Il Vangelo di Matteo. Commento esegetico e teologico 883113633X, 9788831136334

La struttura del Vangelo di Matteo da un lato corrisponde a quella tradizionale degli altri sinottici in cui Gesù viene

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Il Vangelo di Matteo. Commento esegetico e teologico
 883113633X, 9788831136334

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Santi Grasso

IL VANGELO DIMATTEO commento esegetico

o

Città Nuova

e

teologico

Grafica di copertina di Rossana Quarta

© 2014, Città Nuova Editrice Via Pieve Torina 55-00156 Roma tel. 063216212- e-mail: [email protected] Con approvazione ecclesiastica ISBN 978-88-311-3633-4 Finito di stampare nel me8e di gennaio 2014 dalla ti pografia Città Nuova della P.A.M.O.M. Via Pieve Torina, 55

00156 Roma - tel. 066530467 e-mail: se [email protected]

PRESENTAZIONE

Questo commentario al Vangelo di Matteo fa seguito ad una edizione di un testo ormai esaurito. Tuttavia il lasso di tempo intercorso tra le due pubblicazioni mi ha portato a non considerare più sufficiente il vecchio lavoro, ma a scriverne uno completamente nuovo. Non mi sono così più accontentato soltanto di presentare il mio commento, seppure informato, al testo del primo vangelo, ma l'ho arricchito facendo riferimento in maniera esplicita al dibattito critico degli studi per lo più di questi ultimi quarant'anni. Ho dovuto constatare che da vent'anni a questa parte la prospettiva degli stu­ diosi è completamente mutata. Agli inizi degli anni Novanta si notava una marcata divisione tra chi si ostinava soltanto nell'analisi storico-critica mettendo in evidenza i punti di tensione e di conflitto all'interno del testo per cercare di individuare tra­ dizioni, fonti, documenti precedenti, e chi invece osava ancora in maniera incerta riconoscere nel testo evangelico uno scritto organizzato con un messaggio armoni­ co e coerente, senza però dimenticare lo studio scientifico e filologico. Oggi si deve prendere atto che ormai questa seconda direzione degli studi ha preso il soprawen­ to. n mio commento così è proteso alla ricerca del senso del testo piuttosto che alla indagine sulla sua origine. La frequentazione assidua e prolungata di questo vangelo mi ha condotto a notare collegamenti non soltanto espliciti, ma anche sotterranei tra le varie parti dd testo, allusioni e riferimenti che a prima vista non emergono e che invece sono de­ terminanti per una comprensione approfondita e complessiva dell'opera. Tuttavia la ricchezza di questo scritto porta sempre chi lo studia a non sentirsi proprietario dell'opera e del suo senso, perché chiunque si accinga alla sua lettura scopre aspetti e particolari non ancora evidenziati. La mia speranza pertanto è che il lettore, usan­ do questo commentario come strumento di approfondimento, sia stimolato alla ricerca personale di particolari originali e inediti di questa stupefacente opera che la tradizione ecclesiale ha denominato «Vangelo di Matteo». S.G.

ABBREVIAZIONI E SIGLE

l. AUTORI CLASSICI

Filone di Alessandria Abrahamo: Aeternitate: Agricoltura: Allegoriae: Cherubim: Confusione: Contemplativa: Decalogo: Deus: Fuga: Flaccum: Gigantibus: Iosepho: LAB: Legatio: Migratione: Mosis: Mutatione: Opificio: Praemiis: Posteritate: Probus: QuaestionesEx: QuaestionesGen: Rerum: Sacrificiis: Somniis: Sobrietate: Specialibus: Plantatione: Virtutibus:

De Abrahamo De aeternitate mundi De agricultura Legum allegoriae De cherubim De confusione linguarum De vita contemplativa De decalogo Quod Deus sit immutabilis De fuga et inventione In Flaccum De gigantibus quod Deus sit immutabilis De Iosepho Liber antiquitatum biblicarum (Pseudo-Filone) Legatio ad Gaium De migratt'one Abrahami De vita Mosis De mutatione De opificio mundi De praemiis et poenis De posteritate Caini Quod omnis probus liber sit Quaestiones in Exodus Quaestiones in Genesis Quis rerum divinarum heres sit De sacrificiis Abelis et Caini De somntis De sobrietate De specialibus rebus De plantatione De virtutibus

8

Abbreviazioni e sigle

Flavio Giuseppe Ant. : Apionem: Bell. : Vita:

Antichità giudaiche Contra Apionem Guerra giudaica Vita 2. GIDDAISTICA

Ap.Abr.: Ap.Ad. : Ap.Elia: Ap.So/: Ap.Mos. : Ap.Pt. : As.Is.: As.Mos.: 2Bar: 3Bar: lEn: 2En: 3En: 2Esd: 4Esd: Gius.As.: Giub. : 3Mac: 4Mac: Od.Salom.: Or.Sib. : Sal.Salom. : Test.Adamo: Test.Abramo: Test.Aser: Test.Beniamino: Test.Dan: Test. Gad: Test. Giacob. : Test. Giobbe: Test. Giuda: Test. Giuseppe: Test.Issacar: Test. Levi: Test.Mosè: Test. Ne/tali: Test. Ruben:

Apocalisse di Abramo Apocalisse di Adamo Apocalisse di Elia Apocalisse di So/onta Apocalisse di Mosè Apocalisse di Pietro Ascensione di Isaia Ascensione di Mosè Apocalisse siriaca di Baruc Apocalisse greca di Baruc Enoch etiopico Enoch slavo Enoch ebraico Secondo libro di Esdra Quarto libro di Esdra Giuseppe e Asenath Giubilei 3Maccabei 4Maccabei Odi di Salomone Oracoli Sibillini Salmi di Salomone Testamento di Adamo Testamento di Abramo Testamento di Aser Testamento di Beniamino Testamento di Dan Testamento di Gad Testamento di Giacobbe Testamento di Giobbe Testamento di Giuda Testamento di Giuseppe Testamento di Issacar Testamento di Levi Testamento di Mosè Testamento di Ne/tali Testamento di Ruben

Abbreviazioni e sigle

Test Salomone: Test.Simeone: Test.Zabulon: Vit Ad. : .

.

9

Testamento di Salomone Testamento di Simeone Testamento di Zahulon Vi"ta di Adamo ed Eva

Documenti di Qumran CD:

l QGnAp: l QH: l QM: l Qp Hab: l QS: l QSa: l QSh: 4QhenPatr. 4Q/lor: 4QpMich: 4QpSal: 4Qp regNab: 4QTest: 4QTLevi: l l QMelch: l l QSal: l l QTemp:

Documento di Damasco, dalla Geniza del Cairo Apocrifo della Genesi Hodayot (Inni di ringraziamento) Rotolo della guerra Pesher ad Abacuc Regola della comunità Appendice A di l QS Appendice B di lQS Benedizione dei Patriarchi Florilegio Commento a Michea Midrash ai Salmi Preghiera di Nabunai Testimonianze Testamento di Levi Testo di Melchisedek Rotolo dei Salmi Rotolo del tempio

Trattati della Mishnah, del Talmud babilonese, del Talmud palestinese o della Tosefta rispettivamente introdotti da m. , da b. , da p., da t. Ab.: Ar.: B.B. : Ber.: Bet. : Bikk. : B M. : B. Q.: Dem. : Ed.: Erub.: Git.: Oho : Hag.: Hor.: Hul.: .

.

A bot Arakin Baha Batra Berakot Besà Bikkurim Baba Mezia Baba Qamma Demai Edujot Erubin Gittim Oholot Hagigà Horlah Hullin

lO Kel.:

Ker. : Ket. : Maas.: Makk. : Maks. : Meg. : Men.: Midd. : M. Q. : Naz.: Ned.: Nid.: Par.: Pea: Qid. : Pes.: Rosh.: Sanh. : Shabb. : Sheb.: Shek. : Sot.: Sukk.: Taan. : Ter.: Toh.: Yad.: Yeb. : Yom.:

Abbreviazioni e sigle

Kelim Keritot Ketubot Maaser Makkoth Makshirin Megillah Menahot Middoth Moèd Qatan Nazir Nedarim Niddà Parah Peà Qiddushim Pesahim Rosh ha-Shanah Sanhedrim Shabbat Shebuoth Sheqalim Sota Sukkà Taanith Terumot Tohorot Yadajin Yebamot ]oma

Targum Tg. ].1. : Tg. N. : Tg.Mal.: Tg.Mic.: Tg. Est. : Tg. Gb.: Tg.ls.: Tg. Onq.: Tg.Os: Tg.Ps. : Tg. Qoh:

Targum Jerushalmi (Gerosolimitano) Targum Neofiti I Targum a Malachia Targum a Michea Targum a Ester Targum a Giobbe Targum a Isaia Targum Onqelos Targum di Osea Targum dei Salmi Targum di Qohelet

Abbreviazioni e sigle

11

Altre opere rabbiniche Ab.R.Nat.: Cant.R.: Gen.R. : Es.R. : Lam.R.: Lev.R.: Mek.Es. : Midr.Ps.: Midr.Sam. : Num.R.: Pes. R. : Qo. R.: Rut.R.: S.Deut.: S. Lv. : S.Num.:

Abot di Rabbi Natan Cantico dei Cantici Rabbà Genesi Rabbà Esodo Rabbà Lamentazioni Rabbà Levitico Rabbà Mekilta Esodo Midrash ai Salmi Midrash ai libri di Samuele Numeri Rabbà Pesikta Rabathi Qohelet Rabbà Rut Rabbà Sifra Deuteronomio Si/ra Levitico Sz/re Numeri 3 . COLLANE E RIVISTE MODERNE

ABR:

Australian Theological Review

AnBib: AncB:

Analecta Biblica Anchor Bible

Angelic: AngTR:

Angelicum Anglican Theological Review

AnGreg: ANRW:

Analecta Gregoriana: Aufstieg und Niedergang der romischen Welt

Anton:

Antonianum

ANTJ

AnStEs: Asp: AsSeign: ASTI:

Annali di storia dell'esegesi Asprenas (Napoli) Assemblées du Seigneur Annua/ o/ the Swedish Theological Institute

ATANT:

Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testaments

ATR: August: AUSS:

Anglican Theological Review Augustinianum Andrews University Seminary Studies

BBB: BETL:

Banner biblische Beitrage Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lovaniensium Beitrage zur evangelischen Theologie

BevTh: BibbOr: Bib: BibNot: BzLe: BiLi:

Bibbia e Oriente Biblica Biblische Notiz.en Bibel und Leben Bibel und Liturgie

12

BIS: BiTod: B]RL: BLE:

BNTC:

Abbreviazioni e sigle

Biblica! lnterpretation Series

Bible Today Bulletin o/ the]oh n Rylands Libra"ry Bulletin de littérature ecclésiastique

Biblica! New Testament Commentary

BibSac: BTB: BTZ:

Bibliotheca Sacra Biblica! Theology Bulletin Berliner Theologische Zeitschri/t

BU: BWANT:

Biblische Untersuchungen Beitrage zur Wissenschaft von Alten und Neuen Testament

BZ:

BZNW:

Biblische Zeitschrzft

Beihefte zur Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft

CabRat: Carthag: CBQ:

. Cahzers Ratisbonne Carthagena Catholic Biblica! Quarterly

CBQMS: CChr.SL:

CBQ Monograph Series Corpus Christianorum series latina

CienTom: CiuD: CivCatt:

Ciencia Tomista La Ciutad de Dios Civiltà Cattolica

CollBibl:

Collectanea biblica

Col!Theo: Conclt: CrOg: CrSt:

Collectanea Theologica Concilium (italiano)

CTNT: CurrTMiss: CV.· Diak: DielBl: DowR:

ÉB NS: EHS.T: EKK:

EphMar: EphLit: EstAg: EstBib: EstE:

EthSt:

ETL: ÉTR: EunDoc: EvT: Ev Q: ExpTim: FilNI·

Credere Oggi

Cristianesimo nella storia

Commentario teologico al Nuovo Testamento Currents in Theology and Misson Communio Viatorum Diakonie Dielheimer Bliitter zum Alten Testament Downside Review

Études Bibliques N ouvelle Série Europaische Hochschulschriften Evangelisch-Katholischer Kommentar Ephemerides Mariologicae Ephemerides Liturgicae Estudios Agustinianos Estudios Biblicos Estudios Eclesùisticos

Erfurther Theologische Studien

Ephemerides Theologicae Lovanienses Études théologiques et religieuses Euntes docete Evangelische Theologie Evangelica! Quarterly Expository Times Filologia Neotestamentaria

Abbreviazioni e sigle

1.3

Filt· FoiV: FrezZ:

Filosofia e teologia Poi et Vie Freiburger Zeitschr/t /ur Philosophie und Theologie

FRLANT:

Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments in onore di Fankfurter Theologische Studien Forschung zur Bibel Grande lessico del Nuovo Testamento

Fs.: FTS : FzB:

GLNT: GOTR: Greg: GT]: H BS : Hen: HerdKo":

HNT:

Greek Ortodox Theological Review Gregorianum Grace Theological]ournal

Herder Biblische Studien Henoch Herder Ko"espondenz

Handkommentar zum Neuen Testament

HTR: HorBT:

Harvard Theological Studies Horizons in Biblica/ Theology Irish Biblica/ Studies

IndTS: In t: IrBS: lrTQ: ]AAR: ]ANES:

Indian Theological Studies Interpretation Irish Biblica! Strudies Irish Theological Quarterly ]ournal o/ the American Academy o/ Religion ]ournal of the Ancient Near Eastern Society of Columbia Univer­ sity ]ournal ofBiblica/ Literature ]ournal o/Ecumenica! Studies ]ournal o/]ewish Studies ]ewish Quarterly Review ]ournal ofReligion ]ournal /or the Study o/ the New Testament JSNT Supplem ent Series ]ournal o/ Theological Studies Kairos Katechetische Bliitter Kerygma und Dogma

IBS : ICC:

]BL: ]BeSt: ]]S: ]QR: JR: ]SNT:

JSNTSS: ]TS: Kair: KatechBl· KeDo:

KEK:

LA: Later. Laur: LD: LingB: LouvSt: LumVie: LVit:

The lnternational Criticai Commentary

Kritisch-exegetischer Kommentar iiber das NT Liber Annus Lateranum Laurentianum Lectio Divina Linguistica Biblica Louvain Studies Lumière et Vie Lumen Vitae

14

MélScRel: MzslComm: MThZ:

Abbreviazioni e sigle

Mélanges de Scienée Religieuse Mzscellanea Comi/las Munchener theologische Zeitschri/t

NCBC:

New Century Bible Commentary

Neot:

Neotestamentica

NICNT:

The New lnternational Commentary on the New Testament

NRT: NT:

Nouvelle revue théologique Novum Testamentum

NTA: NTD:

Neutestamentliche Abhandlungen Das Neue Testament Deutsch

NTS: NV:

New Testament Studies Nova et Vetera

NVB: OBO: OBS: OTKNT:

Nuovissima versione della Bibbia Orbis b i bli c us et orientalis Ùsterreichische Biblische Studien Okumenischer Taschenbuchkommentar zum Neuen Testament Perspectives in Religious Studies Patrologia greca (J. Migne) Patrologia latina (J. Migne) Parole, Spirito e Vita Quaestiones Disputatae Rassegna di teologia Revue Biblique Revista biblica Argentina The Re/ormed Theological Review Religion y cultura Renovatio Revt'sta Catalana de Teologia Revista Agustiniana Revue de Qumran Revue des Sciences Religeuses Revue d'histoire et de philosophie religieuses Ricerche Bibliche e religiose Ricerche Storico Bibliche Rivista Biblica Italiana Recherches de science religieuse Rivista di teologia dell'evangelizzazione Revue thomiste Revue de théologie et de philosophie Revue théologique de Louvain Revue de Qumran Sacra Doctrina Salesianum Salmanticensis Studien zum Alten und Neuen Testament Stuttgarter biblische Beitrage Studi biblici

PerRelSt:

PG: PL: PSV.· QD:

Rasr·

RB:

RbibArg: Re{fhRev: RelCult: Ren: RCatT· RevAgust: RevQ: RevScRel: RHPR:

RicBRel: RicStB: RivBib: RSR: RTE: RThom: RThPh: RTL: Rqum: SacD: Sales: Salm:

SANT: SBB: SB:

Abbr�iazioni e sigle

SBFAn:

Studium Biblicum Francescanum Analecta

SBFLA: SBLASP:

Studii biblici /ranciscani liber annuus Society o/ Biblica! Literature Abstracts and Seminar Papers

SBLMS: SBLDissSer: SBS: SBT: SC:

Society of Biblica! Literature Monograph Series Society of Biblica! Literature Dissertation Seri es Stuttgarter Bibelstudien Studies in Biblica! Theology Source Chrétienne

ScCatt: ScEs: Scot]T: Sem: SémBib:

La Scuola Cattolica Science et Esprit Scottish Journal o/ Theology Semeia Sémiotique & Bible

S J S J: SNTSMS:

l'

Supplements to theJoumal for the Study ofJudaism Society for the New Testament Studies Monograph Series

SNTU-A: StEcu: StTh:

Studien zum Neuen Testament und seiner Umwelt-Series A Studi ecumenici Studia theologica

StBibFr.An: StBill.:

Studii Biblici F ranciscani Analecta H. Strack- P. Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus

StMiss: StOv: StPat:

Talmud und Midrasch 19869 Studia missionalia Studium Ovetense Studia Patavina

SupplNT: SuppRBiblt: TANZ:

Supplement New Testament Supplementi alla Rivista Biblica Italiana Texte und Arbeiten zum neutestamentlichen Zeitalter

TDig:

Theology Digest

Teol: Theot: THKNT:

Teologia Theotokos Theologischer Handkommentar zum Neuen Testament

ThGl: ThPh: TPQ: ThV: Trinf: TS(l): I TZ: Ttod: TuTQ: TynB: TZ: VetChr: VigCh: VivH:

Theologie und Glaube Theologie und Philosophie Theologisch-praktische Quartalschri/t Theologia viatorum Trinity Journal Theological Studie and Issues Trierer theologische Zetischrz/t Theology Today . Tubinger Theologische Quartalschri/t Tyndale Bulletin Theologische Zeitschri/t (Basilea) Vetera Christianorum Verbum Domini Vigiliae Christianae Vivens Homo

WBC:

Word Biblica! Commentary

VD:

16 WD:

WMANT: WTJ:

WUNT:

ZEE: ZKT: ZNW : ZTK:

Abbreviazioni e sigle

Wort und Dienst

Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen Testa­ ment Westmister Theological ]ournal

Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament Zeitschri/t /ur evangelische Ethik Zeitschrift fur katholische Theologie Zeitschrz/t /ur die neutestamentliche Wissenschaft Zeitschrz/t /iir Theologie und Kirche

LA STRUTTURA DEL VANGELO DI MATTEO•

La struttura del Vangelo di Matteo da un lato corrisponde a quella tradizio­ nale degli altri sinottici in cui Gesù viene descritto nelle sue tappe fondamentali, quali il battesimo, la missione in Galilea, il viaggio verso Gerusalemme, la passione, morte e risurrezione; dall'altro è caratterizzata da cinque sezioni che fungono da colonne portanti di tutta l'opera: il discorso della montagna (Mt 5, l- 7, 29), quello missionario (Mt 9, 35- 11, 1), quello parabolico (Mt 13, 1 -52 ) , quello ecclesiale (Mt 18, 1-35) e per ultimo quello escatologico (Mt 23 , l 25, 46). Si tratta pertanto di cinque composizioni letterarie che interrompono la sequenza narrativa per ripor­ tare le parole di Gesù, alle quali nel primo vangelo viene data molta importanza 2• Questa semplice distinzione del materiale è più che sufficiente per individua­ re la struttura del primo vangelo: -

l. Le origini (Mt l , l 2, 23) 2. I prodromi della missione (Mt 3 , l -4, 25) -

1 D. Barr, The Drama o/ Matthew's Gospel: a Reconsideration o/ its Structure and Purpose, 1Dig 24 ( 1 976) 349-359; D.R. Bauer, The Structure of Matthew's Gospel. A Study in Literary Design, (JSNTSS 3 1 ), Sheffield 1988; H.J .B. Combrink, The Structure o/ the Gospel o/ Matthew as Narrative, in TynB 34 (1983 ) 61 -90; D.B. Howell , Matthew's inclusive story. A Study in the Narrative Rhetoric o/ the First Gospel, (JSNTSS 42), Sheffield 1990; T.J. Keegan, Introductory Formulae /or Matthean Discourses, in CBQ 44 ( 1 982) 415-430; ] D. M Kingsbury, The Structure o/Matthew's Gospel and bis Concept o/Salvation-History, in CBQ 35 ( 1 973) 45 1-474; F.J. Matera, The Plot of Matthew's Gospel, in CBQ 49 (1987 ) 233-253 ; M.A. Powell, The Plot and Subplot o/ Matthew's Gospel, in NTS 38 (1992) 187-204; L. Ramaroson, La structure du premier Évangile, in ScEs 26 ( 1 974) 69- 1 12; D.O. Via, Structure, Christology and Ethics in Matthew, in R.A. Spen­ cer (ed.), Orientation by Disorientation, Pittsburgh 1980, pp. 199-2 17; M. Trimaille, Citations d'accomplissement et architecture de l'Èvangile selon S. Matthieu, in EstBib 48 ( 1 990) 47-69; W. Wilk ens, Die Komposition des Matthiius-Evangeliums, in NTS 3 1 ( 1 985) 24-38. 2 Già B. W. Bacon , Studies in Matthew, New Y ork 1930, aveva individuato nei cinque di­ scorsi intercalati dalla narrazione la dinamica strutturante il Vangelo di Matteo. Invece altri come ].D.M. Kin gsbury, Structure, pp. 45 1 -474 sull a base della duplice espressione > 2';1. Nella tra­ dizione biblica questa situazione è causata dal lutto (Gen 23 , 2; 3 7 , 34-35 ; Dt 34, 8; 2 Sam 19, 1-3; Sir 38, 17 ; ecc.), da Wla catastrofe nazionale (Ne l, 4; Est 4, 3; Ger 14, 2; Lam 2, 8; 5, 15; Dn 10, 2; G/ 1 , 8- 10), dalla paura del castigo divino (Ger 6, 26; Am 5 , 16; Mie l , 8; Gc 4, 9; Ap 1 8 , 7 - 19), da un'ingiusta oppressione ( l Mac l , 25-27; 2 , 14.39). Gli afflitti fanno parte del gruppo dei poveri che Dio promette di liberare (Is 6 1 , 2 ) . Nel primo vangelo la morte del messia sarà la causa dell'afflizione dei discepoli (Mt 9, 15; cf. Mc 16, 10). Quindi mentre la prima beatitudine è diretta a quelli che per scelta nella povertà si affidano a Dio, gli afflitti invece soffrono a causa di una situazione non voluta e non richiesta. La ragione della loro felicità è stabilita dal verbo parakaleo che significa «invitare» (Mt 8, 34 ), «pregare» (Mt 8, 5 .3 1 ; 14, 36; 26, 53 ), «supplicare» (Mt 18, 29.32 ), «consolare» (Mt 2, 1 8 ) . Dal con­ testo si può desumere che nella seconda beatitudine il senso sia questo ultimo. La consolazione è una tematica particolarmente cara ad Isaia, tanto da riconoscere in una parte del suo scritto «il libro della consolazione» (ls 40-55 ), nel quale il profeta annuncia il passaggio da una situazione difficile e misera del popolo di Israele ad una felice e fortunata proprio come effetto dell'azione consolatoria di Dio. Nel racconto del ricco e di Lazzaro, il capovolgimento della sorte del mendicante, che dopo la morte si trova in paradiso, è il risultato della consolazione di Dio (Le 16, 25-27 ). D fatto che nella seconda beatitudine matteana il verbo sia usato al passivo e per di più al futuro, farebbe ritenere che si tratti di un passivo teologico e inoltre in prospettiva escatologica. Tuttavia per stabilirne il significato si deve tenere conto di una visione complessiva, secondo la quale la consolazione non va rimandata soltan­ to all'escatologia e non può essere nemmeno soltanto il risultato dell'azione divina. Infatti essa si deve realizzare nella storia anche ad opera della comunità cristiana proprio in quanto interprete fedele della scelta di Dio nei confronti di coloro che vivono situazioni di prostrazione e avvilimento. [v. 5] Mentre i più autorevoli codici maiuscoli, numerosi minuscoli, versioni e scrit­ tori antichi collocano questa beatitudine al terzo posto, il codice di Beza, alcune versioni antiche latine e siriache, diversi scrittori la pongono al secondo posto, ma soltanto per motivi di carattere stilistico o tematico 30• I miti sono stati spesso iden­ tificati nella tradizione biblica con i poveri; infatti la Bibbia greca dei LXX traduce le parole ebraiche che indicano il «povero» con il termine «mite» (pra[i]ys) (Sal 25/2 4 , 9; Is 26, 9; Zc 9, 9 ecc.). Nell'Antico Testamento Mosè è presentato con tale attitudine (N m 12 3 ) Ne viene anche offerto un ritratto preciso: è colui che non si irrita e desiste dall'ira, non agisce ma si astiene, non si lascia trascinare dalle emozioni davanti ali' aggressore, domina le proprie reazioni e non entra in conflitto (Sa/ 37/36, 7-8. 1 1 ; cf. 76/75; 147/146; 149). Soltanto nel Vangelo di Matteo Gesù ,

.

29L'espressione mette in rilievo la durata dell azione e il verbo pentheol«affliggere», ricor­ re raramente nel Nuovo Testamento (Mt 5 , 4; 9, 1 5 ; Mc 16, 1 0 ; Le 6, 25; l Cor 5, 2; 2 Cor 12, 2 1 ; Gc 4, 9 ; Ap 1 8 , 1 1 . 1 5 . 1 9). 30 Sulla base del confronto con Is 6, 1 -2 J. Dupont, Beatitudini, pp. 364-365 , propone di inverti re l'ordine della seconda e della terza beatitudine; tra i contrari anche B.M Metzger, A Textual Commentary on the Greek New Testament, New York 197 1 , p. 12. Per N.J. McEleney, Beatitudes, pp. 1 - 1 3 , nessun argomentazione appare così decisiva per una posizione o per l'altra. '

148

J/ Vangelo di Matteo

è descritto con questa qualifica quando afferma: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime. TI mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 1 1 , 29). La mitezza di Gesù va compresa come atteggiamento in opposizione a quello dei capi giudei che im­ pongono il giogo ferreo e intransigente della Legge. L'immagine del messia umile si precisa nel quadro del suo ingresso trionfale a Gerusalemme (Mt 2 1 , 5), dove Gesù adempie la profezia biblica ripresa da Zaccaria: «Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te, mite, cavalcando un'asina e un puledro, figlio di bestia da soma» (Zc 9, 9). Egli infatti non è un liberatore violento e conquistatore, ma arriva nella città santa consapevole di andare incontro al diniego e alla morte che gli derivano proprio dal suo atteggiamento di completo rifiuto nei confronti di ogni logica di potere e di sopraffazione. Mediante lo schema di contrapposizione, tipico delle beatitudini, viene mes­ so in rilievo come siano proprio i miti ad ereditare la terra. n verbo kleronomeo con il significato di «ricevere in sorte, ottenere, ereditare» richiama nella tradizione biblica l'azione di Dio che prepara l'eredità a favore di Israele donandogli la terra. Nel Vangelo di Matteo il verbo compare ancora ed ha come oggetto la vita eterna (Mt 19, 29) o il regno (Mt 25 , 34). n possesso della terra rimanda all'attesa biblica del popolo nel deserto (Dt l, 8.2 1 .39; 2, 3 1 ; Is 57, 13; 60, 2 1 ; 65 , 9) 3 1 • Sebbene il termine gel«terra» faccia pensare a un territorio fisico, in realtà il parallelo con il regno di Dio (w. 3 . 1 0) porta a desumere che si alluda proprio a quest'ultimo 32 • In quanto hanno confidato unicamente nell'eredità promessa da Dio, i miti si sono liberati dalla paura che suscita una logica di ricatto e di ripicca e non hanno reagito all'offesa e alla prevaricazione. [v. 6] La fame e la sete sono un bisogno spontaneo ed elementare, primario e non indotto. Sono desideri che richiedono soddisfacimento senza il quale la stessa vita umana è soggetta alla morte. Quando queste due esigenze si trovano assieme espri­ mono un bisogno forte e naturale 33• Nella tradizione biblica viene indicata la spe­ ranza che Dio nutra gli affamati (Sa/ 22, 27; 107 , 5.9; 132, 15; 146, 7 8) La fame e la sete che hanno anche un valore simbolico per illustrare l'ardente desiderio di Dio o dei suoi doni (Sa/ 42, 2; 63 , 2; 143 , 6; Pr 9, 5 ; Sir 24, 18.20.22; Is 55, 1 -3 ; Am 8, 1 ) , hanno in questa beatitudine come oggetto la dikaiosynel«giustizia» (vedi Mt 3 , 15). Il termine assume in Matteo una particolare risonanza (Mt 3 , 15; 5, 6.1 0.20; 6, 1 .3 3 ; 2 1 , 3 2 ) . Non indica quella legislativa o distributiva, né tanto meno una forma di religiosità tradizionale (Mt 6, l ) , ma corrisponde al progetto di Dio che il discepolo è in grado di attuare concretamente attraverso l'esercizio dell'amore (Mt 5 , 20; 25, -

.

31 F. Manns, Blessed, p. 44, osserva che nella teologia dell'Antico Testamento il termine «terra» è legato all'eredità (Sa/ 16, 5; 73, 26; Sir 24, 12.20), la quale nel giudaismo ha qualità esca­ tologiche (Ps.Sal. 14, 3-4; l QS 1 1 , 7-9; Giub. 15, 28). 32 M. Talbot, Heureux, pp. 24.28.3 1 , nota come sull'espressione «ereditare la terra», vi sia una prima linea di interpretazione che legge un rimando alla terra di Canaan e una seconda un riferimento all a terra intera. 33 La formulazione del Vangelo di Tommaso 76 è più simile alla versione lucana: «Beati co­ loro che sono affamati, perché il loro ventre sarà saziato a volontà !».

Le beatitudini 5, 1-12

149

37). Pertanto la giustizia non indica esclusivamente il piano salvifico di Dio, come viene presentata da Paolo nelle sue lettere (cf. Rm l , 17), ma corrisponde all'attua­ zione della sua volontà nell'azione concreta dell'uomo. Gli affamati e gli assetati della giustizia sono quelli che hanno fatto del com­ pimento della volontà di Dio la massima aspirazione della propria vita, a tal punto che per essi questa ricerca diventa vitale per continuare a sopravvivere come il mangiare e il bere. La ricompensa per quelli che hanno desiderato senza posa la giustizia è la sazietà che, donata da lui, significa la comunione piena e definitiva, espressione massima della sua volontà. TI verbo chortazo con il significato di «pasce­ re, nutrire, saziare», al passivo futuro non indica solo l'azione escatologica di Dio con cui egli attuerà la sua giustizia, ma potrebbe riferirsi anche all'azione umana all'interno della storia 34•

[v. 7] n termine eleemon significa «Compassionevole, pietoso, misericordioso». La misericordia è una delle attitudini che nell'Antico Testamento Dio esercita più fre­ quentemente nei confronti del suo popolo, sia perdonando i peccati, sia impegnan­ dosi a soccorrere i bisognosi (Es 3 3 , 19; 34, 6; Sal 86, 15; 1 03 , 8; 1 1 1 , 4; 145, 8) ". La misericordia precisa i suoi contorni nella tradizione sapienziale (Sir 28, 1 -7). ll primo vangelo in modo particolare descrive Gesù che assume questo stile quando egli si appella alla richiesta di Dio, >, in Bibl 52 ( 1 97 1 ) 556-563; R.J. Toumay, Que signifie la sixième demande du Notre-Père?, in RTL 26 (1995) 299-306; Id., Ne nous laisse pas entrer en tentation, in NRT 120 (1998) 440-443 ; S. Van Tilborg, A Form-Cn"ticism o/ the Lord's Prayer, in NT 14 (1972) 94- 105; A. Vogtle, The Lord's Prayer: A Prayer /or ]ews and Christians?, in J.J. Petuchowski - M. Brocke (edd.), Lord's, pp. 93 - 1 17 ; W.O. Walker, The Lord's Prayer in Matthew and in ]ohn, in NTS 28 (1982) 237 -256. 200 Secondo S. Van Tilborg, Form, pp. 94- 1 05 e A. Vogtle, Lord's, pp. 93 - 1 17, sebbene Marco non contenga il Padre Nostro, le espressioni marciane nel racconto del Getsemani: «Padre», «non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu», «pregate per non entrare in tentazione» (Mc 14, 36.38), sono state sviluppate per la formulazione del Padre nostro. 20 1 Si può vedere un certo collegamento tra la preghiera del «Padre nostro» e Gv 17 cosl come è sostenuto da W.O. Walker, The Lord's Prayer in Matthew and in ]ohn, NTS 28 (1982) 237-256. 202 Per K.-H. Ostmeyer, Vaterunser, pp. 334-336, il confronto tra le versioni (Matteo, Luca e Didachè) mostra che il testo fino alla fine del I secolo era flessibile. Il Pater diventa la preghie­ ra con la quale si identificano i cristiani. Tuttavia non si trovano in essa elementi peculiari che la contraddistinguano da quelle giudaiche. Non c'è quindi identificazione della comunità cristiana attraverso un processo di differenziazione. Se il Pater, pur essendo una orazione giudaica, è sta­ ta mantenuta come distintivo della comunità, significa che è stata effettivamente pronunciata da . .

La giustizia nelle pratiche religiose 6, 1-18

introduce il «Padre nostro» all'interno dell'istruzione sulla preghiera riservata con tutta probabilità ai giudeo-cristiani, cioè a chi è stato abituato a pregare e ora corre il rischio di trasformare l'orazione in una routz'ne disimpegnata 2m. Diversamente Luca si rivolge a coloro che, appena giunti alla fede, devono essere educati e inco.. raggiati a pregare con perseveranza e fiducia 204• n «Padre nostro» però non è un fiore nel deserto. La spiritualità giudaica conosce alcune orazioni che per sensibilità e prospettiva teologica sono molto vi­ cine alla preghiera cristiana per eccellenza 20'. Tra quelle più affini si ricordano il Qaddish, recitato a conclusione della liturgia sinagogale, e lo Shemoneh Eshreh 206 • n «Padre nostro», che non è soltanto l'orazione del discepolo, ma un mo­ dello e un paradigma per qualsiasi preghiera, si attua in uno stile dialogico in cui i credenti chiedono sì a Dio di intervenire nella storia, ma soprattutto prendono

Gesù, considerato anche il fatto che nel Nuovo Testamento sono contenute preghiere che sono molto più cristologiche. Secondo J.H. Charlesworth, Cavea/, pp. 4 . 1 1 , non è detto che per ra­ gioni di brevità il Padre nostro nella tradizione lucana sia più autentico di quello nella tradizione matteana. Mentre il testo di Matteo è costruito sulla base delle leggi del parallelismo, non è così per quello di Luca. E più facile che il parallelismo nella tradizione posteriore sia stato omesso. Il carattere giudaico dell'espressione «Padre nostro che sei nei cieli» è più forte della redazione lucana. Le due versioni si possono considerare entrambe autentiche. 203 P. Grelot, Arrière, pp. 53 1 -556, sostiene, a differenza di J. Carmignac, Recherches, pp. 29-52, che il Pater non è stato composto originariamente in ebraico, ma in aramaico. Per A. Fin­ kel, Prayer, pp. 152- 153 , Matteo ha trasmesso la tradizione della preghiera di Gesù nella chiesa palestinese. Ha composto il testo tenendo conto degli eventi apocalittici accaduti con la distruzio­ ne di Gerusalemme; per questo motivo lo ha formulato in forma intercessoria, in modo che venga recitato da una comunità che vive nella crisi e nella persecuzione. 204 L'ipotesi di J.C. O'Neill , Lord's, pp. 3-25, secondo il quale la redazione attuale del Pater sia il risultato di una composizione in cui originariamente ogni petizione aveva una esistenza autonoma, è difficile da dimostrare. 20' Si tratta di un testo liturgico? Per A. J. Hultgren, Liturgy and Literature: The Liturgica! Factor in Matthew's Literary and Communicative Art, in T. Fornberg - D. Hellolm - C.D. Hellolrn (edd.), Texts and Contexts. Biblica! Texts in Their Textual and Situational Contexts, (Fs. L. Hart­ mann), Osio 1995 , p. 659, Matteo ricorrerebbe a tradizioni di carattere liturgico come le fonnule battesimali, il Pater, le parole eucaristiche, le azioni di adorazione nei confronti di Gesù, le invo­ cazioni come «Salvaci, Signore, moriamo», ecc. Lo scopo è quello di conferire carattere solenne ed elevato alla narrazione. Le parti liturgiche inoltre provvederebbero materiale catechetico per la comunità e ne creerebbero un ethos confessionale. 206 Questa preghiera, con la quale si conclude la liturgia nella sinagoga, recita cosl: «Sia ma­ gnificato e santificato il suo grande nome, nel mondo che egli ha creato secondo la sua volontà; venga il suo regno durante la nostra vita e ai nostri giorni e durante la vita di tutta la casa d'Israe­ le, fra breve e nel tempo prossimo. Amen. Sia il suo nome grande benedetto per tutti i secoli dei secoli. Sia lodato, glorificato, esaltato, dichiarato eccelso, splendido, elevato e celebrato il nome del Santo. Egli sia benedetto; egli è al di sopra di ogni benedizione, canto, lode e parola di conso­ lazione, che si pronuncia nel mondo. Amen» (fonna breve dal Kaddish ). Nella tephillah: «Di generazione in generazione proclameremo la regalità di Dio, perché egli solo è eccelso e santo . . . Benedetto tu, Signore, Dio santo» (III). «Perdonaci, Padre nostro, perché abbiamo peccato, assolvici, o nostro Re, perché sei un Dio buono e che perdona. Benedetto tu, Signore, che sei pietoso e perdoni con larghezza» (VI). «Benedici Signore Dio nostro questa annata e ogni genere di raccolto per nostro beneficio; dà la rugiada come una benedizione su tutta la superficie della terra e sazia con la tua benedizione il mondo intero . . . Benedetto tu, Signore, che benedici le annate» (IX) . «Fa tornare i nostri giudici come in antico . . . e si stabilisca il tuo solo regno sopra di noi. . . Benedetto tu, Signore, Re che am i la carità e la giustizia (Xl)» (cf. A . Vogtle, Lord's, pp. 95-97). ·

·l/ Vangelo di Matteo coscienza dell'impegno che essi stessi devono assumere. Inoltre per comprendere a

fondo questa preghiera si deve tener conto di due aspetti: da una parte è l'annuncio di Gesù che illumina il Pater ma dall'altra è il Pater stesso che chiarifica ed enuclea il messaggio evangelico 207 • [v. 9] L'avverbio houtos dal significato «in questo modo» fa capire che l'esortazione seguente «voi pregate» non consiste in un invito a formulare una orazione che abbia lo stesso carattere verbalistico delle preghiere a cui Gesù ha alluso precedentemen· te ( vv. 7 ·8) . Se egli sia coinvolto o meno in questo rapporto con il Padre visto che l'invito alla preghiera è alla seconda persona plurale, mentre l'espressione «Padre nostro» si riferirebbe alla comunità, è una questione superflua, perché è chiaro che il Padre di Gesù con l'annuncio del suo vangelo diventa il Padre di tutti gli uomini. L'invocazione iniziale che si rivolge a Dio, chiamandolo Padre, dà il tono a tutta l'orazione. Matteo si distingue dagli altri due sinottici nell'uso ricorrente di questo appellativo per indicare Dio stesso208• La teologia del primo vangelo è infat· ti fortemente marcata dalla paternità. È sempre Gesù che lo chiama Padre, termine che si ritrova soprattutto nei punti più strategici dell'opera matteana: nel discorso del monte ( 17 volte), in quello missionario (4 volte), in quello parabolico (l volta) , in quello ecclesiale (4 volte), in quello escatologico (3 volte). Nell'Antico Testamen· to il termine Padre, riferito a Dio, è raro e si riscontra in testi tardivi per illustrare la sua responsabilità nei confronti della creazione o la ragione del suo intervento salvifico 209• L appellativo compare invece più evidentemente nella cultura greca. Omero chiama Giove con il titolo di Padre degli uomini e degli dèi. Platone defini­ sce l'idea del Bene come Padre. Nel giudaismo con grande probabilità è Filone che contribuisce molto alla diffusione dell'idea della paternità di Dio prelevandola dal mondo greco-ellenistico. Nel Vangelo di Matteo quasi sempre il termine è accom­ pagnato dagli aggettivi possessivi: «mio» (16 volte), «vostro» ( 15 volte), «suo» (6 volte; in Mt 16, 27 in riferimento al Figlio dell'uomo) e «loro» (una volta: Mt 1 3 , 43 ) 2 1 0• Fanno eccezione alcuni testi in cui la parola «Padre» viene usata i n modo assoluto, sempre in relazione al «Figlio» (Mt 1 1 , 25.26.27a.b; 24, 36; 28, 19). Se questi due termini mettono in evidenza come Dio sia prima di tutto il Padre di Gesù, quando la parola «Padre» è accompagnata dagli aggettivi possessivi indica come Dio diventa, mediante la missione del Figlio, il Padre di tutti gli uomini. Da questa analisi risulta che solo nella preghiera del Pater, all'interno del Vangelo di Matteo, Dio viene chiamato «Padre nostro», a differenza della versione lucana del-

207 Vedi M. Kiley, Lord's, p. 15. 208 Cf. Marco 5 volte; Matteo 45 volte, Luca 17 volte; soltanto Giovanni supera Matteo con 1 18 volte. 209 Cf. Dt 32, 6; 2 Sam 7, 14; Sap 14, 3; Sir 23, 1 -4; 5 1 , 10; ls 63 , 16; 64, 7; Ger 3 1 , 9. 2 10 La tesi diJ. Jeremias, Abba, (Supplementi a GLNT 1), Brescia 1968, pp. 59-66, secondo cui Gesù si sarebbe rivolto a Dio chiamandolo (abba' quindi in una forma molto confidenziale, verrebbe smentita daJ.H. Charlesworth, Caveat, pp. 9- 1 1 , il quale ritiene che sia da verificare che (abba' abbia un valore familiare e confidenziale con il senso di «paparino». Infatti sembrerebbe che il termine aramaico voglia dire semplicemente padre. M. Philonenko, Prière, p. 135, analizza Tg.Mal. 2, 10 e Tg.Ps. 89, 27 in cui anche nel giudaismo Dio viene chiamato 'abba'. Tuttavia si deve provare che questi due testi siano precedenti al Nuovo Testamento.

La giustizia nelle pratiche religiose 6,

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cui compare soltanto l'appellativo «Padre» 21 1 • L'invocazione m atte ana indica come il modo di entrare nella dimensione della preghiera sia nell'unità della comunità che riconosce e si rivolge a Dio come Padre di tutti; d'altro canto sia l'espressione di una relazione profonda e intima con Dio riconosciuto attraverso l'identità del rapporto familiare. La paternità divina viene completata molto spesso dalla specificazione della sua identità celeste, mettendo in evidenza la sua trascen­ denza mediante le seguenti espressioni: «Padre che sei nei cieli»; «Padre che sei in cielo»; «Padre celeste». La prima petizione «sia santificato il tuo nome», presente anche nella versio­ ne lucana, rimanda alla teologia dell'Antico Testamento dove si verifica un processo di ipostatizzazione, per cui il «nome» viene a designare Dio stesso. Perciò in un ambiente in cui si tende sempre meno a menzionarlo, il «nome» ne diventa un so­ stitutivo. Nel Vangelo di Matteo il termine onoma ricorre diverse volte (23 volte; in Marco 15 volte; in Luca 34), ma quasi sempre in riferimento a Gesù, soltanto qui e alla conclusione del vangelo per indicare Dio (Mt 28, 19) 212 • Il verbo agiat..O vuol dire sia «COnsacrare, purificare», che «Santificare». fl complemento oggetto (nome) fa capire che si deve propendere per la scelta dell'ul­ timo significato. Nella tradizione evangelica esso è usato raramente (Mt 23 , 17 . 19; Le 1 1 , 2; Gv 10, 36; 17, 17.19a.b). Nell'Antico Testamento uno degli attributi più frequentemente ricorrenti per qualificare Dio è proprio la «santità», che indica in­ nanzi tutto la sua identità totalmente diversa da quella umana, ma anche il progetto per l'uomo creato a immagine di Dio. Infatti nel Codice di Santità la legge ha il suo fondamento nella formula: «Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo» (Lv 19, 2 ; cf. 20, 7.26). Da essa si capisce come si sia passati da una interpre­ tazione della santità come esclusivo appannaggio di Dio a quella di tutto il popolo, grazie ali' azione divina: «Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro oc­ chi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suo­ lo» (Ez 36, 23-36) 2 u. Da questo testo appare chiaro come la santificazione del nome corrisponda ad un processo in cui Dio è seriamente coinvolto in prima persona con la sua azione salvifica e liberante nei confronti del popolo (cf. Lv 22, 32). L'uso del la preghiera in

­

21 1 Secondo G. Strecker, Vaterunser, p. 15, con l'uso dell'aggettivo possessivo >, in ZNW 72 (198 1 ) 277-28f.; J. Schlosser, Le logion de Mt 10, 28 par. Le 12, 4-5 (Q 12, 4-5), in Id., A la recherche de la Parole. Etudes d'exégèse et de théologique biblique, Paris 2006, pp. 2 1 9-23 1 ; M. Vidal, Seguimiento de Cristo y evangelizaci6n (Mt 10, 34-39), in Salm 18 (197 1 ) 289-3 12. ,

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26 • 11, 1

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Articolazione del testo

Facendo ricorso a materiale tradizionale Matteo compone l'ultima parte del­ l'allocuzione, che si articola a sua volta in quattro sezioni. La prima (vv. 26 3 1 ) è scandita da tre inviti a «non temere» (vv. 26.28.3 1 ) , a cui si agganciano delle motivazioni costruite attraverso parallelismi antitetici. L'esortazione iniziale a non avere paura dei persecutori, ma a diffondere la rive­ lazione (vv. 26-27 ) , dopo il monito iniziale, si sviluppa con una sentenza in for­ ma negativa e una in forma positiva. La prima fa leva sulla contrapposizione tra «nascosto»l«rivelato», «segreto»l«conosciuto»; mentre la seconda sul contrasto tra «tenebre»l«luce» e tra «ascoltare all'orecchio» e «annunciare sui tetti». n secondo invito a non paventare la persecuzione (v. 28) si estrinseca nel confronto antitetico tra chi uccide il «corpo», ma non ha potere sulla «vita», e chi ha il potere di fa perire «la vita>> e il «corpo». L'ultimo monito «non temete» è preceduto da due sentenze basate su argomentazioni a fortiori (vv. 29-3 0). La prima è composta da una domanda che fa leva sull 'immagine dei passeri dal valore esiguo e una risposta, centrata sulla figura del Padre che non li perde di vista. La seconda è imperniata sui capelli del capo che sono tutti contati. Fa seguito l'invito a «non temere» con l'applicazione basata sul confronto tra i passeri e i discepoli-missionari (v. 3 1 ) . L a seconda parte del testo verte sul tema della testimonianza (vv. 32-33 ) . An­ che questa duplice sentenza è costruita attraverso un parallelismo tra l'azione di confessione da parte dei discepoli nel corso della missione storica e quella escatolo­ gica da parte di Gesù di fronte al Padre nei confronti dei missionari. Nella sentenza seguente viene poi posto il caso antitetico del rinnegamento storico da parte dei di­ scepoli che avrà come conseguenza parallela quello escatologico da parte di Gesù. Questo confronto tra le due situazioni opposte è messo ulteriormente in rilievo dal binomio «riconoscere»/ «rinnegare», ripetuto due volte. La terza parte (vv. 34-39) inizia con una messa in guardia da una falsa in­ terpretazione della missione di Gesù attraverso una duplice espressione negativa: «Non pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra»; «non sono venuto a portare la pace», allo scopo di mettere in rilievo l'affermazione positiva: «ma la spada (v. 34). Sono venuto infatti a . . . ». Questa affermazione è sostanziata dal testo profetico di Michea 7, 6 in cui vengono elencati tre rapporti particolari di tipo famigliare che Gesù mette in crisi: «figlio/padre, figlia/madre, nuora/suocera» (v. 3 5 ) ; e poi un quarto più generale: «i nemici dell'uomo saranno quelli di casa sua>> (v. 36). Nell'applicazione del passo biblico ricorrono quattro sentenze sulla sequela in assetto parallelistico (vv. 3 7-3 9), non solo perché sono tutte costruite in forma ipotetica, ma anche perché le prime tre terminano con la frase «non è degno di me». Le prime due riprendono la tematica precedente dei rapporti familiari; la terza ad escalation è un invito a prendere la croce (v. 38). Mentre la quarta, costruita attraverso un parallelismo antitetico tra chi trova la vita ma la perde e chi la perde per causa di Gesù, ma la ritrova, fa perno sui due verbi «trovare-perdere» (v. 39). La parte conclusiva è dedicata all'accoglienza degli inviati (vv. 40-42 ) ed è for­ mata da quattro sentenze in parallelismo progressivo, costruite mediante le parole gancio dechomail«accogliere» (6 volte) , e misthosl«ricompensa» (3 volte) . Viene prima individuata in forma di principio la catena degli inviati accolti: i discepoli­ missionari, Gesù, Dio (v. 40). Fa seguito in forma ipotetica il duplice caso di chi -

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Il Vangelo di Matteo

accoglie il profeta e il giusto. Infine quello di chi offre un bicchiere d'acqua a un piccolo discepolo. Tutti gli esempi terminano con la promessa di una ricompensa. TI discorso missionario si conclude (Mt 1 1 , l ) con la fraseologia tipica che scandisce le cinque composizioni del primo vangelo: «Quando Gesù ebbe finito . . . » (Mt 7 , 28; 1 3 , 53; 19, l ; 26, 1 ) . Vengono ripetuti i destinatari, «i dodici discepoli», ed è ripresa l'attività missionaria da parte di Gesù che insegna e annuncia. Interpretazione del testo

[v. 26] L'ultima parte del discorso missionario inizia con un invito rivolto agli in­ viati, a non temere gli avversari 48• Con il verbo phobeomai si stabilisce che la paura corrispondente ad una scelta basata sulla mancanza di fede poco in sintonia con il piano di Dio (vedi Mt l , 20), non può bloccare l'istanza missionaria. La libertà del discepolo nei confronti della persecuzione si fonda sulla volontà divina, secondo la quale non vi è nulla di nascosto che non debba essere rivelato 49• Nella sentenza con il parallelo in Le 12, 2 (solo parziale in Mc 4, 22), il verbo kalypto che vuoi dire «coprire, velare, nascondere», è posto in relazione antitetica ad apokalypto dal si­ gnificato di «scoprire, svelare, rivelare». Parimenti i termini kryptosl«nascosto» e ginoskol«conoscere» descrivono due situazioni antitetiche. Se quest'ultimo appar­ tiene al campo semantico della fede in quanto i discepoli hanno il compito di com­ prendere (cf. Mt 1 3 , 1 1 ) , il primo allude alla situazione di chiusura in ordine alla rivelazione di Gesù. Alcune sentenze evangeliche possono illuminare il senso della duplice espressione che può risultare enigmatica: «Voi siete la luce del mondo. Non può restare nascosta (krypto) una città posta su un monte . . . » (Mt 5, 1 4 ) ; «Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto (krypto) queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate (apokalypto) ai piccoli» (Mt 1 1 , 25 ) ; «Aprirò la mia bocca in parabole e proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo» (Mt 1 3 , 35); «ll regno dei cieli è simile al caso di un tesoro nascosto nel campo . . . » (Mt 1 3 , 44 ) . Questi termini quindi appartengono al vocabolario della rivelazione che ha come contenuto l'annuncio del regno, specifico della missione di Gesù (Mt 1 1 , 25.27; 16, 17) e che ora è affidata ai suoi discepoli missionari perché sia diffusa nell'intero ecumene. [v. 27] L'esigenza di un invio con il compito dell'annuncio della manifestazione divina viene ulteriormente evidenziata dalla duplice, antitetica immagine costruita in parallelismo del «dire nell'oscurità-dire alla luce» e dell' «ascoltare all'orecchio­ annunciare sui tetti». La sentenza si trova anche in Le 12, 3 50• In tal caso i simboli

48 È frequente nella tradizione biblica l'esortazione a «non temere» che nella maggior parte dei casi viene posta sulle labbra di Dio per consolare o incoraggiare in situazioni particolarmente difficili (cf. Ez 2, 6). 49 La sentenza è contenuta anche nd Vangelo di Tommaso 5 «Gesù disse: Conosci ciò che sta davanti al tuo viso, e ciò che ti è nascosto ti verrà rivelato; poiché non vi è nulla di nascosto che non venga un giorno rivelato». '0 La sentenza si trova anche nel Vangelo di Tommaso 38: «Gesù disse: ciò che tu udirai col tuo orecchio e con l'altro orecchio, proclarnalo dai tetti!».

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della «oscurità» e della «luce» non hanno rispettivamente il valore di male e bene,

ma di ambiente intimo e segreto in rapporto a una situazione pubblica. I verbi akouol«ascoltare» e keryssol«annunciare» fanno parte del vocabolario della tra­ smissione della fede. Anche in questo caso il simbolo dell'orecchio rimanda sì a uno dei cinque sensi quello dell'ascolto (Mt 1 1 , 15; 13, 9. 15a.b. 16.43 ) , ma soprattutto alla situazione di privacy in cui avviene la comunicazione nella cerchia dei discepoli, così l'immagine del tetto, che non compare più nel Vangelo di Matteo con questo senso, allude invece all 'ambiente pubblico (cf. Mt 24, 17). [v. 28] n secondo invito a non temere diretto ai discepoli in rapporto a chi può far perire «il corpo», senza avere alcun potere sulla , dall'altra non possiamo essere certi che la parola . Articolazione del testo n testo, collocato tra la parabola del seminatore (vv. 3b-9) e la sua spiegazione (vv. 1 8-23 ) , prende l'avvio dall'interruzione del discorso da parte dei discepoli, che

pongono a Gesù una domanda: «Perché parli loro in parabole?» (v. 1 1 ). La sua risposta si articola in tre parti. La prima è formata da due sentenze che, accomunate dalla duplice espressione «è dato»/«sarà dato» e costruite in pa­ rallelismo antitetico, marcano la contrapposizione tra «voi», i discepoli, e «loro», le folle (vv. 12-13 ). La ripresa letterale della domanda: «Per questo parlo loro in parabole» (v. 13), introduce la seconda parte, in cui viene indicata la vera e propria motivazione dd parlare in parabole: «Perché pur vedendo non vedono, pur sentendo non ascoltano, né comprendono». Attraverso i verbi «vedere» e «ascoltare» viene preparato il te­ sto biblico, imperniato sul trinomio lessicale «ascoltare»-«vedere»-«comprendere». Questo brano (vv. 14-15) è avviato da una introduzione di compimento per indicare come la situazione di rifiuto da parte della folla corrisponde al piano di Dio. A sua volta nel testo ripreso da Is 6, 9- 1 0 si possono riconoscere tre parti: nella prima l'annuncio dell'incomprensione composto con un parallelismo sinonimico: akoe(i) akousete, kai ou me synetel«con l'orecchio ascolterete, ma non comprenderete»; blepontes blepsete e kai uo me tdetel«guarderete, ma non vedrete»; seguito dalla motivazione segnalata con il gar: «il cuore di questo popolo si è indurito . . . » con le conseguenze: «per non vedere con gli occhi. . . per non convertirsi». L'ultima espressione kai iasomai autousi«e io li risanerò», probabilmente non dipende dal mepote precedente e indica l'anomala azione di Dio.

9V. Fusco, I:accord mineurMt 13, l la; Lc 8, lOa contre Mc4, 1 1a, in J. Delobel (ed.), Logia, (BETL 59), Leuven 1982, pp. 355-361; L. Sabourin, «Connaftre !es mysterès du Royaume» (Mt 13, 1 1), in Studia Hierosolymitana, volume 2 , (Fs. B. Bagatti), Jerusalem 1976, pp. 58-63 ; D.O. Via, Matthew on the Understandability of the Parab/es, in ]BL 84 ( 1 965 ) 430-432.

Perché Gesù parla in parabole 13,

10- 1 7

4 17

Il testo biblico citato inoltre ha una evidente struttura chiastica: a) cuore indurito; b) duri d'orecchi; c) chiusi gli occhi; c') per non vedere con gli occhi; b') per non udire con gli orecchi; a') per non intendere con il cuore. Se la seconda parte è diretta alla folla, la terza lo è ai discepoli con una beati­ tudine in cui si riprende il vocabolario della citazione biblica . 18Ed egli disse: «Portatemeli qua». 19Dato l'ordine alle folle di sedersi sull'erba, presi i cinque pani e i due pesci, alzati gli occhi al cielo, pronunciò la benedizione e, spezzati i pani, li diede ai suoi discepoli e i discepoli alle folle. 20Tutti mangiarono, si saziarono e raccolsero gli avanzi dei pani spezzati: dodici canestri pieni. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uominz: senza contare le donne e i bambini.

Articolazione del testo TI racconto della moltiplicazione è uno degli episodi maggiormente attestati dai vangeli, riportato due volte da Matteo (Mt 15, 32-39) e da Marco (Mc 6, 30-44: 8, 1 - 10), e una volta da Luca (Le 9, 10-17) e da Giovanni (Gv 6, 1 - 15 ) . Si ha così l'impressione che l'episodio non solo abbia un buon grado di attendibilità storica, ma anche sia di grande importanza per comprendere, da una parte, la missione di Gesù e, dall 'altra, il compito dei discepoli. L'introduzione crea il clima in cui avviene il gesto della moltiplicazione dei pani: l'allontanamento di Gesù alla notizia della morte del Battista. A questo spo­ stamento corrisponde quello della folla che lo segue provenendo dalle città. n com­ portamento popolare suscita la compassione di Gesù il quale guarisce i malati (vv. 1 3 - 14). Fa seguito un doppio dialogo tra i disce�li e Gesù che, collocato al centro, occupa grande spazio nel racconto (vv. 15-18). È formato da due interventi dei di­ scepoli e due di Gesù con lo scopo di preparare il gesto della distribuzione del pane. Sono loro ad avviare lo scambio di battute: «ll luogo è deserto . . . congeda . . », (v. 15 ) .

11 M.-E. Boismard, The Two-Source Theory at an Impasse, in NTS 26 (1979) 1 - 17; l. de la Potterie, Le sens primiti/de la multiplication des pains, in J. Dupont (ed.), Jésus aux origines de la Christologie, (BETL 40), Gembloux 1975, pp. 303-329; F. de Stefano - L. Sferco, Una rilet­ tura del miracolo della moltiplicazione dei pani, in BibbOr 41 ( 1 999) 65-75; J.A. Grassi, Loaves and Fishes. The Gospel Feeding Narratives, Minnesota 199 1 ; U.H.J. Kortner, Das Fischmotiv im Speisungswunder, in ZNW 75 ( 1 984) 24-35; F. Neirynck, The Matthew-Luke Agreements in Mt 14, 13-14; Lk 9, 10- 1 1 (par. Mk 6, 30-34), in ETL 60 (1984) 25-44; F. Neugebauer, Die wunder­ bare Speisung (Mk 6, 30-44 pan:) und ]esu Identitiit, in KD 32 ( 1 986) 254-277; H. Patsch, Abend­ mahlsterminologie auf,erhalb der Einsetzungsberichte. Erwiigungen zur Traditionsgeschichte der Abendmahlsworte, in ZNW 62 ( 1 97 1 ) 21 0-23 1; E. Repo, Fun/Brote und zwei Fische, in SNTU-A 3 ( 1 978) 99- 1 13 ; J.M. Van Cangh, Le thème des poissons dans /es récits évangéliques de la mul­ tiplication des pains, in RB 78 ( 197 1 ) 71 -83 ; Id. , La multiplication des pains et l'eucharistie, (LD 86), Paris 1975.

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a cui egli risponde: «Non c'è bisogno che vadano. . . » (v. 16) ed essi replicano: «Non abbiamo qui che cinque pani. . », (v. 17) concludendosi con l'ordine di Gesù. «Por­ tatemeli qua» (v. 18). Nella scena centrale il protagonista è Gesù, che viene descritto con un at­ teggiamento autorevole mentre dà il comando alla folla di sedersi (v. 19). Tuttavia il momento fondamentale è costituito dalle parole e dai gesti sul pane. Dei cinque verbi soltanto due sono all'indicativo (eulogesenl«pronunciare la benedizione», edokenl«diede»), mentre gli altri tre al participio (labonl«presi» , anablepsasl« alzati gli occhi», klasasl«spezzati»), da cui risulta che le azioni più importanti sono quelle del benedire e del dare il pane. Tuttavia chi lo distribuisce non è Gesù, ma i suoi discepoli, che assumono il ruolo di mediatori tra lui e la gente. La conclusione constata la grandiosità dell'evento mediante l'annotazione cir­ ca la sazietà di tutta la folla, l'abbondante rimanenza del pane e la presenza massiccia del popolo: cinquemila persone senza contare le donne e i bambini (vv. 20-2 1 ). .

Interpretazione del testo

[v. 13] Alla notizia della morte di Giovanni, Gesù si apparta in un luogo deserto. Nel primo vangelo con il verbo anachoreo altre volte si descrive il ritiro di fronte a situa­ zioni minacciose e pericolose, quali l'arresto del Battista (Mt 4, 12) o la decisione dei farisei di ucciderlo (Mt 12, 15) 12 • Gesù quindi non ricerca la morte, che invece sarà soltanto la conseguenza della sua missione. In Matteo non si riscontra l'interesse a precisare il luogo e il tempo dell'episodio, bensì a dame il significato profondo. Gesù raggiunge il deserto che crea lo sfondo dell'azione. Questo ambiente ricorda il cam­ mino del popolo liberato dall 'Egitto verso la terra promessa, quando ha sperimentato la misericordia di Dio nei suoi grandi prodigi, tra i quali il dono della manna. Nel primo vangelo inoltre il deserto è l'ambito dell'attività del Battista (Mt 3 , 1.3; 1 1 , 7), delle tentazioni di Gesù (Mt 4, 1), della manifestazione del messia escatologico (Mt 24, 26). Il bisogno di estraniarsi dall'azione pubblica non è solo indicato dalla ricerca di uno spazio solitario, ma anche dall 'espressione ka(idian/«in disparte», che ricorre qui la prima volta per illustrare il bisogno di ritirarsi dalla scena pubblica carica di conflittualità sociale (Mt 14, 23 ; 17, 1 . 19; 20, 17; 24, 3 ) . La barca utilizzata per lo spostamento induce a ritenere che Gesù si trovi nei dintorni del lago di Tiberiade (cf. Le 9, lO; Gv 6, 1 ) . Soltanto od Vangelo di Luca la scena viene contestualizzata nelle vicinanze di Betsaida (Le 9, l O). Le folle, venute a sapere che egli si era allontanato, si mettono a seguirlo a piedi. n verbo akoloutheo attribuito non ai discepoli ma ad esse, indica la loro potenziale simpatia e stima per lui, senza implicare nessuna decisione nei suoi confronti (Mt 4, 25 ; 8, l; 12, 15; 20, 29; 2 1 , 9). La provenienza della gente da tutte le città evidenzia l'importanza di Gesù, verso il quale converge una moltitudine che alla fine verrà indicata nella sua entità numerica (cf. v. 2 1 ) . [v. 14] Scendendo dalla barca Gesù prova compassione per tutta quella gente. Que­ sto stato d'animo, reso con il verbo splagchnizomai, rimanda alla misericordia che 12

La famiglia di Gesù «si ritira» di fronte alla persecuzione degli Erodiadi (Mt 2, 14.22).

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Il Vangelo di Matteo

nasce da una commozione interna, viscerale. Nel primo vangelo questo atteggia­ mento caratteristico di Gesù n è ciò che lo spinge a soccorrere il popolo, chiamando i dodici alla missione (Mt 9, 36), oppure guarendo gli ammalati (Mt 15, 32; 20, 34) 14• Nel nostro testo la compassione non è solo il movente della sua attività terapeutica (= therapeuo, vedi Mt 4, 23 ) , ma lo sarà anche della donazione dei pani. Il termine arrostos con il significato di «debole, invalido, malato» ricorre llllicamente qui per indicare i destinatari della sua azione terapeutica (Mc 6, 5.13; 16, 18; 1 Cor 1 1 , 30). [v. 15] I.:introduzione temporale opsias gen omen esl«giun ta la sera», usata con una certa frequenza nella narrazione matteana, non ricorre soltanto nell'ultima cena, il che conferirebbe un valore eucaristico anche alla moltiplicazione, ma in diversi con­ testi (Mt 8, 16; 14, 23; 16, 2 ; 20, 8; 26, 20; 27, 57). L'avvicinamento (= proserchomai) dei discepoli (e non dei dodici come in Le 9, 12), che denota sempre un'intimità con Gesù, è il presupposto del dialogo in cui emergono due prospettive o punti di vista differenti. Essi vengono fatti intervenire con un discorso diretto in cui, sulla base di due considerazioni di tipo contestuale il luogo deserto e l'ora tarda - formulano la proposta secondo la quale Gesù lasci libere le folle perché possano andare nei villaggi a comprare (= agorazo) il cibo. n termine brama è generico per indicare gli alimenti ed è usato soltanto qui nel Vangelo di Matteo. -

[v. 16] Se da una parte, volendo rinviare la folla perché si procacci da mangiare, essi propongono una soluzione realistica ed economica, dall'altra egli prospetta un'al­ ternativa di dono e di distribuzione, che manifesta la sua iniziativa gratuita. n de introduce infatti un intervento di Gesù che si contrappone per prospettiva a quello dei discepoli. Egli infatti, invece di rilasciare la folla, incarica mediante un imperati­ vo aoristo dote, che sottolinea l'immediatezza dell'esecuzione, proprio i discepoli di darle da mangiare ( = esthio). D comando di Gesù inoltre si presenta con una certa ambiguità. Infatti dalle parole non si capisce in realtà quale dovrebbe essere il loro compito. L'ordine va compreso alla luce del suo contesto più largo e risulterà un progetto ecclesiale, in quanto preannuncia in maniera prolettica il loro compito sulla scia del gesto largo e generoso di Gesù del quale essi sono compartecipi, ricoprendo un ruolo ben preciso. [vv. 17 -18] La risposta dei discepoli fa leva sull'osservazione realistica della situazio­ ne: non ci sono che cinque pani e due eesci. TI pane nel Vangelo di Matteo, come negli altri, ha un significato fondamentale. E l'oggetto della prima tentazione di Gesù (Mt 4, 3 -4), il contenuto di una petizione del Pater (Mt 6, 1 1 ), immagine della salvezza (Mt 15, 26); diventa il suo corpo nell'ultima cena (Mt 26, 26) 1 5 • TI pesce ricorre ancora nel-

13 Soltanto nella parabola del padrone buono e dd debitore insolvente il verbo splagchnizo­ mai non è attribuito a Gesù, ma descrive la compassione dd signore nei confronti del suo servo, metafora della misericordia di Dio (Mt 18, 27). 14 Secondo F. Neugebauer, Wunderbare, pp. 254-277, nel testo la congiunzione tra l'azio­ ne risanante e la moltiplicazione dei pani sta nell'intenzione di presentare Gesù come messia che viene in soccorso dei bisogni concreti del suo popolo. 15 J.A. Grassi, Loaves, p. 53, vede una particolare attenzione da parte dell'autore dd Van­ gelo di Matteo al tema del pane a partire dalle tentazioni.

Prima moltiplicazione dei pani 14, 13-21

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la seconda moltiplicazione (Mt 15, 36), nella richiesta del figlio (Mt 7, lO) e nell'invito di Gesù a trovare la moneta per pagare la tassa (Mt 1 7 , 27) . Si è cercato di dare un

significato simbolico al numero dei pani e dei pesci, ma le interpretazioni sembrano tutte inadeguate. Tra le più suggestive ricordiamo quella che vede nel numero cinque un simbolo rappresentativo dei rotoli della legge ebraica (Agostino) 16• Al di là delle speculazioni nwneriche, pani e pesci rappresentano l'elemento base dell'alimentazio· ne in Palestina. Con la nota sulla quantità del cibo si mette in evidenza da una parte l'estrema esiguità delle riserve a disposizione in contrasto con la massa enorme di folla, dall'altra l'azione generosa e inaspettata di Gesù. L'atteggiamento dei discepoli ricorda le resistenze e l'incredulità del popolo d'Israele nei confronti della potenza di Dio che si concretizza in azioni gratuite per l'uomo (Es 16, 3 -4; l Re 17, 17, 10- 1 6; 2 Re 4, 1 -7; Sa/ 78, 19). Sempre formulata in discorso diretto, l'esortazione a portare i pani e i pesci introduce la scena vera e propria del gesto autorevole di Gesù.

[v. 19] L'ordine (= keleuo) di Gesù rivolto alle folle di sedersi sull'erba e costru­ ito con una frase partecipale, fa da preambolo al momento centrale della scena. Matteo non ricorda il raggruppamento marciano di cento e cinquanta (Mc 6, 40) e lucano di cinquanta (Le 9, 14). Il verbo anaklino descrive un'azione che rimanda alla commensalità del tempo messianico (cf. Mt 8, 1 1 ) 17• ll particolare dell'erba verde forse allude ai pascoli erbosi a cui conduce il pastore (Sal 23 , 2). Secon­ do l'uso tradizionale egli, come il capo famiglia prima di iniziare il pasto, prende il pane e pronuncia la benedizione. La sequenza dei verbi, /ambano/«prendere», anablepol«alzare gli occhi», eu/ogeo/«pronunciare la benedizione», klao/«spezza­ re», didomi/«dare», costituisce la struttura della berakah ebraica, con la quale si inizia e si conclude il pranzo 18 • Ma questo gesto assume ora un significato nuovo: Gesù è il profeta che sfama il popolo. Dei cinque verbi solo due sono all'indicativo: «pronunciare la benedizione», «dare», evidenziando le azioni più rilevanti. Si ha l'impressione che i verbi eulogeo e eucharisteo all'interno dei vangeli non abbiano significati diversi. Infatti nella seconda moltiplicazione la benedizione ha luogo me­ diante eucharisteo (Mt 15, 36) e nell'ultima cena vengono usati tutti e due (Mt 26, 26.27 ) . L'alzare gli occhi al cielo è segno della comunione dell'arante con Dio, ma allo stesso tempo descrive l'atteggiamento ieratico di Gesù (Gv 1 1 , 4 1 ; 17, 1 ) 1 9• La scomparsa dei pesci al momento della distribuzione per evidenziare il pane, non è un indizio sufficiente per far desumere che il primo evangelista conferisca all' episo­ dio un significato eucaristico 20• Soprattutto nell'edizione matteana i discepoli spie16 Cf. E. Repo, Fiinf, pp. 1 10-1 1 1 .

17 Cf. U.H.J. Kortner, Fischmotiv, pp. 34-35 . Inoltre J.M. Van Cangh, Thème, pp. 7 1 -83 , aggiunge che la Chiesa primitiva nel racconto della moltiplicazione dei pani unisce due tradizioni che nel giudaismo si sono sviluppate separatamente: quella del profeta simile a Mosè e quella del banchetto escatologico del messia. 18 Così sostiene J.M. Van Cangh, Multiplication, pp. 66-75 che cita il Talmud babilonese (b.Ber. 48b; cf. m.Ber. 6, 8; 7, 3) e quello gerosolimitano (j.Ber 12a, 52-60; lOa, 7 1 -74). 19 Nell'Antico Testamento l'arante spesso rivolge lo sguardo verso il cielo (Gb 22, 26; 3.5, 5; Sa/ 27, 2; 73 , 3; 121, l; 133, 2; Is 8, 22). G. Flavio, Ant. 1 1 §56, riporta la notizia che Neemia pregò con gli occhi alzati al cielo. 20 Per molti autori tra cui H. Patsch, Abendmahlsterminologie, pp. 2 1 0-23 1, Matteo nel te­ sto della moltiplicazione e più precisamente nella benedizione di Gesù sui pani e sui pesci inseri-

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cano per il loro ruolo di mediatori: la distribuzione alla folla da parte dei discepoli è descritta simmetricamente al gesto di Gesù, il quale consegna loro il pane. [v. 20] Alla distribuzione segue la constatazione del considerevole effetto dell a moltiplicazione. Non solo tutta la folla si è saziata ( = chortazo; cf. Mt 15, 33.37), ma addirittura il pane è rimasto 21• n verbo perisseuo con il significato di «essere sovrabbondante, avanzare» ricorre anche nel secondo racconto di moltiplicazione e sembra indicare una caratteristica dell'azione messianica di Gesù, venuto a mani­ festare con sovrabbondanza la giustizia (Mt 5, 20) e i misteri del regno (Mt 13, 12; cf. 25 , 29). La raccolta dei resti è un elemento costitutivo del pasto giudaico, vo­ lendo impedire che il cibo vada sprecato. I cesti in cui sono stati raccolti gli avanzi sono dodici. Il numero, più che alludere al gruppo degli «apostoli» che li ha usati, è certamente un riferimento ai destinatari del gesto potente, Israele, formato dalle dodici tribù (Mt 19, 28). Questa nota sottolinea come Gesù sia colui che sfama tut­ to il popolo. Infatti la sazietà è un effetto dell'azione divina nel tempo messianico (Es 16, 12; Sa/ 22, 27; 78, 29; Ger 3 1 , 14) 22 • [v. 2 1 ] ll numero dei partecipanti - cinquemila senza contare le donne e i bam­ bini -, anche se probabilmente esagerato secondo il cliché dei racconti popolari, tende a porre in risalto la grandezza del gesto. È soltanto in Matteo che secondo l'uso sinagogale vengono contati nell'assemblea unicamente gli uomini adulti. Ma il primo vangelo, non dimenticando di menzionare le donne e i bambini, con molta probabilità vuole alludere al fatto che nessuno è escluso dal gesto benefico e gratuito di Gesù, soprattutto i più deboli e i più indifesi. Egli viene descritto con i tratti del profeta atteso per la fine dei tempi. n racconto ha come matrice i grandi episodi biblici, come quello in cui Dio dà la manna al popolo itinerante nel deserto (Es 16) o quello in cui il profeta Eliseo moltiplica i pani per i discepoli (2 Re 4, 42-44 ) 23 • Ad essi fanno eco i testi giudaici secondo i quali si aspetta un messia che compia i mira­ coli dell'esodo: «Come il primo liberatore fece scendere la manna come sta scritto: lo sto per far piovere il pane dal cielo (Es 16, 4), così anche il secondo liberatore farà scendere la manna poiché sta scritto: Abbonderà il frumento del paese (Sa/ 72, 16)» (Qo.R. l, 28; Num. R. l, 2; Pes.R. 15, 10); Cant.R. 2, 22).

***Nel comporre il testo Matteo crea differenti livelli di significato; oltre a modella­ re la figura di Gesù su quella del profeta escatologico, atteso dal popolo di Israele, mette in evidenza come la moltiplicazione rientri nella logica della commensalità che Gesù ha spesso vissuto nel suo ministero e ha evidenziato con il gesto delsce motivi eucaristici. Tuttavia questa ipotesi tiene poco conto del contesto giudaico in cui prima dei pasti si pronunciava la Berakah, così come Gesù fa sia nella moltiplicazione che nell'eucaristia. 21 Tuttavia I. de la Potterie, Sens, p. 3 1 1 , fa notare che l'evangelista non segnala alcuna re­ azione di ammirazione o stupore. 22 Per quanto riguarda il miracolo della manna, atteso nella tradizione biblica per il tempo messianico cf. 2Bar 29, 8. 23 Questo testo ha molti punti in comune con la scena della moltiplicazione evangelica: l'o­ biezione della pochezza del cibo in rapporto al numero di persone (cento), l'ordine della distri­ buzione che avviene non per mano di Eliseo, ma da parte di chi ha portato i pani, la segnalazione del resto abbondante.

Prima moltiplicazione dei pam 14� 13-21 l'ultima cena. ll dono del pane nel deserto inaugu ra il tempo nuovo della convi­ vialità e condivisione, prefigurazione di quelle future. In questo clima si inserisce il gruppo dei discepoli, il quale svolge un ruolo di mediazione, compito essenziale perché il dono di Gesù possa raggiungere tutti.

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L'INCONTRO NOITURNO SUL LAGO TRA GESù

E

I DISCEPOU 14, 22-3624

(Mc 6, 45·56; Gv 6, 16-2 1 )

22/mmediatamente spinse i discepoli a salire sulla barca e a preceder/o sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato le folle. n Rinviate le folle, salì sulla montagna in disparte a pregare. Venuta la sera se ne stava là solo. 24La barca intanto distava dalla terra già molti stadi ed era agitata dalle onde a causa del vento contrario. 25 Nella quar­ ta vigilia della notte, egli venne da loro camminando sul mare. 261 discepolz: vedendo/o camminare sul mare, furono turbati e dissero: «È un fantasma!>>. E si misero a gri­ dare dalla paura. 27 Gesù subito parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non temete». 28Pietro prendendo la parola disse: «Signore, se sei tu, ordina che io venga da te sulle acque». 29Ed egli disse. «Vieni!>>. E sceso dalla barca, Pietro camminò sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma impressionato dal vento ebbe paura e, cominciando ad affonda­ re, gridò: «Signore, salvamif». 31Jmmediatamente Gesù stendendo la mano lo a/ferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32E appena risaliti sulla barca il vento cessò. 33Quelli che erano nella barca si prostrarono davanti a lui esclamando: «Tu sei veramente Figlio di Dio!». 34Dopo la traversata arrivarono a Gennesaret. 35E la gente del luogo lo riconobbe e se ne sparse la notizia in tutta la regione, gli portaro­ no tutti quelli che stavano male, 36e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. Quanti lo toccavano erano sanati. Articolazione del testo D racconto dell'incontro notturno di Gesù con i suoi discepoli si trova sia in Marco (Mc 6, 45-56) che in Giovanni (Gv 6, 16-2 1 ) , ma nel primo vangelo si ri­

scontrano due peculiarità: l'incontro-dialogo tra Pietro e Gesù (w. 28-3 1 ) e l'accla­ mazione finale dei discepoli che lo riconoscono come Figlio di Dio (v. 3 3 ) . Proprio questi due elementi costituiscono i vertici del testo di Matteo. L'ordine impartito da Gesù ai discepoli di recarsi all 'altra riva (v. 22), il suo allontanamento sul monte a pregare (v. 23 ) e la loro traversata burrascosa (v. 24) sono i preliminari dell'incontro con i suoi (w. 25-27.33 ), in cui domina il duplice dialogo con Pietro (w. 28-32). L'incontro viene introdotto da una notazione temporale, nella «quarta vigilia della notte», e dall'azione di Gesù che si awicina alla barca camminando sulle acque

24 C.R Carlisle, Jesus' Walking on the Water: A Note on Matthew 14.22-23, in NTS 31 (1985) 15 1-155; A.-M. Denis, La marche de ]ésus sur le eaux, in I. de la Potterie (ed.t De ]ésus aux Évangile, (Fs. J. Coppens), (BETL 25), Louvain 1968, pp. 233 -247 ; J.D.M. Derrett, Why and how ]esus walked on the Sea, in NT23 (1981) 330-348;J.P. Heil,]esus, Walking on the Sea, (AnBib 87), Rome 1 98 1 ; D.F. Hill, The Walking on the Water, ExpTim 99 (1988) 267-269; R Kratz, Der Seewandel des Petrus (Mt 14, 28-3 1), in BiLe 15 (1974) 86-101; R Nicholls, Walking on the Water. Reading Mt 14, 22-33 in the Light o/ its Wirkungsgeschichte, (BIS 90), Leiden-Boston 2008; H. Ritt, Der . [vv. 5-6] Per Gesù il comandamento dell'onorare i genitori viene smentito dall'in­ terpretazione e dalla prassi giudaica. Infatti ci si può sottrarre ali'obbligo -di questa parola biblica, senza per questo essere colpevoli, dichiarando «offerta sacra» ciò che sarebbe servito al loro sostentamento 40• Il verbo opheleo ricorre qui al con­ giuntivo aoristo passivo per indicare l'azione di aiuto o assistenza con la quale il figlio dovrebbe sowenire ai genitori che nell'antichità non avevano né pensioni, né tanto meno assicurazioni sociali. La cosiddetta pratica del qorban, termine che non compare in Matteo, ma solo nel parallelo marciano (Mc 7, 1 1 ), si rifà a Nm 30, 3 che recita: «Quando uno avrà fatto un voto al Signore o si sarà impegnato con il giuramento a un obbligo, non violi la sua parola, ma dia esecuzione a quanto ha promesso con la bocca» 41• Chi pronunciava questo giuramento in presenza dei ge­ nitori sottraeva loro l'usufrutto dei propri beni, consacrandoli al tempio. Di fatto, questa consacrazione non era che una finzione, perché non vi era nessun controllo sulla consegna o meno da parte del figlio dei beni dichiarati «offerta sacra». Il ter­ mine doron è particolarmente usato nel Vangelo di Matteo ( 9 volte; in Mc l volta, in Luca 2 volte; vedi Mt 2, 1 1 ) e non assume soltanto il significato generico di «dono o regalo», ma di «offerta» in senso religioso. TI ricorso per la seconda volta al verbo timao fa capire che l'onorare non è soltanto un comportamento formale dato dalla buona educazione, ma che significa aiutare concretamente i propri genitori che altrimenti non potrebbero soprawivere. Gesù tira le conseguenze dell'esempio ricorrendo al verbo akyroo che in Matteo ri­ corre soltanto qui con il significato di > (Mc 9, 35), in Matteo è diretta ai discepoli che hanno posto la questione. Quindi, secondo il primo vangelo , il discorso di Gesù sui piccoli non riguarda solamente i responsabili della Chiesa, «i dodici», ma tutti coloro che seguono il Signore. In quattro dei cinque discorsi viene sottolineato il ruolo privilegiato dei discepoli, uditori della parola di Gesù, mediante il verbo

3 Secondo ].D. Crossan, Kingdom, pp. 75-95 , il passo di Mt 18, 1 -.5, fa parte della tradi­ zione aforistica sul regno. Per V.K. Robbins, Pronouncement, pp. 43-74, i vv. 1-5 contengono un chreia misto composto da azione e parola presente nella tradizione sinottica. Solo in Matteo la scena viene usata per introdurre l'argomento sull 'ingresso nel regno dei cieli. 4 Nel Vangelo di Matteo l'espressione en ekeine(i) te(i) ora(i)l«in quell'ora» (Mt 26, 55 ) o simili en te(i) hemera(i) ekeine(zJI«in quell'ora» (Mt 13, 1 ) , en ekeino(t) to(i) kairo(i)l«in quel tempo» (Mt 1 1 , 25 ; 12, l ; 14, 1 ) , en ekeine(t) te(i) emera(i)l«in quel giorno» (Mt 22, 23 ), hanno valore introduttivo. ' Per N. Gatti, Perché, pp. 249-250.256, il quarto discorso matteano, denominato ecclesiale è un testo di tipo didattico-sapienziale in cui Gesù educa i propri discepoli attraverso un percorso di tipo dialogico-esperienziale. Una serie di istruzioni sono rivolte all'ascoltatore affinché modi­ fichi ]e proprie convinzioni, i valori e di conseguenza il comportamento. L'impatto comunicativo di questi mezzi linguistici è potenziato dall'impiego di vari generi letterari (azione simbolica, mi­ naccia, parabola, testo legislativo) . Più interessante la ricostruzione di G. Scheuermann, Gemein­ de im Umbruch. Eine sozialgeschichtliche Studie zum Matthiiusevangelium, (FzB 77), Wiirzburg 1966, pp. 192-195.250-25 1 , secondo il quale il discorso riflette il Sitz im Leben della comunità in cui l'entusiasmo si è bloccato a causa dell'esperienza di peccato. La stanchezza nell'accettare quello altrui viene contenuta con la regola comunitaria (Mt 18, 15-20). Nella chiesa ci sono di­ verse correnti ed essa deve emarginare chi non è pronto a cambiare. La legittimazione a questa emarginazione si ha con le parole di Gesù in Mt 18, 18. Sul piano sociale il >. 18Gli disse: > . E anch 'egli disse loro: «Nemmeno io vi dirò con quale autorità faccio queste cose».

Articolazigne del testo

L'episodio che viene riportato sostanzialmente invariato nella triplice tradi­ zione sinottica, ha come sfondo il tempio in cui Gesù entra la seconda volta per insegnare. La disputa ha luogo per iniziativa dei capi sacerdoti e anziani che, avvici­ nandosi, gli rivolgono una duplice domanda circa la sua «autorità» (v. 23), termine che ricorre nel testo quattro volte: «Con quale autorità fai queste cose?»!«E chi ti ha dato questa autorità?». Secondo lo schema delle dispute, Gesù reagisce con una contro-domanda, subordinando la sua risposta alla loro (v. 24). L'interrogativo sull'origine della mis­ sione battesimale di Giovanni con l'aut-aut: «dal cielo»/«dagli uomini?», li mette in imbarazzo. L'alternativa stabilita da Gesù si rivela in realtà una trappola perché qualsiasi soluzione scelgano si trasforma in una auto-condanna. La prima opzione avrebbe come reazione la domanda retorica: «perché dunque non gli avete credu­ to?». La seconda li porta a temere la folla che considera Giovanni un profeta (vv. 25-26). Per non scoprirsi essi rispondono dichiarando la loro ignoranza: «Non lo sappiamo». La loro posizione giustifica a sua volta il rifiuto di Gesù a manifestare l'origine della sua autorità (v. 27). Interpretazione del testo [v. 23] Anche nella seconda giornata di soggiorno a Gerusalemme Gesù esercita la sua attività all'interno del tempio, l'istituzione più sacra d'Israele. Mentre egli sta insegnando alla folla, aspetto che caratterizza tutta la sua missione, entrano in scena i capi dei sacerdoti e gli anziani (in Mc 1 1 , 27 e Le 20, l anche gli scribi), mediante il matteano verbo proserchomail«avvicinarsi» (cf. Mt 4, 3 ) Questi due gruppi religiosi saranno i fautori della sua morte in croce (Mt 16, 2 1 ; 20, 18; 26, .

92G. Murray, The Questioning o/Jesus, in DowR 102 (1984) 271-275; G.S. Shae, The Que­ stion on the Autorithy o/Jesus, in NT 16 (1974) 1-29; G.R. Smillie, ]esus' Response to the Question o/ His Authority in Matthew 21, in BibSac 162 (2005) 459-469.

618

Il Vangelo di Matteo

3 .47.57; 27 , 1 .3 . 12.20.41). I sacerdoti lo hanno già contestato· quando ha compiu­ to miracoli entrando nel tempio (Mt 2 1 , 15) e lo vorrebbero mettere in prigione quando Gesù racconta la parabola dei vignaioli omicidi (Mt 2 1 , 45). Egli non può aspettarsi nulla di buono da chi ha già preso posizione contro di lui. I responsabili giudei gli pongono un duplice interrogativo circa il carattere e l'origine della sua autorità. Il termine exousia più che alla sua autorità, allude alla sua autorevolezza in quanto Gesù non ha nessun ruolo istituzionale. Essa gli era già stata attribuita dal narratore al termine del discorso della montagna (Mt 7, 29), ma anche Gesù stesso ne parla in riferimento alla sua capacità di rimettere i peccati (Mt 9, 6.8). L'aggettivo dimostrativo tauta/«queste cose» rimanda alla sua azione gerosolimitana. Infatti egli è entrato nella città santa acclamato dalla folla come re messianico. Accedendo al tempio ha messo in discussione l'uso che i giudei ne facevano, avendolo reso centro di attività commerciali (Mt 2 1 , 12- 13), e ha guarito gli ammalati (Mt 2 1 , 15). Tutto ciò fa capire ai capi del popolo che egli si arroga una grande autorevolezza.

[v. 24] Secondo lo schema letterario delle dispute, Gesù pone una contro-domanda che verte sulla missione di Giovanni, subordinando così la risposta circa la sua auto­ revolezza a quella dei capi. Di primo acchito, questo interrogativo non sembra col­ legarsi alla questione posta precedentemente dai suoi avversari. Ma in realtà, dalla relazione che il primo vangelo presenta tra questi due personaggi si può capirne il motivo. ll primo vangelo collega spesso le due figure di Gesù e del Battista in questa espressione: «Giovanni è venuto»l«il Figlio dell'uomo è venuto» (Mt 3 , 2; 4, 17). Esse sono presentate attraverso il medesimo verbo paraginomail«arrivare» (Mt 3, 1 . 13). Il destino di morte del precursore rimanda a quello di Gesù (Mt 17, 10- 13). Sia il primo che il secondo sono portatori dello stesso annuncio: «Il regno dei cieli si è fatto vicino, convertitevi e credete al vangelo» (Mt 3 , 2; 4, 17). Giovanni è quell'E­ lia che deve precorrere la venuta del messia (Mt 3, 3; 1 1 , 14; 17, 10- 13 ) Tutti e due vengono considerati profeti dall'opinione comune (Mt 1 1 , 9; 1 3 , 57; 14, 5; 16, 14� 2 1 , 1 1 .26.46). TI Precursore, che ha svolto la sua attività battesimale in preparazio­ ne alla venuta del messia (Mt 3 , 1 - 12), è stato arrestato (Mt 4, 12) e poi decapitato (Mt 14, 1 - 12) come molti profeti d'Israele (Mt 23 , 29). Perciò la missione di Gesù è legata a quella del Battista poiché entrambi, sebbene con compiti differenti, hanno il mandato di manifestare l'intervento decisivo di Dio nella storia. .

[vv. 25�26] In quanto responsabili sul discernimento dell'esperienza di fede giudai­ ca, Gesù pone loro una duplice domanda circa l'origine dell'attività battesimale di Giovanni 93• Nel primo vangelo il termine baptisma ricorre solo due volte e sempre indicando l'attività del Precursore. L'analogia tra l'interrogativo posto dai capi e quello formulato da Gesù sta nel fatto che i primi avevano posto la questione circa l'origine dell'autorevolezza dd sedicente messia, mentre il secondo riguardo l'origine (pothenl«da dove») del battesimo giovannita. Gli interlocutori, che possono optare soltanto tra l'alternativa «dal cielo» (perifrasi del nome di Dio) o «dagli uomini», si

93 A ragione G.S. Shae, Question, pp. 18-19, afferma che nel dibattito emerge come il Bat­ tista abbia un ruolo fondamentale all in te rno della storia della salvezza e come Gesù vede la sua autorità proveniente dalla stessa fonte di quella di Giovanni . '

Disputa sull'autorità di Gesù 21, 23-27

619

rendono conto di essere d avanti ad una domanda trabocchetto. La loro reazione è indicata dal verbo dialogizomai con il significato di «fare un calcolo, ricercare, indagare, ragionare, conversare, discutere». n termine non è così frequentemente usato nel Vangelo di Matteo, ma quando ricorre ha sempre un'accentuazione ne­ gativa (Mt 16, 7 .8). Lo scambio di pareri tra i capi è quindi mosso da una strategia per uscire da un vicolo cieco. Se infatti riconoscono in Giovanni il profeta inviato da Dio con il compito di condurre il popolo all'incontro con il messia, si auto-con­ dannano a causa della loro incredulità nei confronti del profeta precursore (cf. Mt 2 1 , 32) 94� Al contrario, se affermano che la sua missione è stata di carattere umano, essi verranno contestati dal popolo che ha riconosciuto nel Battista un vero profeta (Mt 14, 5 ; cf. 3 , 5-6) 95• [v. 27] La risposta evasiva degli awersari: «Non lo sappiamo», mette in evidenza la loro cecità in rapporto al discernimento degli avvenimenti. Essa è anche il pre­ supposto . .del rifiuto da parte di Gesù di rispondere alla loro domanda iniziale circa la sua autorità. Egli non ha bisogno di affermare pubblicamente il vero carattere della sua missione, anche se le tre parabole successive costituiscono una risposta all'interrogativo: Gesù è il figlio inviato dal Padre (Mt 2 1 , 28-32 .33 -46; 22, 1 - 14) 96• Tuttavia quella più complessiva circa l'origine del suo ministero emerge chiaramen­ te da tutto l'itinerario del primo vangelo. La conferma che l'autorevolezza di Gesù è un aspetto importante per comprendere il suo mandato l'abbiamo nell'episodio conclusivo del vangelo, nel quale si racconta il suo incontro con gli undici discepoli. Il Risorto afferma di aver ricevuto un'autorità universale in cielo e in terra, in base alla quale egli invia i suoi in tutto il mondo con il compito di estendere ovunque la cerchia dei discepoli (Mt 28, 18-20).

***La disputa mette in rilievo l'ostinata incredulità dei capi def popolo di fronte all 'azione salvifica di Dio che si è manifestata prima in Giovanni e poi in Gesù. I responsabili, garanti della fede, secondo la loro ormai consolidata consuetudine, rifiutano gli inviati di Dio. Gesù di fronte a loro non vuole rivelare in maniera manifesta l'origine della sua autorevolezza. Egli non ha bisogno di farsi pubblicità, tanto meno del plauso umano, in quanto è il Figlio che vive una profonda relazione con il Padre.

94 Secondo M. Lowe, From the Parable of the Vineyard to a Pre-Synoptic Source, in NTS 28 (1982) pp. 257-263 , le tre parabole seguenti, quella dei due figli, quella dei vignaioli omicidi e quella del banchetto di nozze, riguardano tutte la figura di Giovanni Battista e per contrapposi­ zione i capi che lo hanno rifiutato. 95 La paura nei confronti del popolo è di Erode, che vuole uccidere Giovanni (Mt 14, 5) e dei capi dei sacerdoti e dei farisei che vogliono catturare Gesù (Mt 21, 45-46). 96 Cf. G.R Smilli e, ]esus', pp. 459-469.

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Il Vangelo di Matteo

LA PARABOLA DEI DUE FIGLI 2 1 , 28 -32 '17 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Rivo/tosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. 29Ed egli rispose: Non ne ho voglia, ma poi cambiando d'avviso, andò. 30Avvicinatosi al secondo gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì signore. Ma poi non ci andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre?». Gli risposero: «Il primo». Gesù disse loro: «ln verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi precedono nel regno di Dio. 32In/atti è venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; mentre i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto. Voi invece, pur avendo visto questo, non avete più tardi cambiato d'avviso per credergli».

Articolazione del testo

La Pilrabola continua la discussione precedente vertente sul duplice interro­ gativo circa l'autorità di Gesù e l'origine del battesimo di Giovanni. Essi sono stati riconosciuti dai pubblicani e dalle prostitute, mentre vengono boicottati dai capi dei sacerdoti e dai farisei. Il testo, che si presenta come un'unità, è formato dalla parabola dei due figli (vv. 28-30) e da un'applicazione (vv. 3 1 -32). Tutte e due le parti sono introdotte rispettivamente da una domanda di Gesù: «Che ve ne pare?» (v. 28) . «Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre?» (v. 3 1 ). Sebbene anche il primo interrogativo interpelli gli uditori, soltanto il secondo richiede, tramite una risposta, la loro presa di posizione. La parabola è costruita sulla contrapposizione della figura dei due figli, posta in risalto tramite un duplice dialogo che, dopo la brevissima presentazione della situazione - «un uomo aveva due figli» -, occupa, sia pur ridotto all'essenziale, l'in­ tero spazio del piccolo racconto. Alla duplice richiesta fatta dal padre di andare a lavorare nella vigna, il primo figlio risponde positivamente, mentre il secondo nega­ tivamente. Un ulteriore contrasto si ha tra la loro risposta verbale e il loro compor­ tamento all'atto pratico. Nella seconda parte la risposta degli ascoltatori induce Gesù a fare un'applica­ zione della parabola. Dopo l'introduzione «in verità vi dico», che conferisce certezza e solidità all'affermazione, i pubblicani e le prostitute sono equiparati al primo figlio mediante la ripresa letteraria dell'espressione: «ma poi cambiando d'avviso/cambia­ to d'avviso» (vv. 29.32), mentre gli avversari sono rappresentati dal secondo. Viene fornita inoltre la motivazione in cui il verbo «credere», ripetuto tre volte, sottolinea t:n ].D.M. Derrett, The Parable o/ the Two Sons, in ST 25 (197 1 ) 109-1 1 6; J.K. Elliott, The Parable o/ the Two Sons. Text and Exegesis, in A. Denaux (ed.), New Testament Textual Critici­ sm and Exegesis, (Fs. J. Delobel) , (BETL 161), Leuven 2002, pp. 67 -77 ; P. Foster, A Tale o/ Two Sons: But Which One Did the Far, Far Better Thing? A Study o/Matt 21, 28-32, in NTS 47 (200 1 ) 26-37;}. Gibson , Hoi telonai kai haipornai, in ]TS 3 2 (1981) 429-433 ; W.E. Langley, The Parable o/the Two Sons (Matthew 21, 28-32) against lts Semitic and Rabbinic Backdrop, in CBQ 58 (1996) 228-243 ; H. Merkel, Das Gleichnis von den «ungleichen Sohnen>> (Matth. XXI. 28-32), in NT5 20 (1974) 254-261; A. Ogawa, Paraboles de l'lsrael véritable? Reconsidération critique de Mt XXI, 28 - XXII, 14, in NT 2 1 ( 1 979) 121- 149; W.G. Olmstead, Matthew's Trilogy o/Parables. The Nation, the Nations and the Reader in Matthew 21, 28 - 22, 14, (SNTSMS 127 ) , Cambridge 2003 ; B. Prete, Il senso del «logion» di Gesù in Mt 2 1, 3 1 , in BibbOr 12 (1970) 49-58.

La parabola dei due figli 21,

28-32

62 1

la differenza tra il comportamento dei pubblicani e delle prostitute e quello dei capi giudaici, direttamente chiamati in causa attraverso il pronome >. 3Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote chiamato Caifa 4e tennero consiglio per catturare Gesù con l'in­ ganno e farlo morire. 5 Tuttavia dicevano: «Non durante la festa affinché non accada un tumulto tra il popolo».

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,

Il Vangelo di Matteo

728 Articolazione del testo

Soltanto Matteo avvia il racconto della passione, morte e risurrezione me­ diante un'introduzione piuttosto consistente che da una parte mette in rilievo la consapevolezza di Gesù nei confronti di ciò che gli sta accadendo (vv. 1 -2) e dall'al­ tra descrive il com plotto dei capi che decidono la sua cattura (vv. 3 -5 ) . L'esordio ha anche la funzione di presentare il duplice fronte dei protagonisti del racconto: da una parte Gesù, affiancato dai suoi discepoli, dall'altra i suoi avversari, i capi dei sacerdoti e gli anziani alla presenza di Caifa. La delimitazione con la sezione precedente del discorso apocalittico è chia­ ramente evidente con l'espressione: «Quando ebbe terminato tutti questi discorsi» (v. 1 ) . Nella prima parte è Gesù che prende l'iniziativa rivolgendosi ai suoi discepoli per comunicare il suo destino collegato con la ormai imminente festa di pasqua che avrà luogo fra due giorni (v. 2). Gesù contraddistingue l'azione compiuta dai capi attraverso due verbi, il primo in funzione del secondo (eis to ) : «consegnare», «crocifiggere». La struttura stessa quindi sottolinea il ruolo protagonista di Gesù, che affronterà gli eventi con grande libertà. È lui infatti che ancora una volta mette a parte i discepoli del suo destino e soltanto dopo questo annuncio viene descritta la decisione dei suoi avversari. ll fronte degli oppositori è costituito da due gruppi, capi dei sacerdoti e an­ ziani, i quali si riuniscono nel palazzo del sommo sacerdote Caifa (v. 3). Tra i re­ sponsabili giudei, questi è l'unico del quale viene indicato il nome. La convocazione è finalizzata alla delibera sulla sorte di Gesù indicata mediante i verbi «catturarlo con inganno» e «far morire» (v. 4). Tuttavia la realizzazione della loro decisione per la sua morte è rinviata a dopo pasqua per un motivo di opportunità: «affinché non accada un tumulto tra il popolo» (v. 5). Interpretazione del testo [vv. 1 -2] Matteo colloca l'ultimo annuncio della passione dopo che Gesù ha con­ cluso l'ultimo discorso. Alla frase stereotipa con cui si chiudono le cinque compo­ sizioni matteane: «Quando ebbe terminati . . . » (cf. Mt 7, 28; 1 1 , l ; 13, 53; 19, 1 ) , viene aggiunto soltanto qui il termine «tutti», mettendo in rilievo come egli ormai abbia ultimato la missione dell'insegnamento e sia pronto a suggellarla con la sua passione e la sua morte in croce. Soltanto nel Vangdo di Matteo Gesù rivolgendosi ai discepoli li rende nuo­ vamente consapevoli del suo ormai prossimo destino, ma questa volta le sue parole sono molto più concise (cf. Mt 16, 2 1 ; 17, 22-23; 20, 17- 19). Il verbo oida/«sapere»

Grabesgescbichten (M.k 16, 1-8; Mt 27, 62-28, 15; Lk 24, 1-12; ]oh 20, 1-18), in G. Dautzenberg - H. Merklein K. Miiller (edd.), Die Frau im Urchristentum, (QD 95 ), Freiburg-Base-Wien 1 �83 , pp. 1 17-133; D. Senior, The Passion Na"ative in the Gospel o/Matthew, in M. Didier (ed.), I.:Evangtle selon Matthieu, (BETL 29), Gembloux 1972, pp. 343-357; Id., Matthew)s Special Materia/ in the -

Passion Story. Implications /or the Evangelist's Redactional Technique and Theological Perspective, in ETL 63 ( 1 987) 272-294; Id . La passione di Gesù nel vangelo di Matteo, Milano 1990; D. Wen­ ham, The Resu"ection Na"atives in Matthew's Gospel, in TynB 24 ( 1973 ) 2 1 -54. ,

Introduzione al raèconto della passione 26, 1-'

alla prima persona plurale mette in evidenza una conoscenza condivisa e cioè che la festa della pasqua è imminente: avrà luogo tra due giorni. Nel Vangelo di Matteo il termine pascha compare qui per la prima volta (cf. Mt 26, 1 7 . 1 8 . 19) rimanda alla festa più importante del giudaismo che ricorda la liberazione dall'Egitto, momento fondamentale della costituzione del popolo ebraico (Es 12, 1 - 14) 2 • Le parole di Gesù quindi collegano in maniera esplicita la festa alla sua morte. Questo legame non è casuale, ma conferisce un significato nuovo a tutti e due gli avvenimenti. Egli descrive la sua sorte non facendo più ricorso a verbi al futuro, ma al presente, indi­ cando così l'imminenza degli eventi (cf. Mt 20, 17-19), la quale viene ulteriormente sottolineata dall'espressione «fra due giorni». Inoltre egli non fa più riferimento alla sua speranza di risurrezione di modo che l'annuncio assume una tonalità piut­ tosto sinistra. Per parlare di ciò che lo attenderà come altrove fa ricorso alla figura del Figlio dell'uomo (Mt 17, 22; 20, 18). La sua cattura espressa con un verbo in forma passiva, paradidotai ha il significato di «essere consegnato o essere tradito» mediante il quale si descrive anche la sorte di Giovanni Battista (Mt 4, 12) e dei mis­ sionari (Mt 10, 17. 19.2 1 ; 24, 9-10), ricalcando così la vicenda del servo del Signore che viene «consegnato alla morte» (Is 53 , 12). Anche se il verbo potrebbe essere interpretato come un passivo teologico, tuttavia la responsabilità dei protagonisti umani non viene eliminata: la morte del Figlio dell'uomo non è il risultato di un caso fortuito, né di forze storiche deterministiche, anche se essa matura dentro la storia, ma porta a compimento il piano di Dio 3• Lo scopo esplicito di questa consegna o tradimento è indicato dal verbo stauroo con cui si indica la morte per impalazione sulla croce (cf. Mt 20, 19; 23, 34). Gesù, il Figlio dell'uomo, che verrà glorioso a dichiarare conclusa la vicenda terrena inaugurando il regno (Mt 24-25), prima deve subire lo scacco della morte in croce. [v. 3] All 'annuncio della morte fa seguito la descrizione soltanto matteana della riu­ nione dei capi dei sacerdoti e degli anziani, gli stessi che avevano già precedentemen­ te deciso, anche se in maniera informale, di ucciderlo (Mt 12, 14). TI verbo synagòl «riunirsi» infatti indica l'incontro dei capi giudaici, che nel vangelo costituisce sem­ pre una minaccia per Gesù (cf. Mt 2, 4). Sia i capi dei sacerdoti (Mt 2 1 , 15.23 .45) che gli anziani (Mt 2 1 , 23 ) sono comparsi raramente nell'esercizio della missione di Gesù descritta nel Vangelo di Matteo. Questa constatazione non stupisce, anche se 2 La festa di pasqua cominciava nella notte della luna piena dopo l ,equinozio primaverile. Questa notte, in cui si mangiava l'agnello, iniziava il 14 di nisan (il computo dei giorni da sera a sera). Nella settimana a cui fanno riferimento i racconti sinottici della passione, la pasqua co­ minciava con la sera del giovedì e Gesù verrà crocifisso il venerdì. Tuttavia è difficile che questo calendario sia esatto: infatti è problematico che il processo si sia svolto nella mattina del venerdì proprio a ridosso della notte di pasqua. 3 G . Strecker, Weg, pp. 183 - 1 84, non è d'accordo sul fatto che il racconto della passione nel primo vangelo presenti Gesù mediante il modello del martire enfatizzando così la sua sofferenza, in quanto secondo lui al contrario nella narrazione è evidenziata la sua esaltazione. Sulla stessa linea F.]. Matera, Passion Na"atives and Gospel Theologies. Interpreting the Synoptics Through Their Pas­ sion Stories, New York-Mahwah-Toronto 1986, pp. 12 1-122, nota che il racconto matteano rispetto a quello marciano presenta una redazione che contiene una cristologia esaltata senza riportare molti elementi drammatici (cf. D. Senior, The Passion Na"ative in the Gospel o/Matthew, in M. Didier [ed.], L'Évangile selon Matthieu, Gembloux 1972, pp. 345-347).

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Il.Vangelo Ji Matteo

viene messa a confronto con il fatto che di solito Gesù si incontra-scontra con i fa­ risei i quali invece qui non compaiono4• La poca frequenza degli incontri con i due gruppi che invece saranno determinanti nella decisione sulla morte di Gesù (Mt 26, 14.47 .5 1 .57; 27, 1 .3 . 12.20.4 1 ; 28, 12), si può capire in base alla considerazione che essi abitano a Gerusalemme e che invece il messia ha esercitato la sua missione pre­ valentemente nella regione della Galilea. Con la menzione di questi due movimenti molto probabilmente la tradizione evangelica allude al fatto che la condanna e la morte di Gesù sono state decise dal sinedrio, il supremo consiglio giudaico. La più alta autorità giudaica, consta di tre gruppi: capi dei sacerdoti, anziani, scribi. Tutti e tre sono menzionati nei momenti più cruciali, cioè nel primo annuncio della passio­ ne (Mt 16, 2 1 ) e alla crocifissione (Mt 27, 41). Matteo rende noto che il sinedrio si è riunito tre volte (Mt 26, 3 .57; 27, l ) . È anche indicato il luogo in cui si è tenuta la riunione mediante l'espressione eis ten aulen tou archiereos tou legomenou Kaiapha. ll termine aule escludendo per il contesto il significato di «pollaio, pecorile» ( Gv 10, 1 . 16), può significare sia «cortile chiuso davanti alla casa» (Le 22, 55; Gv 18, 15) sia «abitazione o palazzo» (Le 1 1 , 2 1 ) . Mediante l'uso del genitivo si può desumere che il luogo sia di proprietà o casa di rappresentanza del sommo sacerdote che allora era in carica: Caifa '. [v. 4] Il verbo symbouleo che alla forma media significa . Allora tutti i discepolt� abbandonatolo, fuggirono. Articolazione del testo

L'episodio della cattura si articola in quattro parti: l'arrivo di Giuda che, con un drappello di soldati istruiti da lui, incontra Gesù (vv. 47 -50a); la cattura, a cui fa seguito la reazione violenta di uno dei discepoli, che con la spada colpisce l' orec­ chio del servo del sommo sacerdote (vv. 50b-5 1); le parole di ammonizione da parte di Gesù (vv. 52-54); il discorso rivolto ai soldati venuti per arrestarlo (vv. 55-56). Accanto ai due personaggi principali, Gesù, cosciente e libero nei confronti di ciò che gli sta per accadere, e Giuda che, pur appartenendo alla cerchia dei dodici, ora è diventato il tramite per poterlo arrestare, compaiono da una parte i mandanti - le autorità del tempio e i capi del popolo -, dall'altra i discepoli, che sono figure di secondo piano e vengono descritte soltanto all'atto finale della fuga. Tra loro emerge un anonimo che tenta di trovare una via d'uscita all'aggressione facendo ricorso alla violenza. N ella prima scena, dopo una breve introduzione di collegamento con la nar­ razione precedente, «mentre ancora stava parlando», viene messa in rilievo la figura di Giuda, che risulta soggetto di ben cinque verbi principali e due participi: (vv. 47 -49): a nessun altro discepolo il primo vangelo ha prestato tanta attenzione. Egli è accompagnato da un manipolo di soldati inviati dai capi dei sacerdoti e dagli an­ ziani. Attraverso un flash-back si viene a sapere che Giuda ha dato un segnale per individuare Gesù seguito da un ordine in discorso diretto: «Quello che bacerò è

61 D .C. Allison, Anticipating the Passion: The iiterary Reach o/ Matthew 26, 47 - 27, 56, in CBQ 56 ( 1994) 701-714; S. Légasse, Le coup d'épée de Gethsémani, in P. Colombani (ed.), Les combats de la paix, (Fs. R. Coste), Toulouse 1 996, pp. 285-29 1 ; G. Schneider, Die Verhaftung ]esu, in ZNW 63 ( 1 972) 188-209.

lui, arrestatelo !». L'avvicinamento di Giuda è il presupposto di un breve scambio di battute con Gesù in mezzo alle quali vi è l'azione del bacio. Esso mette in rilievo da una parte l'attenzione traditrice del discepolo, dall'altra la prescienza di Gesù riguardo al suo destino (vv. 49-50a) . La seconda scena si apre con la cattura da parte del manipolo militare (v. 50b). Essa viene raccontata con due verbi «misero le mani addosso»l«lo arresta­ rono». A queste azioni ne corrisponde un'altra altrettanto violenta da parte di un discepolo che rimane nell'anonimato, il quale estrae la spada per staccare l'orecchio del servo del sommo sacerdote (v. 5 1 ) . Tale gesto costituisce l'occasione d a parte di Gesù per fornire tre motivazioni circa la sua scelta non violenta che lo contraddistinguerà durante tutto il racconto della passione (vv. 52.53 54). La prima sentenza è una formulazione basata sulla legge del taglione, composta da un ordine: «Rimetti. . . » e da una motivazione: «perché tutti quelli che mettono mano alla spada . . . ». Le altre due sono domande, una sul potere della preghiera da parte di Gesù al Padre che metterebbe a sua disposizione dodici legioni di angeli e l'altra sul compimento delle Scritture. Nell'ultimo quadro, rivolgendosi ai presenti, Gesù pronuncia la sua breve e unica difesa (vv. 55-56a) con la quale recrimina il fatto che si sia venuto a prenderlo con spade e bastoni, mentre egli si trovava ogni giorno ad insegnare nel tempio. La risposta a tale questione è individuata da Gesù nella realizzazione della profezia delle Scritture. Perciò risulta che nella terza e nella quarta parte la scena è dominata dalla parola di Gesù. Il racconto si conclude con la fuga dei discepoli, la quale mette in rilievo come durante tutta la passione egli si trovi solo (v. 56b). L'episodio è ripor­ tato dagli altri sinottici e da Giovanni, in Matteo però si mettono maggiormente in risalto la figura e le parole di Gesù, il quale è l'unico a parlare 62• Interpretazione del testo [v. 47] L'iniziale genitivo assoluto kai eti autou lalountosl«mentre ancora stava par­ lando», ha lo scopo di mostrare che quasi per effetto della parola di Gesù, Giuda compare di notte al Getsemani (cf. vv. 26, 45-46). Nel racconto si ricorda ulte­ riormente che questi non solo è uno dei discepoli, bensì appartiene al gruppo più ristretto dei «dodici» (cf. Mt 26, 14.20-25 ). Egli raggiunge Gesù accompagnato. In realtà il termine ochlos, che in modo generico significa «folla, moltitudine», in questo caso si riferisce ad un drappello di soldati armato di spade e bastoni, inviato dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo 6'. Questi ultimi due gruppi sono gli stessi che nell'introduzione al racconto della passione hanno stabilito la cattura di Gesù, anche se per loro è da rinviare al tempo post-pasquale a motivo di potenziali tumulti popolari (cf. Mt 26, 3-5). Già con la descrizione di questa mossa rautore vuole smentire il progetto dei capi che prima avevano mostrato rintenzione di non

62 Cf. D. M. Stanley, ]esus, p. 172. Brown, Morte, pp. 289-290, al contrario è la folla a raggiungere Gesù con spade e bastoni. Infatti nell'impero romano era l'intera comunità ad essere responsabile del manteni­ mento dell'ordine pubblico e nel caso di minacce di banditismo il sinedrio poteva reclutare con la forza la popolazione e dotarla di armi leggere per l'occasione. 63 Per R. E.

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Il Vangelo di Matteo

intervenire e adesso invece inviano una squadra armata per catturarlo. La presen­ tazione è simile a quella di Marco, ma si differenzia per alcuni particolari da quella di Luca (Mc 14, 43 ; Le 22, 47). [v. 48] Soltanto Matteo e Marco riportano la preliminare istruzione di Giuda. Egli viene evocato soltanto con il participio del verbo paradidomil«consegnare tradire» che lo caratterizza nel suo ruolo. Aveva istruito il drappello di guardie, su come individuare Gesù nella notte senza possibilità di equivoci. Questa istruzione vie­ ne evidenziata dal discorso diretto. n semeionl«segno, segnale» per riconoscerlo consiste in un bacio. Infatti il verbo phileo che si può tradurre con «voler bene, amare», ha anche il significato di «baciare» come in questo caso. La breve parola corrisponde all'ordine di cattura ( = krateo) mediante il quale si dà il via alle violen­ ze contro Gesù. -

,

[v. 49] L'approccio tra Giuda e Gesù è descritto all'unanimità dalla tradizione sinot­ tica (Mc 14, 45 ; Le 22, 47b). In Matteo esso è segnalato con il frequente verbo mat­ teano proserchomatl«avvicinarsi». Di solito questo termine quando è attribuito ai discepoli, sottolinea la loro familiarità con Gesù, adesso in maniera ironica evidenzia come l'avvicinamento sia il risultato di una presa di distanza. Il saluto chaire che spesso rappresenta soltanto un convenevolo è seguito dall'appellativo «Rabbi», tito­ lo già posto sulle labbra di Giuda durante l'ultima cena (cf. v. 25 ) . Questo appellati­ vo mette in evidenza la distinzione tra i discepoli, i quali si rivolgono a Gesù ricono· scendolo come «Signore» (v. 22) e Giuda che identifica in lui soltanto un maestro. L'azione del baciare questa volta è resa non più soltanto come in precedenza con il verbo phileo, ma con kataphileo, il quale suggerisce l'idea di un bacio affettuoso. Si tratta di un semplice saluto nel mondo giudaico o di quello che contraddistingueva il rapporto tra Gesù e i suoi discepoli? Si vuole comunque mettere in rilievo come l'azione di Giuda risulti una scimmiottatura della dedizione che il discepolo dovreb­ be avere per il proprio maestro. Nella tradizione biblica il bacio è anche il segno del tradimento, come nel caso in cui Iaab bacia Amasà e poi lo trafigge con la spada (2 Sam 20, 9; cf. Pr 27, 6). In ogni caso in questo episodio esso diventa un gesto ironico: il segno, che di solito indica amicizia e amore, ora sigilla la simulazione. [vv. 50-5 1] Solo in Matteo Gesù risponde a Giuda chiamandolo etairel«amico» (v. 50) 64, un termine che in Matteo viene usato soltanto in contesti conflittuali intro­ ducendo un ammonimento (Mt 20, 1 3 ; 22, 12; d. 2 Sam 15, 37). La frase enigmati­ ca di Gesù a motivo dell'espressione eph}ho ha ricevuto tante altre traduzioni alter­ native: «Amico, per questo (bacio) sei qui !», «Amico, per cosa sei qui?» o «Amico, (fai) quello per cui sei qui». Molto probabilmente le parole di Gesù da tradurre con «Per questo sei qui!», vogliono sottolineare la sua capacità di preconizzare ciò che gli

64 D tennine «arnie� ricorda il Sa/ 55, 1 3-15: «Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, insieme camminavamo gioiosi verso la casa del Signore».

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sta accadendo 65• Mediante la figura di Giuda, che riesce a scovare Gesù di notte, i capi giudaici hanno trovato il modo di evitare la temuta reazione della folla (cf. Mt 26, 5). La scena è dominata dalla violenza dei soldati, i quali anche loro si avvicina­ no ( = proserchomai) a Gesù per mettergli le mani addosso ( = epiballo tas cheiras ept) e arrestarlo ( = krateo). A questa azione aggressiva corrisponde la reazione di «uno di quelli che era­ no con lui». Se Marco è generico «Un tale di quelli», Matteo lo è di meno perché l'espressione indicherebbe un discepolo anche se non in maniera esplicita, proba­ bilmente per non enfatizzarne troppo la responsabilità. Stendendo la mano e sguai­ nando la spada ( apospao ten machairan) , questi colpisce ( patasso; cf. Mt 26, 3 1 ) il setVo del sommo sacerdote per mozzargli (apaireo) l'orecchio 66• Tale mutilazione considerata particolarmente infamante corrisponde al tentativo umano di risolvere i conflitti e le tensioni con la violenza oì . In Matteo non si offre nessun movente del discepolo che portava con sé la propria spada. =

=

[v. 52] Questa reazione viene fortemente respinta da Gesù per diversi motivi che sono riportati soltanto dal primo vangelo. Egli intima al discepolo di rimettere la spada al suo posto richiamandosi alla legge del taglione, conosciuta dalla tradizione biblica (Gen 4, 23; 9, 6; Es 2 1 , 24; Lv 24 , 20) e in questo caso formulata in rapporto all'uso dell'anima. Il ricorso ad essa, simbolo del potere militare e della forza di­ struttiva, rientra nella logica della rappresaglia che ingenera una catena infinita di violenza (cf. Mt 5 , 38.42). [v. 53] La seconda motivazione di tipo cristologico è introdotta dal verbo dokeo che di solito in questo vangelo registra sempre pensieri e riflessioni che non sono in sintonia con la posizione di Gesù (cf. Mt 3 , 9 ) . Sebbene possa contare sull'on­ nipotenza del Padre in grado di inviare dodici legioni di angeli 68, Egli si consegna agli uomini indifeso, rinunciando volontariamente all'aiuto di Dio. È contrario non solo ai sogni apocalittici degli angeli che si schierano in battaglia contro i figli delle tenebre ( l QM 7, 6), ma anche in generale agli interventi divini spettacolari o mi� racolistici (Mt 4, 1 � 1 1 ) . Pertanto, il suo cammino verso la croce si svolge all'insegna della fedeltà al progetto divino senza salvacondotti o privilegi. [v. 54 J D terzo motivo per cUi Gesù rinuncia all a violenza è di carattere teologico: il suo destino ignominioso adempie il piano rivelato dalle Scritture (graphai; cf. Mt 2 1 , 42; 22, 29). Anche questa argomentazione è riportata soltanto dal Vangelo 6' L'espressione può essere interpretata come un'interrogativa: «Per che cosa sei venuto?»; come un'affermativa: «È per questo dunque che sei qui»; oppure come una frase ellittica: «Ciò per cui sei qui avvenga». 66 S. Légasse, Coup, pp. 285-291 , sulla base del confronto tra le tre redazioni sinottiche e tenendo conto che Marco è il vangelo più antico, conclude che il gesto della spada al momento della cattura è stato commesso da uno dei presenti e che soltanto poi per fini catechistici l'azione sia stata attribuita a un discepolo. 6ì G. Flavio riporta esempi di orecchi tagliati ai sacerdoti per renderli ritualmente inabili (Ant. 14 §356-366). 68 Il Vangelo di Matteo più degli altri sinottici descrive il Figlio dell'uomo accompagnato dagli angeli (Mt 1 3 , 4 1 ; 16, 27; 25 , 3 1 ) .

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11Vange/o di Matteo

di Matteo. TI verbo pleroo dal significato di «colmare, compiere» ricorre frequen­ temente per mostrare come Gesù con il suo ministero sia il messia che porta a compimento le aspettative e le promesse contenute nella tradizione biblica. Questo adempimento tuttavia non è nell'ordine della ratifica di ciò che l'Antico Testamento aveva affermato, ma nella prospettiva della novità messianica (cf. Mt l , 22). La par­ ticella hoti ha uri valore esplicativo. L'espressione houtos dei genesthatl«così deve avvenire» di marca apocalittica, indica il piano di Dio secondo il quale si svolgono gli avvenimenti della storia che tende al suo compimento. Infatti il verbo dei allude non a un dovere o a una necessità generici, ma alla rivelazione divina (cf. Mt 16, 2 1 ) . Questo aspetto, secondo cui la passione di Gesù adempie la Scrittura, è così im­ portante per comprendere tutta la sua vicenda dolorosa che viene sottolineato due volte, sia nella risposta di Gesù al discepolo, sia nel suo discorso diretto ai soldati (cf. v. 56). La sua sorte non è il risultato di forze politiche contingenti e nemmeno di un determinismo su per-storico, ma del piano di Dio che può realizzarsi nella scelta di fedeltà nei confronti del Padre e degli uomini. [v. 55] L'ultimo intervento di Gesù rivolto al drappello di soldati venuti per pren­ derlo, sorprende perché è l'unico nel racconto della passione pronunciato in sua difesa. Esso è riportato all'unanimità dalla tradizione sinottica (Mc 14, 48-49a; Le 22, 52-53 ) . Alla cattura, avvenuta di notte e di nascosto, Gesù contrappone l'attività pubblica e diurna dell'insegnamento nel tempio. Egli non è un capo-banda latitante, ricercato ( = lestès) da catturare con violenza, ma un maestro che ha istruito la folla addirittura all 'interno dell'istituzione più sacra e inviolabile dd mondo ebraico (cf. Mt 2 1 , 12-23 , 37) 69• Gesù è un rabbi da confutare non un fuorilegge da arrestare. Forse questa sua difesa riassume l'apologetica della comunità cristiana davanti alle accuse e ai sospetti dell'ambiente esterno giudaico. [v. 56] Gesù conclude in sintonia con Marco riprendendo ciò che aveva detto pre­ cedentemente e cioè che la sua cattura è avvenuta in questo modo perché così si adempiano le «Scritture dei profeti>> (Mc 14, 49) 70 • Quest'ultima espressione evi­ denzia non soltanto nella sezione profetica dell'Antico Testamento l'ambito pri­ vilegiato che preconizza il destino del messia sofferente, ma anche la dimensione profetica di tutta la Scrittura spesso sottolineata nel Vangelo di Matteo. La scena si chiude con la fuga di tutto il gruppo, senza eccezioni, descritta con due verbi: aphiemil«abbandonare» e pheugol«fuggire». n primo è già stato usato per mostra­ re che i discepoli hanno lasciato il lavoro e i rapporti familiari (Mt 4, 20.22 ; 19, 27 ) . Nel momento della difficoltà l a loro scelta si rovescia. Perciò «lasciare» e >. 74Allora egli incominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uo­ mo». E immediatamente un gallo cantò. 75Pietro si ricordò delle parole che Gesù aveva detto: «Prima che il gallo cant� mi rinnegherai tre volte». E uscitofuori pianse amaramente. Articolazione del testo

In conformità alla tradizione sin ottica l'autore di Matteo, che aveva descritto Pietro mentre seguiva Gesù (Mt 26, 58), adesso, invitando il lettore a fare un passo indietro mediante l'espressione «Mentre Pietro stava seduto fuori nel cortile del sommo sacerdote» (v. 69) , presenta l'episodio del rinnegamento che si trova sulla linea opposta a quella della confessione di Gesù davanti al sinedrio. La dinamica del racconto è costruita in crescendo attraverso un triplice rin­ negamento che mette in rilievo l'ostinazione di Pietro. ll suo comportamento si rivela nei tre dialoghi in cui gli interlocutori sono due giovani serve e i presenti. Se inizialmente alla prima domanda egli risponde: «Non so che cosa tu voglia dire» (v. 70), all'osservazione della seconda serva: «Costui era con Gesù il Nazareno» (v. 7 1 ) Pietro rincara l a dose giurando: «Non conosco quell'uomo» (v. 72). Da ultimo di fronte ai presenti che asseriscono: «Certamente anche tu sei di quelli; la tua parlata lo dimostra ! » (v. 73 ) , egli impreca, ripetendo le stesse parole (v. 74a). Soltanto al compiersi della premonizione di Gesù: «E immediatamente un gallo cantò», Pietro prende coscienza del suo errore (v. 74b; d. Mt 2 6 , 34). La scena si conclude con il discepolo che, uscito dal cortile del palazzo in cui era entrato per seguire Gesù, si abbandona al pianto (v. 75 ) . L'episodio viene raccontato sia dai sinottici che da Giovanni. Sebbene ci sia una sostanziale concordanza sui fatti, Matteo tuttavia è quello che più si avvicina al racconto marciano. Secondo il suo stile, facendo ricorso alla tecnica del dialogo, l'autore del primo vangelo mette meglio in rilievo il crescendo del rinnegamento di Pietro e accentua la drammaticità dell'episodio. Le due scene, quella dell'istruttoria giudaica ·e quella del rinnegamento di Pietro, forniscono il quadro della situazione: Gesù non è solo rifiutato dalle autorità giudaiche, ma viene rinnegato anche da quel discepolo che aveva compreso appieno la sua vera identità.

•G. Murray, Saint Peter's Denials, in DowR 103 (1985) 296-298; J.M. Watt, 0/Gutturals and Galileans: The Two Slurs o/ Matthew 26, 73, in S.E. Porter (ed.) , Diglossia and Other Topics in New Testament Linguistic, OSNTSS 1 93 ) , Sheffield 2000, pp. 107- 120.

Il rinnegamento di Pietro 26} 69-75

77'5

Interpretazione del testo

[v. 69] D brano fa parte di quei racconti, incentrati sulla figura eli Pietro, che il primo vangelo riporta più frequentemente degli altri sinottici. Egli è colui che con entusiasmo cammina sulle acque per andare incontro a Gesù, ma non ce la fa e mentre sta per affondare viene salvato da lui (Mt 14, 28-3 1 ) . Il primo degli apostoli riconosce in Gesù «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 13-20), tuttavia subito dopo reagisce al destino di passione e morte con il rifiuto (Mt 16, 2 1 -23 ). Allo stesso modo, quando Gesù annuncia il suo rinnegamento, egli assicura con insistenza fedeltà (Mt 26 , 3 1 -3 5 ) . Quindi ancora una volta in Matteo si tratteggia il primo discepolo (Mt 4, 18-22) nei suoi slanci generosi, ma anche nelle sue crisi e incertezze. La parola di Gesù si avvera. Pietro infatti, mentre tutti gli altri discepoli fuggono, è l'unico che segue Gesù fino al palazzo del sommo sacerdote (Mt 26, 58). Perciò il suo rinnegamento non è legato all'abbandono di Gesù, ma al tentativo di seguirlo. Tuttavia il suo coraggio e la sua fedeltà vengono meno quando egli è co­ stretto a rispondere alle domande di chi si trova nel cortile del palazzo. La notizia secondo cui Pietro stava seduto fuori nel cortile fa presupporre che ci sia stato uno spostamento e che il termine aule adesso non indichi più la residenza del sommo sa­ cerdote dove egli era entrato per assistere tra i servi all 'esito dell'interrogatorio contro Gesù, ma il cortile esterno. Pietro viene avvicinato da una giovane serva (= paidiske) che sospetta la sua appartenenza al gruppo di Gesù, indagando con una domanda circa il suo legame con l'accusato. L'espressione, meta lesoul«con Gesù», individua in maniera appropriata la relazione del discepolo con lui, che soltanto in Matteo viene qualificato come il «Galileo». Con tutta probabilità l'appellativo è in riferi­ mento non solo alla sua provenienza, ma anche alla sua attività svolta per lo più nella regione galilaica (Mt 4, 12-19, 1 ) . [v. 70] L a reazione di Pietro nella risposta è indicata d al verbo arneomai che con il significato di «rispondere negativamente, dire di no, ricusare, rifiutare, negare», nel contesto assume il valore di «rinnegare». Con la parola: «Non so che cosa tu voglia dire» il discepolo vuole fugare ogni dubbio sul suo legame con Gesù. Nel primo vangelo la presa di posizione ha luogo pubblicamente davanti a tutti. La costruzione del personaggio sembra avvenire in base a ciò che Gesù dice nel discorso missionario: «Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio nei cieli» (Mt 10, 32-33 ) . [w. 7 1 -72] Mentre sta uscendo dalla porta Pietro incontra un'altra serva che rivolgen­ dosi ai presenti lo individua come uno del gruppo di Gesù. L'espressione con cui si designa la sua appartenenza è sempre la stessa: meta Iesou. Egli dichiara per la secon­ da volta di non avere niente a che fare «con Gesù» (cf. v. 69). Viene a crearsi così un contrasto con i precedenti racconti della passione, in cui si sottolinea il vincolo con i suoi discepoli proprio mediante l'espressione «con» (cf. Mt 26, 18.20.23 .29.36.38.40). Questa volta egli è designato come «il Nazareno», appellativo con cui si allude alla

Il Vangelo di Matteo

776

sua origine (Mt 2, 23 ) 89• Attraverso una descrizione in crescendo questa volta il rinne­ gamento è descritto con più intensità. Egli infatti lo fa ricorrendo anche ad un giura­ mento. Pure in questo caso il comportamento del discepolo smentisce la parola di Gesù contraria al giuramento: « . . . Ma io vi dico: non giurate affatto né per il cielo . . . » (Mt 5, 3 3-3 7; cf. 14, 7-9). Infatti secondo il primo vangelo questo modo di parlare non è altro che una copertura per stabilire rapporti all 'insegna dell'ipocrisia. Pietro per­ tanto viene descritto come gli scribi e i farisei che si servono del giuramento per tute­ lare i propri interessi (Mt 23 , 16-22). Anche le sue parole: «Non conosco quell'uomo» continuano a mettere in evidenza l'ostinazione della sua falsa «testimonianza>>. Così egli rinnega il Signore e di conseguenza viene meno alla sua identità di discepolo che in questo caso lo dovrebbe portare a condividere in pieno il suo destino affrontando persino la persecuzione e la morte (Mt 26, 35 ; cf. 10, 22). [v. 73] Alla fine addirittura i presenti desumono dal modo di parlare di Pietro la sua appartenenza al gruppo di Gesù 90• Probabilmente lo riconoscono perché gli abitanti della Galilea si distinguevano dagli altri per la pronuncia caratteristica dell'aramaico nell'imprecisione dell'articolazione dei suoni gutturali (b.Erub. 53 a-b; b.Meg. 24b; b.Ber. 32a) 91 • [vv. 74-75] Questa volta il tono della risposta di Pietro è segnalato dai verbi kata­ thematizo che significa «maledire, imprecare» evidenziando così il suo fastidio, e omnymi con il senso di «giurare» che sottolinea la sua ostinazione. Con la risposta

già rivolta all a donna e ora ripetuta anche ai presenti: «Non conosco quell'uomo», Pietro sostiene in maniera risoluta di non conoscere Gesù. Ma al canto del gallo egli si ricorda (mimnéskomai) delle parole pronunciate da lui durante l'ultima cena sul rinnegamento (cf. Mt 26, 34) 92• ll tipo di defezione non è segnalato soltanto con le parole dette da Pietro, ma anche dal fatto che essa sia triplice, numero che evi­ denzia la posizione tutt'altro che accidentale della sua testimonianza. Uscendo dal palazzo Pietro si mette a piangere ( = klaio), reazione che estrinseca non solo la sua emotiva disperazione, ma anche la presa di coscienza del suo errore.

***Questo episodio, oltre che riportare l'infedeltà di Pietro, ha una chiara funzione parenetica, mettendo in luce come la sequela del messia crocifisso non è facile e non sopporta compromessi. Non si può seguire Gesù e al tempo stesso tutelare se stessi. Si avverte come ogni credente possa trovarsi nella stessa situazione del primo disce­ polo, tuttavia anche dopo il tradimento è sempre aperta la strada del pentimento. 89 Negli Atti degli apostoli l'aggeto tiv designa non solo Gesù (At 2, 22; 3, 6; 4, 10; 6, 14; 22, 8; 26, 9), ma anche i suoi seguaci (At 24, 5). ll titolo è attestato anche in Luca (Le 18, 37) e in Giovanni (Gv 18, 5.7; 19, 19). 90 Solo un codice di Efrem corretto e una versione siriaca riportano l'aggiunta «sei Gali­ leo», molto probabilmente per l'influsso di Mc 14, 70. 9 1 In quale dialetto parlerebbe Pietro? Tra i molti J.M. Watt, Gutturals, pp. 109. 1 17 , so­ stiene che la lingua era l'aramaico. Per altri la diversità della parlata consiste non semplicemente nella fonetica, ma nella costruzione stessa del linguaggio: camb iamenti morfologici, specificità

terminologica.

92 E da provare come la legge tardiva di m.B. Q. 7 , 7 che proibisce l'allevamento del pollame

a Gerusalemme, fosse già in vigore ai tempi di Gesù.

Gesù consegnato a Pilato e la morte di Giuda 27, 1 - 1 0

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GESù CONSEGNATO A PILATO E LA MORTE DI GIUDA 27, 1-10 " . (Mc 1 5 , l ; Le 23 , 1 -2 ; Gv 18-28-32; A t l , 18-19) 1 Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire. 2Poi, messo/o in carcere, lo condussero e con­ segnarono a Pilato, il governatore. 3Allora Giuda, che lo aveva consegnato, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò i trenta denari d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani 4dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quellt" dissero: (cf. At l , 19) che significa «luogo del sonno» o «cimitero» (cf. Girolamo).

[vv. 9- 10] Nella prospettiva del primo vangelo l'acquisto del terreno viene visto come il compimento della scrittura 104• L'espressione che introduce la citazione bi­ blica «allora si compì cio che aveva detto . . . » (cf. Mt l , 22) non è evidenziata come di solito dalle particelle bina o hopos, ma da tote. Quest'ultima ricorre ancora sol­ tanto in Mt 2, 17 proprio in un testo citato dal libro del profeta Geremia. Pertanto all'interno dd racconto della passione anche gli eventi più marginali, come l'uti­ lizzo del denaro di Giuda, risultano determinati dalla volontà di Dio. Sebbene a detta dell'autore del Vangelo di Matteo il testo riportato stia sotto l'autorità del profeta Geremia, in realtà esso è il risultato di una composizione libera (Zc 1 1 . 12- 1 3 ; Ger 19, 4 ; 26, 15; 32, 6-9). Il fatto che egli sia menzionato esplicitamente in qualità di profeta mostra come questa figura anticotestamentaria, caratteristica per le sofferenze patite a motivo della sua missione divina, possa illuminare la vicenda di Gesù 105• In realtà il testo-guida è il passo di Zc 1 1 , 12-13 nel quale Dio comanda al profeta di diventare pastore delle pecore destinate alla macellazione. Questi non riesce a portare a termine il compito e abbandona il suo gregge. Chiedendo la ri­ compensa ne ottiene una molto bassa e umiliante per chi la riceve: trenta monete 106• L'autore non ha avuto difficoltà a modificare il passo di Zaccaria facendone una tra­ duzione libera che non corrisponde né al testo masoretico 107 né alla versione greca dei LXX, e adattandolo al contesto per collegare l'antica tradizione sul campo con 104 W. Schwarz, Doppelbedeutung, p. 230, fa notare che la citazione di compimento ·non si riferisce in realtà alla morte di Giuda. 10� La ragione per cui in Matteo si attribuisca il testo a Geremia è dibattuta: l. errore di trascrizione; 2. errore da parte dell'evangelista; 3 . l'autore ha preso da un apocrifo di Geremia; 4. secondo la tradizione talmudica Geremia sta all'inizio dei grandi profeti e citarlo è come citare i profeti; 5. una confusione tra Geremia e Zaccaria; 6. ci si vuole riferire a una «fonte teologica»: 7. si tratta di una citazione mista con Ger 18, 1 -2 o 32, 6-9; oppure ripresa da Ger 19, 1 - 13 (cf. F. Vouga, Seconde, pp. 7 1 -82). Secondo M. Knowles, ]eremiah in Matthew's Gospel. The Rejected­ Prophet Motz/ in Matthean Redaction, (JSNTSS 68), Sheffield 1993 , pp. 74-76, Geremia viene citato perché provvede alla tematica del tradimento del sangue innocente. Mentre per M.J .J. Menken, Old, p. 3 19, la citazione di Zaccaria dovrebbe servire per mostrare come la Scrittura si adempie nel pagamento del denaro per la consegna di Gesù. La connessione logica con Matteo si avrebbe attraverso le due parole chiave «denaro» e