo (non diverso da quello omerico almeno in radice) è strutturalmente vocato: è un pensare inconsape-
volmente ‘fisico’, che prepara il ‘ fisico’, storicamente superato poi dal ‘metafisico’ platonico e aristotelico. Anche Omero anticipa in qualche modo, come vide lo stesso Platone, i Fisiologi di Mileto e i loro successori, egli che individuò in Oceano l’origine genetica (‘ghenesis’) di tutti gli dei57; Esiodo però, con la sua costruzione genetico-eziologica
fa un passo avanti verso la causalità e la storicità, e l’interpretazione-rappresentazione sistematica del reale.
Dunque quali le differenze dalla filosofia? Ovviamente il
mito, la mitopoiesi, il pensare per immagini e la rappresentazione non concettuale del reale, la causalità ancora non razionale e non naturale, giacchè ancora non si sono imposti i grandi principi del ‘logos’ e della ‘physis’. Però della ricerca naturalistica /ato
sensu, com'è ormai chiaro, è ben presente l’idea di successione
spazio-temporale, ovviamente non causale-naturale ma genealogica. Perché il modello è l’uomo e il suo vivere; e che cos'è più proprio basilarmente dell’uomo se non la generazione?
La generazione, la ‘ghènesis’, è davvero la cellula madre del
pensare esiodeo?8 — e questo è altrettanto evidente nel Catalogo —, al punto che una sentita e diffusa misoginia, quale che ne fossero le cause, è lì dispersa, obliata, di fronte alla vita che è gene-
razione. E questa si fa nel tempo, nel divenire. Nei secoli successivi si vedrà il mondo, per es. dagli Stoici per lungo tempo, come il teatro della ‘physis’ e dei ‘phytà’, le creature che sono di quella il prodotto, come i frutti preziosi della terra sono il
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INTRODUZIONE
prodotto di Demetra, che è la terra madre anche etimologicamente. La genealogia non solo interessa la causalità fisica ma quella storica. E la prevalenza del modello umano, prizzurm datum
imprescindible,
con l’attenzione
al patronimico
e al
‘ghenos’, apre la strada alla riflessione politica e all’etica (da Solone a Socrate e oltre). Ma prima di vedere più da vicino tutto questo - e nei tratti prefilosofici si includono anche quelli che precorrono la ricerca storico-geografica di Ecateo e dei cosiddetti logografi fino ad Erodoto-, conviene fare qualche riflessione attorno al mito. b) Che cos'è il mito? Mythos significa parola, racconto, e, secondo l’uso classico
(particolarmente sofistico?9), favola. Si contrappone usualmente a logos, parola polisensa che significa fondamentalmente
discorso, ragione, inteso appunto come razionalità discorsiva
(ratio et oratio) esprimentesi in concetti e ragionamenti (si pensi alla sillogistica). Già a partire dai Milesi si emargina progressivamente il mito; e preclari esempi di critica corrosiva del mito sono Senofane ed Ecateo. Ma Platone, su cui tornerò, vi
fa ricorso: un grande esempio è il mito escatologico di Er %, E Aristotele scrive: “Anche chi è ‘philomythos’ è in qualche modo filosofo”61; perché ‘mythos’ e ‘sophìa’, tesa al superamento dell’ignoranza (‘agnoia’), sono strettamente legati alla meraviglia (‘thauma’): “Ed è proprio del filosofo di essere pieno di meraviglia- dice Platone®2-; né altro inizio ha il filosofare che questo. E chi disse che Iride fu generata da Taumante non sbagliò, mi sembra, nella genealogia”. Nel solco delle scienze umane del XX secolo (nei primi decenni del quale impera non poco etnocentrismo, cui si collega non di rado la ripulsa di ogni comparativismo, e scientismo), si potrebbe sostenere, ingerzuamente, che il mito è opera
della fantasia e appartiene al ‘prelogico’, ossia a una dimensione del pensare anteriore al razionale. In realtà, non si può ritenere il mito estraneo alla razionalità e giustamente si parla di pensiero mitico, il quale del resto è sempre vivo, seppure in forme che sempre variano secondo luoghi e tempi83.
INTRODUZIONE
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La verità è che, come il linguaggio che fu detto una ‘mitologia estinta’, così il mito, l’uno e l’altro legati da uno stretto intreccio, appartengono all’attività spirituale dell’aria! symbolicum, l’uomo, il quale, pieno di stupore di fronte allo spettacolo talora tremendo del mondo, in tempi remotissimi formulò la parola a denominare le cose: “ Essa deve essere compresa in senso mitico- avverte Cassirer nel suo classico studio su linguaggio, pensiero logico e pensiero mitico- come realtà sostanziale ed energia sostanziale prima che possa venire intesa in senso ideale come orgazon dello spirito, come una
funzione fondamentale per la costruzione e la complessità organica dell’attività spirituale”6. L'uomo antichissimo, fortemente animato dal ludico, avvertiva nella parola una forza fisico-magica; e nel mito si dispiega tutta la potenza costruttiva della parola. Questa non esprime quale puro simbolo convenzionale il contenuto dell’intuizione, ma si fonde con essa in un’indissolubile unità. Il contenuto dell'intuizione non solo penetra in qualche modo nella parola ma si risolve in essa. E ciò che è stato fermato nella parola o nel nome appare ormai non solo come un concreto reale ma addirittura come ?/ concreto reale. Immagine e cosa, nome e oggetto si coprono interamente secondo un rapporto di identità. In altri termini, la parola ha spessore sostanziale prima di acquisire valore funzionale e finalistico. Quanto poi alla precedenza temporale e ideale del mito sul linguaggio e viceversa, data la comune radice dell’uno e dell’altro, trattandosi di rzetafora, nell’uno come nell’altro caso, è non solo difficile ma ozioso cercare una risposta. Sono germo-' gli che provengono da una medesima germinazione dell’attività formatrice ludico-simbolica e derivano dal medesimo atto caratteristico di concentrazione
e potenziamento,
condensa-
zione e intensificazione della semplice intuizione sensibile, quella suscitata dalla molteplicità degli oggetti del reale. Entrambi sono lo scioglimento di una tensione interna, la rap-
presentazione di emozioni ed eccitamenti spirituali in determinate figurazioni e costruzioni obiettive. Il cuore della metafora sia linguistica sia mitica è il princi-
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INTRODUZIONE
pio della ‘pars pro toto’. Il mito è tale che, concentratosi il soggetto su questo o quell’aspetto del reale, si attua, in chiave figurativa, la contrazione di ciò che è intuitivamente dato; il che dà luogo a immagini o mitologemi capaci di dar conto dell’intera realtà. Mito, linguaggio, arte — osserva ancora Cassirer- costituiscono inizialmente una concreta e ancora indivisa unità che poi va scomponendosi. Se col tempo il linguaggio si configura come veicolo del pensiero e assume la forma di espressione del concetto e del giudizio, è perché esso rinuncia sempre più alla pienezza dell’intuizione immediata secondo il principio della ‘pars pro toto”. i Il logos, come parola-ragione e quindi procedimento discorsivo, non fa altro che usare strumentalmente, funzionalmente — e, in proporzione, sempre meno ludicamente- il linguaggio: tende all’allargamento, al collegamento, alla connessione sistematica, quanto l’attività linguistica e mitopoietica tende alla densità e all’intensificazione. Per il logos la parola è veicolo per stabilire relazioni tra il particolare contenuto intuitivo ed altri che gli sono simili o che gli corrispondono, collegati al primo mediante una determinata legge di coordinamento. In altre parole, nel pensiero filosofico ogni particolare viene inserito nel tessuto generale con fili invisibili che lo connettono alla totalità intesa come sistema; e il suo significato sta nel
fatto che si imprime su di esso l’impronta della totalità9?.
Dunque uno stesso linguaggio e una stessa attività di pensiero, ma diversamente vissuti e formulati, stanno a monte di
logos e mito. E la rappresentazione di quest’ultimo dà forma a contenuti riconducibili all’attività linguistica e quindi simbolica che si sviluppa nell’incontro del soggetto, e anzi di gruppi umani, con il reale fonte di stupore ed eccitazione. Il mitico o mitologico non è assenza di logicità, è razionalità collettivamente condivisa (perché il racconto mitologico non è attribuibile
al solo poeta),
ma
diversamente
funzionante
rispetto al pensiero filosofico, e costituisce una dimensione
simbolica autonoma. È, per usare la formula efficace di G. Reale, pensare per immagini invece che per concetti.
E proprio Reale, nelle belle pagine conclusive della sua
INTRODUZIONE
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Storia della filosofa greca e romana, osserva tra l’altro, a proposito dei metodi peculiari della filosofia greca, che questa, sì, si sviluppa fondandosi sul logos ma non rigetta davvero e ix toto il mito; anzi, come emerge da studi recenti6?, specie in Platone, in cui la presenza del mito è rilevante?0, si capisce che
il mito è impiegato in sinergia col logos: non è vero che il pensiero maturo non abbia più bisogno del mito, tra l’altro perché quest’ultimo ha il pregio non dappoco di rispecchiare in modo comprensivo, efficace e suggestivo la vita nel suo insieme ricco e sfaccettato e la soggettività nella sua complessa dinamica, tutta svolgentesi nella spazio-temporalità e nella relazionalità con gli altri esistenti. In altre parole, la ragione mi offre concetti e formule, talora, ahimè, fredde e aride, quindi insoddisfacenti, il mito non solo appaga l’emozione e la fantasia ma sa esprimere, in modo immaginifico ed eloquente, ciò che anima la vita e sempre imperfettamente la trascende. Che questo poi sia campo anche specifico della letteratura e in particolare della poesia di ogni tempo è evidente.
‘Potesis’, osserva Huizinga nel suo celebre Homo ludens, ‘è
una funzione ludica”7!; cioè la poesia e in primo luogo la mitopoiesi rientrano nel ludico, che caratterizza fondamentalmente la mentalità primitiva. Il gioco, dice Huizinga, ‘è un’azione che si svolge entro certi limiti di luogo, tempo e senso, in un ordine visibile, secondo regole liberamente accettate, e fuori dalla sfera dell’utilità o della necessità materiali. Lo stato d’animo del gioco comporta astrazione dal consueto ed estasi, ed è o sacro o puramente allegro in rapporto al tono sacro o ricreativo del gioco”72. Nel ludico è da ravvisare la radice dell’attività poetica che è originariamente sapienziale, religiosa, ma anche buffonesca, comica, agonale, enigmatica, fanciullesca (si ricor-
di paidià-paideta). La mentalità mitologica rimanda ad una forma mentis caratterizzata dalla creduta presenza dappertutto di dei, ovvero di potenze ‘mistiche’, espressione del rurzizosuzi (parola cara a R.Otto), che sono interpellate per prime di fronte ad eventi e
fatti, col risultato di ignorare o trascurare il piano della causalità e della naturalità, o delle ‘cause seconde’. Perché la menta-
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lità mitologica non ha di per sé la dimensione del naturale e del causale fisico. Nei mitologemi si vede realizzato un intreccio costante, il Verwobenhett di Kerènyi?,
tra visibile e invisibile, umano
e
sovrumano, naturale e soprannaturale, spazio-temporale ed
extra-spazio-temporale. Se questo è vero in generale, presso i
Greci per tempo si affermarono due pilastri del pensiero occi-
dentale: il logos come rivoluzione concettuale, nel senso sopra accennato, e la ‘physis’ come struttura ontologica dell’intero ‘kosmos’, il terzo pilastro del pensiero greco (‘physis’ a partire dai Fisiologi di Mileto, ‘kosmos’ soprattutto coi Pitagorici). E ‘Physis’, com'è evidente, sarà in seguito anche la totalità delle
cose, la totalità sensibile in rapporto a quella soprasensibile. Già Omero ed Esiodo, pur non partecipi della ‘modernità’ filosofica, manifestano coerenza e perspicuità, promuovono il senso dell’uomo, del soggetto, del terreno, del terrestre, elemen-
ti così tipicamente greci, che preludono al dispiegarsi dei concetti sopra detti. In particolare i poemi omerici (non diversamente dall’opera esiodea) portano in sé alcuni di quei caratteri dello spirito greco che hanno reso possibile la nascita della mentalità speculativa: il senso della misura e dell’armonia, l’arte della motivazione, per cui il poeta ricerca, sia pure a livello fantastico-poetico, la ragione dei fatti; la realtà è presentata nella sua interezza ed è permanente la ricerca della posizione dell’uomo nell'universo; infine gli dei e il divino sono quantitativamente diversi dagli umani ma non qualitativamente: l’uomo più divino è quello che sviluppa nel modo più efficace le sue specifiche forze umane”, E questo è più che mai evidente dagli Erga, per quanto vi sia dominante la presenza di Zeus e del divino. c) La Teogonia codificazione e rifondazione della tradizione e, insieme, preludio ai Per? physeos. Tutti quelli che scrissero (in genere in poesia, significativamente) tra i Milesii e gli Eleati, senza trascurare Eraclito ed Empedocle, si occuparono di ‘physis )’ dandole diversa identità, a seconda
del principio, ovvero archè,
individuato
come
costitutivo del reale, cioè generatore e plasmatore delle diver-
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se forme del molteplice. E spesso permaneva l’invocazione alla Musa o a una dea (la ‘theà prophron’ di Parmenide, la ‘vergine Musa’ e Calliope in Empedocle) e una cornice formalmente prossima a quella di cui Omero ed Esiodo avevano dato l’esempio, ovvero erano stati ‘euretaì, come si soleva dire. Perché
era forte e vincolante il senso della tradizione e della continuità e tutti avevano un obiettivo di sapienza; quindi non si erigevano steccati. È però lo spirito che vi aleggia che è radicalmente diverso”. Nondimeno, come già prima ho ricordato, la ricerca in Esiodo di una spiegazione totale, la ‘sete di causalità’, come
disse Jaeger?6, e la rappresentazione dell’intero mondo divino in termini tendenzialmente sistematici, com'è la Teogonsa, è già nel senso dell’unità del ‘kosmos’; l'insieme strutturale ed espressivo è organico, seppure manca la gerarchizzazione teoretica e, invece, con la paratassi e la mentalità sintetica così
proprie del pensare immaginoso e metaforico della mitologia, prevalgono la densità e l’intensificazione linguistica che esaltano la parola e singoli elementi facendone virtualmente altrettante unità autosufficienti. Esiodo, osserva Snell, è il primo che si propone di classificare gli dei secondo il loro rango; oltre il legame genealogico, ‘è il primo a porsi il problema del significato di ciò che ha significato e del valore di ciò che ha valore’”??. Ed emerge, ben evidente, il senso del tempo e del terrestre dal divenire della progenie numerosa della terra, però guidata e depurata del mostruoso dall’ordine celeste e maschile che Zeus rappresenta: costante la dualità (o bipolarità) terra-cielo, che si risolve nel primato di quest’ultimo e ben presente la tripartizione cielo, terra, inferi (‘ourània’, ‘epichthònia’, ‘hypochthònia’). C'è ordine nel poema, non meno che in Omero, a dispetto di qualche perplessità talora sollevata ed essenzialmente immotivata?8. E come si è ricordato, l’idea dell’uomo è dominante, a par-
tire dall’antropomorfismo degli dei che ci è familiare da Omero: quando Esiodo riceve l’investitura dalle Muse, non solo è soggetto che si dichiara come tale, il che è ben nuovo, ma, in quanto poeta, pur parendo subordinarsi al divino, ne è
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invece in gran parte e consapevolmente creatore. Se Esiodo condanna Prometeo, più di quanto faccia la problematica tragedia di Eschilo così apertamente critica nei confronti del ‘padre degli uomini e degli dei,’ il cui potere viene considerato dispotico e fin troppo dipendente dalla Necessità, l’agire poetico di Esiodo, certo improntato a grande pietas, non esclude un poderoso gioco di specchi,’ prometeico’, senza il quale peraltro non ci sarebbe il cantore profetico della Dike/dike, del lavoro, dell’aretè, anzi dell’aretè che si fa col lavoro, e infine dell’uomo costruttore di una ‘socialità giusta’, temi preannunciati nel proemio della Teogonza (vv. 81-97). Se è vero che la rappresentazione antropomorfica degli dei è la regola, bisogna però precisare che ci sono da un lato entità cosmiche come Gaia e Urano che oscillano tra la personificazione divina e l’entità ‘fisica’ —difatti si traducono facilmente con la minuscola, perché si avverte che appartengono al reale che noi diciamo ‘materiale’-, dall’altro ci sono le entità psichiche o ‘forze’, come dice Rowe, che sono visibilmente realtà psicologiche ma ancora le si riconduce a un’essenza, per così dire,
divina (pensiamo a Eris e alla sua progenie), secondo un antico modo di percepire le emozioni e in genere il mentale, come mostrò a suo tempo Snell?9, e infine ci sono gli dei, come gli Olimpi, che permarranno tali perché facevano parte del nucleo fondante della tradizione religiosa istituzionale del mondo greco. Sono proprio le divinità, per così dire, delle prime due categorie che rivelano il passaggio al nuovo con l’evidente fluttuazione del loro stato divino: classico il caso delle entità psichiche e morali come Eris/eris o Dike/dike. Che poi questa incipiente ‘laicizzazione’, se posso usare questo termine senza
fraintendimenti, sia più accentuata e visibile negli Erga non
stupisce, perché quest’ultimo è fin dall’esordio poema programmaticamente dell’uomo e dell'umano mentre la Teogoria è poema di dei e del divino. Vorrei aggiungere che l’episodio di Mecone (Teog.,v. 536), che rivela la frode dell’uomo persino necessaria, come il furto
del fuoco, alla sua sopravvivenza, e spezza l’unità fusiva o intreccio tra uomo e divino, rivela altresì, alla luce di quanto
detto sopra a proposito del mito e del ruolo che vi ha la paro-
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la, tradizionalmente evocatrice del divino80 e di questo rispec-
chiamento, non solo la fine di una mitica età dell’oro ma la crisi
dello ‘statuto ontologico e funzionale’, se così posso dire, della parola poetica ‘tradizionale’ (o della parola tout court), una delle cose di cui è spia e testimonianza certo pessimismo di Esiodo, che sente il bisogno di una sua rifondazione. In questo senso pare proiettarsi sul piano del mito la crisi contemporanea della poesia, che è crisi della ‘cultura’, come si direbbe oggi (nell’età del ferro che cos’altro?), alla quale, intesa come dono delle Muse, è senz’altro dato particolare spazio e rilievo nella Teogonia, precisamente nel proemio, che richiama la polemica con i ‘re’ così virulenta negli Erga (Teog., vv. 80-97): ‘È lei (sc. Calliope) infatti che proprio dei re venerabili si fa compagna.
Chiunque onorino le figlie del grande Zeus e guardino alla nascita tra i re nutriti da Zeus, a lui versano sulla lingua soave rugiada; le sue parole scorrono dalla bocca dolci come miele; le moltitudini tutte guardano a lui, che rende giustizia con rette sentenze; egli che parla in assemblea sicuro fa rapidamente cessare anche una grande lite col suo sapere; perciò infatti i re sono assennati, perché alla gente danneggiata, in assemblea sanno rendere il contraccambio facilmente, persuadendo con morbide parole; e quando procede nell'adunanza, lo venerano come un dio con dolce rispetto e (quello) spicca in mezzo alla folla adunata. Siffatto è il sacro dono delle Muse agli umani. Difatti è grazie alle Muse e ad Apollo arciere che ci sono sulla terra aedi e citaristi e grazie a Zeus che ci sono re; ma beato chiunque le Muse amino: dolce parola scorre dalla sua bocca.’
Il passo si può leggere anche come ‘messaggio programmatico” che rientra nella ‘dìdaxis’ del poeta, la quale, prima di dispiegarsi direttamente negli Erga, si manifesta nella Teogorzia soprattutto nelle figure di Prometeo, l’ingannatore punito, e in quella di Ecate, la dea benevola mediatrice tra il vecchio ordine e quello olimpico di Zeus: re e aedi si trovano così accomu-
nati in uno stesso proposito ‘civilizzatore’. E tutto questo, in
controluce, suona come critica al mondo epico-aristocratico, di
cui Esiodo non tace direttamente o indirettamente, con le virtù che celebra, i vizi che ne decretarono la fine8!.
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d) La ‘dipendenza’ da fonti del Vicino Oriente L’episodio della castrazione di Urano da parte del figlio
Crono, sostenuto da Gaia, come la lotta con Tifeo, hanno dei
paralleli certi in analoghi racconti teogonici o di successione del Vicino Oriente. Nell’Exumza Elish, poema accadico-babilo-
nese della metà del II millennio a.C., che raccoglie materiale
sumerico anteriore, c'è la separazione traumatica della coppia primigenia, cielo - terra, i figli della dea sono stipati dentro di lei e c’è anche la castrazione del dio. Il vincitore Marduk ha dovuto sconfiggere dei rivali, come Zeus. Nel mito di successione raccontato nel Kurzarbi, un poema hittita, di origine urri-
tica, la cui dell'altro, Kumarbi, la virilità
registrazione è più o meno contemporanea a quella il dio Alalu era spodestato da Anu poi vinto da definito il ‘Crono degli Urriti’. Quest'ultimo ingoia di Anu (non la getta dopo averla recisa), ciò che
determina la nascita di Teshub (nella saga di Ullikummi), dio
delle tempeste che ricorda Tifeo/Tifone. E quest’ultimo personaggio presenta affinità con altri miti ancora di successione dell’area mediorientale.82 Tutte narrazioni che si avvicinano a quanto conosciamo da Esiodo. Il che dimostra quello che già si sa in base ai miti greci e a notizie di carattere poetico e storico, e che l’archeologia arricchisce, conferma, illumina: il Mediterraneo era, già almeno dal II millennio, il crocevia di un’unità culturale variegata, complessa e dinamica, comprendente popoli di diverse lingue e culture, dagli Egizi, ai Fenici, ai Minoici, ai Micenei, agli Ittiti
(e ai loro successori nel tempo),
alle altre stirpi insediate
nell’Anatolia, fino al golfo Persico, per cui c'erano
contatti
anche col mondo indo-iranico. Il mare era la più grande via di comunicazione, e i commerci per mare di vari prodotti e particolarmente del rame (importantissimo nell’età del bronzo e anche dopo), di cui Cipro (non lungi dalla costa fenicia e da un grande centro come la cananea Ugarit), significativo già dal nome, era un centro fiorente di estrazione e commercializza-
zione, erano l’occasione più naturale di scambio, incontro e
conoscenza; inoltre nell’Egeo, l’Eubea, prossima alla Beozia, si
trovò a svolgere in epoca arcaica un prezioso ruolo di ponte tra
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mondo ellenico e mondo orientale. E a proposito di Ugarit, l'odierna Ras Shamra, i testi ivi scoperti hanno avvalorato la tesi di Filone di Biblo8 secondo cui i miti di Urano e Crono sarebbero di origine fenicia, dal momento che vi si leggono analoghe vicende, la cui redazione è senz'altro anteriore a quella esiodea. È dunque in questo complesso contesto che vanno lette le cosiddette influenze orientali in Esiodo -né convince la tesi che ne attribuisce la causa univocamente all’origine microasiatica della famiglia. ’l'anto più che Esiodo, filtrando e poi fissando i racconti teogonici, non poteva non tener conto del pubblico, delle sue conoscenze e dei suoi gusti. Raccontando per es. la castrazione di Urano, non avrà voluto più che tanto stupire né inorridire o altro: ha raccontato quello che era a grandi linee di dominio pubblico. Tali miti antichissimi, per quanto non di origine greca, data la loro decisa anteriorità rispetto al formarsi della cultura ellenica, erano con ogni probabilità da tempo noti e condivisi (anche perché corrispondevano ad esigenze ‘sapienziali’ al fondo comuni), per quanto in certe regioni più presenti o persistenti che in altre, grazie a una sorta di koirè culturale, multietnica e multilingue, che certo esisteva e il cui centro propulsore nel II millennio nel Mediterraneo orientale non poteva che essere Creta84.
Prova ne sono miti come quello delle Danaidi (che fu materia di tragedie) o di Io o di Elena che alludono all’Egitto, anche
prima di Erodoto, o di Belo, Agenore, Adone, che si riferisco-
no al mondo semitico e fenicio, e storie di ogni genere che riguardano i tanti popoli e regni anatolici (Lidi, Frigi, Misii ecc.) e i loro rapporti con quello ellenico. E la scrittura alfabetica stessa dei Greci non venne loro dai Fenici? Non si tratta quasi certamente, in generale, di una dipendenza in senso proprio, e si dovrà dunque fare attenzione parlando di font185 della Teogonia, trattandosi di influssi verosimilmente da lungo assimilati, al punto da non potersi più distinguere da racconti di genuina origine greca. Che poi questi siano portatori di una sensibilità diversa da quella greca, per es. ionico-attica, è un altro discorso.
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Tanto più che quel che conta per noi è mettere in rilievo la capacità speculativa di Esiodo, che seppe raccogliere, sceverare e riunire quel che a lui serviva per costituire un tutto armoniοδό, Come ebbe a dire Erodoto: ‘Sono costoro (sc.Omero ed Esiodo) che hanno poetato una teogonia per i Greci, attribuito agli dei gli appellativi e gli onori, distinto le loro abilità (‘technas’) e segnalato la loro forma.’87 In altre parole, sono costoro i venerati formatori della coscienza greca e come tali devono essere visti: la ricerca eziologica del materiale mitologico non dovrà dissolvere l’unità del messaggio che ciascuno dei due ha tra-
smesso alle generazioni future che in esso si sono riconosciute. 3. Le Opere e i Giorni: analisi strutturale
— Proemio (vv. 1-10): invocazione tradizionale alle Muse di Pieria perché inneggino al padre Zeus; seguono versi a dimostrazione dell’onnipotenza di Zeus, che assumono toni quasi monoteistici. Al v. 9 l’invito pressante a Zeus che compia il suo ruolo di garante della giustizia; al verso successivo, nel drammatico confronto ‘tu, io’, Esiodo comunicherà il vero a Perse
(con sottinteso: nella speranza che Zeus faccia la sua parte).
— Le due Erides (vv. 11-26): autocorrezione al v. 11, rispet-
to alla Teogonia, v. 225, poi spiega origine, attività, effetti di ciascuna delle due.
- La lite con Perse (vv. 27-41): il primo degli ammonimenti a Perse; che è il prototipo del fannullone (al v. 28 primo accenno al lavoro), pronto a sottrarre agli altri i loro legittimi beni. A grandi linee la storia della lite, con accenno ai ‘re’ divorato-
ri di doni. Infine due versi aforistici ed enigmatici, in puro stile
esiodeo.
— La vicenda di Prometeo e Pandora (vv. 42-105): il lavoro è una necessità, dacchè Zeus ha nascosto i mezzi di vita a segui-
to del furto del fuoco da parte di Prometeo, cui conseguì, come
punizione per l'umanità, la formazione di Pandora (vv. 60-89). Prima gli uomini vivevano senza fatica né dolore (preannuncio dell’età dell'oro): dopo Pandora e il suo vaso (vv. 94-104) i mali si sono diffusi su tutta la terra.
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— Il mito delle cinque età (vv. 106-201): nell’età dell’oro, al
tempo di Crono, gli uomini non avevano mali; poi scomparvero (e sono ora demoni custodi). Subetrò l’età d’argento: dei bambinoni sciocchi, di lunga vita, ed affetti da ‘hybris’, pertanto anche empi. Dopo la loro scomparsa (e sono ora inferi beati mortali), gli uomini dell’età del bronzo furono tracotanti e guerrieri. Subentrò una stirpe divina di eroi o semidei (quella che ci ha preceduto) (vv. 156-173): guerrieri che perirono sotto Tebe o sotto Troia; ma i sopravvissuti di loro vivono nelle isole
dei beati e loro re è Crono (vv. 167-169 a =173 a). Ora è la terribile quinta età, quella del ferro, caratterizzata dal male, dal dolore e dall’iniquità (vv. 174-201); Esiodo è profetico e pessimista (ma non #4 toto, cfr. v. 175): domineranno i ‘cheirodìkai’, gli spergiuri, i giudici dei giudizi storti. A quel punto Aidòs e Nemesi lasceranno il mondo e ‘al male non ci sarà riparo”. - L’apologo dell’usignolo e dello sparviero (vv.202-212). Si rivolge ai ‘re’ (e anticipa nel racconto i vv.270-273). — Giustizia e tracotanza (‘dike’ e ‘hybris’) (vv. 213-247): la strada dell’iniquità porta a sofferenza per sè e per gli altri (prosopopea della giustizia o semplicemente Dike trascinata dai
perversi, vv. 219-223); la buona amministrazione della giustizia rende felice la città giusta (vv. 225-237); al contrario i cittadini
della città ingiusta saranno puniti, loro e i loro beni (vv. 238247). — Procedimento per anticipazioni e riprese, secondo la tecnica ad incastro già vista nella Teogonia. i — Invettiva contro i re, vv. 248-273 (‘climax’che comincia al
v. 202 e tocca in questi versi il culmine, forse al v. 265, per poi ‘rivelare’ il proprio dell’uomo, cui l’ergor deve corrispondere, vv. 276-285 ). Ci sono i demoni custodi che sorvegliano gli uomini, incuranti dello sguardo degli dei (vv. 249-255), c’è Dike, vergine figlia di Zeus (vv. 256-262); ripresa: tutto Zeus vede e capisce (vv. 267-269). Perplessità: dall’invettiva contro ‘questa giustizia’ al dubbio sulla pratica della giustizia (vv. 270-3). - La legge che Zeus impose all’uomo (vv. 274-285): l’uomo si distingue dagli altri animali perché supera ‘il divorarsi reciprocamente’: questa è ‘hybris”, il contrario della ‘dike’, la quale
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fa l'umanità dell’uomo. Il giusto sarà anche prospero, al con-
trario dell’ingiusto e della sua stirpe (vv. 280-285, che riprendono i vv, 225-247).
- Ammonimento a
Perse: la difficile strada dell’aretè, che è
anche prosperità, purchè si sappia almeno ascoltare, se non si sa trovare da sè (vv. 286-298: ripresa dei vv. 216-8, per l’idea di cammino). I vv. 286-297 fungono da proemio alla seconda parte degli Erga. — L'imperativo del lavoro, per la virtù e il benessere, con consigli pratici applicativi dell’aretè (vv. 299-382). ‘Lavora!’ contro la fame,
per non
essere fuco,
anzi per la ricchezza
(v.308): gli dei benedicono gli attivi non gli oziosi. C'è una ‘aidòs’ controproducente (vv. 317-9). Ma la ricchezza sia giusta, se no è rovinosa (vv. 320-326: ripresa dei vv. 183-8). Seguono consigli spiccioli all'insegna del rispetto per gli dei, e conseguenti riti devozionali (vv. 335-341). Si segnalano: la ripulsa dei cattivi guadagni, che riprende vv. 321 sgg, l’elogio del beneficare (per quanto solo chi parimenti corrisponda), la cautela nel dare fiducia, soprattutto alla donna, che cerca solo di accasarsi bene, il figlio unico (o no), il ribadito ruolo del lavoro che
riscatta (vv. 373-382).
— Il calendario agricolo, vv. 383-617: tutto a tempo opportuno, semina e quant’altro, secondo i ritmi delle stagioni e la scrupolosa osservazione degli astri (di cui Esiodo si rivela ottimo conoscitore). Ancora, ai vv. 394-5, il monito al fratello: 44
‘lavora!’ ( si riprende poi, vv. 396-7, il tema della lite dei vv. 2742); al piccolo proprietario fanno comodo, tra l’altro, una donna ‘ acquistata, non sposata’ (una sorta di governante), degli attrezzi: come costruire un aratro (vv. 426-436); poi come
gestire i buoi, chi deve farli lavorare e quando. Lo scopo è
almeno l’indipendenza o autosufficienza, di fronte a un prossimo freddo e insensibile o che ha i suoi problemi (vv. 394-5, 399-403 ,408, 453-4); non bisogna rimandare, ci vuole disciplina (vv. 410-3; 471-2). Lungi dall’oziare d’inverno nella lesche (come nella buona stagione nell’agorà), bisogna essere previ-
denti e attivi: vv. 495,503. Segue una lirica descrizione della
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brutta stagione (che non ferma il lavoratore) con tanti consigli, anche su come vestirsi: vv. 504-560. Al tempo dei lavori agricoli, c'è duro lavoro ma ci sono conforti (bere all’ombra buon vino e così via), vv. 561-596; segue, dopo la mietitura, la trebbiatura; e, avendo mezzi e bisogni, ci vuole l’aiuto di una serva, di un bracciante e di un cane da guardia (vv. 602-605). Poi la vendemmia, per fare del passito (vv. 609-614). - La navigazione e il commercio per mare (vv. 618-694). Si naviga nei mesi estivi (da giugno ad agosto), in primavera non si fruisce della regolarità degli etesii. Di grande rilievo i passi sul padre e sul viaggio a Calcide (vv. 633-640; 650-659). Esiodo
si dichiara inesperto, v. 649, ma egli sa, grazie alle Muse e a Zeus, vv. 661-662. ‘La ricchezza è la vita per i poveri mortali’, v. 686, che rischiano contro l’opportuno; difatti la chiusa è una
‘gnome’di valore essenziale (v. 694).
— Consigli pratici, ispirati alla massima del v. 694 (vv. 695764), che preparano i Giorzi: dopo il consiglio di prendere
moglie, con le dovute cautele (vv. 695-705), seguono prescrizioni rituali varie, tra cui si segnala l’attenzione all’amico e la
coerenza che va impiegata in simili rapporti (vv. 707-714).
— I Giorni, vv. 764-828: una serie di indicazioni e prescrizio-
ni sui giorni, quelli fausti e quelli infausti. Il finale (vv. 826-828)
prelude — pare — all’Ornitomanzia.
a) Le tematiche preminenti: le due Erides, Prometeo Pandora, le cinque stirpi, il trinomio Zeus-dike-ergon
e
Il poema, senza dubbio di notevole compattezza espressiva, pieno di tensione positiva e denso come può esserlo un grande organismo sinfonico profondamente ispirato, è il cuore della produzione esiodea88 e soprattutto l’opera che più agevolmente supera la sfida dei millenni col suo bagaglio di interrogativi radicali e di risposte ineludibili, a meno di voler dare il primo posto al poema teogonico, però così lontano da noi per la sua specificità mitopoietica, e che già allora era la sintesi matura di un mondo che i nuovi tempi avrebbero quanto meno cambiato proponendo più moderne percezioni della realtà, già in
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parte implicite e potenziali dentro quello stesso pensiero teocosmogonico. Al quale si riserverà, dall’età classica, il ruolo di prezioso repertorio di cultura mitologica e ipso facto poetica, alla ricerca dell'umano (come presso i Tragici, che però più volentieri si volgevano al Catalogo) o dell'evasione preziosa, come in età ellenistica e romana. Il poema, privo di struttura narrativa8?, è caratterizzato da una prima parte decisamente sapienziale che vede dominante il tema della giustizia, mentre la seconda,
che comincia già
prima del calendario agricolo, è più decisamente didascalica. In realtà, si rivolga al destinatario Perse o ai ‘re’, l’atteggiamento di Esiodo è sempre parenetico e di poeta docens, per cui il poeta di Ascra è tradizionalmente considerato l’‘euretès’ e ‘archeghètes’, ovvero lo scopritore e iniziatore, del genere poetico didascalico. È proprio il motivo parenetico (etico e religioso) quello che assicura unità e solidità all’opera. La suddetta ‘eutonìa’, o tensione positiva, si mantiene fin
vero il v.700, poi si sbriciola in una caterva di minuti consigli e prescrizioni superstiziose come nei Giorni. E questo, verosi-
milmente, se non sono parti spurie”, è effetto di una precettistica, insita nel genere protrettico o esortativo (per quanto ancora di generi, ‘eide’, non si possa parlare, trattandosi di un prototipo), che finisce nell’aforisma (sia divieto sia comando) dimentico dell’ampio ritmo della grande poesia precedente, cominciasse o meno il poema col proemio o col v. 11, il verso delle due Erides®!, In ogni caso, l'avvio è la lite con Perse, anzi Perse rappresenta l’Eris negativa, la litigiosità distruttiva e cattiva, certo
ladra, che si pasce di ozio e di sogni?2. Che ci sia dietro l’intera umanità comune e spesso iniqua, è chiaro: non c’è bisogno
di uno sforzo interpretativo allegorizzante; come capita di constatare presso gli scoliasti, il principe dei quali per gli Erga è il grande neoplatonico Proclo, che dipendeva da Plutarco. La distinzione tra competizione costruttiva e guerra distrut-
tiva è una evoluzione cospicua rispetto alla Teogoria (vv. 225232), che conosce una sola Eris ‘dall’animo violento’, che genera Fatica, Oblio, Fame, Dolori, Mischie, Battaglie, Assassinii,
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Uccisioni, Dispute, Discorsi menzogneri, Controversie e Giu-
ramento visto dal lato dello spergiuro. Ed è proprio l’altro lato; quello buono, di ‘pòlerzos,’ ‘padre di tutte le cose’, come dirà Eraclito, che viene ora in luce ed è indissociabile dal lavoro: ‘Essa anche l’indolente sveglia ugualmente all’azione; difatti uno sente il bisogno di operare quando vede un altro ricco, che si affretta ad arare, a piantare e a far prosperare il suo patrimonio: il vicino emula il vicino che si affretta ad arricchirsi. Buona è questa Eris per i mortali. E il vasaio compete risentito col vasaio e il carpentiere col carpentiere, il povero invidia il povero e l’aedo l’aedo’94,
Al contrario, l’altra Eris è gravosa necessità che vuole la ‘guerra malvagia e il conflitto’. Ed è evidente come Esiodo con ciò si opponga frontalmente, per quanto non paia a prima
vista, all’idea stessa di aristìa, nucleo dell’epos, ovvero di singo-
lar tenzone non meno gloriosa che sanguinosa, dalla quale emergerebbe il migliore; ma non il più sapiente, che non seguirà il ‘divorarsi reciproco’ degli animali (Erga, v. 278): non per viltà, ma in nome di altre mete e ben più alte lotte. Come si spiega il lavoro (v. 28)? Il poema in effetti prende
spunto dal contenzioso con Perse per affrontare fin dal princi-
pio sia il tema dell’incontro che si realizza tra due alterità, che
possono sviluppare un serrato confronto pacifico o voler pre-
varicare l’una sull’altra, sia il tema e il problema del lavoro, del
dolore, della fatica, del male. La risposta che Esiodo dà a que-
sti interrogativi sta nei tre miti che sono evocati, allo scopo,
uno dopo l’altro: il mito di Prometeo e di Pandora, quello delle cinque stirpi dell’umanità e l’ainos’, ovvero apologo, dell’usignolo e dello sparviero. La condizione umana è tale che i mezzi di vita, per essere ottenuti, richiedono un’attività lavorativa: non sono a portata di mano. E la colpa di questo ricade su Prometeo, qui visto, come nella Teogonia, come l’ingannatore, anzi il prototipo degli ingannatori; è colui che si connette all'oscuro episodio di Mecone, che sancì il divorzio tra dei e uomini. In pratica la figura di Prometeo, qui evocata in breve (dieci versi, vv. 47-58, contro i cinquanta della Teogoria, 521-570) anticipa, com'è nella tecnica compositiva di Esiodo, la problematica dell’età
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dell’oro o vi allude; però più avanti (vv. 109-126), Esiodo, trattando dell’età dell’oro, non allude espressamente a una rottura
imputabile a Prometeo, da cui sarebbe venuta la fine inesplicata di quell'età felice (avendo invero il poeta già parlato del divorzio di cui sopra nella Teogonsa). . Dunque è il furto del fuoco la causa del male? È sicuramente così, ma la risposta è più complessa: tra l’altro in Esiodo niente è univoco o chiaramente determinato in sé, ma ogni fatto o personaggio, pur godendo di notevole autonomia (il che spiega tante incoerenze, se non contraddizioni), è in forte
rapporto di sinergia con altri fatti e personaggi. In questo caso, dopo una risata di Zeus a Prometeo (v. 59), entra in campo la punizione da lui decretata, ovvero Pandora (vv. 60-95), a spiegare più diffusamente il male, cui si riallaccia la fatica del lavoro ; che non viene però più ripreso esplicitamente dopo i vv. 42 sgg., a parte l’invito pressante a Perse perché lavori. È con un'assunzione
di responsabilità, vuol dire
Esiodo al suo muto interlocutore e destinatario (prima dei re), che si affronta la vita: non è con la bestiale violenza né con la viltà della prevaricazione ottenuta corrompendo dei giudici, di per sé ben pronti a farsi corrompere, che si sfuggirà al male, anzi si precipiterà in un male anche peggiore, per sé e per la comunità cui si appartiene. A Pandora è dedicato negli Erga uno spazio più o meno pari a quello dedicatole nella Teogorza, dove però non compare il nome della donna plasmata da Efesto per punire gli uomini: ‘l’inganno arduo e irrimediabile’ (v. 83) che nel poema teogonico era detto il ‘bel malanno’ (v. 585) e l'inganno profondo e senza scampo per gli umani’ (v. 589). Epimeteo, l’ingenuo fratello di Prometeo, l’accoglie, e impara a sue spese: ’Quando già il malanno pativa, comprese’ (Erga, v. 89).
Ma quello che fa la novità degli Erga è il ‘pithos’, ovvero l’orcio di cui Pandora è in possesso: lì ci sono tutti i mali. Da quando fu aperto ‘altre infinite, lacrimose pene girano tra gli umani; / chè piena è la terra di mali, pieno il mare; / malattie, alcune di giorno altre di notte, agli uomini / si uniscono, come
loro aggrada, recando mali ai mortali / in silenzio, poichè loro
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tolse la voce Zeus prudente’ (Erga, vv. 100-104). Dentro l’orcio restò solo ‘Elpìs’, come pensiero del bene o del male futuro e quindi pensiero del tempo, del divenire: magra consolazione.
E conclude, al verso seguente, come nella Teogonia
(v. 613):
‘Così non c’è modo alcuno di sottrarsi alla mente di Zeus’. In realtà Pandora e il suo orcio sono le due facce di una medesima medaglia: si può ben ritenere lei stessa vas omnia
vitiorum. E questa appare flagrante misoginia, come emerge da
affermazioni di tal natura presenti nella Teogonza (le donne
fuchi, compartecipi di mali a danno dell’uomo, v. 595, ‘non
compagne della rovinosa povertà, ma della sazietà’, v. 593): in realtà credo sia presa di mira non tanto o non solo un certo tipo di donna furba e profittatrice, ma la donna in quanto ‘ghènesis’”, ovvero immagine del divenire datore di vita e di morte (come propose di intendere Proclo). Nel Catalogo Esiodo sarà tutt'altro che misogino: come si spiega ? Entra in gioco la duplicità o sdoppiamento (idea che risale a Martinazzoli). Ed è come per il lavoro: l’uno e l’altra, la donna, sono necessità imposte alla condizione umana, comunque le si intenda, salvo che l’uno è penoso ma necessario e utile, l’altro è il fascinoso malanno che gli uomini amano e circondano di attenzioni: ‘In cambio del fuoco — parla Zeus — io darò loro un male, di cui
tutti quanti / si allieteranno nel cuore circondando di affezio-
ne il loro malanno’ (Erga, vv. 57-8). Il secondo mito è quello delle cinque età, un breve raccon-
to di sintesi e di coronamento,
come
dice Esiodo
(v. 106).
Tradizionalmente doveva comprenderne quattro; e si tratta di un racconto che si trova parimenti, per es., nel mondo indiano. (i quattro yuga, di cui il Kaléyuga, o età del ferro, precede la dissoluzione del mondo). Esiodo, in omaggio all’epos di cui era estimatore, nonostante la ripulsa in lui presente della guerra malvagia (per es., Erga, υ. 14) ο, che è lo stesso, dell’Eris che la
determina”, producendo conseguenze lacrimose e drammatiche, inventa una quarta età, precedente la nostra, che è quella del ferro (senza apparente connessione con la scoperta dei
metalli), che chiama ‘stirpe divina’ di eroi o semidei (vv. 159-
60). Come si vedrà in seguito, Esiodo realizzava così una spe-
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cie di raccordo con l’epos omerico grazie alla Teogonsa, che partendo dal ‘Chaos’ iniziale e da Gaia giunge al trionfo di Zeus, e grazie al Catalogo che arrivava agli eroi a ridosso della guerra troiana: dopo la quale comincia l’età presente oscura, iniqua, tracotante e apparentemente a rischio di autodistruzione. Al v.108, un verso anche contestato,
in realtà di grande
importanza, dichiara la comune origine di dei e uomini. La quale deve intendersi come comunanza originaria o compartecipazione, primordiale simbiosi, e infine unità primigenia di tutte le creature. Ma se così fu nell’età dell’oro, nella quale gli uomini ‘morivano come sopraffatti dal sonno’(v. 116) e godevano di ogni facile benessere, quindi non avevano bisogno di lavorare, quanto meno non come noi (come si auspica ipoteti-
camente ai vv. 43-46), così non fu già a partire dall’età successiva, quella d’argento. Ma soffermiamoci un momento sull’età aurea, a cui Esiodo fa poi riferimento nel proemio del Cata/ogo, perché credo che questo stato sia una premessa di fondo del suo pensiero e in qualche modo per lui il criterio in base al quale misurare il presente ed esprimere precise proposte di condotta!00, ‘Questi furono al tempo di Crono, quando egli regnava in cielo. Come dei vivevano, il cuore sgombro da pena,
distanti ed esenti da fatica e pianto, né la misera vecchiezza li sovrastava, ma sempre ugualmente vigorosi nei piedi si allietavano nelle feste, scevri da tutti quanti i mali;
[e nelle mani,
morivano come sopraffatti dal sonno, ogni cosa buona
essi avevano, e frutti produceva la terra ricca di biade spontaneamente, in quantità e generosamente; ed essi benevoli
e pacifici vivevano dei loro lavori tra molti beni, ricchi di greggi, cari agli dei felici’.
Ora, questi versi (Erga, 111-120) sono per molti versi paradigmatici: la città giusta (vv. 225-237) ne ripete i caratteri, ad essi si ispira la condizione degli eroi nelle isole dei beati (vv. :
168-173), tant'è vero che il v. 173 a allude a Crono, una pari prosperità è assicurata a chi pronuncia rette sentenze (vv. 280281). Insomma la giustizia garantisce l'armonia, che mitica-
mente richiama questa età favolosa, perché essa ripete in qualche modo, sia pure nel presente diviso, quella originaria somi-
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glianza con gli dei; si rammenti:
‘vivevano come det’. E del
dovuto
caso, l’autodeterminazione
resto che cosa significa la prescrizione religiosa fondamentale che si trova al v. 706: ‘Stai ben attento ad osservare il rispetto dovuto agli immortali beati’? Appunto la ricerca costante, che potrà pur parere stramba nel caso dei Giorni, di un reciproco fruttuoso accordo o dialogo con gli dei — diceva Epitteto: ‘Ovunque si può godere della relazione, bowzi/îa, con gli dei’101, Che poi Esiodo sia agli antipodi di Lucrezio, che non credeva a una felice condizione ‘edenica’ originaria, e non tenga nel conto,
almeno
in questo
umana che si fa faticosamente a partire da uno stato iniziale piuttosto ferino e infelice dominato da una sorta di incoscienza simile al sogno!02, come dice magistralmente Prometeo nell'omonima tragedia, non significa affatto che il suo messaggio sia fatto di illusioni, ma che è ispirato ad una ricerca costante di ‘eusèbeia’, fin dalle prime battute anche drammatiche del proemio degli Erga. Ebbene quest’età felice e irripetibile è finita, né Esiodo ne spiega i motivi. Forse proprio a Prometeo andrebbe imputata, col divorzio dal divino primordiale, anche la fine della prima stirpe; ma il furto del fuoco mal si concilia con la condizione
degli uomini dell’età aurea. Seguono due stirpi diverse e pure ugualmente caratterizzate dalla ‘hybris’, che è l’esatto opposto della ‘dike’, il cui valore primordiale è evidentissimo: lo spessore semantico originario della parola indica conformità e adesione all’ordine; di cui quello umano è un esempio, mentre quello divino è l’ordine per eccellenza, lo sfondo necessario ed ineludibile di ogni agire, in quanto è il reale stesso nella sua essenzialità. L’immaturità dell’uomo dell’età argentea ha delle somiglianze con quella di Perse, e infatti ad entrambi viene affibbiato l’epiteto
di ‘nepios’(‘mega nepios, v. 131; v. 286 ) La stirpe bronzea, così metallica e dedita alla guerra, sparisce ‘senza più nome’ (v. 154). Finalmente subentrò la quarta stirpe, degli eroi e semidei, di. cui la nostra, di ferro, è una degenerazione che pare, intesa pes simisticamente, progressiva e inarrestabile. Dopo la morte, i rappresentanti delle prime due stirpi sopravvivono come dè-
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moni, sia pure con diverse competenze (rilevante quella dei primi che sono richiamati ai vv. 249-255); gli eroi, quelli sopravvissuti alle guerre di Tebe e di Troia, stanno nelle Isole dei beati. La quinta è quella cui è dato maggiore spazio (vv. 174-201) ed è caratterizzata dalla ‘hybris’ e dall’angustia. ‘Ora infatti è la stirpe di ferro né mai di giorno né di notte smetteranno da fatica e dolore di venire consumati; e gli dei infliggeranno loro dure angustie.” (νν 176-178)
E prosegue profeticamente con qualche espressione enig-
matica:
‘Zeus distruggerà anche questa stirpe di uomini mortali, nel momento in cui alla nascita appariranno canuti sulle tempie; né il padre avrà più lo stesso sentire dei figli né i figli del padre, né l’ospite all’ospite o l’amico all’amico, né il fratello al fratello sarà caro come prima; disprezzeranno i genitori non appena questi invecchiati, se ne lamenteranno usando dure parole,
sventurati, neppure consapevoli dello sguardo degli dei; né essi ai genitori vegliardi vorranno dare, a loro volta, cibo.’ (vv. 180-188)
E poco più avanti: ‘Nessun favore si accorderà a chi è fedele alla parola data né al giusto né al virtuoso: di preferenza l’autore di misfatti e la tracotanza fatta uomo apprezzeranno; la giustizia sarà nelle mani e il pudore non esisterà; il malvagio nuocerà all'uomo nobile
ricorrendo a parole tortuose e per di più giurerà; la competitività invidiosa tutti quanti i poveri umani, col suo sguardo sinistro, accompagnerà, chiassusa e compiaciuta del male” (vv.190-6).
L’uso del futuro, in tono oracolare, ad annunciare la deca-
denza e infine il trionfo del male (v. 202), che prelude, si suppone, alla sparizione della quinta stirpe, indica che, scppure il processo è in atto, è però proiettato in un tempo a venire, o
almeno sono proiettati in un tempo a venire i segni di una più marcata e irrimediabile decadenza, cui farà seguito la fuga di Aidòs e Nemesi dal mondo. Senza queste divinità, che sono personificazioni di precise condizioni psichiche e sociali, non ci saranno più, dice il veggente Esiodo, le condizioni dell’armonia e dell’ordine (cioè di dike) e prevarrà il male. Inversa-
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mente, senza dike non può esserci pudore o rispetto (Aidòs) né la reazione al male che diventa giusta persecuzione del malfattore (e questa è Nemesi). Stupisce ma non troppo che il regno di Zeus, che trionfò infine sull’informe, sul mostruoso e, noi diremmo, sull’irrazio-
nale, si trovi a registrare la progressiva e forse irrimediabile decadenza del genere umano, che già fu sommerso dal diluvio e poi si ricostituì a partire dalla coppia iniziale di Deucalione e Pirra, progenie di Prometeo e Pandora, come si racconta all’inizio del Catalogo. I rapporti cronologici tra il diluvio e il conseguente rinascere dell’umanità con le cinque età sono problematici, ma sappiamo che in Esiodo, per quanto sia presente lo spirito sistematico lato sensu, non c’è da pretendere una orga-
nicità razionale!0, perché è un vate, non un filosofo c, infine, è
semplicemente un poeta: a questo non si chiede più che tanto coerenza, da lui si aspettano intuizioni e illuminazioni. E un'antica convinzione, ben nota agli Stoici e che si può dire indeuropea, quella secondo cui il mondo conosce cicli, morti e rinascite epocali (come pare dire Esiodo alla fine del Catalogo); in ogni modo, le cinque stirpi -ritengo- non vanno intese tanto come fasi che si succedano cronologicamente, per quanto Esiodo sembri suggerirlo in vario modo, quanto come degli exerzpla, e questi sono fuori del tempo. Del resto il mito, che è per sua natura fondante, è intemporale. Dunque, non deve stupire il fatto che sotto il regno di Zeus ci siano crisi e involuzione, per quanto questa affermazione sia temperata dalle sagge parole secondo cui anche per quelli dell’età del ferro ‘si troveranno beni mescolati ai mali’ (v. 179). Anzi qui emerge, com'è nella natura stessa fortemente personale ed esortativa del poema, la funzione del poeta, amato dalle Muse, che conosce, sia pure oscuramente, la mente di Zeus (per es. vv. 661-2; Teog., 31-34 e passim), che è al fondo però imperscrutabile (Exg4,483-4; frr. 10, 97-98; 253), e quindi
indica la strada all'umanità, quella del meglio ovvero della virtù (vv. 216, 288 sgg.), cioè della responsabilità, delle scelte consapevoli, in un’epoca in cui è spenta la stirpe gloriosa degli eroi dediti all’aretè e prevalgono i ‘cheirodikai’ (v. 189).
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È questo un bellissimo neologismo esiodeo così denso: ‘gente per cui il diritto sarà la forza delle mani’, sia nel senso della materiale violenza sia in quello della frode, di cui Odisseo era il prototipo omerico, accanto al discusso Prometeo che Esiodo certo non esalta come non poteva esaltare Ermete, mitico progenitore dell’eroe di Itaca, ma piuttosto la benefica Ecate, mediatrice tra l'umano e il divino olimpico e ben ancorata alla terra (Inno a Ecate, Teog., vv. 411 sgg.). Segue il celebre apologo dell’usignolo e dello sparviero, dedicato questa volta ai re!0, Il terzo racconto, tratto dal mondo
animale, anticipa il confronto tra uomini e animali ai
vv. 276 sgg.. E la storia del povero usignolo alla mercè dello sparviero. Che rappresenta il cantore Esiodo alle prese con i rapaci re-giudici divoratori di doni e pronti a giudicare in questo o in quel modo a seconda dei doni che ciascuna delle due parti in causa è capace di offrire. E la forza, cioè il diritto del più forte, che si focalizza nell”ainos’. Perché opporsi a tale evidenza, e chi lo fa non è dissennato? Ma Esiodo riparte: "Tu, o Perse, ascolta la giustizia, non
assecondare la tracotanza’(v. 213). E nonostante dubbi naturalissimi (vv. 270-3), arrivando ai vv. 276 sgg. che sono il culmine di un
‘climax’,
si tocca
con
mano
l’inizio
dell’umanesimo
greco, cioè del ‘nuovo’ senso dell’uomo-cittadino, collocato 4/ suo posto, cioè in mezzo, tra dei e animali, nel segno del lavoro
e della giustizia:
‘O Perse, tu tutto questo mettiti bene in testa,
e dunque ascolta la giustizia, dimentica del tutto la violenza.
Questa legge infatti impose il Cronide agli umani:
ai pesci e alle fiere e agli uccelli alati
di divorarsi reciprocamente, poiché non esiste giustizia tra loro; agli uomini invece diede la giustizia, che di gran lunga il più eccellente è (dei beni); e qualora uno pronunci in pubblico pareri giusti sapendo di che parla, a costui Zeus dalla vasta voce concede prosperità. Chi invece deliberatamente sia spergiuro sulla base di testimonianze false e, offendendo la giustizia, commetta crimine irrimediabile,
lascia più oscura e incerta dopo di sé la sua discendenza; mentre quella dell’uomo fedele alla parola data sarà in futuro migliore’ (vv. 274-285)
Ora, gli ultimi versi, che vogliono mostrare anche l’utilità
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dell’essere giusti in rapporto alla propria discendenza, che sarebbe così più segnalata e migliore, si collegano all’idea della responsabilità etico-religiosa non solo individuale ma clanica (cioè del ‘ghenos’), per cui i figli possono trovarsi a pagare le colpe dei padri e, inversamente, a godere i frutti della loro
innocenza e virtù.
A quest'idea arcaica, presente per es. in Solone (cfr. Alle
Muse, fr.1 Gentili-Prato, vv. 25-32), si affiancano, poco prima,
dei versi molto chiari: quelli relativi alla città giusta e a quella ingiusta (vv. 225-247). I primi vivono come in una sorta di età dell’oro che è loro garantita dalla coesione sociale, la quale può farsi solo sulla base di una sicura virtù individuale, e dalla protezione di Zeus, che sta dalla parte di quelli che rispettano il suo ordine. I trasgressori al contrario saranno puniti. Ma è soprattutto condivisibile il vertice del sentire esiodeo in materia, che anticipa Platone: ‘ A se stesso procura il male l’uomo che procura il male ad un altro / e la decisione maligna è pessima per chi l’ha concepita’ (vv. 265-66). Come a suggerire che è la qualità della vita interiore che fa la differenza, mentre è
vano minacciare castighi o darli per scontati, quando, come dice lo stesso Esiodo: ‘Tra gli uomini giusto / non vorrei essere né che lo fosse mio figlio, poiché è male per un uomo giusto
/ essere, se è vero che più si è ingiusti e più grande giustizia si riceverà’ (vv. 270-2), il che rovescia le conclusioni del passo
sopra riportato. La verità profonda è questa: seppure l’iniquo trionfa, in lui è spento il rapporto col divino, in altre parole per lui la strada della salvezza è interrotta. Ed è Zeus, fin dal proemio evocato come garante dell’ordine del mondo, che, più di quanto sia nella Teogonsa, è il fondamento di tutto l’insegnamento esiodeo. Non è lo Zeus pensoso e insieme frivolo dell’Iliade, è piuttosto quello di Eumeo (che compare nell’Od:ssea a partire dal XIV libro), dio etico, compassionevole e caratterizzato in modi teistici se non monoteisti-
ci!0. Del resto nello stesso proemio esiodeo la figura di Zeus ha lineamenti che ricordano la Bibbia: un altro influsso orientale? È possibile, ma, come già si è detto, e come rivela l’Odissea, la cui composizione potrebbe essere coeva ad Esiodo, si
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tratta in ogni caso di un sentire acquisito e diffuso, però, bisogna aggiungere, un sentire che viene dal basso, dagli umili, come Eumeo, dalla gente abituata alla fatica, alla subordinazione, al sopruso. E se è vero, come ricorderà Senofane, che ciascun popolo o gruppo si fa il suo dio a sua immagine'!07, gli eroi omerici si sentivano troppo vicini agl’immortali per poter sviluppare un arizzus umile, paziente, devoto, virtuoso, in un
senso che si direbbe, con parola per quei tempi anacronistica, borghese in opposizione ad aristocratico. Dunque è dalla parte dei subalterni che va cercata la religiosità etica, pacifica e inneggiante al lavoro, specie della terra, che caratterizza il continentale e piccolo proprietario Esiodo, portato dalla storia ad essere sia omerìda sia oppositore dell’arbitrio ‘feudale’ degli aristocratici (o re). Dice il porcaro Eumeo, acccogliendo Odis-
seo in incognito nella sua capanna:
‘Ospite, non mi è lecito, neppure se uno peggiore di te venisse, disprezzare l'ospite; perché da parte di Zeus vengono tutti, ospiti e poveracci; dono piccolo e caro è il nostro; perché è la maniera d’essere dei servi, di sempre stare nella paura...’ (Od. 14, vv. 56-60)
E poco dopo parla del lavoro, da servo che molto fatica per il padrone ‘e un dio gli fa prosperare il lavoro, /come a me prospera questo lavoro, che persisto a fare’ (vv. 65-66). Eumeo, cui il poeta narrante si rivolge, in modo inconsueto, col vocativo, ad esprimere ammirazione ed affezione, è soccorrevole, pio, affezionato al padrone e a lui devoto, per quanto lo creda morto e perduto per sempre. E teme per Telemaco: “ ... il Cronide gli tenga sopra la sua mano”(v. 184). Segue un lungo racconto di Odisseo, infarcito di menzogne, quasi fatto per stordire l’ascoltatore, perché Odisseo diffida e vuole sornionamente provarlo (v. 459); al quale Eumeo candidamente risponde, con qualche sospetto — è pessimista sulla sorte del padrone e questo dà ancora più valore, pateticamente, alla sua fedeltà:
“E tu, miserabile vecchio, poiché un dio t'ha a me condotto, /
non compiacermi con delle menzogne e non incantarmi /: non per questo voglio mostrarti rispetto e amicizia, / ma perché venero Zeus ospitale e ho compassione di te” (vv. 386-389). E al momento della cena, invitando Odisseo a mangiare.
INTRODUZIONE
57
“Mangia, caro ospite, e goditi questi cibi, /qui presenti; il dio darà questa cosa, trascurerà quella, / comunque voglia nel suo animo: perchè può tutto’ (vv. 443-445). Eumeo è il servo com-
prato, fedele al padrone, ospitale, umanissimo, che condanna la pirateria (vv. 85 sgg.), è timoroso ma non ingenuo e deciso, padrone nella sua capanna. Da un lato l’àristos” diffidente e teso alla rovina dei suoi nemici, dall’altro il pietoso subalterno, che si esprime con anacoluti e col cuore. Si capisce che la ‘philìa’ di Odisseo è direttamente proporzionale all’aidòs’ dell’altro, quella di Eumeo è una disponibilità che pare non conoscere barriere né la logica del do ut des. Questa figura di servo ideale rivela dunque un sentire sconosciuto all’Iliade e a parte dell’Odissea stessa; le
concordanze con Esiodo sono chiare. In particolare, la parola ‘opis’ (‘sguardo degli dei, rispetto dovuto agli dei’) ricorre due volte:’ ...I porci ingrassati li mangiano i pretendenti / che non si curano dello sguardo degli dei nell'animo, né nutrono pietà
(eleetyn). /Ma gli dei felici non amano le azioni malvage, / al contrario onorano la giustizia e le azioni corrette (aîsirz4) degli
uomini’ (vv. 81-8). E a proposito del malcostume della pirateria e dei pirati :’ Anche nel loro animo penetra la paura potente dello sguardo divino’ (v. 88). Un altro punto conviene infine
ricordare, in cui Eumeo, a una sorta di scommessa avanzata da Odisseo, dice antifrasticamente:’ Ospite, davvero avrei buona
fama e virtù... se all'improvviso ti uccidessi, togliendoti la vita che ti è cara; / dopo, volentieri potrei innalzare preghiere a Zeus Cronide !’ (vv. 402-406). Analogamente,
in un contesto non narrativo e più denso,
Esiodo si rappresenta Zeus come colui che tutto vede e sorveglia, padre di Dike e ispiratore dell’etica. Se nella Teogonia mostra come Zeus ha ottenuto il potere supremo, negli Erga indica le conseguenze del governo divino sugli esseri umani: sta all’uomo, col lavoro, realizzare il posto per lui previsto dal volere di Zeus. Al quale è riconosciuto il compito di punire i trasgressori direttamente o attraverso la giustizia, che è parte di lui: Cfr. per es. Parmenide (D.K. 29 B 3): ‘Lo stesso è il pensare e l’essere
(to gar autò noeìn estìn te kai einai)’.
6 Erga, 631-40; 650-662; a ciò si aggiungono i versi relativi al contenzio-
so col fratello Perse, 27-41. Si vedano anche i versi della Teogorza,22-34 relativi all’investitura poetica. ? Cfr.gli scolii di Proclo (che dipende da Plutarco) e di altri ad Erga, vv. 633-40. Mazon, Hésiode, Paris rist. 1996, riporta l’identificazione, che giudi-
ca arbitraria, di Ascra con la moderna Pyrgaki. Da segnalare lo scolio al v.
365 che riporta la notizia derivante da Eforo di Cuma,
conterraneo
della
famiglia, secondo cui Dios sarebbe fuggito per aver ucciso un parente. 8 È la vicenda sinteticamente raccontata ai vv. 27-41 degli Erga. J. Strauss
Clay, The Education 1994, pp. 23-33.
of Perses, in Schiesaro, Mitsis, Clay (a cura di), Pisa
98
NOTE ALL'INTRODUZIONE ? Cfr. Proleg. II; scol.27 a. Ci sono precedenti orientali, come per la
Teogonia, cfr. Canfora, Storia della letteratura greca, Roma-Bari 1989, p.51:le
Istruzioni di Shuruppak (circa 2500 a.C.) sumeriche e i Consigli di saggezza (circa 1500-1200 a. C.), poema accadico; nel primo caso è un re che parla al figlio, nel secondo è il consigliere di un re che parla al proprio figlio. Ma di tali documenti se ne sono sempre scritti, per es. ancora Luigi XIV al figlio, € non implicano una dipendenza di alcun genere; senza legame di parentela, si pensi, nell’ambito gnomico, alle elegie di Teognide per Cirno. 10 Cfr. Most., cit, p. xxv: ‘around 700 B.C°; O.Murray (La Grecia delle origini, tr. it. Bologna 1983, pp.86-89) riferisce agli ultimi decenni dell'VIII secolo l’inizio del conflitto, di durata ed esito indeterminati, sul quale si diffonde ampiamente; Marta Sordi, Storia greca, Milano 1971, p. 32: ‘seconda metà del VII secolo’; Canfora, cit, p. 44 conferma l’oscillazione nella datazio-
ne della guerra da fine VIII secolo a metà del VII. Non va dimenticato che Plutarco (cfr. scolio di Proclo ai vv. 650-662) riteneva il passo interpolato. 11 Cfr. Mazon, Hésiode, pp. XIV-XV. Da ultimo Most, p. xxv: fine VIII
secolo, primi del VII per Esiodo (e Omero), avanzata come ipotesi. 12 Si vedano i passi in Appendice, particolarmente l’Agone, che contiene citazioni anche di Alcidamante ed Eratostene (IV e III sec. a.C.), cap. 14. 13 Cfr. il passo di Tzetzes in Appendice. 14 Mazon, cit.,pp. XIII-XIV. Si è indotti a credere che le notizie sulla vita rispecchino l’opera, ovvero è possibile che si siano inventati, come i nomi del
padre e della madre, Picimede, ovvero ‘accorta’, così anche la storia sangui-
nosa della sua fine, per esempio a dimostrazione della negatività dell’età del
ferro, di cui Esiodo si lamenta (Erga, vv. 174-5); cfr. Most, p. Ixiv.
15 Scolio a Erga, 271: “ Bisogna sapere che figlio di Esiodo è Mnasea. Filocoro dice che è Stesicoro, avuto da Climene; altri Archiepe”. 16 Cfr. Most, Testimonia, pp.162-173. 17 Most, p. xxv: “Both poets somewhere towards the end of the 8th century or the very beginning of the 7th century BC.” La tradizionale anteriorità di Omero è sostenuta da Leclerc (La parole): ‘Des évolutions amorcées dan l’Odyssée trouvent leur achèvement dans la Théogonie et les Travaux' (p. 78). 18 Cfr. Etym.Gudianum, p.249,49; Schol. Hes.Op. 1, p.22,1 Gaisford. 19 Ibidem, pp.xiv-xv. Sui termini paralleli ‘ossa’, ‘audè’, ‘ops’, ‘aoidè’, ‘doupos’, ‘molpè si sofferma Berlinzani (La voce e il canto). 20 Cfr. Pausania, IX, 31, 5 (in Appendice). 21 Tra i Frammenti, dopo quelli del Catalogo, si possono leggere quelli delle seguenti opere: Grandi Eoie (ci sono, tra gli altri, frammenti relativi ad Eracle e alla sua famiglia, a Frisso, ai pretendenti di Ippodameia, a Endimione, a Melampo); Matrimonio di Ceice (frammenti enigmatici); Melampodia (Tiresia, Calcante e morte di quest’ultimo in gara con Mopso); La discesa di Piritoo (il lungo fr. 216); I Dattili Idei, I precetti di Chirone (sul sacrificio e
NOTE ALL’INTRODUZIONE
99
sull’educazione dei fanciulli); Le Grandi Opere, Astronomia o Astrologia (su Pleiadi e Iadi); Egizio
(da Io ed Argo
al matrimonio. di Teseo e Teti ad
Achille). Seguono frammenti di incerta collocazione: tra cui Coronide che
tradisce Apollo, fr. 239; Danae, madre di Perseo, fr.241; i discendenti di Melampo, fr. 242; le donne di Teseo, fr. 243; Orione; le Tindaridi, ed Er-
mione, frr. 248-9; i Lelegi, fr.251; la generazione di Atena secondo la versione crisippea, fr. 294, i cani di Atteone, fr. 30. 22 Cfr. Lesefruechte, in Kleine Schriften, IV, Berlin 1962, p. 177.
23 Non diversamente peri poemi omerici: per es., all’Iliade faceva seguito l’Etiopide, che narrava la lotta di Achille contro Pentesilea, la regina delle Amazzoni, alleata dei Troiani, e la morte sia di Achille sia di Pentesilea.
Prima dell'Iliade c'erano i Canti Ciprii... L’Iliade era così inserita in un ciclo,
il cosiddetto ‘Ciclo epico”.
24 Motto attribuito a Talete; cfr. Epitteto, Diatr., III, 13, 15. 25 Cfr. Teog.vv. 32; 38; Pausania, IX, 31: Esiodo avrebbe appreso la man-
tica dagli Acarnani. 26 W. Taeger, Paideia, tr. it. Firenze 1970, I libro, passi. 27 Sulla linea di J.A. Notopoulos è C.O.Pavese: ma i contorni della tesi sono nebulosi; cfr. Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Torino 1963, p. 79; Jaeger, cit. I, pp. 121 sgg.: ‘Esiodo e il popolo contadino”. Gente rozza, geulla della Beozia, di cui Esiodo, proveniente per famiglia dalla più progredita Asia Minore, si fa in qualche modo maestro — per es. con l’idea di Dike, che è di origine ionica —, ma di cui assorbe anche certe esigenze e prospettive, aggiungo io, ignorate o misconosciute dalla cultura ionica. 28 Cfr. Murray, cit, p.101. In età arcaica prosegue con l’Oriente il tradizionale scambio culturale che subisce una battuta di arresto significativa solo con le Guerre Persiane; e i Persiani di Eschilo (a.472) possono prendersi come il documento e il manifesto di tale svolta epocale; però, tra V e IV secolo, Senofonte è grande estimatore del ‘kosmos’ persiano (oltre che di quello spartano).
23 Si è parlato autorevolmente (G. Dumézil) di una tripartizione funzionale (sul piano sociale) di origine indeuropea secondo sovranità religiosa, guerra e fecondità (cfr. bios theoretikòs, praktikòs, apolaustikòs), che si ripropone nel Medioevo: be/latores, oratores, aratores. 30 Esiodo stesso distingue, a livello ‘genetico, tra ‘alkè’, ‘nous’e ‘ploutos’ (fr. 249): gli Eacidi, gli Amitaonidi e gli Atridi. 31 Cfr. B.Snell, La cultura greca, cit., p.83. 32 Cfr. Ateneo, Deipnosofisti, 8, 66, p. 364 b. 33 Plutarco, De Pyth. Orac., 18. 34 La recensione era a Jacoby, Hesiodi carmina, Pars I: Theogonia, Berlino
1930. Si può leggerlo in Arrighetti, Esiodo. Opere, Milano 1998; 2007, pp. 495-510. E stato ripubblicato in E. Heitsch, Hesiod, Darmstadt 1966, pp. 100-130.
100
NOTE ALL'INTRODUZIONE
33 Cfr. Arrighetti, Esiodo e le convenzioni dell’epos (2001). 36 L’aedo del Catalogo delle navi (Il 2, 485-486) dice umilmente, rivolto alle Muse: ‘Voi infatti siete dee, siete qui e tutto sapete, / noi invece solo la!
fama udiamo, ma niente vedemmo”’.
37 Leclerc, La parole, p.16. 38 Cfr. per Femio, che vive ad Itaca, O4,, I, 154, 337; XVII,263; XXII,330 sg.: per Demodoco, alla corte di Alcinoo, Od.,VIII, 44 e passi; XIII, 28. 39 Cfr. Erga, vv.225-247 e passim; e in questo solco, Scudo, vv.270-313.
40 Cfr. parallele osservazioni di Most cit., p.xxii 4! Cfr. Arist., Rane, 1030-36.
42 Od. XXI, 347-348. Il poeta dice invece che le Muse ‘edìdaxan’ Esiodo (Teog., v. 22). 43 Cfr. Erga,189, 571, 605, 524. Ancora: gli uomini ‘keritrepheìs’, cioè
che si nutrono per la Kera di morte (Erga, v.418) o ‘pascolo di parole’, audace metafora al v.403. Perché soprattutto negli Erga tale carica innovativa sul piano lessicale e semantico? Forse perchè nella Teogonza l'innovazione, la cui portata non sempre possiamo valutare, si poneva soprattutto a livello di strutturazione delle generazioni divine e dei relativi mitologemi. 44 Cfr. Teog., vv. 240-64 (Nereidi); 337-361 (Oceanine); 226-232 (progenie di Eris). 45 Cfr. Eschilo, Prometeo, vv. 436-471.
46 Bianchi, Teogonie e cosmogonie, Roma 1960, p.114. 47 Ibidem, p. 127.
48 Cfr. Reale, cit., III, pp. 97-99. 49 Cfr. oltre alla classica raccolta di O. Kern, Orphicorum fragmenta,
Berlino 1972}, Diels-Kranz, Epimenide di Cnosso), M.
I Presocratici, cit., pp. 6-79 (Orfeo, Museo, West, The Orphic Poems, Oxford 1983, Ε.
Jourdan, Le papyrus de Derveni, Paris 2003. 50 Intesa come ‘illuminazione diretta in cui si entra in contatto con Dio”; la gnosi caratterizza alcune correnti religioso-filosofiche del tardo paganesimo (Reale, Storia della filosofia greca e romana, Milano 2004, IX, s.1. gnosi) 51 Cfr. ‘Archaic Thought in Hestod.in “Journal of Hellenic Studies”, CITI
(1983), pp.124-135. Vi si leggono però anche frasi come ’ la Teogonia è un testo di natura filosofica’, opinione, accolta, di Gigon, oppure (opinione di Diller): ‘Esiodo ha scoperto che il mondo opera in accordo con leggi impersonali’, oppure ancora (di Rowe): ‘Se Esiodo è irrazionale nella sua teologia questo ci consente di dire che non abbiamo davanti a noi un teologo razionalizzante o filosofico; ma ciò non dimostra che egli sia tout court afilosofico
o ascientifico o astorico”. (I passi sono tratti dalla tr. it. in Arrighetti, pp.540 e 543). Orbene, l'inventore della felice formula dei ‘molteplici approcci’ non è criticabile per la sostanza di quel che dice o di quel che accoglie (di Gigon
e Diller), che è condivisibile con le dovute riserve, ma per gli evidenti ana-
;
NOTE ALL’INTRODUZIONE
101
cronismi delle sue espressioni che in fondo tradiscono una concezione molto fluida del che cos'è la filosofia (al suo sorgere), specie in rapporto a ciò che ne fa la capitale ed essenziale differenza dal mito. Essendo Esiodo dentro il movimento dal mito al logos, non si possono applicargli categorie che appartengono a quelli che hanno raggiunto, più o meno stabilmente e compiutamente, la sponda del logos, cioè del concetto.
52 Cfr. Arist., Fisica, IV, 1208 b 27-33: “Che il luogo è qualcosa accanto
ai corpi e che ogni corpo è percepibile in un luogo, lo si potrebbe supporre da queste considerazioni. E sembrerebbe che anche Esiodo abbia parlato rettamente ponendo il ‘Chaos’ come primo. Dice dunque che ‘innanzitutto
venne all’esistenza il Chaos’ e poi Gaia ‘dal largo petto’, come se fosse innanzitutto necessario che ci sia spazio (‘chora’) per le cose che sono, credendo,
come credono i più, che tutte le cose sono da qualche parte e in un luogo.” Cfr. le mie note a Teogonia, ad L.
53 Cfr. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit. I, pp. 82-83. 54 Reale, cit., I, pp. 88-89.
55 Si consideri il ricorrere (segnalato in nota) nella Teogonia, specie nel proemio, di termini che appartengono all’area semantica del ‘primo’ e del ‘principio’. 56 Kerènyi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, Torino
1972, pp. 22-30.
57 Il. 14, 201; 246; 302; Plat.,Teet., 152. 58 Il primo a chiamare ‘Theogonia’ il poema cosmogomico di Esiodo fu, per quanto sappiamo, Crisippo stoico (SVE. fr. 908), certo nel senso di ‘theòn ghènesis’(cfr. Luciano, Esiodo, 1), che richiama Teog.v. 44.
59 Sulla positività dell'inganno poetico’ in Gorgia, cfr. Reale, cit., II, pp.
81-82.
60 Il mito in Platone è perfino complemento del logos (Reale, cit., III, pp. 45 sgg.). Seguendo Huizinga (Horo ludens, tr. it. Torino 1973, pp. 142; 167 sgg.), questo significa il perdurare e anzi il prevalere del ludico, di cui la mitopoiesi è somma espressione.
61 “Kai ho philòmythos philòsophòs pos esti’: Arist., Met., A 2, 982 b 18. ‘Ho mythos synkeitai ek rthaumasìon’: 19. Di Esiodo dice che è uno di quelli che ‘ sophizontai mythikòs” (Met., B 4 1000 a 18). Sul mito in rapporto alla filosofia, cfr. Reale, Storia della filosofia, cit., IX, s.v. mito. 62 Cfr. Plat., Teet.,155 d. 6 Cfr. Lévy-Bruhl, La mentalità primitiva, 1923, tr. it. Torino 1966; per Lévy-Strauss, l’autore de I/ pensiero selvaggio (1962), nel mito si debbono scoprire le unità costitutive, i ‘mitemi’ che corrispondono agli elementi strutturali del linguaggio; cfr. Reale-Antiseri, I/ pensiero occidentale dalle origini ad oggi, Brescia 1983, vol. 3, p. 696: “Il pensiero selvaggio non è meno logico di quello dell’uomo civile” (in polemica con Lévy-Bruhl).
102
NOTE ALL’INTRODUZIONE
64 Da Schelling citato in E. Cassirer, Linguaggio e rito, Milano 1975 (tr. di V.E. Alfieri), p.125. 6 Ibidem, p.89.
66 Ibid. p.129.
67 Ibid. p. 55. 68 Vol.IX, pp. 9-84, particolarmente pp. 70 sgg. 69 È citato W.Hirsch, seguace di Heidegger, le cui tesi, opposte a quelle di Hegel e dei positivisti (cfr. quanto detto all’inizio del presente capitolo), rischiano però di cadere nell’eccesso opposto (Reale, IX, p. 75); il mito si impone ‘come uza storia dell’esserci dell'anima (storia che per il logos rimane paradossale) nell’unità delle sue origini e del suo fine, unità che dura al di
là del tempo e oltrepassa ogni divenire’ (Ibidem). 70 Cfr. Fedone, 114 D: Platone mostra la dimensione veritativa del mito, la sua importanza essenziale e insieme la sua limitatezza. 71 Cfr. J. Huizinga, Homo ludens, cit., p. 140. Di grande interesse i due capitoli Gioco e poesia e Le radici della figurazione mitica (pp. 140-159; 160171).
72 Ibid, p. 155.
73 Cfr. Kerènyi, Miti e misteri, Torino 1984, pp. 15; 296. 74 Cfr, Reale, cit, I, pp. 38 sgg. 75 Ma il modello esiodeo perdura; per es., Ferecide di Siro nel VI secolo, tra i Presocratici, si occupò di teocosmogonia in chiave orfica; Acusilao di Argo nel V secolo seguì, in prosa, il modello esiodeo. Cfr. l’art. di M.E. Pellikan-Engel sui rapporti tra Esiudo e Parmenide. Da ultimo si è rilevato (Tulli, Investitura) che Parmenide, invocando la dea nel proemio, usa codici omerici ed esiodei. 76 Cfr. Jaeger, Paideia, cit.,1,p.136. 77 Snell, cit., p.86. 78 Cfr. H.Fraenkel, Poesia e filosofia nella Grecia arcaica, Bologna 1977,
p.155: oscuro e complicato rispetto ad Omero.
79 Cfr. Snell, La cultura greca, cit., p.44 (con riferimento ad Omero): ‘La
credenza in quest'azione del divino (sc.a determinare la psicologia) è un completamento necessario alle rappresentazioni omeriche dello spirito c dell’anima umana’. Tra l’altro, in base a Snell ci si aspetterebbero personalità-burattini quasi neppure conscie del loro io...cosa che Omero felicemente smentisce. 80 Questo è ben chiaro in un poeta ‘veggente’ come Esiodo: ‘Poi mi ispirarono il canto /divino, perché dessi gloria agli eventi futuri e a quelli passati’; ‘raccontando quello che è, quello che sarà, quello che è stato’ (Teog., vv. 32; 37); analoghe parole qualificano l’indovino Calcante (IZ 1, 69-70).
81 Cfr. Stoddard, The programmatic message of the ‘kings and singers’ passage.
NOTE ALL’INTRODUZIONE
103
82 Cfr. Cingano-Vasta, Teogoria, cit., Introd. (di Cingano), pp. XXIIXXV con precisazioni e specifica bibliografia; Murray, cit., pp. 98 sgg.: l’epoca arcaica è notoriamente orientalizzante. 83
I/II
sec.
d.C.,
autore
di
Storie
Fenicie;
rimandava
al
fenicio
Sanchuniathon risalente a prima della guerra di Troia. Cfr. Bianchi, Teogonie e cosmogonie,
cit., pp.
118-120.
84 Cfr. Most, cit, p.xxxv: ‘There can be no doubt that Hesiod’s Theogony represents a local Greck inflection upon a cultural koinè evidently widespread throughout the ancient Mediterranean and Near East.’ ...’This Greek poem is not only a local version but a characteristically idiomatic one’...E a proposito della castrazione che in Esiodo non serve tanto a separare cielo e
terra quanto ad evitare che Urano crei una sovrappopolazione che soffochi
la Terra: ‘Thus the Near Eastern parallels illumine Hesiod’s poem, but they
enrich its meaning rather than exhausting it.” Osserva in merito Snell, cit., p. 79: nel mondo di Esiodo, ‘tanto più razionale per molti aspetti di quello omerico’, si conservano ‘elementi arcaici che non figurano in Omero, come certi
miti antichissimi provenienti dall'Oriente, per es. le storie crudeli e poco edi-
ficanti di Urano e Crono, che restano alcunchè di estraneo e sgradevole al
mondo di Esiodo”. E in un inciso: ‘che queste antiche storie di orrori si siano conservate a lungo proprio in Beozia o che Esiodo le abbia apprese da suo padre, venuto dall'Asia Minore’. Si veda il cap.: ‘Il periodo orientalizzante’, in Murray, cit., pp. 91-114: naturalismo nell’arte, influenze religiose, alfabeto e scrittura sono i debiti dei Greci all’Oriente. In merito all'apporto orientale si vedano anche le equilibrate considerazioni di Bianchi, Teogonie e cosmogonie, cit., pp. 113-116. 85 Cfr. Canfora, Storia della letteratura greca, cit. p.48; ‘un teologo venuto dall’Oriente’, p. 43; Duchemin, Les Mytbes de la Théogonie bésiodigque. Origines orientales (095); West: The East Face of Helikon (97).
86 Cfr. Elemento orientale ed elemento greco nella Teogonia di Esiodo, di
H.Erbse, in Arrighetti, cit, pp. 558-559.
87 Erodoto, II,53,2. Esiodo, dato il suo ruolo grandissimo e panellenico, sia pure in secondo piano rispetto ad Omero, era venerato da Tespi alla Macedonia all’Armenia grecizzata; cfr. Inscriptiones graecae, VII, 1785; VII, 4240; SEG 44, 1291; 47, 1874; 49, 710. Sull’argomento, cfr. Beaulieu, L’héroîsation du poète Hésiode en Grèce ancienne. 88 È anche l’opinione di Snell, op. cit., pp. 77-78: ‘La parte più viva e interessante della sua opera non è costituita dalle speculazioni teogoniche, ma dai consigli al fratello Perse, frutto della sua personale esperienza. E nondimeno la Teogonia di Esiodo rappresenta una tappa importante e decisiva sulla via che conduce dalla poesia epica alla filosofia.’ 89 Cfr. Lardinois, The wrath of Hesiod (2003): dipende da un solo ‘speech’ (cfr. 12.17, 8-32: parla Achille); nella fattispecie dalla lite rievocata ai
vv. 27-42. Ma quale differenza tra il possibile modello omerico e la novità esiodea!
104
NOTE ALL’INTRODUZIONE
90 Oggi si è propensi all’unità, per cui si sottolinea, credo plausibilmente, come le Opere preparino i Gzorni (Lardinois, How the Days fit the Works).Tra Otto e Novecento, imperando la critica analitica, si pensò (particolarmente Kirchhoff, lo studioso della struttura compositiva dell’Od:ssea) al poemetto come costituito di diversi e originariamente separati ‘Canti a Perse”. 91 Vedi le note e gli scolii. 9? È l’uomo fuco, senza pungiglione, come dice al v. 304; l’immagine del fuco era stata impiegata per la donna in Teog., 595. 9 Cfr. DK, fr. 53. 94 Erga, vv. 20-26. BIbid., v. 14.
26 Su ‘Elpìs’, cfr. Byrne, E/pîs. 97 Cfr. per es. lo scolio di Proclo ai vv. 287-290: la generazione è il luogo e la sede dei mali e dei vizi; scol. 113-115: la generazione si accoppia alla distruzione. 98 In merito si veda Vernant, Mythe et pensée chez les Grecs, vol. I, Paris
1965, pp. 21-79; una parte è disponibile tradotto in Arrighetti, cit., pp. 521539. Sul possibile significato della scelta di ciascun metallo in rapporto con esse si vedano gli scolii. 99 La differenza tra Eris ( ‘instincet de lutte’ per Mazon,p.72) e ‘pòlemos’ sta nel fatto che il secondo termine indica in genere la guerra guerreggiata, l’Eris/eris è invece piuttosto l'atteggiamento psicologico di competizione che
vi presiede, e che può essere positivo e costruttivo e, in questo senso, è aretè
che può portare olbos o ploutos (ricchezza) oppure, superando l’aidòs rispetto dell’ordine incarnato dalla dike, scivolare, come discordia, scontro prevaricatore non necessariamente sanguinoso ma anche solo torio dell’altro. 100 Un’idea non dissimile in Brown (From the Golden Age) che come l’età dell’oro sia la chiave per intendere l’intero mito delle età.
che è nello vessarileva
101 Epitteto, Diatr, III, 22, 22.
102 Eschilo, Prometeo, vv. 448-450. 103 Snell, cit., p..84, osserva che Esiodo ‘non si propone di accordare tra
loro logicamente i suoi miti; nonostante tutti i suoi sforzi di sistematizzazio-
ne, egli non è un pensatore sistematico: riprende le vecchie storie che gli tornano a proposito e perché gli tornano a proposito non è difficile da capire.” 104 Osserva Most che, in genere, parlando di giustizia si rivolge ai re, parlando di lavoro a Perse (p. xxxix). E i motivi sono evidenti. 195 Dice molto bene Most sintetizzando: “In summary, the world of the
Works and Days knows of three kinds of living beings and defines them systematically in terms of the categories of work and justice:the gods always possess justice and never need to work; human beings are capable of practicing
NOTE ALL'INTRODUZIONE
105
justice and are obliged to work for a living; and animals know nothing of either justice or work. For a human being to accept his just obligation to work is to accept his place in this world’ (pp. xli-xlii). E dice sopra (p. x1) che la posizione dell’uomo nel mondo si realizza ‘in contrast with these other categories’, cioè gli dei e gli animali. 106 Cfr. anche Beall, Theism and Mysticism in Hesiod's Works and Days (2003-2004).
107 Cfr. DK., 21 B 16. _
198 Cfr. l'articolo di E.Will, Hesiode:crise agraire ou recul de l’aristocratie?
(E disponibile tradotto in Arrighetti, cit., pp. 511-521). Esiodo sarebbe già il testimone dell'ascesa della classe degli opliti, che è quella dci piccoli e medi proprietari, di cui il poeta si fa portavoce. 109 “ Gedicht vom Menschenschicksal’, cioè ‘poema del destino dell’uomo’ definì gli Erga E. Meyer, Hesiods Erga ..., p.471. D. Lau ( Der Mensch als Mittelpunkt der Welt: zu den geistgeschichtlichen Grundlagen des antbropozentrischen Denkens, Aachen 2000) sottolinea la centralità dell’uomo: in rapporto agli animali (Erga, 276 sgg.), che sono dominati dalla logica di sopraffazione, e in rapporto ‘dialettico’ con gli dei, forze del cosmo dalla difficile ma necessaria eticità (cfr. Proemzio).
110 Mentre ‘nomos’ si colloca semanticamente tra costume e legge; cfr.
Jaeger, cit., I, p. 142, n. 44.
111 Solone, fr. 3 Gentili-Prato. Cfr. Teog., 902: le Ore: ‘Eunomie, Dike e la fiorente Eirene’; si veda in merito Jaeger, cit., I, p. 267 e passi. Sul valore dell’eunomia e della pace, cfr. Minervini, Il nuovo concetto di Eirene (2004). Esiodo parla di pace espressamente due volte: Teog., 902; Erga, 228;
la sua pace è felice armonia civile.
112 Cfr. C.E Russo, Scvtvm, Firenze 1965, pp. 29-35: propone per la data-
zione gli anni 590-570 a.C. Most, cit., p. Iviii, propone fine VII secolo prima metà del VI secolo. 113 Si sottolineano in genere le differenze, cfr. per es. R. Janko, The Shield of Heracles and the Legend of Cyenus (1986). 114 Cfr. l’art. di Wilamowitz, Lesefruechte, in ‘Hermes’, XL (1905), pp. 116-124. 115 Senza con ciò voler condividere la stroncatura di Mazon, p. 119, che,
preso dai modelli epici, non ne vede le novità ‘barocche’: asimmetria, ridondanza, esiguità strutturale, prevalenza del descrittivo e decorativo ecc. 116 Cfr. Russo, pp. 14 sgg. 117 Cfr. Sen., Fedra, vv. 1093-1113.
118 11? ticolare 120
Russo, cit, pp. 18-19 e passirz. Cfr. Stesicoro, fr. 207 Davies; R. Janko, The Shield, pp. 38-59; in parpp. 48-59. Cfr. Teog., 289, 315, 317-8, 332, 527, 530, 943, 951, 982.
106
NOTE ALL’INTRODUZIONE
121 Janko, cit., pp. 44 sgg. In onore di Eracle e di Iolao si celebravano feste a Tebe, anche in rapporto con Apollo delfico, la cui influenza politicoreligiosa soppiantò, nel VI secolo, a Pagase il culto di Cicno (=il cigno), probabilmente molto arcaico. Sul culto di uomini-uccelli e simili ci sono le illuminanti riflessioni di Kerènyi, Miti e misteri, pp. 143 sgg.: i Kabiri presso Tebe (pp.158 sgg.) e il cigno connesso con la Tracia, l’eredità pelasgica e i culti ctonici aventi al centro una dea-madre-cicogna (Pelarge) (pp. 174 sgg.). 122 Yanko, p. 58. 123 Si vedano le note all’Argormzento. Il quale era forse premesso ad un’edizione dello Scudo; e si avanza l’ipotesi che questa fosse la postulabile edizione w contenente anche Teogonza ed Erga (cfr. Jacoby, Theogonia, pp. 72 sgg.) : doveva essere tripartita, corredata da scolii e glosse (Russo, cit. p. 37). Nell’antichità anche l’Anonimo Del Sublime (9, 5) è per la non autenticità, e Pausania (IX, 31, 5), tra le opere di Esiodo, non menziona lo Scudo.
124 125 126 of the
Cfr. Most, cit., p. lix. Mazon, p. 126. Mentre Janko dice: ‘without this passage (sc. il finale) the movement poem is incomplete and its purpose vague (p.44)’ ‘far from being a
later addition’, Russo crede all’interpolazione del finale (p. 33, n. 35): il culto
di Apollo a Pagase (che soppianta quello locale di Cicno) ebbe grande impulso ad opera dei principi di Fere, che erano in rapporto con Delfi, alla fine della guerra sacra - la cui storicità qualcuno contesta- contro Cirra, conquistata dopo il 590. La guerra era stata dichiarata col pretesto che Cirra esigeva pedaggi dai pellegrini che si recavano a Delfi. Non può un rapsodo aver voluto ricordare l’analoga punizione toccata a Cicno ad opera di Eracle?
Mazon (cit., p. 124), che, nonostante tutto, ha dedicato pagine molto belle e
ricche allo Scudo, allude ugualmente ai rapporti tra Fere e Delfi al tempo della guerra sacra e al rinomato santuario di Apollo a Pagase; da tutto questo trae motivo per datare il poema a prima del 590, tra il 590 e il 560. L’autore, dice, dovette essere un tessalo o un tebano (Eracle era nato a Tebe).
Qualcuno (Shapiro) collega la vicenda non a Crisa o Cirra, ma all’Atene dei Pisistratidi nei suoi rapporti con Delfi. 127 Most, cit., p. Ivi.
128 In molti casi i papiri presentati da Most restano quasi incomprensibili, perché i testi spesso sono interpretati e ricostruiti pochissimo, forse nel timore di letture arbitrarie, per cui non si osa il completamento congettura-
le; anche laddove questo è possibile e sostanzialmente sicuro, come dimo-
strano i medesimi frammenti in Arrighetti, a partire dal proemio. 129 Most, cit, pp. l-Iv. 130 West, Catalogue, pp. 125 sgg.; Arrighetti, p. 446; mia nota a Teog.,, 901. 131 Esiodo, Teogonia, introd. di E.Cingano, cit., p. XXII: “Restano forti
perplessità sulla possibile paternità esiodea del Catalogo delle donne, o meglio sul fatto che una così complessa sistematizzazione e messa a punto
NOTE ALL’INTRODUZIONE
107
delle genealogie dell'intera Grecia quale emerge dai framenti del Catalogo fosse concepibile e compiutamente realizzabile all’epoca di Esiodo; con qualche eccezione tra gli studiosi, il poema nella sua forma attuale è ora generalmente datato tra il VII e il VI secolo a.C.”. Domanda: quel che pare impossibile un secolo prima diventa possibile un secolo dopo? 132 Arrighetti, Ibidem. Per ricordare qualche voce antica: Esichio (n 650 Latte) considera il Catalogo di Esiodo; Eustazio commentando 04.11, 225:
“Molto abilmente Omero ha composto quest'opera rapsodica (sc. Od. 11) come catalogo di eroi e di eroine, mentre Esiodo ha composto un catalogo di
sole donne”; su questa linea Dione Crisostomo (Ora. 2, 13).
133 Da Fraclito (22B 40 DK.) che condannava la ‘polymathie’ di Esiodo (ovvero il sapere esteso in quantità e non in qualità) a Platone durissimo (Rep. II, 377c-378c). Aristotele ebbe verso di lui atteggiamenti di interesse, in particolare in rapporto a certi racconti della Teogoria; gli dedicò un’operetta:
Aporèmata Hesiòdou (Esichio, s.v. Aristotèles; Arist. Fragm. p.16, 143 Rose).
134 Cfr. Teog., 1014. Nella Telegonia Telegono, sbarcato ad Itaca, uccide Odisseo senza saperlo (cfr. la profezia di Tiresia: Od. XI, vv. 134-6). Prima dell’Iliade c'erano i Canti Ciprit, che narravano le nozze di Peleo e Teti, il giudizio di Paride, il ratto di Elena; la Piccola Iliade raccontava l’inganno del cavallo (da cui il II libro dell’Ererde), la Ilîow persis la fuga di Enea, però prima della devastazione della città. Le attribuzioni di questi poemi erano oscillanti, da Omero, naturalmente, a certuni come Arctino di Mileto o Agia di Trezene (l’autore, secondo Proclo, dei Nostoî, in 5 libri).
133 Cfr. Mazzocchini, Motivi epici nella Teogonia di Esiodo: lo schema generazione-uccisione è legato alle androctasie epiche. Lo schema non cambia nelle Eose. 136 Cfr. note ai frammenti successivi al proezzio del Catalogo. 137 Sul mito e sul suo valore fondante, cfr Kerènyi, cit. supra, nelle pagi-
ne dedicate alla Teogoria; Bianchi, cit., pp. 145 sgg.: ‘Il mito, la verità del mito, totalità, Assoluto, storia’. Il senso della storia (solo in seguito coscien-
za storica) è offerto in quest'epoca dal mito, che però per natura è totalità che non ammette limitazioni. Il divenire del raccontare strutturalmente in linea genealogica (‘ghenealogheìn’) incrina tale prospettiva, aprendo la strada alla ricerca storica, che si fa secondo un prima e un dopo determinati, distinti e successivi nel tempo.
138 Paradigmatica l’Foia di Alcmena con cui si apre lo Scudo, che è ben
un frammento autentico di Esiodo (anche Mazon, p. 121) 139 Cfr. Teog.,vv.411-452: il cosiddetto ‘inno ad Ecate’ e note; in merito, cfr. Kerènyi, Prolegomeni cit., pp. 162-167. 140 Da ‘Shakti’ (= potenza, energia divina) l’antichissimo principio femminile della tradizione indiana, di origine forse prearia. 141 Cfr. Teog., 585-612; sulla donna ancora: Erga, 60-104
vaso); vv. 373 sgg.; 405 sgg.; 602-3; 695sgg.
(Pandora e
il
108
NOTE ALL’INTRODUZIONE
142 Il diluvio è evocato all’inizio dell’opera; sul motivo ciclico e apocalittico, Koenen, Greece. Ma non è ravvisabile una prospettiva escatologica o soteriologica, conformemente alla dominante visione olimpica: si pensi alle ‘saette di Zeus che domano il serpente’, fr.155, 138.
143 Brown (Apbrodite and the Pandora complex) parla di ‘woman as an economic objcct’, p.46. Certamente la forma mentis esiodea è complessa e problematica, cfr. Marquardt, Hesiod’s ambiguous View of Woman. 144 “Quando parla di Calliope ‘dalla bella voce’ (cfr. Teog.v.10), Esiodo non pensa soltanto al suono gradevole, ma alle belle parole e vede in lei la più importante delle Muse perché può metterla in rapporto — sola tra le nove sorelle- col contenuto della poesia e col significato del discorso umano in generale, compreso quello in prosa”: Snell, cit.,p.72. 145 Cfr. Jaeger, cit., I, p. 15 e passi. 146 Dice Erodoto, esplicitando con spirito nuovo questo sentire, nel proemio alle Storie: “Questa è l'esposizione della ricerca storica (historìes apòdexis) di Erodoto di Turi, affinchè gli avvenimenti umani col tempo non sbiadiscano (exìtela ghènetai) e le imprese grandi e meravigliose compiute dai Greci e dai Barbari, non restino senza gloria (akleà ghènetai); peraltro dimostra per quale causa (di’hen aitìen) combatterono gli uni con gli altri”. 147 Si è occupato della sua identità e appartenenza (al padre o al marito?) Kirk (Marriage), su sfondo di contenzioso giuridico. 148 Metamorfosi anche per Alcione (fr. 10, 90) e Atalanta (frr. 47-51); invisibilità riguardo ad Autolico (frr. 67-68) ecc. 149 Sul fr.204 M-W = 155 Most si è soffermata Cerutti (Mito di distruzione, mito di fondazione) che non crede alla paternità esiodea del Cazzlogo, o del suo ‘cuore’, e lo pone nel VI secolo.
150 Erga, vv.159-173. Però alcuni sopravvivono nel paradiso delle isole dei beati (cfr. Brown, From the Golden Age to the Isles of the Blest). 151 Cfr. Beall, The plow that broke the plain epic tradition (2004). 152 Vedi note al passo. 153 Cfr. Canfora, cit., pp. 233-238.
154 tranne antico, questi
Cfr, nota 134. Si tratta di un patrimonio epico, come si sa, perduto, l’Iliade e l'Odissea. Questi poemi, costituitisi su materiale anche molto probabilmente dopo l’Iliade e l'Odissea (Canfora, p.37), più brevi di ultimi, spaziavano dalle origini più remote della vicenda umana alla
distruzione di Troia, ai Nosto:: Titanomachia, Edipodia,Tebaide, Epigoni, Canti Ciprit, Piccola Iliade, Distruzione di Ilio, Telegonia e altri. Sulla saga
troiana siamo informati dalla Crestomazia di Proclo, in parte nota anche attraverso Fozio. Come si vede, c’era parziale sovrapposizione tra mondo esiodeo e mondo epico. 155 Sulla fortuna di Esiodo, cfr. Most, cit., Hesiod's Influence and Reception, pp. lxiii-lxix.
NOTE ALL’INTRODUZIONE
109
156 Gadamer citato in Reale-Antiseri, I/ pensiero occidentale dalle origini
ad oggi, Brescia 1983, III, p.480; Idd., Storia della filosofia, Milano, Bompiani, 2008, X, pp. 175 sg.
157 Il contrario di quel che capitava per es. ai tempi di Jaeger o di Pohlenz. Ma oggi si vive nell’epoca della ‘modernità liquida’ (S. Bauman). 158 Cfr. Kerènyi, Prolegomeni..., cit., Introduzione, passim: il mito rispon-
de a logiche profonde linguistiche e archetipi universali, secondo Jung, o cui figure come quelle di Prometeo o a profondissime e quasi insondabili psico-fisica. Aggiungo che il mito si
psicologiche che paiono rimandare ad prototipi come preferisce Kerènyi, per Zeus o Elena sembrano corrispondere esigenze dell’uomo inteso come realtà apparenta al sogno (‘onar ek Diòs”, si
diceva), i cui elementi sono ugualmente simbolici non meno delle sue strut-
ture generali. La parola ‘originaria’, del vate, attinge a tali profondità, non diversamente dai responsi oracolari. 159 Arist, Mes., B 4 1000 a 18; i teologi alla riga 9 sgg.; il ragionamento dimostrativo alla riga 20. L'espressione sopra citata ricorre in Met., A 2,982b 18 sg.
160 Sui Sette Sapienti, cfr. I Presocratici a cura di Diels-Kranz, tr. it. Milano 2006, pp.132-141. Platone, Protagora, 343 a, ricorda i seguenti: Talete, Pittaco, Biante, Solone, Cleobulo, Misone, Chilone. Demetrio Falereo (Stobeo, III, 1, 172) i seguenti: Cleobulo, Solone, Chilone, Talete, Pittaco, Biante, Periandro. Molti dei principi ivi ricordati si ritrovano nei
consigli degli Erga. 161 Nell’operetta (degli anni tra 390 e 371 o tra 367 e 355), dedicata alla ‘gestione della casa’, come suggerisce il titolo ’Orkonomikòs (logos), Crito-
bulo dialoga con Socrate, che rievoca (dal cap.VII) una conversazione avuta
con Iscomaco, ricco proprietario terriero ateniese, il quale esalta il lavoro agricolo (contro quello ‘banausico’), l'accrescimento del patrimonio (‘auxein ton cikon’) anche in termini di profitto speculativo, polemizzando indirettamente con Platone, e infine illustra con intento didascalico le pratiche agricole (da XVI, 9 a XXI). Iscomaco mostra grande attenzione alla moglie, nel suo ruolo di regina dell’ ‘oikos’, della quale cura l’educazione (particolarmente VII,10-43), propone una conduzione disciplinata e ordinata, razionalmente studiata (l'economia è un'arte), ove ogni cosa e persona abbia il suo posto (‘chora’); la vita stessa del proprietario è attiva, solerte, frugale per la buona salute e il benessere della casa. Emerge la figura dell’economo' a fattore, il libero che, per conto del proprietario, cura la tenuta professionalmente e dietro ‘misthòs’, da non confondere con l’‘epìtropos’o intendente di condizione servile. E infine, ‘l’amore per l’agricoltura è in realtà l’amore per il denaro’, conclude F. Roscalla, il curatore del trattatello senofonteo (Rizzoli Milano 20002 , p. 51), che non manca di rilevare la xovità di Senofonte anche
in rapporto ad Aristotele, di pochissimo posteriore, che nella Politica osservava (saggiamente) che quando il denaro da mezzo diviene fine, si capovol.
ge il senso del vivere (Reale, cit., IV, 204). Quanto alla dimensione etico-reli-
giosa a cui è indissolubilmente legato l'“ergon’ esiodeo, in Senofonte, estima-
110
NOTE ALL'INTRODUZIONE
tore del modello politico-sociale persiano, incline alla vita pratica e militare, attento all’arte del comando e del consenso, la ‘pietas’ è più una cornice necessaria che una struttura portante e realmente operante del vivere (per es.,V,12; 19; VI,1), perché è in primo luogo al benessere patrimoniale, privato e pubblico, su cui si diffonde con acume, buon senso e autorevolezza, che si volge l'interesse del ‘kalokagathòs’ ateniese di Scillunte. 162 È quanto suggerisce Beall, Theisw and Mysticism in Hesiod's Works and Days (2004). E vero che il linguaggio religioso non è negli Frga mera metafora e il mondo divino non ha lo spessore antropomorfico consueto. Ma non vi è ricerca né di Assoluto né di unione col divino né di distacco dal ‘terreno’, ciò in cui pare consistere propriamente il misticismo. A meno che si usi il termine in un significato prossimo a misterico. 163 Il suo ruolo speciale e rilevante è riconosciuto anche da West (Theogony, ad l.): Esiodo ne era probabilmente un devoto. 164 Paradigmatica la complessa figura di Shiva, il noto dio indiano, che promuove Kama {= Eros) e ‘maithuna’, l’unione sessuale, ed è alquanto godereccio, come lo sono gli shaiva (i seguaci del dio), eppure, nel contempo, è il dio degli asceti, che praticano l’astensione dai piaceri (‘brahmacarya’). Qualcosa di simile si intravede nel duplice ruolo di Posidone Scuotitore
della terra e Consolidatore (cfr. Proclo, scol. 790). 165 DK.22B
10.
16 Cfr. DK., 22B 40. Eraclito accoppia nella critica Esiodo con Pitagora ed Ecateo con Senofane: tutti colpevoli di ‘polymathìe’. Osserva Canfora (p. 48) che Eraclito rigetta Pitagora ed Esiodo perché avverte come estranei il retaggio orfico dell’uno e la teogonia di matrice orientale dell’altro; il che trova conferma, per es., nel virtuale monoteismo degli Erga.
167 DK., 21B 16. 168 DK., 21 B 32; 21B 1: le trad. sono ne I Presocratici, cit.. 169 Ecateo, fr. 1 Jacoby (= Demetrio, Sulla locuzione, 11-13). 170 Plat., Fedr, 229-230. 171 Cfr. Huizinga, cit., p. 142, che cita la Paideia di Jaeger: dal vates al
poeta drammatico, al retore, all’oratore, al filosofo ecc. 172 Cfr. Erga, v. 286 (esthlòs-nepios); vv. 293 sgg. (panàristos-achrèios); v. 315 (aesìphron) ecc.
NOTA EDITORIALE
Per il testo greco di Esiodo, Teogonia, Erga e Scudo, tenuta ben
presente l'edizione oxoniense di Martin West (Hesiod, Theogony, ed. M.L. West, with Prolegomena and Commentary, Oxford 1966; Works and Days, ed. M.L. West with Prolegomena and Commentary, Oxford 1978), ho seguito il testo di Paul Mazon de ‘Les Belles Lettres’ (Hésiode, Théogonie, Les Travaux et le Jours, Le Bouclier. Texte établi et traduit par P. Mazon, Paris 1928), superato quasi unicamente per la quantità inverosimile di interpolazioni segnalate specie per la Teogonia, non meno di quello di Glenn W. Most per ‘The
Loeb Classical Library (Hesiod, Theogony, Works and Days, Testimonta, edited and translated by Glenn W. Most, 2 voll., Cambridge
M.-London 2006-2007); per il Catalogo e gli altri frammenti mi sono affidato di regola a Most, salvo in non pochi casi, sempre segnalati, avvalermi della più completa e soddisfacente lettura dei frammenti papiracei offerta da Graziano Arrighetti (Esiodo, Opere. Teogonia,
Erga, Catalogo delle donne, Scudo, Agone di Omero ed Esiodo, testo greco, introduzione, traduzione, note, antologia critica, glossario,
indice dei nomi propri, degli argomenti, dei passi, a cura di G. Arrighetti, Torino 1998; Milano 2007). Il testo degli Sco/i è quello stabilito da Lamberto Di Gregorio per gli Scolti alla Teogonia (Vita e pensiero, Milano 1975) e di Agostino Pertusi per gli Scolt agli Erga (Vita e pensiero, Milano 1955). Quanto all’Agone di Omero ed Esiodo, ho seguito principalmente Aristide
Colonna (Milano-Varese 1959).
ESIODO DI ASCRA
TUTTE LE OPERE
ΘΕΟΓΟΝΙΑ
Μουσάων Ἑλικωνιάδων ἀρχώμεθ] ἀείδειν,
-αἵ θ) Ἑλικῶνος ἔχουσιν ὄρος µέγα τε ζάθεόν τε, καί τε περὶ κρήνην ἰοειδέα πόσσ’᾽ ἁπαλοῖσιν ὀρχεῦνται καὶ βωμὸν ἐρισθενέος Κρονίωνος' καὶ τε λοεσσάµεναι τέρενα χρόα Περμησσοϊο n ἵππου κρήνης ἠ᾽ Ὀλμειοῦ ζαθέοιο ἀκροτάτῳ Ἑλικῶνι χοροὺς ἐνεποιήσαντο,
καλοὺς ἱμερόεντας, ἐπερρώσαντο δὲ ποσσίἰν. ἔνθεν ἀπορνύμεναι κεκαλυμµέναι ἠέρι πολλῷ
10
ἐννύχιαι στεῖχον περικαλλέα ὅσσαν ἱεῖσαι,
15
᾿Αργείην, χρυσέοισι πεδίλοις ἐμβεβανῖαν, κούρην τ αἰγιόχοιο Διὸς γλαυκῶπιν ᾽Αθήνην Φοιβόν τ’ Απόλλωνα καὶ ᾿Αρτεμιν ἰοχέαιραν ἠδὲ Ποσειδάωνα γαιήοχον ἐννοσίγαιον
ὑμνεῖῦσαι Δία τ’ αἰγίοχον καὶ πότνιαν Ἡρην
καὶ Θέμιν αἰδοίην ἑλικοβλέφαρόν τ ᾿Αϕροδίτην
Ὕβην τε χρυσοστέφανον καλήν τε Διώνην Λητώ τ’ Ἰαπετόν τε ἰδὲ Κρόνον ἀγκυλομήτην Ἠῶ τ Ἠέλιόν τε µέγαν λαμπράν τε Σελήνην 20
Γαϊιάν τ' Ὠκεανόν τε µέγαν καὶ Νύκτα µέλαιναν ἄλλων τ ἀθανάτων ἱερὸν γένος αἰὲν ἐόντων. Αἵ vv ποθ᾽ Ἡσίοδον καλἠὴν ἐδίδαξαν ἀοιδήν,
ἄρνας ποιμαίνονθ᾽ Ἑλικῶνος ὕπο ζαθέοιο. 25
τόνδε δέ µε πρώτιστα θεαὶ πρὸς μῦθον ἔειπον, Μοῦσαι Ὀλυμπιάδες, κοὂραι Διὸς αἰγιόχοιο' ποιμένες ἄγραυλοι, κάκ᾽ ἐλέγχεα, γαστέρες οἷον,
ἴδμεν ψεύδεα πολλὰ λέγειν ἐτύμοισιν ὁμοῖα, ἴδμεν δ᾽ εὐτ' ἐθέλωμεν ἀληθέα γηρύσασθαι. ” 30
ὣς ἔφασαν κοθὂραι μεγάλου Διὸς ἀρτιέπειαι, καί µοι σκῆπτρον ἔδον δάφνης ἐριθηλέος ὄζον
TEOGONIA
Dalle Muse eliconie iniziamo! a cantare,
che abitano la montagna grande e divina dell’Elicone?; e, attorno alla fonte di apparenza violacea, coi teneri piedi danzano, e all’altare del potente figlio di Crono. E, lavate le morbide membra nelle acque del Permesso o dell’Ippocrene o dell’Olmeio? divino, in vetta all’Elicone fanno4 danze
belle, fascinose, e prendono forza dal moto dei piedi. Da lì via balzando, coperte da spessa caligine, nottume? s'avanzano facendo intendere la loro bellissima voce,
a celebrare con inni Zeus egioco e l’augusta Era
10
argiva, incedente con sandali d’oro,
e la figlia dell’egioco Zeus, Atena glaucopide, e Febo Apollo e Artemide saettatrice, e ancora, Posidone, signore della terra e scuotitore del suolo,
e Temi venerabile e Afrodite dagli occhi guizzanti
ed Ebe dall’aurea corona e la bella Dione e Letò e Iapeto e pure Crono dai piani tortuosi e l’Aurora e il grande Sole e la brillante Luna e Gaia e il grande Oceano e la nera Notteé e la sacra stirpe degli altri immortali che sempre sono”. Queste dunque una volta ammaestrarono Esiodo nel bel canto8, mentre pascolava agnelli sotto il divino Elicone. E queste parole primieramente m’indirizzarono? le dee, le Muse dell’Olimpo, figlie di Zeus egioco: “Pastori campestri, vili creature obbrobriose, nient'altro
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che ventri,
noi sappiamo dire molte falsità simili al vero; ma sappiamo anche, qualora lo vogliamo, fare risuonare canti di verità”10 Così dissero le figlie del grande Zeus, scaltre nel parlare, e mi offrirono come bastone un ramo di florido alloro
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ESIODO
δρέψασαι, θηητόν’ ἐνέπνευσαν δέ µοι αὐδὴν θέσπιν͵ ἵνα κλείοιµι τά τ᾿ ἐσσόμενα πρό τ ἐόντα, καί μ᾿ ἐκέλονθ᾽ ὑμνεῖν µακάρων γένος αἰὲν ἐόντων, σφᾶς δ᾽ αὐτὰς πρῶτόν τε καὶ ὕστατον αἰὲν ἀείδειν. ᾽Αλλὰ τίη µοι ταῦτα περὶ δρῦν ἢ περὶ πέτρην; τύνη, Μουσάων ἀρχώμεθα, ταὶ Διὶ πατρὶ ὑμνεῦσαι τέρπουσι µέγαν νόον ἐντὸς Ὀλύμπου, εἰρεῦσαι τά τ ἐόντα τά τ' ἐσσόμενα πρό τ ἐόντα, φωνῇ ὁμηρεῦσαι, τῶν δ᾽ ἀκάματος ῥέει αὐδὴ ἐκ στοµάτων ἠδεῖα' γελᾷ δέ τε δώµατα πατρὸς Ζηνὸς ἐριγδούποιο θεᾶν ὀπὶ λειριοέσση σκιδναµένῃ, ἠχεῖ δὲ κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου
δώµατά τ’ ἀθανάτων' αἱ δ᾽ ἄμβροτον ὅσσαν ἰεῖσαι θεῶν γένος αἰδοῖον πρῶτον κλείουσιν ἀοιδῇ
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ἐξ ἀρχῆς, οὓς Γατα καὶ Οὐρανὸς εὐρὺς ἔτικτεν,
οἵ τ' ἐκ τῶν ἐγένοντο, θεοὶ δωτῆρες ἐάων' δεύτερον αὖτε Ζῆνα θεῶν πατέρ᾽ ἠδὲ καὶ ἀνδρῶν, ἀρχόμεναι θ᾽ ὑμνεύσι θεαὶ λήγουσαί τ’ ἀοίΐδης, ὅσσον φέρτατός ἐστι θεῶν κάρτει τε μέγιστος’ αὖτις δ᾽ ἀνθρώπων τε γένος κρατερῶν τε Γιγάντων ὑμνεῦσαι τέρπουσι Διὸς νόον ἐντὸς Ὀλύμπου Μοῦσαι Ὀλυμπιάδες, κοῦραι Διὸς αἰγιόχοιο. Τὰς ἐν Πιειρίῃ Κρονίδη τέκε πατρὶ μιγεῖσα Μνημοσύνη, γουνοῖσιν Ἐλευθῆρος µεδέουσα, λησμοσύνην τε κακῶν ἄμπαυμά τε µερμηράων. ἐννέα γάρ οἱ νύκτας ἐμίσγετο µητίετα Ζεὺς
νόσφιν ἀπ᾿ ἀθανάτωῶν ἱερὸν λέχος εἰσαναβαίνων:
ἀλλ’ ὅτε δή ῥ’ ἐνιαυτὸς ἔην, περὶ δ᾽ ἔτραπον ὧραι μηνῶν Φθινόντων, περὶ δ᾽ ἤματα πὀλλ’ ἐτελέσθη,
60
ἡ δ᾽ ἔτεκ) ἐννέα κούρας, ὀμόφρονας, ᾖσιν ἀοιδὴ
µέμβλεται ἐν στήθεσσιν, ἀκηδέα θυμὸν ἐχούσαις, τυτθὸν ἀπ᾿ ἀκροτάτης κορυφῆς νιφόεντος Ὀλύμπου: ἔνθά σφιν λιπαροί τε χοροὶ καὶ δώματα καλά,
πὰρ δ᾽ αὐτῆς Χάριτές τε καὶ Ἴμερος οἶκί ἔχουσιν
TEOGONIA
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che colsero, bellissimo a vedersi; poi m’ispirarono il canto divino, perché dessi gloria agli eventi futuri e a quelli passati e mi diedero l’ordine di celebrare la stirpe dei beati che sempre sono e di cantare sempre loro stesse all’inizio e alla fine d’ogni canto.!!
Ma perché mai queste mie Su, iniziamo dalle Muse, inni levando, allietano la raccontando quello che è,
parole sulla quercia e sulla roccia?! 35 che, per Zeus padre grande mente di lui nell’Olimpo, quello che sarà e quello che è stato,
all’unisono; e mai stanca scorre la loro parola dolce dalle bocche; e ride la casa del padre
Zeus, che alto risuona, alla voce delle dee delicata come
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un giglio, quando si spande; echeggia la cima del nevoso Olimpo e la dimora degl’immortali. E quelle, facendo risuonare la loro ambrosia voce, innanzitutto glorificano la venerabile stirpe degli dei col canto, dal principio, quelli che Gaia e il vasto Urano generarono 45 e quelli che da loro ebbero origine, datori di benefici;
e ancora, per secondo, Zeus, padre degli dei e degli uomini, che le dee celebrano all’inizio del canto come cessando da esso!3; quanto sia il migliore tra gli dei e per potenza il più grande; inoltre alla stirpe degli uomini e dei forti Giganti inneggiando,
allietano la mente di Zeus nell'Olimpo
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le Muse olimpie, figlie di Zeus egioco. Queste nella Pieria!4 generò, congiuntasi al padre Cronide, Mnemosine, regina dei colli di Elèutere!5,
come oblio dei mali e sollievo alle afflizioni!6 Nove notti a lei si congiunse il saggio Zeus, in disparte dagli immortali il sacro letto salendo; quando fu un anno e furono trascorse le stagioni, consumandosi i mesi, e molti giorni ebbero compimento, quella generò nove fanciulle di simile mente, a cui il canto sta a cuore e che animo hanno senza dolore,
un poco distante dalla cima più elevata del nevoso Olimpo.
E Îì sono le loro nitide danze e le belle sedi;
presso di loro le Cariti e il Desiderio hanno posto
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ἐν θαλίῃς' ἐρατὴν δὲ διὰ στόµα ὅσσαν ἱεῖσαι µέλπονται, πάντων τε νόμους καὶ ἤθεα κεδνὰ ἀθανάτων κλείουσιν, ἐπήρατον ὅσσαν ἱεῖσαι.
αἳ τότ’ ἴσαν πρὸς Ὄλυμπον, ἀγαλλόμεναι ὀπὶ καλῇ, 70
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ἀμβροσίῃ μολπῇ: περὶ δ᾽ ἴαχε γαῖα µέλαινα ὑμνεύσαις, ἐρατὸς δὲ ποδῶν ὕπο δοῦπος ὀρώρει νισοµένων πατέρ’ εἰς ὅν' ὁ δ) οὐρανῷ ἐμβασιλεύει, αὐτὸς ἔχων βροντὴν ἠδ᾽ αἰθαλόεντα κεραυνόν, κάρτει νικήσας πατέρα Κρόνον’ εὖ δὲ ἕκαστα ἀθανᾶτοις διέταξε ὁμῶς καὶ ἐπέφραδε τιµάς. ταῦτ ἄρα Μοῦσαι ἄειδον Ὀλύμπια δώματ’ ἔχουσαι,
ἐννέα θυγατέρες μεγάλου Διὸς ἐκγεγανῖαι,
Κλειώ τ’ Εὐτέρπη τε Θάλειά τε Μελποµένη τε Τερψιχόρη τ Ἐρατώτε Πολύμνιά τ Οὐρανίη τε Καλλιόπη θ’ ἡ δὲ προφερεστάτη ἐστὶν ἁπασέων. ἡ γὰρ καὶ βασιλεῦσιν ἅμ᾽ αἰδοίοισιν ὀπηδεῖ. ὄντινα τιµήσωσι Διὸς κοΌραι µεγάλοιο γεινόμενόν τε ἴδῶσι διοτρεφέων βασιλήων, τῷ μὲν ἐπὶ γλώσσῃ γλυκερὴν χείοῦυσιν ἐέρσην, τοῦ δ᾽ ἔπε᾽ ἐκ στόματος ῥεῖ µείλιχα' οἱ δέ νυ λαοὶ
πάντες ἐς αὐτὸν ὁρῶσι διακρίνοντα θέµιστας ἰθείῃσι δίἰκῃσιν: ὁ δ᾽ ἀσφαλέως ἀγορεύων
αἶψά τι καὶ μέγα νεῖκος ἐπισταμένως κατέπαυσε’
τούνεκα γάρ βασιλῆες ἐχέφρονες, οὕνεκα λαοῖς
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βλαπτομένοις ἀγορῆφι µετάτροπα ἔργα τελεῦσι ῥηιδίως, μαλακοῖσι παραιφάµενοι ἐπέεσσιν' ἐρχόμενον δ᾽ ἀν ἀγῶνα θεὸν ὣς ἱλάσκονται αἰδοῖ µειλιχίη, μετὰ δὲ πρέπει ἀγρομένοισι. τοίη Μουσάων ἱερὴ δόσις ἀνθρώποισιν. ἐκ γάρ τοι Μουσέων καὶ ἑκηβόλου ᾽Απόλλωνος
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nelle feste; e facendo risuonare dalla bocca la voce amorosa
cantano danzando, e le leggi e i costumi prudenti di tutti gli immortali glorificano, l’amabile voce levando.!7 Quelle allora s’avviarono all’Olimpo, orgogliose della
bella voce, intonando un canto immortale; e attorno rimbombava la
terra nera
alle celebranti, e un amoroso suono s’innalzava sotto i
loro piedi mentre tornavano dal loro padre che in cielo è sovrano, egli che possiede il tuono e il fulmine bruciante dopo che vinse, con la forza, il padre suo Crono; e
saggiamente ogni bene distribuì tra gli immortali ugualmente e fissò gli onori. Queste vicende dunque cantavano le Muse che hanno le case dell'Olimpo, nove figlie generate dal grande Zeus, Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Terpsicore, Erato, Polimnia, Urania e Calliope, che è la più eccellente di tutte.18
È lei infatti che proprio dei re venerabili si fa compagna. Chiunque onorino le figlie del grande Zeus e guardino alla nascita tra i re nutriti da Zeus,
a lui versano sulla lingua soave rugiada; le sue parole scorrono dalla bocca dolci come miele; le moltitudini tutte guardano a lui che rende giustizia con rette sentenze; egli che parla in assemblea sicuro fa!° rapidamente cessare anche una grande lite col suo
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sapere;
perciò infatti i re sono assennati, perché alla gente danneggiata in assemblea sanno rendere il contraccambio facilmente, persuadendo con morbide parole; e quando procede nell'adunanza, lo venerano come un dio con dolce rispetto e (quello) spicca in mezzo alla folla adunata. Siffatto è il sacro dono delle Muse agli umani. Difatti è grazie alle Muse e ad Apollo arciere
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ἄνδρες ἀοιδοὶ ἔασιν ἐπὶ χθόνα καὶ κιθαρισταί, ἐκ δὲ Διὸς βασιλῆες: ὁ δ᾽ ὄλβιος, ὄντινα Μοῦσαι φίλωνται' γλυκερή οἱ ἀπὸ στόματος ῥέει αὐδή. εἰ γάρ τις καὶ πένθος ἔχων νεοκηδέι θυμῷ ἄζηται κραδίην ἀκαχήμενος, αὐτὰρ ἀοιδὸς Μουσάων θεράπων κλεῖα προτέρων ἀνθρώπων ὑμνήσει µάκαράς τε θεοὺς οἳ Ὄλυμπον ἔχουσιν, aly ὅ γε δυσφροσυνέων ἐπιλήθεται οὐδέ τι κηδέων µέμνηται' ταχέως δὲ παρέτραπε δῶρα θεάων. Χαίρετε τέκνα Διός, δότε δἸμερόεσσαν ἀοιδήν’
κλείετε δ᾽ ἀθανάτων ἱερὸν γένος αἰὲν ἐόντων, οἳ Γῆς ἐξεγένοντο καὶ Οὐρανοῦ ἀστερόεντος,
Νυκτός τε δνοφερῆς, οὓς θ᾽ ἁλμυρὸς ἔτρεφε Πόντος. εἴπατε δ᾽ ὡς τὰ πρῶτα θεοὶ καὶ γαῖα γένοντο καὶ ποταμοὶ καὶ πόντος ἀπείριτος οἵδματι θυἰῶν ἄστρά τε λαμπετόωντα καὶ οὐρανὸς εὐρὺς ὕπερθεν'
οἵ τ ἐκ τῶν ἐγένοντο, θεοὶ δωτῆρες ἐάῶν'
ὥς τ ἄφενος δάσσαντο καὶ ὡς τιμὰς διέλοντο, ἠδὲ καὶ ὡς τὰ πρῶτα πολύπτυχον ἔσχον Ὄλυμπον. ταῦτά µοι ἔσπετε Μοῦσαι Ὀλύμπια δώματ’ ἔχουσαι
ἐξ ἀρχῆς, καὶ εἴπαθ', ὅτι πρῶτον γένετ’ αὐτῶν.
"Ἠτοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ" αὐτὰρ ἔπειτα
Γαὶ εὐρύστερνος, πάντων ἕδος ἀσφαλὲς αἰεὶ
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ἀθανάτων οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου, Τάρταρά τ ἠερόεντα μυχῷ χθονὸς εὐρυοδείης, ἠδ᾽ Ἔρος, ὃς κάλλιστος ἐν ἀθανάτοισι θεοῖσι, λυσιµελής, πάντων τε θεῶν πάντων τ’ ἀνθρώπῶν δάµναται ἐν στήθεσσι νόον καὶ ἐπίφρονα βουλήν. ἐκ Χάεος δ᾽ Ἔρεβός τε µέλαινά τε Νὺξ ἐγένοντο' Νυκτὸς δ᾽ αὐτ' Αἰθήρ τε καὶ Ἡμέρη ἐξεγένοντο, οὓς τέκε κυσαµένη Ἐρέρβει Φιλότητι μιγεῖσα. Γαῖα δέ τοι πρῶτον μὲν ἐγείνατο σον ἑωυτῇ
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che ci sono sulla terra aedi e citaristi e grazie a Zeus che ci sono re29; ma beato chiunque le Muse amino: dolce parola scorre dalla sua bocca.
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servitore delle Muse la gloriosa fama di uomini passati celebri e gli dei felici che hanno l'Olimpo, e tosto quello dimentica le cure affliggenti né più dei dolori si rammenta; in breve il pensiero di quelli allontanano i
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Se infatti uno, soffrendo di un lutto recente nell’animo, si inaridisce in cuore di afflizione, basta che un aedo
doni delle dee.21
Salute a voi, progenie di Zeus, datemi un canto pieno d’amore; glorificate la sacra stirpe degli immortali che sempre sono, che da Gaia ebbero origine e da Urano coperto di stelle e dalla Notte cupa, e quelli che il salso Mare nutrì. Comunicatemi come primamente gli dei e la terra ebbero
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nascita
e i fiumi e il mare senza fine che ribolle di gonfi marosi, gli astri lampeggianti e il vasto cielo sovrastante; e quelli che da loro ebbero origine, gli dei datori di benefici, come si divisero le ricchezze e distribuirono tra loro gli onori e come per prima cosa occuparono l'Olimpo dalle molte vallate. Queste cose raccontatemi, o Muse, che abitate le dimore dell’Olimpo, dall’inizio, e ditemi quale tra loro ebbe nascita per primo?2.
Orbene, innanzitutto venne all’esistenza lo Spazio beante23, poi a sua volta la Terra dal largo petto, sede per sempre sicura di tutti gli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo, e il Tartaro nebbioso nel fondo della Terra dalle larghe strade, poi Eros, che è il più bello tra gli dei immortali e scioglie le membra, e di tutti gli dei, come di tutti gli uomini, doma nel petto il pensiero e la saggia volontà. Dallo Spazio beante ebbero origine Erebo e la nera Notte. Dalla Notte a loro volta Etere e Giorno,
che ella concepì e generò congiuntasi in amore ad Erebo.24
La Terra primo generò pari a lei
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Οὐρανὸν ἀστερόενθ), ἵνα µιν περὶ πάντα καλύπτοι, dop εἴη µακάρεσσι θεοῖς ἔδος ἀσφαλὲς αἰεί, γείνατο δ᾽ οὔρεα µακρά, θεᾶν χαρίεντας ἐναύλους Νυμφέων, αἳ ναίουσιν ἀν᾽ οὔρεα βησσήεντα, ἠδὲ καὶ ἀτρύγετον πέλαγος τέκεν οἴἵδματι θνῖον, Πόντον, ἅτερ Φιλότητος ἐφιμέρου; αὐτὰρ ἔπειτα Οὐρανῷ εὐνηθεῖσα τέκ᾽ Ὠκεανὸν βαθυδίνην Κοῖόν τε Κρεῖόν ϐ) Ὑπερίονά τ' Ἰαπετόν τε ΟΘείαν τε Ῥείΐαν τε Θέμιν τε Μνημοσύνην τε Φοίβην τε χρυσοστέφανον Τηθύν τ ἐρατεινήν. τοὺς δὲ μέθ᾽ ὁπλότατος γένετο Κρόνος ἀγκυλομήτης, δεινότατος παΐδων, θαλερὸν δ᾽ ἤχθηρε τοκΏα.
γείνατο δ᾽ αὖ Κύκλωπας ὑπέρβιον ἠτορ ἔχοντας,
Βρόντην τε Στερόπην τε καὶ ΄Αργην ὀβριμόθυμον, οἳ Ζηνὶ βροντήν τ’ ἔδοσαν τεθξάν τε κεραυνόν. οἱ δ᾽ ἤτοι τὰ μὲν ἄλλα θεοῖς ἐναλίγκιοι ἦσαν, μοῦνος δ᾽ ὀφθαλμὸς µέσσῳ ἐνέκειτο µετώπῳ' Κύκλωπες δ᾽ ὄνομ ἦσαν ἐπώνυμον, οὔνεκ) ἄρά σφεων κυκλοτερὴς ὀφθαλμὸς ἕεις ἐνέκειτο μετώπῳ'
ἰσχὺς δ᾽ ἠδὲ βίη καὶ μηχαναὶ ἦσαν ἐπ ἔργοις.
ἄλλοι δ᾽ αὖ Γαΐίης τε καὶ Οὐρανοῦ ἐξεγένοντο τρεῖς παῖδες μεγάλοι «τε» καὶ ὄβριμοι, οὐκ ὀνομαστοί, Κόττος τε Βριάρεώς τε Γύγης θ’, ὑπερήφανα τέκνα. τῶν ἑκατὸν μὲν χεῖρες ἀπ᾿ ὤμων ἀΐσσοντο, ἄπλαστοι, κεφαλαὶ δὲ ἑκάστῳ πεντήκοντα ἐξ ὤμων ἐπέφυκον ἐπὶ στιβαροῖσι µέλεσσιν' Ἰσχὺς δ᾽ ἄπλητος κρατερὴ µεγάλῳ ἐπὶ εἴδει. ὅσσοι γὰρ Γαίΐης τε καὶ Οὐρανοῦ ἐξεγένοντο, δεινότατοι παίδων, σφετέρῳ δ᾽ ἤχθοντο τοκΏι
ἐξ ἀρχῆς' καὶ τῶν μὲν ὅπως τις πρῶτα γένοιτο, πάντας ἀποκρύπτασκε καὶ ἐς φάος οὐκ ἀνίεσκε
Γαΐης ἐν κευθμῶνι, κακῷ δ᾽ ἐπετέρπετο ἔργῳ, Οὐρανός' ἡ δ᾽ ἐντὸς στοναχίζετο Γαῖα πελώρη
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Urano? stellato perché la coprisse completamente attorno e fosse per gli dei felici una sede sicura per sempre. Fece nascere le alte montagne, dimore piacevoli di dee, le Ninfe26 che hanno la loro abitazione tra i monti dirupati.
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E generò-anche il mare infecondo che ribolle di gonfi marosi,
Ponto, senza l’aiuto del desiderabile amore. In seguito unitasi ad Urano, generò Oceano?” dai vortici profondi e Coio, Crio, Iperione, Iapeto, Teia, Rea, Temi, Mnemosine,
Febe dall’aurea corona e l’amorosa Tetis?8. Dopo questi venne all’esistenza Crono, il più giovane, dai
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piani tortuosi,
il più terribile dei suoi figli; e prese ad odiare il florido
genitore?9.
Mise poi al mondo i Ciclopi dal cuore superbo, Bronte, Sterope e Arge dall’animo violento, che diedero a Zeus il tuono e gli fabbricarono il fulmine,30 i quali erano in tutto e per tutto simili agli dei, ma un solo occhio si trovava in mezzo alla loro fronte. Ciclopi era il nome con cui li si designava, perché appunto un solo occhio rotondo campeggiava sulla loro fronte. Potenza e forza e ogni genere di astuzia era nel loro agire. Altri figli ancora nacquero da Gaia e Urano,
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tre, grandi e violenti, neppure degni d’essere nominati,
Cotto, Briareo e Gige?!, progenie tracotante: cento braccia balzavano dalle loro spalle,
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inavvicinabili, e a ciascuno cinquanta teste
si originavano dalle spalle su membra pesanti; inarrivabile la terribile potenza aggiunta alla grande statura. Quanti infatti nacquero da Gaia e da Urano erano, tra i figli, particolarmente terribili ed in odio al
loro padre
dal principio2; e come venivano al mondo, tutti li nascondeva, uno dopo l’altro — né li faceva venire
alla luce —,
nei recessi di Gaia. E si rallegrava del suo cattivo operare Urano, mentre la Terra gemeva all’interno nella sua
smisurata grandezza,
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στεινοµένη, δολίην δὲ κακὴν ἐπεφράσσατο τέχνην.
αἶψα δὲ ποιῄσασα γένος πολιοῦ ἁδάμαντος
τεΏξε µέγα δρέπανον καὶ ἐπέφραδε παισὶ φίλοισιν᾿
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εἶπε δὲ θαρσύνουσα, φίλον τετιηµένη ἠτορ' ὄπαῖδες ἐμοὶ καὶ πατρὸς ἀτασθάλου, αἴ κ᾿ ἐθέλητε πείθεσθαι΄ πατρός κε κακὴν τεισαίµεθα λώβην
ὑμετέρου' πρότερος γὰρ ἀεικέα µήσατο ἔργα.
ὣς φάτο' τοὺς δ᾽ ἄρα πάντας ἕλεν δέος, οὐδέ τις αὐτῶν φθέγξατο. θαρσήσας δὲ μέγας Κρόνος ἀγκυλομήτης αἶψ᾽ αὖτις µύθοισι προσηύδα μητέρα κεδνήν' ἅμητερ, ἐγώ κεν τοῦτό Υ᾿ ὑποσχόμενος τελέσαιμι ἔργον, ἐπεὶ πατρός γε δυσωνύµου οὐκ ἀλεγίζω ἡμετέρου' πρότερος γὰρ ἀεικέα µήσατο ἔργα. ὣς φάτο γήθησεν δὲ μέγα φρεσὶ Γαϊα πελώρη: εἶσε δέ µιν κρύψασα λόχφ, ἐνέθηκε δὲ χερσὶν ἅρπην καρχαρόδοντα, δόλον δ᾽ ὑπεθήκατο πάντα.
ἦλθε δὲ νύκτ ἐπάγων µέγας Οὐρανός, ἀμφὶ δὲ Γαίῃ
ἱμείρων Φφιλότητος ἐπέσχετο, καί ῥ' ἐτανύσθη πάντῃ: ὁ δ᾽ ἐκ λοχεοῖο πάις ὠρέξατο χειρὶ σκαιῇ, δεξιτερῇ δὲ πελώριον ἔλλαβεν ἅρπην, μακρὴν καρχαρόδοντα, φίλου δ᾽ ἀπὸ µήδεα πατρὸς ἐσσυμένως ἤμησε, πάλιν δ᾽ ἔρριψε φέρεσθαι ἐξοπίσω. τὰ μὲν οὔ τι ἐτώσια ἔκφυγε χειρός: ὅσσαι γὰρ ῥαθάμιγγες ἀπέσσυθεν αἱματόεσσαι, πάσας δέξατο Γαϊα' περιπλοµένων δ᾽ ἐνιαυτῶν γείνατ ἘρινΏς τε κρατερὰς μεγάλους τε Γίγαντας, τεύχεσι λαμποµένους, δολἰχ’ ἔγχεα χερσὶν ἔχοντας,
Νύμφας ϐ᾽ ἃς Μελίας καλέουσ᾽ ἐπ᾽ ἀπείρονα γαῖαν. µήδεα δ᾽ ὡς τὸ πρῶτον ἀποτμήξας ἀδάμαντι
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κάββαλ᾽ ἀπ᾿ ἠπείροιο πολυκλύστῳ ἐνὶ πόντῳ, ὣς φέρετ ἂμ πέλαγος πουλὼὺν χρόνον, ἀμφὶ δὲ λευκὸς
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pigiata; ma un espediente s’inventò astuto e cattivo. In breve fatto un tipo di metallo, il bianco acciaio, ne fabbricò una grande falce33 e, rivolgendosi ai suoi figli, disse incoraggiandoli, con l’animo afflitto: “Figli miei e di un padre insensato, se mai voleste darmi retta, castigheremmo l’oltraggio perverso del padre che è pur vostro padre, perché per primo ha meditato scellerate azioni”. Così disse; e la paura prese tutti, né alcuno di loro osò aprire bocca; ma con coraggio il grande Crono34 dai
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piani tortuosi
con queste parole rispose alla madre prudente: “Madre, io, te lo prometto, potrei ben compiere il da farsi, perchè di un padre esecrabile non mi dò pensiero, per quanto nostro padre; per primo infatti ha meditato scellerate azioni”. Così disse; e gioì grandemente nel cuore la smisurata Terra. Nascostolo, lo predispose all’insidia: gli pose tra le mani la falce dai denti aguzzi e gli suggerì tutto l’inganno. E venne il grande Urano portando la notte, e la Terra avviluppava desideroso d’amore e s’espandeva per ogni dove; allora il figlio dal luogo dell’insidia?5 protese la mano sinistra, con la destra prese la smisurata falce lunga, dai denti aguzzi, e i genitali del padre suo subitamente recise e gettò poi con un movimento all’indietro; e non fu senza conseguenze quanto sfuggì dalla sua mano. Perché gli schizzi di sangue, quanti s'erano prodotti, tutti accolse Gaia; e col passare degli anni ella fece nascere le potenti Erinni e i grandi Giganti lampeggianti nelle loro armi, tra le mani i lunghi giavellotti, e le Ninfe che chiamano Melie»6 sulla terra senza confini. I genitali, non appena, tagliatili con l’acciaio, li ebbe gettati dalla terra nel mare dai molti flutti, furono trascinati così sul mare per molto tempo; e attorno bianca
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ἀφρὸς ἀπ᾿ ἀθανάτου χροὸς ὤρνυτο' τῷ δ᾽ ἔνι κούρη ἐθρέφθη' πρῶτον δὲ Κυθήροισι ζαθέοισιν
ἔπλητ, ἔνθεν ἔπειτα περίρρυτον ἵκετο Κύπρον. 195
ἐκ δ᾽ ἔβη αἰδοίῃη καλἠ θεός, ἀμφὶ δὲ ποίη ποσσὶν ὕπο ῥᾳαδινοῖσιν ἀέξετο' τὴν δ᾽ ᾽Αϕροδίτην
ἀφρογενέα τε θεὰν καὶ ἐυστέφανον Κυθέρειαν
κικλήσκουσι θεοί τε καὶ ἀνέρες, οὔνεκ' ἐν ἀφρῷ θρέφθη’ ἀτὰρ Κυθέρειαν, ὅτι προσέκυρσε Κυθήροις'
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Κυπρογενέα δ’, ὅτι γέντο περικλύστῳ ἐνὶ Κύπρφ'
ἠδὲ Φιλομμηδέα, ὅτι µηδέων ἐξεφαάνθη.
τῇ δ᾽ Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἴμερος ἔσπετο καλὸς
γεινοµένη τὰ πρῶτα θεῶν τ᾽ ἐς Φῦλον Ἰούσῃ' ταύτην δ᾽ ἐξ ἀρχῆς τιμὴν ἔχει δὲ λέλογχε 205
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μοῖραν ἐν ἀνθρώποισι καὶ ἀθανάτοισι θεοῖσι,
παρθενίους τ’ ὀάρους µειδήµατά τ’ ἐξαπάτας τε τἐρψίν τε γλυκερὴν φιλότητά τε μειλιχίην τε. τοὺς δὲ πατὴρ Τιτῆνας ἐπίκλησιν καλέεσκε παῖδας νεικείων µέγας Οὐρανός, οὓς τέκεν αὐτός'
φάσκε δὲ τιταίνοντας ἀτασθαλίῃ μέγα ῥέξαι
ἔργον, τοῖο δ᾽ ἔπειτα τίσιν μετόπισθεν ἔσεσθαι. Νὺξ δ᾽ ἔτεκε στυγερόν τε Μόρον καὶ Κῆρα µέλαιναν καὶ Θάνατον, τέκε δ᾽ Ὕπνον, ἔτικτε δὲ φῦλον Ὀνείρων.
δεύτερον αὖ Μῶμον καὶ Ὀιζὺν ἀλγινόεσσαν
οὔτινι κοιμηθεῖσα θεῶν τέκε Νὺξ ἐρεβεννή, Ἑσπερίδας θ), αἷς μῆλα πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο χρύσεα καλὰ µέλουσι φέροντά τε δένδρεα καρπόν' καὶ Μοίρας καὶ Κῆρας ἐγείνατο νηλεοποίνους, Κλωθώ τε Λάχεσίν τε καὶ ΄Ατροπον, αἵ τε βροτοῖσι γεινομένοισι διδοῦσιν ἔχειν ἀγαθόν τε κακόν τε, al τ' ἀνδρῶν τε θεῶν τε παραιβασίας ἐφέπούσιν, οὐδέ ποτε λήγουσι θεαὶ δεινοῖο χόλοιο,
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schiuma dal membro immortale fuorusciva; in questa una figlia?”
crebbe e da principio Citera divina accostò, da dove poi giunse a Cipro circondata dall’onda.
Vi sbarcò la dea bella e venerabile, e attorno a lei erba sotto ai suoi agili piedi cresceva; lei Afrodite,
dea nata dalla schiuma, e Citerea dalla bella corona sogliono chiamare gli dei e gli uomini, perché nella schiuma
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crebbe, e pure Citerea, perché giunse a Citera;
Ciprogenia, perché nacque a Cipro circondata dai flutti, e anche Filommedèa, perché prese forma dai genitali?8. L'accompagnò Eros e il bel Desiderio?9 la seguì
non appena venuta alla luce e avviata a raggiungere la
razza degli dei. E dall’inizio ha questa prerogativa, questa parte ha avuto
tra gli uomini e gli immortali,
in sorte
le chiacchiere di fanciulle, i sorrisi, le astuzie, il dolce divertimento, il tenero amore e la soavità di miele.
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A quelli il padre diede il nome di Titani,
il grande Urano, in litigioso contrasto coi figli che pur
aveva generati. Diceva che stendendo (le braccia) con insensatezza
avevano commesso un grave
misfatto e che, in seguito, di questo avrebbero tratto punizione.
La Notte! generò e la Morte, generò In secondo luogo generò senza aver
l’odioso Destino e la nera Chera il Sonno e la razza dei Sogni. Biasimo e la dolorosa Afflizione giaciuto con alcuno degli dei la Notte tenebrosa,
e le Esperidi“2, che, al di là di Oceano famoso, delle mele auree, belle, hanno cura e degli alberi che producono tali frutti;
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e pure le Moire generò e le Chere che puniscono senza pietà: Cloto, Lachesi e Atropo, che ai mortali alla nascita concedono di avere bene e male#,
e (le dee) che perseguono le trasgressioni di uomini e dei, né mai smettono la terribile collera
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πρίν Υ᾿ ἀπὸ τῷ δώωσι κακἠν ὄπιν, ὅστις ἁμάρτῃ. τίκτε δὲ καὶ Νέμεσιν πῆμα θνητοῖσι βροτοῖσι Νὺξ ὀλοή: μετὰ τὴν δ᾽᾽Απάτην τέκε καὶ Φιλότητα Γῆράς τ οὐλόμενον, καὶ Ἔριν τέκε καρτερόθυµον. αὐτὰρ Ἔρις στυγερὴ τέκε μὲν Πόνον ἀλγινόεντα Λήθην τε Λιμόν τε καὶ ΆἈλγεα δακρυόεντα Ὑσμίνας τε Μάχας τε Φόνους τ’ Ανδροκτασίας τε Neiked te Μεύδεά τε Λόγους τ ᾽Αμϕιλλογίας τε Δυσνομίην τ’ Ατην τε, συνήθεας ἀλλήλῃσιν, "Ὀρκόν ϐ’, ὃς δὴ πλεῖστον ἐπιχθονίους ἀνθρώπους πηµαίνει, ὅτε κέν τις ἑκὼν ἐπίορκον ὀμόσσῃ' Νηρέα ἀψευδέα καὶ ἀληθέα γείνατο Πόντος πρεσβύτατον παίδων’ αὐτὰρ καλέουσι γέροντα, οὕνεκα νηµερτής τε καὶ ἤπιος, οὐδὲ θεµίστων λήθεται, ἀλλὰ δίκαια καὶ ἤπια δήνεα οἶδεν'
αὖτις δ᾽ αὖ Θαύμαντα µέγαν καὶ ἀγήνορα Φόρκυν
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Γαίῃ µισγόµενος καὶ Κητώ καλλιπάρηον Εὐρυβίην τ᾿ ἀδάμαντος ἐνὶ φὀρεσὶ θυμὸν ἔχουσαν. Νηρῄῆος δ᾽ ἐγένοντο µεγήριτα τέκνα θεάῶν πόντῳ ἐν ἀτρυγέτῳ καὶ Δωρίδος ἠυκόμοιο, κούρης Ὠκεανοῖο τελήεντος ποταμοῖο, Πρωθώ τ' Ευκράντη τε Σαώ τ᾽ ᾽Αμϕιτρίτη τε Εὐδώρη τε Θέτις τε Γαλήνη τε Γλαύκη τε, Κυµοθόη Σπειώ τε θοὴ Θαλίη τ ἐρόεσσα Πασιθέη τ’ Ἐρατώ τε καὶ Εὐνίκη ῥοδόπηχυς καὶ Μελίτη χαρίεσσα καὶ Εὐλιμένη καὶ ᾽Αγαυὴἡ Δωτώ τε Πρωτώ τε Φέρουσά τε Δυναμένη τε Νησαίη τε καὶ ᾽Ακταίη καὶ Πρωτοµέδεια, Δωρὶς καὶ Πανόπη καὶ εὐειδὴς Γαλάτεια Ἱπποθόη τ' ἐρόεσσα καὶ Ἱππονόη ῥοδόπηχυς Κυµοδόκη θ᾽, ἡ κύματ' ἐν ἠεροειδέι πόντῳ πνοιάς τε ζαέων ἀνέμων σὺν Κυματολήγῃ ῥεῖα πρηῦνει καὶ ἐυσφύρῳ ᾽Αμϕιτρίτῃ,
Κυμώ τ᾽ Ἠιόνη τε ἐυστέφανός ϐ᾽ Αλιμήδη
Γλαυκονόμη τε Φιλομμειδῆς καὶ Ποντοπόρεια
TEOGONIA
129
prima di aver impartito un duro castigo a chiunque abbia errato. Generò anche Nemesi, sciagura per i mortali, la Notte funesta; e dopo questa Inganno e Tenerezza e Vecchiezza rovinosa ed Eris dall’animo violento44.
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A sua volta, l’odiosa Eris generò Fatica dolorosa, Oblio, Fame e Dolori lacrimosi, Mischie, Battaglie, Assassinii e Uccisioni,
Contrasti e Discorsi menzogneri e Controversie, Anarchia e Sciagura che mutuamente s’accompagnano, Giuramento poi, che maggiormente i mortali terrestri affligge qualora deliberatamente si commetta spergiuro®.
230
Ponto generò Nereo, schietto e veritiero,
il maggiore dei suoi figli; per questo lo chiamano il vecchio perché scevro da inganni e mite né delle regole del diritto si dimentica, ma ben conosce pensieri giusti e miti.
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Ancora, il grande Taumante (generò) e il prode Forchi, unitosi alla Terra, e Chetò dalle belle guance
ed Euribie che ha nel petto un animo d’acciaio.
Da Nereo nacquero figlie, tra le dee oggetto d'invidia, nel mare infecondo, e da Doride dalla bella chioma,
240
la figlia di Oceano, il fiume che termina in se stesso: Prothò, Eucrante, Saò, Anfitrite, Eudore, Teti, Galene, Glauche,
Chimotoe, la veloce Speiò, l’amabile Talia,
Pasitee, Erato, Euniche dalle braccia di rosa, Melite graziosa, Eulimene, Agavè, Dotò, Protò, Ferusa e Dinamene, Nesea, Actea, Protomedeia, Doride, Panope, la bella Galateia,
Ippotoe amabile Chimodoche che e i soffi dei venti facilmente placa
e Ipponoe dalle braccia di rosa, sul mare nebbioso le onde infuriati con Chimatoleghe e con Anfitrite dalle belle caviglie,
Chimò, Eione, Alimede dalla bella corona,
Glauconome che ama il sorriso e Pontoporeia,
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ESIODO
Λειαγόρη τε καὶ Εὐαγόρη καὶ Λαομέδεια Πουλυνόη τε καὶ Αὐτονόη καὶ Λυσιάνασσα Εὐάρνη τε φυὴν ἐρατὴ καὶ εἶδος ἅμωμος καὶ Ῥαμάθη χαρίἰεσσα δέµας δίη τε Μενίππη Νησώ τ᾿ Εὐπόμπη τε Θεμιστώ τε Προνόη τε Νημερτής 8’, ἢ πατρὸς ἔχει νόον ἀθανάτοιο. αὗται μὲν Νηρῆος ἀμύμονος ἐξεγένοντο κοῦραι πεντήκοντα, ἀμύμονα ἔργ’ εἰδυῖαι: Θαύμας δ᾽ Ὠκεανοῖο βαθυρρείταο θύγατρα ἠγάγετ᾽ Ἠλέκτρην: ἡ δ᾽ ὠκεῖαν τέκεν Ἶριν
ἠυκόμους θ᾽ Αρπυίας, Αελλώ τ' Ὠκυπέτην τε, αἵ ῥ' ἀνέμων πνοιῇσι καὶ οἰωνοῖς ἅμ᾽ ἔπονται
270
ὠκείῃς πτερύγεσσι’ µεταχρόνιαι γὰρ αλλον. Φόρκυι δ αὖ Κητὼ Γραίας τέκε καλλιπαρήους ἐκ γενετῆς πολιάς, τὰς δὴ Γραίας καλέουσιν
ἀθάνατοί τε θεοὶ χαμαὶ ἐρχόμενοί τ’ ἄνθρωποι,
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Πεμφρηδώ τ εὔπεπλον Ἐνυώ τε κροκόπεπλον, Γοργούς ϐθ’, αἳ ναίουσι πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖο ἐσχατιῇ πρὸς νυκτός, ἵν᾽ Ἑσπερίδες λιγύφωνοι,
Σθεννώ τ’ Εὐρυάλη τε Μέδουσά τε λυγρὰ παθοῦσα'
ἡ μὲν ἔην θνητή, αἱ δ᾽ ἀθάνατοι καὶ ἀγήρῳ, αἱ δύο’ τῇ δὲ μιῇ παρελέξατο Κυανοχαίτης ἐν μαλακῷ λειμῶνι καὶ ἄνθεσιν εἰαρινοῖσι. τῆς ὅτε δὴ Περσεὺς κεφαλἠὴν ἀπεδειροτόμησεν, ἐξέθορε Χρυσάωρ τε µέγας καὶ Πήγασος ἵππος.
τῷ μὲν ἐπώνυμον ἦν, ὅτ ἄρ᾽ Ὠκεανοῦ παρὰ πηγὰς γένθ., ὁ δ᾽ ἄορ χρύσειον ἔχων μετὰ χερσὶ φίλῃσι. 285
χὠ μὲν ἀποπτάμενος, προλιπῶν χθόνα μητέρα µήλων,
xe ἐς ἀθανάτους' Ζηνὸς δ ἐν δώµασι ναίἰει βροντήν τε στεροπήν τε φέρων Διὶ µητιόεντι’ Χρυσάωρ δ᾽ ἔτεκε τρικέφαλον Γηρυονῆα
μιχθεὶς Καλλιρόη κούρῃ κλυτοῦ Ὠκεανοῖϊο'
290
τὸν μὲν ἄρ᾽ ἐξενάριξε Bin ‘HpaxAnein βουσὶ πάρ᾽ εἰλιπόδεσσι περιρρύτῳ εἰν Ἐρυθείῃ ἥματι τῷ, ὅτε περ βοῦς ἤλασεν εὐρυμετώπους
Τίρυνθ’ εἰς ἱερήν, διαβὰς πόρον Ὠκεανοῖο,
TEOGONIA
131
Leiagore ed Evagore e Laomedeia, Pulinoe, Autonoe, Lisianassa, Evarne di amabile aspetto e di forma senza difetto,
Psamate di corpo grazioso, la divina Menippe, Nesò, Eupompe, Temistò, Pronoe,
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Nemerte, che ha la mente del padre immortale. Queste da Nereo senza macchia nacquero,
le cinquanta figlie*8, che sanno opere senza macchia. Taumante la figlia di Oceano dalle correnti profonde sposò, Elettra. La quale generò Iride? veloce e le Arpie dalle belle chiome, Aellò e Ochipetes0 che vanno insieme ai soffi dei venti e agli uccelli con loro rapide ali, chè in aria si lanciano a volo.
265
A Forchi Chetò generò le Senili51 dalle belle guance, bianche in capo dalla nascita; Graie le chiamano gli dei immortali come gli uomini che camminano in terra, Pemfredò dal bel peplo, Eniò dal croceo peplo; e le Gorgoni?2 (generò) che abitano al di là di Oceano famoso, al confine della notte, dove sono le Esperidi dalla stridula voce, Stennò, Euriale, Medusa che atroci cose sofferse.
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Costei era mortale, immortali invece e senza vecchiezza le due sorelle; però a lei sola si stese accanto il dio
dall’azzurra chioma? su morbido prato e tra primaverili fiori. Quando Perseo le ebbe staccato la testa dal collo, il grande Crisaore ne sorse e il cavallo Pegaso»4; l’uno tal nome aveva perché presso le acque dell'Oceano era nato, l’altro per avere tra le mani una spada d’oro.
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E l’uno lasciata a volo la terra, madre di armenti,
andò agli immortali ed abita nella casa di Zeus, il tuono e il fulmine recando a Zeus prudente.
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Crisaore generò Gerione? tricefalo, unitosi a Calliroe, figlia di Oceano famoso.
Lo uccise la forza di Eracle, presso i buoi dalle torte zampe, in Eritea circondata dai flutti, nel giorno stesso che spinse i buoi dall’ampia fronte verso la sacra Tirinto, attraversato il corso dell'Oceano
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ESIODO
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Ὄρθόν τε κτείνας καὶ βουκόλον Εὐρυτίώνα σταθμῷ ἐν Περόεντι πέρην κλυτοῦ Ὠκεανοῖιο. ἡ δ᾽ ἔτεκ᾽ ἄλλο πέλῶρον ἀμήχανον, οὐδὲν ἐοικὸς
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σπΏι ἔνι γλαφυρῷ, θείην κρατερόὀρον᾽ Ἔχιδναν, ἥμισυ μὲν νύμφην ἑλικώπιδα καλλιπάρητον, ἥμισυ δ᾽ αὖτε πέλωρον ὄφιν δεινόν τε µέγαν τε αἰόλον ὠμηστήν, ζαθέης ὑπὸ κεύθεσι γαίης.
θνητοὶς ἀνθρώποις οὐδ᾽ ἀθανάτοισι θεοῖσι,
ἔνθα δέ οἱ σπέος ἐστὶ κάτω κοίλη ὑπὸ πέτρῃ
τηλοῦ ἀπ᾿ ἀθανάτων τε θεῶν θνητῶν τ᾽ ἀνθρώπων, ἔνθ᾽ ἄρα οἱ δάσσαντο θεοὶ κλυτὰ δώµατα ναίειν. 305
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ἡ δ᾽ ἔρυτ εἰν ᾽Αρίμοισιν ὑπὸ χθόνα λυγρὴ Ἔχιδνα, ἀθάνατος νύμφη καὶ ἀγήραος ἥματα πάντα. τῇ δὲ Τυφάονά φασι µιγήµεναι ἐν Φφιλότητι δεινόν θ᾽ ὑβριστήν τ' ἄνομόν θ᾽ ἑλικώπιδι κούρῃ' ἡ δ᾽ ὑποκυσαμένη τέκετο κρατερόφρονα τέκνα. Ὄρθον μὲν πρῶτον κύνα γείνατο Γηρυονήῆι’ δεύτερον αὖτις ἔτικτεν ἀμήχανον, οὔ τι φατειόν͵ Κέρβερον ὠμηστήν, Αἰδεω κύνα χαλκεόφωνον, πεντηκοντακέφαλον, ἀναιδέα τε κρατερόν τε’ τὸ τρίτον Ὕδρην αὖτις ἐγείνατο λύγρ᾽ εἰδυῖαν Λερναίην, ἣν θρέψε θεὰ λευκώλενος Μρη ἄπλητον κοτέουσα βίῃ Ἡρακλπείῃ. καὶ τὴν μὲν Διὸς υιὸς ἐνήρατο νηλέι χαλκῷ ᾽Αμϕιτρυωνιάδης σὺν ἀρηιφίλῳ Ἰολάῳ Ἡρακλέης βουλῇσιν ᾿Αθηναίης ἀγελείης' ἡ δὲ Χίμαιραν ἔτικτε πνέουσαν ἀμαιμάκετον πῦρ, δεινήν τε μεγάλην τε ποδώκεά τε κρατερήν τε. τῆς ἦν τρεῖς κεφαλαί’ µία μὲν χαροποῖϊο λέοντος, ἡ δὲ χιµαίρης, Ἡ δ᾽ ὄφιος κρατεροῖο δράκοντος.
πρόσθε λέων, ὄπιθεν δὲ δράκων, µέσση δὲ χίµαιρα,
TEOGONIA
133
e uccisi Orto e il bovaro Euritione
nella loro stalla nebbiosa al di là di Oceano famoso. Ella (Chetò?) generò un altro mostro che non lascia scampo, per niente somigliante agli uomini mortali o agli dei immortali, nel cavo di uno speco: la divina Echidna? dall’animo violento, per metà fanciulla dagli occhi brillanti e dalle belle guance, per metà mostruoso serpente, terribile e grande, variegato, divoratore di carne, nascosto nei recessi della terra divina.
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Là ha la sua caverna, in basso, sotto una roccia cava,
distante dagli dei immortali e dagli uomini mortali. Là è l'illustre dimora che gli dei le hanno attribuito come casa; vi trova riparo tra gli Arimi?8, sotto terra, la triste Echidna, fanciulla immortale e senza vecchiezza per tutti i suoi giorni. A lei dicono che Tifone? si congiunse in amore, il terribile, il brutale, il fuori legge, alla fanciulla dagli occhi brillanti. Ella concepì e partorì una progenie dall’animo tracotante: Orto, anzitutto, il cane di Gerione,
secondo generò un mostro che non lascia scampo,
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neppure da nominarsi, Cerbero divoratore di carne, il cane di Ade, dalla bronzea voce, provvisto di cinquanta teste, spietato e potente;
terza generò Idra6!, che sa tristi cose,
il mostro di Lerna, che Era, dea dalle bianche braccia, allevò,
insaziabilmente sdegnata contro la forza di Eracle. E quella il figlio di Zeus uccise con il bronzo che non
315
conosce pietà, insieme con Iolao® caro ad Ares, l’ Anfitrioniade
Eracle, grazie ai consigli di Atena che cerca prede.
Ella generò la Chimera che soffia un fuoco irresistibile, terribile, grande, piè veloce, potente;
aveva tre teste: l’una di leone dall’occhio fiero,
l’altra di capra, l’altra ancora di serpente, di potente drago; davanti leone, dietro drago, in mezzo capra
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ESIODO
δεινὸν ἀποπνείουσα πυρὸς µένος αἰθομένοιο. τὴν μὲν Πήγασος εἷλε καὶ ἐσθλὸς Βελλεροφόντης: ἡ δ ἄρα Φικ᾽ ὀλοὴν τέκε Καδμείοισιν ὄλεθρον,
Ὄρθῳφ ὑποδμηθεῖσα, Νεμειαϊόν τε λέοντα,
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τόν ῥ' Ἡρη θρέψασα Διὸς κυδρὴ παράκοιτις γουνοῖσιν κατένασσε Νεµείης, πῆμ’ ἀνθρώποις.
&v0' dp 6 y οἰκείων ἐλεφαίρετο φῦλ᾽ ἀνθρώπων, κοιρανέων Τρητοῖο, Νεμείης ἠδ᾽ ᾽Απέσαντος' ἀλλά ἑ ἲς ἐδάμασσε βίης Ἡρακληείης. Κητὠ δ᾽ ὁπλότατον Φόρκυι φιλότητι μιγεῖσα
γείνατο δεινὸν ὄφιν, ὃς ἐρεμνῆς κεύθεσι γαίης πεἰρασιν ἐν µεγάλοις παγχρύσεα μήλα Φφυλάσσει. τοῦτο μὲν ἐκ Κητοῦς καὶ Φόρκυνος γένος ἐστί. Τηθὺς δ᾽ Ὠκεανῷ Ποταμοὺς τέκε δινῄεντας, Νε]λόν τ Αλφειόν τε καὶ Ἠριδανὸν βαθυδίνην, Στρυμόνα Μαΐανδρόν τε καὶ Ἴστρον καλλιρέεθρον Φᾷᾶσίν τε Ῥησόν τ’ ᾽Αχελῷόν τ’ ἀργυροδίνην Νέσσόν τε Ῥοδίον θ᾽ Αλιάκμονά θ᾽ Ἐπιάπορόν τε Γρήνικόν τε καὶ Αἴσηπον θεῖόν τε Σιμοῦντα
Πηνειόν τε καὶ Ἔρμον ἐυρρείτην τε Κάικον Σαγγάριόν τε µέγαν Λάδωνά τε Παρθένιόν τε
Εὐηνόν τε καὶ ᾽Αλδῆσκον θεῖόὀν τε Σκάµανδρον΄ τίκτε δὲ θυγατέρων Ἱερὸν γένος, αἳ κατὰ γαῖαν
ἄνδρας κουρίζουσι σὺν ᾽Απόλλωνι ἄνακτι
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καὶ Ποταμοῖς, ταύτην δὲ Διὸς πάρα μοῖραν ἔχουσι, Πειθώ τ ᾽Αδμήτη τε Ἰάνθη τ᾽ Ἠλέκτρη τε Δωρίς τε Πρυμνώ τε καὶ Οὐρανίη θεοειδὴς Ἱππώτε Κλυμένη τε Ῥόδειά τε Καλλιρόη τε Ζευξώτε Κλυτίη τε Ἰδυϊά τε Πασιθόη τε
Πληξαύρη τε Γαλαξαύρη τ ἐρατή τε Διώνη 35.
Μηλόβοσίς τε Θόη τε καὶ εὐειδὴς Πολυδώρη
Κερκτίςτε φυὴν ἐρατὴ Πλουτώ τε βοῶπις
Περσηίς τ Ἰάνειρά τ’ ᾽Ακάστη τε Ξάνθη τε
Πετραίη 1 ἐρόεσσα Μενεσθώ τ Εὐρώπη τε
Μητίς τ Εὐρυνόμη τε Τελεστώ τε κροκόπεπλος
TEOGONIA
135
e soffia terribili fiamme ardenti9. Questa uccisero Pegaso e il nobile Bellerofonte®4.
E ancora generò Fiche funesta, esiziale per i Cadmei0,
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cedendo ad Orto in amore, e il leone nemeo, che Era, la nobile sposa di Zeus, allevò,
e gli fece calcare i colli di Nemea, flagello per gli umani; là quello risiedendo distruggeva le generazioni degli uomini, sovrano di Treto, Nemea e Apesante®, Ma lo domò la vigorosa forza di Eracle.
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Chetò, unitasi in amore a Forchi, ultimo figlio,
gli generò un terribile serpente che nei recessi della terra
tenebrosa tra le sue spire immense custodisce greggi tutte d’oro.97 Questa è la stirpe di Chetò e Forchi.
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Tetis generò ad Oceano i Fiumi ricchi di vortici, Nilo, Alfeo, Eridano dai mulinelli profondi, Strimone, Meandro, Istro dalle belle correnti,
Fasi, Reso, Acheloo dai vortici d’argento, Nesso, Rodio, Aliacmone, Eptaporo, Grenico, Esepo, il divino Simoenta, Peneo, Ermo, Caico dal bel corso, il grande Sangario, Ladone, Partenio,. Eveno, Ardesco e il divino Scamandro88. Generò una sacra stirpe di figlie che sulla terra nutrono la giovinezza degli uomini@? insieme con Apollo e con i Fiumi, e questo ruolo l’hanno da Zeus:
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signore
Peitò, Admete, Iante, Elettra,
Doride, Primnò, Uranie dal divino aspetto, Ippò, Climene, Rodeia, Calliroe,
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Zeuxò, Clitie, Iduia, Pasitoe,
Plexaure, Galaxaure e l’amabile Dione, Melobosi, Toe e la graziosa Polidore,
Chercheide d’amabile aspetto, Plutò dagli occhi bovini, Perseide, Ianeira, Acaste, Xante, Petrea graziosa, Menestò, Europa, Meti, Eurinome, Telestò dal croceo peplo,
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ESIODO
Χρυσηίς τ Ασίητε καὶ ἱμερόεσσα Καλυψὼ Εὐδώρη τε Τύχη τε καὶ Αμϕιρὼ Ὠκυρόη τε καὶ Στύξ, Ἡ δή σφεων προφερεστάτη ἐστὶν ἁπασέων. αὗται ἄρ᾽ Ὠκεανοῦ καὶ Τηθύος ἐξεγένοντο πρεσβύταται κοθὂρα!’ πολλαί γε μέν εἰσι καὶ ἄλλαι: τρὶς γὰρ χίλιαί εἰσι τανίσφΦυροι Ὠκεανῖναι, αἵ ῥα πολυσπερέες γαῖαν καὶ βένθεα λίμνης
πάντῃ ὁμῶς ἐφέπουσι, θεάων ἀγλαὰ τέκνα.
τόσσοι δ᾽ αὐθ' ἕτεροι ποταμοὶ καναχηδἁ ῥέοντες, υιέες Ὠκεανοῦ, τοὺς γείνατο πότνια Τηθύς:
370
τῶν ὄνομ᾽ ἀργαλέον πάντων βροτὸν ἄνδρα ἐνισπεῖν, οἱ δὲ ἕκαστοι ἴσασιν, ὅσοι περιναιετάουσι. Θεία δ᾽ Ἠέλιόν τε µέγαν λαμπράν τε Σελήνην Ἠῶ θ᾽, ἣ πάντεσσιν ἐπιχθονίοισι φαείνει
ἀθανάτοις τε θεοῖσι τοὶ οὐρανὸν εὐρὺν ἔχοῦσι,
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γείναθ᾽ ὑποδμηθεῖσ Ὑπερίονος ἐν Φφιλότητι. Κρείῳ δ᾽ Εὐρυβίη τέκεν ἐν φιλότητι μιγεῖσα ᾿Αστραϊόν τε µέγαν Πάλλαντά τε δία θεάων
Πέρσην θ', ὃς καὶ πᾶσι µετέπρεπεν ἰδμοσύνῃσιν.
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᾿Αστραίῳ δ᾽ Ἠὼς ἀνέμους τέκε καρτεροθύµους, ἀργέστην Ζέφυρον Βορέην τ’ αἰψηροκέλευθον καὶ Νότον, ἐν φιλότητι θεἀὰ θεῷ εὐνηθεῖσα. τοὺς δὲ μέτ᾽ ἀστέρα τίκτεν Ἑωσθόρον Ἠριγένεια ἄστρά τε λαμπετόωντα, τά τ’ οὐρανὸς ἐστεφάνωται.
Στὺξ δ᾽ ἔτεκ᾽ Ὠκεανοῦ θυγάτηρ Πάλλαντι μιγεῖσα 385
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Ζῆλον καὶ Νίκην καλλίσόυρον ἐν µεγάροισι καὶ Κράτος ἠδὲ Βίην ἀριδείκετα γεἰνατο τέκνα. τῶν οὐκ ἔστ ἀπάνενθε Διὸς δόµος, οὐδέ τις ἕδρη, οὐδ' ὁδός, ὅππη μὴ κείνοις θεὸς ἡγεμονεύει, ἀλλ’ αἰεὶ πὰρ Ζηνὶ βαρυκτύπῳ ἑδριόῶνται. ὣς γὰρ ἐβούλευσε Στὺξ ἄφθιτος Ὠκεανίνη ἥματι τῷ, ὅτε πάντας Ὀλύμπιος ἀστεροπητὴς
ἀθανάτους ἐκάλεσσε θεοὺς ἐς μακρὸν Ὄλουμπον, εἶπε δ᾽, ὃς ἂν μετὰ εἷο θεῶν Τιτῆσι µάχοιτο,
TEOGONIA
137
Criseide, Asie e la desiderabile Calipso, Eudore, Tiche, Anfirò, Ochiroe
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e Stige, che è la più eccellente di tutte?0, Queste nacquero da Oceano e Teti,
le figlie maggiori; ma ce ne sono Sono infatti tremila le Oceanine che, ampiamente sparse, la terra ovunque parimenti sorvegliano,
ancora molte altre. dalle lunghe caviglie e le profondità acquatiche splendida progenie di dee.
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E ci sono altrettanti fiumi, con strepito scorrenti,
figli di Oceano, che partorì l’augusta Tetis; difficile per un mortale di tutti loro proferire i nomi, ma li sa ciascun popolo che vive loro accanto?!,
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Teia?2 il Sole grande e la luminosa Luna e Aurora, che a tutti i terrestri rifulge come agli dei immortali che abitano il vasto cielo, partorì, cedendo in amore a Iperione.
A Crio Euribie unitasi in amore generò
il grande Astreo e Pallante, divina tra le dee, e Perse, che tra tutti spicca per le sue cognizioni??.
Ad Astreo Aurora generò i venti dall’animo impetuoso, Zefiro che rischiara il cielo e Borea dal rapido cammino e Noto, in amore la dea congiuntasi al dio?4. E dopo questi, la Dea dell'alba generò la Stella che porta il mattino e gli astri lampeggianti che fanno corona al cielo. Stige”, figlia di Oceano, unitasi a Pallante, generò Zelos e Nike dalle belle caviglie, nel suo palazzo; e generò Cratos e Bie, illustri figli; non c’è per loro dimora né soggiorno lontano da Zeus né strada per la quale il dio non li preceda: sempre presso Zeus dal cupo fragore hanno la loro sede. Così infatti meditò Stige, Oceanina immortale,
il giorno in cui l’Olimpio che scaglia la folgore
chiamò tutti gli dei immortali sull’alto Olimpo e disse loro che nessuno degli dei che con lui i Titani
combattesse,
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ESIODO
µή tv ἀπορραίΐσειν γεράων, τιμὴν δὲ ἕκαστον
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ἑξέμεν ἣν τὸ πάρος γε µετ ἀθανάτοισι θεοῖσι.
τὸν δ᾽ ἔφαθ', ὅστις ἄτιμος ὑπὸ Κρόνου ἠδ᾽ ἀγέραστος, τιμῆς καὶ γεράων ἐπιβησέμεν, ἢ θέµις ἐστίν.
ἦλθε δ᾽ ἄρα πρώτη Στὺξ ἄφθιτος Οὔλυμπόνδε 400
σὺν σφοῖσιν παϊΐδεσσι φίλου διὰ µήδεα πατρός’ τὴν δὲ Ζεὺς τίµησε, περισσὰ δὲ δῶρα ἔδωκεν.
αὐτὴν μὲν γὰρ ἔθηκε θεῶν µέγαν ἔμμεναι ὅρκον,
παϊδας δ᾽ ἥματα πάντα ἑοῦ µεταναιέτας εἶναι.
ὣς δ᾽ αὔτῶς πάντεσσι διαµπερές, ὥς περ ὑπέστη,
ἐξετέλεσσ” αὐτὸς δὲ µέγα κρατεῖ ἠδὲ ἀνάσσει. 405
Φοίβη δ᾽ αὖ Κοίου πολυήρατον ἦλθεν ἐς εὐνήν'
κυσαμένη δήπειτα θεἀ θεοῦ ἐν φιλότητι Λητὼὠ κυανόπεπλον ἐγείνατο, µείλιχον αἰεί, ἤπιον ἀνθρώποισι καὶ ἀθανάτοισι θεοῖσι,
µείλιχον ἐξ ἀρχῆς, ἀγανώτατον ἐντὸς Ὀλύμπου.
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γείνατο δ᾽ Αστερίην εὐώνυμον, ἥν ποτε Πέρσης ἠγάγετ ἐς µέγα δῶμα φίλην κεκλῆσθαι ἄκοιτιν. 'Η δ᾽ ὑποκυσαμένη Ἑκάτην τέκε, τὴν περὶ πάντων Ζεὺς Κρονίδης τίµησε΄ πόρεν δέ οἱ ἀγλαὰ δῶρα, μοῖραν ἔχειν γαίης τε καὶ ἀτρυγέτοιο θαλάσσης. ἡ δὲ καὶ ἀστερόεντος ἀπ᾿ οὐρανοῦ ἔμμορε τιμῆς,
ἀθανάτοις τε θεοῖσι τετιµένη ἐστὶ μάλιστα. καὶ γὰρ νΏν͵ ὅτε πού τις ἐπιχθονίων ἀνθρώπων ἔρδων ἱερὰ καλὰ κατὰ νόμον ἱλάσκηται, κικλήσκει Ἑκάτην' πολλή τέ οἱ ἔσπετο τιμὴ
420
ῥεῖα µάλ’, ᾧ πρόφρων γε θεὰ ὑποδέξεται εὐχάς,
καί τέ οἱ ὄλβον ὀπάζει, ἐπεὶ δύναμίς γε πάρεστιν. ὅσσοι γὰρ Γαίης τε καὶ Οὐρανοῦ ἐξεγένοντο
καὶ τιμὴν ἔλαχον, τούτων ἔχει αἶσαν ἁπάντων:
TEOGONIA
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sarebbe spogliato di alcuna prerogativa, e che ciascuno l’onore manterrebbe che prima deteneva tra gli dei immortali. E aggiunse che chi fosse privo di onori sotto Crono o 395 senza prerogative, avrebbe avuto accesso a onore e prerogative, secondo giustizia”,
Giunse dunque per prima Stige immortale all’Olimpo coi suoi figli, secondo i piani del padre suo; Zeus le fece onore e le diede doni in abbondanza: la pose come grande giuramento degli dei 400 e fissò che i suoi figli per sempre andassero ad abitare con lui. In tal modo per tutti, integralmente, le promesse fatte mandò ad effetto; e dal canto suo potentemente comanda
e regna.
Febe entrò nel letto graditissimo di Coio;
e, in seguito, avendo concepito, dea, nell'amore di un dio,
generò Letò dall’azzurro peplo, dolce sempre, amabile agli uomini come agli dei immortali, dolce fin dal principio, la più mite tra gli Olimpi.
Partorì poi Asterie, dal bel nome, che un giorno Perse
condusse alla sua grande dimora perché vi fosse chiamata
sua sposa”,
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E questa concepì e generò Ecate?8, che sopra tutti Zeus Cronide onorò, cui offrì splendidi doni: di avere competenza sulla terra e sul mare infecondo;
ma anche ebbe parte all’onore che viene dal cielo coperto
di stelle, e tra gli immortali è fatta oggetto di grandissimo rispetto. 415 E difatti ancora, quando da qualche parte uno degli uomini terrestri eseguendo bei sacrifici, secondo il costume vigente, implora il favore divino, invoca Ecate; e molto onore suole accompagnare con tutta facilità colui le cui preghiere la dea benevolmente avrà accolto;
e gli accorda prospero benessere, per quanto è in suo potere. 420 Perchè di quanti nacquero dalla Terra e da Urano ed onore ebbero in sorte, di tutti questi possiede una parte dei privilegi;
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429 430 434 431 432 433 435
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οὐδέ τί µιν Κρονίδης ἐβιήσατο οὐδέ τ ἀπηύρα, ὅσσ᾽ ἔλαχεν Τιτῆσι µέτα προτέροισι θεοῖσιν, ἀλλ) ἔχει, ὡς τὸ πρῶτον ἀπ᾿ ἀρχῆς ἔπλετο δασµός. οὐδ), ὅτι μουνογενής, ἧσσον θεὰ ἔμμορε τιμῆς καὶ γεράων γαίῃ τε καὶ οὐρανῷ ἠδὲ θαλάσση, ἀλλ᾽ ἔτι καὶ πολὺ μᾶλλον, ἐπεὶ Ζεὺς τίεται αὐτήν. ᾧ δ᾽ ἐθέλει, µεγάλως παραγίνεται ἠδ᾽ ὀνίνησιν' ἔν τε δίκῃ βασιλεῦσι παρ᾽ αἰδοίοισι καθίζει. ἔν τ’ ἀγορῇ λαοῖσι µεταπρέπει, ὅν κ᾿ ἐθέλῃσιν, ἠδ᾽ ὁπότ' ἐς πόλεμον ὀθισήνορα θωρήῄσσωνται ἀνέρες, ἔνθα θεὰ παραγίνεται, οἷς κ᾿ ἐθέλῃσι νίκην προὀρονέως ὀπάσαι καὶ κΌδος ὀρέξαι. ἐσθλὴ δ᾽ ἱππήεσσι παρεστάµεν, οἷς κ᾿ ἐθέλῃσιν'
ἐσθλὴ δ᾽ αὖθ᾽ ὁπότ' ἄνδρες ἀεθλεύωσ᾽ ἐν ἀγῶνι,
ἔνθα θεὰ καὶ τοῖς παραγίνεται ἠδ᾽ ὀνίνησι΄ νικήῆσας δὲ βίῃ καὶ κάρτει, καλὸν ἄεθλον ῥεῖα φέρει χαίρων τε, τοκεῦσι δὲ κΌδος ὀπάζει. καὶ τοῖς, οἳ γλαυκὴν δυσπέµφελον ἐργάζονται, εὔχονται δ᾽ Ἑκάτη καὶ ἐρικτύπῳ Ἐννοσιγαίῳ, ῥηιδίως ἄγρην κυδρὴ θεὸς ὤπασε πολλήν,
ῥεῖα δ᾽ ἀφείλετο φαινομένην, ἐθέλουσά γε θυμῷ.
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ἐσθλὴ δ᾽ ἐν σταθμοῖσι σὺν Ἑρμῃ ληϊδ' ἀέξειν' βουκολίας δὲ βοῶν τε καὶ αἰπόλια πλατέ᾽ αἰγῶν ποίµνας τ εἰροπόκων ὀίων, θυμῷ Υ ἐθέλουσα, ἐξ ὀλίγων βριάει κἁἀκ πολλῶν µείονα θῆκεν. οὕτω τοι καὶ μουνογενἠς ἐκ μητρὸς ἐοΌσα πᾶσι µετ ἀθανάτοισι τετίµηται γεράεσσι. θῆκε δέ µιν Κρονίδης κουροτρόφον, οἳ µετ ἐκείνην ὀφθαλμοῖσιν ἴδοντο φάος πολυδερκέος Ἠοῦς. οὕτως ἐξ ἀρχῆς κουροτρόφος, αἳ δέ τε τιµαί. Ῥειη δὲ ὅμηθεῖσα Κρόνῳ τέκε φαίδιμα τέκνα, Ἱστίην Δήμητρα καὶ Ἡρην χρυσοπέδιλον,
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e il Cronide in niente le usò violenza né le sottrasse quanto ella aveva ottenuto tra i primi dèi Titani: continua ad avere quanto primamente, dal principio, le
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e di prerogative in terra, in cielo, in mare, anzi ha molto di più, poiché Zeus ha rispetto di lei. A chi vuole dà grandemente assistenza e porta giovamento; nell’assemblea spicca del popolo chi lei voglia, in giustizia poi siede presso i re venerabili?9. E quando per la guerra che distrugge gli uomini si armano
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aveva concesso la ripartizione; né, in quanto figlia unica, ebbe, dea, minor parte di onore,
i guerrieri, lì la dea assiste quelli cui voglia
accordare benevolmente la vittoria e porgere la gloria; Propizia, quando gli uomini gareggiano in agone, la dea lì dà loro assistenza e porta giovamento; e se uno ha vinto con vigorosa gagliardia, nobile premio facilmente riporta con gioia, e gloria ai genitori fa conseguire. Propizia, sa soccorrere tra i cavalieri chi voglia; e a quelli che lavorano nel glauco mare tempestoso e pregano Ecate e il risonante Scuotitore della terra, agevolmente la gloriosa dea fa ottenere preda in quantità, però altrettanto senza fatica la sottrae loro al suo stesso apparire, secondo che voglia nel cuore. Propizia, nelle stalle, con Ermete, fa aumentare il bestiame80;
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le mandrie di bovini, le vaste greggi caprine, 445 gli armenti di lanose pecore, secondo che voglia nel cuore, da pochi fa molti e da molti a pochi riduce. Così, per quanto figlia unica di sua madre, con tutti i privilegi è onorata tra gli immortali. Il Cronide la fece nutrice dei giovani8!, quelli che, al 450 seguito di lei, con gli occhi vedono il fulgore dell'Aurora da molti vista. Così fin dall’inizio è dei giovani nutrice e questi sono i suoi οποΓ!,
Rea, sottomessa da Crono, generò gloriosa progenie,
Istie, Demetra ed Era82 dagli aurei calzari,
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ἴφθιμόν τ᾽ Αίδην, ὃς ὑπὸ χθονὶ δώµατα ναίει νηλεὲς ἧτορ ἔχων, καὶ ἐρίκτυπον Ἐννοσίγαιον, Ζἢνά τε µητιόεντα, θεῶν πατἐρ᾽ ἠδὲ καὶ ἀνδρῶν, τοῦ καὶ ὑπὸ βροντῆς πελεμίζεται εὐρεῖα χθών.
καὶ τοὺς μὲν κατέπινε μέγας Κρόνος, ὥς τις ἕκαστος
νηδύος ἐξ ἱερῆς μητρὸς πρὸς γούναθ’ ἵκοιτο, τὰ φρονέων, ἵνα µή τις ἀγαυῶν Οὐρανιώνῶν ἄλλος ἐν ἀθανάτοισιν ἔχοι βασιληίΐδα τιμήν. πεύθετο γὰρ Γαΐης τε καὶ Οὐρανοῦ ἀστερόεντος οὗνεκά οἱ πέπρωτο ἑῷ ὑπὸ παιδὶ δαμῆναι, καὶ κρατερῷ περ ἐόντι, Διὸς μεγάλου διὰ βουλάς, τῷ ὅ Υ ἄρ᾽ οὐκ ἀλαοσκοπιὴν ἔχεν, ἀλλὰ δοκεύων
παϊδας ἑοὺς κατέπινε' Ῥέην δ᾽ ἔχε πένθος ἄλαστον.
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ἀλλ᾽ ὅτε δἡ Δί΄ ἔμελλε θεῶν πατέρ᾽ ἠδὲ καὶ ἀνδρῶν τέξεσθαι, τότ᾿ ἔπειτα φίλους λιτάνευε τοκῆας
τοὺς αὐτῆς, Γαϊάν τε καὶ Οὐρανὸν ἀστερόεντα,
μῆτιν συµφράσσασθαι, ὅπως λελάθοιτο τεκοῦσα παῖδα Φίλον, τείσαιτο δ᾽ ἐρινΏς πατρὸς ἑοῖο παίδων «θοοὺς κατέπινε µέγας Κρόνος ἀγκυλομήτης. οἱ δὲ θυγατρὶ φίλῃ µάλα μὲν κλύον ἠδ᾽ ἐπίθοντο, καί οἱ πεφραδέτην, ὅσα περ πέπρωτο γενέσθαι ἀμφὶ Κρόνῳ βασιλΏι καὶ υἱέι καρτεροθύμφ'
πέμψαν δ᾽ ἐς Λύκτον, Κρήτης ἐς πίονα δῆμον, 480
ὁππότ' ἄρ᾽ ὁπλότατον Taidov ἤμελλε τεκέσθαι, Zîva µέγαν' τὸν μέν οἱ ἐδέξατο Γαῖα πελώρη Κρήτη ἐν εὐρείῃ τρεφέμεν ἀτιταλλέμεναί τε. ἔνθά µιν ἵκτο φέρουσα θοὴν διὰ νύκτα µέλαιναν,
πρώτην ἐς Δίκτον’ κρύψεν δέ ἑ χερσὶ λαβοῦσα ἄντρῳ ἐν ἠλιβάτῳ, ζαθέης ὑπὸ κεύθεσι γαίης,
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il forte Ade, che abita sotterranee dimore,
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dal cuore senza pietà, e il risonante Scuotitore della terra, il prudente Zeus, padre degli dei e degli uomini, al cui tuono trema la vasta terra®3. E loro il grande Crono ingoiava, non appena ciascuno dal grembo sacro della madre scendeva alle ginocchia di lei, 460 questo macchinando perché nessun altro degli illustri discendenti di Urano tra gli immortali ottenesse l’onore di re84. Sapeva infatti da Gaia e da Urano stellato85 che era fato per lui di soccombere per mano di un suo proprio figlio, pur egli potente — per volere del grande Zeus. 465 Perciò non faceva cieca sorveglianza, ma spiando al varco
i suoi figli, li inghiottiva. E Rea invadeva un tormento continuo. Ma quando fu sul punto di dare alla luce Zeus, padre degli dei e degli uomini, allora rivolgeva preghiere ai cari genitori suoi, Gaia e Urano stellato, 470 che ordissero un’astuzia, onde poter lei generare di nascosto il figlio suo e pagare il debito alle Erinni di suo padre e dei figli che aveva ingoiato il grande Crono dai tortuosi pensieri 86. Quelli alla cara figlia attentamente prestarono ascolto e le diedero retta, inoltre le rivelarono quanto era fato che accadesse 475 riguardo al re Crono e al figlio dall’animo potente. La inviarono a Licto, nel prospero territorio di Creta, quando fu sul punto di mettere al mondo l’ultimo dei suoi figli,
il grande Zeus; questi accolse per lei la smisurata Terra
nella vasta Creta, per nutrirlo e accudirlo.
Lì portandolo giunse, nella nera notte veloce, alle prime balze del Dicto87; e , presolo tra le mani, lo
nascose
in uno speco impenetrabile, nei recessi sotterranei della
terra divina,
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Αἰγαίῳ ἐν ὄρει πεπυκασμένῳ ὑλήεντι. τῷ δὲ σπαργανίσασα µέγαν λίθον ἐγγνυάλιξεν Οὐρανίδῃ µέγ’ ἄνακτι, θεῶν προτέρων βασιλΏηι. τὸν τόθ) ἑλῶν χεἰρεσσιν ἑὴν ἐσκάτθετο νηδύν, σχέτλιος, οὐδ' ἐνόησε μετὰ φρεσίν, ὥς οἱ ὀπίσσω ἀντὶ λίθου ἑὸς υιὸς ἀνίκητος καὶ ἀκηδὴς λείπεθ), ὅ µιν τάχ᾽ ἔμελλε βίῃ καὶ χερσὶ δαµάσσας τιμῆς ἐξελάαν, ὁ δ᾽ ἐν ἀθανάτοισιν ἀνάξειν. καρπαλίµως δ᾽ ἄρ᾽ ἔπειτα µένος καὶ φαίδιµα γυῖα ηῦξετο τοῖο ἄνακτος' ἐπιπλομένων δ᾽ ἐνιαυτῶν,
Γαΐης ἐννεσίῃσι πολυφραδέεσσι δολωθείς,
ὃν γόνον ἂψ ἀνέηκε μέγας Κρόνος ἀγκυλομήτης, νικηθεὶς τέχνησι βίηφί τε παιδὸς ἑοῖο. πρῶτον ὃ ἐξήμησε λίθον, πύματον καταπίνων'
τὸν μὲν Ζεὺς στήριξε κατὰ χθονὸς εὐρυοδείης
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Πυθοῖ ἐν ἠγαθέῃ, γυάλοις ὕπο Παρνησσοῖο, σημ᾽ ἔμεν ἐξοπίσω, θαῦμα θνητοῖσι βροτοῖσι. λῶσε δὲ πατροκασιγνήτους ὀλοῶν ὑπὸ δεσμῶν, Οὐρανίδας, οὓς δῆσε πατὴρ ἀεσιφροσύνησιν' οἵ οἱ ἀπεμνήσαντο χάριν εὐεργεσιάων, δῶκαν δὲ βροντὴν ἠδ᾽ αἰθαλόεντα κεραυνὸν καὶ στεροπήν’ τὸ πρὶν δὲ πελώρη Γαῖα κεκεύθει’ τοῖς πίσυνος θνητοῖσι καὶ ἀθανάτοισιν ἀνάσσει. κούρην δ᾽ Ἰαπετὸς καλλίσφυρον Ὠκεανίνην ἠγάγετο Κλυμένην καὶ ὁμὸν λέχος εἰσανέβαινεν. n dé o ΄Ατλαντα κρατερόὀρονα γείνατο rada, τίκτε δ) ὑπερκύδαντα Μενοίτιον ἠδὲ Προμηθέα, ποικἰλον αἰολόμητιν, ἁμαρτίνοόν τ᾽ Ἐπιμηθέα: ὃς κακὸν ἐξ ἀρχῆς γένετ ἀνδράσιν ἀλφηστῇσι:
πρῶτος γάρ ῥα Διὸς πλαστὴν ὑπέδεκτο γυναῖκα
παρθένον. ὑβριστὴν δὲ Μενοίτιον εὐρύοπα Ζεὺς
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dentro il monte Egeo fittamente coperto di boschi. Avvolta poi in fasce una grossa pietra, la mise in mano al grande signore, figlio di Urano, re dei primi dei,
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che la prese con le mani e l’ingoiò nel suo ventre, infelice, né capì nell'animo che, in avvenire,
al posto della pietra, suo figlio invincibile e incurante gli sopravviveva, il quale presto doveva, domandolo con la forza delle sue braccia, cacciarlo dall’onore regale e lui regnare tra gli immortali. Presto poi la forza e le splendide membra del signore diventarono grandi; e col volgere degli anni, vittima dell'inganno astuto tramato dalla Terra, il grande Crono dai tortuosi piani rigettò la figliolanza, sopraffatto dalle arti e dalla forza del figlio. E innanzitutto vomitò la pietra che da ultimo aveva ingutgitato: Zeus la collocò saldamente sulla terra dalle ampie strade, nella divina Pito, alle cave pendici del Parnaso,
perché monito fosse nel tempo a venire, meraviglia agli uomini mortali88.
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Sciolse dai funesti legami i fratelli del padre89,
i figli di Urano, che il padre aveva messi in ceppi nella sua follia.
E quelli gli serbarono memoria riconoscente dei benefici:
gli offrirono il tuono e il fulmine bruciante e il lampo, che prima la smisurata Terra teneva custoditi; in questi confidando impera sui mortali e sugli immortali.
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Tapeto la giovane Oceanina dalle belle caviglie, Climene, sposò e nel medesimo letto saliva;
quella a lui diede per figlio Atlante, dall’animo potente, generò poi il gloriosissimo Menetio e Prometeo, 510 dal pensiero complesso e accorto, ed Epimeteo” dall’erroneo pensare, che fu dall’inizio un malanno per gli umani che si cibano di pane, poichè per primo accolse la donna da Zeus plasmata, vergine fanciulla; mentre il tracotante Menetio; Zeus dalla grande voce
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εἰς ἔρεβος κατέπεµψε βαλὼν ψολόεντι κεραυνῷ εἵνεκ᾽ ἀτασθαλίης τε καὶ ἠνορέης ὑπερόπλου. "Ατλας δ᾽ οὐρανὸν εὐρὺν ἔχει κρατερῆς ὑπ᾽ ἀνάγκης, πείρασιν ἐν γαΐης πρόπαρ᾽ Ἑσπερίδων λιγυφώνων ἑστηώς, κεφαλῇ τε καὶ ἀκαμάτῃσι χέρεσσι΄ ταύτην γάρ οἱ μοῖραν ἐδάσσατο µητίετα Ζεύς. δῆσε δ᾽ ἀλυκτοπέδῃσι Προμηθέα ποικιλόβονλον, δεσμοῖς ἀργαλέοισι, μέσον διὰ κἰον᾿ ἐλάσσας' καί οἱ ἐπ᾽ αἰετὸν ὦρσε τανύπτερον’ αὐτὰρ ὅ Υ ἧπαρ
ἤσθιεν ἀθάνατον, τὸ δ᾽ ἀέξετο ἶσον ἁπάντῃ
νυκτός, ὅσον πρόπαν ἦμαρ ἔδοι τανυσίπτερος ὄρνις. τὸν μὲν ἄρ᾽ Αλκμήνης καλλισφύρου ἄλκιμος υἱὸς Ἡρακλέης ἔκτεινε, κακὴν δ᾽ ἀπὸ νοῦσον ἄλαλκεν Ἰαπετιονίδῃ καὶ ἐλύσατο δυσφροσυνάων, οὐκ ἀέκητι Ζηνὸς Ὀλυμπίου ὄψι µέδοντος, ὄφρ᾽ Ἡρακλῆος Θηβαγενέος κλέος εἴη πλεῖον ἔτ' ἢ τὸ πάροιθεν ἐπὶ χθόνα πουλυβότειραν. ταῦτ ἄρα ἀζόμενος τίµα ἀριδείκετον υἱόν' καὶ περ χὠόμενος παύθη χόλον, ὃν πρὶν ἔχεσκεν, οὗνεκ) ἐρίζετο βουλὰς ὑπερμενέι Κρονίωνι. καὶ γὰρ ὅτ ἐκρίνοντο θεοὶ θνητοί τ’ ἄνθρωποι Μηκώνη, τότ ἔπειτα µέγαν βοῦν πρόφρονι θυμῷ δασσάµενος προύθηκε, Διὸς νόον ἐξαπαφίσκων.
τῷ μὲν γὰρ σάρκάς τε καὶ ἔγκατα πἰονα δημῷ
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ἐν ῥινῷ κατέθηκε, καλύψας γαστρὶ βοείῃ,
τῷ δ' αὖτ ὀστέα λευκὰ βοὸς δολίῃ ἐπὶ τέχνη
εὐθετίσας κατέθηκε, καλύψας ἀργέτι δημῷ. δὴ τότε µιν προσέειπε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε' “Ἰαπετιονίδη, πάντων ἀριδείκετ' ἀνάκτων,
ὠ πέπον, ὡς ἑτεροζήλως διεδάσσαο μοίρας.”
ὣς φάτο κερτομέῶὼν Ζεὺς ἄφθιτα µήδεα εἰδώς᾽
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spedì all’Erebo, scagliatogli addosso il fulmine fumante, 515 per la sua insensatezza e la vigoria insolente. Atlante sostiene il vasto cielo, sottoposto a potente necessità, ai limiti della terra, in prossimità delle Esperidi dalla stridula voce, stando in piedi, con il capo e le braccia mai stanche; chè questo è il ruolo destinatogli dal prudente Zeus. 520 Legò indissolubilmente Prometeo? dai disegni complessi con ceppi dolorosi avvincendolo a metà di una colonna;
e suscitò contro di lui un’aquila dalle ali spiegate, e questa il fegato immortale gli mangiava, che però ricresceva in tutto e per tutto uguale,
di notte, a quello che per tutto il giorno gli aveva 525 consumato l'uccello dalle larghe ali. Questo il valoroso figlio di Alcemena dalle belle caviglie, Eracle, uccise, allontanò il crudele tormento
dal figlio di Iapeto e lo liberò dalle angustie, non contro il proposito di Zeus Olimpio, che domina in alto: affinché la gloria di Eracle nato a Tebe si estendesse ancora più di prima sulla terra nutrice di molti?2. Rispettando quindi questo disegno (Zeus) onorava il
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nobile figlio,
e, pur in collera, smise il corruccio che prima covava perché (Prometeo) rivaleggiava in propositi col potentissimo o Cronide.
E infatti allorquando si divisero dei e uomini mortali,
a Mecone®, (Prometeo) un grande bue con animo impaziente, fattolo a pezzi, pose davanti a tutti, di Zeus sperando
d’illuder la mente; per l’una parte carni e interiora pingui di grasso pose sotto la pelle, coprendole col ventre di bue, per l’altra le bianche ossa del bue, con astuzia ingannevole, convenientemente dispose, coprendole di candido grasso. A quel punto gli disse il padre degli dei e degli uomini: “Figlio di Iapeto, illustre tra tutti i sovrani, amico, quanto parzialmente hai diviso le parti”.
Così disse con scherno Zeus, che conosce immortali disegni;
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τὸν δ᾽ αὖτε προσέειπε Προμηθεὺς ἀγκυλομήτης, ἠκ᾽ ἐπιμειδήσας, δολίης δ᾽ οὐ λήθετο τέχνης: ἄεῦ κύδιστε µέγιστε θεῶν αἰειγενετάων, τῶν ὃ᾽ ἕλευ ὁπποτέρην σε ἐνὶ φρεσὶ θυμὸς ἀνώγει.. φῆ ῥα δολοφρονέων’ Ζεὺς δ᾽ ἄφθιτα µήδεα εἰδὼς γνῶ ῥ' οὐδ' ἠγνοίησε δόλον’ κακἀ δ᾽ ὄσσετο θυμῷ θνητοῖς ἀνθρώποισι, τὰ καὶ τελέεσθαι ἔμελλε. χερσὶ δ᾽ ὅ Υ ἀμφοτέρῃσιν ἀνείλετο λευκὸν ἄλειφαρ, χώσατο δὲ ὀρένας ἀμφί, χόλος δέ µιν ἵκετο θυµόν, ὡς ἴδεν ὀστέα λευκὰἀ βοὸς δολίῃ ἐπὶ τέχνη. ἐκ τοῦ δ᾽ ἀθανάτοισιν ἐπὶ χθονὶ φῦλ’ ἀνθρώπων καίουσ᾽ ὀστέα λευκὰ θυηέντων ἐπὶ βωμῶν. τὸν δὲ μἐγ᾽ ὀχθήσας προσέφη νεφεληγερέτα Ζεύς' “Ἰαπετιονίδη, πάντων πἐρι µήδεα εἰδώς, ὦ πέπον, οὐκ ἄρα πω δολίης ἐπελήθεο τέχνης.’
ὣς φάτο χωόμενος Ζεὺς ἄφθιτα µήδεα εἰδώς.
ἐκ τούτου δῄπειτα δόλου μεμνημµένος αἰεὶ οὐκ ἐδίδου µελίῃσι πυρὸς µένος ἀκαμάτοιο θνητοῖς ἀνθρώποις οἳ ἐπὶ χθονὶ ναιετάουσιν’ ἀλλά µιν ἐξαπάτησεν ἐὺς πάις Ἰαπετοῖο κλέψας ἀκαμάτοιο πυρὸς τηλέσκοπον αὐγὴν ἐν κοἰλῳ νάρθηκι; δάκεν ὃ᾽ ἄρα νειόθι θυμὸν
Ζῆν᾽ ὑψιβρεμέτην, ἐχόλωσε δέ µιν φίλον ἦτορ, 50
ὡς ἴδ᾽ ἐν ἀνθρώποισι πυρὸς τηλέσκοπον αὐγήν.
adtixa d ἀντὶ πυρὸς τεῦξεν κακὸν ἀνθρώποισι'
γαίης γὰρ σύμπλασσε περικλυτὸς ᾽Αμϕιγυήεις παρθένῳ αἰδοίῃ ἴκελον Κρονίδεω διὰ βουλάς'
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e gli rispose allora Prometeo dai tortuosi consigli, con un leggero sorriso, non dimentico dell’astuzia ingannevole: “Gloriosissimo Zeus, grandissimo tra gli dei che sempre sono, tra le parti scegli quella cui in petto il tuo animo t’invita”. Disse frodolento, ma Zeus che conosce immortali disegni avvertì l’astuzia né la ignorò”, E già nell’animo mali si rappresentava per gli uomini mortali, che erano sul punto di compiersi. Con entrambe le mani sollevò il bianco grasso: la collera gli prese l'animo, mentre la bile giungeva al cuore, quando vide le bianche ossa del bue, a prova dell’astuzia ingannevole. Perciò agli immortali, sulla terra, le schiere degli umani bruciano bianche ossa su altari odorosi d’incenso. Contro quello, gravemente adirato disse Zeus, radunatore delle nubi: “Figlio di Iapeto, che più di tutti conosci scaltri disegni, amico, non hai dunque ancora dimenticato l’astuzia ingannevole”.
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Così disse, incollerito, Zeus che conosce immortali disegni;
e da quel fatto, in seguito, dell’inganno memore sempre, non concesse più attraverso i frassini la forza del fuoco instancabile agli umani mortali, che sulla terra hanno dimora. Ma lo ingannò il valente figlio di Iapeto, rubando del fuoco instancabile lo splendore che da lungi si vede dentro una ferula cava; dal che fu morso nell’animo profondamente Zeus che risuona nell’alto e s’incollerì nel cuore, quando vide tra gli uomini lo splendore che da lungi si vede del fuoco. Tosto al posto del fuoco un male fabbricò per gli umani; difatti con della terra l’illustre Zoppo plasmò un essere simile a una vergine casta, seguendo il volere di
Zeus.
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ζῶσε δὲ καὶ κόσµησε θεἀ γλαυκῶπις ᾿Αθήνη ἀργυφέῃ ἐσθῆτι' κατὰ κρῇῆθεν δὲ καλύπτρην
δαιδαλέην χεἰρεσσι κατέσχεθε, θαῦμα ἰδέσθαι: ἀμφὶ δέ οἱ στεφάνους, νεοθηλέος ἄνθεα moins,
ἱμερτοὺς περίθηκε καρήατι Παλλὰς ᾿Αθήνη: ] ἀμφὶ δέ οἱ στεφάνην χρυσέην κεφαλΏφιν ἔθηκε, τὴν αὐτὸς ποίησε περικλυτὸς ᾽Αμϕιγυῃεις ἀσκήσας παλάμτσι, χαριζόµενος Διὶ πατρί. τῇ δ᾽ ἔνι δαίδαλα πολλὰ τετεύχατο, θαῦμα ἰδέσθαι, κνώδαλ’ ὅσ᾽ ἤπειρος δεινὰ τρέφει ἠδὲ θάλασσα: τῶν ὅ γε πόλλ’ ἐνέθηκε, χάρις δ᾽ ἐπὶ πᾶσιν ἄητο, θαυμάσια, ζωοῖσιν ἐοικότα φωνήεσσιν. αὐτὰρ ἐπεὶ δὴ τεὂξε καλὸν κακὸν ἀντ ἀγαθοῖο, ἐξάγαγ ἔνθά περ ἄλλοι ἔσαν θεοὶ ἠδ' ἄνθρωποι,
κόσμῳ ἀγαλλομένην γλαυκώπιδος Ὀβριμοπάτρης: θαῦμα δ᾽ ἔχ᾽ ἀθανάτους τε θεοὺς θνητούς τ ἀνθρώπους,
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ὡς εἶδον δόλον αἰπύν, ἀμήχανον ἀνθρώποισιν. ἐκ τῆς γὰρ γένος ἐστὶ γυναικῶν θηλυτεράων'
τῆς γὰρ ὀλώιόν ἐστι γένος καὶ φῦλα γυναικῶν,
πῆμα µέγ’ αἵ θνητοῖσι μέτ᾽ ἀνδράσι ναιετάουσιν͵ οὐλομένης πενίης οὐ σύμφοροι, ἀλλὰ κόροιο. ὡς δ᾽ ὁπότ ἐν σµήνεσσι κατηρεφέεσσι µέλισσαι
κηφῆνας βόσκωσι, κακῶν ξυνήονας ἔργων'
αἱ μέν τε πρόπαν ἦμαρ ἐς ἠέλιον καταδύντα ἡμάτιαι σπεύδουσι τιθεῖσί τε κηρία λευκά, οἱ δ᾽ ἔντοσθε µένοντες ἐπηρεφέας κατὰ σίµβλους
ἀλλότριον κάµατον σφετέρην ἐς γαστέρ᾽ ἀμῶνται;: ὣς δ᾽ αὔτως ἄνδρεσσι κακὸν θνητοῖσι γυναῖκας Ζεὺς ὑψιβρεμέτης θῆκε, ξυνήονας ἔργων ἀργαλέων. ἕτερον δὲ πόρεν κακὸν ἀντ ἀγαθοῖο.
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Le allacciò la cintura e l’ornò la dea glaucopide Atena*
di una veste candida come argento; dall’alto in basso un velo
ricamato fece scendere con le mani, meraviglia a vedersi, intorno al suo capo corone, fiori di prato appena sbocciati, fascinose, dispose Pallade Atena.
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E a coronare il suo capo un aureo diadema pose,
che lo stesso illustre Zoppo aveva fabbricato lavorandolo con le sue abili mani, per ingraziarsi Zeus suo padre.
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In esso molte figure si trovavano cesellate, meraviglia a vedersi, quanti mostruosi animali nutrono la terra e il mare;
tra questi in copia Efesto ne mise — grazia su tutti
spirava —
di meravigliosi, simili a viventi capaci di articolare suoni”. E dopochè Zeus ebbe creato un bel malanno al posto di
un beneficio,
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la condusse fuori dov'erano gli altri, dei e uomini, orgogliosa dell’ornamento della dea glaucopide, figlia di forte padre; meraviglia prese gli dei immortali e gli uomini mortali quando videro l'inganno profondo e senza scampo per gli umani,
perché da lei deriva la stirpe delle donne veramente femminili. Difatti da questa vengono la stirpe funesta e le schiere
delle donne®,
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disgrazia grande, che vivono con gli uomini mortali, non compagne della rovinosa povertà ma della sazietà. Come quando nei ripari degli alveari le api nutrono i fuchi, compartecipi di opere cattive: 595 mentre queste per tutto il giorno, fino al calare del sole, si danno da fare quotidianamente e depongono bianchi favi, quelli, restando dentro, negli alveari di sopra coperti, il frutto dell’altrui fatica ammassano nel loro ventre; allo stesso modo, malanno per gli uomini mortali le donne 600 pose Zeus che in alto risuona, compartecipi di azioni dolorose; e procurò loro un altro male al posto di un bene.
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ὅς κε γάμον Φεύγων καὶ µέρμερα ἔργα γυναικῶν μὴ γῆμαι ἐθέλῃ, ὀλοὸν δ᾽ ἐπὶ γῆρας ἵκηται χήτει γηροκόµοιο’ ὁ δ᾽ οὐ βιότου Υ᾿ ἐπιδευὴς ζώει, ἀποφθιμένου δὲ διὰ ζωὴν δατέονται
χηρωσταί. ᾧ δ᾽ αὖτε γάµου μετὰ μοῖρα γένηται, 610
κεδνἠν δ᾽ ἔσχεν ἄκοιτιν, ἀρηρυῖαν πραπίδεσσι, τῷ δέ τ ἀπ᾿ αἰῶνος κακὸν ἐσθλῷ ἀντιφερίζει ἐμμενές; ὃς δέ κε τέτµῃ ἀταρτηροῖο γενέθλης,
ζώει ἐνὶ στήθεσσιν ἔχων ἀλίαστον ἀνίην
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θυμῷ καὶ κραδίη, καὶ ἀνήκεστον κακόν ἐστιν. ὣς οὐκ ἔστι Διὸς κλέψαι νόον οὐδὲ παρελθεῖν. οὐδὲ γὰρ Ἰαπετιονίδης ἀκάκητα Προμηθεὺς τοῖό Υ ὑπεξήλυξε βαρὺν χόλον, ἀλλ’ ὑπ ἀνάγκης καὶ πολύιδριν ἑόντα μέγας κατὰ δεσμὸς ἐρύκει. ᾿Οβριάρεῳ δὡς πρῶτα πατὴρ ὠδύσσατο θυμῷ Κόττῳ τ ἠδὲ Γύγῃ, δῆσε κρατερῷ ἐνὶ δεσμῷ, ἠνορέην ὑπέροπλον ἀγώμενος ἠδὲ καὶ εἶδος καὶ µέγεθος' κατένασσε δ᾽ ὑπὸ χθονὸς εὐρνυοδείης.
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δηθὰ µάλ᾽ ἀχνύμενοι, κραδίῃ µέγα πένθος ἔχοντες. ἀλλά σφεας Κρονίδης τε καὶ ἀθάνατοι θεοὶ ἄλλοι οὓς τέκεν ἠύκομος Ῥείη Κρόνου ἐν φιλότητι
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ἔνθ᾽ οἵ Υ᾿ ἄλγε' ἔχοντες ὑπὸ χθονὶ ναιετάοντες εἴατ' ἐπ᾽ ἐσχατιῇ μεγάλης ἐν πείρασι γαΐης
Taing Φραδμοσύνῃσιν ἀνήγαγον ἐς φάος αὗτις'
αὐτὴ γάρ σφιν ἅπαντα διηνεκέως κατέλεξε, σὺν κείνοις νίκην τε καὶ ἀγλαὸν εὖχος ἀρέσθαι. δηρὸν γὰρ µάρναντο πόνον θυµαλγέ’ ἔχοντες ἀντίον ἀλλήλοισι διὰ κρατερὰς ὑσμίνας Τιτῆνές τε θεοὶ καὶ ὅσοι Κρόνου ἐξεγένοντο, οἱ μὲν ἀφ᾽ ὑψηλῆς Ὄθρυνος Τιτῆνες ἀγανοί, οἱ δ᾽ ἄρ᾽ ἀπ᾿ Οὐλύμποιο θεοὶ δωτῆρες ἐάων
οὓς τέκεν ἠύκομος Ῥείη Κρόνῳ εὐνηθεῖσα.
οἵ ῥα τότ ἀλλήλοισι µάχην θυμαλγέ᾽ ἔχοντες
TEOGONIA
153
Chi fuggendo il matrimonio e le opere penose delle donne rifiuti di sposarsi, e giunga alla funesta vecchiaia mancando di chi lo assista nell’età senile, costui almeno
senza problemi di mezzi
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vive, però, morto, si dividono il suo patrimonio
parenti collaterali; per chi peraltro abbia avuto la sorte di
sposarsi
ed ebbe moglie assennata e provvista di intelligenza,
tutto il tempo di sua vita male e bene si fronteggiano costantemente; ma chi incontri una schiatta esiziale, vive avendo in petto una pena che mai dilegua
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dal suo animo e dal suo cuore, ed è irrimediabile male99,
Così non è possibile illudere la mente di Zeus né sfuggirle100, E neppure il benefico Prometeo, figlio di Tapeto, trovò scampo alla pesante collera di lui, ma di necessità, pur molto esperto, è trattenuto da grandi catene. Non appena il padre prese ad odiare nell’intimo Obriareo e Cotto e Gige/01, li incatenò con ceppi potenti, invidioso della loro eccezionale vigoria, dell’aspetto, della statura, e li confinò sotto la terra dalle larghe strade.
Laggiù dolori patendo nella sotterranea dimora, erano relegati all'estremità, ai limiti della grande terra, da tempo angosciati nel cuore e grande lutto soffrendo. Ma il Cronide e gli altri immortali, che Rea dalla bella chioma generò nell’amore di Crono, per consiglio della Terra li condussero alla luce ancora; perché la Terra aveva loro detto tutto quanto estesamente, che con quelli avrebbero riportato la vittoria e splendida fama. Da lungo tempo infatti combattevano soffrendo la fatica che addolora il cuore, gli uni contro gli altri in potenti scontri,
gli dei Titani e quanti erano nati da Crono:
gli uni, gli illustri Titani, dall’alto Otri192, dall’Olimpo gli altri, gli dei datori di benefici che Rea dalla bella chioma aveva generato unendosi a Crono. Essi, allora, impegnati gli uni contro gli altri nella lotta che addolora il cuore,
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ESIODO
συνεχέῶς ἐμάχοντο δέκα πλείους ἐνιαυτούς' οὐδέ τις ἦν ἔριδος χαλεπῆς λύσις οὐδὲ τελευτὴ οὐδετέροις, ἶσον δὲ τέλος τέτατο πτολέμοιο. ἀλλ᾽ ὅτε δἡ κείνοισι παρέσχεθεν ἄρμενα πάντα, νέκταρ τ’ ἀμβροσίην τε, τά περ θεοὶ αὐτοὶ ἔδουσι, πάντων «τ’ »ἐν στήθεσσιν ἀέξετο θυμὸς ἀγήνωρ, ὡς νέκταρ τ ἐπάσαντο καὶ ἀμβροσίην ἐρατεινήν, δὴ τότε τοῖς µετέειπε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε’ «κέκλντέ µεν Γαΐηςτε καὶ Οὐρανοῦ ἀγλαὰ τέκνα, ὄφρ᾽ εἴπω τά µε θυμὸς ἐνὶ στήθεσσι κελεύει. ἤδη γὰρ µάλα δηρὸν ἐναντίοι ἀλλήλοισι νίκης καὶ κράτεος πέρι μαρνάμεθ᾽ ήµατα πάντα,
Τιτῆνές τε θεοὶ καὶ ὅσοι Κρόνου ἐκγενόμεσθα.
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ἡμεῖς δὲ μεγάλην τε βίην καὶ χεῖρας ἀάπτους φαίνετε Τιτήνεσσιν ἐναντίον ἐν δαῖ λυγρῇ, μνησάμενοι φιλότητος ἐνηέος, ὅσσα παθόντες
ἐς φάος ἂψ ἀφίκεσθε δυσηλεγέος ὑπὸ δεσμοῦ
ἡμετέρας διὰ βουλὰς ὑπὸ ζόφου ἠερόεντος.” 655
ὣς φατο" τὸν δ'α͵ψ'αὖτις ἀμείβετο Κόττος ἀμύμων"
ἁδαιμόνι, οὐκ ἀδάητα πιφαύσκεαι, ἀλλὰ καὶ αὐτοὶ
ἴδμεν ὅ τοι περὶ μὲν πραπίδες, περὶ δ᾽ ἐστὶ νόηµα, ἀλκτὴρ δ᾽ ἀθανάτοισιν ἀρῆς γένεο κρνυεροῖο,
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σῇσι δ᾽ ἐπιφροσύνῃσιν ὑπὸ ζόφου Περόεντος ἄψορρον ἐξαῦτις ἀμειλίκτων ὑπὸ δεσμῶν
ἠλύθομεν, Κρόνου υἱὲ ἄναξ, ἀνάελπτα παθόντες. τῷ καὶ νῦν ἀτενεῖ τε νόῳ καὶ ἐπίφρονι βουλῃ ῥυσόμεθα κράτος ὑμὸν ἐν αἰνῇ δηιοτῆτι,
µαρνάμενοι Τιτῆσιν ἀνὰ κρατερὰς ὑσμίνας.” ὣς φάτ; ἐπῄήνησαν δὲ θεοὶ δωτῆρες ἐάων
μῦθον ἀκούσαντες' πολέμου δ᾽ ἐλιλαίετο θυμὸς μᾶλλον ἔτ ἢ τὸ πάροιθε' µάχην δ᾽ ἀμέγαρτον ἔγειραν πάντες, θήλειαί τε καὶ ἄρσενες, ἥματι κεἰνῳ, Τιτῆνές τε θεοὶ καὶ ὅσοι Κρόνου ἐξεγένοντο,
οὕς τε Ζεὺς ἐρέβεσφιν ὑπὸ χθονὸς ἧκε φόωσδε,
TEOGONIA
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combattevano senza posa da più di dieci anni né vera alcuno scioglimento della dura competizione né fine, per nessuno dei due partiti: in pari restava l’esito della guerra. Ma quando a quelli furono offerti tutti i rifornimenti opportuni, il nettare e l’ambrosia, di cui gli dei stessi si nutrono,
nei petti di tutti crebbero coraggio e vigoria,
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quando ebbero gustato nettare e amabile ambrosia!9;
allora parlò loro il padre degli dei e degli uomini:
“Datemi ascolto, nobili figli della Terra e di Urano,
perché vi comunichi ciò cui l'animo nel petto m’invita. Già da molto tempo infatti, gli uni opposti agli altri, per la vittoria e il potere combattiamo tutti i giorni, gli dei Titani e noi, quanti siamo prole di Crono. Sta a voi la grande forza e le braccia invincibili
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mostrare di fronte ai Titani nell’atroce mischia,
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grazie al nostro volere, fuori dalla nebbia tenebrosa”. Così disse, e a lui rispose, a sua volta, Cotto senza macchia: “Divino signore, non ci riveli cose sconosciute, invero
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memori dell’amicizia benigna e di quanto avete patito prima di tornare di nuovo alla luce fuori dai ceppi odiosi,
anche noi sappiamo bene che sei superiore d’animo come di pensiero, e che diventasti difensore degl’immortali da gelida rovina; per i tuoi saggi propositi dalla nebbia tenebrosa di nuovo ancora qui lungi dai ceppi amari siamo tornati, signore figlio di Crono, sperimentando
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eventi contro ogni speranza. Perciò ora, con mente tesa e accorto volere,
difenderemo il vostro potere nello scontro terribile combattendo i Titani nelle mischie violente”104,
Così disse, e lo approvarono gli dei datori di benefici ascoltando le sue parole. Di guerra era smanioso l’animo anche più di prima, e una battaglia tremenda suscitarono tutti, dee e dei, quel giorno, gli dei Titani e quanti erano nati da Crono, e pure quelli che Zeus aveva ricondotto dall’Erebo
sotterraneo alla luce,
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ESIODO
δεινοί τε κρατεροί τε, βίην ὑπέροπλον ἔχοντες. τῶν ἑκατὸν μὲν χεῖρες ἀπ᾿ ὤμων ἀΐσσοντο πᾶσιν ὁμῶς, κεφαλαὶ δὲ ἑκάστῳ πεντήκοντα ἐξ ὤμων ἐπέφυκον ἐπὶ στιβαροῖσι µέλεσσιν. οἳ τότε Τιτήνεσσι κατέσταθεν ἐν δαῖ λυγρῇ πέτρας ἠλιβάτους στιβαρῆς ἐν χερσὶν ἔχοντες' Τιτῆνες δ᾽ ἑτέρωθεν ἐκαρτύναντο φάλαγγας προφρονέῶς' χειρῶν τε βίης θ᾽ ἅμα ἔργον ἔφαινον ἀμφότεροι, δεινὸν δὲ περίαχε πόντος ἀπείρων, γῆ δὲ µέγ΄ ἐσμαράγησεν, ἐπέστενε δ᾽ οὐρανὸς εὐρὺς σειόµενος, πεδόθεν δὲ τινάσσετο μακρὸς Ὄλυμπος puri ὑπ᾽ ἀθανάτων, ἔνοσις δ᾽ ἵκανε βαρεῖα
Τάρταρον Περόεντα ποδῶν, αἰπεῖά τ᾽ ἰωὴ
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ἀσπέτου ἰωχμοῖο βολάων τε κρατεράων. ὣς ἄρ᾽ ἐπ᾽ ἀλλήλοις ἴἵεσαν βέλεα στονόεντα’ φωνὴ δ᾽ ἀμφοτέρῶν ἵκετ οὐρανὸν ἀστερόεντα κεκλομένων' οἱ δὲ ξύνισαν µεγάλφ ἀλαλητῷ. ov dp'ét Ζεὺς ἴσχεν ἑὸν μένος, ἀλλά νυ τοῦ γε εἶθαρ μὲν µένεος πλῆντο ὀρένες, ἐκ δέ τε πᾶσαν dalve Binv ἄμιδις δ᾽ ἄρ᾽ ἀπ᾿ οὐρανοῦ ἠδ᾽ ἀπ᾿ Ὀλύμπου
ἀστράπτων ἔστειχε συνωχαδόν, οἱ δὲ κεραυνοὶ
ἵκταρ ἅμα βροντῇ τε καὶ ἀστεροπῇ ποτέοντο χειρὸς ἄπο στιβαρῆς, ἱερὴν φλόγα εἰλυφόωντες, ταρφέες' ἀμφὶ δὲ γαῖα φερέσβιος ἐσμαράγιζε καιοµένη, λάκε δ᾽ ἀμφὶ πυρὶ µεγάλ’᾽ ἄσπετος ὕλη' ἔζεε δὲ χθὼν πᾶσα καὶ Ὠκεανοῖο ῥέεθρα πόντος τ ἀτρύγετος! τοὺς δ᾽ ἄμφεπε θερμὸς ἀυτμὴ Τιτῆνας χθονίους, φλὸξ δ᾽ αἰθέρα δῖαν ἵκανεν ἄσπετος, ὅσσε δ᾽ ἄμερδε καὶ Ἰφθίμων περ ἐόντων αὐγὴ µαρμαίρουσα κεραυνοῦ τε στεροπῆς τε. καῦμα δὲ θεσπέσιον κάτεχεν Χάος’ εἴσατο δ᾽ ἄντα ὀφθαλμοῖσιν ἰδεῖν ἠδ᾽ οὔασιν ὅσσαν ἀκοῦσαι
αὔτως, ὡς ὅτε γατα καὶ οὐρανὸς εὐρὺς ὕπερθε
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πίλνατο' τοῖος γάρ κε µέγας ὑπὸ δοῦπος ὀρώρει, τῆς μὲν ἐρειπομένης, τοῦ δ᾽ ὑψόθεν ἐξεριπόντος' τόσσος δοῦπος ἔγεντο θεῶν ἔριδι ξυνιόντων.
TEOGONIA
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terribili e potenti, in possesso di eccezionale vigore. Cento braccia balzavano dalle loro spalle, allo stesso modo a tutti, e a ciascuno cinquanta teste si originavano dalle spalle su membra pesanti. Essi allora fronteggiarono i Titani nella mischia atroce, grosse pietre tenendo tra le mani pesanti;
i Titani dal canto loro rafforzavano le schiere diligentemente, e l’opera delle braccia e insieme del vigore mostravano gli uni e gli altri. Terribilmente ululava attorno il mare infinito, la terra cupamente strepitava, gemeva di sopra il vasto cielo scosso, vibrava dalla base l’alto Olimpo sotto l’impeto degli immortali, pesante il tremito giungeva dei passi al Tartaro nebbioso e il rovinoso strepito105 degli infiniti inseguimenti e dei lanci potenti di armi; così si scagliavano reciprocamente dardi luttuosi, andavano al cielo stellato le voci dei contendenti incitantisi allo scontro: si affrontavano con grandi grida di guerra. Nè Zeus frenò più la sua forza, ma di questa subito si riempì il suo cuore, e tutta rivelò la sua potenza; simultaneamente dal cielo e dall’Olimpo veniva lampeggiando di continuo, e i fulmini fittamente con tuoni e lampi volavano
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dalla sua mano pesante, facendo roteare la sacra fiamma,
frequenti; e attorno la terra portatrice di vita rumoreggiava in fiamme, attorno crepitava grandemente la selva immensa; bolliva l’intera terra e le correnti dell'Oceano e il mare infecondo; quelli avvolgeva una calda vampa,
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i terrestri Titani, la fiamma andava all’etere divino,
immensa e, benché fossero gagliardi, i loro occhi abbagliava il fulgore brillante del fulmine e del lampo. Ardente calore portentoso occupava l’Abisso: parve dinanzi agli occhi di vedere e alle orecchie di sentire un suono come quando la terra e il vasto cielo di sopra si ravvicinassero, chè un tale grande strepito nascerebbe dall’una che rovinasse e dall’altro che le si abbattesse sopra; tanto grande era il fragore prodotto dagli dei nello scontro.
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ESIODO
σὺν δ᾽ ἄνεμοι ἔνοσίν τε κονίην τ ἐσφαράγιζον
βροντήν τε στεροπήν τε καὶ αἰθαλόεντα κεραυνόν,
κῆλα Διὸς µεγάλοιο, φέρον δ᾽ ἰαχήν τ ἐνοπήν τε
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ἐς µέσον ἀμφοτέρων' ὄτοβος δ᾽ ἄπλητος ὀρώρει
σµερδαλέης ἔριδος, κάρτος ὃ᾽ ἀνεφαίνετο ἔργων. ἐκλίνθη δὲ μάχη! πρὶν δ᾽ ἀλλήλοις ἐπέχοντες
ἐμμενέῶς ἐμάχοντο διὰ κρατερὰς ὑσμίνας. οἱ δ᾽ ἄρ᾽ ἐνὶ πρώτοισι µάχην δριμεῖαν ἔγειραν, 715
Κόττος τε Βριάρεώς τε Γύγης τ ἄατος πολέμοιο’ oi pa τριηκοσίας πέτρας στιβαρέων ἀπὸ χειρῶν
πέµπον ἐπασσυτέρας, κατὰ δ᾽ ἐσκίασαν βελέεσσι Τιτῆνας: καὶ τοὺς μὲν ὑπὸ χθονὸς εὐρνοδείης
πέµψαν καὶ δεσμοῖσιν ἐν ἀργαλέοισιν ἔδησαν, νικήσαντες χερσὶν ὑπερθύμους περ ἐόντας, 720
τόσσον ἔνερθ᾽ ὑπὸ γῆς ὅσον οὐρανός ἐστ ἀπὸ γαίης' τόσσον γάρ τ’ ἀπὸ γῆς ἐς Τάρταρον Περόεντα. ἐννέα γὰρ νύκτας τε καὶ ἥματα χάλκεος ἄκμων οὐρανόθεν κατιών, δεκάτῃ κ᾿ ἐς γαῖαν ἵκοιτο:
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[σον δ᾽ αὐτ ἀπὸ γῆς ἐς Τάρταρον ἠερόεντα΄ ] ἐννέα δ᾽ αὖ νύκτας τε καὶ ἤματα χάλκεος ἄκμων ἐκ γαίης κατιών, δεκάτῃ κ᾿ ἐς Τάρταρον ἵκοι.
τὸν πέρι χάλκεον ἕρκος ἐλήλαται’ ἀμφὶ δέ µιν νὺξ τριστοιχὶ κέχνται περὶ δειρήν’ αὐτὰρ ὕπερθε γῆς ῥίζαι πεφύασι καὶ ἀτρυγέτοιο θαλάσσης. ἔνθα θεοὶ Τιτῆνες ὑπὸ ζόφῳ ἠερόεντι κεκρύφαται βουλῇσι Διὸς νεφεληγερέταο,
χώρῳ ἐν εὐρώεντι, πελώρης ἔσχατα γαίης. τοῖς οὐκ ἐξιτόν ἐστι, θύρας δ᾽ ἐπέθηκε Ποσειδέων χαλκείας, τεῖχος δ᾽ ἐπελήλαται ἀμφοτέρωθεν. ἔνθα Γύγης Κόττοςτε καὶ Ὀβριάρεως µεγάθυµος
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ναίουσιν, φύλακες πιστοὶ Διὸς αἰγιόχοιο. ἔνθα δὲ γῆς δνοφερῆς καὶ Ταρτάρου ἠερόεντος πόντου τ’ ἀτρυγέτοιο καὶ οὐρανοῦ ἀστερόεντος
ἑξείης πάντων πηγαὶ καὶ πείρατ’ ἔασιν, ἀργαλέ) εὐρώεντα, τά τε στυγέοὺσι θεοί περ' χάσμα μέγ’, οὐδέ κε πάντα τελεσφόρον εἰς ἐνιαυτὸν
TEOGONIA
159
I venti vibrazioni e polvere sollevavano insieme,
rumoreggiando, col tuono, il lampo e il fulmine bruciante,
armi del grande Zeus, e portavano le grida e il tumulto in mezzo ai contendenti: fragore immane si sprigionava dal terribile scontro, potenza di gesta si manifestava. E la battaglia piegò, ma prima, gli uni opponendosi agli altri, con pervicacia combatterono in potenti mischie!96, Tra i primi, quelli l’aspra battaglia svegliarono, Cotto, Briareo e Gige insaziabile di guerra, essi che trecento pietre con le loro braccia pesanti scagliavano l’una sull’altra, e oscurarono di dardi
i Titani; e sotto la terra dalle ampie strade li spedirono e li misero in dolorosi ceppi, vintili con le loro braccia, per quanto orgogliosi fossero; tanto sprofondati sotto terra quanto il cielo dista dalla terra
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— tanta è la distanza dalla terra al Tartaro nebbioso!%;
difatti un’incudine di bronzo nove notti e nove giorni dal cielo cadendo, il decimo raggiungerebbe la terra [la stessa distanza dalla terra al Tartaro nebbioso]; ancora, nove notti e nove giorni un’incudine di bronzo dalla terra cadendo, il decimo raggiungerebbe il Tartaro. Quel luogo è recinto da un bronzeo riparo!9, e attorno la
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notte
vi si è riversata, in tre file, all'imboccatura; al di sopra sono cresciute le radici della terra e del mare infecondo!0, Laggiù gli dei Titani dalla tenebra nebbiosa si trovano nascosti, per volere di Zeus radunatore delle nubi,
in luogo squallido, all’estremità dell'enorme terra.
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Per loro non c’è via d’uscita, Posidone chiuse su di loro
di bronzo, un muro si stende attorno da tutti i lati. Laggiù Gige, Cotto e Briareo orgoglioso
porte
abitano, guardiani fedeli di Zeus egioco!!0, Laggiù della terra buia e del Tartaro nebbioso!!!,
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del mare infecondo e del cielo stellato,
uno dopo l’altro, di tutti si trovano le fonti e i confini,
luoghi orridi e squallidi, che ripugnano perfino agli dei, baratro grande, né, passato un anno intero,
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ESIODO
οὖδας ἵκοιτ, εἰ πρῶτα πυλέων ἔντοσθε γένοιτο, ἀλλά κεν ἔνθα καὶ ἔνθα φέροι πρὸ θύελλα θυέλλῃ ἀργαλέη: δεινὸν δὲ καὶ ἀθανάτοισι θεοῖσι τοῦτο τέρας’ καὶ Νυκτὸς ἐρεμνῆς οἰκία δεινὰ ἕστηκεν νεφέλῃς κεκαλυμµένα κυανέτσι. τῶν πρόσθ᾽ ᾿Ιαπετοῖο πάις ἔχει οὐρανὸν εὐρὺν ἑστηὼς κεφαλῇ τε καὶ ἀκαμάτηῃσι χέρεσσιν ἀστεμφέως, ὅθι Νύξ τε καὶ Ἡμέρη ἆσσον ἰοῦσαι ἀλλήλας προσέειπον ἀμειβόμεναι µέγαν οὐδὸν
Ἀχάλκεον' ἡ μὲν ἔσω καταβήσεται, ἡ δὲ θύραζε
ἔρχεται, οὐδέ ποτ ἀμφοτέρας δόµος ἐντὸς ἐέργει, ἀλλ’ αἰεὶ ἑτέρη γε δόµων ἔκτοσθεν ἐοῦσα γαῖαν ἐπιστρέφεται, ἢ δ᾽ αὖ δόµου ἐντὸς ἐοῦσα μίμνει τὴν αὐτῆς ὥρην ὁδοῦ, ἔστ ἂν ἵκηται' ἡ μὲν ἐπιχθονίοισι φάος πολιδερκὲς ἔχουσα, n è Ὕπνον μετὰ χερσἰ, κασίγνητον Θανάτοιο, Νὺξ ὀλοή, νεφέλῃη κεκαλυμµένη ἠεροειδεῖ. ἔνθα δὲ Νυκτὸς παῖδες ἐρεμνῆς οἰκί ἔχονσιν, Ὕπνος καὶ Θάνατος, δεινοὶ θεοί’ οὐδέ ποτ αὐτοὺς
Ἠέλιος Φαέθων ἐπιδέρκεται ἀκτίνεσσιν
οὐρανὸν εἰσανιών οὐδ᾽ οὐρανόθεν καταβαίνων. τῶν ἕτερος μὲν γῆν τε καὶ εὐρέα νῶτα θαλάσσης ἤσυχος ἀνστρέφεται καὶ µείλιχος ἀνθρώποισι, τοῦ δὲ σιδηρέη μὲν κραδίη, χάλκεον δέ οἱ ἦτορ νηλεὲς ἐν στήθεσσιν’ ἔχει δ᾽ ὃν πρῶτα λάβῃσιν
ἀνθρώπων! ἐχθρὸς δὲ καὶ ἀθανάτοισι θεοῖσιν.
ἔνθα θεοῦ χθονίου πρόσθεν δόµοι ἠχήεντες Ἰφθίμου τ Αίδεω καὶ ἐπαινῆς Περσεφονείης ἑστᾶσιν, δεινὸς δὲ κύῶν προπάροιθε φυλάσσει, νηλειής, τέχνην δὲ κακὴν ἔχει. ἐς μὲν ἰόντας σαΐνει ὁμῶς οὐρῇ τε καὶ οὔασιν ἀμφοτέροισιν,
ἐξελθεῖν δ᾽ οὐκ αὖτις ἐᾷ πάλιν, ἀλλὰ δοκεύων
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ἐσθίει, ὅν κε λάβησι πυλέων ἔκτοσθεν Ιόντα. Πφθίμου τ Αίδεω καὶ ἐπαινῆς Περσεφονείης. ] ἔνθα δὲ ναιετάει στυγερὴ θεὸς ἀθανάτοισι,
TEOGONIA
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arriverebbe al fondo uno che ne avesse superato le porte, ma in ogni dove lo spingerebbe procella dopo procella orribile; terribile anche per gli dei immortali questo portento. E della Notte tenebrosa la dimora terribile si leva avvolta da fosche nubi. Davanti a questa il figlio di Iapeto sostiene il vasto cielo!!2, in piedi, con il capo e le braccia mai stanche,
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immobilmente, dove la Notte e il Giorno avvicinandosi
comunicano tra loro, superando alternatamente la grande soglia di bronzo: l’una va a scendervi dentro mentre l’altro dalla porta
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esce, né mai la dimora entrambi dentro racchiude,
ma sempre, mentre l’uno è a percorrere la terra, l’altra resta in attesa dell’ora della l’uno possiede per chi vive
fuori dalla all’interno partenza, in terra la
dimora della dimora finchè giunga; luce da tutti vista,
l’altra tiene tra le mani il Sonno, fratello della Morte,
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la Notte rovinosa, avviluppata da nebbiosa nube. Lì 13 i figli della Notte tenebrosa hanno casa, Sonno e Morte, terribili dei; né mai quelli
il Sole lucente si volge coi suoi raggi a guardare, salendo in cielo o discendendo dal cielo. L'uno di essi la terra e il vasto dorso del mare va percorrendo, placido e dolce agli umani;
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spietata è nel suo petto; possiede chi abbia appena afferrato degli umani ed è invisa anche agli dei immortali. Lì, di fronte, le case risonanti dell’infero dio, del potente Ade e della tremenda Persefone!!4,
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spietato, ed ha malvagia astuzia: agli entranti fa festa insieme scodinzolando ed agitando entrambe le
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dell’altra il cuore è di ferro, e bronzea anima
si levano, e un terribile cane, davanti, le custodisce,
orecchie!15, ma poi non li lascia più uscire, anzi, tenendoli d’occhio,
sbrana chiunque colga in uscita dalle porte [del potente Ade e della tremenda Persefone]!!6. Lì abita una dea in odio agli immortali,
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ESIODO
δεινὴ Στύξ, θυγάτηρ ἀψορρόου Ὠκεανοῖο πρεσβυτάτη: νόσφιν δὲ θεῶν κλυτὰ δώµατα ναίἰει
μακρῆσιν πέτρῃσι κατηρεφέ” ἀμφὶ δὲ πάντῃ
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κίοσιν ἀργυρέοισι πρὸς οὐρανὸν ἐστήρικται. παΌρα δὲ Θαύμαντος θυγάτηρ πόδας ὠκέα Ἶρις ἀγγελίην πωλεῖται ἐπ᾽ εὐρέα νῶτα θαλάσσης'
ὁππότ έρις καὶ νεῖκος ἐν ἀθανάτοισιν ὄρηται,
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kai p ὅστις ψεύδηται Ὀλύμπια δώματ’ ἐχόντων, Ζεὺς δέ τε Ἶριν ἔπεμψε θεῶν µέγαν ὅρκον ἐνεῖκαι
τηλόθεν ἐν χρυσέῃ προχόφ πολυώνυµον ὕδωρ,
Ψυχρόν, ὅ τ ἐκ πέτρης καταλείβεται ἠλιβάτοιο
ὑψηλῆς' πολλὸν δὲ ὑπὸ χθονὸς εὐρνυοδείης 790
ἐξ ἱεροῦ ποταμµοϊο ῥέει διὰ νύκτα µέλαιναν' Ὠκεανοῖο κέρας, δεκάτη δ᾽ ἐπὶ μοῖρα δέδασται᾽ ἐννέα μὲν περὶ γῆν τε καὶ εὐρέα νῶτα θαλάσσης
δίνης ἀργυρέῃς εἱλιγμένος εἰς ἅλα πίπτει,
ἡ δὲ μί᾿ ἐκ πέτρης προρέει, μέγα πΏμα θεοῖσιν. ὅς κεν τὴν ἐπίορκον ἀπολλείψας ἐπομόσση 795
ἀθανάτων οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου,
κεῖται νήυτµος τετελεσμένον εἰς ἐνιαυτόν' οὐδέ ποτ ἀμβροσίης καὶ νέκταρος ἔρχεται ἆσσον βρώσιος, ἀλλά τε κεῖται ἀνάπνενστος καὶ ἄναυδος
στρωτοῖς ἐν λεχέεσσι, κακὸν δ᾽ ἐπὶ κῶμα καλύπτει. αὐτὰρ ἐπὴν νοῦσον τελέσει µἐγαν εἰς ἐνιαυτόν,
800. ΄ ἄλλος δ᾽ ἐξ ἄλλου δέχεται χαλεπώτερος ἆθλος: εἰνάετες δὲ θεῶν ἀπαμείρεται αἰὲν ἐόντων,
οὐδέ ποτ ἐς βουλἡὴν ἐπιμίσγεται οὐδ ἐπὶ δαῖτας ἐννέα πάντ ἔτεα' δεκάτῳ δ᾽ ἐπιμίσγεται αὖτις 805
εἰρέας ἀθανάτων οἳ Ὀλύμπια δώµατ ἔχουσι. τοῖον ἄρ᾽ ὅρκον ἔθεντο θεοὶ Στυγὸς ἄφθιτον ὕδωρ,
810
πόντου τ’ ἀτρυγέτοιο καὶ οὐρανοῦ ἀστερόεντος ἑξείης πάντων πηγαὶ καὶ πείρατ ἔασιν, ἀργαλέ) εὐρώεντα, τά τε στυγέουσι θεοί περ.
ὠγύγιον' τὸ δ᾽ ἵησι καταστυφέλου διὰ χώρου. ἔνθα δὲ γῆς δνοφερῆς καὶ Ταρτάρου ἠερόεντος
TEOGONIA
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la terribile Stige, di Oceano che scorre a ritroso figlia maggiore!17; lungi dagli dei risiede in nobile casa da alte rocce coronata; attorno dappertutto è poggiata su argentee colonne che vanno fino al cielo. Raramente la figlia di Taumante, Iride piè veloce, messaggera vi viene, sul vasto dorso del mare: quando un contrasto, una discordia sia sorta tra gli immortali; e per chiunque menta tra quanti abitano le case dell'Olimpo, Zeus invia Iride, che porti il grande giuramento degli dei,
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da lungi, l’acqua rinomata, in aurea brocca,
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chè, attorno alla terra e al vasto dorso del mare, in nove
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fredda, che goccia da ripida roccia, elevata; abbondante, sotto la terra dalle larghe strade, dal sacro fiume scorre nella notte nera un ramo dell'Oceano: la decima parte le è assegnata;
argentei gorghi avvolto, (Oceano) si getta nel mare, ma questa sola fuoriesce da una roccia, grande sciagura agli dei. Chiunque, libata quest’acqua, giuri falsamente, degli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo, sta prostrato senza respiro per la durata di un anno; né mai più all’ambrosia e al nettare si accosta, suo cibo, ma giace senza soffio e senza voce sul letto ben coperto, e un sonno maligno l’obnubila. Poi, dopochè il malanno sia finito!!8, nel giro di un grande anno, un’altra più difficile angustia all’altra tiene dietro, a provarlo: per nove anni viene sottratto alla compagnia degli dei che sempre sono, non partecipa mai ai loro consigli né ai loro banchetti per nove interi anni; il decimo, poi, si mescola nuovamente alle riunioni!!9 degl’immortali che abitano l'Olimpo. Tale giuramento gli dei stabilirono l’acqua eterna di Stige, vetusta, che attraversa un luogo accidentato. Lì, della terra buia e del Tartaro nebbioso, del mare infecondo e del cielo stellato,
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uno dopo l’altro, di tutti si trovano le fonti e i confini,
luoghi orridi e squallidi, che ripugnano perfino agli dei120,
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ESIODO
ἔνθα δὲ µαρμάρεαί τε πύλαι καὶ χάλκεος οὐδός, ἀστεμφὲς ῥίζῃσι διηνεκέεσσιν ἀρηρώς, αὐτοφυής' πρόσθεν δὲ θεῶν ἔκτοσθεν ἁπάντων Τιτῆνες ναίουσι, πέρην Χάεος ζοφεροῖο. αὐτὰρ ἐρισμαράγοιο Διὸς κλειτοὶ ἐπίκουροι δώµατα ναιετάουσιν ἐπ᾽ Ὠκεανοῖο θεµέθλοις, Κόττος τ' ἠδὲ Γύγης' Βριάρεών γε μὲν ἠὺν ἑόντα γαμβρὸν ἐὸν ποίησε βαρύκτυπος Ἐννοσίγαιος, δῶκε δὲ Κυμοπόλειαν ὀπυίειν, θυγατέρα ἤν. αὐτὰρ ἐπεὶ Τιτῆνας ἀπ᾿ οὐρανοῦ ἐξέλασε Ζεύς, ὁπλότατον τέκε παϊδα Τυφωέα Γαϊα πελώρη Ταρτάρου ἐν φιλότητι διὰ χρυσῆν ᾽Αϕροδίτην' οὗ χεῖρες μὲν ἔασιν ἐπ ἰσχύι ἔργματ ἔχούυσαι, καὶ πόδες ἀκάματοι κρατεροῦ θεοῦ: ἐκ δέ οἱ ὤμων
fivéxaròv κεφαλαὶ ὄφιος δεινοῖο δράκοντος,
γλώσσησι δνοφερῆσι λελιχµότες: ἐκ δέ οἱ ὅσσωῶν θεσπεσίῃς κεφαλῆσιν ὑπ᾿ ὀὀρύσι πὂρ ἀμάρυσσεν' πασέων ὃ ἐκ κεφαλέων πθρ καἰετο δερκοµένοιο᾿ φωναὶ δ᾽ ἐν πάσῃσιν ἔσαν δεινῆς κεφαλῄῇσι, παντοίην ὄπ᾽ ἰεῖσαι ἀθέσφατον' ἄλλοτε μὲν γὰρ φθέγγονθ’ ὥς τε θεοῖσι συνιέµεν, ἄλλοτε δ᾽ αὖτε ταύρου ἐριβρύχεω µένος ἀσχέτου ὅσσαν ἀγαύρου,
ἄλλοτε δ᾽ αὖτε λέοντος ἀναιδέα θυμὸν ἔχοντος,
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ἄλλοτε δ᾽ αὖ σκυλάκεσσιν ἐοικότα, θαύματ ἀκοῦσαι,
ἄλλοτε δ᾽ αὖ ῥοίζεσχ), ὑπὸ δ᾽ ἤχεεν οὔρεα μακρά.
kai vù xev ἔπλετο ἔργον ἀμήχανον ἥματι κείνῳ, kai kev ὅ γε θνητοῖσι καὶ ἀθανάτοισιν ἄναξεν, εἰ μὴ dip ὀξὺ νόησε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε" σκληρὸν δ᾽ ἐβρόντησε καὶ ὄβριμον, ἀμθὶ δὲ γαῖα σµερδαλέον κονάβησε καὶ οὐρανὸς εὐρὺς ὕπερθε πόντός τ Ὠκεανοῦ τε ῥοαὶ καὶ Τάρταρα γαίης, ποσσὶ è ὑπ ἀθανάτοισι μέγας πελεμἰζετ Ὄλυμπος
ὀρνυμένοιο ἄνακτος' ἐπεστονάχιζε δὲ γαϊα.
TEOGONIA
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Lì sono le porte brillanti e la bronzea soglia inamovibile, a lunghe radici congiunta,
da sé formata; davanti, discosto da tutti quanti gli dei,
abitano i Titani, al di là dell’Abisso nebbioso!21, Quanto agli illustri soccorritori di Zeus dal tremendo fragore, abitano le dimore ai fondamenti dell'Oceano,
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Cotto, Gige; Briareo, perché valoroso,
lo Scuotitore della terra, dal cupo rimbombo, ha fatto suo genero: gli ha dato in sposa Chimopoleia, sua figlia. Ma, dopochè Zeus ebbe scacciato dal cielo i Titani,
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la smisurata Gaia un ultimo figlio generò, Tifeot22, dall’amore del Tartaro, per via dell’aurea Afrodite:
le sue braccia sono fatte per azioni di forza!?3 e i piedi sono instancabili di dio potente; dalle sue spalle derivano cento teste di serpente, un terribile drago, con le buie lingue vibranti; dai suoi occhi,
nelle teste portentose, sotto le ciglia, fuoco lampeggiava, da tutte le teste fuoco ardeva col suo sguardo!24, Voci erano in tutte le terribili teste che mandavano suoni d’ogni tipo, ineffabili; chè ora favellavano come solo gli dei intendono, ora era la voce di un toro mugghiante, dalla forza insostenibile, ora di un leone dal cuore crudele,
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splendido,
ora erano gridi simili a quelli di cuccioli, meraviglia a udirsi, ora prolungati sibili, che riecheggiavano le alte montagne. Ebbene, si sarebbe compiuto un fatto irrimediabile quel
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giorno
e quello (Tifeo) avrebbe signoreggiato su mortali e immortali, se non l’avesse visto col suo sguardo acuto!25 il padre degli dei e degli uomini; cupo tuonò e forte, e la terra attorno spaventosamente rumoreggiò e il vasto cielo di sopra
e il mare e le correnti dell'Oceano e il Tartaro sotterraneo; il grande Olimpo vibrava sotto i piedi immortali del suo signore levatosi (allo scontro); ne gemeva la terra.
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ESIODO
καῦμα δ᾽ ὑπ ἀμφοτέρων κάτεχεν ἰοειδέα πόντον βροντῆς τε στεροπῆς τε πυρός τ ἀπὸ τοῖο πελώρου πρηστήρων ἀνέμων τε κεραυνοῦ τε Φλεγέθοντος'
ἔζεε δὲ χθὼν πᾶσα καὶ οὐρανὸς ἠδὲ θάλασσα”
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Qvie δ᾽ ἄρ᾽ ἀμφ᾽ ἀκτὰς περί τ’ ἀμφί τε κύματα μακρὰ ῥιπῇ ὑπ᾽ ἀθανάτων, ἔνοσις δ᾽ ἄσβεστος ὀρώρει; τρέε δ᾽ ᾽Αίδης ἐνέροισι καταφθιµένοισιν ἀνάσσων Τιτῆνές θ) ὑποταρτάριοι Κρόνον ἀμθὶς ἐόντες ἀσβέστου κελάδοιο καὶ αἰνῆς δηιοτῆτος. Ζεὺς δ᾽ ἐπεὶ οὖν κόρθυνεν ἑὸν μένος, εἵλετο δ᾽ ὅπλα, βροντήν τε στεροπήν τε καὶ αἰθαλόεντα κεραυνόν, πλΏξεν ἀπ᾿ Οὐλύμποιο ἐπάλμενος: ἀμὸὶ δὲ πάσας ἔπρεσε θεσπεσίας κεφαλὰς δεινοῖο πελώρου. αὐτὰρ ἐπεὶ δή µιν δάµασε πληγῇῆσιν ἱμάσσας, ἤριπε γυιωθείς, στονάχιζε δὲ γαῖα πελώρη' φλὸξ δὲ κεραυνωώθέντος ἀπέσσυτο τοῖο ἄνακτος οὔρεος ἐν βήσσῃσιν ἀιδνῆς παιπαλοέσσῃς πληγέντος, πολλὴ δὲ πελώρη καίετο γαῖα αὐτμῇ θεσπεσίη, καὶ ἐτήκετο κασσίτερος ὣς
τέχνη ὑπ᾽ αἰζηῶν ὑπὸ τεὐτρήτου χοάνοιο
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θαλφθείς͵, ἠὲ σίδηρος, ὅ περ κρατερώτατός ἐστιν, οὔρεος ἐν βήσσῃσι δαμαζόµενος πυρὶ κηλέῳ τήκεται ἐν χθονὶ δίῃ ὑφ᾽ Ἡφαίστου παλάμηῃσιν’ ὣς ἄρα τήκετο γαῖα σέλαι πυρὸς αἰθομένοιο. ῥῖψε δέ µιν θυμῷ ἀκαχὼν ἐς Τάρταρον εὐρύν. ἐκ δὲ Τυφωέος ἔστ' ἀνέμων µένος ὑγρὸν ἀέντων, véogi Nétov Bopéo te kai dpyeotéo Zeguporo: οἵ γε μὲν ἐκ θεόφιν yevenv, Bvntoîg uéy ὄνειαρ. αἱ δ᾽ ἄλλαι μὰψ αὗραι ἐπιπνείουσι θάλασσαν’ αἳ δή τοι πίπτουσαι ἐς ἠεροειδέα πόντον, πΏμα µέγα θνητοῖσι, κακἢ θυίουσιν ἀέλλῃ' ἄλλοτε δ᾽ ἄλλαι ἄεισι διασκιδνᾶσί τε νῆας ναύτας τε φθείρουσι' κακοῦ δ᾽ οὐ γίνεται ἀλκὴ ἀνδράσιν, οἳ κείνῃσι συνάντωνται κατὰ πόντον.
TEOGONIA
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Ardore invase il mare di violacea apparenza a causa di
entrambi,
per il tuono e il lampo e per il fuoco che emanava dal mostro, per i soffi folgoranti e il fulmine fiammeggiante.
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Bolliva la terra tutta e il cielo e il mare;
imperversavano verso le coste, da ogni parte, attorno, alti
marosi
sotto i colpi impetuosi degli immortali, e un tremito inarrestabile nasceva:
tremava Ade, il signore dei morti sottetra, e i tartarei Titani, che stanno attorno a Crono,
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per l’inestinguibile frastuono e la spaventosa mischia.
Zeus, dopo che ebbe raccolto la sua forza e prese le armi, il tuono, il lampo e il fulmine bruciante,
slanciatosi dall’Olimpo lo colpì; e attorno tutte bruciò le portentose teste del terribile mostro. Dopochè lo ebbe domato flagellandolo di colpi,
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(Tifeo) si accasciò mutilato, e gemette la smisurata terra!26.
Ma una fiamma sprizzò dal signore fulminato, tra le valli scure, dirupate del monte colpito; per gran tratto bruciava la smisurata terra
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con prodigioso vapore e si scioglieva come stagno, con arte da uomini robusti, attraverso un forato crogiolo, riscaldato, o come ferro, che è il metallo più resistente,
tra le gole del monte domato dal fuoco avvampante, fonde nella terra divina ad opera delle abili mani di Efesto; così, dunque, fondeva la terra al bagliore del fuoco bruciante. E (Zeus), l'animo afflitto, lo gettò nel Tartaro vasto. Da Tifeo viene l’umido vigore dei venti che spirano, eccetto Noto, Borea e Zefiro rasserenante!2?:
questi sono schiatta divina, di grande giovamento ai mortali; le altre aure soffiano vane sul mare;
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e queste, abbattendosi sul ponto nebbioso,
grande sciagura spirano or qua e danno morte per gli uomini
ai mortali, vi infuriano con maligna tempesta; or là, disperdono le navi ai marinai; e al malanno non c’è riparo che quelle affrontano in mare.
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ESIODO
αἱ δ᾽ αὖ καὶ κατὰ γαῖαν ἀπείριτον ἀνθεμόεσσαν
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ΕρΥ’ ἐρατὰ φθείρουσι χαμαιγενέων ἀνθρώπων,
πιμπλεῖσαι κόνιός τε καὶ ἀργαλέου κολοσυρτοῦ.
αὐτὰρ ἐπεὶ ῥα πόνον µάκαρες θεοὶ ἐξετέλεσσαν,
Τιτήνεσσι δὲ τιµάων κρίναντο βίηφι, δή ῥα τότ’ ὤτρυνον βασιλευέµεν ἠδὲ ἀνάσσειν Γαίης φραδμοσύνηῃσιν Ὀλύμπιον εὐρύοπα Ζἢην ἀθανάτων' ὁ δὲ τοῖσιν ἐὺ διεδάσσατο τιµάς. Ζεὺς δὲ θεῶν βασιλεύς πρώτην ἄλοχον θέτο Μῆτιν, πλεῖστα θεῶν εἰδυῖαν ἰδὲ θνητῶν ἀνθρώπων.
ἀλλ᾽ ὅτε δἡ ἄρ᾽ ἔμελλε θεὰν γλαυκῶπιν ᾽Αθήνην
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τέξεσθαι, τότ ἔπειτα δόλῳ φρένας ἐξαπατήσας
αἱμυλίοισι λόγοισιν ἑὴν ἐσκάτθετο νηδύν,
Γαίΐης φραδμοσύνῃσι καὶ Οὐρανοῦ ἀστερόεντος' τὼς γάρ οἱ φρασάτην, ἵνα μὴ βασιληίδα τιμὴν ἄλλος ἔχοι Διὸς ἀντὶ θεῶν αἰειγενετάων.
ἐκ γὰρ τῆς εἵμαρτο περίφρονα τέκνα γενέσθαι’
πρώτην μὲν κούρην γλαυκώπιδα Τριτυγένειαν͵ ἴσον ἔχουσαν πατρὶ µένος καὶ ἐπίόρονα βουλήν,
αὐτὰρ ἔπειτ ἄρα παῖδα θεῶν βασιλῆα καὶ ἀνδρῶν ἤμελλεν τέξεσθαι, ὑπέρβιον ἧτορ ἔχοντα᾽
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ἀλλ᾽ ἄρα µιν Ζεὺς πρόσθεν ἑὴν ἐσκάτθετο νηδύν,
ὥς οἱ συµφράσσαιτο θεὰ ἀγαθόν τε κακόν τε.
δεύτερον ἠγάγετο λιπαρὴν Θέμιν, ἢ τέκεν Ὥρας, Εὐνομίην τε Δίκην τε καὶ Ειρήνην τεθαλυῖϊαν, αἵ τ’ ἔργ ὠρεύουσι καταθνητοῖσι βροτοῖσι, Μοίρας θ', ἧς πλείστην τιμὴν πόρε µητίετα Ζεύς, Κλωθώ τε Λάχεσίν τε καὶ ΄Ατροπον, αἵ τε διδοῦσι
θνητοῖς ἀνθρώποισιν ἔχειν ἀγαθόν τε κακόν τε.
τρεῖς δέ οἱ Εὐρυνόμη Χάριτας τέκε καλλιπαρήους, Ὠκεανοῦ κούρη πολυήρατον εἶδος ἔχουσα,
TEOGONIA
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Altre ancora sulla terra infinita, ornata di fiori,
guastano gli amati lavori (agricoli) degli umani in terra nati, riempiendoli di polvere e di fastidioso ciarpame. E dopochè gli dei felici ebbero compiuto la loro fatica, e in contesa coi Titani deciso con la forza gli onori, allora appunto invitarono a prendere il comando e a regnare, per i consigli della Terra, l’olimpio Zeus dalla vasta voce, sugli immortali; e questi distribuì gli onori che loro
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spettavano!28,
Zeus, re degli dei, prese come prima sposa Metis, che più cose di tutti conosce tra gli dei e gli uomini mortali. Ma quando ella la dea glaucopide Atena!?9 era sul punto di dare alla luce, allora (Zeus), il suo animo astutamente
ingannando, con parole seducenti la ingoiò nel suo ventre, per accorto consiglio della Terra e del Cielo stellat0139; così infatti gli avevano suggerito i due, per evitare che l'onore regale un altro avesse al posto di Zeus tra gli dei che sempre sono.
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Difatti era fatale che da lei (Metis) venisse una schiatta saggia,
e prima la vergine glaucopide Tritogenia!?1,
che ha in misura pari al padre forza e saggio consiglio,
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ma in seguito un figlio, re degli dei e degli uomini, doveva generare, dotato di cuore tracotante;
Zeus però prima l’ingoiò nel suo ventre perché la dea gli desse consigli sul bene e sul male!32,
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Come seconda moglie sposò la brillante Temi, che mise al mondo le Ore, Eunomìe, Dike e la fiorente Eirene!3,
le quali proteggono i lavori dei mortali, e le Moire, alle quali grandissimo onore procurò il prudente Zeus, Cloto, Lachesi, Atropo!34, che concedono
agli uomini mortali di avere bene o male. Eurinome gli generò le tre Cariti dalle belle guance, la figlia di Oceano, dal graziosissimo aspetto:
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ESIODO
᾽Αγλαΐην τε καὶ Εὐφροσύνην Θαλίην τ' ἐρατεινήν' τῶν καὶ ἀπὸ βλεφάρων ἔρος εἴβετο δερκοµενάων λυσιµελής' καλὸν δέ θ᾽ ὑπ᾿ ὀφρύσι δερκιόῶνται.
αὐτὰρ ὁ Δήμητρος πολυφόρβης ἐς λέχος ἦλθεν'
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n téxe Περσεφόνην λευκώλενον, ἣν ᾿Αιδωνεὺς ἥρπασεν ἧς παρὰ μητρός, ἔδωκε δὲ µητίετα Ζεύς. Μνημοσύνης δ᾽ ἐξαῦτις ἐράσσατο καλλικόμοιο,
ἐξ ἧς οἱ Μοῦσαι χρυσάµπυκες ἐξεγένοντο
ἐννέα, τῇσιν ἅδον θαλίαι καὶ τέρψις ἀοιδῆς. Λητὠ δ᾽ Απόλλωνα καὶ ΄Αρτεμιν ἰοχέαιραν Ἱμερόεντα γόνον περὶ πάντων Οὐρανιώνων
γείνατ ἄρ᾽ αἰγιόχοιο Διὸς φιλότητι μιγεῖσα.
λοισθοτάτην δ)᾽ Μρην θαλερὴν ποιῄσατ ἄκοιτιν' ἡ δ᾽ Μβην καὶ ἼΑρηα καὶ Εἰλείθυιαν ἔτικτε μιχθεῖσ᾽ ἐν φιλότητι θεῶν βασιλῆι καὶ ἀνδρῶν. αὐτὸς δ᾽ ἐκ κεφαλῆς γλαυκώπιδα γείνατ ᾿Αθήνην, δεινὴν ἐγρεκύδοιμον ἀγέστρατον ἀτρυτώνην, πότνιαν, ᾗ κέλαδοί τε ἄδον πόλεμοί τε µάχαι τε᾽ Ὕρη δ᾽ Μφαιστον κλυτὸν οὐ φιλότητι μιγεῖσα γείνατο, καὶ ζαμένησε καὶ ἤρισεν ᾧ παρακοίτῃ,
ἐκ πάντων τέχνῃσι κεκασµένον Οὐρανιώνων. ἐκ δ᾽᾽Αμϕιτρίτης καὶ ἐρικτύπου Ἐννοσιγαίου
Τρίτων εὑρυβίης γένετο μέγας, ὅς τε θαλάσσης πυθμέν᾽ ἔχωῶν παρὰ μητρὶ φίλῃ καὶ πατρὶ ἄνακτι ναἰει χρύσεα δῶ, δεινὸς θεός. αὐτὰρ "Apni ῥινοτόρῳ Κυθέρεια Φόβον καὶ Δεῖμον ἔτικτε, δεινούς, οἵ τ ἀνδρῶν πυκινὰς κλονέουσι Φάλαγγας ἐν πολέμῳ κρυόεντι σὺν ᾿Αρηι πτολιπόρθῳ,
‘Appovinv 8’, fiv Κάδμος ὑπέρθυμος θέτ ἄκοιτιν.
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Ζηνὶ δἄρ᾽ Ατλαντὶς Μαΐίη τέκε κἠρυκ᾽ ἀθανάτῶν, ἱερὸν λέχος Καδμηὶς δ᾽ ἄρα οἱ Σεµέλη τέκε μιχθεῖσ’ ἐν φιλότητι, Διώνυσον
κύδιμον Ἑρμῆν, εἰσαναβᾶσα. Φαΐδιµον οἱὸν πολυγηθέα,
TEOGONIA
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Aglaia, Eufrosine e l’amabile Talìa. Dalle palpebre, al loro guardare, amore stillava, che scioglie le membra: bello sotto le ciglia il loro sguardo.135 (Zeus) entrò poi nel letto di Demetra nutrice di molti, che gli generò Persefone dalle bianche braccia, la quale Adoneo!36 rapì a sua madre; e il prudente Zeus gliela diede. E ancora, amò Mnemosine dalla bella chioma
da cui nacquero le Muse!37 dalle auree corone,
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nove, cui piacciono le feste e il dilettoso canto.
Letò, Apollo e Artemide saettatrice!38, discendenza fascinosa tra tutti i nipoti di Urano,
partorì, unitasi in amore con Zeus egioco. Infine fece di Era la sua ultimissima, fiorente sposa;
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ed ella Ebe, Ares e Ilizia!39 generò, congiuntasi in amore col re degli uomini e degli dei. Egli, da solo, dalla sua testa!4° diede alla luce la glaucopide Atena che terribile eccita il tumulto, trascina l’esercito indomita, augusta, si compiace dei clamori, delle guerre e delle Fra, senza unione amorosa, l’illustre Efesto
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battaglie;
partorì —era furente e rivaleggiava col suo sposo-, tra tutti i nipoti di Urano eccellente nelle arti. Da Anfitrite e dal rimbombante Scuotitore della terra nacque il grande Tritone dalla vasta forza, che del mare il fondo possedendo, presso la madre e il padre signore abita una dimora d’oro, terribile dio. Ad Ares poi che tormenta gli scudi, Citerea generò Paura e Terrore, terribili, che scompigliano le dense falangi dei guerrieri nella guerra che raggela, in compagnia di Ares devastatore
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di città,
e Armonie, che Cadmo ardito prese in sposa!4!. A Zeus Maia, figlia di Atlante, generò l’inclito Ermete!@, araldo degli immortali, salita nel sacro letto. Semele, figlia di Cadmo, gli generò uno splendido figlio, unitasi in amore con lui, Dioniso!# pieno di gioia,
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ἀθάνατον θνητή: νΏν δ᾽ ἀμφότεροι θεοί εἰσιν. ᾽Αλκμήνη δ᾽ ἄρ᾽ ἔτικτε βίην Ἡρακληείην μιχθεῖσ᾽ ἐν φιλότητι Διὸς νεφεληγερέταο. ᾽Αγλαΐην δ᾽ Ἡφαιστος ἀγακλυτὸς ἀμφιγνήεις ῥπλοτάτην Χαρίτων θαλερὴν ποιήῄσατ ἄκοιτιν. χρυσοκόµης δὲ Διώνυσος ξανθὴν ᾿Αριάδνην, κούρην Μίνωος, θαλερὴν ποιήῄσατ’ ἄκοιτιν' τὴν δέ οἱ ἀθάνατον καὶ ἀγήρων θῆκε Κρονίων. Ὕβην δ᾽ Αλκμήνης καλλισφύρου ἄλκιμος υἱός, ἲς Ἡρακλῆος, τελέσας στονόεντας ἀέθλους, παϊδα Διὸς µεγάλοιο καὶ Ἡρης χρυσοπεδίλου, αἰδοίην θέτ᾽ ἄκοιτιν ἐν Οὐλύμπῳ νιφόεντι᾽ ὄλβιος, ὃς µέγα ἔργον ἐν ἀθανάτοισιν ἀνύσσας ναίει ἀπήμαντος καὶ ἀγήραος ἥματα πάντα. Ἠελίῳ δ᾽ ἀκάμαντι τέκε κλυτὸς Ὠκεανίνη Περσηϊὶς Κίρκην τε καὶ Αἰήτην βασιλῆα. Αἰήτης δ᾽ υἱὸς φαεσιµβρότου Ἠελίοιο κούρην Ὠκεανοῖο τελήεντος ποταμοῖο γῆµε θεῶν βουλῆσιν, Ἰδνῖαν καλλιπάρηον' ἢ δή οἱ Μήδειαν ἐύσφυρον ἐν Φιλότητι
γείναθ᾽ ὑποδμηθεῖσα διὰ χρυσῆν ᾽Αϕροδίτην.
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ὑμεῖς μὲν νῦν χαίρετ’͵ Ὀλύμπια δώματ’ ἔχοντες, νῆσοί τ’ ἤπειροί τε καὶ ἀλμυρὸς ἔνδοθι πόντος: νῦν δὲ θεάων φῦλον ἀείσατε, ἡδυέπειαι Μοῦσαι Ὀλυμπιάδες, κοὂραι Διὸς αἰγιόχοιο, ὅσσαι δἡ θνητοῖσι παρ᾽ ἀνδράσιν εὐνηθεῖσαι ἀθάναται γείναντο θεοῖς ἐπιείκελα τέκνα. Δημήτηρ μὲν Πλοῦτον ἐγείνατο δῖα θεάων, Ἰασίῳ ἥρωοι μιγεῖσ᾽ ἐρατῇ Φιλότητι νειῷ ἔνι τριπόλῳ, Κρήτης ἐν πἰονι δήµῳ, ἐσθλόν, ὃς εἶσ᾽ ἐπὶ γῆν τε καὶ εὐρέα νῶτα θαλάσσης πᾶσαν' τῷ δὲ τυχόντι καὶ οὗ κ’ ἐς χεῖρας ἵκηται, τὸν δὴ ἀφνειὸν ἔθηκε, πολὺν δέ οἱ ὤὥπασεν ὄλβον. Κάδµῳ δ᾽ ᾽Αρμονίη, θυγάτηρ χρυσῆς ᾽Αϕροδίτης, Ἰνὼ καὶ Σεµέλην καὶ ᾽Αγαυήὴν καλλιπάρηον
TEOGONIA
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immortale nato da una mortale; ora entrambi sono dei.
Alcmena generò la forza di Eracle!4, unitasi in amore con Zeus radunatore di nubi. Efesto, l’illustre zoppo, Aglaia, la più giovane delle Cariti, rese sua florida sposa. Dioniso dai capelli d’oro la bionda Ariadne, figlia di Minosse, fece sua florida sposa, che il Cronide gli rese immortale ed esente da vecchiezza. Ebe il valoroso figlio di Alemena dalle belle caviglie,
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la forza di Eracle, compiute le penose fatiche,
la figlia del grande Zeus e di Era dagli aurei calzari, prese come casta sposa sull’Olimpo nevoso, lui fortunato, che, compiuta la sua grande opera, tra gl’immortali abita, esente da dolore e da vecchiezza per tutti i giorni di AI Sole instancabile generò la nobile Oceanina Perseide Circe e il re Eeta.
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sua vital,
Eeta, figlio del Sole che illumina i mortali,
la figlia di Oceano, fiume in sé compiuto, sposò, per decisione degli dei, Iduia dalle belle guance;
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che a lui Medea, dalle valenti caviglie, in amore
generò, sottomessagli per via dell’aurea Afrodite“. Salute dunque ora a voi, che le dimore olimpie abitate e a voi, isole e continenti e salso mare che sta loro in mezzo. Ora la stirpe delle dee cantate, dal dolce eloquio olimpie Muse, figlie di Zeus egioco, quante, congiuntesi con uomini mortali, immortali partorirono figli somiglianti agli dei!47,
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Demetra, divina tra le dee, partorì Pluto,
unitasi in dolce amore con l’eroe Iasio!#, in un novale tre volte arato, nel prospero territorio di Creta, (Pluto) benefico che il vasto dorso del mare percorre e la terra tutta, e al primo venuto, a colui nelle cui braccia pervenga molta fortuna dà per compagna, e quello fa ricco. A Cadmo Armonie, figlia dell’aurea Afrodite, Inò e Semele e Agavè dalle belle guance,
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ESIODO
Αὐτονόην 8’, ἣν γῆμεν ᾿Αρισταῖος βαθυχαίτης,
γείνατο καὶ Πολύδωρον ἐυστεφάνῳ ἐνὶ Θήβη. 980
κούρη δ᾽ Ὠκεανοῦ Ἀρυσάορι καρτεροθύμῳφ μιχθεῖσ᾽ ἐν φιλότητι πολυχρύσου ᾽Αϕροδίτης
Καλλιρόη τέκε παῖδα βροτῶν κάρτιστον ἁπάντων, Γηρυονέα, τὸν κτεῖνε βίη Ἡρακληείη
βοῶν ἕνεκ᾽ εἰλιπόδων ἀμφιρρύτῳ εἰν Ἐρυθείῃ.
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Τιθωνῷ δ᾽ Ἠὼς τέκε Μέμνονα χαλκοκορυστήν, Αἰθιόπων βασιλΏῆα, καὶ Ἠμαθίωνα ἄνακτα. αὐτάρ τοι Κεφάλῳ φιτύσατο φαίδιµον υἱόν,
ἴφθιμον Φαέθοντα, θεοῖς ἐπιείκελον ἄνδρα: 990
τόν ῥα νέον τέρεν ἄνθος ἔχοντ ἐρικυδέος ἥβης παῖδ᾽ ἀταλὰ φρονέοντα Φφιλομμειδὴς ᾽Αϕροδίτη dpr ἀνερειψαμένη, καί µιν ζαθέοις ἐνὶ νποῖς νηοπόλον μύχιον ποιήσατο, δαίμονα δῖον. κούρην δ᾽Αἰήταο διοτρεφέος βασιλΏος
Αἰσονίδης βουλῇσι θεῶν αἰειγενετάων
ἦγε παρ’ Αἰήτεω, τελέσας στονόεντας ἀέθλους, 995
τοὺς πολλοὺς ἐπέτελλε μέγας βασιλεὺς ὑπερήνωρ, ὑβριστὴς Πελίης καὶ ἀτάσθαλος ὀβριμοεργός'
τοὺς τελέσας ἐς Ἰωλκὸν ἀφίκετο πολλὰ µογήσας 1000
ὠκείης ἐπὶ νηὸς ἄγων ἑλικώπιδα κούρην Αἰσονίδης, καί µιν θαλερὴν ποιήσατ’ ἄκοιτιν. καί ῥ' ἤ γε ὃμηθεῖσ᾽ ὑπ᾿ Ἰήσονι ποιµένι λαῶν
Μήδειον τέκε παῖδα, τὸν οὔρεσιν ἔτρεφε Χείρων
Φιλλορίδης' μεγάλου δὲ Διὸς νόος ἐξετελεῖτο. αὐτὰρ Νηρῆος κοὂραι ἁλίοιο γέροντος, ἤτοι μὲν Φῶκον Ψαμάθη τέκε δῖα θεάων 1005
Αἰακοῦ ἐν φιλότητι διὰ χρυσῆν ᾿Αϕροδίτην' Πηλεῖ δὲ ὅμηθεῖσα θεὰ Θέτις ἀργυρόπεζα
γείνατ΄ ᾽Αχιλλῆα ῥηξήνορα θυµολέοντα. 1010
Αἰνείαν δ᾽ ἄρ᾽ ἔτικτεν ἐυστέφανος Κυθέρεια, ᾽Αγχίσῃ ἥρωι μιγεῖσ᾽ ἐρατῇ φιλότητι Ἴδης ἐν κορυφῇσι πολυπτύχου ἠνεμοέσσης. Κίρκη δ᾽ Ἠελίου θυγάτηρ Ὑπεριονίδαο γείνατ’ Ὀδυσσῆος ταλασίφΦρονος ἐν φιλότητι
TEOGONIA
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e Autonoe, che prese in moglie Aristeo dalla folta chioma,
partorì e pure Polidoro, in Tebe dalla bella corona.
La figlia di Oceano, a Crisaore dall’animo violento unitasi nell'amore di Afrodite ricca d’oro,
Calliroe, generò il figlio più potente tra tutti i mortali,
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Gerione!59, che Eracle uccise,
a causa dei buoi zampe storte in Eritea circondata dalle onde. A Titono Aurora generò Memnone dall’elmo di bronzo, re degli Etiopi, e il re Ematione; a Cefalo procreò un gagliardo figlio, il potente Fetonte, guerriero somigliante agli dei.
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ragazzo dai delicati pensieri, Afrodite che ama il sorriso si levò a rapire e nei suoi divini templi guardiano dei penetrali!51 fece, dèmone divino.
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Lui che, giovane, aveva il tenero fiore di gloriosa giovinezza,
La figlia di Eeta, re alunno di Zeus,
l’Esonìde, per decisione degli dei che sempre sono, condusse via dalla casa di Eeta, compiute le penose fatiche, che in gran numero gli aveva comandato un re grande e superbo,
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il tracotante Pelia, insensato come scellerato;
terminatele, tornò a Iolco, dopo aver patito molte sofferenze, sulla nave veloce conducendo la fanciulla dagli occhi brillanti, l’Esonìde, e la fece sua florida sposa. E quella, sottomessa all'amore di Giasone, pastore di popoli, generò il figlio Medeo che sui monti fu cresciuto da Chirone, il figlio di Filira; e il disegno del grande Zeus si compiva!52. Quanto alle figlie di Nereo, il vecchio marino!53, Psamate, divina tra le dee, generò Foco per l’amore di Eaco, grazie all’aurea Afrodite;
la dea Teti, piedi d’argento, sottomessa a Peleo,
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partorì Achille sbaragliatore di schiere, cuore leonino. Citerea dalla bella corona generò Enea,
unitasi all’eroe Anchise in dolce amore sulle cime dell’Ida ricco di gole, ventoso. Circe, figlia del Sole Iperionìde, partorì dall'amore di Odisseo paziente nel cuore
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ESIODO
”"Αγριον ἠδὲ Λατῖνον ἀμύμονά τε κρατερόν τε’ Τηλέγονον δὲ ἔτικτε διὰ χρυσῆν ᾽Αϕροδίτην' οἳ δή τοι µάλα τῆλε μυχῷ νήσων ἱεράῶν πᾶσιν Τυρσηνοῖσιν ἀγακλειτοῖσιν ἄνασσον. Ναυσίθοον δ᾽ Ὀδυσῆι Καλυψὼ δῖα θεάων γείνατο Ναυσίνοόν τε μιγεῖσ᾽ ἐρατῇ φιλότητι. αὗται μὲν θνητοῖσι παρ᾽ ἀνδράσιν εὐνηθεῖσαι ἀθάναται γείναντο θεοῖς ἐπιείκελα τέκνα. νῦν δὲ γυναικῶν φῦλον ἀείσατε, ἠδυέπειαι Μοῦσαι Ὀλυμπιάδες, κοῦραι Διὸς αἰγιόχοιο.
TEOGONIA
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Agrio e Latino senza macchia e potente,
e generò Telegono per opera dell’aurea Afrodite!54, I quali, ben lontano, all’interno di isole sacre, signoreggiavano su tutti i celebri Tirreni.
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Calipso, divina tra le dee, Nausitoo ad Odisseo
generò e Nausinoo, unitasi a lui in dolce amore. Queste, stesesi accanto a uomini mortali,
immortali generarono figli somiglianti agli dei. Ma ora cantate la stirpe delle donne, o dal dolce eloquio olimpie Muse, figlie di Zeus egioco!5.
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ΕΡΓΑ ΚΑΙ ΗΜΕΡΑΙ
Μοῦσαι Πιερίηθεν ἀοιδῇσι κλείουσαι,
δεῦτε Δί ἐννέπετε, σφέτερον πατέρ᾽ ὑμνείουσαι;' ὅν τε διὰ βροτοὶ ἄνδρες ὁμῶς ἄφατοί τε φατοί τε,
ῥητοί τ ἄρρητοί τε Διὸς µεγάλοιο ἕκητι. ῥέα μὲν γὰρ βριάει, ῥέα δὲ βριάοντα χαλέπτει,
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ῥεῖα δ᾽ ἀρίζηλον μινύθει καὶ ἄδηλον ἀέξει, ῥεῖα δέ τ Ἰθύνει σκολιὸν καὶ ἀγήνορα κάρφει Ζεὺς ὑψιβρεμέτης, ὃς ὑπέρτατα δώµατα ναίει. κλῦθι ἰδὼν ἀΐίων τε, δίκῃ δ᾽ ἴθυνε θέµιστας τύνη” ἐγὼ dé κε Πέρσῃ ἐτήτυμα μυθησαίμην. Οὐκ ἄρα μοῦνον ἔην Ἐρίδων γένος, ἀλλ’ ἐπὶ yaiav εἰσὶ δύω' τὴν µέν κεν ἐπαινήσειε νοήσας, î) è ἐπιμωμητή' διὰ δ᾽ ἄνδιχα θυμὸν ἔχονυσιν. ἣ μὲν γὰρ πόλεμόν τε κακὸν καὶ δῆριν ὀφέλλει,
σχετλίη' οὔ τις τήν γε φιλεῖ βροτός, ἀλλ’ ὑπ᾿ ἀνάγκης ἀθανάτων βουλῆσιν Ἔριν τιμῶσι βαρεῖαν.
τὴν δ᾽ ἑτέρην προτέρην μὲν ἐγείνατο Νὺξ ἐρεβεννή, θῆκε δέ µιν Κρονίδης ὑψίζυγος, αἰθέρι ναίων, γαίης τ ἐν ῥίζῃσι καὶ ἀνδράσι πολλὸν ἀμείνω' 20
ἥἤτε καὶ ἀπάλαμόν περ ὁμῶς ἐπὶ ἔργον ἐγείρει:
εἰς ἕτερον γάρ τίς τε ἰδὼν ἔργοιο χατίζει πλούσιον, ὃς σπεύδει μὲν ἀρόμεναι ἠδὲ φυτεύειν 25
οἶκόν T εὖ θέσθαι; ζηλοϊ δέ τε γείτονα γείτων εἰς ἄφενος σπεύδοντ’ ἀγαθὴ δ᾽ Ἔρις ἥδε βροτοϊῖσιν. καὶ κεραμεὺς κεραμεῖ κοτέει καὶ τέκτονι τέκτῶν, καὶ πτωχὸς πτωχῷ φθονέει καὶ ἀοιδὸς ἀοιδῷ.
"Q Πέρση, σὺ δὲ ταῦτα τεῷ ἐνικάτθεο θυμῷ, μηδέ σ᾿ Ἔρις κακόχαρτος ἀπ’ ἔργου θυμὸν ἐρύκοι
LE OPERE E I GIORNI
Muse di Pieria, che coi canti glorificate!, su, raccontate di Zeus, a vostro padre inni levando, per il quale gli uomini mortali sono parimenti oscuri o famosi, noti o ignoti, secondo il volere del grande Zeus?. Perché facilmente egli dà la forza, facilmente piega il forte, facilmente diminuisce il superbo e accresce l’umile, facilmente raddrizza il tortuoso e inaridisce l’orgoglioso, Zeus che in alto tuona e altissime dimore abita). Porgimi orecchio, guarda, ascolta, dirigi secondo giustizia le leggi, tu4; io, per parte mia, comunicherò a Perse cose vere.
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Non c’era dunque un solo genere di Eris6; sulla terra
ce ne sono due: l’una si potrebbe lodare, conoscendola,
l’altra è da riprovare; hanno cuori distinti e separati. L’una infatti asseconda la guerra malvagia e il conflitto,
sventurata; nessuno dei mortali l’ama, ma, sottoposti a necessità,
per il volere degli immortali, onorano l’Eris gravosa. L’altra per prima generò la Notte tenebrosa, e il Cronide eccelso, che nell’etere dimora, la pose alle radici della terra, e molto migliore per gli umani?. Essa anche l’indolente sveglia ugualmente all’azione; difatti uno sente il bisogno8 di operare quando vede un altro ricco, che si affretta ad arare, a piantare e a far prosperare il suo patrimonio: il vicino emula il vicino che si affretta ad arricchirsi. Buona è questa Eris per i mortali. E il vasaio compete risentito col vasaio e il carpentiere col carpentiere, il povero invidia il povero e l’aedo l’aedo.? O Perse, tu questi ammonimenti abbi ben presenti nel tuo animo!0,
e l’Eris che si compiace del male non ti distolga il cuore
dal lavoro,
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νείκε᾽ ὀπιπεύοντ ἀγορῆς ἐπακονὸν ἐόντα. ὤρη γάρ τ’ ὀλίγη πέλεται νεικέων τ’ ἀγορέων τε ᾧτινι μὴ βίος ἔνδον ἐπηετανὸς κατάκειται ὡραῖος, τὸν γαϊῖα φέρει, Δημήτερος ἀκτήν. τοῦ κε κορεσσάµενος νείκεα καὶ δῆριν ὀφέλλοις κτήμµασ᾽ ἐπ᾽ ἀλλοτρίοις. σοὶ δ᾽ οὐκέτι δεύτερον ἔσται
ᾧδ' ἔρδειν' ἀλλ) αὖθι διακρινώµεθα νεῖκος
ἰθείῃσι δίκης, αἵ τ’ ἐκ Διός εἰσιν ἄρισται. ἤδη μὲν γὰρ κλῆρον ἐδασσάμεθ', ἄλλα τε πολλὰ ἁρπάζων ἐφόρεις µέγα κυδαίνων βασιλῆας δώροφάγους, οἳ τήνδε δίκην ἐθέλουσι δικάσσαι. νήπιοι, οὐδὲ ἴσασιν ὅσῳ πλέον ἥμισυ παντὸς
οὐδ᾽ ὅσον ἐν µαλάχῃ τε καὶ ἀσφοδέλῳ µέγ ὄνειαρ.
Κρύψαντες γὰρ ἔχουσι θεοὶ βίον ἀνθρώποισιν. ῥηιδίως γάρ κεν καὶ ἐπ᾽ ἥματι ἐργάσσαιο, ὥστε σε κεἰς ἐνιαυτὸν ἔχειν καὶ ἀεργὸν ἐόντα: αἶψά κε πηδάλιον μὲν ὑπὲρ καπνοῦ καταθεῖο, ἔργα βοῶν δ᾽ ἀπόλοιτο καὶ ἡμιόνων ταλαεργῶν.
ἀλλὰ Ζεὺς ἔκρυψε χολωσάµενος Φφρεσὶ ᾖσιν,
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ὅττι µιν ἐξαπάτησε Προμηθεὺς ἀγκυλομήτης' τοῦνεκ᾽ ἄρ᾽ ἀνθρώποισιν ἐμήσατο κῄδεα λουγρά, κρύψε δὲ πΏρ' τὸ μὲν αὖτις ἐὺς πάις Ἰαπετοῖο ἔκλεψ᾽ ἀνθρώποισι Διὸς παρὰ µητιόεντος ἐν κοἰλῷ νάρθηκι, λαθὼν Δία τερπικέραυνον. τὸν δὲ χολωσάµενος προσέφη νεφεληγερέτα Ζεύς' “ἸἹαπετιονίδη, πάντων πέρι µήδεα εἰδώς, χαίρεις πῦρ κλέψας καὶ ἐμὰς φρένας ἠπεροπεύσας, σοί τ’ αὐτῷ µέγα πῆμα καὶ ἀνδράσιν ἐσσομένοισιν. τοῖς δ᾽ ἐγὼ ἀντὶ πυρὸς δώσω κακόν, ᾧ κεν ἅπαντες τέρπωνται κατὰ θυμὸν ἐὸν κακὸν ἀμφαγαπῶντες.” Ὃς ἔφατ', ἐκ δ᾽ ἐγέλασσε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε: Μφαιστον δ᾽ ἐκέλευσε περικλυτὸν ὅττι τάχιστα γαϊῖαν ὕδει φύρειν, ἐν δ ἀνθρώπου θέµεν αὐδὴν
LE OPERE E I GIORNI
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a spiare le liti, l'orecchio teso all’agorà. Perché poco si preoccupa di liti e discorsi d’agorà chiunque non disponga in casa di riserve per un anno, raccolti di stagione che la terra produce, cibo di Demetra. Avendone a sazietà, potresti allora alimentare liti e conflitti cercando i beni altrui. A te però non sarà più lecito una seconda volta agire così; orsù regoliamo qui la nostra lite!! con diritti giudizi, quelli che, originati da Zeus, sono i migliori. Già infatti abbiamo ripartito i beni di fortuna e molti altri tentavi di portar via rapacemente!2, molto omaggiando i re divoratori di doni, che volentieri giudicano secondo
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questa giustizia!?.
Sciocchi, chè non sanno quanto la metà valga più dell’intero nè quanto grande conforto si trovi nella malva e nell’asfodelo!4,
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Il fatto è che gli dei hanno nascosto agli uomini i mezzi di infatti facilmente potresti lavorare un giorno,
vital5;
per avere, un intero anno, di che vivere anche inoperoso;
tosto sopra il fumo (del focolare) il timone riporresti e scomparirebbe il lavoro dei buoi e dei muli pazienti.
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Ma Zeus li nascose, in collera nell'animo suo,
perché lo ingannò Prometeo dai tortuosi pensieri!6; perciò agli uomini tramò penose angustie e nascose il fuoco; ma, ancora, il valoroso figlio di Iapeto lo rubò per gli uomini a Zeus prudente!? nel cavo di una ferula, celandosi al dio che lancia la folgore. Adirato, a lui disse Zeus che raduna le nubi: “Figlio di Iapeto, che più di tutti sei scaltro, tu gioisci per aver rubato il fuoco e ingannato il mio animo: per te stesso grande sventura e per gli uomini che verranno;
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in cambio del fuoco io darò loro un male, di cui tutti quanti
si allieteranno nel cuore circondando di affezione il loro malanno”!8. Così disse e scoppiò a ridere il padre degli uomini e degli dei!9. All’inclito Efesto diede ordine?0 quanto prima di bagnare della terra con acqua, di metterci di un umano la voce
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καὶ σθένος, ἀθανάτῃς δὲ θεῇς εἰς ὦπα ἐίσκειν παρθενικῆς καλὸν εἶδος ἐπήρατον' αὐτὰρ ᾿Αθήνην ἔργα διδασκῆσαι, πολυδαίδαλον ἱστὸν ὑφαίνειν' καὶ χάριν ἀμφιχέαι κεφαλῇ χρυσέην ᾿Αϕροδίτην καὶ πόθον ἀργαλέον καὶ γυιοβόρους µελεδώνας: ἐν δὲ θέµεν κύνεόν τε νόον καὶ ἐπίκλοπον ἦθος Ἑρμείην ἤνωγε, διάκτορον ᾽Αργεϊϕόντην.
ὣς ἔφαθ”', οἱ δ'ἐπίθοντο Διὶ Κρονίωνι ἄνακτι.
αὐτίκα δ᾽ ἐκ γαίης πλάσσε κλυτὸς ᾽Αμϕιγυήεις παρθένῳ αἰδοίῃ ἴκελον Κρονίδεω διὰ βουλάς' ζῶσε δὲ καὶ κόσµησε θεὰ γλαυκῶπις ᾿Αθήνη’
ἀμφὶ δέ οἱ Χάριτές τε θεαὶ καὶ πότνια Πειθὼ ὅρμους χρυσείους ἔθεσαν χροῖ’ ἀμφὶ δὲ τήν γε
Ὥραι καλλάκοµμοι στέφον ἄνθεσι εἰαρινοῖσιν' πάντα δέ οἱ χροῖ κόσμον ἐφήρμοσε Παλλὰς ᾿Αθήνη: ἐν δ᾽ ἄρα οἱ στήθεσσι διάκτορος ᾽Αργεϊϕόντης ψεύδεά θ᾽ αἱμυλίους τε λόγους καὶ ἐπίκλοπον ἦθος τεΏξε Διὸς βουλῆσι βαρυκτύπου’ ἐν δ᾽ ἄρα φωνὴν θῆκε θεῶν κἢρυξ, ὀνόμηνε δὲ τήνδε γυναῖκα Πανδώρην, ὅτι πάντες Ὀλύμπια δώματ' ἔχοντες δῶρον ἐδώρησαν, πῆμ’ ἀνδράσιν ἀλφηστῆῇσιν. αὐτὰρ ἐπεὶ δόλον αἰπὺν ἀμήχανον ἐξετέλεσσεν, εἰς Ἐπιμηθέα πέµπε πατὴρ κλυτὸν ᾽Αργεϊϕόντην δῶρον ἄγοντα, θεῶν ταχὺν ἄγγελον' οὐδ' Ἐπιμηθεὺς ἐφράσαθ' ὥς οἱ ἔειπε Προμηθεὺς µή ποτε δῶρον δέξασθαι πὰρ Ζηνὸς Ὀλυμπίου, ἀλλ’ ἀποπέμπειν ἐξοπίσω, µή πού τι κακὸν θνητοῖσι γένηται΄
αὐτὰρ ὃ δεξάµενος, ὅτε δὴ κακὸν εἶχ', ἐνόησε.
Πρὶν μὲν γὰρ ζώεσκον ἐπὶ χθονὶ φῦλ’ ἀνθρώπων νόσφιν ἄτερ τε κακῶν καὶ ἅτερ χαλεποῖο πόνοιο νούσων τ ἀργαλέων, αἵ τ᾽ ἀνδράσι κῆρας ἔδωκαν.
[αἶψα γὰρ ἐν κακότητι βροτοὶ καταγηράσκουσιν. ]
LE OPERE E I GIORNI
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e il vigore, e di rendere simile nel volto alle dee immortali una bella figura fascinosa di vergine; ad Atena poi
ordinò di insegnarle lavori, a tessere una tela dai molti ricami;
e di versare grazia attorno al suo capo all’aurea Afrodite, e il desiderio doloroso e gli affanni che consumano le membra; di porre in lei mente di cagna e carattere accorto?! ordinò ad Ermete, il messaggero Argifonte. Così disse2? e quelli obbedirono a Zeus Cronide sovrano. Subito con la terra plasmò il nobile Zoppo un’apparenza somigliante a vereconda vergine, secondo i voleri del Cronide; la cinse e ornò la dea glaucopide Atena, e attorno a lei le dee Cariti e l’augusta Peitò
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le Ore dalle belle chiome l’incoronarono di primaverili fiori; ed ogni ornamento al suo corpo aggiustò Pallade Atena; nel suo petto il messaggero Argifonte menzogne, parole ingannevoli e carattere accorto apprestò secondo i voleri di Zeus che pesante risuona; in lei voce pose l’araldo degli e chiamò questa donna Pandora?, perché tutti quelli che abitano le olimpie dimore
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aurei monili posero a ornate il suo corpo, e attorno
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diedero con lei, in dono, il dolore agli uomini che mangiano
il pane.
E dopo che l’inganno arduo e irrimediabile ebbe realizzato,
ad Epimeteo il padre inviò l’inclito Argifonte, rapido messaggero dei numi, il dono recante?4: né Epimeteo pensò, come gli disse Prometeo, di mai alcun dono accettare da Zeus olimpio, ma di rimandarlo al mittente, perché non ne venisse male ai mortali. Dunque avendolo accolto, quando già il malanno pativa,
comprese??.
Prima infatti vivevano sulla terra le schiere degli umani lontani e distanti dai mali, esenti dalla penosa fatica, e dai morbi dolorosi che agli uomini apportano le Chere di morte26. [Tosto infatti i mortali invecchiano nella sventura.]?7
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ἀλλὰ γυνὴ χείρεσσι πίθου μέγα πῶμ' ἀφελοῦσα ἐσκέδασ', ἀνθρώποισι δ᾽ ἐμήσατο κήδεα λυγρά. μούνη δ᾽ αὐτόθι Ἐλπὶς ἐν ἀρρήκτοισι δόµοισιν
ἔνδον ἔμεινε πἰθου ὑπὸ χείλεσιν οὐδὲ θύραζε
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ἐξέπτη' πρόσθεν γὰρ ἐπέμβαλε πῶμα πἰθοιο αἰγιόχου βουλῆσι Διὸς νεφεληγερέταο. ἄλλα δὲ µνρία λυγρὰ κατ’ ἀνθρώπους ἀλάληται᾽ πλείη μὲν γὰρ γαῖα κακῶν, πλείη δὲ θάλασσα᾽ νοῦσοι δ᾽ ἀνθρώποισιν ἐφ᾽ μέρη, αἳ δ᾽ ἐπὶ νυκτὶ αὐτόματοι φοιτῶσι κακὰ θνητοῖσι φέρουσαι σιγῇ, ἐπεὶ φωνὴν ἐξείλετο µητίἰετα Ζεύς. οὕτως οὔ τί πη ἔστι Λιὸς νόον ἐξαλέασθαι. εἰ δἐθέλεις, ἕτερόν τοι ἐγὼ λόγον ἐκκορυφώσω, εὖ καὶ ἐπισταμένως: σὺ δ᾽ ἐνὶ φρεσὶ βάλλεο σῇσιν
ὡς ὁμόθεν γεγάασι θεοὶ θνητοί τ’ ἄνθρωποι.
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Χρύσεον μὲν πρώτιστα γένος μερόπῶων ἀνθρώπων ἀθάνατοι ποίησαν Ὀλύμπια δώµατ' ἔχοντες, οἳ μὲν ἐπὶ Κρόνου ἦσαν, ὅτ οὐρανῷ ἐμβασίλευεν'
ὥστε θεοὶ δ᾽ ἔζωον ἀκηῃηδέα θυμὸν ἔχοντες νόσφιν ἄτερ τε πόνου καὶ ὀιζύος, οὐδέ τι δειλὸν γῆρας ἐπῆν, αἰεὶ δὲ πόδας καὶ χεῖρας ὁμοῖοι τέρποντ ἐν θαλίῃσι, κακῶν ἔκτοσθεν ἁπάντων' θνῇσκον δ᾽ ὥσθ᾽ ὕπνῳ δεδμηµένοι’ ἐσθλὰ δὲ πάντα τοῖσιν ἔην' καρπὸν δ᾽ ἔφερε ζείδωρος ἄρουρα αὐτομάτη πολλόν τε καὶ ἄφθονον' οἳ δ᾽ ἐθελημοὶ ἤσυχοι ἔργ΄ ἐνέμοντο σὺν ἐσθλοῖσιν πολέεσσιν, ἀφνειοὶ µήλοισι, Φίλοι µακάρεσσι θεοῖσιν. αὐτὰρ ἐπεὶ δὴ τοῦτο γένος κατὰ γαῖα κάλοψε, τοὶ μὲν δαἰµονές εἰσι Διὸς μεγάλου διὰ βουλὰς
ἐσθλοί, ἐπιχθόνοι, φύλακες θνητῶν ἀνθρώπων,
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oi ῥαᾳ φυλάσσουσίν τε δίκας καὶ σχέτλια ἔργα ἠέρα ἑσσάμενοι, πάντῃ φοιτῶντες ἐπ᾽ αἷαν, πλουτοδόται΄ καὶ τοῦτο γέρας βασιλήιον ἔσχον.
LE OPERE E I GIORNI
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Ma la donna, togliendo con le mani il grande coperchio del vaso, li disperse?8 e agli umani preparò lacrimose cure. Solo la Speranza?? lì, nell’infrangibile dimora dentro restò, sotto l’imboccatura del vaso né fuori volò via, perché prima ella ripose il coperchio del vaso
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per volere di Zeus egioco, radunatore di nubi.
Ma altre infinite, lacrimose pene girano tra gli umani; chè piena è la terra di mali, pieno il mare; malattie, alcune di giorno altre di notte, agli uomini si uniscono, come loro aggrada, recando mali ai mortali in silenzio, poiché loro tolse la voce Zeus prudente?0. Così non c’è modo alcuno di sottrarsi alla mente di Zeus3!. Se vuoi, un altro racconto ti esporrò in breve32, bene e sapientemente; e tu tieni bene a mente che da una stessa origine vengono dei e mortali?3. D'oro primamente la stirpe degli uomini mortali fecero gli immortali che abitano le dimore olimpie. Questi furono al tempo di Crono4, quando egli regnava in cielo. Come dei vivevano, il cuore sgombro da pena, distanti ed esenti da fatica e pianto, né la misera vecchiezza li sovrastava, ma sempre ugualmente (vigorosi) nei piedi e nelle mani, si allietavano nelle feste, scevri da tutti quanti i mali35; morivano come sopraffatti dal sonno, ogni cosa buona
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essi avevano, e frutti produceva la terra ricca di biade
spontaneamente, in quantità e generosamente; ed essi
e pacifici vivevano dei loro lavori tra molti beni, ricchi di greggi, cari agli dei felici. Poi, dopo che la terra questa stirpe ebbe coperto,
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essi sono, per volere del grande Zeus, dèmoni36 propizi, che stanno sulla terra, custodi dei mortali, e osservano le sentenze della giustizia e le azioni scellerate,
vestiti di aria nebbiosa, ovunque aggirandosi sulla terra, dispensatori di ricchezza: questo privilegio regale posseggono.
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Δεύτερον αὖτε γένος πολὺ χειρότερον μετόπισθεν ἀργύρεον ποίησαν Ὀλύμπια δώματ ἔχοντες, χρυσέῳ οὔτε φυἠν ἐναλίγκιον οὔτε νόηµα΄ ἀλλ᾽ ἑκατὸν μὲν παῖς ἔτεα παρὰ µητέρι κεδνῇ
ἐτρέφετ ἀτάλλων, µέγα νήπιος, ᾧ ἐνὶ οἴἵκφ: ἀλλ’ ὅτ ἄρ᾽ ἠβήσαι τε καὶ ἥβης µέτρον ἵκοιτο,
παυρίδιον ζώεσκον ἐπὶ χρόνον, ἄλγε᾽ ἔχοντες
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ἀφραδίῃς' ὕβριν γὰρ ἀτάσθαλον οὐκ ἐδύναντο ἀλλήλων ἀπέχειν, οὐδ' ἀθανάτους θεραπεύειν ἤθελον οὐδ' ἔρδειν µακάρων ἱεροῖς ἐπὶ βωμοῖς, ἣ θέµις ἀνθρώποισι κατήθεα. τοὺς μὲν ἔπειτα
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Ζεὺς Κρονίδης ἔκρυψε χολούμενος, οὕνεκα τιμὰς οὐκ ἔδιδον µακάρεσσι θεοῖς οἳ Ὄλυμπον ἔχουσιν. αὐτὰρ ἐπεὶ καὶ τοῦτο γένος κατὰ γαῖα κάλυψεν, τοὶ μὲν ὑποχθόνιοι µάκαρες θνητοὶ καλέονται, δεύτεροι, ἀλλ ἔμπης τιμὴ καὶ τοῖσιν ὀπηδεῖ.
Ζεὺς δὲ πατὴρ τρἰτον ἄλλο γένος μερόπων ἀνθρώπων
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χάλκειον ποίησ’, οὐκ ἀργυρέῳ οὐδὲν ὁμοῖον, ἐκ μελιᾶν, δεινόν τε καὶ ὄβριμον' οἷσιν ΄Αρπος
ἔρΥ ἔμελε στονόεντα καὶ ὕβριες, οὐδέ τι σῖτον
ἤσθιον, ἀλλ᾽ ἀδάμαντος ἔχον κρατερόφρονα θυµόν. ἄπλαστοι' µεγάλη δὲ βίη καὶ χεῖρες ἄαπτοι ἐξ ὤμων ἐπέφυκον ἐπὶ στιβαροῖσι µέλεσσι.
τῶν δἡἦν χάλκεα μὲν τεύχεα, χάλκεοι δέ τε οἶκοι, χαλκῷ δ᾽ εἰργάζοντο' µέλας δ᾽ οὐκ ἔσκε σίδηρος. καὶ τοὶ μὲν χείρεσσιν ὑπὸ σφετέρῃσι δαµέντες βῆσαν ἐς εὐρώεντα δόµον κρυεροῦ Αίδαο,
νώνυμνοι’ θάνατος δὲ καὶ ἐκπάγλους περ ἐόντας εἷλε µέλας, λαμπρὸν δ᾽ ἔλιπον φάος ἠελίοιο. Αὐτὰρ ἐπεὶ καὶ τοῦτο γένος κατὰ γαϊα κάλΊψεν, αὖτις ἔτ ἄλλο τέταρτον ἐπὶ χθονὶ πουλυβοτείρῃ
Ζεὺς Κρονίδης ποἰησε, δικαιότερον καὶ ἄρειον,
LE OPERE E I GIORNI
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Una seconda stirpe, poi, di molto inferiore, in seguito, fecero gli dei olimpi, d’argento, a quella d’oro non simile né per aspetto né per pensiero. Cent'anni il fanciullo presso la madre saggia nutrito cresceva, un grande sciocco, nella sua casa; ma quando arrivava all'adolescenza e giungeva alla soglia della giovinezza, poco tempo ancora soleva vivere, soffrendo dolori per la sua insensatezza; difatti dalla folle tracotanza?” non sapevano vicendevolmente astenersi né di venerare gli immortali accettavano né di fare sacrifici sui sacri altari dei beati, com'è regola tra gli uomini, secondo le consuetudini. Questi in seguito Zeus Cronide fece sparire adirato, perché gli onori dovuti non rendevano agli dei beati che abitano l'Olimpo. E dopo che anche questa stirpe la terra coprì,
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essi inferi beati mortali sono chiamati,
di secondo rango, ma nondimeno anch'essi accompagnati da onore?8, E il padre Zeus una terza stirpe creò di uomini mortali, di bronzo, per niente simile a quella d’argento, dai frassini39, terribile e potente; a costoro di Ares
le gesta stavano a cuore, piene di pianto, e le opere della
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tracotanza?; né il pane
mangiavano, ma avevano cuore di diamante, possente; inavvicinabili4!: grande la loro forza, e le braccia irresistibili si originavano dalle spalle su membra pesanti. Di bronzo erano le loro armi, di bronzo le case, col bronzo operavano; non c’era ancora il nero ferro. E questi, vinti dalle loro stesse braccia, andarono alla dimora squallida del freddo Ade,
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li catturò, nera, e la chiara luce del sole lasciarono.
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senza più nome. La morte, per quanto spaventosi fossero,
Poi, quando anche questa stirpe la terra ebbe ricoperto, ancora un’altra, la quarta, sulla terra nutrice di molti
Zeus Cronide creò, più giusta e migliore,
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ESIODO
ἀνδρῶν ἠρώων θεῖον γένος, οἳ καλέονται ἡμίθεοι, προτέρη γενεῆ κατ ἀπείρονα γαϊαν. καὶ τοὺς μὲν πόλεμός τε κακὸς καὶ φύλοπις αἰνὴ τοὺς μὲν ὑφ᾽ ἑπταπύλῳ Θήβη, Καδμηίΐδι γαίῃ, ὤλεσε µαρναμένους µήλων ἕνεκ᾽ Οἰδιπόδαο, τοὺς δὲ καὶ ἐν νήεσσιν ὑπὲρ µέγα λαϊτμα θαλάσσης
ἐς Τροίην ἀγαγὼν Ἑλένης ἕνεκ᾽ ἠυκόμοιο.
ἔνθ᾽ ἡ τοι τοὺς μὲν θανάτου τέλος ἀμφεκάλιυψε,
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τοῖς δὲ δίχ᾽ ἀνθρώπων βίοτον καὶ ἤθε᾽ ὀπάσσας
Ζεὺς Κρονίδης κατένασσε πατὴρ ἐς πείρατα γαίης.
καὶ τοὶ μὲν ναίουσιν ἀκηδέα θυμὸν ἔχοντες
ἐν µακάρων νήσοισι παρ᾽ Ὠκεανὸν βαθιυδίνην, ὄλβιοι ἥρωες, τοῖσιν µελιηδέα καρπὸν τρὶς ἔτεος θάλλοντα Φέρει ζείδωρος ἄρουρα.
[τελοῦ ἀπάθανάτων; τοῖσιν Κρόνος ἐμβασιλεύει.]
[αὐτὸς γάρ µ]ιν ἔλυσε πατ[ἠρ ἀνδρῶ]ν τε θε[ῶν τε᾽
νῦν δαἰεὶ] μετὰ τοῖς τιμῆ[ν ἔ]χει, ὡς ἔ[πιεικές. Ζεὺς δαὐτά]λλο γένος θῆκ[εν µερόπων ἀνθρώπων, 174 175
ὅσσοι νῦ]ν γεγάασιν ἐπί[χθονὶ πουλυβοτείρη.] Μηκέτ' ἔπειτ ὤφελλον ἐγὼ πέµπτοισι µετεῖναι ἀνδράσιν, ἀλλ) ἢ πρόσθε θανεῖν ἢ ἔπειτα γενέσθαι. νΌν γὰρ δὴ γένος ἐστὶ σιδήρεον’ οὐδέ ποτ’ ἦμαρ
παύσονται καµάτου καὶ ὀιζύος οὐδέ τι νύκτωρ 180
φθειρόμενοι’ χαλεπὰς δὲ θεοὶ δώσουσι µερίµνας. ἀλλ’ ἔμπης καὶ τοῖσι µμεμείξεται ἐσθλὰ κακοῖσιν. Ζεὺς δ᾽ ὀλέσει καὶ τοῦτο γένος μερόπων ἀνθρώπων, εὐτ ἂν γεινόµενοι πολιοκρόταθοι τελέθωσιν’ οὐδὲ πατὴρ παίδεσσιν ὁμοίιος οὐδέ τι παῖδες
οὐδὲ ξεῖνος ξεινοδόκῳ καὶ ἑταῖρος ἑταίρῳ,
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οὐδὲ κασίγνητος φίλος ἔσσεται, ὡς τὸ πάρος περ.
αἶψα δὲ γηράσκοντας ἀτιμήσουσι τοκῆας:
µέμψονται δ᾽ ἄρα τοὺς χαλεποῖς βάζοντες ἔπεσσι, σχέτλιοι, οὐδὲ θεῶν ὅπιν εἰδότες' οὐδέ κεν οἵ γε
LE OPERE E I GIORNI
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razza divina di eroi, che sono chiamati
semidei: la generazione a noi precedente sulla terra infinita42. E questi la guerra malvagia con le sue stragi orrende,
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gli uni sotto Tebe dalle sette porte, in terra cadmea,
fece perire, in lotta per le greggi di Edipo, gli altri, al di là del vasto gorgo del mare, su navi condotti a Troia, per colpa di Elena dalla bella chioma; lì appunto gli uni il termine della morte avvolse, gli altri, lontano dagli uomini, fornendo loro mezzi di vita
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Zeus Cronide e padre insediò ai limiti della terra:
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e dimore,
è là che abitano, senza afflizione nel cuore#,
nelle isole dei beati presso l'Oceano dai vortici profondi, eroi fortunati, ai quali dolci frutti rigogliosi, tre volte l’anno produce la terra ricca di biade, lungi dagli immortali e loro re è Crono*4. Lo sciolse (dalle catene) il padre degli uomini e degli dei,
e ora tra questi sempre ha onore e gloria, come si conviene.
Ma Zeus un’altra stirpe stabilì di uomini mortali, quanti esistono ora sulla terra nutrice di molti.]
Volesse il cielo che io non vivessi della quinta stirpe
tra gli uomini, ma o fossi morto prima o vivessi poi, Ora infatti è la stirpe di ferro, né mai di giorno né di notte smetteranno da fatica e dolore di venir consumati; e gli dei infliggeranno loro dure angustie. Nondimeno anche per loro si troveranno dei beni mescolati ai mali46. Zeus distruggerà anche questa stirpe di uomini mortali, nel momento in cui alla nascita appariranno canuti sulle
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tempie47:
né il padre avrà più lo stesso sentire dei figli né i figli del padre, né l’ospite all’ospite o l’amico all’amico, né il fratello al fratello sarà caro come prima; disprezzeranno i genitori non appena questi invecchiati, se ne lamenteranno usando dure parole,
sventurati, neppure consapevoli dello sguardo degli dei; né essi
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γηράντεσσι τοκεΏσιν ἀπὸ θρεπτήρια δοῖεν΄ χειροδίκαι’ ἕτερος δ’ ἑτέρου πόλιν ἐξαλαπάξει' οὐδέ τις εὐόρκου χάρις ἔσσεται οὐδὲ δικαίου οὐδ' ἀγαθοῦ, μᾶλλον δὲ κακῶν ῥεκτῆρα καὶ ὕβριν ἀνέρα τιµήσουσι΄ δίκη δ᾽ ἐν χερσί, καὶ αἰδὼς οὐκ ἔσται, βλάψει δ᾽ ὁ κακὸς τὸν ἀρείονα φῶτα μύθοισι σκολιοὶς ἐνέπων, ἐπὶ δ᾽ ὄρκον ὀμεῖται. ζῆλος δ᾽ ἀνθρώποισιν ὀιζυροῖσιν ἅπασι
δυσκέλαδος κακόχαρτος ὁμαρτήσει στυγερώπης. καὶ τότε δὴ πρὸς Ὄλυμπον ἀπὸ χθονὸς εὐρνοδείης λευκοῖσιν φάρεσσι καλυψαμένῶ χρόα καλὸν ἀθανάτων μετὰ Φφῦλον ἴτον προλιπόντ ἀνθρώπους Αἰδὼς καὶ Νέμεσις: τὰ δὲ λείψεται ἄλγεα λυγρὰ θνητοῖς ἀνθρώποισι' κακοῦ δ᾽ οὐκ ἔσσεται ἀλκή.
Νῶν δ᾽ αἶνον βασιλεῦσιν ἐρέω φρονέουσι καὶ αὐτοῖς' ᾧδ' ἴρηξ προσέειπεν ἀηδόνα ποικιλόδειρον ὄψι µάλ’ ἐν νεφέεσσι φέρων ὀνύχεσσι μεμαρπώς' ἢ δ᾽ ἐλεόν, γναμπτοῖσι πεπαρµένη ἀμφ' ὀνύχεσσι, µύρετο: τὴν ὅ Υ᾿ ἐπικρατέως πρὸς μῦθον ἔειπεν᾽ “δαιμονίη, τί λέληκας; ἔχει νύὺ σε πολλὸν ἀρείων'
τῇ δ᾽ εἷς ᾗ σ᾿ ἂν ἐγώ περ ἄγω καὶ ἀοιδὸν ἐοῦσαν: 210
δεῖπνον δ᾽, αἴ κ᾿ ἐθέλω, ποιῄσοµαι ἠὲ µεθήσω. ἄφρων δ’, ὅς κ᾿ ἐθέλῃ πρὸς κρείσσονας ἀντιφερίζειν' νίκης τε στέρεται πρός τ’ αἴσχεσιν ἄλγεα πάσχει. ”
ὣς ἔφατ᾽ ὠκυπέτης ἴρηξ, τανυσίπτερος ὄρνις,
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"Q Πέρση, σὺ δ᾽ ἄκουε δίκης μηδ’᾽ ὕβριν ὄφελλε' ὕβρις γάρ τε κακὴ δειλῷ βροτῷ, οὐδὲ μὲν ἐσθλὸς ῥηιδίως φερέμεν δύναται, βαρύθει δέ θ᾽ ὑπ᾿ αὐτῆς
LE OPERE E I GIORNI
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ai genitori vegliardi vorranno dare, a loro volta, cibo. Gente per cui il diritto sarà la forza delle mani: l’uno saccheggerà la città dell’altro*; nessun favore si accorderà a chi è fedele alla parola data né al giusto né al virtuoso: di preferenza l’autore di misfatti e la tracotanza fatta uomo apprezzeranno; la giustizia sarà nelle mani e il pudore
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non esisterà; il malvagio nuocerà all'uomo nobile
ricorrendo a parole tortuose e per di più giurerà?0; la competitività invidiosa tutti quanti i poveri umani, col suo sguardo sinistro, accompagnerà, chiassosa e compiaciuta del male3!, E allora sull’Olimpo dalla terra dalle ampie strade, avvolti i bei corpi in bianchi veli, abbandonati gli umani, al gruppo degli immortali si Pudore e Sdegno. E i tristi dolori resteranno agli uomini mortali: al male non ci sarà riparo”.
riuniranno
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Ora una storia? voglio raccontare ai re, per quanto saggi.
Così uno sparviero parlò a un usignolo dal collo macchiato, trasportandolo in alto tra le nubi preso dagli artigli; quello, infilzato dalle unghie ricurve, compassionevolmente si lamentava, e l’altro, brutale, gli disse:
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“Infelice, perché strepiti? Ti possiede ora uno molto più forte di te.
E vai dovunque io ti porti, per cantore che tu sia;
se lo voglio, farò di te il mio pranzo, oppure ti lascerò andare. Senza senno è chi voglia opporsi a chi è più forte di lui: si priva della vittoria e, oltre all’onta, patisce dolori”. Così disse il veloce sparviero, uccello dalle larghe ali. O Perse, tu ascolta la giustizia, non assecondare la tracotanza55;
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la tracotanza infatti è cattiva per il mortale misero, e neppure il nobile è in grado di sopportarla facilmente, ma è gravato da essa 215
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ESIODO
ἐγκύρσας ἄτῃσιν' ὁδὸς δ᾽ ἑτέρηφι παρελθεῖν κρείσσων ἐς τὰ δίκαια; δίκη δ᾽ ὑπὲρ ὕβριος ἴσχει ἐς τέλος ἐξελθοῦσα” παθῶν δέ τε νήπιος ἔγνω. αὐτίκα γὰρ τρέχει Ὅρκος ἅμα σκολιῇσι δίκῃσιν' τῆς δὲ Δίκης ῥόθος ἑλκομένης ᾗ κ᾿ ἄνδρες ἄγωσι δωροφάγοι, σκολιῇς δὲ δίκης κρίνωσι θέµιστας; tì è ἔπεται κλαίουσα πόλιν καὶ ἤθεα λαῶν,
Πέρα ἑσσαμένη, κακὸν ἀνθρώποισι φέρουσα, 225
οἵ τέ µιν ἐξελάσωσι καὶ οὐκ ἰθεῖαν ἔνειμαν. οἳ δὲ δίκας ξείνοισι καὶ ἐνδήμοισι διδοῦσιν ἰθείας καὶ un τι παρεκβαίνονσι δικαίου,
τοῖσι τέθηλε πόλις, λαοὶ δ᾽ ἀνθεῦσιν ἐν αὐτῇ' 230
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Ειρήνη δ᾽ ἀνὰ γῆν κουροτρόφος, οὐδέ ποτ αὐτοῖς ἀργαλέον πόλεμον τεκµαίρεται εὐρύοπα Ζεύς' οὐδέ ποτ ἰθυδίκῃσι μετ’ ἀνδράσι λιμὸς ὀπηδεῖ οὐδ᾽ ἄτη, θαλίῃς δὲ µεμηλότα ἔργα νέµονται. τοῖσι φέρει μὲν γαῖα πολὺν βίον, οὔρεσι δὲ δρῦς ἄκρη μέν τε φέρει βαλάνους, µέσση δὲ µελίσσας: εἰροπόκοι δ᾽ ὄιες μαλλοῖς καταβεβρίθασι;’ τίκτουσιν δὲ γυναῖκες ἐοικότα τέκνα γονεῦσι’ θάλλουσιν δ᾽ ἀγαθοῖσι διαμπερές' οὐδ' ἐπὶ νηῶν νίσονται, καρπὸν δὲ φέρει ζείδωρος ἄρουρα. οἷς δ᾽ ὕβρις τε µέμηλε κακἡ καὶ σχέτλια ἔργα, τοῖς δὲ δίκην Κρονίδης τεκµαίρεται εὐρύοπα Ζεύς. πολλάκι καὶ ξύµπασα πόλις κακοῦ ἀνδρὸς ἀππύρα,
ὅστις ἀλιτραίνῃ καὶ ἀτάσθαλα µηχανάαται.
LE OPERE E I GIORNI
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quando incorre nelle sciagure. La strada invece, capace di passare dall’altra parte, ad azioni giuste, è migliore, e la giustizia prevale sulla
tracotante violenza?7,
una volta giunta alla fine del cammino: soffrendo lo stolto
capisce?8.
Presto infatti corre Giuramento insieme con i giudizi storti, e scosceso è il cammino»? della Giustizia che viene trascinata ovunque la portino gli uomini mangiatori di doni, ovunque rendano giustizia con storti giudizi; ed ella li segue deplorando la città e i costumi delle genti, di nebbia vestita, male recando agli uomini00 che l'hanno scacciata e non la dispensano retta. Coloro invece che agli stranieri e ai cittadini rendono sentenze rette e non si discostano dal giusto, fanno rigogliosa la città6! e in essa le genti fioriscono: sulla loro terra domina la Pace nutrice di giovani62, né mai a costoro la guerra dolorosa assegna Zeus dalla grande voce, né mai di uomini che danno retti giudizi si fa compagna la
carestia
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né la sciagura, ed essi nelle feste godono i frutti del sofferto lavoro; ad essi la terra produce molti mezzi di vita, sui monti la
quercia
in alto porta ghiande, in mezzo le api, le lanose pecore sono pesanti di velli, le donne partoriscono figli simili ai genitori, dispongono di beni rigogliosi senza interruzione, né sulle navi s'imbarcano8: frutti produce la terra ricca di biade.
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AI contrario, a coloro che coltivano la violenza tracotante
e le azioni scellerate,
Zeus Cronide, dalla vasta voce, riserva l’opera della giustizia9.
Spesso anche un’intera città subisce privazioni a causa di un malvagio, chiunque commetta iniquità e ordisca misfatti;
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ESIODO
τοῖσιν δ᾽ οὐρανόθεν μέγ ἐπήγαγε πῆμα Κρονίων, λιμὸν ὁμοῦ καὶ λοιµόν, ἀποφθινύθουσι δὲ λαοί, οὐδὲ γυναῖκες τἰκτοὺσιν, µινύθουσι δὲ οἶκοι Ζηνὸς ὁραδμοσύνησιν Ὀλυμπίου" ἄλλοτε δ᾽ αὖτε ἢ τῶν γε στρατὸν εὐρὺν ἀπώλεσεν ἢ ὅ γε τεῖχος
ἢ νέας ἐν πόντῳ Κρονίδης ἀποτείνυται αὐτῶν. 250
*Q βασιλῆς, ὑμεῖς δὲ καταφράζεσθε καὶ αὐτοὶ τήνδε δίκην, ἐγγὺς γὰρ ἐν ἀνθρώποισιν ἐόντες ἀθάνατοι φράζονται ὅσοι σκολιῇῆσι δίκῃσιν ἀλλήλους τρίβουσι θεῶν ὅπιν οὐκ ἀλέγοντες. τρὶς γὰρ μύριοἰ εἰσιν ἐπὶ χθονὶ πουλυβοτείρῃ
ἀθάνατοι Ζηνὸς φύλακες θνητῶν ἀνθρώπων,
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ot pa φυλάσσουσίἰν τε δίκας καὶ σχέτλια ἔργα ἠέρα ἑσσάμενοι, πάντῃ φοιτῶντες ἐπ᾽ αἶαν. ἡ δέ τε παρθένος ἐστὶ Δίκη, Διὸς ἐκγεγαυῖα, κυδρή τ αἰδοίη τε θεοῖς οἳ Ὄλυμπον ἔχουσιν, καί ῥ ὁπότ' ἄν τίς µιν βλάπτῃ σκολιῶς ὀνοτάζων, αὐτίκα πὰρ Διὶ πατρὶ καθεζοµένη Κρονίωνι γηρύετ’ ἀνθρώπων ἀδίκῶν νόον,͵ ὄφρ᾽ ἀποτείσηῃ
δῆμος ἀτασθαλίας βασιλέων οἳ λυγρὰ νοεῦντες ἄλλη παρκλίνωσι δίκας σκολιῶς ἐνέποντες.
ταῦτα φυλασσόμενοι, βασιλῆς, ἰθύνετε μύθους, δωροφάγοι, σκολιέων δὲ δικέῶν ἐπὶ πάγχυ λάθεσθε.
οἳ αὐτῷ κακἀ τεύχει ἀνὴρ ἄλλῳ κακὰ τεύχων,
ἡ δὲ κακἡ βουλὴ τῷ βουλεύσαντι κακίστη.
πάντα ἰδὼν Διὸς ὀφθαλμὸς καὶ πάντα νοῄήσας
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καί νυ τάδ’, αἴ κ᾿ ἐθέλῃςσ', ἐπιδέρκεται, οὐδέ ἑ λήθει οἵην δὴ καὶ τήνδε δίκην πόλις ἐντὸς ἐέργει. νΏν δὴ ἐγὼ μήτ᾽ αὐτὸς ἐν ἀνθρώποισι δίκαιος εἴην µήτ ἐμὸς υἱός, ἐπεὶ κακὸν ἄνδρα δίκαιον ἔμμεναι, εἰ μείζω γε δίκην ἀδικώτερος ἕξει.
LE OPERE E I GIORNI
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su costoro dal cielo gran sciagura fa scendere il Cronide, carestia e pestilenza insieme: muore la gente,
le donne non generano, deperiscono le case, per decisione di Zeus olimpio; a volte poi o un vasto loro esercito distrugge o un bastione o contro le loro navi sul mare si rivale il Cronide. O re, meditate anche voi su questa giustizia! Vicino a voi, infatti, presenti tra gli umani, gli immortali pongono mente a quanti con storti giudizi si tormentano gli uni gli altri, incuranti dello sguardo degli dei68, Tre volte diecimila, infatti, sono sulla terra nutrice di molti gli immortali custodi per conto di Zeus degli uomini mortali i quali sorvegliano i giudizi e le azioni scellerate, vestiti di nebbia, ovunque aggirandosi sulla terra99. Ed esiste una vergine, la Giustizia, da Zeus generata?0, onorata e rispettata dagli dei che abitano l'Olimpo. E quando qualcuno le fa danno, usando avvilenti parole tortamented’insulto, tosto sedendo presso il padre Zeus Cronide, ella rivela i disegni degli uomini ingiusti: paghi il popolo le insensatezze di re?! che nei loro tristi pensieri piegano nella direzione errata le loro sentenze, esprimendosi obliquamente.
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A questo badando, rendete diritte le vostre parole, o re
mangiatori di doni, dimenticate del tutto i giudizi storti. A se stesso procura il male l’uomo che procura il male a un altro?? e la decisione maligna è pessima per chi l’ha concepita. Tutto vedendo l’occhio di Zeus e tutto capendo??, anche queste cose scorge, qualora lo voglia, né gli sfugge che razza di giustizia è questa? che la città dentro di sé contiene. A questo punto io, per parte mia, tra gli uomini giusto non vorrei essere né che lo fosse mio figlio, poiché è male per un uomo giusto essere, se è vero che più si è ingiusti e più grande giustizia si riceverà.
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ἀλλὰ τά Υ᾿ οὕπω ἔολπα τελεῖν Δία µητιόεντα. Ὢ Πέρση, σὺ δὲ ταῦτα μετὰ φρεσὶ βάλλεο σῇσι καί νυ δίκης ἐπάκουε, βίης δ᾽ ἐπιλήθεο πάµπαν. τόνδε γὰρ ἀνθρώποισι νόμον διέταξε Κρονίων, ἰχθύσι μὲν καὶ θηρσὶ καὶ οἰωνοῖς πετεηνοῖς ἔσθειν ἀλλήλους, ἐπεὶ οὐ δίκη ἐστὶ μετ’ αὐτοῖς' ἀνθρώποισι δ᾽ ἔδωκε δίκην, ἢ πολλὸν ἀρίστη γίνεται’ εἰ γάρ τίς κ᾿ ἐθέλῃ τὰ δίκαι᾽ ἀγορεῦσαι γινώσκων, τῷ μέν τ ὄλβον διδοῖ εὐρύοπα Ζεύς' ὃς δέ κε µαρτυρίῃσιν ἐκῶν ἐπίορκον ὀμόσσας ψεύσεται, ἐν δὲ δίκην βλάψας νῄκεστον ἀασθῇ, τοῦ δέ τ’ ἀμαυροτέρη γενεὴ µετόπισθε λέλειπται᾽ ἀνδρὸς δ᾽ εὐόρκου γενεἠ μετόπισθεν ἀμείνων. Σοὶ δ᾽ ἐγὼ ἐσθλὰ νοέων ἐρέω, μέγα νήπιε Πέρση" τὴν µέν τοι κακότητα καὶ ἱλαδὸν ἔστιν ἑλέσθαι ῥηιδίως' λείη μὲν ὁδός, µάλα δ᾽ ἐγγύθι ναίει'
τῆς δ᾽ ἀρετῆς ἱδρῶτα θεοὶ προπάροιθεν ἔθηκαν ἀθάνατοι' μακρὸς δὲ καὶ ὄρθιος οἶμος ἐς αὐτὴν
καὶ τρηχὺς τὸ πρῶτον ἐπὴν δὃ᾽ εἰς ἄκρον ἵκπαι, ῥηιδίη δὴ ἔπειτα πέλει, χαλεπή περ ἐοῦσα. Οὗτος μὲν πανάριστος, ὃς αὐτῷ πάντα νοήσει ῥρασσάμενος τά κ’ ἔπειτα καὶ ἐς τέλος ἦσιν ἀμείνω'
ἐσθλὸς δ) αὖ κἀκεῖνος ὃς εὖ εἰπόντι πίθηται: ὃς δέ κε µήτ αὐτῷ νοέῃ µήτ' ἄλλου ἀκούων ἐν θυμῷ βάλληται, ὃ δ᾽ αὖτ ἀχρήιος ἀνήρ.
LE OPERE E I GIORNI
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Ma non riesco ancora a credere che tali cose porti a compimento il prudente Zeus”. O Perse, tu tutto questo mettiti bene in testa,
e dunque ascolta la giustizia, dimentica del tutto la violenza?6. Questa legge infatti impose il Cronide agli umani: ai pesci e alle fiere e agli uccelli alati di divorarsi reciprocamente, poiché non esiste la giustizia
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tra loro;
agli uomini invece diede la giustizia che di gran lunga il più eccellente è (dei beni); e qualora uno si senta di pronunciare in
pubblico pareri giusti
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sapendo di che parla, a costui Zeus dalla vasta voce concede
prosperità.
Chi invece deliberatamente sia spergiuro sulla base di testimonianze
falsee, offendendo la giustizia, commetta crimine irrimediabile,
lascia più oscura e incerta dopo di sé la sua discendenza; mentre quella dell’uomo fedele alla parola data sarà in futuro migliore.
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A te io i miei nobili pensieri intendo comunicare, sciocchissimo Perse?8, Il misero vizio è possibile raccoglierlo anche copiosamente, con facilità: la sua strada è piana?? ed esso si trova vicino; invece davanti alla virtù il sudore posero gli dei immortali: lungo ed erto è il sentiero che porta a lei 290 ed accidentato da principio; ma qualora tu abbia raggiunto la cima, agevole si presenta da quel momento, per quanto difficile80, Questi è davvero eccellente, chi da sé tutto intenda8!
riflettendo su ciò che in prosieguo di tempo e alla fine risulta migliore; nobile anche quello che dia retta a chi esprime validi pareri; colui invece che né capisca da sé né, ascoltando la parola
di un altro,
sappia serbarla in cuore, costui è un buono a nulla.
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᾽Αλλὰ σύ Υ᾿ ἡμετέρης μεμνημµένος αἰὲν ἐφετμῆς ἐργάζευ, Πέρση, διῖον γένος, ὄφρα σε λιμὸς ἐχθαίρῃ, φιλέῃ δέ σ’ ἐυστέφανος Δημήτηρ
αἰδοίη, βιότου δὲ τεὴν πιμπλῇσι καλιήν'
λιμὸς γάρ τοι πάµπαν ἀεργῷ σύμφορος ἀνδρί’
τῷ δὲ θεοὶ νεμεσῶσι καὶ ἀνέρες ὅς κεν ἀεργὸς 305
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ζώηῃ, κηφήνεσσι κοθούροις εἴκελος ὁρμήν, οἵ τε µελισσάων κάµατον τρύχουσιν ἀεργοὶ ἔσθοντες' σοὶ δ᾽ ἔργα Φίλ᾽ ἔστω µέτρια κοσμεῖν, ὥς κέ τοι ὡραίου βιότου πλήθωσι καλιαί. ἐξ ἔργων ὃ’ ἄνδρες πολύμηλοί τ ἀφνειοί τε, καί τ' ἐργαζόμενος πολὺ φίλτερος ἀθανάτοισιν,
ἔσσεαι ἠδὲ βροτοῖς' µάλα γὰρ στυγέουσιν ἀεργούς.
ἔργον δ᾽ οὐδὲν ὄνειδος, ἀεργίη δέ τ ὄνειδος. εἰ δέ κεν ἐργάζῃ, τάχα σε ζηλώσει ἀεργὸς πλουτεῦντα' πλούτῳ δ᾽ ἀρετὴ καὶ κΌδος ὀπηδεῖ. δαίµονι δ᾽ οἷος ἔησθα, τὸ ἐργάζεσθαι ἄμεινον, εἴ κεν ἀπ᾿ ἀλλοτρίων κτεάνων ἀεσίφρονα θυμὸν ἐς ἔργον τρέψας µελετᾷς βίου, ὥς σε κελεύω. αἰδὼς δ᾽ οὐκ ἀγαθὴ κεχρηµένον ἄνδρα κοµίζει, αἰδώς, ἤ τ’ ἄνδρας µέγα σίνεται ἠδ᾽ ὀνίνησιν' αἰδώς τοι πρὸς ἀνολβίη, θάρσος δὲ πρὸς ὄλβῳ. χρήματα δ᾽ οὐχ ἁρπακτά, θεόσδοτα πολλὸν ἀμείνω' εἰ γάρ τις καὶ χερσὶ Bin µέγαν ὄλβον ἕληται,
ἢ ὅ Υ ἀπὸ γλώσσης ληίσσεται, οἷά τε πολλὰ
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γίνεται, εὖτ ἂν δὴ κέρδος νόον ἐξαπατήσῃ ἀνθρώπων, αἰδῶ δέ τ ἀναιδείη κατοπάζῃ, ῥεῖα δέ µιν μαυροῦσι θεοί, µινύθουσι δὲ οἶκον
LE OPERE E I GIORNI
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Tu, dunque, memore sempre del nostro consiglio,
orsù lavora82, Perse, stirpe divina83, perché la fame
ti odi e invece ti ami Demetra dalla bella corona e . vereconda, e riempia il tuo granaio dei mezzi che fanno
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vivere.
La fame infatti è certo, in ogni caso, compagna dell’uomo
inoperoso:
gli dei si indignano, come gli uomini, con colui che in ozio
viva, simile nei suoi impulsi ai fuchi senza pungiglione84, i quali guastano la fatica delle api inoperosi consumando. Tu preoccupati, mio caro, di lavoro adeguati®, perché i tuoi granai si riempiano dei raccolti stagionali. E con le loro opere che gli uomini diventano ricchi di greggi e opulenti; e, operando, molto più caro agli dei immortali sarai, come ai mortali, perché hanno in orrore gli oziosi86. Nessun lavoro è biasimevole, l’inoperosità è biasimevole; se lavori, presto l’ozioso ti invidierà perché diventi ricco; e alla ricchezza s'accompagnano virtù e fama®?. Per quel che sei in base al tuo demone88, è meglio per te
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lavorare,
qualora dai beni altrui il tuo animo sventato volga al lavoro e ti prenda cura dei tuoi mezzi di vita, come io ti esorto. Vergogna non buona accompagna il bisognoso, vergogna che agli uomini grandemente nuoce o giova89; la vergogna si collega alla povertà, l’audacia alla prosperità. La ricchezza non è da rapinare: quella concessa dagli dei è molto migliore®,
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Se uno si procura violentemente con le sue mani una
grande prosperità o ne fa bottino grazie alla sua lingua, come spesso accade, qualora il guadagno tragga in inganno la mente degli uomini e l’impudenza soppianti il pudore, facilmente gli dei lo oscurano, mandano in rovina il patrimonio
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ESIODO
ἀνέρι τῷ, παῦρον δέ τ ἐπὶ χρόνον ὄλβος ὀπηδεῖ.
σον δ᾽ ὅς θ’ ἱκέτην dc te ξεῖνον κακὸν ἔρξῃ, ὅς τε κασιγνήτοιο ἑοῦ ἀνὰ δέµνια βαίνη 330
κρυπταδίῃς εὐνῇς ἀλόχονυ, παρακαίρια ῥέζων,
ὅς τέ τευ ἀφραδίῃς ἀλιταίνητ ὀρφανὰ τέκνα, ὅς τε γονῆα γέροντα κακῷ ἐπὶ γήραος οὐδῷ νεικείῃ χαλεποῖσι καθαπτόµενος ἐπέεσσι'
τῷ δ᾽ ἠ τοι Ζεὺς αὐτὸς ἀγαίεται, ἐς δὲ τελευτὴν 335
ἔργῶν ἀλλὰ Κάδ ἁγνῶς
ἀντ ἀδίκων χαλεπὴν ἐπέθηκεν ἀμοιβήν. σὺ τῶν μὲν πάµπαν ἔεργ ἀεσίφρονα θυµόν, δύναμιν ὃ' ἔρδειν ἱέρ᾽ ἀθανάτοισι θεοῖσιν καὶ καθαρῶς, ἐπὶ δ᾽ ἀγλαὰ µηρία καίειν’
ἄλλοτε δὲ σπονδῇσι θὐεσσί τε ἱλάσκεσθαι,
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ἡμὲν ὅτ εὐνάζῃ καὶ ὅτ ἂν φάος ἱερὸν ἔλθη, ὥς κέ τοι ἵλαον κραδίην καὶ θυμὸν ἔχωσιν, ὄφρ᾽ ἄλλων ὠνῇ κλῆρον, μὴ τὸν τεὸν ἄλλος. Τὸν φιλέοντ’ ἐπὶ δαῖτα καλεῖν, τὸν δ᾽ ἐχθρὸν ἐᾶσαι; τὸν δὲ μάλιστα καλεῖν ὅστις σέθεν ἐγγύθι ναίει᾽ εἰ γάρ τοι καὶ χρΏμ’᾽ ἐγκώμιον ἄλλο γένηται, γείτονες ἄζωστοι ἔκιον, ζώσαντο δὲ πηοἰ. πῆμα κακὸς γείτων, ὅσσον τ΄ ἀγαθὸς µέγ’ ὄνειαρ: ἔμμορέ τοι τιμῆς ὃς 1 ἔμμορε γείτονος ἐσθλοῦ: οὐδ᾽ ἂν βοῦς ἀπόλοιτ, εἰ μὴ γείτων κακὸς εἴη. εὖ μὲν μετρεῖσθαι παρὰ γείτονος, εὖ δ᾽ ἀποδοῦναι,
αὐτῷ τῷ µέτρῳ, καὶ λώιον αἴ κε δύνηαι,
ὡς ἂν χρηίζων καὶ ἐς ὕστερον ἄρκιον εὕρηῃς.
LE OPERE E I GIORNI
201
di quell'uomo e per poco tempo ancora la prosperità . l’accompagna. È la medesima colpa di chi maltratta un supplice o un
ospite,
di chi sale sul talamo di suo fratello in furtiva unione con la moglie di lui, compiendo uno
sproposito;
di chi per insensatezza fa del male a degli orfani, di chi il vecchio padre sulla soglia maligna della vecchiezza attacca altercando con ingiuriose parole: con quest'uomo sicuramente Zeus stesso s’indigna e alla fine gli impone una dura punizione in cambio delle sue inique
330
azioni”,
Tu dunque trattieni del tutto da questi atti il tuo cuore 335 sventato. Per quanto puoi compi sacrifici agli dei immortali, in modo puro e netto, brucia loro splendide cosce. In altri momenti, con libagioni e offerte rituali, placali, sia quando vai a letto sia quando la sacra luce (diurna) è di
ritorno, di guisa che mantengano con te cuore e animo propizi, 340 affinché tu possa comprare la fortuna altrui e non un altro la tua?3. Invita alla tua tavola chi ti ama, lascia perdere chi ti è nemico; invita soprattutto chi abita vicino a te; se infatti qualche problema ti capita nel luogo dove stai,
i vicini accorrono senza legarsi la cintura, mentre si legano
la cintura i parenti?, Una sciagura è il cattivo vicino, quanto il buono è un gran bene: gode di un privilegio chi ha in sorte un vicino eccellente;
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e non morirebbe il suo bue, se non avesse un cattivo vicino.
Calcola per bene quanto prendi dal vicino e restituisci per
bene,
con lo stesso metro, e anche con larghezza, qualora ti sia 350 possibile, perché tu in caso di bisogno, più tardi, possa trovare a sufficienza”,
202
ESIODO
μὴ κακἀ κερδαίνειν’ κακὰἀ κέρδεα ἶσ᾽ ἄτῃσι. τὸν φιλέοντα Φιλεῖν, καὶ τῷ προσιόντι προσεῖναι. 355
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καὶ δόµεν ὅς κεν δῷ καὶ μὴ δόµεν ὅς κεν μὴ δφ'
δώτῃ μέν τις ἔδωκεν, ἀδώτῃ δ᾽ οὔ τις ἔδωκεν᾽ δὼς ἀγαθή, ἅρπαξ δὲ κακή, θανάτοιο δότειρα’ ὃς μὲν γάρ κεν ἀνὴρ ἐθέλων, ὅ γε καὶ µέγα, δώῃ,
χαίρει τῷ δώρῳ καὶ τέρπεται ὃν κατὰ θυµόν’ ὃς δέ κεν αὐτὸς ἕληται ἀναιδείηφι πιθήσας, καί τε σμικρὸν ἐόν, τό Υ ἐπάχνωσεν Φφίλον ἧτορ.
εἰ γάρ κεν καὶ σμικρὸν ἐπὶ σμικρῷ καταθεῖο καὶ θαμὰ τοῦτ ἔρδοις, τάχα κεν μέγα καὶ τὸ γένοιτο" ὃς δ᾽ ἐπ᾽ ἐόντι φέρει, ὃ δ᾽ ἀλέξεται αἴθονα λιµόν. οὐδὲ τό Y £iv οἴκῳ κατακείµενον ἀνέρα κήδει' οἴκοι βέλτερον εἶναι, ἐπεὶ βλαβερὸν τὸ θύρηφιν. ἐσθλὸν μὲν παρεόντος ἑλέσθαι, πΏµα δὲ θυμῷ
χρηίζειν ἀπεόντος' ἅ σε φράζεσθαι ἄνωγα. 31)
᾿Αρχομένου δὲ πἰθου καὶ λήγοντος κορέσασθαι, µεσσόθι φείδεσθαι’ δειλἠ δ᾽ ἐν πυθµένι perdo,
Μισθὸς δ᾽ ἀνδρὶ φίλῳ εἰρημένος ἄρκιος ἔστω'
καί τε κασιγνήτῳ γελάσας ἐπὶ μάρτυρα θέσθαι’
πίστιες ἄρ τοι ὁμῶς καὶ ἀπιστίαι ὤλεσαν ἄνδρας.
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μηδὲ γυνή σε νόον πυγοστόλος ἐξαπατάτω αἱμύλα κωτίλλουσα, τεἠν διφῶσα καλιήν' ὃς δὲ γυναικὶ πέποιθε, πέποιθ᾿ ὅ γε φιλήτῃσιν. Μουνογενἠὴς δὲ πάις εἴη πατρώιον οἶκον φερβέμεν΄ ὣς γὰρ πλοῦτος ἀέξεται ἐν µεγάροισιν' γηραιὸς δὲ θάνοι ἕτερον παϊδ᾽ ἐγκαταλείπων. ῥεῖα δέ κεν πλεόνεσσι πόροι Ζεὺς ἄσπετον ὄλβον: πλείων μὲν πλεόνων µελέτη, μείζων δ᾽ ἐπιθήκη. σοὶ δ᾽ εἰ πλούτου θυμὸς ἐέλδεται ἐν φρεσὶ σῇσιν, ὧδ' ἔρδειν, καὶ ἔργον ἐπ᾽ ἔργῳ ἐργάζεσθαι.
LE OPERE E I GIORNI
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Non perseguire cattivi guadagni: cattivi guadagni Ama chi ti ama e
equivalgono a sciagure,
accostati a chi ti si accosta;
e da’ a chi dà e non dare a chi non dà:
si dona a un donatore, non si dona a chi non è tale;
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il dare è bene, rapinare è male e datore di morte; infatti chiunque doni volentieri, a volte molto,
gioisce del dono (che fa) e se ne rallegra nel cuore: per chiunque invece prenda d’arbitrio, obbedendo all’impudenza, per quanto poca cosa sia, questo agghiaccia il suo cuore?8. 360 Infatti se anche poco aggiungi a poco e lo fai sovente, presto anche questo diventerà molto?. Colui che aggiunge a ciò che già ha allontana la fame bruciante; e non è quel che si trova în casa che preoccupa l’uomo: è meglio avere in casa dei beni, poiché quel che viene da 3265 . fuori è rovinoso!%, È eccellente prendere da quanto si ha, è disgrazia nel cuore bramare quel che non c'è, cose tutte su cui ti invito a
riflettere. Quando sei all’inizio di un vaso o verso la fine, godine a sazietà,
a metà risparmia; mentre è misero economizzare sul fondo.
Il salario promesso a un amico gli sia assicurato; e anche con un fratello, pur ridendo, portati un testimone:
la fiducia al pari della sfiducia rovina gli uomini!0, Non ti intrappoli la mente una donna col posteriore agghindato e incantevole con le sue chiacchiere: alla ricerca del tuo granaio. Chi dà fiducia a una donna dà fiducia ai ladri. Possa esserci un unico figlio il patrimonio paterno
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ad alimentare, perché così la ricchezza aumenta nelle case;
e (uno) morire vecchio lasciando un secondo figlio!0, Ma facilmente a più figli Zeus potrebbe procurare infinita
prosperità:
maggiore è l'impegno di parecchi, più cospicuo il profitto.!09 Se alla ricchezza il tuo cuore aspira nel petto, agisci in tal modo e accumula lavoro su lavoro.
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ESIODO Πληιάδων ᾿ Ατλαγενέων ἐπιτελλομενάων
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ἄρχεσθ᾽ ἀμήτου, ἀρότοιο δὲ δυσοµενάων.
ai δή τοι νύκτας τε καὶ ἥματα τεσσαράκοντα κεκρύφαται, αὖτις δὲ περιπλοµένου ἐνιαυτοῦ φαίνονται τὰ πρῶτα χαρασσομένοιο σιδήρου. οὗτός τοι πεδίων πέλεται νόμος, οἵ τε θαλάσσης ἐγγύθι ναιετάουσ’᾽ οἵ τ’ ἄγκεα βησσήεντα πόντου κυµαίνοντος ἀπόπροθι, πίονα χῶρον, ναἰουσιν΄ γυμνὸν σπεἰρειν, γυμνὸν δὲ βοωτεῖν, γυμνὸν δ᾽ ἀμάειν, εἴ χ᾽ ὥρια πάντ’ ἐθέληῃσθα ἔργα κοµίζεσθαι Δημήτερος, ὥς τοι ἕκαστα ὥρι' ἀέξηται, un πως τὰ µέταζε χατίζων
πτώσσῃς ἀλλοτρίους οἴκους καὶ μηδὲν ἀνύσσῃς.
ὡς καὶ νῶν ἐπ ἔμ᾽ ᾖλθες' ἐγὼ δέ τοι οὐκ ἐπιδώσω οὐδ᾽ ἐπιμετρήσω: ἐργάζευ, νήπιε Πέρση, ἔργα τά τ’ ἀνθρώποισι θεοὶ διετεκµήραντο, µή ποτε σὺν παίδεσσι γυναικί τε θυμὸν ἀχεύων ζητεύῃς βίοτον κατὰ γείτονας, οἳ δ᾽ ἀμελῶσιν. δὶς μὲν γὰρ καὶ τρὶς τάχα τεύξεαι’ ἢν δ᾽ ἔτι λυπῆς, χρΏμα μὲν οὐ πρήξεις, σὺ δ᾽ ἐτώσια πὀλλ᾽ ἀγορεύσεις,
ἀχρεῖος δ᾽ ἔσται ἐπέων νοµός. ἀλλά σ᾿ ἄνωγα
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φράζεσθαι χρειῶν τε λύσιν λιμοῦ τ' ἀλεωρήν. Οἶκον μὲν πρώτιστα γυναϊκά τε βοῦν τ ἀροτῆρα, κτητήν, οὐ γαµετήν, ἥτις καὶ βουσὶν ἔποιτο' χρήματα δ᾽ εἰν οἴκῷ πάντ' ἄρμενα ποιήσασθαι, μὴ σὺ μὲν αἰτῇς ἄλλον, ὃ δ᾽ ἀρνῆται. σὺ δὲ τητᾷ, ᾗ δ᾽ ὥρη παραμείβηται, µινύθῃ δέ τοι ἔργον. und’ ἀναβάλλεσθαι ἔς τ αὔριον ἔς τε ἔνηφι;' οὐ γὰρ ἐτωσιοεργὸς ἀνὴρ πίμπλησι καλιὴν οὐδ᾽ ἀναβαλλόμενος: µελέτη δέ τοι ἔργον ὀφέλλει;'
LE OPERE E I GIORNI
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Quando si levano le Pleiadi, figlie di Atlante!04,
comincia la mietitura, la semina quando tramontano;
esse quaranta notti e quaranta giorni restano occulte, poi, proseguendo l’anno il suo cammino, iniziano a riapparire quando si aguzza il ferro. Questa è la legge!0 dei campi, sia per quelli che al mare vicino abitano sia per quelli che nelle valli dirupate,
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lungi dal mare ondoso, su grasse terre hanno dimora. Semina nudo, ara nudo,
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andare a mendicare alle case altrui, senza ottenere risultati!07,
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mieti nudo!%, se vuoi di tutti al loro tempo curarti dei lavori di Demetra, perché ciascuno faccia crescere a tempo i suoi frutti e tu non debba più tardi nel bisogno Così appunto adesso sei venuto da me; ma io, sia chiaro, non ti donerò né presterò nulla di più: lavora!9, stolto Perse, datti ai lavori che gli dei hanno fissato agli umani, perché tu, un giorno, con moglie e figli, il cuore afflitto,
non debba cercare di che vivere dai vicini e questi non se
ne curino.
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Perché due o tre volte forse otterrai qualcosa, ma, se
insisterai nel seccarli,
non riuscirai più a niente, e spenderai con la gente molti vani discorsi: ti sarà inutile nutrire parole. Su, ti invito a pensare come pagare i debiti e sfuggire alla fame. Una casa, innanzitutto, una donna e un bue da aratura,
donna acquistata, non sposata, capace di star dietro anche
αἱ buoi;199
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in casa fatti tutti gli attrezzi che ci vogliono, perché tu non li debba chiedere a un altro e, in caso di rifiuto, ne rimanga senza, per cui la stagione passi e svanisca il tuo lavoro. Non rimandare niente a domani e a dopodomani; 410 difatti non è chi lavora a vuoto che riempie il suo granaio né chi rinvia il lavoro: è la sollecitudine che lo fa prosperare;
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ESIODO
αἰεὶ δ᾽ ἀμβολιεργὸς ἀνὴρ ἄτῃσι παλαίει.
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Ἠμος δἡ λήγει μένος ὀξέος ἠελίοιο
καύµατος ἰδαλίμου, μετοπῶωρινὸν ὀμβρήσαντος Ζηνὸς ἐρισθενέος, μετὰ δὲ τρέπεται βρότεος χρὼς πολλὸν ἐλαφρότερος' δὴ γὰρ τότε Σείριος ἀστὴρ βαιὸν ὑπὲρ κεφαλῆς κηριτρεφέων ἀνθρώπῶν ἔρχεται ἡμάτιος, πλεῖον δέ τε νυκτὸς ἐπαυρεῖ: τῆμος ἀδηκτοτάτη πέλεται τμηθεῖσα σιδήρῳ ὕλη, φύλλα δ᾽ ἔραζε χέει, πτόρθοιό τε λήγει’ τῆμος ἄρ᾽ ὑλοτομεῖν μεμνημµένος ὥρια ἔργα” ὄλμον μὲν τριπόδην τάµνειν, ὕπερον δὲ τρίπηχουν, ἄξονα δ᾽ ἑπταπόδην' µάλα γάρ νύ τοι ἄρμενον οὕτω: εἰ δέ κεν ὀκταπόδην, ἀπὸ καὶ σφῦράν κε τάµοιο. τρισπίθαμον δ᾽ ἄψιν τάµνειν δεκαδώρῳ ἀμάξηῃ: πόλλ᾽ ἐπικαμπύλα κἄᾶλα᾽ φέρειν δὲ γύην, ὅτ ἂν εὕρης,
εἰς οἶκον, κατ’ ὄρος διζήµενος ἢ κατ’ ἄρουραν,
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πρίνινον’ ὃς γὰρ βουσὶν ἀροῦν ὀχυρώτατός ἐστιν, εὖτ ἂν ᾿Αθηναίης ὅμῶος ἐν ἐλύματι πήξας | γόμφοισιν πελάσας προσαρήρεται ἱστοβοηι. δοιὰ δὲ θέσθαι ἄροτρα, πονησάµενος κατὰ οἶκον, αὐτόγυον καὶ πηκτὀν, ἐπεὶ πολὺ λώιον οὕτω: Ei Y ἕτερον ἄξαις, ἕτερόν κ᾿ ἐπὶ βουσὶ βάλοιο. δάφνης δ᾽ ἢ πτελέης ἀκιώτατοι ἱστοβοῆες: δρυὸς ἔλυμα, πρίνου δὲ γύην. βόε δ᾽ ἐνναετήρω ἄρσενε κεκτῆσθαι’ τῶν γὰρ σθένος οὐκ ἀλαπαδνόν' ἥβης µέτρον ἔχοντε' τῷ ἐργάζεσθαι ἀρίστω. οὐκ ἂν τώ Υ ἐρίσαντε ἐν αὔλακι κἀμ μὲν ἄροτρον
ἄξειαν, τὸ δὲ ἔργον ἐτώσιον αὖθι λίποιεν.
τοῖς δ᾽ ἅμα τεσσαρακονταετἠς αἰζπὸς ἔποιτο
LE OPERE E I GIORNI
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sempre chi differisce il suo impegno si trova a fronteggiare sciagure. Quando cessa l’ardore del sole che picchia, della calura che fa sudare, nel tempo in cui versa pioggia autunnale il fortissimo Zeus, cambia il corpo dell’uomo rifacendosi molto più agile — ed è proprio in quel momento che la stella Sirio sulla testa degli uomini ‘che si nutrono per la morte’11° poco cammina di giorno e maggior spazio prende della notte-, allora una volta tagliato dal ferro è quanto mai resistente (ai tarli) il legno, (la pianta) spande le foglie a terra e smette di produrre virgulti; allora taglia il bosco, memore dei lavori da fare in stagione!!!, Taglia un mortaio di tre piedi e un pestello di tre cubiti
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e un assale di sette piedi — così certo è un buon attrezzo —;
ma se di otto piedi, ci potresti tagliare una zappa; e di tre palmi taglia una ruota per un carro di dieci spanne. Molti sono i legni curvi; qualora la trovi, porta una bure
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a casa, cercando in montagna o in pianura,
di leccio, perché arando coi buoi è quella più solida, quando il servo di Atena!!2, incastratala nel dentale e applicatala con chiodi, l’ha congiunta al timone. Apprèstati due aratri, fabbricandoli in casa,
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uno d’un sol pezzo, l’altro combinato, perché così sarà
molto meglio: se ne spezzi uno, potrai mettere l’altro dietro ai buoi.
Di alloro o di olmo sono i timoni meno esposti ai tarli,
il dentale (sia) di quercia e la bure di leccio. Due buoi di
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nove anni,
maschi, compra: la loro forza è imbattibile, perché sono nel fiore della giovinezza, i migliori all’opera; non litigando nel solco, l’aratro non potranno spezzare e non manderanno a vuoto il lavoro. Li segua un uomo nel vigore dell’età di una quarantina
d’anni,
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ESIODO
ἄρτον δειπνήσας τετράτρυφον, ὀκτάβλωμον, ὅς κ᾿ ἔργου μελετῶν ἰθείην αὔὐλακ) ἐλαύνοι, µηκέτι παπταίνων μεθ) ὁμήλικας, ἀλλ’ ἐπὶ ἔργῳ θυμὸν ἔχων' τοῦ δ᾽ οὔ τι νεώτερος ἄλλος ἀμείνωῶν σπέρµατα δάσσασθαι καὶ ἐπισπορίην ἀλέασθαι' κουρότερος γὰρ ἀνὴρ μεθ’ ὁμήλικας ἐπτοίηται. Φράζεσθαι δ᾽, εὖτ ἂν γεράνου φωνὴν ἐπακούσης ὑψόθεν ἐκ νεφέωῶν ἐνιαύσια κεκληγυίης, ἤ τ ἀρότοιό τε σῆμµα φέρει καὶ χείµατος ὥρην δεικνύει ὀμβρηροῦ, κραδίην δ᾽ ἔδακ᾽ ἀνδρὸς ἀβούτεω: δἡ τότε χορτάζειν ἕλικας βόας ἔνδον ἐόντας'
ῥηίδιον γὰρ ἔπος εἰπεῖν: “βόε δὸς καὶ ἄμαξαν ῥηίδιον δ᾽ ἀπανήνασθαι: “πάρα δ ἔργα βόεσσιν.”
φησὶ δ᾽ ἀνὴρ φρένας ἀφνειὸς πήξασθαι ἅμαξαν: νήπιος, οὐδὲ τὸ οἵδ” ἑκατὸν δέ τε δούρατ’ ἀμάξης, τῶν πρόσθεν µελέτην ἐχέμεν οἰκήια θέσθαι. Εὐτ ἂν δὴ πρώτιστ ἄροτος θνητοῖσι φανήῃ, δὴ τότ' ἐφορμηθῆναι, ὁμῶς δμῶές τε καὶ αὐτός, αὔην καὶ διερἠν ἀρόῶν ἀρότοιο καθ’ ὥρην, πρωὶϊὶ µάλα σπεύδων, ἵνα τοι πλήθωσιν ἄρονραι. νειὸν δὲ σπείἰρειν ἔτι κουφίζουσαν ἄρουραν' ἔαρι πολεῖν’ θέρεος δὲ νεωμένη οὗ σ ἀπατήσει' νειὸς ἀλεξιάρη παίδων εὐκηλήτειρα. Εὔὐχεσθαι δὲ Διὶ χθονίφ Δημήτερί θ᾽ ἁγνῃ ἐκτελέα βρίθειν Δημήτερος ἱερὸν ἀκτήν, ἀρχόμενος τὰ πρῶτ ἀρότον, ὅτ ἂν ἄκρον ἐχέτλης χειρὶ λαβὼν ὅρπηκι βοῶν ἐπὶ νῶτον ἵκηαι
ἔνδρυον ἑλκόντων µεσάβων. ὁ δὲ τυτθὸς ὄπισθε ὃμῶος ἔχωῶν µακέλην πόνον ὀρνίθεσσι τιθείη
LE OPERE E I GIORNI
209
nutritosi di una pagnotta a quattro tacche e otto porzioni
che, solerte nella sua opera, tracci diritto il solco, non gettando attorno occhiate ai compagni, ma avendo sul lavoro l'animo concentrato; nessun altro più giovane di lui migliore sarebbe nel distribuire la semente e nell’evitare la
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soprassemina!!3,
perché uno più giovane è tutto preso dai compagni. Bada al momento in cui tu senta la voce della gru, che dall’alto fa intendere dalle nubi ogni anno il suo richiamo!!4: essa porta il segnale dell’aratura e la stagione invernale preannuncia, piovosa; e morde il cuore di chi è senza buoi.
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E allora il momento di foraggiare i buoi, corna ricurve,
che stanno al chiuso;
ed è facile chiedere: “Dammi i due buoi e il carro”, ma facile anche rifiutare: “C’è del lavoro che li impegna”. Parla l’uomo ricco solo nel pensiero!!5 di mettere assieme 455 un carro; stolto, non lo sa che ci sono cento pezzi in un carro,
e che bisogna prima prendersi la briga di apprestarli in casa. Non appena appaia ai mortali il tempo dell’aratura, allora muoviti, non meno dei servi anche tu,
secca o umida, ad arare la terra, nella stagione dell’aratura, di primo mattino in fretta, affinché i campi si riempiano di
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Semina il maggese quando la terra è ancora leggera; girala a primavera; dissodata ancora d’estate, non tradirà le tue attese. Il maggese allontana i malefici, tranquillizza i bambini!!6. Prega Zeus ctonio e la pura Demetra, che, una volta maturo, facciano pesante il grano sacro a
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messi.
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Demetra,
all’inizio stesso dell’aratura, quando la parte estrema del i manico impugnata, sfiorerai col pungolo il dorso dei buoi che tirano sulla caviglia del giogo. Intanto, indietro, il piccolo servo, con una zappa in mano, dia noia agli uccelli,
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σπέρμα κατακρύπτων’ εὐθημοσύνη γὰρ ἀρίστη θνητοῖς ἀνθρώποις, κακοθημοσύνη δὲ κακίἰστη.
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ᾧδέ κεν ἀδροσύνῃ στάχυες νεύοιεν ἔραζε, εἰ τέλος αὐτὸς ὄπισθεν Ὀλύμπιος ἐσθλὸν ὀπάζοι, ἐκ δ᾽ ἀγγέων ἐλάσειας ἀράχνια, καί σε ἔολπα γηθήσειν βιότου αἱρεύμενον ἔνδον ἐόντος, εὐοχθέων δ᾽ ἵξεαι πολιὸν ἔαρ οὐδὲ πρὸς ἄλλους αὐγάσεαι; σέο δ᾽ ἄλλος ἀνὴρ κεχρηµένος ἔσται. Εἰ δέ κεν ἠελίοιο τροπῆς ἀρόφς χθόνα δίαν, ἥμενος ἀμήσεις ὀλίγον περὶ χειρὸς ἐέργων,
ἀντία δεσμεύων κεκονιµένος, οὐ µάλα χαίρων, οἴσεις δ᾽ ἐν φορμῷ' παθῦροι δέ σε θηήσονται. ἄλλοτε δ᾽ ἀλλοῖος Ζηνὸς νόος αἰγιόχοιο,
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ἀργαλέος δ᾽ ἄνδρεσσι καταθνητοῖσι νοῆσαι. ei dm x Oy ἀρόσῃς, τόδε κέν τοι φάρμακον εἴη᾽
ἦμος κόκκυξ κοκκύζει δρυὸς ἐν τὸ πρῶτον, τέρπει δὲ βροτοὺς ἐπ᾽ τῆμος Ζεὺς ὕοι τρίτῳ ἤματι und’ unt ἄρ᾽ ὑπερβάλλων βοὸς ὁπλὴν
πετάλοισι ἀπείρονα γαῖαν, ἀπολήγοι, µήτ ἀπολείπων'
οὕτω κ’ ὀψαρότης πρωιηρότῃ ἰσοφαρίζοι.
ἐν θυμῷ δ᾽ εὖ πάντα φυλάσσεο’ μηδέ σε λήθοι µήτ’ ἔαρ γινόµενον πολιὸν µήθ᾽ ὥριος ὄμβρος.
Πὰρ δ᾽ ἴθι χάλκειον θῶκον καὶ ἐπαλέα λέσχην
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ὥρῃ χειµερίῃ, ὁπότε κρύος ἀνέρα ἔργων ἰσχάνει, ἔνθα κ’ ἄοκνος ἀνὴρ µέγα οἶκον ὀφέλλοι, un σε κακοῦ χειμῶνος ἀμηχανίη καταμάρψῃ σὺν πενίῃ, λεπτῇ δὲ παχὺν πόδα χειρὶ πιέζηῃς,
LE OPERE E I GIORNI
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nascondendo la semente. L'attività disciplinata è ottima per i mortali, quella indisciplinata è pessima!!7, Così per l’abbondanza dei frutti le spighe si protenderanno a terra,
se l’Olimpio, nel tempo, felice maturità vorrà loro accordare; potrai togliere le ragnatele dai contenitori, e io mi aspetto che avrai gioia a prendere dai mezzi di vita raccolti dentro
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casa!!8,
A tuo agio arriverai alla chiara primavera né verso gli altri getterai occhiate invidiose; sarà un altro ad avere bisogno di te. Ma se aspetterai il solstizio d'inverno per arare la terra divina, mieterai accovacciato, poche spighe stringendo con la mano,
in senso inverso le legherai, impolverato, senza troppa gioia, le metterai in una cesta: pochi ti guarderanno!!9, La mente di Zeus egioco ora è d’un modo ora d’un altro, difficile per gli uomini mortali capirla.120 Nel caso che ti metta ad arare tardi, questo può esserti di rimedio: quando il cuculo lancia il suo richiamo tra i rami della
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quercia per la prima volta, e allieta i mortali sulla terra infinita, allora Zeus piova per tre giorni senza smettere,
né superando lo zoccolo di un bue né standone al di sotto; in tal caso l’aratore ritardatario potrà mettersi al livello di quello della prima ora!2!. Custodisci bene tutto ciò nel tuo animo e non ti sfugga né l’arrivo della chiara primavera né della stagione piovosa. Oltrepassa la fucina del fabbro e la galleria calda!?2 nella stagione invernale, quando il freddo l’uomo dai lavori (agricoli)
distoglie, nel qual momento un uomo attivo potrà molto
giovare alla sua casa: che la durezza angustiante della cattiva stagione non ti ghermisca insieme con la povertà, che tu non debba premere il piede gonfio con la mano sottile!23,
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ESIODO
πολλὰ δ᾽ ἀεργὸς ἀνήρ, κενεἠν ἐπὶ ἐλπίδα uluvov, χρηίζων βιότοιο, κακἀἁ προσελέξατο θυμῷ. ἐλπὶς δ᾽ οὐκ ἀγαθὴ κεχρηµένον ἄνδρα κομίζει,
ἥμενον ἐν λέσχη, τῷ μὴ βίος ἄρκιος εἴη.
δείκννε δὲ δμώεσσι θέρευς ἔτι µέσσου ἐόντος'
“οὺκ αἰεὶ θέρος ἐσσεῖται, ποιεῖσθε καλιάς.
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Μῆνα δὲ Ληναιῶνα, κἀκ᾽ ἥἤματα, βουδόρα πάντα, τοῦτον ἀλεύασθαι καὶ πηγάδας, αἵ τ ἐπὶ γαϊαν πνεύσαντος Βορέαο δυσηλεγέες τελέθουσιν, ὅς τε διὰ Θρήῄκης ἱπποτρόφου εὐρέι πόντῳ ἐμπνεύσας ὥρινε, µέμυκε δὲ γαῖα καὶ ὕλη' πολλὰς δὲ δρῦς ὑψικόμους ἐλάτας τε παχείας
οὔρεος ἐν βήσσης πιλνᾷ χθονὶ πουλυβοτείρηῃ
ἐμπίπτων, καὶ πᾶσα βοᾷ τότε νήριτος ὕλη' θῆρες δὲ φρίσσουσ’, οὐρᾶς δ᾽ ὑπὸ µέζε᾽ ἔθεντο,
τῶν καὶ λάχνῃ δέρµα κατάσκιον’ ἀλλά νυ καὶ τῶν 515
ψυχρὸς ἑὼν διάησι δασυστέρνων περ ἐόντων: καί τε διὰ ῥινοῦ βοὸς ἔρχεται οὐδέ µιν ἴσχει, καί τε δι’ αἶγα ἄησι τανύτριχα΄ πώεα δ᾽ UTI,
οὗνεκ) ἐπηεταναὶ τρίχες αὐτῶν, οὐ διάησι
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ἲς ἀνέμου Βορέῶ' τροχαλὸν δὲ γέροντα τίθησιν' καὶ διὰ παρθενικῆς ἁπαλόχροος οὐ διάῆσιν, ἥτε δόµων ἔντοσθε φίλη παρὰ µητέρι μίμνει, οὕπω ἔργα ἰδυῖα πολυχρύσου ᾿Αϕροδίτης, εὖ τε λοεσσαµένη τέρενα χρόα καὶ λίπ᾽ ἐλαίφ χρισαμένη µυχίη καταλέξεται ἔνδοθι οἴκου, ἤματι χειµερίῳ, ὅτ ἀνόστεος ὃν πόδα τένδει
ἔν τ’ ἀπύρῳ οἴκῳ καὶ ἤθεσι λευγαλέοισιν'
οὐ γάρ οἱ ἠέλιος δείκνυ νομὸν ὁρμηθῆναι, ἀλλ) ἐπὶ κυανέων ἀνδρῶν δῆμµόν τε πόλιν τε στρωφᾶται, βράδιον δὲ Πανελλήνεσσι φαείνει. καὶ τότε δὴ κεραοὶ καὶ νήκεροι ὑληκοῖται λνυγρὸν µυλιόωντες ἀνὰ δρἰα βησσήεντα, φεύγουσιν, καὶ πᾶσιν ἐνὶ φρεσὶ τοῦτο µέμηλεν, οἱ σκέπα µαιόµενοι πυκινοὺς κευθμῶνας ἔχουσι κἀκ γλάφυ πετρῆεν’ τότε δὴ τρίποδι βροτοὶ ἶσοι,
LE OPERE E I GIORNI
213
L'uomo inoperoso che persevera in una vana speranza molti insulti, quando manca di mezzi, si rivolge in cuor suo;
speranza non buona!24 dà alimento all'uomo indigente,
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seduto nella lesche, che non ha di che vivere a sufficienza. Di’ chiaro ai servi già a metà estate:
“Non sarà sempre estate, fatevi delle capanne” Dal mese di Leneone!25, brutti giorni, tutti tormentosi per i buoi, guàrdati e dalle gelate che sulla terra dolorose compaiono, al soffio di Borea
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che attraverso la Tracia, allevatrice di cavalli, sul vasto mare
spirando lo sconvolge, e mugghiano terra e boschi. In gran numero querce dall’alta chioma e grossi abeti
rovescia sulla terra nutrice di molti, nelle valli montane
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e anche la pelle bovina trapassa, chè non lo arresta,
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E non passa la fanciulla dalla pelle delicata, che accanto a sua madre dentro casa resta, non ancora a conoscenza delle opere dell’aurea Afrodite;
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nella sua casa senza fuoco, deplorevole dimora,
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gettandosi, e allora tutta l'immensa foresta grida; rabbrividiscono le fiere, e la coda mettono sotto i genitali, anche quelle che copre derma villoso; anch'esse, gelido com'è, attraversa per quanto protette da fitto pelo; e il vello spesso della capra: le pecore no, poiché la loro lana è abbondante, non le attraversa la forza del vento Borea, ma piega a cerchio il vecchio.
ben lavatasi il tenero corpo e di lucido olio untasi, al fondo della sua casa si stenderà nei giorni di tempesta!26, quando il senz’osso si rode il piede!?7 né il sole gli mostra un pascolo ove lanciarsi: esso sopra il popolo e la città dei neri si aggira, e troppo lento agli Elleni rifulge!28, E allora gli abitanti dei boschi, con o senza corna, battendo lugubremente i denti, per le selve dirupate
fuggono, e tutti di questo si curano in cuore: dove!29, alla ricerca di un riparo, trovino spessi nascondigli
in grotte pietrose. Allora i mortali pari all’essere a tre piedi
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ESIODO
οὗ τ’ ἐπὶ νῶτα ἔαγε, kdpn 3 gig oddag dpatar:
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τῷ ἴκελοι φοιτῶσιν, ἀλευόμενοι νίφα λευκήν.
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χλαϊνάν τε μαλακὴν καὶ τερµιόεντα χιτῶνα᾽ στήµονι δ᾽ ἐν παύρῳ πολλἠὴν κρόκα µμηρύσασθαι; τὴν περιέσσασθαι, ἵνα τοι τρίχες ἀτρεμέωσι μηδ’ ὀρθαὶ φρίσσῶσιν ἀειρόμεναι κατὰ σῶμα'
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Καὶ τότε ἔσσασθαι ἔρυμα χροός, ὥς σε κελεύω,
ἀμφὶ δὲ ποσσὶ πέδιλα βοὸς Ίφι κταµένοιο
ἄρμενα δήσασθαι, πίλοις ἔντοσθε πυκάσσας' πρωτογόνων δ᾽ ἐρίφων, ὁπότ' ἂν κρύος ὥριον ἔλθηῃ, δέρματα συρράπτειν νεύρῳ βοός, ὄφρ᾽ ἐπὶ νώτῳ ὑετοῦ ἀμφιβάλῃ ἀλέην' κεφαλῆφι δ᾽ ὑπέρθεν πῖλον ἔχειν ἀσκητόν, ἵν οὕατα μὴ καταδεύῃ. ψυχρὴ γάρ τ ἠὼς πέλεται Βορέαο πεσόντος ηφος δ᾽ ἐπὶ γαῖαν ἀπ᾿ οὐρανοῦ ἀστερόεντος ἀἡρ πυροφόρος τέταται µακάρων ἐπὶ ἔργοις, ὅς τε ἀρυσσάμενος ποταμῶν ἀπὸ αἰεναόντων, ὑψοῦ ὑπὲρ γαίης ἀρθεὶς ἀνέμοιο θυέλλῃ, ἄλλοτε μέν θ’ ὗει ποτὶ ἔσπερον, ἄλλοτ ἄησι, πυκνὰ Θρπικίου Βορέω νέφεα κλονέοντος. τὸν φθάμενος ἔργον τελέσας οἰκόνδε νέεσθαι, µή ποτέ σ’᾿ οὐρανόθεν σκοτόεν νέφος ἀμφικαλύψη, χρῶτα δὲ µυδαλέον θήῃ κατά θ᾽ εἵματα δεύσῃ: ἀλλ’ ὑπαλεύασθαι' μεὶς γὰρ χαλεπώτατος οὗτος, χειµέριος, χαλεπὸς προβάτοις, χαλεπὸς δ᾽ ἀνθρώποις. τῆμος τῶμισυ βουσίν, ἐπ᾽ ἀνέρι δὲ πλέον εἴη ἁρμαλιῆς' μακραὶ γὰρ ἐπίρροθοι εὐφρόναι εἰσίν. ταῦτα φυλασσόμενος τετελεσμένον εἰς ἐνιαυτὸν ἰσοῦσθαι νύκτας τε καὶ ἥματα, εἰς ὅ κεν αὖτις γῆ πάντων µήτηρ καρπὸν σύμμικτον ἐνείκῃ. Εὐτ dv è ἑξήκοντα μετὰ τροπὰς ἠελίοιο χειµέρι ἐκτελέσῃ Ζεὺς ήµατα, δή ῥα τότ’ ἀστὴρ
᾽Αρκτοῦρος προλιπὼν ἱερὸν ῥόον Ὠκεανοῖο
LE OPERE E I GIORNI
215
il cui dorso è spezzato e la testa guarda al suolo139, simili a lui si aggirano, cercando di scampare alla neve bianca. In quei momenti indossa a difesa del corpo, te lo consiglio, un morbido mantello e una lunga tunica (ordisci in poca trama tanta stoffa); avvilùppati in quello, perché rabbrividendo e tremando non ti si rizzino i peli sollevandosi lungo il corpo.
Ai piedi calzari dalla pelle di un bue ucciso
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ben ricavati, allaccia, dentro foderati di feltro.
Di capretti di una prima figliata, quando verrà il freddo della stagione, cuci insieme le pelli con un nervo di bue, perché sul dorso ti coprano riparandoti dalla pioggia; e sopra la testa tieni un berretto ben lavorato, per non bagnarti le orecchie.
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Ed è freddo il mattino quando s’abbatte Borea;
mattutino sulla terra dal cielo stellato un vapore fecondo per il grano!3! si stende sui lavori dei
(mortali) felici,
che, attingendo ai fiumi dall’eterno corso, in alto sopra la terra sollevato da un vento tempestoso,
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ora si volge in pioggia verso sera, ora spira,
mentre il tracio Borea incalza le nubi dense.
Precedendo quest’ultimo, finito il lavoro, torna a casa,
che dal cielo buia nube non t’avvolga, a infradiciarti le membra e inzupparti le vesti. Stai in guardia, perché è un mese molto duro questo, burrascoso, duro per gli armenti, duro per gli uomini.
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Allora mezza razione abbiano i buoi, l’uomo invece una razione maggiore
di cibo; chè lunghe e soccorritrici sono le benefiche notti. Badando a tutto questo nel corso di un intero anno, mettiti in accordo con le notti e i giorni!82, fino a quando ancora una volta la terra, di tutti madre, produca i suoi molteplici frutti. E una volta che, dopo il solstizio, sessanta
invernali giorni Zeus abbia compiuto, allora la stella di Arturo, lasciata la sacra corrente dell'Oceano,
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ESIODO
πρῶτον παμφαίνων ἐπιτέλλεται ἀκροκνέφαιος. τὸν δὲ µέτ ὀρθογόη Πανδιονὶς ώρτο χελιδὼν 570
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ἐς φάος ἀνθρώποις ἔαρος νέον ἱσταμένοιο”
τὴν φθάμενος οἵνας περιταμνέµεν’ ὣς γὰρ ἄμεινον. ᾽Αλλ) ὁπότ ἂν φερέοικος ἀπὸ χθονὸς ἂμ φυτὰ βαίνη Πληπιάδας φεύγων, τότε δὴ σκάφος οὐκέτι οἰνέων, ἀλλ᾽ ἅρπας τε χαρασσέµεναι καὶ δµώῶας ἐγείρειν' φεύγειν δὲ σκιεροὺς θώκους καὶ ἐπ᾽ ἠῶ κοῖτον ὥρη ἐν ἀμήτου, ὅτε τ’ ἠέλιος χρόα κάρφει; τημοῦτος σπεύδειν καὶ οἴκαδε καρπὸν ἀγινεῖν ὄρθρου ἀνιστάμενος, ἵνα τοι βίος ἄρκιος εἴη.
ἠὼς γὰρ τ’ ἔργοιο τρίτην ἀπομείρεται αἶσαν,
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ηώς τοι προφέρει μὲν ὁδοῦ, προφέρει δὲ καὶ ἔργου, Πώς, ἤ τε φανεῖσα πολέας ἐπέβησε κελεύθου ἀνθρώπους πολλοῖσί τ ἐπὶ ζυγὰ βουσὶ τίθησιν. Ἅμος δὲ σκόλυμός τ ἀνθεῖ καὶ ἠχέτα τέττιξ δενδρέῳ ἐφεζόμενος λιγυρὴν καταχεύετ ἀοιδὴν πυκνὸν ὑπὸ πτερύγων, θέρεος καµατώδεος ὥρῃ, τῆμος πιόταταί τ’ αἶγες, καὶ οἶνος ἄριστος, µαχλόταται δὲ γυναῖκες, ἀφαυρότατοι δέ τοι ἄνδρες εἰσίν, ἐπεὶ κεφαλἠὴν καὶ γούνατα Σείριος ἄζει, αὐαλέος δέ τε χρὼς ὑπὸ καύµατος: ἀλλὰ τότ᾽ ἤδη ein πετραίη τε σκιὴ καὶ βίβλινος οἶνος µάζα τ ἀμολγαίη γάλα τ αἰγῶν σβεννυμενάων καὶ βοὸς ὑλοφάγοιο κρέας µή πω τετοκυίης πρωτογόνων τ ἐρίφων" ἐπὶ δ᾽ αἴθοπα πινέµεν οἶνον, ἐν σκιῇ ἑζόμενον, κεκορηµένον ἦτορ ἐδωδῆς, ἀντίον ἀκραέος Ζεφύρου τρέψαντα πρόσωπα
κρήνης δ᾽ αἰενάου καὶ ἀπορρύτου ἤ τ ἀθόλωτος
τρὶς ὥδατος προχέειν, τὸ δὲ τέτρατον ἱέμεν οἴνου. Δμωσὶ δ᾽ ἐποτρύνειν Δημήτερος ἱερὸν ἀκτὴν
LE OPERE E I GIORNI
217
risplendente di luce si leva al crepuscolo!33, AI suo seguito la rondine figlia di Pandione, che geme
acutamente!34, si lancia
verso la luce della primavera che nuovamente nasce per gli umani;
prima che appaia pota le viti, perché è il momento buono. Ma quando il porta-casa!35 dal suolo salga sugli alberi, fuggendo le Pleiadi, allora non è più il momento di sarchiare
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le viti;
aguzza le falci e sveglia i servi, evita di riposare all’ombra e di dormire fino all’alba, al tempo della mietitura, quando il sole inaridisce la pelle. A quel momento affrettati e porta a casa i frutti,
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alzandoti all'alba, per avere bastanti mezzi di vita.
L’alba infatti prende la terza parte del lavoro, l’alba porta avanti sulla strada, porta avanti nel lavoro, l’alba che appena spuntata spinge sul cammino molti uomini e impone il giogo a molti buoi. Quando il cardo è in fiore e la rumorosa cicala su un albero seduta spande il suo stridulo canto, fittamente sbattendo le ali, al tempo dell’estate che spossa, allora molto grasse le capre e il vino ottimo, le donne ardentissime, gli uomini debolissimi si fanno, perché la testa e le ginocchia Sirio brucia loro, e il corpo inaridisce per la calura. Allora sì ci fosse l’ombra di una roccia e vino di Biblo!36 e una focaccia morbida di latte e farina, e il latte di capre che hanno smesso di allattare e la carne di una vacca che ha pascolato nei boschi e non ha ancora partorito e di capretti di prima figliata; e bevici sopra vino scintillante, seduto all’ombra, il cuore sazio di cibo, col viso rivolto al soffio favorevole di Zefiro: attingendo da una fonte perenne e corrente e che niente ha intorbidato,
versa tre parti di acqua e aggiungi una quarta di vino!7. Ordina ai servi il grano sacro a Demetra
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ESIODO
δινέµεν, εὖτ ἂν πρῶτα φανῇ σθένος Ὠρίωνος,
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χώρῳ ἐν εὐαεῖ καὶ ἐυτροχάλῳ ἐν ἀλωῃ.
µέτρῳ δ᾽ εὖ κοµίσασθαι ἐν ἄγγεσιν' αὐτὰρ ἐπὴν δὴ πάντα βίον κατάθηαι ἐπάρμενον ἔνδοθι οἴκου,
θῆτά τ’ ἄοικον ποιεῖσθαι καὶ ἄτεκνον ἔριθον δίζησθαι κέλοµαι’ χαλεπὴ δ᾽ ὑπόπορτις ἔριθος'
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καὶ κύνα καρχαρόδοντα κομεῖν, μὴ φείδεο σίτου, µή ποτέ σ᾿ ἡμερόκοιτος ἀνὴρ ἀπὸ χρήµαθ’ ἕληται.
χόρτον δ᾽ ἐσκομίσαι καὶ συρφετόν͵, ὄφρα τοι εἴη βουσὶ καὶ ἡμιόνοισιν ἐπηετανόν. αὐτὰρ ἔπειτα ὃμῶας ἀναψΏξαι φίλα γούνατα καὶ βόε λΏσαι.
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Εὖτ ἂν δ᾽ Ὠρίων καὶ Σείριος ἐς μέσον ἔλθη οὐρανόν, ᾽ΑρκτοΏρον δὲ ἴδῃ ῥοδοδάκτυλος Ἠώς,
ὦ Πέρση, τότε πάντας ἀποδρέπεν οἴκαδε βότρυς,
δεῖξαι δ᾽ ἠελίῳ δέκα τ ἥματα καὶ δέκα νύκτας,
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πέντε δὲ συσκιάσαι, ἕκτῳ δ᾽ εἰς ἄγγε᾽ ἀφύσσαι δῶρα Διωνύσου πολυγηθέος. αὐτὰρ ἐπὴν δὴ Πλπιάδες θ’ Ὑάδες τε τό τε σθένος Ὡρίωνος δύνωσιν, τότ ἔπειτ ἀρότου μεμνημένος εἶναι ὡραίου: πλειὼν δὲ κατὰ χθονὸς ἄρμενος εἴτ. Fi δέ σε ναυτιλίης δυσπεµφέλου ἵμερος αἱρεῖ,
εὖτ ἂν Πλπιάδες σθένος ὄβριμον Ὠρίωνος
φεύγουσαι πίπτωσιν ἐς Περοειδέα πόντον, δἡ τότε παντοίων ἀνέμων θυἰουσιν ἀῆται' καὶ τότε µηκέτι νΏας ἔχειν ἐνὶ οἴνοπι πόντῳ, γῆν δ᾽ ἐργάζεσθαι μεμνημµένος ὥς σε κελεύῶ'
νῆα δ᾽ ἐπ᾽ ἠπείρου ἐρύσαι πυκάσαι τε λίθοισι
πάντοθεν, ὄφρ᾽ ἴσχωῶσ᾽ ἀνέμων µένος ὑγρὸν ἀέντων, χείμαρον ἐξερύσας, ἵνα μὴ πύθῃ Διὸς ὄμβρος. ὅπλα δ᾽ ἐπάρμενα πάντα τεῷ ἐγκάτθεο οἴκῳ, εὐκόσμωῶς στολίσας νηὸς πτερὰ ποντοπόροιο’ πηδάλιον δ᾽ εὐεργὲς ὑπὲρ καπνοῦ κρεµάσασθαι.
αὐτὸς δ’ ὡραῖον μίμνειν πλόον εἰς ὅ κεν ἔλθῃ'
LE OPERE E I GIORNI
219
di battere non appena appaia la forza di Orionc!38, in luogo esposto al vento e su un’aia rotonda; misuralo e riponilo per bene in contenitori. Poi, dopo che tu abbia raccolto e sistemato dentro casa il grano che ti fa
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vivere,
a ingaggiare un bracciante senza casa e una serva senza figli
a trovarti ti invito - è difficile una serva con figli139; inoltre ad allevare un cane dai denti aguzzi, e non economizzare sul cibo, per evitare che una volta o l’altra un dorme- di- giorno!40 si prenda i tuoi beni. Immagazzina foraggio e strame perché ce ne sia per i tuoi buoi e i tuoi muli in abbondanza. Dopodichè lascia riposare ai servi le ginocchia e sciogli i buoi. Quando poi Orione e Sirio saranno giunti in mezzo al cielo e Aurora dalle dita di rosa vedrà Arturo141, o Perse, allora spicca tutti i grappoli e raccoglili in casa; esponili al sole dieci giorni e dieci notti, per cinque mettili all’ombra, al sesto metti in vasi i doni di Dioniso ricco di gioia. Poi, dopo che le Pleiadi e le Iadi e la forza potente di Orione saranno tramontate, allora rammentati della semina
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stagionale; e che l’annata sotterra possa essere propizia!4?, Se della pericolosa navigazione ti coglie desiderio!4, quando le Pleiadi, la forza potente di Orione fuggendo, cadano nel mare nebbioso, allora certo imperversano soffi d’ogni sorta di venti. E allora di non dirigere più navi sul mare vinoso, ma di lavorare la terra ramméntati, a ciò ti esorto, tira in secco la nave e puntellala con pietre da ogni parte, che fermino la forza umida dei venti
tempestosi,
tolto il tappo, perché non marcisca alla pioggia di Zeus. Riponi in casa tua tutti gli attrezzi che vi sono disposti, ripiegate con cura le ali della nave che il mare attraversa; appendi il ben fatto timone sopra il fumo (del focolare)144; quanto a te, aspetta la stagione della navigazione!*, finchè
sopraggiunga.
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ESIODO
καὶ τότε νηα θοὴν ἅλαδ' ἑλκέμεν. ἐν δέ τε Φόρτον ἄρμενον ἐντύνασθαι, ἵν οἴκαδε κἐρδος dpnat, ὥς περ ἐμός τε πατὴρ καὶ σός, µέγα νήπιε Πέρση, πλωίζεσκ᾽ ἐν νηνσἰ, βίου κεχρηµένος ἐσθλοῦ' ὅς ποτε καὶ τεῖδ’ ἦλθε πολὺν διὰ πόντον ἀνύσσας, Κύμην Αἰολίδα προλιπὼν ἐν νηϊὶ µελαίνη, οὐκ ἄφενος Φεύγων οὐδὲ πλοῦτόν τε καὶ ὄλβον, ἀλλὰ κακὴν πενίην, τὴν Ζεὺς ἄνδρεσσι δἰδῶσιν. νάσσατο δ᾽ ἄγχ᾽ Ἑλικῶνος ὀιζυρῇ ἐνὶ κώµῃ, ”Ασκρη, χεῖμα κακῆ, θέρει ἀργαλέῃ, οὐδέ ποτ ἐσθλᾖῇῃ. Τύνη δ᾽, ὦ Πέρση, ἔργων μεμνημµένος εἶναι ὡραίων πάντων, περὶ ναυτιλίης δὲ μάλιστα. νη ὀλίγην αἰνεῖν, µεγάλῃ δ' ἐνὶ φορτία θέσθαι;’ μείζων μὲν φόρτος, μεῖζον δ᾽ ἐπὶ κἐρδεῖ κέρδος ἔσσεται, εἴ κ᾿ ἄνεμοί γε κακὰς ἀπέχωσιν ἀήτας.
Εὖτ ἂν ἐπ᾽ ἐμπορίην τρέψας ἀεσίφρονα θυμὸν
βούληαι χρέα τε προφυγεῖν καὶ λιμὸν ἀτερπέα, δείξω δή τοι µέτρα πολυφλοίσβοιο θαλάσσης, οὔτε τι ναυτιλίης σεσοφισµένος οὔτε τι νηῶν. οὐ γάρ πώ ποτε νηὶ Υ᾿ ἐπέπλων εὐρέα πόντον,
εἰ μὴ ἐς Εὔβοιαν ἐξ Αὐλίδος, ᾗ ποτ ᾿Αχαιοὶ
µείναντες χειμῶνα πολὺν σὺν λαὸν ἄγειραν Ἑλλάδος ἐξ ἱερῆς Τροίην ἐς καλλιγύναικα. ἔνθα δ᾽ ἐγὼν ἐπ᾽ ἄεθλα δαΐφρονος ᾽Αμϕιδάμαντος Χαλκίδα τ εἰσεπέρησα! τὰ δὲ προπεφραδµένα πολλὰ ἄεθλ᾽ ἔθεσαν παῖδες µεγαλήτορες! ἔνθα µέ nur ὕμνῳ νικήσαντα Φφέρειν τρἰποδ᾽ ὠτώεντα" τὸν μὲν ἐγὼ Μούσηῃσ᾽ Ἑλικωνιάδεσσ᾽ ἀνέθηκα, ἔνθα µε τὸ πρῶτον λιγυρῆς ἐπέβησαν ἀοιδῆς. τόσσον τοι νηῶν γε πεπεἰρηµαι πολυγόμφων:
ἀλλὰ καὶ ὣς ἐρέω Ζηνὸς νόον αἰγιόχοιο'
Μοῦσαι γάρ μ᾿ ἐδίδαξαν ἀθέσφατον ὤμνον ἀείδειν.
LE OPERE E I GIORNI
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E allora trascina in mare la rapida nave e su di essa un carico adatto appresta, per portare a casa guadagno!4, come mio padre e tuo, sciocchissimo Perse,
che andava per navi, sprovvisto com'era di buoni mezzi e qui venne una volta, tanto mare attraversato,
per vivere; 635
lasciando l’eolica Cuma, sulla nave nera,
non certo fuggendo l’opulenza o la ricchezza o il benessere, ma la miseria maligna che Zeus agli uomini dona!#; e venne a stabilirsi nei pressi dell’Elicone, in un povero villaggio, Ascra, brutto d’inverno, penoso d’estate, favorevole mai. Quanto a te, o Perse, serba memoria dei lavori,
da fare a tempo, tutti,148 soprattutto trattandosi di navigazione. Elogia pure la nave piccola, ma carica le tue mercanzie su una grande: più grande è il carico e più grande il cumulo dei guadagni!49 sarà, purchè i venti tengano lontani i loro soffi tempestosi. Qualora!5, volgendo al commercio il tuo animo sconsiderato, intenda così sfuggire ai debiti e alla fame disgustosa, ti indicherò le leggi del mare risonante, per quanto io non sia esperto nè di navigazione né di navi!51, Mai infatti finora su una nave ho navigato il vasto mare, tranne quando andai in Eubea da Aulide!52, dove un tempo gli Achei,
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in attesa che la tempesta finisse, un grande esercito riunirono
dalla sacra Ellade rivolto contro Troia dalle belle donne'53, Laggiù io, in occasione delle gare del valoroso Anfidamante!%, attraversai per Calcide: molti i preannunciati premi che in palio posero i figli dell'eroe; laggiù (ti) ricordo che vinsi con un inno e ottenni un tripode ansato,
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che alle Muse eliconie volli consacrare,
là dove per la prima volta mi avviarono al canto dagli acuti suoni!5.
Tanto delle navi dai molti chiodi ho sperimentato. Ma, anche così, esporrò il pensiero di Zeus egioco, perché le Muse mi hanno insegnato a cantare un inno
ineffabile.
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ESIODO
"Ἠματα πεντήκοντα μετὰ τροπὰς ἠελίοιο, ἐς τέλος ἐλθόντος θέρεος, καματώδεος ὤὥρης, ὡραῖος πέλεται θνητοῖς πλόος" οὔτε κε νῆα
avatar où ἄνδρας ἀποφθείσειε θάλασσα,
εἰ δὴ μὴ πρόφρων γε Ποσειδάων ἐνοσιχθῶν
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ἢ Ζεὺς ἀθανάτων βασιλεὺς ἐθέλῃσιν ὀλέσσαι' ἐν τοῖς γὰρ τέλος ἐστὶν ὁμῶς ἀγαθῶν τε κακῶν τε. Ἅτῆμος δ εὐκρινέεςτ αὗραι καὶ πόντος ἀπήμων' εὔκηλος τότε νῆα θοὴν ἀνέμοισι πιθήσας
ἑλκέμεν ἐς πόντον φόρτον τ ἐς πάντα τίθεσθαι’ 675
σπεύδειν δ᾽ ὅττι τάχιστα πάλιν οἰκόνδε νέεσθαι μηδὲ µένειν οἶνόν τε νέον καὶ ὀπωρινὸν ὄμβρον καὶ χειμῶν᾽ ἐπιόντα Νότοιό τε δεινὰς ἀήτας,
6g T ὥρινε θάλασσαν ὁμαρτήσας Διὸς ὄμβρῳ
πολλῷ ὀπωρινῷ, χαλεπὸν δέ τε πόντον ἔθηκεν. 680
ἄλλος δ᾽ εἰαρινὸς πέλεται πλόος ἀνθρώποισιν' ἦμος δὴ τὸ πρῶτον, ὅσον τ ἐπιβᾶσα κορώνη
ἴχνος ἐποίησεν, τόσσον πέταλ) ἀνδρὶ φανήῃ ἐν κράδη ἀκροτάτῃ, τότε δ᾽ ἄμβατός ἐστι θάλασσα᾽
εἰαρινὸς δ᾽ οὗτος πέλεται πλόος' οὔ µιν ἔγωγε αἴνημ’, οὐ γὰρ ἐμῷ θυμῷ κεχαρισµένος ἐστίν'
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ἁρπακτός' χαλεπῶς κε ὀύγοις κακόν’ ἀλλά vu Kai tà ἄνθρωποι ῥέζουσιν ἀιδρείῃσι νόοιο’ χρήματα γὰρ ψυχὴ πέλεται δειλοῖσι βροτοῖσιν. δεινὸν δ᾽ ἐστὶ θανεῖν μετὰ κύμασιν΄ ἀλλά σ’ ἄνωγα φράζεσθαι τάδε πάντα μετὰ φρεσὶν ὡς ἀγορεύω. μηδ’ ἐν νηυσὶν ἅπαντα βίον κοίλῃσι τίθεσθαι, ἀλλὰ πλέω λείπειν, τὰ δὲ µείονα φορτίζεσθαι;" δεινὸν γὰρ πόντου μετὰ κύµασι πήµατι κύρσαι᾽ δεινὸν δ᾽ εἴ κ᾿ ἐπ᾽ ἅμαξαν ὑπέρβιον ἄχθος ἀείρας
ἄξονα καυάξαις καὶ φορτία µαυρωθείη,
µέτρα Φυλάσσεσθαι’ καιρὸς δ ἐπὶ πᾶσιν ἄριστος.
LE OPERE E 1 GIORNI
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Cinquanta giorni, tra il solstizio e la fine dell’estate, stagione spossante, è per i mortali il tempo adatto per navigare!56: né la nave spezzerai né uomini ti farà perire il mare, purchè Posidone, scuotitore della terra, non propizio,
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in loro infatti sta la realizzazione parimenti dei beni e dei malil97, Allora le brezze sono chiare e costanti e il mare non infligge sciagure; tranquillo, allora, confidando nei venti, la veloce nave
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o Zeus, re degli immortali, non ne voglia la fine:
trascina in mare e tutto il carico imponi, ma preoccupati di tornare quanto prima di nuovo a casa;
e non aspettare il vino nuovo e la pioggia d’autunno e la butrasca in arrivo e le raffiche terribili di Noto,
che i flutti sconvolge accompagnandosi alla pioggia di Zeus abbondante d’autunno, e il mare rende difficile.
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Un'altra navigazione, primaverile, esiste per gli umani;
quando per la prima volta, quanto grande è la traccia che la cornacchia posandosi al suolo produce altrettanto grande la foglia appaia all'uomo
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in cima al fico, allora il mare è valicabile. Questa è la navigazione in primavera; io, per parte mia, non la
elogio, perché non è gradita al mio cuore, è arrischiata: difficilmente scamperesti al male; eppure anche questa
gli uomini praticano con mente insipiente,
perché la ricchezza è la vita per i miseri mortali!88.
685
E terribile morire tra i marosi. E io t’invito
a meditare tutte queste cose nell’animo, lo ripeto. Sulle concave navi non mettere tutti quanti i tuoi beni!59 , lasciane a terra la maggior parte, carica la minor parte, perché è terribile incorrere in una disgrazia tra le onde del mare; è terribile se, imposto un carico spropositato al carro, spezzassi l’asse e il carico andasse in malora. Bada alla misura: l’opportuno è sopra ogni cosa ottimo!%0,
690
224
695
700
705
πι
ESIODO
‘Qpaiog dè yuvaîka τεὸν πυτὶ οἶκων ἄγεσθαι,
µήτε τριηκόντωῶν ἐτέων µάλα πὀλλ᾽ ἀπολείπων µήτ’ ἐπιθεὶς µάλα πολλά’ γάµος δέ τοι ὥριος οὗτος: Ἡ δὲ γυνὴ τέτορ᾽ ἡβώοι, πέμπτῳ δὲ γαμοῖτο. παρθενικὴν δὲ γαμεῖν, ὥς κ᾿ Ίθεα κεδνὰ διδάξης. τὴν δὲ μάλιστα γαμεῖν, ἥτις σέθεν ἐγγύθι ναίει, πάντα µάλ᾽ ἀμφὶς ἰδών, μὴ γείτοσι χάρµατα γήµῃς.
οὐ μὲν γάρ τι γυναικὸς ἀνὴρ ληίζετ᾽ ἄμεινον τῆς ἀγαθῆς, τῆς δ᾽ αὖτε κακῆς οὐ ῥίγιον ἄλλο, δειπνολόχης, ἤ τ ἄνδρα καὶ ἴφθιμόν περ ἐόντα
εὖει ἅτερ δαλοῖο καὶ ὠμῷ γἠραϊ δῶκεν.
Εὖ δ᾽ ὄπιν ἀθανάτων µακάρων πεφΦυλαγμένος εἶναι.
μηδὲ κασιγνήτῳ ἶσον ποιεῖσθαι ἑταῖρον: εἰ δέ κε ποιήῄσῃς, µή µιν πρότερος κακὸν ἔρξῃς μηδὲ ψεύδεσθαι γλώσσης χάριν’ εἰ δέ σέ γ΄ ἄρχη
ᾖἥἤτι ἔπος εἰπὼν ἀποθύμιον ἠὲ καὶ ἔρξας,
δὶς τόσα τείνυσθαι µμεμνηµένος: εἰ δέ κεν αὖτις ἡγῆτ ἐς φιλότητα, δίκην δ’ ἐθέλῃσι παρασχεῖν,
δέξασθαι; δειλός τοι ἀνὴρ φίλον ἄλλοτε ἄλλον
715
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ποιεῖται' σὲ δὲ µή τι νόος κατελεγχέτω εἶδος. μηδὲ πολήύξεινον μηδ’ ἄξεινον καλέεσθαι, μηδὲ κακῶν ἔταρον μηδ’ ἐσθλῶν νεικεστῆρα. μηδέ ποτ᾽ οὐλομένην πενίην θυµοφθόρον ἀνδρὶ τέτλαθ᾽ ὀνειδίζειν, µακάρων δόσιν αἰὲν ἐόντων. γλώσσης τοι θησαυρὸς ἐν ἀνθρώποισιν ἄριστος φειδωλῆς, πλείστη δὲ χάρις κατὰ µέτρον ἰούσης'
LE OPERE E I GIORNI
225
Quand’è tempo, conduci nella tua casa una moglie!6!, allorché tu non sia molto al di sotto dei trent'anni né li abbia di molto superati: la stagione giusta!6? del °
695
matrimonio è questa;
la donna resti pubere quattr’anni, al quinto prenda marito; sposa una vergine, perché tu possa comunicarle sagge abitudini!9, Sposa di preferenza una che abita vicino a te, avendo tutto ben guardato da ogni parte, onde non sposare la gioia dei vicini. Perché non c’è per un uomo preda più pregevole di una donna virtuosa, né d’altro canto guadagno più orribile di una
700
sposa cattiva,
che cerca solo una greppia!%, e che il marito, per quanto potente,
brucia senza torcia e consegna a prematura vecchiaia!9,
705
Stai ben attento ad osservare il rispetto dovuto agli immortali beati!66, Non trattare un compagno alla stregua di un fratello; ma se lo fai, non essere il primo a fargli del male!97; e non mentirgli per il gusto di parlare, ma se prende l'iniziativa di dirti parole spiacevoli o di farti uno screzio, 710 ricordati di ripagarlo due volte tanto; se, poi, ancora
cercherà di ricondurti all'amicizia e vorrà offrirti riparazione,
accetta; e certo è un misero uomo chi ora questo ora
quello amico si fa: quanto a te, che la tua mente non smentisca il volto!8, Non essere chiamato uomo dai molti ospiti e neppure
senza ospiti,
715
né compagno di vili individui né litigioso con quelli che contano. Mai la funesta indigenza che distrugge l’animo dell’uomo
tu tollera di biasimare, chè è data dai beati che sempre sono!69;
il più eccellente tesoro tra gli umani è quello di una lingua parca, ed essa ha la più grande grazia quando procede
moderata;
720
226
ESIODO
εἰ δὲ κακὸν εἴποις, τάχα κ᾿ αὐτὸς μεῖζον ἀκούσαις.
μηδὲ πολιυξείνου δαιτὸς δυσπέµφελος εἶναι΄
725
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ἐκ κοινοῦ πλείστη τε χάρις δαπάνη τ’ ὀλιγίστη. μηδέ ποτ ἐξ ἠοῦς Διὶ λείβειν αἴθοπα οἶνον
χερσὶν ἀνίπτοισιν μηδ’ ἄλλοις ἀθανάτοισιν'
οὐ γὰρ τοί γε κλύουσιν, ἀποπτύουσι δέ τ’ ἀράς. μηδ’ ἄντ᾽ ἠελίου τετραμµένος ὀρθὸς ὀμιχεῖν,
αὐτὰρ ἐπεί κε δύῃ, µεμνημένος, ἔς τ’ ἀνιόντα, µήτ ἐν ὁδῷ µήτ ἐκτὸς ὁδοῦ προβάδην οὐρήσῃς,
μὴ δ᾽ ἀπογυμνωθείς' µακάρων τοι νύκτες ἔασιν. ἑζόμενος δ᾽ ὅ γε θεῖος ἀνήρ, πεπνυµένα εἰδώς,
ἡ ὅ γε πρὸς τοῖχον πελάσας εὐερκέος αὐλῆς. 735 757 758 759
μηδ᾽ αἰδοῖα γονῇ πεπαλαγμένος ἔνδοθι οἴκου ἱστίῃ ἐμπελαδὸν παραφαινέµεν, ἀλλ’ ἀλέασθαι. und’ ἀπὸ δυσφήµοιο τάφου ἀπονοστήσαντα σπερμαίνειν γενεήν, ἀλλ᾽ ἀθανάτῶν ἀπὸ δαιτός. μηδέ ποτ ἐν προχοῆς ποταμῶν ἅλαδε προρεόντων μηδ᾽ ἐπὶ κρηνάων οὐρεῖν, µάλα δ᾽ ἐξαλέασθαι' μηδ’ ἐναποψύχειν' τὸ γὰρ οὔ τοι λώιόν ἐστιν. μηδέ ποτ ἀενάων ποταμῶν καλλίρροον ὕδωρ
ποσσὶ περᾶν πρίν Υ᾿ εὔξῃ ἰδὼν ἐς καλὰ ῥέεθρα 740
745
χεῖρας νιψάµενος πολυηράτῳ ὕδατι λευκφ: ὃς ποταμὸν διαβῇ, κακότητι δὲ χεῖρας ἄνιπτος, τῷ δὲ θεοὶ νεμεσῶσι καὶ ἄλγεα δῶκαν ὀπίσσω. μηδ᾽ ἀπὸ πεντόζοιο θεῶν ἐν δαιτὶ θαλείῃ αὖον ἀπὸ χλωροῦ τάµνειν αἴθωνι σιδήρῳ. μηδέ ποτ’ οἰνοχόην τιθέµεν κρητῆρος ὕπερθεν
πινόντων’ ὀλοὴ γὰρ ἐπ᾽ αὐτῷ μοῖρα τέτυκται.
μηδὲ δόµον ποιῶν ἀνεπίξεστον καταλείπειν, µή τοι ἐφεζομένη κρώξῃ λακέρυζα κορώνη. μηδ᾽ ἀπὸ χυτροπόδων ἀνεπιρρέκτων ἀνελόντα ἔσθειν μηδὲ λόεσθαι; ἐπεὶ καὶ τοῖς ἔπι ποινή.
LE OPERE E I GIORNI
227
se dici male di qualcuno, presto sentirai di peggio sul tuo
conto!70,
Non essere scontroso in un banchetto con molti ospiti, a spese comuni: grandissima la piacevolezza, piccolissima la spesa!?!, Non libare mai all’alba a Zeus vino scintillante con mani non lavate, né agli altri immortali: non ti ascoltano, rigettano le tue preghiere!72, Non mingere in piedi rivolto contro il sole;
725
quando cala e al suo levarsi, ricorda, non orinare in cammino né in strada né fuori della strada,
né denudandoti: ai beati appartengono le notti;
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si accovaccia l’uomo pio e saggio
o si accosta al muro di un cortile ben chiuso!?3, In casa tua i genitali sporchi di sperma non mostrare vicino al focolare: evitalo. Di ritorno da tristi funebri esequie non seminare figli, ma da un banchetto in onore degli dei!74, Mai alla foce dei fiumi che si gettano in mare orina né alle fonti, evitalo con cura,
e neppure sgravatici il ventre: non è bene!”, Dei fiumi eterni l’acqua dalle belle onde non attraversare mai a piedi prima di aver pregato guardando alle belle correnti!%, lavate le mani nell’acqua amabile e chiara: chi attraversi un fiume, ma per vizio con le mani impure,
contro di lui si sdegnano gli dei e in seguito sofferenze
gl’infliggono. Né dalla cinque-rami!?7 in un festoso banchetto in onore degli dei taglia il secco dal verde col ferro sfavillante. Non porre mai la brocca da vino sopra il cratere mentre si beve!78: funesto destino ne consegue. Costruendo una casa, non lasciarla non finita ad evitare che la cornacchia!79 strepitante vi si posi a gracchiare. Da fornelli non ancora adoperati nei sacrifici non prendere
da mangiare né da lavarti: anche per ciò c’è castigo.
735 757 758 759
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ESIODO
μηδ’ ἐπ᾽ ἀκινήτοισι καθίζειν, οὐ γὰρ ἄμεινον, παῖδα δυώδεκαταῖον, ὅ τ’ ἀνέρ᾽ ἀνήνορα ποιεῖ, μηδὲ δυωδεκάμµηνον’ ἴσον καὶ τοῦτο τέτυκται. μηδὲ γυναικείῳ λουτρῷ χρόα φαιδρύνεσθαι ἀνέρα' λευγαλέη γὰρ ἐπὶ χρόνον ἔστ' ἐπὶ καὶ τῷ ποινή. μηδ’ ἱεροῖσιν ἐπ᾽ αἰθομένοισι κυρήσας
µμωμεύειν ἀϊδηλα' θεός νύ τι καὶ τὰ νεµεσσᾷ.
ὧδ' ἔρδειν' δεινὴν δὲ βροτῶν ὑπαλεύεο φήµην’ φήμη γάρ τε κακἡ πέλεται κούφη μὲν ἀεῖραι ῥεῖα µάλ’, ἀργαλέη δὲ φέρειν, χαλεπὴ δ᾽ ἀποθέσθαι. φήμη δ οὔ τις πάµπαν ἀπόλλυται, ἤντινα πολλοὶ λαοὶ Φημίξωσι; θεός νύ τὶς ἐστι καὶ αὐτή. "Ἠματα δ᾽ ἐκ Διόθεν πεφυλαγµένος εὖ κατὰ μοῖραν πεφραδέµεν δµώεσσι τριηκάδα μηνὸς ἀρίστην ἔργα τ’ ἐποπτεύειν ἠδ᾽ ἁρμαλιὴν δατέασθαι,
εὖτ ἂν ἀληθείην λαοὶ κρίνοντες ἄγωσιν.
770.
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780
Αἴδε γὰρ ἡμέραι εἰσὶ Διὸς παρὰ µητιόεντος.
πρῶτον ἔνη τετράς τε καὶ ἑβδόμη ἱερὸν ἡμαρ'
τῇ γὰρ ᾿Απόλλωνα χρυσάορα γείνατο Λητώ: ὀγδοάτη δ᾽ ἐνάτη τε δύω γε μὲν ἥματα μηνὸς ἔξοχ᾽ ἀεξομένοιο βροτήσια ἔργα πένεσθαι;’ ἑνδεκάτη δὲ δυωδεκάτη τ ἄμφω γε μὲν ἐσθλαὶ ἡμὲν ὄις πείκειν ἠδ' εὔφρονα καρπὸν ἀμᾶσθαι;: ἡ δὲ δυωδεκάτη τῆς ἑνδεκάτης µέγ΄ ἀμείνων' τῇ γάρ τοι νεῖ νήματ' ἀερσιπότητος ἀράχνης ἥματος ἐκ πλείου, ὅτε τ ἴδρις σωρὸν ἀμᾶται' τῇ δ᾽ Ἱστὸν στήσαιτο γυνὴ προβάλοιτό τε ἔργον. Μηνὸς δ᾽ ἱσταμένου τρεισκαιδεκάτην ἀλέασθαι σπέρματος ἄρξασθαι: φυτὰ δ᾽ ἐνθρέψασθαι ἀρίστη. ἝἜκτη δ᾽ ἡ µέσση µάλ᾽ ἀσύμφορός ἐστι φυτοῖσιν,
LE OPERE Ε I GIORNI
229
Non far sedere su (sacre) immote realtà!80, perché non è bene, un bambino di dodici anni: ciò svirilizza l’uomo (che lo fa),
‘né di dodici mesi: uguale effetto ne consegue. Non si lavi il corpo in un lavacro di donna un uomo: anche per questo vi è dolorosa, seppur temporanea, pena. Imbattendoti in offerte che bruciano, non avere parole di scherno per le cose invisibili!8!: anche pet questo il dio si sdegna. Così agisci, ed evita la terribile fama propria ai mortali; la fama infatti è maligna, leggera a sollevarsi con facilità, penosa da sopportare e difficile da deporre; nessuna fama interamente muore, quella che molte genti abbiano diffuso: anch'essa è una dea!®.
Osservando con scrupolo, convenientemente, i giorni!83 che si originano da Zeus, comunica ai servi che il trentesimo giorno del mese è il migliore per sovrintendere ai lavori agricoli e ripartire le razioni, purchè le genti prendano in esame il vero!84 e lo tengano
750
755 756 760
765
in conto.
Ecco, questi sono i giorni che derivano dal prudente Zeus. Innanzitutto il primo, il quarto e il settimo sono giorni sacri, 770 chè in quest’ultimo Letò generò Apollo dalla spada d’oro; così l’ottavo e il nono: due giorni del mese che comincia!85 eccellenti per eseguire i lavori che spettano agli umani; l'undicesimo e il dodicesimo sono entrambi propizi sia per tosare le pecore sia per ammassare gioiosi frutti;
ma il dodicesimo è di gran lunga migliore dell’undicesimo: è in questo che il ragno, che in alto vola, tesse la tela,
775
dal giorno lungo, quando la preveggente!86 raccoglie il mucchio: in quel giorno la donna ordisca la tela e getti le basi del suo lavoro. Il tredicesimo giorno dall’inizio del mese evita 780 di cominciare la semina; ma è ottimo per piantare. Il sesto giorno di metà mese è senz'altro disutile per piantare,
230
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ESIODO
ἀνδρογόνος δ᾽ ἀγαθή' κούρῃ δ᾽ οὐ σύμφορός ἐστιν οὔτε γενέσθαι πρῶτ' οὔτ' ἂρ γάµου ἀντιβολῆσαι. οὐδὲ μὲν ἡ πρώτη ἕκτη κούρηῃ γε γενέσθαι ἄρμενος, ἀλλ’ ἐρίφους τάµνειν καὶ πώεα µήλων, σηκόν τ ἀμφιβαλεῖν ποιµνήιον ἤπιον ἦμαρ' ἐσθλὴ δ᾽ ἀνδρογόνος' φιλέοι δέ κε κέρτοµα βάζειν Ψεύδεά θ’ αἱμυλίους τε λόγους κρυφίους τ’ ὀαρισμούς, Μηνὸς δ᾽ ὀγδοάτῃ κάπρον καὶ βοῦν ἐρίμυκον ταµνέµεν, οὐρῆας δὲ δυωδεκάτῃ ταλαεργούς. Εἰκάδι δ᾽ ἐν µεγάλῃ, πλέῳ ἥματι, ἵστορα φῶτα γείνασθαι’ µάλα γάρ τε νόον πεπυκασμένος ἔσται. Ἐσθλὴ δ᾽ ἀνδρογόνος δεκάτη, κούρῃ δέ τε τετρὰς µέσστ' τῇ δέ τε μῆλα καὶ εἰλίποδας ἕλικας βοῦς καὶ κύνα καρχαρόδοντα καὶ οὐρῆας ταλαεργοὺς
πρηύνειν ἐπὶ χεῖρα τιθείς' πεφύλαξο δὲ θυμῷ τετράδ’ ἀλεύασθαι φθίνοντός θ᾽ ἱσταμένου τε
800
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ἄλγεα θυµοβόρα! µάλα τοι τετελεσμένον ἦμαρ.
Ἐν δὲ τετάρτῃ μηνὸς ἄγεσθ᾽ εἰς οἶκον ἄκοιτιν οἰωνοὺς κρίνας οἳ ἐπ᾽ ἔργματι τούτῳ ἄριστοι. Πέμµπτας δ᾽ ἐξαλέασθαι, ἐπεὶ χαλεπαί τε καὶ αἰναί᾽ ἐν πέµπτη γάρ ϕφασιν Ἐρινύας ἀμφιπολεύειν Ὅρκον γεινόµενον, τὸν Ἔρις τέκε πῆμ᾽ ἐπιόρκοις.
Μέσσῃ δ᾽ ἑβδομάτῃ Δημήτερος ἱερὸν ἀκτὴν εὖ µάλ’ ὀπιπεύοντα ἐυτροχάλῳ ἐν ἀλωῇ
βάλλειν, ὑλοτόμον τε ταμεῖν θαλαµήια δοῦρα νηιά τε ξύλα πολλά, τά τ ἄρμενα νηυσὶ πέλονται. τετράδι δ᾽ ἄρχεσθαι νῆας πήγνυσθαι ἀραιάς. Εἰνὰς δ᾽ ἡ µέσση ἐπὶ δείελα λώιον ἡμαρ' πρωτίστη δ᾽ εἰνὰς παναπήµων ἀνθρώποισιν' ἐσθλὴ μὲν γάρ θ) ἤ γε φυτευέµεν ἠδὲ γενέσθαι
231
LE OPERE E I GIORNI
buono invece per generare figli maschi; ma non conviene a una ragazza nè per nascere, innanzitutto, né per contrarre nozze.
Neppure il sesto dall'inizio del mese alla nascita di figlie è adatto, ma per castrare i capretti e gli arieti delle greggi e costruire un recinto per le pecore è un giorno favorevole; è propizio per generare un figlio maschio: gli piacerà dire battute mordaci, falsità, parole accorte, avere colloqui segreti. L’ottavo del mese il maiale e il toro mugghiante
785
790
castra, i muli pazienti il dodicesimo.
Nel grande ventesimo!87, nel giorno lungo, un conoscitore delle leggi nasca: sarà uomo di solido senno.
Propizio per generare figli maschi è il decimo, per le femmine il quarto di metà mese; in quel giorno le pecore, i buoi
795
corna ricurve, zampe storte,
il cane dai denti aguzzi e i pazienti muli ammansisci mettendo la mano su di loro. Sta’ in guardia in cuor
tuo
onde evitare, il quarto dell'inizio e della fine del mese, i dolori che divorano l’anima: è un giorno consacrato!88. Il quarto del mese portati in casa una sposa, esaminàti i presagi che per quest’azione siano più validi. Schiva i quinti giorni, perché sono penosi e infelici; un quinto giorno dicono che le Frinni!89 si occuparono alla nascita di Giuramento, che Eris generò sciag ura per gli spergiuri. Il settimo di metà mese, il grano sacro a Demetra,
procedendo con grande scrupolo, sull’aia rotond a getta, il boscaiolo tagli le tavole per la camera nu ziale e per le navi legna in quantità, quella adatta a costituirle.
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Il quarto comincia a costruire le strette navi.
II nono di metà mese è un buon giorno in serata; il nono d’inizio mese è del tutto esente da sofferenze per gli umani: è propizio sia per piantare sia per la nascita
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ESIODO
ἀνέρι τ’ ἠδὲ γνυναικἰ, καὶ οὔποτε πάγκακον ἦμαρ. ΠαΏθροι δ᾽ αὖτε ἴσασι τρισεινάδα μηνὸς ἀρίστην
ἄρξασθαί τε πἰθου καὶ ἐπὶ ζυγὸν αὐχένι θεῖναι
βουσὶ καὶ ἡμιόνοισι καὶ ἵπποις ὠκυπόδεσσι, νῆα πολυκλήιδα θοὴν εἰς οἴνοπα πόντον εἰρύμεναι: παῦροι δέ τ ἀληθέα κικλήσκονσιν. Τετράδι δ᾽ οἶγε πἰθον’ περὶ πάντων ἱερὸν ἦμαρ µέσση΄ παῦροι δ᾽ αὖτε µετ εἰκάδα μηνὸς ἀρίστην ἠοῦς γεινοµένης’ ἐπὶ δείελα δ᾽ ἐστὶ χερείων. Aide uèv ἡμέραι εἰσὶν ἐπιχθονίοις μέγ ὄνειαρ' αἱ δ᾽ ἄλλαι µετάδουποι, ἀκήριοι, οὔ τι φέρουσαι. ἄλλος δ᾽ ἀλλοίην αἰνεῖ, παθῦροι δὲ ἴσασιν. ἄλλοτε μητρνιὴ πέλει ἡμέρη, ἄλλοτε µήτηρ. τάων εὐδαίμων τε καὶ ὄλβιος ὃς τάδε πάντα ειδὼς ἐργάζηται ἀναίτιος ἀθανάτοισιν,
ὄρνιθας κρἰνων καὶ ὑπερβασίας ἀλεείνων.
LE OPERE E I GIORNI
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di un uomo o di una donna; non è mai giorno interamente nefasto. Pochi sanno inoltre che il ventisette!90 del mese è ottimo per mettere mano ad un vaso, per applicare il giogo al collo di buoi, muli e cavalli dai rapidi piedi, la veloce nave dai molti banchi nel mare vinoso per trascinare; pochi lo qualificano veracemente. Nel quarto apri il vaso: tra tutti è particolarmente sacro
815
quello di metà mese!91; ma, ancora, pochi sanno che
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ora matrigna è una giornata ora madre.
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quello dopo il ventesimo è il migliore del mese al sorgere dell’alba; è peggiore di sera. Questi sono i giorni di grande utilità per i terrestri; gli altri sono inconsistenti, anodini, non producono effetto; chi elogia questo chi quello, ma pochi sanno; Felice e fortunato colui che tutte queste cose dei giorni conoscendo, lavori incolpevole di fronte agli dei, esaminando i presagi ed evitando le trasgressioni!9.
ΑΣΠΗΣ ΥΠΟΘΕΣΙΣ Τῆς ᾿Ασπίδος ἡ ἀρχή ἐν τῷ τετάρτῳ Καταλόγῳ φέρεται µέχρι στίχων ν᾿
καὶ σ’. διὸ καὶ ὑπώπτευκεν Αριστοφάνης ὡς οὐκ οὖσαν αὐτὴν Ἡσιόδου, ἀλλ'ἑτέρου τινὸς τὴν Ὁμηρικὴν ἀσπίδα µιµήσασθαι προαιρουµένου.
Μεγακλείδης ὁ ᾿Αθηναῖος γνήσιον μὲν οἷδε τὸ ποίηµα, ἄλλως δὲ ἐπιτι-
μᾷ τῷ Ἡσιόδῳ' ἄλογον γάρ φησι ποιεῖν ὅπλα "Ἠφαιστον τοῖς τῆς μητρὸς ἐχθροῖς. ᾿ Απολλώνιος δὲ ὁ 'Ῥόδιος ἐν τῷ τρίτῳ Φησὶν αὐτοῦ εἶναι ἔκ τε τοῦ
χαρακτῆρος καὶ ἐκ τοῦ πάλιν τὸν ᾿Ιόλαον ἐν τῷ Καταλόγῳ εὑρίσκειν
ἠνιοχοῦντα Ἡρακλεῖ. καὶ Στησίχορος δέ φῃσιν Ἡσιόδου εἶναι τὸ ποίημα. Τάφιοι στρατεύσαντες ἐπὶ τὰς ᾿Ἠλεκτρύωνος βόας ἀνεῖλον τοὺς τῆς ᾽Αλκμήνης ἀδελφοὺς τῶν θρεμµάτων ὑπεραγωνιζομένους. τοῦ δὲ Αμϕιτρύω-
νος αὐτῇ βουλοµένου συνελθεῖν, αὕτη οὐ πρότερον ὑπέσχετο πρὶν ἢ παρὰ
τῶν ἀδελφοκτόνων εἰσπράξηται τιµωρίαν' ὁ δὲ ἐπιστρατεύσας ἀνεῖλεν αὖ-
τοὺς. κατὰ δὲ τὴν αὐτὴν νύκτα ἀμφότεροι συνέρχονται αὐτῇ, ὅ τε Ζεὺς καὶ ὁ ᾽Αμϕιτρύων, ὃ μὲν ἐκ τοῦ πολέμου ὑποστρέψας, Ζεὺς δὲ βουληθεὶς βοη-
θὸν ἀνθρώποις γεννῆσαι. ἢ δὲ κύει ἐκ μὲν ᾽ Αμϕιτρύωνος ᾿Ιφικλέα, ἐκ δὲ Διὸς Ἡρακλέα. ὃς καὶ ἐπὶ Κύκνον τὸν ΄Αρεος viòv ἠνίοχον ἔχων Ιόλαον στρατεύεται, ὃς τοὺς εἰς Πυθώ «τὰς» δεκάρας ἄγοντας περιεσύλα. σκεπασθεὶς οὖν ἡφαιστοτεύκτῳ ἀσπίδι πρόεισιν εἰς Τραχῖνα πρὸς Κήνκα.
συμβαλὼν δὲ τῷ Κύκνῳ, αὐτὸν μὲν ἀναιρεῖ, τὸν δὲ "Αρεα ὑπερασπίζοντα τοῦ υἱοῦ κατὰ τὸν μηρὸν τιτρώσκει. καὶ οὕτως ἔρχεται πρὸς Κήνκα: ἦν δὲ ὁ Κύκνος Κήυκος γαμβρὸς ἐπὶ θυγατρὶ Θεμιστονόῃ.
... Ἡ οἵη προλιποῦσα δόµους καὶ πατρίδα γαϊῖαν ἤλνθεν ἐς Θήβας μετ ἀρήιον ᾽Αμϕιτρύωνα ᾽Αλκμήνη, θυγάτηρ λαοσσόου Ἠλεκτρύωνος' ἥ ῥα γυναικῶν Φφῦλον ἐκαΐνυτο θηλυτεράων
εἴδεῖ τε µεγέθει τε: νόον γε μὲν οὔ τις ἔριζε τάων ἃς θνηταὶ θνητοῖς τέκον εὐνηθεῖσαι.
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τῆς καὶ ἀπὸ κρῆθεν βλεφάρων τ ἄπο κυανεάων τοῖον ἄπθ᾽ οἷόν τε πολυχρύσου ᾿Αϕροδίτης. ἢ δὲ καὶ ὣς κατὰ θυμὸν ἑὸν τίεσκεν ἀκοίτην, ὡς οὔ πώ τις ἔτισε γυναικῶν θηλυτεράων’
ἡ μέν οἱ πατέρ᾽ ἐσθλὸν ἀπέκτανε ἴφι δαµάσσας, χὠσάμενος περὶ βουσί’ λιπὼν δ᾽ ὅ γε πατρίδα γαῖαν ἐς Θήβας ἱκέτευσε φερεσσακέας Καδμείους.
Lo Scupo Argomento! L'inizio dello Scudo fino al verso 56 è trasmesso nel IV libro del Catalogo (= fr. 139 Most). Perciò Aristofane? (fr.406 Slater) sospetta che non sia opera di Esiodo, ma di qualche altro che si proponeva di imitare lo scudo omerico. Megaclide di Atene (fr. 7 Janko) riconosce il poema come genuino, peraltro biasima Esiodo dicendo che è assurdo che Efesto fabbrichi armi per i
nemici della madre. Apollonio Rodio, nel terzo libro? (fr. XXI Michaelis), lo
dichiara di Esiodo sia per il carattere sia perché ritrova Iolao nel Catalogo come auriga di Eracle (fr. 141 Most). Anche Stesicoro (fr. 92 Page) dice che
il poema è di Esiodo4.
I Tafi, mossa guerra per i buoi di Elettrione, uccisero i fratelli di Alemena
che proteggevano gli animali. Anfitrione voleva congiungersi con lei; costei glielo promise, ma non prima che si procedesse a punire gli uccisori dei fratelli. Quello dunque, fatta una spedizione, li uccise. Nella medesima notte entrambi vanno con lei, Zeus e Anfitrione; quest’ultimo di ritorno dalla guerra, Zeus con l’intendimento di generare un soccorritore (‘boethòn) degli uomini. E lei concepisce da Anfitrione Ificle, da Zeus Eracle. Il quale, aven-
do Iolao come auriga, muove guerra a Cicno, figlio di Ares, che spogliava coloro che recavano le decime a Pito?. Difeso dunque da uno scudo fabbri-
cato da Efesto, si avvia a Trachi6 da Ceice. Affrontato Cicno, lo uccide e feri-
sce ad una coscia Ares che cerca di proteggere il figlio con lo scudo. Così arriva da Ceice. Cicno era genero di Ceice tramite la figlia Temistonoe.
.. Oppure colei che?, abbandonate le sue case e la patria terra,
andò a Tebe seguendo il prode Anfitrione,
Alcmena, figlia di Elettrione scuotitore di guerrieri, che spiccava tra tutte le donne di razza8
per avvenenza e statura; e per pensiero nessuna con lei
rivaleggiava,
tra quelle che furono partorite da donne mortali giaciute con dei mortali. Dall’alto del suo capo e dalle sue palpebre azzurro scuro un effluvio esalava pari a quello di Afrodite ricca d’oro?. E quella, pur così, adorava in cuor suo il suo sposo, come nessuna ancora adorò il suo delle vere donne!0. Eppure Anfitrione le aveva ucciso il nobile padre,
domandolo a forza!!,
preso da collera per dei buoi; lasciata allora la patria terra, andò supplice a Tebe, dai Cadmei portatori di scudo.
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ESIODO
ἔνθ' ὅ γε δώματ’ ἔναιε σὺν αἰδοίῃ παρακοίτι νόσὀιν ἅτερ Φιλότητος ἐφιμέρου, οὐδέ οἱ Rev πρὶν λεχέων ἐπιβῆναι ἐυσφύρου Ἠλεκτρυώνης πρὶν γε Φφόνον τεἰσαιτο κασιγνήτων μεγαθύμῶν ἧς ἀλόχου, μαλερῷ δὲ καταφλέξαι πυρὶ κώµας ἀνδρῶν ἡρώων Ταφίων ἰδὲ Τηλεβοάων. τὼς γάρ οἱ διέκειτο, θεοὶ δ᾽ ἐπὶ µάρτυροι ἦσαν: τῶν ὅ Υ’ ὀπίζετο μῆνιν, ἐπείγετο δ᾽ ὅττι τάχιστα ἐκτελέσαι μέγα ἔργον, ὅ οἱ Διόθεν θέµις ἦεν. τῷ δ᾽ ἅμα ἱέμενοι πολέμοιό τε φυλόπιδός τε Βοιωτοὶ πλήξιπποι, ὑπὲρ σακέων πνείοντες, Λοκροί τ ἀγχέμαχοι καὶ Φωκῆες µεγάθυµοι ἕσποντ ἦρχε δὲ τοῖσιν ἐὺς πάις ᾽Αλκαίοιο κυδιόων λαοῖσι. πατὴρ δ᾽ ἀνδρῶν τε θεῶν τε ἄλλην µῆτιν ὕφαινε μετὰ Φρεσίν, ὥς ῥα θεοῖσιν ἀνδράσι τ’ ἀλφηστῇῆσιν ἀρῆς ἀλκτῆρα Φφυτεύσαι. ώρτο δ᾽ ἀπ᾿ Οὐλύμποιο δόλον φρεσὶ βυσσοδοµεύων, ἱμείρων φιλότητος ἐυζώνοιο γυναικός, ἐννύχιος' τάχα δ᾽ ἵξε Τυφαόνιον’ τόθεν αὖτις Φίκιον ἀκρότατον προσεβήσατο µητίετα Ζεύς. ἔνθα καθεζόµενος φρεσὶ µήδετο θέσκελα ἔργα' αὐτῇ μὲν γὰρ νυκτὶ τανισφύρου Ἠλεκτρυώνης εὐνῇ καὶ φιλότητι µίγη, τέλεσεν δ᾽ ἄρ᾽ ἐέλδωρ' αὐτῇ δ᾽ ᾽Αμϕιτρύων λαοσσόος, ἀγλαὸς ἥρως, ἐκτελέσας µέγα ἔργον ἀφίκετο ὄνδε δόµονδε, οὐδ' ὅ γε πρὶν ὁμῶας καὶ ποιμένας ἀγροιώτας
ὠρτ ἰέναι, πρὶν Υ ἧς ἀλόχου ἐπιβήμεναι εὐνῆς:
τοῖος γὰρ κραδίην πόθος αἴνυτο ποιμένα λαῶν. ὡς δ᾽ ὅτ ἀνὴρ ἀσπαστὸν ὑπεκπροφύγῃ κακότητα νούσου ὑπ' ἀργαλέης ἢ καὶ κρατεροῦ ὑπὸ δεσμοῦ, 45
ὥς ῥα τότ ᾽Αμϕιτρύῶων χαλεπὸν πόνον ἐκτολυπεύσας
ἀσπασίως τε φίλως τε ἑὸν δόµον εἰσαφίκανεν.
LO SCUDO
237
E lì viveva nelle sue case con la casta sposa,
in disparte, senza il tenero amore, né gli era lecito
ascendere il letto della figlia di Elettrione dalle belle caviglie prima di aver castigato il massacro dei fratelli magnanimi di sua moglie e aver appiccato il fuoco impetuoso ai villaggi degli eroi Tafi e dei Teleboi!2, Tali le condizioni poste per lui e gli dei ne erano testimoni; egli la loro ira paventava e s'adoprava quanto prima a portare a termine la grande impresa che era per lui voluta da Zeus!3, Lui seguendo, desiderosi di guerra e di scontro, i Beoti che spronano i cavalli e respirano ben sopra gli scudi!4, i Locresi che combattono da presso e i Focesi valorosi
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muovevano; e in testa a loro andava il valente figlio di Alceo!5,
superbo delle sue genti. Ma il padre degli uomini e degli dei un altro piano tesseva nel suo animo, quello per gli dei e per gli uomini laboriosi di far nascere un difensore!6 contro il pericolo. Balzò dall’Olimpo tramando una frode nel cuore,
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bramoso dell’intimità della donna dalla bella cintura, nella notte; tosto giunse sul Tifaonio, da lì, poi,
in cima al Fichio!” ascese il prudente Zeus. Lì sedendo macchinava nell’animo una meravigliosa avventura: quella notte infatti alla figlia di Elettrione dalle sottili caviglie si congiunse nel letto in amore e realizzò la sua brama; ma quella notte Anfitrione scuotitore di popoli, splendido eroe, concluso il suo grande compito, ritornò al palazzo; né servi e pastori nei campi
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si mosse ad incontrare prima di salire nel letto di sua moglie: tale era infatti il desiderio che dominava il cuore del pastore di popoli; come quando un uomo, con gioia, ha schivato fortunosamente il male di malattia crudele o di vincoli potenti,
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con piacere ed amore tornava alla sua dimora!8.
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così allora Anfitrione, dipanato il filo del suo duro gesto,
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ESIODO
παννύχιος δ᾽ ἄρ᾽ ἔλεκτο σὺν αἰδοίῃ παρακοίτι τερπόµενος δώροισι πολυχρύσου ᾽Αϕροδίτης. ἢ δὲ θεῷ δμηθεῖσα καὶ ἀνέρι πολλὸν ἀρίστῳ Θήβηῃ ἐν ἑπταπύλῳ διδυµάονε γείνατο παϊδε, ου καθ᾽ ὁμὰ Φὀρονέοντε' κασιγνήτω γε μὲν ἤστην' τὸν μὲν χειρότερον, τὸν δ᾽ αὖ µέγ΄ ἀμείνονα φῶτα δεινόν τε κρατερόν τε, βίην Ἡρακληείην' τὸν μὲν ὑποδμηθεῖσα κελαινεφέι Κρονίωνι, αὐτὰρ Ἰφικλῆα δορυσσόῳφ ᾽Αμϕιτρύωνι' κεκριμένην γενεήν, τὸν μὲν βροτῷ ἀνδρὶ µιγεῖσα, τὸν δὲ Διὶ Kpovicvi, θεῶν σηµάντορι πάντων. Ὃς καὶ Κύκνον ἔπεφνεν, ᾽Αρητιάδην µεγάθυµον. εὗρε γὰρ ἐν τεµένει ἑκατηβόλου ᾽Απόλλωνος αὐτὸν καὶ πατέρα ὃν "Αρηπ), ἄατον πολέµοιο, τεύχεσι λαμποµένους σέλας ὣς πυρὸς αἰθομένοιο,
ἑσταότ ἐν δίφρῳ' χθόνα δ᾽ ἔκτυπον ὠκέες ἵπποι νύσσοντες χηλῆσι, κόνις δέ σφ’ ἀμφιδεδήει
κοπτοµένη πλεκτοῖσιν ὑφ᾽ ἅρμασι καὶ ποσὶν ἵππων: ἅρματα δ᾽ εὐποίητα καὶ ἄντυγες ἀμφαράβιζον
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ἵππων ἱεμένων. κεχάρητο δὲ Κύκνος ἀμύμων, ἐλπόμενος Διὸς υἱὸν ἀρήιον ἡνίοχόν τε χαλκῷ δῃώσειν καὶ ἀπὸ κλυτὰ τεύχεα δύσειν. ἀλλά οἱ εὐχωλέων οὐκ ἔκλνε Φοῖβος ᾽Απόλλων:
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πᾶν δ᾽ ἄλσος καὶ βωμὸς ᾽Απόλλωνος Παγασαίου
αὐτὸς γάρ οἱ ἐπῶρσε βίην Ἡρακληπείην.
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λάμπεν ὑπαὶ δεινοῖο θεοῦ τευχέων τε καὶ αὐτοῦ, πΏρ δ᾽ ὣς ὀφθαλμῶν ἀπελάμπετο. τὶς κεν ἐκείνου ἔτλη θνητὸς ἐὼν κατεναντίον ὁρμηθῆναι πλήν Υ Ἡρακλῆος καὶ κυδαλίµου Ἰολάου; [κείνων γὰρ µεγάλη τε βίη καὶ χεῖρες ἄαπτοι ἐξ ὤμων ἐπέφυκον ἐπὶ στιβαροῖσι μέλεσσιν.]
LO SCUDO
239
Per tutta la notte rimase steso accanto alla vereconda compagna, prendendo piacere ai doni di Afrodite ricca d’oro. E quella, sottomessa ad un dio e poi ad un uomo senz'altro
virtuosissimo,
a Tebe dalle sette porte diede alla luce due gemelli,
che non avevano medesimo pensiero, ed erano fratelli: l'uno dappoco (Ificle), l’altro invece guerriero di grande valore,
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terribile e potente, il forte Eracle.
Questo generò domata in amore dal Cronide dalle nere nubi, Ificle invece da Anfitrione che vibra la lancia;
generazione diversa, l’uno figlio dell'amore con un mortale, l’altro con Zeus Cronide, che comanda a tutti gli dei.19
E questi uccise Cicno?0, il valoroso figlio di Ares. Lo trovò infatti nel santuario di Apollo?! lungisaettante, lui e il padre suo, Ares, insaziabile di guerra,
sfavillanti nelle loro armi come lampo di fuoco ardente,
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il ben costruito carro e i parapetti rumoreggiavano allo slancio dei cavalli; ed era compiaciuto Cicno senza macchia,
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che stavano ritti sul carro; e la terra facevano rimbombare i rapidi cavalli battendola con gli zoccoli, e polvere li avvolgeva bruciante percossa dal carro ben intrecciato e dalle zampe dei cavalli;
augurandosi il bellicoso figlio di Zeus e l’auriga di straziare col bronzo e di spogliarli delle loro armi illustri. Ma non intese i suoi voti Febo Apollo,
chè proprio lui gli aveva suscitato contro la forza di Eracle. Tutto il bosco sacro e l’altare di Apollo Pagaseo brillavano per le armi del terribile dio e per la persona di lui: come un fuoco si sprigionava dai suoi occhi; e chi contro quello
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avrebbe osato, mortale, muovere frontalmente,
eccetto Eracle e il glorioso Iolao? [Grande era la loro forza e braccia irresistibili dalle loro spalle si originavano su membra massicce]?2.
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ESIODO
ὃς pa τόθ᾽ ἡνίοχον προσέφη κρατερὸν Ἰόλαον'
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“"Ἡρως ὦ Ἰόλαε, βροτῶν πολὺ φίλτατε πάντων, ἦ τι μέγ᾿ ἀθανάτους µάκαρας, τοὶ Ὄλυμπον ἔχονσιν, ἤλιτεν ᾽Αμϕιτρύων, ὅτ ἐυστέφανον ποτὶ Θήβην ἦλθε λιπὼν Τίρυνθον, ἐυκτίμενον πτολίεθρον, κτείνας Ἠλεκτρύωνα βοῶν ἕνεκ) εὐὑρυμετώπων' ἵκετο δ᾽ ἐς Κρείοντα καὶ Ἡνιόχην τανύπεπλον, οἵ ῥά µιν ἠσπάζοντο καὶ ἅρματα πάντα παρεῖχον, ἢ δίκη ἔσθ᾽ ἱκέτῃσι, τίον δ᾽ ἄρα κηρόθι μᾶλλον. ζῶε δ᾽ ἀγαλλόμενος σὺν ἐυσφύρφ Ἠλεκτρυώνῃ,
ᾗ ἀλόχφ' τάχα δ.ἄμμες ἐπιπλομένων ἐνιαυτῶν
γεινόμεθ᾽ οὔτε φυὴν ἐναλίγκιοι οὔτε νόημα, σός τε πατὴρ καὶ ἐγώ' τοῦ μὲν φρένας ἐξέλετο Ζεὺς,
ὃς προλιπὼν σφέτερόὀν τε δόµον σφετέρους τε τοκῆας ῴχετο τιµήσων ἀλιτήμενον Εὐρυσθῆα, σχέτλιος: ἡ που πολλὰ μετεστοναχίζετ ὀπίσσω
ἣν ἄτην ὀχέων' ἢ δ᾽ οὐ παλινάγρετός ἐστιν.
αὐτὰρ ἐμοὶ δαίµων χαλεποὺς ἐπετέλλετ ἀέθλους.
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ὦ φίλος, ἀλλὰ σὺ θᾶσσον ἔχ᾽ ἡνία Φοινικόεντα
ἵππων ὠκυπόδων' µέγα δὲ φρεσὶ θάρσος ἀέξων
ἰθὺς ἔχειν θοὸν ἅρμα καὶ ὠκυπόδων σθένος ἵππων, μηδὲν ὑποδδείσας κτύπον ἼΑρεος ἀνδροφόνοιο, ὃς νῦν κεκληγὼς περιµαίνεται ἱερὸν ἄλσος
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Φοίβου ᾽Απόλλωνος, ἑκατηβελέταο ἄνακτος:
ἡ μὴν καὶ κράτερός περ ἐὼν ἄαται πολέμοιο.” Τὸν δ᾽ αὖτε προσέειπεν ἀμώμητος Ἰόλαος'
«ἠθεῖν, ἡ µάλα δή τι πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε
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τιμᾷ σὴν κεφαλὴν καὶ ταύρεος Ἐννοσίγαιος, ὃς Θήβης κρήδεµνον ἔχει ῥύεταί τε πόληα, οἷον δὴ καὶ τόνδε βροτὸν κρατερόν τε µέγαν τε σὰς ἐς χεῖρας ἄγοῦσιν, ἵνα κλέος ἐσθλὸν ἄρπαι. ἀλλ’ ἄγε δύσεο τεύχε᾽ ἀρήια, ὄφρα τάχιστα δίφρους ἐμπελάσαντες ᾿Αρηός θ) ἡμέτερόν τε
μαρνώμεσθ’, ἐπεὶ οὔ τοι ἀτάρβητον Διὸς υἱὸν
LO SCUDO
241
Ed Eracle allora disse al forte auriga Iolao: “Eroe Iolao, di gran lunga il più caro dei mortali, certo gravemente gli immortali felici che abitano l'Olimpo offese Anfitrione allorché a Tebe dalla bella corona arrivò, abbandonata Tirinto, ben costruita fortezza,
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dopo che Elettrione ebbe ucciso per i buoi dalla vasta fronte; andò allora da Creonte ed Enioche dal lungo peplo?3, i quali lo accolsero e gli fornirono tutto ciò che occorre, com'è giusto coi supplici, e molto lo ebbero caro, di cuore. 85 Egli viveva, sicuro di sé, con la figlia di Elettrione dalle belle caviglie, sua moglie; e tosto, noi, col passare degli anni,
fummo generati, non somiglianti né d’aspetto né di mente, tuo padre ed io; il senno a quello (Ificle) tolse Zeus,
perché, lasciata la sua casa e i suoi genitori, % andò via, a rendere omaggio al colpevole Euristeo?4, sventurato: certo molto dovette più tardi soffrire sotto il peso della sua sciagura, che indietro non può revocarsi. Quanto a me, un dèmone mi impose dure fatiche??, O amico, su, presto, prendi le redini rosse di porpora 95 dei cavalli dalle rapide zampe; molto alimentando l’audacia nel cuore,
guida diritto il carro veloce e l’energia dei cavalli dai rapidi piedi, senza timore per il rumoreggiare di Ares uccisore di uomini che ora a gran voce furoreggia tutt’attorno nel sacro bosco di Febo Apollo, il lungisaettante sovrano; certo, per quanto possente, di guerra si sazierà?6.”
E a quello rispose Iolao senza macchia: “Mio caro, certamente molto il padre degli uomini e degli dei dà pregio al tuo capo e così il taurino Scuotitore della terra,
che possiede Tebe murata e la città protegge??:
un tale mortale come questo, potente e grande, mettono nelle tue mani, perché tu ne consegua nobile gloria. Su, indossa le armi da guerra, perché quanto prima, avvicinando i carri, quello di Ares e il nostro,
ci scontriamo, giacchè di sicuro non all’impavido figlio di Zeus
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ESIODO
οὐδ' Ἰφικλεῖδην δειδίξεται͵, ἀλλά µιν οἵω φεύξεσθαι δύο παῖδας ἀμύμονος ᾽Αλκεΐδαο, οἳ δή σφι σχεδόν εἰσι, λιλαιόμενοι πολέμοιο 115
φυλόπιδα στήσειν͵, τά σφιν πολὺ φίλτερα θοίΐνης.” Ὡς Φφάτο' µείδησεν δὲ βίη Ἡρακληείη
θυμῷ γηθήσας' µάλα γάρ νύ οἱ ἄρμενα εἶπεν:
καί µιν ἀμειβόμενος ἔπεα πτερόεντα προσηύδα:
“ἤρως ὦ Ἰόλαε, διοτρεφές, οὐκέτι τηλοῦ
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ὑσμίνη τρηχεῖα’ σὺ δ᾽ ὡς πάρος ἦσθα δαΐφρων, ὣς καὶ νῦν µέγαν ἵππον ᾿Αρίονα κυανοχαίτην
πάντη ἀναστρωφᾶν καὶ ἀρηγέμεν ὥς κε δύνηαι.” Ὡς εἰπὼν κνημῖδας ὀρειχάλκοιο φαεινοῦ, Ἡφαίστου κλυτὰ δῶρα, περὶ κνήµησιν ἔθηκε.
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δεύτερον αὖ θώρηκα περὶ στήθεσσιν ἔδυνε
καλὸν χρύσειον πολυδαίδαλον, ὅν οἱ Παλλὰς ᾿Αθηναίη, κούρη Διός, ὁππότ' τὸ πρῶτον στονόεντας ἐφορμήσεσθαι θήκατο δ᾽ ἀμφ' ὤμοισιν ἀρῆς ἀλκτῆρα
ἔδωκε ἔμελλε ἀέθλους. σίδηρον,
δεινὸς ἀνήρ' κοίλην δὲ περὶ στήθεσσι φαρέτρην κάββαλεν ἐξόπιθεν' πολλοὶ δ᾽ ἔντοσθεν ὀιστοὶ ῥιγηλοί, θανάτοιο λαθιφθόγγοιο δοτῆρες:
πρόσθεν μὲν θάνατόν τ εἶχον καὶ δάκρυσι μΏΌρον, 135
µέσσοι δὲ ξεστοί, περιµήκεες, αὐτὰρ ὄπισθε µόρφνοιο Φλεγύαο καλυπτόµενοι πτερύγεσσιν. εἵλετο δ᾽ ὄβριμον ἔγχος, ἀκαχμένον αἴθοπι χαλκῷ. κρατὶ δ᾽ ἐπ᾽ ἰφθίμῳ κυνέην ἐύτυκτον ἔθηκε, δαιδαλέην, ἁδάμαντος, ἐπὶ κροτάφοις ἀραρνῖαν,
ἥ τ εἴρυτο κάρη Ἡρακλήῆος θείοιο.
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Χερσὶ γε μὴν σάκος εἶἷλε παναίολον, οὐδέ τις αὐτὸ οὔτ ἔρρηξε βαλὼν οὔτ’ ἔθλασε, θαῦμα Ιδέσθαι,
πᾶν μὲν γὰρ κύκλῳ τιτάνῳ λευκῷ τ ἐλέφαντι
Πλέκτρῳ θ᾽ ὑπολαμπὲς ἔην χρυσῷ τε φαεινῷ λαμπόμενον, κυάνου δὲ διὰ πτύχες ἠλήλαντο.
ἐν µέσσῳ δὲ δράκοντος ἔην φόβος οὔ τι φατειός,
LO SCUDO
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né a quello di Ificle incuterà paura, ma ritengo che sarà lui a fuggire dinanzi ai due figli del perfetto Alcide28 che sono presso di lui, smaniosi alla mischia guerresca di dare inizio, ciò che è a loro molto più caro
del convito.” Così disse e sorrise il gagliardo Eracle gioendo nell’animo, perché certo gli aveva parlato a proposito; e di rimando disse alate parole:
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“Eroe Iolao, nutrito da Zeus, non è più distante l’aspra mischia; tu, come in precedenza fosti abile,
così, anche ora, il grande cavallo Arione dalla scura criniera gira e rigira in ogni senso e dammi aiuto per quanto potrai”. Detto questo, gli schinieri di scintillante oricalco?9, nobile dono di Ffesto, applicò attorno alle gambe. In un secondo momento, rivestì il petto di una corazza bella, d’oro, finemente ricamata, che a lui donò Pallade Atena, figlia di Zeus, allorché stava per la prima volta per fronteggiare le penose fatiche30. Sospese attorno alle spalle la sua ferrea difesa dalla sciagura il terribile guerriero, e attorno al petto la cava faretra gettò all’indietro; dentro molti dardi si trovavano
agghiaccianti, dispensatori della morte che ammutolisce: dinanzi portavano la morte e gocciavano lacrime, nel mezzo lisci, lunghissimi; nella parte posteriore erano coperti dalle penne di un’aquila buia.
Afferrò l’asta pesante, terminante con una punta di lucido
bronzo,
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sulla nobile testa pose il ben costruito elmo, lavorato, di acciaio, comodo alle tempie, che era lì a proteggere il capo del divino Eracle. Prese poi con le mani lo scudo?! smagliante, che nessuno
aveva mai spezzato colpendolo né ammaccato, meraviglia
tutto circolarmente di gesso, di bianco avorio,
a vedersi;
di elettro3? era brillante, di oro splendente lampeggiava, ed era percorso da due bande azzurre. In mezzo un drago da far paura, indescrivibile,
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ESIODO ἔμπαλιν ὅσσοίσιν πυρὶ λαμποµένοισι δεδορκώς' τοῦ καὶ ὀδόντων μὲν πλῆτο στόµα λευκὰ θεόντων, δεινῶν, ἀπλήτων, ἐπὶ δὲ βλοσυροῖο μετώπου δεινἠὴ Ἔρις πεπότητο κορύσσουσα κλόνον ἀνδρῶν, σχετλίη, ἤ ῥα νόον τε καὶ ἐκ φρένας εἵλετο φωτῶν οἵτινες ἀντιβίην πόλεμον Διὸς vir φέροιεν’ τῶν καὶ ψυχαὶ μὲν χθόνα δύνουσ᾽ ἼΑιδος εἴσω αὐτῶν, ὀστέα δέ σφι περὶ ῥινοῖο σαπεἰσης Σειρίονυ ἀζαλέοιο κελαινῇ πύθεται αἴῃ. Ἐν δὲ Προϊωξίς τε Παλίωξίς τε τέτυκτο, ἐν δ Ὅμαδός τε Φόνος τ’ ᾽Ανδροκτασίη τε δεδήει, ἐν δ᾽ Ἔρις, ἐν δὲ Κυδοιμὸς ἐθύνεον, ἐν δ᾽ ὀλοὴ Κἡρ ἄλλον ζωὸν ἔχουσα νεούτατον, ἄλλον ἄοντον, ἄλλον τεθνηῶτα κατὰ µόθον ἕλκε ποδο]ιν'
εἶμα δ᾽ ἔχ᾽ ἀμφ' ὤμοισι δαφοινεὸν αἵματι φωτῶν,
δεινὸν δερκοµένη καναχῇσί τε βεβρυχνϊα. Ἐν ὃ᾽ ὀφίων κεφαλαὶ δεινῶν ἔσαν, οὔ τι φατειῶν, δώδεκα, ταὶ φοβέεσκον ἐπὶ χθονὶ φῦλ’ ἀνθρώπων οἵτινες ἀντιβίην πόλεμον Διὸς υἷι φέροιεν. τῶν καὶ ὀδόντων μὲν καναχἡ πέλεν, εὖτε µάχοιτο ᾽Αμϕιτρυωνιάδης: τὰ δ᾽ ἐδαίετο θαυματά ἔργα; στίγματα δ᾽ ὣς ἐπέφαντο ἰδεῖν δεινοῖσι δράκουσι; κνυάνεοι κατὰ νῶτα, µελάνθησαν δὲ γένεια.
Ἐν δὲ συῶν ἀγέλαι χλούνων ἔσαν ἠδὲ λεόντων
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ἐς σφέας δερκοµένων, κοτεόντων θ᾽ ἱεμένων τε. τῶν καὶ ὁμιληδὸν στἰχες ἤισαν, οὐδέ νυ τώ γε οὐδέτεροι τρεέτην͵ φρῖσσόν γε μὲν αὐχένας ἄμφω. ἤδη γάρ σφιν ἔκειτο μέγας λις, ἀμφὶ δὲ κάπροι δοιοἰ, ἀπουράμενοι ψυχάς' κατὰ δέ σφι κελαινὸν αἷμ ἀπελείβετ ἔραζ” οἳ δ᾽ αὐχένας ἐξεριπόντες κείατο τεθνηῶτες ὑπὸ βλοσυροῖσι λέουσιν’ τοὶ ὃ ἔτι μᾶλλον ἐγειρέσθην κοτέοντε µάχεσθαι, ἀμφότεροι, χλοῦναί τε σύες χαροποί τε λέοντες.
LO SCUDO
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che all’indietro guardava, con occhi fulgenti di fuoco; la sua bocca era piena di denti che correvano in fila bianchi,
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che osano in guerra opporsi al figlio di Zeus: le anime di costoro sprofondano sotterra nell’Ade, le loro ossa con intorno la pelle decomposta sotto l’ardore di Sirio imputridiscono nella terra scura34. Vi erano figurati l’Inseguimento e la Controffensiva;
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terribili, spaventosi, e sulla fronte truce la terribile Eris33 svolazzava, che desta la mischia dei guerrieri, sventurata; e pensiero e mente strappa agli eroi
lo Scompiglio con l’Uccisione e la Strage vi fiammeggiavano, Eris e il Tumulto vi infuriavano e la funesta Chera
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con un vivo dianzi ferito in sua mano, un altro senza ferite;
un altro ancora, morto, trascinava per i piedi nella lotta, e un mantello aveva attorno alle spalle cruentato dal sangue dei guerrieri, terribile il suo sguardo e il suo strepitare stridente.35 Teste di serpenti vi erano terribili, da non parlarne,
dodici, che mettevano in fuga sulla terra le schiere degli umani, quelli che osassero in guerra opporsi al figlio di Zeus3%. E si sentiva lo stridore dei loro denti quando combatteva il figlio di Anfitrione; e rifulgevano i lavori mirabili: quasi macchie si davano a vedere sui terribili serpenti,
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azzurro scuro sui dorsi, nerastre le mascelle.
Vi erano torme di fieri cinghiali e di leoni,
che si guardavano, torvi e pronti a scattare;
i loro gruppi andavano incontrandosi, ma nessuno dei due tremava, rizzavano i peli sul collo da entrambe le
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parti;
e già a terra giaceva di loro un grande leone e attorno cinghiali, due, privi di vita, e il loro nero sangue colava al suolo: questi, il collo a terra piegato, giacevano morti,vittime dei terribili leoni. E ancora di più erano eccitati, furiosi com'erano, a
combattere i contendenti, i fieri cinghiali e i leoni dagli occhi di fuoco.
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Ἐν δ᾽ ἦν ὑσμίνη Λαπιθάων αἰχμητάων 180
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Καινέα τ᾿ ἀμφὶ ἄνακτα Δρύαντά τε Πειρίθοόν τε Ὁπλέα τ᾿ Ἐξάδιόν τε Φάληρόν τε Πρόλοχόν τε
Μόψον τ’ ᾽Αμπυκίδην, Τιταρήσιον, ὄζον ΄Αρηος
Θησέα τ’ Αἰγεῖδην, ἐπιείκελον ἀθανάτοισιν' ἀργύρεοι, χρύσεια περὶ χροῖ τεύχε᾽ ἔχοντες, Κένταυροι δ᾽ ἑτέρῶθεν ἐναντίοι ἠγερέθοντο ἀμφὶ µέγαν Πετραϊῖον ἰδ᾽ ἼἌσβολον οἰωνιστὴν ”Αρκτον τ Οὗρειόν τε μελαγχαίτην te Mipavta καὶ δύο Πευκεῖδας, Περιμήδεά τε Δρύαλόν τε, ἀργύρεοι, χρυσέας ἐλάτας ἐν χερσὶν ἔχοντες. καί τε συναΐγδην ὡς εἰ ζωοί περ ἐόντες
ἔγχεσιν ἠδ' ἐλάτῃς αὐτοσχεδὸν ὠριγνῶντο.
Ἐν δ᾽ Ἂρεος βλοσυροῖο ποδώκεες ἔστασαν ἵπποι χρύσεοι, ἐν δὲ καὶ αὐτὸς ἐναρσφόρος οὔλιος ἌἊρης, αἰχμὴν ἐν χείρεσσιν ἔχων, πρυλέεσσι κελεύων,
αἵματι φοινικόεις ὡς εἰ ζωοὺς ἐναρίζων,
δίφρου ἐπεμβεβαώς' παρὰ δὲ Δεῖμός τε Φόβος τε ἔστασαν ἱέμενοι πόλεµον καταδύµεναι ἀνδρῶν.
Ἐν δὲ Διὸς θυγάτηρ ἀγελείη Τριτογένεια, τῇ ἱκέλη ὡς εἴ τε µάχην ἐθέλουσα κορύσσειν, 200
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ἔγχος ἔχουσ᾽ ἐν χερσὶν ἰδὲ χρυσέην τρυφάλειαν αἰγίδα τ᾿ ἀμφ' ὤμοις: ἐπὶ δ᾽ ὤχετο φύλοπιν αἰνήν.
Ἐν δ᾽ ἦν ἀθανάτων ἱερὸς χορός’ ἐν δ᾽ ἄρα µέσσῳ
ἱμερόεν κιθάριζε Λιὸς καὶ Λητοῦς υἱὸς χρυσείῃ φόρμιγγι’ θεῶν δ᾽ ἕδος ἁγνὸς Ὄλυμπος: ἐν δ᾽ ἀγορή, περὶ δ᾽ ὄλβος ἀπείριτος ἐστεφάνωτο ἀθανάτων ἐν ἀγῶνι' θεαὶ δ᾽ ἐξῆρχον ἀοιδῆς Μοῦσαι Πιερίδες, λιγὺ µελπομένης ἐικνῖαι. Ἐν δὲ λιμὴν εὔορμος ἀμαιμακέτοιο θαλάσσης κυκλοτερὴς ἐτέτυκτο πανέφθου κασσιτέροιο κλυζομένῳ ἴκελος' πολλοί γε μὲν ἂμ µέσον αὐτοῦ δελφῖνες τῇ καὶ τῇ ἐθύνεον ἰχθυάοντες
LO SCUDO
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Vi era rappresentata la lotta dei Lapiti37, armati di lancia, attorno al re Ceneo, a Driante, a Piritoo, a Opleo, a Exadio, a Falero, a Proloco,
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attorno al grande Petreo e all’augure Asbolo, ad Arcto, ad Ureio e a Mimante dai neri capelli, ai due figli di Peuceo, Perimede e Drialo, d’argento, ma tenevano tra le mani abeti d’oro; e slanciandosi insieme, come fossero vivi39,
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a Mopso, figlio di ‘Ampice, a Titaresio, virgulto di Ares, a Teseo, figlio di Egeo, somigliante agli immortali, d’argento, ma avevano indosso atmi d’oro. I Centauri?8, dall’altro lato, si radunavano ostili
si facevano da presso brandendo lance ed abeti.
190
C'erano, ritti, i cavalli zampe veloci di Ares crudele, d’oro, c’era lo stesso funesto Ares che porta via le spoglie dei guerrieri, con tra le mani una lancia, e dava ordini ai fanti,
purpureo di sangue, come se davvero uccidesse dei viventi, collocato sul suo carro; accanto a lui Terrore e Paura?0 stavano, smaniosi di introdursi nel conflitto dei guerrieri. E c’era la figlia di Zeus, raccoglitrice di prede, Tritogenia, nell’attitudine di una che volesse destare la battaglia, con in mano l’asta, l’elmo d’oro in testa e l'egida sulle spalle: percorreva in su e in giù la terribile mischia. C'era la sacra danza degl’immortali: in mezzo amabilmente traeva suoni il figlio di Zeus e Letò da un’aurea cetra; sede degli dei il puro Olimpo, si vedeva la piazza delle loro riunioni e un’opulenza senza limiti era corona all'assemblea degli dei4!; dee intonavano un canto,
le Muse di Pieria, simili a delle viventi che armoniosamente
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cantassero. Vi era un porto, buon approdo sul mare invincibile: aveva forma circolare, di stagno ben purificato dal fuoco, in tutto simile a un frangersi di onde; in mezzo ad esso molti
delfini qua e là guizzavano in cerca di pesci,
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ESIODO
νηχομένοις ἴκελοι' δοιὼ δ᾽ ἀναφυσιόῶντες
ἀργύρεοι δελφῖνες ἐφοίτων ἔλλοπας ἰχθῦς.
τῶν δ᾽ ὕπο χάλκειοι τρέον ἰχθύες' αὐτὰρ ἐπ᾽ ἀκτῆς 215
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ἧστο ἀνὴρ ἁλιεὺς δεδοκηµένος, εἶχε δὲ χερσὶν ἰχθύσιν ἀμφίβληστρον ἀπορρίψοντι ἐοικώς.
Ἐν δ᾽ ἦν ἠυκόμου Δανάης τέκος, ἱππότα Περσεύς,
οὔτ ἄρ᾽ ἐπιψαύων σάκεος ποσὶν οὔθ' ἑκὰς αὐτοῦ, θαῦμα μέγα ὀράσσασθ), ἐπεὶ οὐδαμῇ ἐστήρικτο. τὼς γάρ µιν παλάµαις τεῦὂξεν κλυτὸς ᾽Αμϕιγνήεις, χρύσεον’ ἀμφὶ δὲ ποσσὶν ἔχεν πτερόεντα πέδιλα’ ὤμοισιν δέ µιν ἀμφὶ µελάνδετον ορ ἔκειτο
χαλκέου ἐκ τελαμῶνος: ὃ δ᾽ ὥς τε νόημ᾽ ἐποτᾶτο:
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πᾶν δὲ µετάφρενον εἶχε κάρη δεινοῖο πελώρου, Γοργοῦς' ἀμφὶ δέ µιν κίβισις θέε, θαῦμα Ιδέσθαι, ἀργυρέη' θύσανοι δὲ κατῃωρεῦντο φαεινοὶ χρύσειοι' δεινὴ δὲ περὶ κροτάφοισι ἄνακτος κεῖτ᾽ ΄Αιδος κυνέη νυκτὸς ζόφον αἰνὸν ἔχουσα. αὐτὸς δὲ σπεύδοντι καὶ ἐρρίγοντι ἐοικὼς Περσεὺς Δαναΐδης ἐτιταίνετο' ταὶ δὲ pet αὐτὸν
Γοργόνες ἄπλητοί τε καὶ οὐ φαταὶ ἐρρώοντο
ἱέμεναι µαπέειν’ ἐπὶ δὲ χλωροῦ ἀδάμαντος βαινουσέῶν ἰάχεσκε σάκος µεγάλῳ ὀρυμαγδῷ ὀξέα καὶ λιγέως' ἐπὶ δὲ ζώνῃσι δράκοντε δοιὼ ἀπῃωρεΏῦντ' ἐπικυρτώοντε κάρηνα᾽ λίχµαζον δ᾽ ἄρα τώ γε, μένει δ᾽ ἐχάρασσον ὀδόντας ἄγρια δερκοµένω: ἐπὶ δὲ δεινοῖσι καρήνοις Γοργείοις ἐδονεῖτο μέγας φόβος. Οἱ δ᾽ ὑπὲρ αὐτέων
ἄνδρες ἐμαρνάσθην πολεμήια τεύχε’ ἔχοντες,
240
τοὶ μὲν ὑπὲρ σφετέρης πόλιος σφετέρων τε τοκήῶὼν
λοιγὸν ἀμύνοντες, τοὶ δὲ πραθέειν μεμαῶτες.
LO SCUDO
249
quasi davvero nuotassero; sbuffanti in superficie, due delfini, argentei, si aggiravano perturbatori* tra i muti pesci; sotto di loro, bronzei, i pesci tremavano in fuga, e intanto sulla riva sedeva un pescatore in agguato: aveva tra le mani una rete per pesci e pareva stesse per gettarla. 215 Vi era rappresentato il figlio di Danae dalla bella chioma, il cavaliere Perseo”; né toccava coi piedi lo scudo né ne era distante, gran prodigio ad osservarsi, perché non stava appoggiato da nessuna parte
— in tal modo conle sue abili mani l’aveva fatto il celebre Zoppo, 220 d’oro —; ai piedi aveva calzari alati,
sulle spalle stava sospesa una spada dai neri legami a un bronzeo bàlteo; ed egli volava come il pensiero, tutto il suo dorso era occupato dalla testa di un mostro
terribile,
la Gorgone44; e questa attorniava una bisaccia, meraviglia a vedersi, d’argento; frange ne pendevano splendide, d’oro; e terribile sulle tempie del signore era posato l’elmo di Ade recante la nebbia spaventosa della notte. E quello, pari a uno che s’affretti terrorizzato,
Perseo, figlio di Danae, si lanciava (nella fuga); dietro di lui
le Gorgoni, indicibilmente spaventose, si precipitavano smaniose di afferrarlo; il livido acciaio
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esse percorrendo, risuonava con grande strepito lo scudo, stridendo acuto; alle loro cinture draghi,
due, pendevano piegando in su le teste; dardeggiavano le lingue, affilavano i denti con furia, 235 gettando occhiate selvagge; e sulle terribili teste delle Gorgoni mulinava un grande terrore. Sopra di loro, guerrieri combattevano armati di tutto punto: gli uni per la città e i genitori, cercando di stornare da loro il flagello, gli altri bramosi 240 di distruggere.
250
ESIODO
πολλοὶ μὲν κέατο, πλέονες δ᾽ ἔτι δῆριν ἔχοντες µάρνανθ’. αἱ δὲ γυναῖκες ἐυδμήτων ἐπὶ πύργων χαλκέων ὀξὺ βόων, κατὰ δ᾽ ἐδρύπτοντο παρειάς, 245
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ζωῇσιν ἴκελαι, ἔργα κλυτοῦ Ἡφαίστοιο.
ἄνδρες δ᾽ οἳ πρεσβῃες ἔσαν γῆράς τε µέμαρπεν ἀθρόοι ἔκτοσθεν πυλέων ἔσαν, ἂν δὲ θεοῖσι χεῖρας ἔχον µακάρεσσι, περὶ σφετέροισι τέκεσσι δειδιότες' τοὶ δ᾽ αὖτε µάχην ἔχον. αἳ δὲ µετ αὐτοὺς Κῆρες κυάνεαι, λευκοὺς ἀραβεῦσαι ὀδόντας, δεινωποὶ βλοσυροί τε δαφοινοί τ’ ἄπλητοί τε δῆριν ἔχον περὶ πιπτόντων' πᾶσαι δ᾽ ἄρ᾽ evito αἷμα μέλαν πιέειν’ ὃν δὲ πρῶτον µεμάποιεν κείµενον ἢ πίπτοντα νεούτατον, ἀμφὶ μὲν αὐτῷ
βάλλκον ὁμῶς ὄνυχας μεγάλους, ψυχἠ δὲ [᾿Αιδόσδε] κατῇῃεν
Τάρταρον ἐς κρνυόενθ’ αἳ δὲ φρένας εὖτ ἀρέσαντο αἵματος ἀνδρομέον, τὸν μὲν ῥίπτασκον ὀπίσσω,
ἂψ δ᾽ ὅμαδον καὶ μῶλον ἐθύνεον αὖτις ἰοῦσαι.
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26
Κλωθὼ καὶ Λάχεσίς σφιν ἐφέστασαν' ἣ μὲν ὑφήσσων "Ατροπος οὔὗ τι πἐλεν µεγάλη θεός, ἀλλ᾽ ἄρα ἥ γε τῶν γε μὲν ἀλλάων προφερής τ ἦν πρεσβυτάτη τε. πᾶσαι ὃ᾽ ἀμφ ἑνὶ φωτὶ µάχην δριµεῖαν ἔθεντο' δεινὰ δ᾽ ἐς ἀλλήλας δράκον ὄμμασι θυµήνασαι, ἐν δ᾽ ὄνυχας χεῖράς τε θρασείἰας ἰσώσαντο. πὰρ δ᾽ ᾽Αχλὺς εἱστήκει ἐπισμυγερή τε καὶ αἰνή,
χλωρὴ ἀυσταλέη λιμῷ καταπεπτηνϊα,
γουνοπαχής, μακροὶ ὃ᾽ ὄνυχες χεἰρεσσιν ὑπῆσαν' τῆς ἐκ μὲν ῥινῶν μύξαι ῥέον, ἐκ δὲ παρειῶν
αἷμ' ἀπελείβετ ἔραζ” ἢ δ᾽ ἄπλητον σεσαρυῖα
270
εἰστήκει, πολλὴ δὲ κόνις κατενήνοθεν ὤμους, δάκρύσι µνυδαλέη. Παρὰ δ᾽ εὔπυργος πόλις ἀνδρῶν,
LO SCUDO
251
Molti stavano a terra, più numerosi quelli che, ancora
scontrandosi, combattevano; le donne, sulle torri ben costruite,
di bronzo, lanciavano acute grida, si graffiavano le guance, simili a donne vive, opera dell’illustre Efesto. Gli uomini, quelli che erano anziani e già raggiunti dalla vecchiezza, in massa stavano fuori dalle porte, agli dei felici levavano le braccia, per i loro figli pieni di timore. E questi persistevano nel combattimento, e sui loro passi le Chere4 azzurro scuro, digrignando i bianchi denti, dal terribile sguardo, truci, cruente, spaventose,
si azzuffavano per i caduti: tutte smaniavano di bere il nero sangue; al primo che afferravano, già a terra o appena caduto e di fresco ferito, tutt’attorno mettevano insieme addosso le unghie enormi, e l’anima [all’Ade] scendeva al gelido Tartaro; e quando il loro cuore s’era soddisfatto di sangue umano, gettavano indietro il cadavere e di ritorno nella mischia e nel fragore nuovamente infuriavano. Cloto e Lachesi stavano sopra di loro; più minuta
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Atropo non era una grande dea, ma di sicuro
tra le tre si segnalava per valentia ed età.47
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E tutte attorno a un guerriero s'erano impegnate in aspra
battaglia: terribili sguardi reciprocamente si lanciavano furiose, con le unghie e le mani temerarie parimenti s’avventavano. Vicino stava la Caligine#8 della morte, penosa e orribile, pallida, disseccata, avvizzita dalla fame, le ginocchia gonfie, immense unghie alle mani;
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dal suo naso scorreva muco, dalle sue guance
gocciava sangue al suolo: con una smorfia spaventosa della bocca stava ritta, molta polvere le copriva le spalle, madida di lacrime. Lì presso era una città‘? di uomini,
con belle torri;
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ESIODO
χρύσειαι δέ µιν εἶχον ὑπερθυρίοις ἀραρνῖαι ἑπτὰ πύλαι;' τοὶ δ᾽ ἄνδρες ἐν ἀγλαῖαις τε χοροῖς τε τέρψιν ἔχον' τοὶ μὲν γὰρ ἐυσσώτρου ἐπ᾽ ἀπήνης ἤγοντ’ ἀνδρὶ γυναῖϊκα, πολὺς δ᾽ ὑμέναιος ὀρώρει' τῆλε δ᾽ ἀπ᾿ αἰθομένων δαΐδων σέλας ειλύφαζε χερσὶν ἐνὶ δμφώῶν' ταὶ δ᾽ ἀγλαῖῃ τεθαλυῖαι πρόσθ᾽ ἔκιον, τῇσιν δὲ χοροὶ παίζοντες ἔποντο' τοὶ μὲν ὑπὸ λιγυρῶν συρίγγων ἵεσαν αὐδὴν ἐξ ἁπαλῶν στοµάτων, περὶ δέ σφισιν ἄγνυτο ἠχώ' αἳ δ᾽ ὑπὸ φορμίγγων ἄναγον χορὸν ἱμερόεντα. ἔνθεν δ᾽ αὖθ' ἑτέρωθε νέοι κώµαζον ὑπ αὐλοῦ:
toi Ye μὲν αὖ παίζοντες ὑπ᾿ ὀρχηθμῷ καὶ ἀοιδῇ 285
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τοί γε μὲν αὖ γελόωντες ὑπ᾿ αὐλητῆρι ἕκαστος, πρόσθ’ ἔκιον' πᾶσαν δὲ πόλιν θαλίαι τε χοροί τε
«ἀγλαῖαι τεἶχον. τοὶ δ αὖ προπάροιθε πόληος
νῶθ ἵππων ἐπιβάντες ἐθύνεον. οἱ δ᾽ ἀροτῆρες ἤρεικον χθόνα δίαν, ἐπιστολάδην δὲ χιτῶνας ἐστάλατ'. αὐτὰρ ἔην βαθὺ λήιον’ οἵ γε μὲν ἥμων αἰχμῆς ὀξείῃσι κορωνιόωντα πέτηλα βριθόµενα σταχύων, ὡς εἰ Δημήτερος ἀκτήν' οἳ δ᾽ ἄρ᾽ ἐν ἐλλεδανοῖσι δέον καὶ ἔπιτνον ἀλωῇῃ' οἳ δ᾽ ἐτρύγων οἵνας, δρεπάνας ἐν χερσὶν ἔχοντες' οἳ δ᾽ αὖτ ἐς ταλάρους ἐφόρευν ὑπὸ τρυγητήρων λευκοὺς καὶ µέλανας βότρυας μεγάλων ἀπὸ ὄρχων, βριθοµένων Φφύλλοισι καὶ ἀργυρέῃς ἑλίκεσσιν. [oì 8 αὖτ' ἐς ταλάρους ἐφόρεῦν. παρὰ δέ σφισιν ὄρχος χρύσεος ἦν, κλυτὰ ἔργα περἰφρονος Ἡφαίστοιο,]
[τοί γε μὲν αὖ παίζοντες ὑπ᾿ αὐλητῆρι ἕκαστος ]
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[σειόμενος φύλλοισι καὶ ἀργυρέῃσι κάµαξι,
βριθόµενος σταφυλῇσι΄’ µελάνθησάν γε μὲν αἵδε.]
LO SCUDO
253
la chiudevano, d’oro, commesse ad architravi, sette porte; e gli uomini in feste e danze
si davano spasso: questi su un carro dalle buone ruote conducevano al marito la sposa, e molti canti di nozze si levavano; di lungi, da torce accese un bagliore si muoveva ondeggiante 275 nelle mani di serve; queste, pimpanti per la festa, s’avanzavano, e a loro facevano seguito dei cori giocosi e mordaci: gli uni, accompagnati da stridule zampogne, mandavano un canto dalle tenere bocche, e intorno a loro rompevasi il suono echeggiando; le altre, al suono delle cetre, sviluppavano una danza fascinosa. 280 Da un’altra parte ancora dei giovani facevano baldoria al suono del flauto: questi a loro volta celiando tra danze e canti, anch'essi tra le risa, attento ciascuno al flautista, avanzavano; e tutta la città feste e danze
e divertimenti invadevano. Questi altri, invece, davanti alla 285 città,
montati in groppa a dei cavalli, si lanciavano con ardore. Contadini squarciavano la terra divina, succintamente le tuniche s'erano rialzati. C’era un ricco coltivo: gli uni falciavano con arnesi aguzzi gli steli curvati dal peso delle spighe, quasi già il cibo di Demetra, altri li legavano in fasci e li stendevano sull’aia,
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altri ancora vendemmiavano le uve, con falcetti tra le mani. Altri portavano ai canestri, ricevendoli dai vendemmiatori?!,
grappoli bianchi e neri, dai grandi vigneti appesantiti da foglie e argentei tralci. [Altri ancora li portavano ai canestri; accanto a loro un
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c’era, dorato, opera illustre del sapientissimo Efesto,
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dai pampini e dalle argentee pertiche tremolanti, pesante di grappoli; e già questi nereggiavano].
vigneto
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ESIODO
οἵ γε μὲν ἐτράπεον, τοὶ δ᾽ ήρυον. οἳ δὲ µάχοντο
πύξ τε καὶ ἑλκηδόν' τοὶ δ) ὠκύποδας λαγὸς ἥρευν ἄνδρες θηρενταίἰ, καὶ καρχαρόδοντε κύνε πρό, 305
ἱέμενοι µαπέειν, οἳ δ᾽ ἱέμενοι ὑπαλύξαι.
πὰρ δ᾽ αὐτοῖς ἱππῆες ἔχον πόνον, ἀμφὶ δ᾽ ἀέθλῳ δῆριν ἔχον καὶ µόχθον’ ἐυπλεκέων δ᾽ ἐπὶ δίφΦρων ἡνίοχοι βεβαῶτες ἐφίεσαν ὠκέας ἵππους
ῥυτὰ χαλαίνοντες, τὰ δ᾽ ἐπικροτέοντα πέτοντο
ἅρματα κολλήεντ’, ἐπὶ δὲ πλΏμναι µέγ ἀύτευν.
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οἳ μὲν ἄρ᾽ ἀῑδιον εἶχον πόνον, οὐδέ ποτέ σφιν νίκη ἐπηνύσθη, ἀλλ’ ἄκριτον εἶχον ἄεθλον. τοῖσι δὲ καὶ προύκειτο μέγας τρίπος ἐντὸς ἀγῶνος, χρύσειος, κλυτὰ ἔργα περίφρονος Ἡφαίστοιο.
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πᾶν δὲ συνεῖχε σάκος πολυδαίδαλον’ οἳ δὲ κατ αὐτὸν
᾽Αμϕὶ δ' ἴτυν ῥέεν Ὠκεανὸς πλήθοντι ἐοικώς,
κύκνοι ἀερσιπόται µεγάλ᾽ ἤπνον, οἵ ῥά τε πολλοὶ
νῆχον ἐπ᾽ ἄκρον ὕδωρ: παρὰ δ᾽ ἰχθύες ἐκλονέοντο' 3230
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θαΌμα ἰδεῖν καὶ Ζηνὶ βαρυκτύπῳ, οὗ διὰ βουλὰς Ἡφαιστος ποίησε σάκος μέγα τε στιβαρόν τε,
ἀρσάμενος παλάμγσι. τὸ μὲν Διὸς ἄλκιμος υἱὸς
πάλλεν ἐπικρατέως' ἐπὶ δ᾽ ἱππείου θόρε δίφρον, εἴκελος ἀστεροπῇ πατρὸς Διὸς αἰγιόχοιο, κοῦφα βιβάς’ τῷ δ᾽ ἠνίοχος κρατερὸς Ἰόλαος δίφρου ἐπεμβεβαὼς Ιθύνετο καμπύλον ἅρμα.
᾿Αγχίμολον δέ σφ ἦλθε θεὰ γλαυκῶπις Αθήνη,
καί σφεας θαρσύνουσ᾽ ἔπεα πτερόεντα προσηύδα΄ “Xaipete, Λυγκήος γενεὴ τηλεκλειτοῖο΄ νῦν δὴ Ζεὺς κράτος ὕμμι διδοῖ µακάρεσσιν ἀνάσσων
Κύκνον τ ἐξεναρεῖν καὶ ἀπὸ κλυτὰ τεύχεα δῦσαι.
ἄλλο δέ τοί τι ἔπος ἐρέω, μέγα φέρτατε λαῶν'
LO SCUDO
255
Gli uni pigiavano l’uva, gli altri raccoglievano il succo; altri ancora combattevano nel pugilato e nella lotta; questi cercavano di prendere delle lepri dagli agili piedi, dei cacciatori, e due cani dagli aguzzi denti li precedevano, smaniosi di stanarle, mentre esse erano smaniose di salvarsi.
Vicino a loro dei cavalieri si affaticavano, in vista del premio gareggiavano con sforzo; montati su carri ben intrecciati gli aurighi spingevano a fondo i rapidi cavalli, allentando le redini, e rumoreggiando volavano i carri ben congiunti, cigolavano i mozzi grandemente; questi soffrivano una fatica senza fine né mai in loro favore
la vittoria si realizzava, ma indeciso restava il combattimento;
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per loro era messo in palio un grande tripode, nel campo di gara, d’oro, illustre opera del sapientissimo Efesto. Lungo il bordo scorreva l'Oceano pari a un fiume stracolmo?, e contornava tutto lo scudo finemente lavorato; su di esso 315 dei cigni dall’alto volo lanciavano grandi gridi, e in gran numero nuotavano a pelo d’acqua; e lì presso, pesci guizzavano, meraviglia a vedersi anche agli occhi di Zeus dal cupo rimbombo, per volere del quale Efesto aveva fatto lo scudo grande e pesante, componendolo armonicamente con le sue abili mani. 320 Questo il valoroso figlio di Zeus vibrò impetuosamente; fece un balzo sul carro tirato da simile al lampo del padre Zeus egioco,
cavalli,
montandovi agilmente; e il suo auriga, il possente Iolao,
salito a sua volta, dirigeva il carro ricurvo.
Si fece loro dappresso la dea glaucopide Atena”, 325 e parole alate, a dar loro coraggio, rivolse: “Salve, stirpe di Linceo® dalla vasta fama; proprio ora Zeus, che comanda sui beati, potere vi dà di uccidere Cicno e spogliarlo delle armi illustri. E un’altra parola ho da dirti, o di gran lunga il migliore 330 dei guerrieri:
256
ESIODO
εὐτ ἂν δὴ Κύκνον γλυκερῆς αἰῶνος ἀμέρσῃς,
τὸν μὲν ἔπειτ αὐτοῦ λιπέειν καὶ τεύχεα τοῖο, 335
αὐτὸς δὲ βροτολοιγὸν ᾿Αρη΄ ἐπιόντα δοκεύσας, ἔνθα κε γυμνωθέντα σάκευς ὕπο δαιδαλέοιο
ὀφθαλμοῖσιν ἴδῃς, ἔνθ᾽ οὐτάμεν ὀξέι χαλκφῷ'
ἂψ δ᾽ ἀναχάσσασθαι, ἐπεὶ οὔ νύ τοι αἴσιμόν ἐστιν
οὔθ ἵππους ἑλέειν οὔτε κλυτὰ τεύχεα τοῖο.
Ὃς εἰποῦσ' ἐς δίφρον ἐβήσατο δῖα θεάων, 340
νίκην ἀθανάτῃς χερσὶν καὶ κΌδος ἔχουσα,
ἐσσυμένως. τότε δή ῥα διόγνητος Ἰόλαος σµερδαλέον ἵπποισιν ἐκέκλετο' τοὶ δ᾽ ὑπ᾿ ὀμοκλῆς ῥίμφ' ἔφερον θοὸν ἅρμα κονἰοντες πεδίοιο'
ἐν γάρ σφιν µένος ἧκε θεὰ γλαυκῶπις ᾽Αθήνη 345
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αἰγίδ' ἀνασσείσασα' περιστενάχησε δὲ γαῖα.
τοὶ δ᾽ ἄμυδις προγένοντ ἴκελοι πυρὶ Πὲ θυέλλῃ,
Κύκνος θ᾽ ἱππόδαμος καὶ "Αρης ἀκόρητος ἀντῆς. τῶν δ᾽ ἵπποι μὲν ἔπειθ΄ ὑπεναντίοι ἀλλήλοισιν ὀξεῖα χρέµισαν, περὶ δέ σφισιν ἄγνυτο ἠχώ. τὸν πρότερος προσέειπε βίη Ἡρακλπείη' “Κύκνε πέπον, τί νυ νῶιν ἐπίσχετον ὠκέας ἵππους,
ἀνδράσιν οἵ τε πόνου καὶ ὀιζύος ἴδριές εἶἰμεν;
ἀλλὰ παρὲξ ἔχε δίφρον ἐύξοον ἠδὲ κελεύθου εἶκε παρὲξ ἰέναι' Τρηχῖνάδε τοι παρελαύνω ἐς Κήνκα ἄνακτα' ὃ γὰρ δυνάµει τε καὶ αἰδοι
Ἱρηχῖνος προβέβηκε. σὺ δ' εὖ µάλα οἶσθα καὶ αὐτός'
τοῦ γὰρ ὀπυίεις παῖδα Θεμιστονόην κυανῶπιν. ὦ πέπον, οὐ μὲν γάρ τοι "Αρης θανάτοιο τελευτὴν ἀρκέσει, εἰ δὴ νῶι συνοισόµεθα πτολεμίζειν. ἤδη μέν τέ ἕ Φημι καὶ ἄλλοτε πειρηθῆναι ἔγχεος ἡμετέρου, ὅθ᾽ ὑπὲρ Πύλου ἡμαθόεντος ἀντίος ἔστη ἐμεῖο, μάχης ἅμοτον µενεαίνων. τρὶς μὲν ἐμῷ ὑπὸ δουρὶ τυπεὶς ἠρείσατο γαίῃ
LO SCUDO
257
quando avrai privato Cicno del dolce tempo (della vita), abbandona, poi, lì, lui e le sue armi, e tu, spiando l’attacco di Ares, distruttore di uomini,
proprio dove scoperto, sotto lo scudo finemente lavorato,
lo veda con gli occhi, là feriscilo con l’acuto bronzo.
Poi ritirati, perché non ti è destinato nè di prendere i suoi cavalli né le illustri sue armi”.
335
Detto così, sul carro salì la dea divina tra le dee,
che tra le sue mani immortali tiene vittoria e gloria, subitamente. Allora Iolao, rampollo di Zeus, con terribile voce gridò ai cavalli; e quelli al suo ordine
340
minaccioso
subito trascinarono via il carro veloce, alzando polvere nella pianura: ardore in essi aveva posto la dea glaucopide Atena che scuote l’egida; ne gemette attorno la terra. Quelli insieme procedevano simili a fuoco o a tempesta,
345
Cicno domatore di cavalli e Ares insaziabile di combattimento;
i loro cavalli, poi, fronteggiandosi gli uni gli altri,
nitrirono acutamente e attorno l’eco si sparse spezzandosi??.
A quello per primo si rivolse il forte Eracle: “Amabile Cicno, perché contro di noi indirizzate i veloci
350
cavalli,
guerrieri che troppo bene conosciamo sforzo e dolore?
Orsù, discosta lateralmente il carro ben levigato e sul cammino,
di fianco, lasciaci spazio per proseguire. Vado a Trachi dal re Ceice58, che in effetti per potenza e dignità
eccelle a Trachi, e lo sai molto bene anche tu;
infatti sei lo sposo di sua figlia Temistonoe, dagli occhi AZZUrTo SCUro.
355
Amico, da te Ares il limite di morte non allontanerà, se insieme ci affronteremo in combattimento.
Ti garantisco che già in un’altra occasione (Ares) ha
sperimentato
la mia lancia, quando per via di Pilo sabbiosa mi si oppose, desiderando selvaggiamente la battaglia; tre volte colpito dalla mia lancia si accasciò a terra,
360
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ESIODO
οὐταμένου σάκεος, τὸ δὲ τέτρατον ἤλασα μηρὸν παντὶ µένει σπεύδων, διὰ δὲ µέγα σαρκὸς ἄραξα πρηνὴς δ᾽ ἐν κονίῃσι χαμαὶ πέσεν ἔγχεος ὁρμῇ. ἔνθα κε δἡ λωβητὸς ἐν ἀθανάτοισιν ἐτύχθη χερσὶν ὕφ' ἡμετέρῆσι λιπὼν ἔναρα βροτόεντα.” ὋὩς ἔφατ” οὐδ' ἄρα Κύκνος ἐυμμελίης ἐμενοίνα τῷ ἐπιπειθόμενος ἐχέμεν ἐρυσάρματας ἵππους.
δὴ τότ ἀπ εὐπλεκέων δίφρων θόρον αἶψ᾽ ἐπὶ γαῖαν
παῖς τε Διὸς μεγάλου καὶ Ἐνυαλίοιο ἄνακτος' ἡνίοχοι δ᾽ ἔμπλην ἔλασαν καλλίτριχας ἵππους,. τῶν δ᾽ ὑπὸ σευοµένων κανάχιζε πὀσ’ εὐὑρεῖα χθών
ὡς δ᾽ ὅτ dd ὑψηλῆς κορυφῆς ὄρεος µεγάλοιο
πέτραι ἀποθρώσκώσιν, ἐπ᾽ ἀλλήλαις δὲ πέσῶσι, πολλαἰ δὲ δρῦς ὑψίκομοι, πολλαὶ δέ τε πεΌκαι αἴγειροί τε τανύρριζοι ῥήγνυνται ὑπ᾿ αὐτέων ῥίμφα κυλινδοµένων, ος πεδἰονδ ἀφίκωνται, ὣς οἳ ἐπ᾽ ἀλλήλοισι πέσον µέγα κεκλήγοντες.
πᾶσα δὲ Μυρμιδόνων τε πόλις κλειτή τ Ἰαωλκὸς
"Αρνη τ’ ἠδ᾽ Ἑλίκη ”Ανθειά τε ποιήεσσα φωνῇ ὑπ ἀμφοτέρῶν µεγάλ ἴαχον' οἳ ὃ᾽ ἀλαλητῷ θεσπεσίῳῷ σύνισαν’ μέγα δὃ’ ἔκτυπε µητίετα Ζεύς, κἀδ δ᾽ ἄρ᾽ ἀπ᾿ οὐρανόθεν ψιάδας βάλεν αἱματοέσσας, σῆμα τιθεὶς πολέμοιο ἑῷ µεγαθαρσέι παιδί.
οἷος δ᾽ ἐν βήσσης ὄρεος χαλεπὸς προϊδέσθαι
κάπρος χαυλιόδων φρονέει θυμῷ µαχέσασθαι
ἀνδράσι θηρευτῇς, θήγει δέ τε λευκὸν ὀδόντα 390
δοχµωθείς, ἀφρὸς δὲ περὶ στόµα μαστιχόωντι λείβεται, ὅσσε δέ οἱ πυρὶ λαμπετόωντι ἔικτον,
LO SCUDO
259
perforato lo scudo; la quarta volta lo raggiunsi alla coscia, spingendo con tutta la mia forza, e penetrai largamente
nella sua carne;
cadde a terra prono nella polvere sotto lo slancio della mia
asta??.
265
Allora sarebbe stato fatto segno di oltraggio tra gli immortali, se nelle mie mani avesse lasciato le sue spoglie sanguinose.” Così disse, ma Cicno dalla bella lancia di frassino non
desiderò, dandogli retta, trattenere i cavalli che trascinavano il carro. A quel punto dunque saltarono dai carri ben intrecciati, 370 rapidi a terra, il figlio del grande Zeus e quello del signore Eniàlio; gli aurighi spinsero fianco a fianco i cavalli dalla bella criniera, e sotto il moto precipitoso degli zoccoli risuonava la vasta terra. Come quando dalla vetta elevata di un monte imponente delle rocce franano e si rovesciano le una sulle altre, molte querce dall’alta chioma, molti pini
375
e pioppi dalle larghe radici sono stritolati da quelle che d’un tratto rotolano, finchè non raggiungano la pianura, così quelli si precipitarono addosso l’un l’altro con grandi grida. Tutta la città dei Mirmìdoni e l’illustre Iolco, 380 ed Arne ed Elice e la verdeggiante Anteia6! grandemente risuonarono della voce di entrambi; e quelli con clamore prodigioso si scontravano, mentre un grande strepito mandò il prudente Zeus e fece scendere dal cielo gocce di sangue®, dando il segnale di guerra al figlio suo audace. 385 Come tra i valloni di un monte, difficile a sorprendere,
un cinghiale che mostra i denti pensa in cuor suo di scontrarsi con i cacciatori: aguzza le bianche zanne, mettendosi obliquamente, e schiuma attorno alle fauci,
digrignando i denti, gli scorre, gli occhi somigliano a fuoco fiammeggiante,
390
260
ESIODO
ὀρθὰς δ᾽ ἐν λοφιῆ φρίσσει τρίχας ἀμφί τε δειρήν'
τῷ ἴκελος Διὸς νἱὸς ἀφ᾽ ἱππείου θόρε δίφρου.
ἦμος δὲ χλοερῷ κυανόπτερος ἠχέτα τέττιξ
395
400
ὄζῳ ἐφεζόμενος θέρος ἀνθρώποισιν ἀείδειν ἄρχεται, ᾧτεπόσις καὶ βρῶσις θῆλυς ἐέρση,
καί τε πανηµέριός τε καὶ ἠφος χέει αὐδὴν ἴδει ἐν αἰνοτάτῷ, ὅτε τε χρόα Σείριος ἄζει,
τῆμος δὴ κέγχροισι πέρι γλῶχες τελέθουσι τούς τε θέρει σπείἰρονσιν, ὅτ ὄμφακες αἰόλλονται, οἷα Διώννσος δῶκ᾽ ἀνδράσι χάρµα καὶ ἄχθος: τὴν ὥρην µάρναντο, πολὺς δ᾽ ὀρυμαγδὸς ὀρώρει. ὡς δὲ λέοντε δύω ἀμφὶ κταµένης ἐλάφοιο
ἀλλήλοις κοτέοντες ἐπὶ σφέας ὁρμήσωσι,
405
δεινἠ δέ σφ ἰαχὴ ἄραβός θ΄ ἅμα γίνετ’ ὀδόντων οἳ δ ὥς τ αἰγυπιοὶ γαμψώνυχες, ἀγκυλοχεῖλαι, πέτρῃ ἐφ᾽ ὑψηλῇ μεγάλα κλάζοντε µάχωνται
αἰγὸς ὀρεσσινόμου ἢ ἀγροτέρης ἐλάφοιο
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πἰονος, ἤν τ ἐδάμασσε βαλὼν αἰζήιος ἀνὴρ ἰῷ ἀπὸ νευρῆς, αὐτὸς δ᾽ ἀπαλήσεται ἄλλῃ χώρου ἄιδρις ἐών' οἳ δ᾽ ὀτραλέώς ἐνόησαν, ἐσσυμένως δέ οἱ ἀμφὶ µάχην δριμεῖαν ἔθεντο: ὣς οἳ κεκλήγοντες ἐπ᾽ ἀλλήλοισιν ὄρουσαν. "Evo ἦ τοι Κύκνος µέν, ὑπερμενέος Διὸς υἱὸν κτεινέµεναι µεμαώς, σάκει ἔμβαλε χάλκεον ἔγχος, οὐδ' ἔρρηξεν χαλκός’ ἔρυντο δὲ δῶρα θεοῖο' ᾽Αμϕιτρυῶνιάδης δέ, βίη Ἡρακληείη, μεσσηγὺς κόρυθός τε καὶ ἀσπίδος ἔγχεῖ μακρῷ
αὐχένα γυμνωθέντα θοῶς ὑπένερθε γενείου
420
ἤλασ᾽ ἐπικρατέως, ἀνδροφόνος µελίη' ἤριπε δ᾽, ὡς ὅτε τις ἠλίβατος, πληγεῖσα
ἀπὸ δ᾽ ἄμφω κέρσε τένοντε μέγα γὰρ σθένος ἔμπεσε φωτός. δρῦς ἤριπεν ἢ ὅτε πέτρη Διὸς ψολόεντι κεραυνῷ'
LO SCUDO
261
rizza i peli sulla schiena e attorno al collo; pari a questo, il figlio di Zeus balzò giù dal carro tirato da cavalli®3. Quando la vibrante cicala dalle ali azzurro scuro su verde ramo sedendo agli uomini a cantare l’estate principia, e le è bevanda e cibo la molle rugiada, e per tutto il giorno, dall’alba, spande la sua voce
nel caldo più terribile, quando Sirio dissecca il corpo, e allora crescono le reste attorno ai grani di miglio, che seminano d’estate, quando prendono colore i grappoli che Dioniso diede agli uomini come godimento e afflizione, ebbene in quel tempo dell’anno s’affrontavano e molto fragore si levava®.
395
400
Come due leoni attorno a una cerva uccisa,
fra loro infuriati, si slanciano l’uno contro l’altro,
e terribile strepito ne viene e insieme rumore di denti,
come avvoltoi dagli artigli ricurvi e dai rostri adunchi, su un’alta roccia con grandi schiamazzi combattono per una capra di montagna o una cerva selvatica, grassa, che un giovane ha ucciso ferendola
405
con una freccia tirata dal suo arco, e lui va smarrendosi in
altro luogo, ignorando il posto; quelli invece prestamente l’hanno individuata e d’un balzo, presso di lei, danno luogo ad un duro confronto; così quelli gridando si gettarono l’uno contro l’altro9?. Allora Cicno$6, al figlio del possente Zeus desiderando ardentemente dar la morte, scagliò contro lo scudo la bronzea lancia; ma il bronzo non lo ruppe: protesse l'eroe il dono del dio. A sua volta, il forte Eracle, figlio di Anfitrione,
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tra l’elmo e lo scudo, con la lunga asta
il collo scoperto, rapidamente, al di sotto del mento,
colpì con energia: entrambi i tendini recise il frassino assassino, e cadde la grande forza del guerriero. Crollò, come quando una quercia crolla o una roccia? inaccessibile, colpita dal fulmine fumante di Zeus.
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ESIODO
ὣς ἔριπ’, ἀμφὶ δέ οἱ βράχε τεύχεα ποικἰλα χαλκῷ. Τὸν μὲν ἔπειτ εἴασε Διὸς ταλακάρδιος υἱός, αὐτὸς δὲ βροτολοιγὸν "Apnv mpooidvia dokedoag, δεινὸν ὁρῶν ὅσσοισι, λέων ὣς σώματι κύρσας, ὅς τε µάλ’ ἐνδυκέως ῥινὸν κρατεροῖς ὀνύχεσσι σχίσσας ὅττι τάχιστα µελίφρονα θυμὸν ἀπηύρα" ἐμ µένεος δ᾽ ἄρα τοῦ γε κελαινὸν πίµπλαται ἧτορ" γλαυκιόων δ᾽ ὅσσοις δεινὸν πλευράς τε καὶ ὤμους οὐρῇ µαστιόῶν ποσσὶν γλάφει, οὐδέ τις αὐτὸν ἔτλη ἐς ἄντα ἰδῶν σχεδὸν ἐλθέμεν οὐδὲ µάχεσθαι; τοῖος ἄρ᾽ ᾽Αμϕιτρυωνιάδης, ἀκόρητος ἀντῆς, ἀντίος ἔστη ᾿Αρηος, ἐνὶ φρεσὶ θάρσος ἀέξων, ἐσσυμένως' ὃ δέ οἱ σχεδὸν ἤλυθεν ἀχνύμενος κἢΏρ' ἀμφότεροι δ᾽ Ἰάχοντες ἐπ᾽ ἀλλήλοισιν ὄρουσαν. ὡς δ᾽ ὅτ' ἀπὸ μεγάλου πέτρη πρηῶνος ὀρούσηῃ, μακρὰ δ᾽ ἐπιθρώσκουσα κυλίνδεται, ἢ δέ τε ἠχῆ ἔρχεται ἐμμεμανίῖα' πάγος δέ οἱ ἀντεβόλησεν ὑψηλός, τῷ δἡ συνενείκεται, ἔνθα µιν ἴσχει' τόσσῃ ὃ μὲν ἰαχῇ βρισάρµατος οὔλιος Αρης κεκληγὼς ἐπόρουσεν, ὃ δ᾽ ἐμμαπέως ὑπέδεκτο. αὐτὰρ ᾿Αθηναίη, κούρη Διὸς αἰγιόχοιο, ἀντίῃη ἦλθεν "Αρπος ἐρεμνὴν αἰγίδ’ ἔχουσα᾽ δεινὰ δ᾽ ὑπόδρα ἰδοῦσ' ἔπεα πτερόεντα προσηύδα᾽
“βρες, ἔπισχε μένος κρατερὸν καὶ χεῖρας ἀάπτους:
οὐ γάρ τοι θέµις ἐστὶν ἀπὸ κλυτὰ τεύχεα δΌσαι
Ἡρακλέα κτείναντα, Διὸς θρασυκάρδιον υἱόν'
450
ἀλλ᾽ ἄγε παθε μάχης, µηδ᾽ ἀντίος ἵστασ᾽ ἐμεῖο.” Ὡς ἔφατ” ἀλλ, οὐ πεῖθ᾽ ἼΑρεος µεγαλήτορα θυµόν,
LO SCUDO
263
Così crollò, e le armi cesellate di bronzo risuonarono su di lui.
Lo lasciò poi il figlio di Zeus dal cuore paziente, e si mise a spiare l’arrivo di Ares distruttore di uomini, guardando terribile con gli occhi, come un leone alle prese con un corpo: avidamente con gli artigli potenti la pelle avendo lacerato, in men che non si dica gli strappa il dolce
sentire del vivere; di ardore s’invade il suo nero cuore, lancia lividi sguardi scintillanti, terribilmente, e i fianchie
le spalle
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sferzandosi con la coda, scava con le zampe®8, e non c’è
nessuno che osi, guardandolo di fronte, avvicinarglisi e neppure combatterlo;
tale il figlio di Anfitrione, insaziabile di mischia, si pose ritto di fronte ad Ares, alimentando nel cuore
l’audacia,
subitamente; Ares gli si accostò corrucciato 89: entrambi urlando si scagliarono l’uno contro l’altro. Come quando da una grande cima una roccia balza via
435
e, compiendo lunghi salti, va rotolando e con frastuono
procede piena di furia, ma le si fa dinanzi un’altura elevata, contro cui si urta e da cui a quel punto è fermata, 440 con altrettanto strepito il funesto Ares, che fa piegare il carro sotto il suo peso?9, s’'avventò gridando, ed Eracle celermente ne sostenne l'urto. Atena, allora, la figlia di Zeus egioco, si fece dinanzi ad Ares brandendo l’egida tenebrosa; e terribile guardandolo, con occhi torvi, gli disse parole 445 alate: “Ares, frena la furia potente e le mani irresistibili,
perché non ti è lecito spogliare delle illustri armi,
se lo uccidi, Eracle, il figlio di Zeus, dal cuore audace; orsù, cessa il combattimento e non metterti contro di me.” Così disse, ma non riuscì a persuadere il cuore ardito di 450 Ares;
264
ESIODO
ἀλλὰ µέγα ἰάχων, φλογὶ εἴκελα τεύχεα πάλλων καρπαλίµως ἐπόρουσε βίῃ Ἡρακληπείῃ κακκτάµεναι µεμαώς; καὶ ῥ' ἔμβαλε χάλκεον ἔγχος, 455
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σπερχνὸν παιδὸς ἑοῦ κοτέων περὶ τεθνηῶτος,
ἐν σάκεῖ µεγάλφ. ἀπὸ δὲ γλαυκῶπις ᾽Αθήνη ἔγχεος ὁρμὴν ἔτραπ ὀρεξαμένη ἀπὸ δίφρου. δριμὺ δ᾽ Αρη ἄχος εἶλεν' ἐρυσσάμενος δ᾽ ἄορ ὀξὺ ἔσσυτ ἐφ᾽ Ἡρακλέα κρατερόφρονα΄ τὸν δ᾽ ἐπιόντα ᾽Αμϕιτρυωνιάδης, δεινῆς ἀκόρητος ἀντῆς, μηρὸν γυμνωθέντα σάκευς ὑπὸ δαιδαλέοιο οὔτασ᾽ ἐπικρατέως' διὰ δὲ μέγα σαρκὸς ἄραξε δούρατι νωµήσας, ἐπὶ δὲ χθονὶ κάββαλε µέσσηῃ. τῷ δὲ Φόβος καὶ Λεῖμος ἐύτροχον ἅρμα καὶ ἵππους ἤλασαν αἶψ' ἐγγύς, καὶ ἀπὸ χθονὸς εὐρυοδείης ἐς δίφρον θῆκαν πολυδαίΐδαλον’ αἶψα δ᾽ ἔπειτα ἵππους µαστιέτην, ἵκοντο δὲ μακρὸν Ὄλυμπον. υἱὸς δ᾽ Αλκμήνης καὶ κυδάλιµος Ἰόλαος
Κύκνον σκυλεύσαντες ἀπ᾿ ὤμων τεύχεα καλὰ
4710.
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νίσοντ” αἶψα δ᾽ ἔπειτα πόλιν Tpnyivoc ἵκοντο
Ίπποις ὠκυπόδεσσιν. ἀτὰρ γλαυκῶπις ᾽Αθήνη
ἐξίκετ Οὐλυμπόν τε µέγαν καὶ δώματα πατρός, Κύκνον δ᾽ αὖ Κήυξ θάπτεν καὶ λαὸς ἀπείρων, οἵ ῥ' ἐγγὺς ναῖον πόλιος κλειτοῦ βασιλΏῆος, ἼΑνθην Μυρµιδόνων τε πόλιν κλειτήν τ’ Ἰαωλκὸν "Apvnv T ἠδ Ἑλίκην' πολλὸς ὃ ἠγείρετο λαός, τιμῶντες Κήνκα, Φίλον µακάρεσσι θεοῖσιν. Τοῦ δὲ τάφον καὶ σημ’ ἀιδὲς ποίησεν ἼΑναυρος ὄμβρῳ χειμερίῷ πλήθων' τὼς γάρ µιν ᾽Απόλλων Λητοΐδης ἤνωξ' ὅτι ῥα κλειτὰς ἑκατόμβας ὅστις ἄγοι Πυθοῖδε βίῃ σύλασκε δοκεύων.
LO SCUDO
265
anzi, con grandi urla, vibrando le armi simili a fiamma,
egli agilmente si gettò contro il forte Eracle, bramoso di ucciderlo; e scagliò l’asta di bronzo, impetuosamente adirato per la morte di suo figlio, contro l'enorme scudo; ma Atena glaucopide deviò l’impeto dell’asta, stendendo il braccio dal carro. Un vivo dolore prese allora Ares; sfoderata l’aguzza spada, si gettò su Eracle dall’animo possente, ma mentre si
455
slanciava,
il figlio di Anfitrione, insaziabile della terribile mischia, la coscia scoperta, sotto lo scudo finemente lavorato,
ferì colpendo con energia; penetrò in profondità nella carne
460
con la ben impugnata lancia e rovesciò (Ares) a terra in
mezzo al campo. Paura e Terrore?! fino a lui il carro dalle belle ruote e i cavalli tosto fecero avanzare e dalla terra dalle ampie strade lo posarono sul carro riccamente lavorato; presto poi frustarono i cavalli e arrivarono all’alto Olimpo. Il figlio di Alcmena e il glorioso Iolao, spogliate le spalle di Cicno delle sue belle armi, se ne andarono; e in breve giunsero alla città di Trachi coi cavalli dai rapidi piedi; mentre Atena glaucopide raggiunse il grande Olimpo e le case del padre. Cicno, poi, Ceice lo seppellì e con lui un popolo infinito,
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quanti abitavano, vicino alla città dell’illustre re,
Ante e la città dei Mirmidoni e la celebre Iolco ed Arne ed Elice?2; gran folla si raccolse in onore di Ceice, caro agli dei felici. Ma il tumulo e la tomba di quello rese invisibili l’Anauro gonfio di piogge invernali, perché così Apollo, figlio di Letò, gli aveva ordinato, poichè nobili ecatombi chiunque conducesse a Pito, Cicno, in agguato, soleva depredare con violenza?3.
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ΓΥΝΑΙΚΩΝ ΚΑΤΑΛΟΓΟΣ ΗΟΙΑΙ LIBERI 1. P. Oxy. 2354, ed. Lobel
Nùv δὲ γυναικῶν ιφῦλον ἀείσατε, ἡδυέπειαι
Μοῦσαι Ὀλυμπιάδεις, κοῦραι Διὸς αἰγιόχοιο,
αἳ τότ᾿ ἄρισται ἔσαν [καὶ κάλλισται κατὰ γαῖαν
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µίτρας τ ἀλλύσαντο è [Là χρυσέην τ᾿ Αφροδίτην µισγόµεγαίἰ «τε θεοῖς [ ἔτεκον θεοεἰκελα τέκνα. ξυναὶ γὰρ τότε δα ιἶτες ἔσαν, ξυνοὶ δὲ θόωκοι ἀθανάτοις τε θε ιοῖσι καταθνητοῖς τ΄ ἀνθρώποις. οὐδ᾽ ἄρα ἰσαίῶνες ὁμ [ῶς µακάρεσσι θεοῖσιν ἀνέρες ἠδὲ γυναῖκες ἔ [σαν' τοὶ δ᾽ αἰὲν ὄλεθρον ὀσσόμεν [ο]ι dp [eci ]γῆρ [αι ὕπο φθίνοντο καὶ αἴσηι. οἳ μὲν δηρὸν ἔ[χεσ]κο[ν ὁρᾶν φάος ἠελίοιο Πΐ [θ]εοι, τοὺς δ᾽ 19 [ὺ πύλας᾽ Αἰδαο περῶντας, ἆ [θ]άνατοι [νε Ἱότητ [α λιπεῖν βούλοντο καὶ ἥβην. τάῳν ἔσπετε µ[οι γενεὴν τε καὶ ἀγλαὰ τέκνα, ὅσσ [αι]ς δὴ παρελ [έξατ᾽ Ὀλύμπιος εὐρύοπα Ζεὺς σ]περμ [αἰ]νων τα [χέας θ᾽ υἱοὺς καλάς τε θύγατρας, αἷ]ς τε Π [ο]σειδάω [ν ἐμίγη Φιλότητι καὶ εὐνῃι, ὕσσαισί]ν τ᾽ "Αρης [ἐμίγη καὶ Φοῖβος) Απόλλων,
ὁππότ ἔ]χηισιν τ[οὺς ἔρος εὐζώνοιο γυναικός, ὅσσαις θ᾽ “Ηφ]ᾳ[ι]στος π[αρελέξατο άμφιγνήεις, αἷσιν δ'αὖὐθ) Ἑ]ρμῆς [π[αρελέξατο ἀργεϊφόντης
ἠδ ὅσσαισι] βίη Ἡ[ρακληείη ἔμικτο.
CATAOLOGO DELLE DONNE Ο ΕΟΙΕ
LIBROI Fr. 1 Proemio [1 Merkelbach-West; 1 Arrighetti]!. 1-22: Papiro di Ossirinco; 1-2=Teog. 1021-22; 6: scolio ai Fenomena di Arato 104 (p. 129.10-11 Martin); 6-7: Origene, Contro Celso 4.79; 16: Massimo di Tiro, Orazioni filosofiche 35.1.
Ma ora cantate la stirpe delle donne, o dal dolce eloquio
olimpie Muse, figlie di Zeus egioco?, che allora esistevano virtuosissime e bellissime sulla terra, e la cintura slacciarono per via dell’aurea Afrodite
e, congiungendosi con degli dei, misero al mondo figli pari 5 agli dei. Perché allora in comune erano i banchetti, in comune le riunioni
sia agli dei immortali sia agli uomini mortali3; però non del medesimo tempo di vita alla pari con gli dei immortali fruivano uomini e donne, e questi, sempre al disfacimento guardando nell’animo, perivano per la vecchiaia loro destinata. Gli uni lungamente persistevano a vedere la luce del sole, giovanilmente gagliardi, gli altri d’un tratto, traversando le porte dell’ Ade, gli immortali decidevano che abbandonassero la fresca età di giovinezza. Di queste donne raccontatemi la stirpe e la prole luminosa, a quante si stese accanto l’olimpio Zeus dalla vasta voce seminando figli veloci e belle figlie, con quali Posidone si congiunse nel letto nuziale, con quante Ares si congiunse e Febo Apollo, tutte le volte che li soggiogava l’amore di una donna dalla a quante Efesto si stese accanto, lo Zoppo,
bella cintura,
a quali a sua volta Ermete accanto si stese Argifonte e con quante si congiunse la forza di Eracle.
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ESIODO
2. Ioannes Laurentius Lydus, De πεῃς. 1. 13 (p. 7.25 Winsch)
ἀπὸ Λατίνου τοῦ ἄρτι ἡμῖν ῥηθέντος καὶ ἀδελφῶν, ὥς φησιν Ησίοδος ἐν Καταλόγοις,
Γραικοῦ
τῶν
”ἼΑγριον ἠδὲ Λατῖνον (Τπεορ. 1012),
κούρη δ᾽ ἐν µεγάροισιν ἀγανοῦ Δευκαλίωνος Πανδώρη Διὶ πατρὶ θεῶν σηµάντορι πάντων
μιχθεῖσ᾽ ἐν φιλότητι τέκε Γραικὸν
μενεχάρµην.
3. Schol. Ap. Rhod. 3.1086 (p. 248, 6-8 Wendel)
ὅτι Προμηθέως καὶ Πανδώρας υἱὸς Δευκαλίων, 'Ἡσίοδος ἐν α Καταλόγων φησί, καὶ ὅτι Προμηθέῶς (ἢ Δευκαλίωνος)
καὶ Πύρρας Ἓλλεν, ἀφοὐ Ἕλληνες καὶ Ελλάς.
4. Filastr. Divers. beres. liber CXI [83]. 2, 4-5. 6
pagani autem... sive a pago, id est loco, sive provincia una, dicti sint sive a Pagano rege... ut ait Hesiodus Grecus poeta...
ipsi pagani in suis historiis referunt, quod a Pagano rege, ut ait
Hesiodus Grecus poeta, pagani sunt appellati: qui postea ex rege Pagano, Deucalionis filio et Pyrrae... hoc mendacium nominis usque nunc detinent percolentes. Hellen itaque, id est Grecus homo, a lingua et a nomine regis dicitur, qui fuit Deucalionis filius... et ut ait Hesiodus a Greco rege fuisse Grecos appellatos, qui Grecus nomine filius fuit Deucalionis. 5. Schol. Hom. Od. 10.2 (II p. 444, 8-16 Dindorf)
Δευκαλίων, ἐφ οὐ ὁ xataxAvouòg YÉyove, Ipoun0émg uèv ἦν υἱός, μητρὸς δὲ ὡς πλεῖστοι λέγουσι Κλυμένης, ὡς δὲ
'Ἡσίοδος Προνόης, ὡς δὲ᾽ Ακουσίλαος' ἩΗσιόνης τῆς Ωκεανοῦ
καὶ Προμηθέως. ἔγημε δὲ Πύρραν τὴν ᾿Επιμηθέῶς καὶ Πανδώρας τῆς ἀντὶ τοῦ πυρὸς δοθείἰσης τῷ Επιμηθεῖ εἰς γυναϊκα. γίνονται δὲ τῷ Δευκαλίῶνι θυγατέρες μὲν δύο Πρωτογένεια
καὶ Μελάνθεια, vioi δὲ ᾿Ανϕικτύων καὶ Ἕλλην. οἱ δὲ λέ-
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
269
I DISCENDENTI DI DEUCALIONF4
I figli di Deucalione: Pandora, Tuia, Elleno; Greco, Protogeneia, Melantea? Fr. 2 [5 M-W]
Giovanni Lido, Dei mesi
Da Latino, di cui abbiamo dianzi parlato, e da Graico, fratelli, come dice Esiodo nei Cataloghi,
‘Agrio e Latino’ (Teog.1013) e ancora, ‘la fanciulla nel palazzo del magnifico Deucalione, Pandora, a Zeus padre, guida di tutti gli dei, congiuntasi in amore, generò Graico
che gode della pugna’.
Fr. 3 [3 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio, Argonauziche
Che di Prometeo e di Pandora era figlio Deucalione dice
Esiodo nel primo libro dei Cataloghi, e che di Prometeo (o di
Deucalione) e di Pirra lo era Elleno, da cui Elleni ed Ellade. Fr. 4 [3 M-WI] Filastrio, Varze eresie
I pagani poi...così sono chiamati sia da villaggio (pags), cioè da un luogo o provincia, sia dal re Pagano... come dice Esiodo, poeta greco... gli stessi pagani nelle loro storie riferiscono che dal re Pagano, come dice il poeta greco Esiodo, sono chiamati pagani; i quali in seguito dal re Pagano, figlio di Deucalione e di Pirra...questo falso nome hanno coltivato e finora conservato. Così Elleno, cioè uomo greco, deriva dalla lingua e dal nome di un re che fu figlio di Deucalione... e, come dice Esiodo, i Greci furono così chiamati dal re Greco che, Greco di nome, era figlio di Deucalione. Fr. 5 [4 M-W; 4 Arrighetti] Scolio ad Omero, Odissea
Deucalione, alla cui epoca ci fu il diluvio, era figlio di Prometeo. Sua madre, come affermano moltissimi, era Climene; secondo Esiodo, Prinoe; invece secondo Acusilao, Esione,
figlia di Oceano e di meteo e di Pandora, moglie ad Epimeteo. togeneia e Melantea,
Prometeo. Egli sposò Pirra, figlia di Epicolei che, in cambio del fuoco, fu data in Due furono le figlie di Deucalione, Profigli Anfizione ed Elleno. Alcuni dicono
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ESIODO
γουσιν ὅτι Ἕλλην γόνῳ μὲν ἦν Διὸς λόγῳ δὲ Δευκαλίωνος, ἐξ
οὗ Ἕλληνος Αἴολος πατὴρ Κρηθέως᾽ Αθάµαντος Σισύφου.
6. Schol. Ap. Rhod. 4.265 (p. 276, 1-3 Wendel)
οἱ ἀπὸ Δευκαλίωνος τὸ γένος ἔχοντες ἐβασίλενον Θεσσα-
λίας, ὥς φησιν ' Εκαταῖος καὶ ᾿ἩΗσίοδος,
7. Constantinus Porphyrogen. De the. 2 (p. 86 sq. Pertusi)
Μακεδονία ἡ χώρα ὠνομάσθη ἀπὸ Μακεδόνος τοῦ Διὸς
καὶ Θυίας τῆς Δευκαλίωνος, ὥς Φῃσιν ' Ησίοδος ὁ ποιητής! ἢ δ᾽ ὑποκυσαμένη Λιὶ γείνατο τερπικεραύνῶι υἷε δύω, Μάγνητα Μακηδόνα θ’ ἱππιοχάρμην, οἳ περὶ Πνερίην καὶ Ὄλυμπον δώματ’ ἔναιον
8. Grammaticus De soloec. et barb., p. 310.5 Nauck (post Lex. Vindob.)
Μάγνης δ᾽ αὖ Δίκτυν τε καὶ ἀντίθεον Πολυδέκτεα. 9. Plutarchus, Quaest. conviv. IX. 15. 2 p. 747f et alii
Ἕλληνος δ᾽ ἐγένοντο Φιλοπτολέμου βασιλΏος Δώρός τε Ἑοῦθός τε καὶ Αἴολος Ἱππιοχάρμης. 10. P. Turner fr. 1-3 col. I-I; fr. 3-4 col. III; P. Oxy. 2822 fr. 2; 2075 fr. 2;
2483; fr. 1 col. II; Strabo 10.3.19; Schol. Pind. Py/5. Iv. 253 c (I. 133. 8-
10 Drachmann); Apollon. Dysc. De prorominibus 106 A (p. p. 82.23 Schneider-Uhlig); Comm. in Antimach. Coloph., P. Mediol. 17 col. II 10 (p. 81.11 Wyss).
1, ν Ὄλυμπον ἔχρυσιν
Ίρς βασιλΏος
Ίρνον "Αργος ἐραννόν'
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
2/1
che Elleno era progenie di Zeus, nominalmente di Deucalione; da questo Elleno deriva Eolo, padre di Creteo, Atamante e Sisifo. Fr. 6 [6 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Quelli che traggono la loro stirpe da Deucalione regnarono sulla Tessaglia, come dicono Ecateo ed Esiodo. I figli di Tuia: Magnete e Macedone Fr. 7 [7 M-W]
Costantino VII Porfirogenito, Sulle provincie
La regione della Macedonia fu così chiamata da Macedone, figlio di Zeus e di Tuia figlia di Deucalione, come dice il poeta Esiodo: ‘questa, incinta, partorì a Zeus che si compiace della folgore due figli, Magnete e Macedone combattente dal carro, i quali nella zona della Pieria e dell'Olimpo avevano casa.’ I figli di Magnete: Ditti e Polidette Fr. 8 [8 M-W]
Grammatico anonimo, Sui solecismi e i barbarismi
Magnete a sua volta mise al mondo Ditti e il divino Polidette. I figli di Elleno: Doro, Xuto, Eolo
Fr. 9 [9 M-W] Plutarco, Questioni simposiache
Da Elleno, re amante della guerra, ebbero origine Doro e Xuto ed Eolo6 combattente dal carro. I discendenti di Doro: suo figlio Egimio (coi figli Dimane e Panfilo), Iftime, Ninfe, Satiri e Cureti Fr. 10 [10a M-W]
1-75: Papiro Turner; 17-28: P. Ossirinco 2822;17-19: Stra-
bone, Geografia; 25-27: Scolio a Pindaro, Pitiche; 49-55: P. Ossirinco
2075; 55-65: P, Ossirinco 2483; 62: Apollonio Discolo, Sui pronomi e Commento anonimo ad Antimaco di Colofone; 83-107; P. Turner; 91103: P. Ossirinco 2483.
] hanno l'Olimpo ] del re ] Argo piacevole
272
ESIODO
1. .ερας”Αργει µέσσωι κλέ]ος ἔσσεται αὐτῶν. Αἰγιμιοῦ δὲ βίη δουρικλειτοῦ βασ]ι λῆος γεἰνατἑνὶ µεγάροισι Δυμᾶνά τε] Πάμφυλόν τε
μιχθεὶς
1. θεῖ τὴν περὶ π[άσ] ης
ἡλικίης ἐφίλησε θεῶν βασί]λεια καὶ ἀνδρῶν
10
ἀμύ]μογος Αἰγιμιοῖ[ο lor. (26...
xo,
κ]αὶ Ἰφθίμην {
|.
Jorev[..lou.[
15
Jld dal
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Jo
11
[
καὶ γένος οὐτιδανῶν Σατύρων καὶ ἀμηχανοέργων Κουρῆτές τε θεοὶ φιλοπαίΐγμονες ὀρχηστῆρες. 11. Strabo 10.3.19
'Ἠσίοδος μὲν γὰρ ἐκ Δώρου καὶ τῆς Φορωνέως θυγατρὸς πέντε γενέσθαι θυγατέρας φησίν, “ἐξ ὧν οὗρειαι -- ὀρχη-
στῆρες”.
(pergit 10) 20
Ἐοῦθος δὲ Κ [ρείουσαν ἐπή Ίρατον εἶδος ἔχ [ουσαν κούρην καλλ [ιπάρηον Ἔρε Ἰχθηος θείοιρ ἀθανά Ίτων ἰ [ότητι φίλην ποι ]ήσατ dk [οι Ίτιν, ἤ οἱ ᾽Α Ἰχαιὸν ἐγ [είνατ Ἰάονά τε κλυ ]τόπῳλ [ο]ν μιχθ ]εῖσ᾽ ἐν [φιλότητι καὶ εὖε Ἰιδέα Διομήδην.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
273
] in mezzo ad Argo la nomea] apparterrà a loro La forza di Egimio?, re famoso per la lancia, generò nella sua dimora Dimane e Panfilo, unitosi[
5
1... lei sopra tutte
della sua età fu cara al potere regale degli dei e degli uomini ] di Egimio senza biasimo +03
i
10
01r0drredddddtr4rddidridirieidrrrriririiiro
e ade
reed
druidi
nn
diede
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e ea dae deere
denied
dinner
1999
da cui le Ninfe montane, dee, vennero al mondo
e la stirpe dei Satiri frivoli e inatti al lavoro e gli dei Cureti che amano il gioco e sono danzatori8. (Il fr.10 continua dopo il fr.11) Fr. 11 [10 (b) M-W]
Strabone, Geografia
Infatti Esiodo dice che da Doro e dalla figlia di Foroneo nacquero cinque figlie, ‘da cui le montane Ninfe ... danzatori'(= fr.10,17-19) I figli di Xuto: Ione, Acheo, Diomede (seguito del fr. 10)
Xuto Creiusa che ha amorosa figura,
fanciulla dalle belle guance, figlia del divino Fretteo,
per volere degli immortali fece sua sposa; la quale a lui generò Acheo e Tàone dai celebri corsieri, congiuntasi in amore, e Diomede dalla bella figura.
20
274 25
ESIODO Αἰολί -δαι δ᾽ ἐγ ιένοντο θεµιστ «οπόλοι βασιλῆες Κρηθ υεύς τ’ ἠδ'ι͵ Αθάµας καὶ Σίσυφ τος αἰολομήτης
Σαλμ ιωνεύςσιτ ἄδικος καὶ ὑπ έρθυµος Περιήρης ιο, Ίτ' ἀριδείκετος ἀνδρῶν
30
οἱ πατρὸς ὑψηλοῖς ἐν δώμ]ασιν ἡβώοντες [
τ]έκοντό τε κύδιμα τέκνα'
αὖτις δ᾽ Αἰναρέτη τέκεν Αἰόλωι ]εύνη [θ]εῖσ [α ἠὐκόμους κούρας πολυήρ Ίατον εἶδος ἐχούσας,
Πεισιδίκην τε καὶ Αλκυόνη ]ν Χ [αρ Ἠτεσσιν ὁμοίας καὶ Καλύκην Κανάκην τε καὶ ε ]ψειδέ [α]Περιμήδην:
35
τῆι δ᾽ Αχελῶιος ἐνρρείτης Ἰμίχθη φιλότητι [
[
[ὃς
40 42a
43
45
ἐν ύψη Ἰλοῖσι δόµοισι
Ίος βᾳσιλΏος,
Ἰναιετάασκεν
4 [ν]ειὸς μήλο [ισι Vi... [ xoùpn 1... [ TOÙ Kovp,.. aL [
7 [6 ]èbrorvo [apévn καὶ τὴν μὲ [ν Πρωϊ πτο [λιπόρθωι LI αὐτὰρ ὅ Υ’ Ἱπ [ποδάμας πολυή Ἶρ [α]τον εἶδος ἔχουσαν
ἠγάγετ.. [.
ποτὶ δώμα Ίτα ἠχήεντα᾽
ἢ δ᾽ ὑποκυσα [μένη µεγαλήτο Ίρα ποιμένα λαῶν ᾽Αντίμαχον [τέκε παϊῖδα, φίλον pax Ἰ]άρεσσι θεοῖσιν, 50
Εὐρείτην θ᾽ ἑλικοβ [λέφαρο Ίν Χαρίτεσσιν ὁμοίτν, τὴν ἔχε Πορθάων [Πλευρω Ἰνίον υἱέος υἱός᾽
ἤ οἱ παῖδας ἐγείνα [τ᾽ ἁμύ Ίμονας ἐν µεγάροισιν, Οἰνέα τ’ [Αλ Ἰκάθρόν τ[ε καὶ ᾿”ΑΥ Ίριον ἱπποκορύστην καὶ Μέλαν᾽ Ἱιππόδα [μον δειν ]ῆς ἀκόρητον ἀὐτῆς' ὁπλό Ίτατος δὲ Πύλ [ος γέν ]ετ ἐν µεγάρωι εὐπήκτωι.
CATALOGO DELLE DONNE O
EOIE
275
GLI EOLIDI Da Deucalione a Elleno a Eolo. I figli di Eolo:
Creteo, Atamante, Sisifo, Salmoneo, Periere, Deione; le cinque figlie: Peisidice, Alcione, Calice, Canace, Perimede.
E vennero al mondo gli Folidi, re che si curano delle leggi, Creteo e Atamante e Sisifo dalla mente variegata e Salmoneo iniquo e il violento Periere e il grande Deione [1] segnalato tra gli uomini, che nell’alto palazzo del padre ] passando la giovinezza ] generarono famosi figli; a sua volta Enarete, giaciuta con Eolo, generò fanciulle dai bei capelli e dalla figura piena di fascino, Peisidice e Alcione, alle Cariti somiglianti e Calice e Canace e Perimede dall’amabile aspetto.
25
30
Figli di Perimede
A questa l’Acheloo dal bel fluire si congiunse in amore nell’alta] dimora ] del re il quale] soleva abitare ricco di greggi [ Lie εκ εκ νκεκεεκτεκεωνεωκ ων κ κκ κεκκκε κε εκ ν εκ κ εωκ εκτ καν
40
Fd ella, incinta
428
ela[
all’eroe distruttore di rocche [
In seguito [Ippodamante] la fanciulla dalla fascinosa figura condusse [
] al suo palazzo risonante;
e lei, gravida, il pastore di popoli dal grande cuore il figlio Antimaco partorì, caro agli dei felici, ed Eurite dalle palpebre guizzanti, simile alle Cariti, che Portàone possedette, figlio del figlio di [Pleurone; questa a lui figli senza macchia partorì nel palazzo, Oineo e Alcàtoo e Agrio, armato di carro,
e Melante, domatore di cavalli, mai sazio di terribile scontro;
ultimo venne al mondo Pilo nella dimora ben edificata.
35
45
50
276
ESIODO
60
τοὺς μέν Ίῥ᾽ Οἰνέος υἱὸς ἀγακλυτὸς ἱππότα Τυδεύς [ κτεῖ ]νεν ταναήκεϊ χαλκῶι [ὅττι βίην καὶ κάρ Ίτος ἀπηύρων Οἰνέα διον. [αὐτὰρ ᾿Αεθλίου κρα Ἱτερὸν µένος ἀντιθέοιο ε [ὐειδέα Καλύκην θα Ἰλερὴν ποιήσατ᾽ ἄκοιτιν' ἣ [δ᾽ ἔτεκ᾽ Ἐνδυμίωνα Ἰφίλον µακάρεσσι θεοῖσι’
65
Π [λευρών τ aryunt ]ής, ἐπιείκελος ἀθανάτοισιν, [ὃς 1. ᾽Αγήνορα γείνατο παῖδα΄
55
ε[ al
πί 70
75
ει [
τί S[ τί of
ὃς [ t[ vI
ἐυ Ἰπλόκαμος Πολυκάστη
mv 67. Ἠλέκτωρ θέτ ἄκοιτιν
Ἱκρατερόςτε µ [έ Ίγας τε βριή Ίπυος οὔλιος "Αρης
πέ] νθος ἔχεσκε᾽
θαλερ ]ὴν θἐτ' ἄκοιτιν Ἰάθανάτηισιν [] θν ]ητῶν ἀνθρώπων".
1. ε{.. ΙΔηϊδάμεια
LL... I
(desunt versus fere sex)
[ 1. ravoal [1 yxoArovévyér [
90
[ Ίηισιν ἀγαλλόμενος, [ [ Ιἀνὰ δώµατα ἠχήεντ [α [ Ίμεγοι καὶ µμαψιδίτι φιλότῃ [τι [ 1 νόου βεβλαμμέν [οι ἐσθλοῦ. 7 [εὺς δὲ ἰδὼν νεµ Ἰέσησεν ἀπ᾿ αἰγλήεντος Ὀλύμπ [ου, καὶ τὴν μὲν moi [ησε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε
ἀλκνόν' ἥτ[ ἀνθρώπων [
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
2717
Costoro il figlio di Oineo, il celebre cavaliere Tideo9, ] uccise col bronzo affilato
55
perché della forza e della potenza avevano spogliato il divino Oineo. Figli di Calice
In seguito, la possente vigoria di Aetlio simile a un dio Calice dal fascinoso aspetto fece sua florida sposa; e lei generò Endimione!9 caro agli dei felici; che Zeus onorò, ed eccezionali doni gli concesse: di essere per lui dispensatore della morte e della vecchiezza. Figlio suo fu Etolo e di costui a sua volta fu figlio Calidone e Pleurone armato, pari agli immortali,
[che
] ] ] ] ©
] generò il figlio Agenore; ] Policaste dai bei riccioli lei] Electore fece sua sposa ] potente e grande ] il ruggente, rovinoso Ares ] ebbe lutto fece sua florida sposa alle immortali degli uomini mortali Deidameia!!
+ 0 0
4
è 0 6
3 4 9
è
è 30
04
è è
0
E 44
00
4
ο
60
65
70
75
{mancano circa sei versi) Alcione e Ceice ο
ο
ο
ο
] bronzo ] orgoglioso ] nel palazzo risonante ] con vana affezione
82
85
] guastati nel nobile pensare.
Zeus provò sdegno guardando dal fulgido Olimpo e questa il padre degli dei e degli uomini rese un alcione!?, che {
degli umani [
20
278
95
ESIODO
ναίει καί ῥ) ἁλίοι [ Κήὺξ ὃ οὕτεπ[ παύεται ἀΐσσῳ [ν Ἱεται Αλκυόνη [ς ἀλλὰ Διὸς κρυπ [τὸς πέλεται νόος, οὐδέ τις ἀνδρῶν φράζεσθαι δύ [ναται (pergit hoc fr. post fr. 12 infra) 12. Anon. P. Michigan inv. 1447 ii 14-19, ed. Renner
᾽Αλκυόνην τὴν Αἰόλου ἔγημε Κῄ [ῦὺξ ὁ Φωσφό ]pov tod ἀστέρος υἱός. ἄμφω δ᾽ ἦσα [ν ὑπερή Ίφα [νοι, ἀλ. ]λήλων δ᾽
ἐρασθέντεςἡ [μὲν 1 α [. lg[ Ίρνα [..... ΙΔία κα [λ]εῖ, «ὁ δὲ
»αὐτὴν ραν προδηγό [ρε ]υεν' ἐφ᾽ [ὧι ὀργι Ἰσθεὶ [ς]ὸ Ζεὺς μετεμόρφῶσεν ἀμφοτέρους [εὶς ὄρ Ίνε [α, ]ὼς Ἡσίοδος ἐν Γυναικῶν καταλόγωι. (pergit 10) 100
τὴν δ᾽ αὖ Μυρµι Πεισιδίκην ὤπυ ἣ δ) ἔτεκ᾽ "Avrò ἢ δὲ Ποσειδάω
[δόνος κρατερὸν μένος ἀντιθέοιο [ιε [ov via καὶ ᾿Ακτορα [νος ἐν ἁγκοίνηισι μιγεῖσα
Αἰολὶς ἢ [ύκ Ἰομ [ος δὶς τέκε [
105
πρῶτον [μὲν γε [i Ivato è [ad Ts yeò [
(vestigia versuum sex)
13. P. Michigan inv. 6234 fr, 1
[
1. προν[
[ 1{ [ Ἰκαλλιπά [ρ]ῃου [1 Ἱερον, ᾧι ποτ [ε]γύμφη[ [ xapie Ίσσᾳ μίγη φιλό [τη Ίτι καὶ ε [ὖνηι᾽
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
279
abita e i marini [
Ma Ceice né [ smette di slanciarsi [ si tende verso Alcione [ ma occulta è la mente di Zeus e nessuno degli uomini è in grado di interpretarla!3.
95
(Il fr. 10 continua dopo il fr.12) Fr. 12 [10 d M-W]
Papiro Michigan
Sposò Alcione, figlia di Eolo, Ceice figlio dell’astro Fosforo!4, Entrambi erano pieni di sé e l’uno innamorato dell’altra;
lei [ ] chiamava lui Zeus, lui chiamava lei Era. Adiratosi per questo, Zeus li trasformò in uccelli, come racconta Esiodo nel
Catalogo delle donne.
Figli di Peisidice e figli di Canace (seguito del fr.10)
Costei poi la forza possente di Mirmidone simile a un dio, Peisidice, sposò [ e partorì il figlio Antifo [e Actore
100
Questa (sc.Canace) [ unitasi nell'abbraccio] di Posidone
Eolide dai bei capelli due volte partorì [
per primo [
105
poi partorì [ della ... [ (tracce di sei versi) I figli di Actore, figlio di Peisidice, e di Molione: i gemelli mostruosi Fr. 13 [17 a M-W] Papiro Michigan κα κα κος ο
ο ο
«ολο ο
ο
ο
ο
ραν σα ο
ο
φοδοῤςο1. ο ο
1 dalle belle guance
2.299» ο
ον
] sacro, al quale una volta una fanciulla aggraziata] si congiunse nel letto nuziale;
5
280
ESIODO
[
Ίην περιτελλοµένων ἐνιαυ [τῶν
[
1 αροις. γην κικλήσκεσκον [
10
[ 1. νπολυήρατον εἶδος ἔχουσ [αν. [ ἹΙἐκόμισσε πατήρ, ὀΐων τε καὶ αγ [ῶν [ 1. ν ἔδουσάν τε κ [ρ]έα ui, [ τὴν δοὔ πώ ττι]ς ἰδεῖν δύνατο θνητῶν ἀνθρ [ώπῶν
15
καὶ τὴν μέν ῥ᾽ ᾿Α]κτωρ [θαλ Ἱερὴν ποιήσατ ἄκοι [τιν [ Ίεος γαιηόχου ἐννοσιγαίου' ἢ δ᾽ ἄρ᾽ ἐνὶ µεγ ]άροις διδυµάονε γείνατο τέκ [vo ”"Ακτορι κυσαμ Ἰένη καὶ ἐρικτύπῳι ἐννοσιγαί [ωι, ἀπλήτω, Κτέα Ἰτόν τε καὶ Εὔρυτον, οἷσι πόδες [μ]έν
ἦν τέτορες, κ Ἰεφαᾳλαὶ δὲ δύῳ ἰδὲ χεῖρες εεισ [.. Ἰν
[
[ ὦ Ίμων δ φυ [.. Ίκαπισχι {..... ]uevI [ Ίντο θεοί α [... 1. ink [.... lat
14. Schol. A Hom. Il. 11.750,’ Axtopiove MoAiove
ὅτι ἐντεῦθεν 'Ἡσίοδος ”Ακτορος κατἐπίκλησιν καὶ Μολιόνης αὐτοὺς γεγενεαλόγηκεν, γόνῳ δὲ Ποσειδῶνος, 15a, b
(a) Schol. A Hom. Il. 23. 638-42
᾿Αρίσταρχος δὲ “διδύμους” («οτοὺς Μολιονίδας) ἀκούει οὐχ οὕτως ὡς ἡμεῖς ἐν τῇ συνηθείᾳ νοοῦμεν, οἷοι ἦσαν καὶ οἱ
Διόσκοροι, ἀλλὰ τοὺς διφυεῖς, δύο ἔχοντα σώματα, ᾿Ἡσιόδῳ µάρτυρι χρώµενος, καὶ τοὺς συµπεφυκότας ἀλλήλοις. (b) Schol. T Hom. IZ 11.710
ὅτι τερατώδεις τινὲς ἦσαν, ὡς ᾿ Ησίοδος, ἄμφω ἐν ἑνὶ σώματι ὄντες. 16. 5εΠο]. Αρ. Ἐμος., 1.482 (ρ. 42, 15-17 Νεπάε]),᾽ Αλωιάδας
᾿Ἠσίοδος δὲ ᾿ Αλωέως καὶ ᾿Ιφιμεδείας κατἐπἰκλησιν, ταῖς δὲ ἀληθείαις Ποσειδώνος καὶ ᾿Ιφιμεδείας ἔφη, καὶ ”Αλον πόλιν Αἰτωλίας ὑπὸ τοῦ πατρὸς αὐτῶν ἐκτίσθαι.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
281
] passando gli anni ] lei, dal fascinoso aspetto ] accompagnò il padre, di pecore e di capre ] mangiando (lei) la carne nessuno] poteva vederla dei mortali ] solevano chiamare E lei] Actore fece sua florida sposa
] dello Scuotitore del suolo, padrone della terra;
lei (sc. Molione) nel palazzo partorì due gemelli!5,
incinta di Actore e dello scuotitore del suolo che profondo inaccostabili, Cteato ed Eurito, che avevano piedi in numero di quattro, due teste e mani [
Lie Li
risuona,
] dalle spalle [................. ] dei [............
Fr. 14 [17 b M-W]
Scolio all’Iliade “I due Attoridi Molioni”
Da questo luogo Esiodo indicò la loro origine genealogica nominalmente da Actore e Molione, ma per generazione da Posidone. Fr. 15 ab [18M-W]
(a) Scolio all’Iliade
Aristarco interpreta i ‘gemelli’ (sc. i Molionidi) non come
noi intendiamo
questi ordinariamente,
come
erano
anche
Dioscuri, ma come doppi, cioè provvisti di due corpi, utilizzando la testimonianza di Esiodo, ovvero congiunti dalla nascita l’uno con l’altro. (b) Scolio all’Iliade
Erano dei mostri, secondo Esiodo, tutt'e due dentro un solo
corpo.
I figli di Aloeo, figlio di Canace: Oto ed Epialte Fr. 16 [19 M-W] Scolio ad-Apollonio Rodio “I figli di Aloeo”!6
Esiodo dice che erano figli di Aloeo e di Ifimedeia di nome,
ma che in realtà lo erano di Posidone e di Ifimedeia, e che Alo,
città dell’Etolia, fu fondata dal padre di questi.
i
282
ESIODO
17. Suda e 2221 (II p. 348.20 Adler)
ErudAmnv: “Ounpos (Od. 11. 308, IZ 5. 385) kai ' Hoiodoc:
καὶ οἱ ᾿Αττικοὶ τὸν δαίμονα, διὰ δὲ τοῦ ϕ τὸν ἄνδρα, ᾿ Εφιάλ-
την.
18. P.S.I. 1384 fr. 1, ed. Bartoletti; Porphyr. Hom. Schrader (a4 Hom. Il. 14.200)
[ [
Jem
Quaest. p. 189, 24-27
1 Ma kog [
[ Ίν ὁμοίη science "A Ἰγήνο [ρ]ος ἰσοθέοι [ο
Δημοδίκη, ]τὴν πλεῖστοι ἐπι 'χθονίιων ἀνθρώπ ιῶν µνήστενον, καὶ πολλὰ {περ ]ικλυτὰ δῶρ᾽ ὀνόμιηναν ἴφθιμοι βασιλΏῃες, ἀπειρέσ «ον [μ]ετὰ εἶδος. ἀλλά οἱ οὗ ποτε θυμὸν ἐνὶ ]στήθεσσιν ἔπειθρ [ν παραὶ λ Ἰέχεσιν καλέεσθαι ο
. P. Oxy. 2075 fr. 4 et 9; 2481 fr. 5 (a) col. 1; 2482, coniunxit et edidit Lobel; P. Michigan inv. 6234 fr, 2.
eòpaog [ ὑστατ {[
ἢ οἷαι κ[οῦραι
tpeîc 0 [lai te Beati, περικαλλέα ἔργ΄ εἰδυῖαι, Λήδη [τ' Αλθαίη τε Ὑπερμήστρη τε βοῶπις
Αἰτῳλ [
10
ἢ μὲν [Τυνδαρέου θαλερὸν λέχο ]ς εἰσαναβᾶσα Λήδη ἑ [υπλόκαμος ἰκέλη φαέεσσ ]ι σελήνης γείνατ [ο Τιμάνδρην τε Κλυταιμήστρ Ίην τε βοῶπ [ιν Φυλρ [vonv 8° Ἡ εἶδος ἐρήριστ ἀθαν Ἰάτηισι.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
283
Fr. 17 [20 M-W1 Suda
‘Epialte’: Omero (04.11,308, I/.5,385) ed Esiodo. E gli Attici chiamano così la divinità, invece con un ‘phi’, chiamano l’uomo, Efialte. I figli di Demodice, figlia di Agenore figlio di Pleurone; discendente di Calice. Sono:Testio, Eveno, Molo, Pilo.
Fr. 18 [22 M-W/] Papiro della società italiana; 5-7: Porfirio, Questioni omeriche.
Lia ] (ella) simile ] di Agenore!” simile a un dio, Demodice, ] che la più parte degli umani terrestri bramava in moglie, e molti ragguardevoli doni promettevano magnifici re, inseguendo la sua infinita bellezza. Ma mai il suo cuore persuasero nel petto ] ad essere chiamata vicino al letto nuziale.
5
Le figlie di Testio: Altea, Leda, Ipermestra Fr. 19 [23 a M-W] 1-33: Papiro Michigan; 7-41: P. Ossirinco 2481; 12-18: P. O 2482.; 22-36: P. O. 2075 fr. 4, 9; 31: scolio a Pindaro, O/. 10.80 (I p.
331.8-9 Drachmann).
O qualil8 ragazze tre come dee, conoscitrici di lavori raffinati, Leda e Altea e Ipermestra dagli occhi bovini Ειο[[...
5
I figli di Leda: Filonoe, Clitemestra, Timandra, Castore e Polluce
Ella, salito il florido letto di Tindaro, Leda dai bei riccioli, somigliante a raggi di luna, partorì Timandra e Clitemestra dagli occhi bovini e Filonoe che per la figura era perfetta rivale delle immortali.
7 10
284
15
20
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30
ESIODO
τὴν [ ἰο ]χέαιρα, θῆκ [εν δ᾽ ἀθάνατον καὶ ἀγήραον ἤ Ίματα πάντ [α. γῆμ [ε δ᾽ ἐὸν διὰ κάλλος ἄναξ ἀνδρ ]ῶν ᾽Αγαμέμνων κοὺ [ρην Τυνδαρέοιο Κλυταιµήσ Ίτρην κυανῶπ [ιν' ἢτ[έκεν Ἰφιμέδην καλλίσφν Ίρον ἐν µεγάρο [ισιν Ἠλέκτρην ϐ᾽ ἢ εἶδος ἐρήριστ' ἀ [θανά Ίτηισιν. Ἰφιμέδην μὲν σφάξαν ἐυκνή [μ]ιδες ᾿Αχαιοὶ βωμῶ [ι ἔπ᾽ Αρτέμιδος χρυσηλακ Ἰάτ[ου ]κελαδεινῆς, ἥματ [ι τῶι ὅτε νηυσὶν ἀνέπλ Ίεον Ἴλιον ε [σω ποινὴ [ν τεισόµενοι καλλισ Ἰφύρου ᾽Αργειώ [νη Ἱς,
εἴδω [λον΄ αὐτὴν δ᾽ ἐλαφηβό Ίλος ἰοχέαιρα ῥεῖα µάλ’ ἐξεσά [ωσε, καὶ ἀμβροσ Ἰίην [ἐρ Ίατε [ινὴν στάξε κατὰ κρῆ [θεν, ἵνα οἱ χ Ἰρῶς [ἔ Ίμπε [δ]ο [ς]ε [ἴη, θῆκεν δ᾽ ἀθάνατο [ν καὶ ἀγήρ Ίαον ἥμα [τα πάντα. τὴν δὴ νῦν καλέο [ωσιν ἐπὶ χ Ἰθονὶ φῦλ’ ἀν [θρώπῶν ”Αρτεμιν εἰνοδί [ην, πρόπολον κλυ ]τοῦ ἰ [ο]χ[ε]αίρ [ης. λοῖσθον δ᾽ ἐν µεγά [ροισι Κλυτ ]αιμήστρη κυα [νῶπις γείναθ᾽ ὑποδμηθ [εἶσ᾽ ᾽Αγαμέμν ]Jov [1 dì ]ov 'Opé [στην, ὅς ῥα καὶ ἡβήσας ἀπε [τείσατο π Ίατροφο [ν]ήα, κτεῖνε δὲ μητέρα [ἣν ὑπερήν Ίορα νηλέι [χαλκᾶι. {pergit hoc fr. post fr. 20 (b) infra) 20 a,b
(a) Pausanias, 1.43.1
οἶδα δὲ 'Ησίοδον romoavia ἐν Καταλόγῳ Γυναικῶν ’ Idi γένειαν οὐκ ἀποθανεῖν, γνώμη δὲ ᾿ Αρτέμιδος Ἑκάτην εἶναι.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
285 Filonoe
Lei [ ] la Saettatrice!9
rese immortale e senza vecchiezza per tutti i giorni di sua vita. Clitemestra e i suoi figli: Ifimede, Elettra, Oreste
Per la sua bellezza, il sovrano dei guerrieri Agamennone
sposò la figlia di Tindaro, Clitemestra dagli occhi azzurro scuro;
ella generò Ifimede dalle belle caviglie nel palazzo ed Elettra, per la figura perfetta rivale delle immortali. Ifimede sgozzarono gli Achei dai begli schinieri
15
sull’altare di Artemide strepitante, dall’aurea conocchia,
nel giorno che con le navi presero a navigare verso Ilio, intenzionati a punire l’Argiva dalle belle caviglie, invero il suo simulacro: lei l’arciera cacciatrice di cervi con gran facilità mise in salvo e l’ambrosia amorosa le versò a gocce sul capo affinché il suo corpo rimanesse
20
intatto,
la rese immortale e senza vecchiezza per tutti i giorni della Lei ora le schiere degli uomini sulla terra chiamano
vita.
Artemide enodiìa (sc.del cammino), ancella dell’illustre
Saettatrice. Ultimo nel palazzo Clitemestra dagli occhi azzurro scuro, domata da Agamennone, generò il divino Oreste che, raggiunta la giovinezza, si vendicò dell’assassino del padre e uccise la madre sua prepotente col bronzo che non ha
pietà20,
(Il fr.19 continua dopo il 20 b) Fr. 20 a,b [23 b, 23 b in app. M-W] (a) Pausania, Descrizione della Grecia
So che Esiodo nel Catalogo delle donne non fece morire Ifigenia, ma che per volere di Artemide è Ecate.
25
30
286
ESIODO
(b) Philodemus, De pietate B 8364-70 Obbink
Στη[σίχορο]ς δὲν ᾿Ορεστεί[αι κατ]ακολουθήσας [ Ἡσιό]-
δωι τὴν ' Αγαμέ[μνονος Πφιγένειαν εἶ[ναι τὴ]ν 'Ηκάτην νῦν
[ὀνομαζ]ομένην.
(pergit 19) 31
Τιμάνδρην δ᾽ Ἔχειμος θαλερὴν ιποιήσατ ἄκ ιοιτιν͵
35
ἀῤνειὸς ἤνασ [σε, φίλος µακάρεσσι ϐ ]Jeo [Π Ίσιν' ἤ οἱ Λαόδοκον µ [εγαλήτορα ποιµέν ]ᾳ λαῶν γ]είνα [θ]’ ὑποδμη [θεῖσα διὰ ]χρυσῆν ΑΦ [ροδίτην
ὃς πάσης ΤΕΥ [έης ἠδ᾽ Αρκαδίης Ιπολυμήλου
[ [ [
[ 40
[
é]uBaol[iXeve ΊἹ, {1 { Ίν[. 1 [ Ίχο[ 10 um
ἀε ]θλοφόρο [ν Πολυδεύκεα
Ίν{
21. Schol. Pind. Ne. Polluce
10.150a (III p. 182, 18-26 Drachmann), de Castore et
ὁ μὲν 'Ἡσίοδος ἀμφοτέρους Διὸς εἶναι γενεαλογεῖ’ ὁ δὲ
Πίνδαρος ἑτέροις τῶν ἱστορικῶν ἐξακολουθήσας τὸν μὲν Πολυδεύκην ἐκ Διὸς, τὸν δὲ Κάστορα ἐκ Τυνδάρεω εἶναι φῃσιν... λέγεται γὰρ τοῦτο, ὅτι Πολυδεύκης καὶ "Ελένη ἐκ
Διός εἰσι καὶ Λήδας, Κάστωρ
δὲ ἐκ Τυνδάρεω.
'Ἡσίοδος οὔτε Λήδας οὔτε Νεμέσεως ἀλλὰ θυγατρὸς) Ωκεανοῦ καὶ Διός,
δίδωσι
τὴν
ὁ μέντοι ᾿Ἑλένην,
22. P. Berol. 9777 recto, ed. Schubart-Wilamowitz; P. Oxy. 2075 fr. 1, ed.
Hunt; P. Oxy. 2481 fr. 5 col. Il et 2483 fr. 2, ed. Lobel.
0= fr. 19,41? [ AX@ain δ” Αρηϊ τέκεν κλειτὸν Μελέαγρον] ὅὕς µέγ[ἄριστος ἔην
ἔγχει µάρνασθᾳ [ι πλῆ «Ὢγ Ἡρακλἢ [ος
αυτ.... Apni, [
EavBoxéun
[
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
287
(b) Filodemo, De pietate
Ste[sicoro], nella sua Orestea, sulle orme di Esiodo dice che
la figlia di Agamennone, Ifigenia, è quella che ora si chiama Ecate.
Timandra e suo figlio Laodoco (seguito del fr.19; cfr.23 a M-W)
Fece di Timandra la sua florida sposa Echemo, che su tutta Tegea e l’Arcadia ricca di armenti prospero comandava, caro agli dei beati. Lei Laodoco generoso pastore di popoli gli generò, soggiogata per via dell’aurea Afrodite l era sovrano [
31
35
Castore e Polluce
] Olimpi...[ ] Polluce che vince la gara [
39
Fr. 21 [24 M-W; 24 Arrighetti] Scolio a Pindaro, Nemzee
Esiodo
fa risalire l’origine di entrambi
a Zeus; Pindaro,
invece, seguendo altri studiosi, dice che Polluce deriva da Zeus, Castore invece da Tindaro... è detto infatti che Polluce ed Elena discendono da Zeus e da Leda, Castore da Tindaro.
Esiodo in effetti non dà Elena come figlia né di Leda né di Nemesi, ma di una figlia di Oceano e di Zeus2!, I figli di Altea: Meleagro Fr. 22 [25 M-W] 1-24: Papiro di Berlino; 8-39: P. O. 2481; 11-40: P_ O. 2075; 21-25:P O. 2483,
0= fr.19,41? [Altea generò ad Ares l’illustre Meleagro]?2 che [era] di gran lunga [il più virtuoso a combattere con la lancia [ eccetto Eracle [ ...ad Ares [ dai biondi capelli {
1
5
288
ESIODO
τοῦ καὶ ἀπ᾿ ὀφθ [αλμῶν
γοργ.....α[ θηρο [
10
Ἰνδ[..1 1
οὗτέ τις ἐν πολέμ [ωι φθισήνο Ἶρι δαᾳακρνόε {ντι ἔτλη ἐσάντα ἰδῷ [ν µεῖναι κρατερ ]ὸν Μελέαγ [ρον ἀνδρῶν ἡρώων, ὁπότ [’ ἰθύοι ]ἄντα µάχεσ [θαι. ἀλλ) ὑπ᾿ Απόλλωνος χερ [σὶν φίλον ὤλ]εσε θ[υ]μ[όν µαρνάμµενος Κουρ
15
20
[ῆσι περὶ Πλ. ]ε [υ]ρῶν [ι]μακεδνήι.
τοὺς δ᾽ ἄλλους Οἰνηϊ [τέκ᾽ ])Αλθαίη κυα [ν]ῷ [π]ις, Φηρέα θ) ἱππόδαμ [ον καὶ ἐνμ Ἰμελίῃ [ν Αγέ Ίλαον Τοξέα τε Κλύμενό [ν τε ἄνακ JT ἀτάλαντ [ον ]΄Αρπῖ Γόργην τ ἠύκομον κ [αἱ ἐπί Ἰφ[ρ]ονα Δηϊάνειραν, ἢ τἐχ᾽ ὑποδμηθεῖ [σα βίηι Ἡρ Ίακληῃ [ε]ίτι Ὕλλον καὶ Γλῆνον καὶ [Κτή Ίσιππον καὶ Ὀνείτην: τοὺς τέκε καὶ δείν᾿ ἔρξ [, ἐπεὶ ἀάσατ Jo μέγα θυμῶι, ὁππότε φάρμακον [ ἐπιχρί Ίσασα χιτῶνα δῶκε Λίχηι κήρυ [κι Ἰφ [έρειν' ὃ δὲ δῶ Ίκεν ἄνακτι ᾽Αμϕιτρνωνιά [δ]ῃι Ἡ [ρακλῆϊ πτολιπό Ίρθωι.
25
30
δ[εξ Ἰαμένωι δέ ο [ὶ αἶψα τέλος θανάτοι Ίο παρέστη: καὶ Ἰθάνε καί ῥ Αἴδ [αο πολύστονον ἵκε Ίτο δῶμα. ---νῶν δ᾽ ἤδη θεός ἐστι, κακῶν δ᾽ ἐξήλυθε πάντων, ---ζώει δ᾽ ἔνθά περ ἄλλοι Ὀλύμπια δώματ ἔχοντες --- ἀθάνατος καὶ ἄγηρος, ἔχωῶν καλλ [io ]bvpov “Hpnv, ---παΐϊδα Διὸς µεγάλοιο καὶ Ἡρης χρυσοπεδἰλου' --- τὸν πρὶν μέν ῥ᾽ ἤχθηρε θεὰ λευκώλενος Μρη --ἔκτε θεῶν µακάρων ἔκ τε θνητῶν ἀνθρώ [πων, — vîv è Nin πεφίληκε, τίει δέ µιν ἔξοχον ἄλλ [ων --- ἀθανάτων µετά Υ᾿ αὐτὸν ἐρισθενέα Κρ [ο]νίώνα.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
289
e dagli occhi di lui [ cerro rosero:eo
re:
cose,
0
E nessuno nella guerra lacrimosa che fa perire gli uomini osava, guardandolo in faccia, opporsi al possente Meleagro, tra gli eroici guerrieri, quando quello muoveva diritto allo
10
scontro frontale,
ma, vinto dalle mani di Apollo, perse la sua vita combattendo contro i Cureti attorno all’alta Pleurone.
Altri figli di Altea: Fereo, Agelao, Toxeo, Climeno, Gorge, Detanira (e figli). Morte di Eracle
Gli altri figli Altea dagli occhi azzurro scuri generò a Oineo,
Fereo domatore di cavalli e Agelao dalla bella lancia
e Toxeo e Climeno sovrano, pari ad Ares e Gorge dai bei capelli e la scaltra Deianira; la quale, soggiogata dalla forza di Eracle, generò Illo e Gleno e Ctesippo e Onite; loro partorì e terribili cose compì poiché grave accecamento opprimeva il suo cuore, quando col veleno [ ] unta la tunica, la diede da portare all’araldo Liche e questi la diede al
15
20
signore
figlio di Anfitrione, Eracle distruttore di città. Una volta ricevuta, tosto il termine di morte gli fu vicino, e morì e raggiunse la dimora di Ade, piena di pianto. Ora è già un dio, da tutti i mali è uscito, vive là dove anche altri, che abitano le dimore olimpie,
libero da morte e vecchiezza, e sempre possiede Ebe dalle belle caviglie, figlia del grande Zeus e di Era dagli aurei calzari?3
Egli prima era inviso ad Era, la dea dalle bianche braccia, tra gli dei felici e gli umani mortali, ora invece ella ormai lo ha caro, lo onora sopra tutti gli immortali, dopo il potente figlio di Crono in persona.
25
20
290 35
ESIODO
δ ia δ᾽ ]Υπερμήστρη λαῶν ἀγὸν ᾽Αμϕιάρπον
γε Πῇ Ίνατ Ὀϊκληος θαλερὸν λέχος εἰσαναβᾶσα
"A [ρ]γει ἐν ἱπποβότωι πολέων ἡγήτορα λαῶν' ὅς ῥ’ ἀγαθὸς μὲν ἔην ἀγορῆι, ἀγαθὸς δὲ µάχεσθαι, ἐ [σ]θλὸς δ᾽ ἐν πραπίδεσσι, φίλος δ᾽ ἠν ἀθανάτοισι' 40
γείνατο δ᾽ Ἰφιάνειραν ἐπήρατον εἶδος ἔχουσα [ν ἨἜνδηόν τε ἄνακτ ἀνδρῶν ἠύν τε µέγαν τε
23. 1-37: P. Oxy. 2481 fr. 5 col. m, ed. Lobel; 7-21: P. Berol. 9777 verso, ed.
Schubart-Wilamowitz; 27-31a: cf. Schol. Soph. Trach. 266 (p. 296.5-10 Papageorgios)
caro Ίλλε [. Ἱπρὸ γάµοιο δάµη [ ce 1. ᾽Αμϕίμαχος κρατερ |
1 ειπις Σπάρτην ἐς [κα |λλ [ιγύναικα: i [o]i £ [yi ]vato παῖδα µεγασθεγέ [ Lee
10
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20
luoll..
7) gia [κο ]ῦραι Πορθάονος ἐξεγέν [οντο τρε [ῖς, ο [αίΐ τε θεαί, περικαλλέα [ἔργ΄ εἰδυῖα Jr τ[ά ]q mote [A]ao [86 Ίη κρεἰουσ᾽ Ὑπερηϊς ἀ [μύ Ίμων γεί Ίνατο Παρθᾶνος [θ]α[λ]ερὸν λέχ [ος ]ε[ὶσ ]αναβᾶσα, Evp ]υθεμίστην τε Στρατ [ο]νίκην [τ]ε Στ [ε]ρόπην τε. τα ]ìi 50, [ ]Νυμφάων καλλιπ [λο ]κάμ [ω]ν συγροπηδοὶ
. L1. [.. 1.. Mo [v]oéev τε [κα Ἰτ ο [ὕρεα Ίβη [σ]σήεντα . [.... 1 τς Ιἔσχο [ν Π ]αρνησσοῦ τ’ ἄκρᾳ κάρηνα cv 1 [.. Ίμε [ν]ᾳι χρυσο [σ]τεφάνου ᾿Αϕροδίτης ei
1 flex.. D. D.. Do 1. [ I. αµοντες
cuni 1. [Γ Ιπολλὰ κ [1 [ Ίμῶνας ἵκοντο
παρ [.... Τ.. Ίτι μάκρ᾽ ο [ῦρεα οἱ Ἰκείουσαι, δώµατ [α λείπο Ίυσαι π [ατρὸς καὶ µητ Ἱέρα κεδνήν. ai pa tor ε [ῇ Ίδει ἀγαλ [λόμεναι καὶ ἀῑδ Ἰρείηισιν ἀμφὶ περὶ κρ[ήνην Εὐήνου ἀργ ]υροδίνεω Πέριαι στεῖβο [ν ἐέρ Ίσην ἄνθεα µαι [ό Ίμεν [αι κεφαλΏις εὐώ Ίδεα κόσμον;
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I figli di Ipermestra: Anfiarao, Ifianira, Endeo.
La divina Ipermestra il conduttore di popoli Anfiarao?4 partorì, salita nel florido letto di Oicleo, in Argo allevatrice di cavalli, il condottiero di molte genti;
35
che era virtuoso nell’assemblea, virtuoso in combattimento,
valente nei suoi accorti consigli, gradito agli immortali; generò Ifianeira dalla fascinosa figura ed Endeo, sovrano di guerrieri coraggioso e imponente.
40
Il figlio di Anfimaco Fr. 23 [26 M-W] di Sofocle
1-37: P_O ;7-21:P. di Berlino; 27-31a: scolio alle Trachinie
] prima del matrimonio fu soggiogato ].. Anfimaco possente ] verso Sparta dalle belle donne Questa[ gli] partorì un figlio potente [ Figlie di Portaone, discendente di Calice:Euritemiste, Stratonice, Sterope
O come? le fanciulle che da Portàone ebbero nascita,
tre, come dee, conoscitrici di lavori raffinati, che una volta Laotoe Ipereide, sovrana senza macchia, generò, salita nel florido letto di Portaone: Euritemiste, Stratonice e Sterope. Queste ] compagne delle ninfe dai bei riccioli ] e delle Muse sui monti dirupati ] abitavano del Parnaso le alte vette (rifuggendo i doni)] di Afrodite incoronata d’oro Live ] giunsero ] avendo dimora tra gli alti monti abbandonate] le case [ del padre] e la saggia [ madre. E allora esse spiccando per bellezza e spensieratezza, intorno alla fonte dell’Eveno dagli argentei gorghi, presto al mattino camminavano { sulla rugiada alla ricerca di fiori, olezzante ornamento per il capo.
10
15
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292
ESIODO
téov LI. 1 {[ ]Ίμε ἵ
1] Φοιβος Απόλλων,
βῆ δὲ φέ [ρ]ων ἀνάε [δ]ν [ον ἐύξωνον ΊΣτ [ρ]ᾳ [τ]ονίκην' ῥῷκε δὲ π [αι Ἰδὶ [Φί Ίλωι θαλ [ερ ]ὴν [κ]εκλῆσθαι ἄκοιτιν ἀ]ντιθέῳι Μελ [αν ΤΠϊ, [τὸν οὔρ Ίε [σι Ἱπότνια νύμφη
Οίτη
Ίς Προ [ν]ό [η
Ίωματ [.. Ίου. [
τῶι δ᾽ ὑπ ιοκυσαμένη καλλίζωνος Στρατονίκη Εὔρυτον ιἐν µεγάροισιν ἐγείνατο φίλτατον υἱόν. τοῦ δ᾽ υἱεῖς ιἐγένοντο Δηΐων «τεοΚλυτίος τε
Τιοξ νεύς ιτ ἀντίθεος ἠδ᾽ Ἴφιτος ὄζος ”Αρηος. τιοὺς ὃ ια
μέθ᾽ ιὁπλοτάτην τέκετο ξανθὴν Ἰόλειαν,
τ[ῆς ἕ Ίνεκ᾽ Οἱχ [αλ Ί{ῃ [ν Ἂμφι Ιτρυωνιάδης [
τ]ὴν [δ᾽ Ἰαὐτέων παρὰ πᾳ [τρ Θέσ [τ]ιος ἱππόδ [α]μος ὃ [ ἠγάγεθ) ἵππ [ο]ισίν τε [καὶ ἅρμασι κολλητοῖσι
μυρία ἕ [δ]να [πο ]ρώ [ν
24. Schol. Ap. Rhod. 4.892 (p. 298, 7-10 Wendel)
ἠκολύθησεν 'Ἡσιόδῳ οὕτως ὀνομάζοντι τὴν νῆσον τῶν Σειρήνων’ νῆσον ἐς ᾿Ανθεμόεσσαν, ἵνά σφισι δῶκε Κρονίων. 25. Schol. Hom. Od. 12.168 (TI p. 543, 16-17 Dindorf), de Sirenibus
ἐντεῦθεν ᾿ἩΗσίοδος καὶ τοὺς ἀνέμους θέλγειν αὐτὰς ἔφη.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
293
Il figlio di Stratonice: Eurito
Quelle [(desiderò?)] Febo Apollo e mosse a portar via senza dote di nozze Stratonice dalla
bella cintura;
la diede al figlio suo così che fosse chiamata sua florida sposa, al divino Melaneo, il quale sui monti la ninfa signora Pronoe Oiteide [
25
Di lui incinta, Stratonice dalla bella cintura partorì nel palazzo Eurito, carissimo figlio. I figli di Eurito: Deione, Clitio, Toxeo, Ifito, Ioleia
Figli di lui furono Deione e Clitio e il divino Toxeo e Ifito, germoglio di Ares. Dopo questi, per ultimo generò la bionda Iòleia, a causa della quale Ecalia [(distrusse?) il figlio di Anfitrione26 [
30
Euritemiste moglie di Testio
Lei, tra loro al padre [ (richiesta) Testio domatore di cavalli [ condusse via (sc.come moglie), in cavalli e carri ben fatti infinita dote recando. Le Sirene figlie di Sterope Fr. 24 [27 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Egli (sc. Apollonio Rodio) ha seguito Esiodo che così chia-
ma l’isola delle Sirene2?; ‘verso l’isola Antemoessa, dove diede loro il Cronide’. Fr. 25 [28 M-W]
Scolio all’Odissea
Muovendo da lì (=04.12,168), Esiodo diceva che esse (sc.le
Sirene) affascinano anche i venti.
35
294
ESIODO
26. Tulianus, Orat. ad Heracl. Cyn. (7) 234d
οὐκ οἶσθα ὅτι καὶ ὁ Σαλμωνεὺς ἔδωκεν ὑπὲρ τούτων τοῖς
θεοῖς δίκην, ὅτι ἄνθρωπος ὢν ἐπεχείρει Ζεὺς εἶναι; τὸ δὲ ἐκ τῶν Ἡσιόδου λεγόµενον ὑπὲρ τῶν ὀνομασάντων ἑαυτοὺς τοῖς τῶν θεῶν ὀνόμασιν, ΗἩρας τε καὶ Διός, εἰ µήπω καὶ νῦν ἀκήκοας, ἔχω σοι συγγνῶναι.
A
ere
27. P. Oxy. 2481 fr. 1; 2484 fr. 2; 2485 fr. 1 col. i; composuit et ed. Lobel.
LOU Υ ΠνΙ... Ἰωπῇ.. 1 [.. 1 ταµη [... Indo.
ο]ὐρᾳγοῦ ἀ [στερ ]όεντος ᾧ Ἰπλίζετο µ [ών Ίνχας ἵππου [ς Ἰχαλκέους [τε λ. Ἱέβητας Ίθοον ἅρμα [καὶ Ἱππους
Ἰχάλκεοί τε λ [έἐβ Ίητες
10
A
I
πατὴ ]ρ ἀνδρῶν τε [θε ]ῶν τε Ἰὑπὸ ζυγῶι ἅρματ ἔχοντας σέ Ίλας πυρὸς αἴθ [ο]μένοιο ἐ Ἰπὶ χθονὶ φΌλ’ ἀνθρώπων [ |ν. ὁ δ' ἀγᾶτ [ο πατ np ἀνδρῶν τε θεῶντ[ε, σκληρὸν δ᾽ Ἱἐβρόντ [ησεν ἀπ᾿ ]ουρανοῦ ἀστερόεντος [ον
15
ces
25
δή: ἐτ [ή Ίναξε δὲ γαῖαν ἅπασαν.
βῆ δὲ κατ’ Ο ]ὐλύμποιο [χο Ἰλούμενος, αἶψα δ’ ἵκανεν λαοὺς Σαλµ Ἰωνῆος ἀτ [ασ Ἰθάλου, οἳ τάχ’ ἔμελλον πείσεσθ᾽ ἔρ ]Υ᾿ ἀΐδηλα δι’ ὐβ [ρ]ιστὴν βασιλῆα: τοὺς δ᾽ ἔβα Ίλεν βροντῆι [τε κ ]αὶ αἰθαλόεντι κεραυνόι. ὣς λαοὺς ἀπε Ἰτίνεθ᾽ ὑπερβ [ασίην Ἰβασιλῆος.
ιο]. ςπαϊδάς τε Υ [ων ]ᾳϊκά τε οἰκῆάς τε,
i πό Ίλιν καὶ δώμα [τ'. Ἡρρυτα θῇῆκεν ἀΐστως, τὸν δὲ λα Ἰ]βὼν ἔρριψ΄ ἐς Τ [ά Ίρταρον ἠερόεντα, ὡς µή τις ]βροτὸς ἄλλος [ἐ ]ρίζοι Ζηνὶ ἄνακτι. τοῦ δ᾽ ἄρα ]παῖς ἐλέλειπτο φίλη µακάρεσσι θεοῖσι Τυρὼ ἐνπ ]λόκαμος ἰκέλη χ {ρ]υσῆι ΊΑφρο [δ]ίτ [πι, οὕνεκα νε Ἰκείεσκε καὶ ἤρ [ισε ]ΣαλμωνΏϊ
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
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Salmoneo figlio di Eolo Fr. 26 [15 M-W; 15 Arrighetti] Giuliano, Contro il cinico Eraclio
Non sai che anche Salmoneo fu punito dagli dei per questo, per il fatto che, essendo un uomo, cercava di essere Zeus? Se quanto detto nei poemi di Esiodo a proposito di quelli che chiamavano se stessi coi nomi degli dei, di Era e di Zeus, non
l’hai finora sentito, posso perdonarti?8.
Fr. 27 [30 M-W, 30 Arrighetti] 1-42: P, O. 2485; 3-33: PO. 2481; 12-33: PO. 2484 nananana
does
seed
pere
] del cielo stellato ] allestiva i cavalli dall’unghia unita ] e lebeti bronzei ] il (veloce) carro e i cavalli ] e lebeti bronzei il padre ] degli dei e degli uomini ] coi carri aggiogati bagliore ] di fuoco ardente ] sulla terra le schiere degli umani ] Si arrabbiò il padre degli dei e degli uomini e tuonò duramente dal cielo stellato ] :tutta quanta scosse la terra. Venne giù dall’Olimpo adirato e tosto giunse alle genti di Salmoneo sciagurato, che stavano in breve per subire distruttivi eventi per via del loro re superbo?9; queste colpì col tuono e col fulmine fiammeggiante. Così punì quelle genti per la trasgressione del loro sovrano. ]i figli e la moglie e i servi, ] la città e i palazzi (affluenti di ricchezza?) fece sparire, quello (sc.Salmoneo) afferrò e precipitò nel Tartaro nebbioso, perché nessun altro mortale rivaleggiasse con Zeus sovrano.
10
15
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La figlia di Salmoneo, Tirò
Di lui una figlia restava, cara agli dei felici, Tirò dai bei riccioli, pari all’aurea Afrodite; per il fatto che in continua lite e contrasto era con
25
Salmoneo
296
ESIODO
συνεχές, οὐ 1δ᾽ εἴασκε θεοῖς [βροτὸν ἰσ Jodapiterv:
τούνεκά Ίμιν ἐσάῶσε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε.
ce
ἐ]ς Κρηθῆος ἀμύμονος ἤ [γΊαγεν οἶκον
ὃς δέ µιν ἀσ]πασίως ὑπεδ [έ Ίξατο καί ῥ ἀτίταλλεν. αὐτὰρ ἐπεί Ἰῥ᾽ ἤβης πολυηράτου ἐς τέλος ἦλθεν τῆ ]ς Υ ἐράεσκε Ποσειδάων ἐνοσίχθων Lu. Ἰφιλότητι θεὸς βροτῶι, οὔνεκ) ἄρ᾽ εἶδος πασάων προὔῦχεσκε γυναι ]κῶν θηλυτεράων. ἢ δ᾽ ἐπ᾽ Ἐνιπῆος πωλέσκετο ]καλὰ ῥέεθρα
[
lv
[ [
1 ται Ίε κούρη
[ 15 {[ 1 απα τῆς [ ]ao [Je.. [] [ Ίνν ῃ 28. Schol. Ap. Rhod. 1.752-58d (p. 65.14-16 Wendel)
διόπερ παρ᾽
Ἡσιόδῳ οὕτῶς ἀναγνωστέον'
αὐτὸς δ᾽ ἐν πλήσμησι διιπετέος ποταμοῖο, καὶ οὐχ, ὥς τινες, “ἐν πλήμνησι”. 29 Schol. Bern. in Verg. Georg. 4. 361 Hagen: ‘at illum / curvata in montis faciem circumstetit unda’.
hunc versum ex Hesiodi gynecon «catalogo» transtulit. 30. P. Tebt. 271, ed. Grenfell-Hunt
ee
1 Ε 1. Ποσειδάων λ [
cv vie
1 îv ἀγλαά τέκνα τ[εκ1. τανεµεσσητοι τε [
τέξεις δ᾽ ἀγλαὰ τέκ Ίνα, ἐπεὶ οὐκ ἀποφώ [λιοι εὐναὶ ἀθανάτων' σὺ δὲ τ ]οὺς κοµέειν ἀτιτα [λλέμεναί τε. ὣς εἰπὼν ὃ μὲν αὖτις Ἰἀγαστόγωι ἔμ[πεσε πόντῳ
Σαλμωνέος δἄρα κούρ]ῃ ἔβη οἶκόνδε [νέεσθαι [ 1. ον {
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
297
sempre, né ammetteva che un mortale con gli dei si ponesse
sullo stesso piano, per ciò la salvò il padre degli dei e degli uomini. ] la condusse alla casa di Creteo senza macchia, il quale ] l’accolse con goia e l’accudì. In seguito, dopochè ] ebbe raggiunto il termine dell’amorosa
30
giovinezza,
] se ne innamorò Posidone che scuote la terra ] in amore un dio con una mortale, perché per bellezza sorpassava tutte le donne davvero femminili. E soleva andare lungo le belle correnti dell’Enipeo (tracce di sette versi)
I figli di Tirò da Posidone: Neleo e Pelia Fr. 28 [320 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Perciò in Esiodo bisogna leggere così: ‘Egli stesso (sc.Posidone) nelle piene (en plèsmcisi) del fiume ingrossato’, e non, come vogliono alcuni, nei mozzi delle ruote (en plèmneisi). Fr. 29 [32 M-W1 Scolio alle Georgiche di Virgilio: ‘Attorno a lui?9 il flutto si levò curvato in forma di monte’
Questo verso (sc. Virgilio) prese dall’esiodeo Cazalogo delle donne. Fr. 30 [31 M-W; 31 Arrighetti] Papiro Tebtynis
] Posidone [
genererai splendidi figli, perché non sono infruttuosi i connubi degli immortali; tu prenditene cura e accudiscili
] perché splendidi figli [ ] ed esenti da biasimo [
Detto questo, quello di nuovo ] nel rimbombante [ mare si tuffò e la figlia di Salmoneo ] si mosse per far ritorno a casa errore
resero:
ο
ο
ο
ο
ο
35
298
ESIODO
31. P. Oxy. 2481 fr. 2; 2485 fr, 1 col. ii; 2486; ed. Lobel
[
Jel. JB IL. I
JOVI
Νηλέα κα ᾖ, Πελίην πολέσιν λαοῖσι [ν ἄνακτας' καὶ τοὺς ]μὲν διένασσε πατὴρ ἀν [δρῶν τε θεῶν τε, νόσφιν δ᾽ ]άλλήλων ναιον πτολίεθρα {[
ἦτοι ὁ µ ]ὲν Πύλον εἶχε καὶ ἔκτισε γῆν [ἐρατεινὴν Νηλεύς, Ἰκαί ῥα θὐγατρ᾽ ᾽Αμϕίονος Ἰασίδα [ο
Χλῶριν ἑἐ ]ύζωνον θαλερὴν ποιήσατ ἄκ [οιτιν. 10
15
20
25
ἢ δέ οἱ ἐν µ ]εγάροισιν ἐγείνατο φαίδιµα τέκ [να, Εὐαγόρην τ]ε καὶ ᾽Αντιμένην καὶ ᾽Αλάστορα [δῖον
Ταθρόν τ’ Ασ Ἱτέριόν τε Πυλάονά τε µεγάθυμ [ον Δηϊμαχόν τε ]καὶ Εὐρύβιον κλειτόν τ Ἐπίλαον
Νέστορά τε Χ Ἰρομίον τε Περικλύμενόν τ ἀγέρωιχον, ὄλβιον, ὧι ιπόρε δῶρα Ποσειδάων ἐνοσίχθων παντο «Ί’, ἄλλιοιτε μὲν γὰρ ἐν ὀρνίθεσσι φάνεσκεν αἰετός, ιἄλλοτε δ᾽ αὖ γινέσκετο, θαῦμα ἰδέσθαι,
μύρμ -ηξ, ἄλλοτε δ᾽ αὖτε µελισσέων ἀγλαὰ Φφῦλα,
ἄλλο τε δεινὸς ὄφις καὶ ἀμείλιχος' εἶχε δὲ δῶρα παντ ιοἳ) οὐκ ὀνομαστά, τά µιν καὶ ἔπειτα δόλωσε βιοιυλ,ιΏι /᾿Αθηναίης' πολέας δ᾽ ἀπόλεσσε καὶ ἄλλους µαρνάµενος Νηλῆος ἀγακλειτοῦ περὶ τεῖχος ο[ὗ Ἱπατρός, πολέας δὲ µελαίνηι κηρὶ πέλασσε κ]τείνων. ἀλλ’ ὅτε δή οἱ ἀγάσσατο Παλλὰς ᾿Αθήνη, πα ]ῦσεν ἀριστεύοντα" βίην δ' Ἡρακλπείην
εἶ ]λ’ ἄχος ἄτλητον κραδίην, ὤλλοντο δὲ λαοί.
ἤ Ίτοι ὁ μὲν ζυγοῦ ἄντα βίης Ἡρακληείης ὁ Ἰμφαλῶι ἑζόμενος μεγάλων ἐπεμαίετο ἔργῶ [ν,
φ]ῆ ϐ) Ἡρακλῆος στήσειν μένος ἱπποδάμοιο' νήπιος, οὐδ' ἔδδεισε Διὸς ταλασίφρονα παῖδα, αὐτὸν καὶ κλυτὰ τόξα, τά οἱ πόρε Φοῖβος ᾽Απόλλων.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE Fr. 31
[33 a M-WI1
1-30: P. O. 2485; 4-36: P_ O. 2486;
299 12-19: scolio alle
Argonautiche di Apollonio Rodio, 1.156-60 a (p. 21.8-15 Wendel); 30-33: PO. 2481
Neleo e Pelia, sovrani di molti popoli;
e questi] il padre degli dei e degli uomini separò
e reciprocamente lontani abitavano città,
l’uno aveva Pilo e fondò un’amabile terra, Neleo, e la figliadi Anfione figlio di Taso, Clori dalla bella cintura, fece sua florida sposa. I figli di Neleo
E lei a lui partorì nel palazzo splendidi figli, Evagore e Antimene e Alastore divino e Tauro e Asterio e Pilaone dal grande cuore e Deimaco ed Furibio e il famoso Epilao
10
e Nestore e Cromio e l’altero Periclimeno, Periclimeno figlio di Neleo
felice, chè a lui Posidone che scuote la terra fece doni d’ogni tipo, e a volte appariva tra gli uccelli come aquila, a volte diventava, meraviglia a vedersi, formica, a volte ancora magnifico sciame di api,
a volte serpente terribile e implacabile; aveva doni d’ogni sorta, innominabili, che in seguito lo trassero in
per volontà di Atena. Molti altri portò a rovina
inganno
combattendo attorno alle mura del celebre Neleo, suo padre, molti avvicinò alla nera Kera uccidendoli. Ma quando si adirò con lui Pallade Atena, ella pose fine alla sua bravura guerresca. Il forte Eracle prese un’insostenibile pena nel cuore, perivano le sue genti. Allora quello, di fronte alla forza di Eracle, del giogo sedendo al centro, aspirava a grandi gesta, e diceva che era intenzionato a fermare il vigore di Eracle domatore di cavalli: sciocco, e non temette il paziente figlio di Zeus, lui stesso e l'arco e le frecce illustri che gli aveva offerto Febo Apollo.
300 30
35
ESIODO
ἀλλὰ Ἰτότ ἀντίος ἦλθε βίης Ἡρακλπείης [ 1 τας, τῶι δὲ γλαυκῶπις ᾿Αθήνη ᾽Αμϕιτρνωνι ]άδηι θῆκ᾽ εὐσχεθὲς ἐν παλάμηισ [ι τόξον, καί οἱ Φρ Ἰάσσε Περικλύμενον θεοειὸ [έα [ Ίκεν κρατερὸν pévog a. [ [ Ίμενος τάνυσεν χείρε [σσι Φφίληισι τόξον, καὶ τα ]χὺν ἰὸν ἐπὶ στρεπτῆσ[ νευρῆς 32. Schol. D Hom. I 2.336 (p. 91 van Thiel)
καὶ δὴ γενόµενον αὐτὸν µέλισσαν καὶ στάντα ἐπὶ τοῦ Hpaκλέους ἅρματος ᾿ Αθηνᾶ δείξασα 'Ηρακλεῖ ἐποίησεν ἀναιρε-
θῆναι... ἱστορεῖ Ἡσίοδος ἐν Καταλόγοις.
33, P. Oxy. 2481 fr. 3, ed. Lobel; Steph. Byz. s.v. Téfar (p. 597.15 Meineke)
[
1 [BiIm ‘Hp [ome lin.
ὄφρα μὲν οὖν ἔζ Ίωε Περικλύ [μ]ενος θε [ο]ειδής,
οὐκ ἐδύναντο Πύ Ίλον πραθέειν µάλα περ μεμαῶτες'
ἀλλ᾽ ὅτε δὴ θανάτο Ίιο Π [ε]ρικλύμενον λάβε μµοῖρα, ἐξαλάπαξε Πύλοιο πόλιν Δι ]ὸς ἄ [λ]κιμο [ς]υὶός,
κτεῖνε δὲ Νηλῆος ταλα ισίφρονος υἱέας ἐσθλούς,
10
ἔνδεκα, δωδέκατος δὲ Γερ «ήνιος ἱππότα Νέστωρ ξεῖνος ἐὼν ἐτύχησε παρ᾽ ἱ ιπποδάµοισι Γερηνοῖς: οὕτω δ᾽ ἐξέφυγεν θάνατο Ίν καὶ κἢ [ρ]α µέλαιναν. τοῦ δ᾽ ἠν ᾽Αντίλοχός τε κα ]ὶ αἰχμητὴς Θρασυμήδης Περσεύς τε Στρατἰος τε καὶ ᾿Αρητος ]κ [α]ἱ Ἐχέφρων
Πεισιδίκη θ᾽ Ἡ εἶδος ἐρήριστ ἀθανάτῃι Ίσιν'
τοὺς δὲ μέθ᾽ ὁπλοτάτην τέκετο ξανθὴν ]Πολυκάσ [την Νέστορος ἐν φιλότητι Αναξιβίη ῥοδό Ίπηχυς 15
[
Ίρτ [
34. Steph. Byz. s.v. Tepnvia (p. 205. 5-10 Meineke)
'Ἡσίοδος ἐν πρώτῳ Καταλόγων: “κτεῖνε - Γερηνοῖς” (fr. 33. 6-8)... καὶ αὖθις Νέστωρ δ᾽ οἷος ἄλυξεν ἐν ἀνθεμόεντι Γερήνωι.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
301
Ma giunse allora a fronteggiare Fracle forte
30
] a lui la glaucopide Atena,
all’Anfitrionìade, mise nelle mani un maneggevole arco e gli mostrò Periclimeno simile a un dio; (gli diede?)] possente vigore 1... egli tirò con le sue mani l’arco e ] una freccia veloce sulla ritorta corda?!... Fr. 32 [33 (b) M-W]
35
Scolio all’Iliade
E diventato quello (sc.Periclimeno) un’ape e stando sopra il carro di Eracle, Atena lo indicò ad Eracle e fece in modo che fosse ucciso... racconta Esiodo nei Cataloghi. Fr. 33 [35 M-W]
1-15: P O. ; 6-8: Stefano di Bisanzio, Lessico geografico.
] la forza di Eracle.
Fintanto che visse Periclimeno simile a un dio, non poterono saccheggiare Pilo per quanto vi aspirassero; Nestore figlio di Neleo e i figli di Nestore
ma quando il destino di morte ebbe preso Periclimeno, il valoroso32 figlio di Zeus distrusse la città di Pilo e uccise i valenti figli del paziente Neleo, undici, mentre il dodicesimo, il cavaliere gherenio Nestore, si trovava per caso ospite presso i Ghereni domatori di
cavalli;
in tal modo scampò alla morte e alla nera Kera. Suoi figli furono Antiloco e Trasimede armato di lancia e Perseo e Stratio e Areto ed Echefrone e Peisidice che per bellezza rivaleggiava con le immortali. Dopo questi per ultima generò la bionda Policaste Anaxibie dalle braccia di rosa, nell'amore di Nestore eed0es
000
dda
erede
Fr. 34 [34 M-W] Stefano di Bisanzio, Lessico geografico; scolio ad I/.2,336; Eustazio su Il, ibidem.
Esiodo nel primo libro dei Cataloghi: “uccise-Ghereni” (fr.
33,6-8)... e ancora,
“Solo Nestore scampò in Ghereno fiorita”
10
15
302
ESIODO
35. P.S.I. 1301, ed. Vitelli-Norsa
. L... Ivog, où xAéog eo[
ἀργαλέα [5] μοῦνος δ᾽ ὑπ [εδέξατο µάντις ἀμύμων. καὶ τὸ μὲ [ν]έξε [τ]έλεσσε. β [
δεσμὸν ἀεικὲς ἔχων {[
10
μνᾶτο γὰρ αὐτοκασιγν [ήτωι, ἥρωι Βίἰαντι, ἤνυέ ϐ [Ἰμερόεντα γάµ [ον βοῦς ἕλικας, καὶ ἄεθλον ἀμ [ύμονα δέξατο κούρην. Πηρὼ δ᾽ [ή Ίθκομος Ταλα [ὸν γείνατο παϊδα Βίαντο [ς οἳ δὲ καὶ εἰς ἼΑργος Προϊ [το Ίν πά [ρα δῖον ἴκοντο, ἔνθά σφιν µετέρωκ [ε
199 [ι]μος Προῖτος κλῆρον [ 15
ἱπποδάμωοι τε [Βί Ίαντι [Μελάμποδί ϐ᾽ μαντοσύνηις ἰήσατ ἐπεὶ σ[φισι πότνια "Ἡρη ἠλοσύνην ἐνέηκε χολωσα [μεναὕτη μὲν γενεὴ ΝηλΏος [
αὐτὰρ ὅ Υ᾿ αὐτοῦ µ.[ίμνεν ἐν εὐρυχόρωι Ἰαωλκῶι σκῆπτρον ἔχων [Πελίης
20
τὰς τέκ [
”"Αλκηστιν µεγ [ ἠύκομόν τε Μ [έδουσαν Πεισιδίκηνη [
ο ατέκε [
CATALOGO
303
DELLE DONNE O EOIE
La figlia di Neleo, Però
Fr. 35 [37 M-WI] Papiro della Società Italiana
] la cui gloria [
penose; solo il vate senza macchia?? l’accolse;
e lo portò a termine [ soffrendo una ignobile catena [
desiderava per il fratello, l'eroe Biante [
e realizzò l’amabile matrimonio [ buoi dalle corna lunate, e in premio ricevette la fanciulla
senza biasimo.
Talao figlio di Però e di Biante
Però dai bei riccioli Talao [
partorì, figlio di Biante {
Biante e Melampo risanano le figlie di Preto dalla pazzia
I quali ad Argo dal divino Preto giunsero, dove li fece partecipi [ il valente Preto di una parte [ al domatore di cavalli Biante e a Melampo [ con le profezie le aveva guarite, poiché a loro l’augusta Era pazzia? inviò incollerita [
Questa la generazione di Neleo
10
15
Il figlio di Tirò, Pelia, e le figlie di lui
E quello lì stette, nella vasta Iolco,
17
Alcesti35[ e Medusa dalla bella chioma Peisidice ] generò [
20
in possesso dello scettro, Pelia queste generò {[
304
ESIODO
36. Schol. Pind. Nem. 3. 92 (II. p. 55. 24-56. 2 Drachmann)
ὅτι δὲ ἐτράφη παρὰ τῷ Χείρωνι ὁ ᾿]άσων, ᾿Ἡσίοδός φησιν’ Αἴσων, ὃς τέκεθ᾽ υιὸν Ἰήσονα ποιμένα λαῶν,
ὃν Χείρων ἔθρεψ ἐνὶ Πηλίωι ὑλήεντι
37. Schol. Hom. 04. 12.69 (II p. 533, 26-29 Dindorf) Τυρὼ ἡ Σαλμωνέως ἔχοντα δύο παϊδας ἐκ Ποσειδῶνος, Νηλέα τε καὶ Πελίαν, ἔγημε Κρηθέα’ καὶ ἴσχει παῖδας ἐξ αὐτοῦ τρεῖς, Αἴσονα καὶ Φέρητα καὶ Αμνυθάονα. Αἴσονος δὲ καὶ Πολυμήλας καθ 'Ἡσίοδον γίνεται ᾿Ιάσων, κατὰ δὲ Φερεκύδην ἐξ᾽ Αλκιµέδης. 38. Ps.-Eratosthenes, Catast. 19 (p. 124 Robert, p. 23, 6 Olivieri)
κριός. οὗτος ὁ Φρίξον διακοµίσας καὶ Ἑλλην' ἄφθιτος δὲ ὢν ἐδόθη αὐτοῖς ὑπὸ Νεφέλης τῆς µητρός' εἶχε δὲ χρυσῆν
δοράν, ὡς Ἡσίοδος καὶ Φερεκύδης εἰρήκασιν.
39. Galenus, De placitis Hippocratis et Platonis INI 2.19 (I p. 182, 31 De Lacy)
καὶ τότε δὴ στηθέων ᾿Αθάμα ὀρένας ἐξέλετο Ζεύς 40. P. Oxy. 2495 fr. 6
ἐκ ]Jyoin[6
εἰ ]ς ἅλα πο[ρφυρέην
τ]ὴν δὴ νῦ [ν καλέουσι
ἂν Ίθρω [π
41. PS.I. 1383, ed. Bartoletti; P. Yale 1273, ed. Merkelbach
[
Jorep, {
᾿Αθάμαντα ἐνὶ μ]εγάροισι λιπ[οῦσα ἐν πόντωι ναίει, µάλα δ᾽ εὔ]ᾳδεν ἀθανάτ[οισι
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
305
Il figlio di Tirò Esone (discendente di Eolo attraverso Creteo) e il figlio di questi, lasone Fr. 36 [40 M-W/] Scolio a Pindaro, Nerzee
Che Iasone fu allevato da Chirone lo dice Esiodo: ‘Esone, che generò come figlio Tasone, pastore di popoli, il quale fu allevato da Chirone sul boscoso Pelio”. Fr. 37 [38 M-W/] Scolio all’Odissea
Tirò, figlia di Salmoneo, che aveva due figli da Posidone, Neleo e Pelia, sposò Creteo; ed ebbe da lui tre figli, Esone, Ferete e Amitaone. Giasone nacque da Esone e Polimela secondo Esiodo, da Alcimede secondo Ferecide. Figli di Atamante, da Nefele: Frisso e Elle Fr. 38 [68 M-W]
Pseudo-Eratostene, Catasterisrzi
Ariete: questi è colui che trasportò Frisso e Elle; immorta-
le, fu dato loro dalla madre Nefele. Aveva vello dorato, come hanno raccontato Esiodo e Ferecide36, Atamante, figlio di Eolo, insegue Ino che si butta in mare e diventa Leucotea
Fr. 39 [69 M-WI] Galeno, Sulle opinioni di Ippocrate e Platone
E allora Zeus strappò la mente di Atamante dal petto Fr. 40 [91 M-WI] Papiro di Ossirinco
Dalla] terra dentro] il purpureo] mare ora la [chiamano ] uomini [
Le figlie di Leucone, il figlio di Atamante avuto da Temisto, rilevano da Ino la cura di Dioniso bambino Fr. 41 [70 M-W; 70 Arrighetti]}1-17: Papiro della Società Italiana; 15-43: P. di Yale; 18: scolio ad I/ 2, 522; 21+23: Strabone, Geografia 9.3.16; 23: scolio ai Fenomeni di Arato 45; 26-43: P. della Società Italiana
Atamante] nel palazzo (ella) (sc.Ino-Leucotea) [lasciando nel mare abita e molto] fu gradita agli immortali [
306
ESIODO
τιμὴν γάρ οἱ ἔδωκε πατὴ]ρ ἀνδρῶν τε θ[εῶν τε
10
15
Λευκοθέην τἐκάλεσ]σ., ἵνα οἱ κλέος ἄφθιτ[ον εἴη [ Ἱνπολυστάφυλον πο [λυγηθέα Γι τοῦ μὲν κλέος οὔ π [οτ ὀλεῖται. [ Ἱπαρείατο πορσαΐνουσ [al Λεύκωνος κοὂρ|αι ᾽Αθαμαντιάδαο ἄν [axtog Πεισιδίκη τε καὶ ]Εὐίππη δίη θ) ὙΎπερ { αἳ τότε μὲν πρὸς νηὸ]ν ᾽Αθηναίης ἀγελε[ίης [ π]εδίλοις ἐμβεβα [νι [ ἐπι ]ειμέναι εἴαρο [ς ὥρηι
[
[ [
[
20
᾿Αθ]ήνης νηδ[ν
πρὶ]ν ἡἠβῆσαι Φίλον υἱόν διογν]ητό[ι] βασιλΏϊ
Ἱάργυρ[οδ]ίνην
ὅς τε Λιλαίηθεν προῖει καλλίρ ιροο ινιὔδωρ [ Ίμιν περὶ πέτρη [ν [ Ἰθαρσαλέος περ' ὅς «τε »παρὲκ Πανοπῆα διὰ Υγ ιληχῶνα τέρειναν
[
Iva [ ων
καί τε δι᾽ Ἐρχομενοῦ εἱλιγμένος εἶσι δράκω .ν ὥς 25
[ [
Lie
Juv Ίκησειν [
1 aperti [........ Ju te Bpnéi [v
ἀθανάτων τ ]ε θεῶν νέµ [εσιν θνη ]τῶν τ ἀνθρώπῶν
su 30
35
ἡλεύκωνος κοῦ [ραι....... Ίν ἐξεπέρησα [ν
καὶ τὴν Ἰμὲν Κοπρεὺς [...... Οἱ Ίλος νἱός:
ἠγάγεθ᾽ υἱ]ωνὸς µεγαλήτοροί[ς Ὀρχ]ομενοῖο [. σ]ὺν ἵπποισι καὶ ἅρμασι εὐ]ξέσίτ]οισιν ἣ δέ οἱ ἐν µε Ἰγάροις θεοείκελα γείνατο τέκνα "Αργοννόν θ᾽ ]ἤρωα καὶ Ἴπποκλον µεγάθυµον' i Inv ᾿Ανδρεΐδης Ἐτέοκλος ὄπνιεν Ὀρχομ Ἰενοιο πάϊς Μινυπίάδαο᾿
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
307
e onore le concesse ] il padre degli dei e degli uomini [
la chiamò Leucotea ], affinché ( Dioniso?) avesse gloria
] ricco di grappoli, ricco di gioia?” ] :la sua gloria non perirà mai.
imperitura
5
Le figlie di Leucone attraversano il Cefiso per visitare il tempio di Atena
] Esse sedevano accanto, preparandosi le figlie di Leucone signore, figlio di Atamante, Peisidice e Euippe e la divina Iper [ Esse allora verso il tempio di Atena predatrice ] incedendo con sandali ] vestite, nella stagione di primavera ] al tempio di Atena | prima] che il caro figlio giungesse a giovinezza ] al re stirpe di Zeus ] dagli argentei vortici il quale scarica da Lilea l’acqua dal bel flusso ] intorno alla roccia ] per quanto audace Il quale costeggiando Panopeo per il delicato puleggio
8 10
15
20
25
l’indignazione degli dei immortali e degli uomini mortali
] le figlie di Leucone attraversarono
Le figlie di Leucone: i loro matrimoni (almeno due con i nipoti di Orcomeno) c i figli
E quella Copreo [ ] il caro figlio, condusse in sposa, nipote del magnanimo Orcomeno38
30
ed ella a lui nel palazzo generò figli simili agli dei, l’eroe Arginno e Ippoclo dal grande cuore; ]Y Andreìde Eteoclo sposò ] il figlio di Orcomeno, figlio di Minia;
35
] con cavalli e carri ben levigati;
308
40
ESIODO
ἐκ τῆς ὃ Ίμων γένετο κρατερός τε µέγας τε [ Ίνεῶν κατενάσσατο γαϊαν ἐραννή [ν [. Ἱόπην Χαρίτων ἀμαρύγματ ἔχο [ύυσαν [1] ιδαο Κομή [το ]ν τὸν περὶ πάντ [ων [ 1 σε καταθ [νητ ]ῶν ἀνθρώπο [v
[1 λονπ[.... Ίνον νἱὸν ἔτικτ [εν [ lnvl [ Imul
42. Schol. Pind. OZ. 14 inscr. a, c (I p. 389-90 Drachmann)
Κηφισὸς δὲ ποταμὸς ἐν ᾿Ορχομένῳ, ἔνθα καὶ αἱ Χάριτες τιμῶντι... ταύταις δὲ ᾿Ετέοκλος ὁ Κηφισοῦ τοῦ ποταμοΏ πρῶτος ἔθνσεν, ὥς φησιν 'Ἡσίοδος. διὰ δὲ τοῦ ᾿Ορχομένου ὁ Κηφισὸς ῥεῖ. 43. Paus. 9.34.9
᾿Ανδρεὺς Εὐίππην ᾿Αθάµαντος γυναικα, φισοῦ δὲ τοῦ ποταμοῦ τῶν ποιησάντῶν τινὲς ἐν τοῖς ἔπεσιν.
θυγατέρα Λεύκωνος λαμβάνει παρὰ καὶ υἱὸς ᾿Ἐτεοκλῆς αὐτῷ γίνεται, Κηκατὰ τῶν πολιτῶν τὴν Φήμην, ὥστε καὶ “Κηφισιάδην” τὸν Ετεοκλέα ἐκάλεσαν
44, Steph. Byz. s.v.’ AorAnéov (p. 135 Meineke)
᾿Ασπληδών, πόλις Φώκιδος... Ορχομενοῦ δὲ υἱεῖς' ᾽Ασπληδὼν Κλύμενός τε καὶ ᾽Αμϕίδοκος θεοειδής 45. Etymol. Gen. a 436 L--L.
Εἰλαρίδην [[πο]] Τιτυόν 46. P. Oxy. 2999, ed. Parsons
nl el 5
Κη [ὗ Ἱππ[όδαμας
Kni [ τὴν ο [
CATALOGO DELLE DONNE O
EOIE
309
da lei ( Euippe?) ]...venne al mondo potente e grande ]...calcò amabile terra ]... provvista del fascino luminoso delle Cariti ]...di Comete che sopra tutti ]... degli uomini mortali ]... generò un figlio Ὁ ο δα
ο άςκκ
ο
ο
λα κος
Fr. 42 [71 M-W]
ο
ο
ο
ενος
ο ος...
Scolio a Pindaro, Olimpiche
Il Cefiso è un fiume in Orcomeno, dove anche le Cariti sono onorate...a queste Eteoclo, figlio del fiume Cefiso, per primo fece sacrifici, come Orcomeno. Fr. 43 [71 M-W
dice Esiodo.
Il Cefiso scorre attraverso
] Pausania, Descrizione della Grecia
Andreo prese come moglie Euippe, figlia di Leucone, da Atamante ed ebbe come figlio Eteocle, figlio del fiume Cefiso secondo le chiacchiere dei concittadini, per cui anche alcuni poeti chiamarono FEteocle ‘figlio di Cefiso’ nei loro versi. I figli di Orcomeno: Aspledone, Climeno, Anfidoco, Elara
Fr. 44 [77 M-W] Stefano di Bisanzio, Lessico geografico
‘Aspledone’: città della Focide...i figli di Orcomeno: Aspledone, Climeno e Anfidoco simile agli dei. Fr. 45 [78 M-W] Etymologicum genuinum
Titio, figlio di Elara Fr. 46 [71 A Solmsen-M-W1]?? Papiro di Ossirinco
Ceice [
Ippodamante [ Ceice [ lei [
310
ESIODO
του [σ]θ { Βουτ [
τοὶ kot [ρας ἀγάγοντο TAM Sa [ς
10
τῶν γέ [νετ
LIBER II 47. P. Lond. 486C, post Mahaffy ed. Milne; P. Oxy. 2488B, ed. Lobel
ἢ οἵη Σχοινῆος ἀγακλε]ιτοῖο ἄνακτος παῖς εἰκνῖα θεῆ]σι ποδώκης δι ᾽Αταλάν[τη [ Χαρί]των ἀμαρύγματ ἔχο [υσα πάντων ἀνθρώπων ἆ ]παναίνετο φῦλον ὁμιλ[εῖν ἀνδρῶν ἐλπομένη Φεύγ Ίειν γάµμον ἀλφηστάων [. Πλεῖστα δὲ δῶρα πέµπε Ἰτανισφύ [ρ]ου εἵνεκα κού[ρης
[ [
48.
1 αμ [ Ίνον εννε [ 1 [. 1ρδ [
Ῥς/. 130 col. I, Il ed. Vitelli [ [ [ [
Ίρπαζε [ ] Ίᾳσιππ [ Ίσσι
[ ]ένθα: τῷ δἄρ)ἔπαὐτίκ έπειτα τ ]ανίσφυρ[ο]ς ὤρννυτο κούρη κάλλει στιλβουσ]α’ πολὺς δ᾽ ἀμφίσταθ' ὅμιλος 10
15
ἀνδρῶν μνηστήρων’ θ]άμβος δ᾽ ἔχε πάντας ὁρῶντα[ς ὡς ἄρα τῆς κούρης πν]οιὴ Ζεφύροιο χιτῶνα
ὀρνυμένης ἐδόνησε πε]ρὶ στἠήθεσσ᾽ ἁπαλοῖσι Στῆ δ'αὖθ᾽ Ἱππομένης, πολ]λὸς δ᾽ ἐπεγείρετο λαός τοὶ δὴ ἀκὴν ἦσαν, Σχ]οινεὺς δ᾽ ἐγέγῶνε βοήσας' ἑκέκλυτέ µευ πάντες, ἡμ ]ὲν νέοι ἠδὲ γέροντες, ὄφρ᾽ εἴπω τά µε θυμὸς ]ἐνὶ στήθεσσι κελεύει. Ἱππομένης µνηστεύει ]ἐμὴν ἑλικώπιδα κούρην' μΌθος δὅς θγιἠς νΏν] οἱ εἰρημένος ἔστω: ὧδε δὲ µυθέοµαι, Ζεὺς δ᾽ ἄμ]μ᾽ ἐπιμάρτυρος ἔστω'
οὔ µιν ἀέθλου
ἅτερ κεκτ]ήσεται; εἰ δέ κεν οὗτος
νικήσηι καί οἱ δώπι Ζεὺς ]κΌδος ἀρέσθαι
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
311
loro [ Buta [ e portarono via le ragazze [ le figlie di Illo# [
10
LIBRO II Atalanta figlia di Scheneo, un altro figlio di Atamante avuto da Temisto Fr. 47 [73 M-W: 73 Arrighetti] Papiro di Londra; P. O.
O quale di Scheneo, illustre signore, la figlia, somigliante alle dee, la divina Atalanta“! piè veloce, ] (che) in possesso del fascino luminoso delle Cariti alla razza di tutti gli umani rifiutava di mescolarsi sperando di sfuggire al connubio con gli uomini che si 5 nutrono di pane. Moltissimi doni inviava] per via della fanciulla dalle sottili caviglie
Fr. 48 [75, 76 M-W; 75-76 Arrighetti] Papiro della Società Italiana (tracce di cinque versi)
Poi su di lui ] si slanciò la fanciulla dalle caviglie sottili, splendente di bellezza]; gran folla le stava attorno di pretendenti: stupore invadeva tutti quelli che guardavano come ] il soffio di Zefiro agitava la sua tunica,
mentre correva, lattorno al petto delicato. Si fermò Ippomene e ]molta gente si raccoglieva, stavano in silenzio e ]Scheneo dichiarò gridando:
10
‘Ascoltatemi tutti, giovani e vecchi,
che possa dirvi quel che il cuore nel petto mi comanda. Ippomene aspira alla mano di mia figlia dagli occhi guizzanti, una saggia promessa ora gli] sia dichiarata; così parlo e Zeus ci sia testimone:
senza gara non l’otterrà; ma ] qualora costui vincesse, e gli concedesse di riportare la gloria Zeus
15
312 20
ESIODO
ἄλλοί τ’ ἀθάνατοι, οἳ Ὀλύμ Ίπια δώματ’ ἔχουσι,
ἦτοι νοστήσοντι φί]λην ἐς πατρίδα γαῖαν
παῖδα φίλην δώσω ἔτι δ᾽ ὠκυ]πόδων σθένος ἵππων ἀγλαά τὲκ µεγάρῶν κε]ιμήλια’ καὶ νύ κε θυμῶι
25
ce
1δ᾽ ἀνιηρὸν ἄεθλον.
εἰ δέ κε μὴ δώηισι πατ]ὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε
{quot versus desint incertum)
.L1L1.....001
δεξιτερΏι δ αρ...ει [
5 (30)
κ]αὶ µιν ἐπαΐσσων επ [ ἠχ᾽ ὑποχωρήσασ” οὐ γὰρ ἴσ [ον ἀμφοτέροισιν ἆθλον ἔκειθ” Ἡ µέν ῥα π [οδώκης δῖ᾽ Αταλάντη
ἵετ ἀναινομένη δῶρᾳ [χρυσῆς ᾽Αϕροδίτης,
τῶι δὲ περὶ ψυχῆς πέλε [το δρόμος, ἠὲ ἁλῶναι Πὲ φυγεῖν’ τῶι καὶ ῥα δολο [φρονέων προσέειπεν'
”ᾧ θύγατερ ΣχοινΏος, ἀμ [είλιχον ἧτορ ἔχουσα, 10 (35)
δ]έξο τάδ᾽ ἀγλα [ἀ Ἰδῶρᾳ θε [ᾶς χρυσῆς ᾿Αϕροδίτης
Le
15 (40)
Ιπόμμ [... Ιφεθρ [ Ίρων πα [
eee Lv Ul
Iv κάββαλ [ε les xpv [S
1L Ίκηπα [
τυφ [........ 1 [. Ίχαμα [ αὐτὰρ δ [.... πό Ίδεσσι µ [
nè aiy' ὥσθ᾽ "Αρπυια µετ [αχρονίοισι πόδεσσιν
ἔμμαρψ” αὐτὰ [ρ ὃ Ἰχειρὶ τὸ δεύτερον fi [xe χαμᾶζε΄
20 (45)
καὶ δὴ ἔχεν δύο μῆλα ποδώκης δι ᾽Ατ[αλάντη'
ἐγγὺς δ᾽ ἦν τέλεος' ὃ δὲ τὸ τρίτον ἧκε χ [αμᾶζε'
σὺν τῶι δ᾽ ἐξέφυγεν θάνατον καὶ κἢ [ρα µέλαιναν,
ἔστη δ’ ἀμπνείων καὶ [.. 1. [. 1. σοµ. [ 49. Ps.-Apollod. Bibl 2 [109].9.2
'Ἠσίοδος δὲ καί τινες ἕτεροι τὴν ᾿ Αταλάντην οὐκ ᾿Ιάσου, ἀλλὰ Σχοινέωῶς εἶπον...
CATALOGO
DELLE DONNE O EOIE
313
e gli altri immortali che abitano le dimore olimpie, allora al suo ritorno] alla patria terra mia figlia gli darò e ancora] il vigore dei cavalli zampe e dal palazzo splendidi] tesori ; e nel cuore ] triste gara
20 veloci
Ma se non concedesse il padre degli dei e degli uomini
25
(manca un numero di versi indeterminato)
Alla destra { e precipitandosi verso di lei [ indietreggiando lei un poco; e non pari per entrambi era la gara: la divina Atalanta piè veloce 5 (30) si lanciava rifiutando i doni dell’aurea Afrodite; nel caso di lui invece la corsa era per la vita: ο essere catturato o scamparla. Quindi tramando l’inganno le disse: ‘O figlia di Scheneo, che hai cuore inflessibile,
accetta questi splendidi doni della dea, dell’aurea Afrodite 2 ede00
0000000
dritte
20400000 ddr
10 (35)
έοςς
222ν99.9
E lei tosto come un’Arpia dai rapidi piedi la (mela) ghermì, allora lui con la mano fece cadere a terra la seconda...
(lacuna di qualche verso)
E aveva due mele la divina Atalanta piè veloce; vicino cra il traguardo; quello fece cadere a terra la terza; con questo scampò alla morte e alla nera Kera: (egli) si fermò ansimante e [ Fr. 49 [72 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Esiodo e alcuni altri dissero Atalanta non figlia di Iaso, ma
di Scheneo.
20 (45)
314
ESIODO
50. Schol. T Hom. I 23.683b (V p. 473, 42-43 Erbse)
νεώτερος οὖν ᾿Ἡσίοδος γυμνὸν εἰσάγων ᾿Ἱππομένη ἀγωνι-
ζόμενον ᾿ Αταλάντη.
51. Philodemus De pietate B 6559-66 Obbink
τοῦ Διὸς [τῆι τίσ]ει καὶ ᾿ Ατα[λάντη]ν Σχοινέως [φησὶν] "Ἡσίοδος λέ[αιναν π]οιῆσαι πα[ρ ἱερὸν νό]μον ἰδοῦσαν ἃ οὐ θ]έμις (τ) ἐσ[τὶν ἰδεῖν.] 52.
Schol. Pind. O/. x. 83£ (I. 332. 16-333. 2 Drachmann) “càu' ᾽Αλιρ(ρ)οθίου” νε] “Σάμος Αλιρ(ϱ)οθίου” νε] “Σέρος' Αλιρ(ρ)οθίου”
τινὲς
γράφουσι
“Σᾶμος
'Αλιρροθίου”,
οὗ
µέμνηται
‘ Hotodoc: ἤτοι ὁ μὲν Σῆμον καὶ ᾽Αλάζυγον υἱέας ἐσθλούς. ἦν δὲ ὁ Σημος τοῦ Αλιρροθίου τοῦ Περιήρους καὶ Αλκυόνης. 53 ab
(8) Schol. Pind. Pyth. 3.14 (II p. 64, 11-20 Drachmann)
τὸν ᾿Ασκληπιὸν οἱ μὲν Αρσινόης, οἱ δὲ Κορωνίδος φασὶν εἶναι' ᾿Ασκληπιάδης δέ φησι τὴν Αρσινόην Λευκίππου εἶναι τοῦ Περιήρους, ἧς καὶ Απόλλωνος ᾿ Ασκληπιὸς καὶ θυγάτηρ
Ἐριῶπις'
ἢ δἔτεκἐν µεγάροις᾽ Ασκληπιὸν ὄρχαμον ἀνδρῶν Φοίβῳ ὑποδμηθεῖσα εὐπλόκαμόν τ’ Εριῶπιν. καὶ Ἱ Ἀρσινόηςϊ ὁμοίως'
Αρσινόη δὲ μιγεῖσα Διὸς καὶ Λητοῦς υἱῷ
τίκτ’᾿ Ασκληπιὸν υἱὸν ἀμύμονά τε κρατερόν τε.
(b) Pausanias 2.26.7
ὁ δὲ τρίτος τῶν λόγων ἥκιστα (ἐμοὶ δοκεῖν) ἀληθής ἐστιν, ᾿Αρσινόης ποιήσας εἶναι τῆς Λευκίππου παῖδα ᾿ Ασκληπιόν... οὗτος ὁ χρησμὸς δηλοῖ µάλιστα οὐκ ὄντα ᾿ Ασκληπιὸν ᾿Αρσινόης, ἀλλὰ "Ἡσίοδον ἢ τῶν τινα ἐμπεποιηκότων ἐς τὰ 'Ἡσιόδου τὰ ἕπη συνθέντα ἐς τὴν Μεσσηνίων χάριν.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
315
Fr. 50 [74M-W] Scolio all’Iliade
È più recente Esiodo (sc.rispetto ad Omero) perché introduce Ippomene che gareggia nudo con Atalanta. Fr. 51 [72 M-W]
Filodemo, De pietate
Esiodo dice che per punizione di Zeus Atalanta, figlia di Scheneo, avendo visto contro la legge sacra quel che non è lecito vedere, fu trasformata in leonessa. Alirrotio, figlio di Periere figlio di Eolo e i suoî figli: Semo e Alazigo Fr. 52 [49 M-W] Scolio a Pindaro, Olimpiche ‘Samo, figlio di Alir(rotio’ o ‘Sero, figlio di Alir(r)otio”
Alcuni scrivono ‘Samo, figlio di Alirrotio’ (Pindaro, O/. 10, 70), che Esiodo ricorda:
‘Egli (sc.generò) Semo e Alazigo, figli valenti’. Semo era figlio di Alirrotio, figlio di Periere e di Alcione. Arsinoe, figlia di Leucippo, un altro figlio di Periere, e il figlio di lei: Asclepio (e suo figlio Macaone).
Fr. 53 ab (50M-W] (a) Scolio a Pindaro, Pitiche
Di Asclepio alcuni dicono che era figlio di Arsinoc, altri di Coronide. Asclepiade dice che Arsinoe era figlia di Leucippo figlio di Periere, e che da questa e da Apollo nacquero Asclepio e la sorella Eriopide: ‘Quella generò nel palazzo Asclepio condottiero di uomini, domata in amore da Febo, ed Eriopide dai bei riccioli’ e di Arsinoe ugualmente: ‘Arsinoe, unitasi in amore col figlio di Zeus e Letò, generò il figlio Asclepio, senza macchia e possente”. (b) Pausania, Descrizione della Grecia
Il terzo dei racconti, a mio parere, non è per niente vero, quello che vorrebbe Asclepio figlio di Arsinoe figlia di Leucippo...Questo oracolo rivela perfettamente che Asclepio non era figlio di Arsinoe, ma che Esiodo ha inventato questa versione o qualcuno dei poeti che hanno inserito versi nei poemi esiodei per ottenere il favore dei Messeni?.
316
ESIODO
54. Schol. DHom. I 4.193 (p. 177 van Thiel)
Μαχάων' υἱὸς) Ασκληπιοῦ καὶ Αρσινόης, ἢ Κορωνίδος' κατὰ δὲ τινὰς ᾿Ηπιόνης τῆς Μέροπος' κατὰ δὲ ᾿Ἡσίοδον Ἑάντης. 55. Athenagoras, Legatio pro Christianis 29
περὶ δὲ πατὴρ χώσατ’, ἔκτανε
᾿Ασκληπιοῦ Ησίοδος μέν’ ἀνδρῶν τε θεῶν τε ἀπ᾿ Οὐλύμπου δὲ βαλὼν ψολόεντι κεραυνῷ Λητοίδην, Φοίβῳ σὺν θυμὸν ὀρίνων.
56. Philodemus De pietate B 4901-4 Obbink
τὸν Ασκλ/[ηπιὸν ὃ Ὀ]πὸ Διὸς κα[τακταν]θῆναι γεγράφασιν
'Ἡσίοδος καὶ...
57. Schol. Hes. Theog.142 ἐναλίγκιοι ἦσαν”
(ρ. 324 Ὀἱ (τεροτίο) “οἳ δ ἤτοι τὰ μὲν ἄλλα θεοῖς
Κράτης ἀντὶ τούτου ἄλλον στίχον παρατίθεται’ “οἳ δ᾽ ἐξ ἀθανάτων θνητοὶ τράφεν αὐδήεντες”. πῶς γὰρ αὐτοὺς θεοῖς
ἐναλιγκίους λέγει καὶ ἐν τῷ τῶν Λευκιππίδων καταλόγῳ ὑπὸ ᾽Απόλλωνος ἀναιρεῖσθαι ποιεῖ; 58. P. Oxy. 2495 fr. 1 (a), ed. Lobel + fr. 16 col. I
οὗ π [ατρός
Βρόν [την Ζεὺς [.. Ίοιβροντ [
τόν ῥα [χ]ολω [σ]άμ [ενος [Ίνα ῥίψειν ἤμελ [λεν ἀπ᾿ Ολύμ]που Τ]άρταρον ἔς, [γῆς νέρθε καὶ ἀτρυγέτοιο θα]λάσσ[ης σκ Ίληρ [ὸν 1δ᾽ ἐβ [ρόντησε καὶ ὄβριμον, ἀμφὶ δὲ γαῖα
κ [ι]νήθ [η
10
πάντες δ [’ ἔδδεισαν ἀθάνατ [οι
Πρα᾽
Πς. Π
ἔνθά κεγ "A [πόλλωνα κατέκτανε µητίετα Ζεύς,
εἰ μὴ ἀρ᾽ {
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE Fr. 54 [53 M-W]
317
Scolio all’Ilade
Macaone: figlio di Asclepio e di Arsinoe o di Coronide; secondo alcuni di Epione, figlia di Merope, secondo Esiodo di Xante. Fr. 55 [51 M-W]
Atenagora, Legatio
Riguardo ad Asclepio dice Esiodo: ‘Il padre degli uomini e degli dei si arrabbiò, e dall’Olimpo scagliando il fulmine bruciante uccise il nipote di Letò, suscitando il furore di Febo.” Fr. 56 [51 M-W]
Filodemo, De pietate
Che Asclepio# Esiodo e...
sia stato ucciso
da Zeus
hanno
scritto
Fr. 57 [52 M-WI] Scolio a Teog.142 “I quali (sc.i Ciclopi) erano in tutto e per tutto simili agli dei”
Cratete (sc.di Mallo) al posto di questo presenta un altro verso: “Quelli, figli di immortali, crebbero come mortali parlanti”. Come infatti può dire i medesimi simili agli dei e nel catalogo delle Leucippidi4 raccontarne l’uccisione da parte di Apollo? Fr. 58 [54 a +57 M-W; Idem Arrighetti] P. Ossirinco
Di suo padre Bronte45 Zeus
adirato con lui stava per gettarlo [
] dall’Olimpo
nel Tartaro, sotto la terra e il mare infecondo
duro tuonò e possente, e la terra attorno ne fu sconvolta tutti ebbero paura gli immortali allora il prudente Zeus avrebbe ucciso Apollo se non
5
10
318
ESIODO
59 a,b
(a) Schol. Eur. Ale. 1 (II p. 216, 4-7 Schwartz)
ἡ διὰ στόματος καὶ δημώδης ἱστορία περὶ τῆς) Απόλλωνος θητείας παρ’ ᾽ Αδμήτῳ αὕτη ἐστίν, ᾗ κέχρηται νῦν Εὐριπίδης' οὕτως δέ φησι καὶ Ἡσίοδος καὶ Ασκληπιάδης ἐν Τραγῷδουμένοις. (b) Philodemus De pietate B 5747-58 Obbink
”Αν]δρων
δὲν
[τοῖς]
Συγγενικοῖς
᾽α[δμή]τῳ
λέγει
τὸν
᾿Α[πόλ]λω θητεῦσαι Δ[ιὸς] ἐπιτάξαντος. ᾿ Ησίοδος δὲ καὶ ᾿Ακο[υ]σίλαος μέλλειν μ[ὲν] εἰς Τάρταρον [ὑ]πὸ τοῦ Διὸς ἐμβληθῆναι, τῆς δ[ὲ Λητοῦς] ἱκετευσά[σης ἀν]δρὶ θητεΏ[σαι. 60. P. Oxy. 2495 fr. 16 col. Il, ed. Lobel
. Ipyro [ Jè [ τ Ίκετο δα [ κ]είνωι δη [
ἐ ]κ θυμοῦ ϕ [ιλε-
"Ao ]jgxAnmiod [ 1 [
— lé ]v peydporwo [] [
10
ἢ ]οΐην ἵππρ [ισι καὶ ἅρμασι κολλητοῖσι Φ]ῴκος ἐέυμμ [ελίης δόµον ἠγάγετ'Αστερόδειαν ἐκ ἸΦυλάκης κ[ούρην μεγαθύμου ΑπὶονΏηος' ἢ τέκετο Κρῖ[σον καὶ ὑπέρθυμον Πανοπῆα
νυκτὶ µ [ι]ῆ Πε] {
τῷ καὶ πρὶν ἰδέ [ειν λ Ίαμπ [ρὸν φάος ἠελίοιο µαρνάσθην [έτι Ίμητρ [ὸς ἐόντ' ἐν γαστέρι κοίλητι. τοῖσι δὲ γεινοµ [ένοισιν 15
κῄδεά τ’ οὐλομέν [ας τ ἔριδας αὐτὰρ ἐπεί ῥ ἐγένρντο [
Κρίσωι μέν ῥ' οπι. []ε [
. Jovpot povvn []M{
ὤπασαν ἀθάν [ατοι
20
oixoveuo [ 11
]oò [
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
319
Fr. 59 a,b [54 ch M-W] (8) Scolio ad Euripide, A/cesti
Il racconto diffuso e popolare del servizio di Apollo presso Admeto è questo di cui si serve ora Euripide; allo stesso modo si esprimono Lisiodo e Asclepiade#6 nelle Vicende tragiche. {b) Filodemo, De pietate
Androne nelle Parentele dice che Apollo fu al servizio di Admeto secondo il comando di Zeus. Esiodo e Acusilao dicono che (sc. Apollo) stava per essere gettato nel Tartaro da Zeus ma che, per le suppliche di Letò, fu al servizio di un uomo. Fr. 60 [58 M-W]
P. Ossirinco
Giunse [
a quello [
di cuore [ di Asclepio [
nel palazzo [
Asterodeta, figlia di Deione e di Diomede, e i suoi figli, avuti da Foco: Criso e Panopeo
O come quella che con i cavalli e i ben costruiti carri
Foco dalla bella lancia condusse in moglie alla sua casa, da Filàce, figlia del nobile Deioneo;
Asterodeia,
e lei mise al mondo Criso e l’impetuoso Panopeo in una sola notte. [ E i due anche prima di vedere la fulgida luce del sole combattevano, ancora dentro il cavo ventre della madre. A quelli una volta nati [ erucci e funeste liti [ ma dopo che vennero all’esistenza [ a Criso [ ] sola [ accordarono gli immortali una casa
10
15
20
320
ESIODO
γείναθ᾽ ἑνὶ µ [
25
εκ]. σονλητ[ ω πο κ. [ ... Ίονν{ ως 1υποτ[
61. Schol. Hom. Od. 11.326 (Il p. 507, 24-30 Dindorf) et P.S.I. 1173, 78-81.
Κλυμένη Μινύου τοῦ Ποσειδῶνος καὶ Εὐρυανάσσης, τῆς
'Ὑπέρφαντος γαμηθεῖσα Φυλάκῳ τῷ Δηίονος Ἴφικλον τίκτει ποδώκη παϊδα. τοῦτον λέγεται διὰ τὴν τῶν ποδῶν ἀρετὴν συναμιλλᾶσθαι τοῖς ἀνέμοις ἐπί τε τῶν ἀσταχύων διέρχεσθαι καὶ διὰ τοῦ τάχους τὴν κουφότητα μὴ περικλᾶν τοὺς ἀθέ-
ρας. ἔνιοι δὲ αὐτὴν [τὴν Κλυμένην) προγαμηθῆναί Ἡλίῳ, ἐξ
ἧς Φαέθων ἐγένετο παῖς. ἡ δὲ ἱστορία παρ’ ' Ἡσιόδῳ. 62. Eust. in Hom. IZ 2.695 (I pp. 503.29-504.7 van der Valk)
ω. Ίφικλος, περὶ οὗ δηλῶν Ησίοδος ὅτι ταχυτῆτι διήνεγκεν οὐκ ὤκνησεν ἐπ'αὐτοῦ ταύτην εἰπεῖν τὴν ὑπερβολήν' ἄκρον ἐπ᾽ ἀνθερίκων καρπὸν θέεν οὐδὲ κατέκλα,
ἀλλ᾽ ἐπὶ πυραµίνων ἀθέρων ὁὀροµάασκε πόδεσσιν καὶ οὐ σινέσκετο καρπόν
63. Schol. bT Hom. I/ 20.227 (V p. 38, 5-6 Erbse)
ὃς ῥ᾽ ἐπὶ πυραµίνους ἀθέρας φοίτασκε πόδεσσιν 64. Schol. Ap. Rhod. 1.45 (p. 10, 17-19 Wendel)
οὔτε Ὅμηρος οὔτε Ησίοδος οὔτε Φερεκύδης λέγουσι τὸν
Ἴφικλον συμπεπλευκέναι τοῖς) Αργοναύταις.
65. P. Oxy. 2500, ed. Lobel; Ηετοάίαπ. ΓΙερὶ κλάσεως τῶν εἰς ὤν βαρυτόνων, p. 21.3 Hilgard
[
[ [
] noaroy[
Ίκιδα καλλιγ [ύναικα ἐ Ἰπίκλησιν κ [αλε
[ Ίος ἄν [α]κτο [ς []vvxrì poy[
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
321
nacque ad un solo [
tracce di quattro versi
Filaco, figlio di Deione e di Diomede e suo figlio Ificlo, avuto da Climene Fr. 61 [62 M-W] Scolio all’Odisse4 e papiro della Società Italiana
Climene, figlia di Minia, figlio di Posidone e di Eurianassa, figlia di Iperfante, sposata a Filaco, figlio di Deione, generò il veloce figlio Ificlo. Si dice che in virtù dell’agilità dei suoi piedi garcggiasse coi venti e corresse sopra le spighe di grano e che per la leggerezza del suo veloce andare non rompesse le reste. Alcuni dicono che Climene fosse sposata in precedenza con Elio e che da lei sia nato Fetonte. Il racconto è in Esiodo. Fr. 62 [62 M-W] Eustazio sull’Iliade
...Ificlo, riguardo al quale Esiodo, mostrando che eccelleva in velocità, non esitò ad applicare questa iperbole: ‘correva sfiorando i fiori degli asfodeli e non li spezzava, anzi soleva lanciarsi di corsa sulle reste del grano coi piedi e non ne danneggiava i frutti’. Fr. 63 [62 M-W7
Scolio all’Iliade
‘Colui che vagava sulle reste del grano coi piedi’97. Fr. 64 [63 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Né Omero né Esiodo né Ferecide affermano che Ificlo navi-
gò con gli Argonauti.
La figlia di Deione e Diomede Filonide e i suoi figli: Filammone da Apollo e il ladro Autolico da Ermete. Fr. 65 [64 M-W]
1-22: P.O.; 15: Erodiano, Sulla declinazione dei sostantivi
baritoni terminanti in -v.
] dalle belle donne ] (chiamare) per nome ] del signore ] in una notte
322
ESIODO
re
e
10
ese
een
Ἶρι γείνατο [
15
20.
Ἰ.{. 1ο Ivi Π. κί
τα Ἰχύν' ὃ [«Ίπερι. { 1 οντοπ.}γ [ 1.0. «[l. v[L.I αι τι πα [
[
Ίν τε ῥοδόπη [χυν Ίδια Φιλων [ίς
ἡ τέκεν Αὐτόλυκόν τε Φιλάμμο ινά τε κλυ ιτὸν αὐδήν, τὸν μὲν ὑποδμηθεῖσα ἐἑκηβόλωι Α Ιπόλ [λ]φνι, τὸν δ᾽ αὖθ᾽ Ἑρμάωνι μιγεῖσ᾽ ἐρατῆι Ἰφιλ, [ό Ίτητι Αὐτόλνκον τίκτεν Κυλληνίωι Αρ Ἰγεῖ [φ]όντ [πι
[ Ίιμασα { Ἅᾖ{[]ν. Ίαριστ[
[
Ἰρῦσά τε µη [
[
Ίενδεξιοσο [
66. Stephanus Byz. s.v. A@rtiov (p. 257,17-258,3 Meineke)
ἐκ περιττοῦ τοίνυν "Apog év toîic ἐθνικοῖς τάδε γράὀει’ “Kai tà περὶ Θάμνριν ἐν Δωρίῳ παριστοροῦντος τοῦ ποιητοῦ,
πάλιν ᾿Ησίοδος
Δωτίωι ἐν πεδίωι φάσκει αὐτὸν τετυφλῶσθαι.”
67. P. Oxy. 2494B fr. (a) et (b); 2495 fr. 26, ed. Lobel
5
[156 Αὐτολικ πρλλάκι Ἑρμείπι τῶι νύκτ σπαρναί [
[
Ἱχαρίεντας ἐπαύ [λους Ἰκαὶ --καρτο [ ὃ [ 1... aveyenpe [ 1 [ τ[ Κυλλη Ἰνίωι ᾽Αργεϊφϕόντη [ι [εςτε φίλαι σκοτο]μήνιοι ὕων [τε Ζεὺς τε χ [λαῖναι Ίες τε χιτῶνες { βουκ Ἰόλοι ἀγροιῷ [ται [
1... {
68. ΕΗποί. πάρῃ. α 311 1... 5.ν. ἀείδελον
ἀείδελον... ἐπὶ δὲ τοῦ ἀοράτου ἐχρήσατο τῇ λέξει 'Ἡσίοδος περὶ τοῦ Αὐτολύκου. φησὶ γάρ
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
323
] generò 20000000404
949249.
92929 99
4ςο6240.
10 ο
ο
ο
ο
ο ο
ο
ο
1 dal roseo braccio ] la divina Filonide che generò Autolico e Filammone, glorioso per la voce: l’uno, domata da Apollo lungisaettante, l’altro, unitasi in piacevole amore con Ermete,
15
Autolico, partorì al cillenio Argifonte#8 (tracce di quattro versi)
Il figlio di Filammone: Tamiri Fr. 66 [65 M-W] Stefano di Bisanzio, Lessico geografico, s.v. ‘Dotio’
In modo superfluo questo scrive Oro nei suoi Etrici: “E mentre il poeta (I/. 2,594) ambienta occasionalmente la vicenda di Tamiri4 a Dorio, Esiodo a sua volta dice che quello fu accecato ‘nella piana di Dotio”. >»
Fr. 67 [66 M-W]
1-8: P.O 24948; 4-8: ΡΟ. 2495
] Autolico [ spesso [ ad Ermete [ a lui erano care
graziose dimore ] ] risvegliava cillenio Argifonte le notti non rischiarate dalla luna e quando Zeus piove rari mantelli[ ] e tuniche rustici bovari
Fr. 68 [67 b M-W] Etyrmologicum magnum
‘Invisibile’:... per indicare ciò che non è visto; Esiodo usò
il termine a proposito di Autolico. Dice infatti:
5
324
ESIODO
ὅττί κε χερσὶ λάβεσκεν ἀείδελα πάντα τίθεσκεν. καὶ γὰρ ὁ αὐτός, κλέπτης ὤν, ἔκλεπτε τοὺς ἵππους καὶ ἀλ-
λοιοφανεῖς αὐτῶν.
αὐτοὺς
ἀπετέλει'
ἐνήλλασσε
δὲ
τὰς χροιὰς
69. P. Cairensis Instituti Francogallici (PI.EA.O. )322 fr. B,C,FA, ed. |. Schwartz, Pseudo-Hesiodeia (1960 ), 265 sqq.; P. Oxy. 2495 fr. 21, 25, 30, 31, ed. Lobel; P. Berol. 7497, ed. Schubart-Wilamowitz; P. Oxy. 421, ed.
Grenfell-Hunt
[
(pergit hoc fr. post fr. 71 infra)
ἑ Ἰνστέφανος Πολυμήλη.
70. Schol. Lycophr. 1393 (II, p. 385, 2-3 Scheer)
᾿Ερυσίχθων τις υἱὸς Τριόπα ἐξέτεμε τὸ ἄλσος τῆς Δήμητρος: ἢ δὲ ὀργισθεῖσα ἐποίησεν αὐτῷ ἐκφνῆναι λιμὸν µέγαν, ὥστε µηδέποτε λήγειν τῆς πείνης. εἶχε δὲ οὗτος θυγατέρα Μήστραν φαρμακίδα, ἥτις εἰς πᾶν εἶδος ζῴου µετεβάλλετο, καὶ ταύτην εἶχε µέθοδον τῆς λιμοῦ ὁ πατήρ' ἐπίπρασκε γὰρ αὐτὴν καθ ἑκάστην ἡμέραν καὶ ἐκ τούτων ἐτρέφετο' ἢ δὲ πάλιν ἀμεί-
βουσα τὸ εἶδος φεύγουσα πρὸς τὸν πατέρα ἤρχετο. ὁ δὲ Ερυσί-
χθων Αἴθων ἐκαλεῖτο, ὥς Φῆσιν ' Ησίοδος, διὰ τὸν λιμόν. 71. Philodemus De pietate B 6915-26 Obbink
καὶ π]αντελῶς κα[ὶ Ποσ]ειδῶν λέγετί[αι καὶ] τῶν ἀνθρώπ[ων'τισ]ὶν περιθεῖ[ναι τὴν] το[ι]αύτην δ[ύ]να[μιν] «ὥσπερ» Περικλιυμέ[νωι) κ[αὶ Μ]ήστραι. τούτων [δὲ] τὴν μὲν ἱστο-
ρή[κασικν», ὧ]ς 'Ησ[ί]οδος δια[π]ρασθῆναι χάρ[ιν τοῦ δι]ατρέφεσθ᾽Α[ἴθωνα. (pergit 69)
Π᾽ οἵη θυγάτηρ Ἐρυσίχθονος ἀντι Ἰθέοιο [ Ίου Τριοπίδαο Μήστρη ἐυπλόκαμος, Χαρίτων ἀ Ἰμαρύγματ ἔχουσα᾽ τὸν δ᾽ Αἴθων᾽ ἐκάλεσσαν ἐπ ]ών [ο]μ [ο]ν εἵνεκα λιμοῦ αἴθωνος κρατεροῦ φΌλα Ἰθνητῶν ἀνθρώπων
CATALOGO
DELLE DONNE
O EOIE
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‘ogni cosa che con le mani cercasse di afferrare soleva
rendere invisibile’ e infatti il medesimo, essendo ladro, rubava i cavalli e li ren-
deva diversi di apparenza: cambiava il colore del pelame?. La figlia di Autolico: Polimele Fr. 69 fr. fr. 75:
[43 a M-W; 43a Arrighetti] 1-11: Papiro del Cairo fr. B; 14-25: idem C; 22-(28): PO. 2495 fr. 13+31; 27-41: P. del Cairo fr. F; 27-32: idem Dj 32-81: PO. 2495 fr. 21; 35-39: idem fr. 30; 38-44: idem fr. 25; 51P. del Cairo fr. A; 68-86: PO. 421; 76-91: P. di Berlino 7497.
Polimele dalla bella corona
(seguito dopo il fr. 71)
Mestra, moglie di Glauco figlio di Sisifo e figlia di Erisictone /Etone Fr. 70 [43 b M-WI] Scolio all’A/essandra di Licofrone
Un certo Frisictone, figlio di Triopa, tagliò il bosco sacro a
Demetra. Questa, adirata, fece in modo che nascesse in lui una
grande fame, da non poter mai smettere di desiderare cibo. Co-
stui aveva una figlia, Mestra, maga, la quale si trasformava in ogni
genere di animale e il padre se ne servì come di un rimedio alla fame. La vendeva infatti ogni giorno e col guadagno si nutriva; lei poi, di nuovo cambiando aspetto, fuggiva dal padre. Erisictone era chiamato Etone, come dice Esiodo, a causa della fame.
Fr. 71 [43 c M-W]
Filodemo, De pietate
E nell’insieme,
anche
di Posidone
si dice che ad alcuni
uomini conferisca siffatto potere, come a Periclimeno (frr. 31-
32) e a Mestra. Hanno raccontato, al pari di Esiodo, che, di
loro (due), la donna era venduta ripetutamente perché Etone potesse nutrirsi. (seguito del fr. 69)
O come colei che, figlia del divino Erisictone ] del figlio di Triopa,
Mestra dai bei riccioli, dotata del fascino luminoso delle Cariti;
quello chiamavano Etone di nome, per via della fame bruciante, possente, le schiere degli umani mortali
5
326
ESIODO
[ [ [ [ [
αἴθω Ίνα δὲ λιμὸν ἅπαντες θΊνητο [i ]ς ἀνθρώποις
πυκι ]νὰ [d]peoi unde’ 1 [vi-
Ίθεᾳ. [. Ίν γε περν[
γυ ]ναικῶν
(desunt versus duo) 15
[
[ [
[ 20
[. [ [ [
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25
1{
1. [... Jeto te[ Iyew [.. x]oùpn[
Ίσι κλ. [.... | οισ[..... Ίσι
ἀπά Ίτησε πολύφρονά κού Ίρην ἑλικώπιδα κ Ίτ' ἄλοχον θυµαρέ’ ἄ Ίγαρο [... ὑπέσ ]χετ
[πε ]ρ µάλ’ ἐόντ [α [αλλ, Ἱιπάρηον [γε Ίσθαι [ο]μυρία ἕδνα
ἑ ]κατὸν [........... 1 nuepa δω [ 1. ὧν [.. ]βοῶν ἆ [γέλα Ίς ἐριμύκω [ν
ποίµνας τεϊρο]πόκων ὀΐων ᾖ[δαἰπ]όλι) αἰγῶν [ [ εδέ Ίξατο [ Je θυμῶι
]εουσ[ Ίπων[
11
(desunt versus viginti tres)
[
(30) 55
Ίν δ'αυ {
Π]ρως
δεσμῶι δ]ήσας κρ[ατερῶι π]εφυλάχθαι 1 σ ἐπέτ [ελλ οὐδὲν] νόωι εἶχε[ν ὡς ῥ ἑτέ]ρη τε γέ[ν]οιτο καὶ ἐκ[δύσειε]ν ἑωυτῆς µορφ]ήν' ἡ δὲ λυθ[εῖ]σα φίλου µ [ετὰ δώµατα πατρὸς
ὤιχετ Ἰἀπαΐξασα, γυνὴ δ᾽ ἄφαρ α [ὖτις ἔγεντο
πατρὸς £ ]vi ueydporor µετῆλθ [ε δὲ [. Ίδη παρὰ μητρὶ ἐπρ[ιχομένην µέγαν ἱστόν' (35) 60
ἀ]μφ [ὶς 15’ ἠθελ' ἄγειν κούρῃν [..... 1ν{
ailya [8 è Jp d [AA Ἰήλοισ [ι]ν ἔρις καὶ ν [εῖκος ]έτ [ύχθη Σισύφωι ἠδ᾽ Αἴθωνι τανισφύρο [υ εἵ Ίνεκα [κούρης, ο]ὐῥ᾽ ἄρα τις δικάσαι [δύ Ίνατο βροτός' ἀλλ’ ἄρ᾽ Αθ[ήνηῃ
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
327
] tutti la bruciante fame
] agli uomini mortali ] accorti pensieri nutrendo nell’animo Ὁ
ο
ο
ο
ο
ong
done
eroe
ener
10
{mancano due versi) ο
ο
ο
ο...
15
]fanciulla
(Sisifo) ingannò,] per quanto (quello) assai scaltro ] la fanciulla dagli occhi guizzanti e dalle belle guance ]condurla in moglie gradita Je prometteva infinita dote nuziale ] cento ] mandrie di buoi mugghianti e armenti di lanose pecore e branchi di capre ] accolse [ ] di cuore
20
25
(mancano ventitrè versi)
] Peroe
51 (27)
legando con potente catena, da essere sotto custodia
] ordinava e non aveva in mente che un’altra sarebbe diventata e si sarebbe spogliata
(30)
del suo aspetto; e costei, liberatasi, alla casa del caro padre
55
(e la trovò) ] presso la madre intenta a una grande tela: voleva entrambe le cose, condurre via la fanciulla [(e
(35)
Ma subito sorse tra loro vicendevole contesa e contrasto,
60
andò, d’un balzo, e di nuovo in un baleno ritornò donna nel palazzo del padre. Sopraggiunse (sc. Sisifo)
riprendersi la dote)
tra Sisifo ed Etone, per via della fanciulla dalle caviglie
sottili,
né poteva alcun mortale dirimere la controversia. Ma ad
Atena
328
(40) 65
ESIODO
νεῖκος ἐπ Ἱέτρεψαν καὶ ἐπήινεσαν' ἢ δ᾽ ἄρα τοῖ [σιν ἆ Ἱτρεκέως διέθηκ [ε]δίκην ὃ [ ᾿ε]ὐτέ τις ἀντ ὤνοιρ χατίζηι χ [ρῆ Ἰμ’ ἀνελ. [έσθαι,
ἆ Ἰμφὶ µάλα χρῆν ὧν [ov....... ] fino [
οὐ Υγ ]ὰρ δὴ µεταµειπ [τόν, ἐπὴν τὸ ] πρῶτ[ον ἕληται. ” ὣς] ἄρ᾽ [ἔ]φη: ταύτηι δὲ δ[ίκηι εἴρ]ητα[ι
45)... 70...
i (50)
75
(55) 80
(60) 85
(65) 90
le
L Joophiova [
1εμεθ ἡμόνουςτ[
cu LE. Ίμωνα[ duel Joevò [ 1. to [
.. Jtor pa [k]apoy [ ... lev eAaoomvovv [
à ]νδρῶν δὲ προὔχεσκε νοήµατά τε πραπ [ἰδαςτε, ἆ ]λλ) οὔ πως ήιδει Ζηνὸς νόον αἰγιόχοιο, ὡς οὗ οἱ δοῖεν Γλαύκωι γένος Οὐρανίῶνες ἐκ Μήστρης καὶ σπέρµα µετ ἀνθρώποισι λιπέσ [θαι. καὶ τὴν µέν ῥ' ἐδάμασσε Ποσειδάων ἐνοσίχθ [ῶν τῆλ) ἀπὸ πατρὸς ἑοῖο φέρων ἐπὶ οἴνοπα πὀν [τον ἐν Κόωι ἆ [μ]φιρύτηι καίπερ πολύιδριν ἐοῦσα [ν᾽ ἔνθᾳ τέκ᾽ Εὐρύπυλον πολέων ἡγήτορα λαῶ [ν Κω. α γείνατο παϊδα βίην ὑπέροπλον ἔ [χοντα. τοῦ δ᾽ υἱεῖς Χάλκων τε καὶ ᾽Ανταγόρης ἐγένο [ντο. τῶι δὲ καὶ ἐξ ἀρχῆς ὀλίγης Διὸς ἄλκιμος υιὸς
ἔπραθεν ἱμερόεντα πόλιν, κε [ρ]άϊξε δὲ κώµας
εὐθὺ [ς ἐπ ]εὶ Τροίηθεν ἀνέ [πλε Ίε νηυσ [ὶ 1θ [οῆισι 2 L.... Ίλαιων ἕνε [χ᾽ ἵπ Ίπων Λαομέδοντος' ἐν Φλέγρηι è ]ὲ Γίγαντας ὑπερφιάλους κατέπεφ [νε. Μήστρη δὲ προ Ἰλιποῦσα Κόων ποτὶ πατρίδα γαῖαν νηϊ θοῇι ἐπέρ ]ησ) ἱερέων ποτὶ γουνὸν ᾿Αθηνέων' αὐτὰρ ἐ]πεὶ τέκε παῖδα Ποσειδάωνι ἄνακτι,
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
329
affidarono la questione e furono d’accordo. E quella a loro con esattezza stabilì il verdetto [ “Quando qualcuno in cambio del prezzo desideri riprendersi qualcosa,
riguardo al prezzo d’acquisto bisognerebbe di sicuro [
(40) 65
intatti non è possibile lo scambio, qualora già ne sia stato preso il pagamento, Così disse, e in base al verdetto si stabilì [
dei muli[ dopo i muli [
(45) 70
(sc. Sisifo) primeggiava sugli uomini per pensieri e accorti consigli ma in nessun modo poteva conoscere la mente di Zeus
(50)
75
egioco,
cioè che i discendenti di Urano non avrebbero concesso a Glauco una stirpe da Mestra e progenie da lasciare tra gli uomini5!. Il figlio di Mestra Euripilo e i suoi figli: Calcone e Antagore
E quella vinse Posidone che scuote la terra lontano da suo padre portandola sul mare vinoso a Coo circondata dai flutti, per quanto fosse sagace; là generò Euripilo condottiero di molte genti, ] partorì provvisto di forza straordinaria. Di quello furono figli Calcone e Antagore. A lui, seppure per piccolo motivo, il gagliardo figlio di Zeus? distrusse la gradevole città, saccheggiò i villaggi non appena fu di ritorno da Troia con le navi veloci (presa la città?) ] a causa dei cavalli di Laomedonte. A Flegre distrusse i superbi Giganti9). Mestra, lasciata Coo, verso la patria terra con la nave veloce valicò il mare verso il promontorio della sacra Atene. In seguito, ]dopo che ebbe generato un figlio a Posidone sovrano,
(55) 80
(60) 85
(65) 90
330
ESIODO
(70) 95
[ αἰν Ἰόμορον πατέρα ὃν πορσαίνεσκεν. ἢ οἵη Νίσο]υ θυγάτηρ Πανδιονίδαο Εὐρυνόμη, τὴ]ν ἔργα διδάξατο Παλλὰς ᾽Αθήνη
(75)
τῆς καὶ ἀπὸ χρ Ἰ]οῖῆς ἠδ᾽ εἵματος ἀργυφέοιο [ ἼΊθεου χαρίεν τ ἀπὸ εἶδος ἄητο" τῆς μὲν Σίσυφο Ἱς Αἰολίδης πειρήσατο βουλέων
100
(80) 105
(85) 110
(90) 115
φιλ]έουσα, νόεσκε γὰρ ἶσα θεῆισι
βοῦς ἐλάσα [ς' ἀλλ᾽ οὔ τι Διὸ Ἰς νόον αἰγιόχοιο
ἔγνω' ὁ µ [ὲν δώροις διζ ]ήμενος ἦλθε γυνα [ικα βουλΏι Αθ [ηναίης' τῶι δὲ Ἰνεφεληγερέτα Ζεὺ [ς ἀθανάτωι ἀ [νένευσε Ἰκαρήατι µή ποτ ὀπίσ[σω ἔσσεσθαι γ[ενεὴν εὐγν]ήτου Σισυφίδαο. ἢ δὲ Ποσε [ιδάώνος ἐν ]ἀγκοίνηισι μιγεῖ [σα Γλαύκωι ἐν ῃὶ µεγάροις τέἐκἸάμύμονα Βελλε[ροφόντην, ἔξοχον ἀνθ [ρώπων dp Ἰ]ετῆι ἐπ᾽ ἀπείρονα γ [αἶαν. τῶι δὲ καὶ ἡ[βήσαντι πα]τὴρ πόρε Πήγασο [ν ἵππον
ὠκύτατον [.............. Ίμινεπτε [
πάντηι ἀν
[............. Ίετα͵.. [
σὺν τῶι πρ [πνείουσαν- - "---ΧἈίμαιραν. γῆµε δὲ πᾳ [δα φίλην µεγαλήτορος Ἰοβάταο
αἰδοίου βασ [ιλῆος κοίρανοςα [
n té [ke
72. Ps.-Apollod. B:2/. 2 [5].1.3 (pp. 51-52 Wagner)
'Ἡσίοδος δὲ καὶ᾿ Ακουσίλαος Πειρῆνος αὐτήν Φασιν εἶναι. ταύτην ἱερωσύνην τῆς "ἩἨρας ἔχουσαν Ζεὺς ἔφθειρε. Φῶραθεὶς δὲ ὑφ᾽ Ἡρας τῆς μὲν κόρης ἀψάμενος εἰς βοθν µετεµόρφῶσε λευκήν, ἀπωμόσατο δὲ ταύτῃ μὴ συνελθεῖν' διό φησιν ᾿Ἡσίοδος οὐκ ἐπισπᾶσθαι τὴν ἀπὸ τῶν θεῶν ὀργὴν τοὺς γινοµένους ὄρκους ὑπὲρ "ΕἜρωτος. Ἡρα δὲ αἰτησαμένη παρὰ Διὸς τὴν βοῦν φύλακα αὐτῆς κατέστησεν ”"Αργον τὸν πανόπτην.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
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] di continuo si preoccupava del padre suo segnato da infelice destino. Eurinome, figlia di Niso figlio di Pandione, madre di Bellerofonte
O quale la figlia di Niso Pandionide,
Eurinome, a cui Pallade Atena insegnò lavori
(con tutto il cuore amandola)] perché pensava come le dee, dal suo corpo e dalle sue vesti candide come argento (veniva una luce?)] divina e grazia spirava dalla sua figura. Di lei Sisifo, figlio di Eolo, tentò i pensieri portandole dei buoi; ma per niente la mente di Zeus egioco conosceva. Egli con doni nuziali giunse chiedendola in moglie,
(70) 95
(75)
per volere di Atena, ma a lui Zeus radunatore delle nubi
negò con un cenno del capo immortale che mai in futuro ci sarebbe stata una stirpe del nobile figlio di Sisifo. Quella, congiuntasi nell’amplesso di Posidone,
(80) 105
eccellente tra gli uomini per virtù, sulla terra senza limiti. A lui, raggiunta la giovinezza, il padre offrì il cavallo Pegaso velocissimo [ dovunque [
(85) 110
sposò la cara figlia del magnanimo Iobate [ venerato sovrano [ signore [ la quale generò [
(90) 115
generò a Glauco nel palazzo Bellerofonte3 senza macchia,
con lui, la Chimera che soffia fuoco
{
LA PROGENIE DI INACO Io, figlia di Pireno Fr. 72 [124 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Esiodo e Acusilao dicono che (sc.Io) era figlia di Pireno??. Mentre questa era sacerdotessa di Era, Zeus la violò. Sorpreso da Era, toccando la fanciulla la trasformò in una bianca giovenca, inoltre giurò che non aveva avuto rapporti con lei; perciò Esiodo dice che i giuramenti in nome di Eros non attirano la collera degli dei. Era, chiesta la giovenca a Zeus, la fece sorvegliare da Argo che tutto vede.
332
ESIODO
73. Schol. Plat. Syrpos. 183b (p. 58 Greene)
ἐκ τοῦ δ᾽ ὅρκον ἔθηκεν ἀποίνιμον ἀνθρώποισι νοσφιδίων ἔργων πέρι Κὐύπριδος, 74. Heraclitus A/leg. Hom. 72.10 (p. 78 Buffière)
ἑάργεϊφόντην” τε γὰρ ὀνομάζει τὸν θεόν͵, οὐ μὰ Δίοὐχὶ
τοὺς Ησιοδείους μύθους ἐπιστάμενος, ὅτι τὸν βουκόλον᾿ ]οῦς ἐφόνενυσεν... 75. Schol. Eur. Or. 872 (I pp. 184, 20 - 185, 1 Schwartz)
ἡ πολλὴ δόξα κατέχει μὴ ἀφῖχθαι τὸν Αἴγυπτον εἰς” Αργος,
καθάπερ ἄλλοι τέ φασι καὶ Ἑκαταῖος γράφων οὕτως “ὁ δὲ Αἴγυπτος αὐτὸς μὲν οὐκ ᾖἦλθεν εἰς "Αργος, παϊδες δέ, ὡς μὲν 'Ἡσίοδος ἐποίησε, πεντήκοντα, ὡς δὲ ἐγὼ λέγω, οὐδὲ εἴκοσι.” 76a,b (a) Strabo 8. 6. 8
Αργος ἄνυδρον ἐὸν Δανααὶ θέσαν “Apyog Evudpov. (5) Eust. in Hom. IZ 4.171 (I p. 729, 13-14 van der Valk) "Αργος ἄνυδρον ἐὺν Δαναὸς ποίησεν εὔνδρον. 77.P. Oxy. 2487 fr. 1, ed. Lobel
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Ίνον, ἔδωκε {[..... Ίαν {
Jov μεγάλην [ἀπετείσα Ίτο λώβην. Ἰέπειταᾳ ἀμύμ [ονα τίκτ ]εν "Αβαντα 1 ἐν ὑψηλοῖσι δόµοισιν
ἂ εἶδος Ὀλυ]μπιάδεσσιν ἔριζεν'
πα ]τὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε ]καὶ ὁμὸν AÉYog eicavaprivar:
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
333
Fr. 73 [124 M-WI] Scolio al Simposio di Platone
Da quando pose il giuramento libero da pena per gli umani, relativamente agli atti clandestini di Cipride. Fr. 74 [126 M-W]
Eraclito, Allegorie omeriche
Infatti egli chiama Argifonte il dio (sc. Ermete), per Zeus, senza sapere niente dei miti esiodei, secondo cui (Ermete) uccise il custode di Io... I DISCENDENTI
DI BELO
Egitto e Danao, figli di Belo progenie di Io Fr. 75 [127 M-W] Scolio all’Oreste di Euripide
L'opinione prevalente sostiene che Egitto non giunse ad Ar-
go, come dicono altri tra cui Ecateo che così scrive: ‘Non fu
Egitto a giungere ad Argo, ma i suoi figli, come Esiodo poetò, in numero di cinquanta, ma, come io sostengo, neppure di venti.” Fr. 76 a,b [128 M-W] {a) Strabone, Geografia
Le figlie di Danao trasformarono Argo senz'acqua in Argo ricca d’acqua. (b) Eustazio sull’Iliade
Danao trasformò Argo senz’acqua in Argo ricca di acqua. Linceo figlio di Egitto
Fr. 77 [129 M-W] Papiro di Ossirinco
] diede [ ] (Linceo?) punì il grande oltraggio Abante, figlio di Linceo e i suoi figli: Acrisio e Preto
] ] ] ]
poi (Linceo) generò Abante5? senza macchia nell’alto palazzo, ella che per bellezza rivaleggiava con le dee olimpie il padre degli dei e degli uomini ] e lo stesso talamo ascendere
334
10
ESIODO
ἡ δ᾽ ἔτεκε Προϊῖτόν τ]ε καὶ ᾽Ακρίσιον βασιλΏα [] καὶ τοὺς μὲν διένασ Ίσε πατὴρ [ἀν Ἱδρῶν τ[ε θε ]ῶν τε᾽ ᾿Ακρίσιος μὲν ἄρ᾽ ”Α Ίργει ἐυκτί [τ]ωι ἐμβασί [λ]ενεν
Γ
15
20
25
1. ρεν ὀκριόεντ[. 1 {1 !
[ Εὺὐρυ Ἰδικην Λακεδαί {μο Ίνοίς Ἱ [ ] [. καλλι Ἱπάρηον ἐὺ πραπί [δεσσ᾽ ]άρα [ρυῖα Ἱ]ν ἢ δ᾽ ἔτεκεν Δανά Inv κ [α]λλίσφυρο [ν ἐν µεγά ]ρ [οισιν, ἢ Περσή ἔτεκεν κρα Ίτε [ρὸ Ίν µ [ήσ Ίτωρ [α]φόβοιο. Προῖτος δ᾽ αὖ Τίρυ Ίγθα ἐνκ [τ]έμε [νο ]ν πτολίεθρον νάσσατο καὶ κούρη ]ν µεγαλήτορος ᾿Αρκασίδα [ο γῆμεν ᾽Αϕείδαντο ]ς καλ [λι Ἱπλόκαμον Σ [θ]ενέβοι [αν
[
1.1
es[
[ 1 σοι Σθεν [έ Ίβοια βοῶπις γείνατἐνὶ μεγάροισιν] ὁμὸν λέχος εἰσαναβᾶσα κούρη ᾽Αφϕείδαντος µε ]γαλήτ [ο]ρο [ς]Αρκασίδα [ο τρεῖς, οἷας τε θεάς, περικ]αλλέα ἔργ εἰδυίας Λουσίππην τε καὶ ἸΊφι ]νόην καὶ Ἰφιάνασσαν [ Ja δώµατα πατρός
(desunt versus fere undeviginti)
50
I xep [ { ]ωδ, { { mpn [ { impe [ { }lkatto [
78. Strabo 8.6.6
καὶ Απολλόδωρος δὲ μόνους τοὺς ἐν Θετταλίᾳ καλεῖσθαι φῃσιν Ἓλληνας, “Μυρμιδόνες δὲ καλεῦντο καὶ Ἑλληνες”, 'Ἡσίοδον μέντοι καὶ ᾿Αρχίλοχον ἤδη εἰδέναι καὶ Ἓλληνας λεγοµένους τοὺς σύμπαντας καὶ Πανέλληνας, τὸν μὲν περὶ τῶν Προιτίδων λέγοντα ὡς Πανέλληνες ἐμνήστευον αὐτάς... 79. Ps.-Apollod. Bibl 2[261.2.2 (p. 58, 4-11 Wagner)
γίνεται ᾿Ακρισίῳ μὲν ἐξ Εὐρυδίκης, τῆς Λακεδαίμονος, Δανάη, Προίτῳ δὲ ἐκ Σθενεβοίας Λυσίππη καὶ Ιφινόη καὶ ᾿Ιφιάνασσα. αὗται δὲ ὡς ἐτελειώθησαν ἐμάνησαν, ὡς μὲν 'Ἡσίοδός φῃσιν, ὅτι τὰς Διονύσου τελετὰς οὐ κατεδέχοντο...
CATALOGO DELLE DONNE O ΕΟΙΕ
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Ella (sc.Aglaia) generò Preto e Acrisio re [ e quelli sistemò il padre degli dei e degli uomini: Acrisio su Argo ben costruita regnava,
10
Danae, figlia di Acrisio, e suo figlio Perseo
(sposò?) ] Euridice, figlia di Lacedemone, [ fanciulla dalle belle guance e ben provvista di accortezza; costei partorì nel palazzo Danae dalle belle caviglie, la quale generò Perseo8, ] possente eccitatore di paura. Preto e Stenebea, e le loro figlie
Preto, dal canto suo, Tirinto ben costruita città
abitava e la figlia del magnanimo Arcaside sposò, di Afidante, Stenebea dalle belle guance
] Stenebea dagli occhi bovini
partorì nel palazzo, salita nel comune letto nuziale, la figlia di Afidante, l’Arcaside dal gran cuore,
16
20
tre figlie, come dee, conoscitrici di raffinati lavori,
Lisippe e Ifinoe e Ifianassa ] le case del padre
{mancano circa diciannove versi; tracce di sei) Fr. 78 [130 M-W]
Strabone, Geografia
E Apollodoro dice che solo quelli in Tessaglia si chiamano Elleni, “i Mirmidoni erano chiamati anche Elleni” (12,684), ma Esiodo e Archiloco già sapevano — osserva — che tutti quanti (i Greci) sono chiamati Elleni e Panelleni, giacchè il primo dice delle Pretidi che i Panelleni aspiravano a sposarle... Fr. 79 [131 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Ad Acrisio da Euridice, figlia di Lacedemone, nacque Danae, a Preto da Stenebea Lisippe, Ifinoe e Ifianassa. Queste, quando divennero adulte, impazzirono, come dice Esiodo, perché non avevano accolto i riti iniziatici di Dioniso”...
25
336
ESIODO
80. Probus in Verg. Buc. 6.48 (III 2 p. 345, 16-20 Thilo-Hagen), Proetides implerunt
Proeti filiae regis Argivorum. Hesiodus docet ex Proeto et Sthenoboea Amphidamantis natas. has, quod Iunonis con-
tempserant numen, insania exterritas, quae crederent se boves
factas, patriam Argos reliquisse, postea a Melampode Amythaonis filio sanatas ita uti *** 81. Suda 1307 (III. 339. 4 Adler)
μαχλοσύνη' κατωφέρεια, γυναικοµανία. "Ἡσιόδεως λέξις' λέγει γὰρ περὶ τῶν Προίτου θυγατέρων' εἵνεκα μαχλοσύνης στυγερῆς τέρεν ὤλεσεν ἄνθος.
ἡ
82. P. Oxy. 2488A, ed. Lobel; Eust. in Hom. Od. 13.401; Herodian. repì καθολικῆς rpoomdiag 16; Epirz. Hom. x 138 Dyck; Etyrol. Magn. (p. 523.8) s.v. «volo
[
Ίδε ο {
[ Ἰἀάπείρονα γαϊαν καὶ γάρ σφιν κεφαλΏισι κατὰ κν οὖος αἰνὸν ἔχευιεν' ἀλφὸς γὰρ χρόα πάντα κατέσχ «εθ2εν, αἱ δέ νυ χαῖται ἔρρεον ἐκ κεφαλέων, Ψίλωτο δὲ καλὰ κάρηνα. 83. Philodemus De pretate B 6529-33 Obbink
καὶ ταῖς Προιτ]ίσιν "Ἡρας πρόἶτερο]ν μὲν μαχλάί[δα, ὕστερ]ον δ'ἀλφοὺς ἀ[ντεπενε]γκάσης. 84. Ps. Apollod., Bibl. i. [74] 8. 4 (p. 26. 20 Wagner)
᾿Αλθαίας δὲ ἀποθανούσης ἔγημεν Οἰνεὺς Περίβοιαν τὴν “Ἱππονόου. ταύτην δὲ ὁ μὲν γράψας τὴν Θηβαΐδα πολεµηθείσης᾽ Ωλένονυ λέγει λαβεῖν Οἰνέα γέρας, ἩΗσίοδος δὲ ἐξ
᾿Ωλένου τῆς) Αχαΐας, ἐφθαρμένην ὑπὸ
Ιπποστράτου τοῦ Αμα-
ρυγκέως; Ιππόνουν τὸν πατέρα πέµψαι πρὸς Οἰνέα πόρρω τῆς Ἑλλάδος ὄντα, ἐντειλάμενον ἀποκτεῖναι... ἐγεννήθη δὲ ἐκ ταύτης Οἰνει Τυδεὺς.
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Fr. 80 [131 M-W] Probo sulle Bucoliche di Virgilio “Le Pretidi riempirono”
Le figlie del re degli Argivi Preto. Esiodo ci informa che nacquero da Preto e da Stenebea, figlia di Anfidamante. Queste, poiché avevano disprezzato la divinità di Giunone, furono sconvolte dalla follia di credersi divenute giovenche, (così) lasciarono la patria Argo e in seguito furono guarite da Melampo, figlio di Amitaone, così che... Fr. 81 [132 M-W] Suda
‘Machlosyne’: inclinazione (sc. al rapporto sessuale), follia femminile; termine esiodeo. Dice infatti delle figlie di Preto: ‘a causa dell’odiosa dissolutezza (maclosyne), (sc. Era) di-
strusse il loro tenero fiore’.
Fr. 82 [133 M-W]1-3: P. O.; 3-5: Eustazio sull’Odissea, Erodiano, Sulla prosodia universale; 3: Analisi omeriche; 3-5: Etymologicum magnum
] la terra infinita; e infatti sulle loro teste terribile rogna ella riversò, chè la vitiligine s'impadronì di tutta la loro pelle, le chiome cadevano dal capo e le loro belle teste si denudarono. Fr. 83 [132 in app. M-W1] Filodemo, De pietate
E infliggendo Era alle figlie di Preto in cambio (sc.della loro irriverenza) prima la dissolutezza e poi la vitiligine... Peribea, figlia di Ipponoo pronipote di Preto Fr. 84 [12 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Alla morte di Altea, Oineo sposò Peribea, figlia di Ipponoo. L'autore della Tebaide dice che, sottomessa Oleno, Oineo pre-
se costei come bottino, invece Esiodo dice che, dopo che fu
violata da Ippostrato figlio di Amarinceo, il padre la inviò da Oleno dell’Acaia ad Oineo che stava lontano dalla Grecia, con l’ordine di ucciderla...Tideo nacque da lei ad Oineo®0,
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ESIODO
85. Strabo 8. 3. Il
τοῦ δ᾽ Ησιόδου εἰπόντος:
ὥικεε δ᾽ Ὠλενίην πέτρην ποταμοῖϊο παρ᾽ ὄχθας εὐρεῖος Πείροιο µεταγράφουσί τινες “Πιέροιο”, οὐκ εὖ.
86. Schol. Pind. OZ. 10.46f (I p. 322, 10-12 Drachmann)
τὴν δ᾽ ᾽Αμαρυγκείδης Ἱππόστρατος ὄζος ΄Αρηος Φυκτέος ἀγλαὸς υἱὸς Ἐπειῶν ὄρχαμος ἀνδρῶν 87, Herodianus x. pov. A8É. p. 18 (II. 924, 20 Lentz)
τὸ “Φανή” παρ᾽ Ἡσιόδῳ ἐν δευτέρῳ εἰρημένον' οἳ πρόσθε φανὴν ἔντοσθεν ἔκενυθον. LIBER HI 88. Strabo 1. 2. 34
'Ἡσίοδος δ᾽ ἐν Καταλόγῳ φησί καὶ κούρην ᾽Αράβοιο, τὸν Ἑρμάων ἀκάκητα γείνατο καὶ Θρονίη κούρη Βήλοιο ἄνακτος 89. Schol. D Hom. I. 12.397 (p. 392 van Thiel)
Εὐρώπην τὴν Φοίνικος Ζεὺς θεασάµενος ἔν τινι λειμῶνι
μετὰ νυμφῶν ἄνθη ἀναλέγονυσαν ἠράσθη, καὶ κατελθὼν ἤλλαξεν ἑαυτὸν εἰς ταῦρον καὶ ἀπὸ τοῦ στόματος κρόκον ἔπνει: οὕτως τε τὴν Εὐρώπην ἀπατήσας ἐβάστασε, καὶ διαπορθµεύ-
σας εἰς Κρήτην
ἐμίγη
᾿Αστερίωνι τῷ Κρητῶν
αὐτῇ,
εἶθούτως
συνῴκισεν
τρεῖς παῖδας ἐγέννησε Μίνοα, Σαρπηδόνα Ἱστορία παρ
αὐτὴν
βασιλεῖ. γενομένη δὲ ἔγκυος ἐκείνη
Ἡσιόδῳ καὶ Βακχιυλίδῃ.
'Ῥαδάμανθυν.ἡ
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Fr. 85 [13 M-W] Strabone, Geografia
Mentre Esiodo dice:
‘(sc.Ippònoo) abitava la roccia di Oleno sulle sponde del fiume, il largo Peiro”, alcuni scrivono diversamente, cioè Piero, in modo scorretto.
Fr. 86 [12 M-W] Scolio a Pindaro, Olimpiche
Lei (violò) l’Amarinceide Ippostrato, germoglio di Ares, lo splendido figlio di Ficteo, il condottiero dei guerrieri Epei. Fr. 87 [121 M-W] Erodiano, Sui termini anomali
Il termine ‘phanè’ (fiaccola) ricorre in Esiodo nel secondo libro: ‘quelli dinanzi nascondevano la fiaccola dentro”. LIBRO II LA PROGENIE DI AGENORE Arabo, figlio di Tronie (nipote di Agenore discendente di Io), padre di Cassiepeia che generò Fineo ed Europa a Fenice Fr. 88 [137 M-W/] Strabone, Geografia
Esiodo nel Catalogo dice: ‘e la figlia (sc. Cassiepeia) di Arabo, il quale il buon Ermete generò e Tronie, figlia di Belo sovrano®! Europa e i suoi figli: Minosse, Sarpedone e Radamanto Fr. 89 [140 M-W] Scolio all’I{iade
Zeus, vista Europa, figlia di Fenice®2, intenta in un prato
con delle fanciulle a raccogliere fiori, se ne innamorò e, là sceso, si trasformò in toro e dalla bocca mandava odore di zafferano; ingannata così Europa, la fece salire in groppa e, trasportatala a Creta, si unì a lei. Poi la accasò presso Asterione, re dei Cretesi. Quella, gravida, partorì tre figli, Minosse,
Sarpedone e Radamanto. Il racconto è in Esiodo e Bacchilide.
340
ESIODO
90. P. Oxy. 1358 fr. 1. col. 1, ed. Grenfell-Hunt; 6-13: P. Reinach 77
Le
Ἱπέρησε δ᾽ ἄρ᾽ ἁλμυρὸν ὕδωρ
πατρίδος ἐκ Κρήτηνδε] Διὸς ὃμηθεῖσα δόλοισι. τῆι δὲ μίγη φιλότητι] πατὴρ καὶ δῶρον ἔδώκεν ὅρμον χρύσειον, τόν ῥ᾽ Ἡ Ίφαιστος κλυτοτέχνης αὐτός, καλὸν ἄγαλμα, ἰδυί]ηισιν πραπἰδεσσι
τεΏξεν, ἔδωκε δὲ πα]τρὶ φέρων: ὃ δὲ δέξατο δῶρο [ν' αὐτὸς δἂρ δῶκεν κούὐ]ρ[η]ι Φοίνικος ἀγανοῦ.
(pergit hoc fr. post fr. 91 infra)
91. Suda a 133 (I p. 18.22-24 Adler) dydàpuata: ...cai' Hoiodog tòv ὅρμον ἄγαλμα καλεῖ, (pergit 90)
10
cicci
Ιπατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε
αὖτις ἔπειτάπέβη νύ]μφης πάρα καλλικόµοιο. ἢ δ᾽ ἄρα παϊδ Ίας [ἔτικτ ]εν ὑπερμενέῖ ΚΕρονίῶνι
sven 15
ἔμ Ίελλε τανισφύρωι Εὐρωπείπι,
πο Ἰλέων ἡγήτορας ἀνδρῶν,
Μίνω τε κρείοντα Ἰδίκαιόν τε Ῥαδάμανθυν καὶ Σαρπηδόνα διον Ἰἀμύμονά τε κρατερ [όν τε. τοῖσιν ἑὰς τιμὰς δι]εδάσσατο µητίετα Ζ/[εύς'
ἦ τοι ὁ μὲν Λυκίης εὐρ]είης ἴφι ἄνασσε
[ πό]λεις εὖ ναιεταώσα [ς Ζηνὸς ἔχων σκἢπτρον' πολ]λὴ δέ οἱ ἔσπετο τιµή τήν οἱ δῶκε πατὴρ μεγαλή]τορι ποιµένι λαῶν.
20
τῷ δἐπὶ τρεῖς γενεὰς ζώει]ν µερόπων ἀνθρώπων
δῶκεν ἐπεὶ ἐφί]λατο untieta Zed. πέµπε δέ µιν Τροίηνδε. πολ}ὺν δ᾽ ἐκρίνατο λαόν. λεκτοὺς ἐκ Λυκίης φῶτας, Τρ]ώεσσ᾽ ἐπικούρους' τοὺς ἄγε Σαρπηδὼν κρνυεροῦ ]πολέμοιο δαήµων.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
341
Fr. 90 [141 M-W.141 Arrighetti] P. di Ossirinco; P. Reinach
(Europa) ] attraversò il salso mare dalla patria a Creta, ] soggiogata dalle astuzie di Zeus.
A lei si unì in amore ] il padre e in dono le diede un aureo monile, che Efesto, artefice illustre,
egli stesso con consumata abilità, splendido gioiello, 5 aveva fabbricato, e aveva portato al padre offrendoglielo; e lui il dono accolse e a sua volta lo diede alla figlia del nobile Fenice. {seguito dopo il fr. 91) Fr. 91 [142 M-WI] Suda
‘Agàlmata’: anche Esiodo chiama il monile ‘àgalma’ (= ornamento, gioiello) (seguito del fr. 90)
] Stava per (arrivare) ad Europa dalla caviglie sottili ] il padre degli uomini e degli dei
in seguito si allontanò] dalla fanciulla dai bei capelli E lei generò figli al potente Cronide ] capi di molti guerrieri Minosse possente e il giusto Radamanto e il divino Sarpedone, forte e senza macchia.
8
10
Sarpedone figlio di Europa
A quelli distribuì i loro onori il prudente Zeus e quello la vasta Licia ] con forza governava ] città ben abitate tenendo lo scettro di Zeus, ] molto onore lo seguiva che concesse il padre ] al magnanimo pastore di popoli; infatti di vivere oltre tre generazioni] di uomini mortali gli concesse poiché ] lo amava il prudente Zeus. E lo mandò a Troia ed egli ] scelse una folta schiera di guerrieri scelti della Licia,] alleati dei Troiani.
Li comandava Sarpedone della raggelante ] guerra
uomini,
sperimentato conoscitore.
15
20
342 25
ESIODO
Οὐράνοθεν δέ οἱ ἦκεν ὁ Υ᾿ ἀριστ]ερὰ σήµατα φαίνων
[
[ 30
[ [
Ζεὺς Ἰάφθιτα µήδεα εἰδώς.
Ίατοι ἀμφιβαλοῦσαι
ἸΔιόθεν τέρας ᾖεν. ἝἜκτ Ίορος ἀνδροφόνοιο
[
Ἰδὲ κήδε᾽ ἔθηκε.
[
Js Αργεί [ο]ισι’
[
Ίκε [
92. Ὦ5. Ῥ]αϊο, Μίπος ρ. 220Ώ 1-5
εἴρηκε δὲ καὶ Ησίοδος ἀδελφὰ τούτων εἰς τὸν Μίνων. μνησθεὶς γὰρ αὐτοῦ τοῦ ὀνόματός Φησιν ὃς βασιλεύτατος Ὑγένετο θνητῶν βασιλήων καὶ πλείστων ἤνασσε περικτιόνων ἀνθρώπων Ζηνὸς ἔχων σκΏπτρον’ τῶι καὶ πολέῶν βασίλευεν. 93. P. Tebt. 690, ed. Hunt
πέµπε ὃ’ ἄρ᾽ εἰς Ἴδην, νύμφαι ὃ [ δεξάµεναι Διὶ πατρὶ { πέµψαν ὃ εἰς | και τε {[
Leve 1L1I scien 1 τι καιο [
--
Ἂν Ἱδρόγεφν!{ 1. {1 { 1 Μίνωϊ πολυκλυ [στ
Live Ία πάντες, ἐπεὶ κα { εν 1.. ως ]αλος καὶ εκ. ιµετί
τῆς δ᾽ ἄρ᾽ [ἐν ὁ Ἰφθαλμοῖσιν ἰδὼν ἠράσ [σατο
15
Ἱταύρωι, [... Ιριμενησκαμερμιδαρτᾳ [}
ἢ δ᾽ ὑποκ [υσα Ἰμένη Μίνωι τέκε κα [ρτερὸν υἱόν,
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
343
Dal ciclo gli mandò ] sinistri segnali rivelando Zeus ] che sa imperituri consigli ] (esse) gettando intorno ] era un portento derivante da Zeus ] di Ettore che uccide i guerrieri ] inflisse pene
] agli Argivi
25
30
Il figlio di Europa Minosse Fr. 92 [144 M-W]
Pseudo-Platone, Mirxosse
Anche Esiodo ha detto cose a queste affini riguardo a Minosse. Difatti ricordando il suo nome dice: ‘il quale era il più regale dei re mortali e signoreggiava su moltissimi popoli vicini, tenendo da Zeus lo scettro; e con questo regnava su molti’. (Cfr. Plut., Teseo, 16,3)
I figli di Minosse: Androgeo/Eurigio e il Minotauro Fr. 93 [145 M-W;145 Arrighetti] Papiro Tebtynis
Mandò all’Ida, le ninfe [
ricevendo, a Zeus padre [ inviarono a [
el
(due versi perduti)
] Androgeo® [ ] a Minosse dal mare dai molti flutti ] tutti, poiché [
10
Di lei (sc. Pasifae), coi suoi occhi vedendola, si innamorò (sc.il toro)
E costei, incinta, generò a Minosse un figlio vigoroso,
15
344
ESIODO
ἐς πόδᾳ [ς], αὐτὰρ ὕπερθε κάρη τᾳ [ύροιο πεφύκει 94. Ἠετοάίαη. καθολικἡ προσῳδία (in cod. Vind. hist. gr. 10 f 6v palimps.)
Εὐρύγνος Ησίοδος Υ'
Εὐρύγυόν τε ἄνακτα.
95. Hesychius ε 4495 (Π. p. 147 Latte)
ἐπἙνρυγῃ ἀγών. Μελησαγόρας τὸν Ανδρόγεων Εὐρυγύην
εἰρῆσθαί φησι τὸν Μίνωος, ἐφῷ τὸν ἀγῶνα τίθεσθαι τάφιον᾿ Αθήνησιν ἐν τῷ Κεραμεικῷ: καὶ ᾿Ἡσίοδος Εὐρυγύης δ᾽ ἔτι κοῦρος ᾿Αθηνάων Ἱεράῶν
ἐπι-
96. Schol. Ap. Rhod. 2.178 (p. 140, 1-3 Wendel)
᾿Αγήνορος γὰρ παϊς ἐστιν, ὡς ᾿Ελλάνικος' ὡς δὲ ᾿Ησίοδός φησιν, Φοίνικος τοῦ Αγήνορος καὶ Κασσιεπείας. 97. Ephorus (70 F 42) apud Strabonem 7. 3.9
tòv se ' Hoiodov ἐν τῇ καλουμένῃ Γῆς Περιόδῳ τὸν Φινέα
ὑπὸ τῶν ᾽Αρπυιῶν ἄγεσθαι
Γλακτοφάγων ἐς γαῖαν ἀπήνας οἰκί ἐχόντωῶν
98. P. Oxy. 1358 fr. 2 col. I, ed. Grenfell-Hunt
--- Ίεσπε [.. Ίηνοσ[ vene Ίεπα [.. 1 κερ[ cene Jr érì Épya cai n[
Lu Κατουδ ]ᾳίων καὶ Πυγμ [αίων 100... ἀπε Ἱιρεσίων Μελάνῳ [v Ἰυ]τέκε Γαῖα πελώ [pΊας τε πανομφαίο [ν Διὸς 6 Ίφρα θεοῖσιν ὑφε {ιµ Ἰένοια. 15
----
{.]ν
Ἰτῶν μέν τε νόος [γλ, ]ώσσης καθ [ύπ Ἱερθεν,
Αἰθίοπάς ιτε Λίβυς τε ἰδὲ Σκύιθιας ἱππημο ιλγού-ς, Σκύθης μὲν γ Ἰένεθ᾽ viòg ὑπερ [μ]ενέος Κρονίωνος'
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
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meraviglia a vedersi, perché la sua struttura fisica si dispiegava pari a quella di un uomo fino ai piedi, ma, sopra, la testa era quella di un toro. Fr. 94 [145 a] Erodiano, Prosodia universale
Eurigio: Esiodo, libro III ‘ed Eurigio sovrano”. Fr. 95 [146 M-W] Esichio, Lessico
L’agone per Eurigie. Melesagora dice che Androgeo figlio
di Minosse era detto Eurigie, e che in suo onore si teneva un
agone funebre ad Atene nel Ceramico; ed Esiodo:
‘Eurigie, ancora fanciullo, della sacra Atene ...
Fr. 96 [138 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio, Argonautiche
Infatti egli (sc.Fineo) è figlio di Agenore, secondo Ellanico; invece, a detta di Esiodo, figlio di Fenice, figlio di Agenore e di Cassiepeia&.
Fr. 97 [151 M-W1
Fforo in Strabone, Geografia
Esiodo nel cosiddetto Giro della terra dice che Fineo fu condotto dalle Arpie
‘alla terra dei Galattofagi che hanno carri come abitazioni”
Fr. 98 [150 M-W:150 Arrighetti] P.O.; 15: Strabone, Geografia, 7.3.7
(tracce di sette versi)
] degli uomini Sotterranei e dei Pigmei ] dei Neri senza fine ] generò l'enorme terra
] di Zeus in tutto oracolare ] affinché soggetti agli dei ] la cui mente (sta) sopra la loro lingua gli Etiopi e i Libi e gli Sciti che mungono le giumente. Scite nacque, figlio del potente Zeus,
10
15
346
ESIODO
toù d'viboi ] MéAavég te rai Ai [O]ioreg ueydduvpor
19
ἠδὲ Κατου]δαῖοι καὶ Πυγμαι [οι Ἰάμενηνοὶ τοὶ πάντες ] κρεἰοντος Ἐρικτύπου εἰσὶ γενέθλης. (pergit hoc fr. post fr. 99 infra) 99, Philodemus De pretate B 7504-09 Obbink
Γκατὰ] Αἰθιόπῳν
δ᾽ 'Ησίοδον καὶ [ἔτι τ]ῶν Μελάνων [καὶ τ]ῶν [καὶ τῶν Κατουδαί[ων κ]αὶ τῶν Πυγμαί[ῶν
γεννητὴς ἦν. (pergit 98) 20
25
τοὺς πάντα Ἱς πέρι κύκλφι ἐθύνεον ἀΐσσοντες Li ἔθ]Ίνεαμ[... Ὑ Ἱπερβορέων εὐίππων οὓς τέκε Γη ] φέρβουσᾳ π[ολ]υσπερέας πολύφορβος ως παρ᾽ Ἠριδανοῖὶ ]ο βα [θυρ ]ρ [ό Ίου αἰπὰ ῥέεθρα,
viene
Inp. L....... IMéxtporo.
”"Ατλαντός τ’ ὄρος Ἰαϊπὺ κ [αἱ Αἴτν Ίην παιπαλόεσσαν νῆσον ἐπ᾽ Ὀλρτυγίην Λαιστίρ]ν [γον ]ίην τε γενέθλην
ὅς τε Ποσει Ἰδάωνος ἐρισθ [ε]νέος γένεθ᾽ υἱός.
τὴν πέρι è ὶς πόλεσαν περί τ' ἀμφί τε κυκλώσαντο 30
Ἱέμενοι Ἰμάρψαι, ταὶ δ᾽ ἐκφυγέειν καὶ ἀλύξαι. ἔςτε Κεφαλλ ]ήνων ἀγερώχων φῦλον ὄρουσαν,
οὓς τέκεν Ἑρ]μάωνι Καλυψώ πότνια νύμφη: καὶ Νίσου ἐς Υ ]αΐαν ᾽Αρητιάδαο ἄνακτος' Σειρήνων τε λίγε Ἰι[α]ν [ὄπ Ία κλύον’ ἀλλ) ἄρα καὶ τὰς 35
[
µετα Ἰχρονίοισι πόδεσσι
Ίν διά τ αἰθέρος ἀτρυγέτοιο
100, Schol. Aesch. Prowm. 803a (p. 195 Herington)
πρῶτος
Ησίοδος ἐτερατεύσατο τοὺς γρῦπας.
101. Αροϊιοάοτις 12.25)
Περὶ τοῦ νεῶν
καταλόγου
β εκ Ἑταιοσιμεπε
(Strabo
'Ἡσιόδου δ'οὐκ ἄν τις αἰτιάσαιτο ἄγνοιαν, Ημίκννας λέ-
γοντος καὶ Μακροκεφάλους καὶ Πυγµαίους,
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
347
e i suoi nipoti, i Neri e gli Etiopi magnanimi
e i Sotterranei e i Pigmei deboli, tutti sono della stirpe del Signore che forte risuona66
19
(seguito dopo il fr. 99) Fr. 99 [150 in app. M-W] Filodemo, De pietate
Secondo Esiodo, egli (sc.Efesto) era progenitore dei Neri, degli Etiopi, dei Sotterranei e dei Pigmei. (seguito del fr. 98)
Intorno a tutti loro, in circolo correvano impetuosi
]i popoli [ ] degli Iperborei dai bei cavalli, che generò la Terra] generosa, largamente disseminati, la nutrice di molti ] lungo le precipitose correnti dell’Eridano dal flusso
20
profondo
] di ambra (E raggiunsero?) il monte scosceso di Atlante e l'Etna alpestre 25 e l'isola di ] Ortigia e la schiatta dei Lestrigoni, e colui che nacque figlio di Posidone dal gran vigore. Intorno a quella? due volte girarono e andarono in circolo, cercando di afferrarle (sc.le Arpie), ma quelle si sottraevano e fuggivano via. AI popolo dei Cefalleni coraggiosi balzarono, 30 i quali generò Calipso, l’augusta ninfa, ad Ermete; e alla terra di Niso®, il sovrano caro ad Ares;
e intesero la stridula voce delle Sirene, ma anche loro ] con rapidi piedi ] attraverso l’aria infeconda
Fr. 100 [152 M-W]
Scolio al Promzeteo di Eschilo
Per primo Esiodo raccontò meraviglie sui grifoni. Fr. 101
[153 M-WI]
Apollodoro, Su/ catalogo delle navi, da Eratostene in
Strabone, Geografia
Nessuno potrebbe accusare Esiodo di ignoranza quando parla di Mezzi-cani e di Teste-lunghe e di Pigmei.
35
348
ESIODO
102. Harpocratio M 2 p. 169 Kcancy, p. 197.10 Dindorf
Μακροκέφαλοι’ ... ἔθνος ἐστὶν οὕτω καλούμενον, οὗ καὶ 'Ἡσίοδος µέμνηται ἐν τρίτῳ Γυναικῶν καταλόγφῳ. 103. Ps.-Apollod. B:5/ 1[122].9.21 (p. 41.17 Wagner)
διωκομένων δὲ τῶν ᾽ Αρπυιῶν ἡ μὲν κατὰ Πελοπόννησον εἰς τὸν Τίγρην ποταμὸν ἐμπίπτει, ὃς νὸν ἀπ ἐκείνης "Αρπυς καλεῖται' ταύτην δὲ οἱ μὲν Νικοθόην, οἱ δὲ ᾽ Αελλόπουν καλοῦσιν. ἢ δὲ ἑτέρα καλουµένη ᾿Ωκυπέτη, ὡς δὲ ἔνιοι ᾿Ωκυθόη (Ἡσίοδος δὲ λέγει αὐτὴν) Ωκυπόδην), αὕτη κατὰ τὴν Προποντίδα φεύγουσα µέχρι Εχινάδων ἦλθε νήσων, αἳ νΏν ἀπ ἐκείνης Στροφάδες καλοῦνται. 104 a,b. Schol. Ap. Rhod. B 296-7 (p. 149-150 Wendel)
(a) ai Πλωταὶ νῆσοι μετωνομάσθησαν Στροφάδες... ὅτι δὲ ηὔξαντο οἱ περὶ Ζήτην τῷ Διὶ στραφέντες, λέγει καὶ
'Ἡσίοδος:
ἔνθ᾽ οἵ Υ εὐχέσθην Αἰνηΐῳ ὄψι µέδοντι. ἔστι γὰρ Αἶνος ὄρος τῆς Κεφαλληνίας,
ὅπου Αἰνησίου
Διὸς ἱερόν ἐστιν... Απολλώνιος μὲν οὖν τὴν ακποστρέψασαν τοὺς περὶ Ζήτην Ἶριν λέγει, Ησίοδος δὲ Ἑρμῆν. αἱ δὲ Πλωταὶ νῆσοι κεῖνται ἐν τῷ Σικελικῷ πελάχγει.
(8) οἱ δὲ Στροφάδας φασὶν αὐτὰς κεκλῆσθαι, καθὸ ἐπισ-
τραφέντες αὐτόθι ηὔξαντο τῷ Διὶ καταλαβεῖν τὰς Αρπυίας. κατὰ δὲ "Ἡσίοδον καὶ ᾽Αντίμαχον καὶ ᾽Απολλώνιον οὐ κτείνονται. 105. Schol. Ap. Rhod. 2, 178-82 (p. 141, 12-17 Wendel)
πεπηρῶσθαι δὲ Φινέα φησὶν Ἡσίοδος ἐν µεγάλαις Ἠοίαις. ὅτι Φρίξῳ τὴν ὁδὸν ἐμήνυσεν, ἐν δὲ τῷ τρίτῳ Καταλόγῳ,
ἐπειδὴ τὸν μακρὸν χρόνον τῆς ὄψεως προέκρινεν. παῖδας δὲ
αὐτοῦ φασι γενέσθαι Μαριανδυνὸν καὶ Θυνόν.
106. Probus in Verg. Bxc. 10.18 (III 2 p. 348, 11 Thilo-Hagen)
Adonis, «ut» Hesiodus ait, Phoenicis Agenoris et Alphesiboeae.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
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Fr. 102 [153 M-W/] Arpocrazione, Lessico dei dieci oratori
‘Teste lunghe’:...è un popolo così chiamato che anche Esiodo ricorda nel terzo libro del Catalogo. Fr. 103 [155 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Mentre le Arpie erano inseguite, una di loro all’altezza del Peloponneso cadde nel fiume Tigre che ora da lei si chiama Arpis; questa alcuni chiamano Nicotoe, altri Aellòpode. L’altra, chiamata Ochìpete od Ochitoe come vogliono alcuni (Esiodo la chiama Ochipode), ebbene questa, fuggendo lungo la Propontide, giunse fino alle isole Echinadi, che ora da lei si chiamano Strofadi (ovvero le Tornanti). Fr. 104 a,b [156 M-W'1 Scolio ad Apollonio Rodio, Argorazutiche
(a) Le isole Fluttuanti (‘Plotai’) presero il nome di Strofadi... perché Zete e i suoi compagni pregarono Zeus dopo aver girato loro attorno; lo dice anche Esiodo: ‘là pregarono l’Aineio che in alto governa’. Ainos infatti è un monte di Cefallenia, dove si trova un tem-
pio di Zeus Ainesio...Apollonio dice che quella che fece gira-
re attorno (alle isole) Zete e i suoi fu Iride, Esiodo invece dice
che fu Ermete. Le isole Fluttuanti si trovano nel mare di Sicilia.
(b) Altri dicono che quelle isole sono chiamate Strofadi per il fatto che lì avendo girando attorno, pregarono Zeus di poter catturare le Arpie. Secondo Esiodo, Antimaco e Apollonio, non vennero uccisi6?, Fr. 105 [157 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Esiodo nelle Grandi Eoîe (fr. 192 Most) dice che Fineo fu accecato perché mostrò la strada a Frisso, ma nel terzo libro del Catalogo dice che lo fu poichè preferì una lunga vita alla vista. Dicono che suoi figli furono Mariandinò e Tinò. Adone, figlio di Fenice e di Alfesibea Fr. 106 [139 M-W] Probo su Virgilio, Egloghe
Adone, come dice Esiodo, era figlio di Fenice figlio di Agenore e di Alfesibea.
350
ESIODO
107. Ps.-Apollod. Bi6/. 3[183].14.4 (p. 159, 4 Wagner)
”Αδωνις δὲ ἔτι παὶς ὤν, Αρτέμιδος χόλῳ πληγεὶς ἐν θήρα ὑπὸ συὸς ἀπέθανεν. Ἡσίοδος δὲ αὐτὸν Φοίνικος καὶ Άλφε-
σιβοίας λέγει.
108. Herodianus x. μον. λέξ. 42 (Π. 947. 26 Lentz)
"Ἠσίοδος ἐν τρίτῳ:
νοῦθος δὲ ποδῶν ὕπο δοῦπος ὀρώρει
109. Apollonius Dyscolus, De prororzinibus p. 98.7 Schneider-Uhlig
ἡ 'σφιν’ .. µόνως ἐστιν ἐγκλιτική' ὑπὸ γὰρ 'Ἡσιόδου ἐν
ἀρχῆῇ τεθεῖσα εὐλόγως ὠρθοτονήθη ἐν τρίτῳ:' σφὶν δ᾽ αὐτοῖς µέγα πῆμα. LIBER IV (?) 110 a,b,c
(a) Ps.-Apollod. Bib/ 2[2].1.1 (p. 50, 17 Wagner)
"Ἡσίοδος δὲ τὸν Πελασγὸν αὐτόχθονά φησιν εἶναι. (b) Idem 3[961.8.1 (p. 134, 3 Wagner)
ἐπανάγωμεν
δὲ νῦν πάλιν ἐπὶ τὸν Πελασγόν,
ὃν Ακου-
σίλαος μὲν Διὸς λέγει καὶ Νιόβης... Ησίοδος δὲ αὐτόχθονα. (c) Servius auctus in Verg. Aen. 2,84 (I p. 231, 23 Thilo-Hagen), Pelasgi
a Pelasgo Terrae filio, qui in Arcadia genitus dicitur, ut Hesiodus tradit. 111. Ephorus (70 F 113) apud Strabonem v. 2. 4 p. 221, de Pelasgis
τῷ δ᾽ Ἐφόρῳ τοῦ ἐξ Αρκαδίας εἶναι τὸ Φύλον τοῦτο ἦρξεν
'Ἠσίοδος. φησὶ γάρ' υἱεῖς ἐξεγένοντο Λυκάονος ἀντιθέοιο
ὅν ποτε τίκτε Πελασγός.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE Fr. 107 [139 M-W]
351
Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Adone, ancora fanciullo, colpito dall’ira di Artemide morì
nel corso di una caccia vittima di un cinghiale. Esiodo lo dice figlio di Fenice e di Alfesibea70, Fr. 108 [158 M-WI] Erodiano, Sulle parole anomale
Esiodo nel terzo (libro): ‘uno scalpiccio, un rumoreggiare si alzò dai loro passi” Fr. 109 [159 M-W] Apollonio Discolo, Sui pronomi
‘Sphin’...di per sé è (pronome) enclitico; e posto da Esiodo all’inizio del terzo libro è correttamente accentato: ‘per loro (sphìn) stessi un grande dolore’ LIBRO IV 27! LA PROGENIE DI PELASGO Pelasgo Fr. 110 a, b, c [160 M-W] (a) Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Esiodo dice che Pelasgo era autoctono.
(b) Idem
Adesso ritorniamo ancora a Pelasgo, che, secondo Acusilao,
era figlio di Zeus e di Niobe...mentre Esiodo lo dice autoctono. (c) Servio sull’Exerde
‘Pelasgi’: da Pelasgo??, figlio della Terra, che dicono nato in
Arcadia, come racconta Esiodo.
I cinque figli di Licaone, figlio di Pelasgo Fr. 111 [161 M-W] Eforo in Strabone, Geografia “I Pelasgi”
Esiodo ha preceduto Eforo? nell’affermare che questo popolo (sc.i Pelasgi) proviene dall’Arcadia; dice infatti: ‘figli nacquero da Licàone divino che un giorno Pelasgo generò.”
352
ESIODO
112. Steph. Byz. s.v. loXAdviov (p. 497.8 Meineke)
Παλλάντιων' πόλις Αρκαδίας. Λυκάιονος παίδων, ὡς ' Ησίοδος.
ἀπὸ Πάλλαντος,
ἑνὸς τῶν
113. Herodianus x. μον. λέξ. 11 (π. 918. 7 Τεπτσ)
Φέλλον ἐυμμελίην τέκε-το κλευτὴ Μελάβοια 114. Eust. in Hom. I/. 2.608 (I, p. 468, 13-14 van der Valk)
τὴν δὲ τοῦ Λυκάονος ἐπὶ τῷ Διὶ παραιβασίαν εἰπεῖν καθ Ἡσίοδον, οἱ τοῦ Λυκόφρονος δηλοῦσιν ὑπομνηματισταί. 115. Ps. Apollod., Bib/. 3.[100]8.2 (p. 135,14 Wagner)
EvunAog dÈ kai tiveg ÉTEpor AfYovor Adkaovi cai dvyaτέρα Καλλιστὼ γενέσθαι" Ησίοδος μὲν γὰρ αὐτὴν µίαν εἶναι τῶν νυμφῶν λέγει... 116. Apollonius Sophista Lex. Hor. p. 13.12 Bekker (a 129 Steinicke)
Αἰπύτιον
τὸν
τοῦ
Αἰπύτου,
“Αἰπύτιον
παρὰ
τύμβον”
(Ποσπι, ᾖ1. 2.604). ἔστι δὲ οὗτος «τῶν» Αρκαδικῶν ἠἡρώων, περὶ οὗ gno ᾿ Ησίοδος: Αἴπυτος αὖ τέκετο Τλησήνορα Πειρίθοόν τε
117. P. Oxy. 1359 fr. 1, ed. Grenfell-Hunt
[ [
cu
1.
κ... η 1δε Γι.
le [
Ἰμάλα ὃ εὔᾳδεν ἀθᾳ[νάτοισιν Ἱ. [
ἡ ῥ' ὃ δὲ Ἰῥί [yno ]έν τε καὶ ἴδιε μΏ[θον ]άκούσ [ας ἀθανά]των οἵ οἱ τότ ἐναργέες ἄντ ἐφάνησαν:
κούρη lv ὃ [ἐ Ίν µεγάροισιν ἐδ τρέφεν ἠδ ἀτ[ίταλλε
δεξάµ]εν[ο]ς, ἶσον δὲ θυγατράσιν ἦισιν ἐτίμ[α.
ἠτέκε ]Τήλεφον Αρκασίδην Μυσῶν βασιλῇ ἴα,
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
353
Fr. 112 [162 M-W] Stefano di Bisanzio, Lessico gengrafico, s.v. ‘Pallantio’
‘Pallantio’: città dell'Arcadia. Da Pallante, uno dei figli di Licaone, secondo Esiodo. Fr. 113 [167 M-W] Erodiano, Sulle parole anomale
L'illustre Melibea generò Fello dalla bella lancia Fr. 114 [164 M-W]
Eustazio sull’I/iade
La citazione esiodea ‘la trasgressione di Licaone nei con-
fronti di Zeus’, la indicano i commentatori di Licofrone?4, Callisto, una delle ninfe che Licavne amò, generò Arcade a Zeus Fr. 115 [163 M-W]
Pseudo- Apollodoro, Biblioteca
Eumelo e alcuni altri dicono che Licaone aveva anche una
figlia, Callisto. Esiodo dice che era una delle ninfe...
I figli di Epito, figlio di Elato figlio di Arcade:Tlesènore e Piritoo Fr. 116 [166 M-W]
Apollonio sofista, Lessico omerico
‘Epitio’: di ‘Epito, ‘presso la tomba epitia’ (I/. 2, 604). Costui è uno degli eroi dell'Arcadia; di lui dice Esiodo: ‘Epito a sua volta generò Tlesenore e Piritoo” La figlia di Aleo, figlio di Afidante figlio di Arcade: Auge e il figlio ‘Lelefo, avuto da Eracle Fr. 117 [165 M-WI]P.O. dere
sirene
sd
so roseo
rare
ario
] assai fu gradito agli immortali”
Disse, e quello? rabbrividì e sudava sentendo le parole
degli immortali che allora chiari gli apparvero dinanzi; la fanciulla (sc. Auge) nel palazzo con scrupolo crebbe e accudì dopo averla accolta, e la onorava al pari delle sue proprie figlie. Ella generò Telefo Arcaside, re dei Misii,
5
354 10
ESIODO
µιχθε Tio ἐν φιλότητι βίηι 'Ἠρακληείηι εὖτε µεθ ἵ]ππους στεῖχεν ἀγαυοῦ Λαομέδοντοί[ς,
Δαρδαν ]ιδῶν μεγαθύμων Φφῦλον ἐναιρ [
--- κ]είνης δέ τε γῆς ἐξήλασε πάσης. 15
αὐτὰρ Τήλεφος ]ἔτραπ᾽ Αχαιῶν χαλκοχιτών [ῶν Je µελαινάων ἐπὶ ν [πῶν Ἰπέλασεν χθονὶ βω[τιανείρηι
ο
vene [
20
1ὲ βίη τ ἀνδροκτασίητ[ε
Ίη κατόπισθεν [1]. [
] agg ixovro 8 [
[]InegoBnuévo[
25
mamma
m_î
ὅν τε]κετο κλυτὸς᾽ Αρ[γειώνη
le dà ehe [. 1 I 11
Ίκλυτ {
Ίνα [
118. Schol. Pind. Nerz. I. 17 (11. p. 35, 3-5 Drachmann)
Τηὐγέτη τ ἐρόεσσα καὶ Ηλέκτρη κυανῶπις ᾿᾽Αλκυόνη τε καὶ Αστερόπη δίη τε Κελαινὼ Maîd τε καὶ Μερόπη, τὰς γείνατο φαίδιµος” Ατλας 119. pergit schol. Pind. (11. p. 35, 9 Drachmann)
Κυλλήνης ἐν ὄρεσσι θεῶν κήρυκα τἐχ᾽ Ἑρμῆν 120. P. Oxy. 1359 fr. 4, ed. Grenfell-Hunt
|
[
[ [
[
᾽Αμύ]κλας {
Λαπί]θαο θύγατ [ρα
Ἰχθονίοιο [
θεῶν ἄπ ]ρ κάλλος ἕ [χουσαν
ἐυπλ]όκαμον Δ[ιομ.]ήδί[ην'
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
355
congiuntasi in amore con il forte Eracle.
Quando (questi) andò dietro ai cavalli del nobile Laomedonte,
quelli che —] migliori nella terra d'Asia crebbero; ] il popolo dei Dardanidi ardimentosi (fece perire?) ] da tutta quella terra li espulse. Telefo poi] mise in fuga degli Achei dai bronzei chitoni ] sulle navi nere ] si avvicinò alla terra che gli uomini nutre ] violenza e uccisione di uomini ] in seguito ] giunsero ] spaventati ] il quale (sc. ogg.Tersandro) generò l'illustre Argiva
10
15
20
(tracce di quattro versi) I DISCENDENTI DI ATLANTE Le sette figlie di Atlante (avute da Pleione), le Pleiadi: Taigete, Elettra, Alcione, Asterope, Celeno, Maia, Merope Fr. 118 [169 M-W]
Scolio a Pindaro, Nermee
L’amorosa Taigete ed Elettra dagli occhi azzurro scuro e Alcione e Asterope divina e Celeno e Maia e Merope, che generò lo splendido Atlante?6. Il figlio di Maia, Ermete Fr. 119 [170 M-W] Papiro di Ossirinco
Sui monti di Cillene ella (sc.Maia) generò l’araldo degli dei,
Ermete.
Il figlio di Amicla nipote di Taigete: Giacinto Fr. 120 {171 M-W]
PO.
] Amicla [ J figlia di Lapite (sc. Diomede) ] della terra [
Javendo la bellezza dagli dei ] Diomede dai bei riccioli
5
356
ESIODO
ἢ δ 'Ὑάκινθον ἔτικτεν ἀμύ]μονά τε κρατερόν τε [ Ία, τόν pà ποτ αὐτὸς
Φοῖβος ἀκερσεκόμης ἀέκῶν κτάνε νηλέ]ὶ δίσκωι
121. P. Oxy. 1359 fr. 2, ed. Grenfell-Hunt
επ [ κ[ va [ 5
καὶ µα |
"ΗἨλέκτρ[η
γείναθ᾽ [ὑποδμηθεῖσα κελαινεφέῖ Κρονίῶνι Δάρδαν [ον
᾿Ἠετίων[ά τε 10
15
ὅς ποτε Δ [ήμητρος πολυφόρβης ἐς λέχος ἠλθε. καὶ τὸν μ[ὲν κατέπεὀνε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε ᾿ΗἨετίωνᾳ[ἄνακτα βαλὼν ἀργῆτι κεραυνῶι, οὕνεκα δ[ἡ Δήμητρι μίγη φιλότητι καὶ εὐνήι. αὐτὰρ Δάίρδανος ἐκ τρῷ Ερ[ιχθόνιος
ΟΙλός [τ vni [
122. Schol. Hom. I/ 7, 76 (II pp. 225, 55-56 Erbse)
τὸ “Τρωός” παρ’ 'Ἠσι[όδ]ῳ, Τεύκρου δὲ Τρωός
123. P. Oxy. 2496 et 2497 fr. 1, ed. Lobel; P. Vogliano col. 1, ed. Merk
[ἐδ Ἰάμνατο Φοῖβος Απόλλω[ν
ΓΊανης ὑπο παρνεθιηισιν
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
357
che generò Giacinto?” possente e senza macchia ] che una volta lo stesso Febo dalla chioma intonsa uccise senza intenzione col disco spietato I figli di Elettra avuti da Zeus: Eetione e Dardano Fr. 121 [177 M-W ] PO. errrraerseeticir o:
ev0r
si: 00100
00000500000
4940.
2ος
Elettra [ generò soggiogata dal Cronide dalla nere nubi Dardano ed Fetione che una volta al letto arrivò di Demetra nutrice di molti. E lo uccise il padre degli dei e degli uomini, Eetione signore, abbattendolo col fulmine scintillante, perché s’era congiunto in amore, nel letto con Demetra.
5
10
Figli di Dardano: Erictonio e Ilo
Allora Dardano
da lui, Erictonio
e Ilo78 ο
ο ο.
ο
Teucro discendente di Erictonio e suo figlio Troo Fr. 122 [179 M-W 1 Scolio all’Iliade
‘Troòs’ (sc. è nominativo) in Esiodo,
‘Troo (Troòs) figlio di Teucro”
La figlia di Alcione Aetusa che generò Eleutere ad Apollo Fr. 123 [185 M-W; 185 Arrighetti] 1-9: Papiro di Ossirinco 2497; 1-18; P. di Milano; 4-25: P. O. 2496
(quella) ] domò Febo Apollo ] sotto (i gioghi) del Parnete
15
358
ESIODO
[ Ἱπερὶ θνητῶν ἀνθρώπων; Γ]Αιδης καὶ Φερσεφόνεια
[Ἴγον' περὶ γὰρ χάριτι στεφάνῶσαν Γητοῦ δ᾽ Ιασίων γένεθ,υἱός [θεο]ῖσιν φίλ[ο]ς ἀθανάτοισιν
Γης) Αστρηΐδος ἠυκόμοιο: 10
15
[]. ας ἀργυρότοξος) Απόλλων Γι
Γι
Ἰἠχήεντος Ολύμπου:
α]πειρεσίοιο
Γ.
Ίν ῥεῖ καλλίρροον ὕδωρ
Γ.
Ἰδώματα ἠχήεντα:
[
Jem [τ]έκεν ἐῑν µε]γάροισιν
[ d Ἰμωμήτηισιν ἑταίρηις [ Ίαι θεοὶ αὐτοὶ ἔραντο' [Γκορυθά]ίκος πολεμιστέω
[. πο]λυχρύσου ΓΑ]φ[ροδί]της' 20
[ Γ΄ [ [
Γι 25
[ [
Ἱεκῳ [ Ίνεγεν[ Χαρίτων ἀμαρύ[γματ' ἐχουσlovl Jevo[ εἰκ]υῖα θεῆισι
Ίεος βασιλη[ Ίος ὑδρευου[σ-
124. Schol. A Hom. IZ 2, 496 (1. 114. 11 Dindorf)
ἢ οἵην Υρίη Βοιωτίη ἔτρεφε κούρην 125. Palaephatus 41 (42) p. 62 Festa
περὶ Ζήθου καὶ Αμφίονος ἱστοροῦσιν ἄλλοι te καὶ Ἡσίοδος, ὅτι κιθάραι τὸ τεῖχος τῆς Θήβης ἐτείχισαν.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
359
] sopra gli uomini mortali ] Ade e Persefone 1... l’incoronarono di grazia Iasione figlio di Eleutere e padre di Astreide
] ] ] ] ]
da lui (sc‘ Eleutere) nacque il figlio Tasione caro agli dei immortali di Astreide dai bei capelli Apollo dall’arco argenteo dell'Olimpo echeggiante
) dell’infinito??
] scorre acqua dal bel flusso ] alle compagne senza biasimo ] gli dei stessi amavano
] del guerriero che scuote l’elmo
] case risonanti ] di Afrodite ricca d’oro J... generò nel palazzo
20000000 ca drsroscoreoreiesaes:e
esco
0000000000ddiddi
] (quella) attingendo acqua
La discendente di Alcione, Antiope (figlia di Nicteo figlio di Irieo),
generò due figli a Zeus: Anfione, che sposò Niobe, e Zeto, che sposò Tebe
Fr. 124 [181 M-W] Scolio all’Iliade
O quella (sc. Antiope) che Iria80 beotica allevò fanciulla Fr. 125 [182 M-W
] Palefato, Cose incredibili
A proposito di Anfione e Zeto, Esiodo, tra gli altri, raccon-
ta che costruirono le mura di Tebe servendosi della cetra.
360
ESIODO
126. Ps. Apollod. B:2/. 3.[4515.6 (p. 120.3 Wagner)
γαμεῖ δὲ Ζῆθος μὲν Θήβην, ἀφῆς ἡ πόλις Θῆβαι, Αμφίων
δὲ Νιόβην τὴν Ταντάλου, ἣ γεννᾷ παϊδας μὲν ἑπτά..., θυγατέρας δὲ τὰς ἴσας... Ησίοδος δὲ δέκα μὲν υἱοὺς δέκα δὲ θυγατέ-
ρας...
127. Aelianus Var Hist. 12.36 (p. 380 Wilson)
ἐοίκασιν οἱ ἀρχαῖοι ὑπὲρ τοῦ ἀριθμοῦ τῶν τῆς Νιόβης παίδων μὴ συνάδειν ἀλλήλοις. Ὅμηρος (Ἠοπι. I/. 24. 603-4) μὲν ἓξ λέγει καὶ τοσαύτας κόρας, Λᾶσος δὲ (ΕΥ. 706 Ραρε) δὶς
ἑπτὰ λέγει, Ἡσίοδος δὲ ἐννέα καὶ δέκα, εἰ μὴ ἄρα οὐκ εἰσὶν 'Ἡσίοδου τὰ ἔπη, ἀλλ'ὠς πολλὰ καὶ ἄλλα κατέψευσται αὐτοῦ. 128. Diodorus 5.81
ἦν δό Μακαρεὺς υἱὸς μὲν Κρινάκου τοῦ Διός, ὥς φησιν
'Ἡσίοδος καὶ ἄλλοι τινὲς τῶν ποιητῶν, κατοικῶν δ ἐν ὢλένῳ τῆς τότε μὲν Ιάδος, νῶν ὃ Αχαϊας καλουµένης. 129. Schol. T Hom. Il 24.544c (V p. 610, 67-69 Erbse)
mvés dè avtòv (sc. tòv Mdrapa) τοῦ Ποσειδῶνος καὶ Αλκύονης.
Kpivarov tod ' Ypréwg
130. Anon. P. Michigan inv. 1447 Il 7-9
᾿Αρέθουσα
θυγάτηρ μὲν “Ὑπέρ[ο]ν,
Π[οσ]ει[δῶνι
δὲ
συν]ελθουσ[α] κατὰ τὸν Βοϊκὸν Εὔρειπον [εὶς κρήνην] ἠλλάγη ἐν Χ[αλκίδι] ὑπὸ [τῆς] Ηρας, ὡς Ἡσίοδος ἱστορε[ῖ. 131. P. Mediol. 39 (P. Milan. Vogliano)
[1]...
[Γ κρήνης µελα]γύδρου
[κ]αὶ πατρίδος αἴη[ς
[Jevy[ ]
[ Ίο δ᾽”Αβαντα
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
361
Fr. 126 [183 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Zeto sposa Tebe, da cui la città di Tebe prende nome, Anfione Niobe, figlia di Tantalo, che genera sette figli... e altrettante figlie...Esiodo dice dieci figli e dieci figlie... Fr. 127 [183 M-W]
Eliano, Varia Historia
Gli antichi riguardo al numero dei figli di Niobe non sembrano andare d’accordo. Omero dice che erano sei e altrettante figlie, Laso dice due volte sette, Esiodo nove e dieci, a meno
che i versi non
siano di Esiodo, ma, come in molti altri casi,
falsamente attribuiti a 11181,
Macareo, discendente di Alcione
Fr. 128 [184 M-W] Diodoro Siculo, Biblioteca
Macareo era figlio di Crinaco figlio di Zeus, come dicono Esiodo e alcuni altri poeti, abitante ad Oleno nella terra allora chiamata Ionia, ora Acaia.
Fr. 129 [184 M-W]
Scolio all’Ilrade
Alcuni dicono che Macareo era figlio di Crinaco figlio di Irieo figlio di Posidone e di Alcione. La nipote di Alcione Aretusa, figlia di Ipero, e suo figlio: Abante, suo figlio Calcodonte e il nipote Elefenore. Fr. 130 [Solmsen-Merkelbach-West 188 A] Papiro Michigan
Aretusa®2, figlia di Ipero, avuti rapporti con Posidone pres-
so l’Euripo Boico, fu trasformata in fonte
come racconta Esiodo.
Fr. 131 [244 M-W1] Papiro di Milano
] di una fonte dall’acqua scura ] e della patria terra ο ο
ο
ο
] Abante
a Calcide da Era,
362
ESIODO
᾿Ελεφ]ήνορα δῖον
[]ν ”΄Αβαντες
ΓΕ Ἱννοσίγαιος [ Ἰάμοιβήν 10
[I ILS
Γ κ]αλέουσιν 15
[ è Ίνακτος [ aiyiloyoro
[ Jato vougni
[ ] Bara
[λιπαρ ]οκρήδεμνος 132. Schol. A Hom, I 9.246 (TI p. 454, 81-82 Erbse)
σημειοῦνταί τινες, ὅτι τὴν ὅλην Πελοπόννησον οὐκ οἶδεν ὁ ποιητής, Ἡσίοδος δὲ. 133. P. Oxy. 2502, ed. Lobel
[
Ίατονηδε, [1]. Γ1. τος
Γ. ἐ]μφύλιον αμ ἐκόρυσσον.
τοὺς δὲ µέτ ἐν µεγάροι lg κούρας τέκε δια γυναικῶν Λυσιδίκην καὶ Νικίπ Ίπην καὶ Αστυδάµειαν’
τὰς παῖδες ΠερσΏος ἐε 1δ᾽ [ν]ῴσαντο γυναϊκας' ᾿Αστυδάμειαν μὲν θαλερὴν Ίπο [ι]ήσατ ἄκοιτιν ᾿Αλκαῖος
θεόφιν Ἰμήστωρ ἀτάλαντος
[
Imow [IL
[ [
LELCI. Bin “HpaxA]nein L]
Νικίππην δ᾽ ἄρ ἔγημε βίη Σθε Ἰνέλοι [ο ἄν Jaxto [g 10
[ [ 15
ἐπ Ἰέτελλεγ ἀέθλο [ως καὶ ἅρμασι Ίκολλη [τοῖ Ίσι
[
[LI
loto, (LI LIT
134, Schol, T. Hom. IZ 19.116a2 (IV p. 602.76-77 Erbse) “GAoyov Z@0eνέλου”
οἱ
μὲν
᾽Αμϕιβίαν
τὴν
Πέλοπος,
οἱ δὲ
᾽Αντιβίαν
τὴν
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
363
] il divino Elefenore ]gli Abanti8 ] lo Scuotitore della terra ] scambio 4000000040000
10
] chiamano
] del signore ] dell’egioco ]... alla ninfa
15
]Jdal velo lucente Pelope, marito di Ippodameia nipote di Sterope, e i loro figli, tra cui Atreo e Tieste; e tre figlie: Lisidice, Nicippe e Astidameita, che sposarono i tre figli di Perseo, Alceo, Stenelo ed Elettrione. Fr. 132 Scolio all’Iliade
Alcuni notano con un segno che il poeta (sc. Omero) non conosce il Peloponneso nel suo insieme, Esiodo invece sì. Fr. 133 [190 M-W] P.O.
] Essi 84 destavano il sanguinoso scontro familiare. Dopo questi, nel palazzo, divina tra le donne ella generò come figlie Lisidice e Nicippe e Astidameia, che i figli di Perseo con doni nuziali fecero mogli. 5 Astidameia rese sua florida sposa Alceo ] esperto di guerra pari agli dei besrrcrerere:ri:rer:ic reo re: re. 0000
la forza di Eracle
(Euristeo86) ] (gli) impose le fatiche [
] e con i carri ben costruiti
Fr. 134 [191 M-WI] Scolio all’Iliade “Moglie di Stenelo”
Alcuni dicono
(che fosse) Antibia figlia di Pelope, altri
10
364
ESIODO
᾽Αμϕιδάμαντος' 'Ἡσίοδος δὲ Νικίππην Φῃσὶ τὴν Πέλοπος. 135. Schol. T. Hom. Il. 23.679b (V ρ. 602.10-14 Ἐτβρκε). “ὃς ποτε Θήβασδᾖλθε δεδουπότος Οἰδιπόδαο”
α καὶ Ἡσίοδος
δέ φησιν ἐν Θήβαις αὐτοῦ ἀποθανόντος
᾿Αργείαν τὴν ᾿ Αδράστου σὺν ἄλλοις ἐλθεῖν ἐπὶ τὴν κηδείαν αὐτοῦ [οἰδίποδος]. 136. P.S.L 131, ed. Norsa + P. Lit. Palau Rib. 21
ο
κει 1" Αλκμάονα π[οιμέ]να λα[ῶν
cocci ] vas Kadunidec ἑλκεσίπε[πλοι ἐτέ Ίθῃπε δέµας εἰσάντα ἰδοῦ[σα
τ]αφὰς πολυκηδέος Οἰδιπό[δαο
Ίᾳ µενου κτήνου πέρι δῆριν ἔχ[οντ
ἥρωε Ἱς Δαναοὶ θεράποντες ΑΡρῃ [ος Ί Πολυνείκει ήρα φ[έροντες 10
vee
1Ζηνὸς πάρᾳ θέσφατα [
Ἰάπ, Αλφειοῦ βαθυδίγ[εω
᾿Πλεκτρύων ἵππ]οισι καὶ ἅρμασι κολλητ[οῖσιν ἤγαγε Λυσιδίκην ]Πέλοπος περικαλλέα [κούρην.
ἥ οἱ γείνατο παϊδ Ίᾳς ὁμὸν λέχος εἰσαναβ[ᾶσα,
Γοργοφόνον θ᾽ ]βρωα καὶ αἰχμητὴν Περ[ι--- JNopiov τε Κελαινέα τ’᾿ Αμ[φίμαχόν τε 15
Δηϊμαχόν Ίτε καὶ Εὐρύβιον κλειτόν τ’ Ε[πίλαον. καὶ τοὺς μὲν ]Τάφι [ο]ι ναυσικλυτοὶ ἐξενά [ριξαν βουσὶν ἔπ εἰλι Ἰπόδεσσιν, Εχινάῳν ἆ [πὸ νήσων
20
πλεύσαντες ν Ἰήεσσιν ἐπ ε[ὺ Ἰρέα νῶτα θαλ[άσσης' ᾽Αλκμήνη δ᾽ ἄρα Ἰμούνη ἐλ[είπ Ίετο χάρµα γο[νεῦσι, Λοσιδίκης κο]ύρ [η]καὶ [Ηλ. Ἱεκτρύων [ος ἀγαυοῦ
Jun [.Jav [ ledro [ cveecenee Ίκ[ελαι Ἰγεφέῖ Κρρ[νίωνι e Lg0]xl
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
365
Antibia figlia di Anfidamante; Esiodo dice che era Nicippe figlia di Pelope. I giochi funebri in onore di Edipo che aveva sposato la figlia di Nicippe e Stenelo, Astimedusa Fr. 135 [192 M-WI]
Scolio all’Iliade
Edipo morto / alle esequie”
“Il quale una volta giunse a Tebe, di
Ed Esiodo dice che, morto Edipo a Tebe, Argia, figlia di Adrasto, giunse con altri alle esequie di quello. Fr. 136 [193 M-W:193 Arrighetti ] Papiro della Società Italiana e Papiro di Barcellona
] Alemàone® pastore di popoli ] le Tebane dal lungo peplo ] ella stupì al vedere davanti a sé la sua concreta figura ] il sepolcro di Edipo dai molti crucci ]...essendo in guerra per il possesso di beni ] gli eroi Danai, servitori di Ares ] compiacendo essi Polinice
5
] da Zeus (venendo) oracoli
(O quale ad Argo,) ] dall’Alfeo dai vortici profondi, Il matrimonio di Lisidice con Elettrione e î loro figli: nove maschi ed Alcmena
Elettrione88 coi cavalli e i carri ben costruiti condusse in moglie Lisidice, di Pelope meravigliosa figlia; che salendo nello stesso letto gli generò come figli l’eroe Gorgofono e Perilao armato di lancia ] e Nomio e Celeneo e Anfimaco e Deimaco ed Euribio e l’illustre Epilao; e loro i Tafi, famosi per le navi, uccisero
10
15
per dei buoi dalle corna ricurve, dalle isole Echine89 navigando con le navi sul vasto dorso del mare.
Allora Alcmena restò sola, la letizia dei suoi genitori,
la figlia di Lisidice e del nobile Elettrione
] al Cronide dalle nere nuvole
20
366
ESIODO
137 a,b, c {a) Schol. D. Hom. I
1.7 (p. 6 van Thiel)
᾿᾽Αγαμέμνων κατὰ μὲν Ὅμηρον ᾿Ατρέως τοῦ μηετρὸς ᾿Αερόπης, κατὰ δὲ Ἡσίοδον Πλεισθένους.
Πέλοπος,
{b) Tzetz. Exeg. Iliad. 1 122 (p. 68, 19 Hermann)
ὁ ᾽Αγαμέμνῶν ὁμοίως δὲ καὶ Μενέλαος καθ’ Ἡσίοδον καὶ
Αἰσχύλον
Πλεισθένους
υἱοῦ
᾿Ατρέῶως παῖδες
νοµίζονται,
κατὰ δὲ τὸν ποιητὴν καὶ πάντας ἁπλῶς᾽ Ατρέως αὐτοῦ... κατὰ
δὲ 'Ἡσίοδον καὶ Αἰσχύλον καὶ ἄλλους τινὰς ᾿ Ατρέως καὶ
᾿Αερόπης Πλεισθέννης, Πλεισθένους δὲ καὶ Κλεόλλας τῆς Δίαντος ᾽Αγαμέμνων Μενέλαος καὶ ᾿Αναξιβία. νέου δὲ
Πλεισθένους τελευτήσαντος, ὑπὸ τοῦ πάππου αὐτῶν ἀνατραψέντες ᾽Ατρέῶς,᾽ Ατρεΐῖδαι πολλοῖς ἐνομίζοντο. (c) Schol. ad Tzetz. ad loc. (p. 11 Papathomopoulos)
ὁ ᾽Αγαμέμνων καθ’ Ὅμηρον καὶ Μενέλαος νἱοὶ ᾽Ατρέως τοῦ Πέλοπος καὶ ᾿Αερόπης Κρήσσης τῆς θυγατρὸς Κατρέως, κατὰ
δὲ Ἡσίοδον Πλεισθένους ἑρμαφροδίτου ἢ χωλοῦ, ὃς ἱμάτιον
γυναικεῖον ἐνεδέδυτο.
138. P. Oxy, 2355 et 2494A, ed. Lobel
Κρήτη]θεν ἀνηγ { lol
Κατρῆος κούρην ]καὶ νη[ἴδος ]ήυκόμ {οιο
ος κκ 1. καλ[λίἰσφυ]ρον ᾿ Ηερόπ[ειαν vi πρὸ]ς δῶμα [φίλη Ίν κεκλΏ [σθαι ἄκοιτιν' ἠτέκε.., Ίβιον καὶ ἀρηΐφι [λον ]Μενέ[λαον
ἠδ᾽ Αγαμέμ]νονα δίον, ὃς [ Αργεος ε]ὐρυχό[ροιο νι 1. Ἱ πατρὶ ἄναξ κ[αὶ κοίρ]ανος ᾖεν. ἢ οἵη προλιποῦσα δόµους καὶ πατρίδα γαῖαν
(sequuntur versus 2-56 Scut) 139. Arg. Scuti A
τῆς) Ασπίδος ἡ ἀρχὴ ἐν τῷ τετάρτῳ Καταλόγῳ φέρεται µέχρι στίχων ν᾿ καὶ ς’.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
367
Il figlio di Atreo Plistene ed Aerope e î loro figli, tra cui Agamennone e Menelao Fr. 137 a, b, c [194 M-W]
(a) Scolio all’Iliade
Agamennone, secondo Omero, era figlio di Atreo figlio di Pelope e sua madre era Aerope; secondo Esiodo era figlio di Plistene, (b) Commento di Tzetzes all’Iliade
Agamennone,
al pari di Menelao,
da Esiodo
ed Eschilo
sono creduti figli di Plistene figlio di Atreo, mentre, secondo il poeta (Omero) e tutti, erano semplicemente figli di Atreo stesso...Secondo
Esiodo, Eschilo ed altri, Plistene era figlio di
Atreo e di Aerope, e figli di Plistene e di Cleolla, figlia di Diante, erano Agamennone,
Menelao ed Anassibia. Essendo Pli-
stene morto giovane, furono allevati dal loro nonno Atreo e perciò da molti considerati Atridi. (c) Scolio al commento di Tzetzes all’Iliade
Agamennone e Menelao, secondo Omero, erano figli di Atreo figlio di Pelope e di Aerope cretese, figlia di Catreo; secondo Esiodo invece di Plistene ermafrodito o zoppo che indossava un mantello da donna. Fr. 138 [195 M-W]
1-Scudo 18: P.O. 2494A; 1-Scudo 5: PO. 2355
Da Creta (sc.Plistene) la condusse [ la figlia di Catreo e di una Naiade dalla bella chioma ] Eeròpeia® dalle belle caviglie Jalla sua dimora, perché fosse chiamata sua moglie; costei generò ]...e Menelao caro ad Ares ed Agamennone divino che della vasta Argo (al pari del padre ?) era signore e sovrano. O colei che, lasciate le case e la patria terra {seguono i vv. 2-56 dello Scudo) Fr. 139 Argomento dello Scudo
L'inizio dello Scudo è trasmesso nel quarto libro del Catalogo fino al verso 56.
368
ESIODO
140. P. Oxy. 2493, ed. Lobel
[
Γι
Γι
[
Ἰλείην καλλιχ [
Ἱης' θαλερὴν δ [
1 δ ἀναίνετο τ [
τὸν è ἔκταν [
[ Ίᾳσσε ῥ ἀναγκα [ί[ "O2Quur ον ἀγάννιφον ε [ ναίει ἀπήμαντος ]καὶ ἀκηδὴς ἤ[ματα πάντα
10
15
20
ἀθάνατος καὶ ἄγη]ρος ἔχων µεγαλ[ήρατον Ἡβην παϊδα Διὸς µεγάλο]ιο καὶ "Ἡρης χρυ[σοπεδίλου' τὸν πρὶν μέν ῥ) ἤχθη]ρε θ[εὰ λ]ευκώλ[ενος" Ηρη ἔκ τε θεῶν µακάρω]ν ἔκ τε [θνητῶν ἀνθρώπων, νῦν δ᾽ ἤδη πεφίλ]ηκε, τίει δέ µιν [ἔξοχον ἄλλων ἀθανάτων µετά Υ᾿]αὐτὸν ἐρισθενέ[α Κρονίώνα [ Ίδι φίλην πόρε π[
[. "Ολυμπο]ν ἀγάννιφον' [ Ίσι φυὴν καὶ εἶδ[ος [ Γι Πρ Ἰακλῆϊ πτολι [πόρθωι [ Ίψρροον ἀργυρ[οδίνην [ .. Ju péer gig di [Aa diav [ TyCl vl
141. Ap. Rhod. in Arg. Scuti (Fr. XXI Michaelis)
᾿Απολλώνιος δὲ ὁ 'Ῥόδιος ἐν τῷ τρίτῳ Φησὶν αὐτοῦ εἶναι,
ἔκ τε τοῦ χαρακτῆρος καὶ ἐκ τοῦ πάλιν τὸν Ιόλαον ἐν τῷ Καταλόγῳ εὑρίσκειν ἠνιοχουντα 'Ηρακλεῖ.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
369 Fracle e Iole
Fr. 140 [229 M-W]
PO.
] florida ] rifiutava ] lo uccise?! L'apoteosi di Eracle
] Olimpo nevoso egli abita senza afflizione e senza crucci per tutti i suoi giorni, libero da morte e vecchiezza, e sempre possiede la tanto desiderabile Ebe,
figlia del grande Zeus e di Era dagli aurei calzari. Egli prima era inviso ad Era, la dea dalle bianche braccia, tra gli dei felici e gli uomini mortali, ora invece ella ormai lo ha caro e lo onora sopra tutti gli immortali, dopo il potente figlio di Crono in persona?. ] la cara offrì Jil nevoso Olimpo ] per indole e figura ] ad Eracle distruttore di città (dall’alta)] corrente e dai vortici argentei ] scorre verso il mare divino rcresorir:eri:.: 00000000000,
Il nipote di Eracle, Tolao
Fr. 141 [230 M-W] Apollonio Rodio nell’Argomento dello Scudo.
Apollonio Rodio, nel terzo libro, dice che (lo Scudo) è suo
(sc.di Esiodo), sia per il carattere generale sia perché ritrova Iolao nel Catalogo come auriga di Fracle.
10
15
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370
ESIODO
142, Steph. Byz. 5.ν. Ογχηστός ρ. 483.32 Meineke
᾿Ογχηστός
ἄλστος... κεῖται δὲ ἐν τῇ ᾽Αλιαρτίῶων χώρᾳ,
ἱδρυθὲν ὑπὸ ᾿Ογχηστοῦ τοῦ Βοιωτοῦ, ὥς Φῃσιν
Ησίοδος.
143. Strabo 9.1.9, de urbe Salamine
ἐκαλεῖτο δ ἑτέροις ὀνόμασι τὸ παλαιόν. καὶ γὰρ Σκιρὰς
καὶ Κυχρεία ἀπό τινων ἡρώων, «ὧν ἀφ οὗ μέν... ἀφ οὗ δὲ καὶ Κυχρείδης ὄψις, ὅν φῃσιν 'Ἡσίοδος τραφέντα ὑπὸ Κυχρέως ἐξελαθῆναι ὑπὸ ἘΕὐρνυχόρονυ, λυμαινόμενον τὴν νῆσον, ὑποδέξασθαι δὲ αὐτὸν τὴν Δήμητραν εἰς ᾿Ελευσῖνα καὶ
γενέσθαι ταύτης ἀμφίπολον.
144. Schol. Hom. Od. 7.54 (I p. 325.24 Dindorf)
'Ἡσίοδος δὲ ἀδελφὴν ᾿ Αλκινόου τὴν ᾿ Αρήτην ὑπέλαβεν. 145. 1-6: Schol. Pind. Nerr. 3.21 (III p. 45.1-8 Drachmann); 6-7: Schol. Pind. O/. 8.26e (I p. 242.20-22 Drachmann)
περὶ τῶν Μυρμιδόνων ᾿Ἡσίοδος μὲν οὕτῶ φησίν' ἢ δὑποκυσαμένη τέκεν Αἰακὸν ἱππιοχάρμην...
αὐτὰρ ἐπεὶ ῥ ἥβης πολυηράτου ἵκετο µέτρον,
μοῦνος ἐῶν ἤσχαλλε' πατὴρ δ ἀνδρῶν τε θεῶν τε, ὅσσοι ἔσαν μύρμηκες ἐπηράτου ἔνδοθινήσου, τοὺς ἄνδρας ποίησε βαθυζώνους τε γυναῖκας.
οἳ δή τοι πρῶτοι ζεῦξαν νέας ἀμφιελίσσας,
πρῶτοι δ᾽στί ἔθεν νηὸς πτερὰ ποντοπόροιο.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
371
LA PROGENIE DI ASOPO Beoto, figlio di Arne figlia di Asopo, e suo figlio Onchestò Fr. 142 [219 M-W'] Stefano di Bisanzio, Lessico geografico, s.v. Onchestò
“Onchestò”: un bosco sacro...si trova nella regione degli
Aliarti, istituito da Onchestò figlio di Beoto, come dice Esiodo. Cicreo, figlio della figlia di Asopo Salamina Fr. 143 [226 M-W] Strabone, Geografia “Sulla città di Salamina”
(Sc.Salamina) in antico era chiamata con altri nomi; e infat-
ti (era chiamata) Scirade e Cicrea da certi eroi, da uno dei quali...e da uno (prese nome) il serpente Cicreide che, secondo Esiodo, allevato da Cicreo era stato cacciato da Euricoro
perché guastava l’isola, ma fu accolto da Demetra ad Eleusi ove divenne suo assistente93,
Alcinoo ed Arete, nipoti della figlia di Asopo, Cercira Fr. 144 [222 M-W]
Scolio all’Odissea
Esiodo suppose che Arete fosse sorella di Alcinoo. La figlia di Asopo, Egina, genera Eaco a Zeus Fr. 145 [205 M-WI] 1-6: scolio alle Nerzee di Pindaro; 6-7: scolio alle Olizzpiche di Pindaro
Sui Mirmidoni Esiodo si esprime in questo modo:
‘Costei, incinta, generò Eaco” combattente dal carro...
Ma, dopo che ebbe raggiunto la misura della giovinezza tanto amabile, trovandosi solo, si afflisse; allora il padre degli uomini e
degli dei quante erano le formiche dentro l’amabile isola le trasformò in uomini e in donne dall’alta cintura. E questi furono i primi a congiungere assieme le navi, curve da entrambe i lati, i primi a porvi le vele, ali della nave che valica il mare”.
372
ESIODO
146. Polybius V. 2 de militibus Macedonicis
φιλοπονώτατοί
τινες, otovg
‘Hoiodog
Αἰακίδας, πολέμῳ κεχαρτότας ἠύτε δαιτί.
raperodyer
toùg
147. Eust. in Hom. I/ 1.337 (I p. 175, 26-29 van der Valk)
ἰστέον δὲ ὅτι τὸν Πάτροκλον ἡ παλαιὰ Ἱστορία καὶ συγγενῆ τῷ ᾿Αχιλλεῖϊ παραδίδωσι, λέγουσα ὅτι 'Ἡσίοδον φησι Μενοίτιον τὸν Πατρόκλου πατέρα Πηλέως εἶναι ἀδελφόν, ὡς
εἶναι αὐτανεψίους οὕτως ἀμφοτέρους ἀλλήλοις. 148. Aul. Gell. 2.1.5
“Quod
Homerus”,
inquit
(scil. Accius,
Fr.
1 Funaioli),
“cum in principio carminis Achillem esse filium Pelei diceret, quis esset Peleus, non addidit; quam rem procul” inquit “dubio dixisset, nisi ab Hesiodo iam dictum videret”. 149. Porph. Quaest. Hom. ad Iliad. pertin. P. 93.17 Schrader
on”
συντόμως δὲ τὰ αἰσχρὰ δεδήλωκε
(cf. I 6.165), GAA οὐχ ὥσπερ
“μιγῆναι οὐκ ἐθελού-
'Ἡσίοδος τὰ περὶ τοῦ
Πηλέως καὶ τῆς) Ακάστου γυναικὸς διὰ μακρῶν ἐπεξελθῶν. 150. Schol. Pind. Nerr, 4.95 (III p. 80.23-81.5 Drachmann)
ἤδη δέ οἱ κατὰ θυμὸν ἀρίστη φαίνετο βουλή’ αὐτὸν μὲν σχέσθαι, κρύψαι δ'ἀδόκητα µάχαιραν καλήν, ἥν οἱ ἔτευξε περικλυτὸς) Αμφιγυῄεις,
ὡς τὴν μαστεύων οἷος κατὰ Πήλιον αἰπὺ
αἶψ ὑπὸ Κενταύροισιν ὀρεσκῴοισι δαµείη
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
373
I figli di Eaco: Telamone, Menetio, Peleo Fr. 146 [206 M-W]
Polibio, Storie
‘Sui soldati macedoni’
Degli amantissimi delle fatiche della guerra, come Esiodo presenta gli Eacidi, ‘che godono della guerra come del banchetto” Menetio, il padre di Patroclo Fr. 147 [212 a M-W]
Eustazio sull’Iliade
Bisogna sapere che la storia antica riferisce che Patroclo era anche un parente di Achille, informandoci che Esiodo diceva
che Menetio, padre di Patroclo, era fratello di Peleo, per cui i
due in tal modo erano tra loro primi cugini. Peleo Fr. 148 [207 M-W] Aulo Gellio, Notti Attiche
‘Il fatto è che Omero’, disse (sc.Accio),’ dicendo all’inizio
del poema che Achille è figlio di Peleo, non aggiunge chi sia
Peleo; ma questa precisazione’, continuò,” senza dubbio l’a-
vrebbe fatta se non avesse saputo che la cosa già era stata detta da Esiodo’.
Peleo e la moglie di Acasto Fr. 149 [208 M-W]
Porfirio, Questioni omeriche riguardanti l'Iliade
(Sc.Omero) ha mostrato il turpe concisamente: ‘congiun-
gersi a colei che non vuole’ (cfr. I. 6, 165), non come Esiodo
che ha esposto in lungo e in largo la storia di Peleo e della moglie di Acasto%, Fr. 150 [209 M-W ] Scolio a Pindaro, Nermzee
Questa a lui (sc. Acasto) nell'animo apparve la miglior decisione: trattenersi e nascondere in posto insospettabile la spada bella, che per lui (sc. Peleo) aveva fabbricato l’illustre Zoppo, in modo che, cercandola da solo sull’aspro Pelio, presto fosse preda dei Centauri montani.
374
ESIODO
151. Philodemus De pietate B 7241-50 Obbink
ò q]à Kor[pia ypdyag (Fr. 2 Bernabé, 2 West) ci “Hlpat
χαρ [ιζομένη]ν φεύγειν αὐ[τὴν τὸ]ν γάµον Δ[ιός, τὸν ὃ ὀ]μό-
σαι χολω[θέντ]α διότι θνη[τῶι συ]νοικήσει' 'Ἡ]σιόδω[ι] δὲ κε[ῖται τ]ὸ παραπλήσ[ιον].
κα[ὶ
παρ΄
152. P. Oxy. 2511, ed. Lobel + P. Argent. 55; 7, 10: Tzetz. Prol. ad Lycophr. (p. 4.13 Scheer)
5 δ(1) 10 (3)
DI... C...... I. £79 Moîpa kpaza [1] [ Π, δτῃ Γ... τε Ἰτληότι θυμῶι [ [ Ίυμε [..., 1. Υ ταναήκευ χαλκῷφι [ κτομεν [... Ἱ. Πν χερσὶ στιβαρῆισι [ [Πε bevi
L... 1. Σκαιῆισι πύληισι
[
[1]. po [.... xa Jì ἐσσομένοισι πυθέσθαι; {
[ 1]αωλκ [ὸν ἐυκ Ἰτιμέγην ἀλάπαξεν {[ Ἰφθίην ἐξίκετο µητέρα μήλων, πολλὰ Ἱκτήματ ἄγων ἐξ εὐρυχόρου Ἰαωλκοῦ, Πηλεὺ ]ς Αἰακίδης, φίλος ἀθανάτοισι θεοῖσιν. λαοῖσιν δὲ ἰ [δ]οῦσιν ἀγαίετο θυμὸς ἅπασιν,
ὥς τε πό Ίλιν [ἀ ]λάπαξεν ἐύκτιτον, ὥς τ’ ἐτέλεσσεν 1546)
ἱμερόεν Ίτα Υ [ά Ίμον, καὶ τοῦτ ἔπος εἶπαν ἅπαντες: ᾿τρὶς µά (καρ Αἰακίδη καὶ τετράκις ὄλβιε Πηλεῦ, 1 ο {. ]μέ [γα]δῶρον Ὀλύμπιος εὐρύοπα Ζεύς
Lee 1 {... µ]άκαρες θεοὶ ἐξετέλεσσαν'
ὃς τοῖσδ’ ἐν µεγάροις ἵε ορὸν λέχος εἰσαναβαίνῶν
20 (12)
i
πατ ]ὴρ ποίησε Κρονίων
περ Ἡ τ ἄλλων ἀλφηστάων
χθονὸ]ς ὅσ [σ]ρ [ι καρ]πὸν [ἔ]δουσι
153. Schol. T Hom. Il. 16.175c1 (IV p. 206.84-85 Ἑτοςε) «Πηλῆος θυγάτηρ καλὴ Πολυδώρη».
Ζηνόδοτος δὲ (Ε6/Η15 19 Ε 5) Κλεοδώρην Φφησίν; Ἡσιόδου καὶ τῶν ἄλλων Πολυδώρην αὐτὴν καλούντων.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
375
Peleo e Teti, genitori di Achille e Polidora Fr. 151 [210 M-W/] Filodemo, De pietate
L’autore dei Canti Ciprit dice che (sc. Teti), volendo compia-
cere Era, sfuggì il connubio con Zeus, ma che quello infuriato giurò che l'avrebbe accasata a un mortale. E in Esiodo si trova una simile versione. Fr. 152 [212 b + 211 M-W/] P. di Ossirinco e P. di Strasburgo; 7, 10: Tztetzes
sull’ Alessandra di Licofrone
] la Moira possente ] col suo cuore paziente?” ] con la bronzea lama acuminata Jcon le braccia massicce ] alle porte Scee ] da far sapere anche agli uomini venturi ] (sc.Peleo) saccheggiò la ben costruita Iolco ] giunse a Ftia, madre di armenti,
5 8 (1)
molte ricchezze conducendo dalla vasta Iolco
Peleo figlio di Eaco, caro agli dei immortali. Alle genti che guardavano era attonito il cuore a tutte, come avesse saccheggiato la ben fondata città, come avesse realizzato il desiderabile matrimonio, e queste parole pronunciavano ‘tre volte beato, Eacide, e quattro fortunato, Peleo®8,
tutti:
] grande dono l’olimpio Zeus dalla vasta voce ] gli dei felici hanno realizzato;
egli che in questo palazzo il sacro letto salendo ] fece il padre Cronide ] sopra ad altri che mangiano pane ] della terra quanti consumano il frutto Fr. 153 [213 M-WI] Scolio all’Iliade
10 (3)
‘Sorella di Peleo fu la bella Polidora’
Zenodoto la dice Cleodora, mentre Esiodo e gli altri la chiamano Polidora.
15 (8)
20 (13)
376
ESIODO LIBER V
154 a,b, c, de (a) P. Berol. 9739 col. 1, ed. Wilamowitz
[ Ίτης ἀγὸς ἀνδρῶν [αἰχμ. Ἰητάων
[. Ίης πάντων ἀριδε [ίκετ ]ος ἀνδρῶν'
[ Ίας τε καὶ ἔγχεῖ ὀξ [υόε Ίντι" [ ] ου λιπαρὴν πόλι [ν ε Ίἵνεκα κούρης
5.
[Δεἶ Ίδος ἔχε χρυσῆς "Ad [podi Ίτης'
ἣν Λήδη τίκτε]ν Χαρίτων ἆμαρ [όγμ Ἰατ’ ἔχουσαν' [ἣ δ'αιεὶ Λήδης καὶ] Τυνδαρέου βασ[ιλΏ]ος [ἐτρέφετέν λιπα]ροῖσι δόµοις [κούρη] κυανῶπις;
0
[ 1... pevel.... La. { Ἰκῶνσ[ ΓΕ 11
(desunt circa viginti tres versus)
(b) P. Berol. 9739 col. II, ed. Wilamowitz
5 (15)
τοσσαύτας δὲ γυναϊκας ἀμύμονα ἔργ εἰδυίας, πάσας χρυσείας φιάλας ἐν χερσὶν ἐχούσας: καί νύ κε δὴ Κάστῶρ τε καὶ ὁ κρατερὸς Πολυδεύκης γαμβρὸν ποιήσαντο κατὰ κράτος, ἀλλ᾽ Αγαμέμνων γαμβρὸς ἐὼν ἐμνᾶτο κασιγνήτωι Μενελάαι. υἱὼ Ψ᾽ ᾽Αμϕιαράου Ὀϊκλείδαο ἄνακτος
ἐξ ἼΑργεος ἐμνῶντο µά [λ ἐΥ Ἰγύθεν’ ἀλλ᾽ ἄρα καὶ τοὺς ὦρσ Ίε θεῶν [. νέ Ἰμεσίς τ ἆ [νθρώπων
ων 1. θητ {[
{desunt circa viginti quinque versus) (c) P. Berol. 9739 col. mi, ed. Wilamowitz; P. Oxy. 2491 fr. 1, ed. Lobel
(20)
5. (25)
ἀλλ) ἐκ δ υἱὸς δῶρα
οὐκ ἦν ἀπάτης ἔργον παρὰ Τυνδαρίδηισιν. Ἰθάκης ἐμνᾶτο Ὀδυσσηος ἱερήὴ ἴς, Λαέρταο πολύκροτα µήδεα εἰδώς. μὲν οὔ ποτ ἔπεμπε τανισφύρου εἵνεκα κούρης'
ἤιδεε γὰρ κατὰ θυμὸν ὅτι ξανθὸς Μενέλαος νικήσει, κτήνωι γὰρ ᾿Αχαιῶν φέρτατος ἠεν'
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
377
LIBRO V I corteggiatori di Elena Fr. 154 a, b, c, d, e [196+197+198+199+200 M-W; 196+ 197 +198+ 199+
200 Arrighetti]
(8) Papiro di Berlino
] ] ] ]
capo di guerrieri armati di lancia eccellente tra tutti i guerrieri e con la lancia aguzza prospera città, a causa della fanciulla che] aveva la bella figura dell’aurea Afrodite che Leda generò ] in possesso del fascino luminoso delle
5
Cariti,
ed ella sempre di Leda e] del re Tindaro era allevata nella] ricca casa, la fanciulla dagli scuri occhi? eeeracevesraseiote
re
rose
coreo0 reo
00
10 (mancano
circa ventitrè versi)
(b) Papiro di Berlino
altrettante donne conoscitrici di irreprensibili lavori, tutte con auree coppe tra le mani; e davvero Castore e il forte Polluce lo avrebbero reso cognato a viva forza, ma Agamennone, che le era cognato, la corteggiava per il fratello Menelao. I due figli di Anfiarao, il signore figlio di Oicleo!00, da Argo la corteggiavano, da assai vicino, ma anche loro sollecitò degli dei [ ] e degli uomini l’indignazione
5 (15)
{tracce di un verso, poi circa venticinque versi perduti) (c) 1-11: P. di Berlino; 6-16: P. di Ossirinco
(20)
n
ma non c’era azione ingannevole presso i figli di Tindaro!%. Da Itaca la desiderava il sacro vigore di Odisseo, il figlio di Laerte conoscitore di piani strepitosi; non inviava mai doni per la fanciulla dalle sottili caviglie perché sapeva nell’animo che il biondo Menelao avrebbe avuto la meglio, dal momento che in ricchezza superava tutti gli Achei;
(25)
378
ESIODO
ἀγγελίην δ᾽ αἰεὶ Λακεδαίμονάδε προῖαλλεν Κάστορί θ᾽ ἱπποδάμῳι καὶ ἀεθλοφόρωι Πολινδεύκει.
10
6ο.
Αἱ ]τωλῶν δ᾽ ἐμνᾶτ [ο]θόας [Ανδραίμο Ίνος υἱὸς
δί Ίου ᾽Αρητιάδαο: δί [«ὃου ]δ᾽ ἀπε [ρείσια ἕ Ίδνα,
πο ]λλὰ µάλ' ἄργυφα µ [ῆλ ]ᾳ καὶ [εἰλίποδας ἕλικ Ίᾳ [ς]βοῦς' Πθ Ίελε γὰρ αμ [...... Ίσε [
.. 1 ὠδαι [
ων 1ασθη{ 5... logal Ipo [
(desunt circa septemdecim versus) (d) P. Berol. 9739 col. Iv, ed. Wilamowitz; P. Berol. 10560, 1-15
0 1 (51)
5 (35)
10 (40)
[ἀγγελίην δ᾽ αἰεὶ Λακεδαίμονάδε προῖαλλεν ] Κάστορί θ’ ἱπποδάμωι καὶ ἀεθλοφόρωι Πολυδεύκει, ἱμείρων Ἑλένης πόσις ἔμμεναι ἠυκόμοιο,
εἶδος οὔ τι ἰδών, ἀλλ’ ἄλλων μῦθον ἀκούων. ἐκ Φυλάκης δ ἐμνῶντο δύ᾽ ἀνέρες ἔξοχ᾽ ἄριστοι, υἱός τ Ἰφίκλοιο Ποδάρκης Φυλακίδαο
ηύς τ ᾽Ακτορίδης ὑπερήνωρ Πρωτεσίλαος; ἄμφω δ᾽ ἀγγελίην Λακεδαίμονάδε προῖαλλον Τυνδαρέου π [οτ ἡ δῶμα δαΐφρονος Οἱβαλίδαο, πολλὰ δ᾽ ἔεδν [α δίδον, Ἰμέγα γὰρ κλέος [ἔσκε γυ Ἰναικός, χαλκ [
χρν [ς
(desunt circa viginti duo versus) (e) P. Berol. 9739 col. v, ed. Wilamowitz; P. Oxy. 2492, ed. Lobel
eee
5 (45)
Ίρεη [ µάλα δ' ἤθελε ---------
᾿Αργείης Ἑλένης πόσις ἔμμενα [ι ἠυκόμοιο, ἐκ δ᾽ ἄρ᾽ ᾽Αθηνέων μνᾶθ’ υἱὸς Π[ετεῶο Μενεσθεύς, πολλὰ δ᾽ ἔεδνα δίδου’ κειμήλια γ [ἀρ µάλα πολλὰ ἔκτητο, χρυσόν τε λέβητάς τ[ε τρἰποδάς τε, καλά, τά ῥ᾽ ἔνδοθι κεῦθε δόµος Πε[τεῶο ἄνακτος'
οἷς µιν θυμὸς ἀνῆκεν ἐεδνώσ [ασθαι ἄκοιτιν
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
379
ma sempre ambascerie mandava a Sparta, a Castore domatore di cavalli e a Polluce vincitore di premi.
Tra gli Etoli la desiderava Toante, figlio di Andraimone,
divino figlio di Ares; donava infiniti doni nuziali, molti armenti candidi come argento e buoi zampe storte e
voleva infatti [
corna ricurve;
10 (20)
(tracce di quattro versi, poi circa diciassette versi perduti) (d) 1-11: P. di Berlino 9739; 7-21: P. di Berlino 10560
[sempre inviava ambascerie a Sparta]
a Castore domatore di cavalli e a Polluce vincitore di premi,
poiché aspirava a diventare marito di Elena dai bei capelli, pur non avendone vista la bella figura, ma sentendone altri parlare. Da Filàce la desideravano due guerrieri eccezionalmente Podarche, il figlio di Ificlo, figlio di Filaco,
e il valente Attoride, il gagliardo Protesilao102; entrambi inviavano ambascerie a Sparta
virtuosi,
alla casa di Tindaro, figlio di Ebalo saggio, molti doni nuziali offrivano, grande infatti era la nomea della donna (oggetti?) bronzei [ aurei [
0
161
5 (35)
10 (40)
(circa ventidue versi perduti) (e) P. di Berlino
[ assai desiderava di Elena argiva dai bei capelli essere marito. Da Atene la desiderava il figlio di Peteò, Menesteo!8%3, e molta dote offriva, perché molti oggetti di gran valore aveva, oro e lebeti e tripodi, 5 (45) cose belle, che al suo interno custodiva la casa di Peteò sovrano; per mezzo delle quali il cuore lo spingeva a volerla prendere in moglie,
380
10(50)
ESIODO
πλεῖστα πορόντ’ ἐπεὶ ο [ Ίτιν' ἐέλπε [το φέρτερον εἶναι πάντω ]ν ἠρώων κτήνεσσί τε δῳ [τίναις τε.
Ἰτείδᾳρ δόµους κρατερὸς [
Ἑλένη Ἱς ἕνεκ᾽ ην [κόμοιο
155. P. Berol.
10560, ed. Schubart-Wilamowitz;
124: Epi.
Hom.
Dyck; Etymzol. Gen. 5.ν. ἡμύω kai fuvoev; 128-31: P. Oxy. 2504
[ [ [ [ 15
41
45 (5)
50 (10)
[ [ [
l ] LUlkL Is ] Ίᾳ Ίς Ίς
a 661
(desunt versus tres) (desunt versus quinque) (desunt versus fere viginti quinque)
μνᾶτο’ πλεῖστα δὲ δῶρα μετὰ ξανθὸν Μενέλαον μνηστήρων ἐδίδου: µάλα δ᾽ ήθελε ὃν κατὰ θυμὸν ᾿Αργείης Ἑλένης πόσις ἔμμεναι ἠυκόμοιο. Αίας δ᾽ ἐκ Σαλαμῖνος ἀμώμητος πολεμιστὴς μνᾶτο: δίδου δ᾽ ἄρα ἕδνα ἐ [ο]ικότα, θαυµατὰ ἔργα" οἳ γὰρ ἔχον Τροιζῆνα καὶ ἀγ [χ]ίαλον Ἐπίδαυρον νῆσόν τ᾽ Αἴγιναν Μάσητά τε κοῦρο [ι]Αχαιῶν καὶ Μέγαρα σκιόεντα καὶ ὀφρυόεντα Κόρινθον, Ἑρμιόνην ᾽Ασίνην τε παρὲξ ἅλα ναιεταώσας, τῶν ἔφατ εἰλίποδάς τε βόας κ [α]ὶ [ Ίφια µῆλα συνελάσας δώσειν’ ἐκέκαστο γὰρ ἔγχεῖ μµακρῶι.
αὐτὰρ ἀπ᾿ Εὖβο [ί Ίης Ἐλεφήνωρ ὄρχαμος ἆ [νδρ ]ῶν Χαλκωδοντιάδης, µεγαθύμων [ἀ Ίρχ [ὸς ΤΑ [βά Ίν [των, 55 (15)
60 (20)
Αργείης Ἑλένης πόσις ἔμμενα [ι ἢ Ίνκ [όμ οι [ο.
ἐκ Κρήτης δ᾽ ἐμνᾶτο µέγα σθένος Ἰδομ. [ενῆος Δευκαλίδης, Μίνωος ἀγακλειτοῖρ γενέ [θλης' οὐδέ τινα μνηστῆρα µ [ε]τάγγελον ἅλλ [ον ἔπεμψεν, ἀλλ᾽ αὐτὸς [σ]ὺν vot πολυκλήϊδι μελαίνῃ [ι βῇ ὑπὲρ Ὠγυλίου πόντου διὰ κΌμα κελαιν [ὸν Τννδαρέου ποτὶ δῶμα δαΐφρονος, ὄφρ [α ἴδοιτο "A ]p [yeinv ]Ελένην, μηδ’ ἄλλων οἷον ἀκ [ούοι µΌθον, ὃς ]ῇδῃ πᾶσαν ἐπὶ [χθ Ἰόνα δίαν ἵκαν [εν
ο...
] Φᾳσιη Ζηνὸς µεγαπ.α [
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
381
recando moltissimi doni nuziali, dal momento che non s’a-
spettava che alcuno fosse migliore di lui, tra tutti gli eroi, in ricchezza e donativi. ]... le case, potente
10 (50)
] per via di Elena dai bei capelli
Fr. 155 [204 M-W:; 204 Arrighetti] Papiro di Berlino;124: Analisi omeriche e Etymologicum Genutnura; 128-131: PO.
(circa quaranta versi perduti o presenti solo in tracce)
Aspirava alla sua mano, e, dopo il biondo Menelao, doni
in maggior numero offriva tra i pretendenti: assai desiderava nel suo cuore di Elena argiva dai bei capelli di essere marito.
41
Da Salamina Aiace!0, guerriero senza macchia,
la voleva, e dava doni di nozze appropriati, meravigliosi
lavori;
45 (5)
infatti di quelli che abitavano Trezene ed Epidauro marina e l'isola di Egina e Maseta, figli degli Achei, e Megara ombrosa e Corinto altera, Ermione ed Asìne che stanno accanto al mare,
di costoro diceva che i buoi corna ricurve e i grassi armenti avrebbe spinto insieme (come prede) per offrirglieli; difatti si distingueva per la lunga asta.
50 (10)
Poi dall’Eubea Elefenore, condottiero di uomini,
figlio di Calcodonte, guida degli Abanti magnanimi!5,
aspirava alla sua mano, e molti donativi offriva; assai voleva
nel cuore di Elena argiva dai bei capelli essere marito. Da Creta la desiderava il grande vigore di Idomeneo,
55 (15)
figlio di Deucalione, della schiatta del celebre Minosse:06;
e non inviò nessun altro messaggero pretendente in suo nome,
ma lui stesso con la nave nera, dai molti banchi,
andò sul mare alla volta della Elena argiva e parola, che già
Ogilio!0?, per le onde buie, dimora di Tindaro sapiente, per vedere non solo da altri sentirne tutta la terra divina aveva raggiunto
60 (20)
382 65 (25)
ESIODO νεο ώο νο L.eL
ἱ [ [
70
75
Γ
1 α[. 11 1 ϕ[ 1ει
[ [ [ [ [
sere
µεταδ[...
1 {
lang
Ίκᾳ[. Ίτιν Ίεδε... Ίδᾳ Jeib [.... 1...... ι Ίνε [..... 1... Ψῶν
ILL... Ika[. 1,9... Badeini
(pergit hoc fr. post fr. 156 infra)
156. Schol. bT Hom. IL 19,240 (IV p. 621, 55-56 Erbse)
Κρὴς ὁ Λυκομήδης,
μνηστῆρας Ἑλένης. {pergit 155)
ὥς φησιν Ἡσίοδος καταλέγων τοὺς
cea Ipo L..... IKL. < .]v
,£ivexa xobpne
1 ουτ{.. Ίελε[.. 1.. Ύκας [.. ]
ὁ Ἰμνύμεναί τ ἐκέλευσ [ε]και [.. Ίπ. ἀράασθαι σπονδΏι, µή τιν ἔτ ἄλλον [ά Ίνεν ἔθεν ἄλλα πέγεσθαι
ἀμφὶ γάµωι κούρης εὖ [ω]λ]ένο ]ν' ὃς δέ κεν ἀνδρῶν
(45) 85
(50) 90
(55) 95
αὐτὸς ἕλοιτο βίηι, νέμεσίν τ ἀπ [οἸθεῖτο καὶ αἰδῶ, τὸν µέτα πάντας ἄνωγεν ἀολλέας ὁρμηθῆνα [ι ποινὴν τεισοµένους, τοὶ δ᾽ ἀπτερέως ἐπίθον [το ἐλπόμενοι τελέειν πάντες γάμον’ ἀλλ’ ἄ [ρα πάντας "Ape [id Ίης ν [ίκησε ]ν ἀρηΐφιλος Μενέλαος πλεῖ [στ ]α πορών. Χείρων ὃ᾽ ἐν Πηλίωι ὑλήεντι Πηλείδην ἐκόμιζε πόδας ταχύν͵ ἔξοχον ἀνδρῶν, παῖδ᾽ ἔτ ἐόν [τ' ]οὺ γάρ µιν ἀρηΐφιλος Μενέλαος νίκησ᾽ οὐδέ τις ἄλλος ἐπιχθονίων ἀνθρώπῶν μνηστεύων Ἑλένην, εἴ µιν κίχε παρθένον οὖσαν οἴκαδε νοστήσας ἐκ Πηλίου ὠκὺς Αχιλλεύς. ἀλλ’ ἄρα τὴν πρίν Υ ἔσχεν ἀρηΐφιλος Μενέλαος! ἢ τέκεν Ἑρμιόνην καλλίσφυρ [ο]ν ἐν µεγάροισιν ἄελπτον. πάντες δὲ θεοὶ δίχα θυμὸν ἔθεντο ἐξ ἔριδος' δὴ γὰρ τότε µήδετο θέσκελα ἔργα
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE ear
gore
daddi
epiteti
383 65 (25)
deere
(tracce di dieci versi; il fr.155 continua dopo il fr.156) Fr. 156 [202 M-WI] Scolio all’Iliade
Licomede era cretese, come dice Esiodo elencando i pretendenti di Elena. (seguito del fr. 155)
] per via della fanciulla
76 (38)
a tutti i pretendenti egli chiese giuramenti leali, (40) li invitò a giurare ea [ ] far voti con una libagione, che nessun altro tranne lui stess0108 facesse piani 80 riguardo alle nozze della fanciulla dalle belle braccia; e
chiunque tra gli uomini si impadronisse di lei con la violenza e mettesse da parte sdegno e pudore, contro quello comandava a tutti di procedere insieme allo scopo di infliggergli una punizione. E quelli prontamente obbedirono sperando tutti di concludere le nozze. Ma tutti
vinse l’Atride Menelao, caro ad Ares, recando moltissimi doni. Chirone, sul Pelio boscoso,
si prendeva cura del Pelide piè veloce, eccellente tra gli uomini che era ancora fanciullo!0. E lui certo Menelao, protetto
da Ares,
non avrebbe vinto né alcun altro degli umani terrestri che aspirasse alla mano di Elena, se l'avesse incontrata ancora ragazza, di ritorno a casa dal Pelio, il rapido Achille. Ma lei l’ebbe prima Menelao protetto da Ares.
(45) 85
(50) 90
(55)
Elena genera Ermione e Zeus decide la fine dell’età eroica
E costei generò Ermione dalle belle caviglie nel palazzo
inaspettatamente. Tutti gli dei si divisero in cuore per la contesa; difatti proprio allora tramò fatti prodigiosi
95
384
(60)
ESIODO
Ζεὺς ὑψιβρεμέτης, μεῖξαι κατ’ ἀπείρονα γαῖαν
τυρβάξας, ἤδη δὲ γένος µερόπων ἀνθρώπων
100
ψυχὰς ἡμιθέω [ν viene Ίοισι βροτοῖσι τέκνα θεῶν µι [.. 1 Τ. 1ο [ὀφ Ἰθαλμοῖσιν ὁρῶντα,
(65)
χωρὶς ἀπ᾿ ἀν [θ]ρώπων [βίοτον κα ]ὶ ἤθε᾽ ἔχωσιν
105
ἀργαλέον πόλεμον' τοῖς μὲν τ]εθχ᾽ ἄλγος ἐπ᾽ ἄλγει
σο Ho
ἀλλ οἳ µ [ὲ Jv pox [alpes x [....... 1ν ὡς τὸ πάρος περ
τῷ [ι θη]κἸ {ε) [ἀθα]νάτῳ[ν τε ἰδὲ ]θνητῶν ἀνθρώπων
Ζεὺ [ς ol [
lx [. Je. éxepoe Ἱερζει { ἐ Ίπὶ µαστῷι Ίᾳ [un Ιδέ τις ἀν [δ]ρῶν
νηῶν δὲ Ἰμελαινάων ἐπιβαίη'
β Ίηφί τε φέρτατος εἶναι
(5)...
i 150.
Je καταθνητῶν ἀνθρώπων ἔ Ίστι καὶ ὁππόσα µέλ «λυει ἔσεσθαι
Ίᾳ µήδεται ἠδὲ γεραίρει ἸΔιὸς νεφεληγερέταο
Ln 1111 α.νιΠ......ὁράσσασθαι ἔμελλεν
(80) 120 (85) 125
οὔτε ϐ ]εῶ [ν]μακάρων οὔτε θνητῶν ἀνθρώπων: ως π ]ολλὰς Αἴδηι κεφαλὰς ἀπὸ χαλκὸν Ἰάψ [ει ]v ἀν Ἱδρῶν ἠρώων ἐν δηϊοτῆτι πεσόντων’ ἀλλ’ οὔ πώ ποτε πατρὸς ἐπηισθάνετο Φφρενὸ [ς]ῥρμῆ {ς' ἀ]λλ ἅτε κΏρ᾽ ἀλεείνοντες σφετέροισι τέκεσσι τ]έρποντ’ ἄνθρωποι, πραπίδων δ᾽ ἐπετέρπετ ἐρωῆι πα Ἱτρὸς ἐρισθεν «έλος, µεγάλ’ ἀνδράσι µηδομένοιο. πο ιλλὰ δ᾽ ἀπὸ γλωθρῶν δενδρέων ἀμύοντα χαμᾶζε χεύετο καλὰ πέτηλα, ῥέεσκε δὲ καρπὸς ἔραζε π]νείοντος Βορέαο περιζαμενὲς Διὸς αἴσηι, οᾖδεσκεν δὲ θάλασσα, τρόµίε]εσκε δὲ πάντ ἀπὸ τοῖο,
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
385
Zeus altisonante, di rimescolare le cose sulla terra infinita portando sconvolgimenti e già la stirpe degli umani parlanti in gran parte s’affrettava a far sparire, con la scusa di distruggere la vita dei semidei!!0 [
]... ai mortali,
progenie di dei [ ] con gli occhi vedendo; ma i beati in disparte [ (ordinò? che) ] come in precedenza,
lungi dagli umani, vita e dimore avessero!11;
perciò stabilì (per la stirpe?) ] degli immortali e degli uomini mortali la penosa guerra: agli uni diede ] dolore su doloret!? Zeus [ ] devastò ] 1 ] ] ]
] alla mammella e nessuno dei guerrieri s'imbarcasse sulle navi nere essere superiore per la forza degli uomini mortali è e quanto dovrà essere
(60) 100 (65)
105 (70) 110 (75)
] considera e onora ] di Zeus che raduna le nubi
] stava per escogitare né degli dei beati né degli uomini mortali; molte vite all’Ade il bronzo avrebbe precipitato di eroi caduti in combattimento; però egli! non ancora avvertiva l’intenzione del cuore paterno, ma, in quanto dalla Kera proteggevano i loro figli, si rallegravano gli uomini, ed egli gioiva dello slancio dell’accorto pensiero del padre suo potente, che grandi piani per gli uomini escogitava.
115
(80) 120
(85)
In gran quantità da maestosi alberi cadendo, a terrai!4 belle foglie si riversavano, in flusso precipitavano i frutti al 125 suolo allo spirare impetuoso di Borea secondo la legge di Zeus, si inturgidiva il mare, tremava ogni cosa ad opera del vento,
386
ESIODO
(90)
τρύχεσκεν δὲ µένος βρότεον, µινύθεσκε δὲ καρπός,
130
γ]αί [η]ς ἐν κευθμῶνι τρίτωι ἔτεῖ τρία τέκνα. ἡρο Ίς μὲν κατ’ ὄρος καὶ ἀνὰ δρυµ. {(ν])ὰ πυκνὰ καὶ ὕλην εἶσι ]ν ἆ [λυσ Ἰκάζων καὶ ἀπ [εἸχθαίρων πάτον ἀνδρῶν ἄγκεα καὶ κνημοὺς κατα [
(95) 135
(100) 140
(105) 145
(110) 150
(115) 155
(120) 160
ᾧρηι ἐν εἰαρινῆι, ὅτε τ’ ἄτριχος οὔρεσι τίκτει
χειμῶνος δ᾽ ἐπιόντος ὑπὸ [
κεῖται πόλλ’ ἐπιεσσάμενος ε [
δεινὸς ὄφις κατὰ νῶτα δα [φοιν-
ἀλλά µιν ὑβριστήν τε καὶ [ἄγριον κΏλα Διὸς δαμνᾶιφὴ λυ {[ ψυχἠ τοῦ [Υ]’ οἵη καταλείπε [ται ἢ δ᾽ ἀμφ᾽ αὐτόχντον θαλαμ [ ἠβαιήν ελ, ι»ειρα κατὰ χθ [ονός
εἶσιν ἀμαυρφθεῖσ [. Ίποθε [ κεῖται δεχ [
“Qpar tex. [ τέρψηι δ᾽ ἆ [νθρώπους
τοῖσι δε [ τριστοι [
ἔνθενα
φῦλον [
αὖτις ἐπι [ γαίης τε [ [
θηλειερ {
ἐςφῶς
ο
ἐπλη[ 1 [ εἶσιν ὃ [
δί
φράζετᾳ [1 ἔρχετ [αι
α[ ν[
yain ᾧσ [
da [
ἤπιατη [
{desunt versus quattuor)
(125) 165
171
6
(135)
πότμο [
evv[
175
οἳ δ᾽ ἂν ἰω [ νούσων [ ἀλλατα [
νοσφ [ κηρ { καὶ γα [
(140)
100001 [
τηλεθο [w-
ζώε [σκ-
ἀγρο [
180
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
387
andava logorandosi il vigore dei mortali, diminuivano i
raccolti,
(90)
...nella stagione primaverile quando il senza- peli!!5 sui
nei recessi della terra ogni tre anni tre piccoli.
monti genera
In primavera lungo il monte, nella densa boscaglia, nella foresta avanza schivando e avendo in odio i sentieri degli uomini le gole e le creste [ al sopraggiungere dell’inverno ...[ giace, rivestitosi di molti ...[ terribile serpente sul dorso rosso cupo [ ma lui, tracotante e [ selvatico
130
(95) 135
domano le saette di Zeus come [ sola resta la sua vita { che attorno al letto che si spande da solo [ scarsa [ ] sotto la terra
(100)
giace [
(105)
140
avanza, oscuratal
(dei versi seguenti,144-166 e 171-180, si conservano gli inizi o tracce; manca-
no i vv. 167-170).
388
ESIODO
CATALOGI FRAGMENTA INCERTAE SEDIS 157. Philodemus De pietate B 7430-46, 7454-80 Obbink
[τὸν
δὲ
µειχθῆ]ναι
[ 'Ἡσίοδος
᾽Αμυμ]ώνηι
[φησὶ
καὶ
᾿Ἰφιμε]δι[αι καὶ]η[ι καὶ] Λαπηθε[ίαι ἢ] Μηθώνπι, πρὸ[ς] δὲ [τ]αύταις ᾽Α[λκυό]νηι [κ]αὶ Κελαιν[οῖ ταῖ]ς [Π]λειάσιν κ[αὶ Κα]λύ[κ]ηι καὶ Μη[κι]ονί[κ]ηι καὶ Λαο[δίκ]αι. [ἔ]τι «δὲ τῆι ᾿Εν[ιπέω]ς [ἐρ]ασθείσηι Τ[υρ]ιοῖ,[ὅ]θεν «τέκε[τέκ-
να» (Ποπι. Ο. 11.249), κ]αὶ Πολυβοία[ι] κ[αὶ τ]Ώι [θ]νητῆι Γοργ[οῖ (Τβεορ. 2//-/9)... κα[ὶ τὸν] μὲν ᾿ Απόλλῳ [τὸν Μου-
σηγέτη[ν ἐ]ρασθέντα τῆ[ς Μακα]ρέως θυγατρὸ[ς Εὐ]βοίας ᾿Αργε[ιον τεκεῖν,] µειχθέν[τα] δὲ [τὴν νη]σον ἀπ'έκείγ[ης ἐπο]νομάσαι, Φ[ιλάμ]μωνα δ'ὲἐκ [Φιλωνί]δος τῆς ἐρφ[μένης] τῆς τάδελφ|οῦ γεν]νῆσαι, τὸν δ᾽ Α[σκλη]πιὸν ἐξ᾽ Αρσ[ινότς,]
μηδ᾽
᾿Ακακαλ[λίδα
γέ]
τοι τὴν
"Ερμε[ι
συγ]γενομένην
π[εριι]δεῖν. ἐρασθῆνα[ι δὲ] καὶ Κυρήνηίς κ]α[ὶ Αἰἱ]θούσης καὶ γ[ύμφης] Αστρηΐδος κ[αὶ τῆς] Τροφωνείου μ[η]τρὸς ᾿Επικάσ[της. 158. Schol. Pind. Pytb. rx. 6 (II. 221. 13-16 Drachmann)
ἀπὸ δὲ ᾿Ηοίας Ἡσιόδου τὴν ἱστορίαν ἔλαβεν ὁ Πίνδαρος,
ἧς ἡ ἀρχή'
ἢ οἵη Φθίηι Χαρίτων ἄπο κάλλος ἔχουσα ΠηνειοΏῦ παρ ὕδωρ καλἠἡ ναίεσκε Κυρήνη
159. Servius in Verg. Georg. 1.14 (III, 1 p. 134, 22 Thilo-Hagen)
Aristaeum invocat, id est Apollinis et Cyrenes filium, quem Hesiodus dicit Apollinem pastoralem. 160. P. Oxy. 2489, ed. Lobel
[Αρι]σταῖον βαθυχαίτην
[Πῃσὺν Ἔρμῆι Μαιάδος υἱεῖ [ ]ἐπίσκοπος ἠδὲ νοµήῶν
[]ν δώµατα καλά Γτε]θνηότα πορσανέουσαι
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
389
FRAMMENTI DEL CATALOGO DI INCERTA SEDE
Gli amori di Posidone e Apollo Fr. 157 [p.190 a Solmsen-Merkelbach-West] Filodemo, De pietate
Esiodo dice che (sc.Posidone) si congiunse con Amimone e
Ifimedia (cfr. fr.16) e Lapetea o Metone, e, oltre a queste, con le Pleiadi Alcione e Celeno (fr. 118, 2), poi con Calice (fr. 10, 34; 59) e Mecionice (fr. 191 a, b) e Laodice; inoltre con Tirò, pur amante di Enipeo (frr. 27-30), da cui ‘generò prole’ (Od. 11, 249) e Polibea e la Gorgone mortale (sc. Medusa,
Teog.
277-279)... e che Apollo, il Musagete, innamorato della figlia
di Macareo, Eubea, generò Argeo, e, unitosi a lei, designò l’isola dal suo nome; che generò Filammone da Filonide (fr. 65,
14-16), amata da suo fratello (sc. Ermete), e Asclepio da Arsinoe (frr. 53-54); che non perdonò ad Acacallide di essere
amante di Ermete; che si innamorò di Cirene (frr. 158-159), di
Aetusa (fr. 123, 1), della ninfa Astreide (fr. 123, 8-10) e della madre di Trofonio Epicaste. Cirene e il figlio avuto da Apollo: Aristeo, e il figlio di questi, Atteone (frr.157-162)
Fr. 158 [215 M-WI] Scolio alle Pitiche di Pindaro
Pindaro prese il racconto da un’Eoia di Esiodo, di cui ecco l’inizio: ‘O colei che a Ftia, in possesso della beltà delle Cariti, presso l’onda del Peneo abitava, la bella Cirene!!6° Fr. 159 [216 M-W] Servio sulle Georgiche
Invoca Aristeo, cioè il figlio di Apollo e Cirene, che Esiodo chiama Apollo pastorale (gr. Nomios) Fr. 160 [217 M-W] Papiro di Ossirinco
] Aristeo dalla lunga chioma ] con Ermete, figlio di Maia ] e guardiano dei pastori ] belle dimore
] per preparare (esse) il morto
390
ESIODO
[ Ίμεν κλυτὸς Αργειώνη [ 1 ιἔκδοσαν οἴἵηι [ Ἰώπιδος ἀγλαὸν ἔργον 161 α, Ὁ
(a) Anon. P. Michigan inv. 1447 nl 1-6, ed. Renner
᾽Ακταίῶν ὁ ᾿Αρισταί [ο]υ καὶ Αὐ [τονόης, τῶν Σεµέ Ίλης ἐφιέμενος γάμων αντ { Ίτο πρὸς τοῦ µητροπάτορο [ς..... µετεµμορ Ἰφώθη εἰ [ς]έλάφου δόκησιν διὰ βο [υλὴν ]Αρτέμ [ι]δος καὶ διεσπαράσθη ὑπὸ τῶν ἑ [α]υτ [οῦ Ἰκυνῶν, ὅ [5] φησιν Ἡσίοδος ἐν Γυναικῶν κα [τ]αλ [ό Ίγωι. (b) Philodemus De pietate B 6552-55 Obbink
᾽Ακταίῶνι καὶ [γυν]αϊκα καθάπερ [...] ἐν ᾿Ηοίαις... 162, P. Oxy. 2509, ed. Lobel
Eocvuévog dite sL'ardepoc drpuyétoro Χείρωνος δΊκανε µέγα σπέος' ἔνθα δἔνα[ιε Χείρων νηϊδἔχων νύμφην θυμαρέ΄ἄκ[οιτιν. ἔνθα δὲ Φιλλυρίδην ἔπεα πτερόεντα προση[ύδα'
“Χ[ε]ίρων οἶσθα καὶ αὐτὸς ὁμῶς µα[κ]άρεσσι θεοῖ[σιν
ὡς ἔσται Σεµέλης ἐρικυδέος ἀγλαὸς υἱὸς καὶ Διὸς αἰγιόχοιο Διώνυσος πολυγηθ[ἠς] ὅς ποτε τοῖσδε κ[ύ]γεσσιν ὄρος κάτα [Πα]ρ[νησοῖο
10
15
τ[έρ]ψετέχων' ὅτε δ'αὖτε πατὴρ ἀνδ[ρ]ῶν τε θε[ῶν τε αὐ[τ]ὸν ἄγῃ μετὰ φῦλ[α] θεῶν αἰειγενετάων, ἐς χῶρον πάλιν αὖτις ἐλεύσονται κ[ύνες] οἷ[οι.
σο[ὶ δ]ὲ [δ]ὴ ἥματα πάντα διαμπερὲς αἰξ[ν ἔ[σρ[νται.” ὣς] ἔφαταἰγιόχοιο Διὸς κούρη µεγ[άλοιο λυσσ]ηρέων δὲ [κ]νγῷ[ν κρατ]ε[ρὴν ἐξ]είλετο λύσσα[ν. ἢ μ]ὲν έβη πρὸς [ Ὄλυμπον ἀπὸ χθονὸς εὐ]ρυοδείηίς
ἀθαν]άτων μετὰ [φῦλα θεῶν αἰειγεν]ετά[ῶ]ν.
το][ς] δἄχος᾽ Ακτα[ίωνος ἐγίγνετο τεθν]ειφ[τος δ]εσπότεω ἔ[γ]νωσαν δὲ [φόνον σφετέροιο ἄνακτος 20
ὠ]ρυχμοῖο δὲ πᾶς πλήσίθη σπέος' ἄλλοθι δἄλλος
π]οσσὶ κόνιε, χεοντο) δ[ὲ πάντες δάκρυα θερµά,
κ]λαγ[γ]ῆς θεσπεσίης χ[ῶρον πλήσαντες ἰδἸχῆς
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
391
] l'illustre Argiva!!7 ]diedero a lei sola (di Glauclopide 2) la splendida opera Fr. 161 a, b [217 Solmsen-M-W+346 M-W ] (a) P. Michigan
Atteone, figlio di Aristeo e di Autonoe, bramoso di contrarre matrimonio con Semele, fu trasformato dal nonno materno nel-
l'apparenza di un cervo per volere di Artemide, e fu dilaniato dai suoi propri cani, come dice Esiodo nel Catalogo delle donne. (b) Filodemo, De pietate
Ad Atteone anche una donna... come [ ] nelle Eose... Fr. 162 [217 A bis Arrighetti] PO.
Con impazienza ella!!8 balzò attraverso l’aria infeconda e giunse al grande speco di Chirone, dove abitava Chirone con una Naiade ninfa, gradevole moglie. Allora alate parole disse al figlio di Filira: “Chirone, sai anche tu, al pari degli dei felici,
che sarà lo splendido figlio della gloriosissima Semele e di Zeus egioco, Dioniso ricco di gioia, che un giorno di questi cani sul monte Parnaso!!9 si rallegrerà, avendoli; ma quando il padre degli dei e degli lo guiderà alle schiere degli dei che sempre sono, in questo luogo di nuovo ritorneranno i cani da soli,
uomini
e tuoi allora per tutti i giorni a venire per sempre saranno.”
5
10
Così disse la figlia del grande Zeus egioco e ai cani arrabbiati tolse la furiosa rabbia. Ed ella salì all’Olimpo dalla terra dalle ampie strade, 15 alle schiere degli dei immortali che sempre sono. Ma quelli provarono tosto afflizione per la morte di Atteone, loro padrone, capirono l’uccisione del loro signore: di ululati si riempì tutto lo speco; chi in un luogo chi in un altro spargeva polvere col le zampe, tutti versavano calde lacrime, 20 riempiendo il luogo di incredibile frastuono e rimbombo.
392
ESIODO
163. Schol. Pind. Pyb. 4.182 (III p. 124, 2 Drachmann)
ὁ δὲ 'Ἡσίοδος Ναΐδα Φησὶ τὸν Χείρωνα γῆμαι. 164. P. Oxy. 2490 (= 2483 fr. 3 ), ed. Lobel; 2-4: Strab. 9.5.22, 14.1.40; 3:
Steph. Byz. s.v.” Auvpog (p. 88, 12-12 Meineke)
[
1 nog
ἢ οἵη Διδύμους ἱεροὺς ναίουσα κολωνοὺς ]
Δωτίωι ἐν πεδίωι πολυβότρυος ἄντ Α]μύροιο νίψατο Βοιβιάδος λίμνης πόδα παρθέ]νος ἀδμής
[
LL. Ig
[
ἄρ Ίουρα
[
ἄ Ἴλσος
[
δώµατ ]α καλά
(desunt versus quinque) 15
20
[
lg
[
[ [ [ [
J'Eppîg
Ίου
[
[
le ἄ Ίκοιτιν Ίν ἔχουσα
la
Ίεντι
165. Phlegon. Mir. 5 p. 74 Keller
οἱ αὐτοὶ ἱστοροῦσιν κατὰ τὴν Δαπιθῶν χώραν γενέσθαι
᾿ΒΕλάτῳ τῷ βασιλεῖ θυγατέρα ὀνομαζομένην Καινίδα. ταύτῃ δὲ
Ποσειδῶνα
µιγέντα
ἐπαγγείλασθαι
ποιήσειν
αὐτῇ
ὃ ἂν
ἐθέλῃ, τὴν δὲ ἀξιῶσαι µεταλλάξαι αὐτὴν εἰς ἄνδρα ποιῆσαί
τε ἄτρωτον, τοῦ δὲ Ποσειδῶνος κατὰ τὸ ἀξιωθὲν ποιήσαντος μετονομασθήῆναι Καινέα.
166. Schol. T Hom. IZ 7.9d! (II p. 230, 65-67 Erbse)
ὁ γὰρ τοῦ Μενεσθίου πατὴρ᾽ Αρηΐθοος Βοιωτὸς ἦν κατοικὢν ᾿Αρνην’ ἔστι δὲ αὕτη Βοιωτίας, ὡς καὶ ᾿ Ἡσίοδός φησιν.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
393
Fr. 163 [42 M-WI] Scolio alle Pitiche di Pindaro
Esiodo dice che Chirone sposò una Naiade. Coronide Fr. 164 [59 M-EW]
PO.,; 2-4: Strabone, Geografia; 3: Stefano di Bisanzio,
Lessico geografico, s.v. Amiro
O coleii29 che i sacri colli Didimi abitando, nella pianura Dotia di fronte ad Amiro ricco di grappoli, lavò il piede nel lago Bebiade, la vergine non domata ολων κκ κκ κκ erre
κ κκ ενω αν ον
] campo ] bosco sacro
5
] belle dimore
(mancano cinque versi)
JErmete
15
ero rosovr 0010000040000
49029.
] (essa) avendo {tracce di due versi)
Il Lapite Elato, padre di Cenide/Ceneo Fr. 165 [87 M-W] Flegonte, Mirabilia
I medesimi (sc.Esiodo, Dicearco, Clitarco, Callimaco e altri)
raccontano che nella terra dei Lapiti il re Elato aveva una figlia di nome Cenide. Posidone, unitosi a lei, promise che avrebbe fatto per lei qualunque cosa volesse e quella chiese di essere trasformata
in
uomo
e resa
invulnerabile.
Avendo
fatto
Posidone quanto gli era stato richiesto, il nome di lei fu cambiato in Ceneo.
Il beotico Arettoo, padre di Menestio
Fr. 166 [218 M-W/] Scolio all’Iliade
Il padre di Menestio era il beotico Areitoo che abitava
Arne; e questa è città della Beozia, come dice anche Esiodo.
394
ESIODO
167. Steph. Byz. 5.υ. Αἰγά (ρ. 28, 5 Meineke)
ἔστι καὶ Αἰγαῖον πεδίον συνάπτον τῇ Κίρρᾳ, ὡς Ἡσίοδος, 168. Eustathius in Hom,
Od. 16, 117-20, p. 1796. 39
Τηλεμάχωι ὃ ἄρ ἔτικτεν ἐύζωνος Πολυκάστη Νέστορος ὁπλοτάτη κούρη Νηληυάδαο Περσέπολιν μιχθεῖσα διὰ χρυσῆν Αφροδίτην 169. Fustathius in Hom. IZ 1.1 (I p. 22, 44 van der Valk)
ἦν δέ, φασί, Βούτης υἱὸς Ποσειδῶνος, ὡς ' Ησίοδος ἐν Kaταλόγφ. 170. Pausanias 2.6.5
"Ἡσίοδός γε... ἐποίησεν ὡς) Ερεχθέως εἴη Σικυών. 171, Harpocratio M 20 p. 173 Keaney, p. 202, 7 Dindorf
Μελίτη" ... δὶμός ἐστι τῆς Κεκροπίδος’ κεκλῆσθαι δέ φησι τὸν δῆμον Φιλόχορος ἐν τρίτη ἀπὸ Μελίτης θυγατρὸς κατὰ
μὲν Ἡσίοδον Μύρμηκος...
172. Herodianus, n. μον. λέξ. p, 10 (I. 915. 22 Lentz)
Εὔμολπος Δόλιχός τε καὶ Ἱπποθόων µεγάθυµος 173. Schol. A Hom. Il 14, 119%a (1 p. 585, 92-94 Erbse)
160v è imnnAdta KAprs,
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
395
La pianura Egea Fr. 167 [220 M-W] Stefano di Bisanzio, Lessico geografico
Esiste anche una pianura Egea contigua a Cirra, secondo Esiodo. La figlia di Nestore, Policaste, genera Persepoli a Telemaco Fr. 168 [221 M-W] Eustazio sull’Odissea
A Telemaco generò Policaste dalla bella cintura, ultima figlia di Nestore figlio di Neleo, Persepoli, congiuntasi per via dell’aurea Afrodite. GENEALOGIE ATENIESI
(frr. 169-173)
Il figlio di Posidone, Bute Fr. 169 [223 M-W] Eustazio sull’Iliade
Bute, dicono, era figlio di Posidone, per esempio Esiodo nel Catalogo. Fr. 170 [224 M-W]
Pausania, Descrizione della Grecia
Esiodo...poetò che Sicione era figlio di Fretteo. Melite figlia di Mirmece Fr. 171 [225 M-W] Arpocrazione, Lessico dei dieci oratori
‘Melite’:...è un demo della (terra) Cecropide; Filocoro, nel terzo libro (sc. dell’As#bîs), dice che il demo è così chiamato da Melite, la figlia di Mirmece, secondo Esiodo... Tre eroi eleusini Fr. 172 [227 M-W] Erodiano, Selle parole anomale
Eumolpo e Dolico e il magnanimo Ippotoonte!?! Cerice Fr. 173 [228 M-W]
Scolio all’Ilzade
Il cavaliere Cerice, guardando...
396
ESIODO
174. Schol. Ap. Rhod. I 824 (p. 71. 8 Wendel)
θεσσάµενος γενεὴν Κλεοδαίου κυδαλίµοιο 175. Schol. Pind. O/. 7.42 (I pp. 210, 28-211, 3 Drachmann) “’AotuSapeiag”
καὶ
"Ἡσίοδος
δὲ
᾿Αστυδάμειαν
αὐτήν
φησι...
fiv dè
Φύλαντος θυγάτηρ... ἐνταῦθα δὲ ᾽ Αμύντορος αὐτήν φησιν ὁ Πίνδαρος, 'Ησίοδος δὲ καὶ Σιμωνίδης Ορμένου. 176. Etymol. Gen. et Gud. (apud Reitzenstein, Gesch. der griech. Etymologica p. 161. 4), Etymol. magn. sv.’ Ihedg
᾿]λέα, τόν ῥ ἐφίλησεν ἄναξ Διὸς υἱὸς Απόλλῶν᾽
καί οἱ τοῦτ ὀνόμην᾽ ὄνομ ἔμμεναι, οὕνεκα νύμφην εὑρόμενος ἵλεων µίχθη ἐρατῆι φιλότητι ἥματι τῶι, ὅτε τεῖχος ἐυδμήτοιο πόληος
ὑψηλὸν ποίησε Ποσειδάων καὶ Απόλλων.
177. Choeroboscus in Theodos. Cazozes (1. 123..22 Hilgard)
i) sé Odav tékev vlòv 178. Schol. Theocrit. 16.49 (p. 328, 12 Wendel) “@îjA uv drrò yporkic Kùkvov”
'Ἡσίοδος δὲ τὴν κεφαλὴν ἔχειν αὐτόν φησι λευκήν’ διὸ καὶ ταύτης κλήσεῶς ἔτυχεν. 179. Athenaeus X. 32 p. 428C
διὸ καὶ Ησίοδος ἐν ταῖς) Ηοίαις εἶπεν:
οἷα Διώνυσος δῶκ' ἀνδράσι χάρµα καὶ ἄχθος.
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
397
I DISCENDENTI
DI ERACLE
(frr. 174-5)
Il figlio di Illo, figlio di Eracle e Deianira: Cleodeo, e suo figlio Aristomaco Fr. 174 [231 M-W1] Scolio ad Apollonio Rodio, Argonautiche
Implorando la stirpe del glorioso Cleodeo Astidameia, con cui Eracle generò Tlepolemo Fr. 175 [232 M-W] Scolio alle Olimpiche di Pindaro “Astidameia”
Anche Esiodo dice che si tratta di Astidameia... era figlia di Filante... qui Pindaro la dice figlia di Amintore, invece Esiodo e Simonide di Ormeno. Apollo padre di Ileo, padre del locrese Aiace Fr. 176 [235 M-W] Etymologicum Etymologicum magnum, s.v. Îleo
genuinum,
Etymologicum
gudianum,
Ileo!22, che fu amato da Apollo sovrano, figlio di Zeus;
e volle che egli avesse questo nome, perché, la ninfa lieta e serena trovata, le si unì in amore
il giorno che le mura della ben costruita città, alte, eressero Posidone ed Apollo.
La nascita di Toante Fr. 177 [236 M-W] Cherobosco sui Cazori di Teodosio
La quale generò il figlio Toante!2) Cicno
Fr. 178 [237 M-W1 Scolio agli Idilli di Teocrito “Cicno femminile all’apparenza fisica”
Esiodo dice che egli aveva la testa bianca; perciò acquisì questa denominazione!24, I doni di Dioniso Fr. 179 [239 M-W]
Ateneo, Sofisti a banchetto
Perciò anche Esiodo nelle Eose dice:
‘doni quali Dioniso fece agli uomini, croce e delizia.
398
ESIODO
ὕστις ἄδην πίνηι, οἶνος δέ οἱ ἔπλετο µάργος, σὺν δὲ πόδας χεϊράς τε δέει γλὠσσάν τε νόον τε δεσμοῖς ἀφράστοίσι, φιλεῖ δέ ἑ μαλθακὸς ὕπνος 180. Schol. Hom. Od. 9.198 (II pp. 421, 33-422, 4 Dindorf)
ταῦτα σημειοῦνταί τινες πρὸς τὸ μὴ παραδιδόναι Ὅμηρον Διόνυσον οἴνου εὑρετήν, τὸν δὲ Μάρωνα οὐ Διονύσου ἀλλ᾽ ᾿ Απόλλωνος ἱερέα... ἡ δἀπότασις πρὸς ᾿Ἡσίοδον λέγοντα τὸν Μάρωνα εἶναι «Εὐάνθους τοῦ» Οἰνοπίωνος τοῦ Διονύσου. 181. Schol. Soph. Trach. 1167 (p. 344 Papageorgios) “ZeAAév”; Strabo 7.7.10
τὴν γὰρ χώραν οὕτῶς Ἡσίοδος ὀνομάζει ἐν) Ποίαις λέγων οὕτως: ἔστι τις Ἑλλοπίη πολυλήυος ηδ εὐλείμων ἀθνειὴ μήλοισι καὶ εἱλιπόδεσσι βόεσσιν' ἐν δ᾽ ἄνδρες ναίουσι πολύρρηνες πολυβοῦται πολλοὶ ἀπειρέσιοι φῦλα θνητῶν ἀνθρώπων' ἔνθα δὲ Δωδώνη τις ἐπ ἐσχατιῆι πεπόλισται’
τὴν δὲ Ζεὺς ἐφίλησε καὶ ὃν χρηστήριον εἶναι
10
τίµιον ἀνθρώποις « σναῖον ὃ ἐν πυθµένι φηγοῦ’ ἔνθεν ἐπιχθόνιοι µαντήυα πάντα φέρονται. ὃς δὴ κεῖθι μολὼν θεὸν ἄμβροτον ἐξερεείνηι δῶρα φέρων «τ’ ἔλθηισι σὺν οἰωνοῖς ἀγαθοῖσιν 182. P. Oxy. 2503, ed. Lobel
se
Jero [ 1.. 0.
1. [ἤλεων ὡς εἴ θ ἑὸν υἱὸ[ν πυ]ροφόρου΄ Ασίης ἔδοσ [
μηλ]οβότους Ἔρμον πάρα ὃ Πινήεντα Δά]ρδανος ἤγετ ἐὺς πάυς [Ἠλεκτρυώνης 1. Βροτέαο δαιΦρονοσ [
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
399
Chiunque beva a sazietà, il vino diventa per lui causa di stoltezza: lega insieme piedi e mani, lingua e mente con catene impercettibili; e lo ama il dolce sonno’. Progenie di Dioniso Fr. 180 [238 M-W] Scolio all’Odissea
Alcuni notano con segni (diacritici) queste parole (sc. Od. 9, 198), perchè Omero non riporta Dioniso come scopritore del vino e Marone sacerdote non di Dioniso ma di Apollo...Il riferimento è ad Esiodo che dice che Marone era il figlio di Euante figlio di Enopione figlio di Dioniso. Dodona Fr. 181 [ 240 M-W/1 Scolio alle Tracbizie di Sofocle; 1+5: Strabone, Geografia
“Dei Selli”: così chiama la loro regione (sc. Ellopia) Esiodo nelle Forze, esprimendosi come segue: ‘C’è una regione, l’Ellopia, abbondante di messi e di prati,
ricca di armenti e di buoi zampe storte; vi abitano uomini prosperi in greggi e buoi,
numerosi, infiniti: tribù di uomini mortali. Lì si trova Dodona, città costruita nel lembo estremo, che Zeus amò e (volle) che il suo oracolo fosse
oggetto di venerazione da parte degli uomini< > abitavano nel tronco di una quercia; di là i terrestri fanno venire tutti i vaticini. Chi, lì giunto, interroghi il dio immortale e recando doni si presenti con buoni auspici!2... Dardano
Fr. 182 [180 M-W;180 Arrighetti] P. O.
] come se fosse suo figlio ] dell’Asia ricca di frumento la sede ] pascolati da pecore, vicino al vorticoso Ermo Da]rdano(?) era guida, il valente figlio [di Elettrione!26 ] di Brotea sapiente
5
400
ESIODO
µυρία ἕνδ]α π[ο]ρῶν καλλιπλόκαμ[ον διὰ κούρην
χρυσὸν τι ]μήεντα καὶ ἵππων ξαν[θὰ κάρηνα
ii 100...
Ίν τε βοῶν ἀγέλας καὶ πώ [εα μήλων Ἰεἵνει ἄρ εἴδει ἐκαίνυτο [φῦλα γυναικῶν
ἥ οἱ γείνατ ]ο παϊδας ὁμὸν λέχος εἰσ[αναβᾶσα
Lu. ἸΠανδίον᾽ ἐν ὑψηλοῖσι δό[μοισι κούρην τ᾽α ]ἰδοίην ἑλικώπιδα καλ[λιπάρηον 15
EA
1ῇ εἶδος ἐρήρ [ι]στ ἀθανάτ[ηισι
Le
ἐυμ Ἰμελίης θαλερὴν [
τὴν μέν ῥ ἵπποι ]σίν τε καὶ ἅρμασ [ι κολλητοῖσι
2
[ [ [
Ίμητριον { lowl lov [ là[
183. Ps. Herodianus, Phzlet. 242 (p. 66 Dain)
ἐγὼ δ ἐξ ἀγρόθεν ἥκω 184. Comm. in Antimachum Coloph. p. 83 Wyss (P. Mediol. 17 col. 11 32)
€ Ev 8 ]dipa xovparg è [E lato
CATALOGO DELLE DONNE O EOIE
401
infiniti doni di nozze recando per via della fanciulla] dai bei riccioli oro costoso e fulve teste di cavalli ] mandrie di buoi zampe storte e greggi di pecore ] perché, per beltà sorpassava le schiere di donne. Ella gli partorì figli, salita nello stesso letto nuziale ] Pandione nell’alta dimora e la fanciulla vereconda dagli occhi guizzanti e dalle belle guance ] che per figura rivaleggiava con le immortali e lei coi cavalli e i carri ben costruiti dalla bella lancia, lei florida [ (tracce di quattro versi) Frammenti di miti non identificati Fr. 183 [41 M-W] Pseudo-Erodiano, Filetero
To vengo dalla campagna Fr. 184 [242 M-W]
Anonimo commento ad Antimaco di Colofone
Fu possibile alle fanciulle
10
15
ΜΕΓΑΛΑΙ
HOIAI
185. Paus. 2.16.4, De Mycene
ταύτην εἶναι θυγατέρα’ Ινάχου, γυναῖκα δὲ᾽ Αρέστορος τὰ
ἔπη λέγει ἃ δὴ Ἕλληνες καλοῦσιν ᾿Ηοίας µεγάλας. 186. Paus. 2.26.2
κατὰ... τὰ ἔπη τὰς µεγάλας ᾿Ηοίΐας ἦν ᾿Ἐπιδαύρῳ πατὴρ "Αργος ὁ Διὸς. 187 a, b. Anonymus, comm. in Aristot. Et. Nico. I. 7 (Comm. in Aristot.
Graec. xx. 155, 5-7 Heylbut)
"Ἡσίοδος... ἐν ταῖς µεγάλαις Ηοίαις τὴν ᾿ Αλκμήνην ποιῶν πρὸς τὸν ᾿Ηρακλέα λέγουσιν: ὦ τέκος, ἦ µάλα δή σε πονηρότατον καὶ ἄριστον Ζεὺς τέκνωσε πατήρ, (b) idem (Comm. in Aristot. Graec. xx. 155, 7-8 Heylbut)
καὶ πάλιν’ αἱ Μοῖϊραί σε πονηρότατον καὶ ἄριστον 188. Schol. Pind. Istbrm. 6.53 (III p. 255, 19-22 Drachmann) “tòv μὲν ἐν ῥινῷ λέοντος στάντα (5ο Ηρακλέα) κελήσατο (5ο Τελαμών)”.
εἴληπται δὲ ἐκ τῶν μεγάλων ᾿ Ηοιῶν ἡ ἱστορία' ἐκεῖ γὰρ εὑρίσκεται ἐπιξενούμενος ὁ '᾿Ηρακλῆς τῷ Τελαμῶνι καὶ ἐμ-
βαίνων τῇ δορᾷ καὶ εὐχόμενος οὕτως, καὶ ὁ διόποµπος αἰε-
τός, ἀφ οὐ τὴν προσὠνυµίαν ἔλαβεν Αἴας.
[ALTRI FRAMMENTI] GRANDI EOIE Micene figlia di Inaco Fr. 185 [246 M-W] Pausania, Descrizione della Grecia “Micene”
Che costei (sc. Micene) è figlia di Inaco e moglie di Arestore lo dice il poema che i Greci chiamano Grandi Eote. Argo figlio di Zeus padre di Epidauro Fr. 186 [247 M-W]
Pausania, Descrizione della Grecia
Secondo... il poema, le Grandi Eote, padre di Epidauro era Argo figlio di Zeus. Frammenti relativi ad Eracle (frr.187-191)
Fr. 187 a, b [248, 249 M-W] Commento anonimo all’Etica Nicomachea
Esiodo... nelle Grandi Eoie fa parlare Alemena ad Eracle: ‘O figlio, davvero sfortunatissimo e virtuosissimo Zeus padre ti ha generato’ b) Idem
E ancora:
‘Le Moire ti (sc. hanno fatto) sfortunatissimo e virtuosissimo’
Fr. 188 [250 M-W] Scolio alle Istraziche di Pindaro “Egli (sc. Telamone) comandò ad Eracle che stava ritto su una pelle di leone”
Il racconto è preso dalle Grardi Eoie. Lì infatti si trovano Eracle che è ospite di Telamone, incede sulla pelle (di leone) e prega così, e l'aquila messaggera di Zeus, da cui Aiace prese il
nome!?”,
404
ESIODO
189 a,b (a) P. Oxy. 2498, ed. Lobel
ἡ τέκ᾽ Αρισταίχμ [nv te kai Evaiyunv podornyuv.
τὰς δ᾽ αὖ Βουτίδαι [
ἀγάγοντο
Κήὐύκος ποτὶ δῶ [μα Φφιλοπτολέμου βασιλΏῆος: ἤτοι Π [ο]ν [λ]υκόω [ν μὲν ᾿Αρισταίχμην τανύπεπλον ἤγαγε [θ᾽ ἵπποισ [ίν τε καὶ ἅρμασι κολλητοῖσιν. ἢ δέ οἱ ἐν µεγάρο [ις θεοείκελα γείνατο τέκνα Δηΐμαχον Στέφανό [ν τε τὴν δὲ Πολυκρεί [ὠν θαλερὴν ποιήσατ᾽ ἄκοιτιν Εὐαίχμην, ἢ εἴδε [ι ἐκαίνυτο φῦλα γυναικῶν.
τὴν δ) ἄρα Χαιρεσί [λαος
Ἰασίδης Π Ίπποισ [ι καὶ ἅρμασι κολλητοῖσι (b) Paus. 4.2.1
πυθέσθαι δὲ σπουδῇ πάνυ ἐθελήσας οἵτινες παῖδες Πολυκάονι ἐγένοντο ἐκ Μεσσήνης, ἐπελεξάμην τάς τε ᾿Ἠοίας
καλουµένας καὶ τὰ ἔπη τὰ Ναυπάκτια, πρὸς δὲ αὐτοῖς ὁπόσα Κιναίθων καὶ ΄Ασιος ἐγενεαλόγησαν. οὐ μὴν ἔς γε ταῦτα ἦν σφισιν οὐδὲν πεποιηµένον, ἀλλὰ Ὕλλου μὲν τοῦ Ηρακλέους
θυγατρὶ
Εὐαίχμῃη
συνοικῆσαι
Πολυκάονα
υἱὸν
Βούτου
λεγούσας τὰς µεγάλας οἶδα ᾿Ηοίας' τὰ δὲ ἐς τὸν Μεσσήνης
ἄνδρα καὶ τὰ ἐς αὐτὴν Μεσσήνην παρεῖταί σφισι. 190. Paus. 9.40.6
τὸ δὲ νῦν τοῖς Χαιρωνεῦσιν ὄνομα γεγονέναι (scil. X£γουσιν) ἀπὸ Χαίΐρωνος, ὅν Απόλλωνός φασιν εἶναι, μητέρα δὲ αὐτοῦ Θηρὼ τὴν Φύλαντος εἶναι. μαρυρεῖ δὲ καὶ ὁ τὰ ἔπη τὰς µεγάλας͵ Ηοίας ποιησας:
Φύλας δ᾽ ὤπνιεν κούρην κλειτοῦ Ἰολάου
Λειπεφίλην, ἢ εἶδος Ὀλυμπιάδεσσιν «ἔριζεν >. ΤἹππότην δέ οἱ viòv ἐνὶ µεγάροισιν ἔτικτε Θηρώ τ εὐειδέα ἰκέλην φαέεσσι σελήνης.
GRANDI EOIE
405
Le figlie di Illo, figlio di Eracle Fr. 189 a,b [251 (a),(b) M-W1]
(a) Papiro di Ossirinco
Ella (sc.Iole) generò Aristecme e Euecme dalle rosee braccia, che i figli di Buta [ condussero via, alla casa di Ceice, re amante della guerra. Policoone Aristecme dal lungo peplo condusse (in moglie) grazie ai cavalli e ai carri ben costruiti. Ed ella nel palazzo a lui generò figli simili agli dei, Deimaco e Stefano [ E Policreonte fece sua florida sposa Euecme, che per bellezza superava le schiere delle donne. Lei Cheresilao [ il figlio di Iasio con cavalli e carri ben costruiti (b) Pausania, Descrizione della Grecia
Desiderando con vivo impegno sapere chi fossero i figli generati a Policaone da Messene, lessi le cosiddette Eoze e i Canti Naupatti8 e, oltre a queste, le genealogie di Cinetone e Asio; ma niente essi hanno poetato in merito. Tuttavia so che le Grandi Eoie dicevano che Policaone, figlio di Buta, si accasò
con Euecme, figlia di Illo figlio di Eracle; è però da loro tralasciato quanto attiene al marito di Messene e alla stessa Messene. Filante, marito della figlia di lolao, nipote di Eracle,
e padre di Terò che generò Cherone ad Apollo
Fr. 190 [252 M-W]
Pausania, Descrizione della Grecia
Il nome attuale agli abitanti di Cheronea (si dice) derivi da Cherone che dicono figlio di Apollo, mentre sua madre era Terò, figlia di Filante. Lo testimonia anche il poeta delle Grandi Eoie: ‘Filante sposò la figlia del nobile Iolao, Leipefile, che per bellezza gareggiava con le dee dell'Olimpo. A lui il figlio Ippote generò nel palazzo e Terò dalla bella figura, simile ai raggi della luna.
5
10
406
ESIODO
Θηρῶ δ᾽ Απόλλωνος ἐν ἀγκοίνηισι πεσοῦσα γείνατο Χαΐρωνος κρατερὸν µένος ἱπποδάμοιο 1914,Ρ.ς
(a) Schol. Pind. Pytb. rv. 36c (11. p. 102, 16-20 Drachmann), de Euphemo Atgonauta
ὁ δὲ᾽ Ασκληπιάδης τὰ ἐν ταῖς µεγάλαις Ἠοίαις παρατίθεται’ ᾖ᾽ οἵη Ὑρίηι πυκινόφρων Μηκιονίκη, ἡ τέκεν Εὔφημον γαιηόχωι Ἐννοσιγαίωι μιχθεῖσ᾽ ἐν φιλότητι πολυχρύσου ᾽Αϕροδίτης (b) δςμοί. Ριπά, ΡΥ/Φ ιν. 150 (πΠ. p. 99, 1-2 Drachmann)
ὁ δὲ Εὔφημος γίνεται παὶς Ποσειδῶνος καὶ Μηκιονίκης τῆς Εὐρώτα θυγατρός, ὃς ἔγημε θυγατέρα” Αλκμνήνης Λαονόμην. (ο) ὁσλοι. Ρίπά. Ργ/ῤ τν. 790 (π. p. 108, 7-9 Drachmann)
γυναῖκα
δὲ ἔσχεν
ὁ Ἐὔφημος
Λαονόμην
ἀδελφήν,᾽ Αμφιτρύωνος θυγατέρα καὶ ᾿ Αλκμνήνης
᾿Ἡρακλέους
192. Schol. Ap. Rhod. 2.178 (p. 141, 12-15 Wendel)
πεπηρῶσθαι δὲ Φινέα 'Ἡσίοδος ἐν µεγάλαις Ηοίαις, ὅτι
Φρίξῳ τὴν ὁδὸν ἐμήνυσεν, ἐν δὲ τῷ Υ Καταλόγῳ, ἐπειδὴ τὸν μακρὸν χρόνον τῆς ὄψεως προέκρινεν.
193. Schol. Ap. Rhod. 2.1122 (p. 206, 21-26 Wendel),"Apyog
εἷς τῶν Φρίξου παίδων οὗτος. τούτου δὲ ' Ηρόδωρός φησιν ἐκ Χαλκιόπης τῆς Αἰήτου θυγατρός, Ακουσίλαος δὲ καὶ 'ἨἩσιίοδος εἰ ταῖς µεγάλαις ᾿Ηοίαις φασὶν ἐξ ᾿Ιοφώσσης τῆς Αἰήτου. καὶ οὗτος μέν φησιν αὐτοὺς τέσσαρας, ” Apyov, Φρόντιν, Μέλανα, Κυτίσωρον, Επιμενίδης δὲ πέµπτον προστίθησι, Πρέσβωνα. 194 a, b (a) Antoninus Liberalis, 23, Battog
Αργου τοῦ Φρίξου καὶ Περιμήλης τῆς ᾽Αδμήτου θυγατρὸς ἐγένετο Μάγνης. οὗτος ῴὤκησεν ἐγγὺς Θεσσαλίας,καὶ τὴν γῆν ταύτην ἀπ αὐτοῦ Μαγνησίαν προσηγόρευσαν οἱ ἄνθρωποι.
GRANDI ΕΟΙΕ
407
Terò, caduta nelle braccia di Apollo,
generò la forza potente di Cherone domatore di cavalli’. La sorella di Eracle, Laonome, moglie di Eufemo Fr. 191 a, b, c [253 M-W] Scolii alle Pitiche di Pindaro “Eufemo argonauta”
Asclepiade!29 cita le Grandi Eote come segue: ‘O quale, ad Iria, la saggia Mecionice che generò Eufemo allo Scuotitore della terra e suo unitasi nell’amore dell’aurea Afrodite.”
possessore,
(b) Eufemo nacque figlio di Posidone e di Mecionice figlia di Eurota e sposò la figlia di Alemena, Laonome. (c) Eufemo ebbe come moglie Laonome, sorella di Eracle,
figlia di Anfitrione e di Alcmena.
Frammenti relativi a Frisso (frr. 192-194)
Fr. 192 [254 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio, Argorautiche
Esiodo dice nelle Grandi Eoie che Fineo fu accecato perché mostrò a Frisso la strada, invece nel terzo libro del Catalogo (fr. 105) dice che lo fu poiché preferì una lunga vita alla vista150, Fr. 193 [255 M-WI] Scolio ad Apollonio Rodio “Argo”
Costui era uno dei figli di Frisso. Erodoro dice che sua madre cra Calciope figlia di Eeta, Acusilao ed Esiodo, nelle Grandi Eoie, dicono che era figlio di Iofossa figlia di Eeta. E costui (sc. Esiodo o Apollonio Rodio) dice che erano quattro i suoi figli: Argo, Frontide, Melane, Citisoro; Epimenide ne aggiunge un quinto, Presbone.
Fr. 194 a, b [256 M-W]
(a) Antonino Liberale, Raccolta di metamorfosi “Batto”
Da Argo figlio di Frisso e da Perimele figlia di Admeto nacque Magnete. Questi abitò vicino alla Tessaglia, e quella terra per causa sua fu dagli uomini chiamata Magnesia.
408
ESIODO
(b) Schol. ad loc.
ἱστορεῖ Νίκανδρος Ἑτεροιουμένων α᾿ καὶ Ησίοδος ἐν µεγάλαις Ηοίαις καὶ Διδύμαχος Μεταμορφώσεων Υ’ καὶ ᾿ Αντίγονος ἐν ταῖς) Αλλοιώσεσι καὶ Απολλώνιος ὁ ᾿Ῥόδιος ἐν ἐπιγράμμασιν, ὥς φησι Πάμφιλος ἐν α’. 195. Pausanias 9. 36. 6-7
'Υήττου δὲ ἐποιήσατο μνήμην καὶ ὁ τὰ ἔπη συνθεὶς ἃς µεγάλας᾽ Ηοίας καλοῦσιν Ἕλληνες: Ὕπηττος δὲ Μόλουρον ᾽Αρίσβαντος φίλον υἱὸν κτείνας ἐν µεγάροις εὐνῆς ἔνεχ᾽ ἧς ἀλόχοιο
οἶκον ἀποπρολιπὼν φεΏγ᾽ ἼΑργεος ἱπποβότοιο, ἷξεν δ᾽ Ὀρχομενὸν Μινυῇπιον: καί µιν ὅ Υ ἥρως δέξατο καὶ κτεάνων μοῖραν πόρεν ὡς ἐπιεικές
196. Pausanias 2. 2.3
πεποίηται
δὲ ἐν
εἶναι Πειρήνην.
᾿Ηοίαις
µεγάλαις
Οἰβάλου
θυγατέρα
197 α, Ὁ (a) Pausanias 6. 21.10
ἀπέθανον δὲ ὑπὸ τοῦ Οἰνομάου κατὰ τὰ ἔπη τὰς µεγάλας ᾿Ἠοίας ᾿Αλκάθους ὁ Πορθάονος, δεύτερος οὗτος ἐπὶ τῷ
Μάρµακι, μετὰ δὲ ᾿Αλκάθουν, Εὐρύαλος καὶ Εὐρύμαχός τε καὶ Κρόταλος. τούτων μὲν οὖν γονέας τε καὶ πατρίδας οὐχ
οἷά τε ἦν πυθέσθαι Lor.
(b) Schol. Pind. O/ 1.127b (I p. 45, 11-16 Drachmann) δἐκ᾽ἄνδρας ὀλέσας”
“rprîg te kai
οἱ ἀναιρεθέντες οὗτοί εἰσιν' Μέρµνης, Ιππόθοος, Πέλοψ ὁ Οπούντιος, Ακαρνάν, Εὐρύμαχος, Εὐρύλοχος, Αὐτομέδων,
Λάσιος,
Χάλκων,
Τρικόρωνος, ᾿Αλκάθους
ὁ Πορθάονος,
᾿Αριστόμαχος, Κρόκαλος. τούτῳ τῷ ἀριθμῷ τῶν ἀπολομένων μνηστήρων καὶ ᾿Ἡσίοδος καὶ Επιμενίδης μαρτυρεῖ.
GRANDI EOIE
409
(b) Scolio ad /.
Lo raccontano Nicandro nel primo libro delle Realtà altera-
te, Esiodo nelle Grandi Eore, Didimaco nel terzo libro delle
Metamorfosi, Antigono (sc. di Caristo) nei Mutamenti e Apollonio Rodio negli epigrammi, come dice Panfilo nel primo libro.
Ietto uccide l’adultero Moluro Fr. 195 [257 M-W] Pausania, Descrizione della Grecia
Fece menzione di Ietto anche colui che compose il poema che i Greci chiamano Grandi Eote: Tetto, Moluro, figlio di Arisbante,
ucciso nel suol palazzo lasciò la sua casa, fuggì e giunse da Orcomeno accolse e parte dei suoi
per via del letto di sua moglie, ad Argo allevatrice di cavalli, Minio; e l’eroe lo beni gli offrì, come si conviene.”
Pirene figlia di Ebalo Fr. 196 [258 (a) M-WI] Pausania
È scritto nel poema delle Grandi Eoie che Pirene era figlia di Ebalo. I pretendenti di Ippodamia uccisi da Enomao Fr. 197 a, b [259 (a) M-W] (a) Pausania
Secondo i versi delle Grandi Eoie, per mano di Enomao morirono Alcatoo figlio di Portaone, secondo dopo Marmace, e, dopo Alcatoo, Eurialo, Eurimaco e Crotalo. Di costoro non mi fu possibile conoscere i genitori e la patria. (b) Scolio alle Olimpiche di Pindaro “Avendo (egli) ucciso tredici uomini”
Gli uccisi sono costoro: Mermne, Ippotoo, Pelope Opun-
zio, Acarnano, Eurimaco, Euriloco, Automedonte, Lasio, Calconte, Tricorono, Alcatoo figlio di Portaone, Aristomaco, Cro-
calo. Questo numero dei pretendenti assassinati è testimoniato da Esiodo e da Epimenide!31,
410
ESIODO
198. Schol. Ap. Rhod. 4.58 (pp. 264, 16 - 265, 1 Wendel) ἐν δὲ ταῖς µεγάλαις Ηοίαις λέγεται τὸν ᾿Ενδυμίωνα ἀνενεχθῆναι ὑπὸ τοῦ Διὸς εἰς οὐρανόν, ἐρασθντα δὲ "Ἡρας εἰδώλῳ παραλογισθῆναι νεφέλης, καὶ διὰ τὸν ἔρωτα ἐκβλη-
θέντα κατελθεῖν εἰς Αιϊδου. 199 a, b
(a) Schol. Ap. Rhod. 1.118-21 (p. 17, 5-11 Wendel)
ἐν δὲ ταῖς µεγάλαις Ποίαις λέγεται, ὡς ἄρα Μελάμπους φίλτατος ὢν τῷ ᾿Απόλλωνι ἀποδημήσας κατέλυσε παρὰ
Πολυφόντῃ.
βοὸς δὲ αὐτῷ τεθυμένου, δράκοντος ἀνερπύσαν-
τος παρὰ τὸ θῦμα, διαφθεῖραι αὐτὸν τοὺς θεράποντας τοῦ βασιλέως τοῦ δὲ βασιλέως χαλεπήναντος τὸν Μελάμποδα λαβεῖν καὶ θάψαι, τὰ δὲ τούτου ἔγγονα τραφέντα ὑπὸ τούτου λεῖχειν τὰ ὦτα καὶ ἐμπνεῦσαι αὐτῷ τὴν µαντικήν. {b) Schol. Ap. Rhod. 1.118-21, cod. Ῥ, p. 16 Brunck-Schaefer
κλέπτοντα δὲ τὸν Μελάμποδα τὰς βοὺς τοῦ ᾿Ιφίκλου καὶ συλληφθέντα ὑπ αὐτοῦ, ἐπειδὴ τὸ στέγος ἔμελλεν ὅσον οὕπω πεσεῖσθαι
τῆς
οἰκίας,
κατανενοηκότα
ὑπὸ
µαντικῆς,
ἐν
δεσμωτηρίῳ κατεχόµενον, εἰπεῖν τῇ θεραπαϊΐνῃ τοῦ Ιφίκλου. παρἢς Ίφικλος μαθὼν τὸ πρόρρηµα, αὐτός τε ἁπαλλάττετατι τοῦ δεινοῦ, καὶ Μελάμποδα αἰδεσθεὶς αὐτῷ καὶ τὰς βοὺς ἃς ἀφίκετο κλέψαι.
ἀπέλυσεν,
ἐπιδοὺς
200. Schol. Ap. Rhod. 4.828 (p. 295, 20-21 Wendel)
ἐν δὲ ταῖς µεγάλαις Ἠοίαις Σκύλλα.
Φόρβαντος
καὶ
Ἑκάτης
201. Philodemus De pietate B 7073-80 Obbink
τὴ]ν Αθ[ηνᾶν Ἱ...[ ὁ τὰ]ς µεγάλας᾽ Η[οίας ἀν]αγράψας.
ἡ
GRANDI EOIE
411
Endimione Fr. 198 [260 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Nelle Grandi Eoie si dice che Endimione fu trasportato da Zeus in cielo, ma che, innamoratosi di Era, fu ingannato dal simulacro di una nuvola e che, cacciato dal cielo per il suo amore, scese nell’ Ade. Melampo Fr. 199 a, b [261 M-W]
Scolii ad Apollonio Rodio
(a) Nelle Grandi Eoie si dice che Melampo, che era carissi-
mo ad Apollo, messosi in viaggio, sostò presso Polifonte. Mentre egli gli sacrificava un bue, arrampicatosi un serpente nei pressi dell’altare, i servi del re lo uccisero. Per quanto il re ne fosse irritato, Melampo lo prese e lo seppellì, e i figli di questo da lui nutriti gli leccavano le orecchie e gli ispiravano l’arte divinatoria. (b) Mentre Melampo rubava i buoi di Ificlo!32, fu da questo catturato; e poiché il tetto della casa (di Ificlo) stava in men che non si dica per crollare, avvertito di ciò dalla mantica in prigione ov’era tenuto, lo disse alla serva di Ificlo. Saputa quest’ultimo da lei la predizione, non solo scampò al disastro ma anche, per riguardo verso Melampo, lo liberò, dandogli in aggiunta i buoi che quello era giunto per rubare. Scilla Fr. 200 [262 M-W] Scolio ad Apollonio Rodio
Nelle Grandi Eote, Scilla è figlia di Forbante e di Ecate. Atena Fr. 201 [363 A M-W]
Atena [
Filodemo, De pietate
] il compilatore delle Grandi Eoie
KHYKOX TAMOXY 202. Schol. Ap. Rhod. 1.1289 (p. 116, 12-14 Wendel)
'Ἠσίοδος ἐν τῷ Κήνκος γάµμῳ ἐκβάντα φησὶν αὐτὸν ἐφ Ὅδατος ζήτησιν τῆς Μαγνησίας περὶ τὰς ἀπὸ τῆς ἀφέσεωῶς αὐτοῦ Αφετὰς καλουµένας ἀπολειφθῆναι. 203. Zenobius Il. 19 (Corp. Paroerziogr. Graec. 1. 36-37 Leutsch-Schneidewin)
αὐτόματοι δ᾽ ἀγαθοὶ ἀγαθῶν ἐπὶ δαῖτας ἵενται.
οὕτως 'Ἡσίοδος ἐχρήσατο τῇ παροιµίᾳ, ὡς ᾿Ἡρακλέους ἐπιφοιτήσαντος ἐπὶ τὴν οἰκίαν Κήνκος τοῦ Τραχινίου καὶ
οὕτως εἰπόντος.
204 a,b, c, d,e (a) P. Oxy. 2495 fr. 37, ed. Lobel
[ [
[
[
Ίουκ [1. I
] πονεοντεσ[
]où yàp àtep te [
Ίσωσα
τρα Ἰπέζας [ τρίποδάς τε Ἰκαθέδρας Ἰ [ 16’ ἔχον αἴσας
[
10
lov
ιαὐτὰρ ἐπεὶ δαιτὸς μὲν ἐίσης ιἐξ ἔρον ἕντο ιµητέρα μητρὸς παισ ]ivy dyovto ιάζαλέην τε καὶ ὁπταλέην σφετέροισι TÉrEdOI ιτεθνάναι αἱ νιφετ ]όν τε καὶ ὄμβ [ρον {b) Athen. 2.32 p. 49b
'Ἠσίοδος ἐν Κήνκος γάμῳ - κἂν γὰρ γραμματικῶν παῖδες ἀποξενῶσι τοῦ ποιητοῦ τὰ ἔπη ταῦτα, ἀλλ ἐμοὶ δοκεῖ ἀρχαῖα εἶναι - τρίποδας τὰς τραπέζας φησί.
IL MATRIMONIO DI CEICE Fr. 202 [363 M-W/] Scolio ad Apollonio Rodio
Esiodo, nel Matrimonio di Ceice, dice che egli (sc. Eracle), sbarcato (sc. dalla nave Argo) alla ricerca di acqua, fu lì lascia-
to, in Magnesia!3, nei pressi di un luogo chiamato Afete dal suo abbandono.
Fr. 203 [264 M-W] Zenobio nella raccolta di Parermzografi greci
‘Spontaneamente i valenti si precipitano ai banchetti dei valenti”
Così Esiodo utilizzò il proverbio, in quanto Eracle andò alla
casa di Ceice di Trachi e in tal modo si espresse. Fr. 204 a,b, c, d,e
[266 (a) (b) (c), 267 M-W]
(a) Papiro di Ossirinco
] tavole
tripodi e ] seggi]]134
] avevano parti
ma dopo che ebbero scacciato il desiderio di un conveniente banchetto, ] la madre della madre [ ] condussero ai figli, secca e arrostita per i loro figli morire [ nevel e pioggia (b) Ateneo, I sofistia banchetto
Esiodo nel Matrimonio di Ceice — anche se persino i servi dei grammatici bandiscono questi versi del poeta a me nondimeno paiono antichi — chiama tripodi le tavole.
5
10
414
ESIODO
(c) Pollux 6.83
ἦσαν δέ τινες “πρῶται”
τράπεζαι
καὶ “δεύτεραι”
καὶ
ὄτρίται”, καὶ “τρίποδες” μὲν ἐφὧν ἔκειντο, καὶ ἔστι τοὔνομα παρ᾽ Ἡσιόδῳ καὶ ἐν Τελμησσεῦσιν Αριστοφάνους. (d) Trypho, De fropis 23 (Rhet. Gr. m. pp. 224-5 Spengel)
αἴνιγμά ἐστι φράσις διάνοιαν ἀποκεκρυμμένην καὶ ἀσύνετον πειρωμένη ποιεῖν, ὡς τὰ παρ᾽ Ἡσιόδῳ περὶ τῆς κύλικος λεγόμενα
μηδέ ποτοϊνοχόην τιθέµεν κρητῆρος ὕπερθεν (ΟΡ. 744)
Τοῖον οὐ μητέρα µητρὸς« παισὶν »ἄγοντο «ἀζαλέην τε καὶ ὀπταλέην σφετέροισι τέκεσσι τεθνάναι.
εω ἀζαλέην καὶ ὀπταλέην”, ἐπεὶ δοκεῖ πρῶτα μὲν ξηραίἰ-
νεσθαι, εἶτα ὀπτᾶσθαι. σφετέροισι τέκεσσι”, τοῖς ἑαυτοῦ τέκνοις, λέγει δὲ τοῖς ξένοις, τὸ δὲ “τεθνάναι”, καθὸ δοκεῖ ἐκ τῆς ὕλης ἐκκεκόφθαι. (e) Plutarch. Quaest. conviv. 8.8.4 p. 730e-f
καθάπερ οὖν τὸ πΌρ τὴν ὕλην, ἐξ ἧς ἀνήφθη, untépa καὶ
πατέροὖσαν ἤσθιεν, ὡς ὁ τὸν Κήυκος γάμον εἰς τὰ ' Ησιόδου παρεμβαλὼν εἴρηκεν... 205. Schol. Hom. I/ 7.76 (II, p. 225.51 Erbse)
ἐν τῶι Κήν[κ]ος γάµωι εἴρηται τὸ ἀπάτωροι
IL MATRIMONIO DI CEICE
415
(c) Polluce, Onomasticon
C'erano le prime mense, le seconde e le terze, e tripodi su
cui esse erano posate; e questo è il termine in Esiodo e nei Telmessi di Aristofane. (d) Trifone, Sui tropi
Enigma!35 è un‘espressione che cerca di rendere il suo significato nascosto e incomprensibile, come questi versi di Esiodo sul calice: ‘non porre mai la brocca da vino sopra il cratere’ (Opere e i giorni, 744)
Ma dopo che ebbero scacciato il desiderio di un conveniente banchetto la madre della madre [ ] condussero «ai figli» «secca e arrostita per i loro figli da morire > . ‘secca e arrostita’, poiché pare che per prima cosa si secchi e poi si arrostisca. ‘Per i loro figli’, cioè per i figli propri, dice per gli ospiti. ‘Morire’, in quanto pare essere stato tagliato dal legno. (e) Plutarco, Questioni conviviali
Come dunque il fuoco si nutriva del legno col quale era stato acceso, che rappresentava suo padre e sua madre, come ha detto il poeta che ha inserito il Matrimonio di Ceice nei poemi di Esiodo!36,.. Fr. 205 [268 M-W]
Scolio all’Iliade
Nel Matrimonio di Ceice è detto:
‘(essi) senza padre’
5
MEAAMIIOAIA 206. Schol. A in Hephaest. p. 109. 4-6 Consbruch
πἰσσης τε δνοφερῆς καὶ κέδρου νηλέι καπνζι. 207. Athenaeus 11. 99 p. 498a-b
᾿Ἠσίοδος δἐν δευτέρῳ Μελαμποδίας... λέγει’ τῶι δὲ Μάρης θοὸς ἄγγελος ἦλθε δι οἴκου,
πλήσας δ᾽ ἀργύρεον σκύπφον Φέρε, δῶκε δ᾽ ἄνακτι
208. Athenaeus 11. 99 p. 498b
καὶ πάλιν᾿
καὶ τότε µάντις μὲν δεσμὸν βοὸς αἴνυτο χερσίν,
Ἴφικλος δ᾽ ἐπὶ νῶτ ἐπεμαίετο' τῶι δ᾽ ἐπ᾽ ὄπισθεν σκύπφον ἔχων ἑτέρπι, ἑτέρηι δὲ σκῆπτρον ἀείρας ἔστειχεν Φύλακος καὶ ἐνὶ ὅμώεσσιν ἔειπεν 209. Athenaeus 2. 13 p. 40f
ἡδύ ἐστιν ε
Α
ἐν δαιτὶ καὶ εἰλαπίνηι τεθαλυίηι τέρπεσθαι µύθοισιν, ἐπὴν δαιτὸς κορέσῶνται, 'Ἠσίοδος ἐν τῇ Μελαμποδίᾳ Φησίν. 210. Clemens Strozz. 6. 2. 26 (11 p. 442. 16 Stahlin)
᾿Ἠσίοδός τε ἐπὶ τοῦ Μελάμποδος ποιεῖ
ἡδὺ δὲ καὶ τὸ πυθέσθαι͵ ὅσα θνητοῖσιν ἔνειμαν
ἀθάνατοι, δειλῶν τε καὶ ἐσθλῶν τέκµαρ ἐναργές
MELAMPODIA
Fr. 206 [270 M-W]
Scolio al Manuale di Efestione
Per lo spietato fumo di buia pece e cedro Fr, 207 [271 M-W] Ateneo, Sofisti a banchetto
Esiodo nel secondo libro della Mel/ampodia... dice: ‘A lui il veloce messaggero Marete venne attraversando la casa, portava un’argentea coppa che aveva riempito, e la diede al signore’ Fr. 208 [272 M-W]
Ateneo
E di nuovo: ‘e allora l’indovino prese con le mani il capestro del bove, Ificlo lo palpò sul dorso; e dietro di lui, tenendo una coppa con una mano e con l’altra levando lo scettro, Filaco fece dei passi e disse ai servi...’137 Fr. 209 [274 M-W]
Ateneo
È dolce
‘nel banchetto e nella festa rigogliosa, rallegrarsi di racconti, dopo essersi ben saziati di pietanze,’ dice Esiodo nella Melampodia.
Fr. 210 [273 M-W]
Clemente Alessandrino, Stromata
Esiodo così poeta su Melampo: ‘è dolce conoscere, tra quante cose ai mortali hanno assegnato gli immortali, il chiaro contrassegno delle vili e delle pregevoli”
418
ESIODO
211a,b
(a) Ps. Apollod., B:2/. mi. [69-72] 6. 7 (p. 126 -28 Wagner)
ἦν δὲ παρὰ Θηβαίοις µάντις Τειρεσίας... Ἡσίοδος δέ φῃῆσιν ὅτι θεασάµενος περὶ Κυλλήνην ὄφεις συνουσιάζοντας καὶ τούτους τρώσας ἐγένετο ἐξ ἀνδρὸς γυνή, πάλιν δὲ τοὺς αὐτοὺς ὄφεις παρατηρήσας συνουσιάζοντας ἐγένετο ἀνήρ. διόπερ ρα καὶ Ζεὺς ἀμφισβητοῦΌντες πότερον τὰς γυναϊκας ἢ τοὺς ἄνδρας ἥδεσθαι μᾶλλον ἐν ταῖς συνουσίαις συμβαίνοι, τοῦτον ἀνέκριναν. ὁ δὲ ἔφη δέκα μοιρῶν περὶ τὰς συνονσίας
οὐσῶν τὴν μὲν µίαν ἄνδρας ἥδεσθαι, τὰς δὲ ἐννέα γυναῖκας,
ὅθεν ρα μὲν αὐτὸν ἐτύφλωσε, Ζεὺς δὲ τὴν μαντικὴν αὐτῷ ἔδωκεν. τὸ ὑπὸ Τειρεσίου λεχθὲν πρὸς Δία καὶ Ἡραν: οἵην μὲν μοῖραν δέκα μοιρῶν τέρπεται ἀνήρ, τὰς δὲ δέκ᾽ ἐμπίπλησι γυνἠ τέρπουσα νόηµα. ἐγένετο δὲ καὶ πολυχρόνιος. (b) Schol. Lycophr. 683 (II p. 226.19 Scheer)
ὡς ὁ τῆς Μελαμποδίας ποιητής: ἐννέα μὲν µοίρας, δεκάτην δέ τε τέρπεται ἀνήρ, τὰς δέκα δ᾽ ἐμπίπλησι γυνἠ τέρπουσα νόημα. 212. Tzetzes in Lycophr. 682 (II. p. 225, 22 Scheer); Tzetzes Scho/. Exeg. Iliad. Proem. p. 149, 3 Hermann (= Papathomopoulos, p. 26)
νΏν δὲ τὸν Τειρεσίἰαν λέγει, ἐπειδή φασιν αὐτὸν ἑπτὰ γενεὰς ζῆσαι' ... ὥς φησι καὶ ὁ Μελαμποδίας ποιητής" παρεισάγει γὰρ τὸν Τειρρεσίαν λέγοντα᾽
ΖεΏ πάτερ, εἴθε µοι εἴθ᾽ ἤσσω μ᾿ αἰῶνα βίοιο
ὤφελλες δοῦναι καὶ ἴσα φρεσὶ µήδεα ἴδμεν θνητοῖς ἀνθρώποις' νῦν δ᾽ οὐδέ µε τυτθὸν ἔτισας,
ὃς µακρόν γέ μ’ ἔθηκας ἔχειν αἰῶνα βίοιο
ἑπτά τ ἐπὶ ζώειν γενεὰς µερόπων ἀνθρώπων
MELAMPODIA Fr. 211 a,b
419 [275 M-W]
{a) Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Viveva presso i Tebani un indovino, Tiresia... Esiodo dice che, avendo osservato presso il Cillene dei serpenti che si accoppiavano e avendoli feriti, da uomo divenne donna e di nuovo, osservando i medesimi serpenti in accoppiamento, divenne uomo. Perciò Era e Zeus, disputandosi se accadesse che godessero di più gli uomini o le donne negli accoppiamenti, chiesero a lui. E Tiresia disse che, trovandosi diciannove
parti negli accoppiamenti, gli uomini godevano per nove e le donne per dieci. Per cui Era lo accecò, ma Zeus gli diede il dono della mantica. Ecco le parole dette da Tiresia a Zeus ed Era:
‘una sola parte delle dieci gode l’uomo, mentre le dieci riempie la donna godendo nell’intimo pensiero. 138 E fu anche longevo.
(b) Scolio all’Alessandra di Licofrone
Come dice il poeta della Melampodia: ‘contro nove parti, la decima gode l’uomo mentre le dieci riempie la donna godendo nell'intimo pensiero”. Fr. 212 [276 M-W] Tzetzes sull’A/essandra di Licofrone e sull’Ilfade
Ora egli (sc. Licofrone) parla di Tiresia, poiché dicono che abbia vissuto per sette generazioni... così dice anche il poeta della Melampodia; introduce infatti Tiresia che dice: ‘Padre Zeus, o se davvero a me meno tempo di vita tu avessi concesso e però di concepire nella mente pensieri pari a quelli degli uomini mortali! Ora neppure un po’ mi hai onorato tu che hai deciso che avessi un lungo tempo di vita e che sette generazioni vivessi degli uomini caduchi’
420
ESIODO
213. Athen. 13.89 p. 60%e
"Ἡσίοδος δ'ἐν τρίτῳ Μελαμποδίας τὴν ἐν Εὐβοίᾳ Χαλκίδα «καλλιγύναικα” εἶπεν. 214. Strabo 14. 1. 27 p. 642, de Colophone
λέγεται
δὲ
Κάλχας
ὁ µάντις
µετ
᾽Αμϕιλόχου
τοῦ
᾿᾽Αμϕιαράου κατὰ τὴν ἐκ Τροίας ἐπάνοδον πεζῆ δεΌρο ἀφικέσθαι, περιτυχὼν δἑαυτοῦ κρείττονι µάντει κατὰ τὴν Κλάρον Μόψῳ τῷ Μαντοῦς τῆς Τειρεσίου θυγατρός, διὰ
λύπην ἀποθανεῖν. 'Ἡσίοδος μὲν οὖν οὕτω πως διασκευάζει τὸν μΌθον΄’ προτεῖναι γάρ τι τοῦτο τῷ Μόψῳ τὸν Κάλχαντα' θαῦμά μ᾿ ἔχει κατὰ θυµόν, ἐρινεὸς ὅσσον ὀλύνθων οὗτος ἔχει, μικρός περ ἐών' εἴποις ἂν ἀριθμόν; τὸν δ ἀποκρίνασθαι;’ μύριοί εἰσιν ἀριθμόν, ἀτὰρ µέτρον γε µέδιμνος' εἷς δὲ περισσεύει, τὸν ἐπενθέμεν οὗ κε δύναιο. ὣς φάτο, καὶ σφιν ἀριθμὸς ἐτήτυμος εἴδετο μέτρου. καὶ τότε δὴ Κάλχανθ᾽ ὕπνος θανάτοιο κάλυψεν.
215. Strabo 14. 5. 17
'Ἠσίοδος δἔν Σόλοις ὑπὸ Απόλλωνος ἀναιρεθῆναι τὸν Αμφίλοχόν φησι.
MELAMPODIA
421
Fr. 213 [277 M-W] Ateneo
Esiodo nel terzo libro della Melampodia disse Calcide in Eubea “dalle belle donne”. Fr. 214 [278 M-W] Strabone, Geografia “Colofone”
Si dice che l’indovino Calcante, in compagnia di Anfiloco, figlio di Anfiarao, di ritorno da Troia a piedi qui giunse (sc. a Colofone); ma, avendo incontrato nei pressi di Claro un indovino più potente di lui, Mopso figlio di Manto figlia di Tiresia, ne morì di dolore. Esiodo a un di presso così struttura il racconto: Calcante avanza a Mopso questa proposta: ‘mi prende stupore nel cuore quanti fichi questa pianta abbia, per quanto piccola; potresti dirne il numero?” E quello in risposta: ‘sono infiniti di numero, ma la misura è un medimno;
uno avanza, che non potresti aggiungere’. Così disse e a loro apparve vero il numero della misura. A quel punto il sonno della morte coprì Calcante.139
Fr. 215 [279 M-WI] Strabone, Geografia
Esiodo dice che Anfiloco fu ucciso da Apollo a Soli.
TIIEFIPIOOY KATABAXIZ 216. P. Ibscher col. 1, ed. Merkelbach
Liveri
6A Ἰέσαι µε βίηφί τε δουρί τε µακρῶι,
ἀλλά µε Μοϊρ᾽ ὀλο ]ἡ καὶ ΛητοΏς ὤλεσε [ν υἱός. ἀλλ’ ἄγε δἠ µοι ταῦτα δι Ἰαμπερέως ἀγό [ρευσον’
crrreroreooiose
ei
Ίνδε κατήλυθες [εὶς ᾿Αΐδαο
]άμ᾽ ἔσπετο πισ [τὸς ]ὲ [ταῖρος 1ει τὶ κατὰ χρέος ω[...... Ίις, π Ἰρότερό [ς]τ ἀπ [ὸ ]μῦθον ἔειπε [ -Ίας ἐς ποιμένα λαῶν svenire. 9 ]εὰ δασπλῆτις Ἐρινύς “Διογεν]ὲς [Μελ]έᾳΥ [ρε δαῖ Ίφρονος Οἰνέος νἱ, ο
10
τοιγὰρ ἐγώ τοι ]ταῦτ [α µ ]άλ’ ἀτρεκέως καταᾳλέξω.
ce 1 εγφενδε [.... Ἰἀγαυὴν Φερσεφόγειαν ce 1... ας φασ [... Ίαι Δ [ία Ιτερπικέραυνον
ἀθανά Ίτων τε νόµοις ἵνα ἑδνώσειεν ἄκ [οἶιτιν
15
Le Ἰἐκείνους φασὶ κασιγνήτας µεγ [... Ι. εἰς
µνησ Ἰτεύειν, γαμέειν δὲ φίλων ἀπάν [ευθε τοκήῶν .... Jar ÈK µακάρων γάμον ὄρνυται ἑδγῴσασθαι αὐτοκ ]ασιγνήτην ὁμοπάτριον' ἐγγυτέρω γάρ φήσ᾽ εἰ Ίναι γεγαὼς αὐτὸς μεγάλου ᾿Αἴδαο 20
25
Φερσεφ]όνηι κούρηι Δημήτερος ἠυκόμοιο'
αὐτὸς Ἰμὲν γάρ φῃσι κασίγνητος καὶ ὅὄπατρος
La Ίεν ]Αἴδην δὲ φίλον πάτρωα τετύχθαι᾿ τοῦ δ᾽ ἕν Ίεκεγν φάτο βῆμεν ὑπὸ ζόφον Περόεντᾳ.” ὣς ἔφατ” ]Οϊνείδης δὲ κατέστυγε μῦθον ἀκούσας, καὶ µιν ]άμ [ειβό Ίμενος προσεφώνει μειλιχίοισι [ “Θησεῦ Αθην Ίᾳίων βουληφόρε θωρηκτάων,
Ἰδάμεια περίφΦρων ἦν παρά [κοι ΊἾτις
ος
30.
[ [
[
[ [
µ ]εγαθύμου Πειριθόοιο;
Ίαποντα{ 1... [
Ίρυσκ{
μμ...
Ίρεμα {
LA DISCESA DI PIRITOO Fr. 216 [280 M-W] Papiro Ibscher
] distruggere me! (sc. Meleagro) con la forza e con la lunga lancia, ma la funesta Moira e il figlio di Letò mi distrussero. “Orsù, dimmi queste cose con precisione:
] sei disceso nell’Ade ] ti accompagnava un fedele compagno ] per quale bisogno [ ]?” ] ed egli (sc.Teseo) rispose per primo!4! ] al pastore di popoli ] la dea, la terribile Erinni: “Meleagro stirpe di Zeus, figlio del saggio Oineo,
10
certo io ti racconterò con franchezza.
] la nobile Persefone ] Zeus che si compiace del fulmine con decreti degli immortali, per farla sua sposa con doni dicono che quelli,[
] loro sorelle
15
desiderano in mogli e sposano lungi dai cari genitori ] tra i beati si lancia a ottenere con doni in matrimonio una sorella dello stesso padre; chè più stretto parente dice di essere lui stesso che il grande Ade
a Persefone, figlia di Demetra dalla bella chioma;
infatti egli dice di esserle fratello e nato dallo stesso padre ] e che Ade è fratello di suo padre. Per questo disse di essere sceso giù nella tenebra nebbiosa” Così disse, e il figlio di Oineo sbalordì a sentire il suo racconto, e in risposta gli disse con parole di miele: “Teseo, consigliere degli Ateniesi portatori di corazza, (Ippo)]damia era un’assennata moglie ] del magnanimo Piritoo?
20
|»
(tracce di cinque versi)
25
ΙΔΑΙΟΙ ΔΑΚΤΥΛΟΙ 217 a,b (a) Plinius Nat. bist. 7.197
aes conflare et temperare Aristoteles Lydum Scythen monstrasse, Theophrastus Delam Phrygem putant, aerariam fabricam alii Chalybas. alti Cyclopas, ferrum Hesiodus in Creta eos qui vocati sunt Dactyli Idaei. (b) Clemens Sfrow. 1.16.75 (II, pp. 48-49 Stahlin-Friichtel)
Κέλμις τε αὖ καὶ Δαμναμενεὺς, οἱ τῶν ᾿Ιδαίων Δακτύλων
πρώτοι σίδηρον εὖὗρον ἐν Κύπρῳ, Δέλας δὲ ἄλλος εὖρε χαλκοῦ κρᾶσιν, ὡς δὲ 'Ἡσίοδος, Σκύθης.
᾿Ιδαῖος
ΧΕΙΡΩΝΟΣ ΥΠΟΘΗΚΑΙ 218. δεᾗο]. Ριπά. Ργ/ῥ. νι. 22 (Π. ρ. 191, 9-13 Drachmann)
τὰς δὲ Χείρωνος ὑποθήκας ' Ἡσιόδῳ ἀνατιθέασιν, ὧν ἡ
ἀρχή'
Εὺ νΏν µοι τάδ’ ἕκαστα μετὰ φρεσὶ πευκαλίµηισι φράζεσθαι’ πρῶτον μέν, ὅτ ἂν δόµον εἰσαφίκηαι, ἔρδειν Ἱερὰ καλὰ θεοῖς αἰειγενέτῃσιν
219. Phrynichus Eclog. 64 (pp. 65, 40 - 66, 43 Fischer)
Νἀκεστής” λέγονσιν οἱ παλαιοί, οὐκ “ἠπετής”. ἠπήσασθαι ἔστι μὲν ἅπαξ παρ΄ Αριστοφάνει ἐν Δαιταλεῦσι, παἰζοντι τὰς 'Ἡσιόδου ᾿Ὑποθήκας “καὶ κόσκινον ἠπήσασθαι”. σὺ δὲ λέγε «ἀκέσασθαι” τὸ ἱμάτιον.
I DATTILI IDEI Fr. 217 a, b [282 M-W] (a) Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
Aristotele pensa che il lidio Scite abbia insegnato a fondere e a mescolare il bronzo, Teofrasto che fu il frigio Dela, altri che siano stati i Calibi o i Ciclopi a mostrare la lavorazione del bronzo; Esiodo pensa che il ferro l'abbiano scoperto a Creta quelli che furono chiamati i Dattili Idei!42, (b) Clemente di Alessandria, Stromzata
Chelmide e Damnameneo, i primi dei Dattili Idei, scoprirono il ferro a Cipro, Delas, un altro Ideo, trovò la mescolanza del bronzo, ma, secondo Esiodo, fu Scite.
I PRECETTI DI CHIRONE
Fr. 218 [283 M-W]
Scolio alle Pitiche di Pindaro
Attribuiscono i Precetti di Chirone ad Esiodo; ecco il loro inizio: 6
Bene ora ciascuno di questi (insegnamenti) nell’animo accorto .
.
.
.
.
’
.
cerca di meditarmi; anzitutto, tutte le volte che a casa
fa’ bei sacrifici agli dei che sempre sono?14.
torni,
Fr. 219 [284 M-W] Frinico, Selezione dall’'Atticista’
Gli antichi dicono ‘risanatore,’ non ‘rammendatore’. ‘Rammendare’ ricorre una sola volta nei Banchettanti di Aristofane, che prende in giro i Precetti di Esiodo: ‘rammendare un setaccio’. Ma tu di’: ‘risanare’ il mantello.
426
ESIODO
220. Quintilianus Inst. 1.1.15
quidam litteris instruendos, qui minores septem annis essent, non putaverunt, quod illa primum aetas et intellectum disciplinarum capere et laborem pati posset. in qua sententia Hesiodum esse plurimi tradunt, qui ante grammaticum Aristophanem fuerunt; nam is primus ‘Yro8kag, in quo libro scriptum hoc invenitur, negavit esse huius poetae. ΜΕΓΑΛΑ ΕΡΓΑ 221. Anonymus Comm. in Aristot. E. Nicom. v. 8 (Comm. in Aristot. gr. XX. 222. 25 Heylbut)
εἰ κακά τις σπείραι, κακἀ κέρδεά «κ᾿ »ἀμήσειεν' el κε πάθοι, τά τ’ ἔρεξε, δίκη κ᾿ Ἰθεῖα γένοιτο
222. Ξς[ο]. ἰπ ες. ΟΡ. 128 (ρ. 55, 14 Ῥετιις!) “γένος... ἀργύρεον”
τὸ δ᾽ ἀργύρεον ἔνιοι τῇ γῇ οἰκειοῦσι λέγοντες ὅτι ἐν τοῖς Μεγάλοις Ἔργοις τὸ ἀργύριον τῆς Γῆς γενεαλογεῖ.
ΑΣΤΡΟΝΟΜΙΑ ΝΕΙ ΑΣΤΡΟΛΟΓΙΑ 223. Athen. 11.80 p. 491c-d
ὁ τὴν εἰς Ἡσίοδον δὲ ἀναφερομένην ποιήσας ᾿Αστρονοµίαν αἰεὶ Πελειάδας αὐτὰς λέγει’ τὰς δὲ βροτοὶ καλέουσι Πελειάδας. 224. Ibid.
καὶ πάλιν’ χειµέριαι δύνουσι Πελειάδες
I PRECETTI DI CHIRONE — LE GRANDI OPERE — ASTRONOMIA
Fr. 220 [285 M-W]
427
Quintiliano, Institutio oratoria
Certuni non hanno ritenuto che si dovessero istruire nelle lettere (sc. dell'alfabeto) fanciulli di meno di sette anni, perché, secondo loro, solo a partire da quell’età (sc. i sette anni) possono avere la comprensione delle discipline e sopportarne la fatica. Che di questa opinione fosse Esiodo riferiscono moltissimi che vissero prima del grammatico Aristofane (sc. di Bisanzio); infatti questi per primo sostenne che il libro dei Precetti, nel quale si trova l'opinione suddetta, non fosse di questo poeta!44. LE GRANDI OPERE Fr. 221 [286 M-W] Commentario anonimo all’Erica Nicomachea di Aristotele
Se uno seminasse mali, raccoglierebbe cattivi guadagni; se soffrisse per quel che ha fatto, avrebbe retta giustizia Fr. 222 [287 M-W] Scolio alle Opere e i giorni di Esiodo “Stirpe... argentea”
Alcuni collegano strettamente la stirpe argentea alla terra, dicendo che nelle Grandi opere Esiodo fa derivare l’argento dalla Terra.
ASTRONOMIA o ASTROLOGIA
Fr. 223 [288 M-W]
Ateneo, Sofistia banchetto
Il poeta che ha composto l’Astrororzia, che si attribuisce ad Esiodo, sempre le chiama Peleiadi: “Che i mortali chiamano Peleiadi” Fr. 224 [289 M-W] Ibidem E ancora:
“Invernali tramontano le Peleiadi”
428
ESIODO
225. Ibid.
καὶ πάλιν’ τῆμος ἀποκρύπτουσι Πελειάδες 226. Plinius Nat. bist. 18. 213
occasum matutinum Vergiliarum Hesiodus — nam huius quoque nomine exstat Astrologia — tradidit fieri, cum aequinoctium autumni conficeretur. 227 a,b
(a) Schol. in Aratum 172 (p. 166, 6-10 Martin), de Hyadibus
‘Hoiodoc Yhp dnor repi adviàv: νύμφαι Χαρίτεσσιν ὁμοῖαι Φαισύλη ἠδὲ Κορωνὶς ἐυστέφανός τε Κλέεια Φαιώ θ) ἱμερόεσσα καὶ Εὐδώρη τανύπεπλος,
ἃς Ὑάδας καλέουσιν ἐπὶ χθονὶ φθλ’ ἀνθρώπων
(b) Tzetzes in Hes. Op. 384 (p. 206 Gaisford); cfr. Tzetzes Ché.
Leone
12.161-165
τὰς λεγοµένας ᾿Ὑάδας, ὧν τὰ ὀνόματα ὁ ᾿Ασκραῖος οὗτος
Ἡσίοδος ἐν τῇ ἀστρικῇ αὐτοῦ βίβλῳ διδάσκει λέγων “νύμφαι... ἀνθρώπων”.
228. Schol. Call. Aez. fr. 110.67 P£. (P. Oxy. 2258C fr. I), de Boote
πλάγιον µέν, ὡς] Ἡσίοδος, ἀν(α)τ(έλλοντα), κατεὐθεῖᾳ[ν] δὲ δύνοντα. 229. Servius in Verg. Georg. I. 244-45 Dracone
Hesiodus ποταμῶι ῥείοντι ἐοικώς
(11. 1. p. 188. 9 Thilo-Hagen), de
ASTRONOMIA O ASTROLOGIA
429
Fr. 225 [290 M-W] Ibidem
E ancora:
“Allora le Peleiadi celano” 145
Fr. 226 {290 M-W]
Plinio, Naturalis Historia
Esiodo — infatti a suo nome resta l’Astrologza — riferì che il tramonto delle Pleiadi avviene al mattino quando si verifica l’e-
quinozio d’autunno. Fr. 227 a,b (291 M-W]
(a) Scolio ai Fenomena di Arato “Le Iadi”
Esiodo dice riguardo a quelle (sc.le ‘Tadi): ‘Fanciulle simili alle Cariti, Fesìle e Coronide e Clèeia dalla bella corona e l’amabile Faiò ed Eudore dal lungo peplo, che Iadi chiamano sulla terra le schiere degli umani.” (b) Tzetzes sulle Opere e i giorni
Le cosiddette Iadi!4, i cui nomi l’ascreo Esiodo nel suo libro sugli astri insegna, dicendo: “Fanciulle... umani” Fr. 228 [292 M-W] Scolio agli Astia di Callimaco “Boote”
Sorgendo (sc. Boote) obliquo, secondo Esiodo, e tramontando in linea retta. Fr. 229 [293 M-W] Servio sulle Georgiche di Virgilio “il Serpente”
Esiodo: ‘ Somigliante (sc. il Serpente) a un fiume scorrente’
ΗΣΙΟΔΟΥ Η ΚΕΡΚΩΠΟΣ
AITIMIOL
230. Schol. Eur. Phoerw. 1116 (1. p. 366, 4-8 Schwartz); Tzetzes, Schol. Exeg.
Iltad. 1.109, ed. Papathomopoulos, p. 27
ὁ δὲ τὸν Αἰγίμιον ποιήσας φησί’
καί οἱ ἐπὶ σκοπὸν ἼΑργον ἵει κρατερόν τε µέγαν τε τέτρασιν ὀφθαλμοῖσιν ὁρώμενον ἔνθα καὶ ἔνθα,
ἀκάματον δέ οἱ ὦρσε θεὰ μένος, οὐδέ οἱ ὕπνος
πῖπτεν ἐπὶ βλεφάροις, φυλακὴν δ᾽ ἔχεν ἔμπεδον αἰεί 231. Ps.-Apollod. B:2/. 2.[6]1.3 (p. 52, 2-6 Wagner)
"Ἡρα δὲ αἰτησαμένη παρὰ Διὸς τὴν βοῦν φύλακα αὐτῆς κατέστησεν ᾿Αργον τὸν πανόπτην, ὃν Φερεκύδης μὲν Αρέστορος λέγει,... Κέρκωψ δὲ Ἄργου καὶ Ισμήνης τῆς) Ασωποῦ θυγατρός. 232. Stephanus Byz. s.v. Αβαντίς {Ρ. 2. 1 Μεϊπεκα)
᾽Αβαντίς' ἡ Εὔβοια: ὡς Ησίοδος ἐν Αἰγιμίου δευτέρῷ περὶ
᾿]1οῦς'
νήσῳ ἐν ᾽Αβαντίδι sin τὴν πρὶν ᾽Αβαντίδα κίκλησκον θεοὶ αἰὲν ἐόντες, Εὔβοιαν δὲ βοός µιν ἐπώνυμον ὠνόμασε Ζεύς
233. Philodemus De pietate B 5215-26 Obbink
ἕνα δὲ ὀ[φθαλὸν] καὶ ὀδόγ[τα µόνον ἐ]χούσας [πάσας Αἰσ]χύλος ἐν [Φορκίσιν] λέγει καὶ [ὁ τὸν Αἰγι]μιὸν ποή[σας'
παρὰ]
δοὖν
'Ησιό[δωι
τῶν]
Φόρκου
γε[γονυιῶν
Μέδουν]σα μὲν ἔ[τεκε...] Τκεντανα} [τὸν χρυσ]οῦν ἄοίρ ἐν] ταῖς χερ]σ[ὶ]ν [ἔχο]ν«να.
234. Ps.-Apollod. Bi2/. 2.(23]1.5 (p. 57, 13 Wagner)
᾽Αμυμώνη δὲ ἐκ Ποσειδῶνος ἐγέννησε Ναύπλιον... ἔγημε δέ, ὡς μὲν οἱ τραγικοὶ λέγουσι, Κλυμένην τὴν Κατρέως, ὡς δὲ ὁ τοὺς νόστους γράψας, Φιλύραν, ὡς δὲ Κέρκωψ, Ἡσιόνην, καὶ ἐγέννησε Παλαμήδην Οἴακα Ναυσιμέδοντα.
EGIMIO
di Esiodo o di Cercope!# Fr. 230 [294 M-W] Scolio alle Fenicie di Euripide; Tzetzes, scolio all’Iliade
Il poeta dell’Egzzzio dice: ‘Ed ella (sc. Era) le (sc.a Io) inviò come guardiano Argo potente e grande che guardava con quattro occhi qua e là, e instancabile vigore la dea gli infuse, né a lui il sonno cadeva sulle palpebre, e faceva guardia costante sempre.’ Fr. 231 [294 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Era, chiesta a Zeus la giovenca, le pose a guardia Argo che tutto vede, che Ferecide dice figlio di Arestore...Cercope, invece, di Argo e della figlia di Asopo, Ismene!#8, Fr. 232 [296 M-W]
Stefano di Bisanzio, Lessico geografico, s.v. Abantide
‘Abantide’: l’Eubea, come dice Esiodo nel secondo libro
dell’Egirzio, a proposito di Io: ‘Nella divina isola di Abantide che così prima chiamarono gli dei che sempre sono, ma Zeus nominò Eubea!4 dal nome della giovenca?. Fr. 233 [295 M-W] Filodemo, De pietate
Eschilo nelle Figlie di Forchi, e anche il poeta dell’Egirzio, dicono che esse (sc.le Graie) tutte avevano un solo occhio e un solo dente; presso Esiodo, tra le figlie di Forchi, Medusa generò... che aveva tra le mani una spada d’oro (sc. Crisaore, Teog.
283).
Fr. 234 [297 M-W] Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
Amimone da Posidone generò Nauplio... Secondo i poeti tragici, egli sposò Climene figlia di Catreo, secondo il compositore dei Nosto: Filira, secondo Cercope Esione, e generò Palamede, Eace, Nausimedonte.
432
ESIODO
235 a,b
(a) Plutarchus, Thesezs 20
toXiol dè Aoyor... ET AÉYovtal kai mepì tg Apudòvmg ... οἱ μὲν γὰρ ἀπάγξασθαί φασιν αὐτὴν ἀπολειφθεῖσαν ὑπὸ τοῦ Θησέως, οἱ δ᾽ εἰς Νάξον ὑπὸ ναυτῶν κομισθεῖσαν Ὠνάρῳ τῷ ἱερεῖ τοῦ Διονύσου συνοικεῖν’ ἀπολειφθῆναι δὲ τοῦ Θησέως ἐρῶντος ἑτέρας'
δεινὸς γάρ µιν ἔτειρεν ἔρως Πανοπηΐδος Αἴγλης.
τοῦτο γὰρ τὸ ἔπος ἐκ τῶν Ἡσιόδου Πεισίστρατον ἐξελεῖν
φησιν Ἠρέας ὁ Μεγαρεύς... χαριζόµενον ᾿Αθηναίοις. (b) Arhen. 13.4 Ρ. 5578
... vouiuog è avtòv yîuor Meziforav mv Alavtos untépa. Ἡσίοδος δέ φῃσιν καὶ Ίππην καὶ Αἴγλην, δι ἣν καὶ τοὺς πρὸς ᾿Αριάδνην ὅρκους παρέβη, ὥς φησι Κέρκωψ. 236. Schol. Ap. Rhod. 3.587 (pp. 235, 24 - 236, 3 Wendel), de Aeeta et Phryxo
ἄγγελόν Φῃσιν Ἑρμῆν ὑπὸ Διὸς πεμφθῆναι κελεύοντα δέ-
ἔασθαι τὸν Φρίξον, ἵνα τὴν Αἰήτου θυγατέρα γήµῃ. ὁ δὲ τὸν Αἰγίμιον ποιήσας διὰ «τὸ δέρας αὐτὸν αὐθαιρέτως φησὶ προσδεχθῆναι. λέγει δέ, ὅτι μετὰ τὴν θυσἰαν ἁγνίσας τὸ δέρας οὕτως ἔστειχεν εἰς τοὺς Αἰήτου δόµους, τὸ κῶας ἔχων. 237. Schol. Ap. Rhod. 4.816 (pp. 293, 20-25 Wendel)
ὁ τὸν Αἰγίμιον ποιήῄσας ἐν β΄ φησίν, ὅτι ἡ Θέτις εἰς λέβη-
τα ὕδατος ἔβαλλεν τοὺς ἐκ Ππηλέως γεννώµένους, γνῶναι βουλομένη εἰ θνητοί εἰσιν, ... καὶ δἡ πολλῶν διαφθαρέντῶν ἀγανακτῆσαι τὸν Πηλέα καὶ κωλΏσαι τὸν ᾽Αχιλλέα ἐμβληθηναι εἰς λέβητα. 238. Athenaeus 11. 109 p. 503c-d
καὶ ὁ τὸν Αἰγίμιον δὲ ποιῄσας εἴθ᾽ Ἡσίοδός Κέρκῶψ ὁ Μιλήσιος, ἔνθά ποτ ἔσται ἐμὸν ψυκτήριον, ὄρχαμε λαῶν
ἐστιν
ἢ
EGIMIO
433
Fr. 235 a,b [298 M-W] (a) Plutarco, Vita di Teseo
Molti racconti ... ancora si fanno a proposito di Ariadne... Gli uni infatti dicono che si impiccò perché era stata abbando-
nata da Teseo, altri che, portata a Nasso da dei marinai visse con Onaro, sacerdote di Dioniso, e che fu abbandonata da
Teseo per amore di un’altra: “Chè terribile amore lo consumava per Egle, figlia di Panopeo” Ereas di Megara dice che Pisistrato tolse questo verso dai poemi di Esiodo... per compiacere gli Ateniesi. (b) Ateneo
(Dicono) che egli (sc. Teseo) sposò secondo le regole Melibea, madre di Aiace. Esiodo dice Ippe e Egle, per la quale violò i giuramenti ad Ariadne, come dice Cercope:50. Fr. 236 [299 M-W] Scolio alle Argonautiche di Apollonio Rodio “Feta e Frisso”
Egli (sc. Apollonio Rodio) dice che Ermete fu mandato come messaggero da Zeus con l’ordine che (sc. Eeta) accogliesse Frisso, affinché sposasse la figlia di Eeta. Il poeta dell’Egimio dice che quello, a causa del vello, fu volentieri accolto. Dice che dopo il sacrificio, purificato il vello, così mosse alla casa di Eeta, con indosso il tosone. Fr. 237 [300 M WI] Scolio ad Apollonio Rodio
Il poeta dell’Egirmzio, nel secondo libro, dice che Teti gettò in un lèbete d’acqua i figli avuti da Peleo, volendo sapere se erano mortali...
e, molti essendo
periti, Peleo si irritò e le
impedì di gettare Achille nel lebete!51\, Fr. 238 [301 M-W]
Ateneo
E il poeta dell’Egirzio, si tratti di Esiodo o del milesio Cercope: ‘Là un giorno sarà il mio fresco luogo di riposo, o condottiero di uomini’
FRAGMENTA INCERTAE SEDIS 239. Schol. Pind. Py. m. 52(b) (I. pp. 70, 14 - 71, 71 Drachmann), de Coronide
ἱστορεῖται γάρ, ὅτι τὴν Ἴσχνος μεῖξιν ἐδήλωσεν αὐτῷ (sc. τῷ ᾽Απόλλωνι) ὁ κόραξ, παρὸ καὶ δυσχεράναντα ἐπὶ τῇ ἀγγελιᾳ ἀντὶ λευκοῦ µέλανα αὐτὸν ποιῆσαι... τὸν δὲ περὶ τὸν κόρακα μῦθόν φησι (5ο. Αρτέμων) καὶ Ἡσίοδον μνημονεύοντα λέγειν οὕτως"
τῆμος ἄρ᾽ ἄγγελος ἦλθε κόραξ ἱερῆς ἀπὸ δαιτὸς Πυθὼ ἐς ἠγαθέην καί ῥ) ἔφρασεν ἔργ΄ ἀΐδηλα Φοίβωι ἀκερσεκόμπι, ὅτι Ἴσχυς γῆμε Κόρωνιν Ελλατίδης, Φλεγύαο διογνήτοιο θύγατρα
240. Schol. Pind. Pyt5. m. 38(c) (II. p. 68, 10 Drachmann), de Coronide
νήπιος, ὃς τὰ ἑτοῖμα λιπὼν ἀνέτοιμα διώκει 241. P. Cair. 45624, ed. Edgar
Ίτρηλιτεα [.. 1. ᾳουνε [ scie T'ABas: è è' dp' Ακρίσιον τέ [κεθ’ υἱόν. Lu.
500.0
Πε]ρσῆα, τὸν εἰς ἅλα λά [ρνακι à ]vérteràe Alì χρυσει [
1 n Hepona diXov 1 [
τοῦ δὲ καὶ ]Ανδρομέδας ΚηΦΠ [ίδος ἐξεγένοντο Άλκαῖος Σ]θένελός τε βίη τ’ [Ἠλεκτρνωνείη Ίηνος τικτεινερ [
10
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IL rapà Bovoiy v [ Τη]λεβόπισιν ετ [. « ο]εί seo ᾽Α]μϕιτρύων {.. 1 {
FRAMMENTI
DI INCERTA COLLOCAZIONE
Il tradimento, da parte di Coronide, di Apollo
Fr. 239 [60 M-W] Scolio alle Pitiche di Pindaro “Coronide”
Si racconta che il corvo rivelò a quello (sc. Apollo) il rapporto di lei (sc. Coronide) con Ischis, per cui (Apollo), avendolo (quello) irritato con la notizia, lo fece diventare da bianco nero... Egli (sc. Artemone di Pergamo) dice che anche Esiodo ricorda la storia del corvo, con queste parole: ‘allora messaggero venne un corvo dal sacro banchetto alla divina Pito e comunicò atti esiziali a Febo dalla chioma intonsa, che Ischis s'era unito a
Coronide,
il figlio di Elato alla figlia di Flegias della stirpe di Zeus.’152 Fr. 240 [61 M-W]
Scolio alle Pitiche di Pindaro “Coronide”
Stolto colui che lasciate le cose agevoli insegue le disagevoli. La figlia di Acrisio, Danae, madre di Perseo, che generò Alceo, Stenelo ed Elettrione
Fr. 241 [135 M-W] Papiro del Cairo
] Abante!53, che generò il figlio Acrisio.
(generò) ] Perseo, che nel mare in una cassa ] fece sorgere a Zeus l’aureo [
] il caro Perseo Da lui e da Andromeda, figlia di Cefeo, nacquero
Alceo ], Stenelo e la forza di [ Elettrione ] presso i buoi ] Teleboi ] Anfitrione
436
ESIODO
242. P. Oxy. 2501, ed. Lobel
[
[]ν[ [1 [ ]0[
1 [ Ίμεγασθ [ενε-
Ίαν [ἐ Ιπήρατου [εἶδος ἔχουσαν καὶ Κ ]οίρανον υἱέας ἐ [σθλούς ἾΊια καὶ ᾽Αντιϕάτην [{
[ΠΜαντ [ώ.. 1 {[. Ίην Προνόην tex [
10
15
αὐτὰρ Κ]ριρα[νου αὖτε] Θε[ο]κλύμενος γεγ[εθνϊός ἠδὲ καὶ] Εὐχ[ήνωρ] π[... }v Πολύιδος ἀμ[ύμων μὴ πλεῦσαι ν]ή [εσσιν] ὑπ Ἴλιο [ν] ἠνεμόείσσαν τιμὴν ἀρνύμενον ᾽Α]γαμέμνονι καὶ Μ[ενελάωι εἵνεκα ῥιγεδανῆ]ς καλλισφύρου ᾽Αρ[γειώνης, ἥμιν Τροίπι κ]ηρα Περικλυμµένω[ι δαµάσασθαι’ ἦ ῥα πατήρ, ὅς ἅ]πᾳ [ν]τα θεῶν ἄπο µήδ[εα Meer αὐτὰρ ὅ γἘυὐχήνωρ ᾽Αγ]αμέμνονι καὶ Μ [ενελαωι [ νήεσ]σιν ἅμ ἕ [σ]πετο θει {
[ 1. [κ]ούρηυ κ....ουκ { 1. Ὀϊκκλλῆα µεγάθυμ [ον [ Ποσειδάωνι ἄνακτ[ι [ ε .[ Ἱπολέων ἡγήτορ [αλαῶν [ υ {[ 1] ιφίλον µακάρ [εσσι θεοῖσι [ Ίασ[
243. Athen. 13.4 p. 557a
"Iotpog yodv Èv Ti) Teocapeokarderam TOv'ATTLKv, xataλέγων τὰς τοῦ Θησέως γενοµένας γυναϊκάς φῆσιν τὰς μὲν αὐτῶν ἐξ ἔρωτος γεγενῆσθαι, τὰς δὲξ ἁρπαγῆς, ἄλλας δὲκ νομίµων γάμων’ ἐξ ἁρπαγῆς μὲν Ελένην Αριάδνην Ἱππολύτην καὶ τὰς Κερκύονος καὶ Σίνιδος θυγατέρας, νομίμως δ'αὐτὸν γῆμαι Μελίβοιαν τὴν Αἴαντος μητέρα. ᾿Ησίοδος δέ φησι καὶ
ππην
καὶ Αἴγλην,
διἣν καὶ τοὺς πρὸς Αριάδνην
παρέβη, ὥς φησι Κέρκωψ.
ὄρκους
244. Ps.- Eratosthenes Catast. 32 (p. 162 Robert, 37 Olivieri)
᾿Ωρίων. τοῦτον Ἡσίοδός Φῃσι Εὐρνάλης τῆς Μίνωος καὶ Ποσειδῶνος εἶναι, δοθῆναι δὲ αὐτῷ δωρεα"ν ὥστε ἐπὶ τῶν κυμάτων πορεύσθαι καθάπερ ἐπὶ τῆς γῆς.
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
437
I discendenti di Melampo Fr. 242 [136 M-W; 136 Arrighetti] Papiro di Ossirinco
] potente J(lei) dall’amabile figura
] e Coirano, valenti figli
] e Antifatel54
] Mantò [ ] (generò) Pronoe [
poi da Coirano ] nacque il figlio Teoclimeno e Euchenore[ ] Poliido irreprensibile [
5
di non navigare con le navi ] ad Ilio ventosa
dando onore ] ad Agamennone e Menelao per via ] dell’orribile Argiva dalle belle caviglie o a Troia lo domasse la Kera ad opera di ] Periclimeno” Così diceva il padre ] che dagli dei sapeva ogni saggio consiglio. Poi Euchenore ] Agamennone e Menelao con le navi ] accompagnava ] la figlia (di Ippocoonte) (generò) ] Oicleo magnanimo ] a Posidone signore ] guida di molte genti ] caro agli dei beati Le donne di Teseo Fr. 243 [147 M-W]
Ateneo, Sofistia banchetto
Istro nel quattordicesimo libro delle Storie attiche, dando il
catalogo delle donne di Teseo, dice che alcune lo furono per amore, altre per ratto, altre ancora per regolare matrimonio; per ratto lo furono Elena, Ariadne, Ippolita e le figlie di Cherchione e di Sinide, regolarmente sposata fu Melibea, la madre di Aiace. Esiodo aggiunge Ippe ed Egle, per la quale violò i giuramenti fatti ad Ariadne, come dice Cercope. Ortone (frr. 244-246) Fr. 244 [148 (a) M-W]
Pseudo- Eratostene, Catasterismi
‘Orione’: Esiodo dice che era figlio di Euriale, figlia di Mi-
nosse, e di Posidone e che gli fu dato un dono, per cui camminava sulle onde come sulla terra.
10
15
438
ESIODO
245. Diodorus 4.85, 4-5
ἔνιοι δὲ λέγουσι σεισμῶν μεγάλων γενομένῶν διαρραγῆ-
ναι τὸν αὐχένα τῆς ἠπείρου καὶ γενέσθαι τὸν πορθμὸν διειρ-
γούσης τῆς θαλάττης τὴν ἤπειρον ἀπὸ τῆς νήσου. Ἡσίοδος δὁ ποιητής φησι τοὐναντίον ἀναπεπταμένου τοῦ πελάγους ᾿Ωρίωνα προσχῶσαι τὸ κατὰ τὴν Πελωρίδα κείµενον ἀκρωτήριον καὶ τὸ τέµενος τοῦ Ποσειδῶνος κατασκευάσαι, τιµώμενον ὑπὸ τῶν ἐγχωρίων διαφερόντως. ταῦτα δὲ διαπραξάµενον εἰς Εὔβοιαν µεταναστῆναι κἀκεῖ κατοικῆσαι’ διὰ δὲ τὴν δόξαν ἐν τοῖς κατοὐρανὸν ἄστρος καταριθµηθέντα τυχεῖν ἆθανάτου µνήµης. 246. Schol, in Germanici Aratea p. 93.19 Breysig
Aristomachus ait Hyriea quendam Thebis voto petisse, ut filium haberet. penes quem Iovis et Mercurius et Neptunus in hospitio devenerunt imperaveruntque ei, hostiam deiceret uti filius nasceretur. cuius pelle bovis detracya dei in eam urinam
fecere, iussuque Mercurii terra obruta; unde supra dictus sit
natus, quem Oriona adpellaverunt. tinlatione in astris. similem originem refert Hesiodus. : 247. Schol. Eur. Or. 249 (I p. 123. 8-21 Schwartz)
Στησἰχορός Φῃσιν ὡς θύων τοῖς θεοῖς Τυνδάρεως ᾿Αφροδίτης ἐπελάθετο' διὸ ὀργισθεῖσαν τὴν θεὸν διγάµους τε καὶ τριγάµους καὶ λειψάνδρους αὐτοῦ τὰς θυγατέρας ποιῆσαι... καὶ Ἡσίοδος δέ’ τῆισιν δὲ φιλομμειδὴς ᾽Αϕροδίτη ἠγάσθη προσιδοῦσα, κακῆι δέ σφ’ ἔμβαλε φήμηι. Τιμάνδρη μὲν ἔπειτ Ἔχεμον προλιποῦσ’ ἐβεβήκει, ἵκετο δ᾽ ἐς Φυλῆα φίλον µακάρεσσι θεοῖσιν' ὣς δὲ Κλυταιµήστρη «προ »λιποῦσ᾽ Αγαμέμνονα διον Αἰγίσθωι παρέλεκτο καὶ εἵλετο χεἰρον᾿ ἀκοίτην' n ὣς δ᾽ Ἑλένη ἤισχυνε λέχος ξανθοῦ Μενελάου
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE Fr. 245 [149 M-W]
439
Diodoro Siculo, Biblioteca
Alcuni dicono che, a seguito di grandi terremoti, si squarciò la cervice del continente e nacque lo stretto che disgiunge il continente dall’isola (sc. la Sicilia). Il poeta Esiodo dice al contrario che, apertosi il mare, Orione accumulò l’estremità di
capo Peloro e costituì il santuario di Posidone, particolarmente onorato dai locali. Compiuta quest’impresa, si trasferì in Eubea e lì prese dimora; per la sua fama fu annoverato tra le stelle del cielo e ottenne memoria immortale. Fr. 246 [148 (b) M-W] Scolio agli Arazea di Germanico
Aristomaco dice che un certo Irieo, a Tebe, pregò di avere
un figlio. Giove, Mercurio e Nettuno andarono presso di lui, come ospiti, e gli ordinarono di sacrificare una vittima perché il figlio nascesse. Tolta la pelle al bue, gli dei vi orinarono sopra e, per ordine di Mercurio, della terra vi fu rovesciata; da questo nacque il sopraddetto, che chiamarono Orione... ttra le stelle. Simile origine riporta Esiodo!5. Le figlie di Tindaro Fr. 247 [176 M-W] Scolio all’Oreste di Euripide
Stesicoro dice che, sacrificando agli dei, Tindaro si dimen-
ticò di Afrodite; perciò la dea, adirata, fece sì che le sue figlie
facessero due o tre matrimoni e abbandonassero i mariti... anche Esiodo: ‘ con queste Afrodite che ama il sorriso si adirò, al vederle, e cattiva nomea gettò su di loro. In seguito Timandre, lasciato Echemo, se ne andò via e andò da Fileo, caro agli dei beati; così Clitemestra, lasciato il divino Agamennone,
si stese accanto ad Egisto e preferì peggior sposo; così Elena svergognò il letto del biondo Menelao.”
440
ESIODO
248. Schol. Soph. E/. 539 (p. 128 Papageorgios), de filiis Helenae
‘ Hoiodog: ἡ τέκεθ᾽ Ἑρμιόνην δουρικλειτῶι Μενελάωι:
ὁπλότατον δ᾽ ἔτεκεν Νικόστρατον ὅζον ΄Αρπος
249. Nicolaus Damascenus (FGr.Hist 90 F 24) in Excerptis de virtut. 1. 339. 16 Bilttner-Wobst
ὅτι ἐδόκει ὀρονήσει τὸ τῶν Αμυθαινιδῶν γένος τὸ παλαιὸν ἐν τοῖς Ἑλλησι πρωτεύειν, ὥσπερ καὶ Ἡσίοδός φῃῆσιν ἐν τού-
τοις'
ἀλκὴν μὲν γὰρ ἔδωκεν Ὀλύμπιος Αἰακίδηισι, νοῦν δ᾽ ᾽Αμοθαονίδαις, πλοῦτον δ᾽ ἔπορ᾽ Ατρεΐδηισι.
250. Etymol. Gen. s.v. tprydixeg
τριχάϊῖκες' ... "Ἡσίοδος δὲ διὰ τὸ τριχῇ αὐτοὺς Δωριεῖς) οἰκῆσαι' πάντες δὲ τριχάϊκες καλέονται οὕνεκα τρισσἠν γαῖαν ἑκὰς πάτρης ἐδάσαντο.
(sc.
251. Strabo 7. 7. 2, de Lelegibus
μάλιστα δᾶἄν τις 'Ἡσιόδῳ πιστεύσειεν οὕτως περὶ αὐτῶν
εἰπόντι'
ἤτοι γὰρ Λοκρὸς Λελέγων ἡγήσατο λαῶν, τοὺς ῥά ποτε Κρονίδης Ζεὺς ἄόθιτα µήδεα εἰδὼς λεκτοὺς ἐκ γαίης ΛΑΟΥΣ πόρε Δευκαλίωνι;
252 a,b (a) Schol. Ap. Rhod. 4.259 (pp. 273, 26 - 274, 3 Wendel), de reditu Argo-
nautarum
'Ἡσίοδος δὲ καὶ Πίνδαρος ἐν Πυθιονίκαις καὶ Αντίµαχος
ἐν Λύδῃ διὰ τοῦ ᾿Ωκεανοῦ φασιν ἐλθεῖν αὐτοὺς εἰς Λιβύην,
καὶ
βαστάσαντας
«παρωγενέσθαι.
τὴν ᾽Αργῶ,
εἰς τὸ
ἡμέτερον
πέλαγος
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
441
I figli di Elena: Ermione e Nicostrato Fr. 248 [175 M-W]
Scolio all’E/ettra di Sofocle “I figli di Elena”
Esiodo: ‘La quale (sc. Elena) generò Ermione a Menelao, famoso per la lancia, e da ultimo diede alla luce Nicostrato, rampollo di Ares.’156 Fr. 249 [203 M-W] Nicola Damasceno
Perché per senno la stirpe di Amitaone sembrava primeggiare in antico tra i Greci, come anche Esiodo attesta in questi
versi:
‘Chè valore diede l’Olimpio alla progenie di Eaco e intelligenza a quella di Amitaone, e ricchezza elargì a quella di Atreo’157 I Dori
Fr. 250 [233 M-W] Etymologicum Genuinurm, s.v. ‘Divisi in tre stirpi”
‘Divisi in tre stirpi’:...Esiodo, per il fatto che quelli (sc.i Dori) vivono divisi per tre: ‘tutti sono chiamati tripartiti perché la terra in tre parti, lungi dalla loro patria, si sono assegnati.158 I Lèlegi Fr. 251 [234 M-W] Strabone “I Lelegi”
Si potrebbe soprattutto fidarsi di Esiodo quando così parla di loro (sc. dei Lelegi): E difatti Locrò guidò il popolo dei Lelegi, che una volta Zeus Cronide, che conosce disegni imperituri, raccolti dalla terra portò, genti (rocciose), a Deucalione?159 Il ritorno degli Argonauti Fr. 252 a,b [241 M-W] Scolii alle Argoraztiche di Apollonio Rodio “Il ritorno degli Argonauti”
(a) Esiodo, Pindaro nelle Pitiche e Antimaco nella Lide dicono
che costoro attraverso l'Oceano giunsero in Libia e che, caricatisi la nave Argo, giunsero al nostro mare (sc. al Mediterraneo).
442
ESIODO
(b) Schol. Ap. Rhod. 4.282 (p. 281, 1-2 Wendel)
'Ἡσίοδος δὲ διὰ Φάσιδος αὑτοὺς ἐκπεπλευκέναι λέγει. 253. Clemens, Stromz. v. 14, 129 (IL. p. 414 Stahlin-Friichtel)
ἀλλὰ καὶ ᾿Ἡσίοδος δι᾽ ὧν γράφει συνάδει τοῖς προειρημένοις' µάντις δ᾽ οὐδ' εἲς ἐστιν ἐπιχθονίων ἀνθρώπων
ὅστις ἂν εἰδείη Ζηνὸς νόον αἰγιόχοιο
254. Plutarchus, De defecta oraculorum 11 p. 415c-d
ὁ δ) Ησίοδος οἴεται καὶ περιόδοις τισὶ χρόνων γίγνεσθαι
τοῖς δαίµοσι τὰς τελευτάς' λέγει γὰρ ἐν τῷ τῆς Ναΐδος προσώπῳ καὶ τὸν χρόνον αἰνιττόμενος: ἐννέα τοι ζώει γενεὰς λακέρυζα κορώνη ἀνδρῶν ἠβώντων' ἔλαφος δέ τε τετρακόρωνος' τρεῖς δ᾽ ἐλάφους ὁ κόραξ γηράσκεται’ αὐτὰρ ὁ φοῖνιξ ἐννέα τοὺς κόρακας’ δέκα δ᾽ ἡμεῖς τοὺς φοίνικας νύμφαι ἐνπλόκαμοι, κοθὂραι Διὸς αἰγιόχοιο. 255.
Schol. T Hom. I/. 18. 570c (IV p. 557, 25-29), Aivov
kai 'Hoiodoc' Οὐρανίη δ᾽ ἄρ᾽ ἔτικτε Λίνον πολυήρατον υἱόν' ὃν δή, ὅσοι βροτοί εἰσιν ἀοιδοὶ καὶ κιθαρισταί, πάντες μὲν θρηνεῦσιν ἐν εἰλαπίναιςτε χοροῖς τε, ἀρχόμενοι δὲ Aivov καὶ λήγοντες καλέουσιν 256. Clemens, Stromz, 1. 4. 25 (11, p. 16, 13 Stahlin-Frichtel)
'Ἡσίοδος γὰρ τὸν κιθαριστὴν Λίνον
παντοίης σοφίης δεδαηκότα εἰπὼν καὶ ναύτην οὐκ ὀκνεῖ λέγειν σοφόν, “οὔτέ τι ναντιλίης σεσοφισμένον” γράφων. 257. Schol. Hom. O4. 4.231 (1. p. 196. 3-5 Dindorf)
διαφέρει ὁ Παιῄων Απόλλωνος, ὡς καὶ Ἡσίοδος μαρτυρεῖ:
εἰ μὴ ᾽Απόλλων Φοῖβος ὑπὲκ θανάτοιο σαώσαι
ἢ αὐτὸς Παιῄων, ὃς ἁπάντων φάρμακα οἶδεν
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
443
(b) Esiodo dice che costoro navigarono attraverso il Fasi. Fr. 253 [303 M-W]
Clemente Alessandrino, Stromata
Ma anche Esiodo in quello che scrive concorda con quanto detto in precedenza: ‘Nè c’è un solo indovino tra gli uomini terrestri che potrebbe conoscere la mente dell’egioco Zeus’ Fr. 254 [304 M-W]
Plutarco, De defectu oraculorum
Esiodo pensa che secondo certi cicli temporali i dèmoni abbiano la morte; infatti fa dire al personaggio della Naiade, alludendo oscuramente al tempo: ‘una cornacchia gracchiante vive nove generazioni di uomini che raggiungano la giovinezza, un cervo sta per quattro cornacchie, per tre cervi invecchia il corvo, ma la fenice per nove corvi, e per dieci fenici noi,
ninfe dai bei riccioli, figlie di Zeus egioco.”160 Lino (frr. 255-256) Fr. 255 [305 M-W1] Scolio all’Iligde “Lino”
Ed Esiodo:
‘Urania generò Lino!6! amabile figlio che, quanti mortali sono aedi e citaristi
e tutti innalzano treni nei banchetti e nelle danze,
evocano all’inizio e alla fine del canto’ Fr. 256 [306 M-W]
Clemente Alessandrino
Esiodo, infatti, detto il citarista Lino “esperto d’ogni sapienza”, non esita a dirlo anche sapiente navigante, mentre scrive (di sé) “non esperto affatto di navigazione” (Op. 649). Fr. 257 [307 M-W/] Scolio all’Odissea
Peone differisce da Apollo, come testimonia Esiodo: ‘se Febo Apollo non fosse scampato alla morte o lo stesso Peone, che sa d’ogni cosa i rimedi’!62
444
ESIODO
258. Clemens, Protr. 7. 73. 3 (I p. 55. 25 Stahlin)
ταύτῃ δὲ καὶ ὁ Ασκραῖϊος αἰνίττεται Ἡσίοδος τὸν θεόν' αὐτὸς γὰρ πάντων βασιλεὺς καὶ κοίρανός ἐστιν
ἀθανάτων τέ οἱ οὔ τις ἐρήρισται κράτος ἄλλος 259. Epimerism. alphab. in Hom., e 104 Dyck
‘Hoiodog
δῶρα θεῶν µακάρων πλῆσθαι χθονἰ
260. Clemens, Strorz. 1. 6. 36 (II. p. 24. 2 Stahlin-Friichtel)
καὶ Ησίοδος:
Μουσάων, αἵ τ ἄνδρα πολυφραδέοντα τιθεῖσι θέσπιον αὐδήεντα 261 α, Ὁ
{a) Schol, Strozz. in Germanici Aratea p. 185.4 Breysig
Phaethontem Solis et Clymenes filium esse dixerunt et quia paternos curros adfectans sibi atque mundo concremationis conflixerit et a love fulmine percussus in Eridanum deciderit fluvium — sic Hesiodus refert — et a Sole patre inter sidera conlocatus. {b) Schal. Strozz. in Germanici Aratea p. 174.6 Breysig, de Heridano
Hesiodus autem dicit inter astra conlocatum propter Phaethonta. 262 8, Ὁ (a) Hyginus Fab. 154 Phaethon Hesiodi
...harum lacrimae, ut Hesiodus
indicat, in electrum sunt
duratae; Heliades tamen nominantur. sunt autem Helie Aegle Lampetie Phoebe Aetherie Dioxippe.
Merope
(b) Lactantius Placidus Narrat. fabul Ovid. Met. 2 fab. 2-3 p. 638.7-10 Magnus
sorores Phaethontis Phaetusa Lampetie Phoebe casum fratris cum deflent, deorum misericordia in arbores populos mutatae sunt. lacrimae harum, ut Hesiodus et Euripides indicant, in electrum conversae sunt ac fluxisse dicuntur.
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
445
Fr. 258 [308 M-W] Clemente Alessandrino, Protrettico
In questo modo anche Esiodo di Ascra allude a Dio: ‘Egli di tutti è sovrano e signore, e tra gli immortali nessun altro gli contende il potere’ Fr. 259 [309 M-W] Analisi omeriche
Esiodo: ‘doni degli dei beati si avvicinarono al suolo’ Fr. 260 [310 M-W]
Clemente Alessandrino, Stromzata
Ed Esiodo:
‘delle Muse, che fanno diventare un uomo eloquente uno
che divinamente si esprime’
Fr. 261 a, b [311 in app. M-WI] Scolii agli Aratea di Germanico
(a) Dissero che Fetonte era figlio del Sole e di Climene e poiché, desiderando guidare i carri del padre, fece rasentare a sé e al mondo il pericolo di una conflagrazione, colpito dal fulmine di Giove cadde nel fiume Eridano - così racconta Esiodo —, e dal padre Sole fu collocato tra le stelle. (b) Esiodo dice che (sc. Eridano) fu collocato tra gli astri vicino a Fetonte. Fr. 262 a, b [311 M-W] (a) Igino, Genealogie
... le lacrime di queste, come riferisce Esiodo, si solidifica-
rono divenendo ambra; e sono chiamate Eliadi. E sono: Merope, Elie, Egle, Lampetie, Febe, Eterie, Dioxippe. (b) Lattanzio Placido, Narrazione delle favole di Ovidio
Le sorelle di Fetonte, Fetusa, Lampetie, Febe, mentre pian-
gevano la morte del fratello, furono trasformate dalla misericordia degli dei in pioppi. Le loro lacrime, come riferiscono
Esiodo ed Euripide, furono trasformate in ambra e si dice che fluissero!93,
446
ESIODO
263. Aelianus Var. bist. 12.20 p. 368 Wilson
λέγει ᾿Ἡσίοδος τὴν ἀηδόνα µόνην ὀρνίθων ἀμελεῖν καὶ διὰ τέλους ἀγρυπνεῖν' τὴν δὲ χελιδόνα οὐκ εἰς τὸ λὲς ἀγρυπνεῖν, καὶ ταύτῃ δὲ ἀπολωλέναι τοῦ ὕπνου τὸ τιµωρίαν δε, ἄρα ταύτην ἐκτίνουσι διὰ τὸ πάθος
ὕπνου παντεἥμισυ. τὸ ἐν
Θράικη κατατολμεθὲν τὸ ἐς τὸ δεῖπνον ἐκεῖνο τὸ ἄθεσμον.
264. Ps. Ammonius, De adf. vocab. diff. 354 ρ. 92 9-11 Νίοκαι (5.ν. ὄρθρος)
kai Hoiodoc τελευτῆσαί φῃσι τινα
πρωϊ µάλ’ ἠΐθεον,
265. Schol. A _Hom. IZ 11.155b απ p. 155, 72-72 Ἐδς) ἀΐδηλον ἐν ἀξύλῳ ἐμπέσῃ ὕλῃ”
“ὡς δὅτε πῦρ
ὡς ᾿Ἡσίοδος'
τῆλε γὰρ ἀξυλίπι κατεπύθετο κήλεα νηῶν 266. ΕΒ/ΗΙΟΙ. (τε. 9.ν. λαρόν λ. 326 Colonna, A 36 Alpers
'Ἠσίοδος' οὐκέτι δὴ βαίνουσι λαροῖς ποσἰν. 267. Schol. A Hom. Il 24.624 (V p. 626, 77-80 Erbse) “ώπτησάν τε περι-
Φραδέως, ἐρύσαντό τε πάντα”.
σημειοῦνταί τινες, ὅτι Ησίοδος ἐποίησεν' ὤπτησαν μὲν πρῶτα, περιφραδέωῶς δ᾽ ἐρύσαντο. 268. Galenus De placitis Hippocr. et Plat. III 2.17 (I p. 182, 13-16 De Lacy) = Chrysippus fr. 906, Stoic. Ver. Fr. II. p. 254. 11 v. Arnim)
τῶν δἐξ 'Ἡσιόδου παραγραφέντων ὑπὸ Ἀρυσίππου παµπόλλων καὶ αὐτῶν ὄντων ἀρκέσει µοι δυοῖν ἢ τριῶν ἐπιμνησθῆναι παραδειγµάτων ἕνεκα᾽ τοῦ {δε]γὰρ ἀέξετο θυμὸς ἐνὶ στήθεσσι φίλοισι 269. Galenus (I p. 182, 18 De Lacy)
καὶ ω * x , 2 23» οἷον ἐνὶ στήθεσσι χόλον θυµαλγέ’ ἔχουσα
FRAMMENTI
DI INCERTA COLLOCAZIONE
447
Fr. 263 [312 M-WI] Eliano, Varia Historia
Esiodo dice che l’usignolo è il solo tra gli uccelli a trascura-
re il sonno e a stare sveglio continuamente; la rondine invece
non resta insonne completamente e metà del suo sonno è perso. Scontano questa punizione a causa della dolorosa esperienza osata in Tracia in relazione a quell’empio banchetto!&. Fr. 264 [313 M-W] Pseudo-Ammonio, Sulle parole simili e differenti, s.v. alba
Ed Esiodo dice che morì:
‘acerbamente, assai giovane’
Fr. 265 [314 M-W/] Scolio all’Iliade “Come quando fuoco distruttore s'abbatte su fitta foresta”
Esiodo: ‘difatti lontano, per mancanza di legno, marciva il fasciame delle navi” Fr. 266 [315 M-W] Etymologicum Genuinum
Esiodo: ‘non camminano più con piedi graziosi’16 Fr. 267 [316 M-WI] Scolio all’Iliade “Arrostirono abilmente, poi tolsero ogni cosa”
Alcuni notano con un segno (diacritico) che Esiodo abbia
scritto: ‘arrostirono anzitutto e abilmente ritolsero’.166
Fr. 268 [317 M-W] Galeno, Sulle opinioni di Ippocrate e Platone
Dei passi di Esiodo trascritti da Crisippo, che sono parec-
chi, mi basterà ricordarne due o tre a mo’ di esempio: p
‘difatti la passione di questo crebbe nel suo petto”
Fr. 269 [318 M-W] Ibidem E
‘quale collera, tormento del cuore, avendo ella in petto’
448
ESIODO
270. Strabo 7. 7. 10
οἱ δὲ Πελασγοὶ τῶν περὶ τὴν Ἑλλάδα δυναστευσάντων ἀρχαιότατοι λέγονται... ὁ δ᾽ Ἡσίοδος Δωδώνην φηγόν τε, Πελασγῶν ἕδρανον, ἠιεν 271. Harpocratio E 130 p. 111 Keaney, p. 133. 18 Dindorf
ἔργα νέων. τοῦτο καὶ ᾿Υπερείδης ἐν τῷ κατΑὐτοκλέους "Ἡσιόδου Φησὶν εἶναι. παροιμία τίς ἐστιν, ἣν ἀνέγραψε καὶ ᾿Αριστοφάνης ὁ γραμματικὸς οὕτως ἔχουσαν' ἔργα νέων, βουλαὶ δὲ µέσων, εὐχαὶ δὲ γερόντων
272. Porphyrius, De abstinentia I. 18 (p. 148. 13 Nauck)
καὶ τὸν Ἡσίοδον οὖν εἰκότως τὸν τῶν ἀρχαίων θυσιῶν νόμον ἐπαινοῦντα εἰπεῖν: ὥς κε πόλις ῥέζηισι, νόµος δ᾽ ἀρχαῖϊος ἄριστος 273. Schol. Nicandr. Ther. 452 (p. 185 Crugnola)
καὶ Ησίοδος: χρἠ δέ σε πατρὶ «
οκτἰλον ἔμμεναι
274. Ps. Plato, Epist. XI p. 359a
συμβουλεΏσαι
μέντοι ἔχω σοί τε καὶ τοῖς οἰκισταῖς, ὃ
εἰπόντος μὲν ἐμοῦ, φησὶν ' Ησίοδος, δόξαι ἂν εἶναι Φαῦλον, χαλεπὸν δὲ νοῆσαι. 275. Photius Bb/. 279, p. 535b 38 Bekker
τὸ δὲ “κνισᾶν ἁγυιὰς” παρὰ 'Ἡσιόδῳ τοῖς θεοῖς θύειν
λέγει.
276. Pollux 3.19
“ἀγαπητὴ” θυγάτηρ ἡ µονογενἠς καθ’
Ἡσίοδον.
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
449
Fr. 270 [319 M-W/] Strabone, Geografia
I Pelasgi sono detti i più antichi tra quanti hanno dominato in Grecia... Esiodo: ‘venne a Dodona e alla quercia, sede dei Pelasgi?.167 Fr. 271 [321 M-W/] Arpocrazione, Lessico dei dieci oratori
‘Azioni di giovani’. Anche
Iperide nel discorso
contro
Autocle dice che questa battuta è di Esiodo; è una espressione
proverbiale che Aristofane (sc. di Bisanzio) grammatico ha registrato in questi termini: ‘azioni di giovani, decisioni di uomini di mezz’età, preghiere di vecchi” Fr. 272 [ 322 M-W]
Porfirio, Sull'astinenza
E dunque Esiodo, verosimilmente lodando la legge degli
antichi sacrifici, disse:
‘comunque la città faccia sacrifici, la legge antica è la migliore’
Fr. 273 [ 323 M-WI] Scolio ai Theriakà di Nicandro
Ed Esiodo: ‘bisogna che tu sia docile con tuo padre.’168 Fr. 274 [324 M-W] Pseudo-Platone, Lettere
Posso dare come consiglio a te e agli ecisti ciò che, dicendo-
lo io, avverte Esiodo, potrebbe apparire dappoco e ‘difficile a capirsi’. Fr. 275 [325 M-W]
Fozio, Biblioteca
In Esiodo, ‘profumare le vie’ vale sacrificare agli dei. Fr. 276 [326 M-W] Polluce, Oromzasticon
‘Amata’ è la figlia unica secondo Esiodo.
450
ESIODO
277. Audacis Excerpta, Gramm. Lat. VII p. 332 Keil
qui primum his observationibus in componendis carmini-
bus usi sunt? Phemonoe dicitur Apollinis vates prima per insaniam ita locuta, cuius Hesiodus meminit.
278. Schol. AT Hom. I 21.528b (V ρ. 248.77 Ετβςε) “πεφυζότες”
ὅθεν ἄφυζαν
τὸν λέοντα Ἡσίοδος εἶπεν.
279. Strabo 8. 5. 3
᾿Ἠσιόδου δέ, ὅτι τὸ βριθὺ καὶ βριαρὸν
βρῖ
λέγει. 280. Tzetzes, Exeges. Iliad. p. 4.9 Hermann
καὶ ἕτεροι δὲ πλεῖστοι, ὥσπερ καὶ Ποσειδώνιος ὁ᾽ Απολλωνιάτης ὁ τῷ 'Ἡσιόδῳ µέμψιν ἐπάγων ὡς παραφθείραντἰ τινας τῶν Ὁμήρου λέξεων τὸν Οἰλέα “Ἰλέα” εἰπόντι καὶ τὸν νηδυµον ἤδυμον
καὶ ἄλλα ἅττα τοιαῖτα, τῆς Ὁμηρικῆς ἐπεμελήθησαν ἐξηγήσεως.
281. Schol. in Philostrati Herosc. p. 464 Boissonade
εὑρίσκεται δὲ καὶ παρ᾽ Ἡσιόδῳ µόνῳ... ὅτων 282. Epimerism. alphab. in Hom., a 253 Dyck
'Ἡσίοδος δὲ τὸ Πρόκριν παρὰ τὸ κρἰσις, πρόκρισις, πρὀκρισιν, καὶ ἐν συγκοπῃΠρόκριν. 283. Pollux I. 231
καὶ φυλλοχόος µήν
.ω ὡς Ἡσίοδος.
284. 1 εεΏοπαχ περὶ σχημάτων ΕΙ, 2 Ρ. 178.8 Βἰαπίς
καὶ παρ᾽ 'Ἡσιόδῳ δαϊζομένοιο πόληος
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
451
Fr. 277 [327 M-W] Excerpta di Audace da Scauro e Palladio
Chi furono i primi a servirsi di queste osservazioni nel comporre poemi? Si dice che Femonoe, sacerdotessa di Apollo, che Esiodo ricorda, sia stata la prima a parlare in tal modo in stato di follia. Fr. 278 [328M-W1] Scolio all’Iliade “Fuggendo (essi)”
Quindi, Esiodo chiamò ‘che non fugge’ il leone. Fr. 279 {329 M-W] Strabone
...di Esiodo, perché dice ‘bri’ per dire ‘brithy’ (pesante) e ‘briaròs’ (forte).!69 Fr. 280 [330 M-W]
Tztetzes sull’Iliade
E moltissimi altri si occuparono di esegesi omerica, come Posidonio di Apollonia, colui che mosse biasimo a Esiodo per
aver distorto alcuni termini omerici, per esempio dicendo Ileo
al posto di Oileo e “hèdymon” (dolce) al posto di ‘nèdymon’ (dolce) e altro del genere.
Fr. 281 [331 M-WI] Scolio all’Eroico di Filostrato
E si trova solo in Esiodo ‘hòton’ (‘di quelli che’) Fr. 282 [332 M-W] Analisi omeriche
Esiodo siodo fa fa d derivare ‘P ‘Procri’ ” da da ‘krisis’ ‘krisis’ (giudizio), (giudizio), (preferenza) abbreviato in ‘Procri’. Fr. 283 [333 M-W] Polluce, Orrorzasticon
E ‘mese che le foglie riversa’, ...secondo Esiodo. Fr. 284 [335 M-W]
Lesbonatte, Sulle figure
E in Esiodo: ‘lacerandosi la città’
‘pròkrisis’ ‘pròkri
452
ESIODO
285. Schol. E Hom. Od. 7.104 (1. 222, 9-13 ὨἰπάοτΏ) “αἳ μὲν ἀλετρεύουσι μύλης ἔπι µήλοπα καρπόὀν”
οἱ δέ, ὅτι τὸ ἔριον ἐπὶ τοῦ μηροῦ ἔστρεφον' μύλη γὰρ καὶ
τὸ ἄκρον τοῦ μηροῦ. καὶ Ησίοδος γάρ φησι τό ἀλετρεύουσι μύλης ἔπι µήλοπα καρπόν, ἐπὶ τῆς ἠλακάτης τῆς στρεφοµένης δίκην μύλης' γὰρ τὸν τῶν προβάτων καρπόν, ἤτοι τὸν µαλλόν.
µήλοπα
286 a, b
(a) Etymol. Symeonis a 356 L.-L. (cf. Etym. Gen. a 232)
ὡς παρ᾽ Ησιόδῳ ἀκαλὰ προχέων (b) Steph. Byz. 5.ν. Παρθένιος (ρ. 503. 21 Μειωσ]κο)
Παρθένιος' ποταμὸς ἐν µέσῳ τῆς ᾽Αμαστριανῶν πόλεως ῥέων. ἐκλήθη δὲ... διὰ τὸ ἠρεμαῖον καὶ παρθενῶδες τοῦ ῥεύματος: ὣς ἀκαλὰ προρέων ὡς ἀβρὴ παρθένος εἶσιν 287. Strabo 13.1.12, de Priapo
ἀπεδείχθη δὲ θεὸς οὗτος ὑπὸ τῶν νεωτέρων' "Ἡσίοδος οἶδε Πρίαπον.
οὐδὲ γὰρ
288. Schol. Hom. Od. 19.34 (II p. 670, 21-23 Dindorf), Adyvov
τῷ δὲ παρ᾽ ἡμῖν καλουμένῳ λύχνῳ τοὺς ἥρωας χρωµένους ὁ ποιητὴς οὐκ εἰσάγει οὐδὲ ' Ησίοδος µέμνηται. 289. Arg. Soph. Oed. Reg. I
ὅτι δὲ νεώτερον τὸ τοῦ 'τυράννου᾽ ὄνομα δῆλον' οὔτε γὰρ ὝὍμηρος οὔτε ᾿Ησίοδος οὔτε ἄλλος οὐδεὶς τῶν παλαιῶν τύραννον ἐν τοῖς ποιήµασιν ὀνομάζει.
FRAMMENTI DI INCERTA COLLOCAZIONE
Fr. 285 [337 M-W] frumento”
Alcuni
453
Scolio all’Odissea “Alcune sulla mola macinano giallo
(sc.dicono)
che
avvolgevano
la lana sulla coscia;
‘myle’ (mola) infatti è anche la parte alta della coscia, ed Esiodo dice: ‘macinano sulla conocchia (myle) biondo frutto’, a proposito della conocchia che si avvolge alla maniera di
una mola. Difatti (dice) giallo il frutto delle pecore, cioè la
lana.
Fr. 286 a,b [339 M-W] (a) Etimologico di Simeone
Come in Esiodo: ‘versando tranquillamente’ (b) Stefano di Bisanzio, Lessico geografico, s.v. ‘Partenio’
‘Partenio’: fiume che scorre nel mezzo della città di Amastri; fu chiamato... a causa della placidezza e del carattere verginale della sua corrente: ‘così tranquillo scorrendo come delicata fanciulla incede’ Fr. 287 [340 M-W1] Strabone, Geografia “Priapo”
Questi (sc. Priapo) fu mostrato come dio dai moderni; difatti neppure Esiodo conosce Priapo. Fr. 288 [341 M-W'1 Scolio all’Odissea “Lucerna”
Il poeta (sc. Omero) non introduce eroi che usino quel che noi chiamiamo lucerna e neppure Esiodo la ricorda. Fr. 289 [342 M-W] Argomento dell’Edipo re di Sofocle
È chiaro che il termine ‘tiranno’ è recente; infatti né Omero
né Esiodo né alcun altro degli antichi usa il termine ‘tiranno’ nei suoi poemi,
FRAGMENTA DUBIA 290. Natalis Comes, Mythologiae VI. 22 (p. 479 ed. Patav. 1616)
alii Oencum patrem Inachi fuisse putarunt, quare fuit Oenides ab Hesiodo in sacro sermone ita appellatus: Ἴναχος Οἰνείδης Κρονίδῃ πολὺ φίλτατον ὕδωρ.
Inachus Oenides coelo gratissimus amnis
291. Natalis Comes, Myshologzae VI. 1 (p. 370 ed. Patav. 1616)
fama est Herculem in Triphyliam regionem Eleorum profectum habuisse controversiam de voracitate cum Lepreo Pyrgei filio, ut inquit Hesiodus in Ceycis nuptiis; atque cum uterque bovem in epulas occidisset, Lepreus nihilo fuit tardior aut imparatior edendo inventus, sed cum post epulas ventum esset ad pugnam ob indignationem aemulae virtutis, Lepreus cecidit ob vim Herculeam. 292. Schol. D Hom. IZ 6.35 (p. 256 van Thiel)
᾿Αχιλλεὺς ἐπὶ τῶν Τρωϊκῶν πολέμων πορθῶν τὰς περιοίκους πόλεις τῆς ᾿]λίου ἀφίκετο εἰς τὴν πάλαι Κολώνειαν, νυνὶ δὲ Πήδασον καλουµένην. ἀπεγνωκότος δὲ αὐτοῦ τὴν εἰς
τέλος πολιορκίαν καὶ μέλλοντος ἀναχωρεῖν, φασὶ παρθένον ἐντὸς οὖσαν τοῦ τείχους ἐρασθῆναι τοῦ ᾿ Αχιλλέως καὶ λα-
βοῦσαν µήῆλον ἐπιγράψαι, καὶ ῥίψαι ᾽Αχαιῶν. ἦν δὲ οὕτως ἐπιγεγραμμένον:
εἰς
τὸ
Μὴἡ σπεῖῦδε, Αχιλλεῦ, ἕως ἂν Κολώνειαν ἕληις: ὕδωρ γὰρ οὐκ ἔνεστι, διψῶσι κακῶς.
µέσον
τῶν
τὸν δὲ᾽ Αχιλλέα οὕτως ἐπιμείναντα ἑλεῖν τὴν πόλιν τῇ τοῦ ὥδατος ἐνδείᾳ. ἱστορεῖ Δημήτριος καὶ ᾿Ἡσίοδος. 293 a,b, c
(a) Plutarchus De Stoicorum repugnantiîs 8, p. 1034e Pohlenz
πρὸς τὸν εἰπόντα
μηδὲ δίκην δικάσῃς, πρὶν ἄμφω μῦθον ἀκούσῃς ἀντέλεγεν ὁ Ζήνων...
FRAMMENTI
Fr. 290 [122 M-W]
DUBBI
Natale Conti (anni 1520-80), Mitologie
Altri pensarono che Eneo fosse il padre di Inaco!79, per cui (questi) fu chiamato Enìde da Esiodo in un discorso sacro: ‘TInaco Enìde, acqua al Cronìde di gran lunga la più cara’ Inaco Enìde, fiume graditissimo al cielo
Fr. 291 [265 M-W] Ibidem
È fama che Ercole, partito per la Trifilia, regione dell’Elide, fece una gara di voracità con Lepreo, figlio di Pirgeo, come dice Esiodo nelle Nozze di Ceice ; e, avendo entrambi ucciso un bue
per il banchetto, Lepreo non apparve per niente più lento o meno pronto nel mangiare; ma, poiché dopo il banchetto si arrivò a combattere a causa del rancore di ciascuno per la virtù del competitore, Lepreo cadde sopraffatto dalla forza di Ercole. Fr. 292 [214 M-W]
Scolio all’Iliade
Achille, nel corso della guerra troiana, devastando le città attorno ad Ilio, giunse a quella che in antico si chiamava Coloneia e ora Pèdaso. Avendo egli rinunciato ad assediarla fino alla fine e sul punto di andarsene, dicono che una fanciulla che si trovava dentro le mura, innamoratasi di Achille, prese una mela, vi scrisse sopra e la gettò in mezzo agli Achei. Questo il tenore del messaggio: ‘Non darti da fare, Achille, per prendere Coloneia, perché non c’è acqua e hanno una terribile sete.” Achille in tal modo rimase e prese la città per mancanza d’acqua. Raccontano l’episodio Demetrio ed Esiodo!71, Fr. 293 a, b, c [338 M-W] (a) Plutarco, Le contraddizioni degli Stoici
A chi disse: ‘non pronunciare il giudizio prima di aver ascoltato la parola di entrambi’172, replicò Zenone...
456
ESIODO
(b) Aristoph. Vespae 725
ἧπου σοφὸς ἦν ὅστις ἔφασκεν' “πρὶν ἂν ἀμφοῖν μῦθον ἀκούσῃς, οὐκ ἂν δικάσαις”, (c) Cicero ad Attic. 7.18.4
ego autem etsi illud yevènorédetov — ita enim putatur — οὔδεινο, μηδὲ δίκην... 294. Galenus De placitis Hippocr. et Plat. 1. 8, 11-14 (I p. 226, 4-22 De Lacy) {= Chrysippus fr. 908, Stoic. Ver. Fr. II. p. 257, 10-28 von Arnim)
ἐκ ταύτης ἔριδος ἢ μὲν τέκε φαίδιµον υἱὸν Μφαιστον ἡτέχνηισιν ἄνευ Διὸς αἰγιόχοιο
10
ἐκ πάντων παλάμηισι κεκασμένον Οὐρανιώνῶν' αὐτὰρ ὅ Υ Ὠκεανοῦ καὶ Τηθύος ἠυκόμοιο κούρηι νόσφ᾽ Ἡρης παρελέξατο καλλιπαρήου ἐξαπαφὼν Μῆτιν καἰπερ πολύιδριν ἐοῦσαν: συμµάρψας δ᾽ ὅ γε χερσὶν ἑὴν ἐγκάτθετο νηδύν, δείσας μὴ τέξηι κρατερώτερον ἄλλο κεραυνοῦ' τοὐνεκά µιν Κρονίδης ὑψίζυγος αἰθέρι ναίων κάππιεν ἐξαπίνης. ἢ δ᾽ αὐτίκα Παλλάδ᾽ ᾽Αθήνην κύσατο" τὴν μὲν ἔτικτε πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε πὰρ κοροφήν, Τρίτωνος ἐπ᾽ ὄχθηισιν ποταμοῖο.
Μῆτις δ᾽ αὖτε Ζηνὸς ὑπὸ σπλάγχνοις λελαθυϊα
15
ἧστο, ᾿Αθηναίης µήτηρ, τέκταινα δικαίων, πλεῖστα θεῶν εἰδνυῖα καταθνητῶν τ’ ἀνθρώπων. Τένθα θεὰ παρέλεκτο.Θέμις Ἱπαλάμαις περὶ πάντων ἀθανάτων ἐκέκασθ᾽ οἳ Ὀλύμπια δώματ’ ἔχουσιν, αἰγίδα ποιήσασα φοβέστρατον ἔντος ᾿Αθήνης'
σὺν τῆι ἐγείνατό µιν, πολεμήϊα τεύχε᾽ ἔχουσαν.
FRAMMENTI DUBBI
457
(b) Aristofane, Vespe
Certo era sapiente chi disse: ‘prima di aver ascoltato le parole di entrambi non potresti pronunciare il giudizio’. (c) Cicerone, Lettere ad Attico
Io, invero, anche se rispetto quel detto pseudo-esiodeo — così infatti è giudicato — : ‘non pronunciare il giudizio...’ Fr. 294 [343 M-W] Galeno, Le opinioni di Ippocrate e Platone, III, 8, 11-14 = Crisippo, fr. 908 (SVF II, 257,10-28)
In seguito a questa controversia, ella (sc. Era) generò un figlio celebre per le sue arti, Efesto, senza Zeus egioco, eccellente per l’abilità delle sue mani tra tutti i discendenti di Urano. Quello (sc.Zeus) alla figlia di Oceano e Tetis dalla bella chioma accanto si stese, lungi da Era dalle belle guance, ingannando Metis per quanto assai accorta. Afferratala con le mani, l’ingoiò nel suo ventre,
temendo che ella generasse altro più possente del fulmine; per questo l’eccelso Cronide che ha sede nell’etere la inghiottì d'improvviso. E quella tosto Pallade Atena concepì; che il padre degli dei e degli uomini generò
dalla (?) testa, sulle rive del fiume Tritone. Metis, poi, nascosta nelle viscere di Zeus, dimorava, la madre di Atena, la costruttrice di ciò che è giusto,
conoscitrice di moltissime cose tra gli dei e gli uomini mortali. Allora gli si stese accanto la dea Temi, che per le sue abili
mani tra tutti
gli immortali, che abitano le dimore olimpie, spiccava: fece l’egida di Atena, arma che spaventa gli eserciti; insieme a lei (sc.Zeus) la generò, rivestita delle armi di
guerra. 173
458
ESIODO
295. Schol. Stat. Theb. 3.483 (pp. 169, 23 - 170, 4 Jahnke)
rationem redditurus est, unde concessum sit avibus futura praedicere...prima opinio est ab Hesiodo: futura praedicere quia supernus conditor orbis, cum chaos figuraret in semina, hanc illis potestatem concessit. 296. Tosephus Antigu. Iud. 1.108
'Ἠσίοδος τε καὶ ᾿ Εκαταῖος καὶ ᾿Ελλάνικος καὶ ᾿Ακουσίλαος καὶ πρὸς τούτοις Ἔφορος καὶ Νικόλαος ἱστοροῦσι τοὺς
ἀρχαίους ζήσαντες ἔτη χίλια..
297. Schol. Pind. Newz. 11. 1 (Il. p. 31, 7-12 Drachmann) de rhapsodis
Φιλόχορος δὲ ἀπὸ τοῦ συντιθέναι καὶ ῥάπτειν τὴν ᾠδὴν προσκεκλῆσθαι. οὕτω Φφησὶν αὐτοὺς (56{]. τοὺς ῥαψῷδούς)
δηλοῖ δὲ ὁ ' Ησίοδος λέγῶν'
ἐν Δήλωι τότε πρῶτον ἐγὼ καὶ Ὅμηρος ἀοιδοὶ µέλπομεν, ἐν νεαροῖς ὄμνοις ῥάψαντες ἀοιδήν,
Φοῖβον ᾽Απόλλωνα χρυσάορον, ὃν τέκε Λητώ 298. Paraphrasis Lycophr. 822 (I, p. 71 Scheer)
πρῶτος Ἡσίοδος περὶ τῆς Ἑλένης τὸ εἴδωλον παρήγαγε. 299 a,b
(a) Servius auctus in Verg. Aex. 4.484 (I pp. 552, 22 - 553, 2 Thilo)
Hesiodus has Hesperidas Aeglen, Erytheam, Hesperethu-
sam, Noctis filias, ultra Oceanum mala aurea habuisse dicit. (b) Schol. Clem. Protrept. p. 302, 34 - 303, 2 Stahlin
Ἑσπερίδες νύμφαι τινὲς νόµιοι οὕτω λεγόµεναι, αἱ φυλάττουσαι τὰ λεγόμενα χρύσεα μῆλα' “Ἡ δὲ Ερύθεια καὶ Ἔσπε-
ρέθουσα βοῶπις”, ὥς φησιν ᾿ Απολλώνιος ὁ ᾿Ρόδιος.
FRAMMENTI DUBBI
459
Fr. 295 [355 M-WI] Scolio alla Tebaide di Stazio
Egli (sc.Stazio o Anfiarao) spiegherà come mai è stato concesso agli uccelli di predire il futuro...La prima opinione viene da Esiodo: predicono il futuro perché il supremo fondatore del mondo, dando figura al caos negli elementi, concesse loro tale potere!?4.
Fr 296 [356 M-W] Giuseppe, Antichità giudaîche
Esiodo, Ecateo, Ellanico, Acusilao e, oltre a questi, Fforo e
Nicola (sc. Damasceno) mille anni.
raccontano
che gli antichi vivevano
Fr. 297 [357 M-WI] Scolio alle Nermee di Pindaro “I rapsodi”
Filocoro dice che essi (sc. i rapsodi) furono così chiamati dal combinare e cucire assieme i loro canti. Lo mostra Esiodo che dice: ‘A Delo allora per la prima volta io ed Omero, aedi, cantammo, cucendo in nuovi inni il nostro canto, Febo Apollo dall’aurea spada, che Latona generò?175. Fr 298 [358 M-W/] Parafrasi dell’A/essandra di Licofrone
Esiodo per primo introdusse il simulacro (‘eidolon’) a proposito di Elena. Fr. 299 a, b [360 M-W] (a) Servio sull’Eneide
Esiodo dice che le Esperidi, Egle, Eritea, Esperetusa, figlie della Notte, avevano delle mele d’oro al di là dell'Oceano. (b) Scolio al Protrettico di Clemente Alessandrino
Le Esperidi erano ninfe dette pastorali, quelle che custodivano le cosiddette mele d’oro: “Eritea ed Esperetusa dagli occhi bovini”, come dice Apollonio Rodio (4, 1427).
460
ESIODO
300 a, b
(a) Plato, Resp. Ii p. 390e
οὐδ' ἀστέον αὐτοῖς ὅτι δῶρα θεοὺς πείθει, δῶρ᾽ αἰδοίους βασιλῆας (b) Suda è 1451 (II p. 135.12 Adler)
«δῶρα-βασιλῆας”. οἱ μὲν Ἡσιόδειον οἴονται τὸν στίχον... 301. Clemens, Strozz. V. 14. 107. 2 (IL. p. 397. 21 Stahlin)
‘Hotodog uèv oùv οὕτως περὶ αὐτῆς (5ο. τῆς ἑβδόμης ἡμέρας) λέγει' “πρῶτον ἔνη τετράς τε καὶ ἑβδόμη ἱερὸν
ἡμαρ” (ΟΡ. 770), καὶ πάλιν
ἑβδομάτῃ δ᾽ αὖτις λαμπρὸν φάος ἠελίοιο
302. Apollonius Soph., Lex. How. p. 164. 14 Bekker
ὡς καὶ Ηλιόδωρος' φοῖβον ὕδωρ ἐπάγων κέρασ᾽ Ὠκεανοῖο ῥοῇσι 303. Aristot. Hirst, Animal. VIII.18, 601 a 31 - b.3.
τὰ μὲν οὖν γαμψώνυχα... ὡς ἁπλῶς εἰπεῖν ἄποτα πάµπαν ἐστίν. ἀλλ᾽ Ἡσίοδος ἠγνόει τοῦτο’ πεποίηκε γὰρ τὸν τῆς µαντεἰας πρόεδρον ἀετὸν ἐν τῇ διηγήσει τῇ περὶ τὴν πολιορκίαν mv Nivov rivovia. 304. Hesych. 1 1185 (II p. 384 Latte)
Ἰὼ Καλλιθύεσσα Καλλιθύεσσα ἐκαλεῖτο ἤ πρώτη ἱέρεια τῆς ᾿Αθηνᾶς. 305. Ps.-Apollod. B:2/. [11.32 Ξ Collectanea Alexandrina pp. 71-72 Powell
τὰ ὀνόματα τῶν ᾽Ακταίωνος κυνῶν ἐκ τῶν «...» οὕτω"
δἡ νῦν καλὸν σῶμα περισταδὀν, ἠύτε θηρός, τοῦδε δάσαντο κύνες κρατεροί. πέλας Ἱ ΄Ἄρκενα πρώτη. μετὰ ταύτην ἄλκιμα τέκνα, Λυγκεὺς καὶ Βαλίος πόδας αἰνετός, ἠδ᾽ ᾽Αμάρυνθος.
καὶ «κεν) τοὺς ὀνομαστὶ διηνεκέως καταλέξη
FRAMMENTI DUBBI
461
Fr. 300 a, b [361 M-W]
(a) Platone, Repubblica
Né bisogna a loro cantare che: ‘i doni persuadono gli dei, i doni (persuadono) i re venerabili.” (b) Suda
‘Doni...re’: alcuni ritengono il verso esiodeo... Fr. 301 [362 M-W]
Clemente, Stromata
Esiodo così dice su di esso (sc. sul settimo giorno): “Innan-
zitutto il primo, il quarto e il settimo sono giorni sacri” (Op.
770) e ancora: ‘e al settimo la chiara luce del sole’ Fr. 302 [363 M-W] Apollonio Sofista, Lessico omerico
Come anche Eliodoro!76: ‘chiara acqua apportando, la mescolò alle correnti di Oceano’ Fr. 303 [364 M-W] Aristotele, Storia degli animali
Quelli dunque con adunchi artigli... per farla breve, non bevono per niente. Ma Esiodo lo ignorava; infatti, nella narra-
zione dell’assedio di Ninive, raccontò che bevve l’aquila che
presiedeva alla divinazione. Fr. 304 [125 M-W/] Esichio
‘To Callitiessa’ Callitiessa si chiamava la prima sacerdotessa di Atena. Fr. 305 [39 Hirschberger]!?? Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
I nomi dei cani di Atteone dai così: ora, stando attorno al bel corpo come di fiera, i suoi cani potenti lo fecero a brani; dappresso Arcena per
impiegando (i canti). 2 (3), «Ζει hanno detto padre delle Muse Zeus e madre Mnemòsine, perché chi sta per essere educato deve essere capace di riflessione e di memoria; la prima qualità la dona Zeus, la seconda Mnemosine. 2a. ‘Vostro (‘sphèteron’)’: non ha tenuto conto dei pronomi; difatti è di seconda persona: doveva dire ‘hymèteron’; invece, al posto della seconda, ha impiegato la terza. 53 Testo oscuro; precedono versi perduti,
600
SCOLÎ ANTICHI ALLE OPERE E I GIORNI
3, ὃν τε διὰ βροτοί: δι’ ὃν πάντα καὶ οὐκ αὑτόματα: πάντα δὲ τῷ Διὶ προσαναπλάττει παραινῶν αὐτῷ μὴ νοµίζειν διὰ βίας αὔξειν τὸν πλοῦτον. 3. ὅν τε διὰ ιβροτοι/: ἤτοι δι ὄντινα τρόπον οἱ ἄνδρες, οἱ ὁμοίως πάντες βροτοὶ καὶ φθαρτοὶ ὄντες, οἱ μὲν ἐκ τούτου εἰσὶν ἄφατοι καὶ ἀνονόμαστοι, οἱ δὲ φατοὶ καὶ ὀνομαστοὶ πανταχοῦ, ὁμοίως ῥητοὶ καὶ ἔνδοξοί τινες τῶν ἀνθρώπων, ἄλλοι δὲ ἄρρητοι καὶ ἄδοξοι καὶ µηδόλως ὀνομαζόμενοι καὶ Φημιζόμενοι διὰ τὸ ταπεινόν. 38, «ὅν τε διὰ βροτοίυ él ὃν οἱ Φφθορᾷ ὑποκείμενοι ἄνθρωποι ὁμοίως οἵ τε λογικοὶ καὶ ἀμαθεῖς. Ἄς, ὁμῶς ἄφατοί τειφατοί τει; περὶ ὧν φᾶναί τι δυνατὸν ὡς ἐγνωσ-
µένων ἡμῖν, περὶ ὧν καὶ μηδὲν ὡς μὴ ἐγνωσμένων ἡμῖν, ἀΦ ὧν δηλοῦσθαι τὸ ἐπίσημον καὶ ἄσημον' ἢ οἱ ζῶντες καὶ οἱ ἀποθανόντες. Δὰ. «ὁμῶς ἄφατοί τε daroi τεὈ ὁμοίως' ἄδοξοι: ἔνδοξοι.
8, «Ὢ ῥητυί τ ἄρρητοί τε (καὶ λογικοὺς καὶ ἀλόγους, καὶ Ἕλληνας καὶ βαρβάρους, καὶ µετρίους καὶ πλουσίους, πάντας ἐκ τοῦ Διὸς λέγει γεγενῆσθαι. 4α. «ῥητοί τ' ἄρρητοί τε» διάδηλοι’ ἀφανεῖς. 4Ρ. «ἔκητι» ἕνεκα” βουλ/. 5. pela pèv yàp βριάει: πάντα ὁ Ζεὺς διοικῶν καὶ τοὺς ἀδυνάτους δυναμοῖ καὶ τοὺς δυνατοὺς δυνατῶς καθαιρεῖ τῆς δυνάµεως, ὧν τὸ μὲν δηλοϊ τὸ βριάει, τὸ δὲ τὸ βριάοντα χαλέπτει. οὐχ ἁπλῶς δέ, ἀλλὰ καὶ διὰ κακίαν καὶ πονηρίαν μηνιᾶ’ ἄδηλον δὲ τὸν τεταπεινωμένον καὶ ἀφανῆ καὶ ἄδοξόν Φησιν.
Sa. 5Ρ. ὃς,
«ῥεῖαυ εὐκόλως. «βριάει» ἰσχνροποιεῖ: αὔξει.
«χαλέπτειω εἰς χαλεπώτατα ἄγει.
6. «ἀρίζηλον μινύθει» ἔνδοξον πτωχεύει. όᾳ, «ἄδηλον ἀέξει;) ἀφανῆ πλουτεῖ. 7. ΦὨρεῖα δέ τ ἰθύνει σκολιόν: τὸν ποικίλον τὸ ἦθος διὰ πανουργίαν σκολιὸν ὀνομάζει' τοῦτον οὖν Ἰθύνειν τὸν Δία πάλιν εἰς τὸ ἁπλοῦν ἐπανάγοντα ᾖθος, διὰ τὸ κολάζειν αὐτὸν ἐπὶ τῇ πανουργία. 7α. «Ἰθύνει σκολιὸν καὶ ἀγήνορα κάρφει» εὐθύφρονα ποιεῖ τὸν ταπεινωθέντα καµφθέντα, ἄδικον ὑπερήφανον ξηραίνει. 75. «Ὁ, καὶ ἀγήνορα κάρφει: τὸν αὐθάδη καὶ ὑπερόπτην εὐτελῆ ποιεῖ καὶ ταπεινόν. ἡ γὰρ αὐθάδεια πρὸς καταὀρόνησιν ἐγείρει τῶν ἄλλων ἁπάντων' Ἡ δὲ ταπείνωσις εἰς ἔννοιαν ἄγει τοῦ μηδὲν ἡμᾶς διαφέρειν τῶν ὁμοίων καὶ µετρίους ποιεῖ τὸ ἦθος.
SCOLÎ ANTICHI ALLE OPERE E I GIORNI
601
3. ‘ Per il quale gli uomini mortali ’: per il quale ogni cosa (esiste) e non automaticamente; attribuisce ogni cosa a Zeus ammonendolo di
non stabilire, come norma, di accrescere la ricchezza con la violenza,
3 a.‘ Per il quale gli uomini mortali ’: ovvero (allude) al modo per il quale gli uomini, che sono tutti ugualmente mortali e corruttibili, sono per questo gli uni senza fama e senza nome, gli altri famosi e reputati ovunque, parimenti noti e celebri alcuni degli uomini, altri ignoti, senza celebrità e anzi per niente provvisti di nome e nomea per la loro bassa condizione. 3b. «Per il quale gli uomini mortali ’:> per il quale gli uomini sottoposti alla distruzione, ugualmente i ragionevoli e i non istruiti. 3c. ‘Parimenti oscuri e famosi ’: intorno ai quali è possibile dire qualcosa in quanto da noi conosciuti, e intorno ai quali non è possibile dire niente perché a noi sconosciuti, dai quali può manifestarsi la notorietà e l’oscurità; ovvero i vivi e i morti.
3d. «‘Parimenti oscuri e famosi (phatoi) ’:> allo stesso modo senza
fama (‘àdoxoi’), famosi (‘èndoxoi’).
4 (#). ‘Noti e ignoti ’: ragionevoli e irragionevoli, Greci e barbari, modesti e ricchi, dice che tutti sono nati da Zeus. 4a. a causa di, per la volontà di. 5 (#). ‘Facilmente dà la forza’: Zeus che tutto amministra dà potere a chi non l’ha e a chi l’ha può ben toglierlo: ‘dà la forza ’ indica la prima situazione,’ piega il forte’ la seconda. Non solo, ma si irrita per il vizio e la malvagità. ‘Umile (aàdelon)’ dice l’uomo di bassa condizione, oscuro e senza fama. 5a. < ‘Facilmente’:» agevolmente. 5b. « Dà la forza ’» rafforza, accresce.
5c. < ‘Piega’» conduce a prove molto difficili. 6..< ‘Diminuisce il superbo» avvilisce il famoso.
6 a. degna di biasimo. 13 b (*). ‘Hanno cuori distinti e separati ”: stanno lontane e separate nella vita; e questa (sc.seconda Eris) dice ‘thymòs’(= animo passionale): ogni bollore dell’anima infatti si chiama ‘thymòs’. 13 c. ‘Separati e distinti’: hanno intendimenti distanti e differenziati. 14. «L'una infatti la guerra’> iperbato; l’una infatti, sventurata, ac-
cresce ‘la guerra malvagia’ e la competizione litigiosa (‘philoneikìa’).
15 (*). ‘Sottoposti a necessità ’: dice che l’Eris peggiore è per gli
uomini involontaria. Naturalmente; e infatti tutto il male è involonta-
rio, come dice anche Platone (Legg. V 731 c; 816 c), ma di necessità è onorato dagli uomini per via della vita irrazionale che ebbero a seguito della caduta dell'anima nel corpo. E, continua, questo è avvenuto per volere degli dei, cioè che ci si trovi sottoposti a tale necessità, evidentemente al fine che (gli uomini) abbiano in odio il vivere in compagnia dei corpi; perché non è possibile, stando insieme ai corpi, essere del tutto al di fuori delle passioni che li riguardano. 15 a. «Sottoposti a necessità ”:> [[non si lamenta affatto del fratello, ma compiange la natura umana, perché nessuno ama l’Eris cattiva, ma vi è sottoposto di necessità; e infatti poichè ...5” l’uomo è cooperatore degli dei e il corpo è incatenato all’anima, è necessario che gli uomini anche senza volerlo servano le affezioni del corpo; difatti le opere di Eris si costituiscono a partire dal pensiero (‘gnome’) irascibile e ognuno, qualunque male coltivi questo anche onora, com'è vero che onoriamo molti tra gli uomini per paura e per necessità, ma non li amiamo... Dio ha le due Erides?8. E questo rientra nell'economia generale delle cose, affinchè gli uomini abbiano in odio Ia vita del corpo. Primamente fu il bene dato da Dio e il male divenne dall’oscuro; il male non aveva alcuna esistenza ma procedette dalla nostra negligenza. Lo generò la Notte, perché il tutto divenne dall’oscuro.}] 15 b. «Sottoposti a necessità ’» forzati. 16 (*) — ‘Onorano l’Eris’: onorano l’Eris soddisfacendo le assicu-
razioni di questa come capita, perché non sia infausto il loro onore a un dio, e sono bramosi di combattere: onorano, ha detto bene, difatti non amano. 57 Breve lacuna. 28 Il testo è corrotto.
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SCOLÎ ANTICHI ALLE OPERE E I GIORNI
16a. ἀθανάτων βουλῇσιν πάντων αἰτίους Ἑλληνικῷ Φὀρονήματι τοὺς θεοὺς εἶναί φησιν’ ἡμεῖς δὲ οὐχ οὕτως, ἀλλ’ εἶναι μὲν τὸν Θεὸν ἀγαθῶν πάντων αἴτιον, τὰ φαΌλα δὲ ὕστερον παρελθεῖν. φασὶ δὲ ὅτι αἱ ψυχαὶ προὐπάρχουσι τῶν σωμάτων, ἐπειδὴ τῆς εἱἰμαρμένης βουλήσει σώμασιν ἐγκατεκλείσθησαν: ἃ δἡ καὶ πολλῶν ἐν χρείᾳ καθίσταται" οὕτω θελήσει θείᾳ καὶ τὰ φαῦλα ὑφίσταται |]. 17.» mv è' ἑτέρην προτέρην: τὴν ἀμείνω λέγει καὶ αὐτὴν οὖσαν τῆς λογικῆς ψυχῆς ἅμιλλαν σύντονον πρὸς τὸ ἀγαθὸν ὁρῶσαν. ταύτην οὖν γεννηθῆναι παρὰ τῆς Νυκτός φησιν --- ἔστι γὰρ ἡ Νὺξ θεὸς ὑπὲρ τὸν κόσμον ἀφανὴς τοῖς ὄμμασιν ἡμῶν καὶ διὰ τοῦτο ἐρεβεννή --- ὥσπερ καὶ αὐτὸν τὸν Δία πατέρα τῶν ψυχῶν. ἐκείνη οὖν ἐγέννησε τὴν κρείττω Ἔριν ὡς πάντα ἀνάγουσαν ἐπὶ τὴν ἀφανῃ καὶ θείαν ζωήν; αἰτία γάρ ἐστι πάντων τῶν ἀοράτων [ἢ ὁρατῶν Ἱ. 17a. τὴν δ᾽ ἑτέρην προτέρην :ἐκ Νυκτὸς γεγενῆσθαι λέγει’ ἐξ ἀδήλον γάρ ἐστι τὰ ἀγαθὰ καὶ τὰ κακά, καὶ τὰ μὲν οὖν καλὰ προγενέστερα! μετὰ ταῦτα δὲ ἐφάνη ἡ κακία. Νὺξ δὲ ἔτεκεν, ὅτι ἀπὸ τοῦ ἀφανοῦς εἰς φῶς προῆλθε τὰ πάντα. 18. Ἀθῆκε δέ µιν ιΚρονίδης «τὴν μὲν συνέπειαν οὕτω δεῖ καθιστάναι’ ὁ Ζεὺς ὁ ἐν τῷ αἰθέρι ναίων καὶ ἐν τοῖς ἀνδράσι καὶ ἐν ταῖς ῥίζαις τῆς γῆς ἀμείνω τὴν Ἔριν ἔθηκε ταύτην ἐκείνης, ἵνα διὰ μὲν τοῦ αἰθέρος τὸ ἀκρότατον ὁηλώση, διὰ δὲ τῶν ἐν τῇ γῇῆ ῥιζῶν τὸ ἔσχατον. διὰ δὲ τῶν ἀνδρῶν τὸ µέσον --- οὔτε αἰθερίων ὄντων οὔτε χθονίων φυτῶν ---., διὰ πάντων δὲ ὅτι πανταχοῦ ἐστι τὸ θεῖον καὶ ἐν πᾶσι πρώτοις µέσοις ἑσχάτοις. εἰπὼν δὲ ὅτι Νὺξ ἔτεκε τὴν ἀμείνω Ἔριν, Φησὶ παρὰ τοῦ ΔΛιὸς ἀρείονα γενέσθαι δόντος αὐτῇ καὶ ἐν τῷ κόσµφῳ δύναμιν σεμνοτέραν τῆς ἑτέρας, 19. "]γαίης τ ἐν ῥίζῃσι :ἐν τοῖς Φφυτοῖς τοῖς ἐρριζωμένοις τῇ γῇ ἢ ὅτι ἐρρίζωσεν αὐτὴν ἐν τῇ γῇ ἢ ὅτι ἡ ἀγαθὴ φιλονεικία καὶ ἐπὶ τὰ φυτὰ καὶ ἐπὶ πάντα τὰ γεωργικἀ ἐδόθη, ὥστε ζηλοΏον τοὺς ἀνθρώπους εἰς τὸ ἐργάζεσθαι.
δα, γαίης τ’ ἐν ῥίζῃσι :ἢ ὅτι ἐρρίζωσεν αὐτὴν ἐν τῇ γῇ ἢ ὅτι τὴν
ἀγαθὴν Φιλονεικίαν ἐπὶ τὰ φυτὰ καὶ πάντα τὰ γεωργικἀἁ ἔθηκε ὥστε
ζηλοῦντας ἀλλήλους τοὺς ἀνθρώπους ἐργάζεσθαι καὶ πονεῖν ἐν
τοῖς ἐπιτηδεύμασιν,
20. 3 ἤτε καὶ ἀπάλαμον :τὸν ἀκίνητον πρὸς τὰ ἔργα καὶ οἷον μὴ ἔχοντα χεῖρας ἀλλ’ ἀργὸν κινεῖ πρὸς τὸ ἐργάζεσθαι τοῖς ἐργα-
ζομένοις ἁμιλλώμενον ἡ κρείσσων Ἔρις,
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16 a. ‘Per il volere degli immortali ’: [[ dice che, secondo il sentire dei Greci, gli dei sono responsabili di ogni cosa; noi non crediamo così, ma che è Dio5? la causa di tutte le cose buone e che le cose cattive sono venute dopo. Dicono che le anime preesistono ai corpi, poiché per volere del destino furono chiuse nei corpi; e questi si trovano ad avere molti bisogni. Così, per volere divino, sussistono anche le cose cattive.]] 17 (*). ‘L'altra per prima’: dice la migliore, quella appunto che è lot-
ta, dell’anima razionale, rivolta con sforzo al bene. Questa dunque dice
che fu generata dalla Notte — la Notte è una divinità sopra il cosmo, invisibile ai nostri occhi e per questo tenebrosa — come lo stesso Zeus è padre delle anime. Quella (sc. la Notte) dunque generò l’Eris miglio-
re come capace di ricondurre alla vita invisibile e divina; perché essa
è causa di tutte le realtà che non si vedono [o di quelle che si vedono]. 17 a. ‘L'altra per prima’: dice che fu generata dalla Notte; perché dall’oscuro sono i beni e i mali, e le cose nobili sono nate prima; dopo queste apparve il vizio. La Notte la generò, perché il tutto procedette dall’oscuro alla luce.
18 *. ‘La pose il Cronide ’: così deve comporsi il contesto: Zeus, colui che ‘nell’etere dimora’, pose l’Eris migliore dell’altra sia negli uomini sia nelle radici della terra, per mostrare attraverso l’etere l’eccelso, attraverso le radici della terra l’infimo, attraverso gli uomini il mezzo — perché essi non sono né eterei né creature terrestri —, attra-
verso tutti che il divino è ovunque e in tutte le creature, prime, mediane, infime. Dicendo che la Notte generò l’Eris migliore, dice che è nata migliore da Zeus, che ha concesso a lei e (posto) nel cosmo una forza più venerabile di quella dell’altra. 19 *?. ‘Alle radici della terra’: nelle creature radicate alla terra, o
dice che la radicò alla terra o che la competizione (‘philoneikìa’) buona fu data alle creature e a tutte le cose della campagna, così che gli uomini avessero zelo per lavorare. 19 a. ‘Alle radici della terra’: o dice che la radicò alla terra o che applicò la competizione buona alle creature e alle cose della campagna così che gli uomini, emulandosi reciprocamente, lavorassero e faticassero nelle loro occupazioni. 20 *. ‘Essa anche l’indolente’: quello immobile di fronte ai lavori e come non avesse mani, inoperoso, l’Eris migliore lo spinge a lavorare, in gara con quelli che lavorano. 59 Lo scoliaste deve essere cristiano: Cherobosco?
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20a. «ἤ τε καὶ ἀπάλαμον υήτις καὶ τὸν ἀργὸν καὶ μὴ παλαμώμε-
νον ἐπὶ τὸ ἔργον ἐγείρει: παλαμᾶν γὰρ τὸ διὰ τῶν παλαμῶν γεῶργίας ἐργάζεσθαι’ ὁ γὰρ σπουδαῖος κἂν ᾖ ἀσθενὴς σπεύδει τὸ ἐργάζεσθαι. 205.
«ἀπάλαμον μἄτεχνον' ἀργόν' ἄπειρον ἔργων' ἀσθενῆ,
21-23. 3" εἰς ἕτερον γάρ τις :ἰδὼν γάρ τις πένης «τὸν »πλούσιον ἐκ τῶν ἔργων πλουτήσαντα σπεύδει καὶ αὐτὸς πλουτῆσαι. 2ἱα. εἰς ἕτερον γάρ τίςτε ἰδών :εἰς ἕτερον γὰρ πλούσιον θεώρὢν τις ἔργου χρήῄήζων, ὃς σπουδάζει μὲν ἀροτριᾶσθαι καὶ φυτεῦσαι καὶ τὸν οἶκον καλὀὸν κατασκευάσαι, ἐγείρεται. 215. «ἔργοιο χατίζει ωὸ τῆς γεωργίας, τουτέστι ὁ ἀεργὸς ζητεῖ.
23a. 235. 24.
ζηλοι :ὀργίζεται, φθονεῖ, βασκαίνει. «ζηλοῖ οἁμιλλᾶται. *leig ἄφενος :τὸν πλοῦτον ἄφενος καλοῦσι τὸν ἀπὸ τῶν ἔρ-
γῶν τῶν ἐνιαυσιαίωῶν ἀθροιζόμενον' ἔνος γὰρ καλεῖται ὁ ἐνιαυτός. 24ᾳ. «εἰς ἄφενος σπεύδοντ ωπροτρέπεται πρὸς γεωργίαν διὰ τοῦτο. ἐν γὰρ ταις ῥίζαις τῶν γεωργικών ὑφίσταται ἡ ἀγαθὴ Ἔρις, φησίν, οὐχὶ δὲ ἐν ταῖς ἀδικίαις' ἢ ὅτι ἐκ τοῦ ἀφανοῦς καὶ ἀδήλου παρυφίσταται τὰ κακἀἁ καὶ τὰ ἀγαθά. 22-26.
3" καὶ κεραμεὺς κεραμεῖ ικοτέει :τοῦτο δεῖ μᾶλλον ἐπα-
νάγειν εἰς τὰ εἰρημένα περὶ τῆς χείρονος Ἔριδος: καὶ γὰρ τὸ κοτέ-
ειν καὶ τὸ φθονεῖν κακά ἐστι καὶ ἐκείνης οἰκεῖα καὶ οὐ τῆς ἀμεί-
νονος,
22ᾳ.
«κοτέει :«χἁμιλλᾶται' χαλεπαίνει’ ὀργίζεται.
27.
ὦ
274.
ὦ Πέρση :τὰ κατὰ τὸν Πέρσην, ἤτοι ἱστορικῶς ἐκληπτέον
Πέρση
:τὸ ποΐηµα
γέγραπται
πρὸς
τὸν Πέρσην
«τὸν
ἀδελφόν. νουθεσία δὲ καὶ δικαιολογία’ νειµάμενος γὰρ τὴν πατρῴαν οὐσίαν κατηνάλῶσε θεραπεύων τοὺς ἐν τῇ πολιτείᾳ καὶ καταδυναστεύων Ἡσιόδου καὶ πολλὰ παρενοχλῶν, ἐζημίου πρὸς ἄρχοντας καὶ κριτήρια ἕλκων διὰ τὴν τῶν χρημάτων ἐπίθεσιν. ἢ πλασματικῶς καὶ ὑποθετικῶς διὰ τὸ εὐπρόσωπον τοῦ λόγου.
275. ὦ Πέρση :ἀποστροφὴ τὸ σχΏμα ἀποστρέφεται γὰρ πρὸς Πέρσην τὸν ἀδελφὸν αὐτοῦ παρακαλῶν αὐτὸν ἐμβαλεῖν τὰ προρρηθέντα εἰς τὴν ἑαυτοῦ ψυχἠήν.
27c.
ὢ Πέρση
:«λέγουσι »τοῦτον «τὸν »ἀδελφὸν Ἡσιόδου τὰ
ἑαυτοῦ δαπανήσαντα καλὰ διὰ τὴν τῆς γυναικὸς µοχθηρίαν καὶ τοῖς ἄρχουσι προσιόντα κακοπραγμονεῖν τὸν ἀδελφὸν διὰ τὴν τῶν χρημάτων ἐπιθυμίαν. 27. «ἐνικάτθεο υἔμβαλε.
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20 a. «Essa anche l’indolente’» essa sveglia al lavoro l’ozioso e inoperoso; operare infatti è eseguire i lavori agricoli con l’abilità delle mani; difatti l’uomo dabbene anche se debole si affretta a lavorare. 20b. forte. 50 f *. “Il figlio di Tapeto”: bisogna presumere che il dio Iapeto sia la causa intellettuale del moto alato del cielo e di ogni moto velocissimo; perciò fu chiamato appunto lapeto dai teologi in base a muoversi (‘iesthai’) e a volare (‘pètesthai’). Ebbe molti figli, in tutto ventinove, ma tra loro primeggiano Prometeo, Epimeteo ed Atlante, dei quali anche Esiodo in quest'opera (Teog. vv. 507 sgg.) fa menzione. 50 g. «Di Iapeto’» Iapeto è detto il moto del cielo; Prometeo è la preveggenza, la decisione prima delle azioni; Epimeteo è la riflessione dopo aver agito, ovvero il pentimento dopo l’esito negativo della faccenda. Padre di questi è Tapeto, il figlio dell'Oceano e della Terra, madre è Climene, la figlia dell’Oceano. 51 *. ‘Lo rubò per gli uomini’: il furto del fuoco rivela uno spostamento dall’intellettuale e oscuro al sensibile e altrui, in quanto ogni furto è realmente spostamento occulto dell’altrui e specifico delle anime che restano nell’intellegibile della ragione (logos) tecnica che è intellettuale. Prometeo dunque l’ha data (= la ragione) proprio alle anime qui cadute; perciò il racconto mitico ha chiamato furto questo dono, in quanto procedente attraverso Prometeo alle anime discese quaggiù in luogo a loro estraneo (‘allòtrion’= altrui). Il ‘ma esso ancora’ indica che dopo l’inganno aggiunse quella che si crede un’insidia a Zeus. 51 a. immettere. 62 *. ‘Alle dee immortali’: realmente demonico (‘daimònion’) è
questo aspetto (‘eidos’) femminile della vita nelle anime; perciò (la fan-
ciulla) ha somiglianza vitale con l'umano, forza potenziale umana ed è pari alle dee immortali per aspetto. E’ in qualche modo una via mediana tra le formazioni divine e quelle umane, com'è vero che la logica è realtà divina che semplicemente proviene dagli dei stessi. Pare dunque che siamo tre realtà: secondo la ragione divini, secondo l’alogico demonici (‘daimònioi’) e degli esseri umani per l’aspetto somatico. 62 a. uguagliare per aspetto. 63 *. ‘Bella figura (eidos) di vergine’: questo aspetto (‘eidos’),
della vita, che è incorrotto dalla generazione partecipa di una certa
bellezza, quando almeno la bellezza giunge fino al corpo; infatti solo la materia è turpe perché informe (‘aneìdeos’). 63 a. procurando, cioè offrendo, i luoghi di soggiorno. 168 a. misura il benessere di quelli da quanto otte-
niamo col nostro impegno. 173 a. < ‘Tre volte l’anno ’:> spesso. 173 b. rifiorenti. 174-175. cfr. 1608-161.
174. < ‘Tra quelli della quinta’ la nostra stirpe. 175. l’amico proveniente da una regione lontana. 183 b. “Il compagno ’» colui che è della stessa regione. 184 a. [[ né il fratello sarà sempre eternamente concorde col fratello...84]] 184 b. «Fratello ( kasìgnetos):” fratello (adelphòs). 187 a, «‘Opis (lo sguardo)”: sollecitudine, provvidenza, precetto. 188 a. ‘Né ai genitori vegliardi ’: nè alimentano nella vecchiaia i genitori.
188 b. ‘Vegliardi (gheràntessi)8? ”: invece di ‘che invecchiano (ghe-
ròsin)’; è derivato da ‘ghèremi’86. Omero
(117,197):
“Da vecchio;
ma non il figlio (= Achille) invecchiò nelle armi del padre”. 189 a (cfr. 182-194). ‘Cheirodìkai’: quelli che obbediscono a se stessi, si difendono con la mano e non secondo la legge e che con le loro stesse mani compiono la punizione colpendo quelli che li danneggiano.
189 b (cfr. 182-194). ‘Cheirodìkai’: quelli che compiono la puni-
84 Testo corrotto. 85 Part. aor. III, come il ‘gheràs’ del verso omerico citato. 86 Inusitato.
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δίκησιν καὶ ἐν τῇ χειρὶ αὐτῶν, τουτέστι ἐν τῇ ἰσχύϊ, τὸ δίκαιον ἔχοντες, οὐχὶ ἐν νόμῳ.
18ος, (9{. 182-194) χειροδίκαι :οἱ διὰ τῶν χειρῶν ἰσχὺν διάγον-
τες καὶ οὐχ ὑπὸ τοῦ δικαίου.
190ᾳ, οὐδέ τις εὐόρκου ιχάρις , ἔσσεται: οὐδὲ ὁ εὐορκῶν φησι,
τουτέστι ὁ εὐσεβής, χάριν ἔχει παρ᾽ αὐτοῖς, οὐδὲ ὁ δίκαιος, οὐδὲ ὁ
ἀγαθός, ὡς καὶ Ὅμηρος (Ρ147): “οὐκ ἄρα τις χάρις ἠεν”.
1914. μᾶλλον δὲ κακῶν ῥεκτῆρα καὶ ὕβριν: εἴ τις κέκτηται τιμὴν δίχα ὀρονήσεως' τὸ δὲ ὕβριν ἀρσενικὸν ἀντὶ τοῦ κακοῦργον καὶ
ὑβριστὴν ἄνθρωπον, τοιοῦτον καὶ τὸ παρ᾽ Εὐριπίδη (Οκ. 12) “ἔριν
Θυέστῃ πόλεμον” ἀντὶ τοῦ ἐριστικὸν πόλεμον. 192ᾳ. δίκη δ᾽ ἐν χερσἰ :ἀντὶ τοῦ δικαιοσύνη’ δικαιοσύνη δὲ ἐν ταῖς πράξεσιν αὐτῶν καὶ αἰσχύνη,
194a. «&rì 8 ὄρκον ὀμεῖται» ἐπιορκήσει, ἐπὶ τῷ ὄρκῳ ὀμόσει
πρὸς τὸ βλάψαι. 1948. «ἐπὶ δ᾽ ὅρκον ὀμεῖται» [εἰ μὴ διὰ λόγων εἰσακουσθῇ, πρὸς τὸ ἀφανίσαι αὐτὸν ἀλλὰ καὶ ὄρκῳ χρήσεται «ἐπὶ τὸ »βεβαιῶσαι τοὺς λόγους Ἱ,
195-196." ζῆλος δ᾽ ἀνθρώποισιν: τὸν φθόνον ἐν τούτοις ζῆλον
ἐκάλεσε' δυσκέλαδον μὲν αὐτὸν ὀνομάσας ὡς τὰς εὐπραγίας τῶν φίλων λοιδοροῦντα καὶ λέγοντα κακῶς ὡς ἀναξίους ἐκείνων, κακόχαρτον δὲ ὡς ἐπιγηθοῦντα τοῖς κακοῖς καὶ ἐπιχαίροντα, στυγερώπη
δὲ ὡς ὦπας ἔχοντα μίσους ἀξίας καὶ ἀεὶ βλέποντα πρὸς τὸ κακὸν καὶ «τὸ» ἄθεον καὶ τὸ βλαπτικόν.
195a.
ζῆλος δ᾽ ἀνθρώποισιν: ὁ ζῆλος τῶν μισῶν ἐστι, νῦν δὲ ὁ
φθόνος’ ὁ δὲ φθόνος, φησίν, ὁ ταραχώδης καὶ κακόχαρτος ἐπακολουθήσει τοῖς ἀνθρώποις. 196ᾳ. δυσκέλαδος κακόχαρτος; ἀντὶ τοῦ οἱονεὶ ὁ ταραχώδης καὶ στασιώδης ἢ δυσώνυµος καὶ κακοκέλαδος ἢ κακόφωνος' οἳ γὰρ φθονοῦντες οὐ δι’ ἀγαθῶν φθέγγονται, ἐπεὶ κακολογοῦσι καὶ οὐδὲν λέγουσιν ἀγαθὸν περὶ τῶν πέλας. 1968. «στυγερώπης:» ὁ μισητὸς φθόνος ἢ ὁ στυγεροὺς ποιῶν οὓς
ὁρᾷ ἢ ὁ στυγερῶς ὁρῶν εἴς τινα, ἐπὶ µιμήσεως.
196ς. «στυγερώπης» ὁ φθόνος μισητὸς ἐν τῷ στυγερῶς ὁρᾶν ἢ ὁρᾶσθαι.
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zione con i loro mezzi e che pongono il diritto nella loro mano, cioè nella forza, e non nella legge. 189 c (cfr. 182-194). ‘Cheirodìkai’: quelli che dirigono la loro forza con le mani e non al servizio del diritto. 190 a. ‘Nessun favore si accorderà a chi è fedele alla parola data: né chi è fedele alla parola, dice, cioè il pio, ha favore presso quelli né
il giusto né il buono, come dice anche Omero (I 17, 147): “Non c’è
alcuna gratitudine”. 191 a. ‘Di preferenza l’autore di misfatti e la tracotanza (fatta uomo)”: se uno possiede onore senza (avere) senno; quanto a ‘tracotanza (hybris) come maschile, invece di ‘uomo scellerato ’ e ‘tracotante’, si trova analogamente in Euripide (Or.13): “Guerra a Tieste
discordia”, invece di ‘guerra discorde”. 192 a. ‘La giustizia (dike) (sarà) nelle mani’: al posto di ‘dikaiosyne’ (= giustizia); giustizia nelle loro azioni e vergogna. 194 a. adunche. 207 -212 (*). ‘Infelice, perché strepiti?’: questo e quanto segue lo dice la legge dei rapaci, qual è quella che pose Trasimaco e chiunque del genere, Falaride o Apollodoro, somiglianti a dei nibbi, a dei lupi e ad altre creature siffatte, cioè che il più debole, anche se migliore, soffrira ad opera del peggiore ma più potente, e che chi agisce schernisca chi patisce. Il verso (v. 208): “Vai dovunque io ti porti” mostra che chi è più forte guida e che invece il più debole è guidato ovunque piaccia all’altro. Vi è aggiunto ‘per cantore che tu sia’, perché Esiodo è guidato, a mostrare che il sacerdote delle Muse è costretto a cedere ai re che fanno ingiustizia. In potere di quelli si trova di farne il loro pranzo o di lasciarlo andare, come è in potere dello spar-
viero di fare altrettanto con l’usignolo. Infine (Esiodo) conclude sulla base dell’esperienza che è opera di dissennato l’opporsi ai più forti, come se nemmeno lui fosse intenzionato a contrastare i magistrati vessatori. E’ infatti doppio il male che deriva dall’opposizione ai più potenti: sia il biasimo proveniente dalla sconfitta, ciò che chiamò ‘onta’, sia il dolore dell’essere schiacciato, che chiamò ‘ doloroso pati-
mento’. Di questi versi Aristarco (fr. 7 Waeschke) segna con l’‘obelòs’ gli ultimi, ritenendo sconveniente per una creatura senza ragione esprimere opinioni sentenziose.
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207a. «Sauovin
»Bauovinv
mv ἀηδόνα φῃσὶ διὰ τὸ μουσικὸν
καὶ ἱερόν. 207Ρ. λέληκας :δηλοῖ τὸ βεβόηκας.
20ΌτΤς, «ἔχει νύ σε πολλὸν ἀρείων» ὡς ἂν «τοιοῦτοιροὶ λόγοι εἴεν βασιλέων πρὸς τοὺς ἠττωμένους: διδάσκει οὖν αὐτοῖς µηκέτι ταῦτα λέγειν.
207ά. ἀρείων :ὁ δυνατώτερος εἴρηται. 210a.
212ᾳ.
«ἀντιφερίζειν ὼ ἀντιβαίνειν, ἐξισοῦσθαι.
«τανυσίπτερος ωὁ ἁπλῶν τὰς πτέρυγας.
213-214. Ὁ ὦ Πέρση, σὺ δ᾽ ἄκουε δίκης :ἀντέθηκε τῇ δίκῃ τὴν ὕβριν, ὡς τῶν ὑβριστῶν µάλιστα ἀδίκων ὄντῶν, διότι χωρὶς αἰτίας χρώµενοι πολλῇ κακίᾳ προπηλακίζουσι τοὺς ἀσθενεστέρους. ἦν δὲ καὶ ἐν τοῖς εἰρημένοις (οξ. 5ε{ι. 124-140) γένεσιν ἡ ὕβρις ἡ ἀποστή-
σασα τοὺς ἐκ τοῦ δευτέρου ἀπὸ τοῦ πρώτου.
2134. où 3 dixove δίκης :πρὸς ἀντιδιαστολήν φησι τῶν ἀλόγων
ζῴων' σὺ λογικὸς ὢν καὶ λόγοις καὶ νόµοις πολιτευόµενος ἄκουε
δίκης, μὴ δ᾽ αὔξανε τὴν ὕβριν καθάπερ τὰ ἄλογα ζῴα: τούτοις γὰρ ἴδιον τὸ ἀδικεῖν μὴ νόμῳ κυβερνωμένοις, ἀνθρώποις δὲ τὸ δικαιοπραγεῖν καὶ νόµοις ὑπείκειν καὶ πείθεσθαι
213b. «σὺ δ᾽ ἄκουε δίκης υ[ὦ Πέρση, μὴ ᾗς ὑβριστής, ἀλλὰ
σώφρών' καὶ γὰρ ἡ ὕβρις τῷ ὀργίλῷ ἀνδρὶ ἀνύποιστος γίνεται ὑβριζομένῳ, οὐδὲ ὁ µακρόθυµος ἰσχύει ὑποφέρειν τὴν ὕβριν, ἀλλὰ
ἀλγεῖται ὑπ αὐτῆς προσκρούσας δυσφηµίαις'
κρείσσων ἐστὶν ἡ
ὁδὸς ἡ ἑτέρα τοῦ διελθεῖν σε εἰς τὸ δίκαιον καὶ καλόν, φέρουσα καὶ «τὸ» ταπεινόν' τὸ γὰρ δίκαιον καὶ µακρόθυµον. ἡ ὑπομονὴ ὑπὲρ τὴν Όβριν μετὰ πολὺ εὔθυμον καὶ ἀμέριμνον δείκνυσι τὸν
ἄνθρωπον, ὡς μὴ βλαβέντα΄’ ὁ γὰρ κακὸς μὴ σκοπήσας τὸ μέλλον
καὶ τί μέλλει εἰς αὐτὸν ἀποβῆναι, ἐκ τοῦ πράττειν κακῶς συµφο-
ραῖς πίπτει καὶ παθών τι κακὸν ἄφρων ἠλέγχθη, ὡς μὴ Φροντίσας τοῦ μέλλοντος Ἱ.
214a. «pis ὁ ἄσεμνος λόγος ἄτιμός ἐστιν ἐν ἀγεννε]. 214Ρ. «βρις γάρ τε κακἡ δειλῷ βροτῷ υοῦδεὶς γὰρ ἔχει ὑβριζόμενος ἡδέῶς, οὐ πένης, οὐ πλούσιος, οὐ ὀρόνιμος, οὐδὲ µωρός, ἀλλὰ βαρέως φέρει ἐντυχὼν αὐτῇ, τουτέστι βλάπτεται ὑπ᾽
αὐτῆς.
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207 a. come se tali
fossero le parole dei re nei confronti degli sconfitti; insegna loro a non dire più queste cose. 207 d. ‘Più forte ”: ha detto il più potente (dei due). 210 a. “Opporsi ’»> resistere, uguagliare. 212 a. «Dalle larghe ali ’»> quello che dispiega le ali. 213-214 *. ‘O Perse, tu ascolta la giustizia’: ha tracotanza alla giustizia, ritenendo che i tracotanti mente iniqui, perché, impiegando senza motivo coprono di fangosi insulti i più deboli. E in quanto
contrapposto la siano particolar molta cattiveria, sopra detto (cfr.
scol, 134-140) si trova che, in termini di generazione, la tracotanza
(‘hybris’) è quella che separò gli uomini della seconda stirpe dalla
prima.
213 a. ‘Tu ascolta la giustizia’: dice in contrapposizione agli animali senza ragione: tu, che sei razionale e vivi da cittadino secondo ragionamenti e leggi, ascolta la giustizia, non accrescere la tracotan-
za, come fanno i viventi senza ragione; a questi infatti è proprio il
commettere iniquità perché non guidati dal timone della ragione, agli uomini invece sono propri il praticare la giustizia e il cedere alle leggi obbedendo loro. 213 b. < ‘Tu ascolta la giustizia’:> [[ o Perse, non essere tracotante ma temperante; e infatti la tracotanza dell’uomo irascibile risulta insopportabile per chi la subisce, neppure il longanime ha la forza di sopportare la tracotanza, ma ne è addolorato urtando contro male parole d’insulto ; è migliore l’altra strada che ti fa passare al giusto e al bello, che sopporta anche la miseria: il giusto è anche longanime. La perseveranza prolungata nei confronti della tracotanza rivela l’uomo tranquillo e non perturbato, come se non subisse danno; il malvagio,
non investigando il futuro e che cosa sta per apportargli, col suo agire vizioso incorre nelle disgrazie e, soffrendo qualche male, è accusato di essere un dissennato, perché non si è preso cura del futuro.]] 214 a. la parola senza gravità; è ignominiosa nel plebeo. 214 b. «La tracotanza è cattiva per il misero mortale ’»> infatti nessuno prova piacere a subire la tracotanza, non il povero, non il ricco, non l’assennato né il pazzo, ma (chiunque) la sopporta tristemente quando vi incorre, cioè ne riceve danno.
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214-216.* οὐδὲ μὲν ἐσθλός :οὐδὲ ὁ πάνυ ἀγαθὸς οἰστὴν νομίζει τὴν ὕβριν΄ οὐ γάρ ἐστιν ὕβρεως ἀφορητότερον οὐδέν, βαρύνεται δὲ
ὑπ᾿ αὐτῆς καὶ ἀγανακτεῖ. λέγει δὲ ἐσθλοὺς οὐ τοὺς τῇ τύχη καὶ τῇ δυνάµει προέχοντας, ὥς φησι Πλούταρχος (τρ. 11 Βετηατά.), ἀλλὰ τοὺς κατ ἀρετὴν προέχοντας, ἐκ τούτου μᾶλλον δεικνὺς τὴν ὕβριν ἀφόρητον. οἱ μὲν γὰρ ἐν δυνάµει καὶ σφόδρα δυσχεραίνουσι ἐπὶ
ταῖς ἐκ τῶν ἀσθενεστέρων εἰς αὐτοὺς ὕβρεσιν' οἱ δὲ κατ ἀρετὴν
ζῶντες καὶ ταύτας τὰς ὕβρεις διαπτύουσιν. οὐδὲ γὰρ χείρων ἐγώ, φησιν ὁ Σωκράτης (ΡΙα:, (σου. 50δά-ε; 48δός; 5274), ἂν ὁ δεῖνα ἐπὶ κόρρης πατάξῃ µε ἀδίκως. καὶ οὗτοι μὲν ὅλως βαρύνονται ἐπὶ ταῖς παρ᾽ ἄλλων ὕβρεσιν ἐγκύρσαντες ταῖς ἄταις, ὡσεὶ ἔλεγε περιπε-
σόντες ταῖς ὕβρεσιν ἃς ἐκάλεσεν ἄτας,.
215ᾳ. βαρύθει δέ θ᾽ ὑπ᾿ αὐτῆς: ἐνδέχεταί, φησι, δικαιοπραγεῖν καὶ οὐκ ἀνάγκη ἀδικεῖν' ἀλλ’ ἔστι καὶ ἄλλη ὁδὸς τοῦ δικαίου καὶ αὕτη κρείσσων τοῦ ἀδίκου, ἡ εἰς τὰ δέοντα φέρουσα ἤν σε δεῖ διελθεῖν' καὶ γὰρ ἡ δικαιοσύνη ὑπὲρ τῶν ἀδικημάτων βοηθεῖ καὶ τιµωρίαν ἐπάγει τοῖς ἀδικοῦσιν εἰ καὶ βραδέως ἰσχύει, καὶ ὁ προαδικήσας δοὺς δίκην ἄφρων ἐλογίσθη καὶ μεμπτὸς ἑαυτῷ καὶ ἄλλοις, 216-217. Ἀὁδὸς δ᾽ ἑτέρηφι παρελθεῖν :ἐκ τῆς πρὸς τὴν ὕβριν παραθέσεως προτρέπει τῇ δικαιοσύντι μᾶλλον ἔπεσθαι' κρείσσων γάρ ἐστί, φησιν, ἡ εἰς τὰ δίκαια ὁδός, ἑτέρα οὖσα τῆς ὕβρεως:
κρεῖσσον δὲ τὸ δι᾽ αὐτῆς παρελθεῖν μᾶλλον ἢ διὰ τῆς ἐναντίας τῆς κατὰ τὴν ὕβριν.
217ᾳ. «κρείσσων υκαλλίων ὑπάρχει ἡ ἀπάγουσα εἰς «τὰ δίκαια». 21/-219.3 δίκη δ᾽ ὑπὲρ ὕβριος ἴσχει :ἡ δίκη, φησί, κἂν τὸ πρῶτον
ἔλαττον σχῇ τῆς ὕβρεως, ἐν τῷ τέλει πάντως ἐκλάμπει καὶ δείκνυ-
ται δὲ διὰ τῶν πραγμάτων κρείσσων οὖσα τῆς ὕβρεως' τῷ χρόνῳ γὰρ αὕτη μὲν φῶρᾶται καὶ περὶ αὐτὴν καταρρεῖ καὶ ταπεινοῦται’ ἡ
δὲ δίκη τὸ κράτος τὸ ἑαυτῆς ἀναδείκνυσιν οἷς ἐπακολουθεῖ' τὸν
γὰρ τῇ ὄβρει χρώμενον, μετὰ τὸ παθεῖν τὰ ἀπὸ τῆς ὕβρεως κακὰ δίκην δόντα, γινώσκειν ποιεῖ ἡἠλίκον ἡ ὕβρις κακόν. τῆς δὲ δίκης δύο δηλούσης ἢ τὴν θεὸν αὐτὴν ἢ τὸ ἀπ᾿ αὐτῆς ἔργον, τοτὲ μὲν τὴν θεὸν καλεῖ Δίκην, ἣν καὶ Παρθένον ὀνομάζει (ν. 256). τοτὲ δὲ τὴν κρίσιν καὶ τὴν ποινήν, ὡς ὅταν λέγῃ (ν. 229)" τοῖς δὲ δίκην ιΚρονίδης «τεκµαίρεται εὐρύοπα Ζεύς.
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214-216 *. ‘Neppure il nobile’: neppure chi è del tutto virtuoso (‘agathòs’) ritiene sopportabile la tracotanza, perché niente è meno tollerabile della tracotanza, ma ne è gravato e prova irritazione. Dice ‘nobili’(esthloùs) non quelli preminenti per sorte e potere, come sostiene Plutarco (fr.11 Bernard.), ma quelli preminenti per virtù, con ciò mostrando maggiormente l’insopportabilità della tracotanza. Difatti quelli che hanno potere fortemente si adirano per le azioni tracotanti che vengono a loro dai deboli, quelli invece che vivono secondo la virtù respingono queste azioni tracotanti: io, dice Socrate (Plat. Gorg.508 d-e; 486 c; 527 a), non sarei peggiore se il tale mi desse iniquamente uno schiaffo sulla guancia. E costoro (sc. i ‘nobili?) sono in tutto gravati dagli atti tracotanti che vengono loro da parte di altri quando essi incorrono nelle sciagure, come se dicesse ‘quando cadono nelle azioni tracotanti’, che ha chiamato ‘sciagure’. 215 a. ‘E gravato da essa’: è possibile, dice, praticare la giustizia e non c'è necessità di essere ingiusti: c'è un‘altra strada, della giustizia, e
questa è migliore (di quella) dell’ingiustizia, cioè quella che porta verso i doveri, per la quale devi passare. E in effetti la giustizia soccorre contro le iniquità e apporta punizione a quelli che hanno commesso atti iniqui, seppure esercita la sua forza lentamente; e chi ha commesso atto iniquo per primo, quando paga il fio viene valutato come un dissennato ed è oggetto di riprovazione da parte di se stesso e degli altri. 216- 217 *. ‘La strada capace di passare dall’altra parte’: in parallelo con la tracotanza esorta a seguire maggiormente la giustizia. E’ migliore, dice, la strada verso le azioni giuste, che è altra (da quella) della tracotanza; è meglio passare attraverso questa piuttosto che attraverso quella contraria, della violenza. 217 a. “Migliore” migliore è quella che guida verso le azioni giuste. 217- 219 *. °La giustizia prevale sulla tracotante violenza’: la giu-
stizia, dice, anche se inizialmente si trova in condizione di inferiorità
rispetto alla tracotanza, alla fine brilla compiutamente e mostra nei fatti di essere migliore della tracotanza. Col tempo infatti questa viene colta in flagrante, sdrucciola attorno a quella ed è umiliata; la giustizia invece rivela il suo potere a quelli che la seguono; e a chi impiega la tracotanza, dopo che ha sofferto i mali che ne derivano pagandone il prezzo, fa capire quanto grave malanno essa sia. Mostrandosi la giustizia sotto due aspetti, quello di dea o quello di azione da lei derivata, (Esiodo) ora la chiama Dike, e anche Vergine (v.
256), ora giudizio e pena, come quando dice (v. 239): “Zeus Cronide dalla vasta voce riserva loro l’opera della giustizia”.
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σκολιὰς δὲ δίκας λέγει νῶν τὰς κακῶς δεδικασµένας, διὰ τὸ μηδὲν ὑγιὲς ὀρονεῖν τοὺς δικάζοντας ἀλλ᾽ ἐμπαθῶς δικάζειν' πᾶν γὰρ πάθος σκολιόν͵, ὡς ἁπλοῖθν τὸ ἀπαθές. ταῖς οὖν σκολιαῖς δίκαις
ἔπεται καὶ ἐπιορκία, διότι δικάζειν ἐθέλοντες ὤμννον ὀρθῶς δικάσειν, ἀλλ᾽ οὐ σκολιῶς. τρέχει γὰρ ὁ ὍὌρκος ἅμα ταῖς σκολιαῖς δίκαις, ὁμοῦ τε θέων πρὸς τοὺς μὴ δικάσαντας ὀρθῶς' δηλοῖ δὲ τὸ θέειν τὸ παρὰ πόδας ἐπακολουθεῖν τὴν ἐκ τῆς ἐπιορκίας τιµωρίαν
τοῖς σκολιῶς δικάσασι. 21δα. «ἲς τέλος ἐξελθοῦσα»; πληρωθεῖσα καιρῷ τινι κακῷ ἢ δεινῷ πάθει. 219a. αὐτίκα γὰρ τρέχει Ὅρκος ἅμα σκολιῆσι δίκῃσι :αἰνέσας τὴν δικαιοσύνην διασύρει τὴν ἀδικίαν λέγων ὅτι κακή ἐστιν' ἅμα γὰρ τῇ ἀδικίᾳ ἔπεται τὸ ἐπιορκεῖν πρὸς τὸ κυρῶσαι τὸν λόγον καὶ
κατακρίνεται διὰ τὸν ὅρκον τὸ δίκαιον καὶ ὠθεῖται' καὶ ὠθουμέ-
νου «δικαίου »θόρυβος γίνεται «ἐν τοῖς εἰθισμένοις τόποις ἔνθα διάγουσιν οἱ λαοὶ ὅταν οἱ δωρολήῆπται κριταὶ παρατρέψῶσιν αὐτό. 219Ρ. «σκολιῆῇσι δίκῃσιν;, οὐ λυσιτελεῖ, φῆσι, τῷ ἀδικοῦντι εἰς τέλος ἀδικία’ ἡ γὰρ δικαιοσύνη ὑπὲρ τῶν ἀδικημάτων βοηθεῖ καὶ
ὑπερμαχεῖ καὶ τιμωρἰαν ἆγει τοῖς ἀδικοῦσιν εἰ καὶ βραδέως' οὐ µόνον δέ φησι οἱ ἀδικοῦντες ἁπλοῦν ἐργάζονται τὸ κακόν, ἀλλ᾽ ἀναγκάζονται. 220-221.* τῆς δὲ δίκης ῥόθος ἑλκομένης :τὸν ῥόθον οἱ μὲν ἤκου-
σαν τὸν ψόφον, ὅθεν καὶ ῥόθιον (Ποπι. εά12) καλεῖσθαι τὸ κτυποῦν
κΌμα καὶ pedua. Movtapyog (frg. 13 Bernard.) δὲ βοιωτιάζων -οὕτω γὰρ καλεῖν φασι Βοιωτοὺς τοὺς «ῥόθους, -- τὰς ὀρεινὰς ὁδοὺς τὰς στενὰς καὶ δυσάντεις ῥόθους ὀνομάζεσθαί φησιν. εἰ οὖν τοῦτο κρατοίη, λέγοι ἂν ὅτι τῆς δίκης ἑλκομένης ὑπὸ τῶν ἐπὶ δώροις τὰς
δίκας κρινόντων σκολιῶς ῥόθος ἐστί, τουτέστι δυσάντης ἡ ὁδὸς καὶ
τραχεῖα, δι’ ἧς ἕλκεται ὑπὸ τῶν δικαστῶν' ἀντίκειται γὰρ τῷ εὖὐθεῖ
τὸ σκολιὸν καὶ τῷ λείῳ τὸ τραχὺ καὶ τῷ εὐδιοδεύτῳ τὸ στενὸν καὶ δυσχωρίαν ἔχον' τοιαύτη δέ ἐστι πᾶσα μοχθηρὰ κρίσις.
222-224." Ἡ δ᾽ ἔπεται κλαίουσα: ἔπεται μὲν ἑλκομένη διὰ τραχείας ὁδοῦ καὶ δυσβάτου, καὶ οὐκ αὐτὴ ἄγουσα ἡ δίκη, ἀλλ᾽ ἀγοµένη βιαίῶς, ὃ δηλοῖ τὸ ἕλκεσθαι αὐτὴν ὡς βιαζοµένην ὑπὸ τῶν δωροφάγων κριτῶν. ἔπεται δὲ ἀποκλαίουσα τὴν πόλιν, ἐν ᾗ τοιοῦτοι δικάζουσι, καὶ τὰ ἤθη τῶν χαιρόντων τοιούτοις δικασταῖς: κα-
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Dice qui ‘giudizi storti’ le sentenze mal giudicate, perché i giudici non nutrono saggi pensieri ma giudicano in preda alle passioni; e ogni passione è storta, come schietta è l'assenza di passioni. Alle sentenze storte fa dunque seguito anche lo spergiuro, perché, volendo giudicare, giuravano che l’avrebbero fatto rettamente e non in modo distorto. ‘Corre’ infatti Giuramento insieme con i giudizi storti, nel contempo accorrendo da quelli che non giudicano rettamente. E il correre mostra che presto a quelli che hanno obliquamente sentenziato s'accompagna la punizione per lo spergiuro.
218 a. «Giunta alla fine’”:> realizzatasi compiutamente per un certo male opportuno o per una speciale sofferenza. 219 a. ‘Presto corre Giuramento insieme con i giudizi storti’: lodata la giustizia, attacca l'ingiustizia dicendo che è cattiva; infatti all’ingiustizia accompagna lo spergiuro per convalidare gli asserti, e, per via del giuramento, il diritto è condannato e scacciato. Scacciato il diritto, nasce tumulto nei luoghi ove abitualmente la gente vive,
quando i giudici che prendono doni (‘dorolèptai’) lo distorcono. 219 b. «Con giudizi storti’» alla fine l'ingiustizia non giova, dice, a chi la commette. La giustizia viene in aiuto contro gli atti iniqui, prende le difese (del soverchiato) e fa punire gli autori dell’ingiustizia seppure lentamente; non solo, dice, gli autori dell’iniquità semplicemente operano il male ma vi sono costretti.
220-221 *. “E scosceso è il cammino della Giustizia che viene trascinata’: gli uni hanno inteso ‘hrothos’ come lo strepito, da cui ‘hròthios’(= strepitoso) (04.5, 412): così è detta l’onda risonante e la corrente. Plutarco (fr. 13 Bernard.) però, che parlava beotico — e così dicono che le chiamino i Beoti —, diceva che si chiamano‘hrothoi’ le strade di montagna anguste ed erte. Se questo significato si imponesse, (Esiodo) direbbe che quello della giustizia, che viene trascinata da
coloro che pronunciano sentenze storte per doni, è un ‘cammino scosceso’, vale a dire una strada difficile a percorrersi ed accidentata, per la quale appunto è trascinata dai giudici. Si oppone infatti al diritto lo storto, al piano l’accidentato e al comodamente accessibile l’angusto e disagevole. E siffatto è ogni giudizio perverso.
222-224 *, ‘Ed ella li segue deplorando’: segue trascinata per una strada accidentata e impetvia, e non è la giustizia a guidarli ma è essa che è guidata con la forza, il che mostra che è trascinata in qualità di vittima della violenza perpetrata dai giudici divoratori di doni. Ella li segue deplorando la città, nella quale gente del genere giudica, e i costumi di quanti si compiacciono di simili giudici. Reca ‘male agli
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κὸν δὲ φέρει ἀνθρώποισι, μετ οὐ πολὺ τιμωρίαν αὐτοῖς ἐπάγουσα τῆς πονηρᾶς κρίσεως. ὁ μὲν οὖν κλαυθμὸς δηλοῖ τὸν ἔλεον τῆς μοχθηρᾶς προαιρέσεῶς, ἡ δὲ φορὰ τοῦ κακοῦ τὴν ἴασιν. οὕτως γὰρ ἡμᾶς ἐλεοῖν τὸ θεῖον ποινὰς ἀπαιτεῖ καὶ τοὺς ἐξελαύνοντας αὐτὴν τῶν ὡς ἀληθῶς δικαίων ἐλεοῦσα µέτεισιν Ἡ δίκη. καὶ τοὺς οὐκ Ίθεῖαν αὐτὴν νείµαντας τοῖς δικαζοµένοις ἐπὶ τὸ Ἰθὺ µεθίστησιν ἀπὸ τοῦ σκολιοῦ ἤθους. καὶ γὰρ ἑλκομένη διὰ τῆς στενῆς ὁδοῦ καὶ τραχείας ἐπανακαλεῖται τοὺς ἕλξαντας αὐτὴν εἰς τὴν πλατεῖαν ῥὁδὸν αὐτῇ καὶ λείαν, ὥστε δοκεῖν μὲν ἕλκεσθαι ὑπὸ τῶν κακῶς αὐτὴν µετιόντων, ἐκεῖνοι δὲ εἵλκοντο ὑπὸ τῶν ἐν αὑτοῖς παθῶν δοκοῦντες ἕλκειν ἐκείνην τὴν πόλιν καθ’ ἣν ἕλκεται' ἤθεα δὲ νοεῖ
τοὺς εἰθισμένους τόπους ἔνθα διάγουσιν οἱ λαοί.
225-226." οἳ δὲ δίκας ξείνοισι: ταῦτα παιδευτικῶς σωφρονίζει τοὺς δικαστὰς εἰς τὸ δίκαιον ὁρᾶν παραινοῦντα καὶ ἐπὶ τῶν πολιτὢν καὶ ἐπὶ τῶν ξένων καὶ μάλιστα ἐπὶ τούτων, διότι τοὺς βοηθοῦντας οὐκ ἔχουσι καὶ βιάσασθαι ῥάδιον ἐρήμους ὄντας αὐτούς. ἀνθεῖ
οὖν ἡ πόλις ἐν ᾗ δικασταὶ δίκαιοι κάθηνται καὶ εἰρήνη πάντως
ἐστὶν ἀνὰ τὴν πόλιν ταύτην’ τῇ γὰρ δίκαια φρονούσῃ πόλεμος οὐκ ἐπάγεται παρὰ θεοῦ δίκην αὐτὴν ἀπαιτοῦντος. 221-229, ἃ τοῖσι τέθηλε πόλις: εἰ γὰρ ὁ πόλεμος Φθαρτικὸς καὶ ὀλιγανθρωπίας αἴτιος, εὔδηλον ὅτι ἡ εἰρήνη πολυανθρωπίαν ἐργάζεται καὶ διὰ τοῦτο κουροτρόφος: ἄλλοι μὲν οὖν τὴν γῆν κουροτρό-
dov (Aristoph.
Τβόέςη. 299) ὕμνησαν,
ὡς καρποὺς
ἐκφέρουσαν'
οὗτος δὲ τὴν εἰρήνην, οὐ µόνον ὡς τῶν πολεμίων ἐκτεμνόντων τοὺς καρποὺς οἷς ἂν ἐπίωσιν, ἀλλὰ καὶ ὡς σῴζουσαν τοὺς κούρους οὓς ἀπολλύουσιν οἱ πολέμιοι. 230-231. * odéé ποτ ἰθυδίκῃσι µετ ἀνδράσι λιµός :ταῦτά ἐστι τὰ μάλιστα πιέζοντα τὸν βίον, πόλεμοι καὶ λιμοί ταῦτα οὖν ἀπεληλάσθαι τῶν πὀλεών φησιν ἐν αἷς ἰθυδίκαι εἰσὶν οἱ ἄρχοντες πάσης ἄτης ἐξεληλαμένης τῆς ἐκ τῶν παρανόμων, ἐν θαλίαις δὲ ἀεὶ ζώντων τῶν ἀνθρώπων καὶ τὰ ἔργα τὰ περὶ τὴν γῆν νεμομένων ἐν ταύταις. οὔκουν οὐδ' οἱ Λακεδαιμόνιοι λιμὸν εὐλαβοῦντο δι εὐτέλειαν διαίτης, ἣν ἔχοντες τῶν ἀδικιῶν ἐκαθάρενον' ταῖς γὰρ πολυτελείαις ἡ πλεονεξία συνεισελθοῦσα λιμοῦ γίνεται πρόξενος,
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‘uomini’, non molto dopo infliggendo loro punizione per il cattivo giudicare. Il pianto dunque rivela la compassione per il perverso giudicare, l'attacco del male il rimedio. In tal modo infatti il divino, che ha compassione di noi, esige pene e la giustizia, che ha compassione, persegue quelli che la espellono dai giudizi veramente tali. E fa cambiare
comportamento,
dallo
storto
al diritto,
a coloro
che
non
l'hanno amministrata diritta ai giudicati. Infatti, pur trascinata per
una strada angusta e accidentata, richiama alla sua strada larga e
piana (cfr. v. 288) quelli che l'hanno trascinata, così da sembrare trascinata da quelli che malamente la perseguivano, mentre erano quelli ad essere trascinati dalle passioni in loro presenti, pur sembrando trascinarla per quella città per la quale era trascinata. Con ‘ethea’88 pensa ai luoghi abituali ove vive la gente.
225-226 *. ‘Coloro invece che agli stranieri sentenze’: queste parole in chiave educativa correggono i giudici esortandoli a guardare al diritto, trattandosi sia di cittadini sia di stranieri e soprattutto di costoro, perché non hanno chi li soccorra ed è facile fare loro violenza, essendo questi soli. Fiorisce dunque la città nella quale siedono giudici giusti, e piena pace regna in questa città; difatti alla città che pensa alle giuste azioni non viene portata guerra da un dio che da lei reclami giustizia. 227-229 *. “Fanno rigogliosa la città: se la guerra infatti è distruttiva e causa di diminuzione della popolazione, è evidente che la pace opera per il popolamento e perciò è ‘nutrice di giovani’; altri celebrarono la terra come ‘nutrice di giovani’ (Aristof., Tesr. 299), in quanto produttrice di frutti. Costui (celebra) la pace non solo perché i nemici in guerra devastano i raccolti sui quali avanzino, ma in quanto essa appunto salva i giovani che i nemici fanno perire. 230-231 *. ‘Né mai di uomini che danno retti giudizi si fa compagna la carestia:’ queste sono le cose che più soffocano la vita: guerre e carestie. Dice dunque che queste sono bandite dalle città nelle quali i magistrati pronunciano rette sentenze, perché è bandita ogni sciagura derivante dalle illegalità e gli uomini sempre vivono nelle feste e in queste si dividono il frutto dei lavori della terra. E certo gli Spartani erano previdenti in fatto di carestia per via del loro stile di vita frugale, seguendo il quale erano esenti da iniquità. Perché la cupidigia che penetra nella vita lussuosa e dispendiosa è procacciatrice di carestia. 88 Che ho tradotto ‘costumi’.
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SCOLÎ ANTICHI ALLE OPERE E I GIORNI 232-237.
Ἀ τοῖσι φέρει μὲν yaîa: toîs BeoprAtgov: oùtor dé £i-
σιν οἱ κατὰ δίκην ζῶντες, οἷς καὶ τὰ ἀπὸ τοῦ παντός φησιν ἐπακολονθεῖν προτρέπων εἰς εὐζωΐαν, τῷ τὴν γῆν φέρειν τούτοις καρποὺς ἱκανούς -- βίον γὰρ τούτους καλεῖ πρὸς διατροφἠν ὄντας ἐπιτηδείους --, τῷ τὰς δρΏς ἔν τε τοῖς ἄκροις γεννᾶν βαλάνους καὶ ἐν τοῖς µέσοις αὐτῶν κατά τὰ ἔγκοιλα µελίσσας ἐκτρέφειν -- εἰώθεσαν γὰρ
ἐν ἐκείνοις τὴν τῶν μελισσῶν ἐργάζεσθαι τιθασσείαν οἱ µελισ-
σουργοί --, τῷ τὰς οἷς σκέπην παρέχειν τοῖς εἰρίοις οἷς [ἐκφέρουσιν ἢ] ἐκφύουσι, τῷ τὰς γνυναῖκας ὅμοια τίκτειν τοῖς ἀνδράσι σωφρο-
νούσας -- καὶ γὰρ τὰ πολλὰ τῶν ἀμβλωθριδίων καὶ τῶν τεράτων ἐξ
ἀκρασίας γίνονται καὶ πλησμονῆς --' ἔπεται δὲ τούτοις μηδὲ δεῖσθαι πλούτου καὶ ἐμπορίας καὶ πλοίων, ἀρκούντων τῶν ἐκ τῆς χώρας γινοµένων εἰς διατροφὴν τοῖς σωφρονοῦσιν. 232ᾳ, «δρῦς :» ἀπὸ µέρους ὅλα εἶπε τὰ δένδρα ὅτι ἐν τοῖς ὄρεσι φέρουσι καρπὸν καὶ διπλοῦν καρπόν, ἄνωθεν μὲν ἐπὶ τὸ ἄκρον καρπόν, ἐν δὲ τῷ µέσῳ μέλι. ἔχουσι γάρ κοιλώματα αἱ δρΌες εἰς ἃ τὸν ἄνεμον Φφεύγουσαι αἱ µέλισσαι δύνουσι καὶ μελιτοποιοῦσι. διὸ καὶ µέλισσαι ὑπ ἑνίων καλοῦνται διὰ τὸ ἐν µελίαις εἶναι. 2362. «θάλλονσιν δ᾽ ἀγαθοῖσι διαµπερές» οἰκεῖα δὲ ταῦτα πρὸς φιλάργυρον διεγεῖραι [αὐτὸν] εἰς τὸ δικαιοπραγεῖν.
23265. «οὐδ' ἐπὶ νηῶν νίσονται» διὰ τοῦ εἰπεῖν οὐδ' ἐπὶ νηῶν νἰ-
σονται ὑπόνοιαν δίδωσιν, ὅτι µυσάττεται καὶ αὐτὸς τὸν πλοῦν διά
τοὺς πολλοὺς παρ᾽ ἐλπίδα κινδύνους.
236-239.3 οἷς δ᾽ ὕβρις τε µέμηλε: [ἀντὶ τοῦ ὅσοις'] ἐπανακυκλοῖ δὲ τὸν λόγον ἵνα μὴ λάθη τῆς ἀπειλῆς. τὰ οὖν ἀνταποδιδόμενα τῇ µοχθηρίᾳ διὰ τούτων παρίστησι δεικνὺς tiva ἔκγονα ἐκ τῆς ὕβρεως κατὰ δίκην ἐπιφερόμενα παρὰ τοῦ θεοῦ. τὸ γὰρ τεκµαίρεσθαι δίκην ἐστὶ τὸ τελευτᾶν εἰς τιµωρίαν τοῖς πονηροῖς τὴν τοιαύτην ζωήν. 239ᾳ. «τοῖς δὲ δίκην» τοῖς ἀνεχομένοις τὸν κακὸν ἄνδρα συµπολιτεύεσθαι αὐτοῖς καὶ «μὴ» ἐκδιώκουσι τῆς πόλεως ἵνα ἡ τούτων τιμωρία ἄψηται τοῦ ἠγεμόνος, ὡς ἐπὶ ᾽Αγαμέμνονος.
240-241. πολλάκι καὶ ξύμπασα πόλις: τοῦτο δοκεῖ μὲν οὐκ
εἶναι κατὰ δίκην, τὸ ἑνὸς ἕνεκα πονηροῦ πόλιν ὅλην διδόναι ποινήν. δύναται δὲ λέγειν ὅτι μοχθηροῦ ἑνὸς ὄντος ὥσπερ νοσήµατος ἡ πόλις παραπολαύουσα πολλάκις εἰς ὅλην ἑαυτὴν ἀναμάττεται
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232-237 *. ‘Ad essi la terra produce”: ai cari agli dei. Costoro sono quelli che vivono secondo giustizia, ai quali dice, invitando alla vita
virtuosa, che anche gli eventi derivanti dal tutto obbediscono, perché
la terra produce loro frutti bastanti — con ‘bios’ indica i frutti che sono adatti all’alimentazione-, perché le querce in alto generano ghiande e nelle cavità intermedie nutrono api - infatti gli apicoltori sono soliti attuare in quelle il loro lavoro di addomesticamento delle api-, perché le pecore offrono riparo coi velli che producono, perché le donne, temperanti, generano figli simili ai loro uomini - infatti la più parte dei parti abortivi e mostruosi dipendono dall’intemperanza e dalla sazietà-. Ne consegue che non hanno neppure bisogno di ricchezza, di commercio e di viaggi per mare, poiché bastano i frutti della regione ad alimentare i temperanti. 232 a. “Querce”: con la parte ha detto la totalità delle piante, perché sui monti producono frutto e un doppio frutto: in alto frutti, nel mezzo miele, Le querce hanno infatti delle cavità nelle quali, fuggendo il vento, le api penetrano e depongono il miele. Perciò alcuni dicono che le api (‘mèlissai’) sono così chiamate perché stanno nei frassini (‘melîais’). 236 a. “Dispongono di beni rigogliosi senza interruzione ’: > sono parole adatte a svegliare l’avido di denaro alla pratica della giustizia. 236 b. “Né sulle navi si imbarcano:” dicendo ‘né sulle navi si imbarcano’ fa venire il sospetto che anche lui abbia in orrore la navigazione per via dei molti pericoli imprevisti. 238- 239 *. ‘Al contrario a coloro che coltivano la violenza tracotante: [invece di ‘a quanti’] chiude circolarmente il discorso perché (Perse) non si dimentichi della minaccia. Mostra con queste parole quel che si ha in cambio della malvagità, indicando quali sono gli effetti della tracotanza rivoltici contro da Dio secondo giustizia. ‘Assegnare giustizia (tekmaìresthai diken)’ significa che siffatta vita finisce nella punizione dei malvagi. 239 a. < ‘A loro la giustizia: a quelli che sopportano che un malvagio sia loro concittadino e non lo cacciano dalla città, affinchè la loro punizione raggiunga il comandante, come nel caso di Agamennone. 240- 241 *. ‘Spesso anche un'intera città’: questo non pare secondo giustizia, cioè che per colpa di un solo malvagio un'intera città paghi una punizione. Può voler dire che, in presenza di un solo per-
verso, come di un fenomeno morboso, la città, che ne trae frutti col-
laterali, spesso si modella interamente sulla malvagità (di lui) assomi-
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τὴν πονηρίαν ἐξομοιουμένη τῷ ἑνί. δύναται δὲ κἀκεῖνο σηµαίνειν ὅτι ἑνὸς ὄντος πονηροῦ δίδωσιν ἡ πᾶσα πόλις δίκην, ὡς ἐξὸν κωλύειν μὴ κωλύουσα τὴν τοῦ ἑνὸς πονηρίαν. οὕτώ καὶ τοῦ ᾿Αγαµέμνονος αὐθαδῶς τῷ ἱερεῖ προσενεχθέντος εἰς πάντας Ἕλληνας
διέτεινεν
ὁ λοιµός,
ὡς παρέντας
βοηθῆσαι
τῷ ἱερεῖ'
καὶ τοῦ
Αἴαντος ἀσεβήσαντος περὶ τὸ τῆς ᾿Αθηνᾶς ἱερὸν πάντες ἔνοχοι τῇ δίκη γεγόνασιν, ὡς μὴ ἀγανακτήσαντες ἐπὶ τῷ ἀσεβήματι. δεῖ γὰρ μὴ ἐπιτρέπειν τοῖς ὑβρισταῖς, μηδὲ συνεπινεύειν τοῖς ἀδίκοις
δυναµένους μὲν παῦσαι, περιορῶντας δὲ τοῦ παῦσαι τὴν ἐξουσίαν τῶν πονηρῶν. 240α, πολλάκι καὶ ξύµπασα πόλις :Ιπολλάκις, φησί, ἡ πόλις πᾶσα ἕνεκεν ἀνδρὸς ἀδίκου καὶ ἁμαρτωλοῦ ἐκινδύνευσεν ].
242-247, Ἀ τοῖσι δ᾽ οὐρανόθεν:τὰ ἔργα τῆς δίκης διέξεισιν, ὅσα ἐπήρτηται ταῖς τοὺς ἀδίκους ἐώσαις τὰς ἑαυτῶν ἐκπληροῦν ἁδικιας πόλεσι λιμὸς καὶ λοιμὸς καὶ ἀπώλεια στρατεύματος διὰ
πολέμὼν καὶ πόρθησις τῆς πόλεως τοῦ τείχους αἱρεθέντος καὶ ναντικοῦ ὄλεθρος. ταῦτα γὰρ ἐπάγει ταῖς τῶν ἀδίκῶν ὁ μὲν οὖν λιμὸς γίνεται -- ὡς τὰ πολλά -- γεωργίας περὶ δικαστήρια στρεφοµένων' ὁ δὲ λοιμὸς ἐκ τοῦ µοχθηρίᾳ διαίτης, ᾗ χρῆσθαι ἀναγκάζονται
πόλεσιν ὁ θεός. ἀμελούντων καὶ λιμοῦ συμπίπτει λιµώττοντες οἱ
ἄνθρωποι. ὁ δὲ πόλεμος τῶν στρατευμάτων ὄλεθρον ἔχει διὰ πλεο-
νεξίαν -- ὡς τὰ πολλά -- τῶν ἐν ταῖς πόλεσι δυνατῶν ἐγειρόμενος'
ὁμοίως δὲ καὶ ὁ τὴν τῆς πόλεως πόρθησιν προξενῶν καὶ τὴν τῶν
νεῶν ἀπώλειαν. ταῦτα μέν εστι τὰ ἐπίκαιρα τῆς ἀδικίας. δεῖ δὲ συνάπτειν TÒ (v. 243) λιμὸν ὁμοῦ καὶ λοιµόν, ἀποφθινύθουσι δὲ λαοί, τοὺς ἐν πολλοῖς Φερομένους ὑπερβάντα δύο στίχους, [τὸ] (ν. 246)
ἢ τῶν γε στρατὸν ιεὐρὺν ιἀπώλεσεν,
καὶ τὰ ἑξῆς' οὕτω Πλούταρχος (τμ. 15 Βετπαικ].).
245a.
«ἄλλοτε δ αὖτε» καί ποτε μὲν τὸν στρατὸν αὐτὸν ἀπώλε-
σε, ποτὲ δὲ αὐτὴν τὴν πόλιν.
248-251." ὦ βασιλῆς :οὐκ ἔστι θεῶν ἔννοιαν ἔχοντας ἀδίκως ζῆν. εἰκότως οὖν παρακελεύεται τοῖς βασιλεῦσι μὴ ἀπολαύειν τῆς
ἐξουσίας, ἀλλ’ ἐννοεῖν ὡς θεῶν καὶ δαιμόνων παρόντων πᾶσι καὶ
ἐφορώντων ἡμᾶς' καὶ δῆλός ἐστιν ἐν τούτοις διαφορὰν θεῶν εἰδὼς καὶ δαιμόνων. τὸ μέντοι ἀθάνατον κοινὸν αὐτῶν εἶναι: οἱ γὰρ ἀθάνατοί, φησιν, ἐγγὺς ὄντες ἡμῶν τῶν ἀνθρώπῶν ὁρῶσιν ἐκείνους ὅσοι σκολιαϊς χρώμµενοι δίκαις καὶ κρἰσεσι διεφθαρµέναις ἀλλήλους τρίβουσι, τουτέστι καταπονοῦσι θεῶν ὄπιν οὐκ ἀλέγοντες'
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gliando a quello solo. Può anche significare che, in presenza di un solo malvagio, l’intera città paga la punizione in quanto, pur avendo-
ne la facoltà, non impedisce la malvagità di quello solo. Così, essendosi Agamennone comportato in modo temerario con il sacerdote (sc. Crise), la pestilenza si estese a tutti i Greci, in quanto avevano trascurato di soccorrerlo; e quando Aiace commise empietà nei riguar-
di del sacerdote di Atena, tutti si trovarono colpevoli di fronte alla
giustizia, in quanto non si erano risentiti per l’atto di empietà. Perchè non bisogna affidarsi ai tracotanti né vivere d’accordo con loro potendo porre fine (all'accordo) e, peraltro, tralasciando di porre fine al potere dei malvagi. 240 a. ‘Spesso anche un'intera città’: [[spesso, dice, la città tutta si è trovata in pericolo a causa di un uomo iniquo e colpevole]]
242-247 *. ‘Su costoro dal cielo’: percorre le opere della giustizia, quante stanno sospese sulle città che permettono agli iniqui di realizzare compiutamente le loro iniquità: fame, peste, distruzione dell’esercito durante le guerre, devastazione della città con abbattimento delle mura e naufragio della flotta. Perché è tutto questo che Dio infligge alle città degli iniqui. Orbene, la carestia nasce - per lo più — quando trascurano l’agricoltura per volgersi ai tribunali; la pestilenza consegue alla fame ed è dovuta alle pessime condizioni di vita, alle quali sono costretti gli uomini in tempi di carestia. La guerra compor-
ta la perdita degli eserciti, guerra - per lo più — suscitata dalla cupidigia dei potenti presenti nelle città; ugualmente, è la guerra che procura la devastazione della città e la perdita delle navi. Questi i tratti rilevanti dell’ingiustizia. E bisogna collegare al verso (v. 243): “Carestia e pestilenza insieme: muore la gente”, saltati i due versi (in mezzo) ricordati in molte occasioni, il verso (v. 246): “O un vasto loro eser-
cito distrugge”, con quel che segue: così Plutarco (fr. 15 Bernard.). 245 a. < ‘A volte poi ’» a volte distrugge proprio l’esercito, a volte la stessa città. 248-251 *. ‘O re”: non è possibile vivere nell’ingiustizia avendo il pensiero (‘ènnoia’) degli dei. Plausibilmente, dunque, invita i re a non godere del potere ma a concepire il pensiero che dei e demoni siano presenti tra tutti (noi) e ci sorveglino; ed è chiaro che (Esiodo) è in questi versi consapevole della differenza tra dei e demoni. L’immortalità nondimeno li accomuna; gli immortali, dice, essendo
vicini a noi uomini, vedono quelli, cioè quanti servendosi di sentenze storte e di giudizi corrotti ‘si tormentano gli uni gli altri’, vale a dire si logorano ‘incuranti dello sguardo degli dei’; e di seguito
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καὶ
SCOLÎ ANTICHI ALLE OPERE E
τούτοις
ἑπόμενος
ἐπάγει
τρισµυρίους
εἶναι
I GIORNI
φύλακας
τῶν
ἀνθρωπίνων ἐκ τοῦ Διὸς ταχθέντας ἀθανάτους, ἐκ δὴ τούτων δῆλον
ὅτι μόνος ἄρχει Ζεὺς τῶν θεῶν, ἄρχοντες δὲ πάντες οἱ θεοί. φύλακες δέ τινές εἰσι τῶν ἀνθρωπίνων ἄλλοι μετὰ θεούς, μεταξὺ θείων
καὶ ἀνθρωπίνων ὄντες, οἵτινες ἂν εἶεν δαίμονες, ἄλλοι τινὲς οὗτοι
παρ᾽ ἐκείνους οὓς ἐκ τῶν ἀνθρώπων εἶπε γεγονέναι δαίμονας. ἐκεῖνοι μὲν γὰρ θνητὸν γένος ἦσαν, τούτους δὲ ἀθανάτους εἶναί φησιν’ ὥστε οὗτοι μὲν κατ οὐσίαν δαίμονες, ἐκεῖνοι δὲ διά τὴν πρὸς τούτους ὁμοιότητα καὶ δαίμονες ἐκλήθησαν καὶ φύλακες ἀνθρώπων. 248ᾳ. «καταφράζεσθε καὶ αὐτοίὸ καὶ αἰσθάνεσθε ἢ κατανοεῖτε τὴν μεταξὺ ἡμῶν νείκην καὶ δικαίως κρίνετε.
252-254.3 τρὶς γὰρ μύριοί εἰσιν: ἡ μὲν μυριὰς δηλοῖ τὸν πάντων
τῶν δαιμόνων ἀριθμόν, ἐν ᾧ πάντως περιλαμβάνεται τὸ δαιµόνιον γένος ἡ δὲ τριὰς τὸ τέλειον καὶ ἐν ὅροις ἑστὼς πρώτοις µέσοις τελευταίοις. εἰσὶ γὰρ τὰ γένη τῶν δαιμόνων τὰ μὲν λογικὰ µόνως, τὰ δὲ ἄλογα µόνως, τὰ δὲ μεταξὺ τούτων’ δηλοῖ δὲ ἐξ ἀμφοτέρων τὸ παντοδαπὸν Φφῦλον τῆς δαιµονίας τάξεως, ἣν φύλακα μὲν εἶναι τοῦ ἀνθρωπείου γένους, ὑπουργὸν δὲ τοῦ Διός, διὰ τοῦτο γὰρ εἶπε Ζηνός, διότι ὑπηρέται πάντες οὗτοι, φύλακες δὲ θνητῶν ἀνθρώπων ὡς ἐφεστῶτες αὐτοῖς, 255. * Πέρα ἑσσάμενοι :τὸ μὲν ἠέρα ἐνδεδύσθαι δηλοϊῖ ἀφανεῖς εἶναι καὶ ἀοράτους ὡς ὁ ἀήρ' ἢ καὶ τὸ τὰ σώματα ἀέρια εἶναι κατὰ τὴν σύστασιν, ὥσπερ τὰ τῶν θεῶν ἐμπύρια ἡμέτερα χθόνια. τὸ δὲ πάντῃ φοιτᾶν τὸ τὰς κινήσεις αὐτῶν
τὸ ἡμῖν αὐτῶν καὶ τὰ ὀξείας
εἶναι καὶ τὰς ἐφοράσεις δι ὅλων διήῄκειν ὧν πράττοµεν ὧν φαντα-
ζόμεθα ὧν διανοούµεθα: καὶ γὰρ εἰ ἀερίοις χρῶνται σχήµασιν, οὐδὲν θαυμαστὸν ὀξέως αὐτοὺς ἐπιπορεύεσθαι πανταχοῦ ὅπου περ ἂν ἐθέλωσιν.
256-251.
Ἡ ἡ δέ τε παρθένος: παρθένος μὲν ἡ Δίκη τοῖς θεολό-
yorc (Plat. Legg. XII 943e) εἴρηται, διότι πᾶν τὸ δικαστικὸν γένος ἀδιάφθορον εἶναι δεῖ καὶ καθαρόν’ καὶ τούτου σύμβολον ἡ παρθενία. παὶς δὲ τοῦ Λιὸς διότι νομοθέτης οὗτός ἐστι κοσµικός, ὡς ἄρχων καὶ βασιλεὺς τῶν ὅλων. τὴν δὲ δικαστικἡν ἐξῆφθαι δεῖ τῆς νομοθετικῆς, ὡς τὴν ἀνθρωπίνην τῆς ἀνθρωπικῆς καὶ τὴν θείαν τῆς θείας. αἰδοίη δὲ καὶ κυδρὴ παρὰ τοῖς Ὀλιυμπίοις θεοῖς ὡς πάντων κατὰ δίκην ἐνεργούντων καὶ σεβόντων αὐτήν, καὶ πᾶσι τὸ κατ ἀξίαν ἀπονέμουσα, ὃ δὲ μάλιστα φίλον ἐστὶ τοῖς θεοῖς,
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aggiunge che ci sono trentamila custodi degli umani, immortali, di ciò incaricati da Zeus. Da tutto questo risulta chiaro che solo Zeus comanda gli dei, ma che tutti gli dei sono comandanti. Custodi degli umani sono degli altri dopo gli dei, che stanno in mezzo tra gli enti divini e quelli umani, i quali sarebbero demoni, degli altri, costoro, oltre quelli che ha dichiarato che sono diventati demoni da uomini che erano. Quelli infatti erano di stirpe mortale, questi invece dice che sono immortali, per cui costoro sono demoni per essenza, quelli, invece, è per somiglianza con questi che sono stati chiamati demoni e custodi degli uomini. 248 a. < ‘Meditate anche voi: © sia avvertite o intuite il contrasto litigioso che è in mezzo a noi sia giudicate secondo giustizia. 252-254*, “Trentamila infatti sono’: la miriade indica il numero di tutti i demoni, nel quale è racchiusa completamente la stirpe demonica. La triade è la perfezione ed è (numero) presente nei termini primi, medi e ultimi; le stirpi dei demoni infatti sono alcune solo razionali, altre solo alogiche, altre ancora intermedie tra queste; ed indica la stirpe eterogenea, discendente da entrambe, dello schieramento demonico, che (mostra) essere custode della stirpe umana e al servizio di Zeus. Perciò ha detto ‘per conto di Zeus’, perché tutti costoro sono (suoi) servitori, e custodi degli uomini mortali in quanto a loro preposti. 255 *. ‘Vestiti di nebbia”: il fatto che sono rivestiti ‘di nebbia’ indica che sono a noi invisibili e non percepibili con la vista, come l’aria. O indica che i loro corpi sono aeriformi per la sostanza, come quelli degli dei sono ignei e i nostri ctonii. L’aggirarsi ovunque significa che i loro moti sono celeri e la loro vista penetra attraverso tutte le cose che facciamo, che immaginiamo, che pensiamo; e infatti se è vero che si avvalgono di figure aeriformi, non c’è da stupirsi che si muovano celermente dappertutto, ovunque vogliano. 256-257 *. ‘La vergine’: la Giustizia è detta vergine dai teologi (Plat., Legg.XII,943 e), perché tutta la stirpe giudiziaria deve essere incorruttibile e pura; e simbolo di questo è la verginità. Figlia di Zeus, perché questi è legislatore cosmico, in quanto arconte e re del tutto. L’arte del giudicare deve essere strettamente congiunta a quella della legislazione, come quella umana all’antropica e quella degli dei a quella divina. ‘Onorata e rispettata’ presso gli dei olimpi, perché tutti agiscono secondo giustizia e la venerano, e in quanto essa a tutti assegna secondo il merito (‘tò kat'axìan aponèmousa?), il che è particolarmente caro agli dei.
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2578. «κυδρή υἀπὸ δὲ τοῦ κῦδος γίνεται κυδρὸς καὶ κυδρὴ ὡς
ἀπὸ τοῦ ἔχθος ἐχθρός.
255-260." καί ῥ' ὁπότ ἄν τίς µιν βλάπτῃ :ἐάν τις τὸ δίκαιον βλάπτῃ παραχαράττων’ οὕτώ γὰρ βλάπτει ὁ σκολιῶς τοῦτο πράττων
καὶ διὰ πανουργίας ὀνοτάζων τὴν Δίκην, ἤγουν οὐχ ἁπλῶς λοιδορὢν, ἀλλὰ καὶ ἐξευτελίζων ὡς εὐκαταφρόνητον διὰ τὸ τοῦ δικαίου
καταφρονεῖν. ὁ γὰρ τὰ ἀγάλματα τῶν θεῶν ὑβρίζων αὐτοὺς ὑβρίζει
τοὺς θεούς’ ἄγαλμα δὲ τῆς Δίκης τὸ δίκαιον. ἐὰν οὖν τις τοιοῦτόν τι πράττῃ, καθηµένη παρὰ τῷ Διὶ ἡ Δίκη γηρύεται τὸν ἄδικον νοῦν τῶν ἀνθρώπων καὶ ἀπαγγέλλει τῷ πατρἰ. ὡς ἂν ἀπ᾿ αὐτοῦ δικάζειν
ταχθεῖσα καὶ κρίνειν πάντα ὅσα ἐφορᾷ ὁ Ζεύς. δηλοῖ δὲ τὸ καθῆσθαι τὸ παρὰ τῷ θεῷ τάξιν αὐτὴν καὶ ἔδραν ἔχειν ἀμετακίνητον, ὡς καὶ ἐκεῖνόν
Φησιν Ὅμηρος
ἕἅτερ ἥμενον ἄλλων”.
ἐν τῇ τοῦ Ὀλύμπου
260ᾳ. «γηρύετ» τὸ δὲ γηρύεται σηµαίνει τὴν φωνήν, ἢ ἀπὸ τοῦ γέρας.
Ὑίνεται
ἀπὸ
κορυφῇ τοῦ
(Α498):
γῆρυς,
ὃ
260-262. ὄφρ᾽ ἀποτίσῃ δῆμος ἀτασθαλίας βασιλήων :τοῦτο ἤδη
ἔργον
τοῦ
Διός,
ὡς
βασιλέως,
κοινὴν
ἐπάγειν
τιµωρίαν
ταῖς
πόλεσιν ὑπὲρ τῶν ἁδίκῶν κρίσεων τῶν ἀρχόντων, οἳ παρατρέπουσι τὸ δίκαιον. τοῦτο γὰρ δηλοῖὶ τὸ παρακλίνειν καὶ τὸ σκολιῶς ἐνέποντες, ἤτοι πανούργους λέγοντες τὰς κρίσεις ἀντὶ ἐμφρόνων, καὶ παρανόµους ἀντὶ ἐννόμων. διὰ τί δὲ κοινὴν ὐπέχουσι δίκην αἱ
πόλεις εἴρηται πρότερον (6{. 56Η. 240-241). ὡς ἐπιτρέπειν οὐκ ἔδει τοιούτοις τὰς ἀρχάς.
265-266. 3 οἳ τ αὐτῷ κακἀ τεύχει: δαιµονίως ἀνεφθέγξατο ταῦτα τὰ ἔπη καὶ σωφρονιστικῶς: εἰ γὰρ εἰδείημεν ἀκριβῶς ἑαυτοὺς µείζονα βλάψαντες ἐξ ὧν ἄλλους βλάπτειν ἐπιχειροῦμεν, ἀφεξοίµεθα «ἂν »τοῦ βλάπτειν’ οὐδεὶς γὰρ ἑκών ἂν ἑαυτὸν βλάψειεν'
ἀλλὰ δι᾽ ἄγνοιαν ἁλισκόμεθα τῷ κακῷ τούτῳ καὶ οἰόμενοι ὠφελεῖν
ἑανυτοὺς βλαπτόμεθα ὑφ᾽ ἑαυτῶν, καὶ µείζω τοῦ βλάπτειν ἄλλους,
ἑαυτοὺς βλάπτομεν’ εἰς χρήματα μὲν γάρ, εἰ τύχοι, ζημιοῦμεν ἐκείνους, ἡμᾶς δὲ αὐτοὺς εἰς τὸ κυριώτατον, τὴν ψυχήν. τὸ γὰρ ἀδικοῦν αὐτῆς ἐστιν' ὁ δὲ βλαπτόμενος ἐν τοῖς ἐκτὸς ἀδικεῖται. εἰκότως ἄρα Φηῃσὶν ἑαυτῷ κακὰ τεύχειν τὸν ἄλλῳ κατασκευάζοντα κακὸν καὶ
τὸν κακῶς περὶ ἄλλου βουλευόμενον ἑαυτῷ γῖνεσθαι πρὀξενον κακοῦ µείζονος' καὶ γὰρ μὴ συντελεσθεῖσα μὲν ἡ βουλὴ τὸν βουλευσάµενον ἀνιᾷ πικρῶς, συντελεσθεῖσα δὲ λωβᾶται µειζόνως. τὸ
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257 a. da ‘kydos’ (= gloria, onore) nasce ‘kydròs’ e ‘kydrè’ come da ‘echthos’ (= odio, inimicizia) ‘echthròs’ (= nemico). 258-260 *. ‘E quando qualcuno le fa danno’: qualora qualcuno offenda il diritto falsificandolo; così infatti lo offende chi fa sentenze storte e per scelleratezza ‘usa avvilenti parole d’insulto’ nei confron-
ti della Giustizia, cioè non l’insulta semplicemente ma anche l’avvili-
sce come cosa spregevole, per via del disprezzo portato al diritto. Chi
in effetti fa violenza alle immagini (‘agàlmata’) degli dei fa violenza agli dei stessi: immagine della Giustizia è il diritto. Qualora dunque
qualcuno agisca in tal modo, la Giustizia, sedendo presso Zeus, ‘rive-
la’ la mente ingiusta degli uomini e la comunica al padre, come da lui incaricata di dare eventuali sentenze e giudicare tutto quanto Zeus sorveglia. Il fatto di sedere presso Zeus indica che essa ha un rango e una sede immutabili, come di quello (sc.Zeus) Omero dice: sulla cima dell'Olimpo (I/. 1,498) “seduto in disparte dagli altri”. 260 a.
272 a. ‘Essere (èmmenai)?: ‘hypàrchein’(= esistere, essere). Bisogna sapere che nel caso degli infiniti terminanti in -nai all’aoristo, i Dori sono soliti inserire la sillaba -me; e se ci sono due vocali ne rigettano una, per esempio ‘doùnai e ‘dòmenaîi’(= aver dato), ‘theînai’ e ‘thèmenai’(= aver posto); se si trova una sola vocale la conservano,
per esempio ‘stenai’ e ‘stèmenai’(= essere stato ritto), ‘benai’ e ‘bèmenai (= essere andato); così dunque ‘einai’ e ‘èmmenai’ (= essere)89, 272 Ρ. «δε più si è ingiusti e più grande giustizia si riceverà”: lamentandosi di questo sul piano morale, non dice col dovuto zelo (‘apò spoudès’). Se l’ingiusto ha più del giusto, nell’ipotesi che abbia quanto detto sopra, né io (sarò) giusto né mio figlio. E° una deduzione. Ma non credo che Zeus porti a compimento (tutto) questo. 274- 280 *. ‘O Perse, tu tutto questo’: quanti hanno ricondotto il sociale all’umano bisogno (‘chreia’) non hanno assunto un principio solido per la dottrina della nostra reciproca socialità; infatti il bisogno, seppure è necessitante, non è ancora un bene. Quanti invece hanno visto la giustizia reciproca nell’ottica della realtà secondo natura per noi, hanno assunto il fondamento che non si spezza per lo scopo della nostra socialità; difatti ciascuna realtà secondo natura è buona. A questo proposito dunque, Esiodo, conoscendo la legge di Zeus, chiede a Perse di guardare: a tutti gli altri animali (Zeus) concesse di mangiarsi reciprocamente e che i più forti dominassero i più deboli e ne facessero banchetto; agli uomini invece diede il seme congenito della giustizia e pose la socialità dentro la loro natura; perciò appunto gli ingiusti somigliano agli esseri privi di ragione poiché si sottraggono alla condizione umana della vita. Nessuno dunque, presentandoci il divorarsi vicendevole (‘allelophaghìa’) delle belve, chieda anche a noi di vivere così. L'uomo infatti è nato vivente socievole e la legge della socialità è posta in lui dal padre secondo natura. Ogni forma di iniquità fa guerra alla socialità e la socialità fa guerra all’iniquità: causa di tutti i conflitti, in effetti, è soprattutto l’iniquità; invece la socialità non è conflittuale, E bene fece Platone (Rep. 1,351 a-e) a dire che non è possibile che l’iniquità neppure si costituisca senza la giustizia; perché bisogna che i complici dell’iniquità, almeno tra loro, conservino il senso della giustizia, oppure, facendosi vicendevole ingiustizia, non potrebbero mai fare insieme alcunchè. Se dunque sei un uomo, sei per natura un vivente socievole; ma se per natura sei un vivente socievole, è contrario alla tua natura commettere iniquità.
Perchè quest’ultima è causa non di socialità ma di lacerazione, non potendo gli offesi andare d’accordo con gli offensori. 82 Che però non è aoristo, ma infinito presente ionico.
700
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276a.
νόμον'
ἀλόγων. 2768.
τόνδε γὰρ ἀνθρώποισιν; ἐπαγγειλάμενος οὐκ εἶπε ποῖον
λέγει δὲ τί τοῖς ἀνθρώποις ἐστίν, ἵνα φύγωμεν νόμον
διέταξε
Ὅμηρος νόµον εἶπε. 279a.
ἀνθρώποισι
Κρονίων:
δ᾽ ἔδωκε
τὸ
δίκην:
σημεῖον τετραχῶς
ὅτι δὲ
τὰ τῶν
οὐδέποτε τίθησι
τὴν
δίκην’ ποτὲ μὲν ἐπὶ τῆς σωματοειδοῦς θεᾶς (ν. 220, 256), ποτὲ δὲ ἐπὶ τοῦ δικαίου (ν. 9, 192, 2132 εἰς,), ποτὲ δὲ ἐπὶ τῆς κρίσεως (ν. 26, 124
εἴς.), ποτὲ δὲ ἐπὶ τῆς τιμωρίας (ν. 229, 112).
250-281." εἰ γάρ τίς κ᾿ ἐθέλοι: ὃς γὰρ εἰδὼς τὰ δίκαια μὴ ἀπο-
κρύπτει διὰ σκολιότητα ἤθους ἀλλ᾽ ἀγορεύει, τούτῳ καὶ ὁ παρὰ τοῦ
Διὸς ὄλβος ἔπεται. πρόσκειται δὲ τὸν γινώσκοντα τὰ δίκαια χρῆναι λέγειν αὐτά, διότι κατ ἄγνοιάν τινες τῶν δικαίων εἴποιεν ἂν τὰ
ἄδικα ὡς δίκαια, ὧν οὐκ ἄν τις µέμψαιτο τὴν προαίρεσιν, ἀλλὰ τὴν ἀμαθίαν. 281ᾳ. «γιγνώσκων» γινώσκων ὅτι ἔστι δίκη: εἰσὶ γὰρ βάρβαροι
μὴ εἰδότες τί ἐστι τὸ δίκαιον. 2815. «τῷ μέν τ ὄλβον διδοῖ» ὄλβος δὲ ὁ παρὰ τῶν καρπῶν πλοῦτος, 282." ὃς δὲ κε µαρτυρίῃσιν ἑκών :οὗτός ἐστιν ὁ ἀντίθετος τῷ εἰἷ-
δότι τὰ δίκαια καὶ μὴ κρύπτοντι, ὁ ἑκὼν ψευδόµενος καὶ μαρτυρῶν
τοῖς ἀδίκοις καὶ ὀμνὺς καὶ ἐπιορκῶν διὰ πονηρὰν πρόθεσιν. τούτου οὖν τοῦ τὰ ψευδῆ μαρτυροῦντος ἐκουσίως εἰδότος τἀληθὲς ὁ τρόπος µιαρός, 283-285.
* &v de δίκην βλάψας: ὃς ἂν ψευδῆ µαρτυρήσας ἑκὼν
ἀποκρύψη τὸ δίκαιον καὶ ὅρκον προσθεὶς νήκεστον βλάβην καὶ ἀνίατον ὑπομείνη διὰ τῆς ψευδοµαρτυρίας καὶ ἐπιορκίας, duavpoτέρα ἡ τούτου γενεὰ γίνεται, ὡς τοῦ εὐόρκου ἀμείνων ἤ γενεά. τὰ γὰρ τῶν πατέρων ἀδικήματα χραίνει καὶ τοὺς ἐκγόνους αὐτῶν
καὶ ἐνόχους ἀποφαίνει ταῖς τιµωρίαις' καὶ γὰρ ὀνείδη καὶ ἀδοξίαι αὐτοῖς ἐκ τῶν ἀδικιῶν συμβαίνουσι καὶ τίσεις ἐκ τῶν ἁμαρτημάτων ἀπολαμβάνοντες, ὧν ἔσχον ἀδικήσαντες οἱ πατέρες αὐτῶν, συναπολαύουσι τῶν ὀφειλομένων ἐκείνοις κολάσεων. ἄλλως δὲ γινώσκει
τὸ θεῖον, ὡς τοῖς ἤθεσιν αὐτῶν ἐμπέφυκέ τι τῆς ἀδίκου τῶν γεννη-
σάντων προαιρέσεως κἂν ἡμᾶς λανθάνωσι καὶ εἰκότως ταύτην ἐν
αὐτοῖς ὁρῶντες τὴν ῥίζαν ἐκκόπτουσι διὰ τῶν τιμὠριών καὶ τοῦ μὴ ἐνεργῆσαι
κωλύουσιν,
ὑφορῶνται νόσους.
ὡς
ἰατροὶ
προκαθαἰροντές
τινας
ὧν
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276 a. ‘Questa legge agli umani’: pur avendone dato l'annuncio, non ha detto quale legge; dice però che cosa spetta agli uomini, affinchè evitiamo quel che è proprio degli esseri senza ragione. 276 b. ‘Questa legge impose il Cronide’: da apporre un segno, perché mai Omero parlò di legge. 279 a. ‘Agli uomini diede la giustizia’: presenta la giustizia in quattro modi: nelle vesti di una dea provvista di corpo (vv. 220, 256), come diritto (vv. 9, 192, 213 ecc.), come giudizio forense (vv. 36, 124 ecc.), come punizione (vv. 239, 712). 280-281
*. ‘Qualora
uno
si senta di pronunciare’;
a uno
che,
sapendo quel che è giusto, non lo nasconde per obliquità morale ma lo pronuncia in pubblico, Zeus concede prosperità. E per chi conosce quel che è giusto, alla conoscenza si affianca la necessità di dichiararlo, perché per ignoranza dei pareri giusti alcuni potrebbero sostenere i pareri ingiusti come giusti, (uomini) dei quali nessuno saprebbe biasimare la scelta ma la disinformazione. 281 a. ha preso il fuco come ozioso, perché solo questo animale non è in grado di procurarsi il cibo; e può ben essere ridicolo un umano abbassato a somigliare ai fuchi. ‘Kòthouros’ è il fuco in quanto ‘keùthouros'(= che nasconde la coda) e tiene il pungolo nascosto o ‘kòthouros' è l’ozioso, da ‘kàthemi”90, 304 b. ‘Ai fuchi senza pungiglione’: fuco è il maschio delle api molto inattivo e senza aculeo «come dice Aristotele (Hist. anima. p. 553 b 11)». ‘Kòthouroi’ o perché siedono badando al momento in cui le api fanno ritorno, al fine di consumare di nascosto il loro miele; o perché hanno la coda mutila — difatti nascondono la coda. Didimo {(Calcentero, tr. p.300 Schmidt} (legge) ‘kotoùrois’, perché hanno risentimento (‘kotos’) nella coda — secondo Aristofane (Uccelli, v. 1114) ‘akèntrois’ (= senza aculeo) —, Amerias ‘kakoùrgois’ (= perversi). Solo Esiodo ha usato il termine, una sola volta.
306 «Tu preoccupati, mio caro, di lavoro adeguati”: alcuni leggono: ‘mio caro (o phile), sia tua cura governare opere adeguate’. 308-309*. ‘È con le loro opere che gli uomini’: ogni uomo che compie la sua attività secondo natura piace conseguentemente agli dei. Dunque gli uomini che lavorano e si procurano il necessario con le loro opere agiscono in modo a loro caro; come gli oziosi, che intendono sfruttare il lavoro altrui, sollevano l’indignazione degli dei. 90 Inusitato, al posto di ‘kàthemai'= siedo.
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SCOLÌ ANTICHI ALLE OPERE E I GIORNI
3084. «πολύμηλοί τ ἀφνειοί τε» προτρεπόµενος αὐτὸν ἐπὶ τὸ ἐργάζεσθαι λέγει αὐτῷ «ὅτι» τὸν ἀπὸ τῶν καρπῶν πλοῦτον, ὃν ἐκ καμάτῶν φησίν, ἕξει καὶ τὰ συναγόµενα μηδὲ ὅλως ἐξ ἀδικίας «ἂν» καρπίζοιτο. 311-312." ἔργον δ᾽ οὐδὲν ὄνειδος: οἱ μὲν πολλοὶ καὶ καπηλεύειν [διὰ ταῦτα] καὶ τὰ ἄλλα ἔργα µετιέναι τὸν σπουδαῖον δεῖν οὐκ
ἀπέγνωσαν διὰ ταῦτα τὰ ῥήματα τοῦ Ἡσιόδου, μηδὲν ἐπαχθὲς εἶναι λέγοντες. εὖ δ᾽ ὁ Πλάτων (6βά/. 162 Ῥ-ς) ἐξηγήσατο τὸ ἔπος. ἔργα
γὰρ καλεῖν τὸν Ἡσίοδον ἑκάστου τῶν ὄντων τὰ κατὰ φύσιν ἔργα. ταῦτα οὖν καὶ τῷ σπουδαίῳ πρέποντα ἔργα ὅσα οἰκεῖα σπουδαἰῷ: διὸ καὶ Ὅμηρος (ν. ἱπίτα) τὰ μὲν βέλτιστα τῶν ἔργων µόνον ἔργα καλεῖ; τὰ δὲ φαῦλα μετὰ προσθήκης κακὰ ἔργα, ὡς ἂν τοῦ ἔργου
καθ᾽ αὑτὸ τὸ καλὸν δηλοΏΌντος (σ 266): εἰ γὰρ νῶϊν ἔρις ἔργοιο γένοιτο"
καί (22):
δύο δ᾽ αἰὲν ἔχον πατρώϊα ἔργα. τὰ δὲ μεμπτὰ δῆλα (0 229): οὐκ ἀρετᾷ κακὰἀ ἔργα.
2114. «ἔργον δ᾽ οὐδὲν ὄνειδος» οὐκ ἄρα τὸ κλέπτειν καὶ τὸ
πορνοβοσκεῖν ὄνειδος' ῥητέον ὅτι τὸ ἔργον τῆς γεωργίας ὄνειδος
οὐκ ἔχει, οἷον τὸ βοηλατεῖν, τὸ σκάπτειν’ ἢ ἁπλῶς ῥητέον ἔργα, ὡς
παρὰ τοῖς παλαιοῖς, τὰ σπουδαῖα. ὅτε γὰρ νουσι, προστιθέασι τὸ κακόν (Ποπι. θ 229).
τὰ
Φαῦλα
σηµαί-
οὐκ ἀρετᾷ κακἁ ἔργα
καὶ (Ποπι. χ 413; Hes, Op. e D,, v. 124)"
σχέτλια ἔργα.
3132." πλούτῷ δ᾽ ἀρετή: μηδεὶς λοιδορείτω τὸν στίχον εἰς τὸν πολνάρατον πλοῦτον ὁρῶν «τὸν» πόρρω τῆς ἀρετῆς ἐσκηνημένον, ἀλλὰ πλοῦτον οἰέσθω νῦν λέγεσθαι τὴν ἀπὸ τῶν ἔργων πορισθεῖσαν ἀφθονίαν τοῖς ἐργαζομένοις δικαίαν οὖσαν καὶ ἀπὸ
τῶν οἰκείων πόνων ἠθροισμένην. εἴρηται γὰρ ἐν τοῖς ἔμπροσθεν ἐκ τῶν ἔργων τοὺς ἀνθρώπους γίνεσθαι πολυµήλους καὶ ἀφθόνους καὶ ἀφνειούς (ν. 208): τῷ δὲ τοιούτῳ πλούτῳ ἔπεσθαι πάντως τὴν ἀρετὴν
καὶ τὴν δόξαν’ ἔπεσθαι δὲ οὐχ ὡς παρακολουθήµατα ὄντα ταῦτα τῆς εὐπορίας, ἀλλ ὡς συνυπάρχοντα τῷ τοιούτῷ πλούτῳ. καὶ ὡς παντός, ὃς ἂν οὕτω πλουτῇ, καὶ δόξαν ἀγαθὴν κεκτηµένου καὶ δηλοῦντος ὅτι ἀρετὴν ἔχει, δι’ ἣν προσκαρτερεῖ τοῖς οἰκείοις ἔργοις,
212ᾳ. «πλούτῷ δ᾽ ἀρετή» ὥσπερ ἔπεται τῇ ἰατρικῇ ἡ ὑγεῖα, οὕτω
τῇ ἀρετῇ οὐ πάντα ἀλλ) ὁ πλοῦτος ὑπουργεῖ. εἰ μὴ γὰρ ὁ πλοῦτος
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308 a. «Ricchi di greggi e opulenti’» esortandolo a lavorare, gli
dice che avrà la ricchezza che deriva dai raccolti, ricchezza che dice
farsi con la fatica, e che quanto si raduna egli mai interamente potrebbe raccogliere con l'ingiustizia.
311-312 *. ‘Nessun lavoro è biasimevole’: i più non hanno respinto (l’idea) che l’uomo dabbene (‘spoudaîos’) debba fare il mercante e perseguire le altre attività per via di queste parole di Esiodo, asserendo che nessun lavoro è inopportuno. Bene ha interpretato il verso Platone (Carzz., 163): Esiodo chiamava ‘lavori (erga)’ le attività secondo natura di ciascuna delle realtà che sono; convengono dunque all’uomo dabbene tutte quante quelle attività che sono proprie (‘oikeia’) dell’uomo dabbene. Perciò anche Omero chiama ‘erga’ solo
le migliori tra le opere, mentre quelle viziose (‘phaula’), con un aggettivo, ‘opere cattive (kakà)”, quasi indicando la bellezza in sé del lavoro (Od. 18, 366): “Se noi due facessimo a gara un lavoro” e (04. 2, 22): “Due sempre curarono le opere paterne”; evidenti quelle biasimate (04. 8, 329): “Non danno risultati virtuosi le cattive azioni”. 311 a. «Nessun lavoro è biasimevole ’:> non è quindi biasimevole rubare e fare il bordelliere. Bisogna dire che il lavoro dell’agricoltura non comporta biasimo, per esempio lo spingere avanti i buoi o lo zappare; o semplicemente bisogna dire ‘ lavori (erga)’ le azioni dell’uomo dabbene, come presso gli antichi; quando infatti segnalano le azioni viziose aggiungono l'aggettivo ‘cattivo’(O4. 8, 329): “Non danno risultati virtuosi le cattive azioni” e (Od. 21, 413; Opere e giornî,v.124): ” Azioni scellerate”.
313*. ‘Alla ricchezza (s'accompagna) la virtù’: nessuno biasimi il verso guardando alla tanto agognata ricchezza, quella che ha preso dimora lungi dalla virtù, ma pensi che qui si parla di ricchezza come abbondanza procurata dalle opere a quelli che le compiono, la quale è giusta e radunata sulla base delle proprie fatiche. Infatti è stato detto nei versi precedenti che gli uomini con le loro opere diventano ricchi di greggi, prosperi e opulenti (v. 308): è a siffatta ricchezza che s’accompagnano in ogni modo la virtù e la fama. E s'accompagnano non
in quanto queste siano conseguenze del benessere, ma come elementi intrinseci di tale ricchezza; e come appartenenti a chiunque in tal modo sia ricco, sia in possesso di buona fama sia tale da mostrare di avere la virtù, per via della quale persevera nelle sue proprie attività. 313 a. la vergogna è cattiva per chi non ha, per il ricco è cattiva l’audacia. La vergogna, il vergognarsi di lavorare, sta con la miseria; l’audacia nelle attività sta con la ricchezza. La vergogna è compagna della povertà; difatti il misero
non si dà a intimidire. L'audacia segue la ricchezza; difatti la ricchezza genera audacia.
320. ‘La ricchezza non è da rapinare’: non (sono validi) i beni frutto di rapina, quelli donati da Dio sono molto migliori.
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321-324, » el ydp tig kai yepoi: do Yevixàg dladopàg tapadéδωκε τῶν ἁμαρτημάτων ἐν τούτοις' τὴν μὲν δι ἔργων, τὴν δὲ διὰ
λόγων. ἢ γὰρ βιαζόμενοί τινες ἀδικοῦσι τυραννικῶς ἢ ἀπατῶντες
διὰ τῆς γλώσσης, οἷα δὴ πολλὰ εἴωθε ἐγγίνεσθαι διά τι κέρδος ἀπατῆσαν ὡς ἀγαθὸν ἢ ἔργοις ἢ λόγοις τινῶν µετιόντων ἐκεῖνο τὸ κέρδος, πάντες μὲν οὖν φανερῶς ἢ ἀφανῶς τὰ ἀλλότρια σφετεριζόµενοι τὴν διὰ τῶν χειρῶν βίαν ἐπιδείκνυνται. τὸ γὰρ ἀκούσιον πᾶν βίαιόν ἐστιν, ὥστε καὶ ὁ κλέψας βιαίως ἐποίησε, διότι οὐδεὶς ἂν ἑκὼν τοῦτο πάθοι: πάντες δὲ οἱ ψευδόμενοι ἢ ἐπιορκοῦντες ἢ παραλογιζόμενοι διὰ τῆς κατὰ τὴν γλῶσσαν ἁπάτης τοῦτο δρῶσιν. 32]ᾳ. «εἰ γάρ τις καὶ χερσί; γενικαὶ κακίαι δύο, N βία καὶ τὸ ψεῖδος' καὶ ἡ μὲν βία τῶν χειρῶν καὶ τῶν ἔργων, τὸ δὲ ψεΌδος τῶν
λόγων. διαιρεῖται δὲ ἡ μὲν βία εἰς τυραννίδα, ἁρπαγήν, κλοπήν’ τὸ δὲ ψεῦδος εἰς συκοφαντίαν καὶ ἐπιορκίαν. 3218, «εἰ γάρ τις καὶ yepoi» ἐὰν γάρ τις τῇ δυνάµει τῶν χειρῶν
ἁρπάσας πρὸς τούτοις καὶ ἐπιορκήσῃ ἢ ὁ τοιοῦτος ἀπὸ ψευδοµαρτυρίας κτήσηταί τι, οἷα πολλὰ συμβαίνει ὅταν τὸ κέρδος ἐξαπατήσῃ τὸν νοῦν αὐτοῦ καὶ ἡ αἰδὼς τὴν ἀναίΐδειαν κατοπάζῃη, τουτέστι
κατόπισθεν ἐλαύνῃ, καταλαµβάνη, καὶ τὸ δίκαιον ὀπίσω γένηται τοῦ ἀδίκου, τοῦ τοιούτου ὁ οἶκος εὐχερῶς φθείρεται καὶ αὐτὸς ἀφανὴς γίνεται καὶ ἐπ᾽ ὀλίγον χρόνον ἔσται ὁ πλοῦτος. 22]ς, εἰ γάρ τις καὶ χερσί: ἐὰν γάρ τις τῇ δυνάµει τῶν χειρῶν
ἁρπάσας ἢ ψευσάµενος ἢ ἐπιορκήσας κτήσηταί τι τῇ φιλαργυρίᾳ τὸν νοῦν τυφλωθείς, αὐτός τε καὶ ὁ οἶκος αὐτοῦ φθείρεται καὶ ἐπ᾽ ὀλίγον χρόνον ἔσται ὁ πλοῦτος αὐτοῦ.
324-326. aid@ SÉ T ἀναιδείη κατοπάζῃ: τὸ συνεχὲς τῆς διανοίας ἐστίν' εἴ τις ἢ βιαίως τὸν ἀλλότριον πλοῦτον ἀφέληται ἢ ἀπατήσας, οἷα πολλὰ συμβαίνει τοῖς διὰ τὸ κέρδος ἐπὶ ταῦτα ὁρμῶσι τὰ ἔργα ἢ ἐπὶ λόγους τοιούτους, εἴ τις οὖν εὔπορος
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321-324 (*). ‘Se uno con le sue mani’: con queste parole ha trasmesso due tipi differenti di errore: quello attraverso le azioni c quello attraverso le parole. Infatti alcuni fanno ingiustizia da tiranni impiegando la forza o con l’inganno servendosi della lingua, com'è il caso di molti eventi che sono soliti verificarsi a causa di un certo profitto, che inganna come fosse un bene, grazie alle azioni o alle parole di certuni che inseguono quel profitto. Tutti, dunque, quando, apertamente o in segreto, si appropriano dei beni altrui, fanno mostra della violenza (‘bia’) perpetrata con le loro mani. E appartiene all’involontario ogni azione violenta, per cui, per es., chi ruba agisce violentemente per il fatto che nessuno sopporterebbe (di farlo) volontariamente?!, Peraltro tutti quelli che mentono o spergiurano o fanno ragionamenti fallaci lo fanno attraverso l'inganno della lingua. 321 a. due vizi generali: la violenza (‘bia’) e la menzogna. La violenza è delle mani e delle azioni, la men-
zogna delle parole. La violenza si distingue in tirannide, rapina, furto; la menzogna, dal canto suo, in calunnia e spergiuro. 321 b. < ‘Se uno con le sue mani ’> qualora uno, dopo aver rapinato con la potenza delle mani, oltre a ciò spergiuri, o un tipo del genere grazie alla falsa testimonianza acquisisca alcunchè, eventi che si verificano in gran numero quando il profitto inganni la mente del soggetto e il pudore ‘insegua (katopàzni) l’impudenza”, cioè la spinga da dietro, l’afferri, e la giustizia resti dietro l’ingiustizia, allora il patrimonio di costui facilmente si corrompe, egli stesso scompare e la sua ricchezza durerà per poco. 321 c. ‘Se uno con le sue mani’: qualora uno, dopo avere rapinato con la potenza
delle mani
o mentito
o spergiurato,
acquisisca
alcunchè accecato nella mente dall’amore per il denaro (‘philargyrìa’), egli e il suo patrimonio si corrompono e per poco durerà la sua ricchezza. 324-326 (*). ‘E l’impudenza soppianti il pudore”: il coerente svolgimento del pensiero: nel caso in cui uno o con la violenza rubi la ricchezza altrui o con l’inganno, eventi che accadono in gran numero a quelli che per il profitto procedono a queste azioni o a parole del genere, se uno dunque ottenga abbondanti risorse in tal modo e l’im-
?1 La violenza diventa prova dell’involontarietà dell’errore.
22 II testo dello scoliaste (come in altri casi) è diverso da quello corrente, che si ritrova invece allo scol. 324-326.
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οὕτω γένηται καὶ τὴν αἰδῶ ἡ ἀναίδεια νικήσῃ -- τοῦτο γὰρ τὸ κατοπάζειν --, τὸν τοιοῦτον πάντες οἱ θεοὶ ἀμαυροῦσιν, ὅπερ δηλοῖ ὅτι ἀφανίζοντες αὐτοῦ τὴν ζωὴν καὶ τὸν οἶκον ἐλαττοῦντες τιµωρίαν ἐπάγουσι τῆς ἀπὸ τῶν ἀλλοτρίων εὐπορίας, καὶ ἐπ᾽ ὀλίγον ὁ τοιοῦτος γενόμενος πλούσιος ἀπόλλυσι τὴν περιουσίἰαν διὰ τὴν ἀπὸ τῶν ἀδίκων ἔργων ἢ λόγων περιποίησιν.
224ᾳ, «αἰδὼς δέ τ' ἀναιδείην κατοπάζῃ» ἡ αἰδὼς ὄπισθεν οὖσα
καὶ παρευδοκιμηθεῖσα τὴν ἀναίδειαν νικήσασαν καὶ ἀκολουθεῖ κατόπιν αὐτῆς.
327-335.
«Ὁ ἶσον δ᾽ ὅς θ) ἱκέτην:
ἔχει
διὰ τούτων
ἔμπροσθεν
ὡς
καὶ τῶν ἑξῆς
εἰρημένων στίχων ὀκτὼ τοῖς εἰρημένοις ἁμαρτήμασιν, οἷς ἔφατο δίκην ἀκολουθεῖν παρὰ τῶν θεῶν, ἄλλα συναριθμεῖ δι’ ἔργων ἁμαρτήματα ἀπὸ ἀνοσίου γινόμενα ζωῆς. ταῦτα δέ ἐστιν ἱκέτην παριδεῖν, εἰς ξένους κακουργεῖν, ἀδελφοῦ διαφθείρειν εὐνήν, ἁμαρτάνειν περὶ ὀρφανούς, ὑβρίζειν γονέας γέροντας, παντὶ γάρ ὀῆσι τῷ τοιούτῳ ὁ Ζεὺς ἀγαίεται, τουτέστι µέμφεται καὶ τιµωρίαν ἐπάγει. διαΦερόντως δὲ τοῦ Διὸς ἐμνημόνευσεν, ἐπειδὴ πάσας εἰς τὸν θεὸν τοῦτον ἀνῆγον τὰς τοιαύτας προσηγορίας, Ἱκέσιον τοῦτον καλοῦντες ὡς ἔφορον τῶν ἱκετῶν καὶ Ἐένιον ὡς τῶν ξένων προστάτην «καὺ Ὁμόγνιον ὡς τῶν συγγενῶν μάλιστα φύλακα καὶ τῶν πρὸς τοὺς ὁμογνίους καθηκόντων. οὕτω γὰρ καὶ τῶν ἐν ὀρφανίᾳ ζώντων αὐτὸν ἔλεγον Κηδεµόνα, πατέρα νοµίζοντες πάντων καὶ ὧν οὐκ εἰσὶν ἄνθρωποι πατέρες καὶ βοηθὸν τῶν ἀδικουμένῶν πατέρων
ὑπὸ τῶν παίδων. ἀγάλματα γάρ εἰσιν οἱ πατέρες τοῦ πάντων πατρὸς
τοῦ Διός’ οἱ δὲ εἰς τὰ ἀγάλματα τῶν θεῶν δυσσεβεῖς εἰς αὐτοὺς ἀναφέρουσι τοὺς θεούς, ὧν τὰ ἀγάλματα, τὴν δυσσέβειαν: ὥστε εἰκότως ἔφη τὸν Δία καὶ νεμεσᾶν τούτοις καὶ πᾶσιν ὁμοῦ τῶν ἀδίκων ἔργων, ἄπερ διηριθµήσατο, χαλεπὴν ἀποδιδόναι τὴν ἔκτισιν. αὕτη γὰρ ἡ ἀμοιβὴ τῶν ἀδικημάτων τιμωρία τις οὖσα τῆς ἀδικίας
ἀκόλουθος. 227ᾳ. Ίσον δ ὃς ϐ᾽ ἱκέτην ὅς τε ξεῖνον κακὸν ἔρξη: Ίσον κακόν
ἐστιν ὅστις τὸν αἰτοῦντα συγγνώµην καὶ ξένον ἁἀδίκῶς λυπήσῃ καὶ ὅστις τοῦ ἰδίου ἀδελφοῦ τῇ κοίτη ἐπιβῇ λαθραίως κατὰ τῆς ἰδίας αὐτοῦ νύμφης πορνικἁ πράττων, καὶ ὅστις ἐξ ἀνοίας ἁμαρτήσηῃ εἰς ξένα τέκνα τινὸς ἀνθρώπου καὶ ὅστις τὸν πατέρα ἐν τῷ ἐσχάτῳῷ γήρα ὄντα ἀτιμᾷ κακοῖς προσάπτων λόγοις' τούτων αὐτὸς ὁ Ζεὺς ἄγος καὶ μῖσος τιθεῖ ἐκ καθαρᾶς διανοίας.
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pudenza abbia la meglio sul pudore — questo è ‘katopàzein’ —, un uomo siffatto tutti gli dei lo ‘oscurano’, il che significa che rovinando
la sua vita e pregiudicando il suo patrimonio gli infliggono una puni-
zione per il benessere derivato dai beni altrui, e costui, restato ricco
per poco tempo, perde l'eccedenza (di beni) perché acquisita con azioni o parole inique. 324 a. eseguendo azioni fuori luogo e inopportune (àkaira); ossia ‘para-‘ è superfluo. 330 a. < ‘Fa del male (‘alitaìnetai’)’> danneggia al fine di un’altra
vessazione, per accecamento (‘eis kàkosin àllen atei’)9,
331 a. < ‘Sulla soglia maligna della vecchiezza’:> al limite della vecchiaia. 332 a. «Attaccando’» colpendo. 333 a. «Si indigna (agaîetai)’:» si lagna o si adira, va in collera; il termine si impiega spesso per invidiare e ammirare. 334 a. < ‘Ricompensa’» castigo, scambio. 335 a. intorno a queste cose ti esorto a pensare.
368-369 *. ‘Quando sei all’inizio di un vaso o verso la fine ’: tra le
feste patrie c’è la ‘Pithoighìa’(= festa dell’apertura degli orci), durante la quale non è lecito che servo o salariato si astenga dal godere del
vino, ma, facendo riti sacrificali, è uso che tutti partecipino del dono
di Dioniso. E’ stato dunque detto bene che quando si inizia l’orcio bisogna ‘goderne a sazietà’ ed essere in consonanza con la festa; ma bisogna anche che, amministrando il godimento, si risparmi a metà!00, cosicchè ce ne sia per noi ancora e ancora; se invece, consuma-
ta la maggior parte, quel che resta fosse poco, il risparmio sarebbe difficile; questo, dice, potrebbe rovesciarsi e risultare inutile a quelli
che hanno economizzato. Dunque il precetto ‘all’inizio - godi a sazie-
tà’ educa alla socialità, mentre il ‘risparmiare a metà’ all'economia; quel che è difficile è ‘economizzare sul fondo’ per poterne godere nei momenti opportuni.
368 a sgg. Esortazione. 368 b.‘All’inizio di un vaso’: perché il monito sia preciso parla
anche delle cose vili; alcuni dicono in chiave allegorica che il suo
discorso si riferisce al tempo della vita, per cui si gode all’inizio e in
vecchiaia, mentre si lavora nell’età di mezzo.
369 a. ‘Risparmiare a metà’: per dire di bere con ardore all’inizio
e alla fine dell’orcio come fosse un debole vinello; difatti il vino a
metà è insieme più forte e più stabile. 370-372, cfr. 356-360 - «370-372»
373-374 *.‘ Non ti intrappoli la mente una donna col posteriore agghindato (‘pygostòlos’)’: l'aggettivo indica lo strano abbellirsi delle donne attraverso le vesti, e ‘incantevole con le sue chiacchiere’ (indi-
ca) l’adulazione cortigianesca. Da tutto questo, dunque, non bisogna lasciarsi ingannare. Questi sono infatti elementi dell’arte di abbellirsi e di sedurre di una donna che guarda dove poter trovare il granaio. ‘Che chiacchiera (‘kotìillousa’) ‘significa che parla piacevolmente; e infatti dicono che la rondine ‘kotìllei’, come in Anacreonte ( fr.154
Bergk): “Rondine ciarliera’.
100 Testo corrotto; ho seguito l'emendamento proposto in nota (pheîdesthai
ton mésou tous tamieuoménous).
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2724. πυγοστόλος: οἱ μὲν τὴν μαστροπὸν λέγουσιν, ἤγουν τὴν προαγωγόν, οἱ δὲ αὐτὴν τὴν γυναῖκα τὴν ἑταιρίδα τὴν περὶ τὴν πυγὴν στολιζοµένην, τουτέστι κοσμοῦσαν ἐκεῖνα τὰ µέρη πανούργῶς τοῖς ἱματίοις' στέλλειν γάρ ἐστι τὸ κοσμεῖν. ἄλλοι οδὲ« τὴν κοσμοῦσαν τὰς χεῖρας' πυγούσιον γὰρ ὁ πῆχυς κεκαμµένων τῶν δακτύλων' λέγεται στόλος καὶ ἡ πορεία. 372Ν. «πυγοστόλος» ἡ κινοῦσα τὴν πυγὴν ἐν τῇ πορείᾳ ἢ ἀποστίλβουσα τὸ σῶμα. 272ς, «πυγοστόλος:» πυγὴ καλεῖται ἡ ἀπὸ τῶν νεφρῶν µέχρι τοῦ κάτω τοῦ ἀφεδρῶνος µερίς. ὁ δὲ νοῦς: μηδὲ γυνή σε ἐξαπατήσῃ τὸν νοῦν καὶ τὴν διάνοιαν, ἡ τὴν πυγὴν μετὰ τὸ ζωννύεσθαι εὐτρεπί-
ζουσα
πρὸς
τὸ θεαθῆναι
εὐειδής,
παρεχοµένη
πανοῦργα
καὶ
κολακευτικὰ λέγουσα, τὴν σὴν οἰκίαν ἐρευνῶσα. ῶΤ4ᾳ. «κωτίλλουσα» πανούὐργῶς κολακεύουσα. 3748. διφῶσα: ζητοῦσα, πολυπραγμονοῦσα καὶ λέγουσα; δεῖξόν
μοι τὸν οἶκόν σου.
3175." ὃς δὲ γυναικὶ πέποιθε: τοῦτον ὁ Πλούταρχος
({1ρ. 26
Βοτπατά,) χαράττει τὸν στίχον. σηµαίνει δὲ τοὺς Φηλήτας τοὺς ἀφαιρεῖσθαί τι καὶ ἐκφορεῖν ἐθέλοντας, παρὰ τὸ ἀφαιρεῖν καὶ ὑφελεῖν τοῦ ὀνόματος αὐτοῖς τεθέντος. 375ᾳ. «πέποιθε» ἐλπίζει,
31505. «φιλήτῃσι» κλέπταις, λῃσταϊς' κατὰ εὐφημισμόν.
31/16[3/7]-278." μονυνογενὴς δὲ πάις: δόξειεν ἂν ἄτοπος ὁ στίχος
εἶναι καὶ ἀγανακτοῦντος ὅτι γέγονεν οὐ μόνος τῷ πατρί. μήποτέ
φησιν ὁ Πλούταρχος (τρ. 27 Βειπατά.), καὶ Πλάτων (1,ε6ρ. ν 740άe; XI 922ς-4) ἔπεται τῷ Ἡσιόδῳ καὶ Ξενοκράτης ({τρ. 97 Ηεία72ε)
καὶ Λυκοῦργος πρὸ τούτων’ οἳ πάντες ᾧοντο δεῖν ἕνα κληρονόμον καταλιπεῖν: καὶ τοῦτο ἦν τὸ ὑπὸ Ἡσιόδου λεγόμενον. δοκεῖ δὲ ἡ λέξις εὐχομένου εἶναι καὶ οὐχὶ συμβουλεύοντος' τὸ γὰρ σῴζοι πατρώιον οἶκον εὐκτικόν ἐστι, ὥστε εἶναι τὸν λόγον: εἰ καὶ μὴ πλείους εἷεν παῖδες, ἀλλὰ µονογενής, οὗτός γε σῴζοι τὸν οἶκον. τὸ δ᾽ ἑπόμενον στιχίἰδιον (ν. 278) ἔτι μᾶλλον λύει τὴν διαβολήν. 3762. παροιμιῶδες,
3765. «μουνογενὴς δὲ πάις» εἷς παῖς, φησιν, ἀρκείτω, ἵνα μὴ ἡ
περιουσία εἰς πλείονας διαιρεθεῖσα ποιήσῃ τοὺς λαμβάνοντας πένnto ἢ ἵνα μὴ περὶ τῶν ὑπαρχόντων ἀεὶ µάχωνται οἱ πλείους, οἷα καὶ αὐτὸς πέπονθε πρὸς τὸν Πέρσην διαιρούµενος. τὸ δὲ γηραιὸς δὲ θάνοις παρέγγραπτον ὡς ἀδιανόητον.
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373 a.‘Pygostòlos’: gli uni dicono che è la mezzana, o la seduttrice, gli altri la donna cortigiana che si apparecchia (‘stolizomène’) le natiche, cioè si orna quelle parti scaltramente con le vesti; ornare infatti è ‘stèllein’ (= preparare). Altri ancora che è quella che si orna le braccia, perché ‘pygoùsion’ (= della lunghezza di un cubito) è l’avambraccio con le dita piegate. ‘Stolos’ è detto anche il cammino. 373 b. quella che muove le natiche mentre cammina o mette in risalto il corpo.
373 c. dicono che ‘Atlaghenèon’ sia ridicolo; ‘avrebbe infatti dovuto dire ‘Atlantoghenèon’. 383 g. «Quando si levano”: questo (fenomeno) è comune dappertutto alle stelle fisse, non specifico delle Pleiadi; perché il sole illumina la costellazione a lui vicina dopo (circa) venti giorni, cosicchè capita a ciascuno degli astri, quando il sole gli si avvicina e si trova in regola coi venti giorni, di brillare, e volta a volta allo stesso modo finchè ciascuna delle costellazioni dello zodiaco non sia passata dopo venti giorni, dopo quaranta ...!92 Appaiono tra i primi (astri) all’inizio della mietitura, cioè sorgono al mattino. 384 a. «Comincia la mietitura’:> lo dice per l’avido di denaro, lui che ha cominciato dall’estate; invece avrebbe dovuto innanzitutto parlare della semina. 384 b. ‘La semina quando tramontano”: se dice aratura (‘àroton’) il dissodamento, allude al passaggio del sole dal Toro ai Gemelli, il 102 Lacuna, resto corrotto. Correggo 384a di Pertusi: «La semina quando tra-
montano”.
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Ἰουνίου ε’' εἰ δὲ ἄροτον τὸν σπόρον φησί, τὸν καιρὸν δηλοῖ καθ ὃν
ὁ ἥλιος εἰς τὸν Σκορπίον ἐμβάλλει, Ὀκτωβρίου καὶ Νοεμβρίου. 38ρᾳ. «αἱ δή τοι νύκτας» αἵτινες Πλειάδες Μαΐου μηνὸς κατὰ τὴν ιγ΄ ἐν τῷ Ταύρῳ κείµεναι προανατέλλουσι τοῦ ἠλίου, αὐτοῦ τοῦ ἠλίου μετὰ τὴν κ΄ τοῦ Ἰουνίου ἐν τοῖς Διδύμοις ὄντος. δύνουσι δὲ αὗται κατὰ τὴν ιγ΄ τοῦ Νοεμβρίου μηνὸς τοῦ ἡλίου μετὰ τὴν κ΄ τοῦ Δεκεμβρίου μηνὸς ἐν τῷ Τοξότῃ ὄντος. 385Ρ. αἳ δἠ τοι; ἐν ἀρχῇ τοῦ Κριοῦ μηνὸς 1’ μοῖραν καὶ «κα΄ πρὸ μοίρας τοῦ Ταύρου, καὶ προλάµποντος τοῦ ἠλίου καὶ προδύνοντος. 3δ7α. χαρασσοµένοιο σιδήρου: τοῦ πρὸς ἄμητον χρησίµου’ καὶ προσέθηκε περιπλοµένου ἐνιαυτοῦ δηλῶν ὅτι οὕτως ἀεὶ γίνεται διὰ τὴν ἐγκύκλιον τοῦ ἡλίου κίνησιν ἐν τεταγµένοις χρόνοις τὸν ζῳδιακὸν κύκλον περιπολοῦντος καὶ τὰ μὲν ἀπολείποντος τῶν ζῳδίων, τὰ δὲ ἐπιόντος. καὶ ἃ μὲν ἀπολείπει τούτων αὐτοῦ προανατελλόντων, οἷς δὲ σύνεστι τούτων αὐτῷ συνανατελλόντων, ὧν δὲ γίνεται ἀπ᾿ ἐναντίας τούτων ἀνατελλόντων μὲν ὅτε καταδύε-
ται’ καταδυοµένων δὲ ὅταν αὐτὸς ἀνατέλλῃ καὶ τὸ ζῴδιον ἐν ᾧ ἐστιν. 388-291." οὗτός τοι πεδίων πέλεται νόμος: πάσας περικόπτων
τὰς προφάσεις τῶν ἀναβαλλομένων τὸν ἄμητον ἢ τὸν σπόρον, αἷς προφασίζονται λέγοντες ἢ πεδινἠν ἢ ὀρεινὴν οἰκεῖν γῆν καὶ διὰ τοῦτο μὴ ὅτε οἱ ἄλλοι σπείρειν ἢ θερίζειν, ἐγκελεύεται µόνον τὸν καιρὸν ἐπιτηρεῖν -- τοῦτον γὰρ νόµμον ἀμήτου καὶ ἀρότου καιρὸν τῶν πεδινῶν, τῶν ὀρεινῶν, τῶν παραλίων -- καὶ δεῖν ἀπροφασίστως ἐν τούτῳ καὶ ἀμᾶσθαι καὶ ἀροτριᾶν ἁπαξάπαντας τοὺς γεωργούς. 38δα. οὗτός τοι πεδίων: καὶ τοῖς οἰκοῦσι πλησίον τῆς θαλάσσης καὶ τοῖς οἰκοῦσι «ἐν τοῖς ὀρεινοῖς καὶ βαθέσι τόποις, ἐν χώρῳ πὀρρῶθεν οὖσι τοῦ πόντου καὶ πλησιάζουσι τῇ θαλάσσῃ, ὅτι ἀνὰ πᾶσαν τὴν γῆν ὁ αὐτὸς νόμος ἐστὶ τοῦ καιροῦ καὶ τοῦ ἀροτριᾶν καὶ τοῦ θερίζειν' µία γὰρ ἡ φύσις καὶ ἡ κρίσις τῶν τόπων πλατυκῶς. 391-393. Ἡ γυμνὸν σπείρειν; τὰ τῆς γεωργίας ἔργα - σπείρειν, βοηλατεῖν, θερίζειν --, πάντα κελεύει γυμνὸν µετιέναι δηλῶν ὅτι τοῦ ἀέρος ὄντος εὐδιεινοῦ ταῦτα δὴ ποιητέα καὶ µήτε κρυµώδους ὄντος µήτε ὕοντος τοῦ θεοῦ: οὕτω γὰρ καὶ αἱ βλαστήσεις ἔσονται
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cinque di giugno; se invece dice con ‘àroton’ la semina, indica il momento nel quale il sole entra nello Scorpione, tra ottobre e novembre. 385 a. «Esse quaranta notti’» sono le Pleiadi che, trovandosi il giorno tredici del mese di maggio nel Toro, sorgono prima del sole, mentre il sole stesso dopo il venti di giugno è nei Gemelli. Esse tramontano il tredici di novembre mentre il sole dopo il venti di dicembre è nel Sagittario. 385 b. ‘Esse quaranta notti: all’inizio del mese dell’Ariete, (con-
tando) trentun giorni prima dell’apparizione del Toro!0%, quando il sole sia brilla prima sia tramonta prima. 387 a. ‘Quando
si aguzza il ferro ‘: utile per la mietitura; e ha
aggiunto ‘proseguendo l’anno il suo cammino’, pre così avviene per il moto circolare del sole regolari percorre le costellazioni dello zodiaco, entrando nelle altre: quelle che lascia sorgono
indicando che semche secondo tempi lasciando le une ed prima di lui, invece
quelle a cui si unisce sorgono in sua compagnia. E capita loro che sor-
gono quando il sole tramonta, e, viceversa, che tramontano quando sorge il sole e il segno dello zodiaco in cui esso si trova.
388-391 *. ‘Questa è la legge dei campi’: rintuzzando tutti i pretesti di quelli che rimandano la mietitura o la semina, che argomentano dicendo di abitare una terra di pianura o di montagna e che perciò non seminano o mietono quando lo fanno gli altri, invita a rispettare solo il tempo opportuno — questa è infatti la legge della mietitura e dell’aratura, cioè il tempo opportuno per quelli della pianura, della montagna, della costa marina- e dice che i contadini devono senza pretesti in questo tempo mietere ed arare tutti in una volta. 388 a. ‘Questa (è la legge) dei campi’: per quelli che abitano vicino al mare, per quelli che abitano in zone montuose e in valli profonde, in territorio distante dal mare o costeggiante il mare, perché su tutta la terra la medesima legge è quella del tempo opportuno sia per arare sia per mietere. Detto largamente: una sola è la natura e la valutazione dei luoghi. 391-393 *. ‘Semina nudo”: le attività agricole — seminare, spingere i buoi, mietere — invita a perseguirle ‘nudo’, indicando che questi lavori vanno fatti quando il tempo è sereno e non quando c’è gelo o Iddio fa piovere; così infatti la germinazione sarà di buona qualità e 10 Dal ventuno marzo al venti aprile, quando il sole entra nel Toro; però nelle corrispondenti costellazioni il sole entra il tredici (o quattordici) maggio. I quaran-
ta giorni — su cui lo scolio non è esauriente perché probabilmente incompleto- si calcolano verosimilmente a partire dal tre aprile (cfr. scol. 616 a) al tredici maggio, quando le Pleiadi tornano pienamente visibili sorgendo prima del sole.
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εὐφνεῖς καὶ αἱ συγκομιδαὶ τῶν καρπῶν ἐπωφελεῖς. φασὶ δὲ τινες χρῆναι τὰς νειοὺς μετὰ χειμῶνα πολεῖν, στρέφειν «δὺ αὖ τὴν
«ἄρουραν» ἐν τῷ νεάζειν, καὶ σπείρειν οὐκ οὖσαν κατάξηρον. κάλλιον δέ φησι ὁ Πλούταρχος (τρ. 40 Βετπατά,) μετὰ τὸν σπόρον ὑετὸν
συμβῆναι σπαρέντα τριταῖα --, νου; οὕτως
ἢ πρὸ τοῦ σπόρου. δῆλον δέ’ τὰ γὰρ μετὰ Πλειάδα καὶ πρὸ τροπῶν φύεσθαι ἑβδομαῖα -- ἐν Αἰγύπτῳ δὲ καὶ τὰ δὲ μετὰ τροπὰς μόλις ἐν τριπλασίῳ τούτου τοῦ χρότὸ ἐπιγενέσθαι ὑετὸν ἀγαθὸν μᾶλλον ἢ τὸ προγενέσθαι.
οἱ δὲ ἀρχαῖοι καὶ πρωϊαίτερον ἔσπειρον ὡς δῆλον ἐκ τῶν Ἐλεινσινίων τελετῶν, ἐν αἷς ἐλέγετο (σατπι. pop. frg. 9 Bergk; frg. 50
Diehl) πάριθι, Κόρη, γέΦυραν ὅσον οὕπω τρἰπολον δή. 2914-(292), γυμνὸν -- δ' ἀμάειν: πρὸ ψύχους, Φησίν, ἐν ᾧ δυνήσηῃ γυμνὸς εἶναι καὶ βουσὶν ἐπακολουθεῖν. ἀντὶ τοῦ: πρώϊμος ἢ πρόθυμος ἔσῃ πρὸς τὸ ἔργον μὴ φορῶν τὸ ἱμάτιόν σου, ἵνα μὴ ἐμποδίζη ὑπ᾽ αὐτοῦ. 391b. βοωτεῖν: ἢ τὸ ἀροτριᾶν ἢ τὸ βοῦς βόσκειν. 3928, ἀμάειν: συναθροίζειν ἢ θερίζειν. 392Ρ. «εἴ χ᾿ ὥρια πάντ ἐθέλῃσθα» εἴ γε ὥριμα πάντα θέλεις ἀπὸ τῆς γῆς κοµίζεσθαι. 294-404," µή πως τὰ μεταξὺ χατίζων: ταῦτα πρὸς τὸν ἀδελφὸν ἰδίως ἀπέστρεψεν ἀπάγων αὐτὸν τῆς ἀργίας καὶ τοῦ πτωχεύειν, ὅ ἐστι πτώσσειν ἀλλοτρίους οἴκους. καὶ γὰρ ὁ πτωχὸς εἴρηται παρὰ τὸ πτώσσειν καὶ ὑποκατακλίνεσθαι τοῖς δοῦναι δυναµένοις. συµβαίνει δὲ καὶ ἀναισχοντεῖν τοῖς δεοµένοις πολλάκις προσιοῦσι τοῖς εὐπόροις, καὶ μὴ διδόντων μάταια λέγειν αὐτούς. χρῆναι οὖν φησι διὰ τῶν ἔργων εὐπορίαν ἀγείρειν καὶ τὸν λιμὸν διώκειν οὐ διὰ τοῦ πτωχεύειν’ καὶ ἀναιδοῦς ὄντος, εἰ γίγνοιτο πολλάκις, καὶ µαταίον, τῶν ἐπαρκεῖν δυναµένων οὐκ ἀεὶ ὑπακουσομένων, «οὐδὲν ἀνύσει καὶ µάταια πολλὰ ἀγορεύσευι». 2944. μεταξύ» μετὰ τὴν συγκομιδὴν τῶν καρπῶν. μεταξὺ ἐν τῷ μετὰ ταῦτα, τουτέστι μετὰ τὸ ἐξελθεῖν τὸν καιρὸν τοῦ δεῖν τι πράσσειν, χρονίζων πλανᾷ ἄλλοτε πρὸς ἄλλον προσαιτῶν καὶ μηδὲν ὠφελούμενος, 2968. «ὡς» ὅμοιον τό’ ἕως πότε, ὀκνηρέ;
396Ρ.
οὐκ
ἐπιδώσω:
οὗ χαριοῦμαι:
ἐντεῦθεν
δωρεά. 39/4. οὐκ ἐπιμετρήσω: ἀντὶ τοῦ οὐ χρήσω.
καὶ δωτίνη
ἡ
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la raccolta dei frutti vantaggiosa. Alcuni dicono che bisogna girare i maggesi dopo l’inverno, muovere ancora in su e in giù il campo quando la terta è fresca e seminare quando non è secca. Dice Plutarco (fr. 40 Bernard.) che è meglio che piova dopo la semina piuttosto che prima; ed è chiaro: i campi seminati dopo il tempo delle Pleiadi e prima del solstizio germogliano in sette giorni — in Egitto in tre —, mentre quelli dopo il solstizio a fatica nel triplo del suddetto tempo; così è bene che la pioggia giunga dopo piuttosto che prima. Gli antichi seminavano alquanto presto, come risulta evidente dai riti iniziatici eleusini, durantei quali si diceva (carm. pop.fr. 9 Bergk; fr. 50 Diehl): “Vieni, Core, sull’argine, / dove non è stato ancora arato tre volte”.
391 a (-392). ‘Nudo — mieti’: prima del freddo, dice, nel tempo in cui potrai stare nudo e seguire i buoi, Nel senso di: sarai mattiniero o alacre verso il lavoro non portando la veste, per non esserne impacciato. 391 b. ‘Ara (boeteìn)’: o (dice) l’arate o il foraggiare i buoi. 392 a. ‘Mieti (amàein)”: riunisci (la messe) o fa’ la mietitura. 392 b. «Se vuoi di tutti al loro tempo’ se vuoi raccogliere dalla terra tutti i frutti a tempo. 394-404 *. ‘Per evitare che dopo (ta metaxy) nel bisogno’: ha rivolto queste parole specificamente al fratello distogliendolo dall’i-
nerzia e dall’accattare, cioè ‘dall’andare a mendicare alle case altrui’.
E infatti il termine accattone (‘ptochòs’) è derivato da ‘ptossein’ (= rannicchiarsi, mendicare), da piegarsi di fronte a quelli che possono dare. Ma capita a coloro che sono nel bisogno di avere spesso vergogna di avvicinarsi ai benestanti, e che parlino inutilmente mentre (quelli) non danno loro niente. Dice dunque che si deve col lavoro e
non col mendicare mettere assieme del benessere e cacciare la fame ;
e poiché (Perse) è impudente, se gli capitasse spesso e invano (di mendicare), non essendo sempre intenzionati ad ascoltarlo quelli che hanno la capacità di soccorrerlo, «niente otterrà parlando a vuoto.»104 394 a. «Dopo (metaxy)’»> dopo la raccolta dei frutti. ‘Metaxy’ (= dopo): nel tempo dopo questo, cioè dopo che è passato il momento opportuno in cui doveva fare qualcosa, indugia vanamente e va errando chiedendo qui a uno là a un altro senza guadagnarci niente. 396 a. «Come (hos)”:»> come a dire: fino a quando, neghittoso? 396 b. ‘Non donerò (epidòso)’: non farò un favore; da lì il dono
come regalo.
397 a. ‘Non presterò (epimetrèso) nulla di più’: invece di: non presterò (‘chreso’). 104 Ho colmato la lacuna in base al v. 402.
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398ᾳ, θεοὶ tekunpavio: xaXg Eine tÒ teKUMpavio: drtò γὰρ τῶν στοιχείων τεκμαιρόµεθα καὶ ἐργαζόμεθα πρᾶγμα. 399a. µή ποτε σὺν παίδεσσι γυναικί τε: δεινῶν δεινότερον τὸ μετὰ γυναικὸς καὶ τέκνων χρήζειν. 405-406. Ἡ οἶκον μὲν πρώτιστα γυναϊκά τε: τρία ταῦτα ἀναγκαῖα πρῶτα πρὸς εὐπορίαν' ὁ οἶκος ὡς δεξόµενος, ἡ γυνἡ ὡς φυλάξουσα, ὁ βοῦς ὡς ἐργασόμενος. εἰπὼν δὲ γύυναῖκα, ἵνα μὴ τὴν συντεκνοποιἤσουσαν οἰηθῇς, ἐπήγαγε κτητήν, οὐ γαµετήν, ἤ τις καὶ βουσὶν ἔποιτο μετὰ τοῦ φυλάσσειν τὸν οἶκον διὰ τοῦτο γὰρ εἶπε καὶ
βουσὶν αὐτὴν ἔπεσθαι, διότι καὶ ἄλλην πληρώσει χρείαν. οὐ λέγει οὖν παλλακήν, ἀλλὰ φύλακα τοῦ οἴκου καὶ τῶν βοῶν, µάτην οὖν λέ-
yovar oi repi Tiuarov (FHG I 211, 76; FGrHist III B 566 F 157) Ἡσιόδῳ τὸν ᾿Αριστοτέλην πειθόµενον μετὰ τὴν τῆς γυναικὸς
τελευτὴν Ἑρπυλλίδι συνεῖναι τῇ θεραπαίνη ἐξ ἧς αὐτὸν σχεῖν υἱόν.
407,3 χρήματα δ᾽ εἰν οἴκῳ πάντ ἄρμενα ποιήῄσασθαι: πάντα ὅσα πρὸς γεωργίαν ὄργανα χρήσιμα προεῖπε χρήματα. μετὰ γὰρ τὰ
ἔμψυχα ὄργανα καὶ λογικά, οἷον ἦν ἡ ὠνὴ τῆς γυναικός, καὶ τὰ ἔμψυχα καὶ ἄλογα,. οἷον ὁ βοῦς, τὰ ἄψυχά φησι χρῆναι παρασκευάζειν καὶ ἔχειν οἴκοι κείµενα καὶ τὴν αἰτίαν προστἰθησιν. 407ᾳ. χρήµατα δ᾽ εἰν οἴκῳ: πάντα ὅσα πρὸς γεωργίαν ὄργανα χρήσιµα προεῖπε χρήματα. μετὰ γὰρ τὰ προρρεθέντα τρία, ἤγουν
μετὰ τὸν οἶκον, μετὰ τὴν ὠνητὴν γυναῖκα
καὶ μετὰ τοὺς βόας,
παρακελεύεται παρασκευάζειν καὶ ἔχειν οἴκοι πάντα τὰ χρειώδη τῶν γεωργικῶν ἐργαλείῶν καὶ τὰ λοιπὰ ἄρμενα καὶ ἁρμόδια καὶ μὴ τοῦ πρέποντος ἀποδέοντα” καὶ τὴν αἰτίαν προστίθησιν. 407Ρ. «πάντ ἄρμενα ποιήσασθαι» πάντα δὲ τὰ πράγματά σου ἐπιτήδεια ἔστώσαν ἐν τῷ οἴκῳ σου, ἵνα μὴ ἀναγκασθῆς «ἄλλους
αἰτεῖν τὰ πρὸς τὴν χρείἰαν).
408-409. Ἠ μὴ σὺ μὲν αἰτῇς ἄλλον, ὃ δ᾽ ἀρνεῖται, σὺ δὲ τητᾷ: εἰ μὴ ἔχοις ἐν τῷ οἴκῳ πάνθ᾽ ὅσα δεῖ τὸν τὴν γῆν ἐργαζόμενον ἔχειν,
τῆς ὥρας ἡκούσης τοῦ σπείρειν, εἰ τύχοι, ἢ ἀροτριᾶν ἢ θερίζειν, μὴ
ἔχων, ἄλλον αἰτήσεις τὰ πρὸς τὴν χρείαν τῶν ἔργων τούτων οἷον ἄροτρον ἢ δρέπανον’ ὁ δὲ οὐ δώσει, σὺ δὲ τητᾷ, τουτέστι στερίσκῃ τοῦ ὀργάνου καὶ τοῦ ἔργου -- τὸ γὰρ τητᾶσθαι τὸ στερίσκεσθαι δηλοῖ [τητῶμαι γὰρ τὸ πρῶτον, ὡς βοῶμαι, καὶ τητᾷ τὸ δεύτερον, ὡς
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398 a. ‘Gli dei hanno fissato (tekmèranto)”: ha detto bene ‘tekmèranto’; perché è dai suoi elementi che determiniamo una faccenda c vi lavoriamo. 399 a. ‘Per evitare che tu un giorno con moglie e figli’: peggiore d’ogni male è essere nel bisogno con moglie e figli. 405-406. *Una casa innanzitutto e una donna’: ecco le tre cose necessarie al benessere: una casa che possa accogliere, una donna che sappia custodire, un bue capace di lavorare. Avendo detto ‘donna’, perché non si pensi alla donna con cui generare figli, ha aggiunto (v. 406): "Donna acquistata, non sposata, capace di star dietro anche ai buoi”, insieme col custodire la casa. Perciò ha detto che segue ‘anche i buoi”, perché ha un altro compito da svolgere. Non dice dunque concubina, ma custode della casa e dei buoi. Dicono parole vane quelli attorno a Timeo (FHG I 211,76; GrHist III B 566 F 157) asserendo
che, dando
retta a Esiodo,
Aristotele dopo
la morte
moglie si unì a Erpillide, sua serva, da cui ebbe un figlio.
della
407 *. ‘In casa fatti tutti gli attrezzi (chrèmata) che ci vogliono”: ha detto preliminarmente ‘chrèmata’ tutti quanti gli strumenti utili per l’agricoltura. Difatti dopo gli strumenti animati e razionali, per esempio ci fu l’aquisto della donna, e quelli animati e non ragionevoli, come il bue, di quelli non animati dice che bisogna prepararli e averli pronti in casa; e ne aggiunge il motivo. 407 a. ‘Gli attrezzi in casa’: ha detto ‘chrèmata’ tutti quanti gli strumenti utili per l’agricoltura. Difatti dopo i tre sopra ricordati, cioè la casa, la donna comprata e i buoi, invita a preparare e a tenere in casa tutti gli attrezzi necessari, tra quelli che servono in agricoltura, e gli altri che ci vogliono, sono adatti e non mancano di quel che
conviene; e ne aggiunge il motivo. 407 b. «Fatti gli attrezzi che ci vogliono’: tutte le tue cose in casa tua siano adatte, per non essere costretto < a chiedere ad altri ciò di cui hai bisogno »105, 408-409 *. ‘Perché tu non li debba chiedere a un altro e, in caso
di rifiuto, ne rimanga senza’: se tu non avessi in casa tutto quanto
deve avere chi lavora la terra, venuto il momento di seminare, se si dà il caso, 0 di arare o di mietere, non avendoli chiederai a un altro gli
arnesi che abbisognano, per esempio un aratro o una falce; ma quello non te li darà e tu ‘resti senza’, cioè sei privato dell’arnese e del lavoro — infatti ‘tetàsthai’ (= restare senza) significa essere privati-. [‘Tetòomai’ alla prima persona come ‘boòmai’ (= urlo, faccio strepito) 105 Lacuna supplita secondo il suggerimento in nota.
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βοᾷ] --. τούτου δὲ συµβαίνοντος πάρεισιν ἡ προσήκουσα ὥρα τοῦ ἔργου, καὶ τὸ ἔργον ἐλαττοῦταί σοι κατὰ τὴν ὠφέλειαν, ἣν εἰκὸς ἦν
«σανυτῷ παρασχεῖν ἐν ὥρᾳ τῇ οἰκείᾳ γινοµένῃ. 408a 5αα. καὶ τοῦτο Σολομῶντος.
410-412.3 μηδ’ ἀναβάλλεσθαι ἔς τ΄ αὔριον: τὸ μὲν ὑπερτίθεσθαι τῶν µέσων εἰώθασι λέγειν ὡς γινόµενον εὖ καὶ οὐκ εὖ, τὸ δὲ ἀναβάλλεσθαι πάντως οὐκ εὖ γίνεσθαί φασι; διὸ τοῦτον ἀποτρέπει τῆς ἀναβολῆς, οὐ τῆς ὑπερθέσεως. οἱ δὲ ἀναβαλλόμενοι οὕτως εἰώθασι λέγειν’ “αὔριον ποιήσομεν’, καὶ αὖθις ἐκείνης ἐλθούσης τὸ αὐτὸ λέγονυσι; καὶ πάλιν τὸ αὐτὸ καὶ τέλος εἰς τὴν ἐσχάτην ἀφικνοῦνται τοῦ µηνός, τὴν ἔνην καλουμένην καὶ νέαν, εἶτα πάλιν εἰς τὴν νουµηνίαν ἀναβάλλονται ὡς ἐπιτηδείαν, εἰ τύχοιεν͵, ἣν µόνην ἔνην καλοῦσιν, ὡς καὶ αὐτὸς ἐρεῖ προϊών. συμπαρηκολούθησεν οὖν ταῖς τῶν ἀναβαλλομένων ἀεὶ φωναῖς τὸ δοκοῦν ἐκ τούτων συμβαίνειν μὴ πιµπλάναι τὴν καλιάν, ἀλλ᾽ ἀπορεῖν ἐτωσιοεργὸν μὲν ὄντα διὰ τὴν τῆς ὥρας τῶν ἔργων παρόρασιν, ἀναβλητικὸν δὲ διὰ τὴν εὐπορίαν πολλῶν τῶν αὔριον, ἕως ἂν μὴν ὅλος διαδράµῃ' πᾶν δέ φησιν ἔργον ἡ µελέτη συναύξει. µελέτην δὲ λέγει τὴν περὶ ἑκάστου φροντίδα καὶ ἐπιμέλειαν οὐκ ἀναβολαῖς χαίρουσαν. 4]1α. «καλιήν. καλιὰν κυρίως τὴν ἐκ κάλων οἰκίαν φησί µήπω γὰρ εὑρεθέντων λίθων εἰς ἐργασίαν τούτοις τὰς οἰκίας εἰργάζοντο, ὡς καὶ νῶν καλιὰν τὴν ἐκ Φύλλων φασίν, ἢ ἀπὸ ὀρόφων ἢ καλάμων ξύλων οἰκίαν' κᾶλον γὰρ τὸ ξύλον. 413." αἰεὶ δ᾽ ἀμβολιεργὸς ἀνήρ: διὰ τούτου σαφηνίζει τί καλεῖ
ἔργον, ὅτι τὸ ὠφελοῦν, ὡς ἔμπροσθεν εἴπομεν (cf. sch. 308-309),
εἴπερ ὁ ἀμβολιεργὸς ἀνὴρ ἀεὶ ἐν ταῖς ζηµίαις ἄλλαις ἐξ ἄλλων γἱνεται. διότι γὰρ πᾶν ἔργον ὠφέλιμον' ὅστις ἀναβολαῖς ἐπὶ τούτῳ
χρΏται, καὶ τῆς ἀπ᾿ αὐτοῦ στέρεται ὠφελείας' τῶν δὲ μοχθηρῶν ἔργων αἱ ἀναβολαὶ ὠφέλιμοι.
414-422. ἦμος δὴ λήγει μένος ὀξέος, ἕως τοῦ μεμνημένος ὥριον ἔργον: τὸν καιρὸν ἐν τούτοις ἀφορίζει τῆς ὑλοτομίας: εἶναι δὲ τοῦτον ἐν ᾧ τὸ μένος τοῦ ἡλίου -- ὅπερ ἐστὶ τὸ εἰς ἡμᾶς ἐρχόμενον θάλπος δυνατώτατον ὄν -- λήγει τοῦ ἰδαλίμον καύμµατος. καῦμα δὲ ἰδάλιμον ἤτοι λαμπρὸν διὰ τὸ φωτίζειν περιλάμπον ἡμᾶς. εἴδει γὰρ
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e ‘tetài alla seconda, come momento conveniente per meno vantaggio, quello che 408 a sgg. Detto anche
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‘boài’] Capitando questo, passa oltre il il lavoro agricolo, e dal tuo lavoro ricavi era naturale ti offrissi al momento adatto. di Salomone.
410-412 *. ‘Non rimandare niente a domani’: si è soliti dire riguardo al dilazionare a medio termine che va bene e non va bene, invece, riguardo al ‘rimandare’, si dice che non va affatto bene; perciò lo distoglie dal rinvio, non dalla dilazione. Quelli che rimandano
sono soliti dire così: faremo domani’ e, venuto domani, ripetono la medesima frase; e di nuovo la medesima e in conclusione arrivano
alla fine del mese, a dopodomani e a un nuovo giorno, poi di nuovo rimandano al primo giorno del mese ritenendolo il giorno giusto, se si dà il caso, che chiamano l’unico dopodomani, come dirà anche lui
(sc. Perse) lasciando passare (il tempo). Tenendo dietro alle parole di quelli che sempre rimandano ha espresso quel che pare conseguirne, cioè che uno non riempie il granaio ed anzi manca di risorse poiché da un lato è uno “che lavora a vuoto” (v. 411) dal momento che trascura i tempi dei lavori e, d’altro canto, uno che rimanda molte cose
all'indomani per via del benessere (presente), finchè non si metta
tutto a correre; invece è la sollecitudine, dice, che fa crescere ogni
lavoro. E con ‘sollecitudine’ indica la preoccupazione per ciascuna cosa e la cura che non si rallegra di rinvii. 411 a. «Granaio’» dice ‘granaio (kalià) propriamente l’edificio fatto di legni (‘kalon’); difatti, poichè non ancora erano state trovate le pietre per costruire, edificavano le case con tale materiale, come anche oggi si dice ‘kalià' la casupola di frasche o di canne o di stoppie; ‘kalon’ infatti è il legno. 413*. ‘Sempre chi differisce il suo impegno”: con ciò chiarisce che cosa chiama lavoro (‘ergon’), cioè ciò che giova, come in precedenza
abbiamo detto (cfr. scol. 308-309), se è vero che l’uomo ‘che differi-
sce il suo impegno' si trova sempre in pene diverse e di diversa origine. Perciò ogni lavoro è utile; chiunque ricorre in questo ai rinvii si priva del vantaggio che da questo deriva. Però i rinvii di azioni scellerate sono vantaggiosi. 414-422. ‘Quando cessa l’ardore del sole che picchia’ fino a ‘memore dei lavori da fare in stagione’: in questi versi fissa il tempo opportuno per il taglio del bosco. È questo si trova nel momento in cui l’ardore del sole — cioè il calore potentissimo che viene a noismette ‘la calura che fa sudare (idalimou)’. La calura ‘idàlimon’, ovve-
ro luminosa, perché illumina brillando attorno a noi; difatti il lumino-
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ἀνάλογον τὸ λαμπρόν, ήτοι ἰδεῖν ποιοῦν, καὶ ἱδρῶτα κινοῦν διὰ τῆς ἐγκαύσεως. ὅταν οὖν µηκέτι ὁ ἥλιος ἐπιφλέγῃ καθάπερ ἐν τῇ θερινῇ ὥρᾳ, τοῦ Διός, ὃς ἐστι τῶν ὄμβρων κύριος, μετοπωρινὸν ὄμβρον ἤδη καταπέµψαντος, καὶ τὰ σώματα τὰ ἀνθρώπινα τρέπεται ἐπὶ τὸ ἀνειμένον ἐκ τῆς καυσώδους ὥρας, µήποτε ἀφαναινόμενα καὶ ἐπικεκαυμένα ταῖς χρόαις, µήποτε δύσφορα διὰ τὴν ἐκ τοῦ θερμοῦ διαφόρησιν -- ὅπερ γίνεται θέρους ὄντος -- καὶ πολλὴν ἐλαφρότητα. αὐτὸς γὰρ ὁ ἥλιος, ὃν ἐκάλεσε Σείριον ἀστέρα διὰ τὸ λάµπειν -- τὸ γὰρ σειριάειν τοῦτο δηλοῖ --, (vv. 418-419) Baròv ὑπὲρ κεφαλῆς κηριτρεφέων ἀνθρώπων Σὂἔρχεται ἡμάτιοςς, ὅτι οὐκέτι πολὺν χρόνον ἐπὶ γῆς φέρεται, ἀλλ’ ἐλάσσω «τὴν» μὲν ὑπὲρ γῆς τὴν ἡμέραν, τὴν δὲ ὑπὸ γῆς πλέονα ποιῶν καὶ petto τὴν νύκτα. τὸ γὰρ πλεῖον νυκτὸς ἐπαυρεῖν σηµαίνει τὸ πλέον ἐπιλαμβάνειν καὶ ἀπολαύειν τῆς νυκτὸς ἐν τῷ μείζονα ταύτην ποιεῖν. ὅταν οὖν ἤδη ταῦτα γίγνηται πάντα -- ἡ τοῦ καύµατος ἐλάττωσις, ἡ τοῦ μετοπωρινοῦ ὄμβρου φορά, ἡ τῶν σωμάτων τῶν ἀνθρωπίνων ἀνάψυξις, ἡ τῆς ἡμέρας ἐλάττῶσις, ἢ τῆς νυκτὸς ἐπίδοσις --, τηνικαῦτα δεῖ ὑλοτομεῖν. μετὰ θέρος ἀρχομένου τοῦ µετοπώρου τῶν δένδρων Φυλλοροούντων -- ὅσα τοῦτο πάσχειν πέφυκε' τοῦτο γὰρ σηµαίνει τὸ τῆς μὲν βλαστήσεως αὐτὰ τῆς τῶν κλάδων λήγειν, καταχεῖν δὲ τὰ
φύλλα εἰς τὴν γῆν --, τότε γὰρ ὡραίαν εἶναι τὴν ὑλοτομίαν κατὰ τὸν
καιρὸν τοῦτον γινοµένην. τὸ μὲν οὖν εἶναι τὴν τεμνοµένην ὕλην τηνικαῦτα ἀδηκτοτάτην δηλοῖ τὴν ἀθηροτάτην' δάκη γὰρ εἶναι τὰ θηρία διὰ τὸ δάκνοντα µόνως λυπεῖν. λέγοι δ᾽ ἂν «τις» καὶ «αὐστὴν ἄβρωτον ὑπὸ τῶν ἐγγινομένων θηριδίων τοῖς φντοῖς, ὡς ἀδηκτοτάτην οὖσαν, οἷον θριπῶν καὶ τερηδόνων, ἃ διεμφύεται τοῖς δένδρεσι, σηποµένης τῆς ἐν αὐτοῖς ὑγρότητος. τὸ δ᾽ ἐν τούτῳ ὑλοτομεῖν ὀρθόν' ὅτε ξηρὰ μέν ἐστι τὰ δένδρα ἀποδεδωκότα τὸν οἰκεῖον καρπὸν καὶ οὐκέτι κάµνει περὶ τὴν ἐκτροφὴν αὐτοῦ, µετρίας δὲ
ἔτυχεν ὑγρότητος, ἀλλ οὐ πολλῆς ἤδη πρὸς τὸ οἰκεῖον, τότε τέµνουσιν, ὥστε γε μὴ σήπεσθαι μετὰ τὴν τοµήν’ εἰς ὅ τινας βλέποντας καὶ
φθινούσης τέµνειν τῆς σελήνης, ἀλλὰ μὴ πανσελήνου μηδ᾽ αὐξανοµένης. ἡ γὰρ τοῦ φωτὸς ἐπίδυσις ὑγρότερα ποιεῖ τὰ δένδρα καὶ edeπίφορα τεµνόµενα πρὸς τὴν σῆψιν. τοῖς δὲ περὶ ὑλοτομίας ἑξῆς ἑπόμενα λέγει τὰ περὶ κατασκευῆς τῶν ξυλίνων σκευῶν.
4144 5αα. περὶ τῆς τοῦ Σειρίου ὀλιγότητος. 414). ἦμος δὴ λήγει µένος ὀξέος ἠελίοιο: ἠνίκα [δὲ] παρέρχε-
ται ὁ καιρὸς ἐν ᾧ δεῖ ἐργάζεσθαι, λήγει δὴ ὁ ἥλιος «καύματος, ἰδαλάµου ήτοι ἱδρωκτοποιοῦ' ὁ μὲν γὰρ χειμὼν στυγνός' καὶ γὰρ ἐν τῷ
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so è analogo alla forma (‘eidos’), ovvero fa vedere (‘“ideîn’), e suscita il
sudore per via della vampa. Qualora dunque il sole non bruci più come nella stagione estiva, mandando
ormai Zeus, che è îl signore
delle piogge, la pioggia autunnale, i corpi umani si volgono alla rilassatezza dopo la stagione infuocata, non più inariditi e bruciati nella pelle, non più in difficoltà a muoversi per via del grave disagio termico — ciò che avviene d’estate- e recuperano molta agilità. Il sole stesso, infatti, che ha chiamato stella Sirio per via del brillare -infatti ‘seiriàein’ (= sono ardente) significa questo —, (vv. 418-419) ‘sulla testa degli uomini che si nutrono per la morte poco / cammina di giorno’, perché non percorre più la terra per molto tempo, ma facendo più corto il giorno sulla terra, rende d’altro canto più lunga sotto la terra
e maggiore la notte. Il fatto che *prende maggior spazio della notte’ indica che prende di più e gode della notte, nel renderla più lunga. Qualora dunque questi fenomeni si verifichino tutti — l’attenuazione della calura, l’arrivo della pioggia autunnale, il raffreddamento dei corpi umani, la riduzione del giorno, l'allungamento della notte —, è allora che bisogna tagliare il bosco. Dopo l’estate, all’inizio dell’autunno, quando le piante spargono foglie — quante sono di natura a perderle; e ne dà segnale il fatto che cessano di sviluppare nuovi virgulti e che riversano le loro foglie a terra —, allora è il tempo giusto per il taglio del bosco, in quel momento preciso. Il fatto dunque che il legno che si taglia è a quel punto ‘quanto mai resistente (adektotàte)” mostra che è inattaccabile dagli insetti; infatti ‘dake’ (= bestie che mordono) sono gli animali che affliggono solo con i morsi. Si potrebbe dire che è immangiabile da parte degli animaletti che stanno dentro le piante, in quanto è ‘molto resistente,’ per esempio tripi e teredini che crescono con gli alberi, quando marcisce il liquido in essi presente. A questo punto è bene tagliare l’albero: quando le piante sono secche dopo aver dato il loro specifico frutto e non si sforzano più di nutrirlo, e peraltro hanno raggiunto un modesto livello di umidità, non molta ormai rispetto al normale, allora si taglia, cosicchè
non c’è marcescenza dopo il taglio; alcuni tagliano badando a questo e quando la luna è calante, non piena né crescente. Perché l'aumento della luminosità rende più umide le piante, che, se tagliate, sono propense alla marcescenza. Nei versi seguenti dedicati al taglio del bosco espone quanto concerne la fabbricazione di arnesi di legno. 414 a sgg. Sulla breve presenza di Sirio. 414 b. ‘Quando cessa l’ardore del sole che picchia’: quando viene il momento nel quale bisogna lavorare, il sole smette la ‘calura che fa sudare (idalìmou)’, ovvero generatrice di sudore. E la brutta stagione
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χειμῶνι ἡ δύναμις τοῦ ἡλίου ἀσθενεστέρα ἐστὶ καὶ αἱ ἡμέραι µικραί, [καὶ] αἱ νύκτες δὲ µεγάλαι, καὶ τὰ σώματα πυκνοῦται καὶ ἐλαφροῦται΄ τότε οὖν λέγει δενδροτομεῖν. 4]17α. Φείριος» Σείριος ὁ ἥλιος «Ἠ ὁ ἀστήρ' παρὰ τὸ εἴρω τὸ λέγω γίνεται εἴριος καὶ πλεονασμῷ τοῦ σ Σείριος, οἱονεὶ ὁ λέγων καὶ μηνύων τὸν καιρὸν τοῦ θέρους’ ἢ παρὰ τὸ σεσηρέναι -- καὶ »γὰρ τοὺς κύνας δια«χάσκειν ποιεῖ -- »γέγονε« Σέριος καὶ Σείριος’ καύ-
µατος γὰρ αἴτιος' ἢ ἐπειδὴ σειροῦν λέγει τὸ τοιοῦτον ἐρυθρὸν χρῶ-
μα -- ἡ δὲ χρεία τοῦ ἀνατέλλοντος τοιαύτη ἐστί --' ἢ παρὰ τὸ σειριάειν͵ τουτέστι λάµπειν. 419ᾳ, «ἔρχεται ἡμάτιος» διὰ τὸ εἶναι μικρὰν τὴν ἡμέραν: τὸ δὲ πλεῖον αὐτοῦ εἰς τὴν νύκτα πέλει ὑπὸ γῆν διὰ τὸ πρὸς µεσημβρίαν ἀνατέλλειν αὐτὸν καὶ ταχέως δύνειν. 420ᾳ. τῆμος ἀδηκτοτάτη: ἀβρωτάτη, ὅτι τότε σκώληξ οὐκ ἐσθίει τὴν ὕλην, ἀλλὰ παραμονῶτέρα ἐστί, ἐπειδὴ διὰ τὴν ψῦξιν τοῦ ἀέρος ἀποκέκλεισται ἐν βάθει ἡ ὑγρότης. καὶ τότε αἱ ῥίζαι τρέφονται καὶ αὔξουσιν καὶ τὰ φύλλα πίπτει μὴ ἐπιπολαζούσης αὐτῆς' ἐν θέρει δὲ
ἐπιπολάζει διὰ τὴν θερμότητα τοῦ καιροῦ. τὸ γὰρ ψυχρὸν οὐκ ἐᾷ τὴν ὑγρότητα
εἰς τὴν τῶν ξύλων
ἐπιφάνειαν
ἐλθεῖν'
οὐδὲ
ποιεῖ
σΏψιν ἡ ὑγρότης πλεονάζουσα, καὶ τότε στερρά ἐστιν ἡ Όλη μὴ
εἴκουσα τῷ δάκνεσθαι. 421ᾳ. «πτόρθοιο: «πτόρθος ἢ πόρθος παρὰ τὸ πορεύεσθαι «ὥσπερ καὶ ὅρπηξ παρὰ τὸ ὁ«ροιμᾶν ὀξέως. τὸν καιρὸν τοῦτον οἱ μὲν τὸν ὀπωρινὸν λέγουσι τῆς δενδροτοµίας, οἱ δὲ τὸν χειμωνικόν.
422-421. Ἀ ὄλμον μὲν τριπόδην: πολὺς ἐν τούτοις ὁ Πλούταρχος
(frg. 42 Bernard.) ἀμυνόμενος τοὺς γελῶντας τὸν Ἡσίοδον τῆς σµι-
κρολογίας, καὶ Πλάτωνα (1.ερε. ἴοτι. ΙΧ 8588) λέγων περὶ τῆς τῶν
σκευῶν ἐν τοῖς οἴκοις διειλέχθαι συμμετρίας καὶ Λυκοῦργον (5ἑ, Plut. v. Lycurg. c. 13) repi mig t@v θυρῶν κατασκενῆς, ἵν ἀπὸ πρἰο-
νος ὧσι καὶ πελέκεως µόνον ἀποίκιλοι: δεῖν οὖν ἀποδέχεσθαι καὶ τὸν Ἡσίοδον µέτρα παραδόντα καὶ ὄλμου καὶ ὑπέρου καὶ ἄξονος
καὶ σφύρας' καὶ τοὺς ἀρχαίους δὲ πολὺν καὶ τούτων ποιεῖσθαι λόγον καὶ τῶν εὑρετῶν Πάμφων μὲν τιμᾶν διότι τὸν λύχνον πρῶτος εὗρε καὶ τὸ ἐκ τούτου φῶς εἰσήγαγε εἴς τε τὰ ἱερὰ καὶ τὴν ἰδίαν χρῆσιν’ τὸν δὲ τῶν Πιτθέων δῆμον διὰ τοῦτο οὕτως ὀνομάσαι, διότι τῶν πἰθῶν ἐπενοήσαντο τὴν πλάσιν' ὥστε μὴ τὴν πολυτέλειαν προσήκειν θαυμάζειν, ἀλλὰ τὴν τῶν χρειωδῶν κἂν εὐτελῆ τυγχάνῃ περιποίησιν. δεῖν οὖν τὸν μὲν ὄλμον τέµνειν, ἀντὶ τοῦ ξύλον εἰς ὄλμου κατασκενήν, τριῶν ὂν ποδῶν' τὸ δὲ ὕπερον ὡσαὐύτῶς τρι-
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è odiosa: nella stagione invernale la potenza del sole è affievolita e le giornate corte, le notti lunghe, i corpi si consolidano e si fanno più agili; è allora che dice di tagliare le piante. 417 a. «Sirio ’> Sirio è il sole o la stella; da ‘eiro’, dico, viene
‘eìrios’ e con l’aggiunta del sigma: ‘Seîrios’(=Sîrio), quasi ad indicare colui che dice e rivela il tempo dell’estate. O da ‘seserènai’(= digrignare i denti) — e infatti fa aprire la bocca ai cani — è nato ‘Sèrios’ e ‘Seîrios’; perché è causa della canicola. O poiché ‘seiroùn’!9% (= disseccare) suggerisce siffatto colore rosso — di tal colore ha bisogno l’astro che sorge. O da ‘seiriàein’, ovvero brillare. 419 a. “Cammina di giorno» perché il giorno è corto; la maggior parte di esso è rivolta alla notte sotto terra, per il fatto che sorge a mezzogiorno e tramonta rapidamente. 420 a. ‘Allora quanto mai resistente’: davvero immangiabile, perché allora il verme non mangia il legno, che è più saldo, poiché la linfa si è chiusa in profondità per via del raffreddamento climatico. A quel punto sono le radici che si nutrono e crescono, e le foglie cadono perché la linfa non sta in superficie; in estate invece essa viene in alto per via del calore ambiente. Difatti il freddo non consente al liquido di comparire alla superficie dei legni né la linfa in eccedenza produce marcescenza; e allora il legno è duro e non cede all’aggressione (dei tarli). 421 a. chiama piede lo spazio tra il terzo dito e il primo passando per il secondo. 423 d.