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Italian Pages 1034 Year 2019
LE LETTERE DI SAN PAOLO a cura
di
ALESSANDRO BIANCALANI
e
BENEDETTO Rossi
LE LETTERE DI SAN PAOLO a cura
di
ALEssANDRO BIANCALANI
e
BENEDETTO Rossi
VoLUME l
Nuova traduzione e commento di ALESSANDRO BIANCALANI GIOVANNA CHELI CESARE MARCHESELLI-CASALE PIER GIORGIO PAOLINI BENEDETTO Rossi STEFANO TAROCCHI
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1925
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CITIÀNUOVA
© 2019 Edizioni Cantagalli S.r.l. - Siena Città Nuova Editrice - Roma In copertina: Vittore Carpaccio, San Paolo stigmatizzato (1520) Olio su tela, Chiesa di San Domenico, Chioggia Grafica di copertina: Rinaldo Maria Chiesa Finito di stampare nel mese di febbraio 2019
dalla tipografia Arti Grafiche La Moderna, Guidonia (Roma) ISBN 978-88-311-0750-1
SOMMARIO
VoLUME
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PREFAZIONE
7
INTRODUZIONE GENERALE
9 105 127 375
LE LETTERE AI C ORINTI PRIMA LETTERA AI CORINTI SECONDA LETTERA AI CoRINTI
a cura di Alessandro Bianca/ani 533
LA LETTE RA AI GALATI
a cura di Benedetto Rossi 701
LA LETTERA AI ROMANI
a cura di Benedetto Rossi ***
VOLUME2 LE LETTERE AI TESSALONICESI PRIMA LETI'ERA AI TESSALONICESI SECONDA LEITERA AI TESSALONICESI
1039 1057 1139
a cura di Giovanna Cheti LE LETTERE DELLA PRIGIONIA LETI'ERA AI FILIPPESI LETI'ERA A FILEMONE LE1"fERA AI CowssESI LETTERA AGLI EFESINI
1191 1195 1237 1247 1285
a cura di Stefano Tarocchi 5
SoMMARIO LE LETTERE PASTORALI PRIMA LETIERA A TIMOTEO LETIERA A TITo SECONDA LETIERA A TIMOTEO
1361 1367 1521 1595
a cura di Cesare Marcheselli-Casale LA LETTERA AGLI EBREI
1689
a cura di Pier Giorgio Paolini BIBLIOGRAFIA
1853
INDICE ANALITICO
1927
INDICE GENERALE
1997
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PREFAZIONE di Romano Penna
Non c'è che da compiacersi davanti a una nuova edizione delle Lettere dell'Apostolo Paolo, tanto più se sono accompagnate da un commento misurato ma appropriato come in questo caso. L'impor tante è che esse vengano conosciute, così da oltrepassare l'immagine quasi esclusivamente narrativa che di lui ci tramanda Luca negli Atti degli Apostoli senza neppure menzionare i suoi scritti epistolari. Non è un caso se la tradizione iconografica più antica rappre senta Paolo con in mano, non la spada (come si farà in seguito per ricordare il suo martirio) , ma il volume delle sue Lettere sotto forma o di rotolo o di codice. In effetti, la grandezza di Paolo si può particolarmente misurare, oltre che dal suo instancabile impegno missionario, da quanto egli compose e comunicò nelle sue Lettere, primo scrittore cristiano a parlare di evangelo. È soprattutto lì che noi possiamo renderei conto della forza efficace, non solo del suo pensiero, ma pure del contenuto stesso dell'annuncio �angelico, che dell'impegno apostolico sta a monte e lo spiega. Esse restano perciò un faro luminoso e una fonte sempre attingibile e anzi ne cessaria per un'approfondita riflessione della chiesa di tutti i tem pi, poiché, come scrive sant'Agostino, «se la fede non è pensata, è nulla». È vero che, come opportunamente un commentatore ebbe a scrivere a proposito dell'Apostolo, «non la chiarezza è il suo cari� sma, bensì la novità e la densità [ ] Egli è sempre "per strada" [ ] Il suo compito è di aprire nuove vie dappertutto, lasciando ad altri le vie normali; naturalmente egli risolve non pochi problemi, ma al contempo ne suscita altrettanti». Ecco perché aveva ragione uno studioso delle origini cristiane a sostenere paradossalmente che ca pisce meglio Paolo chi non lo conosce affatto di chi lo conosce solo a metà! L'importante dunque è scavare questi scritti per ricavarne . . .
. . .
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RoMANO PENNA
tutta la linfa vitale che essi possono fornire. Una cosa è sicura: Pa olo non è uno scrittore per bambini ma per adulti, come riconosce apertamente un nostro grande scrittore quale Mario Luzi, secondo cui Paolo inaugura il sentimento tutto moderno dello scandalo del la fede. Certamente chi ha la pazienza di leggerlo e si sforza di capir lo, magari con caparbietà e soprattutto con disponibilità interiore, ne resta ampiamente ripagato: infatti, come già ebbe ad ammettere Lutero nel secolo XVI, è come se si aprissero per lui le porte del paradiso! Resta il fatto che le Lettere paoline, tutt'altro che esercizi di reto rica, sono mezzi di comunicazione talmente vivi che in esse si riflet tono in termini quanto mai spiccati tanto l'esuberante personalità del mittente, quanto la variegata situazione delle chiese destinatarie. Anche il lettore odierno, soprattutto cristiano, ne otterrà il miglior beneficio se si porrà sulla loro stessa lunghezza d'onda e si lascerà trasportare dal loro impeto. Esse allora potranno assolvere alla fun zione salvifìca già delineata nel secolo IV in termini originali ·da san Giovanni Crisostomo, il quale, pur lamentandosi che queste Lettere non fossero conosciute come esse meritano, paragonava cu riosamente Paolo a N oè, con la sola differenza che l'Aposto Ìo «non assemblò degli assi e non fabbricò un'arca, ma compose delle lettere e con esse strappò dai flutti, non due o tre o cinque membri della sua famiglia, ma l'universo intero che era sul punto di naufragare». C'è quindi da congratularsi con i Curatori e gli Autori della pre sente pubblicazione, che a Paolo hanno dedicato la loro compe tenza e la loro passione evangelica. Resta solo da augurarsi che ne possano fruire quanti più lettori possibile.
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INTRODUZIONE GENERALE
Parlare dell'Apostolo delle genti ha sempre costituito, per chiun que, un avvicinamento ad una sorta di montagna sacra; un pellegri naggio del cuore e della mente, che si approssima ad un personag gio così poliedrico che, sfuggendo ad ogni schema precomprensivo, esercita una capacità di attrazione irresistibile. Consapevoli, dun que, del tragitto che intraprendiamo, con la presente introduzione vogliamo offrire uno sguardo d'insieme riguardo alla figura dell'apo stolo Paolo. Essa prende le mosse dall'opera di copertina scelta per caratterizzare questa traduzione: è un'opera singolare, non sempre conosciuta, che lascia facilmente interrogare colui che vi si trova di fronte, perché in effetti è un ottimo esempio di interpretazione paolina. Il «San Paolo stigmatizzato», tela di Vittore Carpaccio1, datata 1 520, ci offre diverse suggestioni per introdurre e presentare l'Apostolo. L'Autore propone una sua particolare interpretazione di un uomo la cui vita, parole e opere, si staglia nel I sec d.C. come figura dirompente nella società e cultura mediterranea. Nel quadro l'Autore lò ritrae avvolto nel manto purpureo, che orienta lo sguar do di chi osserva, verso il suo busto statuario, eretto sulla scena. Una scena reale, cesellata da particolari, che tradiscono la partecipazione 1 Vittore Carpaccio, detto talvolta anche Vittorio ( 1 465 circa - 1 525-1 526), è stato un pittore italiano. Fu uno dei protagonisti della produzione di teleri a Venezia a cavallo tra il XV e il XVI secolo, divenendo forse il miglior testimo ne della vita, dei costumi e dell'aspetto straordinario della Serenissima in quegli anni.. Come altri grandi maestri italiani della sua generazione (Perugino, Luca Signorelli, Andrea Mantegna), dopo un periodo di fastosi successi visse una crisi poco dopo lo scoccare del XVI secolo per le difficoltà ad assimilare gli apporti rivoluzionari e moderni dei nuovi grandi (Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raf faello, Giorgione e Tiziano) . Visse gli ultimi anni relegato in provincia, dove il suo stile ormai attardato trovava ancora ammiratori. 9
ALEssANDRO BIANCALANI
affettiva dell'Autore. La figura di Paolo emerge con note che sono singolari nella sua iconografia: egli ha un crocifisso infisso nel pet to, e lo sguardo che segue la croce comprende il testo, che porta nella mano sinistra. Le dita della mano tengono aperto lo scritto su due testi della Lettera ai Galati, che ben supportano la scelta della raffigurazione: Gal 2,20 e Gal 6, 1 7. I due riferimenti sintetizzano plasticamente la prospettiva dell'Apostolo: adesso egli vive solo per Cristo e l'unico suo vanto, la croce del Maestro2• Lo stesso Gesù crocifisso è orientato verso lo scritto in modo tale che lo sguardo di Paolo sia in qualche modo nella stessa pro spettiva di quello di Cristo! Nella scena campeggia la lunga spada, sproporzionata nella destra, che nel suo disequilibrio ci aiuta a fis sare lo sguardo su ciò che è essenziale: l'identificazione dello stesso sguardo! È uno sguardo cristificato, una prospettiva precisa, con la quale guardare la realtà del cammino da compiere: «Ora ·noi ab biamo il pensiero di Cristo» ( J Cor 2, 1 6) . La figura dell'Apostolo, ad un tempo severa ed austera, rende l'idea della autorità spirituale del personaggio, che si fonda e si origina nell'identificazione dello stesso sguardo di Cristo, rintracciabile negli scritti paolini: è questo un punto di arrivo dell'esperienza dell'Apostolo, vissuta in una ten sione continua verso la mèta, Cristo (cfr. Fil 3, 1 2- 1 4) . Paolo è stato per i suoi contemporanei e correligionari una pietra d'inciampo; tale caratteristica non l'ha perduta certo nel tempo, anzi, se possibile, tutt'oggi continua a dividere e far discutere. A partire da questa considerazione del tutto evidente, quanto di sostanza, riteniamo che per poterei accostare ad una lettura precisa e puntuale dell'O pera paolina occorra tenere presenti tre direttrici. Esse risulteranno essere al nostro lettore come tre parti di un trittico; per compren derne il senso pieno occorrerà tenere insieme le diverse prospettive che esse postulano. 2
Ga/ 2,20: «Vivo, ma non più io, vive Cristo in me»; Ga/ 6,1 7: «lo infatti le stigmate di Gesù porto nella mia carne>> .
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INTRODUZIONE GENERALE
Da un lato il mondo entro il quale l'Apostolo si trova: l'elemento storico-culturale non è solo il termine di paragone rispetto all'ori ginalità della sua opera, bensì il terreno dove affondano le radici della sua predicazione, vera attività centrale della sua vita, fatica alla quale si dedicherà senza posa e senza contare le possibili resistenze ideologiche o culturali alle quali dovrà far fronte. È il primo quadro del trittico dal titolo: «Il mondo del I sec d.C. : un terreno fertile per l'annuncio)) . Ci sposteremo, poi, sull'opera missionaria dell'Apostolo tenen do insieme i dati dei viaggi e le difficoltà ben conosciute agli stu diosi per una cronologia paolina, ma cercando anche di proporre semplici linee guida, per poter comprendere l'Epistolario nel suo farsi. È il secondo quadro del trittico dal titolo: «Una vita spesa per l'annuncio)). Nel terzo quadro metteremo in luce gli elementi cardine della predicazione paolina, quei punti di riferimento per poter operare una sintesi di quella che a diverso titolo è stata definita la teologia dell'apostolo Paolo, ma che a nostro giudizio possiamo più sempli cemente intendere come «Il Vangelo annunciato da Paolo)). Siamo stati guidati ad operare questa scelta da due diversi eppur simili pensieri: da un lato il rispetto per la persona dell'Apostolo Paolo, irriducibile a qualsiasi tentativo di definizione o di schema tizzazione; per contro, la passio�e che ci ha mosso nel lavoro di ricerca e di incontro con lo stesso Paolo, attraverso i suoi scritti, ci obbliga a tentare un approccio possibile perché fondato sulla consa pevolezza della non esaustività (cfr. Ef3,2-3), insieme alla certezza che davvero dalle sue parole egli emerga con tutta la sua forza di an nunciatore del Cristo (cfr. 1 Cor 7,40; 2Cor 5, 1 8- 1 9), nel suo mon do, con le parole della cultura del suo tempo (cfr. J Cor 2, 1 -2) , con la fede di un popolo scelto da Dio (cfr. Rm 1 0,4), con il coraggio di chi corre la propria corsa verso il premio (cfr. Fi/ 3, 1 2- 1 4; J Cor 9,26-27).
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ALEssANDRO BIANCALANI
PRIMO QuADRo IL MONDO DEL l SEC. D.C.: UN TERRENO FERTILE PER L'ANNUNCIO
I percorsi che presentano l'Apostolo si possono dividere in tre grandi prospettive: a) presentazioni attraverso la sua fama successiva; b) presentazioni che sottolineano i suoi ambiti di provenienza (fari saico; greco; latino); c) presentazioni che si soffermano maggiormente sul suo pensiero teologico. È di tutta evidenza che la sua formazione ed il suo pensiero teologico abbiano attratto l'attenzione dei com mentatori, nonché l'interpretazione della tradizione successiva. Per incontrare Paolo, sarà, dunque, necessario approcciarsi agli ambiti che lo hanno formato senza trascurare la sua capacità di interazione con le sollecitazioni religiose e culturali che caratterizzarono il suo percorso vitale. La questione relativa alla sua conversione, poi, è di battuta: da una parte c'è chi accentua il passaggio da ne�ico di Cristo a suo annunciatore (posizione tradizionale), dall'altra chi fa notare che i termini della conversione sono quasi del tutto assenti e che, quindi, più opportunamente, si dovrebbe parlare di compimento del suo percorso giudaico. A nostro parere sia la prima che la seconda impostazione risentono del bisogno di inserire l'Apostolo entro un quadro ermeneutico definito. Molto più semplicemente Saulo rico nobbe l'inveramento della fede dei Padri nella predicazione dei primi discepoli di Gesù, come accadde a molti farisei come lui (cfr. At 6,7), che, poi, lo difesero dinanzi allo stesso sinedrio (cfr. At 23,6.7-9), non percependo del tutto incompatibile l'aver abbracciato la messianicità espressa dal predicatore crocifisso con l'appartenenza farisaica. La vi cenda gerosolimitana di Gesù di Nazareth, al pari di altri predicatori messianici, aveva agitato il mondo giudaico suscitando sostenitori ed oppositori. Nel caso specifico del Nazareno la sua provenienza ga lilaica non lo aiutò (cfr. Gv 7,52) ed anzi unì fazioni totalmente in contrasto tra loro {cfr. Mc 3,6) . La stessa pressione esercitata sul clan di Gesù, riportataci, peraltro, dai vangeli (cfr. Mc 3,20-2 1), motiva la .
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INTRODUZIONE GENERALE
sua presa di distanza dai legami parentali (cfr. Mc 3,3 1 -35), al punto da divenire scelta che ogni suo discepolo sarà chiamato a ratificare nella sua esistenza (cfr. Le 14,25-35), con l'annessa messa in guardia dalla cerchia parentale (cfr. Mt 1 0,34-36). La questione non riguarda un rabbino che ad un certo punto decida di aderire al messianismo predicato dai discepoli di Gesù di Nazareth, ma il passaggio culturale che in lui avverrà di quell'annuncio. Paolo, infatti, incarna un trava so culturale del Cristianesimo delle origini che non avrebbe potuto essere se non fosse avvenuto all'interno della stessa tradizione giudai ca3. Infatti se il Cristianesimo fosse stato semplicemente ellenizzato sarebbe stato espressione di altro, come in effetti non poche correnti gnostiche successive faranno. Per rimanere all'interno della tradizione apostolica il passaggio culturale che si ha in Paolo di Tarso diviene luo go di risonanza (cfr. Gal2,2) della predicazione evangelica dentro (cfr. J Cor 1 5 , 1 -8), però, una prospettiva nuova4• L'impatto nella società di questo rabbino votatosi ad annunziare il compimento messianico in Gesù di Nazareth non ebbe particolare eco. Le stesse fonti degli Atti degli Apostoli e delle sue Lettere riportano ·con chiarezza uno stacco netto tra il momento in cui egli abbraccia la fede cristiana ed il momento nel quale, pubblicamente, deciderà di diventare anch'egli annunciatore del vangelo della grazia5• Non fu il fatto che egli iniziò ad annunciare il vangelo che segnò la storia della comunità apostolica (cfr. At 9,20-30); a conferma di ciò molto probabilmente nella sto ria della comunità di Gerusalemme il ruolo di Barnaba fu assai più importante di quello di Paolo6, ma il fatto che rivolgendosi ai pagani annunciò loro la «medesima parabola» della sua vita, cioè il compi mento in Gesù di Nazareth (cfr. At 1 3,32-33), non solo come messia3 Cfr. A. BIANCALANI, Versus Vitiello. Il cristianesimo di Paolo, tra tradizione ebraica e annuncio apostolico. Una provocazione accolta e rilanciata alprofessor Vi tiello, in Glaux, vol. Xl, A. Postorino (ed.), Polis Expresse, Lumières lnternatio nales, Lugano 20 14, 59- 98. 4 Cfr. Gal 1 ,7- 1 0; J Ts 2,4; Rm 2 , 16; 1 6,25; 2Tm 2 ,8. 5 Cfr. At 9,26-30; Gal 1 , 1 7- 1 8; 2 , 1 . 6 Cfr. At 4,36; 9,27; 1 1 , 1 9-26; 1 5,22.
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ALEssANDRO BIANCALANI
nismo giudaico realizzato (cfr. At 1 3,46; 2,39), ma come Signore che compie storicamente la salvezza per l'umanità in Gesù Cristo morto e risorto7• Questo annuncio avviene in un preciso tempo ed in un contesto definito: è del tutto evidente che la situazione storica e le idee che circolavano risulteranno i dati di partenza per comprendere l' espe rienza vitale dell'apostolo Paolo. I.
UNA SITUAZIONE COMPOSITA
La circolazione delle merci e delle persone, così fiorente nel I sec. d.C., favorisce quella delle idee: l'Impero romano, in effetti, è anche una cultura comune8• Non possiamo non evidenziare i risul tati che la «pax romana)), voluta sotto l'Impero augusteo9 ha portato 7 Cfr. At 1 7,30-3 1; ITs 1 ,9- 1 0; Rm 3,25; 4, 1 1 - 1 2.25; 5,1 -2.6- 1 1 . 8 I Romani riconoscono ad ogni popolo il diritto di praticare il proprio culto ancestrale. Nd caso panicolare, Cesare Augusto concesse loro le esenzioni ne cessarie per poter osservare la legge di Mosè; a condizione di non fare proseliti turbando l'ordine pubblico. Determinate usanze locali della provincia di Giudea i Romani le accettarono, fra queste il Sinedrio. In cambio i Romani pretesero pesanti imposte, che causarono malcontento tra le popolazioni. I nazionalisti vol lero cacciare l'occupante della terra che Dio aveva dato al suo popolo. Travolti da un fervore messianico, suscitarono la rivolta contro Roma che sfociò nella guerra del 66 d.C. È in questo contesto di torbidi politici e rivendicazioni popolari d'in dipendenza in nome della legge che Gesù annuncia un regno che non è di questo mondo (cfr. Gv 1 8,36) . 9 Stiamo volgendo il nostro sguardo all'ambiente umano, culturale e rdigioso che ha contributo a far nascere la personalità dell'Apostolo delle genti. A tale scopo non si può separare la storia del primo Cristianesimo da quella dell'ambiente in cui esso nacque e si sviluppò, cioè l'Impero romano nelle sue diverse componenti nel I sec. d.C., periodo dominato da due dinastie: la Giulio-Claudia, che ha inizio con Ottaviano (Augusto) e la Flavia che ha inizio con Vespasiano.
31 a.C.- 14 d.C.
14-37 d.C.
Tiberio
Gaio
Claudio
Nerone
Vespasiano
Tito
Domiziano
Augusto
54-68 d.C.
14
69-79 d.C.
37-41 d.C.
79-81 d.C.
41-54 d.C. 81-96 d.C.
INTRODUZIONE GENERALE
nel bacino del Mediterraneo: la costituzione dell'«Optimus status» voluto da Augusto10, permette un'unità culturale di base. Difatti il «luxus senatorio» sarà la norma commerciale dal 1 3 a.C. fino all'età neroniana e la stabilità dell'Impero, fondata sull'armonia delle classi dirigenti senatoria ed equestre, avrà come caratteristica quella di essere una monarchia religiosa classicista, almeno fino all'epoca di Tiberio1 1 • L'unità di tutto il bacino mediterraneo intorno a Roma favorisce gli scambi in ogni senso. Per ragioni militari e commerciali una rete stradale unisce i diversi centri del bacino mediterraneo. Le comunicazioni per nave erano, in primavera ed estate, il modo di comunicazione più veloce e più semplice, come riportato dal te sto di Atti12: con il vento favorevole si potevano percorrere, perciò, più di l 00 km al giorno. Le comunicazioni fluviali risultano molto più limitate, quelle via terra, a cavallo e cambiando cavallo alle sta zioni fissate, consentivano di percorrere alcune centinaia di km; in alternativa i carri potevano coprire una cinquantina di km al gior no; a piedi non più di 4013• 1 0 L'inizio dell'impero di Augusto cade in un momento di profonda attesa dopo le guerre intestine, che hanno sconvolto Roma per tutto il I sec. a.C. Si fa interprete di questa attesa Virgilio nella IVEcloga. Augusto, che riceve tale nome dal Senato nel 27 a.C., intende restituire al popolo romano la propria sovranità. Le cariche che gli vengono conferite sono ancora inquadrabili nella configurazio ne repubblicana: egli detiene il comando delle truppe di stanza fuori di Italia, ha la potestà consolare e tribunizia. Tutto questo tende lentamente a modificarsi a favore di un potere autocratico, che riunisce in sé ogni autorità. La pace universa le favorisce l' osmosi tra le diverse culture che costituivano l'impero. 11 Cfr. S. MAZZARINO, LTmpero Romano, vol. I, Laterza, Bari-Roma 20 1 0, 1 09- 1 1 0. 12 Cfr. At 28, 1 1 - 1 3: «Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri. Approdammo a Si racusa, dove rimanemmo tre giorni e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli». 13 Cfr. P. SINISCALCO, Il cammino di Cristo nellTmpero romano, Laterza, Ba ri-Roma 20076, 36-37.
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ALEsSANDRO BIANCALANI
In questo mondo di scambi la lingua è uno dei fattori di coesio ne: si parla greco, anche se a parlarlq non sono tutti. Sussistono, in fatti, numerosi dialetti quali il licaonio, l'aramaico,. il frigio. Si parla anche latino, soprattutto in contesti ufficiali. La civiltà greca è anni presente, tanto che si viene a delineare una uniformazione culturale evidente, non solo a livello dei monumenti, ma anche dei culti: solo come richiamo citiamo il grande substrato dell' «Ellenismo» come elemento unifìcatore di base, sui binari del quale si poté instaurare la civiltà mediterranea nell'Impero14• Già Alessandro Magno ave va fondato città ex novo (ad es. Alessandria) o rifondate secondo il concetto greco, punto fondamentale della diffusione della stessa cultura greca in Oriente. Con i suoi successori questo processo con tinua così come avviene successivamente con i Romani, soprattutto a partire da Augusto quando, ormai, è necessario dare stabilità a tutta la serie di conquiste avvenute nel corso del I sec. a.C. 15• Le polis, collegate tra di loro da un sistema viario assai sviluppato, di vengono punto di incontro delle diverse civiltà tutte unificate dalla lingua e dalla cultura greca, più in Oriente che in Occidente. Di 14 L' «Ellenismo» è definito come la civiltà e la storia in genere del bacino del Mediterraneo medio e orientale, inizia a partire dal 333 a.C. (anno della parten za di Alessandro il Macedone alla conquista dell'oriente) e viene fatto concludere convenzionalmente con il 3 1 a.C. (anno della battaglia navale di Azio). Ma anche successivamente !'«Ellenismo» continuò ad improntare per più di un secolo la cul tura e le consuetudini dei popoli tra i quali si era esteso e perfino quelle della stessa Roma. L' «Ellenismo» si formò nel contatto tra la civiltà greca classica ormai matura e le civiltà orientali (iranico-babilonese, ebraica, egiziana). I successori di Alessan dro M agno nei vari regni ellenistici favorivano sempre i greci e la fondazione di città e di colonie greche. La lingua greca (koin e helleniké) anche dopo la conquista romana, divenne la lingua franca cioè di uso comune e la più diffusa del bacino del Mediterraneo orientale, in sostituzione dell'aramaico, del fenicio e dell'egiziano. Chiaramente le varie culture di quella zona furono fonemente influenzate da quella greca. Per una breve panoramica si può consultare L. MoLESTI, Le donne greche e la loro religiosità nel I sec. d.C., in A. Biancalani - C. Mariotti (edd;), Paolo di Tarso e la donna nel!secolo d.C., Casa dei Sapienti vol. l, Agorà & Co., Lugano 20 1 8, 33-48. 15 Tra le città di primaria imponanza per il NT una di quelle fondate dai Romani è Filippi.
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INTRODUZIONE GENERALE
conseguenza si accentuano gli scambi tra le diverse parti dell'Im pero. Non sono favoriti solo i commerci ma anche la dim ensione religiosa e culturale. Lo scambio religioso è facilitato dalla mobilità delle popolazioni 1 6: chi giunge alla città, per un qualunque motivo, si porta dietro i suoi legami etnici e religiosi. Ancora una volta il Nuovo Testamento fornisce l'esempio del Giudaismo, diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo Orientale, con le sue Sinagoghe e le sue leggi e con una fisionomia che lo caratterizza nel I sec. d.C. Il politeismo, per contro, nella sua diversità, costituisce il punto opposto al monoteismo Giudaico17: questi due mondi religiosi si distinguono sia per il numero dei fedeli che per le loro pratiche. La religione trasmette la presenza degli dèi e dei riti comunitari: così le divinità che fondano le città, creano coesione attorno ai sacrifici pubblici. Solo, ad esempio, citiam:o l'esperienza dell'Artemision ad Efeso. Esso è il luogo di culto pubblico più famoso della capitale della provincia d'Asia, dove si invoca la dea Artemide, quale protet trice di caccia, navigazione, matrimoni e parti; molto praticato nel corso del I sec d.C. Grazie alla facilità delle comunicazioni lungo le vie imperiali, che ripercorrono antiche direttrici, alcune divinità passano dall'oriente all'Occidente, dove il loro culto incontra un grande successo18• La pratica collettiva è ampiamente predomi16
Nelle Lettere di Paolo sono un esempio di mobilità i due coniugi Aquila e Priscilla: li troviamo a Corinto, provenendo da Roma; essi, però, erano originari del Ponto; ad Efeso hanno una casa e, quando Paolo scrive ai Romani, sono di nuovo a Roma. 17 Il mondo greco offre un universalismo culturale dal punto di vista della lingua, dell'educazione, ma anche dal punto di vista politico, in quanto integra le diverse nazioni; i Giudei, da parte loro, pur partecipando alla cultura comune, sono dispersi nell'impero senza mescolarsi alle nazioni: essi volgono lo sguardo verso Gerusalemme. 18 A differenza degli dèi delle nazioni Israele chiede un'adesione del cuore. Una parte del popolo abita la Palestina, mentre una diaspora, forte e antica, è presente in tutto il bacino del Mediterraneo. La sua dimensione demografica non è trascurabile: le grandi città sono abitate da un decimo della popolazione giudaica, a quanto pare. I Giudei pongono ai Romani un problema strettamente politico con la Giudea. 17
ALEsSANDRO BIANCALANI
nante rispetto ad una credenza individuale. La condizione religiosa · dell'Impero, contrassegnata da una ricerca della salvezza, mescola spesso superstizione, magia, astrologia, filosofia. Il Giudaismo, al contrario, è fondato sulla confessione di un Dio unico che si rivela nella storia ad un unico popolo ed ha coscienza della propria parti colarità in mezzo alle Nazioni. Tutti questi aspetti, di fronte ai quali si troverà Paolo, richiedono di essere posti nel loro giusto quadro di riferimento, per fornire le coordinate necessarie per avvicinare la persona e l'opera dell'Apostolo delle genti. 1 . 1 . Giudaismo: diffusione ed espansione
Il Giudaismo entra nell'orbita greca' con la conquista di Ales sandro nel 33 1 a.C. I Romani compaiono con Pompeo nel 63 a.C. Negli anni a cavallo tra il I sec. a. C. ed il I sec. d. C. la Palestina, sotto dominio romanò, riceve in toto od in parte lo status di regno indipendente sotto la famiglia di Erode: Erode19 37-4 a.C. Archelao20 4 a.C. - 6 d.C. Erode Antipa21 4 a.C. 39 d.C. Filippo22 4 a.C. 34 d.C. Erode Agrippa J23 39-44 d. C. Erode Agrippa 1124 50- 1 00 d. C. -
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1 9 È il famoso Erode il Grande, quello della strage degli innocenti. Governa dal 37 al 4 a.C. A lui succedono i suoi tre figli. 20 È etnarca in Giudea, Samaria ed Idumea e viene mandato in esilio dai Romani nel 6 d.C. per il suo governo brutale. 21 Etnarca in Galilea e Perea sino al 39. 22 Governa nella Transgiordania sino al 34 23 Muore nel 44 e governa dapprima il regno di Antipa per poi estendere il suo dominio su tutta la Palestina con il favore di Caligola. 24 È figlio di Agrippa l, che governa la Transgiordania dal 50 aliOO d.C.
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INTRODUZIONE GENERALE
Occorre, inoltre, tenere presenti le diverse espressioni del Giu daismo: il Giudaismo palestinese è una espressione religiosa, che ha tratti propri rispetto al Giudaismo della diaspora. Il primo ruota in torno a Gerusalemme ed il suo Tempio, inteso come Legge e culto. È diviso nelle sette di Sadducei, Farisei, Esseni e Zeloti. Sarà movi mentato dalla rivolta contro Roma del 66 d.C., con la conseguente fìne del Tempio. Il secondo, quello della diaspora, ha i suoi grandi centri in Babilonia ed Alessandria, con un riferimento generale a tutte le città del bacino del Mediterraneo. Da un punto di vista storico occorre ricordare che dopo la rivol ta contro la Siria guidata da Giuda Maccabeo negli anni 1 67- 1 64 a.C., la Palestina riconquistò per un breve periodo (circa un secolo) l'indipendenza con la dinastia degli Asmonei, iniziata nel 1 43 a.C. con Simone, che fu proclamato Sommo Sacerdote ed Etnarca (capo del popolo, cioè re) . In quell'epoca presero consistenza le corren ti principali del giudaismo palestinese, i Farisei e i Sadducei, delle quali si parla nel Nuovo Testamento. Il contrasto tra queste due correnti e le lotte fratricide fra gli appartenenti alla dinastia degli Asmonei diedero spunto all'intervento dei Romani, i quali occu parono la Palestina (con Pompeo nel 63 a.C.) e la inglobarono nei loro possedimenti, appoggiandosi al panito sadduceo capeggiato da !reano. Costui venne proclamato Sommo Sacerdote, ma non Etnarca. Così la Palestina tornò ad essere suddita di un altro Stato, avendo perso l'indipendenza riconquistata un secolo prima. Contro il nuovo oppressore che, tra l'altro, imponeva gravosi tributi, si ma nifestò subito una forre opposizione. Gli stessi Esseni, setta religiosa aliena da ogni tipo di violenza, sona nel II secolo a.C., accusavano l'Impero romano di divorare i popoli come l'aquila. Complice l'unificazione del bacino del Mediterraneo e la mag giore facilità di movimento lungo le vie di comunicazione, si diffuse la diversa concezione dell'uomo portata dai Greci, i quali lo consi deravano libero e non servo del re o di Dio. Si diffuse una nuova concezione del rapporto tra uomo e Stato, inteso quest'ultimo non 19
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più come comunità di sangue, ma come comunità di partecipazione ai diritti ed ai doveri comuni sullo stesso territorio. In quel periodo ebbe grande diffusione il fenomeno della dia . spora degli Ebrei; la dispersione di uomini e donne appartenenti al popolo d'Israele, che costituirono comunità molto importan ti in altri centri rispetto a Gerusalemme: ricordiamo Alessandria, Leontopoli in Egitto, Antiochia in Siria e, perfino, Roma. Gli Ebrei della diaspora parlavano greco e raccoglievano numerosi proseliti ed i soldati giudei, che avevano prestato servizio presso altri re, al ritorno in patria portavano la lingua greca, nuove abitudini ed una visione del mondo molto diversa da quella del Giudaismo. Molte persone delle classi più elevate cominciarono ad assumere nomi gre ci a partire dal II secolo a.C. Gli Ebrei insediatisi nei grandi centri lungo le vie di comunicazione divennero comunità significative e di riferimento: basti pensare che all'epoca di Claudio nella numerosa comunità giudaica di Roma iniziò l'evangelizzazione, che era stata estesa anche ai pagani, probabilmente ad opera dello stesso Pietro il quale, secondo Eusebio («Storia ecclesiastica») si recò nella capitale dell'Impero intorno al 44 d.C. I contrasti tra i Giudei osservanti e Giudei convertiti al Cristianesimo (seguaci di Cristo) provocarono l'espulsione di questi ultimi da Roma nel 49 d.C. Qualche anno dopo e principalmente in Roma avvenne con Nerone (dal 64 al 67 d.C.) la grande persecuzione dei Cristiani accusati di odio del gene re umano e di avere causato l'incendio della Capitale. Negli ultimi anni del regno di Nerone, proprio in coincidenza con la persecu zione, viene collocata l'epoca del martirio in Roma di Pietro (per crocifissione) e di Paolo (per decapitazione) . Per quanto concerne, invece, la sorte della comunità ebraica pa lestinese la troviamo, all'epoca della morte di Gesù, collocata nel la parte della provincia della Siria governata dal legato di Roma25• 25 Il primo incontro fra la fede cristiana e il mondo romano è indicato negli Atti degli Apostoli (At 2, 1 0) dove si dice che al discorso di Pietro subito dopo l'evento della Pentecoste in Gerusalemme assistettero anche alcuni «stranieri di Roma».
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INTROPUZIONE GENERALE
Il potere amministrativo in Giudea, nonostante la presenza di un Etnarca (o re) giudeo, era saldamente nelle mani dei Romani, i qua li avevano lasciato � Sinedrio alcune competenze politiche, religiose e sociali riguardanti la vita e gli affari dei giudei, riservandosi i gradi più elevati della giustizia, ivi compresa la comminazione della pena di morte. Il Sinedrio, in ebraico sanhedrin (in greco synedrion) era il supremo consesso politico, religioso e giudiziario ebraico, attivo in Palestina fino alla distruzione del Tempio. Esso fu trasferito aJam nia nel 70 d.C., dopo aver perso i poteri politici ed essere diventato completamente fariseo. L'insofferenza dei Giudei per il dominio Romano si manifestò con sommosse e ribellioni più volte represse. Queste ribellioni culminarono la prima volta con la guerra insurre zionale dal66 al70 d.C., terminata con la distruzione del Tempio e di parte della città di Gerusalemme, il massacro di molti cittadini e la riduzione in schiavitù dei superstiti ad opera di Tito. La seconda volta, con la guerra giudaica dal 1 3 1 al 1 34 d.C., conclusasi nuova mente con la vittoria dei Romani i quali distrussero, anche, Gerusa lemme. Inoltre, dopo averla distrutta la riedificarono come colonia romana interdetta agl i Ebrei. Per essere certi della de-ebraizzazione di Gerusalemme, le cambiarono, inoltre, il nome in .JElia Capito lina e l'imperatore Adriano fece importanti modifiche nell'assetto urbano della città, per cancellare i segni della religiosità presente, sia giudaica che cristiana. 1.2. Cristianesimo: nascita e sviluppo
Il primo Cristianesimo segue la stessa prassi del giudaismo della diaspora, inteso come capacità pervasiva di luoghi e culture diversi dalla matrice originaria. Partiamo dalle fonti a nostra disposizione, che testimoniano la diffusione del vangelo/ euangelion secondo linee di diramazione, che hanno il loro centro in Gerusalemme, il luogo dove si sono svolti gli eventi culminanti della nuova fede. Se diamo alle parole di Paolo in Rm l O, 1 8 un valore letterale, ciò significa che in pochi decenni il vangelo/euangelion si è diffuso a tutti i territori allora conosciuti: «Ma dico, forse non ascoltarono? Al contrario: per 21
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tutta la terra uscì la loro voce e le loro parole sono giunte fino ai con fini della terra abitata». La stessa opera di Paolo procede in questa direzione, secondo la notizia che egli stesso fornisce in Rm 1 5, 1 9 : «Cosicché io da Gerusalemme e dintorni, fino all'Illiria, h o dato compimento al vangelo di Cristo». Alla luce dei dati che emergono non solo dal Nuovo Testamento si può supporre che le linee di diffusione del Cristianesimo tra il I ed il II sec. d.C. seguano tre direttrici legate alle grandi strade di collegamento dell'impero26: Oriente
SudOvest
NordOvest
Anatolia - Mesopotamia Edessa - Oriente
Da Alessandria - coste Mrica - colonne d'Ercole
Creta - la Sicilia Gallia - Spagna
la direttrice orientale, quella che partendo dall'Anatolia entrava in Mesopotamia attraverso Edessa e, quindi, si spingeva verso Oriente; la direttrice di sud ovest che da Alessandria, costeggiando le coste dell'Mrica, raggiungeva le colonne di Ercole; qui nel II sec. d.C. si incontrano fiorenti centri cristiani e qui nasce la prima produzione letteraria latina; la direttrice di nord ovest che, passando attraverso Creta, la Sicilia, si volge verso l'Italia e, quindi, da qui verso la Gal lia e la Spagna. Gli Atti contengono già una linea di diffusione geografìca27: all'interno di questa trama si notano linee di diffusione, che si di scostano dalla linea principale. Ad esempio in At 9,2 si apprende che a Damasco vi erano dei discepoli del Signore. È possibile, co munque, schematizzare i dati provenienti da Atti: 26 P. SINISCALCO, Il cammino di Cristo nell1mpero romano, cit., 5 1 -52. 27 È la famosa risposta di Gesù agli Apostoli che gli chiedono quando si ma
nifesterà il Regno di Dio in At 1 ,8: