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Italian, Hebrew Pages 190/193 [193] Year 2017
GABRIELE MARIA CORINI, sacerdote della diocesi di Albenga-Imperia, si è licenziato in Scienze Bibliche ed Archeologia presso lo Stu dium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme e ha successivamente conseguito il Dottorato in Teologia Biblica alla Facoltà Teologica dell'Ita lia Settentrionale a Milano.
È
docente di ebraico
ed Antico Testamento presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale e l'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Albenga Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Dt 28,6930,20: la «nuova» alleanza in Moab.lsraele tra me moria ed identità (Edizioni Glossa 20 l O); L'amico dello sposo. Storia di un'amicizia straordinaria con Carlo Maria Martini (Edizioni In Dialogo 20 l 3), Non di solo pane. Parole ed Eucaristia, alimento ne/ cammino (Edizioni Paoline 2007) e Educati all'amore.Itinerario biblico, (Edizioni Paoline 20 l 0). Presso le Edizioni San Paolo: Contra la sciatica del cuore. Studi biblici sulla Divina Misericordia (20 15) e Non rimanere caduti. Le quindici malattie dell'amo re cristiano secondo Papa Francesco (20 16).
Copertina: Progetto grafico di Angelo Zenzalari
NUOVA VERSIONE DELLABmBIA DAI TFSI1 ANTICffi
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Presentazione l 0\ \ \ l lt"lll'\1 DI 1.1 \ BlllBI \D \l Il-, Il \
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a Nuova versione della Bibbia dai testi antichi si pone sulla scia di una Serie inaugurata dall'editore a margine dei lavori conciliari (la Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali), il cui primo volume fu pubblicato nel1967. La nuova Serie ne riprende, almeno in parte, gli obiettivi, arricchendoli alla luce della ricerca e della sensibilità contemporanee. I volumi vogliono offrire anzitutto la possibilità di leggere le Scritture in una versione italiana che assicuri la fedeltà alla lingua originale, senza tuttavia rinunciare a una buona qualità letteraria. La compresenza di questi due aspetti dovrebbe da un lato rendere conto dell'andamento del testo e, dall'altro, soddisfare le esigenze del lettore contemporaneo. L'aspetto più innovativo, che balza subito agli occhi, è la scelta di pubblicare non solo la versione italiana, ma anche il testo ebraico, aramaico o greco a fronte. Tale scelta cerca di venire incontro all'interesse, sempre più diffuso e ampio, per una conoscenza approfondita delle Scritture che comporta, necessariamente, anche la possibilità di accostarsi più direttamente a esse. ll commento al testo si svolge su due livelli. Un primo livello, dedicato alle note filologico-testuali-lessicografiche, offre informazioni e spiegazioni che riguardano le varianti presenti nei diversi manoscritti antichi, l'uso e il significato dei termini, i casi in cui sono possibili diverse traduzioni, le ragioni che spingono a preferirne una e altre questioni analoghe. Un secondo livello, dedicato al commento esegetico-teologico, presenta le unità letterarie nella loro articolazione, evidenziandone gli aspetti teologici e mettendo in rilievo, là dove pare opportuno, il nesso tra Antico e Nuovo Testamento, rispettandone lo statuto dialogico. Particolare cura è dedicata all'introduzione dei singoli libri, dove vengono illustrati l'importanza e la posizione dell'opera nel canone, la struttura e gli aspetti letterari, le linee teologiche fondamentali, le questioni inerenti alla composizione e, infine, la storia della sua trasmissione.
PRESENTAZIONE
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Vn approfondimento, posto in appendice, affronta la presenza del libro biblico nel ciclo dell'wmo liturgico e nella vita del popolo di Dio; ciò permette di comprendere il testo non solo nella sua collocazione "originaria", ma anche nella dinamica interpretativa costituita dalla prassi ecclesiale, di cui la celebrazione liturgica costituisce l'ambito privilegiato. I direttori della Serie Massimo Grilli Giacomo Perego Filippo Serafini
Annotazioni di carattere tecnico \l 0\ \ \l Il"' IO l DI l l \ Bill BI\ Il\ l Il "'il \
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Il testo in lingua antica Il testo ebraico stampato in questo volume è quello della Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), quinta edizione. Le correzioni alla lettura di alcuni termini, indicate dai masoreti (qerè l ketib), sono segnalate da parentesi quadre, con il seguente ordine: nel testo compare la forma "mista" che si trova nel manoscritto, nelle parentesi si ha prima la forma presupposta dalle consonanti scritte (ketìb) e poi quella suggerita per la lettura dai masoreti (qerè).
La traduzione italiana Quando l'autore ha ritenuto di doversi discostare in modo significativo dal testo stampato a fronte, sono stati adottati i seguenti accorgimenti: - i segni r , indicano che si adotta nna lezione differente da quella riportata in ebraico, ma presente in altri manoscritti o versioni, o comunque ritenuta probabile; - le parentesi tonde indicano l'aggiunta di vocaboli che appaiono necessari in italiano per esplicitare il senso della frase ebraica. Per i nomi propri si è cercato di avere una resa che non si allontanasse troppo dall'originale ebraico o greco, tenendo però conto dei casi in cui un certo uso italiano può considerarsi diffuso e abbastanza affermato.
l testi paralleli Se presenti, vengono indicati nelle note i paralleli al passo commentato con il simbolo//; i passi che invece hanno vicinanza di contenuto o di tema, ma non sono classificabili come veri e propri paralleli, sono indicati come testi affini, con il simbolo .,. .
La traslitterazione La traslitterazione dei termini ebraici e greci è stata fatta con criteri adottati in ambito ac,cademico e quindi non con riferimento alla pronuncia del vocabolo, ma all'equivalenza formale fra caratteri ebraici o greci e caratteri latini.
ANNOTAZIONI
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L'approfondimento liturgico Redatto sempre da Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli, rimanda ai testi biblici come proposti nei Lezionari italiani, quindi nella versione CEI del2008.
GIUDICI Introduzione, traduzione e commento
a cura di Gabriele Maria Corini
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SAN PAOLO
Biblia Hebraica Stuttgartensia, edited by Karl Elliger and Wilhelm Rudolph, Fifth Revised Edition, edited by Adrian Schenker, O 1977 and 1997 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by permission.
O EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2017 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-922-1133-9
INTRODUZIONE
TITOLO E POSIZIONE NEL CANONE
Il titolo del libro, «Giudici», riprende l'epiteto con cui l'autore definisce i protagonisti del racconto. In ebraico il termine so!ftim è un sostantivo maschile plurale, derivato dal verbo sapaf che può assumere due significati principali: esercitare la funzione di giudice, quindi amministrare la giustizia, oppure assumere l'incarico di governo politico e sociale. Il primo significato di tipo legale è attribuito nel testo alla sola persona di Debora, mentre soprattutto le figure dei giudici chiamati «maggiori» vengono presentate come capi carismatici suscitati da Dio quali guide per il popolo dinanzi alla minaccia straniera; possiamo dunque dire che il termine italiano che accomuna entrambi i significati e che richiama l'azione di questi personaggi carismatici chiamati da Dio sia quello di «liberatori» 1• Anche nella letteratura giudaica sia Flavio Giuseppe che Filone di Alessandria citano il nostro libro facendo riferimento al tennine «giudici»: il primo ricorda «l'epoca dei giudici (tòn chronon krittJn)» (Antichità giudaiche 6,5,4 § 85), mentre il secondo, forse per un errore del testo, riferendosi alla citazione di Gdc 8,8-9 ricorda il «libro messo per iscritto dei giudizi (t6n krimaton)», intendendo parlare del testo dei Giudici (La confusione delle lingue 128). Nella tradizione patristica greca, Origene e Melitone di Sardi 1 Nonostante il tennine richiami maggionnente la funzione giuridica dei protagonisti delle vicende narrate nel libro e faccia riferimento alla funzione legale, essi hanno svolto l'attività principale di guida del popolo. All'inizio del testo però viene anche richiamato per due volte il tennine moli"' dal verbo ys ·(«liberare») e che descrive il ruolo svolto dai giudici. Infine alcuni studiosi sostengono che il tennine «giudici» vada inteso in senso più ampio e generale di «governatori)), dato che la radice del verbo siipaf può anche avere questo significato.
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utilizzano il titolo di «Libro dei Giudici», che compare anche in ambito latino con la Vulgata. Invece nella tradizione di lingua siriaca compare anche il titolo «l liberatori dei figli d 'Israele». Nel canone cristiano il libro è collocato tra quelli di Giosuè e quello di Rut, mentre nel canone ebraico, pur essendo sempre preceduto dal testo di Giosuè, è invece seguito dal Primo libro di Samuele. Pur inserendosi nel contesto dei libri definiti «storici» dai cristiani, in quanto appartiene a quella narrazione dinamica chiamata Storia deuteronomista che dal testo della Genesi prosegue fino alla conclusione del Secondo libro dei Re, è tradizionalmente collocato nel canone ebraico in quella seconda parte dell'Antico Testamento che è definita come «canone profetico» e più precisamente nella sezione dedicata ai «profeti anteriori» (n"bi 'im ri 'sonim). Entrambe le collocazioni pongono in evidenza un aspetto rilevante del testo: esso prosegue certamente la linea storica del libro di Giosuè che lo precede, ma al contempo presenta una prospettiva teologica molto vicina ai testi profetici. Oltretutto l'incompiutezza della storia dei giudici fa emergere un tratto caratteristico che avvicina questo testo alla letteratura profetica: il fatto che Dio richiami continuamente il suo popolo alla fedeltà, alla giustizia, alla pace e mantenga i suoi impegni nei riguardi del popolo, mentre Israele in contraccambio vive in un continuo e progressivo atteggiamento di completa infedeltà e disobbedienza che lo conduce al caos totale e al suo annientamento. Proprio nel definire le conseguenze dell'osservanza o della disobbedienza al patto stabilito con Dio, il libro dei Giudici si avvicina al canone profetico e nello stesso tempo collega il testo alla Storia deuteronomista, in particolar modo alla pericope dell'alleanza di Moab dei capitoli 29-30 del Deuteronomio in cui il binomio benedizione-maledizione, vita-morte descrive ugualmente le conseguenze dell'agire d'Israele. Nel Nuovo Testamento il libro dei Giudici è citato nel Vangelo di Matteo (M t 2, l riprende Gdc 19, 1-2) soprattutto in riferimento alla figura di Sansone e del voto di nazireato, collegato con il fatto che Gesù venisse chiamato nazireo; ma il testo in cui si trovano il maggior nwnero di legami è il Vangelo di Luca: anche in questo caso la vicenda maggiormente ricordata è quella della nascita di Sansone
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e la particolare esperienza dei suoi genitori, posta in relazione sia a quella di Zaccaria ed Elisabetta per la nascita di Giovanni (Le l, 1213 e Ode 13,6-7), sia a quella di Maria e Giuseppe per la successiva nascita di Gesù (Le l ,30-31 e Ode 13,3; Le l ,80 e Ode 13,24-25).
ASPETTI LETTERARI Generi letterari Il testo di Giudici mostra diverse difficoltà per la presenza di materiale composito. Si tratta, infatti, di una raccolta di racconti locali raggruppati da un redattore finale, oggi unanimemente collocato dagli studiosi nel periodo del primo post-esilio (VI sec. a.C.). Con il termine «racconti locali» si intende indicare quelle tradizioni antiche nate probabilmente in forma orale all'interno delle singole tribù d'Israele intorno alle figure carismatiche che ne hanno definito la storia. Diversi infatti sono gli indizi che ritroviamo nel testo di queste tradizioni popolari (a volte delle vere e proprie leggende), che sono state affiancate tra loro e di cui emergono i differenti stili: lo possiamo notare sia nel racconto di Debora e Baraq (4,1-5,31 ), di Gedeone (6,1-8,35) e di Sansone (13,1-16,31). Prendendo come esempio proprio quest'ultima figura di giudice notiamo come i racconti locali nascano intorno a luoghi sacri rimasti nella memoria delle tribù: alla rupe di Zore'a è legata la narrazione dell'incontro dei genitori di Sansone con il messaggero divino (c. 13); a quella di Etam il ricordo della dimora di Sansone nelle caverne dopo la strage di Filistei da lui compiuta per vendicarsi della morte della moglie (c. 15); a Lehì è ricordata la località dove Dio fece zampillare una sorgente d'acqua dalla roccia per abbeverare il suo eroe (c. 15); infine sulle alture di Gaza è ambientato il ricordo del luogo dove Sansone ha trascinato le porte della città scardinate dalla sua forza e allo stesso tempo del luogo della sua sepoltura (c. 16). Questi racconti popolari, che circolavano con molta probabilità nella tribù di Dan, vengono letterariamente presentati ora nel testo di Giudici non sotto forma di antologia, ma attraverso un preciso canovaccio teologico.
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La cornice storica in cui è collocata la narrazione si pone nel punto di unione tra un periodo ancora vago, non bene determinato, in cui il popolo ebraico si insedia nella terra d'Israele, e il periodo in cui si comincia a costruire un tessuto sociale più stretto, una maglia sociale più conformata, che condurrà all'attesa e invocata monarchia. La composizione del libro
La struttura letteraria è determinata dallo schema teologico di matrice deuteronomista intorno al quale sono narrate le vicende di questi personaggi carismatici. Gli elementi principali di questo schema sono la situazione di peccato, soprattutto idolatrico, in cui si trova Israele, che porta come conseguenza permessa da Dio l'oppressione delle nazioni nemiche; ma Egli non abbandona il suo popolo e ascolta il suo lamento, suscitando di volta in volta un liberatore capace di condurre Israele alla vittoria e a un periodo di pace che permane sino alla morte del giudice; a quel punto Israele ricade nuovamente nell'apostasia La presenza stessa di una doppia introduzione aggiunge un'ulteriore indicazione in merito alla redazione finale post-esilica: la prima (1,1-2,5) recupera materiali più antichi con notizie riguardanti situazioni specifiche delle singole tribù in una ripresa degli stessi contenuti che si riscontrano nel precedente testo di Giosuè (Gdc l, l 0-15 e Gs 15,13-19). La seconda (Gdc 2,6-3,6) si ricollega anch'essa al testo di Giosuè, ma introduce lo schema teologico deuteronomista sopra citato, lasciando così al lettore, nell'apparente confusione del materiale, l'evidente traccia dell'utilizzo di antiche tradizioni e al contempo della collocazione teologica della redazione finale. Anche le due appendici dei capitoli 17-18 e 19-21 ripropongono storie locali antiche riguardo al degrado morale di Israele e alle lotte interne tra le tribù. Il corpus del libro presenta le vicende di dodici eroi, utilizzando tradizioni e leggende locali sui singoli giudici appartenenti alle tribù d'Israele del periodo pre-monarchico, successivamente riordinate intorno ali 'unico schema deuteronomista menzionato. Esse sono articolate secondo due grandi insiemP: il primo riguarda i 2 Utilizziamo qui la divisione proposta da Rizzi nel suo commentario allibro dei Giudici; cfr. G. Rizzi, Giudici. Nuova versione, introduzione e commento, Edizioni Paoline, Milano 2012, 34.
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racconti dei giudici che si dimostrano fedeli alla loro missione (sostanzialmente i primi quattro: Otniel, Ehud, Shamgar e Debora); nel secondo l'infedeltà dei liberatori si presenta sempre più crescente (da Gedeone sino a Sansone). Un'altra divisione che si può stabilire riguarda la consistenza delle narrazioni: quelle più corpose e dettagliate che riguardano le figure dei giudici detti «maggiori» (Otniel, Ehud, Debora, Gedeone, Yifta e Sansone) e quelle molto sintetiche che riguardano i giudici «minori» (Shamgar, Tola, Yair, Ibzan, Elon e Abdon), a cui si deve aggiungere per completezza la figura di Abimelek non considerato però come giudice in quanto egli stesso si proclamerà re e non verrà chiamato da Dio a guidare il suo popolo. Questa seconda peculiarità indica l 'intento, o per lo meno il tentativo, di assegnare a ciascuna delle tribù d'Israele l'azione di un giudice secondo quest'ordine: Otniel per le tribù meridionali; Ehud per Beniamino; Debora per Neftali; Gedeone per Manasse; Tola per Issakar; Yair e Yifta per la Transgiordania; lbzan per Giuda; Elon per Zabulon; Abdon per Efrayim e Sansone per Dan; mancherebbe all'appello la tribù di Asher, ma al giudice Shamgar non è attribuita alcuna origine geografica3 • Da quanto fin qui esposto lo schema letterario del libro risulta essere il seguente:
1,1-2,5 Prima introduzione: insediamento delle tribù in Canaan l, 1-21 Insediamento di Giuda e delle tribù meridionali l ,22-36 Insediamento della casa di Giuseppe e delle tribù del Nord 2,1-5 L'angelo del Signore annuncia la sventura di Israele 2,~3,6 Seconda introduzione: lettura teologica dell'epoca dei giudici 2,6-1 O Morte di Giosuè 2,11-3,6 Aspetti teologici del periodo dei giudici 3,7-16,31 Le vicende dei giudici 3, 7-5,31 I giudici fedeli 3,7-11 Otniel 3,12-30 Ehud 1
H. W.
HERTZBERG,
Giosuè, Giudici, Rut, Paideia, Brescia 2001, 221.
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3,31 Shamgar 4,1-5,31 Debora e Baraq 6,1-16,31 I giudici sempre più infedeli a Dio 6,1-9,57 Gedeone e Abimelek l O, 1-5 To la e Yair 10,6-12,7 Yifta 12,8-15 lbzan, Elon e Abdon 13,1-16,31 Sansone 17,1-21,25 Appendici finali: l'annichilimento d'Israele e la sua umiliazione 17,1-18,31 Prima appendice: il disonesto Mika, illevita idolatra e la campagna di Dan 19,1-21,25 Seconda appendice: una guerra civile tra tribù nell'orrore più oscuro
LINEE TEOLOGICHE FONDAMENTALI
L'architettura teologica del libro dei Giudici si concentra intorno alla contrapposizione tra il peccato d 'Israele e il costante rinnovarsi della misericordia di Dio per il suo popolo. Tale impostazione è articolata intorno a tre elementi fondamentali che si riscontrano nel testo: l'opera liberatrice di Dio; le risposte inadeguate di Israele e lo schema teologico che descrive il rapporto tra il Signore e il suo popolo: peccato- punizione- pentimento -salvezza. Pertanto la stessa opera misericordiosa di Dio da una parte risulta il fondamento del dono della terra di Canaan a Israele, dall'altra è il principio ispiratore dell'azione dei giudici. Il popolo eletto sperimenta dunque il continuo fallimento della sua superbia nel fidarsi della sola forza umana. Questo atteggiamento porta a un persistente degrado morale e spirituale che richiede il continuo intervento del Signore per riaffermare il rispetto del patto, nell'adorazione e nell'obbedienza all'unico Dio. Per questo Egli stesso suscita delle guide carismatiche, i giudici, che hanno lo specifico compito di liberare Israele dall'oppressione straniera e portare a compimento la conquista della terra.
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Vivere nella terra: il conflitto con le nazioni che la abitano Il testo di Giudici narra due passaggi storici fondamentali: la trasformazione di Israele in un popolo sedentario e il confronto con le popolazioni locali che si trovano in Canaan. Questi due aspetti non sono disgiunti; al contrario sono sinergicamente articolati tra loro; infatti Israele deve affrontare due problemi rilevanti: da una parte l'abilità bellica dei Cananei, soprattutto nella disponibilità di carri da guerra, e il loro predominio culturale. Così il popolo ebraico non solo dovette imparare nuove tecniche di combattimento, ma essendosi i Cananei resi maestri anche nell'edilizia e in altri ambiti della società, dovette confrontarsi con loro sul piano culturale. Dunque la prima difficoltà per Israele dinanzi ai popoli che abitano Canaan è la necessità di scambi culturali ed economici, che arriveranno sino a rapporti familiari come ci ricorda il testo di Gdc 3,6. Un altro aspetto importante riguarda proprio la menzione dei popoli che occupavano la terra promessa: i Cananei, i Filistei, gli Hittiti e altre popolazioni dell'attuale regione del Libano. Non si fa però alcun accenno alla zona orientale della Palestina, cioè alla Transgiordania; manca del tutto un accenno agli Edomiti, ai Moabiti, agli Ammoniti, che in altri testi dell'Antico Testamento compongono un gruppo notevole dei nemici di Israele. Probabilmente questa lacuna è di carattere teologico, in quanto la reale terra promessa è collocata nella Cisgiordania, nel territorio compreso tra l'Eufrate, passando per il Libano, sino alla Palestina meridionale. Questi due elementi, scambi culturali con i Cananei e la descrizione delle popolazioni che occupavano la terra promessa, formano il quadro teologico dove inserire il quesito fondamentale che introduce l'intera vicenda dei giudici: come conciliare la presenza di questi popoli stranieri con le promesse di Dio riguardo al dono della terra? Come tale dono poteva essere sempre e costantemente messo in discussione dal contatto con la realtà pagana? Ecco le risposte proposte dal testo biblico, segno di un dibattito acceso all'interno di Israele: anzitutto abbiamo la giustificazione della presenza straniera come punizione per il peccato di idolatria e per l'allontanarsi continuo del popolo ebraico dalla fedeltà al suo Dio; così il culto ai Ba'al e alle Ashtarot si moltiplica anche in Israele. Una seconda risposta al
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problema si ritrova in un intento "pedagogico" da parte di Dio: egli permette ancora la coesistenza accanto a Israele delle popolazioni straniere come strumento del suo piano di salvezza. Egli pone i popoli pagani come antagonisti al suo popolo infedele per mostrare a Israele le conseguenze della sua infedeltà. Secondo questa impostazione teologica, il periodo dei giudici appare dunque sia come una prova della fedeltà di Dio, che ogni volta interviene a risanare il peccato del popolo, sia come una testimonianza dell'infedeltà di Israele: questi avrebbe dovuto ascoltare la parola del Signore emetterla in pratica; invece si è allontanato da lui, servendo gli dèi stranieri. Il nostro libro prima di tutto presenta il lento insediamento delle tribù in Canaan, accompagnato da un progressivo fallimento; esso è determinato dal tentativo di Israele di affermare se stesso, di definire in modo indipendente il proprio futuro, nella pretesa di una totale autonomia da Dio. Tale comportamento reca come conseguenza una costante delusione e un declino sempre più marcato della vita morale e religiosa del popolo ebraico. Solo quando Israele permette a Dio di accompagnare le sue imprese riesce a essere pienamente vincitore sui nemici stranieri. Così questa condizione continuerà a ripetersi nelle vicende dei giudici: ogni volta che Dio chiamerà un liberatore a guidare il suo popolo per riscattarlo dalla condizione di oppressione, esso risulterà vincitore sugli avversari, ma nel momento in cui si allontanerà da Dio ricadendo nel peccato di idolatria, si ritroverà sottomesso alle barbarie dei nemici. In questo modo lo schema teologico, o meglio il dilemma teologico di matrice deuteronomista, intorno al quale si intrecciano le vicende dei giudici si declina intorno alla domanda: servire gli dèi pagani o continuare a servire il Signore? Il peccato di idolatria e di autoaffermazione di Israele
Il modello teologico di riferimento che si rinnova nel corpo della narrazione intorno alle figure dei giudici maggiori e minori si compone di quattro elementi fondamentali: il male commesso da Israele davanti agli occhi di Dio, in particolare il peccato di idolatria; l'ira del Signore dinanzi al tradimento del suo popolo; Israele è sottomesso alla forza dei suoi nemici; Dio suscita un giudice-liberatore per portare a compimento il suo disegno di salvezza e far comprendere a Israele
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che da solo non può salvarsi. Si potrebbe pensare che l'autore biblico, utilizzando questo schema, abbia voluto semplicemente ricondurre il lettore a quel principio teologico retributivo ben conosciuto ne li' Antico Testamento, secondo il quale i buoni sono premiati e i malvagi puniti a seconda delle loro azioni. Una lettura più attenta, però, fa comprendere che quella che potrebbe apparire come una semplice punizione divina sia al contrario la diretta conseguenza dell'agire narcisistico d'Israele. Questa prospettiva mostra un'immagine di Dio non vendicatore, ma rispettoso della libertà umana, anche quando essa porta il suo popolo a scelte ingiuste verso il peccato di idolatria. Il racconto dei giudici pone dunque in evidenza la pazienza e la dedizione di Dio verso il suo popolo e che tutto ciò che è accaduto a Israele dipende soltanto dal suo peccato di idolatria. L'autoaffermazione di sé da parte di Israele porta soltanto verso la via della perdizione e della morte, anche se è una via che rimane molto allettante, a tal punto che nemmeno l'intercessione dei giudici sarà sufficiente a vincerlà: fino all'instaurazione della monarchia si dimostra che l'idolatria e l'arroganza conducono semplicemente a effetti distruttivi e devastanti. Gli storici deuteronomisti infatti concentrarono la loro riflessione intorno alla venerazione dell'unico Dio d'Israele nell'unico luogo di culto, Gerusalemme; queste idee teologiche sono facilmente riconducibili, per motivi storici e sociali, al periodo del ritorno dall'esilio, dove il fallimento della monarchia, quindi anche dei giudici, era ormai evidente e dove allo stesso tempo appare con uguale chiarezza l'imparzialità di Dio: l'autoreferenzialità e l'idolatria d'Israele portarono alla triste conseguenza dell'esilio. Tuttavia questo evento tragico portò una nuova consapevolezza circa il piano salvifico di Dio e la sua rinnovata fedeltà4 • 4 G. CoRINI, Dt 28,69-30,20: la "nuova" alleanza in Moab. Israele tra memoria e identità, Glossa, Milano 2010; R. ALBERTZ, Storia della religione nell'Israele Antico 2. Dal/ 'esilio ai Maccabei, Paideia, Brescia 2005; Io., Israele in esilio, Paideia, Brescia 2009; G. BoRGONovo, «La memoria fondatrice. Storia e ideologia, identità e costituzione di un popolo. Il caso "ricapitolazione" deuteronomica». La Scuola Cattolica 133 (2005) 327354; Io., «A partire da Deuteronomio. Il canone come medium tra evento originario e progettazione di identità», in R. VIGNOLO (ed.), Scrittura e memoria canonica, Glossa, Milano 2007, 72-73.
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Con questa interpretazione ben si comprende il terzo elemento dello schema teologico di Giudici, cioè la decisione da parte di Dio di suscitare dei liberatori, la cui designazione in ebraico (sopetim) richiama la capacità di portare al popolo la vera giustizia divina (mispiif). Infatti il compito affidato ai giudici non è quello di punire Israele, ma quello di liberarlo dali' oppressione dei nemici, ancora di più dalla stessa schiavitù del suo egoismo e narcisismo; tale opera di giustizia si realizza solo per grazia divina e non per un principio meccanico o per la sola buona volontà del popolo eletto. Oltre ai quattro punti dello schema evidenziati all'inizio di questo paragrafo, abbiamo un ultimo elemento, che si concentra intorno alla morte del giudice e la conseguente ricaduta di Israele nella disobbedienza e nel male, sino al sorgere di un nuovo inviato del Signore. Questo schema è mantenuto sino a quando l'agire d'Israele non diverrà una spirale di violenza e di corruzione che richiederà un cambiamento sostanziale; nonostante ciò Dio non abbandona il suo piano di salvezza, ma si mostra paziente e misericordioso. Così il quadro disastroso con cui si concludono le vicende dei Giudici (cc. 17-21) rappresenta il conseguente epilogo del piano teologico del libro: esso da una parte descrive le tragiche conseguenze per chi si allontana da Dio, vivendo ne li 'infedeltà e neli 'autoaffermazione di sé, diventando un forte richiamo al pentimento e al cambiamento di vita; dall'altra parte, ricorda che nonostante l'infedeltà d'Israele Dio invece rimane fedele alla promessa fatta al suo popolo. Queste conseguenze disastrose non sono da imputare al castigo di Dio, ma sono i tremendi frutti dell'affermazione di sé del popolo, nella convinzione di poter bastare a se stesso e autogestirsi. La decadenza dei giudici e la misericordia di Dio All'interno del testo dei Giudici gli studiosi sono concordi nel vedere, al di là della complessità redazionale del libro, un filo conduttore che lega tra loro le singole narrazioni su queste figure di liberatori: da una parte la loro decadenza morale, segno del fallimento dell'epopea tribale, in una caduta verticale che ha come suo triste epilogo la guerra civile tra le stesse tribù; dali 'altra l 'emergere, in modo sempre più evidente, della paziente misericordia di
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Dio, che, signore della stori~ nonostante l'allontanamento sempre più profondo del suo popolo dal suo amore, non viene meno alla sua fedeltà, anche quando le tribù stesse d'Israele si mostrano concordi nel preferire alla signoria di Dio un re come tutte le altre nazioni pagane. Tra le varie narrazioni delle vicende dei giudici, maggiori e minori, emergono due figure che testimoniano in modo particolare questo tema teologico: Gedeone e Sansone. Guardando alla vita del primo possiamo notare che è più volte presentato come un uomo dubbioso dell'agire divino, terminando addirittura il suo cammino con la reintroduzione del culto idolatrico contro cui aveva combattuto in nome di Dio; infatti, costruisce per sé una statuetta votiva, l' efod, che fabbrica con l'oro del bottino conquistato in battaglia. Così Gedeone, il guerriero di Dio, sembra passare dall'essere strumento dell'azione divina (giudice) al rischio di ricadere egli stesso nel peccato di idolatria, facendo sempre più riferimento alla propria volontà, preferita a quella del Signore. È indubbio che il racconto di Gedeone giochi all'interno del libro dei Giudici un ruolo fondamentale di passaggio, sia dal punto di vista storico, con il transito da una leadership di ordine carismatico come quella dei giudici verso il compimento di una regalità affermata5 ; sia teologico, da una condizione di sinergia e comunione con Dio a una sempre più disastrosa ricerca di autoreferenzialità che porterà il popolo ebraico verso l'idolatria con risultati catastrofici. Apice di questo passaggio è la persona di Sansone: la sua storia è redatta attorno alla figura dell' «eroe nazionale culturale» mediante l'utilizzo di singoli racconti locali, scelti per descrivere le caratteristiche del protagonista. Tra queste emergono la nascita del giudice in forma straordinaria e predetta da un messaggero divino, i doni singolari a lui riservati, soprattutto quello della forza, di cui l'eroe è dotato. Queste caratteristiche di Sansone lo avvicinano ad alcune figure tipiche della mitologia del tempo, soprattutto di ambiente greco, quali Ercole, ma questa somiglianza 5 Proprio nel contesto del libro dei Giudici si assiste al passaggio da un sistema politicosociale tribale al desiderio di confonnarsi ai popoli stranieri con l'instaurazione della monarchia.
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è semplicemente letteraria, in quanto lo sviluppo teologico del racconto ha un preciso indirizzo nell'insieme del testo biblico: Sansone è l'ultimo dei giudici, ma presentato come il peggiore. In effetti questo titolo mal si addice al suo comportamento e al suo agire: è vero che egli è dono di Dio alla madre, ma nello stesso tempo agirà non per la liberazione e la salvezza del suo popolo, ma per i suoi scopi personali che porteranno spesso a risultati ancora peggiori per Israele. Questo decadimento dipende soprattutto dalla sua infedeltà, più volte manifestata, al voto di nazireato e dalla sua passione per le donne straniere. Teologicamente la sua storia mette in risalto il binomio uomo-spirito: egli è un uomo dalla forza straordinaria che gli deriva dall'azione dello spirito di Dio; ma l'uomo che compie gesta strepitose, che è stato scelto e benedetto dal Signore sin dal grembo materno, è lo stesso che si invaghisce più volte delle donne filistee e si lascia corrompere dalla loro bellezza. Così la vicenda di Sansone, al posto di terminare con un glorioso epilogo in cui la volontà di Dio trionfa sugli eventi della storia, diventa l'apice dell'infedeltà e della noncuranza di Israele nei confronti di Dio, dove il popolo eletto arriva addirittura ad accettare il dominio straniero come condizione di vita e non implora più l 'aiuto del Signore. La storia di Sansone e quella di Gedeone diventano dunque un modello per portare il lettore a comprendere quali siano le conseguenze di una vita lontana dali' obbedienza a Dio e dal riconoscere la sovranità del suo progetto di salvezza. La sete di autoaffermazione e la ricerca di soddisfazione dei propri desideri non fanno altro che portare l 'uomo a perdere la luce dei suoi occhi, nonostante egli sia il benedetto dal Signore, come dimostra la cecità a cui sarà condannato Sansone e che lo porterà alla morte. Dio chiama l 'uomo a cooperare con la sua grazia e a rendersene strumento per la salvezza del mondo. Chi premette al progetto di Dio le sue aspettative personali rischia di smarrirsi e di diventare egli stesso schiavo delle sue passioni. Dali 'altra parte, però, il Signore dimostra di non rimanere semplice spettatore dinanzi all'infedeltà sempre più marcata del suo popolo, ma nonostante l'incapacità d'essere fedeli delle persone
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da lui scelte come guide e liberatori, attraverso le righe storte di questa storia, conduce a compimento il suo disegno di salvezza. Il ruolo determinante delle donne nel libro dei Giudici Un aspetto teologico rilevante che emerge dalle pagine del libro dei Giudici è il ruolo decisivo riservato alle donne 6 • Dalle vicende di Debora e Giale nei capitoli 4-5, passando per quelle della figlia di Yifta, sacrificata per un inutile voto, e della madre di Sansone, per giungere alla concubina dellevita, la cui sorte negli ultimi capitoli scatena la guerra civile tra le tribù di Israele, possiamo notare che il redattore attribuisce una funzione di primordine alle figure femminili, pura volte confinate nell'anonimato. Così nella vicenda centrale della profetessa e giudice Debora emerge la volontà divina di servirsi, per realizzare il proprio progetto di liberazione, di una squadra un po' ambigua e non di un solo personaggio, come invece accade nei precedenti capitoli. Abbiamo una donna di nome Debora, il cui significato è «ape», ma in sé nel nome sono presenti le tre consonanti radicali che riconducono al termine «parola», a suggerire il suo ruolo profetico; dall'altra un uomo, Baraq, il cui nome di per sé significa «fulmine» e che viene descritto come poco coraggioso e poco brillante; infine Va'el, colei che determinerà per sua mano la morte del generale straniero Sisera: anch'ella è una donna, oltretutto straniera. Quindi, in questo caso è indubbio che Dio si serva delle vicende umane e dei suoi protagonisti, con i loro limiti e difetti, per portare a compimento il suo progetto di misericordia e di salvezza: è lui il regista e il vero protagonista della storia. Questo può dunque apparire il motivo fondamentale della centralità di protagoniste femminili, mettere cioè in rilievo che il vero vincitore, colui che porta Israele alla salvezza è Dio, non certo le capacità belliche o strategiche del suo popolo. Ci sono poi figure che pur rimanendo nell'anonimato esercitano comunque un ruolo importante, come la madre di Sansone, che per la fedeltà al disegno di Dio e la costanza nella preghiera viene esaudita; oppure la povera figlia del giudice Yifta che, volendo 6
Cfr. J.C. McCANN, Giudici, Claudiwta, Torino 2009.
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elogiare la vittoria del padre, gli corre incontro tra danze e canti non consapevole del voto da lui fatto, che la porterà addirittura all'infausto sacrificio di sé; o ancora la concubina del levita che negli ultimi capitoli diventa protagonista di un'indescrivibile violenza per evitare al marito lo scandalo di essere umiliato dagli abitanti di Ghil 'ad. Abbiamo anche figure femminili ingannevoli e negative, soprattutto nelle vicende di Sansone, come la prima donna filistea di cui si innamora e che sposa: lei, per salvare la propria famiglia dalla vendetta dei fratelli, ingannerà con la sua bellezza il giudice d'Israele; oppure la prostituta di Gaza o ancora Dalila, che ugualmente con la sua bellezza porterà alla rovina lo stesso Sansone, ingannandolo e facendolo catturare dopo avergli fatto perdere le sue forze nella rasatura del capo. Alla fine comunque il comune denominatore che raggruppa tutte queste figure è il ruolo di strumento del piano di Dio che si realizza nonostante le infedeltà e le resistenze del suo popolo e che dunque si manifesta come unico signore della storia, datore di salvezza per Israele.
DESTINATARI, AUTORE E DATAZIONE Il libro dei Giudici, come ricordato, si presenta come una collezione di racconti locali legati alla conquista della terra di Canaan e alle vicende di personaggi carismatici, posti alla guida delle tribù d'Israele contro i nemici stranieri. Nei suoi contenuti e nel suo linguaggio l'opera richiama la corrente di pensiero deuteronomista, difficilmente riconducibile a un unico autore; dopo la caduta di Gerusalemme per mano dell'impero babilonese, essa ha rivisitato la storia d'Israele alla luce del dramma dell'esilio (VI sec. a.C.). È evidente che la redazione finale appartenga al periodo post-esilico a cui le linee teologiche ricordate fanno inevitabilmente riferimento: la giustizia di Dio guida la storia del popolo eletto che allontanandosi dalla fedeltà al proprio Signore e cadendo nel peccato di idolatria si autocondanna alla violenza, alla distruzione e, quindi, alla morte. Questa stessa prospettiva teologica è già riscontrabile nella
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INTRODUZIONÈ
conclusione delle pagine del Deuteronomio dedicate all'alleanza di Moab (Dt 28,69-30,20) in cui Israele e il lettore sono posti dinanzi alla scelta di mantenersi fedeli alla Legge di Dio, ottenendo i frutti della benedizione e dunque la vita, oppure seguire gli dèi stranieri e, di conseguenza, esporsi alla maledizione e, quindi, alla morte. Pertanto lo schema teologico qui proposto evidenzia la mano della corrente deuteronomista, legandosi a quel processo culturale e religioso che alcuni studiosi chiamano «memoria fondatrice» e che avrebbe caratterizzato la formulazione dell'identità d'Israele come popolo eletto dopo l'esperienza dell'esilio nel VI secolo a.C. 7 La nuova generazione di Israele dunque disobbedisce a Dio ed è addirittura indifferente alla sua presenza. Questo totale degrado caratterizza la vicenda dei giudici, una raccolta di storie barbare, ambientate in un periodo pre-statale che porta però in sé una profonda riflessione teologica sulle conseguenze del comportamento idolatrico ed egocentrico di Israele. Questo agire del popolo eletto diventa paradigmatico per il lettore e per ogni uomo che allo stesso modo si allontana dall'amore di Dio e conduce una vita in totale autonomia e autoreferenzialità. Così la vicenda dei giudici sembra da intendersi come la concretizzazione delle conseguenze dell'alleanza di Moab di Dt 29-30: chi osserverà e si manterrà fedele alla Legge di Dio otterrà benedizione e vivrà; chi invece non osserverà la Legge e diventerà idolatra nell'infedeltà, non potrà che avere un destino di morte. In effetti nel testo di Giudici possiamo notare che dalle storie legate all'infedeltà idolatrica di Gedeone si passa a un continuo degrado fino alla guerra civile tra le tribù descritta negli ultimi capitoli. Alla luce di queste indicazioni la questione della datazione del libro appare ardua e complessa, presentando grandi difficoltà: da una parte emerge una sorta di ricostruzione storico-cronologica artificiale, postuma, legata alla corrente storica deuteronomica e deuteronomista. Tale edificio teologico-letterario, partendo da episodi locali antichi, inseriti originariamente in tradizioni tribali, si presenta come la narrazione della storia dell'intero Israele liberato 7
Per ulteriori approfondimenti del tema rimando alle opere citate alla nota 4.
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dall'oppressione dei popoli stranieri. In questo processo, che ha avuto il suo epilogo nella redazione post-esilica, gli episodi ripresi dalle tradizioni più antiche perdono ogni indicazione cronologica, in quanto lo scopo principale del redattore non è certo quello storiografico, ma è quello di utilizzare il materiale tradizionale per dare autorità e fondatezza al suo messaggio riguardo alla decadente infedeltà d'Israele, fondamento della rovina del popolo eletto. Certo, la complessità del materiale presente nel testo rende pressoché impraticabile stabilire in modo diacronico una possibile datazione del testo. È possibile però individuare la presenza di antiche tradizioni locali riguardo alle vicende dei giudici, a cui fece seguito una redazione post-esilica che, mediante uno schema teologico ben determinato dalla storia deuteronomista, diede unità a questi racconti, ambientandoli nel periodo pre-statale della conquista della terra8• Pertanto oggi la maggioranza degli studiosi ritiene l'epoca dei giudici come una costruzione teologica prodotta dalla scuola deuteronomista di difficile collocazione storica. L'unico dato inconfutabile è la descrizione negativa dei centri politici e cultuali del Nord, quali Bet-el, Efrayim e Dan, come anche della tribù di Beniamino, ma sono molteplici le epoche in cui poter collocare questi spunti polemici. Infatti vi è chi, come Hjelm, collocherebbe la redazione del testo addirittura nel II secolo a.C., per il fatto che diversi elementi riconducono all'epoca ellenistica: il sacrificio della figlia di Yifta di Gdc Il richiamerebbe l'Ifigenia in Aulide di Euripide, oppure la saga di Sansone ricorderebbe i racconti mitici di Ercole9 • Recentemente invece Butler, alla luce degli elementi polemici ricordati contro Beniamino e i centri politici del Nord, collocherebbe il libro nel periodo della nascita della monarchia, più esattamente nella contesa tra Saul e Davide 10 • Nonostante le difficoltà evidenziate nel collocare storicamente il testo, non si deve cadere nell'ingenua considerazione di ritenerlo una 8 K.M. 159-185.
CRAIG,
«Judges in Recent Research», Currents in Biblica/ Research l (2003)
9 I. HJELM, Jerusa/em 3- Rise to Sovereignity: Zion and Gerizim in Competition, Bloomsbury, London 2004, 195. 10 T.C. Bun.ER, Judges, Nelson, Nashville 2009, 74.
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INTRODUZIONE
semplice creazione ex novo. Va piuttosto considerato una rilettura teologica di tradizioni ben più antiche, unificate successivamente da una redazione post-esilica, attraverso uno schema ben determinato 11 •
TESTO E TRASMISSIONE DEL TESTO
La molteplicità dei testimoni delle versioni a noi pervenute crea una situazione testuale complessa per il libro dei GiudicP 2• Il Testo Masoretico, fatta eccezione per il cantico di Debora al capitolo 5 che porta con sé le problematiche della poesia ebraica, si può considerare il testimone più attendibile. Il problema principale riguarda la versione greca dei Settanta che è pervenuta a noi in due versioni differenti, una testimoniata principalmente dal codice Alessandrino (A), l 'altra dal codice Vaticano (B), con un gran numero di varianti importanti tra loro, a tal punto che Rahlfs decise, nella sua edizione critica della Settanta, di riportare entrambe le versioni, considerandole indipendenti tra loro. Questa differenza ha portato gli studiosi a considerare le due versioni come due traduzioni diverse, ritenendo la prima (denominata usualmente con la sigla L:XXA) più antica, per il fatto che si discosta maggiormente dal Testo Masoretico; mentre la seconda (denominata usualmente con la sigla L:XX8 ), meno utilizzata, sarebbe più recente e più fedele al Testo Masoretico. Per quanto riguarda il materiale di Qumran abbiamo soltanto alcuni frammenti in ebraico: l QGiudici (l QJud o l Q6), che contiene parti di Gdc 6,20-22; 8, l(?); 9, 1-49; 4QGiudici 8 ( 4QJuda o 4Q49), che contiene parti di Gdc 6,2-13 e 4QGiudicib (4QJudb o 4Q50), con parti di Gdc 19,5-7 e 21,12-25.
Elenco dei manoscritti citati nel commento Ebraici: l QGiudici (l QJud o l Q6), pubblicato da D. Barthélemy in D. Barthélemy - J.T. Milik et al., QumranCave I, Clarendon Press, 11
I. DE CASTELBAJAC, «Les Judges d'Isml!l: une invention du Deutéronomiste?», Revue
de /'histoire des re/igions 221 (2004) 83-97. 12 Cfr. A. SOGGIN, Le livre des Juges, Labor et Fides, Genève 1987, 18.
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Oxford 1955, pp. 62-64. 4QGiudici• (4QJud8 o 4Q49) pubblicato da E. Ulrich in E. Ulrich - F.M. Cross et al., QumranCave 4.IX: Deuteronomy, Joshua, Judges, Kings, Clarendon Press, Oxford 1995, pp. 143-152. 4QGiudicib (4QJudb o 4Q50) pubblicato da E. Ulrich in E. Ulrich - F.M. Cross et al., QumranCave 4.IX: Deuteronomy, Joshua, Judges, Kings, Clarendon Press, Oxford 1995, 153-160. Codice di Leningrado (L), datato 1008, conservato alla Biblioteca Nazionale Russa di San Pietroburgo. Greci: Codice Vaticano (B), del IV secolo, conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma. Codice Alessandrino (A), del V secolo, conservato alla British Library di Londra. Codice di Colbert-Serrau (G), del V secolo, conservato alla Universitaire Bibliotheken di Leiden; alcuni fogli dello stesso manoscritto si trovano alla Bibliothèque Nationale di Parigi e alla Biblioteca Nazionale russa di San Pietroburgo. Codice Basiliano-Vaticano (V), dell'VIII secolo, conservato in parte alla Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma; in parte alla Biblioteca Marciana di Venezia. Codice di Coislin 1 (M), del VII secolo, conservato alla Bibliothèque Nationale di Parigi.
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Commenti
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C'O!l\V GIUDICI
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GIUDICI 1,1
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il1il" 10N•12 :i:::t cn~il; il~nr-~:::t "llJl::m-;N u~-il"lJ" "O TiVT?W7 h1~il~ 19N~l 3 :il~=ll n~~-n~ ".t;IP~ it~i:t il~P,~ ilJ~il~ 'ITJ;l~ "t.~-cJ "~9?~1 "~P.~ff- h9n71.1 "'hilil ,~~ il~P. ,,D~ "1-P.~f;:~-n~ ilj~,~ TP~l ill~il~ ;~~4 :tWT?W i.t;1~ 'ifZ~ ;nìl=ll lT
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§ 120), tale consultazione è avvenuta per mezzo del sacerdote Pini}.as che troviamo nell'epilogo del libro di Giosuè (Gs 24,33). 1,3 Che mi è toccata in sorte(·~~)- L'eindica in senso con~to la sorte braioo che viene gettata per prendere una decisione; quindi, alla lettera l'espressione qui usata andrebbe tradotta «nella mia sorte» (cfr. anche Gdc 20,9perl'assaltoaGhib'a). Nell'uso, però, il termine 'ryl, anche per l'assegnazione della
.,i.l
PRIMA INTRODUZIONE: INSEDIAMENTO DELLE TRIBÙ IN CANAAN (1,1-2,5) I commentari ritengono che il materiale contenuto in questa prima sezione del libro dei Giudici appartenga a un periodo antico, pre-deuteronomista. soprattutto per la descrizione della conquista della terra. Tale racconto appare poco organico e limitato ad azioni individuali delle singole tribù e oltremodo confuso, con un'alternanza di vittorie e sconfitte da parte di Israele. Non bisogna però lasciarsi trarre in inganno perché è evidente che questo stesso materiale è stato recuperato da un redattore finale, probabilmente in epoca esilica o post-esilica, che l'ha utilizzato per formare una cerniera tra la fine del libro di Giosuè e le vicende dei Giudici. Tale soluzione spiegherebbe la presenza di una duplice introduzione allibro (l, 1-2,5 e 2,6--3,6) e dei diversi doppioni riguardo alla conquista di Hebron (1,10.20) e di Gerusalemme (1,8.21). 1,1-21 Insediamento di Giuda e delle tribù meridionali L' incipit del libro dei Giudici non presenta la consueta ambientazione fattuale, in cui il lettore è introdotto alla descrizione dei protagonisti, dei luoghi geografici e del periodo storico. Notiamo invece che il redattore presenta il testo come una parte di un ciclo narrativo più ampio collegato al precedente libro di Giosuè. Infatti al v. l troviamo i medesimi elementi letterari di Gs l, l. È, infatti, significativo che l'identica costruzione sintattica che troviamo in Gs l, l per richiamare la morte di Mosè, raccontata in Dt 34, sia presente anche in Gdc l, l per evocare
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GIUDICI 1,5
1
1Dopo
la morte di Giosuè gli Israeliti consultarono YHwH: «Chi di noi andrà per primo a combattere contro i Cananei?>>. 2YHWH rispose: «Andrà Giuda: ecco ho posto la terra nelle sue mani». 3Allora Giuda disse a suo fratello Simeone: «Vieni con me nella terra che mi è toccata in sorte e combattiamo contro i Cananei; poi io verrò con te in quella che è toccata in sorte a te». Simeone andò con lui. 4Giuda dunque partì e YHwH pose nelle loro mani i Cananei e i Perizziti: a Bezeq sconfissero diecimila uomini. 5Così trovarono Adonì-Bezeq a Bezeq e l'attaccarono e sconfissero i Cananei e i Perizziti. terra a ciascuna tribù d 'Israele per mezzo della
sorte (cfr. Gs 14,2), si avvicina per metonimia a;,~ (parte di proprietà) o;,~ (porzione). Si può notare un simile valore semantico per il tennine greco scelto dalla traduzione della Settanta, cioè KÀi'poc;, che indica la «sorte», ma anche i «beni» o i ottenuti tra· mite la sorte. Per questi motivi è possibile ed è meglio tradurre con «terra toccata in sorte>>. l ,4 Bezeq (i'!.~) - Dovrebbe corrispon·
dere all'attuale l;lirbet Ibziq in Samaria. 1,5 Adonì-Bezeq (i'!.~ 'l~)- Probabilmen· te, come intendono anche le versioni della Settanta, è da identificare conAdoni-Zedeq, il re di Gerusalemme di Gs 10,1-3, anche se effettivamente Gerusalemme non cadrà definitivamente nelle mani degli Israeliti fino alla conquista del re David, secondo il rac· conto di 2Sam 5,6-9; quindi il rapporto tra il re di Bezeq e Gerusalemme rimane oscuro.
quella di Giosuè, narrata in Gs 24. Appare dunque chiaro che l'inizio del libro dei Giudici formi un collegamento letterario con un'unità narrativa che, attraverso una tecnica rèdazionale di concatenamenti, inizia col libro del Deuteronomio. Questa supposizione è più volte attestata anche in questa sezione attraverso una continua ripresa del materiale presente nel libro di Giosuè; soprattutto i vv. l 0-15 sono paralleli a Gs 15,13-19 con la sola differenza che in Giudici la conquista della terra è lasciata all'iniziativa delle singole tribù, mentre in Giosuè è descritta come un'azione unitaria del popolo. Un primo problema riguarda la collocazione narrativa degli eventi della conqui· sta di Canaan, posti in questo primo capitolo dopo la morte di Giosuè. Infatti lo stesso libro di Giosuè presenta l'insediamento da parte di Israele già completato prima della sua morte; probabilmente il fatto che Giudici offra una narrazione dell'occupazione della terra in modo parziale e confuso è da considerarsi una testimonianza dell'utilizzazione di materiale antico, esposto in maniera più ordinata e omogenea nella forma più recente nel libro di Giosuè. Come però giustificare una mancata armonizzazione da parte del redattore esilico di Giudici con Giosuè? La soluzione migliore la si può trovare nell'architettura del libro, incentrata sulla contrapposizione tra il peccato d'Israele e la grazia misericordiosa di Dio: la stessa grazia di Dio che ha donato la terra di Canaan a Israele ha suscitato l'azione dei Giudici; per questo la conquista della terra viene nel nostro libro mantenuta come una sorta di antefatto all'agire carismatico dei Giudici. Questa prima introduzione allibro chiede dunque
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GIUDICI 1,6
ni1h:rn~ ~ll~i?~~ ilik ~!QN•1 1"JQ~ t~11~~ P!~ 't'!~ b1~16
OÒ"1~ hilhi 0"~7'? lO"~:;tW i'!~-"~l~ ,9N~f
:1"1·n1 1"'J; "J:l'W);' ,w~~ '~T;~7\P nr::t~ C"Qi?;'? ~~v O'~~i>, -i~ dissonanza con 2Sam 5, 7 in cui la conquista di Gerusalemme è affidata al re David; questo anacronismo è mantenuto nelle versioni della Settanta con l'aoristo del verbo Kata~vw. Flavio Giuseppe cerca
di essere letta in chiave teologica, come verrà esposto in modo esauriente nel commento a 2,6-1 O, poiché già dalle sue prime battute il testo si presenta non come una semplice narrazione, ma come un'istruzione per il lettore, affinché venga introdotto nel dramma teologico che sarà esposto nei capitoli successivi. Venendo alla descrizione della conquista della terra, vediamo che in essa è riportato un predominio di Giuda, giustificato dal fatto che il redattore esilico conosceva bene gli eventi del587 a.C. in cui il regno del Sud, con la sua capitale Gerusalemme, cadde per ultimo sotto l'assedio babilonese. È evidente che questa condizione quasi privilegiata di Giuda è giustificata dalle parole dell'oracolo divino che troviamo in Gdc l ,3 e che corrispondono al contenuto di Gs 14,6. Alla tribù di Giuda è affiancata quella di Simeone che effettivamente, per quello che possiamo ricostruire, verrà assorbita da Giuda stesso, almeno secondo la benedizione di Mosè che ritroviamo in Dt 33. Il racconto sembrerebbe quindi articolarsi parallelamente alla descrizione del libro di Giosuè (cc. 15 e 19) in cui la narrazione presuppone che le due tribù si muovano da Ghilgal verso Gerusalemme e da qui si impadroniscano del territorio a loro assegnato. Però i vv. 1-8 di questa prima sezione sembrano raccontare un altro stato degli eventi: prima di tutto tra i popoli nemici affrontati da Giuda e Simeone vengono ricordati i Cananei e i Perizziti, i quali secondo Gen 13,7; 34,30; Gs 11 ,3; 17,15 si erano stanziati nella zona centrale della Palestina e non al sud; ancora, l'identificazione di Bezeq con l'unica possibile località di l:lirbet lbziq nel
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GIUDICI l, Il
6Poi
Adonì-Bezeq fuggì, ma lo inseguirono, lo catturarono e gli amputarono i pollici e gli alluci. 7Allora Adonì-Bezeq disse: «Settanta re con i pollici e gli alluci amputati raccoglievano gli avanzi sotto la mia tavola: come ho agito, così Dio mi ripaga». Lo condussero dunque a Gerusalemme e là morì. 81 discendenti di Giuda allora attaccarono Gerusalemme e la assediarono, ne passarono a fil di spada gli abitanti e la diedero alle fiamme. 9Dopo di che i discendenti di Giuda scesero per combattere contro i Cananei che abitavano la regione montuosa, il Negheb e la Shefela. 10Giuda marciò contro i Cananei che abitavano a I:Iebron (il suo nome prima era Qiryat-Arba) e sconfisse Sheshay, AJ:timan e Talmay. 11 Di là marciò contro gli abitanti di Debir (il suo nome prima era Qiryat-Sefer). di annonizzare Gdc 1,8 con 1,21 e Gs 15,63 distinguendo per Gerusalemme una «città bassa» conquistata dai Giudaiti e un'impenetrabile «città alta>> espugnata poi da David (Antichità giudaiche 5,2,2 § 124). //1,10-15 Testo parallelo: Gs 15,13-19
1,10 Giuda- Cosi il Testo Masoretico e le versioni della Settanta; alcuni commentatori invece ritengono si debba leggere «Kaleb», sulla base di Gs 15,13-14, dove viene raccontata l'assegnazione di Qiryat-Arba, l;lebron, appunto a Kaleb.
nord della Samaria aggiungerebbe un altro dettaglio per uno spostamento a nord di Gerusalemme delle vicende narrate. È anche vero che la testimonianza di Gen 34 e 49 colloca la tribù di Simeone nella Palestina centrale: soltanto dopo la vicenda della strage avvenuta contro Shekem a causa della sorella Dina (Gen 34) la tribù di Simeone si spostò a sud. Queste differenze portano alla conclusione che effettivamente la mano del redattore nel periodo esilico abbia elaborato una mescolanza tra racconti di materiale più antico e tradizioni più recenti formando così in questo primo capitolo una narrazione composita e a volte difficile da comprendere. Altra questione controversa, o perlomeno oscura, rimane l'inserimento nel racconto della conquista di Gerusalemme (v. 8), in quanto la tradizione monarchica, contrariamente al nostro testo, annovera la presa della città tra le imprese del grande re David (2Sam 5) che scacciò i Yebusiti, dettaglio confermato anche dal racconto di Gs 15,63 e ali 'interno dello stesso testo di Giudici in l ,21. Non è nemmeno ipotizzabile che esso sia un racconto tardivo della conquista davidica, in quanto il re d'Israele non incendiò la città; l'unica proposta accettabile è che Gdc 1,8 sia un'eco dei primordi della storia di Giuda in cui Gerusalemme venne strappata con la forza dalle mani dei Yebusiti. Anche il resto del racconto è da comprendersi come una descrizione dei risultati che Giuda ottenne nelle sue campagne militari: infatti la regione di I:Iebron, del Negheb e della Shefela descrivono esattamente i confini entro cui era delimitato
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GIUDICI l,I2
17 'T:lf-1~1 M~7~ ,~g·n~j?-n~ i1#~-,W~ :l7,f 19N~l 12 :lii!"IJ~ tJiTT~ ;~"~I;'IJ; ~l:P'r.l' 3 :i1~~7 'J:,I:;t i19.i'~-n~ M~b~ ,~~1 14 :i1~~7 iJ;l:;t i19.i'~-n~ 1?-TJ;l~l ~3~~
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di l Re l, 16 dove Betsabea, prostrata a terra, prega il re Da vid per il figlio Salomone. Che cosa desideri?- La domanda 1'f-nQ (alla lettera: «che cosa per te») indica desiderio o possesso. 1,15 Arido- Traduciamo cosi, come richiesto dal contesto, il tennine ebraico :l~~. che spesso nell' AT si trova come toponimo (Negheb) per designare la zona desertica a sud di Giuda. Questa collocazione geografica spiega anche perché il tennine sia usato per indicare in generale il «sud». Sorgenti (n~V - Il tennine n'(~ in senso architettonico indica una parte rotondeggiante, pertanto paragonabile a un pozzo o una cisterna d'acqua; con il significato che ha qui ricorre anche in Gs 15,19. In base a
il territorio della tribù giudaita. In seguito, nei vv. 12-16, entra in scena ufficialmente Kaleb in un quadretto di difficile interpretazione: è certo che si parla della conquista di Debir, a cui è legata la promessa di dare in moglie la propria figlia Aksa; fu suo nipote Otniel, figlio del fratello minore Qenaz, a espugnare la città e a ottenere in moglie Aksa. Questi versetti sono esattamente paralleli a Gs 15,1319, ma organizzati in maniera più confusa: infatti la successiva attribuzione delle sorgenti d'acqua intorno alla regione del Negheb è legata nel v. 14 a una richiesta posta a Kaleb dallo stesso Otniel, su incitamento della moglie, poi invece riproposta al versetto seguente sulle labbra della moglie Aksa come dote per le sue nozze.
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GIUDICI I, I 7
12Kaleb
allora disse: «A chi attaccherà Qiryat-Sefer e la conquisterà, darò in moglie mia figlia Aksa». 13 La conquistò Otniel, figlio di Qenaz, fratello minore di Kaleb; così gli diede in moglie sua figlia Aksa. 14Quando ella arrivò, egli la indusse a chiedere a suo padre il campo. Scese dunque dall'asino e Kaleb le domandò: «Che cosa desideri?». 15Gli rispose: «Fammi un dono; poiché il terreno che mi hai dato è arido, concedimi alcune sorgenti d'acqua». Allora Kaleb le donò la sorgente superiore e la sorgente inferiore 161 figli del Qenita, suocero di Mosè, marciarono dalla località delle palme con i discendenti di Giuda attraverso il deserto di Giuda fino alla zona del Negheb intorno ad Arad; andarono a stabilirsi con il popolo. 17Poi Giuda marciò con Simeone suo fratello e sconfissero i Cananei che abitavano a Zefat, la votarono allo sterminio e chiamarono la città I;lorma. ciò, il tennine i'r!~i:t del versetto precedente potrebbe indicare un campo coltivato in opposizione alla terra arida del deserto. 1,16 Con i discendenti di Giuda ... ad Arad (,1~ ... i1,,i1; ·~~-n~)- Il testo ebraico non è del tutto chiaro; alla lettera: «con i figli di Giuda al deserto di Giuda che è nel Negheb di Arad»; la versione CEI traduce: «con i figli di Giuda nel deserto di Giuda, a mezzogiorno di Arad» (cfr. nota a 1,15 ). Località delle palme (C',I?r:'i:t ,'l') - Da identificarsi con Gerico secondo Dt 34,3; Gdc 3,13; 2Cr 28,15, anche se la geografia del Negheb farebbe spostare l'annotazione sulla più vicina Tamar, da dove i Qeniti avrebbero intrapreso il loro attacco ad Arad. Questa seconda indicazione sarebbe avvalorata anche
dalla poi citata ijonna, compresa anch'essa nella regione meridionale del Negheb. 1,17 Chiamarono (K1P"1)- Sebbene la forma del Testo Masoretico sia singolare, va intesa come impersonale, che noi traduciamo come un plurale collettivo. !forma (i1f?ìJ;!)- Il nome della città viene fatto derivare da c,n, «anatema>>: cfr. Es 22, 19; si tratta cosi, j;er l'autore, di un nome simbolico che riproduce la prassi biblica della distruzione totale di un popolo sottomesso, dei suoi beni o di un'intera città, consacrati in tale modo alla divinità. L'anatema era in uso anche tra i popoli del Vicino Oriente antico e in origine era strettamente vincolato alla guerra santa, tramite la consegna dei vinti e dei loro beni al dio dei vincitori.
Il successivo quadretto vede come protagonisti i Qeniti, alleati di Giuda, che si stabiliscono nella zona di Arad nel Negheb a sud del deserto di Giuda. La conquista di questa zona meridionale sembrerebbe indicare una campagna militare iniziata dal sud e non da Ghilgal, a nord. Tale prospettiva oltretutto è comprovata dal racconto degli esploratori di Gs 2 e dal testo di Nm 21,1-3. Queste notizie evidenziano l'esistenza di una tradizione riguardo a un insediamento delle tribù meridionali inserito nel racconto "ufficiale" dell'occupazione del paese, secondo cui l'invasione sarebbe iniziata da nord, appunto da Ghilgal. La tribù di Giuda però non riesce a completare la sua impresa bellica, fermata dalle città filistee
GIUDICII,I8
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n~~:lrntt11i7i?'P~-n~1 n7~~rntt1 ;,~-ntt h1~i1~ ,~7~1 18
1D;:t-ntt \V1~1 i11~;,~-ntt hlil~ 'rJ~1 19 : n1~~rntt11i'1i?~tntt1 ~~T;1~120 :o~7 ?n~ ~~·;r'=il i'9~i! ';'P;-ntt W'1ii17 N?'?. '}.~ ;,tf?'P-ntt o~~ W,i~1 ;,Wb 1~1 ,W~~ 1ii;try-ntt ':J.'t~? ::1~~119~1~ ~~~ ~W'"Jiil N7 o7~~1~ ~W; ~Q~::l~iJ-ntt1 21 :p~P,;:t :ilt.iJ oi;iJ iP- o?~~"J':;ll~~1~ ".-l~-ntt 'Q~::l~iJ r'tgi'-n';?. ~1'1)!123 :O'Rl:' illil'l ?~-n'~ op-o~ r't~i'-n';?. ~7P.~122 -1~ N~i' W"~ O'i'?~iJ ~N1~124 :t~7 O"t~7 1'~;:t-OW1 ?~-n'~~
:i\?IJ '!(~l:' U't?.'~1 1'~;:t Ni~'?-ntt N~ U~1iJ ;t; ~17?N~1 1'P,;:t 1,18 Giuda allora espugnò (:"11~:"1~ ,~'(·n - Le versioni della Settanta aggiungono la particella negativa Kal oÙK fKlnpovD!!IlOfV IouOaç («ma Giuda non conquistò») per evitare una contraddizione interna tra il v. 18 dove si parla della conquista di tre città fì listee e il v. 19 dove si narra che le città della pianura, di cui fanno parte le tre città indicate prima,
non furono vinte a causa dei carri di ferro. 1,19 Che conquistò- Il verbo ID"!"J può riferirsi sia a Dio sia a Giuda: nel primo caso assumerebbe il senso di «dare in eredità>>; il prosieguo del versetto però sembrerebbe confermare la seconda opzione in quanto :'!"t~:'!~ è sicuramente il soggetto dell'infinito costrutto lD',i:"l'(. Per evitare ambiguità
per la loro maggiore abilità nella costruzione di macchine da guerra, i carri di ferro citati al v. 19. Questa prima sezione si conclude con la notizia che i figli di Beniamino non riuscirono a espugnare la città di Gerusalemme, abitata dai Yebusiti, rispecchiando cosi la tradizione monarchica secondo cui la città venne definitivamente conquistata dal re David. Sintetizzando possiamo ritenere che il redattore esili co, che ha compilato questo primo brano, avesse a disposizione diverse singole notizie sulla storia arcaica della tribù di Giuda e delle tribù meridionali e le abbia assemblate insieme come se fossero un racconto omogeneo e ininterrotto, creando spesso alcune confusioni narrative. Quali allora le finalità teologiche che possiamo evidenziare in questa prima sezione? Troviamo due elementi sicuri che emergono con nitida evidenza: il desiderio di creare un'inclusione argomentativa tra il capitolo l e i capitoli 20-21 dove è presente la stessa domanda: «Chi salirà per primo ... ?» (l, l e 20,18), la quale mette in evidenza il ruolo indiscusso di Giuda nell'organizzazione militare; allo stesso tempo viene presentata implicitamente l'anticipazione del tema teologico di tutto il libro dei Giudici: Israele sperimenta il fallimento della sua autodetenninazione, nel fidarsi della sua sola for2a umana, in un persistente degrado morale e spirituale che richiederà il continuo intervento del Signore per riaffermare il rispetto del patto neli'adorazione e nell'obbedienza
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GIUDICII,24
allora espugnò Gaza e il suo territorio, Ashqelon e il suo territorio, nonché Eqron e il suo territorio. 19Così YHWH fu con Giuda che conquistò la zona montuosa, ma non (fu con lui) nel sottomettere gli abitanti della pianura, poiché possedevano carri di ferro. 20 A Kaleb assegnarono I:Iebron, come aveva disposto Mosè, ed (egli) cacciò di là i tre figli di Anaq. 21 Mentre i Beniaminiti non sottomisero gli Yebusiti che abitavano a Gerusalemme; così ancora oggi gli Yebusiti abitano a Gerusalemme con i Beniaminiti. 18Giuda
22 Sall
poi anche la casa di Giuseppe contro Bet-e] e YHWH fu con loro. La casata di Giuseppe esplorò Bet-e], città che prima si chiamava Luz. 24Gli esploratori videro un uomo che usciva dalla città e gli dissero: «lndicaci come entrare in città e ti rispannieremo». 23
nella traduzione italiana abbiamo inserito un pronome relativo. Ma - La congiunzione ·~ va in questo caso letta con sfumatura avversativa Carri- La Settanta vocalizza diversamente il temùne ~1 e lo legge come nome proprio: PllX~. facendo riferimento ai Rekabiti di Ger 35.
1,20 Cacciò (W!.ì•1)- Le versioni della Settanta hanno Kal · ÈKÀTJPOVOJ.LTJOEV «e prese in possesso», leggendo il verbo nella fonna qal piuttosto che hi.fil. 1,22 La casa di Giuseppe- Le versioni della Settanta leggono ol uloì. IWOTJCI> al posto di 'lt;~.ì•·n•; del Testo Masoretico in annonia con Es 16.31 e Lv 17,3.1 O, dove il tennine
all'unico Dio. Per questo Egli stesso susciterà delle guide carismatiche, i Giudici, che avranno questo specifico compito nel condurre la conquista della terra. 1,22-36 Insediamento della casa di Giuseppe e delle tribù del Nord
Il secondo brano del capitolo l riguarda l'occupazione del territorio da parte delle tribù settentrionali, iniziando dalla casa di Giuseppe a Bet-el. Anche in questo caso troviamo un aneddoto introduttivo che chiaramente è legato alle vicende di Efrayim, anticipando ciò che sarà poi narrato a partire dal v. 29. Questa anticipazione narrativa ci fa comprendere come il redattore fosse davanti a una tradizione già costituita e che egli ha organizzato successivamente secondo il proprio pensiero: presumibilmente il racconto dovrebbe riguardare lo spostamento da Ghilgal verso nord, dove la prima località che si incontra è appunto quella di Bet-el. La conquista della città avviene per tradimento. Questo dettaglio non viene omesso dal redattore, ma posto in rilievo come prova dell'assistenza divina: a permettere la conquista di Bet-el è la vicinanza del Signore non la capacità militare di Israele. Questo aspetto è messo in luce dalla provvidenziale coincidenza occorsa agli esploratori d'incontrare un uomo che potesse indicare loro il punto debole d'accesso alla città e barattarlo con la salvezza della sua famiglia.
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GIUDICI 1,25
-nN1 W'Ni1-nN1 ~,n-'!l' 1'lm-nN ~::l·1 1'Ùi1 Ni~o-nN bN1•125 N'Ji?~l 1'Jll~.~ O'tn:m n~ W'~;:t 'l}'~~26 :~n~t,p iT;1J";l;l~~-;f -n,~-nN ilWlO \V'1iil·N;1 27 :iltil oi•il ,V rtO\V N~il nt; ~o\V :lW"-ntt1 l ~~"-n~1··~,l:)trn~1 'lf~l:'z:t·n~1 ~':''l:)il:rn~1T~~ v'~j:rn~1 bJ;'7=t~ '~lpi'·n~1 ;:t"l'jil~-n~1 1i1 [ '~t.p"-ntt1 l "." l
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ebraico n·~ viene tradotto con ot utoL 1,27 Conti~uarono ~~,·1) - Quando è riferito a Dio, il verbo ':i~; significa «acconsentire», ) oppure (memico». Il pensiero qui espresso è analogo a quanto si trova in N m 33,55 e Gs 23,13. Per questo motivo, probabilmente, la
affennazioni le troviamo anche in Dt 12; indicano dunque la matrice deuteronomista del nostro oracolo. Il popolo di Israele invece ha mancato di osservare il comando di Dio; per questo motivo i pagani non sono stati completamente cacciati dalla loro terra e rimangono come costante minaccia per Israele. Così questi versetti servono da cerniera di collegamento tra il capitolo 1, in cui la prima introduzione allibro presenta la difficoltà della conquista della terra data dall'ingratitudine d'Israele che non riconosce la misericordia e la giustizia di Dio, e la seconda introduzione deuteronomista in cui viene specificata la colpa d'Israele nell'essere sceso a compromessi con il culto e la cultura pagana. Anche in questo caso il materiale utilizzato dal redattore esilico è raccolto da una tradizione antica messa in luce dal ricordo di Bokim (i piangenti) e dalla spiegazione di questo nome (v. 4): probabilmente vi era la memoria di un luogo leggendariamente collegato a un pianto del popolo, con ogni probabilità localizzabile vicino alla più conosciuta Bet-el. SECONDA INTRODUZIONE: LETTURA TEOLOGICA DELL'EPOCA DEI GIUDICI (2,6-3,6) Anche questa seconda introduzione al libro riprende un riferimento alla persona di Giosuè, questa volta ancora in vita, e al capitolo 24 dello stesso testo. In questo modo l'inizio del capitolo 2 si ricollega direttamente all'ultimo capitolo
43
GIUDICI2,8
Perciò anch'io vi dico: non li caccerò davanti a voi e così saranno per voi come lacci, mentre i loro dèi saranno per voi una trappola!». 4Appena l'angelo di YHwH ebbe pronunciato queste parole a tutti gli Israeliti, il popolo pianse a gran voce. 5Così chiamarono quel luogo Bokim. Poi vi offrirono sacrifici a YHWH. 3
Quando Giosuè ebbe congedato il popolo, gli Israeliti andarono ciascuno alla sua eredità per prendere in possesso la terra. 711 popolo servì YHwH durante tutta la vita di Giosuè e degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che avevano visto le grandi opere di YHWH in favore di Israele. 8Poi Giosuè figlio di Nun, servo di YHwH, morì a centodieci anni. 6
versione CEI traduce interpretando l'ebraico ,~ come il sostantivo omografo che significa ((fianco» e che ricorre in quei due passi. 2,8 Servo di YHWH (;,l;,~ ,~;')-Questo epiteto che definisce la figura di Giosuè lo ritroviamo in Gs 1,1 e, nel libro dei Giudici, per
la figura di Sansone (Gdc 15,18); nella storia biblica il titolo di «servo di YHWH>> verrà attribuito ad altri tre grandi personaggi della dinastia davidica: David stesso, l;lizqiyya e Zerubbabel (cfr. 2Sam 3,18; 7,5; 7,8; 7,26; IRe 3,6; 8,24-28; 11,13; 11,34.36.38).
del libro di Giosuè, come se la prima parte (Gdc l, 1-2,5) fosse semplicemente un intermezzo. Il punto nodale di questa sezione si riassume nel peccato di idolatria da parte di Israele come affermazione di sé che porterà a situazioni sempre più drammatiche, preludio della scelta misericordiosa da parte di Dio di suscitare i giudici come liberatori dall'oppressione nemica. Il dilemma teologico fondamentale di evidente origine deuteronomista si declina intorno alla scelta dinanzi alla quale è posto Israele nella nuova terra: sottostare a dèi pagani o continuare a servire il Signore? Tale problema era già emerso in Gs 24 ed è posto in evidenza nel nostro testo proprio dalla presenza del verbo ebraico 'bd «adorare>>, «servire» (cfr. nota a 2, Il), che ricorre più volte (cfr. 2,11.13 .19 e 3,6). 2,6-10 Morte di Giosuè Abbiamo qui una ripresa di Gs 24,28-31 e stupisce il fatto che si ritorni cronologicamente a un tempo precedente alla morte di Giosuè ricordata in Gdc 1,1. Il motivo di tale ripetizione non è soltanto nel voler collegare i due libri, quello dei Giudici e di Giosuè, come, per esempio, avviene tra il libro delle Cronache e quello di Esdra con la ripresa dell'editto di Ciro, ma è anche e soprattutto un motivo teologico: Giosuè era il referente di Dio, che garantiva la realizzazione della sua volontà; con la sua morte viene a mancare l'elemento di protezione dali' apostasia e dali' idolatria; dunque, Israele pensa di vivere come più gli è gradito. Così appare
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GIUDICI 2,9
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2,9 7imnat-f:leres (r::l!.r.t"Mi~l})- È la località indicata in Gs 19,50 24,30 come M"J~-Mil?l"' (Timnat-Seral}) ed è difficile indicare qwile sia la lezione comtta; probabilmente il nome o,_lj richiamando la divinità pagana Horus venne sostituito nel libro di Giosuè oon M'19·
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2,11 Fecero ciò che è male agli occhi di YHWH (;1li'l~ '~'~ .lrJ:;t"~ ~~~)è un 'espressione che rioorre ben sette volte in Giudici (3,7.12; 4,1; 6,1; l 0,6; 13, l), quasi fosse un ritornello ed è da oonsiderarsi un'offesa religiosa che porta sempre per Israele delle oonseguenze sociopo-
evidente come per il redattore sia più importante il punto di vista teologico di quello meramente storico-fattuale. Questo aspetto è chiaramente sottolineato dal v. 10 che offre un'informazione aggiuntiva rispetto al testo di Gs 24. La generazione successiva a quella di Giosuè e dei padri non sapeva più riconoscere l'operato e la volontà di Dio (il verbo «conoscere» usato in Gdc 2,1 Oha non solo un significato informativo, ma anche quello interpretativo della realtà). La nuova generazione di Israele dunque disobbedisce a Dio ed è addirittura indifferente alla sua presenza. In questo modo il capitolo l anteposto a questa seconda introduzione non appare come una semplice aggiunta redazionale, ma un vero e proprio parallelo a 2,6-3,6, come fosse una sua integrazione, messa in evidenza proprio dalle parole di 1,1 : «dopo la morte di Giosuè». 2,11-3,6 Aspetti teologici del periodo dei giudici
Questa sezione ci presenta i due problemi fondamentali affrontati nella vicenda dei giudici: la trasfonnazione di Israele in un popolo sedentario e il confronto con le popolazioni locali che si trovano in Canaan. Questi due aspetti non sono disgiunti; al contrario, si relazionano vicendevolmente. Infatti l'Israele che passa da una condizione nomadica a quella agricola si trova dinanzi a due realtà importanti da affrontare: l'abilità bellica dei Cananei, soprattutto nella disponibilità di carri da guerra, e il loro predominio culturale. Il popolo ebraico non solo dovette imparare queste tecniche di combattimento, ma- a dare retta a quello che ci consegna l'archeologia- i Cananei si erano resi maestri anche nell'edilizia Dunque, la prima difficoltà per Israele dinanzi ai popoli che abitano Canaan è la necessità di scambi culturali ed economici, che aniveranno sino a rapporti familiari, come ci ricorda 3,6. Il primo problema dunque si riasswne nel fatto che la popolazione sottomessa da Israele era culturalmente superiore ad esso e il pericolo di soccombere anche nell'ambito religioso era notevole. Un altro aspetto importante riguarda la menzione dei popoli che occupavano la terra promessa: i Cananei, i Filistei e altre popolazioni dell'attuale regione del Libano
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GIUDICI 2,12
Lo seppellirono nel territorio della sua eredità, a Timnat-I:Ieres, fra la regione montagnosa di Efrayim, a nord del monte Ga'ash. 10 Anche tutta quella generazione si ricongiunse ai suoi padri; dopo di che sorse un'altra generazione che non aveva conosciuto YHWH e nemmeno le opere che Egli aveva compiuto in favore di Israele. 9
Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi di YHWH e adorarono i Ba'al; 12abbandonarono YHWH, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dall'Egitto e seguirono altri dèi tra i popoli circostanti: 11
liti che; tale espressione ritorna anche nel libro del Deuteronomio: 4,2.5; 9,18; 17,2; 31,29. Adorarono- Il verbo "t~, in ambito profano, significa «lavorare» e «servire», mentre nel linguaggio religioso indica il servizio cultuale; qui riprende una fonnula deuteronomista
(cfr. Gdc 10,6; 1Sam 12,10; 2Re 17,16),
l Ba 'al (C'~.V~::I)- L'uso del plurale del so-
stantivo ".p; non si riferisce probabilmente a molteplici divinità (cfr. il singolare al v. 13), ma alle diverse manifestazioni e/o appellativi con cui la stessa divinità veniva adorata.
(Fenici e Hittiti). Non si fa però alcun accenno alla zona orientale della Palestina, cioè alla Transgiordania; manca del tutto un accenno agli Edomiti, ai Moabit~ agli Ammoniti, che in altri testi dell'Antico Testamento compongono un gruppo notevole dei nemici di Israele. Probabilmente questa lacuna è di carattere teologico, in quanto la reale terra promessa è collocata nella Cisgiordania, nel territorio compreso tra l'Eufrate, passando per il Libano, sino alla Palestina meridionale. Infatti le popolazioni qui ricordate descrivono questa zona da sud verso nord: Cananei, Filistei, Fenici e Hittiti. Questi due elementi fonnano il quadro teologico dove inserire il quesito fondamentale che introduce l'intera vicenda dei giudici: come conciliare la presenza di questi popoli stranieri con le promesse di Dio riguardo al dono della terra? Come tale dono poteva essere sempre e costantemente messo in discussione dal contatto con la realtà pagana? Ecco le risposte proposte dal testo biblico, segno di un dibattito acceso all'interno di Israele: da una parte abbiamo la giustificazione della presenza straniera come punizione per il peccato di idolatria e per l'allontanarsi continuo del popolo ebraico dalla fedeltà al suo Dio. Cosi il culto ai Ba'al e alle Ashtarot si moltiplica anche in Israele, come attestato dai diversi ritrovamenti delle statuine votive o delle steli dedicate alla dea della fertilità. Una seconda risposta al problema si ritrova nell'intento pedagogico da parte di Dio di far ancora coesistere accanto a Israele le popolazioni straniere: tale aspetto assume una rilevante importanza teologica, in quanto l'inserimento nel piano di salvezza di Dio pone i popoli pagani non come antagonisti del progetto divino, ma suo strumento; così in 2,22 e in 3,4 troviamo che la motivazione della presenza straniera nella terra promessa a Israele riguarda un tempo di prova a cui il popolo ebraico è chiamato per rendere testimonianza della sua fedeltà a Dio e ai suoi comandi. Si ha qui lo schema teologico che caratterizza il corpo del libro, dal capitolo 3 sino al capitolo 16, articolato intorno a quattro elementi: il primo è il male commesso da Israele sotto gli occhi di Dio, in particolare il peccato di idolatria (2, 11-13 ); ne consegue
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GIUDICI 2,13
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appositamente per dare risalto all'azione. 3,31 Con un pungolo da buoi (~'rç:p)- L'ebraico .,Q~ è un hapax legomenon, tradotto dal codice Vaticano (B) con &parp6rrouc; («vo-
Infine, va notato che in filigrana si scorge un altro principio teologico: l'occupazione moabita qui descritta inizia proprio con la città di Gerico, come era stata quella d'Israele nel libro di Giosuè, come se venisse introdotta una sorta di conquista "profana" di tipo umano in alternativa a quella del popolo eletto, di ordine divino. In questo caso oltre alla violazione dei diritti divini sulla terra promessa notiamo l'opposizione evidente tra l'autoaffermazione dell' uomo, nella sua vana potenza e truculenza e il piano salvifico di Dio; è evidente l'incommensurabile distanza tra le due realtà e la supremazia dell'economia divina, che si esprime non attraverso modalità eclatanti, ma secondo le vicende del suo popolo.
3,31 Shamgar La citazione del giudice Shamgar è da considerarsi probabilmente una glossa redazionale, ipotesi giustificata anche dal fatto che il successivo capitolo 4 inizierà proprio con il ricordo della morte di Ehud e quindi in piena continuità con lui. Il nome (che compare anche in 5,6) sembrerebbe di origine hurrita e non ebraica e il nome della madre Anat riprende quello di una divinità cananea; infine il testo non ricorda la tribù di appartenenza di Shamgar, il che fa supporre una sua probabile origine straniera. Questa glossa, per diversi studiosi, nasce dal fatto che nella lista dei dodici giudici d'Israele, uno per tribù, appare la figura di Abimelek (cfr. c. 9) che di per sé, secondo il racconto biblico, non ha ricevuto un vero e proprio incarico divino, ma conquistò tale funzione per il suo grande potere, quindi non si può considerare un giudice dalle stesse caratteristiche degli
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GIUDICI3,31
mentre egli era davanti a loro. 28 Allora disse: «Seguitemi! Poiché YHWH ha posto nelle vostre mani i Moabiti, vostri nemici». Quelli dunque scesero con lui e occuparono i guadi del Giordano verso Moab e non lasciarono passare nessuno. 29ln quella circostanza essi sconfissero diecimila Moabiti, tutti robusti e intrepidi, eppure nessuno si salvò. 3°Così in quel giorno Moab fu sottomesso a Israele e il paese rimase in pace per ottant'anni. 31 Dopo
di lui ci fu Shamgar, figlio di Anat. Egli sconfisse seicento Filistei con un pungolo da buoi, così anch'egli salvò Israele. mere» ), scelta seguita dalla Vulgata (vomere); il codice di Coislin (M) e il codice BasilianoVaticano (V) traducono con b> (ebraico
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4
GIUDICI 4,4
Morto Ehud, i figli d'Israele ripresero a compiere il male agli occhi di YHWH. 2Così YHWH li consegnò nelle mani di Yabin, re di Canaan, che regnava a Hazor; il capo del suo esercito era Sisera, che abitava a I:IarosetGoyyim. 3Gii Israeliti allora gridarono a YHwH, poiché egli possedeva novecento carri di ferro e da vent'anni tiranneggiava sugli Israeliti. 4 ln quel tempo era giudice in Israele una donna, Debora, profetessa e moglie di Lappidot. 1
Yabin in Gs l l, l è chiamato, più propriamente, «re di l;lazom. lfaroset-Goyyim (c•~llj n~ir:))- È una località individuata sul versante orientale del monte Carmelo, oggi probabilmente
riconducibile al villaggio arabo di Hegiaz. 4,3 Carri di ferro ~r1~."::l;l":))- Si tratta di carri rivestiti e armati di ferro; il numero «novecento» è da ritenersi enfatico.
diibiir), a suggerime il ruolo profetico. Baraq di per sé significa «fulmine» e viene detto di un uomo poco coraggioso e poco brillante; infine Va'el è un'altra donna, oltretutto non ebrea, ma straniera. Quindi anche in questo caso, come precedentemente era avvenuto per lo scaltro Ehud, Dio si serve delle vicende umane e dei suoi protagonisti, con i loro limiti e difetti, per portare a compimento il suo progetto di misericordia e di salvezza: è lui il regista e il vero protagonista della storia. Osservando da vicino il testo, possiamo notare come il capitolo 4 rispecchi lo schema teologico del libro dei Giudici: peccato di Israele, misericordia di Dio che interviene per salvare dal nemico il suo popolo, vittoria di Israele, periodo di tranquillità. In questo caso, come detto, troviamo una coalizione guidata dal re Yabin, re di Canaan, probabilmente riconducibile allo stesso Yabin citato da Gs 11, l-5 come re di I:Iazor, capo di un'alleanza cananea che si oppose all'Israele del Nord. I re ricordati nella Bibbia in realtà erano spesso dei semplici signorotti di piccole regioni, i quali però, alleati tra loro, potevano costituire un reale e notevole pericolo per i popoli circostanti, soprattutto per Israele. Per il canto del capitolo 5 invece il protagonista della coalizione è Sisera, generale del re Vabin. In effetti i carri di ferro citati nel racconto appartengono al generale e dunque il re va in secondo piano. Come conciliare tutti questi dati? Evidentemente ci troviamo di fronte alla memoria di uno scontro importante avvenuto nel Nord di Israele tra il popolo eletto e i Cananei, vinto secondo un filone della tradizione da Giosuè (Gs Il) e secondo un altro da Debora e Baraq (Gdc 4-5). In entrambe le narrazioni abbiamo una coalizione sconfitta dalle tnbù del Nord che riuscirono ad affermarsi, nel primo caso sul re Vabin, nel secondo su Sisera. Probabilmente il racconto degli eventi che si legge in Gdc 4-5 è frutto dell'unione delle due tradizioni che ha portato dunque ad avere il re Vabin come coordinatore della coalizione e Sisera suo generale. 4,1-24 Il racconto della campagna militare
Nella narrazione sono due gli aspetti teologici che possiamo ritenere rilevanti: il ruolo determinante delle donne Debora e Va'el e la presenza di Dio come vero regista della storia, sottolineata dai luoghi sacri, Qedesh e il Tabor, teatro degli avvenimenti narrati. Della funzione di Debora nel contesto della vicenda abbiamo
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GIUDICI 4,5
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4,5 Amministrava la giustizia (M:::I~i') - Il verbo :lW' indica lo «stare seduto», !'«abitare», ma in questo contesto assume il senso di amministrare la giustizia, cioè esercitare la funzione di giudice. Palma - La vocalizzazione ,~h è utilizzata solo qui e in Ger l 0,.5 al pOsto della più frequente,~~·
4,6 Qedesh di Nefiali ('.,~1?~ W")p)- Località
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che si trova a nord del lago di Hule, attestata anche in Gs 19,37. YHWH ... ti comanda (:'m'T' :'!,~ ~.,:'!)-L'e braico M..,;:) è una partièeita rÌegativà di tono retorico che richiede una risposta affermativa, ma nel nostro versetto introduce una designazione divina annunciata a Baraq da Debora. Ti (1~)- Poiché il verbo:'!,~ pie/ è abitualmente costruito con il doppio accusativo,
già avuto modo di ricordare il ruolo di profetessa e il fatto che sia lei a spronare il valoroso Baraq alla guerra contro la coalizione guidata da Sisera. Quindi la sua funzione è fondamentale nel rendere nota la volontà di Dio al suo popolo; mi pare dunque da escludere l'opinione di alcuni studiosi che sottolineano la
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GIUDICI 4,16
Amministrava la giustizia sotto la Palma di Debora tra Rama e Bet-el, nella regione montuosa di Efrayim e i figli d'Israele si recavano da lei per avere giustizia. 6Ella mandò a chiamare Baraq, figlio di Abino'am, da Qedesh di Neftali, e gli disse: «YHwH Dio d'Israele ti comanda: Recati sul monte Tabor e raduna diecimila uomini tra i discendenti di Neftali e di Zabulon. 7lo attirerò verso di te, al torrente Qishon, Sisera, capo dell'esercito di Yabin e porrò nelle tue mani le sue truppe e i suoi carri». 8Le rispose Baraq: «Se verrai con me, allora andrò; ma se non verrai, non andrò». 9Disse: «Va bene, verrò con te, ma non ci sarà gloria per te sulla via che percorrerai, perché YHWH consegnerà Sisera in mano a una donna». 10Allora Baraq convocò Zabulon e Neftali a Qedesh e diecimila uomini lo seguirono; anche Debora andò con lui. 11 I:Jeber, il Qertita, si era separato dai Qeniti, discendenti di I:Jobab, suocero di Mosè, e aveva piantato la tenda alla quercia di ElonBeza'annanim nei pressi di Qedesh. 12Fu dunque riferito a Sisera che Baraq, figlio di Abino'am, era salito sul monte Tabor. 13 Allora Sisera radunò tutti i suoi carri, novecento carri di ferro, e tutta la sua fanteria, da I:Iaroset-Goyyim fino al torrente Qishon. 14Disse dunque Debora a Baraq: «Alzati! Poiché questo è il giorno in cui YHWH pone Sisera nelle tue mani; forse YHWH non marcia davanti a te?». Scese allora Baraq dal monte Tabor e diecimila uomini marciavano dietro a lui. 15YHWH sconfisse Sisera e i suoi carri e tutto il suo esercito davanti a Baraq e lo passò a fil di spada; Sisera invece scese dal suo carro e fuggì a piedi. 16 lntanto Baraq inseguì i carri e l'esercito fino a I:Iaroset-Goyyim e tutto l'esercito di Sisera cadde a fil di spada, non se ne salvò neppure uno. 5
il ~ qui è da considerarsi di carattere enfatico, utilizzato per una forte affermazione. 4,7 Tom?nte Qishon (Ti~P. ~-Situato tra Meghiddo e Ta'nak, era un pasaggio che conduceva ver.;o la pianura di Ytzre'el. Il fiwne Qishon si getta nel Mediterraneo a nord-est di Haifa, dopo aver attraversato la pianura di Ytzre'el hmgo la parte orientale del monte Carmelo. 4, lllfeber (,~)-I filologi lo considerano un
nome proprio, ma la radice del sostantivo significa «gruppo», «clam>, indicando un resto della tribù che si era accampato nel Nord in Galilea Suocero (lt:'lh)- Come in 1,16 rimane il problema del rapporto di parentela di Hobab con Mosè: in effetti il termine ebraico significa «suocero», ma in Nm l 0,29 Hobab è presentato come cugino di Mosè, perché figlio di Reu'el; il problema resta insoluto.
necessità della presenza di Baraq a capo di Israele in quanto Debora come donna non avrebbe potuto avere funzione di liberatore. Infatti a escludere questa ipotesi rimane il culmine del racconto, la morte cioè del generale Sisera per mano di Ya'el, una donna straniera.
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GIUDICI 4,17
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4,18 Un te/o- L'ebraico;,~·~~ è un hapax di difficile traduzione, probabilmente da intendersi, seguendo i codici Alessandrino
(A), di Coislin (M), Basiliano-Vaticano (V) e diversi minuscoli (ÈV tfl OfppH autfJç), come il telo che copriva l'ingresso della tenda e
Penso invece che sia da considerare corretta la lettura della vicenda che mostra come in realtà a violare tali principi è proprio il generale Sisera. In modo particolare sono quattro gli elementi che concorrono a favore di Ya'el. Anzitutto, Sisera non sarebbe dovuto entrare nella sua tenda, ma avrebbe dovuto cercare il capofamiglia J:Ieber; in questo modo ha disonorato la donna offendendo in modo grossolano il marito. La seconda violazione riguarda proprio la richiesta fatta a Ya'el di nascondersi nella sua tenda e questo era già per la donna un'indicazione notevole della cattiva fede del generale. Oltre tutto Sisera avanza delle pretese: chiede da bere a una donna e di controllare l'ingresso della tenda; ma per un buon ospite non è buona cosa avanzare richieste con il padrone di casa. Infine il generale chiede espressamente a Ya'el di mentire, nascondendo la sua presenza nella tenda; in questo modo avrebbe anche messo in pericolo la donna oltre che indurla a dire il falso. Tutti questi elementi concorrono a giustificare l'atto violento di Ya'el attraverso il quale però il Signore porta a compimento il suo disegno di salvezza per Israele. Il narratore biblico giustifica pienamente il suo operato; anzi ella è acclamata come un eroe proprio perché la sua opera non è altro che l'attuazione del volere divino e il suo agire, anche se ingannevole e violento, rispecchia un gesto di autodifesa e di risposta alla
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GIUDICI 4,23
lntanto Si sera era fuggito a piedi verso la tenda di Va'el, moglie di I:Ieber il Qenita, perché vi erano buone relazioni tra Vabin, re di I:Iazor e la famiglia di I:Ieber il Qenita. 18 Va'el uscì incontro a Sisera e lo invitò: «Fermati, mio signore, entra da me, non temere». Ed egli entrò nella tenda e lo nascose sotto un telo. 19Le chiese Sisera: «Dammi da bere un po' d'acqua, perché ho sete». Allora ella apri l'otre del latte e gli diede da bere e lo copri. 20 Le disse: «Va' all'ingresso della tenda e, se verrà un uomo e ti chiederà: c'è qui qualcuno?, Tu risponderai: Nessunob>. 21 Prese dunque Va'el, moglie di I:Ieber, un picchetto della tenda, afferrò il martello e venne senza fare rumore verso di lui e glielo conficcò nella tempia, fino a che penetrò nella terra ed egli ormai dormiva profondamente e, sfinito, mori. 22 Intanto sopraggiunse Baraq, che inseguiva Sisera, e Va'el gli si fece incontro dicendogli: «Vieni, ti mostrerò l'uomo che cerchi». Allora egli entrò e vide Sisera che era steso, morto, con il picchetto piantato nella tempia. 23 Così Dio in quel giorno sconfisse Yabin, re di Canaan, davanti agli Israeliti. 17
non come un tappeto; il codice Vaticano (B) (l:m!X>ÀIXi~) e il Targum (lfgurfkd) sembrano pensare a un semplice «drappo».
4,21 Senza fare rumore (~M~~)- Alla lettera: «con segretezza»; la Settanta ha Èv tcpucjlfl «segretamente», la Vulgata cum silentio.
minaccia per le offese da lei ricevute dal comportamento del generale Sisera. Quest'ultimo aspetto ci consente di approfondire il secondo elemento teologico fondamentale che emerge da questo racconto: Dio è il regista della storia. Riguardo a Debora, è evidente che il suo ruolo di giudice e profetessa è semplicemente di mediazione tra la volontà di Dio e l'agire d'Israele attraverso Baraq. Anche per quanto riguarda Va'el, ciò che abbiamo appena ricordato attesta che la morte di Si sera avvenuta per sua mano non è altro che la concretizzazione del volere divino. Proprio la scelta di prediligere due donne ci aiuta a vedere in filigrana l'agire di Dio: la vittoria è ottenuta non dal gesto eroico di un uomo, ma dalla debolezza di una donna. Lo stesso Baraq si mette in marcia insieme all'esercito per obbedire a un comando divino comunicato attraverso le parole di Debora. Un'altra prova dell'azione divina l'abbiamo proprio nel ricordo delle località di Qedesh, citata già in Gs 21,32 e del monte Tabor, luoghi sacri per la tradizione ebraica e quindi toccati dalla presenza di Dio. Questo riferimento porta il lettore a vedere all'origine delle azioni di guerra un ordine che parte dal santuario del Signore. D'altra parte solo l'agire divino può permettere di vincere la potenza dei carri nemici, ricordata nei capitoli precedenti (l, 1-21 e l ,22-36) come motivo di oppressione e di inferiorità da parte di Israele. Il testo sembra infatti riprendere nello stile e nei
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GIUDICI 4,24
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:C79 ;!l\?~ C"~~-c~ ~!:lP.1 C7~1p·c~ il1p~ f1~ 5,2 Benedite YHWH (:'m'l• ~:l, :l)- Il comando di benedire Dio in ambito miÌitare era utilizzato ne li' antico Israele come un incitamento alla guerra e come richiesta al Signore del dono della vittoria. Vi furono capi al comando (ll"'lfil~ Milt"!~) -Espressione problematica in cui ritornano il verbo e il sostantivo della stessa radice l1,El, che può indicare sia la «capigliatura» sia un «capo». Suggestiva l'interpretazione di Sacchi che vedrebbe nell'uso intensivo di questa radice l'atto di sciogliersi i capelli da parte dei guerrieri come segno della decisione d'Israele di entrare in guerra. Più
plausibile l'interpretazione di Soggin, che vi vede una decisione dei capi d'Israele di guidare il popolo in battaglia. 5,3 Ascoltate o re, porgete l'orecchio o principi (c·~~"'l ~~·t~ ::t C':;l~l? ~l1f?~) -L'uso in parallelismo sinonimico dei verbi l1C~ e ltiC hifil è abbastanza frequente nella poesia biblica (cfr., p. es., Sal49,2; 54,4; 143,1). lo voglio cantare ... voglio intonare salmi (:"T'1'~1(t ':;l~l(t ,lp!~) -Anche il parallelismo tra ,.~ e ,et pie/ si ritrova più volte nella Bibbia, cfr., p. es., Sal68,5; 101,1; 104,33; l 05,2. Il verbo ,Ct pie/, reso nella Settanta con ljlciUw, indica il canto accompagnato da
contenuti la vicenda dell'uscita dall'Egitto, narrata nel libro dell'Esodo, quando il Signore gettò confusione tra i carri degli Egiziani (cfr. Es 14,24 ). In questo modo la vittoria d'Israele è prima di tutto una vittoria del Signore che si impone e si afferma come l'unico e onnipotente Dio. In effetti questa somiglianza tra i testi è avvalorata anche dall'identica costruzione letteraria in cui alla narrazione in prosa segue un canto di lode a Dio per i prodigi compiuti (Es 14-15). Si deve ritenere che con ogni probabilità il capitolo 4 di Giudici in prosa sia posteriore al testo poetico del capitolo 5 che apparirebbe, anche per il suo linguaggio stilisticamente antico, un poema arcaico, forse il più antico nella Bibbia ebraica. Il redattore post-esilico avrebbe cosi anteposto al canto in poesia un testo narrativo con la funzione di introduzione e di spiegazione, per avviare il lettore, ormai lontano dagli eventi, a una più facile comprensione del cantico. I dati storici ci avvicinano al tempo in cui le tribù d'Israele vivevano al limite della terra occupata dalle città-stato cananee; un tempo di oppressione e di difficile
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GIUDICI 5,4
Gli Israeliti divennero sempre più forti nei confronti di Yabin, re di Canaan, fino a che riuscirono a sterminare Yabin, re di Canaan. ~Così Debora e Baraq, figlio di Abino'am, in quel giorno mtonarono questo canto: 2«Benedite YHWH l poiché vi furono capi al comando d'Israele, volontari per il popolo. 3Ascoltate o re, l porgete l'orecchio o principi! Io voglio cantare a YHWH, l voglio intonare salmi a YHWH, Dio d'Israele. 4YHWH, quando tu uscivi da Se'ir, l quando avanzavi dalla steppa di Edom, tremava la terra e stillavano i cieli, l anche le nubi versavano acque. 24
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uno strumento musicale, come in Es 15,2. 5,4-~
Terra ... cieli ... monti( ...c·Q~ ... n_tc
C',:;T) -La divisione bipartita del cosmo in cielo, terra e montagne è propria del Vicino Oriente antico e la ritroviamo già nella cultura ugaritica e mesopotamica; nell' AT compare anche in Is 44,23; 49,13.
5,4 Uscivi ... avanzavi ... tremò ... stillavano ... versavano( .. -~n ··i'!~~· .. ;~~~
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Alcuni studiosi preferiscono tradurre i verbi di questo versetto al presente in quanto esprimerebbe meglio la vicinanza di Dio al suo popolo nella battaglia; noi abbiamo privilegiato inve-
ce il passato, in quanto pone in evidenza l'atteggiamento di memoria che il cantico porta con sé. Stillavano (,t!p~) - Il verbo "):O~ nifal del Testo Masoretico indica invece il «colare>>, lo «stillare>>. In greco, il codice Alessandrino (A) traduce con Éç(otlJLL «sconvolgere», «stupire», mentre il codice Vaticano (B) con ot&çw «fermarsi», «decomporsi»; probabilmente i traduttori hanno letto l'ebraico ,~b~, una forma del verbo l,Q che significa «sciogliersi», «dissolversi», per completare il paraJlelismo con la frase precedente l"'~~1 te («tremò la terra»).
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sussistenza proprio per la supremazia bellica ed economica dei Cananei, i quali oltretutto controllavano anche le vie commerciali. In questo tempo di oppressione il popolo ebraico necessita d'essere liberato. S,l-31// canto di vittoria Il poema inizia con la convocazione dei re stranieri davanti ai quali si innalzano le lodi per il Dio d'Israele; egli è il protagonista degli eventi narrati: un dramma di Dio e innalzato a Dio (vv. 2-3). A questa grande adunanza segue la memoria degli eventi fondamentali della storia d'Israele, partendo dal ricordo del Sinay e dell'Esodo (vv. 4-5): la liberazione del popolo ebraico prende forma dalla rivelazione salvi fica del Signore sul monte santo, dal piano di Dio che è immutato e che ora si rinnova. Al v. 4 vengono menzionati i segni tipici dell'Antico Testamento per indicare la manifestazione di Dio: il terremoto, le acque del diluvio, il fuoco; l'elemento più importante per l'autore del canto è proprio riportare il lettore all'origine della manifestazione divina e alla sua potenza.
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GIUDICI 5,5
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5,5 Vacillavano - La fonna ~l:lT~ nel Testo Masoretico deriva dalla radice'l:lr~ «gocciolare», «stillare»; invece le versioni della Settanta. seguendo i paralleli di Is 63,19 e 64,2, con eocxì..H\611acxv («furono scossi») hanno letto ,~;q dalla radice ':ll:lT che significa > della versione CEI.
trovava proprio presso il monte Tabor. Nello stesso tempo ci sono alcune tribù che non hanno risposto al grido di guerra di Debora: Ruben e Ghil'ad (ricordata in Gs 13,24-28 col nome di Gad), già menzionate nel libro di Giosuè come due
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GIUDICI 5,18
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5,20 Le stelle (c•~i!l;:t)- L'accento disgiuntivo amab va posto sotto questo termine per rendere la frase completa del soggetto. Nella cultura cananea le stelle erano considerate come la fonte della pioggia, ma il loro intervento, conosciuto anche nella mitologia babilonese, regolava spesso le situazioni dell'umanità.
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5,21 férso est- L'ebraico c·~~,i? «antichi», secondo una congettura accettata da molti studiosi è da leggersi come :"lf?~i' «verso est>>, termine nel contesto più comprensibile. 5,23 Meroz (Ti,~) - Località sconosciuta. 11 messaggero di YHWH (:-tp~ 1~~Q)- L'espressione ebraica è solitamente utilizzata per indicare l'angelo del Signore, ma in que-
tribù numericamente e militarmente limitate, per di più collocate geograficamente a est del Giordano, quindi di certo meno coinvolte dalle vicende della Galilea. Le altre due tribù sono Dan e Asher: esse si occupano delle loro attività economiche, cosa comprensibile per Asher situata sulla costa, mentre l'assenza di Dan è spiegabile più facilmente per una ragione diversa da quella indicata dal testo, cioè la sua precedente collocazione a sud, prima della conquista narrata in Gdc 17. La totale assenza delle tribù del Sud, tra tutte Giuda, ci aiuta a comprendere come lo
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GIUDICI 5,27
invece è un popolo che espose la sua vita alla morte, l come Neftali sulle cime del paese! 19Arrivarono i re al combattimento, l combatterono i re di Canaan a Ta 'nak, presso le sorgenti di Meghiddo, l ma non ottennero bottino d'argento. 20 Dal cielo combatterono anche le stelle, l dalle loro orbite si scagliarono contro Sisera. 21 Li travolse il torrente Qishon, l il torrente verso est·, il torrente Qishon. Anima mia marcia con forza! 22 Allora scalpitarono gli zoccoli dei cavalli l al galoppo, al galoppo dei destrieri. 23 Maledite Meroz, dice il messaggero di YHwH, l inveite contro i suoi abitanti, poiché non vennero in aiuto di YHWH, l in aiuto di YHWH con le sue truppe. 24 Sia benedetta tra le donne Ya'el, l moglie di I:Ieber il Qenita, sia benedetta tra le donne nella tenda! 25 Chiese acqua l e glì diede del latte, in una coppa principesca l gli offrì panna. 26 Stese la sua mano al picchetto l e la sua destra verso il martello dei fabbri e colpì mortalmente Sisera: distrusse la sua testa, l fracassò e trapassò la sua tempia. 27 Si piegò ai suoi piedi, l cadde, giacque; tra i suoi piedi si piegò, cadde l dove si piegò e là cadde finito. 18Zabulon
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sto contesto pare più opportuno considerarlo il divinatore che nell'antichità veniva consultato prima della guerra, sull'esempio del testo poetico di Nm 22-24 in riferimento a Bil 'am, ruolo oltretutto già ricordato proprio nella figura di Debora nel c. 4. 5,24 Per diversi autori questo versetto è secondario, come semplice commento a
Gdc 4,17 mentre, accettando la posizione di Boling, unito al versetto precedente, risulterebbe una delle più antiche formulazioni del binomio maledizione-benedizione caro a tutto I'AT. 5,26 E colpì mortalmente (;,f?~:;q)- Dal verbo c'?:;t «percuotere)), già trovato al v. 22 per indicare lo scalpitio dei cavalli.
scontro avesse riguardato solo Israele in senso stretto, cioè le regioni del Nord. Debora è dunque lo strumento attraverso cui Dio inizia la sua rivalsa sulla coalizione cananea. Allo stesso modo anche Ya'el assume un ruolo determinante nella vicenda. Pur essendo una donna straniera, le sono attribuiti gli onori più alti nella definizione «benedetta tra le donne» del v. 24. Nel canto la narrazione in forma poetica dell'uccisione di Sisera è più concisa anche se coincide con il precedente racconto in prosa nelle linee fondamentali. Il fatto che il potente generale nemico
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GIUDICI 5,28
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5,28 Si lamenta (:~~1'11) - Il significato del verbo, che ricorre solo qui, è incerto. In greco, nel codice Vaticano (B) si trova soltanto il primo verbo, mentre il codice Alessandrino (A) ha due verbi che si riferiscono
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entrambi all'azione di «vedere». Si può accettare la traduzione qui proposta per il fatto che ci sono esempi neU 'ebraico biblico in cui l'autore anticipa la menzione di un'azione che sarebbe logicamente successiva.
venga sconfitto da una donna viene ancora maggionnente sottolineato nei vv. 28-30, dove la madre di Sisera si interroga sulla sorte di suo figlio, celebrandone la potenza e la forza, venuta però meno per mano di una donna, per di più straniera. Possiamo dunque evidenziare tre linee teologiche ben precise che accompagnano Gdc 5: la teofania divina che ricostituisce la sovranità di Dio, il ruolo che in questa vittoria hanno le donne Debora e Ya'el e il ristabilimento della giustizia sull'oppressione del nemico. Il primo elemento è ben evidenziato sia dai primi versetti del canto, in cui nella grande convocazione dei nemici Dio dimostra la sua potenza ascoltando il grido di sofferenza del suo popolo, alla stessa maniera del testo di Es 3,7-8. Alla grandezza militare di Canaan si contrappone la forza di Dio e il lettore stesso è chiamato a partecipare di questa lotta, che supera i limiti della fattualità storica, richiamando così la chiara decisione ricordata più volte nell'Antico Testamento di scegliere d'osservare l'alleanza con Dio e ottenere la sua benedizione, oppure voltare a lui le spalle e cadere nell'eterna maledizione (Dt 11,26; 30,15 e Gdc 5,23-24). Questo motivo teologico della scelta tra benedizione o maledizione, vita o morte, ricorre in diverse pagine dell'Antico Testamento, sia nei testi storici, come in quelli sapienziali (cfr. Pr 2,18-19; 8,35; 9,11; 14,26-27; 19,16; Sir 11,1217; 16,17-22); la sua origine è certamente di matrice deuteronomista, ma trova la sua giusta collocazione nell'ambito delle vicende esiliche. Lo schema che si ripete in tutti questi testi è identico: condotta idolatrica da parte di Israele che in questo modo rompe la sua relazione con Dio, segue un'azione salvifica da parte del Signore che in modo nuovo e unico ricostituisce Israele nella sua dignità; infine abbiamo la proposta di Dio al suo popolo nel seguire i suoi comandamenti e ottenere la sua benedizione e quindi la vita, oppure continuare nella sua condotta idolatrica e cadere nella maledizione che porta alla morte. Apice di questo schema teologico è Dt
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GIUDICI 5,31
Si affaccia dietro la finestra la madre di Sisera l e si lamenta dietro la grata: Perché il suo carro tarda ad arrivare? l Perché rallenta l'andatura il suo carro? 29Le più sagge tra le principesse le rispondono l e anche lei ripete a se stessa: 3).
29--30, dove esso stesso diventa il fondamento della nuova alleanza. già profetizzata da Geremia (31,31-34; 32,37-41) ed Ezechiele (36,24-30; 37,21-28) e ora, dopo la tragedia dell'esilio, realizzata nella circoncisione del cuore in cui la Legge scolpita sulla pietra lascia il posto a quella iscritta da Dio nel cuore dell'uomo. Anche in Gdc 5 viene fortemente evidenziato il fatto che la vittoria di Dio passa attraverso l'azione di due donne, Debora e Ya'el, di cui si cantano le lodi rispettivamente come giudice-profetessa dichiarata «madre in Israele» (5,7) e liberatrice dall'oppressore onorata come «benedetta tra le donne» (5,24). I grandi eventi della storia della salvezza sono accompagnati dalla presenza femminile, forse per evidenziare la potenza e la forza di Dio, ma indubbiamente significativa per il lettore ebreo abituato a una subordinazione del ruolo sociale della donna rispetto a quello dell'uomo. Infine la vittoria teofanica di Dio si concentra sul ristabilimento della giustizia e del diritto, attraverso cui il Signore ricostituisce la sua sovranità: l'agire congiunto di Baraq, Debora e Ya'el rivela semplicemente le azioni di Dio a cui si deve elevare la lode di vittoria e sottomettersi come ricorda il Sal47. A tale elemento teologico si rifà Gdc 5,27 in cui il generale nemico Sisera, prima della sua morte, è costretto a «piegarsi» (kr 1 e «cadere» (npl); l'uso insistente di questi due verbi (utilizzati ben tre volte), che differiscono dalla narrazione del capitolo 4, richiama la sorte dei nemici sconfitti (cfr., p. es., l'uso del verbo «cadere» in Lv 26,8 o l Sam 18,25). I due verbi ricorrono anche in Sal20,9 nell'indicare quel che accade ai re nemici di Dio. Possiamo dunque dire che nell'uso dei verbi «piegarsi» e «cadere» viene cantato il trionfo di Dio che ristabilisce la giustizia per il suo popolo nel detronizzare il potente Sisera, tema che ritroviamo anche nel canto evangelico del Magnificat in Le 1,52 sulla bocca di colei che viene definita dalla cugina Elisabetta «benedetta tra le donne» (v. 42), come la nuova Ya'el attraverso cui Dio ristabilirà per sempre nell'incarnazione del suo Figlio il diritto e la giustizia
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GIUDICI 6,1
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6,1 Midyan (1;"1~)- Questa popolazione è ricordata nel libro della Genesi come discendente di Abramo (Gen 25,2) e nel libro deli' Esodo, in quanto Mosè sposerà una
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midyanita (Es 2,16-22); ma già nel libro dei Numeri appare il comando di non avere rapporti con la tribù di Midyan per motivi religiosi (N m 25 e 31 ).
l GIUDICI SEMPRE PIÙ INFEDELI A DIO (6,1-16,31) 6,1-9,57 Gedeone e Abimelek Anche il ciclo di Gedeone presenta una certa complessità in quanto formato in
modo evidente da diversi racconti locali, nati intorno alla figura del giudice, successivamente fusi jn un 'unica narrazione. Questo appare palese anche per la presenza di due nomi con cui viene chiamato il personaggio biblico: Gedeone appunto e YerubBa'al. I due nomi si ricollegano agli episodi fondamentali intorno a cui si dipana la trama della narrazione: la guerra contro i Midyaniti e la distruzione del tempio di Ba'al a Shekem; ma essi pongono anche in evidenza le due caratteristiche fondamentali di Gedeone: guerriero e guida spirituale. L'attestazione di almeno due o più racconti aneddotici è anche testimoniata dalla geografia degli eventi: una parte della narrazione pone i momenti della lotta contro i Midyaniti in Cisgiordania, mentre altri versetti significativi in Transgiordania. Abbiamo una diversa citazione dei nomi dei principi e sovrani avversari di Gedeone, poiché nel testo si parla inizialmente di Oreb e Zeeb (c. 7), poi si passa al ricordo di Zebab e Zalmunna (c. 8). Infine la stessa confusione che a volte emerge dal testo ci fa comprendere la sua natura composita: per esempio, all'inizio del capitolo 8 la risposta quasi beffarda dei responsabili delle città di Sukkot e Penuel sembra supporre che fino a quel momento Gedeone non avesse compiuto alcuna opera di valore, mentre nel precedente capitolo 7 si era già compiuta la grande impresa della sconfitta dell'accampamento dei Midyaniti. La vicenda di Gedeone si conclude con l'anticipazione della questione della sovranità di Israele, da lui rifiutata, ma che suppone il passaggio storico dal sistema giudiziario a quello regale. La vita di Gedeone non è narrata soltanto intorno a realtà positive. Egli infatti termina il suo cammino reintroducendo il culto idolatrico contro cui aveva combattuto in nome di Dio: l'efod(che egli fabbrica con l'oro del bottino e che non è da confondere con quello degli abiti sacerdotali di Esodo e Levitico, ma come vedremo successivamente ancora nei cc. 17 e 18 di Giudici, è una statuetta legata ai culti idolatrici) è segno di questo peccato di Gedeone. Al di là delle vicende personali del giudice, questo peccato diventa indice di una situazione peggiorativa che tenderà a deteriorarsi sempre di più con il figlio Abimelek, fino al termine della storia dei Giudici: infatti con Gedeone sarà l'ultima volta che nel libro verrà ricordato un tempo di pace per Israele. Così Gedeone, il guerriero di Dio, sembra passare da una primaria condizione di strumento de li 'agire divino (giudice) alla supremazia
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GIUDICI 6,2
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i figli di Israele fecero ciò che è male agli occhi di YHwH, così che YHWH li pose nelle mani di Midyan per sette anni. 211 governo di Midyan fu tremendo sopra Israele. Infatti per colpa di Midyan gli lsraeliti adattarono per sé gli anfratti che erano sui monti, le grotte e i luoghi impraticabili. 1Nuovamente
6,2 Anfratti- L'ebraico n~,;;q~ry è un hapax che deriva probabilmente da ,:j) III e si riferisce a gallerie dentro le fessure delle rocce; in questo modo lo ha interpretato il
codice Vaticano (B) con tpUIJ.!lÀ.uxç («antri» ); diversa è la scelta del codice Alessandrino (A) che ha interpretato con IJ.llvlipllç («stalle»).
sempre più accentuata della sua volontà su quella del Signore, finendo egli stesso a diventare idolatra; questo passaggio però non si esaurisce intorno alla figura del giudice, ma pone le basi per un quesito essenziale, che diventa la cerniera di unione con il deterioramento del popolo eletto che accompagnerà il proseguo del racconto: Israele è capace di compiere il volere del Signore riconoscendo il primato di Dio sugli idoli stranieri? Oppure preferirà una sempre maggiore autoaffermazione che porterà soltanto a una crescente confusione con conseguenze disastrose? È indubbio che il racconto di Gedeone giochi all'interno del libro dei Giudici un ruolo fondamentale di passaggio, sia dal punto di vista storico, ma anche teologico, verso una sempre più disastrosa ricerca di autoreferenzialità di Israele che porterà il popolo ebraico all'idolatria con risultati catastrofici. Il principale nemico, con cui deve scontrarsi Gedeone, sono i Midyaniti che vengono descritti come briganti e predoni, soprattutto attraverso i dettagli della narrazione: posseggono cammelli, tende, una vita da beduini. D'altro canto però il danno procurato a Israele non sembra soltanto occasionate, limitato a scorribande e razzie, ma nei primi versetti del capitolo 6 si parla di una vera e propria occupazione. Potremmo dunque pensare che il racconto in cui Gedeone appare come liberatore e guerriero si articoli intorno alla memoria del definitivo allontanamento dal territorio occupato da Israele del pericolo dei predoni del deserto. È certo che come il testo appare a noi oggi sia pressoché impossibile stabilire un rapporto cronologico o letterario tra i vari aneddoti narrativi sorti intorno alla figura di Gedeone e che hanno formato la storia dell'eroe nazionale, anche se gli indizi e le particolarità sono ben visibili e riscontrabili nel testo. La cornice generale del racconto rimane il medesimo schema teologico da noi ben conosciuto: peccato di Israele e sottomissione a una popolazione straniera, intervento misericordioso di Dio che suscita un giudice liberatore, vittoria d'Israele con evidente partecipazione miracolosa di Dio, tempo di pace e ritorno di Israele al peccato. Ora, nella ripetizione di questo quadro teologico appare evidente un principio fondamentale del libro dei Giudici: il Signore è un Dio misericordioso e non può prescindere da questo suo atteggiamento nei confronti d'Israele e, dunque, dell'uomo. 6,1-1 OL'oppressione dei Midyaniti La narrazione si svolge intorno alla pianura di Yizre'el, probabilmente lungo la strada che costeggia il promontorio del Carmelo, soprattutto per la citazione degli anfratti e delle caverne dove il popolo ebraico poteva trovare rifugio. A
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GIUDICI6,3
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con quello riguardante Elia (l Re 18,20-40), in cui il fuoco divorante consuma in modo miracoloso l'offerta preparata per il Signore facendo vincere al profeta la sfida con i seguaci di Ba' al. 6,25-32 Demolizione dell'altare di Ba 'al Anche Gedeone, come Elia, è posto in competizione con il culto di Ba'al; anzi, è chiamato da Dio, nella notte, a distruggere il santuario delle divinità pagane, quello stesso santuario che suo padre aveva tollerato. Questo particolare indica al lettore il decadimento morale e religioso in cui si trovava
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GIUDICI6,29
Gli disse l'angelo di Dio: «Prendi la carne e le focacce e poni le su quella pietra, mentre il brodo versato sopra». Egli fece così. 21 L'angelo di YHWH stesè dunque la punta del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce e subito dal sasso si levò una vampata che divorò la carne e le focacce; allora l'angelo di YHWH scomparve dalla sua vista. 22 Così Gedeone comprese che davvero era l'angelo di YHWH ed esclamò: «0 mio signore YHWH, ho visto davvero l'angelo di YHWH faccia a faccia!». 23Gli disse YHWH: «La pace sia con te! Non temere, non morirai!». 24Gedeone costruì in quel luogo un altare a YHWH e lo chiamò "YHWH è pace". Ancora oggi esso esiste a Ofra degli Abi'ezriti. 25 Durante quella notte YHWH gli disse: «Prendi il vitello di tuo padre e un secondo vitello di sette anni, distruggi l'altare di Ba'al di tuo padre e fa' a pezzi l' Ashera che è accanto a esso. 26 Dopo costruirai un altare a YHWH tuo Dio in cima a questo dirupo, ponendo con ordine ogni cosa: prenderai il secondo vitello e lo offrirai come olocausto sulla legna dell' Ashera che avrai abbattuto». 27 Allora Gedeone prese dieci dei suoi domestici e fece come gli aveva ordinato YHWH, ma poiché temeva i suoi familiari e gli abitanti della città nel farlo di giorno, lo fece di notte. 28 Quando gli abitanti della città si alzarono al mattino videro che l'altare di Ba'al era stato demolito e che anche l' Ashera che si trovava accanto a esso era stata abbattuta e il secondo vitello era stato offerto in olocausto sull'altare appena eretto. 29E si domandavano l'un l'altro: «Chi l'avrà fatto?». Indagarono dunque, si informarono e conclusero: «È stato Gedeone figlio di Yoash ha fatto questa cosa!». 20
Israele ed evidenzia tutta la difficoltà del popolo ebraico a sostituire il culto straniero legato al territorio con quello di YHWH. In questo modo la lotta contro i Midyaniti diventa una lotta contro Ba'al e la narrazione della chiamata di un liberatore dall'oppressione del popolo nemico si mescola con quella della distruzione del santuario straniero a Ofra. Gedeone compie il volere del Signore, ma essendo la paura di essere scoperto più forte del suo modesto coraggio, decide di agire di notte insieme ai suoi servi; ciò non impedisce agli abitanti della città di scoprire l'autore del misfatto e di proporre
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GIUDICI 6,30
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6,34 Lo spirito di YHWH investì (!"!.,,,, il V'l~ il~ =1- ~) - Il verbo ~:l" può essere reso alla lettera con: «vestire~>. L'espressione si ritrova anche in l Cr 12,19; 2Cr 24,20 (cfr. Gb 29,14) e sem-
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bra tipica degli scritti più tardi dell'AI. Furono convocati (i'.V.\•1) - Dal verbo pl.7! «chiamare in aiuto~>. In greco, i codici Alessandrino (A), di Coislin (M), Basiliano-Vaticano(V)ediversiminuscolisemplificano
la condanna a morte di Gedeone. Solo il saggio intervento del padre Yoash può salvare il figlio da una triste fine. Il suo discorso, ironico e deciso, supplisce alla precedente tolleranza del tempio pagano e risparmia la vita al figlio. Interessante il passaggio al nuovo nome di Gedeone, Yerub-Ba'al, che indica da una parte la presenza della pluralità di racconti intorno alla figura del giudice, dall'altra la sovrapposizione tra il liberatore politico e quello religioso. 6,33-40 Il prodigio del vello Questi versetti sono inseriti dal redattore per introdurre la campagna Iiberatoria di Gedeone contro i Midyaniti. Ancora una volta prima di agire
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GIUDICI 6,38
Allora gli abitanti della città dissero a Yoash: «Fa' uscire tuo figlio e muoia, perché ha demolito l'altare di Ba'al e ha fatto a pezzi l' Ashera che era posta accanto». 31 Ma Yoash rispose a coloro che lo minacciavano: «Volete davvero difendere le ragioni di Ba'al e volete salvarlo? Colui che vorrà fargli giustizia sarà ucciso prima del mattino! Se Ba'al è dio, si faccia giustizia da sé, per il fatto che qualcuno ha demolito il suo altare)). 32 Perciò in quel giorno Gedeone venne chiamato YerubBa'al, che significa: «Sia Ba'al a farsi giustizia contro di lui, perché ha demolito il suo altare)). 33 Allora tutti i Midyaniti, Amaleq e gli Orientali passarono il Giordano e si accamparono nella valle di Yizre'el. 34Dall'altra parte lo spirito di YHWH investì Gedeone che suonò il corno e gli Abi'ezriti furono convocati per seguirlo. 35 Mandò subito alcuni messaggeri in tutto il territorio di Manasse: anch'essi furono convocati per seguirlo; nello stesso tempo inviò messaggeri in Asher, in Zabulon e in Neftali, che si unirono a loro. 36Disse allora Gedeone a Dio: «Se tu vuoi salvare per mezzo di me Israele, come hai detto, 37ecco io stendo nell'aia un manto di lana; se la rugiada sarà soltanto sul manto di lana, mentre il terreno rimarrà asciutto, allora saprò che tu salverai grazie a me Israele». 38Così avvenne: Gedeone infatti si alzò presto al mattino seguente e strizzò il manto e spremette la rugiada dal manto, una coppa piena d'acqua. 30
la sintassi della frase, traducendo all'attivo con €pénaw («chiamò», «gridò») e presup· ponendo quindi una fonna ebraica al qal (p~~· 'l) invece del nifal del Testo Masoreti· co. Il codice Vaticano (B) ha fcjloj3~9TJ («eb-
be timore»), che non sembra molto coerente al contesto. 6,37 Lana (Mt~)- È un tennine attestato solo in questo versetto in tutta la Bibbia ebraica.
il giudice ha bisogno di un segno da parte di Dio, anche se il precedente racconto della sua vocazione lo avrebbe dovuto rendere ben convinto della sua vicinanza e del suo aiuto. Questo particolare rende ancora più plausibile l'ipotesi di una fusione nella narrazione di carattere nazionale delle diverse cronache locali sulla figura di Gedeone. La prova richiesta rallenta l'azione militare contro i Midyaniti, ma permette al narratore di porre ancora una volta in evidenza che la lotta intrapresa da Israele ha una causa non umana, ma divina; non è il coraggio o l'audacia del liberatore a guidare il popolo ebraico. Anzi, la sua indolenza e il suo timore mettono in risalto che è Dio
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GIUDICI 6,39
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7,3 E si allontani dalla montagna di Ghil 'ad (,~~l:j ,::t~ Il testo è di traduzione incerta, perché si tratta dell'unica occorrenza in ebraico biblico del verbo ,Il~. di cui è difficile stabilire il
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significato. In genere si segue la Settanta (codice Vaticano [B], ma la versione del codice Alessandrino [A] è simile), che traduce con KllL fKXWPI'LtW cXlTÒ opouç rawo «e si allontani dal monte Ghil'ad».
ad agire e a guidare il suo popolo. Così il segno della rugiada sul manto steso nell'aia pone da una parte Gedeone in una luce quasi ridicola, diventando sempre più timoroso e diffidente (lo stesso luogo in cui Israele decide di accamparsi, l:fardod, ricorda in ebraico il verbo blirad, «tremare», «essere impauriti»); dall'altra, risalta l'azione di Dio. 7,1-23 La campagna di Gedeone Inizia la narrazione dei preparativi militari: anche in questo caso è evidente il carattere teologico del racconto; l'esercito che si era raccolto dopo l'invito alle
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GIUDICI 7,5
Allora Gedeone disse a Dio: «Non si accenda contro di me la tua ira, perché io voglio parlare ancora una volta: lascia che io ancora questa volta provi con il manto; il manto resti asciutto, mentre la rugiada ricopre il terreno». 40Cosi fece Dio in quella notte: soltanto il manto restò asciutto, mentre la rugiada ricoprì tutto il terreno. 1Yerub-Ba'al, cioè Gedeone, si alzò di buon mattino con la sua truppa e si accamparono presso Ain-I:Iarod, mentre l'accampamento dei Midyaniti si trovava, rispetto a lui, a nord, presso la collina di More, nella pianura. 2Allora YHWH disse a Gedeone: «La gente che è con te è troppo numerosa, perché io ti renda vittorioso sui Midyaniti; perché Israele non venga a vantarsi dinanzi a me dicendo: grazie alla mia forza ho vinto! 3Annuncia dunque alla truppa: Chiunque abbia paura e trema torni indietro e si allontani dalla montagna di Ghil'ad». Allora tornarono indietro ventiduemila soldati, mentre ne restarono diecimila. 4Disse ancora YHWH a Gedeone: «l soldati sono ancora troppo numerosi! Falli scendere all'acqua e li proverò per te; così quello di cui ti dirò che può restare con te, rimarrà con te, mentre quello di cui ti dirò che non può andare con te, non andrà». 5Fece allora scendere la truppa al corso d'acqua e disse YHwH a Gedeone: «Quelli che berranno l'acqua con la lingua, come lecca il cane, mettili da una parte; mentre chi per bere si inginocchierà "Io scarterai'>>. 39
7
Sulla base del Targum che ha un verbo che significa «esaminare», è stato proposto di leggere 1~.17"'P CJ:lll:l~1 («Gedeone li esaminò»). 7,5 Lo scarterai- I codici Alessandrino (A),
di Coislin (M), Basiliano-Vaticano (V) presentano una seconda apodosi, ~naat~oELc; aùtòv ~ea9 'aùtov («lo porrai da parte»), certamente versione più corretta a completamento del versetto.
tribù posto da Gedeone è troppo grande perché la vittoria sia ricondotta alla misericordia e alla presenza di Dio. La prima scelta avviene nello scarto dei timorosi e di chi ha paura del nemico, secondo la legge di Dt 20,8; ma l'esercito è ancora troppo numeroso. Cosi avviene una seconda selezione nella quale non è facile comprendere come mai la scelta del Signore sia per coloro che si abbeverano all'acqua con la lingua, come i cani, e non per chi invece beve inginocchiandosi. Probabilmente la decisone si basa proprio sul comportamento in usuale di chi beve come gli animali; il loro numero risulta, quindi, certamente minore di chi beve con
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GIUDICI 7,6
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7,6 Portandosi l'acqua alla bocca con la mano (c;,•;-'='M c.,•:.~)- La descrizione non è chiara: il gestO non pare equivalente al ). 6
tra funzione se non quella di osservatore silenzioso, di accompagnatore di Gedeone. 7,11 Gli avamposti - Il termine ebraico c·~cn1"1 è letto erroneamente dalla Settanta comè·b-·~tt, quindi tradotto con TrfvTipcovta ((Cinquanta)). 7,13 Ho fatto un sogno ('1'1~~r;t cì'='t::>Espressione già presente nel libro della Genesi in riferimento alle vicende di Giuseppe
(Gen 37,5.6.9.10; 40,5.8; 41,11.15; 42,9), ma anche in Dt 13,2.4.6, Ger 29,8 e Dn 2, 1.3. 7,14 Dio (C';o:l"~1"1) - Il codice Vaticano (B) segue il Testo 'Masoretico con 6 9Eoç; il codice Alessandrino (A) (cfr. il Targum) invece ha il termine KUp~oç (che corrisponde a m1"1'), certamente inadatto per un Midyanita, ma opportuno se la frase è letta come una profezia.
comprendere che Egli davvero lo ha posto nelle sue mani. Attraverso l'espediente del sogno il Signore rivela a Gedeone il suo futuro successo: la tenda e il pane sono i simboli dei predoni midyaniti e dei contadini d'Israele. Il popolo eletto schiaccerà dunque il nemico straniero per volontà di Dio. Tutto
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GIUDICI7,15
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7,15 Si prostrò (~Ml;l~~1)- Diversi commentatori aggiungono, seguendo la Settanta (KixL npoOEKIJVT]OfV KUPL4J) «dinanzi al Signore>>. 7,22 Bet-Shitta (j!~~::t n·~) -Oggi identifi-
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cata con il villaggio arabo di Sattah a ovest di Bet-Shean. Zerera (:'11'1,,~)- Probabilmente l'attua le Teli Ès' S~'idiyah o Teli Umm Ha-
avviene secondo l'unico canovaccio teologico della chiara azione divina senza la quale il giudice resterebbe pauroso e Israele non potrebbe vincere. Per questo motivo anche la successiva descrizione della battaglia avviene in modo originale, sulla falsa riga di quella avvenuta per la conquista di Gerico (cfr. Gs 6), non attraverso una strategia militare, ma per un intervento straordinario di Dio. L'accampamento dei Midyaniti circondato dagli uomini di Gedeone
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GIUDICI 7,22
Appena Gedeone udì il racconto del sogno e la sua interpretazione, si prostrò. Poi tornò all'accampamento d'Israele e ordinò: «Alzatevi, perché YHWH vi ha reso vittoriosi sull'accampamento di Midyan». 16 Allora (Gedeone) divise i trecento uomini in tre schiere e distribuì a tutti loro comi e brocche vuote con dentro delle fiaccole. 17Disse loro: «Guardate me e fate quello che farò io. Quando sarò arrivato agli avamposti dell'accampamento, fate quello che farò io. 18 lo suonerò il como e con me quelli del mio gruppo; allora anche voi suonerete i comi intorno a tutto l'accampamento e direte: "Per YHWH e per Gedeone!">>. 19Arrivarono dunque Gedeone e i cento uomini che erano con lui agli avamposti dell'accampamento; ali 'inizio della veglia di mezzanotte, proprio appena fatto il cambio della guardia, suonarono i comi e contemporaneamente ruppero le brocche che avevano in mano. 20Allora le tre schiere suonarono i comi e ruppero le brocche; impugnando con la sinistra le fiaccole e con la destra i comi da suonare, gridarono: «La spada per YHWH e per Gedeoneb>. 21 Ciascuno di loro rimase al suo posto intorno all'accampamento, mentre tutto l'accampamento si mise a gridare e a correre. 22 Suonarono dunque i trecento comi e YHWH fece sì che nell'accampamento si colpissero con la spada a vicenda e che fuggissero fino a Bet-Shitta, verso Zerera, fino alla riva di Abel-Mel}ola, sopra Tabbat. 15
mad, nella zona a sud-est del Giordano. Abei-Mel:wla (:"'~Ml? &,~)-Identificata con l'attuale Tell El Maqlub nella zona di Wadi Yabis in Transgiordania.
Tabbat (n:IO) -Anch'essa localizzata in Transgiord'aitia, ma di difficile collocazione, probabilmente dovrebbe riconoscersi con Ras Abu Tabat.
viene messo in totale confusione dalla luce delle fiaccole e dal suono delle trombe e dal fracasso delle brocche rotte. Inizialmente gli lsraeliti rimangono fermi, mentre il Signore, come avvenuto già nella precedente narrazione della vittoria di Debora e Baraq, disorienta l'esercito nemico: in una sorta di fuoco amico i Midyaniti si scontrano tra loro. In questo modo Israele sconfigge i nemici oppressori.
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GIUDICI 7,23
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7,23 Si radunarono (i'.\1~"1)- La Settanta traduce con il verbo ~oaw; cfr. nota
a 6,34. 7,24 La regione montuosa di Efrayim (,0 C'!.~~)- Eil nome della regione che comprende oltre Efrayim anche Manasse secondo Gs 17,14-18; in IRe 4,8 indica uno dei
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distretti del Nord costituiti durante il regno di Salomone. 7,25 Li inseguironofino a Midyan (,ll'TJ'." ~ ~)-La Settanta, insieme alla Vulgata e alla vèrsione siriaca, legge al posto della preposizione~ la nota accusativa~ KIÙ Ka®~v Mali~ («e inseguirono Madian» ).
7,23-8,27 Inseguimento dei nemici e onori per Gedeone
L'ultima parte del racconto delle vicende di Gedeone si concentra su due temi fondamentali: la fuga dei principi stranieri e il declino morale del giudice. Il primo argomento pone in evidenza ancora una volta l'utilizzo di materiale tradizionale diverso da parte del redattore finale, dato dalla presenza di nomi differenti e dalla descrizione degli eventi poco chiara. Da una parte (8, 1-3) ab-
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GIUDICI8,5
23 Si
radunarono allora gli Israeliti da Neftali, Asher e da tutto Manasse per inseguire i Midyaniti. 24 Intanto Gedeone aveva mandato dei messaggeri verso tutta la regione montuosa di Efrayim dicendo: «Scendete contro i Midyaniti e occupate prima di loro i guadi fino a Bet-Bara e anche il Giordano». Si radunarono allora gli Efrayimiti e occuparono i guadi fino a Bet-Bara e il Giordano. 25 Catturarono dunque due capi di Midyan, Oreb e Zeeb; decapitarono Oreb presso la roccia di Oreb e Zeeb al torchio di Zeeb. Li inseguirono fino a Midyan, mentre la testa di Oreb e Zeeb vennero portate a Gedeone sull'altra sponda del Giordano. 1Allora gli abitanti di Efrayim gli dissero: «Perché ci hai fatto una cosa simile? Perché non ci hai chiamato quando sei andato a combattere contro Midyan?». Così polemizzarono con forza contro di lui. 2Rispose loro: «Cosa ho mai fatto contro di voi? Le spigolature di Efrayim non sono forse migliori della vendemmia di Abi'ezer? 3Dio vi ha fatto catturare i capi di Midyan, Oreb e Zeeb; che cosa avrei potuto fare in confronto a voi?». Allora, a queste sue parole, la loro animosità nei suoi confronti si calmò. 4Poi Gedeone arrivò al Giordano e l'attraversò con i trecento uomini che erano con lui, pur essendo stanchi per l'inseguimento. 5Disse allora agli abitanti di Sukkot: «Date focacce di pane ai soldati che marciano con me, poiché è stremata e io sto inseguendo Zebal:t e Zalmunna, re di Midyan.
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Zeba/:1 e Zalmunna (.11~~~~1 n;t.)- I no-
lettera: «esausti, ma inseguitori», mentre i codici Alessandrino (A), di Coislin (M), Basiliano-Vaticano (V) e diversi minuscoli greci hannoÒÀLyoljruxoùvtec; Kat 11H vwvtec; («sfiniti e affamati»). 8,5 Sukkot (n~:!>~)- L'attuale Tell Der' Alla.
mi dei due re di Midyan sono rilevanti e significano il primo «sacrificiO>>, «vittima sacrificale»; il secondo è una parola composta: «rifugio (o "protezione") respinto»; alludono al destino loro riservato da Israele.
8,4 Stanchi per l 'inseguimento C'~l..,1)- Alla
biamo l'inseguimento dei nemici con la collaborazione della tribù di Efrayim, chiamata a impedire loro l'accesso alle riserve d'acqua. Molto probabilmente un eccessivo desiderio di protagonismo anima le proteste della stessa tribù nei confronti di Gedeone che riesce a placame l'animosità con un'invettiva saggia e pacata. Dall'altra parte (8,4-21 ), lo scenario si sposta oltre il Giordano dove l'inseguimento dei principi nemici è invece affidato alla tribù di Manasse.
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GIUDICI8,6
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8,6 Risposero -Il Testo Masoretico ha Wl singolare (,~!lj), ma il plurale della Settanta (Kat El1Tov net"codice Vaticano [B) e Kat Elrrav nel codice Alessandrino [A]) pare più corretto. 8,8 Penuel (l;!~m~~)- Località già conosciuta in Gen 32,24 per la lotta notturna tra Giacobbe e l'angelo del Signore (cfr. anche IRe 12,25). Va collocata presso il fiume Yabboq, affluente del Giordano. 8,9 Questa torre (I;!'!HIP;:l)- Il termine può
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riferirsi sia alla forteua di Wl a località, tipica del periodo del Medio (2400-2000-1550 a.C. ca.) e Tardo Bronzo (1550-1200 a.C.), sia al suo tempio, come nel caso di Shekem sempre nello stesso periodo (cfr. 9,46). 8,10 Qarqor (,~"11?)- Località non ancora bene identificata; in Onomastikon 272,62, Eusebio di Cesarea annota una località chiamata Kark.aria vicino alla più famosa Petra. 8,11 Yogbea (:'1~~~~)- Il codice Alessandrino
Appare quindi chiaro che ogni tribù ha cercato di appropriarsi del merito della vittoria. Nel secondo caso l'attacco di Gedeone ai Midyaniti sembra più causato da una questione personale, l'uccisione dei fratelli, che dalla ricerca di un riscatto nazionale. I possibili alleati di Penuel e Sukkot sembrano quasi
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GIUDICI 8,16
Ma le autorità di Sukkot •risposero,: «l polsi di Zebal} e Zalmunna sono forse ora nella tua mano, poiché dovremmo dunque dare da mangiare ai tuoi soldati?». 'Rispose Gedeone: «Per questo motivo: quando YHWH porrà Zebal) e Zalmunna nella mia mano, scorticherò la vostra carne con spine e cardi del deserto». 8Poi di là salì a Penuel e si rivolse loro allo stesso modo. Ma gli abitanti di Penuel gli risposero come gli abitanti di Sukkot. 9Così disse anche agli abitanti di Penuel: «Quando tornerò vittorioso, demolirò questa torre!». 10Zebab e Zalmunna erano a Qarqor, insieme al loro esercito di quindicimila uomini, tutti i superstiti dell'intero accampamento degli Orientali, mentre i caduti tra i combattenti erano stati centoventimila. 11 Così Gedeone percorse la via dei nomadi a est di Nobal) e Yogbea e attaccò all'improvviso l'accampamento che si credeva al sicuro. 12Zebal} e Zalmunna fuggirono, ma egli li inseguì e catturò i due re di Midyan, Zebab e Zalmunna, e così terrorizzò tutto l'esercito. 13Tornò dunque Gedeone, figlio di Yoash, dalla guerra per la salita di I:Iares. 14 Catturò un giovane • , di Sukkot e lo interrogò; egli gli mise per iscritto i nomi dei capi e degli anziani di Sukkot: settantasette uomini. 15 Andò poi dagli abitanti di Sukkot e disse: «Ecco Zebal} e Zalmunna per i quali mi avete insultato dicendomi: i polsi di Zebal) e Zalmunna sono forse adesso nella tua mano, perché dovremmo dunque dare da mangiare ai tuoi soldati esausti?». 16Prese allora gli anziani della città e con cardi e spine del deserto •scorticò, gli uomini di Sukkot. 6
(A) al posto di questo toponimo (una località di Gad, cfr. Nm 32,35) ha iç Èvavdaç Z$E' «di fronte a Zebol].»; il codice Vaticano (B), invece, legge lE'yfjlaÀ (resa di un toponimo ebraico presente in un testo ebraico diverso da quello Masoretico). 8,12 Terrorizzò ("'T""lM:j)- Il codice Alessandrino (A) ha invece 1enp(IJIEv ~1 Tilrr~ n~ :.,'!'~~ "~~1 33 :"1T~v "~~ ;N1i.v" "l::l \1::Jt N;1 34 :O"il?N; n"1::1 ;V::l Oil; UJ"W111O",V::li1 ~tvv·N;1 35 ::J":ltl>O Oil":l"N-;::;, 1 110 oniN ,,~~il Oil"ii'N i11i1"-nN ='~n1r'~-ol:) i1fP.J;7 ,w~ il*l\:)ij-;:t:P lilJì~ ;p~1~ n";rol:' 19tt =-:r7~,;~ irt~-n~ o~!11~
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9,2 Riferite ("~\!;C~ tep,~"!) -Alla lettera: «parlate agli orecchi di. .. ». l signori di Shekem (C~~ '~.\1;)- Questa espressione assume significati abbastanza differenti secondo l'uso degli autori biblici; nel caso di Shekem sembra indicare i notabili, cioè i proprietari terrieri. Essi formano dunque l'assemblea di governo della città. Lo stesso
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uso del termine lo troviamo in Gs 24,11; Gdc 20,5; 1Sam 23,ll·12; 2Sam 21,12. 9,4 Sicli- Cfr. nota a 8,26. Dal tempio - Qui il termine n•; non indica un'abitazione, perché il contesto imprime alla parola un significato cultuale. 9,5 Sopra un 'unica pietra (nr;t~ 1~~-'-,.p) Espressione singolare, molto probabilmente
La vicenda di Abimelek dunque è già dal suo inizio segnata dalla violenza, ma allo stesso tempo egli prosegue nello stesso peccato di idolatria di cui si era macchiato il padre Gedeone con la costruzione dell'efod d'oro e accetta una somma di denaro consistente dalle casse del tempio di Berit-Ba'al in Shekem per pagare i mercenari con i quali avrebbe stenninato i suoi fratelli. Appare evidente il riferimento al grande peccato di idolatria attraverso la citazione quasi ironica del nome Berit·Ba'al, alla lettera «signore dell'alleanza», in profondo contrasto con l'obbedienza al patto stabilito tra Dio e il suo popolo. In questo capitolo abbiamo dunque la rivisitazione sintetica delle due questioni teologiche fondamentali che attraversano l'intero libro dei Giudici: il riconoscimento da parte di Israele della sovranità unica di YHWH e l'obbedienza a lui solo nella venerazione e nel culto.
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GIUDICI 9,7
2«Riferite
a tutti i signori di Shekem: Cosa è meglio per voi, l'essere governati da settanta uomini, cioè da tutti i figli di YerubBa'al, oppure essere governati da uno solo? Ricordatevi che io del vostro sangue!». 3Allora i suoi zii materni riferirono tutte queste parole a tutti i signori di Shekem e si schierarono dalla parte di Abimelek, pensando: «È nostro parente». 4E gli donarono settanta (sicli) d'argento prelevati dal tempio di Ba'al-Berit; Abimelek arruolò con essi uomini empi e avventurieri che si misero ai suoi ordini. 5Cosi si recò alla casa di suo padre a Ofra e assassinò i suoi fratelli, figli di Yerub-Ba'al, sopra un'unica pietra, settanta uomini. Sopravvisse soltanto Yotam, il minore tra i figli di YerubBa'al, poiché si era nascosto. 6Allora si radunarono tutti i signori di Shekem e tutta Bet-Millo e andarono a proclamare re Abimelek presso il terebinto della stele che si trova a Shekem. 'Raccontarono dunque a Yotam l'accaduto. Allora egli si pose sul monte Garizim e gridò a gran voce verso di loro: «Ascoltatemi, signori di Shekem, e Dio ascolterà voi!
proverbiale della lingua ebraica che indica che i fratelli vennero uccisi tutti insieme. 9,6 Bet-Millo (N~C,~ n•:;~) - Sito di cui non conosciamo con esattezza la localizzazione; probabilmente il toponimo deriva dalla radice !('m che indicherebbe l'acropoli della città. Ricordiamo che il tennine N~~ appare più volte nell' AT in riferimento alla città di Geru-
salemmein2Sam5,9; 1Re9,15.24; li,27;2Re 12,21; 1Crli,8;2Cr32,5. Terebinto della stele (:l~ 1~~) -Alla lette-
ra: «terebinto della eretta», espressione che ha poco significato; probabilmente «eretta» indica una stele posta in un luogo di culto, appunto rappresentato dal terebinto considerato un albero sacro.
È indubbio che laddove Dio non potrà esercitare la sua sovranità, sarà qualcun altro a sostituirsi a lui e a opprimere Israele; al contempo quando l'unico culto a Dio è disatteso, Israele dovrà rivolgersi ad altri dèi, con conseguenze ancora più disastrose. In questo modo è manifesto che idolatria e autoreferenzialità nel nostro racconto vanno di comune accordo, portando il popolo eletto verso un destino di morte e distruzione. Anche per Abimelek il suo imporsi per affermarsi è in pieno contrasto con la volontà del Signore: egli a differenza dei precedenti giudici non è chiamato da Dio, ma con violenza e alterigia è smanioso di governare su Israele. Per la prima volta nel testo biblico compare per Israele la figura del re, incarico rifiutato dallo stesso Gedeone e ora ottenuto con arroganza dal figlio.
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GIUDICI 9,8
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:1"t:J~ -:r?~":;l~ "~'~ olP :l~~ ill~il -:r?J n'J:;t~ 9 8 Per ungere un re su di essi (cry·~P, r'!~~
'1~~)- L'espressione fa chiaramente riferi-
mento all'olio utilizzato per l'incoronazione, ma allo stesso tempo è diventata tecnica per indicare la cerimonia stessa. 9,9 Con il quale vengono glorificati (•:;1-,~~ ,,~~·)
- Il Testo Masoretico andrebbe
tradotto «che in me onorano)) (lezione seguita dai codici Alessandrino [A], di Coislin [M] e Basiliano-Vaticano [V]); il codice Vaticano (B) invece ha lv ~ leggendo i~ al posto di ':;1: la nostra traduzione segue questa lezione. Anche la Vulgata ha una variante rispetto al Testo
l/tema della regalità è ripresentato dall'apologo di Yotam (9,7-21): con questo intennezzo sembra che il libro dei Giudici voglia preannunciare il tempo della monarchia davidica. Esso è presentato in stretta connessione con la fedeltà a Dio; in questo caso non è criticato un sistema di governo rispetto ad altri, ma l'atteggiamento con cui esso è assunto. Abimelek fallisce come re perché il suo incarico è frutto non della chiamata di Dio, ma di violenza, di sangue e di superbia Non esiste un re giusto che abbandoni la fedeltà al patto e alle promesse di Dio, ma senza il mandato divino il re prima o poi è destinato a essere schiacciato dalla sua stessa arroganza. Infatti le tre piante citate nelle parole di
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GIUDICI 9,2I
Si radunarono gli alberi per ungere un re su di essi. Dissero dunque all'ulivo: "Regna su di noi". 9Ma rispose loro l'ulivo: "Forse dovrei rinunciare al mio olio ·con il quale· vengono glorificati gli dèi e gli uomini per andare a cullarmi sugli alberi?". 10Allora gli alberi dissero al fico: "Vieni tu a regnare su di noi". 11Ma anche il fico rispose: "Forse dovrei rinunciare alla mia dolcezza e al mio frutto delizioso per andare a cullarmi sugli alberi?". 12Dissero gli alberi alla vite: "Regna tu su di noi". 13Ma anche la vite rispose loro: "Dovrei forse rinunciare al mio mosto che rende allegri gli dèi e gli uomini per andare a cullarmi sugli alberi?''. 14lnfine tutti gli alberi dissero al rovo: "Regna tu su di noi". 1511 rovo rispose agli alberi così: "Se dawero volete ungenni come vostro re, venite a rifugiarvi alla mia ombra; in caso contrario, dal rovo esca un fuoco e divori i cedri del Libano". 160ra, voi non avete agito in modo sincero e leale proclamando re Abimelek e non avete compiuto il bene per Yerub-Ba'al e la sua famiglia e non lo avete ripagato per le sue azioni, 17dal momento che mio padre combatté per voi e mise in pericolo la sua vita quando vi liberò dal potere di Midyan. 1SCosì ora siete insorti contro la famiglia di mio padre e avete assassinato i suoi figli, settanta uomini, sulla stessa pietra e avete nominato re Abimelek, figlio della sua serva, sui signori di Shekem per il fatto che è vostro fratello. 19Se oggi vi siete comportati in modo sincero e leale nei confronti di Yerub-Batal e della sua famiglia, gioite per Abimelek e gioisca anche lui con voi! 20 Se invece così non è, da Ambimelek esca un fuoco che divori i padroni di Shekem e Bet-Millo, e viceversa esca un fuoco dai signori di Shekem e Bet-Millo che divori Abimelelo>. 21 Allora Yotam dovette fuggire, scappò e andò a Beer e là abitò, lontano da suo fratello Abimelek. 8
Masoretico traducendo qua el dii utuntur et homines, («la quale [oleosità] usano dèi e uomini»). Dèi- Solitamente il plurale ebraico C';o:!""~ viene tradotto al singolare, come sinonimo e sostitutivo del tetragramma sacro, ma in questo caso il contesto implica un riferì-
mento non a YHWH, ma alle divinità pagane. 9,18 Figlio della sua serva (in~~-1~)- Non si capisce se sia una modifica,' intenzionale in quanto in 8,31 si parlava di concubina, o un errore involontario, dovuto alla distanza tra il racconto originale e la redazione posteriore.
Yotam sono tutte preziose e importanti nella realtà del Vicino Oriente antico: l'ulivo che forniva l'olio usato sia per il nutrimento che per l'unzione dei profeti; il fico, il cui fiutto era prediletto per il nutrimento e noto per la sua bontà; la vite che era molto presente nella cultura biblica ebraica, simbolo spesso assunto dalla letteratura profetica per descrivere il regno di Dio. Ogni pianta ha un suo ruolo detenninato e significativo nella creazione; solo il rovo, pieno di superbia, decide di assecondare il volere delle altre piante. L'apologo allora diventa la chiave interpretativa di tutto ciò che seguirà, introducendo la visione di Dio stesso su quanto accadrà e il triste destino di Abimelek e della sua altezzosa sicurezza.
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9,26 Ga 'al,figlio di Ebed (,~~ "~)-Ci sono varianti per entrambi i nomi: il padre si chia-
ma I~ («lobel» ), secondo il codice Vaticano (B), probabilmente a causa di wta confusione nel leggere la lettera ~ come A; i codici Alessandrino (A), di Coislin (M), Basiliano-Vaticano (V) e diversi minuscoli hanno invece Apro («Abed>) ), variando solo la prima vocale rispetto al Testo Masoretico (analogamente la Vulgata che ha Obed). Flavio Giuseppe, Antichità giu-
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9,31/n segreto- L'eb~ico ~9"11;1 è un hapax del Testo Masoret1co, d1 cu1 non conosciamo con certezza il significato. La nostra traduzione segue quella del codice Vaticano (B) che ha tv Kpllljlt; («in segreto»; analoga la resa del Targum b'riiz); i codici Alessan-
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drino (A), di Coislin (M), Basiliano-Vaticano (V) e diversi minuscoli hanno invece j..wrà owpwv («COn doni») probabilmente leggendo ~'?~.,~~ (termine tecnico per le offerte del culto). Diversi commentatori moderni congetturano un errore scribale
Vengono introdotti due nuove personaggi per rendere il racconto del conflitto tra Abimelek e i cittadini di Shekem ancora più avvincente: Ga'al e Zebul. Il primo è il sostituto di Abimelek al governo al momento della frattura con i cittadini di Shekem; egli con la sua capacità oratoria riuscirà a ingannar) i sfruttando il loro grande orgoglio,
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GIUDICI 9,43
Così egli inviò in segreto dei messaggeri ad Abimelek per dirgli: «Ecco Ga'al, figlio di Ebed, e i suoi fratelli sono venuti a Shekem e hanno sollevato la città contro di te. 32Alzati dunque nella notte tu e i tuoi uomini e prepara un'imboscata nella campagna. 33 Al mattino, allo spuntare del sole ti alzerai e piomberai sulla città mentre lui con i suoi uomini usciranno per attaccarti: tu lo tratterai come meglio credi». 34Così di notte Abimelek si alzò con tutto il popolo che era con lui e tesero un agguato contro Shekem (divisi) in quattro schiere. 35 Allora Ga'al, figlio di Ebed, uscì e si fermò alle porte della città; allora Abimelek e tutto il popolo che era con lui uscì dall'agguato. 36Quando Ga'al vide il popolo disse a Zebul: «Ecco un popolo scende dalla cima dei monti». Gli rispose Zebul: «Tu scambi l'ombra dei monti per uomini». 37 Ga'al riprese a parlare e disse: «Ecco un popolo discende dall'Ombelico della terra e una schiera arriva dalla via della Quercia degli indovini». 38 Rispose ancora Zebul: «Dov'è ora il tuo dire quando proclamavi: Chi è Abimelek, perché dobbiamo servirlo? Non è forse questo il popolo che disprezzavi? Esci dunque in campo e combatti contro di lui!». 39Allora Ga'al uscì alla testa dei signori di Shekem e diede battaglia ad Abimelek. 40Ma Abimelek lo inseguì e fuggì davanti a lui, fino all'ingresso della porta caddero molti uomini morti. 41 Abimelek risiedé allora ad Aruma e Zebul cacciò Ga'al e i suoi fratelli che non abitarono più a Shekem. 42 L'indomani i Shekemiti uscirono verso la campagna e raccontarono il fatto ad Abimelek. 43 Egli allora prese il popolo e lo divise in tre schiere e si mise in agguato nella campagna. Quando vide che il popolo stava uscendo dalla città si lanciò all'attacco e li travolse. 31
nel Testo Masoretico e leggono :'!~,,~:t! «ad Aroma» (cfr. al v. 41 ). 9,40 Fino all'ingresso della porta (Ml}ç-,11 ,~~::t)- JQGiudici(lQJudo 1Q6)aggiunge ,.~:;t («della città>>), lezione che si trova anche nel codice Alessandrino (A), che
ha tiic; 1TOÀEwc;, e nella Vulgata (civitatis). 9,41 Risiedé (:::IW~1)- Il Testo Masoretico ha una forma dal verbo :l~', «abitare», lezione seguita dalla Vulgata; invece il codice Vaticano (B) ha Kal EloiWlEv «e ritornò» leggendo :::1~~1 dal verbo :!,W.
ma al momento dei fatti si dimostrerà un inetto di poco conto. Il secondo invece è un seguace più o meno ambiguo di Abimelek, dal facile sarcasmo, soprattutto al momento di cacciare Ga'al dopo la sconfitta subita. Egli affianca Ga'al per farlo cadere nella trappola di Abimelek, sperando di poteme ottenere qualche privilegio. Abimelek non
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GIUDICI 9,44
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scavato nella roccia. Alcuni commentatori pensano invece che il vocabolo indichi la parte fortificata del tempio; in effetti in diversi manoscritti greci, tra cui il codice Ales-
si accontenta di aver dimostrato la debolezza di Ga'al e di averlo deriso, ma vuole distruggere la città di Shekem, raderla al suolo, perché diventi segno per quanti si oppongono al suo regno. Ecco il motivo dello spargimento del sale sulle rovine della città riconquistata. Egli non frena il suo impeto d'ira e decide di vendicarsi anche di quanti si erano rifugiati nei sotterranei di Shekem, soffocandoli col fumo del fuoco acceso all'ingresso della grotta e sterminando coloro che tentavano la fuga. Un racconto certamente di grande violenza e drammaticità, indicazione evidente di cosa comporta un cuore accecato dall'odio e dal desiderio di vendetta. Assedio di Tebez e morte di Abimelek (9,50-56). Il compiacimento della vittoria
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GIUDICI 9,54
Così Abimelek e le schiere che erano con lui fecero irruzione e si collocarono alla porta della città, mentre le altre due schiere piombarono su tutti quelli che erano nella campagna e li sconfissero. 45 Abimelek combatté nella città tutto quel giorno, e assoggettarono la città, uccise quelli che vi si trovavano; poi la rase al suolo e la cosparse di sale. 46Tutti i signori della torre di Shekem all'udire (ciò) si rifugiarono nella cripta del tempio di El-Berit. 47 Abimelek venne informato che i signori della torre di Shekem si erano radunati. 48 Allora Abimelek salì, con i suoi uomini, sul monte Zalmon, afferrò una scure e tagliò un ramo d'albero e lo sollevò e se lo mise sulle spalle e disse ai suoi uomini: «Avete visto ciò che ho fatto! Coraggio, fatelo anche voi!». 49Anche tutto il popolo tagliò ognuno un ramo e seguirono Abimelek e li accatastarono contro la grotta e bruciarono la grotta con il fuoco e tutti gli uomini della torre di Shekem morirono; erano circa mille tra uomini e donne. 50 AlloraAbimelek andò a Tebez, l'assediò e l'espugnò. 51 ln mezzo alla città era collocata una torre fortificata, là fuggirono tutti gli uomini e le donne e i signori della città e si rinchiusero dentro e salirono sulla terrazza della torre. 52Arrivò quindi Abimelek fino alla torre, l'attaccò e si avvicinò all'apertura della torre per appiccarvi il fuoco. 53 Ma una donna gettò una macina da mulino sulla testa di Abimelek e gli fracassò il cranio. 54 Allora chiamò in fretta lo scudiero e gli disse: «Presto, estrai la tua spada e uccidimi, perché non dicano di me: Una donna lo ha ucciso!». E il suo servo lo trafisse e così morì. 44
sandrino (A), si trova la traduzione òxupwj.LU «fortezza» e anche la Vulgata, che pure ha un testo più lungo, sembra suggerire tale interpretazione.
9,50 Tebez (f~)- Ricordata anche in 2Sam 11,21, è citata da Eusebio di Cesarea in Onomastikon 262.44 come lUla località a pochi chi· Iometri dall'attuale Nablus, verso Bet-Shean.
però dura ben poco per il re, perché immediatamente è chiamato a scontrarsi con gli abitanti della città di Tebez. Alla luce della precedente vittoria su Shekem, Abimelek decide di attuare la stessa tattica militare, suddividendo in schiere il suo esercito, ma questa volta la sorte sarà ben diversa per lui. Nel tentativo di sconfiggere gli ultimi rifugiati nella rocca, appiccando il fuoco al suo ingresso, Abimelek viene gravemente colpito al capo da una macina da mulino scagliata da una donna. Riaffiora il grande orgoglio del condottiero che non può accettare il disonore di essere ucciso per mano di una donna e invita il suo servo a finirlo con la sua spada. Ritroviamo per Abimelek la stessa fine ingrata descritta per il
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GIUDICI 9,55
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:i1t.~ o~.p~~ 0"11p~ ;~,tp~-n~ b9'1'~1 ":r~7~iJ ,.,~; 1"11:1~ Oi?J~13 generale Sisera (4,17-22) e questo è il destino di chi si oppone alla sovranità di Dio: una grande vergogna. Tale disonorata fine è la diretta conseguenza dell'azione orgogliosa e superba del re, della sua autoreferenzialità e non di un semplice castigo divino, anche se il narratore ancora una volta ricorda che Dio stesso fece ricadere su Abimelek il male che egli aveva compiuto contro i suoi fratelli e la casa di suo padre. Dal nostro punto di vista invece questo versetto indica che il re paga il prezzo della propria bramosia e Dio attraverso le azioni abominevoli del re ricostituisce la giustizia e la pace. Infatti nel nostro libro la giustizia divina è descritta secondo le categorie della misericordia e del perdono di Dio, che costantemente viene incontro al suo popolo infedele e idolatra, e non secondo i parametri di una semplice retribuzione. Ciò non toglie che chi non segue i principi divini della fedeltà e dell'obbedienza, e si pavoneggia nella propria arroganza e sicurezza, si autocondanna a una fine disonorevole come è dimostrato dalla vicenda di Abimelek. Un altro elemento da non sottovalutare di questo racconto è il fatto che Abimelek sia un lsraelita e, nonostante la sua appartenenza al popolo eletto, egli non è sollevato dalle conseguenze del suo comportamento idolatrico, che lo portano allo stesso stile di vita dei cananei pagani. Chi si allontana dalla fedeltà a Dio non è più figlio della promessa, ma vive alla stregua delle altre nazioni, anzi in un atteggiamento ancora più riprovevole, avendo voltato le spalle al Dio della salvezza. Il racconto di Abimelek dimostra dunque che Dio veglia sull'agire degli uomini, riportando la giustizia e la pace proprio attraverso la loro condizione di autonomia e infedeltà. La storia della salvezza però non può essere condotta da usurpatori e tiranni; per questo Dio stesso chiama al suo servizio i giudici e successivamente i re. Abimelek non è legittimato nel suo governo dalla benedizione divina, perché il suo regno si è macchiato dall'inizio del sangue dei suoi fratelli ed è accecato dall'orgoglio e dalla superbia. Egli incarna il simbolo negativo del fallimento quando l 'uomo vuole agire in totale autonomia e indipendenza, mentre lo stesso libro dei Giudici diventa testimonianza della guida sicura di Dio sulla storia e le vicende degli uomini.
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GIUDICII0,3
55 Quando
gli Israeliti videro che Abimelek era morto, ritornò ognuno a casa propria. 56Così Dio ripagò Abimelek per il male commesso contro suo padre quando assassinò i suoi settanta fratelli. 57 E fece ricadere tutto il male dei signori di Shekem sulla loro testa; così si compì su di loro la maledizione di Yotam, figlio di Yerub-Ba'al.
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1Dopo
Abimelek si levò per salvare Israele Tola, figlio di Puah, figlio di Dodo, uomo (della tribù) di lssakar; egli viveva a Shamir sulle montagne di Efrayim. 2Governò in Israele per ventitré anni, mori e fu sepolto a Shamir. 3Dopo di lui venne Yair di Ghil'ad, che governò in Israele per ventidue anni. 10,1-5 Tola e Yair In questi brevi e concisi versetti vengono presentati i personaggi di Tola e Yair, che uniti ai successivi lbzan, Elon e Abdon fonnano il gruppo detto dei giudici "minori". Questo tenni ne indica una distinzione non di importanza. ma di consistenza di notizie. La funzione dei giudici maggiori è evidente: essi sono rappresentati come figure eroiche, dei veri e propri salvatori; allo stesso tempo però anche i cinque giudici minori sono realmente giudici; anzi, la loro presenza porta pace e prosperità. Questa distinzione può avere avuto origine da una doppia fonte a cui il redattore del libro si è potuto riferire: una con la descrizione della storia degli eroi e salvatori, l'altra con un semplice elenco compilatorio e cronachistico dei giudici. La disposizione poi di questo elenco neli 'insieme del testo è fatta in base a uno schema ripetuto, in cui il ricordo dei giudici minori fa da vera e propria cornice alle vicende di Yifta prima e di Sansone dopo. È ugualmente verosimile che il redattore del libro dei Giudici abbia semplicemente attinto alle due fonti, riportando anche l'elenco dei giudici minori, per avere un totale di dodici giudici, uno risalente a ciascuna delle tribù d'Israele. Dal punto di vista teologico questo schema ripetuto mette ancora una volta in risalto da una parte il continuo degrado di Israele il cui comportamento porta soltanto a una maggiore violenza e confusione; dall'altra, con la presenza dei giudici minori come oasi di prosperità e di pace, evidenzia il fatto che comunque Dio non ha abbandonato definitivamente il suo popolo. Infatti la solidità del governo e la promiscuità delle famiglie dei giudici minori indica ancora una vicinanza di Dio e soprattutto la sua fedeltà al patto stabilito con Israele. Venendo in particolare alle figure di Tola e Yair, citate in questi primi versetti del capitolo l O, vediamo come il primo dei due giudici ricordati è originario della tribù di Issakar; di lui si menziona anche il padre Puah: insieme, Tola e Puah erano nominati già nell'Antico Testamento nel libro della Genesi (46, 13) e in quello dei Numeri (26,23). A questa tribù dovrebbe appartenere anche la già menzionata Debora, la cui attività è collocata proprio sui monti di Efrayim, regione dove è posta anche la città nativa di Tola, Shamir, luogo in cui egli verrà sepolto alla sua morte. Il successivo giudice Yair
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GIUDICI 10,4
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'if7 UNP,t:t ,f?Nt;
le versioni della Settanta che hanno TTOÀHç, leggendo probabilmente c·,~·
appartiene alla regione della Transgiordania; anch'egli è menzionato nel libro dei Numeri (32,41) e nel libro del Deuteronomio (3,14 ). In questo caso il redattore ha arricchito di particolari la descrizione della sua vita, ricordando i numerosi figli, ben trenta, e il potere da loro assunto con il governo di trenta città. In questo modo si dà risalto al benessere e all'influenza della famiglia di Yair. 10,6-12,7 Yifta
La vicenda di Yifta si inserisce pienamente nello schema generale più volte ripetuto all'interno del libro dei Giudici: peccato, invocazione di misericordia, azione di Dio. Contemporaneamente quella degradazione progressiva di Israele iniziata con Gedeone prosegue in queste pagine. Possiamo dire che nella formazione di questo racconto, evidentemente anch'esso frutto della fusione di diverse tradizioni, abbiamo tre linee teologiche riprese dalla precedente narrazione: la vicenda di Yifta ha anzitutto le stesse caratteristiche di incertezza, successo e tragica conclusione di quella di Gedeone; in secondo luogo Yifta risulta quasi l'alter ego di Abimelek, la cui figura, come abbiamo visto, a fatica può essere inserita nell'insieme dei giudiciliberatori: anche il modo diplomatico di affrontare il contenzioso con gli Ammoniti si contrappone al cruento e malizioso modo d'agire di Abimelek; infine essa evidenzia
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GIUDICI IO, IO
Ebbe trenta figli che cavalcavano trenta asini e (governavano) su trenta ·città,, chiamate fino a oggi Villaggi di Yair e si trovano nella terra di Ghil'ad. 5Egli mori e fu sepolto a Qamon.
4
Ma gli Israeliti continuarono a compiere ciò che è male agli occhi di YHWH e adorarono i Ba'al e le Ashtarot, gli dèi di Aram, gli dèi di Sidone, gli dèi di Moab, le divinità dei figli di Ammon e le divinità dei Filistei; abbandonarono YHWH e non lo adorarono più. 7Allora YHWH si irritò contro Israele e li consegnò nella mano dei Filistei e degli Ammoniti. 8Essi per diciotto anni oppressero tirannicamente gli lsraeliti, tutti i figli d'Israele che si trovavano oltre il Giordano, nella terra degli Amorriti in Ghil 'ad. 9Poi gli Ammoniti attraversarono il Giordano per combattere anche contro Giuda, Beniamino e contro la casa di Efrayim; Israele si trovò in una situazione disperata. 10Allora gli lsraeliti gridarono a YHwH: «Abbiamo peccato contro di te, perché abbiamo abbandonato il nostro Dio e abbiamo servito i Ba'al». 6
10,5 Qamon (l~C~)- Può essere identificata con l'attuale città di Qamm, collocata
circa 12 km a ovest di Irbid nell'attuale Giordania.
ancora una volta l'assoluta sovranità di Dio sulla storia dell'uomo e al contempo la sua infinita misericordia e pazienza verso il suo popolo Israele. 10,6-18 Peccato e oppressione d'Israele
Il continuo degrado d'Israele è manifestato dalla lunga serie di azioni malvagie da esso commesse (10,6-12). Anche la presentazione degli oppressori è più marcata, questa volta sono ben due: gli Ammoniti, a cui dovrà far fronte lo stesso Yifta, e i Filistei che anticipano le vicende di Sansone. Già il fatto che il solo Yifta non basterà a difendere Israele su entrambi i fronti, oltre a porre una questione sull'origine letteraria e sull'unità delle diverse tradizioni, rivela la grande e profonda decadenza d'Israele. Dinanzi a questa situazione però non abbiamo da parte di Dio un atteggiamento remissivo, tutt'altro. Inizialmente egli rimanda i figli d'Israele a quegli stessi dèi a cui si erano affidati allontanandosi da lui. Quest'azione non è un rifiuto del suo popolo, ma ha uno scopo pedagogico: soltanto quando Israele avrà deciso di abbandonare gli altri dèi, di rinunciare a essi, allora Dio tornerà a intervenire in suo favore. E così avviene: a differenza delle precedenti richieste di aiuto (3,9; 4,3; 6, 7), in questo caso Israele confessa il proprio peccato e invoca la misericordia di Dio, ricusando la venerazione degli dèi stranieri (10,15-16). Proprio per questa
112
GIUDICI l 0,11
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11,20 Non si .fidò (l·~~ry-.cl;l1)- Nel codice Alessandrino (A) abbiamo oÒK 1\9~À.l'IOfV ET)Wv OLEÀ.9E~v «Seon non volle far attraversare ... ». Yahaz (:'Ili::'!') - Località ricordata anche in Gs 13,18'e 21,36; anche la famosa stele di
sua argomentazione ritroviamo una narrazione totalmente speculare a quella di Nm 21,21-32 sulla conquista del regno di Sibon. C'è però un particolare che rende problematico questo dialogo con il re degli Ammoniti: vengono ricordate vicende
117
GIUDICI 11,25
15 perché
riferissero: «Così dice Yifta: Israele non ha preso né il paese terra di Moab né la terra degli Ammoniti, 16ma quando Israele uscì dall'Egitto si incamminò verso il deserto e arrivò fino a Qadesh. 17Poi Israele inviò alcuni messaggeri al re di Edom: «Lasciami passare nella tua terra». Ma il re di Edom non accettò e così inviò messaggeri anche al re di Moab, ma nemmeno egli acconsentì. Così Israele si stabilì a Qadesh. 18Poi si incamminò nel deserto e girò intorno al paese di Edom e a quello di Moab e giunse a oriente del paese di Moab e si stabilì oltre l' Amon, ma non superò il confine di Moab, l'Amo n infatti segna il confine con Moab. 19Allora inviò alcuni messaggeri a Sil;lon, re degli Amorriti, re di I:Ieshbon, e gli disse: «Lasciami passare tra la tua terra per arrivare al mio paese». 20Ma Sil;lon non si fidò nel far passare Israele oltre il suo confine, e Sil;lon mobilitò le sue truppe e si accamparono a Yahaz per combattere contro Israele. 21 Allora YHWH Dio d'Israele rese gli Israeliti vittoriosi su Sil;lon e le sue truppe e li sconfisse e così Israele conquistò tutto il paese degli Amorriti che abitavano in quella regione. 22 Conquistò l'intero territorio degli Amorriti: dall' Amon fino allo Iabboq, dal deserto fino al Giordano. 23 Così YHWH Dio d'Israele cacciò gli Amorriti davanti al suo popolo, Israele, e tu vorresti possedere (la sua terra)? 24 Forse non possiedi già quella che ti diede in possesso il tuo dio Kamosh? Così anche noi possederemo l'intera terra di coloro che YHWH nostro Dio scaccerà davanti a noi. 25 0ra tu sei meglio di Balaq, figlio di Zippor re di Moab? Forse egli si mise a litigare con Israele o a dichiarargli guerra?
Meshah, memoriale delle vittorie del re di Moab su Omri re di Israele dell'840 a.C., cita alla riga 19 questa località. 11,23 Tu vorresti possedere la sua terra (U~!,'I'1) -Ambigua la presenza del suffisso di terza persona singolare, con
ogni probabilità sta a indicare il paese da possedere. 11,24 Kamosh (qj~~:l) - Divinità di Moab, è ricordato nell' AT (cfr., p. es., 2Re l l, 7.33 ), nonché nella già citata stele di Meshah.
e tradizioni legate al regno di Moab e non di Ammon (il territorio conquistato al re Sil;ton era appartenuto a Moab, vengono riprese le trattative tra Israele e Moab, viene citato Kamosh il dio nazionale di Moab}. La questione può essere spiegata
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GIUDICI 11,26
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11,26 E nei suoi villaggi (;;t•~i~~:;l~) - Cfr. nota a 1,27. Aro 'er (,il1,~)- Il toponimo è vocalizzato erroneamente in questo versetto del Testo Masoretico Ar'or; nel codice Alessandrino (A) e in diversi minuscoli abbiamo la(np (Ya'zer; cfr. Gs 13,25 e 21,39). Aro'er è ricordata più volte nell'ATe anche nella stele di Meshah alla riga 26.
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11,39 Di qui venne questa usanza~~)- Da notare l'uso del verbo alla terza persona femmi-
nile singolare col sostantivo maschile ph. 12,11-érsoZafon (:"!lill~)- Località di Ghil'ad, quindi sulla riva sinistra del Giordano, nei pressi di Sukkot (cfr. Gs 13,27). Forse corri-
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sponde a Teli e~-a'idiye. Molti commentatori e versioni. non intendendo il termine ebraico come un toponimo, traducono «verso nor>. 4Allora Yifta radunò i Ghil 'aditi e combatté contro gli Efrayimiti; gli uomini di Ghil 'ad sconfissero gli Efrayimiti per il fatto che avevano detto: «Voi siete fuggiaschi di Efrayim; Ghil'ad sta in mezzo a Efrayim e in mezzo a Manasse>>. 5Gli uomini di Ghil'ad occuparono i guadi del Giordano verso Efrayim. Quando qualcuno dei fuggiaschi di Efrayim diceva: «Lasciami passare>>. Gli rispondevano gli uomini di Ghil'ad: «Sei forse un Efrayimita?». Se rispondeva: «No», 39
12
eri salvatore»), mentre i codici Alessandrino (A), di Coislin (M), Basiliano-Vaticano (V) omettono il suffisso lasciando una forma impersonale: miK ~v ò o~(wv («non c'era il salvatore»); questa lezione (che suppone l'ebraico: l!'~~o l'M.) è preferì-
bile e l'abbiamo seguita nella traduzione. Ho marciato (:'T,:!I.t7M,)- Qui, come in 11,32, il verbo ,::ll1 (che significa: «passare», «attraversare») indica l'attraversamento di un confine per combattere. Per questo abbiamo scelto un termine militare nella traduzione.
di Yifta che generano una violenza atroce. La risposta al silenzio di Dio risiede proprio nella libertà dell'uomo: il fatto che Egli non ci costringa a obbedire alla sua volontà non significa che sia assente. L'amore richiede libertà, che consente ad Abramo di essere fedele, a Yifta di compiere l'olocausto della sua stessa figlia. 12,1-7 Guerra tra Efrayimiti e Ghil'aditi
Nell'epilogo della storia di Yifta troviamo un secondo parallelo con la narrazione legata a Gedeone: nuovamente gli Efrayimiti si lamentano di non essere stati coinvolti nell'impresa contro i nemici stranieri. Da questo diverbio nasce una guerra civile, ulteriore segno del continuo degrado di Israele. Addirittura Yifta non concede nemmeno una possibile replica ai fratelli efrayimiti, ma radunati i suoi uomini a
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GIUDJCII2,6
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importante. I codici Alessandrino (A), di Coislin (M) e Basiliano-Vaticano (V) utilizzano il termine ouve111-La, cioè «parola d'ordine», «lasciapassare». La versione del codice Vaticano (B) utilizza invece otlixuç, «spighe». Certo è che da ciò che si deduce
Ghil'ad scatena la battaglia contro di loro. Il risultato sarà uno stenninio di enonni proporzioni, con la morte di quarantadue mila uomini. Questo racconto, che ricorda una narrazione locale di antiche rivalse tra tribù, serve al redattore per porre ancora più in evidenza a quale grado di violenza e di malvagità sia giunto il popolo eletto nel momento in cui le proprie guide si piegano anch'esse all'infedeltà e all'idolatria; d'altro canto, seguire un comportamento virtuoso e ricco di fede in Dio, senza alcun progetto di autoaffennazione, non può che portare a un'esistenza serena e pacifica, come il racconto dei giudici minori saggiamente dimostra al lettore nelle precedenti annotazioni cronachistiche riguardo a Tola e Yair e ai successivi giudici lbzan, Elon e Abdon, che anticipano le vicende del giudice Sansone. 12,8-15 lbzan, Elon e Abdon Come ricordato più volte, la storia di Yifta è racchiusa in una cornice molto sintetica in cui vengono presentati i cosiddetti giudici minori. Così in questi pochi
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GIUDICI 12,14
essi gli rispondevano: «Ebbene di' Shibbolet»; e se quello diceva Shibbolet, non riuscendo a pronunciarlo bene, lo uccidevano presso i guadi del Giordano. In quell'occasione morirono quarantaduemila uomini di Efrayim. 7Così Yifta fu giudice di Israele per sei anni. Poi Yifta di Ghil 'ad morì e fu sepolto nel ·suo, villaggio di Ghil'ad. 6
8Dopo
di lui governò in Israele Ibzan di Betlemme. 9Ebbe trenta figli e fece sposare trenta figlie e fece venire trenta fanciulle da fuori per i suoi figli e rimase giudice in Israele per sette anni. 10Poi lbzan morì e fu sepolto a Betlemme. 11 Dopo di lui fu giudice in Israele Elon di Zabulon; egli fu giudice in Israele per dieci anni. 12 Morì anche Elon di Zabulon fu sepolto in Ayyalon nella terra di Zabulon. 13Dopo di lui governò in Israele Abdon, figlio di Hillel, di Pir'aton. 14 Ebbe quaranta figli e trenta nipoti, i quali cavalcavano settanta asinelli. Egli fu giudice in Israele per otto anni. 15 Infine morì anche Abdon, figlio di Hillel, di Pir'aton e fu sepolto a Pir'aton, nel territorio di Efrayim, sul monte Amaleq. dal testo biblico gli Efrayimiti dovevano avere problemi a pronunciare le consonanti sibilanti. 12,7 Nel suo villaggio in Ghìl"ad- Alla lettera: «nei villaggi di Ghil 'ad»; preferiamo seguire le versioni della Settanta, che
aggiungono l'aggettivo possessivo di terza persona singolare maschile Èv 1TOÀH a\rrou (Èv)
raw&.
12,13 Di Pir 'aton (·~~nl1,11:"!)- Probabilmente l'attuale città mba '(I( Farlitah, circa IO km a sud-ovest di Nablus in Samaria.
versetti abbiamo il ricordo di ben tre giudici: lbzan, Elon e Abdon. Le notizie intorno alle loro figure sono scarne e brevi, ma ancora una volta ci descrivono prosperità e ricchezza di figli. Ibzan ebbe ben trenta figli, forse in diretta contrapposizione proprio all'unica figlia di Yifta, sacrificata orribilmente in olocausto per ottenere la vittoria contro gli Ammoniti. Ibzan era originario di Betlemme (dagli studiosi identificata senza dubbi con la famosa Betlemme di Giuda) e governò per sette anni. A proposito del successivo giudice Elon, l'unica notizia riguarda la sua provenienza dalla regione di Zabulon e la durata di dieci anni del suo mandato. Infine abbiamo il ricordo di Abdon, anch'egli con famiglia numerosa e benestante, fu giudice in Israele per otto anni. La breve durata del governo di questi giudici ci fa pensare a persone già avanti negli anni, ma certamente in chiara contrapposizione con le figure di Abimelek e di Yifta, i quali non ebbero grande fortuna e nemmeno famiglie numerose.
GIUDICI 13,I
13,1 Filistei (Cl'r:'\~"1?)- La loro migrazione e presenza in Siria-Palestina è legata alla crisi che nella prima età del Ferro (XIII-XII sec. a.C.) colpi il Mediterraneo. La zona di origine di questo moto migratorio è da individuarsi probabilmente intorno alla penisola balcanica. All'interno di questo flusso di popolazioni si inserisce appunto anche
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la vicenda dei Filistei: sebbene si possa ipotizzare, a motivo di alcuni ritrovamenti archeologici in Palestina, che già in precedenza fungessero da mercenari al servizio della dinastia dei faraoni ramessidi, la loro invasione si concretizzò nel XII sec. a.C. secondo la testimonianza di alcune lettere ritrovate a Ugarit e alcuni documenti egizia-
13,1-16,31 Sansone
Le vicende dei giudici si concludono con i capitoli forse più conosciuti e più noti legati alla persona di Sansone; essi sono redatti attorno alla figura dell'eroe nazionale e l'insieme dei singoli racconti locali viene forgiato attraverso alcuni elementi strutturali: la nascita dell'eroe in forma straordinaria e predetta da un messaggero divino; i doni singolari, soprattutto della forza, di cui l'eroe è dotato, capacità che non lo sottrarrà però alla morte, oltretutto tragica. Queste caratteristiche di Sansone lo avvicinano ad alcune figure tipiche della mitologia del tempo, soprattutto di ambiente greco, quali Ercole, ma questa somiglianza non è speculare, perché la storia di questo giudice ha un suo sviluppo ben preciso nell'insieme del testo biblico. Intanto Sansone è l'ultimo, ma anche il peggiore dei giudici: in effetti questo titolo mal si addice al suo comportamento e al suo agire; è vero che egli è dono di Dio alla madre, ma nello stesso tempo agirà non per la liberazione e la salvezza del suo popolo, ma per suoi scopi e interessi personali che porteranno spesso a risultati ancora peggiori per Israele. La sua figura è tracciata intorno al binomio uomospirito: egli è un uomo dalla forza straordinaria che gli viene però dall'azione in lui dello spirito di Dio. Allo stesso tempo l'uomo che compie gesta strepitose, che è stato scelto e benedetto dal Signore sin dal grembo materno, è lo stesso che si invaghisce più volte di donne straniere e si lascia corrompere dalla loro bellezza e che in più occasioni si rende infedele rompendo il suo voto di nazireato. Così per Sansone, al posto di un glorioso epilogo in cui la volontà di Dio trionfa sugli eventi della storia, abbiamo il manifestarsi dell'apice dell'infedeltà e della noncuranza di Israele nei confronti di Dio, dove il popolo eletto arriva addirittura ad accettare il dominio straniero come condizione di vita e non implora più l'aiuto del Signore. In questo modo la storia dei Giudici rimane incompiuta, anche se appare chiaramente la volontà misericordiosa e salvifica del Signore e il suo impegno a non abbandonare Israele, nonostante la sua lontananza e indifferenza; soltanto nella successiva epoca monarchica, con Saul e David, si avrà la completa liberazione dai Filistei: infatti il testo ricorda, attraverso le parole del messaggero divino, che Sansone semplicemente «inizierà a salvare Israele dalla mano dei Filistei» ( 13,5).
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13
GIUDICI 13,1
gli Israeliti tornarono a compiere il male agli occhi di YHWH e Dio li pose in balìa dei Filistei per quarant'anni. 1Ma
ni risalenti a Ramses III. Le prime ci parlano di un'alleanza con gli Hittiti per sconfiggere alcuni predoni del mare, ma gli invasori dilagarono e prevalsero. Secondo le notizie egiziane, invece, una confederazione di popoli del Mediterraneo invase alcuni territori del!' impero hittita e minacciava di occupare anche l'Egitto; il faraone Ramses III riuscl
a respingere solo in parte l'invasione straniera, perché è vero che i Filistei, gruppo più consistente degli aggressori, non entrarono in Egitto, ma occuparono le terre siropalestinesi. Nel tempo essi si costituirono in una lega di principati con a capo le cinque città conosciute poi come pentapoli filistea: Ashdod, Ashqalon, Eqron, Gat e Gaza.
L'epopea di Sansone si articola intorno ad alcune narrazioni locali legate a loro volta alla memoria di luoghi ritenuti sacri: alla roccia di Zore'a è legato il racconto dell'incontro con l'inviato di Dio (13,25); alla rupe di Etam il ricordo della dimora dell'eroe nelle caverne (15,8); a Le}Jì è ricordata la sorgente dove Dio ha abbeverato Sansone (15,9-19); abbiamo ancora il ricordo del monte vicino a Gaza dove l'eroe trascinò le porte della città che aveva scardinato ( 16,1-2); infine la memoria del luogo della sua sepoltura ( 16,31 ). Questi singoli racconti, che presumibilmente circolavano nella tribù di Dan, vennero poi raccolti nel libro dei Giudici non come un'antologia di cronache locali, ma secondo un canovaccio teologico che tra poco ripercorreremo. L'altro elemento evidente è la comparsa del nemico più pericoloso e difficile da sconfiggere: i Filistei.
13,1-25 Nascita di Sansone La storia di Sansone inizia secondo la tipologia dello schema teologico che più volte ricorre nel libro dei Giudici: ancora una volta Israele compie ciò che è male agli occhi del Signore, si allontana da lui, e per questo cade in balia degli stranieri, questa volta i Filistei, la peggior specie di nemico. Infatti nel testo biblico essi sono denominati in senso totalmente dispregiativo i «non circoncisi» (cfr. per esempio Gen 17,26; Lv 19,23; Gs 5,5), termine che implica non solo un disprezzo etnico, ma anche e soprattutto religioso. A differenza delle precedenti vicende narrate nel libro, in questo caso Israele non si lamenta con il Signore, ma sembra quasi accettare benevolmente questa sottomissione. Per questo nel prosieguo della narrazione si arriverà ad ammettere senza alcuna remora il dominio dei Filistei. Israele sembra totalmente dimentico e indifferente al riconoscimento della sovranità di Dio, tema peraltro fondamentale nel nostro libro, a tal punto da consegnare volontariamente agli stranieri quella stessa persona che il Signore aveva scelto per iniziare a liberare il suo popolo dalla dominazione straniera. Qualche studioso ha supposto che i Giudei non ebbero problemi a consegnare Sansone ai Filistei, in quanto egli era originario di Dan e non della tribù di Giuda, ma mi pare che questa sottigliezza non sia sufficiente a giustificare il tradimento narrato in questi versetti.
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GIUDICI 13,2
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13,2 Zore 'a (:"'n)- Secondo Gs 19,41 città~ segnata alla triìi di Dan, è indicata in Gdc 18,8 rome pwrto di partenza della migrazione dei Danaiti; il sito è localiZlJIIo nella moderna Sar' ah.
Della tribù dei Daniti (')"'i"! MMiil~t.QC)- Alla lettera: «del clan di Dan;>; ~i~~ ~efperiodo
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in cui la tribù di Dan si trovava ancora a ovest di Beniamino; successivamente emigrò nel Nord (cfr. il racconto dei cc. 17-18). Manoa/:1 (l!i)l?) - Il nome è attestato ancora solo in l Cr 2,54 dove vengono menzionati i Manal)titi di Zore'a.
Nonostante questa lontananza e questo distacco Dio non vuole abbandonare il suo popolo; anzi, egli stesso agirà comunque a suo favore. In questo caso non si parla della chiamata di un nuovo giudice, di un liberatore, ma il capitolo 13 si apre con l'annuncio della nascita di un bambino chiamato a «salvare Israele dalla mano dei Filistei» (13,5). Subito si percepisce che la situazione del popolo eletto è compromessa. in quanto si parla non di una liberazione completa e definitiva, ma di un inizio, e l'incompiutezzadell'opera di salvezza non è certamente dovuta all'impotenza di Dio, ma proprio alla lontananza e all'indifferenza di Israele. In questa prima parte del racconto certamente la figura di spicco è la madre di Sansone, che nella narrazione rimane comunque anonima. Questa prospettiva non è isolata; anzi, è in diretta continuità con i precedenti capitoli in cui più volte le figure femminili diventano determinanti nell'attuazione del progetto di Dio: pensiamo a Debora, a Va'el, di cui rimane viva la memoria del nome e della loro missione, ma anche alla giovane figlia di Yifta che rimane anonima e il cui
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GIUDICI 13,8
21n
quel tempo c'era un uomo di Zore'a della tribù dei Daniti, il cui nome era Manoal). Sua moglie era sterile e non aveva mai partorito. 3Allora l'angelo di YHWH apparve alla donna e le disse: «Tu sei sterile e non hai mai partorito; eppure concepirai e darai alla luce un figlio. 4Fa' attenzione a non bere vino o qualche bevanda inebriante e non mangiare alcun cibo impuro; 5perché tu concepirai e darai alla luce un figlio. Sulla sua testa non passerà rasoio, poiché il fanciullo sarà un nazireo di Dio sin dal grembo e lui inizierà a salvare Israele dalla mano dei Filistei». 6 La donna andò a dire al marito: «Un uomo di Dio è venuto da me, il suo aspetto era come quello di un angelo di Dio, un aspetto terrificante; per questo non gli ho chiesto da dove venisse e non mi ha nemmeno rivelato il suo nome. 7Mi ha detto soltanto "Ecco concepirai e darai alla luce un figlio, non bere dunque vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla di impuro, perché il fanciullo sarà un nazireo di YHWH dal grembo (materno) fino al giorno della sua morte"». 8Allora Manoal) pregò YHWH e disse: «0 mio signore, l 'uomo di Dio da te inviato tomi ancora da noi e ci indichi quel che dobbiamo fare con il fanciullo che nascerà>>. 13,3 Angelo di YHWH (:"!V"T;"11:.t~)- Cfr. nota a 5,23 e 6,11. 13,5 E darai alla luce un figlio (1:l J;1"'1~~1) - La Settanta traduce con Kal TÉ~'O uiov e ritroviamo lo stesso verbo in Le 1,31 nel racconto dell'annunciazione a Maria.
13,6 Un uomo di Dio (C':"'~M:"' ~M) - La specificazione «di Dio» che si trova.nel Testo Masoretico, secondo l'uso del linguaggio semitico, anticipa ciò che la donna non poteva ancora sapere e che verrà spiegato nei versetti successivi.
destino diventa decisivo per lo stesso cammino d'Israele. Cosi per la madre di Sansone la sua azione e la sua fedeltà a Dio rimangono d'esempio. È lei ad accogliere l'annuncio dell'angelo del Signore, mentre il marito rimane titubante e quasi sospettoso, e con la sua vita diventa modello di fede per il figlio e per tutto Israele. È lei a rimanere attenta e vigile alle parole del Signore, come protagonista intelligente della storia. Essa si inserisce nella linea delle donne sterili dell'Antico Testamento: Sara (Gen 11,30), Rebecca (Gen 25,21-26), Rachele (Gen 29,31) e Anna (l Sam 1,1-28); e come è stato per queste donne anche lei diventa segno dell'azione e della provvidenza di Dio, in quanto la sua maternità è da considerarsi come frutto di un intervento personale del Signore. Per questo motivo l'inizio della storia di Sansone è dipinta sotto i migliori auspici, ma ben presto, come vedremo, la benevolenza di Dio sarà tradita e dimenticata. In questo inizio positivo si inserisce la missione del messaggero divino che ricorda al lettore la precedente vicenda di Gedeone, in quanto appare come il rap-
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GIUDICI 13,9
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13,12 Le tue parole (1""1.~,)- Il Testo Masoretico ha un plurale, che non concorda con il verbo al singolare (N~:>; probabilmente va inteso come una sorta di plurale collettivo. Le versioni della Settanta e la Vulgata hanno il singolare, rispettivamente 6 À.oyo~ oou e sermo tuus, usando
presentante della volontà del Signore. Le caratteristiche di queste due manifestazioni sono parallele, soprattutto nella difficoltà del riconoscimento e nel tema del sacrificio (cfr. Ode 6,11-12), evidenziando da una parte la distanza che intercorre tra l'uomo e Dio, dall'altra il suo mostrarsi e farsi incontro all'uomo. Il racconto del giudice Sansone presenta le caratteristiche tipiche dell'eroe biblico: l'annuncio del messaggero divino, il voto di nazireato e la benedizione di Dio con il dono dello spirito del Signore. Le espressioni che troviamo riguardo al nazireato di Sansone ritornano nel vangelo di Luca quando si narra la nascita di Giovanni il Battista: l'espressione «l'angelo di YH\\