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Italian, Hebrew Pages 608/603 [603] Year 2013
VINCENZO LOPASSO, presbitero della Diocesi di San Marco Argentano-Scalea, ha studiato presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Ge rusalemme. Insegna Introduzione generale alla Sacra Scrittura ed Esegesi dell'Antico Testamento nell'Istituto Teologico Calabro di Catanzaro, ag gregato alla Pontificia Facoltà dell'Italia Meridio nale di Napoli. Dal 200 l tiene corsi di Teologia Bi blica dell'Antico Testamento e di Esegesi sui libri profetici nello Studium Biblicum Franciscanum. Tra i suoi scritti: Ritorna, Israele! ( 1998); Breve storia di Israele (200 l); Dal tempio al cuore. La nuova alle anza in Ger 31,29-34 e Zc 8,2-8 (2007); La Bib bia è Parola di Dio (2009); Grazia e preghiera (20 l l); contributi in Vivarium e in Liber Annuus.
Copertina: Progetto grafico di Angelo Zenzalari
NUOVA VERSIONE DELLA BIBBIA DAI TESTI ANTICHI
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Presentazione \l 0\.\ \'l. BH0\1 lll.f .J l IJIBBI l IJ.IJ
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a Nuova versione della Bibbia dai testi antichi si pone sulla scia di una Serie inaugurata dall'editore a margine ._ . . Jdei lavori conciliari (la Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali), il cui primo volume fu pubblicato nel1967. La nuova Serie ne riprende, almeno in parte, gli obiettivi, arricchendoli alla luce della ricerca e della sensibilità contemporanee. I volumi vogliono offrire anzitutto la possibilità di leggere le Scritture in una versione italiana che assicuri la fedeltà alla lingua originale, senza tuttavia rinunciare a una buona qualità letteraria. La compresenza di questi due aspetti dovrebbe da un lato rendere conto dell'andamento del testo; dall'altro, soddisfare le esigenze del lettore contemporaneo. L'aspetto più innovativo, che balza subito agli occhi, è la scelta di pubblicare non solo la versione italiana, ma anche il testo ebraico, aramaico o greco a fronte. Tale scelta cerca di venire incontro all'interesse, sempre più diffuso e ampio, per una conoscenza approfondita delle Scritture che comporta, necessariamente, anche la possibilità di accostarsi più direttamente ad esse. Il commento al testo si svolge su due livelli. Un primo livello, dedicato alle note filologico-testuali -lessicografiche, offre informazioni e spiegazioni che riguardano le varianti presenti nei diversi manoscritti antichi, l'uso e il significato dei termini, i casi in cui sono possibili diverse traduzioni, le ragioni che spingono a preferirne una e altre questioni analoghe. Un secondo livello, dedicato al commento esegetico-teologico, presenta le unità letterarie nella loro articolazione, evidenziandone gli aspetti teologici e mettendo in rilievo, là dove pare opportuno, il nesso tra Antico e Nuovo Testamento, rispettandone lo statuto dialogico. Particolare cura è dedicata all'introduzione dei singoli libri, dove vengono illustrati l'importanza e la posizione dell'opera nel canone, la struttura e gli aspetti letterari, le linee teologiche fondamentali, le questioni inerenti alla composizione e, infine, la storia della sua trasmissione. Un approfondimento, posto
PRESENTAZIONE
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in appendice, affronta la presenza del libro biblico nel ciclo dell'anno liturgico e nella vita del popolo di Dio; ciò permette di comprendere il testo non solo nella sua collocazione "originaria", ma anche nella dinamica interpretativa costituita dalla prassi ecclesiale, di cui la celebrazione liturgica costituisce l'ambito privilegiato.
I direttori della Serie Massimo Grilli Giacomo Perego Filippo Serafini
Annotazioni di carattere tecnico \l 0\\ \l·H,-,J()\1- 1>11.1.1 Bll!l\1\ 11.\l n:STI \\TIUII
Il testo in lingua antica Il testo ebraico stampato in questo volume è quello della Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), quinta edizione. Le correzioni alla lettura di alcuni termini, indicate dai masoreti (qerè l ketìb), sono segnalate da parentesi quadre, con il seguente ordine: nel testo compare la forma "mista" che si trova nel manoscritto, nelle parentesi si ha prima la forma presupposta dalle consonanti scritte (ketìb) e poi quella suggerita per la lettura dai masoreti (qerè). La traduzione italiana Quando l'autore ha ritenuto di doversi scostare in modo significativo dal testo stampato a fronte, sono stati adottati i seguenti accorgimenti: i segni indicano che si adotta una lezione differente da quella riportata in ebraico, ma presente in altri manoscritti o versioni, o comunque ritenuta probabile; le parentesi tonde indicano l'aggiunta di vocaboli che appaiono necessari in italiano per esplicitare il senso della frase ebraica. Per i nomi propri si è cercato di avere una resa che non si allontanasse troppo dall'originale ebraico, tenendo però conto dei casi in cui un certo uso italiano può considerarsi diffuso e abbastanza affermato. r
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I testi paralleli Se presenti, vengono indicati i paralleli al passo commentato con il simbolo l l; i passi che invece hanno affinità di contenuto o di tema, ma non sono classificabili come veri e propri paralleli, sono indicati come testi affini, con il simbolo •:•. La traslitterazione La traslitterazione dei termini ebraici è stata fatta con criteri adottati in ambito accademico e quindi con riferimento non alla pronuncia del vocabolo, ma all'equivalenza formale tra caratteri ebraici e caratteri latini.
ANNOTAZIONI
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L'approfondimento liturgico Redatto sempre dal medesimo autore (Gaetano Comiati), rimanda ai testi biblici come proposti nei Lezionari italiani, quindi alla versione CEI del 2008.
GEREMIA Introduzione, traduzione e commento
a cura di Vincenzo Lopasso
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SAN PAOLO
Biblia H ebraica Stuttgartensia, edited by Karl Elliger and Wilhelm Rudolph, Fifth Revised Edition, edited by Adrian Schenker, © 1977 and 1997 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by permission.
© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2013 Piazza Soncino, 5- 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2- 10153 Torino
ISBN 978-88-215-9084-9
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TITOLO E POSIZIONE NEL CANONE
Il libro porta il titolo «Geremia». In particolare, l'intestazione di l, 1-3, oltre a offrire le coordinate temporali del suo ministero, evidenzia l'identità tra la parola di YHWH e le parole proferite dal profeta. Se si considera l'attenzione che il libro concede alla sua persona, questo assunto calza più a lui che a qualsiasi altro profeta dell'Antico Testamento. Quello di Geremia è il libro più lungo dell'Antico Testamento (il Testo Masoretico consta di 21981 parole 1) e presenta l'attività del profeta lungo un arco di tempo che supera i quarant'anni (dal 627 a.C. a una data non precisabile dell'esilio, probabilmente il580 a.C.): rilegge questo periodo storico in linea con i criteri del Deuteronomio e annuncia un'alleanza nuova tra Dio e Israele. Con la sua vicenda personale e il suo attaccamento alla parola di Dio, il profeta vi occupa un posto tale che, almeno nelle sezioni biografiche e nei lamenti, è difficile separare nettamente la sua persona dal messaggio che annuncia. Perciò l'importanza del libro è dovuta, oltre al messaggio della nuova alleanza, al fascino, al ruolo determinante e alla centralità del profeta. Non è un caso che nel Nuovo Testamento Geremia venga menzionato, il solo tra i profeti scrittori, per indicare un rapporto di identità con Gesù Cristo (Mt 16,14); il che dimostra sia il posto preminente che egli si era guadagnato nella prima generazione cristiana sia la consapevolezza di un legame tra lui e la persona di Gesù di Nazaret. Nella Bibbia Ebraica il libro di Geremia occupa il secondo posto tra i profeti posteriori, subito dopo quello di Isaia e prima di Eze1 Secondo il computo di Andersen-Forbes, cit. in G. Fìscher, Jeremia 1-25, Herder, Freiburg im Breisgau 2005, p. 38.
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chiele. Questa collocazione, seguita dalla Settanta e dalla Vulgata, si rifà al criterio cronologico per il quale il libro si affaccia sull'esilio, ali' epoca in cui sono attivi il Secondo Isaia ed Ezechiele. Alla fine dell'opera, il capitolo 52 si sofferma sulle tre successive deportazioni in Babilonia (52,28-30). Partendo da questo capitolo, parallelo a 2Re 25,8-30, Geremia può leggersi come eziologia del destino della nazione, una specie di rilettura della storia e un invito a leggere il futuro nuovo che Dio sta progettando per il popolo. In linea con tale prospettiva, la tradizione giudaica lo ha collocato addirittura prima dello stesso Isaia e immediatamente dopo i libri dei Re, come se fosse un commento di questi ultimi e un prolungamento di 2Re 25. Nel Talmud leggiamo che «i libri dei Re sono seguiti da Geremia perché essi finiscono con l'esilio e Geremia ha a che fare con la stessa materia» (Talmud babilonese, Baba Batra, 14b-15a). Il libro è stato l'inizio di processi di fede che più tardi hanno preso forma in composizioni successive, contribuendo allo sviluppo delle stesse tradizioni sapienziali e apocalittiche. Basti citare qui l'influsso della profezia dei settant'anni in Daniele (9,2) e in altri scritti. Una menzione a parte meriterebbe il rapporto di alcuni lamenti di Geremia con i salmi di lamentazione, dai quali emerge la medesima spiritualità. In passato era invalsa la tesi che Geremia fosse ali' origine di un gran numero di questi salmi; oggi il rapporto tra il profeta e i Salmi è analizzato in modo più critico: sebbene non si possa escludere che ci siano stati degli influssi, essi sono considerati reciproci e valutati nella loro singola portata2 • Ma si può andare oltre, cogliendo anche alcuni rapporti con il libro delle Cronache (cfr. 2Cr 36,22-23) e con Esdra (1,1-5). Perciò Geremia nasconde una vitalità davvero sorprendente, non equiparabile a quella di nessun altro testo dell'Antico Testamento; vitalità che non ha cessato di condizionare le generazioni successive alla fine dell'epoca anticotestamentaria, ma è andata oltre, coinvolgendo gli stessi autori del Nuovo Testamento. Mt 16, 14 mostra che Geremia all'epoca di Gesù era uno di quei profeti, come Elia, il cui ritorno imminente era atteso per segnare l'inizio dei tempi messianici. 2 Cfr., p. es., W.L. Holladay, Jeremiah 2. Chapters 26-52, Fortress Press, Minneapolis (MN) 1989, pp. 64-70.
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Nelle parole sul calice Gesù rilegge la sua vita, e in particolare l' offerta di se sulla croce, alla luce della profezia della nuova alleanza di Ger 31 ,31-34. Sempre prendendo le mosse da questa profezia la chiesa antica ha riletto la missione salvifica di Gesù, i suoi effetti sul popolo, nonché lo stesso rapporto tra l'economia dell'Antico Testamento e quella del Nuovo Testamento (Eb 8). Infatti, l'autore della lettera agli Ebrei ricorre a questo testo ben due volte, allo scopo di presentare Gesù come mediatore della nuova alleanza (Eb 8,8-12; l O, 16-17).
ASPETTI LETTERARI Articolazione Così come si presenta, il libro di Geremia è una collezione di scritti, composta secondo criteri difficilmente individuabili, forse perché i redattori, nel corso della sua formazione, sono intervenuti con dell'altro materiale senza apportare sostanziali modifiche ali' organizzazione di quanto avevano ereditato. Se apparentemente il criterio cronologico sembra risolutivo, in realtà non lo è, perché i testi datati non si susseguono in modo progressivo e ordinato. Per questo motivo, si hanno differenti teorie sull'articolazione del libro3 • La nostra prop~sta si basa sul contenuto, sulla posizione di alcuni capitoli (cc. l; 7; 11; 25; 26; 36; 45; 52), sulla presenza di titoli e intestazioni premessi ad alcune collezioni ( 14, l; 21,11; 23,9; 46, l) e sulla ricorrenza della formula «Questa parola fu rivolta a Geremia da YHWH» (la cosiddetta «formula dell'evento della parola»: 7,1; 11,1; 14,1; 18,1; 21,1; 30,1). In particolare, si nota che alcuni capitoli, interrompendo la sequenza degli eventi, fungono da pilastri dell'intera architettura e delimitano le collezioni. Il capitolo l si può ritenere introduzione a tutto il libro: ne presenta i vari temi e annuncia la missione di Geremia, definito profeta delle nazioni, che ha il compito di «sradicare e demolire, per abbattere e distruggere, per costruire e piantare» (l, l 0), ovvero di rappresentare 3 Per uno sguardo d 'insieme sulle varie proposte, cfr. A.J.O. Van der Wal, «Toward a Synchronic Analysis ofthe Masoretic Text ofthe Book of Jeremiah», in M. Kessler, Reading the Book ofJeremiah. A Search ofCoherence, Eisenbrauns, Winona Lake (IN) 2004, pp. 13-17.
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YHWH sul piano del giudizio e della salvezza. Segue la prima sezione del libro (cc. 2-6), che in gran parte raccoglie materiale del periodo giosiano: quasi interamente in poesia, si sofferma a presentare la colpevolezza di Giuda in contrapposizione alla fedeltà di Dio. Si possono distinguere due sottosezioni: nella prima, 2, 1--4,4, prevale il linguaggio della controversia giuridica, si denuncia l'idolatria e si invita il popolo alla conversione; nella seconda, 4,4-6,30, in cui prevale un lessico prettamente militare, si annuncia l'arrivo di un nemico proveniente dal settentrione. La sezione si conclude con un giudizio negativo sul popolo rigettato da YHWH (6,27-30). Ai capitoli 2-6 sono annessi, mediante la formula dell'evento della parola, i capitoli 7-10, che costituiscono un blocco a parte incentrato sul tema della vera fiducia. In 7, 1-8,3 si hanno quattro discorsi deuteronomistici sul falso culto, datati all'inizio del regno di Yoyaqim. Del medesimo periodo sono gli interventi in poesia di 8,4-10,25. In sostanza, questi capitoli rappresentano una sorta di commento dei brani poetici della sezione precedente in cui, in maniera più concreta, erano descritte le attitudini religiose negative del popolo, retaggio dell'ambiente cananeo: il popolo non può salvarsi, se non ripone la propria fiducia in Dio, il solo che è grande, come dimostrato anche da l O, 1-16, costruito con espressioni improntate alla critica contro gli idoli del Secondo Isaia. Nella sezione successiva dei capitoli 11-20, pure databile sotto Yoyaqim, il capitolo iniziale svolge in prosa deuteronomistica una funzione similare a quella del capitolo 7 e parimenti si serve della formula dell'evento della parola ( 11, l). Redatto in gran parte in poesia, il materiale di questa sezione è distribuibile in tre sottosezioni: capitoli 11-13; capitoli 14-17; capitoli 18-20. Nella prima, che insiste sull'infedeltà all'alleanza (11,1-14) e sul rigetto del popolo da parte di YHWH ( 13, 1-11, azione simbolica della cintura marcita), emerge la figura del profeta, che svolge il ruolo di mediatore. A iniziare dal capitolo 14, corredato di intestazione (v. l: «ciò che fu rivolto come parola di YHWH a Geremia in occasione della siccità»), è il popolo che, consapevole di essere oggetto del castigo, lamenta la situazione in cui si trova e invoca l'aiuto del Signore (14,7-9; 14,19-22). Dal canto suo, il profeta supplica YHWH a favore del popolo, ma senza alcun esito (14, 11-
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12): egli è chiamato a rappresentare, rimanendo celibe e privandosi di
ogni occasione di gioia, la condizione esistenziale del popolo destinato all'infelicità (16,1-9). Nell'ultima sottosezione (cc. 18-20) il giudizio è presentato come definitivo, data la situazione di degrado morale in cui si vive, rilevata dalla menzione degli abomini perpetrati nella valle di Ben Hinnom. Introdotti dalla formula dell'evento della parola ( 18, l), questi capitoli contengono materiale prevalentemente in prosa. Ai capitoli 11-20 segue la sezione dei capitoli 21-25, composta di oracoli sul comportamento di coloro che sono ritenuti responsabili della catastrofe - ovvero i capi, gli ultimi re di Giuda e i falsi profeti (cc. 21-23)-, di un racconto di visione (c. 24) e infine di un sommario della predicazione contenuta nella prima parte del libro (c. 25). Dalla sezione precedente si distingue per il contenuto degli interventi del profeta, collocabili sotto Yoyaqim e Zidqiyya, e per le intestazioni di 21,11 («alla casa del re di Giuda») e di 23,9 («ai profeti»). Il capitolo 25 si presta a essere interpretato in diversi modi: da una parte, in base ai vv. 1-14, che offrono un sommario della predicazione svolta nei capitoli 2-24, sembrerebbe opportuno ricollegarlo a quanto precede; dall'altra, tenendo presente i vv. 15-38, che invece parlano del giudizio contro le nazioni, sembra composto per rinviare alla sezione degli oracoli contro le nazioni (cc. 46-51 ). Nella Settanta, che colloca questa sezione dopo 25, 13, è chiaro che i vv. 15-38 svolgono una funzione introduttiva e prolettica, mentre i vv. 1-13 una funzione riassuntiva. Si può, però, optare per un'altra soluzione: quella di considerare insieme questi due gruppi di versetti, in quanto legati dall'idea che Giuda sarà punita (per non aver ubbidito alla parola di Dio annunciata dal profeta nel corso dei primi ventitré anni del suo ministero) e che trascorrerà in esilio settant'anni, al termine dei quali sarà liberata (cfr. 25, 11.12), mentre Babilonia e le altre nazioni circonvicine saranno punite. Così, con il capitolo 25 si conclude la prima parte del libro di Geremia. A favore di tale soluzione depone anche il fatto che riprende alcuni elementi del capitolo l, formando inclusione (inizio del ministero di Geremia: 1,1 e 25,3; parola di YHWH: 1,2 e 25,15-29; profeta delle nazioni: 1,5 e 25,9.11.12.13.14.15.17; regni del settentrione l re del settentrione: 1,15 e 25,9; idolatria: 1,16 e 25,4'-7). La seconda parte del libro (cc. 26-52) è costituita di tre sezioni, indi-
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viduate sulla base della funzione che vi svolgono i capitoli 26; 36; 46. Diversamente dalla prima parte, siamo di fronte a materiale in prosa, eccettuati gli oracoli dei capitoli 30-31 e quelli contro le nazioni (cc. 46-51 ). La prima sezione comprende i capitoli 26-35 nei quali troviamo oracoli e narrazioni riconducibili all'epoca del regno di Zidqiyya. Il capitolo 26, parallelo al capitolo 7, soffermandosi sulle conseguenze che il discorso sul tempio, datato all'inizio del regno di Yoyaqim, ebbe per Geremia, anticipa il motivo della persecuzione, sviluppato nei capitoli successivi. Nella sottosezione dei capitoli 27-29 il motivo della sofferenza causata a Geremia dai falsi profeti si intreccia con quello dei settant'anni di esilio (29, l 0). La seconda sottosezione è formata dai capitoli 30-33, chiamato «il libro della consolazione», e dai capitoli 34-35. Nei capitoli 30-33 svolge una funzione centrale il racconto dell'azione simbolica dell'acquisto del campo (c. 32), incorniciato da oracoli sulla futura restaurazione del popolo nel paese (cc. 30-31 e c. 33). I capitoli 34-35 contrappongono due tipologie di persone che si relazionano a Dio in modo differente: da una parte, Zidqiyya e i capi, i quali, dopo aver lasciato liberi gli schiavi, vengono meno all'impegno assunto di fronte a Dio e li richiamano (c. 34); dall'altra, i Rekabiti, considerati modello di fedeltà a YHWH per essersi mantenuti costantemente ligi agli impegni assunti di fronte a Lui (c. 35). Entrambi i capitoli dimostrano come il giudizio divino sia determinato dal modo in cui il popolo si comporta nei confronti dell'alleanza. Che il capitolo 36 segni l'inizio di una nuova sezione (cc. 36-45), è indicato dalla discontinuità cronologica con il contesto circostante: rimandando a un evento avvenuto sotto il regno di Yoyaqim, riasswne nei vv. 1-3la predicazionedel profeta, in modo simile a25,1-7. Nonostante fosse in contrasto con la successione cronologica degli episodi, il capitolo 36 è stato posto nell'attuale contesto per fungere da ripresa, similmente al capitolo 26, al motivo della sofferenza del profeta, il quale nei capitoli 37-3 8, a causa del messaggio concernente la resa di Gerusalemme e la predicazione sul modo di confrontarsi con i Babilonesi, sarà per ben due volte messo in prigione (37,11-16; 38,7-13). Dopo la conquista di Gerusalemme, però, verrà prosciolto e lasciato libero di scegliere se andare a Babilonia o restare con il governatore, Godolia (40,2-6). I capitoli 40-44 riguardano gli episodi concernenti
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l'assassinio di Godolia e il trasferimento del gruppo guidato da Giovanni in Egitto, non contemplati nella soprascritta di 1,1-3. Questa sottosezione si conclude con il capitolo 45, breve oracolo di salvezza indirizzato a Baruk, per il ruolo rivestito accanto al profeta e in seno al popolo. Il carattere di chiusura di questo capitolo, simile al brano conclusivo del libro sull'amnistia di Yoyakin (52,31-34), è confermato dal fatto che nella Settanta rappresenta l 'ultimo passo del libro. Infine, l 'ultima sezione, corredata di intestazione (46, l), contiene gli oracoli delle nazioni straniere(cc. 46-51), il cui carattere omogeneo è provato dallo stesso genere letterario, presente altrove nella letteratura profetica. Il capitolo 52 è il capitolo conclusivo dell'intero libro: si tratta di un'appendice storica, parallela a 2Re 24,18-25,30, incentrata sugli avvenimenti successivi alla presa di Gerusalemme e su quelli concernenti l'esilio. Si può notare lo sviluppo del motivo del destino della città santa, anticipato in 1,3, ma ora sviluppato in forma narrativa (52,1-30). Infine, va osservato che, come nella Settanta, il libro secondo il Testo Masoretico si conclude con una nota positiva, ripresa da 2Re 25,27-30, riguardante l'amnistia concessa al re di Giuda in esilio. Probabilmente tutto il capitolo 52 è stato aggiunto in un secondo tempo, dopo lo spostamento del corpo degli oracoli contro le nazioni al termine del libro. In tal modo, i redattori hanno voluto che Geremia terminasse con una parola di speranza. Presentiamo di seguito, il quadro sintetico dell'articolazione del libro: Prima parte: c. l: cc. 2-6 cc. 7-10 cc. 11-20 cc. 21-25
Oracoli contro Giuda e Gerusalemme (cc. 1-25) Capitolo programmatico La predicazione iniziale Primi interventi di Geremia sotto Yoyaqim Geremia contro il popolo sotto il regno di Yoyaqim Contro la casa regale e i profeti (cc. 21-24) e annuncio del giudizio su Giuda e sulle nazioni (c. 25)
Seconda parte: La fine di Gerusalemme e delle nazioni (cc. 26-52) cc. 26-35 Inizio del calvario di Geremia e prospettive di speranza cc. 36-45 Il rifiuto della parola profetica cc. 46-51 Gli oracoli sulle nazioni c. 52 Appendice storica
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Lingua e stile4 Dal punto di vista letterario va menzionata prima di tutto la presenza di diversi doppioni: 6,13-15//8b,10-12; 10,12-16//51,15-19; 11,20//20,12; 15,13-14//17,3-4; 16,14-16//23,7-8; 23,5-6//33,1416; 23,19-20//30,23-24; 30,10-11//46,27-28; 48,40-41//49,22; 49,19-21//50,44-46. In altri casi, non si tratta di doppioni né di frasi ripetute, ma della ripresa del medesimo messaggio e del medesimo vocabolario con qualche variazione, a causa dei contesti letterari differenti (cfr., p. es., 7,1-15//26,1-6). Non c'è dubbio che nei testi in prosa la lingua risenta dello stile deuteronomistico e della relativa sintassi (cfr. l'impiego del periodo ipotetico «se ... allora», per indicare che il popolo può godere delle benedizioni divine nel paese solo a condizione che abbandoni le proprie vie malvagie e si converta a Dio; 7,5-8; 4,1-2; Dt 28,1-2; o del discorso secondo il ragionamento a minore ad maius, 12,2; 25,29). Nella poesia una serie di fenomeni linguistici permettono di ottenere un'idea precisa sul modo di esprimersi del profeta: gli è propria la capacità di coinvolgere nel dialogo i partecipanti e trascinarli nella discussione (cfr. l 'uso della particella hinneh, «ecco»; la triplice domanda, p. es., in 2,14; 8,4-5; 14,19; 22,28). Chi ascolta si sente coinvolto negli eventi come se si stessero verificando in quello stesso momento. Se non si può negare che usa il verso elegiaco, chiamato qinà (metro costituito di 3 + 2 accenti, in modo alternato), va detto che Geremia se ne serve con molta libertà assieme ad altri tipi di verso. L'effetto poetico è comunque ottenuto mediante il ritmo e il parallelismo. Oltre alla presenza di un intero versetto in aramaico (l O, Il), non mancano termini desunti da tale lingua né costruzioni giustificabili per il suo influsso (cosiddetti «aramaismi»).
Formule e generi letterari Il libro di Geremia s'impone non soltanto per il modo in cui sono raggruppati i vari brani, ma anche per la varietà delle formule e dei 4 Per una trattazione più estesa rimandiamo a G. Fischer, Jeremia. Der Stand der theo/ogischen Diskussion, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2007, pp. 73-89; Id., Jeremia 1-25, cit. pp. 46-65; J.R. Lundbom, Jeremiah 1-20. A New Translation with lntroduction and Commentary, Doub1eday, New York 1999, pp. 121-139.
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generi letterari riscontrabili al suo interno. Per utilità del lettore, ne presentiamo i più frequenti. Come gli altri libri profetici, Geremia fa uso di formule, la più utilizzata delle quali è la «formula del messaggero» («così ha detto YHWH»), teologicamente rilevante per l'autocoscienza del profeta5. Ricorrenti sono anche la formula di rivelazione («la parola di YHWH fu rivolta a Geremia») e quella di oracolo divino («oracolo di YHWH» ), che in genere si trova al termine di questo, ma non di rado all'inizio o al centro. Importante è, inoltre, la «formula dell'evento della parola» («e venne [avvenne] la parola di YHWH rivolta a») che ricorre nel libro, considerando le varianti, ben undici volte (7,1; 11,1; 14,1;18,1; 21,1; 25,1; 32,1; 34,1.8; 35,1; 40,1; anche in Ezechiele, cfr. Ez 6, l; 7,1; 11,14; 12,8) e svolge un'importante funzione sia redazionale, in quanto introduce ampie sezioni letterarie, sia teologica, in quanto pone in rilievo la realtà della Parola, quale entità reale e autonoma, rispetto al profeta, che ne è il destinatario prima che l'annunciatore. Un'altra formula usata in Geremia, ma più spesso in Ezechiele, è la «formula di giuramento»: «vivente è YHWH » (4,2; 5,2; 12,16; 16,14.15; 38,16) ricorrente sulle labbra del popolo oppure pronunciata da YHWH stesso («per la mia vita»; 22,24; 46,18). Passando alle unità letterarie, le forme fondamentali, come in qualsiasi altro libro profetico, sono il discorso profeti co e il discorso divino, a seconda che sia YHWH a parlare oppure il profeta. All'intemo del genere poetico, l'espressione più caratteristica è l'oracolo: dichiarazione solenne, introdotta dalla formula del messaggero, rivolta alla collettività, a persone singole (Pashl).ur: 20,6; I:Iananya: 28,12-16; Shema'ya: 29,30-32; Yoyaqim: 36,29-30; Baruk: 45,1) oppure a categorie particolari (re, falsi profeti). Quello più comune è l'annuncio, del giudizio o della salvezza, che può presentarsi in forme diverse, a seconda di quale sia l'aspetto maggiormente sviluppato; inoltre, spesso il modo di classificare gli oracoli varia da autore ad autore. Generalmente, tuttavia, si parla di oracolo di giudizio quando ci si trova di fronte alla forma bipartita, in cui 5 E. Zenger, «Peculiarità e significato della profezia di Israele», in E. Zenger (ed.), Introduzione all'Antico Testamento, Queriniana, Brescia 2005, pp. 641-642.
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all'accusa segue l'annuncio di giudizio vero e proprio (o verdetto )6 • Tuttavia, si dovrebbe parlare di annuncio di giudizio (o di sventura), anche nei casi in cui manca l'accusa (motivazione). Quanto alla forma, l'annuncio di giudizio può presentarsi come minaccia o come promessa di punizione7 e può variare con l'inserimento di altri elementi. L'accusa o invettiva, per esempio, può essere introdotta da «guai a voi», espressione mutuata dal lamento funebre. Un altro genere letterario è quello della requisitoria profetica o del rib, che si avvicina agli oracoli di giudizio ma senza identificarsi pienamente con essi, perché l'accusa, più ampia, ha la funzione non di motivare il giudizio, ma di convincere Israele del peccato, puntando al confronto tra le parti e soprattutto alla riconciliazione. Geremia probabilmente eredita questo genere da Osea (2,4-15) e lo applica in 2,4-13.29, in cui è possibile ritrovare gli elementi caratteristici di questa forma: preliminari del processo (convocazioni delle parti); interrogatorio dei testimoni e formulazione dell'accusa; requisitoria (riferimento all'opera di YHWH nella storia; riferimento all'inutilità delle compensazioni rituali); dichiarazione ufficiale di colpevolezza e condanna espressa in forma di minaccia. Opposto all'oracolo di giudizio è l'annuncio di salvezza. Quando si ha la struttura a due membri, il primo membro non consiste nella motivazione, perché a Israele non è dato meritare la salvezza, se non per un atto gratuito di YHWH, ma da un altro elemento, come, per esempio, l'ammonimento. L'oracolo di salvezza può avere come destinatario anche una singola persona, come nel caso di Baruk e di Ebed-Melek, ma comunemente è rivolto a tutto il popolo; è introdotto da formule stereotipate: per esempio, «in quel giorno», «vengono giorni». Occorre dire che nel periodo esilico tale genere assume una forma più complessa, riscontrabile negli annunci del Secondo Isaia, con il quale alcuni testi di Geremia presentano forti affinità. L' «oracolo di salvezza»8 6 Cfr. lo studio fondamentale in merito di C. Westermann, Gnmdformen prophetischer Rede, Chr. Kaiser Verlag, Miinchen 19785 (la prima edizione è del 1960). 7 E. Zenger, «Peculiarità e significato della profezia in Israele», cit., p. 376. 8 L'oracolo di salvezza è stato studiato a fondo da C. Westermann soprattutto in riferimento al Secondo Isaia; cfr. C. Westermann, Prophetische Heilsworte im Alten Testament, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1987.
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è costituito dai seguenti elementi: discorso alla seconda persona singolare; formula di rassicurazione («non temere»); motivazione della promessa; annuncio di un evento futuro. Tra i testi in poesia, abbiamo cinque brani tradizionalmente chiamati· «Confessioni» per il loro carattere biografico e intimo. Essi si trovano nel blocco dei capitoli 11-20: 11,18-12,6; 15,1021; 17,12-18; 18,18-23; 20,7-18 (forse 17,9-10). Più propriamente, però, appartengono al genere dei lamenti individuali del Salterio, e comprendono diverse sequenze: invocazioni, descrizione della situazione in cui si trova l' orante, suppliche, espressioni di fiducia, confessione di innocenza9 • In questi brani Geremia apre il suo animo al Signore, lotta con Lui, chiede il suo aiuto o la vendetta sui nemici. Alcune volte alla preghiera segue una risposta con la quale il Signore corregge il punto di vista del profeta (p. es., 15,15-21), oppure un inno di liberazione (p. es., 20,7-13); altre volte la preghiera si trasforma in imprecazione (p. es., 12, l; 20, 14-18). Per quanto possano rispecchiare il conflitto con gli avversari e lumeggiare le ripercussioni che ebbe in Geremia la vocazione 10 , questi brani tradiscono il punto di vista di coloro che si sono serviti della sua esperienza per dar voce a una collettività che si interrogava sul destino del giusto o sulla sorte dei nemici. In sostanza, oggi c'è la tendenza ad attribuire a questi testi un significato meno legato alla persona del profeta e più in linea con la spiritualità postesilica che egli rappresenta proprio in questo sforzo di fedeltà alla parola di Dio. Altri testi in Geremia presentano le medesime caratteristiche del lamento presenti nelle cosiddette «confessioni» (4,9-21; 8,18-23; 10,9-23; 13,17; 14,17-18; 23,9), per le quali, tra l'altro, si discute sulla loro estensione. Per questi motivi, nel commento si preferisce usare in modo indiscriminato il termine di lamenti, segnalando al lettore che in alcuni casi si tratta di quei lamenti comunemente classificati come «confessioni». 9 Cfr. E. Zenger, > essi portano differenti motivazioni, tra le quali l'assenza di riferimento nel libro alla riforma di Yoshiyya, avvenuta ne1622 a.C., e il fatto che il primo intervento datato sia proprio il discorso sul tempio pronunciato nel609 a.C. (7,1-15). Tale prospettiva, però, a nostro avviso, non prende abbastanza in considerazione né che il 627 a.C. è l'unica data che il libro offre quale anno della vocazione del profeta (1,2; 25,3; cfr. 3,6; 36,2) né che i cc. 3 e 31 contengono delle parole di salvezza rivolte alle popolazioni dell'antico regno del Nord, nella prospettiva degli orientamenti religiosi e politici voluti dal pio sovrano con la riforma religiosa. Cfr. V. Lopasso, «La riforma di Giosia nel Nord», Bibbia e Oriente 41 (1999), pp. 29-39; Id., «Ger 3: forma, contenuto e scopo», Bibbia e Oriente43 (2001), pp.197-213.
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rimane in ozio, ma entra in conflitto con Yoyaqim, che Neko aveva posto sul trono, per diverse ragioni, soprattutto per i reati contro la giustizia sociale perpetrati dal regnante (cfr. 22, 13-17). Tra questi due estremi (dal609 fino al605 a.C.) si può porre lasecondafase del ministero di Geremia, periodo caratterizzato da una politica estera altalenante e da un'intensa attività del profeta ben documentata nel libro. Questa fase inizia con il famoso discorso del tempio (di cui abbiamo due versioni, una nel c. 7 e l'altra nel c. 26); fondamentale, insieme ad altri interventi, per apprendere come con Yoyaqim si ebbe in Giuda la recrudescenza della idolatria e dei vecchi costumi, che negli ultimi anni di Yoshiyya erano stati ridimensionati. Datato al605, invece, è il famoso racconto del capitolo 36, in cui si narra che il profeta detti a Baruk tutti gli oracoli proclamati dall'anno della vocazione a quello in corso. Alla fine del capitolo si nota che Geremia e Baruk dovettero nascondersi, per sottrarsi all'arresto, in quantò gli oracoli vennero interpretati in senso polemico nei confronti del re e della sua politica. È probabile che da quel momento, per un certo periodo, Geremia si sia ritirato dalla scena pubblica. In tutta questa seconda fase gran parte della predicazione del profeta consiste nell'annuncio della sventura, che si presenta sotto l'immagine di un nemico misterioso che proviene dal Nord. Quest'annuncio si trova nella sezione dei capitoli 4--6 e poi disseminato nei capitoli successivi fino al capitolo l O. Il nemico era stato intravisto dal profeta all'inizio del suo ministero (1,1314), ma ora emerge con tutta la sua forza. Circa l'identificazione di questo nemico, in passato prevalse l'ipotesi che si sia trattato degli Sciti, in base alla lettura di un testo enigmatico di Erodoto (Storie, l, l 03-106) 13 ; oggi è da tutti accettata la tesi che si tratti dei Babilonesi che, a partire dal605 a.C., fanno sentire il loro peso nella geopolitica della regione mediorientale. Infatti, vinti in questo anno gli Egiziani a Karkemish, diventano padroni indiscussi della regione. A riportare la vittoria sugli Egiziani fu Nebukadnezzar, figlio di Nabopolassar, che regnò dal605 al562 a.C. In Giuda, pure costretta a piegare il collo alla nuova potenza, si registra una certa 13
Cfr. W. Rudolph, Jeremia, J.C.B. Mohr (Pau! Siebeck), Tubingen 19683 , p. 48.
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prosperità, soprattutto nella corte e nei ceti agiati, ma a spese delle categorie sociali meno abbienti. Negli anni successivi la situazione internazionale peggiora. Nel 604 troviamo Nebukadnezzar in Siria-Palestina per riscuotere il tributo; alla fine di questo stesso anno marcia contro Ashqelon e la conquista. Probabilmente in questo frattempo riceve anche la sottomissione di Yoyaqim, il quale, però, come nota 2Re 24,1, gli rimane leale solo per tre anni. Dal punto di vista politico la situazione di Giuda comincia a precipitare appunto nel 601 a.C., allorché Yoyaqim diede appoggio all'Egitto, che aveva tentato di coalizzare altri stati vassalli contro Babilonia. La ritorsione dei Babilonesi non si fece aspettare molto (2 Re 24,29): Nebukadnezzar raggiunse Gerusalemme (2 Re 24,11), l'assediò, depose Yoyakin, che intanto era succeduto a Yoyaqim, forse assassinato; pose sul trono Mattatia, zio di Yoyakin e figlio di Yoshiyya (2 Re 24,17), dopo avergli cambiato il nome in Zidqiyya; impose un tributo alla nazione. In seguito si ebbe la prima deportazione a Babilonia (597 a.C.; cfr. Ger 52,28-30). Geremia ritorna alla ribalta nel594 a.C. e la terza fase del ministero si protrae fino al586 a.C.: è in sostanza il periodo più intenso del profeta, segnato dalla conferenza internazionale tenutasi a Gerusalemme nel 594 a.C. (27,3) foriera di come sarebbe stata la politica del nuovo re. Da quanto è in nostro possesso, possiamo dire che Zidqiyya fu un re insicuro, incapace di guidare la nazione con forza e discrezione, in un periodo particolare, in cui a Gerusalemme è forte il partito avverso ai Babilonesi, desideroso di trascinare il re nella direzione filo-egiziana. Nello stesso tempo, proprio in questo periodo, pullulano i falsi profeti - con cui Geremia si scontra più volte- che annunciavano una salvezza a basso prezzo e un ritorno immediato degli esuli del597 a.C. L'episodio più noto riguarda lo scontro con ijananya, raccontato in 28, 1-17, avvenuto probabilmente nel593 a.C. (28,1). In quest'anno si deve collocare la crisi di vocazione di cui è un'eco il lamento di 15,10-21. Fu proprio in quest'anno che Geremia inviò agli esuli uno scritto, con il quale li esortava ad avere pazienza, a vivere tranquilli e a lavorare per il loro benessere e per quello dei nemici (29,1-23).
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Nonostante i consigli del profeta (Ger 27), il re si lascia coinvolgere dal faraone Psammetico I, da poco subentrato a Neko, contro Babilonia e Zidqiyya si vede costretto a rinnovare la propria fedeltà di vassallo andando nella capitale dell'impero (cfr. nota a 51,59). Di questa terza fase del ministero di Geremia possediamo informazioni dettagliate nei capitoli 32-34; 37-39. Verso la fine del periodo, il profeta, accusato di collaborazionismo con il nemico, finisce ben due volte in carcere, dove in definitiva rimarrà per quasi tutto il tempo dell'assedio di Gerusalemme. Nebukadnezzar assedia Gerusalemme dal gennaio del 587 al luglio del 586: una volta conquistata la città, la distrugge e opera una seconda deportazione. L'Egitto, sconfitto dai Babilonesi, non è in grado di prestare soccorso a Zidqiyya, che tenta di fuggire, ma viene catturato e deportato a Ribla, dove Nebukadnezzar aveva posto il suo quartier generale. Lì i suoi figli vengono uécisi davanti ai suoi occhi ed egli viene accecato per essere condotto in esilio. L'ultimo periodo della guerra è ben documentato dalle lettere trovate a Lakish, le quali offrono uno spaccato della resistenza e, nel contempo, riportano la voce di coloro che erano convinti che sarebbe stato meglio consegnarsi al nemico. Il re babilonese, convinto della lealtà e della perspicacia di Geremia in riferimento alla politica tra i due stati, gli offre la possibilità di soggiornare tra gli agi a Babilonia. Ma Geremia declina l'invito. La quarta e ultima fase dell'attività del profeta comprende gli anni successivi aL 586 a.C. I Babilonesi nominarono, come governatore, con sede a Mizpa, Ghedalya, che doveva essere legato al profeta da parecchio tempo, se suo padre Al)iqam era tra coloro che lo avevano difeso e protetto (26,24; 39,14). Costui esercitò l'incarico per non molto tempo (2Re 25,25); venne ucciso e i «rimasti» nel paese pensarono di darsi alla fuga in Egitto per sfuggire a un'eventuale ritorsione da parte dei Babilonesi (2Re 25,26; Ger 40,1-43, 7). Geremia seguì i fuggiaschi, fino ali 'ultimo solidale con il suo popolo, e i Babilonesi nel frattempo effettuarono per la terza volta una deportazione, nel 582 a.C. (52,30). In Egitto i Giudei ripresero a praticare i culti idolatrici: alla fine del ministero Geremia si ritrovò impegnato nella missione, caratteristica della
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fase iniziale, di esortare il popolo ad abbandonare i culti stranieri e ritornare a Dio (c. 44). In definitiva, le sue ultime parole furono identiche alle prime. Secondo l'apocrifo Vìte dei Profeti (2,1-2) Geremia fu lapidato a morte dal popolo a Tafni e lì fu sepolto.
Data Circa la data di composizione finale del libro, si può partire da 52,31-34, in cui si afferma che Evil-Merodak fece grazia al re Yoyakin nel 562 a.C. Essendo questo brano parallelo all'ultimo capitolo di 2Re (25,8-21.31-34), il libro di Geremia non può risalire a un'epoca anteriore a quella in cui è stata redatta l'opera storica deuteronomistica, di cui quello citato costituisce il capitolo conclusivo. In sostanza, se possiamo fissare il 562 a.C. come terminus a quo della composizione del libro, difficile è stabilirne il termine ante quem che, almeno per alcuni testi, potrebbe giungere, come pensano certi studiosi, al quarto secolo e anche oltre. Autore Per rispondere alla domanda su chi sia l'autore occorre partire dalla formazione del materiale che è confluito nel libro e che non è stato redatto da una sola mano e in un solo tempo. In base ai risultati della ricerca critica si può affermare che Geremia sia l'autore del libro, che porta il suo nome soltanto in modo molto ampio, nel senso cioè che egli è ali' origine della tradizione che è stata riferita a lui, difficilmente distinguibile da ciò che è il portato della tradizione su di lui (cfr. gli studi di Carroli). Nello stesso tempo, occorre tener presente la possibilità che realmente l'attività di composizione di quello che sarà il libro, come realtà letteraria, sia iniziata all'epoca del profeta e grazie al suo diretto contributo (cfr. 29, l; 30,2; 32, l O; 30,2; 51 ,60; soprattutto 36, 1-3.22-28.32). Storia della ricerca Già a una prima lettura il testo si presenta molto differenziato sotto diverse angolature. Per restare all'evidenza, a nessuno sfugge la differenza tra la prima ( 1-25) e la seconda parte, in cui abbondano le date e l'interesse è di natura narrativa e biografica (26-52). Un 'altra caratteristica che balza agli occhi è il passaggio dalla poe-
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sia alla prosa e, non di rado, la loro compresenza in uno stesso brano. Circa il materiale datato, esso non è affatto presentato con ordine o seguendo un sistema cronologico lineare, come invece accade in altri libri, per esempio, in quello di Ezechiele. Tuttavia l'opera «non è senza ordine»'\ almeno nel senso che il materiale letterario vi è raccolto in blocchi o grandi complessi testuali. Alla luce di queste considerazioni non fa meraviglia il fatto che fin dai primi tempi in cui venne usato il metodo storico-critico il libro è stato visto come il risultato di una lunga e complessa gestazione, che ha avuto inizio con il profeta, ma che si è protratta nei secoli successivi, fino al quarto secolo o forse fino alla fine dell'epoca anticotestamentaria. Nei primi decenni dell'applicazione di questo metodo prevalse il modello delle fonti, dapprima concepito da B. Duhm 15 , poi sistemato da S. Mowinckel 16 • Questi riteneva che il libro fosse il risultato dell'assemblaggio di quattro fonti indipendenti, redatte in epoche e ambienti differenti 17 • Secondo questa teoria, oltre al più antico nucleo geremiano, rintracciabile nella poesia e nei racconti in stile autobiografico dei capitoli 1-25 (fonte A), sono presenti nel libro principalmente altri due tipi di materiale: i racconti in stile biografico, cioè alla terza persona (19,2-20,6; 26; 28-29; 36--44; fonte B), e i discorsi in stile retorico sparsi lungo tutto il libro a partire dal capitolo 7 (fonte C). Questi sono chiamati deuteronomistici per la vicinanza ai brani dell'opera storica tante volte citata (Giosuè-2Re) e perché ne riflettono lo scopo, ovvero interrogarsi sulle ragioni della fine della nazione e dell'esilio. Mowinckel reputava inoltre di poter separare dal testo circostante anche i capitoli 30-31, di cui però non precisava l 'inquadramento (fonte D). Nell'alveo di questa impostazione sono K. Seybold, Der Prophet Jeremia, cit., p. 18. B. Duhm, Das Buch Jeremia, J.C.B. Mohr, Ttibingen, 1901. 16 S. Mowinckel, Zur Komposition des Buches Jeremia, Dybwad, Kristiania 1914. 17 Per la storia della ricerca sul libro di Geremia, cfr. G. Fischer, Jeremia. Der Stand der theologischen Diskussion, ci t.; R. Liwak, «Vierzig Jahre Forschung zum Jeremiabuch», Theo/ogische Rundschau 16 (20 11 ), pp. 131-179 (l. Grundlagen); pp. 265-295 (II. Zur Entstehungsgeschichte); pp.415-475 (III. Texte und Themen); 77 (2012), pp. 1-53 (IV. Intertextualitat und Rezeption); cfr. anche R.P. Carroll, Jeremiah, Academic Press, Sheffi.eld, 1989, pp. 31-40; S. Hermann, Jeremia. Der Prophet und das Buch, Wissenschaftliche Buchgeselschaft, Darmstadt 1990, pp. 53-181. 14 15
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stati successivamente elaborati tentativi finalizzati a riscoprire lo strato originario del libro e a individuare il rotolo contenente gli oracoli più antichi del profeta, proclamati dall'anno della chiamata (627 a.C.) al605 a.C. (cfr. il c. 36). Il modello letterario delle fonti ha esercitato un forte influsso nella prima metà del secolo scorso, per opera di insignì studiosi, tra i quali W. Rudolph, che, pur seguendo Mowinckel, ne rivisita significativamente la teoria, in riferimento non solo all'attribuzione dei capitoli 30-31 e di 46,1-49,33 alla fonte A, ma anche in rapporto alla portata e al ruolo svolto dalla fonte C alla quale, oltre al materiale dei discorsi deuteronomistici, attribuisce la redazione complessiva e finale del libro. Con lui la ricerca si sposta dall'individuazione di ciò che è o non è geremiano (Duhm) alla messa in evidenza dell'apporto rielaborante dei deuteronomisti, che hanno operato dovunque, anche nella trasmissione delle stesse parole autenticamente geremiane 18 • Tale impostazione di studio ha aperto la strada a indagini sempre più approfondite e dettagliate sull'estensione e l'intenzionalità della strato deuteronomistico, offrendo criteri metodo logici per far emergere e definire l'esistenza di uno strato ulteriore di passaggio tra quello più antico, geremiano, e quello deuteronomistico 19 • Ben presto, però, la tesi di uno strato specificamente deuteronomistico e di una redazione dello stesso tipo, accolta dapprima favorevolmente dalla maggior parte degli studiosi, ha dovuto fare i conti con i risultati di chi affrontava diversamente il rapporto tra poesia e prosa, non vedendovi una contrapposizione del tipo «autentico» e «non autentico». Lo stile e la forma linguistica che erano considerati deuteronomistici, quindi propri di un livello tardivo e redazionale del libro, venivano considerati appartenenti alla prosa colta dell'epoca in cui Geremia esercitava il suo ministero; prosa attribuibile alla sua mano, come alla mano dei deuteronomisti era ascritta l'opera storica. In altri termini, la presenza 18 Cfr. W. Thiel, Die deuteronomistische Redaktion von Jeremia 1-25, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1973; Id., Die deuteronomistische Redaktion von Jeremia 26-45, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn I 981. 19 Cfr. T. Odashima, Heilsworte im Jeremiabuch. Untersuchungen zu ihrer vordeuteronomistischen Bearbeitung, Verlag W. Kohlhammer, Stuttgart 1989.
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di tale prosa non diceva nulla sulla formazione del libro, perché lo stesso profeta si sarebbe potuto servire di essa. Su questa linea si pone W.L. Holladay, per il quale i discorsi in prosa non necessariamente si prestano a essere ambientati in un contesto diverso da quello della poesia, in quanto si tratta di riformulazioni che hanno come base gli oracoli poeticF0 • Egli pubblica il primo volume del commentario nel 1986, anno in cui vede la luce anche il primo volume del commentario di W. McKane21 , di impostazione differente; entrambi si possono considerare una pietra miliare della ricerca su Geremia. McKane, pur partendo dalle acquisizioni dell'applicazione del metodo redazionale, è interessato a individuare nello sviluppo del libro rielaborazioni di ridotte dimensioni, all'interno di un processo continuo, che è durato in pratica fino al tardo periodo postesilio. Conia l'espressione di «rolling corpus» (cioè di un nucleo originario di testi, che nel corso del tempo si è accresciuto in modo imprevedibile, similmente a una valanga che rotola giù dalla montagna) per indicare il modo in cui il materiale gradualmente si è formato e ha raggiunto la forma attuale: partendo dall'assunto che il profeta si esprimesse in poesia (cfr. Duhm), studia caso per caso la possibilità che un nucleo poetico possa determinare la composizione di altri testi, sia poetici che in prosa, man mano più ampi, e ciò indipendentemente da una previa struttura d'insieme delle parti principali o dell'edizione finale del libro. In seguito al commentario di Carroll ( 1986) si pone maggiormente il problema del rapporto tra «il Geremia storico» e la tradizione su di lui elaborata dai suoi successori, la cui posizione si è cristallizzata nel libro al punto· che alcuni ritengono che anche il «Geremia storico» sia quello che gli editori hanno rappresentato22 • Il problema si complica per il fatto che il libro raccoglie punti di vista differenti anche su questioni teologiche particolari (cfr., p. es., l'annuncio ai «rimasti» in patria). 20 W.L. Holladay, Jeremiah 2. Chapters 1-25, Fortress Press, Philadelphia (PA) 1986, pp. 12-15. 21 W. McKane, A Criticai and Exegetical Commentary on Jeremiah. Volume 1: Introduction and Commentary on Jeremiah I-XXV, T. & T. Clark, Edinburgh 1986. 22 Cfr. R.P. Carroll, Jeremiah, cit., pp. 37-38.
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Concludendo, occorre osservare che l'attuale ricerca non è affatto scettica sulla possibilità di giungere al Geremia storico ma, mettendo in guardia contro i rischi degli eccessi, punta sulla poesia dei capitoli 2-20 e di parte dei capitoli 30-31 e 46-51. Su questa linea ci si pone in questo volume, in cui si evita di trascurare dei dati soltanto perché ritenuti fittizi o soggetti a una visione storiagrafica non oggettiva; al contrario, si confida nella possibilità di raggiungere la predicazione e l'ambiente originari del profeta.
TESTO E TRASMISSIONE DEL TESTO
Parlare della trasmissione del testo di Geremia equivale in sostanza a trattare del rapporto tra la versione della Settanta e il Testo Masoretico, questione discussa fin dai tempi di Origene e di Girolamo, quando si riteneva che la Settanta avesse abbreviato il Testo Masoretico.
I dati generali del problema La Settanta differisce dal Testo Masoretico in vari punti: presenta un testo più breve (3097 parole in meno23 ), colloca gli oracoli contro le nazione al centro del libro (dopo 25, 13), contiene elementi propri. Le omissioni sono di due tipi, quelle estese e consistenti, e quelle ridotte a elementi spesso marginali. Tra le prime è vistosa la mancanza di 33, 14-26; 51 ,44b-49a; 52,27b-30; inoltre, vanno menzionati i doppioni, ovvero brani presenti due volte nel Testo Masoretico, omessi nella Settanta nella loro seconda ricorrenza (6,1315//8,10b-12; 15,13-14//17,3-4; 23,5-6//33,14-16) e solo due volte nella loro prima ricorrenza (30,10-111/46,27-28; 48,40-411/49,22). Va anche detto che nella Settanta spesso mancano elementi che nel Testo Masoretico sembrano svolgere una certa funzione a livello redazionale o teologico, per esempio, le introduzioni o le formule redazionali, come «ne 'um YHWH>> ( centosettantacinque volte nel Testo Masoretico e centodue nella Settanta); titoli applicati a YHWH, 23 Secondo il conteggio di Y.-J. Min, citato in G. Fischer, Jeremia. Der Stand der theo/ogischen Diskussion, ci t., p. 17, n. l.
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oppure il titolo di «profeta» attribuito a Geremia o a I:Iananya; l'omissione del nome Nebukadnezzar. Gli oracoli contro le nazioni ricevono nella Settanta una diversa collocazione, simile a quella che si ha in altri libri profetici: mentre nel Testo Masoretico si trovano alla fine (cc. 46-51 ), nella Settanta al centro, dopo 25, 13a. Infine, la differenza nella sequenza o nell'ordine interno degli oracoli determina una diversa attribuzione numerica dei capitoli, a partire da 25,13 (il v. 14 manca nella Settanta). Infine, in alcuni casi la Settanta aggiunge elementi non presenti nel Testo Masoretico, fenomeno, questo, forse dovuto alla mancata comprensione del senso del brano; in altri amplia il testo, aggiungendo frasi o termini (cfr., p. es., note a 32,25; 42,17; l'aggiunta di pas [«ogni», «tutto»] nei casi in cui l'ebraico kol è assente nel Testo Masoretico; l'aggiunta del termine «falso profeta» [nove volte], completamente assente nel Testo Masoretico). Tentativi di soluzione In passato le differenze tra il Testo Masoretico e la Settanta erano comunemente spiegate alla luce delle comuni ipotesi relative alla trasmissione testuale (lectio brevior potior: quando i manoscritti presentano differenze, si ritiene probabile che sia la lezione più breve la più vicina ali' «originale»), ipotizzando che il libro si fosse sviluppato nel corso degli anni e che la Settanta rappresentasse una fase più antica di quella del Testo Masoretico. Oggi una tale impostazione del problema non è più accettabile, perché la brevità è spiegata senza più supporre uno sviluppo della tradizione del testo ebraico. Inoltre, ha preso consistenza l'ipotesi che la Settanta si sia basata su un testo ebraico differente da quello che poi si sarebbe configurato come Testo Masoretico. Il problema quindi non tocca solo la trasmissione, ma la stessa configurazione letteraria del libro di Geremia, confluito in due tradizioni testuali differenti. La scoperta di frammenti del testo ebraico di Geremia nelle grotte di Qumran ha fatto luce sulla storia della trasmissione testuale, soprattutto per quanto riguarda l'assunto che il Testo Masoretico avrebbe ampliato la Settanta, perché i frammenti ivi ritrovati prova-
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no l'esistenza del testo lungo. Nelle grotte furono trovati sei manoscritti: uno nella grotta due e cinque nella grotta quattro. Il più importante è 4Q Geremia" (4QGer o 4Q70), datato intorno al200 a.C. e contenente i seguenti passi: 7,1-2.15-19; 7,28-9,2; 9,7-15;10,914,23; 11,3-6.19-20; 12,3-7.13-16; 12,17-13,7; 13,22(?).27; 14,47; 15,1-2; 17,8-26; 18,15-19,1; 20,14-18; 21,1 (?); 22,3-16; 26,10 (?); rappresenta il più antico manoscritto di Geremia ed è quello che più di ogni altro rispecchia il Testo Masoretico. In questa direzione, a supporto del Testo Masoretico, vanno anche 2Q Geremia (2QGer o 2Q13); 4Q Geremiif (4QGer o 4Q72); 4Q Geremia" (4QGer o 4Q71 b; soltanto 50,4-6). Il manoscritto trovato nella grotta due (2Q Geremia) riguarda frammenti dei capitoli 42--44 e 46--49 e viene datato all'ultimo periodo dell'occupazione del sito di Qumran, quindi all'inizio dell'era cristiana. Nonostante presenti delle divergenze con il Testo Masoretico, questo manoscritto lo segue nell'ordine per quanto concerne gli oracoli contro le nazioni. Ciò vale anche per 4Q Geremid, datato in epoca erodiana, che supporta lo stesso ordine del Testo Masoretico (contiene: 4,5 .13-16; 8,1-3; 8,21-9,5; 10,12-13; 19,8-9; 20,2-5.7-9.13-15; 21,7-10; 22,46.10-28; 25,7-8; 15-17; 24-26; 26,10-13; 27,1-3.13-15; 30,6-9; 30,17-31,14; 31,19-26; 33,16-20). Due manoscritti, tuttavia, trovati nella medesima grotta quattro, sembrano rispecchiare la Settanta: 4Q Geremiab (4QGet' o 4Q71) 4Q Geremia' (4QGe~ o 4Q7la; soltanto 43,3-9). Il più importante, datato intorno al 150 a.C., è 4Q Geremiab, consiste di 9,22-10,18 e rispecchia sia la forma breve della Settanta sia il suo ordine. Si impone per l'antichità in rapporto al testo della Settanta e alla sua Vorlage ebraica (ovvero al testo ebraico che essa suppone)24 • Per quanto siano indiscutibilmente importanti per la storia della trasmissione testuale, tali scoperte non sembrano risolvere in modo univoco il problema dei rapporti tra Testo Masoretico e Settanta, né tantomeno di un presunto testo base originario. La domanda 24 Dati ottenuti da J.R. Lundbom, Jeremiah 1-20, cit., pp. 62-63; cfr. anche G.J. BROOKE, ({fhe Book of Jeremiah and its Reception in the Qumran ScroiiS)), in A. H. W. Curtis - T. ROmer ( eds ), The Book ofJeremiah and its Reception. Le Livre de Jérémie et sa reception, Leuven Universit Press, Leuven 1997, pp. 233-253.
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è: quale dei due, Testo Masoretico o Settanta, può considerarsi più vicino a un presunto testo base? Nel rispondere, alla luce dei risultati provenienti dallo studio dei manoscritti di Qumran, si hanno oggi due schieramenti. L'orientamento principale sembra favorire la Settanta, che rispecchierebbe una stesura ebraica più antica del testo che chiamiamo Testo Masoretico, già a livello letterario. Di quest'avviso è, per esempio, J.G. Janzen, per il quale le differenze tra il Testo Masoretico e la Settanta possono essere dovute a eccedenze da entrambe le parti o a riduzioni da parte della Settanta; ipotizza inoltre che alla base della Settanta ci sia stato un originale ebraico, che in un secondo tempo, nella forma masoretica a noi giunta, è stato ampliato per influsso del contesto o di passi paralleli. In tal modo, alla Settanta spetta la priorità rispetto al Testo Masoretico, frutto di ampliamenti successivi25 • Questo orientamento di studi è oggi sostenuto e portato avanti da un gruppo abbastanza consistente di studiosi (P.-M. Bogaert, E. Tov, H.-J. Stipp, A. Schenker), secondo i quali la Settanta avrebbe conservato le proprietà o le caratteristiche originarie del testo, e in alcuni casi si porrebbe persino come traduzione letterale dell'ebraico di base; la forma breve si spiegherebbe proprio alla luce di quest'ultimo, e non a errori di trascrizione di traduttori o copisti (aplografia). Gli autori tentano di datare e di ambientare questa presunta Vorlage (testo base), dalla cui traduzione sarebbe derivata la Settanta e rispetto alla quale il Testo Masoretico sarebbe secondario e più recente (lungo), ma senza giungere a un consenso (epoca persiana? epoca asmonea?) 26 • L'altro orientamento giunge a conclusioni opposte. Alcuni studiosi, proprio in base allo studio dei frammenti di Qumran e a una maggiore conoscenza della tradizione soggiacente al Testo Masoretico e alla stessa Settanta, considerano il primo il migliore e il più originale (G. Fischer, J.R. Lundbom). Nel primo volume del suo commentario, Fischer sintetizza le motivazioni per le quali 25 Cfr. J.G. Janzen, Studies in the Text ofJeremiah, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1973. 26 Cfr., p. es., P.-M. Bogaert, «Le Livre de Jérémie en perspective: 1es deux redactions antiques selon !es travaux en cours», Revue Biblique IO! (1994), pp. 363-406.
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si dimostra contrario al primato della Settanta nel senso anzidetto, mettendo in rilievo, anzi, quelle per cui occorrerebbe preferire il Testo Masoretico, più lungo e complesso27 • Al riguardo, particolare attenzione merita il risultato ottenuto mediante lo studio di casi di ketìb/qerè nel Testo Masoretico; dei centotrenta casi di ketìb/qerè una grande maggioranza di qerè è accolta nella Settanta, che si mostra fedele al Testo Masoretico in questi dettagli, a fronte della lezione più antica conservata nel ketìb. Ciò porta alla conclusione che all'epoca della traduzione della Settanta, le due tradizioni non erano ancora separate, ma soprattutto che il Testo Masoretico ha conservato la lezione più antica dell'originale ebraico per più di dieci secoli, ovvero finché non è stato fissato definitivamente per opera della famiglia di scribi BenAsher2 8 • Lundbom inoltre evidenza come gran parte delle omissioni della Settanta possa spiegarsi per aplografia, di cui presenta una lista di ben quarantanove casi soltanto in riferimento ai capitoli 1-2029 • Conclusione Probabilmente il problema va posto diversamente: occorre cercare brano per brano la motivazione soggiacente ali 'una o all'altra tesi. In alcuni passi, per esempio, si nota come la Settanta abbia i tratti di una vera traduzione, con tendenze ben caratterizzabili e precise. In altri casi si può registrare un impoverimento della Settanta rispetto al Testo Masoretico; nel passaggio dali' ebraico al greco si è ricercata talvolta l'abbreviazione o la semplificazione del testo; altre volte la Settanta contiene una lezione più lunga di quella del Testo Masoretico. Queste eccedenze della Settanta rispetto al Testo 'Masoretico, ammettendo per ipotesi l'esistenza di un testo base più breve affine alla Settanta, porterebbero alla conclusione che in un secondo tempo la Settanta abbia avuto una sua storia e un suo sviluppo proprio. Perciò, ci sembra ancora valida l'opinione espressa da J.Ph. Hyatt: «Generalizzazioni riguardanti la superiorità della 27 G. Fischer, Jeremia /-25, cit., pp. 39-46; cfr. anche Id., Jeremia. Der Stand der theologischen Diskussion, cit., 17-53; Id., «Zum Text des Jeremìabuches», Biblica 78 (1997)
305-~28. 28 29
Cfr. G. Fischer, «Zum Text des Jeremiabuches», cit., pp. 317-319. J.R. Lundbom, Jeremiah /-20, cit., pp. 885-887.
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Settanta sul testo ebraico, oppure di quest'ultimo sulla Settanta, sono pericolose. Ogni caso di variazione tra i due deve considerarsi attentamente, relativamente al problema posto»30 • Da queste brevi considerazioni si comprende come sia oggi estremamente difficile dirimere la questione in un senso o nell'altro. Ciò che è importante, comunque, è tener presente che allo stato attuale della ricerca non si possa decidere per l'una o per l'altra, come se una delle due, con l'integrale esclusione dell'altra, rispecchiasse meglio il testo base. Anche coloro che considerano la Settanta qualcosa di più di una versione, hanno infatti difficoltà a risalire a uno stadio più antico.
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°Citato in J.G. Janzen, Studies in the Text ofJeremiah, cit., p. 8.
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(L'Autore è grato a Fr. Virginio Ravanelli ofm, docente emerito presso lo SBF, per avergli riletto il volume e dato utili suggerimenti.)
i1'01' GEREMIA
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GEREMlA 1,1
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1,1-3 I vv. 1-3 mancano di linearità e tradiscono probabili rimaneggiamenti: la frase del v. l, che ha come soggetto l'espressione «parole di Geremia», sembra autonoma dai vv. successivi; la proposizione relativa del v. 2 ha come antecedente soltanto il nome retto «Geremia»; il v. 3 dà particolare rilievo alle informazioni del verso precedente mediante la forma narrativa iniziale, che concorda con «la parola di YHWH» del v. 2. 1,1 Parole di Geremia- L'espressione ebraica corrispondente (,:1:1?T '1~"1) si può rendere anche con «atti di Geremia», perché oltre alle parole del profeta il libro contiene
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delle narrazioni, tra le quali gli episodi biografici tradizionalmente attribuiti a Baruk. Geremia (,:1:1?T)- Tale nome è comune nell'epoca anticotestamentaria ed è riportato in alcuni ostraka venuti alla luce a Lakish e in altre località,. Può derivare: a) da;,~, 1: «YHWH ha fondatO>>; b) dall'accadico ramu «YHWH scioglie» (libera l'utero?); c) da C1,, «YHWH innalza». La più probabile è la terza possibilità. Anatot (nin~~)- Il villaggio biblico diAnatot, annoverato tra le città levitiche della tribù di Beniamino (Gs 21,18), è identificato con Ras el-Karrubeh, a circa 4 km a nord-est
CAPITOLO PROGRAMMATICO (1,1-19) Il capitolo l rappresenta una sorta di portale di accesso allibro: è un manifesto della predicazione del profeta e dei tratti della sua personalità. Geremia, nonostante provenga da famiglia sacerdotale, è presentato sul modello dei profeti dell'Antico Testamento, in particolare di Mosè. L'accenno a un'esperienza visionaria iniziale (l ,9), simile a quelle di Amos, lo pone anche in linea con i profeti suoi predecessori. Inoltre, alla luce di Dt 18,15-22, è considerato "vero" profeta, cioè inviato da Dio. Il capitolo si può dividere come segue: vv. 1-3 (soprascritta), vv. 4-10 (racconto della vocazione), vv. 11-14 (due visioni), vv. 15-19 (spiegazione del mandato). 1,1-3 Soprascritta Questi versetti rimandano all'appendice storica dell'ultimo capitolo, in cui è richiamata la «deportazione di Gerusalemme nel quinto mese» (52,12-15); for-
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GEREMIA 1,4
1
1Parole
di Geremia, figlio di Hilqiyya, uno dei sacerdoti che (abitavano) ad Anatot, nel territorio di Beniamino, 2al quale la parola di YHWH fu rivolta al tempo di Yoshiyya, figlio di Amon, re di Giuda, il tredicesimo anno del suo regno, 3e poi al tempo di Yoyaqim, figlio di Yoshiyya, re di Giuda, fino alla fine dell'anno undicesimo di Zidqiyya, figlio di Yoshiyya, re di Giuda, cioè fino alla deportazione di Gerusalemme, (avvenuta) nel quinto mese. 4La
parola di YHWH mi fu rivolta:
di Gerusalemme, presso •Anata, che conserva l'antico nome. Ad Anatot Salomone esiliò Ebyatar, ultimo sacerdote rimasto della casa di Eli aShiloh (l Re 2,26-27). 1,2 Al quale la parola di YHWH fu rivolta (,·7~ n~n~-,~: n:~ ,~)-Questa espressione, chiamata «formula di rivelazione)), attesta che la parola di Dio è la fonte del messaggio del profeta. Il tredicesimo anno del suo regno (~::1797 n~~ n!.~~-w"lp:;l)- Corrisponde al 627·a.C. (Yoshiyya regna dal 640 al 609; 2Re 21,24-23,30; 2Cr 33,25-35,27). Se questa data è ritenuta attendibile, si può presup-
porre che il profeta abbia sostenuto il movimento della riforma di Yoshiyya, avvenuta nel 622, ma non menzionata esplicitamente in Geremia. 1,3 Yoyaqim (c•p:ìn~)- Yoyaqim governa dal 609 al 596 a.C. Il profeta è attivo tra il 609 e il 605, ma non negli anni successivi al604, probabilmente per il timore di essere arrestato in seguito alla lettura del rotolo nel tempio (36,26). Zidqìyya (,n!p[l,l)- Zidqiyya regna dal597 al 587. Gerusalemme fu conquistata il nono giorno del quarto mese dell'undicesimo anno del suo regno (39,2-3; 52,5-7; 2Re 25,2-4).
niscono inoltre ragguagli biografici e inquadrano l'attività del profeta in uno schema quarantennale (tipico della scuola deuteronomistica), tra il627 e il 586 a.C., nonostante i capitoli 43-44 siano collocabili oltre quest'arco temporale. 1,4-10 L'esperienza della vocazione Il brano costituisce un'unità, riconducibile al genere letterario della vocazione. Il racconto presenta Geremia intimamente legato a Dio e ne legittima la missione sottolineando, in linea con la teologia del Deuteronomio, l'identità tra la parola divina e le parole del profeta. Dal punto di vista letterario, segue lo schema del racconto di vocazione, in cui il profeta è presentato come un servo investito di un mandato e di pieni poteri da parte del Signore, simile a quello applicato ad altri altri "chiamati", tra cui Mosè (cfr. anche Gedeone, Gdc 6, 11-24): rivelazione (l ,5; Es 3,4-10), reazione del profeta (1,6; Es 3,11), risposta di YHWH (1,7-8; Es 3,12a), segno (1,9; Es 3,12b), mandato (1,10; Es 3,10.12b).
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GEREMIA 1,5
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~?::m7 "}.~ ~T;l~-"f. 1,5 Ti formassi-Con il qerè"9l~~ (dal verbo
nabium che significa «colui che è chiamato».
"9lìll:~
Si discute se abbia conservato questo significato passivo in base al quale il profeta è un «chiamato», oppure ne detenga uno attivo in base al quale è, invece, colui che parla in nome della divinità e davanti al popolo. Tra le possibilità di interpretazione del corrispondente greco 11p!Xjl~tTJç (da cui deriva l'italiano «profeta») è bene scegliere quella di «colui che parla al posto di un altro/per un altro» così da evidenziarne la funzione di portavoce di Dio. 1,6 Ahi! Signore YHWH (:"1~:-t~ '~"11_$ :'1;:tl_$) L'interiezione :1iJ~ esprime un moto dell'animo. In Geremia ricompare altre tre volte: 4,10; 14,13; 32,17. La formula «ahi! Signore YHWH» fa parte del linguaggio del
,l:l' «formare», «modellare»); il ketìb rimanda alla radice ,,l:l III, che ha un significato simile. Ti ho .consacrato - La radice !D,p significa «essere messo a parte/separato per/in funzione di». Indica non una qualità morale ma una condizione nella quale persone o cose sono rese partecipi della realtà divina. Ne Il' AT si afferma sovente la santità di YHWH: cfr. Lv 19,2; Is 6,3; Sal 71,22. Per Isaia YHWH è il Santo d'Israele (cfr. Is 1,4; 5,19.24; 10,20). In Ger l ,5 il verbo è usato nel significato di «rendere sacro l santo», «consacrare», «offrire come proprietà a Dio». Profeta- Il termine ~'~ deriva dali' accadi co
YHWH rivela anzitutto a Geremia di aver concepito per lui un progetto (v. 5) prima ancora che nascesse, elemento caratteristico dell'ideologia regale dei popoli circostanti Israele. Nella Bibbia si incontra anche in riferimento al Servo sofferente {ls 44,2.24; 49,1.5), a Giovanni Battista (Le 1,15), a Gesù (Le 1,32-33) e a Paolo (Gall,l5). Il piano divino è espresso con tre verbi: «conoscere», «Consacrare» e «costituire». Se l'utilizzo del verbo «consacrare» (qiidas hifil) può destare meraviglia in Geremia, in quanto appropriato ai sacerdoti, è in realtà legittimo per il fatto che anche la missione profetica racchiude in sé una dimensione di sacralità analoga a quella del sacerdozio (cfr. 2Re 4,9 dove l'aggettivo «santo», ebraico qiidòS, è riferito a un altro profeta, Eliseo). L'essere stato investito del mandato per le nazioni non implica per Geremia la predicazione ai popoli pagani, bensì l'obbligo di farsi portavoce di un messaggio per esse valido (cfr. 25,15-38; cc. 46-51). Geremia, colto di sorpresa, tradisce un moto di disorientamento (1,6). È come
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GEREMIA 1,8
s«Prima che ti formassi nell'utero ti ho conosciuto, prima che uscissi dal grembo ti ho consacrato; profeta delle nazioni ti ho designato». 6E io dissi: «Ahi! Signore YHwH! Ecco, non posso parlare, perché io sono un ragazzo». 7YHWH mi rispose: «Non dire "io sono un ragazzo", perché da tutti coloro a cui ti invierò andrai l e tutto ciò che ti comanderò dirai. 8Non aver paura di loro, l perché io sono con te per liberartioracolo di YHWH». lamento: con essa l' orante protesta il suo dolore o manifesta il proprio disappunto verso il piano divino (cfr. Ez 12,23; Gs 17,7). Ragazzo- Il termine 1~~ indica un'età compresa tra i dodici e i venti anni (Nm 14,29). 1,7 Ti invierò ("907~~)- Il verbo n',~ indica la funzione specifica di Geremia, inviato a parlare al popolo (cfr.l9,14; 25,15.17; 26,12.15). È usato anche per gli altri profeti presentati come delegati o portavoci di YHWH: !Sam 15,1; Is 6,8; Ez2,3.4;Ag 1,12; Ml3,23. 1,8 Di loro (cry•~!:i~)- Il pronome «loro» non è specificato. Rimanda però a tutti i membri del popolo, compresi i capi, i quali si oppongono al profeta in modo da costituire per lui fonte di paura (l, 18.19).
Io sono con te (·~~ ìJ;I~) -Questa proposizione, chiamata «formula di assistenza», ricorre altrove nel libro, sia per il profeta (l, 19; 15,20) sia per il popolo (30, Il). Con essa Dio promette la sua particolare protezione nei momenti di pericolo, in particolare quando è in gioco la vita. Oracolo di YHWH (:"1~:"1~-c~~) - Questa formula ricorre centosessantotto volte in Geremia ed è chiamata «formula finale». Indica l'origine divina di ciò che il profeta dice. Il termine c~~ deriva da un verbo che significa «parlare sottovoce all'orecchio», «sussurrare», «bisbigliare». Forse questo era il modo di esprimersi degli antichi veggenti e indovini (cfr. Nm 24,3).
se presagisse le situazioni difficili, di sofferenza e di opposizione, in cui si sarebbe trovato nel corso del ministero. Invano si appella alla sua giovane età, adducendola pretestuosamente come un ostacolo per intraprendere un ministero così alto legato alla parola: nessuno gli avrebbe dato retta e nessuno gli avrebbe permesso di parlare in nome di Dio («non posso parlare»); anche Mosè si oppose alla chiamata con una giustificazione simile (Es 4, l 0). YHWH fa comprendere a Geremia la natura della futura missione (vv. 7-8), rassicurandolo: il profeta deve corrispondere alla Parola ricevuta e credere che ogni possibile conflitto, suscitato da coloro presso cui è mandato, si risolverà a suo favore grazie all'efficace intervento divino. Con ciò, tuttavia, non è esentato dalla lotta; al contrario, come chi combatte, deve cingersi i fianchi, per procedere spedito e senza impacci (Gb 40,7). All'ambito militare riconduce anche l' espressione >), frequente nella polemica anti-idolatrica, esprimendo una particolare relazione tra due soggetti, è rapportabile a quest'ambito. Sicché il seguire «gli stranieri» è in contrapposizione alla sequela di YHWH (Dt 4,3; 6,14). Non è opportuno soffermarsi a discutere se «stranieri» sia da intendere in riferimento alle nazioni o alle divinità, perché, come in tutto il Vicino Oriente antico, anche in Israele la sfera religiosa e quella politica erano connesse e spesso sovrapponibili.
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GEREMIA 2,26
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mi?.? N? iP,m :n'nwo il'iN:::l . r : J•• : - : Il 2,27 Testi paralleli: Ger 32,33a Il 2,28 Testi paralleli: Ger 11,13 2,28 La Settanta contiene l'espansione: «e secondo il numero delle strade di Gerusa-
lemme offrivano sacrifici a Ba'al)), come in ll,I3b. 2,30 Ho colpito i vostri figli ... non hanno imparato ... ( .. Jni?7 16 ...c:n~-r'l~ •~:~·~~)
2,26-28 Inconsistenza delle divinità cananee Nell'unità l'oratore è ancora YHWH, che continua la requisitoria cercando di far ravvedere il popolo dall'ambiguità. Quest'ultimo da una parte riconosce la presenza della divinità negli idoli (Es 32,4; !Re 12,28); dall'altra, spinto dal bisogno, impetra il soccorso di YHWH. I destinatari sono richiamati con due diverse forme pronominali (terza plurale nei vv. 26-27 e seconda singolare nel v. 28, riferita a Giuda; nel v. 28, inoltre, si registra il passaggio dalla seconda maschile singolare alla seconda femminile singolare). In base a ciò, si può ipotizzare che il v. 28 costituisca un intervento finalizzato ad attualizzare le parole precedenti per la popolazione meridionale. Nel v. 26 troviamo l'immagine del ladro colto in flagranza di reato per indicare la vergogna che colpisce tutto il popolo, compresi i ceti alti della società. Qui la vergogna è il sentimento di chi, dopo aver impetrato soccorso, non ha ricevuto alcuna risposta né dagli idoli né da Dio. Nei vv. 27-28 YHWH sferra un altro attacco, ironizzando sulle pratiche idolatriche dalle quali Israele non ha ricavato altro che confusione, se è arrivato al punto di non riuscire più a distinguere ciò che è attribuito della dea femminile (il partorire) da ciò che è, invece, riferibile alla divinità maschile (il generare):
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GEREMIA 2,30
si vergogna un ladro colto sul fatto l così sono svergognati quelli della casa di Israele: essi, i loro re, i loro capi, l i loro sacerdoti e i loro profeti. 27 Dicono al legno: "Tu sei mio padre", l e alla pietra: "Tu mi hai partorito". Mi hanno rivolto le spalle, l non la faccia. Ma nel tempo della sventura esclameranno: l "Alzati, salvaci!". 28 Dove sono gli dei che ti sei fatto? l Si alzino, se potranno salvarti nel tempo della tua sventura. Quante sono le tue città l tanti sono i tuoi dei, Giuda. 29 Perché disputate con me? l Tutti voi vi siete ribellati contro di me- oracolo di YHWH. 30Invano ho colpito i vostri figli, l essi non hanno imparato la lezione. La vostra spada ha divorato i vostri profeti, l come un leone sterminatore.
26Come
-Il Testo Masoretico crea difficoltà, a meno che non si intenda per «figli» quelli della generazione contemporanea al profeta (per questo qualcuno propone di leggere «padri
e figli»), come sembra aver inteso la Settanta che rende il secondo stico alla seconda persona plurale «voi non avete accettato la correzione».
nei culti idolatrici, vittima della frenesia, ha confuso il ruolo delle due principali divinità cananee: il palo di legno eretto (principio femminile) con la pietra eretta (principio maschile), rispettivamente Ashera con Ba'al. 2,29-35 Ottusità nella cattiva condotta In base ai destinatari, richiamati in modo differente, questa unità si divide in tre brani: vv. 29-30 (voi); vv. 31-32 (il popolo); vv. 33-35 (tu femminile). All'inizio e alla fine ci si serve di un linguaggio tratto dal registro giudiziario (v. 29: «disputare)), ebraico rib; v. 35: «citare in giudizio)), ebraico siipaf). Il popolo non comprende il progetto di YHWH (2,29-30). YHWH si rivolge al popolo e, dopo avergli chiesto come mai continui a disputare con Lui (rib ), lo accusa di aver violato l'alleanza, di essersi ribellato alla sua volontà. I «figli)) sono coinvolti nel castigo per non aver appreso la lezione (v. 30a); accusa, questa, di tipo sapienziale, conseguente ai rapporti esistenti all'interno della famiglia. Nel v. 30b il leone, immagine usata altrove per indicare il castigo, è paragonato alla spada, quale strumento di morte, di cui la nazione si è servita per abbattere i profeti. Il riferimento è alle tante uccisioni di profeti di cui è cosparsa sia la storia antica (lRe 19,10) sia quella contemporanea a Geremia (Ger 26,20-23).
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GEREMIA 2,31
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3,8 Io ho visto {N~-~1) - Seguendo il Testo Masoretico. La Biblia Hebraica Stuttgartensia, supportata da un manoscritto, dalla recensione antiochena della Settanta e dalla Peshitta, propone la terza persona singolare «ha visto», suggerimento seguito dalla versione CEI. Non c'è tuttavia ragione di emendare il testo, supportato anche dalle altre recensioni della Settanta, soprattutto se
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lo si legge, come nella traduzione proposta, in connessione con la frase «(e) non ha avuto timore» del v. 8. Aveva commesso adulterio (;"T~~~)- È il verbo del sesto comandamento (Es 20,14; Dt 5, 18), usato in senso metaforico per indicare l'infedeltà di Israele all'alleanza, come in altri passi (cfr. 3,9; 5,7). 3,9 Frastuono - Traduciamo ',~ con «fra-
esercitare la prostituzione: sempre vigile, come l'Arabo che aspetta i passanti per taglieggiarli, egli, ormai avezzo alle pratiche idolatriche e incosciente della gravità del peccato, continua a pronunciare nei confronti di YHWH parole di tenerezza sponsale e filiale, con irresponsabile sfacciataggine. Il confronto tra le due sorelle (3,6-11). Datato ai giorni di Yoshiyya (v. 6; cfr. l ,2-3), questo brano in prosa si presenta come una riflessione sulla storia del rapporto di Israele e di Giuda con Dio. Sebbene entrambi abbiano infranto questa relazione, il peccato del regno del Sud è ritenuto più grave di quello del regno del Nord. Il confronto tra di loro richiama l'allegoria delle due sorelle di Ez 21. La genericità dell'espressione «al tempo di Yoshiyya» non consente comunque di riferirsi a un periodo specifico del suo regno, :qé tantomeno
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GEREMIA 3,11
Non mi hai appena invocato: "Padre mio, l tu sei il compagno della mia giovinezza! sconserverà rancore per sempre? l (Lo) conserverà fino alla fine?". Ecco (così) hai parlato, ma poi hai continuato a compiere l tutte le malvagità che hai potuto (compiere)». 6YHWH mi disse al tempo del re Yoshiyya: «Hai visto ciò che ha fatto la sviata Israele? È andata su ogni alto colle e sotto ogni albero verdeggiante e vi si è prostituita. 7Io pensavo: "Dopo aver fatto tutte queste cose, da me ritornerà"; ma non è ritornata. La perfida sua sorella, Giuda, ha visto (ciò). 8lo ho visto che la perfida Giuda, sua sorella - benché avessi scacciato la sviata Israele, perché aveva commesso adulterio, e poi gli avessi dato il libello del ripudio-, non ha avuto timore, anzi è andata e anche lei si è prostituita. 9Con il frastuono della sua prostituzione ha contaminato la terra; ha commesso adulterio con la pietra e con il legno. 10Malgrado tutto questo, Giuda, la sua perfida sorella, non è ritornata da me con tutto il cuore, ma solo con falsità - oracolo di YHWH». 11 Allora YHWH mi disse: «La sviata Israele è più giusta della perfida Giuda.
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stuonm>, in base a 3,23. Di per sé il termine può rendersi anche con «leggerezza>>, «gioiosità>>, «imprudenza» (da '=' ='P «essere legger@, «piccolm>). In questo caso la traduzione sarebbe: «con il suo facile prostituirsh> o un'espressione simile. 3,10 Con falsità- L'espressione ,rWf ha valore avverbiale. Il termine ,t'W ricorre spesso, sia nella poesia che nella prosa del libro,
in modo però non univoco. Tuttavia, nonostante venga impiegato in diversi contesti (falsa testimonianza, falso giuramento, culto degli idoli, falsa profezia), indica sempre il comportamento del popolo, non conforme ai requisiti richiesti dal rapporto con YHWH, cioè la lealtà e la trasparenza. Qui qualifica la conversione non sincera, non motivata: un cambiamento solo esteriore.
agli ultimi anni, quando, dopo un periodo di entusiasmo, la riforma da lui promossa sfociò nel formalismo. Quanto a Israele, l'immagine del divorzio del v. l è interpretata nel senso de li' esilio nelle regioni assire, coerentemente con il brano di Dt 24,1-4, che parla appunto dell'allontanamento della donna da parte del marito e dell'impossibilità di un eventuale ristabilimento della relazione. Giuda si trova nella medesima condizione in cui, prima dell'esilio, si trovava il Nord: pratica i culti idolatrici e contamina la terra. Gli appellativi di «sviata» e di «traditrice», attribuiti rispettivamente a Israele e a Giuda, non inplicano un diverso grado di colpevolezza. Alla seconda avrebbe dovuto insegnare qualcosa la sorte toccata alla prima; invece non è stato così, tant'è vero che è ritornata «nella falsità>>. Nell'attuale contesto il brano prepara quello
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GEREMIA 3,12
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> (v. 12) già riscontrato nei vv. 8 e Il. Appello al ritorno (3,12-13). L'oracolo (vv. 12-13) è rivolto alle popolazioni dell'ex regno del Nord, rimaste nel loro territorio o residenti nelle regioni assire, ed è simile a quello di 31,21-22. Si tratta di una parola originaria del profeta pronunciata probabilmente a sostegno della riforma di Yoshiyya, ma ampliata in un secondo tempo mediante l'inserimento delle frasi «sotto ogni albero verdeggiante>> e «non mi avete obbedito>> (v. 13). Alla luce di versetti precedenti la si può ritenere un appello al ritorno dall'esilio, senza tuttavia escludere la conversione, perché il ritorno spaziale e quello religioso sono correlabili e sovrapponibili. Alla donna «sviata», cui sarebbe preclusa la possibilità giuridica del ritorno, è data la possibilità di ritornare da YHWH, grazie alla fedeltà divina (/:liisid), a condizione, però, che riconosca la sua colpa.
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GEREMIA3,15
12Va'
a gridare queste parole verso settentrione: Ritorna, sviata Israele- oracolo di YHWH- l non mostrerò la mia collera contro di voi, perché io sono fedele- oracolo di YHWH- l non conserverò rancore per sempre. 13 Soltanto, riconosci la tua colpa, l perché ti sei ribellata contro YHWH, tuo Dio. Hai corso in ogni direzione per gli stranieri, l sotto ogni albero verdeggiante; non mi avete obbedito l- oracolo di YHWH. 14Ritornate, figli traviati- oracolo di YHWH- perché io ho autorità su di voi. Vi prenderò uno da una città e due da una famiglia, vi condurrò a Zion. 15Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con sapienza e intelligenza. frase rinvia ai comportamenti libidinosi del popolo nei luoghi di culto, ma può indicare anche i tentativi di stringere alleanze politiche con le altre nazioni (2,18.23). Non mi avete obbedito (C!)l;7Qi!l-~', '',ip:;n) -Il sintagma :l+ l70~ («obbedire)>), caratteristico del Deuteronomio e del deuteronomista, indica la sottomissione agli ordinamenti dell'alleanza e la sintonia con il volere divino (Dt 4,30; 9,23). 3,14 Figli traviati (C':;l~i~ C'J:P)- Sono Israele e Giuda insieme. Il termine C':;l~i~ «traviath) deriva dalla radice :::l,t;i. Ho autorità ('l'l'?~:P)- Il verbo '-'11:::1 offre un
gioco di parole con Ba'al, divinità cananea della fertilità, il cui culto, soprattutto prima della riforma di Yoshiyya, era diffuso sia tra le popolazioni dell'antico regno del Nord che in Giuda. Geremia polemizza spesso con Ba'al, sebbene non lo menzioni esplicitamente. Di per sé il verbo esprime quella signoria o dominio che si aveva all'interno del rapporto tra il marito/padrone e la moglie. Nella prospettiva della nuova alleanza, annunciata da Os 2,18-19, il popolo non chiamerà più YHWH con l'appellativo ba'a/ (marito/padrone), perché questo termine evocava il dio cananeo.
Di nuovo il contenuto di questo riconoscimento riguarda le pratiche idolatriche. Il ritorno a Gerusalemme (3, 14-18). L'unità assembla tre interventi del profeta di contenuto simile, indirizzati a tutto il popolo (Israele e Giuda) per finalità differenti. n primo annuncio di salvezza, vv. 14-15, prospetta la futura restaurazione panisraelitica incentrata sul ritorno a Zion-Gerusalemme determinato dalla libera e gratuita iniziativa di Dio. Non è da escludere che la frase «perché io ho autorità su di voi (ba'alti bakem)>) veli una punta polemica nei confronti dei culti cananei praticati dal popolo, come se si volesse dire che il Signore di Israele è YHWH, non Ba'al (termine che appunto significa «signore» o «padrone»). Alla promessa del ritorno a Zion (cfr. Ger 31,4-6.12-14) segue quella del dono di governanti in grado di ammaestrare il popolo, che riecheggia quella più tarda di Ez 34 sul «nuovo pastore». Va notato che, diversamente da quel testo e da Ger 23,5, nel nostro caso non è detto che il pastore futuro sarà discendente di David, ma solo che sarà «secondo il cuore» di Dio.
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GEREMIA3,16
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[ :':;t~~J:l l ~:l~WJ:l ] :1:;l~lPI) 3,16 Non ... più (iill .. .t6)- Questa formula
denota la rottura con il passato in vista di un futuro nuovo, in questa occorrenza neli' ambito del . È una frase ricorrente in Geremia (7,24; 9,13; 11,8; 13,10; 16,12; 18,12; 23,17) e, al di fuori di
Nel secondo annuncio di salvezza, vv. 16-17, il destinatario, indicato anche qui con il plurale, è il popolo, a cui si prospetta un cambiamento radicale nel modo di intendere il rapporto con Dio: la modifica verbale implica di fatto anche quella della stessa realtà di cui si dice. Le parole del giuramento riguardanti l'arca dell'alleanza saranno sostituite con altre che concernano Gerusalemme, perché la funzione dell'arca, che era quella di rappresentare la divinità invisibile, sarà in avvenire coperta dalla città santa chiamata «trono di YHWH» (cfr. ls 4,5-6). Il v. 17 sviluppa quest'idea in una prospettiva universalistica, per la quale Gerusalemme diventerà meta di pellegrinaggio e luogo in cui si raduneranno tutte le nazioni ormai entrate a far parte del popolo deli' alleanza. Anche questa apertura, presente altrove in Geremia (4,2b; 12, 15-16; 16, 19), è tipica dei profeti del periodo esilico e postesilico (ls 45; 56,6-7; Zc 2,15; 8,20-23). Infine, il terzo annuncio di salvezza (v. 18) presenta il motivo del ritorno di tutto il popolo, Israele e Giuda, nel paese promesso ai patriarchi. La regione di partenza è indicata mediante l'espressione «dal paese del settentrione», con la quale si devono intendere sia l'Assiria che Babilonia. In quest'ultimo oracolo si accentua l'aspetto della riunificazione dei due tronconi del popolo, come in 50,4-7 e 50,17-20 e in alcuni oracoli di Ezechiele (37,15-28). La speranza che
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GEREMIA3,19
16Quando
vi sarete moltiplicati e avrete proliferato nel paese, in quei giorni- oracolo di YHwH- non si dirà più: "Arca dell'alleanza di YHWH". Non verrà in mente né la si menzionerà; non si andrà a visitarla né se ne farà un'altra. 17 In quel tempo Gerusalemme si chiamerà trono di Y HWH e si raduneranno in lei tutte le nazioni, nel nome di YHWH a Gerusalemme e non seguiranno più la loro testarda malvagità. 18ln quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa di Israele e, insieme, verranno dal paese del settentrione al paese che io ho dato in eredità ai vostri padri. 19Io pensavo: l "Come vorrei considerarti uno dei figli, come vorrei darti una terra preziosa, l l'eredità più splendida tra quelle delle nazioni". Io pensavo: "Padre mio tu mi chiameresti l e non smetteresti di seguirmi". Geremia, solo in Dt 29, 18. Nel nostro caso si riferisce ai destinatari dell'appello al ritorno, all'interno di una prospettiva influenzata dal messaggio della nuova alleanza. 3,18 Vostri padri (C=?'01:l~) - Seguiamo il Testo Masoretico, lectio difficilior. La Set-
tanta, seguita dalla versione CEI, corregge con toÙç mnÉpaç a\m3v («i loro padri»). 3,19 L 'eredità più splendida tra quelle delle nazioni (C'1~ n1N~~ ':l~ n~r:)D- La traduzione letterale sarebbe «un'eredità, lo splendore degli splendori», un superlativo.
il popolo possa riunirsi, come al tempo delle dodici tribù, affonda le radici nella concezione dell'alleanza così come è presentata dalle tradizioni presenti nel libro del Deuteronomio. L 'amore di Dio e il peccato di Israele (3,19-20). In origine questi versetti erano il prosieguo dei vv. 1-5, ma, invece della categoria marito-moglie, qui viene usata quella genitoriale padre-figlio (v. 19) per indicare il rapporto con Dio, mentre persistono le forme verbali di genere femminile. YHWH prosegue tra sé e sé il discorso iniziato nel v. 5, riflettendo su come gli sarebbe stato caro il popolo se solo avesse saputo riconoscere i benefici ricevuti. Egli desiderava che Israele, pensato come figlia, potesse annoverarsi tra i figli, in modo da ricevere l'eredità, che l'antica legislazione voleva conferita solo ai figli maschi (Nm 27,14). L'eredità è la terra, cioè il paese di Canaan, ritenuto il più bello che esista al mondo (cfr. Ger 2, 7). Se fosse stato possibile, ciò avrebbe comportato una relazione filiale duratura, tipica dell'alleanza, che si caratterizza appunto come relazione di fedeltà. In altri termini, il dono, espressione della paternità divina, avrebbe legato più intimamente i due partner dell'alleanza. Questo suggello è espresso mediante il verbo «ritornare» (sub), usato per indicare il non allontanarsi, ovvero il permanere nella relazione («e non smetteresti di seguirmi»).
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GEREMIA 3,20
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usato per esprimere l'idea dell'essere infedele o del venir meno agli impegni nei riguardi di un obbligo o di una norma. In Geremia ricorre sette volte, di solito per indicare il comportamento infedele del popolo nei confronti dell'alleanza-matrimonio (3,8; 3,11; 3,20; 5,11; 9,1; 12,1; 12,6; cfr. Os 6,7; Ml2,10-11.14). 3,21 Hanno pervertito la loro via
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assembleare nei vv. 24-25. Quanto a contenuto e linguaggio, questo brano è strettamente legato a 31, 15-22, con il quale condivide le medesime finalità nel contesto dell'opera svolta dal profeta a sostegno della riforma di Yoshiyya. L'interpretazione del v. 21 dipende dal significato che si attribuisce al termine «clamore», a
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GEREMIA 3,23
come una donna ha tradito il suo amante l così voi mi avete tradito, casa di Israele l- oracolo di YHWH». 11 Un clamore! Sulle dune si ode, l pianto supplichevole degli Israeliti; hanno pervertito la loro via, l hanno dimenticato YHWH, loro Dio. 12«Ritomate, figli traviati! l Io voglio guarire i vostri sviamenti». «Ecco, noi siamo venuti a te, l perché tu sei YHWH nostro Dio. 23 Veramente! Falsità sono le colline l e il tumulto dei monti. Veramente! In YHWH, nostro Dio, l è la salvezza di Israele.
20Ma
vostri sviamenti» dipende probabilmente da Os 14,5. 3,23 Falsità sono le colline e il tumulto dei monti (C'!v liOv nil1t-~~ .,i?.~~)- Il V. 23 è difficile. Alcuni autori conservano il Testo Masoretico traducibile in questo modo: «dalle colline (si va) verso la falsità e (dai) monti (verso la) confusione». Propendiamo, in base alle versioni antiche, per la lezione C'!v 1ìO;:J1 nil1t-ll;:t, «le colline e tumulto di monti» (cfr. Biblia Hebraica Stuttgar-
tensia); in sostanza, si afferma che le azio" ni idolatriche, che hanno come scenario le colline e che si risolvono nel tumulto sui monti, non sono altro che inganno. Il termine .,i?.W («falsità») con l'articolo, potrebbe anche rimandare in senso spregiativo a Ba'al, come altrove in Geremia (5,2.3l; 7,9; 8,8; 13,25; 20,6). Il sostantivo liOv («tumulto»), invece, rinvia alle orge delle cerimonie idolatriche, chiassose e frenetiche, proprie della religione cananea.
seconda se lo si voglia considerare nell'accezione di grida di pentimento o, com'è più verosimile, di fragore generato dalle pratiche idolatriche in onore di Ba'al, espressione del traviamemto del popolo. A questi è rivolto con forza l'appello divino al pentimento (v. 22a), formulato con il verbo «ritornare» (sub) e unito alla promessa della guarigione degli atti di sviamento, ovvero all'assicurazione di un effettivo ritorno religioso. L'immagine di YHWH che guarisce dal peccato è rara nell'Antico Testamento; tuttavia ricorre ancora in 8,22 ed è da considerarsi l'inizio di uno sviluppo che troverà piena espressione nell'oracolo della nuova alleanza di 31,31-34 (cfr. Ez 36,25-27) dove si annuncia un intervento di trasformazione operato da Dio nel cuore dell'uomo. I vv. 22b-23 hanno per locutore il popolo e come contenuto il pentimento, la confessione di fede in Dio e il riconoscimento della nullità degli altri dei. Nell'ammettere il peccato ci si pone come collettività («noi»), in modo simile a esternazioni quali Ne 9, e si çoinvolgono nella responsabilità, oltre alla generazione attuale, quelle passate, confermando indirettamente la veridicità delle denunce di 2,4-37. Il culmine si ha nella confessione di fede del v. 22b: «tu sei YHWH nostro Dio», che ritorna, con qualche variazione, nel v. 23b («in YHWH, nostro Dio, è la salvezza di Israele»; cfr. Is 45, 17).
GEREMIA 3,24
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3,24 La Vergogna - Il termine n:p:!i. è un altro nome dispregiativo di Ba'al. I Masoreti ne hanno usato le vocali per deformare alcuni nomi che non riuscivano a pronunciare, se non con disprezzo. Così, p. es., hanno vocalizzato Molek e Tofet rispettivamente Melek e Tefet. 4,1 Abominazioni- L'ebraico C'~"p\!i, «cose orrende», indica i simulacri delle altre di-
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vinità (7,30; 13,27; 16,18; 32,34). È usato anche da Ezechiele come termine cultuale (5,11; 7,20; 11,21; 20,30). 4,2 Vìvente è YHWH (ilp~-'D)- È la formula del giuramento (5,2; 12,16; 16,14.15; 23,7.8; 38, 16; 44,26), effettuato secondo ((fedeltà, diritto e giustizia)>, cioè nella coscienza di essere popolo dell'alleanza, artefice di con-
Nei vv. 24-25 si parte dalla constatazione di come siano stati devastanti le pratiche religiose cananee, le quali, se in un primo tempo potevano apparire benefiche, sono poi risultate causa di distruzione e di vergogna, perché hanno attirato sul popolo la maledizione divina, in base a quanto previsto da Dt 28,33 per la violazione dell'alleanza. Molto forti le affermazioni: la prima: «abbiamo peccato contro YHWH, nostro Dio», che smentisce la pretesa di innocenza più volte esternata mediante lo stesso verbo bii!ii' (2,35); la seconda «non abbiamo obbedito a YHWH, nostro Dio», che, invece, conferma le parole d'accusa di 3,13. Sicché YHWH, in veste di parte lesa, ha raggiunto lo scopo prefissosi di convincere Israele a riconoscere l'accusa, in modo da poter ricucire il rapporto con lui con un 'ulteriore offerta di salvezza. Ritorno e benedizione (4, 1-2). È la risposta divina alla confessione fatta precedentemente dal popolo: sono presentate a Israele le condizioni del ritorno. Il brano è collegabile a 3,1-5: apre la strada della conversione e chiarisce in che modo debba realizzarsi. Le due protasi del v. l sono parallele: la seconda spiega la prima. Alla luce della prospettiva deuteronomistica, la prima condizione richiesta per essere nell'alleanza è quella di rimuovere gli idoli (Gs 24; 2Re 22-23). Il verbo «ritornare» (silb) svolge la funzione che gli è propria, ovvero quella di verbo di (nuova) alleanza, nel senso che esprime il ripristino della relazione con Dio. Ciascuna delle due protasi è seguita dalle rispettive apodosi che orientano il contenuto di entrambe nella giu-
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GEREMIA4,2
ha divorato l fin dalla nostra giovinezza il profitto dei nostri padri, il loro bestiame minuto e grosso, l i loro figli e le loro figlie. 25Sdraiamoci nella nostra vergogna, l ci ricopra la nostra infamia, l perché abbiamo peccato contro YHWH, nostro Dio. Noi e i nostri padri, dalla nostra giovinezza l fino a oggi, non abbiamo obbedito a YHwH, nostro Dio». 1 ~-"~ 3
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:;;1~ ,~W1 4,5 Seguendo il suggerimento della Biblia Hebraica Stuttgartensia espungiamo la prima occorrenza dell'imperativo ,,~1 («e dite»), considerato una ripetizione causata da 5b. Così YHWH continua a parlare fino alla fine del v. 6.
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Gridate tutti assieme - Nell'espressione l't~ l't'l' il verbo N~ («riempire») è usato come ausiliare per intensificare l'azione del gridare. 4,6 Grande disastro - Il termine ,~~ ri-
corre nel libro nove volte. L'espressione
4,3-4 Esortazione
Ora l 'intervento del profeta è rivolto a nuovi destinatari, Giuda e Gerusalemme, ai quali, da questo momento in poi, è rivolto l'annuncio del nemico proveniente dal Nord. Si ha un'esortazione con la quale si invita a recuperare il terreno perso sul piano della relazione autentica con YHWH mediante due metafore: quella del terreno lasciato a maggese e quella della circoncisione del cuore. La prima, importata da Os l O, 12, alludendo al lavoro svolto dagli agricoltori quando iniziano a coltivare un terreno, è un invito a corrispondere in modo nuovo all'alleanza; la seconda, analoga a quella dell'orecchio incirconciso di 6, l O, si trova in Dt 16, l O; 30,6 e si presenta come un invito a eliminare ciò che ostacola la corretta funzionalità del cuore, in modo da rimanere in sintonia con la volontà divina. Si tratta di giungere a una coscienza più alta di quella sostanziata con il taglio del prepuzio (Gen 17, l O; Lv 26,41 ). Entrambe le immagini illuminano il significato della conversione, considerata non un semplice «cambiare vita» ma vivere in una dimensione nuova. Nella seconda parte del v. 4 si scongiura l'eventualità del castigo divino ricorrendo alla medesima espressione di 21,12 e che si ritrova in 2Re 22,14-17 sulle labbra di l;lulda: dopo aver preso visione del rotolo della Legge trovato nel tempio, la profetessa chiede supplichevolmente di metterne in atto il contenuto in modo che ci si possa salvare. 4,5--6,30 Il castigo divino
La seconda sottosezione dei capitoli 2-6 è una collezione di interventi privi
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GEREMIA4,6
Sì! Così ha detto YHWH l agli uomini di Giuda e a Gerusalemme: «Dissodatevi un campo l e non seminate fra le spine. 4Circoncidetevi per YHWH e asportate l il prepuzio del vostro cuore, l uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme, affinché la mia ira non erompa come fuoco, l non bruci e non ci sia nessuno che la spenga, l a causa delle vostre azioni malvagie. 3
in Giuda l e in Gerusalemme fate(lo) udire • , , suonate il como nel paese, l gridate tutti assieme e dite: "Radunate(vi) ed entriamo l nelle città fortificate". 6Alzate un segnale verso Zion, l cercate rifugio, non indugiate, perché una sventura io sto per far venire dal settentrione, l un grande disastro . 5Annunciate(! o)
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indica il castigo divino (6, l; 14, 17; 48,3 ;50,22; 51,54 ). Di per sé con ,:;~ si intende un danno che può colpire una persona, come, p. es., la rottura di un arto, o qualsiasi altro evento negativo, come
il crollo di un muro o una frana. In Is 30,14 è usato assieme al verbo ,:l~ Hinfrangere», Hrompere», Hspezzare») per indicare metaforicamente le decisioni politiche dei capi di Gerusalemme presto ridotte in frantumi.
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di una chiara struttura e collocabili ai primi anni di Yoyaqim, incentrati sulla minaccia del nemico proveniente dal Nord. Il profeta non si limita ad annunciare il castigo, ma ne rintraccia la causa nella condotta colpevole del popolo e gli effetti disastrosi negli animi. Circa i destinatari, solo poche volte si nomina Israele (5, 11.15;5,20; 6,9), mentre sono citate con varie denominazioni le popolazioni del Sud («Gerusalemme»: 4,5.10.11.14.16; 5,1; 6,1.6.8; «Zion» o «figlia di Ziom>: 4,6.31; 6,2.33; «Giuda» o «casa di Giuda»: 4,5.16; 511.20; «Beniaminiti»: 6, l). 4,5-8 La minaccia del nemico Dopo il detto del messaggero nel v. 5, si ha la prima istruzione antiassedio rivolta alle popolazioni meridionali. Nel v. Se le sentinelle ricevono l'ordine divino di allertare la popolazione in modo che possa trovare scampo nelle città fortificate, -dove è possibile opporre all'invasore maggiore resistenza (8,14a); in seguito, esse ricevono l'ordine di porre in cima a un palo un segnale che orienti i fuggiaschi verso Zion (v. 6). Questi comandi sono delle vere e proprie grida di allarme e devono eseguirsi con la massima urgenza, perché il castigo, espresso, come nella visione della caldaia (1,13-14), mediante il termine «sventura» (rii 'o) e con l'espressione «grande disastro» (6, l; 14, 17; 48,3), è ormai in atto. Si tratta del famigerato nemico proveniente dal Nord, di cui non viene mai fatto il nome, anche se in più occasioni è descritto con dovizia di particolari (4,13.29; 5,15-16; 6,23). L'opinione prevalente è che si tratti dei Babilonesi che, a partire dal 605, turbarono lo scenario politico internazionale
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GEREMIA4,7
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sia quella che addita il nemico come «sterminatore di nazioni>> (v. 7), sono attribuibili anche a Dio (leone: ls 31,4; Am 3,8; Os 5,14; Lam 3,10; sterminatore [masbft]: corpo d'armata in 1Sam 13,17; 14,15; essere soprannaturale in Es 12,23). L'oracolo si conclude (v. 8) con l'appello a compiere atti di pentimento secondo la procedura consueta (Gl 1,13-14), per non essere colpiti dalla collera divina. Geremia si sente parte in causa e si identifica con la comunità («noi>>). 4,9-10 Lo sgomento dei capi La formula «in quel giorno» introduce una nuova unità, in cui sono espressi gli effetti della minaccia nemica interpretata secondo la categoria del «giorno di YHWH» (30,7; 12,3 18, 17; 13,16). Essa esprime l'intervento di Dio nella storia
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leone è balzato fuori dalla macchia, l uno sterminatore di nazioni si è messo in marcia; è uscito dalla sua dimora l per ridurre il tuo paese una devastazione, le tue città saranno distrutte, saranno senza abitanti. 8Perciò, cingetevi di sacco, l battetevi il petto e ululate, perché l'ira ardente di YHWH l non si è ritirata da noi. 9In quel giorno- oracolo di YHWH i re e i capi l perderanno il coraggio; i sacerdoti saranno spaventati l e i profeti resteranno inorriditi». 10E dissi: «Ahi! Signore YHWH, l tu hai ingannato del tutto l questo popolo e Gerusalemme, dicendo: "Voi avrete benessere", l ma con una spada alla gola». 7Un
esprimere la volontà punitiva di Dio (4,26; 25,37.38; 30,24). 4,9 Perderanno il coraggio (:l~ ,~N') L'espressione ebraica corrisponde alla frase idiomatica «il venir meno del cuore», in cui il cuore indica il coraggio di compiere azioni militari (cfr. l Sam 10,26; 2Sam 17, IO). 4,10 Gola- L'ebraico tZi~~-' tradotto comunemente con «anima», «vita», «forza vita-
le», «persona}}, è usato nel suo significato concreto di «gola}}; tale accezione si coglie bene, p. es., in Is 5,14 e Ab 2,5, dove si parla dello spalancarsi delle fauci degli inferi (in ls 5,14 è parallelo a «bocca}}). In Geremia ricorre con vari significati per un totale di sessantadue volte, tra cui tre volte con il significato di «gola}} ( 4, l O; 31,14 e 50,19).
in modo reale, pensato come avvenimento futuro, ma sempre in senso temporale e storico; per lo più comporta effetti negativi, perché il popolo è riconosciuto colpevole, ma può anche configurarsi diversamente, nell'ottica del giudizio divino, per il quale il castigo è in funzione della salvezza. Per primi sono colpiti il re e i capi, i sacerdoti e i profeti, coppie ricorrenti sovente, anche nella prosa (sacerdoti e profeti: 2,26; 13,13; 26,7; 29,1; re e capi: 1,18; 2,26; 17,25; 25,18; 32,32). I profeti, cui si fa qui riferimento, sono i falsi profeti con i quali Geremia spesso si scontrerà soprattutto a partire dal597 a.C. e cui rimprovera di illudere il popolo con annunci di salvezza privi di fondamento (23, 17). In fondo, mediante i suoi rappresentanti, viene condannato apertamente il potere stesso (Mi 3,9-11). Nel v. IO Geremia mostra la fallacia della predicazione dei profeti di pace, ironizzando su di loro (Mi 2,6-11): YHWH non avrebbe mai potuto promettere benessere, come appunto costoro sostenevano, se ora stava per punire il suo popolo.
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GEREMIA 4,11
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4,11 Un vento (1"!,,)- Si tratta del vento caldo proveniente dal deserto, chiamato nelle regioni del Medio Oriente khamsin, la cui forza distruttiva è ben nota nell' AT (ls 27 ,8; Os 13,15; Gio 4,8; Gb 1,19; 27,21).
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Ardente - L'aggettivo n~ è usato rare volte nell' AT; può tradursi anche con 'n?~ vin? h~;ì o'o~n-a :o"}iN 1'~1 o~~~iJ-?tt1 ~i1!tl ~nJ:l-n~01 'f'1*y-ntt ;lJ'~123 :~?~7i?.t;l0 nW:t~iJ-?~1 O'tpP,'"I i1~.01 O'Ìy~ ;1J'~124 :1~;u; ?ii? n~J?'Ptt .J
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4,22 Stolto - Il termine '=''~ significa «sto!to», «insensato». Generalmente è inteso come contrario di «saggio», soprattutto nel libro dei Proverbi (l0,8.14; 12,15; 14,3; 17,28; 29,9). I libri sapienziali offrono diversi elementi per
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Guai - L'ebraico •iK è caratteristico del lamento. A pronunciarlo è Zion, non il profeta; cfr. nota a 22,13. 5,1 Diritto ... fedeltà - I termini ebraici ~~~o e i1~i0~ denotano le virtù indispen-
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sabili per il mantenimento della relazione interpersonale e, come tali, sono applicate a YHWH, in quanto mantiene l'alleanza (Dt 32,4). Più specificamente, il primo termine denota l'oggettività nei giudizi (Gen
5,1-6 Indagine su Gerusalemme Nel primo brano del capitolo 5 si alternano diverse voci: nei vv. 1-2 YHWH esprime il dubbio che a Gerusalemme ci sia qualcuno che pratichi la giustizia, condizione per la quale la città potrebbe salvarsi; nel v. 3 il profeta, rivolgendosi a Dio, insiste sull'ostinazione del popolo a convertirsi; infine, nei vv. 4-5, si ha un monologo del profeta che, dopo aver lottato contro l'evidenza, deve riconoscere che non c'è salvezza (v. 6). Anche questo brano è costruito come controversia giudiziaria (rfb): YHWH vuole la conversione e la salvezza; il profeta perora la causa dei concittadini, ponendosi dalla loro parte, ma non può aiutarli, perché mancano le condizioni richieste. Ordine di ispezionare la città (5, 1-2). Il brano si apre con quattro imperativi con i quali YHwH ordina di ispezionare la città santa per verificare se vi si trovi qualcuno che pratica il diritto e la giustizia, indispensabili per il mantenimento dell'alleanza. Non è qui necessario, data la natura retorica del brano, vedere un riferimento alla corte celeste, a cui sarebbe rivolto l'ordine, né a persone particolari. Invece, è sottolineato il desiderio di concedere il perdono alla città, desiderio frustrato dall'esito infruttuoso e negativo dell'indagine. Quale sia l'esito si deduce infatti dali 'ultimo stico del v. 2, in cui in modo perentorio il popolo è accusato di giurare in nome di Ba'al. Ritorna il motivo del giuramento, considerato fondamentale nella relazione con YHWH (4,2): non un giuramento
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GEREMIA5,3
«Guai a me! Vengo meno l a causa degli assassini». 1«Percorrete le vie di Gerusalemme, l guardate, per favore, informatevi, cercate nelle sue piazze; l qualora troviate qualcuno, uno che pratica il diritto, l che cerca la fedeltà, l io la perdonerò! 2Anche se diranno: "Vivente è YHwH", l essi giureranno per la Falsità». 31 tuoi occhi, YHWH, l non sono forse (attenti) alla fedeltà? Tu li hai colpiti, ma non hanno accusato dolore; l li hai distrutti, ma hanno rifiutato di ricevere la correzione; hanno indurito la loro faccia più di una roccia, l hanno rifiutato di convertirsi.
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18,25); il secondo la veridicità della relazione, vissuta senza camuffamenti o ambiguità. In 9,2.4 si evidenzia che nel paese al posto della fedeltà (il~,~~) dilaga la falsità (,i?~) soprattutto nel parlare.
5,3 Hanno indurito la loro faccia (C::)'~.E;l 1p~n)- È una metafora che non indica la forza ma la testardaggine e la caparbietà del popolo (cfr. quella del collo rigido).
mendace, ma inserito nel contesto delle pratiche idolatriche (sincretismo ), quindi privo di qualsiasi valore. Il motivo dell'ispezione della città è tradizionale e ha avuto un ampio utilizzo nei profeti (Am 3,9-11; Sof3,l-4); compare anche nel racconto di Gen 18,16-33, quando Abramo intercede perché Sodoma non venga distrutta e YHWH si dichiara disposto a perdonarle, purché vi si trovino dieci giusti. In particolare, nell'uso del verbo «perdonare» (siilab) Geremia si rifa ad Am 7,2, ma ne sviluppa il motivo (Ger 36,3) fino al punto di considerare il perdono un effetto della nuova alleanza (31,34). La reazione interiore del profeta (5,3). Geremia, consapevole della condizione negativa in cui versa il popolo, sente dentro di sé le ripercussioni di tale evento. All'inizio, come per accattivarsi il favore divino, ribadisce la fedeltà di YHWH, quale garanzia della perennità dell'alleanza (Dt 32,4); negli stichi successivi, invece, forse richiamandosi a un evento disastroso occorso alla popolazione gerosolimitana, tenta di mostrare come sia inutile il castigo ai fini della conversione autentica (4,24); idea, questa, già attestata nella tradizione precedente (Am 4,6-11 ). L'ultimo stico vale quanto una sintesi: «hanno rifiutato di convertirsi»: nonostante il disastro, non c'è stata conversione (cfr. Os 11,5). Quest'idea verrà riformulata nei testi di nuova alleanza, in cui l'accento cade sull'iniziativa trasformatrice di Dio, anche in riferimento al ritorno a Lui (24,5-7; 31,31-33; 32,36,41).
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5,6 l/lupo delle steppe (ni::ll~ ::ltt~)- Così il Testo Masoretico.Targum, Peshitta e Vulgata al posto di ni::ll~ leggono ::l":\.!1 e traducono «lupo della sera», come in Ab 1,8 e Sof3,3. Il Testo Masoretico salvaguarda il parallelismo con «leone della foresta». In Geremia il termine ::lt(~ (lupo) ricorre solo questa volta.
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5,7 Per quale ragione?- nttr7 'tt è un hapax legomenon difficile da tradurre; si può rendere con «su quale base?)), «per quale ragione?)). La versione CEI ha «perché?». Nelle case delle prostitute si sono accalcati (~1"'!~I;~: il~iT n'~,)- Il verbo 11~, qui ali' hitpolel, può significare «si sfregiava-
Alla ricerca di attenuanti (5,4-5). Il profeta, parlando con se stesso, cerca ora di trovare una spiegazione che giustifichi l'ottusità religiosa dei Gerosolimitani. Pensa che siano colpevoli solo le persone più indifese («i piccoli)), «la gente povera») che, per mancanza di un'adeguata formazione, non sono state capaci di recepire adeguatamente i disegni divini, illudendosi che tutti, indistintamente, anche le persone altolocate, siano affrancate da Dio. Al riguardo, servendosi del verbo «conoscere», li rimprovera non tanto di essere inadempienti verso la Legge, bensì di aver agito in modo difforme dal progetto divino di salvezza. Il castigo (5,6). Nell'ultimo versetto, in cui continua a parlare il profeta, è descritto il castigo divino mediante il ricorso ali 'immagine delle belve che azzannano il popolo. I tre animali (leone, lupo, leopardo) rappresentano un solo avversario, che anche in questo caso resta innominato. Si tratta del nemico (storico), ma al contempo di YHWH, che opera per mezzo suo. L'idea del castigo come assalto di animali feroci è mutuata dalla tradizione precedente (Os 13,7-8), ma si trova anche in testi recenti, per esempio in Lv 26,22 (cfr. Dt 32,24).
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GEREMIA5,7
lo pensavo: «Sono persone di bassa condizione, l sono stupidi, perché non hanno conosciuto la via di YHWH, l il diritto del loro Dio. 5Voglio andarmene dai maggiorenti l e voglio parlare loro, perché essi hanno conosciuto la via di YHWH, l il diritto del loro Dio». Ma anch'essi, insieme, hanno frantumato il giogo, l hanno lacerato le cinghie. 6Perciò il leone (uscito) dalla foresta li ha azzannati, l il lupo delle steppe li devasterà; il leopardo vigilerà attorno alle loro città; l chiunque uscirà da esse sarà sbranato, perché le loro trasgressioni sono molte, l i loro sviamenti sono numerosi. 7«Per quale ragione dovrò perdonarti? l I tuoi figli mi hanno abbandonato l e hanno giurato per chi non è dio; io li ho saziati ma essi hanno commesso adulterio l e nelle case delle prostitute si sono accalcati.
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no», «si incidevano», ma anche «assembrarsh>, «radunarsi in massa» (Sal 94,21 al qal). Il primo significato andrebbe bene se si trattasse non di prostituzione comune, ma di prostituzione sacra contestualmente alla quale si arrivava al punto di farsi incisioni o sfregi. Propendiamo, perciò, per
l'altro significato. Alcuni manoscritti hanno ,iliJQ' (hitpolel di i1J «alloggiare», «albergare», «cercare ospitalità»), lettura supportata dalla Settanta (KatÉÀ.uov, «alloggiavano»). La Vulgata interpreta alla luce del contesto: luxuriabantur, «Si davano ai piaceri».
5,7-9 Impossibilità del perdono
Rivolgendosi a Gerusalemme con verbi e suffissi pronominali di seconda persona femminile, YHWH formula delle accuse non scevre da un certo pathos. Con la prima domanda, all'inizio dell'oracolo, Egli si chiede per quale ragione dovrebbe concedere il perdono al popolo (v. ?a); con le altre due del v. 9, poste alla fine e separate dalla formula oracolare, nella forma di un ritornello, forse sapienziale, ripreso in 5,29 e 9,8, come possa evitargli il castigo e non vendicarsi di lui. In base al rimprovero, articolato in posizione centrale rispetto alle domande e in cui ricorrono motivi caratteristici della polemica contro la religione cananea, la risposta non lascia scampo. Nel v. 7b sono presi di mira i «figli>>, i quali hanno dimenticato YHWH e hanno strumentalizzato il giuramento in contesto idolatrico. Si usa il verbo «abbandonare» ('iizab ), già riscontrato in 2,13.17, 19, e cui si può dare, in base a 3, 1-5, una connotazione nuziale. Compiendo quei crimini, ci si pone al di fuori della relazione con Dio e si trasgrediscono gli impegni assunti
GEREMIA 5,8
5,8 Ben forniti - La forma verbale c•~:rl?, hapax, può essere un pual della radice lT', che, significando «essere in calore», si addice agli animali soggetti alla fregola. Alcuni manoscritti hanno il ketìb c·~r1o (e la forma C'l\:'? come qerè) dalla radice l1T che ali' hofai ha il significato di «essere nutrito». La versione CEI, traducendo «ben pasciuti>>, sceglie quest'ultima lezione. Secondo alcuni c·~rl? può avere il senso di «fornito di pesi (testicoli)», in base a un radice araba affine (cfr. Ez 23,20). Dato che in questi primi oracoli Geremia si serve spesso di un lessico attinto dal registro della sessualità, non fa
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meraviglia che abbia voluto alludere al dato anatomico. Che si drizzano al mattino- Il termine c·~~. hapax, è participio hifil di c:llD «alzarsi presto». È probabile che la lezione corretta sia •c·~~ ~Q con il significato di «coloro che ostentano i testicoli». Nella traduzione optiamo per C:::lW, caricandolo dell'ambiguità suggerita dal contesto. 5,9 Non dovrò emettere la sentenza? ("1P"?~Ptì';.) - Cfr. la stessa frase in 5,29 e 9,8. Il verbo "1pEl nel libro di Geremia ricorre ben sessanta volte in modo assoluto, oppure seguito da preposizione. È usato con
nel momento della stipulazione dell'alleanza al Sinay, come indica il v. 7c con il rimando all'infrazione del sesto comandamento (adulterio), illustrato mediante il paragone dalla forte connotazione sessuale del v. 8: gli Israeliti sono come stalloni sessualmente ben dotati e dalla pulsione irrefrenabile. Sia l'immagine dell'adulterio sia quella dell'assembramento nelle case delle prostitute (v. 7d) rinviano al comportamento libidinoso tipico di alcune pratiche della religione cananea, in evidente contrasto con quella yahwista, fondata pro grammaticamente sul rispetto delle disposizioni dell'alleanza, sulle quali si costruiscono sia il rapporto con Dio che la convivenza umana e l'ordine sociale. 5,10-11 Castigo mitigato
Questa unità si può dividere in due parti: nel v. 10 YHWH intima al nemico di portare a termine la distruzione; nel v. 11 la motivazione chiama in causa
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GEREMIA 5,11
diventati cavalli ben fomiti che si drizzano al mattino; l ciascuno nitrisce dietro la moglie del vicino. 9J>er tali cose non dovrò emettere la sentenza? l - Oracolo di YHWH. Di una nazione come questa l non dovrò vendicarmi? 10 Salite sulle sue terrazze e distruggete( le), l ma non distruggete(le) completamente; strappate i suoi tralci, l perché non appartengono aYHWH. 11 La casa di Israele e la casa di Giuda l mi hanno tradito perfidamente 1- oracolo di YHWH». 8Sono
accezione positiva o negativa, sia in senso profano che in senso religioso, sebbene il senso primario sia «osservare con esattezza>>, «controllare». Ricorre spesso con la sfumatura di «interessarsi», «prendersi cura», «affidare», «designare». In molti passi, come in questo, indica l'attività del giudice che emette la sentenza. Per determinarne il significato non si può prescindere dal contesto in cui ricorre. Quando l'azione divina non fa riferimento al castigo, ma è lasciata indeterminata, rendiamo il verbo ipEl con «punire» e il sostantivo il"!i?~ con «punizione». S,lO Terrazze- L'hapax legomenon ni,~
non ha un significato certo. La Settanta ( npOj.Ulxwvaç) e la Vulgata (muros) lo leggono ,~w. «muro». Più probabilmente, però, si tratta di i1 ~l'lO o:J"n1Nt!>n1 J-: 1'.''
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5,21 Ha occhi, ma non vedrà, ha orecchi ... C'~\~ ,~l' ~'?: cry'{ c:~·~) -La frase ricorre anche in Is 6, 9 .l O; Ez 12,2 con leggere modifiche. I verbi al plurale, come ritengono alcuni, probabilmente sono indice del fatto che la frase è stata inserita nel brano senza essere modificata, mentre in
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origine era riferita agli idoli (Dt 4,28; Sal 135, 16-17).
5,22
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(,~Tl1-~·', '11i~;:r) -Al qal il verbo ~,,
compare in Geremia ben ventuno volte con il significato di «temere)), «aver paura di)), «aver rispetto di)). Ha per Io più un uso
Nei vv. 21-22 si ha un rimprovero di insensatezza e di ignoranza rivolto al popolo, qualificato come stolto e privo di intelligenza, perché incapace di apprezzare la grandezza e l' onnipotenza divina nell'ordine nella creazione (ls 40,12-17; Gb 9,5-10). La frase di 2la, risalente alla polemica anti-idolatrica e con la quale solitamente ci si prendeva gioco degli dei (Sal 114,5-7; 135, 16-17), è qui riferita alla totale insensibilità del popolo. La qualificazione del popolo, invece, rimanda a ciò che in Is 6,9-1 Oè presentato come effetto della predicazione di Isaia a Gerusalemme. Inoltre, l'espressione «privo di senno» richiama Os 7,11, laddove è finalizzata alla descrizione del comportamento altalenante di Israele, incapace di decidere se appoggiarsi a questa o a quella nazione. La duplice domanda del v. 22 richiama il popolo all'esperienza del numinoso: partendo dalla creazione, egli dovrebbe imparare sia a riconoscere la maestà di Dio sia ad avere fiducia in Colui che ha finalizzato l'ordine dell'universo al mantenimento della reciproca relazione. L'esempio tratto dalla creazione concerne il mare, che è stato disposto in modo tale da evitare un ritorno alla condizione di miscuglio
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GEREMIA 5,25
questo, l popolo stolto e senza intelligenza, ha occhi, ma non vedrà, l ha orecchi, ma non udrà. 22Di me non avrete timore?- Oracolo di YHWH. l Non tremerete davanti a me, che ho posto la sabbia come confine al mare, l decreto eterno che non oltrepasserà mai. Si agiteranno, ma non prevarranno, l muggiranno le sue onde ma non la oltrepasseranno. 23 Questo popolo possiede l un cuore ostinato e disobbediente; l si sono allontanati e sono andati via. 24Non hanno pensato: l "Temiamo YHWH, il nostro Dio, che dà la pioggia, sia l'autunnale che la tardiva, a suo tempo; l (che ci assicura) le settimane prescritte per il raccolto". 25 Le vostre iniquità hanno stravolto queste cose, l i vostri peccati hanno tenuto lontano da voi il bene. 21 , a cui si premettono la preposizione e la particella interrogativa i:!· La traduzione proposta, invece, parte dai seguenti presupposti: il termine :"'j~ è forma difettiva di :"'jN~, «bella», e ha valore di attributo; il verbo :"'r.l.,, «tacere», «ammutolire», è usato come eufemismo per «distruggere»; infine, :"'a~-l't?· participio pual del verbo m1
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(«diventare delicato»), ha un significato simile a quello de Il' aggettivo della stessa radice (J~.V), presente nella maledizione di Dt 28,54.56. 6,3 Pastori (C'~~)- Sono i capi militari. Hanno pascolato (\!il) - Il verbo va inteso in senso metaforico, come equivalente di «distruggere», «fare razzie», «devastare» (Mi 5,5).
guerra santa)) (v. 4; cfr Gl 4,9). Ora, però, il nemico da fronteggiare è il giorno in cui YHWH interverrà a punire il proprio popolo (Am 2,4-16; 5,18-20; Ez 38,19-23). Allarme per la fuga (6,1). Si inizia con un allarme rivolto ai Gerosolimitani, qui detti «Beniamini ti», perché in passato la città si trovava nel territorio dell'omonima tribù (Gs 18,16; cfr. 15,8), o per rinviare all'episodio narrato in Gdc 19-20, in cui i Beniaminiti, pur essendosi rifugiati in Ghib' a, furono ugualmente massacrati per il crimine commesso. Si evidenzierebbe, in tal modo, l'inutilità del tentativo di fuga. L'appello è motivato in base all'arrivo della «sventura)) proveniente dal Nord (cfr., p. es., 1,13-15; 4,6) e presentato in modo vivace: si invita alla fuga dal centro della città verso il sud, rappresentato dal villaggio di Teqoa, vicino a Betlemme; ai fuggiaschi, perché possano radunarsi, sono offerti un orientamento acustico (il suono del corno) e WlO visivo (l 'innalzamento del segnale). Per descrivere la sventura è usato il verbo «affacciarsi (da settentrione)», che rappresenta icasticamente l'incombere dall'alto e il su.ccessivo precipitare verso il basso. Gerosalemme, pascolo di pastori (6,2-3). Nel v. 2 si annuncia il castigo della figlia di Zion, che genera distruzione e devastazione: la città è paragonata, nel versetto successivo, a un pascolo invaso dai pastori, fuor di metafora, i capi militari che l'assedieranno cingendola da ogni angolo.
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GEREMIA 6,13
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Il 6,13-15 Testo parallelo: S,lOb-12 6,13 Dal più piccolo al più grande (c7;.,r.,~1 c~~i?~) -Alla lettera: «dal piccolo di loro al grande di loro)). Espressione idiomatica ricorrente per esprimere la totalità (cfr.l6, 16; 31 ,34; 42, 1.8; 44, 12), nel senso non dell'età ma della condizione sociale, come nel caso di Gio 3,5. Profeta (N'~n- Entrano in campo, per la
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prima volta, i falsi profeti che, assieme ai sacerdoti, annunciano benessere e prosperità. Si distinguono dai veri profeti per questo modo unilaterale di attualizzare il messaggio tradizionale della salvezza (cfr. Mi 3,5). 6,14 Benessere, Benessere - Il termine ci',~, «pace)), designa sia l'armonia nelle relazioni tra individui o gruppi, la ricon-
Accusa e giudizio (6,13-15). Questi versetti sono da considerare come l'esito dell'azione esaminatrice del v. 9. Geremia, pur riferendosi a tutti, accusa soltanto i profeti e i sacerdoti, accomunati dal fatto che, non desiderando realmente un effettivo cambiamento del popolo, si limitano a blandirlo con vane e consolatorie parole sul futuro. Negli ultimi due stichi del v. 15 abbiamo l'annuncio del giudizio. 6,16-21 Rifiuto e disobbedienza Si hanno due oracoli di giudizio: nel primo (vv. 16-19) si citano due volte le parole del popolo recalcitrante a imboccare la strada che conduce all'autentica esperienza religiosa e ad ascoltare gli appelli dei profeti, paragonati a delle sentinelle; nel secondo (vv. 20-21) si ha una polemica contro il culto divenuto espressione di ricercatezza e, di conseguenza, privo di qualsiasi valore agli occhi di YHWH. Alcuni esegeti contestano l'autenticità del v. 20, perché la critica al culto formale, simile a quella di Am 5,21-26 e Isaia l, l 0-15, e che ritroveremo in Ger 7,21-26, sembra loro fuori luogo.
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GEREMIA6,16
Perché dal più piccolo al più grande, l ognuno tende illecitamente al guadagno; dal profeta al sacerdote, l ognuno agisce con falsità. 14Hanno curato alla leggera l la ferita del mio popolo, dicendo: "Benessere, benessere", l ma di benessere non c'era nulla. 15Furono svergognati quando commisero abomini, ma, quanto a vergognarsi, non si vergognavano, l non sapevano nemmeno arrossue. Perciò cadranno tra i caduti, l nel tempo in cui li avrò puniti inciamperanno», l ha detto YHWH. 16Così ha detto YHwH: «Fermatevi nelle vie, guardate l e domandate dei sentieri antichi: "Dov'è la via del bene?", percorretela l e trovate riposo per voi stessi». Ma essi hanno detto: "Non vogliamo percorrer(la)". 13
ciliazione, sia l'idea della completezza, dell'integrità, dell'appagamento, del benessere. Più a fondo equivale a quanto nel noto racconto di IRe 22,1-28 sul diverbio tra Michea Ben Imla e gli altri profeti è espresso con il termine ::lÌt!l («bene»); cfr. 2Re 22,8.13-18. 6,16 Antichi- L'ebraico c7ìl1 (spesso tradotto con «eternità») indica tanto il passato
senza alcun inizio (5, 15), quanto il futuro senza termine (32,40). In pratica, il più remoto passato e il più lontano futuro. Riposo - Il termine ,llÌJl~ è hapax legamenon e deriva dalla radice ll~i, «riposare», ed è sinonimo di l"T~~J'?, la stazione dove si sosta durante un viaggio (caravanserraglio). Rimanda, perciò, a una tappa temporanea, non a una meta definitiva.
Gli appelli del profeta (6,16-19). Al popolo è rivolto un duplice invito: compiere una scelta di vita confonne all'esperienza delle origini (i «sentieri antichi») e tener conto della minaccia che si profila all'orizzonte. Il messaggio va contestualizzato nell'ambito della concezione di matrice deuteronomista delle due vie, riproposta di nuovo in 21,8-9 e il cui esempio più chiaro è rappresentato da Sal l. Inoltre, tale idea è emblematica della sensibilità del giovane Geremia, al quale stava a cuore che il popolo, mettendo in atto gli orientamenti della rifonna promossa da Yoshiyya, riscoprisse con Dio il legame autentico dei tempi passati, in cui la grazia dell'incontro era ancora recente (2,2; cfr. Osea). Con l'espressione «via del bene>> non s'intende l'osservanza della Legge mediante la quale ci si conforma alla volontà divina bensì il comportarsi fedelmente, in sintonia con la vocazione ricevuta all'inizio. In futuro, in contesto di nuova alleanza, «una sola via (condotta)>> (derek 'efuid) costituirà il dono con cui Dio si unirà definitivamente al suo popolo (32,39).
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GEREMIA 6,17
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6,18 Siate a conoscenza della testimonianza che è contro di loro (cf-,W~-n~ iT")..!l '~1~) - Questa frase, così come suona alla lettera («e sappi, assemblea, ciò che [è] in essa»), è oscura. La Settanta ne ha dato una traduzione che si discosta alquanto dal Testo Masoretico: KcxL oL TTOLf.L«LvovtEç tiÌ TTOLf.LVL« aòtwv, «e coloro che pascolano i loro greggi». La frase, tuttavia, è com-
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prensibile, se si legge, come propone la Biblìa Hebraica Stuttgartensia, invece di '~1~ («e conosci») il plurale ,ll-p (. 24Appena ne abbiamo avuto notizia, l ci sono cadute le braccia; lo sconforto ci ha afferrati, l dolore come di partoriente. 25Non uscire in campagna l e non andare per via, perché c'è la spada nemica, l terrore all'intorno. 26 Cingiti di sacco, figlia del mio popolo, l rotolati nella polvere. Fa' lutto (come) per il figlio unico, l il più amaro dei lamenti, perché all'improvviso verrà l il devastatore contro di noi. detrattori del profeta per canzonarlo; in 46,5 e 49,29 indica, dato il contesto di guerra, lo stato d'animo degli eserciti, rispettivamente egiziano e arabo, in preda al panico per l'avanzare del nemico. Ricorre anche in Lam 2,22 e Sal31,14. Nata probabilmente nel conflitto con Pashl,lur, era usata per indicare il nemico, perché esprimeva bene la
portata della minaccia e, nello stesso tempo, evocava i sentimenti di paura legati alla drammaticità del momento. 6,26 Figlio unico- L'aggettivo i'r:t:, «unico», ha il senso di «figlio unico», come si deduce dal contesto. Nel noto passo di Gen 22 abbiamo l'espressione '9Tr:T~-n~ '9~:;~-n~, «il tuo unico figlio» (cfr. Gen 22,2.12.16).
icasticamente l'effetto della maledizione tra i soldati in balia del nemico e onnai fragili e vulnerabili come donne. Al parto sono associati i dolori più lancinanti e penosi (22,23; 30,6; 50,43): considerate come una fatalità a cui nessuna donna poteva sottrarsi, le doglie erano collegate alla punizione inflitta dal Signore al genere femminile per aver mangiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male nel giardino dell'Eden (Gen 3,16). La forza nemica è talmente devastante che non c'è più alcuna via di fuga, se non Dio, in cui ci si possa rifugiare (v. 25). Perciò nel v. 26 il profeta comanda a Gerusalemme, chiamandola «figlia del mio popolo», di preparare i riti di lamento e di piangere per quanto sta avvenendo. I riti sono quelli tradizionali della penitenza e del lutto per la morte di un figlio unico, la più tragica delle sventure, perché fa svanire la speranza nella continuazione della discendenza. Così è indicata la drammaticità di quanto sta per succedere (Am 8,10; Zc 12,10): si profila la possibilità che alla nazione vengano definitivamente chiuse le porte della speranza e che cessi di abitare sul proprio suolo.
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6,27 Fortezza - Il Testo Masoretico ha il termine i~:;lQ, «fortezza>>, che di per sé può fungere da apposizione e indicare il saggiatore di metalli come un individuo imprendibile, come lo è una città fortificata o una fortezza (cfr. l , 18). Tuttavia, la maggioranza dei commentatori e delle versioni moderne, compresa quella CEI, omette il termine: «ti ho posto come colui che saggia il mio popolo». Altri, invece, ipotizzando l'esistenza di un verbo denominativo derivato da i~~ «pepita», vacalizzano come participio pie/ (i~~) e propongono di renderlo con «raffinatore d'oro».
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6,28 Ribelli, tra i più ostinati (C'IliO '!9) -Alla lettera: «i ribelli dei ribelli», perifrasi per il superlativo; cfr. anche in 3,19. La Settanta, rendendola con l'aggettivo ttVJlKOOL, «ribelli», sembra omettere ''19, mentre alcuni manoscritti ebraici, il Targum, Aquila, Simmaco e la Vulgata leggono C'IliO '!.~, «capi dei ribelli». Sono bronzo e ferro >. Invece che con «migliorare» (cfr. la versione CEI del 1974) è opportuno tradurre con «rendere giusto», «rendere buono», «mettere ordine»; in senso assoluto significa «agire in modo retto» (4,22; 10,5; 13,23). E io vi farò abitare (C-?.~tt :-q:p~~1)- Seguiamo il Testo Masoretico, che sia qui che
PRIMI INTERVENTI DI GEREMIA SOTTO YOYAQIM (7,1-10,25) Con la formula «questa parola fu rivolta a Geremia daYHWH» (battezzata dagli studiosi «formula dell'evento della parola»), inizia la seconda sezione dell'insieme dei capitoli 1-25, la quale si protrae fino al termine del capitolo l O. La formula, che introduce anche sezioni e sottosezioni (cfr. Introduzione, p. Il), mette in risalto che il soggetto determinante per l'attività profetica è la parola di Dio, una realtà capace di raggiungere il profeta in un preciso momento storico. Nella sezione in esame, dai quattro discorsi di 7,1-8,3 sul falso culto si passa in 8,4 a brani in poesia che esprimono la condizione in cui versa il popolo: l'incapacità di convertirsi, da una parte; l'angoscia dovuta all'annunciata sventura (8,4-9,25), dall'altra. Il poema contro gli idoli di 10,1-25, sebbene si discosti per contenuto e forma dai brani iniziali, ne prolunga comunque la riflessione, evidenziando in cosa consista la vera fiducia. 7,1-8,3 Quattro discorsi La prima sottosezione contiene quattro discorsi in prosa (cfr. Introduzione, p. 12), in origine forse indipendenti tra loro, improntati alla maniera deuteronomista (7,1-15; 7,16-20; 7,21-29; 7,30-8,3) e unificati non solo dal tema della pratica cultuale, ma anche dalla ricorrenza delle medesime fasi: si passa sempre dall'accusa all'annuncio del giudizio. Per contenuto e per fraseologia ogni discorso rimanda ad altri brani affini (Ger 7,1-5//26,6.9; Ger 7,16-20//11, 14; 14,11; 44,15-19; Ger 7,21-29//6,20; 14,12; Ger 7,30-8,3//19,3-9.11 b-12). 7,1-15 Il discorso del tempio Il capitolo 7 contiene anzitutto il cosiddetto «discorso del tempi@, pronunciato
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parola fu rivolta a Geremia da YHwH: 2«Mettiti a una porta del tempio di YHWH e là proclama questa parola. Dirai: Ascoltate la parola di YHWH, voi tutti di Giuda, che entrate per queste porte per prostrarvi a YHWH. 3Così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo. 1Questa
nel v. 7 ha il verbo p~ al pie! transitivo, lettura supportata da Settanta (Kal Katoi KLW ù,. uxç), Peshitta e Targum. La Bib/ia H ebraica Stuttgartensia per entrambi i versetti propone di leggere il qal (:-tp~~1) e la preposizione di compagnia (C~~I() anziché quella di oggetto diretto, lettura in linea con la Vulgata habitabo vobiscum («abiterò con voi))) e per il v. 3 con Aquila. Nella tradu-
zione adottata «e io vi farò abitare» si dà importanza ali 'interpretazione complessiva del brano, secondo cui YHWH farà abitare il popolo nel paese, a condizione che rimaga fedele ai dettami dell'alleanza. In pratica, la scelta del pie/ transitivo, con valore causativo, si giustifica alla luce del fatto che, sia nel v. 3 che nel v. 7, il «luogm) di cui si tratta è il paese.
all'inizio del regno di Yoyaqim, nel609, come si deduce dal parallelo capitolo 26, contenente segnalazioni cronologiche sul discorso e un suo rapporto sintetico (vv. 4-6), oltre a utili ragguagli sulle circostanze e sulle relative conseguenze. Il brano consta di un'introduzione (vv. 1-2) e di tre brevi oracoli (vv. 3-7; vv. 8-11; vv. 12-15), ideati secondo uno schema di simmetriche corrispondenze: alle attitudini positiva o negativa del popolo fanno riscontro rispettivamente la salvezza o il giudizio da parte di Dio: il popolo, posto di fronte a un'alternativa, è quindi perfettamente consapevole delle conseguenze che scaturiscono dalle proprie scelte. Introduzione (7,1-2). Non si sa con certezza se questi versetti costituiscano l'introduzione a 7,1-15 o piuttosto a tutta la sezione di 7,1-8,3. Anche a capo del discorso di 11,1-13 troviamo infatti informazioni raccolte e formulate, come in questo caso, in modo sintetico (vv. 1-3a), eppure ciò non aiuta a dirimere la questione. Rispetto a quella di 26,1-3, l'introduzione qui è più breve, nonostante contenga le medesime notizie. Non sono offerti elementi tali da indurre a ritenere che ci si trovasse nell'area del tempio per una festa o per una circostanza particolare, né aiuta l'espressione «prostrarsi a YHWH», indicante non una particolare funzione religiosa, ma la generica azione cultuale o, in altri contesti, più semplicemente la preghiera stessa (Ne 8,6). Esortazione (7,3-7). Questo oracolo descrive l'aspetto fondamentale dell'intervento profetico: la condizione essenziale per continuare a frequentare il tempio («questo luogo>>) è il miglioramento della condotta (v. 3). Con i sostantivi «condotta>> e «azioni» ci si riferisce alla pratica cultuale e alle sue esigenze, soddisfacendo le quali si può mantenere la relazione con Dio. Con l'esortazione a non confidare nella presenza del tempio come garanzia
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:o#? :lP-"~ llJ'?-7 0~1;1~ ill~~ ,w~ 11ìiJ-~~~ o~inn o~7 "7.-~";;t.t;:l 7,18 Focacce- Il termine C'~H'.• ricorrente anche in 44,19, è coniato sull'accadico kamiinu, forse una torta fatta di miele e fichi. Le focacce portavano impressa l'immagine della dea Ashteret e la loro stessa forma era modellata sul logotipo della dea, una stella a otto punte. Alla Regina del cielo - L'espressione C'l;ltptT n~"Jt?., («all'opera del cielo»: la voca-
lizzazione masoretica chiede infatti di leggere la prima parola come contrazione di n~"Jt?) è un chiaro esempio di manomissione masoretica del termine~~~. «alla regina» (del cielo) cioè alla dea Ishtar (Ashteret cananea), allo scopo di negare che fosse oggetto di culto in Giuda. Tale interpretazione è suffiagata da Aquila, Simmaco, Teodozione e Vulgata, che conservano la lezione originaria (cfr. anche 44,17-19.26).
altre divinità, a cui si offrono libagioni, hanno preso il posto di YHWH (v. 18). In particolare ci si riferisce al culto della «Regina del cielo», epiteto con cui si indica la divinità cananeaAshteret, corrispondente alla dea assiro-babilonese Ishtar, ovvero la Venere dei Romani, la dea dell'amore. Di questo culto di carattere popolare, presente in Giuda fin dall'epoca di Manasse (2Re 21,3; 23,4-15), il brano ricorda alcuni particolari come il coinvolgimento di tutti i membri della famiglia, tanto dei genitori quanto dei figli, e le focacce, menzionate anche in 44,18-19, da cui peraltro apprendiamo che riproducevano l'immagine della divinità. Nel v. 19, con una domanda rivolta al profeta, YHWH mostra l'insensatezza di coloro che praticano tali culti, in quanto, ponendosi fuori dell'alleanza, attirano su di sé l'ira divina. Segue un annuncio di giudizio, nel quale il castigo è espresso mediante l'immagine del fuoco che si estende a tutto il paese e consuma tutto ciò che incontra, stereotipo frequente in Geremia (4,4; 11,16; 15,14; 17,27;21, 12; 38,23; 48,45; 50,32). 7,21-29 l/falso culto Il brano è costituito di tre segmenti, differenziabili in base ai tre destinatari che vi si susseguono: vv. 21-26 (il popolo); vv. 27-28 (il profeta); v. 29 (Gerusalemme presentata come donna). Per contenuto e linguaggio è vicino al deuteronomista,
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GEREMIA 7,23
I figli raccolgono legna, i padri accendono il fuoco, le donne impastano la farina per fare focacce alla Regina' del cielo e versare libagioni agli altri dei per irritarmi. 19Ma essi offendono me- oracolo di YHWH- o non piuttosto se stessi, a loro vergogna? 20Perciò così ha detto il Signore YHWH: Ecco, la mia ira e la mia collera si riversano su questo luogo, sugli uomini e gli animali, sugli alberi della campagna e i frutti della terra: brucerà e non si spegnerà mai». 21 Così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: «Aggiungete ai vostri sacrifici i vostri olocausti e mangiate(ne) pure la carne. 22Io, però, non ho parlato ai vostri padri, né ho dato loro ordini, quando li ho fatti uscire dal paese d'Egitto, su cose inerenti all'olocausto e al sacrificio. 23 Ma ho comandato loro questa cosa: "Obbeditemi! Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo e camminerete per tutte le vie che vi prescriverò, affinché vi vada bene". 18
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7,21 Ai vostri sacrifici (C:;?'I::t~r',~l)- Le offerte, per indicare le quali la lingua ebraica dispone di diversi termini, sono specificate con il termine n~! «sacrificio», che di per sé indica il rito, la festa (il banchetto), ma può anche riferirsi all'animale (la carne). I vostri olocausti (C:;?'Oi',l))- Nel!' olocausto la vittima veniva bruciata interamente per giungere, tramite il fumo, alla divinità.
7,23 Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo (cf' '7-l';:u'l c~1 c-~~ C?7 '1}";;"1"))
- È la «formula di alleanza», chiamata così perché sintetizza il rapporto di appartenenza tra YHWH e il popolo o il vincolo vigente tra di loro. In Geremia ricorre anche in 11,4; 24,7; 30,22; 31, l, ma non con lo stesso ordine degli elementi. Può riferirsi sia ali' alleanza sinaitica (cfr. Es 6,7; Dt29,12) che alla nuova alleanza.
soprattutto per quanto concerne l'insistenza sull'ascolto, la virtù indispensabile per mantenere viva la relazione con Dio (cfr., p. es., Dt 6,4). Qui questo motivo è presentato all'interno di un'accusa: Giuda ha rifiutato di ascoltare, sottraendosi così alla vocazione di popolo dell'alleanza. Se dal punto di vista redazionale è evidente l'impronta deuteronomista del brano, occorre altresì ribadire l'autenticità e l'originalità comunemente attribuite ad alcuni versetti (cfr. v. 21b e 6,20; v. 28b e 5,1.3; il v. 29, in poesia, fa uso della seconda persona singolare femminile per il popolo). Il vero culto (7,21-26). I vv. 21-25 sono tra i più difficili e dibattuti dell'Antico Testamento. Il v. 21 si spiega sufficientemente se lo si intende in senso ironico: il profeta trasforma una frase solitamente pronunciata per esortare i fedeli a eseguire i sacrifici (Am 4,4-5) in un invito contrario alla Legge, che ordinava di offrire a YHWH per intero la carne degli olocausti (Lv l). Così il popolo è dissuaso dal concedere priorità assoluta ai sacrifici e agli olocausti. Più complessa è l'interpretazione· dei vv. 22-23, finalizzati a giustificare la presa di distanza dal culto. Qui si rileva che nel periodo seguente all'esodo egiziano non fu prescritta alcuna legge in materia di sacrifici e olocausti, ma fu richiesta solo l'obbedienza alla volontà divina in un contesto di alleanza (cfr. l'uso della formula: «lo sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo»,
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GEREMIA 7,24
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>. L'idea è che il popolo, invece di avvicinarsi a YHWH mediante la conversione, si è sempre più allontanato da Lui; anziché progredire nella vita religiosa (2,27; 32,33), è regredito. 7,25 Ogni giorno - Seguiamo la lezione
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Ci' ci', attestata in un manoscritto e nella Peshitta, ritenendo che la lezione ci', «giorno>>, del Testo Masoretico sia dovuta ad aplografia. La Bib/ia Hebraica Stuttgartensia, al contrario, non prende in considerazione la lezione dei due testimoni citati, spiegandola come errore dovuto ad aplografia (così la versione CEI). 7,28 La correzione- Il termine i9,0 («correzione», «istruzione», «lezione») è collegato al verbo iO', che significa innanzi tutto «istruire»
che esprime appunto la peculiare relazione tra YHWH e Israele). La difficoltà nasce dal fatto che tale idea non trova riscontro in nessun brano deli'Antico Testamento e non ha analogie nemmeno con quanto si affenna nei testi che più si avvicinano al nostro passo (Is 1,11-15; Am 5,21-25; Os 6,6; Mie 6,1-8). Tuttavia, il porblema può essere risolto considerando l'accordo di tutta la tradizione biblica nell'affermare che se i sacrifici sono necessari per rafforzare 1'amicizia con Dio, diventano comunque inutili quando non vi corrisponda l'obbedienza (lSam 15,22-23; Sal50,23). In questa luce il v. 23 sottolinea che la vocazione originaria di Israele consisteva nell'ottemperare alla voce di Dio e nel vivere secondo questo orientamento. In sostanza, i vv. 22-23 presentano una rivisitazione dell'epoca iniziale, in cui il rispetto dell'alleanza contava più dei sacrifici. Il v. 25, per contrasto con l'assenza di disposizioni riguardanti i sacrifici, ricorda i profeti, segno della premura e della sollecitudine divine, inviati per incitare ali' ascolto.
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GEREMIA 7,29
24Ma
essi non hanno ascoltato, né hanno prestato attenzione, hanno camminato (seguendo) i loro consigli, nella loro testarda malvagità e sono andati indietro anziché avanti. 25Dal giorno che i vostri padri sono usciti dal paese d'Egitto fino a oggi, vi ho mandato tutti i miei servi, i profeti, ·ogni, giorno, premurosamente e sovente. 26Ma non mi hanno ascoltato, né hanno prestato attenzione, anzi si sono intestarditi; sono diventati più cattivi dei loro padri. 27Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. 28Allora dirai loro: "Questa è la nazione che non ha obbedito a YHWH, suo Dio, né ha accettato la correzione. La fedeltà è scomparsa, è stata eliminata dalla loro bocca". 29'fagliati i lunghi capelli e getta(li) via, l leva un lamento sulle dune, perché YHWH ha rigettato e abbandonato l la generazione, oggetto della sua ira. per educare a un determinato comportamento (Pr 19,18; 29, 17), poi «correggere», infine «punire» (Os 7,12; 10, 10). Il sostantivo, usato in modo privilegiato nei libri sapienziali, ha un carattere generale che va dali' ammonizione alla correzione. L'espressione «ricevere la correzione» ricorre sei volte in Geremia (2,30; 5,3; 7,28; 17,23; 32,33;35,13). 7,29 I lunghi capelli- Il termine it.J. significa «consacrazione», ma in questo versetto
indica i capelli, considerati non come segno di decoro, come altrove, ma quale segno di consacrazione al Signore. Siccome lo erano in modo particolare per i Nazirei, che avevano l'obbligo di !asciarseli crescere, è probabile che si alluda al voto del nazireato (cfr. ip in Nm 6,1-8; Ode 13,5). Occorre, però, tener presente che il tagliarsi i capelli era anche un rito di lutto ed esprimeva afflizione (Is 15,2; Mi 1,16; Gb 1,20).
Incuranza nei confronti della voce di YHWH (7,27-28). Continua l'accusa: il popolo, non dando ascolto al profeta, rigetta la parola stessa di Dio. Dire che è scomparsa la «fedeltà» ('emùna), attributo principale di chi sta in relazione con un altro ed elemento distintivo del popolo in contesto di alleanza, equivale a constatare la fine della relazione tra le due parti (cfr. 5, 1-3). Al termine del brano si ha un appello a/lamento (7,29): YHwH, rivolgendosi a Gerusalemme personificata come donna, le ordina di accompagnare il lamento con il taglio dei capelli. Probabilmente si ha un rimando alla legge del nazireato (Nm 6,5-8; Gdc 13,5-7; lSam 1,11): dal momento che i capelli erano per i Nazirei segno di consacrazione a Dio, tagliarli equivaleva a rinunziare a questo particolare stato religioso. Con questa azione simbolica si ribadisce, dunque, la non appartenenza a Dio.
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GEREMIA 7,30
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luogo in cui si trovasse. In Geremia ricorre con quest'ultima accezione anche in 17,3; 19,5; 32,35; 48,35. Tofet (n~h;:t)- Forse questo termine deriva dali' aramaico e significa «forno» o «focolare» (cfr. Is 30,33). La valle di Ben Hinnom (CliT1~ N'J) -È la valle menzionata in 2,23. Il termine è alla base del vocabolo greco yÉEvva (traslitte-
7,30-8,3 Il Tofet Alla poesia e all'uso della seconda persona femminile del v. 29 seguono nel v. 30 di nuovo la prosa e l'impiego della terza persona plurale riferita al popolo. Il brano termina in 8,3, con il secondo annuncio di giudizio. Duplice accusa: contro i culti illeciti e i sacrifici dei bambini (7,30-31). Il popolo ha collocato gli idoli nel tempio e ha continuato a offrire i bambini nella valle di Ben Hinnom, sul lato sud di Gerusalemme, che già Yoshiyya aveva fatto profanare in ottemperanza alla riforma (2Re 23, l 0). L'accusa del sacrificio dei bambini è ripetuta in 19,5 e in 32,35. Tale usanza, documentata con sicurezza solo in alcune colonie fenicie del Mediterraneo, è spiegata variamente dagli studiosi. Secondo l'interpretazione tradizionale si tratta di un culto a Melek (cfr. nota a 3,24), divinità di origine cananea (2Re 23,10; 32,35), cui erano associati i sacrifici dei bambini mediante il fuoco, comuni nell'ambiente extrabiblico e per un certo periodo, soprattutto sotto Manasse (2Re 21,6), legittimati anche in Giuda, sebbene proibiti dalla legge (Dt 12,31; 18,10). Poiché tuttavia, tanto nel regno del Nord quanto in quello del Sud in alcune epoche sono affiorate delle riserve contro l'illiceità di tali sacrifici, è chiaro che
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GEREMIA 7,34
Sì! I Giudaiti hanno compiuto il male sotto i miei occhi- oracolo di YHWH. Essi hanno collocato le loro abominazioni nel tempio, sul quale è invocato il mio nome, per contaminarlo. 31 Hanno costruito le alture di Tofet, che è nella valle di Ben Hinnom, per distruggere con il fuoco i loro figli e le loro figlie, ciò che io non ho mai comandato e che non mi è mai passato per la mente. 32Perciò, ecco, vengono giorni- oracolo di YHWH- nei quali non si chiamerà più Tofet e valle di Ben Hinnom, bensì valle dell'Uccisione e, per mancanza di posto, si seppellirà in Tofet. 331 cadaveri di questo popolo saranno cibo per gli uccelli del cielo e le bestie della terra, senza che ci sia nessuno a scacciar(li). 34Farò cessare nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme il canto di gioia e il canto di esultanza, la voce dello sposo e la voce della sposa, perché una rovina diventerà il paese». 30
razione di C~iT l't'~.• «valle di Hinnom» ), il luogo del castigo per il NT (cfr. M t 5,22; Mc 9,43; Le 12,5; Gc 3,6). 7,32 Ecco, vengono giorni (C'l'tf c·o~-iT~iT) -È una formula temporale caratteristica del libro di Geremia, che stabilisce un'opposizione tra il tempo passato e quello futuro. Vi ricorre quindici volte (di cui quattordici seguita da «oracolo di YHWH» ), in alcuni casi
all'inizio di promesse concernenti la restaurazione del popolo, in altri per introdurre oracoli di giudizio. 7,33 Senza che ci sia nessuno a scacciar(li) ("1''!1:)~ 1'~1) - In 30,10 e 46,27 questa formula (Dt 28,26), trovandosi in un contesto di benedizione, va intesa diversamente: «senza che ci sia qualcuno a provocare il panicO>} (Lv 26,6).
non si può escludere l'esistenza di coloro che li praticavano, non temendo di recare offerte a YHWH stesso (Mi 6,7b). Perciò, dopo l'accusa, si chiarisce che si tratta di puro fraintendimento e che tale pratica non è mai stata accettata. Nell'Antico Testamento era tuttavia sentita l'esigenza religiosa di offrire a Dio il frutto del primo parto, sia di uomini che di animali, ma essa doveva esprimersi cultualmente con il riscatto dei primogenti, regolato danormeprecise(Es 13,12.15; 34,19-30; Nm3,12-18; 8,17-18). Il primo annuncio di giudizio (7,32-34) è introdotto dalla formula «perciò vengono giornh> e ha come contenuto un mutamento nel «dire)) (3,16; 16,14//23,7; 31,29): la valle di Ben Hinnom si chiamerà «valle dell'Uccisione)). Il cambiamento del nome, espediente comune alla mentalità orientale, trasforma il luogo del peccato in luogo in cui regna la morte (19,11-12). Seguono due maledizioni. La prima corrisponde quasi letteralmente a quella di Dt 28,26 e riguarda la sorte degli uccisi che non avranno sepoltura. La seconda maledizione, con il richiamo all'assenza della gioia e all'immagine nuziale, di cui il profeta si è servito in altre circostanze (16,9; 25,10; 33,10-11), è in linea con il messaggio concernente la desertificazione del paese (cfr. Lv 26,31-33).
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GEREMIA8,1
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::mp; N71 :nV?;-o~ 8,3 Restanti- Il vocabolo C'ìa;tt;lm manca in un manoscritto ebraico, nella Settanta e nella Peshitta. Perciò comunemente i commentatori e le versioni lo cancellano, seguendo il suggerimento della Biblia
(tarmft), ricorrente in 14,14 e in 23,26 per la falsa profezia, anche il nutrire vana speranza nel futuro: si constata infatti amaramente che nessuno si «pente» (cfr. Gio 3,10; Gl2,13) della propria malvagità.
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8,5 Gerusalemme (C~~,~)- Il termine manca in un manoscritto ebraico e nella Settanta, ma è presente nelle altre versioni antiche. La versione CEI l'omette, ma altre versioni moderne lo conservano. Nella traduzione proposta è ritenuto apposizione di «questo popolo». Si è sviato con uno sviamento continuo (:"!?~ ... :"'~ìrD)- La forma femminile :"'~ìrD del Testo Masoretico va corretta nella maschile, :l~ìrD, in accordo con «questo popolo». I termini :"'?~ìrD e :"!?~· coniati su :l,W, han-
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no un significato negativo, mentre l'uso del verbo alla fine del versetto (:l1W7) è positivo. 8,6 La corsa - Seguendo il qerè C~~,,l?::l. mentre il ketìb c~ì~1,0::1 ha l'infinito costrutto di :"1::1,, «compiacersi di» (supportato da Peshitta e Targum). Scegliamo il qerè, dal momento che nello stico successivo si fa un confronto con i cavalli. 8,7 La cicogna- La cicogna è detta :"'T~Q, cioè «pia)), «fedele)), per le cure che riserva ai suoi piccoli.
Israele ignora la disposizione di YHWH (8, 6b-7). Nel v. 6b il verbo sub (che abbiamo reso in italiano «ha ripreso))) indica il movimento deciso e precipitoso del popolo, non verso YHWH, ma in direzione opposta a Lui, verso il peccato, alla stregua di un cavallo che galoppa all'impazzata in una corsa, incapace di padroneggiare la propria condotta. Anche il versetto conclusivo (v. 7) adotta un linguaggio tratto dal mondo animale per descrivere il comportamento insensato del popolo (cfr. Is 1,2-3). Si menzionano quattro uccelli migratori che non si fanno attendere, ma, guidati dali' intuito natwale, osservano fedelmente «il tempo del loro rientro)): diversamente da questi ultimi, che obbediscono alle leggi insite nella natura, il popolo non ha corrisposto alla volontà divina. 8,8-9 L 'insensatezza dei «saggi» Questo brano ci giunge come un oracolo di giudizio, costituito di accusa (v. 8-9b) e di verdetto (v. 9a), rivolto a interlocutori non ben identificabili. Per enfa-
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GEREMIA8,9
questo popolo - Gerusalemme - •si è sviato, l con uno sviamento continuo; si è mostrato forte nell'inganno, l ha rifiutato di tornare indietro. 6Ho prestato attenzione e ho ascoltato: l non parlavano rettamente. Nessuno si è pentito della sua malvagità l dicendo: "Che cosa ho mai fatto?". Ognuno ha ripreso la corsa, l come un cavallo che si precipita nella battaglia. 7La cicogna nel cielo l conosce le sue stagioni, la tortora, la rondine e la gru l osservano il tempo del loro rientro; mentre il mio popolo non ha conosciuto l la disposizione di YHWH. 8Come potevate dire: ''Noi siamo saggi, l la Legge di YHWH è con noi?" Veramente, ecco, .l,'ha ridotta a falsità l il falso stilo degli scribi. 91 saggi erano confusi, l fatti a pezzi, catturati.· Ecco! Hanno rigettato la parola di YHWH; l quale sapienza possedevano? 5Perché
La tortora (,h)- Uccello previsto in alcuni sacrifici (Lv 1,14; 5,7; 12,6.8). La rondine- Seguendo il qerè 0'0, mentre il ketìb o~o. «cavallo», non si adatta al contesto. Gru - Traduzione incerta: non si sa esattamente quale uccello indichi l'ebraico ,~J~. La disposizione- In questo versetto il vocabolo t!!~l!ì ~ non ha il senso di «diritto», ma quello di «ordine stabilito», «ordinamento», come in IRe 5,8. 8,8 Noi siamo saggi - Il termine C'~~J:) è
qui aggettivo, «saggi», mentre nel v. 9 è sostantivo e indica una categoria dirigenziale distinta. L 'ha ridotta (:"!~~) - Accettiamo la proposta della Biblia Hebraica Stuttgartensia di leggere;,~~ invece di :"!~~: il mappiq nella :"! segnala il pronome femminile oggetto, riferito alla Legge. Stilo- Il termine t!!~ indica lo stilo o lo scalpello con cui si scriveva rispettivamente sul rotolo o sulla pietra; cfr. 17, l.
tizzare il messaggio si usa la ripresa delle medesime parole degli interlocutori, che pretendono di essere «saggi» e di possedere «la Legge di YHWH». Qui «Legge di YHWH» e «parola di YHWH» non indicano affatto la stessa cosa: la prima espressione indica la Legge scritta, tant'è vero che vengono menzionati gli scribi, mentre la seconda è il messaggio dei profeti, di carattere orale. La «Legge>> è messa sotto accusa, forse perché gli scribi se ne servono in senso sincretistico per legittimare il culto di Ba'al (2,20-27; 7,21), cui si allude con l'espressione «la Falsità». Per l'interpretazione del v. 8 è importante anche tener presente che per la prima volta neli' Antico Testamento gli scribi appaiono come una categoria a sé stante, deputati all'interpretazione della Legge (lCr 2,55). Nel v. 9a si ha l'annuncio di giudizio contro i saggi, considerati come una classe autonoma ( 18, 18), non identificabile con quella degli scribi. La pretesa di essere saggi, infatti, è resa assurda dali 'aver rigettato la
GEREMIA 8,10
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Il S,lOb-12 Testo parallelo 6,13-15 (manca nella Settanta, cfr. Introduzione, p. 35). 8,13 Mentre (li) radunerò, li annienterò (c~·ç>~ "]bt;t)- La Biblia Hebraica Stuttgartensia propone di leggere, seguendo la Settanta (toc YEVllllata aòtwv), c~·ç>~ («il loro raccolto») invece di c~·ç>~ («farò finire loro»). Così si avrebbero due termini della
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stessa radice e si potrebbe tradurre: «raccogli il loro raccolto» (altri autori correggono anche "]bt;t in "]ç:lk: «io raccoglierò il loro raccolto») oppure: «li raccoglierò completamente». Seguendo la vocalizzazione masoretica, interpretiamo l'espressione come formata da due diverse radici, "]ON («radunare») e "],O («finire», «cessare»), in modo da
«parola di Y HWH)) che, per Geremia, non si identifica unilateralmente con un corpo di leggi o con dei documenti, bensì con una realtà che trascende la parola scritta: è la parola profetica orale, fondata sulla tradizione, accolta e trasmessa, è quella da lui annunciata per smascherare le falsità e le manipolazioni della Legge operate dagli esperti nel settore. Il pensiero va alle diatribe di Gesù con i farisei, esperti nel custodire e trasmettere la Torà, ma incapaci di raggiungeme la profondità dell'anima. 8,10-13 Mancanza di vergogna Il brano si divide in due segmenti: vv. 10-12 e v. 13. I vv. 10-12 sono un oracolo di giudizio, in origine probabilmente la continuazione dei vv. 4-7 (cfr. liikén, «perciÒ)), all'inizio del v. 10), mentre il v. 13 si presenta come un annuncio di giudizio.
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GEREMIA8,13
darò le loro donne ad altri, l i loro campi ai conquistatori, perché dal più piccolo al più grande, l ognuno tende al guadagno illecitamente, dal profeta al sacerdote, l ognuno agisce con falsità. 11 Hanno curato la ferita del mio popolo l alla leggera, dicendo: "Benessere, benessere, l ma di benessere non c'era nulla". 12Furono svergognati quando commisero abomini, ma, quanto a vergognarsi, noP. si vergognavano, l non sapevano nemmeno arrossire per la vergogna. Perciò cadranno tra i caduti, l al momento della loro punizione inciamperanno, l ha detto Y HWH. 13Mentre (li) radunerò, li annienterò l- oracolo di YHWH. l Non ci sono più grappoli sulla vite, non ci sono più fichi sulla ficaia, l il fogliame è appassito l e (ciò che) ho dato loro passerà (ad altri)». 10Perciò
conservare l'immagine dell'annientamento del versetto precedente. E (ciò che) ho dato loro passerà (ad altri) (Cl~,~~~ cry'? 11'1.1:n>- Intendiamo la frase, oscura in ebraico e assente nella Settanta, nel senso che i frutti dati da YHWH al popolo passeranno ai nemici. La maggioranza delle versioni moderne, seguendo la Vul-
gata (et dedi eis quae praetergressa sunt, «e diedi loro quelle cose che sono venute meno»), la interpreta nel senso che ciò che YHWH ha dato al suo popolo è «passato avanti, oltre» (praetergredior), ovvero è stato distrutto o tolto (cfr. La Nuova Diodati: «E anche le cose che ho loro dato saranno loro tolte»).
L 'azione divoratrice dei nemici (8, l 0-l 2). La sentenza di condanna ha come oggetto il passaggio di proprietà delle donne e dei campi rispettivamente ai nemici e ai conquistatori. L'accusa, oltre al popolo nella sua totalità, coinvolge i sacerdoti e i profeti, accomunati dal fatto che commettono «falsità» (v. 10), espressione con la quale questa volta si allude alla loro predicazione consolatoria, usata come palliativo per continuare ad agire male. Improduttività del suolo (8,1 3). Quest'intervento del profeta, introdotto all'inizio dalla formula oracolare, per contenuto è collegabile con 6,9. Si tratta di una parola di giudizio, con la quale è decretato l'annientamento del popolo, a cui è di nuovo applicata la metafora della vigna (2,21; 6,9; cfr. Is 5, 1-7), che sarà resa priva di frutti (come il fico; 5,17).
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GEREMIA 8,14
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10,5 Come un fusto di palma in un campo di cocomeri (ii!p;:t ii~ ,l.?hf)- Questa espressione, omessa nella Settanta, si trova in Bar 6,69, dove al termine 11_?h corrisponde Tipq3aaKocvLOv «spauracchio», «spaventapasseri». Perciò 11_?Ì'l è tradotto spesso con «spauracchio» (anche nella versione CEI), in un contesto in cui ci si prende gioco degli idoli incapaci di parlare e di muoversi, utili soltanto ad allontanare gli uccelli. Il termine ebraico ricorre anche in Ode 4,5 e va tradotto con «albero di palma».
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10,6 Non c 'è affatto nessuno simile a te l'l!.t~)- La Biblia Hebraica Stuttgartensia propone di leggere l'l!.t (=non c'è) al posto di l't.t~. ritenendo che la mem iniziale sia dovuta a dittografìa. Ma ciò non è necessario, dal momento che 1'1!.t~ può intendersi come doppia negazione di valore enfatico. 10,8 Con la stessa cosa ... è legno- Il versetto, omesso nella Settanta, è problematico. Lo interpretiamo così: gli idoli servono sia ad accendere il fuoco sia a praticare i culti ido-
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(40,19-20; 41,7; 42,17; 44,9-20; 45,14-16; 46,5-7). Secondo l'uso attestato in tutto il Vicino Oriente antico le statuette venivano ricoperte d'oro e d'argento, in modo da renderle preziose e da attirare l'attenzione dei devoti. Dal modo in cui sono presentati - immobili, inamovibili, inefficaci - gli idoli risultano creazione dell'uomo, oggetti inanimati, di cui altri si prendono cura, mentre essi sono incapaci di intervenire, sia per il bene che per il male. Perciò, non bisogna affatto temerli: infatti la frase «non abbiate paura di loro» (v. 5) ricorre nel libro di Baruk come ritornello in rapporto alla polemica anti-idolatrica (Bar 6,14.22.28.64.68). Prima dossologia (10,6-7). L'orante, rivolgendosi a Dio con la seconda persona («tu>)), gli contrappone gli idoli, affermando per due volte la sua indiscussa superiorità. Si ha qui l'idea- diffusa durante l'esilio, come dimostra la sua presenza nei testi della tradizione sacerdotale (racconto delle piaghe; Es 8,18; 9,14; 9,29; 10,2) e in Ezechiele (5,13; 6,10; 7,4; 39,28)- dell'incomparabilità di YHWH con cui, quanto a potenza,
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GEREMIA 10,9
5Questi
(idoli) sono come un fusto di palma in un campo di cocomeri, non potranno parlare; bisognerà trasportar(li), perché non potranno camminare. Non abbiate paura di loro, perché non potranno fare alcun male, né è in loro potere di fare il bene». 6Non c'è affatto nessuno simile a te, YHWH, l grande tu sei e grande è il tuo nome, per potenza. 7Chi non ti temerà, re delle nazioni? l Ciò ti è dovuto, perché fra tutti i saggi delle nazioni l e in tutti i loro regni non c'è nessuno simile a te. 8Con la stessa cosa si potrà accendere il fuoco e diventare insensati: l insegnamento di vanità, esso è legno! 9Argento battuto, l portato da Tarshish l e oro di Ufaz; opera di artigiano e di mani di fonditore; l violetto e porpora è il loro vestito; opera di (uomini) abili sono tutti quegli (idoli). latrici, ma da essi non si ricava che un insegnamento inutile, perché sono fatti di legno. 10,9 Tarshish (W"~I)- Rappresenta la regione più lontana dell'Occidente, la cui identificazione precisa non è certa: per alcuni si trovava nella Spagna meridionale (la fenicia Tartessus), per altri nell'Africa settentrionale (Cartagine). Era rinomata per l'esportazione di materiale prezioso (Ez 27,12.25; 38,13). Le navi di Tarshish sono così chiamate perché erano imbarcazioni di lungo percorso (IRe 10,22; 22,49).
Ufaz (n:n~)- Anche questo posto era celebre per l'esÌx>rtazione dell'oro. È menzionato solo un 'altra volta in Dn l 0,5. nTargurn e la Peshitta intendono Ofir, regione da cui veniva importato l'oro (IRe 9,28; 10,11; 22,49; 1Cr 29,4; 2Cr 8,18; 9,10; Is 13,12; Sal45,10; Gb22,24;28,16), sulla cui localizzazione sono state fatte diverse ipotesi (nell'Arabia meridionale; nell'Africa del sud o addirittura in India). La lezione della Settanta MW!jla( forse è spiegabile come assimilazione a t~~o :l~ («Oro finissimo»).
nessun'altra divinità può reggere il confronto. Il v. 7 coinvolge le divinità delle altre nazioni, definite «i saggi», perché si attribuivano loro saggezza appunto e potere regale. Confutazione degli idoli (l 0,8-9). L'oracolo continua la polemica anti-idolatrica dei vv. 2b-5, adoperando ancora un linguaggio che rimanda a brani del Secondo Isaia. Nel v. 8 sono ripresi i termini ·«nullità» (hebel) e «legno» ('e.$) del v. 3. Mentre nel v. 3 l'idolo è chiamato «legno» per esorcizzarne il potere negativo; nel nostro caso (v. 8) con questo termine si indica l'insegnamento (musar): l'idolo, infatti, essendo legno, non può che offrire un insegnamento deficiente, privo di qualsiasi valore. L'ironia continua nel v. 9: sebbene rivestiti d'oro, d'argento e di magnifici paramenti - materiali provenienti da regioni lontane e celeberrime per la loro ricchezza - gli idoli non sono altro che opera di artigiani, materia senz'anima, mera manifattura. Seconda dosso/ogia (10,10). In contrasto con quanto è stato affermato nei versetti precedenti sugli idoli (vv. 8-9), abbiamo un compendio teologico concer-
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GEREMIA 10,10
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:o~ 1111-Nt,l 10,10 È vero- Traduciamo il termine Mf?~ come aggettivo, secondo l'uso di 14,13, e non come avverbio () ricorre spesso in Il, 1-14 (vv. 2.3.6.8). 11,5 Ai vostri padri (C=?'l::li~~~) - Il termi-
dialogo tra Dio e il profeta. Nel v. 3 YHWH esorta all'obbedienza e minaccia la maledizione contro chi non ascolta le parole della Legge (Dt 27,26); da parte sua, il profeta, rappresentante del popolo, dà l'assenso con la stessa parola di Dt 27,26: «amen» (v. 5). Dai vv. 4-5 si deduce che l'alleanza in questione non differisce da quella stipulata sul Sinay: è inquadrata al tempo dell'esodo («che ho disposto per i vostri padri quando li ho fatti uscire dal paese d'Egittm>) e ha carattere bilaterale asimmetrico (vv. 3-4): le condizioni richieste sono l'obbedienza alla voce divina (Es 19,5) e l'esecuzione di quanto YHWH ha comandato (Es 25,22); in entrambi i casi compare la formula di alleanza, con la quale viene suggellato il rapporto tra le due parti (cfr. nota a 7,23 ): è fondata sulla fedeltà divina che assicura la continuità (v. 5). Da quanto si è detto, non risulta molto rilevante stabilire chi sia il destinatario della maledizione del v. 3: chi non ascolta le parole dell'alleanza, conclusa nel contesto dell'esodo egiziano, oppure chi non obbedisce a quelle del patto rinnovato sotto Yoshiyya, in seguito alla scoperta del rotolo della Legge nel tempio (2Re 22,3-23,25).
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GEREMIA Il ,8
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GEREMIA 11,17
cosa ha a che fare il mio amato con la mia casa? l Il suo agire è intrigo! I molti (offerenti) - e la carne consacrata - ti saranno tolti, l per la tua malvagità. Allora potrai esultare!». 160livo verdeggiante, bello, (colmo) di frutti di (bell ')aspetto: l il nome che YHWH ti ha imposto; al rumore di un grande tumulto, vi ha appiccato il fuoco, l i suoi rami saranno distrutti. 17«YHWH degli eserciti, che ti ha piantata, ha decretato la sventura contro di te, per la malvagità della casa di Israele e della casa di Giuda, per ciò che hanno fatto, irritandomi, bruciando incenso a Ba'al». 15Che
però, diversamente da questa prospettiva, pare annunciare la distruzione del culto a causa del peccato del popolo. Esso, tuttavia, si deve interpretare tenendo presente quanto segue: l'aggettivo (attributivo) «molti» va collegato a un nome che svolge la funzione di soggetto, come presuppongono la Vulgata (scelera multa, «molte scelleratezze»), la Peshitta e il Targum; tale soggetto sono coloro che offrono i sacrifici, cioè i sacerdoti e il popolo; l'espressione «e la carne consacrata» è un secondo soggetto, espresso a mo' di inciso. Allora potrai esultare- Stando con il Testo
Masoretico (•f';l~J3 ta;t), mentre la Settanta ha liuxljlt:Ui;u («fuggirai»). Si tratta, comunque, di un'espressione da prendere non alla lettera, ma in senso sarcastico: come potrebbe il popolo esultare dopo che tutto l'impianto sacrificale verrà distrutto? 11,16 Saranno distrutti (~l7'11)- Il verbo è l7l7,, «spezzare». La Biblia Hebraica Stuttgartensia, invece, suggerisce di leggere~,~~ da ,l7::l, «bruciare)), seguendo la Vulgata (et conbusta sunt, «e sono bruciati))), più congruente all'immagine (così la versione CEI: «e i suoi rami sono bruciati)>).
per il giusto). L'immagine è usata in senso positivo per indicame la bellezza e la prosperità e, come tale, è ispirata a Os 14,7. In Sal92,13-15, con altre aggiunte, è applicata inoltre al giusto che custodisce la Legge di YHWH (Sal l ,3) e che fa affidamento su di Lui (Ger 17,78). Associata a Israele, la metafora botanica rende l'idea dell'elezione, cioè della particolare relazione che il popolo ha con Dio. Tuttavia a questa è contrapposto il castigo, presentato con l'immagine opposta, quella dell'olivo dato alle fiamme. Il «grande tumulto» allude alla manifestazione della gloria di Dio in Ez 1,14, ma qui rimanda all'arrivo dell'esercito nemico (Ez 38,19), di cui YHWH si serve per dare alle fiamme il suo popolo (cfr. 21,10; 22,7; 32,29; 34,2.22; 37,8). Oracolo di giudizio (11,17). Il breve oracolo è in continuità con i versetti precedenti. Infatti, vi è sottesa la metafora dell'olivo piantato da YHWH, usata precedentemente per Israele, ma qui in relazione all'annuncio del giudizio. In questo detto risulta più evidente di quanto non sia negli altri due l'idea secondo cui l'elezione non garantisce nessuna immunità; d'altra parte, la causa del castigo sta non in Dio, ma nel popolo stesso, che ha disobbedito all'alleanza.
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GEREMIA 11,18
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:u'J,;:jl n~T?t:l N71 ilÌil; OW:jl N~~I:l N? i'?N? ~V!-?J-n~ 11,19 Mansueto- L'aggettivo "P"I5 qui significa «imperturbato», «fiduciosO», «mansueto», ma altrove può significare «intimm>, «familiare» (3,4; 13,21 ). Portato - Il participio "~~· hofal può avere risonanza sacrificate (Is 53,7). A macellare (r}i::ltp")- Il verbo n::lt!l, >. 18 YHwH
11,20 La mente e l'intimo (:::l~l nì·'?~)- Alla lettera: «reni e il cuore». Nella Bibbia i reni rappresentano l'organo dell'affettività (sentimenti, volontà), mentre il cuore quello del pensiero. In coppia reni e cuore indicano tutta la persona (12,2-3; 17,10; Sal 73,21; Pr 23,15-16). Il 11,20 Testo parallelo: 20,12 11,21 Che attentano alla mia vita ('9~1?~-n~ c•l!ip:;lf?iJ)- L'espressione idio-
matica W~~- (+nN)+ Wp:::l ha significato negativo (eccetto Pr 29,10) ed esprime l'idea di cercare di uccidere qualcuno. Ricorre spesso neli' AT (circa trenta volte), soprattutto nelle lamentazioni individuali dei Salmi (35,4; 38,13; 40,15; 54,5; 63,10; 70,7; 86,14) e in Geremia che la costruisce con il participio: «coloro che cercano la (tua) vita ... » (eccetto 4,30); cfr.l9,7.9; 21,7; 34,20.21; 38,16; 44,30; 49,37.
ma si può supporre che siano gli stessi di cui si parla nel v. 21, cioè i compaesani di Anatot. Per indicare come fosse ignaro di quanto stava succedendo fa sua l'immagine dell'agnello condotto al macello, paragone che in un contesto simile viene adottato per il Servo di YHWH (Is 53,7). Il v. 19 riporta la citazione delle parole dei suoi attentatori, i quali lo descrivono come un albero da abbattere nel suo pieno rigoglio (immagine usata in 11,16 per indicare il castigo divino per il popolo). Da questa situazione di particolare angustia nasce la preghiera del v. 20, nella quale Dio è invocato come «giudice giusto», che dirime la causa affidatagli dall'innocente contro denigratori e attentatori. Il profeta si affida a lui e ne loda le capacità introspettive. Minaccia rivolta agli uomini di Anatot (11,21-23). Il v. 21 introduce larisposta divina, ha lo scopo di identificare coloro che hanno complottato contro il profeta («essi» del v. 19) e di mostrame l'intento: si tratta delle persone a lui più vicine, che pure gli impediscono di predicare. Non è da escludere che il contrasto con loro abbia avuto origine dalla sua adesione alla riforma deuteronomica, i cui provvedimenti comportarono l'annullamento dei privilegi di cui fino ad allora avevano goduto le famiglie sacerdotali residenti fuori da Gerusalemme.
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GEREMIA 11,22
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Nei vv. 22-23 si ha la minaccia vera e propria rivolta contro di loro, presentata come risposta divina al lamento: YHWH dimostra così di aver ascoltato la supplica del profeta (v. 20) e di schierarsi dalla sua parte. La minaccia che nessun superstite rimarrà in Anatot è formulata negli stessi termini con i quali in 23,12 è annunciata ai falsi profeti la sventura (ra 'a). Se si tiene presente che secondo Esd 2,23 e Ne 7,27 tra coloro che intrapresero la strada del ritorno da Babilonia c'erano anche degli Anatotiti, si ha una conferma indiretta dell'autenticità di questa profezia e del radicamento nel vissuto del nostro profeta. Infatti, se l'annuncio fosse stato posteriore al ritorno, i redattori non si sarebbe espressi in modo da contraddire i fatti. La prosperità degli empi (12,1-4). Il profeta pone a YHWH dei casi particolari (mispatfm) sulla prosperità dei malvagi e sulla (apparente) sicurezza dei malfattori, partendo dal presupposto che Egli è giusto. Ciò colloca il rapporto tra i due, e ogni eventuale risposta, nel quadro dell'alleanza, il cui fondamento riposa nella fedeltà divina. Il v. l contiene una terminologia forense: il termine fjaddfq può significare «innocente», ma anche «giusto», come qui, nel caso di YHWH (Sal119,137); anche in Sof3,5 YHWH è definito «giustm), ma in un contesto in cui si tratta di specificare le differenze tra Lui e coloro che sono deputati
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GEREMIA 12,3
22 Perciò
così ha detto YHWH degli eserciti: «Ecco, io sto per emettere la sentenza contro di loro. I giovani moriranno di spada, i loro figli e le loro figlie moriranno di fame. 23 Di loro non rimarrà alcun resto, perché farò venire la sventura sugli uomini di Anatot, nell'anno della sentenza per loro». 1Tu sei troppo giusto, YHWH, l perché io possa disputare con te; l tuttavia voglio trattare con te di alcune questioni di diritto: perché la via degli empi prospera? l Perché tutti i traditori vivono tranquilli? 2Tu li hai piantati, hanno messo anche radici, l sono cresciuti, hanno anche prodotto frutto, tu sei vicino alla loro bocca, l ma lontano dal loro intimo. 3Tu, YHWH, mi hai conosciuto, mi vedrai l ed esaminerai la mia mente, che è con te; trascinali come pecore al macello, l consacrali per il giorno dell'uccisione.
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all'amministrazione della giustizia. Il verbo ebraico rfb (che abbiamo tradotto qui «disputare))) esprime l'atto di querelare qualcuno (Gen 26,20), ma designa anche la requisitoria giudiziaria. Infine, la frase dii bar (pie l) + mispii{fm significa «trattare o discutere questioni di diritto» e va contestualizzata non nel quadro di una decisione giudiziaria (cfr. 1,16; 39,5), ma all'interno di una controversia (cfr. 2,9.29) inerente alla retribuzione e, tangenzialmente, alla giustizia di Dio. Non c'è nessun capo di accusa nei riguardi di Israele né Israele è chiamato a ravvedersi. Le domande poste nei vv. 1-2 pertengono a una riflessione presente altrove nell'Antico Testamento, soprattutto nella vicenda paradigmatica di Giobbe: quando il giusto perde il favore divino, è inutile contendere con YHWH nella sfera di ciò che è lecito e di ciò che non lo è. Qui il profeta pensa, pur senza menzionarli, a coloro che gli fanno del male: oppositori reali, non immaginari, i quali giungono al punto di attentare alla sua stessa incolumità fisica. Nel v. 3 appare consapevole di non nascondere nulla di deplorevole e non è per niente mosso da desiderio di vendetta: vuole solo che venga ristabilita la giustizia tra individui, senza la quale il merito personale finisce per essere mortificato. Perciò riserva ai nemici l'immagine che in 11,19 aveva applicato a se stesso per descrivere il suo atteggiamento
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GEREMIA 12,4
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12,4 Sarà in lutto (t,~~l)) - Il verbo t,::IN, che significa sia «seccare» sia «fare cordoglio», qui è parallelo a 'Zl::l', «seccare» (anche in 23,10; Gl 1,10; Am 1,2). È spesso adoperato nell'annuncio del giudizio per indicare che finanche la natura partecipa del cordoglio degli abitanti per la sventura mandata da YHWH. Egli non vedrà (:1~")' t6)- Il Testo Masoretico non ha il soggetto, mentre 4Q Ge-
remia" (4QGer" o 4Q70) ha «Yah(weh)» e la Settanta o 9t:oç. Quest'ultima lettura è adottata in molte versioni attuali, tra cui quella CEI. Attenendoci al Testo Masoretico, preferiamo lasciare indeterminato il soggetto. 12,5 Se tu cadi in un paese florido (l"!~i::l :1J;lt5 c;t,~ n~~~)- Abbiamo qui una seconda protasi, che si serve del «se» della protasi dello stico precedente. Il pa-
verso di loro, quella dell'agnello condotto al macello. Nel primo stico del v. 4 Geremia si chiede quando YHWH li avrebbe puniti: proprio il ritardo di Dio nel ristabilire la giustizia spiega la situazione desolante in cui versa il paese, descritto in modo drammatico negli stichi successivi. Qui, come in 3,1.3, si parte dal presupposto che il peccato ha degli effetti sull'ordine naturale, secondo un'idea che troviamo anche altrove nell'Antico Testamento (Gen 6,1-12; 2Sam 21,1-2). Intanto i malvagi, che sono la causa di quello stato di desolazione, pensano che Dio non veda ciò che essi compiono né l'esito delle loro azioni, poiché a loro avviso non si cura di ciò che succede (cfr. 7, Il; Ez 8,12; 9,9; SallO,ll; 73,11; 94,7; Gb 22,13). Esortazione di YHWH (12,5-6). Nella risposta al lamento avanzato da Geremia, YHWH non entra nel merito della questione sui malvagi postagli dal profeta ma, mediante l 'uso di metafore, gli obietta che una lotta ancora più dura lo attende e che quindi deve prendere consapevolezza della portata di ciò che sta vivendo. Usando il procedimento a minore ad maius, vuole convincerlo
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GEREMIA 12,6
Fino a quando sarà in lutto il paese, l seccherà l'erba dei campi? Per la malvagità degli abitanti l periranno bestie e uccelli, poiché hanno detto: «Egli non vedrà l la nostra sorte». 5«Se tu, correndo con i fanti, ti sei stancato, l come potrai competere con i cavalli? Se tu cadi in un paese florido, l come farai nell'intricata vegetazione del Giordano? 6Sì! Anche i tuoi fratelli e la casa di tuo padre, l perfino loro ti hanno tradito, perfino loro ti hanno gridato dietro a squarciagola; non fidarti di loro l quando ti diranno cose buone».
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rallelismo con quanto precede richiede che la frase risponda al ragionamento a minore ad maius (la versione CEI «se ti senti al sicuro» non rispetta pienamente la logica del testo). Il problema era già avvertito nell'antichità, come si deduce da alcuni manoscritti della Settanta, che hanno aggiunto la negazione: «se non ti senti al sicuro». La traduzione proposta presuppone che il verbo sia da indentificare non con n~::l l,
«confidare», «sentirsi al sicuro», ma con la radice nt!! :l Il, «cadere» (cfr. Pr 14, 16), attestata anche in arabo. Nel! 'intricata vegetazione del Giordano > (v. 16; lRe 8,36), l'uso del verbo «ritornare» (v. 15; IRe 8,34). Nei vv. 1415 abbiamo un annuncio di giudizio e un annuncio di salvezza. Il primo riguarda quelle nazioni che hanno sostenuto Babilonia contro Giuda; YHWH le chiama «miei vicini», ma le qualifica come nemici, perché hanno nuociuto alla sua «eredità» (vv. 8.9), ovvero al paese di Israele. L'annuncio è formulato con il termine «sradicare», inseribile in quella serie di verbi ricorrenti fin dal primo capitolo (l, l O) per indicare la realizzazione del piano divino in rapporto tanto alle nazioni quanto a Giuda e facente riferimento all'esilio. In contrapposizione a ciò, il v. 15 annuncia il ribalta-
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:v?çiJ i''i?.~:;l ow m;..r;l'(1 ilJ;Il~ 'ifÌ b~i'1 'Tf'-..t:l'?-~}J ,w~ I;l'~i? ,w~ 12,16Le usanze del mio popolo('~ '~'TT~) -Alla lettera: «vie»; cfr. nota a l 0,2. Potranno stabilirsi (~J=?m - Il verbo :-TJ::l (n ifa/: «essere edificato») ha un significato ampio e rimanda alla formazione di una posterità, ovvero all'avere dei figli e al moltiplicarsi (Gen 16,2; 30,3; anche in Ger 31,4). 13,1 Cintura di lino - Il termine ,ìt~ indica un indumento che cinge largamente i fianchi, una specie di perizoma (2Re 1,8; Is 11,1). La cintura poteva essere fatta di diverso materiale, di pelle, p. es., come quella indossata da Gio-
vanni Battista (Mt 3,4), ma nel nostro caso è di lino, la stoffa usata per gli abiti dei sacerdoti. 13,4 A Para - Il termine 1"1\)l~ pone il problema dell'identificazione del luogo. Comunemente, come si evince da alcune versioni moderne, tra le quali quella CEI, si ritiene che si tratti del fiume Eufrate (in ebraico, n1~; qui con il suffisso 1"1 che indica la meta; cfr., p. es., Gen 2,14; 15,18; Dt 1,7), ma ciò sembra poco verosimile, perché il profeta non avrebbe potuto raggiungerlo, pur evitando il deserto, prima di un mese e mezzo. Oltre a
mento della situazione: all'azione precedente dello «sradicare» corrisponde ora il sentimento divino della compassione e la volontà di far ritornare i popoli nei propri paesi. Il rimpatrio è antitetico all'esilio ed è comunque opera di YHWH, che farà ritornare ciascuna nazione alla propria eredità, cioè a quella porzione di terra concessale con diritto di proprietà (Dt 32,8) secondo un progetto divino di raggio universale. I vv. 16-17 pongono due condizioni per l' incorporazione in Israele, che riflettono probabilmente la situazione generatasi in un periodo abbastanza recente della formazione del libro, quando si pose il problema di accogliere i proseliti e di richiedere loro determinati requisiti. Ai pagani furono richieste l'adesione agli ordinamenti della religione israelitica e la professione della nuova fede sancita dal giuramento in nome di YHWH (v. 16), non equivalente a quello autentico (non-sincretistico), bensì alla fede e all'appartenenza al popolo dell'alleanza. Importante è comunque l'idea espressa dalla frase, secondo cui anche gli altri popoli sono, come Israele, oggetto dell'opera redentiva di YHWH (cfr. Is 19,16-25; Zc 14,16). A queste condizioni le nazioni pagane potranno «stabilirsi» o «essere edificate» (cfr. nota) in mezzo al popolo: crescere, svilupparsi, essere amalgamate con lui per formare una sola entità; qualora non accettino le condizioni imposte, saranno divelte per sempre dal paese in cui sono ritornate (cfr. i verbi «sradicare», già usato, e «distruggere»).
181
GEREMIA 13,4
16 Se
impareranno diligentemente le usanze del mio popolo, fino a giurare "vivente è YHWH", come hanno insegnato al mio popolo a giurare per Ba'al, allora potranno stabilirsi in mezzo al mio popolo. 17Se essi non ascolteranno, allora io sradicherò quella nazione- sradicherò e distruggerò- oracolo di YHWH». 1Così mi ha detto YHwH: «Va' a comprarti una cintura di lino, mettitela ai fianchi, ma non immergerla in acqua». 21o comprai la cintura, secondo la parola di YHWH, e me (la) misi ai fianchi. 3La parola di YHWH mi fu rivolta una seconda volta: 4«Prendi la cintura che hai comprato e che (porti) ai fianchi, vai ·a Para' e là nascondila nella fessura di una roccia».
13
ciò, il dubbio che si tratti dell'Eufrate nasce dal fatto che questo sarebbe l'unico caso in cui il toponimo ricorre senza l'apposizione «fiume» e senza una specificazione del luogo, mentre di regola, quando nell' AT lo si menziona, troviamo l'una o l'altra. Perciò, siamo dell'avviso che il termine indichi una località a un'ora di cammino a nord-est di Anatot, dove nasce il torrente che alimenta il wadi Fara. Si tratterebbe dell'antico Para, menzionato in Gs 18,23. Se si accetta questa interpretazione, il termine iiJ;Il~ del Testo Masoretico va vo-
calizzato i'IJ;'Il~· qui e nei vv. 6. 7. Quanto alla lezione Ml~~ del v. 5 è conservata in 4QGeremiif (4QGer) nella forma con il suffisso il-;, similmente a quella dei vv. 4.6.7. Inoltre non è da escludere che la lezione masoretica (nl~~ «presso l'Eufrate») può essere intesa come risultato di un intervento che non ha tenuto conto del tenore originario del brano. Infatti il v. 5 dà l'impressione di essere un inserimento tardivo (cfr. la frase «come mi aveva comandato YHWH», ricorrente anche fuori del libro di Geremia [26,8; Es 7,6.1 0.20]).
13,1-11 La cintura di lino ai fianchi di Geremia
Il profeta narra in prima persona un'azione simbolica, la prima di una serie, con la quale esprime in forma plastica quanto YHWH tramite lui voglia comunicare al popolo (16,1-13: il celibato; 18,1-12: il vasaio; 19,1-15: la brocca spezzata; 27,1-22: il giogo; 32,1-15: la compera del campo; 43,8-13: le pietre sotterrate; 51,59-64: il rotolo gettato nell 'Eufiate). La struttura del racconto è condizionata dallo svolgersi dell'azione: triplice comando, che segna le varie fasi dell'episodio (vv. 1.4.6); nota di esecuzione per ciascuna fase (vv. 2.5.7); infine, messaggio conclusivo sul significato del gesto (vv. 8-10). Il v. Il, a causa della sua prospettiva pan-israelitica, svela un intento attualizzante, ma l'episodio probabilmente ha avuto origine nel primo periodo del ministero del profeta. Ordine ed esecuzione (13, 1-7). Con il primo comando YHWH ingiunge al profeta di comprarsi una cintura di lino e di cingersela ai fianchi, senza lavar! a (v. l), in modo che, lasciata impregnata di sudore e sporca, si deteriori più facilmente. A distanza di tempo, una seconda volta, gli viene ordinato di interrarla nella fessura di una roccia a Para (vv. 3-4), poco distante daAnatot. Dopo un periodo di tempo più lungo del precedente, durante il quale lo stato di deterioramento della cintura, già iniziato a contatto con il corpo, è avanzato, il profeta riceve l'ordine di ritornare a disseppellire la cintura, nel frattempo decompostasi e perciò inutilizzabile
GEREMIA 13,5
182
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13,11 Aderisce (P~ T) - Il verbo p:l.,, «aderire», «stare stretto a», può anche in-
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Il 13,14b Testo parallelo: 21,7b 13,15 Non insuperbite (~:"!~-',~)-Il verbo :"':l.l significa «essere alto», in riferimento sia a persone sia a cose; di per sé ha senso neutro, ma qui, essendo riferito al popolo restio a rendere gloria a YHWH, è adoperato metaforicarnente in senso negativo («essere altezzoso», «orgoglicr so», anche in Is 3,16). Sia da Geremia sia da altri profeti questa accusa è spesso rivolta alle nazioni straniere, perché si sono elevate più in
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>, «orgoglio»; cfr. anche Gb 33,17; Dn 4,34). Nel v. 9 è usato il sinonimo~· La Peshitta ha l'equivalente dell'ebraico l"11' («angoscia»), mentre la Biblia Hebraica Stuttgartensia propone di leggere ;,~ («esilio»), in base al v. 17b. Come si vede nella traduzione proposta, preferiamo non apportare alcuna modifica, dato che il termine ebraico calza con l'unitàdei vv.IS-17, in particolare con l'esortazione iniziale a non insuperbire.
Esortazioni allafede (13,15-16). All'invito ad ascoltare (v. 15a), seguono due esortazioni, una in senso negativo ( ~7~~ 'l}..iP, :l'Jf
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13,22 I lembi (della tua veste) ('T~,~)- Il termine ,,~ indica gli orli, i bordi inferiori (di un abito), come nel v. 26. Nel nostro caso, però, come hanno ben compreso le versioni antiche (Settanta, Vulgata), allude alla realtà sottostante (cfr. Dt 23,1; ls 3,17; 20,4; 47,23; Ez 16,39-40; Na 3,5). Sei stata violentata (l'~P..l? ,Of?r;tV -Alla lettera: «sono violentati i tuoi calcagni». Il termine C':;!p.)?, «calcagni», è un eufemismo per indicare i glutei o i genitali. Cfr. 2Sam 10,4.
13,23 Un Kushita ('t.!l,ll)- Cioè un Nubiano. Il termine Kosh dei testi egiziani, usato per indicare un territorio, corrisponde al greco Al9Lmr(a. e all'ebraico ~,ll, ma geograficamente è da riferire non all'Etiopia, ma alla Nubia (ora nord Sudan), abitata da popolazioni non egizie, di razza nera. Da 46,9 sappiamo che soldati nubiani venivano arruolati nell'esercito egiziano. Ebed-Melek era Kushita (38, l 0-12). Il termine ricorre spesso nell'AT (cfr.ls 20,3-5; Ger 46,9; Ez 30,4). 13,24 Li disperderò (c~-~~1) - La Biblia
assunti nei confronti di Dio. Probabilmente qui si allude alla lezione imparata sotto Abaz, allorché il sovrano, sperando di stornare da Giuda la minaccia della coalizione siro-efrayimita, chiese aiuto all'Assiria, senza ottenerne benefici, ma anzi restando sottomesso alla potenza egemone con maggiori gravami. Con verbi di diatesi passiva, nelle due ultime frasi del v. 22, il castigo è descritto evocando l'immagine di una donna violentata, in linea con le metafore simili dei capitoli 2-6. Per le due espressioni testé citate e per il numero consistente di termini e di immagini usati, non v'è dubbio che questo brano rimandi alla prima predicazione del profeta e che abbia un carattere geremiano. 13,23-24 Impossibilità della conversione Il passo è formulato con il linguaggio caratteristico della critica anti-idolatrica tipica della predicazione iniziale di Geremia. Il v. 23 è composto di due domande concernenti due esempi, quello del Kushita, che non può cambiare il colore della pelle, e quello del leopardo, impossibilitato a mutare le macchie. La prima pone
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GEREMIA 13,25
Se penserai dentro di te: l "Perché mi sono capitate queste cose?". A causa della tua grande iniquità sono stati scoperti i lembi (della tua veste), l sei stata violentata. 23 Potrà forse un Kushita cambiare la sua pelle, l un leopardo le sue macchie? Anche voi: potrete fare il bene, l (essendo) esperti a fare il male? 24Li disperderò come stoppia trasportata l dal vento del deserto. 25 Questa è la tua sorte, la misura assegnata l da me - oracolo di 22
YHWH-
perché mi hai dimenticato, l hai confidato nella Falsità.
H ebraica Stuttgartensia si chiede se non sia migliore la lettura c~~,5l~J «vi disperderò» (così la versione CEI), forse per uniformità con il versetto precedente, dove si usa il «voi». Stiamo con il Testo Masoretico, in quanto lectio difficilior. Come stoppia trasportata- L'ebraico Wj? significa «stoppia» o «paglia»; quando secca, è portata via (ls 40,24; Sal83,14; Gb 13,25) o è bruciata (Is 5,24; Abd 18). 13,25 La misura assegnata (T1~-n~~) Non vediamo la necessità di seguire la Bi-
blia Hebraica Stuttgartensia che, in base alla Settanta (toil atrELElEi.V Ùt-Liiç' Èt-LOL, «il vostro disubbidirmi» ), suggerisce di leggere T'']f?, «la tua ribellione», al posto di '1'1~ (alla lettera «le tue misure»), termine che al singolare significa «misura» (Gb 11,9), ma può voler dire anche «abito, «veste» (cfr. Gdc 3,16), perché la veste distesa serviva per misurare (Rt 3, 15). La Vulgata ha inteso in questo senso (parsque mensurae tuae, «e la porzione della tua misura»). Nella falsità (""ii?.~:;l)- Si intende Ba'al.
il destinatario, richiamato con la seconda persona maschile plurale («voi»; v. 23), di fronte al peccato diventato ormai un'abitudine di cui non può più disfarsi (cfr. 2,22-24). Dalla seconda domanda si evince che il popolo ha acquisito la natura peccatrice nel corso del tempo, per la propensione a compiere il male («esperti a fare il male»; cfr. 4,22; 8,6). Nel v. 24 è annunciato il giudizio espresso con l'immagine della stoppia portata via dal vento del deserto (si usa qui la terza persona plurale: «li disperderò»), usata anche altrove, sia in Geremia (9,15; 18,17) che in altri profeti (Is 40,24; 41,2), per indicare la tragedia, cioè l'esilio del587 a.C. 13,25-27 Lascivia di Gerusalemme Il brano è un oracolo di giudizio contro Gerusalemme. Dati i collegamenti tematici, linguistici e formali (cfr. l'uso della seconda persona femminile) con i vv. 20-22, non è da escludere che originariamente ne fosse la continuazione e che facesse parte della predicazione iniziale di Geremia (cfr. la vicinanza al c. 2). I vv. 25-26, ritornando all'immagine della donna infedele, additano la
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GEREMIA 13,26
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13,26 Solleverò ('!'1~ig~)- Il verbo El~n significa «denudare» (cfr. Is 47,2). La tua vergogna ('~p1':lp)- L'ebraico 11':lp, «disgrazia», con l'articolo (bassiiqer) che, come altrove (cfr. p. es., 3,23; 5,2.31; 7 ,9), indica il dio principale del pantheon cananeo, Ba'al. In altri passi tuttavia questo termine ricorre privo di articolo per evidenziare il comportamento del popolo, le cui esternazioni religiose non corrispondono né all'obbedienza alla voce divina (14,14; 23,25-26.32; 29,9.21.23) né alle stesse prescrizioni legali (7,8-9; 37,14) e cultuali (7,4), oggetto di mistificazione (cfr. anche l'espressione avverbiale «con falsità», «falsamente»; 3,10; 29,9). Nel v. 26 il popolo, sullo sfondo dei rituali cananei, è raffigurato come una donna a cui YHWH mette a nudo pubblicamente le parti intime per farle sperimentare il sentimento della vergogna. Il v. 27 rievoca esplicitamente la pratica del culto nei confronti delle divinità cananee perpetrato sulle colline e sugli altopiani. Queste pratiche sono qualificate, usando lo stesso termine di 4,1, come «abominazioni» (siqqù$fm). Il versetto termina con un rimprovero rivolto a Gerusalemme: YHWH si chiede fino a quando continuerà a vivere in quello stato di impurità (Os 8,5) e non penserà a modificare i suoi atteggiamenti. È come se Egli, in modo molto discreto, auspicasse la conversione del popolo; tuttavia, solo alla vigilia della catastrofe tale speranza sarà espressa in modo chiaro e solido nella prospettiva secondo la quale il popolo avrà una relazione nuova con Dio, basata su presupposti differenti da quelli fino ad allora in vigore (cfr. Ger 31 ,31-34).
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GEREMIA 14,1
io ti solleverò i lembi (della veste) fino al volto l e si vedrà la tua vergogna. 2711 tuo adulterio e il tuo ansimare, l il tuo vergognoso meretricio! Sulle colline e sull'altopiano l ho visto le tue abominazioni. Guai a te, Gerusalemme, non sarai pura! l Per quanto tempo ancora (continuerai in questo modo)?».
26Anch'
14
Ciò che fu rivolto come parola di YHWH a Geremia in occasione della siccità.
1
14,1 Ciò che fu rivolto (:"!::;t ,W~)- La Settanta legge I'incipit come se fosse '0~1 («e avvenne»). La siccità (ni,~~;:t)- Il termine ebraico è al plurale, probabilmente per rimandare a una
siccità durata così tanto da compromettere l'equilibrio naturale (quello che le grammatiche chiamano «plurale di intensità»; cfr. IRe 17,1). •:• 14,1 Testi affini: Ger 46,1; 47, l; 49,34
·14,1-17,27 Predicazione in occasione di una siccità La soprascritta di 14, l riferisce i brani di questa sottosezione a un evento particolare, una siccità verificatasi negli anni di Yoyaqim. Il primo brano, 14,1-15,4, riprende il motivo della violazione dell'alleanza, reso ancor più grave dalla proibizione di non intercedere per il popolo che il profeta riceve da YHWH (14,11). Anche qui il riflettore è posto, oltre che sul popolo, su Geremia che, con l'azione simbolica del celibato (16,1-13), rappresenta la sorte della nazione destinata all'esilio. Il brano conclusivo sull'osservanza del sabato mostra come il castigo sia causato dall'infedeltà all'alleanza (17,19-27). Siamo di fronte a un insieme composito di brani di vari generi letterari: soprascritta (14,1), lamento (14,2-6; 14,7-9; 14, 17-18; 14,19-22; 15,10-21; 17,12-18), brani sapienziali (17,5-8; 17,911), dialogo (14,10-16; 15,1-4; 15,5-9; 16,10-13), azione simbolica (16,1-9), annuncio di salvezza (16,14-15; 16,19-21), annuncio di giudizio (16,16-18; 17,1-4), discorso in prosa (17,19-27). 14,1 Soprascritta La soprascritta del v. l segnala l'inizio della nuova sezione (cfr. 46,1; 47,1; 48,34) e introduce, oltre al primo brano, anche quelli successivi, ambientandoli in un periodo di siccità, sotto Yoyaqim, protrattosi per molto tempo (cfr. 3,3; 5,2425), e che produsse effetti devastanti sia in Gerusalemme sia nei villaggi limitrofi. Tale disastro ambientale fu visto come violazione delle norme di etica sociale, probabilmente, come alcuni autori hanno supposto, legata alla distribuzione delle risorse da parte dei proprietari terrieri: contestualmente alla siccità, anche la guerra e altre catastrofi naturali, sono considerate espressione del castigo divino.
GEREMIA 14,2
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=~w~ T"~r'~ on"~"P. ~7f 'TfG'P 1~97 i1WP, i1Ji1~ u~ UP. b"~iP,-o~f :uNç~ 14,2 Le sue porte (;;t'"W~)- Le porte, per metonimia, sono la città (Es 20,10; Dt 5,14; 12,12.15.17.18; 14,21; 15,7; 17,2) e quindi i suoi abitanti. Sono deperite (,"'?'?~)-Il verbo "Ot(, ~ mi1 t.•:IT
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O.Ui1-1.U::l ~;gn.n-~N '~N i11i1' i0N~1 11 JT T
14,8 Speranza di Israele (t,~l~' i1).f?Q)Come in 17 ,13, questo epiteto è attribuito a YHWH. In 50,7 gli è applicato un titolo simile: «speranza dei loro padri>}. L'ebraico i1).PC significa «speranza}} (Esd l 0,2), «certezza}>, «sicurezza>} (ICr 29,15), ma può anche valere per «pozzO>}, «cisterna» o «riserva d'acqua>} (Es 7,19; cfr. il contesto di Ger 17,13); significato, quest'ultimo che calza altrettanto bene con il contesto della siccità. 14,9 Come un uomo sbigottito- Il significato di C~l~· hapax, «sbigottitO>>, non è sicuro, ma il senso della frase è chiaro, alla luce del
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versetto precedente, a cui è parallela. Avendo letto C'l"]~. la Settanta ha tradotto ùnvwv, «dormiente». Come un guerriero (,ì:ll:p) -Il termine ,ì:l~ indica l'uomo forte o il guerriero, da cui ci si aspetta la salvezza. Con l'aggettivo f',V ( «temibile») ricorre anche in 20, Il per esprimere che nessuno potrà prevalere di fronte a YHWH. In Sof 3,17 si afferma che YHWH è dentro Gerusalemme, come «un prode che salva}> (ll'~Ì' ,;:l~). Tale raffigurazione è caratteristica dell'ideologia della guerra santa (cfr. Is 42,13; Sal24,8). Il tuo nome è invocato sopra di noi
Nei vv. 8-9, sono presenti due domand~, introdotte, come avviene spesso nel lamento, da «perché?» (liimma; cfr. Is 58,3; 63,17; Gl2,17; Ab 1,3.13; Sall0,1: 22,2; 42,10; 43,2; 44,24-25; 74,1.11; 80,13; Lam 5,20); il popolo, attribuendo a YHWH gli epiteti «speranza di Israele» (anche in Ger 50,7; Gl 3,16; Sal 71,5) e «salvatore}} (soprattutto nel Secondo Isaia: 43,3.11; 45, 15; 49,26), se ne accattiva la benevolenza per indurlo a intervenire in suo favore. Tale scopo risulterebbe ancora meglio legato alla circostanza per la quale il lamento è pronunciato (la siccità), se si ritenesse, con alcuni, che il termine ebraico miqweh («speranza», v. 8; cfr. nota) abbia qui il senso di «cisterna d'acqua». Ciò però non è del tutto evidente e comunque, se lo fosse, comporterebbe sicuramente un certo impoverimento della densità teologica del brano. Se le domande insinuano che YHWH non sia stato abbastanza sollecito a offrire l'aiuto necessario, le affermazioni che
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GEREMIA 14,11
Speranza di Israele, l suo salvatore nel tempo della calamità! Perché sei come un forestiero nel paese, l come un viandante che si è fermato soltanto per pernottare? 9Perché sei come un uomo sbigottito, l come un guerriero che non può salvare? Eppure tu sei in mezzo a noi, YHWH, l e il tuo nome è invocato sopra di noi; l non abbandonarci!». 10Così ha parlato YHWH riguardo a questo popolo: «Essi hanno amato girovagare e non hanno controllato i loro passi. Perciò YHWH non li ha apprezzati; ora si ricorderà della loro iniquità ed emetterà la sentenza per il loro peccato». 11 YHWH mi disse: «Non pregare a favore di questo popolo, per il (suo) bene. 8
(tqi?~ ~)'~.V '91?~1) - Questa espressione è usata in rapporto al popolo, come in questo caso, soltanto in Dt 28, l O; Dn 9, 19; 2Cr 7,14. Ricorre anche in riferimento al tempio (Ger 7,10) e al profeta (15,16). Fondamentalmente, indica il legame di alleanza di Israele con YHWH, in virtù del quale il popolo porta il suo nome, cioè gli appartiene. 14,10 Girovagare (!t~J7) - L'ebraico !t~J indica il movimento oscillante sia degli alberi mossi dalla forza del vento (Gdc 9,9) sia degli ubriaconi che barcollano (Is 29,9). Nel nostro caso, come si evince dallo stico successivo, rappresenta l'andare senza una
meta, il vagabondare, il girare senza fermarsi. In concreto allude al comportamento del popolo durante i riti idolatrici. Non hanno controllato i loro passi (~:l~ N~ cry·~~'1)- Il sostantivo cry·~~'1 (alla lettera: «i loro piedi») è oggetto del verbo «trattenere», «risparmiare», e non del verbo precedente «girovagare» (come hanno inteso la Settanta e la Vulgata). Il verbo 1WM è usato in senso metaforico: si accusa Israele di non aver trattenuto i suoi piedi dall'allontanarsi da YHwH, ossia di aver seguito le altre divinità. L'immagine è simile a quella dell'asina selvatica (2,24).
seguono ribadiscono la piena fiducia in Lui. Il fatto stesso che Egli abiti in mezzo al popolo, sul quale è invocato il suo nome, è già garanzia di salvezza. Affermarlo ~ignifica fare proprie le stesse convinzioni che stanno alla base del rapporto del profeta con Dio (Ger 15,16; cfr. anche Dt 28,10). La preghiera è sancita dall'invocazione «non abbandonarci», che indica da una parte il trasporto emotivo del popolo, dall'altra la situazione di emergenza dalla quale non può uscire senza l 'intervento divino. 14,10-16 Dialogo tra YHWH e il profeta Intervento di YHWH (14,10-12). YHWH rivolge al popolo, in terza persona, una parola di accusa (v. l O); proibisce inoltre al profeta di intercedere (v. 11; cfr. 7,15; 11,14) e annuncia il giudizio. Egli ritiene inammissibile che il popolo da una parte continui a praticare i culti idolatrici e dall'altra speri di accattivarsi il suo favore
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GEREMIA 14,12
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Con la spada, la fame e la pestilenza (,:?,").~1 :l~l~1 :l~.J:I~) -Compare per la
prima volta la cosiddetta «triade della tribolazione», con la quale sono presentati gli agenti di cui YHwH si serve per punire il po-
polo. Qui abbiamo la formula a tre membri, quella classica, frequente in Geremia (21 ,9; 24,10; 27,8.13; 29,17; 32,24.36); ma talvolta ricorre anche con un altro ordine di termini e a due membri («spada» e «fame»; cfr., p. es., 5,12; 11,22; 14,13.15.16). 14,13 Un sicuro benessere - L'ebraico MI?,~ ci"t;l si potrebbe anche rendere: «pace vera», «pace continua>>. Alcuni manoscritti aggiungono una «e>>, che produce l'endiadi «pace e verità», cfr. Ger 33,6 e 2Re 20,19 (= Is 39,8). La Settanta inverte i due termini: IÌÀ.~Eleuw Kat Elp~VTJV, «verità e pace>>. In quanto oggetto della predicazione dei falsi profeti, si tratta della pace intesa come benessere e prosperità materiali (cfr. Ger 4, l O; 6,14; 8,ll; 23,17; 28,9). 14,14 Predicano ... spacciano per profezia
con offerte e sacrifici (cfr. Os 6,20; 8,13b; 9,9;Am 5,22). Nel v. 12 YHWH afferma di non voler ascoltare la supplica del popolo, ribadisce l'inefficacia del digiuno (in certe occasioni esso era parte di speciali liturgie comunitarie indette per implorare Dio di fronte al pericolo di una calamità, come, per esempio, la siccità o un'invasione nemica) nonché l'inutilità degli olocausti e dei sacrifici. Infine, annuncia il castigo usando la triade «con la spada, la fame e la pestilenza», espressione della quale Geremia (cfr. nota) si serve per designare la guerra e i suoi effetti letali. La risposta del profeta (14,13-Ì6). Geremia lamenta l'influenza, all'interno della comunità, di altri profeti capaci di produrre al suo interno false sicurezze e di distoglierla dalla preoccupazione del castigo: in questo brano si riprende infatti lo stesso tema cui si era accennato in precedenza (cfr. 5,12-13; 6,13-14; 8,10-11) e al quale sono dedicati i capitoli 23 e 27-29. Tali individui sono smascherati
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GEREMIA 14,14
12 Se
essi digiuneranno, non ascolterò il loro grido; se offriranno olocausti e offerte, non li gradirò; anzi sto per annientarli con la spada, la fame e la pestilenza». 13 lo dissi: «Ahi, Signore YHWH, ecco, i profeti annunciano loro: "Non vedrete la spada, non proverete la fame, ma vi concederò un sicuro benessere in questo luogo"». 14YHWH mi disse: «l profeti predicano falsità nel mio nome, io non li ho mandati, né ho dato loro comandi né ho parlato loro; essi vi spacciano per profezia visioni false, predizioni inventate, e fantasticherie della loro mente. r
(c·t_t~~~ ... c•tt~))- Il verbo N:!) ricorre qui al nifal e all'hitpae/: nel primo caso si sottolinea l'aspetto del contenuto o del discorso (cfr., p. es., 20,1; 25,13.30; 26,9; 32,3); nel secondo la dimensione esteriore della profezia («fare il profeta», «comportarsi da profeta••, cfr. 29,26), che comportava, specie ai primordi del profetismo, una serie di manifestazioni (l Sam l 0,6.10; 18, 10). Perciò, in seguito, l' hitpae/ finì per essere usato in senso dispregiativo, per indicare la perdita di controllo razionale (così inGer 23,13, in rapporto ai profeti di Ba'al). VISioni- Il termine liTr:), al singolare nel testo, è legato al movimento profetico primitivo. Infatti, come sappiamo da l Sam 9,9, anticamente alla figura del profeta era associata la visione. Nell'ambito del profetismo vero
e proprio, iniziato con Samuele, è diventato sinonimo di ,~1 (l Sam 3,1; Ez 12,21-28; Os 12,11; Ab 2,2-3). Nel nostro caso, come anche in 23,16 e altrove (Mi 3,5-8; Ez 13 ,6ss ), il termine, riferito ai falsi profeti, è impiegato in senso negativo, perché il contenuto della visione non è attendibile. Predizioni inventate- L'ebraico!;,·~~~ Cl;?t' (qerè) si potrebbe tradurre: «divinazione e nullità», ma, sopprimendo la congiunzione, si ha «divinazione di nullità», quindi divinazione vana, inventata (cfr. Biblia Hebraica Stuttgartensia). Il termine Cl;?t', hapax in Geremia, ricorre con un significato dispregiativo per indicare le pratiche di predizione proprie di altre religioni circonvicine (Ez 21 ,26), proibite in Israele (Dt 18, l O; 2Re 17,17).
come profeti, la cui attività non ha alcun riscontro nella rivelazione autentica; non hanno ricevuto alcun mandato e fanno passare per parola di Dio le fantasticherie della propria mente (vv. 14.15). Per quanto riguarda il mpporto con Geremia, il punto focale del contrasto stava nella differente interpretazione della teologia regale di Zion (cfr. l'uso del termine siilom, «benessere»), che essi manipolavano e assolutizzavano. Secondo i finti profeti, Gerusalemme non avrebbe subito alcun danno né sarebbe stata distrutta dai nemici, perché em la città di Dio, quella che aveva scelto come propria dimom; interpretazione questa errata nella sua unilateralità, ma pur supportata da alcuni episodi (2Re 19,35-37; Is 7,1-17; cfr. Sal 46,5-6; 48,9; 76,3). I falsi profeti non tenevano conto che YHWH se, da una parte, aveva promesso che non avrebbe mai rinnegato il proprio favore nei confronti di Gerusalemme e della casa di David, dall'altra, aveva anche minacciato il castigo
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GEREMIA 14,15
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14,18 Hanno percorso OiJ:)9)- L'interpretazione della frase è oggetto di discussione, soprattutto per il verbo ino, comunemente inteso nel significato di «girare», «circolare come mercanti» (cfr. Gen 23,16; 37,28, dove il participio significa «mercante). Tuttavia è più probabile che significhi semplicemen-
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te «girare liberamente», «viaggiare (in un circolo)», «errare intornO)), senza rimandare all'attività mercantile (cfr. Gen 34,10.21 e 42,34) Che non avevano conosciuto (,111: N;,_]) -La Biblia Hebraica Stuttgartensia suggerisce di leggere la frase senza la congiuno
qualora ci si fosse allontanati da Lui (2Sam 7,14-16). Nel v. 15 è annunciato ai falsi profeti che incomberanno su di loro spada e fame, castigo che coinvolge perfino coloro cui essi si rivolgono, i quali, vittime di quegli stessi strumenti di morte, andranno incontro all'ignominioso destino di giacere sulle strade di Gerusalemme e di non essere sepolti (cfr. Is 5,25). Il brano si conclude con la frase «io riverserò su di essi la loro (stessa) malvagità>> (v. 16) con la quale, giocando, come altrove (2, 19), sul doppio senso della parola ebraica rii 'a (che significa sia «malvagità» sia «sventura») si afferma che la causa della rovina debba essere ricercata nella propria condotta. 14,17-18 Lamento del profeta Il lamento presuppone una circostanza diversa da quella contemplata per i vv. 2-6: all'origine v'è non più la siccità, ma una nuova situazione calamitosa
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GEREMIA 14,18
15 Perciò
così ha detto YHWH riguardo ai profeti che predicano nel mio nome, sebbene io non li abbia mandati, e che annunciano: "Spada e fame non ci saranno in questo paese": questi profeti moriranno di spada e di fame. 1611 popolo, a cui essi predicano, sarà gettato per le strade di Gerusalemme, a causa della fame e della spada. Non ci sarà nessuno che li seppellisca- essi, le loro mogli, i loro figli e le loro figlie - io riverserò su di essi la loro (stessa) malvagità. 17Dirai loro questa parola: versino i miei occhi lacrime, l notte e giorno, non cessino, perché una grave ferita ha squarciato la vergine figlia del mio popolo, l una piaga del tutto incurabile. 18Quando sono uscito in campagna, l ecco trafitti di spada, quando sono entrato nella città, l ecco malattie (prodotte) dalla fame; tanto il profeta quanto il sacerdote l hanno percorso un paese ·che, non avevano conosciuto».
zione «e>>. In tal modo, può tradursi con una frase relativa «che non conoscono» (così intepretano la Settanta e la Vulgata; invece la Peshitta ha la congiunzione come il Testo Masoretico). Seguendo il Testo Masoretico, si potrebbe tradurre: «gli stessi profeti e sacerdoti percorrono il paese senza com-
prendere nulla», come se tutto si svolgesse dentro e fuori le mura della città (v. 18). Può darsi però che, come hanno compreso la Settanta e la Vulgata, si profili, davanti a Geremia, la rappresentazione di ciò che sarebbe successo ai profeti e ai sacerdoti in terra d'esilio.
che ha afflitto l 'intero paese dopo una sconfitta; inoltre, il locutore non è il popolo, come nel brano iniziale, bensì il profeta, che parla servendosi della prima persona. Tuttavia l'introduzione, all'inizio del v. 17, presenta il lamento del profeta come suggerimento di YHWH. Al destinatario, richiamato con la seconda persona femminile singolare, è associata l'espressione «la vergine figlia del mio popolm>, che indica la popolazione di Gerusalemme (46,11: «la vergine figlia d'Egitto»; cfr. nota a 18,13). Dovunque si volga, il profeta non trova che morte (v. 18), onnipresente, sia nella città che nella campagna (caduti e malattie originate dalla fame). Poi, spostando lo sguardo in avanti, immagina le autorità religiose (il profeta e il sacerdote) esuli «in un paese che non avevano conosciuto», anticipando così la situazione in cui si troverà Giuda in seguito agli eventi del 597 e del 587 a.C.
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GEREMIA 14,19
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14,21 Non disprezzare- Il verbo ft:t~l"l ha lo stesso oggetto del successivo';!;~~~ («spregiare»): ICI;,)~ («trono»). Alcune versioni moderne, in base al Targum, aggiungono un «noi» come complemento del primo
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> è un numero simbolico per indicare una pluralità considerevole. Riferito, come in questo caso, al numero dei figli indica che la loro madre ha raggiunto il massimo grado di fecondità cui si possa aspirare (lSam 2,5; Gb 42,13; Rt 4,15; 2 Mac 7). Ha esalato (i'Tl;T~~) - Il verbo nEl~ significa «soffiare>> (1,13). Non è chiaro però quale ne sia il soggetto. Il suo ultimo respiro (;,~~~) - Per il senso de li' ebraico w~~. cfr. nota a 4, l O. Si può tradurre anche: «(essa) ha esalato la sua anima>> oppure «essa morì».
q;,~ !li•~, :l''") tli·~)- Alla
lettera: «uomo di disputa e uomo di contesa». I termini :l''") e 1;,~ sono tecnici del linguaggio giudiziario. Eppure tutti mi maledicono - Sia la forma ·~~71?1? del qerè, sia quella ·~~~'?i?l? del ketìb, sono problematìche. Accettiamo la vo«dichiarare calizzazione ·~~"'?i' (pie/ di maledetto»), proposta dalla Biblia Hebraica
""P·
Stuttgartensia. 15,11 Ti ho liberato - In linea con il contesto, leggiamo il qerè "9'1:1''")~, inteso come pie/ di :11W, con il significato di «rilasciare», «mandare libero», ricorrente però solo al qal
Il v. 9 indica l'arresto del ciclo della fecondità: è la scena della madre che, dopo aver realizzato pienamente l'ideale di maternità (cfr. lSam 2,5; Rt 4,15), segno della benedizione divina, ha visto scemare anzitempo il proprio «sole», cioè il gruppo dei figli, con il quale muore per il dolore. Ma anche il gruppo di coloro che sono scampati alla distruzione, sarà sterminato dai nemici. 15,10-21 Lamento e riconferma della vocazione Questo lamento, tradizionalmente annoverato tra le «confessioni» di Geremia, presenta non poche difficoltà a livello di trasmissione testuale (cfr. note a 15, 11-12). Vi intervengono un «io» e un «ttm: il profeta e Dio. Che il primo locutore sia proprio il profeta e non un orante anonimo, come avviene nei salmi di supplica, si deduce dal riferimento al racconto della chiamata (vv. 19-21) e da altri elementi redazionali. Breve lamento (15, l 0). Il versetto si presenta come il lamento di un figlio che
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GEREMIA I 5, Il
che ha partorito sette (figli) è illanguidita, l ha esalato il suo ultimo respiro; il sole è tramontato per lei in pieno giorno, l era coperta di vergogna, confUsa; io affiderò il loro resto alla spada, l a disposizione dei nemici oracolo di YHWH». 10Guai a me, madre mia, che mi hai partorito, l uomo querelato e accusato da tutto il paese; non ho prestato nulla, né altri hanno prestato a me, l eppure tutti ·mi maledicono'. nyHWH (mi) ha detto: «Non ti ho liberato per il bene? l Non ti ho sostenuto nel tempo della sventura e nel tempo della calamità l di fronte al nemico?
9Colei
in Gb 37,3. Il ketìb '9I;l~,tp sarebbe una forma contratta di ìi;l~,~~ («il tuo resto»), oppure una forma del verbo ,l't~. La versione CEI, invece, accettando il suggerimento della Biblia Hebraica Stuttgartensia, traduce il versetto partendo dal presupposto che continui a parlare Geremia e che si abbia a che fare con il verbo mw (leggendo quindi: ì'l'l'1W, ..u>ow o~) e nel Tar- 15,15 Non /asciarmi morire - L'ebraico gum, dal momento che il Testo Masoretico · 'ltli?r:l !;,~ («non portarrni via»), «non toglier-
si ha un annuncio di giudizio (vv. 12-14), che focalizza l'attenzione prima di tutto sugli avversari e poi sulla sorte del popolo caduto in mano nemica. Per il modo in cui viene formulato si nota una forte vicinanza all'oracolo rivolto al sacerdote Pashbur (20,4-6). Adoperando l'immagine del ferro, YHWH assicura al profeta di difenderlo contro i nemici (cfr. 1,17-18), ma la frase del v. 12 è talmente corrotta che alcuni commentatori non la traducono. Se ne può lumeggiare il senso se si tiene presente che il ferro del settentrione non indica qui il nemico, ma il ferro più duro proveniente, secondo gli antichi, dalla regione del Ponto. Se con il bronzo si indica Geremia, si vuole dire che gli avversari non potranno giammai annichilirne la forte personalità. I vv. 13-14 spostano l'obiettivo dal caso particolare di Geremia a quello generale di Giuda, al quale è annunciato che i suoi tesori saranno trasportati a Babilonia (cfr. 2Re 24, 13-17) e che i nemici lo renderanno schiavo (5,19; 17,4); lo sfondo di questi versetti è la normativa sulla guerra di Dt 20, l 0-15, che prescrive, in caso di sconfitta, il saccheggio e l'imposizione del lavoro forzato. Lamento del profeta (15,15-18). Siamo di fronte a un'unità composta nel modo tipico dei salmi di lamentazione individuali, analoga agli esempi già incontrati in 11,18-23 e 12,1-6. Nel v. 15ab Geremia supplica Dio di intervenire per liberarlo dalla morsa degli avversari. Le parole iniziali «tu (mi) hai cono-
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GEREMIA 15,16
ferro potrà forse spezzare il ferro l del settentrione e il bronzo? averi e i tuoi tesori l io darò in bottino, gratuitamente, per tutti i tuoi peccati, l in tutti i tuoi territori. 14Ti farò servire i tuoi nemici l in un paese che non conosci, perché si è acceso il fuoco della mia ira, l che arderà contro di 12Il
131 tuoi
VOI». 15Tu
(mi) hai conosciuto, YHWH! Ricordati di me ed emetti la sentenza in mio favore, l fammi giustizia contro i miei persecutori, non !asciarmi morire, per la tua pazienza, l sappi che io, per te, sopporto gli insulti. 16Quando le tue parole furono scoperte, io le divorai; l la tua parola per me fu gioia e letizia del mio cuore, l perché il tuo nome era invocato su di me, YHWH, Dio degli eserciti. mi») è frase eufemistica per «non !asciarmi morire» (Gen 5,24; Is 53,8; Ez 33,4; Gb 1,21; Pr 24,11). Per la tua pazienza - L'espressione ebraica usata in questo versetto '9~~ 1'').1$ «ien-
a
to (lentezza) all'ira, longanime» serve esprimere la pazienza divina (Es 34,6). Il profeta chiede a YHWH di non essere paziente con i nemici, in modo da non morire a causa loro.
sciuto» si possono intendere come espressione di fiducia, nel senso che egli confida nell'intervento divino (cfr. Sal 40,10; 69,20; 142,4), ma anche come espressione di rimprovero al Signore, perché ancora non è stato beneficiario di alcuna azione positiva. A favore di questa seconda possibilità depone la parte finale del v. 15, in cui il profeta dimostra di temere per la sua vita a causa della lentezza con cui Dio punisce gli avversari. I vv. 16-17 presentano le ragioni della speranza di Geremia. In particolare, richiamano l'esperienza da lui vissuta in seguito alla scoperta del «rotolo della legge» nel tempio, avvenuta durante il regno Yoshiyya (nel 622 a.C.), secondo il racconto di 2 Re («le parole del libro [dell'alleanza] che è stato scoperto», 2Re 22,13), come provato dalla frase «le tue parole furono trovate». Si trattò di un primo incontro gioioso con la Parola (v. 16), per esprimere il quale il profeta impiega il verbo «mangiare» ( 'iikaf), che indica partecipazione attiva alla sua assimilazione, come prefigurato in alcuni particolari del racconto della vocazione (l ,9). Anche Ezechiele si serve di questo termine per esprimere il primo impatto con la Parola: si tratta di mangiare un rotolo su cui sono scritti «lamenti, pianti e guai» (Ez 2,1 O; cfr. 3, 1-3). Il v. 16 si conclude con la frase «il tuo nome era invocato su di me», solo qui usata in riferimento a una persona (Geremia), mentre ricorre di solito per la collettività (14,9; 25,29) o più spesso per il tempio (7,10.11.14.30; 32,34; 34,15). Nel
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GEREMIA 15,17
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«rallegrarsi», >, «favore»). 16,15 Dalla terra del settentrione- La fra-
se è stereotip a e indica il luogo dell'esilio (3,18; 23,8; 31,8); si può applicare tanto all'Assiria quanto a Babilonia. In Assiria erano stati deportati gli abitanti dell'antico regno del Nord nel 721 a.C., a Babilonia saranno deportati i Giudei nel 597, 587 e 582 a.C. Da tutti i paesi dove li aveva dispersi (:-t~~ Cçf',::r ,~~ ni~ltti;l "~~) -A differenza della precedente, questa espressione, marcatamente teologica, indica non l'esilio, ma la diaspora (cfr. il verbo n'1J, «disperdere»).
annunciato immediatamente prima, dall'altra ne mitiga la gravità nella prospettiva del futuro ritorno. Non c'è dubbio che il brano si collochi in uno stadio avanzato della tradizione geremiana, contemporaneo al Secondo Isaia (cfr., p. es., Is 43,1819), con il quale condivide l'idea di un nuovo inizio. Ciò è supportato anche dal fatto che è una ripetizione di 23,7-8, in cui però è maggiormente appropriato al contesto. Per la forma può essere a buon diritto incluso sia tra gli oracoli del tipo «ecco, vengono giorni» (cfr., p. es., Ger 7,32; 30,3; 31,31 ), sia tra quelli nei quali si prospetta un mutamento del «dire» (cfr. Ger 3,16; 23,7; 31,29; anche Is 62,4; Os 2,18-19; 2,1; 14,4), nello specifico relativo al giuramento: le parole, con cui veniva rievocata la liberazione dall'Egitto, saranno sostituite con altre che veicolano, quale atto divino fondamentale, l'azione liberatrice dall'esilio e dalla dispersione. Allo scopo di stabilire un rapporto analogico tra l'esodo egiziano e quello futuro, pet entrambi ci si serve del medesimo verbo «far rientrare» ('ii/a hifil), tipico appunto delle tradizioni dell'esodo (cfr., p. es., Es 3,8.17; 17,3). L'ultima frase è affermazione autonoma, che evidenzia come Dio sia il vero «protagonista del ritorno» di Israele. Vi si usa il verbo «ricondurre>> (siìb hifil), cui segue l'indicazione della meta: il paese di Canaan, attribuito ai padri.
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GEREMIA 16,16
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='wio c;rP~1 ':?,.w //16,14-15 Testo parallelo: 23,7-8 16,18 L'inizio del versetto fa difficoltà per l'ebraico :·qìlliK1 «per primo», «innanzi tutto», omesso nella Settanta, e che sembra introdurre qualcos'altro. Probabilmente si
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tratta di una glossa voluta per precisare che la restaurazione, annunciata nei vv. 14-15, sarebbe stata preceduta dal castigo. Doppio - Traduciamo l'ebraico ;q~~ in linea con l'idea espressa in Is 40,2, appro-
16,16-18 La cattura dei colpevoli L'oracolo di giudizio (vv. 17b-18: accusa e annuncio di giudizio) è introdotto dai vv. 16-17a, che prolungano con altre immagini la sentenza del v. 13. Per l'esecuzione del giudizio ci si serve di agenti distruttori che, in veste di pescatori e cacciatori allusione ai Babilonesi (Ab l, 14-17), e alla deportazione dei Giudei da loro compiuta (probabilmente quella del597 a.C.)- scovano i colpevoli dovunque si trovino (Am 9,2-4; Sal139,7-12). Entrambe le metafore sono usate per il medesimo scopo nella letteratura profetica: la prima in Ez 12,13; 29,4-5; Am 4,2; Ab 1,14-17; la seconda in Ez 19,1-9; Lam 4,19. Diversamente da quella dei pescatori, l'altra è arricchita di particolari: non serve nascondersi nelle zone più in alto o nelle aree più riposte (v. 17), poiché YHWH, che è onniveggente e a cui perciò non sfugge nulla (per cui si veda anche Ger 11,20; Sal139; Sir 17,15.19-20; 23,19-20), scruta «le vie>> di coloro che cercano di fuggire davanti al nemico; al riguardo si gioca probabilmente sul doppio senso, perché il temine ebraico derek è usato, come indicano i versetti successivi, per indicare le cattive abitudini del popolo, a causa delle quali viene punito. L'oracolo di giudizio (vv. 17b-18), elaborato con linguaggio convenzionale (cfr. p. es. la coppia «la loro iniquità e il loro peccato», v. 18), ha come sfondo 2Re 23,13, dove si parla del provvedimento preso da Yoshiyya di purificare i dintorni di Gerusalemme da ogni traccia di culto idolatrico; ora invece YHWH agisce contro il popolo in modo diretto, senza servirsi di intermediari. Infatti, nel v. 17b si afferma che non gli sfugge l'iniquità di Israele e subito dopo è annunciato il castigo
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GEREMIA 16,19
161o
sto per mandare munerosi pescatori- oracolo di YHWH- che li pescheranno, dopo di che, manderò numerosi cacciatori, che li cacceranno (stanandoli) da ogni monte, da ogni colle e dalle fenditure delle rocce. 17Sì! Il mio sguardo è sopra tutte le loro vie; esse non sono nascoste davanti a me né la loro iniquità è nascosta al mio sguardo. 18Ma ripagherò • , il doppio la loro iniquità e il loro peccato, perché hanno profanato la mia terra, hanno riempito la mia eredità con la carcassa delle loro abominazioni e con i loro abomini». 19YHWH, mia forza, mia fortezza l e mio rifugio nel giorno della calamità, a te verranno le nazioni l dalle estremità della terra e diranno: «Certo, falsità hanno ereditato i nostri padri, l nullità, e non c'era in essi alcun giovamento». priata al contesto. Se gli si dà il senso di «equivalente)), come propongono alcuni, l'idea è che YHWH farà scontare al popolo il suo peccato con giusta misura. Abominazioni ... abomini- Come in altri casi,
Geremia usa il termine dispregiativo c·~~ptq («abomini)); 4, l; 7,30; 13,27; 32,34) per indicare gli idoli. È accoppiato al termine ni::l~iM («abominazioni)); cfr. 2Re 23,13), hapax in Geremia, ma frequente in Ezechiele.
secondo la categoria del doppio (misneh) compenso, nel senso che Egli ripaga doppiamente l' «iniquità» e il «peccato» (cfr. 16, l Ob; 17, 18). Tale prospettiva che, superando la logica della legge del taglione, non è consona alla giustizia divina, si può comprendere, però, come esternazione incontrollata del profeta, uno sfogo del suo animo oppresso e ferito. La motivazione del castigo funziona come accusa ed è duplice: profanazione della terra (3,2.9; 13,27; cfr. 2Re 23,13 «abominazionh>) e diffusione nel paese dei corpi senza vita, cioè delle statue degli idoli (Lv 26,30). 16,19-21 La salvezza è per tutte le nazioni Il brano poetico ha inizio con un frammento di inno, mediante il quale il fedele, come spessissimo nell'Antico Testamento, e soprattutto nei Salmi, esprime l'atteggiamento interiore del pio orante, sicuro e ben difeso contro i nemici (cfr., p. es., Sal18,3; 28,8; 59,17), nonché la fiducia in Dio invocato con i titoli «mia forza, mia fortezza e mio rifugio». Nel nostro brano, questi attributi sono in contrapposizione agli idoli che non giovano a nulla. Nel v. 19b si annuncia la conversione delle nazioni nell'ambito cultuale, in linea con 3,17 e 12,15-16; si ha anche una citazione diretta delle parole con le quali esse ripudiano le divinità affermandone la vacuità. Quest'idea è formulata con lo stesso linguaggio con il quale, soprattutto nei testi più antichi (2,5-8; 2,11; 3,23), Israele confessa il peccato idolatrico e l'obnubilamento della coscienza («falsità», «vanità», «e non c'era in essi alcun giovamento»). L'idea del riconoscimento del Dio di Israele da parte delle nazioni si trova anche in altri testi dove, però, si ha una prospettiva di più ampio respiro, influenzata dalla congiuntura postesilica (IRe 8,41-43; Is 42,4;
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GEREMIA 16,20
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17,1-4 Questi versetti sono omessi nella Settanta, probabilmente per aplografia ( omeoteleuto: salto da «YHWH», ultima parola di 16,21, a «YHWH» nell'introduzione di 17,5). Cfr. Introduzione, p. 35. 17,1 Loro altari (c~•t::~ìn~V~)- Con alcuni manoscritti e le versioni antiche, che hanno la terza persona plurale, e in armonia con la linea successiva, in cui si ha pure il suffisso di terza persona plurale («dei loro figli»). Il
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Testo Masoretico ha, invece, «i vostri altari», che, pur essendo ordinati a bruciare le vittimeededicati al nome di YHWH(Gen 12,7; Dt 27,5; Gdc 6,26), sono tuttavia contaminati dal culto idolatrico (11,13), legato probabilmente al sacrificio dei bambini. 17,2 Come ricordano i lorofigli(Cry'~ ~) L'inizio del versetto è difficoltoso a causa della preposizione ~. la quale può essere interpretata in vario modo («affinché»; «basta che»; «co-
49,6; Zc 8,20-23; 14,16-17; Sa12,6-7) e avulsa dalla polemica anti-idolatrica. Nel v. 20 l'orante, alla domanda retorica se l'uomo ('adiim) possa farsi degli dei, fa seguire un'affermazione sulla loro inesistenza, formulata in modo simile ad altri pronunciamenti (cfr. 2,11; 5,7; 10,1-16). Il v. 21 rappresenta la risposta divina all'affermazione dei vv. 19-20 sull'inutilità degli idoli e ribadisce la fede in Lui. YHWH promette di ammaestrare le nazioni, mostrando i suoi interventi salvifici (cfr. Es 3, 16-17): la potenza («mano») e la forza. L'ultima frase è simile alla formula di incomparabilità («essi riconosceranno che io sono YHWH»), riscontrata nei testi sacerdotali del Pentateuco e in Ezechiele, secondo cui Egli, mediante atti concreti, mostra la sua vera identità in riferimento tanto alla salvezza (Ez 39,28) quanto al giudizio (cfr. Ez 5,13; 6,7.13.14; ls 45,6; 49,26). In quest'ultimo, in particolare, l'espressione si dimostra non il portato di un automatismo impersonale, teso a controbilanciare il peccato, ma l'affermazione del mantenimento dell'alleanza per un futuro nuovo. 17,1-4 Oracolo contro Giuda Il brano si presenta come un oracolo di giudizio affine, per contenuto, a 16, l 018 (l'idolatria è la causa della deportazione). Nonostante la presenza di espressioni deuteronomistiche (cfr., p. es., Dt 12,2; 28,48), si è inclini ad attribuirlo a Geremia, perché la polemica anti-idolatrica è ripresa con termini simili a quelli usati nel periodo giovanile.
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GEREMIA 17,2
un uomo farsi degli dei? l Ma quelli non sono neppure dei! questo, io sto per far loro conoscere, l questa volta farò conoscere loro, la mia mano e la mia potenza. l Essi sapranno che il mio nome è YHWH». 1«11 peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro; l è inciso con una punta di diamante, sulla tavola del loro cuore l e sui comi dei loro altari. 2Come ricordano i loro figli, l (così ricordano) i loro altari e i loro Asherim, presso gli alberi verdeggianti l e sui colli elevati.
2opotrà forse
21 «Dopo
17
me»), e a causa dell'incertezza sulla relazione fra verbo e sostantivo. Se il sostantivo è il soggetto del verbo, si può tradurre con «quale ricordo, per i loro figli» (Nuova Versione della Bibbia), oppure «così i loro figli ricorderannO>) (versione CEI). La Biblìa Hebraica Stuttgartensia propone la lettura: C;:t? Tn?t'. «come un memoriale contro di loro)). Se, invece, riteniamo che ) e il sostantivo >, «incubare» le uova sia , «raccogliere insieme», come una covata (questo secondo significato si evince da Is 34,15 ed è supportato dalla Settanta, che nel nostro versetto traduce 1TI con ouv{jyay~:v). ll verbo -f7. significa ; , cioè la parola divina. Nel v. 23 si usa di nuovo il verbo «ascoltare» (due volte) per iridicare il rifiuto di obbedire alla parola di Dio concernente la santificazione del sabato; il soggetto non viene specificato, ma si tratta certamente di coloro cui ci si riferisce nel v. 22, i quali non hanno obbedito al comando né ne hanno tratto insegnamento. Che l'osservanza del settimo giorno sia fondamentale per il popolo
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GEREMIA 17,26
ha detto YHWH: Badate bene di non trasportare, in giorno di sabato, alcuna merce, così da farlo passare per le porte di Gerusalemme. 22 ln giorno di sabato non porterete alcuna merce fuori delle vostre case, non farete alcun lavoro, ma santificherete il giorno di sabato, come io ho comandato ai vostri padri". 23 Essi però non mi hanno ascoltato, né hanno teso il loro orecchio, anzi si sono intestarditi a non ascoltare e a non accogliere l'ammaestramento. 24 Se voi mi obbedirete di cuore- oracolo di YHWH- non facendo passare alcun carico per le porte di questa città in giorno di sabato, santificando il giorno di sabato e astenendovi in esso da ogni lavoro, 25 allora entreranno per le porte di questa città re e capi, quelli che siedono sul trono di David, montando su carri e cavalli - essi e i loro capi, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme. Questa città sarà abitata per sempre. 26Verranno dalle città di Giuda e dai dintorni di Gerusalemme, dal territorio di Beniamino, dalla Shefela, dalla montagna, dal Negheb, presentando olocausti e sacrifici, offerte e incenso, presentando sacrifici di ringraziamento nel tempio di YHWH.
21 Così
si dicesse «che siedono sul trono)). Nella traduzione proposta abbiamo preferito conservario, considerato che in Geremia i capi sono
spesso menzionati, come in questo versetto, insieme ai re («re e caph>, 2,26; 25,18; 32,32; 44,17.21 ).
dell'alleanza, si evince dalle prescrizioni nella duplice recensione del Decalogo: quella di Es 20,8-11, in cui rappresenta un completamento della creazione, e Dt 5,12-15 (cfr. anche Es 23,12), concernente l'imitazione di Dio in riferimento al suo agire a favore degli ultimi, come esemplificato nell'esodo dall'Egitto. Dopo l'accusa del v. 23, la promessa (vv. 24-26) sembra fuori luogo, perché ripropone il tema dell'obbedienza sotto condizione («se ... allora»). Nella protasi, introdotta con enfasi dalla frase «se voi mi obbedirete di cuore», sono ripresi gli stessi elementi sull'osservanza del sabato; l'apodosi, invece, è formulata come una promessa concernente idealmente il futuro di tutta la nazione. Geremia, quindi, si fa propagandista delle idee riformatrici di Yoshiyya (31 ,2-14), mirando a rendere Gerusalemme capitale politica e centro religioso dell'intera nazione. Nella prospettiva deuteronomistica, infatti, è proprio Yoshiyya il nuovo David: il suo programma mira alla realizzazione della promessa di 2Sam 7, secondo cui YHWH non farà mai mancare a David un discendente sul trono di Gerusalemme (cfr. Ger 23,5-6; 30,9; 33, 15). Questa stessa speranza emerge in riferimento alla città santa (v. 25), che diventerà sede dei re e sarà abitata per sempre (Zc 2,6-16; 8,3-15; 14, 10-11). Nel v. 26 si insiste sul fatto che tutti gli abitanti del paese, provenienti dal territorio di Beniamino (est), dalla Shefela (ovest), dalla
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GEREMIA I7,27
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17).7 Allora appiccherò un fuoco ... e non si spegnerà (i1~ ~ ·~·:m- È una frase stereotipa più volte ripetua in Am 1,3-2,5; cfr. ancheGer21,14;43,12; 50,32; Os8,14. Tigiudizio è presentato con l'immagine del fuoco, come altre volte in Geremia (4,4; 7,20; 21,12) e nella
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letteratura deuteronomistica (2Re 22, 17). Al posto di «palazzi», la Settanta qui e in 49,27 ha «strade»(~).
ma il termine ntr?~ indica i palazzi o le cittadelle. La frase «divorerà i palazzi di Gerusalemme» ricorre anche in Am 2,5. 18,3 Vasaio- Il participio qa/ ,~;-.deve tra-
montagna (nord), dal Negheb (sud), cioè dai quattro punti cardinali, avendo accettato Gerusalemme quale loro centro religioso, parteciperanno al culto nelle forme legittime; le località qui menzionate come luoghi di partenza, sebbene in ordine differente, compaiono anche in 32,44 e 33,13 in mpporto alla futum restaurazione. La minaccia (v. 27) è anch'essa incentrata sulla capitale, che costituisce l'interesse principale del profeta qui come altrove, ed è costruita con il medesimo procedimento con cui è formulata la promessa dei versetti precedenti: se il popolo disobbedisce al comando divino del sabato, allora Gerusalemme sarà incendiata. Al rifiuto di ascoltare o alla disobbedienza segue immediatamente il castigo, secondo l'idea tipicamente deuteronomista (cfr. Dt 8,18-20; 11,13-17), condivisa e ripresa da Geremia, soprattutto nei discorsi (Ger 7,13-15; 11,16-18; 25,8-10).
18,1-20,18 Giuda di fronte al castigo La tetza sottosezione, introdotta dalla formula dell'evento della parola ( 18, l), comprende due narrazioni: il racconto della visita del profeta alla bottega del vasaio ( 18, 112) e quello della brocca frantumata (19,1-20,6). Mentre dumnte la visita al vasaio si annuncia il giudizio in forma condizionale ( 18, Il), nel mcconto della brocca spezzata, collocato dopo il lamento di 18,18-25, non è più lasciato alcuno spazio alla salvezza ( 19,14). Il profeta è dunque reso oggetto di ritorsione da parte delle autorità del tempio (20, 1-6), che lo malmenano, come em avvenuto in seguito al discorso dei capitoli 7; 26
233
GEREMIA 18,6
27Ma
se voi non mi obbedirete, santificando il giorno di sabato, non trasportando alcuna merce per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, allora appiccherò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e non si spegnerà».
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Questa parola fu rivolta a Geremia da YHWH: 2«Recati nella,bottega del vasaio e là ti farò udire le mie parole». 3Mi recai nella bottega del vasaio, che stava lavorando al tornio. 4Quando il vaso che stava modellando con la creta si rovinava nelle mani del vasaio, egli riprendeva a lavorare (con la stessa creta) un altro vaso, come gli sembrava meglio. 5Allora mi fu rivolta la parola di YHWH: 6i.t;l~7 i1~7rto-?~1 'if?~ 1~1~ VJ:f
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una parte, la sovranità divina e, dall'altra, la condizione di sottomissione del popolo. Non si parla né di giudizio né di salvezza, ma solo dell'opera divina e della condizione in cui si trova il popolo. L'accostamento dell'opera del vasaio a quella di Dio è presente anche in ls 29,15-16 e 45,9 ma per esplicitare il limite dell'uomo, al quale non è dato contendere con il vasaio, né sottrarsi alla sua vista. Nei vv. 7-10 il discorso verte sul disegno divino in ordine all'agire del popolo ed è sviluppato mediante il procedimento «se ... allora», che ricorre due volte (vv. 7-8; vv. 9-10): le protasi dei vv. 7 e 9 prospettano i progetti divini in chiave universale, mediante l'uso di verbi tipici di Geremia, «sradicare)), «demolire)), «distruggere)) (v. 7), «costruire)), «piantare)) (v. 9); le apodosi dei vv. 8 e l O chiariscono come questi progetti siano modificabili in rapporto alla reazione delle nazioni: l'azione di YHWH, infatti, non è più determinata dalla qualità del materiale umano che ha a disposizione (vv. 3-4), ma dal principio della responsabilità individuale di fronte al bene e al male. Qualora una nazione si allontani dalla malvagità (rti 'a), cioè si converta, Egli tramuta in opera di salvezza il progetto originario di distruzione (rii'a) e viceversa, con l'atto del «pentirsi)) (ni/:zam nifal), che di per sé esprimerebbe un sentimento umano, mentre in questo passo rende bene il pathos con cui Dio si lascia coinvolgere nel destino dell'uomo (cfr. Gio 3,10). In sostanza, YHWH esercita il potere di revocare il piano, in bene o in male, in relazione al comportamento umano. A fondamento di questa argomentazione vi è un duplice assunto: la conversione allontana il castigo e rappacifica con Dio; il dono della salvezza non deve
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GEREMIA 18,12
In un attimo, riguardo a una nazione o a un regno, io decreterò di sradicare, di demolire e di distruggere; 8ma se quella nazione, contro la quale ho parlato, si convertirà dalla sua malvagità, allora mi pentirò del male che ho pensato di farle. 9ln un attimo, riguardo a una nazione o a un regno, io decreterò di costruire e di piantare, 10ma se essa compirà ciò che per me è male, non obbedendomi, allora mi pentirò del bene con il quale ho pensato di beneficarla. 11 Parla, dunque, agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: ,così ha detto YHwH: Ecco, io sto progettando una sventura contro di voi e sto realizzando un disegno contro di voi. Convertitevi, dunque, ciascuno dalla propria condotta malvagia, rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni. 12Ma risponderanno: "È inutile, vogliamo seguire i nostri progetti, ognuno di noi vuole agire secondo la propria testarda malvagità"». 7
suscitare false sicurezze, ma richiede una collaborazione continua. Come non è definitiva la salvezza, così anche il castigo cui si è soggetti non deve essere inteso fatalisticamente, né indurre alla sfiducia, perché Dio è sempre pronto a perdonare coloro che si pentono del male commesso. La concezione secondo cui ognuno è punito per le proprie azioni è sviluppata da Ezechiele, durante il periodo dell'esilio, in un contesto in cui esorta il popolo alla responsabilità e a non abbattersi perché Dio non punisce le colpe dei padri sui figli (Ez 18,20; cfr. Ger 31 ,29-30). Il v. Il si presenta come applicazione negativa dell'argomentazione svolta nei versetti precedenti per gli uomini di Giuda e per gli abitanti di Gerusalemme. Illocutore è YHWH che rivela di star ~;~ .,~~!P. 1Y.?~ l 1~~4 :l"~T~ i1~7llf:'l n~T?V>-~f 11f.!~ O~~n;-N7 1i~ O"iD~ O"~~N; ÌY~1lpi?;1
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19,1 Una brocca di terracotta (iD'1çl ,~.i· p~p~)-Alla lettera: «una brocca di modellatore di argilla». L'ebraico p~p~ indica un'anfora a collo lungo e stretto, usata comunemente per i liquidi, ma non solo (IRe 14,3). (Prendi con te)- La Settanta, la Peshitta e il Targum aggiungono questa frase per rendere il testo più chiaro (cfr. 19, IO). La Settanta ha solo KcÙ liçnç («prenderai»).
Alcuni anziani del popolo e alcuni anziani dei sacerdoti (C'Jt)~iJ 'J~7~0, c~;;r ·~.Pf~) Gli anziani sono menzionati anche in 26,17 («gli anziani del paese») dove, durante il processo, prendono le difese di Geremia. La seconda espressione, «anziani dei sacerdoti», ricorre solo qui, in 2Re 19,2 e in Is 37,2, e ha un significato incerto. Forse per questo motivo la versione CEI omette il termine reggente («anziani») e legge «alcuni sacerdoti».
19,1-20,6 La brocca frantumata Questo brano è il risultato di un complicato processo di formazione, iniziato con il racconto autobiografico di un'azione simbolica, che in origine consisteva probabilmente del duplice comando dei vv. l-2a (comprare la brocca e andare nella valle di Ben Hinnom) e del v. IO (rompere la brocca), congiuntamente all'interpretazione del v. lla. Al corpo iniziale è stato in seguito unito dell'altro materiale di genere diverso, come vedremo gradatamente. Il primo comando (19,1-2a) riguarda l'acquisto della brocca e il modo in cui si svolge l'azione, che verrà ordinata solo nel v. 10: deve avvenire alla presenza di testimoni nei pressi della valle Ben Hinnom, esattamente dove venivano depositati i cocci scartati e i rifiuti. L'ambiente, coincidente con quello del racconto precedente (18, 1-12), si trova nei pressi della «porta del Vasellame», menzionata nel v. 2, sede della produzione di ceramiche utili per la casa. L'ordine («va' a comprarti») è formulato con le stesse parole con cui inizia il racconto dell'azione simbolica della cintura nel capitolo 13. La presenza degli anziani del popolo e degli anziani
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19
GEREMIA I 9,4
1Così
disse YHWH a Geremia: «Va' a comprarti una brocca di terracotta, (prendi con te) alcuni anziani del popolo e alcuni anziani dei sacerdoti 2e recati verso la valle di Ben Hinnom a cui si accede dalla porta del Vasellame. Là proclamerai le parole che io ti ordinerò; 3dirai: Ascoltate la parola di YHWH, re di Giuda e abitanti di Gerusalemme. Così ha detto Y HWH degli eserciti, Dio di Israele: Ecco io sto per far venire su questo luogo una sventura tale che rintroneranno gli orecchi di chiunque l 'udrà, 4perché mi hanno abbandonato, hanno insozzato questo luogo, vi hanno bruciato incenso ad altri dei che non hanno conosciuto (come dei) - essi, i loro padri e i re di Giuda -, hanno riempito questo luogo di sangue innocente
19,2 Porta del Vasellame- Scegliamo il qerè M'Q")r:TiJ (in base al greco xocpoL9 che lo riproduce), mentre il ketìb n,OiM:"' forse corrisponde a una forma plurale (niOli:Jv «dei cocci»). Difficile è identificare questa porta che, stando al racconto, era una di quelle attraverso le quali si giungeva alla valle di Ben Hinnom. Il Targum la individua nella porta del Letame (Ne 2, 13; 3,13-14; 12,31). 19,4 Hanno insozzato - Il verbo i::lJ pie/ ha
il significato di «deturpare» o simili. Alcuni lo rendono con «profanare)), «alienare)) (cfr. la versione CEI: «hanno reso stranierm)). Rimanda al culto degli dei stranieri, in alcuni periodi storici legittimato dai re e addirittura ospitato nel tempio. Sangue innocente (c•p~ 1:1'1) - Alla lettera: «sangue di innocenth), espressione stereotipa, usata di frequente per indicare atti criminali (cfr. 2,34; 7,6; 22,17).
dei sacerdoti funge da testimonianza e dà solennità allo svolgimento dell'azione. L'oracolo di giudizio (19,2b-9) posto tra due comandi (vv. l-2a e v. l O) non si attiene né alla spiegazione dell'azione simbolica né a coloro cui era destinata (al v. 2 si menzionavano anziani e sacerdoti, mentre al v. 3 si tratta di «re di Giuda e abitanti di Gerusalemme»). Il v. 3 ha un annuncio di giudizio che, come sovente nel libro (sia nella prosa che nella poesia), è incentrato sul termine «sventura)) (rei 'à), incombente su Gerusalemme («questo luogo») e dali' effetto paragonabile a un suono così acuto da far rintronare le orecchie (l Sam 3,11 ). Con le medesime parole ciò è detto anche in 2Re 21, 12 a Gerusalemme e a Giuda in rapporto al peccato di Manasse. Nei vv. 4-5 seguono delle accuse formulate con la tipica terminologia deuteronomistica: aver abbandonato YHWH (l, 16; 5, 19; 2, 13; 16,11; 17, 13; cfr. 2Re 22, 17); aver sacrificato agli idoli (Dt 32, 17); aver riempito «questo luogo» di sangue innocente (22,3.17; cfr. 2Re 21 ,16; 24,4). Il termine «luogo» (maqom; cfr. nota a 7 ,6) può rimandare tanto alla valle dove si sacrificavano i bambini (7 ,31) quanto a Gerusalemme, altre volte considerata
244
GEREMIA 19,5
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=1-QiN 0'?.7:,0 O'W~~v '~'lJ7 P~i?~0 tlì~o/1 10 19,7 E in potere(,~~~)- Il sintagma ':lEl~ + significa sia «cadere in potere di» sia «cadere per mezzo di>). 19,9 Farò mangiare loro (C'l'l~~~;:t1)- Il Testo Masoretico ha l' hifil di ·t,~~. ~) (hiipak), lo stesso usato per la distruzione di queste città
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GEREMIA 20,17
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T (Es 34,2.25; Dt 16,4; Am 4,4; 5,8; Sof 3,3; lCr 9,27; Esd 3,3; Sal 30,6). La Biblia Hebraica Stuttgartensia propone il plurale C'':li?~~ (Is 33,2; Sal73,14; 101,8; Lam3,23), ipotizzando la caduta della mem finale per aplografia. In tal caso esprimerebbe l'idea dell'azione ripetuta: «ogni mattino», «continuamente». Stiamo con la lezione più difficile del Testo Masoretico, comprovata dal fatto che i giudici esercitavano la loro attività al mattino presto, alle porte della città (2Sam 15,2; Sof 3,5; Sal 101,8).
21,11-23,8 Sulla casa regale L'introduzione «alla casa del re di Giuda» vale per tutta la raccolta che si protrae fino a 23,8; è parallela alla frase «ai profeti», con la quale ha inizio la seconda raccolta in 23,9, punto di passaggio dalla prosa dei versetti precedenti alla poesia. 2l,llb-12 Ammonizione Diversamente da altri brani, indirizzati a singoli sovrani, i vv. llb-12 sono rivolti alla casa regale, cioè alla famiglia del re, nella quale occorre includere anche la corte, comprendente i capi e quanti avevano funzioni di governo. Al comando formulato con l'imperativo plurale segue la minaccia, a sua volta corredata dalla motivazione: al re (non nominato) e ai funzionari è intimato di compiere azioni eque e imparziali, che non ledano i diritti fondamentali degli individui. Non è da escludere che ci si riferisca all'attività giudiziale del re, al quale ogni mattina incombeva l 'ufficio di dirimere i casi legali, pronunciando la sentenza con la dovuta imparzialità e senza penalizzare ulteriormente i più indifesi. In sostanza, alla casa regale, in questo passo come altrove, è richiesta la fedeltà alle regole
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GEREMIA 21,13
11 Alla
casa del re di Giuda: «Ascoltate la parola di YHWH! 12Casa di David, così ha detto YHwH: Amministrate la giustizia al mattino, l liberate il derubato dalla mano dell'oppressore, affinché la mia ira non erompa come fuoco, l non bruci senza nessuno che la spenga, a causa delle vostre azioni malvagie. 13Ecco io sono contro di te, abitatrice della valle, l roccia della pianura - oracolo di YHWH. A causa delle vostre azioni malvagie (C:?,'~7.P~ )!"1 'l~~)- La frase, assente nella Settanta, è forse di carattere secondario, in quanto nota esplicativa frequente nel Testo Masoretico. 21,13 Abitatrice della valle (P7?l!i;'! n~~') -Se si riferisce a Gerusalemme (che ai tre lati è difesa da profonde valli, mentre è scoperta solo al nord), quest'espressione non sembra del tutto pertinente. Perciò la Biblia Hebraica Stuttgartensia propone di leggere ',~_;~;s,;;r n~~- («abitatrice dell'Ofeb>). Alcuni propongono di intendere il participio n~~ nel senso di «colei che domina» sulla valle, con riferimento alla valle sudorientale. Al-
tri lo interpretano nel senso di «intronizzata nella valle», alla luce del!' espressione simile c•:;~·pij :J!p\ «intronizzato sui cherubini», attribuita a YHWH (lSam 4,4; 2Sam 6,2; lCr 13,6; Sal80, 2; 99,1). Roccia della pianura (,w•rpij ,,:S)- Se vista in rapporto alla precedente, quest'espressione si attiene maggiormente alla topografia di Gerusalemme. È anche problematica per il fatto che il termine ,w·~ («terreno piano», «luogo pianeggiante», «pianura») può significare «altopiano» ( 48,8.21 ). Forse è stata concepita per esprimere l'idea che la città santa è situata in una posizione dominante, rispetto alle valli che la circondano ai tre lati.
basilari dello statuto giuridico di Israele nei confronti del Dio dell'alleanza; il sovrano, che ne è il garante, esercita il suo dovere compiendo rettamente l 'ufficio di giudice (cfr., p. es., Is 1,17; Mi 3,9-12) e rivelandosi esemplare nell'obbedire ai precetti dell'alleanza (Dt 17,18-20). Nella fattispecie contemplata nel v. 12, suo dovere è quello di fare giustizia a beneficio del «derubato», ovvero di chi è vittima dell'iniquità e dell'oppressione del più forte (Dt 28,29; Lv 19,13; Ez 18,18; Sal 62, 11 ). In tal modo, Geremia si pone nella cerchia dei grandi profeti di Israele che hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro i potenti, assumendo le difese dei deboli e degli indifesi. La minaccia divina riproduce esattamente 4,4b (cfr. 7,20) e adopera l'immagine tradizionale del fuoco. 21,13-14 Contro Gerusalemme e i suoi capi Siamo di fronte a un oracolo di giudizio, costituito di accusa (v. 13) e di annuncio (v. 14), rivolto a una città non nominata e ai suoi capi: formalmente è contraddistinto dal cambiamento dei suffissi pronominali (seconda persona femminile singolare nel v. 13a; prima plurale nel v. 13b; seconda persona maschile plurale nel v. 14a; terza
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GEREMIA21,14
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=911 ~1~~ n:n.r'~ tn.t:1~ 'J;J;:,.wm ow o.oN 22,30 Registrate O:l!) :!1) - La Settanta, invece, ha l 'imperativo singo!are ypa $o v, supponendo che il co-
mando sia rivolto a un solo scriba. 23,1 Mio pascolo- L'ebraico '1}'.\l")Q indica propriamente un luogo confortevole per il
avrebbe avuto figli (cfr. l Cr 3, 17-18), ma semplicemente che nessuno di loro sarebbe salito al trono, come chiarito dalla frase «non avrà successo durante la sua vium; il verbo «avere successm> (ebraico, $alab) indica appunto la mancanza di erede quale successore (v. 30; il gioco di parole ebraico con la ripetizione del verbo è difficile da rendere in italiano). In definitiva, a Konya spetterà la medesima sorte del predecessore Yoyaqim (36,30), con la differenza che nel finale del libro il racconto della sua liberazione apre la via alla speranza nella futura restaurazione (52,31-34; Re 25,27-30). 23,1-8 Il Pastore verace Il brano, costituito di un'accusa(vv. l-2a) e di tre annunci di salvezza (vv. 2b-4: vv. 5-6; vv. 7-8), conclude la sezione sui re. Sebbene questi versetti di epoca incerta sembrino supporre la scomparsa della monarchia, il loro messaggio è radicato nelle tradizioni preesiliche, ossia nella teologia regale del Sud, in particolare in quella elaborata da Isaia, con il quale mostrano una certa affinità (ls 9 ,5; Il, 1-11 ). Accusa (23,1-la). Dopo l'appello-guai del v. l rivolto ai pastori, si procede all'accusa (v. 2a) nei confronti degli ultimi due re di Giuda, Yoyaqim e Zidqiyya. La metafora pastorale è usata ampiamente sia nella Bibbia sia fuori di essa per indicare il governo dei re (2Sam 7,7 Il 1Cr 17,6), ma anche quello della divinità; anche YHWH, infatti, è detto pastore del popolo (Gen 49,24; Os 4,16; Sal23,1-4; 28,9; 80,2). Il «guai» qui non è elemento caratterizzante il lamento, come avviene in 22, 18 e altrove, bensì l'invettiva, come d'altronde negli oracoli di giudizio. I ), tradizionale per l'esodo; e b6 ', «far venire)>, «ricondurre», per il ritorno).
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GEREMIA 23,9
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>); la Settanta omette. //23,19-20 Testo parallelo: 30,23-24 23,20 Nei giorni a venire (C'~~iJ M'")Ott~) Nei profeti preesilici quest'espressione non è usata in senso escatologico (Dn 2,28; 10,14), ma indica i tempi futuri; cfr. i testi, tra cui quelli di Geremia: Gen 49,1; Nm 24,14; Dt 4,30; 31,29; 23,20; Ger 30,24; 48,47; 49,39; ls 2,2; Ez 38,16; Os 3,5.
corte e vi è sottesa l'idea dell'assemblea degli esseri divini, presieduta da YHWH, nella sua sede celeste. Nel v. 19, mediante l'immagine tradizionale della tempesta (Is 29,6), è annunciato il castigo che incomberà all'improvviso sul popolo. Nel v. 20 si afferma, usando il verbo «ritornare» (sub), che l'ira non regredirà senza che abbia prima prodotto efficacemente ciò per cui è stata mandata. Si avrà una chiara comprensione dello scopo ultimo per cui è inviata soltanto dopo che essa avrà prodotto i suoi effetti; non si tratta qui della fine dei tempi, ma dell'era nuova nella quale il popolo sarà reintegrato nella piena comunione con Dio. I vv. 21-22 riprendono il discorso sui falsi profeti: tra i criteri per discernere la vera dalla falsa profezia, oltre all'accesso al consiglio divino (v. 18), è menzionato quello di riferire al popolo la parola ricevuta, cioè di essere messaggeri di YHWH (cfr. l'uso del verbo
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GEREMIA 23,21
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23,39 Scaglierò ('11'~~1) - Alcuni manoscritti ebraici, la Settanta (ÀO:f.113«vw ), e altre versioni antiche, suggeriscono la lezione 'n'fllJ1, dal verbo ~t!lJ, «alzare», «sollevare», da cui il sostantivo ~i9Q; tale lezione, in armonia con il contesto, è seguita dalla versione CEI «mi caricherò di voi». Il Testo
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Masoretico, tuttavia, può essere accettato: la forma deriva secondo alcuni da ~WJ (che avrebbe il significato base di «lanciare», «spingere»); secondo altri, da :"!WJ («dimenticare>>). 24,1 I capi di Giuda - L'espressione :"!1,:"!~ -~~ non va tradotta con «i principi
Non è da escludere che il popolo usi il termine anche in senso ironico, alla stregua dell'espressione «terrore all'intorno», cioè per schernire il profeta ed esorcizzarne la predicazione di giudizio. I vv. 34-37 affermano che YHWH emetterà la sentenza contro coloro che avranno pronunciato quel termine (massa'): se persevereranno nel dire «oracolo», essi diventeranno «carico» (v. 36). Oltre al popolo, sono menzionati i profeti e i sacerdoti, sulle cui labbra massa' indica l' «oracolO», ma in senso negativo, cioè esprime derisione nei confronti del messaggio profetico. L'annuncio è sviluppato nei vv. 38-40 contro coloro che si ostinano a usare il vocabolo in senso canzonatorio nei riguardi della parola profetica e non vogliono accogliere quanto Dio comunica per mezzo di Geremia. Il castigo è espresso con molta intensità: YHWH scaraventa il popolo lontano da Lui, alludendo chiaramente all'umiliazione di Gerusalemme e al disonore dell'esilio.
291
GEREMIA 24,1
"Quanto al profeta o al sacerdote o al popolo che dirà "annuncio di YHWH", io emetterò la sentenza su quell'uomo e sulla sua casa. 35Così direte, ciascuno al proprio vicino e ciascuno al proprio fratello: "Che cosa ha risposto YHWH?' e "Di che cosa ha parlato YHWH?". 36Non menzionerete più "annuncio di YHWH", altrimenti per ognuno (di voi) la sua parola diventerà un carico, per avere alterato le parole del Dio vivente, YHWH degli eserciti, nostro Dio. 37Così dirai al profeta: "Che cosa ti ha risposto YHWH?", e "Di che cosa ha parlato YHWH?". 38Ma se direte ancora "annuncio di YHWH", allora così ha detto YHWH: Poiché avete detto questa parola 'annuncio di YHWH', mentre vi avevo mandatp a dire: Non direte più "annuncio di YHWH", 39ecco, sono io che certamente scaglierò e getterò lontano da me voi e la città che ho dato a voi e ai vostri padri. 40Porrò su di voi un'infamia e un'ignominia perenni, che non saranno dimenticate». 3
24
YHWH mi donò una visione: due canestri di fichi erano situati di fronte al tempio di YHWH, dopo che Nebukadnezzar, re di Babilonia, aveva esiliato da Gerusalemme Yeconya, figlio di Yoyaqim, re di Giuda, i capi di Giuda, gli artigiani e i fabbri, e li aveva condotti a Babilonia. 1
di Giuda», perché non indica soltanto i figli maschi del re, eredi al trono, ma anche gli uomini responsabili degli affari dello stato, cioè militari, ufficiali, giudici (cfr. 26, l O) e persino scribi, gente non necessariamente di sangue reale. I fabbri- L'ebraico ,~.Q~ è collettivo e ha
un significato incerto. La Settanta lo traduce con 'tOÙç ÒEOIJ.W'taç («i prigionieri»), probabilmente in base alla radice ,JO, ((Chiudere», l'lnnl uiwl' 6 i1l'1; '~D?'P-,W~ o~iliJ-r,f-ntt hj?tp~~ i1)!1; 1;~ oi:piJ-ntt niP-tt1' 7 nn', i1'1W-nN i1':J'7o-nNl il'l~il' '11'-nNl b?l.ù~1'-nN 18 :Oil''7N i1~"'!;1-ntt' 9 :i1l.iJ oi~~ n~?i?71 i1i?.1'P7 n~w? i1#"'!t:J7 o(IN n~1 :J.l~v-r,f h~1 20 :i~~-r,f-ntt1 l''Jip-ntt1 l''J~~rntt1 o~,~~--:r?~ ht~·ntt1 Ti7i?'P~-ntt1 O'f:l'P7~ n~ ~~?G-r,f n~1l'UJv n~ '?.?G-r,f IT
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25,34 Ululate ... gridate, rotolatevi (nella polvere) (~qj7;li;liJ1 ~P~!1 .. -~"·~•;::t)- Ab-
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biamo tre verbi, di cui i primi due ricorrono in coppia anche altre volte in Geremia (47,2; 48,20.31 ). n terzo verbo qj":;) all' hitpae/, come qui, significa «rotolarsi» (in segno di lutto), azione che avviene nella polvere o nella cenere (6,26; Ez 27,30) . .Nobili- L'ebraico C','"!~ (alla lettera: «magnifici», «potenti>>) indica i capi della nazione (14,3; 30,21). Sarete dispersi- Il vocabolo C:?,'J:li~i::lz;'l~ non
le vostre dispersioni»), ma una forma verbale da f1::l, «disperdersi» (forma mista qa/1 hifìl). Per alcuni autori, invece, deriva da }'El~ («frantumare», «fare a pezzi») oppure da r~El (> a Geremia. Tali caratteristiche, salvo qualche sporadica eccezione (cfr. 29,21.29-30), sono proprie di questa raccolta e non si riscontrano altrove nel libro. Degna di rilievo è anche la differenza tra Testo Masoretico e Settanta, la quale rappresenta una versione consistentemente più breve, in cui non sono omesse soltanto parole, ma spesso intere frasi o periodi. Contro la tendenza assunta dai falsi profeti, sia quelli che dimoravano in Giuda sia quelli attivi nell'esilio a Babilonia - secondo i quali ci sarebbe stato un rimpatrio imminente o comunque un ribaltamento della situazione creatasi nel 597 a.C.- in questi capitolio si dà voce all'indirizzo opposto, espresso da Geremia (e dai suoi sostenitori): il futuro di Israele va ricercato interamente a Babilonia. Il punto non è, come nel capitolo 26, la distruzione del tempio e della città, bensì la durata dell'esilio. Quest'aspetto si prestava nondimeno a essere interpretato diversamente, a seconda che si considerasse una visione del ritorno a breve termine o piuttosto una concezione teologica legata alla realizzazione del giudizio di Dio. La raccolta può dividersi in due sezioni: capitoli 27-28 (la profezia del giogo) e capitolo 29 (lo scritto alla comunità in esilio). 27,1-28,17 La profezia del giogo I capitoli 27-28, sviluppando in prosa la metafora del giogo, descrivono la
319
GEREMIA 27,2
27
1Al
principio del regno di Yoyaqim, figlio di Yoshiyya, re di Giuda, questa parola fu rivolta a Geremia da YHwH: 2così ha mi detto YHwH: «Fatti delle cinghie e delle sbarre e mettitele sul collo. conferenza anti-babilonese, di cui ci informa 27,3. Il594 fu un anno particolare, perché da poco Nebukadnezzar era riuscito a placare le ribellioni provenienti dall'esterno (forse da Elarn) e dall'interno dei confini dell'impero. In questo stesso anno inoltre Psammetico II era asceso al trono. In sostanza, l'incipit dell'intestazione del Testo Masoretico «al principio del regno di Yoyaqim» deve intendersi «nel quarto anno del regno di Zidqiyya».
27;1. Delle cinghie e delle sbarre (ni001 n~) -L'ordine contiene una certa ambiguità: non si comprende bene se il profeta debba farsi un solo giogo, che poi dovrà mettersi al collo (v. 2), oppure se debba fame tanti quanti sono gli ambasciatori, come lascerebbe presupporre il plurale nìtOO («sbarre», «stanghe»), termine che indica il palo o la traversa di legno, ma anche il giogo nel suo insieme (28, 10.12; Is 58,6.9). Per il termine «cinghie>>, cfr. nota a 30,8.
reazione di Geremia contro la coalizione formatasi nel 594 a.C. per contrastare la pressione babilonese nell'area siro-palestinese, alla quale aveva aderito anche Zidqiyya. Nel capitolo 27 il profeta si reca dai messaggeri dei re, venuti a Gerusalemme, portando al collo dei capestri e un giogo, simbolo della sottomissione a Babilonia (vv. 2-3.12). Il capitolo 28 sviluppa il confronto con la profezia di benessere rappresentata da ijananya, antitetica a quella di Geremia come provato dalla spezzatura del giogo (28, l 0-14 ). Questi due capitoli, ampliando il confronto originario tra il nostro profeta e I:Iananya avvenuto in occasione dell'assemblea di Gerusalemme, affrontano il tema della parola rigettata dai falsi profeti e offrono dei criteri di lettura teologica (di matrice deuteronomista) per valutare il fenomeno della profezia. Il giogo al collo di Geremia (27,1-22). Geremia si rivolge a differenti destinatari: ai re (vv. 4b-ll ), poi a Zidqiyya (vv. 12-15), infine ai sacerdoti e al popolo (vv. 16-22). In relazione alla forma del testo, possiamo dividere questa unità come segue: vv. l-4a (introduzione e ordine di YHWH); vv. 4b-11 (messaggio ai re); vv. 12-15 (parola a Zidqiyya); vv. 16-22 (parola rivolta ai sacerdoti e al popolo). Nonostante il cambio di destinatari, il messaggio è identico: si tratta di un accorato appello a non contrastare il potere babilonese e a non credere in un ritorno imminente. Ordine di YHWH (27, 1-4a). Nonostante le incertezze testuali al riguardo, l' episodio narrato si colloca nel594 a.C., nel contesto della riunione degli ambasciatori dei re di Edom, Moab, Ammon, Tiro e Sidone, convenuti a Gerusalemme per confrontarsi su un'eventuale opposizione al dominio di Babilonia. Probabilmente l'iniziativa partì dal faraone Psammetico II (594-589 a.C.) che, salito al trono proprio in quell'anno, voleva imporre un argine alla politica espansionistica babilonese. Geremia riceve da Dio due ordini: dapprima deve prepararsi un giogo e legarselo al collo (v. 2), poi affidare agli ambasciatori un messaggio per i re (vv.
320
GEREMIA 27,3
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29,2 La Biblìa Hebraica Stuttgartensia si chiede se questo versetto non sia addizione (cfr. 24, l), forse perché interrompe la continuità tra il v. l e il v. 3. Non si vede la necessità di tralasciarlo, dato che è parallelo a 2Re 24,14-16 ed è presente nella Settanta. Gli eunuchi- L'ebraicoC"ç)"1?derivadall'accadico sii resi, «il principale», originariamente il maggiordomo, ed è comunemente tradotto con «eunuchi». Di per sé può significare sia eunuchi sia funzionari di corte (34,19; 38,7; 52,25). Nel nostro caso, tuttavia, è preferibile, come in
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«i vostri interpreti di sogni» o «sognatori». Che... inducono a sognare - Il participio c•o~r;t~ ha valore causativo (diversamente Settanta, Vulgata, Peshitta: «che voi sognate))). 29,11 Futuro- L'ebraico n·,o~ ha il significato fondamentale di «il dopO)), «CÌÒ che viene dopO)). Qui ha una connotazione positiva (cfr. anche 31 , 17), mentre in 5,31, in cui indica ciò che viene come conseguenza del comportamento infedele dei profeti e dei sacerdoti (cfr. 12,4; 17,11), ha un senso negativo. 29,14 Cambierò la vostra sorte (C:;?I!I:J~ -~~) -La formula n·:;~~ l n,:Jw-n~ :J1W (sette volte in Geremia: 29,14; 30,3; 30,18; 32,44;
In esilio, oltre ai falsi profeti, erano attivi personaggi che esercitavano l'arte della divinazione e dei quali spesso gli esiliati erano succubi (vv. 8-9); accanto ai profeti sono menzionati, come in 27,9, gli indovini (tfsiimfm) e i sognatori, ai quali probabilmente ci si rivolgeva per conoscere la durata dell'esilio. Ai profeti è indirizzata l'accusa (anche in 23,32; 27,15; 28,15) di vaticinare nella «falsità>). Sullo sfondo dell'oracolo è facile intravedere il brano di Dt 13,2-4, che appunto raccomanda di non ascoltare profeti e sognatori; per discernere se un profeta è mandato da YHWH c'è un solo criterio: l'avveramento della parola (28,9; Dt 18,21-22). Nei vv. l 0-14 siamo di fronte a un annuncio di salvezza, che ha come oggetto il ritorno dall'esilio. Dapprima YHWH ribadisce che i Giudei ritorneranno in
337
GEREMIA29,14
8Così
ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: Non vi traggano in inganno i profeti che sono in mezzo a voi e i vostri indovini; non date retta agli interpreti dei sogni' che vi inducono a sognare, 9perché falsamente essi profetizzano a voi nel mio nome. Io non li ho mandati -oracolo di YHWH. 10Così ha detto YHwH: Quando per Babilonia si compiranno settant'anni, io emetterò la sentenza a vostro favore e realizzerò la promessa di ricondurvi in questo luogo. 11 Sì! lo conosco i piani che sto progettando su di voi- oracolo di YHWH- piani di benessere e non di sventura per darvi futuro e speranza. 12Voi mi invocherete, verrete (a me), mi pregherete e io vi esaudirò. 13Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore. 14Mi lascerò trovare da voi- oracolo di YHWH. Cambierò la vostra sorte e vi radunerò da tutte le nazioni e da tutti i regni dove vi ho dispersi- oracolo di YHWH. Vi ricondurrò nel luogo dal quale vi ho fatto deportare. r
33,7.11.26) è tuttora oggetto di discussione sia per quanto concerne l'etimologia di rro~ (per la Settanta: «esiliati», «esilio»), sia per quanto riguarda l'uso transitivo di :nw : si tratta del capovolgimento della situazione attuale, grazie al quale i rimpatriati potranno beneficiare dello stato di benessere di cui godevano prima dell'esilio. In molti casi il suo significato può essere ricondotto al ritorno degli esuli dall'esilio e alla successiva restaurazione nel paese, compresi come la revoca o
l'annullamento del giudizio da parte di YHWH (cfr. i cc. 30-33). nbrano meglio corrispondente a Geremia è Dt 30,2-3, dove il cambiamento delle sorti è annunciato in una prospettiva di ritorno (conversione e rimpatrio). Nel nostro versetto, il termine «sorte» rimanda ai beni materiali (v. 14); non solo, dunque, agli utensili del tempio, che saranno riportati a tempo debito a Gerusalemme, come preannunciato nel capitolo precedente, ma a tutti quei beni che il popolo riavrà, dopo che sarà ritornato (32, 15.43-44; Ez 11, 17). Il v. 14c dà, infatti, un contenuto preciso al «cambiamento della sorte», annunciando che YHWH radunerà gli esiliati dalle nazioni in cui li aveva dispersi e che li ricondurrà nel loro paese.
patria dopo che si saranno compiuti settant'anni (vv. l O-li; 25, 11-12), un arco di tempo all'interno del quale si realizza il progetto divino volto al benessere (salo m). Dell'avvenire degli esiliati si parla, nel v. Il, in modo simile a 31,16-17: YHWH ha concepito per loro «piani di benessere», «un futuro e una speranza». A tale promessa segue il suggerimento sul modo di relazionarsi all'azione che YHWH sta compiendo a loro beneficio (vv. 12-13): devono prepararsi con atti di conversione e di pentimento (Dt 4,29). In una situazione in cui Dio sembra assente o comunque lontano dal popolo, la promessa che Egli risponda alla preghiera e che si lasci trovare anticipa il ripristino della relazione con lui. L'intervento del profeta si conclude con la promessa del ritorno (v. 14): il v. 14b
GEREMIA
29,15
338
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29,15 Ha suscitato profeti (l:::!'~ :l~ ... t:l'i'i1) - Per alcuni autori questo versetto va posto tra il v. 20 e i vv. 21-23, dove si parla dei due profeti di benessere Al)ab e Zidqiyya, attivi a Babilonia. 29,16-20 Questi versetti sono omessi nella Settanta. Alcuni autori li considerano addizione secondari, voluti per descrivere il destino di coloro che sono rimasti in Giu-
l
da in modo simile a 24,8-1 O. Sarebbe una digressione che non combacia né con il contesto né con le finalità dell'opuscolo inviato agli esiliati. Altri autori ritengono che la loro omissione sia dovuta ad aplografia. 29,17 Avariati - t:l'i~~ è un hapax, ma il suo significato è chiaro («avariati», «marci», «immangiabili»), anche alla luce di 24,3.8
è infatti un annuncio lapidario del cambiamento delle sorti del popolo, cioè del ribaltamento completo della situazione vigente, quella dell'esilio, in un'altra di valenza contraria. Nei vv. 15-20 si ha un altro intervento del profeta sul tema dell'ascolto della parola di Dio nella madrepatria (vv. 16-20), che non sembra attinente al contesto perché, pur riferendosi ai profeti che operavano in esilio (v. 15), si interessa del
339
GEREMIA29,21
15Sì!
Voi avete detto: "YHWH ci ha suscitato profeti in Babilonia". ha detto YHWH riguardo al re che siede sul trono di David, a tutto il popolo che abita in questa città, ai vostri fratelli che non sono venuti con voi in esilio. 17Così ha detto YHWH degli eserciti: lo sto per mandare contro di loro la spada, la fame e la pestilenza; e li renderò come i fichi avariati, che non si possono mangiare per la loro cattiva qualità. 181o li perseguiterò con la spada, la fame e la pestilenza; li renderò un orrore per tutti i regni della terra, maledizione, desolazione, motivo di fischio e oggetto di vergogna in tutte le nazioni dove li ho dispersi, 19poiché non hanno ascoltato le mie parole- oracolo di YHWH- quando mandai loro i miei servi, i profeti, premurosamente e sovente, ma non (li) avete ascoltati- oracolo di YHWH. 20Quanto a voi, ascoltate la parola di YHWH, esiliati tutti, che ho mandato da Gerusalemme in Babilonia. 21 Così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele, riguardo ad Al)ab, figlio di Qolaya, e riguardo a Zidqiyya, figlio di Ma' aseya, che vi profetizzano falsità nel mio nome: Ecco, io sto per darli in mano a Nebukadnezzar, re di Babilonia che li ucciderà sotto i vostri occhi. 16Così
(dove si parla di fichi cattivi o marci; nil11); ha come termini affini j'Tl,,~~ (~1 nilJ Wt?~1 ~:IW1 :N':lli1 ~i1'0,' 'JtNJ. i1·ti1 1!lt:m-nN l'T-
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29,32 Nessuno che abiti (:ll/ii' lD'It ... N.',) - In questo versetto si registra un doppio
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senso nell'uso del verbo ::llD' che, essendo riferito ai figli, lascia palesemente intendere
mia si rivolge a Shema'ya, il Nel)elamita (perché originario di Nel)elam, una località sconosciuta), un altro avversario tra gli esiliati babilonesi, mai nominato altrove. Il brano ci informa della reazione degli esiliati al primo scritto: Shema'ya aveva inviato a Sofonia, ispettore capo del re Zidqiyya per la sicurezza del tempio (21, l; 37,3 ), delle lettere nelle quali lo esortava a prendere provvedimenti contro Geremia, definito in senso spregiativo uno che si comporta da profeta (cfr. Ez 13,17), per il messaggio che aveva rivolto agli esuli con il primo scritto, del quale cita alcune parole (29,4-5). Lettura della lettera di Shema 'ya. Il v. 29 mette in campo .la voce del narratore, il quale nota che la lettera di Shema'ya, letta da Sofonia alla presenza di Geremia, è la seconda, differente dunque da quella a cui fa riferimento il profeta nel suo intervento (v. 28).
343
GEREMIA 29,32
E ora, perché non hai redarguito Geremia, l' Anatotita, che profetizza in mezzo a voi? 28 Infatti egli ci ha mandato (uno scritto) a Babilonia, dicendo: Sarà lungo! Costruite case e abitate(le ), piantate giardini e mangiatene i frutti"». 29 Sofonia, il sacerdote, lesse questo scritto in presenza di Geremia, il profeta. 30Allora la parola di YHWH fu rivolta a Geremia: 31 «Manda (questo messaggio) a tutti gli esiliati: Così ha detto YHWH su Shema'ya, il Nel;lelamita: Poiché Shema'ya ha profetizzato a voi senza che io l'avessi mandato, egli vi ha fatto confidare nella falsità. 32Perciò così ha detto YHwH: Ecco, io sto per emettere la sentenza contro Shema'ya, il Nel;lelamita, e la sua discendenza. Egli non avrà nessuno che abiti in mezzo a questo popolo, né vedrà il bene che sto per fare al mio popolo -oracolo di YHWH- poiché ha parlato di ribellione contro 27
YHWH».
che non succederanno al padre nella carica da questi occupata e nei privilegi di cui egli
gode (cfr. 22,30; anche Gen 23,10; Gdc 4,5; lSam 1,9).
La risposta di Geremia a Shema 'ya (29,30-32). Alla seconda lettera segue la terza e ultima reazione del profeta·. I vv. 30-31 sono un oracolo di giudizio contro Shema 'ya, introdotto dalla formula di evento della parola e rivolto agli esiliati. L'accusa è simile a quella mossa ad l:fananya in 28,15-16: egli si è presentato come profeta senza aver ricevuto alcun mandato divino e ha indotto il popolo a confidare nella falsità (seqer). Il v. 32 è composto di due elementi: all'annuncio del giudizio, per il quale Shema 'ya sarà punito e la sua discendenza non vivrà abbastanza per vedere l'opera divina, segue come motivazione l'accusa di aver predicato la ribellione contro YHWH (28, 16). Nessun contemporaneo di Shema'ya vivrà tanto a lungo (settant'anni) da vedere «il bene)) (hattob), termine semanticamente vicino a «fortuna)), «pace)), «benessere)) (siilom, vv. 1114), ma che deve intendersi nel senso concreto della futura restaurazione.
344
GEREMIA 30, l
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in un documento
(,~~-t,~ ···'9~-:::lO~)- Il sintagma :::lM::l
+ S~ è usato comunemente per indicare colui a cui si scrive (51,60), mentre in questo versetto i~dica ciò su cui si scrive,
dato che le due preposizioni ':ll't e ':lv sono sovrapponibili, come altrove nel libro di Geremia. Per il termine ,~~ si possono confrontare altri passagg{ come 25,13; 29, l; 36,2 e 51 ,60.
30,1-33,26 Il libro della consolazione I capitoli 30-33 costituiscono quello che comunemente è chiamato «il libro della consolazione»: si tratta, infatti, di una raccolta costituita in gran parte di annunci di salvezza, caratterizzabili in modo differenziato, ma fondati sull'oracolo di 29, l 0-14, con il quale il profeta annunciava agli esiliati la futura restaurazione nel paese dei padri. La raccolta è delimitata all'inizio e alla fine dali 'inclusione «cambierò la sorte» (30,3 e 33,26) e si divide in due sezioni: 30,1-31,40 e 32,1-33,26. L'espressione «cambierò la sorte)) (cfr. nota a 29,14), ricorrente ben sette volte in questi capitoli (30,3.18; 31,23; 32,44; 33,7.11.26), fungendo da collegamento con la lettera agli esiliati del capitolo 29 (29, 14), serve a riaffennare che Dio, compiuti i settant'anni di esilio, farà ritornare il popolo nel paese e lo ristabilirà com'era in origine. In definitiva, essa esprime il progrnmma di restaurazione, che YHWH intende attuare dopo la fase del giudizio, e che comprende persino la tena e la stessa Gerusalemme, in quanto anch'esse erano state coinvolte, insieme al popolo, nel castigo. li popolo vivrà in osmosi con l'ambiente circostante, da ogni punto di vista, e potrà attendere al suo futuro, come nei tempi antichi. In particolare, sono i capitoli 32-33 a evidenziare che in futuro ci sarà un ribaltamento della situazione anche per la città santa: le promesse di restaurazione, sintetizzate in 32,44 da questa formula, e la stessa azione della compera del campo (32,6-15), sono infatti pronunciate sullo sfondo dell'assedio di Gerusalemme (32,2; 33, l). In sostanza, al periodo di affiizione e di castigo succederà, una volta compiuto il giudizio, un'epoca di felicità, di prosperità e di salvezza. Pertanto il profeta vede il castigo non come l'ultima parola di Dio sul popolo, ma come il presupposto necessario perché Egli possa, predisposto adeguatamente, istituire per lui un futuro nuovo e ristabilire la stessa relazione precedente, ma su basi completamente rinnovate (31 ,31-34; 32,36-41 ). 30,1-31,40 Il ritorno in patria e la nuova alleanza Questa prima raccolta si può ulteriormente suddividere in due sequenze (30,4.31 ,22; 31,23-40), corredate ciascuna di un'introduzione (30,1-3; 31,23). Il ritorno in patria (30,4-31,22). Composta in gran parte in poesia, la se-
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GEREMIA 30,3
3O
'Questa parola fu rivolta a Geremia da YHWH. 2Così ha detto YHWH, Dio di Israele: «Scriviti tutte le parole che ti ho comunicato in un documento, 3poiché, ecco, vengono giorni- oracolo di YHWH- nei quali cambierò la sorte del mio popolo, Israele e Giuda- ha detto YHWH -, li ricondurrò nel paese che ho dato ai loro padri e lo possederannm>. 30,3 E lo possederanno - Il Testo Masoretico, usando ;:t~fZi"")'!, è conforme al dettato deuteronomistico che si serve di fZi,, per indicare la presa di possesso della terra da parte del popolo (Dt 30,5; Gs
24,8). La Settanta, invece, ha tutt'altra lettura: K!d KUpLeuoouoLv aùtfjç, «e la governerannO>). Si noti che il verbo può avere come soggetto tanto i padri quanto il popolo.
quenza è il risultato di un lungo processo di concentrazione intorno a un nucleo più antico, rappresentato dagli oracoli rivolti alle popolazioni settentrionali e attribuibili all'epoca in cui Geremia sosteneva il programma di Yoshiyya, mirante alla centralizzazione del culto e all'estensione dei confini settentrionali del regno di Giuda (2Re 23,15-20). Sull'individuazione del nucleo più antico i pareri degli autori non concordano; alcuni oracoli presentano forti affinità linguistiche e contenutistiche con dell'altro materiale sparso nel libro, pure appartenente alla predicazione iniziale e concernente il ritorno (cfr. 31,2-6 con 2,2b-3; 31,21-22 con 3,12b-13; 31,21-22 con 3,19; 31,18-20 con 3,21-25). Sicuramente, nel corso della tradizione, al corpus originario si saranno aggiunti altri nuclei, come gli oracoli che prospettano il ritorno a Zion (31, l 0-14), le profezie che menzionano il servizio nei confronti di YHWH e di David (30,8-9), il giudizio degli empi (30,22-31,3) e il ritorno, per forma e per contenuto vicini al Secondo Isaia (30,10-11; 31,7-9) e, naturalmente, l'introduzione di 30,1-3. Generalmente si concorda nell'assegnare al nucleo più antico gli oracoli diretti a Giacobbe, Rachele ed Efrayim (30,4-7; 30,18-21; 31,15-17; 31,18-20), nonché quelli aventi come destinatario un «tu» femminile (30, 12-17; 31,4-6; 31,21-22), in cui si nota il debito che Geremia contrasse con Osea, a ragione definito il suo «maestro spirituale». Introduzione (30,1-3). Introdotti dalla formula dell'evento della parola (v. 1), questi versetti sono stati posti come incipit dei capitoli 30-31 soltanto alla fine del processo di formazione. La formula «cambiare la sorte» (w"sabti 'et-s•but; v. 3) anticipa in modo sintetico il contenuto del passo, mentre nel v. 3b è specificato in che cosa consista questo ribaltamento: nel rimpatrio e nella presa di possesso della terra concessa ai padri (cfr. 7,7; 32,22-23). È opportuno notare l'affinità del v. 2 con 36,2, in cui il profeta riceve il medesimo ordine e mette ugualmente per iscritto un messaggio da parte di YHWH, con la differenza che in 36,3 ne è specificato lo scopo: la conversione del popolo.
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GEREMIA 30,4
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349
GEREMIA30,12
9Essi
serviranno YHwH, loro Dio, e David, loro re, che io susciterò. 10'fu non temere, servo mio Giacobbe l- oracolo di YHWH- l non atterrirti, Israele, perché, ecco, io sto per salvare te da (un paese) lontano l e la tua discendenza dal paese dove è prigioniera. Giacobbe ritornerà, avrà quiete l e sarà sicuro, senza che ci sia chi provochi il panico. 11 Perché io sono con te- oracolo di YHWH- per salvarti; distruggerò tutte le nazioni, l tra le quali ti ho disperso, tuttavia non distruggerò te; l ti punirò con senso della misura, non ti lascerò impunito». 12 Sì! Così ha detto YHWH: «La tua frattura è incurabile, l la tua piaga è senza rimedio. te presente, oppure se lo fosse in entrambi. Probabilmente si trovava nel c. 46 e, in seguito, fu duplicato nel c. 30, come glossa,
allo scopo di confermare il messaggio consolatorio dei versetti precedenti. •:• 30,10-11 Testo affine: Is 4 I ,8-13
lo distragga (Ez 34,28; 39 ,26; Sof3, 13), emblema della condizione di benedizione di cui godrà (Lv 26,6; Dt 28,10), una volta scongiurata la minaccia nemica. Nel v. 11 la formula di assistenza («io sono con te»), seguita dall'espressione «per salvarti», riproduce la medesima frase rivolta a Geremia al momento della vocazione (l ,8). In questo secondo segmento sono chiamate in causa le nazioni, tra le quali il popolo è stato disperso (cfr. 9,15; 13,24; 18,17; si vedano anche Dt 4,27; 28,64) e a cui è annunciata la totale distruzione, in modo che non possano più esercitare alcuna azione negativa contro Israele. Anche al popolo è annunciata la punizione (25,29), ma per lui, in linea con quanto Geremia aveva chiesto per se stesso in l 0,24, si tratta di un castigo misurato, moderato, giusto, finalizzato alla nascita di un futuro, nel quale potrà allacciare un nuovo rapporto (Is 10,20-23). L'ultimo stico rinvia all'esodo: l'idea che la colpa debba essere punita o riparata affonda le radici proprio nelle tradizioni israelitiche (Es 20,7; 34,7; Nm 14,18), dalle quali emerge la continuità dell'azione divina nel corso della storia, sia nel senso del castigo che della misericordia (Es 34,6-7). La guarigione delle piaghe (30,12-17). Come nei vv. 4-7, alla descrizione della sventura (vv. 12-15) segue un annuncio di salvezza (vv. 16-17), entrambi i segmenti sono formulati con il «tu» femminile, al quale è sotteso Israele, rappresentato come una donna coperta di piaghe. I vv. 12-15 trattano del rapporto tra malattia e colpa: se Israele versa in una condizione infelice, è perché YHWH si è comportato nei suoi riguardi allo stesso modo in cui si comporterebbe un nemico; il suo stato peggiora a causa del!' assenza di coloro che, se diagnosticassero la malattia, potrebbero fare qual-
GEREMIA30,13
350
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30,13 Nessuno che esamina la tua causa Alla lettera l, ebraico 'lt"T suona: «UllO che giudica il tuo giudizio». La Biblia H ebraica Stuttgartensia propone di leggere al posto di 'll.""'l il termine c·;:,~~ («lenimento»; cfr. Is 1,6). La traduzione sarebbe: «non c'è lenimento per la tua ulcera». Alla base della scelta di modificare il testo c'è l'assunto che la terminologia giudiziale sia fuori contesto. A prescindere dal fatto che i termini potrebbero essere intesi in senso metonimico, ci sembra che il testo vada conservato così com'è, perché il gioco di parole e la costruzione con l'accusativo interno sono caratteristiche geremiane. Per un 'ulcera- L'ebraico ~iTft ricorre anche in
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Os 5, 13 (cfr. Ab l,7) e ha il significato di «ferita>>, ). Medicine - nitt~"'! è un plurale astratto che significa «guarigione>>. Non ti si rimargina - La frase '17 1"~ i17V~ andrebbe tradotta alla lettera: «cicatrice non c'è per te». Il termine i17V~ è forma nominale di i1~ll («salire») e ricorre in questo versetto e nell'oracolo contro l'Egitto (46, Il). Indica la cicatrice (ciò che si crea in seguito al rimarginamento della ferita). Cfr. nota a 8,22.
cosa per salvarlo (v. 14). Ma anche quelli, dai quali potrebbe aspettarsi conforto (Larn l ;2.19), grazie alle vecchie amicizie in campo politico, l'hanno dimenticato. Nello stico conclusivo del v. 15 abbiamo la motivazione teologica del castigo, riconducibile alla colpa e ai peccati, come altrove (5,6; 8,14; 13,22; 14,10; 15,13; 16,10-13.18; 17,1-4; 44,23; 50,7). Nei vv. 16-17 si registra un capovolgimento della situazione. Mentre nei vv. 12-15 YHWH era all'origine dello stato miserevole di Israele, ora lo sono i nemici, ai quali è annunciato il castigo con il criterio punitivo del contrappasso (o del taglione), presente pure in 10,25 e spiegabile in una prospettiva post-catastrofe (Ab 2,8). Il v. 16a, richiamando 2,3, suppone il ripristino della relazione originaria con Dio, vigente all'epoca in cui coloro che abusavano di Israele venivano puniti allo stesso
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GEREMIA 30, 17
c'è nessuno che esamina la tua causa; per un'ulcera l vi sono medicine, ma (la ferita) non ti si rimargina. 14Tutti i tuoi amanti ti hanno dimenticata, l non ti cercheranno (più), perché ti ho abbattuto percuotendoti come un nemico, l con una punizione crudele; per la grandezza della tua iniquità, l si sono rafforzati i tuoi peccati. 15 Perché gridi per la tua frattura? l La tua pena è incurabile. Per la grandezza della tua iniquità si sono rafforzati i tuoi peccati l e ti ho fatto queste cose. 16Dopo questo, tutti coloro che ti divorano saranno divorati, l tutti i tuoi oppressori, nessuno escluso, andranno in schiavitù; coloro che ti saccheggiano subiranno il saccheggio, l tutti coloro che ti depredano (li) renderò preda. 17 Sì. Io farò cicatrizzare la tua ferita, l guarirò le tue piaghe oracolo di YHWH. Poiché ti hanno chiamata "scacciata", l "è Zion, l non c'è nessuno che la cerca"». 13Non
30,15 Perché gridi per la tua frattura (l-:p~p p~~)- La Settanta omette questa frase forse per aplografia; in Aquila e Teodozione è presente. Si noti la forma p~ di seconda persona singolare maschile, in disaccordo con l'uso del «tu» femminile nei vv. 12-15. 30,16 Dopo questo- La congiunzione 1;,~espri me una motivazione e normalmente è tradotta con «perciò». È adoperata spesso nell'oracolo di giudizio per introdurre, dopo l'accusa, il verdetto. In questo versetto, però, non può significare «perciò», perché segue alla manifestazione del giudizio dei versetti precedenti, destinato a Zion. Alcuni autori le danno un significato avversativo, mentre altri, quando si tratta di un oracolo
considerato isolatamente, come in questo caso, preferiscono renderla con «dopo questo», «dopo di ciò» oppure con «d'ora in poi», come nella formula introduttiva «ecco, dopo questo, vengono giorni». Cfr. anche 16,14.21; 23,7; 32,36. Nessuno escluso, andranno in schiavitù (~~ '::xp';l c~)- La Settanta intende la frase in modo differente: KcÙ 1TcXvrEç ot èxel>ot oou KpÉaç aiJtG:v 1liìv EfuvmL («e tutti i tuoi nemici mangeranno interamente la loro carne»), lettura dipendente dals49,26e voluta per spiegare lo sticoprecedente. 30,17 È Zion (K';:T 1i•~)- La Settanta rende con 9ftpEUiJ.OC Ùj.Lwv Èan v («è nostra preda»; ebraico ~~i'~), immagine più calzante con il contesto in cui si tratta dell'Israele del nord.
modo di chi si avventava sugli oggetti del culto. Nel v. l7a, riprendendo l'immagine delle ferite e delle piaghe, si annuncia la futura guarigione, metafora con la quale è espresso l'intervento divino in termini di nuova alleanza (3,22; 31,34). YHWH, vero guaritore del popolo (3,22; 17,14; 30,17; 33,6; cfr. Dt 7.15; 32,39; 2Re 20,5; Os 6,1; 7,1; 11,3; 14,5), debella la malattia alla radice: l'azione divina(v. 17b) è equiparata agli amanti ( (ls 22, l l; 25, l). Mi ('~) - Il pronome di prima persona va mantenuto perché lectio difficilior, nonostante la sua problematicità: fa pensare che illocutore sia il popolo, ma ciò contraddice la menzione di Israele in terza persona nel versetto precedente. Per questo motivo alcuni preferiscono la lezione au'tQ («a lui») della Settanta che, però, lasciando presupporre
un originario i", nemmeno concorda con il contesto, in cui il destinatario è richiamato con i suffissi pronominali femminili. Per questo ti ho attirato con benevolenza (,9':1 Tn~~T? r~-"~) La traduzione, in linea con le versioni antiche, si basa sulla scelta di considerare il sostativo ,90 come avverbio («con benevolenza») e il suffisso pronominale del verbo come accusativo. La versione CEI, invece, traduce «per questo continuo a esserti fedele», forse condiziontata dall'uso che il medesimo sintagma l~~ + ,9ry ha in Sal 36, Il e l 09, 12, dove indica il prolungare o il conservare la benevolenza.
-
favore gratuito di Dio, «il resto» è in cammino verso un luogo di riposo sicuro, ovvero verso il paese del ritorno (v. 2; Es 33,14; Dt 3,20; 12,9-10; 25,19; Gs 1,13; 21,43). Ma chi sono esattamente gli scampati alla spada? È probabile che qui il profeta inviti gli esuli dell'ex regno del Nord, residenti nelle regioni assire, a identificarsi con la generazione dei padri scampata alla spada degli Egiziani (Es 15,28-31) e degli Amaleqiti (Es 17,8-13); in cammino verso il Sinay, dove farà esperienza di Dio. L'espressione «da lontano)> (meral:z6q) ha pertanto una connotazione storica: esprime il ricordo di quanto è avvenuto in passato, ovvero l'esodo egiziano, alla cui luce è presentata la nuova partenza da Babilonia (ls 40,3-5; 43, 18-21; 48,20-21; 51, l 0-11 ). Il deserto è il luogo dell'incontro. Anche in questo passo, come in 2,2-3, oracolo posto a capo della prima collezione del libro (cc. 2--6), all'attitudine positiva di Dio corrisponde la risposta altrettanto positiva del popolo, in nome della relazione di effettiva reciprocità propria delle origini.
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GEREMIA 31,4
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0"01:::> "lJWT-l iiV> femminile, nel territorio da dove era stato esiliato. L'annuncio è fonnulato con un triplice «di nuovo» ('od), all'inizio di ciascuno stico (vv. 4a.4b.5), con il quale si evidenzia l'annullamento della soluzione di continuità tra passato e futuro (cfr. anche in 31 ,20.23.30-40; 33, l 0-13). Dove si sentiva la voce del lamento, si sentirà il suono dei tamburelli; mentre allora si piantavano vigne invano, ora se ne raccoglieranno i frutti. Nel v. 6 si constata che le sentinelle dalle montagne meridionali di Efrayim hanno invitato le popolazioni del Nord a salire a Zion. Il tennine usato per «sentinelle» (n6$'rim) è il medesimo di 6, 17; ma ora si tratta dei capi del popolo o comunque di coloro che si fanno promotori della riunificazione nazionale. Tale pellegrinaggio si inserisce nel quadro del progetto rifonnatore concepito da Yoshiyya allo scopo di cementare l'unità politica e religiosa tra il Nord e il Sud del paese. Come diretta conseguenza. Gerusalemme, diventata l'unico luogo in cui incontrare YHWH per offrirgli legittimamente sacrifici, è riconosciuta come centro della nazione anche dalle popolazioni settentrio-
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GEREMIA31,7
Di nuovo ti costruirò e tu sarai ricostruita, l vergine di Israele, di nuovo ti adornerai dei tuoi tamburelli l e uscirai fra danze di gente festosa. 5Di nuovo pianterai vigne l sulle montagne di Samaria; l coloro che hanno piantato godranno dei frutti. 6Sì! È il giorno in cui le sentinelle gridano l sulla montagna di Efrayim: Su!, andiamo a Zion, l da YHWH, Dio nostro». 7Così ha detto YHwH: «Gridate di gioia per Giacobbe, l esultate per la prima delle naz10m, fate(lo) udire, lodate e dite: l Salva, YHWH, il tuo popolo, l il resto di Israele.
4
31,7 Gridate di gwza per Giacobbe (il~f?fp :lp~~'? 1~1)- La Settanta, forse fraintendendo il testo, traduce collegando «Giacobbe» alla frase precedente: o\J-rwc; d11ev KUp LOç -rpav9T]-re •.. («perché cosi ha detto il Signore a Giacobbe: gioite ... »). Salva, YHWH, il tuo popolo ('9T?~rn~ il1il~ ll~iil) - La Settanta, inten-
d endo la frase come un'affermazione, ha Èowoev KUpLOç -ròv ÀaÒv aù-rou («Il Signore
ha salvato il suo popolo»; cosi la versione CEI). La Vulgata sostiene il Testo Masoretico, mentre 4QGeremiif (4QGer) è incerto (per il verbo sta con la Settanta [«ha salvato»] e per il complemento con il Testo Masoretico [«il tuo popolo»]).
nali, che in passato frequentavano i loro santuari locali. Se si attribuisce la redazione dei capitoli 3~31 al periodo postesilico, com'è verosimile, questo dato segnalerebbe anche l'importanza della città santa per coloro che, ritornati da Babilonia, volevano riafferrnare i propri privilegi rispetto alla popolazione samaritana. Il rimpatrio di Israele (31, 7-9). L'oracolo dei vv. 7-9; introdotto dalla formula del messaggero, similmente a quello di 30,10-11, è indirizzato a tutto il popolo, menzionato con il nome «Giacobbe)) e con l'espressione «resto di Israele)), e concerne il ritorno. Il v. 7 è formulato con cinque imperativi. Motivi della gioia sono Giacobbe e Israele: al progenitore delle tribù è attribuita l'espressione «il primo delle nazioni», che ha solo un'altra occorrenza nell'Antico Testamento (in 2Sam 22,44 e nel parallelo Sal 18,44), per evidenziarne la superiorità e, conseguentemente, il rapporto privilegiato con Dio; anche l'espressione «tuo popolo, il resto d'Israele)), nell'ultimo stico del versetto, mira ad avvalorarne la prerogativa ma, se comunemente l'appello alla gioia si basa sulla memoria delle azioni prodigiose compiute da YHwH a vantaggio del popolo (Is 44,23; 48,20; 49,13;
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GEREMIA 31,8
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31,9 Verranno nelpianto, !i condurrò ne/le suppliche (C';J'Si~ c~·~i~ C'~1JQD=il1 1N:J~ '~=il:!) - La Settanta ha Év KìuxuEliJ.C\i É/;f]19ov Kat Év napaKÀ~an &val;w («nel pianto uscirono, ma nella consolazione li ricondurrò»), lettura seguita dalla versione CEI. Torrenti- Il termine So~ indica propriamente
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un torrente o ruscello (wadi) pieno d'acqua soltanto nella stagione delle piogge (da ottobre ad aprile). 31,10 Nelle isole lontane- Con l'espressione Pr:tl'?~ C'~l9 occorre intendere le isole greche (2, IO), Creta (47,4) e le colonie fenicie del Mediterraneo (cfr. nota a 25,22). Che
54,1), qui si fonda sull'invocazione dell'intervento divino. I vv. 8-9 presentano forti somiglianze di stile e di contenuto con alcuni brani del Secondo Isaia. In Geremia il parallelo calzante per terminologia e immagini è 6,21-22. Se in quel brano il profeta aveva annunciato l'irrompere improvviso delle orde nemiche, qui lo combina con il nuovo esodo dal settentrione: YHWH «fa venire» e «raduna» il popolo, considerato alla stregua di «una grande assemblea», costituita non solo di soldati, ma anche di persone bisognose di aiuto perché in condizioni di precarietà, come disabili, ciechi, zoppi, gente esclusa dal servizio liturgico (Lv 21,18) e partorienti, considerate impure (Lv 12,1-8). L'immagine della strada spianata rimanda antiteticamente a 6,21, quando YHWH annuncia di preparare per il popolo dei trabocchetti, in modo da farlo inciampare e cadere lungo il cammino; nel contempo, rievoca la descrizione fatta dal Secondo Isaia del buon pastore, che conduce il gregge verso pascoli ubertosi e fonti d'acqua (Is 40,11; 41 ,18; 43,1920; 44,3-4; 48,21; 49,1 0). L'affermazione conclusiva del v. 9b presenta la duplice motivazione del nuovo esodo: con la prima, «sarò padre per Israele», ci si collega alle antiche tradizioni settentrionali, poi confluite nel Deuteronomio e in Osea, in cui è attestato l'appellativo «padre» per YHWH (Dt 32,6), accanto a quello di
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GEREMIA 31,11
io li conduco l dal paese del settentrione, li radunerò dai posti più remoti della terra; l tra di essi ci sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente, insieme: l in grande assemblea ritorneranno qui. 9Verranno nel pianto, l li condurrò nelle suppliche; li guiderò verso torrenti d'acqua, l per una via piana, in cui non mc1amperanno, perché sarò padre per Israele; l Efrayim è il mio primogenito. 10Ascoltate la parola di YHWH, nazioni, l riferite(la) nelle isole lontane l e dite: "Colui che ha disperso Israele, ora lo radunerà l e lo custodirà come un pastore il suo gregge". "Sì! YHWH ha redento Giacobbe, l lo ha riscattato dalle mani di uno più forte di lui. 8Ecco,
le nazioni debbano conoscere l'opera redentiva, è detto anche altrove (4,16; 33,9; 50,2). Colui che ha disperso (:"T~ t~) - Il verbo i!,t significa «ventilare», «sparpagliare»; nell' AT è usato metaforicamente per descrivere la separazione e la dispersione del popolo.
Pastore (i!l;"1) - Per la Bibbia YHWH è il buon pastore, non soltanto inteso come «buono», ma anche come «verace, autentico» (Sal 23; 77,21; 80,2; Is 40,11 ). Il re promesso come buon pastore da Ger 23,36 ed Ez 34,23 è Gesù (Gv 10,1-18; cfr. Ez 34, 11.16).
«figliO>>, riferito al popolo (Os 2,1; 11,1; cfr. anche 3,19; 4,22); nella seconda motivazione il nome Efrayim si riferisce all'Israele del Nord (7,15; 31,9.18.20) e rinvia alla tradizione secondo cui il secondo figlio di Giuseppe fu elevato al rango di primogenito grazie alla benedizione di Giacobbe, sebbene nato dopo Manasse (Gen 48,17-19; l Cr 5,1-3; cfr. Gen 41,50-52). La gioia del ritorno (31,10-14). L'oracolo consiste di un'introduzione, a sua yolta bipartita in invito all'ascolto rivolto alle nazioni (v. lOa) e istruzione dell'araldo (vv. lOb-11), seguita da due annunci di salvezza, di cui il primo è presentato come discorso del profeta (vv. 12-13a), il secondo come discorso divino (vv. 13b-14). Anche questo brano è attinente al ritorno, come 30,10-11 e 31,7-9, con i quali presenta delle affinità. Se si esclude il riferimento del v. 14 ai sacerdoti, alla luce del quale l'attenzione si sposta in ambito cultuale, si può dire che il messaggio sia formulato secondo la categoria.del nuovo esodo caratteristica del Secondo Isaia. Destinatari dei vv. l 0-11 sono le nazioni, alle quali è chiesto di farsi portavoce del messaggio udito presso le coste più lontane, in modo che la notizia della redenzione possa, di nazione in nazione, diffondersi per tutta la terra (v. l Oa ). I due verbi «riscattare>> e «redimere>> (vv. l Ob-11)
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GEREMIA31,12
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31,12 Ajjluiranno -Alcuni autori, in linea con la Peshitta e il Targum, ritengono che la forma ebraica derivi dalla radice ,i1l II, che significa «splendere», «brillare>>, «essere raggiante>> (Is 60,5; Sal 34,6). In base al contesto è, però, preferibile intenderla come derivante da ,;u I, «affluire>>, «scorrere>> (così la Vulgata). Cfr. Is 2,2; Ger 52,44; Mi 4,1. Alle cose buone di YHWH- L'espressione l'TV'!~ :m~ indica beni materiali concreti,
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dono di YHWH (2,7; 31, 14; Os 3,5): si tratta dei prodotti della terra e dei nati del gregge. Come un giardino irrigato (l"T~.l l~=f!) - L' aggettivo significa «irrigatm>, «abbeverato» (cfr. il verbo corrispondente in 31, 14.25). La Settanta, allontanandosi dali' ebraico, traduce il testo con le parole waTrfp .;uÀOv EYK«pnov («come albero fruttifero»). Cfr. Is 58,11. 31,13 Danzando ... insieme (,lt;1~ ... ',in~?~)
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ricorrono insieme nell'Antico Testamento (ls 35,9-10; 51,10-11; Os 13,14; Sal 69,19); in particolare, il primo (piida) è tipicamante deuteronomistico (Dt 7,8; 9,26; 13,6; 15,15; 21,8; 24,18) ed è impiegato in riferimento alla liberazione dali 'Egitto; il secondo (gii 'al), appartenente al lessico del diritto familiare per indicare diverse obbligazioni, designa qui l'azione salvifica nei confronti degli Ebrei in Egitto, come nelle tradizioni del Pentateuco (Es 6,6; 15,13) e nel Secondo Isaia (Is 43, l; 44,23; 48,20). È difficile dire se nel nostro caso essi siano usati in rapporto agli esuli di Babilonia o in senso più globale per i dispersi: se la mano dell'oppressore era più forte di quella di Israele, la mano divina, a sua volta superiore a quella de il' oppressore, garantisce la salvezza al popolo (Dt 26,8). n primo annuncio di salvezza (vv. 12-13a) sviluppa il pensiero con immagini riguardanti la fertilità della terra e la fecondità del bestiame. n centro attorno a cui ruota e si dispiega la futura esistenza dei rimpatriati è «l'altura di Zion», sede
361 12Verranno,
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esulteranno sull'altura di Zion, l affluiranno alle cose
buone di YHwH: il grano, il vino e l'olio, l i nati del gregge e dell'armento; la loro anima sarà come un giardino irrigato, l non continueranno più a languire. 13Allora la vergine gioirà danzando, l con giovani e vecchi msteme; io trasformerò il loro lutto in gioia, l li consolerò, li farò gioire, (liberi) dali' afflizione. 14Nutrirò i sacerdoti con cibo abbondante, l il mio popolo si sazierà delle mie delizie - oracolo di YHWH».
- La Settanta non parla di danza ma di assemblea (Év ouvaywyiJ) e, al posto di 11T;!~ («insieme»), legge una forma del verbo l"',n: :x;ap~oovtaL («si rallegreranno»). La Peshitta è /ectio conjlata: «insieme essi gioiranno». Il Testo Masoretico è supportato da 4QGeremid' (4QGer"), Aquila, Vulgata e Targum. 31,14 Nutrirò i sacerdoti con cibo abbondante (1~1 C'~O~iJ ~~~ '1:1'~."'!1)- Il verbo l"'11 pie/ significa «essere pieno di», «riem-
pirsi oltre il dovuto», detto usualmente in riferimento ali 'acqua (31 ,25). Qui esso è usato accanto a 1~1. termine usato non per indicare l'olio (Gdc 9,9), ma come sinonimo di cibo, nutrimento in abbondanza, prosperità (Sal36,9; 65, 12). Al verbo segue come oggetto il termine~~~-' usato nell'accezione di «gola». Cfr. nota a 4,10. La Settanta non traduce 1~1 e aggiunge «figli di Levi»: f.IE9uow t~v ljru:x;~v twv LEpÉwv ulwv AEuL.
del tempio: qui sperimenteranno gli effetti del favore divino che, innescando un processo a catena, produrrà abbondanza di frutti e illimitata felicità. A ciò si aggiunga la gioia di tutti, giovani e vecchi, che assistono felici alla danza della vergine, in netto contrasto con il pianto di coloro che, invece, avevano dovuto imboccare la strada dell'esilio, di cui si parla nel v. 9. Il secondo annuncio di salvezza (vv. 13b-14) presenta l'intervento divino come trasformazione della situazione precedente e, di conseguenza, l'artefice della gioia è proprio Dio. Poiché l'annuncio è finalizzato a presentare il tempio come centro della vita della nazione, ai sacerdoti sono promessi nutrimento in abbondanza e prosperità (v. 14a; cfr. Is 55,2; Sal36,9; 65,12), prefìgurati nel v. 12 per tutti i rimpatriati. Pertanto, il sostentamento dei sacerdoti era garantito dalla legge deuteronomica (Dt 12,ll-12.18-19; 14,27-29; 16,10-11.13-14; 26,10-13), la quale imponeva loro di servire Dio esclusivamente nel tempio di Gerusalemme (Dt 18,3-8).
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31,15 A Rama (:"TI?l~)- La Settanta e Mt 2,18 seguono la tradizione masoretica (h Pal-La), diversamente dal Targum («sull'altura del mondo») e dalla Vulgata (in excelso, «in un luogo altm> ). Rama è il nome di una località citata in Gs 18,25 e altrove, identificata con er-Ram, a circa 9 km
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) usato in 25,6.29, promette di >, allude al rito dell'animale diviso in due parti, con cui originariamente si stipulava un patto tra persone o gruppi (Gen 15,9-10; Ger 34,18). Il passare tra le due parti dell'animale costituiva una sorta di rito di auto-imprecazione, come a significare che quanto era avvenuto all'animale poteva capitare a chi non avrebbe osserva-
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>. Tale scelta, oltre a non tener conto del fatto che le profezie del libro della consolazione sono per Israele e per Giuda (30,3-4 ), quindi per tutto il popolo (cfr. 31,33), è priva di supporto testuale. 31,32 Alleanza che essi hanno violato, mentre io avevo autorità su di loro (c? '117-Pf ·:~~a;t1 '11'1~-n" ,,~iJ i'19iJ-,~~)
commesso.l.a dottrina della responsabilità personale (cfr. anche Ez 18,4.22) era presente nella legislazione israelitica (Dt 24, 16; cfr. 2Re 14,5-6; 2Cr 25,14) antecedente ali' esilio, tuttavia, è grazie alla condizione di disagio dovuto ali'allontanamento della patria che si asswne maggiore consapevolezza dell'importanza della conversione e della necessità di aprirsi all'azione della grazia. La nuova alleanza (31 ,31-34). È uno tra gli oracoli più noti e più belli dell'Antico Testamento, citato per esteso ben due volte nel Nuovo Testamento (Eb 8,8-12; l O, 16-17), allo scopo di evidenziare il passaggio dalla fine dell'antica alleanza alla promessa di quella nuova, realizzata da Cristo, come sommo sacerdote, mediante l'offerta del suo stesso sangue. Inoltre, nel Nuovo Testamento l'espressione ) (Lv 25,25; cfr. Rt 4,1-4). Per Geremia, d'altra parte, non si tratta semplicemente di un mero acquisto, bensì di un atto teologicamente rilevante, in
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Ecco, l:lanamel, figlio di tuo zio Shallum, sta venendo da te per dirti: "Compra il mio campo, che (si trova) ad Anatot, perché tuo è il diritto di riscatto per l'acquisto". 8ln seguito l:lanamel, figlio di mio zio, secondo la parola di YHWH, venne da me, nell'atrio del posto di guardia, e mi disse: "Per favore compra il mio campo che (si trova) ad Anatot, nel territorio di Beniamino, perché tuo è il diritto di possesso e di riscatto: comprate(lo)!". Allora riconobbi che quella era parola di YHwH. 9Dunque comprai da l:lanamel, figlio di mio zio, il campo che (si trova) ad Anatot, gli pesai il denaro: diciassette sicli di argento. 10Scrissi (l'atto) nel documento, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai il denaro sulla bilancia. 11 Quindi presi il documento di acquisto, quello sigillato, (contenente) il contratto e le condizioni, e quello aperto.
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del documento il segretario Baruk, al quale subito dopo affida il rotolo in duplice copia per conservarlo (v. 12). Il problema non si porrebbe se, al posto del qal, avessimo l' hifil di :::IM::l («fece scrivere»). 32,11 Il contratto e le condizioni L'espressione c•pr:,r;:r: ;·q;cory ricorre in Dt 5,3 e 6,1, dove ha un altro significato: «il comando (e) gli statuti». Siccome nel versetto in esame il secondo elemento («le condizioni») è omesso dalla Settanta, alcuni autori suggeriscono di considerarlo una glossa esplicativa del termine c~nr:t::rnt:t
(«quello sigillato»). Girolamo riteneva che la frase specificasse le condizioni del contratto. Quest'interpretazione è accettata in alcune versioni moderne, tra cui quella CEI: «secondo le prescrizioni della Legge». I particolari della fattura del documento risultano più chiari dopo la scoperta di alcuni esemplari di registri di compravendita a Elefantina e a Qumran. L'atto era redatto due volte in un unico foglio di papiro in alto e in basso; quello in alto era sigillato, quello in basso poteva subire degli aggiornamenti nella parte lasciata in bianco.
cui riconosce la volontà divina (v. 8), nonché di un gesto simbolico con il quale rappacificarsi con i parenti, dai quali fino ad allora aveva subito vessazioni. I vv. 9-12 offrono informazioni preziose relativamente al prezzo pagato e a tutte le operazioni necessarie affinché l'atto di transizione sia riconosciuto valido e autentico. L'accuratezza con cui sono annotati l'adempimento delle formalità necessarie (peso del denaro, documento in duplice copia, sigillo, testimoni, sottoscrizione) e la convocazione dei testimoni (extragiudiziali), serve a garantire la legittimità dell'operazione in rapporto alla serietà dell'atto, simbolo di un messaggio teologico di più vasto respiro. Tale accuratezza rievoca il racconto dell'acquisto del terreno e della grotta da parte di Abramo, allo scopo di dare degna sepoltura alla moglie Sara nella terra promessa (Geo 23, 1-20): per l'autore esilico quell'episodio aveva un alto valore simbolico, esprimendo la speranza che il popolo potesse un giorno ritornare
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32,12 Baruk, figlio di Neriyya, figlio di Maf:zseya (jt:9ry~-r~ jt:;n~ ,,i~)- Baruk, segretario, amico e confidente di Geremia, è menzionato con il nome del padre e del nonno. L'uso del doppio patronimico denuncia la sua appartenenza a una famiglia di scribi molto rinomata. Egli è noto
nel libro come l'amanuense del cosiddetto rotolo primitivo del 605 a.C. (Ger 36), e per altre vicende legate alla vita del profeta (43,6; 45,1-5). Figlio di mio zio ('i"'!)- Seguendo la lettura della Settanta (utou a&J.où 1Tatp6ç f.Lou; «figlio del fratello di mio padre») e della
nel paese, di cui quel terreno costituiva il primo titolo di proprietà. Nel v. 12 si menziona la presenza di Baruk, a cui il profeta consegna l'atto, impartendogli l'ordine di conservarlo in un posto sicuro il più a lungo possibile (vv. 13-14), ovvero in un vaso di terracotta. Non si può escludere che sia stato proprio il segretario a redigere l'atto, come avviene per il rotolo del capitolo 36, anche se non è esplicitato, mentre è asserito che i testimoni vi abbiano apposto la finna (v. 12). Oltre a richiamare il capitolo 36, quest'episodio rimanda all'azione simbolica di 51,59-64, in cui però Geremia si serve di Seraya, fratello di Baruk. Nel v. 15 il messaggio raggiunge l'acme: è un breve annuncio di salvezza, introdotto dalla formula del messaggero e rivolto a Baruk. Il contenuto è riferito a tutto il popolo ed è elaborato sulla base della relazione instaurata dalla transazione commerciale: come il profeta ha comprato il campo in Anatot, così di nuovo ( 'òd) saranno acquistati case, campi e vigne nel paese. In altre parole, rifiorirà la vita nei suoi vari aspetti, urbanistici e campestri (cfr. 31,4-5.10-14). La preghiera del profeta (32, 16-25) è strettamente collegata al racconto precedente mediante il v. 25; è in prosa e consta dei seguenti elementi: i vv. 16-23a si presentano come un'ampia descrizione delle opere compiute da Dio nella ere-
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12Diedi
il documento di acquisto, a Baruk, figlio di Neriyya, figlio di Mal)seya, sotto gli occhi di I;Ianamel, •figlio di, mio zio, dei testimoni che avevano sottoscritto il documento di acquisto e di tutti i Giudei che stavano nell'atrio del posto di guardia. 13Poi alla presenza di tutti, ordinai a Baruk: 14così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: "Prendi questi documenti, quest'atto di acquisto - quello sigillato e quello aperto - e ponili in un vaso di argilla, affinché si conservino per molti giorni. 15Perché così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: di nuovo si compreranno case, campi e vigne in questo paese". 16Dopo che ebbi consegnato il documento di acquisto a Baruk, figlio di Neriyya, pregai YHwH: 17"Ahi, Signore YHWH! Ecco sei tu che hai fatto il cielo e la terra con la tua grande forza e il tuo braccio teso, nulla sarà troppo prodigioso per te. 18Tu estendi l'amore a mille generazioni e ripaghi l'iniquità dei padri nel grembo dei loro figli, dopo di loro, Dio grande e forte- il cui nome è YHWH degli esercitiPeshitta: sembra che nel Testo Masoretico la parola 1~ («figlio di») prima di,,~ («mio zio») sia caduta per errore. Che avevano sottoscritto (l:l':l~~;:r)- Alcuni manoscritti ebraici, Peshitta, Aquila, Simmaco, Vulgata e Targum hanno il passivo «che erano scritti», presupponendo
che i nomi dei testimoni fossero citati nell'atto. 32,14 In un vaso di argilla (izl~IT'"=?:l)- La prassi di conservare i rotoli in vasi d'argilla era frequente nell'antichità. In tal modo potevano conservarsi per lungo tempo, come è avvenuto per quelli di Qumran.
azione e nella storia delle origini; i vv. 23b-24 rimandano alle infedeltà compiute da Israele nel periodo della sedentarizzazione in Canaan e offrono l'eziologia dell'attuale sventura; il v. 25 contiene una domanda sul senso della compera del campo, effettuata mentre Gerusalemme stava per essere distrutta a causa delle reiterate infedeltà. Dopo l'introduzione del v. 16, nella quale le parole sono presentate come intercessione, la preghiera inizia con una confessione di fede in Dio creatore, intessuta di attributi riconducibili alla sovranità e alla potenza di Colui per cui nulla è «prodigioso» (cioè straordinario o impossibile; cfr. 32,27; Le 1,37). Nel v. 18 si dichiara che il suo amore (l:zesed) si estende per mille generazioni e che la colpa dei padri è punita nei figli, per volontà di «Dio grande e forte», espressione le cui radici affondano nella tradizione liturgica dell'antico Israele e che ricorre in Dt l O, 17; Ne 9,32 e in modo simile anche in Dn 9,4; Ne l ,5. L'idea della solidarietà nel castigo (v. 18), in contraddizione con 31,29-30, viene subito corretta, probabilmente da un redattore, nel v. 19, per riaffermare la dottrina della responsabilità individuale. I vv. 20-23a presentano Dio come salvatore e liberatore del popolo, a conferma dell'enunciato del v. 18 sull'amore di alleanza.
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Nel secondo oracolo (32,36-41) il discorso, collegato al precedente dal v. 36, concerne il futuro («dopo ciò))), ma ripete con parole simili il giudizio formulato nei vv. 28-29, senza entrarvi in merito. I vv. 37-41 si presentano come un insieme di elementi differenti incentrati sul tema della restaurazione. Al popolo, risorto dalle ceneri dell'esilio, è prospettato un nuovo avvenire, voluto intensamente da Dio, il quale agirà in modo da unirsi per sempre a lui. Si tratta di un vero programma, contenente svariati elementi già presentati nel libro (24,5.7; 31,31-34), grazie al quale Geremia è reso consapevole della sua vocazione e della sua vera identità. La promessa del raduno (v. 37) e, successivamente, quelle del ritorno e deli' installazione nel paese, suppongono la dispersione (cfr. 16,15; 29,14) e si rivolgono non solo agli esiliati a Babilonia ma, in una prospettiva teologica più ampia, a tutti coloro che sono stati oggetto del giudizio divino. Che YHWH voglia legarsi indissolubilmente a loro è espresso nell'uso della formula di alleanza del v. 38: ponendo l'enfasi sull'io divino (anche in 11,4; 24,7; 30,22), fa da ponte alla promessa successiva dei vv. 39-41, che a loro volta si collegano ad altri testi di «nuova alleanza)). Un posto importante è occupato dall'assicurazione del dono di «una sola volontà e una sola condotta)) in modo che il popolo, temendolo, non si allontani più da YHWH né Lui dal popolo (cfr. Dt 23,15). L'ultima promessa, v. 41, ha come oggetto «il bene)) che
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GEREMIA 32,44
Ma ora, dopo ciò, così ha detto YHWH, Dio di Israele, riguardo a questa città di cui voi dite: è stata consegnata in potere del re di Babilonia, per la spada, la fame e la pestilenza: 37«lo sto per radunarli da tutti i paesi dove li ho dispersi nella mia ira, nella mia collera e nel mio grande furore; li farò ritornare in questo luogo e li farò abitare al sicuro. 38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. 39Darò loro una sola volontà e una sola condotta, affinché mi temano tutti i giorni, per il loro bene e (quello) dei loro figli, dopo di loro. 40Stipulerò con loro un'alleanza eterna, non mi allontanerò da loro per cessare di fare del bene; metterò il mio timore nel loro intimo, affinché non si allontanino (più) da me. 41 Gioirò nel fare loro del bene; li pianterò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima». 42 Sì! Così ha detto YHWH: «Come io ho fatto giungere su questo popolo tutta questa grande sventura, così sono io che faccio giungere su di loro tutti i beni che ho annunciato per loro. 43 Si compreranno campi in questo paese di cui voi dite: è una desolazione, senza uomini e senza bestiame, è stato consegnato in potere dei Caldei. 44 Si compreranno campi in contanti, si scriveranno gli atti, (li) si sigillerà, si chiameranno i testimoni nel territorio di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda, nelle città dell'altopiano, nelle città della Shefela e nelle città del Negheb, perché io cambierò la loro sorte- oracolo di YHWH». 36
Dio offrirà ai figli del popolo nel paese in cui li avrà stabiliti. Come si può constatare, non sono pochi i rimandi alla promessa di 31,31-34, sebbene al posto di «nuova alleanza», nel nostro testo compaia l'espressione «alleanza eterna» (v. 40; anche in 50,5): comune ai due passi è dunque l'azione di Dio nell'interiorità dell'uomo (cfr. Ez 11,19-20; 36,26-27). L'ultimo oracolo (vv. 42-44) è un annuncio di salvezza tutto positivo e pervaso dalla speranza in un futuro nuovo: ribaltando le affermazioni di giudizio dei versetti precedenti, risponde in modo esplicito alla preghiera di Geremia (v. 25) e si collega al v. 36. Il v. 42 menziona il rapporto tra giudizio e salvezza: come in passato YHWH ha punito il popolo, così in futuro lo ristabilirà. I vv. 43-44 annunciano che in Giuda, ora ridotto a desolazione, si opererà in modo di dare continuità al gesto profetico dell'acquisto del campo. Ciò vale anche per le regioni limitrofe, dove le attività di compravendita continueranno a effettuarsi secondo le formalità richieste. I paesi circonvicini saranno coinvolti nel progetto della restaurazione di Giuda, segno, questo, della vitalità e della centralità dei suoi abitanti, ma ànche della concordia e della collaborazione che regneranno tra le nazioni. Quanto annunciato trova il suo basilare presupposto nel ribaltamento della situazione precedente, espresso alla fine dell'oracolo con la formula tecnica «cambiare la sorte».
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GEREMIA 33,1
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34,18 (Come) il vitello (',~.p:;t)- Per rendere il discorso consequenziale, alcuni autori propongono di leggere ',~_,Pf («come il vitello»), ma senza supporto nella tradizione manoscritta. Secondo altri, il testo può
considerarsi così com'è, a condizione che si attribuiscano al verbo ìMJ i due accusativi (l'iniziale c•tç~~:;t-ntt «gli uomini» e ',~.p :;t «vitello») e purché gli si dia il senso di «trasformare una cosa in un'altra».
Nel secondo segmento (vv. 17-21), introdotto dalla formula del messaggero, si ha l'annuncio del giudizio, fortemente ironico perché il tecnicismo «manomissione di schiavi» (d'ror, v. 17) è usato in un'accezione completamente differente: non si va infatti incontro a un affidamento per la libertà, bensì per la morte, eseguita dagli agenti nominati nella triade della tribolazione (la spada, la pestilenza, la fame). Così, a coloro che hanno trasgredito l'impegno assunto nel tempio è comminata la medesima pena riservata a chi viola l'alleanza. Nei vv. 18-19 il giudizio è ulteriormente sviluppato con immagini concrete, riconducibili ali' antico rito di stipulazione dell'alleanza. Ora ci si rivolge ai destinatari con la terza persona plurale. Ne è annunciata la sorte, giocando questa volta sul termine «tagliare» (kiirat), che indica sia
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GEREMIA 34,20
Quanto a voi, oggi siete tornati (indietro) e avete fatto ciò che è giusto ai miei occhi, proclamando una manomissione (di schiavi), ciascuno del suo prossimo; avete stipulato un'alleanza davanti a me, nel tempio, sopra il quale è invocato il mio nome. 16Ma poi vi siete tirati indietro, avete profanato il mio nome e ciascuno si è ripreso il suo schiavo e ciascuno la sua schiava, che avevate mandato via liberi, secondo il loro desiderio; li avete obbligati a essere ancora vostri schiavi e schiave. 17Perciò così ha detto YHWH: Voi non avete ascoltato il mio comando di proclamare una manomissione (di schiavi), ciascuno del suo fratello e ciascuno del suo prossimo: ecco, io sto proclamando il vostro affrancamento- oracolo di YHWH: (siete liberi) per la spada, la pestilenza e la fame; vi renderò un orrore per tutti i regni della terra. 18Renderò gli uomini che hanno violato la mia alleanza - non mettendo in pratica le parole dell'alleanza che hanno stipulato in mia presenza - (come) il vitello che hanno tagliato in due, passando poi tra le sue parti. 19Quanto ai capi di Giuda e ai capi di Gerusalemme, agli alti funzionari, ai sacerdoti e a tutto il popolo del paese che sono passati tra le parti del vitello, 20io li consegnerò in potere dei loro nemici e di coloro che cercano di ucciderli; i loro cadaveri diventeranno cibo per gli uccelli del cielo e le bestie della terra. 15
Tra le sue parti- Il sostantivo 1'1~9 è della stessa radice del verbo il'l:l, usato in Gen 15,10 per indicare la divisione dell'animale in due metà. 34,20 Coloro che cercano di ucciderli
(C~~~ '~i?:;'? i~~)-
Nella Settanta questa frase manca per aplografia. Alcuni autori, però, ritengono che sia aggiunta al Testo Masoretico, come in 19,9. Per il significato del sintagma ID~~ + (l'llot +) rDp:l, cfr. nota a Il ,21.
la stipulazione dell'alleanza (vv. 8.13.18) sia l'azione del dividere in due l'animale nella cerimonia corrispondente (v. 18). Essa prevedeva, secondo l 'antico uso attestato in Geo 15,7-21, ma anche in documenti extrabiblici, che i contraenti passassero fra le parti dell'animale, poste-l'una di fronte all'altra, come per attirarsi l'auto-maledizione in caso di mancata corresponsione degli impegni reciproci. Sono destinatari di quest'annuncio di giudizio, espresso in termini inappellabili, tutti coloro checompresi Zidqiyya e gli uomini di corte (v. 21)- riappropriandosi degli schiavi, sono venuti meno all'impegno assunto nel momento in cui passarono tra le due parti del vitello (v. 18). A costoro è annunciato, conformemente a 34,4-5, che saranno consegnati nelle mani dei nemici e che i loro cadaveri saranno oggetto di disonore (v. 20).
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GEREMIA 34,21
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35,1 Al tempo di Yoyaqim (c•p:ii'T~ '~'::;!) - La vicenda dei Rekabiti è avvenuta una decina di anni prima dell'episodio narrato nel capitolo precedente. L'indicazione cronològica «nei giorni di», già incontrata per Yoshiyya in 3,6, è generica. 35,2 Famiglia - Il termine n:~ (altrove: «casa}}) deve intendersi nell'accezione di «famiglia}> o di «casa paterna». Rekabiti (C'~'1;;T) - Del modo di vivere dei
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Rekabiti si offre una descrizione nei versetti successivi. Se si ritiene che Yonadab ne sia il fondatore (cfr. nota al v. 6),1a loro origine è ambientabile nel Nord, sotto il re Yehu, con il quale condivise la lotta contro il ba'alismo (2Re 10,1527). Secondo 1Cr2,55 sonounclankenita(Gdc 4, 11.17), risalgono ai tempi mosaici, abitano nel Sud di Giuda e nella pianura di Izre'el. Non si sa con esattezza se fossero artigiani itineranti o profeti alla maniera di Elia. Sono attestati
Il v. 21 contestualizza la revoca dell'affrancamento degli schiavi nel periodo in cui Babilonia aveva momentaneamente abbandonato l'assedio della città per contrastare l'avanzata dell'esercito egiziano. Può darsi che il popolo sia ritornato sui propri passi, dopo l'allontanamento del nemico, pensando di non necessitare più dell'aiuto divino. Nel v. 22 il castigo è annunciato, non senza un pizzico di ironia, con il verbo «far ritornare)) (sub, hifil): dapprima usato per indicare la revoca della decisione, ora è espressione dell'azione di YHWH che «farà tornare» le truppe babilonesi. In tal modo, il destino di Gerusalemme è collegato alla violazione di questo particolare impegno, suggellato nel tempio, venendo meno al quale il popolo si è dimostrato infedele alla stessa alleanza del Sinay. 35,1-19 La testimonianza dei Rekabiti Le poche informazioni sui Rekabiti in nostro possesso, tutte provenienti dall'Antico Testamento (2Re l 0,15-17; lCr 2,55), lasciano intendere che si tratta
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GEREMIA 35,4
Consegnerò Zidqiyya, re di Giuda, e i suoi capi in potere dei loro nemici, di coloro che cercano di ucciderli e dell'esercito del re di Babilonia, che si è ritirato da voi. 22lo sto per dare un comando oracolo di YHWH- e li farò tornare contro questa città, combatteranno contro di essa, la prenderanno e la distruggeranno con il fuoco, e ridurrò le città di Giuda una desolazione, senza nessuno che (le) abiti». 'Questa parola fu rivolta a Geremia da YHWH al tempo di Yoyaqim, figlio di Yoshiyya, re di Giuda: 2«Va' dalla famiglia dei Rekabiti, parla con loro, conducili nel tempio di YHWH in una delle stanze e offri loro da bere vino». 3lo allora presi (con me) Yaazanya, figlio di Geremia, figlio di I;Iabazzinya, i suoi fratelli, tutti i suoi figli, tutta la famiglia dei Rekabiti. 4Li condussi nel tempio di YHWH, nella stanza dei figli di ijanan, figlio di Yigdalya, uomo di Dio, che è accanto alla stanza dei capi, sopra la stanza di Ma'aseya, figlio di Shallum, custode degli ingressi. 21
35
anche nel periodo postesilico (cfr. Ne 3,14). 35,3 Yaazanya (l"'~~!~~)- È il capo dei Rekabiti, ai quali il profeta si rivolge. 35,4 Figli di /:lana n... uomo di Dio (c•;:i',~;;t w·~ ···Hr:t ·~.~)-La locuzione c•;:i',~:;t w·~ ( P~:-ii.~JlJ?~ N7 ~1'?N"l6 V1J1 ~j:;tlTN7 n7~~ 7 :o?iV-i~ C~tJ:;t~ Or:)~ 17.~-u=llJ?D N7 bwn o'?iiN::l 'i c:l? il'il' N?l ~vtbn-N? C1:ll ~v·~nn-N? :
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37,18 Tu mi hai messo ('!}i~ C~)- Il Testo Masoretico ha il plurale «mi avete messo» (cfr. v. 15). Il singolare, presente nella Settanta e nella Vulgata, indica il re quale responsabile dell'imprigionamento (32,3); cosa, quest'ultima, più probabile, perché si passa alla seconda
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plurale solo a iniziare dal versetto successivo. 37,20 Giunga dunque la mia supplica davanti a te ('9"~~7 'J:'l~r:tl! ~r'='~) -Alla lettera: «la mia supplica cada davanti alla tua faccia» (cfr. la stessa espressione in 42,2). Il termine iT~n~ indica un 'implorazione di pietà (dal verbo pn,
5). Il re sembra credergli. I vv. 18-20 riguardano invece la sorte del profeta: nel v. 18 solo Zidqiyya è ritenuto responsabile della detenzione di Geremia, il che contraddice 3 7, 15, in cui l'imprigionamento è opera dei capi. Il brano si conclude con il trasferimento di Geremia, per ordine di Zidqiyya (v. 21), nell'atrio del posto di guardia, all'interno della struttura patatina (32,2; Ne 3,25): luogo, questo, più confortevole, anche perché garantiva una specie di «libertà vigilata» (32, 1-15; 38,1-3). Mentre il profeta si trovava in questo stato di semi-detenzione, andrà a trovarlo I:;Ianamel, suo cugino. 38,1-28a Secondo arresto di Geremia e consulto di Zidqiyya Se è innegabile che tra questo racconto e il precedente vi siano delle analogie, è pur vero che sono presenti anche delle sostanziali differenze, alla luce delle quali non può trattarsi di due versioni dello stesso episodio. Entrambi presuppongono che i Babilonesi abbiano sospeso temporaneamente l'assedio (cfr. 37,7-8.11) e che Geremia possa circolare liberamente dentro e fuori le mura di Gerusalemme (37,4; 38,1). Anche questa volta egli viene dapprima imprigio-
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GEREMIA 38,2
18Poi
Geremia disse al re Zidqiyya: «In che cosa ho peccato contro di te, i tuoi ministri, questo popolo, dato che ·tu mi hai messo, in prigione? 19Dove sono i vostri profeti che vi hanno annunciato: "Il re di Babilonia non verrà contro di voi e contro questo paese?". 200ra, per favore, ascolta, re, mio signore, giunga dunque la mia supplica davanti a te. Non rimandarmi nella casa di Yonatan, lo scriba, affinché non vi muoia». 21 Il re Zidqiyya comandò di tenere sotto custodia Geremia nell'atrio del posto di guardia, di dargli giornalmente una pagnotta, (portandogliela) dalla via dei fornai, finché nella città non fosse finito tutto il pane. Così Geremia rimase nell'atrio del posto di guardia. 1Shefatya, figlio di Mattan, con Ghedalya, figlio di Pashl).ur, Yukal, figlio di Shelemya, e Pashl).ur, figlio di Malkiyya, udì le parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo: 2«Così ha detto YHwH: Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di pestilenza, ma chi passa ai Caldei vivrà, avrà la vita come bottino e vivrà.
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«dimostrare benevolenza»», «implorare clemenza»») rivolta per lo più a Dio ma anche, come in questo caso, agli uomini (38,26; 42,2). Cfr. Sal6,10; 55,2; 119,120. 37,21 Pagnotta (cry~-,~:;,)- Alla lettera: disco di pane, anche oggi comune in Palestina.
È simbolo di povertà (1Sam 2,36; Pr 6,26). 38,2 Chi rimane ... e vivrà ('çq ... ::JI/i'tr)Per la Biblia Hebraica Stuttgartensia il v. 2 sarebbe un'inserzione proveniente da 21,9. Cfr. le espressioni ricorrenti altrove, p. es., 14, 12; 38,2.
nato dai capi e poi, per intervento di Ebed-Melek, mantenuto in libertà vigilata nell'atrio del posto di guardia (38,13). Tuttavia, rispetto a 37,15 e 38,6, solo in 38,4 essi chiedono al re la sua condanna a morte. In entrambi i capitoli, infine, il re interviene positivamente nei suoi confronti (37,15-16.21; 38,6.10.13). Il racconto può dividersi in tre scene: vv. 1-6 (imprigionamento di Geremia); vv. 7-13 (liberazione del profeta); vv. 14-28a (consulto di Zidqiyya). Ogni scena, costruita in forma di dialogo, è introdotta da una nota di inquadramento e si conclude con un'annotazione finalizzata a puntualizzare particolari utili per la comprensione di ciò che segue. La prima scena (38,1-6) si apre con la menzione di coloro che, avendo udito la parola del profeta, lo accuseranno davanti al re (v. 4). Di questi quattro personaggi due sono menzionati per la prima volta: Shefatya e Ghedalya, mentre dei restanti si era già parlato precedentemente (21,1; 37,3). Nei vv. 2-3 seguono due oracoli: il primo, formulato in modo condizionale, prospetta la morte per chi rimanga a Gerusalemme e la vita per chi si consegni ai Babilonesi (v. 2);
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GEREMIA 38,3
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38,4 Scoraggia ('T-n~ ~&:!17?) - Il sintagma il:l, pie/ («infiacchire>>) + c:1: («mani») è una frase idiomatica, equivalente a «Scoraggiare», «abbassare il morale di (qualcuno)»; in sostanza, rendere inefficace l'opera dei difensori. Ricorre soltanto un'altra volta, in Esd4,4. 38,5 Perché non c 'è nulla che il re può (fare) contro di voi (,~'1 C~!)~ ';,~,, 1~~l'J nc-•:!l) -Per il Testo Masoretico la frase fa parte
del discorso che il re rivolge ai capi; per la Settanta, invece, è il narratore che, con queste parole, esprime una valutazione del fatto: «perché il re non era capace di (fare nulla) contro di loro (rrpòç 1drrouç)». 38,6 Cisterna (,ì:il)- Non è da confondere con la cavità situata nella casa di Yonatan (37,16), perché è detta «cisterna di Malkiyya» e si trova neli' atrio del posto di guardia. In 38,26, tuttavia, il narratore è incorso in questa confusione.
il secondo (v. 3), invece, annuncia, sulla falsariga di 2Re 18,30b (minaccia di Sanberib nel 701 a.C.), la fine ineluttabile della città senza condizione, come si registra in altri oracoli (21,10; 32,3.28; 34,2.22; 37,8; 38,18.23). I capi, per avvalorare l'accusa, interpretano questo secondo oracolo in un duplice senso (v. 4): dapprima, come tentativo di scoraggiare i soldati che, nella tregua seguita al ritiro dell'esercito babilonese, si erano trincerati all'interno delle mura; in secondo luogo, nel senso che il profeta, invece di pensare alla salvezza della città, ne annunciava la fine. L'accusa dunque non è soltanto di disfattismo o di collaborazionismo con il nemico, ma anche di non interessarsi al benessere della nazione, imputazione di cui, peraltro, Geremia veniva tacciato dai falsi profeti, suoi avversari. I ruoli si invertono: la falsa profezia sembra prevalere su quella vera. Ancora una volta, si constata quanto peso in questa querelle esercitasse l'interpretazione di ciò che si doveva intendere per «pace» o «benessere» (siilom) della nazione. Il v. 5 mostra
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GEREMIA 38,7
Così ha detto YHWH: Questa città sarà certamente data in potere dell'esercito del re di Babilonia che la conquisterà». 41 capi allora dissero al re: «Sia messo a morte quest'uomo, perché scoraggia i guerrieri rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo, rivolgendo loro parole come queste. Quest'uomo non cerca il benessere di questo popolo, ma la sventura». 511 re Zidqiyya rispose: «Lui è nelle vostre mani, perché non c'è nulla che il re può (fare) contro di voi». 6Essi presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malkiyya, figlio del re, che si trovava nell'atrio del posto di guardia. Calarono Geremia con le corde. Nella cisterna non c'era acqua, ma solo fango. Geremia sprofondò nel fango. 7Ebed-Melek, il Kushita, un funzionario di corte, venne a sapere, mentre era nella reggia, che avevano gettato Geremia nella cisterna; il re sedeva nella porta di Beniamino. 3
Figlio del re (1~1?::q~)- Non significa che Malkiyya fosse discendente di Zidqiyya, ma piuttosto che apparteneva alla famiglia regale (lo stesso vale per Yeral)meel; cfr. nota a36,26). 38,7 Il Kushita - L'epiteto 'fl!UliJ ricorre tredici volte nell'AT con o senza articolo e va inteso come nome gentilizio. Nella Bibbia W1:l indica una regione che la Settanta e la Vulgata identificano con l'Etiopia. In realtà, però, connota
un territorio, a sud dell'Egitto, comprensivo della Nubi a e del!' Abissinia. Un fonzionario di corte (0'")9) - Cfr. nota a29,2. Nella porta di Beniamino (1~:~~ ,~~f) Si dice che il re sedesse presso la porta di Beniamino (cfr. 37, l3), perché si vuole presentare la supplica di Ebed-Melek come un ricorso giuridico (v. 8). Il re, infatti, dirimeva le controversie e pronunciava le sentenze presso la porta della città.
un re completamente in balia dei capi e disposto ad accettarne la lettura dei fatti, sebbene propria della falsa profezia. Questi, dopo che il re aveva consegnato il profeta nelle loro mani, non eseguono subito la condanna a morte, ma lo calano nella cisterna di Malkiyya, nell'atrio del posto di guardia. Tuttavia, l'annotazione conclusiva del redattore evidenzia che Geremia sarebbe sicuramente morto nel luogo in cui era stato posto, se qualcuno non fosse intervenuto per salvarlo (v. 6), ragion per cui si vede in quella decisione una vera e propria condanna a morte. La seconda scena (38, 7-13) è costruita sul modello di quella precedente, ma l'esito è la liberazione del profeta. A intervenire è ora Ebed-Melek, Kushita, quindi uno straniero, il quale incontra il re presso la porta di Beniamino e gli espone l'operato dei capi («quegli uomini)), v. 9), esprimendogli il timore che il profeta sarebbe morto di fame nella cisterna (vv. 7-9). In realtà, nella logica dei fatti, questo elemento è irrilevante, perché Geremia, se fosse rimasto ancora nella cisterna,
430
GEREMIA 38,8
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via, come fu ipotizzato da Isaia da Trani (XIII sec.), il narratore parla di trenta uomini, probabilmente per veicolare l'idea di una linea dura contro gli «uomini del re», tenaci nel volere la morte del profeta. 38,11 Nel luogo sotto la stanza del tesoro - Traduciamo in questo modo la difficile espressione ,~iN;:r notl-',tt· La Biblia Hebraica Stuttgartensia propone di emendare
nljl;1 con nol:177? («guardaroba», «armadio»; cfr. 2Re l 0,22). 38,14 Al terzo ingresso (•tç•',t.\l::r Ni~:r',tt) - Il luogo è menzionato solo questa volta e non è identificabile. Tz domando una cosa (,~1 iJ;lk 'l~ ',~w) - Alla lettera bisognerebbe tradurre con «ti domando una parola», come in 37,17, dove il termine ,~1 rimanda alla comunicazione divina.
intervento inaspettato e risolutore non è l'unico del libro: anche in altri momenti, in situazioni difficili determinate dali' opposizione del re o dei capi o del popolo, compare qualcuno che, andando contro corrente, si spende per salvare il nostro profeta (cfr. 26, 16.24; 36, 19). I vv. 11-13 presentano nei dettagli la strategia messa in atto da Ebed-Melek per trarre Geremia fuori dal fango: gli cala degli stracci usati e delle stoffe logore, che, posti tra le corde e le ascelle, serviranno a rendere meno traumatica l'operazione di salvataggio. Non sfugge il contrasto tra lui e gli uomini che nella scena precedente avevano calato Geremia nella cisterna, in modo che andasse incontro lentamente alla morte (v. 6). La terza scena (38, 14-28a) inizia con Zidqiyya che fa condurre il profeta «al terzo ingresso della casa di Y HWH» per parlargli (v. 14a). Si tratta di un lungo dialogo: nei vv. 14b-l6 si deduce che il re era interessato a sapere che cosa Geremia pensasse su quanto stava accadendo alla città e su quale fosse il comportamento da tenere. Inoltre
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GEREMIA 38,15
~~1'~f,J'QT;l n9.0 Ni7tJ ~7 1'~~ '~ ~i1~i?1~-~~ ~i1!ttl: 1~N~1 15 1.1)9,~ ~i1:ttl:-~~ ~i1.;~i?1~ 1?~iJ >'~~~1 16 :'~~ V~V?D N7 ~~t}'~ W~}..iJ-n~ u?-i1lp1;' [;W~ / ,u;N nN ] ;W~ nN i1li17-'1J 1f?N7. o'Wi?~tt 1w~ i17,~o o'lJ.>~~o 1~:jt ~1~~-o~1 'Tfl)'Q~-o~ hNtiJ
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38,15 Ti consiglierò ('9:.;.V'~) - È usato il verbo f.!1' (qal), a cui corrisponde il sostantivo :"!~~, «consiglio». In 18, 18 il consiglio è collegato con i sapienti, ma non si può dire che in origine fosse una loro prerogativa. Comunque sia, nel nostro versetto indica la parola profetica. 38,17 Agli ufficiali- L'ebraico C'!~ («ca-
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>. 13 Essi, allora - Nabuzaradan il Rab-Tabbabim, Nebushaz-Ban il Rab-Saris, Nergal-Sarezer il Rab-Mag, e tutti i nobili del re di Babilonia6A
39,9 Nabuzaradan, il Rab-Tabba/:lim (c·~-~'1 nnn~) -ANabuzaradan («Nabu ha dato una discendenza») viene qui attribuito il titolo di Rab-Tabbal}im («capo dei macellai}}, «capo cuocO>}), simile a quello dato a Potifar (l:l'r:'l~tr ,lp, «capo dispensiere)), Gen 37,36; 39, l). In seguito il termine perse questo significato originario e finì per designare il capo delle guardie del corpo (2Re 25,8; Ger 40, 1.5). 39,10 Da coltivare - Adottiamo questa
traduzione per il Testo Masoretico: l:l':;l~'1, «camph> (cfr. 52, 16). Il Targum e la Peshitta hanno «campi}}, mentre altre versioni preferiscono «cisterne>}, leggendo I:I':;IJ. (come alcuni manoscritti della Settanta, Teodozione e Vulgata). 39,13 Nabuzaradan il Rab-Tabba}Jim (c•nf~-~'1 11~l!~~~)- La menzione di Nabuzaradan è un'aggiunta proveniente dal v. Il, visto che non è elencato nel v. 3.
21,14; 22,7). Il v. 9 concerne la deportazione della popolazione a Babilonia (senza dire quanti fossero, diversamente da 52,29, secondo cui i deportati ammontarono a ottocentotrentadue persone) da parte di Nabuzaradan, qui menzionato per nome per la prima volta, mentre nel racconto parallelo di 52,12 viene introdotto con l'annotazione cronologica del suo arrivo nel quinto mese, un arco temporale non contemplato tra gli estremi dei vv. 1-2. Infine, il v. l O informa che egli lasciò nel paese la popolazione indigente, perché coltivasse la terra, conformemente alla consueta prassi babilonese verso le nazioni conquistate. Nei vv. 11-14 si ha il racconto della liberazione di Geremia, dovuta all'interessamento di Nebukadnezzar, il quale ordina a Nabuzaradan di prendersene cura. Questi gira la disposizione regale ad altri due ufficiali, a Nebusaz-Ban e a Nergal-Sarezer, il secondo dei quali è già stato menzionato nel v. 3. Non è specifi-
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GEREMIA39,14
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39,14 Ghedalya, figlio di Abiqam, figlio di Shafan (1~~-1~ CR'nl!n~ ,i'T:71r':l~) - Per la prima volta entra in scena Ghedalya, da non confondere con l'ominimo figlio di PashQ.ur, menzionato soltanto in 38,1. Come dimostra il doppio patronimico, Ghedalya appartiene alla ben conosciuta famiglia di Shafan, amica di Geremia e di Yoshiyya, già menzionata in 2Re 22,3-14, per aver patrocinato la riforma religiosa.
Sembra che la sua famiglia abbia seguito una politica antigovernativa, favorevole ai Babilonesi e antagonista degli Egiziani fin dal tempo di Yoyaqim. Da un'impronta di sigillo, scoperto a Tell Duweir nel 1935 e studiato da R. De Vaux, abbiamo appreso che Ghedalya, sotto Zidqiyya, era conosciuto con il titolo di «(colui) che (è) sulla casa». Forse, quando fu scelto come governatore dei Giudei rimasti in patria (40,5), si
cato per quale motivo il re si interessi personalmente del nostro profeta; è tuttavia ragionevole pensare che lo faccia perché messo al corrente del suo orientamento politico e di come avesse esortato il popolo alla resa. Geremia viene affidato a Ghedalya (v. 14). Annuncio di salvezza a Ebed-Melek (39,15-18). Gli autori si chiedono se la collocazione più adatta per l'annuncio di salvezza a Ebed-Melek, pronunciato dal profeta quando si trovava nell'atrio del posto di guardia (v. 15), non sia dopo 38,13 o dopo 38,28a. Tuttavia, nel luogo in cui si trova attualmente, dopo la liberazione del profeta, evidenzia meglio la dimensione della gratitudine e della condivisione del dono della vita. Introdotto dalla formula di rivelazione, l'annuncio contiene segni evidenti della mano deuteronomista, che ha rielaborato il messaggio originario. Il brano si divide in due segmenti: nel primo Geremia riceve il comando di annunciare a Ebed-Melek la distruzione della città di cui
441
GEREMIA 39,18
mandarono a prendere Geremia dall'atrio del posto di guardia e lo affidarono a Ghedalya, figlio di Al)iqam, figlio di Shafan, per condurlo a casa. Così egli rimase in mezzo al popolo. 15A Geremia, quando era ancora trattenuto nell'atrio del posto di guardia, fu rivolta la parola di YHwH: 16 «Va' a dire a EbedMelek, il Kushita: Così ha detto Y HWH degli eserciti, Dio di Israele: lo sto per attuare le mie parole verso questa città, per il male e non per il bene. In quel giorno esse si avvereranno sotto i tuoi occhi. 17 Ma io in quel giorno ti libererò- oracolo di YHWH- non sarai consegnato agli uomini, dei quali tu hai paura. 18 Sì! Io ti salverò certamente. Non cadrai di spada, la tua vita sarà il tuo bottino, perché hai confidato in me - oracolo di 14
YHWH».
tenne conto di questo suo passato vissuto a servizio della nazione. A casa (n'~iJ-t,~)- In ebraico il termine ha l'articolo, ma non è specificato di quale casa si tratti. Forse è quella di Ghedalya a Mizpa (40,6), località scelta dal governatore come sua residenza, probabilmente perché era stata meno soggetta alle devastazioni belliche. 39,16 In quel giorno esse si avvereranno
sotto i tuoi occhi c~~i'T:j cì•:;~ "9'~.~7 ~·;;q) - Questa frase manca nella Settanta. Per alcuni l'espressione ~~i'T:j cì•:;~ («in quel giorno») è dittografia proveniente dal versetto successivo. 39,18 lo ti salverò certamente ('9cp~~~ ~~~) - Ricorre ~t,Q pie/ che significa «salvare qualcuno», «portare al sicuro qualcuno» (tra i testi più significativi, cfr. Sal 18,49; 22,9; 31,2; 71,2; 82,4).
vedrà la fine (v. 16); nel secondo gli annuncia la liberazione e la salvezza (vv. 17-18). È opportuno evidenziare due elementi: Ebed-Melek è assimilato a Geremia, tant'è vero che a entrambi YHWH assicura la protezione di fronte ai nemici (1,19; 15,20; 38,16), ma è anche volutamente posto in contrasto con Zidqiyya, quale suo antitipo. Mentre il Kushita ottiene la salvezza («non sarà consegnato agli uomini») per la fiducia avuta nei riguardi di Dio (v. 18b ), rientrando a pieno diritto sotto la benedizione concessa a coloro che non pongono la loro speranza negli uomini o nelle strutture umane (cfr., p. es., 17,7; 7,4; 5, 17), il re «sarà certamente consegnato in mano al re di Babilonia» (32,4; 34,3; 38,18), perché non ha accolto la parola profetica di arrendersi, espressione della volontà divina. In tale senso l'oracolo contiene anche una valenza polemica nei riguardi dell'istituzione monarchica, rappresentata da Zidqiyya che, sotto l'aspetto religioso, si è lasciato surclassare da uno straniero.
GEREMIA 40, l
442
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40,8 Netofatita ('!}~~~;:!) - Netofa è una località, come sembra, nei pressi di Betlemme. 40,9 Di servire i Caldei (C'"!~~;:! ,Ì:::l~~) - La Settanta legge l'infinito (,ì:J.p) come fosse un sostantivo (wv Tio:Liiw~ 1:Wv Xo:ì..6a(wv «dei servi dei Caldei»), forse condizionata dal passo parallelo di 2Re 25,24
(C'")~~D '!.~.P~). Il Testo Masoretico è supportato da Aquila e da Simmaco. 40,10 Per svolgere il mio ufficio presso i Caldei- L'ebraico C'"!~~;:! ·~.!:l', ,Q~~ (alla lettera: «per stare davanti ai Caldei») è un'espressione idiomatica, per esprimere l'essere a servizio di qualcuno (cfr. 15,19). In riferimento a Ghedalya indica il suo ruolo
menzionato per la prima volta, che da questo momento in poi giocherà un ruolo importante. Di lui si parla diffusamente nell'altro racconto (40, 13-14; 41, 1-15) in cui, presentato come discendente regale proveniente da Ammon (41 , l), gli si attribuisce il tentativo di usurpare il governo del paese. Oltre a Ismael, il v. 8 nomina anche Yol;l.anan, che ritroveremo nel v. 13, per la sua visita al re. Gli altri capi nominati figurano in questa occorrenza e in parte in 2Re 25,23: soltanto Ismael e Yol;l.anan, infatti, svolgeranno un ruolo determinante nel prosieguo del racconto. Nei vv. 9-1 Oabbiamo il rapporto di quanto Ghedalya dice ai suoi ospiti. Egli è preoccupato innanzitutto di pacificare i capi delle truppe, in modo che non contestino il regime; volendo guadagnarsi la loro fiducia, giura di far da mediatore tra le due parti. Nel v. 9b li esorta a servire i Babilonesi, servendosi del linguaggio deuteronomistico già ricorrente sulle labbra di Geremia (29,5-7). Volendo che riconoscano l'autorità costituita, si pone come loro garante: il suo servizio istituzionale, lungi dall'essere in conflitto con i loro interessi, si configura come l'unico mezzo per soddisfarne le esigenze. «Servire i Caldei» significava sottomettersi all'autorità di Ghedalya e degli altri funzionari; il che comportava anche il pagamento di tributi. In
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GEREMIA40,12
Giunsero da Ghedalya a Mizpa: Ismael, figlio di Netanya, Yol).anan e Yonatan, figli di Qareal)., Seraya, figlio di Tanl).umet, i figli di Ofay, il Netofatita, e Yezanya, figlio del Ma'akatita con i loro uomini. 9Ghedalya, figlio di Al;tiqam, figlio di Shafan, giurò loro e ai loro uomini: «Non temete di servire i Caldei, abitate nel paese, servite il re di Babilonia, è andrà (tutto) bene. 101o sto per stabilirmi a Mizpa, per svolgere il mio ufficio presso i Caldei che vengono da noi. Voi, raccogliete vino, frutta estiva, olio, e mettete(li) nei vostri depositi, abitate nelle città che avete occupato». 11 Anche tutti i Giudei che erano in Moab, tra gli Ammoniti, in Edom e in tutti gli (altri) paesi, erano venuti a sapere che il re di Babilonia aveva lasciato un resto in Giuda e che su di esso aveva preposto Ghedalya, figlio di Al;tiqam, figlio di Shafan. 12Tutti questi Giudei ritornarono da tutti i luoghi dove erano stati dispersi, giunsero nel paese di Giuda, presso Ghedalya, a Mizpa, e raccolsero in grande quantità vino e frutta estiva. 8
di governatore delle popolazioni rimaste in Giuda. Raccogliete (~Elt;l~)- Non ci si può basare su "JON per sostenere che siamo in estate, subito dopo la presa di Gerusalemme (luglio), durante la stagione della raccolta dei prodotti qui menzionati, perché questo verbo può indicare altrettanto bene l'ammassamento di pro-
dotti, la cui raccolta era avvenuta da tempo. 40,12 Tutti questi Giudei ... dove erano stati dispersi (c~-~n"1~ ... C'!~i1~iJ-',:t ~:::1~:1) Con questa frase, omessa nella Settanta, il Testo Masoretico presenta quei Giudei che avevano trovato rifugio nei paesi limitrofi, per sfuggire alla catastrofe, sotto il segno del giudizio (dispersione).
definitiva, rinviandoli nei rispettivi villaggi e ordinando loro di attendere alla raccolta dei frutti della terra e all'immagazzinamento dei prodotti, fa comprendere che il paese, pur ridotto a provincia sotto la sua guida, non perderà l'identità né tantomeno la speranza in un prospero avvenire. Il v. 10 termina con l'invito a raccogliere in grande abbondanza vino e frutta. Ciò prova che siamo dinnanzi a una interpretazione positiva del destino dei rimasti in Giuda, antitetica alla tendenza favorevole agli esiliati tipica di altri testi (24,4-7). Da tutto questo si evince come l'operato e il programma politico di Ghedalya cominciassero a produrre effetti positivi per la rinascita di Giuda, ora provincia dell'impero babilonese. I vv. 11-12 constatano che con lui stava iniziando un futuro nuovo per i rimasti nel paese. Infatti, si prende atto del ritorno dei Giudei residenti nei paesi limitrofi, dove erano emigrati per sfuggire alla minaccia del nemico. Costoro si trasferiscono nella nuova provincia e accrescono la popolazione guidata dal governatore, il «resto» (S' 'erft, v. 11) appunto. La connotazione teologica del termine serve a dimostrare che il cammino iniziato da Ghedalya poteva contare su Dio stesso, che intendeva realizzare il suo disegno di salvezza a partire da quella piccola porzione di popolo.
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GEREMIA 40,13
~i1!71rr,tt ~N# i1Jif'~ iW~ 0'7.;QiJ ''ip-Z,:t111.:_Ur1~ t~~i~1 13 1iò)J-'~.il 1?~ l 0'7,P,~ '$lrit~ltJ;Q 1'7~ ~11?N'1 14 :i1ç~~~iJ 1i1!71~ o~? 1'9~FrNZ,1 W~.l '!lt;l:;,iJ7 i1;,JJt1~ Z,NP-9~~-ntt h?~ :O~'t:l~-1~
N? i1:t7~ iON?. i1~~~~ il)$.~ ';,;nrr,tt i~~ 11~\ir1~ 1rt~i'1 15 ~~!J~1 W~~ i1f#~ i1'?~ V:J~ N? W'~1 i1!~JJt1~ Z,NP-9~~-ntt h?~1 ~;,.:?1~ i~N~1 16 :i1j~i1~ n'"J~~ i1j:;t~1 'Tf'7~ O'~fi?~iJ i1Ìm~-;f [ i11pP,o-?~ l w~m-?~ J WP.t1-r,~ 111i?-1~ 1rt~;,-;tt bi?'t:l~-p. :Z,NV-9~~-r,tt i~1 i1~~ ii?,W-'f. i1!.iJ i?.1iJ-ntt
V~~,7~rt~ i1,~JJt1~ Z,NP-9~~ Nf.. ,~.,:;l~iJ W,i)~ l '~;1141 it;~~ C'W~~ i1Ì'PP.1 17~iJ '~11 i1:t~Z,~;j V!!P :i1~~~~ ljt:J~ o~z ow ~Z,:;>N~l i1J;l~~~iJ Oi?,'t:l~-1~ ~i1~71fZ,tt 40,14 Ba 'alis (o·',~:;~}- Si ritiene che a quel tempo fosse il re degli Ammoniti. A quanto sembra, è menzionato in una bolla scoperta nel 1984, vicino ad Amman. 41,1 Nel settimo mese ("l?"~~1'J ~"'!.i"'~} - Il settimo mese corrisponde a quel-
lo di Tishri (il nostro settembre-ottobre). Di discendenza regale - In questo versetto Ismael è presentato più dettagliatamente che nelle ricorrenze precedenti (40,8 e 40,14). L'espressione i1:;:>~',1? ;:t lJ'W~ indica che apparteneva al casato davidico,
Uccisione di Ghedalya (40,13-14). I vv. 13-14 narrano della visita di Yol,tanan e dei capi delle bande armate a Ghedalya, presso Mizpa, allo scopo di inforrnarlo che Ba'alis, re di Ammon, aveva dato a Ismael il mandato di ucciderlo. Forse Amman voleva osteggiare i piani dei Babilonesi, ai quali aveva cercato di opporsi, fin dalla conferenza del594 a.C. (27,3). Yol}.anan e i capi comunicano a Ghedalya quanto si stava tramando contro di lui, che pure non vuole dare credito a nessuna diceria (v. 14). Ci sembrerebbe tuttavia eccessivo giudicare questo comportamento disobbediente nei confronti della volontà divina, alla stregua di quello di Zidqiyya. Ghedalya e Zidqiyya non stanno sullo stesso piano: mentre il re è combattuto nel suo intimo e, se non aderisce alla parola profetica, lo fa per non inimicarsi i capi, il governatore è cosciente che Dio sta dalla sua parte e ritiene controproducente usare la violenza contro gli oppositori. Proseguimento della visita di Yobanan a Ghedalya (40,15-16). Il brano di 40,7-12 prosegue nei vv. 15-16, in cui Yol,tanan svela a Ghedalya il sospetto che Ismael vuole ucciderlo; lo fa in segreto, a causa della presenza di costui tra i visitatori. Yol,tanan è animato da retta intenzione, perché gli stava a cuore il bene e la
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GEREMIA41,1
0ra Yol).anan, figlio di Qareal)., e tutti i capi delle truppe che erano in aperta campagna andarono da Ghedalya a Mizpa. 14Essi gli dissero: «Certamente saprai che Ba'alis, re degli Ammoniti, ha mandato Ismael, figlio di Netanya, a ucciderti». Ma Ghedalya, figlio di Al;tiqam, non volle credere loro. 15Allora Yol).anan, figlio di Qareal)., disse a Ghedalya in segreto, a Mizpa: «Andrò io a uccidere Ismael, figlio di Netanya; non (lo) verrà a sapere nessuno. Perché egli dovrebbe toglierti la vita così che tutti i Giudei raccolti intorno a te si disperdano e il resto di Giuda perisca?». 16Ma Ghedalya, figlio di Al).iqam, disse a Yol).anan, figlio di Qareal).: «Non fare ciò, perché è falso quello che tu dici contro lsmael». 1Allora nel settimo mese, Ismael, figlio di Netanya, figlio di Elishama, di discendenza regale, uno dei nobili, assieme a dieci uomini, venne da Ghedalya, figlio di Al).iqam, a Mizpa. Là, a Mizpa, mangiarono insieme. 13
41
non che fosse stretto parente di Zidqiyya. Uno dei nobili 111'1i?-P l~t:ti' h~~1 16 il~ i:~ 1!J~ n~~rpiJ-lQ h;~.tltlf,. ~NP.rt'P~ n~~ :l'WO ,W~ blJ;:t
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=l'l':$f. ~~f.-1?~ 1'i?.~i:l 41,16 Adulti, soldati - Nel Testo Masoretico abbiamo due gruppi C',-?~ e :-t~?r;t7~::t 'r;i~~ mentre nella Settanta uno solo liuvaToÙç &vlipaç Év iTOMf.1.4J («uomini forti in battaglia», così anche la Vulgata). Il primo termine C'")~~ può significare «prodi»,
«uomini forti», «guerrieri» o semplicemente «uomini», «adulti» (è termine correlato a «donne» in 43,6; 44,20), mentre l'espressione :-t~?r;t7~::t 'f!i~l5 (alla lettera: «gli uomini di battaglia») indica i guerrieri o i soldati in generale.
bloccarlo presso la grande piscina di Ghib'on (2Sam 2, 12-17). Nei vv. 13-14 il seguito è presentato come se ci fosse stato uno scontro tra i due gruppi: quello guidato da Yobanan e quello comandato da Ismael. Vi si precisa, inoltre, che coloro che erano stati portati via con violenza da quest'ultimo passarono dalla parte di Yobanan, accettandolo come loro capo. Infine, il v. 15, di carattere conclusivo, annota che Ismael con otto uomini riesce a sfuggire agli inseguitori, e a rifugiarsi in Ammon, da dove era venuto (40,14) e verso dove era diretto (41, l 0). 41,16-43,7 La fuga in Egitto Il racconto della fuga in Egitto si può dividere in tre segmenti: introduzione (41,16-18), corpo (42,1-43,4), conclusione (43,5-7). La figura centrale è di nuovo Geremia, a cui il gruppo di Yobanan si rivolge per sapere cosa sia meglio fare. In tal modo, dopo aver collegato la nuova fase a quella precedente (41,16-
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GEREMIA41,18
Appena tutto il popolo che era con Ismael vide Yol;tanan, figlio di Qareal;t, con tutti i capi delle truppe che erano con lui, si rallegrò. 14Tutto il popolo che Ismael aveva condotto prigioniero da Mizpa si girò, ritornò indietro e si unì a Yol;tanan, figlio di Qareal;t. 15 Ma Ismael figlio di Netanya, con otto uomini, riuscì a scampare a Yol;tanan e andò dagli Ammoniti. 16Yol;tanan, figlio di Qareal;t, con tutti i capi delle truppe che erano con lui, prese tutto il resto del popolo che Ismael, figlio di Netanya, aveva portato via da Mizpa, dopo che aveva ucciso Ghedalya, figlio di Al;tiqam - adulti, soldati, donne, bambini ed eunuchi- e (lo) portò via da Ghib'on. 17Essi partirono e fecero tappa a Gherut-Kimham, presso Betlemme, per poi proseguire ed entrare in Egitto, 18per (mettersi al·riparo dai) Caldei. Avevano paura di loro, perché Ismael, figlio di Netanya, aveva ucciso Ghedalya, figlio di Al;tiqam, che il re di Babilonia aveva preposto a capo del paese. 13
41,17 Gherut-Kimham (c:;r~~ m,J_f.)Sembra preferibile interpretare il termine c :;r ~ ~ con il qerè e alcuni manoscritti; il ketìb cryìc~ («come loro») non è intelligibile nel contesto. Il termine m,~_ forse significa caravanserraglio, luogo
di transito. Cosi lo hanno inteso le versioni Peshitta, Simmaco e Vulgata: «all'accampamento di Kimham». Kimham è anche il nome del figlio di Barzellai, menzionato nel passaggio di 2Sam 19,38-39.
17), il compositore riprende il filo interrotto in 37,3-39,14 e punta di nuovo il riflettore sul profeta. Anche la composizione di questo racconto mostra chiari interventi deuteronomistici, tra i quali il più evidente è 42, l 0-18, considerato inserimento secondario, perché originariamente il testo, dopo il v. 7 di transizione, proseguiva nel v. 19a, in cui il profeta ordina lapidariamente al popolo di non andare in Egitto. Partenza per l'Egitto (41, 16-18). Questi versetti rappresentano la conclusione di quanto precede e l'introduzione a quanto segue. Yobanan e i capi militari, ritenendo che sarebbero stati accusati dell'uccisione di Ghedalya (40,13-41,3), temevano, da parte dei Babilonesi, una ritorsione, che non si fece attendere (52,30); per sfuggirla, presero in considerazione l'opportunità di chiedere asilo politico all'Egitto, da sempre terra di rifugio per gli Ebrei e unica nazione non soggetta a Babilonia.
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GEREMIA42,1
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Ot];:J-?:t1
42
,P-f 'if"ti'~ i1)!i;-?~ h1P.~ ?!?.~1;101 'if"~~? bò~TJJ;l Nr?~T:I ni~1 'if"a"+-' iW~~ i1$..1iJ9. b~7? u1~1P~-"f. nN!iJ n"'J~~;:t-?f i~1t~-n~1 n;r1?~. iW~ 11'!t~-n~ 'Tf"O'~ i1)!i; b?-,~~1 3 :UJJN ?~sno "lli1 "rllJÒW N":J.3i1 ~i1"0i" oft.,?N iON.14 :i1f»lJl iWN -sb::mN i11i1" i1llJ"-iWN ;:~.·:m-?:;:, i1~i11 O:J"i:J.1:;) O:J"ii?N i11i1"-?N h1i1" "i1" ~;,ioi"-?N ~iON heiÌ15 :i:J.1 o:;:,o VloN-N? o:,? 1"lN 'if"D'~ i11Ji; ~n7'P~ i~~ i:t1i:i-?:tf. N?-o~ n~~~1 n~~ 1p7 ,~~ i~~ U"fi?~ i1)!i; 1 ?ii?f v;-o~1 :~.;ç-o~ 6 :i1V?P.~ T?. u"7.~ "?. u?-:~.~.,~ iW~ 1~~? VP.'P~ ,.,~~ ![J;lk O"IJ7W [ m~j~ l u~ ] :U"O?~ i1),!i; ?ii?f V~lP~ ì~t:t;~-?~ Nii?~l 8 :~i1!1?1~-?~ i1J!i;-i~1 ";;J;1 O"P.: n1WP.l'iP..Q "D;f 'llu-
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, «traviare>>, «sedurre>>, «ingannare», seguito, invece che dall'oggetto, dalla preposizione
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(in termini tecnici si parla di ~ pretii, «a costo di», cfr. 17,21 ), in linea con la Vulgata: decepistis animas vestras, «avete ingannato le vostre (stesse) anime>>.
in Egitto. In 24,9 la maledizione nei confronti di questi ultimi è espressa con le medesime parole del v. 18. I vv. 19-22 riguardano la disobbedienza alla parola divina, consistente nella decisione dei capi di scendere in Egitto, e sottolineano il contrasto con quanto era stato giurato. Risultano lampanti, da una parte, la pervicacia nel disobbedire alla parola di Dio, nonostante gli avvertimenti e i chiarimenti del profeta, dall'altra, di conseguenza, l'inevitabilità del giudizio.
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GEREMIA 43,1
o~1p~~v-;:t1
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b~;J;~
43,2 Azarya, figlio di Hosha ya - Cfr. nota a 42,1. Quegli uomini insolenti dissero
(C'!t.?k C'"H.::r c·~~~iJ) - L'aggettivo C'it_::r («insolenti»), omesso nella Settanta, è da alcuni considerato non origina-
In 43,1-4 è descritta la reazione dei capi delle bande annate, di cui sono menzionati, secondo l'ordine, Azaria, figlio di Osea, e Yobanan, figlio di Qareab, e «quegli uomini insolenti», i quali accusano Geremia di dire il falso (séqer) e di non aver ricevuto alcun mandato divino, negandogli il ruolo di vero profeta (23,14; 27,10.14.16; 28,15; 29,23.31). Tale accusa lo colpisce nell'intimo: egli viene considerato alla stregua di coloro con i quali in più occasioni egli stesso aveva polemizzato perché falsi profeti e manipolatori della parola di Dio. Privato di ogni autorevolezza, Geremia è giudicato un impostore, in forte contrasto con la consapevolezza della vocazione che ha sempre avvertito e che lo ha sostenuto nei momenti drammatici, come, per esempio, durante il processo indetto in seguito al discorso del tempio (26,12-15). I capi rimproverano anche al profeta di lasciarsi influenzare da Baruk, suo segretario e amico (v. 3), offrendo lo spunto per qualche interessante riflessione. Baruk doveva far parte del gruppo e per questo insieme a Geremia, finirà con il seguire i fuggiaschi in Egitto; inoltre, sembra godere di un certo ascendente sul profeta, anche in rapporto all'atteggiamento nei confronti dei Babilonesi. A tal proposito, non si può affatto escludere che abbia giocato un ruolo di primo piano all'interno del movimento filo-babilonese, sostenuto, come abbiamo detto, anche dai membri della famiglia Shafan (cfr. 36,12.25). Ci sembra però eccessivo dare credito all'accusa dei capi, pensando che il profeta ne sia stato addirittura succube, soprattutto alla luce dell'autorevolezza e della consapevolezza con cui Geremia ha sempre manifestato le proprie idee. Possiamo ritenere che all'interno del gruppo non tutti la pensassero allo stesso modo sull'opportunità di lasciare il paese e sull'at-
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43
GEREMIA 43,5
Geremia terminò di proclamare a tutto il popolo tutte le parole di YHWH, loro Dio, quelle che YHwH, loro Dio, aveva destinato a loro, 2Azarya, figlio di Hosha'ya, e Yol).anan, figlio di Qareal)., e tutti quegli uomini insolenti dissero a Geremia: «È falso quello che tu dici. YHWH, nostro Dio, non ti ha mandato a dire: "Non andrete a risiedere in Egitto". 3Ma Baruk, figlio di Neriyya, ti incita contro di noi per consegnarci in mano ai Caldei, per farci morire e per deportarci a Babilonia». 4Yol).anan, figlio di Qareal)., con tutti i capi delle truppe e con tutto il popolo, non obbedì ali' ordine di YHWH di abitare nel paese di Giuda. 5Yol).anan, figlio di Qareal)., con tutti i capi delle truppe, raccolse tutto il resto di Giuda che era ritornato da tutte le nazioni, dove era stato disperso, per risiedere nel paese di Giuda: · 1Quando
rio. La versione CEI traduce con «quegli uomini superbi e ribelli», seguendo il suggerimento della Biblia H ebraica
Stuttgartensia di emendare il participio c•,~tt («che dicevano») con c•"fiO;:t («ribelli»).
teggiamento filo-babilonese. Il gruppo capeggiato da YoQ.anan, forse maggioritario, avrebbe voluto avvalersi dell'opinione favorevole di Geremia per imporla come volontà divina e mettere a tacere ogni conflitto al riguardo. Ma, dal momento che Geremia aveva espresso un parere negativo, accusano Baruk come istigatore per porre la parola profetica al livello di qualsiasi altra parola. Il v. 4 stigmatizza la reazione del gruppo di YoQ.anan, giudicandola disobbedienza rispetto alla voce di YHWH. Il racconto mira così a evidenziare l'atteggiamento negativo del gruppo di YoQ.anan, assimilandolo a Zidqiyya e ai capi, che non diedero ascolto alla parola profetica e perciò andarono incontro alla rovina. Decisione dei capi (43,5-7). La scena descrive la partenza del gruppo, di cui fanno parte sia i Giudei che Ghedalya aveva preso con sé a Ghib'on (41,16), sia quelli che provenivano dai paesi limitrofi e che passarono con lui a Mizpa (40,1112); ci sono anche Geremia e Baruk, per quanto non venga precisato se seguirono liberamente, o dietro costrizione, i loro compatrioti. In ogni caso, il profeta è combattuto tra due motivazioni: da una parte non tradire la fiducia che Nebukadnezzar gli aveva concesso; dall'altra, essere solidale con il popolo, in mezzo al quale avrebbe continuato ad annunciare la parola di Dio: sarà apparso certamente un ingrato verso i Babilonesi, che gli avevano offerto protezione e successo! L'espressione «resto del popolo», usata per indicare tutti i componenti del gruppo (v. 5), non ha significato teologico, né va intesa in senso totalizzante, come se indicasse tutto Giuda e, conseguentemente, lo spopolamento del paese. Infatti in 41,16 la medesima espressione era associata ai prigionieri di Ismael, poi passati con Yobanan. In 43,5-6, invece, è
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GEREMIA 43,6
n~1·~7~iJ ni~:rntt1 N~lPiJ-ntt1
O"W?D-ntt1 O"ì:;t~;:i-n~ 6
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. Bet Shemesh- L'ebraico ~'?W n·~ signifi-
possibilità di scampare alla distruzione. Il v. 12a rimanda ad Am l, 14, che è parte di un oracolo contro Ammon: il re babilonese incendierà i templi degli dei e ne deporterà le statue; prassi, quest'ultima, ben attestata nell'antichità (cfr. 48,7; ls 46,2). La metafora del pastore che si avvolge nella sua veste indica la rapidità e la facilità con le quali Nebukadnezzarprenderà possesso dell'Egitto (v. 12b). Nel v. 13 è annunciata la distruzione della stele di Bet Shemesh (Eliopolis), centro del culto del dio Sole. Non c'è nulla, né nell'Antico Testamento né altrove, che si possa portare a sostegno del compimento di questo annuncio. Da un frammento di iscrizione sappiamo che il re babilonese compì una campagna in Egitto nel trentasettesimo anno del suo regno, corrispondente al568-567 a.C. (cfr. Ez 29,1720), ma senza ottenere la sottomissione del paese. Concludendo, si può dire che alla base di tale annuncio c'è la polemica contro i nuovi arrivati, accusati di aver disobbedito alla voce di Dio. 44,1-30 L 'ultimo discorso di Geremia Il capitolo 44 è un lungo discorso che Geremia rivolge a coloro che si sono stabiliti in Egitto, al suo tempo e nelle epoche passate. Tradizionalmente, come i capitoli precedenti, è attribuito a Baruk, ma si evince che è stato rielaborato in senso deuteronomistico in una fase più tarda, come anche altri brani. Quanto al contenuto, verte sulla tematica del culto delle altre divinità e sulle conseguenze cui si va incontro se si rimane ancorati alle pratiche idolatriche. Tale messaggio,
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GEREMIA44,1
appiccherò il fuoco ai templi degli dei di Egitto: egli li brucerà e li deporterà; si avvolgerà del paese di Egitto come il pastore si avvolge nella sua veste. Poi uscirà di là in pace. 13 Frantumerà le stele di Bet Shemesh, che è nel paese d'Egitto, e distruggerà con il fuoco i templi degli dei d'Egitto». 1Questa parola fu rivolta a Geremia per tutti i Giudei che abitavano nel paese di Egitto, che abitavano a Migdol, a Tal;l.panl;les, a Nof e nel territorio di Patros. 12Io
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ca «casa del Sole)), Si tratta naturalmente non della città della Shefela, chiamata con il medesimo nome, ma di Eliopolis («città del SolM), dove c'era il tempio al dio Sole Ra. Rinomato centro spirituale, Eliopolis fu definita «contrada della culla di tutti gli dei)). È identificata con Tell el-Hisn Matariyah, a 8 km dal Cairo in direzione nord-est. 44,1 Migdol- L'ebraico ";,y~ significa ''N nt;WN14 ~t)i1-N;, ~vow N;,s :'nNlù.' 11VN nNtil il:Jl't-lil-1:1'1 nN·r• ~ibvn r:-: -:1Pf:l16 :0'11J~ 0'iJ'N7. 19-i? '!)7~7 on~~ :J~o/7 O~T~-n~ il::J.1n? ill"ilr-t' ot;W~1' ni~n:J~ il-Tm' '11':::1. 1v:Jn' '!lN' 'non :iltil Oi!l.::l il001Z}t; OlÌN hoC, t;N1Ù1' ';it;N niN:J~ 'fit;N ;,,;,., 10N-il~ ilfll'V i1WN1-W'N o:>t; n'Ì:>ilt; o:JnW:ll-;N ;,;;,l ill'1 O'WV :n'1~Vi o?,7 1'l;Jiil 'P7~7 ilJ~il; 1i~Q p~i'1 ??.iv n~:;t C'io~ o'o'N7. 1WP7 o~'1; 'WP.Q:;t '~Ql:'iiJ7 8 l~~?~ 0~7 n'JiiJ l~Q? ow 1~~7 O't9 0;:)~-1W~ o~i'iQ T
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44,10 Essi non si sono mortificati- L'ebraico ~Nf"! da N~, pual («essere schiacciato») ricorre solo questa volta in Geremia e ha il significato di «essere contristato
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44,21 Quello di cui - Nel Testo Masoretico abbiamo il pronome plurale c~k («loro>>), riferito alle persone menzionate prima e di cui YHwH si ricorda. Con la maggior parte delle versioni moderne, al suo posto, leggiamo il pronome fem-
'."
Tt•:•:-
JT:
mini le i'T~k, riferito ali 'incenso. Secondo un'altra ipotesi, il pronome potrebbe omettersi e il verbo essere reso al passivo: «(l'incenso) non è stato ricordato da YHwH?» (Settanta). 44,25 Voi e le vostre donne (c~·~~~ C!)tct)-
Risposta di Geremia (44,20-23). La prima risposta di Geremia ripete sostanzialmente il contenuto dei vv. 2-3: la situazione in cui versa Giuda è causata dall'idolatria, ma non si fa riferimento al culto della Regina del cielo. Il v. 21, in forma interrogativa, fa comprendere che la vera causa del disastro sta complessivamente nella condotta idolatrica tanto della generazione attuale residente in Egitto quanto dei padri che vivevano nella madrepatria. Poiché le loro colpe hanno trasceso ogni limite di sopportazione, YHWH ha reso il paese un deserto (v. 22). Nel v. 23 si chiarisce che tale intervento non è il risultato di un nesso
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GEREMIA 44,25
20Geremia
disse a tutto il popolo, agli uomini, alle donne e alla gente che gli aveva risposto in quel modo: 21 «Non è forse l'incenso che avete bruciato nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme - voi e i vostri padri, i vostri re e i vostri capi, e il popolo del paese-· quello di cui' YHWH si è ricordato? Forse non gli è venuto in mente? 22YHWH non ha potuto più contenersi davanti alla malvagità delle vostre azioni e agli abomini che avete commesso. Perciò il vostro paese è divenuto una rovina, una desolazione e una maledizione, senza alcun abitante, come oggi (si può vedere). 23 Proprio perché avete bruciato incenso, avete peccato contro YHWH, non avete obbedito a YHWH, alla sua Legge, ai suoi decreti, non avete agito secondo le sue testimonianze, vi è toccata questa sventura, come oggi (si può vedere)». 24 Geremia disse a tutto il popolo e a tutte le donne: «Ascoltate. la parola di YHWH, (voi) tutti di Giuda, che siete nel paese di Egitto. 25 Così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: Voi e le vostre donne, l'avete proclamato con la vostra bocca e lo avete compiuto con le vostre mani! Avete detto: "Vogliamo adempiere i voti che abbiamo fatto di bruciare incenso alla ·Regina, del cielo e di versarle libagioni". Adempite allora perfettamente i vostri voti, manteneteli esattamente! Seguiamo il Testo Masoreticq, che ha due volte il pronome di seconda persona plurale maschile (nella forma indipendente e come suffisso). La maggior parte delle versioni, tra cui quella CEI, segue la Settanta: Ù~Elç yuvalKEç, «voi donne».
l vostri voti -Alla fine del versetto si ripete due volte l'espressione c~·1·q. Al posto della seconda ricorrenza alcuni manoscritti ebraici hanno il termine C~':::l9J («le vostre libagioni»), lezione seguita dalla versione CEI.
automatico esistente tra idolatria e castigo, bensì la risposta alla scelta del popolo di trasgredire i comandi divini. Anche la seconda risposta del profeta (44,24-25) è rivolta a tutto il popolo; tuttavia, la parte conclusiva del v. 25 si riferisce solo alle donne, richiamate con le forme verbali e i suffissi pronominali femminili. Non manca una certa ironia sulla loro inconsapevolezza: non si rendevano affatto conto di come il culto idolatrico, l ungi dall'arrecare benessere, fosse nocivo e letale.
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GEREMIA 44,26
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(Nm 10,33; Gdc 20,43; Is 32,18). Forse rimanda al luogo dove Baruk e Geremia si nascosero, dopo la distruzione del rotolo da parte del re (36,19.26).
45,4 Cioè tutta la terra (N'1"1 n~ir";,:rn~1) - Le ultime parole del versetto non sono riportate nella Settanta. Il ketìb orientale e molti manoscritti del Targum aggiungono •";, («a me»), così da significare: «tutta la terra mi appartiene». Il temine n~ indica il mondo, come si evince dal contesto unversale; per il Targum, invece, si tratta del paese d'Israele.
dal re, oppure alla nuova edizione, riscritta qualche tempo dopo (36,32), forse nello stesso anno. Se si accetta questa seconda possibilità, si può supporre che Geremia, dedicando ali' amico l'oracolo, abbia voluto ricompensar lo della solidarietà espressagli in quelle dolorose vicissitudini (36, 19 .26). Peraltro, ciò sarebbe appropriato al contenuto dei vv. 3.5a. Inoltre, il riferimento al capitolo 36 invita a contrapporre le figure di Yoyaqim e Baruk, rappresentative di un differente modo di agire nei riguardi della parola profetica. 45,3-5 Annuncio di salvezza L'oracolo è un complesso di lamento (v. 3), esortazione (vv. 4-5a) e consolazione (v. 5b). Si apre con la citazione delle parole di lamento pronunciate da Baruk, introdotte dali' espressione «guai a me», piuttosto ricorrente sulla bocca di Geremia(4,31; 10,19; 15,10). Il lamento fa dunque proprie parole usate dal profeta altre volte, per esprimere la sua condizione di fronte a Dio e di fronte al popolo (cfr. yiigon; 8,18; 20,18). Anche se non è detto esplicitamente, è sottinteso che Baruk, associato al profeta nella sofferenza, abbia risentito delle ritorsioni mandate a effetto dalle autorità contro Geremia, al quale era legatissimo (36,19.26; 43,3); in particolare ci si può riferire all'episodio scaturito dal discorso proclamato dal profeta nel tempio (26,7-9; cfr. 20,1-2; 37,15; 38,4). Nel v. 4l'esortazione si apre con un'introduzione in terza persona («così gli dirai»), in cui YHWH si rivolge al profeta, come precedentemente Geremia aveva parlato a Baruk. La parola divina
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GEREMIA 45,5
1o/f-t,f-t,lJ i1~n N"~~ \~~D "$ WjP..~t;J-t,~ ni7'"r1 ;7-u>i?~t;l i1n~1 5 ,W~ nirtprp;:~-t,f t,P- t,?V? ~~~~-n~
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46,1-51,64 Nella Settanta gli oracoli contro le nazioni occupano il centro del libro (25, 13a32, l), come avviene negli altri due profeti maggiori, Isaia (cc. 12-23) ed Ezechiele (cc. 25-32; cfr. anche Am 1-2), nei quali sono collocati tra gli oracoli di giudizio e gli oracoli di salvezza indirizzati a Israele. Tale posizione, dopo 25;l3a,
è quella originaria. Oltre a ciò, va detto che la Settanta, ispirandosi a un altro criterio, li dispone secondo un ordine diverso da quello seguito nel Testo Masoretico: pone Elam al primo posto, Moab all'ultimo; il Testo Masoretico, invece, ha all'inizio l'Egitto e al tennine Babilonia, conservando probabilmente l'ordine originario, come
consiste di un'affermazione con la quale, mediante l'uso delle coppie dei verbi «edificare-distruggere» e «piantare-sradicare», è affermato il potere divino di volgere l'opera di salvezza nell'esatto contrario. Mentre altrove questi verbi, di significato opposto, sono usati per affermare che il giudizio è l'altra faccia della salvezza oppure che la salvezza passa attraverso il giudizio (cfr. l, l O; 12,14-17 da una parte; e dall'altra: 24,6; 31,28.40; 42,10), qui sono impiegati per indicare che Dio ha il potere di distruggere ciò che Egli stesso ha costruito. Quest'opera ha come oggetto «tutta la terra)), termine che qui si riferisce al mondo, teatro della restaurazione, ma anche del castigo. Se si guarda al progetto di Dio, il destino di Baruk, come quello di Geremia, passano in secondo ordine; chiunque rifletta sull'azione divina in termini universali sarà in grado di cogliere le dimensioni reali della propria individualità e la piccolezza del proprio io. Dal v. Sa si desume che Baruk, nel lamento, aveva richiesto a Dio «cose grandh) (g"dolot), ma non si può dire con certezza cosa concretamente avesse desiderato. In Dt l 0,21 e Sal 71,19 si parla di interventi potenti e provvidenti di YHWH. Tuttavia, se si tiene presente che suo fratello Seraya era ufficiale di alto rango sotto Zidqiyya (51,59), non fa meraviglia che abbia potuto desiderare anche per sé una carriera di governo o comunque aspirazioni legate alla carriera politica (43,3), non escluso il desiderio di un certo riconoscimento da parte dei Babilonesi per il sostegno offerto loro in tutti quegli anni. Tuttavia Dio lo invita a non reclamare «cose grandh). La parola di consolazione del v. Sb è un annuncio di salvezza: nel disastro generale che colpirà tutti gli abitanti del paese («ogni carne)); 12, 12), Baruk avrà salva la vita, come il fedele Ebed-Melek, a cui è rivolta una promessa simile (39,15-18). La conclusione del capitolo 45 è formulata con linguaggio militare: il bottino che Baruk porterà con sé non sarà costituito di preda sottratta ai vinti, ma della sua
GEREMIA46,!
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5E
tu cerchi cose grandi per te? Non cercar(le)! Perché, ecco, io sto per far venire la sventura su ogni essere vivente - oracolo di YHWH. Ma a te, come bottino, darò in dono la vita, in tutti i luoghi dove andrai».
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Ciò che fu rivolto come parola di YHWH a Geremia, il profeta, sulle nazioni.
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si può presupporre sulla base del fatto che questa posizione corriSp < • T
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ad antiche iscrizioni persiane (cfr. Gen 10,22). I Luditi- Non sono ben identificati. Nella Bib-
bia C''"f1t., è una regione dell'Asia minore e delle isole greche, dalle quali provennero i Filistei e gli abitanti di Kaftor (cfr. Gen 10, 13; 10,22; Is 66, 19). In Ger 46,9 la Settanta e la Vulgata
Il v. 9 continua il discorso diretto, anche qui intessuto di ordini di battaglia rivolti alle truppe egiziane, come nei vv. 3-4. Da questo versetto deduciamo che esse erano costituite anche di contingenti stranieri o mercenari. Nel v. l O Geremia comprende quanto sta accadendo secondo la categoria del «giorno di YHWH», facendo proprio il dato tradizionale, presente in ls 2,12-17 e Am 5,1820, secondo cui tale evento, oltre a Israele, è destinato alle nazioni pagane. La spada, anche in questo contesto, è presentata come una potenza personificata: agisce meccanicamente, in funzione del comando divino, e non smette di mietere vittime tra i soldati finché non è soddisfatta del loro sangue (46, 14.16; 4 7,6; 48,2; 49,37; 50,35-38; cfr. Dt 32,40-42; Is 34,5-8). La strage è descritta come un sacrificio compiuto da YHWH stesso, idea che troviamo anche in altri brani in cui i nemici fungono da animali macellati e offerti (ls 34,6; Ez 39,17-20; Sof 1,7-8). Si gioca sul senso ironico e si evidenzia la punizione con crudo realismo.
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GEREMIA46,12
Caricate, cavalli! l Lanciatevi come pazzi, carri! l Avanzino i guerr1en, Kush e Put, che impugnano lo scudo; l i Luditi, che impugnano e tendono l'arco. 10Questo giorno è dedicato al Signore, YHWH degli eserciti, l è giorno di vendetta, per vendicarsi dei suoi nemici; la spada (li) divorerà, si sazierà l e si disseterà del loro sangue, perché dedicato al Signore, YHWH degli eserciti, c'è un sacrificio l nella regione del settentrione, presso il fiume Eufrate. 11 Sali a Ghil'ad e prendi del balsamo, l vergine figlia d'Egitto! Hai moltiplicato invano i rimedi, l (la ferita) non ti si rimarginerà. 12Le nazioni hanno appreso che sei disprezzata, l il tuo grido ha riempito la terra, perché il guerriero ha inciampato nel guerriero, l insieme sono caduti, tutt'e due».
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hanno Lidia (Auliot; Lydii), mentre alcuni autori, correggendo il termine in c·:;.~', (cfr. Ez30,5 dove la Settanta ha A[j3ueç) vi vedono i Libici. 46,11 Figlia d'Egitto {C'l:,;~- n;~)- Cfr. i vv. 19 e 24. La metafora della figlia è applicata, oltre che a Israele e Giuda (4, Il; 6,26;
8, 11.19.21.23; 14, 17), a Moab (48, 18), Ammon (49,4) e Babilonia (50,42; 51,34). Hai moltiplicato - Secondo il qerè n':;!.l:1. Il ketìb 'l:'l':;lll':T sembra rappresentare un'ortografia in disuso della seconda femminile singolare.
Nei vv. 11-12 il tono cambia: YHWH tenta di disilludere l'Egitto dal ricercare rimedi nelle piante salutifere di Ghil'ad (8,22; Gen 37,25; Ez 27,17), perché nulla potrebbe giovargli: non si risolleverà mai pienamente da quella disfatta. E difatti il suo inesorabile declino incominciò da allora. Nel v. 12 l'orizzonte si dischiude sulle nazioni che, sentendo il gemito da lui emesso (.yiwlui, cfr. 14,2; Is 24, Il), ne constatano la fine. Il riferimento a Ghil' ad esprime una sottile ironia: con la battaglia di Karkemish, infatti, l'Egitto perse questo territorio utile non tanto per le erbe medicinali, quanto perché garantiva il controllo di eventuali infiltrazioni nemiche provenienti da est. Concludendo, il messaggio religioso è evidente: partendo dalla battaglia di Karkemish, si legge la sconfitta dell'Egitto come una guerra che YHWH stesso ha intrapreso contro il paese per vendicare l'offesa che aveva arrecato al suo popolo.
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GEREMIA46,13
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46,15 Perché Apis è fuggito? Il tuo potente ... (···'9'T:;l~ "lr:!f?~ 1!1,~) - Il verbo "JI:Tf?~ («è stato spazzato via») è stato inteso dalla Settanta come se fossero due parole "JI:T e O~: ~ljluyEv ò Amç («Apis è fuggito»), mentre l'ebraico può essere dovuto a mancanza di comprensione dello sfondo culturale egiziano (diversamente la versione CEI: «perché mai il tuo potente è travolto?»). Circa il termine '9'7':;!~ («potenti»), per l'accentuazione masoretica va ritenuto elemento del primo stico. In ogni caso, essendo al plurale (lezione suffragata dalla Peshitta e dal Targum), va corretto nel singolare, attestato in molti manoscritti ebraici e nella Settanta (ò llooxoç). Apis (egiziano: /fp) era il toro
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sacro, venerato a Nof (cfr. nota a 44, l), città sacra al dio creatore Ptah, di cui Apis era incarnazione in terra (cfr. 2,16). Il toro in Egitto, come in tutto il Vicino Oriente antico e in altre aree del Mediterraneo (cfr. il bos primigenius della grotta del Romito a Papasidero, in Calabria) era associato alle credenze della vita oltre la morte e ai riti di fertilità, perché simbolo della potenza virile. Nel culto scismatico, contro cui si levarono all'epoca di Geroboamo II i profeti Amos e Osea, il toro rappresentava il piedistallo del trono visibile di YHWH (Es 32; IRe 12,2633). Potente- Il termine ,,:;!~ (cfr. la nota precedente per la lettura al singolare) può anche
46,13-24 La spedizione di Nebukadnezzar contro l 'Egitto Il secondo oracolo, separato dal precedente con l'introduzione del v. 13, consta di due strofe (vv. 14-19; vv. 20-24), differenti per lunghezza e per il modo in cui sono apostrofati i destinatari (nella prima strofa con la seconda persona, nella seconda con la terza). L'introduzione storica inquadra la parola divina durante la spedizione di Nebukadnezzar contro l'Egitto. Poiché l'anno non è indicato, non si è certi di quale spedizione si tratti; ci sono almeno quattro possibilità: la spedizione intrapresa dal re babilonese verso la frontiera egiziana dopo la battaglia di Karkemish, che portò alla presa di Ashqelon alla fine del604 a.C. (46,2; 47,2-7; 2Re 24,7); quella degli ultimi mesi del60 l a.C., che si concluse con grosse perdite per entrambi gli schieramenti nei pressi della frontiera egiziana; quella intrapresa anni dopo, nel587 a.C., prima dell 'assedio di Gerusalemme; infine, quella del568 a.C. contro il faraone Amasis (43,8-13).
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GEREMIA46,16
Questa parola YHWH comunicò al profeta Geremia riguardo l'arrivo di Nebukadnezzar, re di Babilonia, (che veniva) a colpire il paese di Egitto. 14«Annunciatelo in Egitto, fatelo sapere a Migdol, l fatelo sapere a Nof e a Tal)panl,es; dite: "Presentati e sta' pronta, l perché (la) spada ha (già) divorato ciò che ti circonda". 15 Perché •Apis è fuggito? Il tuo potente' l non è rimasto fermo, perché YHWH l'ha spintonato; 16ha continuato (a spintonarlo), l e, inciampando, è anche caduto; ciascuno ha detto al suo vicino: l "Su, ritorniamo dalla nostro gente, al nostro paese natio, l per (sfuggire) alla spada sterminatrice". 13
significare «toro» (ls 34,7; Sal22,13; 50, 13; 68,31 ), oppure «cavallo da battaglia», «stallone», «capo» (8,16; 47,3; 50,11). Nell'AT spesso è attributo di YHWH (Gen 49,24; Is 1,24; 49,26; 60,16; Sal132,2.5). Nel nostro versetto è usato come titolo divino per il toro (o bue) Apis. 46,16 Ha continuato (a spintonarlo) ... al suo vicino (,,1?~"1 ... ~~1:1 i'T~l;:t) - Questa prima parte del versetto è oscura. Il Testo Masoretico alla lettera recita: «ha moltiplicato colui che inciampa, anche è caduto ciascuno sul suo vicino, e dissero ... ». La Vulgata ha: multiplicavit ruentes ceciditque vir ad proximum suum et dicent, «ha moltiplicato coloro che cadono e un uomo è caduto davanti al
suo vicino e diranno». La Settanta facilita la comprensione del testo, intentendo il verbo iniziale come sostantivo: -rò nì..fì96ç oou Tto~VflOEV Ko:l EliEOEV Ko:l EKo:o-roç npòç -ròv nì..t)O(ov o:ù-rou EJJlì..EL, «la tua moltitudine ha vacillato ed è caduta; e ciascuno dice al suo vicino». La versione CEI si rifà alla Settanta: «una gran folla vacilla e stramazza». La difficoltà sta nel fatto che non è chiaro chi sia il soggetto: se YHWH o Apis. Se, come crediamo sia preferibile, si sceglie la prima possibilità, l' hi.fil i'T~l;:t (v. 16) può esprimere l'azione continuata del verbo «spintonare» (cfr. v. 15): YHWHcontinua a inseguire l'idolo («il potente») finché questo, inciampando, non cada.
Tra queste possibilità, la prima è quella che gode di maggior consenso tra gli studiosi. La prima strofa (46,14-19), simile nella forma a 4,5-8, ha inizio con l'appello rivolto all'araldo di annunciare, in particolare alle città di Migdol, Nof e Tal)panl,les, l'avvento del nemico, non menzionato, ma rappresentato dalla spada, una grandezza personificata, che divora tutto quanto incontri nel suo cammino. Da alcuni autori i vv. 15b.l6-18a sono considerati un ampliamento più tardo, in prosa e con riferimento al passato. L'ultimo stico del v. 15 («perché YHWH l'ha spintonato») offre una spiegazione teologica di quanto descritto nella poesia: Apis, il potente (cfr. nota), è stato rovesciato da YHWH. Nel v. 16 continua la descrizione della fuga dei soldati con maggiore vivezza, ma sempre secondo il motivo del v. 5: YHWH li insegue, tutti fuggono, molti inciampano, cadono, si rialzano, si fanno coraggio a vicenda, sperano di ritornare nel loro paese natio. Per il faraone è coniato il nomignolo sarcastico «rumore che ha
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~~~n t;;r"10~1 1":J:t~t,~=il~ ?~f.-'179 ,~N1ì~9~ :i1)!1;-ctt~ 46,22 Con forza- L'ebraico ':l~ry~ potrebbe essere anche tradotto «con un esercito>> (cfr. il Targum e la versione CEI). La Settanta lo traduce come se fosse ':~in~ (Ev &1-11-Lql, «nella sabbia»). 46,23 Hanno tagliato- L'ebraico m"!~ va letto come qatal qal piuttosto che come imperativo pie l. Alcune versioni moderne, in linea con la Settanta (EKKoiJiooow ), forse ritenen-
C1i2.-"Q"f,
dolo qatal profetico, lo traducono al futuro. La sua foresta (i'll~~)- Il termine ,.P~ potrebbe alludere ai palazzi egiziani, costruiti in parte di legno, come quelli di Gerusalemme (21, 14; 22,7.14-15.23). Perché è scorifìnata (,P.r:r' ~':~ ':;l) - Alcuni autori propongono, ma senza sufficienti basi testuali, di leggere la forma plurale del verbo (~,i?çl'). Così la versione CEI: «e non si possono
del v. 22a l'immagine del serpente sibilante si riferisce agli Egiziani, e non ai Babilonesi, per l'allusione all'ureo, raffigurato sul copricapo del faraone: ha lo scopo di insinuare la loro inadeguatezza nell'affrontare i Babilonesi, nonostante la strategia dell'attacco e l'abilità della difesa tipiche del serpente. Nei vv. 22b-23 gli aggressori sono raffigurati con due immagini: quella dei tagliatori di legna, che con asce abbattono la foresta d'Egitto, e quella, propria del mondo rurale, delle cavallette che invadono la campagna (Gl1,4). Il v. 24 è conclusivo: la figlia di Egitto (vv. 11.19) è coperta di vergogna, sottomessa al nemico proveniente dal Nord, cioè ai Babilonesi. 46,25-26 Oracolo esplicativo Il brano è un oracolo in prosa, redatto nella forma di un discorso, con cui YHWH, servendosi di un formulario ricorrente nella prosa geremiana, interpreta quanto è stato annunciato all'Egitto, più precisamente ciò che è detto nel v. 24, di cui rappresenta appunto un breve commento. Nei vv. 25-26a è emessa la sentenza divina contro Amon, la divinità principale venerata a No, nell'Alto Egitto,
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suo rumore è come di serpente strisciante, l perché essi sono giunti con forza; sono venuti con scuri contro di essa, l come quelli che abbattono gli alberi. 23 Hanno tagliato la sua foresta- oracolo di YHWH -l perché è sconfinata; essi sono più numerosi delle locuste, l sono innumerevoli. 24La figlia di Egitto è coperta di vergogna, l è data in mano a un popolo del settentrione». 25 YHWH degli eserciti, Dio di Israele, ha detto: «Ecco, io sto per emettere la sentenza suAmon di No, sul faraone, l'Egitto, i suoi dei, i suoi re, il faraone e quelli che confidano in lui. 26Li consegnerò in potere di coloro che cercano di ucciderli, in potere di Nebukadnezzar, re di Babilonia, e dei suoi comandanti, ma in seguito (l'Egitto) sarà abitato come nei tempi antichi- oracolo di YHWH. 2211
oontare». Al riguardo, va detto che questa frase si riferisce alla foresta, diversamente dal seguito che, invece, concerne l'esercito babilonese. 46,25 Amon (l~~)- A Tebe c'era il centro cultuale più importante del dio Amon. Nel oorso del tempo, Ammon fu associalto al dio Sole Ra e divenne Amon Re, Amun Re o Amen Ra, il dio imperiale dell'Egitto, rappresentato in forma umana, ma alcune volte con il
oorpo umano e il capo o le coma di un ariete. No -Né la Settanta né la Vulgata hanno riconosciuto n eli' ebraico l(j il nome della città di Tebe, capitale dell'Egitto durante il Nuovo Impero. È menzionata in Na 3,8-10 ed Ez 30,14-16. 46,26 Questo verso, omesso nella Settanta, è considerato da molti autori un'inserzione tardiva.
gli idoli, il faraone e tutti gli Egiziani (v. 25). Non si può dire con certezza se con l'espressione finale del v. 25, «quelli che confidano in lui (faraone)» (cfr. Ez 29,6.8.16), ci si riferisca agli abitanti di Giuda, in particolare a coloro che lasciarono il paese assieme a Yol)anan per emigrare in Egitto (43,1-7), oppure, come sembra più probabile in base al contesto, agli stessi Egiziani. YHWH interviene servendosi di Nebukadnezzar con scopo propedeutico: infatti, nel v. 26b si ha la promessa di restaurazione de II 'Egitto che, ormai consegnato nelle mani del re babilonese, sarà di nuovo abitato. Tale predizione si realizzerà negli anni successivi al568 a.C., quando, dopo essere stato soggetto a Babilonia, esso riuscì a sollevarsi e a riconquistare l'autonomia. Siamo dunque di fronte a una promessa di restaurazione, simile a quelle pronunciate per altre nazioni: Moab (48,47), Ammon (49,6), Elam (49,39); cfr. per l'Egitto: Is 19,16-25; Ez 29,1316. Queste, per quanto grandi, sono ridimensionate e considerate all'interno di una prospettiva teologica, per la quale il Dio di Israele ne è Signore indiscusso, le governa e ne decide la sorte.
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n; '1~~~1 ,,~ //46,27-28 Testo parallelo: 30,10-11 46,27-28 La Settanta, incline a omettere la seconda ricorrenza degli oracoli che compaiono due volte nel Testo Masoretico, stranamente per questo oracolo di salvezza rivolto a Israele si regola in
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modo differente: loconservanellasecondaricorrenzae lo tralascia nella prima, che doveva essere il luogo originario (30, l 0-11; cfr. commento). 47, l La Settanta omette il v. l ma, come soprascritta, conserva l'espressione ~TTL toùç
46,27-28 Oracolo di salvezza per Israele L'oracolo di salvezza rivolto a tutto il popolo è simile als41 ,8-13 ed è doppione di 30,1011, in cui si rapporta bene agli altri oracoli del libro della consolazione, mentre qui genera frizione con il contesto (cfr. il v. 26b con il v. 28). La sua collocazione a questo punto può spiegarsi alla luce della volontà del redattore di prolungare la parola di salvezza precedente rivolta all'Egitto (v. 26b) con un oracolo per Israele, oppure di interpretare positivamente gli effetti della catastrofe egiziana sui Giudei senza però tener presente 44,27-28, secondo cui tutti quelli (o quasi) che abitavano in Egitto sarebbero stati vittime della spada mortifera. 47,1-7 Sui Filistei Introdotto dalla soprascritta (v. l), il brano è costituito di un annuncio di giudizio (vv. 2-5) e di un dialogo (vv. 6-7). 47,1 Soprascritta Come le altre soprascritte di questa sezione, anche quella del v. l doveva contenere in origine solo l'argomento o il titolo, ovvero l'espressione «sui Filistei» (così la Settanta); in seguito è stata ampliata per contestualizzare l'oracolo contro i
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GEREMIA47,2
Tu, non temere, servo mio, Giacobbe, l non atterrirti, Israele, perché, ecco, io sto per salvare te da (un paese) lontano, l la tua discendenza dal paese della sua prigionia; Giacobbe ritornerà e sarà sicuro, l senza che ci sia chi provochi il panico. 28 Tu, non temere, servo mio, Giacobbe- oracolo di YHWH- l perché io sono con te; distruggerò tutte le nazioni, l tra le quali ti ho disperso, tuttavia non ti distruggerò, l ti punirò con senso della misura, l ma non ti lascerò impunito». 27
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Ciò che fu rivolto come parola di YHWH al profeta Geremia sui Filistei, prima che il faraone attaccasse Gaza. 2Così ha detto YHWH: «Ecco, acqua si solleva da settentrione, l diventa un torrente straripante, per travolgere il paese e quanto contiene, l la città e coloro che vi abitano; gli uomini grideranno, urleranno l tutti gli abitanti del paese. 1
&Ucxjn)).ouç («sulle tribù»; cfr. v. 4), con la quale ci si riferisce ai Filistei (anche in 32,20 LXX [TM 25,20]; Am 1,8; Sof2,5). 47,2 Un torrente straripante - Per ',o~. cfr. nota a 31,9. Quest'immagine esprime il ca-
•
stigo divino contro i Filistei (v. 4), simboleggiato dalle orde babilonesi provenienti dal Nord. Isaia se ne serve per descrivere gli Assiri, usando peraltro lo stesso verbo "l~W («travolgere», «sommergere»; Is 8,8 e 28, 17).
Filistei nel periodo precedente alla conquista di Gaza. L'informazione fornita dal v. l circa l'occupazione della città filistea da parte dell'Egitto non trova conferma né nell'Antico Testamento, né nei docwnenti extrabiblici in nostro possesso; è possibile, comunque, che la città sia stata invasa nel 609 a.C., durante la campagna del faraone Neko nel nord di Israele. Tuttavia, l'oracolo rimanda a un periodo più tardo, successivo alla battaglia di Karkemish (605 a.C.), quando i Babilonesi rappresentavano una reale minaccia per i Filistei. In questa occasione si verificò la presa di Ashqelon, ben documentata dalle fonti extrabibliche: la menzione della città in 47,5.7 induce a collocare quindi l'oracolo in quell'epoca (604 a.C.). L'evento decretò la fine come entità autonoma della Filistea, che successivamente darà il nome alla «Palestina». 47,2-5 Annuncio di giudizio L'annuncio di giudizio presenta il nemico con l'immagine dell'acqua che si riversa nel paese (v. 2a), travolgendo tutto quanto incontri al suo passaggio, comprese le città e i villaggi (cfr. Is 8, 7-8). A causa di questi effetti catastrofici, si ritiene che si tratti dei fiumi Tigri ed Eufrate e, fuor di metafora, dell'esercito babilonese; non si riferisce infatti al Nilo, le cui acque, invece, erano ritenute fonte di fertilità
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GEREMIA47,3
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47,3 Dei suoi stalloni (1'1':;1~)- L'antecedente del pronome «suo», non specificato, è Nebukadnezzar. 47,4 A Tiro e a Sidone (11,'),'7, 1~7)- Tiro e Sidone sono città fenicie, situate sulla costa settentrionale, distanti l'una dall'altra 35 km. In precedenza Tiro più importante di Sidone, dopo l'assedio di Nebukadnezzar nel 587 a.C., durato ben l3 anni, dovette sottometterglisi. Sidone rifiorì, sollevandosi dalla prostrazione a cui era stata ridotta dal re assiro Asseraddon nel 677 a.C., proprio nel periodo in cui Tiro era assediata dai Babilonesi, ma in seguito anch'essa fu assoggettata. Spesso sono menzionate insieme sia nell' AT (cfr., p. es., 25,22; 27,3; 47,4; Gl4,4; Zc 9,2; l Mac 5,15) che nel NT (Mt
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11,21; 15,21; Mc 3,8; 7,31; Le 6,17; 10,13; At 12,20). Di togliere ... ogni sopravvissuto (in grado) di soccorrere (1!.11 ,,!~ ";;, ... n'1~;:t'()- La frase non è chiara. Premesso che è verosimile che Fenicia e Filistea si prestassero aiuto reciproco, il problema è sapere chi in questo caso presti aiuto, se l'una o l'altra. La Settanta sembra sorvolare sulla difficoltà: aavLw tì,v Tupov KIÙ tì,v I:Lowva Kal1Tiivtaç toùç Katalo(nouç tf)ç 13oTJ9E(aç aòtwv, «distruggerò Tiro e Sidone e tutti coloro che rimangono dei loro ausiliari». Seguendo la Vulgata (dissipabitur, «sarà disperso», al passivo), alcuni autori propongono la vocalizzazione del verbo n1::1 al nifal. Se si dà alla preposizione ':l davanti a Tiro e Sidone il valore
e di benessere. I vv. 2b-3 descrivono la reazione dei Filistei, in preda al panico e in fuga. La descrizione, molto vivida, richiama quelle di 4,13.29 e di 6,22-23, dove la minaccia del nemico, proveniente dal Nord, è però rivolta a Giuda. Il frastornante arrivo dell'avversario provoca un comportamento a dir poco disumano: i padri, dimentichi dei figli (cfr. 14,5), pensano solo a salvare la propria vita, perché le loro mani sono prive di forza (cfr. 6,24; 50,43; cfr. Is 13,7; Ez 7,17; Na 2,11). Nel v. 4 «il giorno)) è personificato come agente di distruzione: è venuto per i Filistei, come verrà per le altre nazioni: Egitto (46,10.21 ), Moab (48,41 ), Edom (49,22), Damasco (49,26), Babilonia (50,27.30-31). Ai Filistei sono associati, perché loro alleati, i Fenici e tutti coloro che potrebbero correre in soccorso delle città costiere fenicie
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GEREMIA47,5
Allo strepito dello scalpitare degli zoccoli dei suoi stalloni, l al fragore dei suoi carri, lo scricchiolio delle sue ruote i padri non si sono voltati verso i figli, l dato che le loro mani sono fiacche. 4Perché è giunto il giorno di devastare l tutti i Filistei, di togliere a Tiro e a Sidone l ogni sopravvissuto (in grado) di soccorrere. Sì! YHWH devasta i Filistei, l il resto dell'isola di Kaftor. 5È giunta la rasatura per Gaza, l Ashqelon è ridotta al silenzio, resto degli •Anaqiti'. l Fino a quando ti farai incisioni? 3
di indicatore dell'agente, si potrebbe anche tradurre: «(per eliminare), per mezzo di Tiro e Sidone, ogni sopravvissuto che aiuta». Ci sembra più logico, però, in base al contesto, intendere la frase nel senso che YHWH stermina ogni ,,"')~ («sopravvissuto»), pronto a prestare aiuto a Tiro e a Sidone. Kaftor (,il'l!?~) - Comunemente identificata con l'isola di Creta, per Am 9,7 è il paese da cui provenivano i Filistei (cfr. anche Gen 10,14; Dt 2,23; 1Sam 30,14; Ez 25,16; Sof 2,5). 47,5 Gaza, Ashqelon (li',p~ ... i1·W)- Vengono menzionare due delle cinque principali città filistee (Ekron, Ashdod, Ashqelon, Gat e Gaza). All'inizio del terzo stico alcune versioni moderne insericono il termine Ashdod
(cfr. la versione CEI: «silenzio. Asdod, povero resto degli Anakiti» ), ma si tratta di una congettura (cfr. Gs 11,22) senza supporto nella tradizione manoscritta. Anaqiti- Il Testo Masoretico ha Ci?'? ],l («la loro valle))), lezione dovuta alla confusione della l con la c, come dimostra la Settanta, che ha EvtxKLI-1 (ebraico c·p~~). Costoro, famosi per la loro alta statura, abitavano nella zona costiera, a sud di Canaan, prima dell'ingresso degli Israeliti (Gs 11,22); mentre, per un'altra tradizione, forse recepita dalla Settanta, abitavano nella città di Gat. Alcuni autori collegano il termine ebraico all'ugaritico 'mq («forza))), ipotesi che trova riscontro nel Targum («il resto della loro forza»).
di Tiro e Sidone, le quali strinsero un patto per contrastare Nebukadnezzar. In linea con la concezione del «giorno di YHWH», Egli stesso è artefice della distruzione: nel v. 5 il profeta constata la rovina di Gaza, di Ashqelon, entrambe città della pentapoli filistea, e del resto degli Anaqiti, ovvero delle popolazioni cananee che abitavano nella regione prima dell'arrivo dei Filistei (Gs 11,22). Parimenti descrive la reazione degli abitanti che si radono i capelli (Is 7,20) in segno di lutto e, per disperazione, si praticano incisioni sul corpo (cfr. 16,6; 41,5; 48,37). È singolare che non venga offerta alcuna motivazione del castigo in rapporto ai Filistei, soprattutto se si tiene presente la lunga storia dei loro conflitti con Israele (l Sam 4-7), impressa nella memoria collettiva per vicende memorabili, come quella di Sansone (Gdc 13-16).
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GEREMIA 47,6
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47,6 Ne/fodero (l1-\'I:T',~)- La negazione !;,~ («non») è un errore degli scribi e va sostituita con la preposizione !;,~ («a», «in»). Traduciamo ,~IJ con «fodero», tuttavia in 36,23 significa «temperino». 47,7 Potrai riposare- Le versioni moderne e molti commentatori, seguendo la Settanta, la Peshitta e la Vulgata, correggono la forma 't!lP~I"\ di seconda persona, nella terza (cfr. la versione CEI), per armonizzare con la medesima forma del verbo dello stico successivo.
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Nella traduzione abbiamo preferito il Testo Masoretico, lectio difficilior. 48,1 Su Moab (:::l~io~)- Con il termine Moab ci si riferisce sia ali' altopiano, a oriente del Mar Morto, che va dali' A.mon al torrente Zared, sia alla popolazione semitica che abitava questo territorio almeno dal XIII sec. a.C. Le notizie su Moab sono tante e molto antiche. Probabilmente dopo la battaglia di Karkemish fu sottomesso a Nebukadnezzar e gli rimase fedele fino a quando non incominciò a pianificare la
47,6-7 Canto della spada Si passa dall'immagine delle acque distruttrici a quella della spada (cfr. 46, IO; 50,3538). I versetti si presentano nella fonna di un breve dialogo, costituito di una richiesta e di una risposta. La prima è posta dai Filistei che, invasi dal terrore, supplicano la spada di non continuare a mietere vittime; lo stile proprio delle lamentazioni trova confenna nell'interiezione iniziale «ohi», come nella domanda «fino a quando», frequente nei Salmi (Sal 74,10; 94,3) e ricorrente anche in 4,21 e 12,4. A tale richiesta il profeta risponde mediante un'ulteriore domanda, con la quale dichiara che la spada deve compiere l'opera sua perché è sotto il comando divino, ribadendo in modo esplicito che il giudizio contro i Filistei è voluto direttamente da Dio, il quale lo realizza tramite i Babilonesi. 48,1-47 Su Moab Il capitolo 48 raccoglie vari interventi profetici in un unico complesso testuale. Come si desume dalla coesistenza di poesia e prosa e dalla presenza di generi letterari diversi, questo è il risultato di una complessa fonnazione. Inoltre, in alcuni passaggi, registra una certa affinità con altri testi dell'Antico Testamento (Nm 21,28-29; 24,17; Dt 28,49.52; ls 15-16; Am 1,15). Rispetto agli oracoli contro le altre nazioni, questi contro Moab sono considerevolmente più estesi, ma non contengono infonnazioni tali per cui li si possa inquadrare storicamente con facilità. Nondimeno si può ritenere che la maggior parte di essi sia da contestualizzare nel tempo in cui l'esercito babilonese
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0hi! Spada di YHWH! l Fino a quando non ti riposerai? Ritirati •nel' fodero, l riposati e fa' silenzio. 7Ma come potrai riposare? l YHWH le ha dato ordini contro Ashqelon e la riva del mare, l là l'ha convocata».
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Su Moab. Così ha detto YHWH degli eserciti, Dio di Israele: «Guai a Nebo, perché è devastata! È svergognata, è presa Qiryatayim; l la roccaforte è svergognata, è atterrita. 1
ribellione, assieme alle nazioni rappresentate nella conferenza di Gerusalemme del 594 (27 ,3). Scompare dalla cartina geografica nello stesso periodo di Giuda (586 a.C.). Nebo (i:!~) - Non è la montagna di Mosè, bensì la città costruita alle sue pendici; dapprima città della tribù di Ruben (Nm 32,3.38; lCr 5,8), nel IX sec. sotto il re Mesha passò a Moab (ls 15,2). È identificata con Khirbet al-Muhayyat, a circa 5 km a nord-ovest di Madaba. È anche il nome di una città di
Giuda, chiamata «l'altra Nebo» in Ne 7,33. Qiryatayim (C'f1:lP) -Anche Qiryatayim fu una città della tribù di Ruben, forse identificabile con Khirbet al-Qureyat, a l O km a sud-ovest di Madaba. La roccaforte - ::l~~~iJ è traducibile con «rifugio (collocato) in alto», «roccaforte», «fortezza», «cittadella», tuttavia in questo contesto potrebbe essere nome proprio, di cui purtroppo non si conosce la localizzazione.
mosse contro Moab, certamente non prima del602 a.C., data della rivolta di Yoyaqim, perché in questo frangente Nebukadnezzar si servì di Moab appunto e di altri contingenti stranieri per punire Giuda (2Re 24,2). Che Geremia si sia rivolto anche a Moab appare abbastanza verosimile alla luce di 27,3 (coalizione contro Babilonia); altrettanto probabile è che abbia riusato materiale precedente, rifacendosi a Isaia o ad altre tradizioni. Da questo punto di vista il capitolo 48 può considerarsi una fonte preziosissima su Maob, sia per antichità che per ricchezza di dati. Nello stesso tempo, però, va tenuto in considerazione il contributo di coloro che hanno rielaborato ed edito quanto era loro pervenuto, aggiungendovi dell'altro materiale (p. es., le inserzioni in prosa dei vv. 10.12-13; 21-27; 34-39); d'altronde oracoli contro Moab si trovano anche in altri profeti (ls 15-16, Ez 25,8-11, Am 2,1-3 e Sof2,8-ll, in cui Moab è con Ammon). 48,1-6 L 'avvicinarsi del nemico L'unità poetica consta di un lamento di sventura (vv. 1-2a.3-4), rielaborato con l'inserimento di un annuncio di giudizio (v. 2b) e di un appello alla fuga (v. 6). Il v. 5 è forse un ampliamento, proveniente da Is 15,5b. Alla soprascritta (v. la) segue la formula del messaggero, con la quale il profeta, a nome di YHWH, introduce un lamento su Moab, mediante l'interiezione «guai», tipica del lamento funebre. I vv. l b.2a menzionano le città a nord del fiume Arno n (cfr. la geografia de!l'esodo), che sono attaccate per prime dal nemico che, avanzando, costringe gradualmente la popolazione ad abbandonare le case e la sospinge sempre più a sud, verso il deserto
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GEREMIA 48,2
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[ :1'1~~ l itl~ ] :;p:t~ 1"Jip1 1';tr)::> 48,2 Presso lfeshbon (li:!~!):!)- Dapprima città di Moab, passò al regno amorrita di Sibon (Nm 21,21-30), del quale fu la capitale; in seguito fece parte del territorio della tribù di Ruben (Nm 32,37; Gs 13,17.21 ), ma in Gs 13,26 è annoverata tra le città della tribù di Gad. È identificata con Tell Hesban, nella moderna Hesban a l O km a nord-ovest di Madaba. È la città più settentrionale di quelle menzionate. Fu fortificata da Erode il Grande. Madmen (W,~)- Alcuni autori la identificano con Khirbet Dimneh, 12 km a nord di Kerak; altri dubitano che il termine si riferisca a una città, in base alla Settanta, Peshitta e Vulgata, che hanno inteso il termine come infinito assoluto di c~, e hanno tradotto: «sicuramente ammutolirai» o «sarai distrutta»; per altri ancora, in origine, indicava la Dimon di Is 15,9 o Madaba, nomi modificati per creare assonanza.
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48,3 lforonayim (c•~i,M) -Nella stele di Mesha (linea 31) figura come città nemica. Per alcuni è da identificare con al-' Araq, l O km a sud-ovest di Kerak. 48,4 Fino a Zo 'ar (~'T.\1~)- Questa lettura del v. 4 si basa sulla Settanta (~ì.ç Zoyopa:) e sul ketìb di due manoscritti ebraici (il,1ll~); è accettata da molti commentatori e da molte versioni moderne. Il Testo Masoretico, invece, andrebbe tradotto: «hanno fatto udire un grido i suoi piccoli (qerè)». Zoar faceva parte della pentapoli cananea, localizzabile nell'Araba, a sud del Mar Morto (Gen 13,10;14,2; 19,22; Dt 34,3). Cfr. 48,34. 48,5 Lu/:lit (n'D,i;.iJ)- Citata in un'antica iscrizione nabatea di Madaba, questa città non è stata ancora identificata con certezza. Un pianto acuto si è dijjùso (·~~-;,7~ ·~~:;!) - Alla lettera: «nel pianto salirà pianto». Il
(v. 6). Anche qui, come nell'oracolo contro i Filistei e altrove, la spada è un'entità autonoma e personalizzata che agisce in modo meccanico. Nei vv. 3-41' attenzione si sposta sulla regione meridionale di Moab: in tal modo si evoca la discesa del nemico che giunge progressivamente firio all'estremo sud, come se, tappa dopo tappa, il suo arrivo fosse anticipato e accompagnato dal grido degli abitanti delle città. Il v. 5, calco di Is 15,5b, è probabilmente stato aggiunto per arricchire la già vivida descrizione della fuga con la rappresentazione delle popolazioni moabite che, emettendo grida disperate, discendono verso il meridione. Con l'appello del v. 6, formulato con due imperativi, gli abitanti sono spronati a mettersi in salvo; l'immagine dell'asino
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GEREMIA48,7
2Non c'è più la gloria di Moab; presso ijeshbon contro di essa hanno tramato la sventura: l "Venite, distruggiamola in modo che non sia più una nazione"; anche tu, Madmen, sarai annientata, /la spada ti inseguirà. 3Un rimbombo, un grido (viene) da ijoronayim, l devastazione e grande rovina. 4 Moab è frantumata, /le grida si sono fatte sentire fino a Zo' ar. 5Sì! Per la salita di Lul,lit, l un pianto acuto si è diffuso. Sì! Per la discesa di ijoronayim, l abbiamo udito grida lancinanti. 6Fuggite, salvatevi, l siate come Aro'er nel deserto. 7 Sì! Perché hai confidato l nelle tue gesta e nei tuoi tesori, l sarai conquistata anche tu, Kamosh andrà in esilio, l assieme ai suoi sacerdoti e ai suoi principi. verbo l"!t,ll «salire» ricorre in una locuzione costruita per esprimere il superlativo, simile a «inganno su inganno» di 9,5. Chi sale, però, non è la popolazione, come intende la versione CEI («piangendo, salgono la salita di Luchit»), ma il pianto che la popolazione, mentre scende verso il deserto, diffonde, con sempre maggiore intensità, tra gli abitanti del Sud. Abbiamo udito grida lancinanti (~llO.~ 1~~-ni?~l.' '!.~)-Il Testo Masoretico alla lettera suona: «disastri di un grido di distruzione hanno sentito». LaBiblia Hebraica Stuttgartensia propone di ritenere glossa il primo elemento, assente nella Settanta. 48,6ComeAro'er(~)-In48,19questoter
mine corrisponde a una città del Nord, sulla riva dell'Arnon. Alcuni autori, però, leggono "VIPf «come un ginepro». Altri commentatori e alcune versioni moderne (tra cui quella CEI) seguqno
la Settanta, che ha Ovoç &ypwç («asino selvatico» o «onagro»; in ebraico "Ti1'). La Vulgata e Aquila leggono invece 1pì1~ («tamerisco»). 48,7 Nelle tue gesta e nei tuoi tesori ('TI:li1~i~~~ TfgW~~)- La Settanta ha soltanto uno dei due sintagmi: €v òxupw~J.aa(v aou («nelle tue fortezze»). Dal momento che in 49,4 ricorre di nuovo «confidare nei tuoi tesori», la lettura del Testo Masoretico sembra quella originale. I tesori sono sia gli oggetti d'oro e d'argento, immagazzinati nei palazzi o nel tempio, sia le armi (50,25). Kamosh (wio:p)- È il dio principale dei Moabiti, menzionato nella Stele di Mesha e spesso nell'AT (N m 21,29; Gdc 11,24; IRe 11,7.33; 2Re 23,13; Ger48,13.46). Il suo culto era diffuso anche fuori di Moab, ma non ne conosciamo le caratteristiche, se non che ammetteva il sacrificio dei bambini (2Re 3,26-27).
selvatico, al quale sono associati, rende bene la loro condizione di sbandati. Si noti che il brano noh menziona esplicitamente il nemico del Nord, né evidenzia i motivi della minaccia straniera: la descrizione ha infatti carattere generico. 48,7-8 L 'orgoglio di Moab Nei vv. 7-8 abbiamo un oracolo di giudizio (v. 7: accusa; v. 8: annuncio di giudizio), in cui illocutore si rivolge direttamente a Moab con la seconda persona femminile singolare (anche nel v. 4), accusandolo di confidare (biita/:1) nelle proprie possibilità (forza e ricchezza; v. 7). Nell'annuncio che anche la divinità patria, Kamosh, sarà deportata, si riflette l 'antica concezione della guerra santa come con-
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1!?v N? n~il;l~ :iç~ 48,9 Innalzate a Moab... devastato (tt~ ... :ll~ti~7 r:;r~)t;l) - Questi due stichi pongono delle difficoltà testuali. Il Testo Masoretico sarebbe da tradurre: «date un fiore a Moab perché esca prendendo il volo», ma ciò non ha senso. Alcuni autori traducono il termine difficile r~ con «ala», più attinente al
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contesto di fuga (cfr. Ez 17,3; Gb 39,13}. Altri, in base al vocabolo ugaritico affine sisiìma, gli danno il significato di «sale)> e traducono: «date sale a Moab, sicuramente sarò lasciato in rovine)> (le città abbandonate e in rovina si cospargevano di sale). Tra le ipotesi, ci sembra migliore quella della Biblia Hebraica Stuttgar-
flirto tra le divinità dei due schieramenti avversi. In queste circostanze, il simulacro dell'esercito vinto era condotto in esilio alla stregua delle popolazioni sottomesse (49,3; Is 46,1-2), secondo una pratica attestata anche nell'ambiente extrabiblico. L'annuncio di giudizio prospetta una specie di processione con la statua del dio in testa, seguita dai sacerdoti e dai capi. Ciò è causato dall'arrivo del devastatore, non nominato, che distrugge le città, e durante il percorso, stermina la valle ( 'emeq) e l'altopiano (mfSor), termini che possono indicare rispettivamente la valle del Giordano, al confine settentrionale con il Mar Morto (Gs 13,27), e la pianura settentrionale, che si trova tra l' Amon e ijeshbon (Gs 13, 15-17). Non è da escludere, tuttavia, che qui siano usati in modo generico per designare tutta la regione di Moab. Alla fine del v. 8 la formula del messaggero sottolinea che la distruzione di Moab è decretata da YHWH, il quale agisce per mezzo del re babilonese. 48,9-10 Moab sarà distrutto L'unità inizia con un invito rivolto a destinatari innominati, richiamati con la seconda persona plurale, ma il suo contenuto, a causa dell'oscurità del testo, è difficilmente precisabile. Nel v. l O la distruzione di Moab è attribuita alla maledizione comminata allo sterminatore, nel caso in cui non porti a termine l'opera
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11 devastatore verrà contro ogni città, l nessuna scamperà; la valle perirà, l la pianura sarà devastata, l questo ha detto YHWH. 9lnnalzate a Moab •un monumento funebre,, l perché •sarà completamente devastato,; le sue città diventeranno una desolazione, l senza nessuno che vi abiti. 10Maledetto colui che esegue in modo esitante l'impresa di YHwH, l maledetto colui che trattiene la spada dal(lo spargere) sangue. 11 Fin dalla sua giovinezza Moab è stato tranquillo l e riposava sulle sue fecce (come il vino), non è stato travasato da recipiente a recipiente l né è andato in esilio, perciò ha conservato il suo sapore, l il suo odore non si è alterato.
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tensia che, ritenendo corretta l'interpretazione della Settanta (OOtE Ofi.IE1a tfl Mwaj3, «date
segni a Moab»), corregge r~ in l,"~. termine che in 2Re 23,17 significa irtf~ :J~io t.z>~~ 13 =~~~J7 Of.J"7.:t~1 ~P"i~ 1"~:;;l1
:ono:1o r,N n"::lO r,N,iv" n'::l fT .._.
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r}.?-m~o -48,13 Bet-el ("~ n·~) - Questo termine non rimanda alla località conosciuta fin dall'epoca dei patriarchi (Gen 28,18), nel cui santuario Geroboamo I aveva istallato il culto del vitello d'oro (IRe 12,26-29), in seguito biasimato dai profeti del Nord Amos e Osea (Os l 0,5-6; Am 5,4-6), ma è il nome
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48,31 Gemerò - Occorre correggere, in base al contesto e a due manoscritti ebraici, la terza persona l"T~::\· «gemerà», con la prima persona, «gemerò». Alcune versioni moderne superano la difficoltà, traducendo il verbo con una forma impersonale: «si geme» o «si gemerà». Qir-lferes - L'ortografia della parola fDTn'P è discussa, perché è riportata in modo differente nell' AT (~,'P, qui e al v. 36, cfr. Is 16, 11; mentre si ha no/:)r.rì'P in 2Re 3,25; Is 16,7). Si tratta comunque di un'antica città di Moab (ls 15,1), forse fatta costruire dal re Mesha e localizzata nella moderna Kerak, 88 km a sud di Amman, a sud-est della pe-
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> e non concorda con il verbo (il termine è femminile; il verbo è alla terza persona maschile). La traduzione proposta suppone che sia un'esclamazione e che manchi il predicato: sarebbe un modo di esprimere la reazione di fronte alla potenza e all'imprendibilità di Edom.
Abd 1-4 o viceversa; non è da escludere una terza possibilità: che entrambi abbiano recepito questa parola dalla tradizione orale prima che fosse riportata per iscritto. Il passo ha inizio con un breve rapporto, redatto in prima persona (v. 14a), in cui occorre distinguere Geremia, che ode il messaggio (cfr. il «noi» in Abd l), da colui che lo riferisce e infine dal messaggio stesso riportato in forma diretta (v. 14b). Si tratta di un appello rivolto alle genti, motivo frequente negli oracoli contro le nazioni, già incontrato (46,3-4; cfr. ancora 49,28-29; 50,14-16). Dall'uso dell'imperativo plurale si deduce che non si pensa a un nemico singolo, ma a un'intera coalizione. Considerando attendibile l'attacco dei Babilonesi contro Edom nel582 a.C., si può ipotizzare che il versetto alluda al coinVI)Igimento di truppe ausiliari straniere. Nei vv. 15-16 si descrive l'intervento divino: l'artefice della distruzione, infatti, è YHWH,
GEREMIA49,16
Tu che abiti nelle fessure delle rocce (l1'i9;:t .,.~r:t~ ·~~t!l) - In questa frase i commentatori comunemente vedono un rimando a Sela(ebraicol1'?9, 01
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:1f?N7. i1'J1i1;-1?~ i1,~i?1~ n97~ n'WN1f 49,31 Non ha porte né sbarre (:1T'!',:n(',1 C'r'I'?Tio(")- Il duale c:r'l'?"l evoca le doppie porte, usate nell'antichità,
le quali necessitavano di una sbarra (T'!',~) per essere tenute ferme. 49,34SuE/am(c7~)-Anticaregioneasud-
49,30-33 Contro gli abitanti di Jjazor Nell'oracolo, che ha inizio con un appello alla fuga, diversamente dal precedente viene menzionato espressamente Nebukadnezzar. Seguono nel v. 31 appelli all'attacco, direttamente rivolti da YHWH al nemico, ricchi di elementi descrittivi propri delle popolazioni residenti nel deserto, le quali vivevano in condizioni differenti da quelle che abitavano in luoghi fortificati (quindi erano facile preda; v. 31a). Uno di questi elementi è il cammello, impiegato per le traversate nel deserto e come mezzo di trasporto. Nel v. 32b abbiamo l'annuncio del giudizio: YHWH disperderà quelle popolazioni così come aveva annunciato per Israele. Quest'immagine della vagliatura (con il verbo ziira al pie!) ricorre altrove nel libro (4,11; 31 ,l O; 49,36; 51 ,1-2), ma qui l'accento è posto sulla dispersione in ogni direzione. Il v. 33 descrive gli effetti dell'azione divina, mediante un linguaggio standardizzato e convenzionale, ricorrente già in passi diversi per altre nazioni e per la stessa Giuda (9,10; 10,22). Secondo alcuni autori, tale descrizione probabilmente in origine riguardava la ijazor dell'Israele del Nord (l Re 9,15), occupata dagli Assiri nel 732 a.C. (2Re 15,29),
531
GEREMIA49,34
3°Fuggite!
Allontanatevi rapidamente! Andate ad abitare in luogo profondo, l abitanti di I:Iazor- oracolo di YHWH. Perché Nebukadnezzar, re di Babilonia, ha progettato un intervento contro di voi, l ha meditato un piano contro di voi. 31 Alzatevi! Assalite una nazione tranquilla l che abita sicuraoracolo di YHWH. Non ha porte né sbarre, l vive sola. 321 loro cammelli diventeranno bottino, l la massa del loro bestiame preda; li spargerò in tutte le direzioni, l coloro che hanno le tempie rasate, farò venire la calamità da tutte le parti l- oracolo di YHWH. 33 I:Iazor diventerà un riparo di sciacalli, l una desolazione per sempre; non vi abiterà nessuno l né vi risiederà un essere umano». che fu rivolto come parola di YHWH a Geremia, il profeta, su Elam, all'inizio del regno di Zidqiyya, re di Giuda.
34Ciò
ovest dell'Iran (Gen l 0,22; 14, 1.9), aveva come capitale Susa. Conquistata dapprima dall'assiro Ashurbanipal verso il647 a.C., dopo la caduta
deli' Assiria, fu associata alla Media (Is 21 ,2; Ger 25,25) e, poco tempo dopo, ai Babilonesi. Attualmente Elam coincide con il Khuzestan.
e non le tribù del deserto siro-arabico, di cui qui si parla, perché è poco consona a una popolazione che vive nelle città (cfr. le espressioni: «riparo di sciacalli», «desolazione per sempre», «non vi abiterà nessuno»). 49,34-39 Su Elam L'oracolo conclusivo del capitolo 49 riguarda Elam, la regione a oriente della bassa Mesopotamia e a settentrione del golfo Persico, a cui, tra i profeti, si interessano solo Geremia ed Eze.chiele (32,24-25). Dal contenuto non si evince comunque di quale minaccia nemica si tratti. 49,34 Soprascritta La soprascritta data il brano all'inizio del regno di Zidqiyya, cioè al 597 a.C. Tale datazione sarebbe più comprensibile se quest'oracolo comparisse tra i primi della sezione, databili molto tempo prima della caduta di Gerusalemme (per la Settanta, infatti, è il primo). Dal contenuto, tuttavia, non si evince nulla né sulla datazione né sulla minaccia nemica.
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GEREMIA 49,35
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:O'l:;l~f [ ~7Q!;lD1 50,8 Uscite - Propendiamo per il qerè, che legge l'imperativo,~" supportato dalla Settanta, dalla Vulgata, dalla Peshitta e dal Targuru. Il ketìb si può interpretare .come ,~~~ (qatal, «sono usciti»), oppure come 1~"'· (yiqtol, «usciranno»). 50,9 A causa loro - Se si considera la locuzione preposizionale c~~ nell'abituale senso locale («di là») non si comprende da quale lato si debba conquistare Babilonia, forse dal lato settentrionale («sarà presa da nord»). Tuttavia, ci sembra preferibile inten-
derla in senso causale («a causa loro»), in base a ls 51,21 e Gen 9,11. La versione CEI non la traduce. Esperto - Con la Biblia Hebraica Stuttgartensia, che propone la lezione ',•:;l~~ («esperto», «abile»), supportata dalla Settanta, da Simmaco e da alcuni manoscritti ebraici. Il Testo Masoretico, invece, ha ',·!l~Q «che priva (di figli))), «che rende il popolo senza figli)) (lezione accolta da Aquila, dalla Vulgata e da alcuni commentatori). 50,11 La triplice ricorrenza di ':;l non ha
hanno compiuto, perché il popolo era meritevole di castigo per il peccato. Si noti l'evidente contrasto con la situazione idilliaca descritta in 2,3, in cui invece si afferma che quanti avessero leso l'integrità di Israele si sarebbero resi colpevoli, attirando su di sé il castigo divino. 50,8-1 OAppello a fuggire da Babilonia L'oracolo consta di un appello alla fuga (v. 8)- con una motivazione in forma di annuncio di sventura (vv. 9-10)- rivolto ai vari gruppi etnici, compresi i Giudei che erano stati deportati e che risiedevano nella capitale dell'impero. In rapporto a loro, continua ad applicarsi l'immagine pastorale: come i capri che, lasciato l'ovile, sono alla testa del gregge, così essi lasceranno per primi Babilonia. L'espressione «una grande nazione» (v. 9) si trova anche in 6,22 per indicare il nemico che si muove contro Giuda. Nel nostro caso essa indica i Medi che, prima di conquistare Babilonia, avevano rafforzato le loro truppe
539
GEREMIA 50, Il
da Babilonia, l uscite dal paese dei Caldei, siate come capri l in testa al gregge. 9Perché, io sto per suscitare e condurre contro Babilonia l un assembramento di potenti nazioni dal paese del settentrione; si schiereranno contro di essa, l a causa loro sarà conquistata; le loro frecce (sono come quelle) di un guerriero esperto,, l nessuna (di esse) andrà a vuoto. 101 Caldei diventeranno bottino, l tutti i suoi saccheggiatori si sazieranno- oracolo di YHWH. 11 Gioite, esultate, l predatori della mia eredità! Saltellate come una giovenca che trebbia, l nitrite come stalloni.
8Fuggite
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valore causale, come, invece, ha inteso la Vulgata, ma serve a sottolineare l'affermazione che segue. Perciò può anche non essere tradotta.
Gioite, esultate... Saltellate... nitrite (,',;::~~1 ... ,tD,Eli;'I .. Jr7~I:~ .. JnT?f;lf:'l) - Seguendo il qerè, leggiamo la seconda plurale maschile in tutt'e quattro i verbi, mentre il ketìb ha la seconda femminile singolare. Il qerè calza meglio con il contesto, in quanto corrisponde al plurale maschile «saccheggiatori» e ai suffissi maschili plurali del v. 12a.
Saltellate (1tD1ElJ;l) - Il verbo tD1El è usato in MI 3,20 per descrivere i vitelli che escono saltellando dalla stalla. Nel nostro versetto si ha l'immagine di una giovane vitella che gioca spensieratamente mentre trebbia. Che trebbia (11~'1) - Alcuni manoscritti ebraici, la Settanta (Èv ~o> (52,4; Is 29,3). È stata insolente (:"!"')t)- Il verbo i't significa «agire con temerarietà», , con il quale è espressa l'eccellenza militare del Dio d'Israele rispetto a qualsiasi schieramento. I vv. 35-38a si presentano come un annuncio di sventura rivolto ai Babilonesi in forma di «canto della spada», proclamato per descrivere in modo plastico l'azione divina annientatrice. Sia nella Bibbia che nel mondo extrabiblico, della spada si servono i re
549
GEREMIA 50,38
il loro redentore è forte: YHWH degli eserciti è il suo nome; Egli difenderà efficacemente la loro causa, per dare tranquillità al paese e far tremare gli abitanti di Babilonia. 35 Spada contro i Caldei- oracolo di YHWH- l e contro gli abitanti di Babilonia, contro i suoi capi e contro i suoi saggi. 36 Spada contro gli indovini, che agiranno da stolti. l Spada contro i suoi guerrieri, che si spaventeranno. 37 Spada contro i suoi cavalli e carri, l contro tutti i meticci che sono in mezzo a lei, l che diventeranno donne! Spada contro i suoi tesori, che saranno saccheggiati. 38 La siccità (si abbatta) sulle sue acque, che si prosciugheranno. Sì! È un paese di idoli, (gli abitanti del paese) vanno matti per i loro simulacri terrificanti. 34 Ma
Stuttgartensia propone, cambiando le vocali, di leggere :::1'1.() «spada», lezione in linea con tutto il canto, supportata dal testo greco della recensione di Origene e di Luciano e dalla Peshitta (la Settanta omette il termine), accolta da alcune versioni moderne, tra cui quella CEI. Come risulta nella traduzione, abbiamo preferito mantenere il Testo Masoretico, perché è lectio diffici/ior ed è supportato dalla Vulgata (siccitas) e dal Targum.
Vanno matti (,',',;,n•)- Questo verbo è un hitpole/ di ',',;, ~-significa «andare matti», «agire da pazzi» (25, 16; 46,9; 50,38b; 51,7). Due manoscritti ebraici e le versioni antiche lo leggono come hitpole/ di ',',;, II, «vantarsi»; cfr. Sal97,7. l loro simulacri terrificanti - Il termine l"'9'M. «terrore>>, «orrore» ricorre solo questa volta in Geremia e rimanda agli idoli chiamati così probabilmente perché incutevano terrore nei fedeli.
III
e gli dei per espandere il loro potere; anche il dio babilonese Marduk, per esempio, è presentato con la spada in mano. Nel nostro caso, la spada è Wl' entità personificata, che agisce da sé; rappresenta i nemici di Babilonia, di cui YHWH si serve per fare strage di tutto ciò che incontrano lWigo il loro passaggio: uomini, animali e cose. Ne sono vittima, per primi, i comuni cittadini, poi gli ufficiali del re (i capi militari e gli eredi al trono) e i capi politici (consiglieri e scribi, v. 35); gli indovini e i guerrieri (v. 36), carri, cavalli e i mercenari, ovvero il contingente straniero assoldato per la difesa della città (v. 37). Contro questi ultimi è lanciata la maledizione che vengano trasfonnati in donne, nel senso che perdano ogni capacità di resistenza, diventando inabili a difendere la città e il paese (cfr. 48,41; 49,22.24; 50,43; 51,30; cfr. 4,31; 6,24). Infine, la spada colpisce i tesori (v. 37b)e le acque di Babilonia (v. 38a), richiamando l'attenzione sull'eccezionale sistema di canalizzazione di cui essa andava fiera (cfr. 51, 13; Sall37, l) e che pennetteva di irrigare tutto il paese tramite le acque del Tigri e dell'Eufrate; la mancanza di tale rifornimento non solo ne avrebbe causato la desertificazione, ma avrebbe reso la città vulnerabile (v. 38a). I vv. 38b-40 raccolgono un'accusa anti-idolatrica, collegata con il canto della spada (v. 38b), e un annuncio di giudizio contro Babilonia, parallelo a Is 13,19-
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GEREMIA 50,39
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51,1 Leb Qamay- L'ebraico '9i? :l~ (alla lettera: «cuore dei miei avversari») corrisponde all'accadico libba qamu, «bruciare il cuore». È un caso di atbai, un metodo di scrittura crittografico: le lettere della parola C'"lf.!l~, «Caldei», seno sostituite con le lettere che occupano la posizione speculare nell'alfabeto ebraico. Tant'è vero che la Settanta conserva Xa.l..&doç, «Caldei». Cfr. nota a 25,25. 51,2 Stranieri - Invece di C'"")!, «stranieri», alcuni autori preferiscono leggere c•-,t,
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«spulatori», «ventilatori», seguendo Aquila, Simmaco e Vulgata. Questa lettura riflette meglio il contesto, ma difficilmente è l'originale, dal momento che in Geremia troviamo spesso l'idea secondo cui YHWH si serve degli stranieri per disperdere il popolo (5,19; 30,8; 51,51). 51,3 Non si infiacchisca l'arciere (ìn~j? '1""1."10 ,.,,, 1"1\'-"~) - Il Testo ebraico del ketìb si potrebbe rendere: «contro colui che tende, tenda l'arciere il suo arco». La traduzione proposta si basa sul-
divina, fonnulata in modo diretto, forse a guisa di un giuramento, ma priva dell'introduzione («giuro per la mia vita che»; cfr., p. es., 4,2): perfino i bambini saranno colpiti congiuntamente all'ambiente circostante. L'ultimo versetto provvede a conferire alla distruzione di Babilonia un'eco universale di impronta apocalittica. 51,1-6 Babilonia nemica di YHWH Nel brano, composto in fonna di dialogo, intervengono YHWH e Geremia.
553
GEREMIA 51,3
ascoltate il piano di YHWH, l quello che ha concepito per Babilonia; i suoi pensieri, quelli che egli ha meditato l per il paese dei Caldei. Sicuramente saranno trascinati via i cuccioli del gregge, l sicuramente sarà devastato il pascolo. 46Alla notizia "Babilonia è presa", l la terra ha tremato. l Un grido (d'accusa) si è udito tra le nazioni». 1Così ha detto YHWH: «lo sto per destare contro Babilonia l e contro gli abitanti di Leb Qamay l un vento sterminatore. 21o manderò a Babilonia degli stranieri che la vaglieranno l per svuotarne il paese, saranno contro di lei, tutt'intorno, l nel giorno della sventura». 3 • N o n si infiacchisca, l'arciere, l •non si stanchi di rivestirsi, della sua corazza, non risparmiate i suoi giovani, l votate allo sterminio tutto il suo esercito.
45 Perciò
51
le seguenti considerazioni: in primo luogo, con la Peshitta, il Targum, la Vulgata e molti manoscritti ebraici, leggiamo al posto della preposizione "tt· problematica davanti a un verbo di modo finito (l"lT «tende»), la negazione "~:_(; secondo, riteniamo erronea la ripetizione di ,,,. nel ketìb, come già rilevato dai Masoreti; infine, seguiamo il suggerimento della Biblia Hebraica Stuttgartensia di leggere al posto di l"lT («tende») la forma 'TT. dal verbo :-t5l, («diventare fiacco»).
Non si stanchi di rivestirsi della sua corazza (ìl;lOf "~I;l·-"~q) - Il Testo Masoretico si potrebbe anche opportunamente tradurre con l'espressione: «contro colui che si carica della sua corazza)). Anche qui conviene, però, leggere la negazione "~:_( in luogo della preposizione "tt, per lo stesso motivo indicato nella nota precedente. Seguiamo inoltre la proposta della Biblia H ebraica Stuttgartensia, che suggerisce la lettura Ìl;lt? tzl~~ .11~" (cfr. 46,4).
I vv. 1-2 sono un annuncio di giudizio: vi si riprende il tema della distruzione, mediante le due immagini incontrate nella precedente predicazione del profeta (4,ll; 13,24; 15,7; 18,17; 49,32.36): quella del «vento distruttore», ovvero il vento orientale, lo scirocco, e quella di coloro che spulano, cioè che liberano il grano dalla pula dispersa al vento. Nel v. 2b la sorte di Babilonia è interpretata alla luce del giorno di YHWH. Nel v. 3 abbiamo un appello alla battaglia, mentre il
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GEREMIA 51,4
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51,4 Uccisi ... e trafitti - Abbiamo due termini paralleli usati come sinonimi; tuttavia, c·~7rt («gli uccisi») indica i trafitti per mezzo della spada (8,23; 14,18; 25,33; 51 ,4.47-49 .52), mentre C'!i?"!l? i feriti distesi per terra in attesa di soccorso (37,10). Sl,S Il loro paese - Se il suffisso pronominale di c~,,~ è riferito ai Babilonesi, il v. Sb prolunga il flusso di pensiero del v. 4 e va posto dopo di esso,
come propongono alcuni commentatori. Si avrebbe così la seguente successione: vv. 4.5b.5a.6, accolta dalla versione CEI (con una diversa traduzione della congiunzione •:;, all'inizio di 5b): «(v. 4) Cadano trafitti nel paese dei Caldei e feriti nelle sue piazze, (v. 5b) perché la loro terra è piena di delitti davanti al Santo d'Israele. (v. Sa) Ma Israele e Giuda non sono vedove del loro Dio, il Signore degli
v. 4 offre descrizioni sul modo in cui essa è condotta: coloro che difendono la città non potranno resistere agli assedianti, più abili di loro, incitati a distruggere i giovani guerrieri e tutto l'esercito. Il v. 6 è un appello alla fuga, rivolto ai popoli sottomessi (v. 9; cfr. anche 51,45; 50,8), tra cui occorre annoverare i Giudei: Babilonia è infatti teologicamente oggetto della vendetta divina, e viene ripagata secondo quanto ha fatto ai Giudei (v. 6b), i quali perciò devono leggere gli avvenimenti alla luce della fede. Il v. 5 sembra in dissonanza con il messaggio incentrato sul giudizio contro Babilonia, perché la motivazione del castigo contro i nemici (v. 5b) è preceduta da un'annotazione sull'attenzione di Dio verso il popolo (v. Sa): è forse il risultato di un intervento successivo, con il quale si è voluto opporre il destino di Babilonia a quello di Israele e Giuda: se tutte hanno peccato contro il
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GEREMIA 5 I ,8
Cadranno uccisi nel paese dei Caldei l e trafitti nelle sue strade, 5poiché Israele e Giuda non (sono state rese) vedove, l (separate) dal loro Dio, da Y HWH degli eserciti, nonostante il loro paese sia pieno di colpe, l davanti al Santo di Israele. 6Fuggite di mezzo a Babilonia, l ciascuno metta. in salvo la propria vita, l non vogliate perire nella punizione della sua colpa, perché questo è il tempo della vendetta di Y HWH, l della ricompensa che egli le rende. 7Babilonia era nelle mani di YHWH una coppa d'oro, l che inebriava tutta la terra; le nazioni hanno bevuto del suo vino; l perciò agivano da stolte le nazioni. 8All'improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta; l gemete su di essa, prendete del balsamo per la sua piaga, l forse guarirà.
4
eserciti. (v. 6) Fuggite da Babilonia ... ». 51,6 Nella punizione della sua colpa (;i~i~:;)- Il termine li~ può rimandare a ognuna della fasi che dalla trasgressione porta alla punizione e anche alla ripercussione soggettiva della trasgressione in colui che vive un rapporto di alleanza con YHwH. In sostanza, solo dal contesto se ne può determinare il significato preciso. Nel nostro caso indica la punizione
che incombe su Babilonia, come dimostra il motivo della vendetta, frequente negli oracoli contro Babilonia (cfr. 50, 15.28.29; 51 ,24.35-36). 51,7 Nelle mani di YHWH (ì"''V'1~--,~f)- La Biblia Hebraica Stuttgartensia ritiene questa frase un'aggiunta proveniente da 25,15-16. Preferiamo mantenerla, interpretandola nel senso che YHWH si è servito di Babilonia per punire le altre nazioni.
«Santo d 'Israele» (50,29; 51 ,5), solo la prima sarà distrutta, mentre le altre due, nonostante tutto, non saranno abbandonate dal loro Dio («rese vedove}}). 51,7-10 Lamento su Babilonia Il brano è formato di un lamento in poesia (vv. 7-9) e di un completamento in prosa (v. lO). Nel v. 7 si ha di nuovo l'immagine della coppa del vino, già incontrata in 25,15-16, ma ora usata per un altro scopo: mentre nel brano citato essa è data da bere a tutte le nazioni, compresa Babilonia, in questa occorrenza rappresenta la stessa Babilonia, di cui YHWH si è servito per inebriare e punire le nazioni; la si ritiene pertanto coppa d'oro, a causa della ricchezza e potenza della città. Nei vv. 8-9 si sentono le voci di coloro che sono invitati a fuggire: alcuni esortano al lamento, infondendo speranza in una possibile salvezza; al-
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51,10 I nostri diritti- Il Testo Masoretico ha il plurale ~J'J::ii'l::t («le nostre giustizie»), mentre la Settanta ('rò Kp(~a a{rrofi) presuppone il singolare inj?l~ («la sua giustizia»). Il plurale può essere tradotto con «le nostre giuste cause», oppure con «le nostre vittorie»: nel primo caso si presupporrebbe l'idea della singolarità di Israele, oggetto della benevolenza divina; nel secondo, quella secondo cui Israele, avendola sperimentata (ls 62, 1-2), può testimoniare
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davanti a tutti l'azione liberatrice di YHWH. 51,11 Le faretre - Il termine C'~'?l!l ricorre sei volte nell' AT con il significato di «scudh>. In questo caso però, data la presenza del verbo ~x7~ («riempite>>), non può avere questo significato, bensi, come hanno visto la Settanta e la Vulgata, quello di «faretre». Alcuni tuttavia traducono: «afferrate gli scudi». Il re dei Medi- Il Testo Masoretico ha il plurale ''19 ·~7Q, mentre la Settanta (Jho~ÀÉwc;
tri, invece, ali' opposto, affermano l'inefficacia di qualsiasi cura e la necessità che ognuno ritorni al proprio paese (50,8.16). In entrambi i casi, gli esiliati, interloquendo tra di loro, ci svelano quale rapporto abbiano intrattenuto con la regione ospitante. Al riguardo, dal v. 9 si deduce che alcuni gruppi, avendo ascoltato il consiglio offerto loro da Geremia (29,7), si prodigarono per il bene di Babilonia. La frase finale segnala che la sentenza di condanna ha toccato il cielo, cioè è giunta all'acme (Dt 1,28), e perciò comporta il massimo del castigo; secondo alcuni autori si tratterebbe di un proverbio indicante la proporzione planetaria del giudizio. Il v. l O, sviluppando il motivo del v. 9, interpreta il giudizio su Babilonia come salvezza in rapporto ai Giudei, di fronte ai quali si profila un futuro di
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GEREMIA 51,12
«Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita; l abbandonatela e andiamo, ciascuno al proprio paese, perché la sua punizione ha raggiunto il cielo, l si è elevata sino alle nubi. 10YHWH ha fatto emergere i nostri diritti, venite, raccontiamo in Zion l'opera di YHWH, nostro Dio». 11 Appuntite le frecce, l riempite le faretre; Y HWH ha animato il re dei Medi, perché il suo piano su Babilonia è di distruggerla. Sì! Questa è la vendetta di YHWH, la vendetta per il suo tempio. 12 Alle mura di Babilonia! Alzate un segnale! l Rinforzate la guardia! Disponete le sentinelle! l Preparate truppe in agguato! Perché YHWH ha avuto un piano e ha compiuto quanto ha annunciato agli abitanti di Babilonia. 9
Mf}&ùv) e la Peshitta hanno il singolare. Il plurale, ricorrente anche in 25,25; 51 ,28, può alludere ai piccoli re che facevano parte dell'impero, oppure può ritenersi plurale intensivo. l Medi figurano per la prima volta in 25,25-26, nella lista delle nazioni che devono bere la coppa. Nel 550 a.C. la Media cessò di essere una nazione autonoma e fu inglobata nell'impero persiano. Da allora in poi poteva venire identificata con la Persia (Est 1,3.14.18-19; Dn 5,28; ,
6,9.13.16). L'espressione «il re dei Medi» potrebbe dunque far pensare che siamo negli anni precedenti al 550 a.C. Nondimeno, occorre precisare che storicamente la vendetta divina qui annunciata giungerà soltanto con il re persiano Ciro che, salito al trono nel 557 a.C., si ribellò ai Medi da cui i Persiani dipendevano. Nel 539 a.C. prevalse sul regno neobabilonese. Va anche ricordato che Geremia non conosce i Persiani, né usa la parola«Persia».
speranza nella terra da cui erano stati deportati e dove ora potranno ritornare con sentimenti nuovi: qui narreranno tutto quanto Dio ha fatto a loro beneficio. Si tratta di una vera e propria confessione di fede, con la quale essi dichiarano che sono stati redenti in virtù del giudizio divino effettuato contro la superpotenza babilonese. 51,11-12 Appelli alla battaglia Due pressanti appelli alla battaglia contro Babilonia sono rivolti ai nemici e formulati con imperativi plurali (vv. lla.12a; cfr. v. 3b), a essi sono stati aggiunti due supplementi in prosa: il primo, v. 11 b, identifica il nemico con i Medi (50,11; cfr. ls 13,17) mentre il secondo, v. 12b, ribadisce quanto YHWH aveva annunciato.
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GEREMIA51,13
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51,13 La tua ultima ora (13.1.~:;1 n~tt)- Alla lettera: «la misura del tuo taglio». Con questa espressione si indica, con un linguaggio mutuato dall'industria della tessitura, l'ultima bracciata che segna con il taglio del filo la fine di una parte di tessuto (Is 38, 12;
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Gb 6,9; cfr. Mt 6,27). La versione CEI ha > (liiken) e introdotto dalla formula del messaggero (v. 36a). Si motiva l'intervento divino nel contesto della requisitoria: YHWH vendicherà Zion, prosciugherà Babilonia delle sue acque (51,13) e la renderà un deserto, priva di abitanti (vv. 36b-37). Diversamente da quanto si dice nel v. 37, in cui l'azione divina è presentata con elementi tipici già noti (cfr., p. es., 9,11; 10,22; 24,9; 25,9; 48,9; 49,33), i vv. 38-40, per esprimere il castigo, impiegano l 'immagine inedita dei leoni che, ancora prestanti e in grado di azzannare la preda, sono resi ebbri durante un banchetto, per essere poi più facilmente colpiti a morte (v. 39; 51,57b): privati della loro ferocia, possono essere condotti al macello, come agnelli mansueti (v. 40; 25,34). Sebbene non sia menzionata, nell'immagine del banchetto va contemplata la coppa del vino o dell'ira, altre volte espressamente richiamata come strumento di castigo (cfr. 25,15-16; 51,7). 51,41-43 Lamento su Babilonia Presupposta la requisitoria dei versetti precedenti, in cui è emessa la sentenza
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GEREMIA 51,43
Perciò, così ha detto YHwH: «Ecco, io sto per patrocinare la tua causa, l compirò la tua vendetta, prosciugherò il suo mare, l farò inaridire la sua sorgente. 37 Babilonia diventerà rovine, l un riparo di sciacalli, una desolazione, oggetto di scherno, l senza alcun abitante. 38 lnsieme, ruggiranno come leoni, l emetteranno ruggiti come cuccioli di leonesse. 39 Quando si saranno surriscaldati (per la festa), preparerò le loro bevande, l li inebrierò, affinché diventino brilli e si addormentino in un sonno eterno, l senza svegliarsi (più)oracolo di YHWH. 40Li condurrò al macello come agnelli, l come montoni assieme a1 capn». 41 Come mai è stata presa Sheshak, come mai è stata occupata l la lode di tutta la terra? Come mai è divenuta una devastazione l Babilonia tra le nazioni? 42 11 mare ha coperto Babilonia l e nella massa delle sue onde è stata sommersa. 43 Le sue città sono diventate una desolazione, l terra arida e steppa, nessuno abiterà in esse l e nessun essere umano le attraverserà.
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il contesto. Riteniamo, però, che il Testo Masoretico debba essere mantenuto, in quanto rappresenta la lectio difficilior,
e veicola in modo appropriato l'idea del vino come mezzo per anestetizzare gli effetti del castigo.
contro Babilonia, il v. 41 è un lamento, non privo di ironia, per la presa della città, soprannominata in modo cifrato con il termine Sheshak: mentre in passato era eminente tra le nazioni, ora è diventata una «devastazione» (50,23). Nei vv. 42-43 l'irruzione degli eserciti coalizzati contro Babilonia è paragonata a un mare in tempesta (46,7; 47,2; Is 17,12-13), le cui onde hanno inghiottito tutto ciò che esisteva. Tale descrizione rinvia a Sal74,13, in cui gli esuli confessano che, all'origine della creazione, YHWH ha prevalso sul mare e ne ha distrutto i mostri (tannfn): nei miti creazionistici babilonesi il mare rappresenta, infatti, il caos originario (Tiamat), sconfitto dal dio Bel Marduk. Il v. 42 può alludere a questo aspetto mitologico, rilevando che colui che domina effettivamente il mare è il Dio d'Israele; nello stesso tempo, però, il versetto può leggersi sullo sfondo della storia della salvezza e rimandare all'esodo egiziano, quando il mare fu sottomesso da YHWH per liberare il popolo dalla potestà del faraone. Tale è la forza distruttrice del nemico che al suo passaggio non resta altro che desolazione e vuoto, un ambiente privo di vita (v. 43; cfr. 49,18.33b; 50,40b).
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GEREMIA51,44
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51,44 Affluiranno (,.,::Jr) - Il verbo .,i1l I «accorrere», «affluire)> ricorre anche in Is 2,2 e Mi 4, l. Per alcuni però si tratterebbe, come in 31, 12, del verbo omografo che ha il significato di «essere raggiante (di gioi~>).
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Ma questo significato, se va bene in ls 2,2, non è consono al nostro contesto. 51,46 Non siate intimiditi (C=?~~'? l'!'.-1~,) - Alla lettera: «non si infiacchisca il vostro cuore)>: frase idiomatica che equivale
51,44-46 La caduta di Bel Merodak Il v. 44 è un annuncio di giudizio che veicola l'idea del capovolgimento della situazione: YHWH interviene (piiqad) contro Bel Merodak (50,2), in modo che questi restituisca a Gerusalemme tutto ciò che le ha tolto e che non possa più esercitare alcun potere nemmeno sulla sua stessa nazione. Al capo del pantheon babilonese è così predetta la medesima sorte annunciata a Nebukadnezzar nel v. 34. In questo contesto Bel Merodak non solo rappresenta il potere religioso, ma anche quello politico, la potenza babilonese nel suo insieme, re compreso. D'altra parte, per la mentalità del Vicino Oriente antico era impossibile distinguere, diversamente da come si fa oggi, i contorni della sfera religiosa e cultuale da quelli della sfera politica e nazionale. Al v. 45 YHWH si rivolge ai Giudei in esilio, richiamati con la tenera espressione «popolo mio», e li invita insistentemente a lasciare Babilonia, affinché non periscano assieme agli abitanti del luogo. Tale viaggio equivale a un nuovo esodo (cfr. 50,8; 51,6.50; Is 48,20; 51,17; 52,1-2.11-12). L'ultimo versetto del brano (v. 46) è da non pochi autori considerato un'interpolazione prosastica,
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GEREMIA 51,48
«lo emetterò la sentenza contro Bel a Babilonia, l farò uscire dalla sua bocca ciò che ha inghiottito; le nazioni non affluiranno l più a lui, anche le mura di Babilonia sono cadute. 45 Fuggi da lei, popolo mio, metta in salvo ciascuno la propria vita l dall'ardente ira di
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YHWH.
Non siate intimiditi e non temete per la notizia udita nel paese; un anno giunge una notizia e l'anno dopo un'altra notizia; ci sarà violenza nel paese, dominatore contro dominatore. 47Dopo di che, ecco, vengono giorni l nei quali emetterò la sentenza contro le immagini (scolpite) di Babilonia; allora tutto il paese si vergognerà, l tutti i suoi uccisi cadranno in mezzo a lei. 48 Grideranno di gioia su Babilonia l il cielo e la terra l e tutto ciò che è in essi, perché dal settentrione i devastatori l . verranno. contro di lei oracolo di YHWH.
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a non scoraggiarsi, a non perdersi d'animo. 51,48 I devastatori - Il termine C'"'!1iW è usato spesso nel libro per indicare il nemico, sia quello contro Giuda (6,26; 12,12; 15,8), sia quello contro le nazio-
ni straniere (48,8.18.32; 51,48.53.56). 51,48 Verranno - Il Testo Masoretico ha il verbo al singolare (l'ti:!~, «verrà))). Il plurale è supportato da alcuni manoscritti e dalle versioni antiche.
da interpretare sullo sfondo di quanto successe in Babilonia dopo la morte di Nebukadnezzar (562 a.C.: nel giro di sette anni, il trono aveva cambiato sovrano due volte). I Giudei in esilio non devono scoraggiarsi per le notizie di guerra, perché si tratta di avvenimenti del tutto normali: dall'esperienza si evince che a un dominatore ne succede un altro. 51,47-48 La gioia per la caduta di Babilonia Si tratta di un annuncio di giudizio in prosa, il cui oggetto è anche in questo caso il nemico proveniente dal Nord, inviato contro Babilonia (50,3.9.41): questi provocherà la distruzione a tutti i livelli, da quello religioso -mediante la demolizione delle statue, tra le quali è da includere quella di Bel Merodak - a quello politico e ambientale. Per il crollo di Babilonia, preludio della salvezza di Israele e delle altre nazioni da essa conquistate e sottomesse, «i cieli e la terra)), endiadi per indicare tutto l'universo, emetteranno un grido di vittoria (v. 48), esprimendo il motivo della gioia cosmica, in contrapposizione all'esultanza con cui precedentemente la potenza mesopotamica aveva messo le mani su Gerusalemme (50, Il).
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51,49 Deve cadere- Alcuni autori correggono l'infinito costrutto ',5:.1~~ con lo yiqtol ',5:.1', più conforme alla sinta~si. Trafitti di Israele c"~l~ ·~'?o)- La Biblia H ebraica Stuttgartensia propone di inserire una t, prima di t,~l9' ·~7r:r («feriti di Israele)», supponendo che sia caduta per aplografia. Così l'espressione non sarebbe più un vocativo, ma
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identificarlo, in contrasto con il precedente v. 53, in cui è esplicitato il nome di Il v. 57 si conclude con la ripresa del motivo dell'ubriacatura, applicato questa volta agli altolocati babilonesi (cfr. v. 39). Il secondo oracolo (v. 58), più breve, si presenta come conclusione della raccolta degli annunci di giudizio contro Babilonia (cc. 50--51) e si compone di due segmenti: il primo riprende in modo plastico il motivo della distruzione della città, menzionandone le mura e le alte porte, di cui non rimarrà nulla; il secondo, invece, si presenta come un'affermazione proverbiale, riportata anche in Ab 2, 13, con la quale si afferma che Babilonia non avrà futuro, nonostante i tentativi di ricostruirla: il frutto delle fatiche è destinato a scomparire nel fuoco.
YHWH.
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51,59 L 'ordine che Geremia, il profeta, diede a Seraya (n;:Jt~ ~-t•~;:r ~:W"T. il~~ i?T-1)
- La Settanta ha un testo più lungo: ò ÀOyO7~i:l1 T~~ ì'7J;' 1~i?t:l il!.iJ 1~~;:~-ntt N1i?7 ~z:i?:;lf h~v1 63 '}.~o b~p.t;~·N71'~~ v~~t:l il:ti J!ll0~1 64 :n1~ 'ifi.t;l-;tt :~i1'01' '1:J":f i13i1.1P ~!:lP'1 il''P N':JO ':J.lN 1\VN illnil IT :
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bile che Seraya sia presente come «ufficiale dei tributi», allo scopo di offrire al gran Re il tributo annuale (cfr. 2Re 17 ,3-4; Os l 0,6). 51,64 E saranno sfiniti. Fin qui le parole di Geremia (~il~I?T '"1:;1"1 rq:·r,~ ~ElP.~l)- Queste due frasi sono omesse nella Settanta. La
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prima consta delle ultime parole del v. 58; la seconda riprende 1,1, con il quale forma inclusione. Il 52,1-34 Testi paralleli: 2Re 24, 18-25,30; 2Cr 36,11-21 52,1/famita/ (~~'QQ)- Il nome della madre
direttamente a YHWH, per confermare il carattere divino dell'annuncio, cioè che Egli stesso è ali' opera nella distruzione della città (cfr. 50, 1.39-40; 51 ,26.36-3 7). Nel v. 63 sono descritti i momenti dell'azione simbolica e nel v. 64 ne è dato il significato: come il rotolo, legato alla pietra è affondato nel fiwne, così Babilonia precipiterà, senza avere la possibilità di rialzarsi. L'ordine di gettare il rotolo nel fiwne si può giudicare quanto meno inconsueto, se si considera il carattere sacro della parola scritta, generalmente custodita nei templi (Dt 31,26; 2Re 22,8). Ma in questo caso il gesto va considerato nel contesto e alla luce del significato delle azioni simboliche, che non sono affatto azioni magiche, né tantomeno separabili dal messaggio che veicolano. La spiegazione del v. 64 è parola profetica vera e propria, pronunciata da Dio stesso (Niv tn!:l h~1vrn~ O"Df.Q-:11 niP-~124 il,~'TiW~ 10~ O"Ìt? hi?? i"~v-11;1~25 :t'J~iJ "'J.t?W nw?'P-n~, iW~ ~?$0-"J-? .,~,Q O"W~~ il*:tW1 i11?~7~iJ "W~~-;~ l 1"i?.~ O"WW1 1'1~v OJrn~ Nf.~~iJ N~~iJ iip 1;Jb n~1 i"~:t ~~~'?~ T'J~l!~:l~ O~iN njP-~126 :i"l,?v 1il;9 0"~~1?~0 fl*V OP-Q izN~ 1?~ b.t;tiN i1#~127 :i1I;J1:t1 ?;}f. 1?~-?~ OttiN 1?!1 O"l:Jf.Q-:11 :i~rt1~ ?P-Q il'Jm; ?~ ;.1 ngn n~f il?=i11f op1;1;1 ?;tf. ilJJ~>~iJ
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52,24 Seraya ... Sofonia (:1:~~~ ...:1:li!')La Settanta omette i nomi dei sacerdoti, i quali, però, essendo attestati in 2Re 25,18, sono originari. Di Seraya abbiamo notizie solo in Geremia. Suo nonno era I:Ielqiyya, il sommo sacerdote che trovò il rotolo nel tempio all'epoca di Yoshiyya (2Re 22,8); suo padre si chiamava Azarya e fu pure
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sommo sacerdote. Il figlio di Seraya, Yozadaq, fu esiliato a Babilonia (1Cr 5,40-41); e il figlio di quest'ultimo, Giosuè, divenne sommo sacerdote dopo l'esilio (Ag 1,1; Zc 3,1; 6,11). Per quanto riguarda Sofonia, si tratta probabilmente del figlio di Ma'aseya, sacerdote menzionato in 35,4. Custodi degli ingressi ("JQiJ '"J.I?iD) - Per
52,24-27 Deportazione e sorte degli altolocati Il brano narra che i funzionari di Zidqiyya, che non erano stati deportati e che erano rimasti in città, sono arrestati, condotti davanti al re Nebukadnezzar a Ribla (v. 26) e uccisi (v. 27). L'operazione fu effettuata contro Semya (51,59) e Sofonia (29,25-27; 37,3), già menzionati precedentemente, e contro i tre custodi degli ingressi (v. 24); in sostanza, contro coloro che svolgevano una funzione di primo piano nel tempio. Il v. 25 menziona diversi funzionari e sessanta uomini qualificati come inio IT-
52,31 Yoyakin (1~:i:'T~) - La Settanta ha IWOO>. Non sapremmo trovare una metafora più ricca e plastica per descrivere ciò che avviene nell'atto liturgico: Dio plasma il popolo con le proprie mani e lo conforma a Cristo, vaso traboccante di grazia! Con la ripresa di questa metafora - presente anche in Isaia - intendiamo dire che attraverso i riti e le preghiere la salvezza non solo è annunciata ma anche agita. Il tema penitenziale di questi brani è valorizzato dal Lezionario del Rito della penitenza che annovera pure Ger 2, 1-13: «Il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono l'acqua». Sbirciando nella Liturgia delle Ore ci accorgiamo che il martedì e il venerdì delle prime quattro settimane di Quaresima hanno come Lettura breve dell'Ora sesta Ger 3,25b e 3,12.14a. Lamento del popolo e fiducia in Dio Il popolo, reso consapevole del proprio peccato, si rivolge a Dio per chiedere perdono. La Sacra Scrittura conosce innumerevoli invocazioni di misericordia, segno della chiara persuasione che anche gli uomini più pii e religiosi non sono immuni al male e al peccato. Ger 14,20 è la fonte diretta della seconda formula proposta per l'Atto penitenziale, quando il sacerdote dice: «Pietà di noi Signore» e il popolo risponde: «Contro di te abbiamo peccato». Generalmente si sottolinea la dipendenza del responsorio dal Salmo 50 e dal Salmo 84, oltre che da altri testi profetici, senza osservare a
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sufficienza che, essendo la risposta del popolo al plurale, il versetto biblico più prossimo è proprio quello di Geremia. La Compieta del venerdì fa di Ger 14,9 una vera e propria professione di fede. Il versetto, valorizzato dal contesto celebrativo e luminoso nella sua purissima stringatezza, è una supplica che il popolo può innalzare al cielo a motivo della fedeltà di Dio, vista e sperimentata nella storia. Credere in Dio, fedele e misericordioso, significa maturare un preciso senso della storia, valutata e soppesata secondo un criterio che mette a soqquadro gli schemi umani del potere e dell'autosufficienza. Così Ger 17,5-8, durante la VI domenica del Tempo Ordinario, Anno C, sguaina parole nette e affilate come spade: «Maledetto chi confida nell'uomo; benedetto chi confida nel Signore». In quello stesso giorno la versione lucana delle beatitudini con i suoi famosi quattro «Guai a voi» contribuisce ad aumentare quella carica drammatica e perentoria dell'alleanza che ha nella Colletta propria una ricomposizione orante: «0 Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell'egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa' che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell'umanità rinnovata nel tuo amore». Le ultime parole dell'Orazione appena citata seguono implicitamente il percorso spirituale tracciato da Geremia il quale, come ricorda un'Antifona di ingresso nel Comune dei santi e delle sante, benedice quanti sono radicati in Dio quale albero rigoglioso. Ancora più esplicito è il Benedizionale: per la Benedizione ai campi, ai prati e ai pascoli e per un frutteto indica come brano Ger 17,7-8 titolandolo "Chi confida nel Signore produce frutti". Il germoglio giusto «Susciterò a Davide un germoglio giusto»: su questa certezza ha nutrito e riposto la speranza del popolo di Israele, attendendo nei secoli il Messia promesso, speranza che la fede della Chiesa vede realizzata in modo pieno e definitivo in Gesù Cristo. Eppure, l'annuncio contenuto in Ger 23,5-8 fin dagli albori della Chiesa risuona anno dopo anno nella preparazione al Natale (attualmente il
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18 dicembre), perché i credenti rimangano desti e vigili nell'attesa di Colui che continua a venire «in ogni uomo e in ogni tempo». Il popolo di Dio è chiamato a riconoscere i germogli della Sua presenza nella storia, l'offerta inesausta di Colui che nascendo dalla Vergine continuamente ·chiede di essere generato nella Chiesa. Il ciclo domenicale dell'Anno C apre l'Avvento con la pericope di Ger 33, 14-16: «Realizzerò le promesse di bene che ho fatto» dice Dio, ribadendo immediatamente: «Farò germogliare per Davide un germoglio giusto». La Colletta non poteva mancare il compito di riprendere in sintesi orante questi temi: «Padre santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell'umanità oppressa da tanti mali e apri i nostri cuori alla speranza, perché sappiamo attendere senza turbamento il ritorno glorioso del Cristo, giudice e Salvatore». Pregando con la Liturgia delle Ore dal tesoro eucologico della Chiesa ci vengono offerte le meravigliose Antifone maggiori di Avvento (riprese nel Lezionario in forma breve al canto dell'alleluia), due delle quali si ispirano direttamente agli oracoli messianici di Geremia. Il 21 dicembre si canta O Oriens, ossia «0 astro che sorgi», titolo ripreso da Ger 23,5 e da Zac 3,8. Il22 dicembre si intona O Rex gentium, ossia «0 Re delle genti», appellativo proprio di Ger l O, 7. Non solo il Tempo di Avvento e il Tempo di Natale, ma anche il Tempo Ordinario volentieri si lascia ispirare dall'immaginario messianico di Geremia. Tra le Collette per il Comune della Beata Vergine, la numero 3, intitolata "Da Maria sboccia il germoglio", riprende almeno due dei temi cari al nostro profeta: «0 Dio nostro Padre, come da radice in terra fertile, tu hai fatto sbocciare dalla Vergine Maria il santo germoglio, Cristo tuo Figlio; fa' che ogni cristiano, innestato in lui per mezzo del Battesimo nello Spirito, possa rinnovare la sua giovinezza e dare frutti di grazia a lode della tua gloria». Infine, l'abbondantissima collezione di Messe per varie necessità, nella "Messa dopo il raccolto", compie una lettura misterica ed escatologica dell'eventochiave per il mondo agricolo, interpretando la generosità della terra come segno della benevolenza divina: «Ti ringraziamo, Signore, per i frutti che ogni anno la terra produce a beneficio dell'umanità: tu che rendi fecondo il seme
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e lo moltiplichi con generosa larghezza, fa' che in egual misura maturi in tutti noi il germe della giustizia e il frutto della pace».
Dio esaudisce chi lo cerca e si lascia trovare A partire dalla riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II, il Messale ha vissuto un notevole incremento eucologico, poiché sono state recuperate stupende orazioni antiche e altre, di nuova composizione, hanno trovato posto accanto alle prime. Ciò sta a significare che la preghiera al Vivente trova sempre nuove espressioni nella lingua dei vivi! Tra le imprese più impegnative e meritorie degli esperti che stilarono il nuovo Messale, annoveriamo la composizione delle nuove Preghiere Eucaristiche, ispirate alla tradizione della Chiesa indivisa. Scegliendo la IV anafora, al termine delle intercessioni per i vivi, ci imbattiamo in una felicissima espressione: «Ora, Padre, ricordati [ ... ] di tutti gli uomini che ti cercano con cuore sincero». Con appena una riga la liturgia sa esprimere l'indole profonda del Concilio, l'attitudine evangelica a cercare, riconoscere e custodire, quanti sono in cammino per incontrare Dio. Un versetto tanto ecumenico e aperto all'alterità religiosa proviene da Ger 29,13. Infatti, dice il profeta: «Mi cercherete e mi troverete [... ] io mi farò trovare da voi». Gli stessi versetti, in contesto ben diverso, sono utilizzati dallezionario nella Messa "In tempo di guerra" e nella Messa "Per i profughi e gli esuli", quasi a dirci che nel camminare e vagare dell'uomo, Dio si fa accanto come compagno di strada, come pace e meta sicura. Il Benedizionale riesce a valorizzare la vicenda dolorosa di Geremia per fame motivo di stimolo e preghiera verso quanti, come lui, sono oppressi da poteri avversi. Alla Benedizione dei profughi e degli esuli, la Preghiera dei fedeli dice: «Preghiamo con fiducia Dio, nostro Padre, che ha promesso per bocca di Geremia profeta: "Quando mi invocherete io vi esaudirò; vi radunerò da tutti i paesi in cui vi ho dispersi e vi farò tornare dal vostro esilio ... "». Le bellissime espressioni di Ger 31, 1.3. 9-1 O, così cariche di dolce passione e ferma tenerezza, sono la chiave per apprezzare lo sfondo biblico dell'anamnesi posta in apertura della Preghiera eucaristica IV: «E quando, per la sua disobbedienza, l 'uomo perse
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la tua amicizia, tu non lo hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare». «Ti ho amato di amore eterno» è la dichiarazione che sottende tutta la storia della salvezza! Ger 31,7-9, proclamato durante la XXX domenica del Tempo Ordinario, Anno B, segnala gli esiti di un amore letteralmente sanante: «Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo». La nuova alleanza Il tema dell'alleanza è per Geremia centrale. La consapevolezza che il peccato e l'infedeltà del popolo si sono strutturalmente inseriti in ogni ambito della vita chiede un intervento di Dio unilaterale e creativo, radicale. Israele ha abbandonato la via della vita e non sa riconoscerlo. Che cosa gli accadrà? È il capitolo 31 del libro a concentrarsi su questa domanda e nel versetto 33 Dio sottolinea: «Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni, oracolo del Signore: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo». L'eucologia riprende queste parole nel Prefazio di Quaresima II: «Tu hai stabilito (Padre) per i tuoi figli un tempo di rinnovamento spirituale, perché si convertano a te con tutto il cuore, e liberi dai fermenti del peccato vivano le vicende di questo mondo, sempre orientati verso i beni eterni». La V domenica di Quaresima, Anno B, con la pericope formata dai versetti 31-34, alla Colletta prega: «Ascolta, o Padre, il grido del tuo Figlio che, per stabilire la nuova ed eterna alleanza, si è fatto obbediente fino alla morte di croce». Un esplicito riferimento a Ger 31,31 si trova anche nella Benedizione dell'acqua lustrate nella Veglia pasquale: «... con l'immagine dell'acqua viva i profeti hanno preannunziato la nuova alleanza che tu intendevi offrire agli uomini». È molto interessante notare come i lezionari offrano angolature sempre diverse dello stesso brano in dipendenza del mutare del contesto celebrativo: Ger 31,31-3 7 è lettura per la Consacrazione delle vergini e professione religiosa; i versetti 31-34 sono proposti per l'Iniziazione cristiana degli adulti, fuori dalla Vigilia pasquale come avviene anche nella Messa "Per la riconciliazione", che con la Colletta si rivolge a
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Dio parlando di «un tempo favorevole alla riconciliazione», perché gli uomini «ti riconoscano creatore e Padre». Similmente Ger 31 ,31-32a. 33-34a è il testo proposto nella Messa "Per gli sposi", che può giovarsi, nel Prefazio II, del recupero tipo logico del tema dell'alleanza. Le confessioni di Geremia La XXII domenica del Tempo Ordinario, Anno A, ci raggiunge con un'amara constatazione del profeta: «La parola del Signore è diventata per me causa di vergogna», contenuta in 20,7-9 assieme alla non meno potente affermazione: «Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente[ ... ] mi sforzavo di trattenerlo, ma non potevo». La Colletta, in riferimento allo scherno subito da Geremia, prega: «Rinnovaci con il tuo Spirito di verità, o Padre, perché non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo ... ». Osserviamo con curiosità: nel testo biblico a sedurre non è il secolo ma Dio stesso! A cosa si deve questa inversione? Dio è colui che fa qualunque cosa pur di guadagnare a sé Geremia, giocando a carte coperte e non senza inganno. Ger 20, l 0-13 grida per il terrore provocato da avversari e detrattori per arrivare a esultare confidando nella fedeltà di Dio: anche di questo si occupa la XII domenica del Tempo Ordinario, Anno A, quando il presbitero invoca: «0 Dio, che affidi alla nostra debolezza l'annuncio profetico della tua parola, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con tutta franchezza il tuo nome ... ». Dell'abbondante materiale che attesta la presenza di Geremia nella liturgia abbiamo tralasciato non pochi riferimenti, variamente presenti nei lezionari e nella Liturgia delle Ore. Dall'introspezione spirituale ai sogni escatologici, dalle vie della povertà ai palazzi del potere - passando per esilio e persecuzione -, Geremia è un uomo d'alta tensione, variegato e complesso, vivido. E alla liturgia concede di radicarsi in tutto l'umano e in tutto il divino. Legandoli indissolubilmente.
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INTRODUZIONE Titolo e posizione nel canone Aspetti letterari Linee teologiche fondamentali Destinatari, autore e datazione Testo e trasmissione del testo Bibliografia
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GEREMIA Capitolo programmatico (l, 1-19) La predicazione iniziale (2, 1--6,30) Primi interventi di Geremia sotto Yoyaqim (7,1-10,25) Interventi di Geremia in conflitto con il popolo sotto il regno di Yoyaqim (11,1-20,18) Interventi sulla casa regale e sui profeti sotto Yoyaqim e Zidqiyya (21,1-25,38) Inizio del calvario di Geremia e oracoli di speranza (26,1-35,19) Il rifiuto della parola profetica e la fine imminente (36,1-45,5) Gli oracoli sulle nazioni (46,1-51,64) Appendice storica: giudizio e salvezza (52,1-34)
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ANNOTAZIONI
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CARATTERE TECNICO
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I LIBRI DI GEREMIA NELL'ODIERNA LITIJRGIA Un profeta afferrato dalla Parola Vi darò pastori ... Il popolo non ascolta la parola del Signore Lamento del popolo e fiducia in Dio Il germoglio giusto Dio esaudisce chi lo cerca e si lascia trovare La nuova alleanza Le confessioni di Geremia
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