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Italian Pages 295 [296] Year 2010
MISCELLANEA BIBLIOTHECAE APOSTOLICAE VATICANAE XVII
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STUDI E TESTI ———————————— 4 62 ————————————
MISCELLANEA BIBLIOTHECAE APOSTOLICAE VATICANAE XVII
CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 2010
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Pubblicazione curata dalla Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana: S.Em. Card. Raffaele Farina Cesare Pasini Giancarlo Alteri Marco Buonocore (Segretario) Ambrogio M. Piazzoni (Presidente) Adalbert Roth Paolo Vian Sever J. Voicu
Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va
Stampato con il contributo dell’associazione American Friends of the Vatican Library
—————— Proprietà letteraria riservata © Biblioteca Apostolica Vaticana, 2010 ISBN 978-88-210-0875-7
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SOMMARIO M. BUONOCORE, Augusto-Federico II in un codice oraziano della Vaticana? A proposito del Vat. lat. 1592 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
A. CAPRISTO, “Ai noti questionari non conviene rispondere”. Pio XI, i fratelli Mercati e il censimento antiebraico nelle accademie del 1938 . .
15
L. FIORANI, Archivio Salviati. Il Fondo Salviati della Biblioteca Apostolica Vaticana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29
F. NEGRI, Due importanti testimoni del De claustro animae di Ugo di Fouilloy (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 119 e Chig. C.V.117) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
103
O. RAINERI, Il ms. “Raineri 230” della Biblioteca Vaticana
...........
121
A. SIDARUS, Les sources d’une somme philosophico-théologique copte arabe (Kitâb al-Burhân d’Abû Šâkir Ibn al-Râhib, XIIIe siècle) . . . . .
127
S. J. VOICU, La Pseudocrisostomica Oratio in Iohannem Theologum (CPG 4987; BHG 925G) tramandata dal Barb. gr. 517 . . . . . . . . . . . . . . . . .
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICO-MUSICALI RECENTI ESPERIENZE E PROSPETTIVE Tavola rotonda, Roma, Pontificio Istituto di Musica Sacra, Sala Accademica, 25 febbraio 2010 C. M[ontuschi] – N. T[angari], La catalogazione dei manoscritti liturgici: diverse competenze a confronto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18 9
C. MONTUSCHI, La catalogazione dei manoscritti liturgici latini della Biblioteca Vaticana. Excursus storico e presentazione di un progetto in corso (Vat. lat. 4726-4774) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
191
F. MANZARI, Il contributo della storia della miniatura nella catalogazione dei libri liturgici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
231
M. PALMA, Un archivio di libri medievali datati
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259
N. TANGARI, Rilevazioni quantitative sui manoscritti liturgici datati . . . .
269
K. HERBERS, Fondazione Pio XI per lo studio dei documenti pontifici . Rapporto per l’anno 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
281
Indice dei manoscritti e delle fonti archivistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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MARCO BUONOCORE
AUGUSTO-FEDERICO II IN UN CODICE ORAZIANO DELLA VATICANA? A PROPOSITO DEL VAT. LAT. 1592 Le recenti illuminanti pagine di Francesco Gandolfo dedicate all’iconografia di Federico II1 mi hanno invitato a “rileggere” una miniatura presente nell’opus Horatianum di un codice attualmente conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana: il Vat. lat. 1592. A questo manoscritto riservai un primo intervento nell’ormai lontano 1992, quando per il Bimillenario Oraziano volli pubblicare la recensio dei codici “oraziani” presenti nella Vaticana2; successivamente, nel 1996, il codice fu da me inserito nel catalogo della Mostra Vedere i classici3 tenutasi nel Salone Sistino della Biblioteca Vaticana tra il 9 ottobre 1996 ed il 10 aprile 1997, a motivo soprattutto della rarità nel confronto con manoscritti “miniati” della sua opera4. Il Vat. lat. 15925 (perg., mm 241 u 171, ff. 86), d’origine italiana, formato da 12 fascicoli tutti quaternioni (tranne ff. 81r-84v: binione), è composto da due sezioni tra loro autonome: i ff. 33r-84v, in tarda carolina (sec. XI/ XII), trasmettono, di Boezio, il De consolatione philosophiae preceduto da * Il grazie alla collega Claudia Montuschi per aver voluto gentilmente leggere queste pagine. Ovviamente non a lei dovranno essere imputati eventuali errori od omissioni. 1 F. GANDOLFO, Iconografia, in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, II, Roma 2006, pp. 21-28. 2 M. BUONOCORE, Codices Horatiani in Bibliotheca Apostolica Vaticana (Bis millesimus annus Horatianus), Città del Vaticano 1992 (il codice è descritto alle pp. 193-194 n. 127); vd. anche la mia Recensio Horatianorum codicum, qui in Bibliotheca Apostolica Vaticana asservantur, in Giornale Italiano di Filologia, 45 (1993), pp. 3-28. 3 Vedere i Classici. L’illustrazione libraria dei testi antichi dall’età romana al tardo medioevo, a cura di M. BUONOCORE, Roma 1996. 4 La scheda fu approntata da P. MARPICATI alle pp. 228-229 n. 31. Per i codici di Orazio ricordo almeno il sontuoso frontespizio (f. 2) del manoscritto del sec. XV ora a Berlino, Staatliche Museen, Preussischer Kulturbesitz, Kupferstichkabinett, 78 D 14 (vd. The Painted Page. Italian Renaissance Book Illumination 1450-1550 a cura di J. J. G. ALEXANDER, Munich 1994, pp. 112-114 n. 45). 5 Su cui vd. anche B. NOGARA, Codices Vaticani Latini. Tomus III. Codices 1461-2059, Romae 1912, pp. 86-87; É. PELLEGRIN – F. DOLBEAU – J. FOHLEN – J.-Y. TILLIETTE – A. MARUCCHI – P. SCARCIA PIACENTINI, Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, III, 1 (Fonds Vatican latin, 224-2900), Paris – Rome 1991 (Documents, études et répertoires publiés par l’Institut de recherche et d’histoire des textes, 44), pp. 174-175. Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 7-14.
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MARCO BUONOCORE
quattro brevi accessus all’autore6; i ff. 1r-32v, in scrittura gotica (sec. XIII, ma vedi infra), di Orazio, il De arte poetica liber (ff. 1r-6v), le Epistulae (ff. 6v-23r; 28v-31v) e Sermonum seu Saturarum fragmenta (1, 2, 92-134; 1, 3; 1, 4; 1, 5, 1-66: ff. 23r-28v); nell’ultimo ed unico bifolio abbiamo l’Epistola de provincialibus capitulis ordinandis di frate Giuliano “de Salemo de Sicilia” dell’anno 1449 (ff. 85r-86r). Versi deprecatori attribuibili al sec. XIII al f. 31v: quis scripsit hos versus cum diabolo sit / diversus; nota di explicit al f. 83v: finitur deo gratias amen. Da segnalare che l’originario ultimo foglio del fascicolo ff. 25r-31v è stato supplito da un folium additicium (f. 32), già rigato ma non utilizzato, sostenuto da una brachetta realizzata con pergamena di riuso. Il codice presenta all’inizio numerose glosse marginali ed interlineari (ff. 1v-2r), che si fanno sempre meno frequenti, ma precise nel segnalare errori del copista, come l’immotivato inserimento dei brani delle Satire tra vv. 237 e 238 dell’Epist. 1, 1 (ff. 23r-28v) indicato da mano più recente (f. 23r) con nota di rinvio (volve sex folia et incipias post hunc versum / qui tam ridiculum ubi est hoc signum), la lacuna tra v. 51 e v. 74 di Sat. 1, 3 (f. 25r), eventuali salti di verso (ff. 4v, 7v, 8r, 9r, 11v, 16r, 17r, 28r). Lettere iniziali, titoli e sottoscrizioni sono in inchiostro rosso o blu, rigatura a secco e a penna. A volte le Epistole risultano erroneamente suddivise al loro interno e quindi regolarmente rubricate (come ad esempio Epist. 1, 7, 46 [f. 11v] e 15, 26 [f. 15v]). Il codice, accanto ad un disegno ad inchiostro di un elmo presente nel margine interno in alto del f. 8v, da intendersi commento visualizzato non solo dell’incipit di Epist. 1, 2 (vv. 1-2: Troiani belli scriptorem, Maxime Lolli, / dum tu declamas Romae, Praeneste relegi) ma anche — a motivo della sua posizione non proprio incipitaria — dell’argomento dell’intera epistola, trasmette tre miniature a figura piena di altrettanti personaggi che impegnano l’intero bordo esterno dei fogli 1r, 6v e 20r. Se le prime due (collocate rispettivamente ad ouverture dell’Ars poetica e delle Epistulae) costituiscono le raffigurazioni di Orazio inteso prima come teorico dell’ars poetica con in mano il codice, poi come poeta laureato con in mano il rotolo, la terza [Tav. I] costituisce la rappresentazione di Augusto in abito di imperatore medievale tedesco secondo l’interpretazione di Stanisáaw Jan Gäsiorowski7, in questo caso posta al lato dell’epistola a lui dedicata (1, 1) e chiaramente evidenziata dalla rubrica (hanc epistolam primam 6 Per cui vd. la descrizione in Codices Boethiani. A Conspectus of Manuscripts of the Works of Boethius, edited by M.T. GIBSON – L. SMITH with the assistance of J. ZIEGLER. III: 3. Italy and the Vatican City, a cura di M. PASSALACQUA – L. SMITH – V. LONGO – S. MAGRINI (Warburg Institute Surveys and Texts, 28), London – Turin 2001, pp. 534-535 n. 524. 7
S. J. GÄSIOROWSKI, Malarstwo minjaturowe grecko-rzymskie i jego tradycje w ùredniowieczu, Kraków 1928, p. XXII.
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AUGUSTO-FEDERICO II IN UN CODICE ORAZIANO?
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huius libri mittit ad augustum), la quale, fuoriuscendo dall’asse verticale esterno di destra dello spatium scripturae riservato al testo, invade il campo anepigrafo fino a lambire il margine sinistro della stessa figura: volto glabro e giovanile, capelli lunghi, calzari rossi orlati d’oro, preziosa tunica rossa bordata d’oro, mantello blu, con ricami dorati, annodato sulla spalla destra con fibula d’oro, corona, scettro nella destra e globo crucigero nella sinistra. L’immagine in questo modo concepita doveva esaltare e perpetuare, sì, nelle intenzioni dell’anonimo miniatore il ricordo del nome del sovrano, ma gli attributi e tutta la composizione dovevano avere una forte valenza di attualità politica propria di un’aetas sovrapponibile al saeculum Augustum8. Credo di non essere troppo lontano dal vero — e mi rimetto alla sensibilità di quegli studiosi che in questo specifico settore di ricerca hanno prodotto importanti contributi — se ritengo che in questo Augusto, per la frontalità cerimoniale della posa rigidamente ieratica ed indipendentemente da ragioni ritrattistiche di verosimiglianza, si sia voluto rappresentare secondo una scelta ben codificata l’imperatore Federico II evocativa del suo ruolo e facilmente comprensibile per qualunque utenza. La conferma, a me pare, viene proprio dalla sintassi iconografica delle sue insegne sopra ricordate: nella mano sinistra il globo sormontato dalla croce; nella mano destra lo scettro gigliato, che possiamo frequentemente trovare attestato nei sigilli come insegna di potere, ma — nel nostro caso — arricchito dall’innesto di una piccola tabella rettangolare, un’insegna che poteva fare, come scrive Gandolfo, “realmente parte del corredo dei re normanni di Sicilia, in considerazione del fatto che essa non compare più nei sigilli successivi all’elezione a re di Germania, quando lo scettro si trasforma in verga fiorita, sormontata dalla croce che, a sua volta, doveva far parte dei simboli del potere del Sacro Romano Impero”9; sul capo è innestata una corona molto vicina a quella presente nella statuetta di Federico II, rex Romanorum et Siciliae, inserita nel prezioso reliquiario — conservato nella cattedrale di Aquisgrana — che custodisce le ossa di Carlomagno sigillato dallo stesso Federico nell’ultimo giorno del triduo della sua incoronazio8 SVET., Aug., 100: ut omne tempus a primo die natali ad exitum eius saeculum Augustum appellaretur. 9 GANDOLFO, Iconografia cit., pp. 25-26. Utili considerazioni anche in L. SPECIALE, Un’immagine bifronte: Tancredi nel Liber ad honorem Augusti e nei sigilli, in Tancredi. Conte di Lecce, re di Sicilia. Atti del convegno internazionale di studio. Lecce, 19-21 febbraio 1998, a cura di H. HOUBEN – B. VETERE (Saggi e testi. Università degli studi di Lecce, Dipartimento dei beni delle arti e della storia, 16), Galatina (Lecce) 2004, pp. 287-325; L. SPECIALE – G. TORRIERO, Epifania del potere: struttura e immagine nella Porta di Capua, in Medioevo: immagini e ideologie. Atti del Convegno internazionale di studi, Parma, 23-27 settembre 2002, a cura di A. C. QUINTAVALLE (I convegni di Parma, 5), Milano 2005, pp. 459-474.
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MARCO BUONOCORE
ne10. Il miniatore, pertanto, ben aggiornato sull’iconografia imperiale, sicuramente a conoscenza dei ritratti di Federico II presenti negli augustali, ha voluto, senza alcuna pretesa di rappresentare un vero e proprio ritratto, consegnare al lector una semplice effigie evocativa del ruolo del sovrano che ben si sposava con quello di Augusto. Tipizzazione di simile raffigurazione non sarà difficile recuperare in altri manufatti coevi; suggestiva, infatti, è stata la proposta di riconoscerla nell’imperatore Giustiniano (con scettro fiorito e corona) veicolata dal frontespizio della paraphrasis Graeca delle sue Istituzioni trasmessa dal codice vergato in Italia meridionale (Salento o Calabria) intorno alla metà del sec. XIII appartenuto al Bessarione, ora alla Biblioteca Marciana di Venezia (Marc. gr. Z. 178 = 597)11: d’altronde, dopo le “Costituzioni di Melfi” del 1231 (di cui il codice Vat. lat. 6770 della Biblioteca Vaticana sembrerebbe il testimone più antico), il complesso di leggi che Pier delle Vigne aveva raccolto ed elaborato unitamente ad altri insigni giuristi per conto di Federico12, l’equazione imperatore-legislatore e quindi Giustiniano-Federico come Augusto-Federico — emblematico binomio di auctoritas-potere — poteva facilmente essere sotteso. A proposito della raffigurazione di Federico II la si è voluta riconoscere in quella, troneggiante, con i consueti simboli del potere (corona, scettro e globo), posta in scala maggiore dei dignitari che l’affiancano tra colonne di porfido, trasmessa dall’Exultet del Museo diocesano di Salerno13; il manoscritto fu prodotto nel terzo decen10 Su cui vd. principalmente R. KROOS, Zum Aachener Karlsschrein. “Abbildung staufischen Kaisertums” oder “fundatores ac donatores”, in Karl der Grosse als vielberufener Vorfahr. Sein Bild in der Kunst der Fürsten, Kirchen und Städte, a cura di L. E. SAURMA-JELTSCH, Sigmarigen 1994, pp. 49-61; Der Schrein Karls des Grossen. Bestand und Sicherung, 1982-1988, a cura del Capitolo del Duomo di Aquisgrana, Aachen 1998; C. BAYER, Versuch über die Gestaltung epigraphischer Schriften mit besonderem Bezug auf Materialien und Herstellungstechniken, in Inschrift und Material, Inschrift und Buchschrift. Fachtagung für mittelalterliche und neuzeitliche Epigraphik. Ingolstadt 1997, a cura di W. KOCH – CHR. STEININGER, München 1999, pp. 122-123 n. 3. 11 E. MIONI, Bibliothecae Divi Marci Venetiarum Codices Graeci Manuscripti. I. [bis] Thesaurus antiquus. Codices 1-299, Roma 1981 (Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali. Indici e Cataloghi, n.s., VI, 1), pp. 279-280. Vd. anche la scheda in Federico II e l’Italia. Percorsi, luoghi, segni e strumenti, Catalogo della mostra (Roma, 22 dicembre 1995 – 30 aprile 1996), a cura di C.D. FONSECA, Roma 1996, p. 188 n. I.6. 12 Su cui ora vd. Constitutiones Regni utriusque Siciliae. Le Costituzioni di Melfi con il commento di Marino da Caramanico, a cura di F.L. SCHIAVETTO (ristampa facsimilare dell’opera Constitutiones regni utriusque Siciliae, Napoli, Sixtus Riessinger, 9 VIII, 1475, custodita presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli), Napoli 2006. 13 A. D’ANIELLO, L’Exultet del Museo diocesano di Salerno, in L’Exultet di Salerno, a cura di G. CAVALLO – A. D’ANIELLO, Roma 1993, pp. 31-65; EAD., Salerno, Museo diocesano, Exultet, in Exultet. Rotoli liturgici del medioevo meridionale, Catalogo della mostra (Cassino, Abbazia di Montecassino, 20 maggio – 31 agosto 1994), a cura di G. CAVALLO – G. OROFINO – O. PECERE,
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AUGUSTO-FEDERICO II IN UN CODICE ORAZIANO?
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nio del sec. XIII, probabilmente nello scriptorium di quella città o in quello di Cava dei Tirreni, frutto della stessa cultura bizantina di marca campana a cui sono stati attribuiti gli affreschi della chiesa inferiore di S. Maria della Lama a Salerno. Infatti, nelle caratteristiche formali dell’Exultet, si sono voluti ravvisare stilemi propri dei ms. 22 e 23 dell’abbazia di Cava, entrambi della metà di quel secolo, latori rispettivamente dei commenti di Pietro Lombardo ai Salmi e alle epistole paoline (non si è tuttavia certi se considerare l’Exultet un munus dello stesso Federico alla sede vescovile di Salerno o riconoscere nel committente l’allora arcivescovo salernitano Nicola d’Ajello morto del 1222). Analogamente troviamo Federico II con clamide purpurea nel De balneis Puteolanis al f. 48r del manoscritto Ross. 379 della Biblioteca Vaticana14 (opera di Pietro da Eboli, letterato e poeta della corte normanna, passato poi, con Enrico VI, al servizio di quella sveva), iniziato intorno al 1211 ed ultimato nel 1221, anno ritenuto, sebbene prudenzialmente, come data d’inizio della stesura del Liber Augustalis15 ad opera dello stesso Federico II e promulgato dieci anni dopo: l’imperatore è raffigurato secondo ben precisi schemi ideologici legati alla propaganda politico-istituzionale, in trono in un portico a due ordini di arcate, contrassegnato da una perfetta frontalità e dagli attributi del potere imperiale (la corona, il globo e lo scettro crucigero), quasi a voler scandire, in una sorta di trasposizione allegorica, l’assimilazione, come fonte di salvezza, a Christus Salvator, secondo le tipiche coordinate che volevano attribuire all’imperatore le attese messianiche di quella parte della cultura ebraica a lui tanto vicina16. Tornando all’identificazione del personaggio raffigurato nell’Exultet, essa potrebbe trovare un solido ancoraggio nel colore verde dell’Autorità temporale, colore che riflette una predilezione ed un uso certificati dalla fonti per Federico II17 (di questo stesso colore, vorrei sottolineare, è la tunica indossata da Orazio rappresentato al f. 1r del nostro Ufficio Centrale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali, Biblioteca Apostolica Vaticana, Abbazia di Montecassino, Università degli studi di Cassino, Roma 1994, pp. 393-407. 14 Sul codice da ultima S. MADDALO, Il De balneis Puteolanis di Pietro da Eboli. Realtà e simbolo nella tradizione figurata, Città del Vaticano 2003 (Studi e testi, 414); EAD., I Bagni di Pozzuoli nel Medioevo, in Bains curatifs et bains hygiéniques en Italie de l’Antiquité au Moyen âge. Études réunies par M. GUÉRIN-BEAUVOIS et J.-M. MARTIN, Rome 2007 (Collection de l’École Française de Rome, 383), pp. 79-92. 15 Su cui vd. ora O. ZECCHINO, Liber Constitutionum, in Federico II. Enciclopedia Fridericiana cit., II, pp. 149-173. 16 MADDALO, Il De balneis Puteolanis cit., pp. 82-84. 17 Rimando sempre ad O. H. BECKER, Zur Bedeutung der Farbe grün für die späten Staufer, in Geschichtsschreibung und geistiges Leben im Mittelalter. Festschrift für Heinze Löwe zum 65. Geburtstag, a cura di K. HAUCK – H. MORDEK, Köln – Wien 1978, pp. 490-503.
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MARCO BUONOCORE
codice vaticano). Assai dibattuta, infine, è l’identificazione dei personaggi raffigurati a f. 1v del De arte venandi cum avibus (Pal. lat. 1071)18 quasi unanimemente interpretati come Federico II il primo (in cui, tuttavia, non sarebbe agevole riconoscervi quel “pulcher homo et bene formatus sed medie stature” secondo la definizione trasmessa da Salimbene da Parma nei Cronica 355a)19, e Manfredi il sottostante: sùbito colpisce nell’immagine rigidamente frontale e ieratica dell’imperatore quella sorta di elemento vegetale fortemente stilizzato, che ricorda la foglia di palma tenuta già da Ruggero II ed Enrico VI — nel Liber ad honorem Augusti — a cui si è voluto, a ragione, affidare un messaggio piuttosto beneaugurante che di potere20; la medesima simbologia, allora (e quanto influenzato ne sia stato non è certamente agevole determinare) ho trovato nel disegno — presente al f. 1v del codice Vat. lat. 3261 della Biblioteca Vaticana (databile proprio sul finire del sec. XII o al più tardi agli inizi del successivo)21 — raffigurante Mecenate (come chiaramente identificato dalla rubrica), con capelli riccioluti, senza barba, tunica con numerose pieghe e mantello legato al collo da fibbia centrale, calzari colorati, uno rosso, l’altro blu, la mano destra ad indicare l’oggetto tenuto nella sinistra, nel quale, più che uno specchio od una fiala per profumi, invita a riconoscervi appunto l’augurio di gloria poetica che Orazio rivolge a se stesso e simbolicamente offerta dal patronus al poeta, futuro laureato. Ma verosimilmente in entrambe le raffigurazioni dei personaggi del foglio di apertura del De arte venandi vaticano è da ravvisare sempre l’imperatore, nella prima in maestà quale docente ai nobiles in atto d’indicare le modalità della fruizione del trattato, nella seconda, sempre in abiti imperiali, quale autore dell’opera. L’immagine del Vat. lat. 1592, se coglie nel vero quanto fino ad ora discusso, potrebbe essere inoltre un indizio dirimente per fissare con una 18 Da ultimi: Das Falkenbuch Friedrichs II. Cod. Pal. lat. 1071 der Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di D. WALZ – C. A. WILLEMSEN, Graz 2000 (Glanzlichter der Buchkunst, 9); Federico II di Svevia. De arte venandi cum avibus. L’arte di cacciare con gli uccelli. Edizione e traduzione italiana del ms. lat. 717 della Biblioteca Universitaria di Bologna collazionato con il ms. Pal. lat. 1071 della Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di A. L. TROMBETTI BUDRIESI, Roma – Bari 2002. 19 Così V. PACE, Il “ritratto” e i “ritratti” di Federico II, in Federico II e l’Italia cit., p. 10. 20 GANDOLFO, Iconografia cit., p. 26. 21 Su cui vd. essenzialmente B. MUNK OLSEN, L’étude des auteurs classiques latins aux XIe et XIIe siècles, I (Catalogue des manuscrits classiques latins copiés du IXe aux XIIe siècle. Apicius – Juvénal), Paris 1982 (Documents, études et répertoires publiés par l’Institut de recherche et d’histoire des textes, 26, 1), p. 510; BUONOCORE, Codices Horatiani cit., pp. 231-233 n. 163; MARPICATI, in Vedere i Classici cit., pp. 225-226 n. 29 (da cui dipendo); MUNK OLSEN, Chronique des manuscrits classiques latins (IXe-XIIe siècles). IV, in Revue d’histoire des textes, 30 (2000), p. 151.
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AUGUSTO-FEDERICO II IN UN CODICE ORAZIANO?
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certa approssimazione l’epoca della confezione dei quattro quaternioni latori del testo oraziano (forse realizzati in Italia meridionale ?): non un generico secolo XIII, come fino ad ora ipotizzato, ma piuttosto il secondo quarto di quel secolo22.
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Dei risultati presentati in questa sede diedi anticipazione in La miniatura sveva da Federico II a Manfredi: utilitas e decus, in Exempla. La rinascita dell’antico nell’arte italiana. Da Federico II ad Andrea Pisano. Catalogo della Mostra, Rimini, Castello Sismondo, 28 aprile – 7 settembre 2008, a cura di M. BONA CASTELLOTTI – A. GIULIANO, Ospedaletto (Pisa) 2008, pp. 51-64. Avevo redatto questo mio contributo oltre tre anni fa per un volume che doveva essere dedicato al Centenario della nascita di Ettore Paratore curato dal prof. Marcello Maria De Giovanni, Ordinario di Linguistica Italiana all’Università “D’Annunzio” di Chieti-Pescara, Presidente dell’Istituto di Studi Abruzzesi nonché Direttore della rivista Abruzzo. Dopo la sua prematura scomparsa avvenuta il 19 agosto 2008, non avendo più saputo nulla del destino del mio lavoro, lo ripresento in questa sede aggiornato rispetto alla precedente stesura.
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MARCO BUONOCORE
Tav. I – BAV, Vat. lat. 1592, f. 20r: Augusto-Federico II.
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ANNALISA CAPRISTO
“AI NOTI QUESTIONARI NON CONVIENE RISPONDERE” PIO XI, I FRATELLI MERCATI E IL CENSIMENTO ANTIEBRAICO NELLE ACCADEMIE DEL 1938* Il 3 ottobre 1938 il presidente della Reale Accademia Virgiliana di Mantova, il professor Pietro Torelli1, inviò al Ministero dell’Educazione nazionale i risultati del censimento effettuato fra i soci, al fine di individuare gli ebrei e poterli quindi espellere. Il voluminoso incartamento comprendeva più di 100 schede personali compilate e firmate dai membri dell’Accademia, corredate dalle informazioni sulla loro appartenenza “razziale” e sulla religione professata e da un prospetto riassuntivo in cui erano elencati i nomi degli «appartenenti alla razza ebraica»2. * Sigle: ACS – Archivio Centrale dello Stato; MI – Ministero dell’Interno; DGDR – Direzione Generale Demografia e Razza; DGPS – Direzione Generale Pubblica Sicurezza; DPP – Divisione Polizia Politica; MPI – Ministero Pubblica Istruzione; DGAB – Direzione Generale Accademie e Biblioteche; ASV – Archivio Segreto Vaticano; AES – Affari Ecclesiastici Straordinari; Tit. – Titolo; f. – fascicolo; b. – busta DBI – Dizionario biografico degli Italiani, Roma 1960-. 1 Pietro Torelli (1880-1948) fu direttore dell’Archivio di Stato di Mantova e professore di Storia del diritto italiano nelle università di Modena, Firenze e Bologna. Ricoprì la carica di presidente dell’Accademia Virgiliana dal 1929 alla morte. Nel 1948 fu nominato senatore della Repubblica. Pubblicò molte ricerche di carattere storico-giuridico, tra cui vanno ricordate quelle legate alla preparazione dell’edizione critica della Glossa di Accursio al Corpus iuris civilis (1934-1939). Su di lui si veda la voce biobibliografica curata da Isabella Lazzarini per Reti medievali (2008) (consultato il 2.11.2009). La sua scheda personale compilata è in ACS, MPI, DGAB (19261948), b. 115, f. Mantova. Reale Accademia Virgiliana, Censimento accademici di razza ebraica. Sulla scheda, datata 5 settembre 1938, al punto e) riguardante eventuali conversioni da parte dell’intestatario o dei suoi famigliari, Torelli specificò: «No: appartengo a famiglia cristiana ab origine». 2 Sull’esecuzione e i risultati del censimento antiebraico prescritto dal Ministro Bottai a tutte le accademie e alle istituzioni culturali italiane nell’agosto ’38 rimando a A. CAPRISTO, L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane, Torino 2002. Sulla Reale Accademia di Mantova cfr. ivi, pp. 92-93; ma si veda anche R. SALVADORI, L’Accademia Virgiliana di Mantova e le leggi razziali del 1938, in Accademia nazionale Virgiliana di scienze lettere e arti. Atti e memorie, n.s., 68 (2000), pp. 211-257. La documentazione riguardante il censimento e l’espulsione dei soci ebrei si trova in ACS, MPI, DGAB (1926-1948), b. 115, f. Mantova. Reale Accademia Virgiliana; presso l’ArchiMiscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 15-28.
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Torelli rispondeva alla circolare n. 11836, emanata dalla Direzione generale Accademie e Biblioteche il 19 agosto. Svolta in parallelo a quella prescritta dieci giorni prima a tutte le istituzioni universitarie, l’indagine razzista nelle accademie era finalizzata alla completa eliminazione della presenza ebraica dalle istituzioni culturali italiane. In questo, come in altri casi, le disposizioni amministrative avevano preceduto l’atto legislativo: infatti, il decreto legge che stabilì la «cessazione» dei «membri di razza ebraica» dalle accademie e dalle società scientifiche, letterarie e artistiche a datare dal 16 ottobre, venne approvato due settimane dopo l’emanazione della circolare riguardante il censimento, e precisamente il 2 settembre, nella seconda seduta del primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva3. La stampa italiana e internazionale ne diede notizia il 3; il relativo R.D. n. 1390 fu poi promulgato ufficialmente il 5 settembre 1938. A partire da quel momento, anche chi avesse nutrito qualche dubbio sulle finalità del censimento ebbe la conferma ufficiale del suo carattere eliminatorio; chi riconsegnò la scheda personale compilata dopo il 3 settembre fu pienamente consapevole di contribuire — con questo atto di autocertificazione razzista — all’esclusione di stimati colleghi, in molti casi dei propri stessi maestri o promettenti allievi, da consessi scientifici spesso di grande prestigio, nei quali si svolgevano attività complementari rispetto a quelle universitarie4. Le accademie e le società scientifiche, letterarie, vio dell’Accademia Virgiliana di Mantova (Archivio del Novecento, Tit. I Affari generali, 2. Carteggio interno, 1. Affari interni, Nomina di nuovi soci 1938, Censimento degli accademici di razza ebraica (R. Decreto-Legge 5 settembre 1938-XVI N. 1390) è conservata copia del carteggio con il Ministero, ma senza le schede. Nell’archivio dell’Accademia è presente un elenco, datato 13 feb. 1939, che riporta i nomi di 11 soci (tra effettivi e corrispondenti) radiati perché «di razza ebraica»; ma dalle schede restituite compilate al Ministero dell’Educazione nazionale risulta che c’era un altro socio che rientrava nella casistica ministeriale, per cui gli espulsi devono essere stati in realtà 12. Si trattava dell’ing. Gino Norsa, già presidente dell’Unione fascista degli industriali di Mantova, tra le cui benemerenze rientravano i restauri eseguiti a proprie spese nel Palazzo ducale. Nel 1938 Norsa dirigeva l’impresa SAMICEN ad Addis Abeba, per la realizzazione di infrastrutture in Africa Orientale Italiana (cfr. ACS, MI, DGDR, Fascicoli personali, b. 150, f. Benemerenze 9365, Norsa Gino, contenente la documentazione per l’ottenimento della «discriminazione»). Ci fu poi il caso della mancata nomina di un socio straniero (il giurista Otto Weinberger), proposta dall’Accademia nel maggio del ’38 (prima dell’avvio ufficiale della campagna antiebraica) e respinta dal Ministero nel marzo del 1939; dopo la guerra, Weinberger chiese e ottenne la nomina a socio corrispondente che gli era stata negata dal governo fascista. Ringrazio il personale dell’Accademia Virgiliana e in particolare Viviana Rebonato per la disponibilità dimostrata nel corso della mia ricerca. 3 Sulla preparazione e l’avvio della campagna antiebraica cfr. M. SARFATTI, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, Torino 1994 e dello stesso autore Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Nuova ed., Torino 2007. 4 Su questo punto rimando a A. CAPRISTO, Il coinvolgimento delle accademie e delle istitu-
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storiche e musicali organizzavano, infatti, conferenze scientifiche e convegni, assegnavano premi e borse di studio, spesso promuovevano anche importanti pubblicazioni: collane di studi, riviste, atti e memorie. L’Accademia mantovana, come molti altri enti, trasmise i dati riguardanti il censimento antiebraico con qualche giorno di ritardo rispetto alla data di scadenza stabilita dal Ministero, che era il 30 settembre. Nel prospetto riassuntivo con il quale accompagnò i moduli compilati dai soci, al punto 7 Torelli elencò i soci stranieri (corrispondenti) ai quali — secondo quanto prescritto dalla circolare ministeriale — «non venne spedita la scheda personale»5; fra questi inserì monsignor Angelo Mercati, prefetto dell’Archivio Vaticano, e il fratello Giovanni, già prefetto della Biblioteca Vaticana, nel giugno 1936 nominato da Papa Pio XI cardinale bibliotecario di Santa Romana Chiesa6. Ma, come risulta da quattro documenti — il primo ricavato dall’Archivio storico dell’Accademia Virgiliana, il secondo conservato nei Carteggi del card. Giovanni Mercati, gli altri due provenienti dall’Archivio Segreto Vaticano — nel suo resoconto Torelli non dichiarò il vero. Del primo documento non è emerso (ancora) l’originale, ma se ne conosce con buona precisione il contenuto. Infatti, nel Protocollo dell’Accademia Virgiliana, sezione corrispondenza in arrivo, il 5 ottobre ’38 venne registrata una lettera di mons. Angelo Mercati datata 3, il quale comunicava, come veniva riassunto, «di non aver dato corso alla compilazione della scheda razziale [che dunque gli era stata inviata] perché cittadino Vaticano». Stando allo stesso Protocollo, il 7 ottobre l’Accademia rispose scusandosi e spiegando che «la circolare razziale» era stata inviata a Mercati «per errore»7. La comunicazione di Torelli — e questo è il secondo zioni culturali nella politica antiebraica del fascismo, in Università e accademie negli anni del Fascismo e del Nazismo. Atti del convegno internazionale (Torino, 11-13 maggio 2005), a cura di P. G. ZUNINO, Firenze 2008, pp. 321-341. 5 ACS, MPI, DGAB (1926-1948), b. 115, f. Mantova. Reale Accademia Virgiliana, Censimento accademici di razza ebraica; copia in: Archivio dell’Accademia Virgiliana di Mantova, Archivio del Novecento, Tit. I Affari generali, 2. Carteggio interno, 1. Affari interni, Nomina di nuovi soci 1938, Censimento degli accademici di razza ebraica (R. Decreto-Legge 5 settembre 1938-XVI N. 1390); il prospetto è stato riprodotto da SALVADORI, L’Accademia Virgiliana di Mantova e le leggi razziali del 1938 cit., pp. 251-252. 6 Sui due Mercati cfr. P. VIAN, “Non tam ferro quam calamo, non tam sanguine quam atramento”. Un ricordo del card. Giovanni Mercati, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, VII, Città del Vaticano 2000 (Studi e testi, 396), pp. 393-459 e la bibliografia in esso citata; dello stesso Vian sono ora disponibili le voci curate per il DBI. 7 Accademia nazionale virgiliana di scienze, lettere e arti, Mantova. Archivio storico. Registro di protocollo, anno 1938, n. 247. È stato invece individuato un carteggio di poco successivo, intercorso fra il presidente Torelli e i due fratelli Mercati a proposito dell’edizione delle opere di Virgilio pubblicata dall’Accademia (P. Vergili Maronis Bucolica, Georgica, Ae-
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documento — venne trasmessa da Angelo Mercati al fratello e si trova ora nella corrispondenza del card. Giovanni Mercati8. Accortosi dello sbaglio, nel riepilogo inviato il 3 ottobre stesso al Ministero, Torelli inserì i nomi dei due prelati fra i soci stranieri a cui non era stata spedita la scheda, per evitare di dare spiegazioni sull’errato invio. Ma dall’Archivio Vaticano sono ora emersi due documenti che permettono di comprendere lo svolgimento di tutta la vicenda9. Il 10 settembre Angelo Mercati si era rivolto alla Segreteria di Stato per chiedere — anche a nome del fratello, card. Giovanni — indicazioni sulla risposta da dare alle accademie italiane in merito al censimento antiebraico. La lettera era vergata su carta intestata dell’Archivio Segreto Vaticano e si trova nell’archivio della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, che raccoglie la documentazione prodotta dalla prima sezione della Segreteria di Stato. Il destinatario (al quale il prefetto si rivolse con l’appellativo di «Eccellenza») era mons. Domenico Tardini, Segretario per gli Affari Straordinari della Segreteria e della Congregazione10. Angelo Mercati fece riferimento proprio al caso dell’Accademia Virgiliana e allegò anche le schede che l’istituto mantovano aveva inviato a lui e al fratello per l’autocertificazione razziale (e che poi la Segreteria di Stato gli restituì): neis, a cura di Giuseppe Albini e Gino Funaioli, Mantova 1938), che dimostra come i rapporti fra loro fossero improntati alla massima cordialità. Il 17 novembre Torelli si rivolse a mons. Angelo Mercati, chiedendogli di far avere al Papa una copia del volume; Mercati rispose il 19, spiegando di aver interessato allo scopo il fratello, card. Giovanni. Questi presentò effettivamente il Vergilius a Pio XI e ne riferì a Torelli in una lettera del 10 dicembre ’38. Il 17 dicembre il Segretario di Stato, card. Pacelli, scrisse al presidente per ringraziare formalmente dell’omaggio fatto al pontefice (Archivio dell’Accademia Virgiliana di Mantova, Archivio del Novecento, Tit. IV, 6/4c). 8 Ringrazio per l’informazione Paolo Vian, curatore dell’inventario dei Carteggi del card. Giovanni Mercati, che sono attualmente consultabili fino al 1936. 9 ASV, AES, Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 294 P.O., f. 27, Permessi per ricerche negli Archivi Vaticani, lettera autografa di mons. Angelo Mercati e minuta dattiloscritta della risposta inviatagli dalla Segreteria di Stato. 10 Nel dicembre del 1937 Tardini venne nominato segretario della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, nelle cui competenze — secondo il Codex Iuris Canonici del 1917 (can. 255) — rientravano tutte le materie che riguardavano i rapporti fra le autorità civili e la Santa Sede; egli venne nominato anche segretario per gli affari straordinari della Segreteria di Stato, a capo della quale era il cardinale Pacelli. Su Tardini cfr. Annuario pontificio per l’anno 1938, Città del Vaticano 1938, p. 703 e 722 e C. F. CASULA, Domenico Tardini. L’azione della Santa Sede nella crisi fra le due guerre, Roma 1988, p. 128. Sulla struttura e i compiti della Segreteria di Stato e della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari cfr. Codex iuris canonici Pii X Pontificis Maximi iussu digestus, Benedicti Papae XV auctoritate promulgatus, praefatione E.mi Petri Card. Gasparri et indice analytico-alphabetici auctus, Città del Vaticano 1997, p. 69 e 71-72 e N. DEL RE, La Curia romana. Lineamenti storicogiuridici, 3 ed. nuovamente rifatta e aggiornata, Roma 1970, p. 70.
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Città del Vaticano 10. IX. 1938 Eccellenza, Rientrando dalle ferie mio fratello il Cardinale ed io abbiamo trovato l’unito “urgente”11. Che dobbiamo fare? Che cosa rispondere? Quando si chiese il giuramento, non m’occorse di chiedere lumi per far sapere che come cittadino e suddito vaticano non potevo prestare giuramento che ad un Sovrano, il Sommo Pontefice, ma in questo caso e nei casi consimili che attendo per l’appartenenza a varie Deputazioni di Storia Patria? Sono a sua disposizione a qualunque ora Ella volesse chiamarmi per istruirmi e intanto ossequiandola mi protesto dell’E.V. Rev.ma Devt.mo Angelo Mercati
La risposta di Tardini non si fece attendere; il giorno successivo Mercati ricevette le indicazioni richieste. E questo è l’altro notevole documento: Dal Vaticano, 11 settembre 1938. Monsignore Veneratissimo, Non ho mancato di sottoporre all’Eminentissimo Superiore quanto la S.V. Ill.ma e Rev.ma mi comunicava con lettera del 10 corrente. Sua Eminenza ne ha fatto, a Sua volta, cenno al Santo Padre il Quale ha deciso che ai noti questionari non conviene rispondere [nella minuta dattiloscritta il testo venne corretto a mano; sotto la correzione si legge in prima stesura: si risponda/rispondere]. Cordiali ossequi. Oggetto: Reale Accademia Virgiliana – Mantova = sottoscrizione di questionario riferentisi [sic] alla razza». [Annotazione manoscritta] ----------Ill.mo e Rev.mo Signore MONSIGNOR ANGELO MERCATI Prefetto degli Archivi Vaticani si restituiscono gli allegati 11 Sulla lettera di accompagnamento alla scheda personale per il censimento antiebraico, inviata il 1 settembre 1938 dall’Accademia Virgiliana a tutti i soci, era in effetti stampigliata la dicitura “URGENTE”; lo si ricava dalla lettera inviata al maestro Alberto Franchetti (poi espulso come ebreo) che ritornò al mittente in quanto l’indirizzo era sbagliato (Archivio dell’Accademia Virgiliana di Mantova, Archivio del Novecento, Tit. I Affari generali, 2. Carteggio interno, 1. Affari interni, Nomina di nuovi soci 1938, Censimento degli accademici di razza ebraica (R. Decreto-Legge 5 settembre 1938-XVI N. 1390).
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Dunque, «Sua Eminenza», ossia il cardinale Eugenio Pacelli (che dal 1930 ricopriva l’incarico di Segretario di Stato e che qualche mese dopo, nel marzo del 1939, sarebbe divenuto papa Pio XII), aveva trasmesso al Pontefice la richiesta dei due fratelli Mercati e aveva trascritto l’indicazione di non rispondere. In un secondo tempo Tardini corresse «non si risponda» con «non conviene rispondere»: ossia che “non conveniva” restituire la scheda personale compilata alle istituzioni culturali che l’avevano inviata. Questa modifica richiede un breve commento. Si trattava di un intervento su una comunicazione interna alla Curia, che preparava però una risposta da dare all’esterno, ad un’istituzione culturale italiana controllata dal Ministero dell’Educazione nazionale. Ed era una dissociazione dall’iniziativa razzista e antisemita promossa dal governo fascista, anche se non si trattava di una protesta esplicita, né tanto meno pubblica. La risposta era tanto più rilevante, dal momento che riguardava l’atteggiamento che doveva assumere un principe della Chiesa e membro della Curia romana, come Giovanni Mercati. Resta naturalmente da capire fino in fondo quella modifica che venne apportata al testo e che è di rilievo, trattandosi delle parole e degli interventi di due papi, uno in carica (Pio XI), e uno futuro (Pio XII). Purtroppo, una verifica più certa di quanto avvenne, cioè di ciò che Pio XI disse effettivamente e che Pacelli trascrisse e interpretò, non è possibile. Infatti, mentre sono conservati diversi dei brevi verbali manoscritti stesi da Pacelli delle sue udienze con papa Pio XI (in corso di pubblicazione a cura di monsignor Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto), mancano i verbali delle udienze dal 27 agosto al 13 settembre 193812, e quindi anche quello dell’11 settembre, udienza nel corso della quale venne data quella risposta. Stando comunque al testo della lettera di cui si dispone, sembrerebbe che la replica di papa Ratti alla domanda sui questionari razziali sia stata un deciso suggerimento di non rispondere, che in un secondo tempo venne ammorbidito in un più diplomatico «non conviene». Pare molto difficile che una modifica del genere alle parole papali possa essere stata apportata da Tardini, tutto sommato un sottoposto; mentre è plausibile che essa sia stata suggerita da Pacelli, cardinale e Segretario di Stato. Perché ci fu questo «ammorbidimento»? Era più elegante evitare di dare un ordine a un cardinale, anche se questo proveniva dal papa? Con un ordine esplicito sarebbe nato il problema di dover estendere tale direttiva anche ad altri casi del genere, mentre così ciò veniva evitato? Naturalmente non si può rispondere con certezza. Si può solo supporre che l’indicazione papale, data nel corso di un colloquio e quindi con un 12 ASV,
AES, Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 430 P.O., f. 355.
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carattere personale e forse non sottoposta del tutto a criteri di prudenza, sia stata attutita in un secondo tempo dal cardinal Pacelli. * Tornando al documento, anche le date in cui vennero impartite queste istruzioni sono importanti. La direttiva, infatti, venne formulata tra il 10 e l’11 settembre, pochi giorni dopo l’emanazione dei primi decreti antiebraici da parte del regime e a breve distanza di tempo dalle drammatiche parole sull’inammissibilità dell’antisemitismo da parte cristiana pronunciate dal pontefice stesso il 6 settembre, nel corso di un’udienza privata concessa al presidente, al vicepresidente e al segretario della radio cattolica belga. Per espresso desiderio del papa il presidente dell’emittente cattolica, monsignor Picard, rese note queste dichiarazioni, che vennero pubblicate su «La Libre Belgique» il 14 settembre e furono riprese dal quotidiano francese «La Croix» il 17 settembre e dalla rivista «La Documentation catholique» il 5 dicembre 193813: Par le Christ et dans le Christ, nous sommes de la descendance spirituelle d’Abraham. Non, il n’est pas possible aux chrétiens de participer à l’antisémitisme. Nous reconnaissons à quiconque le droit de se défendre, de prendre les moyens de se protéger contre tout ce qui menace ses intérêts légitimes. Mais l’antisémitisme est inadmissible. Nous sommes spirituellement des Sémites.
Così, nonostante il “silenzio ufficiale” della stampa italiana, «lentamente e indirettamente»14 il testo del discorso venne conosciuto anche in Italia15.
13 La Documentation catholique, t. 39, n° 885, 5 décembre 1938, coll. 1459-1460. Sul discorso papale si veda G. MICCOLI, Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi antiebraiche del 1938, in La legislazione antiebraica in Italia e in Europa. Atti de Convegno nel cinquantenario delle leggi razziali (Roma, 17-18 ottobre 1988), Roma 1989, pp. 211-212 e ID., I dilemmi e i silenzi di Pio XII. Vaticano, Seconda guerra mondiale e Shoah, Nuova ed. aggiornata, Milano 2007, pp. 331-332; G. PASSELECQ – B. SUCHECKY, L’encyclique cachée de Pie XI. Une occasion manquée de l’Église face à l’antisémitisme, préface de É. POULAT, Paris 1995, pp. 180-181; S. ZUCCOTTI, Il Vaticano e l’Olocausto in Italia, Milano 2001, pp. 51-52 (ed. or. 2000); R. MORO, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna 2002, pp. 89-90; Le interdizioni del duce. Le leggi razziali in Italia, a cura di A. CAVAGLION E G. P. ROMAGNANI 2. ed. aggiornata e ampliata, Torino 2002, pp. 191-195; E. FATTORINI, Pio XI, Hitler e Mussolini. La solitudine di un papa, Torino 2007, pp. 181-182; G. SALE, Le leggi razziali in Italia e il Vaticano, saggio introduttivo di E. FATTORINI, Milano 2009, pp. 41 e 88-89. E ora sulla base di nuovi documenti V. DE CESARIS, Vaticano, fascismo e questione razziale, Milano 2010, pp. 165-171. 14 ZUCCOTTI, Il Vaticano e l’Olocausto in Italia cit., p. 52. 15 MICCOLI, Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi antiebraiche del 1938 cit., p. 212.
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Mussolini ne venne a conoscenza attraverso i suoi canali informativi e ne fu molto irritato16. In una fase nella quale i proclami razzisti e antisemiti iniziavano a tradursi in leggi e la Santa Sede era impegnata nella trattativa riguardante la spinosa questione dei matrimoni misti17 la raccomandazione papale riguardante la “inopportunità” di compilare il modulo per l’accertamento razziale assumeva (e avrebbe ancor più potuto assumere, se ad essa fosse stata data diffusione) il significato di un distacco critico, ancorché espresso in forma riservata. In questa circostanza il pontefice scelse dunque un atteggiamento diverso da quello che aveva adottato nel 1931 nei riguardi della legge che imponeva ai professori universitari il giuramento di fedeltà al Regime. Allora, la Santa Sede aveva dato ufficialmente il proprio “nulla osta” ai docenti cattolici e nel contempo un segnale di non ostilità al governo fascista. Il 4 dicembre 1931, infatti, sulla prima pagina dell’«Osservatore Romano» fu pubblicato un comunicato anonimo intitolato Il giuramento dei professori, in cui si affermava autorevolmente che l’espressione “Regime fascista” poteva essere intesa come equivalente a quella di “Governo dello Stato”, al quale — secondo i principî cattolici — si doveva fedeltà e obbedienza18. Estensore del comunicato, sotto dettatura di papa Pio XI, fu il rettore dell’Università Cattolica di Milano, Agostino Gemelli19. Per i docenti della 16 La notizia riguardante il discorso del papa venne riferita in un dispaccio del 29 settembre del rappresentante italiano a Berna, Attilio Tamaro, che scrisse sia al Ministero degli Esteri che a quello della Cultura popolare. Tamaro trascrisse un trafiletto pubblicato dalla «Jüdische Presszentrale» di Zurigo, organo della comunità ebraica della città, il 23 settembre, in cui veniva ripreso il testo de «La Libre Belgique». Mussolini citò le parole del papa in un colloquio privato con Claretta Petacci l’8 ottobre e nella riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 18 ottobre 1938. Sull’episodio si veda: G. FABRE, Mussolini, Claretta e la questione della razza. 1937-38, in Storia e politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa, 24, 2009, pp. 362-363 e DE CESARIS, Vaticano, fascismo e questione razziale cit., pp. 167-168. 17 La trattativa si svolse in agosto e venne ripresa in ottobre. Su questo punto si veda SARFATTI, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., pp. 167-168 e dello stesso autore, Legislazioni antiebraiche nell’Europa degli anni Trenta e Chiesa cattolica. La “nuova” classificazione di ebreo e il divieto di matrimoni “razzialmente misti”. Primi elementi di sistematizzazione e comparazione, in Les racines chrétiennes de l’antisémitisme politique (fin XIXe-XXe siècle), a cura di C. BRICE e G. MICCOLI, Roma 2003, pp. 259-273; MICCOLI, I dilemmi e i silenzi di Pio XII cit., pp. 318331; ZUCCOTTI, Il Vaticano e l’Olocausto in Italia cit., pp. 48-65; DE CESARIS, Vaticano, fascismo e questione razziale cit., pp. 219-234. 18 Sulla questione del giuramento imposto ai professori universitari nel 1931 e la posizione della Santa Sede cfr. H. GOETZ, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Milano 2000 (ed. or. 1993), pp. 11-13. Per la documentazione, si veda ora ASV, AES, IV periodo (1922-1939), Italia, Pos. 858 P.O., f. 554, Giuramento fascista 1931 per i professori universitari e scuole medie. 19 Sul ruolo di Gemelli si veda, sempre di Goetz, Agostino Gemelli ed il giuramento del
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Cattolica, trattandosi di un’università “libera” e non regia, Gemelli riuscì, invece, ad ottenere dal Ministero dell’Educazione nazionale l’esenzione dal giuramento. Ciò nonostante, 54 professori su 58 scelsero di prestarlo “volontariamente”. Gli unici a non giurare furono Mario Rotondi, Francesco Rovelli, Giovanni Soranzo e lo stesso Gemelli, che motivò la propria decisione con il suo status di religioso. Una condizione a cui non si appellò nel 1938, in occasione del censimento antiebraico, quando accettò di compilare la scheda e conformarsi all’iniziativa persecutoria del ministro Bottai20. Per quanto riguardò invece il giuramento prescritto ai membri delle Accademie dal Regio decreto-legge 21 settembre 1933, n. 1333, e fra questi agli ecclesiastici che facevano parte di queste istituzioni, sappiamo ad esempio che il cardinale Pietro Gasparri, nominato proprio nell’aprile del 1933 accademico d’Italia, venne esentato da quest’obbligo, con l’autorizzazione del duce21. Nel 1938, invece, nei confronti del censimento antiebraico (che era stato ordinato in agosto da una circolare ministeriale, ma la cui finalità persecutoria venne chiarita dal decreto-legge dell’inizio di settembre) il Papa in persona espresse un parere contrario, sebbene in forma ufficiosa e per un caso circostanziato. * Quanto ai due fratelli Mercati, essi si attennero all’indicazione papale, e non parteciparono al censimento razzista. Ma, di fronte alle insistenze di alcune accademie, furono costretti a spiegare le ragioni della loro mancata risposta; entrambi ribadirono per iscritto che non avrebbero ottemperato alle direttive del Ministro Bottai. Come s’è visto, all’Accademia Virgiliana di Mantova mons. Angelo Mercati motivò il proprio diniego adducendo la cittadinanza vaticana. Per ciò che concerne, invece, il cardinal Giovanni Mercati, la sua disso-
1931, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 59 (1979), pp. 421-35 e M. BOCCI, Agostino Gemelli, rettore e francescano. Chiesa, regime, democrazia, Brescia 2003, pp. 316-320. 20 Gemelli compilò la scheda per diverse istituzioni, fra cui l’Accademia delle scienze di Ferrara e la Società italiana di Psichiatria; in quella per l’Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano al punto e) aggiunse: «La famiglia è cattolica da secoli» (ACS, MPI, DGAB (1926-1948), b. 115, f. Milano. Reale Istituto lombardo di scienze e lettere). 21 ASV, AES, IV periodo (1922-1939), Italia, Pos. 954 P.O., fasc. 641, Reale Accademia d’Italia 1934, Appunto senza data di Gasparri. Sulla nomina del cardinale all’Accademia e l’esenzione dal giuramento cfr. anche C. M. FIORENTINO, All’ombra di Pietro. La Chiesa Cattolica e lo spionaggio fascista in Vaticano, 1929-1939, Firenze 1999, pp. 79-80.
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ciazione è documentata dal carteggio intercorso nell’ottobre 1938 con un’altra istituzione culturale, l’Accademia di scienze, lettere ed arti di Lucca22. Il 7 settembre anche Amos Parducci23, che ricopriva la carica di vicepresidente dell’Accademia lucchese, ma che di fatto dirigeva l’istituto, dato che la carica onorifica di presidente era di spettanza reale24, inviò a Mercati e agli altri soci corrispondenti la scheda personale, che ai soci ordinari era già stata mandata il 25 agosto. A questo invio il cardinale non rispose. Lo si ricava dalla lettera che Parducci indirizzò al ministero il 29 settembre e con la quale accompagnò le schede dei soci corrispondenti pervenute fino a quella data; nella lettera Parducci elencò anche i soci ancora inadempienti, fra i quali menzionò appunto Giovanni Mercati25. Il vicepresidente comunque assicurò che Le schede che, nonostante la mia viva premurosa richiesta, ancora mi mancano, verranno trasmesse appena mi sia possibile. Esse sono pochissime e riguardano Soci i quali, per quanto mi consta, sono tutti di razza ariana-latina e di religione cattolica.
Per questo, il 12 ottobre Parducci inviò a Mercati e agli altri «soci corrispondenti ritardatari» una seconda scheda con una lettera di sollecito e l’invito a restituirla compilata al più presto26. E questa volta il cardinale rispose. La risposta la conosciamo dalla minuta, rimasta nella corrispondenza di Mercati, in quanto l’originale inviato 22 La documentazione riguardante il censimento degli accademici «di razza ebraica» si trova in ACS, MPI, DGAB (1926-1948), b. 115, f. Lucca. Reale Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, su cui cfr. CAPRISTO, L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane cit., p. 92. Parte della documentazione è conservata anche nell’archivio storico dell’Accademia, che però non è riordinato. Ringrazio l’Accademia lucchese per l’autorizzazione alla consultazione dei documenti e il segretario del Consiglio di Presidenza, dott. Ingo Schütze, per l’aiuto fornitomi nella ricerca. 23 Amos Parducci (1877-1949) fu studioso di filologia romanza, docente nei licei e nelle università (Pisa, Firenze e Bologna), direttore della Biblioteca governativa di Lucca dal 1928 al 1939. Su di lui si veda il Ricordo pubblicato dall’Accademia lucchese nel 1973, nella collana Studi e testi e la scheda di G. DE GREGORI in Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo. Dizionario bio-bibliografico 1900-1990, pp. 139-140, disponibile online all’indirizzo http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/parducci.htm (consultato il 2.11.2009). 24 MINISTERO DELL’EDUCAZIONE NAZIONALE, DIREZIONE GENERALE DELLE ACCADEMIE, DELLE BIBLIOTECHE, DEGLI AFFARI GENERALI E DEL PERSONALE, Accademie e istituti di cultura. Cenni storici, Roma 1938, p. 338. 25 ACS, MPI, DGAB (1926-1948), b. 115, f. Lucca. Reale Accademia lucchese di scienze, lettere e arti. 26 Copia della lettera è in Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, Lucca. Archivio storico. Tit. I/V, “Corrispondenza con i soci dell’Accademia, 1938”, n. 90; per l’invio, cfr. il Registro di protocollo, Corrispondenza in partenza, alla data del 12.10.1938.
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“AI NOTI QUESTIONARI NON CONVIENE RISPONDERE”
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a Parducci non è ancora emerso. Alla lettera ha fatto riferimento qualche anno fa Paolo Vian27, che qui ringrazio per le informazioni fornitemi sul suo contenuto28. In data 16 ottobre ’38, dunque, il card. Giovanni Mercati prese carta e penna e rivolto al vicepresidente dell’Accademia lucchese scrisse che sebbene avrebbe preferito di non rispondere più affatto all’interrogativo considerandolo come mandato per inavvertenza, gli fa presente che non avrebbe mai aspettato di essere sottoposto ad Esso Egli né cittadino né suddito del Regno d’Italia, prete da mezzo secolo e cardinale, ab immemorabili di famiglia cattolica29.
Il cardinale motivò la sua «reazione indignata» — come l’ha definita Paolo Vian — con il fatto di essere stato indebitamente «sottoposto» all’indagine del Ministero dell’Educazione nazionale pur non essendo egli «né cittadino né suddito del Regno d’Italia, prete da mezzo secolo e cardinale». Egli protestò con Parducci perché con l’invio del questionario aveva dimostrato di non tenere conto del suo status di cittadino vaticano e di principe della Chiesa. Forse ritenne che non fosse il luogo per fare un riferimento critico alla persecuzione antiebraica; o, forse, quel «non conviene» aveva suggerito un atteggiamento morbido. Per quanto lo riguardava, comunque, Mercati precisò di essere «ab immemorabili di famiglia cattolica». Eppure, in varie occasioni il cardinale aveva preso apertamente posizione contro il razzismo e la persecuzione degli studiosi ebrei che avveniva in Germania e in Italia. Si era già espresso in questo senso, ad esempio, nel discorso pronunciato in occasione della nomina a cardinale, nel 193630; di lì a poco, il 15 dicembre 1938, nella sua qualità di cardinale bibliotecario e archivista di S. Romana Chiesa, stese un appello alle università americane perché accogliessero gli studiosi di origine ebraica perseguitati. L’appello venne fatto proprio da Pio XI, il quale il 10 gennaio 1939 dispose che il documento, modificato e tradotto in latino, fosse inviato a tutti i cardinali nord-americani, accompagnato da una sua lettera personale31. 27
P. VIAN, L’opera del card. Giovanni Mercati per gli studiosi perseguitati per motivi razziali. L’appello alle università americane (15 dicembre 1938), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, IX, Città del Vaticano 2002 (Studi e testi, 409), p. 460. 28 Email del 23 e del 29 ottobre 2009 all’autrice. 29 Biblioteca Apostolica Vaticana, Carteggi del card. Giovanni Mercati, cont. 55, an. 1938, f.n.n. 30 Sulle conseguenze dell’atteggiamento antirazzista di Mercati rimando a A. CAPRISTO, Il caso della mancata nomina del cardinal Mercati all’Accademia d’Italia nel 1937, di prossima pubblicazione negli atti del Congresso internazionale di studi storici svoltosi presso la Pontificia Università Gregoriana nell’aprile 2008. 31 VIAN, L’opera del card. Giovanni Mercati cit., pp. 433-436, che riproduce il testo autografo dell’appello. Cfr. anche A. TORNIELLI, Leggi razziali. Gli appelli di Pio XI per aiutare gli
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In casi come questi viene naturale osservare che — invece — un personaggio come Benedetto Croce, peraltro unico tra gli intellettuali italiani, si espresse con una protesta esplicita nella lettera che inviò il 21 settembre 1938 al presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia, con la quale rifiutò di compilare la scheda per il censimento razzista nelle accademie32. Si può in qualche modo paragonare l’atteggiamento del cardinal Mercati con quello di Croce? La risposta non è affatto semplice. Sicuramente erano entrambi — ognuno con la propria specificità — degli intellettuali con un forte senso dell’universalità della cultura. Si trovavano, però, in una posizione ben diversa: l’uno, un erudito, membro e rappresentante di un’istituzione complessa come la Chiesa cattolica; l’altro, antifascista, sciolto da legami di chiesa o di partito ma senatore. Il cardinale aveva un problema di rappresentanza istituzionale, ma nello stesso tempo era protetto dall’istituzione di cui faceva parte; non restituendo il modulo compilato, mise in pratica la direttiva ricevuta dal pontefice. Il filosofo era protetto dalla propria fama internazionale e dal suo status di senatore, ma era anche molto più esposto sul piano personale. In ogni caso, la vicenda ebbe una prosecuzione. Il 18 ottobre Parducci cercò di riparare, inviando al card. Mercati una lettera di scuse33: Lucca, 18 ottobre 1938. XVI°. Eminenza, prego vivamente di essere scusato. Fui indotto ad insistere nella mia richiesta perché altri, come per esempio S.E. il Cardinale Pellegrinetti — aveva risposto senza indugio. Non so se questa è una giustificazione. A ogni modo io sarò grato a Vostra Eminenza se vorrà benevolmente considerarla come tale. Con alto ossequio Amos Parducci A Sua Eminenza Il Cardinale Giovanni Mercati Città del Vaticano ebrei, in Il Giornale, 10 ottobre 2006, che si basa sui documenti conservati in ASV, AES, Stati Ecclesiastici, IV periodo (1922-1936), Pos. 575 P.O., f. 606 e DE CESARIS, Vaticano, fascismo e questione razziale cit., pp. 238-240. 32 Su questo punto rimando a CAPRISTO, L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane cit., pp. 22-47 e ora a A. CAPRISTO, “Oltre i limiti”. Benedetto Croce e un appello svedese in favore degli ebrei perseguitati, in Quaderni di Storia n. 70, luglio-dicembre 2009, pp. 145-179. 33 La copia della lettera, fuori posto e non protocollata, si trova in Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, Lucca. Archivio storico. Tit. II, Atti ufficiali, f. “Inaugurazione nuovi locali 1937-38”.
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“AI NOTI QUESTIONARI NON CONVIENE RISPONDERE”
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Anche questo è un documento interessante. Il riferimento di Parducci al cardinale Ermenegildo Pellegrinetti34 (che era anche consultore della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari presieduta da Pacelli e di cui Tardini era segretario35) era esatto: questi, infatti, aveva restituito la scheda compilata il 9 settembre ’38, da Camaiore, apponendo un grande “NO” sui quesiti riguardati l’eventuale ascendenza ebraica, sua e dei propri famigliari36. Pellegrinetti, dunque, non si era posto il problema se, in quanto cardinale, potesse considerarsi esentato dall’indagine promossa dal Ministero dell’Educazione nazionale con l’obiettivo di espellere i soci ebrei. Anche altri membri del clero cattolico appartenenti all’Accademia lucchese, del resto, risposero con sollecitudine al censimento; fra questi ci fu Pietro Guidi, vice prefetto dell’Archivio Segre34
Ermenegildo Pellegrinetti (1876-1943), nato a Camaiore, svolse i primi anni della sua attività pastorale a Lucca, insegnando nel Seminario della città toscana. Partecipò alla prima guerra mondiale come cappellano militare, addetto all’ufficio censura militare, sezione slava. Achille Ratti, futuro Pio XI, lo volle come suo collaboratore a Varsavia, alla Nunziatura polacca. Nel 1922 fu nominato arcivescovo titolare di Adana e Nunzio in Yugoslavia. Nel dicembre del 1937 fu creato cardinale. Su di lui cfr. Il cardinale Ermenegildo Pellegrinetti nel centenario della nascita, 1876-1976, Pescia 1977; T. NATALINI, I diari del cardinale Ermenegildo Pellegrinetti, 1916-1922, Città del Vaticano 1994; R. MOROZZO DELLA ROCCA, Le nunziature in Europa fra le due guerre, in Il papato e l’Europa, a cura di G. DE ROSA e G. CRACCO, Soveria Mannelli 2001, p. 407. Cfr. inoltre ACS, MI, DGPS, DPP, Fascicoli personali, b. 982, f. Pellegrinetti Mons. Ermenegildo. 35 Annuario pontificio per l’anno 1938 cit., p. 703. 36 ACS, MPI, DGAB (1926-1948), b. 115, f. Lucca. Reale Accademia lucchese di scienze, lettere e arti. Dalle carte personali di Pellegrinetti finora pubblicate emergono diversi guizzi antiebraici del cardinale. Colpisce in particolare un’annotazione risalente all’epoca della missione in Polonia, con riferimento alla quale il curatore dei Diari, Natalini, ha osservato: «Turba […] il commento alla legge sulle minoranze frutto di mentalità integralistica ed antisemitica»: «9 luglio [1919]. La legge sulle minoranze, nazionali e confessionali, imposta alla Polonia è un colpo alla sua dignità. Il Giudaismo è una gran piaga per questo paese; e purtroppo nessuna legge potrà impedire che il polacco non senta il nemico nazionale, l’insidia perenne, nel giudeo che ha in casa, e che ha religione, costumi, lingua, razza, aspirazioni diverse e ostili alle sue» (NATALINI, I diari del cardinale Ermenegildo Pellegrinetti, 1916-1922 cit., p. 43). Anche dagli stralci di carteggio di Pellegrinetti con il suo antico segretario alla Nunziatura di Belgrado, Paolo Bertoli, da questi pubblicati nel 1976, emergono alcuni riferimenti antiebraici. In una lettera del 12 settembre 1936, a proposito dell’attivismo dell’Azione Cattolica nella sua città natale, egli scrisse: «poche diocesi come quella di Lucca, si danno da fare e pochi i paesi in diocesi sono così, sotto questo aspetto, infaticabili come Camaiore. La quale anche rifornisce di chierici e di clero la Lucchesia, più di altri, cosicché la canzone del Seminario di cinquant’anni fa “Camaiore ghetto d’Ebrei/degno albergo alla lumaca” dovrebbe aversi come poco riguardosa»; e in un’altra lettera del 3 febbraio 1940, a proposito del «tremendo problema dei cattolici spartiti tra Berlino e Mosca e non di quelli soli», Pellegrinetti osservò: «Il razzismo ebraico, adottato ed esasperato quanto possibile da riverite razze europee, pretende stoltamente cancellare la Pentecoste cristiana» (Testimonianze di un animo nobile. Dall’epistolario del Card. Pellegrinetti, in Il cardinale Ermenegildo Pellegrinetti nel centenario della nascita cit., p. 52 e 61).
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to Vaticano — ossia, stretto collaboratore di mons. Angelo Mercati37 — che compilò la scheda già il 27 agosto ’3838. La vicenda di Lucca si concluse il 24 novembre, quando il vice-presidente inviò al Ministero altre tre schede mancanti, insieme alla lettera con la quale il marchese di Castel Lentini, Filippo Francesco Gargallo declinava l’invito a compilare il modulo, non rientrando nelle categorie in esso indicate («insegnante, impiegato, agente»). In questa occasione Parducci non fece più alcun cenno alla mancata risposta del cardinal Mercati. Attraverso questa ricerca viene dunque documentata la non adesione al censimento razzista promosso dal Ministro Bottai di due ecclesiastici ed eruditi di grande valore, come il prefetto dell’Archivio Vaticano, Angelo Mercati, e suo fratello Giovanni, cardinale ma anche dotto studioso di filologia, paleografia, letteratura medievale e umanistica, teologia e storia. Consapevoli del significato che la loro scelta avrebbe potuto assumere, i fratelli Mercati si rivolsero alla Segreteria di Stato per un parere sul da farsi. Così facendo, essi diedero un rilievo istituzionale — anche se tutto interno al mondo ecclesiastico — alla loro decisione di non aderire alla richiesta del governo fascista. Dal carteggio analizzato emerge anche il fatto che le gerarchie vaticane al più alto livello ritennero rilevante la questione del censimento. Pacelli stesso la sottopose al Papa in persona, il quale si pronunciò negativamente. Per quanto riguarda questa vicenda, resta aperta una questione, che tocca proprio le gerarchie vaticane. L’indicazione papale rimase circoscritta al caso che era stato sollevato, quello dei fratelli Mercati, o venne trasmessa anche ad altri, come una sorta di direttiva ufficiosa? Dalla documentazione che è stato possibile esaminare non sembra che l’indicazione fornita da Pio XI si sia trasformata in un canone di comportamento diffuso. Una risposta (o meglio una non risposta) di questo tipo, se adottata da tutti i membri del clero che all’epoca appartenevano alle accademie e alle società scientifiche, letterarie, musicali e storiche italiane avrebbe avuto sicuramente un grande impatto. Mentre la richiesta fatta dai fratelli Mercati ebbe in sostanza una risposta che rimase limitata a loro due. Perché, però, si decise di non diffondere l’indicazione data dal papa, non sappiamo. Né, finora, risulta che altri prelati ritennero di dover consultare in proposito la Santa Sede. 37 Anche Pericle Perali, «archivista dell’Archivio Segreto della Santa Sede», il 31 ottobre compilò la scheda personale per l’Accademia Raffaello di Urbino (ACS, MPI, DGAB (19261948), b. 126, f. Urbino. Regia Accademia Raffaello). 38 Pietro Guidi (1872-1949) fu archivista, paleografo e diplomatista. Prima di assumere l’incarico in Vaticano, collaborò con il futuro card. Pellegrinetti all’edizione degli Inventari dell’Archivio arcivescovile di Lucca.
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LUIGI FIORANI
ARCHIVIO SALVIATI IL FONDO SALVIATI DELLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA
Tra i numerosi contributi riservati alla documentazione d’archivio della Biblioteca Vaticana molto impegnò Luigi Fiorani la stesura dell’inventario dei registri ed atti della famiglia Salviati, entrati in Biblioteca nel 1902 unitamente all’Archivio della famiglia Barberini. Anche dopo il suo pensionamento Luigi Fiorani continuò a frequentare la Biblioteca per completare alcuni suoi lavori rimasti in sospeso, tra cui, appunto, l’inventario dell’Archivio Salviati. È sembrato opportuno nonché doveroso nei confronti dell’illustre studioso, scomparso il 3 dicembre 2009, pubblicare questa sua inedita ricerca: la si consideri testimonianza ulteriore di affetto e di gratitudine verso chi per quarant’anni ha servito con onestà e competenza la Biblioteca Vaticana, consentendo alla comunità scientifica di potersi serenamente confrontare con la eterogenea categoria di documenti conservati nella Sezione Archivi della Biblioteca Vaticana che, grazie a lui, si è così potuta svelare in tutta la sua preziosità. Questa pubblicazione, strumento a cui dovranno d’ora in avanti fare riferimento tutti coloro interessati alle complesse vicende della famiglia Salviati, vede la luce proprio mentre a Roma presso Palazzo Caetani i giorni 3-4 dicembre 2010 si svolge il Convegno “Luigi Fiorani: storico di Roma religiosa e dei Caetani di Sermoneta”. Ed è stato merito di Caterina Fiorani e Luigi Cacciaglia pensare a questo doveroso omaggio editoriale, proprio ad un anno dalla sua scomparsa, la cui realizzazione hanno seguito con sensibilità e competenza. Marco Buonocore Direttore Sezione Archivi Biblioteca Apostolica Vaticana
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Un nucleo piuttosto eterogeneo di registri e di atti della famiglia Salviati entrò nella Biblioteca Apostolica Vaticana nel 1902, insieme all’archivio, più consistente, della famiglia Barberini, al quale la raccolta era stata aggregata. Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 29-101.
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LUIGI FIORANI
Come spiegare la presenza del Fondo Salviati nell’Archivio Barberini? Il primo anello della catena è costituito da un dossier dell’Archivio Salviati di Pisa (filza 72, caps. 74) contenente una lista di registri e di buste inviate a Roma nel 1704 a richiesta di Lucrezia Salviati, nata Rospigliosi, per la successione del marito, il duca Antonio Maria Salviati, ultimo rappresentante del ramo romano, deceduto il 2 gennaio dello stesso anno. Una nota della lista in questione indica che i documenti non sono più tornati a Firenze. Con ogni probabilità questi passarono a Zeffirina Salviati, figlia di Lucrezia, che riprese la controversia iniziata da sua madre per impedire ai Salviati di Firenze di accaparrarsi più di quanto spettasse loro da una successione sottoposta in gran parte ai diritti di primogenitura e fedecommesso. La controversia si concluderà nel 1754, appena due anni prima della morte di Zeffirina, la quale aveva sposato nel 1718 il connestabile Fabrizio Colonna, principe di Paliano. Le carte della famiglia venuta da Firenze nel 1704, insieme a quelle che già si trovavano a Roma, passarono probabilmente ai Colonna. Nel 1812 Francesco Barberini sposerà Vittoria Colonna, nipote del connestabile Fabrizio e di Zeffirina Salviati, che portò con sé, insieme a una parte delle Carte Colonna1, anche quelle dei Salviati2. Il Fondo Salviati della Biblioteca Vaticana che forse, prima di essere accolto in questa sede, aveva subito perdite e manomissioni non irrilevanti, costituisce ciò che resta dell’archivio del ramo romano della grande casata che prende origine, tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, da Jacopo e dal cugino Alamanno di Averardo. Personalità di rilievo che si distaccano dal ramo toscano della grande famiglia presente a Firenze già dal secolo XII e largamente affermata nelle magistrature cittadine e nel campo dei commerci e delle attività bancarie, la cui storia è ampiamente riflessa nei documenti del grande Archivio Salviati depositati nel 1984 presso la Scuola Normale Superiore di Pisa3. Va ricordato, a questo proposito, che altre parti consistenti dell’Archivio Salviati si trovano disperse presso altre raccolte, come le Carte Strozziane dell’Archivio di 1
BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA, Archivio Colonna. Si tratta di uno spezzone del grande Archivio Colonna. 2 Cfr. P. HURTUBISE, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985 (Studi e testi, 309), p. 11 nota 12. Non sembra probabile invece, come viene supposto dallo stesso Hurtubise, che le carte siano emigrate in occasione del matrimonio di Cornelia Costanza Barberini e Giulio Cesare Colonna di Sciarra nel 1728. Con il matrimonio di Zeffirina, infatti, i Salviati si erano uniti ai Colonna di Paliano, da non confondersi con i Colonna di Sciarra principi di Palestrina. 3 Archivio Salviati, in Rassegna degli Archivi di Stato 47 (1987), pp. 473-483; M. SBRILLI, L’Archivio Salviati e il suo deposito alla Scuola Normale Superiore di Pisa..., Roma 1997, pp. 539-544.
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ARCHIVIO SALVIATI
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Stato di Firenze4, l’Archivio Borghese e i Fondi Borghese e Salviati dell’Archivio Segreto Vaticano5. I Borghese alla fine del Settecento entrarono in possesso prima di una parte e poi della totalità del patrimonio Salviati. Si spiega così come una parte dei documenti Salviati sia emigrata in questo tempo nei loro archivi. Il Fondo Salviati della Vaticana è attualmente composto da circa 500 unità tra buste e registri. Numerose pergamene, con atti notarili attinenti il movimento patrimoniale e l’evoluzione genealogica della famiglia, sono ancora collocate nelle buste originarie. L’Archivio ha ricevuto una definitiva sistemazione tra gli anni Sessanta e Settanta del ventesimo secolo, anche sulla base di precedenti tentativi di riordinamento cui aveva lavorato Jeanne Bignami Odier (1902-1984). È articolato in quattro grandi sezioni comprendenti ciascuna un complesso di serie. Le sezioni sono le seguenti: Attività generale; Contabilità e Amministrazione; Famiglia, Amministrazione di beni. La maggior parte dei documenti risale ai secoli XVI-XVII, ma sono presenti, seppure in misura ridotta, anche carte dei secoli XV e XVIII. Il vasto arco degli interessi culturali è ampiamente documentato in questa raccolta: a titolo di esempio vanno segnalate le carte di interesse umanistico, i documenti utili alla storia dell’arte della Roma rinascimentale (in particolare le collezioni di arte e di antichità), la documentazione economica dei feudi laziali, la serie dei testamenti, oltre alle ricche corrispondenze dei cardinali Salviati, di estrema importanza per la storia della Chiesa del secolo XVI. Scrive ancora Hurtubise: “L’archivio Salviati, malgré de nombreuses pertes subies à divers moments de son histoire, constitue probablement aujourd’hui un des plus importants fonds d’archives privées en Italie. Plusiers milliers de “diplômes” et “contrats”, un peu plus de 300 cartons, contenant chacun entre 500 et 1000 pièces, environ 5000 registres: on est loin du chartrier de la Rivière-Bourdet pourtant si impressionnant pour le jeune chercheur que j’étais en 1965. Et ancore faudrait-il tenir compte des quelques centaines de registres et de cartons qui, au fil des siècles, ont émigré dans d’autres séries et fonds d’archíves, tels les Carte Strozziane à Florence, ou ancore les fonds Borghèse, Salviati et Barberini aux Archives et à la Bibliothèque du Vatican”6.
4 ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Carte Strozziane, Serie I. Si tratta di un corposo numero di lettere del cardinale Giovanni Salviati del secolo XVI. 5 ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Carte Salviati; IBID., Fondo Salviati; IBID., Fondo Borghese; IBID., Archivio Borghese. 6 Archives notariales et archives familiales. Le cas des archives Salviati, in Gli atti privati nel tardo medioevo: fonti per la storia sociale, a cura di P. BREZZI e E. LEE, Roma, 1984, p. 155.
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LUIGI FIORANI
INVENTARIO I. ATTIVITÀ GENERALE
BOLLE E BREVI 1. Bolle pontificie di soppressione o di conferma relative a priorati, badie, e altri benefici ecclesiastici, 1532, 1536. 4 pergamene 2. Bolle, istrumenti e atti notarili diversi, sec. XVI. fogli slegati, alcune pergamene 1. Conferimento di protonotoriato a Giovanni Salviati (Leone X, 1 giugno 1510); 2. Conferimento a Lorenzo di Giovanni da Campoli della chiesa di S. Piero a Ripe (Antonino, arcivesc. di Firenze, 15 maggio 1448); 3. Restituzione a Roberto Orsini di “alcuni castelli” (Leone X, 24 dicembre 1520); 4. Conferimento della legazione di Lombardia a Giovanni Salviati (Clemente VII, 13 marzo 1523); 5. Conferimento a Giovanni Salviati del priorato di S. Michele nella diocesi di Casale (Clemente VII); 6. Conferma dell’adozione di Federico Conti Sforza da parte di Giovanni Battista Conti (Paolo III, 26 agosto 1549); 7. Esame di testimoni circa un debito di Giovanni Salviati (s.d.); 8. Cessione di una possessione dell’ospedale di S. Maria Nova di Firenze a favore di Ginevra Conti (7 marzo 1500); 9. Naturalizzazione a favore di Alamanno Salviati e successori per il possesso di beni stabili in Francia (agosto 1551). 3. “Brevi di diversi sommi pontefici all’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVI-XVII]”. 44 documenti pergamenacei e cartacei, piegati e chiusi tra due assi, cm 26 × 19 1. Breve di Leone X che concede licenza all’ospedale di S. Maria Nova di Firenze di vendere alcuni immobili, 22 gennaio 1516; 2. Due brevi di Leone X al card. Giovanni Salviati, 28 giugno e 8 luglio 1521; 3. Breve di Clemente VII all’abate di Lantenaco, 2 febbraio 1524; 4. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 14 giugno 1525; 6. Breve di Clemente VII col quale ordina di “trattare e prestare ogni commodo al card. Giovanni Salviati”, 19 giugno 1525; 7. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 22 giugno 1525 [manca]; 8. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati col quale ordina di “raccomandare alla maestà dell’Imperatore Carlo V il popolo padano e vicentino nella causa che ha con li veneziani”, 25 giugno 1525; 9. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 26 giugno 1525; 10. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 22 luglio 1525; 11. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati per sollecito del vescovado di Barcellona, 26 agosto 1525; 12. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 8 settembre 1525; 13. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati per raccomandare Giovanni Maria Anichino, 19 novembre 1525; 14.Breve di Clemente VII al card.
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ARCHIVIO SALVIATI
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Giovanni Salviati concedente la dispensa del matrimonio tra Carlo V e Isabella, 13 novembre 1525; 15. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 22 dicembre 1525; 16. Breve di Clemente VII agli “Uditori e Presidente della regia Udienza di Spagna”, 23 dicembre 1525; 17. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 31 dicembre 1525; 18. Breve di Clemente VII per la vendita del palazzo di S. Marcello a Roma, 14 settembre 1533; 19. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 20 gennaio 1526; 20. Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 28 gennaio 1526; 21.Breve di Clemente VII al card. Giovanni Salviati, 8 marzo 1526; 22. Idem, 28 maggio 1526; 23. Idem, 19 giugno 1526; 24. Idem, 11 maggio 1528; 25. Idem, 30 aprile 1530; 26. Idem, 6 maggio 1530; 27. Idem, 9 maggio 1530; 28. Breve di Clemente VII a Giovanni Salviati, 31 maggio 1530; 29. Idem, 20 giugno 1530; 30. Idem, 26 agosto 1530; 31. Breve di Clemente VII per “la consegna di alcuni galeotti”, 1530; 32. Idem, 16 novembre 1532; 33. Breve di Paolo III al card. Giovanni Salviati, 8 marzo 1539; 34. Idem, 17 dicembre 1741 (annuncio del Concilio Tridentino); 35. Breve di Pio IV a mons. Bernardo Salviati, 27 febbraio 1561; 36. [manca]; 37. Breve di Gregorio XIII a d. Ferdinando duca d’Alba, 11 giugno 1572; 38. Breve di Clemente VII per la restituzione di Giulianello e Parrano, 23 dicembre 1595; 39. Privilegio di Alessandro VII per il matrimonio del duca Francesco Maria Salviati con Caterina Sforza, 19 maggio 1663; 40. Breve di Innocenzo XII al duca Antonio Maria Salviati, 27 settembre 1698; 41. Breve dei sommi pontefici per “far celebrare la messa nella cappella di Fidenza e Ponte alla Badia”; 42. Brevi di Leone X al card. Bernardo Salviati “per la riserva di molti benefici”; 43. Breve di Leone X, col quale raccomanda il Conte di Caltabellotta al re Ferdinando il Cattolico, 1 febbraio 1519 (copia); 44. Breve di Leone X a Jacopo Salviati, 23 gennaio 1515; Breve di Clemente VII col quale dichiara capitano delle Galere Pontificie Bernardo Salviati, 10 luglio 1533.
TESTAMENTI, INVESTITURE, ISTROMENTI 4. “Testamenti delli antichi Salviati, 1472 a 1522 [C]”. legatura in pelle marrone con borchia, pergamena ff. 79, cm 36 × 24 5. Testamenti e donazioni di vari personaggi, sec. XV-XVII. ff. 307, slegati Atti in originale o in copia di: card. Francesco Conti, 2 giugno 1521, ff. 1-5v; mons. Girolamo Conti, vescovo di Massa, 29 settembre 1521, ff. 6-10v; Orazio Conti, s.d., ff. 12-17v; Massimo Conti, 5 febbraio 1588, ff. 19-29v; Maddalena Conti Orsini, 27 settembre 1588, ff. 30-33v; Porzia Orsini Cesi, 24 gennaio 1587, ff. 34-60v; Patrizio Patrizi, 6 dicembre 1592, ff. 61-80v; Battista Serristori, 4 luglio 1497, ff. 81-88v; Giovanni Serristori, 18 ottobre 1414, ff. 89-121v; Giovanni Serristori, 10 settembre 1531, ff. 122-209v; Alessandra Serristori Capponi, 4 novembre 1503, ff. 210-283v; Guido Ascanio Sforza, 14 febbraio 1555, ff. 234-273v; Mario Sforza, 2 luglio 159012 gennaio 1591, ff. 74-303v; Paolo Sforza, 9 settembre 1669, ff. 304-307v.
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6. Testamenti e donazioni di vari personaggi della famiglia Salviati, sec. XVIIXVIII. ff. 528, slegati Atti in originale o in copia di: card. Antonio Maria, 9 aprile 1593, ff. 4-37v; duca Antonio Maria, 28 dicembre 1703, ff. 82-147v; card. Antonio Maria, iunior, 2 dicembre 1791 (passaggio dei beni Salviati a Casa Borghese), ff. 148-170v; duca Francesco Maria, 15 giugno 1698, ff, 172-221v; Giacomo Salviati, 25 agosto 1512, ff. 222-311v; idem, 1522-1523, ff. 312-366v; duca Giacomo, 26 settembre 1668, ff. 367-407v; Giacomo d’Alamanno Salviati, 26 marzo 1586; ff. 408-417v; donazione di Giovanni Battista Salviati alla moglie Porzia Massimi, 7 aprile 1562, ff. 418421v; Giovanni Battista Salviati, 7 ottobre 1562, ff. 422-427v; Lorenzo Salviati, 8 ottobre 1533, ff. 428-439v; marchese Vincenzo Salviati, 24 settembre 1648, ff. 440-452v; Ginevra Salviati, 5 giugno 1610, ff. 453-464v; Isabella Salviati, duchessa di Cesi, 22 maggio 1640, ff. 465-468v; Elena Gondi Salviati, 19 giugno 1503, ff. 469-502v; Lucrezia Salviati Rospigliosi, 1728-1732, ff. 503-510v; duchessa Caterina Salviati Sforza, 22 maggio 1698, ff, 511-520v; Maddalena Strozzi Salviati, 21 luglio 1633, ff. 521-528v. 7. “Investiture affitti e locazioni dell’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVI-XVII]”. 18 documenti (originali o copie, alcuni mancanti), piegati e chiusi tra due assi, cm 26 × 19 1. Affitto di un mulino in S. Pietro in Pergolato (Val di Pesa), 30 luglio 1502; 2. Erezione della terra di Caravaggio in Marchesato, 14 aprile 1532; 3. Affitto della commenda di S. Sigismondo “sotto il priorato di Roma”, 14 maggio 1548; 4. Copia della bolla di investitura della città di Segni a Fulvia e Federico Sforza, 24 febbraio 1550; 5. Enfiteusi dei beni e pascolo di Figinara (Pisa), 23 ottobre 1553; 6. Locazione del Palazzo alla Longara all’Ambasciatore di Francia, 24 luglio 1568; 7. Investitura di Vignola fatta dal duca di Ferrara a Giacomo Boncompagni, 5 agosto 1577; 8.[manca]; 9. Rinnovo e conferma dell’investitura del Castello di S. Sabino fatta da Ferdinando II granduca di Toscana; 10. Enfiteusi di casa e poderi nel popolo di S. Giacomo a Gricciano (Castel Fiorentino); 11. Istrumento di concessione di area alla Longara fatta dal duca Giacomo Salviati a d. Anna Colonna Barberini per la fabbrica del monastero di Regina Coeli, 13 gennaio 1644; 12. [manca]; 13. Apoca di affitto del marchesato di Proceno, 22 ottobre 1689; 14. Nota dei canoni passivi del Palazzo alla Longara, sec. XVII; 15. [manca]; 16 [manca]; 17. Istrumenti di affitto della tenuta di Valle Lutterana in territorio di Bracciano, sec. XVII; 18. Copia di investitura di alcuni feudi “nel Mantuano che fa il duca di Ferrara a un certo Giuliano”, sec. XVI. 8. “Compre e vendite. Instromenti dell’Ecc.ma Casa Salviati, [sec. XV-XVIII]”. documenti in originale e in copia, piegati e chiusi tra due assi, cm 26 × 19 1. Fede estratta dall’Archivio di Firenze attestante la vendita del podere e casa “nel popolo di S. Bartolomeo della badia di Fiesole”, 9 gennaio 1471; 2. [manca];
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3. Istromento di delibera e vendita della torre e beni detti “il Padule maggiore nel contado di Pisa”, 10 giugno 1509; 4. [manca]; 5. Istromento di vendita di un podere fra Mantova e Ferrara “loco detto li Pilastri”, 2 maggio 1541; 6. Fede di vendita di un podere nella “villa di Sassola”, 6 maggio 1542; 7. Istrumento di acquisto di una casa in Ravenna, 7 ottobre 1542; 8. Vendita di due poderi a Padule Maggiore, contado di Pisa, 11 settembre 1548; 9. [manca]; 10. Istromenti di acquisto del casale e tenuta di Grotta Marozza vicino a Monterotondo, 3 settembre 1566, 31 gennaio 1608, 27 febbraio 1627; 11. “Vendita del soldo, o sia porzione delle paludi pontine... fatta da Ginevra Salviati in favore del card. Marco Altemps, 4 aprile 1594”; 12. [manca]; 13. Vendita della villa di Paterno in Firenze, 1 settembre 1687; 14.[manca]; 15. Vendita del casino e giardino “dietro la SS.ma Annunziata di Firenze”, 20 novembre 1698; 16. Vendita di poderi di Santa Maria a Faella (Firenze), 8 agosto 1702. 9. “Compre e vendite. Instromenti dell’Ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVI-XVII]”. documenti in copia e in originale, piegati e chiusi tra due assi, cm 26 × 19 1. Conto di Pietro Mannelli per il credito del re di Francia, 1553; 2. Quietanza del card. Giovanni Salviati a favore di Nicolò Trotti, 21 maggio 1521; 3. Quietanza del card. Giovanni Salviati a Giuliano Partino, 11 dicembre 1533; 4. Quietanza di Giacomo Cornelio e del card. Francesco Cornelio ai card. Giovanni Salviati e Ridolfi, 12 giugno 1507; 4 bis. Quietanza di Lorenzo di Giacomo Salviati a favore di Alamanno, 13 aprile 1534; 5. Quietanza del card. Paolo Cesi al card. Giovanni Salviati, 12 luglio 1537; 6. Quietanza per la pigione del Palazzo a Borgo dovuta dal card. Giovanni Salviati, 8 aprile 1538; 7. Quietanza del card.Giovanni Salviati al vescovo di Castro, 28 febbraio 1541; 8. Quietanza del conte Carlo Malatesta al card. Giovanni Salviati, 28 ottobre 1542; 9. [manca] 10. Ratifica di transazione Serristori-Salviati, 30 aprile 1543; 11. Quietanza del duca di Ferrara a favore del card. Giovanni Salviati, 11 dicembre 1545; 12. Quietanza di Francesco Bandini al card. Benedetto Accolti, 15 aprile 1549; 13. Concordia tra Giulio Colonna e Lorenzo Salviati sopra il lago di Giuliano; 14. Quietanza tra Alamanno e Giacomo Salviati; 15. Quietanza a favore del card. Giovanni Salviati; 16. Quietanza del duca di Ferrara a favore del card. Giovanni Salviati, 26 febbraio 1551; 17. Concordia di Costanza Conti, moglie di Lorenzo Salviati, e i “canonici di Ravenna” per la “manutenzione e libera coltura delle paludi”, 20 maggio 1552; 18. Quietanza del capitolo della cattedrale di Ferrara al card. Bernardo Salviati, 8 novembre 1553; 19. Quietanza del card. Antonio Salviati a favore di Alamanno Salviati, 6 aprile 1554; 20. Quietanza per 9.000 sc. fatta dai Giunti di Venezia a favore del card. Bernardo Salviati, 24 dicembre 1560; 21. Quietanza di Pietro di Luca duca di Ribona a favore del card. Bernardo Salviati, 15 dicembre 1565; 22. Instrumento di concordia tra i Vannini di Rocca Massima e di Cori, 19 giugno 1593; 23. [manca]; 24. Ricevute di pagamento del duca Giovanni Salviati a favore di Spinello Benci per il marchese Niccolini, 1633; 25. Convenzione tra il card. Guido Ascanio Sforza per la successione ai beni e feudi di Casa Sforza, 14 gennaio 1625; 26. Convenzione tra il duca Mario Sforza e mons. Federico Sforza, 1 luglio 1634; 27. Ricevute del duca Giacomo Salviati a
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favore della Comunità di Castiglione, 25 ottobre 1659; 28. Transazione tra il duca Francesco Maria Salviati e la Comunità di Savarna (Ravenna), 18 dicembre 1674; 29. Transazione tra il duca Francesco Maria Salviati e la mensa arcivescovile di Pisa, 5 aprile 1675; 30. Quietanza della priora del monastero di S. Caterina da Siena a favore del duca Francesco Maria Salviati, 11 febbraio 1682; 31. Quietanza di donna Costanza Sforza a favore del duca Francesco Maria Salviati, 5 aprile 1683; 32. Quietanza della dote di Maria Zeffirina di Antonio Maria Salviati per il matrimonio con il gran contestabile Fabrizio Colonna, 1718; 33-40 [mancano]; 41. Istrumento di debito di Andrea di Vigliano nei confronti di fra Jacopo Antonio rettore di S. Nicolò a Calenzano (doc. tra le carte Serristori), 24 gennaio 1504; 42. Istrumento di tutela di Costanza di Giovanni Serristori, poi moglie di Alamanno Salviati, 1531; 43. Attestato di Alberto Pio di Carpi per l’elezione al cardinalato di Antonio de Prato, 9 settembre 1527; 44. Istrumento di appello del card. Giovanni Salviati davanti all’Auditore del Sacro Palazzo “sopra i capitoli e convenzioni” tra il duca di Ferrara e il card. Cibo, 21 dicembre 1527; 45. [manca]; 46. Ordine del card. Bernardo Salviati a Bandini di pagare per il vescovo di Frejus, 1 giugno 1562; 47. Due lettere di cambio all’ambasciatore di Toscana d’ordine del duca Giovanni Salviati, 5 aprile 1631; 48. Fede e nota di un ufficio a favore del duca Francesco Maria Salviati, 21 dicembre 1629; 49. Dichiarazione a favore del duca Giovanni Salviati di proprietà di una somma di denaro, 29 novembre 1639; 50. Attestato di obbligo di pagamento al duca Giovanni Salviati di frutti a carico di Giordano Orsini duca di Bracciano, 19 gennaio 1640; 51. Cittadinanza di Ravenna a favore di Lorenzo Salviati, 30 gennaio 1674; 52. Istrumento del duca Giovanni Salviati al Monte di Pietà a favore di Antonio Maria Salviati, giugno 1659; 53. Minuta di un ordine del duca Giovanni Salviati diretto al S. Monte della Pietà di Roma di scudi 15709:24 da pagarsi a don Paolo Peretti Savelli del card. Montalto per la parte di un censo imposto per sua vita a termine a favore del fide commesso e prima genitura del card. Antonio Maria Salviati, giugno 1659; 54. Obbligo a Giovanni Vincenzo Canino di pagamento di canoni alla Casa Salviati per la casa alla Longara, 11 novembre 1680. 10. “Transationi, concordie, e quietanze dell’Ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVIIXVIII]”. documenti in copia e in originale, piegati e chiusi tra due assi, cm 26 × 19 1-27. [mancano]; 28. Istrumento liberatorio di un censo a favore di Ognibene De Marchis, 13 maggio 1625; 29. Dichiarazione di Pietro Corsi per il deposito di una somma a favore del duca Salviati, 21 aprile 1637; 30. Istrumento di rinuncia di d. Livia Cesarini a favore del duca Giuliano suo padre in occasione della monacazione nel monastero dei Sette Dolori, 11 agosto 1664; 31. Rinuncia di Costanza e Isabella Salviati in occasione della monacazione nel monastero di S. Caterina, 7 febbraio 1686; 32. [manca]; 33. Assoluzione del duca dall’offesa al duca Ottavio del Bufalo, 19 ottobre 1690; 34. Condanna del duca Antonio Maria Salviati “per la frustata data in faccia al cocchiere dell’abate Fabrizio Savelli”, 6 agosto 1693; 35. Rinuncia di Eleonora Salviati in favore del duca Antonio suo fratello, in occasione
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del matrimonio con Francesco Maria Sforza, 19 maggio 1696; 36. Rinuncia di donna Vittoria Salviati in favore del fratello Antonio Maria in occasione del matrimonio, 19 maggio 1702; 37. Istrumento di possesso della tenuta tra Bracciano e Giuliano della duchessa Salviati, 19 gennaio 1704; 38. Istrumento dell’addizione dell’eredità del duca Antonio Maria Salviati, 23 gennaio 1704; 39. Istrumento di possesso del feudo di Onano in nome della duchessa Rospigliosi Salviati, 31 gennaio 1704; 40. Istrumento di vendita di un appartamento di proprietà del marchese Serbelloni, 11 dicembre 1721. 11. “Censi, instrumenti dell’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVI-XVII]”. 17 documenti, in originale o in copia, piegati e chiusi tra due assi; cm 26 × 19 1. Istrumenti di censo per il card. Bernardo Salviati, 13 marzo 1562; 2. Istrumento di censo a favore del card. Bernardo Salviati, 11 aprile 1562; 3. Idem, 19 dicembre 1564; 4. Istrumento di procura e altre scritture a favore del card. Bernardo Salviati, 8 gennaio 1569; 5. Istrumento di liberazione dal censo contratto dal card. Giovanni Salviati imposto da Claudia Savelli, 6 novembre 1571; 6. Istrumento di censo con i monaci di S. Paolo de Urbe, 5 dicembre 1578; 7. Istrumento di censo del card. Antonio Maria Salviati, 8 luglio 1579; 8. Istrumento “coi frati della Pace”, 24 agosto 1579; 9. Istrumento di censo di Antonio Maria Salviati, 24 dicembre 1582; 10. Idem, con la congregazione Lateranense, 11 luglio 1584; 11. Idem, con i monaci di S. Paolo, 14 agosto 1597 e 3 ottobre 1597; 12. Idem, 24 novembre 1597; 13. Idem, 22 dicembre 1597; 14. Dichiarazione a favore di Giacomo Salviati, 26 gennaio 1639; 15. Istrumento di censo fatto da Francesco Caetani a favore del duca Strozzi, 1 marzo 1660; 16. Esecutoria a favore di Giuseppe M. Altemps, 29 settembre 1692; 17. Istrumento di censo di Lelio Falconieri a favore di Francesco Maria Salviati, 18 luglio 1696. 12. “Istromenti di dote dell’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVII-XVIII]”. documenti in copia e in originale, piegati e chiusi tra due assi; cm 26 × 19 1. [manca]; 2. Istromento dotale tra il duca Mario Sforza e donna Renata di Lorena, 8 agosto 1612; 3. Capitolo matrimoniale tra il duca Federico Cesi Acquasparta ed Isabella del marchese Lorenzo Salviati, 15 luglio 1616; 4. Idem, tra Olimpia del duca Federico Cesi di Acquasparta e Ludovico Lanti, agosto 1639. 5. Istrumento dotale tra Paolo Sforza Conti e Olimpia Cesi Acquasparta, 12 aprile 1642; 6. Capitoli matrimoniali tra il conte Carlo Borromeo e d. Camilla Barberini, 22 gennaio 1689; 7. Idem, tra Eleonora Salviati e Francesco Maria Sforza marchese di Caravaggio, 6 giugno 1696; 8-9. Idem, tra Francesco Colonna duca di Carbognano e Vittoria Salviati, 10 maggio 1702; 10. Idem, tra il connestabile Fabrizio Colonna e Caterina Salviati, 29 aprile 1718. 13. “Liber instrumentorum a mense septembris 1698 usque per totum annum 1707”. ff. 443, cm 36 × 25
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14. “Liber instrumentorum diversorum Excellentissimae Domus Salviati. Incipiendo ab anno 1713-1717”. ff. 430, con rubricella, cm 36 × 25 15. “Instrumenti, [di Roma e campagna], 1618 al 1695”. ff. 412, cm 29 × 21 16. “Sentenze, monitorii e mandati dell’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XV-XVIII]”. documenti in copia e in originale, piegati e chiusi tra due assi, fasc. 1-9, cm 26 × 19 1. Lodo di Dinoro Belocci per causa di divisione dell’eredità di Carlo di Antonio Serristori, 6 febbraio 1414; 2. Compromesso fra Giovanni e Malatesta fratelli e figli di Antonio di Silvestro Serristori, 31 agosto 1469; 3. Mandato del camerlengo di S. Chiesa contro gli eredi del card. Giovanni Salviati, 29 novembre 1553; 4. Approvazione fatta dal card. Antonio Maria Salviati del lodo di Benedetto di Businis, 6 aprile 1570; 5. Mandato del card. Antonio Maria Salviati contro il card. Bernardo suo zio, circa una somma di sc. 899, 1562; 6. Lite tra il card. Antonio Maria Salviati e Alamanno per i beni di Giacomo Salviati, s.d.; 7. Lodo di Stefano Crescenzi a favore di Antonio Maria e Giovanni Battista Salviati, circa l’uso del lago di Giuliano, s.d.; 8. Appellazione del duca Giovanni Salviati contro la comunità di Ravenna, 7 giugno 1652; 9. Sentenza di assoluzione del duca Francesco Salviati su una pretesa donazione, 17 luglio 1676; 17. “Sentenze, monitorii e mandati dell’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XV-XVIII]”. documenti in copia e in originale, piegati e chiusi tra due assi, fasc. 10-19, cm 26 × 19 10. Mandato esecutivo del duca Francesco Maria Salviati per pagamento di canoni, 5 marzo 1698; 11. Istanza del duca Francesco Maria Salviati contro Giacomo Salucci per pagamento di canoni, 10 maggio 1701; 12. Mandato “de evacuando” di casa alla Longara, 12 luglio 1701; 13. Mandato “de immittendo” nel Castello di Monteleone in Sabina a favore di Giulio Conti contro Troilo Brancaleone, 1535; 14. Mandato di pagamento a favore del duca Francesco Maria Salviati, 1677; 15. Idem, 1691; 16. Mandato di pagamento a favore di Bernardino Bartoli, 1691; 17. Idem, a favore di Francesco Maria Salviati, 1691; 18. Idem, a favore del duca Francesco Maria Salviati, 1693; 19. Mandato a favore del duca Antonio Maria Salviati, 1700.
PROCURE E PATRONATI 18. “Procure dell’ecc.ma Casa Salviati, [sec. XVI-XVIII]”. documenti in originale o in copia, piegati e chiusi tra due assi; cm 26 × 19 1. Tre procure del card. Giovanni Salviati, 1525-1542; 1 bis. Conti di debitori e creditori di Giovanni Salviati, 1540-1550 ss.; 2. Istrumento di procura del card. Bernardo Salviati; 3. Istrumenti di procura del card. Bernardo Salviati, 14 ottobre 1522; 3 bis. Partite del quaderno di cassa C, 1634-1638; 4. Procura del card. Gio-
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vanni Salviati, 17 maggio 1524; 4 bis. “Ricapiti di Costanzo Mattei ministro del duca A.Maria Salviati, 1701-1703; 5. Causa con la connestabilessa Colonna, 16991717; 5 bis. Procura dei card. Giovanni e Bernardo Salviati, 16 marzo 1534; 6. Istrumento di procura di Sforza Pallavicini in persona del card. Giovanni Salviati, 13 agosto 1541; 7. Procura del card. Giovanni Salviati in persona di Felice de Sanctis, 21 gennaio 1543; 8. Procura del card. Giovanni Salviati in persona di Bernardo Nerli, 17 settembre 1543; 9. Procura del card. Bernardo Salviati in persona di Annibale Bichi, 13 gennaio 1554; 10. Procura del card. Bernardo Salviati in persona di Bernardo Acciaioli, 14 maggio 1554; 11. Procura del card. Bernardo Salviati in persona del capitano Annibale Bichi, 14 settembre 1554; 12. Procura del card. Bernardo Salviati in persona di Antonio Maria Salviati, 22 aprile 1557; 13. Procura di Alamanno e Giacomo Salviati in persona di Lorenzo Bonciani, 9 maggio 1568; 14. Id. Alamanno Salviati – Antonio Fiorelli, 17 giugno 1568; 15. Alamanno e Giacomo Salviati – Guglielmo Angiolini, 17 luglio 1568; 16. Istrumento di sostituzione in persona di Guglielmo Angiolini, 4 settembre 1568; 17. Procura Paolo Ricciardi – Cosimo Cappelli, 23 dicembre 1571; 18. Procura Lucrezia Rospigliosi – Giovanni B. Tansi, 7 gennaio 1704; 19. Procura Giovanni Battista Tansi – Nicolò Galassi, 7 gennaio 1704; 20. Procura A. M. Salviati, 26 maggio 1705; 21. Procura duchessa Rospigliosi – Nicolò Galassi, 18 luglio 1705; 22. Procura duchessa Rospigliosi, 7 gennaio 1704; 23. Procura duchessa Rospigliosi (in bianco), 1 agosto 1704. 19. “Patronati dell’Ecc.ma Casa Salviati, [sec. XIV-XVII]”. documenti pergamenacei e cartacei, piegati e chiusi tra due assi; cm 26 × 19 1. Procura del rettore di S. Giovanni di Soana, 24 dicembre 1355; 2-3. [manca]; 4. Benefici di S. Pietro a Ripa e S. Chirico in Collina, 5 dicembre 1477; 5. Idem, 8 maggio 1485; 6-20 [mancano]; 21. Bolla dell’arcivescovo di Firenze per il conferimento della chiesa di S. Pietro di Montepoldo a Pietro di Giovanni “de Plebe Presciani”, 25 dicembre 1561; 22. Bolla per la provvista della chiesa di S. Pietro di Montepoldo, 26 maggio 1563; 23. Bolla per l’unione del beneficio di S. Stefano di Gabbiola con la pieve di S. Giovanni in Sugana, 16 novembre 1563; 24. Bolla per conferimento della rettoria di S. Giovanni in Sugana, 4 luglio 1574; 25. Fede per la pendenza della rettoria di S. Giovanni, 11 ottobre 1564; 26. Copia della donazione di Altobianco di Lorenzo Buondelmonte a Francesco e Lorenzo di Giacomo Salviati, 26 giugno 1599; 27. Bolla di Clemente VIII di collazione della rettoria di S. Giovanni in Sugana, 1604; 28. Collazione del beneficio di S. Barbara in Colleferro, 24 luglio 1623; 29. Approvazione dell’arcivescovo di Firenze per l’assegnazione della cappellania di S. Margherita di Firenze, 27 novembre 1665; 30. Scrittura legale sul patronato di S. Giovanni in Sugana, sec. XVII; 31. Scrittura legale su vari patronati, sec. XVII; 32. Scrittura sul canonicato di Figline, sec. XVII; 33. Inventario dei beni stabili della chiesa di S. Michele di Roccamonfina, sec. XVII; 34. Scrittura legale per l’istituzione della parrocchia di S. Quirico a Collina e S. Pietro a Ripa, sec. XVII; 35. Nota sui patronati Salviati, sec. XVII; 36. Memoriale del duca Francesco Salviati al granduca di Toscana, sec. XVII; 37. [manca]; 38. Indulgenza per l’oratorio privato del Palazzo di Firenze, sec. XVII; 39. Relazione sui giuspatronati
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di Casa Salviati, in Toscana, sec. XVII; 40. Scrittura legale sulla nomina di Alessandro Castellani alla parrocchia di S. Pietro a Montepoldo, sec. XVII; 41. Scritture sulla cappellania della duchessa Lucrezia Rospigliosi, sec. XVII. 20. “Filza n. 1. Processi, ricordi, contratti et altre scritture diverse concernenti il padronato della Pieve di San Giovanni di Sugaria e d’altri benefizi già de’ Giandonati et in oggi del Signor Duca Salviati et con alcune scritture di detta famiglia de Giandonati, [sec. XIV-XVII]”. ff. 242, cm 30 × 22 Varie carte e pergamene miscellanee, con due registri rilegati. 1. Miscellanea; 2. “Libro di ricordi scritturato e tenuto dal quandam messer Jacopo di messer Maligno Giandonati, 1392[-1523]”; 3. “Acta in causa beneficiali plebis Sancti Joannis in Sugana pro domino Joanne Baptista de Giandonatis”, 1555. 21. “Processi e sentenze [sec. XVI-XVII] concernenti il ius patronato e presentationi [della chiesa di S. Pietro di] Monte Paldi [diocesi di Firenze]”. ff. 330, cm 30 × 23 22. “Processi, consulti et altre diverse scritture concernenti il patronato della chiesa di S. Maria alla Romola [Firenze] e suoi annessi, [inizio sec. XVII]”. ff. 699, cm 30 × 21 23. “1623. Processo, informazioni, consulti et altre scritture diverse concernenti il iuspatronato, e presentazioni fatte alla chiesa parrocchiale di S. Michele a Torri [diocesi fiorentina] da Casa Salviati”. ff. 316, cm 28 × 23 24. “Baldini contro Quercetani avanti monsig.re vicario fiorentino sopra l’iuspatronato di S. Quirico in Collina et S. Pietro a Ripa dove è la portione a favore de Signori Salviati, [prima metà sec. XVII]”. ff. 257 (molti slegati), cm 29 × 21.
INVENTARI 25. “Inventario originale [della consegna della guardarobba di casa Salviati fatta il 16 novembre 1691 da Giuseppe Bulgarelli]”. ff. 54, cm 28 × 21. Aggiunte fino al 1698; con inserto “Inventario delle gioie di Casa Salviati fatto questo di 12 giugno 1698”. 26. Inventario del palazzo alla Lungara e della Casa all’Orso, e di altri beni dell’eredità Salviati, 1704, vol. I]. con rubricella ff. 260, cm 28 × 21 27. “Copia inventari di Roma e delli Castelli di Giuliano, Roccagorga e Onano, [1704, vol. II]”. ff. 730-1076, cm 28 × 21
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28. “1722[-1727]. Inventario degli argenti, quadri, mobili, parati ed arazzi consegnati all’ecc.mo Duca Salviati in esecuzione della concordia [...]”. ff. 31, cm 28 × 20
GUARDAROBA 29. “1586 a 1613. Guardaroba di Casa Salviati”. ff. 138, cm 23 × 16 30. “Giornale di mercantie, A. [Inventario della guardaroba di Casa Salviati, 1640]”. ff. 101, cm 30 × 23 31. “Mobili di guardarobba di Casa [Salviati, fine sec. XVII]”. ff. 96, cm 35,5 × 24,5
CONGREGAZIONI 32. “[Memorie di] congregazioni dal 1699 a tutto 1703”. ff. 22, cm 35 × 12
SCRITTURE VARIE 33. Scritture varie relative al patrimonio Salviati, sec. XVI-XVII. documenti cartacei e pergamenacei, slegati 1. Scritture informative relative alla terra di Tossignano (Bologna), sec. XVII; 2. Scritture sui molini di Montevarchi dei Serristori, 10 luglio 1626; 3. Notizie del feudo di Tossignano (Bologna), sec. XVII; 4. Pianta dei beni del duca Francesco Maria Salviati posti nel territorio di Savarna (Ravenna), 1684; 5. Notizie di Cittàreale e Corealto, sec. XVII; 6. Nota dei beni che sono nei libri della b.m. di Giovanni Salviati, sec. XVI; 7. Estime e altre memorie dei beni livellari del marchese Vincenzo Salviati, sec. XVI; 8. Scritture e note dei beni spettanti ai Serristori, sec. XVI; 9. Notizie del feudo della Torre di Triviliano (Frosinone), sec. XVII; 10. Scritture diverse sulle proprietà e sulle entrate di Morlupo, Stabbia, Rignano e Nerola, sec. XVII; 11. Nota dei “termini e confini tra Giuliano e Montefortino”, sec. XVII; 12. “Nota di diversi testamenti e contratti dei signori Sforza”, sec. XVII; 13. Relazione dei beni Salviati a Savarna (Ravenna), sec. XVII; 14. Nota sui possessi in Savarna di Costanza Conti moglie di Lorenzo Salviati, sec. XVII; 15. Notizie di luoghi di monte del card. Bernardo Salviati comprati da Pietro di Giacomo Salviati, 1539; 16. Fede intorno alla discendenza Salviati e loro beni in Toscana, sec. XVII; 17. Pianta della cappella del principe di Caserta (Caetani) a Cisterna, sec. XVII; 18. Nota su testamenti e istromenti di Casa Conti, sec. XVII; 19. Notizia sulla casa in via dello Studio a Firenze di Casa Salviati, sec. XVII; 20. Nota dei livelli per i beni Salviati in Toscana, sec. XVII; 21. [manca]; 22. Nota dei livelli per i beni Salviati in Pisa e Firenze, sec. XVII; 23. Scrittura su una casa “da recuperarsi dal dott. Matteo
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Neroni e altri”, sec. XVII; 24. Scritture sui beni Salviati che sono “su la ripa del fiume” Arno, sec. XVII; 25. Nota sui beni della cattedrale di Segni, sec. XVI. 26. Nota sulla fattoria di Cerbone (Firenze) dei Salviati, sec. XVII; 27. “Relazione e pianta dei beni di ricavo”, sec. XVII; 28. [manca]; 29. Scritture sui beni dei Salviati in Firenze, sec. XVII; 30. Note diverse dei luoghi di monte Salviati in Firenze, sec. XVII; 30. Note diverse dei luoghi di monte Salviati, sec. XVII; 31. Notizie sulla rendita dei castelli di Monte Leone, Monte Gabbione, “e altri beni della comunità di Orvieto”, sec. XVII; 32. [manca]; 33. Nota sulla tassa pagata ai ministri della Cancelleria di Proceno, sec. XVII; 34. “Nota de prezzo di Formello e altri castelli dagli Orsini al principe Chigi”, sec. XVII; 35. Scritture sulle doti che si distribuiscono a Firenze alle “povere zitelle”, sec. XVII; 36. Risoluzione della comunità di Galliate, 4 luglio 1697. 37. Diverse scritture sulle entrate di Fiano, sec. XVII; 38. Scritture sulla tenuta di Migliarino, sec. XVII; 39. Scritture e inventari della vigna in Trastevere del card. Bernardo Salviati, 1554 c. 34. Scritture varie relative al patrimonio Salviati, sec. XVI. documenti cartacei e pergamenacei, slegati 1. Istromento di dote di Elisabetta di Tarsia a Aurelio Silva, 23 giugno 1515; 2. [manca]; 3. Vari istrumenti e cedole per debiti del card. Giovanni e Bernardo Salviati, 1537-1561; 4. Cedole di ricognizione di debiti a favore del card. Giovanni Salviati, 1539 e 1547; 5. Istrumenti di affitto del porto del fiume Treia, 1540; 6. Istromenti di terminazione ai confini tra Rocca Massima e Cori, 1543; 7. Cedola del card. Giovanni Salviati nella quale si dichiara debitore di Roberto Strozzi, 3 gennaio 1544; 8. Cedola di Tommaso del Vecchio colla quale si fa debitore del card. Giovanni Salviati, 8 febbraio 1544; 9. Istromento col quale il card. Giovanni Salviati si fa debitore di Lucrezia Medici sua madre, 10 giugno 1544; 10. Accordo di Giambattista e Antonio Salviati per la divisione delle paludi di Savarna, 14 novembre 1544; 11. Ricognizioni di debito a favore del card. Bernardo Salviati contro Lorenzo Guasconi, 1544; 12. Istrumento di annullamento di affitto delle rendite del vescovado di Ferrara fatto a Battista Mucciosco, 11 dicembre 1545; 13. Censo di Claudia Savelli a favore del vescovato di Cosenza, 18 giugno 1547; 14. Cedola di debiti del card. Bernardo Salviati, 19 luglio 1553; 15. Istrumento della cittadinanza di Cervia concessa a Giovanni Battista e Antonio Maria Salviati, 31 novembre 1553; 16. [manca]; 17. Istrumento di sc. 4000 a favore di Pietro e Lucrezia Salviati, 24 dicembre 1560; 18. Dichiarazione di Latino Orsini sull’ordine del card. Bernardo Salviati di pagare sc. 4000 alla Camera Apostolica, 1 giugno 1562; 19-20 [mancano]; 21. Istrumento di naturalizzazione a favore del card. Bernardo Salviati di possedere beni stabili in Francia, novembre 1549 (con grande sigillo di cera); 22. Istrumento di legittimazione di Pietro figlio naturale del card. Bernardo Salviati, 10 agosto 1554 (fascicolo rilegato e miniato); 23. Istromento di legittimazione a favore di Lucrezia figlia naturale del card. Bernardo Salviati, 23 settembre 1568; 24. Id. di Giulio Salviati figlio naturale del card. Giovanni Salviati, 23 agosto 1569; 25. Istromento di rinuncia di Costanza Sforza a favore di Alessandro Sforza, 23 febbraio 1576; 26. Cedole di ricognizione di debito a favore del card. Bernardo
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Salviati, 1533c-1565c.; 27. Obbligo di Pandolfo di Diacceto di amministrare i beni del card. Bernardo Salviati, 1563. 35. Scritture varie relative al patrimonio Salviati, sec. XV-XVI. documenti cartacei e pergamenacei, slegati 1. Transazione tra il duca d’Este e Ginevra della Mirandola, 14 marzo 1500; 2. Bolla di Bonifacio IX con la quale conferisce il rettorato di S. Giovanni di Sovana a Stefano Benedetto Mattei, 1442; 3-5. [mancano]; 6. Bolla di Innocenzo VIII con la quale conferisce a Riccardo di Lodovico Giandonato la rettoria di S. Giovanni in Sovana, 31 maggio 1490; 7. Locazione di una casa di S. Felicita di Firenze a Riccardo di Giandonati pievano di S. Giovanni in Sovana, 27 maggio 1495; 8. Bolla di Leone X per l’assegnamento di canonicato nella cattedrale di Firenze, 1513; 9. Bolla del vicario generale di Firenze per conferimento di canonicato a Riccardo di Lodovico di Giandonato, 7 giugno 1519; 10. Bolla di Clemente VII per il conferimento a Gherardo Altobianchi Giandonati della rettoria di S. Giovanni in Sovana, 22 aprile 1524; 11. Presa di possesso della stessa rettoria, 4 marzo 1523; 12. Bolla di Clemente VII per la permuta della chiesa di S. Stefano con la rettoria di S. Giovanni di Sovana, aprile 1530; 13. Breve del card. Ranuccio Farnese per la nomina al beneficio di S. Pietro di Montepaldi, 18 novembre 1534; 14. Breve del card. Ridolfi arciv. di Firenze col quale conferisce a Luca Ciatti la parrocchia di S. Pietro di Montepaldi, 1536; 15. Id., per la chiesa di S. Lazzaro, 3 settembre 1552; 16. Breve di Paolo IV col quale conferisce a Giambattista Giandonato la rettoria di S. Giovanni in Sovana, 26 maggio 1555; 17. Commissione per la causa della plebania di S. Giovanni in Sovana, 19 giugno 1556; 18. Bolla del vicario generale di Firenze con la quale conferisce a Giambattista di Simone Francesco Giandonato la rettoria di S. Giovanni in Sovana, 4 ottobre 1556; 19. Bolla dell’arciv. di Firenze con la quale istituisce Pietro di Berardino al beneficio della chiesa di S. Stefano di S. Giovanni di Sugana, 2 ottobre 1556; 20. Istrumento di possesso del beneficio di S. Pietro alla Ripa preso da Francesco Giandonato, 27 novembre 1556. 36. Perizie notarili e varia documentazione del patrimonio spettante alla primogenitura, fine sec. XVII e inizio XVIII. ff. 170, slegati, cm 30 × 22 1. “Nota delli beni et entrate che possiede l’ill.mo sig. card. Aldobrandini nella terra d’Olevano”, ff. 1-6; “Scritture intorno alla masseria delle pecore” della duchessa Rospigliosi, ff. 7-67; Relazione della villa del Ponte alla Badia (Fiesole)”, ff. 68-71; Scritture di luoghi di monte del sale di Firenze, ff. 72-107; Scritture intorno a suor Diomira Salviati del monastero di S. Caterina di Roma, 1700, ff. 108-118; Scritture di crediti Salviati su Leone e altri Strozzi, ff. 119-129; Frutti dell’eredità del duca Antonio Maria Salviati, 1704, ff. 130-133; Nota dei beni venduti dal duca Francesco Maria ai Citti nel contado di Pisa, 1702, ff. 134-148; “Peritia per distinguere i beni della primogenitura dell’ecc.ma Casa Salviati, 1696”, ff. 149-170.
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ATTI GIUDIZIARI 37. Posizioni di cause degli eredi Salviati, sec. XVI-XVII. ff. 454, slegati Vari atti di lite con Giunti di Venezia; per la successione del card. Bernardo Salviati; degli eredi Salviati contro Prospero Crivelli già amministratore del card. Giovanni. 38. “Posizioni di cause civili di casa Salviati, 1600 a 1699”. ff. 1202, fogli slegati, cm 29 × 22 39. “[Posizione di causa eredità card. Salviati] Romana seu Signina Castrorum, [1622-1635]”. ff. 2264, stampati e mss., cm 30 × 22 40. “Posizioni legali diverse dell’Ecc.ma Casa Salviati, 1700-1731”. ff. 531, fogli slegati, cm 28 × 22 41. “Posizione di cause di Casa Salviati, 1702 a 1744”. fascicoli slegati ff. 939, cm 28 × 21 42. “Posizioni di cause di Casa Salviati, 1704 a 1719”. fogli slegati ff. 559, cm 28 × 21 43. “Rev.mo P. D. Molines. Positio in causa Romana principis de Salviatis super localibus et tabulis pictis, 1706 a 1770”. ff. 622, cm 29 × 20 44. “Romana dotis, 1621 a 1699. Salviati e Sforza”. fogli slegati ff. 1070, cm 27 × 19 45. “Romana dotis, de Salviatis tomus secundus, 1637 a 1718”. fasc. a stampa e mss. ff. 3020, cm 29 × 21 46. “Romana dotis, 1700 a 1730. Salviati e Sforza”. fogli e fascicoli a stampa e ms., slegati. ff. 1159, cm 27 × 20 47. “Romana dotis de Salviatis, tomus primus, 1702 a 1711”. ff. 2082, cm 29 × 21 48. “Primogenitura Salviati Marsicana seu Romana de Francionibus, 1598-1610”. ff. 1403, cm 28 × 21 49. Posizioni di causa della primogenitura Salviati, 1706. fogli sciolti a stampa ff. 311, cm 28 × 20
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50. “Romana primogenitura de Salviatis, 1718 a 1781”. fogli slegati ff. 431, cm 29 × 21 51. “Romana primogenitura de Salviatis, 1720 a 1732”. fogli slegati ff. 859, cm 29 × 20 52. “Romana. Primogeniturae de Salviatis. Florentina seu Romana, [1780-1790 c.]”. fascicoli ms. slegati ff. 792, cm 28 × 20 53. “Romana seu Florentina primogeniturae de Salviatis, 1794 e 1799”. fogli sciolti a stampa e mss. ff. 216, cm 28 × 20 54. “Litt. M., num. XVI. Rev.mo P.D. Molines. Positio in causa Romana canonum de Salviatis, 1704 a 1708”. fasc. a stampa e ms. ff. 826, cm 29 × 21 55. “Romana canonum de Salviati [posizioni legali], 1707 e 1708”. fascicoli a stampa ff. 276, cm 26 × 20
MISCELLANEA 56. Miscellanea. ff. 1-320, slegati Salviati, compagnie di commercio e interessi vari, lettere di Alamanno Salviati, 1538-1565, ff. 1-12; Eredità Rinuccini, sec. XVII, ff. 13-46; Abbazia di S. Ilario e S. Maria, liti contro card. Antonio Maria Salviati, indice dei processi sec. XVII, 15831590, ff. 47-52; Carte di affari di Lorenzo Salviati, 1658-1676; ff. 53-120; Vertenza con la S. Congregazione delle acque per la bonifica dei beni di Savarna (Ravenna), 1672, ff. 121-128; Contratto del duca Francesco Maria Salviati con le monache delle Convertite di Ponte a Badia, 1686, ff. 129-137v; Istrumenti notarili, 16921702, ff. 138-193v; Scritture concernenti il trattamento spettante al Duca Salviati visitando l’ambasciatore del granduca di Toscana, 1699, ff. 194-199; Lettere del marchese Antonino Salviati, poi duca, 1699, ff. 200-281v; Spese del duca Anton Maria Salviati per il suo matrimonio con d. Lucrezia Rospigliosi, 1720, ff. 282-285; Intorno alla dote di donna Caterina Zeffirina Salviati, 1730 c., ff. 286-319. 57. Miscellanea. ff. 1-279, slegati Consulti e scritture sulla lite fra il duca di Ferrara e la S. Sede “in causa devolutionis bonorum feudalium”, sec. XVI, ff. 1-94; Ricordo concernente l’attentato contro
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il duca di Milano Francesco II, 1523, ff. 97-99v; Dichiarazione del conte Pietro di Crutzsich di essere stato soddisfatto del pagamento fatto dal papa a mezzo del card. Giovanni Salviati per la difesa del castello di Cles contro i Turchi, 1532, 24 luglio, ff. 101-103v; Assoluzione di Giuliano Cesarini dall’accusa di pubbliche violenze a mano armata, 30 gennaio 1533, ff. 105-107; Avvisi, 15 agosto 1534, ff. 108-108v; Vertenze cavalleresche Lucio Agnesi-Giulio Cesare Brancaccio e Giovanni Girolamo Mendisio-Camillo da Vernia, 1558, ff. 109-115; Editto di Enrico III contro gli eretici, 31 dicembre 1588, ff. 117-119v; Lettera di Sisto V a Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana, 27 maggio 1589, ff. 123-124v; Quesito circa la pena da infliggere per il vilipendio del papa rappresentato in una statua di paglia, fine sec. XVI, ff. 127-128v; Memoriali sui disordini verificatisi nella Segreteria dei Brevi, sotto Clemente VIII, ff. 129-135; Bando generale concernente il governo di Roma e suo distretto 1610, ff. 137-140v; Relazione della Corte di Roma a Luigi XIV, metà sec. XVII, ff. 141-192; Libro delle aziende di Casa Rospigliosi, 1705, ff. 193-216v; Rubricella [senza registro corrispondente], e indice di istromenti, sec. XVII, ff. 218-279v. 58. Miscellanea. ff. 2-730, slegati Note sulle origini di Casa Salviati, sec. XVIII, ff. 2-9; Fogli e appunti sulla genealogia Salviati, ff. 10-24; Mutuo di 1000 ducati contratto da Leone X col cognato (1515), ricevute del card. Giulio de Medici, il quale dichiara di avere ricevuto in deposito da Lucrezia la tiara di Paolo II (8 dicembre 1514, breve col quale Leone X si riconosce debitore di 50.000 ducati d’oro (23 gennaio 1515), descrizione delle gioie che ornavano il triregno di Sisto IV con firma autografa di Bernardo Dovizi da Bibbiena (1514), ff. 26-36v; Quattro lettere autografe di Clemente VII al card. Giovanni Salviati (1525-1527), ff. 39-51v; Testamento di Alfonsina Orsini vedova di Piero di Lorenzo de Medici (6 febbraio 1520), ff. 66-71v; 24 lettere di Caterina de Medici (8 ottobre 1542 – 8 agosto 1563), ff. 74-105; Lettera di Margherita di Francia al cugino card. Salviati, 22 marzo 1562, ff. 107-109; Inventario di robe e conto di spesa di Lucrezia Salviati, 1517 e 1553, ff. 112-118v; Istrumento di acquisto del palazzo Salviati in Borgo Vecchio, 14 luglio 1533 e 14 aprile 1596, ff. 120-128v; Testamento e codicillo di Lucrezia de Medici, 1533, 1545 e 1553, ff. 131-196v; Quietanze rilasciate da Lucrezia Salviati, 16 gennaio e 1 marzo 1542, ff. 198-202v; Memoriale di Maddalena detta Zerostra, già domestica di Lucrezia Salviati, 1568 e 1569, ff. 204-207v; Inventari di gioie e oggetti personali di Luisa figlia di Giacomo Salviati e Lucrezia dei Medici, ff. 210-212v; Cenni biografici del card. Giovanni Salviati, ff. 216-218v; Varie copie del testamento dello stesso, 6 marzo 1544 e ss., ff. 220-266; Documenti dello scrittoio segreto e conti di lavori eseguiti da Benvenuto Cellini (autografi), 1537-1551, ff. 268-289v; Inventari degli argenti e delle medaglie dello stesso, ff. 291-310; “Inventario di anticalie et altro” dello stesso, ff. 312-316v; Copia dell’istrumento di acquisto fatto dallo stesso del palazzo a “Porta Settignana”, 25 giugno 1552, ff. 320-332v; Conto di lavori di falegnameria per lo stesso, 8 aprile 1545, ff. 334-335v; Lettere del card. Giovanni Salviati, 1539-1549,
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ff. 338-364v; Diversi inventari di “robe” e di “scritture” del card. Giovanni Salviati, 1533-1561, ff. 368-375v; Card. Giovanni Salviati, inventario di robe del vescovado di Ferrara, 1551, ff. 378-379v; Diversi inventari di robe della eredità del card. Giovanni Salviati, 1553, ff. 387-413v; Inventari di robe della eredità del card. Giovanni Salviati, 1544, ff. 416-432v; Inventari di robe della eredità del card. Giovanni Salviati, 1555-1557, ff. 438-443v; Inventari del card. Giovanni Salviati, 1561 e senza data, ff. 446-452; Card. Giovanni Salviati, arredi che gli appartennero, estratti dai suoi registri, ff. 455-478v; Inventari di scritture, s.d., ff. 481-484v; Lettere del card. Bernardo Salviati al fratello Alamanno, 1553-1563, ff. 486- 508; Oroscopo dei card. Giovanni e Bernardo Salviati, e ragionamento di Ettore Ausonio, ff. 512-536; Cifre di Giovanni e Bernardo Salviati, ff. 539-557v; Lettere di Bernardo Salviati, 1562, ff. 560-574v; Lettere di Carlo V al card. Giovanni Salviati, 1524-1544, ff. 578-581v; Lettere di Enrico II di Francia a id., 1548-1557, ff. 591-610v; Lettera di Francesco II di Francia a id., 27 luglio 1560, ff. 613-615v; Lettere di Carlo IX a id., 1561-1565, ff. 617-631v; Lettere di Antonio di Borbone re di Navarra a id., 1561,ff. 633-636v; ff. 638-639v, Lettera della regina di Spagna al card. Bernardo Salviati, giugno 1561; Lettera a Clemente VIII, ff. 641-644; Lettere di Cosimo II duca di Firenze al card. Giovanni Salviati, 1545-1563, ff. 646-662v; Idem, 1553, ff. 679-683; Relazione dell’ingresso a Roma del duca e duchessa di Firenze, 1560, ff. 685-688; Licenza di pesca concessa dal granduca Ferdinando a Lorenzo Salviati, 12 aprile 1607, ff. 689; Lettere del duca di Ferrara Alfonso I al card. Giovanni Salviati, 1544-1551, ff. 692-705v; Lettere del duca di Ferrara Alfonso I e Ercole II al card. Bernardo Salviati, 1554-1562, ff. 707-711v; Lettere di Alessandro de Medici, arciv. di Firenze poi Leone XI, a Giacomo di Alamanno Salviati, 1576-1577, ff. 715-722; Lettere del card. Antonio Salviati a Francesco Salviati, 1563, ff. 726-730v. 59. Miscellanea: beni, note, inventari, sec. XV-XVIII. ff. 1-795, slegati Lettera di Marco di Bernardo Salviati a Giacomo Salviati, sec. XV-XVI, ff. 1-1v; Inventario delle masserizie di Giacomo di Giovanni e Alamanno di Averardo Salviati, sec. XV-XVI, ff. 2-3v; Inventari di registri amministrativi e scritture diverse, ec. XV-XVI, ff. 4-126v; Inventario di masserizie del Palazzo di Firenze e di robe dell’eredità del duca Francesco Maria, sec. XVII, ff. 127-154v; Inventari di quadri, statue e preziosi dei palazzi di Roma e Firenze, sec. XVII-XVIII, ff. 155-241v; Inventari di argenterie, oreficerie, cammei, sec. XVII-XVIII, ff. 242-320v; Minute e frammenti di inventari di mobili, sec. XVII-XVIII, ff. 321-370v; Scritture per il palazzo di S. Giacomo alla Lungara e la casa all’Orso, sec. XVII, ff. 371-377v; Nota del debito di Giovanni Caccini, 1507, ff. 378-381v; Nota delle provisioni di gentiluomini e uomini d’arme dell’armata del capitano (Giuliano de Medici duca di Nemours), 1515, ff. 382-383v; Nota dei creditori dell’eredità di Francesco di Alamanno Salviati, 1520, ff. 384-385v; Albero degli eredi di Pietro de Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, 1521, ff. 386-387v; Note relative ai beni Salviati, sec. XVII, ff. 388-458v; Inventari e note di beni della primogenitura, 1602-1698, ff. 459-532v; Inventari dell’eredità del marchese Antonio Maria Salviati (m. 1617), ff. 533-574v; Note dei beni immobili
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e mobili di casa Salviati in Roma, 1667, ff. 575-582v; Inventari patrimoniali, 1703, ff. 583-617v; Inventari dei mobili e altre robe del Casino a S. Maria Maggiore, 1704, ff. 618-627v; Inventario della guardaroba di casa Salviati, 1704, ff. 628-667v; Inventario dei mobili del palazzo di Giuliano e Rocca Massima, 1704, ff. 668-720; Note e istrumenti dell’eredità Salviati, sec. XVI-XVII, ff. 722-795v.
II. CONTABILITÀ E AMMINISTRAZIONE
LIBRI MASTRI 60. “Libro mastro di Casa Salviati, 1625 a 1639”. ff. 287, cm 44 × 32 61. “Libro mastro A di Casa Salviati, 1639 a 1643”. ff. 206, cm 44 × 32 62. “Libro mastro C di Casa Salviati, 1640 a 1647”. con rubricella, fogli slegati ff. 260, cm 49 × 38 63. “Libro mastro D di Casa Salviati, 1648 a 1657”. con rubricella ff. 472, cm 49 × 44 64. “Libro mastro E di Casa Salviati, 1658 a 1660”. con rubricella ff. 204, cm 52 × 39 65. “Libro mastro di Casa Salviati F, 1660 a 1670”. con rubricella ff. 495, cm 50 × 40 66. Rubricella, sec. XVII. senza libro mastro ff. 18, cm 26 × 19
ENTRATE E USCITE 67. “Entrata e uscita di Casa Salviati, 1653 a 1657”. pp. 151, cm 33 × 23 68. “Casa Salviati entrate uscite, 1643 a 1646”. Nell’interno: “A di giugno 1643. Libro delli denari venuti in mano di me Veronica Cybo Salviati”. ff. 83, cm 29 × 22
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69. “Entrata et uscita dall’anno 1643 a tutto 1649”. ff. 72, cm 34,5 × 23 70. “Entrata e uscita di casa dell’anni 1646 al 1647”. ff. 29, cm 29 × 22 71. “Casa Salviati. Entrata e uscita, 1647 a 1651”. ff. 135, cm 34 × 23 72. “Entrata e uscita di Casa Salviati, 1648 a 1657 [D]”. pp. 360, cm 44 × 33 73. “Entrate uscite di Casa Salviati, 1648 a 1649”. ff. 40, cm 28 × 21 74. “Salviati. Entrata e uscita, 1665 a 1668”. pp. 429, cm 35 × 24 75. “Entrata e uscita, 1672 al 1673”. ff. 48, cm 34 × 23 76. “Salviati entrata e uscita, 1675 a 1676”. pp. 88, cm 34 × 23
ENTRATE E USCITA ESATTORE 77. “Salviati. Entrata e uscita [dell’esattore], 1639 a 1644 [A]”. ff. 33, cm 34 × 23 78. “Entrata e uscita Buonfante anno 1658 a tutto 13 giugno 1659 [conti della Casa]”. pp. 113, cm 34 × 23 79. “Entrata e uscita di Francesco Gradi, 1650 a 1657”. pp. 173, cm 33 × 24 80. “Entrata e uscita di Francesco Gradi dal 1658 a 1663”. pp. 177, cm 35 × 23 81. “Entrata e uscita del sig. Francesco Gradi, 1664 a 1667”. ff. 203, cm 34 × 24 82. “Entrata e uscita di Sabatino Boldrini, 1667”. ff. 73, cm 33 × 23 83. “Entrata e uscita di Sabatino Boldrini, 1668-1669”. pp. 190, cm 34,5 × 23 84. “Casa Salviati. Esattore, 1698 a 1701”. pp. 22, cm 29 × 21
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ENTRATE E USCITE GRASCE E GRANI 85. “Entrate e uscite a grascie di Casa Salviati, 1566 a 1568”. pp. 79, cm 31 × 22 86. “Entrata e uscita a vino di Casa Salviati, 1634 a 1636”. ff. 30, cm 25 × 20 87. “Grani. Entrate e uscite di Casa Salviati, 1691-1700”. ff. 43 (molti bianchi), cm 35 × 26
GIORNALI 88. “Libro di dare et havere. Casa Salviati, memorie ossia giornale, 1532-1538”. vari fogli slegati, in cattivo stato ff. 77, cm 44 × 15 89. “Giornale di Casa Salviati, 1539 a 1552”. ff. 63, cm 30,5 × 12 90. “Giornale di Casa Salviati, 1548-1549 [spenditore]” ff. 94, cm 38 × 14 91. “Giornale di Casa Salviati, 1569 a 1571”. ff. 94, cm 40 × 13 92. “Giornale di casa Salviati, 1630 a 1632”. ff. 61, cm 35 × 14 93. “Quaderno [giornale] del bilancio di casa dal 1632 al 1636”. con rubricella ff. 189, cm 37 × 15 94. “Giornale del fattore del Palazzo di Casa Salviati, 1653-1661”. ff. 95, cm 27 × 19 95. “Giornale di Casa Salviati, 1659 a 1662”. ff. 88, cm 34 × 11,5 96. “Giornale di entrata e uscita, [1667]”. ff. 9, cm 48 × 17 97. “Giornale Salviati F, 1660-1669”. pp. 207, cm 41 × 28 98. “Giornale C [di Casa Salviati, 1670-1686]”. pp. 219, cm 43 × 30 99. “Giornale di Casa Salviati, 1698 a 1700 [1704]”. ff. 16, cm 34 × 14
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DEBITORI E CREDITORI 100. “Debitori e creditori di Casa Salviati, 1532-1533”. con una nota di altri debitori e creditori dal 1532 al 1534, molto danneggiata ff. 40, cm 30 × 22 101. “[Giornale di] creditori e debitori A Ricordi. Filippo Corbinelli, 1544 [1552]”. ff. 206, cm 29 × 22 102. “Debitori e creditori, 1568 a 1573. M.” con rubricella ff. 125, cm 35 × 24 103. “Debitori e creditori, 1620 a 1652 [e 1653]”. ff. 1-259, cm 31 × 23 104. “Libro di debitori e creditori, 1640 a 1643”. ff. 125, cm 29 × 23 105. “Debitori e creditori dei canoni di Casa Salviati, 1682 a 1687”. ff. 59, cm 27 × 20
MANDATI 106. “Registro dei mandati di Casa Salviati, 1561 a 1564”. ff. 20, cm 34 × 23 107. “Registro dei mandati di Casa Salviati, 1620 a 1623”. ff. 41, cm 28 × 22 108. “Registro de mandati dal 1639 a tutto 1647 Casa Salviati [A]”. ff. 610, cm 34 × 23 109. “Registro de mandati [di casa Salviati] D, [1648-1657]”. ff. 132, cm 34 × 24 110. “Registro de mandati, 1658[-1663]”. ff. 250, cm 35 × 24 111. “Registro di mandati [di Roma], 1664[-1687]”. ff. 171, cm 34 × 24 112. “Registro di mandati al Monte della Pietà et altri banchi di Casa Salviati, [1654-1689]”. pp. 178, cm 29 × 21 113. “Registro di mandati del Monte della Pietà et altri banchi, 1670-1672 [e 1673]”. ff. 163, cm 34,5 × 23
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RICEVUTE E GIUSTIFICAZIONI 114. Rubricella, priva di registro, inizio sec. XVII. ff. 47, cm 32 × 22 115. Rubricella, priva di registro, sec. XVII. ff. 50, cm 34 × 12 116. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro, 1655”. ff. 531, cm 29 × 22 117. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro, 1656”. ff. 414, cm 29 × 22 118. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro, 1657”. ff. 348, cm 29 × 22 119. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro, 1661, 1662, 1663”. ff. 821, cm 29 × 22 120. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro, 1664 e 1665”. ff. 523, cm 29 × 22 121. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro, 1666, 1667”. ff. 405, cm 29 × 22 122. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro di Roma dell’anni 1668, 1669”. ff. 460, cm 29 × 22 123. “Filza [di ruoli e di giustificazioni] del libro mastro G, 1670-1671”. ff. 357, cm 29 × 22 124. “Filza del libro mastro G dal 1672 a tutto giugno 1676”. ff. 761, cm 29 × 22 125. “Filza del libro mastro G dal primo luglio 1676 a tutto 1679”. ff. 465, cm 29 × 22 126. “Ricevute e giustificazioni di Francesco Gradi, 1637-1649”. ff. 534, cm 29,5 × 20,5 127. “Ricevute e giustificazioni di Francesco Gradi, 1650-1659”. ff. 438, cm 29,5 × 20,5 128. “Ricevute e giustificazioni di Sabbadino Boldrini, 1670 a tutto 1673”. ff. 707, cm 29 × 22 129. “Ricevute e giustificazioni di Sabbadino Boldrini, 1674-1676”. ff. 521, cm 29,5 × 20,5
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130. “Ricevute e giustificazioni di Bernardino Bartoli mastro di Casa 1677 a tutto ottobre 1680”. ff. 615, cm 29 × 20 131. “Giustificazioni della cassa dal 1692 a tutto [...] decembre 1694”. ff. 507, cm 30 × 22 132. “Filza di giustificazioni dell’eredità Salviati dall’anno 1773 a tutto l’anno 1789”. ff. 1016, cm 30 × 21 133. “Filza di giustificazioni dell’eredità Salviati dall’anno 1790 a tutto l’anno 1794”. fogli slegati, cm 31 × 22
SALARIATI 134. “Salariati, 1668-1676”. ff. 114, cm 31 × 22 135. “Salariati diversi, 1672[-1681]”. ff. 53, cm 28 × 21 136. “1676 a 1680. Liste de Salariati di casa Salviati”. ff. 42, cm 33 × 23 137. “Libro de Salariati, [1680-1691]”. ff. 185, cm 34 × 24 138. “Salariati dell’ecc.ma Casa Salviati, [1696-1704]”. ff. 101, cm 35 × 25
CALCOLI E CONSUMO 139. “Calculi e consumo di Casa. Entrata e uscita di diverse cose di casa Salviati, 1647 a 1651”. ff. 95, cm 35 × 24 140. “Spese di Casa Salviati [calculi e consumo], 1652 a 1658”. ff. 65, cm 35 × 23
RINCONTRI 141. “Rincontri del Monte della Pietà, [1599-1601]”. ff. 32, cm 28 × 22 142. Rincontro del banco de signori Deti e signori Corsi [di Jacopo Salviati] dal 1633 al 1639”. ff. 127, cm 31 × 22
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143. “Rincontro del Baccelli et altri banchi, [1652-1664]”. pp. 78, cm 33 × 23 144. “Rincontro del monte di Pietà dal 1654 a tutto 1670. Casa Salviati”. pp. 72, cm 35 × 24 145. “Rincontro del banco di S. Spirito, [1654-1671]”. pp. 75, cm 36 × 24 146. “Rincontro del banco di S. Spirito dall’anno 1672 a tutto l’anno 1686”. pp. 294, cm 34 × 24 147. “Rincontro del banco di Casa Salviati, 1674 a 1684”. ff. 55, cm 24 × 17 148. “Rincontro del banco di S. Spirito di Casa Salviati, 1687 a 1702”. ff. 261, cm 35 × 24 149. “[Rincontro dello] spenditore [di Casa Salviati, 1666-1667]”. ff. 240, cm 46 × 20 150. “Rincontro dello spenditore dal 1686 a tutto l’anno 1692”. ff. 91, cm 34 × 12 151. “Casa Salviati. Dispensa 1639 a 1644, [in coperta:] Rincontro del banco A”. ff. 187, cm 34 × 26
CONTI DI CASA 152. “Ricevute di casa Salviati, 1604 a 1607[-1610] A”. ff. 141, cm 22 × 15 153. “Quaderno de conti di casa Salviati, 1643 a 1648”. ff. 124, cm 36 × 25
LETTERE DI CAMBIO 154. “Lettere di cambio et ordini diversi e mandati di franchi[gia], 1652[-1655]”. ff. 185, cm 34 × 23 155.“Registro di lettere, di cambii et ordini diversi, [1658-1669], casa Salviati”. pp. 183, cm 33 × 23
QUADERNI DI CASSA 156. “Salviati saldaconti, 1641 a 1648. Quaderno di cassa L”. con rubricella ff. 66, cm 31 × 22 157. “Quaderno di Cassa N.O., [1651-1664]”. ff. 83, cm 38 × 27
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STRACCIAFOGLI 158. “Stracciafoglio di Casa Salviati, 1636 e 1637. II”. ff. 42, cm 30 × 21 159. “Stracciafoglio di Casa Salviati, 1638 a 1639. III”. ff. 26, cm 30 × 21 160. “Stracciafoglio, 1644 al 1660”. Nell’interno: “Questo stracciafoglio è di Stefano di Francesco Beatucci al presente fattore del signor duca Salviati dove noterà tutto quello che da a lavoratori della fattoria di palazzo per loro sovenimento cominciato il dì primo di agosto 1644”. ff. 95, cm 31,5 × 22 161. “Stracciafoglio, 1653 a 1659”. ff. 25, cm 27 × 20 162. “Casa Salviati. Stracciafoglio, 1671 a 1673”. ff. 122, cm 28 × 21 163. “Stracciafoglio di Sabbatino Boldrini, 1675 e 1676”. ff. 97, cm 29 × 22 164. “Stracciafoglio di Roma, 1704”. ff. 6, (molto rovinati)
FRANCHIGIE 165. “Franchitie diverse dell’anno 1656 a tutto 1673”. pp. 49, cm 34 × 23
CASA DI PENITENZA BUON PASTORE ALLA LUNGARA, ROMA 166. “Giustificazioni del libro mastro della ven. Casa di Penitenza alla Longara dal 1777 a tutto il 1803 dal n. primo al n. 188”. ff. 798, cm 29 × 20,5 167. “Libro della canavara della ven. Casa di Penitenza alla Longara dal primo sett. 1790 a tutto agosto 1798”. ff. 85, cm 50 × 22 168. “Giustificazioni della ven. Casa di Penitenza alla Longara dall’anno 1792 a tutto l’anno 1795 dal n. primo al n. 352”. ff. 875, cm 29 × 21 169. “Giustificazioni della ven. Casa di Penitenza alla Longara dall’anno 1796 a tutto l’anno 1797 dal n. 1 al n. 250. Parte I”. ff. 549, cm 29 × 20,5
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EREDITÀ CORBINELLI 170. “Debitori e creditori [dell’eredità] di Giovanni Maria Corbinelli, 1498 a 1543”. ff. 208, cm 34 × 24 171. “Giornale di Filippo di Giovanni Maria Corbinelli rettore di S. Stefano e San Silvestro, 1545 a 1563”. ff. 32 (molti bianchi), cm 25 × 17 172. “Debitori e creditori [dell’eredità di pertinenza] di Giovanni Maria Corbinelli, 1552 a 1559 [B]”. ff. 232, cm 29,5 × 22
VARIE 173. “Libro de bestiami [di casa Salviati, 1680-1694]”. ff. 30, cm 35 × 24 174. “Ricevute Messe a funerali fatti celebrare per la fel. mem.dell’Ecc.mi Sig.ri duca Iacomo Salviati, monsignore Lorenzo Salviati e d. Carlo Salviati, 1672 e 1674”. ff. 180, cm 29 × 22 175. Rubricella, molto deteriorata, sec. XVII.
III. FAMIGLIA
LUCREZIA MEDICI SALVIATI LEONE X, SPOSA DI JACOPO SALVIATI 1461-1533
SORELLA DI
176. “1527, 1528. Lucrezia Salviati Medici. Debitori e creditori”. ff. 90, cm 33 × 24 177. “Giornale [dal 1515 al 1536]”. ff. 91, cm 29 × 25
GIOVANNI SALVIATI cardinale, 1490-1553
BOLLE I 178. Commenda al card. Giovanni Salviati dell’abbazia di Salvatore “de Rothonio”. Leone X, 1514.
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179. Causa tra il card. Giovanni Salviati e la prepositura di San Giovanni del Cappuccio. Leone X, 3 settembre 1518. 180. A Manfredo de Manfredis e al vicario generale di Cesana su varie commende del card. Giovanni Salviati. Leone X, 4 febbraio 1519. 181. Concessione al card. Giovanni Salviati di permutare e alienare l’abbazia di S. Maria dell’Isola. Leone X, 8 febbraio 1519. 182. Conferma dell’abbazia di S. Bartolomeo di Venezia al card. Giovanni Salviati. Adriano VI, 31 agosto 1522. 183. Concessione di una pensione del vescovado di Valenza a favore del card. Giovanni Salviati. Adriano VI, 13 gennaio 1523. 184. Riserva di una pensione al card. Giovanni Salviati sulla mensa episcopale di Valence. Adriano VI, 22 aprile 1524. 185. Bolla di Clemente VII colla quale dà il “regresso” del vescovado di Fermo al card. Giovanni Salviati. Clemente VII, 26 novembre 1523. 186. Concessione al card. Giovanni Salviati del beneficio dell’abbazia di S. Martino di Tournai. Clemente VII, 24 ottobre 1524. 187. Concessione di un priorato in Ferrara al card. Giovanni Salviati. Clemente VII, 7 febbraio 1530. 188. Per la legazione di Bologna del card. Giovanni Salviati. Clemente VII, 16 novembre 1532. 189. Concessione della badia di S. Ilario al card. Giovanni Salviati. Clemente VII, 10 aprile 1530. 190. Pensione annua a favore del card. Giovanni Salviati. Paolo III, 1536. 191. Scomunica per l’usurpazione dei beni della badia di S. Ilario a istanza del card. Giovanni Salviati. Paolo III, 21 settembre 1539. 192. Conferimento al card. Giovanni Salviati del vescovado di Sabina. Paolo III, 17 ottobre 1544. 193. Conferma di pensione a favore del card. Giovanni Salviati. Paolo III, 15 marzo 1548. 194. Facoltà al card. Giovanni Salviati di riservare per altri una o più pensioni del vescovato di Ferrara. Giulio III, 15 luglio 1551. 195. “Facoltà al card. Giovanni Salviati di potere testare. Paolo III, 8 ottobre 1543.”
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BOLLE II 196. “Bolle e brevi del card. Giovanni Salviati, 1530 a 1547”. ff. 62, cm 30 × 21 197. “Bolle d’istituzione e patenti fatte dal card. Giovanni Salviati, 1544 a 1553”. ff. 116, cm 34 × 25 198. “Libro de patenti [del card. Giovanni Salviati, 10 novembre 1533-19 luglio 1544]”. ff. 190, cm 30 × 22
LEGAZIONI 199. Registro di suppliche della legazione Cispadana del card. Giovanni Salviati, 1524-1525. ff. 155, cm 32 × 25 200. “Filza nona. Registri di suppliche, patenti, bolle e dispense del signor cardinal Giovanni Salviati quando stette legato per la sede Apostolica in diversi luoghi et tempi, [1524-1525 c.]”. Due registri rilegati in pergamena di ff. 270 e 450, cm 32 × 22 201. “Filza sesta. Commissioni concessioni et simili fatte dal card. Giovanni Salviati quando fu legato per la sede apostolica in diversi luoghi et tempi”. Le suppliche e lettere analoghe riguardano soprattutto la legazione in Spagna, 1525. ff. 508, slegati, cm 33 × 24 202. “Filza Settima”. Idem. ff. 729, cm 33 × 24 203. “Supplicationum legationis Franciae, [cardinalis Ioannis Salviati, 15261529]”. 204. “Filza Xma. Registri di suppliche, patenti, bolle et dispense del cardinal Giovanni Salviati. Quando stette legato per la Sede Apostolica in diversi luoghi”. 4 registri, ff. 324, 252, 156, 225; cm 32 × 26 205. “Processus contra Joannem et alios de Nicellis [atti processuali sotto il governatore di Piacenza 1531-1532, legazione del card. Giovanni Salviati “in Gallia cispadana”]”. ff. 214, cm 30 × 22 206. Rubricella di spedizione di bolle, sec. XVI. ff. 43, cm 21 × 14
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ABBAZIE 207. “Scritture diverse spettanti all’abbazia di S. Martino di Tornai al tempo del card. Giovanni Salviati dal 1541 al 1545”. fascicoli slegati ff. 473, cm 34 × 23 208. “Conti, memorie, entrate uscite et altre diverse scritture spettanti alle badie di S. Ilario di Galeata dell’Isola di Romagna, di S. Giovanni del Cappuccio e S. Dionisio di Milano tanto al tempo del card. Giovanni che del card. Bernardo Salviati et del sig. Anton Maria Salviati, [sec. XV-XVI]”. pacco di pergamene e fascicoli slegati. 209. “Diverse scritture spettanti alla Badia di Reddon, con il saldo de conti d’Alessandro Cennina affittuario et amministratore de beni e rendite di detta Badia tanto al tempo del card. Giovanni che del card. Benedetto Salviati, [1540 c.-1570 c.]”. fascicoli slegati; ff. 330, cm 32 × 23
LETTERE 210. Lettere al card. Giovanni Salviati, 1526-1553 ff. 386, slegati Baglioni Orsini Elisabetta, 1524, 29 ottobre, f. 1; Banfio Paolo, 1550, 27 dicembre, ff. 2-2v; Borello G., 1535, 3 febbraio, ff. 3-4v; Boschi Attilio, 1565, 2 maggio, ff. 5-6v; Capino da Capo, 1534, 23 ottobre-1535, 22 gennaio, ff. 7-57v; Lettere di cardinali (Accolti Benedetto, Alfonso di Portogallo, Bertani Pietro, Cornaro Francesco, Giovanni di Lorena), 1526-1552, ff. 58-70v; Ciannara Alessandro, 1552, 31 gennaio e 1553, 24 luglio, ff. 71-86v; Colonna Giulio, 1533, 8 gennaio, ff. 87-88v; Lettere da varie comunità e città (Castelli di S. Giovanni e S. Giobbe, Valdenura, Piacenza, Fermo, Parma), 1534-1535, ff. 89-120v; Cusano Francesco, 1534, 29 luglio, ff. 121122v; Del Caccia Alessandro, 1534, 27 luglio-20 dicembre, ff. 123-282v; Di Belli Valerio, 1544, 8 gennaio, ff. 283-284v; Don Simone, 1543, 9 settembre, ff. 285-286v; Fedaldo Lorenzo, 1534, 20 agosto, ff. 287-287v; Ferrero Filiberto, vescovo d’Ivrea, 1534, 15 dicembre-1535, 3 settembre, ff. 288-384v; Ferro Gaspare, 1534, 31 luglio, ff. 385-386v. 211. Lettere al card. Giovanni Salviati, 1527-1561 ff. 248, slegati Gambara Uberto, 1527, 8 luglio, ff. 1-4v; Tommaso e Giovammaria Giunti, 1542, 24 dicembre, ff. 5-6v; Gonzaga don Ferrante, 1553, 26 settembre, ff. 7-8v; Gonzaga Cagnino, 1534, 8 agosto-23 settembre, ff. 9-14v; Grana L., governatore di Parma, 1535, 15 maggio-13 luglio, ff. 15-28v; Guadagni Tommaso (eredi), 1553, 17 luglio, ff. 29-30v; Guicciardini Francesco, 1534, 25 agosto-28 settembre, ff. 31-36v; Guidubaldo II duca d’Urbino, 1550-1551, ff. 37-44v; Lonate Giovanni Stefano, 1534, 16 settembre e 1535, 30 giugno, ff. 45-54v; Lottini Giovanni Francesco, 1548, 20
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novembre e 1551, 6 febbraio, ff. 55-60v; Malvezzi Giovanni, 1534, 22 settembre e 1544, 4 marzo, ff. 61-65v; Marcone Girolamo, 1534, 26 luglio 1534, 26 luglio-19 agosto, ff. 78-82v; Marignolli Zanobi, 1551, 31 gennaio-5 maggio, ff. 83-121v; Nerli Filippo, 1534, 3 dicembre, ff. 122-123v; Nicolò da Tolentino, 1534, 27 agosto, ff. 124-125v; Olivio Francesco, 1551, 15 settembre, ff. 126-128v; Orsini Valerio, 1543, 25 novembre, ff. 129-130v; Pagni Lorenzo, 1534, 25 novembre-1535, 5 luglio, ff. 131-142v; Palafernero Girolamo, 1535, 22 gennaio, ff. 143-144v; Pallavicino Gismondo, 1534, 24 ottobre-29 ottobre, ff. 145-148v; Passero, 1535, 5 luglio, ff. 149150v; Pucci Lorenzo, card., 1525, 10 giugno, ff. 151-151v; Rangoni Ugo, vescovo di Reggio Emilia, 1534, 28 luglio-17 novembre, ff. 153-215v; Rangoni Ludovico [s.d.], ff. 216-216v; Ridolfi Nicola, card. (con tre disegni sulla Cappella Maggiore della Minerva), 1539, 15 luglio, ff. 217-223v; Sadoleto Jacopo, 1531, 17 ottobre, ff. 224-226; San Secondo, conte di, 25 ottobre, ff. 226-227v; Simi Tommaso, 1535, 16 gennaio, ff. 231-232v; Spina Bernardo 1543, 14 novembre, ff. 233-234v; Tosinghi Francesco, 1534, 16 novembre, ff. 235-236v; Turco Bertacio, 1534, 16 agosto-14 novembre, ff. 237-241v; Verreschi Domenico, 1561, 1 marzo, ff. 243-244v; [non individuati] 1532, ff. 244-248v.
MASTRI 212. “Libro mastro del card. Giovanni Salviati, 1534 a 1540”. ff. 319, cm 43 × 31 213. “Libro mastro del card. Giovanni Salviati, 1539 a 1543”. con rubricella ff. 184, cm 43 × 31
DEBITORI E CREDITORI 214. “Debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1517 a 1531 [Giornale A]”. ff. 346, cm 41 × 29 215. “[Libro mastro di] debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1532”. ff. 61, cm 44 × 31 216. “[Libro mastro di] debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1532 a 1535”. con rubricella ff. 142, cm 44 × 30 217. “[Registro di] debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1536”. con rubricella ff. 50 (molti bianchi), cm 46 x 31 218. “[Registro di] debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1543 a 1545”. con rubricella ff. 208, cm 45 × 31
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219. “[Registro di] debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1546 a 1547”. con rubricella ff. 189, cm 44 × 29 220. “[Registro di] debitori e creditori del card. Giovanni Salviati, 1548 a 1550”. ff. 301, cm 44 × 29
SALARIATI 221. “Libro di salariati [del card. Giovanni Salviati, 1538-1542] E”. ff. 99, cm 24 × 17 222. “Salariati [del card. Giovanni Salviati, 1548-1550] H”. ff. 125, cm 35 × 24 223. “Salariati del card. Giovanni Salviati, [1551-1552] I”. ff. 64, cm 35 × 25
GIORNALI 224. “Giornale del card. Giovanni Salviati, 1517 a 1531 [A]”. ff. 462, cm 30 × 22 225. “Giornale et ricordanze D [del card. Giovanni Salviati, 1534-1538]”. ff. 211, cm 34 × 24 226. “Giornale del card. Giovanni Salviati, 1543 a 1545 [F]”. ff. 25, cm 36 × 24 227. “Giornale [del card. Giovanni Salviati] copia di conti et ricordi, [1546-1547] G”. ff. 71, cm 34 × 24 228. “Giornale del card. Giovanni Salviati, 1548 a 1550. H”. pp. 142, cm 35 × 24 229. “Giornale I [del card. Giovanni Salviati, 1551 a 1555]”. ff. 76, cm 35 × 24 230. “Giornale delle spese che si fanno [per il card. Giovanni Salviati, 1524-1525]”. mutilo e danneggiato ff. 135, cm 34 × 24 231. “Giornale delle spese che si fanno [per il card. Giovanni Salviati, 1526]”. mutilo e danneggiato dall’umidità ff. 38, cm 31 × 11 232. “Giornale del card. Giovanni Salviati, 1543 e 1544”. ff. 57 (molti bianchi), cm 44 × 16
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ENTRATE E USCITE 233. “Entrate e uscite del card. Giovanni Salviati, 1539 a 1542”. ff. 101, cm 33 × 24 234. “Entrata e uscita del card. Giovanni Salviati, 1543-1546”. ff. 116 (molti bianchi), cm 35 × 25 235. “Entrata e uscita del card. Giovanni Salviati, 1546 e 1547”. ff. 114, cm 35 × 25 236. “Entrata et uscita H [del card. Giovanni Salviati, dal 1548 al 1550]”. ff. 180, cm 35 × 24 237. “Entrata e uscita del card. Giovanni Salviati, 1547 a 1550 [entrate di Formello]”. ff. 77, cm 35 × 24 238. “Entrata e uscita, 1551[-1553] card. Giovanni Salviati. I”. ff. 113, cm 35 × 24
RICEVUTE 239. “Ricevute del card. Giovanni Salviati, 1533 a 1553”. ff. 42, cm 23 × 15
PALAZZO SALVIATI 240. “Vacchetta delle spese per la fabbrica in Trastevere del card. Giovanni Salviati, 1525 a 1565 [A]”. ff. 162, cm 39 × 15
VARIE 241. Miscellanea del card. Giovanni Salviati, 1513-1570. ff. 333, cm 35 × 23 Lettere e atti relativi alle badie di Romagna, 1513-1532, ff. 1-23; Istrumenti di affitto dell’abbazia di S. Dionigi di Milano, 1533 e 1534, ff. 50-54v; Atti e inventari della prepositura di S. Giovanni del Cappuccio di Alessandria, 1548-1553, ff. 55104v; Quaderni di conti, 1549-1551, ff. 105-144v; Carte e documenti per liti e cause diverse, 1510-1570, ff. 145-305; Copie di atti di acquisto di case in Firenze, 1518 e 1525, ff. 306-333. 242. “[Inventario del] guardaroba del card. Giovanni Salviati, 1567. E” ff. 39, cm 43 × 16
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LORENZO SALVIATI, 1492-1539 243. “1525. Libro de li debitori e creditori. N. 2. 1525 al 1532. Lorenzo Seniore Salviati”. ff. 90, cm 32 × 22
BERNARDO SALVIATI cardinale, 1508-1568
BOLLE 244. Conferimento di benefici al card. Bernardo Salviati. Leone X, 15 febbraio 1518. 245. Riserva di pensione al card. Bernardo Salviati. Leone X, 1519. 246. Conferimento di canonicato al card. Bernardo Salviati. Leone X, 31 maggio 1519. 247. Conferimento di un canonicato al card. Bernardo Salviati. Clemente VII, 2 giugno 1530. 248. Conferimento al card. Bernardo Salviati della commenda del Santo Sepolcro. Clemente VII, 12 settembre 1531. 249. Conferimento di beneficio ecclesiastico al card. Bernardo Salviati. Clemente VII, 26 novembre 1533. 250. Conferimento di una pensione a favore del card. Bernardo Salviati. Clemente VII, Roma 24 gennaio 1539. 251. Conferimento al card. Bernardo Salviati del priorato di San Germano, diocesi di Costanza da parte di Paolo IV, 31 ottobre 1553. 252. Concessione di rinuncia delle abbazie di S. Giovanni del Cappuccio, S. Dionisio di Milano e S. Maria dell’Osservanza del card. Bernardo Salviati da parte di Paolo IV, 7 giugno 1555. 253. Concessione dei frutti della badia di S. Giovanni del Cappuccio e di S. Dionigio di Milano a favore del card. Bernardo Salviati da parte di Paolo IV, 25 giugno 1555. 254. Concessione di facoltà al card. Bernardo Salviati di dimettere o rinunciare ai suoi benefici ecclesiastici. Pio IV, 31 gennaio 1561. 255. Cardinalato di Bernardo Salviati. Pio IV, 26 febbraio 1561. 256. Riserva di pensione annua a favore del card. Bernardo Salviati. Pio V, 14 agosto 1566.
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257. Collazione di beneficio a favore del card. Bernardo Salviati. Pio V, 15 novembre 1566. 258. Transunto di bolla di Paolo III colla quale è riservata al card. Bernardo Salviati una pensione sopra la Badia di S. Dionigi di Milano. 259. Transunto di bolla di Clemente VII, che conferisce un canonicato nella chiesa “Hispalense” a favore del card. Bernardo Salviati.
MASTRI 260. “Libro mastro del card. Bernardo [Salviati] 1556 a 1568. B”. ff. 366, cm 43 × 29
ENTRATE E USCITE 261. “Entrata uscita et ricordanze A [del card. Bernardo Salviati, 1525-1532]”. ff. 105, cm 29 × 23 262. “Giornale e ricordi del card. Bernardo Salviati, 1530, 1531 e 1568 e 1569”. ff. 63, cm 24 × 17 263. “Entrata e uscita del card. Bernardo Salviati, 1553-1556”. ff. 144; cm 31 × 22 264. “1554 entrata e uscita del card. Bernardo Salviati”. ff. 196, cm 31 × 21 265. Libro di entrate e uscite di “casa e famiglia” di mons. Bernardo Salviati, 1555. pp. 114, cm 30 × 22 266. “Entrata e uscita del card. Giovanni [ma Bernardo] Salviati, 1557 a 1565 [registrate da Domenico Stella]. ff. 244, cm 35 × 24 Contiene, tra l’altro, conti per “il palazzo di Transtevere”. 267. “Entrata e uscita del card. Bernardo Salviati, 1565 e 1566”. ff. 52 (molti bianchi), cm 35 × 24 268. “Entrata e uscita del card. Bernardo Salviati, 1567 a 1570”. ff. 142, cm 34 × 24
GIORNALI 269. “Giornale A [del card. Bernardo Salviati, 1522-1525]”. ff. 72 (molti bianchi), cm 34 × 24 270. “Giornale del card. Bernardo Salviati, 1537 a 1547 [A]”. ff. 113, cm 34,5 × 24
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271. “Giornale del card. Giovanni [ma Bernardo] Salviati, 1548 a 1554”. ff. 63, cm 34 × 24 272. “Giornale del card. Bernardo Salviati, 1554 a 1555”. ff. 100, cm 31 × 21 273. Giornale del card. Bernardo Salviati, 1561. ff. 11, cm 29 × 11
DEBITORI E CREDITORI 274. “Debitori e creditori del card. Bernardo Salviati, 1533 a 1535”. ff. 144 (molti bianchi), cm 32 × 23 275. “Debitori e creditori [di Bernardo Salviati, 1534-1537] B”. ff. 85, cm 35 × 26 276. “Debiti e crediti di fra Bernardo Salviati priore di Roma, 1535”. ff. 54, cm 42 × 28 277. “Debitori e creditori del card. Bernardo Salviati, 1537 a 1547 [A]”. con rubricella ff. 168, cm 35 × 24 278. “Debitori e creditori del card. Bernardo Salviati per la casa in Ferrara, 15401542”. ff. 95, cm 31 × 22 279. “Debitori e creditori del card. [Bernardo] Salviati, 1568 a 1570 [A]”. con rubricella ff. 87, cm 34 × 23 Molti conti riguardano i lavori del palazzo di Trastevere. 280. “Debitori e creditori del card. Bernardo Salviati, 1557 a 1563 B”. con rubricella ff. 133, cm 34 × 25
MANDATI 281. “Registro dei mandati del card. Bernardo Salviati, 1561 a 1562”. ff. 43, cm 24 × 17
MISCELLANEA 282. Miscellanea di diplomi, lettere, inventari e carte varie pertinenti il card. Bernardo Salviati e altri. ff. 889, slegati
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LUIGI FIORANI
Patente di grande elemosiniere della Regina Caterina de’ Medici, 26 maggio 1555, f. 3; Ricordi al nipote Giulio “circa li costumi e circa la condotta a Chiaromonte per vicario generale, 1537-1561, ff. 6-24; Consulti medici, ff. 27-52; Commenda della casa di S. Giovanni di Cappuccio (Alessandria), ante 1561, ff. 55-58; Testamento, 1562 e 1565, ff. 61-71; lettere del gran maestro dell’ordine gerosolimitano, 1533 e 1539, ff. 74-82; ff. 74-82; lettere del duca di Somma, 1552 e 1553, ff. 85-94; lettere del duca di Bibona, 1561, 1562 e 1563, ff. 96-103; lettere del duca di Lorena e del cavaliere di Seura, 1562, ff. 105-106v; lettera del marchese di Massa, 1563, ff. 109114; Lettera di monsieur de L’Hospital, 1563, ff. 117-118v; lettere di Fizes e Fligue, 1568 (?), ff. 121-126v; lettere dei cardinali D’Armagnac, Du Bellay, De Bourbon, De Lorraine, Orsini, 1551-1565, ff. 129-139v; lettere di fra Leone Strozzi priore di Capua, Luigi Ardinghelli vesc. di Fossombrone, card. Ferdinando de Medici, card. Ippolito d’Este, Caterina Sauli da Passano, 1552-1563, ff. 137-148v; Copia lettere diverse del card. Bernardo Salviati, 1564-1566, ff. 150-175v; Inventari di libri e “robbe” del card. Bernardo Salviati, ff. 177-196v; Inventari di scritture pertinenti Bernardo Salviati e famiglia, 1536-1568, ff. 199-334v; Inventari di “masserizie, mobili, argenti et altre robbe” del card. Bernardo Salviati, 1546 ss., ff. 336-664v; Inventari di “gioie, argenti, mobili, suppellettili” del card. Bernardo Salviati, 15471554, ff. 667-682v; Inventari di “robe... ritrovate di poco momento”, 1550-568, ff. 683-795v; Donazione, testamento e atti relativi di Pietro Salviati, figlio naturale del card. Bernardo, 1568-1570, ff. 798-822v; Deposito di sc. 2000 a favore di Lucrezia Salviati, figlia naturale del card. Bernardo, 1556; testamento, 1603, ff. 825-831v; Consulto sulla dote di Lucrezia Salviati, ff. 834-889v. 283. Miscellanea: carte diverse relative al card. Bernardo Salviati, 1550-1565 c. ff. 274, slegati Contiene, tra l’altro, “Inventario di scritture consegnate a me Emilio Guadagni commissario di mons. ill.mo il cardinal Salviati”, ff. 3-40v; “Entrata e uscita di denari”, ff. 45-68v; varie scritture per affitto di abbazie; “Quaderno di entrate e uscite, 1567-1569, ff. 153-221v. 284. “1564, 1565, 1566. Copie di lettere del Sig. Bernardo Salviati”. deteriorato ff. 167, cm 29 × 22 285. “Filza XIII. arm. n. 6. Lettere diverse dirette al Sig. Bernardo Salviati [da parte di agenti, familiari e amministratori, 1533-1562]. miscellanea slegata, cm 34 × 26
ABBAZIE 286. “Scritture diverse spettanti al vescovato di S. Papolo et alla badia d’Acqua Santa in Portogallo della quale fu abate il Sig. Bernardo Salviati priore di Roma, [sec. XVI]”. fascicoli e pergamene slegati
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287. “Rinovationi [card. Bernardo Salviati] abbazie, 1547 a 1558]”. ff. 251, cm 29 × 21 288. Conti delle badie di Romagna di pertinenza del card. Bernardo Salviati, 15561566. ff. 167, cm 22 × 16 Sei piccoli fascicoli, redatti dal vicario Achille Squarcialupi; manca il fascicolo relativo al 1557. 289. “Filza XXI. Arm. n. 6. Diverse scritture in lingua franzese delle quali molti concernenti alla badia di Castro Xeres ritrovate fra altre scritture del cardinal Bernardo Salviati, [sec. XVI-XVII]”. miscellanea slegata, con alcune perg. ff. 522, cm 31 × 23 290. “Entrata e uscita [della badia di S. Maria dell’Isola] del card. Bernardo Salviati, 1561-1566”. ff. 103, cm 30 × 22 291. “Atti relativi alle badie del card. Bernardo Salviati, 1567”. fascicoli slegati ff. 541, cm 32 × 23 292. “Entrata e uscita del vicario del card. Bernanrdo Salviati abate di S. Ilario [e S. Maria del’Isola], 1572 a 1575. E [Eredità]”. ff. 73, cm 29 × 21 293. “Azienda della Badia di S. Dionigio di Milano del card. Bernardo Salviati spettante ai suoi eredi, 1567 a 1569. A”. ff. 81, cm 29 × 21 294. “Prepositura di S. Giovanni del Cappaccia d’Alessandria del card. Bernardo Salviati, 1566-1567”. Il registro è compilato da Sinibaldo Belmesseri, commissario del cardinale. ff. 47, cm 30 × 21 295. “Scritture diverse spettanti alla badia di S. Giovanni della Magione in quel di Perugia, molte delle quali concernenti la lite mossa l’anno 1571 contro don Ricciardo Insulano [...] ad instanza delli eredi del sig. card. Bernardo Salviati”. fascicoli slegati ff. 469, cm 30 × 23
PRIORATO 296. “Entrate del priorato del card. Bernardo Salviati, 1534 a 1537.B”. ff. 36, cm 34 × 25
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297. “Instrumenti et altre diverse scritture spettanti al priorato di Roma ritrovate tra altre scritture del Sig. Bernardo Salviati priore di detto priorato, [1470-1568 c.]”. fascicoli slegati ff. 98, cm 31 × 25
EREDITÀ 298. “Entrata e uscita dell’eredità del card. Bernardo Salviati, 1568 a 1570 A”. ff. 115, cm 35 × 24 299. “Spese fatte per l’eredità del card. Bernardo Salviati, 1568 a 1571. A”. ff. 13 (e molti altri bianchi), cm 30 × 22
ALAMANNO SALVIATI, 1510-1571 300. “Giornale di Alamanno di Jacopo Salviati, 1540 a 1560”. ff. 391, cm 41 × 26 301. “Alamanno Salviati. Per conto eredità Serristori. Debitori e creditori dell’erede di Giovanni Battista Serristori, 1562 a 1576 [E]”. ff. 478, cm 42 × 29 302. “Debitori e creditori di Alamanno di Jacopo Salviati, 1571 a 1572 [A]”. ff. 87, cm 35 × 24 303. Copialettere di Alamanno Salviati, 1552 a 1558 [C]. ff. 244, cm 34 × 23 304. “Giornale di spese delli eredi di Giovanni Battista Doni tenuto da Antonio da Castelfiore, 1550-1552”. ff. 134, cm 24 × 17
JACOPO SALVIATI, 1537-1586 305. “Giornale e ricordi di Jacopo Salviati, 1535 a 1540 [B]”. ff. 172, cm 35 × 25 306. “1573 e 1574. Guardaroba di Jacopo Salviati”. ff. 12, cm 24 × 14 307. “1576 a 1628. Esito della guarda robba del duca Giovanni [ma Jacopo] Salviati [e di Francesco e Lorenzo suoi figli]”. ff. 225, cm 35 × 24 A f. 95v cessa la registrazione degli “esiti” del duca Jacopo, e comincia quella dei figli Francesco e Lorenzo.
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ANTONIO MARIA SALVIATI cardinale, 1537-1602 308. Libro di entrate e uscite dell’abbazia di S. Dionigi di Milano, tenuto da Sinibaldo Belmessori procuratore del card. Antonio Maria Salviati, 1566. ff. 61, cm 37 309. “Inventarium omnium bonorum mobilium Ill.mi D.ni Antonii Mariae Card. lis Salviati deinde sequitur inventarium mobilium pro (?) Ill.mo Domino Laurentio Marchione Juliani. Littera S, n. 100, [1584]”. con rubricella ff. 394, cm 42 × 29 310. “Libro del guardaroba [del card. Antonio Maria Salviati, 1578-1581]”. L’inventario è stato fatto da Andrea Savellini et Marc’Antonio Manoni”. Con una “tavola di quel che si contiene nella sudetta guardarobba”, e due fascicoli annessi. ff. 187, cm 34 × 25 311. Due inventari delle “robe mobili” di Giuliano “in casa dell’ill.mo et rev.mo signore Antonio Maria Salviati, 1579 e s.d. ff. 19, cm 28 × 21 312. “[Inventario di quadri, oggetti personali e] argenti diversi consegnati per eredità della ch. me. del S. Card. Antonio Maria Salviati, [sec. XVIII]”. pp. 51, cm 28 × 20 313. “Fabrica del Palazzo alla Lungara di Casa Salviati, 1560 a 1561 [A]”. Sul frontespizio: “1558. In nomene sia de Dio. A dì primo gennaro 1558. In questo libro si terrà conto per me Anton Maria Salviati di tutto quello si spenderà nel palazzo della vigna di sotto S. Onofrio”. ff. 65, cm 30 × 22 314. Entrate e uscite per la fabbrica del Palazzo Salviati alla Lungara, 1566-1568. registro molto deteriorato 315. “Libro di spese fatte dal card. Giovanni [ma Antonio Maria] Salviati per il Palazzo alla Longara, 1583 [ma 1593] a 1599 [A]”. registro molto rovinato ff. 196, cm 34 × 24 316. “Nota delli lavori di scalpello fatti nel Palazzo dell’ill.mo sig. cardinale Salviati, [1600]”. fascicolo slegato; molto deteriorato
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LORENZO SALVIATI marchese, 1568-1609 317. “Quaderno di cassa A [del marchese Lorenzo Salviati governatore di Siena, 1557 [ma 1607]”. con rubricella ff. 4 (il resto è bianco), cm 37 × 26 318. “Entrate e uscite di Lorenzo Salviati, 1602 e 1603”. registrate dal computista Francesco Ticci pp. 77, cm 33 × 24
MADDALENA SALVIATI STROZZI 319. “Libro di ricevute n. 6”. Marchesa Madalena Strozzi Salviati, 1623 a 1634”. ff. 38, cm 23 × 18 320. “Spese e memorie di Maddalena Strozzi Salviati, 1633 e 1634”. ff. 58, cm 35 × 13
LORENZO SALVIATI, marchese, 1602-1609 E FRANCESCO SALVIATI 321. “Entrata e uscita di possessione e di pigione A [di poderi e case di Francesco e Lorenzo Salviati, dal 1602 al 1609]”. 322. “Quaderno di cassa di Francesco e Lorenzo figlioli di Jacopo Salviati, 1589 a 1593 [G]”. ff. 290, cm 35 × 24
ANTONIO MARIA marchese, di Lorenzo, sec. XVII 323. “Inventario de mobili [nel palazzo del Collegio Romano dell’Ill.mo Sig. marchese Antonio Maria Salviati, [1614]”. ff. 180, cm 43 × 29
ISABELLA SALVIATI CESI (m. 1642) sposa di Federico Cesi 324. “Registro de mandati [di Isabella Salviati] ad Antonio Francesco Deti a tutto 1634 e salariati 1630 al 1634”. ff. 23, cm 29 × 22
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JACOPO SALVIATI duca, 1607-1672 325. “[Acta] 1622 in causa beneficiali [Giacomo Salviati-Giovanni Maltesi] ecclesiae Sanctae Mariae alla Romola”. ff. 215, cm 29 × 21 326. “[Registro di] entrata e uscita di cassa [di Jacopo Salviati], 1626-1635 B”. ff. 103, cm 42 × 28 327. “Quaderno di saldaconti di Jacopo, 1630-1635[-1647]”. ff. 125, cm 37 × 25 328. “Entrata e uscita del duca Jacopo Salviati, 1630 a 1638 [I]”. ff. 89, cm 39 × 27 329. “Quaderno del bilancio di cassa [di Jacopo di Lorenzo Salviati] dal 1636 al 1639”. ff. 143, cm 37 × 17 330. “Lettere di cambio et ordini diversi e mandati di franchitia, 1645-1651 [per Jacopo Salviati]”. ff. 60, cm 29 × 21 331. “Ricordi della guardaroba dell’ecc.mo sig. duca Jacopo Salviati, [1647-1674]”. Registro molto danneggiato ff. 66, cm 30 × 22 332. “1651[-1652]. Stracciafoglio [di Giacomo Salviati ?]”. ff. 46, cm 27 × 20 333. “Libro della biada [della stalla del duca Salviati, 1654-1656]”. ff. 41, cm 46 × 17
FRANCESCO MARIA SALVIATI duca, 1629-1698 334. “Formole di patenti, rescritti, nominationi, ben serviti che si spediscono dall’ecc.mo duca Francesco Maria Salviati, [1687 ss.]”. ff. 34, cm 20 × 15 335. “Libro di memorie e ricordi diversi, [1684]”. registro di debiti e crediti di varie istituzioni verso il duca Francesco Maria Salviati. pp. 81, cm 34 × 23 336. “Rincontro con il banco del signor Baldinotti Depositario [del duca Salviati], 1664-1672”. ff. 258, cm 34 × 24
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337. “Registro di lettere di cambi e ordini diversi [del duca Francesco Maria Salviati, 1670-1694]”. ff. 189, cm 35 × 24 338. “Registro dell’instromenti delle tenute dell’ecc.mo et ill.mo signori Duca [Francesco Maria] Salviati e Benedetto d’Aste, 1686-1690”. ff. 26, cm 28 × 21 339. “Conti [diversi della campagna] del duca Francesco Maria Salviati, 1686 [-1693]”. ff. 45, cm 32,5 × 23 340. Stracciafoglio di dare e avere di Francesco Maria Salviati, 1664-1665. ff. 97, cm 37 × 14 341. “Inventario di guardarobba [del duca Francesco Maria Salviati] prodotto il 31 marzo 1719”. ff. 96, cm 35 × 24,5
LORENZO SALVIATI di Jacopo (m. 1674) 342. “Entrata e uscita di Lorenzo di Jacopo Salviati, 1625 a 1630. A”. pp. 146, cm 25 × 18
ANTONIO MARIA SALVIATI duca (m. 1704) 343. “Filza di giustificationi dell’entrata et uscita del duca Antonio Maria Salviati, 1701, 1702, 1703”. fogli slegati, cm 23 × 16,5 344. Filza di documenti slegati per la controversia tra il duca Antonio Salviati e la comunità di Castel Torre, 1700 c. ff. 694, cm 29 × 23 345. “[Ruolo dei] salariati dell’eredità della ch. memoria dell’ecc.mo Sig. Duca Antonio Maria Salviati, [1704-1730]”. ff. 67, cm 35 × 24 346. “Sommario de testamenti citati nella dimostrazione della provenienza de i beni stabili dell’ecc.mo sig. duca Anton Maria Salviati e nella relatione intorno a detta provenienza fatta all’em.mo e rev.mo signor cardinale Bandino Panciatichi l’anno 1704”. ff. 50, cm 44 × 29
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347. “Dimostrazione della provenienza de beni stabili che godeva nelli stati del Ser.mo Gran Duca di Toscana l’ecc.mo Sig. duca Anton Maria Salviati fatta l’anno 1704”. ff. 35, cm 44 × 29 348. [Inventario dei beni dell’eredità del duca Antonio Salviati, 1704 e] “Inventario delli mobili esistenti nel Palazzo incontro al monastero di S. Lorenzo in Pane et Perna per servitio dell’Ecc.ma Sig. duchessa Salviati e di D. M. Zeffirina Salviati.” ff. 113, cm 28 × 21 349. “Entrata uscita dell’eredità del duca Antonio Maria Salviati, 1704 a 1707”. ff. 155, cm 35 × 25 350. Posizione e diritti di successione nel patrimonio del Gran Contestabile Antonio Maria Salviati da parte della Contestabilessa Caterina Maria Zeffirina, 1754. ff. 99, cm 30 × 21 351. “Romana haereditatis et nullitatis testamenti della duchessa Sforza Salviati contra il sig. Duca Antonio Maria Salviati et la R. Fabbrica di S. Pietro, 1702, 1698 e 1713”. fogli slegati ff. 495, cm 29 × 21 352. [A] “Indice [e regesto] di documenti dell’Archivio Salviati consegnati al procuratore del Duca Antonio Maria Salviati il primo settembre 1732”; [B] “Calcolo delli frutti civili ritrovati in essere nella morte della ch. memoria del sig. duca Antonio Maria Salviati”. con rubricella ff. 208+13, cm 30,5 × 22
LUCREZIA ROSPIGLIOSI duchessa, sposa di Antonio Maria Salviati 353. “Rollo della famiglia dell’ecc.ma sig.ra duchessa Lucrezia Rospigliosi Salviati, 1704 [-1730]”. pp. 78, cm 35 × 24 354. “[Filza di giustificazioni dell’] Ecc.ma Sig.a Duchessa Rospigliosi Salviati, 1727 a tutto il 1730”. fogli slegati, cm 23,5 × 17,5 355. “Filza di ricevute per conto di S.E. la signora duchessa Rospigliosi Salviati dal primo di agosto 1730 a tutto dicembre 1732”. fogli slegati, cm 23,5 × 17,5
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CATERINA MARIA ZEFFIRINA SALVIATI sposa di Fabrizio Colonna (m. 1756) 356. “Istromenti, 1737-1751 di Caterina Maria Zeffirina Salviati Colonna”. ff. 190, cm 36 × 26 357. “Libro mastro di Caterina Maria Zeffirina Salviati Colonna, 1723 a 1756”. con rubricella ff. 263, cm 45 × 34 358. “[Filza di giustificazioni dell’] Ecc.ma Contestabilessa Colonna Salviati dalli 30 agosto 1723 a tutto li 14 luglio 1730”. fogli slegati, cm 23,5 × 17,5 359. “Ecc.ma Signora Contestabilessa Salviati Colonna. Giustificazioni de pagamenti fatti da Angelo Orlandi maestro di Casa, 1739-1740”. nn. 1-164 e 1-187, cm 25 × 15 360. “Ecc.ma signora gran Contestabilessa Salviati. Giustificazioni de pagamenti fatti da Angelo Orlandi maestro di casa dall’anno 1746 e 1747”. nn. 1-152 e 1-136, cm 25 × 15 361. “Filza di ricevute per conto dell’Ecc.ma Contestabilessa Colonna Salviati, 1730-1740”. fogli slegati, cm 23,5 × 17,5 362. “Rubricella dei libri di computisteria di Caterina Maria Zeffirina Salviati Colonna, [sec. XVIII]”. ff. 34, cm 35 × 25 363. “Libro d’istrumenti dell’eredità della ch. me. di Maria Caterina Salviati contestabilessa Colonna, sec. XVIII”. ff. 178, cm 36 × 26 364. “Rubricella degl’istromenti dell’Eredità della ch. me. contestabilessa Salviati Colonna dall’anno 1788 a tutto 1794”. ff. 71, cm 35 × 24 365. “Fogli delle risoluzioni delle congregazioni avanti l’avv. Sebastiani sopra gli interessi della Sig.ra Contestabilessa Salviati Colonna, 1736 al 1756”. fogli, cm 20 × 14 366. “Libro delle Congregazioni sopra l’eredità della ch. me. della Contestabilessa Salviati Colonna, 1757-1759”. ff. 3 [il resto del registro è in bianco], cm 36 × 24 367. “Eredità della ch. memoria di Caterina Zeffirina Salviati Conte Colonna. Giustificazioni dei pagamenti fatti da Angelo Orlandi amministratore dal 1758 al 1759. Dal n. primo al n. 252”. ff. 383, cm 31 × 21
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368. “Eredità della ch. m. sig.ra d. Catarina Zeffirina Salviati. Giustificazioni de pagamenti fatti da Angelo Orlandi amministratore dal 1763 al 1772”. ff. 583v, cm 28 × 21 369. “Entrata dell’eredità di Caterina Maria Zeffirina Salviati Colonna, 1756 a 1777”. ff. 177, cm 36 × 24 370. “Entrata et uscita dell’Ecc.ma Sig.ra Gran Contestabilessa [Caterina Maria Zeffirina] Salviati Colonna dall’anno 1756 a tutto [stesso anno]”. pp. 189 (quasi totalmente bianco), cm 35 × 24 371. “Uscita dell’eredità della ch. me. della Gran Contestabilessa [Caterina Maria Zeffirina] dal di 17 ottobre 1756 a tutto [1777]”. Contiene un fascicolo di “Elemosine assegnate a [...] diverse fratarie nel corrente anno 1777”. pp. 187, cm 36 × 24 372. “Entrata [eredità] di Caterina Maria Zeffirina Salviati Colonna, 1778 a 1794”. pp. 62, cm 37 × 25 373. “Uscita dell’eredità della ch. me. della Gran Contestabilessa [Maria Caterina Zeffirina] Salviati Colonna dall’anno 1778 a tutto [1794]”. pp. 65, cm 37 × 25 374. “Registro de mandati dell’eredità della ch. me. sig.ra Contestabilessa [Maria Caterina Zeffirina] Salviati Colonna, [1756-1791]”. pp. 43, cm 35 × 24 375. “Moltiplico di Caterina Maria [Zeffirina] Salviati Colonna, 1724 a 1744”. ff. 153 [molti bianchi], cm 36 × 25 376. “Rincontro del monte di Pietà dell’eredità della ch. memoria dell’ecc.ma sig. D. Caterina Maria [Zeffirina] Salviati Colonna. Dall’anno 1773 a tutto [1793]”. ff. 9, cm 36 × 25 377. “Adizione d’eredità della ch. m. gran conestabilessa Donna Catarina Maria Zeffirina Salviati Colonna, et inventario de beni ereditari fatto ad istanza dell’ill. mi et ecc.mi signori gran connestabile D. Lorenzo Colonna, D. Marcantonio e D. Federico Colonna e D. Pietro Panfili [...] principiato il di 15 novembre dell’anno 1756 e terminato il 14 febraio 1757 per gli atti dell’Erasmi notaio A.C.”. ff. 156, cm 28 × 21 378. “Inventario e stima de quadri, arazzi, parati et altri mobbili, argenti e gioie spettanti alla ecc.ma Signra D. Caterina Maria Zefferina Salviati Gran Contestabilessa Colonna esistenti in detta Ecc.ma Casa”. ff. 46, cm 28 × 21 379. “Rubricella delle scritture dell’Archivio dell’ecc.ma Sig.ra Gran Contestabilessa Salviati Colonna, [1414-1717]”. pp. 90, cm 35 × 25
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LUIGI FIORANI
FAMIGLIA SERRISTORI INSTRUMENTI E CONSULTE 380. “N. 2. Libro di copie di instrumenti di compre fatte da Signori Serristori nel comune della Badia al Pino in Valdichiana et altro, [1507-1521]”. ff. 32, cm 30 × 22 381. “Consulti e altre scritture per causa dell’eredità de Serristori, [fine sec. XVI]”. ff. 355, cm 32 × 24
CABREI 382. “Cabreo dei beni di Giovanni di Battista Serristori nel quale si scriverrà sua beni et terreni, [1518]”. ff. 57, cm 29 × 22 383. “Cabreo dei beni di Giovanni Baldassarre Serristori, [1520 c.]”. ff. 53, cm 35 × 24
DEBITORI E CREDITORI 384. “Debitori e creditori Serristori, 1425 a 1438”. ms. su pergamena ff. 58, cm 36 × 25 385. “Debitori e creditori Serristori, 1431”. all’interno: “Questo libro è d’Antonio de Salustro de Serristoro”. ff. 251, cm 40 × 29 386. “Divise de Serristori, 1466 [A]”. ff. 25, cm 31 × 20 387. “Debitori e creditori dell’eredi di Gio.Battista Serristori, 1516 a 1537”. con rubricella ff. 84 (il resto bianco), cm 42 × 29 388. “Debitori e creditori dell’eredità di Gio. Battista Serristori, 1531 a 1562”. con rubricella ff. 285, cm 43 × 31 389. “Debitori e creditori dell’erede di Gio. Batta. Serristori, 1554 a 1583”. con rubricella ff. 429, cm 34 × 30 390. “Debitori e creditori E [libro mastro di Giovanni Battista Serristori dal 1562 al 1582]”. con rubricella ff. 809, cm 43 × 28
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ARCHIVIO SALVIATI
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RICORDANZE E GIORNALI 391. “Ricordanze de Signori Serristori dal 1515 al 1524 [C]”. ff. 23, cm 30 × 22 392. “Giornale Serristori dal 1525 al 1533 [E]”. ff. 355, cm 33 × 25 393. “Giornale di memorie di Giovanni Battista Serristori, 1528 a 1531”. ff. 53, cm 29 × 21 394. “Giornale et ricordanze. A, [1531-1563]”. sul frontespizio: “Questo libro A dell’erede Giovanni di Batista Serristori etc. chiamasi Giornale et richordanze”. ff. 1-309, cm 34 × 25
QUADERNI DI CASSA 395. “Serristori Giovanni. Quaderno di cassa dal 1520 al 1533 [E]”. con rubricella ff. 145, cm 34 × 24 396. “Quaderno di cassa dell’erede di Gio.Battista Serristori, 1531 a 1533”. con rubricella ff. 73, cm 34,5 × 25
SFORZA FEDERIGO cardinale (1603-1676) 397. “Libbro dove saranno notati tutti li danari et spese che farà mons. ill.mo et rev.mo Sforza che passaranno per via di mandati et con ordine di V.S. Ill.ma. [1634-1646]”. ff. 56, cm 26,5 × 19 398. “Libro de ricevute [del card. Federigo Sforza], 1673-1675”. pp. 78, cm 27 × 20 399. “Ricevute 1675 del card. [Federigo] Sforza”. pp. 66, cm 27 × 20 400. “Rincontro del banco [di S. Spirito di Roma], 1675-1684 card. Federico Sforza”. ff. 79 (molti bianchi), cm 24 × 16,5 401. “Rincontro del banco de Signori Sinibaldi del dare et havere 1669 a 1674 card. Federico Sforza”. ff. 32, cm 25 × 17,5
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LUIGI FIORANI
VARIE 402. “Albero della famiglia de Salviati con i parentadi onori ecc. goduti dalla medesima fatto l’anno MDCXCIIX”. vecchia segnatura: “tomo 341, fasc. II”. pp. 57, cm 44 × 29 403. “Ricordi diversi, molti de quali spettanti alli Signori Salviati. Dal 1589 al 1627 [1628]”. ff. 40, cm 22 × 15 404. “A-C”. Piccolo registro con annotazioni di affitti, entrate e uscite dell’infermeria, della Compagnia del SS. Sacramento e altre; non datato (ma 1688 c.), siglato E. Salviati. ff. 1-17, cm 22,5 × 11,5
IV. AMMINISTRAZIONE DEI BENI
ABRUZZO 405. Vari atti e istrumenti “in causa Marsorum” per le vertenze circa l’abbazia di S. Maria delle Grazie di Luco, fine sec. XVII-XVIII. ff. 187, cm 28 × 21 406. “Scritture e atti giudiziali nella causa tra le Università di Casale e S. Cesareo, 1570 a 1610”. ff. 218, cm 31 × 23 407. “[Atti processuali di] Magliano Scurcola. Criminale, 1556 a 1558. Scritt. 5, partim. 7, n. 5”. ff. 128, cm 31 × 23
FIRENZE 408. “Entrata et uscita di grasce per la casa di Firenze dal 1650 al 1658”. sul dorso: “Entrata uscita a grasce di Casa Salviati di Firenze, 1650-1658”. ff. 147, cm 31 × 21 409. “Memoriale dell’entrate de beni dello Stato di Firenze et altri effetti, [16671671]”. ff. 27, cm 32 × 24 410. “Decimario di tutti i beni sotto posti nello Stato di Firenze. L.ra X n. 21, [1673]”. ff. 57, cm 32 × 22
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ARCHIVIO SALVIATI
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411. “Decimario di tutti i beni posti nello Stato di Firenze, [1674-1687]”. ff. 59, cm 31 × 22 412. “Pareri legali, documenti e carteggio per la lite in Firenze sulla successione dei beni Salviati in Toscana. Sentenza delli 28 settembre 1754. Animadversioni sulla medesima sentenza, 1750 a 1794”. fogli slegati ff. 917, cm 28 × 23 413. “Indice dell’archivio di Firenze di Casa Salviati e ricevuta del medesimo a carte 107 sotto il 15 ottobre 1732”. ff. 108, cm 36 × 26
GIULIANO RENDITE 414. Descrizione del territorio di Giuliano e delle sue rendite, 1654-1665. ff. 73, cm 37 × 20
LIBRI MASTRI 415. “Libro mastro di Giuliano, 1625 a 1637[-1639]”. ff. 245, cm 35 × 23 416. “Libro mastro di Giugliano, 1646[-1647] A”. ff. 180, cm 30 × 23 417. “Libro mastro di Giuliano B, [1648-1658]”. con rubricella ff. 240, cm 43 × 31 418. “Mastro di Giuliano C, [1658-1660]”. con rubricella ff. 118, cm 44 × 32
GIUSTIFICAZIONI DEL LIBRO MASTRO 419. “Filza [di giustificazioni] del libro mastro di Giuliano, 1664, 1665, 1666”. ff. 998, cm 31 × 21 420. “Filza [di giustificazioni] del libro mastro di Giuliano, 1667 et 1668”. ff. 537, cm 29 × 21
LIBRI DI ENTRATE E USCITE 421. “Libro di entrata e uscita E [di Giuliano, 1567]”. ff. 179, cm 33 × 24
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LUIGI FIORANI
422. [Entrate e uscite di Giuliano, 1602-1603]. ff. 47, cm 34 × 24 423. “1603[-1604. Libro di entrate e uscite di Giuliano]”. ff. 45, cm 33,5 × 23 424. “1604[-1605. Libro di dare e avere del Castello di] Giuliano”. ff. 49, cm 34 × 25 425. “[1606-1607. Libro di entrate e uscite del Castello di Giuliano]”. ff. 38, cm 33,5 × 23 426. “Entrata e uscita di Giuliano, 1606 a 1638”. ff. 71, cm 30 × 22 427. “Giuliano. Entrate e uscite, 1623 a 1633”. ff. 54, cm 24 × 17 428. “Entrata e uscita della fattoria di Giuliano, [1639-1640]”. ff. 151 (molti bianchi), cm 31 × 21 429. “Entrata e uscita di Giuliano et affitti, 1640 al 1643”. ff. 140, cm 29 × 22 430. “Entrata e uscita di Giuliano, 1646, 1647, 1648, 1649”. pp. 152, cm 29 × 22 431. “Entrata e uscita di Giuliano, 1650[-1657]”. pp. 191, cm 28 × 22 432. “Entrata e uscita di Giuliano C, [1658-1665]”. pp. 286, cm 34 × 24 433. “Entrata e uscita di Giuliano E, [1669-1686]”. pp. 804, cm 35 × 24 434. “Entrata et uscita G prima [dell’azienda di Giuliano, 1676-1683]”. pp. 570, cm 34 × 23 435. “Entrata e uscita di Giuliano F, [1703 a 1704]”. pp. 18 (il resto è bianco), cm 33 × 23
GIORNALI DI ENTRATE E USCITE 436. “Giornale dell’entrate e uscite di Giuliano B, [1598-1602]”. con inserto di varie ricevute e lettere slegate ff. 115, cm 43 × 29 437. “Giornale della fattoria di Giuliano, [1638-1639]”. ff. 111, cm 31 × 22
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ARCHIVIO SALVIATI
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438. “Giornale di Giuliano, 1643 a 1645”. ff. 115, cm 29 × 22 439. “Giornale di Giugliano, 1646[-1657] B”. ff. 200, cm 30 × 24 440. “Giornale di Giuliano C, [1658-1668]”. pp. 282, cm 34 × 24 441. “Giornale di Giuliano dal 1669 al 1686. E”. pp. 276, cm 34 × 24 442. “Giornale di Giuliano F, [1687-1703]”. pp. 108, cm 35 × 24
FILZE DI ENTRATE E USCITE 443. “Filza dell’entrata et uscita di Giuliano. Dalli 17 gennaro 1697 a tutto li 17 decembre 1699”. ff. 867 , cm 29 × 22
LIBRI DELLE ENTRATE 444. “Libro dell’entrate del Castello di Giuliano per il sesto anno, 1607[-1608]”. ff. 56, cm 33 × 23 445. “1610[-1611]. Libro dell’entrate del Castello di Giuliano”. ff. 45, cm 33 × 23 446. “1611[-1612]. Libro dell’entrate del Castello di Giuliano per l’anno X”. ff. 40, cm 33 × 23 447. “1613[-1614]. Libro dell’entrate del Castello di Giuliano per l’anno XII”. molto deteriorato ff. 32, cm 33 × 23
STRACCIAFOGLI 448. “Entrata e uscita. Stracciafoglio, 1673-1674”. ff. 83, cm 28 × 22 449. “Stracciafoglio di Giuliano, [1682-1683]”. molto deteriorato ff. 99, cm 35 × 25 450. “Stracciafoglio di Giuliano, 1686 a 1699”. ff. 210, cm 35 × 23
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LUIGI FIORANI
SALDACONTI 451. “Saldaconto di Giuliano, 1591 a 1595”. ff. 101, cm 34 × 24
DEBITORI E CREDITORI 452. “Debitori e creditori di Giuliano, 1564, 1565 [B]”. ff. 167, cm 29 × 21 453. “Estratto del libro D di Giuliano dall’anno 1589 a tutto 1591”. (Sul frontespizio:) “1589. Al nome di Dio et della gloriosa Vergine Maria et di tutta la celestial corte. Questo libro è dell’ill.mo et rev.mo Signor Cardinale Antonio Maria Salviati, nel quale saranno scritti i conti di Giuliano et si chiama il libro segnato B”. con rubricella e vari inserti slegati ff. 206, cm 34 × 24 454. Libro di debitori e creditori di Giuliano, 1609-1610. ff. 57, cm 33 × 23 455. “1614[-1615]. Libro [dei debitori] di Castello di Giuliano dell’anno 1614. XIII”. ff. 31, cm 33 456. “1615[-1616]. Libro [dei debitori] del Castello di Giuliano dell’anno 1615. XIIII”. ff. 34, cm 35 × 23 457. “1615[-1616]. Libro [dei debitori] del Castello di Giuliano dell’anno 1615. XIIII”. copia del precedente ff. 34, cm 35 × 23 458. “Libro [di debitori diversi] del castello di Giuliano, [1616-1617]”. ff. 47, cm 35 × 24 459. “Debitori di grani e orzi e fave che si prestano a vassalli di Giuliano, [16361638]”. ff. 54 (molti ff. bianchi), cm 29 × 22 460. “Debitori diversi della fattoria di Giuliano, [1639]”. ff. 192; cm 35 × 23 461. “Debitori e creditori di Giuliano, 1643-1644”. con rubricella ff. 139, cm 30 × 22 462. “Debitori e creditori di Giuliano, 1658 a 1664”. ff. 94, cm 34 × 24
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ARCHIVIO SALVIATI
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463. “Debitori e creditori di Giuliano, 1659 a 1678. Entrata e uscita a grano”. pp. 106, cm 34 × 23
ESATTORE E FATTORE 464. “[Registro dell’] esattore del castello di Giuliano dal 1569. A”. ff. 135, cm 35 × 24 465. “1612[-1613]. Libro del castello di Giuliano per l’anno 1612. XI”. ff. 35, cm 33 × 23 466. “[Libro del fattore di] Castello di Giuliano, luglio 1619[-1625] C”. con rubricella ff. 137, cm 36 × 25 467. “Libro di conti di Giuliano dell’anno 1636-1638”. ff. 91, cm 30 × 23 468. “Libro d’accuse diverse [del depositario di Giuliano] dal 1662 a tutto 1671”. pp. 154, cm 34 × 24
ENTRATE A VINO E ALTRO 469. “1627 a 1629. Entrata a vino di Giuliano”. ff. 60 (molti fogli bianchi, alcuni fascicoli slegati), cm 29 × 22 470. “[Registro di entrata e uscita de grani et altre grascie di S.E. della Fattoria di Giuliano, [1639-1641]”. ff. 135, cm 29 × 21 471. “Entrata e uscita de vini et olio di risposta di S.E. della fattoria di Giuliano, anno 1640[-1642]”. ff. 85, cm 29 × 22 472. “Entrata dei legnami e ianne et altre delle selve di S.E. della fattoria di Giuliano, [1640-1643]”. ff. 80, cm 30 × 22 473. “Entrate e uscite di grano in Giuliano, 1666 a 1668”. pp. 548, cm 35 × 24 474. “Entrata e uscita delle cavalle di S.E. della fattoria di Giuliano, [1640-1642]”. ff. 118 (molti bianchi), cm 29 × 22 475. “Entrata e uscita de vini et olio della vigna di S.E. della fattoria di Giuliano, 1640, 1641, 1642”. ff. 94, cm 28 × 21 476. “Entrata e uscita a generi di Giuliano, 1648 a 1653”. pp. 253, cm 35 × 23
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LUIGI FIORANI
477. “Conto a generi di Giuliano, 1669 a 1672[-1673]”. pp. 573, cm 35 × 24 478. “Libro [entrate e uscite] di Grani [di Giuliano], 1680-1704”. pp. 121, cm 35 × 23
LIBRO DEL GRANO 479. “Libro del grano che viene di Giuliano a Roma et che si vende, [1579]”. ff. 94, cm 24 × 17 480. “Portate di grasce A [registro di debitori di Giuliano, 1639-1640]”. ff. 96, cm 35 × 24 481. “Raccolte [di grani, orzo, biada, olio, e uscite] di Giuliano, 1674[-1686]”. pp. 538, cm 35 × 24
DEBITORI DI IMPRESTANZE 482. “Debitori di imprestanze per la raccolta 1681 [di grascie di Giuliano] A.”. ff. 44, cm 27 × 19 483. “Debitori d’imprestanze per la raccolta [di Giuliano], 1682. B”. ff. 132, cm 26,5 × 19,5 484. “Libro dell’imprestanze per la raccolta, 1683. C”. ff. 47, cm 27,5 × 20 485. “Libro dell’imprestanze per la raccolta [di Giuliano], 1684[-1686] D”. ff. 43, cm 28 × 21 486. “Libro dell’imprestanza fatta alla raccolta 1685 [di Giuliano] spogliati dalli quattro libri di computistaria A.B.C.D. di grani orzi e fave”. pp. 123, 29 × 20
VARIE 487. “Libro di misure fatte da M. Antonio Marcucci di grano dell’ecc. Signor duca Salviati et ill.mo Sig. Benedetto d’Aste et herbe vendute a diverse compratori, 1686-1691. A”. ff. 16, cm 28 × 20 488. “Concessioni a canoni in Giuliano, 1661 a 1662”. ff. 95 (e 4 fascicoli slegati, ff. 22), cm 34 × 23
GIULIANO E ROCCAMASSIMA 489. “Libro mastro di Rocca Massima e Giuliano, 1606 a 1639”. ff. 116, cm 35 × 24
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ARCHIVIO SALVIATI
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490. “[Giornale di] Giuliano e Roccamassima, 1638 a 1640”. ff. 239, cm 44 × 29 491. “Entrata delle prestanze de grani, orzi e fave di Giuliano e Rocca Massima A, [1679-1682]”. ff. 266, cm 34 × 24 492. “Debitori spogliati dalli libri mastri E di Giuliano e Rocca Massima a tutto l’anno 1686 A”. con rubricella ff. 39 (il resto è bianco), cm 43 × 28
GIULIANO, ROCCA MASSIMA E COLLEFERRO 493. “Giornale di Giuliano, Roccamassima, Colleferro, 1635-1638”. con un fascicolo di “Conti di Salvatore Checucci”. ff. 128, cm 35 × 25 494. “Libro delle raccolte di Giuliano, Rocca Massima e Colle Ferro, [1654-1659]”. pp. 199, cm 31 × 23 495. “Libro delle raccolte di Giuliano, Rocca Massima e Colleferro dal 1660 al 1665”. pp. 366, cm 34 × 24 496. “Libro di istrumenti, 1670[-1679]. Affitti di Giuliano, Roccamassima e Colleferro”. pp. 116, cm 35 × 24 497. “Libro delli debitori delle prestanze a grani e altro di Giuliano, Roccamassima e Colleferro, [1674]”. ff. 30, cm 31 × 22 498. “Imprestanze fatte a tutta la raccolta dell’anno 1678 A”. ff. 75, cm 28 × 21 499. “B. Debitori d’imprestanze fatte in diversi anni cavati e di questi fattone dui libri lasciati al sig. D. Bruno Dormi, acciò nella raccolta 1682 prossima facci, e facci fare ogni diligenza per rihaverle, e questo serve per rincontro al compustista in Roma”. ff. 60, cm 29 × 21 500. “Entrata e uscita et quaderno di cassa delli Castelli di Giuliano, Roccamassima e Colleferro. B, [1626-1631]”. ff. 67 (molti fogli sciolti), cm 34 × 24
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LUIGI FIORANI
GROTTA MAROZZA 501. “Grotta Marozza di Casa Salviati conti a generi dal 1616 al 1622”. ff. 17, cm 34 × 24
ONANO 502. “Mastrino [dell’azienda] di Onano, 1689 a 1691”. ff. 20, cm 36 × 24 503. “Giurisdizione baronale in Onano antico feudo di Casa Salviati, 1698 a 1700”. fascicoli ms. slegati ff. 669, cm 27 × 19
ROCCA MASSIMA 504. “1592. Giornale di tutte l’entrate de Rocha Massima, 1592-1602”. ff. 126, cm 33 × 24 505. “1606[-1607]. Libro delle entrate del Castello di Roccamassima”. ff. 23, cm 34 × 23 506. “1615[-1616. Stracciafoglio di dare e avere di] Rocca Massima”. ff. 33 (fogli sciolti), cm 33 × 23 507. “[Entrata e uscita di] vino et olio di Rocca Massima, 1633 a tutto 1648”. ff. 56, cm 28 × 21 508. “[Libro di] debitori di grani e orzi e fave che si prestano a vassalli de Rocca Massima, [1636-1638]”. ff. 17 (il resto del volume è bianco), cm 29 × 22 509. “Entrata e uscita della fattoria della Rocca [Massima, 1636-1639]”. ff. 134, cm 34 × 24 510. “Entrata e uscita della fattoria di Rocca Massima, [1639-1640]”. ff. 114, cm 31 × 22 511. “Entrata e uscita di vini et oglio della vigna di S.E. della fattoria della Rocca e socite di bovi e porci, [1640-1641]”. ff. 113, cm 29 × 21 512. “Entrata e uscita in danari di varii effetti della fattoria della Rocca di S.E., [1640-1642]”. ff. 116 (in coda fogli sciolti), cm 29 × 22 513. “Entrata e uscita di vino et oglio di risposta della Fattoria della Rocca di S.E., [1640-1641]”. ff. 66, cm 29 × 21
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514. Debitori e creditori di Rocca Massima, 1645”. ff. 102, cm 29 × 22 515. “Entrata e uscita di grani orzi e fave vino spettanti alla fattoria di Rocca Massima, 1648[-1654]”. pp. 209, cm 34 × 24 516. “Conti aggiustati di Rocca Massima, 1669 a tutto 1676”. ff. 610 , cm 29 × 20
ROCCA MASSIMA E COLLEFERRO LIBRI MASTRI 517. “Libro mastro di Roccamassima e Colleferro, 1625 a 1637 [e 1638]”. sul frontespizio: “Questo libro turchino segniato D debitori e creditori è dell’ill.mo signor marchese Jacopo Salviati contenente l’entrate et altri affari della fattoria di Rocca Massima et Colleferro”. con rubricella ff. 132, cm 35 × 25 518. “Libro mastro di Rocca Massima e Colleferro B, [1647-1658]”. con rubricella ff. 164, cm 42 × 29 519. “Libro mastro di Rocca Massima e Colle Ferro C, [1658-1660]”. con rubricella ff. 66, cm 43 × 31 520. “Libro mastro di Rocca Massima e Colle Ferro D, [1660-1669]”. con rubricella ff. 293, cm 44 × 34 521. “Libro mastro di Rocha Massima e Colleferro E, [1669-1686]”. con rubricella ff. 316, cm 44 × 32
DEBITORI E CREDITORI 522. [Registro di debitori dell’azienda di Rocca Massima e Colleferro, del card. Lorenzo Salviati, 1602-1603]. ff. 68, cm 34 × 24 523. “1613. Libro [dei debitori e creditori] del castello di Roccamassima e Colleferro XII, [1613]”. ff. 23, cm 32,5 × 23
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LUIGI FIORANI
524. “1613 [libro di creditori e debitori del castello di Roccamassima e Colleferro XII”. ff. 23, cm 33 × 23 525. “Libro di [debitori e creditori] della Rocca Massima e Colleferro, [16161617]”. con rubricella ff. 35, cm 35 × 23 526. “Libro [di debitori e creditori] di Rocca e Colleferro, 1617 a tutto 1619”. con rubricella ff. 60, cm 34 × 23 527. “[Debitori e creditori del] Castello di Rocca di Massimo e Colle Ferro, luglio 1619[-1625]”. con rubricella ff. 77, cm 35 × 24 528. “Debitori di Rocca Massima e Colleferro, 1639 a 1642”. ff. 94, cm 35 × 24
ENTRATE E USCITE 529. “1607[-1608]. Libro delle entrate del Castello di Rocca Massima e Colle Ferro per il sesto anno”. ff. 39, cm 33 × 22 530. “1607[-1608]. Libro dell’entrate del Castello di Roccamassima et Colleferro per il VI anno”. ff. 29, cm 33 × 23 531. “1608[-1609]. Libro del entrate del castello di Roccamassima et Colleferro del settimo anno”. ff. 30, cm 33,5 × 23 532. “1609[-1610]. Libro dell’entrate del Castello di Roccamassima et Colleferro per l’anno VIII”. ff. 35, cm 33 × 23 533. “1610[-1611]. Libro dell’entrate del Castello di Roccamassima e Colleferro per l’anno VIII”. ff. 67, cm 33 × 23 534. “1610. Libro dell’entrate del Castello di Roccamassima e Colleferro per l’anno VIII, [1610-1611]”. ff. 39, cm 33 × 23 535. “1611[-1612]. Libro [di entrate e uscite] del Castello di Roccamassima e Colleferro per l’anno X”. ff. 35, cm 33,5 × 23
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535. “1611[-1612]. Libro [di entrate e uscite] del castello di Roccamassima et Colleferro per l’anno X”. ff. 35, cm 33,5 × 23 536. “1612[-1613]. Libro del Castello di Roccamassima e Colleferro. X”. ff. 29, cm 33 × 23 537. “1612[-1613]. Libro [delle entrate] del Castello di Roccamassima et Colleferro. XI”. ff. 28, cm 33 × 22 538. “1612. Libro [di entrate e uscite] del Castello di Roccamassima e Colleferro XIII [1614]”. ff. 25, cm 32,5 × 23 539. “1614. Libro [di entrate e uscite] del Castello di Roccamassima e Colleferro. XIII”. ff. 25, cm 33 × 23 540. “Entrata e uscita di Roccamassima e Colleferro B, [1647-1657]”. pp. 177, cm 34 × 25 541. “Giornale di Rocca Massima e Colleferro B, [1647-1657]”. pp. 92, cm 34 × 24 542. “Entrata e uscita di Rocha Massima e Colle Ferro C, [1657-1668]”. pp. 213, cm 34 × 23 543. “Entrata e uscita di Rocca Massima e Colle Ferro E, [1669-1686]”. pp. 322, cm 33 × 25
ENTRATE E USCITE GRANI 544. “Entrata e uscita di grani et altre grascie diverse della fattoria della Rocca et Colleferro, [1640-1641]”. ff. 131, cm 29 × 22 545. “Entrata e uscita dei grani [delle aziende di Colleferro e Roccamassima, 16541656]”. pp. 108, cm 35 × 24
GIORNALI 546. “Giornale di Rocha Massima e Colle Ferro. C, [1658-1668]”. pp. 195, cm 35 × 23 547. “Giornale di Rocca Massima e Colle Ferro. E, [1669-1686]”. pp. 180, cm 34 × 24
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548. “Giornale di Roccamassima e Colleferro. F, [1687-1703]”. pp. 60, cm 35 × 24
GIUSTIFICAZIONI 549. “Filza [di giustificazioni e documentazione amministrativa varia] di Rocca Massima e Colleferro dal 1664 a tutto 1668”. ff. 393, cm 29 × 21
RACCOLTE 550. “[Libro delle] raccolte di Rocca Massima e Colle Ferro. E, [1669-1673]”. pp. 407, cm 33 × 24 551. “Raccolte [dei grani e di altri prodotti dell’azienda] di Roccha Massima e Colleferro, 1674 [fino al 1678]”. pp. 263, cm 35 × 24
VARIE 552. “Libro de minuti della fattoreria di Rocca Massima e Colleferro, 1650”. pp. 182, cm 36 × 24 553. “Stracciafoglio di Rocca Massima e Colle Ferro, 1682 a 1686”. ff. 110, cm 25 × 24 554. Rubricella delle aziende di Roccamassima e Colleferro, sec. XVII. ff. 20, cm 26 × 20
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ARCHIVIO SALVIATI
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BIBLIOGRAFIA D. AMAYDEN, La storia delle famiglie romane, Bologna 1979. Archivi dell’aristocrazia fiorentina. Mostra di documenti privati restaurati a cura della Soprintendenza archivistica della Toscana tra il 1975 e il 1989, catalogo della mostra. Firenze 1989, pp. 175-188. Archivio Salviati, in Rassegna degli Archivi di Stato 47 (1987), pp. 473-483. BIBLIOTECA VATICANA, Ferrajoli 283, f. 15v (Notizie sulla famiglia Salviati). F. BRUNETTI, Genealogia della famiglia Salviati, Firenze 1795. P. DE ANGELIS, Il cardinale Antonio Maria Salviati: 1536-1602, benefattore insigne degli ospedali di San Giacomo in Augusta e di San Rocco delle partorienti nel 350° anno della sua morte, Roma 1952 (Collana di studi storici sull’Ospedale di Santo Spirito in Saxia e sugli ospedali Romani). P. DELLA PERGOLA, Gli inventari Salviati, in Arte antica e moderna 10-11 (1960), pp. 193-200, 308-321. C. L. FROMMEL, Palazzo Adimari Salviati, in Giulio Romano 1499-1546, Milano 1989. P. HURTUBISE, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985 (Studi e testi, 309). P. HURTUBISE, La famiglia del card Salviati (1517-1533), in “Familia” del principe e famiglia aristocratica, a cura di C. MOZZARELLI, Roma 1988, pp. 565-611. E. KARWACKA CODIN, M. SBRILLI, Archivio Salviati. Documenti sui beni immobiliari dei Salviati: palazzi, ville, feudi. Piante del territorio, Pisa 1987. E. KARWACKA CODIN, M. SBRILLI, Piante e disegni dell’Archivio Salviati: catalogo, in Quaderni dell’archivio Salviati, Pisa 1993. E. KARWACKA CODIN, M. SBRILLI, Il quaderno della cappella di S. Antonino in S. Marco a Firenze: manoscritto sulla costruzione di un’opera del Giambologna, in Quaderni dell’archivio Salviati, Pisa 1996. H. KEUTNER, Francesco Furini, la gloria della casa Salviati, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz 18, 3 (1974), pp. 393-406. M. LUZZATTO, Archivio Salviati, in Archivio Storico Italiano 96 (1956), pp. 548-550 M. LUZZATI, M. SBRILLI, Massimiliano d’Asburgo e la politica di Firenze in una lettera inedita di Niccolò Machiavelli ad Alamanno Salviati (28 settembre 1509), in Annali della Scuola Normale Superiore, Classe di Lettere e Filosofia 3 (1986), pp. 825-854. G. M. MECATTI, Storia genealogica della nobiltà e cittadinanza di Firenze, Napoli, 1754. G. MOROLLI, Palazzo Salviati alla Lungara, Roma 1991. G. PAMPALONI, Il palazzo Portinari-Salviati, Firenze 1960. P. PECCHIAI, Palazzo Salviati alla Lungara, in L’Osservatore Romano, 25 marzo 1949, p. 3. M. G. PICOZZI, Un ritratto di provenienza Salviati nella collezione Colonna, in Studi per Laura Breglia, Supplemento del Bullettino di Numismatica 4, 2 (1987), pp. 127-139. V. PINCHERA, L’archivio Salviati. La storia degli affari attraverso un archivio familiare, in Società e storia 50 (1990), pp. 979-986.
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V. PINCHERA, I Salviati, un patrimonio tra Toscana e stato pontificio nel XVIII secolo, in Società e storia 54 (1991), p. 849. V. PINCHERA, Lusso e decoro: vita quotidiana e spese dei Salviati di Firenze tra Sei e Settecento, in Quaderni dell’archivio Salviati, Pisa 1999. I. POLVERINI FOSI, Feudi e nobiltà: i possessi feudali dei Salviati nel Senese, in Bullettino Senese di Storia Patria 82-83 (1975-76), pp. 239-273. M. SBRILLI, L’archivio Salviati, in Scuola Normale Superiore 1813-1988 (a cura di P. CUDINI), Pisa, 1988, pp. 40-41. M. SBRILLI, I Salviati. L’archivio, la famiglia in Archivi dell’aristocrazia fiorentina, Firenze 1989, pp. 175-196. M. SBRILLI, L’Archivio Salviati e il suo deposito alla Scuola Normale Superiore: un esempio di valorizzazione, in Il futuro della memoria. Atti del Convegno internazionale di studi sugli archivi di famiglie e di persone, Capri, 9-13 settembre 1991, Roma 1997, 2, pp. 539-544. V. SPRETI, Enciclopedia storico nobiliare italiana, VI, Milano 1932, pp. 72-74. R. STRINATI, Palazzo Salviati alla Lungara, in Annuario del Collegio Militare, 19341935.
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INDICE DELLE SERIE I numeri rinviano alle segnature archivistiche I. ATTIVITÀ GENERALE
Bolle e brevi 1-3 Testamenti, investiture, istromenti 4-17 Procure e patronati 18-24 Inventari 25-28 Guardaroba 29-31 Congregazioni 32 Scritture varie 33-36 Atti giudiziari 37-55 Miscellanea 56-59 II. CONTABILITÀ E AMMINISTRAZIONE
Libri mastri 60-66 Entrate e uscite 67-76 Entrate e uscite esattore 77-84 Entrate e uscite grasce e grani 85-87 Giornali 88-99 Debitori e creditori 100-105 Mandati 106-113 Ricevute e giustificazioni 114-133 Salariati 134-138 Calcoli e consumo 139-140 Rincontri 141-151 Conti di casa 152-153 Lettere di cambio 154-155 Quaderni di cassa 156-157 Stracciafogli 158-164 Franchigie 165 Casa di penitenza Buon Pastore alla Lungara, Roma 166-169 Eredità Corbinelli 170-172 Varie 173-175 III. FAMIGLIA
Lucrezia Medici Salviati (1461-1533) 176177 Giovanni Salviati, card., (1490-1553) Bolle I 178-195 Bolle II 196-198 Legazioni 199-206 Abbazie 207-209 Lettere 210-211 Mastri 212-213 Debitori e creditori 214-220 Salariati 221-223 Giornali 224-232 Entrate e uscite 233-238
Ricevute 239 Palazzo Salviati 240 Varie 241-242 Lorenzo Salviati (1492-1539) 243 Bernardo Salviati, card., (1508-1568) Bolle 244-259 Mastri 260 Entrate e uscite 261-268 Giornali 269-273 Debitori e creditori 274-280 Mandati 281 Miscellanea 282-285 Abbazie 286-295 Priorato 296-297 Eredità 298-299 Alamanno Salviati (1510-1571) 300-304 Jacopo Salviati (1537-1586) 305-307 Antonio Maria Salviati, card., (1537-1602) 308-316 Lorenzo Salviati, marchese, (1568-1609) 317-318 Maddalena Salviati Strozzi 319-320 Lorenzo Salviati, marchese (1602-1609) e Francesco Salviati 321-322 Antonio Maria, marchese, di Lorenzo, sec. XVII 323 Isabella Salviati Cesi (m. 1642), sposa di Federico Cesi 324 Jacopo Salviati, duca, (1607-1672) 325-333 Francesco Maria Salviati, duca, (1629-1698) 334-341 Lorenzo Salviati, di Jacopo, (m. 1674) 342 Antonio Maria Salviati, duca, (m. 1704) 343352 Lucrezia Rospigliosi, duchessa, sposa di Antonio Maria Salviati 353-355 Caterina Maria Zeffirina Salviati, sposa di Fabrizio Colonna (m. 1756) 356-379 Famiglia Serristori Instrumenti e consulte 380-381 Cabrei 382-383 Debitori e creditori 384-390 Ricordanze e giornali 391-394 Quaderni di cassa 395-396 Sforza Federigo, card., (1603-1676) 397-401 Varie 402-404
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IV. AMMINISTRAZIONE DEI BENI
Abruzzo 405-407 Firenze 408-413 Giuliano Rendite 414 Libri mastri 415-418 Giustificazioni del libro mastro 419-420 Libri di entrate e uscite 421-435 Giornali di entrate e uscite 436-442 Filze di entrate e uscite 443 Libri di entrate e uscite 444-447 Stracciafogli 448-450 Saldaconti 451 Debitori e creditori 452-463 Esattore e fattore 464-468 Entrate a vino e altro 469-478 Libro del grano 479-481
Debitori di imprestante 482-486 Varie 487-488 Giuliano e Roccamassima 489-492 Giuliano, Roccamassima e Colleferro 493500 Grotta Marozza 501 Onano 502-503 Roccamassima 504-516 Roccamassima e Colleferro Libri mastri 517-521 Debitori e creditori 522-528 Entrate e uscite 529-543 Entrate e uscite grani 544-545 Giornali 546-548 Giustificazioni 549 Raccolte 550-551 Varie 552-554
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INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI Il numero rinvia alla segnatura; tra parentesi è indicata la collocazione all’interno dell’unità archivistica. Acciaioli, Bernardo, card., 18 (10) Accolti, Benedetto, card., 9 (12), 210 Adriano VI, papa 182-184 Agnesi, Lucio, 57 Aguas Santas (Portogallo), commenda dell’ordine di Gerusalemme, 286 Aldobrandini, Ippolito, (?), card., 36 (1) Alessandria S. Giovanni del Cappuccio, abbazia, 179, 208, 241, 252, 253, 282, 294 Alessandro VII, papa, 3 (39) Alfonso di Portogallo, card., 210 Altemps Giuseppe Maria, 11 (16) Marco, 8, (11) Altobiancodi Lorenzo Buondelmonte, 19 (26) Altoviti, Antonio, arcivesc. di Firenze, 19 (21), 35 (19) Alvarez de Toledo, Fernando, conte di Caltabellotta, 3 (37, 43) Angiolini, Guglielmo, 18 (15-16) Anichino, Giovanni Maria, 3 (13) Antoine de Bourbon, re di Navarra, 58 Antonino, santo, arciv. di Firenze, 2 (2) Antonio da Castelfiore, 304 Ardinghelli, Luigi, vesc. di Fossombrone, 282 Armagnac, George d’ , card., 282 Aste, Benedetto d’, card. 338, 487 Ausonio, Ettore, 58 Baccelli, banchiere, 143 Badia al Pino (Arezzo), 380 Baglioni Orsini, Elisabetta, 210 Baldini, Giovanni, 24 Baldinotti, depositario, 336 Banco di Santo Spirito, vedi Roma Bandini Francesco, 9 (12, 46) Banfio, Paolo, 210 Barberini, Camilla, 12 (6) Barberini Colonna, Anna, 7 (11) Barcellona, vescovado, 3 (11) Bartoli, Bernardino, mastro di casa, 17 (16), 130 Beatucci, Stefano, fattore, 160
Belmessori, Sinibaldo, procuratore, 294, 308 Belocci, Dinoro, 16 (1) Benci, Spinello, 9 (24) Bertani, Pietro, card., 210 Bibona, duca di, 282 Bichi, Annibale, 18 (9, 11) Boldrini, Sabatino, esattore, 82, 83, 128, 129, 163 Bologna, legazione, 188 Bonciani, Lorenzo, 18 (13) Boncompagni, Giacomo, 7 (7) Bonifacio IX, papa, 35 (2) Borbone, Antonio di, re di Navarra, vedi Antoine de Bourbon Borello G., 210 Borghese, famiglia, 6 Borromeo, Carlo, conte 12 (6) Boschi, Attilio, 210 Bourbon, Louis de, cardinale, 282 Bracciano, tenuta, 10 (37) Brancaccio, Giulio Cesare, 57 Bulgarelli, Giuseppe, 25 Buonfante, esattore, 78 Businis, Benedetto, 16 (4) Caccini, Giovanni, 59 Caetani, Francesco, duca, 11 (15), 33 (17) Caltabellotta, conte di, vedi Alvarez de Toledo Canino, Giovanni Vincenzo, 9 (54) Capino da Capo, 210 Cappaccia d’Alessandria, vedi Alessandria, S. Giovanni del Cappuccio Cappelli, Cosimo, 18 (17) Capua (Caserta), priorato, 282 Caravaggio (Bergamo), 7 (2) Carlo V d’Asburgo, imperatore, 3 (8, 14), 58 Carlo IX, re di Francia, 58 Casale, università, 406 Castellani, Alessandro, 19 (40) Castel San Giobbe (Piacenza), 210 Castel San Giovanni (Piacenza), 210 Castel Torre, comunità, 344 Castiglione in Teverina (Viterbo), 9 (27) Castres (Tourn), 9 (7) Castro Xeres (?), abbazia, 289
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Cellini, Benvenuto, 58 Ciannara, Alessandro, 210 Cerbone, fattoria, 33 Cervia (Ravenna), 34 (15) Cesana (Como), 180 Cesarini Giuliano, 10 (30), 57 Livia, 10 (30) Cesi Federico, duca, 12 (3) Paolo, card., 9 (5) Cesi Acquasparta, Olimpia, 12 (4) Chiaromonte, vedi Clermont Chigi, principe, 33 (34) Ciannara, Alessandro, 210 Ciatti, Luca, 35 (14) Cibo, Innocenzo, card., 9 (44) Cibo Salviati, Veronica, 68 Cispadana, legazione, 199 Cisterna (Latina), 33 (17) Cittareale (Rieti) 33 (5) Citti, famiglia del contado di Pisa, 36 Clemente VII, papa, 2 (4, 5), 3 (3, 4, 6, 8, 9-32, 38), 35 (10, 12), 58, 185-189, 247250, 259 Clemente VIII, papa, 19 (27), 57, 58 Clermont, 282 Colleferro (Roma), 493-497, 500, 517-554 Santa Barbara, beneficio, 19 (28), Colonna Caterina Maria Zeffirina, nata Salviati vedi Salviati Caterina Maria Zeffirina Fabrizio, connestabile, 12 (10) Federico, 377 Francesco, duca di Carbognano, 12 (8) Giulio, 9 (13), 210 Lorenzo, connestabile, 377 Marcantonio, 377 Colonna Barberini, Anna, vedi Barberini Colonna, Anna Conti famiglia, 33 (18) Costanza, 9 (17), 33 (14) Francesco, 5 Giovanni Battista, 2 (6) Ginevra, 2 (8) Girolamo, vescovo di Massa, 5 Giulio, 17 (13) Massimo, 5 Orazio, 5 Conti Orsini, Maddalena, 5
Conti Sforza Federico, 2 (6) Paolo, 12 (5) Corbinelli Filippo, rettore dei SS. Stefano e Silvestro, 101, 171 Giovanni Maria, 171, 172 Corealto, 33 (5) Cori (Latina), 9 (22), 34 (6) Cornaro, vedi Cornelio Cornelio Francesco, 9 (4), 210 Giacomo, 9 (4) Corsi, 142 Pietro, 10 (29) Cosenza, vescovato, 34 (13) Cosimo II dei Medici, granduca di Toscana vedi Medici, Cosimo II Coutances, priorato di Saint-Germain, 251 Crescenzi, Stefano, 16 (7), 18 (7) Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana, 57 Crivelli, Prospero, 37 Crutzsich, Pietro conte di, 57 Cusano, Francesco, 210 Da Campoli, Lorenzo, 2 (2) Da Tolentino, Nicolò, generale, 211 Da Vernia, Camillo, 57 Del Bufalo, Ottavio, duca, 10 (33) Del Caccia, Alessandro, 210 Della Mirandola, Ginevra, 35 (1) Del Vecchio, Tommaso, 34 (8) De Manfredis, Manfredo, 180 De Marchis, Ognibene, 10 (28) De Nicellis, Giovanni, 205 De Prato, Antonio, 9 (43) De Sanctis, Felice, 18 (7) Deti, banchieri, 146 Deti, Antonio Francesco, 324 De Vesco, Carlo, vescovo di Castres, 9 (7) Di Belli, Valerio, 210 Di Vigliano, Andrea, 9 (41) Doni, Giovanni Battista, 304 Don Simone, 210 Dormi, Bruno, fattore, 499 Dovizi, Bernardo, di Bibbiena, card. 58 Du Bellay, Jean, card., 282 Duca d’Alba, vedi Alvarez de Toledo Enrico II, re di Francia, 58
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ARCHIVIO SALVIATI
Enrico III, re di Francia, 57 Erasmi, notaio, 377 Este Alfonso I d’, duca di Ferrara, 7 (7), 9 (44), 57, 58 Alfonso II d’, duca di Ferrara, 7 (18) Ercole I d’, duca di Ferrara, 35 (1) Ercole II d’, duca di Ferrara, 9 (11), 9 (16), 58 Ippolito d’, cardinale, 282 Falconieri, Lelio, 11 (17) Farnese, Ranuccio, cardinale, 35 (13) Fedaldo, Lorenzo, 210 Ferdinando, detto il Cattolico, re di Aragona, 3 (43) Ferdinando I dei Medici, granduca di Toscana, vedi Medici, Ferdinando I Ferdinando II dei Medici, granduca di Toscana, vedi Medici, Ferdinando II Fermo, vescovato, 185, 210 Ferrara, 8 (5), 278 cattedrale, 9 (18) priorato, 187 vescovato, 34 (12), 58, 194 Ferrero, Filiberto, vescovo d’Ivrea, 210 Ferro, Gaspare, 210 Fiano (Roma), 33 (37) Fidenza, cappella, 3 (41) Fiesole (Firenze) badia, 8 (1) monache convertite di Ponte a Badia, 56 villa a Ponte a Badia, 3 (41), 36 Figinara (Pisa), 7 (5) Figline, canonicato, 19 (32) Fiorelli, Antonio, 18 (14) Firenze, 33 (22, 29, 30), 241, 408-413 cappellania di S. Margherita 19 (29) case Salviati: via dello Studio 33 (19); Santa Felicita 35 (7) chiese: cattedrale 35 (8); S. Giovanni di Sovana 19 (1, 23-25, 30), 35 (2, 6, 7, 10, 12, 16-18), S. Lazzaro 35 (15); S. Maria alla Faella 8 (16); S. Maria alla Romola 22; S. Michele a Torri, 24; S. Pietro a Montepaldi, 19 (40), 21, 35 (13, 14); S. Pietro a Ripe 2 (2), 19 (4, 34), 24, 35 (20); S. Quirico a Collina 20 (4, 34), 24; S. Stefano 35 (12; 19); S. Stefano di Gabbiola 19 (23); SS.ma Annunziata 8 (15)
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doti, 33 (35) oratorio privato, 19 (38) ospedale di Santa Maria Nova, 2 (8), 3 (1) palazzo Salviati in Borgo Vecchio, 59 vicario generale, 35 (9) villa Paterno, 8 (13) Fizes, Simon, baron de Sauve, 282 Fligue, 282 Formello (Roma), 33 (34) Francesco I, re di Francia, 9 (1) Francesco II, re di Francia, 58 Francesco II, duca di Milano, 57 Francia, 34 (21) legazione, 203 Galassi, Nicolò, 18 (19, 21) Galeata (Forlì), abbazia di Sant’Ilario, 56, 189, 191, 208, 292 Galliate, comunità, 33 (36) Gambara, Uberto, 211 Giandonati famiglia, 20 Francesco, 35 (20) Giovanni Battista, 20 (3), 35 (16, 18) Maligno, 20 (2) Riccardo di Lodovico, 35 (6, 7, 9) Giandonati Altobianchi, Gherardo, 35 (10) Giulianello (Cori, Latina), 3 (38) Giuliano (Frosinone), 7 (18), 9 (13), 10 (37), 17 (7), 33 (11), 59, 311, 414-500 Giulio III, papa, 194 Giunti Giovan Maria 211 Tommaso, 211 Giunti di Venezia, 9 (20), 37 Gondi, Elena, 6 Gonzaga Cagnino, 211 Ferrante, 211 Gradi, Francesco, esattore, 79-81, 126, 127 Gregorio XIII, papa, 3 (37) Grana, L., governatore di Parma, 211 Grotta Marozza (Mentana, Roma), 8 (10), 501 Guadagni Emilio, commissario 283 Tommaso, 211 Guasconi, Lorenzo, 34 (11) Guicciardini, Francesco, 211 Guidubaldo Il, duca di Urbino, 211
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LUIGI FIORANI
Innocenzo VIII, papa, 35 (6) Innocenzo XII, papa, 3 (40) Insulano, Ricciardo, 295 Isabella di Portogallo, regina di Spagna, 3 (14) Isola di Romagna (Ravenna), 208 Juliani, Lorenzo, 309 Lantenac (S. Brieuc, Francia), diocesi, 3 (3) Lanti, Ludovico, 12 (4) Leone X, papa, 2 (1, 3), 3 (1, 2, 42-44), 35 (8), 58, 178-181, 244-246 L’Hospital, de, 282 Lonate, Giovanni Stefano, 211 Lorena, Giovanni, vedi Lorraine, Jean de Lorena, Renata di, vedi Lorraine, Renée, de, duchessa Lorenzo di Giovanni da Campoli, 2 (2) Lorraine, Jean de, cardinale, 210, 282 Lorraine, Renée de, duchessa, 12 (2) Lottini, Giovanni Francesco, 211 Luco dei Marsi (L’Aquila), Santa Maria delle Grazie, 405 Luigi XIV, re di Francia, 57 Maddalena, detta Zerostra, 58 Magliano dei Marsi (L’Aquila), 407 Malatesta, Carlo, conte, 9 (8) Maltesi, Giovanni, 325 Malvezzi, Giovanni, 211 Mannelli, Pietro, 9 (1) Manoni, Marcant’Antonio, 310 Mantova, 8 (5) Marignolli, Zanobi, 211 Marcone, Girolamo, 211 Marcucci, Antonio, 487 Margherita di Francia, duchessa di Savoia, 58 Massa, marchese, di, 282 Massimi, Porzia, 6 Mattei, Costanzo, 18 (4bis) Stefano Benedetto, 35 (2) Medici Alessandro dei, card., 58 Caterina dei, 58, 282 Cosimo II dei, granduca di Toscana, 56, 58 Ferdinando I dei, granduca di Toscana, 58 Ferdinando II dei, 58, granduca di Toscana, 7 (9), 19 (36)
Giuliano dei, 59 Giulio dei, card., 58 Lucrezia dei, 34 (9), 58, 176 Pietro dei, 59 Migliarino (Pisa), tenuta, 33 (38) Mendisio, Giovanni Girolamo, 57 Milano San Dionigi, abbazia, 208, 241, 252, 253, 258, 293, 308 Santa Maria dell’Osservanza, abbazia, 252 Molines, giudice, 43, 54 Montefortino (Artena, Roma), 33 (11) Monte Gabbione (Terni), 33 (31) Monte Leone (Rieti), 17 (13), 33 (31) Montevarchi (Arezzo), 33 (2) Morlupo (Roma) 33 (10) Mucciosco (?), Battista 34 (12) Nerli Bernardo 18 (8) Filippo 211 Francesco, arciv. di Firenze 19 (29) Nerola (Roma) 33 (10) Neroni, Matteo 33 (23) Niccolini, Filippo 9 (24) Nicolò da Tolentino, vedi Da Tolentino, Nicolò Olivio, Francesco, 211 Onano (Viterbo) 10 (39), 27, 502-503 Orlandi, Angelo, maestro di Casa, 359, 360, 367, 368 Orsini famiglia, 33 (34) Alfonsina, 58 Flavio, card., 282 Giordano, duca di Bracciano, 9 (50) Latino, 34 (18) Leone, 9 (46) Roberto, 2 (3) Valerio, 211 Orsini Cesi, Porzia, 5 Orvieto, 33 (31) Padule Maggiore (Pisa) 8 (3, 8) Pagni, Lorenzo, 211 Palafernero, Girolamo, 211 Pallavicino, Gismondo, 211 Panciatichi, Bandino, card.,., 346 Pandolfo di Diacceto, 34 (27)
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ARCHIVIO SALVIATI
Panfili, Pietro, 377 Paolo II, papa, 58 Paolo III, papa, 2 (6), 3 (33), 190-193, 195, 258 Paolo, IV, papa, 35 (16), 251-253 Parrano (Terni), 3 (38) Paterno, vedi Firenze, Villa Paterno Parma, 210 Partino, Giuliano, 9 (3) Patrizi, Patrizio, 5 Passero, 211 Perugia, badia di San Giovanni della Magione, 295 Piacenza, 210 Pietro di Berardino, 35 (19) Pietro di Giovanni “de plebe Presciani”, 19 (21) Pietro di Luca, duca di Ribona, 9 (21) Pio IV, papa, 3 (35), 254, 255 Pio V, papa, 256, 257 Pio di Carpi, Alberto, 9 (43) Pisa mensa arcivescovile, 9 (29) Proceno, marchesato, 7 (13), 33 (33) Pucci, Lorenzo, card., 211 Quercetani, famiglia 24 Rangoni Ludovico, 211 Ugo, vescovo 211 Ravenna, 8 (7), 9 (17, 28, 51), 17 (8), 33 (4, 13), 56 abbazia S. Maria dell’Isola 181, 290, 292 Ricciardi, Paolo 18 (17) Ridolfi, Niccolò, card, 35 (14), 211 Rignano (Roma), 33 (10) Rinuccini, eredità, 56 Roccagorga (Latina), 27 Rocca Massima (Latina), 34 (6), 59, 489-492497, 500, 504-554 Roccamonfina (Caserta), San Michele, 19 (33) Roma, 15, 27, 57-59, 111, 122, 143-145, 164, 250, 400, 479, 499 chiese: San Paolo “de Urbe” 11 (6, 11); S. Maria alla Minerva 211; S. Maria della Pace 11 (8) istituzioni: banco di S. Spirito, 145-148, 400, casa di
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penitenza Buon Pastore alla Longara, 166169; compagnia del SS. Sacramento 404; Fabbrica di S. Pietro 351; monastero dei Sette Dolori 10 (30); monastero di Regina Coeli 7 (11); monastero di S. Caterina da Siena 9 (30), 36; monte di Pietà 9 (53), 112-113, 141, 144 Congregazione delle acque 56 palazzi: a Borgo S. Spirito 9 (6); al Collegio Romano 323; alla Longara 7 (6, 11, 14), 17 (12), 26, 59, 240, 266, 279, 313, 314, 316; all’Orso 26, 59; a porta “Settignana” 58; a S. Marcello 3 (18); casino a S. Maria Maggiore 59; in Panisperna 348 priorato 7 (3), 286, 297 vigne: a Trastevere 33 (39); “sotto S. Onofrio” 313 Romagna, abbazie 241, 288 Rospigliosi, Lucrezia, duchessa, 6, 10 (39), 18 (18, 21-23), 19 (41), 36 (1), 56, 353-355 Sabina, vescovato, 192 Sadoleto, Jacopo, 211 Saint-Papoul (Francia), diocesi, 286 Saint-Sauveur “de Rothonio” (Francia), abbazia, 178 Salucci, Giacomo 17 (11) Salviati famiglia 9 (10), 20, 25, 26, 29-31, 33 (13), 35, 58, 59 giuspatronati, 19 (35, 39) posizioni legali, 38-55 Alamanno, 2 (9), 9 (4bis, 14, 19), 17 (6), 18 (13-15), 56, 58, 59, 300-304 Antonio Maria, card., 6, 9 (53), 11 (7, 9), 16 (4, 5, 6), 56, 308-316, 453 Antonio Maria, duca, 3 (40), 6, 10 (33, 36, 38), 17 (19), 28, 36, 343-352 Antonio Maria iunior, card., 6 Antonio Maria di Lorenzo, marchese, 59, 323 Antonino, 56 Averardo, 59 Benedetto, 209 Bernardo, 3 (35, 42, 44), 9 (18, 20, 21, 46), 11 (1, 2, 4), 18 (2, 3, 5bis, 9, 10, 11, 12, ), 33 (15, 39), 34 (3, 11, 14, 18, 21-23, 26, 27), 58, 59, 208, 244-299 Carlo di Iacopo, 174
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LUIGI FIORANI
Caterina Maria Zeffirina, 9 (32), 12 (10), 56, 348, 350, 356-379 Caterina, nata Sforza, vedi Sforza Caterina Costanza, nata Conti, vedi Conti Costanza Costanza, 10 (11) Diomira, monaca, 36 Elena, nata Gondi, vedi Gondi Elena Eleonora, 10 (35), 12 (7), 404 Francesco 19 (26), 59, 307, 322 Francesco Maria 3 (39), 6, 9 (28-31, 48), 10 (33), 11 (17), 16 (9), 17 (10-11, 14, 17), 19 (36), 33 (4), 36, 56, 59, 334-341 Giacomo, 3 (44), 6, 58 Ginevra 6, 8 (11) Giovanni, cardinale, 2 (1, 4, 5, 7), 3 (2, 4, 6, 8, 9, 11-15, 17, 19-32), 9 (2, 5-8, 11, 15, 16, 44), 11 (5), 18 (1, 1bis, 4, 5bis, 6-8), 33 (6), 34 (3, 7-9), 37, 57, 58, 178-205, 207, 208, 210-242, 315 Giovanni, duca, 9 (24, 47, 49, 50, 52) Giovanni Battista 6, 16 (7), 34 (10, 15) Giulio, del card. Giovanni, 34 (24), 282 Isabella, 6, 10 (31), 12 (3), 324 Jacopo di Alamanno, 6, 9 (14), 18 (13, 15), 58 Jacopo di Giovanni, 59 Jacopo di Lorenzo, 6, 7 (11), 9 (27), 10 (29), 11 (14), 160, 174, 305-307, 325-333, 517 Lorenzo, di Jacopo di Alamanno, 19 (26), 58, 307, 309, 317-318, 321, 522 Lorenzo, di Jacopo di Giovanni, 6, 9 (4bis, 13, 17), 33 (14), 243 Lorenzo, di Jacopo di Lorenzo, 9 (51), 56, 174, 342 Lucrezia, di card. Bernardo, 34 (17, 23), 58, 176, 282 Lucrezia, duchessa, 10 (37), 348 Lucrezia, nata dei Medici, vedi Medici, Lucrezia Lucrezia, nata Rospigliosi vedi Rospigliosi, Lucrezia Luisa, di Jacopo, 58 Marco, di Bernardo, 59 Pietro, di card. Bernardo, 34 (17, 22), 282 Pietro, di Jacopo, 33 (15) Vincenzo, 6, 33 (7) Vittoria, 10 (36), 12 (8, 9) San Cerbone (Figline Valdarno, Firenze), fattoria 33 (26)
San Cesareo (Zagarolo, Roma), università 406 San Giacomo a Gricciano (Castel Fiorentino, Firenze), podere 7 (10) San Michele, vedi Roccamonfina (Caserta) San Papolo, vedi Saint-Papoul San Pietro in Pergolato (Firenze), 7 (1) San Sabino (Arezzo), castello, 7 (9) San Secondo, conte di, 211 Santa Barbara, vedi Colleferro (Roma), 19 (28) Santa Maria delle Grazie, vedi Luco dei Marsi (L’Aquila) Sassola (Mantova), 8 (6) Sauli da Passano, Caterina 282 Savarna (Ravenna), 9 (28), 33 (4, 13, 14), 34 (10), 56 Savelli, Claudia, 11 (5) Savelli, Fabrizio, abate, 10 (34) Savellini, Andrea, 310 Scurcola Marsicana (L’Aquila), feudo, 407 Sebastiani, avvocato, 365 Segni (Roma), 7 (4), 33 (25) Serbelloni, Fabrizio, marchese 10 (40) Serristori famiglia, 9 (10), 33 (2, 8), 380-396 Alessandra, 5 Antonio, 16 (2), 385 Battista, 5 Carlo, 16 (1) Costanza, 9 (42) Giovanni, 5, 382 Malatesta, 16 (2) Seura, cavaliere, 282 Sforza famiglia, 9 (25), 33 (12), 44, 46 Alessandro, 34 (25) Caterina, 3 (39), 6 Costanza, 9 (31), 34 (25) Federico, 7 (4), 9 (26), 397-401 Francesco Maria 10 (35), 12 (7) Fulvia, 7 (4) Guido Ascanio, 5, 9 (25) Mario, 5, 12 (2), 9 (26) 55 Paolo, 5 Sforza Pallavicini, marchese, 19 (6) Silva, Aurelio, 34 (1) Simi, Tommaso, 211 Sinibaldi, famiglia, 401 Sisto IV, papa, 58 Sisto V, papa 57
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ARCHIVIO SALVIATI
Somma, duca di, 282 Stella, Domenico, computista, 266 Spina, Bernardo, 211 Squarcialupi, Achille, vicario, 288 Stabbia (Rignano, Roma), tenuta, 33 (10) Strozzi Leone, 36. 282 Luigi, 11 (15) Roberto, 34 (7) Strozzi Salviati, Maddalena, 6, 319-320 Tansi, Giovanni Battista, 18 (19) Tarsia, Elisabetta di, 34 (1) Ticci, Francesco, computista, 318 Toscana, beni Salviati, 33 (16, 20) Tosinghi, Francesco, 211 Tossignano (Bologna), 33 (1, 3)
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Treja, fiume, 34 (5) Trino (Casale Monferrato), priorato di San Michele, 2 (5) Trivigliano (Frosinone), 33 (9) Troilo, Brancaleone, 17 (13) Trotti, Nicolò, 9 (2) Turco, Bertacio, 211 Tournai, abbazia di San Martino, 186, 207 Valdinure (Piacenza), 210 Valence, vescovado, 183, 184 Valluterana (Civitavecchia, Roma), tenuta dell’Agro romano, 7 (17) Vannini, 9 (22) Venezia, abbazia di San Bartolomeo, 182 Verreschi, Domenico, 211 Vignola (Modena), 7 (7)
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FRANCO NEGRI
DUE IMPORTANTI TESTIMONI DEL DE CLAUSTRO ANIMAE DI UGO DI FOUILLOY (CITTÀ DEL VATICANO, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA, REG. LAT. 119 E CHIG. C.V.117)* Le nostre ricerche sul De claustro animae di Ugo di Fouilloy, iniziate una decina di anni fa alla University Library di Cambridge, hanno permesso di stilare un elenco di 426 manoscritti che contengono l’opera nella forma integrale o parziale1. Dopo un attento esame dei manoscritti più antichi e di una campionatura dei recentiores, si è deciso di analizzare, come criterio di una prima selezione, in vista dell’edizione critica per il Corpus Christianorum Continuatio Medievalis, la capitolazione presente nei testimoni dell’opera completa e dei secoli XII ex.-XIII in. Sono così emerse delle costanti che hanno permesso di raggruppare i manoscritti, precisamente 37, in “famiglie” che ora attendono il riscontro della trascrizione e della collazione per definire il testo. La datazione e la localizzazione dei codici suddetti, compiute da Patricia Stirnemann, hanno aiutato a individuare i testimoni più antichi e, per diversi motivi, più importanti. È stato così possibile identificare tre codici (Paris, BNF, Lat. 13417, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 119 e Chig. C.V.117) che, come avremo modo di illustrare, sono stati copiati nella stessa regione francese, nello stesso periodo e destinati a istituzioni prestigiose e importanti per la diffusione del testo del De claustro animae. Sarà dunque utile descrivere puntualmente i due manoscritti vaticani, presentando i dati interni ed esterni di essi, e confrontarli con il mano-
* Il presente lavoro, steso durante il Dottorato di ricerca in Filologia latina presso l’Università degli Studi di Parma, è il frutto di un costante confronto con Mirella Ferrari e Patricia Stirnemann: a loro il mio grazie. La mia riconoscenza anche al personale della Bibliothèque Nationale de France (Site Richelieu) e dell’Institut de Recherche et Histoire des Textes di Parigi. Ringrazio Paolo Vian della Biblioteca Apostolica Vaticana e Silvia Nannipieri della Bibliotheca Cathariniana di Pisa per la loro disponibilità. 1 Per l’elenco dei manoscritti: F. NEGRI, Il De claustro animae di Ugo di Fouilloy: vicende testuali, in Aevum 80 (2006), pp. 403-413; ID., Ancora sul De claustro animae di Ugo di Fouilloy: tradizione manoscritta, in Aevum 83 (2009), pp. 402-404. Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 103-120.
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FRANCO NEGRI
scritto di Parigi, con l’intenzione di precisare le somiglianze e le differenze che li caratterizzano2. Il codice Reg. lat. 119 Il manoscritto è membr., ff. I (membr.) + 136 + I (membr.), mm 330 u 235 (240 u 160), a 2 coll. di 33 righe (28 righe ff. 91-136); scritto da più amanuensi; probabilmente reso composito dall’unione di due manoscritti diversi, ma appartenenti allo stesso ambiente (I: ff. 1-90, II: ff. 91-136); pregotica, XII secolo anni sessanta. Composizione fascicoli: 1-118 + 122 + 13-178 + 186; i fascc. 2, 6, 7, 9 e 10 presentano parole di richiamo sull’ultimo f. verso, al margine inferiore; mentre i fascc. 13-17 presentano numeri romani tra due punti sul primo f. recto al margine inferiore e i fascc. 13-15 hanno anche parole di richiamo sull’ultimo f. verso al margine inferiore. Il f. 90 è tagliato a metà, in altezza. Origine: Beaupré (?) Cisterciensi. Il codice presenta una foliazione moderna (secolo XVIII?) al margine superiore destro del foglio; ma ai ff. 1-40 è stata apposta una foliazione antica (secoli XII-XIII?) espressa in numeri romani tra due punti, e collocata sul margine destro del foglio recto a fianco della 13ª o 14ª riga dall’alto del testo; ai ff. 115v-127r: sul margine superiore dei fogli, a metà, sia recto sia verso è indicato il numero romano II tra due punti; ai ff. 131r-135r è presente anche una foliazione al margine inferiore destro in numeri arabi: 1-5 (secoli XVI-XVII?); f. 1r: Numero 50. non Petauianum 1656 (nota scritta dal cosiddetto “Bibliotecario di Anversa”) e croce rossa con nr. 58 (marg. sup.), Volumen L non Petauianum (marg. inf.)3. Prove di penna: f. 136r: Quoniam lumbi … / … mea (Ps. 37, 8), Anno ab incarnatione Domini M CC XL IIII IIII intrante februario , Reuerendissimo suo et amico Hu. clerico frater G. monachus salutem in uero salutary (tutte e tre del XIII secolo); f. 136v: Veni sancte Spiritus … / … diceris, Domino suo , Anno Domini millesimo quarti (tutte e tre del XV secolo). Decorazione: f. 2r I: di ca. 22 linee d’altezza, policroma, con elementi fitomorfi; tutte le altre iniziali, di piccolo formato, sono di diversi colori (azzurre, verdi, rosse) e decorate con elementi vegetali. 2 Si tenga presente che il manoscritto Paris, BNF, Lat. 13417 è già stato descritto e in parte commentato: NEGRI, Il De claustro animae cit., pp. 397-401; ID., Ancora sul De claustro cit., pp. 405-406. 3 Da tali note è possibile sapere che il manoscritto era di Cristina di Svezia, che era ad Anversa nel 1656 e che non proviene dalla biblioteca di Paul e Alexandre Petau (Numero 50. non Petauianum 1656 e Volumen L non Petauianum, note apposte dal cosiddetto “Bibliotecario di Anversa”), mentre la numerazione 58 è stata data nel 1663: J. BIGNAMI ODIER, Le fonds de la Reine à la Bibliothèque Vaticane, in Collectanea Vaticana in honorem Anselmi M. card. Albareda a Bibliotheca Apostolica edita, Città del Vaticano 1962 (Studi e testi, 219), pp. 170 e 172.
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DUE IMPORTANTI TESTIMONI DEL DE CLAUSTRO ANIMAE
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Si propone per il Reginense l’origine nell’abbazia cisterciense di Beaupré. Infatti il codice presenta una mise en page tipicamente cisterciense (chiarezza grafica e decorazione sobria); in più la foliazione antica dei ff. 1-40 (secoli XII-XIII?), in numeri romani, è per tipologia e collocazione sui fogli assai simile a quella tipica dei manoscritti dei secoli XII-XIII provenienti da Beaupré4. Inoltre nei manoscritti rintracciati di Beaupré non è presente un testimone del De claustro animae, testo molto caro alle comunità cisterciensi. Risulta pertanto probabile l’origine del manoscritto nell’abbazia cisterciense di Beaupré (Oise, Piccardia). Dato che l’attuale manoscritto risulta composto da due unità, per chiarezza, si presenta l’identificazione dei testi in due sezioni. Prima sezione (ff. 1-90ra) f. 1ra-va: Domno … / … uiuam. Hugo de Folieto Epistula: PL 196, 1553-1556. ff. 1va-2ra: Incipit prologus primi libri de claustro animae. Rogasti … / … exhibendam. Explicit prologus. f. 2ra: Incipiunt capitula libri primi. De homine … / … religio. Expliciunt capitula. ff. 2ra-18ra: Incipit liber primus de claustro anime. De homine interiori et exteriori. Incipientibus … / … ponamus. Explicit liber primus. f. 18rab: Incipit prologus libri secundi. Loquuturus … / … meum. Explicit prologus. f. 18rb-va: Incipiunt capitula secundi libri. I. De claustro materiali … / … altare. ff. 18va-36rb: Incipit liber secundus de claustro materiali. Quoniam … / … religionis. Explicit liber secundus. f. 36rb-va: Incipit prologus libri tercii. Nosti … / … transeamus. Explicit prologus. ff. 36va-59ra: Incipit liber tercius de claustro anime. I. Anime … / … festinas. Explicit liber tercius. f. 59ra-va: Incipit prologus libri IIII. Rogas … / … priorum. Explicit. f. 59vab: Incipiunt capitula libri IIII. I. De ciitate … / … requiem. Expliciunt capitula. 4
Questo tipo di foliazione è presente nei seguenti manoscritti, provenienti da Beaupré, Paris, BNF, Lat. 1700A, 1773, 1788, 2319, 2333, 2334, 3800A, 5270, 5272, 5273, 5337, 5345, 5358, 5369: F. DOLBEAU, Notes sur la genèse et sur la diffusion du Liber de natalitiis, in Revue d’Histoire des Textes 6 (1976), pp. 172-173; ID., Anciens possesseurs des manuscrits hagiographiques latins conservés à la Bibliothèque nationale de Paris, in Revue d’Histoire des Textes 9 (1979), pp. 189-191, 193, 196, 203-206 e pl. III; A. BONDÉELLE-SOUCHIER, Bibliothèques cisterciennes dans la France médiévale. Répertoire des abbayes d’hommes, Paris 1991 (Documents, études et répertoires. Publiés par l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes), pp. 21-23.
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ff. 59vb-86ra: Incipit liber quartus de ciuitate magna Hierusalem. Ciuitatis … / … benedictus Deus. Amen. Explicit liber de claustro anime. Hugo de Folieto De claustro animae (libri I-IV): PL 176, 1017-1184. f. 86rb: Uniuersitatis creator et rector Ihesus Christus inter cetera quae nobis seruanda tradidit pauperum curam factis et dictis arcius nobis commendauit: factis quoniam qui in forma Dei Deoque equali existebat formam serui pauperis accepit; dictis ubi ait: Qui uos recipit, me recipit (Mt. 10, 40) et alibi: Quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis (cfr. Mt. 25, 40). Sic igitur Christus in paupere recipitur si in paupere Christo ministratur. Explicit. Testo non identificato. f. 86rb: Incipit prologus sancti Iheronimi presbiteri in epistulis Paulo a Seneca transmissis. Lucius … / … interfectus. Explicit prologus. Hieronymus De viris illustribus, cap. XII: Vita Senecae: C. W. BARLOW, Epistolae Senecae ad Paulum et Pauli ad Senecam (quae vocantur), Roma 1938 (Papers and Monographs of the American Academy in Rome, 10), p. 122. ff. 86rb-88ra: Incipiunt epistule ad sanctum Paulum a Seneca transmisse. Seneca Paulo salutem. Credo tibi Paule … / … ad Deum istinc properantem. Vale Seneca karissime nobis. Epistolae Senecae ad Paulum et Pauli ad Senecam: BARLOW, Epistolae Senecae cit., pp. 123-138 (manoscritto sigla H). f. 88ra: Epitaphium Senece. Cura labor … / … ossa tibi. Anthologia latina 667: A. RIESE, Anthologia latina,I, ii, Lipsia 1906, p. 138. ff. 88ra-89rb: Incipiunt sententie Senece5. Auxilia humilia … (PS 4); Aut amat … (PS 6); Aspicere oportet … (PS 9); Amici vicia … (PS 10); Absentem ledit … (PS 12); Avarus ipse … (PS 14); Amor extorqueri … (PS 18); Avarus nisi … (PS 23); Avarus dampno … (PS 25); Avaro quid … (PS 26); Alienum nobis … (PS 28); Anus cum … (PS 30); Aleator quantum … (PS 33); Animo dolenti … (PS 27); Beneficium qui … (PS 46); Beneficium accipere … (PS 48); Bis enim … (PS 50); Beneficia plurima … (PS 51); Bis peccas … (PS 52); Bonus animus … (PS 53); Beneficium dando … (PS 55); Bonus animus … (PS 57); Bis vincit … (PS 64); Benignus etiam … (PS 65); Bis interimitur … (PS 66); Bene dormit … (PS 67); Bonorum crimen … (PS 68); Bene perdit … (PS 71); Bonum ad virum … (PS 74); Bona comparat … (PS 77); Cavendi nulla … (PS 87); Cicius venit … (PS 92); Cito ignominia … (PS 94); Cotidie dampnatur … (PS 97); Comes facundus 5
Vengono identificati i testi delle Sententiae, dei Proverbia, del De moribus e Septem Sapientum sententiae nell’edizione: E. WOELFFLIN, Publilius Syrus Sententiae, Leipzig 1869 (d’ora in poi indicati PS, PV, DM, SSS) perché è la più completa. Si segnalano le seguenti edizioni delle Sententiae: A. SPENGEL, Publilius Syrus Sententiae, Berlin 1874; W. MEYER, Publilius Syrus Mimus Sententiae, Leipzig 1880; O. FRIEDRICH, Publilius Syrus Mimus Sententiae, Berlin 1880; R. A. H. BICKFORD-SMITH, Publilius Syrus Sententiae, London 1895; J. W.-A. M. DUFF, Publilius Syrus Sententiae, in Minor Latin Poets, Cambridge (Mass) – London 1954, pp. 3-111; H. BECKBY, Die Sprüche des Publilius Syrus, Munich 1969.
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… (PS 104); Cito improborum … (PS 101); Dampnare est … (PS 124); De inimico … (PS 127); Difficilem oportet … (PS 133); Ducis in … (PS 136); Ex vicio … (PS 150); Effugere cupiditatem … (PS 154); Eripere telum … (PS 157); Fidem qui … (PS 166); Fraus est … (PS 172); Fatetur facinus … (PS 174); Fidem qui … (PS 179); Fulmen est … (PS 184); Fortuna vitrea … (PS 189); Florentes … / … solitudo est (Seneca Ad Lucilium epistulae morales ep. 9/9); Gravissima est … (PS 195); Gravius nocet … (PS 199); Homo extra … (PS 204); Habet in … (PS 208); Heu quam miser … (PS 211); Heu quam multa … (PS 212); Heu quam miserum … (PS 160); Habet suum … (PS 214); Homo tociens … (PS 215); Inferior nescit … (PS 230); In nullo … (PS 234); Inopi beneficium … (PS 235); Instructa inopi … (PS 237); Irritare est … (PS 241); In amore … (PS 247); Iracundiam qui … (PS 251); In malis … (PS 253); In vindicando … (PS 254); Iudex dampnatur … (PS 257); Ita crede … (PS 261); Inimicum quamvis … (PS 255); Laus nova … (PS 293); Lex universalis … (PS 296); Lucrum sine … (PS 297); Lascivia et … (PS 298); Multis minatur … (PS 310); Malus ubi … (PS 317); Minus est … (PS 322); Malo in … (PS 324); Maximo periculo … (PS 326); Misereri scire … (PS 329); Male vivunt … (PS 330); Multos timere … (PS 338); Male imperando … (PS 339); Nichil peccant … (PS 378); Numquam periculum … (PS 383); Negandi causa … (PS 386); Nondum felix … (PV 1); Non vivas … (PV 5); Nichil petas … (PV 6); Nichil negabis … (PV 7); Nichil magnum … (PV 8); Nichil prodest … (PV 9); Non quam … (PV 12); Neminem cito … (PV 15); Nullum putaveris … (PV 16); Numquam enim … (PV 18); Omne peccatum … (PV 19); Omnis autem … (PV 20); Omne ergo … (PV 21); Omitte excusationem … (PV 22); Omnes vitam … (PV 26); Omnis itaque … (PV 27); Obiurgationi semper … (PV 30); Optimum est semper … (PV 32); Omnis doctor … (PV 34); Optimum est maiorum … (PV 33); Peccandi duo … (PV 36); Plerique metu … (PV 37); Profecto tales … (PV 38); Priusquam promittas … (PV 39); Prius si … (PV 40); Pacem cum … (PV 45); Pecunie imperare … (PV 46); Pecunia si … (PV 47); Pecunia non … (PV 48); Putandus est … (PV 49); Peiora sunt … (PV 50); Propterea te … (PV 51); Proximum ab … (PV 52); Perturpe est … (PV 54); Principium discordie … (PV 56); Quam magnarum … (PV 61); Qui enim … (PV 62); Quam magnum … (PV 65); Qui succurrere … (PV 66); Quid est … (PV 67); Que sunt … (PV 68); Quis plurimum … (PV 69); Qui servus … (PV 77); Quod tacitum … (PV 75); Quomodo poteris … (PV 76); Quid dulcius … + Cui sic … (PVV 79 + 80); Quanti tales … (PV 81); Respice crudelitatem … (PV 83); Res vera … (PV 86); Regibus peius … (PV 87); Re vera quia … (PV 88); Res optima … (PV 92); Res magne … (PV 94); Si vis … (PV 97); Semper dissensio … (PV 101); Secrete admone … (PV 103); Solitudinem quaerit … (PV 99); Si invitus … (PV 109); Scias eum … (PV 110); Timidus cautum … (PV 116); Tutissima res … (PV 117); Tene semper … (PV 118); Tamen et … (PV 119); Tacere qui … (PV 120); Tristiciam si … (PV 121); Turpia ne … (PV 123); Talem diligentiam … (PV 127); Te primum … (PV 128); Turpius nichil … (PV 129); Vis habere … (PV 132); Ubi est … (cfr. DM 94); Vide si … (PV 133); Zelum de … (PV 148); Zelari hominibus … (PV 149). f. 89rb: Octo sapientie gradus … / … sapienter. Variante della formula Septem sunt gradus sapientiae, attestata in vari manoscritti (ad esempio, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat.
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21, f. 36v, XI-XII secolo; Innsbruck, Universitätsbibliothek, 409, f. 174v, 1261ca.; Mainz, Stadtbibliothek, Hs I 231, f. 163v, XIV ex. secolo). f. 89rb: Ieronimus super Abacuc. Historia stricta … / … copulandis. Hieronymus In Abacuc, I, i, 6/11: CCSL 76A (M. ADRIAEN 1970), p. 589, ll. 310314. ff. 89rb-90ra: Morales diuersorum philosophorum sententie. 6HQHFD. Turpissima est … / … neglegentiam fit (Seneca Ad Lucilium ep. 1/1); Non pauperem … / … sat est (Seneca Ad Lucilium ep. 1/5); Discurrere … / … iactatio est (Seneca Ad Lucilium ep. 2/1); Primum … / … morari (Seneca Ad Lucilium ep. 2/1); Nichil … / … mutatio (Seneca Ad Lucilium ep. 2/3); Non venit … / … temptantur (Seneca Ad Lucilium ep. 2/3); Non convalescit … / … transfertur (Seneca Ad Lucilium ep. 2/3); Nichil tam … / … prosit (Seneca Ad Lucilium ep. 2/3); Cum legere … / … legas (Seneca Ad Lucilium ep. 2/3); Honesta … / … paupertas (Seneca Ad Lucilium ep. 2/6); Si aliquem … / … amicitie (Seneca Ad Lucilium ep. 3/2); Gaudeo … / … doceam (Seneca Ad Lucilium ep. 6/4); Omnia … / … prius (Seneca Ad Lucilium ep. 3/2); Errat … / … probat (Seneca Ad Lucilium ep. 19/11); Nullum … / … non es (Seneca Ad Lucilium ep. 19/11); Quid … / … amico (Seneca Ad Lucilium ep. 3/3); Vicium … / … nulli (Seneca Ad Lucilium ep. 3/4); Nullius … / … possessio (Seneca Ad Lucilium ep. 6/4-5); Convictor … / … mollit (Seneca Ad Lucilium ep. 7/7); Cogita … / … animum (Seneca Ad Lucilium ep. 8/5-6); Michi … / … agunt (Seneca Ad Lucilium ep. 8/6); Jocundius … / … habere (Seneca Ad Lucilium ep. 9/7); Multos … / … caruerunt (Seneca Ad Lucilium ep. 6/3); Amiciciam … / … moriuntur (Seneca Ad Lucilium ep. 6/2-3); Qui utilitatis … / … fuerit (Seneca Ad Lucilium ep. 9/9); Florentes … / … solitudo est (Seneca Ad Lucilium ep. 9/9); Cui sua … / … miser est (Seneca Ad Lucilium ep. 9/20); Consilio melius … (PS 95); Delibera utilia … (PS 128); Karitas in quo regnat nequaquam vinci potest (non identificata, ma vedi Paris, BNF, Lat. 1919, f. 151v, 1165 ca.); Loco ignominie … (PS 292); Miserrima fortuna … (PS 315); Oratorem puta … (PV 28); Plerique famam … (PV 57); Recta ingenia … (PV 91); &DWR. Qui propter … (DM 119); Bonis nocet … (DM 114); Sanius est … (SSS 5,5 nota: WOELFFLIN, p. 151); $ULVWRWLOHV. Malis displicere … (DM 40); 6RFUDWHV. Felicitas semper … (Caecilius Balbus De nugis philosophorum codd. parisini, 66: E. WOELFFLIN, Basel 1855); 3LWDJRUDV. Difficillimum est … (DM 82); Fugienda sunt … (DM 144); Gravior est … (PS 200); Optimum iudicem … (Ps. Plinius: vedi Troyes, BM, 1926 III, f. 112r, XII secolo); Socrates (sic) cum vidisset … / … loquaris (Seneca Ad Lucilium ep. 10/1); Sic vive … / … audiant (Seneca Ad Lucilium ep. 10/5); Vicinus … / … irritat (Seneca Ad Lucilium ep. 7/7); 'HPRFULWXV. Malignus … / … affricuit (Seneca Ad Lucilium ep. 7/7); Ita sapiens … / … ferres (Seneca Ad Lucilium ep. 9/5); Magne divitie … / … depellas (Seneca Ad Lucilium ep. 4/10); Parabile est … / … sudatur (Seneca Ad Lucilium ep. 4/10-11); Cui cum … / … dives est (Seneca Ad Lucilium ep. 4/11); Quemadmodum … / … dementie est (Seneca Ad Lucilium ep. 5/5); Magnus ille … / … divitias (Seneca Ad Lucilium ep. 5/6); Qui domum … / … nostram (Seneca Ad Lucilium ep. 5/6); &LFHUR. Volo esse … / … consecutus (Cicero De oratore II, 88); Inpudice mulieri … / … nocet (Seneca rhetor Controversiarum excerpta 2,7); Ferat matrona … / … verecunda sit (Seneca rhetor Contr. 2,7); Malo
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crucem … / … mereri (Seneca rhetor Contr. 3,9); 6LQRFUDWHV. Loqui … / … numquam (Caecilius Balbus De nugiis codd. parisini, 4); Sepius … / … ligua (sic) (DM 104); Ubi omnia … / … amicicie est (Cicero Laelius de amicitia 52); Quis enim ... / ... metui (Cicero Laelius 53); 6DORPRQ. Frustra … / … pennatorum (Prov. 1, 17); Stultus si … / … reputabitur (Prov. 17, 28); Ex felicitate … / … homo (Ambrosiaster Quaestiones Veteris et Novi testamenti, 62: CSEL 50 (A. SOUTER, 1908), p. 111); Felices artes … / … iudicarent (Hieronymus Epistulae 66, 9: CSEL 54 (I. HILBERG, 1996), p. 659); Pars sacrilegii … / … dare (Hieronymus Epistulae 66, 8: CSEL 54, p. 657); Cor stultorum … / … eorum (cfr. Ecclesiastici 21, 29); Vita et mors … / … lingue (Prov. 18, 21); *UHJRULXV. Qui virtutes … / … portat (Gregorius Magnus Homiliae in evangelia I, 7,4: CCSL 141 (R. ÉTAIX, 1999), p. 52); $XJXVWLQXV. Non laudatur … / … suum (Augustinus Enarrationes in Psalmos 43, 16: CCSL 38 (E. DEKKERS, 1990), p. 487 ll. 9-10); Nemo sane … / … fallitur (Augustinus Enchiridion de fide et spe et caritate, 6: CCSL 46 (M. EVANS, 1969), p. 58 ll. 13-15); Melius est … / … adducant (Clemens papa Epistola ad Iacobum in Decretales pseudo-isidorianae 47 (P. HINSCHIUS, 1863), p. 49); Nichil illo … / … gloriatur (Anacletus papa Epistola in Decretales pseudo-isidorianae 8, p. 69); Nullus pastorum … / … potest (Anacletus papa Epistola in Decretales pseudo-isidorianae 8, p. 69); Anima pro … / … spiritus est (da Isidorus Etymologiarum libri, 11,1,12-13; I. P. BEJCZY – M. VERWEIJ, An Early Medieval Treatise on the Virtues and Vices Rediscovered, in The Journal of Medieval Latin 16 (2006), pp. 224-225; il testo è identico in un manoscritto non citato nell’articolo: St. Gallen, Kantonsbibl., Vadianische Sammlung, Vadslg ms. 317, f. 13r, del 2/3 del IX secolo); Nullo modo … / … mentitur (Augustinus Enchiridion 6: CCSL 46, p. 58 ll. 21-22).
Seconda sezione (ff. 90vb-135vb) f. 90vb: Nota del XVII secolo che identifica la Vita di Giovanni Crisostomo presente nel manoscritto ed elenca le Vitae, sempre di Giovanni Crisostomo, presenti nell’edizione di Parigi del 1588. ff. 91ra-106va: Incipit prologus in uia sancti Iohannis Crisostomi episcopi et confessoris. Sacrae dignitatis … / … mereantur amen. Explicit uita sancti Iohannis Chrisostomi episcopi et confessoris. BHL 4376. ff. 106va-127rb: In nomine domini nostri Ihesu Christi incipit uita beati Fulgentii episcopi. Omnis noui … / … ueniam petas. Explicit uita sancti Fulgentii episcopi. BHL 3208. f. 127rb-vb: Isidorus de laude eiusdem. Fulgentius Afer … / … Anastasio imperatore regnante. Isidorus De viris illustribus, XIV (C. C. MERINO 1964), p. 142. ff. 127vb-130vb: Incipit prologus in passione sancti Quintini. Sanctum atque perfectum … / … circiter quinquaginta quinque. BHL 6999.
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ff. 130vb-131vb: Inuentio corporis beati Quintini (martiris add. marg.). Expletis his diebus … / … et imperium in saecula saeculorum amen. BHL 7000. ff. 132ra-135vb: De assumptione beate Marie. Post ascensionem … / … prestante Domino nostro Ihesu Christo amen. BHL Nov. Suppl. 5352 f (recensione BR): il manoscritto è servito per l’edizione del testo: A. WILMART, L’ancien récit latin de l’Assomption, in Analecta reginensia, extraits des manuscrits latins de la reine Christine conservés au Vatican, Città del Vaticano 1933 (Studi e testi 59), pp. 323-357.
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Il manoscritto presenta due sezioni ben distinte: A. ff. 1ra-86ra Ugo di Fouilloy Epistula e De claustro animae e ff. 86rb-90ra Corpus senecanum e Sententiae; B. ff. 91ra-135vb Testi agiografici. La prima parte (ff. 1ra-86ra) della prima sezione contiene i testi di Ugo di Fouilloy, in particolare la Lettera che il canonico scrisse per ricusare l’elezione a priore di Saint-Denis di Reims, proposta da Guerrico d’Igny6 e il De claustro animae. Come detto, è stata effettuata l’analisi della capitolazione presente nei manoscritti più antichi del De claustro animae, collazionando la capitolazione dell’edizione della Patrologia Latina (De claustro animae, PL 176, 1017-1184); tale indagine rivela precise somiglianze tra il manoscritto Paris, BNF, Lat. 13417 (proveniente da Saint-Laurent-au-Bois, priorato di Ugo, e databile agli anni sessanta del XII secolo, ritenuta copia sorvegliata dall’autore) e il Reginense, così evidenziabili: Libro I: prologo + 16 capitoli (nella PL invece sono 18): 6 expl. … exterminatur (PL 176, 1030 C6); 7 + 8; 10 expl. … ministrat (PL 176, 1037 A10); 17 + 18. Libro II: prologo + 22 capitoli (nella PL invece sono 23): 8 expl. … auricularium (PL 176, 1056 D5); 9 expl. … denuntiamus (PL 176, 1057 B4); 10 + 11. Libro III: prologo + 29 capitoli: 28 + inc. del 29 [Post porticum … / … conversionis (PL 176, 1129 C6-7)]; 29: In hoc templo … (PL 176, 1129 C7). Libro IV: prologo + 43 capitoli. 6
Sulla lettera: A. EBEL, Ex libris sancti Petri Corbeiensis,in Sacris erudiri 19 (1969-70), pp. 395, 401; NEGRI, Il De claustro animae cit., pp. 391, 393, 399. La lettera è stata pubblicata da J. MABILLON – E. MARTÈNE, Annales ordinis s. Benedicti, VI, Luteciae Parisiorum 1739, pp. 458459 e poi nella PL 196, 1553-1556. Sull’episodio di Saint-Denis a Reims: Gallia Christiana, IX, Parisiis 1751, p. 291; F. POIRIER DE LA COUTANSAIS, Saint-Denis de Reims jusqu’au milieu du XII siècle, in La vita comune del clero nei secoli XI e XII. Atti della Settimana di studio (Mendola, settembre 1959), II, Milano 1962 (Miscellanea del Centro di Studi Medioevali 3), pp. 104-106; NEGRI, Ancora sul De claustro cit., p. 406.
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Abbiamo però alcune differenze tra i due manoscritti: nel Reginense la lettera di Ugo è all’inizio e svolge una funzione introduttiva, mentre nel Parigino essa è di altra mano del testo del De claustro animae ed è posta alla fine del testo. Inoltre nel Reginense manca l’elenco dei capitoli all’inizio del terzo libro. In entrambi i manoscritti non è indicato il nome dell’autore. Per quanto riguarda la seconda parte (ff. 86rb-90ra) della prima sezione, essa è introdotta da un testo non identificato che esalta la pratica dell’attenzione ai poveri. Immediatamente dopo sono trascritti la Vita di Seneca, le Epistole tra Seneca e san Paolo, e l’epitaffio di Seneca; questo gruppo di tre testi è assai ben documentato in manoscritti cisterciensi del XII secolo: tra gli altri esso è presente in codici provenienti da Beaupré (Soissons, BM, 123 II: f. 36bis r-v, incompleto), Fontenay (Paris, B. Arsenal, 1086: ff. 1ra-3va), Igny (New Haven, Yale UL, Marston 45: ff. 1va3ra), Pontigny (Amsterdam, Universiteitsbibliotheek, I C 47: ff. 1ra-2va; Montpellier, BU, Sec. Méd., H 132: ff. 6va-8ra), Signy (Charleville, BM, 206: ff. 3ra-4vb, XII-XIII secolo) e altri due manoscritti di probabile derivazione cisterciense (Paris, BNF, Lat. 8541: ff. 1r-2r, XII-XIII secolo; Paris, BNF, Lat. 8616: ff. 1r-2v)7. Sempre nella medesima sezione vengono trascritti due gruppi di Sententiae attribuite a Seneca e ad altri filosofi: infatti al f. 88ra si legge Incipiunt sententie Senece e al f. 89rb Morales diuersorum philosophorum sententie. Va precisato che tra le due serie di sentenze sono stati inseriti due brevissimi passi: Octo sapientie gradus … e Historia stricta …; il primo è una variante della formula Septem sunt gradus sapientiae, mentre il secondo è un estratto dal commento di san Gerolamo ad Abacuc che illustra chiaramente la lettura tropologica della realtà, così amata dagli uomini del medioevo8. Le due serie di sentenze, eccetto i due brevi passi su indicati, sono pre7 Per la presenza di Seneca nell’ambiente cisterciense del XII secolo: L. D. REYNOLDS, The Medieval tradition of Seneca’s Letters, Oxford 1965, pp. 104-111; B. MUNK OLSEN, The Cistercians and classical culture, in Cahiers de l’Institut du moyen-âge grec et latin (Université de Copenhague) 47 (1984), pp. 75-76, 89, 93, 95-97, 99-100, poi in ID., La réception de la litterature classique au Moyen Âge (IXe-XIIe siècle),Copenhague 1995, pp. 104-105, 117, 122, 124-125, 128129; J. FOHLEN, Les manuscrits cisterciens des Epistulae ad Lucilium, in Du copiste au collectionneur. Mélanges d’histoire des textes et des bibliothèques en l’honneur d’André Vernet, édit. D. NEBBIAI-DALLA GUARDA, J. F. GENEST, Turnhout 1998 (Bibliologia, 18), pp. 113-136. 8 Si veda a tale proposito, come esempio: J. GOMES, L’exégèse monastique au XIIe siècle: tropologie, intériorité et subjectivité chez Guibert de Nogent, in Bulletin du centre d’études médiévales d’Auxerre 9 (2005), http.//cem.revues.org/index754.html (marzo 2010).
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senti, pressoché identiche, nel manoscritto Paris, BNF, Lat. 1919 ai ff. 148v-152v, fogli posti alla fine del codice e scritti poco dopo il resto del manoscritto, datato agli anni sessanta del XII secolo. Il codice parigino proviene dall’abbazia cisterciense di Fontenay e contiene opere di Jean de Fécamp, Boezio, Riccardo di San Vittore9. Le varianti sono minime: nel Reginense risultano, alla fine della seconda serie, aggiunte due sole sentenze (Stultus si … e Pars sacrilegii …), altre tre sono state spostate (Ex felicitate … e Felices artes … nel manoscritto di Parigi sono subito dopo Quis enim … ; Vita et mors … nel manoscritto di Parigi è prima di Cor stultorum …). Si precisa che il manoscritto di Parigi ha perso il foglio finale e l’ultima sentenza è Cor stultorum … Senza dubbio anche queste somiglianze depongono a favore di una provenienza del Reginense dall’ ambito cisterciense10. Bibliografia: B. DE MONTFAUCON, Bibliotheca Bibliothecarum Manuscriptorum Nova,I, Parisiis 1739, p. 15 nr. 58 (nella Bibliotheca Reginae Sueciae); G. MONTICOLO, Intorno ad alcuni antichi cataloghi della biblioteca manoscritta di Cristina che si conservano nella biblioteca Vaticana, in Archivio della Reale Società Romana di Storia Patria 17 (1894), p. 217 (il manoscritto è presente nei cataloghi dei codici appartenuti alla Regina di Svezia: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, lat., 8171 e lat. 7138); A. PONCELET, Catalogus codicum hagiographicorum latinorum Bibliothecae Vaticanae, Bruxelles 1910 (Subsidia hagiographica, 11), p. 306; G. G. LAPEYRE, Ferrand, Diacre de Carthage. Vie de saint Fulgence de Ruspe, Paris 1929, pp. XIV, XVII, XIX; WILMART, L’ancien récit latin cit., pp. 323-357; R. WILLARD, On blickling homily XIII: the Assumption of the Virgin; the source and the missing passages, in The Review of English Studies 45 (1936), pp. 1-17 (manoscritto sigla R); A. WILMART, Codices Reginenses Latini, I, Città del Vaticano 1937, pp. 260262; BARLOW, Epistolae Senecae cit., p. 13 (manoscritto sigla H); E. FRANCESCHINI, 9 La datazione e la localizzazione sono di Patricia Stirnemann. Sul manoscritto: Bibliothèque Nationale. Catalogue général des Manuscrits latins, II, Paris 1940, p. 239; B. MUNK OLSEN, L’étude des auteurs classiques latins aux XIe et XIIe siècles, II, Paris 1985, p. 430 (C. 147); D. STUTZMANN, La bibliothèque de l’abbaye cistercienne de Fontenay (Côte-d’or). Catalogue des manuscrits (2e partie), III, Thèse, École Nationale des Chartes, 2002; B. MUNK OLSEN, Les florilèges et les abrégés de Sénèque au Moyen Age, in Giornale Italiano di filologia 52 (2000), p. 182 (che evidenzia solo una parziale relazione tra i due manoscritti, esattamente come ha fatto F. GIANCOTTI, Ricerche sulla tradizione manoscritta delle Sentenze di Publilio Siro, MessinaFirenze 1963, p. 103). 10 Per la presenza dei testi pseudosenecani nei manoscritti medioevali: G. G. MEERSSEMAN, Seneca maestro di spiritualità nei suoi opuscoli apocrifi dal XII al XV secolo, in Italia medioevale e umanistica 16 (1973), pp. 43-135; B. MUNK OLSEN, I classici nel canone scolastico altomedievale, Firenze 1991 (Quaderni di cultura mediolatina, 1), pp. 73, 87-89, 121; in particolare per i Proverbia Senecae: N. G. ROUND, The Medieval Reputation of the Proverbia Senecae: a Partial survey based on Recorded mss,in Proceedings of the Royal Irish Academy, sect. C, 72 (1972), pp. 103-151.
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Un ignoto codice delle “Epistolae Senecae et Pauli”, in Mélanges Joseph de Ghellinck, I, Gembloux 1951 (Museum Lessianum, Section historique, 13), pp. 149-170, poi in ID., Scritti di Filologia latina medievale, I, Padova 1976, pp. 260-270 (manoscritto sigla H); GIANCOTTI, Ricerche cit., pp. 103 e 129 nota; M. DE MARCO, Codici Vaticani del De claustro animae di Ugo di Fouilloi, in Sacris erudiri 15 (1964), pp. 224-225 (manoscritto sigla R); Les manuscrits de la Reine de Suède au Vatican. Réédition du Catalogue de Montfaucon et côtes actuelles, Città del Vaticano 1964 (Studi e testi, 238), p. 8; EBEL, Ex libris sancti Petri cit., p. 401; F. STEGMÜLLER, Repertorium Biblicum Medii Aevi, 8 (Madrid 1976), p. 119 nr. 164.6.1; L. BOCCIOLINI PALAGI, Il carteggio apocrifo di Seneca e San Paolo, Firenze 1978 (Accademia Toscana di Scienze e Lettere ’La Colombaria’: Studi, 46), p. 66 (manoscritto sigla H); E. PELLEGRIN, Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, II, I, Paris 1978 (Documents, études et répertoires. Publiés par l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes, 21), pp. 33-35; B. MUNK OLSEN, Les classiques latins dans les florilèges médiévaux antérieurs au XIIIe siècle, in Revue d’Histoire des Textes 9 (1979), p. 48 e 10 (1980), nr. 66, pp. 126-127 poi in ID., La réception cit., 146, 228-229; ID., L’étude des auteurs classiques cit., I, Paris 1982, p. 297 (C. 517), II, Paris 1985, p. 459 (C. 235), p. 837 (C. 65), III, II, Paris 1989, p. 264; P. CHIESA, La traduzione latina del Sermo in reditu reliquiarum sancti Iohannis Chrysostomi di Cosma il Vestitore eseguita da Guarimpoto grammatico, in Aevum 63 (1989), p. 158; M. CLAYTON, The Apocryphal Gospels of Mary in Anglo-Saxon England, Cambridge 1998 (Cambridge Studies in Anglo-Saxon England, 26), p. 78; M. BUONOCORE, Per un iter tra i codici di Seneca alla Biblioteca Apostolica Vaticana: primi traguardi, in Giornale italiano cit., pp. 22, 28-29, 43, 70 nr. 152; MUNK OLSEN, Les florilèges et les abrégés cit., p. 182; NEGRI, Il De claustro animae cit., p. 412; M. BUONOCORE, La presenza dell’opera di Seneca nei codici della Biblioteca Apostolica Vaticana tra Medioevo e Umanesimo, in La obra de Séneca y su pervivencia. Cinco estudios, Córdoba 2008 (Ciclos de Filología Clásica, 5), pp. 84-86 e 98; NEGRI, Ancora sul De claustro cit., pp. 405-406.
Il codice Chig. C.V.117 Il manoscritto è membr., ff. II (membr.) sul I di essi sono stati incollati (secolo XVII) due fascc. cartacei 1-24 + 192 + II (membr. numerati 193194), mm 220 u150 (160 u 95), a piena pagina di 22 righe, scritto da un amanuense in pregotica, anni sessanta del XII secolo; composizione fascicoli 1-248. Origine: Piccardia (Corbie?). Foliazione antica (XIV secolo?) e foliazione meccanica degli anni ’20 del XX secolo; f. 1r (marg. inf.): Iste liber est fratris Ieronimi Francisci de Senis ordinis fratrum sancti Augustini (fine del XIV secolo); sul verso del piatto anteriore le due segnature antiche 350 e 1266 (XVII secolo); f. 1r (cart.): 722 Baronci (v. Chig. T.IV.14: Inventario dei manoscritti Chigi di G. Baronci, ms. I, ff. 199v-200v, degli anni ‘20 del XX secolo). Sulla legatura (piatto superiore e inferiore, e dorso) stemma di papa Alessandro VII (1655-1667). La decorazione è molto cu-
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rata e ricca (uso di argento e oro), soprattutto se si tiene conto del piccolo formato del manoscritto. Infatti ai ff. 1r D, 2r , 3v I, 39v , 79v A, 130v R, 132r C sono presenti iniziali di circa 4/12 linee d’altezza, particolarmente preziose per la presenza di elementi fitomorfi e zoomorfi, arricchiti con argento e oro; le altre iniziali, di formato più ridotto, sono azzurre e rosse, decorate con elementi fitomorfi. ff. cartacei 1r-3r: Ubi primum in hoc manuscriptum … / … librum scriptum seu missum fuisse. ff. cartacei 5r-7v: Ubi primum in hoc manuscriptum … / … librum scriptum seu missum fuisse. Sui fogli cartacei iniziali, aggiunti nel XVII secolo, sono presenti due trascrizioni identiche (copia, non molto posteriore all’originale, ai ff. 1r-3r e originale ai ff. 5r-7v) delle Observationes R. P. Honorati Fabri in manuscriptum Bibliothecae Ghisianae (sic) de Claustro Animae, compiute dal gesuita Honoré Fabri (16071688), proprio sul manoscritto Chigiano, durante la sua permanenza a Roma11. Le stesse Observationes e una copia dell’epistola di Ugo di Fouilloy sono contenute nel manoscritto Paris, BNF, Lat. 14366 (raccolta del XVII secolo di documenti riguardanti i Canonici regolari, proveniente da Saint-Victor di Parigi): f. 6rv Incipit epistola de libro qui dicitur de claustro animae. Donno … / … vivam. ff. 6v-7r: Observationes R. P. Honorati Fabri in librum manuscriptum bibliothecae Ghisianae (sic) de Claustro Animae. Ubi primum in hoc manuscriptum … / … librum scriptum seu missum fuisse. ff. 1r-2r: Incipit epistula de libro qui dicitur de claustro anime. Donno … / … uiuam. Hugo de Folieto Epistula: PL 196, 1553-1556. ff. 2r-3r: Incipit prologus primi libri de claustro anime. ogasti … / … exhibendam. f. 3rv: Incipiunt capitula. I. De homine … / … religio. ff. 3v-38v: Incipit liber primus. De homine interiori et exteriori. Incipientibus … / … ponamus. Explicit liber primus. ff. 38v-39r: Incipit prologus libri secundi. Loquturus … / … meum. Explicit prologus. f. 39rv: Incipiunt capitula libri secundi. I. De claustro materiali … / … inreueren ff. 39v-79r: Incipit liber secundus de claustro materiali. niam … / … religionis. Explicit liber secundus. f. 79rv: Incipit prologus libri III. Nosti … / … transeamus. Explicit. 11 Sulle Observationes: B. HAURÉAU, Hugues de Saint-Victor. Nouvel examen de l’édition de ses œuvres, Paris 1859, p. 64; ID., Les œuvres de Hugues de Saint-Victor. Essai critique, Paris 1886, pp. 162-163 (Hauréau non identifica, nei due saggi, il manoscritto romano). Sulla figura del gesuita Honoré Fabri: voce Fabri di H. BEYLARD, in Dictionnaire de Biographie Française, 13 (Paris 1975), coll. 432-434.
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ff. 79v-130v: Incipit liber tercius de claustro anime. Anime … / … festinas. ff. 130v-131v: Incipit prologus libri quarti. Rogas … / … priorum. Explicit prologus. ff. 131v-132r: Incipiunt capitula libri quarti. I. De ciuitate magna … / … requiem. ff. 132r-192v: Incipit liber quartus. De ciuitate magna Hierusalem. Ciuitatis … / … benedictus Deus. Amen. Hugo de Folieto De claustro animae (libri I-IV): PL 176, 1017-1184. f. 192v: Incipit prologus libri tercii. 79. Incipit liber tercius … / … candelabris. 129. 28 capitulum. Elenco dei capitoli del terzo libro (forse di mano di Gerolamo da Siena).
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Il manoscritto contiene testi di Ugo di Fouilloy: la lettera che scrisse per rinunciare al priorato di Saint-Denis di Reims e il De claustro animae. Anche in questo caso l’analisi della capitolazione mette in luce strette somiglianze tra i manoscritti Paris, BNF, Lat. 13417 (che ricordiamo proviene da Saint-Laurent-au-Bois, priorato di Ugo, e databile agli anni sessanta del XII secolo e pertanto considerata copia sorvegliata dall’autore) e il Chigiano, così evidenziabili: Libro I: prologo + 16 capitoli (nella PL invece sono 18): 6 expl. … exterminatur (PL 176, 1030 C6); 7 + 8; 10 expl. … ministrat (PL 176, 1037 A10); 17 + 18. Libro II: prologo + 22 capitoli (nella PL invece sono 23): 8 expl. … auricularium (PL 176, 1056 D5); 9 expl. … denuntiamus (PL 176, 1057 B4); 10 + 11. Libro III: prologo + 29 capitoli: 28 + inc. del 29 [Post porticum … / … conversionis (PL 176, 1129 C6-7)]; 29: In hoc templo … (PL 176, 1129 C7). Libro IV: prologo + 43 capitoli.
Le differenze tra i due manoscritti sono minime: nel Chigiano la lettera di Ugo è all’inizio, mentre nel Parigino essa è alla fine del testo. Anzi nel Chigiano essa porta una rubrica molto significativa Incipit epistula de libro qui dicitur de claustro anime che non lascia dubbi sul legame con il testo del trattato. Inoltre nel Chigiano manca l’elenco dei capitoli all’inizio del terzo libro, ma una mano successiva lo inserisce sull’ultimo f. 192v. Nei due manoscritti il De claustro animae è anonimo. Per quanto attiene al contesto e al motivo per cui il Chigiano è stato confezionato, è possibile fare un’ipotesi. Nella contea di Champagne durante il terzo quarto del XII secolo si assiste all’insediamento di alcune corti: il conte Enrico il Liberale, il papa Alessandro III, gli arcivescovi Tommaso Becket (in esilio) e Guglielmo
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dalle Bianche Mani (fratello di Enrico il Liberale) sono presenti a Sens e alimentano una cultura raffinata lontana dalle scuole di Parigi, Chartres, Orléans12. In questo contesto culturale accade che ben due florilegi vengano dedicati a due importanti personalità ecclesiastiche. Infatti Nicola di Montiéramey dedica al papa Adriano IV il cosiddetto Florilegium Angelicum (ora Roma, Biblioteca Angelica, 1895 I, del 1150 ca.) e Giovanni di Salisbury dedica il cosiddetto Florilegium Gallicum (ora Paris, BNF, Lat. 7647 II, degli anni 1165-1175) all’arcivescovo Tommaso Becket. In entrambi i casi i manoscritti sono di piccolo formato (il manoscritto romano mm 185 u122; quello di Parigi mm 275 u195) e preziosi nella decorazione13. Pertanto si fa strada l’ipotesi che fossero di moda, come doni d’autore, manoscritti come questi da offrire a illustri personalità. Inoltre tutti gli ecclesiastici più importanti della Francia del Nord si dirigevano a Sens per incontrare il papa o gli arcivescovi Tommaso e Guglielmo. È assai probabile che Ugo di Fouilloy abbia voluto offrire una copia del suo De claustro animae al papa Alessandro III, che proprio nei primi anni sessanta è in Francia e risiede a lungo a Sens. La decorazione e il formato del manoscritto Chigiano confermano da un lato l’importanza del destinatario e dall’altro l’uso personale del testo, che poteva facilmente essere tenuto in mano14. Sembra plausibile indicare l’abbazia benedettina di Corbie come luogo di esecuzione del manoscritto Chigiano. Infatti la 12 Devo queste osservazioni alla cortesia di Patricia Stirnemann e ai suoi studi su tale fenomeno: P. STIRNEMANN, Nicolas de Montiéramey, Jean de Salisbury et deux florilèges d’auteurs antiques, in Revue d’Histoire des Textes n.s. 1 (2006), pp. 173-180; EAD., En quête de Sens, in Quand la peinture était dans les livres. Mélanges en l’honneur de François Avril, édit. M. HOFMANN e C. ZÖHL, Paris 2007 (Ars nova. Studies in Late Medieval and Renaissance Northern Painting and Illumination), pp. 303-311; L. RIOUST, La Bible de Saint-André-au-Bois (Boulognesur-Mer, BM, ms. 2), Thèse, École Nationale des Chartes, 2007. 13 Sui due florilegi: R. H.-M. A. ROUSE, The Florilegium Angelicum: its Origin, Content and Influence, in Medieval Learning and Literature. Essays presented to Richard William Hunt, edit. by J. J. G. ALEXANDER, M. T. GIBSON, Oxford 1976, pp. 66-114; R. H. ROUSE, Florilegia and Latin Classical Authors in Twelfth and Thirteenth-Century Orléans, in Viator 10 (1979), pp. 131-160 ora in M. A.-R. H. ROUSE, Authentic Witnesses: Approaches to Medieval Texts and Manuscripts, Notre Dame 1991 (Publications in Medieval Studies, 17), pp. 153-190; MUNK OLSEN, Les classiques latins cit., in Revue d’Histoire des Textes 9 (1979), pp. 77-82 nr. 23 (Gallicum), 104106 nr. 40 (Angelicum), poi in ID., La réception cit., pp. 176-181, 205-207; T. FALMAGNE, Les cisterciens et les nouvelles formes d’organisation des florilèges aux 12e et 13e siècles, in Archivum Latinitatis Medii Aevi 55 (1997), pp. 94, 96, 165-167; STIRNEMANN, Nicolas de Montiéramey cit., pp. 174-180. 14 Accade la stessa cosa con il florilegio Angelicum che Nicolas di Montiéramey fece copiare accuratamente, ma in dimensioni modeste perché il papa potesse servirsene facilmente «ut semper ad manum habeas»: D. POIREL, L’épître de dedicace du Florilegium Angelicum. Édition et commentaire, in Revue d’Histoire des Textes n.s. 1 (2006), p. 182.
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scrittura presenta la congiunzione & nella tipica forma della Piccardia; nel manoscritto manca il punctus circumflexus, che dal XII secolo caratterizza i manoscritti cisterciensi; inoltre l’abbazia benedettina di Corbie possedeva uno dei più rinomati scriptoria del tempo e non si fatica a credere che proprio a Corbie, cui era molto legato, si sia rivolto Ugo di Fouilloy per fare eseguire una copia della sua opera da donare al papa15. Ricordiamo poi che papa Alessandro III era di nascita senese, in particolare apparteneva alla famiglia Bandinelli16. Pertanto non stupisce di trovare il manoscritto Chigiano a Siena nelle mani di Gerolamo da Siena (1335/36-1420), agostiniano e grande predicatore in varie città italiane. Lo testimonia la nota di possesso al f. 1r. Non è difficile credere che il manoscritto sia rimasto per secoli a Siena e, dato che proprio alla fine del XIV o all’inizio del XV secolo il De claustro animae viene riscoperto e valorizzato nel territorio toscano, che Gerolamo ne abbia voluto un testimone. Va detto infatti che Girolamo da Siena cita nelle sue lettere il testo di Ugo17. Probabilmente di sua mano sono gli interventi di nota ai ff. 79v, 149r, 165v, 174r, 191r e l’elenco dei capitoli del terzo libro al f. 192v, presenti nel manoscritto Chigiano. Gerolamo da Siena era, inoltre, in contatto epistolare con santa Caterina, la quale nella Lettera alle monache di santa Marta (1367-1374) sembra alludere al De claustro animae18. Anche il domenicano Simone da Cascina (1350 ca.-1420 ca.) cita il De claustro animae nel suo Colloquio Spirituale (1390 ca.) nel capitolo XXVI: in particolare la sezione III, 1-9 del De claustro animae; va detto che nella biblioteca del convento di Santa Caterina di Pisa, dove risiedeva Simone, era presente un manoscritto del XIV secolo del De claustro animae (libri II-III, 9) ora conservato nella Bibliotheca Cathariniana di Pisa ms. 82 (ff. 1r-55r)19. Non possiamo poi dimenticare l’arcivescovo di Firenze, il dome15
Devo tali importanti osservazioni alla consueta cortesia di Patricia Stirnemann. Per quanto riguarda il punctus circumflexus: J. VEZIN, La ponctuation du VIIIe au XIIe siècle, in Mise en page et mise en texte du livre manuscrit, édit. H.-J. MARTIN-J. VEZIN, Paris 1990, p. 441. 16 Sulla figura del pontefice: voce Alessandro III, di P. BREZZI e A. PIAZZA in Enciclopedia dei Papi, 2, Roma 2000, pp. 291-299. Alessandro III soggiornò in Francia dall’aprile del 1162 al settembre del 1165: PH. JAFFÉ, Regesta Pontificum Romanorum, II, Lipsia 1888, pp. 156-195. 17 Sulla figura di Gerolamo da Siena: voce Girolamo da Siena di F. PIGNATTI in Dizionario biografico degli Italiani, 56, Roma 2001, pp. 581-585; Girolamo da Siena. Epistole, a cura di S. SERVENTI, Venezia 2004 (Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Memorie, Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti, 108), pp. 142, 151-152 (Epistola II: Il chiostro dell’anima religiosa, 49). 18 Santa Caterina invia una lettera a Gerolamo da Siena (lettera 52): Santa Caterina da Siena, Epistolario, a cura di U. MEATTINI, Roma 1979, pp. 1455-1459; per l’allusione al De claustro animae: Epistolario di Santa Caterina da Siena, a cura di E. DUPRÉ THESEIDER, I, Roma 1940 (Fonti per la storia d’Italia. Epistolari. Secolo XIV 82), p. 4 nota 6. 19 Sulla figura di Simone da Cascina: T. KAEPPELI, Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii
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nicano Antonino Pierozzi (1389-1459), che colloca nel suo Chronicorum opus (Tit. 18, Cap. II § 1-12) un ampio florilegio del De claustro animae, utilizzando espressamente quello fatto da Vincenzo di Beauvais nel suo Speculum historiale20. Dunque il De claustro animae ha conosciuto un notevole successo in territorio toscano, tra il XIV e il XV secolo21. Non è dato di sapere come il nostro manoscritto sia passato a far parte della biblioteca Chigi, ma certamente era considerata una copia di prestigio se entrò in una così ricca e famosa raccolta, la cui storia non è stata ancora ben delineata. Bibliografia: DE MARCO, Codici Vaticani cit., pp. 223-224 (manoscritto sigla C) e 241-242; EBEL, Ex libris cit., p. 401; C. DE FONSECA, Hugues de Fouilloy entre l’ordo antiquus et l’ordo novus, in Cahiers de civilisation médiévale, 16 (1973), p. 311; NEGRI, Il De claustro animae cit., p. 412; ID., Ancora sul De claustro cit., pp. 405-406.
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Senza dubbio i manoscritti Reg. lat. 119 e Chig. C.V.117 sono tra i più antichi di quelli che contengono il De claustro animae completo, assieme al Parigino Lat. 13417, che anzi viene considerato copia sorvegliata dall’autore. Tutti e tre sono degli anni ’60 del XII secolo, sono stati trascritti nella Piccardia: il Parigino Lat. 13417 a Saint-Laurent-au-Bois, il Reginense a Beaupré e il Chigiano forse a Corbie. Tutti e tre presentano una identica capitolazione del testo del De claustro animae, tutti e tre contengono l’Epistula di Ugo di Fouilloy riguardante il priorato di Saint-Denis di Reims (ed almeno nei due codici Vaticani essa è in posizione prefatoria). Queste
Aevi, III (Roma 1980), p. 344; voce Simon de Cascina di E. PANELLA in Dictionnaire de Spiritualité, ascétique et mystique, doctrine et histoire, 14 (Paris 1990), coll. 871-873; Simone da Cascina, Colloquio Spirituale, a cura di F. DALLA RIVA, Firenze 1982, pp. 159-163. Sul manoscritto: C. VITELLI, Index codicum latinorum qui Pisis in Bybliothecis Conventus S. Catherinae et Universitatis adservantur, in Studi italiani di filologia classica 8 (1900), p. 374. 20 Per i florilegi del De claustro animae fatti da Antonino Pierozzi e da Vincenzo di Beauvais: NEGRI, Il De claustro animae cit., pp. 415-417. 21 Fino ad ora sono stati rintracciati i seguenti manoscritti, contenenti il De claustro animae (nella forma completa o abbreviata), provenienti dalla Toscana: Pistoia, Archivio Capitolare, C. 71 (secolo XIII in.), Pistoia, Archivio Capitolare, C. 72 (secolo XIII in.) tutti e due dalla cattedrale di S. Zeno; Firenze, Biblioteca Laurenziana, Plut. 22 dex. 5 (secolo XIII in.) da S. Croce; Firenze, Bibl. Naz., Conv. Soppr. G I 2859 (1/4 del XIII secolo) da Badia Fiorentina; Firenze, Bibl. Naz., Conv. Soppr. F VII 339 (secoli XIII-XIV) da S. Maria Novella; Pisa, Bibliotheca Cathariniana, 82 (secolo XIV) da S. Caterina; ubicazione attuale non conosciuta (Los Angeles (Ca)?) (1484, florilegio da Antonino Pierozzi), da S. Felicita a Faltona; Williamstown (Mass), Wil. Coll. Chapin Lib., 18 (secolo XV), traduzione in volgare toscano.
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DUE IMPORTANTI TESTIMONI DEL DE CLAUSTRO ANIMAE
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caratteristiche determinano un gruppo assai omogeneo di testimoni che sarà assai utile per fissare il testo critico del De claustro animae. I tre manoscritti poi rappresentano altrettante significative copie del testo: il Parigino come copia per il priorato di Ugo, il Reginense come una delle prime copie nell’ambito cisterciense e il Chigiano come probabile copia d’autore per una grande personalità, forse il papa Alessandro III. Occorre ricordare che i testi di Ugo, soprattutto il De claustro animae e il De avibus, hanno conosciuto una grande fortuna presso i Cisterciensi: dei 37 testimoni antichi del De claustro (opera completa) 12 sono riconducibili all’ambito cisterciense; lo stesso accade del De avibus: su 73 manoscritti 29 sono cisterciensi22. Come non stupisce che Ugo si sia rivolto ad un ambiente monastico benedettino per la copia preziosa da offrire al papa: infatti Ugo era in stretti rapporti con l’abbazia di Corbie, grande centro di produzione di manoscritti23. Interessante è notare che ben 10 manoscritti del De claustro animae, tra i 37 più antichi, provengono da monasteri benedettini. Tale fortuna si può spiegare per il fatto che il De claustro animae era caro ai claustrales, canonici, ma anche monaci24. Altro elemento importante è la conoscenza che il papa Alessandro III ha della attività di Ugo di Fouilloy: infatti il 4 marzo 1172 il papa, rivolgendosi di22 Sulla presenza del De avibus nei monasteri cisterciensi: R. CORDONNIER, Une méthode médiévale d’enseignement par les images: Le De avibus d’Hugues de Fouilloy. Le cas des manuscrits cisterciens, Thèse, Université Lille III, 2003; ID., Des oiseaux pour les moines blancs: réflexions sur la réception de l’Aviaire d’Hugues de Fouilloy chez les cisterciens, in La vie en Champagne 38 (2004), pp. 3-12; ID., Haec pertica est regula. Texte, image et mise en page dans l’Aviarium d’Hugues de Fouilloy, in Bestiaires médiévaux. Nouvelles perspectives sur les manuscrits et les traditions textuelles. Communications présentées au XVe Colloque de la Société Internationale Renardienne (Louvain-la-Neuve, 19-22.8.2003), édit. B. VAN DEN ABEELE, Louvain-laNeuve 2005 (Université Catholique de Louvain. Publications de l’Institut d’études médiévales. Textes, Études, Congrès, 21), pp. 71-110; ID. L’illustration du De avibus de Hugues de Fouilloy († v. 1173). Symbolisme animal et méthodes d’enseignement au Moyen Âge, Thèse de doctorat, Université Lille III, 2007. 23 Fra il priorato di Ugo di Fouilloy (Saint-Laurent-au-Bois) e l’abbazia di Corbie vi era una societas aecclesiarum stipulata tra l’abate Nicola di Corbie ed il priore Olrico († 1152): la notizia è presente nel ms. Paris, BNF, Lat. 12583 (liber capituli di Saint-Laurent-au-Bois) degli anni ’60 del XII secolo, f. 96rab. Sulle relazioni di Ugo di Fouilloy con Corbie: H. PELTIER, Hugues de Fouilloy, chanoine regulier, prieur de Saint-Laurent-au-Bois, in Revue du Moyen Âge Latin 2 (1946), pp. 29 e 31; NEGRI, Il De claustro animae cit., pp. 391-392. Alla biblioteca dell’abbazia di Corbie era molto attento anche il papa Alessandro III che, tra il 1166 ed il 1179, conferma i beni necessari alla conservazione e all’accrescimento dei manoscritti appartenenti a Corbie: L. DELISLE, Le cabinet des manuscrits de la Bibliothèque Nationale, II (Paris 1874), p. 124 nota 1; JAFFÉ, Regesta Pontificum cit., pp. 333-334 nr. 13239. 24 NEGRI, Il De claustro animae cit., p. 414; recentemente è stata messa in luce la presenza della Regula di san Benedetto nel De avibus di Ugo: CORDONNIER, Haec pertica est regula cit., pp. 88-97; presenza già evidenziata nel De claustro animae: DE FONSECA, Hugues de Fouilloy cit., p. 307.
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FRANCO NEGRI
rettamente ad Ugo, conferma come dipendenza da Saint-Laurent-au-Bois il priorato di Saint-Nicolas di Regny, fondato da Ugo nel 113225: probabilmente i due si erano conosciuti di persona durante la residenza del papa in Francia. Sicuramente i tre manoscritti chiariscono, a titolo diverso, l’importanza che il De claustro animae ebbe, sin dai primi momenti, negli ambienti religiosi della seconda metà del XII secolo.
25 Nella conferma Alessandro III scrive: «Ecclesiam sancti Nicholai de Regni, quam tu, fili prior [Ugo], fundasti»: J. RAMACKERS, Papsturkunden in Frankreich 4: Picardie, Göttingen 1942 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen, Philologisch-Historische Klasse, Dritte Folge, 27), pp. 274-275, doc. 145; NEGRI, Il De claustro animae cit., p. 392.
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OSVALDO RAINERI
IL MS. “RAINERI 230” DELLA BIBLIOTECA VATICANA Il ms. 230 del fondo Raineri, della Biblioteca Apostolica Vaticana, è costituito da 3 ff. (un emifolio + un bifolio) pergamenacei, provenienti da un antico codice etiopico veicolante una collezione omiletica: cm 26 [h] u 20, XV sec. ex. – XVI sec. in., scritto su 2 coll. Il codice riporta i frammenti di due omelie, agevolmente identificabili, grazie agli incipit che corrispondono con esattezza a quelli di altrettanti sermoni della collezione omiletica, composta da Retu‘a Hâymânot (ossia l’Ortodosso o il Retto di fede), contenuta nel ms. etiopico EMML 2375, come dalle citazioni trascritte nelle note seguenti. Si conoscono diversi codici etiopici che raccolgono collezioni di dersân (= componimento, trattato, omelia) attribuiti all’autore chiamato Retu‘a Hâymânot1. Tali dersân percorrono periodi dell’anno, secondo le lezioni proprie delle commemorazioni e delle feste liturgiche, e si limitano a uno o più mesi, con scelte di testi relativi alla celebrazione di santi o a sermoni dedicati ad un mistero della fede. Non si conosce chi sia l’autore denominato Retu‘a Hâymânot2, la cui 1 Cf. ad es. Antoine D’ABBADIE, Catalogue raisonné de manuscrits éthiopiens appartenant à Antoine d’Abbadie, Paris 1859, ms. 80, p. 93s (= D’ABBADIE 80); W. WRIGHT, Catalogue of the Ethiopic Manuscripts in the British Museum acquired since the Year 1847, London 1877, ms. CCCXLIII, sec. XIX, p. 231s; Notice sur les manuscrits éthiopiens de la collection d’Abbadie par C. CONTI ROSSINI, Extrait du Journal Asiatique (1912-1914), Paris, Imprimerie Nationale 1914, ms. 133, sec. XV-XVI, p. 154s = d’Abbadie 80; W. F. MACOMBER, A Catalogue of Ethiopian Manuscripts Microfilmed for the Ethiopian Manuscript Microfilm Library, Addis Ababa, and for the Monastic Manuscript Microfilm Library, Collegeville, Vol. I: Project Numbers 1-300, Collegeville, Minnesota 1975, ms. 12, sec. XX, p. 14 (= EMML 12); S. STRELCYN, Catalogue of Ethiopian Manuscripts in the British Library acquired since the Year 1877, London 1978, ms. 56 (Or. 8192), sec. XIV (?), pp. 89-92; GETATCHEW HAILE, A Catalogue of Ethiopian Manuscripts Microfilmed for the Ethiopian Manuscript Microfilm Library, Addis Ababa and for the Hill Monastic Manuscript Library, Collegeville. Vol. IV: Project Numbers 1101-1500, Collegeville, Minnesota 1979; ms. 1194, sec. XX, p. 150s (= EMML 1194); GETATCHEW HAILE and W. F. MACOMBER, A Catalogue of Ethiopian Manuscrips Microfilmed for the Ethiopian Manuscript Microfilm Library, Addis Ababa and for the Hill Monastic Library, Collegeville. Vol. VI: Project Numbers 2001-2500, Collegeville, Minnesota 1982, ms. 2375, sec. XVIII, pp. 451-457 (= EMML 2375). 2 Da alcuni, Retu‘a Hâymânot è identificato con Giovanni Crisostomo (cf. EMML 2375, p. 151), ma le omelie crisostomiane In Petrum et Paulum — PG 59, pp. 495ss — e In Transfigurationem — PG 61, pp. 713ss e 721ss — non sono riconoscibili nei due incipit qui pubblicati.
Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 121-126.
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OSVALDO RAINERI
identificazione peraltro non rientra nella finalità di questo articolo. Pubblichiamo qui di seguito la ripoduzione fotografica di tutto il ms., la trascrizione completa del testo ge‘ez e la relativa versione in italiano, con note. Omelia del monte Tabor: come l’aspetto di nostro Signore si trasfigurò sul Monte Tabor3 (f. 1ra) ĽƟĊŠ Á Īĸąƚ Á ųĆƟ Á ĪĕƓ Á ŰƌĜņ Á ƚĨŪ Á ĜĨƊĬĨś Á ĀƑ ČŰ Á ĸąƚ Á ųĆƟ Á ƌģČŰƟģŪ Á Ɣċ Á ƌħġŬČ Á ƌěś Á ģą Á ČƘǜ Á ğ ǞĜ Á ƌġĹ Á ĨŠĪ Á Ůąġ Á įŠű Á ƑĨű Á ƌġĽũ Á ĪģƦƃƟ Á ƌĢű Á ČƓǞƒ Á ĀćğƓ Á ĨƊĬģąŘƟ Á ģƗŠ À ůƘ Á ƅąģ Á ġąć Á ąƟǀŠ Á ĪśĀ ƚ Á ƑČŰ Á žĻƕ Á ąĨĉ À ůƘ Á ŰŔĸć Á Ʀŋƚű Á ĜģĻƘ Á ĪĀġũ À ů Ƙ Á ŰćąŔ Á ĻƊƖƎ Á ģĻƘ Á ĀƑČŰ Á ĸąƚ Á ųĆƟ Á ƌģĀƚǀ Á ƑğŊ Á ƅư Á ĕƓ Á ǠŔŮ À ůƘ Á ŰǒŮƓ Á ĚƟČŶČ Á ğǞĜ Á ǯĝ Á (b) Ʀŋƚŵ Á ǞĜ Ű Á ǔƓű Á ĭŲ Á ǞĜŵ Á ĜŠƆǒ Á śƅǗŵ Á ĜĪ Á ĨƘƃĽƓ Á ǜĜƘ Á ƌĨČ ĕ ÁĜǜĜƘ ÁƓŠƊǗűÀůƘ ÁģŠƯąƚž Áģġăć ÁƓŠƊǗű ÁƯǜĽǛĽ Á ĕƓ Á ĀƚĽ Á ĪĥŮĚġ Á ƓŔƪġ Á ģƲǞĽƒŶ Á ĀƓĽƟ Á ĕƖƾ È ĨČƓ Á ƓŔƪğƎŬŠć Á Ĩĝ Á ĨƔŠű Á ĨĜ Á ũŔǥā Á ģġăć Á ĀƖŮ Á ƯĞƘ Á ƌŮƯǜĹ Á ăřű À ƌġąć Á ƓŠƊǗŵć Á ĜƓƽƪġ Á śƦĊŵ Á ģě Á ĀƖŮ Á ĪŰŔǥĀ Á ģğ Á ĀĸƓ Á ƌŮŠ À ĨČƓ Á ŮĄ Á ŬǞƄą Á ĝĭŮ Á ĨČƝħğƎ À ĨČƓ Á ĨČƝħġ Á ąƿġ Á ģƟģŬ Á ĨƊĬģą(f. 1va)ŘƟ Á ąƿġ À ƌŮąĢ Á ŬǞƄą Á ĜŮƾĻ Á ƌġĹ Á ƯǴƚ Á ƓŵĚƦŰ Á ŮƾĻ Á ĨǶĜ Á ģŠĀĊ Á ćąŕ ĕ Á ģDŽƎĕ Á ĨĸƎĕ Á ğǞĜ Á ĪăšƔ Á ĜƯğĨŵĕ Á ŮČƊĹ Á Ĝĕ Á ĸƀž Á ģ āĕ Á ŮƾĻ Á ĨǶĜ Á ģŠĀĊ Á ǞƟƊ Á ĨƘřįģŵĕ È ũŔǥą Á ĀƌŮŠ Á ġąč Á ƌĀĸƓ Á ģČĘġ Á ćŠĹš Á ĪŠŰ Á ĀĨŠŰ Á ƌġĽĕŜ Á ŮƾĻ Á Ī ŠŰ Á ŵĄ È ƌƕƓ Á ĀĨŠŰ Á ĨƊĬģąŘƟŜ Á ĪŰǙƑž Á ĀũƾĻ Á ƌǙĂŮ Á ČƔ Á ĀĨČƝħġ À ģņŮžŝ Á ĩāƛĚ Á śĂŮ Á ƌǒŞŮ Á ƟČĨ Á ĨČƓ Á ĀĨ ŠŲģĕ Á Űƅąƚ Á ǯĝ Á Āƚĕŵ Á ĪĀćƖŮŝ Á ƌĪĀƘĽƟŝ À ĨČƓ Á ŮƾĻ Á ƌġĽĕ Á (b) ğǞĜ Á ƓŜ Á śƊǒ Á ĨČƓ Á ģġĆ Á řįĀ Á ğǞĜ Á ĪŮśƊǗ Á Nel nostro caso, Retu‘a Hâymânot potrebbe corrispondere ad un personaggio etiope vissuto ca l’A.D. 1375 (cf. Ibidem), considerando anche che nel frammento della “Omelia degli Apostoli”, è citato il Gadla Üawâryât, ossia gli Atti (apocrifi) degli Apostoli, opera già presente in Etiopia nel sec. XIV. 3 Cf. EMML 2375 (16) Ff.104a-108a: On the Transfiguration of Our Lord, for the 13th of Naüasê, [Dabra Tâbor]. (Dersân za-Dabra Tâbor, za-kama tawallaýa râ’yu la-Egzi’ena bawesta Dabra Tâbor, wa-astar’ayu Musê wa-Êleyâs, wa-kona Ab sem‘â lâ‘ela Waldu… Yom gab’a lebsa berhân za-nabara westa qadâmi… [Omelia di Dabra Tâbor, come l’aspetto di nostro Signore si trasfigurò sul monte Tabor, e apparvero Mosè ed Elia, e il Padre fu testimone per il Figlio suo… Oggi è ritornata la veste di luce che stava nel primo…]), p. 456; WRIGHT, Catalogue cit., p. 232a, f. 154a: On the Transfiguration of our Lord: Dersân za-Dabra Tâbor za-kama tawallaýa râ’yu la-Egzi’ena ba-westa Dabra Tâbor…; CONTI ROSSINI, Extrait du Journal Asiatique cit., f. 115r: Pour la Transfiguration; EMML 12, f. 129b: Mount Tabor; EMML 1194, f. 269: Transfiguration.
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IL MS. “RAINERI 230” DELLA BIBLIOTECA VATICANA
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ĪĨŠĀĜ Á ƌśƦČ Á ĨĜ Á ƌƚĹ Á ƑČŰ Á Ɗąƴ Á čĀ Á LJũĢƔ Á ƚDŽą À ƌƓ Ŝę Á ćƅĸ Á ĜŮƾĻ Á ƌġĽĕ Á ģěŜ Á ćƅĸ Á ŮƾĻ Á ĜůċƦ Á ĪśƊǒ Á ğǞ Ĝ Á ǯĝ Á ƘĽƚ Á Ɗąƴ À ĀģŮŴ Á ƌġĽĕ Á ŮƾĻ Á DŽǠĀ Á ģġăĉƾ Á Āƌ ŮŠ Á ƌĀĸƓ Á ģČĘġ Á ćŠĹš À ƓŜ Á ĨƘćąĨ Á ĪũDŽǥą Á ġąč Á ƯǜĻ Á ƑČŰ Á ƌŮŠ À ĨČƓ Á ƌŮść Á žŮř Á ƌĨƧę Á ŬƌǥĨƒ Á ĜƯǜĻ Á čĀ Á ŰDŽǥĀ Á ĀžŮř Á ĸƓ Á ƌŮŠ À ŠƊƟę Á ƦĘƞƾ Á Ĝį Á ĩśĂŮ Á ĨČƓ Á ģ ŠŰ Á ŵĄ Á ƟĥĚƒ Á ĜĨƊĬģąŘƟ Á ƅƯ Á Āƅƴ Á ƌĽljśŵ Á śƦČũ Á Űƈĸ ġĖ Á ƘČĠƾ Á ǯ[ (f. 1ra) Omelia del Monte Tabor: come l’aspetto di nostro Signore si trasfigurò sul Monte Tabor4, e apparvero Mosè ed Elia, e il Padre fu testimone per il Figlio suo, dicendo: “Questo è il mio Figlio che amo”. Ed (essi) lo ascoltarono nella pace del Signore, amen. Oggi è ritornata la veste di luce che stava nel primo uomo, oggi si è rinnovata la creatura di Adamo che era invecchiata; oggi è stato glorificato il secondo Adamo sul Monte Tabor, e la trasfigurazione del suo volto si è illuminata come il sole. Oggi Cristo è stato preposto a tutte (b) le creature; questo giorno è il giorno della costituzione del re dei re5 su ciò che è il suo regno da prima del mondo e per i secoli dei secoli. Oggi risplende la veste del suo regno, candida come la neve, che nessun lavandaio sulla terra può rendere così bianca. Infatti i lavandai sono coloro che lavano le vesti nere con l’acqua e (le) rendono bianche solamente; ma la veste del regno — le anime per il lavandaio — è lavata non con l’acqua, ma con il sangue dell’uva. Infatti, l’israelita Giacobbe Luzây6 disse: “Israele significa immagine del Signore, (f. 1va) significa”. E Giacobbe disse a suo figlio Giuda: ‘I peli delle spalle di Giuda (sono) i figli del leone; te loderanno i tuoi fratelli, le tue mani (saranno) sul dorso dei tuoi nemici; a te si prostreranno i figli di tuo padre. Giuda, figlio di leone, esci dalla tua tana7. Lava nel vino la sua veste e nel sangue dell’uva il suo manto’8. Questo per chi (lo) dici, Giacobbe? Forse per il tuo figlio Giuda dici questo? O forse per il Signore che fu rivelato per mezzo di Giuda, e grande (è) il suo nome in Israele? Insegnami, o profeta benedetto e principe buono, poiché per te fu fatta ogni benedizione che è nel cielo e nella terra. Infatti Giuda, il figlio tuo, (b) su chi ha regnato? Poiché non c’è popolo su cui abbia regnato se non le 72 anime che scesero in Egitto, quando la fame 4
Cf. Mt 17,1-13; Mc 9,2-12; Lc 9,28-36. Cf. 1 Tm 6,13; Ap 19,16. 6 Luz è il nome imposto da Giacobbe al santuario di Bethel (v. Gen 28,19; 35,6-7), da cui potrebbe derivare l’appellativo di “Luzây” al patriarca. 7 Cf. Gen 49,8-9. 8 Gen 49,11. 5
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OSVALDO RAINERI
li opprimeva9. E chi dunque si prostrò al tuo figlio Giuda? Giuda non si prostrò forse a Giuseppe che regnava su tutta la terra d’Egitto?10 Dove il tuo figlio Giuda lavò le sue vesti nel vino e il suo manto nel sangue dell’uva?11 Chi è degli uomini che lava la sua bianca veste nel vino? Poiché invero il vino è rosso, come dunque fanno uscire il bianco se si lava col rosso sangue dell’uva? Esponi dunque la spiegazione di questo, o profeta, poiché tu dici: ‘Ho visto il Signore faccia a faccia e la mia anima si è salvata12. Ho combattuto con lui tut[ Omelia dei dodici apostoli, nella festa dei santi Pietro e Paolo13 (f. 2ra) ĀČƓ Á ģą Á ƌƌġĽ Á ƌƓŠơČ Á ƃĹČ Á ģŔĹ Á ģƘğĚ À ĽƟ ĊŠ Á Ī¨ƌ ŔƏƟŬŵ Á ĪŮŵśĀą Á ĨƘ£ Á ĜŔƘĠ Á ĀćğƓ Á ĨƊĬģąŘƟ Á ģą Á ģƗŠ À śƅƟ Á ĀĨŠŰ Á ĚāƝŠ Á ģŠƃǞŵ Á ĨČƝħġ Á Ĩĝ Á ĨƔŠű Á ¨ƌ ĕƏĚąŵ Á ŔƏƟŬŲƾ Á ĜģƘğĚ Á ǙĂŮ Á ĪČƔ Á ĥũĈČ Á ĚƟČŶČ Á ƌġĹ Á ƌƁĝ Á ĜĨƊĬģąŘƟ Á řŬƑ Á ĪĀĨŠŲģǃƔ Á ŮĄ Á ĜĞƾ Á ģ Ɠ Á ĻƊƘ Á ġĸŵ Á ŵśąƛ Á ĀƊřĸŵ Á ĺĀ Á ¨ƌ ƓŞąƟŵ Á ƌŵDzŠŜ Á ¨ƌ śƅĸ Á ĨČƝħġ À ƌĨƘĽljƚ Á ƵƔ Á «ǞĜŰ Á ƌĀĨŠŰ Á ģǮŴű Á (b) ĜƓŠơČ Á ƃĹČ Á Īƌƚĸ Á ğǞĠǃƔ À Śƛ Á ƑČŰ Á ĥũƛĊĠƘ Á ƌģDŽ ī Á ŮČąĖ Á ĀĮŞ Á ƌŠƉġ Á ƃĹČ À ĨŠĪ Á Ůąĝ Á ĀĨŠŰ Á ĥũĈČ Á ĪģŠ ŵƔ Á žŰġĕƘƒ Á ėŬƾ Á ƚćů Á ĨƊĬģąŘƟ Á Ɠġģĕ Á řŮƌŵ Á ƌǜ ġǜĢ Á ĀũƖŜ À ƌģŠŵƔŝ Á ĨƓŜ Á Ćű Á ĕƓ Á ŵƟĕā Á řŮƌŰ Á ĪĜǜĜ Ƙ À ƌŮĄġƒƔ Á ƊĀƛ Á Ĝś Á ŰģƓƚ À ƌƅąƛ Á ŔƏƟŬŵ Á ŰģƘƝŰ Á ƌ ƓŠĚƝŰ Á ĪģġĆ Á NJġǸ Á ĨČĕ Á čĀ Á ģĜƃĜžŵ Á ƘĽƟ Á ƅǀĸ À ƌƕƓ ņś Á ģŠǗĤ Á ƘƑųś Á ƌƕƓņś Á ơƌĈ Á ĽƑŬś À (f. 2va) ĪĜĜ Á Ĭģǃ Ɣ Á řƖƙƔ Á ƌĸƐǃƔ Á ĀĕƓ Á ŮĄ Á ĨƊĬĨś Á ĪũģƘŠ Á ąũ Á Ɗą 9
Cf. Gen 46,27; Dt 10,22. Cf. Gen 44,14. 11 Gen 49,11. 12 Gen 32,30. 13 Cf. EMML 2375, p. 456: Homilies by Retu‘a hâymânot, sec. XVIII, (15) Ff. 101b-104a: On the Apostles, for the 5th of Üamlê, the feast day of Sts Peter and Paul (Basema Ab… Dersân za-Retu‘â Hâymânot ba’enta 10 wa-2 Üawâreyât, za-yetnabbab ama 5 la-Üamlê… Nagar ba’enta keburân anqe‘ta Ezrâ’êl ella emmuntu… [Nel nome del Padre… Omelia di Retu‘a Hâymânot sui 12 Apostoli, che si legge il 5 di Üamlê… Discorso delle gloriose fonti, Israele, che sono…]); WRIGHT, Catalogue cit., p. 232a, f. 148b: On the Twelve Apostles: Ba’enta 10 wa-2 üawâryât za-yetnabbab ama 5 la-Üamlê…; CONTI ROSSINI, Extrait du Journal Asiatique, f. 112r: Sur les douze disciples pour la fête des Apôtres; EMML 12, f. 127b: Peter and Paul; EMML 1194, f. 261: Sts Peter and Paul. Cf. I. GUIDI, Le Synaxaire éthiopien (II. Le Mois de Hamlê), in Patrologia Orientalis 7 (1911), pp. 232-256: “Lecture du 5 de hamlê”; The Contendings of the Apostles being the Histories of the Lives and Martyrdoms and Deaths of the twelve Apostles and Evangelists. Translated from the Ethiopic Manuscripts in the British Museum by Sir E. A. WALLIS BUDGE, Oxford University Press, London: Humphrey Milford 1935. 10
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IL MS. “RAINERI 230” DELLA BIBLIOTECA VATICANA
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ƚ Á Īģś Á ĨƅąƟ Á ŮƅąƟ Á ĪũǙĂ Á ĨƘşƾ Á ŮƅąƟ À ĨƊĬĨś Á ĜƘƴģű Á ¡ƘƑųś Á ģŠǗģ À ƌƺŋƠČ Á ƌƹƑĢČ Á ĀƴğĢŶƔ Á ¯ƘƑųś Á ģŠ ǗĤ Á Ā¢ǞĜŵ À ƌĨƊĬĨś Á ģƯƅā Á Ā£ljąČŵ Á ƌĀ ǜǕ Á Ĝ¬± À ƌƺŋƠ Č Á ƌųļƒČ Á ĀģŔŲ Á ǞĜŵ Á ĪƟĤ Á ČƟŞũ Á ƌčĄǀ Á ĀǸĜ Á ƌġǂž Á ƌěś Á ćƎŰ Á ƌũąć Á čĄǀ Á ƌŰǜƴĸ Á ĀƇĮǀ Á ƌŰĀġǜ Á ljąČű À ĨƊƇ Ĩś Á ƚćũ Á Ɩũ Á ƌŮś Á ĀƁŞ Ä ĪƅĞğ Á ƌĀƟŰĢƘůČ Á ĨŠĪ Á ŮŰĕĜ Á ƌ Ůś Á ĀŮĨŲ Á ǞĜŵ Á ĨŠĪ Á (b) ƽĢ Á ƑČŰ Á ĨĸƎƾ Á ơƚũ Á ƌěś Á ģČĘ Ĝ À ŠņŮƃę Á ĨƊĬĨś Á ĪŮĄ Á ĨƊĬĨś Á ĪũģƘŠ Á ąũ Á Ɗąƚ Á Īģś Á Ĩƅ ąƟ Á ŮƅąƟ Á ƌĪũǙĂ Á ĨƘşƾ Á ƑĨű Á ŮƅĽąƟ À ĜƘŠŵ Á ŵąġ Á ĨƊ Ĭĩ Á ĪĕƓį Á śƅƚ Á ƓŜ Á ĨƘś Á ćąĨ Á ĪŮąġ Á ĪĕƖį Á ƅąƟũ Á ĨƘşũ Á ũǙĂ À ģěŜ Á Ůąġ Á ǯĢ Á ćąĨ Á ĨƘ ǯĝ Á ǜĜƘ Á ģś Á ĨLjŮ Č À ƌģŠŰć Á ŵąġ Á ĨƘşũ Á ŬơĸƦĽ Á ƅĂƚ Á ŰģƘƟ Á ŰƊăƟũ À ģě Ŝ Á ģŠŰ Á ŵĄĢƔ Á ƌĪĨŠĀĠũć Á ĥŵĚĝ Á ƅĂƚ Á ƌĥƘŠŵŝ À ƌĨƔŠ űŝ Á ģƈąƛ Á ŰģƘƝŰ Á ƌ ĥƘŠŰŝ Á ĪĨŠĀĜ Á ĀČƘĕ Á ƌĀƓŠơČĕ Á ĪğǞĠǃƔ À ĜƘŠŵę Á ŰDŽƴƴ Á ƟĨČĕ Á ƌųĕąƟ Á ģƊąƟŰĕ Á [ (f. 2ra) Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, un solo Dio. Omelia dei 12 Apostoli che si legge il 5 di üamlê, nella pace di Dio Padre, amen. Discorso delle gloriose fonti, Israele, che sono le 12 stelle, gli apostoli del grande Dio, il cui nome è Gesù Cristo, Figlio e Verbo del Signore vivente: egli stesso di loro disse: “Al tempo della seconda nascita, siederete pubblicamente su 12 seggi e giudicherete le 12 tribù d’Israele”14. E dopo digiunarono 40 giorni, e, per il rendimento di grazie (b) dello Spirito Santo che scese su di essi15, andarono a Gerusalemme e incominciarono a predicare l’annuncio del santo vangelo, mentre dicevano: “Riguardo a Gesù che voi avete ucciso16, il Signore lo costituì angelo della vita e lo innalzò alla sua destra. E voi credete in lui affinché conseguiate la vita eterna”. E dissero loro: “Fate per noi dei miracoli”. E gli apostoli fecero miracoli e prodigi senza numero, fino a quando la terra tremò manifestamente. E quanti morti risuscitarono e quanti malati guarirono, (f. 2va) ciascuno dalla loro propria malattia e infermità? Come disse nostro Signore: “Chi crede in me, compirà le opere che io compio, e ne compirà di più grandi”17. Nostro Signore, alla sua venuta, risuscitò tre morti, e Pietro e Paolo con la loro ombra18 risuscitarono 80 morti in un giorno. E nostro Signore saziò 5000 (uo14
Lc 22,30. At 2,1ss. 16 At 2,23. 17 Gv 14,12. 18 Cf. At 5,15, dove è scritto che i malati, toccati dall’ombra di Paolo, guarivano; GUIDI, Le Synaxaire éthiopien cit., p. 252. 15
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OSVALDO RAINERI
mini) con 5 pani e 2 pesci19. Pietro e Taddeo, in un giorno, seminarono il grano, e immediatamente germogliò e crebbe e divenne spiga e subito seccò e fu mietuto ad un tempo e il suo pane fu mangiato20. Nostro Signore mutò l’acqua in vino a Cana di Galilea21, e Bartolomeo, piantando la vite, in quel giorno, mentre (b) stava nelle sue mani, fruttificò e divenne un grappolo22. Siamo dunque certi di ciò che disse nostro Signore: “Chi crede in me, compirà l’opera che io ho fatto, e quella che farà sarà più grande di essa”23. Perché hai detto tale cosa, o Signore: chi tra gli uomini parla dice come te ‘la mia opera è più grande di me’? Non dice forse ogni uomo di tutto il mondo: ‘Io sono migliore’? Tu invece dici: ‘La mia opera moltiplicherà l’operare i miracoli più di me’. Non hai forse detto loro: ‘E senza di me non potete fare nulla’?24 Ed essi non fecero miracoli, e nulla se non nel tuo nome e con il tuo Spirito che era su di loro. Perché dunque hai diminuito te stesso e hai glorificato le tue opere[ (f. 3ra) explicit ex abrupto ]ąǠǞę ÁĪŮƅąƟ ÁĀǜĜ ÁĀĀǜĜ ÁŰįĕƠƔ Á ĜƺŋƠČ Á ƌĜƹƑĢČ Á ƌĜǯĢƔ Á ¨ƌ ŔƏƟŬŵ Á ĀĭŲ Á ǞĜŵ À ƌĜĨƓ ć Á Ůŵĕƽġ Á ĀŰįĕƠƔ Á ĜĜ Á ƌƟDž Á ŮƊĀƛ Á ĀǜĜ Á ƓŠơĊƐ Á ĀģǞƟ Ƨ Á ƌĀƘƴƏŵ Á ĀČąŔŵ Á ƌĀƯĢŵ À ƌĪŮƅąƟ Á ĪŠŰ Á ƌĪŮƓČĢ Á Ů ŵơƯƘ Á ĀğǞĠƾ Á ƁĜ Á ĚƟČŶČ À ƌĪģČŰůƔ Á ƴƏǙ Á Ɩũ Á ǸƜƟ Á ģ ƗŠ Á ĨąĜĚƔ Á ĥũŔǴġ Á ǞċŶ Á ĪĢű Á ČąŔŵ Á ĜǜĜƘ Á ģƗŠ À ģ ƗŠ À (f. 3va) ]benedetto dunque chi fa festa nella festa della commemorazione di Pietro e di Paolo e di tutti i 12 apostoli in questo giorno. E se poi si potrà, nella loro commemorazione di ciascun mese, faranno la festa spirituale con il riposo e con l’elemosina, con la glorificazione e con la preghiera. E chi farà questo e qualcosa di simile, compie su di lui la parola di Cristo. E chi li disseterà (con) un bicchiere di acqua fresca, in verità vi dico, la sua ricompensa non andrà perduta25. A lui la gloria nei secoli: amen, amen!26
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Mt 14,13-21. Cf. BUDGE, The Contendings of the Apostles cit., pp. 297-298. 21 Gv 2,1-12. 22 Cf. BUDGE, The Contendings of the Apostles cit., p. 83. 23 Gv 14,12. 24 Gv 15,5. 25 Cf. Mt 10,42. 26 Cf. 2 Pt 3,18; Ap 1,6. 20
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ADEL SIDARUS
LES SOURCES D’UNE SOMME PHILOSOPHICOTHÉOLOGIQUE COPTE ARABE (KITÂB AL-BURHÂN D’ABÛ ŠÂKIR IBN AL-RÂHIB, XIIIe SIÈCLE)* On sait bien que le XIIIe siècle a été l’âge d’or de la littérature copte d’expression arabe, et que celle-ci témoigne une érudition aux larges horizons, ouverte aux différentes traditions linguistiques et religieuses, tant anciennes que plus récentes ou contemporaines1. Les sommes théologiques, évidemment, illustrent le mieux cette vérité2. Deux de leurs auteurs font d’ailleurs le point sur leurs lectures, ou sur les bibliothèques auxquelles ils ont eu accès, en leur consacrant des chapitres propres: ch. 2 du Maómû‘ uúûl al-dín (MUD) d’al-Mu’taman Isüâq Ibn al-‘Assâl, rédigé vers 1265, et ch. 7 du Miúbâü al-ÿulma (MZ) d’Abû al-Barakât Ibn Kabar, resté plus ou moins incomplet avant sa mort en 13243. Préparant, de notre côté, l’édition partielle du Kitâb al-Burhân (KB) d’Ibn al-Râhib (IR)4, nous aimerions présenter déjà les résultats de notre * Sigles et abréviations en fin d’article. 1 A. SIDARUS, Essai sur l’âge d’or de la littérature copte arabe (XIIIe-XIVe siècles), in Acts of the Fifth International Congress of Coptic Studies (Washington, D.C. – August 1992), vol. 2, ed. D. JOHNSON, Roma 1993, pp. 443-462; ID., La Renaissance copte arabe du Moyen Âge, in The Syriac Renaissance and Others, ed. H. TEULE et al., Leuven 2001 (Eastern Christian Studies, 9), pp. 311-340. 2 A. SIDARUS, Encyclopédisme et savoir religieux à l’âge d’or de la littérature copte arabe (XIIIe-XIVe siècle), in Orientalia Christiana Periodica 74 (2008), pp. 347-361. 3 Le relevé des sources de MUD indique un plus grand nombre encore d’auteurs ou d’ouvrages par rapport à l’inventaire bibliographique établi par l’auteur. Mais on note, en sens contraire, l’absence de quelques-uns parmi les figurants de celui-ci; voir WADI, Sources MUD & Dirâsa, pp. 184-189. Sur ces deux sommes, voir les détails sous les sigles respectifs. 4 Il s’agit pour le moment des chapitres logiques préliminaires, QQ. 1-8, pour la collection Studi e Testi, publiée par la Bibliothèque Vaticane. Nous espérons délivrer par la suite les QQ. 41-43 sur la Christologie, à laquelle les quaestiones préliminaires offrent, dans une large mesure, une introduction logique et terminologique. Les chapitres sur la théodicée (28-40), inspirés directement par l’œuvre d’un théologien musulman comme nous le verrons tout de suite, ont été confiés à Zeus Wellnhofer, dans le cadre d’une thèse de doctorat à la Freie Universität Berlin. Nous aimerions le remercier ici pour l’envoi de matériel bibliographique qui nous manquait sur place. L’étude et édition du reste du KB demeurent ouvertes à qui s’y intéresserait. Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 127-163.
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ADEL SIDARUS
enquête, donnant suite à la première approche que nous avions entreprise dans la monographie sur l’auteur et son œuvre, publiée il y a plus de trente ans5. En cours de chemin, nous tenterons de mettre à jour nos connaissances sur les figures et les textes que nous rencontrerons et en repérer les traces chez les deux encyclopédistes de l’époque de notre auteur. Rappelons brièvement que la somme en question clôt le cycle littéraire de l’auteur, le plus grand polygraphe et encyclopédiste copte de l’époque, sinon de tous les temps6. De son ouvrage, il en a fait une triple copie représentant, d’une certaine manière, une triple édition: 1270, 1281 et 1282. Par bonheur, la première et la dernière sont conservées dans des codex, respectivement, du Monastère de S. Antoine dans le désert arabique d’Égypte (lâhût 122) et de la Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. ar. 104; Pl. I). Nous avons aussi une bonne copie faite directement à partir du deuxième autographe (Vat. ar. 117, avec un fragment dans le Par. ar. 202; Pl. II), sans mentionner les nombreux autres témoins7. Dans le présent article, nous renverrons à peine aux folios du troisième autographe: Vat. ar. 104! Le KB est divisé en 50 «questions» (masâ’il) de différentes dimensions et qualités. Elles abordent, sans ordre strict, des questions philosophiques, doctrinales, canoniques, disciplinaires et cultuelles (Tableau 1). L’auteur exagère la dimension canonique et disciplinaire dans le sous-titre de l’ouvrage: … fí al-qawânín al-mukmala wal-farâ’i¬ al-muhmala («… (portant) sur les canons accomplies et les prescriptions négligées»)8. Il lui fallait, certes, distinguer son «Livre de la démonstration», dont le titre se justifie amplement par la démarche apologétique, des nombreux autres ouvrages portant le même titre, devenu un peu générique avec le cours des siècles9. 5
SIDARUS, pp. 97-135 (ch. 5). Cette étude servira, du reste, de référence à l’édition ellemême, pour ne pas surcharger les notes critiques et même l’introduction générale. 6 À part SIDARUS, Ibn al-Râhib, voir EI XII (Supp., 1982), pp. 396a-397a. Nous préparons de plus une longue notice pour le vol. 3 de CMR (2011), où nous donnons compte de nouvelles découvertes, de même que des nouveaux travaux sur l’auteur et son œuvre. 7 Pour le détail, voir ch. 6 sur la transmission manuscrite du KB dans SIDARUS, pp. 137182. Depuis lors, d’autres copies secondaires ont pu être repérées en Égypte ou à Ýûr ‘Abdín, sans qu’on puisse les consulter ou en avoir des copies. C’est le cas de même du premier original conservé à S. Antoine! 8 L’écrivain mal connu, Faraó-Allâh al-Aæmímí (XIIIe/XIVe s.), reproduit ce sous-titre pour intituler sa collection canonique, elle aussi, semble-t-il, plagiée (GCAL II, pp. 427-428, § 129). D’après l’unicum de Paris, BnF arabe 25, elle porte le titre de Óâmi‘ al-qawânín almukmala min al-qawânín al-muhmala. 9 Voir sur tout cela: A. M. MAKHLOUF, ‘Burhân’ — a Word on a Journey from the Heart to the Mind and Back, in ParOr 30 (2005), pp. 281-296; G. ENDRESS, The Defense of Reason: The Plea for Philosophy in the Religious Community, in Zeitschr. für die Gesch. der Arab.-Islam. Wissenschaften 6 (1990), pp. 1-49. Dans les milieux coptes, il y avait déjà trois autres ouvrages au même titre qui circulaient: un de Pierre évêque de Malig (XIIe siècle), un autre
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LES SOURCES D’UNE SOMME PHILOSOPHICO-THÉOLOGIQUE
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Tableau 1 – Kitâb al-Burhân (1270-1271) A. SYNOPSE DU CONTENU
Partie doctrinale Prolégomènes logiques à la christologie = QQ. 1-8 [...] Procession du Saint-Esprit = Q. 10 [...] Théodicée = QQ. 28-40 Christologie = QQ. 41-43 Prédestination et eschatologie = QQ. 44-46 + 50 (ILQ)
Partie morale et liturgique Signe de la Croix = Q. 9 [...] Questions morales et disciplinaires = QQ. 11-15 Eucharistie = QQ. 16-21 Pénitence = QQ. 22-23 Questions rituelles et liturgiques diverses = QQ. 24-27 [...] Ordres et ministères sacerdotaux = QQ. 47 Carême et autres jeûnes = QQ. 48-49
B. DETAILS DE LA PARTIE DOCTRINALE
(Prolégomènes logiques à la christologie) 1. Composé, essence et attributs 2. Présence différentiée de Dieu dans les créatures 3. L’Union dans le Christ 4. Substance 5. Hypostase 6. Différence entre substance, hypostase et nature 7. Nature 8. La volonté et ses opérations o [...] (Théodicée) : QQ. 28-40 (Christologie) 41. Le Christ est Dieu et Marie est sa mère, etc. 42. Unité de substance et d’hypostase 43. Forme de présence dans le sein maternel o
(Questions diverses) (9. Le signe de la croix) 10. Procession du Saint-Esprit o plus bas, col. 1
____________________
(Prédestination et eschatologie) 44. Le don de la vie et autres dons divins 45. Prédestination et décret divin 46. Formes de l’immortalité de l’âme [...] 50. Fin du monde et Jugement dernier (fine)
Comme notre intérêt porte principalement sur les dimensions philosophique et doctrinale de la somme, notre présent travail concernera plutôt les sources des chapitres correspondants. Du reste, c’est là que se révèle le mieux l’ouverture intellectuelle ébauchée plus haut (Tableau 2). anonyme, attribué à un Franc ou un Byzantin et cité longuement dans le KB (infra § 20), et un troisième attribué à Yaüyâ b. ‘Adí, cité de même par IR mais dans le K. al-Tawâríæ.
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ADEL SIDARUS
Écritures Saintes Bien que nous ayons affaire à une somme religieuse, la Bible n’en constitue pas la source principale. Elle est certes souvent citée, en guise de confirmation (à l’usage des chrétiens?)10, mais elle ne représente guère une source première d’inspiration, du moins pour la partie doctrinale qui nous intéresse ici en premier lieu, exception faite pour ce qui tient des croyances chrétiennes particulières où le discours rationnel ne peut pas tellement aider. À part quelques épisodes notoires de l’A.T., comme le récit de la création (Gn 1-2) ou du choix de David comme messie-roi (1 Sm 16, 7-13), et quelques versets de psaumes, c’est le N.T. que l’auteur invoque le plus souvent: une demi-centaine de citations, le plus souvent référencées (en marge) d’après le système de division interne copte. S. Jean et S. Paul sont de loin les auteurs les plus cités, manifestement à cause du caractère sapientiel ou philosophique de leurs écrits. [1] Comme apocryphe, plusieurs extraits de l’Apocalypse d’EZRA (Esdras IV) sont transcrits, à la suite d’autres tirés de celle de «Jean l’Évangéliste» (Abûøâlamsís, ch. 6), dans la dernière quaestio sur le Jugement dernier, à propos du Huitième Millénaire ou Parousie du Christ. Elle figure sous le titre de Nubuwwat ‘Izrah al-Imâm/al-Nabí (fol. 227v). Il faut encore découvrir si la version en cause correspond à celle supposément d’origine copte, car il existe de ce texte trois versions arabes, en plusieurs recensions, d’origine syriaque, grecque et copte. Il faut actualiser à présent les données de GCAL II, pp. 219-221 (§ 51.2), dans les termes suivants. L’une des version d’origine syriaque a été étudiée et éd./tr. par Adriana DRINT, The Mount Sinai Arabic Version of IV Ezra, Leuven 1997 (CSCO 563564 = Scr. Ar. 48-49); ID., Some notes on the Arabic Versions of IV Ezra and the Apocalypse of Baruch in MS Mt. Sinai Arabic Codex 589, in ParOr 24 (1999), pp. 165-177. D’après les catalogues locaux non publiés, il y aurait plusieurs mss. dans les couvents coptes: S. Antoine, Anba Bichoï, Dayr al-Muüarraq. Pour S. Macaire, ms. 391 (Hagiogr. 25), voir le catalogue de U. ZANETTI, pp. 57-58. De longs extraits de ce texte figurent dans un contexte similaire dans MUD 61, 24-46; 65, 13-16; 70, 43, mais ni l’éditeur ni le traducteur ne se prononcent sur le caractère de la version employée. Études et présentations récentes sur le texte en général (versions orientales comprises): J.-C. HAELEWYCK, Clavis Apocryphorum Veteris Testamenti, Turnhout 1998 (Corpus Christianorum), pp. 131-138 (nº 180). Un fragment copte sahidique (ch. XIII, 30-46) y est relevé en p. 135; A.-M. DENIS & J.-C. HAELEWYCK, 10
Dans les parties à caractère philosophique, ces citations forment souvent des gloses marginales (üawaší), sinon de véritables additions de la 2ème ou 3ème édition.
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Tableau 2 - Synopse des sources du KB (partie doctrinale) Écritures Saintes - AT : qq récits: Création+ Choix de David… + Psaumes [1] Apocalypse d’Ezra (Esdras IV) ————————— Les Pères de l’Église [2-4] Cappadociens : les deux Grégoire (de Nazianze surtout) + Basile [5] Cyrille de Jérusalem [6-7] Athanase et Cyrille d’Alexandrie [8] Nestorius (ou ses partisans!) [9] Jean Damascène [10] Compilation anonyme al-Firdaws al-‘aqlí («Le Paradis spirituel») [11-12] Némésius d’Émèse & Jean Philopon (transmission indirecte)
————————— Auteurs musulmans (surtout en matière de logique) (Les trois coryphées: par ordre d’importance in KB) [21] Abû ‘Alí Ibn Sínâ (Avicenne) [22] Abû al-Naúr al-Farâbí (Alpharabius) [23] Abû al-Üamíd al-Øazzâlí (Algazel) (logiciens tardifs) [24] Abû ‘Abd-Allâh al-Æûnóí (Cairo, 1194-1249) [25] Al-Zayn al-Kašší (Iran, ca. 1180-1268) [26] Faær al-Dín al-Râzí (Iran, 1149-1209) logicien, exégète et grand mutakallim (base de la Théodicée du KB!) – apprécié par les écrivains coptes du XIIIe s.
– NT (une cinquantaine de citations) osurtout : Jean & Paul ————————— Théologiens d’expression arabe (Coptes) [13] Óiróis ibn Baæûm al-Mutaýabbib (XIIe/XIIIe s.): inconnu d’ailleurs! [14] al-As‘ad Ibn al-‘Assâl (XIIIe s.) = en tant copiste de plusieurs textes (Syro-jacobites) [15] Yaüyâ Ibn ‘Adí (IXe s.) = source importante ! [16] Usýâõ al-Râhib (Bagdad, IXe s.) (Nestoriens) [17] ‘Abd-Allâh Ibn al-Ýayyib (m. 1043) = source importante! (Melkites) [18] al-Muætâr Ibn Buýlân (Bagdad etc., XIe s.) [19] ‘Abd-Allâh Ibn al-Fa¬l (Antioche, XIe s.) [20] Buýrus b. Nasýâs al-Bayt-Ra’sí (Capitolias, IXe s.) (K. al-Burhân, attribué à Sa‘íd Ibn Baýríq) ————————— Philosophes et sages grecs – Socrate, Platon et Aristote (mentionnés mais non directement cités) – Galien (comme commentateur du Timée de Platon dans le texte d’Ibn Baæûm) [27] Ammonius dit Saccas, néoplaton. d’Alexandrie (via De natura hominis de Némésius ou avatar) [28] Hippocrate (Traité sur l’embryon). [29] Hermès Trismégiste, De castigatione animae [30] Cycle littéraire d’Alexandre le Grand: Débat philosophique fictif sur l’existence de Dieu (texte d’origine grecque, VIe/VIIe s.?)
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Introduction à la littérature religieuse judéo-hellénistique: Pseudépigraphes de l’A.T., Turnhout 2000, vol. I, pp. 815-853.
D’autres apocryphes, se réclamant, eux, de l’autorité des Apôtres, sont la Didascalie des Apôtres et les Canons Apostoliques. Ils sont plusieurs fois mentionnés dans la partie liturgique et morale, qui ne nous intéresse pas directement ici, tout comme dans le Kitâb al-Tawâríæ (KT) du même auteur11. Les Pères de l’Église Curieusement, plutôt que les Pères de l’Église d’Alexandrie, grecs ou coptes, ce sont les cappadociens du IVe siècle, Basile et les deux Grégoire, qui sont le plus fréquemment mentionnés, l’évêque de Nazianze au premier chef12. [2] GRÉGOIRE DE NAZIANZE, désigné aussi par IR comme «le Théologien» (al-Lâhûtí / al-Thâ’ulûøûs), est en effet le Père grec dont l’œuvre a été la plus traduite, compilée et invoquée en langue arabe, y compris parmi les Coptes — après peut-être Jean Chrysostome. On ne s’étonnera point donc de le voir le plus de fois cité dans KB — comme dans KŠ d’ailleurs. Dans ce cadre, une place spéciale est réservée à un Recueil de 30 Discours (maymar-s) datable de la 2ème moitié du Xe siècle et largement transmis par la tradition copto-arabe elle-même. Il fait pendant au Recueil des 45 Discours de la tradition grecque (CPG 3010). GCAL I, pp. 330-332, § 87 (+ II, pp. 47-48, § 13); HMLEM III/1 (1983), pp. 273-289; MZ, pp. 288-290 (nº 4). Voir à présent les différents travaux publiés dans le cadre du grand projet d’édition de l’œuvre de l’auteur cappadocien, en cours dans l’Université de Louvain-la-Neuve, et recensés dans BAAC II, pp. 29-33; CAB I, p. 151 & II, p. 28213. Sur les Discours en particulier, voir J. GRAND’HENRY – L. TUERLINCKX, La version arabe des Discours de GdN, in Studia 11 Nous sommes en voie d’achever une étude détaillée sur les sources de cet ouvrage, à présenter au Third International Congress on Eastern Christianity «Knowledge Transfer in the Mediterranean World» (Cordoue, 2-4 déc. 2010). Nous signalons qu’une première ébauche d’éd./trad. a été réalisée par Samuel Moawad (Münster); voir l’article sous presse de A. SIDARUS – S. MOAWAD, Un comput melkite attribuable à Yaüyâ b. Sa‘ íd al-Anýâkí: Extraits conservés dans le K. al-Burhân…, in Le Muséon 123, fasc. 3-4 (2010). 12 Quelque chose de semblable se passe avec al-Mu’taman Ibn al-‘Assâl dans MUD; voir WADI, Sources MUD, p. 232 & Dirâsa, p. 185. De même dans MZ, pp. 287-296: parmi la vingtaine de Pères de l’Église, on ne trouve que deux cités: Athanase et Cyrille, mentionnés en 9ème et 10ème position — à part Antoine le Grand et Shenute d’Atripé, en 15ème et 16ème position! 13 Noter l’article de J.-M. SAUGET sur la structure de la collection arabe des Discours (1998).
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Nazienziana, éd. B. COULIE, vol. I, Turhout 2000 (Corpus Christianorum, Scr. Gr. 41 = Corpus Nazenzenum, 8), pp. 201-226. Édition toute récente (2003) du Dayr al-Muüarraq (Haute-Égypte), en 2 vols., à partir de mss. de leur collection. En langue copte même, voir les études et fragments signalés dans: CopEnc, pp. 1183a-1184b (T. ORLANDI); CPG ad nº 3110-3111 & 3113.1-4.
Signalons d’abord, dans la section 10 de la longue Question VII sur la Nature, un petit florilège de passages tirés de ces discours (2, 7-8, 11) et tournant autour de l’idée que la catégorie ou notion en cause ne convient pas à l’essence divine14. Cette série de textes, où s’entremêle le discours propre à l’auteur du KB, se termine par le passage conclusif d’un De anima de la plume de l’auteur copte Óiróis ibn Baæûm, qui va dans le même sens — souligne IR — et sur lequel nous nous arrêtons plus loin (§ 13). On pourrait ajouter à ce même recueil de textes grégoriens, une simple affirmation tirée du Discours sur Basile (ar. 28 = gr. 43) et qui figure dans la même quaestio, à la fin de la première section (fol. 23v). Ou encore une sentence sans indication de source, vers la fin de la section 17 (fol. 28v). À cause de la traduction râtée du mot gréco-copte physikos, nous pensons qu’IR avait sous les yeux un original copte. En effet, dans la première citation (fol. 23v), obsédé qu’il est par la question de la Nature, il le rend par «naturel», alors que le contexte impose «médecin» (profession parallèle à celle de peintre ou iconographe) — et la version arabe publiée respecte ce point de vue: laysa aüadun yakûn ýabíban wa-huwa lâ ya’rif ýabâ’i‘ al-amr⬠(«personne n’est médecin sans qu’il ne connaisse la nature des maladies»)15. En vérité, traduit correctement ou non, nous ne voyons pas comment l’auteur justifie cette observation dans le contexte du KB où elle figure.
La Q. XLI, la première sur la christologie, portant en particulier sur Marie, la Mère de Dieu, se termine (fol. 193-194r) sur un long extrait de la même homélie sur la Nativité ou Discours 2 (gr. 38) déjà référencée16. Dans un autre contexte, celui de l’union du corps et de l’âme servant d’analogie à l’union divino-humaine dans le Christ (Q. III/2), nous rencontrons quelques passages non identifiés par l’auteur et qui doivent venir du De anima de Grégoire de Nysse, comme nous verrons par la suite. Nous avons, enfin, dans Q. XVI/2 (fol. 66v-67r), des passages sur les espèces eucharistiques attribués à un Grégoire, que nous pensons être le même, bien que nous n’ayons pas encore identifié l’origine. 14
Position de l’auteur que nous avons explicitée et illustrée en divulguant deux textes intégrés dans KB (infra §§ 13 & 30). 15 Éd. cit. de Dayr al-Muüarraq, vol. II, p. 194. 16 Ibidem, I, pp. 32-34. Il faut dans ce sens confirmer positivement la conjecture de GRAF dans GCAL I, p. 331 (milieu de l’alinéa 2).
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[3] De BASILE LE GRAND, «l’auteur de la messe (úâüib al-quddâs)», nous avons d’abord quelques citations de l’une ou l’autre de ses homélies, authentiques ou non, sur la Nativité, dans deux des questions portant sur la christologie (QQ. XLII-XLIII). Dans Q. XLII (fol. 198v), dans la réponse-réfutation (óawâb) à la 8ème thèse de Nestorius (v. infra), nous trouvons un passage glosé, sans indication précise. Il s’agit peut-être de l’homélie sur la Nativité, qui est citée explicitement dans la quaestio suivante: dans la réplique à la 16ème réponse, il est fait allusion à ce même passage (fol. 200 fine). Dans Q. XLIII/1 (fol. 204r), nous avons une citation sur le mode de présence particulier de Jésus dans le sein maternel, extraite d’un «commentaire sur la Nativité [évangile de Luc] prononcé à la Nativité» (CPG 3153; GCAL I, p. 321, § 86.4c). De Basile, on trouvera aussi dans la partie liturgico-disciplinaire, plusieurs références aux Canons qui lui sont attribués dans la tradition copte17. Sinon, il est souvent cité dans KŠ, de même que dans KT. MUD cite Basile à peine une fois (14, 15), hors des Canons. MZ, pp. 291-292 (nº 7), parle de Basile à la suite des trois Grégoire. Plusieurs autres références à la tradition copte se trouvent dans la notice générale sur le Basile arabe dans GCAL I, pp. 319-329 (§ 86) & BAAC II, pp. 27-29. Voir de plus J. NASRALLAH, «Dossier arabe des œuvres de saint Basile dans la littérature melkite», ProcheOrient Chrétien 29 (1979), pp. 19-43 (+ 4 pl.). Tradition de langue copte: CopEnc, pp. 351a-352b (C. Detlef G. MÜLLER).
[4] GRÉGOIRE DE NYSSE, parfois désigné comme «le frère de Basile» par IR même, est cité plusieurs fois dans la longue Q. VII sur la Nature. D’abord dans Q. VII/1 (fol. 23v), une assertion tirée d’un Kitâb al-Óadal, certes non authentique, signalé dans GCAL I, p. 334 (§ 88.6) sur la base du témoignage unique de cette citation. Puis, dans Q. VII/2, à la suite d’une série de définitions de la Nature selon Yaüyâ Ibn ‘Adí (infra § 15), nous avons d’autres fort brèves (fol. 23v24r) extraites du K. al-Abwâb fí al-ýabí‘a, version arabe du De natura hominis de Némésius d’Émèse, qui lui est attribué. On y reviendra, en traitant de cette figure (§ 11). Au même ouvrage appartient le passage de Q. III/2 attribué au Nazanzien, comme vu plus haut. Tradition de langue copte: CopEnc, pp. 1184b-1185a (T. ORLANDI); voir aussi les références figurant dans CPG/S 3149, 3184, 3192 etc. Tradition arabe: GCAL I, pp. 332-335 (§ 88); BAAC II, p. 33; MZ, p. 290 (nº 5) + p. 292 (nº 8 Dialogus de anima cum Macrinam = CPG 3149); MUD passim. 17
CPG 2302; CopEnc, p. 459 (R.-G. COQUIN); GCAL I, pp. 606-608 (§ 171).
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[5] De Jérusalem, IR fait mention ténue du patriarche CYRILLE: une phrase à peine de la 12ème Catéchèse (CPG 3585)18 est citée dans Q. VII/12, où il est question de la liberté absolue de Dieu, agirait-il même comme cause (première) d’actes tenant de la nature. La phrase y précède les citations de deux auteurs musulmans (Farâbí et Râzí, v. infra) et est reprise dans Q. VII/10, en conclusion à une glose d’IR luimême, ajoutée à partir de la 2ème copie autographe de son ouvrage. À propos de la réception copte, voir CopEnc, pp. 681a-682a (T. ORLANDI), arabe, voir GACL I, pp. 335-337 (§ 89); BAAC II, p. 33. Sinon, Kírillus al-Maqdisí n’apparaît ni dans MUD ni dans MZ !
[6-7a] À première vue, IR ne connaît qu’ATHANASE et CYRILLE parmi les Pères (et patriarches) d’Alexandrie19. Il cite des passages concernant l’Eucharistie (fol. 67r-68r) extraits d’écrits non identifiés — passages (min qawl…) formant le deuxième et le troisième des sept textes (maqâla-s) empruntés aux pères grecs ou aux auteurs arabophones, insérés dans Q. XVI, qui porte précisément sur l’Eucharistie. Les deux textes paraissent apocryphes; voir respectivement GCAL I, p. 314 (§ 83.11) et GCAL I, p. 362 (§ 94.8). Le premier a été édité par S. Kh. SAMIR, Maqâla fí al-qurbân al-muqaddas wal-ma‘mûdiyya mansûba ilâ…, in Machriq 66 (1992), pp. 235-24120. Sur l’Athanase arabe en général, à part les ouvrages de référence courants, voir du même auteur la série de trois notes dans Úadíq al-Kâhin 13 (Maadi 1973) + BAAC II, pp. 25-26.
[7b] Sinon, CYRILLE D’ALEXANDRIE apparaît ailleurs à plusieurs reprises, mais alors en liaison avec la question «miaphysite» et les anathèmes prononcés contre Nestorius. Quand il est invoqué à ce propos au début de Q. VII/8, sa qualité hiérarchique est dûment soulignée: «Cyrille le Grand, patriarche d’Alexandrie, juge-arbitre (qâ¬í) des conciles, le deuxième dans la hiérarchie (rutba)». On ne trouve pas alors, ni dans la section suivante 18
Corriger les données sur la version arabe d’après SAMIR, À propos CPG, p. 189. Ibn al-‘Assâl, de son côté, n’en cite aucun dans MUD; WADI, Sources MUD, p. 232 & Dirâsa, p. 185 (§ 18). Au contraire de ce qu’affirme GRAF (GCAL II, p. 410), aucune œuvre de Cyrille n’est citée dans le ch. 8; il y est mentionné à peine (§ 167) comme celui à qui se rattachent en dernière instance les «Jacobites», dans un texte d’Ibn al-Ýayyib (cf. infra § 17). Il ne figure même pas, au contraire d’Athanase, dans le catalogue des écrivains chrétiens au début de la somme! 20 Rééd. améliorée de la pub. de Risâlat al-Kanísa 9 (Le Caire 1977), pp. 156-161. L’auteur a démontré que l’original était copte. Mais il ne s’agit pas de véritable «traité», à peine d’extraits d’un écrit non identifié, qui parle aussi du baptême à l’occasion de l’usage qu’on fait de l’eau sacrée (sic) après la cérémonie respective, en analogie avec ce qu’il est coutume de faire avec les espèces sacrées de l’eucharistie. 19
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nº 9, de citations spécifiques, mais plutôt des considérations sur son action contre les positions nestoriennes, s’étant distingué à ce titre comme «le premier à parler d’une nature unique comme attribut (fí waúf) de Notre Seigneur le Christ». Le tout culmine avec la formule-clé de Cyrille interprétée dans le sens banal de «Dieu le Verbe possède une nature incarnée» (lillâhi al-kalimati ýabí‘atun mutaóassidatun). Ces éléments, IR a dû les recueillir d’un florilège ou thesaurus cyrillien en langue copte, qu’il nomme en arabe Kitâb al-Kunûz. Connu d’ailleurs et correspondant plus au moins au texte grec CPG 521521, il a fait partie du corpus lexicologique de sa Scala, composée quinze ans plus tôt et aujourd’hui perdue22. On imagine qu’IR a transposé lui-même les bribes de texte en langue arabe, ce qui expliquerait une telle interprétation hors du contexte réel de la polémique christologique du temps de Cyrille23. Caractérisation de l’ouvrage d’après N. CHARLIER, Le Thesaurus de Trinitate de saint Cyrille d’Alexandrie, in Revue d’Histoire Ecclésiastique 45 (1950), pp. 25-81: écrit à titres variés, datant de la première période de la vie du grand théologien, avant même la polémique nestorienne, et rédigé suite à la prétendue demande d’un certain Némésimus (réel ou fictif?). Il y résume largement la doctrine d’Athanase sur la Trinité.
Si on peut s’étonner devant l’absence totale des premiers théologiensphilosophes alexandrins, comme Clément ou Origène24, et des autres, on le sera plus encore en constatant, à propos de la question miaphysite, que Dioscore n’est point cité ni même invoqué, encore moins le champion du monophysisme au VIe siècle, Sévère d’Antioche, pourtant exilé en Égypte et y ayant exercé une grande influence25. [8] Par contre, on verra NESTORIUS (ou ses partisans!) exposer longue21 22
Cf. GCAL I, pp. 358-359 (§ 94.1); voir aussi p. 571, sur des textes annexes à ce florilège. SIDARUS, p. 71; ID., L’œuvre philologique copte d’Abû Shâkir Ibn al-Râhib, in StChrArHerit,
p. 10. 23 À côté du florilège cyrillien — et des textes bibliques et liturgiques intégrés dans la scala ecclésiastique de Jean de Samannoud, plus deux autres scalae — IR met à profit trois récits hagiographiques coptes. Il semble difficile de postuler que ces quatre textes aient été bilingues, car on ne connaît presque pas de manuscrits bilingues hors de la liturgie et des écrits philologiques. MZ, p. 292 (nº 10e) mentionne, sans détail, ce K. al-Kunûz. 24 Sur la tradition copto-arabe en particulier, voir Kh. SAMIR, Origen in the Coptic Arabic Tradition, in CopEnc, pp. 1851b-1852a. 25 CopEnc, pp. 2123b-2125a (L. KNEZEVICH; voir aussi l’index sous son nom); GCAL I, pp. 418-420 (§ 118). Il faut se reporter maintenant aux différents travaux de Youhanna Nessim Youssef (Melbourne). — Dans le chapitre sur les auteurs chrétiens dans MUD (1, 10), Sévère figure à côté d’Athanase! Pourtant, aucune œuvre de lui n’est citée dans le corps de l’ouvrage. Même chose pour Dioscore qui, par contre, n’est même pas mentionné dans le ch. 1! Et GRAF (GCAL I, pp. 416-417, § 116) indique peu de choses à son compte. MZ, p. 293 (nº 11) cite bien Sévère, mais non Dioscore!
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ment sa doctrine, dans Q. VIII, contre la dualité d’intention et de volonté en Christ (sic), et dans Q. XLII, sur l’unité de substance et d’hypostase. Dans Q. VIII (fol. 42r-42v), IR transcrit un prétendu 2ème Discours (Qawl), à la suite des sept arguments contre (óawâb) la position dualiste de l’intention et de la volonté en Jésus-Christ. Il affirme qu’il l’a transcrit d’un manuscrit de la main d’al-As‘ad Ibn al-‘Assâl, à l’instar d’autres textes du KB, comme nous le verrons plus bas (§ 14). Les manuels de référence ne signalent pas d’Orationes à proprement parler, parmi les œuvres du patriarche anathématisé et déposé26. À moins qu’il s’agisse des Capituala xii contra Cyrilli anthemastismos directa, qui lui sont attribués (CPG 5761-62 spuria). Ou encore, du Liber irrefutabilis seu Florilegium (CPG 5729 fragmenta), dont l’existence réelle était jusqu’à peu niée, mais est à présent fortement revendiquée par van Roey27. Toutefois, s’agissant de la polémique monothélite, surgie deux siècles après Chalcédoine, il faudrait penser à une compilation bien plus tardive, syriaque ou arabe, offrant une compilation de thèses ou opinions doctrinales de confession nestorienne, du type de celle d’Ibn al-Ýayyib dont nous parlons ici-bas (§ 17). Cette dernière hypothèse pourrait être renforcée par le fait que les deux «arguments» qui suivent ledit Discours sont introduits, sans autre précision, par la mention Burhân õânin lahum («Deuxième argument (avancé) par eux», fol. 42v fine) et Burhân õâliõ (fol. 43r; citation allant jusqu’à la fin de la page et de la question). Or, l’intitulé du Discours déjà avait: Al-Qawl al-õâní lil-Nasýûr, sic avec l’article, suggérant les Nestoriens dans leur ensemble! Nous nous sommes demandé un moment s’il n’y avait pas eu une simple chute du segment graphique final -iyya/iyyín, le mot se rapportant alors à ceux-là et non à leur éponyme. Mais la même chose se répète dans la citation qui suit! Aurions-nous affaire avec une forme particulière de désigner collectivement les adeptes de Nestorius?
Dans Q. XLII, l’une des trois longues questions traitant de la christologie, nous avons trois arguments (fol. 195v-197r) en faveur de la doctrine «dualiste» (iõnâ’iyya) en Jésus-Christ, qui sont attribués génériquement à Nestorius — et réfutés, point par point. Ils sont introduits de la même manière ambivalente tout juste évoquée: Fal-naðkur nukat lil-Nasýûr walóawâb ‘anhâ («Mentionnons trois arguments (fallacieux/ perfides ?) dus à Nestorius / aux Nestoriens et leur réfutation»). Ici, le verbe-particule qâlû
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GRAF n’a pas de notice propre à Nestorius dans GCAL! A. VAN ROEY, Le florilège nestorien de l’Adversus Nestorium de Cyrille d’Alexandrie et du traité contre Nestorius de Théodote d’Ancyre, in Überlieferungsgeschichtliche Untersuchungen, hrsg. F. PASCHKE, Berlin 1981 (Texte und Untersuchungen, 125), pp. 573-578. On y trouvera indiquées les études antérieures de l’auteur sur la question. 27
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(au pluriel!), qui ouvre la première citation comme telle, renforce la suspicion exprimée dans le cas antérieur qu’il s’agit des adeptes de Nestorius. Nous ne savons pas de même si ce triple extrait a été emprunté à l’une des sources suggérées plus-haut, ou bien s’il appartient à la même source du groupe des trente autres arguments (ici, tantôt nukta, tantôt šubha!) des Nestoriens (toujours lil-Nasýûr…) qui suivent (milieu du fol. 217r et suivants) et sur lesquels nous nous arrêterons en parlant d’Abû al-Faraó Ibn al-Ýayyib (§ 17).
[9] Parmi les Pères de l’Église dont les œuvres ont été extraites dans Q. XVI, sur l’Eucharistie, IR transcrit, en cinquième position (fol. 72r-74v ), un traité de JEAN DAMASCÈNE, le dernier Père grec — d’époque islamique déjà (vers 675-760), d’où son nom arabe: Yannah ibn Manúûr ibn Saróûn (Sergius). Mais IR ne va pas chercher ce texte à l’ouvrage original, l’Expositio fidei (CPG 8043); il le trouve tel quel dans un manuscrit copié par al-As‘ad Ibn al-‘Assâl (infra § 14). En effet, cet extrait copto-arabe représente un cas exceptionnel28, car la consultation des ouvrages de référence n’indique guère que l’ouvrage en question ou l’auteur lui-même aient été suffisamment connus des Coptes. Le Damascène n’est mentionné ni dans MUD ni dans MZ, encore moins dans la fameuse anthologie du XIe siècle, Kitâb I‘tirâf al-Âbâ’29. Cet extrait a été déjà présenté par SAMIR Kh., Al-As‘ad Ibn al-‘Assâl copiste de Jean Damascène à Damas en 1230, in Orientalia Christiana Periodica 44 (1978), pp. 190-194. Un an plus tard, dans la même revue, nº 45, pp. 166-170, partant de ce témoin, il a étudié la forme du nom propre: Yannah, dans l’onomastique arabo-copte30. Alors que GRAF (GCAL I, pp. 378-379) doute de l’authenticité de l’attribution, Bonifaz Kotter (Abtei Scheyern, Allemagne) a pu identifier le texte comme correspondant au ch. 86 de l’Expositio, lequel a circulé en grec séparément; BAC,
28
Par ailleurs, IR cite Yûüannâ al-Dimašqí (sic) par deux fois dans KT, ch. 4 & 39, mais sans indications précises et sous une désignation donc différente de celle du KB comme nous le verrons tout de suite. 29 GCAL II, pp. 378-379 (§ 104); BAC 3 (1979), pp. 64-67; BAAC I, pp. 35-36. Noter l’éd. anonyme du Dayr al-Muüarraq, 2002 (Min Maæýûýât D.M., 9), à partir de 3 mss. dudit monastère. 30 Invalidation du témoin toponymique par R.-G. COQUIN, Un monastère de l’Épiphanie dans le Delta d’Égypte, in Bull. de l’IFAO 87 (1987), pp. 121-123. On notera que le nom arabe devrait avoir été lu avec imâla (Yanneh), leçon qui se rapproche de la forme copte invoquée. D’un autre côté, on observe la forme hors de la sphère copte ou copto-arabe. D’abord, l’éminent copiste copte a trouvé le traité en question à Damas! Et puis, GRAF signale, dans GCAL I, p. 433 (§ 121 fine), un palimpseste du IXe/Xe siècle, où l’index réfère le texte d’un certain «Yannah al-Ruhâwí» (Jean d’Édesse).
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2/2-3 (1978), pp. 10. Voir son éd./tr. dans Schriften des Johannes von Damaskos, II, Berlin / New York 1973 (Patristische Texte und Studien, 12), pp. 191-19831. L’Expositio a été traduite en arabe et est bien connue des milieux melkites; voir: GCAL I, pp. 377-378 (§ 103) & II, pp. 43-45 (§ 10.4-6) + 57-58 (§ 16.10-11); HMLEM III/1 (1983), pp. 276-279 + 281. Dans la note de BAC relevée plus haut, SAMIR Kh. confirme la correspondance, mais remarque que le version du KB diverge considérablement de celle de l’abbé Antoine de S. Siméon (Xe siècle), présente dans quatre mss. formant une double famille. Dans le même vol. de BAC, en annonçant le travail d’édition du texte arabe (pas encore conclu !), M. Abras (Rome), indique huit mss. au total transmettant le texte du Damascène, parmi lesquels, celui de Vat. ar. 178 (XIIIe-XIVe s.) représenterait «une tradition différente»32. Sur l’auteur dans la tradition arabe et sa relation avec l’islam en général, à part la notice de la GCAL déjà citée, voir la plus récente mise au point de R.F. GLEI, John of Damascus / Johannes Damascenus, in CMR I, pp. 295-301. Voir de plus les références signalées dans CAB I, pp. 157-158, et l’ouvrage important, ignoré par GLEI, de J. NASRALLAH, Manúûr ibn Saróûn alias Jean Damascène, Jounieh 1991 (Al-Fikr al-masíüí bayna al-ams wal-yawm, 6)33.
[10] Dans le même chapitre de KB sur l’Eucharistie (fol. 88r), nous avons dans la 8ème section (maqâla), un bref extrait d’al-Firdaws al-‘aqlí («Le Paradis spirituel»): une compilation patristique anonyme, connue uniquement en arabe mais d’origine grecque et à caractère parénétique, parfois attribuée à Jean Damascène, d’autres à Grégoire de Nysse. C’est sans doute dans l’épitomé qu’en a fait al-Úafí Ibn al-‘Assâl qu’IR a trouvé le texte en cause34. Deux théologiens chrétiens de l’Antiquité ont légué à la postérité les éléments constitutifs d’une doctrine «monothéiste» (chrétienne, musulmane et même juive …) concernant, d’une part, l’union de l’âme du corps et, de l’autre, la création temporelle du monde. Notre auteur copte du Moyen Âge les a mis à contribution par le biais de la transmission indirecte. [11] Ainsi le De natura hominis de NÉMÉSIUS D’ÉMÈSE (CPG 3550) fournit, indirectement, de longs extraits à IR pour son KB en liaison avec l’union christique (Q. III/2, fol. 12r-v). L’ouvrage de ce néoplatonicien de tendance porphyrienne qui écrit vers la fin du IVe siècle, est le premier grand texte 31 Double trad. ital. de l’ensemble du volume à partir de ce texte par A. SICLARI – S. RINALDI (Parma 1994) et V. FAZZO dans nº 142 de la Collana di Testi patristici (Roma 1998). 32 BAC 2/2-3 (1978), p. 3. Si ce ms. s’avérait être d’origine égyptienne, il pourrait bien être de la même famille que l’archétype du KB, sinon l’original même, si jamais le ductus se révélait être du type as‘adí (infra § 14). 33 Remaniement arabe de Saint Jean de Damas: Son époque, sa vie, son œuvre, Harissa 1950 (Les souvenirs chrétiens de Damas, 2). 34 GCAL I, pp. 413-414 (§ 114) & II, p. 397 (§ 6e).
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chrétien à traiter de l’anthropologie de l’homme. Entre autres, l’auteur y expose l’union du divin et de l’humain dans la personne de Jésus-Christ, dans des termes philosophiques s’inspirant de l’enseignement d’Ammonius Saccas sur l’union de l’âme et du corps, dont il transcrit plusieurs propositions35. La comparaison ou analogie ainsi établie a fait école chez les théologiens chrétiens de tous les temps, comme en témoigne le succès de l’œuvre et les avatars qu’elle a connus (malgré le fait qu’il s’agisse plutôt d’un texte philosophique pur, et même peu orthodoxe du point de vue strict de la doctrine chrétienne). C’est ainsi que les ch. 2-3, précisément sur cette question centrale, ont circulé séparément sous le nom de Grégoire de Nysse (CGP 3219)36, avant que lui soit attribuée la totalité du texte némésien dans presque toutes les langues chrétiennes, l’arabe inclus. Jean Damascène aussi, dont l’œuvre grecque a exercé un grand impact sur la littérature arabe melkite, en a intégré de larges extraits dans l’Exposé de la Foi susmentionné37. Par d’autres voies, le traité de Némésius ou le remaniement pseudo-grégorien original a été intégré dans un traité hermétique arabe des environs de 800, le Pseudo-Apollonius de Tyane, Le secret de la création ou Livre des causes, traduit en latin au Moyen Âge. La présentation la plus récente et approfondie de ce traité et sa postérité est due à M. CHASE dans DPhA, IV (2006), pp. 625-654 (N17). L’édition qui fait désormais autorité est celle de M. MORANI, Leipzig 1987 (Bibliotheca Teubneriana). Trad. ital. par le même, Salerno 1982; trad. angl. toute récente, abondamment annotée, par R.W. SHARPLES et P.J. VAN DER EIJK, Liverpool 2008 (Translated Texts for Historians, 49). Pour la tradition arabe, à part les pages correspondantes dans l’entrée citée de DPhA (pp. 652-654, § C, vi), voir: GCAL I, p. 319 (+ II, p. 130, § 38.1a)38; M. MORANI, La tradizione manoscritta del De natura hominis di Nemesio, Milano 1981, pp. 90-96; mais surtout Kh. SAMIR, Les versions arabes de Némésius de Homs, in L’eredità classica nelle lingue orientali, a cura di M. PAVAN e U. COZZOLI, Roma 1986 (Acta encyclopaedica, 5), pp. 99-150. L’auteur y traite aussi de la 35 Nous verrons plus bas (§ 27) que les citations d’Ammonius qui figurent dans la même question du KB semblent avoir été empruntées précisément à ce texte, même si indirectement. 36 Celui-ci, à son tour, a donné lieu au curieux Discours capital sur l’âme à Tatien attribué à Grégoire le Thaumaturge (CGP 1773 spuria), dont une double version arabe, l’une d’elle attribuée abusivement à Aristote ou encore à Avicenne et plus tard traduite en persan! Il n’y a pas lieu de développer ici cet aspect. Voir en tout cas la récente étude et édition de Rüdiger Arnzen, Aristoteles’ De Anima: Eine verlorene spätantike Paraphrase in arab. und pers. Überlieferung, Leiden 1998 (Aristoteles Semitico-Latinus, 9). 37 MORANI, Tradizione manoscritta (cité quelques lignes plus bas), pp. 104-114. 38 Notice concernant Isüâq b. Üunayn. En vérité, il y aurait 4 versions différentes et la version en question serait plutôt de son père.
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LES SOURCES D’UNE SOMME PHILOSOPHICO-THÉOLOGIQUE
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transmission indirecte. Noter que l’étude de M. ZONTA (1991), signalée dans DPhA pour la tradition syriaque, contient des éléments intéressants pour la tradition arabe. Le traité némésien ou plutôt son avatar grégorien est cité plusieurs fois dans MUD: deux longs extraits dans 34, 1-16 (le chapitre entier!) et 56, 73-167 fine; brefs passages dans 52, 9 + 20-21 & 61, 339. Il y est fait mention d’une recension divisée en 43 chapitres et intitulée K. Ýabí‘at al-insân ou K. al-Ýabí‘a tout court et est attribuée, comme toujours, à Grégoire de Nysse40. Dans MZ, p. 290 (nº 5e), il prend le titre d’al-Abwâb fí úifat ýabí‘at al-insân; divisé en 23 chapitres (!?) et sa traduction du grec, y est attribuée, fort justement, à «Üunayn b. Isüâq al-Mutaýabbib».
[12] JEAN PHILOPON, le dernier grand représentant de l’école d’Alexandrie déjà christianisée (vers 490-575), a exercé une grande influence sur la pensée chrétienne, et monothéiste en général, en matière de créationcontingence du monde. Nous avons pensé un moment qu’IR l’avait copié d’une manière ou d’une autre lors du traitement du même thème dans plus d’un endroit dans sa somme, ainsi que dans un bref traité conservé dans un unicum d’origine copte remontant au XVe siècle. D’autant plus que celui-ci figure à la suite d’un triple épitomé de textes attribués à l’auteur alexandrin, toujours en liaison avec la question. Épitomé, du reste, qu’Ibn al-‘Assâl transcrit dans MUD. Dans une note sous presse, nous avons exposé et discuté tout cela et sommes arrivé à la conclusion que, bien que la pensée de notre auteur copte rejoint, dans ses lignes générales, celle de Philopon, les arguments sont différents, de même que l’accent que met chaque auteur sur la pertinence de telle ou telle argumentation logique pour prouver la même chose. L’influence du maître gréco-alexandrin de la Basse Antiquité sur la pensée de son compatriote copto-arabe de l’époque médiévale s’est exercée plutôt par le biais de la diffusion générique de sa doctrine dans la philosophie arabe, quelle soit d’origine chrétienne ou musulmane. Les deux textes en question ont été publiés par G. TROUPEAU respectivement dans Mémorial André-Jean Festugière, éd. E. LUCCHESI – H. D. Saffrey, Genève 1984 (Cahiers d’Orientalisme, 10), pp. 77-88, et dans Annales Islamologiques, 18 (1982), pp. 37-44 (réédités dans son recueil d’études de Variorum, Aldershot 1995). Le passage de MUD, dont l’origine n’a pas été identifiée par l’éditeur ou le traducteur constitue le Livre IV. Notre note a pour titre À propos de deux textes 39 Avant même la parution de l’édition de WADI, les correspondances avec l’original grec avaient été établies par MORANI, Tradizione manoscritta cit., p. 95, puis corrigées tour à tour par SAMIR, Némésius cit., p. 109 et WADI, Sources MUD, p. 229, n. 11. Nos indications seraient à présent les plus complètes! 40 Données qui se conjuguent parfaitement avec celles rassemblées par SAMIR dans À propos CPG, p. 189 (ad nº 3550), et en général dans Versions arabes cit.
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sur la création-contingence du monde… et apparaîtra dans le prochain numéro 19 de Zeitschr. für die Gesch. der Arab.-Islam. Wissenschaften (Frankfurt a.M.).
Pour rendre compte pleinement de l’érudition patristique de notre encyclopédiste copte du XIIIe siècle, on signalera que KŠ puise abondamment dans cette littérature, qu’il s’agisse d’œuvres authentiques ou apocryphes. À côté des Pères mentionnés ici, on trouve: Eusèbe de Césarée, Épiphane de Salamis ou Jean Chrysostome, du côté grec, et du côté syriaque: Éphrem, Théodore de Mopsueste ou Jacques d’Édesse. On trouvera, de surcroît, Hippolyte de Rome et Jacques de Saroug parmi les Pères de l’Église dont les ouvrages sont cités dans KT41. D’une manière générale, on note une certaine rupture, chez les grands auteurs de notre âge d’or, avec la tradition nationale antérieure, qu’elle soit de langue copte ou arabe (traductions et florilèges). Dans ce sens, il faudrait revoir les considérations de Rubensen sur cette «troisième période» d’arabisation de l’héritage ecclésiastique copte42. Théologiens d’expression arabe À l’époque islamique, l’arabe a joué le même rôle que le grec, à l’époque antérieure, comme langue de communication entre les chrétiens de différentes appartenances etno-linguistiques ou confessionnelles. Comme nous l’avons affirmé ailleurs, les Coptes ont été arabisés plus tard que les autres minorités, mais du même coup, ils «ont pu mettre à profit l’immense travail déjà réalisé par leurs coreligionnaires des autres confessions, durant quelques cinq cents ans.»43. On ne s’étonnera donc pas de voir IR recourir aux ouvrages des auteurs de toute confession dans la mesure où ils servent son propos. Dans ce sens, les coptes ne sont pas plus privilégiés que les autres. Ainsi, ne trouve-t-on aucune trace, dans KB, du grand apologète copte que fut Sâwírus ibn al-Muqaffa‘, l’évêque d’Ashmunein au Xe siècle et le fondateur de la littérature copte d’expression arabe. Et que dirait-on des théologiens contemporains d’IR, tel al-Úafí Ibn al-‘Assâl, Abû al-Æayr Ibn al-Ýayyib ou Ibn Kâtib Qayúar, dont l’œuvre est antérieure à celle d’IR?44 Le Nomocanon du premier est seulement cité, conjointement avec ceux des prélats 41 Noter aussi le texte anonyme en liaison avec Alexandre le Grand (§ 30), qui appartient en dernière analyse à ladite littérature patristique. 42 S. RUBENSON, Translating the Tradition: Some Remarks on the Arabization of the Patristic Heritage in Egypt, in Medieval Encounters 2 (1996), pp. 4-14. Nous sommes gré à l’auteur de nous avoir procuré une copie de son travail. 43 SIDARUS, Essai sur l’âge d’or cit., p. 459; repris et modifié dans Renaissance cit., p. 329. 44 Au contraire de ce qui se passe dans MUD; voir WADI, Sources MUD, pp. 232-233 &
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Gabriel Ibn Turayk et Michel de Damiette, du XIIe siècle, dans la partie disciplinaire et liturgique45. [13] Dans la partie doctrinale, IR ne cite qu’un seul auteur copte, et un auteur de surcroît ignoré de toutes les sources. Il s’agit d’un certain ÓIRÓIS IBN BAÆÛM AL-MUTAÝABBIB, un praticien donc et, manifestement, philosophe eu égard au Maómû‘ («somme» ou «ensemble de sommaires/ épitomés») dont le long extrait forme dans KB la longue section 22 de Q. VII sur la notion de Nature (fol. 30v-32v). Un bref passage avait été invoqué plus tôt (section 10, fol. 26v-27r), sous le nom générique d’ «un certain sage/médecin» (ba‘¬ al-üukamâ’). Le titre donné à l’extrait principal est «De ce que la nature est propre au monde créé » . Il s’agit en fait d’un exposé basé sur le Timée naturel/médical de Galien, qui est conservé uniquement en arabe! Nous avons déjà fait connaître et analysé ce texte: Une justification du «monophysisme» due à un médecin-philosophe copte du XIIe/XIIIe siècle, in Études coptes IX: Onzième Journée d’études (Strasbourg, juin 2003), éd. Anne BOUD’HORS et al., Paris 2006 (Cahiers de la Bibliothèque Copte, 14), pp. 355-366. Plus tard, nous avons proposé de situer l’auteur vers le milieu ou la deuxième moitié du XIIe siècle: La pré-Renaissance copte arabe du Moyen Âge (2ème moitié du XIIe, début du XIIIe siècle), in Eastern Crossroads: Essays on Medieval Christian Legacy, ed. J.P. Monferrer-Salá, Piscataway NJ 2007 (Gorgias Christian Oriental Studies, 1), pp. 191-216, ici p. 205.
[14] Du reste, l’un des célèbres AWLÂD AL-‘ASSÂL, AL-AS‘AD ABÛ AL-FARAÓ HIBAT-ALLÂH — connu pour un ductus propre, le æaýý as‘adí — lui a fourni quand même une série de sources copiées (ou remaniées?) par lui-même, qu’il aurait trouvées, le plus souvent, à Damas. Nous regroupons ici-bas les données en question, mais non sans souligner qu’elles complètent nos informations sur les intérêts intellectuels de l’aîné des frères ‘assâlides, tels qu’évoqués par le simple inventaire de ses ouvrages transmis par les manuscrits. Bien plus, c’est grâce aux indications éditoriales précises fournies par IR que nous sommes en mesure de situer un peu mieux dans le temps son activité littéraire. Partant du traité sur l’Eucharistie de Jean Damascène, que nous avons vu plus haut (§ 9), Samir avait pu indiquer l’année 1230 (627 A.H.) comme la date la plus ancienne que nous connaissions à ce propos46. Mais comme Dirâsa, pp. 186-187. Sur la théologie à cette époque, voir SIDARUS, Renaissance cit., pp. 318319; première version dans Essai cit., pp. 454-456. 45 SIDARUS, pp. 114-115. On notera que les Canons d’Ibn Turayk, le 70ème patriarche (1131-1145), ont été entre-temps édités et analysés par Anýûniyûs ‘Azíz Mínâ, Beyrouth – Rome 1993, 2 vols. (Patrimoine arabe chrétien / al-Turâõ al-‘arabí al-masíüí, 12-13). Sur l’évêque Michel, voir Sidarus, Pré- Renaissance cit., pp. 198-199. 46 SAMIR, Al-As‘ad Ibn al-‘Assâl copiste cit. ad § 9.
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nous le rappelions dans la publication de la dispute philosophique sous l’égide d’Alexandre le Grand (infra § 30), le colophon de la transcription du texte nous permet de reculer de six années ce terme temporel, le fixant plus précisément en 1224 (621 A.H.). Al-As‘ad doit être mort avant 1260-1265. — — — —
Liste des copies exécutées par al-As‘ad qu’IR transcrit dans KB47: Q. VII/22: Óiróis ibn Baæûm, extrait de son Maómû‘, copie sans date (supra § 13). Q. VII/24: Dispute sur l’existence de Dieu sous l’égide d’Alexandre le Grand, copie datée de 627 A.H. (1230 A.D.; infra § 30). Q. VIII: Nestorius, al-Qawl al-õâní, copie non datée (supra § 8). Q. XVI/6: Jean Damascène, chapitre sur l’Eucharistie, copie datée de 621 A.H. (1224 A.D., supra § 9).
Dernière mise au point biobibliographique sur l’auteur par WADI, Dirâsa, pp. 89-96 & Muqaddima, pp. 465-466 (§ 49). Voir sinon: GCAL II, pp. 403-607 (§ 126); COQUIN, p. 83; CopEnc, p. 1228 (A.S. ATIYA).
[15] Du côté syro-jacobite, chrétiens partageant les mêmes croyances que les coptes, IR recourt fréquemment à ABÛ ZAKARIYYA YAÜY IBN ‘ADÍ AL-TAKRÍTÍ (893-974). Successeur de Farâbí à la tête de l’École de Bagdad, inlassable copiste et traducteur, philosophe et logicien de renom, Ibn ‘Adí a été le plus grand théologien spéculatif de langue arabe et a été particulièrement apprécié par les coptes de la Renaissance littéraire médiévale, jusqu’au point que la majeure partie de ce domaine de sa production intellectuelle a été sauvegardée pour la postérité dans leurs compilations ou écrits. Voir sur ce point en particulier les données éparses de GRAF, dans sa notice sur l’auteur dans GCAL II, pp. 233-249 (§§ 77-78)48, et de G. ENDRESS, dans sa bibliographie critique: The Works of Yaüyâ Ibn ‘Adí: An Analytical Inventory, Wiesbaden 197749. Puis, le chapitre correspondant dans l’ouvrage de Emilio PLATTI: Yaüyâ Ibn ‘Adí, théologien chrétien et philosophe arabe: Sa théologie de l’Incarnation, Louvain 1983 (Orientalia Lovan. Analecta, 14), pp. 33-5350. On en 47 Liste certes provisoire, car nous n’avons pas encore lu systématiquement la totalité de la somme d’IR, encore moins, de ses ouvrages encyclopédiques. 48 Noter surtout le nombre de manuscrits conservés en Égypte, ou bien originaires de là mais se trouvant dans les fonds de la Vaticane, de la Bibliothèque nationale de France (CopEnc, pp. 1776b-1883a) ou d’ailleurs. Par ailleurs, un certain nombre de manuscrits d’origine maronite, en écriture arabe ou en garchouni, sont des copies d’antigraphes coptoarabes, comme on le constate dans beaucoup d’autres cas. 49 Corrections et compléments par SAMIR Kh. dans BAC 3 (1979), pp. 45-58. On prendra note qu’à l’une ou l’autre exception près, les éditions de texte annoncées dans cette contribution n’ont pas pu voir le jour. 50 Il s’agit du § 4 du ch. 1, lequel étudie la figure et les œuvres du personnage d’après le témoignage des «auteurs arabes chrétiens». Or tous ces auteurs (et ouvrages collectifs) sont coptes! D’origine copte de même, s’avèrent la plupart des mss. qui transmettent son œuvre.
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retiendra qu’Ibn Kâtib Qayúar et al-Úafí Ibn al-‘Assâl ont fait des épitomés de certains de ses ouvrages, et que ce dernier s’en est amplement inspiré dans sa propre production théologique, comme ses deux frères du reste. Dans MUD, par exemple, ses travaux sont cités ou transcrits une vingtaine de fois et dans des chapitres entiers: PLATTI, Yaüyâ Ibn ‘Adí cit., pp. 36-46 (analyse détaillée à transférer maintenant à l’éd. de WADI). Pour le cas d’Ibn Kabar, MZ, voir de même PLATTI, Yaüyâ Ibn ‘Adí cit., pp. 47-50. Compléments de bibliographie sur l’auteur et son œuvre: EI XI, pp. 266a267a (G. ENDRESS, 2005); DAIBER I, pp. 958-959 (nº 9359-65; add. in Supp., p. 301) & II, pp. 543-545 + Supp, p. 422; CAB I, pp. 172-173 & II, p. 298; COQUIN, pp. 71-72; BAAC I (1990), pp. 14-22; BAC 3 (1979), pp. 45-63 & 4 (1980), pp. 100-105; RESCHER, pp. 130-134 (§ 29; logique en particulier). Ajouter: E. PLATTI, YbA, réflexions sur le Kalâm musulman, in StChrArHerit. (2004), pp. 177-197. Une autre étude de C. BAFFIONI dans le même volume collectif est mentionnée plus bas (elle comporte des indications bibliographiques supplémentaires!). Voir de plus la thèse de Maîtrise inédite de Nevine Mounir Tawfiq (Dép. de Philosophie, Fac. des Lettres, Univ. du Caire, vers 2002). À part les récentes éditions de textes indiquées plus bas, noter: E. PLATTI, La Grande Polémique anti-nestorienne de YbA., 2 tomes, Louvain 1981-82 (CSCO 427-28 + 437-38 = Scr. Ar. 36-37 + 38-39). Dans KT, Partie I, on trouve cité un K. al-Burhân qui lui est attribué (GCAL nº 30; ENDRESS, nº 8.18; BAC 4, §§ 471-74); nous donnons plus d’informations sur cet ouvrage dans l’article sur cet ouvrage-là51.
Pour revenir à notre KB, PLATTI a méticuleusement examiné les citations ou extraits qui appartiennent au philosophe-théologien de Bagdad, à partir du témoin principal: l’autographe tardif conservé à la Vaticane, c’est-à-dire notre ms. A. Presque tous ont été empruntés à la deuxième partie de la Réfutation d’Abû ‘Ísâ al-Warrâq, éditée plus tard par PLATTI lui-même. Al-Warrâq / Yaüyâ Ibn ‘Adí, De l’Incarnation, éd./trad. E. PLATTI, Leuven 1987 (CSCO 490-491 = Scr. Ar. 46-47). Pour la première partie ou la polémique contre la Trinité, voir le texte du contradicteur musulman: D. THOMAS, Anti-Christian Polemic in Early Islam: Abû ‘Ísâ al-Warrâq’s ‘Against the Trinity’, edited and translated, Cambridge 1992 (Univ. of Cambridge Oriental Pub., 45). L’analyse des références (QQ. III, V, VII, XL) se trouve dans PLATTI, op. cit., pp. 46-47, qu’il faut reporter aujourd’hui à son édition du texte, là où cela est pertinent. La dernière référence comporte une série de petites erreurs, qui seront rectifiées dans l’édition de la partie respective52.
Dans la Q. VII sur la Nature, la 2ème section commence (fol. 23v) par 51
Voir plus haut note 11. GRAF signale dans GCAL (p. 240) que des citations se trouvent aussi dans QQ. XVI-XIX, d’après un épitomé d’Ibn Kâtib Qayúar. C’est un lapsus, car il s’agit en réalité de MUD 16-19, comme cela avait été déjà repéré par PLATTI, op. cit., p. 34, n. 134. 52
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une citation sur la notion en cause due au même auteur sans indication de source. Platti l’a identifiée comme provenant du traité Fí al-mawóûdât53. Édition à partir d’un ms. d’Istanbul, avec traduction turque, par M. TÜRKER, Yaüyâ Ìbn-i ‘Adí’nin varlåklar üakkåndaki makalesi, in Ankara Üniversitesi Dil ve Tarih-Coórafya Fakültesi Dergisi, 17 (1959), pp. 145-157. Nouv. éd. dans la compilation de Saübân Khulayfât, Maqâlât YbA al-falsafiyya, Amman 1988, pp. 26627954. Voir de plus: PLATTI, op. cit., 87-91; C. BAFFIONI, «The Concept of ‘Nature’ in YbA (A Comparison with the Ikhwân al-Safâ’)», in StChrArHerit. (2004), pp. 199-204 (l’auteure ne connaît pas l’exposé dont il est question ici!).
[16] Un coreligionnaire d’Ibn ‘Adí, de Bagdad aussi mais du siècle antérieur, est EUSTATHE LE MOINE (Usýâõ al-Râhib), dont l’Apologie du christianisme — vaguement identifiée comme Kitâb U.R. — est longuement citée à deux reprises dans KB. Sans autre œuvre chrétienne sinon une homélie sur la Vierge Marie qui lui est attribuée dans un uncium, cet auteur est sans doute le traducteur du IXe siècle connu des sources arabes. Aux références données dans GCAL II, pp. 256-257 (§ 81) et celles complémentaires dans SIDARUS, p. 133, n. 43, il faut ajouter: Ullmann II, pp. 9 + 431; EI X, pp. 1001b-1002a (G. STROHMAIER, 2000); DAIBER II, p. 58 & Supp., pp. 321-322.
Manifestement sans connaître tous ces travaux, SWANSON a analysé dernièrement le dossier55, arrivant aux mêmes données établies par GRAF quant au personnage, et que nous avions avérées à notre tour. Il apporte toutefois des nouveautés quant à la nature de l’ouvrage et de sa transmission textuelle, qui s’avère essentiellement copte! Mais surtout, grâce à une comparaison serrée de quelques passages avec leurs correspondants dans l’ouvrage de Sâwírus Ibn al-Muqaffa‘ intitulé K. al-Bayân al-muætaúar fí al-ímân56, il suggère que celui-ci représente en réalité un épitomé ou un remaniement de l’autre57. Comme conséquence secondaire, ledit Kitâb Usýâõ 53 PLATTI, op. cit., p. 47. Le traité correspond au nº 5.11 de l’inventaire D’ENDRESS. Nous avons relevé un passage identique au ch. 12 du K. Manfa ‘a d’IBN AL-FAùL, trad. de Graf, p. 63 (infra § 19). En effet, les deux auteurs se réfèrent à Aristote, Phys. II, 1, d’après les données du même Graf. 54 Non consulté; cf. DAIBER, nº 9361. 55 M. N. SWANSON, ‘Our Brother the Monk Eustathius’: A ninth-century Syrian Orthodox Theologian known to Medieval Arobophone Copts, in Coptica 1 (2002), pp. 119-140. Voir aussi la synthèse du même auteur dans CMR I, pp. 907-910. 56 GCAL II, pp. 312-313, § 99.5. SAMIR Kh. en a donné des extraits dans deux revues égyptiennes entre 1976 et 1984; SWANSON, ‘Our Brother the Monk Eustathius’ cit., p. 123, n. 15. 57 SWANSON s’appuie, entre autres, sur deux travaux académiques réalisés sous son orientation. Il nous a informé dernièrement que l’attribution de l’ouvrage à Ibn al-Muqaffa‘ doit être rejetée: le K. al-Bayân daterait de la fin du XIe siècle.
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(al-Râhib al-Mašriqí) peut avoir effectivement eu le titre de K. al-Bayân que lui donne Ibn Kabar dans MZ, p. 321 (nº 17). La première fois que nous rencontrons le nom d’Eustathe dans KB, c’est dans Q. XVI sur l’Eucharistie, plus d’une fois mentionnée dans ses pages. Bien qu’il s’agisse de la partie liturgique, cette question, au contraire des deux qui la suivent, est éminemment doctrinale. Faisant suite au texte apocryphe d’Athanase le Grand (supra § 6), le 4ème dans l’ordre est celui extrait de notre Apologie (fol. 68v-72r). Le contenu est pratiquement identique à celui des extraits qu’a donnés SAMIR du K. al-Bayân al-muætaúar d’Ibn alMuqaffa‘ en 1977 déjà58, confirmant sans le savoir l’hypothèse avancée par SWANSON. L’autre extrait de l’ouvrage apologétique du moine de Bagdad, bien plus bref, se trouve dans une des trois longues qaestiones sur la christologie (Q. XLIII/2, fol. 204v-205r), inaugurant une série de trois écrits sur l’embryon, censés justifier ce qui a été dit de la vie de l’embryon divin dans le sein de la Vierge Marie; la question a vivement intéressé les théologiens chrétiens anciens59. Les deux autres sont dus à Hippocrate et au PseudoHermès, comme nous verrons plus bas. Dans l’Appendice II de l’article de Swanson (pp. 139-140), le texte transcrit par IR est pris à témoin conjointement avec deux manuscrits du texte original pour confronter celui-ci avec l’ouvrage attribué à l’évêque d’Ashmunein. [17] Grand polygraphe syro-arabe, de Bagdad encore une fois, mais alors nestorien et de presque deux siècles plus jeune, ABÛ AL-FARAÓ ‘ABDALLÂH IBN AL-ÝAYYIB (m. 1043) est invoqué régulièrement dans KB, moins abondamment certes que dans KŠ60. En grande partie, dans le même sens, à savoir: comme commentateur de passages bibliques61, mais ici presque exclusivement du N.T., en consonance avec l’emploi qu’en fait IR. Par coïncidence, il s’agit le plus souvent des quaestiones portant sur la Christologie, QQ. XLI-XLIII! Il y aurait de plus la série des trente preuves ou propositions (nukat) des Nestoriens dans Q. XLII (fol. 197r-203r fine), qui font suite aux trois autres mentionnées sous Nestorius (supra § 8) et qu’IR réfute tour à tour. Nous pensons que ces «arguments fallacieux» proviennent du traité perdu, 58 SAMIR Kh., As’ila fí al-Qurbân al-muqaddas li-SbM …, in Úadíq al-Kâhin, 17/I (Maadi 1977), pp. 35-53 & 17/II (idem), pp. 39-64. 59 M.-H. CONGOURDEAU, L’embryon et son âme dans les sources grecques (VI e av. JC – V e ap. JC), Paris 2007 (Monographies [du Collège de France], 26); L. BRISSON – M.-H. CONGOURDEAU – J.-L. SOLÈRE (éds.), L’Embryon, Formation et Animation: Antiquité grecque et latine, traditions hébraïque, chrétienne et islamique, Paris 2008 (Histoire des doctrines de l’Antiquité classique, 38). 60 SIDARUS, p. 90. 61 SIDARUS, p. 130.
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le Ta‘díd ârâ’ al-nâs fí al-ittiüâd wa-üuóaóuhum (14 ch.), qui nous est connu des milieux coptes, notamment des Awlâd al-‘Assâl, dont on a souligné les relations avec IR. Voir là-dessus GCAL II, pp. 172-173 (§ 51.10). Comme bien observé par GRAF, il n’est pas sûr que toutes les citations en question de MUD appartiennent à ce traité. Nous ne pouvons pas nous arrêter ici sur les alternatives avancées. Notons seulement que, dans le 2ème groupe de citations, il ne s’agit guère du ch. 8 de l’original, mais du 8ème principe (aúl) de l’ouvrage d’al-Úafí Ibn al-‘Assâl que son frère al-Mu’taman dit transcrire (les références au MUD sont à actualiser d’après la liste ici-bas).
Il faut rappeler que, d’une manière générale, ce philosophe et théologien nestorien se trouve être un auteur favori des écrivains coptes de l’âge d’or de leur production en langue arabe. De toute manière, son ouvrage Firdwas al-nasrâniyya/al-bí‘a a été le seul en langue arabe à commenter systématiquement l’ensemble des Livres de la Bible! GCAL II, pp. 160-176 (§§ 50-51). Compléments in SIDARUS, pp. 90-91, n. 11; DAIBER I, pp. 433-435 (nº 4380-81); II, pp. 205-206; Supp., pp. 144, 311, 351. Plusieurs textes édités et/ou traduits par G. TROUPEAU se trouvent rassemblés à présent dans son recueil d’Études sur le christianisme arabe au Moyen Âge, Aldershot 1995 (Variorum Collected Studies Series CS515). Études plus récentes in: COQUIN, p. 68; CAB I, p. 134-35 & II, p. 270. Noter en particulier l’article de S. Kh. SAMIR, Place d’Ibn al-Ýayyib dans la pensée arabe, in Bayn al-Nahrayn, 25 (1997), pp. 63-7762. À propos de la tradition copte, nous avons indiqué, dans les pages de notre monographie tout juste mentionnée, plus d’une demi-douzaine de références à GCAL. Il faut actualiser à présent les données suivantes: MZ, pp. 304-305 (nº 15); MUD 8/5 (section entière); 11, 92-101; 19, 28-51; 27, 12-13; 49, 47-51. Ajouter par ailleurs le cas de Buýrus al-Sadamantí (fl. 1260-70). Non seulement il emploie et cite abondamment l’exégète nestorien dans son Commentaire sur la Passion, mais il lui emprunte, tout en l’enrichissant, l’apologie de la science qui précède son grand commentaire des Évangiles63, en faisant d’elle l’une des introductions méthodologiques à son propre ouvrage64.
[18] Considéré jusqu’à peu comme nestorien, AL-MUÆTÂR ABÛ AL-ÜASAN 62
Article «horriblement massacré», d’après les dires de l’auteur. S. Kh. SAMIR, Nécessité de la science: Texte de ‘AbÝ, in ParOr 3 (1972), pp. 241-259 & 5 (1974), pp. 243-279. 64 Kamel William SAMAAN, Le commentaire exégétique du récit de l’Agonie par B.S. (exégète copte du XIIIe siècle), Intr., éd. crit., trad. fr. et lexique, Rome 1982 (Thèse de doctorat inédite, Pontificia Universitas Gregoriana, XXXVII + 595 pp.); BUÝRUS AS-SADAMANTÍ, Introduction sur l’Herméneutique / Al-Muqaddima f í al-Tafsír, éd./trad. P. VAN DEN AKKER, Beyrouth 1972 (Recherches, N.S. – B: Orient Chrétien, 1); A. SIDARUS, Un exégèse copto-arabe du 7e/XIIIe siècle: B. S. et son Traité…, in Bibliotheca Orientalis 35 (1978), pp. 21a-25a. 63
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IBN BUÝLÂN semble bien avoir été melkite. Philosophe et médecin, il est a été le disciple d’Ibn al-Ýayyib et, vers le milieu du siècle, a entrepris un long voyage qui l’a mené jusqu’au Caire, à la fin de 1049, puis à Constantinople, dans l’année tragique du schisme entre Romains et Byzantins (1054), avant qu’il ne se retire dans un monastère à Antioche, où il est meurt après 1063. IR transcrit le traité sur l’Eucharistie commandité justement par le patriarche Michel Cérulaire, en pleine dispute avec les Romains sur la question (!). Il suit immédiatement (fol. 75r-87v) celui d’Eustathe le Moine dont nous venons de parler. Et c’est précisément à partir de ce témoin indirect que GRAF a fait connaître ce texte à partir des trois mss. du Vatican du KB, texte qui se trouve conservé dans au moins deux autres manuscrits. G. GRAF, Die Eucharistielehre des …, in Oriens Christianus 35 (1938), pp. 4470 + 175-191. — Sur l’auteur en général, voir: GCAL II, pp. 191-195 (§ 55); EI III, pp. 763a-764b (J. SCHACHT, 1968); GAS III (1970), passim; Ullmann I (1970), pp. 157-158. Noter la nouv. éd. du Taqwím al-úiüüa / Tacuini sanitatis par H. ELKHADEM (Leuven 1990). Traductions récentes de deux maqâma-s par J. DAGHER et G. TROUPEAU, chez Geuthner: Le banquet des prêtres & Le banquet des médecins (Paris 2004 & 2007).
[19] Un coreligionnaire contemporain mais d’Antioche, est le grand traducteur et compilateur ABÛ AL-FATÜ ‘ABD-ALLÂH IBN AL-FAùL, surnommé «al-Üakím al-Anýâkí» par IR. D’abord une brève citation dans Q. I/1 sur le composé (fol. 4v). Et puis, une double citation au tout début de la Q. V sur l’hypostase (fol. 20r), avant les longs extraits sur la matière de la plume d’Ibn ‘Adí (supra § 15). D’après Graf, celle-ci proviendrait du K. al-Manfa‘a al-Kabír65, alors que la toute première citation (et éventuellement d’autres définitions) viendrait de «l’un quelconque de ses textes philosophiques»66. L’ouvrage mentionné demeure encore inédit, mais GRAF l’a étudié et en a traduit quelques définitions utiles dans une de ses premières publications, Psychologische Definitionen… (1913), rééd. à présent par H. KAUFHOLD: G.G., Christlicher Orient und schwäbische Heimat: Kleine Schriften, Beyrouth 2005 (Beiruter Texte und Studien, 107a-b), vol. II, pp. 481-502. Sur l’auteur en général, voir: GCAL II, pp. 52-68 (§§ 16-17); HMLEM III/1 (1983), pp. 191-229 + 404 (add.)67; DAIBER, Supp., p. 309. Voir aussi Kh. SAMIR, Bibliographie du dialogue islamo-chrétien: Auteurs arabes chrétiens (XIe-XIIe siècles), in Islamochristiana 2 (1976), pp. 210-214 (§ 22.7). 65
GCAL II, pp. 59-60, § 17.15. Les extraits pourraient venir du ch. 9 ou 65. GCAL II, p. 64, § 28 fine. 67 Du même auteur, voir la notice publiée dans la même année, dans Proche-Orient Chrétien 33 (1983), pp. 143-159; elle doit reproduire ce qu’il dit dans son manuel. 66
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[20] L’ouvrage anonyme «d’un franc (firanó) ou d’un byzantin (rûm)» fournit à IR quelques développements à Q. III/4 (fol. 14r-16v), sur Dieu, les quatre éléments et l’union christique. Il s’agit en fait du Kitâb al-Burhân, attribué faussement à SA‘ÍD IBN BAÝRÍQ, le patriarche Eutychius d’Alexandrie (m. 940), parfois même à Athanase le Grand. En réalité, il pourrait avoir été rédigé ou compilé, partiellement ou non, par un certain diacre (ou évêque) melkite de Bayt al-Ra’s (Capitolias, auj. en Jordanie) au nom de BUÝRUS IBN NASÝÂS AL-BAYT-RA’SÍ. La transmission manuscrite et la critique interne indiquent la fin du IXe ou le début du Xe siècle pour la composition de l’ouvrage. Divisé en quatre parties, la première semble constituer le noyau originel et c’est elle qui porte, parfois seule, le titre de K. al-Burhân. C’est la partie la plus longue et elle comporte un caractère doctrinal et apologétique, assez proche de Jean Damascène (supra § 9). C’est elle précisément qui est longuement citée dans KB68. Dernière mise au point, avec références détaillées, dans l’article de M. N. Swanson, Peter of Bayt Ra’s, in CMR I, pp. 902-906. Il faudrait ajouter au travail cité de M. BREYDY (1985), son autre intitulée Études sur SbB et ses sources, Louvain 1983 (CSCO 450 = Subs. 69), pp. 89-94. Ajouter de même l’éd. d’un extrait, savamment commenté du point du point de vue de la langue, par Joshua BLAU, A Handbook of Early Middle Arabic, Jerusalem 2002 (The Max Schloessinger Memorial Series – Monographs, 6), pp. 85-95 (Text iii). Sinon, voir: GCAL II, pp. 35-38 (§ 8.3); HMLEM, II/2 (1988), pp. 31-34 & pp. 143-145 (exposés indépendants et non harmonisés!). L’édition standard, qui se base sur le plus ancien ms. (presque du même âge que la composition de l’ouvrage) est de P. CACHIA, avec trad. de W. M. WATT, encore attribuée à Eutychius of Alexandria, The Book of the Demonstration (Kitâb al-Burhân), 2 Parts in 4 vols., Louvain 1960-61 (CSCO 192-93 & 209-10 = Scr. Ar. 20-23).
D’autres auteurs arabes chrétiens figurent parmi les sources du KT. Nous avons déjà fait allusion à Yaüyâ ibn Sa‘íd al-Anýâkí (n. 10). Deux autres historiens melkites (!) se trouvent abondamment cités: Sa‘íd Ibn Baýríq et Maübûb ibn Qusýanýín al-Manbióí. Du côté copte, nous avons Abû al-Makârim Ibn al-Qulzumí et le réformateur polémique Marqus Ibn Qunbar, passé par moments à l’Église melkite. Enfin, Abû al-Faær al-Mutanaúúir/Masíüí, un néo-chrétien d’origine juive.
68 Symptomatique de la curiosité scientifique de notre auteur est le fait d’aller lire, sans préconcept, les ouvrages produits par les coreligionnaires d’autres confessions, même si au départ il sait qu’ils défendent une doctrine théologique différente sinon opposée. En l’occurrence, il y a rencontré matière pour étayer ses propres positions quant à la Nature unique, sans nécessité de trop altérer ou émonder le texte.
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Auteurs musulmans Ce n’est guère pour leur œuvre spécifique qu’IR cite les coryphées de la philosophie musulmane: Farâbí, Ibn Sínâ, Øazzâlí. En fonction de ses préoccupations théologiques apologétiques, ce sont leurs ouvrages de logique qui l’intéressent, tout comme les manuels tardifs de cette discipline, ceux de Faær al-Dín al-Râzí, de Æûnóí et d’al-Zayn al-Kašší. Dès Q. I/1 sur le composé (murakkab/mu’allaf; fol. 4v), ces auteurs sont mentionnés en bloc, avec leurs ouvrages respectifs, comme défendant — «ainsi que d’autres» (wa-øayruhum), ajoute IR! — le syllogisme suivant dont il rejette la validité: «Tout corps est composé, et tout composé est créé, donc tout corps est créé» (kullu óism mu’allaf wa-kullu mu’allaf muüdaõ fa-kullu óism muüdaõ)69. Dans les questions suivantes II et III, on trouve plusieurs propositions ou syllogismes logiques introduis par des formules génériques type (qíla/yuqâl) fí al-manýiq, qâla al-mutaqaddimûn/muta’aææirûn et expressions semblables [21] Nous nous arrêterons sur chacun de ces auteurs, mais disons tout de suite que ce n’est que dans les ‘Uyûn al-üikma du célèbre ABÛ ALÍ IBN SÍNÂ (Avicenne), mentionnés en première position70, que nous avons trouvé ledit passage littéralement — du moins jusqu’à nouvel ordre. En vérité, c’est à cet auteur et à ce manuel exclusivement que recourt IR ailleurs dans sa somme (toujours dans sa 1ère partie sur la logique), que ce soit explicitement ou non71. Dans la Q. V sur l’Hypostase, quelques propositions de l’ouvrage sont citées à la suite d’autres d’Ibn ‘Adí (supra § 15), mais aussi dans une glose marginale exclusive à la dernière «édition» du KB (fol. 21r). Ceci nous montre bien l’intérêt qu’avait IR pour ce manuel. Du reste, on trouve le médecin-philosophe du XIe siècle souvent cité dans la théodicée, même si via al-Faær al-Râzí72. Nous rappellerons que l’ouvrage est un classique, ayant été traduit au Moyen Âge latin sous le titre de Fontes sapientiae. Ibn al-‘Assâl aussi le cite plusieurs fois dans MUD73. 69 En vue de sauvegarder, prétendument, la divinité éternelle de Jésus-Christ, car IR ne prétend pas, certes, que son corps ait été éternel ante quo. 70 En fait, dans deux des trois témoins (mss. A et C). Il figure en deuxième position après le Mûóiz de Khûnóí (v. infra), dans B qui, pour ces débuts de KB, représente — rappelons-le — un témoin de la première rédaction! 71 Parmi ces dernières, p. ex., nous trouvons quelques-uns des passages cités sans indication de source. 72 Il est évident qu’IR est éclectique en utilisant la somme théologique de Râzí (infra § 26). 73 WADI, Sources MUD, p. 235 & Dirâsa, p. 188, § 27. Pourtant, les mentions ou citations font partie, en général, d’ouvrages étrangers à Ibn al-‘Assâl, qui se trouvent intégrés dans sa somme.
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Ibn Sínâ, ‘Uyûn al-üikma (Avicennae Fontes Sapientiae), éd. ‘A. R. BADAWÍ, Le Caire: IFAO, 1954 (Mémorial Avicenne, 5), p. 5. Nouv. éd. ou simple rééd. Beyrouth 1980. Étude avec trad. allem. par M. MUTHREICH, Theoretische Grundlagen im Gottesbegriff bei Avicenna, Giessen 2000 (Thèse; cf. DAIBER, Supp., p. 214, nº 6576/1). Trad. lat. DAIBER, nº 458 (reprint signalé dans Supp., p. 17)74.
[22] L’ouvrage du «prince des philosophes musulmans», ABÛ AL-NAÚR AL-FARÂBÍ (Alfarabius), mentionné en dernière position (!) dans la citation générique d’IR est le ‘Uyûn al-masâ’il, qui a connu une version latine médiévale, peut-être du célèbre Gérard de Crémone: Flos Alfarabii. On le retrouve à nouveau dans Q. VII/12 (fol. 27v), où il est question de la liberté absolue de Dieu même quand il agit comme cause d’actes tenant de la nature. Le passage fait suite à une double citation de Cyrille de Jérusalem d’abord (supra § 5) et d’al-Faær al-Râzí ensuite (infra § 26). L’attribution avait été mise en doute sans grand fondement. À la suite d’une critique interne poussée, Joep LAMEER arrive à prouver l’attribution contestée: Al-Farâbí and Aristotelian Syllogistics: Greek Theory and Islamic Pratice, Leiden-Boston-Köln 1994 (Islamic Philosophy, Theology and Science – Texts and Studies, 20), pp. 24-25 + 39. Au sujet de la version latine, voir les indications de DAIBER, nº 476 & 8020; voir aussi nº 5202a (Supp.). Le témoignage favorable d’IR vient s’ajouter aux témoins indirects, comme celui, par exemple, de son compatriote et contemporain Ibn Abí Usaybi‘a. D’après les indications de Daiber (nº 956), la plus récente édition du texte devrait être celle de F. ‘Aýâwí, dans son ouvrage Al-Farâbí, faylasûf al-madína al-fâ¬ila, Beyrouth 1978, pp. 39-49. Au ch. 7 du MUD, sur la continuité avérée du christianisme à travers le temps et l’espace, la 3ème section (qawl = §§ 34-51) transcrit de longs passages du ch. 5 d’un K. ‘Ilm al-üaqâ’iq comme étant de Fârâbí. Pourtant, un ouvrage avec un tel titre ne semble pas exister dans le cadre de son œuvre.
[23] Quant à ABÛ AL-ÜAMÍD AL-ØAZZÂLÍ (Algazel), «l’Autorité décisive de l’Islam» (Üuóóat al-Islâm), c’est le manuel de logique intitulé Maqâúid al-falâsifa, une introduction au bien connu livre Tahâfut al-falâsifa, qui est mentionné lors de la citation du syllogisme rejeté par IR: en deuxième ou troisième position selon les manuscrits. Là aussi, même si nous n’avons pas pu confirmer l’allégation en cause75, on ne peut pas dire qu’IR ait invoqué le livre sans le connaître, car il en extrait une double citation à la fin de la dernière quaestio sur la théodicée, Q. XL sur l’essence et les attributs en Dieu (fol. 182v-83r). 74 Il nous semble inutile de présenter les grandes figures de la pensée musulmane comme telles. Nous nous limitons aux ouvrages cités dans KB. 75 AL-ØAZZÂLÍ, Maqâúid al-falâsifa, éd. Sulaymân DUNYÂ, 3e éd., Le Caire 1960.
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À son tour, l’ouvrage est devenu un classique, ayant été traduit, lui aussi, en latin au XIIe siècle sous le titre d’Intentiones philosophorum; voir DAIBER, nº 3511; cf. nº 3514 (s.v. M. ALONSO, où il s’agit en fait d’une traduction largement établie à partir de la version latine); cf. de même le nº 465, avec le reprint signalé dans Supp., p. 18. Mais là encore, la question de l’authenticité à été soulevée sous le prétexte que ce manuel représente, en définitive, une mise en arabe remaniée du Dânešnâme d’Avicenne; voir entre autres G. G. HANNA, Die Hochscholastik um eine Autorität ärmer, in Festschrift für Hermann Heimpel, Göttingen 1972, vol. II, pp. 884-899. Mais comme il a été soutenu de différents côtés, ce constat n’infirme en rien l’attribution à Øazzâlí. Disons seulement qu’à côté du témoignage de la traduction latine, qui a été réalisée assez tôt après la parution de l’ouvrage arabe, nous avons celui de Faær al-Dín al-Râzí, sur lequel nous reviendrons tout de suite, et d’IR enfin.
Avant d’aborder le dossier plus complexe de Râzí, parlons rapidement des deux derniers auteurs référencés plus haut. [24] En premier lieu, FAùL AL-DÍN ABÛ ‘ABD-ALLÂH MUÜAMMAD IBN NÂ(1194-1249), dont le Mûóiz («Précis (de logique») figure en troisième position dans les manuscrits A et C, mais en première dans B, comme nous l’avons expliqué plus haut. D’origine persane, il semble qu’il ait été médecin, en tout cas muftí et qâ¬í, au Caire, s’étant distingué comme logicien. MÛR AL-ÆÛN(A)ÓÍ
GAL I, p. 463 (§ 21) + S I, p. 838; RESCHER, pp. 194-195 (§ 81); ‘Umar Kaüüâla, Mu‘óam al-mu’allifin, 15 vols., Beyrouth 1957-61, ici: vol. 12, p. 73. Le Mûóiz ne semble pas édité, bien qu’il ait été utilisé dans l’enseignement nord-africain jusqu’aux temps modernes. Par contre, le Óumal, un autre manuel de logique, l’a été par Sa‘d Øurâb, Risâlatân fí al-manýiq, Tunis 1976, pp. 27-40.
[25] Vient par la suite ladite «Kaššiyyat al-Zayn». Il s’agit en fait de la Muqaddima fí al-üikma wal-manýiq de ZAYN AL-‘ÂBIDÍN AL-KAŠŠÍ (ca. 11801268), l’équivalence nous étant fournie lors d’une citation dans Q. XXXIX sur l’existence et l’unité de Dieu, 2ème prolégomène (fol. 179r). Mais déjà dans VII/14 (fol. 27v-28r), il cite le logicien pour étayer l’argument selon lequel la Nature ne peut cesser d’agir, car ses actions tiennent d’un élan inné et non volontaire. Al-Zayn aurait été disciple d’al-Faær al-Râzí. On voit que le manuel a eu du succès (dans les milieux égyptiens en particulier?) pour avoir circulé sous un surnom tiré du nom de l’auteur. Malheureusement, nous n’en connaissons pas d’édition. GAL II, p. 280 + S I, p. 84; RESCHER, pp. 191-192 (§ 78). Voir aussi G. GRAF, Die Philosophie und Gotteslehre des Jaüjâ ibn ‘Adí und späteren Autoren: Skizzen
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nach meist ungedruckten Quellen, Münster 1910 (Beiträge zur Gesch. der Philosophie des Mittelalters, VIII/7), p. 76.
[26] Le livre de logique de FAÆR AL-DÍN ABÛ ‘ABD-ALLÂH IBN AL-ÆAÝÍB qu’IR invoque est al-Âyât (al-bayyinât fí ‘ilm al-manýiq), un manuel divisé en dix chapitres, dont la nature a été méconnue jusqu’assez récemment, comme d’ailleurs ses autres manuels ou commentaires de logique. AL-RÂZÍ
Après les brèves notes de RESCHER, pp. 183-185 (§ 71) & passim, c’est A. Djavad FALATURI qui a mis cela en valeur la logique chez notre auteur: FDR’s Critical Logic, in Yâdí-nâme-ye Irâni-ye Monorsky, Téhéran 1969 (Pub. of Tehran University, 1241 = Ganjíne-ye Taüqíqât-e Irâni, 57), pp. 51-79 (avec des éléments bibliogr. intéressants). Bien qu’il s’opposait à logique d’Ibn Sínâ, alFaær a longuement commenté son ‘Uyûn al-üikma, texte édité entre-temps en 3 vols. par Aümad al-Üióâzí al-Saqqâ (Téhéran 1994), à part d’autres travaux sur la logique (cf. DAIBER infra). Il semble que la seule édition existante des Âyât soit celle intégrée dans le commentaire qu’en adonné ‘Abd al-Üamíd Ibn Abí al-Üadíd (1191-1257/58), Šarü al-Âyât al-bayyinât, éd. MUÆTÂR ÓABALÍ, Beyrouth 1996 (non consulté).
En vérité, ce n’est pas tant ce manuel de logique de notre auteur musulman, qui a intéressé IR. C’est plutôt sa grosse somme théologique intitulée K. al-Arba‘ín ‘alâ uúûl al-dín76, laquelle lui a servi de base pour construire sa théodicée dans KB (QQ. XXVIII-XL)! En fonction de cela, nous avions consacré, dans notre ouvrage sur Ibn al-Râhib, tout un appendice sur le personnage et son ouvrage, de même que sur la modalité de son usage par l’écrivain copte dans son traitement de la question77. Rappelons brièvement qu’al-Faær al-Râzí (1149-1209) est un grand polygraphe et mutakallim d’origine persane — comme les grandes et moins grandes figures que nous avons évoquées jusqu’ici. Parti d’une position aš‘arite modérée, il s’en écarte, tout en adoptant l’argumentation logique dialecticienne. Au-delà de son impact sur la société musulmane, il a été apprécié par les écrivains juifs et chrétiens78, en particulier par les coptes de l’âge d’or de leur littérature de langue arabe. 76
Quand IR cite le titre in extenso, la partie finale est: f í ahl al-sunna. L’édition la plus récente de l’ouvrage est celle en 2 vols. d’Aümad al-Üióâzí al-Saqqâ (Beyrouth 1424/2004). 77 SIDARUS, pp. 134-135 + 104-107 (présentation des quaestiones elles-mêmes). On trouve l’Arba‘ín cité une fois hors de la théodicée, à savoir une brève assertion tirée du ch. 15, dans une note marginale de la «3e éditon» (fol. 4v), ajoutée postérieurement dans le ms. représentant la «2e édition» (pour la portion en cause). 78 Chrétiens d’Occident inclus; voir A. CORTABARRIA, La connaissance des textes arabes chez Raymond Martin, in Islam et Chrétienté du midi (XIIIe-XIVe s.), Toulouse 1983 (Cahiers de Fanjeaux, 18), pp. 279-300, ici p. 285. Rappelons l’impact de ce plus grand arabiste du M.A. chrétien sur ses confrères dominicains, Thomas d’Aquin inclus… Voir à ce propos le travail de Ìskenderoólu mentionné tout de suite.
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Données éparses dans GCAL II (cf. vol. V-Index, p. 134b) et dans Graf, Jaüjâ ibn ‘Adí cit. Pour MUD, où Râzí s’avère être l’auteur musulman le plus apprécié et son K. al-Arba‘ín, à côté d’autres, souvent cité, voir WADI, Sources MUD, pp. 235-236; Dirâsa, p. 188, § 27. En Orient syriaque, Barhebraeus dit bien de lui, dans ses Annales (année de son décès 606/1209), et va jusqu’à le comparer à Origène!79 Après l’apparition de l’excellent article de G.C. ANAWATI dans l’EI I, pp. 770a773b (1963), plusieurs études d’ensemble et de détails ont vu le jour; voir: SIDARUS, p. 135, n. 45; DAIBER I, pp. 275-276 (nº 2734-2742); II, pp. 122-123; Supp., pp. 86-87 + 336-337. Anawati lui-même a repris son article dans FDR: Éléments de biographie, in Mélanges Henri Massé, Paris 1963, pp. 1-10 (version arabe dans Mélanges Taha Husayn, éd. ‘A. R. BADAWI, Le Caire 1962, pp. 193-234). Notre personnage a été mis en honneur ces derniers temps. Nous signalons en particulier la récente monographie de Roger ARNALDEZ, FDR, commentateur du Coran et philosophe, Paris 2002 (Études musulmanes, 37), et l’étude comparative de Muammer Ìskenderoólu, FDR and Thomas Aquinas on the Question of the Eternity of the World, Leiden 2002 (Islamic Philosophy, Theology and Science – Texts and Studies, 48). Voir de plus les pub. online de ‘Adi SETIA, The theologico-scientific research program of the mutakallimun: Intellectual historical context and contemporary concerns with special reference to FDR (déc. 2005) & Atomism versus hylomorphism in the kalam of FDR: A preliminary survey of the Matalib al-‘Aliyyah (déc. 2006).
Il faut souligner qu’IR ne se contente pas de transcrire des pages entières de la somme théologique musulmane dans chaque chapitre de la théodicée, avant d’en corriger, nuancer ou compléter la doctrine du point de vue chrétien. Il en connaît bien le contenu jusqu’au point de la citer par moments dans sa propre somme. D’abord dans la théodicée elle-même, par exemple dans Q. XL/2 sur l’essence et les attributs en Dieu (fol. 182v), dans un développement appartenant à l’auteur (wa-li-muúannifihi…), avant les passages de Øazzâlí signalés plus haut. Mais aussi dans les quaestiones préliminaires. Ainsi dans une note marginale insérée dans Q. III/1 sur l’union christique ou bien dans Q. VII/12, où il reprend la Q. XXXVIII/5 à propos de la liberté absolue de Dieu: l’extrait fait suite ici à une double citation de Cyrille de Jérusalem et d’Abû al-Naúr al-Farâbí, comme indiqué plus haut. Signalons, enfin, la mention du K. al-Arba‘ín dans le bref traité d’IR sur l’avènement du monde, signalé à propos de Philopon (supra § 12).
Notons, pour conclure ce chapitre, que plusieurs autres noms d’auteurs musulmans apparaissent dans la théodicée de KB, comme Abû al-Üasan al-Baúrí, le chef de file des mu‘tazilites, Abû al-Üasan al-Aš‘arí, le fondateur 79
ABÛ AL-FARAÓ IBN 1986, p. 249.
AL-‘IBRÍ,
Muætaúar ta’ríæ al-zamân, éd. A. ÚALÜÂNÍ, 2e éd., Beyrouth
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de l’école qui porte son nom, Hišâm ibn al-Üakím ou même le traditionniste Ibn Hišâm. Ces mentions toutefois n’indiquent pas des références directes d’IR. Il s’agit d’auteurs figurant dans la somme de Râzí, comme c’est le cas de même de citations fortuites d’Ibn Sínâ et plus systématiques des propres Maqâúid de Øazzâlí, ici en tant que représentant éminent des aš‘arites. Comme nous le disions plus haut, notre théologien persan développe ses idées en contrepoint aux différentes écoles du kalâm. Par ailleurs, nombreux sont les auteurs arabes musulmans auxquels IR a eu recours, directement ou indirectement, pour son KT — que ce soit pour la partie astronomique et calendaristique (Khwârizmí, Ibn Yûnus, Bírûní) ou pour la partie historique (Ýabarí ou ses succédanés). Philosophes et sages grecs Nous avons dit à propos des philosophes musulmans qu’à l’exception d’al-Faær al-Râzí l’intérêt d’IR dans leurs œuvres se limitait à la logique et à la terminologie utile pour la théologie chrétienne de son temps. À l’instar des anciens théologiens chrétiens et de la scholastique occidentale contemporaine, la philosophie grecque n’importe notre encyclopédiste copto-arabe que comme ancilla fidei. Il ne faut donc pas chercher dans le KB l’une ou l’autre des grandes œuvres de la philosophie classique ou de l’Antiquité gréco-romaine. Les noms du «trio sacré», SOCRATE, PLATON et ARISTOTE, apparaissent certes mais plutôt dans des citations de textes étrangers à IR. Dans celui de son coreligionnaire Óiróis ibn Bakhûm, qui se base sur une paraphrase de GALIEN du Timée de Platon, le Sage d’Athènes est désigné plus d’une fois comme «divin» (al-Raóul al-muta’allih)80, assumant ainsi une autorité de prestige. Et nous voyons le Stagirite, invoqué souvent dans les sources secondaires du KB, prendre une place prédominante dans la dispute fictive que nous allons présenter tout de suite. À peine un passage de PLATON est directement cité vers la fin de la Q. XXXVIII de la théodicée, mais sans indication de source. Il s’agit d’un propos sur les quatre éléments dont nous n’avons pas identifié l’origine et qui pourrait appartenir, en définitive, à un texte apocryphe ou, encore une fois, à une source secondaire. [27] C’est le cas aussi de la série d’énoncés en liaison avec l’union entre le corps et l’âme et attribués, dans Q. III/1 (fol. 10r), à AMMONIUS dit SAC80 Ms. fol. 32r. L’emploi de cet attribut aurait été courant vers la fin de l’École d’Alexandrie; voir D. SAFFREY, Le chrétien Jean Philopon et la survivance de l’École d’Alexandrie au VIe siècle, in Revue d’études grecques 67 (1954), pp. 396-410, ici p. 396, n. 3.
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CAS,
le philosophe néoplatonicien d’Alexandrie, «le maître de Plotin, le Sage» (Ustâð Filûýínus al-Üakím), et probablement d’Origène aussi. On sait qu’Ammonius n’a pas laissé d’écrits, ses idées ayant été transmises par son disciple Porphyre. Mais là encore, ce n’est pas à cette source qu’IR a été chercher ces propos mais, sans le dire ou le savoir, au De natura hominis de Némésius d’Émèse, ou l’un de ses avatars, lequel incorpore, comme nous l’avons vu (§ 11), l’enseignement du Maître sur l’union en question81. Sur le personnage, voir RAC-Supp., I (1985), pp. 323-332 (M. BALTES, art. daté de 1979!); DPhA I (1989), pp. 165-168 (art. A140 par R. GOULET, trop catégorique dans ses affirmations!). Sur la tradition syriaque, négligée dans ces travaux, voir H. DAIBER, A.S. in syrischer Überlieferung, in Oriens Christianus 69 (1985), pp. 73-80. Significatif du prestige que jouissait Ammonius chez les Coptes à l’époque arabe, Sâwírus Ibn al-Muqaffa‘, le fondateur de la littérature copto-arabe au Xe siècle, le mentionne génériquement (sans surnom!) à la suite de Hermès, Platon et Pythagore! Voir son opuscule Miúbâü al-‘aql, éd. SAMIR KH., Le Caire 1978 (Patrimoine arabe chrétien / Al-turâõ al-‘arabí al-masíüí, 1), p. 21. Il est intéressant de noter que le premier propos du maître alexandrin cité dans KB correspond à la citation retenue dans MUD 34, 11, intégrée, elle, dans le ch. 3 de l’ouvrage attribué à Grégoire de Nysse, comme indiqué plus haut.
[28] Nous avons vu plus haut, à propos d’Eustathe le Moine (§ 16), que, dans la Q. XLIII sur la présence de Jésus dans le sein de la Vierge, IR transcrit au ch. 2 des extraits de trois écrits en rapport avec la question de l’embryon. Le dernier écrit invoqué (fol. 205v-206r) est le Perì gonês D’HIPPOCRATE, en arabe: K. al-aóinna82. [29] Juste avant ce traité (fol. 205r fine à 205v), figurent des extraits sur les «trois puissances» dans l’homme, tirés du ch. 2 d’un écrit arabe attribué à HERMÈS LE SAGE (Hirmis al-Üakím al-fâ¬il) sous le titre de K. Mu‘âtabat al-nafs («De castigatione animae»). Il avait été longuement transcrit, sous le titre alternatif de Risâlat al-Ma‘âní, dans Q. VII, section 23 (fol. 32v-33r): ch. 4, 5 et 9. La nature et l’origine de cet écrit sapientiel, contenant 14 chapitres, ne 81 GRAF (GCAL II, p. 410) affirme qu’IR aurait tiré les citations en question du K. alManfa ‘a de ‘Abd-Allâh Ibn al-Fa¬l, mis à profit ailleurs dans KB (supra § 19). Cet ouvrage intègre des passages de l’ouvrage némésien attribué à Grégoire de Nysse, comme nous l’avons dit plus haut; pourtant, nous n’avons pas trouvé nos citations dans les extraits traduits par GRAF, de l’œuvre en cause. Signalons que la trad. angl. de SHARPLES – VAN DER EIJK (2008) de l’œuvre némésienne originale, signalée plus haut, indique systématiquement les sources ou les parallèles helléniques de ces citations d’Ammonius. 82 L’ouvrage a été entre-temps édité, traduit et analysé par M.C. LYONS - J.N. MATTOCK, K. al-aóinna li-Buqrâý: On Embryos, Cambridge 1978 (Arabic Technical and Scientific Texts, 7).
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ADEL SIDARUS
sont pas encore bien établies. Certains admettent une origine néoplatonicienne, hermétique ou manichéenne grecque, d’autres pensent à un auteur arabe du IXe siècle imbu de ces courants. Intitulé alternativement K. Mu‘âðalat ou Zaór/Raóz al-nafs, et attribué parfois à Platon et d’autres fois à Aristote, sa transmission manuscrite est majoritairement chrétienne. GCAL I, p. 389; EI III, pp. 479b-481a (M. PLESSNER; rééd. de la 1ère éd.!). Références complémentaires in: SIDARUS, p. 127, n. 34. Voir de plus DAIBER I, pp. 406-407 & II, pp. 185-186, ainsi que l’analyse de J. KROLL, Die Lehre des Hermes Trismegistos, in Beiträge zur Gesch. der Philosophie im MA, Münster 1994 (Texte und Untersuch., XII/2-4), pp. 390-405 (= Anhang: Die arab. Schrift…). L’écrit a été plus d’une fois édité et traduit, la dernière édition en date étant celle de ‘Abd al-Raümân Badawí, Al-Aflaýûniyya al-muüdaõa / Neoplatonici apud Arabes, Le Caire 1955 (Islamica, 19), pp. 51-116 (rééd. Koweit 1977). Elle est loin d’être définitive pour diverses raisons, dont l’existence des manuscrits additionnels que nous listons ici-bas, certes tardifs. Pour la transmission textuelle indirecte, à part le KB, qui représente un bon témoin, il y a le bref extrait du ch. 13 qu’on trouve dans MUD 5, 3183. Et pour clore la question de la réception copte de ce traité hermétique, on signalera la référence qu’en fait Ibn Kabar dans MZ, p. 297, et celle de Sâwírus Ibn al-Muqaffa‘ mentionnée il y a peu sous Ammonius. On y ajoutera ce qui est passé en matière d’hermétisme, en général, dans la littérature de langue copte: CopEnc, pp. 1223b-1224a (C.W. GRIGGS); Jean-Pierre MAHÉ, Hermès en HauteÉgypte, II, Québec 1982, pp. 33-34 (Codex VI de Nag Hammadi). Les nouveaux mss. apparus, à notre connaissance, après l’édition de Badawí, et non recensés dans les manuels de référence ci-haut mentionnés, sont: 1) Florence, Biblioteca Medicea Laurenziana, Or. 426 (garchouni, fol. 99r139v); PLATTI, Yaüyâ Ibn ‘Adí cit. ad § 15, p. 26 (note transcrite ipsis verbis dans BAC 4, 1980, § 488). 2) Wâdí al-Naýrûn, Dayr al-Suryân, Mayâmir 212.2 (olim Lâhût 80, fol. 122v-166v); consultation personnelle. 3) Beyrouth, American University of Beirut, 185.1 (a. 1843); cat. online. 4) Ýûr ‘Abdín, texte signalé dans un ms. de miscellanées commençant par le Livre de la Colombe de Barhebraeus et se trouvant à Mardin; cat. mss. d’Omid et Mardin, par Mar AØNÂÝIYÛS IFRÂM I BARSAUM, Saydnaya 2000, p. 176. 5) Bagdad, Dayr al-Muæalliú; SABÂNÛ, Hirmis al-Üakím cit., p. 18; 6) Tyr, Bibliothèque privée non identifiée; ibidem84.
83 On ne peut considérer comme scientifique la récente édition de AÜMAD ØASSÂN SABÂNÛ, Hirmis al-Üakím bayna al-ulûhiyya wal-nubuwwa: Hirmis mâ nusiba ilayhi wa-mâ kutiba ‘anhu (Damas-Beyrouth: Dâr Qutayba, 1423/2002), pp. 17-68. L’auteur plagie pratiquement les éditions de BADAWI et de BARDENHEWER en les remaniant à sa volonté! 84 En page 19, Sabânû parle de douze mss. qui auraient servi de base à son édition; pourtant, il ne signale que ces deux spécimens en addition aux sept utilisés dans l’édition de BARDENHEWER. Par pure coïncidence, si l’on joignait à ce total de neufs mss. les trois addition-
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LES SOURCES D’UNE SOMME PHILOSOPHICO-THÉOLOGIQUE
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[30] Un autre texte d’origine mystérieuse, en rapport avec le cycle littéraire d’ALEXANDRE LE GRAND, fait suite immédiate à cet écrit de tradition hermétique (Q. VII, 24ème et dernière section, fol. 33r-38v). Il s’agit d’un débat philosophique fictif sur l’existence de Dieu ayant eu lieu à Alexandrie sous l’égide de son illustre fondateur. Là y interviennent cinq sages ou philosophes venus d’Orient et d’Occident, parmi eux le précepteur du roi, Aristote, qui a la part du lion dans cette dispute. Nous avons déjà publié une analyse, avec édition et traduction, de ce texte original que nous pensons d’origine gréco-byzantine à situer entre le VIe et le VIIe siècle85. Son contenu indique une période où la pensée philosophique se laisse envahir par la révélation monothéiste chrétienne, tel qu’on peut l’observer dans les derniers soubresauts de l’École d’Alexandrie. En vérité, la dispute se situe dans la ligne de la christianisation de la fameuse rencontre du conquérant macédonien avec les brahmanes de l’Inde. L’épisode a été récupéré par les Pères de l’Église, et Pallade d’Hélénopolis (m. 431) en a donné une version devenue célèbre (CPG 6038), y compris dans le monde musulman du haut Moyen Âge. En définitive, notre texte et le courant qu’il représente évoquent plus la littérature patristique de basse époque que la philosophie grecque à proprement parlé. IR a si bien assimilé le texte du débat qu’il en cite des passages ailleurs, à trois reprises au moins: QQ. 28 et 38 de la théodicée et Q. 42 de la christologie. Signalons à ce propos que le conquérant macédonien, sa biographie, son Roman et les légendes qui courent autour de sa personne, ont éminemment intéressé les coptes du Moyen Âge. C’est dans leurs manuscrits que l’ancienne version arabe chrétienne du Roman, dont les avatars sont nombreux, se trouve conservée! DOUFIKAR-AERTS en parle dans sa toute récente monographie sur Alexandre et en prépare la publication86. Et nous-même avons présenté le fruit de notre recherche parallèle, à la trace du texte singulier d’IR, au Seventh International Congress of Arabic Studies (Grenade, sept. 2008)87.
Concluons ce chapitre sur les sources anciennes grecques ou helléniques chez IR, signalant que l’une des sources principales de la partie nels de la double édition de BADAWI, aucunement signalée (!), on aurait le total de douze!? On aura noté certes que presque tous les mss. de notre nouvelle liste sont d’origine chrétienne. 85 A. SIDARUS, Un débat sur l’existence de Dieu sous l’égide prétendue d’Alexandre le Grand, in Arabic Sciences and Philosophy 19 (2009), pp. 247-283. 86 Faustina DOUFIKAR-AERTS, Alexander Magnus Arabicus: A Survey of the Alexander Tradition through Seven Centuries from Pseudo-Callisthenes to Suri, Leuven 2010 (Mediaevalia Groningana New Series, 13), pp. 58-73; ID., The Arabic Alexander Romance in the tradition of Pseudo-Callisthenes [The Coptic Arabic Quzmân Version], ed./tr. with introd. (forthcoming 2011). Informations fournies aimablement par l’auteure. 87 Nous attendions la parution de l’ouvrage susmentionné pour conclure la rédaction de notre étude.
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ADEL SIDARUS
astronomique du KT, est le célèbre Almageste de Ptolémée et, peut-être aussi, ses Tabulae manuales.
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Nous avons entrepris dans ces pages l’analyse bibliographique d’une partie de la somme théologique d’un grand représentant de l’âge d’or de la littérature copte d’expression arabe. Il reste encore à interroger les autres parties de ce livre, ainsi que les trois autres ouvrages à caractère encyclopédique, touchant l’exégèse biblique, l’histoire et la linguistique copte. Même s’il a s’agit à peine des sources explicitement mentionnées, nous avons pu déjà apprécier la nature et l’ampleur de l’érudition de l’auteur, où les sources en langue copte — il convient de le relever — ne sont pas tout à fait absentes. Ayant continué à fréquenter raisonnablement son œuvre durant les trente cinq années qui nous séparent de la publication de notre monographie, nous pouvons confirmer le jugement émis alors: C’est […] dans l’abondante richesse des sources textuelles — grecques et patristiques, arabes musulmanes et chrétiennes — qu’il incorpore largement dans ses propres écrits […], bien plus que dans une pensée originale, que semble résider la valeur de son œuvre88.
En tout cas, l’œuvre de Nušû’ al-Æilâfa Abû Šâkir Ibn al-Râhib illustre bien, à notre avis, l’ambiance culturelle et intellectuelle de la société égyptienne du XIIIe siècle, en même temps que le mode d’intégration de la communauté copte et de ses penseurs dans ce courant national.
88
EI cit. n. 6, p. 396b.
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LES SOURCES D’UNE SOMME PHILOSOPHICO-THÉOLOGIQUE
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SIGLES ET ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES BAAC I = Bibliographie des auteurs arabes chrétiens, in BAC 6 (1990), 2ème pagination (52 pp.; compléments au vol. II de GCAL). BAAC II = Idem, in BAC 7 (1992), pp. 11-84 (compl. à GCAL I: Apocryphes, Patrologie et Hagiographie). BAC = Bulletin d’Arabe Chrétien, 7 vols., Louvain 1976-9289. CAB = Herman G.B. TEULE – V. SCHEPENS, Christian Arabic Bibliography, in Journal of Eastern Christian Studies, I = 1990-95: 57 (2005/1-2), pp. 129-174; II = 19952000: 58 (2006/3-4), pp. 265-299. CMR = Christian-Muslim Relations: A Bibliographical History, ed. D. THOMAS & B. ROGGEMA, Leiden – Boston 2009 ss. (The History of Christian-Muslim Relations, 11 ss.) CopEnc = The Coptic Encyclopedia, ed. Aziz S. ATIYA, 8 vols., New York 1991. COQUIN = R.-G. COQUIN, Langue et littérature arabes chrétiennes, in Christianismes orientaux: Introduction à l’étude des langues et des littératures, éd. M. ALBERT et al., pp. 35-106, Paris 1993 (Initiations au christianisme ancien, 5)90. CPG = Maurice GEERARD et al., Clavis Patrum Graecorum, 7 vols., Turnhout 1983-2003 (Corpus Christianorum). [Références aux numéros d’ordre des ouvrages]91. CSCO = Corpus Scriptorum Christianorum Orientaliun. DAIBER = Hans DAIBER, Bibliography of Islamic Philosophy, Leiden – Köln – Boston 1999 (Handbuch der Orientalistik – 1. Abteilung, 23). Supp. = Supplement (2007; vol. 89). DPhA = Richard GOULET (dir.), Dictionnaire des philosophes antiques, plusieurs vols. (avec Suppléments concomitants). Paris 1989 ss. EI = Encyclopédie de l’Islam, nouv. éd. (version franç.), 12 vols., Leiden – Paris 1954-200592. GAL = Carl BROCKELMANN, Geschichte der arabischen Literatur, 2e éd., 2 vols., Leiden 1943-49. S = Supplementbände, 3 vols., Idem 1937-4293. GAS = Fuat SEZGIN, Geschichte des arabischen Schrifttums, I ss., Leiden 1967 ss. GCAL = Georg GRAF, Geschichte der christlichen arabischen Literatur, 5 vols., Città del Vaticano 1944-53 (Studi e Testi 118, 133, 146-47, 178).
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Nous renvoyons parfois aux numéros d’ordre des paragraphes (§) qui divisent les notices et informations. 90 Pour ce qui est de la littérature, un précieux complément bibliographique de la GCAL. 91 Il est toujours nécessaire de consulter le Supplément (1998) de même que le vol. III-A (J. NORET, 2003) pour la période pertinente. Pour les versions arabes, voir aussi SAMIR, À propos CPG. 92 Nous signalons autant que possible la date, non du volume mais des fascicules où les articles figurent. 93 On ne manquera de rappeler que le Supplément se rapporte à la 1ère éd. (1909), alors que la 2e éd. de l’ouvrage principal a été adaptée à celui-là.
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HMLEM = Joseph NASRALLAH, Histoire du mouvement littéraire dans l’Église melchite, 3 tomes en 6 vols., Louvain 1979-89. IR = IBN AL-RÂHIB. KŠ = Kitâb al-Šifâ’ d’IBN AL-RÂHIB. KT = Kitâb al-Tawâríæ d’IBN AL-RÂHIB. MUD = AL-MU’TAMAN ABÛ ISÜÂQ IBN AL-‘ASSÂL, Maómû‘ uúûl al-dín / Summa dei principi della Religione, éd. WADÍ‘ ABÛLLÍF ‘AWA¬; trad. Bartolomeo PIRONE, 6 vols., SOC – Monographiae 6a, 6b, 7a, 7b, 8-9, Jérusalem 1998-200194. MZ = ŠAMS AL-RI’ÂSA ABÛ L-BARAKÂT IBN KABAR, Miúbâü al-ÿulma, ch. 1-12 [éd. Samir Kh.], Le Caire 197195. ParOr = Parole de l’Orient (Kaslik, Liban). RESCHER = Nicholas RESCHER, The Development of Arabic Logic, Pittsburgh 1964. SAMIR, À propos CPG = SAMIR Kh., À propos du volume II de la Clavis Patrum Graecorum, in Orientalia Christiana Peridodica 43 (1977), pp. 182-197. SIDARUS = Adel Y. SIDARUS, Ibn ar-Râhibs Leben und Werk: Ein koptisch-arabischer Encyklopädist des 7./13. Jahrhunderts, Freiburg i.Br. 1975 (Islamkundliche Untersuchungen, 36). StChrArHerit. = Studies on the Christian Arabic Heritage (in Honour of Father prof. Dr Samir Khalil Samir at the Occasion of his Sixty-Fifth Birthday), ed. R. EBIED – H. TEULE, Leuven 2004 (Eastern Christian Studies, 5). SOC = Studia Orientalia Christiana, Jerusalem (and Cairo): The Franciscan Centre of Christian Oriental Studies. ULLMANN I = Manfred ULLMANN, Die Medizin im Islam, Leiden 1970 (Handbuch der Orientalistik – I. Abteilung – Ergänzungsband VI/1). ULLMANN II = ID., Die Natur- und Geheimwissenschaften im Islam, Leiden 1972 (Idem, VI/2). WADI, Dirâsa = WADÍ‘ ABÛLLÍF [‘AWA¬], Dirâsa ‘an al-Mu’taman Ibn al-‘Assâl wakitâbihi Maómû uúûl al-dín wa-taüqíqihi (titre ital. Studio su …), Le Caire – Jérusalem 1997 (SOC – Monographiae, 5). WADI, Sources MUD = ID., Les sources du Maómû‘ uúûl al-dín d’al-Mu’taman Ibn al-‘Assâl, in ParOr 16 (1990-91), pp. 227-238. WADI, Muqaddima = ID., Muqaddima fí al-adab al-‘arabí al-masíüí lil-Aqbâý, SOC/ Collectanea 29-30 (1996-97), pp. 441-491 (art. nº VI).
94 Les vols. signalés par b sont ceux de l’apparat critique de l’édition. Nous renvoyons aux chapitres (abwâb) et éventuellement à la division interne originale en sous-chapitres ou sections (fuúûl), séparée par la barre oblique, puis, après la virgule, à celle en paragraphes établie par l’éditeur. Plus de détails sur cette somme dans SIDARUS, Encyclopédisme cit., pp. 349-51 + 358. 95 Nous ne renvoyons ici qu’à l’inventaire des auteurs chrétiens et leurs œuvres que constitue le ch. 7 (amplement annoté par l’éditeur). On peut consulter aussi l’édition et traduction (un peu défectueuse) de W. RIEDEL, Der Katalog der christl. Schriften in arab.r Sprache von Abû ’l-Barakat…, in Nachrichten der Königl. Gesellschaft der Wiss. zu Göttigen – Phil.-Hist. Klasse 5 (1902), pp. 635-706. Plus de détails sur cette somme dans Sidarus, Encyclopédisme cit., pp. 354-56 + 358.
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Pl. I - Vat. ar. 104, fol. 132v-133r: K. al-Burha– n, Q. 30 (théodicée).
LES SOURCE SOMME PHILOSOPHI-THÈOLOGIQUE
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ADEL SIDARUS
Pl. II - Vat. ar. 117, fol. 1v-2r: K. al-Burha– n, prologue avec début d’index
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SEVER J. VOICU
LA PSEUDOCRISOSTOMICA ORATIO IN IOHANNEM THEOLOGUM (CPG 4987; BHG 925g) TRAMANDATA DAL BARB. GR. 517 Numerose sono le opere, soprattutto omelie, attribuite a torto a Giovanni Crisostomo. Il loro studio è ostacolato dal fatto che soltanto occasionalmente lasciano trapelare indizi che consentono di datarle e/o di localizzarle in maniera soddisfacente. La inedita Oratio in Iohannem theologum (cf. CPG 4987; BHG 925g) costituisce, nonostante la sua brevità, una notevole eccezione: certamente è stata pronunciata in una zona sotto influsso antiocheno e la si può far risalire ragionevolmente al primo quarto del V secolo. Il manoscritto L’Oratio è tramandata da un unico testimone, il Barb. gr. 517, ai ff. 22r-23v. Il manoscritto, che non è stato oggetto di una descrizione catalografica sistematica1, è tuttora relativamente poco studiato sotto il profilo contenutistico2 e sotto quello paleografico e codicologico. La migliore descrizione del contenuto, corredata dall’indicazione sommaria delle lacune, rimane quella di Albert Ehrhard, che classifica il Barb. gr. 517 come «gemischter Metaphrast» di tipo A, cioè una collezione omiletica per l’intero anno liturgico bizantino, nella quale il periodo pasquale * Ringrazio Don Cesare Pasini per i suoi suggerimenti e correzioni. Gli errori rimasti sono miei. 1 Come è noto, i cataloghi formali si fermano alla metà circa dei Barberiniani greci; cf. CAPOCCI 1958 e MOGENET 1989. 2 Talmente poco studiato che, apparentemente, non è mai stata rilevata, nel margine inferiore del f. 18r, un’interessante glossa in finto ebraico, vergata da uno scriba improvvisato, nella quale si riconoscono teonimi come ͉͖̓̽ e ј͖͇͂͋̿. La glossa, della quale sussistono cinque linee complete e l’inizio della sesta, è ormai poco leggibile, per la scarsa qualità dell’inchiostro, abbastanza sbiadito, per l’ortografia non proprio ineccepibile e per l’usura provocata dalle dita dei lettori, ma ha, se non altro, il pregio di dimostrare che il manoscritto è stato rifilato, nella parte inferiore, di almeno un cm. Formulazioni in (finto) ebraico si trovano con una certa frequenza negli apocrifi (cf. KAESTLI 1997, p. 275, nota a 2,13) e, soprattutto, nei papiri magici; si veda, ad es., il P. Lond. 46 (PREISENDANZ 1928-31, I, p. 196, lin. 480). Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 165-186.
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SEVER J. VOICU
è inserito tra i mesi di marzo e di aprile3. Ehrhard aggiunge che il contenuto del manoscritto presenta affinità con un omeliario italogreco, il Vat. gr. 12464. La posizione di André Jacob, secondo cui il codice è stato prodotto in Terra d’Otranto agli inizi del XII secolo5, è stata recepita concordemente nella letteratura successiva6. La presenza di correzioni apposte da una seconda mano (oppure in un secondo tempo dallo stesso scriba) è stata notata da Maria Stelladoro7. Attualmente il Barb. gr. 517 misura 285 u 210 mm, ma è stato sicuramente rifilato sui tre lati esterni. La mutilazione è stata di almeno un cm in alto, poiché ha interessato le date liturgiche collocate nel margine superiore; di un almeno altro cm in basso, come si deduce dalla perdita di una o più righe della glossa del f. 18r8. Il lato esterno sembra aver perduto un paio di cm. Il testo dell’omelia Il Barb. gr. 517 è l’unico testimone noto dell’Oratio, il cui testo appare complessivamente in buone condizioni, con pochi errori palesi, anche se l’ortografia non è proprio impeccabile. Il manoscritto presenta infatti confusioni tra suoni omofoni, che investono soprattutto le desinenze dell’indicativo e del congiuntivo: ͈̺͎͔̿͑ͅ per ͈̺͎͔͇̿͑̓ (§ 1); ҉͋̿ (…)Ѩ͈͇͚͇̿͂̓͐̓ (§ 9); ҉͋̿ (…)Ѩ͎͎͇̺͇͒͆͐̓͏ (§ 11); ҉͋̿ (…)͔͚͇̿҄͐͋̓ (…) ј͍͉̻͇͐̓ (§ 16); ͊Ӏ ͍͇̼͇͐̓͏ (§ 17)9; ҡ̺͎͍̘͓͚͍͌͊̓͋́͊̓͋ (§ 18), ecc. Accanto a grafie «etimologiche» come ͉̻͈͇͐͒͋̓ (§ 11) e ͚͔͎͍͍͐͋͋͏ ͚͔͎͍͍͐͋͋͋ (§ 14), si osservano anomalie nell’uso degli accenti: ͊Ӏ̻͍͂͑̓ (§ 6), ͈ј͋ (§ 11 u 2) e ̯͍ §( ̼͋́̿͐ͅ)…( ̓͐̿ل3) oppure degli spiriti: ͍Ҡ͈ ͖̿͋̿͊̓̽͋ (§ 6), ͍Ҡ͈̻͍̓͂̓͑ (§ 12), Ѩ͌Ѩ͙̀̿ (§ 8), ͐ӆ͋ҡ̺͎͔͇̓ e ͐ӆ͋ҡ̺͎͔͍͋ (§ 14), ͎͍ҕ͎͍͛͊̓͋͏ (§ 11). Tutti questi fenomeni fanno pensare a una decifrazione piuttosto laboriosa di un modello in maiuscola. La sequenza ͍Ҡ͈ ҡ͍͎͒́̽̿͏ (§§ 13 e 14) sembra frutto di una pronuncia incerta. 3
EHRHARD 1936-52, III, pp. 92-96. EHRHARD 1936-52, III, p. 117, n. 1. 5 JACOB 1977, p. 270. 6 La localizzazione proposta da Jacob è stata accettata, ad esempio, da CAVALLO 1983, il quale, a Fig. 9, pubblica un’immagine parziale del f. 46r, e da D’AGOSTINO 1995, p. 143, che menziona l’esistenza di affinità codicologiche tra il Barb. gr. 517 e un altro omeliario italogreco, il Vat. gr. 1212. 7 STELLADORO 1995-96, p. 80. 8 Cf. sopra, nota 2. 9 Poi corretto, vedi nota 12. 4
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LA PSEUDOCRISOSTOMICA ORATIO IN JOHANNEM
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Gli errori ortografici veri e propri sono piuttosto rari: ͈͇̺͍͑͐͊̓͋͏ per ͈̺͍͑͐͊̓͋ͅ͏ (§ 10); ј͙͍́̿͋͑͏ per ј́̿ §( ͏͍͑͋و17). Inoltre, si devono ipotizzare due piccole corruttele dovute a omissioni di parole singole. La prima, nel passaggio tra due righe in § 11, è sicura: ͎ӄ͏| ͆̓ӄ͋; la seconda, sempre che non nasconda un problema di trasmissione più ampio, appare probabile per ragioni sintattiche in § 4: ͎͍͈̀͋͑̿< )…( ͋ـӂ>̻͌͋͋ͅҕ͚͇͂̓̓͐͆̿ ͇͈͉͂͂̿͐̿̽̿͏ҕ͙͂͋10. Si noti anche l’uso occasionale di un accento doppio su ͊Ҿ͋(§§ 5 e 8) e ͂Ҿ (§§ 5 e 12) o di una maiuscola nel testo per segnalare uno stacco forte (Ѯ͋ј͎͔ك: § 16). In un caso l’apostrofo è stato usato per facilitare la lettura: ͑͏͍͙͑͑̓͆ͅ͏قԆѨ͙͇͋͆̓͑͑ͅ (§ 2). Gli interventi del revisore sono molto modesti e si limitano a qualche cambiamento di accento di fronte a pausa11 e alla modifica di alcuni segni di interpunzione. Nulla insomma che faccia sospettare che utilizzasse un altro esemplare dell’omelia, ma neppure che abbia collazionato nuovamente il modello del Barb. gr. 517. Mancano in particolare quasi del tutto le correzioni volte a normalizzare l’ortografia del testo12. Un’omelia con pretese stilistiche Il testo dell’Oratio rivela un buon livello retorico, con l’alternanza regolare, alla quale si sottraggono soltanto (e non sempre) le citazioni bibliche, tra kola e kommata, segnati rispettivamente dal punto alto e dal punto basso, alternanza ben conservata, per quanto è dato osservare, dal testimone unico. Il testo presenta un ulteriore elemento di ricercatezza nel rispetto intenzionale della cosiddetta «legge di Meyer», che prescrive che tra gli ultimi due accenti tonici prima di una pausa ci deve essere un intervallo di sillabe pari non nullo, cioè 2, 4 o 6 sillabe atone. Questo artificio stilistico fa la sua comparsa durante la seconda metà del IV secolo e viene adottato agli inizi del V secolo dagli autori cristiani13. Per evidenziare il ricorso alla «Legge di Meyer» possono bastare i primi commi del testo (tra parentesi si indica il numero delle sillabe atone tra gli ultimi due accenti della clausola): қ ͑҅͒ ͏ق͍͎͑͋̀ ͏قӄ͏ ̼͎͍͐͊̓͋ ͈̺͎͔͇̿͑̓ ͑( ͏͖͎͚̓́͋̿ͅ ͏ق4) ͈̿ӂ ͍͍͉̺͑͒́̓͊ ن ͈̼͎͈͍͒͏Ѩӂ͍͑͏͍͙͎͑͋̿نѵ̼͈͎͚͇͊͋͊͑͑̓͑̿ͅͅ (2)җ͏͑Ӏ͋ҡԆ͍Ҡ͎̿͋ӄ͋ѝ̿͐̿͋͑͏ق͑ك 10
In tutti questi casi il testo greco è stato normalizzato nell’edizione dell’Oratio. Si veda al § 2, ͍͇͈͂̓͐͑ӄ̘͋, corretto in ͍͇͈͙͂̓͐͑͋. Alla fine dei commi, davanti a punto basso, nell’Oratio viene usato in genere l’accento grave: ј͎͆̓ӂ͏ (§ 2). 12 Se ho ben visto, l’unica eccezione è, al § 17, la correzione di ͊Ӏ͍͇̼͇͐̓͏ in͊Ӏ͍͇̼͐ͅ͏. 13 Cf. HÖRANDNER 1981, da completare, per i Padri del IV-V secolo, con SKIMINA 1937. 11
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͓͖͍͋ ͏̼͔͇͎͇͇͉̺̿͐̓́́͐ͅ͏قҠ͙͍͊͋͋ј͎͍͋͆͛͒͏ (2)ј͉͉Ҽ͈̿ӂ͑Ҽ͏Ҡ͎͈͍͍̓͐͊̽͒͏ ̺͇͂͒͋͊̓͏͈̻͉̿͑͌̓͋ͅ (2).
Un altro indizio di ricercatezza stilistica è la tendenza a evitare lo iato, cioè l’incontro, all’interno di un comma, tra una parola che finisce per vocale e una che inizia per vocale14. Il testo tramandato dell’Oratio presenta però varie clausole in cui il ritmo bizantino non viene rispettato e/o lo iato non viene evitato15. Non di rado, questa circostanza può essere addebitata all’iniziativa di copisti poco sensibili allo stile bizantino, piuttosto che a una ipotetica inadeguatezza del predicatore. Alcuni passi infatti si possono regolarizzare mediante la semplice atetesi di una sillaba. Si veda, ad esempio, nel § 2, Ѵ̺́͐̓͋ͅ [ҕ] Ҍ͍͐ͅ͏ن, dove il comma finisce con un intervallo 5 abbinato a uno iato. Se si espunge l’articolo, in questo e in altri casi simili16, si ottiene una clausola regolare. Una semplice inversione può bastare invece per ripristinare il ritmo in ͇͈͎͍͉͍͊́͋وѨ͉̻́͌Ԍ͏ (§ 17) e, quasi sicuramente in ͇͇͑͊͑͐وӄ̻͎͋̿͑̿ che suppone un primitivo ͑ӄ̻͎͇͇͋̿͑̿͑͊͐و, con costruzione chiastica (§ 18). Altrove la soluzione di un’anomalia è meno evidente. Nel § 5, la sequenza ͎͍(͇͍͍͎̿͊̽͏ق͍͔͎͋́̓قintervallo 1) può essere facilmente corretta mediante un’inversione in ͎͍͍͇͎͍̽͊̿͏ق͍͔͎͋́̓ق. Ma l’iperbato, sicuramente sgradito a uno scriba bizantino, non sembra rientrare nelle abitudini dell’autore dell’Oratio. Più probabile è invece che, sia pure al prezzo di una duplice correzione, si debba congetturare ̴̓͏ق͑͏͍͎̿̽͊͋̿̿͏ق͑ن ј͍͐̓̀ ͏نal posto di ̴̓͏ق͑نј͍͐̓̀ §(͏͍͎̿̽͊͋̿̿͏ن8). Nel § 16, si dovrebbe congetturare invece la perdita di una sillaba per aplografia: ͈̿ӂ͍͑͏ل͍͎͈̿͏ل ͓̺͐͑̓͋Զ. Nel caso di ̯͍̽̿͐̓͑̿]ذ[ ̿͑نҌ͖̺͋͋ͅ ͈̼̓̿̽͂̓͒̓͋͐̿́͋̔ͅ (§ 3) il ritmo si può restituire con una trasposizione: ̼͈͐̿́͋̓̿̽͂̓͒̓͋̔ͅ. In alternativa si potrebbe proporre un intervento più drastico, che eliminerebbe anche lo iato (̯͍̽̿͐̓͑̿]ذ[ ͈͋̓͒̓͂̽̿̓̿͑نҌ͖̺͋͋ͅ ̼͐̿́͋̔ͅ). Tuttavia, poiché la 14
Mancano invece nell’Oratio due caratteristiche che spesso contraddistinguono altre opere con pretese stilistiche elevate: il ricorso frequente all’iperbato e l’uso di termini insoliti, cioè arcaismi oppure neologismi. 15 Esempi analoghi si osservano nell’Oratio de epiphania di Nestorio (CPG 4882), tramandata da un unico testimone in maiuscola, il Sinait. gr. 491; cf. VOICU 2003, p. 497. 16 Si vedano Ѩӂ͍͚͍͇͑͑͏[ҕ]͎͇͈͙̿҅̓͑͏ (§ 8) e ̺͎͔͇͐͒͋͒̓[ҕ]͒҅ӄ͏ (§ 14). Lo stesso fenomeno si ripete probabilmente in altri passi; cf. ͓͉͎͍̽͑͋[͑ӄ]͍͇͈͙͂̓͐͑͋e Ѩ͈̼͎͇͒͌̓͋͂Ҽ[͍͑͏͍̻͓͑̿͊́͆]ن (§ 2). In tutti questi casi si dovrebbe ipotizzare che l’autore, al pari di Nestorio, abbia scelto di tralasciare l’articolo per rispettare il ritmo e/o evitare lo iato, producendo sequenze in contrasto con gli usi correnti del greco bizantino e poi normalizzate spontaneamente dai copisti.
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moltiplicazione delle congetture di questo genere equivale a una riscrittura dell’Oratio, forse è meglio accontentarsi di segnalare, in attesa di nuovi elementi, che il testo non è sempre in condizioni del tutto soddisfacenti17. I nuovi dati possono essere di due generi: la scoperta di altri testimoni dell’Oratio oppure l’individuazione del suo autore. Su questo secondo fronte, ripetute ricerche lessicali non hanno consentito di avvicinare l’Oratio né ad altre omelie pseudocrisostomiche18, né ad autori nominati, come Nestorio oppure Basilio di Seleucia, celebri per il loro stile ricercato19. La struttura dell’Oratio In simili circostanze, prima di pubblicare l’Oratio, corredata da una traduzione e dall’identificazione delle fonti bibliche, rimangono soltanto da presentare alcuni spunti di maggior interesse contenuti nel testo. L’omelia si avvia con l’elogio dell’apostolo (§§ 1-3), per poi diffondersi sulla superiorità del vangelo giovanneo rispetto ai sinottici (§§ 4-5). La successiva comparazione fra Gn 1:1 e Gv 1:1 (§§ 6-7), prepara la lunga polemica antianomea (§§ 8-18), con la quale l’Oratio si chiude, senza spendere nemmeno una parola su temi morali o etici. Anche se, complessivamente, si tratta di luoghi comuni, l’impianto retorico rinvia inequivocabilmente alle abitudini degli autori antiocheni, esemplificate dalla predicazione di Giovanni Crisostomo e da quella di Severiano di Gabala. Con quest’ultima condivide la particolare importanza attribuita alle questioni dottrinali. L’occasione liturgica (§ 1) Il § 1 menziona esplicitamente la celebrazione di una festa (͚͎͖̿͋́̓ͅ͏) dedicata alla memoria di Giovanni evangelista (ѵ̼͈͎͚͇͊͋͊͑͑̓͑̿ͅͅ). Tuttavia, nessun particolare consente di determinare quale ne sia la data liturgica. Non dovrebbe trattarsi dell’antica commemorazione degli apostoli celebrata, almeno nel mondo antiocheno e dintorni, in varie date e sotto forme diverse fra il 27 e il 29 dicembre, perché Giovanni evangelista vi 17 Nell’edizione del testo sono state ammesse, e segnalate, soltanto le congetture che sono apparse ragionevolmente sicure. 18 In particolare l’Oratio non sembra presentare punti di contatto con l’autore, presumibilmente coevo, di due omelie pseudocrisostomiche che osservano sistematicamente le clausole, ma che utilizzano una dossologia di tipo «crisostomico» (͔̺͎͇͇͑…) e non si chiudono con una citazione biblica; cf. VOICU 2004a. 19 Entrambi, al pari dell’autore dell’Oratio, concludono le loro omelie con una citazione biblica. Tuttavia, oltre a rispettare rigorosamente le clausole, Nestorio è anche un cultore dell’iperbato, mentre invece non sono state individuate somiglianze tra il lessico di Basilio e quello dell’Oratio.
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viene ricordato sempre almeno assieme al fratello Giacomo, con il quale condivide anche la designazione di «figlio del tuono»20. Il fatto che l’ignoto predicatore non accenni in nessun modo a Giacomo dovrebbe indicare che si tratta di una festa esclusiva dell’evangelista. Nella tradizione costantinopolitana, rappresentata nel IX secolo dal Typikon della Grande Chiesa, Giovanni viene commemorato da solo in varie occasioni: il 26 settembre, il 15 febbraio, l’8 maggio e il 10 luglio21. Di queste date, la più importante sembra quella dell’8 maggio22, ma è impossibile dimostrare che si tratti di una celebrazione antica. Il fatto che l’Oratio commenti il prologo del vangelo di Giovanni, vale a dire una lettura normalmente riservata in Oriente alla notte o al giorno di pasqua, non è particolarmente utile per determinare l’occasione liturgica; anche altre omelie dedicate all’evangelista si dilungano sullo stesso passo, pur non essendo state pronunciate per pasqua. Si vedano, tra gli esempi probabilmente bizantini, Pseudocrisostomo, In laudem sancti Iohannis theologi homiliae 1-2 (M. 61, 719-722)23; De S. Iohanne Apostolo sermo (PG 59, 609-614)24; Encomium in sanctum Iohannem euangelistam (HIPPOLYTOS 1922, pp. 665-667; 725-728). Si noti comunque che nel Barb. gr. 517 l’Oratio è assegnata al 26 settembre, data della ̺͇͊̓͑͐͑̿͐͏ dell’evangelista. Poiché non vi accenna, l’Oratio non dovrebbe essere stata pronunciata per tale occasione liturgica. L’elogio dell’evangelista (§ 3) Ovviamente, l’Oratio si diffonde sull’eccellenza della rivelazione ricevuta da Giovanni in merito alla natura del Verbo, ma, al § 3, si sofferma sul contrasto fra la sua umile provenienza e la profondità del suo discorso teo20
Sulla storia di queste celebrazioni, cf. VOICU 2004b. Anche se in origine il Giacomo commemorato assieme a Giovanni (e a Pietro) era, presumibilmente, il primo vescovo di Gerusalemme, il cosiddetto «fratello di Gesù» (Giacomo minore), praticamente tutte le fonti relative a questa festa hanno ormai operato la sua identificazione con Giacomo maggiore, fratello di Giovanni. 21 Cf. MATEOS 1962-63, I, pp. 48-49, 232-233, 282-285 e 336-337. Un sistema analogo sussiste anche in Italia meridionale, come testimonia il Typikon di Messina, nel quale Giovanni viene commemorato il 26 e 27 settembre, nonché l’8 maggio (cf. ARRANZ 1969, pp. 31-33 e 150-151). 22 L’8 maggio è, d’altronde, l’unica data che il Typikon della Grande Chiesa qualifica con il termine ̼͊͋͊ͅ (cf. MATEOS 1962-63, I, pp. 282-283). 23 Entrambe le omelie sono state pronunciate probabilmente l’8 maggio, poiché alludono alle rose. Sulla diffusione della «festa delle rose», cf. VAN ESBROECK 2004, pp. 29-33 e 39-47. 24 Questa omelia è relativamente tardiva, poiché menziona l’Apocalisse giovannea (cf. PG 59, 610), la cui canonicità si afferma stentatamente in ambito bizantino verso la fine del VI secolo.
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logico. Il passo ha un riscontro molto puntuale in Giovanni Crisostomo:
͍Ҡ͈̻͇͍͑͑نљ͉͇̻͖͏ ͍Ҡ͂Ҿ͍͑ ͍̥͒̽̿͂̓̀̓ن͍҅͒نј͉͉Ҽ͍͑͑نҼ̺͍̀͆͑ͅ͏͍͙͑͂҄̓ن̧͍̓ن (In Iohannem hom. 1: PG 59, 26, 21-22). La stessa opposizione viene sviluppata lungamente anche in un’omelia pseudocrisostomica pronunciata a Costantinopoli verso l’anno 400 da un ignoto autore di formazione antiochena25: … Ѩ͓̻͍͆́͌̿͑Ҍ͖̺͋͋ͅ͏ ҕљ͉͇̓ӆ͏͈̿ӂ̓Ҡ͉͇̼̿́́̓͐͑͏ ҕԪ͕̽̿͏͑ӄ͈͍͈͂̽͑͒͋̿ӂ͉̿̀ӈ͋ ͑ӄ̓Ҡ̻͉͇͍̿́́͋ ҕј͓̓ӂ͏͑ӄ͈̺͉͍͋̿͊͋͑ӄ͋љ͉͇͇͈̓͒͑ӄ͈͋̿ӂ͔͇͎͇̺͍͊̓͑̿̓͐͊̓͋͏͑ӄ͉͙͍͋́͋ ͑ӄ͇͈͉͇͈͙̲͋͂͂̿͐̿͋̽Ѩ͓̻͍͈͆́͌̿͑̿ӂ͑̽̓͋̓ةҕљ͉͇͚̓͏̔Ґ͖͂͊̓͋̓҄љ͉͇̻͖͏͑ҼԪ̼͊̿͑̿ ̩̿ӂ љ͉͇̻͖͏ ͈̿ӂ ͍Ҡ͔ љ͉͇̻͖͏̘ љ͉͇̻͖͏ ̻͊͋ Ѩ͇̓͂Ӏ ͑ӄ ͙͐͑͊̿ Ѩ͈̓ ͍͋لѨ͓̻͍̘͆́͌̿͑ ͍Ҡ͔ љ͉͇̻͖͏̻͂ Ѩ͇̓͂Ӏ͚͍͋̓͊̿͑͏͑͋إҼԪ̼̲̺͎͓͇͊̿͑̿̽́͐͋̔ͅeѮ͋ј͎͔͋إكҕ̪͙͍́͏ ͈̿ӂҕ ̪͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ̧͙͋̓͋ ͈̿ӂ̧̓ӄ͏͋إҕ̪͙͍́͏» (In illud: Si qua in Christo nova creatura 3: UTHEMANN 1993, p. 30).
Giovanni, l’ultimo dei Vangeli (§§ 4-5) L’inizio del prologo di Giovanni rappresenta spesso, nell’omiletica greca, un’occasione per ricordare anche gli altri tre Vangeli. Questa evocazione riguarda in genere i due aspetti sottolineati dall’Oratio: il Vangelo di Giovanni, ҕ͉͈͑̓̓͒͑̿̿ ͇̺̓͌͑ك͑͏͍لӂ͎ى͑͏͍͑وҥ͕͇̓ (§ 5), è stato redatto per ultimo ed è superiore agli altri. Infatti, a differenza degli altri tre evangelisti, i quali hanno preferito prendere le mosse dalla nascita o da altre circostanze della vita terrena di Gesù, più comprensibili per il loro pubblico, inizia proclamando chiaramente la sua divinità26. Questo schema viene seguito da Severiano di Gabala, il quale adduce un motivo simile a quello dell’Oratio, anche se venato dalla polemica antigiudaica, per spiegare perché i primi tre vangeli non parlano della divinità di Cristo: ̲̻͎͐͐̿̓͏ ̻͍͇͊͋͑ ̓҄͐ӂ͋ ̓Ҡ͉͇̿́́̓͐͑̿̽ ̫͈̿͑͆̿̿ ͏ـ͈͍̪͒ ͏͍͈͎̺̫ ͏͍لӂ Ҍ͖̺͋͋ͅ͏̘ ҙ͑̓ Ѹ͎͍͌̿͋͑ ͍͍͑ ͏͍͚͎͈͑̿͊́ͅ نҠ͈ ̓Ҡ͆ӆ͏ Ѩ͉̺͉͐̿͋ͅ ͑Ҽ ͎̻͍͋͑̿ ͑ كј͌̽ӽ ј͉͉Ҽ ͑Ҽ љ͎͙͍͊̈́͋͑̿ ͍͑ ͏لј͈͎͍͖̻͍͇͊͋͏ (…) Ҍ͖̺͋͋ͅ͏ ͍͑̽͋͒͋ ҕ ͒҅ӄ͏ ͑͏͍ل͉̿͑͒̓̓͑ ͏ق͍͎͑͋̀ ͏ق ͎͉̿͋̓͆قѨӂ͑Ӏ͍͉͍͋͆̓́̽̿͋͊̓͑Ҽ͍͑ӆ͏͎͑̓͏لѨ͈͍̓̽͋͒͏͈̼͎͈͒̿͏ ͈̿ӂ͈͙͖̓҄͑͏ҕ͊Ҿ͋ Ѵ͈͍͉͍͚͆͐̓͋ͅ ͍҅͂Ҿ͎͍̻͉͍̿̀͋ ͑Ҽ͇͈͎͊Ҽ̻͖͑͏ј͎̺͍͐͑͑͋͑̓͏ (De sigillis sermo: PG 63, 540, 42-46; 541, 34-37). 25 Sulla data di questa omelia, riutilizzata nel primo decennio del V secolo per comporre In Pentecosten sermo 1 (PG 52, 803-808; CPG 4536), cf. VOICU 2002. 26 Oltre ai passi citati qui di seguito, lo stesso impianto è presente anche in due omelie pseudocrisostomiche relativamente antiche, pronunciate il 27 dicembre per la festa degli apostoli: l’inedita Laudatio apostolorum (cf. CPG 4970), che risale agli anni fra il 363 e il 380 (cf. VOICU 1997, p. 361), e In transfigurationem (PG 61, 721-724; cf. CPG 4646), forse degli ultimi decenni del IV secolo (cf. VOICU 1997, pp. 359-360). Cf. anche Teodoro di Mopsusestia, In Iohannem: VOSTÉ 1940, II, pp. 3-4.
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Dal canto suo, Giovanni Crisostomo segue una linea di pensiero molto simile a quella dell’Oratio: ̲͍̽͋͏ѭ͈͋̓̓͋ ͑͋وќ͉͉͖͋љ̺͖͋͑͋̓Ҡ͉͇̿́́̓͐͑͋وјӄ͑͏͍͍͈͍̿̽͊͋҄͏قј͎̻͖͌̿͊͋͋ ͈̿ӂ́Ҽ͎ҕ̫̿͑͆̿͏͖̻̓͐͋̓́͏̡͍͉̀̽ ͇͓͐ͅ͏͙لҌ͍͈̘̣͐̿͂̽͒̿ͅن͍҅͒ن̵͍͇͎͑͐نӂҕ̪͍͈͒͑͏ـҼ ͈̿͑Ҽ͑Ӏ̫͎͋̿̽̿͋ѵ͊͋لѨ͋ј͎͔͈̘͇̿̿͑ل͇̓́͂ͅكӂҕ̫̺͎͈͍͏͂Ҿҕ͍͖͊̽͏͍͑̿͏لҠ͍͑͏لѨ͇͋͂̿ ͎͇͉͙͍͇͑̽̀̓́͏ ͑Ӏ͈͋̿͑Ҽ͑ӄ̡͇͋̿͑͐͑Ӏ͍͎͋҅͐͑̽̿͋Ѩ͋͑̓͋̓͆نҡ͓͖̿̽͋͋ ҕҌ͖̺͋͋ͅ͏͍͍͑͑ن ͊Ҿ͋ Ѩ͋ ͎͔͈̀̿̓̿ لӂ ͊̓͑Ҽ ͑̿ ̿͑نӚ͍͋̽͌̿͑ ̓҄͛͋ ̩̿ӂ ҕ ̪͙͍́͏ ͐Ҽ͎͌ Ѩ̻͍̘́͋̓͑ ͑Ҽ ͂Ҿ ќ͉͉̿ ̺͎͎͋͑̿̿̿͂̿͊͛͋ ͑Ӏ͚͉͉͕͇͋͐͋ͅ ͑ӄ͙͈͍͋͑͋ ͑Ӏ͋ј͎͍͓̼͋̿͑͋ ͑Ӏ͋̿Ҥ͇͌͐͋ͅ ̓Ҡ̻͖͆͏ ͎̓ӂ͑͏قј͇͍̼͖͂̽͒́̓͋͋͐̓͏ѵ͊͊ن͍̲)…( ͇̔̿͑ل͇̓́͂͋ͅلҾ͋́Ҽ͎̫͍̿͑͆̿̽͒јӄѽ͎͍͛͂͒ ͍͑͂ ـ͈͍̪͒ ن͍͑ ͏͖̻͉͇͐̿̀ نҾ јӄ ̲͇͎͍̀̓̽͒ ͍͑͂ ن͍͑ ͏͍͎̩̿͐̽̿ نҾ ̫̺͎͈͍͒ јӄ ͍͑ن ͍̀̿͑̽͐͊̿͑͏ Ҍ͖̺͍͋͋͒ ͎ӄ͏ ͑Ӏ͋ ͇̼͇͂́͐͋ͅ ͉͙͖̓҄͐̀̿͋͑͋ ̺͋͑̿ ͑̿ ̿͑نј͓̓ӂ͏ ͍ ͏͍͑خ ј͖̻͎͖͋͑ ̿͋͑ӄ͏ ќ͇͇͋̓͐ ͔͎͙͍͋͒ ͑̓ ͈̿ӂ ̿҄ ͏͍͋وѨ͈̓͑ لӀ͋ ͇̺͍͇͂͋̿͋ ͑ ͋وј͈͎͍̿͑͋و ј͈͍͖͎͋͑̽̈́͋ӄ͏͑ӄѮ͋ј͎͔͈̿ ͋إكӂ͍Ҡ͈ј͓͇̓ӂ͏͍͐͑ ͍͒̽̿͋قҠ͂Ҿҙ͎͍͇͋͑͆̓̽͏ ͈̺͎̿͆̓ Ѩ͈̓͑ ͇͍͋لӄ͋ѽ͎͈͛͂͋̿ͅӂ͑ӄ̲͇̻͎͇͍͈͋̀͋̿ӂ͑ӄ͋Ҍ͖̺͋͋͋ͅ (In Iohannem hom. 4: PG 59, 46-47).
Sia pure in maniera più sintetica, la stessa idea viene ripresa da Proclo di Costantinopoli nel secondo quarto del V secolo: ̮҄͊Ҿ͋ќ͉͉͍͇̓Ҡ͉͇̿́́̓͐͑̿ӂ͑Ӏ͈͋̿͑Ҽ̺͎͈͉͍͍͈͍͎͈͐̿́̓͋̓̿́̽̿͋͑̿͒̽͒نӂ̧͍̓نѵ͊͋و Ҍ͍͐ͅن̵͍͇͎͑͐نѨ̼͍̘͌́͐̿͋͑ͅҌ͖̺͋͋ͅ͏͂Ҿ͑̓͋وҠ͉͇̿́́̓͐͑͋وҕѨ͎͍͌̿̽̓͑͏ ѵ͍͉͙͍͆̓́͏ ͉͚͎̿ ͑Ӏ͋ ќ͎͔͍͋̿͋ ҥ͎͇̿͌͋ ͍͑ ͍͙̪͒́ ن̧͍̓ نѨ͍͉͙͆̓́͐̓ͅ ͈̿ӂ ͑Ӏ͋ ͎͍͇͇͍̿͛͋͋ ͈̿ӂ ј̺͎͎͍͍͎̯͊͑͒͋͑͑̿نӄ͏͎ӄ͏͑ӄ̳͋҅ӄ̻͇͋́͋͋͐͋ͅѨ̼͍̘͌́͐̿͑̓҄͛͋ͅeѮ͋ј͎͔͋إكҕ͉͙͍́͏ ͈̿ӂҕ͉͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ͋͆̓ӄ͈͋̿ӂ͆̓ӄ͏͋إҕ͉͙͍́͏̘͍͋إ͏͍͑خѨ͎͔͎͋̿كӄ͏͑ӄ͙̯̺͇͋͆̓͋͋͑̿͂Ԇ ̿Ҡ͍͑نѨ̻͍́͋̓͑» (Oratio 15. In s. Pascha: PG 65, 800 A).
L’ordine antiocheno dei vangeli (§ 5) Un particolare al quale di primo acchito si sarebbe tentati di attribuire scarsa importanza, imputandolo a una distrazione del predicatore o a un problema della tradizione manoscritta, è la sequenza in cui l’Oratio menziona i Vangeli. L’ordine Matteo, Luca, Marco e Giovanni è infatti diverso da quello detto «di Girolamo», il più diffuso già nell’antichità e l’unico che seguono le edizioni moderne, vale a dire Matteo, Marco, Luca e Giovanni27, e anche da quello cosiddetto «occidentale», attestato da alcuni manoscritti della Vetus latina, dal bilingue Codex Bezae e da poche altre
27 Questo ordinamento dei Vangeli, già presupposto probabilmente da P75 (cf. VOICU 2008, pp. 31-35), si trova nel IV secolo nei grandi manoscritti biblici, cioè i codici Vaticano B e Sinaitico, e in alcuni canoni del Nuovo Testamento; cf. Anfilochio di Iconio, Iambi ad Seleucum 291: OBERG 1969, p. 38; Gregorio Nazianzeno, Carmina dogmatica 12: JOANNOU 1963, p. 231. Cf. anche GREGORY 1894, p. 137; 1900-09, [II], p. 854.
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testimonianze, nelle quali al vangelo di Matteo seguono Giovanni, Luca e Marco28. La successione proposta esplicitamente dall’Oratio, che potrebbe essere il risultato di un esperimento codicologico poco felice29, rappresenta una tradizione locale autonoma, tramandata forse soltanto da Giovanni Crisostomo30 e che sopravvive sporadicamente nell’iconografia bizantina31. La polemica antianomea (§§ 8-18) Una caratteristica notevole dell’Oratio, che sembra rispondere a un problema di urgente attualità, è lo spazio che vi occupa la polemica antianomea, alla quale sono già funzionali i §§ 6-7 e che diventa l’unico tema della seconda parte, dal § 8 fino alla fine, anche se Eunomio viene menzionato esplicitamente soltanto nel § 11. La rapida menzione di Ario e di Sabellio nella stessa frase nel § 16 appare invece più come una evocazione retorica di eresie in qualche misura pregresse, sebbene il nome di Ario, talvolta indicato tradizionalmente come maestro di Eunomio, torni anche nel § 18. Le argomentazioni dell’Oratio non sembrano ispirarsi direttamente alle confutazioni antianomee classiche dei Padri cappadoci32, ma presentano numerosi paralleli con le formulazioni polemiche degli autori di matrice antiochena.
28
Cf. GREGORY 1894, p. 137; 1900-09, [II], pp. 854-855. Cf. VOICU 2005, pp. 233-234. 30 Oltre al passo appena citato, tratto dalle In Iohannem homiliae, Crisostomo menziona in almeno altre due occasioni questa sequenza: ͈̿ӂҕ̫͈̿͑͆̿̿)…( ͏͍لӂ̪͍͈͈͒̿͏ـӂ̫̺͎͈͍͏̘ҕ Ҍ͖̿͋͋ͅ͏͙͍͊͋͏ѩ̻͎͖͑͏(In Ps. 44: PG 55, 194, 12 ab imo-8 ab imo); ͈̿ӂ̫̿͑͆̿͏͍لѨ͈͋͑̓̿͋̓͆نӂ ̪͍͈͈͒̿͏ـӂ̫̺͎͈͍͏ (In ep. ad Romanos hom. 1: PG 60, 397, 23-24). L’ordine «antiocheno» è talmente raro che non viene nemmeno menzionato da Gregory, il quale attribuisce a Crisostomo, senza indicazione di fonte, l’ordine Giovanni, Matteo, Marco e Luca (cf. GREGORY 1894, p. 138; 1900-09, [II], p. 856), contraddetto dai passi appena citati. È invece impossibile accertare se nell’omelia di Severiano di Gabala l’ordine di Girolamo sia primitivo oppure frutto di un rimaneggiamento. Sulle circostanze della trasmissione delle omelie di questo autore, cf. VOICU 2006. 31 Verosimilmente a questo ordinamento, che Galavaris ha chiamato «of PseudoAthanasius», è da collegare l’attribuzione, in alcuni manoscritti bizantini, dei simboli del leone e del vitello (o bue) rispettivamente a Luca e a Marco; cf. GALAVARIS 1979, pp. 42-44; NELSON 1980, passim. 32 Vale a dire i trattati Contra Eunomium di Basilio (SESBOÜÉ et al. 1982-83) e di Gregorio Nisseno (JAEGER 1960). 29
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La generazione impassibile del Verbo (§ 10) La generazione del Verbo, che è impassibile, può essere comparata alla nascita del pensiero dalla mente. Questa argomentazione viene riproposta almeno in due occasioni da Severiano di Gabala, il quale precisa, come anche l’Oratio, che si tratta di una nozione umana che aiuta a comprendere il mistero: Ѯ͈͈͑͆̿͋وԆѵ͇͙͊͑̓͋͏ـҼҡҾ͎ѵ͇̣͊)…( ͏ـҼ͍͍͑͑نҕ̓Ҡ͉͇̼̿́́̓͐͑͏ Ѯ͋ј͎͔͋إك ҕ͉͙͍́͏ ҉͋̿͑ӄј̿͆Ҿ͏͑͌̽̓͂͏͖̼̓͐͋͋̓́͏قԌҟ͎̓Ѩ͐͑ӂ͋ҕ͉͙͍́͏͎ӄ͏͍͍͋͑ن͍͑ ͋نҕ ͍͍͊͋́̓͋Ӏ͏͉͙͍́͏͎ӄ͏͑ӄ̯̻͎̘͋̿͑̿ (…)͎͛͋ͅѵ͊͋إ͋لҕ͉͙͍́͏ ҙ͇͈͑͑͆̿͋وԆѵ͊͏ـ ͑ӄҡҾ͎ѵ͊͋ل̓҄̓͏͇̼̓͐͆̿͊͏ـқ͉͙͍́͏ҕѵ̻͎͍͊͑̓͏Ѭ͖͐͊̓͑Ҽ͍͑̿͏͍̼͑͋̿͐͋͋̓́نҠ͙͑͋ Ѩ͇͍͉͍͎͐͑͋͆̓̿͑ة̤ )…( نӈ͈͋̿ӂ̺͉͎͍͈͋͑̿̿ͅ لӂ͍͑̿͏͍̼͑͋̿͐͋͋̓́نҠ͑ӄ͍͍͋͋نҠ͈ ј͓͇̽͐͑̿͑̿ (In illud: Pone manum tuam: PG 56, 556-557). Ѯ͋ ј͎͔ ͋إ كҕ ͉͙͍́͏ ͈̿ӂ ҕ ͉͙͍́͏ ͎ ͋إӄ͏ ͑ӄ͋ ͆̓ӄ͋ ͈̿ӂ ͆̓ӄ͏ ͋إҕ ͉͙͍́͏ Ѯ͇̓͂Ӏ ́Ҽ͎ ј̿͆Ӏ͏ѵ͍͑̿͋҉ ͇̻͉͍͙̪̓́͋́ ͏͇̻͍͙͉͐͋͋́͒́ͅنјӄ͈͑͑̿͋وҼ͐Ҿ͑ҼҡҾ͎͐Ҿ͇͚̿͂̓͐Ԍ ҙ͇͑ұ͎͐̓ҕ͍͋͑͋و͋͋̓́͏نӄ͉͙͍͍͋́͋Ҡ̺͇͍͆̓́̓͋͋ فҠ̻͇͑͊͋̓͑̿ ͍ҠԪ͍̓ لҠ͂Ҿќ͉͉͍ ͇͑͑͋و͈͇͖͑̿͊͐͋وҡ͓͇̽͐͑̿͑̿(…)ј͉͉Ҽ͉̻͇́̓̿Ҡ͑ӄ̪͙͍͋́͋ ҉͋̿͑ӄј̿͆Ҿ͏͎̼̿̿͐͑͐Ԍ ͑( ͏͖̼̓͐͋͋̓́͏قIn illud: In principio erat uerbum: PG 63, 544).
La preposizione ͇̺͂nelle Scritture (§ 13) L’Oratio si sofferma sull’interpretazione di Gv 1:3 (̯̺͋͑̿ ͇͂Ԇ ̿Ҡ͍͑ن Ѩ̻͍́͋̓͑ «Tutto è stato fatto per mezzo di lui»), per affermare che la preposizione ͇̺͂ non designa un rapporto di subordinazione del Verbo rispetto al Padre, bensì la collaborazione di entrambi33. A tal fine, presenta altre quattro citazioni bibliche in cui ͇̺͂ designa Dio come autore, e non come strumento di un’azione o di un’iniziativa: 1 Cor 1:9 (̯͇͐͑ӄ͏ҕ͆̓ӄ͏͇͂Ԇ͍خ Ѩ͈͉̼͆͑̓̓҄ͅ͏͈͍͇͖͍͋͋̽̿͋͑̿ن͍҅͒نҠ͍͑)ن, Gn 4:1 (Ѯ͈̺͑͐͊͋ͅͅќ͎͖͍͇͋͆͋͂Ҽ͍͑ن ͍͆̓)ن, Gn 40:8 (̮Ҡ͔ӂ͇͂Ҽ͍͑ن͍̓͆نѵ͇̺͓͇͂̿͐͐ͅ͏̿Ҡ͍͑ )̔نe Rm 11:36 (ҟ͇͑Ѩ͌ ̿Ҡ͍͈͑̿نӂ͇͂Ԇ̿Ҡ͍͈͑̿نӂ̓҄͏̿Ҡ͑ӄ͋͑Ҽ̺͋͑̿). Il senso da dare a ͇̺͂ ha un antecedente illustre in un passo di Basilio Magno, consacrato all’uso «improprio» delle preposizioni nelle Scritture, nel quale vengono spiegati Gn 4:1, Lv 8:21 e Gn 40:834. Considerazioni analoghe vengono riecheggiate da un passo di Giovanni Crisostomo, in cui Gn 4:1 e Gn 40:8 vengono accostati a 1 Cor 1:935. 33 L’espressione dell’Oratio ha un notevole parallelo, anche nella sua icasticità, in Teodoro
di Mopsuestia. Si comparino ̫̺͋͆̿͋̓́Ҽ͎͑Ӏ͎͓͋́̿Ӏ͎͋͐͒͋̓́̓̽̿͏ ͍Ҡ͔ҡ͍͎͒́̽̿͏͑Ӏ͉̻͇͋͌͋ ͇̺͈͍͂͂͐͒͐̿ (§ 13) e «Clare autem ostendit, illud: omnia per ipsum, de eo non ministerii causa, sed cooperationis gratia dictum esse» (In Iohannem: VOSTÉ 1940, II, p. 17). 34 De Spiritu sancto 12: PRUCHE 1968, p. 282. Preoccupazioni simili si osservano nel De trinitate trasmesso sotto il nome di Didimo il Cieco (PG 39, 929-933). 35 In Matthaeum hom. 59: PG 58, 578.
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Un passo del florilegio pseudoatanasiano Testimonia e scriptura, il cui interesse per la perfetta uguaglianza delle persone nella Trinità sembra rispecchiare una problematica degli inizi del V secolo, si avvicina molto all’Oratio, poiché enumera nell’ordine 1 Cor 1:9, 2 Cor 1:1 e paralleli, Gal 4:7, Rm 6:4, Gn 4:1, Gn 40:8 e Rm 11:3636. Nei limiti della nostra documentazione, l’Oratio sembra essere l’unico testo che utilizza questi passi per spiegare il senso di ͇̺͂ in Gv 1:3. Gli alberi di Gn 1:11-12 (§ 14) Il parallelismo tra la creazione delle piante e degli alberi in Gn 1:11-12 e la generazione del Figlio ha le stesse connotazioni polemiche in Severiano di Gabala: ̮Ҡ͂Ҿ͍͍͇͚͔͍͑͑̓͋͐҄̿͑نӆ͏͎͇͈͍͚̿҅̓͑͏̡͍̺͑͋́ͅҼ͎͈̿ӂ͚͉͈͌̿̿ӂ͔͙͎͍͑͏͈́̓͋͋͆̿فԆ ҕ͍͇͙͊͑͑̿ͅ ͈̿ӂҕ̧̓ӄ͏ј͙͍͇͍͋͊͋Ѩ̻́͋͋͐̓̔ͅ (De mundi creatione or. 3: PG 56, 448, 19-21).
La citazione di chiusura Secondo un’abitudine abbastanza diffusa nella predicazione greca, l’Oratio si chiude citando un passo biblico immediatamente prima della dossologia finale. Ma il tenore di questa citazione finale pone qualche problema, poiché non corrisponde a quella che è presumibilmente la sua fonte scritturistica, cioè 1 Sm (LXX 1 R) 2:30: «͍͑ӆ͏͍̺͍̺͂͌̈́͋͑͏͍̺͖͊̓͂͌͐ ͈̿ӂҕѨ͍͌͒͆̓͋̓͊͋و ј͇͖̼͇͑͊͆͐̓͑̿», là dove l’omelia legge: «̲͍ӆ͏͍̺͍̺͂͌̈́͋͑͏͍̺͖͊̓͂͌͐ ͈̿ӂ͍͑ӆ͏ Ѩ͍͍͌͒͆̓͋̓͊͏̺͑͋نѨ͍̼͖͌͒͆̓͋͐». Le varianti patristiche che riguardano la seconda parte della citazione sono abbastanza numerose, ma, contrariamente all’Oratio, tutte conservano il giro passivo della frase. La sostituzione di ј͇͖̼͇͑͊͆͐̓͑̿ è generalizzata, vuoi con ј͇̼͇͑͊̿͐͆͐̓͑̿, vuoi con il plurale (͍҅Ѩ͍͍͌͒͆̓͋)̓͊͏̻͑͋ن ј͇̼͍͇͑͊̿͐͆͐͋͑̿. La variante ҕѨ͍͌͒͆̓͋( ͋وѨ͍͌͒͂̓͋̓͊ )͋وѨ͍͖̼͇͌͒͂̓͋͆͐̓͑̿ sembra esclusiva di Cirillo Alessandrino. Soltanto Giovanni Crisostomo e Teodoreto abbinano alla sostituzione del verbo l’uso del plurale: ͍҅Ѩ͍͍͌͒͆̓͋̓͊͏̻͑͋نѨ͍͖̼͍͇͌͒͆̓͋͆͐͋͑̿ (Ѩ͍͌͒͆̓͋ͅ ̼͍͇͆͐͋͑̿)37, presentando la forma che, in definitiva, più si avvicina a quella dell’Oratio. 36 37
PG 28, 52. Cf. Crisostomo, In Matthaeum hom. 29: PG 57, 362, 31; In epistulam ad Ephesios hom.
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Conclusione L’utilizzazione dell’ordine antiocheno dei Vangeli, unita a quella di espedienti retorici che trovano riscontro nelle opere di Crisostomo, di Teodoro di Mopsuestia e di Severiano di Gabala, conferma che l’Oratio è stata pronunciata da un autore di formazione antiochena. Questa indicazione è insufficiente per determinare il luogo in cui l’omelia è stata pronunciata, poiché l’influsso antiocheno è avvertibile in altre località, segnatamente a Costantinopoli. Lo spazio relativamente ampio dedicato alla polemica antianomea sembra indicare che le dottrine di Eunomio venivano ancora avvertite come un pericolo reale. Senza escludere una data più tardiva38, questa indicazione sembra attagliarsi meglio agli ultimi decenni del IV secolo o ai primi del V secolo. *
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Testo [Barb. gr. 517, f. 22r]
Ҍ͖̺͍͋͋͒ј͎͔͇͇͈͙͍̩͖͇͍͙͉͍̓͐͒͋͐͑̿͋͑͋͒̓͏̵͍͍͙͍͎͑͒͊͑͐͐͒ن ͉͙͍́͏̓҄͏͑ӄ͋ѝ͇͍́͋Ҍ͖̺͋͋͋͑ͅӄ͋̓Ҡ͉͇̿́́̓͐͑Ӏ͋ ͈̿ӂ̓҄͏͑ӄ«Ѯ͋ј͎͔͋إكҕ͉͙͍́͏» 1. қ͑҅͒͏ق͍͎͑͋̀͏قӄ͏̼͎͍͈̺͎͔͇͈͐͊̓͋̿͑̓͑̿ ͏͖͎͚̓́͋̿ͅ͏قӂ͍͍͉̺͑͒́̓͊ن
͈̼͎͈͍͒͏Ѩӂ͍͑͏͍͙͎͑͋̿نѵ̼͈͎͚͇͊͋͊͑͑̓͑̿ͅͅ җ͏͑Ӏ͋ҡԆ͍Ҡ͎̿͋ӄ͋ѝ̿͐̿͋͑͏ق͑ك ͓͖͍͋ ͏̼͔͇͎͇͇͉̺̿͐̓́́͐ͅ͏قҠ͙͍͊͋͋ј͎͍͋͆͛͒͏ ј͉͉Ҽ͈̿ӂ͑Ҽ͏Ҡ͎͈͍͍̓͐͊̽͒͏ ̺͇͂͒͋͊̓͏͈̻͉̿͑͌̓͋ͅ ѥ́Ҽ͎Ҕ͓͉͆̿͊ӄ͏͍Ҡ͈͈̓̿͋̓͂ةӂ͍ң͏͍Ҡ͈Ѹ͈͍͈͒͐̓͋̿ӂѨӂ͈͎̿ ͂̽̿͋ј͎͍͍͋͆͛͒Ҡ͈ј̻͋̀ͅѨ̿̽͂̓͒͐̓͋ѵ͑̓͋وҠ͉͇̩̼͓͎͍͈̿́́̓͐͑̿͒͋وӂ͎ӄ͏͑Ӏ͋ ͍͓͎͍͈͑͒ ͏͍͚͎͈͑̿͊́ͅ نӀ͋ ј͉̼͉̘͋̓͒͆̓͋ ͈̿ӂ ͉͙́Զ ͉͙͍́͋ Ѩ͈̼͎͒͌̓ ͇͈̼͋͐̿͏ ͑ك ͉́͛͐͐Ԍ͑Ҽ̻͎͊͑̿͑͏͖͚͓̓͐͏ق 2. ̲́ىҼ͎͍͇͈͇̼͂̓͐͑͑̓͆͑͐ىӄ͍͈͍҄̓͋لј͇͎͋͑̿̓̽͏ ̓҉͉͈͒͐̓͋Ѩ͈͖͍͑͋̽͊̿͑͋و ͍͑͑͏͍͚͑̿͊̓͋نҼ͍͑͏لќ͉͉͍͇͏ј̻͓͇͈̲͋͑̿̽͋̿́Ҽ͎͍͍͍͑͐͋͑نѴ̺́͐̓͋ͅ [ҕ]Ҍͅ ͍͍̻͇̲͐͋̓͋́́͋̽̔͏نҘ͍͋͊̿͑ӄ͓͉͎͍̽͑͋ [͑ӄ]͍͇͈͙͇͂̓͐͑͋̔́سҼ͎̺͈͈͋͑̿͋̓͋̽̓ͅ ͍͚͑͑Զ͙͊͋Զ͖͎͇͍͇͈́͋̽̈́̓͑̿͂̓͐͑͏قј̺́ͅ͏ҡ̺͎͌̿͏Ѩ͍͛͋͒͊͏Ѯ͎͋͑̓͋̓͆نӄ͏ ҥ͕͍͏͖͎͆̓̽̿͏ј͎͆̓̽͏ ͑Ӏ͋ҡ͎͈͙͇͍̓͐͊͋Ѩ͈̓̽͋͋ͅј͓« ̘̼͖͓͈͋͋͋̓قѮ͋ј͎͔͋إكҕ 2: PG 62, 19, 41; Teodoreto, Historia ecclesiastica I, 34, 3: BOUFFARTIGUE et al. 2006-09, I, p. 328; Quaestiones in libros Regnorum et Paralipomenon 7: FERNÁNDEZ MARCOS – J. R. BUSTO SÁIZ 1984, p. 10. 38 Le due omelie pseudocrisostomiche antianomee pubblicate da LIÉBAERT 1969 sono postefesine secondo il parere di SIMONETTI 1972.
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͉͙͍́͏͈̿ӂҕ͉͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ͙͋͆̓͋»̯͏وѸ͎͈͎̓͐̓͋ӄ͏͑ӄ͉͙͍͋́͋ѵ͉́͏و̯̔̿͑͑و ј͇̺͎͋̓̀̀͐͆ͅӄ͏͑Ӏ͋͑͋وј̺͖͖͎͆̓͑͋͆̓̽̿͋ҕ͍͋͏و̯̔͏نѵ͑͏ق͖͓͋͏قј͎͐͑̿Ӏ ͇͂Ҽ ͙͍͐͑͊̿͑͏ ј͎͍͋͆͛͒ [f. 22v] ͎͍͈̿ ͉͋̓͆قӂ ͑Ҽ ͑ ͏͍͙͑͑̓͆ͅ ͏قѨ͋ ͙͇͆̓͑͑ͅ ͈͈͎̻̼͎͇̓͒͊͊͋̿͊͒͐͑̿Ѩ͈̼͎͇͒͌̓͋͂Ҽ [͍͑« ̘͏͍̻͓͑̿͊́͆]نѮ͋ј͎͔͋إكҕ͉͙͍́͏͈̿ӂҕ ͉͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ͋͆̓ӄ͈͋̿ӂ͆̓ӄ͏͋إҕ͉͙͍́͏»̔ 3. ̯͍̽̿ ͐̓ ͑̿ ]ذ[ ̿͑نҌ͖̺͋͋ͅ ͈̓̿̽͂̓͒̓͋ ̼͐̿́͋̔ͅ ̯͍ ͇͍͐ ͙͋لќ͈͇͎͍́͐͑͋ ͑Ӏ͋ ͍͚͖͑͑͋ ͖͎͆̓̽̿͋ ͈͔̺͎͇͇̓͐͑̿̔ ̯͍ ͏ق́ نѶ ͉̺͆̿͐͐ͅ͏ ͑ӄ͋ ҡҾ͎ ͉͙͍́͋ ͉͙͍́͋ Ѩ̼͎͆̓͒͐̿͏̔қ͎͍͏͈͚͙͉͇͊̿͑̿͊͋̿̿̿̽̓͋̓҄͂͛͏ ҕ͍͑͑͏͍̺͉͒́̓نӄ͋̀͒͆ӄ͍͋Ҡ͈ ̓҄͂͛͏ ͎ӄ͏ ͑Ҽ ͈͑̿ ͏ل͈͇͍͉͇͓̓͋ ̺͆̀ͅ ͏͍͙͑͑̓͆ͅ ͏قӂ ͍Ҡ ͓͎͇̽͑͑̓͏ ͍͑͑ ͍͙͉͒́ نӄ͋ Ҙ͈͍́͋ ͈̿ӂ͍Ҡ̻͍͇͈͂͂̿͏͑͋وԪ̺͖͊͑͋͑ͅӀ͋ј͎̼͐͑̿͋̔ 4. Ѡ͉͆҅͒ͅ͏ق͍͎͑͋̀͏وӄ͏Ұ͋ ̺͈͊̓͊͆̿ͅ͏͇͂Ҽ͉́͛͑͑ͅ͏͎͍̀͋͑«̘͋ـѮ͋ј͎͔͋إكҕ ͉͙͍́͏͈̿ӂҕ͉͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ͙͋͆̓͋» ̻͌͋͋ͅҕ͚͇͇͈͉͂̓̓͐͆̿͂͂̿͐̿̽̿͏ҕ͙̲͍͂͋͏ل ͊Ҿ͋́Ҽ͎͍͉͉͍̓͏لҠ͉͇̿́́̓͐͑̿͏لҕ͑͏قѨ͎͖̼͖͋̿͋͆͐̓͏͎͙͍͑͏͑̓͋وҠ͉͖̿́́̓̽͋ ј͎͔̼ ͈̿ӂ͑Ҽ͏͓͇͉͎͍̿͋͆͛͒͏Ѩӂ́ ͇͎͇͑̿͂͏̓͑͋ن͍͍͎͉͍͋͊́̿͒͏͍͎ق͖͑͐ن͍͑͏ق ̺̀͏ ͑Ҽ͏͑͏͍͙͑͑̓͆ͅ͏قј͈͑͏ل͍͑͏̿͋لј͎͍͇͋͆͛͏͍Ҡ͎̼͉͖̿̓͂͐̿͋ ͎̻͑͑͊ىԶ͑͋و ј͈͍͙͖͒͋͑͋ ͑Ҽ͏ ͍͎҅͐͑̽̿͏ ҡ͓̼͋̿͋͑̓͏ ͈̿ӂ ͑Ӏ͋ ͉͎́ ͏̓͑͋ن͍͇͈͋ ͋̿͐͐وӄ͏ ҙ͎̓ ѵ ͔̺͎͇͏Ѩ͍͚͉͍̀̓͑ 5. қ ͊Ҿ͋ ́Ҽ͎ ͑Ҽ͏ Ѩ͌ Ѡ͎̀̿Ҽ͊ ͉͍́̓͋̓̿́̽̿͏ ͎͍̺͉͉͇̀̓͑̿ ͈̿ӂ ͑Ҽ͏ Ѩ͈̓͋̓͆ل Ѩ͉̿́́̓̽̿͏͑̓͏̻͍͎͉͇̻̿͋͊͒̓͋́ͅىҠ͉͇̿́́̓̽̈́̓͑̿ ѳ͎͍͑̓͏͂Ҿ͑Ӏ͋Ҍ͖̺͍̻͋͋͒́͋ ͇͋͐͋ͅ ͈̿ӂ ͑ ͏قѮ͉͇̺͐̀̓͑ ͑Ҽ͏ Ҭ͂̽͋̿͏ ͈̿ӂ ͑Ӏ͋ ̥͔͎͍̿̿̽͒ ͇͖̼͐͋ ҡ͓Ԇ ͏ئҕ ͍͑ن ͙͍͈͎͂̓͐͑͒͌͒قј̻͉͕̘͋̿͊̓͋ѝ͎̓ѝ̿͋͑̿͑ ͍͎͏ق͍͔͎͋́̓ق͍͎͏ق͈͇͎͋̓͆̿͏ق ͍͇̽͊̿ қ ͂Ҿ ͑Ӏ͋ ̻͊͐͋ͅ ͑̓ ͋وҠ͉͖̿́́̓̽͋ ̺͇͑͌͋ ͈͈͉͎͖̻͍̓͊͋ͅ͏ ̫̺͎͈͍͏ Ѩ͈ ͑͋و Ҍ͍͎̺͍͂͋͒Ԫ͎͖̓̽͆͋͑̓͋وҠ͉͖̿́́̓̽͋ј̺͎͔͇̓͑̿ ͑ӄ͍͑ ͇̺͍͙̓͆̿͊͐͑̀͒͑͐̓͂ن ̻͉͇͍͊͋͑̓͏قҠ͉͇͈̩̿́́̓̿͏͍͙͉͉͈͋̓͊̿̀̿͑̿͏͎͍̿̽͑͐҅͏قӂ̺͋͑̓͏͑Ӏ͓͇͉̺͎͖͋͋͆ ͍͍͈͍͍͋҄͋͊̽̿͋Ѩ͈͇͍͍͖͙͉͂́͋́ͅ͏͍͙͑͑̓͆ͅ͏ق͑͋و͑ ͇̿͑͋نҠ͈Ѩ͓͙͍͇̿͑͊̓͋Ѡ͉͉Ԇ ͍͏͍͑خҕ͉͈͑̓̓͒͑̿̿ ͇̺̓͌͑ك͑͏͍لӂ͎ى͑͏͍͑وҥ͕͇̓ ͑ӄ͍͙͉͋͑͋́͏͉͑͑͛́ͅ͏قѨӂ͑ӄ͋ ͇͍͎͂͊͒́ͅӄ͋ј͇̺͋̿̀̀͐̿͏͈̺͎̿͆̓Ѩ͍͌Ҡ͎͖̿͋̽͋ј͕͖̽͂͋ ͑Ҽ͏Ѩ͍͎͍͒̿͋̽͒͏͓͖͋Ҽ͏ ј͓̻͇̘͋̿͆́́̓͑̿«Ѯ͋ј͎͔͋إكҕ͉͙͍́͏͈̿ӂҕ͉͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ͙͋͆̓͋» 6. Ѯ͋ј͎͔͋إ͇͓͋͐ͅكѠ͇͍̽͂͏́Ҽ͎ ͋إҡ̺͎͖͌̓͏͍Ҡ͈ј͋̿͊̓̽͋̿͏ј͎͔̼͋қ́Ҽ͎ Ү͋Ѩ͋ј͎͔͇͑̿͋ة̓ن͍͑كӀ͋ј͎͔Ӏ͍͋Ҡ͎͍͇̘͐̽̓͑̿Ѯ͋ј͎͔͋إكҭ͏ј̓ӂҮ͈͋̿ӂ̺͍͋͑͑̓ Ү͈͋̿ӂ̻͍͍͍͊͂͑̓͑ͅ ͏͍͚͍͎͇͋̓͊̓͑͐̿͋ة̓نҠ͂ҾѬ͔͖͋͑ӄ͊Ӏ̓ ͎͇̓̿͋ة̓ن͍͇͑̿͋ة ͚͎͍͐̀͑̓͋ ͍Ҡ͂ҾѬ͔͖͋ҥ͎͇͍͇̀͋͑͑̿͋ة̓نӄ͊Ӏ͍̓ ͍͎͙͎͇͋̓͑̿͋ةҠ͂Ҿ͈͍͇͖͋͋ӄ͏͑͏ق ͈͖͑̽͐̓͏Ѩ͍͋͑͑ىҾ͊Ӏ̮̓͏͍͙͇͋̓͊͋̓́̿͋ةҠ́Ҽ͎ј͇͉͉͎͇͊̿͑ـӄ͏͑ӄ͇͍͎͋͂͊͒́ͅӄ͋ ͖̻͎͍͇͑͋͑͋͆́͒͊͂͋ͅͅوѵ͓͚͇͐͏ 7. ̲͍͇͎͍́̿ ͏͖͈̓͐̽͑ ͏ق͑ ͋نҕ ͎͓͐͒́́̿̓ӆ͏ ̫͖͐͑͘ ͏قҼ͏ ͇͍͍͍͈͑͊͐ ͏قԛ̿͏ ј͎̺͓͖͋̿́͋ ј͎͔Ҽ͏ Ѩ͙̘̀̿ «Ѯ͋ ј͎͔ كѨ͍̽͐̓͋ͅ ҕ ͆̓ӄ͏ ͑ӄ͋ ͍Ҡ͎̿͋ӄ͋ ͈̿ӂ ͑Ӏ͋ ́»͋ق ̮Ҡ͈̓« ̘͋̓ةѮ͋ј͎͔͋إكҕ͍Ҡ͎̿͋ӄ͏͈̿ӂѵ̮́»قҠ́Ҽ͎ј͇͍͓͚͇̽͂͋͐͋ ј͉͉Ҽ́̓͋͑ͅӀ͋ ͇͈̘͇͂́̓̿̿͑ͅلӂ͍͇̺͖͎͖͊͑͋̿̿́́ͅӀ͇͍͚͍͋͂́͊̓͋ͅ͏ ј͎͔Ӏ͋Ѭ͖͈͍͇̻͂̓͑͑̿͆͐͋̓́نӄ ͊Ӏ͎͇̓̿͋ةӄ͍͈͖͚͎͈͇̻͑̿͋͑͑̿͆͐͋̓́ͅنӂ͑ӄ͍͇͋͑ͅӀ͋ј͍͍͋̿̀͛͊̓͋͏ 8. Ѡ͉͉Ԇ͍Ҡ͔͍ҥ͖͑͏ҕ͑ ͏͙҅͒͏ق͍͎͑͋̀͏قј͉͉Ԇ«Ѯ͋ј͎͔͋إكҕ[f. 23r] ͉͙͍́͏» ͍Ҡ ͍͍́̓́͋͒͋̿لҠ͐̽̿͋ ј͉͉Ԇ͍͖͚͎͈͋͑͑͋̿͐ͅحѠ͉͉Ҽ͓͇͑̽͐͋ͅѨӂ͍͚͍͇͑͑͏ҕ͎͇͈͙̿҅̓͑͏
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̿Ҡ͍͈͑̿نӂ͇͂Ԇ̿Ҡ͍͈͑̿نӂ̓҄͏̿Ҡ͑ӄ͋͑Ҽ̺͋͑̿»̬͙͊Զ͈͑̿ ̼͖͓͖͍͋͆͐̽̓͋͏ق͓͎̿́͏قӂ ͊Ӏ͇̻͖̀̿̈́͐͆͑Ӏ͓͚͇͋͐͋ѵ͉̻͇͌͏ҡӄ͍̻͍͇͐͋͊̈́̿̀ͅن 14. «̯̺͇͋͑̿͂Ԇ̿Ҡ͍͑نѨ̻͍̘͈́͋̓͑̿ӂ͔͖͎ӂ͏̿Ҡ͍͑نѨ̻͍͍́͋̓͑Ҡ͂Ҿѭ͋ җ̻͍́́͋̓͋»қ͎͏ف ҭ͏͎͐͒͋̓́̓̽̿͏ ͍Ҡ͔ҡ͍͎͒́̽̿͏ ͑ӄԪ̫̔̿͊قӀ͓͇̻͖͎̺͍͍͎̿͋͐͆̿͂͌͋̓҄͑͑̿ىӂ ̺͎͔͇͐͒͋͒̓ [ҕ] ͒҅ӄ͏ ͈̿ӂ ҡӄ ͑̓ ͋وҠ͉͖̿́́̓̽͋ ͈͎͚͇͑͑̓͑̿ͅ ̮Ҡ ́Ҽ͎ ͎̺͍͍̿͂͌͋ ͑ӄ͇̓͑̽̿͋ةѬ͈͇͍͑͋͏̺͎͔͍͐͒͋͒͋Ѩ͈̓̽͋Զ͎̿Ԇ͍͇͔̻͇͎͑̓̓خӄ͇̓̿͋ةѠ͙͉͕͙̀̓͋ ͍͇͊́Ҽ͎͈̿ӂ̓҄͏͑Ҽ͎ك͑͏ت͍ ̺͓͑͒͏͎͍͇̿̽́͒͊͂ͅ͏ق͑̿͑وԪ̽̈́Ԍ͚͔͎͍͍͐́͋͏ҕ͈͎̿ӄ͏ ͉̺̘͈͐͒͋̓̀͐͑͐̓͋̿ͅӂ̺͈͎͍͓͍͎͍͋͑̿̿͏ق́͏ق͑̿͑͋نѨ͍͍͌̓͂̽͂͑ ͚͔͎͍͍͐́͋͋Ѭ͔͍͋͑̿ ͑ӄ͈͎͋̿ӄ͎̻͋͑͊̿͂͋͂̿͑ة̤ى͓͇͙͈͑͒͑͋̓͑ىҾ͍͋͑͋و͎͈̿͋وҠ͈Ѩ͔̼͎̓͒͐̿͋ ј͉͉Ԇ ҕ͍͈͊̿͋إ̓͑نӂ͍͓̺͑͐͑̓͋Զ 15. ̲ӄ̻͎͋̿͑̿͂ҾѬ͔͇̓͋͑ӄ͋͒҅ӄ͋ј͇͖͂̽͏̺͍͆̿͒͊̈́͊̓͋ ͈̿ӂ͙͎͔͑͋ىԶ͎͍͈͙ ͇͑̓͋̓҄͏͑ӄ̻͇̻͎́̓͋͐͆̿̿͑̿̔ Ѥ̿́̓͑̓͏قҠ͆̓̽̿ͅ͏̧͙̓͏ ͉͇͙͍͑̓̓͑͑ͅ͏Ҙ͍͋͊̿ ͓͚ ͇͐͏͍Ҡ͍̻͎͍͉̼͕͖͂̓͊͋͐̓ͅ͏ 16. «Ѯ͋ј͎͔͋إكҕ͉͙͍́͏͈̿ӂҕ͉͙͍́͏͎͋إӄ͏͑ӄ͋͆̓ӄ͈͋̿ӂ͆̓ӄ͏͋إҕ͉͙͍́͏»̧̓ӄ͏ ͎͋إӄ͏͙̘͍͆̓͋͑نӄ͇̺͓͍͎͍̩͂͋̔̿ӂ͑Ҽ͏ҡ͍̺͇͐͑͐̓͏Ѩ̻͎͇͊͐̓͋ ͈̿ӂ͑Ӏ͙͋͑̿͒͑͑͑̿ͅ ͍͑͏قҠ͐̽̿͏͎̻̿͐͑͐̓͋ͅ ҉͈͋̿̿ӂѤ͎͇͍͔͚̓͋̿҄͐͋Ԍ͑ӄ͍͉͍͈͋̓͊̿ ̿͑͋نӂ̱̻͉͉͇͍̿̀͋ ј͍͉̻͐Ԍ͑ӄ͋̿Ҡ͑ӄ̻͎͈͋̿͑̿̿ӂ͒҅ӄ͋Ѩ͋ѩ͋ӂ͎͍͐͛Զ͓͙͍̿͋͑̿̈́͊̓͋͋ 17. «Ѯ͋ј͎͔͋إكҕ͉͙͍́͏»Ҍ͖̺͋͋ͅ͏Ѩ͐͑ӂ͋ҕ͓͙͍͆̓́́͊̓͋͏ ҕ͎͑̿ىҼ̵͎͇͍͐͑ن ͓͉͎̽͑Զ͍͑ӆ͏ј͍͙͉͍͐͑͒͏͇͈̫͋͋وӀ͍͇̼͐Ԍ͏͑Ӏ͍͋͑نј͖̻͍͓͖́̿͊͋͒͋Ӏ͍͋͑ن ј́̿͏͍͑͋وѨ͉̺͖͇̘͑͑͐͋͊Ӏ͑Ӏ͓͖͋͋Ӏ͋͑< ͏ق͍͎͑͋̀͏قѨ͉̻́͌Ԍ͏͇͈͎͍͉͍͇̣͊́>͋وҼ ͍͑͋ـ͍͎͍͑͋̀͑نѨ͇̺͔͂͂͆ͅ ҉͋̿͑ىҡ͕͉͕͐͛͒͋̿͋͒͐ͅ͏͍͙͑͑̓͆ͅ͏ق͑ىԌ͑ӄ͈̼͎͈͋͒̿ 18. Ѡ͉͉Ԇѵ͊̓͏͙͌͂ͅن͍҅͒ن͍͑͏ق͑͏لҕ͍͉͍͊́͑̿ͅӂ͈̘̿͑̿͐͑͋̓͊وј͈͎͇̀̓̿͑͆̿͊ͅ͏لӂ ͑̓͏قҠ͉͇͈̿́́̓͏͉͑͑͛́ͅ͏قҡ̺͎͖̘͓͚͖͌͊̓͋́͊̓͋͑ӄ͋҄ӄ͋͑͏͓͉̿̽͊͐̿̀ͅ͏قѠ͎͍̘̓̽͒ ̓Ҡ͐̓̀̓̽̿͏͈͍̘͇̼͐͊͆͑͐̿͊͆̿͊͋̓͊ͅوӀ͍͋͑̓نҠ͉͍͓͖̿́́̓̽͒͋Ӏ͙͍͍͋͋͊͋͑ ͇͍͉́͏ل ͍͐͊͏لѨ͇͎̺͕͖́͊̓͋ ̺͉͇͊̓́͑͑͐ͅو͇͊͑͏̺̓͑͋̿͋҉ ͏͙͎͈͈̓͑́̿̓ك͖͓͋كӄ͋͒҅ӄ͋ ͈̿͆ӈ͏ ͇͐وҠ́Ҽ͎ќ͇͍͊͐͆͋͑͑͏͙͌͂ͅ͏قӄ̻͐̀̿͏̠Ҡ͍͎̺͑́نѨ͇͐͑ ͍͍̲͑« ̘ق͖͓͍̻͍͍͋͒͋͊̈́̿͌͂نӆ͏͍̺͍̺͂͌̈́͋͑͏͍̺͖͊̓͂͌͐ ͈̿ӂ͍͑ӆ͏Ѩ͍͍͌͒͆̓͋̓͊͏̺͑͋ن Ѩ͍̼͖͌͒͆̓͋͐» 19. ̠Ҡ͑ىѵ͙͈͂͌̿̿ӂ͑ӄ͈͎̺͍͑͏ ͐ӆ͎͋̿͑ӂ͈̿ӂљ́̽Զ͚͇͋̓͊̿͑ ͈͋̿͋نӂј̓ӂ͈̿ӂ ̓҄͏͍͑ӆ͏ј͉̼͍͑̓̓͒͑͑͒͏͖̿҄͋͋͛҄̿͋و͑͏̿͋وѠ̼͊͋ Traduzione Giovanni Crisostomo arcivescovo di Costantinopoli Omelia su Giovanni evangelista e sul passo In principio era il Verbo (Gv 1:1) 1. Oggi il figlio del tuono (cf. Mc 3:17) inizia la festa e ora viene annunciata la memoria del grande araldo, di colui che, facendo risuonare tutta la terra con la tromba della sua voce, ha lasciato attoniti non soltanto gli essere umani, ma anche le potenze celesti. Il sommo evangelista ha infatti
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insegnato quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo (1 Cor 2:9). Ed è giunto alla sommità del messaggio e con il verbo ha annunciato il Verbo, superando con la lingua i limiti della natura. 2. Abbandonando infatti il proprio petto su quello del Signore (cf. Gv 13:25; 21:20), ha tratto dai rivoli dello Spirito (cf. Gv 7:38) ciò che agli altri non era riuscito. Gesù infatti chi ha mai amato tanto? (cf. Gv 13:23, ecc.) Chi ha avuto come nome l’amore del Signore? Infatti, lo si conosce soltanto grazie a ciò con cui ha vinto ogni cosa, poiche è il nome per eccellenza dell’amore del Signore. Perciò, essendo stato elevato all’altezza della contemplazione, ha pronunciato quella parola che supera il mondo: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio» (Gv 1:1). Come ha potuto la lingua arrivare fino al Verbo? Come ha potuto la mente risalire fino alla contemplazione delle cose invisibili? Come è uscito il lampo della voce da una bocca umana e ha annunciato i misteri della divinità, nascosti nella divinità, con l’espressione: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1:1)? 3. O Giovanni, quale rete (cf. Mt 4:21; Mc 1:19; Lc 5:10) ti ha insegnato queste cose? Quale amo ti ha donato la visione di queste cose? Dove, sulla terra o nel mare, hai catturato il Verbo che è sopra ogni verbo? Tu, che sapevi lottare soltanto contro i flutti, che non conoscevi l’abisso del mare, vuoi avere la meglio sulle profondità della divinità, senza temere il peso del Verbo e senza avere paura del lampo delle parole? 4. Come un vero figlio del tuono (cf. Mc 3:17), hai appreso a tuonare con la lingua: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio» (Gv 1:1), a percorrere la strada di un insegnamento fuori del comune. Infatti, la maggior parte degli evangelisti hanno iniziato i loro vangeli con l’incarnazione, e soffermandosi sulle azioni che il Signore ha compiuto per amore sulla terra, non hanno reso manifesti agli uomini anche i bagliori della divinità, componendo il racconto secondo la capacità degli ascoltatori e muovendo la lingua là dove voleva la grazia. 5. L’uno premette infatti le genealogie da Abramo in poi (cf. Mt 1:1-17) e annuncia che le promesse fatte allora alla stirpe si sono compiute (cf. Mt 1:22, ecc.). Un altro annuncia invece la nascita del Battista, le doglie di Elisabetta e il silenzio di Zaccaria, grazie al quale ha brillato il messaggero del Signore, cose tutte queste che facevano da premessa alla nascita verginale (cf. Lc 1:5-25. 57-66). Marco, colui al quale è toccato in sorte occupare il posto centrale nell’ordine dei vangeli, inizia il vangelo dai flutti del Giordano, ponendo il battesimo del Signore a fondamento del racconto evangelico (cf. Mc 1:9-11). E tutti raccontano minutamente l’economia dell’amore per gli uomini, senza occuparsi di ciò che riguarda la divinità.
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Costui, che è ultimo nell’ordine e primo per elevatezza, facendo salire la parola della lingua fino al Creatore, come se provenisse dalla sommità dei cieli, proclama le parole che superano i cieli: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio» (Gv 1:1). 6. «Era in principio» (Gv 1:1). Era infatti eterno, senza dover attendere l’inizio dell’esistenza. Colui che infatti è in principio non è sottoposto all’inizio dell’essere. «Era in principio» (Gv 1:1), poiché esiste da sempre e per sempre, senza mai essere privato dall’essere, né avendo un non essere anteriore all’essere, né il non essere prima come un difetto dell’essere, né è diventato compartecipe nel fatto di non essere in qualche momento (infatti, la natura delle creature non è comparabile con quella del Creatore). 7. Di fatto Mosè, l’autore che ha scritto sulla creazione, descrivendo gli inizi della creazione del mondo, ha proclamato: «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gn 1:1). Non ha detto: «In principio erano il cielo e la terra». Non parla infatti di una natura eterna, ma di una che comincia a esistere. E, raccontando la creazione delle cose, ha iniziato dal diventare, annunciando che non esistevano prima di diventare e proclamando il Creatore. 8. Non ha fatto così il figlio del tuono (cf. Mc 3:17), bensì: «In principio era il Verbo» (Gv 1:1), proclamando non una natura soggetta al divenire, ma una esistente. Ma che dice in proposito l’eretico, colui che ha prestato la lingua al diavolo, colui che è diventato arco del suo furore? «In principio era il Verbo» (Gv 1:1): (quindi) il Verbo ha inizio. Ahimé! Ecco l’empia iniquità! Se il fattore del creato ha inizio, condivide la natura della creazione. Cosa mai proclama in più per noi il figlio del tuono (cf. Mc 3:17) riguardo a un Dio che non ha nulla in più della creazione? Perché mai non ha annunciato chiaramente dicendo: «In principio Dio ha fatto il Figlio»? Se «era» ha lo stesso valore di «diventò», perché, sbalordendo il nostro udito, ha proclamato: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1:1)? Lui si impegna nel mostrare la parola superiore al creato; tu sminuisci ciò che è stato detto riportando il Creatore entro i limiti della creazione, travisando la parola e combattendo contro Dio. 9. Giustamente Davide ha gridato in anticipo combattendo la loro bestemmia: «Hanno detto cose ingiuste verso l’alto» (Sal 72/73:8), alzando una lingua ostile contro il Creatore della lingua. Vergognati ora eretico! Comunque, poiché è Dio e figlio, per questo motivo riceve il nome di Verbo, per istruirti sul fatto che è coeterno con il Padre. 10. Ciò che infatti proviene dall’anima, uscendo da essa esiste in maniera impassibile, ma con essa ha l’esistenza, ottenendo l’esistenza assieme ad essa e non dopo di essa; questo è il Verbo dal Padre, eterno da uno che
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è eterno, impassibile da uno che è impassibile. Ecco l’immagine del verbo secondo la tua natura, che figura il Verbo che ti supera. 11. «In principio era il Verbo» (Gv 1:1). L’arroganza di Eunomio proclama: «In principio il Verbo non era: diventando ciò che non era prima, non avendo eternamente l’essere, è condannato al non essere». Per questa ragione, prevedendo la tua empia furia, l’evangelista ad ogni parola congiunge «era», attirandoti con la ripetizione dell’espressione verso la verità, affinché, anche se respingi il primo «era», tu arrosisca dalla vergogna di fronte al secondo; se poi rigetti anche questo, tu venga messo a terra dal terzo; e se ti opponi al terzo, tu venga sconfitto da quello che segue. «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio» (Gv 1:1-2), gridando come con una lira con quattro corde la parola «era», al fine di coprire con la voce la stonatura della tua empietà. E l’«era» scaccia il «non era». 12. «Egli era in principio presso Dio» (Gv 1:2). E in che maniera sarebbe fin dal principio presso Dio colui che prima non era e poi sarebbe stato chiamato presso Dio secondo le norme della creazione? «Tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1:3), ciò che non esisteva prima. Lui, invece, poiché esisteva sempre, non aveva bisogno di diventare. Tu, sottraendo l’elevatezza dell’«era», fai scendere il Creatore alla bassezza del divenire, convinto di avvolgere il Creatore con la miseria della tua natura. 13. «Tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1:3). E non ti sconvolga (l’espressione) «per mezzo di lui». Impara infatti che la Scrittura insegna che la parola si riferisce alla collaborazione e non alla sottomissione. Hai udito l’Apostolo dire: «Fedele è Dio, per mezzo del quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo» (1 Cor 1:9). Ma la parola non fa del Padre un servo. E hai udito ancora Mosè per bocca di Eva: «Ho acquistato un uomo per mezzo di Dio» (Gn 4:1). È forse sottoposto di Eva colui che ha modellato Eva? E ancora Giuseppe al faraone: «Non è forse per mezzo di Dio la sua interpretazione?» (Gn 40:8). È forse colui che concede la conoscenza servo della conoscenza? E ancora: «Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose» (Rm 11:36). L’espressione sia intesa secondo la legge della Scrittura, e la parola, forzata da te, non forzi la natura. 14. «Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1:3). Vedi che il termine riguarda la collaborazione e non l’inferiorità? Non sembri strano se il Figlio coesiste con il Padre e viene annunciato dai Vangeli. Non è infatti strano se qualcosa esiste da qualcosa, coesistendo con ciò da cui deriva l’essere. Guarda infatti, ti chiedo, le prime piante della creazione, il cui frutto ha germogliato assieme alla radice, e tutte sono uscite dalla terra portando frutti, avendo il frutto allo stesso tempo della radice che lo genera (cf. Gn 1:11-12). Così gli
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alberi non sono rimasti privi dei frutti, ma erano e al tempo stesso avevano i frutti come corona. 15. Ci meravigliamo che il Padre abbia avuto il Figlio eternamente. E che con il passare del tempo sia progredito fino a diventare Padre? Via la stolidità! Dio è un nome che indica perfezione, una natura che non ha bisogno di aggiunte39. 16. «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1:1). Dio era presso Dio. Dove sta la differenza? Ha diviso le persone e ha presentato l’identità dell’essenza, per svergognare Ario l’oppositore e per distruggere Sabellio, colui che immagina il Padre e il Figlio in un’unica persona. 17. «In principio era il Verbo» (Gv 1:1). Giovanni è colui che parla, colui che ha superato gli apostoli nell’essere amato da Cristo. Non trasformare la voce dell’amato in un abbassamento di colui che ama; non criticare la voce del tuono, sminuendola. Per questo motivo gli è stato insegnato a tuonare, affinché l’elevatezza della divinità innalzi al tempo stesso il messaggero. 18. Ma noi confessiamo fermamente la gloria del Figlio; diventiamo discepoli fedeli della lingua evangelica; teniamoci alla larga del veleno della bestemmia di Ario; adorniamoci con gli insegnamenti della pietà; iscriviamo la voce del vangelo come regola per i pensieri, gridando ad alta voce, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Infatti, la venerazione della gloria non rimane senza ricompensa. Lo dice la voce stessa di colui che è glorificato: «Glorificherò coloro che mi glorificano, e non considererò coloro che non mi considerano» (1 Sm 2:30). 19. A lui la gloria e il potere, con il Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre e per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.
Bibliografia e abbreviazioni M. ARRANZ (1969), Le typicon du monastère du Saint-Sauveur à Messine. Codex Messinensis gr. 115. A.D. 1131 (Orientalia Christiana Analecta 185), Rome 1969. J. BOUFFARTIGUE et al. (2006-09), Théodoret de Cyr, Histoire ecclésiastique. Texte grec de L. PARMENTIER et G. C. HANSEN … I. (Livres I-II). II. (Livres III-V) (Sources chrétiennes 501, 530), Paris 2006-09. V. CAPOCCI (1958), Codices Barberiniani graeci. I: Codices 1-163 (Bybliothecae Apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti), in Bybliotheca Vaticana 1958. ̯͎͙͉͕͇͐ͅ͏ «aggiunta» è un termine che viene usato spesso per descrivere l’assunzione della natura umana da parte di Cristo. 39
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LA PSEUDOCRISOSTOMICA ORATIO IN JOHANNEM
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SEVER J. VOICU
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICO-MUSICALI RECENTI ESPERIENZE E PROSPETTIVE Tavola rotonda, Roma, Pontificio Istituto di Musica Sacra, Sala Accademica, 25 febbraio 2010
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C. M[ontuschi] – N. T[angari]
LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI: DIVERSE COMPETENZE A CONFRONTO I manoscritti liturgici sono testimonianze preziose dell’antica liturgia cristiana e costituiscono un importantissimo patrimonio delle biblioteche storiche. Questi codici sono oggetto di studio specialistico da parte degli storici della liturgia, della musica sacra e dell’arte, ma hanno attratto da sempre anche l’interesse dei fedeli. La catalogazione è l’attività preliminare che occorre mettere in pratica per conoscere questi cimeli nel loro valore patrimoniale e nel loro contenuto culturale e sacro. Si tratta di un compito che richiede una preparazione e un’esperienza ampie ed elevate e l’applicazione di un metodo interdisciplinare. Il 25 febbraio 2010, presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, si è svolta una Tavola rotonda sul tema: La catalogazione dei manoscritti liturgico-musicali. Recenti esperienze e prospettive. All’incontro hanno partecipato FRANCESCA MANZARI, CLAUDIA MONTUSCHI, MARCO PALMA e NICOLA TANGARI, studiosi di varie discipline che si sono confrontati esponendo le loro recenti esperienze di ricerca e di descrizione dei manoscritti liturgico-musicali. Scopo principale della Tavola rotonda era, da un lato, mettere in luce le tecniche di catalogazione più recenti, esaminandole da vari punti di vista, e, dall’altro, suggerire prospettive per il prossimo futuro. Il tema centrale è stato perciò esaminato da angolazioni diverse, legate alla più ampia considerazione della catalogazione del patrimonio librario antico. Su invito del Comitato scientifico di «Studi e testi», i quattro partecipanti hanno poi ulteriormente elaborato e sviluppato i propri interventi, che trovano oggi spazio in questo volume. Proprio in considerazione della rielaborazione e integrazione dei testi, in questa sede essi sono presentati in una sequenza diversa rispetto a quella osservata durante la Tavola rotonda. Lo studio di C. Montuschi illustra la storia della catalogazione dei manoscritti liturgici dei fondi vaticani e un progetto attualmente in corso presso la Biblioteca Vaticana, presentando alcune descrizioni nonché risultati di ricerche inedite emerse dal lavoro catalografico; il contributo di F. Manzari sottolinea, con ricchezza di documentazione e riferimen-
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI
ti, l’importanza della miniatura per l’individuazione dell’inquadramento storico-geografico — e in generale per la catalogazione — dei libri manoscritti. Gli altri due contributi partendo da un’analisi di tipo quantitativo offrono strumenti di ricerca che potranno costituire la base di molti altri studi in questo ambito, ovvero archivi di manoscritti datati, corredati da osservazioni relative alla distribuzione cronologica dei libri liturgici: M. Palma presenta l’archivio in progress di manoscritti e incunaboli datati da lui coordinato, e N. Tangari esamina il rapporto tra i manoscritti datati presenti in questo database e i manoscritti liturgici raccolti negli archivi di G. Baroffio, offrendo alcune riflessioni sulla tipologia dei manoscritti liturgici datati. L’auspicio è che tali saggi contribuiscano a incrementare l’interesse per la catalogazione dei manoscritti, di quelli liturgici in particolare, e che stimolino le nuove generazioni a prepararsi adeguatamente e ad applicarsi a un’attività indispensabile per la conoscenza della tradizione storica della Chiesa latina.
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CLAUDIA MONTUSCHI
LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI LATINI DELLA BIBLIOTECA VATICANA EXCURSUS STORICO E PRESENTAZIONE DI UN PROGETTO IN CORSO (VAT. LAT. 4726-4774) Questo contributo ripercorre i cataloghi e gli inventari dei manoscritti liturgici latini appartenenti ai fondi vaticani, illustra brevemente la storia della tradizione catalografica della Biblioteca Vaticana e presenta un progetto di catalogazione in corso1. A una rapida panoramica teorica sui criteri adottati e sulla tipologia dei manoscritti in esame, segue un’esemplificazione contenutistica: di alcuni codici propongo la scheda descrittiva, anticipazione del catalogo completo, di altri presento osservazioni su singole questioni emerse durante il lavoro di catalogazione. La catalogazione dei manoscritti liturgici latini della Biblioteca Vaticana I manoscritti liturgici latini della Biblioteca Vaticana hanno suscitato presto l’interesse degli studiosi (per ricordarne solo alcuni: G. M. Tommasi, che pubblicò, tra l’altro, la prima edizione del Sacramentario Gelasiano2 e una raccolta di inni3, partendo da quella contenuta nel più antico innario, il Reg. lat. 11, ff. 230v-236v; D. Giorgi4; J.-B. Gattico5) e sono stati oggetto di progetti catalografici fin dalla fine del XIX secolo. 1 Desidero ringraziare Nicola Tangari, organizzatore dell’incontro; a Paolo Vian e a Paolo
Cherubini un grato pensiero per la disponibilità e il tempo dedicato alla discussione e al confronto su alcune questioni qui presentate. 2 G. M. TOMMASI, Codices Sacramentorum nongentis annis vetustiores …, Romae 1680; Tommasi studiò e pubblicò il Reg. lat. 316 quando la regina Cristina di Svezia si trovava in esilio a Roma, dove aveva portato la sua biblioteca che alla sua morte (1689) fu acquisita dalla Biblioteca Vaticana (1690). 3 L’edizione della raccolta di inni fu pubblicata a Roma nel 1683 sotto lo pseudonimo Ios. Carus; cf. poi l’edizione G. M. TOMMASI, Opera omnia …, auxit A. F. VEZZOSI, II, Romae 1747, pp. 351-434. 4 D. GIORGI, De Liturgia Romani Pontificis in solemni celebratione Missarum, I-III, Romae 1731-1744. 5 J.-B. GATTICO, Acta selecta caeremonialia Sanctae Romanae Ecclesiae …, I, Romae 1753, opera prevista in sei volumi, ma interrotta al secondo dalla morte dell’autore. Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 191-230.
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CLAUDIA MONTUSCHI
Il primo ad aver redatto un catalogo basato sul censimento di tutti i fondi della Vaticana (allora presenti) fu Hugo Ehrensberger (1897)6; per la ricchezza di informazioni, il suo lavoro costituì un’ottima base per gli studi successivi. Ehrensberger divide i manoscritti liturgici (552 in totale) in 33 tipologie e li presenta attraverso una stringa sintetica iniziale (segnatura, supporto, consistenza, misure, datazione), una descrizione interna abbastanza dettagliata, e una rapida descrizione esterna (che si riduce a poche osservazioni con cenni bibliografici). Un catalogo che è stato e rimane importante, anche se con alcune lacune (per esempio, proprio del gruppo che illustrerò infra sono stati omessi ben 13 manoscritti7) e con alcuni limiti, messi subito in luce da L. Delisle in una recensione apparsa nel Journal des savants dello stesso anno8; divenne però presto incompleto rispetto al patrimonio della Vaticana, che continuava a incrementarsi. Dopo di lui, Henry Marriott Bannister, musicologo e liturgista, nel 1905 compilò un inventario9, indicando semplicemente segnatura, titolo e datazione dei manoscritti elencati, e, qualche anno dopo, i Monumenti Vaticani di paleografia musicale latina (Lipsia 1913), in cui incluse anche i fondi Barberini e Borgiano recentemente acquisiti (1902) e i Vaticani latini che si erano aggiunti (fino al 10685 — con aggiunte posteriori fino al 13191 — nell’Inventarium, fino all’11134 nei Monumenti). Tra il 1968 e il 1972, Pierre Salmon effettuò la recensio dei manoscritti liturgici di tutti i fondi, compresi quelli acquisiti dalla Vaticana dopo la pubblicazione dei cataloghi menzionati: Rossi (1921), Chigi (1923), Ferrajoli (1926), S. Maria Maggiore (1931), Archivio del Capitolo di S. Pietro (1940), Patetta (1946), Boncompagni Ludovisi (1948), Vaticani latini dal 10211 al 14872 (si tratta di un fondo aperto, e attualmente l’ultimo è il Vat. lat. 15384); escluse invece i fondi Cappella Sistina (post 1870) e Cappella Giulia (1941)10, di cui si era occupato e si stava ancora occupando José María
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Libri liturgici Bibliothecae Apostolicae Vaticanae manu scripti, Friburgi Brisgoviae 1897. Vat. lat. 4726, 4727, 4728, 4731-4739, 4741: tutti Cerimoniali, tranne il terzo; da escludere la scelta deliberata dell’autore di omettere questa tipologia: nell’opera, infatti, compaiono sia altri Cerimoniali sia altre Praeparationes ad Missam. 8 L. DELISLE, Manuscrits liturgiques au Vatican, in Journal des savants 81 (1897), pp. 287-288. 9 H. M. BANNISTER, Inventarium codicum manu scriptorum Vaticanorum qui ad liturgicam rem spectant, 1905 (sotto la segnatura Sala Cons. Mss. 509 rosso è conservata la copia del manoscritto). 10 Per le date effettive di arrivo dei fondi menzionati in Biblioteca Vaticana, in parte corrette rispetto a quelle fornite dalla bibliografia precedente, cf. Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, a cura di F. D’AIUTO e P. VIAN, Città del Vaticano, in corso di stampa, passim. 7
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI LATINI
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Llorens11. Salmon pubblicò cinque volumi per la collana «Studi e testi»12, divisi per gruppi tipologici, a cui aggiunse, nel 1974, un volume di estratti di manoscritti liturgici13, dove si trovano testi rari e inediti tratti dai codici descritti precedentemente in modo sommario. Salmon integra — non solo includendo altri fondi giunti in Vaticana, ma anche recuperando manoscritti omessi nei fondi già censiti — e corregge; ma inevitabilmente il suo inventario presenta lacune e imprecisioni, riconducibili le prime alla natura stessa dell’inventario (sommario), le altre all’ampiezza e alla mole dell’opera, che copre oltre 2300 segnature14. Pienamente consapevole dei limiti dell’impresa — dichiarati nell’introduzione15 —, l’autore ha coraggiosamente accettato la sfida di affrontare il vastissimo patrimonio della Vaticana rinunciando alla perfezione, fornendo così al mondo degli studi un repertorio importante, imponente e realizzato in breve tempo. Con il procedere del lavoro, Salmon superò i confini annunciati nel primo volume ed estese l’indagine dai libri liturgici propriamente detti, usati per il culto e ad esso destinati, ai manoscritti che contengono anche solo qualche elemento liturgico, anch’essi preziosi per ricostruire la storia della formazione delle varie tipologie. Oltre che nei cataloghi menzionati, relativi esclusivamente alle collezioni vaticane, la descrizione più o meno dettagliata di alcuni codici liturgici latini vaticani è reperibile sia all’interno di opere dedicate alle diverse tipo-
11 J. M. LLORENS, Capellae Sixtinae Codices musicis notis instructi sive manu scripti sive praelo excussi, Città del Vaticano 1960 (Studi e testi, 205); ID., Le opere musicali della Cappella Giulia, I, Manoscritti e edizioni fino al ’700, Città del Vaticano 1971 (rist. 1989) (Studi e testi, 265). Prima di Llorens, per questi due fondi esisteva un inventario manoscritto: G. BARONCI, Inventario dei codici musicali appartenenti al fondo Cappella Sistina ed anche di alcuni stampati annessi, 1933, relativo a Capp. Sist. 270-703 [già Sala Cons. Mss. 215A-B rosso, ora Capp. Sist. 708A-B]; Inventario dei codici musicali appartenenti a detto fondo ed anche di alcuni stampati annessi, 1941, relativo a Capp. Sist. 1-269 [già Sala Cons. Mss. 214A-B rosso, ora Capp. Sist. 707A-B]. Per il fondo Cappella Giulia, anche: Indice dei manoscritti musicali della Cappella Giulia, a cura di E. BOEZI, direttore della Cappella Giulia dal 1905 al 1946, riedito con addizioni, I-III, 1977 [dattiloscritto] [Sala Cons. Mss. 211 (1-3) rosso]. 12 P. SALMON, Les manuscrits liturgiques latins de la Bibliothèque Vaticane, I-V, Città del Vaticano 1968-1972 (Studi e testi, 251, 253, 260, 267, 270). 13 ID., Analecta liturgica. Extraits des manuscrits liturgiques de la Bibliothèque Vaticane, Città del Vaticano 1974 (Studi e testi, 273). 14 A questa cifra devono essere aggiunte singole unità (talvolta sono segnalate all’interno di un codice) e 69 frammenti individuati da Salmon in incunaboli e stampati dei fondi Barberini, Palatini, Vaticani, Raccolta Generale. Segnalo che il ms. che compare in Salmon come York 1 è l’attuale Vat. lat. 14935. 15 SALMON, Les manuscrits liturgiques cit., I, p. XI: «Le présent inventaire est sommaire et provisoire; il est, de plus, imperfait […] Il aura du moins le mérite d’exister et de faire voir comment on pourrait faire mieux».
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CLAUDIA MONTUSCHI
logie (per esempio: i Pontificali in Andrieu16, i Messali in Ebner17, i Cerimoniali in Nabuco – Tamburini18, Schimmelpfennig19, Dykmans20, etc.), sia nei preziosi strumenti catalografici di Giacomo Baroffio, stampati e in rete, costantemente aggiornati21, sia passim nei cataloghi editi dei fondi vaticani a cui i manoscritti appartengono. Tra gli ultimi Vaticani latini e gli altri fondi acquisiti dalla Vaticana dopo la pubblicazione del catalogo di Salmon, ho contato altre 58 segnature22 (a cui devono essere aggiunti eventuali frammenti, e anche alcuni codici dei Vaticani musicali23); parte dei Vaticani latini (14666-15203) è stata inclusa nel catalogo sommario curato da Paolo Vian e Ambrogio M. Piazzoni (1989)24, mentre gli ultimi Vaticani latini (fino al 15384) e altri fondi (come Pagès, depositato nel 2006) sono in corso di inventariazione. Nel frattempo, inoltre, è stata integrata (anche rispetto a Llorens) l’inventariazione dei manoscritti del fondo Cappella Giulia (cf. nt. 11); mentre del fondo Cappella Sistina (e altri contenenti manoscritti musicali, sebbene non tutti liturgici) è in corso la redazione di un catalogo analitico e completo a cura di Adalbert Roth.
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M. ANDRIEU, Le Pontifical Romain au Moyen-Âge, I, Le Pontifical Romain au XIIe siècle; II, Le Pontifical de la Curie romaine au XIIIe siècle; III, Le Pontifical de Guillaume Durand; IV, Tables alphabétiques, Città del Vaticano 1938-1941 (Studi e testi, 86-88, 99). 17 A. EBNER, Quellen und Forschungen zur Geschichte und Kunstgeschichte des Missale Romanum im Mittelalter, Iter Italicum, Freiburg i.B. 1896. 18 J. NABUCO – F. TAMBURINI, Caeremoniale apostolicum, sec. XV. Le Cérémonial apostolique avant Innocent VIII; texte du ms. Urb. lat. 469 …, Roma 1966. 19 B. SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher der römischen Kirche im Mittelalter, Tübingen 1973. 20 M. DYKMANS, Le cérémonial papal de la fin du Moyen Âge à la Renaissance, I, Le cérémonial papal du XIIIe siècle, Bruxelles – Rome 1977; II, de Rome en Avignon ou Le cérémonial de Jacques Stefaneschi, ibid. 1981; III, Les textes avignonnais jusqu’à la fin du Grand Schisme d’Occident, ibid. 1983; IV, Le retour à Rome ou Le Cérémonial du patriarche Pierre Ameil, ibid. 1985 (Bibliothèque de l’Institut Historique Belge de Rome, fasc. XXIV-XXVII). 21 Ben illustrati da N. TANGARI, Tabulae, indici e cataloghi: i codici liturgico-musicali e l’esperienza di Oristano, in Die ac nocte. I codici liturgici di Oristano dal Giudicato d’Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), a cura di G. MELE, Cagliari 2009, pp. 195-211. 22 Ma il numero è da considerarsi approssimativo: sarà precisato durante un censimento sistematico in vista della redazione di un catalogo sommario in progettazione, a completamento di quello di Salmon, a cura di C. Montuschi e N. Tangari. 23 Costituito come fondo autonomo rispetto ai Vaticani latini (inizialmente era collocato in coda a questi ultimi) nel 1956; per un fenomeno di attrazione, vi sono stati collocati anche codici musicali di altri fondi, in un’operazione durata diversi anni: cf. Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana cit. 24 A. M. PIAZZONI – P. VIAN, Manoscritti Vaticani latini 14666-15203. Catalogo sommario, Città del Vaticano 1989 (Studi e testi, 332).
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI LATINI
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Il gruppo di manoscritti liturgici Vat. lat. 4726-4774 I 49 manoscritti che sto catalogando appartengono al «fondo antico», e sono quindi in Vaticana fin dalle prime fasi della sua storia. Dopo il trasferimento della Biblioteca (1590-1591) nella nuova sede (nel palazzo dove attualmente si trova, al piano superiore della odierna sala di consultazione stampati) disposto da Sisto V (1585-1590), e dopo la riclassificazione e la sistemazione effettuata in quegli anni da Domenico Ranaldi (custode dal 1594, m. 1606) e poi dal cugino Alessandro (coadiutore dal 1602, e secondo custode della Biblioteca Vaticana: 1606-1645, m. 1649), li troviamo collocati nella Prima Secreta, topograficamente separati da un altro nucleo di manoscritti liturgici (Vat. lat. 1145-1156), ubicato nel Salone Sistino25. Prevalgono, in questo gruppo, Cerimoniali e Messali; seguono, in ordine decrescente (considerando anche i singoli elementi all’interno dei codici): Pontificali, Breviari, Praeparatio ad Missam e Sequenziari; poi, presenti in 1 o 2 unità, Antifonari, Sacramentari, Libri d’ore, Rituali, Collettari, Ordines Missae, Processionale, Innario, Martirologio, Libro dell’Ufficio del capitolo, Lezionario dell’Ufficio, Penitenziale. Si notano alcuni raggruppamenti tipologici, anche se non rigidamente osservati: i Cerimoniali sono concentrati nella prima parte, dove si trova anche un piccolo nucleo con la Praeparatio ad Missam; seguono i Pontificali, i Breviari, i Messali. Per la maggior parte databili tra il XIV e il XV secolo, complessivamente sono compresi tra l’XI e il XVI secolo, e di origine prevalentemente italiana. Un terzo dei codici presenta notazione musicale, e circa la metà è miniata. Finalità Rispetto alle opere sopra menzionate — ma sicuramente partendo da queste —, il mio intento è quello di redigere un catalogo che si inserisca nella tradizione vaticana, quindi caratterizzato da una marcata impronta analitica, che in qualche caso consentirà di verificare i dati forniti negli ampi censimenti già effettuati ed eventualmente di apportare qualche correzione o precisazione. Nonostante questo, e nonostante l’analiticità, ciascuno di noi continua a mantenere la consapevolezza del limite (come aveva fatto Salmon) e la convinzione che un catalogo deve fornire tutte le informazioni utili per lo 25
J. FOHLEN, L’«Ancien Fonds» Vatican Latin dans la nouvelle Bibliothèque Sixtine (ca. 1590 – ca. 1610), Città del Vaticano 1996 (Sudi e testi, 362), pp. 11-12: la duplicazione delle materie nei diversi ambienti indica che probabilmente la distribuzione dei volumi non fu regolata da un principio tematico.
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studio del codice, offrendone un’immagine il più possibile fedele e completa, ma anche che, da un lato, esso non sostituirà mai lo studio diretto dell’originale, e che, dall’altro, il catalogo non ha il compito precipuo di risolvere ogni quesito; potrà invece avere il pregio di constatare e segnalare anche le particolarità, senza pretendere di fornire una spiegazione a tutto. D’altro canto, anche per il catalogatore — che nella maggior parte dei casi nasce ricercatore e tale rimane anche durante la sua attività catalografica —, incuriosito e attratto dagli interrogativi che emergono durante l’osservazione attenta del manoscritto, costante è la tentazione di dedicarsi a singoli aspetti; e spesso è proprio l’indagine su questioni minute a fornire elementi utili per la datazione, per la comprensione del testo e del rapporto che esso ha con altri testi simili. Il lavoro di ricerca, inoltre, deve essere conciliato con tempi ragionevoli di redazione e ultimazione del catalogo stesso. Si tratta dunque di trovare un equilibrio tra tutti questi elementi e di fare una scelta oculata tra le nozioni da inserire nella descrizione, talvolta anche semplicemente distinguendo la destinazione dei risultati della ricerca, ovvero riversando nel catalogo ciò che è più consono, e lasciando il resto ad altre sedi. Questo consente anche di mantenere una certa uniformità descrittiva — obiettivo non sempre facile da raggiungere, considerando anche le diverse tipologie del libro liturgico —, senza sbilanciamenti sull’uno o sull’altro codice, sebbene sempre con una buona dose di flessibilità. Tra le difficoltà che si possono incontrare catalogando manoscritti liturgici, accenno a quella (abbastanza nota agli specialisti in questo ambito) del titolo, dovuta a una certa oscillazione nella nomenclatura che emerge dai cataloghi. Questo avviene soprattutto — ma non solo — per testi che si collocano in momenti di transizione nell’articolata evoluzione da una forma all’altra del libro liturgico (per esempio tra Sacramentario e Messale). In diverse descrizioni dello stesso codice si possono trovare titoli differenti: per esempio una Praeparatio ad Missam (correttamente riconosciuta da Salmon), Vat. lat. 3747, può essere da qualcuno erroneamente denominata «Pontificale»26; oppure un codice descritto come «Sacramentario» (che propriamente è il libro con le orazioni presidenziali della Messa) può invece rivelarsi essere un «Rituale» (contenente riti per diversi Sacramenti)27; negli antichi cataloghi si può trovare indicato come 26 Come ha sottolineato A. ROTH, Il contenuto e la funzione del codice, in Il pontificale di Bonifacio IX. Commentario, a cura di A. M. PIAZZONI, Modena – Città del Vaticano 2007, pp. 21-47. 27 Nei cataloghi si può trovare anche il titolo tanto abusato di «Corale», che si riferisce all’uso, piuttosto che al contenuto: cf. G. BAROFFIO, I mss. liturgici: loro individuazione e descrizione. Atti del Convegno ICCU 1987, a cura di T. GARGIULO, Roma 1987, p. 76. Baroffio è
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«Caerimoniale» un manoscritto che invece contiene un «Ordinario», con uno scambio tra due tipologie molto diverse, dal momento che il primo è un testo sulla liturgia, mentre il secondo contiene i testi della liturgia. Tali oscillazioni rendono difficile l’identificazione dei codici liturgici e il lavoro comparativo. Criteri I Vaticani latini presi in esame costituiscono una sequenza di codici di un unico fondo; ma, trattandosi di manoscritti omogenei (tutti liturgici, appunto), descriverli comporta anche tener conto di ciò che è appropriato a un catalogo tematico. Proprio per questo nella definizione dei criteri e delle linee guida da seguire ho scelto di coniugare la tradizione Vaticana con ciò che la specifica tipologia del manoscritto liturgico richiede. Ovvero, concretamente: per la struttura della scheda e per la descrizione esterna tengo conto principalmente delle Leges Vaticanae, mentre per la descrizione e la partizione del contenuto seguo le indicazioni degli ultimi studi specialistici in questo ambito, in particolare quelle delineate da G. Baroffio. Credo, infatti, che i codici liturgici richiedano un’attenzione particolare alle sezioni del testo, e quindi una descrizione interna che fornisca qualche dettaglio in più rispetto ad altri. Tra i possibili livelli di analisi28, ho scelto il mediano, ovvero quello dei «formulari», che mi sembra possa offrire un buon modello descrittivo. Inevitabile, come in ogni lavoro di questo tipo, sarà la necessità di ‘calibrare’ i criteri stabiliti, man mano che si procede con la catalogazione, e anche di uniformare il livello di analisi, recuperando qualche informazione non registrata o, viceversa, eliminando quelle inserite in eccesso. Leges Vaticanae: la catalogazione di manoscritti in Biblioteca Vaticana La figura dello scriptor risale molto indietro nel tempo nella storia della Biblioteca Vaticana29, ma la definizione e i criteri guida per il lavoro catalografico affidato agli scriptores risalgono alla fine dell’Ottocento, e tornato recentemente sulla questione, con la consueta chiarezza e abbondanza di esempi: ID., Catalogare manoscritti liturgici: tipologie semplici e complesse, in La catalogazione dei manoscritti miniati come strumento di conoscenza. Esperienze, metodologia, prospettive. Atti del Convegno internazionale di studi, Viterbo, 4-5 marzo 2009, Roma 2010, pp. 115-126. 28 BAROFFIO, I manoscritti liturgici: loro individuazione e descrizione cit., p. 77. 29 Già al tempo di Paolo III (1534-1549) in Vaticana erano presenti circa 20 impiegati, molti dei quali designati con questo titolo: cf. J. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane de
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precisamente a Leone XIII (1878-1903), che fin dall’inizio del suo pontificato ebbe una particolare cura per la Biblioteca — a lui si deve, tra l’altro, l’apertura della Sala Leonina (attuale Sala di consultazione per gli stampati) —, per il patrimonio in essa custodito e in generale per il mondo degli studi. Leone XIII, che in ambito editoriale «veteres leges sanxit, novas edixit»30, dispose una commissione apposita per la pubblicazione dei cataloghi e individuò come compito precipuo degli scriptores quello della compilazione dei cataloghi dei manoscritti vaticani31. La collana «Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti»32 fu inaugurata con i Palatini greci da Henry Stevenson sen. nel 1885 (esordio non casuale, come ho dimostrato altrove, alla vigilia dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’Università di Heidelberg33). A questo periodo di cambiamento e di fervore dell’attività scientifica, specchio di ciò che nello stesso ambito di studi si stava verificando — sebbene con diverse metodologie34 — in molte biblioteche europee, e a cui il prefetto Franz Ehrle (1895-1914) diede un’impronta determinante, risalgono le Leges Vaticanae: Leges quas procuratores Bibliothecae Vaticanae in codicibus recensendis sibi constituerunt, che furono pubblicate nel 190235. Seguendo le rigorose norme catalografiche elaborate in quegli anni dalla scuola tedesca36, esse offrivano un modello di descrizione analitica del codice. A queste linee guida, che da allora costituiscono il «modello vaticano», e che furono traSixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits, avec la collaboration de J. RUYSCHAERT, Città del Vaticano 1973 (Studi e testi, 272), p. 45. 30 Codices Palatini Latini Bibliothecae Vaticanae descripti […]. Recensuit et digessit H. STEVENSON iunior, recognovit I. B. DE ROSSI. Praeeit Commentatio I. B. DE ROSSI, De origine, historia, indicibus Scrinii et Bibliothecae Sedis Apostolicae, Romae 1886 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti, 2), p. CCXXVIII. 31 Per i dettagli e la bibliografia relativa, C. MONTUSCHI, Dai duchi di Borgogna a Heidelberg e da Heidelberg a Roma: del Pal. lat. 1989, di alcuni manoscritti francesi e della loro inventariazione in Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVI, Città del Vaticano 2009 (Studi e testi, 458), pp. 248-249 e ntt. 62-65. 32 Inizialmente «Biblioteca Apostolica Vaticana codicibus manuscriptis recensita». 33 MONTUSCHI, Dai duchi di Borgogna a Heidelberg cit., passim. 34 M. BUONOCORE, Scriptorium Vaticanum: passato e presente, in Zenit e Nadir II. I manoscritti dell’area del Mediterraneo: la catalogazione come base della ricerca. Atti del Seminario internazionale, Montepulciano, 6-8 luglio 2007, a cura di B. CENNI, C. M. F. LALLI, L. MAGIONAMI, Montepulciano 2007, pp. 63-64. 35 In M. VATTASSO – P. FRANCHI DE’ CAVALIERI, Codices Vaticani latini, I, Codices 1-678, Romae 1902 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, 8), pp. X-XIV; divulgate da A. PETRUCCI, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Roma 1984 (rist. 1995), pp. 146-152. Per un’analisi puntuale della genesi delle Leges Vaticanae rimando a BUONOCORE, Scriptorium Vaticanum cit., pp. 63-78. 36 PETRUCCI, La descrizione del manoscritto cit., pp. 20-22; S. ZAMPONI, Obiettivi, modelli e limiti della catalogazione: alcuni problemi aperti, in Zenit e Nadir cit., p. 22.
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dotte in italiano e divulgate da Armando Petrucci, hanno fatto riferimento gli autori dei cataloghi dei manoscritti non solo vaticani. Le Leges prevedono una struttura tripartita, che considera il codice come entità fisica («de externo libri habitu»), come veicolo di testi («auctorum et operum recensio»), e nelle fasi del suo allestimento e della sua storia («de codicis facie et cultu»); la prima e la terza parte sono stampate in corpo minore. In base a queste indicazioni, la descrizione si presenta dunque come segue: — descrizione esterna, con informazioni essenziali: segnatura (ed eventuale segnatura antica, se compare sul manoscritto), datazione, materia scrittoria, formato, consistenza; — contenuto: indicazione di autori e opere con incipit ed explicit; — analisi dettagliata di ciò che nella prima parte è omesso o solo accennato: fascicolazione, ornamentazione, elementi relativi alla storia del codice, bibliografia, legatura. Nel testo normativo, minuziose sono le indicazioni relative a ogni punto, sia per quanto riguarda i contenuti sia per le convenzioni grafiche da adottare. «Modello» ha significato nel tempo non «regola immobile» né tantomeno «vincolo» a detrimento della ricerca e dei suoi più recenti sviluppi, ma saldo punto di riferimento, sul quale operare con intelligenza — e senza temere che questo potesse inficiare l’auctoritas delle Leges stesse — varianti e adattamenti, dettati sia dall’evoluzione degli studi, in particolare della paleografia e della codicologia, sia dal tipo di testi descritti, e mirati al perfezionamento della metodologia37. Il personale scientifico di volta in volta preposto alla catalogazione dei manoscritti vaticani ha continuato ad aggiornare e ad adattare le modalità descrittive, pur all’interno della solida e tuttora valida struttura individuata dalle Leges. Tra i più recenti e funzionali aggiornamenti apportati, è da menzionare l’introduzione da parte di Paul Canart, per i manoscritti greci38, dell’articolazione della terza parte della descrizione in undici paragrafi, grazie ai quali il lettore può trovare immediatamente cosa cerca, relativamente 37 Già A. PELZER, Codices Vaticani latini, Codices 679-1134, Città del Vaticano 1931 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, 17) le ritoccò in direzione di una descrizione sempre più articolata; A. WILMART, Codices Reginenses latini, I, Codices 1-250, Città del Vaticano 1937; II, Codices 251-500, ibid. 1945 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, 20 e 23) perfezionò questa metodologia, introducendo varie innovazioni, puntualizzate da BUONOCORE, Scriptorium Vaticanum cit., p. 67. 38 P. CANART, Codices Vaticani graeci, Codices 1745-1962, I, Codicum enarrationes, Città del Vaticano 1970; II, Introductio, addenda, indices, ibid. 1973 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, 39).
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all’allestimento e alla storia del codice. Tale struttura, che sostituisce al testo continuo — più appropriato a uno studio monografico o a un saggio — una descrizione ripartita in voci ben individuabili e prefissate, se da un lato presenta lo svantaggio della frammentazione delle informazioni (per esempio, la storia del manoscritto è distribuita nelle varie sezioni piuttosto che essere enunciata in un’unica sede), dall’altra rimane comunque la più adatta alla natura del catalogo. Ho quindi adottato anche per i manoscritti liturgici tale partizione, introducendo minime varianti39. La terza parte prevede le seguenti voci: materia, (eventuali) filigrane, fascicolazione, rigatura, scrittura (da cui si ricava anche l’origine), ornamentazione, annotazioni (dove sono descritti gli interventi successivi alla mano che ha vergato il testo), note di possesso, notazione antica (antiche segnature), legatura, bibliografia. Oltre agli incipit e agli explicit delle varie parti, considero anche i riferimenti di altri fogli (il primo, il secondo e il penultimo), che compariranno non nella descrizione, ma negli indici40; ritenuti da alcuni (per esempio G. Baroffio)41 superflui, essi sono invece importanti indicatori medievali, utili all’identificazione dei volumi negli antichi inventari42 e alla ricostruzione della loro storia. Ne tengo conto nella descrizione — e precisamente nella sezione «note di possesso» —, verificando di volta in volta se e dove il manoscritto compare: da tale indagine risultano elementi che permettono di ripercorrere anche l’uso liturgico dei codici nel tempo, oltre che la loro storia e i loro spostamenti. Gli inventari vaticani43 furono compilati inizialmente con criteri semplici e informazioni essenziali, poi gradualmente in modo sempre più preciso e articolato44. Talvolta anche lo studio delle minute degli inventari può rivelarci alcu39 Per esempio nella sequenza dei paragrafi (le filigrane prima della fascicolazione, piuttosto che dopo; la bibliografia in ultimo, piuttosto che prima della legatura), ripensata secondo la cronologia dell’allestimento del codice. 40 Come già in C. LEONARDI – M. M. LEBRETON, Codices Vaticani latini, Codices 2060-2117, Città del Vaticano 1987 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices manuscripti recensiti, 42). 41 BAROFFIO, I mss. liturgici: loro individuazione e descrizione cit., p. 69 nt. 5. 42 Cf. per esempio L. BOYLE, introduzione a PIAZZONI – VIAN, Manoscritti Vaticani latini 14666-15203 cit., p. VI, a proposito delle Leges; D. WILLIMAN – K. CORSANO, Early provenances of Latin manuscripts in the Vatican Library, Città del Vaticano 2003 (Studi e testi, 405), p. V et passim, sulle dictiones probatoriae (parole o frasi che si trovano all’inizio del secondo foglio) registrate negli inventari medievali. 43 Cf. FOHLEN – PETITMENGIN, L’«Ancien Fonds» Vatican Latin cit., pp. 3-4. 44 Soltanto alcuni di essi sono stati pubblicati: recentemente F. SABEO – N. MAIORANO, Librorum Latinorum Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Index a Nicolao De Maioranis compositus et Fausto Sabeo collatus anno MDXXXIII, a cura di A. DI SANTE e A. MANFREDI, Città del Vaticano 2009 (Studi e testi, 457). Per gli altri: FOHLEN – PETITMENGIN, L’«Ancien Fonds» Vatican latin cit.
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ni particolari, anche sulla originaria consistenza del manoscritto: la differenza può essere riconducibile a un errore meccanico, come per esempio nel caso del Vat. lat. 472645, oppure costituire la spia di una lacuna originatasi successivamente. Questo si verifica, per esempio, per il Vat. lat. 4727, contenente il testo di un Cerimoniale corredato, nella seconda parte, di varie altre rubricae, Praeparatio ad Missam, etc. A giudicare dall’inventario (Inventario dei manoscritti Vaticani latini, vol. V cit., ad loc.), il codice conteneva originariamente, all’inizio e alla fine, ricette mediche («Item in fine remedium ad dolorem dentium, et in principio quaedam alia experimenta ad ulcera tibiarum»); i fogli su cui queste erano scritte sono caduti probabilmente tra la stesura della minuta e la redazione del testo definitivo dell’inventario46. Imprescindibili sono gli indici (di nomi di persona, nomi di luogo, incipit, rubriche, riferimenti dei fogli significativi sopra menzionati …)47, in vista dei quali è opportuno fin da subito predisporre il lavoro (per esempio registrando anche i testi che nella versione definitiva saranno sostituiti da rimandi alle rispettive edizioni), in modo da poter poi facilmente recuperare i dati da riversarvi. Inserendosi nella tradizione dei cataloghi vaticani — e dunque differenziandosi dagli inventari e dai cataloghi sommari —, questo catalogo
45 Il manoscritto ha 52 fogli, come indica correttamente la foliazione a stampa; nell’Inventario dei manoscritti Vaticani latini, vol. V (attualmente segnato Vat. lat. 15349 [5], già Sala Cons. Mss. 305 rosso), ad loc., compare come composto di 48 fogli (computo che rispecchia la foliazione manoscritta — erronea — ranaldiana); nella minuta di questo inventario, contenuta nel Vat. lat. 7123, f. 177r, esso risulta di 51 fogli, consistenza che rispecchia la foliazione in numeri romani contemporanea al testo: la minuta è stata redatta evidentemente prima che fosse apposta sul codice la foliazione ranaldiana. In questo caso si tratta solo di incongruenze dovute non a una differente consistenza del manoscritto nel tempo, ma a diverse (e non sempre esatte) numerazioni degli stessi fogli. 46 L’indicazione delle ricette mediche compare sia nella minuta (Vat. lat. 7123, f. 177v) sia nell’inventario definitivo (cit.) ad loc.; ma nella prima la consistenza di «c.s. 78» è corretta in «77» da una mano che aggiunge anche, a margine, «ista non reperio [o reperitur]». La correzione sulla minuta è stata probabilmente inserita successivamente alla copiatura in bella (escluderei, infatti, che il redattore dell’inventario definitivo abbia ignorato una nota così evidente nella minuta). Molto probabilmente i fogli con le ricette mediche sono caduti tra la minuta e l’inventario (1591-in. sec. XVI circa), a meno che il redattore della minuta non abbia riportato passivamente la descrizione da una lista preesistente, senza controllarne la corrispondenza sul codice, o erroneamente dalla descrizione di un altro manoscritto. 47 Si pensi per esempio agli indici davvero imponenti e utilissimi di J. MALLET – A. THIBAUT, Les manuscrits en écriture bénéventaine de la Bibliothèque Capitulaire de Bénévent, I-III, Paris 1997, che comprendono brani cantati, tropi e sequenze della messa, letture, pericopi evangeliche, letture dell’ufficio, pericopi bibliche di Omeliari e Breviari, letture agiografiche, etc.
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presenterà un tipo di descrizione analitica più completa rispetto a quelle finora a nostra disposizione per i manoscritti liturgici della Vaticana. *
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Per offrire un’idea concreta, sebbene molto parziale, di quanto si può trovare nei Vat. lat. 4726-4774, presento alcuni esempi, scelti non perché rappresentativi dell’intero gruppo, bensì per l’interesse suscitato da singole questioni emerse durante l’attività catalografica; quest’ultima, come spesso succede, è infatti foriera di osservazioni che, non potendo essere contenute nella scheda descrittiva, acquistano poi vita propria in studi e approfondimenti a parte. Gli esempi che seguono sono interessanti rispettivamente per i marginalia (Vat. lat. 4731), per la presenza di una scriptio inferior (Vat. lat. 4729) e per la tipologia del libro liturgico (Vat. lat. 4728-4730). Del Vat. lat. 4731 e del Vat. lat. 4729 presento una breve descrizione esterna (la prima parte di quella che comparirà nel catalogo), corredata da qualche precisazione, per poi soffermarmi principalmente sugli aspetti specifici menzionati; mentre dei Vat. lat. 4728-4730, accomunati dalla stessa tipologia, fornisco le descrizioni complete48, anticipando il catalogo in corso. Marginalia di un lettore autorevole Vat. lat. 4731 Saec. XV med.49, membr., mm. 289 u 194 (206 u 124), ff. I-II (chart.), 1*-4* + 1-88, III-IV (chart.), linn. 42 (41; f. 77: linn. 42), col. 1; ff. 4* et 83v vacua.
Il Vat. lat. 4731 è un Cerimoniale50 papale, e precisamente tramanda una versione ampliata nel XV secolo dell’Ordo Romanus XIV51, conosciuto 48 Rispetto alla versione esposta oralmente, ho mutato la sequenza in cui sono presentati i manoscritti e ho apportato alcune integrazioni (descrizione dei Vat. lat. 4728-4730 e molti dettagli relativi agli altri esempi considerati). 49 Secondo SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher cit., pp. 410-411, sarebbe da datare alla seconda metà del sec. XV. Sarei invece propensa a considerarlo della metà o della prima metà del sec. XV, anche in base ai marginalia del f. 56r esaminati infra e del testo a cui essi si riferiscono: cf. infra, nt. 60. 50 Forma che preferisco a Caeremoniale, in base alle attestazioni (cf. per esempio Thesaurus linguae Latinae, s.v.); diversamente nell’edizione del Caeremoniale Episcoporum. Editio princeps (1600), ed. anast., introduzione e appendice di A. M. TRIACCA – M. SODI, Città del Vaticano 2000, dove è preferita l’altra forma (cf. introduzione). 51 Secondo l’ed. J. MABILLON – M. GERMAIN, Musaei Italici tomus II complectens antiquos libros rituales Sanctae Romanae Ecclesiae cum commentario praevio in ordinem Romanum,
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come Cerimoniale di Iacopo Caetani Stefaneschi (1261 ca. [?]-1341)52, il più noto testo tra le fonti del cerimoniale avignonese. I Cerimoniali sono ‘libri di regìa’: non contengono i testi della liturgia, ma sono testi sulla liturgia, e quindi sono concepiti non per un uso immediato e contestuale alla celebrazione (come per esempio succede invece per i Messali). Essi illustrano le norme che riguardano i riti di competenza della Curia (conclave, elezione pontificia, concistori, consacrazione dei cardinali, concili, messa papale, canonizzazioni, visite di personaggi di rilievo, incoronazione di un imperatore e di un re, nomina dei nunzi, processioni papali, etc.). Si tratta della tipologia più attestata tra i codici in esame, tra i quali vi sono 12 Cerimoniali (Vat. lat. 4726, 4727, 4731, 4732, 4733, 4734, 4735, 4736, 4737, 4738, 4739, 4741), 7 cartacei e 5 pergamenacei, databili tra il XIV e il XVI secolo (la maggior parte tra il XIV e il XV secolo), e concentrati nella prima parte del gruppo. Al f. 56r del Vat. lat. 4731 si trovano annotazioni apparentemente comuni, ma in realtà, per i motivi che illustrerò infra, abbastanza anomale rispetto a quelle che abitualmente si leggono nei Cerimoniali. Generalmente gli interventi marginali su questo tipo di testi sono finalizzati a integrare o a evidenziare alcune parti, e le integrazioni sono da ricondurre ai cerimonieri, che aggiornano e precisano il testo in base alle norme e agli usi vigenti (attestando la stratificazione di riti nel tempo), o agli eruditi, che inseriscono notizie spesso indipendentemente dall’uso (dando origine a interpolazioni). Spesso, inoltre, come di consueto anche su altri tipi di testi, si trovano anche parole o rubriche sottolineate o evidenziate a margine (con maniculae, notabilia). Nella maggior parte dei casi si tratta dunque di note legate all’uso e generalmente (anche se non sempre) anonime. In questo caso, al f. 56r (Tavv. I, Ia, Ib) si trovano integrazioni firmate e con una funzione forse non semplicemente informativa. Le annotazioni integrano il testo che elenca i giorni festivi in cui i cardinali sono tenuti ad astenersi dal concistoro53, aggiungendo tre feste in corrispondenza, rispetLuteciae Parisiorum 1689, pp. 243-443. Per la collocazione di questo manoscritto tra i vari testimoni del testo, cf. lo schema riassuntivo di SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher cit., pp. 63-66: p. 64. L’edizione moderna di riferimento è quella di DYKMANS, Le cérémonial papal cit., II, pp. 254-502 (ma l’editore non considera in apparato questo manoscritto, che tramanda una versione ampliata e post 1400), che ha ricostituito il testo di Stefaneschi, individuando le aggiunte successive. 52 A Mabillon risale l’attribuzione della paternità al card. Stefaneschi; Schimmelpfennig la mette in dubbio, pensando a una pluralità di autori; DYKMANS, Le cérémonial papal cit., II, pp. 133-138 et passim, invece, riconsidera la paternità stabilita da Mabillon come almeno probabile, e propende per l’ipotesi di un unico autore. 53 Per l’edizione di questa parte del Cerimoniale, cf. DYKMANS, Le cérémonial papal cit., II, pp. 412-424.
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tivamente, dei mesi di maggio, giugno e agosto: «Item in festo sancti Bernardini non fit consistorium», «Item in festo sancti Antonii de Padua non fit consistorium», «Item in festo sancte Clare virginis non fit consistorium»54, tutte siglate con «.f.». La mano è quella di Francesco Della Rovere (Sisto IV), come avevano già notato B. Schimmelpfennig (cursoriamente)55 e M. Dykmans56. Tale identificazione può essere inequivocabilmente confermata dal confronto con altre note autografe. Basti vedere, per esempio, quelle raccolte negli studi di A. Maier57, A. Monaci58 e P. Scarcia Piacentini59, che però non menzionano, tra le tante prese in considerazione, quelle del Vat. lat. 4731. Non è un caso, poi, che proprio un francescano (generale dell’Ordine dal 1464) abbia provveduto ad aggiungere queste feste a quelle tradizionalmente elencate60. La sigla «.f.» potrebbe costituire la firma di Francesco Della Rovere come cardinale (1467-1471); ma, usata senza alcuna specifica (ovvero senza cardinalis seguito dal titolo), essa sembra piuttosto essere una firma pontificia, esemplata sulla tipologia di quella apposta sulle suppliche, approvate dal papa con la formula «fiat ut petitur» seguita dall’iniziale del prenome61. Proprio al periodo del pontificato di
54 I giorni festivi cadono rispettivamente il 20 maggio, il 13 giugno, l’11 agosto (nel testo l’elenco delle feste dei santi è diviso secondo i mesi e, all’interno di questi, le feste sono menzionate secondo la corretta sequenza cronologica, ma senza indicazione dei giorni del calendario). 55 SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher cit., p. 411. 56 DYKMANS, Le cérémonial papal cit., II, p. 207. 57 A. MAIER, Alcuni autografi di Sisto IV, in Rivista di storia della Chiesa in Italia 7 (1953), pp. 411-415. 58 A. MONACI, Autografi di Sisto IV nella Biblioteca Vaticana e nell’Archivio Segreto Vaticano, in Archivum Franciscanum Historicum 4 (1911), pp. 179-181. 59 P. SCARCIA PIACENTINI, Ricerche sugli antichi inventari della Biblioteca Vaticana: i codici di lavoro di Sisto IV, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484). Atti del Convegno, Roma, 3-7 dicembre 1984, Città del Vaticano 1986, pp. 115-178. L. DI FONZO, Sisto IV: carriera scolastica e integrazioni biografiche (1414-1486), in Miscellanea Francescana 86 (1986), pp. 408-411, propone altri autografi e riassume le caratteristiche della scrittura di Francesco Della Rovere analizzandole in tre fasi della sua vita. 60 Tali annotazioni sono importanti anche per ricavare ex silentio qualche elemento per la datazione del codice. Per esempio il fatto che Sisto IV non aggiunga la festa di S. Bonaventura, da lui stesso canonizzato nel 1482, induce a pensare che i marginalia siano stati apposti prima di questa data. Probabilmente essi sono databili anche ante 1477, considerando che, sia nel testo (dove tra le feste della Beata Vergine Maria sono ricordate soltanto: Natività, Annunciazione, Purificazione, Assunzione) sia a margine, è omessa la menzione dell’Immacolata Concezione, proclamata festa universale da Sisto IV nel 1477. 61 MONACI, Autografi di Sisto IV cit., pp. 179-181 (con ill.) riporta tale formula, menzionandola però come esempio di scrittura di Francesco Della Rovere, piuttosto che per questo tipo di annotazione.
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Sisto IV (1471-1484)62 sarei propensa a ricondurre gli interventi sul nostro codice, che sembrano avere, tra l’altro, un valore normativo, appropriato all’auctoritas di un pontefice63. I marginalia del Vat. lat. 4731, inoltre, rispetto alle note di Francesco Della Rovere fino a oggi considerate dagli studi risultano diverse per contenuto e tipologia. Quelle che egli vergò su altri manoscritti vaticani, infatti, sono generalmente note di studio o note di possesso o di uso. Le prime, reperibili su testi di carattere teologico e filosofico, sono riconducibili al periodo in cui egli si dedicò all’insegnamento universitario, precedente al cardinalato64, e testimoniano l’attività didattica e di studio (notabilia, rare glosse, indicazioni di spostamento di fogli e collazioni con altri testi, etc.). Le note di possesso — o, meglio, di concessione in uso, trattandosi di un francescano — («Ad usum magistri Francisci de Ruuere de Saona hic liber concessus est» e sim.)65 — sui fogli di guardia riportano il nome «Franciscus de Ruuere de Saona» (Tavv. II-III), oppure «F.», ma sempre accompagnato da «cardinalis» seguito dal titolo (per es. Vat. lat. 2632, f. 63v; Vat. lat. 742, f. 251v). Oltre ad appunti di studio e sigle di possesso, Francesco Della Rovere vergava sulle guardie anche testi di utilità personale, come nel caso delle tre ricette mediche (contro la malaria, la pleurite e il mal di stomaco) da lui copiate alla fine del Vat. lat. 2162 (f. 168r), una delle quali consigliate dal suo medico, Alessandro. Nel nostro caso, in primo luogo il codice su cui sono apposte le integrazioni non contiene un testo di studio utilizzato per l’insegnamento, bensì un libro liturgico relativo alle attività di Curia; in secondo luogo la sigla (per il nome) di Francesco Della Rovere non allude al proprietario del volume, ma a una sorta di ratifica di un nuovo uso rispetto a quello enunciato nel testo. Considerando anche che Sisto IV si espresse in più occasioni sulle feste francescane66, con l’intento di promuoverle e valoriz62
Dello stesso avviso è DYKMANS, Le cérémonial papal cit., II, p. 207 e nt. 148. Un pontefice attento all’attività dei cerimonieri, dei quali godeva la piena ammirazione e stima e che lo conoscevano bene, come si evince dalle testimonianze espresse in occasione della sua elezione pontificia: quella del capo dei cerimonieri è riportata in DI FONZO, Sisto IV: carriera scolastica cit., p. 20 (cf. anche p. 190). 64 All’insegnamento Francesco Della Rovere si dedicò ben presto, a cominciare da quando aveva 20 anni, e in diverse Università (come Pavia, Venezia, Padova, Bologna, Firenze, Siena, Roma): DI FONZO, Sisto IV: carriera scolastica cit., pp. 1-491: pp. 398-400 et passim, e SCARCIA PIACENTINI, Ricerche sugli antichi inventari della Biblioteca Vaticana cit., pp. 127-129 et passim; a questo studio rimando anche per i riferimenti esatti su autori e contenuto di questi codici, nonché per le note autografe menzionate infra. 65 Per esempio: Vat. lat. 2156, f. 126v (infra, Tav. II); cf. MAIER, Alcuni autografi di Sisto IV cit., pp. 411-415. 66 Riassunti da DI FONZO, Sisto IV: carriera scolastica cit., pp. 425-445: pp. 433-435. 63
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zarle, non sorprenderebbe un suo atto ufficiale relativo a tale disposizione. Al momento non ho reperito un documento simile, e, se ulteriori ricerche dovessero confermare il risultato dell’indagine, si potrebbero formulare due ipotesi: Sisto IV introdusse e applicò67 la sospensione del concistoro nei tre giorni indicati senza ratificarla con un documento ufficiale, oppure ne dispose l’attuazione in un documento che potrebbe non esserci giunto. Oltre a fornirci un dato relativo al calendario osservato per riunire il concistoro, tali annotazioni ci raccontano anche qualcosa dell’attività del pontefice. Se dallo studio di P. Scarcia Piacentini era emerso che Francesco Della Rovere da papa probabilmente teneva vicino i codici da consultare in caso di necessità, ma non aveva più il tempo di annotarli e studiarli68, dal f. 56r del Vat. lat. 4731 emerge qualche elemento in più su come e cosa Francesco Della Rovere leggesse durante il pontificato: considerati gli impegni gravosi, sicuramente la sua attività di studio dovette ridursi sensibilmente, ma anche da papa egli continuò ad annotare i codici, almeno quelli che consultava in funzione dell’attività della Curia. Lo fece, però, in un ruolo e con una auctoritas diversi. Da magister artium a papa, da magister generalis dell’Ordine francescano a guida della Chiesa, le annotazioni passano dal piano della elaborazione filosofica alla disposizione normativa, dallo studio all’azione, dalla disquisizione alla secca nota integrativa. Vat. lat. 4729: un esempio di palinsesto Richiamo l’attenzione su questo manoscritto (descritto più estesamente infra) non per il testo che si vede, ma per quello non visibile, che emerge e diventa parzialmente leggibile con l’applicazione delle moderne tecniche fotografiche a ultravioletti. A occhio nudo non si vedono tracce di lettere (se non passim tratti molto sbiaditi) che possano far pensare immediatamente al riuso della pergamena; ma i segni di raschiamento e lo spessore minimo della pergamena su alcuni fogli si sono rivelati indizi importanti per l’individuazione del palinsesto. Agli ultravioletti (semplici o in fluorescenza, tecnica che restituisce l’immagine nella banda del visibile [Tavv. IV-VI]) emerge su alcuni fogli una (talvolta più di una) scriptio inferior databile con buona probabilità alla prima metà del Trecento, vergata sempre in senso opposto rispetto alla scriptio superior. L’interlinea ampia e il tipo di impaginazione 67 Prima di Sisto IV, il 20 maggio, per esempio, era un regolare giorno di lavoro per il concistoro, come risulta in C. EUBEL, Hierarchia Catholica Medii Aevi …, II, Monasterii 1914, Appendix I, ad annos 1400 e 1469; durante il suo pontificato, invece, nei tre giorni indicati non risulta nessun concistoro. 68 SCARCIA PIACENTINI, Ricerche sugli antichi inventari cit., p. 127.
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rivelano un formato originario di gran lunga maggiore rispetto a quello attuale: probabilmente si tratta di un documento di cancelleria pontificia, come anche il contenuto sembra confermare. Tra le parole e le locuzioni leggibili, alcune (per esempio, ai ff. 9r: «presens concessio», 10v: «adimplere commode non potu[it]», 18v: «in alia opera pietatis prout [a cui forse seguiva una locuzione come «secundum deum anime sue saluti videritis expedire »] , quest’ultima la più significativa per l’identificazione della tipologia di testo) ricordano documenti di questo ambito, e più specificamente della Penitenzieria, in cui si concede il mutamento di un voto effettuato — impossibile o difficile da attuare — in un altro69. La scriptio inferior è leggibile su quasi tutti i fogli corrispettivi del secondo fascicolo (quinione) del codice: ff. 9r e 18v, 10v e 17r, 12r e 15v, 13v e 14r; sul f. 17 si scorgono più mani. Al f. 9r (Tav. V), inoltre, è visibile, nel margine inferiore (superiore nel documento originario), il profilo di un ovale, presumibilmente l’impronta lasciata da un sigillo a mandorla70 in seguito alla piegatura del documento. Si tratta dunque di una pergamena su cui erano vergati non altri testi liturgici (che, come è noto, sono tra i più frequenti candidati al riuso e quindi alla produzione di palinsesti71), ma testi di cancelleria pontificia (anch’essi frequentemente riusati). Anche nella seconda parte del codice (ff. 19r-30v) — contenente l’ufficio della Passione «editum a comite Francisco de Corbario» (descritto infra) —, nonostante le indagini fotografiche abbiano dato esiti negativi, si trovano evidenti tracce di riuso, ma di altro tipo: su alcuni fogli è tracciata una rigatura a inchiostro rosso perpendicolare rispetto a quella su cui è 69 Solo per citare qualche esempio, tra i tanti che si possono trovare, di documenti in cui compaiono locuzioni simili: Vat. lat. 2663 (unico testimone del testo completo del formulario di Walter Murner, della seconda metà del XIV secolo), ff. 236r-242r e 246v-248r, ed. in M. MEYER, Die Pönitentiarie-Formelsammlung des Walter Murner von Strassburg, Freiburg 1979 (Spicilegium Friburgense, 25), pp. 434, 437, 439, 448-450, dove, nella «rubrica de commutacione et prorogacione votorum», ritornano le locuzioni menzionate; la «Copia litterae commissionis facte per reverendum patrem dominum Gaucelmum, cardinalem domini pape penitenciarium, pro domino Bartholomeo de Burghesh», in Il registro di Andrea Sapiti procuratore alla curia avignonese, a cura di B. BOMBI, I, Roma 2007, pp. 356-357, datata Avignone 1337: Gaucelmo, cardinale dei Ss. Marcellino e Pietro, al vescovo di Lincoln o a un suo vicario, a nome del pontefice concede al miles Bartolomeo de Burghesh, della diocesi di Lincoln, consigliere del re d’Inghilterra Edoardo III (1327-1377), di mutare il voto di recarsi a Compostela «in alia opera pietatis». 70 Compatibile con i sigilli usati in questo tipo di documento; cf. I sigilli dell’Archivio Vaticano, a cura di P. SELLA, con la collaborazione di M.-H. LAURENT, I-VI, Città del Vaticano 1937-1964: per esempio I, nrr. 608, 689. 71 Cf., per esempio, tra i contributi recenti su questo tema, l’introduzione di G. BAROFFIO, Manoscritti e frammenti liturgici: in margine alla mostra cremonese, in Ex tenebris ad lucem. Frammenti di codici liturgico-musicali della Biblioteca Statale di Cremona, a cura di L. SCAPPATICCI, Cremona 2009, pp. 17-45: pp. 31-35.
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vergato il testo72; l’esito è una sorta di reticolato indipendente dall’impaginazione del testo visibile. Attraverso la rigatura estranea al testo attualmente visibile è possibile ricostruire il foglio originario: seguendo le linee sui fogli corrispettivi che compongono lo stesso bifoglio del fascicolo e considerando la breve distanza tra le rettrici, si può ipotizzare che si tratti di fogli preparati per un codice, piuttosto che per un documento di cancelleria. Vat. lat. 4728-4730: Praeparatio ad Missam La Praeparatio ad Missam prevede preghiere e salmi recitati dal celebrante prima della Messa per chiedere perdono delle colpe commesse e la grazia di essere degno dell’Eucarestia, secondo una consuetudine che, sebbene non ancora strutturata, apparteneva già ai primi cristiani (cf. 1Cor 11, 28-29). Alla Praeparatio nei codici è spesso associato il testo del rendimento di grazie, recitato dopo la Messa. Come libro a sé è una tipologia non molto diffusa e poco o affatto considerata dagli studi. Prima di arrivare a una forma canonizzata, il numero e la sequenza delle preghiere si sono modificati nell’arco di circa tre secoli, durante i quali si assiste, tra l’altro, alla separazione della Praeparatio dai testi di altri libri liturgici (Breviari, Sacramentari, Messali, Pontificali73), per poi ritrovarla, nelle edizioni della metà del XVI secolo, di nuovo all’interno del Messale Romano. Dalle preghiere di questo tipo inserite nei Sacramentari (sec. IX-X), si passò all’integrazione di un nucleo di salmi (83, 84, 85, a cui si aggiunse poi il 115) accompagnati da versetti correlati74, seguiti da Kyrie, Pater e 6 versetti, 2 orazioni, per arrivare, tra la fine del sec. XII e l’inizio del XIII, al testo che fu tramandato nei secoli successivi: si aggiunsero un quinto salmo, il 129, e l’antifona ne reminiscaris Domine, 7 versetti dopo il Pater, e 7 orazioni diverse. La gratiarum actio post Missam si presenta in forma più breve, articolata in modo simile (orazioni, versetti, etc.), attorno a uno o più salmi di lode e al cantico dei giovanetti nella fornace (Dn 3, 57-88). Si possono inoltre trovare anche la cosiddetta Oratio Sancti Ambrosii («Summe sacerdos …»), l’Oratio Sancti Thomae («Concede mihi misericors Deus quae tibi placita sunt …»)75, il salmo 121. 72 La rigatura perpendicolare a quella del testo è visibile dal f. 21, prima a secco (ff. 2122), poi a colore (ff. 25-30). 73 Anche nei Cerimoniali si possono trovare indicazioni per questo tipo di preghiera, nelle due varianti per il presbiter e per il pontifex: per es. Vat. lat. 4727, ff. 57r, 74r. 74 Per i dettagli e la bibliografia, rimando a ROTH, Il contenuto e la funzione del codice cit., pp. 21-47. 75 La prima, attestata dalla metà del sec. XI, era recitata prima della messa; la seconda
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Tra i manoscritti vaticani, nella forma appena descritta, ovvero in un libro a sé (solo in alcuni casi con aggiunta di altre orazioni), si trova in soli 8 esemplari, 3 dei quali (Vat. lat. 4728-4730) nel gruppo in questione, 1 ancora tra i Vaticani latini (Vat. lat. 3747, databile al pontificato di Bonifacio IX [1389-1404]76); gli altri 2, più tardi, appartengono al fondo Borgiano (Borg. lat. 406, sec. XVI-XVII) e Ottoboniano (Ott. lat. 451, sec. XVII). Ecco come si presentano questi piccoli libri liturgici nei tre codici in esame77. Vat. lat. 4728 Saec. XV ex. (post 1492)-XVI in.78, It., chart., mm. 211 u 137 (182 u 82), ff. I-VI, 1-12, VII-XII, linn. 22 (21), col. 1; f. 12v vacuum.
I. (ff. 1r-12r) 1. (ff. 1r-8v) , inc. (rubr.) Pontifex pontificaliter celebraturus cum intraverit ecclesiam coram altari genuflexus dicit: faceva parte della devozione privata; per dati storici e bibliografici, cf. ROTH, Il contenuto e la funzione del codice cit., pp. 33-38. 76 Di questo manoscritto è stato recentemente pubblicato il facsimile con commentario: Il pontificale di Bonifacio IX cit. 77 Le misure e il numero delle righe (vergate e scritte) si riferiscono al f. 3 (per le righe vengono forniti dati relativi anche al resto del codice); indico sempre esplicitamente (non solo quando sono 2) il numero delle colonne. Diversamente da quanto si legge nei cataloghi vaticani (dove le varie parti o le opere di diversi autori sono enunciate una di seguito all’altra, distinte solo da brevi spazi bianchi sulla stessa riga), nella descrizione interna dei codici scelgo una disposizione meno economica dal punto di vista dell’impaginazione, ma che mi sembra più chiara: le varie parti sono distinte da capoversi e rientri, secondo una sequenza gerarchica (distinta con: I., II. …, per le diverse tipologie all’interno di un codice; 1., 2. … per le partizioni di ciascuna; poi, per le sottosezioni: A., B., C. …, a., b., c., etc.), che guida il lettore attraverso la struttura del libro liturgico. Preciso, inoltre, che qui viene offerta una descrizione che può differire sotto vari aspetti — da quelli formali, come l’uso delle note o l’impostazione della descrizione interna, ai contenuti della descrizione esterna, in parte ancora in fase di verifica — da quella che sarà pubblicata nel catalogo definitivo e completo dei Vat. lat. 4726-4774. 78 Anticiperei di poco la datazione proposta da SALMON, Les manuscrits liturgiques cit., V, p. 60 (sec. XVI), precisandola in base ai personaggi menzionati nelle orazioni funebri finali (ff. 11v-12r): Innocenzo papa e il card. Marco, da identificare rispettivamente con Innocenzo VIII (m. 1492) e Marco Barbo, titolare di S. Marco (e per questo noto anche, come altri cardinali, come «card. S. Marci»), morto nel 1491. Il 1492 è dunque il terminus post quem e il manoscritto dovrebbe essere di poco successivo. Anche l’ornamentazione del f. 1r e il richiamo verticale (illustrati infra) sono compatibili con questa datazione.
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Introibo in domum tuam in holocaustis reddam tibi vota mea que distinxerunt labia mea (f. 1r); A. (ff. 1r-6v) (rubr.) , antiphona Ne reminiscaris domine delicta nostra vel parentum nostrorum, neque vindictam sumas de peccatis nostris (cfr Tob 3, 3), psalmi 83, 2-13 (ff. 1r2r); 84, 2-14 (f. 2rv); 85, 1-17 (ff. 2v-4r); 115, 10-19 (f. 4rv); 129, 1-8 (f. 4v); (rubr.) deinde repetitur antiphona Ne reminiscaris … (f. 5r); (rubr.) finitis psalmis et antiphona predictis et caligis cum sandaliis sibi indutis surgit pontifex et detecto capite stans versus ad altare dicit Kyrieleison …, Pater noster … (f. 5r); sequuntur 7 versiculi cum responsorio: ego dixi …; convertere …; fiat misericordia …; sacerdotes tui …; ab occultis meis munda …; Domine exaudi …; Dominus vobiscum … (f. 5rv) et 7 orationes: aures tue pietatis …; Deus qui omne cor patet …; ure igne sancti spiritus …; mentes nostras …; adsit nobis …; Deus qui corda …; conscentias nostras … (ff. 5v-6v); B. (ff. 6v-9v) (rubr.) (f. 6v) ad caligas, (f. 6v) ad sandalia, (ff. 6v-7r) cum exuitur manto, (f. 7r) dum lavat manus, (f. 7r) ad amictum, (f. 7r) ad albam, (f. 7rv) ad cingulum, (f. 7v) ad crucem, (f. 7v) ad stolam, (f. 8r) ad tunicellam, (f. 8r) ad dalmaticam, (f. 8r) ad cyrothecas, (f. 8rv) ad planetam, (f. 8v) ad mitram, (f. 8v) ad anulum, (f. 8v) ad manipulum; 2. (ff. 8v-11v) , (rubr.) finita missa Pontifex cum paramentis exuitur dicit, antiphona Trium puerorum cantemus hymnum quem cantabant sancti in camino ignis benedicentes dominum, psalmus (cfr Dn, 3, 57-88), inc. Benedicite omnia opera domini domino, laudate et superexaltate eum in secula (f. 9r), expl. et laudabilis et gloriosus et superexaltatus in secula (f. 10r); psalmus 150, 1-6 (f. 10rv); (rubr.) repetitur antiphona Trium puerorum …, (rubr.) Qua repetita pontifex stans detecto [sc. capite] versus ad altare si sit prope illud dicit Kyrieleison …, Pater noster; sequuntur 5 versiculi cum responsorio: confiteantur tibi …; exultabunt sancti …; non nobis Domine …; Domine exaudi …; Dominus vobiscum …, 2 orationes: Deus qui tribus pueris …; actiones nostras quesumus domine aspirando … (ff. 10v-12r). II. (ff. 11v-12r) 1. (f. 11v) , (rubr.) Oratio, inc. Deus qui inter apostolicos sacerdotes famulum tuum Innocentium, expl. perpetuo aggregetur consortio. Amen; (rubr.) Oratio, inc. Prosit quesumus domine anime famuli tui Innocentii, expl. eternum capiat te miserante consortium per dominum; (rubr.) Oratio, inc. Absolve quesumus
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domine animam famuli tui Innocentii, expl. inter sanctos et electos tuos resuscitatus respiret. Per Christum; 2. (f. 12r) iisdem verbis compositae. MAT. – carta ben conservata; ingiallimento passim, soprattutto ai margini. FILIGR. — nei fogli di guardia filigrane settecentesche, coeve alla legatura, di Fabriano («Sordini Fabriano», con croce e giglio inscritto in un doppio cerchio)79; al f. 2, nel margine superiore, aquila con ali spioventi, della quale è visibile solo la metà inferiore del corpo. FASC. — 6 bifogli; all’inizio: 2 fogli volanti, il primo incollato a un bifoglio di carta marmorizzata solidale con il piatto e 1 binione vuoto non numerati, e poi alla fine, specularmente: 1 binione vuoto e 2 fogli volanti, l’ultimo dei quali incollato a un bifoglio di carta marmorizzata solidale con il piatto posteriore. Foliazione seicentesca al margine superiore esterno, con un’irregolarità: inversione nella successione dei ff. 9 e 10 — e conseguente incongruenza tra il richiamo al f. 9v e l’incipit del f. 10r —, che rivela un errore compiuto probabilmente al momento in cui è stata effettuata l’ultima legatura. Il bifoglio numerato 10-9 è stato piegato al contrario, e poi rilegato, proprio in coincidenza di un richiamo (f. 8v: richiamo verticale, secondo un uso tipicamente italiano e diffuso nella seconda metà del sec. XV80), l’unico visibile nel codice, elemento guida nella legatura dei fascicoli. RIGAT. — rigatura a inchiostro marrone, meno visibile nella seconda parte; tipologia: cf. Derolez nr. 11 (mm. 22 + 143 + 46 u 18 + 82 + 37); il testo è disposto su 22 righe, prima linea sotto. Visibili talvolta i fori di guida al margine inferiore, in corrispondenza delle linee esterne dello specchio scrittorio. SCRITT. — textualis italiana di unica mano, di modulo tondeggiante e non molto serrato; le leggi di Meyer sono generalmente, ma non sempre (la d può essere di tipo onciale anche davanti a lettere che non hanno corpo tondo), rispettate. La i è spesso apicata; x e y con tratto discendente da destra verso sinistra molto sottile, sulla riga o leggermente al di sotto; g con occhiello inferiore chiuso da un tratto sottile. Le aste ascendenti dritte terminano con una sorta di apice verso sinistra. Le abbreviazioni soprascritte sono spesso ridotte a un punto (o breve tratto curvo). Interpunzione: punto (per pausa lieve), due punti (spesso come separazione dei versetti). A fine riga uso regolare del trattino singolo obliquo per la divisione di parola e riempitivi a forma di 3 barrato (ff. 1v, 3r, 4r, 7v, 8r, 10v) e, al termine del titolo rubricato, due tratti obliqui tra due punti allineati orizzontalmente (es. ff. 6v, 8r). Le lettere generalmente non poggiano sulla riga; le aste discendenti poggiano sulla riga o scendono poco al di sotto. 79 G. METELLI, Carte e cartiere folignati tra Cinquecento e Settecento, in Carte e cartiere nelle Marche e nell’Umbria dalle manifatture medievali all’industrializzazione, a cura di G. CASTAGNARI, Ancona 1993, pp. 224-225. 80 Cf. per esempio J. VEZIN, Codicologie comparée, in La paléographie hébraïque médiévale. Actes du Colloque international, Paris, 11-13 septembre 1972, organisé par J. GLENISSON et C. SIRAT, Paris 1974 (Colloques internationaux du Centre national de la recherche scientifique, 547), pp. 153-161: p. 157, sebbene i dati siano dedotti da un’indagine effettuata su un campione parziale (manoscritti latini datati della Bibliothèque Nationale).
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ORNAMENT. — al f. 1r: fregio miniato a cornice aperta formata da un listello sottile in foglia d’oro, con motivi floreali di vari colori (blu, viola, oro, rosso, verde), appartenenti a un repertorio ornamentale tardo-quattrocentesco; nel margine inferiore, al centro, e inscritto in una ghirlanda, scudo di blu con il simbolo eucaristico (IHS). Incipit con iniziale (P) ornata, riempita di rosso e qualche tratto blu, con asta d’oro e verde prolungata lungo il margine interno, quasi a completare la cornice; le altre iniziali del foglio sono decorate o campite (in oro su fondo colorato). In tutto il testo iniziali rosse e blu filigranate (la filigrana è tracciata con inchiostro blu se la lettera è rossa e viceversa). L’uso del colore può essere funzionale anche a segnare l’alternanza tra versetto / responsorio (rispettivamente blu / rosso), sostituendo le consuete indicazioni R / V (f. 5rv). Il rosso è usato anche per le indicazioni liturgiche, le rubriche (talvolta arricchite da semplici riempitivi, per es. ai ff. 4r, 4v, 6v, 8r, 11r), «Ps», «Ant» e sim., e anche per correggere il testo, nell’unico caso in cui è stata apportata una modifica (f. 7v: sono barrate tre parole, erroneamente trascritte per un saut du même au même). Il rubricatore sembra aver fatto uso di un rosso differente, più brillante rispetto a quello delle iniziali. ANNOT. — non vi sono marginalia né integrazioni né correzioni (con l’unica eccezione al f. 7v, già menzionato). Al f. 8r: traccia di parola riportata dal testo (probabilmente cirothecas), scritta lungo il margine esterno, solo parzialmente visibile perché tagliata dalla resecatura. POSS. — assente negli inventari precedenti, compare in quello di Ruano: il codice entrò dunque in Vaticana tra il 1550 e il 1590. Timbri vaticani tondi ai ff. 1v e 12r. NOT. ANT. — segnatura 4728 al f. 1r. LEGAT. — quadranti di cartone rivestito in pelle marrone, decorati con cornici a doppia filettatura d’oro (con piccoli fiori agli angoli) e, al centro, rispettivamente sul piatto anteriore e su quello posteriore, stemmi in oro del papa Pio VI (17751799) — del quale, come spesso, è rappresentato soltanto il cuore — e del card. Francesco Saverio de Zelada (1779-1801), Bibliotecario; la legatura è dunque databile tra il 1779 e il 1799. Sul dorso scomparti decorati in oro, con filettatura e motivi vegetali e, nel secondo, la segnatura, 4728. Lo stato di conservazione è buono, fatta eccezione per qualche lieve abrasione lungo i tagli inferiori e sul piatto anteriore; piatti lievemente incurvati verso l’interno. BIBL. — P. SALMON, Les manuscrits liturgiques latins de la Bibliothèque Vaticane, V, Città del Vaticano 1972 (Studi e testi, 270), nr. 266 (p. 60); B. SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher der römischen Kirche im Mittelalter, Tübingen 1973, p. 432.
Vat. lat. 4729 Saec. XIV-XV, It., membr., mm. 153 u 108 (94 u 70), ff. I-II (chart.), 1-32, III-IV (chart.), linn.19 (17/20), col. 1; ff. 16-18, 31-32 vacua. Bis (fortasse ter: f. 17) rescriptus (cfr supra, pp. 206-208).
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I. (ff. 1r-15v) 1. (ff. 1r-7v) , inc. (rubr.) Pontifex missam celebraturus hora congrua ingreditur ecclesiam et coram altari ubi celebrare debet inclinans breviter orans dicat illud: Introybo in domum tuam in holocaustis reddam tibi que distinxerunt labia mea (f. 1r); A. (ff. 1r-5v) (rubr.) , inc. Deinde intrat cum clericis sacristiam vel alium locum ad se induendum accomodum … dicta autem tria super faudistorium [sic] positum ubi magis accomodum iuxta disposicionem loci fuerit residens (f. 1rv) incipit antiphona (cfr Tob 3, 3) Ne reminiscaris domine delicta mea vel parentum meorum neque vindictam sumas de peccatis nostris (f. 1v), (rubr.) Deinde prosequitur cum clericis sequentes psalmos 83, 2-13 (ff. 1v-2r); 84, 2-14 (f. 2rv); 85, 1-17 (ff. 2v-4r); 115, 10-19 (ff. 3v-4r); 129, 1-8 (f. 4r); (rubr.) Quibus finitis resumitur Ne reminiscaris … (f. 4r); (rubr.) Interim vero dum predicti psalmi dicuntur deponit communia calciamenta et calciatur caligis sericis et sandaliis, quibus calciatus et finitis psalmis et antiphonis, surgens et stans iunctis manibus ante pectus dicat: Kyrieleison …, Pater noster …; sequuntur 7 versiculi cum responsorio et 7 orationes (ff. 4v-5v), ut supra, Vat. lat. 4728, ff. 5r-6v; B. (ff. 5v-7v): , (ff. 5v-6v) sequitur longa rubrica de vestimentis et ornamentis et de eorum ordine et usu, inc. Dum autem premissas dicit orationes induat se vestibus que secuntur per ordinem (f. 5v), expl. pontifex debet procedere in missa secundum modum in ordinario expressum (f. 6v), (rubr.) (f. 6v) Quando ponitur amictus in capite, (ff. 6v-7r) Quando induit se alba, (f. 7r) Quando cingitur cingulo, (f. 7r) Quando ponitur stola in collo, (f. 7r) Quando induitur tunicella, (f. 7rv) Quam [sic] recipitur dalmatica, (f. 7v) Quando imponitur manipulum, (f. 7v) Quando induit planetam; 2. (ff. 7v-10r) : (121, 1-9) ff. 7v8r); sequuntur Kyrie, Pater, 5 versiculi cum responsorio: Domine salvum fac reges …; salvum fac populum …; fiat pax …; Domine exaudi …; Dominus vobiscum … (f. 8r), et 3 orationes: Ecclesie tue quesumus d omine preces pla[ca]tus admitte …; Hostium nostrorum quesumus Domine elide superbiam …81, Deus a quo sancta desideria recta consilia … (cfr Corpus 81
Da qui in poi fino alle 3 orationes cf. Giovanni XXII, Extravagantes communes, XI, III (1328), segnalato da ROTH, Il contenuto e la funzione del codice cit., pp. 38 ss. per il Vat. lat.
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orationum, II, nr. 1088a) (f. 8rv); (rubr.) Cum autem pontifex deponit pallium debet ispum osculari in postrema cruce, deponendo eciam ipsum et alias vestes dicit antiphonam Trium puerorum cantemus ymnum quem cantabant in camino ignis benedicentes dominum (f. 8v), canticum (cfr Dn 3, 57-88) (ff. 8v-9v), inc. Benedicite omnia opera domini domino (f. 8v), expl. Benedictus es domine in firmamento celi, laudabilis et gloriosus in secula (f. 9v); (150, 1-6) (f. 9v); (rubr.) Deinde repetatur antiphona Trium puerorum …; sequuntur Kyrie, Pater, 5 versiculi cum responsorio (f. 10r), ut supra, Vat. lat. 4728, ff. 10v-12r, et 3 orationes: prima, inc. Deus qui tribus pueris, expl. non exurat flamma viciorum; altera, inc. Acciones nostras quesumus domine …, expl. incipiat et per te cepta finiatur. P(er Christum dominum nostrum) (f. 10r); tertia: I.1.C. (ff. 10r-15v) , inc. Summe sacerdos et vere pontifex (ed. A. WILMART, in Auteurs spirituells …, pp. 114-124; huius orationis editio minor hic tradita est), expl. Tunc enim me de te saciabis sacietate mirifica ut non esuriam neque siciam in eternum. Qui cum patre. II. (ff. 19r-30v) 82 (rubr.) Incipit officium editum a comite Francisco de Corbario83 in commemorationem passionis Domini nostri Iesu Christi et dicatur sequens antiphona in cuiuslibet hore principio 1. (ff. 19r-22v) (rubr.) ad matutinum antiphona Tua sanctissima passio quam recolimus Iesu Christe a cunctis nos meritis et corporis adversitatibus tueatur. Domine labia mea aperies … Deus in adiutorium … Alleluia (f. 19r), Invitatorium (rubr. hic posita) (f. 19r), Iesum Christum adoremus cru3747. Il testo nel nostro codice è trasmesso con qualche errore (omissione di et prima di exaudi nos; invocavemus per invocaverimus; nella Colletta: platus per placatus; prostene per prosterne; omesso infine Per Christum Dominum nostrum), che prescrive tale complementum dopo il Pater della Messa; l’ultima oratio fu aggiunta da Clemente VI (1342-1352). Rilevo, però, che da un lato Giovanni XXII si riferisce a un uso all’interno della Messa, e che dall’altro queste orazioni sono attestate già da molto prima (Corpus orationum, inchoante E. MOELLER, subsequente I. M. CLÉMENT, totum opus perfecit B. COPPIETERS ‘T WALLANT, in Corpus Christianorum, Series Latina, IV, Turnholti 1994, nrr. 2404b, 3007; II, ibid. 1993, nr. 1088a), dal sec. IX, in altri contesti. 82 Fornirò altrove l’edizione completa dell’Officium tramandato da questo codice. 83 Probabilmente si tratta del conte Francesco di Montemarte e Corbara (1345-1401 [?]), fratello di Ugolino, luogotenente del card. Egidio Albornoz (1350-1367), entrambi condottieri di parte guelfa, vissuti tra il XIV e il XV secolo e appartenenti a una delle famiglie nobili più antiche e potenti di Orvieto. Francesco fu autore di una cronaca di Orvieto (che termina all’anno 1400): Cronaca del conte Francesco di Montemarte e Corbara, in Rerum Italicarum Scriptores, 2a ed., XV, 5, 1, pp. 211-268.
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cifixum exaltemus, (94, 1-11) (f. 19rv), antiphona (f. 19v); Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, p. 65) (ff. 19v-20v); antiphona Deus iniqui, psalmus (36, 12-15) (f. 20v), antiphona Deus iniqui insurrexerunt in me … in conspectu suo (cfr Ps 85, 14), V Contra [?] ipsum iratus est furor eorum, R et sic habuerunt quasi hostem suum (cfr Iob 19, 11) (f. 20v); antiphona Aperuerunt (f. 20v), (108, 2-6), antiphona Aperuerunt super eum os suum omnes inimici … devorabimus eum (f. 21r), V et R (Iob 30, 13); V [= ant.] Omnes persecutores (f. 21r), psalmus (cfr Ps 139, 2-6), inc. Eripe me domine ab homine malo, expl. superbi laqueum mihi; antiphona Omnes persecutores eius adprehenderunt eum inter angustias, V (Iob 16, 11), R (Iob 19, 19) (f. 21rv); Kyrie, Pater; Absolutio Ab omni labe peccati emundet nos gloriosa passio Iesu Christi et ad lucem perducat claritatis eterne (f. 21v), V Iube dopne [sic] benedicere, Benedictio Benedicat nos pater omnipotens et per sui filii passionem ad regna celestia nos perducat. Amen; Lectio prima (cfr Sap 2, 12-13) (f. 21v), inc. Dixerunt impii circumveniamus iustum, expl. et filium dei se nominat, tu autem domine miserere nobis, R Deo gratias, R et V (Sap 2, 21-22), V Iube dompne benedicere, Benedictio Benedicat nos Christus qui mori voluit ut in eternum cum ipso vivere valeamus (f. 21v); Lectio secunda (cfr Sap 2, 14-16), inc. Factus est nobis in traductionem cogitationum, expl. et gloriatur patrem se habere deum, tu autem domine miserere nobis (ff. 21v-22r), R Deo gratias, R (Sap 3, 10), V (Sap 3, 11), V Iube dompne benedicere, Benedictio Benedicat passio Iesu Christi nos purget a crimine et cunctas a nobis inferni auferat passiones (f. 22r); Lectio III (cfr Sap 2, 17-20), inc. Videamus ergo si sermones illius, expl. condempnemus eum, tu autem domine miserere nobis, R Deo gratias, R (f. 22r) et V (Dt 32, 5-6) (f. 22rv); 2. (ff. 22v-24r) ad laudem antiphona Tua sanctissima. Deus in adiutorium meum intende, domine ad adiuvandum me festina. Gloria. Amen. Alleluia (f. 22v); antiphona Ego redemi (Os 7, 13), psalmus (cfr 30, 15-19), inc. In te speravi domine deus meus, es tu in manibus, expl. qui loquuntur adversus iustum in superbia et abusione, antiphona Ego redemi eos et ipsi loquuntur contra me mendacia; capitulum (cfr Ier 11, 19) Quasi agnus mansuetus qui portatur ad victimam et non cognovi quia cogitaverunt super me consilia dicentes eradamus eum de terra viventium. Deo gratias (f. 22v) Rbr et R (Is 50, 6) (ff. 22v-23r), V et R (Ps 68, 9) (f. 23r); Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, pp. 65-66) (f. 23rv), V et R (Mi 2, 1); V [= ant.] (Am 5, 10) Odio habuerunt (f. 23v), psalmus Benedictus, antiphona Odio habuerunt in porta … abhominati sunt (f. 23v), Kyrie, et R (Ps
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CLAUDIA MONTUSCHI
101, 2) (ff. 23v-24r); Oremus. , inc. Te humiliter deprecamur domine Iesu Christe ut illusiones, obprobia et flagella que ora matutina pro nobis perpeti voluisti, expl. nos reducant qui vivis cum deo patre in unitate spiritus sancti deus per omnia secula seculorum Amen. V Benedicamus domino, R Deo gratias (f. 24r); 3. (ff. 24r-25r) ad primam antiphona Tua sanctissima passio (f. 24r). Deus in adiutorium meum intende, domine ad adiuvandum me festina. Gloria. Alleluia; Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, p. 66) (f. 24rv); antiphona Adprehenderunt, psalmus (cfr Ps 93, 19-23), inc. Secundum multitudinem dolorum, expl. in malitia eorum disperdet eos, antiphona adprehenderunt mercedem eorum triginta argenteis pretium quo appretiatus sum ab eis (f. 24v); capitulum (cfr Is 53, 11), inc. Iustificabit ipse iustus, expl. ipse portabit (f. 24v); Rbr (cfr Abd 1, 7) Omnes viri federis tui illuserunt tibi et invaluerunt adversum te. Gloria. Omnes viri federis (ff. 24v-25r), V Grex perditus est et populus meus, R pastores eorum seduxerunt eos (cfr Ier 50, 6), Kyrie, V Domine exaudi orationem meam, R et clamor meus. Oremus. Oratio (f. 25r), inc. Domine Iesu Christe qui pro nobis hora diei prima, expl. in eterna gloria numerari. Qui vivis. Amen, V Benedicamus domino, R Deo gratias (f. 25r); 4. (ff. 25r-26r) ad tertiam antiphona (f. 25r) Tua sanctissima passio. Deus in adiutorium meum, domine ad adiuvandum. Gloria. Amen. Alleluia; (Analecta Hymnica, vol. 30, pp. 66-67) (f. 25rv); antiphona Ne tradideris (Ps 26, 12), (cfr Ps 55, 2-6), inc. Miserere mei deus, expl. cogitationes eorum in malum, antiphona Ne tradideris me… testes iniqui; capitulum (cfr Is 53, 9-10), inc. Iniquitatem non fecit, expl. pro peccato animam suam. Deo gratias (f. 25v), Rbr fuit inderisum tibi Israel, V quasi inter fures reperisses eum Israel (cfr Ier 48, 27) (ff. 25v-26r), V conclusit deus me apud iniquum, R et manibus impiorum tradidit me (cfr Iob 16, 12), Kyrie, V Domine exaudi orationem meam, R et clamor. Oremus. Oratio, inc. Te suppliciter exoramus domine Iesu Christe ut sicut hora tertiarum, expl. decore et gloria coronatum. Qui vivis. Amen, V Benedicamus, R Deo gratias (f. 26r); 5. ad sextam (ff. 26r-27r) antiphona Tua sanctissima passio (f. 26r). Deus in adiutorium meum, domine ad adiuvandum. Gloria. Alleluia; Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, p. 67) (f. 26rv); antiphona Ne tradideris (f. 26v), psalmus (cfr Ps 54, 2-6), inc. Exaudi deus orationem meam, expl. et tremor venerunt super me et contexerunt me tenebre, V [= ant.] Ne tradas simul me cum
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peccatoribus, et cum operantibus iniquitatem non perdas me (cfr Ps 27, 3); capitulum (cfr Is 53, 12), inc. Pro eo quod tradidit, expl. oravit ut non perirent. Deo gratias (f. 26v), Rbr (Ps 21, 17-18) (ff. 26v-27r), V dicentes auferamus memoriam illius de terra et de spoliis eius fortem mictamus inter nos, et dinumeraverunt omnia ossa mea. Gloria. Foderunt manus, V et R (Ioel 2, 10), Kyrie, V Domine exaudi, R et clamor. , inc. Tribue quesumus domine Iesu Christe, ut per meritum tue crucis, expl. consequi mantionem. Qui vivis. Amen, V Benedicamus domino, R Deo gratias (f. 27r); 6. (ff. 27r-28r) ad nonam Tua sanctissima passio. Deus in adiutorium, domine ad adiuvandum. Gloria. Amen. Alleluia; Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, p. 67) (f. 27rv); antiphona Ve qui potum (Hab 2, 15), psalmus (cfr Ps 17, 5-8), inc. Circumdederunt me dolores mortis, expl. conturbata sunt (f. 27v), antiphona Ve qui potum … nuditatem eius; capitulum (cfr Is 53, 8) Abscissus est de terra viventium et propter scelus populi mei percussi eum. Deus [sic] gratias, Rbr contremuit terra a facie eius, V orbis terre et habitantes in eo a facie eius. Gloria. Contremuit terra a facie eius (cfr Na 1, 5-6) (ff. 27v-28r), V vere langores [sic] nostros ipse tulit, R et dolores nostros ipse portavit (cfr Is 53, 4), Kyrie, V domine exaudi, R et clamor (f. 28r). Oremus. Oratio, inc. Presta quesumus domine Iesu Christe ut mors tua, expl. vitam et gloriam consequi sempiternam. Qui vivis. Amen. Benedicamus domino. Deo gratias (f. 28r); 7. (ff. 28r-29v) ad vesperas antiphona Tua sanctissima passio. Deus in adiutorium, domine ad adiuvandum me. Gloria. Amen. Alleluia; antiphona (cfr Lam 2, 21) Interfecisti, psalmus (cfr Ps 63, 2-6), inc. Exaudi deus orationem meam cum deprecor a timore inimici, expl. ut absconderent laqueos dixerunt quis videbit eos (f. 28rv), antiphona Interfecisti in die furoris tui percussisti nec miseratus est es; capitulum (cfr Mi 7, 2), inc. Periit sanctus de terra et rectus, expl. ad mortem. Deo gratias, Rbr circumdederunt me lanceis suis, V convulneravit lumbos meos lanceis suis (cfr Iob 16, 14). Gloria, circum, V aspicient ad me quem transfixerunt, R et plangent plantu quasi super unigenitum (cfr Zach 12, 10) (f. 28v); Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, pp. 67-68) (ff. 28v-29r), V et R (Is 53, 5); antiphona (cfr Ps 33, 21) Custodit dominus, psalmus Magnificat (Lc 1, 46-50) (f. 29rv), antiphona Custodit dominus omnia ossa … conteretur; Kyrie, V domine exaudi orationem, R et clamor meus. Oremus. Oratio, inc. Tribue quesumus domine Iesu Christe, ut effusio tui sanguinis pretiosi, qui hora vespertina, expl. vitam eternam et gloriam
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largiatur. Qui vivis cum deo patre. Amen, V Benedicamus domino, R Deo gratias (f. 29v); 8. (ff. 29v-30v) ad completorium antiphona Tua sanctissima passio. Converte nos Deus salutaris noster et averte iram tuam a nobis. Deus in adiutorium, domine ad adiuvandum. Gloria. Amen. Alleluia; antiphona In tenebrosis (Lam 3, 6) (f. 29v), psalmus (cfr Ps 40, 8-12), inc. Adversum me susurabant, expl. inimicus meus super me, antiphona In tenebrosis … sempiternos (ff. 29v-30r); capitulum (Soph 3, 8). Deo gratias (f. 30r), Rbr et V (Os 6, 3), V et R (Lam 3, 53) (f. 30r); Hymnus (Analecta Hymnica, vol. 30, p. 68) (f. 30rv) Amen, V (cfr Is 14, 9) Infernus subter conturbatus est in occursum adventus sui, R (Is 9, 2); antiphona De manu mortis (cfr Os 13, 14), Nunc dimittis (Lc 2, 29-32) (f. 30v), antiphona De manu mortis … redimam eos; Kyrie, V Domine exaudi orationem, et clamor meus. Oremus. Oratio (f. 30v), inc. Domine Iesu Christe qui hora complectorii pro nobis in sepulcro, expl. tribuente clementia adipisci. Qui vivis in unitate spiritus sancti deus per omnia secula seculorum. Amen. Benedicamus domino. Deo gratias. MAT. — pergamena chiara, ma con evidente differenza tra lato pelo e lato carne; numerosi danni entomologici e sbiadimento dell’inchiostro passim, soprattutto nella seconda parte (in particolare dal f. 20). Fogli di guardia cartacei, coevi alla legatura: due bifogli, i cui rispettivi primi fogli sono ricoperti da carta marmorizzata e incollati al contropiatto anteriore (il secondo solo parzialmente); nel margine esterno in basso del II foglio, filigrana con «SOR DNI (per «Sordini»: cf. sopra, Vat. lat. 4728), giglio inscritto in doppio cerchio nel margine esterno in alto. FASC. — 1 quaternione (ff. 1-8), 1 quinione (ff. 9-18), 2 ternioni (ff. 19-24, 25-30) 1 bifoglio (ff. 31-32). I due fogli finali, vuoti, sono stati rovesciati probabilmente in occasione della legatura (come si evince dalla mancata corrispondenza dei fori prodotti dai tarli e da tracce di colore verde, indice di passaggio di colore di una legatura precedente, sul recto del f. 31, che originariamente era il verso dell’ultimo foglio, a contatto con il piatto posteriore). Foliazione seicentesca all’angolo superiore esterno. Incipit sul lato carne, affrontamento regolare. RIGAT. — tipologia: simile a Derolez nr. 16, cum variatione (mm. 17 + 5 + 88 + 43 u 15 + 69 + 24); nella prima parte a inchiostro bruno; nell’ultima parte del codice, dal f. 25, a colore rosso; dal f. 21 è visibile una rigatura perpendicolare a quella su cui è disposto il testo, prima a secco, come risultante da impressione indiretta (ff. 21-22), poi a colore (ff. 25-30); la doppia rigatura produce una sorta di reticolato non funzionale al testo, in alcuni casi (per es. ff. 26-28) fuoriuscendo nettamente dallo specchio scrittorio in cui esso è compreso. Quella che adesso si presenta come una rigatura verticale è stata probabilmente eseguita precedentemente, in funzione di una destinazione diversa da quella poi realizzata. Fori di guida solo talvolta (per es. ff. 10-15) visibili. La scrittura è disposta mediamente su 19 righe
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(con qualche oscillazione tra 18/20 righe e 17/20 linee di scrittura), prima linea sotto fino al f. 15v, e prima linea sopra dal f. 19r. La seconda parte presenta una maggiore regolarità (sempre 20 righe tracciate e 20 linee scritte), sebbene risulti più confusa a causa della doppia rigatura menzionata. Nella seconda parte, in corrispondenza degli inni, il testo (ff. 20rv, 23rv, 24rv, 25rv, 26rv, 27rv, 28v-29r, 30rv) presenta uno spazio vuoto in corrispondenza della metà del foglio, che marca la divisione in versi, sottolineata anche dall’iniziale ripassata in rosso. SCRITT. — textualis probabilmente italiana, con alcune caratteristiche di area francese, di due mani, una per ciascuna delle due parti (ff. 1-18, 19-32) che compongono il codice. La prima parte è stata eseguita con maggiore accuratezza (per es. l’uso del colore) rispetto alla seconda, che è anche meno ben conservata. La prima mano si differenzia dalla seconda per le seguenti caratteristiche: scrittura di modulo più grande, più angolosa e serrata; occhiello superiore della a chiuso da filetto; aste discendenti al di sotto della riga; occhiello inferiore della g quasi sempre chiuso, per la pausa breve è usato un segno che assomiglia alla nota tachigrafica per et, i due punti per divisione di verso o pausa intermedia. Come riempitivo a fine riga compare un segno obliquo (da sinistra a destra) barrato da due o tre tratti più sottili obliqui, tracciati in direzione opposta, da destra a sinistra (per es. ff. 5v, 9v, 10r, 11r), oppure, nel caso delle indicazioni rubricate, alcune decorazioni composte da linee ondulare e tratti verticali (per es. ff. 7v, 8r, 10r) o da semplici linee orizzontali tracciate sopra la riga. La scrittura poggia sulla riga, debordando talvolta al di sotto di esso (per es. f. 7r, ultima riga). La seconda mano: scrittura di modulo minore, più tondeggiante, aste discendenti sulla riga o di pochissimo sotto, occhiello inferiore della g solitamente aperto, tratto obliquo per pausa breve e punto mediano per pausa intermedia, generalmente non si trovano riempitivi a fine riga, se non l’uso di prolungare la s finale (per es. ff. 26r, 23r, in particolare nel testo degli inni) o, raramente, un tratto verticale barrato (f. 20r). Entrambe presentano: la i apicata, la fusione delle curve contrapposte secondo la legge di Meyer, l’assenza di dittonghi; le antifone e altre parti ripetute sono state vergate in entrambi i casi in modulo minore, più serrate (come fossero state aggiunte in un secondo momento) rispetto al testo; tale differenza di modulo risulta meno evidente nella prima parte. ORNAMENT. — uso del rosso per rubriche (indicazioni di antifone, salmi, inni, parti delle Ore, V / R), iniziali (anche all’interno dei Salmi: ff. 8v-9v; più frequenti e curate nella prima parte) di varie grandezze (possono estendersi nello spazio di 1 fino a 3 righe) e indicazioni liturgiche (tutti i testi da recitare, invece, sono in nero, tranne l’iniziale). Dalle iniziali si dipartono tratti ricurvi e /o a ricciolo desinenti con un piccolo bottone. Nella seconda parte, in alcuni inni l’iniziale rossa segna l’incipit della strofa (per es. f. 23rv) e l’iniziale ripassata (o semplicemente toccata) in rosso l’incipit dei singoli versi; passim (in corrispondenza di Amen, Alleluia, iniziale di Iesus, forse anche per indicare l’alternanza delle voci: per es. f. 19r) lettere toccate di rosso. Al f. 19v iniziale rossa C erroneamente per I. Le iniziali della seconda parte hanno un aspetto meno calligrafico. ANNOT. — non presenta marginalia; talvolta, nella seconda parte, sono stati inseriti testi scritti in modulo minore (per es. ff. 19r, 21rv, 22v-23r, 25).
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CLAUDIA MONTUSCHI
POSS. — il codice risulta in Vaticana dall’inventario del 1533. Timbri vaticani tondi ai ff. 1r e 30v. NOT. ANT. — 4729 al f. 1r (e Vat. lat. 4729 a matita sul f. Iv). LEGAT. — quadranti di cartone rivestito di pelle marrone, decorati con cornici a doppia filettatura d’oro e piccoli fiori agli angoli; sui piatti stemmi di Pio VI e del card. Francesco Saverio de Zelada (cf. sopra, Vat. lat. 4728): la legatura è databile tra il 1779 e il 1799. Sul dorso i cinque scomparti sono decorati in oro con filettatura e motivi vegetali; nel primo, nel quarto e nel quinto, una palmetta, nel terzo l’etichetta moderna recante la segnatura completa del fondo; nel secondo, sempre in oro, la segnatura, 4729. In buono stato conservativo; tracce di abrasione soltanto nel taglio inferiore e in quello superiore; due quasi impercettibili lacune della pelle, una sul piatto superiore, l’altra su quello inferiore; piccoli fori sul dorso. BIBL. — ed.: «Oratio S. Ambrosii»: A. WILMART, in Auteurs spirituells et textes dévots du Moyen Age latin, Paris 1932, pp. 114-124; preghiere della gratiarum actio: Corpus orationum, inchoante E. MOELLER, subsequente I. M. CLÉMENT, totum opus perfecit B. COPPIETERS ‘T WALLANT, in Corpus Christianorum, Series Latina, II, Turnholti 1993; IV, ibid. 1994; Inni: Analecta Hymnica, ed. a cura di C. BLUME, G. M. DREVES, H. M. BANNISTER, vol. 30, Pia dictamina. Reimgebete und Leselieder des Mittelalters. Stunden- und Glossen-Lieder, hrsg. von G. M. DREVES, Leipzig 1898, pp. 65-68. Corpus Iuris Canonici, Extravagantes Communes, III, 11: editio Lipsiensis secunda post A. L. Richteri curas … recognovit et adnotatione critica instruxit AE. FRIEDBERG, II, Graz 1959, pp. 1284-1285; H. EHRENSBERGER, Libri liturgici Bibliothecae Apostolicae Vaticanae manu scripti, Friburgi Brisgoviae 1897, pp. 511-512; P. SALMON, Les manuscrits liturgiques latins de la Bibliothèque Vaticane, II, Città del Vaticano 1969 (Studi e testi, 253), nr. 472 (p. 180); IV, ibid. 1971 (Studi e testi, 267), nr. 574 (p. 184); B. SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher cit., p. 432.
Vat. lat. 4730 Saec.84 XV2, It., membr., mm. 270 u 185 (165 u 100) ff. I-V (chart.), 1-28, VI-XI (chart.), linn. 24 (22/24), col. 1; ff. 26r-28v vacua.
1. (ff. 1r-20r) , inc. (rubr.) Pontifex pontificaliter celebraturus cum intraverit ecclesiam coram altari genuflexus dicit (f. 1r): Introibo in domum tuam in holocaustis reddam tibi vota mea que distinxerunt labia mea (f. 1v); A. (ff. 1v-14r) (rubr.) Tunc vadit ad locum ubi paramenta est accepturus et ibi sedens in faldistorio dum sandalia sibi imponuntur dicit, antiphona Ne reminiscaris domine delicta mea … (f. 1v); 83, 2-13 (ff. 2r-3v); 84, 2-14 (ff. 3v-5v); 85, 1-17 (ff. 5v-8r); 115, 10-19 (ff. 8r-9r); 129, 1-8 (ff. 9r-10r); (rubr.) deinde repetitur antiphona; (rubr.) finitis psalmis et antiphona predictis cum sandaliis sibi indutis surgit pontifex et detecto capite stans versus altare dicat Kyrieleison …, Pater noster …; sequuntur 7 versiculi cum responsorio et 7 orationes (ff. 10v-14r), ut supra, Vat. lat. 4728, ff. 5r-6v; B. (ff. 14r-20r) (rubr.) (f. 14rv) ad caligas, (f. 14v) ad sandalia, (ff. 14v-15r) cum exuitur manto dicit, (f. 15r) dum lavat manus, (f. 15rv) ad amictum, (ff. 15v16r) ad almam, (f. 16r) ad cingulum, (ff. 16v-17r) ad crucem, (f. 17rv) ad stolam, (f. 17v) ad tunicellam, (ff. 17v-18r) ad dalmaticam, (ff. 18r-19r) ad cirothecas, (f. 19r) ad planetam, (f. 19rv) ad mitram, (f. 19v) ad anullum [sic], (f. 20r) ad manipulum; 2. (ff. 20r-25v) (rubr.) finita missa pontifex cum paramentis exuitur dicit, antiphona Trium puerorum …, psalmus (cfr Dn 3, 57-88) (ff. 20v-23r), inc. Benedicite omnia opera domini domino, expl. Benedictus es domine in firmamento celi, et laudabilis et gloriosus et superexaltatus in secula; (150, 1-6) (ff. 23r-24r); (rubr.) repetitur iterum antiphona, (rubr.) qua repetita pontifex stans detecto capite [s.l.], versus ad altare si sit prope illud dicit Kyrieleison …, Pater; sequuntur 5 versiculi cum responsorio et 2 orationes (ff. 24r-25v), ut supra, Vat. lat. 4728, ff. 10v-12r. MAT. — pergamena di buona qualità di colore chiaro; tagli dorati. Complessivamente buono lo stato conservativo; piega sul margine superiore di tutti i fogli del codice; passim qualche danno entomologico e ondulazione del supporto. Nei fogli di guardia filigrane «Sordini» di Fabriano (cf. sopra), contemporanee alla legatura. FASC. — 2 quinioni (ff. 1-10, 11-20), 1 quaternione (ff. 21-28); nella prima metà dell’ultimo fascicolo, in corrispondenza dell’angolo inferiore, è parzialmente visibile la numerazione a registro (c1, c2, c3 …). Foliazione seicentesca all’angolo superiore. Incipit sul lato carne, affrontamento regolare. RIGAT. — cf. Derolez nr. 11 (mm. 38 + 164 + 68 u 26 + 100 + 59). Rigatura a secco ripassata, in parte, a inchiostro bruno (per es. f. 23, dove non è visibile il colore ma solo la rigatura a secco), poco visibile; le righe tracciate sono 22-24 (prima linea sotto), quelle scritte sono la metà (vergato a righe alterne). SCRITT. — textualis elegante, di modulo grande, ariosa e poco serrata, vergata da un’unica mano. Uso sistematico di riempitivi: a forma di 3 o doppio 3 barrati (per es. ff. 1r, 7r, 7v, 11r, 20r, 20v, 21r, anche nelle rubriche: es. f. 20r), lineette oblique tra due punti allineati orizzontalmente (es. ff. 6r, 23r), o ancora, più raramente, il prolungamento di un tratto della lettera finale (f. 8r). Tratto obliquo per
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CLAUDIA MONTUSCHI
sillabazione a fine riga; interpunzione: punto semplice e doppio. Le lettere toccano la riga inferiore e superiore; aste ascendenti sopra la riga: b, l, s, t (leggermente); anche le aste discendenti e il primo tratto della x sotto la riga (talvolta anche s finale). Nota tironiana (semplice) per et, ma usata non sistematicamente. Alternanza di d onciale e diritta indipendentemente dal tipo di lettera successiva (si può trovare la forma onciale anche nel caso in cui non segua una curva); l’occhiello inferiore della g è chiuso da un tratto obliquo sottile; a chiusa nella parte superiore da un tratto curvo molto sottile; i apicata. Rispettata generalmente, ma non sempre, la legge di Meyer. ORNAMENT. — f. 1r: molto simile a Vat. lat. 4728. Iniziali (P e I) campite in oro e decorate in blu, oro, rosa, rosso, verde, riempite di blu con disegni stilizzati in oro; lungo i lati superiore, esterno e inferiore si snoda una ricca decorazione a cornice formata da un sottile listello in foglia d’oro e riempita da motivi floreali; al centro della cornice nel margine inferiore (con parziale estensione dei fiori anche nel margine interno) uno scudo blu con monogramma IHS d’oro, inscritto in un cerchio riempito di rosso chiaro, incorniciato da una ghirlanda. Diverse iniziali in rosso filigranate in blu / viola e blu filigranate in rosso, che spesso si prolungano con vistosi svolazzi a fine asta e lungo il lato interno dello specchio scrittorio. Altre iniziali del testo riempite con inchiostro nero (es. ff. 10v, 11v, 13v, 19v) con elementi decorativi stilizzati. Uso del rosso, oltre che per le iniziali, anche per rubriche, indicazione di antifone, salmi, versetti e responsorio. ANNOT. — pochissime correzioni: ff. 3v, integrazione (deus), vergata in corpo minore s.l., con lo stesso inchiostro e dalla stessa mano; 23v e 24r, integrazioni s.l. vergate con inchiostro di diverso colore (marrone) da mano forse successiva. POSS. — dagli inventari si deduce che il codice giunse in Vaticana tra il 1550 e il 1590. Timbri vaticani ai ff. 1r (timbro ovale), 25v (timbro tondo). NOT. ANT. — 4730 al f. 1r. LEGAT. — quadranti di cartone rivestito di pelle marrone, decorati con cornici a doppia filettatura d’oro e piccolo fiore su ciascun angolo; sui piatti stemmi di Pio VI e del card. Francesco Saverio de Zelada (cf. Vat. lat. 4728 e 4729): la legatura è databile tra il 1779 e il 1799. Sul dorso i sei scomparti sono decorati in oro, con filettatura e motivi vegetali, al centro di ciascuno un cardo; nel secondo è impressa, sempre in oro, la segnatura, 4730. BIBL. — H. EHRENSBERGER, Libri liturgici Bibliothecae Apostolicae Vaticanae cit., p. 512; P. SALMON, Les manuscrits liturgiques latins de la Bibliothèque Vaticane, II cit., nr. 473 (p. 180); B. SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher cit., p. 432.
Conclusioni La catalogazione di manoscritti è un tipo di lavoro sicuramente complesso, apparentemente monotono, ma in realtà più vario di quanto si possa pensare, se ci si lascia trasportare dalla curiositas e dall’interesse per i vari indizi che emergono durante l’analisi, da ricomporre a poco a poco come in un puzzle; un lavoro che attiva in chi lo svolge varie conoscenze e
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI LATINI
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competenze (tra le quali, oltre che quelle paleografica e codicologica, anche liturgica — in questo caso specifico —, storica, storico-artistica), e che per questo è fondamentale condurre confrontandosi costantemente con esperti di diverse discipline, come è avvenuto in occasione della Tavola rotonda in questione. Le biblioteche, e in particolare biblioteche come la Vaticana, sono luoghi propizi alla catalogazione e alla redazione dei cataloghi non solo per il patrimonio manoscritto che custodiscono, ma anche proprio perché riuniscono, nel personale che vi lavora, diverse competenze e specializzazioni, sia nell’ambito della ricerca scientifica (in Vaticana nei vari Dipartimenti85) sia in quello tecnico, per esempio fotografico, ormai molto evoluto, il cui apporto è fondamentale per l’avanzamento degli studi (la lettura del palinsesto sopra presentato, nonché le tecniche di digitalizzazione che aprono orizzonti molto ampi di ricerca costituiscono casi concreti86). Se i manoscritti hanno un fascino, quelli liturgici hanno un fascino particolare, per i testi che tramandano — segno visibile del Mistero, e del modo con cui, da sempre, l’uomo dialoga con Dio, lo loda e vive la sua presenza —, e per l’inscindibile connubio tra forma e contenuto insito nella liturgia, che i codici concretamente manifestano ed evocano.
85 Per una rapida visualizzazione dei Dipartimenti, cf. il sito della Vaticana: http://www. vaticanlibrary.va/home.php?pag=dipartimenti. 86 Come in altre biblioteche, anche presso la Biblioteca Vaticana è in corso un progetto di digitalizzazione dei manoscritti, illustrato in http://www.vaticanlibrary.va/home.php.
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CLAUDIA MONTUSCHI
Tav. I – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4731 (Cerimoniale di Iacopo Caetani Stefaneschi, metà sec. XV), f. 56r: marginalia autografi di Sisto IV.
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LA CATALOGAZIONE DEI MANOSCRITTI LITURGICI LATINI
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Tav. Ia – Vat. lat. 4731, f. 56r (particolare): marginalia di Sisto IV.
Tav. Ib – Vat. lat. 4731, f. 56r (particolare): marginalia di Sisto IV.
Tav. II – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 2156 (Iohannes de Ianduno, Quaestiones de anima et al., a. 1443), f. 126v: nota ad usum di Francesco della Rovere.
Tav. III – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 2162 (Iohannes Buridanus, Expositiones in Aristotelis libros naturales, fine sec. XIV), f. 168v: nota ad usum di Francesco della Rovere.
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CLAUDIA MONTUSCHI
Tav. IV – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4729 (Praeparatio ad Missam e Officium Passionis, sec. XIV-XV), f. 18v: come appare a occhio nudo.
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LA CATALOGAZIONE DEL MANOSCRITTI LITURGICI LATINI
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Tav. IVa – Vat. lat. 4729, f. 18v: scriptio inferior (documento di cancelleria pontificia) leggibile attraverso riprese a UV.
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CLAUDIA MONTUSCHI
Tav. IVb – Vat. lat. 4729, f. 18v: scriptio inferior (documento di cancelleria pontificia) leggibile attraverso riprese a UV in fluorescenza.
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LA CATALOGAZIONE DEL MANOSCRITTI LITURGICI LATINI
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Tav. V – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4729 (Praeparatio ad Missam e Officium Passionis, sec. XIV-XV), f. 9r: scriptio inferior (documento di cancelleria pontificia) e impronta di sigillo ovale vergata in senso opposto rispetto alla scriptio superior, leggibile attraverso riprese a UV.
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CLAUDIA MONTUSCHI
Tav. VI – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4729 (Praeparatio ad Missam e Officium Passionis, sec. XIV-XV), f. 10v: scriptio inferior vergata in senso opposto rispetto alla scriptio superior, visibile con riprese a UV.
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FRANCESCA MANZARI
IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA NELLA CATALOGAZIONE DEI LIBRI LITURGICI Tra i contributi degli specialisti di diverse discipline legate al libro manoscritto che hanno partecipato alla Tavola rotonda1 prendendo in esame i problemi dello studio di questa tipologia libraria secondo un’ottica interdisciplinare, ormai da decenni giudicata imprescindibile2, il mio intervento intende porre in evidenza i risultati che si possono raggiungere grazie allo studio della miniatura, attraverso alcuni esempi che mettono in luce l’importanza e l’apporto di questa disciplina all’analisi e alla comprensione dei libri liturgici3. Questa riflessione è stata realizzata in un momento di
1 Desidero ringraziare l’organizzatore, Nicola Tangari; la mia gratitudine va inoltre ad Ambrogio Maria Piazzoni, per aver accolto i testi degli interventi in questa prestigiosa sede, e a Marco Buonocore e a Claudia Montuschi per averne curato la pubblicazione. 2 Si veda in proposito l’articolo di J.J.G. ALEXANDER, Art History, Literary History and the Study of Medieval Illuminated Manuscripts, in Studies in Iconography 18 (1997), pp. 51-66. 3 I cataloghi specificamente dedicati ai libri liturgici miniati non sono numerosi; ad esempio: V. LEROQUAIS, Les sacramentaires et les missels manuscrits des bibliothèques publiques de France, 4 voll., Paris 1924; ID., Les psautiers manuscrits latins des Bibliothèques publiques de France, 3 voll., Macon, 1940-1941; ID., Les pontificaux manuscrits des Bibliothèques publiques de France, 4 voll., Macon 1937; ID., Les bréviaires manuscrits des Bibliothèques publiques de France, 6 voll., Paris 1934; I codici liturgici miniati dugenteschi nell’Archivio Capitolare del Duomo di Arezzo, a cura di R. PASSALACQUA; introduzione di M. G. CIARDI DUPRÉ DAL POGGETTO, Firenze 1980; I codici liturgici decorati e miniati delle biblioteche della Valle d’Aosta: (secoli X-XIII), a cura di M. L. VALLACQUA GUARIENTO, Aosta 2000. Più spesso i libri liturgici miniati sono stati oggetto di mostre, ad esempio: Liturgical Manuscripts for the Mass and the Divine Office, catalogo della mostra (New York, Pierpont Morgan Library, 14.1-21.3.1964), ed. by J. PLUMMER, New York 1964; Codici liturgici miniati dei benedettini in Toscana, catalogo della mostra (Firenze, 1982), 2 voll., Firenze 1982; Biblioteca Apostolica Vaticana. Liturgie und Andacht im Mittelalter, catalogo della mostra (Köln, Erzbischöfliches Diözesanmuseum, 9. Oktober 1992 – 10. Januar 1993), Stuttgart 1993; Liturgia in Figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, catalogo della mostra (Città del Vaticano, 29 marzo – 10 novembre 1995), a cura di G. MORELLO e S. MADDALO, Roma 1995; Calligrafia di Dio. La miniatura celebra la parola, catalogo della mostra (Abbazia di Praglia, 17 aprile – 17 luglio 1999), a cura di G. CANOVA MARIANI, P. FERRARO VETTORE, Modena 1999; Jubilate Deo. Miniature e melodie gregoriane, catalogo della mostra (Trento, Castello del Buonconsiglio, 15 luglio – 31 ottobre 2000), a cura di G. BAROFFIO, D. CURTI e M. GOZZI, Trento 2000.
Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 231-257.
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FRANCESCA MANZARI
particolare attenzione ai temi della catalogazione dei manoscritti miniati, alla quale sono state dedicate di recente diverse giornate di studio4. Lo scopo principale della catalogazione è, naturalmente, quello di collocare i codici in un preciso ambito cronologico e geografico, al fine di comprenderne forme, contenuto, funzioni e destinazione: proprio nel caso dei libri liturgici, in cui elementi come la scrittura e la notazione musicale su tetragramma spesso non permettono una datazione precisa, la miniatura costituisce un importantissimo elemento di datazione e localizzazione. La decorazione miniata svolge, inoltre, la funzione fondamentale di mettere in evidenza i testi più importanti e, in particolare, nei libri liturgici e devozionali è possibile riscontrare un legame diretto tra la gerarchia della decorazione e quella dei testi5. Si intende, quindi, sottolineare l’importanza di rilevare, nella catalogazione, anche gli elementi decorativi considerati di minore importanza, come la decorazione secondaria a tempera e pennello e quella filigranata, eseguita a penna e inchiostri colorati6, spesso tra4
Sulla catalogazione dei codici miniati si è svolto un convegno nel 2009, presso l’Università di Viterbo: La Catalogazione dei manoscritti miniati come strumento di conoscenza: esperienze, metodologia, prospettive, Atti del Convegno internazionale di studi (Viterbo, 4-5 marzo 2009), a cura di S. MADDALO e M. TORQUATI, Roma 2010. In quella sede i diversi contributi hanno affrontato specificamente il tema dei codici miniati, presi in esame per tipologie (ad esempio G. BAROFFIO, Catalogare manoscritti liturgici: tipologie semplici e complesse, pp. 115126; F. MANZARI, Libri d’ore e strumenti per la devozione italiani e nordeuropei nel tardo medioevo: temi e aspetti della ricerca e della catalogazione, pp. 141-160; G. MARIANI CANOVA, La catalogazione dei manoscritti miniati della cultura laica: aspetti e problemi, pp. 169-182) oppure presentando esperienze concrete di catalogazione (ad esempio i saggi di S. PANAYOTOVA, Cataloguing Manuscripts in Cambridge Collections: Aims, Challenges and Discoveries, pp. 6774; M. BOLLATI, M. PETOLETTI, I manoscritti miniati della Biblioteca Ambrosiana di Milano, pp. 83-92; G. OROFINO, Il catalogo dei codici decorati dell’Archivio di Montecassino, pp. 93-102; S. MADDALO, Dalla biblioteca del principe alla biblioteca di un collezionista, pp. 103-114). Il volume si apre e si chiude con alcuni importanti contributi che affrontano temi più generali: P. STIRNEMANN, The Catalogue of Illuminated Manuscripts as an Intellectual Tool, pp. 47-54; A. M. PIAZZONI, Prospettive: cataloghi cartacei, cataloghi informatici, pp. 249-260; J. J. G. ALEXANDER, On Catalogues and Cataloguing, pp. 261-263. Ai codici miniati, con una particolare attenzione ai manoscritti greci, sono inoltre state dedicate due giornate di studio, organizzate da M. Maniaci e G. Orofino, presso l’Università di Cassino La descrizione dei codici decorati (28-29 aprile 2010). 5 L. M. J. DELAISSÉ, The Importance of Books of Hours for the History of the Medieval Book, in Gatherings in honor of Dorothy E. Miner, Baltimore 1974, pp. 203-225. 6 Tra gli studi pionieristici dedicati alle iniziali filigranate: M.-T. GOUSSET, Étude de la décoration filigranée et reconstitution des ateliers: le cas de Gênes à la fin du XIIIe siècle, in Arte medievale 2. ser., 2 (1988), 1, pp. 121-152; P. STIRNEMANN, Fils de la vierge: l’initiale à filigranes parisienne; 1140-1314, in Revue de l’art 90 (1990), pp. 58-73. Un catalogo specificamente dedicato a questo tema è quello curato da A. KORTEWEG: Kriezels, aubergines en takkenbosen: randversiering in Noordnederlandse handschriften uit de 15 de eeuw (Rijksmuseum Meermanno-
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
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lasciati nella catalogazione, al pari di componenti paratestuali quali le rubriche7. Nella decorazione secondaria, inoltre, si possono talora nascondere elementi araldici, sopravvissuti alle correzioni da parte di proprietari successivi, che forniscono importanti indizi sulla committenza originaria del manufatto. Solo la corretta datazione delle miniature, tuttavia, permette di distinguere le diverse fasi di inserimento di stemmi ed emblemi, nei casi di apparati araldici realizzati in tempi diversi, e di ricostruire con precisione le diverse campagne illustrative di un manoscritto. La miniatura concorre, dunque, insieme ai caratteri strutturali del codice e, in particolare, al formato, ai materiali impiegati, all’impostazione della pagina, ad indicarne scopo e destinazione. Localizzazione e datazione A testimonianza di quanto sia difficile collocare cronologicamente i libri liturgici solo attraverso l’analisi della scrittura e della notazione musicale e di come, al contrario, la miniatura possa fornire indicazioni estremamente precise, possono essere considerati gli Antifonari prodotti per il Capitolo di S. Pietro (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cappella Giulia XVI.1, XIV.4 e XIV.5)8. A causa della loro collocazione nella sacrestia della basilica di S. Pietro, in quanto libri di musica destinati al canto durante l’ufficio canonico, al momento del loro trasferimento nella Biblioteca Apostolica Vaticana questi volumi furono inseriti nel fondo musicale costituito dai corali della Cappella Giulia. La loro presenza nel Fondo Cappella Giulia indusse, quindi, il musicologo José Llorens a datarli al XVI secolo, in analogia con gli altri codici conservati in tale fondo, appartenenti alla Cappella Giulia, organismo effettivamente fondato nel XVI secolo, da papa Giulio II9. L’esame della decorazione e delle iniziali miniate (Tav. I) ha dimostrato, invece, che si tratta di codici realizzati in epoca medievale e più precisamente alla fine del XIII secolo: certamente eseguiti per i Canonici del Capitolo di S. Pietro, che vi sono raffigurati, gli Antifonari sono veroWestreenianum/Museum van het Boek, ‘s-Gravenhage, 30.10.1992-2.1.1993), ed. A. KORTEWEG, Zutphen 1992. 7 Sull’importanza delle rubriche nei testi devozionali, si veda: P. SAENGER, Books of Hours and Reading Habits of the Later Middle Ages, in Scrittura e Civiltà 9 (1985), pp. 239-269. 8 F. MANZARI, Gli antifonari tardoduecenteschi per i Canonici della Basilica di S. Pietro a Roma, in Arte Medievale, n.s., 3 (2004), 1, pp. 71-84. 9 J. M. LLORENS, Le opere musicali della Cappella Giulia. Manoscritti ed edizioni fino al ’700, Città del Vaticano 1971 (Studi e testi, 265), pp. 24-29.
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FRANCESCA MANZARI
similmente stati approntati in seguito al rinnovamento dei libri liturgici promosso da papa Niccolò III (1277-1280)10. Questi manoscritti, trascurati dai principali studi sulla miniatura romana del Duecento a causa della loro errata catalogazione, costituiscono dunque un importante apporto alla conoscenza della produzione artistica romana tardo duecentesca, precedente allo spostamento della Curia ad Avignone. La produzione avignonese, frutto di botteghe generalmente itineranti, impone di distinguere con attenzione tra luogo di nascita, luogo di attività, luogo di formazione degli artisti, per individuare i luoghi di produzione dei singoli manoscritti, che, anche per la stessa bottega possono essere di volta in volta diversi; la frequenza con cui gli artisti si spostano in centri diversi rende l’individuazione del luogo di elaborazione di un codice talora molto complessa, come nel ben noto caso del Maestro del Codice di S. Giorgio11. La possibilità di identificare un miniatore in un codice datato e localizzato attraverso la sottoscrizione del copista permette di accertare la sua presenza in un particolare luogo e in un determinato momento cronologico: quando è possibile radunare attorno ad opere di questo genere altre miniature dello stesso artista e della stessa bottega, si può ricostruire — tenendo sempre presente una rete il più possibile ampia di riferimenti storici, paleografici e codicologici — un contesto di produzione altrimenti sconosciuto. Ad Avignone, ad esempio, una particolare tipologia di documento consente sempre la datazione precisa, ma solo di rado presenta miniature eseguite da professionisti della decorazione miniata: mi riferisco alle Indulgenze. Un Pontificale eseguito per Pierre de Saint-Martial (Parigi, Bibliothèque Sainte-Géneviève, Ms. 143), di difficile datazione, a causa della lunga carriera ecclesiastica di tale prelato, può essere collocato negli anni cinquanta, proprio grazie al confronto con un’Indulgenza miniata, realizzata ad Avignone nel 1356 (Tavv. IIa-b)12. È naturale che la coincidenza di artefici tra Indulgenza e Pontificale — si tratta con evidenza dello stesso raffinato artista, dallo stile spiccato e individuale — indica solo che questo personaggio dovette operare ad Avignone, ma la vicinanza stilistica tra le due opere suggerisce che esse furono realizzate in stretta contiguità cronologica. A conferma di ciò si osservi che una delle tappe della carriera 10
MANZARI, Gli antifonari tardo duecenteschi cit., pp. 71-84. F. AVRIL, Pontificale Romanum; Henricus de Carreto, Liber visionis Ezechielis, in Il gotico a Siena. Miniature, pitture, oreficerie, oggetti d’arte, catalogo della mostra (Siena, Palazzo Pubblico, 24 luglio – 30 ottobre 1982), Firenze 1982, pp. 171-175; F. MANZARI, La miniatura ad Avignone al tempo dei Papi. 1310-1410, Modena 2006, pp. 76-83. 12 MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 156-159. 11
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ecclesiastica del destinatario, riconoscibile mediante il suo stemma sormontato dal pastorale, corrisponde alla datazione suggerita dal confronto stilistico: nel 1357 Pierre de Saint-Martial venne infatti nominato vescovo di Rieux13. È solo attraverso la conferma di più elementi coincidenti, come in questo caso, che si può pervenire a una localizzazione precisa, poiché il linguaggio stilistico di base dell’artista va sempre distinto da quello delle località in cui egli si trova a operare: in questo caso si tratta di un artista formatosi nella Linguadoca, che certamente lavora anche in altri luoghi, come sembra indicare la sua presenza anche in un Pontificale eseguito a Narbonne14. Il ruolo della miniatura nello studio di un manoscritto al fine della sua corretta catalogazione, dunque, appare fondamentale, ma solo all’interno di una fitta rete tra tutti i dati e le informazioni di tipo codicologico, testuale e paleografico, che, presi in esame in modo complessivo, possono condurre a una efficace comprensione dell’oggetto storico. Senza una sua corretta collocazione cronologica e geografica, non è infatti pensabile di poter comprendere un manufatto. Destinazione originaria La miniatura costituisce un efficace indicatore anche della destinazione originaria di un codice miniato. L’analisi di un interessante complesso di fogli staccati (Veroli, Biblioteca Giovardiana, Ms. 10), provenienti da una serie liturgica già smembrata all’inizio del XVIII secolo, mi ha, infatti, permesso di proporre che il libro liturgico smembrato fosse destinato alla Certosa di S. Martino a Napoli, proprio grazie al grande rilievo conferito a tale santo nel progetto illustrativo (Tav. III)15. La perfetta coincidenza di artefice, decorazione, scrittura, dimensioni materiali e impaginazione mi ha inoltre consentito di individuare un ulteriore foglio isolato (Venezia, Fondazione Cini, n. inv. 70), riconducibile allo stesso Graduale16. 13
MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., p. 159. Sul Pontificale di Pierre de Jugie (Narbonne, Bibliothèque Capitulaire, s.s.: vedi D. DE COURCELLES, La bibliothèque du Chapitre de la cathédrale de Saint-Just de Narbonne, in Livres et Bibliothèques: XIIIe-XVe siècle, Toulouse 1996 (Cahiers de Fanjeaux, 31), pp. 185-207, rimando alle ricerche di Patricia Stirnemann ed Emilie Nadal, tuttora in corso. 15 F. MANZARI, Miniatori napoletani e dell’Italia centrale del Trecento nei frammenti di corali certosini raccolti da Vittorio Giovardi (Veroli, Bibl. Giovardiana, Ms. 10), in Rivista di storia della miniatura 14 (2010), pp. 116-138. 16 F. MANZARI, Un nuovo foglio miniato della bottega Orimina, un Graduale smembrato e la figura di un anonimo miniatore napoletano del Trecento, in Storie di Artisti. Storie di Libri. 14
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Naturalmente i riferimenti più puntuali in questo senso vengono sempre forniti dall’apparato araldico: sebbene generalmente, al passaggio a un successivo proprietario, questo venisse corretto nei punti di maggior rilievo, quali i bas-de-page dei fogli di incipit, elementi araldici originari talora sopravvivono in punti meno evidenti, mescolati alla decorazione secondaria, come è avvenuto nel caso del Messale in più volumi di Clemente VII (Tav. IV)17. Nelle tre parti superstiti (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. lat. 62, Vat. lat. 4766, Vat. lat. 4767) lo stemma di Roberto di Ginevra, l’antipapa Clemente VII (1378-1394), è stato sistematicamente ricoperto da quello di Niccolò V (1447-1455); al momento dell’invio a Roma dei libri liturgici del Palazzo avignonese, alla metà del Quattrocento, tuttavia, agli angoli di una cornice sono rimasti gli stemmi originari, sfuggiti all’attenzione del correttore. Anche la presenza fittissima delle insegne papali, triregno e chiavi incrociate, utilizzate come elementi ornamentali nella decorazione secondaria (riempilinea, bordure) indica la originaria destinazione papale dei manoscritti. L’identificazione dei codici nell’inventario del Palazzo papale del 139718, in cui sono citati nella Cappella Magna, ed anche nella documentazione relativa ai pagamenti per la dotazione liturgica della stessa Cappella, ha consentito una precisa collocazione cronologica della serie agli anni 1392-1393 e l’individuazione del nome del capo della bottega alla quale viene affidata la loro decorazione miniata, l’attivissimo miniatore Jean de Toulouse19. Sono state oggetto di un’analoga analisi anche le tre parti del Messale di Benedetto XIII finora identificate (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4764, Vat. lat. 4765; Montecassino, Archivio dell’Abbazia, Ms. 538)20. Nei margini dei fogli d’incipit di questi codici (Tav. V) non sono solo stati aggiunti gli stemmi di Paolo II (1464-1471) e del legato Pierre de Foix, responsabile del trasporto dei libri del Palazzo avignonese a Roma21, ma anche le bordure decorate con motivi fitomorfi, databili appunto negli anni sessanta del XV secolo e riconducibili all’intervento di correzione araldica22. Come nel caso dei Messali del predecessore L’Editore che inseguiva la Bellezza. Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, Roma 2008, pp. 293-312. 17 MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 205-206. 18 A. MANFREDI, Da Avignone a Roma. Codici liturgici per la Cappella papale, in Liturgia in Figura cit., pp. 51-58. 19 F. MANZARI, Da Avignone a Roma. Committenza e decorazione di alcuni codici liturgici, in Liturgia in Figura cit., pp. 59-73; MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 205-286. 20 MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 294-299. 21 MANFREDI, Da Avignone a Roma cit., pp. 51-58. 22 MANZARI, Da Avignone a Roma cit., pp. 59-73.
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di Benedetto XIII (1394-1423), gli stemmi dell’antipapa aragonese e le insegne papali sono rimaste visibili in alcuni punti, in particolare agli angoli dei riquadri che incorniciano le iniziali istoriate. In questi codici, inoltre, attraverso l’analisi stilistica delle miniature è possibile distinguere diverse fasi di esecuzione, che trovano precisi riscontri nella documentazione. Indipendentemente dalle bordure aggiunte nel Quattrocento, il progetto illustrativo del Vat. lat. 4764 comprende miniature realizzate in due fasi ben distinte, ed effettivamente il volume, identificabile negli inventari del 1423, vi veniva descritto come incompleto: verosimilmente la campagna di decorazione originaria, che si può ipotizzare avviata intorno al 14051406, venne interrotta, al momento del trasporto dei codici in Catalogna, intorno al 1410, e poi ripresa dopo il 1423; analogamente nel Vat. lat. 4765, che nell’inventario del 1423 viene citato come incompleto, tutta la decorazione miniata appare aggiunta in un secondo momento, riutilizzando un disegno preparatorio per la lettera d’incipit, ma abbandonando del tutto il progetto illustrativo originario, che negli altri volumi prevedeva per tutte quelle successive lettere istoriate, figurate e decorate, qui sostituite dalle più semplici e veloci iniziali campite23. Nei cataloghi di codici miniati, dunque, la descrizione, l’analisi, ma anche la riproduzione della decorazione secondaria, in genere trascurata, vanno considerati obiettivi di primaria importanza24. Questo aspetto non deve essere considerato come una questione esclusivamente editoriale: la riproduzione fotografica degli oggetti catalogati, infatti, non è solo legata a esigenze di studio, ma costituisce, al contrario, un essenziale strumento di tutela dell’opera d’arte, come dimostra il recente caso dei corali perduti della Collegiata di S. Maria Maggiore a Guardiagrele; questi codici, sottratti alla chiesa abruzzese nel 1979, sono stati in parte recuperati proprio grazie all’esistenza di un ingente patrimonio
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MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 295-297. Sono un’eccezione in tal senso i cataloghi della Bibliothèque Nationale di Parigi, usciti nella serie «Manuscrits enluminés de la Bibliothèque Nationale», che presentano riproduzioni della decorazione secondaria a pennello e a penna e inchiostro: Manuscrits enluminés d’origine italienne. 1. VIe-XIIe siècles, par F. AVRIL et Y. ZALUSKA, Paris 1980; Manuscrits enluminés de la péninsule ibérique, par F. AVRIL, J.-P. ANIEL, M. MENTRÉ, A. SAULNIER et Y. ZALUSKA, Paris 1983; Manuscrits enluminés d’origine italienne. 2. XIIIe siècle, par F. AVRIL, M.-T. GOUSSET, avec la collaboration de C. RABEL, Paris 1984; Manuscrits enluminés d’origine insulaire, par F. AVRIL et P. STIRNEMANN, Paris 1987; Manuscrits enluminés d’origine gérmanique, par F. AVRIL, C. RABEL, avec la collaboration de I. DELAUNAY, Paris 1995; Manuscrits enluminés d’origine italienne. 3. XIVe siècle. Lombardie-Ligurie, par F. AVRIL et M.-T. GOUSSET, avec la collaboration de J.-P. ANIEL, Paris 2005. 24
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fotografico della prima metà del Novecento e alle ricerche effettuate sulla base di tale documentazione25. L’importanza della decorazione secondaria L’importanza dell’esame della decorazione secondaria investe due aspetti: da una parte, come si è visto, la possibilità che essa possa presentare tracce di elementi araldici originari, sostituiti nei punti più importanti a seguito di successivi passaggi di proprietà, ma anche, soprattutto, le opportunità che tale decorazione — sia eseguita a tempera e pennello, sia filigranata, cioè eseguita a penna e inchiostri colorati — offre al fine di identificare gruppi di manoscritti prodotti in un medesimo contesto26. Un esempio di ciò si può rintracciare in ambito avignonese, nel Breviario d’Aigrefeuille (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14701), eseguito per un vescovo di Avignone appartenente a tale casata, poi passato al papa Martino V (1417-1431), per il quale venne aggiornato l’apparato araldico27. Anche in questo caso lo stemma originario è documentato solo dalla decorazione secondaria: esso infatti è sopravvissuto nello stendardo esibito da un piccolo grifo, raffigurato in una iniziale sfuggita al correttore, a f. 238v. Nello stendardo si riconosce lo stemma dell’importante famiglia d’Aigrefeuille, di cui facevano parte due cardinali, entrambi di nome Guillaume (uno zio e un nipote), e due fratelli, consecutivamente vescovi di Avignone; la presenza nel calendario della dedicazione della cattedrale avignonese di Notre-Dame-des-Doms induce a identificare il committente in uno dei due fratelli, Pierre, vescovo di Avignone tra il 1368 e il 1370, oppure Faydit, tra il 1371 e il 138328. Lo studio della decorazione secondaria permette inoltre di confermare e di precisare ulteriormente la datazione del codice all’interno del periodo 25 Per un quadro completo dello straordinario nucleo di foto storiche che mi hanno permesso di individuare sul mercato due fogli miniati isolati, uno già riconsegnato alla Collegiata di S. Maria Maggiore (F. MANZARI, Il ritrovamento del foglio con la Pentecoste dall’antifonario rubato di Guardiagrele, in Arte Medievale, n.s., 3 [2004], 2, pp. 139-141) ed uno in via di restituzione, si veda la monografia di G. CORSO, I manoscritti miniati di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele, Pescara 2006. La completa ricognizione del materiale fotografico superstite effettuata dalla studiosa ha consentito al Nucelo Tutela dei Carabinieri di recuperare addirittura due volumi interi, del nucleo di otto libri liturgici sottratti, che sono ritornati alla collegiata di S. Maria Maggiore nel marzo 2009. Giorgia Corso ha attualmente in corso di preparazione la seconda edizione della sua importante opera. 26 L’importanza delle iniziali filigranate a questo scopo è ben illustrata nell’eccellente catalogo dei codici della Biblioteca Reale dell’Aia: Kriezels, aubergines en takkenbossen cit. 27 MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 188-195. 28 MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., p. 188.
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1368-1383. La bottega responsabile dell’ampia decorazione miniata esegue nei margini straordinarie drôleries e bordure, composte da foglie di acanto rosa e azzurre, arricchite da inserti in foglia d’oro, estremamente insolite (Tav. VI). Proprio la particolarità di tali elementi permette di riconoscere la medesima bottega all’interno di un altro codice (Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, Sess. 20), del tutto privo di figurazioni, e dunque dell’elemento che preferibilmente è oggetto di confronti storico artistici, ma riccamente decorato con lo stesso repertorio ornamentale del Breviario, caratterizzato, appunto, da riccioli di foglie rosa e azzurre gonfie e ritorte, eseguite con identica raffinata gamma cromatica. Questo secondo codice, un piccolo volume contenente l’Ufficio della Santa Croce, è stato a lungo trascurato, proprio a causa dell’esclusivo carattere ornamentale del suo apparato miniato29; esso permette, tuttavia, di datare l’attività della bottega del Breviario d’Aigrefeuille agli anni settanta, grazie alla presenza dello stemma di Gregorio XI (1370-1378), che nel 1377 promulgò l’ufficio musicale contenuto nell’opera e ne fu certamente il destinatario30. La bottega del Breviario d’Aigrefeuille è dunque attiva negli anni settanta e, attraverso i due codici finora identificati, consente di ricostruire una fase cronologica a lungo dimenticata nella produzione miniata della città papale. Un altro codice, di cui è possibile dimostrare l’origine avignonese e la datazione al decennio precedente, permette di mettere in luce la straordinaria importanza della decorazione filigranata, generalmente considerata il livello minimo nella gerarchia dell’ornamentazione libraria. Il Messale commissionato dal cardinale Nicolas Rossell (Torino, Biblioteca Nazionale e Universitaria, D.I.21) è dotato di un amplissimo apparato illustrativo miniato, lungamente discusso per dirimere se esso fosse stato completato ad Avignone prima della partenza del cardinale aragonese, a lungo residente nella città papale prima della sua partenza per Barcellona, negli ultimi mesi del 1361, oppure nella città catalana, dopo la sua morte, avvenuta nel mese di marzo del 1362. Se è possibile dimostrare che il manoscritto venne scritto, miniato e completato prima della morte del cardinale — un’iscrizione all’inizio del codice (f. Ir) informa che il cardi29 Il codice è stato esposto nel 1994: I luoghi della memoria scritta. Manoscritti, incunaboli, libri a stampa di Biblioteche statali italiane, catalogo della mostra, a cura di G. CAVALLO, Roma 1994, pp. 93-94. 30 MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 194-195. È possibile che il committente possa essere stato Nicola Orsini, gonfaloniere della Chiesa, il cui stendardo di gonfaloniere compare in una delle iniziali decorate, e che nel 1390 donò il codice alla Basilica di S. Croce in Gerusalemme. Sul legame di tale personaggio con l’ordine certosino e sul suo progetto di fondare una certosa a Roma, si veda MANZARI, Miniatori napoletani e dell’Italia centrale cit., in corso di stampa.
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nale lo fece «completare», mentre il copista Alamannus, alla fine (f. 423v), ribadisce il nome del committente e indica la data 1361 — è altresì possibile confermare la sua esecuzione avignonese dimostrando che il codice non seguì il cardinale in Catalogna, ma rimase ad Avignone, passando successivamente nel possesso di due importanti esponenti della Curia, il cardinale Guillaume de Bragose (morto nel 1367) e successivamente il vescovo Pierre de Cros (prima della sua nomina a cardinale, avvenuta nel 1383), come si può evincere dagli stemmi da loro aggiunti in alcuni punti dell’apparato araldico31. Oltre a quanto indicato dall’apparato araldico, anche la decorazione filigranata permette di ricostruire la realizzazione avignonese di questo manoscritto di eccezionale ricchezza. Alla sterminata decorazione miniata infatti si accompagna una decorazione a penna e inchiostro ancor più estesa, che segna con iniziali filigranate in inchiostro rosso e lilla e in inchiostro bruno, decorate e rialzate con tocchi di ocra, tutti gli incipit minori del Messale (Tav. VIIa). La particolarità di tale decorazione è costituita dall’insolito repertorio impiegato dallo straordinario artista che lo ha eseguito, che ha disseminato i margini del codice con i prolungamenti decorativi delle sue iniziali, in cui spiccano animali eseguiti con grande naturalismo e volti individualizzati, realizzati con notevole ironia. Tale repertorio e il raffinato stile del suo esecutore si possono identificare con precisione nell’opera del calligrafo che ha realizzato le decorazioni filigranate all’interno di un gruppo di manoscritti avignonesi, prodotti nell’ambito della bottega del miniatore Bernard de Toulouse, attivo ad Avignone tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni ottanta32. In particolare in un Messale (Avignone, Bibliothèque Municipale, Ms. 133), eseguito da Bernard per un cardinale forse identificabile con Faydit d’Aigrefeuille (dopo la sua nomina, avvenuta nel 1383), è possibile individuare esattamente lo stesso repertorio decorativo, con le ampie ruote che concludono i getti decorativi, e gli strepitosi inserti animalistici (Tav. VIIa). Il ricorrere delle ruote e dei volti caratteristici del calligrafo anche nelle miniature a tempera e pennello, documentatamente eseguite dal miniatore Bernard, permette inoltre di ipotizzare che in questo caso calligrafo e miniatore possano essere la stessa persona, e che il noto miniatore possa essere stato in realtà ancora più abile e raffinato nella decorazione, cosiddetta secondaria, a penna e inchiostro33. 31
MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 177-178. MANZARI, La miniatura ad Avignone cit., pp. 173-175. 33 Sulla decorazione filigranata nei codici di Bernard de Toulouse rimando a: F. MANZARI, Animals and funny faces in the Pen-work Decoration from the Avignon Workshop of Benard de Toulouse, in «Des phrases courtes, mes chéris!». Journée d’étude sur le manuscrit enluminé of32
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Lo studio della miniatura e la possibilità di delineare nuovi contesti storici L’analisi degli apparati illustrativi può contribuire a individuare congiunture storiche che vanno anche oltre la semplice localizzazione del codice, o la definizione di un contesto storico artistico. Un eccellente esempio di ciò è un Messale (Blackburn, Museum and Art Gallery, Hart 20918) eseguito per il cardinale barcellonese Pedro Serra, datato dal copista al 1400 (Tav. VIII). Lo stile delle miniature di questo manoscritto permette di ricondurre l’opera ad un ambito recentemente delineato attraverso l’identificazione di un nucleo di codici eseguiti a Roma negli anni a cavallo tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, tutti in qualche modo legati a Bonifacio IX34. Il Messale è chiaramente stato commissionato dal cardinale Serra, il cui stemma è riconoscibile in numerosi punti della decorazione, ed è dotato di un’ampia sottoscrizione del copista, Johannes de Berlandia, originario di Utrecht, che data la scrittura del testo al 1400 e dichiara di trovarsi nella certosa di Trisulti, nel Lazio meridionale (f. 298v). Se è possibile che lo scriba nederlandese, già attivo in Italia almeno da un decennio35, si trovasse nella Certosa per motivi contingenti — la sottoscrizione è scritta nel mese di luglio — è certo che la bottega di miniatori che ne cura l’illustrazione è legata all’ambito romano di Bonifacio IX, per il quale ha eseguito due libri liturgici per la messa. Il nucleo fin qui raccolto di codici riconducibili a questa bottega, dallo stile eclettico e originale, estremamente insolito nel panorama della miniatura tardogotica, comprende, oltre al Messale Serra, anche i libri per la Messa di Bonifacio IX — un Messale (San Pietroburgo, Hermitage, ORr-23) e una Praeparatio ad missam (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3747) —, un frammento di Messale proveniente ferte à Patricia Stirnemann, (Paris, INHA 23 octobre 2010), a cura di C. RABEL, in corso di stampa. 34 F. MANZARI, Libri liturgici miniati in Italia centromeridionale all’inizio del Quattrocento, in Universitates e Baronie. Arte e architettura in Abruzzo e nel Regno al tempo dei Durazzo. Atti del Convegno (Guardiagrele-Chieti, 9-11 novembre 2006), a cura di P. F. PISTILLI, F. MANZARI e G. CURZI, Pescara 2008, I, pp. 109-136; F. MANZARI, Committenza libraria e legittimità tra Avignone e Roma. I codici liturgici prodotti per Benedetto XIII e per Bonifacio IX durante lo Scisma, in Colloque International La Papauté et le Grand Schisme. Avignon / Rome. Langages politiques, impacts instititutionnels, ripostes sociales et culturelles, Avignon 13-15 novembre 2008, a cura di A. JAMME, in corso di stampa. Sulla ripresa della miniatura a Roma all’inizio del Quattrocento e sulle numerose personalità individuate in questo nucleo di codici ho attualmente in corso ulteriori ricerche. 35 Si veda la Divina Commedia (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Conventi Soppressi 204), eseguita prima del 1391, quando il prelato si trovava a Pisa: MANZARI, Libri liturgici miniati in Italia centromeridionale cit., p. 131.
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da Roma (Los Angeles, Getty Museum, Ms. 34) e un disegno marginale eseguito in un noto manoscritto di musica polifonica (Chantilly, Musée Condé, Ms. 564, f. 37)36. All’ambito di Bonifacio IX rimanda inoltre il calligrafo di altissima qualità presente nel Messale di San Pietroburgo, identificato da François Avril con il calligrafo Stephanus de Aquila, individuato in un gruppo di opere, talora da lui firmate, ma miniate da gruppi di artisti diversi. Avril ha ritrovato menzione, nell’ampia documentazione relativa a Bonifacio IX, sia dell’attività di Stephanus, come copista della cancelleria, che di quella di Johannes de Berlandia37. La bottega del Messale Serra opera in manoscritti talora del tutto privi di decorazione filigranata, come la Preparatio ad missam, oppure dotati di una decorazione affine a quella di Stephanus, sebbene meno ampia e raffinata. Tutti i codici eseguiti da questo gruppo di miniatori, tuttavia, sono in qualche modo connessi con Bonifacio IX e con il contesto romano. Per questo motivo spicca in modo particolare, nella sua produzione, la presenza del Messale commissionato da Pedro Serra, nominato cardinale, nel 1397, dall’antipapa aragonese Benedetto XIII, al quale il prelato era particolarmente legato. L’analisi della struttura stessa dello stemma di Serra, che nella parte superiore reca quello della famiglia Tomacelli, permette di chiarire l’enigma e di documentare una fase della carriera del cardinale altrimenti del tutto sconosciuta. A ridosso dell’esecuzione del Messale il cardinale Serra deve aver effettuato un cambio di obbedienza, passando ad appoggiare il papa di Roma, Bonifacio IX, Pietro Tomacelli, e ricevendo in compenso la possibilità di utilizzare le armi del pontefice, combinate con il proprio stemma, secondo un procedimento frequente nel Rinascimento, ma non precedentemente documentato. Una conferma alla pratica di concedere l’uso del proprio stemma da parte di Bonifacio IX viene inoltre da un’oreficeria contemporanea, il magnifico reliquiario del capo di S. Giovanni Battista (Roma, San Silvestro in capite), commissionato dal vescovo napoletano Angelo Acciaiuoli intorno al 1398 e dotato di stemmi composti esattamente nello stesso modo, bipartiti, con lo stemma di Acciaiuoli, nel campo inferiore, sormontato da quello Tomacelli38. Il gruppo di manoscritti finora rintracciati permette così di documen36
MANZARI, Committenza libraria e legittimità tra Avignone e Roma cit., in corso di stampa. Lo studioso ha per primo individuato il calligrafo aquilano, tracciandone un profilo tuttora inedito, in occasione di un intervento presentato a Roma al convegno dell’A.I.P.L. numerosi anni fa. Ringrazio Monsieur Avril per la consueta generosità con la quale mi ha permesso di leggere il suo contributo e auspico che il testo, tuttora fondamentale, possa essere pubblicato quanto prima. 38 MANZARI, Libri liturgici miniati in Italia centromeridionale cit., pp. 131-132. 37
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tare la ripresa della miniatura a Roma durante lo Scisma. Il più antico del gruppo è verosimilmente il frammento del Getty, che presenta la decorazione più semplice e si può datare all’ultimo decennio del XIV secolo, dopo il 1391, data della canonizzazione di S. Brigida, alla quale è dedicata una delle messe superstiti. La presenza di questa festa e di quella della Visitazione, promulgata nel 1389, costituisce una delle prove dell’esecuzione del codice nell’ambito di Bonifacio IX, poiché fu questo papa a canonizzare la santa e a istituire la festa della Visitazione39. La particolare ricchezza dei manoscritti commissionati nell’ambito di Bonifacio è testimoniata dalla sontuosa Praeparatio ad missam (Tav. IX) e dallo splendido, ma incompleto, Messale di Bonifacio IX (Tav. X). Se la prima presenta un’impaginazione e un progetto illustrativo assolutamente originali e davvero insoliti nel panorama della miniatura tardogotica, lasciando trapelare l’accentuato eclettismo della bottega e il suo interesse per repertori figurativi e decorativi anche molto più antichi, il Messale di San Pietroburgo costituisce l’opera più aggiornata rispetto al tardogotico europeo e testimonia la presenza di artisti settentrionali all’interno della bottega, come del resto documentato dalla presenza del copista Johannes di Utrecht. A questo gruppo di codici liturgici si può aggiungere un’ulteriore opera, questa volta un disegno marginale, che permette di accertare la presenza a Roma, in quegli anni, di uno dei più famosi codici polifonici di epoca tardogotica. Il confronto tra la bordura disegnata in questo controverso libro musicale (f. 37r) e il disegno preparatorio del foglio di incipit del Messale di Bonifacio IX (f. 8r) mostra che è all’opera lo stesso artista (Tavv. X-XI)40. Il raffinato disegnatore, rivela certamente una cultura settentrionale, ma la sua presenza nel libro liturgico eseguito per il papa dimostra che entro il 1404, data di morte di Bonifacio, egli era attivo a Roma. Ciò non implica necessariamente l’esecuzione a Roma del codice di Chantilly, in quanto si tratta di un disegno evidentemente aggiunto a margine di un codice scritto in precedenza, ma piuttosto costituisce la dimostrazione che il manoscritto era già stato realizzato entro il primo decennio del Quattrocento e che esso era presente a Roma41. Attraverso l’analisi stilistica dei loro apparati miniati è stato, dunque, 39
MANZARI, Committenza libraria e legittimità tra Avignone e Roma cit., in corso di stampa. F. MANZARI, The International Context of Boniface IX’s Court and the Author of the Marginal Drawings in the Chantilly Chansonnier, “Recercare”, in corso di stampa. 41 In realtà anche il repertorio musicale del codice presenta legami con Bonifacio IX: infatti tra i compositori le cui opere sono trascritte nel codice compare anche Humbertus de Salinis, documentato per la prima volta nel 1403 proprio grazie alla richiesta di un beneficio a Bonifacio IX: si veda MANZARI, The International Context cit. 40
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possibile raccogliere questo gruppo di codici e, individuando i nessi che li legano, è altresì possibile tracciare un quadro di una produzione di libri miniati rimasta a lungo sconosciuta, quella che riprende a Roma dopo il ritorno dei papi da Avignone, durante lo Scisma42. Numerosi altri casi si potrebbero citare, naturalmente, per mettere in evidenza il contributo specifico della miniatura nell’individuazione del corretto inquadramento storico-geografico dei libri manoscritti. La precisione dell’analisi storico-artistica è, peraltro, attestata proprio dal criterio di organizzare i cataloghi di codici miniati per aree geografiche, adottato dalle più importanti biblioteche43. Gli esempi che sono stati presi in esame sottolineano, d’altra parte, la necessità e l’importanza di tenere sempre presenti i diversi aspetti che concorrono alla definizione di un oggetto complesso come il libro manoscritto, prima di proporne una datazione e una localizzazione: queste infatti possono emergere solo da una fitta rete di indizi, che permetta di leggere l’opera nel modo più preciso possibile, annullando, per quanto possibile, le deformazioni che derivano dalla distanza, frapposta dal tempo, tra interprete e oggetto storico interpretato44.
42
Agli artisti attivi a Roma in tale ambito è dedicato un ulteriore intervento: F. MANZARI, La ripresa della miniatura a Roma durante lo Scisma. Miniatori, calligrafi e copisti attivi per Bonifacio IX, in Libri miniati per la chiesa, per la città, per la corte in Europa: lavori in corso. Atti del Convegno (Padova, 2-4 dicembre 2010), in corso di stampa. 43 Si vedano i citati cataloghi della Bibliothèque Nationale di Parigi e quelli della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna: Die illuminierten Handschriften und Inkunabeln der Österreichischen Nationalbibliothek (Fortsetzung des beschreibenden Verzeichnisses der illuminierten Handschriften der Nationalbibliothek in Wien), a cura di O. PÄCHT, Wien: 1. Französische Schule. I, 2 voll., a cura di O. PÄCHT, D. Thoss, 1974; 2. Französische Schule. II, 2 voll., a cura di O. PÄCHT, D. THOSS, 1977; 3. Holländische Schule, 2 voll., a cura di O. PÄCHT, U. JENNI, 1975; 6. Flämische Schule I, 2 voll., a cura di O. PÄCHT, U. JENNI, D. THOSS, 1983; 7. Flämische Schule II, 2 voll., a cura di O. PÄCHT, D. THOSS, 2 voll. 1990; 10. Mitteleuropäische Schulen I (ca. 12501350), 2 voll., a cura di A. FINGERNAGEL, M. ROLAND, 1997; 11. Mitteleuropäische Schulen II (ca. 1350-1410): Österreich – Deutschland – Schweiz, 2 voll., a cura di A. FINGERNAGEL, 2002; 12. Mitteleuropäische Schulen III (ca. 1350 - 1400): Böhmen – Mähren – Schlesien – Ungarn, 2 voll., a cura di U. JENNI, M. THEISEN, con la collaborazione di K. STEJSKAL, 2004. 44 «Le fonti non sono né finestre spalancate, come credono i positivisti, né muri che ostruiscono lo sguardo, come credono gli scettici: semmai, potremmo paragonarle a vetri deformanti. […] La conoscenza (anche la conoscenza storica), è possibile»: C. GINZBURG, Rapporti di forza. Storia, retorica, prova, Milano 2000, p. 49.
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
245
Tav. I – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cappella Giulia XIV.4, Antifonario, f. 47v, iniziale istoriata, S. Paolo si rivolge ai Canonici del Capitolo di S. Pietro.
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Tav. IIa – Lisbona, Arquivo Nacional da Torre do Tombo, Santa Maria de Alcàçova de Santarém, M° 13, Doc. 250, Indulgenza, iniziale istoriata, Annunciazione.
246 FRANCESCA MANZARI
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Tav. IIb – Parigi, Bibliothèque Sainte-Géneviève, Ms. 143, Pontificale, f. 1r, pagina d’incipit miniata, stemma di Pierre de Saint-Martial nel bas-de-page.
IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
247
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248
FRANCESCA MANZARI
Tav. III – Veroli, Biblioteca Giovardiana, Ms. 10, Frammenti di Graduale, f. 12v, iniziale istoriata, S. Martino che dona il mantello.
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
249
Tav. IV – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4766, Messale di Clemente VII, f. 27r, iniziale istoriata, Ultima Cena, nel bas-de-page stemmi corretti di Niccolò V.
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250
FRANCESCA MANZARI
Tav. V – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 4764, Messale di Benedetto XIII, f. 1r, iniziale istoriata, Adorazione dei Magi, nel bas-de-page stemmi corretti di Paolo II e Pierre de Foix; bordura aggiunta al momento della correzione araldica.
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
251
Tav. VIa – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14701, Breviario d’Aigrefeuille, f. 479v, pagina miniata all’incipit della messa di S. Marziale, bas-de-page con stemma corretto di Martino V.
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252
FRANCESCA MANZARI
Tav. VIb – Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, Sess. 20, Ufficio della Santa Croce, f. 1r, pagina d’incipit miniata, stemmi di Gregorio XI nei margini.
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
253
Tav. VIIa – Avignone, Bibliothèque Municipale, Ms. 133, Messale, f. 1r, pagina d’incipit decorata, decorazione filigranata marginale con scene di caccia.
Tav. VIIb – Torino, Biblioteca Nazionale e Universitaria, D.I.21, Messale di Nicolas Rossell, f. 288v, decorazione filigranata marginale, asinello accucciato. Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Biblioteca Nazionale e Universitaria di Torino.
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254
FRANCESCA MANZARI
Tav. VIII – Blackburn, Museum and Art Gallery, Hart 20918, Messale di Pedro Serra, f. 144r, pagina miniata all’incipit del Canone, iniziale istoriata, Compianto su Cristo morto.
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
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Tav. IX – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3747, Praeparatio ad Missam, f. 14r, iniziale istoriata, Vestizione dell’alba, stemma di Bonifacio IX nel margine inferiore.
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256
FRANCESCA MANZARI
Tav. X – San Pietroburgo, Hermitage, ORr-23, Messale di Bonifacio IX, f. 8r, disegno preparatorio, Cristo in Maestà adorato dai santi, stemma di Bonifacio IX nel margine inferiore.
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IL CONTRIBUTO DELLA STORIA DELLA MINIATURA
257
Tav. XI – Chantilly, Musée Condé, Ms. 564, Chansonnier, f. 37r, decorazioni e figurazioni marginali a penna e inchiostro, gruppi di cantori e guerriero con scudo e cimiero.
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MARCO PALMA
UN ARCHIVIO DI LIBRI MEDIEVALI DATATI* Può sembrare banale mettere in evidenza l’importanza delle date in un’indagine storica: senza tener conto della griglia del tempo non è infatti possibile nemmeno immaginare di fare ricerca in questo campo. La storia dei libri, vale a dire la storia di buona parte della cultura scritta, non fa eccezione a questo principio. Eppure sull’importanza dei libri medievali datati, manoscritti e a stampa, non sembra essere stata raggiunta l’unanimità fra gli addetti ai lavori1. Un contributo allo studio del libro medievale è il fine di un’iniziativa che ha portato alla creazione di un archivio in progress di manoscritti e incunaboli datati inserito nel sito Materiali didattici per la paleografia latina della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino (http://dida. let.unicas.it/links/didattica/palma/workinpr.html)2. Nella sezione dedicata ai manoscritti figurano esemplari che recano una data cronica espressa, relativa alla confezione dell’esemplare, non posteriore al 31 dicembre 1500. Nel caso siano presenti più date, viene registrata la più recente, a condizione che le diverse indicazioni cronologiche rientrino nell’arco di un anno solare. Si riportano nell’archivio, per il momento costituito da un semplice foglio di calcolo, i dati elementari: data, origine (se attestata espressamente), segnatura, fonte, contenuto, nome del copista (anch’esso soltanto se presente nel colophon o altrove nel codice). Le fonti da cui sono state ricavate le informazioni sono di varia natura: cataloghi di manoscritti datati e altri cataloghi speciali, cataloghi generali, monografie, articoli, siti di biblioteche. L’inserimento dei codici in archivio è preceduto da un’attenta valutazione dell’attendibilità della fonte, che * Rielaboro e aggiorno in questa sede alcune delle considerazioni esposte in occasione della Tavola rotonda. Ringrazio Antonio Cartelli per il suo consueto contributo all’elaborazione dei dati. 1 Ho accennato alle diverse posizioni sull’argomento in apertura del contributo alla miscellanea per Francesco Magistrale, Un archivio di manoscritti datati (in corso di stampa). 2 Alla sua creazione hanno collaborato diverse persone, soprattutto studenti: Paola Errani, Virdiana Fabrizio, Gaetano Fascia, Enzo Franchini, Pietro Garofoli, Chiara Paolisso, Federica Papa, Sandra Penge, Melissa Rossini, Danilo Sciucco, Fabio Villani, Gaia Elisabetta Unfer Verre. Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 259-267.
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260
MARCO PALMA
deve comunque fornire il testo della formula di datazione. I dati sono a disposizione di chiunque voglia servirsene per ulteriori ricerche, con l’avvertenza che essi sono sempre modificabili e incrementabili. Segue l’elenco delle fonti utilizzate fino al luglio 2010, ordinato alfabeticamente secondo le abbreviazioni che le individuano nel foglio di calcolo: Aug 6 = Die Handschriften der Staats- und Stadtbibliothek Augsburg. 4° Cod 1-150, a cura di W. GEHRT, Wiesbaden 1999 (Handschriftenkataloge der Staats- und Stadtbibliothek Augsburg, 6). Cal 1 = E. CALDELLI, Copisti a Roma nel Quattrocento, Roma 2006 (Scritture e libri del medioevo, 4). CH Col = e-codices. Virtual Manuscript Library of Switzerland (Cologny, Fondation Bodmer), http://www.e-codices.unifr.ch/en/list/cb/signature/1000/0 (2010). Clm 3, 1 = Katalog der lateinischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München. Die Pergamenthandschriften aus Benediktbeuern. Clm 4501-4663, a cura di G. GLAUCHE, Wiesbaden 1994 (Catalogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis, n. s., 3, 1). Clm 4, 5 = Katalog der lateinischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München. Clm 27270-27499, a cura di H. HAUKE, Wiesbaden 1975 (Catalogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis, n. s., 4, 5). Clm 4, 8 = Katalog der lateinischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München. Clm 28255-28460, a cura di G. GLAUCHE, Wiesbaden 1984 (Catalogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis, n. s., 4, 8). Codices Boethiani 4 = Codices Boethiani. A Conspectus of Manuscripts of the Works of Boethius. IV. Portugal and Spain, a cura di M. PASSALACQUA e L. SMITH, con il contributo di B. M. TARQUINI, London – Turin 2009 (Warburg Institute Surveys and Texts, 29). D Köln = CEEC. Codices Electronici Ecclesiae Coloniensis (Köln, Dombibliothek), http://www.ceec.uni-koeln.de/ (2010). Don 1 = L. MIGLIO, M. PALMA, Donne e cultura scritta nel medioevo: http://edu.let. unicas.it/womediev, in Segni per Armando Petrucci, a cura di L. MIGLIO e P. SUPINO, Roma 2002, pp. 197-215. Don 2 = L. MIGLIO, M. PALMA, Presenze dimenticate, in Nuovi annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari 19 (2005), pp. 219-232. Don 3 = L. MIGLIO, M. PALMA, Presenze dimenticate (II), in Segno e testo 4 (2006), pp. 379-400. Don 4 = L. MIGLIO, M. PALMA, Presenze dimenticate (III), in Classica et Beneventana. Essays Presented to Virginia Brown on the Occasion of Her 65th Birthday, a cura di F. T. COULSON e A. A. GROTANS, Turnhout 2008 (Textes et etudes du moyen âge, 36), pp. 137-148. F 1 = Catalogue des manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de lieu ou de copiste, a cura di C. SAMARAN e R. MARICHAL. I. Musée Condé et bibliothèques parisiennes, a cura di M. GARAND e J. METMAN, con la collaborazione di M.-T. VERNET, Paris 1959. F 2 = Catalogue des manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de
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UN ARCHIVIO DI LIBRI MEDIEVALI DATATI
261
lieu ou de copiste, a cura di C. SAMARAN e R. MARICHAL. II. Bibliothèque Nationale. Fonds latin (Nos 1 à 8000), a cura di M.-T. D’ALVERNY, con la collaborazione di M. GARAND, M. MABILLE e J. METMAN, Paris 1962. F 3 = Catalogue des manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de lieu ou de copiste, a cura di C. SAMARAN e R. MARICHAL. III. Bibliothèque Nationale. Fonds latin (Nos 8001 à 18613), a cura di M.-T. D’ALVERNY, con la collaborazione di M. MABILLE, M.-C. GARAND e D. ESCUDIER, Paris 1974 (pp. 1-51). F 7 = Catalogue des manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de lieu ou de copiste, a cura di C. SAMARAN (†) e R. MARICHAL. VII. Ouest de la France et Pays de Loire, a cura di M.-C. GARAND, G. GRAND e D. MUZERELLE, Paris 1984. GB-BL = Catalogue of Dated and Datable Manuscripts c. 700-1600 in the Department of Manuscripts. The British Library, a cura di A. G. WATSON, London 1979. Ham 1 = Die lateinischen Handschriften der Sammlung Hamilton zu Berlin, a cura di H. BOESE, Wiesbaden 1966. I 1 = Catalogo dei manoscritti in scrittura latina datati o databili per indicazione di anno, di luogo o di copista. I. Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, a cura di V. JEMOLO, Torino 1971. I 2 = Catalogo dei manoscritti in scrittura latina datati per indicazione di anno, di luogo o di copista. II. Biblioteca Angelica di Roma, a cura di F. DI CESARE, Torino 1982. It 1 = I manoscritti datati della provincia di Trento, a cura di M. A. CASAGRANDE MAZZOLI, L. DAL POZ, D. FRIOLI, S. GROFF, M. HAUSBERGHER, M. PALMA, C. SCALON, S. ZAMPONI, Firenze 1996 (Manoscritti datati d’Italia, 1). It 2 = I manoscritti datati della Biblioteca Riccardiana di Firenze. I. Mss. 1-1000, a cura di T. DE ROBERTIS e R. MIRIELLO, Firenze 1997 (Manoscritti datati d’Italia, 2). It 3 = I manoscritti datati della Biblioteca Riccardiana di Firenze. II. Mss. 10011400, a cura di T. DE ROBERTIS e R. MIRIELLO, Firenze 1999 (Manoscritti datati d’Italia, 3). It 4 = I manoscritti datati della provincia di Vicenza e della Biblioteca Antoniana di Padova, a cura di C. CASSANDRO, N. GIOVÈ MARCHIOLI, P. MASSALIN, S. ZAMPONI, Firenze 2000 (Manoscritti datati d’Italia, 4). It 5 = I manoscritti datati del fondo Conventi Soppressi della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a cura di S. BIANCHI, A. DI DOMENICO, R. DI LORETO, G. LAZZI, M. PALMA, P. PANEDIGRANO, S. PELLE, C. PINZAUTI, P. PIROLO, A. M. RUSSO, M. SAMBUCO HAMMOUD, P. SCAPECCHI, I. TRUCI, S. ZAMPONI, Firenze 2002 (Manoscritti datati d’Italia, 5). It 6 = I manoscritti datati della Biblioteca civica “Angelo Mai” e delle altre biblioteche di Bergamo, a cura di F. LO MONACO, Firenze 2003 (Manoscritti datati d’Italia, 6). It 7 = I manoscritti datati di Padova (Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti – Archivio Papafava – Archivio di Stato – Biblioteca Civica – Biblioteca del Seminario vescovile), a cura di A. MAZZON, A. DONELLO, G. M. FLORIO, N. GIOVÈ, L. GRANATA, G. P. MANTOVANI, A. TOMIELLO, S. ZAMPONI, Firenze 2003 (Manoscritti datati d’Italia, 7). It 8 = I manoscritti datati della Sicilia, a cura di M. M. MILAZZO, M. PALMA, G. SINAGRA, S. ZAMPONI, con il contributo di S. BARRECA, R. CARBONARO, S. CARUSO,
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262
MARCO PALMA
D. CICCARELLI, G. CONIGLIO, G. CUTTITTA, F. D’ANGELO, P. DE LUCA, P. DI GIOVANNI, I. FIANDACA, V. FORTEZZA, M. GIACALONE, R. GUARNERI, G. MACALUSO, C. OLIVA, M. G. PATTI, C. PRINCIPATO, S. RICIPUTO, M. T. RODRIQUEZ, M. SCIALABBA, W. SINATRA, G. TRAVAGLIATO, Firenze 2003 (Manoscritti datati d’Italia, 8). It 9 = I manoscritti datati del fondo Palatino della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a cura di S. BIANCHI, Firenze 2003 (Manoscritti datati d’Italia, 9). It 10 = I manoscritti datati della Biblioteca Nazionale Braidense, a cura di M. L. GROSSI TURCHETTI, Firenze 2004 (Manoscritti datati d’Italia, 10). It 11 = I manoscritti datati della Classense e delle altre biblioteche della provincia di Ravenna, a cura di M. G. BALDINI, con il contributo di T. DE ROBERTIS e M. MAZZOTTI, Firenze 2004 (Manoscritti datati d’Italia, 11). It 12 = I manoscritti del fondo Acquisti e doni e dei fondi minori della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, a cura di L. FRATINI e S. ZAMPONI, Firenze 2004 (Manoscritti datati d’Italia, 12). It 13 = I manoscritti datati della provincia di Forlì-Cesena, a cura di P. ERRANI e M. PALMA, con il contributo di D. GNOLA, A. MENGHI SARTORIO, D. SAVOIA, V. TESEI, P. ZANFINI, Firenze 2006 (Manoscritti datati d’Italia, 13). It 14 = I manoscritti datati della Biblioteca Riccardiana di Firenze. III. Mss. 14012000, a cura di T. DE ROBERTIS e R. MIRIELLO, Firenze 2006 (Manoscritti datati d’Italia, 14). It 15 = I manoscritti datati della provincia di Arezzo, a cura di M. C. PARIGI e P. STOPPACCI, Firenze 2007 (Manoscritti datati d’Italia, 15). It 16 = I manoscritti datati delle province di Grosseto, Livorno, Massa Carrara, Pistoia e Prato, a cura di M. BOSCHI ROTIROTI, Firenze 2007 (Manoscritti datati d’Italia, 16). It 17 = I manoscritti datati delle province di Frosinone, Rieti e Viterbo, a cura di L. BUONO, R. CASAVECCHIA, M. PALMA, E. RUSSO, con il contributo di D. ARNESANO, S. BONAMANO, A. CORATTI, M. DELL’OMO, M. DI CESARE, F. GARGANO, C. INDOVINA, G. MACERONI, I. MAGGIULLI, A. MAZZON, C. MORONI, P. ORSINI, L. OSBAT, M. PANTAROTTO, P. SCACCIA SCARAFONI, G. B. SGUARIO, N. TANGARI, N. TOGNI, Firenze 2007 (Manoscritti datati d’Italia, 17). It 19 = I manoscritti datati della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. I. Plutei 12-34, a cura di T. DE ROBERTIS, C. DI DEO e M. MARCHIARO, con il contributo di I. G. RAO, Firenze 2008 (Manoscritti datati d’Italia, 19). It 20 = I manoscritti datati di Grottaferrata, Subiaco e Velletri, a cura di R. CROCIANI, M. LEARDINI e M. PALMA, con il contributo di L. BRANCIANI, T. CRISTIANO, S. PARENTI, V. ROMANI, N. TANGARI, Firenze 2009 (Manoscritti datati d’Italia, 20). Par 1 = R. MIRIELLO, I manoscritti del Paradiso di Firenze, Firenze 2007 (Biblioteche e Archivi, 16). Vat 2 = E. CALDELLI, I codici datati nei Vaticani latini 1-2100, Città del Vaticano 2007 (I codici latini datati della Biblioteca Apostolica Vaticana, 2). Vic 1 = I manoscritti medievali di Vicenza e provincia, a cura di N. GIOVÈ MARCHIOLI, L. GRANATA, M. PANTAROTTO, con la collaborazione di G. MARIANI CANOVA e F. TONIOLO, Firenze 2007 (Biblioteche e Archivi, 17; Manoscritti medievali del Veneto, 3).
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263
UN ARCHIVIO DI LIBRI MEDIEVALI DATATI
Attualmente l’archivio conta 3466 esemplari (o, più precisamente, unità codicologiche), così ripartiti cronologicamente: intervalli
nr. mss.
%
901-950
1
0,03
951-1000
0
0
1001-1050
3
0,09
1051-1100
3
0,09
1101-1150
8
0,23
1151-1200
9
0,26
1201-1250
21
0,61
1251-1300
69
1,99
1301-1350
130
3,75
1351-1400
275
7,93
1401-1450
999
28,82
1451-1500
1948
56,20
3466
100,00
Distribuzione cronologica dei manoscritti 60 50
%
40 30 20 10 0 901 950
951 1000
1001 1050
1051 1100
1101 1150
1151 1200
1201 1250
1251 1300
1301 1350
1351 1400
1401 1450
1451 1500
intervalli
Come si può notare, l’enorme maggioranza (85,02%) dei manoscritti si colloca nel Quattrocento, secolo in cui la produzione libraria si può analizzare per intervalli ravvicinatissimi. La tabella e il grafico che seguono raggruppano gli esemplari del secolo XV per decenni:
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264
MARCO PALMA
intervalli
nr. mss.
%
1401-1410
120
4,07
1411-1420
146
4,95
1421-1430
185
6,28
1431-1440
227
7,70
1441-1450
321
10,89
1451-1460
519
17,61
1461-1470
669
22,70
1471-1480
387
13,13
1481-1490
216
7,33
1491-1500
157
5,33
2947
100,00
Distribuzione cronologica dei manoscritti (s. XV) 25
20
%
15
10
5
0 14011410
14111420
14211430
14311440
14411450
14511460
14611470
14711480
14811490
14911500
intervalli
Quasi due terzi dei codici (64,33%) recano date fra il 1441 e il 1480, raggiungendo il picco più alto negli anni Sessanta, cui fa seguito una brusca diminuzione. È fin troppo facile attribuire il fenomeno all’avvento della stampa, per la quale disponiamo di una fonte attendibilissima e pressoché esaustiva, lo Incunabula Short Title Catalogue della British Library (ISTC; http://www. bl.uk/catalogues/istc), che recensisce 29777 edizioni anteriori al secolo XVI. Partendo da questa preziosa fonte è stato costruito un archivio degli incunaboli (nel senso ovviamente delle edizioni, non degli esemplari),
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UN ARCHIVIO DI LIBRI MEDIEVALI DATATI
basato sugli stessi principi seguiti per i manoscritti, che si estende per il momento fino a tutto l’anno 1475. Vi figurano 889 edizioni caratterizzate dall’indicazione di una data cronica esatta; le informazioni essenziali sono le stesse, con l’ovvia sostituzione del nome del tipografo a quello del copista e il numero ISTC all’indicazione della fonte utilizzata per i codici. La ripartizione delle edizioni nel terzo quarto del secolo XV è la seguente: anni 1451 1452 1453 1454 1455 1456 1457 1458 1459 1460 1461 1462 1463
nr. inc. 0 0 0 0 0 0 1 0 2 1 1 2 0
% anni 0,00 1464 0,00 1465 0,00 1466 0,00 1467 0,00 1468 0,00 1469 0,11 1470 0,00 1471 0,22 1472 0,11 1473 0,11 1474 0,22 1475 0,00 TOTALE
nr. inc. 1 4 3 7 7 15 43 95 136 151 180 240 889
% 0,11 0,45 0,34 0,79 0,79 1,69 4,84 10,69 15,30 16,99 20,25 27,00 100
Distribuzione cronologica degli incunaboli 30
25
%
20
15
10 5
1475
1474
1473
1472
1471
1470
1469
1468
1467
1466
1465
1464
1463
1462
1461
1460
1459
1458
1457
1456
1455
1454
1453
1452
1451
0
Colpisce anche in questo caso il fatto che fino a tutto il 1470 gli incunaboli datati assommino al 9,78% del periodo; dal 1471 in poi la produzione a stampa cresce velocemente, fino a superare un quarto del totale nel solo 1475.
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266
MARCO PALMA
Confrontiamo ora la ripartizione di manoscritti e incunaboli negli anni 1457-1475, quelli cioè in cui sono rappresentate entrambe le tipologie (ricordando che si confrontano esemplari con edizioni): % mss. 4,23 5,11 4,41 6,35 5,64 6,88 5,82 6,44 5,91 5,29 6,17 5,56 5,38 5,91 4,50 5,11 3,53 4,32 3,44 100
nr. mss. 48 58 50 72 64 78 66 73 67 60 70 63 61 67 51 58 40 49 39 1134
anni 1457 1458 1459 1460 1461 1462 1463 1464 1465 1466 1467 1468 1469 1470 1471 1472 1473 1474 1475
nr. inc. 1 0 2 1 1 2 0 1 4 3 7 7 15 43 95 136 151 180 240 889
% inc. 0,11 0,00 0,22 0,11 0,11 0,22 0,00 0,11 0,45 0,34 0,79 0,79 1,69 4,84 10,69 15,30 16,99 20,25 27,00 100
Manoscritti e incunaboli (1457 - 1475) 30
25
%
20
15
10
5
0 1457 1458 1459 1460 1461 1462 1463 1464 1465 1466 1467 1468 1469 1470 1471 1472 1473 1474 1475
% inc.
% mss.
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UN ARCHIVIO DI LIBRI MEDIEVALI DATATI
267
Appare evidente come, rispetto alla sostanziale stabilità della produzione manoscritta, il libro a stampa registri una vera e propria impennata intorno al 1470, che appare il momento della svolta. Ovviamente, mentre per gli incunaboli i dati si possono ritenere in pratica definitivi, quelli dei codici sono ben lontani dal traguardo e necessitano di ulteriori conferme. Rimane il fatto che, da quando l’archivio è stato impostato, l’incremento dei dati non ha comportato significative variazioni nella ripartizione cronologica. Si può sperare quindi che l’impresa di cui si è dato brevemente conto possa costituire una credibile base di partenza per ricerche di ogni genere, in particolare sulla produzione libraria del basso medioevo.
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NICOLA TANGARI
RILEVAZIONI QUANTITATIVE SUI MANOSCRITTI LITURGICI DATATI Premessa metodologica Nella tradizione manoscritta medievale e rinascimentale i manoscritti liturgici rivestono un ruolo di primo piano sia da un punto di vista qualitativo sia quantitativo e contribuiscono in modo determinante alla ricostruzione delle pratiche di devozione e di scrittura di queste epoche lontane. Secondo l’opinione di Cyrille Vogel, possiamo stimare i codici liturgici al 10% di tutti i manoscritti medievali: certamente la tipologia più rilevante. Nonostante ciò, continua Vogel, tali manoscritti costituiscono un problema complesso poiché non sono stati ancora catalogati e collocati cronologicamente in modo adeguato1. Sebbene queste parole risalgano a quasi trent’anni fa, si può affermare con buona dose di attendibilità che la situazione generale non sia molto migliorata negli ultimi anni. Un secondo elemento che poniamo come punto di partenza di queste nostre rilevazioni quantitative è dato dall’importanza e dall’utilità dei manoscritti datati. Questo genere di testimoni possono essere utilizzati proficuamente per collocare cronologicamente altri codici attraverso un’analisi comparativa e, per la loro certa distribuzione nel tempo, consentono di mettere in luce alcune rilevanti caratteristiche della tradizione manoscritta. Se due tra le domande fondamentali a cui si deve rispondere con la catalogazione riguardano il quando e il dove siano stati redatti i manoscritti, i codici datati si impongono come efficaci strumenti di valutazione e di confronto. Tale valore è stato individuato da molti anni e ha dato l’impulso a numerose imprese di catalogazione settoriale, volte a far emergere questa particolare tipologia di manoscritti e a metterla a disposizione di tutti gli studiosi2. 1 C. VOGEL, Medieval liturgy. An introduction to the sources, tr. and ed. by W. STOREY and N. RASMUSSEN, with J. BROOKS-LEONARD, Portland (Oregon) 1986, p. 1: «By their very nature, documents concerning Christian worship constitute a complex problem; not only are they hard to locate but they have never been adequately catalogued either cronologically or systematically. Scholarly opinion estimates that liturgical codices comprise some 10% of the surviving medieval MSS, which makes them more numerous than any other category». 2 S. ZAMPONI, Presentazione, in I manoscritti datati della provincia di Trento, a cura di
Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 269-280.
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270
NICOLA TANGARI
Considerando tali premesse, è lecito chiedersi che genere di rapporto emerga tra i manoscritti datati e i manoscritti liturgici. Nella generale produzione manoscritta, le due categorie costituiscono dei sottoinsiemi che condividono un’intersezione di cui ci sembra interessante evidenziare le caratteristiche: in primo luogo per stabilire se e in che modo i codici liturgici siano stati datati e poi per capire per quali tipologie di manoscritti liturgici posseggano, da questo punto di vista, maggiori termini di confronto. Questo genere di considerazioni non è una novità; infatti, proprio grazie a importanti ricerche precedenti sarà possibile per noi proporre qualche ulteriore analisi quantitativa. Ci riferiamo in particolare a due raccolte di dati, entrambe disponibili on-line. La prima è lo studio di Giacomo Baroffio, Manoscritti liturgici italiani datati (1010-1600), «Rivista Internazionale di Musica Sacra» 22 (2001), pp. 315-353, che indicheremo sinteticamente con la sigla LID. Oggi questa banca-dati è disponibile in forma aggiornata all’indirizzo . Si tratta di un archivio sintetico di ca. 1300 manoscritti di origine italiana per i quali si fornisce la data di redazione, la localizzazione e la tipologia liturgica. Il secondo è il database contenente dati relativi a manoscritti datati per anno, curato da molti autori e coordinato da Marco Palma, che d’ora in poi indicheremo sinteticamente con AMDA3. L’archivio è a disposizione libera di tutti gli studiosi all’indirizzo . I due archivi che abbiamo scelto sono simili poiché contengono dati ricavati quasi esclusivamente da pubblicazioni precedenti. Tuttavia, mentre LID è un archivio specializzato di codici liturgici, AMDA è più generale e si riferisce a manoscritti datati di varia tipologia. Inoltre, mentre il primo si riferisce a manoscritti di origine italiana, il secondo comprende codici provenienti da tutta Europa. Se quindi AMDA ci consente di svolgere alcuni confronti tra la produzione dei manoscritti datati di varia tipologia e origine e quella specifica dei manoscritti datati liturgici, LID invece ci permette di specificare la consistenza dei manoscritti liturgici datati rispetto alla generale produzione di manoscritti liturgici. Queste ultime valutazioni sono possibili grazie al confronto con Iter liturgicum italicum, a cura di Giacomo Baroffio, Padova 1999 — d’ora in poi ILI — un inventario sinteM. A. CASAGRANDE MAZZOLI, L. DAL POZ, D. FRIOLI, S. GROFF, M. HAUSBERGHER, M. PALMA, C. SCALON, S. ZAMPONI, Firenze 1996 (Manoscritti datati d’Italia, 1), pp. VII-XV. La validità dei manoscritti datati non è però universalmente riconosciuta, anzi, a riguardo esistono opinioni discordanti. 3 V. sopra, pp. 259-267, M. PALMA, Un archivio di libri medievali datati.
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RILEVAZIONI QUANTITATIVE SUI MSS. LITURGICI DATATI
271
tico di manoscritti liturgici italiani successivamente aggiornato e messo a disposizione on-line all’indirizzo 4. La lettura dei dati che proponiamo è implicitamente approssimativa, soprattutto poiché spesso non è facile, a partire dalle informazioni sintetiche fornite dai due archivi, rilevare esattamente la tipologia liturgica dei manoscritti. Se, per esempio, nel primo archivio molti codici contengono più di un libro liturgico, nel secondo archivio spesso la definizione tipologica non è chiara e non consente, considerando solo i dati disponibili, di individuare esattamente il libro liturgico. In altri casi, l’indicazione di una data è incerta, impedendo così una coerente collocazione cronologica. In tutti questi casi dubbi, quando non sia stato possibile risolvere i singoli casi con ragionevole attendibilità, si è dovuto procedere all’esclusione di questi manoscritti dalla popolazione statistica oggetto dell’analisi. Tuttavia, nonostante questa inevitabile approssimazione, la lettura dei dati permette comunque di rilevare alcune caratteristiche interessanti della produzione dei datati liturgici5. Due operazioni preliminari sono state necessarie per l’elaborazione dei dati. In primo luogo sono stati selezionati i soli manoscritti liturgici all’interno di AMDA, procedendo alla scelta grazie alla nota di contenuto presente per ogni record dell’archivio. Successivamente si è proceduto all’unione tra il sottoinsieme dei manoscritti liturgici di AMDA e l’intero database LID, giungendo così alla costituzione di un nuovo archivio complessivo. Per garantire la coerenza di questo nuovo insieme di dati si è proceduto all’individuazione di tutti i manoscritti citati in entrambi gli archivi e alla loro congiunzione in un’unica occorrenza, nonché all’eliminazione di tutti i casi dubbi o non esattamente localizzabili. Il nuovo archivio — che denomineremo MLD = Manoscritti liturgici datati — contiene dunque dati sintetici relativi a 1476 manoscritti liturgici datati tra l’anno 1010 e il 1600, per la maggior parte originari e conservati in Italia. Tra questi, 96 segnalazioni — 6,5 % del totale — riguardano manoscritti conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.
4 Anche se questa ulteriore banca-dati non ha alcuna pretesa di segnalare l’intero patrimonio esistente di codici liturgici — si tratta infatti di un lavoro in progress — tuttavia, poiché LID è fondamentalmente un sottoinsieme di questo archivio complessivo, ci è parso plausibile effettuare alcuni confronti tra i dati totali e quelli relativi soltanto ai manoscritti datati. 5 Altra precisazione doverosa è che le nostre valutazioni si fondano sull’attendibilità dei dati di partenza che sono, come abbiamo precisato, indiretti e non sono stati verificati dettagliatamente.
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272
NICOLA TANGARI
Analisi quantitativa Prendendo in considerazione AMDA, rileviamo che tra tutti i manoscritti datati, quelli liturgici rappresentano ca. il 7 % — 250 in valore assoluto —, una percentuale non molto distante dal totale dei manoscritti liturgici — 10 % della produzione complessiva — ipotizzato dagli esperti e ricordato qui sopra. D’altra parte, la quantità di manoscritti liturgici datati italiani di MLD — valore assoluto 1311 — rispetto al totale dei codici liturgici rilevati dall’ILI è del 5 % ca. Sebbene questi dati abbiano bisogno di ulteriori conferme, già possiamo rilevare come la quantità di manoscritti datati rispetto all’intera produzione di codici liturgici sia esigua, ma non irrilevante. Un primo elemento che occorre considerare è la distribuzione nel tempo dei manoscritti liturgici datati. La tabella e il grafico che seguono sono espliciti a riguardo. Periodo
Q.tà mss.
%
1010-1050
5
0,34%
1051-1100
9
0,61%
1101-1150
10
0,68%
1151-1200
23
1,56%
1201-1250
16
1,08%
1251-1300
44
2,98%
1301-1350
62
4,20%
1351-1400
80
5,42%
1401-1450
204
13,82%
1451-1500
603
40,85%
1501-1550
240
16,26%
1551-1600
180
12,20%
1476
100%
TOTALE
Come è evidente, la presenza di manoscritti liturgici datati ha un andamento piuttosto regolare sino all’inizio del sec. XV, per poi crescere in modo molto considerevole fino al 1500 e poi repentinamente scendere nel sec. XVI. Dunque l’interesse a datare i manoscritti liturgici è caratteristico del Quattrocento, analogamente a quanto rilevato per tutti i manoscritti datati6. 6
V. sopra i dati forniti da M. Palma. In seguito spesso quelle informazioni saranno elemento di confronto con i codici liturgici.
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RILEVAZIONI QUANTITATIVE SUI MSS. LITURGICI DATATI
273
Distribuzione cronologica 700 600 500 400 300 200 100 0
Se successivamente procediamo alla verifica della distribuzione dei manoscritti per i singoli decenni del sec. XV, noteremo però una differenza rispetto a quanto rilevano in genere per i manoscritti datati. Periodo
Q.tà mss.
%
1401-1410
31
3,84%
1411-1420
28
3,47%
1421-1430
33
4,09%
1431-1440
48
5,95%
1441-1450
64
7,93%
1451-1460
85
10,53%
1461-1470
113
14,00%
1471-1480
170
21,07%
1481-1490
136
16,85%
1491-1500
99
12,27%
807
100%
TOTALE
Poco più del 50 % dei manoscritti si colloca nei decenni tra 1460 e 1490 con la massima presenza nel decennio degli anni Settanta. Rispetto alle informazioni registrate in generale per i manoscritti datati, i liturgici sem-
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274
NICOLA TANGARI
Distribuzione nel sec. XV 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0
brano aver ritardato di circa un decennio la massima presenza di datazione, quasi che una prassi diffusa inizialmente in altri ambiti abbia solo in un secondo tempo raggiunto anche la produzione dei liturgici. La repentina discesa è con certezza da imputare anche all’introduzione della stampa. Un approfondimento interessante che si può svolgere riguarda la specificazione della tipologia dei manoscritti liturgici datati. Da questo punto di vista occorre precisare che, poiché ogni manoscritto può contenere uno o più libri liturgici, è stato necessario valutare non tanto la sola unità codicologica, quanto ogni singolo libro liturgico, ottenendo perciò un numero più elevato di occorrenze. Della valutazione quantitativa dei libri liturgici più presenti nei codici datati proponiamo solo i dati superiori allo 1 % del totale, ritenendo quelli meno rappresentati poco rilevanti e, oltre alla tipologia, indichiamo il valore assoluto e la percentuale rispetto al totale delle varie tipologie. TIPO
Q.tà
%
Antifonario
246
16,66%
Calendario
245
16,59%
Breviario
194
13,13%
Graduale
174
11,78%
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RILEVAZIONI QUANTITATIVE SUI MSS. LITURGICI DATATI
Messale
165
11,17%
Salterio
121
8,19%
Libro d’ore
94
6,36%
Innario
88
5,96%
Rituale
47
3,18%
Lezionario
63
4,27%
Ufficio
34
2,30%
Omeliario
33
2,23%
Kyriale
32
2,17%
Libro corale
29
1,96%
Raccolta agiografica
26
1,76%
Sequenziario
24
1,62%
Collettario
20
1,35%
Evangelistario
18
1,22%
Pontificale
18
1,22%
Martirologio
17
1,15%
Processionale
17
1,15%
Manuale
16
1,08%
275
La tabella precedente evidenzia come l’Antifonario sia il tipo di libro liturgico più datato, seguito dal Calendario che, pur non essendo un vero e proprio libro liturgico, contiene dati cronologici che ne facilitano certo la datazione. Seguono i libri più usati per la liturgia — Breviario, Graduale, Messale e Salterio — e il Libro d’ore, sussidio per la devozione privata. Se però consideriamo separatamente i secoli XI-XIII da una parte e XIVXVI dall’altra, la classifica delle tipologie più frequenti è identica per il periodo più recente, mentre è diversa per i secoli più antichi. Per questi anni il valore complessivo, come abbiamo visto, è molto minore e, per questo, meno rappresentativo, tuttavia notiamo come la tipologia veda tra i più rappresentati — oltre al Calendario — il Breviario, il Graduale e l’Omeliario, mentre releghi a posizioni più basse l’Antifonario. TIPO
Q.tà
%
Calendario
27
25,00%
Breviario
11
10,19%
Graduale
10
9,26%
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276
NICOLA TANGARI
Omeliario
9
8,33%
Messale
8
7,41%
Innario
7
6,48%
Antifonario
6
5,56%
Martirologio
6
5,56%
Tropario
6
5,56%
Sembra dunque che la crescita notevole degli Antifonari datati coincida con l’incremento generale dei datati liturgici e, come vedremo, segue un generale forte aumento della produzione di questa tipologia di codici nel periodo più recente. Una successiva tabella è molto esplicativa, poiché ci mostra come la presenza di una datazione non segua la distribuzione tipologica generale. Abbiamo raggruppato le tipologie di libri liturgici che nell’archivio ILI contano occorrenze superiori a 1000 e le abbiamo disposte in sequenza decrescente aggiungendo accanto le rispettive percentuali rispetto al totale7. Più a destra abbiamo elencato le quantità e le percentuali rispetto al totale delle occorrenze nell’archivio dei datati liturgici. TIPO
ILI
% ILI
MLD
% MLD
Antifonario
4155
16,61%
246
16,66%
Messale
2774
11,09%
165
11,17%
Graduale
2506
10,02%
174
11,78%
Breviario
1929
7,71%
194
13,13%
Calendario
1876
7,50%
245
16,59%
Salterio
1269
5,07%
121
8,19%
Racc. agiogr.
1016
4,06%
26
1,76%
Omeliario
1002
4,00%
33
2,23%
Il grafico che segue mostra evidentemente che, a fronte di un decrescere costante delle tipologie dei libri liturgici rispetto alla quantità generale, i datati vedono una forte prevalenza — oltre al solito Calendario — di Breviario, Graduale e Salterio e invece un’occorrenza molto minore dei libri agio7 Per quanto riguarda la tipologia dei manoscritti, ILI non è affatto intenzionale, poiché nell’inserimento dei dati non è stata effettuata alcuna scelta o preferenza. Di conseguenza, pur non avendo la pretesa di essere esaustivo — ma considerando comunque che la quantità dei dati archiviati supera le 25000 unità —, con ragionevole attendibilità si può affermare che tale archivio riproduca, in proporzione, la reale consistenza del materiale in relazione alla tipologia. Per questo motivo il confronto con la tipologia dei datati liturgici sembra plausibile e interessante.
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277
RILEVAZIONI QUANTITATIVE SUI MSS. LITURGICI DATATI
grafici e degli omeliari. In particolare, è evidente la posizione diversa del Messale rispetto alle altre tipologie di datati. Ciò significa, ovviamente, che esiste una tendenza a datare con più frequenza alcuni libri — in sequenza decrescente Antifonario, Breviario, Graduale e Messale — rispetto ad altri e questa preferenza non corrisponde alla proporzione generale di redazione di questi stessi libri liturgici. Da un punto di vista tipologico, dunque, la produzione di manoscritti liturgici datati si differenzia in modo rilevante dalla produzione complessiva dei libri liturgici.
Rapporto tra ,/, e 0/' 18.00% 16.00% 14.00% 12.00% 10.00% 8.00% 6.00%
ILI
4.00%
MLD
2.00% 0.00%
Antifonario, Breviario, Graduale, Messale Vediamo ora nel dettaglio alcune caratteristiche di distribuzione cronologica delle quattro tipologie di manoscritti più datati in MLD8. I dati quantitativi sottolineano ancora una volta la particolarità dell’Antifonario rispetto alle altre tipologie. Infatti, esaminando i dati relativi ai secoli tra 1301 e 1600, i libri che presentano una maggiore occorrenza, Breviario, Graduale e Messale ripropongono una distribuzione analoga a quella riscontrata in generale per i datati liturgici, con un ripido picco quantitativo nel sec. XV e un’altrettanto repentina discesa nel secolo successivo. 8 Non prendiamo in questo caso in considerazione il Calendario poiché, come abbiamo più volte rilevato, non si tratta di un vero e proprio libro liturgico, anche se molto utile alla datazione dei manoscritti.
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278
NICOLA TANGARI
Al contrario l’Antifonario presenta un incremento meno alto nel secolo XV, ma una tenuta costante anche nel secolo successivo9. Periodo
Antifonario
Breviario
Graduale
1301-1400
12,60%
9,28%
1401-1500
41,06%
78,87%
59,77%
61,82%
1501-1600
43,90%
6,19%
28,74%
17,58%
5,75%
Messale 15,76%
Per evidenziare tale differenza proponiamo a confronto in un grafico l’andamento dell’Antifonario e del Breviario.
Distribuzione $QWLIRQDULe %UHYLDUL datati 80.00% 70.00% 60.00% 50.00% 40.00%
Antifonario
30.00%
Breviario
20.00% 10.00% 0.00% 1301-1400
1401-1500
1501-1600
Tale differenza merita un approfondimento di natura liturgico-codicologica, poiché è quasi sicuramente il segnale di un diversa tendenza produttiva generale relativa all’Antifonario. Un primo passo in questo senso può essere il confronto cronologico tra la produzione generale degli Antifonari testimoniata da ILI da una parte e quella degli Antifonari datati, cioè tra quelli segnalati in MLD, dall’altra10. 9 Le percentuali di distribuzione si riferiscono alla quantità per secolo rispetto al totale della specifica tipologia all’interno di MLD. 10 In ILI sono stati selezionati gli Antifonari per i quali viene indicata almeno una stima di datazione per secolo. Come al solito le percentuali dei vari periodi si riferiscono alla quantità complessiva degli Antifonari nei rispettivi database, cioè ILI da una parte e MLD dall’altra.
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279
RILEVAZIONI QUANTITATIVE SUI MSS. LITURGICI DATATI
Antifonari (ILI) e Antifonari datati (MLD) Periodo ILI % ILI MLD % MLD 1010-1100 67 1,90% 0 0,00% 1101-1200 405 11,46% 0 0,00% 1201-1300 502 14,20% 6 2,44% 1301-1400 952 26,94% 31 12,60% 1401-1500 1106 31,30% 101 41,06% 1501-1600 502 14,20% 108 43,90% TOTALE 3534 100,00% 246 100,00%
I dati contenuti in ILI mostrano che la produzione generale degli Antifonari presenta un incremento costante sino all’apice del secolo XV, per poi decrescere repentinamente nel secolo XVI. Si tratta di un andamento che abbiamo già incontrato e, per quanto riguarda la forte discesa del ’500, è da ricondurre senza dubbio all’introduzione della stampa. Gli Antifonari datati, invece, aumentano costantemente di quantità, anche dopo il picco del secolo XV, realizzando, in epoca più recente, un andamento contrario a quello rilevato complessivamente per tutti gli Antifonari. In questo periodo la divergenza tra la produzione generale degli Antifonari e quella degli Antifonari datati si amplia considerevolmente divenendo particolarmente interessante. Tra ’400 e ’500 si nota dunque un costante aumento dell’abitudine a datare gli Antifonari, nonostante una loro progressiva diminuzione nella produzione generale. Per altre tipologie di manoscritti liturgici non si osserva un’analoga tendenza.
Distribuzione Antifonari e Antifonari datati 50.00% 40.00% 30.00% 20.00% 10.00%
% MLD % ILI
0.00%
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280
NICOLA TANGARI
Molte altre considerazioni si potrebbero svolgere elaborando in vario modo i dati in nostro possesso e liberamente accessibili in rete. Tuttavia, occorre sottolineare che le precedenti rilevazioni riflettono una situazione che è fortemente condizionata dallo stato odierno della catalogazione dei manoscritti liturgici. Si tratta, infatti, di osservazioni parziali e soggette ad eventuali imprecisioni che però, considerando grandi quantità di dati, tendono a perdere un valore rilevante. Maggiore sarà il numero di manoscritti correttamente e dettagliatamente catalogati, cioè descritti e collocati cronologicamente e geograficamente, migliore potrà essere la nostra conoscenza della produzione dei libri liturgici datati rispetto alla produzione complessiva dei manoscritti liturgici e dei manoscritti in generale. Il nostro auspicio è che possa essere incrementata la catalogazione dei manoscritti liturgici, tramite la formazione di operatori competenti e sollecitando le istituzioni pubbliche e private a sostenere un’impresa ancora tanto lontana dall’essere portata a compimento.
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KLAUS HERBERS FONDAZIONE PIO XI PER LO STUDIO DEI DOCUMENTI PONTIFICI
RAPPORTO PER L’ANNO 2010 1. Sezione di Gottinga Nell’ambito del progetto “Documenti pontifici dell’alto medioevo e del medioevo centrale”, finanziato dall’Unione delle Accademie ed iniziato nel febbraio 2007, durante l’anno oggetto di questo rapporto sono stati impiegati i seguenti ricercatori: nella Sezione di Gottinga il Dr. des. Daniel Berger (fino all’agosto 2010), Thomas Czerner, M.A. (fin dall’ottobre 2010) e Frank Engel, M.A., tutti e tre per l’Iberia Pontificia, assieme al Dr. Waldemar Könighaus (per la Bohemia-Moravia Pontificia e la Polonia Pontificia); nella Sezione di Erlangen la signora Judith Werner, M.A. ed il Dipl.Hist. Markus Schütz (per l’edizione nuova del “Jaffé”) nonché Thorsten Schlauwitz, M.A. (per l’Iberia Pontificia, l’edizione nuova del “Jaffé” ed un progetto di digitalizzazione). In entrambe le sezioni ci si è valsi anche della collaborazione di alcuni studenti con funzioni ausiliarie della ricerca (studentische Hilfskräfte). Dal 9 al 10 luglio 2010 a Lisbona, presso il Centro de Estudos de História Religiosa dell’Universidade Católica Portuguesa, si è svolto un convegno internazionale dal titolo “Limiti del potere papale. Spazi dell’azione pontificia. Legati – giudici delegati – limiti”, organizzato dallo stesso Centro, dal progetto delle Accademie e dal progetto spagnolo El Pontificado Romano: relaciones con el Noroeste Peninsular y bases documentales para su estudio hasta el año 1198. Le relazioni verranno pubblicate nella collana “Abhandlungen” dell’Accademia di Gottinga. In precedenza, tra il 3 ed il 5 dicembre 2009, si era tenuta una riunione ad Oporto dedicata alla preparazione del convegno ed alle modalità dell’ulteriore collaborazione tedesco-iberica. La signora Andrea Birnstiel (Sezione di Gottinga) ha proseguito nel lavoro alla collezione “Papsturkunden aus Drucken”. In particolare ha esaminato il materiale, ha inserito ulteriori documenti e aggiornato l’apposita banca dati (“Papsturkunden. Anfänge bis 1198”). Al momento, la collezione contiene materiali relativi a 7.948 documenti pontifici (stato del 30
Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVII, Città del Vaticano 2010, pp. 281-292.
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settembre 2010). Inoltre la collezione fotografica della Sezione di Gottinga è stata trasferita e archiviata negli armadi metallici acquisiti nel dicembre 2009. È stata altresì inserita in una nuova banca dati (“Photosammlung”). Sia nella banca dati sia nella raccolta stessa si trovano rimandi anche a materiali di altre collezioni della Sezione. Parallelamente al trasferimento ed alla registrazione elettronica, la collezione fotografica si è arricchita di alcune aggiunte. Durante l’anno in esame la sezione di Gottinga si è valsa della collaborazione dei seguenti studiosi: nel dicembre 2009 il Dr. Joachim Dahlhaus (Eppelheim), nel giugno 2010 la signora Claudia Alraum, M. A. ed il signor Andreas Holndonner (tutti e due di Erlangen) e nell’ottobre 2010 il Prof. Dr. Rudolf Hiestand (Düsseldorf). 2. Italia Pontificia Il Prof. Raffaello Volpini (Roma) non ha presentato alcuna relazione. 3. Germania Pontificia Vol. VIII (diocesi di Lüttich [Liegi]): durante l’anno in esame, gli studi del Dr. Wolfgang Peters (Colonia) si sono incentrati sull’abbazia di StabloMalmedy. Dopo una prima fase di orientamento è apparso chiaro che i regesti relativi ai privilegi papali dei secoli X e XI richiedono accurati studi preliminari, che l’autore spera di poter concludere durante quest’anno e nel corso del prossimo. Si pensa a contributi di minore estensione che verranno pubblicati in riviste specializzate. Vol. XI (diocesi di Toul): durante l’anno in esame, il Dr. Joachim Dahlhaus (Eppelheim) è stato incaricato del volume di regesti relativi alla diocesi di Toul. Finora ha esaminato soprattutto i materiali che il Segretario gli ha affidato. Inoltre si è impegnato a cercare e rintracciare ulteriori fonti e titoli bibliografici. Vol. XII (Arcidiocesi di Magdeburgo): il Dr. Jürgen Simon (Amburgo) non ha presentato alcuna relazione. Vol. XIII (Regnum et Imperium): il Prof. Dr. Hans H. Kaminsky (Gießen) ha continuato gli studi bibliografici. Vol. XIV (Supplementum I): fin dalla primavera 2010 il signor Hiestand ha dedicato il suo lavoro al completamento del volume, cioè alla compilazione delle narrationes dei nuovi lemmi, il cui numero ammonta a circa 50 unità. Le connesse ricerche bibliografiche e l’effettivo rinvenimento dei titoli ricercati hanno causato un gran dispendio di tempo, dispendio non
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sempre coronato da successo. La maggior parte delle aggiunte si riferisce ai volumi Germania Pontificia I e III. Negli indici per la “Germania”, che per i volumi esistenti sono già conclusi, il signor Hiestand integrerà il volume della “Bohemia”, appena saranno fissati definitivamente i numeri dei regesti e delle pagine. 4. Gallia Pontificia Dopo la rinuncia del Prof. Dr. Dieter Lohrmann (Aachen) alla direzione della “Gallia Pontificia”, questo settore è stato temporaneamente affidato al Segretario. 1. Diözesen Reims und Châlons: l’antico Segretario ha esaminato il manoscritto del Dr. Ludwig Falkenstein (Aachen), relativo agli arcivescovi di Reims. Il volume apparirà nella collana “Studien und Dokumente zur Gallia Pontificia”, e, dopo che il sig. Falkenstein avrà inserito le correzioni risultanti da quel controllo, verrà preparato per la stampa dal Prof. Dr. Rolf Große (Paris/Heidelberg). 2. Diocesi di Parigi: nel periodo oggetto di questo rapporto il sig. Große ha apportato integrazioni al decimo volume delle Papsturkunden in Frankreich, sia nella parte relativa alle edizioni, sia in quella contenente il rapporto archivistico. Inoltre ha avviato la stampa del vol. 7 di Studien und Dokumente zur Gallia Pontificia e ha intrapreso i primi passi per l’organizzazione della prossima Tavola rotonda. Oltre a ciò, ha illustrato il progetto ad una classe dell’École des chartes e l’ha anche presentato a studenti dell’Università di Paris 8. Ha avuto diversi colloqui nei quali ha illustrato la ristrutturazione del progetto e l’allestimento di una piattaforma digitale. 3. Diocesi di Langres (Prof. Benoît Chauvin, Devecey): non è pervenuto alcun rapporto. 4. Diocesi di Thérouanne, Abtei Saint-Bertin (Prof. Laurent Morelle, Paris): non è pervenuto alcun rapporto. I/1: Arcidiocesi di Besançon: disponiamo del volume uscito nel 1998. – I/2: Suffraganee: in considerazione della sua età avanzata, P. Bernard de Vregille (Lyon) ha restituito le parti del volume da lui curate segnalando che i suoi manoscritti per la diocesi di Belley e la sezione “Besançon-Supplément” sono pronti già da tempo. Quanto alle diocesi di Losanna (Prof. Jean-Daniel Morerod, Neuchâtel) e di Basilea (Archivdirektoren Jean-Luc Eichenlaub, Colmar, und Jean-Claude Rebetez, Porrentruy/Pruntrut), non è pervenuto alcun rapporto. II/1: Arcidiocesi di Lione (Prof. Michel Rubellin/Prof. Denyse Riche): non è pervenuto alcun rapporto. – II/2: Suffraganee di Lione, in particolare
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la diocesi di Mâcon con l’abbazia di Cluny (Dr. Franz Neiske, Münster): nel suo rapporto, il collaboratore ha rinviato ai documenti dell’abbazia consultabili online (Cartae Cluniacenses Electronicae). Anche il sig. Gérard Moyse (Dijon) non ha riferito di progressi nel suo lavoro al volume di regesti. III/1: Arcidiocesi di Vienne: disponiamo del volume uscito nel 2006. – III/2: Suffraganee di Vienne: nel corso dell’anno oggetto del presente rapporto, la Dr. Beate Schilling (Monaco) è stata impegnata soprattutto nella stesura di saggi (tra i quali uno sui Certosini, letto all’ultima Tavola rotonda). Inoltre, si è dedicata ai circa 50 regesti che riguardano i vescovi di Valence a partire dalla seconda metà del secolo XI. Questo lavoro e i pochi regesti che riguardano i conventi cittadini minori di Valence (Saint-Victor, Saint-Vincent, Saint-Pierre du Bourg-lès-Valence, Saint-Félix-lès-Valence) verranno terminati entro l’inizio di novembre, quando inizierà un viaggio di studio in alcuni archivi, durante il quale la signora Schilling prenderà parte alla Journée d’études in Valence a Saint-Ruf. Lì ella conta di avere uno scambio di opinioni su Saint-Ruf con alcuni colleghi. Le sezioni sui monasteri cistercensi della diocesi (Vernaison e Léonce) sono state completate già nel 2005/2006 insieme alle introduzioni storiche ed alle bibliografie. Rimane l’esame dei documenti d’archivio, che verrà da lei svolto nel corso del suo soggiorno a Valence. Spera di concludere, almeno provvisoriamente, il lemma relativo ad un più antico monastero benedettino fuori della città (Saou) con solo pochi regesti, unitamente ai conventi cittadini, prima di iniziare quel viaggio. Dal maggio/giugno la signora Dagmar Hutter, della cattedra di Erlangen, collabora con lei in maniera molto competente. La signora Hutter ha già letto e corretto la maggior parte del manoscritto relativo a Grenoble. La diocesi di Valence dovrebbe essere terminata nel corso dell’inverno. Seguirà, poi, il lavoro alle diocesi di Die e Viviers. Tra un anno si renderà necessario un altro viaggio di studio negli archivi della regione. IV/1-2: Arcidiocesi di Arles e suffraganee: il libero docente Dr. Stefan Weiß (Vechta) scrive di aver costantemente aggiornato, negli ultimi anni, il suo materiale, ma di non essere riuscito a portare avanti il lavoro in maniera continuativa per un periodo di tempo maggiore. VIII/1-2: Arcidiocesi di Narbona e suffraganee: la Dr. Ursula Vones-Liebenstein (Köln) ha posto al centro della sua attività di ricerca la delimitazione della provincia ecclesiastica di Narbona nei secoli XI e XII, rispetto alla provincia di Tarragona. A tale riguardo ha tenuto al già ricordato convegno di Lisbona, Das begrenzte Papsttum, una relazione nella quale si è occupata soprattutto delle diocesi di confine Elne e Maguelonne. Per redigere un saggio nell’ambito del network Zentrum und Peripherie, è stata
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costretta a sospendere temporaneamente il lavoro ai regesti del Capitolo cattedrale di Nîmes. Conta, tuttavia, di approntare entro l’anno 2011 i regesti che riguardano sia quest’ultimo Capitolo cattedrale, sia l’Abbazia di Saint-Baudile. Per gli indici della “Gallia Pontificia” Herr Hiestand ha potuto chiarire a Gottinga alcune questioni e riempire determinate lacune nell’individuazione di toponimi. In questa parte ci si dovrà, tuttavia, probabilmente accontentare di un non liquet in relazione ad un certo numero di chiese e di luoghi (circa 20). Il volume dovrebbe essere terminato verso l’inizio del 2011. 5. Anglia Pontificia La Prof. Dr. Julia Barrow (Nottingham) non ha presentato alcuna relazione. Il volume I dei Subsidia di “Anglia Pontificia”, curato dal signor Hiestand e dal Dr. Stefan Hirschmann (Colonia), è disponibile ormai anche in una versione elettronica, così che, una volta chiarite talune questioni rimaste ancora insolute, sarà possibile stamparlo rapidamente. 6. Iberia Pontificia (Direzione: Prof. Dr. Klaus Herbers, Erlangen) È continuata la cooperazione del progetto con studiosi e studiose spagnoli e portoghesi (sui periodici incontri di lavoro dei collaboratori al progetto Iberia e sulla conferenza svoltasi quest’anno cfr. anche sopra, al punto 1. Sezione di Gottinga. Diocesi di Burgos: grazie al sostegno del progetto-partner spagnolo El Pontificado Romano: relaciones con el Noroeste Peninsular y bases documentales para su estudio hasta el año 1198, nel dicembre 2009 il signor Daniel Berger poté effettuare un viaggio di studi di tre mesi in archivi di Burgos e di Madrid, nel corso del quale ha potuto concludere le necessarie ricerche archivistiche e in biblioteche (in particolare nella Biblioteca Nacional di Madrid). A seguito di questo viaggio, il corpus di regesti si è accresciuto raggiungendo il numero di 219 unità. Inoltre, gli è stato possibile chiarire ampiamente alcune questioni di tradizione che erano rimaste insolute. Nel periodo oggetto del presente rapporto si è concentrato sulla stesura delle introduzioni storiche ai 17 lemmata del volume. Di questi, il signor Berger, fino al momento in cui ha lasciato il progetto (agosto 2010), ha approntato i testi relativi a 15 istituzioni. Al Segretario è stato consegnato un manoscritto del volume, che, grazie all’aiuto congiunto del signor Frank Engel, è già stato letto e corretto in prime bozze. Esso è
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stato sottoposto all’esame del Prof. Fernando López Alsina (Santiago de Compostela); anche l’antico Segretario è stato pregato di controllarlo. Il signor Berger ha intenzione di completare quanto prima, in qualità di libero collaboratore, la stesura delle narrationes ancora mancanti, così che il volume potrà presto uscire. Diocesi di León: il Prof. Dr. Santiago Domínguez Sánchez (León) ha comunicato progressi. In questo momento sta portando a termine il catalogo dei documenti, nel quale si è tenuto conto anche dei documenti dei giudici delegati. Inoltre, ha esaminato la bibliografia della prima età moderna alla ricerca di informazioni rilevanti sui contatti con i papi ottenendo, però, scarsi risultati. Attualmente è impegnato alla redazione delle introduzioni. Arcidiocesi di Compostela: nell’anno oggetto di questo rapporto il lavoro ha potuto essere portato avanti dal Segretario solo in misura limitata. – Suffraganee: il Prof. Dr. José Luis Martín Martín (Salamanca) ha proseguito il lavoro alle diocesi suffraganee meridionali di Compostela (Salamanca, Ciudad Rodrigo, Coria, Badajoz e Plasencia) tentando soprattutto di rintracciare i deperdita. A tale scopo ha iniziato a sfruttare i cataloghi, gli inventari e altre menzioni di documenti nel periodo compreso tra il sec. XVI ed il sec. XIX. Per meglio determinare l’appartenenza di istituzioni destinatarie di documenti ad una diocesi, ha studiato a fondo la linea di confine tra le diocesi e ne ha riferito in una relazione tenuta al convegno di Lisbona nel luglio del 2010. La preparazione del volume di regesti si è potutta avvalere della nuova edizione dei documenti dell’Archivio della cattedrale e diocesano di Salamanca, a suo tempo curata soprattutto da Martín Martín (prima edizione: 1997). Diocesi di Ávila: nel periodo oggetto di questo rapporto il sig. Frank Engel ha proseguito nello studio delle fonti edite e della bibliografia in relazione ai contatti nella diocesi di Ávila con i pontefici. Il numero delle minute di regesti relativi a questa diocesi ammonta a quasi 140 unità. In parecchi casi l’esame di pubblicazioni ha aiutato a individuare indicazioni erronee oppure a rintracciare semplicemente ulteriori edizioni e regesti di documenti già noti; inoltre anche numerose “extravagantes” per altre diocesi iberiche e per gli ordini religiosi cavallereschi; il loro numero ammonta a oltre 200 unità. La redazione ed il commento ai regesti relativi ad Ávila sono già parecchio avanti. Delle introduzioni storiche è da stendere ancora quella relativa al lemma “Episcopatus”, per la quale vi sono tuttavia già minute. Tutti i “lavori in corso” nel manoscritto del volume dei regesti sono dovuti alle difficoltà di reperire la bibliografia. Nell’ambito del convegno organizzato anche dai collaboratori del progetto dell’Accademia, Das begrenzte Papsttum (Lisbona 9-10.7.2010) il sig. Engel ha presentato una prima interpretazione dei risultati del suo lavoro, in particolare
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circa la giurisdizione delegata nella diocesi di Ávila. Il 18 settembre 1010, al 6. Workshops Historische Spanienforschung (Kochel am See) ha riferito sullo stato e le prospettive della “Iberia Pontificia”. Arcidiocesi di Tarragona: nell’anno oggetto di questo rapporto il Prof. Dr. Ludwig Vones (Köln) è riuscito a portare avanti il suo progetto solo in misura molto limitata. Portugalia Pontificia (Prof. Dr. Maria Cristina Almeida e Cunha, Porto): non è pervenuto alcun rapporto. Note dagli archivi spagnoli: anche quest’anno l’attività del sig. Thorsten Schlauwitz si è concentrata sulle trascrizioni delle note rinvenute negli archivi e nelle biblioteche spagnole. Tutti i fascicoli sono stati trascritti e corretti da collaboratori. Il sig. Schlauwitz si è impegnato a fare un ulteriore giro di correzioni. Le informazioni ricavate dai fascicoli trascritti sono state immesse in una banca dati, assieme ai rinvii alle segnature di ognuna delle note e inoltre — qualora presenti — alle segnature archivistiche. Oltre a ciò, la banca dati è stata integrata della funzione di allegare ai rispettivi dati digitalizzazioni di edizioni e facsimili tratti da pubblicazioni spagnole. Ciò è finalizzato per offrire da un lato un efficiente strumento ai collaboratori della “Iberia Pontificia”, dall’altro una visione d’insieme sulla qualità delle edizioni finora apparse, per poter meglio decidere in merito ad una pubblicazione delle trascrizioni di documenti presenti nelle note. Fino ad ora sono state fatte e collegate 565 digitalizzazioni relative a 406 documenti pontifici spagnoli. Si è, altresì, messa insieme una banca dati bibliografica (Citavi) contenente a oggi 786 titoli, anch’essa a disposizione dei collaboratori. 7. Scandinavia Pontificia Il Prof. Dr. Anders Winroth (New Haven) ha comunicato solo progressi lenti nella preparazione del suo volume. Durante l’anno in esame ha potuto scrivere solo un breve intervento relativo a JL. 7625 con una ristampa delle litterae provenienti dalla rarissima editio princeps del 1642, contributo che verrà pubblicato nel Bulletin of Medieval Canon Law del 2010. Inoltre ha presieduto una sezione del convegno Die Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation der Ordnungen im mittelalterlichen Europa. Zentralität: Papsttum und Orden im Europa des 12. und 13. Jahrhunderts, che nel mese di giugno si è tenuto a Villa Vigoni. 8. Polonia Pontificia Il signor Waldemar Könighaus si è applicato al volume “Polonia Ponti-
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ficia”, dedicandosi per prima cosa alla diocesi di Breslavia. Ha già potuto svolgere alcuni studi preparatori sulla diocesi e sui conventi cittadini di canonici regolari, quelli cioè di S. Maria “auf dem Sande” (Canonici regolari di S. Agostino) e di S. Vincenzo (Premostratensi). Durante un viaggio negli archivi e nelle biblioteche di Varsavia nel mese di settembre 2010 ha consultato i privilegi papali per la diocesi di Wáocáawek/Leslau e del convento di Czerwiñsk (Canonici regolari di S. Agostino); fra l’altro, ne ha rintracciato parecchie copie medievali e della prima età moderna. In un prossimo futuro le ricerche si estenderanno alle diocesi di Cracovia e Páock, includendone i monasteri.
9. Bohemia-Moravia Pontificia Durante l’anno in esame il signor Könighaus ha integrato le aggiunte e correzioni già apportate dal signor Hiestand e dal Prof. Dr. Werner Maleczek, Vienna, al manoscritto della “Bohemia-Moravia” ed ha completato il volume. Tutti i dettagli tecnici della stampa sono stati chiariti con la casa editrice Vandenhoeck & Ruprecht in parecchi colloqui durante l’estate, così che il signor Könighaus ha potuto approntare per la stampa un manoscritto servendosi del programma “InDesign”. Nel frattempo tale manoscritto è stato consegnato alla casa editrice, e la pubblicazione del volume è prevista per il mese di gennaio 2011. In primavera si terrà una presentazione del volume a Praga. Inoltre il signor Könighaus ha tenuto una relazione dal titolo Die Päpste und die Klöster Ostmitteleuropas (I pontefici ed i monasteri dell’Europa centro-orientale) al convegno svoltosi a Villa Vigoni sopra ricordato. All’inizio del mese di settembre 2010 il signor Könighaus ha presentato il progetto “Bohemia-Moravia Pontificia” nell’ambito del convegno Pontes ad fontes a Brno/ Brünn.
10. Hungaria Pontificia (direzione: Prof. Dr. Werner Maleczek, Vienna) Il signor Zsolt Hunyadi, PhD (Szeged) non ha presentato alcuna relazione.
11. Dalmatia-Croatia Pontificia (direzione: Prof. Dr. Werner Maleczek, Vienna) Il Dr. Stjepan Razum (Zagreb) non ha presentato alcuna relazione.
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12. Africa Pontificia Il Prof. Dr. Peter Segl (Pfaffenhofen a. d. Ilm) non ha presentato alcuna relazione. 13. Oriens Pontificius I. Patriarchatus Hierosolymitanus et Antiochenus Il signor Hiestand, con l’aiuto della signora Anne Kemmerich, ha potuto continuare le ricerche bibliografiche per l’“Oriens”. II. Domus fratrum Hospitalis et domus militiae Templi A causa di inderogabili impegni universitari, il Prof. Dr. Jochen Burgtorf (Fullerton, USA) ha dato il suo contributo al progetto solo nei limiti di alcune ricerche bibliografiche. Durante l’anno in esame ha pubblicato lo studio The Debate on the Trial of the Templars (1307-1314), ed. Jochen Burgtorf, Paul F. Crawford, and Helen J. Nicholson, editorial board: Malcolm Barber, Peter Edbury, Alan Forey, and Anthony Luttrell, Aldershot 2010. 14. Nuova edizione del Jaffé Presso la sede di Erlangen del progetto dell’Accademia la signora Judith Werner e i signori Markus Schütz e (fino a fine dicembre 2009) Thorsten Schlauwitz hanno continuato il lavoro alla terza edizione dei “Regesta Pontificum Romanorum”. I. Parte 1: 33-844 Per il primo volume, che giunge all’anno 844, sono pronti i regesti fino al 604. I restanti regesti fino all’844 sono in fase di revisione e correzione. Nel corso del nuovo lavoro bibliografico sui regesti si è provveduto a correggere rinvii erronei contenuti nella seconda edizione di Jaffé e datazioni incongruenti ricavate da diversi volumi dei regesti, e si è tenuto conto di più recenti edizioni degli scritti indirizzati al papa. Il completamento del primo volume, che poi dovrà essere controllato, è previsto per la fine del 2010. I regesti fino ad ora terminati (circa 3.100 di numero) sono stati esaminati e corretti dal sig. Könighaus. Altre 190 pagine, ovvero circa 1.250 regesti, rimangono da controllare; di questi, fino ad ora hanno potuto essere corretti tutti i regesti fino al pontificato di Vigilio (circa 900 pezzi).
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II. Parte 2: 844-1073 Nell’agosto del 2009 la signora Werner ha iniziato il lavoro alla seconda parte della nuova edizione di Jaffé, che copre gli anni 844-1073. Per i periodi dall’844 all’855 (Sergio II e Benedetto III) 911-1024 (Anastasio III fino a Benedetto VIII), e 1024-1046 (Giovanni XIX fino a Gregorio VI), disponiamo già con i “Regesta Imperii”-Teilbänden I 4,2 di Klaus Herbers (1999), II 5 di Harald Zimmermann (1998) e III 5 di Karl Augustin Frech (2006), di tre volumi di regesti relativamente aggiornati, dai quali circa 2050 regesti si sono potuti inserire nella banca dati. Tali regesti devono ancora, in parte, essere integrati della versione latina del regesto breve e del commento sul loro contenuto. Le ampie indicazioni bibliografiche dei volumi di “Regesta Imperii” sono state già ridotte alla più aggiornata edizione critica attinente e ad eventuali edizioni in Mansi, Migne, o nelle serie dei MGH. Anche per il periodo dall’858 all’867 (Niccolò I) apparità a breve un volume dei “Regesta Imperii”, dal quale circa 440 regesti saranno inseriti nella banca dati Per gli anni dall’867 al 911 (Adriano II fino a Sergio III) sono stati inseriti nella banca dati circa 800 regesti ricavati da Jaffé/Ewald, ovvero Jaffé/ Löwenfeld, nonché dai due volumi di edizione dei documenti pontifici di Harald Zimmermann (1984/85), che coprono il periodo dall’896 al 1046. Per questi regesti, in particolare per il periodo dall’867 all’896, deve soprattutto essere aggiunta la bibliografia aggiornata. Inoltre, si avranno per questo periodo probabilmente ancora altri regesti, soprattutto citazioni. Un’osservazione analoga vale per gli anni 1046-1073 (da Clemente II fino ad Alessandro II), per i quali un collaboratore ha già inserito nella banca dati circa 220 regesti in una prima, provvisoria versione. 15. Digitalizzazione Il signor Thorsten Schlauwitz è stato incaricato di iniziare un progetto di digitalizzazione in vista di una richiesta di finanziamento alla DFG. A questo scopo, le 27 fotografie di documenti della Sezione di Gottinga, relative al pontificato di Leone IX (1049-1054), sono state retrodigitalizzitate, con l’aiuto del Centro di digitalizzazione di Gottinga, e sono state integrate nella banca dati online già esistente. Quest’ultima è stata integrata di funzioni idonee. Sono stati inseriti nella banca dati i regesti relativi ai documenti digitalizzati, e sono state eseguite scansioni dei corrispondenti facsimili, edizioni ed ulteriori pubblicazioni di regesti. L’obiettivo è quello di riunire regesto, riproduzione in fac-simile ed edizione in una sola banca dati, al fine di chiedere, entro la fine dell’anno e insieme ad altre istituzioni, un finanziamento.
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16. Varie Dal 16 al 18 giugno 2010 si è tenuto a Villa Vigoni il convegno Die Ordnung der Kommunikation und die Kommunikation der Ordnungen im mittelalterlichen Europa. Zentralität: Papsttum und Orden im Europa des 12. und 13. Jahrhunderts, di cui il Segretario era coorganizzatore. Anche alcuni collaboratori al progetto delle Accademie e della Fondazione Pio XI vi hanno partecipato con una relazione. All’inizio del mese di settembre 2010 il signor Herbers ha presentato un rapporto sull’intero progetto al Convegno Internazionale Pontes ad fontes a Brno/ Brünn. Grazie all’aiuto della signora Anne Kemmerich il precedente Segretario ha aggiunto alla collezione di edizioni e regesti di documenti pontifici altre 800 fotocopie, nonché 20 documenti di legati; anche questi pezzi vanno ad integrare le collezioni della Sezione di Gottinga. Erlangen, nel mese di dicembre 2010
Il Segretario Klaus Herbers
In corso di stampa: Bohemia-Moravia Pontificia = Germania Pontificia V/3, congessit Waldemarus KÖNIGHAUS usus Winfriedi IRGANG schedis. Prossimi volumi da pubblicare: Erinnerung, Niederschrift, Nutzung. Das Papsttum und die Schriftlichkeit im westeuropäischen Mittelalter, hrsg. von Klaus HERBERS und Ingo FLEISCH (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen, N. F. 11 – Studien zu Papstgeschichte und Papsturkunden). Iberia Pontificia I: Dioeceses exemptae. Dioecesis Burgensis, congessit Daniel BERGER. Regesta Pontificum Romanorum ab condita ecclesia ad annum post Christum natum MCXCVIII. Tomus I (a s. Petro ad a. DCCCXLIV). Editionem tertiam correctam et auctam auspiciis Nicolai HERBERS curavit Marcus SCHÜTZ cooperantibus Catharina KORN, Cornelia SCHERER et Thorstano SCHLAUWITZ. Anglia Pontificia – Subsidia I: Pars I-III. Lanfranci Cantuariensis archiepiscopi, S. Anselmi Cantuariensis archiepiscopi, Gilberti Foliot Gloecestriae abbatis et Herefordensis, dein Londoniensis episcopi epistolae, congesserunt Rudolfus HIESTAND et Stephanus HIRSCHMANN.
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Germania Pontificia XIV: Supplementum I, congessit Rudolfus HIESTAND.
Chronologisches Gesamtverzeichnis für ,Italia‘ und ‚Germania Pontificia‘, zusammengestellt von Rudolf HIESTAND und Mitarbeitern (erscheint in der Reihe MGH Hilfsmittel).
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INDICE DEI MANOSCRITTI E DELLE FONTI ARCHIVISTICHE
Amsterdam, Universiteitsbibliotheek I C 47
111
Avignon, Bibliothèque municipale Ms. 133 240; 253 tav. VIIa Bayrût, Jafet Library, American University of Beirut MS 185.1 158 Blackburn, Museum and Art Gallery Hart 20918 241, 242; 254 tav. VIII Cava dei Tirreni, Abbazia ms. 22 ms. 23
11 11
Chantilly, Musée Condé Ms. 564 242, 243; 257 tav. XI Charleville, Bibliothèque municipale 206
111
Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano Segr. Stato, Affari Eccl. Straord., Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 294 P.O., f. 27 18 Segr. Stato, Affari Eccl. Straord., Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 430 P.O., f. 355 20 Segr. Stato, Affari Eccl. Straord., Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 575 P.O., f. 606 26 Segr. Stato, Affari Eccl. Straord., Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 858 P.O., f. 554 22 Segr. Stato, Affari Eccl. Straord., Stati ecclesiastici, IV periodo (1922-1939), Pos. 954 P.O., f. 641 23 – Biblioteca Apostolica Vaticana Arch. Salviati 1-554 32-90 Barb. gr. 527 165-186 Borg. lat. 406 209 Capp. Giulia XVI.1 233, 234 Capp. Giulia XIV.4 233, 234; 245 tav. I Capp. Giulia XIV.5 233, 234
Capp. Sist. 1-269 193 Capp. Sist. 270-703 193 Carteggi del card. Giovanni Mercati, cont. 55, an. 1938 25 Chig. C.V.117 103, 113-120 Ott. lat. 62 236 Ott. lat. 451 209 Pal. lat. 1071 12 Raineri 230 121-126 Reg. lat. 11 191 Reg. lat. 21 107-108 Reg. lat. 119 103, 104-113, 118-120 Reg. lat. 316 191 Ross. 379 11 Vat. ar. 104 128; 163 tav. I Vat. ar. 117 128; 164 tav. II Vat. ar. 178 139 Vat. gr. 1212 166 Vat. gr. 1246 166 Vat. lat. 742 205 Vat. lat. 1145-1156 195 Vat. lat. 1592 7-14; tav. I Vat. lat. 2156 205; 225 tav. II Vat. lat. 2162 205; 225 tav. III Vat. lat. 2632 205 Vat. lat. 2663 207 Vat. lat. 3261 12 Vat. lat. 3747 196, 209, 213, 241, 243; 255 tav. IX Vat. lat. 4726-4774 191-223 Vat. lat. 4726 192, 201, 203 Vat. lat. 4727 192, 201, 207, 208 Vat. lat. 4728-4730 202, 208-209 Vat. lat. 4728 192, 209-212, 213, 220, 220, 221, 222 Vat. lat. 4729 202, 206-208, 212-220, 222; 226 tav. IV; 227 tav. IVa; 228 tav. IVb; 229 tav. V; 230 tav. VI Vat. lat. 4730 220-222 Vat. lat. 4731-4739 192 Vat. lat. 4731 202-206; 224 tav. I; 225 tav. Ia, Ib Vat. lat. 4732 203 Vat. lat. 4733 203
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294
INDICE DEI MANOSCRITTI
Vat. lat. 4734 203 Vat. lat. 4735 203 Vat. lat. 4736 203 Vat. lat. 4737 203 Vat. lat. 4738 203 Vat. lat. 4739 203 Vat. lat. 4741 192, 203 Vat. lat. 4764 236, 237; 250 tav. V Vat. lat. 4765 236, 237 Vat. lat. 4766 236; 249 tav. IV Vat. lat. 4767 236 Vat. lat. 6770 10 Vat. lat. 7123 201 Vat. lat. 7138 112 Vat. lat. 8171 112 Vat. lat. 10685 192 Vat. lat. 11134 192 Vat. lat. 13191 192 Vat. lat. 14666-15203 193 Vat. lat. 14701 238, 239; 251 tav. VIa Vat. lat. 15384 192, 193 Vat. lat. 15349 (5) [già Sala Cons. Mss. 305 rosso] 201 Collegeville [Minnesota], Ethiopic Manuscript Microfilm Library (EMML) 12 121, 122, 124 1194 121, 122, 124 2375 121, 122, 124 Firenze, Archivio di Stato Carte Strozziane, ser. I – Biblioteca Medicea Laurenziana Or. 426 Plut. 22 dex. 5
31 158 118
– Biblioteca Nazionale Conv. Soppr. G I 2859 Conv. Soppr. F VII 339
118 118
– Biblioteca Riccardiana Ricc. 377
220
Guardiagrele, Collegiata di S. Maria Maggiore Mss. I-IX (corali) 237, 238 Innsbruck, Universitätsbibliothek 409
108
Lisboa, Arquivo Nacional da Torre do Tombo, Santa Maria de Alcàçova de Santarém M° 13, Doc. 250 246 tav. IIa
London, British Library Oriental 786 Oriental 8192 P. Lond. 46
121, 122, 124 121 165
Los Angeles, Getty Museum Ms. 34
242, 243
Lucca, Accademia lucchese di scienze, tere e arti Archivio storico, Tit. I/V, Corrispondenza con i soci dell’Accademia (1938), n. 90 Archivio storico, Tit. II, Atti ufficiali, f. Inaugurazione nuovi locali 1937-1938 Archivio storico, Registro di protocollo, Corrispondenza in partenza (12.10.1938) Mainz, Stadtbibliothek I 231
let-
24
26
24
108
Mantova, Accademia Nazionale Virgiliana Archivio del Novecento, Tit. I/2/1, Censimento degli accademici di razza ebraica 16-17, 19 Archivio del Novecento, Tit. IV, 6/4c, Lettere laudative, notizie, recensioni che riguardano l’opera Vergilius 18 Archivio del Novecento, Registro di protocollo, anno 1938, n. 247 17 Montecassino, Archivio dell’Abbazia Ms. 538
236
Montpellier, Bibliothèque universitaire Sec. Méd., H 132 111 Narbonne, Bibliothèque capitulaire s.n.
235
New Haven, Yale University Library Marston 45
111
Paris, Bibliothèque de l’Arsenal 1086
111
– Bibliothèque nationale de France Abbadie 80 121, 122, 124 arabe 25 128 arabe 202 128 lat. 1700A 104
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INDICE DEI MANOSCRITTI
lat. 1773 lat. 1788 lat. 1919 lat. 2319 lat. 2333 lat. 2334 lat. 3800A lat. 5270 lat. 5272 lat. 5273 lat. 5337 lat. 5345 lat. 5358 lat. 5369 lat. 7647 lat. 8541 lat. 8616 lat. 12583 lat. 13417 lat. 14366
104 104 112 104 104 104 104 104 104 104 104 104 104 104 116 111 111 119 103, 104, 110, 115, 118-120 114
– Bibliothèque Sainte-Geneviève Ms. 143 234; 247 tav. IIb Pisa, Bibliotheca Cathariniana ms. 82 ms. 92
117 118
– Scuola Normale Superiore Arch. Salviati, fil. 72 caps. 74
30
Pistoia, Archivio Capitolare C. 71 C. 72
118 118
Roma, Archivio Centrale dello Stato Ministero dell’Interno, Direzione Generale Demografia e Razza, Fascicoli personali, b. 150, f. Benemerenze 9365, Norsa Gino 16 Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Divisione Polizia Politica, Fascicoli personali, b. 982, f. Pellegrinetti Mons. Ermenegildo 27 Ministero Pubblica Istruzione, Direzione generale Accademie e Biblioteche (1926-1948), b. 115, f. Lucca. Reale Accademia lucchese di scienze, lettere e arti 24, 27 Ministero Pubblica Istruzione, Direzione generale Accademie e Biblioteche (1926-1948), b. 115, f.
295
Mantova. Reale Accademia Virgiliana 15, 17 Ministero Pubblica Istruzione, Direzione generale Accademie e Biblioteche (1926-1948), b. 115, f. Milano. Reale Istituto lombardo di scienze e lettere 23 Ministero Pubblica Istruzione, Direzione generale Accademie e Biblioteche (1926-1948), b. 126, f. Urbino. Regia Accademia Raffaello 28 – Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II Sess. 20 239; 252 tav. VIb Salerno, Museo diocesano Exultet
10-11
Sankt-Peterburg, Gosudarstvennyj Ermitaà. Biblioteka ORr-23 241, 242, 243; 256 tav. X Sinai, ̫͍͋Ӏ͑͏قѡ́̽̿͏̠͈͎҄̿͑̓̽͋ͅ͏ arab. 589 gr. 491
130 168
Soissons, Bibliothèque municipale 123 II
111
St. Gallen, Kantonsbibliothek VadSlg ms. 317
109
Torino, Biblioteca Nazionale e Universitaria D.I.21 239, 240; 253 tav. VIIb Venezia. Biblioteca Marciana Marc. gr. Z. 178 = 597 – Fondazione Cini n. inv. 70
10 235
Veroli, Biblioteca Giovardiana Ms. 10 235; 248 tav. III Wâdí an-Naýrûn [Egitto], Dayr al-Suryân Mayâmir 212 (olim Lâhût 80) 158 – Dayr Anbâ Maqâr 391 (Hagiogr. 25)
130
Williamstown (Mass.), Willliam College Chapin Library 18 118
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TIPOGRAFIA VATICANA
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