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Italian Pages 300 Year 2016
E MEMORIE
DI STORIA DELL'ARTE
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SAGGI E MEMORIE di storia dell’arte
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SAGGI E MEMORIE di storia dell’arte
4() (2016)
Saggi e Memorie di storia dell’arte
COMITATO SCIENTIFICO Luca Massimo Barbero, direttore Rosa Barovier Mentasti Ester Coen Francesca Flores d’Arcais Caterina Furlan
Lauro Magnani Jean Luc Oliviè
Wolfang Prohaska
NORME
PER GLI AUTORI
I contributi critici — proposti dagli autori o frutto d’invito — sono sottoposti al vaglio del Comitato scientifico, della Redazione e del Comitato dei revisori anonimi della rivista. Elementi necessari all'accettazione sono l’ori-
ginalità dell'elaborato e l'esclusività della destinazione per la stampa alla rivista “Saggi e
Nico Stringa Giovanna Valenzano
Memorie di storia dell’arte”.
REDAZIONE
nali della rivista, devono pervenire in formato
Chiara Ceschi, Loredana Pavanello, segreterza Simone Guerriero
word (cartella di 2000 battute); le immagini di
Ruggero Rugolo
dascalie, in formato digitale (minimo 300 dpi per 15x15 cm). Si chiede l'invio nella lingua
I saggi, composti secondo le Norme redazio-
Sileno Salvagnini Marzia Scalon Sabina Tutone
Istituto di Storia dell’Arte Fondazione Giorgio Cini Venezia Tel. 041-27.10.230 Fax 041-52.05.842
[email protected] © Copyright Fondazione Giorgio Cini Onlus, Venezia Direttore Responsabile Gilberto Pizzamiglio Registrazione Tribunale di Venezia n. 1462
Distribuzione libraria: Leo S. Olschki Editore, Firenze
ISBN: 978 88 222 6565 4 ISSN: 0392-713X
corredo in un file apposito, con relative di-
madre per i testi in inglese, francese, tedesco
e spagnolo. Gli autori sono responsabili dell’assolvimen-
to degli eventuali diritti di copyright per le immagini che illustrano il testo.
Il nome e il recapito dell’autore (indirizzo postale, numero di telefono, indirizzo mail) devono comparire in un foglio separato. La consegna dei materiali deve avvenire entro il 31 marzo per poter essere presi in esame in
relazione al Sommario del volume con uscita a dicembre dello stesso anno. Il materiale va
| indirizzato e spedito esclusivamente alla Redazione della rivista ([email protected]).
SOMMARIO
Laura Aldovini, David Landau, Silvia Urbini, Rinasczzento di carta e di legno. Artisti, forme e funzioni della xilografia italiana fra Quattrocento e Cinquecento
Marsel Grosso, Su alcuni aspetti della biografia vasariana di Battista Franco “pittore viniziano” Paolo Delorenzi, Una divinità nella bottega dello scrittore. Cronache d’arte tra Sei e Settecento dalla “Pallade
29 Veneta”
47
Massimo Favilla, Ruggero Rugolo, Le “deliranti fantasie” barocche di Giovanni Comin, Enrico Merengo, Antonio Molnari, Giacomo Piazzetta e Domenico Rossi
TO
Francesca Marcellan, L'opera di Francesco Bertos e Giambattista Tiepolo in Villa Pisani a Stra. Una lettura iconologica
109
Ileana Della Puppa, // restauro come salvaguardia della storia dell’opera. Alcune osservazioni di metodo
148
Gianluca Tormen, I/ viaggio di Tommaso degli Obizzi nel 1797-98. Storia, arte e collezionismo nelle memorie di un inedito taccuino
Alessandro Del Puppo, Vittore Carpaccio. La fortuna moderna di un maestro antico (parte prima) Roberto De Feo, Intrecci letterari, sociali e artistici intorno a Sei statuette d’illustri italiani fatte da Bartolomeo
Ferrari al nob. Papadopoli Sara Filippin, La Pala d’oro nella Basilica di San Marco tra incisione e fotografia Timo Keinanen, Experimenting with Glass Design. Glass Objects by Atli Salli Ahde and Salme Setéilà from the 19205
Luca Vianello, De Toffol, Viani, Salvatore: Venezia 1948-1958. Fonti per una linea della scultura italiana
Abstract
284
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LAURA ALDOVINI, DAVID LANDAU, SILVIA URBINI
RINASCIMENTO DI CARTA E DI LEGNO ARTISTI, FORME E FUNZIONI DELLA XILOGRAFIA ITALIANA FRA QUATTROCENTO E CINQUECENTO
L’11 ottobre 1441, i Provveditori del Comune
e i Giustizieri
vecchi della Serenissima emanano un decreto a favore “dell’arte
mentre in altri casi abbiamo attivato connessioni tra le nostre stampe, altre opere, artisti o ambiti stilistici. E intanto non
e il mestiere delle carte e figure stampate, che si fanno in Vene-
abbiamo smesso di interrogarci sugli usi, sull’autenticità, sulla
zia, che è venuto alla totale decadenza, e questo a motivo della
fortuna di questi fragili e rari materiali’. Il nostro resoconto,
gran quantità di carte da giuoco e di figure dipinte stampate, le quali vengono fatte fuori di Venezia”. Questo breve viaggio, durante il quale incontreremo alcune
che procede intrecciando generi e cronologia, è un insieme di casi di studio che speriamo coinvolga gli storici dell’arte, insieme agli specialisti di xilografie, nella discussione intorno a questi temi.
xilografie rappresentative del nostro primo anno di catalogazione, inizia da quegli anni e dai documenti scritti e figurati ai
quali possiamo fare appello per ricostruire la storia della xilografia italiana del Rinascimento. È una trama a maglie larghe
Xulografie per pregare: storie di miracoli tra il Veneto e la Romagna nella xilografia delle origini
che, grazie al lavoro di ricerca e alla collaborazione di studiosi
e istituzioni all’A/anze delle xilografie italiane del Rinascimento, sta
Come rileva Pietro Zani, che trascrive per intero il documento
incominciando
a tutela degli stampatori di carte da gioco citato in apettura, vari passaggi in quel testo indicano che ci si riferisce a incisioni su
ad infittirsi. A volte, a questa trama, abbia-
mo potuto aggiungere in ordito xilografie sconosciute o poco note e recuperare esemplari mai segnalati di xilografie note?,
Cristo portacroce.
Vienna, Albertina
legno, una pratica che evidentemente esisteva già da parecchi
Ad esempio, durante i sopralluoghi presso il
zione di Tiziano, la notturna Adorazione dei pa-
Kupferstichkabinett della Kunsthalle
stori incisa da Britto e una copia dei Sez Santi di
di Bre-
Questo contributo nasce dalla ricerca compiuta nell’ambito
ma, abbiamo
del progetto “Atlante delle scilografie italiane del Rinasci-
segnalati nei repertori o rari, dei quali daremo
mento” della Fondazione Giorgio Cini, a cura degli autori,
conto nella schedatura.
Fra questi: un Apo/o
(anche) queste problematiche: D. Landau, PW.
che viene presentato in calce ul testo.
e Dafne attribuito al Maestro IB con l’uccello (inv. 32198), finora noto solo nell’esemplare
Parshall, The Renasssance Print. 1470-1550, New
formazioni e immagini delle opere: Martina Bagnoli, Yvonne
conservato
a Berlino, Kupferstichkabinett
in fifteenth-century
Brandt, Hugo Chapman, Angela Conte, Marcella Culatti,
Lippmann,
The woodeuts of the Master 1.B. with
Ringraziamo per averci aiutato nella ricerca, averci fornito in-
individuato
vari esemplari
non
1894, p.n.n., cat. 11;
(I. |.
Nicolò Boldrini (inv. 33061 /2).
Con il supporto degli studi che hanno trattato
Haven 1994; R. Cobianchi, The Use of Woodeuts Itabi, in “Print
Quarterly”,
XXIII, 2006, 1, pp. 47-54; D.S. Areford, The viewer and the printed image in late medieval Europe,
fra’ Andrea Dovio, Richard S. Field, Giovanni M. Fara,
the bird, Berlin-London
Flora Fiorini, Adalgisa Geremia, Antony Griffiths, Chrstoph Grunenberg, Serena Ligas, Gudrun Knans, Dagmar Korbacher, Jean Michel Massing, Francesca Mambelli, An-
Byam Shaw, Cazalogue of the Master 1.B. with the
Farnham
Bird, in “Print Collector Quarterly”, XX, 1933,
T'ifteentb-Century
2010; Id.,
Mu/tplying the Sacred: The
drea Meggiato, Orsola Mattioli, Mark MeDonald, Christien
estro IB con
Melzer, Gudula Metze, Christof Metzger, Marco Mozzo, Maria Ludovica Piazzi, Daniela Poggiali, Kenneth Sparr, Frederike Steinhoff Marina Toffetti, Chiara Travisonni, Sarah Vowles, Susanna Zatti.
deuts, cit., p.n.n., cat. 10;J.Byam Shaw, Catalogue
as Reproduction, Surrogate, Simulation, in The woodeut in fifteentb-century Europe, atti delle giornate di studio (Washington, 18-19 novembre 2005), a cura di P.
of the Master, cit., p. 178, cat. 25) stampato su
Parshall, New
un foglio tipografico di riuso degli Eca/orphila
Field, A /i/2eenth-century picture panel from the Do-
di Leon Battista Alberti (inv. 32196); un altro
p. 178, cat. 26); Diana e Atteone dello stesso Mal’uccello (E. Lippmann,
The w00-
Haven
2009, pp. 119-153.
R.S.
P. Zani, Materiali per servire alla storia dell'origine e de’ progressi dell'incisione in rame e in legno, Patma
stesso testo di Alberti è conservato al Metro-
minican monastery of Saint Catherine in Nuremberg, in Ie woodeut in fifteenth century Europe, cit., pp. 205-237; German single leaf woodeuts before 1500:
politan Museum, inv. 37.66, e anche l’impres-
Anonymous artists. The Illustrated Bartsch, Supple-
1802, pp. 74-77. Ancor prima, il documento era stato citato da Tommaso Temanza in una lette-
sione di Vienna, inv. 1962/1129, seppur con-
ment, 161-166, a cura di R.S. Field, New York
trofondata mostra tracce di un testo al verso,
ra indirizzata a Francesco Algarotti e datata al 1760 (G.G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura,
che sarebbe
1987-2008; Fifteenth century woodeuts and other relief prints in the collection of the Metropolitan Mu-
esemplare di questa xilografia stampato sullo
1
Woodeut
interessante
confrontate
con gli
go della mostra (New York, The Metropolitan
321). In quella circostanza, il decreto veneziano
altri; i quattro tondi della Passiore di Jacopo da Strasburgo copiati da Matteo da Treviso (inv. 32982-5; R. Zijlma, Ho/steins German engravin-
del 1441 tornava utile a Temanza per smenti-
gs, etchings and woodeuts.
York
re Vasari, che faceva risalire l'invenzione della
[Lambert Hopfer to Sebastian Jenet,, Amsterdam
cuts from the National Gallery of Art, catalogo
stampa figurativa intorno al 1460 per mano di
1986, p. 203]: sui due lati di un unico foglio sono stampate due celebri xilografie su inven-
della mostra (Washington, National Gallery of
scultura ed architettura, Roma
Maso Finiguerta.
1766, V, pp. 320-
ca.
1400-1700,
XV
A
seum of Art.
Museum
Prints and Drawings Gallery, catalo-
of Art), a cura di R.S. Field, New
1977; Fifteenth century woodeuts and metal
Art), a cura di R.S. Field, Washington
1965.
LAURA
ALDOVINI,
DAVID
LANDAU,
SILVIA
URBINI
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IGN \ba IX Mi:
1
Artista veneto del XV
secolo, Madonna
Galaktotte yphousa;
U/tizza Cena. Collezione privata
°
RINASCIMENTO
DI CARTA E DI LEGNO
i
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‘ È
1%
2.
Pittore veneto-romagnolo della prima metà del XIV secolo, Madonna Glykophilousa fra è santi Pietro e Antonio da Padova;
Deposizione dalla
Croce; Cristo al Limbo; Stigmate di san
Ultima Cena (pannello centrale);
Francesco; Due santi (laterali). Forlì, Pinacoteca Civica
legno che sia possibile datare. Fa parte di un gruppo di grandi xilografie — sono tutti fogli intorno ai 50 cm di altezza — eseguite nel XV secolo e rappresentanti, con varianti iconogra-
anni, se nel 1441 può essere definita “in totale decadenza”*.Fra
sicuramente fiorente negli anni venti del Quattrocento, precisamente nel 1428, quando, dal rogo della casa di un maestro di Forlì, si salvò solo una xilografia rappresentante la Madonna con
fiche, la Madonna con il Bambino®.
il Bambino e santi inchiodata su un asse e appesa al muro, che da
In questi casi miracolosi, le fragili Madonne xilografiche furo-
allora viene chiamata Madonna del Fuoco. La xilografia, oggetto
no trasportate dalle case alle chiese cittadine, dove sono ancora oggetto di venerazione.
di venerazione nella cattedrale di Santa Croce a Forlì, richiama,
nell’organizzazione dei soggetti raffigurati, i tabernacoli medie-
Altre volte, quando per queste opere il miracolo è stato giun-
vali a forma di trittico destinati alla devozione privata, dove la
gere fino ai nostri tempi, sono state asportate dalle abitazioni
Madonna e il Bambino, al centro, sono affiancati da due ante
dove, ab antiquo, etano conservate: è il caso ad esempio della
dipinte con teorie di santi o storie cristologiche. Lisa Pon ha
Madonna Lactans, attaccata alla porta di una casa di Bassano del
proposto come esempio di con fronto la Madonna con il Bambino,
Grappa demolita prima del 1884” e ora al British Museum, o di
la lamentazione e santi di fine Trecento, dipinto a tempera e foglia
quella conservata al Victoria and Albert che è tutt'oggi unita al
d’oto su tavola conservato a Venezia al Museo Correr, che, a
supporto ligneo originale®.
ulteriore similitudine con la Madonna del Fuoco, presenta in bas-
La riscoperta di una di queste Madonne xilografiche è, come
so una serie isocefala di santi?. Per gli studiosi della stampa xilografica italiana la Madonna del Fuoco rappresenta l’opera @, essendo la più antica incisione su
si può immaginare, un evento eccezionale. Quella di collezione
privata resa nota di recente presenta un insolito accostamento
iconografico” (fig. 1): la Madonna che allatta il Bambino, sot-
ricerche di Lorenzo Gigante in corso di pubbli cazione su “Print Quarterly”.
grafia monumentale con la Madonna e il Bambino
E. Lippmann, Der ztalienische Holaschmtt im XV.
è tutt'ora incollata nella sede originale, è quello
l’unico caso a noi noto in cui una antica xilo-
4. s_
P. Zani, Materiali per servire, cit., p. 76. L. Pon, A printed icon in carhy modern Italy. Forìs Madonna of the fire, Cambridge 2015, p. 22, fig4.
6
Erano le immagini sacre che proteggevano le
Jabrbundert, in “Jahrbuch der Koeniglich Preus-
di un soffitto interamente decorato che sarà a
case, non solo la Madonna del Fuoco ma anche la Madonna Bianca di Portovenere e la Madonna
sischen Kunstsammlungen“, V, 1884, p. 316.
breve pubblicato da Laura Aldovini e Corinna
del Sangue di Bagno di Romagna, oggetto delle
7
8
The British Museum,
ctoria
and
Albert
inv. 1895,0122.1187;
Museum,
inv.
T. Gallori su “Print Quarterly”.
Vi-
321A-1894,
9
Old Master, American and
Modern Prints and Hustra-
LAURA
ALDOVINI, DAVID LANDAU, SILVIA URBINI
montata da due tondi con un’Annunciazione e affiancata da due coppie di santi (a destra le vergini Caterina e Lucia, a sini-
i marinai e i commercianti dalmati eressero la propria Scuola
stra gli eremiti Giovanni Battista e Antonio abate), occupa due
doveva essere un ‘santino’ commissionato appunto dalla Scuola di San Giorgio degli Schiavoni (la cui costituzione risale al 1451) per i priori affiliati, e possiamo immaginare, ad esempio,
terzi del foglio; nella parte inferiore è rappresentata
dedicandola sia a san Giorgio che a san Trifone!*. La xilografia
VPUltima
Cena. Condivide alcuni dettagli iconografici con la Madonna del
i marinai dalmati incollarla sulle assi della propria nave per proteggere il viaggio e il carico.
British Museum precedentemente citata, rispetto alla quale è in
controparte. Le componenti tardo-bizantine che caratterizzano queste Madonne hanno spinto gli studiosi a ritenere che il disegno e l’intaglio dei legni si debba ad artisti operanti a Venezia, 0 comunque legati a contesti lagunari, come la Romagna (magari con un prototipo iconografico tedesco alle spalle). A_sostegno di questa ipotesi, presso la Pinacoteca Civica di Forlì — e forse non è una coincidenza che siamo nella stessa città della Madonna del Fuoco — è conservata una tavola che riporta
Trifone è raffigurato come un giovane rappresentante della civiltà delle corti. I capelli biondi, lunghi e ondulati, incorni-
ciano graziosamente il volto dai lineamenti fini. L’abbigliamento rispecchia le convenzioni della moda: “vestezola” sopra il
ginocchio, “zupone” con camicia a maniche larghe rotonde, “capperone” (o mantello) con collo rialzato e abbottonato sulla spalla, “calze solate’”!°. Il santo tiene la palma del martirio con la mano destra e, con la sinistra, un modellino molto elaborato
la rarissima iconografia di quest’ultima Madonna, ovvero la
della città di Cattaro. Conosciamo questo tipo già a partire dal
compresenza dell’U/iza Cena e della Madonna con il Bambi no: il trittico a sportelli è una tempera su tavola attribuita
San Lizerio dipinto da Giovanni d’Alemagna e Antonio Vivarini
ad anonimo pittore veneto-romagnolo della prima metà del
chiesa di San Zaccaria, così come
Trecento (fig. 2)!°.
più o meno coeve (ad opera di Antonio) e di San? Apollonia (ad opera di Giovanni)'°. Questa stampa entra nel novero del gruppo di xilografie legate alla bottega dei Vivarini, e in particolare a quelle loro opere che, come ha evidenziato Federico Zeri", risentono del passaggio in laguna di alcuni importanti artisti
nel 1443 nel registro inferiore del PoMittico di Santa Sabina nella
L’asse veneto-romagnolo è importante per la storia della xilografia italiana delle origini anche dal punto di vista collezionistico. Infatti la Biblioteca Classense di Ravenna conserva, dai tempi della sua fondazione, il più importante nucleo di antiche
nelle Storze di Santa Monica,
xilografie venete giunto ai nostri giorni. Sono i fogli che Jacopo
fiorentini come, probabilmente, Masolino da Panicale. A_con-
Rubieri — impiegato forense di origini parmensi, nato intorno
ferma, infine, si noti che la xilografia rappresenta la versione
al 1430 e morto dopo il 1487, a lungo residente tra il Veneto,
miniaturizzata e in controparte della tavola su fondo oro rap-
l’Istria e la Dalmazia — incollava sui codici nei quali ricopiava i testi giuridici e i processi oggetto del suo lavoro. Parte di questi libri furono acquistati all’inizio del Settecento sul mercato antiquario da Pietro Canneti, fondatore della Biblioteca Classense!": al loro interno sono state rintracciate quarantotto xilografie, fra le più antiche stampe italiane esistenti!?. Osservando l’immagine di Sar Trifone attiviamo uno dei possibili intrecci fra produzione xilografica e botteghe artistiche veneziane (fig. 3): questa stampa è giunta fino a noi in due
presentante Sar Trfone dipinta dalla bottega dei Vivarini, pare
dopo il 1451, collocata di fianco all’altare maggiore, sempre in
San Giorgio degli Schiavoni (fig, 4). Xulografie per decorare: sulle tracce degli intagliatori prima dell'affermazione dell'illustrazione libraria Se grazie al mestiere dello storico dell’arte possiamo tentare di collegare l’invenzione
di una xilografia a un determinato
esemplari, ambedue conservati nel fondo Rubieri. Sono tirate
contesto
dalla stessa matrice, sebbene la spada presente in uno dei due
queste opere più antiche prive di firme o monogrammi, capire
fogli possa suggerire il contrario". Trifone, martirizzato nel III secolo dopo Cristo, è particolarmente venerato in Dalmazia,
chi furono gli intagliatori. Oltre al comprovato contributo dei
dove, a Cattaro, sono conservate alcune sue spoglie.
— Cristoforo Cortese ir prizzis — possiamo suppore che prima,
storico-artistico,
risulta molto
più complicato,
per
miniatori che prestarono le loro competenze in questo settore
A Venezia
ted Books, Christie's, New York, 9 maggio 1994,
della mostra
pp. 42-43, lotto 69; 0/4 Master Prints,
Christie's,
Disegni e delle Stampe), a cura di E. Bellini, Ra-
9-10, tavv. XXVIXXVII;
New York, 25 gennaio 2017, pp. 20-23, lotto 16.
venna 1987; la recensione al catalogo curato da
Quattrocento, cit., p. 100, cat. 32).
L’opera si trova ora in collezione privata.
10 G. Viroli, D. Caponera, in La Pinacoteca Civica di
Fiora Bellini: D. Landau, Fiffeenth-century Italian woodeuts, in “Print Quarterly”, VI, 1989, 1, pp.
(Roma, Gabinetto Nazionale dei
perduto (G. Schizzerotto, Le incisioni, cit., catt.
14
Xy/ografie italiane del
Ma fotte era la devozione anche nei confronti di san Girolamo e san Matteo, come dimostra
Forlì, Genova 2016, I, pp. 32-33, inv. 112, cat. 7.
71-73; D.S. Areford, La Nave e lo Scheletro. Le
Si tratta degli attuali codici 98, 374, 450, 485 (IVV). 12 E. Rosenthal, Two Urecorded italian single woodeuts and the origin of wood engraving in Italy (with an appendix by Augusto Campana), in “Italia Medioevale e Umanistica”, 5, 1962, pp. 353-370; G. Schizzerotto, Le inesioni quattrocentesche della
il ciclo di tele dipinte da Vittore Carpaccio tra
stampe di Jacopo Rubieri alla Biblioteca Classense di Ravenna, Bologna 2017. 13 La xilografia con San Trifone senza spada era in origine incollata all’interno del codice 485, quello con la spada nel codice 485/V. Fu timossa in occasione del restauro del 1938 condotto alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Anche nel
Classense, Ravenna 1971; Nografie italiane del Quattrocento da Ravenna e da altri luoghi, catalogo
il 1502 e il 1507, per la loro sala delle riunioni, dove sono rappresentati tutti e quattro i santi. 15 Nilografie italiane del Quattrocento, cit., p. 100, cat. 32. 16 I Vivarini. Lo splendore della pittura tra Gotico e Rinascimento, catalogo della mostra (Conegliano, Galleria Comunale d’Arte Moderna), a cura di G. Roma-
caso di queste stampe, Rubieri è intervenuto ritagliando la sagoma dal contesto, che è andato
11
10
17
nelli, Venezia 2016, pp. 132-134, catt. 4-5. F. Zeri, Uy pannello della pala di Santa Monica di
RINASCIMENTO
DI CARTA
E DI LEGNO
Artista veneto della seconda metà del XV secolo, Sar Trifone. Ravenna, Biblioteca Classense Bottega dei Vivarini, San Trfone. Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni
11
ALDOVINI, DAVID LANDAU, SILVIA URBINI
LAURA
concepita non solo per essere oggetto di devozione, appesa alle pareti delle case e delle confraternite, alla stregua delle Madon-
o agli albori, dell'invenzione della stampa, artisti operanti negli
ambiti della lavorazione del legno (contigui alla xilografia), fos-
ad esempio le complesse e preziose cornici destinate ai polit-
o anche come decorazione sostitutiva di una tarsia lignea, arte in cui i Canozi da Lendinara erano maestri. Perché in effetti, come alcuni rari e importanti casi di-
tici, come quella di Giovanni d’Alemagna, cognato di Antonio
mostrano, le xilografie potevano avere anche questa funzione.
Vivarini, che abbiamo menzionato in relazione a Sar Trfone.
Nel coretto di Santa Chiara in San Damiano ad Assisi, esiste un
ne delle quali si è detto,
sero coinvolti in queste produzioni. Dovettero avere un ruolo
in questa storia le botteghe che si occupavano di intaglio ligneo,
Anche il San!'Antonio da Padova eseguito nella bottega dei Ca-
rarissimo esempio di stampe applicate ad arredi sacri. È inoltre
nozi da Lendinara, sempre nella collezione Rubieri alla Biblio-
l’unico esemplare superstite che ci mostra come questo speci-
teca Classense, ci permette
fico ciclo della Passione di Cristo sia stato concepito dall’autore,
di considerare
il problema delle
maestranze artistiche coinvolte nella produzione di stampe da
Jacobus Argentoratensis — di origine nordica ma veneziano di
matrice lignea, quando ancora non si era affermata l’illustrazio-
adozione — uno dei primi professionisti dell’intaglio ligneo. Si
ne libraria e quindi una specializzazione autonoma nel campo
tratta di un articolato montaggio di testi ed immagini che per-
della xilografia.
metteva al fedele di vedere e di leggere sia le storie della Pas-
Fortunatamente Rubieri, che spesso ritagliava i fogli della sua
sione di Cristo che episodi tratti dall’ Antico Testamento e dalle
collezione, ha risparmiato quest'immagine,
Meditationes vitae Christi (figg. 5-6). Il ciclo, purtroppo molto danneggiato, è incollato alle assi poste
permettendo
che
giungesse integra a noi una delle più significative opere della grafica italiana del Quattrocento: essa, come ha scritto Fiora
sulla sommità dei lati destro e sinistro degli schienali degli stalli del coretto di Santa Chiara”. La parte destra misura comples-
Bellini, “si distingue per una speciale eleganza formale, per
la qualità del disegno fluente e funzionale, per la sicurezza
sivamente 2,10 m di lunghezza, e porta incollati i primi sette
dell’intaglio razionale e netto”! . L'immagine
del santo fran-
episodi, partendo dall’estremità interna del lato del coro. Nella
cescano è costruita tenendo a modello il giovane Sanf'Antonio da Padova in bronzo, dai lineamenti ‘puri e decisi’, eseguito
parte sinistra, che misura 1,77 m, sono incollati altri sei episo-
di. Ogni riquadro misura 40X30 cm ca. In totale sono dunque
nel 1450 da Donatello nell’Altare del Santo. La figura incisa,
tredici episodi, mancando
rispetto alla scultura, risulta più monumentale
e severa gra-
a Pilato. grazie al confronto con gli altri esemplari incompleti
zie alla rappresentazione in primissimo piano e all’effetto di
superstiti, sappiamo infatti che il ciclo di Jacopo da Strasburgo comprende quattordici episodi della Passione.
visione dal basso, che ci permette altresì di indagare il volto
la decima scèna, con Cristo davanti
assorto nella lettura. Oltre alla sapienza plastica e prospettica
Si tratta di un’ideazione piuttosto articolata sia dal punto di vista
— espressa ad esempio nell’aureola posata a piatto sulla chieri-
iconografico che da quello esecutivo, presupponendo la combi-
ca — l’autore della xilografia dà prova della propria competen-
nazione di più legni montati e stampati contemporaneamente su
za architettonica nella ricostruzione degli scorci della Basilica
un medesimo foglio: la cornice, il tondo centrale, i due tondi in
del Santo e dell’edificio della Confraternita di Sant'Antonio.
alto, i due con le iscrizioni. Vista l’unicità del ciclo ne descriviamo
La paternità della xilografia è stata riconosciuta da Schizzerotto
le parti.
che ha visto nel foglio la rappresentazione in controparte del-
Ogni tondo della Passione (di ca. 25 cm di diametro) è inserito al centro di una sorta di pannello dalla struttura complessa ma ripetitiva (anche se con alcune varianti), su fogli che, come si è detto, misurano ca. 40x30 cm. Ciascun medaglione è attorniato
la tarsia raffigurante Sanl'Antonio in uno sportello dell’armadio
delle reliquie della Basilica del Santo, eseguito da Lorenzo e Cristoforo Canozi da Lendinara tra il 1472 e il 1477".
da una cornice a bianchi girari. Nella parte superiore di ogni Chissà se questa grande stampa, la cui altezza sfiora i 30 cm, fu Antonio
Vivarini, in “Paragone”,
Il, 1951,
19,
monache; doveva originariamente comprendere
pp. 46-47 (ora in Id., Giorno per Giorno nella pittura. Scritti sull'arte dell'Italia settentrionale dal Trecento 18
20
1987, 3, pp. 297-298; Id., The Triumph of Caesar
ma dell’anno 1482: la data è inscritta nell’affresco
by Benedetto Bordon and Jacobus Argentoratensis. Its Iconography and Influence, in “Print Quarterly”, VII, 1990, 1, pp. 2-21. Solo nel ciclo di Assisi sono presenti gli episodi con Andata al Calvario e con la Crocifissione, anche se lo stato di conservazione è precario e ne rende quindi difficile la lettura completa. Un ciclo comprendente tutti i quattordici fogli, incollato in
con la Croefissione di Antonio Mezastris da Foli-
E. Bellini, in X%/ografie italiane del Quattrocento, cit.,
gno presente nello stesso ambiente. 21
Jacobus Argentoratensis, in “Print Quarterly”, TIVE
il perimetro dell’abside della chiesa, murato pri-
al primo Cinquecento, Vorino 1988, pp. 153-154). p. 108, cat. 36. 19
foglio, sopra il medaglione, compare un riquadro con un testo
Questo ciclo venne menzionato per la prima
G. Schizzerotto, Le zioni, cit., pp. 114-120; la
volta da P. Kristeller,
xilografia in questione era incollata nel codice 485. Lorenzo Canozi (1420 ca.-1477) introdusse la stampa a Padova nel 1471 e in sei anni
antica italiana, in “Bollettino d'Arte del Mini-
Ux blocco d'una silografia
stero della Pubblica Istruzione”, INI, 1909, 11,
pp. 429-432, e poi più dettagliatamente studia-
stampò almeno sei libri. Per la Basilica, la sua
to da L. Bracaloni, Anziche stampe della passione
forma
bottega eseguì anche il coro, distrutto da un in-
in S. Damiano di Assisi, in “Studi francescani”,
di Ferdinand Columbus
cendio nel 1749.
ser. NS, 1923, pp. 158-162. Nell’ambito dello
to quindi anteriormente
Il coro ligneo della chiesa di San Damiano ad
studio della produzione di questo artista, il ci-
Assisi è detto “di Santa Chiara” perché la santa vi si recava a pregare con le consorelle. Si tratta
clo è citato da Hind, ripreso successivamente
morte del collezionista (l’inventario fu redatto lungo l’arco di trent'anni). Si veda M.P. McDo-
da JM.
Massing, Jacobus Argentoratensis: étude
nald, The Print Collection of Ferdinand Columbus
di una cappella cui si accede scendendo alcuni
préliminaire, in “Arte Veneta”, XXXI, 1977, pp. 42-52; altre brevi menzioni compaiono in Id.,
(1488-1539). A Renaissance Collector in Seville, London 2004, Il, pp. 495-496.
gradini, passando dalla sacrestia al sepolcro delle
d2)
di ‘rotolo’, è descritto
nell’inventario
(n. 2721) ed attestaal 1539, anno
della
RINASCIMENTO
DI CARTA E DI LEGNO
latino (uno diverso per ogni foglio) affiancato da due tondi di dimensioni più piccole (ca. 8 cm di diametro): a sinistra episodi dell’Antico Testamento, a destra gli Evangelisti. Sotto al tondo centrale, un altro riquadro con un testo in volgare. Questi elementi sono inquadrati da una sorta di sfondo, presente in due varianti disposte alternativamente. Una di esse ha,
5
Jacobus Argentoratensis, Andata al Calvario. Assisi, chiesa di San Damiano
6
Jacobus Argentoratensis, Deposizione dalla Croce. Londra, The British Museum
Abramo che conduce il piccolo Isacco, caricato con la fascina della legna, al sacrificio. In quello di destra ci sono san Matteo Evangelista e, forse, l’autore del libro della Genesi. Tra i due
medaglioni, nel cartiglio in latino, citazioni e sintesi del passo di Genesi XIV; tra i due medaglioni superiori è presente un cartiglio rettangolare dove sono incise citazioni in latino com-
alla base della cornice a bianchi girari, un uomo sdraiato identificato dall’iscrizione «Jesse»: tra i tralci che da lui hanno origine sono raffigurati i volti dei Patriarchi e alla sommità la Madonna con il Bambino. Negli angoli inferiori sono due scene con angioletti che eseguono la vendemmia e la mostatura.
plete dei riferimenti ai passi da cui sono ricavate; tra le scenette
Nell’altra cornice, dove non è presente l’iscrizione «Jesse», è rappresentato Cristo sdraiato: tra i tralci ci sono gli Apostoli e alla sommità Dio Padre. Le scenette inferiori raffigurano mietitura e macinatura. Nella parte superiore di ciascun pannello sono riprodotti, entro piccoli medaglioni, a sinistra episodi
corazioni di arredi, sacri o profani: in questi casi il rapporto con
inferiori con gli angioletti, in corrispondenza con il cartiglio superiore, è presente un altro riquadro con testi in volgare tratti
da testi simili alle Meditationes vitae Christ®. Sono sopravvissuti rari esemplari di xilografie utilizzate come de-
la tarsia lignea è ancor più diretto, sia dal punto di vista figurativo che da quello dell’utilizzo, come è evidente nella cattedra lignea
dell’Antico Testamento che prefigurano quello della Passione
quattrocentesca oggi al Museo Bagatti Valsecchi di Milano”, dove piccoli riquadri geometrici colorati a mano imitano analoghi prodotti intarsiati, o nei cassoni lignei attribuiti a maestranze
presente nel medaglione centrale; nel medaglione di destra, in-
veneto-lombarde di fine Quattrocento-inizio Cinquecento, di cui
vece, due “scrittori sacri” (un evangelista e un personaggio dell'Antico Testamento, che hanno interpretato il mistero rap-
quattro esempi sono pervenuti fino a noi e sono conservati a
presentato). Ad esempio, al tondo centrale dell’Andata al Cal
ticolare qualità, presenta, sulla parte frontale del mobile, stampe
vario corrisponde, nel piccolo medaglione superiore di sinistra,
colorate a mano con quattro vedute urbane (fig. 7). All’interno
22
L. Bracaloni, Anziche stampe, cit., p. 159.
23
Secondo Leone Bracaloni le tavole sulle quali sono incollate le xilografie non appartenevano agli stalli originari ma andarono a sostituirne le estremità superiori. Non è possibile verificare quanto affermato ma possiamo osservare che il legno su cui sono incollate le xilografie è assai simile a quello con il quale sono costituiti gli stalli.
24
Milano, Torino, Berlino e Dresda. Quest'ultimo cassone, di pat-
Milano, Museo Bagatti Valsecchi, inv. 27. 7 Prove-
vanni Stramiti, intagliatore milanese noto per aver
niente dall’abbazia di San Donato a Sesto Calen-
realizzato col fratello Bartolomeo il rivestimento
de, costituisce l’unico pezzo supetstite del coro
ligneo della Sala delle Asse del Castello Sforzesco
quattrocentesco
della
chiesa,
commissionato
dall’abate Nicolò Tatti e poi sostituito da un altro
di Milano, smantellata per permettere la decorazione leonardesca (C. Cairati, in Arte Lozzbarda dai
coro realizzato nel 1587: sulla base dei documenti
Visconti agli Sforza, catalogo della mostra [Milano,
rinvenuti, la cattedra può datarsi all'anno 1469 ca.
Palazzo Reale], a cuta di M. Natale e S.
Il documento
Milano 2015, p. 294, cat. IV.20).
del 1469 vede protagonista Gio-
Romano,
LAURA ALDOVINI, DAVID LANDAU, SILVIA URBINI
7
Fronte di cassone con xilografie applicate. Dresda, Kupferstich-Kabinett, Staatliche Kunstsammlungen
scrittura e segni musicali”. Precede, ed è probabilmente ispira-
di ogni veduta, in primo piano, i soggetti, sempre diversi, sono
accomunati da una pavimentazione a scacchiera con prospettiva
tore, del più celebre grande foglio inciso con il “metodo teorico
centrale: da sinistra a destra, un liuto, un cesto di frutta, una gab-
per intavolare sul liuto composizioni vocali polifoniche”, ideato
bia, un cavaliere. Al centro, su fondo nero, una fontana”.
dal padovano Michele Carrara e pubblicato a Roma nel 15852
Nei cassoni di Milano, Torino e Berlino, ricorrono, seppur di-
Il foglio raffigura a sinistra un liuto a sei ordini di corde e, a destra, la cosiddetta mano guidoniana. Il testo posto nel carti-
versamente colorate
e combinate tra loro e con altre che fun-
gono da cornici geometriche, le stesse xilografie: una sorta di stella a otto punte e interni prospettici che mostrano alcune
glio in alto fornisce le indicazioni su come accordare lo stru-
sagome incollate (animali
basso verso il centro spiega l’intavolatura, e in particolare i
o
i
ll
1
li
mento e verificarne l’intonazione. L'iscrizione nel riquadro in
e strumenti musicali)? i
"|
li 26
Le xilografie oggetto dei nostri studi accompagnavano la vita quotidiana dell’uomo rinascimentale. Erano le immagini della
simboli che indicano l’altezza (i tasti), la durata e la direzione (in su o in giù, determinato dalla presenza o assenza di un punto) delle pennate. Sotto a questo riquadro si trova poi una melodia in notazione mensurale (il valore delle singole figure è illustrato nel pentagramma raffigurato su un cartiglio a sinistra) con l’aggiunta dell’intavolatura per il liuto, dove la linea
devozione, protettrici delle case e delle botteghe; erano le de-
del canto è sostenuta da una linea più grave. Sullo strumen-
Xilografie per imparare: i mestieri, i luoghi, la storia nei fogli sciolti, nelle mappe e nei ritratti
corazioni che ingentilivano gli arredi; erano protagoniste dei
to si leggono poi le denominazioni
momenti ludici, pensiamo ad esempio alle carte da gioco e ai
(Contrabasso, Bordon, Tenor, Mezzanelle, Sotanelle e Canto)
tarocchi; le xilografie erano anche strumenti di divulgazione e aggiornamento della conoscenza tecnica, storica e geografica sotto forma di fogli volanti e di mappe.
da in corrispondenza di ciascun capotasto, indicate secondo
In proposito, abbiamo scelto due opere pubblicate da due fra
lati, a fondo scuro e con rosette agli angoli, rientra nella ti-
degli ordini delle corde
e, lungo il manico, le note che si ottengono premendo la cor-
le consuetudini della solmisazione®.
La cornice sui quattro
i più prolifici xilografi, editori e stampatori veneziani nel Cin-
pologia di bordi tipici nelle edizioni veneziane della metà del
quecento, Matteo Pagano e Giovanni Andrea Vavassore, e con-
Cinquecento. Il foglio di Matteo Pagano presenta però degli
servate rispettivamente alla Biblioteca Reale di Stoccolma e alla
errori nelle indicazioni che fornisce, e il musicista non poteva
Biblioteca Vaticana”.
trarne una grande utilità.
Il grande foglio (55x40 cm) stampato a Venezia da Matteo Pagano intorno alla metà del XVI secolo, è un reperto particolar
Sembra sia sopravvissuto un solo esemplare di questa singolare
mente prezioso per rarità, bellezza e qualità della conservazione (fig. 8): è una sorta di prontuario per insegnare ad accordare
principali caratteristiche che hanno determinato la scomparsa
il liuto e a suonarlo, costruito con un montaggio di immagini,
per sé, essendo meno costosa rispetto a quella su metallo, non
25
Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Kupfer-
di E. Mallé, Torino 1972, pp. 55-56 inv. 602; My
188. Ringraziamo Frederike Steinhoff, che sta
seo d'arti applicate: mobili e intagli lignei. Civiche raccolte d’arte applicata e incisioni, a cura di E. Colle, Milano 1996, pp. 130-131, cat. 154. Un quinto cassone è segnalato da Schubring (cat. 729) come apparte-
studiando i cassoni citati, per essersi confronta-
nente alla collezione dei Fratelli Grandi, Milano,
ta con noi su queste opere. Si vedano almeno P. Schubring, Cassori. Trhen und
ur Profanmalerei im Quattrocento, Leipzig 1915, pp.
ad oggi non reperito: attribuito dallo studioso sempre ad ambito lombardo verso il 1490, sarebbe decorato con le medesime raffigurazioni geometriche del cassone di Milano (e quindi anche di
162-164, 384-386, catt. 728, 730, 731; Mobili e ar-
Torino e Berlino).
da di G. Metze in Das Kupferstich-Kabinett Dre-
Truhenbilder der italienischen Friibrenaissance; ein Beitrag
redi lignei, arazzi è bozzetti per arazzi: catalogo, a cura
27.
le
di buona parte della produzione incisoria su legno, che già di
stich-Kabinett, inv. A-1910-197. Si veda la sche-
sden, a cura di B. Maaz, Berlin 2013, pp. 64-65,
26
xilografia. Qual è il motivo? In questo foglio si sommano
Su Matteo Pagano si veda M. Donattini, Pagano
14
Matteo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 80, Roma 2014, p. 268. 28
K. Sparr, Uy foglio sconosciuto e unico di istruzioni per il liuto, in “Il Fronimo”, 64, 1988, pp. 60-62.
È firmata in basso a destra «In Venetia per Matia Pagano in Frezaria al segno della Fede». 29
Su Michele Carrara si veda A. Lanfranchi, Car-
rara Michele, in Dizionario Biografico degli Italiani, 30
31
20, Roma 1977, pp. 695-696. Ringraziamo Marina Toffetti per averci aiutato a comprendere l’opera. Per questa considerazione e quelle che seguo-
RINASCIMENTO
DI CARTA E DI LEGNO
FNSRANNMARI SCANLITAFNIZAINIZAE DA
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La provadiveder egliè ben accordao.) Lavito,&cherifpsda in vinie le partiedIlarrima che il bordbetoccato nel lecido talto 3pienori(P&dac8lamerranel
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Je in'otrauatoccato ivado,Etsi medefimotocato nei terzo,&le mersanelle nel primo,rifpsdiotua. Similmente ilcd:rabuffo coccatonel(achlotatoapie m0,& ke foranelle a vodo ri: ora,&xLi medefimo toccato nel terzo & le fortanelle nel primo rifpoda ortaua. Er fimilmente il cv: à vodo,®&t le mezanellealte-20 talto rifati octava,&t cl medefimo lefoeranelieal terzoa pieno & iltenora vodo facciaorraui.EI tenoralfecondoa pieso,& ilcitva vo N} doficcisortaza.Eril tenora)teme,cilcanteal primo facciaomauz.E dintoai quistorafto.i contrabulfo arodolaquinidecima Erle (ottaneile ! l:tito,e ; |lemezzinellea vodofeciaoauz.it canto ferie,eleforzanelie 4Yodoorta.
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FINI
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IniVenena perMatio pagano, in Frezana al feno della
INSIASIS
Fede
CSI OG
8
Matteo Pagano, Istzzonz per suonare il liuto. Stoccolma, National Library of Sweden
era spesso ritenuta degna di essere conservata". Il foglio volante di Stoccolma era una stampa piuttosto grande ed era destinata all’uso di un musicista: questa e le xilografie simili — come la Madonna citata in apertura — venivano inchiodate o incollate alle pareti, quindi inevitabilmente si deterioravano e prima o
o considerate di sfuggita durante le catalogazioni, soprattutto
importanti come quello citato. In realtà non sappiamo molto di questo patrimonio, che è in parte ancora da scoprire: le stampe
incollate all’interno dei libri, ai piatti delle copertine, addirittura utilizzate per foderare codici, sono spesso passate inosservate
poi erano gettate via. Inoltre, nel caso del foglio di Stoccolma,
in passato. A meno
la presenza del nome del suo stampatore e forse incisore, Matteo Pagano, non rappresentava un amoblissement sufficiente per
zione libraria non fosse anche uno studioso di xilografie e il-
lustrazioni, come nel caso di Lamberto Donati alla Biblioteca
renderla appetibile ai collezionisti, che si sarebbero invece fatti
Apostolica Vaticana. Egli rintracciò ad esempio, ripiegata all’in-
sedurre dal monogramma — magari falso — di un artista famoso come Raimondi o Durer. Abbiamo detto dei volumi nei quali il notaio Rubieri incolla-
terno del nono
certo non
volume
delle Hystorzae senenses di Sigismondo
Tazio — un codice che riporta eventi storici fino al 1525 — una ricostruzione figurata dell'assedio di Rodi del 1522 da parte dei Turchi, stampata a partire da quattro legni da parte di Giovanni Andrea Vavassore detto Guadagnino (fig. 9). Anche questa,
va i propri santi xilografici. Non è raro rintracciare xilografie all’interno di libri antichi, sebbene
che il direttore di una determinata colle-
si tratti di casi
no si legga la comunicazione di David Landau,
Benedetto Bordon, è rappresentata la città asse-
in E.M. dal Pozzolo, Domenikos Theotokopoulos a
diata dai Turchi. Le proporzioni sono di fantasia,
in comune: un impiccato, un soggetto sacro (in
Creta, in “Studi di Storia dell'Arte”, 27, 2016, p.
infatti la città è ingrandita a dismisura.
questo caso san Nicolò protettore delle navi ai
[39 32. L. Donati, Due w2zagini ignote di Solimano I. (14941566), in Studi Orientalistici in Onore di Giorgio Levi Della Vida, Roma 1956, pp. 219-233; M.P. Mc-
In alto,
dentro un cartiglio l’iscrizione: «La cità di Rodi christianissima col asedio del gran turco, 1522». Come
spiega Lamberto
Donati la riproduzione
della città deve essere stata ricavata da una delle
oursin. Ricorrono infatti alcune immagini e temi
piedi della Vergine), il gruppo di cristiani rinne-
gati. È. invece attuale e corrisponde all’assedio del 1522, secondo quanto hanno
tramandato
i
testimoni occidentali, la disposizione degli eser-
Donald, The Print collection, cit., Il, fig. 436, inv.
molte vedute eseguite in occasione dell’assedio
citi turchi intorno alla città e i dettagliati patti-
3152. All'interno dell’isola di Rodi, il cui profilo
precedente, nel 1480, e in particolare dalle illu-
colari di uomini
e mezzi coinvolti
è forse ricavato da un portolano o dall’Iso/arzo di
strazioni dell’Obsidio Rbodiae di Guglielmo
che
l'impossibilità
15
Ca-
dimostrano
nell’evento,
dei cristiani
di
LAURA
ALDOVINI,
DAVID
LANDAU,
SILVIA URBINI
Tacradi Rokebla iagima C0|s bIOd"
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và hai =TEA Pac tp )N
Formosa.
Chiesa. N. 107 [...] 1690, 2 maggio”, cc. n.n. Ippendice documentaria, docc.
78
Si veda qui
79
Sulla figura di Giovanni so, Grovanni
Santa Maria Formosa (M. Favilla, R. Rugolo, Venezia barocca. Splendori e illusioni di un mondo in
Veneto”,
1989, pp.
gno dal Mille e
Cento al Mille e Ottocento. Per serviri Irti d'Italia, II, Venezia
Comin si veda S. Zanu
83
Comin, in La scultura a Venezia, cit.,
Su padre Giuseppe
gni di Jacopo
Pozzo
pp. 724-725 (con bibliografia).
cura di FE. Suomela
Si veda qui
Appendice documentaria, doc. 3.
bibliografia); L. Giacomelli,
A. Corbara,
81
Ricordiamo
che Giovanni
aveva
G.B. Cavalieri nella cerchia lecourtiana, in Gl artisti,
sato Maddalena
la città. Studi sull'arte faentina di Antonio Corbara, Bologna 1986, pp. 248-251; A. Dari, L'altare mag giore del Duomo di Faenza e il cardinale Carlo Rossetti:
sul lago di Lugano,
migliore conoscenza, cit., pp. 223-227).
un’opera trascurata di Carlo Fontana in Romagna,
menico
“Bollettino d’Arte”, 25, 2015, pp. 111-129.
in
Domenico
parente
della
un architetto fra tardo
Su
Girardi, Trento 2008 (con
Pozzo, Jacopo
An-
Roma 84
La
2016, pp. 205-208
realizzazione
tagliapietta veneziano
Do
(con bibliografia).
dell’altare
venne
Giovanni
affidata
Grassi
al
(D.M.
Rossi;
85
Federici, Mezzorie trevigiane, cit., p. 105). Ciro i. Concina, Pietre parole storia, cit., p.110.
Settecento,
86
Si veda qui
Domenico
Seicento e primo
91
di
Appunti per una
3972
cfr. B. Caruso,
madre
I dise-
tonto, in Dizionario Biografico degli Italiani, 85,
Sardi, originaria di Morcote
Rossi (cfr. G. Vio,
Rossi
spo
si vedano:
Antonio Pozzo: l'album di Milano, a
80
Comin
1803,
p: 105.
‘decadenza’, Schio 2009, p. 33). Ma si veda anche Appunti veneti per Faenza. L'attività di
165-177
Mezzorze trevigiane sulle opere di dise-
alla storia delle Belle
3-4.
176,
D.M. Federici,
Ippendice documentaria, docce. 3-4.
MASSIMO
17
RUGGERO
FAVILLA,
RUGOLO
Giovanni Comin, Busto di Antonio Tonon. Venezia, chiesa di Santa Maria Formosa
18. Gianlorenzo Bernini, Busto di Luigi NIV. Chateau de Versailles, Salone di Diana
in un riepilogo di spese per il restauro della chiesa, stilato il 24
i Prassiteli sarebbe creduta opera dei loro scalpelli. Un depo-
novembre 1690 dal muratore Iseppo Pagan, si fa cenno alla spesa
sito che fa inarcare le ciglia allo stupore e che nella bizzarria
di 80 ducati per “haver tagliato il muro, con haver messo in opera
del capriccio toglie il vanto alle più studiate idee della Scultura.
il deposito di marmo et haverlo innarpesato””!”.
Qui l’arte gareggia con tal maestria che le statue, o sembrano
I monumenti Tonon, anche per la presenza della piramide e pet
animate, o che Fidia vi habbia impresso i sentimenti delle più
la gran copia di sculture, ricordano la memoria funebre a Pietro
industriose vivezze”.
e Domenico Marchetti completata nel 1690 dallo stesso Comin
nella basilica del Santo a Padova® (figg. 15-16) e, nel medesi-
Sono scontate le reminiscenze degli esempi berniniani appre-
mo contesto, il perduto mausoleo di Elena Lucrezia Cornaro
si durante il soggiorno romano
di Comin,
ma
immaginiamo
Piscopia, opera realizzata fra il 1684 e il 1689 da Bernardo Ta-
che anche l’asimmetrico, pittoricissimo mausoleo dedicato al
bacco”. Alle memorie Tonon
patriarca Giovanni
si potrebbero riservare le ipet-
Francesco
Morosini, realizzato da Filippo
boli che il francescano Giovanni Battista Fabri spendeva per il
Parodi entro il 1685 nella chiesa dei Tolentini, non potesse pas-
colossale monumento
sare inosservato”.
della prima donna laureata nel mondo:
Non
E veramente egli è una struttura si ben intesa, che se vivessero
87
ASVe,
Fraterna Grande di Sant’Antonin per i po-
veri infermi e vergognosi,
Commissarie, Commissaria
Tonon, b. 4, fasc. segnato “N. 106. |. ]
88
1688.
ci risultano precedenti, in ambito veneto, che vedano
personificazione
della For4ra
La data 1678 si trova in realtà solo sulla lapide I terrena che sigilla il sepolcro dell’intera famiglia
89
in un
monumento
funebre,
la
la
A. Sartori, Archivio Sartori. Documenti di storia e
di arte francescana, 1, Basilica e convento del Santo,
Marchetti, mentre l’iscrizione posta sul mauso-
a cura di G. Luisetto, Padova
Spese della fabrica della chiesa fate dal signor
leo reca la data 1690 e celebra, come d’altronde
82-83. Un'ipotesi ricostruttiva del monumento
Turin Tonon”, cc. n.n. Il 2 settembre
il monumento
e Domenico,
è stata formulata da F.L. Maschietto, E/era Lu
Antonio, che morirà nel 1730, è ricot-
crezia Cornaro Piscopia (1646-1684) prima donna
1690 ve-
stesso, solo Pietro
1983, p. 678, nn.
niva pagato il fabbro per “4 feri per tenir le figu-
mentre
re”, “4 diadema per le figure”, “arpesi e fiube,
dato quale promotore
dell'impresa.
feramenta per li depositi”, “piombo per li detti
identificare,
posto
di chi
tav. XLII, poi ripresa da R. Rugolo, Su/ z7Ît0 di
per inpionbar? (10/467).
guarda, l’effigie di Pietro per la presenza della decorazione dell’ordine del cavalierato di San
Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, in Donne a Venezia. Vicende femminili fra Trecento e Settecento, a cura di S. Winter, Roma-Venezia 2004, pp. 96-
La critica ha fin qui collocato l’esecuzione del
monumento
nel busto
Possiamo
a sinistra
in un arco cronologico compreso
Matco (con il leone “in moleca”) e, nel busto
fra il 1678 e il 1690, identificando il complesso
di destra, quella più giovane del figlio Domeni-
come una memoria dedicata a Pietro, Domeni-
co (B. Gonzati, La basilica di S. Antonio, cit., pp.
co e Antonio
299-300; A. Rizzi, I leoni di San
Marchetti
(B. Gonzati, La bas
ca di S. Antonio di Padova, II, Padova
1853, Pp:
299-301; S. Zanuso, Grovanni Comin, cit., p. 725).
III, Supplemento; Venezia 2012, p. 95, n. 280).
1978, pp. 217-218 e
98, fig. 6. 90
Marco. Il simbolo
della Repubblica veneta nella scultura e nella pittura,
92;
laureata nel mondo, Padova
G.B.
Fabri,
La
conchiglia
celeste
|...), Venezia
1690, p. 38. 91
Sul monumento
Morosini
Filippo Parodi, in La scultura a
si veda
A. Bacchi,
Venezia, cit., p. 772.
LE “DELIRANTI
FANTASIE” BAROCCHE
19
Scultore veneto dell’ultimo decennio del XVII secolo, Busto di Bartolomeo Tonon. Venezia, chiesa di Santa Maria Formosa
20
Scultore veneto dell’ultimo decennio del XVII secolo, Busto di Turin Tonon. Venezia, chiesa di Santa Maria Formosa
quale, nel secondo deposito Tonon, appare ex pendant con la Ge-
nell’accordo: “facino e facino fare li sudetti Comino e Rossi a
nerosità. Quindi, dato il contesto, può essere interpretata come
tutte loro spese tanto di marmo quanto di fatture e lustradure,
allusione alla buona sorte della famiglia, secondo il dettato di
e doppo fatte abbino obligo d’assistere all metere in opera alli
Cesare Ripa”: “la verità è che il tutto dispone la divina Provi
72293 murari”. Il principio veniva ribadito in chiusura del secondo
denza, come insegna S. Tomaso”, e che l’uomo virtuoso deve essere artefice del proprio destino, “Fortunae suae quisque faber, perché se bene alcuno potesse esser (come si dice) ben fortunato, nondimeno s’egli non è giudizioso in drizzare il camino della vita sua per loco conveniente, non è possibile che venga a quel fine che desiderava nelle sue operationi”.
contratto: “et tutte queste cose siino fatte e fatte fare tanto di
Come visto, per il primo deposito era escluso per contratto “il
Per quanto riguarda i ritratti marmorei dei tre Tonon, nel con-
busto di marmo”
tratto per il monumento a Turin si specifica che i due artefici erano obbligati a eseguire “tutte le opere |...] tanto di scultura
nel “modello”, mentre nella seconda scrittura si nominava solo
materialli, quanto di fattura, dalli sottoscriti scultore e tagliapietra e condote sopra l’acqua in chiesa di Santa Maria Formosa ove devono esser poste in opera con l’assistenza delli medesi-
DL di Turin, benché presente nel “dissegno” e
ben che sia nell dissegno e modello”, ma potevano avvalet-
l’effigie di Antonio” (fig. 17) da affidare a Giovanni Comin: “faci un busto del ritratto dell signor suo fratello”. Forse i busti di Turin e del padre Bartolomeo” (figg. 19-20) già esistevano
si, senza aggravio di spesa, anche di terzi così come esplicato
e vennero riutilizzati, oppure furono commissionati a un altro
quanto d’architettura, eccetuato il busto di marmo
92
C. Ripa, Iconologia, Venezia 1645, p. 227 (Forty
93
na), pp. 238-240 (Generosità). Si veda qui Appendice documentaria, doc. 3.
94 95
[di Turin]
che ornavano gli ambienti della casa di famiglia. Inoltre, fra gli 84 dipinti registrati nell’inventario post zortem di Turin Tonon
tra” (ASVe, Fraterna Grande di Sant'Antonin peri poveri infermi e vergognosi, Commissarie, Commissaria
Tonon, b. 18, fasce. segnati “n. 4 [...] 1699 [m.v]
stilato, con la
Si veda qui Appendice documentaria, doc. 4. Antonio Tonon moriva nel 1678 all’età di 38
Rossi, ricordiamo
Tintoret-
dinari in scrigno ritrovati alla morte del quon-
anni (ASPVe, Parrocchia di Santa Maria Formosa,
to, Pietro Vecchia, Pietro Negri, Pietro Ricchi,
dam signor Turrini Tonon” e “Inventario mo-
Morti 1673-1695, p. 140). Il ritratto di Antonio venne quindi eseguito sulla base di un prototipo forse in pittura, visti i ritratti “del Casana” (fra questi anche il “ritrato del signor Turin Tonon”)
inventario de’ quadri, mobili con le sue stime e
stima delle opere, dal pittore Giovanni Battista tele di Domenico
Francesco Ruschi, Antonio Molinari, Giuseppe
bilio diverso con sue stime [7 gennaio
Diamantini.
CGMINO),
Nell’inventario
topografico
casa sono registrate nella “camera
della
sopra canal
[...] quatro statue di pietra e due bale di pie-
95
96
1700]”,
Bartolomeo Tonon moriva nel 1676 all’età di 85 anni (ASPVe, Parrocchia di Santa
Maria Formosa,
MASSIMO
RUGOLO
FAVILLA, RUGGERO
21
Giovanni Comin, Busto di Antonio Tonon. Venezia, chiesa di Santa Matia Formosa
22
Giovanni Comin, Busto di Domenico Marchetti, particolare. Padova, Basilica del Santo
scalpello. Sono infatti estranei alla vitalità berniniana — innestata sull’imperante grad gorit francese — che promana dal busto di Antonio” (figg. 17-18). Quest'ultimo è prossimo — nella resa idealizzata della fisionomia, oltre che nella vaporosa parrucca e nel panneggio scosso dal vento — alle sussiegose effigi di Pietro e Domenico Marchetti scolpite da Comin per il monumento a loro dedicato nella basilica del Santo a Padova (figg. 16, 21-22).
rebbero pensare a uno scultore memore Bernardo
dell’insegnamento di
Falconi” ma, in pari grado, superficialmente tocca-
to dalle novità della scuola lecourtiana. Per quanto riguarda la loro datazione, il volto di Turin parrebbe quello di un uomo
sui sessant’anni, quindi più o meno
coevo
all'esecuzione
dei
monumenti (considerando che Tonon moriva nel 1700 all’età di 67 anni"), mentre la fisionomia di Bartolomeo
è quella di
Tonon, esclusi dagli impe-
un uomo maturo, forse cinquantenne, ma essendo questi mor-
gni sottoscritti da Comin, appaiono frutto della stessa mano e
to nel 1676, all’età di 86 anni, il sembiante scultoreo non può
si caratterizzano per un maggior naturalismo nella pacatezza,
essere stato scolpito ad viv47!". Tali motivi spingerebbero a
fiera e mite al contempo”, dei volti e nella definizione
collocare i due ritratti tra la seconda metà degli anni ottanta e la
I busti di Turin e di Bartolomeo
delle
vesti avvolgenti e percorse da un leggero fremito, rimanendo
prima metà degli anni novanta del XVII secolo.
tuttavia aderenti all’immaginario corpo sottostante. Le volume-
Come
trie chiuse e ‘congelate’ delle forme, le capigliature attaccate alle teste, i dettagli quasi realistici delle fronti corrugate — con le sopracciglia ben descritte — e delle palpebre delineate, fa-
gato, negli anni immediatamente precedenti, a risarcire i danni
E merito base
di Damir
Tulié l'aver attribuito
stilistica a Giovanni
Comin
il busto
nare la propria effigie e quelle dei congiunti, ma si era già obbliche un terremoto
Giovanni Bonazza a Capodistria, Venezia e Padova e annotazioni per i suoi figli Francesco e Antonio, in
di
“Ars Adriatica”, 5, 2015, p. 159, nota 5).
Bernardo Falconi, in “Arte Veneta”, 60, 2003, pp:
Si veda P. Rossi, Rz/razti funebri e commemorativi di
42-71.
Antonio Tonon. Lo studioso attribuisce al me-
98
desimo scultore anche i busti di Bartolomeo e
Enrico Merengo, in “Venezia Arti”, 8, 1994, pp.
Turin, attribuzione che, pet le ragioni spiegate
47-56.
nel testo, non
(D. Tulié,
siamo
aveva provocato alla chiesa. Fra l’inizio del
su
Morti 1673-1695, p. 123). 97
sopra accennato, Turin Tonon non pensò solo ad eter-
in grado di condividere
A/ezne proposte per il catalogo giovanile di
99
cit., pp. 732-735; P. Rossi, La decorazione scultorea
dell’altare di Sant'Antonio ai Frari: per un profilo di
100 ASPVe, Parrocchia di Santa
Maria Formosa, Morti
1695-1709, p. 97.
Sulla figura di Bernardo Falconi si rimanda a: S.
Zanuso, Bernardo Falconi, in La scultura a
94
Venezia,
101 Ivi, Morti 1673-1695, p. 123. Per il busto di Bar-
tolomeo valgono le stesse considerazioni fatte
LE “DELIRANTI
FANTASIE” BAROCCHE
ann rr ey) Aa
SS
i.
ta de
23 Giovanni Comin (?), Progetto per la sistemazione del tamburo della cupola di Santa Maria Formosa. Venezia, Archivio di Stato
1688 e la primavera dell’anno successivo i documenti annotano
fasse finte di pietra viva, et haverli stabilito li otto pilastri di
le spese di muratura e di carpenteria necessarie! Domenico
terrazzo rosso e di bianco finti di pietra viva, et haverli stabilito
Rossi è impegnato come tagliapietra in numerosi interventi di
li 4 nichii di rosso e di bianco e tutti li muri di detta cubba di
restauro, giusta una dettagliata relazione databile al 5 gennaio
dentro di rosso e bianco marmorino??!°°,
1689'%. Le carte consentono di comprendere che l’operazione più ragguardevole veniva riservata al tamburo della cupola! dove erano previste “numero otto seragie’’!°° per i “volti”, quattro per le finestre “dentro e fuori” e “quattro per li nichi”, più otto capitelli per “li pilastri grandi che forma ottangolo”. I
Non troviamo, d’altra parte, nei documenti alcun cenno all’apparato decorativo scultoreo che invece risalta nel disegno al-
legato al fascicolo delle spese per i restauri!” (fig. 23). Esso riproduce la sistemazione di quattro pareti dell’alto tamburo ottagonale con finestroni centinati alternati a nicchie e separati
da pilastri. All’interno delle nicchie erano previste le statue degli Evangelisti (nel foglio si vedono Sar Giovanni e San Marco) (figg. 24, 26) e nella cornice inferiore una serie di ampi carton
lavori erano senz’altro terminati il 28 maggio 1689, quando il
muratore Iseppo Pagan presentava a Tonon una “Poliza di fatture fatte nella chiesa di Santa Maria Formosa [...] principiate sotto 16 luglio 1688”. Fra le voci elencate si ricordano i lavori di smantellamento della struttura danneggiata — ad esclusione
ches, vuoti in corrispondenza delle nicchie e con busti di santi
vescovi (forse i dottori della Chiesa) sotto le finestre (fig, 25).
del lanternino che rimaneva al suo posto grazie a un ponteggio ad hoc — e di ricostruzione delle murature fino all’intervento di rifinitura della cupola “con haverli fatto le sue fasse nelli otto
Nessuna indicazione ci viene offerta per stabilire a chi possa
cantoni et haverla stabilita di bianco marmorino
la paternità del foglio. Tuttavia, abbiamo
essere ricondotta la responsabilità della decorazione del tamburo della cupola, né vi sono elementi sicuri per individuare
fregato, e le
Turin Tonon”, cc. n.n. Tali documenti sono in
dano i lavori alla cupola, avendo “fato la chuba di dentro con due teleri di ponti di larese doppi”, con “la incantinelatura tutta di cantinelle di albeo con la sua cornise intagliata, parechiata dal intagiador e mesa in opera, il tuto fato in buona forma come si può veder”. Il “tele”, ovvero il telaio per la cupola è ricordato anche
parte illeggibili per i danni provocati dall’umi-
in una nota, senza data, di “fature fate di più
dità.
del a cordo di ragion de il signot Turin Tonon
per quello di Antonio, ovvero che lo scultore abbia preso un ritratto come modello. 102 ASVe, Fraterna Grande di Sant'Antonin per i poveri infermi e vergognosi, Commissarie, Commissaria
Tonon, b. 4, fasc. segnato “N. 106. [...] 1688. Spese della fabrica della chiesa fate dal signor
103 Ivi, cc. n.n., 1688 z70re veneto.
fate nella chiesa di Santa Maria Formosa”, ove
104 In tal senso nella fattura del falegname si ricor-
si registra la spesa “per haver fato un teler in 95
alcune certezze:
la
ottangolo posto nel sofito della cupola meso in opera come aver agiustà la sua cornice in torno” (ivi, cc. n.n.).
108 Ovvero chiavi d'arco (cfr. E. Concina, Pietre parole storia, cit., p. 135).
106 ASVe, lraterna Grande di Sant'Antonin per i poveri infermi e vergognosi, Commissarie,
Commissaria
Tonon, b. 4, fasc. segnato “N. 106. [...] 1688. Spese della fabrica della chiesa fate dal signor Turin Tonon”, cc. n.n. 107 Ivi, cc. n.n.
MASSIMO
FAVILLA, RUGGERO
EEE
24 25
RUGOLO
IE Se
180
Giovanni Comin (?), Progetto per la sistemazione del tamburo della cupola di Santa Maria Formosa, patticolare con San Giovanni. Venezia, Archivio di Stato Giovanni Comin (?), Progetto per la sistemazione del tamburo della cupola di Santa Maria Formosa, particolare con la decorazione del cornicione. Venezia, Archivio di Stato
struttura architettonica; l’assenza di riferimenti alla decorazione
(fig. 28) nel 1693 per la statua di Sar Marco destinata all’altare maggiore della chiesa di Santa Maria della Pietà a Venezia (oggi nel duomo di San Lorenzo a Mestre)". Ciò nonostante, per il
scultorea nelle polizze stilate dai due artefici.
disegno di Santa Maria Formosa, non possiamo chiamare in
committenza di Turin Tonon; l’ingaggio del 724rer Andrea Pa-
gan e del tagliapietra Domenico Rossi nella realizzazione della
Non possiamo quindi rivendicare a Pagan e Rossi l'intervento
causa Merengo, poiché adesso disponiamo di una prova grafica
decorativo del tamburo. Tuttavia entrambi, come detto, li ritro-
a lui riferibile approntata negli stessi anni (fig. 29), ovvero una
veremo di lì a poco sotto la direzione di Giovanni Comin nei
pur in controparte sembra avere in comune, con il medesimo
proposta — che sarà realizzata con alcune varianti fra il 1689 e il 1690 — per il cenotafio a Ottone Guglielmo von K6nigsmarck nell’Arsenale di Venezia! (figg. 30, 32-33). Il foglio si caratterizza per un vivace tratteggio pittorico che quasi eguaglia, pet felicità di tocco, l'esempio del maestro Giusto Le Court!!! (fig. 34), mentre un po’ meno sciolto, put respirando una medesima
soggetto fissato sulla carta (fig. 26), il modellato spumoso del
aria, è il segno dei decori sul foglio per Santa Maria Formosa.
panneggio, la veste aperta sul petto con le maniche rimborsate
L’esemplare del Museo Correr rimane per ora unico nel catalogo grafico di Merengo. Infatti non può reggere al confronto l’attribuzione del disegno con uguale soggetto contenuto nel Codice Gradenigo Dolfin (fig. 31), poiché la qualità molto bassa
lavori per
imonumenti voluti da Turin Tonon, già committente
dei restauri alla cupola. Forte sarebbe, quindi, la tentazione di istituire confronti con la produzione di Comin, in specie con
il San Marco della chiesa di San Nicolò di Lido (fig, 27)!, che
sopra il gomito, la capigliatura e la barba arricciate e infine lo scorcio del leone accovacciato, ma con le fauci socchiuse. An-
cora più stringenti sono le affinità, prova di una radice condivisa, con il bozzetto di terracotta approntato da Enrico Merengo
108 Spettante secondo i documenti
a Giovanni Co-
min, pet cui si veda P. Rossi, Per %/ catalogo di Enrico Merengo, in “Arte Documento”, 7, 1993,
pp. 95-99. 109 Per l’attribuzione
del risultato, prodotto di una mano infelice che restituisce fin
com/2015/05/22/quattro-merengo-pet-ilmet/). 110 Venezia, Museo
Corret, Gabinetto
alcuna traccia dell’ampio tendaggio retrostante con l’angelo della Fama che porta il clipeo del leone marciano in yo/eca, nella parte più alta, e con l’angiolotto reggidrappo sulla destra. Sulla documentazione relativa al monumento si veda
dei disegni
e delle stampe, Raccolta disegni di Architettura, CI. a Enrico Merengo dei boz-
INI, n. 8143, penna, inchiostro, tracce di matita
zetti raffiguranti gli Evangelisti: S. Guerriero, Paolo Callalo: un protagonista della scultura barocca a Venezia, in “Saggi e Memorie di storia dell’arte’, 21, 1997, pp. 50-51; M. De Vincenti, Box-
su carta, 275x178 mm. Il foglio presenta il busto di Kònigsmatck, in tutto corrispondente al realizzato, ai lati del quale siedono le raffigurazioni
I bozzetti sono stati ritrovati nei depositi del Metropolitan Museum di New York da M. Cle-
— poi non eseguite — di un prigioniero seminudo a destra e di Minerva armata a sinistra. In basso è tracciata a matita la struttura del portale architravato sopra il quale si erge il complesso scul-
mente
toreo. Rispetto al realizzato, non presenta altresì
Zetti e modelli del “Bernini Adriatico”, cit., p. 63.
(https://controcotrenteatte.wordpress.
96
P. Rossi, Rz/razti funebri, cit., pp. 47-49. 111
Si fa riferimento al disegno per la statua della Vergine con il Bambino posta sull’altar maggiore della basilica di Santa Maria della Salute conservato presso il Museum of New Zealand Te Papa Tongatewa, identificato da S. Guerriero,
La Vergine con il Bambino di Giusto Le Court alla Salute, la sua fortuna e un busto inedito, in S. Guer-
LE “DELIRANTI
FANTASIE” BAROCCHE
i 1) Ì Rai E
Ì
È
È
26
Giovanni Comin (?), Progetto per la sistemazione del tamburo della cupola di Santa Maria Formosa, particolare con San Marco. Venezia, Archivio di Stato
27. 28.
Giovanni Comin, Sar Marco. Venezia, chiesa di San Nicolò di Lido Enrico Merengo, Sar Marco. New Yotk, The Metropolitan Museum of Art
nei più minimi dettagli l’opera realizzata, testimonia trattarsi di
1979 Lino Moretti notava fra le firme quella del pittore “Anto-
un rilievo, con ogni probabilità a scopo documentario, eseguito
nio Molinari” in veste di “avichario e deputato’ 7114 avanzando
per o dallo stesso Pietro Gradenigo nel XVIII secolo!"
la possibilità che l'esecuzione del foglio spettasse per ragioni
Non
appartiene
ronamento
a Merengo nemmeno
il progetto per il co-
stilistiche proprio a Molinari.
scultoreo dell’altare maggiore della chiesa di San
Una prudente attribuzione che
però venne parzialmente recepita dalla critica successiva!!.
Cassiano (fig. 35): pubblicato da Vittorio Moschini nel 1965 e
Anche alla luce dell’esemplare del Museo Correr che si pone
attribuito senza indugio allo scultore, reca una scrittura datata
soltanto la firma in calce dell’artista, “Henrico Meyrinch”, ma
agli antipodi come modi e tecnica esecutiva, possiamo definiti vamente accantonare il nome di Merengo, presente solo come interprete di un’idea altrui, e assegnare a Molinari una prova di straordinaria qualità ove il segno tracciato ad inchiostro è con-
non quelle del guardiano e dei dirigenti della Scuola del Santis-
dotto con mano sicura nel delimitare le solide forme delle figu-
simo Sacramento in San Cassiano committenti dell’opera. Nel
re. L'abilità dell'artista si riscontra anche nei generosi rinforzi
3 aprile 1696 con la quale il “signor Henrico Mavierinch” si
impegnava per “la facitura” delle statue!!?. Moschini trascriveva
112
riero, M. Clemente, Giusto Le Court due opere ri-
no 2005, p. 305, il quale raccoglie l'attribuzione
spesa fatta da detta scuola per le statue sopra
trovate, Firenze 2015, pp. 10-13.
del disegno a Molinari (p. 67 nota
l’altar magiore e segnali del Santissimo in detto altare”, p. 6; M. Favilla, R. Rugolo, Venezia Ba-
Venezia, Biblioteca
del Museo
Correr,
Codice
nella contrada di Santa Margherita, dove si tra-
Gradenigo Dolfin, n. 172 (20), c. 187, pubblicato
sferì a fine Seicento,
con l’attribuzione a Entico Merengo da P. Ros-
direttivi nella Scuola del Santissimo
si, Ritratti funebri, cit., p. 49, fig. 2. L’attribuzione
contrada. Ricordiamo infatti che il 12 dicembre
re della chiesa di San Cassiano, in “Arte Veneta”,
1702 il pittore, come guardiano della Scuola del
46, 1994, pp. 40, 47, pur trascrivendo
Santissimo
ro dettagliato contratto
è stata pienamente
accolta da S. Wolff, Nuovi
contributi, cit., pp. 133-134.
Molinari
in Santa
rocca, Cit., p. 130).
ricoprì incarichi
Margherita,
di quella
saldava
allo
115;
P. Rossi, La decorazione scultorea dell’altare maggio-
datato
l’inte-
3 aprile
1696
tralascia di riportate i nomi dei membri
della
Scuola del Santissimo, che precedono la firma
L. Moretti, Antonio Molinari rivisitato, in “Arte
scultore Giuseppe Torretti i compensi per le statue lignee (oggi perdute) raffiguranti i santi Pietro e Paolo da collocarsi sull’altate maggiore
Veneta”, XXIII, 1979, p. 59. La trascrizione di
di quella chiesa (ASPVe, Parrocchia di Santa Mar-
Molinari. S. Wolff, Nuovi contributi, cit., p. 142,
Moretti è stata poi riportata nella cronologia del
gherita, Scuola del Santissimo Sacramento, Amministrazione, b. 2, fasc. segnato “M° II E. 1694. [...]
dubita dell’attribuzione
113 V. Moschini,
D/ un progetto del
Meyring e d'altro an-
cora, in “Arte Veneta”, XIX, 1965, pp. 171-173. 114
1). Anche
pittore da A. Craievich, Antonio A Tolinari, Sonci-
97
di Merengo, e quindi anche il nome di Antonio
ritiene il disegno “firmato da Meyting” e non allo stesso.
L’attribu-
MASSIMO
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FAVILLA, RUGGERO
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[ Enrico Merengo,
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Sisat: Vol ely von Kinigsmarek. a Ottotone Guglielmo xProget o , 3 TRAE, ; Museo Sa Correr, Gabinetto ; , Progetto piheper il monumento Venezia, deiFRAdisegni 7 e delle stampe
98
LE “DELIRANTI
30
Enrico Merengo, Monzzzento a
FANTASIE” BAROCCHE
Ottone Guglielmo von Kinigsmarck. Venezia,
Atsenale
31.
Anonimo del XVIII secolo, Rz/evo del monumento a Ottone Guglielmo von Konigsmarck. Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Codice Gradenigo Dolfin
ad acquerello rosso che toccano i panneggi restituendone, con
di organizzatore, con il conseguente coinvolgimento di aiuti e
risentiti chiaroscuri, la potente consistenza materica 6 Nume-
collaboratori. Al riguardo, ci soccorre in parte Tommaso
rosi sarebbero i confronti istituibili con la produzione grafica
manza
che definiva Comin
“uomo
Te-
di molto credito” il quale
di Molinari, ma in particolare vorremmo accostare l'esemplare
“non faceva altro che modelare”, e “le statue in pietra le faceva-
di San Cassiano al foglio con Ac e Galatea della Kunstakademie di Disseldorf!'’(fig. 36). Entrambi denunciano una matrice co-
no due suoi gioveni uno chiamato Oghero di nazione tedesco e
mune
contrastati, sebbene la prova
emblematica di una dinamica dualistica la vicenda dell’altare del
di Dusseldorf si distingua per un carattere più bozzettistico. Ciò detto, l’assenza di opere grafiche riferibili a Giovanni Co-
min ma che, in seguito al suo improvviso decesso, veniva rac-
min, verso il quale saremmo orientati per il disegno del tambu-
colto da Merengo nel 1695"! L’inestricabile intreccio aggalla
ro della chiesa di Santa Maria Formosa, rende necessario espri-
anche nell’impegnativa commissione per il doppio monumen-
per i tratti generosamente
l’altro Giacomo Femenuzzol veneziano 77118, In tal senso, risulta Monte di Pietà di Udine, incarico sottoscritto soltanto da Co-
mere un cauto giudizio su tale progetto (fig. 23). Una risposta
to dedicato al doge Francesco Motosini in Santo Stefano, su
priva di ambiguità potrebbe arrivare soltanto da un chiarimento
progetto di Antonio Gaspari". Il cantiere entrava in una crisi
sull’organizzazione della bottega e sul suo ruolo di ideatore e
irrimediabile nel febbraio del 1695 dopo la morte di Giovanni
zione a Molinari del disegno di San Cassiano
viene invece raccolta da S. Brink, Gerzo vgoroso ed originale. Die Zeichnungen des Antonio Molinari, museum kunst palast, Sammlung der Kunstakademie
Diisseldorf, Dusseldorf 2005, pp. 134-135, catt.
59-60, che istituisce un confronto con due di-
segni riproducenti figure allegoriche. 116 Sulla grafica di Molinari cfr. S. Brink, Gero rg0rvso, cit.
nezia: i progetti di Antonio Gaspari per Francesco
117 Dusseldorf, Kunstakademie, Inv. (FP) 3656; S. Brink, Gezzo vigoroso, cit., p. 150, n. 70.
Morosini, in “Studi Veneziani”,
118 T. Temanza, Zzbaldon, a cura di N. Ivanoff, Ve-
pp. 137-144;
nezia-Roma
1963, p. 101.
119 Si veda G. Bergamini, I/ palazzo del Monte di Pietà di Udine, Udine 1996, pp. 75-84. 120 Sui monumenti Morosini per Santo Stefano: V. Conticelli, Architettura e celebrazione a Ve-
99
n.s., 38, 1999,
M. Favilla, R. Rugolo, Irazzzenti
dalla Venezia barocca, in “Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”, 163, 20042005, Classe di scienze morali, lettere ed arti, pp. 113-118.
MASSIMO
FAVILLA, RUGGERO
RUGOLO
32
per il monumento a Ottone Guglielmo von Kinigsmarck, articolate. Venezia, Museo Correr, Gabinetto dei disegni e delle stampe Enrico Merengo, Progetto
33
Enrico Merengo, Monzzento a Ottone Guglielmo von Konigsmarck, particolare. Venezia, Arsenale
Comin, come se questi fosse stato il sovrintendente dell’ampia squadra della quale faceva parte anche Francesco Cabianca'?!, già “lavorante scultore in bottega di monsù Giusto”? Le Court e prima ancora allievo di Michiel Fabris detto l’Ongaro. Peraltro, dietro le quinte spunta ancora una volta Enrico Me-
rengo, il quale, giusta una lettera datata 18 dicembre 1694, stava lavorando “al deposito del Serenissimo Morosini”?!?. Merengo si era già occupato del Peloponnesiaco forse per un altro contesto, eseguendo “un busto armato, che con l’imperiale paludamento agli homeri e col bastone del comando nella destra, rappresentava l’eccellentissimo procuratore di san Marco Francesco Morosini, all’hora capitano generale e di presente benemerito doge della Serenissima Repubblica di Venetia. Chi vagheggiava quella scoltura ben conosceva esser uscita dallo
tamburo di Santa Matia Formosa,
sostituendo le nicchie con
quattro nuove finestre. E non abbiamo elementi per stabilire se le statue immaginate nel progetto furono effettivamente eseguite. Comunque sia, il rilievo dello stato di fatto della cupola prima degli arbitrari rifacimenti del 1926 ad opera dell’ingegnere Giovanni Scolari! (figg. 37-38), se confrontato con il foglio seicentesco,
testimonia che almeno
la struttura architettonica
interna aveva visto concreta realizzazione. Dopo i lavori di muratura, Tonon pensò anche a dotare il sof-
fitto della chiesa di un arredo pittorico su tela adeguato al rin-
novato contesto. In una “poliza di fature fate di più del acordo”
con il falegname, datata 1689, vengono menzionati “quattro telleri di ponti d’albeo, uno
in ovale e altri tre in otangolo
i
quali serve per tirar su la tella”?!°0, Sappiamo dunque che erano
scalpello del signor Henrico Meringo da Vestfaglia, redivivo Mirrone de’ nostri tempi”?!?4.
uno ovale.
Ritornando
Fmmanuele Antonio Cicogna nel 1843 indicava sulla volta di
invece a un momento
più prosaico e triste, fu il
parroco Cecchini a ‘sforacchiare’ nel 1840, come
121 Il 16 giugno
testamento
1694, tre mesi dopo l’apettura del
del doge, il nipote
Pietro
un accordo con gli scultori Giovanni Giovanni
no
Toschini,
Francesco
Groppelli, coadiuvati
Cabianca,
da Giovanni
previsti quattro dipinti sul soffitto: tre di forma ottagonale e
stilava Comin, Mari-
Battista
Groppelli e Piero Tirali “intagliadori di marmi”, 29
si diceva, il
golo, Frazzenti dalla
Santa Maria Formosa
Venezia barocca, cit., p. 114).
122 T. Temanza, Zibaldon, cit., p. 43.
123 Ringraziamo Maichol Clemente per la segnalazione della lettera contenuta
liano Rezzonico Temanza
nell’epistolario Quinti-
- Livio Odescalchi.
Tommaso
ricordava che nel 1693 anche lo scul-
Antonio Trabucco “bronzer”, Lorenzo Viviani e
tore Pietro Baratta, a bottega presso Francesco
Zuanne Canciani tagliapietta (M. Favilla, R. Ru-
Cabianca, stava lavorando ai bassorilievi “rapre-
la presenza di tre tele, “due delle quali
sentanti battaglie navali” destinati al monumento
Morosini (T. Temanza, Zibaldon, cit., p. 72). 124 G.B. Fabri, La conchiglia celeste, cit., pale 125 ASPVe, Parrocchia di Santa Maria Formosa, Fabbri-
certa, Amministrazione, b. 14, fasc. segnato “Chiesa di S.IM. Formosa in Venezia. Progetto per la ricostruzione della cupola”. 126 Ivi, cc. n.n.
LE “DELIRANTI FANTASIE” BAROCCHE
di Gregorio Lazzarini, cioè quelle che sono nel soffitto della crociera, rappresentano
due scene
del tragico fatto delle
spose veneziane; e quella di Giovanni
Segala nella navata di
mezzo, offre la visita annuale del doge a questa chiesa”!??. Ma i documenti d’archivio e le fonti più antiche divergono dalle affermazioni di Cicogna, 7 primis sul numero dei dipinti che dovevano essere in origine quattro e non tre. Anton Maria Zanetti nel 1733 rammentava che “quattro soffitti sono d’autori
moderni”!* e Charles-Nicholas Cochin, nel Voyage d'Italie del 1756, parlava di “quatre plafonds qui sont à la voùte de cette
église [...] d’auteurs peu anciens: il sont beaux, surtout celui qui est dans la croisée de l’eglise, à gauche”! Ancora nel 1815 Giannantonio Moschini più laconicamente segnalava: “I varii
comparti del soffitto di questa chiesa sono opere eseguite circa il principio del secolo XVIII. Intanto il comparto di questo sito, pet quanto concedono di vedere, e l’altezza e la oscurità del luogo, rassembra di Gregorio Lazzarini, che sappiamo aver
lavorato appunto nel soffitto di questa chiesa””!°. La presenza di Lazzarini è testimoniata da Vincenzo Da Canal che, nell’elenco delle opere dell’artista, trasmetteva per l’anno 1690: “Nel soffitto di Santa Maria Formosa la Ricupera delle
spose rubate da’ Triestini?”!?!, Nel 1696 la Galleria di Minerva informava che un “soffitto”! di Antonio Zanchi raffigurante “l’Andata che fa il Serenissimo ogni anno in quella chiesa” era collocato “sopra l'organo”, ovvero
sul soffitto in prossimità
dell’ingresso principale. Ancora una volta i documenti ci ven-
gono in aiuto. Al 26 aprile e al 9 giugno 1690 risalgono le ricevute rilasciate a Turin Tonon da Antonio Zanchi per un totale
di 60 ducati a compenso di “un quadro di sofito per la chiesa di
34
Santa Maria Formosa che rapresenta l’Andata del serenissimo
Giusto Le Court, Svudio per la Vergine con il Bambino della basilica della Salute a
Venezia. Wellington, Museum of New Zealand Te Papa Tongarewa
dose in Santa Maria Formosa”. Quindi la tela ricordata da Cicogna nel 1843" nella navata di mezzo con “la visita annuale del doge” era di Antonio Zanchi e non di Giovanni Segala. Un
ulteriore tassello documentario si aggiunge alla vicenda, poiché
del Segala [rele Antonio Zanchi] rappresentante la visita annua-
1°8 luglio del 1690 Marco Marangoni accusava ricevuta per il
mento austriaco del 1916 farà strame di tutto: “il tetto bruciato,
le del doge nel soffitto della navata centrale, incenerite o guaste due tele del Lazzarini [ma una sola era di Lazzarini] illustranti il ratto delle spose nel soffitto della crociera”! (fig, 39). Alla fine è sopravvissuta, seppur danneggiata, solo la Presentazione al doge delle spose veneziane liberate attribuita ad Antonio Molinari (fig. 40), oggi appesa dietro l’altare maggiore'”. Nulla sappiamo del destino della quarta tela che, grazie al succitato documento,
distrutto l'organo, incenerita una tela di qualche valore, quella
doveva spettare alla mano di Federico Cervelli.
pagamento di una tela, sulla cui qualità aveva fornito il parere il pittore Federico Cervelli: “si potrà dare lire vinti al signor
Marcho, che mi pare stii bene il prezzo della tela del sofito””!”.
Se nel 1843, secondo quanto possiamo desumere dalla descrizione di Cicogna, un dipinto era già scomparso, il bombarda-
127 E.A. Cicogna, Cenni intorno alla chiesa, cit., p.9.
Tonon, b. 4, fasc. segnato “N. 106. [...] 1688.
della cappella maggiore. Tale operazione com-
128 A.M. Zanetti, Descrizione di tutte lepubbliche pitture della città di Venezia [...], Venezia 1733, p. 225.
Spese della fabrica della chiesa fate dal signor
portò un’arbitraria reinvenzione del manufatto.
Turin Tonon”, cc. n.n.
Nell'occasione
129 Ch-N. Cochin, Voyage d'Italie, I, Parigi 1756, p. 50; L. Moretti, Antonio Molinari rivisitato, cit., p.
63. 130 G. Moschini, Gra, cit., p. 190.
131 V. da Canal, Vita di Gregorio Lazzarini [...], Venezia 1809, p. LIV. 132 La Galleria di Minerva. Overo notizie universali [....), Venezia 1696, p. 67.
133 ASVe, Fraterna Grande di Sant’Antonin per è poveri infermi e vergognosi, Commissarie, Commissaria
si obliterò anche l’affresco, at-
tribuito a Giulia Lama, che ornava il catino ab-
134 E.A. Cicogna, Cenni intorno alla chiesa, cit., p. 9.
135 ASVe, Fraterna Grande di Sant'Antonin per i po-
sidale raffigurante la Vergine due santi e Venezia,
veri infermi e vergognosi, Commissario, Commissaria Tonon, b. 4, fasc. segnato “N. 106. |.. .] 1688.
per cui si veda Fabbriceria della Chiesa Parrocchiale di S.
Spese della fabrica della chiesa fate dal signor
va dei lavori eseguiti pel ripristino della Chiesa, Vene-
Maria Formosa. Relazione tecnico-amministrati-
zia 1925, p. 8.
Turin Tonon”, cc. n.n.
136 G. Pavanello, La chiesa di S. Maria Formosa, cit.,
137
Per l’attribuzione della tela a Molinari; L. Mo-
p. 4. Peraltro, durante i lavori di restauro po-
retti, Avtonto
stbellici l’altare maggiore, in origine addossato tele) te)
Craievich, Antonio
alla parete absidale, venne
VA
101
spostato
al centro
Molinari rivisitato, cit., p. 63; A. Molinari,
cit., p. 157, cat.
MASSIMO FAVILLA, RUGGERO
RUGOLO
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AI CLAELI E,UE,
35. Antonio Molinari, Progezo per il coronamento scultoreo dell'altare maggiore della chiesa di San Cassiano. Venezia, Archivio parrocchiale di San Cassiano 102
LE “DELIRANTI
36
FANTASIE” BAROCCHE
Antonio Molinari, Ag e Galatea. Dusseldorf, Kunstakademie
Turin Tonon moriva il 4 gennaio 1700!
e il 15 gennaio il y7247er
così in pena li miei eredi di lire 50# — e questa pena gela sii sem-
Iseppo Pagan riscuoteva otto ducati pet aver posto in opera sul monumento “la statua” del defunto e per “inarpesar l’archa 22139
pre tolta di mesi quatro in mesi quatro sino che sarà agiustati, et detta pena vadì all’Ospedal della Pietà di questa città; più voglio
Nel testamento stilato il 22 giugno 1698", Tonon aveva desi-
che detti depositi li miei commissarii li feci netar ogni tre anni
gnato suoi commissari i deputati del luogo pio della fraterna
almeno!" [...] Voglio poi che il mio cadavere sii messo in una
dei Poveri Vergognosi e il nipote Bortolo Zanchi, rimarcando:
cassa con il suo coverchio, et sii inchiodata, et poi sii messo nel mio monumento
Più ho fatto doi depositi di marmi
fini nella chiesa di Santa
apresso li miei morti; et subito sii messo doi
arpesi sopra detto coverchio di detto mio monumento.
Maria Formosa et, se per il corso del tempo si rompesse qualche cosa nelli detti depositi, voglio che dalli miei eredi, che pro
Il testatore chiudeva le ultime volontà con una raccomandazione
tempore saranno, sii fatto intender alli signori miei commissari,
che i posteri avrebbero disatteso: “che non si possi averar che uno
o chi fosse in suo luogho, sii fatte subito governare et agiustare
voglia che più niuno venghi a inquietar le mie ossa, et delli miei
come era in prima, et se non sarà governati tempo mesi quattro
morti, et rivedersi in Paradiso, che faci il Signor Dio si catiamo”?!,
138 ASPVe, Parrocchia di Santa Maria Formosa,
Morti
quotidiana in perpetuo lasciata dal sopra Turin
Tonon
1695-1709, p. 97.
con
Testamento
23 giugno
1698 atti
“Quaderno della commissatia Tonon”, c. 48). Maria Formosa, Am-
142 ASPVe, Parrocchia di Santa
Francesco Velano”, cc. n.n.
ministrazione, b. 34, fasc. segnato “Mansionaria
Spese per la manutenzione dei due monumenti
quotidiana in perpetuo lasciata dal sopra Turin
Tonon, b. 18, fasc. segnato “N. 3 [...] 1698 28
sono registrate alle date: 17 novembre
Tonon
gennaro. Spese della sepoltura del quondam si gnor Turin Tonon [...] et altre spese”.
gennaio
139 ASVe, Fraterna Grande di Sant'Antonin per 1 poveri infermi e vergognosi, Commissarie,
Commissaria
140 ASPVe, Parrocchia di Santa Maria Formosa, Am-
ministrazione, b. 34, fasc. segnato “Mansionaria
141
1721, 5 maggio
1720, 11
1728, 30 luglio 1737,
con
Francesco
Testamento Velano”,
1698
atti
cc. n.n.; “si catiamo”
23 giugno
ov-
30 ottobre 1772, 16 settembre 1781 (ASVe, Fra-
vero e ritroviamo (cfr. G. Boetio, Dizionario del
terna Grande di Sant’Antonin per i poveri infermi e
dialetto veneziano, Venezia 1829, p. 112).
vergognosi, Commissarie,
103
Commissaria Tonon, b. 16,
MASSIMO
APPENDICE
FAVILLA, RUGGERO
RUGOLO
b. 3-4, fasc. segnato “Chiesa di San Felice notizie storiche”,
DOCUMENTARIA
carta sciolta.
Doc. 1 E/enco dei dipinti e dei manufatti lapidei rimossi 0 venduti in È 356 Sorge da un zoccolo alto oncieo otto!55 crescenti e'?° lungo nel
occasione del restauro della chiesa di San Felice dopo il 1819). b. 3-4, fasc. segnato “Chiesa di San Felice notizie storiche”,
prospetto piedi due ed oncie tre. ENO O SIRO, Si divide in due ordini corintii. Il primo ordine è'°”
carta sciolta con segnatura a matita moderna “Scritto dopo il
pra un piedestallo da cui sorgono due colonne di tutto diame-
31 agosto 1819”.
tro per ciascuno de? lati alte piedi uno ed oncie undici aventi
ASPVe, Parrocchia di San Felice, Scritture diverse spettanti alla chiesa,
basato so-
il rapporto di dieci diametri'?. Sopra le colonne è posta una!” Quadri ne’ pennacchi venduti a Giambattista Roncan.
trabeazione avente di altezza oncie quattro e tre quarti! con
Quadro coi Profanatori del tempio" venduto al suddetto.
modiglioni.
Quadro colla Probatica [piscina] di Roselli"!
Nel mezzo delle colonne s’apre la custodia la quale si dilatta ne’
Quadri in coro di Tintoreto esprimenti la Cena e la Corona-
fianchi formando due prospetti incurvati della"!16 larghezza di
zione di spine invenduti!*, conservati in Ca” Mora!!°.
un piede, e termina con due colonne poste in vicinanza l’una
Quadri in coro esprimenti L’orazione all’orto e L’andata al
dall’altra, la prima di tutto diametro e la seconda di due terzi,
Calvario, venduti al Roncan.
le quali sostengono la trabeazione sostenuta anche dalle prime.
L’Annunziata
ne’ pennacchi
dell’altar maggiore,
Nei due prospetti vi sono due nicchie con fondo di mezz’oncia
opeta del
Tintoreto!, conservata in Ca’ Mora.
contenenti due picciole statue di bronzo dorato rappresentanti i
Portelle dell'organo del Tintoreto vendute! al Roncan e po-
santi apostoli Pietro e Paolo sostenute da una gocciola.
ste in chiesa di San Cassiano lateralmente all’organo.
Il secondo ordine comprende il tabernacolo composto di
L’altare della Madonna vecchio donato dal signor Wiel alla
quattro colonne aventi le medesime proporzioni delle prime,
chiesa parrocchiale di San Nicolò di Tauriano di Mezzo di
poste sopra un dado che è la quinta parte di tutta la colonna.
Spilimbergo.
Sostengono una cornice alta oncie quattro. Sono queste pure
Palla di questo altare opera insigne del Tintoreto conservata
di tutto diametro e poggiano" non sopra il diametro delle
presso il" Giovanni! Soratroi fino a disposizione che si farà
colonne inferiori, ma sono a piombo dalla custodia. Sono col-
della stessa.
locate due da un lato e due dall’altro del tabernacolo, aventi
Altar nuovo Tagliapietra Parroco come da iscrizione posta
un’intercolonnia di un diametro e un quarto.
sopra l’altare!?! a spese del signor Wiel fabbriciere cominciato
Nel mezzo!
16
della prima trabeazione ed a livello del dado
164
ad innalzare a di 8 febbraio ed inaugurato la seconda festa
sta collocato un gruppo composto di tre cherubini! framez-
di Pasqua 1819 celebrata la messa parroc Forlico a suono di
zo a nubi di marmo di Carrara sopra il quale si poggia l’osten-
campanò e con componimenti poetici L'ombre onorate.
sorio. Tra gli intercolonnio di mezzo vi è nicchiato uno strato
Palla lavorata da Jacopo Schena di Agordo esprimente la Con-
di fino marmo.
cezione innalzata la viglia della Pentecoste ed esecrata da tutti
s'alza dalla trabeazione oncie undici. Dalla cupola cala nella
gli intelligenti ed anche da non intelligenti.
parte una nube che! chiude il tabernacolo, questa pure di
Altare chiamato de’ Centureri di San Giuseppe e di Sant An-
marmo di Carrara, composta di quattro cherubini e nel mezzo
tonio e di San Luigi, levato e venduto coll’altare a fianco del
una colomba. Ne? fianchi, sì dilatto, come il primo ordine, i
medesimo per la chiesa di Macerata! nel trevigiano.
quali sono chiusi da un cartoccio dal quale s’innalza picciolo
Fu sostituito il nuovo altarino a spese del signor fabbricere
piedestallo che contiene due angeli di bronzo dorato. Tutta
reverendo Pilla, Tagliapietra parroco, innalzato a di tre agosto,
l’opera è intarsiata'’ a disegno di marmo
Il tabernacolo termina con una cupola che
di varie specie, ma
inaugurato il di 31 dalla la'? prima messa dal reverendo Pilla.
in particolare di africano! , del quale sono tutte le colonne.
Per questo altare Pietro Recaldini fece una palla con san
Tutta l’altezza è sei piedi e mezzo, non compreso! un piccio-
Giuseppe, sant'Osvaldo, san Carlo Borromeo, san Giovanni
lo piedestallo che sorge sopra la cupola e sostiene l’immagine
Nepomuceno, san Vincenzo Ferreri, san Francesco di Paola,
di Cristo risorto.!” Tutta la larghezza fino al!”! riccio è!?? di
sant'Antonio, san Gaetano e san Luigi Gonzaga, posta sull’al-
pieddi tre ed oncie otto, e sopra il riccio è di piedi due ed
tare il giorno 29'?, e levata il giorno 30 per le maledizioni
oncie nove.
contro il pittore di tutto il popolo affollatosi per chiasso. Nel giorno 30 levata la palla fu collocata la cassa delle reliquie
Doc. 3 Contratto per l'esecuzione del deposito in dedicato a Turin Tonon.
che esisteva nell’altare di San Demetrio.
Santa Maria Formosa
ASVe, Fraterna Grande di Sant Antonin per ipoveri infermi e versogno-
Doc. 2 Descrizione del tabernacolo dell’altare maggiore della chiesa di
st, Commissarie, Commissaria Tonon, b. 4, fasc. segnato “Santa Ma-
San Felice prima della sua demolizione nel 1822.
tia Formosa. Chiesa. N. 107 [...] 1690, 2 maggio. [...]”, cc. nn.
ASPVe, Parrocchia di San Felice, Scritture diverse spettanti alla chiesa,
104
LE “DELIRANTI FANTASIE” BAROCCHE
—________________--T--
SHiESB RILIEVO
Senso sE
37.
DI 3 MpriR DELLA
CUPOLA
Formosa DEMOLITA
PROGETTO
sersico
2c0LA
DELLA
HUOWDA
SUPOLAB
merca
Giovanni Scolari, Rilievo della cupola di Santa Maria Formosa. Venezia, Archivio Storico del Patriarcato
38. Giovanni Scolari, Progetto per la ricostruzione della cupola di Santa Maria Formosa. Venezia, Archivio Storico del Patriarcato
Laus Deo adi 5 luglio 1690 in Venezia
di dodeci, cioè dall’estremità della piramide a quella dell’arma,
Si dichiara con le presenti come il signor Torrin Tonon con li
e larghezza a proportione come la scalla. Che tutto il corpo
presenti Giovanni Comini scultor e Domenico Rossi tagliapie-
del deposito sia di marmo fino da Carrara, principiando dalla
tra, li qualli s'obligano fare un deposito di marmi da ponere
giociolla sive cartella con l’arma che doverà esser intagliata a
nella chiesa di Santa Maria Formosa nella cappella dell coro e
cartelame come il modello e suoi il baston'?, ordine di mezo e
questo sia fatto conforme il dissegno e modello fatto da detto
cimasa, il tutto lavorato a perfetione et lustrata le patti che oco-
Comin e nell moddo e forma che sarà qui sotto dichiarito, cioè:
rerrà et nel mezo delle medesime sia rimesso di machia d’Adese
che questo deposito sia dalla cima all fondo d’altezza di pie-
o rosso di Francia come parerà meglio alli maestri sudetti;
143 Opera di Silvestro Manaigo secondo A.M. Zanetti, Descrizione, cit., p. 393. 144 Opera di Pietro Rosselli secondo A.M. Zanetti,
153 Sic
165 Cancellato e di n.
154 Corretto sopra Zrezta parzialmente cancellato.
166 Cancellato 7
155 Segue parola cancellata.
167 Cancellato di.
145 Segue una sillaba cancellata.
156 Cancellato /argo. 157 Segue parola cancellata.
168 Cancellato de//. 169 Ripetuto wow compreso.
146 Si tratta di palazzo Mora confinante con la chie-
158 Cancellato Ne/ ego delle colonne s'apre la custodia
170 Cancellato Lar.
Descrizione, cit., p. 393.
sa di San Felice.
171 Cancellato ri3z/0.
con una porticella.
147 Cancellato venduti al Roncan.
159 Cancellato cornice.
172 Cancellato di.
148 Cancellato 4/ parroco Basana. 149 Cancellato Sig.
160 Cancellato cor 4% freg. 161 Cancellato /ongherza.
173 “modanatura a profilo semicircolare”; cfr. E. Concina, Pretre parole storia, cit., p. 46. 174 Parola cancellata e illeggibile.
150 Cancellato Wie
162 Cancellato sopr.
151 Cancellato @ spesa.
163 Cancellato sopra la norzi.
152 Maserada di Piave.
164 Segue parola illeggibile.
105
MASSIMO
FAVILLA, RUGGERO
RUGOLO
quanto di fatture e
e Rossi a tutte loro spese tanto di marmo lustradure,
e doppo fatte abbino obligo d’assistere all metere
in opera alli murari, non intendendosi obbligati a nissuna altra spesa che le disopra dichiarite, e ciò per ill prezzo
stabelito
d’acordo di ducati cinquecento corenti da lire 6:4 pet ducato,
dico ducati 500=, da pagarsi unitamente alli medesimi Comino e Rossi sopradetti seguendo anderà operando, dichiarando che tutta questa opera sia fatta e fenita per tutto il mese d’ot-
tobre prossimo et messa in opera et in fedde sarà la presente sottoscrita dalle parti alla presenza delli sottoscriti testimonii. Io Turin Tonon afermo To Giovanni Comini scultor prometto e m’obligo quanto dis-
soppra Io Domenigo Rossi a fermo quanto di sopra Io pre Zan Battista Raddi fui testimonio a quanto si ha detto
di sopra Io Antonio Calice fui testimonio come sopra s'è detto Adi 19 luglio 1690 Habiamo
riceuto noi infrascriti dall signor Turin sopradetto
ducati cento e quaranta a conto di quanto sopradetto val ducati 140:Io Giovanni Comini affermo - Io Domenico
Rossi a fermo
Adi 26 agosto 1690 Habiamo
riceuto noi infrascriti dal signor sopradetto ducati
cento a conto come sopra = lo Giovanni Comini — val ducati 100 = Io Domenigo Rossi a fermo
Adi 25 settembre 39
Interno della chiesa di Santa
Habiamo
Maria Formosa dopo i bombardamento austriaco del 9
cento
agosto 1916, veduta verso la controfacciata
ricevuto
noi sopradetti
dal signor sudetto
e cinquanta corenti — val ducati
150=
ducati
Io Domenigo
Rossi a fermo Adì 17 novembre
1690
che havi un panno volante di parangon pendente sotto il bu-
Habiamo riceuto noi infrascriti dall signor Tutin contrascrito
sto ove sarà obligatti scolpirli le lettere che faranno bisogno e
ducati cento e dieci, e questi sono per resto e saldo del pre-
le medesime stucare di gialo over bianco come il padrone co-
sente accordo, senza pregiudicio delle fatture da noi fatte oltre
manderà et questo panno sia fregatto e lustratto a perfetione;
l’accordo val — ducati 110=
che parimenti faci la statua del Tempo in atto di mostrate il
To Giovanni Comini scultor mano propria
ciello della chiesa et il ritratto, che si deve meter nel mezo al
Io Domenigo Rossi a fermo
opera, e questo sia di marmo
Adi 23 novembre
fino da Carrara con le sue alle et
1690
orologio da polvere e questo sia involto in un panno di pietra
Ho riceuto io Giovanni Comini scultor sopradetto dal sionor
gialla da Verona che le vadi scherzando a torno in atto di sco-
Turrin Tonon
Drire il ritratto come dimostra il modello e questo sia lavorato
per resto e saldo di tre putini di marmo
a petfetione fregatto e lustratto;
deposito
più che facci una piramide di paragon con la balla nella cima,
come sopra à dichiarato val ducati — 85=
il tutto fregatto e lustratto;
Adì 27 novembre
più che per relighare tutta l’opera sudetta d’intorno
oltre
Habiamo
‘espresso nel modello predetto le facino un fondo di pietra mandolà di Verona et intorno all medesimo
ti cento
facino una soaza
sopradetto, ducati ottantacinque e questi sono
senza
pregiudicio
fatili sopra il sodetto
delli crescimenti
1690
riceuto noi in frascriti dall signor sopradetto ducacorenti per resto e saldo del opera contenuta
nella
presente scritura per crescimenti, per la qualle scrittura dell
di paragon sodda e ben fatta, et il tutto fegatto e lustrato, et
depositto si dichiarano paghi e sodisfati, dico — ducati 100=
per coprire connissure della medesima soaza le facino dieci li-
Io Giovanni Comini scultor —
gazzi di marmo
Io Domenico Rossi a fermo quanto di sopra
fino e nelli quatro cantoni quatro stelle pur di
marmo, il tutto ben lavorato e fornito a perfetione. Dichiaran-
do che tutte le opere dissopra espresse, tanto di scultura quanto d’architettura!”', eccetuato il busto di marmo
fatti nell’opera
ben che sia
nell dissegno e modello, facino e facino fare li sudetti Comino
106
LE “DELIRANTI
Doc. 4 Contratto per l'esecuzione del deposito in Santa
dedicato a Bartolomeo e Antonio
FANTASIE” BAROCCHE
Maria Formosa
Tonon.
ASVe, Fraterna Grande di Sant’ Antonin per i poveri infermi e vergo-
gnosi, Commissarie,
Commissaria Tonon, b. 4, fasc. segnato “N. 106.
[...] 1688. Spese della fabrica della chiesa fate dal signor Turin Tonon”, cc. n.n.
Laus Deo 1690 adì 25 settembre Si dichiara con
la presente come
gnor Turrin Tonon
sono
testati d’acordo
con li sottoscriti che debino
il si-
farli un de-
posito di marmi di diverse sorti come il dissegno, e qui sotto
sarà dichiarato, sive: che farvi un bassamento con due cartelle che servono per so-
stentar tutta l’opera come
il dissegno e questo sia di marmo
fino da Carrara con una machia nell mezo et un’arma a piedi;
che faci una piramide del altezza di piedi dieci in circa a fine che vadi sotto la cornise sopra la qualle sia un vasso et una Fenice; che detta piramide sia di paragon o serpentin, come
meglio sarà giudicato; a mezo detta piramide sia fatto due angelli volanti che portino due rami d’olivo e dentro una cifra
con letere della pace; che faci due statue di altezza al naturale, una sia la Fortuna, l’altra la Generosità, e parimenti nell mezo
faci un scheletro sedente in atto daver scrito le leggi, e faci un busto del ritratto dell signor suo fratello, e tutte queste scultu-
re s'intendino fatte di marmo
fino e lavorate a perfetione; più
che faci un panno cadente dal pedestallo et scerzante atorno la Morte
e Fortuna, e questa sia di pietra mischia diferente
dall’altre pietre, e farvi il fondi a soaza simille all’altro depo-
sito già stabelito, et tutte queste cose siino fatte e fatte fare tanto di materialli, quanto di fattura, dalli sottoscriti scultore e tagliapietra e condote
sopra l’acqua in chiesa di Santa Ma-
ria Formosa ove devono esser poste in opera con l’assistenza
delli medesimi. E per tutte le cose di sopra espresse, tanto di fattura quanto di materialli, il sopradetto signor Turrin Tonon
promette et s’obliga pagare alli sopradetti ducati novecento da lire 6:4 per ducato, e per cautione delle parti sarà la presente sotto scrita et effirmata val — ducati 900:=
Antonio Molinari, Presentazione al doge delle spose veneziane liberate. Venezia,
To Turin Tonon mi obligo di contar come di sopra perché così
chiesa di Santa Maria Formosa
come li sotto scritti comanda. To Giovanni
Comini
scultor prometto e mi obligo quanto di
sopra con dichiarazione
Habiamo
che l’opera sopradetta sia fatta per
ol-
trascrito ducati dociento corenti aconto dell’opera contenuta
tutto gennaio prossimo. lo Domenigo
riceuto noi infrascriti dal signor Turin Tonon
nella presente scritura -
Rossi a fermo quanto di sopra per terminare il
tuto dentro il mese di genaro prosimo venturo.
Val, — ducati 200=
Adi primo ottobre. Habiamo
riceuto noi Giovanni Comini e
Io Giovanni Comini scultor
Domenico Rossi dall signore sopradetto scudi cinquanta d’ar-
Io Domenico Rossi a fermo
gento a conto dell’opera sopradetta, val — lire 480:=
Adì 30 dicembre
Io Domenego
Habiamo riceuto noi infrascriti dal signor sopradetto duca-
Rossi a fermo
1690
3 detto dall signor sopradetto lire settecento e sessanta cor-
ti doicento corenti a conto dell’opera suddetta, val — ducati
renti riceuta come sopra, che saranno in tutto ducati 200, val
200=
— lire 760:=
Io Domenico Rossi a fermo
Io Domenico Rossi a fermo
Saldatto adi 4 marzo
Adi 27 novembre
receveri.
1690
107
1691 come
apar riceuta nell libro de’
108
FRANCESCA MARCELLAN
IO Ria RIGIDIFERANCESCO BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA UNA LETTURA ICONOLOGICA
Le statue del coronamento delle facciate di Villa Pisani a Stra non
dubitativa
sono mai state oggetto, fino ad oggi, di uno studio monografico approfondito. Il motivo è stato forse soprattutto di ordine prati-
equivocando un'indicazione di Semenzato, che non era rivolta
co: si tratta di sculture poste a un’altezza compresa tra i 14 metri
che “il complesso scultoreo viene comunemente
(per gli attici laterali) e i 25 (la sommità del timpano centrale). Non a caso vengono sempre citate nella letteratura quelle più
Giovanni Bonazza (1654-1736) e a suo figlio Tommaso (16861775), sulla base di evidenti analogie con altre opere presenti
di Elena
Bassi!, mentre
Fornezza
probabilmente
alla casa dominicale, ma alle Scuderie, riferiva erroneamente attribuito a
grandi, dagli attributi più evidenti e ben visibili anche dal basso.
nel complesso della villa che hanno invece un’attribuzione si-
La situazione è finalmente cambiata quando queste statue sono
cuta”?. Da allora, l’unico a occuparsi del problema dell’attribu-
state rimosse dalle facciate (1994), restaurate e collocate nel cortile interno est della villa (1995-1996), mentre al loro po-
zione di queste statue è stato Simone Guerriero che le riferisce,
235
per la gran parte, a Francesco Bertos®.
sto sono state posizionate delle copie in vetroresina spolvera-
In questo studio, dunque, ci si propone in primo luogo di defi-
ta, trattate superficialmente con polvere di pietra di Costozza.
nire attribuzione e cronologia dell'intero insieme delle statue del
Risalgono all’epoca del restauro i primi tentativi, da parte di
coronamento, in secondo luogo di arrivare a determinare l’ico-
Guglielmo Monti! e di Anna Fornezza?, di un’interpretazione
nografia di ogni singola statua, grazie sia a una lettura analitica
complessiva del ciclo, purtroppo inficiati dal fatto che per l’i-
degli attributi, sia all’approfondimento di diversi elementi di con-
dentificazione dei soggetti si sono rifatti alle schede di catalo-
testo, dalla storia della famiglia alle fonti visive. L’iconografia del
go, compilate prima del restauro? solo sulla base di immagini
ciclo è stata messa in relazione con l’affresco della Sala da ballo
fotografiche, soprattutto per quel che riguarda il coronamento
di Giambattista Tiepolo, che si è rivelato interpretabile come una
del fronte Brenta. Nella stessa occasione Monti attribuiva le
sintesi dei temi enunciati nelle facciate e nel quale particolari fi-
statue alla bottega dei Bonazza, sulla scotta di un'indicazione
nora trascurati sono emersi nel loro pieno significato.
Giambattista Tiepolo, Apozeosi della famiglia Pisani.
stita dalla Fortezza e dalla Vigilanza, ma anche
Ambientali e Architettonici del Veneto Orien-
Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
la bellicosa Minerva, a cui si accompagnano
tale (1991/1992); copia cartacea delle schede si trova ora presso la Soprintendenza archeologia,
Prudenza
In calce a questo contributo segue la relazione di Ileana Della Puppa dedicata all'intervento di restauro.
e la Fortuna.
la
Due guerrieri, proba-
bilmente rievocanti personaggi della famiglia, concludono la sfilata” (G. Monti, Storza e archi-
di Venezia
e le province
tettura, in I tesori di
e Treviso
(OA
belle arti e paesaggio per l’area metropolitana
Villa Pisani, Padova 1996, p.
La mia più viva riconoscenza a Viviana Giaretta, Morena
15}
Gobbo e Sara Menapace. Per îl supporto costante e paziente
Le identificazioni dei soggetti proposte da Fornezza coincidono con quelle di Monti, tranne la
Riguardo
corretta individuazione della statua raffigurante
pronunciano:
1
contrario,
Simone Guerriero, senza il quale questo contribu-
un capitano da Mar come
‘Verso il Brenta, a parte le due triadi costituite rispettivamente dalla Madonna con accanto un Santo vescovo e S. Antonio e da Perseo domatore di Pegaso accompagnato da due scudieri, che illustrano la destinazione funzionale dei vani sottostanti i timpani minori, adibiti a cappella e ricovero di carrozze, troneggia sul frontone centrale la Giustizia, fiancheggiata dalla Prudenza e dalla Temperanza. Le leggiadre fanciulle che completano il messaggio sono da un lato la Carità e la Fortezza, a rappresentare una salda ma benevola capacità di giudizio, dall’altro la Primavera e la Fortuna, testimoni di una ricca
l’errata
Andrea
individuazione
all’attribuzione
delle
statue
non
si
R. Gallo, Una famiglia patrizia. I
Pisani ed i palazzi di S. Stefano e di Stra, Vene-
Pisani e, al
zia 1945; M. Marenesi, La vi/la nazionale di Stra,
delle statue
degli attici del fronte principale come “quattro
Roma
figure allegoriche femminili, riferite ad altret-
nezia 1983; G. Rallo, A. Fornezza,
tante [sic] Virtù Teologali” (A. Fornezza, Inda-
nale Pisani Stra, Roma 2000. Camillo Semenzato,
gine storica del coronamento lapideo della villa Pisani
che si è occupato in più occasioni della statuaria
a Stra, in “Progetto Restauro”, 3, 1996, p. 27), si dimostrerà più avanti, si tratta
del parco, non ha però mai trattato le statue del coronamento delle facciate dell’edificio princi-
della Carità, di un’Arte liberale, della Primavera
pale. L'unica a tentare un’attribuzione è stata E.
mentre, come
1959; L. Fontana,
Vi/la Pisani a Stra, VeVilla Nazio-
e della Liberalità; alcuni dati tecnici si trovano
Bassi: “il progetto del Preti non indica le statue
in C. Capitani, Invito ad un cantiere di restauro: il
sopra il colmo del tetto, e le cariatidi del pian-
coronamento lapideo della
terreno — che poi vi furono collocate, e sembra-
Villa Pisani a Stra, pp. 19-
25; Ead., Di un particolare complesso scultoreo della
no [si] opere dei Bonazza” (E. Bassi,
Villa Pisani, in Opere di restauro e valorizzazione di
provincia di
disponibilità di beni patrimoniali e naturali. Sul
Villa Pisani a Stra, a cara di G. Monti e G. Rallo,
fronte opposto, verso il parco, un Pisani, Al-
Padova 2000, pp. 27-32.
vise o forse suo fratello Almorò, controlla in
Le schede furono compilate da Cecilia Gualazzini per conto della Soprintendenza per i Beni
paludamenti da guerriero di mare la Pace, assi-
Padova
05/00144097-05/00144099, 05/0014410005/00144105, 05/00144121-05/00144131).
to non sarebbe mai stato scritto.
ringrazio
di Belluno,
05/00144044-05/00144055,
109
V2/le della
Venezia, Milano 1987, pi 236).
A. Fornezza, Indagine storica, cit., pp. 25-26. 6
S. Guerriero, Per un repertorio della scultura veneta
del Sei e Settecento. I, in “Saggi e Memorie di storia dell’arte”, 33, 2009, p. 208.
FRANCESCA
MARCELLAN
prendere anche la demolizione della vecchia villa e dell’oratorio per realizzare un complesso più importante, in armonia con lo status ormai raggiunto dai Pisani all’interno della Repubblica, per ricchezza e posizione politica. Sei fratelli, nati negli anni
Un triplice problema di datazione: l'oratorio, il palazzo, la statuaria Prima di affrontare ipotesi di datazione della statuaria delle facciate è necessario fare chiarezza sulla costruzione del com-
sessanta del Seicento, riuscirono a distinguersi in ambiti diversi, con carriere di tutto rispetto, tranne il molto più giovane Mar-
plesso. Il ramo della nobile famiglia Pisani di Santo Stefano possedeva una villa a Stra da metà Seicento”, il cui aspetto, piuttosto
cantonio, abate: Andrea (1662-1718) divenne capitano generale da Mar e il fratello Carlo (1665-1750) gli fu accanto nell’eser-
modesto, è testimoniato da un'incisione di Vincenzo Coronelli
cito, ottenendo per meriti militari il Cavalierato di San Marco
ne La Brenta quasi borgo della Città di Venezia luogo di delizie dei Veneti Patrizi (1709). Nel 1685 fu eretto nei pressi della villa un
e venendo poi eletto procuratore de Citra; Alvise (1664-1741),
oratorio pubblico, per volontà di Alvise Pisani procuratore
dopo essere stato ambasciatore in Francia e in Inghilterra, fu
li
(1669-1728)
fu senatore della Giunta e
San Marco (1636-1710), come documenta un'iscrizione, citata
eletto doge; Lorenzo
anche da Rodolfo Gallo?, oggi perduta ma trascritta da Salomonio nel 1696!°. L'iscrizione è una fonte importante dal punto di
podestà a Brescia; Almorò (1660-1744) fu inquisitore di Stato e membro del Consiglio dei Dieci, scegliendo poi di ritirarsi a
vista della cronologia, e perchè precisa la dedica non solo alla
vita privata, intorno al 1726, a causa di una sopraggiunta sordi-
attestato, ma anche
tà!. A quest’ultimo si deve la cura dei lavori che interessarono
a sant'Antonio da Padova, doppia titolazione che si manterrà
l’ingrandimento del palazzo di città e la ricostruzione ex z0v0
anche nel nuovo oratorio edificato tra il 1735 e il 1736".
della villa e del giardino di Stra, entrambe le iniziative su pro-
Vincenzo Coronelli, nel Viaggio dall'Italia in Inghilterra (1697), ti si vede quello [palazzo] de’ Pisani, dalla pietà de’ quali vi
getto del conte padovano Girolamo Frigimelica Roberti (16531732), i cui contatti documentati con i Pisani risalivano perlomeno agli anni novanta del Seicento, quando egli si dilettava
è stata eretta contigua una Chiesa, che, quantunque picciola,
come librettista di opere messe in scena a Venezia nel teatro
riesce vaga, ornata di marmi, e figure”?"°,
di San Giovanni
Nel secondo decennio del Settecento si decise l’avvio, a partite
“associati finanziariamente a Zuanne e Marc’ Antonio Pisani”?!*.
dal giardino, di una serie di lavori che avrebbero dovuto com-
A Stra i lavori iniziarono dal parco già prima del 1720 e prose-
Madonna del Rosario, com'è comunemente
fornisce altre informazioni sull’oratorio: “Pochi passi più avan-
Grisostomo,
condotto
dai fratelli Grimani,
Elena Bassi la data tra il 1642 e il 1661, sulla
al 1735, e intitolato alla B.M.V del Rosario” (M.
visita pastorale del primo oratorio documentata
base delle dichiarazioni
Tamblè, L'oratorio della villa veneta, Padova 1999,
è del 15 settembre 1695
LXIII, settembre-ottobre
palazzo (Redecima R° 464, c. 184, citata da A.
p. 22), senza però citare le fonte da cui trae la data del 1683. Dalla ricerca da me svolta presso l'Archivio Storico Diocesano di Padova il
Baldan, Storia della Riviera del Brenta, Abano Ter-
1685 viene confermato come termine post gue:
me, 1981, III, p. 448). Monti parla invece di una
nel maggio 1685 c’è una visita pastorale a Stra
sita pastorale del 9 giugno 1824 alla cappella di
“costruzione
cinquecentesca, a cui nel secolo
ma non viene nominato nessun oratorio Pisani
corte
successivo era stata aggiunta al centro una log-
(Padova, Archivio Storico Diocesano [d'ora in
CXIV, aprile 1824-dicembre 1826, c. 49).
gia aggettante con soprastante attico coronato
poi ASDPd],
da timpano mistilineo” (G. Monti, Storia e ar-
non risulta nessuna concessione vescovile nello
chitettura, cit., p. 15), senza però citare la fonte,
stesso anno (c’è da dire che l’atto potrebbe es-
13. Per un elenco delle cariche rivestite dai fratelli e in
mentre Gallo non si pronuncia sulla datazione
sere rimasto presso la parrocchia competente, e
modo particolare da Alvise, si veda P.G. Zecchin,
di questo edificio preesistente.
non essere poi stato conservato, Come
Sul fronte di questa villa, al centro, compativa-
è accaduto). Si desume che se l’oratorio venne
I/ “povero principe” Alvise Pisani (1664-1741), tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, a.a. 2008-
fiscali dei Pisani, che
nel 1661 denunciavano a Stra, oltre a un brolo
e a una casa affittata, anche il possesso di un
Visitazione,
LI,
n.n.); inoltre
spesso
(ASDPd,
Vistazionuz,
1695, c. 258): tra gli
“oratori da esser visitati” compare quello di “Ca Pisani Procurator?”.
11
12
Lo attesta una nota stesa in occasione della videl piano
V. Coronelli,
nobile
(ASDPd,
Wisztazionez,
Viaggio d'Italia in Inghilterra, Vene-
zia 1697, I, p. 82.
no cinque statue, di cui è impossibile identifica-
consacrato
re i soggetti sulla base dell’incisione. L'aspetto
debba risalire ai mesi da giugno in poi.
pubblica di Almorò, si veda il suo testamento
“In specioso, atque magnifico sacello Alyoisii Pisani D.Mar.Proc. extra super ostium in marmorea
steso il 16 aprile 1728 (ASVe, Nozarzle. Testamenti, notaio Alessandro Maria Zuccato, b. 1273, test.
è documentato anche dall’incisione di Montale-
gre in J.C. Volkamer, Conzinuation der Niirnbergis-
10
veramente
in quell’anno,
l'evento
2009. Per quanto riguarda invece il ritiro dalla vita
chen Hesperidum, Norimberga 1714.
tabella DIO.M. Ejusque Matri S. S. Rosarii D.Ant.
132), in cui varie pagine sono dedicate all’argo-
“Nel suo testamento del 15 novembre 1709 Al-
de Pad. Auspice sacellum hoc summis
indulg,
mento; “ho patito assai d’animo, e di corpo, per la
vise Pisani, Procuratore di S. Marco (morto il 28 aprile 1710) disponeva che nella chiesa di Stra
Refertum, in devotionis incrementum. Ad quo-
continua vigilanza, pennosa attenzione nella quale
sopra la Brenta, da lui eretta nel 1685 — come lo
commodum, aere proprio extructum in pietatis, & religionis testimonium V. N. Aloysius Pisani Divi Matci Proc P. D. O A. D. MDCLXXXV?? (I. Salomonio, Agri patavini inscriptiones sacrae et prophanae, Padova 1696, p. 344). La prima visita pastorale documentata all’oratorio risale al 27 settembre 1690: “Successive visitavit Oratorium sub invocatione B. M. V. Rosarij quod est N. V. Aloysij Pisani intra fines parecie praedictae [...] Celebrat in eo quotidie Revd.Lucas Graeccius Neapolitanus ex obbligazione sibi iniuncta a N.
e dell’altre cose, che si sono andate proponendo, per potermi formalizzare, e ditrigere il mio votto nelle ballottazioni”” (ivi, c. [82]). E conclude: “Da tutto ciò si può evidentem.e concludere, che la risoluzione fatta di vivere à mè stesso lontano da pubb.i impieghi, non sia provenuta dà un genio infingardo, né dà una stupida noncuranza degli Onori della Patria, ma da massime di Christiana somissione ai Decreti del Cielo” (ivi, c. [9y]). 14 B.M. Tognolo, Girolazzo Frigimelica architetto dilet-
V.° Supradicto” (ASDPd, Visizazionumn, LIX, gen-
rea, Università degli Studi di Padova, a.a. 1978-
naio-ottobre 1690, c. 257). La seconda e ultima
TOMO:
attesta anche un'iscrizione sopra la porta — fosse istituita una mansioneria per una messa quo-
tidiana” (R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit., pp.
63-64). In realtà nel suo testamento Alvise Pisa-
ni non precisa la data di erezione dell’oratorio: “voglio che nella Chiesa in villa di Strà, sopra la Brenta, da me eretta sia fatta celebrar una messa
quotidiana in perpetuo” (Venezia, Archivio di Stato [d’ora in poi ASVe], MNozarile. Testamenti,
notaio Domenico Gonella, b. 491, c. 51). M. Tamblè dà invece l’oratorio originario “colloca to all’esterno in forma ‘pubblica’, dal 1683 fino
tidianum
sacrif.
Indigenarum,
110
advenarumque
ho dovuto fissam.e stare alla lettura dei Processi,
tante padovano tra Seicento e Settecento, tesi di lau-
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
guirono per molti anni senza che si arrivasse alla costruzione dell’edificio principale.
implicava però l’interruzione dei lavori: proprio in prossimità
Nel modello ligneo di Giovanni Gloria, abituale collaboratore
palazzo di Padova come quartier generale organizzativo e con-
di Frigimelica,
tabile!.
a coronamento
della partenza, l'architetto mise a disposizione dei Pisani il suo
delle facciate compaiono solo
vasi acroteriali, eccezion fatta per la sommità del timpano cen-
In passato si è affermato che la costruzione della villa fosse sta-
trale sulla facciata principale, dove troneggia lo stemma di fa-
ta temporaneamente rimandata, viste le ingenti spese già soste-
miglia insieme a un orologio e due statue. C'è da dire, tuttavia,
nute per il parco, ricordate da Almorò nello stesso testamento,
che anche nel modello dell’esedra non compaiono statue, no-
e la grandiosità del progetto concepito da Frigimelica per l’edi-
nostante siano state collocate già all’epoca, quindi non si può
ficio principale, che in quel momento avrebbe forse costituito
escludere che anche per la villa fosse prevista la presenza della
un impegno economico eccessivo persino per quella che allora
statuaria di coronamento. Purtroppo manca per questo aspetto
era una delle famiglie più ricche di Venezia. In realtà nel suo
il soccorso delle fonti documentarie, a causa della dispersione
testamento del 1728 Almorò dichiara apertamente di stupirsi
dell’archivio familiare dei Pisani!’ e anche della massima parte
di quanto è riuscito a fare semplicemente con le sue rendite e
delle carte private di Frigimelica, che in seguito alle sue disposi-
non lamenta spese eccessive. La situazione cambia invece ra-
zioni testamentarie non andarono alla famiglia ma a una donna
dicalmente nel successivo codicillo del 6 giugno 1740, in cui
di sua fiducia, Giustina Bissonata, e non sono dunque conser-
afferma che il suo “libero patrimonio” era considerevolmente
vate nel fondo archivistico dei Frigimelica presso l'Archivio di
diminuito a causa di debiti e alienazioni di beni dovuti sia al
Stato di Padova, finendo probabilmente anch'esse disperse o
ruolo pubblico assunto dalla famiglia, sia “a causa de li assonti
distrutte.
impegni di grandiose fabriche a Strà, et a Ven:a fatte per la ne-
Nel luglio del 1721 Frigimelica si trasferì alla corte di Modena",
ces.tà, e Commodo dell’alloggio, e alla delizia, et ornamento ”?”.
come precettore del ventunenne Gian Federico d’Este e come
Dev'essere
“Consultore e luogotenente del Serenissimo Signor Principe”
teoricamente provvisorio”, a far rimandare per anni l’avvio del cantiere principale, visto che solo la morte dell’architetto
alla Magistratura alle Acque, e non doveva più rientrare fino alla
stato
dunque
l’allontanamento
del
Frigimelica,
sua morte. Questo allontanamento, dettato da un grave dissi-
(1732) portò alla rinuncia definitiva del progetto da parte dei
dio con i figli e che nelle intenzioni era solo temporaneo, non
Pisani. Nel frattempo Frigimelica compì vari viaggi in Veneto
15
Sappiamo
che esisteva anche il modello
delle
Scuderie, la cui facciata è ugualmente coronata
di statue, ma purtroppo non è stato conservato. Come non si sono conservati i disegni della
16
stamento del Sig. Co. Girolamo Frigimelica Roberti
XXI, 2016, 181, pp. 24-28.
in Modana l'Anno 1728, c. n.n.), a riprova di un
Lo attesta una dichiarazione formale di Girolamo Frigimelica del 21 luglio 1721: “Prima
rapporto personale strettissimo e mai interrotto con la famiglia e soprattutto con Almorò.
villa di cui parla Almorò Pisani nel suo testa-
della mia partenza già iminente sono in obligo
Questo rapporto aveva però anche un risvolto
mento: “E questo Modello, con li suoi spacati in pittura, mi costerà sopra ottocento ducati, ciò che è noto a Zuanne Gloria intagliador di Padova, che l’ha formato di tutto punto, sotto a direzione del S.r Co. Pred.o, oltre una gran-
di dichiarare nella forma più Autentica, che mi sono inteso col Soprad.to Ecc.mo S.Almotò, ad effetto, che per gli Acenati due Anni della mia assenza da questi Paesi, resta la Soprad.a mia Casa dominicale disposta al Servizio di
pubblico, visto che Frigimelica era un confidente degli Inquisitori di Stato, come è stato scoperto da Tognolo (Giro/azzo Frigimelica architetto, cit.) e svolgeva a livello ufficioso un ruolo di intermediazione tra la corte modenese e la
de quantità di varij disegni, et altri modelli, tutti
S.E” (Padova, Archivio di Stato [d'ota in poi
Serenissima,
fatti dallo stesso Gloria, e tutti da mè pagati”
ASPd],
Fa-
privilegiato con i Pisani, come nel caso dell’al-
ASVe, Notarile. Testamenti, notaio Alessandro Maria Zuccato, b. 1273, test. 132, c. [37)).
miglia Frigimelica, b. 218, c. n.n.). Si conserva anche una lettera sdegnata del figlio Giovanni
lontanamento del governatore padovano di Reggio, Lodovico Cumano (B. Brunelli, Ca-
A. Rigon riferisce di due sole carte Pisani (una
Andrea
pricci e scandali alla corte di Modena, Milano
seicentesca
armi Pisani in casa sua (purtroppo tagliata nel-
nell’Archivio
17
18
Frigimelica Roberti, in “Padova e il suo territorio”,
e una
settecentesca)
conservate
Storico di Villa Pisani, “piccolo
Archivio
Privato
alla scopetta
Selvatico-Estense,
della collocazione
la parte superiore, per cui non
delle
si vede il de-
avvalendosi
anche
del rapporto
1935,
p. 168). 19
ASVe,
Notaril.
Testamenti,
notaio
Alessandro
residuo dell’antico atchivio della famiglia Pisani di cui non si ha più attualmente alcuna notizia” (Stra, Archivio Storico Villa Pisani [d'ora in poi
stinatario e della data si riesce a leggere solo “luglio 1721”), che esordisce così: “Ho veduto con mia ammirazione una novità grande fatta
ASVP], Inventario analitico dell'Archivio Storico della
ieri mattina, messa
l’arma di Ca’ Pisani sop.a
tella, la Barbiera e la Zennara), cedute per quasi
Villa Pisani di Stra, s.d. ma ascrivibile a fine anni
la porta di nostra Casa” (ivi, b. 314). Nelle
58.000 ducati a Chiara Pisani dei rami Dal Ban-
novanta del Novecento, p. VI). In realtà di tale
controversie legali intentate al Frigimelica dai
co e Moretta, il 30 maggio 1739, proprio per fi-
archivio sono ad oggi note solo alcune parti, in
figli, i Pisani non
il loro
nanziare i lavori a Stra, come ritiene G. Gullino,
fondi diversi. Presso la Biblioteca del Museo
sostegno, facendo valere la loro influenza su
I Pisani Dal Banco e Moretta. Storia di due famiglie
Correr alcuni manoscritti
tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, com’è
veneziane in età moderna e delle loro vicende patrimo-
che facevano
parte
fecero mai mancare
dell’archivio Pisani si trovano nel fondo Wcovi-
attestato
tch-Lazzari e sono stati parzialmente pubblicati
dell’ASPd (ivi, b. 306 tutto il fasc. 22, b. 407,
da R. Gallo,
b. 312, b. 314). Nel suo testamento
Una famiglia patrizia, cit., e da M.
numerose
volte
nel
fondo
Matia Zuccato, b. 1273, test. 137, c. [14]. Fra le alienazioni citate ci furono anche quelle delle possessioni di Vighizzolo (la Bandiera, la Bara-
citato
datato 7
niali tra 1705 e 1836, Roma 1984, pp. 223-224. 20
Fino
all'ultimo
Frigimelica
sperava
tava?) il rientro in patria, come
(o paven-
testimonia una
Brunetti, Un patrizio veneziano a Parigi durante la
luglio 1728, inoltre, Girolamo Frigimelica af-
rivoluzione: Almorò Pisani, in “Ateneo Veneto”, I,
fida ai Pisani la sorveglianza del rispetto di
datata al 28 gennaio 1732 (anno della sua mot-
1925, pp. 103-147.
alcuni dei legati alla Bissonata e ai suoi familia-
te): “A tutto si aggiunge che non so qual sia pet
ri, “certo, che il venerato Padrocinio de’ miei gran Benefattori non finità con la mia vita pet la loro magnanima generosità” (ivi, b. 128, Te-
giorni; ma ò tornando in Patria, ò continuando
Sulle motivazioni
che lo spinsero
a questo
trasferimento e sulle sue modalità, si veda E Marcellan, L'esilio volontario da Padova di Girolamo
111
lettera a Francesco Fedele suo agente in Padova,
esser il mio Destino, e dove abbia a finire i miei in Corte”; è pronto “anche di venir in persona,
FRANCESCA
documentati
MARCELLAN
stesso anno Preti realizza un arco trionfale per i Pisani, come riferisce Giovanni Rizzetti in un manoscritto sulla storia della famiglia Pisani”, prima testimonianza, insieme ai progetti pet la villa, dei contatti tra il giovane architetto e la famiglia?°. Preti
e legati alla gestione delle sue tenute, durante i
quali si recò anche a Stra?!. Sembra difficile che Almorò potesse abbandonare il progetto dell’amico affidando ad altri la
realizzazione della villa, tanto più che Frigimelica, nel suo te-
formulò un primo progetto che assimilava e rielaborava quello del suo predecessore, mantenendone l’impostazione (e il costo elevato: 230.000 lire, secondo un conto di spesa di mano dell’ar-
stamento del 1728, è ancora fermo nella convinzione che essa
vertà costruita secondo il suo progetto; egli fa infatti cenno alla “protezione di S. Ecc.za il S. Almotò Pisani, e de gli altri Ecc. mi Fratelli,
e Nipoti, al di cui comando
chitetto stesso??), a dimostrazione di quanto i Pisani faticassero a staccarsi dalla prima idea. Quello effettivamente realizzato fu invece un secondo progetto radicalmente diverso (tranne che
hò lasciata la casa, ove
si sono fatti molti lavori per loro servizio, e si conservano tut-
tavia diversi modelli di Architetture, e sopra tutti il grande del
Palazzo destinato ad erriggersi a Strà””.
per la collocazione della Cappella, come si vedrà), di cui restano
Del tutto consonante
è, nello stesso anno, il passo del testa-
alcuni disegni, in vari particolari difformi dall’edificio effettivo.
mento di Almorò Pisani, in cui egli afferma che “nella casa a
Secondo Stefano e Stefania Colonna-Preti, “poichè il Preti non
Padova del s.r Co. Frigimelica, nella galleria, s'attrova il modello
fa mai cenno a questa villa (villa che presenta alcune caratteri-
del Palazzo, che si potrebbe fare a Strà, acciò fosse corrispon-
stiche non completamente corrispondenti a quanto certamente
dente alla magnificenza delle fabbriche già fatte, che sono le
realizzato o progettato dal Preti altrove), si può ritenere che
semplici adiacenze del medesimo tutte grandiose, come si può
ci sia stato l'intervento degli stessi Pisani che, come
osservare”? Il confronto fra i due passi risulta significativo:
dilettavano
l’aggettivo “destinato” rivela nell’architetto una sicurezza che
fosse poco percepita è testimoniato anche dal giudizio del qua-
di architettura”.
Che
l'impronta
noto, si
dell’architetto
in Almorò doveva aver già cominciato a incrinarsi, come tradi-
si contemporaneo Rossetti, il quale nella sua descrizione della
sce il verbo al condizionale.
villa non lo nomina neppure, rimarcando anzi: “Merita altresì
Morto dunque Frigimelica, i Pisani si rivolseto a un altro no-
di esser veduta la bella fabbrica in fondo al Giardino, ed i Por-
bile architetto dilettante, Francesco Maria Preti di Castelfranco
toni, e le finestre nel muro che la circonda, eseguiti secondo i
Veneto (1701-1774), di quasi cinquant'anni più giovane del Fri-
disegni del Conte Girolamo Frigimelica Nobile Padovano, ed
gimelica e da lui lontanissimo anche da un punto di vista stili-
eccellente Architetto, come da queste picciole cose rilevasi: e se
stico, in quanto “precursore del neoclassicismo”?*. Purtroppo
fosse stato posto in esecuzione il modello che egli fatto aveva
nessuno dei disegni di Preti per Villa Pisani è datato, nè vi sono
pet questo Palazzo, il nome suo si sarebbe renduto celebre in
documenti
tutta Europa”.
che attestino la commessa.
Il termine post quer è
E, molto probabilmente, non per caso nel Rizratto della famiglia del procuratore Alvise Pisani (oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), dipinto da Alessandro Longhi nel 1758, sullo sfondo
proprio l’anno di morte del Frigimelica, il 1732, a conferma del fatto che fu proprio questa la circostanza che costrinse i committenti alla rinuncia definitiva al vecchio progetto: in quello
colla permissione del Ser.mo S.Duca, a’ piedi del Ser.mo mio principe Naturale, per impettrare,
verificarono. Per una dettagliata e ben documen-
del Seminario Patriarcale, è stato poi pubblicato
che sian’udite le mie ragioni, e mi sia resa quella
tata ricostruzione dell’a/fzire Selvatico, si veda B.
come
Giustizia, che è solita ad ottenersi dai magistrati
Brunelli, Capri e scandali, cit.
San Marco per l’ingresso del procuratore Carlo
della Ser.ma Repubblica” (ASPd, Archivio Privato
anch'egli delle conseguenze,
21
che invece non
si
B.M. Tognolo, Girolamo Frigimelica architetto, cit.,
Selvatico-Estense, Famiglia Frigimelica, b. 311, c. nn).
pp. 21-22. Tognolo riporta inoltre che
In precedenza un momento critico, in cui il rien-
melica “nelle lettere scritte in questo periodo,
tro sembrava prossimo, era stato nel 1722, come testimoniano almeno due lettere. Nella prima, datata 12 gennaio 1722, scrive: “Ho da tenermi pronto il mio ritito. Se non chiudo gl’occhij si
riferisce anche delle bonificazioni che volevano fare nella loro tenuta in riva che sembravano difficili da realizzare della salsedine delle acque” (p. 22). La
i Pisani. al Po, e a causa famiglia,
dunque
fiacche mie membra nel mio nido nativo” (ivi, b. 312, c. n.n.). E pochi giorni prima (6 gennaio 1722) alla figlia monaca Maddalena: “Se poi la-
lenza di Frigimelica, esperto in questo campo come consulente del Magistrato alle acque, oltre a proseguire un rapporto di stretta amicizia.
scio correre un’occhiata sul possibile ad avvenire,
22.
continuava
ASPd, Archivio
ad avvalersi
‘700: arte e società nell'ultimo secolo della Serenissima,
Schio 2011, p. 218).
26
della consu-
Francesco Maria Preti architetto e teorico, a cura di L. Puppi, Castelfranco Veneto 1990, p. 13). 27 Treviso, Biblioteca Capitolare del Duomo, EM.
Privato Selvatico-Estense, b. 128,
23
MOGLE no an in forse. Voglio dire in alto SCE Niente DI face a solevarsi, che un Vento, il quale m’obblighi a passare dal Panaro al
Matia Zuccato, b. 1273, test. 132, cc. [2v-3X]. 24 $. Colonna-Preti, Nuovi conributi sulla figura e le opere dell'architetto Francesco Maria Preti. Castelfran-
ASVe,
Notarile.
Testamenti,
notaio
Alessandro
I rapporti con i Pisani non si interruppero dopo la realizzazione della villa, come prova “il sonetto dedicato al cavalier Luigi Pisani in occasione della sua nomina a Procuratore di San Matco nel 1753” (D. Battilotti, La vita, in
Preti, Opere, II, c. n.n. I disegni di entrambi i
Testamento del Sig. Co. Girolamo Frigimelica, cit.
mio, cioè un Ritiro sicuro, ed onorato pet qua-
“progetto per l’arco di trionfo in Piazza
Pisani nel 1732” (M. Favilla, R. Rugolo, Venezia
Frigi-
presso, hò da riposate la mia stanca mente, e le
devo esser più che mai tenace a conservatmi il
gno, conservato a Venezia presso la Biblioteca
progetti hanno la medesima collocazione. 28
S. Colonna-Preti,
S. Colonna-Preti,
L'architetto
Francesco Maria Preti, cit., p. 80. Secondo Puppi, invece “le varianti al disegno, riscontrabili nella fabbrica costruita, dovrebbero spettare
Brenta” (ivi, b. 314, c. n.n.). Questa preoccupaFILS cià TE probabilmente dea dalla de
co Weneto 1701-1774, Milano 1997, p. 44. La studiosa suggerisce questa definizione, ritenendola
sele e... conte Selvatico, grazie ai cui buoni uffici eta giunto a Modena, e che di lì
a decisioni prese dallo stesso Francesco Matia in itinere, a cantiere aperto e attivo” (L. Puppi,
a ragione più corretta rispetto a quella v/g4/4 di palladiano o neo-palladiano.
Corpo centrale di Villa Pisani (ora nazionale), 1732 ca-1756. Stra (Venezia), in Francesco Maria Preti
a pochi mesi (luglio 1722) sarebbe stato travolto da uno scandalo, fuggendo a Fertara. Evidentemente Frigimelica doveva temere di poter subire
25
S. Colonna-Preti, S. Colonna-Preti, L'arobizetto Francesco Maria Preti di Castelfranco Veneto (1701-. 1774), Castelfranco Veneto 2001, p. 78. Il dise-
112
29
architetto, cit., p. 199). G.B. Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture ed architetture di Padova, Padova 1765, p. 361.
L'OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
non compare la facciata del corpo padronale della proprietà di
Questa ostentata ricerca di magnificenza va probabilmente collegata all’avvenimento che aveva fatto ripartire o almeno dato
Stra, bensì quella delle Scuderie.
Quanto alla statuaria di coronamento,
nei disegni delle fac-
nuovo impulso ai lavori, cioè l'elezione di Alvise Pisani a doge,
ciate del primo progetto del Preti compaiono ben settantasei
il 17 gennaio 1735, come sostiene Monti!!. L’impronta quasi di edificio pubblico e di rappresentanza era
statue, equamente divise tra i due fronti. Non sono identificabili, perchè prive di attributi e diverse solo nella posa, ma si
precedente, non compaiono statue, ma sui vertici superiori €
all’epoca distintamente percepita; lo afferma esplicitamente Carlo Goldoni nella dedica della commedia La Dalzatina (nella prima edizione del 1763) a Zuan Francesco Pisani, in occasione della sua nomina a procuratore di San Marco: “Iddio Signore
inferiori di tutti i timpani sono presenti dei basamenti che in-
ha largamente diffuse le sue benedizioni su questa pia, esem-
dicano chiaramente l’intenzione di collocarvi delle sculture, in
plare famiglia. Ella è una delle più ricche, ma non per questo è orgogliosa. Le sontuose fabbriche insigni, nelle quali abita e si trattiene, servono più al decoro pubblico, che al loro uso priva-
individuano chiaramente come figure umane. Nei disegni del
secondo progetto invece, non approfonditi quanto quelli del
numero di nove per fronte. La drastica riduzione della statuaria
di coronamento rispetto al progetto precedente fa pensare che non ne fosse ancora stato definito il programma iconografico,
to. Il Palagio in Venezia è un’abitazione Reale, che fa onore al
visto che sarebbe stato in questo caso impensabile il sacrificio
Paese, e la vasta, amena ricchissima Villeggiatura di Strà, scema
di ben cinquantotto elementi.
l'ammirazione
Confrontando
il progetto definitivo della villa con le teorie
pubblica” delle proprietà dei Pisani, si pensi anche al fatto che
esposte da Preti nel suo E/ezenti di architettura, nel capitolo Della combinazione delle facciate, oltre che con gli altri suoi disegni di palazzi, si nota come non vi sia alcuna corrispondenza con quelli dal medesimo numero di fori (ventuno). Villa Pisani sembra in-
la biblioteca del loro palazzo veneziano aveva addirittura dei
alle delizie straniere”. E, quanto a “vocazione
giorni fissi di apertura al pubblico degli studiosi. Probabilmente in una sorta di rendimento di grazie alla Madonna pet l'ascesa della famiglia alla massima carica della Repub-
vece concepita come aggregazione di tre diverse facciate unite
blica, i lavori ripresero con la costruzione della nuova cappella,
da due ali: al centro una facciata da sette fori, ai lati cappella e
eretta nel medesimo luogo della precedente, come documenta
rimessa da tre e le ali di congiunzione da quattro. Lo scopo era
la relativa concessione, da parte della Curia vescovile di Padova,
probabilmente quello di produrre un massimo di maestosità,
datata 1 agosto 1735.
replicando per tre volte, a dimensioni variate, il modulo
del
La richiesta dei Pisani di “poter far fabbricare lo stesso orato-
frontone di tempio romano”.
rio” è confermata, come si anticipava, dal fatto che in tutti e tre
L’accento è dunque posto con decisione sulla parte centrale,
i progetti per la villa la cappella occupa la stessa collocazione,
dove semicolonne corinzie, poggiate su di una lunga balaustra, reggono il timpano. La base bugnata costituisce invece un elemento di raccordo tra il corpo centrale e le ali laterali
un elemento di continuità anche dal punto di vista stilistico,
all'estremità ovest della facciata principale. Questo rappresenta
dato che la struttura dell’edificio, a colonne lungo tutte le pareti
quasi prive di decorazione, eccezion fatta pet la presenza di una
e discoste in modo tale da reggere una balconata cui si accede-
trama leggera scandita da lesene binate ioniche e da finestre
va dal piano nobile della villa, rappresentava una formula amata
sormontate, in alternanza, da frontespizi triangolari o arcuati. Chiudono le estremità delle ali due corpi timpanati con colon-
dal Frigimelica, quella della cosiddetta “sala egizia” descritta da Vitruvio, già utilizzata dall’architetto anche pet la Sala da ballo
ne d’ordine gigante ionico, la cui autonomia di “facciate nella
di palazzo Pisani a Venezia e proposta, ma mai realizzata, per la
facciata” è sottolineata dall’autonomo ingresso a pianterreno,
Pubblica Libreria di Padova”. I lavori procedettero speditamente e il 10 ottobre dell’anno
che le rende pienamente indipendenti.
30
contributi, cit., p. 142).
la prima Pietra da esser posta ne’ Fondamenti
31
G. Monti, Storia e architettura, cit., p. XXVII.
d’esso nuovo
32
“Desiderando
vrà esser a Noi data la relazione pet ordinarne
Si legga infatti quanto scrive il Preti nel testo già
citato, con una descrizione che rispecchia petfettamente la parte centrale della facciata della villa: “Gli aspetti de? Tempj Romani solevano esser formati da quattro, sei, oppute otto colonne cannellate sostenute da un rustico e sormontate da un frontispizio, nel triangolo del quale vi collocavano un basso rilievo istoriato di marmo. Piacciono queste facciate per la loro grande semplicità, che, aggiunta alla grandezza, forma un non so che di magnifico che sorprende e che fa dire non essere più possibile di operare come
li Nobb.
H.H. Fratelli e Nipo-
Oratorio, il quale terminato do-
ti Eredi del q.m M. Alvise Pisani Procc.r di S.
la visita, prima che sia rilasciato il mandato per
Marco
benedirlo”
costruire un nuovo
pubblico Oratorio
presso la casa di loro abitazione posta nella Villa di Strà di questa Diocesi, concediamo
li-
(ASDPd,
Diversoruz,
XIV, maggio
1730-maggio 1743, c. n.n.). 33
La continuità nella collocazione della cappella
cenza ai S.ti Nobb. H.H. Fratelli e Nipoti Pisani
è stata verificata nello smontaggio del modello
Eredi del q.m M. Alvise Pisani Procc.t di poter
ligneo del progetto Frigimelica, effettuato nel
far fabbricare lo stesso Oratorio, demolito però
1996 in occasione di una mostra tenutasi a Mira
l’antico Oratorio Rovinoso, e cadente dovendo
(S. Colonna-Preti, S. Colonna-Preti, L'architetto
li materiali di questo esser impiegati nella Fab-
Francesco
han fatto i Romani, perché la buona Architet-
brica del nuovo, o in altro uso lecito, e permes-
te che nei disegni del Preti; da questi ultimi si
tura è perduta. S’ingannano in ciò certamente,
so. Con questo però che il nuovo debba riuscire con una sola porta, e questa sopra la pubblica
evince anche la struttura della stessa. L’unica te-
strada, e in tutto conforme alle costituzioni Si-
da una porta settecentesca che dava accesso al
sfugga i raffinamenti” (E/ezenti di architettura del
nodali, con facoltà pure al M.to Rev.o D. Gio-
ballatoio della cappella, la cui sovrapotta è ot-
Signor Francesco Maria Preti con prefazione di Giordano Riccati [1780], in S. Colonna-Preti, Nuov
vanni Zante Parroco della Sud.ta Villa di Strà di
nata da un vaso dipinto con i simboli eucaristici
benedire, servata la forma del Rituale Romano,
di spighe e uva, oltre al triangolo con l’occhio
non essendo altrimenti l’Architettura perduta, bastando che chi la esercita osservi le regole e
113
Maria Preti, cit., p. 80), oltre ovviamen-
stimonianza superstite ancota 77 /oco è costituita
FRANCESCA
MARCELLAN
successivo arrivò il permesso di officiare nel nuovo “oratorio pubblico fatto costruire dal Ser.mo Alvise Pisani Doge di Venezia presso la casa di lui dominicale situata in Villa di Strà di
questa Diocesi [...] ridotto a perfezione, e fabbricato a norma delle Costituzioni Sinodali”??*. Tramite la documentazione
delle successive visite pastorali è
possibile delimitare il giro d’anni in cui fu innalzata la villa, per la quale sono state proposte le datazioni più disparate. Infatti nel 1735-1736 si precisa che l’oratorio si trova presso la casa di
abitazione (o dominicale) dei Pisani e non viene fatta menzione di una sacrestia, ancora non presente. Nella visita pastorale
(Della Villa Siani za Ara Facciata del/SFalazo Sal Siume Brenta
successiva, del 26 maggio 1739, oltre a non essere citata la sa-
crestia, non si parla neppure più della casa, evidentemente già demolita e senza che ancora fosse stata eretta la nuova”.
1
Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), Della
Villa Pisani a Stra
Facciata del Palazzo sul Fiume Brenta
In occasione della seconda visita pastorale al nuovo oratorio, il
29 agosto 1748, per la prima volta si menzionano la nuova costruzione, ‘“magnificum et Splendidum eorum Palatium noviter
extructum” (non più dunque definita “casa di abitazione” o “casa dominicale”, ma significativamente “palazzo”, sancendo
una netta cesura per mole e dignità tra vecchio e nuovo edifi-
cio) e la sacrestia. La nuova cappella era stata dunque inglobata nel corpo di fabbrica del palazzo, di cui faceva parte anche
la sacrestia (poi trasformata nel primo quarto dell'Ottocento
in guardaroba del viceré, attiguo alla sua stanza da bagno”); palazzo non solo definito “splendidum”, ma anche “noviter extructum”, sintagma in cui l’avverbio ci parla di una costru-
Della iL Pacciata del d alazo
I
zione recentissima.
Mettendo in relazione queste date con quella della morte di
Francesco Bertos (28 novembre
2.
1741), si deduce che si trat-
Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), Della
Villa Pisani a Stra
Facciata del Palazzo sul Giardino
tò di una delle ultime commesse dell’artista, che, tuttavia non scolpì tutte le statue del coronamento. Infatti le statue del tim-
(anno della descrizione già citata di Coronelli). Sono più picco-
pano soprastante l’oratorio (Madonna del Rosario, Sant'Antonio e San Prosdocimo, figg. 21-24), diverse per dimensione e per stile dalle altre, vanno assegnate a un autore di fine Seicento, in un giro d’anni compreso tra il 1685 (data di erezione) e il 1697
34 35
le delle altre, così come “picciolo” era l'oratorio originario, già
ornato di “marmi e figure” che, come si sa dalla concessione già citata per l'erezione del nuovo
oratorio, dovevano
essere
di Dio, segno inequivocabile di accesso a uno
Curia Ep.ali die 1 Octobris
1731. Nec non Pri-
ad sacrum in hoc Oratorio quotidie faciendum
spazio sacro. La cappella seicentesca non venne
vilegio celebrandi in eodem Oratorio una Missa
sunt necessaria a pietate, et religione divina
probabilmente del tutto demolita, se il Preti, nel
Votiva de SS. Rosario etiam diebus de officio
Nobb:
computo
duplici, exceptis tamen
comparata est peculiari nitore observata.
metrico-estimativo allegato al primo
quibusdam
temporibus,
Virorum
Patronorum
reperijt abunde Hoc
Oratorium aggregatum est Sacros: Basilicae La-
progetto, scrive della “facciata della chiesa con
et solemnitatibus, fuit etiam hoc privilegium re-
il voltare delle teste, su posto di ornamenti ri-
cognitum et approbatum in eadem Curia Ep'ali
teranensi de Urbe, et ex speciali indulto Pontifi-
portati su i muri vecchi” ((bide7).
sub pred.o die 1 octobris 1731. Celebratut in hoc
cio celebrari potest in eo semel in hebdomada,
ASDPd, Diversorum, XIV, maggio 1730-maggio
Oratorio quotidie” (ASPd,
17434:
maggio 1739-maggio 1740, c. 1967).
exceptis duplicibus diebus, Vigilijs, et adventus, et quadragesimae etiam diebus, Missa Votiva Rosari) B.Mariae Virginis Bulla Aggregatis, at-
“Visitavit Oratorium
rum
publicum
amplum, deco-
et eleganti structura edificatum sub titulo
36
Wiszazionuz, LXXX,
“Visitavit Oratorium publicum de jure Nobb: Virorum E Caroli D. Marci Procuratori], et Ne-
que indultum, de quo suprad. Exibita fuerunt,
B.M. V. SS.mi Rosarij de jure Ser.mi Principis Aloysij Pisani Ducis Venetiarum et mandavit singulas bursas pro corporalibus et etiam ami-
potum Pisani situm ad ripas Medoaci intra fines
et recognita” (ASDPd,
parochie
glio-settembre
prope magnificum et Splendidum eorum Pala-
testo è il procuratore Carlo Francesco (1665-
ctas suis ornari crucibus. Fxtant in hoc Oratorio
tium noviter extructum. Dictum Oratorium est
reliquie SS. Felicis et Christine M.M. Sigillo Emi
pariter magnificum, splendidum, et valde ele-
D. Georgi] Car.lis Cornelij Ep'i Patavini, et in-
Ecclesiae
S. Bartholomej
de Strata
Wistazionuz, XCII, lu-
1748, c. 2617). Il Carlo citato nel
gans. Dicatum est B. Mariae Virgini sub titulo
1750), fratello del doge. Nel 1748 gli altri fratelli eran tutti già morti, per questo cita i nipoti, di cui Carlo era lo zio. Il termine “palazzo” era già
strumentis Curie Ep'alis die 29 Ap’lis 1701 et die
Rosarij. Unicum habet Altare, quod in omnibus
presente nella Condizione del 1740, nella quale
Juni} 1705 munite. Invenit hoc Oratorium decoratum Bulla Capituli in canonicorum sacrosantis lateranensis ecclesie, partecipationis scilicet et communicationis ejus Indulgentiarum, prope in cadem Bulla, que recognita fuit et approbata in
invenit ad formam. In parva marmorea custo-
i Pisani dichiaravano di possedere un “palazzo
dia super eodem Altare osservantur Sacrae Par-
ticulae de Ligno S.mae Crucis D.N. Jesus Chri-
con altre fabbriche e giardino senza alcuna entrata, anzi con grave spesa” (ASVe, Condizione
sti, quas authenticijs sigillo, et litteris munitas
405, Registro 405, b. 315, documento citato in A.
recognovit. Visitavit Sacristiam, et omnia, quae
Baldan, Storia della Riviera, cit., p. 449).
114
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
stati almeno in parte riutilizzati nella nuova costruzione. Come
quella data risale anche la realizzazione delle statue a corona-
si ricorderà, già il primo oratorio era intitolato alla Madonna del
mento di portali, scuderie, casa e magazzino del giardiniere ed
Rosario e a sant'Antonio da Padova, come attestano sia la già
esedra, oltre a quelle allora sparse in diversi ambiti del giardi-
citata iscrizione trascritta da Salomonio, sia il fatto che godesse
e delle quali solo alcune hanno conservato la collocazione originaria. La statuaria costituiva un elemento importante e fondante nel progetto di Frigimelica, all'insegna di un gusto per gli effetti teatrali". L’elenco delle statue originariamente collocate nel giardino di Stra si trova nella stima redatta nel 1808 dall’architetto Gianno!
di una speciale indulgenza per il giorno di sant'Antonio, con-
cessa il 4 maggio 1685". La prima attestazione del ciclo completo si trova in due stampe (di una serie di tredici) (figg. 1-2) incise a Parigi nel 1792 da Pierre Nicolas Ransonnette (l’incisore delle immagini per /'Eyciclopedia delle Arti e dei Mestieri di Diderot e D’Alembert) sulla base dei rilievi realizzati dall’ingegnere veneto Bartolo Gaetano Carboni, su commissione di Almorò I Alvise Pisani (17541808), che allora si trovava in Francia come ambasciatore della
nantonio
Repubblica Veneta”. La statuaria
I lavori di costruzione
del complesso di Villa Pisani interes-
sarono prima gli edifici del parco, eretti entro il 1720-1721. A
37
Pisani disegni e incisioni si è interrogato, senza formulare una risposta, Camillo Tonini (7/4
tacolari [...). Nello stesso interesse per il mondo del teatro possiamo inquadrare la cura che
Vecchia: Riduzione del Sudd.° Locale p. Uso
Pisani nelle stampe di Pierre Nicolas Ransonnette e
l’architetto usava nella disposizione delle statue
di Guardarobba di S.A.I. Il Principe Vice Re,
Bortolo Gaetano Carboni, in Immagini della Brenta.
all’interno delle sue costruzioni, riuscendo a
Occorendo in questo rimettere di nuovo il Pa-
Ville venete e scene di vita sulla Riviera nel Settecento
movimentatle
vimento di Quadri; Sgombrare diverse Statue di Santi di Pietra nichiate nella Muraglia, ed’altri Simili, non che levar delle Telle di Quadri in-
veneziano, catalogo della mostra Mira, villa Principe Pio], Milano 1996, p. 96), mentre Stefano e Stefania Colonna-Preti ipotizzano che “negli
ed espressiva. Ricordiamo ad esempio che nel giardino di Stra, Frigimelica si preoccupò fin dal principio della dislocazione dei gruppi di sta-
cassati nel Soffitto, ed’indi uguagliare il Detto Soffitto, Levando li Cornicioni di Stucco che
anni Settanta-Ottanta, i Pisani si trovavano, come i Corner, tra le famiglie patrizie più in-
tue” (B.M. Tognolo, Nuovi contributi sulla formazione è sulle esperienze romane di Girolamo Frigimeli-
servironno di contorno
ai Detti Quadri, Così
mediante
la loro presenza viva
debitate. Si può anche pensare che le famose
ca, in “Bollettino del Museo Civico di Padova”,
pure otturare le nichie nella Muraglia ecc ecc.
incisioni del Ransonnette
68, 1979, p. 75). Che la presenza
In tutto Compreso Matteriali,
state eseguite per reclamizzare la Villa e solleci-
e Fatture
£ 200”
fasc. 51, Preventivi incaminatip.
e del Carboni
siano
delle statue
fosse prevista 40 origine da Frigimelica è un fatto
tare eventuali compratori” (S. Colonna-Preti, S.
provato, oltre che dai documenti già pubblicati
Colonna-Preti,
L'architetto Francesco Maria Preti,
da Gallo, anche dalle date dei fogli di spesa re-
Nell'Imp.e Palazzo di Strà (Ivi, b. 1815-17, fasc.
40 Rodolfo Gallo ricostruisce cronologia e sog-
vengono pagate le “pietre masegne vendute per il piedistallo delle Statue Gigantesche”; il 12 ot-
Le Spese dell'Anno morie relative
39
solo di una parte è indicato
Frai preventivi di spesa del 1813 è incluso quello relativo allo smantellamento della “Sagrestia
(ASVP, b. 41/6,
38
Selva, ma purtroppo
il soggetto. Nel corso dell'Ottocento i Francesi prima, gli Asburgo poi, alterarono l’insieme con nuove acquisizioni, spostamenti e rimozioni allo scopo di adeguare il parco alla moda del giardino paesaggistico con l'introduzione di nuovi elementi funzionali o celebrativi. Il programma iconografico originario comprendeva temi mitologici, allegorici e legati ai ritmi della natura e della vita in campagna, che coabitavano in modo esemplare sul belvedere dell’esedra, dove le Ar (protette dalla casata) si mescolavano alle divi-
1813 e 1814). Nel foglio Me-
a Riparazioni di fabbrica Occorrenti
cit., p. 81).
lativi trovati dalla studiosa: il 21 settembre 1720
64, c. n.n.) si legge: “Chiesa Vecchia. Riduzio-
getti della statuaria del patco sulla base di do-
ne del Locale di Sacrestia p. Servire ad’Uso di
cumenti
Frigimelica
tobre 1720 vengono pagati gli operai “per com-
Guardaroba
al suo
conservati presso l'Archivio di Stato di Padova
prare corde necessarie per le Armadure da alzar
di S.M.
Essendo
attiguo
d’archivio
della
famiglia
Appartamento”, dal che si deduce che la tra-
(Una famiglia patrizia, cit., pp. 65-66), mentre G.
le statue e le colonne”
sformazione progettata nel 1813 non era poi
Rallo (La configurazione attuale, in 1 giardini della ri-
Selvatico Estense, Famiglia Frigimelica, b. 528).
stata effettuata, o perlomeno compiuta solo parzialmente, visto che di lì a poco il regno Ita-
viera del Brenta. Studi e catalogazione delle architetture vegetali, a cura di Id., Venezia 1995, pp. 96-121)
42
(ASPd, Archivo privato
ASVe, Miscellanea atti diversi manoscritti, b. 141, Carte relative alla stima del Palazzo e Villa Pisani a
lico ebbe termine, in concomitanza con il crollo
si avvale di documenti dell’Archivio di Stato di
Stra dell’architetto Antonio Selva
dell’impero napoleonico.
Venezia.
parzialmente trascritto in G. Rallo, Da/ progetto
ASDPd, Visitationum, LIX, gennaio-ottobre IGO ONGALOTA Osservando la resa della statuaria delle faccia-
scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, p. 35; G. Rallo, A. Fornezza, Willa Nazionale Pisani, cit., pp. 147-148; Per un Atlante
te in queste incisioni si nota come essa si basi
della statuaria veneta da giardino, I, a cura di M.
to degli edifici, Selva si limita a un conteggio
sull’osservazione
un
De Vincenti, S. Guerriero, in “Arte Veneta”, 62,
numerico e non riporta nessuna informazione
di altra fonte
2005, pp. 228-234; Per un Atlante della statuaria
ulteriore
diretta dal basso e senza
supporto
descrittivo
Si vedano
inoltre C. Semenzato,
La
(ipotizzabile forse solo nel caso della Madonna
veneta da giardino II, a cura di M. De Vincenti, S..
del Rosario). Carboni infatti riporta con preci-
Guerriero, in “Arte Veneta”, 63, 2006, pp. 277-
(23 ottobre 1808),
del Frigimelica alle trasformazioni del Novecento, in I giardini della Riviera del Brenta, cit., p. 70. Purtroppo, pet quanto riguarda le statue a coronamen-
riguardo ai soggetti. 43.
S. Guerriero, in Per un
Atlante della statuaria veneta
da giardino. I, cit., pp. 228-229.
sione gli attributi che sono ben visibili anche
283; inoltre, consultabile 07 dine, AMunte della
a grande distanza, mentre trascura 0 rende in
statuaria veneta da giardino nel sito della Fondazio-
razione di Tommaso Bonazza insieme al padre
modo
ne Giorgio Cini (http://www.cini.it/fototeca/
Giovanni per numerose statue in pietra tenera
generico quelli di piccole dimensioni,
ben distinguibili solo con una visione da vicino. Risulta quindi una fonte attendibile, ma con
atlanti/statuatia-veneta-da-giardino). 41
Sostiene Tognolo: “la consuetudine con il mon-
questa significativa limitazione. Probabilmente
do dello spettacolo in Emilia (e poi a Roma) [...]
si deve invece a Ransonnette l’inversione destra-sinistra che si nota in varie statue. Sul motivo per il quale furono commissionati da Alvise
sembra giustificare certi atteggiamenti del Frigimelica vicini appunto al gusto scenografico del tempo, quando ricerca particolari effetti spet115
‘44. Secondo Semenzato “è da supporre la collabo-
del coronamento delle scuderie, erette intorno cit.,
al 1720” (C. Semenzato, La scultura veneta, (3 1122),
45 “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose
di lassù, non
FRANCESCA
3
Villa
MARCELLAN
Pisani, facciata sul Brenta
delle virtù. Le poche parole leggibili (“sursum sunt sapite” “sursum sunt q[...]ri[...]?) permettono di risalire a una citazione di san
nità che personificano le Stagioni e ai Cinque sensi, opera di Finrico
Merengo e aiuti (ante 1723)". Da questa rozline iconografica, tuttavia, si stacca il ciclo posto a
Paolo (Leztera ai Colossesi, 3, 1-2): “igitur, si consutrexistis Christo,
coronamento delle Scuderie. Opera di Giovanni e Tommaso Bo-
quae sursum sunt quaerite, ubi Christus est in dextera Dei sedens,
nazza”, il gruppo è composto da sedici statue, identificate da un'i-
quae sursum sunt sapite, non quae supra terram” ©. Davanti all’e-
scrizione sul basamento, che rappresentano le Virtù Teologali e
dificio, nel grande parzerre centrale, si trovavano dieci statue colos-
Cardinali e, sulle braccia dell’edificio, le buone qualità necessarie a
sali, cinque per lato, tra le quali comparivano le allegorie di cinque
chi detiene responsabilità di governo. Un'iscrizione latina sotto al timpano, parzialmente riaffiorata in seguito a un restauro del 2004 e tuttora inedita, rappresenta un’esplicita esortazione alla pratica
Vizi Capitali (Accidia, Gola, Invidia, Superbia e Ira)!, opera
a quelle della terra”
46
(traduzione
CEI
[1971]
Giovanni
di
Bonazza, collocate poi in parte e frammentariamente
sulla collinetta della ghiacciaia ottocentesca”. L'iscrizione quindi
Stra, in Andrea Palladio e la villa veneta da Petrarca
allegorie di tutti i sette Vizi Capitali, Lussuria e
dell’Edizio princeps, utilizzata anche per tutte le
a Carlo Scarpa, catalogo della mostra
altre citazioni bibliche nel testo).
Palladio Museum], a cura di G. Beltramini e H.
per exezpla, ma
“L’iconografia statuaria delle scuderie di Stra però ne fa [...] uno specchio al padrone del pa
Burns, Venezia 2005, p. 411, cat. 147). In realtà
per re Mida come personificazione dell’ Avarizia
nella stima del Selva si legge: “Nello spazio del
e Apollo e Dafne potrebbero
lazzo barocco di fronte: sedici statue in tre ordi-
giardino aperto dal Palazzo alle Scuderie sono
Lussuria, resta inspiegata la presenza di Aurora
ni rappresentano le Virtù Teologali e Cardinali (la vita contemplativa) e, sulle braccia dell’edificio, gli exezzpla e le buone qualità dei sovrani
disposte dieci statue colossali, cinque per parte,
e Titone (e non Tritone, come si legge nella tra-
alte ognuna
(la vita attiva). Davanti
scrizione di G. Rallo, Da/ progetto del Frigimelica, cit., p. 70). Di alcune di queste statue (Ira e Gola) si con-
piedi 9.9, con
|Vicenza,
Avarizia potrebbero essere
piedistallo a tripo-
de alto piedi 7, in base piedi 6.6, in sommità
all’edificio, nella parte
piedi 3.6: esse rappresentano, l’Aurora e Titone;
convergente prospetticamente, una volta si tro-
l’Accidia, e la Gola; l’Invidia e Mida; Dafne ed
servano
i bozzetti
vavano le personificazioni dei sette Vizi Capitali
Apollo; la Superbia e l’Ira” (ASVe, Miscellanea
presso
la Pinacoteca
(la vita voluttuaria), oggi smembrate e sparse in
atti diversi manoscritti,
tutto il giardino” (Cfr. M. Gaier,
stima, cit., c. 24). Poiché
Va Pisani a
b. 141, Carte relative alla
116
non
compativano
le
47
state rappresentate
se il ragionamento
di Rovigo, attribuiti
è calzante
rappresentare
preparatori
la
in
terracotta
del Seminario
Vescovile
a Giovanni Bonazza da S.
Guerriero, Se/tori foresti alle dipendenze dei
Manin
L'OPERA DI FRANCESCO
4.
BERTOS
E GIAMBATTISTA
Francesco Bertos, Abbondanza. Stra, Villa Pisani
5.
TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
Francesco Bertos, Moderazione (?). Stra, Villa Pisani
rimandava in modo preciso alle Virtù, rappresentate appunto in
le commesse per il parco avevano interessato prevalentemente
alto, sul coronamento della facciata, e alle “cose della terra”, i Vizi
i Bonazza, è verosimile che per le facciate della villa i Pisani si
rappresentati dalle statue collocate a terra.
siano rivolti a Francesco Bertos, che era stato “valente discepo-
Il tema delle virtù necessarie per il buon governo e la condanna dei vizi conferisce una nota moraleggiante e ufficiale all’appara-
lo? di Giovanni
lizzazione di otto gruppi marmorei per la galleria dei quadri del
to decorativo, in pieno accordo con le ambizioni della famiglia,
loro palazzo di città”. Purtroppo non si conosce la datazione di
che proprio in quel momento era venuta prepotentemente alla
questi gruppi, anche se un nuovo elemento viene da un’attenta
ribalta della scena pubblica.
lettura del già citato testamento di Almorò Pisani del 16 aprile
Bonazza, e al quale affidarono anche la rea-
Il progetto avviato con la decorazione delle Scuderie si inter-
1728, in cui si parla di “Gruppi Singolari di Stattue” acquistati
ruppe, come si è visto, per molti anni; con l'approdo di Alvise
per la “Libraria”.
al dogato le molte anime rappresentate dalla statuaria del parco sembrano, sulle facciate dell’edificio principale, sottomettersi o
Anche in un passo precedente, elencando una serie di spese, si
citano “Stattue di Gruppi, anche queste acquistate con esborso considerabile di danaro”. Proprio l'aggettivo € “singolari”, che
perlomeno ricondursi ad un filone pubblico preponderante. Se
(1): Giovanni Bonazza e le statue del giardino di Passariano, in Artisti in viaggio 1600-1750.
foreste in Friuli
48
49
Presenze
Venezia Giulia, atti del convegno
50
“Come pure raccomando, con la più efficace pre-
le, che io vi haverò
mura, all'amore de med.mi miei Fratelli, et Eredi,
Sussistenza”
a vollermi secondare
Alessandro
in un mio vivo desiderio,
posto all’oggetto della loro DÒ
I
(ASVe,
Notarile.
Testamenti, notaio
Maria Zuccato, b. 1273, test. 132, c.
(Udine, 21-23 ottobre 2004), a cura di M.P.
che nasce dà un impegno natturale, che si ha per
[7 t-v]). Testimonianza di queste statue è anche
Frattolin, Udine 2005, pp. 265-269.
le cose proprie, che lasciando io molti testimoni)
in una incisione settecentesca pubblicata da G.
G.A. Moschini, Guda perla città di Padova all'ami-
della mia attenzione verso la nostra Casa per le
Pavanello, Arzonio
co delle belle arti, Venezia 1817, pp. 182, 253.
Fabriche, Stattue et altro, fatto dal mio dannaro,
rediscovered în Baltimore, in “The Journal of The
Gats statues for Palazzo Pisani
R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit., pp. 60-62.
non sollo a’ Strà, mà anche à Venezia; per la Li-
Walters Art Museum”,
Charles Avery li ha identificati — sulla scorta di
braria, e Gruppi Singolari di Stattue, che tutto mi
“we have a representation of the whole [library]
Gallo e con formula dubitativa — in sette pez-
costa una summa considerabile di soldo (come si potrà vedere dalle notte) siano tutte queste cose
thanks to an eighteenth-century engraving cen-
zi che si trovano attualmente presso il Palazzo
Reale di Torino e che rappresentano le Quattro
custodite, et conservate, con havere quella cura
city, and in which two of the famous sculptural
stagioni, il Ratto di Elena, Europa e America (C.
attenta, e vigilanza, che vaglia alla loro conser-
groups by Francesco Bertos — gems of the Pisa-
Avery, Bertos. The Triumph of Motion, Turin 2008, pp. 180-183, catt. 44-50).
vazione
il che, speto, si potrà conseguire dalla
continuazione
dell’essecuzione
117
di quelle rego-
60-61, 2002-2003, p.30:
tering on the personifications of Merit and Saga-
ni collection — are placed conspicuously on the
pavement on either side” (ivi, p. 28). Significativa
FRANCESCA
MARCELLAN
6
Francesco Bertos, Venezia. Stra, Villa Pisani
8.
Francesco Bertos, Puzto con cartiglio. Stra, Villa Pisani
7
Francesco Bertos, Put con catena e monile. Stra, Villa Pisani
9
Francesco Bertos,
118
Venezia con putti, prima del restauro. Stra, Villa Pisani
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
ben si adatta alla bizzarria compositiva dei gruppi di Bertos,
ritenendo evidentemente di “renderne più aggraziata la severità
porterebbe ad attribuire ad Almorò l’acquisto di queste statue,
con cariatidi e decorazioni”. I Pisani non esitarono a compiere
permettendo dunque di datarle ad un periodo precedente al
anche modifiche architettoniche, magari avvalendosi delle mae-
1728. Se Bertos è noto soprattutto perisuoi bronzetti e i mar-
stranze già attive ai tempi di Frigimelica, come Sante Benato che
mi caratterizzati dalle piccole dimensioni e dall’accentuato vir-
nei documenti torna ripetutamente citato per il cantiere di Stra,
tuosismo nella composizione dei gruppi, in questi ultimi anni
ad esempio prevedendo la scomparsa di due archi per dar spazio
gli sono state attribuite da Guerriero anche delle statue in pietra da giardino in tre diversi complessi: villa Grimani Vendramin Calergi Valmarana a Noventa Padovana; villa Manin a Passaria-
alle formelle quadrate con bassorilievi allegorici. Gli interventi scultorei, quindi, sono caratterizzati soprattutto
ampio insieme ad oggi noto realizzato da Bertos nel campo
da una funzione decorativa (fig, 3): immediatamente sotto al timpano otto putti ritmicamente distanziati reggono festoni di fiori e frutta, mentre ai lati del portone d’ingresso quattro telamoni, intervallati da panoplie”, reggono la balconata so-
della statuaria monumentale,
prastante. Le teste in chiave agli archi delle finestre introduco-
no e Ca’ Erizzo a Bassano del Grappa”. Il coronamento
delle facciate di Villa Pisani costituisce il più arricchendone
notevolmente
il
corpus. La sua importanza non è solo in termini di quantità, ma
no una nota scherzosa, con volti ridenti e contemporanei (lo
anche dal punto di vista dell’interesse iconografico, paragona-
si desume dalle pettinature e dagli ornamenti, come collane e
bile a quello delle virtuosistiche composizioni dei suoi bron-
cappelli)”, quanto di più lontano dalla “maestosità” ricercata
zetti. Da un punto di vista stilistico, invece, le statue in pietra
da Preti. In chiave all’arco d’ingresso compare invece una testa
talvolta diluiscono l’originalità dei bronzetti, accordandosi alla
barbata con una corona vegetale, forse un Vertumno.
maniera della famiglia Bonazza, come nota Avery?
Gli unici elementi significativi da un punto di vista iconogra-
La facciata sul fiume Brenta
di questa facciata, ossia la prosperità effetto del buon gover-
fico sono due altorilievi che richiamano il tema della statuaria no, entrambi attribuiti
“Gli ornamenti troppo ricercati o levano o scemano la magnificenza alle fabbriche. [...] Un certo liscio, ed una giudiciosa
a Bertos”. A sinistra di chi guarda la
facciata (fig. 4) una figura femminile con cornucopia e frutta, accompagnata da un putto, rappresenta l’Abbondanza, secondo l’iconografia fissata da Cesare Ripa nella sua Iconologia®. Sull’altorilievo in posizione speculare (fig. 5), appare una fi-
economia di ornamenti, produce certamente maestà”. Così si
esprime Francesco Maria Preti nei suoi E/ezenti di Architettura, pubblicati postumi dall'amico Giordano Riccati. In accordo con questo principio il suo progetto per Villa Pisani non prevedeva
gura femminile
elementi decorativi sulla superficie delle facciate, la cui imposta-
quasi ad ammonire il putto che si trova ai suoi piedi. Una sta-
zione, come
tua con attributi simili compare sul coronamento delle Scu-
che solleva con una mano
due oggetti pa-
ralleli lunghi e stretti, presumibilmente le corde di un freno,
si è visto, tendeva proprio a creare un effetto di
maestosità, che doveva essere accentuato dalla mancanza di or-
derie e reca sul basamento l’iscrizione latina MODERATIO.
nati. Il disegno originale è stato seguito quasi alla lettera per la
Anche
facciata sul parco, mentre il prospetto della facciata sul Brenta
Moderazione, a fare da contrappeso all’Abbondanza, 0 il con-
dev'essere sembrato troppo spoglio ai Pisani, che lo snaturarono,
cetto similare della Temperanza, raffigurata, con un freno di
51
sull’altorilievo, quindi, potrebbe essere raffigurata la
la vicinanza di data tra il testamento e l’incisione,
anche delle scimitarre turche e dei fasci littori,
che si trova all’interno del volume Sane Aureli
interpretabili
Augustinii Hipponensis Episcopi Operum, Venezia
buon governo, in quanto attributo tradizionale
di Francesco
1729.
della Giustizia.
che erano
Per questo elemento decorativo si nota un’im-
villa (comunicazione orale, 2011)”. Il soggetto
na si veda S. Guerriero, Per un'Atlante della sta-
postazione
invece è genericamente indicato per entrambe
tuaria veneta da giardino. I, cit.; per villa Manin: S. Guerriero, Per l'attività padovana di Giovanni Bonazza e del suo “valente discepolo” Francesco Bertos, in
non
Per villa Grimani-Vendramin
Calergi-Valmara-
56
questi ultimi come
simmetrica
tra le due
simbolo
nn. 530684 e 530700: “Simone Guerriero ritie-
ne il rilievo, in virtù dell’analisi stilistica, opera
del
facciate, e
solo per la testa barbata che accoglie il
visitatore dal portone principale per ripresentarsi poi, solo con diversa espressione del vol-
Bertos autore anche delle statue
a coronamento
delle facciate della
come figura allegorica. 58
“Donna
gratiosa,
che
havendo
d’una
bella
ghirlanda di vaghi fiori cinta la fronte, & il ve-
“Bollettino del Museo Civico di Padova”, XCI,
to, all’ingresso del parco. Nella facciata prin-
stimento di color verde ricamato d’oro, con la
2002; per Ca? Erizzo: S. Guerriero, Per un reperto
cipale compaiono tre teste maschili (quella al
destra mano
rio, cit. e M. De Vincenti, Se/ture nei giardini delle
centro, leggermente più grande, porta un elmo
di molti & diversi frutti, uve, olive, & altri; e col
ville venete. Il territorio vicentino, Venezia 2014.
piumato) e le duc femminili
C. Avery, Bertos, cit., p. 17.
estremità, entrambe con una collana a grossi
53
Elementi di architettura del Signor Francesco Maria
grani di perle; nella facciata sul parco preval-
ti, del quale si vederanno molte di dette spighe
gono invece, con il numero
54
Preti, cit., p. 141. G. Monti, Szorza e architettura, cit., p. XXVII.
55
Nei portali del patco, nella statuaria delle fac-
schetto di piume), mentre alle estremità sono
uscite cadere, & sparse anco per terta” (La più che novissima iconologia del cavalier Ripa ampliata dal sig. cav. Gio. Zaratino Castellini romano, Padova
52
sono poste alle
tenga il corno della dovitia pieno
di cinque, i volti
femminili (quello centrale ha una specie di ca-
sinistro braccio stringa un fascio di spighe di grano, di miglio, panico, legumi & somiglian-
a fresco della villa,
relegate le due teste maschili, con un curioso
1630, I, p. 9). Fra le numerosissime edizioni del
panoplie e trofei sono un elemento ricorrente, a celebrazione delle glorie militari di famiglia soprattutto nella lotta contro i Turchi. Nelle pa-
cappelluccio a cono portato di sghembo. Teste
testo di Ripa si è scelto di citare questa perchè
in chiave simili compaiono
anche sugli archi
presente nella biblioteca dei Pisani, come si ap-
delle finestre della Sala da ballo, che affacciano
prende da A.G. Bonicelli, Bib/iotecha Pisanorum
noplie della facciata principale tra le varie armi (archi, frecce, mazze ferrate, scudi) compaiono
sui cortili interni.
veneta annotationibus
Cfr. in http://www.arte.cini.it/opere, le schede
LEUTRME
ciate e nella decorazione
tor)
119
ROTA
nonnullis illustrata,
Venezia
FRANCESCA
10
Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), Del
MARCELLAN
Villa Pisani a Stra Facciata del Palazzo sul Fiume Brenta, particolare
aspetto analogo, nella tavola relativa dell’Icono/ogia di Ripa”. Sulla sommità del timpano centrale, nella facciata sul Brenta, si
trovava una statua che raffigura una donna con una tunica, un
mantello gettato sulle spalle e una corona sul capo. Ai suoi piedi stavano due putti (ora il gruppo è esposto smembrato): uno tiene in mano una catena con un monile rotondo, l’altro un cartiglio”
(figg, 6-9). La statua, oggi mutila della mano destra, reggeva in origine, come testimonia l’incisione di Carboni e Ransonnette (fig, 10), uno scettro che fu poi sostituito da una bilancia (fig, 11), i cui piatti furono rinvenuti, per frammenti, sul tetto della villa durante una campagna di restauro (giugno 1994)®; ciò ha portato a identificare erroneamente la statua con la Giustizia, in base alla presenza di questo attributo non originario’. La figura va invece messa in relazione con la decorazione originariamente posta all’interno del timpano, oggi perduta ma ben visibile nella stampa di Carboni e Ransonnette. Al centro dominava lo stemma della famiglia Pisani di Santo Stefano, sormontato dalle insegne dogali pet sottolineare il suo ruolo di governo nella Serenissima: l’ombrello processionale, il cappello a forma di corno, le trombe e gli stendardi. Una coppia di bandiere con le mezzelune turche e due prigionieri nudi
os Ì | E legati, attorniati da armi (due cannoni,
palle di cannone,
ii 1
un
È
Foto d'epoca tra Ottocento e Novecento,
fucile, arco e frecce, alabarde) introducono invece il tema delle 59
Le SI] % tetta EOS illa n ini Mr: verso il Brenta, particolare (in Valla Pisani di Stra.
ton Venezia 1998,
C. Ripa, La più che novissima, cit., II, p. 119. In
rie cotrispondenti
Ripa l’allegoria della Moderazione si trova solo
Temperanza) e in cui torna la presenza dei putti,
La villa Pisani di Stra in età napoleonica: nuovi docu-
nell'edizione di Augsburg del 1704 (nell’imma-
elemento che funge quindi da #rait-d'urion con la
menti, in “Arte Veneta”, 62, 2005, pp. 178-200)
gine relativa si trova il medesimo attributo del bassorilievo). 60 Probabilmente la catena con il monile simbo-
statua. Ci si potrebbe chiedere in quale momento della storia di Villa Pisani [erezza si sia trasformata
risulta infatti alla data del 31 agosto del 1807 una “ombrella di rame che copriva l’arma Pisani spedita a Venezia con Burchiello Pegorino”: si trat-
leggia la prosperità effetto del buon
governo,
61
(Abbondanza e Moderazione]
a cura di G. Rallo, G. Costanzo, R. Ber-
del 22 marzo
1808 (pubblicato da G. Pavanello,
nella Giustizia. L'ipotesi più verosimile è che si sia
tava dell’ombrello processionale che sovrastava il
mentre il cartiglio il potere esercitato tramite le leggi, visto che, come si vedrà, la donna corona-
trattato di un'operazione compiuta subito dopo l’acquisto della villa da Napoleone (il rogito nota-
corno dogale e lo stemma di famiglia. Tra luglio e agosto, mesi immediatamente successivi alla ven-
ta altri non è che Verezza. Da notare che più in basso, in corrispondenza dei due putti, stanno
rile di vendita della villa è dell’8 giugno 1807), in
dita, era quindi già stata distrutta la decorazione
concomitanza con la rimozione degli ornamenti
lapidea del timpano, esplicitamente celebrativa
gli altorilievi già citati rappresentanti le allego-
all’interno del timpano centrale. Dall’inventario
dei precedenti proprietari. Anche la presenza
120
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS
E GIAMBATTISTA
121
TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
12.
Francesco Bertos, Giustizia. Stra, Villa Pisani
13.
Francesco Bertos, Prudenza. Stra, Villa Pisani
14
Francesco Bettos, Carta. Stra, Villa Pisani
FRANCE
AN [ARCELLAN
glorie militari. La prossimità dei simboli dogali alla statua della donna coronata e scettrata, con un lungo mantello, rappresenta un indizio importante per la sua identificazione, indirizzando
chi guarda verso il tema del potere e della Repubblica. Per l’osservatore dell’epoca era naturale riconoscere, nei suoi elementi
fondamentali, l’iconografia di Venezia Dominatrice fissata già da Veronese nel Cinquecento nel Trionfo di Venezia e ripresa puntualmente,
fra gli altri, da Giambattista Tiepolo, non solo
nel Neztuno offre doni a
Venezia (nella stessa sede istituzionale di
Palazzo Ducale) ma anche nell’affresco della Sala da ballo di
Villa Pisani. La Giustizia è invece impersonata dalla statua (fig, 12), che si trova sul vertice inferiore sinistro; coronata (è virtù regale per eccellenza), con tunica e ampio mantello, essa volge lo sguardo verso Val-
legoria di Venezia e regge con una mano il piatto di una bilancia. La statua fino ad oggi è sempre stata scambiata per la Temperanza, il piatto, infatti, veniva interpretato come
una coppa, in quanto
l'attributo della bilancia era già di pertinenza della statua di fianco”. Sul vertice inferiore destro del timpano centrale sta la Prudenza (fig. 13), una figura femminile che regge con una mano uno specchio, cui volge lo sguardo, e con l’altra un pesce di aspetto mostruoso, secondo l’iconografia fissata da Cesare Ripa, che prevedeva la presenza sia dello specchio che del pesce “detto Ecneide, overo Remora, che così è chiamato da Latini, il quale scrive Plinio, che attaccandosi alla Nave, hà forza di fermarla, &
perciò è posto per la tardanza”®. Rispetto alle altre due allegorie del timpano centrale, la Prudenza è caratterizzata da un abito più
ricco, con una frangia a orlare il mantello e un’alta cintura stretta
appena sotto il seno. Il timpano centrale risulta quindi dominato al suo vertice da Venezia, affiancata da Geustizia e Prudenza, vittà essenziali del buon governo. Altre virtù si aggiungono sul coronamento degli attici. Su quello di sinistra è posta una coppia di statue, entrambe con lo sguardo verso l’alto: la prima al cielo, l’altra simbolicamente a Dio. Una delle due è di facile identificazione, riprendendo gli attributi tradizionali della Carzztà (fig. 14): il cuore infiammato d'amore alzato al cielo come
offerta a Dio; un seno scoperto;
l’obolo offerto a un putto, essendo la Carità amore verso Dio e
verso il prossimo. L’identificazione dell’altra figura (fig, 15), finora ritenuta la Fortezza pet la presenza di una colonna 66 , è più problematica. Raccoglie infatti un gran numero di attributi, difficili da individuare in una stessa allegoria, trattandosi di oggetti che, presi singolarmente, caratterizzano personificazioni diverse. Colpisce, di questa figura, la ricchezza dell’abbigliamento: mentre i
tessuti che vestono le altre statue del coronamento
sono privi
di caratterizzazione, questa donna porta un mantello damascato,
con frange nell’orlatura, di gusto orientaleggiante. Sotto indossa una tunica e ai piedi porta dei calzati-gioiello decorati con una perla”, mentre sul capo una corona di foglie orna i capelli racFrancesco Bertos,
colti. La donna poggia la mano destra su una colonna di forma
Arze liberale (0 Allegoria massonica?). Stra, Villa Pisani
Francesco Bertos, Arze liberale (0 Allegoria massonica?), particolare. Stra, Villa
squadrata, da cui pende una collana; ai suoi piedi un compasso
Pisani
e una squadra (fig. 16). La statua reggeva un altro oggetto con la mano sinistra, mutila, di cui oggi si vede solo un'estremità, di
Alessandro Longhi, La fazziglia del procuratore Luigi Pisani, particolare. Venezia, Gallerie dell’Accademia
forma cilindrica, bombata dal lato rimasto. In questo caso non 122
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
è d’aiuto il confronto con l'incisione di Ransonnette: qui l’unico
turale, mentre ciò che resta dell'oggetto che reggeva in mano
attributo è la colonna (non squadrata ma cilindrica), leggermente
potrebbe essere compatibile con l’estremità di un cannocchiale
inclinata, mentre la posizione del manto crea nella stampa l'e-
o di una sfera armillare. Purtroppo la perdita di questo elemento
quivoco di un lembo della veste sollevata. Elementi che si disco-
decisivo non ci permette la certezza assoluta dell’identificazione,
stano dalla visione odierna della scultura, probabilmente perchè
che quindi resta in bilico tra possibilità diverse che potrebbero
tutti gli attributi, per posizione o dimensioni, sono pressochè in-
riassumetsi nell’etichetta generica di “Arte liberale”.
visibili per chi guarda la facciata dal basso, tranne la colonna che, per l'appunto, è l’unico elemento riportato nell’incisione.
Ma si potrebbe aprire anche un’altra possibilità: compasso e squadra compaiono, come altre volte nella tradizione, ai piedi
Tornando quindi all'esame degli attributi attualmente osserva-
della presunta Astrozozzia, ma il fatto che pet la collocazione
bili, i due meno generici sembrano essere squadra e compasso,
molto elevata della statua non potessero essere visti da nes-
che, uniti, caratterizzano l’allegoria dell’Archifettura, sia nella tradizione che secondo il Ripa‘ . Ciò che crea qualche perplessità
suno può far pensare che vi fosse un’intenzione segretamente allusiva, nota solo al committente e alla sua cerchia più stretta.
è che squadra e compasso sono attributi anche di altre scienze,
Squadra e compasso appartengono, come è noto, alla simbo-
come ad esempio la Geozzetria, mentre corona di foglie e collana
logia massonica e le vicende della famiglia Pisani sono legate a
non sono pertinenti a nessuna di esse.
doppio filo alla storia della massoneria nel Veneto. In ambito
La presenza della corona vegetale, di cui tradizionalmente sono
veneto gli interessi esoterici ampiamente coltivati in Accade-
dotate le Muse®”, potrebbe far pensare a una specifica personifi-
mie e dotti circoli aristocratici costituirono terreno fertile per
cazione dell’Astronomia, quella di Urazia, alla quale ci riconduce
la nascita delle prime logge massoniche; questi interessi non
anche la ricchezza
Cesare
erano forse estranei ad Almorò Pisani, visto il suo profondo
Ripa, in una delle versioni di Urania proposte nella sua Icono/ogia,
sodalizio intellettuale con Girolamo Frigimelica che, secondo
orientaleggiante
dell’abbigliamento.
descrive la musa proprio con un compasso in mano”. La colon-
la testimonianza di un contemporaneo,
na, allora, andrebbe considerata come semplice elemento strut-
“Scienze divinatorie””!.
dell’allegoria di Venezia-dominatrice era diventata ormai totalmente inopportuna e si sarà forse scelto per praticità di non rimuoverla (la statua
g
Nel complesso monumentale si trova un’altra allegoria della Giustizia, sul coronamento delle Scuderie, che regge un altro attributo previsto da Cesare Ripa (La più che novissima, cit., Il, p.
cipale. Purtroppo nell’Archivio Storico di Villa Pisani, che conserva materiali datati a partire dal
299), ossia il “fascio di verghe con una scure legata insieme con esse”.
relativo.
64
65
mano l’archipendolo et il compasso con uno squadro, nell’altra tenga una carta, dove sia disegnata la pianta d’un palazzo con alcuni numeri attorno” (C. Ripa, La pià che novissima, cit., I, p. 55). 69 “Le coronavano poi di vati fiori e di diverse frondi et alle volte ancora con ghirlande di palma” (V. Cartari, Le iagini de è dei de gli antichi
Ivi, II, p. 595. La Prudenza è presente anche nel
[Venezia
Il primo documento in cui si cita “lo Stema Reale
coronamento
gnago, M. Pastore Stocchi e P. Rigo, Vicenza
sopra il Timpano della Faciata di questo R.Palazzo” è la minuta di una lettera del custode Gio-
minile con un serpente attotcigliato al polso e uno specchio in mano. Come nella facciata
70
vanni Francia, datata 24 maggio 1809 e indirizzata al “Regio Comisario Generale di Polizia del Adriatico” (ASVP, b. 41/1, fasc. Carteggio Ufficiale
principale della villa, la Pruderza è accanto alla Giustizia, mentre Fortezza e Temperanza sono collocate sull’altra ala.
più che novissima, cit., II, p. 585). Sesta o sesto è l’antico nome del compasso. 71 E Torri, Selva di un apparato per la storia di Mo-
1809, c. n.n.).
63
i piaceri che vengono
ha un peso che si aggira tra i 15 e i 16 quintali) ma, più semplicemente, di cambiarne il significato con la facile rimozione dell’attributo prin-
1807, non compare nessun documento
62
di vita, ma nello svago
dalle scienze e dalle arti”.
si occupava anche di
66
Lo riferisce A. Fornezza, Indagine storica, cit., p.
Nella
scheda
delle Scuderie, come
di
catalogo
figura fem-
05/00144049
del
1587], a cura di G. Auzzas, E. Marti-
1996, p. 52). “Con la sesta facendo un cerchio” (C. Ripa, La
dena, ms.,
Modena,
Biblioteca
Estense,
Cod.
1992, Gualazzini afferma che “la mano sinistra
It., a.G.
2, 16, 993, citato da B.M. Tognolo,
27. La presenza della bilancia è testimoniata da
è mutila, ma è ancora visibile una parte d’im-
Girolamo
Frigimelica
varie foto storiche
pugnatura di una spada, anch’essa perduta [...]
LVII. Corboz inserisce Girolamo Frigimelica
la più antica risalente al 1866, è pubblicata in
si tratta sicuramente
in “una tradizione esoterica già vecchia di alme-
Venezia. Italia. Villa Pisani da villeggiatura di cortea museo degli Italiani, a cura di S. Ferrari, G. Rallo, Oriago 2011, p. 7) la più recente al 1959,
l'impugnatura della spada, ora perduta, può far pensare a una rappresentazione della l'ortezza, anche per la presenza della colonna, attributo
no due secoli e che preparava in un certo senso la massoneria veneziana. Tra la Riforma e la fine del Concilio di Trento Padova fu il centro
quest’ultima pubblicata in M. Marenesi, La vi/la
mediato
delle speculazioni misteriosofiche in Veneto, di
nazionale, cit., p. 21) e da una lettera inedita del
grafia della Fortezza, a partire dal Rinascimen-
cui alcune correnti riuscirono sotterraneamente
1905 del conservatore
to”. In realtà non
vi è alcun riscontro di ciò
a sopravvivere. E forse vi riuscitono meglio che
Ximenes (ASVP, b. 44/1, fasc.186, c. n.n.).
nell’incisione di Carboni e Ransonnette e pare
altrove nella penisola, che quasi non conobbe
La scheda di catalogo 05/00144051,
improbabile si trattasse di una spada, elemen-
la massoneria
ta da Cecilia Gualazzini nel 1992 quando già la
to che sarebbe stato ben visibile da terra e che
to.
statua non recava più la bilancia, per l’individuazione del soggetto si basa sul già citato Marenesi, che scriveva quando la bilancia ancora c'era:
quindi Carboni non avrebbe trascurato di ripottare, come ad esempio la scimitarra nella statua dell’ussaro nel timpano est.
440). Inoltre, che le ville in particolare fossero centri di elaborazione del “magistero ermetico” è tesi sostenuta da R. Rugolo, Agricoltura e al-
“Pidentificazione
(tra quelle che ho reperito,
del museo,
Empedocle compila-
dell’allegoria (di non
imme-
dall’eroe biblico Sansone
nell’icono-
operativa”
cit.,
pp.
(A. Corboz,
LVII-
Camalet
Una Venezia immaginaria, Milano 1985, Il, p.
Si noti che Ripa attribuisce perle e tessuto da-
chimia nel Rinascimento. Un'introduzione allo studio
diata riconoscibilità) è avanzata dal Marenesi,
mascato all’allegoria dell’Orzezze. Naturalmente
della villa veneta, in “Studi Veneziani”, XXVII,
che dice in proposito ‘Sappiamo i Pisani gente
non s'intende qui che la statua rappresenti PO-
1994, pp. 127-164). Le prime logge massoniche
di vita austera. Non per nulla sul sommo dei fastigi delle due facciate vollero poste le statue della Giustizia, e di un Capitano da Mar, ritratto di Almorò Pisani, e quindi non le chiacchere dei
riente (che è fra l’altro un maschio), ma che si tratti di una figura volutamente abbigliata all’orientale. “Donna di matura età con le braccia ignude
vere e proprie a Venezia apparvero invece, con ogni probabilità, a partite dagli anni trenta del Settecento. Inizialmente furono tollerate dalla Serenissima, nonostante la bolla papale di sco-
et con la veste di color cangiante, tenga in una
munica del 1738, anzi quasi in tacita opposizio-
cicisbei leziosi [...] dovevano segnare il tenore
67
di una figura allegorica:
architetto,
68
123
FRANCESCA
18.
MARCELLAN
19
Francesco Bertos, Luberalità. Stra, Villa Pisani
Per un coinvolgimento diretto dei Pisani nella fratellanza massonica bisogna arrivare al 1785, quando gli Inquisitori di Stato, “dopo aver tanto tempo tollerato’”?, chiusero la loggia Fidelitè di Rio Marin: tra i nomi degli aderenti — i più bei nomi del patriziato veneziano — compariva anche quello del già citato Almorò I Alvise Pisani (1754-1808)?.
Francesco Bertos, Prizavera. Stra, Villa Pisani
Per motivi di cronologia, tuttavia, gli elementi massonici nell’ap-
parato decorativo di Villa Pisani non possono legarsi ad Almorò I Alvise, bensì al padre Luigi, che però, essendo morto
del 1785, non poteva
prima
risultare in quella data tra gli affiliati della
loggia Fidelità. Conferma indiretta del legame di questo personaggio con la massoneria
si trova tuttavia in un’opera di Ales-
ne ad essa nell’ambito di una politica giurisdizionalistica e anticuriale. Questa tolleranza era
sioni, una loggia massonica, come confessò lo
d’arrivare a Lione dove saprò da voi il detta-
stesso autore nei suoi Mezzozres. Goldoni aveva
glio. Come?
anche dovuta al fatto che, a giudizio degli sto-
forti legami con
tollerato. Suppongo che voi sarete stato imba-
la famiglia Pisani, cui dedicò
Perchè?
Dopo
aver tanto
tempo
rici, la massoneria veneta non aveva certo ca-
anche varie opere (ad esempio, a Zuan France-
razzato
rattere eversivo “aperta al progresso degli studi
sco Pisani
l’indifferenza al racconto d’una tale novità, ma
filosofici e sociali, ammirata del genio scettico
ze di Luigi Pisani e Paolina Gambara
ed arguto di Voltaire, ma nello stesso tempo non mescolata nè di affari di governo né di religione” (R. Gallo, La 4bera muratoria a Venezia
ammalata nel 1753 e a Marina Sagredo
La Dalratina
nel 1758, per le noz-
assai nell’affare. Io ho mostrato
tutta
La finta
confesso il vero, mi è stata sensibilissima anche
Pisani
per le conseguenze” (R. Targhetta, La zzassoneria
teale della loggia, col falò degli arredi nel cortile
nel ‘700, in “Archivio Veneto”, 60-61, 1957, p.
La dama prudente nel 1754) e “negli ultimi anni della sua vita frequentò a Parigi il palazzo di Sua Eccellenza il Signor Cavalier Almorò I Alvise
77). La diffusione della massoneria, al di là degli
Pisani, ambasciatore veneto, notissimo e attivo
“conseguenze”
affiliati, era anche una questione di moda, un
massone”
non sudditi che furono espulsi dallo Stato, men-
aspetto di quegli interessi culturali illuministici che si diffondevano nei salotti (R. Targhetta, La
(A.M. Caldel,
veneta, cit., p. 169). Nonostante la chiusura pladel Palazzo
Venezia e la meassoneria
Così scrive Alvise Pisani, esprimendo
cora populo, le paventate
riguardarono
solo gli affiliati
tre non fu preso alcun provvedimento contro quelli patrizi, che anzi continuarono ad occupa-
nel Settecento, Venezia 1995, p. 25). 72
Ducale
tutto il
massoneria veneta dalle origini alla chiusura delle logge
suo stupore per la chiusura della loggia in una
(1729-1785), Udine 1988, p. 41). Tra le testimo-
lettera
nianze teatrali l’esempio più noto è senz'altro quello de Le dorme curiose (rappresentata pet la
17 maggio 1785, a pochi giorni dal fatto (cui non era stato direttamente coinvolto perchè si
Nipote del doge Alvise, figlio di Almorò III Alvise detto Luigi e di Paolina Gambara, divenuto enormemente ricco grazie alle nozze (1775)
prima volta nel 1753) di Carlo Goldoni, com-
trovava all’estero): “Dal residente ho saputo
con Giustiniana Pisani del ramo di Santa Maria
media che mette in scena, con trasparenti allu-
una nuova che mi dispiace assai, e che bramo
del Giglio, ricoprì importanti cariche. Amba-
al confratello
124
Giuseppe
Albrizzi
del
re alte cariche. 73
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
sandro Longhi, La farziglia del procuratore Luigi Pisani, che ritrae il gruppo sullo sfondo delle Scuderie della villa di Stra. In basso a destra, sono ritratti vari oggetti: un violoncello, un mappamondo e un libro aperto (fig. 17) in cui compare il simbolo massonico
tivo, l’altra virtù pratica e religiosamente connotata.
I Pisani
esercitavano concretamente queste virtù nella loro dimora veneziana tramite le elargizioni ai poveri e l’apertura della loro
biblioteca, mettendo a disposizione della collettività il patri-
dell’esagramma, la squadra, il triangolo isoscele e il quadrato”,
monio del sapere: i due aspetti per cui il palazzo di campo
occultati tra altri “innocenti” poligoni irregolari dai contorni mi-
cello. L’opera è databile proprio alla fine degli anni cinquanta
Santo Stefano era famoso in città, com’è ricordato nel poema in esametri latini di Nicandro Jasseo Venezae urbis descriptto (Venezia, 1780): “Sed tu pacis amans dum pulchra palatia
del Settecento”, data l’età che dimostrano i figli di Luigi, quindi
cernis,/ Pisanam admirare domum; sese illa per auras/ Erigit;
in un giro d’anni vicino alla decorazione a fresco di buona parte
ex aditu, quae fiunt penetralia, nosces./ Bibliotheca patet, si
stilinei e parzialmente coperti dall’ombra proiettata dal violon-
delle stanze della villa. E proprio in una di queste sale, quella del
forte incumbere
Trionfo delle Arti, l'apparato decorativo è costellato di simboli
quos Fama decorat,/ Effigies, non mole pari, formaque ro-
176 massonici’°, come ormai accertato dalla critica.
tundas/ Aere gravi fusas, pretio numeroque carentes/ Aspi-
libris/ Doctus
ames:
pluresque hominum,
La statua potrebbe dunque non essere una semplice Arze 4-
cies; si quo ulterius quoque signa requiras,/ Aspice tot mise-
berale, ma
ogni caso, l’allegoria ben si appaia alla Carità: entrambe sono
tos grato condita sapore/ Juscula, ligna etiam, valeant queis pellere frigus,/ In proprias deferre domos: fit cura egenos/ Cor procerum, miserisque favet sic divite dextra””.
espressione di filantropia, l’una dal carattere laico e specula-
I riferimenti massonici nell’apparato decorativo della villa non
contenere
un’allusione al culto massonico
per le
scienze e le arti, strumento di progresso per l’umanità”. In
sciatore alla corte di Spagna e poi a quella di Francia, dal 1793 procuratore di San Marco de
nendo in pubblico molti ritratti, s’acquistò in
trovarsi in perfetta corrispondenza con l'angolo
età giovanile buon
Citra, era savio al Consiglio al momento
della
ebbe dall’Eccels.ima Casa Pisani di S. Stefano
formato da una losanga dell’ornato e tende a confondersi con quest’ultimo. Anche nella Sala
caduta della Repubblica e fece poi parte della
ordinazione di pingere tutta la Nobil Famiglia
delle vedute
municipalità democratica, intrattenendo buoni
al naturale,
contiene
rapporti con i Francesi. Dai vasti interessi cul-
proseguire tutta la serie fino i fanciulli di S.E.
turali, fu accademico
Procurator Luigi, tutto espresso in due grandi tele”. Barbata Mazza osserva che alla celebrazione
d’onore
dell’Accademia
di Pittura, Scultura e Architettura e poi presidente dell’Accademia di Belle Arti. La sua affi-
liazione alla massoneria andrebbe fatta risalire a una data precedente al 1784 o addirittura al 1777, come si può dedurre da un’osservazione
di Lino Moretti in merito alle opere d’arte di palazzo Pisani di campo Santo Stefano, oggetto di grandi lavori di restauro e abbellimento tra il 1776 e il 1779. Moretti fa risalire a questo giro d’anni un intervento decorativo di un passaggio
a una scala a chiocciola, praticabile solo dalla famiglia, “ornato con stucchi dai soggetti piuttosto singolari”, tra cui, dietro un finto drappo frangiato, appaiono appesi a un nastro squadra, compasso, goniometro e un cartiglio. Moretti,
dal Serenissimo,
dei monocromi massonici:
del soffitto un
busto
di
Mercutio (divinità dell’iniziazione ermetica) un compasso, un maglietto e due ruote. 77
Si noti inoltre che la statua ha la corona di foglie
e la collana in comune con la figura maschile di
palese di Pittura, Scultura e Musica, posta in
primo piano tramite l’affresco del soffitto, si affiancano, in un secondo piano non immediatamente evidente, monocromi, sovrapporte e soprafinestre in cui sono raffigurate Ar berali e Scienze, con l’insistita presenza di ‘attributi di probabile allusione massonica, compassi,
uno
dei simboli
una sovrapporta della Sala delle arti, individuata
come massonica da Pavanello (7bide7). 78
“Ma tu che ami la pace, mentre guardi i bei palazzi ammira la dimora dei Pisani; si innalza alta,
la riconosci dall’ingresso, che si trova nella partte interna. La biblioteca è aperta, se sei un dotto
che ama chinarsi sui libri: guarda i ritratti innu-
squadré, fili a piombo” (B. Mazza, I/ tonfo della
merevoli e di inestimabile valore di molti uomi-
scienza ovvero “la luce dell'intelligenza vince le tenebre
ni che la fama rende illustri, fusi nel bronzo e di
dell'ignoranza”. Ideologie dell'illuminismo e questioni iconologiche nella decorazione delle ville venete tra Sei
forma rotonda, ma non delle stesse dimensio-
ni; e se cerchi dei segni più in là, guarda come
e Settecento, in “Studi Veneziani”, 23, 1992, p.
tanti infelici godano di una buona
anche di legna, da pottarsi a casa per scacciare
minestra e
sulla scorta del Gallo, li interpreta come simboli
massonici: “la loro presenza sarebbe dovuta ad
Pavanello,
Alvise Pisani, che fu libero muratore, e che li
paesaggi”, in Gli affreschi nelle ville venete dal Seicento all'Ottocento, Venezia 1978, I, p. 243, cat. 189/C. La decorazione a fresco della sala è attribuita
Oggetto del poema è una descrizione della città
a Fabio Canal, con
vette la visita di Federico Adolfo, fratello del re
di Svezia e comprotettore della provincia massonica italiana, o nel 1784 per la venuta di Gu-
Vi//a Pisani ora nazionale, Stanza “dei
il freddo: il buon cuore dei nobili si prende cura dei poveri, e la mano del ricco dà appoggio ai miseri” (N. Jasseo, Venetze urbis descriptio Venezia 1780, III, vv. 227-238, traduzione dell’autrice).
al 1760, da
di Venezia e di una parte dei territori circostandi città dei Pisani di Santo Stefano, ricordato
Moretti, I Pisani di Santo Stefano e le opere d’arte del
Giuseppe Pavanello, che analizza in modo più dettagliato queste porzioni di decorazione parietale: “tra le allegorie femminili nei monocro-
loro palazzo, in 1/ Conservatorio di Musica Benedetto
mi compare una figura di donna che reca un
“misericordia in pauperes” (sotto forma di di-
Marcello di
Il triangolo isoscele rappresenta “il fuoco elementare” e “la designazione di sublime gli è stata data dai Pitagorici” (J. Boucher, La sizbologia
vaso e una torcia (alchimia e massoneria) e ha ai suoi piedi una pietra levigata con incisa la stella di David (allusione al tempio di Salomone). Anche le sovrapporte recano strumenti asso-
massonica, Roma 1980, p. 88), mentre il quadrato
ciabili a simboli massonici:
può essere inteso come costituito da quattro squadre a braccia uguali, riunite alle estremità (ivi, p. 2).
degli iniziati, l’acacia, il disco solare, l'ancora”
giunta una nuova ala al palazzo. Istituita da uno
(G. Pavanello, in G% affreschi nelle ville venete. 1/
dei fratelli del doge, Lorenzo Pisani (o dall’al-
stavo III, anche lui alta autorità massonica”
75
e cominciando
e fama; perlochè
178). L’autrice riprende e sviluppa un’interpretazione già proposta da E. Zava Boccazzi e G.
avrebbe fatti eseguire o nel 1777 quando rice-
74
76
concetto
(L.
Venezia, Venezia 1977, p. 158).
R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento,
Milano 1995, II, p. 435 data l’opera al 1758 circa e cita il Compendio delle vite de’ Pittori veneziani, Istorici più rinomati del presente secolo con suoi ritratti tratti dal naturale delineati ed incisi (1762): “espo-
una datazione
l’orologio, il libro
ti. Una decina di versi sono dedicati al palazzo
appunto esclusivamente per la biblioteca e la stribuzione ai poveri di legna e minestra “grato
sapore). La biblioteca, che occupava un enotme salone soprastante la Sala da ballo, era stata
realizzata agli inizi del Settecento quando, su progetto
di Girolamo
Almotò,
secondo
venne
ag-
Settecento, a cura di Id., Venezia 2011, II, p. 282,
tro
cat. 198). Vi è anche un’altra allusione, celata negli ornati di Pietro Visconti e mai segnalata in
dei Pisani Anton
letteratura: ai lati dell’affresco del soffitto appaiono dei putti, uno dei quali regge una squadra
aveva avuto licenza papale per tenere libri proibiti, concessione celebrata anche dall’apparato
cui normalmente non si fa caso, perchè viene a
decorativo, che comprende due bassorilievi con
125
fratello
Frigimelica,
Giovanni
il bibliotecario
Bonicelli, nel suo
Bibliotheca Pisanorum, cit., Il, p. 351), nel 1726
FRANCESCA
MARCELLAN
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22
Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), Della
Villa Pisani a Stra
Facciata del Palazzo sul Fiume Brenta, particolare
dovevano
affatto
dispiacere
al suo
successivo
proprietario,
Eugenio di Beauharnais, primo Gran Maestro della loggia $$ del Grande
Oriente
d’Italia (1805), il che basta a spiegare come
mai non
vennero
rimossi, tanto più che era massone
anche
Giovanni
Antonio Antolini, l'architetto che con Giuseppe Soli
curò la ristrutturazione della villa per adeguarla all’uso di reale
villeggiatura”. Sull’attico destro appaiono le figure di due giovani donne che rappresentano la prosperità effetto del buon governo e sono accomunate
dal fatto che dispensano
doni, si tratti di monete
generosamente
i loro
o di fiori, a testimoniare un principio
distributivo, orientato al bene comune, suggerito anche dal loro
sguardo rivolto verso il basso, al popolo. La prima statua (fig. 18) rappresenta una figura femminile ridente, che regge sul fianco sinistro un bacile colmo di monete
e gioielli, da cui attinge con la mano destra, in un gesto che sembra preludere alla distribuzione di questi beni. Si tratta della traduzione letterale in immagine di una delle tre descrizioni che
Cesare Ripa dà della Liberalità: “Giovanetta di faccia allegra, & riccamente vestita, con la sinistra mano tenga appoggiato al si21
Scultore veneto
dell'ultimo quarto del XVII
secolo, Madonna
del Rosario.
nistro fianco un bacile pieno di gemme,
Stra, Villa Pisani
e di monete
d’oro, delle
quali con l’altra mano habbia preso un gran pugno, & le sparga 126
L’OPERA DI FRANCESCO BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
ad alcuni puttini ridenti, & allegri, che da se stessi se ne adorna-
aveva avuto grande sviluppo a partire dall’età della Controri-
no, & le portino in mostra per la gratitudine’’*°. L’altra (fig, 19),
forma, trovando la sua consacrazione definitiva per opera di
una fanciulla seminuda, sorridente e coronata di fiori, è la pet
Pio V, con l’inserimento della festa dedicatale nel calendario
sonificazione della Prizzavera, anch’essa fedelmente ripresa dal
liturgico, alla prima domenica di ottobre, in concomitanza con
Ripa: “Una fanciulla coronata di mortella, e che habbia piene le mani di vari) fiori, haverà appresso di sé alcuni animali giovinet-
l'anniversario della battaglia di Lepanto (domenica 7 ottobre 1571). La vittoria riportata in questa battaglia dalla flotta cri-
ti, che scherzano. Fanciulla si dipinge perciòche la Primavera si
stiana, capitanata da Venezia, era infatti ascritta all’intervento
chiama l’infantia dell’anno”. Purtroppo la mano destra della
miracoloso proprio della Madonna
Primavera è mutila, ma nella riproduzione della facciata di Car-
anche il dipinto di Veronese A/legoria della battaglia di Lepanto,
boni e Ransonnette si vede chiaramente che la fanciulla regge
conservato presso le Gallerie dell’Accademia.
un ramo fiorito (fig, 20). Con gli attici si conclude la trattazione
Si tratta quindi di una versione del culto mariano
del tema del buon governo, poichè i soggetti delle statue poste
all’insegna della pietà popolare come forma di preghiera acces-
sui timpani laterali sono invece strettamente legati alla destina-
sibile a tutti, venne poi connotato esplicitamente come “arma”
del Rosario, come
attesta
che, nato
zione d’uso dei locali sottostanti.
nella lotta contro gli infedeli.
Le statue del coronamento
gliere questo tratto, interessata com°’era a rappresentare l’im-
del timpano soprastante alla cap-
E Venezia non poteva che co-
pella, come si è anticipato, dovevano già comparire sul fronte
pero turco, che minacciava i suoi possedimenti d’oltremare e i
dell’oratorio preesistente, risalente al 1685. Il primo oratorio
suoi traffici, come “comune nemico dei cristiani”, l’Anticristo
dei Pisani a Stra era stato fatto costruire da Alvise Pisani pro-
dell’Apocalisse. Non stupisce, quindi, che a Venezia il culto del-
curatore di San Marco (1636-1710), che lo fece titolare alla Ma-
la Madonna del Rosario fosse così vivo e che i Pisani abbiano
donna del Rosario, della quale si professava devotissimo nel
scelto di dedicarle sia l’oratorio del palazzo di città che quello
suo testamento". La statua centrale (fig. 21) che raffigura Ma-
della dimora di villeggiatura.
ria, tuttavia, ibrida due diversi e ben distinti tipi iconografici:
Il dogma dell’Immacolata Concezione, invece, venne
quello della Madonna
solo nel 1854 da Pio IX, ma già il Concilio di Trento si era pro-
del Rosario rappresentata con il Bam-
bino in braccio e la mano
sancito
tesa a porgere ai fedeli il rosario e
nunciato in tal senso nel 1546 e Clemente XI, nel 1708, aveva
quello dell’Immacolata Concezione, figura stante, che calpesta
esteso la festa dell’Immacolata alla Chiesa universale. Il tipo
la mezzaluna posta ai suoi piedi. Nell’incisione di Catboni e
iconografico si era delineato a partire dal Seicento, precisandosi
Ransonnette (fig. 22) è dato particolare risalto alla mezzaluna, particolare che invece non è affatto visibile da terra”.
ti-Eva, colei che riscatta con la sua purezza l’errore della prima
La devozione alla Madonna del Rosario era allora vivissima e
donna che aveva condannato l’umanità al peccato originale, lo
i ritratti di Calvino e Lutero (L. Moretti, I Pisanz
con
l’incisione
si vede
inoltre
7). Fornezza, purtroppo senza citare la fonte,
che sul capo di entrambe le figure poggiava una
riferisce che “la consultazione di fotografie di
giorni a settimana e vi svolgeva le funzioni di
corona,
inizio secolo ha permesso
bibliotecario il cappellano di casa; secondo Mo-
(citcostanza testimoniata anche dalla conforma-
figura della Madonna
zione della pietra nei punti d’appoggio, tuttora
nella mano destra una corona del rosario” (Iydagine storica, cit., p. 27). Nella villa di Stra, oltre
probabilmente
in materiale
metallico
di osservare
originariamente
che la teneva
è questa al presente, nelle patrizie famiglie la più
visibile) e che Maria reggeva con la mano destra un oggetto che sembra essere uno scapola-
cospicua libreria, ben degna del magnifico sog-
re, mentre il Bambino
giorno, in cui è collocata; né cede poi ad alcuna
l'iconografia del Salvator mundi). Come già s'è
opeta di Giovanni Bonazza (oggi collocata nella
o pet l'abbondanza de’ volumi o per la preziosità delle edizioni” (G. Moschini, Della letteratura
notato in precedenza, non
sempre il duo Car-
cappella ottocentesca del piano nobile), del tutto
boni-Ransonnette si dimostra attendibile, quindi
corrispondente al tipo iconografico tradiziona-
veneziana dal sec. XVIII fino a’ nostri giorni, Venezia 1806, II, p. 51). Il numero dei volumi fu
lo scapolare sarà una svista per il rosario, consi-
le. Che la statua facesse parte della “Chiesetta soppressa” (quella soppressa, s'intende, in età
costantemente accresciuto finché non vennero
anche una delle tre cappelle di palazzo Pisani
napoleonica, non certo quella seicentesca) lo si
messi tutti all’asta nel 1810. Non stupisce dunque che Nicandro Jasseo la nomini, trascurando
in campo
apprende da R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit.,
nel 1717, eta dedicata, come recita un’iscrizione
p. 76, mentre
invece la Galleria, che pure raccoglieva opete dei maggiori maestri.
ancora
citare la fonte: “Solo nel 1853 la Statua della
Per l’affiliazione alla massoneria di Eugenio di Beauharnais e Giovanni Antonio Antolini si veda M. Fagiolo, Architettura e Massoneria. L'esote-
rismo della costruzione, Roma 2006, p. 146. Si noti che anche dopo la nascita del regno italico Al
80
Dal confronto
di Santo Stefano, cit.). Era aperta agli studiosi due
schini “e per l'ampiezza de’ luoghi e per la nobiltà degli armadj e per la copia degli ornamenti
79
83
nel secolo successivo. Poiché la Vergine veniva vista come l’an-
reca un globo (secondo
derata la titolazione della cappella. Si noti che Santo Stefano, restaurata e ampliata
leggibile 2 /co, alla “deipara m.virgini
a quella in facciata, era presente un’altra statua della
Madonna del Rosario all’interno dell’oratotio,
Nadia
Lucchetta
riferisce, senza
sacratiss. rosaty reginae” (R. Gallo, Una fazziglia patrizia, cit., p. 33). La devozione alla Madon-
dentemente
na del Rosario doveva essere una tradizione di
collocata nella attuale cappella privata del piano
famiglia, visto che anche
Almorò
Pisani, cui
Madonna
con
Bambino
del Bonazza,
prece-
ubicata in un altro oratotio, viene
nobile, dove è visibile tuttora, perchè il custo-
si deve la realizzazione dell’oratorio citato, nel
de Baroni
suo testamento scrive: “Per l’intercessione della
trovandosi essa in un luogo chiuso. Sappiamo
decide di sua iniziativa di espotla,
morò I Alvise mantenne l’affiliazione alla masso-
Santissima Madre del Signore Nostro Salvatore
inoltre sempre da Baroni che la statua è scolpita
neria, all’interno della loggia Eugenio Adriatico
Gesù Christo, Immacolata Vergine Matia Regi-
nel 1696 da Bonazza, trasportata a Stra nel 1801
(R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit., p. 120).
na del S.S.0 Rosario, che hò sempre invocato pet
nella chiesa della Villa, allora aperta al pubbli-
C. Ripa, La più che novissima, cit., Il, p. 442.
mia clement.ma protezione fino da primi anni della mia ettà [...] Prego con tutta la s.missione
co culto, mentre precedentemente era esposta
l'Angelo mio Custode, S. Giuseppe, S. Anna e
Pisani” (N. Lucchetta, // patrizzonio artistico nei se-
S. Antonio e gli altri Santi miei Protettori” (c.
col, in I tesori di
81
Ivi, III, p. 96.
82
ASVe,
Notarile.
Testamenti,
Gonella, b. 491, c. 51.
notaio
Domenico
127
nell’oratorio di Vescovana, sempre della famiglia Villa Pisani, cit., p. 45).
FRANCESCA
MARCELLAN
n
È EA di
al i
23
Scultore veneto dell’ultimo quarto del XVII secolo, Sant'Antonio da Padova.
24
Scultore veneto dell’ultimo quarto del XVII secolo, Sar Prosdoczzo. Stra, Villa Pisani
Stra, Villa Pisani
spunto per la rappresentazione era tratto dall’ Apocalisse di san Giovanni (XII, 1-5): “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. Anche la devozione all’Immacolata è riconducibile alla lotta agli infedeli, com'è esplicitato in un’orazione di Luigi Groto destinata al doge Alvise Mocenigo (1570), in cui la figura della Vergine si trasfonde nella personificazione di Venezia e la falce lunare si trasforma nella mezzaluna turca: “Questa [Vinegia] è quella ch’assomigliar si può a quella grave matrona che tien
rendola Iddio) l’impero de turchi”*. Le due iconografie mariane trovano così un punto di contatto che può aver permesso allo scultore di fonderle in un’unica rappresentazione: la lettura in chiave antiturca alla quale entrambe si prestavano.
sovra il capo una corona di stelle, intorno al corpo un manto
la villa si trovava all’interno della diocesi di Padova, ma di uno
di sole e sotto i piedi la rotondità della luna. La corona di stelle, sole, onde si orna il corpo, è lo splendor di Vostra Serenità, la
specifico tratto di devozione dei Pisani per il santo patavino, contitolare della cappella”. L’altro santo (fig. 24) porta un unico attributo visibile, perchè è
rotondità della luna che deve premere con le piante, sarà (favo-
mutilo del capo e di una mano:
Sui vertici inferiori del timpano ovest, soprastante alla cappella,
si trovano le statue di due santi. L’uno è facilmente identificabile con Sant'Antonio da Padova (fig. 23): veste il saio dei frati minori, regge un libro e ai suoi piedi compare un giglio. Non si tratta solo di un omaggio dei Pisani alla vicina città, visto che
onde si cinge il capo, è questa ghirlanda di senatori, il manto di
84
L. Groto,
il piviale, manto vescovile, reso
Le orazioni italiane e latine, Venezia
Andrea Pisani ai Turchi e un vessillo arrotolato
si sosteneva
1616, p. 209, citato da G. Poumarède, // Mediter-
entro una cassa e accompagnato da una tavola
ranco oltre le crociate. La guerra turca nel Cinquecento
dai Veneziani
contro
il Turco”
lignea dipinta recante questa iscrizione: “A divo
(ibidem). Questo appellarsi al santo in funzione anti-turca si lega senz'altro all’evento che deter-
e nel Seicento tra leggende e realtà, Torino 2011, p.
Antonio Patavino plurimis cumulatus beneficiis
minò la sua vocazione: dopo che il 16 gennaio
93. La donna
Aloysius Pisani in veneto exetcitu peditum dux
del 1220 cinque frati minori missionari furono
Vexillum
sui grati animo
uccisi in Marocco, “con il desiderio di emulare
veneziana, la basilica di San Matco, rappresen-
significationem ad ejus altate poni curavit die
quei frati protomartiri francescani, Antonio en-
tata a mosaico nella seconda metà del Cinque-
13 mensis Junii anno MDCCXCII”
trò nel convento minoritico di S. Antonio dos
cento dai fratelli Francesco e Valerio Zuccato.
schini, La chiesa e 2 seminario di Santa Marra della
Olivais. Subito dopo partì pet il Marocco” (S.
Presso
Brufani, Arzonzio di Padova, in Il grande libro dei
della Salute a Venezia, si conservavano fra altri
Salute in Venezia, Venezia 1842, p. 39). Come riporta Moschini, “si era decretata la erezione
oggetti votivi un /gb, insegna di comando mili-
di questo altare in onore di sant'Antonio di Pa-
tare usata nelle armate ottomane, strappato da
dova per avernelo protettore nella guerra che
Balsamo 1998, I, p. 182). Il 4g) era un “ambito e tangibile trofeo di quei condottieri occiden-
dell'Apocalisse
nel luogo simbolo
compare
anche
per eccellenza dell’identità
l’altare di Sant'Antonio,
nella basilica
hocce
in perennem
128
(G.A. Mo-
Santi, a cura di E. Guerriero, D. Tuniz, Cinisello
L’OPERA DI FRANCESCO
25
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
Francesco Bettos, Ussaro con recipiente. Stra, Villa Pisani
26
con precisione nella damascatura del bordo e nella lavorazione
Francesco Bertos, Ussaro con freno. Stra, Villa Pisani
all'uso dello spazio sottostante, adibito a rimessa per carrozze e
del fermaglio di chiusura, così come nel pizzo che orla la veste.
cavalli, per specularità con la statuaria del timpano ovest, come si
Dalla stampa di Carboni e Ransonnette abbiamo conferma del
è visto antecedente e dalla quale quindi non si poteva prescinde-
fatto che si tratti di un vescovo, per la presenza della mitra e del pastorale. Si può pensare al mitico protovescovo di Padova, san Prosdocimo, come già proponeva Fornezza. La conferma dell’i-
gure maschili in uniforme militare (figg. 25-26), con grandi baffi, giacca con alamari, mantello di pelliccia, berretto e stivali (alcuni
dentificazione viene dalla presenza nel patrimonio del museo di
di questi elementi sono visibili solo in una delle statue, perchè
re. Sui vertici inferiori del timpano campeggiano dunque due fi-
due statuette in legno tinte a bronzo rappresentanti Sar Prosdoa-
l’altra è mutila del capo e delle mani). Uno regge un freno e porta
mo e Sant'Antonio, verosimilmente dell’epoca dei Pisani",
la scimitartra, l’altro tiene in mano una cassettina che sembra con-
Anche la statuaria del timpano est non poteva che richiamatsi
tenere della biada. La foggia dell’abbigliamento porta a identifi-
tali che riuscirono a sottrarli ai comandanti degli eserciti islamici e che vollero trionfalmente esporli nelle loro dimore e nei luoghi pubblici delle loro città” (C. Tonini, Due tugh, in Venezia e l'Tslan 828-1797, catalogo della mostra [Vene-
86
originaria per ampliare l'appartamento del vicerò,
tio e di S. Antonio da Padova, allora di proprietà
mentre il nuovo oratorio realizzato al piano nobi-
della Nobb. Famiglia Patrizia Veneta Pisani di S.
le era ancora in fase di realizzazione. L’inventario,
Steffano, fu formata nell’appartamento superiore
che suddivide gli oggetti per stanze, riporta infatti
una interna Cappellina con Altare, sopra cui fu
nella nuova cappella solo la presenza di due tavo-
posta in quadro un immagine di Maria Santissi-
zia, Palazzo Ducale], Venezia 2007, p. 338, cat.
lini vecchi di noce e di un “altare non fenito”.
ma. Fu riconosciuta detta Cappellina e benedetta
119). Sia lo stendardo che il /g) non sono più esposti in basilica. Queste due sculture, pur senza l’indicazione del soggetto, sono infatti già presenti fra gli arredi della cappella nel più antico Inventario di quanto si trova di mobilie, et altro in questo R. Palazzo datato al 22 matzo 1808, quando la proprietà era da poco passata dai Pisani alla corona del napoleonico Regno d’Italia e non erano ancora avvenute importanti modifiche all’apparato decorativo nè incrementi significativi al corpus degli arredi. I Francesi avevano appena smantellato la cappella
appendice, con voci organizzate pet genere, com-
per commissione della Curia Vescovile di Padova
pare un Inventario di Roba di chiesa che comprende
da me attuale Parroco di Strà D. Giovanni Lanzi.
‘2 Altri Santi di Legno dipinti finto Bronzo”,
La Santa Messa non vi si celebra per altto che
In
identificabili appunto con quelli tuttora conser-
nell'incontro di trovarsi nell’Imp. R. palazzo, o
vati in villa. Per quanto riguarda la cappella otto-
sua maestà l’Imperatore, o S.A. Il Principe Vi-
centesca una fonte importante è nella prima visita pastorale di cui fu oggetto, risalente al 9 giugno
cetè, o sua Eccellenza il Governatore” (ASDPd,
1824, all’interno della relazione allegata: “Oratori
c. 497). L’estensore della relazione prosegue
interni, domestici. Nell’interno dell’Imp. R. palaz-
ferendo che la lettera di concessione risale al 4
Visttationim, CXIV,
aprile 1824-dicembre
1826,
ti-
zo piantato nel circondario di questa parrocchia
settembre 1807, da patte del patriarca di Venezia
oltre Brenta, dopo la demolizione del Pubblico
al “Cav. Abate Modesto Farina Consig, Di Go-
Oratorio sotto il titolo di Maria SS.Ma del Rosa-
verno, ora nostro vescovo di Padova”.
129
FRANCESCA
MARCELLAN
28
Nicolas Ransonnette (da Bartolo
Gaetano Carboni), Della
Villa Pisani aStra
Facciata del Palazzo sul Fiume Brenta, particolare
diede una briglia d’oro con cui catturare il cavallo alato Pegaso.
La grossa fune della statua, attributo posto in grande evidenza, è identificabile nella briglia di Atena. Che sia in evidenza, ben visibile anche da terra, si evince anche dalla stampa di Car-
boni e Ransonnette
(fig. 28), che scambia il cavallo alato per
un uccello, ma non manca di rappresentare la briglia.
Questa
visibilità era forse accentuata da una colorazione gialla, come parrebbero indicare delle possibili tracce di policromia non dilavate, ancora presenti nonostante il restauro abbia comportato
la perdita o l’occultamento di vari elementi, come ampiamente illustrato da Ileana Della Puppa nel còntributo seguente. 27
La scelta del soggetto può essere stata motivata dal desiderio
Francesco Bertos, Be/lerofonte doma Pegaso. Stra, Villa Pisani
di costituire un pendant con la statua dell’ussaro con in mano
il freno: versione mitica versus attuale dello stesso tema della doma del cavallo.
carli con ogni probabilità in due ussari”’, appartenenti all’arma di
cavalleria leggera di origine magiara, scelta piuttosto insolita per la statuaria dell’epoca, in cui statisticamente prevalgono di gran lunga i soggetti mitologici e allegorici su quelli “contemporanei”, che spesso vengono proposti in chiave comico grottesca, cosa che invece qui non accade". La loro presenza potrebbe essere giustificata dal desiderio di celebrare un episodio glorioso della biografia di Andrea Pisani, che in gioventù combattè in Ungheria “nel 1686 come volontario negli eserciti impetiali nell’assedio di Buda distinguendosi per particolari atti di valore?” La statua posta all’estremità dell’attico est (fig, 27) rappresenta una figura maschile, vestita all’antica con elmo, corazza e tu-
La
facciata sul parco
La superficie della facciata sul parco si caratterizza per una estrema semplicità, appena increspata da lesene e cornici e in cui gli unici elementi scultorei sono le già citate teste in chiave, qui più marcatamente
tanto che anche un sembrano corazione
giocose che nella facciata principale,
le due maschili, col cappello a cono (una delle due ha papi/lon e curiosi baffi a forma di corno di unicorno) quasi figure tratte dalla commedia dell’arte. La depare costituire così un controcanto leggero al mes-
fune legata al morso. Monti e Fornezza”, sulla scia della scheda
saggio marziale e solenne trasmesso dalla statuaria di coronamento: tutte le statue, tranne una (l’Occasiore, tradizionalmente
catalografica di Gualazzini, identificano il soggetto con Perseo,
nuda, e che qui calpesta un elmo, innovazione iconografica che
ma la scena della doma sembra attagliarsi meglio a un altro eroe mitologico: Bellerofonte domatore di Pegaso. Mandato a com-
la lega al tema bellico della facciata), vestono la corazza, molte
battere contro la Chimera, l’eroe venne aiutato da Atena che gli
schierato, pronto al combattimento.
nica, nell’atto di domare un cavallo alato tenendo una spessa
87. Gli ussari, originari dell'Ungheria dove vennero organizzati in modo permanente all’inizio del Seicento, erano soldati di cavalleria leggera la
stesso soggetto in Veneto, nel parco di villa
austro-turca; all’epoca l'Ungheria era in mano
Pulle Monga Galtarossa a San Pietro in Caria-
ai Turchi, ma l’armata comandata
no. Purtroppo la villa è stata descritta solo dal
duca di Lorena e composta da un contingente
W7/e venete. La
di varia provenienza (austriaci, tedeschi, unghe-
Verona, a cuta di S. Ferrari, Venezia
resi, cechi, italiani, francesi e svedesi) riuscì a
cui presenza si diffuse in vari eserciti stranieri, a
punto di vista architettonico in
partire dalla Prussia. L’identificazione mi è stata
provincia di
confermata da Giuseppe Gullino e da Egidio
2003, pp. 478-479.
Ivetich, che ringrazio. 88
portano elmi, scudi e armi, tanto da apparire come un esercito
A chi scrive è nota una sola altra statua dello
89
da Carlo V
espugnare la città fortificata il 2 settembre 1686.
R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit., p. 78. L’asse-
A. Fornezza, Indagine storica, cit., p. 27. In bibliografia
dio di Buda è un momento
nessun altro identifica il soggetto di questa statua.
130
della quinta guerra
L'OPERA DI FRANCESCO
29
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), De/la
Villa Pisani a Stra
Facciata del Palazzo sul Giardino, particolare
Rispetto alle statue della facciata principale, il cui soggetto è 85 stato a lungo frainteso, quelle del fronte parco sono senz'altro
di più facile lettura, non foss’altro che per l’assenza di sedimentate e svianti interpretazioni trasmesse dalla critica”. Al vertice superiore del timpano centrale si trova la statua di
Andrea Pisani” (fig. 30), ritratto in veste di capitano da Mar, con berretto a tozzo decorato con fiori stilizzati, mantello e
armatura (corazza e cosciali); guanti, bavero di pizzo e scatpini con fibbia completano elegantemente il suo abbigliamento. Andrea porta anche una croce, appesa ad una fascia sul torace. Si tratta della più alta onoreficenza concessa dalla Repubblica, quella di cavaliere di San Marco, che gli era stata conferita il 23 novembre 1717, poichè grazie “alla sua savia condotta” era stato “conservato il grande antemurale della piazza di Corfù,
30
Francesco Bertos, Andrea Pisani in veste di capitano da
Mar. Stra, Villa Pisani
ricuperata S. Maura, occupata Butrinto, assoggettate al dominio
di Venezia le due Piazze di Prevesa e di Bonitza”?. Il capitano indossa una lunga e voluminosa parrucca alla moda
rendeva questa statua il perfetto corrispettivo di
Venezza sull’al-
ancora seicentesca; sul lato destro i capelli sono portati però
tra facciata, in posizione speculare. Una traccia della presenza
dietro la spalla, molto probabilmente per mettere in evidenza
dei bottoni, realizzati forse in metallo, resta in un’alterazione
degli elementi oggi perduti: i quattro voluminosi bottoni d’o-
della superficie lapidea. Si tratta di una lunga striscia tra spalla e
ro massiccio che, insieme al bastone, rappresentavano i segni
braccio, che altro non è che la tamponatuta di alcuni larghi fori
del comando. Carboni
91
Il bastone si vede chiaramente nell’incisione di
e Ransonnette
d’aggancio, ancora visibili prima del restauro e documentati da
una foto del 1994” .
(fig, 29) e, retto con posa maestosa,
unico, con Fornezza — a cimentarsi
i soggetti delle due statue centrali delle facciate,
combattè contro i Turchi, la Guerra di Morea,
in un’interpretazione organica di questa facciata
e a proposito di quella sul parco affermava: “un
è stato infatti Monti: “Sul fronte opposto, verso
Capitano da mat — ritratto di Almorò
conclusasi con la pace di Passarowitz (21 luglio 1718). Morì poco dopo a Cotfù, il 28 novem-
Il primo —e
Pisani”
(M. Marenesi, La vi/la nazionale, cit., p. 5).
il parco, un Pisani, Alvise o forse suo fratello
bre 1718, nello scoppio della polveriera della
Andrea (1662-1718), fratello maggiore del futu-
Fortezza
di mare la Pace, assistita dalla Fortezza e dalla
ro doge, aveva iniziato la cartiera militare come
raffigurazione di Andrea Pisani evidenzia una
Vigilanza, ma anche la bellicosa Minerva, a cui si accompagnano la Prudenza e la Fortuna. Due
capitano a Brescia, dove il padre Zuan France-
lunga tradizione iconografica, abbondantissima
sco era podestà, ma appena ventenne (1682) venne posto al bando dalla Repubblica “per atti
soprattutto nella seconda metà del Seicento, in cui all’armatuta si combinano il manto purpu-
della famiglia, concludono la sfilata” (G. Monti,
ad isfregio delle monache di Santa Caterina di
reo e il bastone, simboli del potete conferito al
Storia e architettura, cit., p. 11). L'ipotesi che i due
Brescia” (R. Gallo, Una fazziglia patrizia, cit., p.
capitano. Questa combinazione
guerrieri rievochino
della famiglia
78). Arruolatosi dunque, pet ripiego, come vo-
cato particolare, come
è da tespingersi, visto che si tratta di guerrieri
lontario negli eserciti imperiali si distinse nelle
nel 1651: “tutti gl’altri Principi si rappresentano
con armatura all’antica, riconducibili piuttosto
imprese compiute durante il già citato assedio di Buda (1686) e grazie a questa circostanza
a se stesso, & a’ suoi popoli la tranquillità” (M.
Almorò, controlla in paludamenti da guerriero
guerrieri, probabilmente rievocanti personaggi
personaggi
a figure del mito. Inoltre Monti identifica erro-
92
Vecchia,
a causa
di un
fulmine.
ha un signifi
scrive Marco Trevisan
armati, il nostro togato come quello, che brama
neamente la statua in abito di capitan da Mar in
l’anno successivo riuscì a rientrare nell’armata
Trevisan, Vita di Francesco Erizzo Prencipe di
Alvise o Almorò Pisani. Si tratta invece dell’u-
veneta, percorrendo tutto il cursus boro
nezia, Venezia 1651, p. 41).
nico Pisani di Santo Stefano che ricoprì questa
lo avrebbe portato infine alla catica di capita-
catica, Andrea. Nello stesso errore di Monti era
no da Mar, che ricoprì dal 1716 al 1718. An-
già incorso Marenesi, che identificava però solo
drea prese parte all’ultima guerra che Venezia
131
che
La
Ve-
93 R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit., p. 78. 94 La foto è stata pubblicata in / zesori di Villa Pisani, cit., p. 10.
FRANCESCA MARCELLAN
31
32
Francesco Bertos, Mirerva. Stra, Villa Pisani
Francesco Bertos, Pace. Stra, Villa Pisani
lità. Sulla destra è Minerva (fig, 31), dea della strategia militare,
toria. A ovest appare prima di tutto una figura femminile dagli occhi spalancati e l’espressione vigile e tesa che indossa una corazza che lascia scoperti iseni e ha accanto un uccello mutilo
con la spada sguainata e lo scudo decorato con la testa di Me-
della testa, presumibilmente una gru, che porta a identificarla
dusa (ben visibile anche nell’incisione di Carboni e Ransonnette), attributo tipico della dea secondo la tradizione normata
con la Vigilanza” (fig. 33). La statua aveva forse altri attributi
già da Cartari nel Cinquecento”. Ma, a ricordare che Venezia
Fortezza in armi (fig, 34), poggiata a una colonna come presctive Ripa”, impavida nonostante le frecce conficcate nello scudo, che si notano nell’incisione di Carboni e Ransonnette (fig, 35) e sono ancora visibili nella foto allegata alla scheda di catalogo del 1991 (fig. 36). Nella documentazione fotografica precedente al restauro si notano alcuni fori che successivamente sono stati tamponati, in corrispondenza delle frecce metalliche perdute. L’unica freccia allora ancora presente è stata rimossa in quell’occasione, in quanto artugginita”, ed è tuttora visibi-
Le due statue che affiancano il Capitano, sui vertici inferiori del timpano, volgono il viso verso di lui, enfatizzandone la centra-
ora non più visibili, mutila com'è delle mani. Accanto a lei sta la
ormai da decenni non è più in guerra, al fianco sinistro di An-
drea Pisani è la Pace (fig, 32). Anche lei, insolitamente, porta una corazza, ma ingentilita da una corona d’ulivo e un ramoscello
della stessa pianta in mano, e la fiaccola che reca nella destra sembra pronta a dare simbolicamente fuoco a una pira di atmi ormai inutili,
come fa nel monocromo
omonimo dipinto da
Giandomenico Tiepolo nella Sala da ballo. Sugli attici laterali si dispongono le Virtù che portano alla vit-
95 “Alla quale [Minerva] fecero di più gli antichi nel petto la Gorgone, che fu il capo di Medusa crinito di serpenti, che cacciava fuori la lingua, e gliele posero anco alle volte nello scudo” (V. Cartari,
96
volatili, in due differenti versioni dell’allegoria: “DONNA,
ballo, in cui appare un gallo.
con un Libro nella destra mano, e
97
“DONNA,
armata, & vestita di color lionato,
in terra vi sarà una Grue, che sostenga un Sasso
il qual color significa Fortezza, per essere simigliante a quello del Leone, s’appoggia questa
Le imagini dei dei, cit., p. 338). Minerva ritorna per
col piede. [...|] DONNA,
donna ad una colonna, perché delle parti dell’e-
ben due volte e in duplice veste nei monocromi
un Gallo, e con una Lucerna in mano, perché il
di Giandomenico Tiepolo nella Sala da ballo, sia
Gallo si desta nell’hore della notte, all’essercizio
ne La guerra che in Minerva con le arti e le scienze, in
del suo canto, nè tralascia mai di obbedire alli
qualità di loro pattonessa come dea della saggezza, sempre con lo stesso tipo iconografico. Nella descrizione di Cesare Ripa la Vigilanza può essere infatti accompagnata da entrambi questi
nell’altra con una Verga,
»
e una Lucetna accesa
9
vestita di bianco, con
difitio, questa è la più forte, che l’altre sostiene,
gna a gl’huomini la Vigilanza” (C. Ripa, La più
a’ piedi di essa figura vi giacerà un Leone, animale da gli Egitij adoperato in questo proposi to, come si legge molti Scritti” (Ivi, I, p. 270). 98 Nella scheda di restauro (giugno 1994) si segna-
che novissima, cit., IL, p. 172). A_questa allegoria
la la “rimozione dallo scudo di una freccia in
è dedicato anche un monocromo
ferro”, senza precisare la motivazione dell’in-
occulti ammaestramenti della Natura, così inse-
132
della Sala da
L'OPERA DI FRANCESCO
BERTOS
E GIAMBATTISTA TIEPOLO
33. Francesco Bettos, [ig/arza. Stra, Villa Pisani 34
Francesco Bertos, Fortezza. Stra, Villa Pisani
35. Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), Della
Villa Pisani a Stra
Facciata del Palazzo sul Giardino, particolare
36
Francesco Bertos, Fortezza, prima del restauro. Stra, Villa Pisani
133
IN VILLA PISANI A STRA
FRANCESCA
37
Francesco Bertos, Occaszone. Stra, Villa Pisani
38.
Francesco Bertos, Ardita prudenza (?). Stra, Villa Pisani
39
Nicolas Ransonnette (da Bartolo Gaetano Carboni), Della
MARCELLAN
ViWa Pisani a Stra Facciata del Palazzo sul Giardino, particolare 134
L'OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO
le sulla statua un residuo metallico; ancora si nota una freccia
IN VILLA PISANI A STRA
gli attributi di specchio e serpente, a favore dell’innovazione
spezzata scolpita ai piedi della statua.
della fiaccola, tipica, ad esempio, di Bellona, dea romana della
Sull’attico est vi è l’unica figura non armata (fig; 37), la cui nudità
guerra, sottolineandone la declinazione in senso bellicoso!®,
è appena celata da un drappo, con le chiome al vento che dan-
L'insieme delle Virtù degli attici rimanda a un'immagine ideale che si ritrova già ben delineata nella trattatistica cinquecen-
zano davanti al viso e un piede instabilmente poggiato su di una
sfera”, mentre l’altro calpesta un elmo e ha dietro uno scudo.
tesca che indica “nella fortuna, virtù, arte militare, autorità e
Si tratta senza dubbio dell’Occasiore, a indicare la necessità per il
prudenza i principali cardini del perfetto capitano generale”?!
Capitano di cogliere il momento e agire con tempestività pet as-
Un modello importante devono poi essere stati senz’altro an-
sicurarsi la vittoria. In passato era stata scambiata con la Fortuna,
che alcuni monumenti funerari seicenteschi di capitani da Mar,
ma già Guerriero ne aveva stabilito la corretta identificazione!
come
Prima dell’Occasione, però, si incontra un’altra figura al suo fian-
dei Mendicanti, in cui compaiono le statue di Giusto Le Court
co, di più difficile interpretazione (fig, 38), tale da rendere onore
che rappresentano Fortezza e Prudenza"* , una coppia presente
ad esempio quello di Alvise Mocenigo a San Lazzaro
alla fama del “procedere oscuro, con esiti geniali ma assurdi”?!°!
anche nel ciclo di Stra.
di Bertos. Si tratta di una figura maschile con tre volti, vestita
A differenza della facciata sul fiume, sugli attici la statuaria dei
con elmo e corazza all’antica e che nella mano
destra regge
timpani laterali non allude alle troppo prosaiche funzioni dei
una fiaccola in posizione orizzontale! . Sulla corazza si ripete
vani sottostanti che erano semplici locali d’uso: in particolare ad ovest si trovava l’imponente quartiere delle cucine. Il discor-
il motivo dei tre volti, uno al centro del petto e uno su ciascu-
na spalla; sono in realtà appenna accennati, privi dell’ovale di
so resta concentrato
contorno ma ben riconoscibili. La scheda di restauro segnala
due soldati con armatura all’antica, uno astato in posizione di
una probabile parte mancante sulla sommità, dove è visibile
riposo e l’altro nell’atto di brandire la spada, affiancati da trofei
un perno; si trattava del pennacchio dell’elmo, visibile nell’inci-
militari. La prima cosa che si nota è che le due figure sono
sione di Carboni e Ransonnette (fig. 39). Questa figura è stata identificata con la Prudenza da Gualazzini!® sulla base dell’at-
età. Una, matura come
tributo dei tre volti, benchè Ripa descriva la Prudenza come
piumato e asta risponde all’iconografia tradizionale di Marte!
sul tema bellico, presentando ai vertici
agli estremi opposti sia da un punto di vista spaziale che per testimonia la lunga barba, con elmo
“donna, con due faccie”, non tre! 104 Potrebbe trattarsi in effetti
(fig. 40). La lunga barba suddivisa a ciocche e i tratti del volto,
della personificazione di quella “ardita prudenza” che è virtù
dagli zigomi fortemente rilevati, richiamano strettamente quelli
essenziale del buon capitano come scrive Trevisan!®: distaccandosi dall’iconografia tradizionale se ne sottolinea la natura differente rispetto alla Prudenza come virtù di buon governo
di un’altra opera di Bertos, il Neuro di Ca” Erizzo a Bassano
del Grappa!! 110 (fig, 41). L’altra figura (fig. 42) è un giovane imberbe armato all’antica (sulla corazza, al centro dello scollo e sulle spalle compare un piccolo volto); porta un casco simile
posta sulla facciata principale. Non vengono dunque utilizzati
99
tervento. Analoga rimozione è segnalata anche
con tre faccie; l’una alla parte destra di uomo, &
face in mano [...]. Di che intese Stazio quando
pet uno dei trofei di armi (si trattava sempre di
le altre due di donzella, per dinotare i tre tempi,
disse che al cominciare di un fatto d’arme Bel-
una freccia). Nel restauro è stato rimosso anche il cerchio metallico posto in capo alla statua di
a quali il Prudente hà sempre mira, & considera-
lona fu la prima che mostrasse l’ardente facella.
zione; che sono il passato, il presente, & l’avveni-
E Claudiano
Sant'Antonio come aureola.
re. È come che armata di corazza all'antica, mo-
usanza de gli antichi dicendo: Tisifone l’acceso
parimente parlò secondo
questa
antico, &
strando nel petto una faccia tutta piena d’occhi;
pino scuote/Con mano che miseria sempre ap-
nobilissimo Scultore, disegnò l'occasione; Don-
per dinotare la vigilantia in confermatione delle
porta” (V. Cartari, Le dvagini de i dei, cit., p. 325).
na ignuda, con un velo a traverso, che le copri-
parole sacre, che dicono, Vigilate, & estote pru-
Anche in Ripa l'attributo della fiaccola accesa è
va le parti vergognose, & con li capelli sparsi
dentes sicut serpentes. Però tiene avvolto ad un
spesso associato alla guerra o a concetti affini
per la fronte, in modo, che la nucha restava tut-
braccio il serpente, & in una mano il compasso;
ta scoperta, & calva con piedi alati, posandosi
che dinota il prudente convenire misurare tutte
sopra una Ruota, & nella man destra un rasoio”
le sue attenzioni, & nell’altra lo specchio; nel
(Ivi, II, p. 528).
Come
scrive Cesare
Ripa, “FIDIA
(Forza, Guardia, Guerra, Impietà, Ira). 107
M. Casini, Immagini dei capitani generali “da Mar” a Venezia in età barocca, in Il “Perfetto capitano”.
quale se stesso conviene contemplare. Le parole
Immagini e realtà (secoli
100 S. Guerriero, Per un repertorio della scultura veneta,
intorno al fregio del manto la rendono più chia-
nario di studi (Ferrara, 1995-1997), a cura di M.
cit., p. 216. 101 M. Favilla, R. Rugolo, Venezia ‘700, cit., p. 258. 102 C. Gualazzini la scambia per “una sorta di vaso cilindrico da cui si versa dell’acqua” (scheda di
ra, & conosciuta. FUTURA EXCOGITO” (G. Betussi, Desozzione del Cataio luogo del marchese Pio Enea degli Obizzi condottiero di gente d'armi, Verrara 1669, c. 20r-2). Nel dipingere questa allegoria
catalogo 05/00144105,
1992), mentre si tratta
sicuramente di una torcia. 103 Ibidem. 104 C. Ripa, La pè che novissizza, Il, p. 595. Per quanto
riguarda gli attributi dei tre volti e della corazza, nell’ambito delle ville venete si conosce almeno un precedente nel ciclo di affreschi di Giambattista Zelotti al Castello del Catajo (1570-1573), descritto dall’autore stesso del programma iconografico, il letterato Giuseppe Betussi: “La Prudentia si conosce, per essere figurata, & dipinta
105
106
NV-XVTI), atti del semi-
Fantoni, Roma 2001, p. 230. 108
R. Pellegriti, 1/ prograzzzza iconografico, in San LazZaro dei Mendicanti. Il restauro del monumento di Alvise Mocenigo,
a cura di E. Zucchetta, Venezia 2004,
Zelotti si discostò dalle prescrizioni di Betussi,
pp. 29-35; E. Zucchetta, La decorazione scultorea del
limitandosi a riportare l’iscrizione “Futura excogito” in un cartiglio accanto a una generica figura
monumento e l'iconografia del Capitano generale da mar ivi., pp. 37-55. Più che alla descrizione di Cartari (in Le dvagini
femminile, priva di altri attributi. M. Trevisan, Le aztioni Eroiche di Lazaro Mocenigo
109
de î dei, cit., p. 349) “fu Marte fatto dagli antichi
Cavalier, e ProcuratordiSan Marco, Capitan General
feroce e terribile nell’aspetto, armato tutto, con
da Mare della Serenissima Republica di Venetia, Ve-
l’asta in mano e con la sferza”, la statua richia-
nezia 1659, p. 39.
ma l’aspetto, per niente minaccioso, della tavola 62. che illustra il testo.
Secondo Cattari: “fu dunque Bellona appresso
de gli antichi una dea tutta piena d’ita e di furore [...] et alle volte la fecero con una ardente 135
110
I. Turetta, in M. De Vincenti, So/ture nei giardini delle ville, cit., p. 76, cat. 7.
FRANCESCA
40
MARCELLAN
Francesco Bertos, Marte (?). Stra, Villa Pisani
136
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
Li
Francesco Bertos, Nezno, particolare. Bassano del Grappa, Ca’ Erizzo Francesco Bettos, Perseo (?). Stra, Villa Pisani
Scultore veneto della prima metà del XVIII secolo, Trofeo navale. Stra, Villa Pisani Pietro Visconti, Paroplia, particolare. Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
137
FRANCESCA
MARCELLAN
1112 Completano il coronamento della facciata sul parco sei trofei
(fig. 43): quattro sui timpani laterali e due sugli attici. L'uno diverso dall’altro, costituiscono una brillante variazione sul tema,
mescolando in modo
sempre diverso simboli marinari (una
prua di nave, un’ancora) ad armi e armature (corazze, scudi, obici, asce, frecce) e al copricapo del capitano da Mar, oltre a
trombe da guerra e bandiere. Il messaggio iconografico affidato alla statuaria, pur in un unico intento celebrativo, nelle due facciate si differenziava dunque nettamente. Il timpano della facciata principale, con la triade Venezia, Giustizia e Prudenza riproponeva una formula cano-
45. Giovan Francesco Costa,
nica di celebrazione del buon governo della Serenissima!!. La facciata sul parco, invece, era dedicata alle glorie militari della Repubblica, con il timpano centrale occupato dal capitano da Mar affiancato da Minerva e dalla Pace, mentre i due guerrieri
Veduta del Palazzo delli NN. HH. Pisani. XLVII
vestiti all’antica e i trofei ornavano i timpani laterali.
ne mostra la concavità, mentre con la destra impugnava una
Le statue degli attici laterali completano il messaggio allegorico, con cause (Carità e Filantropia) ed effetti (Prizzavera e Liberalità) del buon governo da una parte e virtù militari dall’altra. Il fatto
spada oggi perduta, come
si vede nell’incisione di Carboni e
che almeno due statue degli attici presentino dei particolari in
Ransonnette (fig, 35). Potrebbe forse trattarsi di un Perseo'!!,
alcun modo visibili da terra per la loro posizione alla base delle
al petaso di Mercurio ma senza le ali, poggia la mano sinistra su uno scudo rovesciato, che a sua volta sta su una corazza, e
vista la forma particolare del casco e la posizione dello scu-
figure, porterebbe a pensare che si tratti forse di opere origi-
do, che ricorda lo stratagemma usato dall’eroe per evitare lo
nariamente collocate altrove e concepite per una visione ravvi-
sguardo pietrificante di Medusa. In tal caso sarebbe raffigurato
cinata, successivamente rimosse per arricchire la decorazione
proprio nell'atto di vibrare al mostro il colpo mortale. Indipen-
delle facciate, completandone il significato!!*.
dentemente dalla loro possibile identificazione, il fatto che le
L’impatto che la statuaria delle facciate doveva produtre su di
due sculture si trovino alle due estremità opposte e che siano
un visitatore contemporaneo è ben testimoniato da Nicandro
nettamente differenziate per età, mette l'accento da una parte
Jasseo: “Utque vident, quae sculpta ornant insignia frontem,/
sulla saggezza ed esperienza necessaria al condottiero, rappre-
Hoc genus, exclamant, Venetis memorabile
sentata dalla virile maturità del guerriero barbato in posizione
monumenta
ferma, dall’altra sull’ardore giovanile e la forza (se non addirittura l’astuzia di Perseo), che caratterizzano l’altra figura a spada sguainata.
Regum mittat in aulas,/ Sive armis, clarosque toga producat alumnos??!!9. Questo insieme celebrativo si riflette ampiamente nell’affresco di
111
Ci si basa qui sulle fonti visive della tradizione, perchè Cartari non dà nessuna
112
descrizione di
attici laterali di entrambi i fronti stranamente non compaiono nelle vedute della villa incise da
gum mittat in aulas,/ Sive armis, clarosque toga
dispersit in omni,/ Seu Patriae addicat, seu Re-
Perseo, né è citato nel testo di Ripa.
Giovan Francesco Costa, pubblicate nelle Delizie
producat alumnos,/
Trofei simili sono affrescati anche in Sala da bal-
del fiume Brenta espresse ne palazzi e casini sopra le sue
modo veste Senatum,/ Hic acies terra, regit ille
lo, sulle quadrature dipinte da Pietro Visconti ai
sponde (figg, 45-46). Le vedute di Villa Pisani sono
per aequora classes./ Vos olim Andream
quattro angoli dell’affresco di Tiepolo. Un solo
comprese
dell’opeta, com-
implacabile fulmen,/ Corcyrae vidistis aquae, & memorare potestis./ Creta doce, qua vi domuit
nel secondo
tomo
Caerulea
accedunt, rubra bello
trofeo, composto di cuscino su cui poggia il cor-
prendente sessantotto vedute di ville tra Dolo
no dogale, due trombe e un ramo di quercia, è
e Padova, la cui data di edizione è dubbia: l’e-
Laurentius hostes;/ Sic Vector, sic Oceano Ni-
celebrativo del doge. Gli altri tre sono legati al
semplare conservato al Correr reca la data 1756,
colae triumphas;/ Dicite vos prima exorti cuna-
tema bellico: in due di questi compare il cappello
ma potrebbe trattarsi di una seconda tiratura (1.
bula solis,/ Odrysiae quoties rubuistis sanguine
del capitano da Mar (uno è composto anche di
Puppi, Grovan Francesco Costa. Delle delicie del fiume
gentis?/ Littora sic forti pariter subiecta tyran-
corona d’alloro, ramo d’ulivo, scudo, obice, sten-
Brenta, in Andrea Palladio e la villa veneta, cit., p.
no,/ Invictas acies campis videre propinquis./
dardo e bastoni legati insieme; l’altro di due libri
424, cat. 152). Le vedute sono precise e detta-
Non
con sigilli, spada, obice, bastoni, tromba, corona
d’alloro, ramo d'ulivo e stendardo), mentre lultimo è invece una panoplia di armi turche, com-
gliate, anche nella resa della decorazione lapidea della facciata principale, ma puttroppo non per gli attributi delle statue che, viste le dimensioni
acta/ Saecula? Nuper enim Ludovicum aspexi-
posta di turbante, scudo, fatetra colma di frecce,
minime, sono sommariamente accennate.
vite paupet;/ Hunc cornu regale notat, quod
Nel poema la villa di Stra è descritta molto ampiamente (settanta versi) sia pet quanto riguarda il giardino che per gli interni. Di seguito la trascrizione integrale dei versi dedicati
in aedibus ornat/ Marmoream
alla statuaria delle facciate (libro VIII, vv. 547-
la mostra (Venezia, Fondazione Giorgio Cini),
nella storia di Venezia, ha spatso in ogni luogo
568): “Utque vident, quae sculpta ornant insi-
Venezia 1997, pp. 322-324, catt. 3-5.
testimonianze illustri di sé stessa, sia che le de-
gnia frontem,/ Hoc genus, exclamant, Venetis
dichi alla Patria, sia che le mandi alle corti dei
memorabile
re, sia che generi rampolli illustri per le armi o
stendardo, scimitarra, obice, ascia e 494 (fig; 44).
113
fastis/ Clara sui
loco dispersit in omni,/ Seu Patriae addicat, seu
La presenza del /g) nel trofeo può ricordare quello conquistato da Andrea Pisani e offerto alla basilica della Salute (cfr. nota 85). P. Rossi, in Venezia da Stato a Mito, catalogo del-
114 A questo
proposito, si noti che le statue degli
115
fastis/ Clara sui monumenta
138
loco
aetas
haec
laudet
caret;
quid volvimus
mus alto/ E Solio dare jura, illum reverenter amabat/ Magnates cum plebe humili, cum di-
faciem: Sed te
Francisce perenni/ Laude beant? (E quando vedono le sculture straordinarie che adornano
la facciata, esclamano: questa famiglia, gloriosa
L'OPERA DI FRANCESCO
46
BERTOS
E GIAMBATTISTA TIEPOLO
Giovan Francesco Costa, Veduta del Palazzo delli NN. HH. Pisani dalla Parte de
IN VILLA PISANI A STRA
Giardini. XLIII, particolare
Giambattista Tiepolo nella Sala da ballo. Tutto fa pensare, dunque,
dalla statuaria delle facciate, esplicitando ancora una volta la
che i Pisani abbiano commissionato a Tiepolo, dal punto di vista iconografico, un programma per pittura già tradotto nella statuaria
“convinzione dell’aristocrazia di far parte del migliore dei go-
delle facciate, la cui resa, visti “le vaste idee, le finezze dell'Arte, il
allegorie, ma alla paratassi delle facciate, scandita in un ritmo
vago, e stupendo colorito, la gran invenzione, ec. del celebre Gio-
ternario dettato dai timpani, si sostituisce nell’affresco una sin-
verni possibili”’!5. Per far questo vengono
riprese numerose
vambatista Tiepoletto”?!!° , non poteva certo essere una pedissequa
tassi che procede per gruppi compatti di figure. Fsattamente
copiatura, bensì una felicissima reinvenzione che dà il soffio della
come
vita alle personificazioni della statuaria, un’interpretazione decisa-
si sviluppa il tema del buon governo, mentre quella nord è ri-
mente “carnale” !!” delle eleganti allegorie di Francesco Bertos.
nelle facciate, però, nella parte sud della composizione
servata al tema bellico. Partendo dunque dalla prima parte (fig, 47), si nota che è dominata da Maria!!, protettrice di Venezia,
Giambattista Tiepolo
che sovrasta tutte le altre figure. Se la statua in facciata richia-
mava sia l'iconografia della Madonna del Rosario che quella L’affresco di Giambattista Tiepolo sul soffitto della Sala da ballo (tav. in apertura) riecheggia dunque il messaggio proposto
dell’Immacolata Concezione, la figura dipinta da Tiepolo sem-
bra rifarsi esclusivamente a quest’ultima: seduta su di un tro-
per la toga, arrivano in Senato con abito ora az-
parte il doge Alvise. Come è detto esplicitamen-
zutro ora rosso, questo conduce le schiere pet
te all’inizio del passo, lo scopo della statuaria
116
Così si esprime a proposito dell’affresco della Sala da ballo Rossetti (Desorzzzone delle pitture, cit.,
p. 360).
terra, quello le flotte per mare. Acque di Corfù,
della facciata è quello di portare chi osserva ad
voi un tempo avete visto Andrea,
se i nemici; così Vettor, così [insegna] i trionfi di
ammirare e ricordare le gesta della famiglia, illustre “armis et toga”, nell’esercito e nel governo dello Stato. Per dare maggior forza all’encomio, il poeta nomina anche due personaggi di un
Nicolò sul mare; ditelo voi, luoghi dai quali pet
ramo
primi nasce il sole, quante volte siete diventati
San Fantin (il capitano da Mar Nicolò e l’eroe
sta Tiepolo nel terzo centenario della nascita, atti del
rossi per il sangue del popolo tracio? Così pa-
della guerra di Chioggia Vettor) ma del ramo
convegno [Venezia, Vicenza, Udine, Parigi, 29
rimenti i lidi soggetti al violento tiranno videro le schiere invitte nei campi vicini. Ma questa età
di Santo Stefano
ottobre-4 novembre
Andrea e Alvise, precisando che a quest’ultimo
Padova 1998, p. 165). Sullo stesso tema e nello stesso testo si veda anche P. Rossi, Giambattista
fulmine im-
placabile nella guerra, e lo potete ricordare. È tu, Creta, insegna con quale forza Lorenzo vin-
117
re antiche pubblicate da Scipione Maffei nella Verona illustrata (1732) (G. Pavanello,
e di tempi recenti cita solo
non manca di lode; perché passiamo in rasse-
allude il corno dogale scolpito nel timpano della facciata, ulteriore elemento che potta quindi a
mo visto Alvise governare dall’alto del potere
datare post 1735 (data di elezione di Alvise al soglio dogale) l'erezione dell’edificio. Anche
118
insieme all’umile plebe, il povero col ricco; lo
l’accenno alle “aulas Regum” è un’allusione al
119
indica il corno regale, che nel palazzo adorna la
ruolo di ambasciatore
lo amavano
con
reverenza
i patrizi
ricoperto da Alvise per
Tiepolo e
la scultura: dalla copia all'invenzione, in Giambatti-
estinto della casata, quello dei Pisani di
gna i tempi passati? Non molto tempo fa abbiasupremo,
Questo aggettivo è per l'appunto usato da Pavanello per le traduzioni tiepolesche di scultu-
1996], a cura di L. Puppi,
Tiepolo e la scultura del suo tempo, ivi, pp. 171-176. A. Matiuz, in G% affreschi nelle ville venete, cit., I, p. 247, cat. 189/U.
La figura è stata identificata come Madonna già da Rodolfo Gallo; Marenesi in seguito precisa
facciata marmorea. Ma celebrano con lode eter-
molti anni, prima di diventare doge. L’allocu-
“la Vergine coronata di stelle” (La 27/2 nazionale
na te, o Francesco
zione
di Stra, cit., p. 15); per Mariuz è “la Vergine o
[Traduzione dell’autrice]).
finale è rivolta all’attuale
capofamiglia, IV
piuttosto la Divina Sapienza con un nimbo di
Pisani di Santo Stefano (1628-1667), morto a
Zuan Francesco (1703-1781), ultimogenito del
stelle” (A. Mariuz, in G% affreschi nelle ville vene-
Candia per una bomba turca e appartenente alla
doge e unico dei fratelli ancora in vita alla data
te, cit., I, p. 247, cat. 189/U); per Gemin
generazione precedente a quella di cui faceva
di pubblicazione del poema.
drocco “forse rappresenta la Sapienza divina”
Lorenzo
è presumibilmente
Lorenzo
Andrea
quel Frarciseus che altri non è che Almorò
139
e Pe-
FRANCESCA
MARCELLAN
$
Cibi SÙ MR cn crete fogna
47
Giambattista Tiepolo,
Aporeosi della famiglia Pisani, particolare della Madonna
con le l/2r2. Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
48
Giambattista Tiepolo, Aporeosi della famiglia Pisani, particolare del drago alato con le due donne. Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
49
Giambattista Tiepolo, Cadura degli angeli ribelli. Wurzburg, Residenz, Cappella
140
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO IN VILLA PISANI A STRA
no di nuvole e con uno scettro in mano, in quanto regna coeli,
spensabili al buon governo: tornano dunque qui, come
ha alle sue spalle il disco solare che si riverbera nel chiarore
facciate, Giustizia, Carità e Fortezza.
nelle
dell’abito e del velo che le cinge il capo ed è circonfusa di una
La Pace, effetto di un governo saggio e lungimirante, appare in
corona di stelle, così com'è descritta nell’ Apocalisse di san Gio-
veste meno monumentale che nella facciata sul parco: si tratta
vanni (XII, 1-5): “Nel cielo apparve poi un segno grandioso:
di una figura femminile intravista di scorcio, che alza le brac-
una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo
cia impugnando rami d’ulivo (fig. 50). Essendo la Pace causa
capo una corona di dodici stelle”. La donna vestita di sole ha
di benessere e progresso della civiltà, essa domina il gruppo
appena messo in fuga verso la cornice dell'affresco un drago, che precipita illusionisticamente in basso insieme a due figure
delle Arti (Pittura e Scultura) e delle Arti liberali (Musica e Astronomia), quest'ultime già rappresentate da una statua del fronte
femminili!) quella esplicitamente connotata come creatura del
Brenta. Specularmente, a simboleggiare la prosperità materiale
male per le ali di falena notturna sembra proteggersi gli occhi,
ci immediatamente successivi a quelli già citati (Apocalisse, XII,
originata dal buon governo, appare la Prizzavera (fig. 51), con pressochè la medesima iconografia della statua in facciata (fig, 19): una fanciulla nuda e coronata di fiori; ha però in mano un vaso decorato da una testa leonina e porta ali di farfalla. Sotto
7-9): “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi an-
di lei, all’ombra di un folto boschetto, figure di popolani sono
accecata dalla sfolgorante luce emanata dalla Vergine (fig. 48). Si tratta della trasposizione in immagini dei versetti apocalitti-
geli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme
intente a far festa, accanto a una tavola da banchetto: l’imma-
con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chia-
gine del benessere assicurato al popolo veneziano dal governo della Serenissima.
miamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipi-
L’allegoria di Venezia,
che dominava
la facciata principale,
tato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”.
appare nell’affresco con gli stessi attributi", ma significativa-
Tiepolo aveva già rappresentato un soggetto sacro di carattere
mente inglobata nel gruppo dei Pisani (fig, 52), maternamente
analogo sullo scalone del palazzo patriarcale di Udine (1726) e a
protettiva alle spalle del piccolo Almotò I Alvise'?*. Non è però sola, perchè appare anche un’altra incarnazione di Venezia, quella di Venezia-Venere. La donna nuda cui si appoggia l’ado-
Wùrzburg, in una tela per la cappella della Residenz (1752) (fig.
49); quest’ultima presenta maggiori somiglianze con le figure affrescate a Stra: la posa della donna con le braccia proiettate
lescente Almorò II non è, come sempre ritenuto dalla critica,
all’indietro ricorda la posizione dell'angelo in basso a destra
la Verità, ma una delle tre Grazie o Venere!®, In effetti dietro
nella tela di Wiirzburg. Un'altra interessante somiglianza riguatda un particolare del corpo del drago: le flaccide mammelle pendenti, probabilmente un simbolo della sterilità del male. Si tratta di un attributo che, ad esempio, il Ripa associa all’Heresia,
a lei si intravedono altre due figure femminili nude, una regge una mela (attributo delle Grazie in quanto ancelle di Venere), mentre l’altra porta in capo una corona vegetale (di mirto?) e ha accanto una cornucopia colma di fiori. L'ipotesi più ve-
le cui “mammelle asciutte, & assai pendenti mostrano aridità di
rosimile è che la figura nuda sia proprio Venere, insieme alle
vigore, senza il quale non si possono nutrire opere che siano degne di vita eterna””!?!. La Madonna è attorniata dalle Vr Teologali e Cardinali'© indi-
sue ancelle'?°, La presenza di Venere si giustifica nell’affresco
(M. Gemin, F. Pedrocco,
Giambattista Tiepolo.
proprio in quanto d/ter ego di Venezia. In questa identificazione
“è Il fascino, più che la potenza, che si vuol qui sottolineare:
occulta periodicamente e riappare con una vita
I dipinti. Opera completa, Venezia 1993, p. 483),
124 L'affresco venne
dipinto da Tiepolo tra il 1761
rigenerata” (ivi, p. 42).
e il 1762. Il doge Alvise era morto
C. Ripa, Lapiù che novissima, cit., II, p. 309.
fratello Almorò nel 1744 e l'esponente di mag-
nel 1741, il
come ribadirà poi il solo Pedrocco (Grambattista
121
Tiepolo a Villa Pisani, in 1 tesori di p. XCIV).
Villa Pisani, cit,
122 Tiepolo rappresenta tutte le Virtù Teologali ma solo due Virtù Cardinali: la Giustizia con
gior spicco della famiglia era allora uno dei figli
120 In letteratura l’interpretazione di queste due fi-
spada e bilancia e la Fortezza con il leone (se
Luigi dal nome del suo padrino, il Re Sole. Nel
gure è controversa.
Gallo, Marenesi e Mariuz
ne intravede il muso
identificano nel drago il Vizio e nelle donne le
sue vittime, secondo Gemin
e Pedrocco “è il
del doge, Almotò
II Alvise (1701-1767), detto
1752 era stato eletto procuratore di San Marco de
di profilo). Nell’affresco,
infatti, Tiepolo riassume i temi di entrambe le
Supra, raggiungendo quindi la più alta carica della
facciate, ossia quello del buon governo (Giusti
Repubblica dopo quella dogale. Sono proprio i
Male (0 l’Eresia) che precipita verso il basso”
zia) e quello della potenza militare (Fortezza).
suoi figli a essere effigiati nell’affresco di Tiepo-
(Giambattista Tiepolo, cit., p. 483), mentre
In effetti, una volta sgombrato il campo dalle
lo, insieme al cugino in quinto grado Almorò II
suc-
scorrette
(1746-1766),
e dalla presunzione
“unico
altro giovane
discendente
cessivamente il solo Pedrocco le identifica con
identificazioni
“’Eresia e la Discordia, in fuga di fronte all’ap-
infondata che nella facciata principale compa-
maschio che potesse accampare diritti sulla vil-
parizione della Divina Sapienza” (E. Pedrocco,
rissero tutte le Virtù Cardinali, si nota che la
la insieme ai cugini” (G. Pavanello, J/ Settecento in
Giambattista Tiepolo a Villa Pisani, cit., p. 94). Il binomio donna-drago in una villa veneta era già stato proposto da Paolo Veronese a Maser,
Fortezza compare esclusivamente nella facciata sul parco.
Gli affreschi nelle ville venete. Il Settecento, cit., 1, p. 18).
villa, ovvero le “smanie pittoresche” nella villeggiatura, in
La figura è stata identificata in [erezza da Ma-
Il nonno di Almorò II era Almorò II Francesco
sul soffitto della Sala dell'Olimpo, anche se con
renesi (La vella nazionale di Stra, cit., p. 15) e da
Pisani (1693-1732), fratello di Luigi. Gli altri due
tutt'altro significato, secondo la convincente interpretazione di FR. Pesenti (La promessa della rinascita. Per l'indagine iconografica degli affreschi veronesiani a Maser, in “Quaderni di Palazzo Te”, 3, 1996), che identifica questa figura con
Adriano Mariuz (in G% affreschi nelle ville venete,
figli del doge, Ermolao I Francesco (1690-?) e Ermolao IV Zuan Francesco (1703-1781) non
persino il tipo di tessuto dell’abito, bianco da-
Proserpina, “significativa del calore vitale che si
mascato in oro.
123
CISM PZA
CAR
189/U). Si noti che Tiepo-
lasciarono discendenti.
lo riprende fedelmente da Veronese non solo il tipo fisico, scettro e manto
d’ermellino, ma
12. n
Ibidem.
126 Ciò anche
in base al confronto con altre opete
di Tiepolo, soprattutto Marze,
141
Venere e Cupido
FRANCESCA
50
Giambattista Tiepolo, Apoteosi della famiglia Pisani, particolare con le Ar,
MARCELLAN
51
Giambattista
Tiepolo, Apozeosi della famiglia Pisani, particolare
con
Flora.
Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
Astronomia e la Pace. Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
tradizionale, non appare nessuna figura con le fattezze tipiche dell’Asia. Questo spiega perchè molti studiosi hanno preferito
un'immagine appropriata per il secolo del Grand Tour?" e tanto più appropriata, quindi, per il cultore di belle arti e pittore
dilettante Almorò II (per il quale era stata addirittura fondata un’Accademia di Pittura!), quasi a suggerire una spartizione familiare: Venezia-dominatrice e il potere ai figli del committente Luigi Pisani, Venezia-Venere e le arti al cugino Almorò (non a
non pronunciarsi, come
caso proprio sotto di lui compare l’allegoria della Pittura, già
descrizione dettagliata e neppure l’identificazione delle singole
citata)!?, Affrontare la parte dell’affresco che riprende il tema bellico della facciata sul parco, significa, per la stretta interrelazione che lega una serie di figure, affrontare prima di tutto un problema iconografico relativo alle allegorie delle Quattro parti del
figure, tranne che per Asa: “Il genio della fama ascende verso la
Elena Bassi e Loris Fontana, o come
Marenesi, che ha voluto vedere anacronisticamente qui raffigurata anche l’Oceania. Anche l’autore dell’analisi più approfondita di questo affresco, Adriano Mariuz, non dà di questa parte una
zona mediana, quasi perno dell’intera composizione. Alla sua de-
stra le quattro parti del mondo, simboleggiate da figure femmi-
nili su nuvole, si volgono al richiamo dello squillo trionfale: solo
l'Asia, soggetta ai Turchi, ha un gesto d’afflizione’’’”. Mariuz,
mondo, qui raffigurate (fig. 53).
dunque, supera l’277passe inevitabile per chi faccia riferimento alla
Non vi è infatti uniformità da parte della critica nell’identifica-
sola tradizione iconografica, introducendo una chiave di lettura
zione dei singoli continenti poichè, attenendosi all’iconografia
inedita legata alla celebrazione politico-militare della famiglia e
della Foresteria di villa Valmarana ai Nani e
Ve
eventuali figli la nonna, Isabella Corter, aveva
nere affida un figlio al tempo della National Gallery
destinato in eredità la collezione numismatica della sua famiglia d’origine che si trovava presso la biblioteca dei Pisani. Lo riferisce A.G. Boni-
di Londra. In quest'ultima opera, in particolare, compaiono anche le Grazie, con le mani colme 127
128
di fiori come a Stra. G. Pavanello, L'immagine di Venezia da Canova a Byron, in Venezia da Stato a Mito, cit., p. 77. Questa “investitura culturale” è provata anche
dal fatto che proprio ad Almorò Il e ai suoi
129
Continenti, tra i quali particolare rilievo ha quella dell'Europa con lo scettro in mano e con accanto, secondo l’iconografia tradizionale,
spesso ripetuta anche dal Tiepolo, un tempio
celli, Bib/oteca Pisanorum, cit., II, p. 353.
che si intravede tra le nubi. AI di sotto l'Asia,
A. Mariuz, in G/ affreschi nelle ville venete, cit., I,
contraddistinta da una curiosa acconciatura
p. 246, cat. 189/U. Pedrocco
invece identifica
forma di proboscide di elefante, l'America, di
ogni singolo continente: “Nella metà contrapposta dell'affresco dominano le figure dei
spalle, riconoscibile dall’acconciatura di piume,
142
a
e l’Africa a destra” (F. Pedrocco, Giambattista
L'OPERA DI FRANCESCO
52
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
Giambattista Tiepolo, Apozeosi della famiglia Pisani, particolare della Famiglia Pisani con Venezia e Venere. Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
della Repubblica, in cui elemento non secondario è quello della lotta contro i Turchi. Nell'ambito della decorazione delle ville
nei quali si trattava di un soggetto non così comune! Nel Settecento la rappresentazione dei Continenti si diffuse maggiormen-
venete non si tratta in realtà di una novità in senso assoluto nell’i-
te, ma ormai semplificata si ripeteva con monotona
conografia del tema, ma di un repechage di una rappresentazione che risale al Cinquecento e viene poi ripresa nel Seicento, periodi
appiattita in un uso prettamente decorativo, quasi un’alternativa esotica ad altre serie quaternarie come le stagioni o gli elementi.
Tiepolo a
Villa Pisani, in 1 tesori di
Villa Pisani, cit.,
quest’ultimo.
Secondo
Gallo, invece, la figura
p. 94). Pedrocco non può indicare l’attributo
con la proboscide in testa è l'Africa, ma non
specifico dell’Africa perchè sarebbe
è chiara
ne dalla quale spuntano
regolarità,
delle armi e un altro
turbante. Questa connotazione antiturca deriva
to citato pet l’America, cioè la corona di piume,
l’individuazione dell’“Asia dalle stoffe vivide dei più smaglianti colori” (R. Gallo, Una famiglia patrizia, cit., p. 74). 130 All'origine del
le processioni celebrative, anche con sfilate di
e un attributo comune
tema vi sono
Farinati a
carri trionfali, che avevano lo scopo di solenniz-
a Mezzane di Sotto, del 1594,
zare e coinvolgere il popolo in circostanze po-
evidente-
mente costretto a ripetere il medesimo elemena due soggetti diversi
gli affreschi di Paolo
forse da un altro ambito
in cui comparivano
figurazioni allegoriche dei continenti, cioè dal-
risulterebbe ben poco identificante. Nella me-
villa Della Torre,
desima difficoltà incappa K. Christiansen: “In
dove nella Sala delle Quattro Parti del mondo
liticamente importanti. In particolare il 2 luglio
contrasto con questo mondo
Farinati introduce il turbante sormontato
del 1571 si era svolta in piazza San Marco una
idilliaco, sul lato
dalla
opposto, è rappresentata una maestosa Europa
mezzaluna turca sia nella raffigurazione dell’A-
processione con
con uno scettro in mano e il suo simbolo, un
frica che dell’Asia. Lo stesso fa Paolo Ligozzi
in occasione della nascita della lega tra il papa, il
tempio, a fianco, che presiede gli altri tre con-
che,
tinenti: l'Asia (con una fantastica acconciatura
villa Saibante Monga a San Pietro in Cariano;
a proboscide di elefante), che china la testa in
anche qui, a monocromo
segno di sottomissione al dominio dell’Europa,
sentati i Continenti e di nuovo
America
nel
1629
affresca
il Salone
d’onote
di
verde, sono rappte-
tra gli attributi
zableanx vivants dei continenti
re di Spagna e Venezia contro i Turchi; una pro-
cessione analoga si ripetè il 26 luglio 1598 per la stipula della pace di Vervins. In quest’ultima occasione i continenti erano però rappresentati
(con un acconciatura di piume e un
dell’Asia compare il turbante con la mezzaluna
da quattro giovani donne in groppa ciascuna a
coccodrillo) e Africa” (IK. Christiansen, Apo teosi della famiglia Pisani, in Giambattista Tiepolo
e la scimitarta (le analogie iconografiche sono
un animale diverso e accompagnata da un mot-
state messe
1696-1996, catalogo della mostra [Venezia, Ca’
affreschi nelle ville venete. Il Seicento, a cura di G.
personificazioni delle parti del mondo:
Rezzonico - New York, The Metropolitan Mu-
Pavanello e V. Mancini, Venezia 2009, p. 371,
neutrale l'Europa che doverosamente “exultat”
seum of Art], a cura di K. Christiansen, Milano
cat. 90). Sempre attribuiti a Ligozzi sono anche
per la raggiunta pace, ma l’America “laetatur”
1996, p. 320, cat. 52). La descrizione è riferita al
i Continenti affrescati nell’atrio di villa “La Pel-
in quanto
modelletto (Angers, Musée de Beaux Arts), ma
legrina” a Isola della Scala, in cui l'Asia regge
tecipe dei destini della sua principale potenza
come
uno scettro sormontato da un turbante con la
colonizzatrice;
mezzaluna e Africa ha accanto un’imbatcazio-
la speranza dell’Africa intendono senza dubbio
nota l’autore, l’unica differenza rispetto
all’affresco è l'aggiunta all’Europa del toro in
in luce da Daniela Zumiani, in G4
143
to: “Rileggiamo i motti che accompagnavano le
gioiosamente
mentre
appare
e passivamente
lo spavento
pat-
dell’Asia e
FRANCESCA
MARCELLAN
53 Giambattista Tiepolo, Aporeosi della famiglia Pisani, particolare con le Quattro parti del mondo. Stra, Villa Pisani, Sala da ballo
Si perse dunque quasi completamente il tratto politico, in coin-
emerge con chiarezza dal confronto con il corpus iconografi-
cidenza con una fase di sostanziale cessazione del conflitto. Se
co degli affreschi di villa veneta coevi e l’interpretazione delle
ne contano almeno otto attestazioni a fresco!, di cui ben tre
figure non può naturalmente prescindere dagli altri esempi tiepoleschi: dai cortei dei Conzinenti di Wurzburg (dove una folla
opera di Giambattista Tiepolo (più una quarta del figlio Giando-
menico), a dimostrazione del fatto che si deve soprattutto a lui la trasposizione del tema dai grandi affreschi storici celebrativi, Wurzburg su tutti, alla dimensione più contenuta e apparentemente dégagé delle dimore di campagna.
di figure adempie 7 zoo ai dettami del Ripa e va anche oltre, in
La specificità dei Conzinenti della Sala da ballo di Villa Pisani
fantasia senza limiti”!*) alle più sintetiche rappresentazioni di
una sorta di saggio di antropologia, le cui fonti sono “relazioni di viaggiatori, in gran voga nel Sei e nel Settecento; alcune riprese dalla erudizione etnografica e animalistica; e infine la sua
riferirsi alla possibilità di una ripresa della crociata contro i musulmani del Mediterraneo da parte della monarchia asburgica di Spagna” (E Ambrosini, Rappresentazioni allegoriche dell'America nel Veneto del Cinque e Seicento, in “Artibus et
I/ Settecento, cit.). Da uno spoglio della presenza del soggetto nella decorazione a fresco delle ville venete coeve si ricava una versione minimale ma fedele delle ricche prescrizioni iconografiche di Cesare Ripa: attributi costanti dell'Europa
Historiae”, 1, 1980, 2, p. 69). a
sono tempio e corona (con possibile accompagnamento del toro o, più raramente, del leone);
tista Tiepolo, villa Baglioni a Massanzago (1719-
dell’America arco e frecce, cui spesso si aggiunge la caratteristica corona di piume (qui l’animale
13 nà Girolamo
Brusaferro,
villa
Loredan
Valier
Vascon di Carbonera (1710-1720 ca.); Giambat1720) e villa Cotdellina a Montecchio Maggiore (1743-1744); Mattia Bortoloni e Girolamo Mengozzi Colonna, villa Albrizzi a Preganziol (post
1734); Pittore friulano della seconda metà del XVIII
secolo, villa Attimis a Sesto al Reghena
(post 1754); Giandomenico Tiepolo, villa Valmarana ai Nani a Vicenza (1757); Giuseppe Angeli e Francesco Zanchi, villa Widmann
(1760-
1770); Andrea Urbani, villa Pellegrini a Salvaterra (1775-1780) (in G% affreschi nelle ville venete.
simbolo è l’iguana) e talvolta una testa umana:
“la testa humana sotto il piede apertamente dimostra di questa barbara gente esset la maggior parte usata pascersi di carne umana” (C. Ripa, La più che novissima, cit., II, p. 498); per l’Africa
l'elemento che ricorre con maggiore frequenza è il copricapo proboscidato, e talvolta un animale come lo scorpione o la serpe; l’Asia, infine, reca in capo una cortona vegetale, in mano ha quasi sempre una manciata di foglie (“ramuscelli con 144
foglie, & frutti di cassia, di pepe, & garofani”, ivi, II, p. 495) o un ramo e ha accanto o regge un incensiere, mentre il suo animale simbolo, in
due esempi è il cammello. Fa eccezione un solo caso, quello di villa Attimis a Sesto al Reghena, dove nel salone del piano nobile un ignoto pittore friulano dipinge nelle sovraporte i Conzizenti avendo a modello una serie di tele di Johann \Volfgang Baumgartner con scene di genere (M. Clemente, in G% affreschi nelle ville venete. Il Settecento, cit., II, pp. 261-262, cat. 192). L’iconografia
tradizionale era talmente consolidata che la ritroviamo pressochè invariata nei primi decenni del secolo successivo, come si può vedere ad esempio in una serie di disegni colorati ad acquerello di Giancarlo Bevilacqua sul tema dei Continenti (M.C. Bandera, Giovanni Carlo Bevilacqua 1775-
1849. I disegni dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Venezia 2002, catt. 59-62).
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA
54
TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
Giambat tista Tiepolo, Apozeosi della famiglia Pisani, particolare con
l'Asia.
Stra, Villa Pisani, Sala da ballo Giambat tista Tiepolo, L'O%mpo e è Continenti, patticolate con i due orientali prostrati nell’allegoria dell'Asia Wiùrzburg, Residenz, Scalone 56
Giambat rista Tiepolo, L'O4mpo e î Continenti, particolare con i due orientali prostrati nell’ allegoria dell’As4. New Yotk, The Metropolitan Museum of Att Giambat tista Tiepolo,
L'O%mpo
e è Continenti, particolare con
il prigioniero
nudo e in catene nell’allegoria dell’Asia. Wurzburg, Residenz, Scalone
145
FRANCESCA
MARCELLAN
palazzo Clerici, villa Cordellina e villa Baglioni a Massanzago,
sto ad un gesto. Secondo Mariuz è quello di non voltarsi verso
in cui i monocromi dei Conzirenti costituiscono, per semplicità
la fama cristiana dei Pisani e della Repubblica. Ma perchè, allo-
ra, alla Fama si volgerebbero invece Africa e America, all’epoca
e resa quasi geometrica, una sorta di grado zero per l’identificazione, oltre alla G/oria di Spagna" e all’Apoteosi della monarchia
anch'esse ben poco cristianizzate e addirittura, nel caso dell’ A-
merica, abitata da cannibali secondo l’Icono/ogia di Ripa? Inoltre anche le figure con la corona di piume esprimono nel volto perplessità timorosa, pur volgendo lo sguardo alla Fazza.
spagnola, rispettivamente nella Sala del Trono e nella Saleta del
Palazzo Reale di Madrid, immediatamente
successive (1764-
1766) all’affresco di Stra. Non pone nessun dubbio l’identificazione dell'Europa, bionda
Il gesto identificativo è, a parer mio, un altro e per scoprirlo non resta che prendere in considerazione, in questa porzione
fanciulla in groppa al toro, accompagnata dal modellino di un
di affresco, un’altra coppia (fig. 54), composta da due figure prostrate di fronte ai guerrieri, personaggi di cui non si vede il volto ma solo il dorso coperto da mantelli di gusto orientaleggiante, uno a righe e l’altro orlato da frange. La posa è quella tipica della proskynesis, antica usanza di adorazione del sovra-
tempio, da una civetta e da due bianchi stendardi, e neppure
quella dell’Africa, la figura con la proboscide in testa'*. Vicino a lei la presenza del coccodrillo è spiazzante, visto che “una
lucertola, overo un liguro di smisurata grandezza”? è attributo dell’Azzerica; ma poiché Ripa attribuisce all’Africa “il ferocissimo leone, lo Scorpione, & gli altri venenosi serpenti, dimo-
no diffusa nelle corti orientali, fatta poi propria dalla religione
strano, che nell'Africa di tali animali ve n'è molta copia”!, il
musulmana per la preghiera rituale. Due figure identiche a queste in tutto e per tutto, tranne che per i colori dei mantelli, erano già state affrescate da Tiepolo a Wiirzburg (fig. 55), sottomesse alla donna in groppa all’elefante che rappresen-
coccodrillo può forse essere stato inserito da Tiepolo come uno degli altri animali feroci che vivono in questo continente!”. L'America vede una doppia rappresentanza, visto che le figure coronate di piume sono due, entrambe di “carnagione fosca””!! come dice il Ripa. Poichè una ha una faretra colma di frecce e tiene sotto il braccio una cornucopia 15° (di cui si vede solo l’estremità inferiore) e l’altra regge invece una cassetta con una
ta l’Asia; le stesse comparivano
anche nel relativo bozzetto,
conservato al Metropolitan Museum di New York (fig. 56). Tiepolo dunque riprende pari pari le due figure del continente asiatico, ma accostandole
ai guerrieri le riveste di un nuovo
stoffa, Pedrocco aveva voluto vedere solo nella prima 1’Azerzca
significato. Qui a Stra, infatti, il gesto che identifica l'Asia è
e nell’altra l'Africa. A chi scrive sembrano invece una coppia senz’altro riferibile a un’unica allegoria, tanto più che in tutti gli altri esempi tiepoleschi l’Azzerzea porta sempre il copricapo di piume e tale attributo non è invece mai associato all’Africa. Inoltre Tiepolo aveva già raffigurato l’Azzerica come una coppia maschile e femminile a palazzo Clerici. Nessuna figura dunque risponde ai connotati canonici dell’ A-
quello della sottomissione alla forza veneziana, baluardo della
sta: non ci sono nè cammelli, nè incensieri, nè altro di ciò che
prescriveva Ripa. Apparentemente l'Asia non c’è. Per trovarla,
gioniero, “muta testimonianza del suo [del continente asiatico] potere e della sua crudeltà”?!*!.
quindi, non ci si può rifare agli attributi tradizionali, ma piutto-
Tiepolo riprende dunque quella chiave politica nella rappresen-
132 M. Gemin, E. Pedrocco, Giazbattista Tiepolo, cit., 133
p. 154. In questo affresco e nel relativo bozzetto non compaiono
i continenti, ma
“una descrizione
dettagliata dei regni, delle regioni e delle provin-
135
ce che formavano la Monarchia spagnola da un lato e dall’altro dell'oceano” (A. Rodriguez, G.
136 137
De Ceballos, Storia v76tica 0 storia critica: gli affreschi di Tiepolo nel Palazzo Reale di Madrid e la storiografia coeva, in Giambattista Tiepolo nel terzo centenario, 134
un drappo bianco accanto alle gambe, evidentemente un pri-
tributo non è invece mai associato all’Asia, che
faretra, compaiono anche nell’allegoria dell’A-
ha il capo avvolto da un velo (Madrid) o porta un turbante (Wurzburg) o una corona vegetale (villa Baglioni e villa Cordellina).
metrica
Ivi, II, p. 498. Ivi, II, p. 497. Abbiamo
notizia
dell’Africa
seduta
sopra
Torre, sia nella tela di Rubens
fatta nella Medaglia dell’Imperadore Adriano, essendo questi animali proprij dell’Africa, quali menati da quei popoli in guerra, diedero non solo meraviglia, ma da principio spavento à Romani loro nemici” (C. Ripa, La pià che novissima, cit., II, p. 496); secondo Adriano Mariuz
(Izepolo, Venezia 2008, p. 443), l'edizione del
/ quattro Conti-
diverso committente. 141
E Burtner, W.C. von der Milbe, Giovanni Battista
Tiepolo. Gli affreschi di Wiirzburg, Milano 1981, p. 119. Solo G.M. Pilo (Giovan Battista Tiepolo. Apoteosi della famiglia Pisani, in Venezia da Stato a Mito, cit., p. 351, cat. 33), riferendosi al modelletto
nenti (Kunsthistoriches Museum, Vienna, 16141615), nella G/orza di sant’Ignazio e della Compagnia di Gesà (Roma, chiesa di Sant'Ignazio, 16911694) di Andrea Pozzo. Un precedente antico, possibile fonte per l’associazione del coccodtil-
va di Andrea Pisani contenuta in questa parte
lo all'Africa, è la statua del Fizze Nilo (Musei
dell'affresco, pur sbagliando le singole identi-
dell’affresco, aveva colto l’intenzione celebrati-
Vaticani), dove questo animale compare accan-
ficazioni dei continenti, sulla scia di Pedrocco:
to alla personificazione del fiume, circondato da putti.
“Manifestamente
139
Ivi, II, p. 498. Questa figura indossa i medesimi monili dell’ America di Wurzburg,
140
Due figure prostrate, con gonnellini di piume e
138
spagnola, a
Tiepolo, ogni volta riadattato alle esigenze del
un
1598; vi sono poi esempi pittorici, villa Della
nell’Apozeosi della monarchia
simboleggiare la sottomissione del continente al re di Spagna e ai conquistadores. Come si vede, dunque, è un modulo che torna per ben tre volte nella rappresentazione dei Conzinenti di
coccodrillo nel già citato corteo veneziano del
cit., p. 283). “La testa dell’elefante si pone, perche così sta
Ripa in possesso di Tiepolo era quella di Padova, del 1611. Tiepolo rappresenta l'Africa con un copricapo a forma di testa d’elefante a villa Baglioni, a villa Cordellin, a Madrid. Questo at-
cristianità grazie alla sua flotta, la cui presenza è suggerita pet metonimia dagli alberi di nave (presenti anche a Wurzburg) alle spalle dei soldati. Perfettamente identica è anche un altra figura che fa parte del gruppo dell’Asia sia a Wùrzburg (fig. 57) che a Stra (fig, 54): un uomo nudo steso supino, con
146
europeo
è, subito
sotto, il
gruppo — si direbbe — della “forza di pace” in armi, attestato su una trabeazione “classica” —
tiepolesca — retta, come ai Gesuati e ai Carmini,
da modiglioni; cui proni rendono omaggio in atto di sottomissione rappresentanti di popoli
L'OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
tazione dei Continenti che era già stata formulata nel Cinque-
Il messaggio iconografico celebrativo della famiglia Pisani di
cento e che lui stesso aveva appena accennato, come s’è visto,
Santo Stefano “genus Venetis memorabile
nel variopinto corteo di Wurzburg, dando così nuova vita a un tema ormai stereotipato.
con Nicandro Jasseo), e quindi della Serenissima, a una generazione di distanza veniva così ribadito immutato dall’e-
Ciò che resta ancora, in questa parte dell’affresco, sono alcune
sterno delle facciate all’interno della Sala da ballo.
fastis” (per dirla
figure biancovestite e dolenti sullo sfondo, allusive ai lutti come inevitabili conseguenze delle guerre.
ricondotti all’ordine civile, allusione alle vittoriose campagne di Andrea Pisani contro i Turchi, nel 1717, cui anche si riferisce, con ogni probabilità, lo sventolare di bandiere presso
l’allegoria dell’Europa. Non è un’apologia della guerra; che, anzi, vi appare NILO Spolo sr
fisicamente prostrate, emaciate, le une, sul margine fi sono calquale go0dso, strette fra
portatrice di male e tristezza, significati, Seno credibile, dai due gruppi di figure qui prossimi:
loro in un algido nStane a difesa, le donne sul banco di nubi lì accanto”.
147
ILENIA DELLA
PUPPA
Nel caso del restauro delle statue di coronamento delle facciate di Villa Pisani, il rischio di perdita di informazioni non ha ri-
I restauro come salvaguardia della storia dell’opera. Alcune osservazioni
di metodo Ileana Della Puppa
guardato dati inventariali, più evidenti e quindi più facilmente salvaguardabili, ma aspetti più sottili e non immediatamente
Questo intervento nasce dalla stretta collaborazione al percor-
percepibili a un occhio non esperto.
so di ricerca di Francesca Marcellan, in qualità di conservatore
Le operazioni avevano preso il via il 6 gennaio 1995 (C. Capi-
restauratore,
tani, Invito ad un cantiere di restauro: il coronamento lapideo di Villa
frutto di una puntuale ricognizione presso gli archivi storici,
Pisani a Stra, in ‘Progetto restauro”, 3, novembre 1996), con un
pubblici ed ecclesiastici. Da questa collaborazione sono nate
carattere di urgenza: la rimozione delle sculture, delle panoplie
del Museo
Nazionale
Villa Pisani e funzionario
delle osservazioni, che travalicano il caso specifico, sul rappor-
e dei trofei dai loro assiti originali si era resa necessaria pet
to tra interventi di restauro e ricerca storico-attistica e 1COno-
poter eseguire il lavoro di restauro strutturale del muro di coro-
grafica, e in particolare sulla necessità della loro interconnes-
namento, in pessime condizioni statiche e strutturali. Sul muro
sione. Il legame dovrebbe comportare una reciprocità: come la
erano appoggiate copertine in pietra e, quindi, le opere scolpi-
correttezza dell'intervento di restauro dovrebbe essere garan-
te in appoggio, agganciate alla muratura con staffe metalliche
tita da una preliminare ricerca storica e storico-artistica, così il
affogate in piombo e sopra letti di malta per lo più antica. In
contributo dell'occhio esperto del restauratore dovrebbe essere
alcune statue si era potuto constatare che non erano mai state
determinante per indirizzare o confermare le ipotesi interpre-
eseguite operazioni manutentive, in quanto avevano all’interno
tative formulate negli studi critici, proprio come è avvenuto nel
caso di questa ricerca.
ancora i vecchi perni in legno od osso, in buchi interni necessari per gli ancoraggi ortogonali alla base.
Ci si propone dunque di mettere in luce, attraverso il caso del-
Preliminarmente era stato eseguito 77 s7/4 il lavoro di precon-
la statuaria di Villa Pisani, come
solidamento superficiale, allo scopo di evitare stress meccanici alle statue fortemente disgregate superficialmente. Le statue in-
approfondito
avrebbe
potuto
uno studio preliminare più
fornite
ai restauratori
alcuni
elementi necessari per operare con maggiore consapevolezza,
fatti sono in pietra tenera di Vicenza o di Costozza dei colli Be-
andando dunque al di là del semplice restauro conservativo per arrivare alla salvaguardia di tutte le informazioni storiche rilevanti di cui il bene culturale è portatore. Perdere queste informazioni significa cancellare elementi che fanno parte della
rici, una roccia sedimentaria calcarea di colore bianco giallastro
storia dell’oggetto e che non saranno più disponibili per studi
lizzato, oltre alla vicinanza delle cave di estrazione della pietra;
con presenza superficiale di resti fossili, causa primaria della sua depetibilità; si tratta di un litotipo facilmente lavorabile ed è
sicuramente questo uno dei motivi per i quali veniva molto uti-
successivi, a meno che, come in questo caso, figure diverse non
ma questa stessa caratteristica ne favorisce purtroppo anche la
lavorino in sinergia su di un obiettivo comune. Come restauratore vivo infatti un confronto continuo con le al-
degradabilità. Le indagini fisico-chimiche preliminari al restauro avevano per-
tre professionalità coinvolte nelle operazioni di restauro di ope-
messo di determinare la composizione delle croste nere superfi-
re d’arte e credo che, oltre alle oramai consuete analisi chimiche
ciali, dovute principalmente alla ormai conosciuta reazione chi-
e petrografiche preliminari alle fasi operative e finalizzate alla
mica del carbonato di calcio agli agenti inquinanti atmosferici e
diagnosi delle cause di degrado e all’individuazione dei prodotti
al deposito del particellato atmosferico, mentre
e delle metodologie piu appropriate al litotipo, sia di fonda-
meteorico aveva disgregato e polverizzato ulteriormente la su-
mentale importanza uno studio storico e storico-artistisco ben
perficie del litotipo. Tutto ciò aveva comportato gravi fenomeni
delineato. Solo quest’ultimo, infatti, è in grado di far evitare
di disgregazione ed esfoliazione superficiale su un materiale ot-
determinazioni operative non sempre corrette dal punto di vi-
mai modificato chimicamente e diventato fortemente igroscopi-
sta della storia e del significato dell’opera d'arte, decisioni che possono rischiare, con scelte a volte irreversibili, di inficiare gli
co; conseguentemente lo stress meccanico, dovuto all’alternarsi dei cicli di gelo e disgelo, aveva creato gravi danni alla pietra,
studi successivi alle lavorazioni conservative.
molto porosa, con il distacco di alcuni pezzi. Di questi, alcuni
Si pensi ad esempio al restauro di quadri le cui tele si trovino
non furono più rinvenuti, altri invece furono ritrovati nei deposi-
il dilavamento
su supporti lignei marci e fatiscenti non più consoni alla giusta
ti della villa e ricollocati con agganci fatti con perni in vetroresina
tensionatura della tela. Capita talvolta che i supporti vengano
affogati in resine epossidiche.
sostituiti anzichè essere restaurati, senza tener conto che i nu-
L’ambiente circostante, ricco di vegetazione, aveva inoltre fa-
meri di inventario riportati su di essi permettono di ricostruire la storia dell’opera, con i suoi percorsi e spostamenti, anche da
vorito il proliferare sulla pietra di Costozza di organismi fo-
una collezione all’altra, e le relative datazioni certe. La semplice
L'attacco biologico aveva trasformato chimicamente e fisica-
trascrizione, ove effettuata, comporta comunque una perdita di
mente la pietra: i licheni sono elementi biodeteriogeni di difficile rimozione in quanto compenetrano la pietra e, una volta rimossi, lasciano sempre delle macchie scure visibili ad occhio
tosintetizzanti, come alghe, licheni, muschi e piante superiori.
informazioni: diverse modalità di incisione, marcatura o dipintura corrispondono di norma a inventari storici diversi, imme-
diatamente individuabili in questo modo.
nudo.
Ulteriore causa di disgregazione superficiale era stata l’erosio148
IL RESTAURO COME SALVAGUARDIA
ne eolica, dovuta all’elevata altezza — da un minimo
DELLA STORIA DELL'OPERA
di 14 a
rosione del ferro con il conseguente rigonfiamento e frattura
17 metri d’altezza — delle opere scolpite: in alcune statue si ri-
della pietra. Tutti gli elementi metallici furono pertanto rimossi
scontravano in maniera particolarmente evidente i tipici effetti
e sostituiti con altri in acciaio inox; quelli interni e facilmente
di erosione che il vento produce sulla superficie. Tutte queste
raggiungibili furono passivati con un convertitore di ruggine a base di polimeri chelanti che, grazie ai suoi componenti attivi,
concause davano una situazione di cattivo stato conservativo
generalizzato su tutta la decorazione scultorea dei coronamenti. Le operazioni di messa in sicurezza preliminari all’imballag-
stabilizza i prodotti di ossidazione del ferro come la ruggine
gio erano consistite in micro-stuccature per punti delle zone
dotto può essere applicato sul metallo per proteggerlo dalla
esfoliate per evitare le perdite di scaglie in procinto di distacco con resina acril siliconica diluita al 2% eseguito per nebulizza-
ruggine e agisce con questa, mentre la superficie poi va ulteriormente protetta con resina tipo Paraloid® B 72. Le stuccature e micro-stuccature superficiali furono riempite
zione fino a rifiuto delle superfici maggiomente
a scopo conservativo, per evitare possibili vie di accesso delle
sotto forma di un complesso ferro-tannico insolubile. Il pro-
durante la movimentazioni delle opere, nel preconsolidamento disgregate e
nell’applicazione di cartine giapponesi sulle zone con fenomeni
acque meteoriche e conseguenti danni meccanici. Erano stati
di esfoliazione superficiale.
utilizzati
Le sculture erano state rimosse dai loro piedistalli tagliando le
di pietra di Costozza e calce desalinizzata, simili per cromia
staffe che le agganciavano alla muratura, quindi con un’imbra-
e granulomeria alla pietra, messi nelle zone di fratturazione e
gatura con cinghie e protezioni sintetiche a contatto con la su-
nelle micro-fessurazioni.
petficie lapidea erano state calate a terra con una gru: i tecnici
Dove vi erano delle mancanze in alcune porzioni di pietra, nel
che operavano da una piattaforma mobile
caso in cui le lacune creassero problemi strutturali, furono ope-
avevano messo in
a questo scopo impasti di resina acrilica più polvere
sicurezza le sculture e seguito le operazioni di movimentazione
rate delle ricostruzioni con tasselli della stessa pietra.
al suolo, per appoggiarle quindi su assiti lignei, poi trasporta-
Come
ti nei cortili interni della villa, all’interno di un cantiere predi-
fino a rifiuto su tutte le sculture il silicato di etile, un conso-
sposto e opportunamente organizzato e strutturato per poter
lidante monocomponente
procedere a tutte le fasi di restauro conservativo, reso inoltre
accessibile in alcuni periodi ai visitatori della villa, con l’accompagnamento del personale di cantiere. Dopo un'attenta e blanda pulituta delle polveri depositate con pennelli a setole morbide, si era proceduto all’applicazione di
licico. Si tratta di una resina con una buona capacità di penetrazione nel materiale lapideo e buona permeabilità, che non crea sottoprodotti dannosi per la pietra. Il prodotto in eccesso venne tamponato con solvente. La fase conclusiva del restauro conservativo fu l'applicazione di
un prodotto biocida ampiamente
testato, il Prevento/® diluito
un film protettivo finale idrorepellente a base di silossani, fun-
al 5% applicato ad impacco, supportato da polpa di carta e
zionante come superficie di sacrificio pet gli agenti atmosferici. Quest'ultimo prodotto avrebbe dovuto essere riapplicato ogni
lasciato agire con cicli ripetuti e controllati dai restauratori, poi
trattamento
consolidante venne
applicato a pennello
a base di esteri etilici dell’acido si-
lavato ripetutamente con acqua distillata per evitare il deposito
3-5 anni, con una manutenzione
di sostanze nocive per la pietra.
purtroppo gli scarsi stanziamenti per la manutenzione ordina-
i
periodica programmata,
ma
La pulitura con impacchi era stata generalizzata ed eseguita con
ria del complesso museale a tutt'oggi non hanno ancora mai
l’impacco AB57 modificato nella sua formulazione originale;
permesso di effettuare questo intervento.
l’impacco era stato lasciato agire con tempi variabili secondo
Attualmente le statue originali sono ancora collocate nei cot-
l’esito ottenuto nella rimozione delle incrostazioni e furono ne-
tili della villa pet scelta dell’allora soprintendente Guglielmo
cessarie ripetute applicazioni;
Monti, sia per proteggerle dagli agenti inquinanti, sia al fine di
infine con l’ausilio di pennelli le
croste furono rimosse e le superfici lavate accuratamente con
offrirne al pubblico una visione ravvicinata. Tuttavia non sono
acqua distillata. Malgrado gli impacchi con AB57, in alcune zone, in particolare
da sottovalutare le colonie di piccioni che da anni invadono Villa Pisani: con le loro deiezioni acide e saline sono in grado
nei sottosquadra, le croste dendritiche erano più spesse e di
di degradare chimicamente la pietra della statuaria distribuita
non facile rimozione poichè lì non sempre si riesce ad applicare
nei cortili e pertanto devono essere fatti continui interventi di
al meglio l’impacco. Dove le incrostazioni nere erano partico-
pulitura dello sporco creato dai volatili.
larmente tenaci furono utilizzate delle puliture con strumento
Sui coronamenti delle facciate dal novembre dell’anno 1999 si
micro-aereoabrasivo di precisione, funzionante con polvere di
trovano invece delle copie in vetroresina che, put risultando
ossido di alluminio a pressione controllata.
per la pietra, di sicuro eseguite in precedenti manutenzioni su
molto efficaci dal punto di vista dell'impatto visivo, presentarono tuttavia qualche problema di stabilità al momento del montaggio, poiché erano troppo leggere per opporre sufficiente resistenza ai venti. Si rese infatti indispensabile lo studio da parte di uno strutturista che predispose una struttura metallica
porzioni cadute e a volte grossolanamente ricostruite.
interna di sostegno ed ancoraggio delle copie realizzate in re-
L’inserzione di perni e grappe di ferro in sculture, trofei e pa-
sina con un peso complessivo di poco inferiore ai 150 Kg (per le statue di maggiori dimensioni). Tale struttura doveva essere
Tutte le patine superficiali frutto di vecchi trattamenti origina-
li furono conservate, rimosse invece le vecchie stuccature ce-
mentizie, fonte di apporto di sali molto igroscopici e dannosi
noplie aveva
avuto
in molti casi come
conseguenza
la cot149
ILENIA DELLA
PUPPA
in grado di sopportare le tensioni provocate dal vento. Su que-
che a loro volta sorreggevano il mantello da cerimonia, come ci
ste ipotesi si è sviluppato il calcolo di verifica della struttura. Furono pertanto creati tre tipi di strutture in acciaio AISI 304
documentano molte immagini storiche relative all’iconografia di questa importante carica militare. Per quanto riguarda invece
in base alla dimensione delle statue (grandi, medie e piccole).
lo scettro, la presenza di parti metalliche sotto la mano stretta
Nelle statue medie e piccole il diametro dei tubolari nel numero
a pugno come a reggere qualcosa, sicuramente il bastone del
di uno è da 40X3 a 50X3 mm, per quelle di maggiori dimen-
capitano da Mar, ci fanno sicuramente affermare che lì si tro-
sioni, i tubi in acciaio inox sono 2 distanziati di 50 cm e delle
rava un oggetto oggi mancante. I perni, segati e riempiti ma
dimensioni di 57X3 mm. Il tutto è tenuto assieme da giunti di collegamento quadri. Alla struttura la statua è fermata con
ti metallici sotto la mano. Sicuramente si trattava di perni che
centine annegate nella struttura e collegate con la struttura tu-
fuoriuscivano a sostenere
non totalmente, lasciano fortunatamente intravedere gli inserlo scettro; anche in questo caso si
bolare. La base che sorregge i tubolari è fissata al basamento in
può presupporre fosse in pietra o in lega metallica, ben visibile
pietra con fasce in acciaio inox 304 alle cui estremità sono rica-
nelle incisioni dell’epoca come simbolo del comando.
nella statua della Madonna del Rosario, collocata
vati i fori per l'ancoraggio delle statue con bulloni; la struttura
Ugualmente
alla base è rinforzata da perni quadri di 40X3 mm posizionati a
all’apice del timpano soprastante la facciata della cappella Pi-
45° tra le fasce ed i tubolari. Tutti i tubolari sono affondati nelle
sani, si nota che l’indice ed il pollice non combaciano, ma vi è
basi in pietra per 30 cm. Alle statue furono inoltre riapplicati gli
un’unione in pietra di poco più di un centimetro: si può ipotiz-
agganci esterni originali ed altri nuovi.
zare servisse a reggere il rosario metallico di cui non è rimasta
Come si è visto da questo sintetico riepilogo delle operazioni
traccia se non nelle incisioni di Ransonnette. Così pure dicasi
di restauro, l'intervento è stato importante, ha tenuto conto di
per le scanalature presenti sulla testa della Madonna e del Bam-
tutte le problematiche relative al degrado legato alla collocazione e si è avvalso delle metodologie operative più aggiornate, seguendo rigorosamente il protocollo previsto in casi simili.
corona metallica.
bino, teste che un tempo portavano sicuramente entrambe una Sempre una perdita di attributi, in questo caso caratterizzanti una
figura allegorica, si riscontra nella statua della Forzezza, collocata sul fronte parco. Come si può chiaramente vedere nelle incisioni
Ciononostante, dalla messa in relazione dei dati emersi dallo
studio storico-iconografico di Francesca Marcellan con l’osservazione diretta delle statue nel loro stato attuale post-restauro, sorgono alcune riflessioni sulla possibilità di interpretazioni et-
del Ransonnette, c'erano delle frecce metalliche conficcate nel-
caso all’occultamento di alcuni segni importanti ancora presen-
le scudo, una sola delle quali era rimasta ai tempi del restauro. Quest'ultima è stata rimossa e conservata in una teca. Anche in questo caso tutti i fori occupati un tempo dalle frecce metalliche
ronee da parte dei restauratori che hanno portato in qualche
ti nelle statue.
sono stati riempiti, sicuramente per fini conservativi, con impasti
La prima osservazione riguarda una particolarità stilistica di
simili alla pietra e sono ormai a distanza di pochi anni dal restau-
Francesco Bertos, autore della maggior parte delle statue del
ro molto difficilmente individuabili. Sarebbe stato dunque op-
coronamento, cioè il foro del trapano in corrispondenza della
portuno, per non perderne la memoria, differenziarli cromatica-
pupilla e che oggi è visibile solo in alcune delle statue, il che fa
mente o almeno tenere la stuccatura sottolivello, denunciandone
riflettere sul rischio che un restauro, pur accorto, possa copri-
con precisione la collocazione originale.
re i segni di un tratto stilistico che può risultare fondamentale all’identificazione dell’artista. Questo riempimento ai fini con-
con l'eroe Bellerofonte che doma il cavallo alato Pegaso, col-
servativi si è potuto sicuramente individuare nella statua della
locata sul fronte Brenta e finora erroneamente letta come un
Carità con la testa reclinata all’indietro (uno dei due fori è visibilmente chiuso, mentre l’altro solo parzialmente) lo stesso si è
Perseo: nel mito si racconta che la doma del cavallo avviene
potuto vedere nel putto alla destra della statua rappresentante
ravvicinato e utilizzando una lente di ingrandimento, ho potuto
Infine si consideri la statua che Francesca Marcellan identifica
tramite una corda dorata. Studiando la statua con un esame
Venezia, nella quale il riempimento è visibile solo con un’osser-
constatare con soddisfazione che sono ancora visibili picco-
vazione attenta. Nel momento del restauro queste parti devono
lissime tracce superficiali di policromia gialla, riconsolidate in
essere state occluse con impasti perché interpretate come pos-
questo periodo, a conferma dell’identificazione grazie alla resa
sibili vie di deposito dell’acqua e, conseguentemente, di inizio
cromatica della “corda d’oro”. La statua, in questo caso, sicu-
di processi di degrado del litotipo. L'attenzione concentrata
ramente ha avuto dei trattamenti superficiali di pulitura ben ca-
esclusivamente
librati che fortunatamente non hanno rimosso completamen-
alla conservazione
nel tempo
del manufatto
non ha in questo caso considerato purtroppo l'errore irreversi-
te le pellicole pittoriche e hanno permesso dunque la lettura
bile per la conoscenza futura dell’opera.
completa di questo attributo della figura. Anche qui sarebbe stato opportuno applicare il colore sulla corda con una leggera velatura ad acquerello, segnalando quindi così la presenza di
In un altro caso, invece, la perdita di informazioni riguarda l’aspetto iconografico, come
nell’imponente figura del capitano
da Mar, nella quale si osserva un riempimento ad impasto di una porzione estesa che dalla spalla atriva al braccio, come se vi fosse stata in origine una fascia metallica o dei fori come inserti per sorreggere dei bottoni forse in pietra o in metallo,
policromia sulla statua. Sarebbe stato poi interessante cercare con attenzione se anche altre statue del coronamento riportassero tracce di colore. Come si è potuto vedere dall'esposizione di questo caso esem150
IL RESTAURO COME SALVAGUARDIA
DELLA STORIA DELL'OPERA
rischio di perdere alcune informazioni importanti non solo per
approfondita delle opere e del luogo cui pertengono per sapere cosa cercare e come intervenire nel modo più corretto. Tutto questo può essere fatto solo coinvolgendo nella predisposizione del progetto preliminare e poi in quello esecutivo molteplici
l'attribuzione delle statue, ma anche per la corretta individua-
figure professionali, portatrici di competenze
zione dei soggetti. Le sole indagini chimiche e fisiche prelimi-
prospettiva ottimale, dovrebbero collaborare insieme non solo
nari ai lavori non si possono dunque considerare sufficienti per
il restauratore, il chimico, il biologo, ma anche l’architetto, lo
avere una valutazione completa delle lavorazioni necessarie pet
storico e lo storico dell’arte.
plare, anche un restauro eseguito con attenzione e scrupolo,
seguendo tutte le metodologie previste per le lavorazioni dalle raccomandazioni Normal degli anni ottanta, ha comportato il
un buon
restauro
conservativo:
è necessaria una conoscenza
151
diverse; in una
GIANLUCA TORMEN
IL VIAGGIO DI TOMMASO DEGLI OBIZZI NEL 1797-98 STORIA, ARTE E COLLEZIONISMO NELLE MEMORIE DI UN INEDITO TACCUINO
Nella pur ricca messe di documenti che riguardano in patticolar modo Tommaso (1750-1803), ultimo esponente della nobi-
cui poteva esporsi, l’Obizzi decise di mettersi in viaggio in un pomeriggio d’autunno inoltrato di fine Settecento. Un viaggio
le famiglia padovana degli Obizzi, davvero scarsi, al contrario,
di piacere con lo scopo soprattutto di visitare alcune città e i
sono gli autografi a lui direttamente riconducibili. Fra questi si
loto antichi monumenti, ritrovare amici di vecchia data e saluta-
è fortunatamente conservato un inedito taccuino da lui tenuMarche, tra la fine di novembre del 1797 e la fine di gennaio del
re parenti (due cugine monache a Bologna e il cugino Alfonso Malaspina a Pisa), ispezionare collezioni e acquistare oggetti d’arte e antichità per incrementare le sue eclettiche raccolte.
to in occasione di un viaggio compiuto in Toscana, Umbria e
1798': documento importante perché in grado di testimoniare
Di tutto questo restano le presenti memorie autografe, sintesi
quali e quanto stretti fossero i legami del marchese con quel
dell'esperienza di un viaggio, che fanno riaffiorare, pur nella
vivace ambiente culturale che continuava a promuovere studi
dimensione strettamente privata, l’affresco luminoso dello sce-
di erudizione storico-antiquaria, affiancandoli ad un altrettanto
nario entro cui si muove. Si intrecciano così i resoconti delle
vitale mercato di antichità. Tali memorie ci offrono la possibi-
visite e delle cerimonie ufficiali con i dettagli della quotidiana
lità di far rivivere quelle impressioni affatto spontanee, nonché
vita materiale: alle conversazioni a cotte a Pisa, al rito del caffè
di leggere per la prima volta, e in modo inequivocabile, la sua
gustato da solo o in compagnia nel Casino dei Nobili, alle sera-
sensibilità e il suo atteggiamento estetico dinanzi a monumen-
te (talvolta noiose) trascorse nei teatri si alternano e si intreccia-
ti e testimonianze d’arte. Una voce diretta e viva che riemer-
no le annotazioni di spesa, i commenti sulla qualità del cibo e sulle locande ove prende alloggio con i due servitori al seguito (di cui uno di colore, Roberto, detto “il Moro”), le mance lasciate, le piccole e le grandi spese sostenute, gli inconvenienti
ge dopo un lungo silenzio, capace di gettare una più diffusa
e radente luce su alcuni aspetti rimasti sinora oscuri della sua
complessa e sfuggente personalità, così come delle sue capricciose e spesso audaci — ma pet questo rappresentative — scelte
e i disguidi incontrati negli spostamenti e molto altro ancora.
collezionistiche.
Esperienze di viaggio non erano estranee al marchese
Le note di viaggio che Tommaso appunta nel suo taccuino riassumono l’ambiente culturale, il clima spirituale, le aspetta-
Obizzi: da un rapido, ma significativo, riferimento in una missiva del 1794 di certo Antonio Bertioli da Parma veniamo a
tive, i giustificati timori, gli interessi nonché i rapporti tra le
conoscenza degli “eruditi viaggi da lei fatti nelle Isole dell’Ar-
persone, alzando il sipatio su uno dei più drammatici e scon-
cipelago, e dei preziosi acquisti che l’Eccellenza Vostra vi ha
degli
volgenti avvenimenti del tempo: la calata delle truppe napole-
fatti”. Il riferimento si limita solo a questo laconico cenno, ma
oniche in Italia che ne rovesciarono l’assetto sul piano politico
un simile dato non può che sollecitare nuove riflessioni invi-
non meno che culturale, ridisegnandone in buona misura, e in modo irreversibile, anche la geografia artistica. Nonostante la
tando dunque a ripensare alla provenienza dei reperti di arte greca raccolti da Tommaso nella grandiosa Galleria del Catajo).
minaccia degli eserciti francesi, noncurante in parte dei pericoli
Documentata
è poi la visita dell’Obizzi alle rovine di Salona
Giovanni della Robbia (attr.), Puzto seduto reggifestone.
tuttavia non è chiaro il riferimento a Roma, di
carte sono numerate ogni 10.
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Kunstkammer
cui nel taccuino non si fa alcuna menzione.
secondo itinerario (che l’Obizzi così introduce:
Cfr. Archivio di Stato di Padova [d’ora in poi ASPd], Fondo Obizzi - Casa d'Austria d'Este, 488:
“Nel Nome di Dio e della Sempre Vergine Ma-
lettera del 25 febbraio
tia. Incomincia qui il secondo volume del mio
citato in G. Tormen,
Per l’aiuto nel corso delle mie ricerche desidero qui ringrazia re sentitamente Miriam Fileti Mazza, Riccardo Gennaioli, Fabrizio Paolucci, Simona Pasquinucci, Patrizia Rocchini, Anna Scannapieco, Gianluca Stefani e Denis Ton. 1
Il taccuino si conserva presso la Biblioteca Civica di Padova [d’ora in poi BCPd], CM 488 ed è registrato come segue: Obizzi (degli). Itinerano da Finale a Roma. Altro dal Catajo a Venezia. 1797-98. Due sono i resoconti di viaggio contenuti, di cui quello in centro Italia è il più ricco e articolato:
itinerario, questo dì 5 febbraio
Il
1798, ometten-
1794. Il documento
è
“Una picciola Atene sempre
crescente”: aspetti e problemi della collezione
Obizzi,
do le cose che nella brevissima dimora, che feci
in G4 Estensi e il Cataio. Aspetti del collezionismo tra
al Catajo, mi sono successe”) si presenta sotto
Sette e Ottocento,
forma di fascicolo sciolto aggiunto al taccuino
2007, p. 89.
e sarà oggetto di una prossima analisi. Il taccui-
Vedi al riguardo I. Favaretto, Arte antica e cultura
no misura 17,8x11 cm, è formato da un insieme
antiquaria nelle collezioni venete al tempo della Sere-
di piccoli fascicoli cuciti tra loro e legati ad una coperta in cartoncio (sembra ottocentesca) a forma di busta, con carta pergamena all’interno. Le
nissima, Roma 2002, pp. 243-248 e G. Tormen,
153
a cura di E. Corradini, Milano
“Una picciola Atene sempre crescente”, cit.
Il dalmata Sebastiano De Vita (o Devita) fu
GIANLUCA TORMEN
in cerca di antichità, ricevendo nell’occasione i servigi e l’utile guida del pittore locale Sebastiano De Vita che per alcuni anni
queste avranno cooperato a mantenervi in ottima salute, ed a
sarà anche al suo servizio. Tommaso
dichiara inoltre, proprio
li del marchese, dei quali molti amici e corrispondenti erano
nel taccuino, di aver soggiornato più volte nella città di Lucca
perfettamente a conoscenza spesso anche sulle precise finalità. Questo pezzz tour che lo condurrà nel cuore dell’Italia, invece,
e in altre località lungo il tragitto, come Bologna e Macerata ad
aumentare il vostro Museo””°. Viaggi frequenti insomma, quel-
esempio. Ma anche il riferimento alle decorazioni del duomo
della durata di poco più di due mesi, si snoda secondo alcune
di Siena, località esclusa dall’itinerario in questione, testimonia
direttrici ben precise, trovando la sua base strategica nella ca-
indirettamente di almeno un soggiorno in quella città avvenuto
pitale del Granducato di Toscana, ove Tommaso soggiornerà
in precedenza. In altra occasione invece (inverno 1788) l’O-
due distinte volte (4-11 dicembre 1797 e 4-13 gennaio 1798).
bizzi si era spinto fino a Roma ove ebbe modo di conoscere il
di passaggio?. Da alcune lettere dell’abate chioggiotto Angelo
Partito da Finale Emilia, non distante da Ferrara, egli si dirigerà a Bologna per scendere verso Firenze e da qui si sposterà alla volta di Pisa, Lucca e Pistoia. Di nuovo a Firenze (sostando alle porte della città per ammirare la villa medicea di Poggio a Caiano) ’Obizzi si porterà in seguito ad Arezzo, con brevi soggiorni anche a Cortona e Perugia, limitandosi ad osservare
Bottari veniamo invece a sapere che il marchese si era recato a
la rocca di Assisi da lontano. Si dirigerà quindi a Spello, Tolen-
pittore e mercante scozzese Gavin Hamilton, intavolando con
lui fiduciose trattative per la cessione di alcuni dipinti in cambio di antichità di cui l’Hamilton faceva da tempo nella capitale ampio e lucroso commercio, per lo più con i connazionali
Vienna nel giugno del 1796° e ad un ulteriore soggiorno nel-
tino, Macerata, vedrà poi velocemente Recanati e soggiornerà
la capitale dell'Impero Tommaso
una notte ad Osimo ove risiedeva un cugino, il cardinale Guido
penserà proprio quando si
trovava in Toscana, approfittando dell’occasione per prendere i primi contatti, organizzandosi pet tempo”. Una volta rientrato dalla Toscana, pare egli si fosse recato in Germania dal momento che lo ritroviamo di ritorno da quella nazione pochi
mesi dopo". E il colto e potente cardinale di Santa Romana Chiesa, nonché amico e rivale collezionista, Stefano Borgia, fa cenno in termini peraltro assai vaghi e confusi in una sua mis-
siva del luglio 1800 ad un probabile soggiorno di Tommaso in Ungheria”, ove l’Obizzi poteva fregiarsi del titolo di magnate. Del resto, come gli scrisse molti anni prima l’amico veronese, conte Giacomo Verità, 18 novembre 1785: “Marchese mio, so che vi siete molto divertito in vari viaggi, e città, onde spero che
anche al servizio di Daniele Barbaro, segnalandosi forse come modesto trafficante, a livello locale, di opere d’arte. In una
a Tommaso
missiva
degli Obizzi inviata da certo Do-
menico de’ Medici datata Venezia, 27 maggio 1783, così leggiamo: “Dall’E.V. mi vedo favorito della bella serie de’ Gran zari di Moscovia,
che sì di questo come
per tanti altri tratti di
sua gentilezza me Le professo eternamente obbligato. Dal Sig. De Vita si è ottenuta per Zecchini 10 La Cena di Tiziano, e sono assai contento di averla acquistata molto più aven-
do trovato il compratore della mia senza discapito” (ASPd, Archivio Obizzi - Casa d'Austria d'Este, 489, carte non numerate). L’autoritratto del De Vita, oggi disperso, venne accolto nel-
la prestigiosa serie degli Uffizi proprio grazie al sollecito interessamento — per non dire alle
garbate “pressioni” — esercitati da Tommaso nei confronti dell’allora direttore della Galleria, Giuseppe Pelli Bencivenni, dopo un iniziale rifiuto di quest’ultimo di trovargli una col-
locazione nella storica serie (S. Meloni Trkulja, ‘Sebastiano De Vita Dalmatino, con due mani”, in
“Prilozi
Povijesti Umjetnosti
U Dalmaciji”,
33, 1992, pp. 399-404). L'incontro fra i due è documentato
da una
lettera (datata Roma, 20 dicembre 1788) dello stesso Hamilton
indirizzata al mercante
e
Calcagnini. Tommaso passerà poi per Loreto, Camerino e giungerà infine ad Ancona: qui cercherà invano un imbarco che, per le pessime condizioni metereologiche e la massiccia presenza soprattutto di truppe francesi, non riuscirà a trovare pronta-
mente. Tra sconforto e irritazione, si sposterà nel frattempo a Fano e Senigallia, spingendosi a Pesaro e infine a Rimini, concludendo così il suo viaggio in un clima tutt'altro che sicuro,
dominato da allarmanti incertezze politiche. Tessere diverse, quelle enumerate, ma tutte egualmente interessanti, di un ricco e variegato mosaico di ricognizioni che ricalcava in buona misura le orme dei tradizionali percorsi seguiti dai viaggiatori del Grand Tour. Registrate puntualmente tutte le
collezionista veneziano Giovanni Maria Sasso (Lettere artistiche del Settecento veneziano I, a cura di A. Bettagno e M. Magrini, Vicenza 2002, p. 460). Tommaso raggiunse verosimilmente l’amico veneziano Girolamo Ascanio Molin
troppo dispendiosi” (BCPd, CA 1001 /a: lettera di Molin all’Obizzi da Roma del 16 novembre 1788). Del soggiorno romano dell’Obizzi
ci informa anche l’abate Angelo Bottari in una
(1738-1814), che già da novembre soggiornava nella capitale dei papi ed aveva perduto oramai la speranza di incontrarlo in città: “Illustrissimo Sig. Marchese Amico Stimatissimo. Stet-
lusinga quando ci siamo lasciati; ma veggo defraudata la mia speranza, e quantunque i tem-
Lettera
da
Chioggia
1796
(BCPd,
CA
238/X).
dell’11
maggio
Chiedendo
all’Obizzi
mente la lettera da Rovigo del 22 maggio 1796
pi fossero propizj al miglior segno. Convertà dunque che mi riserbi al piacere di vederla al
di Gioacchino Masatto: “So che V.E. disposta era di partire per Vienna appunto ai primi di detto mese” (ivi, CA 925). Viaggio evidente-
mio ritorno, se far potrò tutto il viaggio per terra, o a Venezia e in quest'inverno, giacché
mente compiuto poiché, nella successiva epi stola del 22 giugno 1796, sempre il Masatto
spero che ci si lascerà vedere. Io sono pieno di cose antiche, ed ho vista ed esaminata per
quanto in poco tempo tante tarità di questa
Capitale, che spero poterne far qualche dettaglio. Non dire potrò di aver partitamente visti molti musei, perché questi occupano per fempo, ma pur ne vidi alcuni, e
lo più gran
quasi mi disanimai dalla collezione, che si può far costà... Con-tutto ciò ho fatto acquisto di
154
1788
notizie sul suo imminente viaggio a Vienna, il canonico ricorda fra l’altro come non si andassero “facendo buone le circostanze per quella Corte”. Allo stesso viaggio allude verosimil-
ti sin ora in lusinga di veder effettuata la sua corsa a questa parte, come mi diede qualche
qualche picciolo pezzo [...] li grandi acquisti 0 non sarebbero sicuri, essendo anche qui [parola semideleta] nell’ingannare, o sarebbero
missiva da Chioggia del 10 novembre (ivi, CA 238/111).
10
sostiene di essere stato giorni prima a Padova e di aver chiesto se il Marchese avesse già fatto ritorno al Catajo. Vedi qui le considerazioni dell’Obizzi a c. 9 La notizia si ricava da una lettera del primo giugno 1798 dell’amico osimano Filippo Acqua: “Intesi soltanto da Ferrata ch’era seguito il di Lei ritorno dalla Germania” (BCPd, CA 5) Lettera da Roma in data 26 luglio 1800 (BCPd, CA 218). Ivi, CA 1601.
IL VIAGGIO DI TOMMASO
tappe, possiamo seguire passo dopo passo i suoi spostamenti nell’arco delle singole giornate. Non sappiamo se quello appe-
DEGLI OBIZZI NEL 1797-98
nere. Di sicuro è un circuito ricco di soste che tocca alcune delle
incerto. La stessa registrazione degli eventi nel taccuino riflette questa sua debolezza soprattutto sul versante dell’ortografia, pesantemente infestata da errori e quasi del tutto priva di punteggiatura. Cosa apparentemente strana se non sapessimo invece che il padre Ferdinando si era disinteressato dell’istruzione dell’unico figlio, limitandosi a fargli impartire un’educazione
più importanti e significative mete, consuete e irrinunciabili,
discontinua
pet qualunque viaggiatore italiano o straniero che fosse.
taccuino che ha dunque i limiti e l’etichetta propri di uno stru-
(pare) alle più amorevoli e sollecite cure del fratello Pio Enea, canonico di Ferrara. A rendere ancor più complicata la lettura delle sue memorie si deve aggiungere quella pessima grafia che, come lamentava a buon diritto già un anonimo contemporaneo, è “un carattere che il solo Cicerone lo può capire” (fig, 1)!!. Questo ha creato non pochi problemi nella decifrazione delle parole, soprattutto di nomi propri e luoghi, per cui non sempre è stato agevole risalire all'identità di chi è menzionato perché
mento ad uso strettamente privato. La cura, l’esattezza e la pre-
segnato magari in versioni differenti, e in ogni caso spesso di-
na tracciato sinteticamente fosse stato, nelle intenzioni dell’Obizzi, il percorso pianificato fin dal principio o se piuttosto si fosse venuto modificando, come è più plausibile credere, ir iti-
Un viaggio senza grandi pretese che si configura come
mo-
mento di puro piacere personale e nobilissimo svago, ma in parte anche come esperienza ‘erudita’” che offre al marchese l’opportunità di potersi confrontare
una volta di più con le
testimonianze del passato. È al tempo stesso importante occasione per completare e affinare le proprie conoscenze: un
e scarsamente
formativa,
affidata
inizialmente
cisione sistematica nella registrazione e nell’organizzazione dei
stanti dalla lezione corretta.
dati non sono certo la costante, quel filo rosso cioè in grado di
Da quanto sin qui detto, il taccuino dell’Obizzi non può essere
tenere unite e legare saldamente tra loro tutte le informazioni.
annoverato tra i documenti e le testimonianze di quella preziosa e ricca letteratura di viaggio che tanta importanza e influenza
Per certi aspetti esso si riduce talvolta a semplice raccolta di una molteplicità di dati dal differente valore documentario
e
avrà nel corso del Settecento, non ultimo per la formazione del
storico.
nuovo gst0!°. Di certo non è paragonabile alle sottili descri-
Tommaso annota ogni giorno, anche se non sempre con il me-
zioni, alle meditate riflessioni, ai puntuali e precisi resoconti di
desimo scrupolo, le sensazioni, gli avvenimenti, gli incontri, le di non affidare alcun ricordo ai difetti della memoria. Nei vari
quella nutrita schiera di letterati viaggiatori, eruditi, artisti e c07notsseurs — fin troppo noti per essere qui rievocati — che diedero impulso ad un già fortunatissimo genere letterario. Ma resta
luoghi visitati egli registra ad esempio le cose “antiche che si
pur sempre un documento di indiscusso valore storico, una tes-
puol sperare di acquistare” e quello che effettivamente ha ac-
sera insostituibile che ora si aggiunge per gettare maggiore luce sulle complesse vicende che hanno portato alla formazione del Museo Obizzi al Catajo nella seconda metà del Settecento, al tramonto oramai della dinastia. Poco più di duecento anni fa Tommaso degli Obizzi si preparava ad affrontare questo viaggio nel corso del quale, accanto a visite a monumenti e collezioni più o meno grandi e importanti (come quelle degli Uffizi e di Palazzo Pitti), avrebbe alternato una significativa attività di ricerca e acquisizione di oggetti vari allo scopo di incrementare le personali raccolte. Come avveniva
nuove e vecchie amicizie, le visite e le curiosità varie cercando
quistato per il suo Museo, tralasciando di annotare in talune circostanze il nome
del collezionista o del mercante di turno
che gli ha procurato, venduto o solo segnalato i pezzi. Non si
limita spesso a registrare la tipologia dei reperti, siano essi pitture, sculture, monete, vasi o altro ma aggiunge informazioni
in diversi casi anche sulle cifre sborsate, su quanto è disposto a spendere oppure ad offrire in cambio. Dimostra così di saper valutare senza imbarazzo il pregio e il valore di ogni singolo oggetto, grazie a quella consumata pratica di acquisizioni ma-
turata e affinata da tempo. Accompagnati per mano in questo viaggio — affascinante per gli stimoli e le sensazioni in grado di evocare e per la suggestione di talune descrizioni — non possiamo non riconoscere
a Tommaso
un gusto sicuro e deciso,
anche se sovente in linea con i canoni allora dominanti in fatto
in simili circostanze, anche in questa documentata occasione il
marchese non mancherà di approfittare delle diverse opportunità che via via gli si prospettano, portando a termine acquisti o scambi vantaggiosi. Una delle note più interessanti che visibilmente emerge dalla lettura del taccuino è il riferimento
artistico e collezionistico.
alle opere dei Della Robbia e, più in generale, alle terrecotte
Dall’analisi del taccuino emerge petò anche un ulteriore dato,
invetriate. Nell’ammirare quei capolavori — sintesi perfetta di plasticismo e colorismo — e nel ricetcarli con lo scopo di farne
più strettamente formale ma che conferma appieno quanto le scarne fonti su di lui attestano. L’Obizzi deve essersi certamen-
l'acquisto, Tommaso
te cimentato più volte nella stesura di memorie, atti, lettere,
alla data del suo viaggio si configura decisamente precoce in linea generale e, certo, pionieristico per un collezionista di area
richieste, 11
e notiamo subito come il suo sia un italiano molto
manifesta un sincero apprezzamento che
BCPd, C.M. 171/33. Il documento, indirizzato
lo con altro carattere, giacché devo sinceramente
1962 e ai più recenti contributi di A. Brilli, //
peraltro allo stesso marchese, non porta né luogo né data. Anche il cavalier Filippo Acqua di
confessarle che non mi riesce di leggere il suo”
viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione cultu-
(ivi, CA 3).
rale dal XVI
Osimo, in una sua missiva dell’8 febbraio 1799,
così si rivolgeva all’Obizzi: “Quando mi farà l’onor di scrivermi un’altra volta La supplico di far-
12
Assai ricca è la letteratura sull’argomento.
Pet
al XIX secolo, Milano
1987 e Grand
Tour. Il fascino dell'Italia nel XVIII secolo, catalogo
un primo e generale inquadramento si rimanda
della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni),
a IL. Vincenti,
a cura di A. Wilton e I. Bignamini, Milano 1997.
Viaggiatori del Settecento, Torino
GIANLUCA
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2
Voyage
51
sono derivazioni dirette dal quadro di Carpaccio. L’opera, tecnicamente molto elaborata, fu esposta nel 1864. Un
à Venise, A Paris 1849, » pp. P 29-30; a p.} 37 menziona 4 Carpaccio insieme a tutti gli altri maestri veneziani primitivi, ma la linea che l’autore privilegia è quella
dedicato
al Sogno di
gham Museums and Art Gallery; Parigi, Musée
del colorismo maturo di Giorgione e Tiziano.
gràces que peut donner le sommeil pur de l’in-
“Un chat trapu, ronde et batoque, qui a l’air de ces animaux un peu diaboliques dont Carpaccio
de on nocence, et SRO CGAnE a l dol visage que des visions vraiment paradisiaque lui
Jones all’esposizione annuale presso la Grosve-
animait ses compositions et dont il ornait ses
apparaissent en songe”
(A.E Rio, De la poésie
not Gallery nel 1878 un critico rilevava: “Jones
chrétienne, cit., p. 499). Simili intenzioni puriste
a certainement beaucoup d’imagination pottigue et beaucoup de goùt quant à la coloration,
È
49
Il passo che Rio aveva
sant'Orsola, parafrasando Zanetti, sembra essere il primo di una vastissima fortuna letteraria: “couchée sur son lit virginal, parée de toutes les
Londres. Beaux-Arts, in “Journal des débats politiques et littéraires”, 10 mai 1862. S. Wildman, J. Christian, in Edward Burne-fones. 1883-1898. Un maître anglaise de l'imaginaire, catalogo della mostra (New York, The Metropolitan Museum of Art; Birmingham, The Birmin-
.
R
terrains semés de fleurettes délicates, sous les
Pai
d'Orsay), Paris 1999, pp. 105 cat. 35 e pp. 95-96 cat. 27. A seguito della partecipazione di Burne
pas de ses San Giorgio et de ses Santa Orsola”
e confessionali motivarono infine Rio a valuta-
(H. de Regnier, Esquisses vénitiennes [Paris 1906],
re come
Bruxelles s 1991, jep. 117) ;
la “belle composition a)mystique” della G/orza i di
lui ont décernées plusieurs critiques, tels que M.
sant’Orsola, che pure giudicava come opera priva
W. Rosetti [si], qui le compare à Botticelli et
della sacra ispirazione dei pittori umbri. A. Viollet-le-Duc, Exposttion Internationale
à Carpaccio” (V. Champier, L'Anneè Artistique,
50 Cfr. la sintesi di J.Scappettone, Ki//ng the Moonli ht: Modernism in Venice, New Yotk 2014, pp. 43
e sgg.
54
opera piu ammirevole
213
dell’intero ciclo
de
mais il ne mérite pas les louanges exagérées que
Paris 1879, p. 406).
ALESSANDRO
DEL PUPPO
Tintoretto) non poté certo riferirsi a questi primi episodici sondaggi. Con ogni evidenza, invece, Ruskin alludeva alle lettere veneziane del 1876-1877, confluite in Fors Clavigera e quindi riprese in SZ Mark5 Rest, questo volume sì a sancire, ma siamo
già nel 1887, la fortuna europea del Carpaccio “inglese”. È appena il caso di ricordare le note circostanze che spinsero Ruskin a questa rivalutazione. L'attenzione a Carpaccio, dopo il
primo incontro del 1869, s’intensificò nel soggiorno veneziano del 1870, quando copiò alcuni dettagli dal ciclo di San Giorgio degli Schiavoni”. Il ciclo di Sant'Orsola venne meticolosamente
studiato due anni dopo; nel pieno sviluppo di quell’ideale di re-
ligione dell’umanità che aveva preso avvio con la pubblicazione
periodica delle lettere di Fors Clarigera. In seno a questa sua appassionata quanto utopistica rivolta antimoderna, la lettura di Carpaccio si coloriva di clausole “sociali”. Si può anzi dire che, forse per la prima volta, qualcuno s’industriava a ricavare un
3.
senso complessivo dai teleri. Solo che le motivazioni che spinsero a questa decifrazione erano quanto di più lontano da una ricostruzione oggettiva. Erano, invece, il pretesto per una perorazione ideologica. L’accurata descrizione dei manufatti nel Sogno di sant’Orsola (le imposte delle finestre, i vasi, il tavolino e la seggiola, financo le babbucce) servì a Ruskin per delineare gli exempla di un artigianato virtuoso. Di questa “happy industry”
Edward Burne-Jones, Anrurciazione. Collezione privata
la giovane donna, sovrana ma anche a suo dire “lavoratrice”,
condivideva la piena moralità. L’equilibrio di una vita benedetta dalla pacificata armonia sociale trovava la sua immagine più
do il sapore arcaico e l’innaturale stilizzazione quattrocentesca. Nel secondo viaggio veneziano, che lo aveva così avvicinato a Carpaccio, Burne-Jones era accompagnato da John Ruskin e da William Holman Hunt. Ricorderà poi Hunt:
and now, beyond all possible expectation, I was to see them
compiuta nella quieta distensione del sonno virginale”. Questa interpretazione non sarà priva di revisioni, come i lettori delle lettere periodiche che andavano componendo Fors Clavigera vennero informati negli anni successivi. Il mutamento più intenso, che impresse una svolta decisiva non solo all’esegesi intorno a Carpaccio, ma anche a buona parte del pensiero ruskiniano,
for the first time in his company. He accepted my tribute
cadde durante il fatale soggiorno veneziano dell’inverno 1876.
in silence, observing that he should enjoy my company at
Nel cupo dolore in cui lo aveva gettato la morte dell’amata
I had ever since dreamed
all places where
of the works he had described,
Rose La Touche, Ruskin prese a convincersi che proprio Rose
the precious pictures by Bellini, Carpaccio,
gli parlasse attraverso l’interposta figura di Orsola. In qualità
Giorgione, Titian, Tintoretto, and Veronese were collected’.
di membro
onotario, persuase
le autorità dell’Accademia
ad
L'attenzione ai pittori veneziani era anche tesa a smorzare le
allestire appositamente per lui il Sogno di sant’Orsola all’interno
maggiori crudezze dei primitivi toscani e il pernicioso “Ger-
di una saletta privata, entro cui si chiuse a chiave copiandone
man revivalism” cui pareva affetto in particolar modo Rossetti.
ossessivamente il volto. A volte, Ruskin s’accontentava di con-
Tuttavia, questo recupero non era affatto disponibile a prender
templarla in silenzio, lontano dal mondo secolare.
forma di compiaciuto arcaismo”.
Il 19 settembre 1876 scrisse a Joan Severn: “There she lies, so
Quando nell’epilogo del Modern Painters, scritto nel 1883, Rudi Carpaccio nel novero delle sue
real, that when the room’ quite quiet. I get afraid of waking her! How little one believes things, really! Suppose there is a
(insieme a Turner, Luini, Botticelli e
real St. Ursula, di ma, taking care of somebody else, asleep, fot
skin volle inserire il nome cinque grandi scoperte
56
W.H.
Hunt, Pre-Raphaelitism and the Pre-Raphae-
lite Brotherhood, II, London
1905, p. 258. Come
possibili influssi di Carpaccio su Hunt si veda almeno London Bridge. Night of the marriage of the Prince & Princesse of Wales, March 10th 18 63
ignorance of any but mere black and white differences of racial types of men, the stinted va-
59
ven-London 2000, pp. 165, 240. The Works of John Ruskin, a cura di E.T. Cook e
rieties of flora, and their geometrical forms in
A. Wedderburn, London 1905, XXVII, p. 293;
the landscape; these simplicities, already out of
V.A. Burd, Christmas Story. John Ruskin Vene-
l’impaginato prospettico del ponte abbellito di
date in the painter day, we noted as belonging altogether to the past and to the dead revivali-
pennoni al vento.
(Oxford, Taylor Building, Combe Bequest), per
57
T. Hilton, Jobn Ruskin. The Later Years, New Ha-
drawing, the feebleness of light and shade, the
sts, with whom we had determined to have nei-
tian Letters of 1876-77, Newark 1990, pp. 147 sgg.; cfr. R. Hewison, Ruskin and Oxford. The Art of Education, Oxford 1996 e FE O°Gorman,
“Yet we did not curb our amusement at the im-
ther part nor lot” (W.H. Hunt, Pre-Raphaelitisr,
Late Ruskin: New Contexts, Aldershot 2001, p:
mature perspective, the undeveloped power of
Gt, Io 1156),
101.
214
VITTORE CARPACCIO LA FORTUNA
MODERNA
DI UN MAESTRO
ANTICO (PARTE PRIMA)
mer”. In una sempre più stretta e cogente identificazione con
fin dentro il Novecento) prese così forma una dissociazione
la vergine martire cristiana, “somebody else, asleep” era riferito
importante. Da un lato vi era un dipinto, sempre più isolato dal
a Rose. Eventi occasionali e coincidenze vennero interpreta-
complesso da cui traeva senso, e perciò investito delle più am-
ti come segni di un contatto diretto, quasi medianico, con la
pie, talora stravaganti, sempre assai soggettive, significazioni.
santa!” . Risalgono a questo periodo, siamo nel dicembre 1876,
Dall'altro, invece, iniziava a emergere una più austera e rigorosa valutazione critica.
una bella copia ad acquerello del Sggr0 (Oxford, Ashmolean Museum) e un dettaglio della testa.
L'esperienza passò nelle pagine mensili di Fors Clavigera. Il fa-
La storiografia “positiva” e una seconda stagione di copie
scicolo di febbraio 1877 iniziò con queste parole: “Last night,
St. Ursula sent me her dianthus ‘out of her bedroom window,
Se poste accanto alle derive dell’esegesi ruskiniana, le cautele espresse da Cavalcaselle e Crowe nel paragrafo della History of Painting (1871) dedicato a Carpaccio risuonano ancor più severe: “there is no portion of art history so obscure as the Ve-
with her love’, and, as I was standing beside it, this morning
[...] there come into my mind the cause of our difficulties about the Eastern question”. Dal dono simbolico del ramo di verbena l’autore passava con preoccupante disinvoltura a un
netian nor in one which the critic is bound to proceed more
profluvio d’osservazioni di politica estera e relazioni sociali, di
cautiously””°2,
temibile complicazione e mai rinnegata oscurità. Queste pagine si mescolarono ai paragrafi di SZ. Mark% Rest che nel frattempo Ruskin andava componendo (usciranno solo molto più tardi, in forma incompleta).
L'inserimento
dell'incisione
del Ricevizzento
degli Ambasciato-
ri (una scelta ripresa da Charles Yriarte nel 1878) contribuì a incrementare
l'ancora minutissimo
dossier delle immagini
in circolazione. Ma quel che colpisce a tutti gli effetti è l’in-
Nel loro sconnesso e visionario insieme, queste pagine apriro-
dole seccamente formalistica delle pagine riservate al ciclo di
no a un’esemplare fortuna letteraria, chiudendo al tempo stesso
Sant'Orsola, a fronte di quelli emotivi e sentimentali privilegiati
la personale vicenda dell’autore con un drammatico crollo psi-
dalla critica di Ruskin. E basterà pensare al giudizio sullo “small
chico. Quanto venne poi letto e malinteso in termini di squisito
genre subject” delle Cortigiare, “feeble production, of disagre-
estetismo sfociava qui nel patologico. La fortuna di Orsola col-
able tone?’
limava, in buona parte, con la storia di una nevrosi. L'immagine
Citiamo un passo che è un buon esempio di deliberato tecni-
della santa, ma più in particolare quella del Sogro, grazie a Ru-
cISsMO:
skin divenne, pars pro toto, “la” fortuna di Carpaccio: quella stessa
che si potrà valutare nelle pagine a venire di D'Annunzio”.
Without any poetry of fancy he was fertile in the invention of
Pochi anni dopo, un’altra fanciulla beneficiò della trasposizio-
incident, earnestly impulsive in the conception and rendering
ne con cui Ruskin rese familiare il nome del pittore a un’in-
of movement [...] We cannot find one instance in which he
tera generazione vittoriana (e non solo). Nell’estate del 1888 Madeleine Bernard fu ritratta dal fratello Émile in quello che senz’altro è il capolavoro giovanile del pittore (Parigi, Muste
him in minute ornament of drapery or architecture; and no
sactifices mass to finished detail, though few could surpass painter of the age was more at home in the quaint tailoring
d’Orsay; fig, 4).
and complicated dress of his countryman. |...] He was rough
Contesa dall’insaziabile Paul Gauguin, la diciassettenne Made-
in his touch, dusky and red in flesh tone, coarse and black in
leine venne amata dal pittore Charles Laval, con il quale si fidan-
outline; but what he lacked in sentiment of colour was com-
zò tempo dopo. Bernard volle dipingere la fanciulla distesa in riposo, l’aria assorta e malinconica, a giganteggiare tra le fronde
pensated by the application of scientific laws®.
L'impatto delle pagine ruskiniane andava inevitabilmente alimentando una forbice interpretativa. Da un lato crebbero gli esegeti squisiti e gli apologeti di una religione, per la verità via
del Bois d’Amour, la collinetta che sovrasta Pont Aven, la loca-
lità elettiva di quella brigata. La posa della giovane è una citazione palmare del Sogno di sant'Orsola. È probabile che Bernard, in mancanza di una conoscenza diretta dell’opera, si sia servito di
via sempre più laica e sconsacrata, del bello. Essa si alimentò
una fotografia fra quelle circolanti nell’atelier Cormon.
dell’estetismo veicolato da Walter Pater e da esso giunse fino alle pagine di Angelo Conti, Gabriele D'Annunzio, Paul Flat,
Dalla fortuna del tema di Orsola assopita (che si potrà seguire
60
The Works of John Ruskin, cit., 1904, XXIV, p.
xxxvii; Ruskin and Venice, catalogo della mostra (Louisville, J.S. Speed Art Museum), a cura di R. Hewinson, London 1978, pp. 27-29, catt. 81-
scontro negativo nei Procès-verbanx de l’'Académie
the Sixteenth Century, London 1871, I, p. 195.
don, 2 voll., Paris 2001-2002.
C. Yriarte,
Venise. Histoire, Art, Industrie, la Ville,
83; ].E Clegg, Ruskin and Venice, London TO STE
la Vie, Paris 1878, pp. 146-147; non risultano
pp. 180-187; T. Hilton, John Ruskin, cit., pp. 341-
invece riproduzioni fra le stampe de “La Gazette des Beaux-Arts” (1859-1933), con l’ecce-
391, 61
63
ting in North Itah, Venice, Padua, Vicenza, Verona, Ferrara, Milan, Priuli, Brescia, from the Vourteenth to
Cfr. per questi aspetti anche ].M. Lloyd, Razseng Lilies: Ruskin and women, in “The Journal of Bri-
tish Studies”, 34, 1995, 3, pp. 325-335. 62 JA. Crowe, G.B. Cavalcaselle,
A History of Pain-
zione di quella menzionata in fig, 2 del presente contributo, “L’Art” (1875-1907) e “L’Artiste” (1831-1904), come dai rispettivi indici editi da I’Echelle de Jacob, Paris 1998-2000; uguale ri215
des Beaux-Arts, 64
a cura di A. Goudal e C. Girau-
JA. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A History of Painfnoicit, po2iik
65
Ivi, p. 200. Si veda inoltre S. Marcon, Giovan Battista Cavalcaselle studia l’ultimo Carpaccio, Carpaccio.
in
Vittore e Benedetto da Venezia all'Istria,
catalogo della mostra (Conegliano, Palazzo Satcinelli), a cura di G. Romanelli, Venezia 2015,
pp. 123-135.
ALESSANDRO
4
DEI , PUPPO
Émile Bernard, Madeleine nel Bois d'Amour. Parigi, Musée d’Orsay
Theodor de Wyzewa, fino a Maurice Barrés, in una linea che s’identifica nella religione del bello e nelle dense sovrascritture
europea, commissionate
d’ordine simbolista.
disposte nel tentativo di ordinare, con una rigorosa tassonomia
Dall’altra parte emerse la prima storiografia “moderna”, che si
di scuole nazionali e regionali, gli sviluppi stilistici di cinque se-
a una pletora di copisti sovvenzionati
da un programma ministeriale. Le opere vennero accuratamente
organizzò per provare a rispondere, innanzitutto, a due doman-
coli di pittura. La gerarchia dei valori era chiaramente riflessa dal
de fin qui curiosamente disattese: chi fosse veramente il pittore denominato Carpaccio; cosa e perché avesse dipinto.
dici Vélazquez, nove Tiziano, sei Michelangelo, sei Rembrandt,
Rientra nell’ambito di una storiografia “positiva”, attenta alla
quattro Poussin, quattro Giotto, e via declinando.
riparto proporzionale: si contavano trentatré Raffaello, quattot-
comparazione formale fra tipologie ben ordinate di esemplari
La terza sala, che un osservatore
capolavori, il museo delle copie istituito per volontà di Charles
plus séduisantes |[...] celle des coloristes, des charmantes” raccoglieva i migliori esempi della scuola veneta: Tiziano, Seba-
Blanc, e che dell’enciclopedica sua Histozre si può ben conside-
rare lo sviluppo museale. La raccolta fu inaugurata nel dicembre 1872 nell’ala occidentale del Palazzo dell’Industria negli Champs Elysées, edificato dall’architetto |M. Viel in occasione dell’Esposizione Universale del 1855, sul modello del Crystal Palace ma in stile palladiano e con un grande ingresso monumentale. Il cosiddetto “Musée Européen” consisteva in nove sale che raccoglievano
dell’epoca giudicò “une des
stiano del Piombo, Veronese, Tintoretto, Palma, Bonifacio, e finalmente la copia che Edouard-Théophile
Blanchard
aveva
appena tratto dal Rycewizzento degli Ambasciatori. Un quadro giudicato, con buona pace di Ruskin, “le plus remarquable des huits tableaux composant la collection de la legénde de Sainte
Ufesulle?299.
In realtà il dipinto di Blanchard (1844-1879), già allievo di Picot e di Cabanel, aveva costituito l’obbligatorio envoi annuale del
157 repliche dei più grandi capolavori della pittura 216
VITTORE CARPACCIO LA FORTUNA
MODERNA
DI UN MAESTRO
ANTICO
(PARTE PRIMA)
Prix de Rome, che egli aveva conseguito nel 1868. Non è chiaro
Ai copisti che abbiamo menzionato si può aggiungere Gabriel
se un simile tema, assai lontano dalle tradizionali consuetudini
Ferrier (1847-1914), che nel 1876 da Roma inviò un Sar Giorgio che uccide il drago’. Che il decoratore dei roridi quarantasette metri quadri di p/afond del ristorante della Gare d’Orsay (1900)
degli invii da Roma, fosse stato sollecitato dall’amministrazione dell’École, assai impegnata nel sostenere il progetto di Blanc. Certo è che la copia di Blanchard andava a colmare una lacuna
avesse in gioventù copiato Carpaccio è contraddizione solo ap-
ormai palmare. Ed egli stesso sembrò tener conto di quanto
parente. In fin dei conti, un simile brioso neotiepolismo non
appreso nel copiare Carpaccio, per il dettaglio centrale del pul-
era altro che la versione evoluta e virtuosistica dell’assai meno
pito decorato a specchiature e dischi di porfido nel successivo
artefatto decorativismo di Carpaccio: quello stesso che aveva
dipinto La lettura del Vangelo (Nizza, Museo Chéret)?.
mosso quindici anni prima Moreau e Delaunay, Tissot ed Hen-
Accanto alla copia di Blanchard, il museo si arricchì di quello
ner. Però con una differenza sostanziale. Lì i modelli figurativi
che Eugène Miintz definirà poi “un rayon du soleil de Veni-
dedotti dalle tante figure ritagliate e osservate nel dettaglio era
se”, ossia le copie ad acquerello di Edouard Imer da Carpaccio, Cima da Conegliano, Tiziano e Bonifacio”.
didattica per così dire “autogestita”, nonché dell’insofferenza
conseguenza
Furono invece frutto di commissioni pubbliche le copie del Con-
dell’avvertita crisi della pittura di storia, di una
di un gruppo di pittori assai meno o/fiwe/s dei copisti della Terza Repubblica. Presa invece nel suo più vasto insieme composi-
gedo degli ambasciatori (fig. 5) e dell’Incontro e partenza dei fidanzati richieste nel dicembre 1871 rispettivamente a Jean-Jules-Antoine Lecomte du Noty (1842-1923) e ad Auguste-Alexandre Hirsch (1833-1912). I due dipinti furono consegnati nel giugno 1873, poco prima della soppressione della raccolta patrocinata
tivo, la pittura di Carpaccio offrì a questi ultimi una larga e sontuosa superficie decorativa.
Le architetture dei quadri veneziani, già apprezzate da Ruskin pet il valore di documento
originale, fornirono all’eclettismo
da Blanc e della sua confluenza nelle collezioni dell’Ecole des Beaux Arts,
della Terza Repubblica i modelli per le quinte di una scenogra-
Questi tre quadri furono le uniche copie tratte da antichi maestri
magniloquenti e le larghe partizioni decorative, riconoscendo
che furono ammesse nella Salle du Conseil nel palazzo dell’École.
in esse la più stringente attualità. Come scrisse un osservatore
In quella sede i tre episodi carpacceschi erano contornati da otto
dell’epoca:
fia elaborata. In Carpaccio si apprezzavano ora le messinscene
torciere in stile Luigi XIV, due candelabre a tripode, una pendola
Impero, e tutt'intorno, ordinati su due ranghi, i ritratti dei pro-
Les Bellini déjà, les Vittore Carpaccio, s’efforcent plus que
fessori dell’antica Accademia e della stessa École”. Per quanto
tous leurs rivaux de remplacer en quelgue sorte la tapisse-
sia bene essere cauti nell’attribuire valori simbolici alle ragioni,
rie par leurs tableaux. S°ils font des tableaux de chevalet, ils
spesso d’ordine assai prosaico, di un ammobiliamento, mi pare
exécutent aussi des suites comme la Légende de sainte Ursule
che la presenza di Carpaccio in un simile Pantheon costituisca un
ou la décoration de San Giorgio degli Schiavoni, ou des com-
chiaro segno indicativo della sua sorte.
positions comme la Procession de Saint Marc. La préoccupa-
È allora utile soffermarsi sugli autori di due di queste copie, e
tion d’avoir des fonds très compliqués, aux architectures sa-
sul loro esito. Lecomte du Noùy s’era istruito presso l’atelier di Charles Gleyre per poi passare a quello di Géròme, avviandosi a una cospicua carriera di pittore otientalista, garantita dal
vamment combinées, est aussi plus vive que partout ailleurs?. Celebrando,
contratto con Goupil e culminata con la Legione d’onore nel
pveu, Delaunay, Puvis de Chavannes, Galland, Moreau e, più
1876 e una medaglia d’argento nel 1889". Hirsch proveniva ugualmente dallo studio di Gleyre, ma s’era affinato pure con Flandrin, adeguando la sua indole a quadri di gusto weo-grée e
d’ogni altro, Baudry, un critico attento come Louis Gonse poté
Certains ormes du grand art sont devenues impraticables à
“Journal des débats”, 11 décembre
IL. Auvtay, Le Musée curopèen, Paris 1873, p. 50;
la scelta delle copie (l’elenco è alle pp. 115-118)
68
E. Miintz,
69
Parigi, École Nationale
pp. 209-218, in ragione di una tradizione “bien
MU
72
“Narrateur incomparable et amusant” è il giudizio
che ne trasse G. Rouchés, L'Eco des Beaux-Arts.
Aperci historique et guide à travers les collections, Patis Arts, invv.
1924, p. 42; un ricordo sull’erzo; del 1876 in G.
2449 e 2452; P. Duro, Le musée des copies,
Berger, Expostons des envois de Rome, in “Journal
des Beaux
francaise” che l’eccesso di copie da maestri ita-
cit., nn. 93, 74; E Castellani, “Ba/bzer la langue
des débats”, 6 juillet 1877, p. 2. Ferrier risulta aver
liani avrebbe teso a sovvertire; cfr. P. Duro, Le
de Titien”, cit., p. 99. La copia di Lecomte
presentato al Salon 1878 un’altra copia tratta dal
musée des copies de Charles Blanc è l’aube de la Ile
Noty risulta peraltro di 338x305 cm rispetto ai
ciclo di Sant'Orsola (V. Champier, L'Annéè Artisti-
République, in “Bullettin de la Société de l’Histo-
280x253 cm del Congedo (Musée Européen, “]our-
que, cit., p. 103). A quella data le copie di Carpaccio
ire de l'Arte francais”, 93, 1985, pp. 283-313. 67
1873, p. 2.
De /'Ecole des Beaux-Arts, in “Gazette
des Beaux-Arts”, XXX, 1890, p. 286.
venne contestata da H. Delaborde, Le yusée des copies, in “Revue des deux Mondes”, 1 mai 1873,
in occasione del Salon del 1874, i nomi di Lene-
inoltre osservare:
orientali, in un percorso non dissimile.
66
2)
Parigi, École Nationale
des Beaux
Arts, Env.
Pture 47; P. Duro, Le yzusée des copies, cit., p. 289,
n. 26. Su Blanchard ancora utile il Cazalogue de tableause [...] par Edouard Blanchard, Paris 1880; un
éncomio
della copia di Carpaccio
in C.
Clément, Ecole des Beans Arts. Envois de Rome, in
nal des débats”, 26 novembre
du
erano disperse tra la sala Melpoméne e il primo
1873). des Be-
piano del Palazzo degli Studi. Le collezioni si era-
711. From Homer to the Harem: The Art of Jean Lecom-
fano e i dottori di Brera realizzata da Fernand Sabatté
70
E. Mintz,
Gwide
de L'Ecole Nationale
no nel frattempo arricchite della copia di Santo Ste-
aux-Arts, Paris 1889, pp. 199-204. te du Nouj, catalogo della mostra
(New Yotk,
Dahesh Museum of Art), a cura di R. Diederen,
come envoi de Rozze nel 1904. 16)
E. Molinier, Venise. Ses Arts decoratifs ses ses collections, Paris 1889, p. 30.
New York 2004.
207
Mustes et
5
Jean-Jules-Antoine Lecomte du Noùy, Congedo degli ambasciatori.
Parigi, Ecole Nationale des Beaux
VITTORE CARPACCIO LA FORTUNA
MODERNA
DI UN MAESTRO
ANTICO
(PARTE PRIMA)
naissance, mais non épuisé, s’ouvre à l’ambition et à l’activité
stampa l’immagine della residenza di Richelieu, come del volto dell'immagine del frate. La struttura complessiva della scena, tuttavia, sembra risentire dello studio del dipinto di Carpaccio.
de nos attistes, celui de l’art décoratif et monumental”.
La spettacolare soluzione delle tarsie marmoree
notre scepticisme età notre positivisme. Cependant un champ
fécond et magnifique, qui a été admirablement cultivé à la Re-
del Palazzo
Reale fu convertita nel grande arazzo sospeso alla parete dello Non mi sembra inutile ricordare che la maggior parte dei pittori
scalone. La teoria delle figure incedenti da sinistra verso destra
cui si riferiva Gonse erano passati, nella pluralità dei modi che
venne invertita, serrata e posta in diagonale. La grande colonna
fino a qui si son visti, attraverso un'istruzione italiana e un’ispe-
che in primo piano a sinistra introduce e detta la profondità
zione non secondaria dell’esempio di Carpaccio. Tuttavia, a far
teatrale del dipinto riecheggiava la cesura verticale della lesena
parlare di sé in quel Salon fu un altro autore, con un’opera che
policroma.
intendo leggere qui in relazione a Carpaccio.
Molte sono le figure d’eloquente rassomiglianza. In particolare ve n’è una, quella del dignitario al centro della composizione
Un'ipotesi su Gérome
che detta allo scritturale un dispaccio, assai prossima — anche
per il tramite delle tinte un po’ slavate scelte dal copista — alla L'Eminence Grise (1873, Boston, Museum of Fine Arts; fig. 6) è
figura del curioso che, ormai sulla seconda rampa di scale, si
tra i dipinti famosi di Jean-Léon Géròme?. La scena ricostrui-
volta per gettare un ultimo sguardo al frate. Certo vi sono allu-
sce la scalinata del palazzo di Richelieu, distrutto dalla Rivolu-
sioni e pezzi di bravura squisitamente alla Géròme, come i ti-
zione. Il personaggio che scende le scale dopo il quotidiano in-
flessi del sole mattutino che bagnano le pareti scivolando lungo
contro mattutino, è il frate cappuccino Père Joseph, al secolo
una diagonale opposta precedente: una soluzione che troviamo
Frangois Le Clerc du Trembly, confessore del Cardinale e vera
e troveremo poi nelle tante scene di hammam.
personificazione del potere appartato e discreto. Insensibile
Pure, la sintas-
nella lettura del suo breviario, simulando un’apparente non-
si della narrazione, che prevede un personaggio principale in raccordo con un gruppo di figure, legato a un secondo gruppo di osservatori nel quadro, che si riflettono negli spettatori al di
curanza pet le cose di mondo. Il suo proverbiale distacco era
fuori d’esso, è soluzione comune ai due dipinti, e uno dei mo-
ricordato dal cartellino che accompagnò la sua presentazione:
delli più alti del Carpaccio narrativo”.
“Et quand les couttisans le saluaient il fait semblant de lire son
La magistrale resa dell’affollamento curioso, l’accorta scansio-
bréviaire et de ne pas les apercevoir”””°. La stesura impercettibile della patina pittorica, gli effetti bril-
ne ritmica delle gesticolazioni e anche, infine, la studiata alternanza tra le tonalità dei paludamenti, con i velluti rossi infram-
alle lusinghe dei postulanti, il venerabile religioso è assorbito
lanti di luce, i colori smaltati, l’iperrealismo dei dettagli furo-
mezzati da bluse nere inchiostro, sembrano
no aspetti che premiarono il quadro come epitome della più
grado di testimoniare il proficuo studio.
lustra e meticolosa prassi accademica. Presentata al Salon del
Poco più tardi, nel 1878 Géròme realizzò un dipinto intitolato
1874, l’opera vinse infatti la medaglia d’oro. L'attribuzione del
Ricevimento del Duca di Condé a Versailles, dove impiegò nuova-
tutti elementi in
premio fu tuttavia oggetto di critiche. Per formato (68,6x101
mente i costumi seicenteschi fatti appositamente confezionare
cm) e soggetto (la riduzione dell’exemp/uz virtutis ad aneddoto),
pet L'Ezzinence Grise. L'architettura venne ripresa da un’antica
il dipinto sembrava piuttosto rientrare nella categoria minore
stampa che ritraeva la distrutta scalinata Le Vau a Versailles,
della pittura di genere”. E, in effetti, Gérome aveva a suo modo qui innovato il quadro di genere, mettendo la sua strabiliante e ineguagliata peri-
ma la struttura compositiva del quadro risente ancora del capolavoro di quattro anni prima, e l’affollamento delle figure
zia tecnica alla prova su Carpaccio. Nell’estate del 1873 infatti
dal ritmo verticale delle aste di bandiera, sembrano ancora una
Géròme
volta riecheggiare i ritratti di gruppo di Carpaccio. In modo
incuriosite che si affacciano sulle due rampe di scale, cadenzate
fu in grado di assistere all’ingresso, nelle collezioni
dell’Ècole Nationale des Beaux Arts, della copia del Congedo
analogo, la soluzione del grande arazzo con lo stemma a sca-
degli ambasciatori realizzata da Lecomte du Noùy. È difficile
glioni del Cardinale anticipa quelle spettacolari messinscene
credere che il maestro non si sia soffermato almeno un poco
dei dipinti di gusto orientalista, come il Mercante di tappeti 1887
sulla copia appena compiuta da uno dei suoi più promettenti
(Minneapolis Institute of Att).
allievi. Sembra anzi che egli l’abbia voluta studiare in alcuni
dettagli. È certo vero pressoché
Una fortuna mondana che Géròme,
accuratissimo
nella restituzione
74 L. Gonse, Salon des 1874, in “Gazette des Beaux-Arts”, IX, 1874, pp. 497-524. 75 G.M. Ackerman, The Life and Work of Jean-Léon Gerome, with a catalogue raisonné, London 76
La copia di Lecomte du Noùy era nata per esigenze di docu-
letterale dei particolari, abbia tratto dalle fonti a
1986,
tecture, gravure et litographie des artistes vivans, exposés
2008, pp. 261-276,
ay Palais des Champs-E lisées le Ver mat 1874, Paris
nence grise e la controversia sul premio al Salon del 1874. Cfr. per quest’ultimo aspetto P. Fortini Brown,
1874, p. 115. 77
]J. House, History Without Values? Géromes Hi-
pp. 96, 234 cat. 233.
story Paintings,
in “Journal
Explication des ouvrages de peinture, sculture, archi-
and Courtauld
Institutes”, LXXI,
219
of The
Warburg December
78
sulla ricezione
dell’ E774-
La pittura nell'età di Carpaccio. I grandi cicli narrativi, Venezia
1992, pp. 186-199.
ALESSANDRO
6
DEL PUPPO
Jean-Léon Géròme, L'Ezzinence grise. Boston, Museum of Fine Arts
alla sua natura e all’uso del
dere sin dal 1863 con la sua Ve de Jésus. Lo scetticismo illumi-
tempo, il suo destino fu quello di veder defluire alcuni suoi ele-
nato di Renan consentì un’esegesi razionalistica dei testi sacri.
mentazione
didattica. Conforme
menti nell’elaborazione di un fantasioso ed eclettico repertorio.
Essa privilegiava la rappresentazione dei personaggi vivi anche
Si trattava certo di un gusto per i “primitivi” che, ben altrimenti
a costo del loro cedimento
a motivi più o meno
pittoreschi.
manipolato rispetto al sontuoso mestiere e alla padronanza en-
In questo quadro di riferimento, che costituì per almeno due
ciclopedica di Géròme, fatalmente poteva stingere in declina-
decenni
zioni d'en bas, di disinvolto e spesso meschino accademismo.
cristiane di Carpaccio potevano deporre senza difficoltà i loro
un
formidabile
caso
di guerra
culturale, le leggende
Il prezzo per l’assunzione di Carpaccio nel novero della grande
tratti pietistici e miracolosi assumendo i toni d’una piacevole
arte veneziana era, in fondo, quello della neutralizzazione d’o-
ambientazione!
gni suo aspetto dottrinale o cristiano, che disattendeva gli sforzi
Quello che il pittore guadagnò fu infatti una clamorosa fortuna,
di quanti, da Rio a Ruskin, s'erano impegnati nel certificarne,
per così dire “mondana”, di cui è bene in conclusione
veri o presunti che fossero,
gliere almeno qualche traccia.
i distintivi tratti religiosi 0 ideologi-
racco-
ci. “Les épisodes de l’Evangile — riconobbe il critico Georges Lafenestre, compendiando in poche parole tutto questo feno-
Questa presenza non era più dovuta soltanto ai prestiti, più o
meno
zia, come il Federico Barbarossa ai piedi del Papa di Albert Maignan
— entre ses mains deviennent des simples tableaux de
genre”, concludendo
ne saurait donc s'étonner des
(1875, Amiens, Musée de Picardie) stipato di figurine dedotte
sympathies qu’il inspire de notre temps”. La contrazione dell'immagine divina a motivo pittoresco collimava con quell’idea di religiosità al di fuori del soprannaturale
dai teleri dell’Accademia. I contrassegni di questa rinomanza
e del miracoloso che Ernst Renan aveva contribuito a diffon-
Rovesciando una ben consolidata gerarchia, nell’amabile Gude
79
80
che “On
meno letterali, di grandi e piccoli maestri di passaggio a Vene-
diventavano ormai percepibili a un livello di più ampia divulga-
zione, e punteggiano molte pagine coeve.
in French Intellectual Warfare, in “The Journal
France:
[1885], p.321.
of Modern
“The
D. Bierer, Rezan and His Interpreters: A Study
389; A. Pitt, The Cultural Impact of Science in
G.
Lafenestre,
La pesnture italienne,
Paris
s.d.
History”,
25, 1953, 4, pp. 375-
79-101.
Ernest
Renan
and the Vie de Jesus, in
Historical Journal”,
43, 2000,
1, Pp.
VITTORE CARPACCIO
LA FORTUNA
MODERNA
de l'amatenr au muste du Louvre Théophile Gautier annotò che nel
DI UN MAESTRO
ANTICO (PARTE PRIMA)
Ciò che colpiva Renoir era la vocazione alla cronaca contemporanea senza infingimenti (“C'est un des premier qui ait osé faire des gens se promener dans la rue”) e con un dato realistico che non era difficile veder riverberato nell’incessante turbinio della ville Lumière degli impressionisti”. Qualche anno dopo Léon Rosenthal poteva confermare d’aver osservato nel ciclo di Sant'Orsola “autant d’épisodes où
Concerto campestre idue personaggi maschili “ont d’élégants costumes vénitiens dans le goùt de ceux de Vittore Carpaccio”?!; e sebbene in un’altra guida d’altrettanto garbato intrattenimento
si osservava nel Sanzo Stefano l'“ceuvre d’un primitif attardé au
milieu d’un monde nouveau”, avvertendo come l’opera fosse “tout à fait insuffisant pour faire bien connaître Carpaccio”, è put vero che la collocazione fra i bibelots di fine secolo sembrava
le peintre a renfermé
in tal modo potersi compiere®.
le Botticelli, e “tout un arsenal compliqué d’armes ancienne
de son temps, qu’il a déployés dans des panoramas superbes, multipliant avec une abondance inouie des détails pittoresques, véritable encyclopédie où revit, pour nous, toute une civilisation”. Una simile lettura confermava il luogo comune della pittura-repertorio, nel momento stesso in cui la privava di ogni
et damasquinées”*. In una nota del 1884, Jules Claretie volle
significativo ed efficace valore; poiché, come venne dichiarato
intravedere in De Nittis un Carpaccio moderno.
mondana prendeva la propria rivincita sulla narrazione religio-
dallo stesso autore, “Les peintres vénitiens ont toujours considéré leurs sujets comme des thèmes indifférentes, prétextes à
sa e sul mistero confessionale, consolidando quell’ambivalenza
de séduisants développements”’87.
tra sacro e profano che divenne la non minore delle clausole
Di “séduisants développements” divenne piena la letteratura
Octave Mirbeau ammirò due Carpaccio “originali” nell’atelier
del pittore Loys Jambois, in un allestimento assai è /a page condiviso con opere di Rossetti e Burne Jones, dell’immancabi-
La cronaca
interpretative del pittore veneziano”.
toute la pompe, toute l’éclat de la vie
di quanti, fra Italia e Francia, intorno al 1880 e per almeno un si fece
paio di decenni, contribuirono a iscrivere Orsola, e per il suo
strada in tutte le possibili declinazioni della pubblicistica”. Lo stesso Edouard Manet fece sapere di apprezzare quelle opere
tramite Carpaccio, nel novero di quell’estetismo che procederà, in accorta distanza, con il decorso scientifico dell’esegesi di
che testimoniavano “la gràce naive des enluminures de missel”.
Pompeo Gherardo Molmenti*, come della letteratura di Mar-
L’entusiasmo che trapela nelle lettere veneziane di Renoir ad Ambroise Vollard era, a quel punto, assai distante dall’ammi-
cel Proust e Maurice Barrès, e dopo ancora della pittura di De Chirico e Casorati: ma questo è già l'avvio della riconsiderazio-
razione di quanti avevano
ne novecentesca del problema.
Il giudizio di “peintre naif, ingénieux
81
et charmant”
studiato Carpaccio vent'anni prima.
Bologne,
T. Gautier, Guide de l'amateur an muste du Louvre, cit.,
PISZ: 82 RA. Gruyer, Voyage autour du Salon carré au musée
86
du Louvre, Paris 1891, p. 147. 83
O. Mirbeau, Eorzts sur l'arts, V, Patis 1877, p. 1.
87
84]. Claretie, La vedìParis, 1884, Paris 1884, p. 375.
85 E. Cabrol, Nozes de voyage. Naples, Rome, Florence,
88
Venise, Milan, Turin, Paris 1883, p. 161.
Masters, New Stereotypes, Carpaccio as Pathway to
Le ‘memorie’ di Manet e Renoir in A. Vollard,
Prendergasts Venetian Scenes, in Prendergast in Ital),
Ricordi di un mercante di quadri, Torino
catalogo della mostra
1978, p.
(\Williamstown, Williams
122 e, con qualche imprecisione, p. 305.
College Museum of Art; Venezia, Peggy Gug-
IL. Rosenthal,
genheim
1899, pp. 12-14.
Verzse,
reine de la conleur, Paris
Collection;
Houston,
The
Museum
of Fine Arts), a cura di N. Mowll Matthews, E.
Ho anticipato una parte di questi temi in Old
221
Kennedy, New York 2009, pp. 137-145.
ROBERTO
DE FEO
INTRECCI LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI INTORNO REED IREUSTRISTPALTIANI FATE DA BARTOLOMEO FERRARI AL NOB. ANTONIO PAPADOPOLI
L’identificazione di sei statue di ridotte dimensioni, realizzate
la del Bello, per meglio apprezzarne i veraci cultori, e quello
in marmo di Carrara e commissionate circa nel 1837 allo scul-
più lodevole di soccorrere agl’infelici” lo spinsero a formate
tore marosticense Bartolomeo Ferrari da parte di Antonio Pa-
una sceltissima biblioteca personale? che “vanta edizioni raris-
padopoli, che tra il terzo e il quinto decennio dell’Ottocento si
sime, delle quali alcune sono invano desiderate nella Marciana”,
rivelò importante figura nel panorama intellettuale veneziano,
spinge a volerne conoscere la storia, comprenderne il significa
come ebbe modo di scrivere Giovanni Veludo (1811-1890) nel necrologio composto alla morte dell’amico, tracciandone pure
to e a riportare alla memoria le figure e le relazioni dei moltepli-
un accorato ritratto:
ci protagonisti che ebbero tra di loro, in anni diversi, rapporti e
corrispondenze anche in funzione di tali sculture (fig, 1). Antonio Papadopoli (Venezia, 6 marzo 1802-25 dicembre 1844) era il secondogenito maschio di Maria Mico e del conte Angelo (1772-1833), il quale nel 1791 aveva ottenuto la cittadi-
Eta quasi impossibile non amare quella facondia impetuosa, quella copia arguta di modi, quell’arditezza talvolta di concetti
e di bollenti figure in lui giovane e bello, di nobile portamento,
con fronte spaziosa, occhi vividi e dolce e variato sorriso!.
nanza veneziana e nel 1821 la conferma della nobiltà dall’Imperial Regio Governo austriaco. La famiglia era originaria dell’i-
Sofferente sin dall’infanzia di epilessia, i cui attacchi lo con-
sola di Candia; trapiantata nel Cinguecento a Corfù, sul finire
durranno appena quarantaduenne alla morte, il giovane conte
del Settecento
si era trasferita
a Venezia. Angelo, insieme al
fratello Giovanni (1786-1862), accrebbe le sue fortune attraverso i commerci e l’attività di banchiere, tanto che i Papadopoli durante il XIX secolo detennero la più cospicua potenza eco-
cercò cure e sollievo in lunghi viaggi e soggiorni in diverse città della Penisola nelle quali intrecciò relazioni amichevoli con
esponenti del mondo della cultura e delle arti?. A Verona a ricoprire un ruolo fondamentale per le sue scel-
nomica in Laguna!. Poco interessato alla gestione delle questioni finanziarie fami-
te linguistiche fu Antonio Cesari (1760-1828), il teorico del Purismo ottocentesco che propugnava quale unico modello
liari, fin da giovanissimo Antonio si dedicò agli studi letterari
il tosco-fiorentino del Trecento, contro l’ “imbarbarimento”
sulle orme dei Puristi, conquistandosi un tale prestigio intellet-
della lingua italiana avvenuto nel secolo precedente per l’in-
tuale che gli valse appena ventenne — “cosa eccezionale e forse
flusso dominante delle culture francesi e inglesi. Le sue teo-
unica” — l’ascrizione all'Ateneo Veneto?. Lo studio dei classici,
rie, confluite soprattutto
soprattutto italiani, “il lodevole desiderio di educatsi a la scuo-
Vocabolario della Crusca [...] dedicato a S. A. I. il Principe Eugenio
nella nuova
edizione veronese
del
Bartolomeo Ferrari, Paolo Sarpi. Collezione privata
nominato socio accademico del glorioso Ateneo Veneto (I Febbr. 1823) «per le cognizioni
Sul consistente patrimonio libraio della famiglia
Questo studio è dedicato da “zio Roby” alla memoria di Filippo Corsini, prematuramente e tragicamente scomparso il 31 ottobre 2016.
molte che meritavano la pubblica estimazione»
vio di Stato di Venezia, cfr. A. Capogrossi, Ma-
1
(come si legge nella nomina accademica” (A.
noscritti della Biblioteca Papadopoli donati all'Archivio
Serafini, L'amicizia di Leopardi con il veneziano
di Stato di
Antonio Papadopoli, in “Ateneo Veneto”, XVII,
Stato”, XIV, 1954, 2, pp. 1-49.
1979, pp. 63-64). In realtà da un esame del Registro degli Atti dell'Ateneo Veneto, contenente
G. Veludo, Necrologia (di Antonio
veneziana, aveva
impiantato un esercizio commerciale in Venezia
i processi verbali delle sessioni, lettere e altri
sin dal 1788, continuando a mantenere traffici con l’isola del Levante dove era stato iscritto
atti concernenti
alla dignità nobiliare; sulla sua figura si veda: Lettera di Giacomo Mosconi al cognato suo Spiridione Papadopoli, Venezia 1833 e Necrologia di Angelo Papadopoli, in “La Biblioteca Italiana o sia Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti compilato
Papadopoli risulta nominato socio corrispon-
tro ricordo postumo
dente alla fine del 1821 e si trova depositata
composto
una
da varij Letterati?, LXX,
e 1833-1834, (G. Polizzi, “To serivo le mie lettere
Per un inquadramento generale cfr. FE Bran-
dove ha regno Mercurio”.
caleone, Papadopoli, Antonio, in Dizionario Bio-
Angelo Papadopoli, divenuto vice presidente della Camera
2
Papadopoli, depositato in parte presso l’Archi-
di Commercio
aprile-giugno,
1833,
pp. 250-253. “Il Veneziano [Papadopoli] a soli ventanni (cosa eccezionale e forse unica) era stato
al fascicolo
braio
la vita dell'Ateneo
22, rubrica
I (Anni
sua lettera di accettazione
Veneto,
1812-1826)
datata 9 feb-
1822. Partecipò a diciassette
sessioni
dell'Ateneo nei periodi 1822-1824, 1829-1831
uomo
Antonio Papadopoli: un
di lettere nell'Italia del primo Ottocento, in
“Quaderni Veneti”, 45, giugno 2007, p. 108).
223
Venezia, in “Notizie degli Archivi di Papadopoli), in
“Gazzetta Privilegiata di Venezia”, 297, sabato 28 dicembre 1844, ristampato in [G.B. Contatini], Menzioni onorifiche de’ defunti scritte nel nostro secolo
{.../, Venezia
1845, pp. 328-330. Un aldel conte
veneziano
da Saverio Baldacchini
Papadopoli breve elogio, in “Museo
fu
(Di Antonio
di Scienze e
Letteratura”, n.s. VII, xxv, 21 novembre
1845,
pp. 78-91).
grafico degli Italiani, 81, Roma
DID
2014, pp. 221-
ROBERTO
DE FEO
vice-re d'Italid, si rifacevano alle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo”. Su consiglio dei medici, dal 1824 Papadopoli iniziò a viaggiare fermandosi dapprima a Bologna, dove seguì gli insegnamenti di lingua e letteratura italiana di Paolo Costa (1771-1836) - anch'egli ammiratore di Bembo — concedendo alle stampe uno dei suoi rari testi: le Nozizve intorno all'autore che saranno inserite nell’edizione veneziana de De/la allocuzione libro uno del poeta, filosofo e letterato?. Nella stessa città Toni, o “Tonino”, com'era conosciuto a Venezia, incontrò Leopardi,
perfezionando con lui la conoscenza del greco e del latino e nel tempo uno dei suoi più cari amici; con il re-
diventando
canatese intraprese anche una fitta corrispondenza epistolare durante i suoi spostamenti a Milano, Roma, Napoli e Venezia,
pure sponsorizzando
lo sfortunato poeta sempre a caccia di
per le sue pubblicazioni.
sottoscrizioni
“Toniuccio”,
appellava in certe lettere l’accorato Giacomo
una forte somiglianza con l’amatissimo
così lo
riscontrandone
fratello Carlo e che acquistò una cin-
morirà cinque anni prima di lui, nel 1831
quantina di copie della prima edizione fiorentina dei Canti per farsele inviare a Venezia”. La permanenza a Napoli, invece, consentì al Veneziano di en-
trare nell'ambiente culturale dominato dalla figura di un altro difensore della lingua italiana e strenuo nemico della cultura francese: Basilio Puoti (1782-1847), con il quale:
Ritratto di Antonio Papadopoli (in Lettere d'illustri Italiani..., Venezia 1886, antiporta)
Vocabolario degli Accademici della Crusca oltre le giunte fatteci finora, cresciuto d'assai migliaja di voci e modi de’ classici, le più trovate da veronesi. .., [7 voll],
cismo, il conte redasse traduzioni, iscrizioni fu-
sanno che l’animo del Poeta si ipersensibilizza
nebri e d’occasione, dedicatorie, componimenti
al cospetto dei sofferenti e dei malati, soprat tutto quando questi erano giovani. Si consideri
Verona
parte rimasti inediti
1806-1811.
Sulla
figura e l’opera del
in versi e interventi in collaborazione, in gran e andati perduti. Nel fon-
letterato si rimanda principalmente a S. Timpa-
do Cicogna della Biblioteca del Museo Correr
naro, Cesari, Antonio, in Dizionario Biografico degli
di Venezia
Italiani, 24, Roma
componimento
1980, pp. 151-158.
(540 Opere 981.14) a stampa
è presente un
per il battesimo
del
inoltre
la straordinaria
ricchezza
intellettuale
del Veneziano, la sua raffinata signorilità, il suo modo
toccante
Papadopoli
era
di mostrare largamente
affetto. Insomma fornito
di tutti i
In questa sede si segnala la prima edizione: [P.
cugino Nicolò: Ne/ giorno pieno di allegrezza in
requisiti per commuovere
Bembo], Prose di M. Pietro Bembo nelle quali si ra-
cui è levato dal sacro fonte il figlio del nobile cavaliere
dergli nell’animo il fuoco della santa amicizia:
giona della volgar lingua scritte al Cardinale de
Giovanni
Medici
che pot è stato creato a Sommo Pontefice et detto Papa Clemente Settimo divise in tre libri, Venezia Considerate
il documento
1525.
più autorevole del-
Papadopoli questi affettuosi versi dedica îl suo
nipote Antonio, Venezia
1841, e nella Biblioteca
Universitaria di Padova
(b. 184-30) si conser-
va invece una raccolta di diciotto poesie curata
aveva
proprio
tutto
«caro
e divino
amico»
scrittori
Leopardi ed accen-
per meritarsi
della nostra
di uno
di divenire
dei più grandi
letteratura:
per meritarsi
queste toccanti parole da Pisa, il 14 novembre
la “discussione della lingua” cinquecentesca, le
da Antonio
Prose ebbero un'influenza decisiva sullo svilup-
Fadinelli (Ewrzco be/ giovinetto
po della lingua italiana. Bembo vi propose di utilizzare la lingua usata da Petrarca per le opere
contenente un’ottava dello stesso. “[...] ci sono dei fattori importanti che resero
ni0
in versi e quella di Giovanni Boccaccio per i te-
Papadopoli caro a Leopardi |...]. Il primo fat-
vio Veneto”, LXXI, 1941, 57-58, pp. 246-247).
sti in prosa.
tore è la straordinaria
Una nota a piè di pagina avverte: “Estensore di queste Notizie è stato il coltissimo giovane
fratello di Giacomo. Quando il Poeta lo vide la prima volta a Bologna, ebbe subito la sen-
viniziano co. Antonio Papadopoli al prof. Co-
sazione di avere di fronte il fratello Carlo, per
1998, p. 2431
sta legato con vincoli di viva affezione, e delle
il quale stravedeva: Carlo «è un altro me stesso
missiva indirizzata da Leopardi al novello ami-
Papadopoli per la morte di Enrico
/...], Venezia 1833)
somiglianza
1827, gli scrisse: «Voglimi sempre bene, come
te ne voglio io, che t'amo quanto me stesso»”
(G. Gambarin, Gian Domenico Romagnosi e Anto-
con
Carlo,
Papadopoli (con lettere
€ south inediti), in “Archi-
A riguardo della calorosa
corrispondenza
tra
Leopardi e Papadopoli cfr. G. Leopardi, Episto-
lario, 1l, a cura di F. Brioschi e P. Landi, Torino
(elenco delle lettere). La prima
sue lezioni così avido ricercatore da avere per
e sarà sempre insieme con voi la più cara cosa
co è datata 6 agosto
qualche tempo fermato il suo domicilio a Bo-
che m’abbia la mondo»
consolazione di ripensare a Lei, e di congratu-
logna, al fine d’i2zzegliarsi, direbbe Dante, dietro
26 settembre
1817); e sentì subito in Papado-
larmi colla Italia che la natura abbia posto tanta
tanta scorta nel cammin del sapere” ([P. Costa],
poli un giovane “di principi virtuosi, generosi
virtù, tanto ingegno, tanto sapere e tanta bontà
Dell'allocuzione libro uno di Paolo Costa con altre su
ed eroici”
operette, Venezia
(così appunto gli scrive il 10 ottobre
1828, p. 5). L’opera coincise
come
(confessa a Giordani il
quello
dell’adorato
1825: “Non
ho maggiore
fratello
in un giovane Signore fornito di tutti gli aiuti
1825). Si
possibili per valersi di questi doni. Mi conso-
con l'esordio a stampa di Papadopoli, la cui
aggiunga un fattore importantissimo,
tale da
la ancora lo sperare che Ella mi voglia bene, e
produzione
solo a causa
centuplicare l’affetto di Giacomo per Antonio:
che la nostra lontananza, o breve o lunga che
delle sue precarie condizioni di salute, ma an-
questi era un povero epilettico (a tredici anni,
debba essere, non sia per estinguere l’amicizia
che per la propensione a dedicarsi al mecena-
tornando dalla Grecia, aveva contratto il mor-
che Ella si è compiaciuta di significarmi a Bo-
tismo e, come
bo dell’epilessia
pro-
logna” (ivi, I, pp. 918-919; 918 n. 714). In meri-
vato durante una tempesta di mare). Ora tutti
to alle relazioni tra i due sfortunati intellettuali
rimase
limitata
non
si vedrà, alle imprese editoriali.
In linea con i principi del purismo e del classi-
causato
224
dallo spavento
INTRECCI LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI
INTORNO
A SEI STATUETTE
D'ILLUSTRI ITALIANI
[...] collaborò, tra l’altro, partecipando a spogli di voci non
Luigi Carrer (1801-1850). Inoltre, seguendo un’analoga inizia-
registrate nel vocabolario della Crusca in vista della ristampa
tiva presa da Pietro Giordani nel 1820 a Piacenza, Papadopoli
del dizionario del Santorelli, e all’emendazione del volgarizzamento sallustiano di Bartolomeo di San Concordio pubblicato
promosse nel 1839 l'istituzione delle “Sale scientifiche e letterarie’: un gabinetto di lettura situato vicino alla sede de “Il Gon-
dal Puoti, dal Dragonetti e dal Baldacchini, della cui edizione si
doliere” sotto le Procuratie Vecchie in Piazza San Marco, fina-
assunse in gran parte le spese, tanto che il Baldacchini ebbe a
lizzato all’aggiornamento di studiosi e letterati, con numerosi
scrivere che si deve anche al Papadopoli “se in Napoli crebbe
a Milano il giurista, filosofo, letterato, oltre che uno dei fon-
giornali e gazzette pubblicati in Europa. Le “Sale”, arricchite dal materiale librario proveniente dal “Gabinetto di lettura” appena chiuso del libraio Giovanni Battista Missiaglia, divennero in breve una fra le principali emeroteche della penisola!’ L’avventura editoriale nella quale il giovane conte ebbe ruolo
datori e delle massime
Oriente d’Italia,
d’ispiratore, oltre che di finanziatore, si concluse alla fine del
Gian Domenico Romagnosi (1761-1835) e l'anziano Vincenzo Monti (1754-1828). Papadopoli, che con il poeta scrittore aveva
scioglimento della società, insieme ai battenti delle “Sale”, con-
l’amore per i buoni studi e per le schiette eleganze toscane”?!
A Firenze conobbe Gino Capponi (1792-1876) e i suoi amici; autorità del Grande
1841, quando le celebri borse Papadopoli
si chiusero con lo
intrapreso negli anni un intenso rapporto epistolare, in parte
seguentemente alle difficoltà finanziarie dovute a una gestione
pubblicato nel volume di Gaspare Gozzi del 1886"!, fu anche
poco attenta al profitto, nonché per la pressione della censura
uno dei promotori per l'erezione di un monumento che doveva Dal 1834 la passione per le lettere e l’amore per la sua città
e della polizia che ostacolavano la stampa e la circolazione libraria. Infatti la tipografia, considerata sospetta pet via degli orientamenti politici del direttore titolare Giovanni Bernar-
spinsero Antonio a finanziare la tipografia “Il Gondoliere” (dal
dini e del “contino”, “notoriamente in odore di liberalismo e
1837 “Società del Gondoliere”), che ebbe un breve ma impor-
patriottismo”,115) aveva attratto l’attenzione governativa ed era
tante ruolo nella cultura del Lombardo Veneto, e a partecipare
stata oggetto di una perquisizione di polizia che aveva rilevato
attivamente alla pubblicazione dell'omonima
‘16 l’occultamento di numerosi libri proibiti!’
essergli dedicato ma che non fu infine realizzato!?.
10
si veda, inoltre: A. Pompeati, Un “caro e divino
nonché
amico” di Giacomo Leopardi: Antonio Papadopoli, in
Museo Correr, si veda innanzitutto HF. Del Bac-
ormai perduta, la storia dei soli quattro anni e
“Le Tre Venezie”, XIII-XIV, gennaio 1935, pp.
caro, Carrer,
2-4; A. Serafini, L'amicizia di Leopardi, cit., pp. 61-79; e Id., L'amicizia di Leopardi con il venezia
liani, 20, Roma, 1977, pp. 730-734; Luggi Carrer (1801-1850). Un veneziano tra editoria, scrittura è
mezzo di vita della tipografia, durante i quali era sorto un “grandioso stabilimento commerciale ed industriale di cui qualunque città avrebbe
no Antonio Papadopoli, in “Ateneo Veneto”, XX,
poesia, atti del convegno (Venezia, 1999), a cura
potuto
1982, pp. 237-247.
di T. Agostini, Venezia 2007 e, per i rapporti con l’amico e mecenate, P. Campion, In marg
12
e direttore del
Luigi, in Dizionario Biografico degli Ita-
suo
referto, con
il rimpianto
rallegrarsi.
Un
di un’occasione
dovizioso
capitalista,
G. Forlini, Mozivi poltici e civili, culturali e antobiografici nelle lettere di Pietro Giordani ad Antonio Papadopoli con la Bibliografia di Giovanni Forlini (Parte prima),
ne al carteggio inedito Carrer-Papadopoli, in “Atti
dell’Accademia roveretana degli Agiati”, s. VITI,
che dalle viste di una ben intesa speculazione,
in “Bollettino
CCLXI, 2011, pp. 161-196.
Storico
Piacentino”,
LXXXIV,
sotto le vesti di una ragione sociale cui egli non
14 In effetti, il catalogo dello Stabilimento de “Il Gondoliere” del 1839 elenca 59 giornali italiani,
Lettere d'illustri italiani ad Antonio Papadopoli scelte
e annotate da Gaspare Gozzi, Venezia 1886.
14 tedeschi, 20 francesi e 8 inglesi disponibili
[G.P. Viesseux, G. Capponi], Mon4mento a Vin-
presso il Gabinetto del Gondoliere (G. Forlini,
cenzo Monti, in “Antologia Giornale di Scienze,
Motivi politici e civili... (Parte prima), cit., pp. 14-
Lettere 13
dal 1846 conservatore
più invogliato forse dal nobile desiderio di giovare al suo paese e di offrire onorato mezzo di sussistenza a qualche ingegno non comune,
1989, 1, pp. 2-3. 1
rivista diretta da
ed
Arti”,
XXXII,
ottobre-dicembre
1828, p. 112. Nel 1840 la tipografia, che originariamente
15
15) G. Berti, Censura e circolazione delle idee nel nell'età della Restaurazione, Venezia
Veneto
1989, p. 62.
Tra le carte della polizia austriaca si trovano a suo riguardo diverse segnalazioni. Vittorio Ma-
aveva sede a palazzo Da Ponte a San Maurizio,
annoverava 10 torchi (tutti funzionanti), 20 torcolieri, quaranta compositori e 20) rilegatori. A riguardo di questo interessante capitolo dell’editoria ottocentesca, al quale collaborarono anche Filippo De Boni (membro del Grande
lamani afferma che il conte “era perseguitato
prestò nemmeno
il nome, somministrò i fondi
considerevoli che occorrevano per dare impulso alla grandiosa macchina [...]. Lo stabilimento dei Gondoliere riempi li suoi fondachi di tutto ciò che l’arte tipografica e calcografica negli esteri Stati, c principalmente nel Belgio e nella Francia, poteva (Archivio
offrire di nuovo
di Stato di Venezia,
1844, LXXIX
e ricercato”
Governo.
Berengo, Una tipografia liberale, cit., pp. 352-353). In aggiunta, ecco anche quanto si legge in G.
dalla Polizia, nel cui libro nero figurava per le
Polizzi, “To sorzvo le mie lettere dove ha regno
sue idee liberali”, trascrivendo
cit., p. 111
Papadopoli
che: “il signor
fu particolarmente raccomandato
1840-
2/523, b. 687 I, riportato in A.
nota
Ill: “Riporto
alcuni
Mercurio”,
stralci
dalle carte della polizia relativi al Gondoliere: ‘Quanto a questa ditta del Gondoliere è
Mustoxidi, Tomma-
alla vigilanza politica” e “Antonio Papadopoli,
so Locatelli, Emilio Amedeo De Tipaldo, Vito
che com’è noto a codesta Eccelsa Superiorità,
avvenuto di frequente che nei moltiplici colli
Beltrani e Aleardo Alcardi, si rimanda all’approfondito studio di M. Berengo, Una ripografia liberale veneziana della Restaurazione. Il Gondoliere, in
si rende censurabile in linea politica [...]? (La censura austriaca nelle stampe delle province venete (1815-1848), in “Rivista storica del Risorgimento Italiano”, II, 1897, pp. 669, 693; I, 1895, p. 504).
di libri, massime provenienti dalla Francia e dal
Oriente d’Italia), Andrea
libri, tipografi, biblioteche. Ricerche storiche dedicare a
Luigi Balsamo, a cura di A. Granda, E. Grignani, A. Petricciani, I, Firenze 1997, pp. 335-354.
Su Carrer, il maggior scrittore veneziano della prima metà dell'Ottocento, socio effettivo e poi vicesegretario dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, socio dell'Ateneo Veneto, di
cui fu prima vicesegretario e poi presidente,
16
Per cercare breve
ma
di riassumere intensa
in questa sede la
storia de “Il Gondoliere”,
soprattutto in funzione del ruolo che vi ricoprì
Antonio Papadopoli, val la pena di riportare le parole con le quali il colto consigliere di governo Francesco Beltrame riassumeva nel
225
Belgio, siensi rinvenuti non
pochi libri colpiti
di proibizione, e questi sono ancora in parte depositati nell’archivio dell’Ufficio scrivente [a firma Brembilla], e per la maggiore fu operata l’estradizione all’estero col mezzo regolare già significato’; ‘[|...] vi è motivo di suspicione, che appunto la ditta del Gondoliere possa inclinare alla. fraudolente manovta di deludere le discipline censorie e finanziali nell’estradizione
all’estero dei libri proibiti, mentre più d’una
ROBERTO
La comunità
dei Greci-Ortodossi,
presente
albori dell’XI secolo, si era ufficialmente
facendo
coincidere
intellettuali di origine ellenica residenti nelle Province Venete
dagli
a Venezia
ad alimentare il culto del proprio passato (incentivato anche dal rifiorire degli studi eruditi) che inevitabilmente si andava
costituita nel 1498,
le proprie sorti nei secoli successivi
DE FEO
con
associando al sostegno dato a progetti che sarebbero sfociati nella rivolta contro l'Impero Ottomano e nella cosiddetta guer-
quelle della Dominante.
de’ Veneziani, e per esercizi continui di pietà lodevolissima e
ra d’indipendenza greca (1821-1832). Così la Censura asburgica fu particolarmente intransigente verso iniziative editoriali
chiara, dire quanto fosse amata e per le accorte e sottili vie
che avrebbero potuto promuovere implicazioni politiche filo-
protetta dalla repubblica, che la risguardava partecipe delle
elleniche?”, le quali, inevitabilmente, preludevano a moti indi-
armi, valorosamente
pendentisti anti-asburgici autoctoni.
Nartrare di questa colonia, già tanto favorevole al commetcio
e utilmente operate in ogni tempo da’
Greci per difendere i suoi stati; mostrare tutto il bene da essa
Con gli altri “Greci” Papadopoli era in stretto contatto. Oltre
fatto agli studi, e come per essa a poco a poco si preparasse, il
che con Giovanni Veludo e suo fratello Spiridione, lo sarà con
presente incivilimento della Grecia; è opera senza dubbio, da
il filosofo e storico corfiota Andrea Mustoxidi (1785-1860) il
non essere tenuta nel breve confine di pochi cenni!”,
quale, dopo un soggiorno a Venezia ed aver ricoperto il ruolo di addetto all’Ambasciata di Russia a Torino nel 1821, nel
1828 sarà chiamato a dirigere l’istruzione pubblica in Grecia dal
Con queste parole Giovanni Veludo (primo storico della comunità ellenica, nato a Venezia ma di famiglia originaria dalla Grecia) aprirà il suo ponderoso intervento all’interno del primo tomo di Venezia e le sue Lagune; la significativa e ambiziosa iniziativa editoriale data alle stampe in occasione del nono Congresso degli Scienziati Italiani svoltosi a Venezia nel settembre 1847!5. Lo scritto intendeva pure ribadire “quanto fosse stato segnato da greche presenze il passato della Serenissima che con lungimirante ospitalità aveva consentito il progredire di quella comunità che era stata la più rilevante fra quelle della diaspora e
presidente Antonio Capodistria, prima di ritirarsi a Corfù (successivamente all’assassinio di quest’ultimo) ed essere nominato membro dell’assemblea legislativa delle Isole Ionie?!. Grazie a Mustoxidi Tonino entrò in contatto con il dalmata Nicolò Tommaseo
(1802-1874), antico amico di Carrer, in verità
figura alquanto controversa, con il quale i rapporti si interrom-
peranno nel 1840; con Emilio De Tipaldo (1798[?]-1878), storico, letterato, guardiano grande della comunità greca, esperto
di diritto marino (anch'egli nato a Corfù), che collaborò attiva-
che, nella tutela della propria identità, aveva sempre fatto coin-
mente con “Il Gondoliere” e che editò e diresse i dieci volumi
cidere le sue sorti con quelle del Leone marciano”. Se la Repubblica fino alla sua caduta si era dimostrata sempre attenta a mantenere con i residenti greci una collaborazione — foriera di buoni rapporti commerciali con il Levante nonostante il progressivo declino economico — e a tutelarne anche le aspirazioni culturali, al contrario l’Imperial Regio Governo au-
della Biografia degli Italiani illustri, pubblicati tra 1834 e il 1845.
striaco, da subito, si dimostrò diffidente verso la tendenza degli
usurpatori di quella libertà ellenica per la quale andò a combat-
17
più particolarmente di vista certo Penso detto Papadopoli, avente esposizione di libri e stampe in S. Marco, come quello che altra
edizione stampata a Pisa nel 1826°* era stata censurata, colpe-
vole di contenere nelle pagine dedicate a Mustoxidi un accenno ai Greci oppressi dai Turchi, questi ultimi rappresentati come
I, 1895, pp. 489-521; II, 1897, pp. 692-726.
volta ha sentito a bisbigliare all’orecchio un tal
reprensibile divisamente’; “Tenuto ad esempio
Papadopoli inoltre frequentò il salotto di Isabella Teotochi Albrizzi (1763-1836), l’autrice dei celebri Rifrazt, la cui quarta
Venezia, in Venezia è le sue lagune, Appendici, 1/II, Venezia 1847, p. 78. 18
dell'intellettualità, cit., pp. 93-95 e G. Forlini, Mo-
G. Veludo, SuMla colonia greco orientale stabilitasi a
V,
zi, “Venezia è le sue lagune” e la politica del diritto. di Daniele Manin, in Venezia e l’Austria, atti del
ripetuta dagli oggetti da lui posseduti non diede luogo a rilievi?” (V. Malamani, Carte segrete e atti ufficiali della Polizia Austriaca in Italia dal 4
convegno (Venezia, 1997), a cura di G. Benzoni e G. Cozzi, Venezia 1999, pp. 323-341. Sempre sulla comunità greco-ottodossa a Venezia
1852,
Cfr. A. Rinaldin, Mustoxidi, Andrea, in Dizionario Biografico degli Italiani, 127, Roma 2012, p. 575
22
Sulla questione si veda R. Damiani, Un azzico €
Ibidez. A riguardo si veda innanzitutto G. Coz-
volta incorse in procedura e condanna politica pella vendita di operetta proscritta, la ispezione
giugno 1814 al 22 marzo 1848, Capolago
tivi politici e civili... (Parte prima), cit., pp. 5-7.
21
si rimanda
anche
alla Mezzoria storica, sempre
(con rimando a www.treccani.it.) un nemico: Antonio Papadopoli e Niccolò Tommaseo,
in Id., Leopardi e il principio di inutilità, Ravenna 2000, pp. 33-48 e G. Forlini, Mozzi politici e civili... (Parte prima), cit., pp. 15-22. 23
Biografia degli Italiani illustri, nelle scienze, lettere ed
c. 504: Venezia, 7 luglio 1840, p. 23 a firma
di Giovanni Veludo pubblicata a Venezia nel
arti del secolo XVII
Brembilla e c. 507: Venezia, 19 gennaio 1841, p. 29 a firma Marzio). La descrizione accurata
1893: EWMyyoy Opfodbtwy atornia ev Beveria. Totopixoy Yrouymua Iwayvov BeXovdov.
ta da letterati italiani di ogni provincia © pubblicata per cura del professore Emilio de Tipaldo), 10 voll.,
D. Rasi, La presenza dell’intellettualità greco-venezia-
Venezia 1834-1845. In merito al poco limpido
na nelle istituzioni e nelle riviste venete di primo Ot tocento, in “Atti dell’Accademia roveretana degli
della perquisizione di polizia e del sequestro dei pacchi è contenuta
19
nella c. 508. Venezia,
e de’ contemporanei compila-
Agati”, s. VII, CCLX, 2010, p. 93.
ruolo avuto da De Tipaldo nell’occultamento e nella successiva dispersione degli scritti di Ugo Foscolo, come nella mancata stesura della sua
Si pensi, ad esempio, al Compendio della storia del
Brembilla in cui figurano, tra gli altri, Bentham, Oeuvres; Cousin, Oezvres e Cours de philosophie; Joutttox, Mélanges pbilosophigues; Monti, Opere;
biografia, si rimanda a B.M. Biscione, De Tipaldo
risorgimento della Grecia dal 1780 al 1824 compilato da M. P. C. di Mario Pieri, pubblicato per la prima volta in tre volumi con la generica indica-
(De Tipaldo Pretenderi, Tipaldo), Ezzilio Amedeo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 39, Roma 1991, pp: 462-464 e alla bibliografia citata nel testo.
Niccolini,
zione: “Italia MDCCCXXV”,
è stato descritto in V. Malamani, La censura, cit.,
stione si rimanda a G. Berti, Censura e circolazione delle idee, cit., pp. 279-281, D. Rasi, La presenza
24 luglio 1841, pp. 32-34 a firma Marzio, alla quale è accluso un E/enco dei libri proibiti asportati alla Ditta 2.SOSIO
pp. 35-40 a firma
Tragedie; Condillac, Pitigpour elle. Il ruolo della censura nell’attività del Gondoliere
20
226
Per tutta la que-
24
I. Teotochi
Albrizzi,
Ritratti scritti da Isabella
Teotochi Albrizzi. Quarta edizione arricchita di due ritratti, di due lettere sulla vita di Alfieri e della vita di
INTRECCI
LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI INTORNO
A SEI STATUETTE
D'ILLUSTRI ITALIANI
tere, morendovi nel 1824, Lord Byron (residente a Venezia dal
1816 al 1819), pure ‘ritratto’ nel testo.
Colui che però deve essere considerato il vero mentore di Antonio Papadopoli fu Pietro Giordani (1774-1848, fig, 2). Il giovane nobile veneziano incontrò il veemente scrittore piacentino durante il suo soggiorno bolognese nell’estate del 1825. Nel Giordani il Papadopoli
riconosceva un indiscusso ma-
estro, largo di incoraggiamenti
ai giovani: nel Papadopoli il
Giordani ritrovava invece il raro esemplare, da lui auspicato, di un giovane che, fornito di cospicuo censo, alla nobiltà dei
natali associava la passione per gli studi e la vocazione a far-
sene generoso
promotore
|...]. Questa relazione indiretta,
seguita da uno scambio epistolare occasionale, si trasformò in amicizia quando i due tornarono ad incontrarsi a Firenze, nel maggio 1827, e poterono frequentarsi seppure per breve
periodo; un’amicizia rinsaldata da pochi e brevi incontri, nelle sporadiche soste del Papadopoli a Parma durante i suoi viaggi, ma soprattutto tenuta viva da un carteggio che, iniziato poco
dopo la partenza del
Veneziano da Firenze, si sarebbe pro-
LODOVICO
tratto fino alla motte di quest’ultimo, con intensità maggiore
BIGOLA
- Ritratto
a lapis di P. Giordani
(dalle collezioni del prof. Glauco Lombardi - COLORNO)
o minore a seconda delle vicende personali dei due. Come una
2.
Lodovico Bigola, Ritratto di Pietro Giordani
conversazione a distanza, che non perde la sua vivacità anche se ci è giunta solo una delle due voci”.
con la serie di busti delle passate glorie veneziane di destinazioIn verità, ben oltre la scomparsa del conte, saranno le sei sta-
ne pubblica’, durante la prima parte del secolo la fruizione
tuette che avranno
dei Viri Ilustri si dichiarò ancora prevalentemente di carattere privato: esemplari si rivelano — se pure in chiave decorativa — gli affreschi dipinti nel 1818 dal giovane Francesco Hayez in palazzetto Gritti a San Marcuola (tra ornati di Giuseppe Bot-
la ventura di consolidare, almeno a livello
letterario, il legame tra Tonino Papadopoli e Pietro Giordani.
La consuetudine di far realizzare ritratti di uomini illustri fonda la sua origine forse nel ciclo dipinto da Giotto intorno al 1330 a Castelnuovo a Napoli per Roberto d'Angiò e vide innumerevoli
sato), dove il mondo del teatro con le sue derivazioni letterarie,
esempi in tutta la penisola nel corso dei secoli?°.
— fiorì durante il Cinguecento come nella Tribuna di Palazzo
musicali e figurative era rappresentato da Apostolo Zeno, Scipione Maffei, Baldassarre Galuppi, Pietro Bembo, Carlo Goldoni, Andrea Palladio, Tiziano e Canova*. Perfino il “greco” Ugo Foscolo esule a Londra ed evidentemente influenzato da un gusto che
Grimani, esempio assai fortunato di studiolo che ebbe rifles-
certamente aveva maturato in patria, nel 1822 scriveva all’ami-
si anche in terraferma (si pensi all’analoga raccolta di Marco Mantova Benavides a Padova o alla “Stanza dei Cesari” nel pa-
blica” e ricollegandosi al modello romano per eccellenza, giun-
co John Murray: “Io proclamo sempre che voglio morire da gentiluomo, sopra un letto che a me si convenga, circondato da gessi (perché non posso acquistare marmi) di Veneri, di Apolli e delle Grazie, e di busti di grandi uomini [...]???. Purtroppo non è stata ancora rinvenuta documentazione che ci puntualizzi le precise e intime motivazioni che indussero Pa-
gerà all’elaborazione e alla realizzazione del “Pantheon Veneto”
padopoli a ordinare la realizzazione dei sei marmi.
Per quanto riguarda specificatamente Venezia, un dotto colle-
zionismo di ritratti antichi — se pur nell’accezione archeologica
lazzo vicentino di Marcantonio Thiene con i ritratti modellati
da Alessandro Vittoria). Se il pieno Ottocento, privilegiando il concetto di “virtù pub-
25
torium
fùr Kunstwissenschaft”,
XXIII,
Certo che
tesi di laurea (segnalata da Fernando Mazzocca
1900,
Vittoria Colonna, Pisa 1826. G. Forlini, Mozvi politici e civili... (Parte prima),
pp. 424
cit., pp. 4-5. Va ricordato che, per l’abitudine
“Bullettin van het Rijsmuseum”,
X, 1962, pp.
A. Bonannini, J/ Parzeon Veneto di Palazzo Ducale:
del Piacentino di distruggere tutta la sua cor-
56-67; M.M. Donato, G% eroi romani tra storia ed
un episodio del Risorgimento, in “Ateneo Veneto”,
exemplum. 1 primi cicli umanisti di nomini famosi, in
CXXVI,
Memoria dell'antico nell'arte italiana. II. I generi e i temi ritrovati, a cura di S. Settis, Torino 1985, pp.
Magani, // “Pantheon Veneto”, Venezia 1997. Cfr. R. De Feo, Giuseppe Borsato 1770-1849, Ve-
rispondenza, anche
le lettere di Papadopoli a
lui indirizzate sono andate perdute, tranne una. L'elenco delle lettere di Giordani a Papadopoli è riportato nell’Appendice del dettagliato studio citato di Giovanni
Forlin, curata
26 Nella vasta bibliografia riguardante il tema si veda P. Schubring, Uozzni famosi, in “Reper-
Scheler,
Uozzni
Famosi, in
in “Venezia Arti”, 8, 1994, p. 207), confluita in
28
27
Un’attenta ricostruzione di tali vicende cotre-
180, 1995, pp. 99-137; seguito da E.
rona 2016, pp. 536-537, cat. VII.44, con biblio-
95-152; S. Marinelli, J gessi di Alessandro Puttinati, in “Verona illustrata”, 11, 1998, pp. 57-62.
da Vittorio
Anelli (pp. 31-36).
ss; R.W.
grafia.
29
Il passo è riportato in M. Praz, Gusto Neoclassi-
data da un ponderoso apparato documentario
co, Milano 1990, p. 239. Si ricorda che l’isola di
è stata compiuta da Alessia Bonannini nella sua
Zante (Zacinto) dove il poeta era nato nel 1778
227
ROBERTO
DE FEO
risalga almeno a un
plausibile che la committenza
comunque
anno prima dell'apertura dell’esposizione allestita in occasione della visita dell’imperatore Ferdinando I d'Asburgo presso
l'Accademia di Belle Arti del 1838, quando due di essi furono esibiti. Bartolomeo
Ferrari
(Marostica,
1780-Venezia,
1844),
una
delle figure più interessanti del panorama artistico veneziano dei primi decenni
per quanto riguarda la
dell’Ottocento
scultura, certamente ricevette precise indicazioni da parte del conte in merito alle attitudini, le posture e ai tratti somatici
degli I/ustri Italiani, considerando — come si vedrà — le strette assonanze che si possono riscontrare con precisi modelli
figurativi (fig. 3). I Ferrari,
come
famiglia dedita
ha messo
in luce
alla scultura
Elena
Catra,
da generazioni,
erano
erede
una
e conti-
nuatrice della celebre bottega dei Torretti”!. Al tempo della commissione
Bartolomeo
aveva all’attivo già molti successi
pubblici che privati: basti, in questa sede, ricordare la figura della Scultura pet il mausoleo nel 1827
insieme
ad Antonio
Canova
a tutti i migliori scultori
Imperial Regia Accademia
realizzato
della veneziana
di Belle Arti??, presso la quale il
marosticense era ascritto in qualità di membro, il fregio del frontone
della chiesa di San Maurizio
con il Mar#irio di san
Maurizio (1806), l'Arca con fauni (1818) e i due gruppi de // giuramento di Annibale e Chirone e Achille per Omaggio della Pro-
vincie 3.
Cosroe Dusi, I/ caffè, particolare con il ritratto di Bartolomeo Ferrari.
Venete (1821 e 1824). Bartolomeo si dimostrò anche
provetto
Collezione privata
fonditore, come
attesta la realizzazione
in bronzo
nel 1830 del gruppo della Pretà per il Tempio di Possagno che il moderno Fidia non ebbe il tempo di trasferire dal gesso in
— ad esclusione di Bembo, sicuramente eletto quale padre ideale della corrente linguistica purista — tutti gli altri spiriti magni, annoverabili tra i massimi assertori della libertà di pensiero e contrari al dogmatismo intellettuale, non potevano risultare che dei veri e propri modelli per questo appassionato letterato. E
era allora territorio della Repubblica
31
e
verrà
proprio
Le di lui opere rilevano in lui gusto squisito, sentimento no-
bile, stile elevato, natura portata al bello ed al grande. E sì
nominato
«Bartolomeo
che il poeta, a dispetto degli auspici, morì pet
— Torretti, Scultore in Venezia».
tubercolosi
ne artistica di Bartolomeo
miliare, povero, nel sobborgo
lon-
V settimana
Fettrati
|...] e di suo figlio
Luigi (Venezia 1810-1894) copre tutto il secolo e grazie a ciò e ai loro rapporti personali e professionali è quindi possibile rileggere il vissuto
di Studi canoviani
(Bassano
del
Grappa, 6-10 ottobre 2003), Bassano del Grap-
La produzio-
pa 2007, pp. 111-119.
culturale della Venezia di quei tempi. Inoltre Gaetano Ferrari, fratello di Bartolomeo, e Luigi
R. De Feo, L'“Omraggzo delle Provincie Venete a Sua Maestà Carolina Augusta imperatrice d'Austria”. Un glorioso capitolo dell’arte e della storia veneziana, in Canova, Hayez, Cicognara. L'ultima gloria di Venezia, catalogo della mostra (Venezia, Gallerie
onorare la visita di S. M. I. R. A. Ferdinando I, Ve-
occupano entrambi la cattedra di scultura nel-
dell’Accademia), a cura di F. Mazzocca, P. Ma-
nezia 1838, p. 29. Una verifica presso l’Archivio
le due istituzioni cruciali; Gaetano
rini, R. De Feo, Venezia 2017, pp. 38-79,
privato Papadopoli, conservato
dal 1820 al 1873 e Luigi in Accademia dal 1850
dinese di Turnham
30
Veneta
marmo*.
Green nel 1827.
“Bartolomeo Ferrari, membro Accademico. 214. Paolo Sarpi. / 215. Pietro Bembo, due statuette sedute”, Esposizione delle opere degli artisti e dei dilettanti nella I. R. Accademiadi Belle arti in Venezia per
dagli eredi Ar
33.
in Arsenale
198-
200, 204, catt. III.6, III.8, IIT.13.
rivabene Valenti Gonzaga, come il vaglio degli
al 1893, da cui consegue che gran parte degli
indici del vastissimo Fondo
Papadopoli, depo-
scultori che si sono formati a Venezia sono stati
bronzo del Gruppo della Pietà modellato da Antonio
sitato presso l'Archivio di Stato di Venezia, non
allievi dei Ferrari” (E. Catra, Bartolomeo (1770-
Canova esegnita in
ha restituito
1844) e Luigi (1810-1894)
Ferrari. Al Chiarissimo Ab. Melchiorre Missirini, in
purtroppo
alcuna
testimonianza
Ferrari, in Abitare i
34
Si veda in merito L. Cicognara, De/la fusione in Venezia dallo scultore Bartolommeo
legata alla commissione. Sull’importante fondo, comunque, si veda 27 pr27/5 A. Capogrossi, Ma-
museo. Le case degli scultori, Atti del terzo Convegno internazionale sulle gipsoteche [Possagno,
“Antologia. Giornale di scienze, lettere e arti”, 38, giugno 1830, pp. 1-9 e G. Pavanello, in Aw-
noscritti della Biblioteca Papadopoli donati all'Archivio
4-5 maggio 2012], a cura di M. Guderzo, Crocetta del Montello 2014, p. 62). Su Bartolomeo
tonio Canova, catalogo della mostra (Venezia-Pos-
di Stato di Venezia, in “Notizie degli Archivi di Stato”, XIV, 1954, 2, pp. 1-49.
si veda
Romanelli, Venezia 1992, pp. 386-387. Se il gesso
anche
A. Coccioli
“[...] ossia Giuseppe Torretti, Giuseppe Ber-
Bartolomeo, in Dizionario
nardi
46, Roma
e Giovanni
Torretto,
Ferrari
detto Torrettino
(0
o Tortretti, n.d.a.). Bartolomeo Ferra-
ri, nipote di Giovanni
Ferrari, in alcune lettere
32
Mastroviti,
Ferrar,
Biografico degli Italiani,
1996, pp. 520-521.
sagno), a cura di E Mazzocca, G. Pavanello, G.
originale è ora conservato presso la Gipsoteca di Possagno va ricordato che presso le attuali Gal-
Si veda in merito: R. De Feo, I/ monumento a Ca-
lerie dell’Accademia è esposto quello derivato
nova ai Frari, in La Gloria di Canova, Atti della
dal suo calco. Quest'ultimo servì per la fusione
228
INTRECCI
LETTERARI, SOCIALI
E ARTISTICI
INTORNO
7 5 5EG
4.
Bartolomeo
Ferrari, Pietro Bembo. Collezione privata
5.
Michele Fanoli, Pietro Bembo (in Di sei statuette. .., UGE) Milano
6
Bartolomeo
7.
Michele Fanoli, Paolo Sarpi (in Di se statuette. .., Milano
1858)
Ferrari, Paolo Sarpi. Collezione privata 1858)
229
A SEI STATUETTE
D'ILLUSTRI ITALIANI
ROBERTO
DE FEO
gesso ritraenti un soggetto che gli era caro, troviamo a lui av-
tutto dovette a se più che alla scuola dalla quale sortiva. Né
pari solenne, quello di avere educato nell’arte, egli stesso un
vicinzio anche il nome di un Ferrari. Certamente però Cicogna ne confuse il nome, dal momento che il già ricordato Giovan-
figlio, per nome
ni Ferrari era deceduto nel 1826. È verosimile, quindi, che il
questi sono i soliti meriti del Ferrari. Avvenne
un altro del
Luigi, il quale non solo oscura molti artisti
“valentissimo scultore” fosse in realtà suo nipote Bartolomeo, il quale qualche anno dopo tornerà a cimentarsi per lo stesso
contemporanei, ma conserva la memoria perenne del genitore
e dell’estinto genio di Canova”.
committente anche con il medesimo soggetto. Così Francesco Zanotto concludeva il profilo biografico dello
Tra il 1837 e al massimo nei primi mesi del 1842, dunque, sa-
scultore che fu pubblicato all’interno del decimo volume della
ranno portate a termine le sei statuette di Pyezro Berzbo (h 45,
Biografia degli italiani illustri dato alle stampe nel 1845, quando in
base 40X19,5 cm), Paolo Sarpi (n 45,5, altezza 40X18,7 cm),
verità l’artista era da poco anch'egli “estinto”,
Niccolò Macchiavelli (h 46,5, base 40X20,5 cm), Galileo Galilei (h
A sua volta, Emmanuele
44,5, base 40X18,5 cm), Giordano Bruno (h 48,5 base 40,5X19
Antonio
Cicogna, che “al nobile /
Antonio Papadopoli / delle cose patrie / amatissimo / e mece-
cm) e Tommaso Campanella (h 45,5, base 33x19 cm) per Antonio
nate / dei letterati” dedicherà le “Inscrizioni / nella Chiesa / di
Papadopoli (figg. 4, 6, 8, 10, 12, 14).
Santa Marta / e dintorni” nel quinto volume de De/le inserizzoni
Il primo a dare notizia di tutte le sei “figurine di uomini grandi
veneziane del 1842”, nel terzo (1832), trattando di Santa Maria
cioè di Galileo, di Paolo Sarpi e d’altri, piene di delicatezza e di
dei Servi riportava che:
grazia” sarà Filippo De Boni nel 1842", ma saranno le riproduzioni a stampa che il Veneziano volle di esse far eseguire a
Il nobil signor Antonio Papadopoli, culto uomo e protettore
diventare l’annoso argomento al centro di alcune epistole che
dei letterati, ha fatto eseguire in questi ultimi mesi dell’anno
verranno successivamente pubblicate in diverse sedi e che, se
1832 dal valentissimo
lette in controluce, restituiscono anche interessanti aspetti psi-
scultore Giovanni
Ferrari il busto di
marmo rappresentante l’effigie di fra Paolo, lavoro degnissi-
cologici e caratteriali del loro autore.
mo di lode e per la finezza con cui è condotto, e per le grandi
Nel corso del 1843, infatti, Papadopoli fece delineare le statuet-
somiglianze che ha quella testa con il ritratto a olio che abbia-
comunemente il più somigliante che esista. Il signor Papado-
te in altrettanti disegni da Michele Fanoli (Cittadella 1792-Milano 1879), a quella data già divenuto, dopo gli esordi come pittore, esperto e apprezzatissimo litografo"!. Tre anni prima
poli ha fatto dono del modello in gesso di questo busto al ce-
da Venezia l’artista si era trasferito a Parigi per poter stampare
lebre storico signor Botta, il quale sta occupandosi nella Vita
del Sarpi, al quale soggetto il Papadopoli stesso è intento a
degnamente cinque grandi litografie che illustravano le opere di Canova trasportate dal suo studio romano a Possagno e riunite
fornirgli gli occorrenti materiali [...]}!.
idealmente per soggetti in ambientazioni auliche. Dubitando di
mo nella Marciana, attribuito a Leandro da Ponte, e creduto
trovare in Italia stampatori sufficientemente abili, Fanoli portò
Ecco che, se riscontriamo tangibile dimostrazione del profon-
i disegni e le pietre già lavorate in Francia, dove la tecnica lito-
do interesse del contino per il religioso, autore della celebre
grafica si era grandemente perfezionata. Presso lo stampatore
Istoria del Concilio tridentino (1619, subito messa all’indice), fermo oppositore del centralismo monarchico della Chiesa cattolica e difensore delle prerogative della Repubblica veneziana colpi-
Rose-Joseph Lemercier (1803-1887) e la prestigiosa casa editrice Goupil & Cie furono infine pubblicate a Parigi le cinque litografie. L'impresa comportò tempi non brevi (1841-1846) e
ta dall’interdetto di Paolo V, così come di una prima commis-
complessi problemi esecutivi, ma trovò calorose accoglienze
sione, purtroppo andata dispersa, riguardante un marmo e un
nel mondo artistico*.
della versione in bronzo e fu donato da Ferrari, il
co dell’Accademia di Belle Arti di Venezia (477,
quale così aggiunse una delle ultime e prestigiose
1861-1878, b. 162, fasc. “Biografie di vari artisti
invenzioni del grande artista alla già preziosa col-
delle venete province decessi dal principiare del
lezione di gessi omaggiati dallo stesso Canova 0
secolo presente a tutto l’anno 1874”, cfr. E. Ca-
dall’Accademia acquistati. Sulla questione, come pet un puntuale approfondimento sull’artista, si
tra, Dalla bottega all'accademia, cit., pp. 399-400). 37
rimanda a E. Catra, Da/a bottega all'Accademia. La famiglia degli scultori Ferrari a Venezia nell'Ottocento, tesi di dottorato, Università
35
36
Ca? Foscati - IUAV
39
ed illustrate da Emmannele Antonio Cicogna Cittadino Veneto, V, Venezia 1842, p. 407. 38
1996, pp. 590-592. Si veda anche la nota 31. 40
[Id.], Delle inscrizioni veneziane raccolte ed illustrate
da Emmanuele Antonio Cicogna Cittadino
Mampieri, La Pietà di Antonio
III, Venezia
1832,
pp. 506-507.
Carlo
în Italia di F. De’ Boni. Articolo quarto. IV. Scultori contemporanei-I nigiFerrari e della scultura veneziana,
Botta
in Varzetà contemporanee 1842-IT° semestre, Firenze
(San
E Zanotto, Ferrari (Bartolomeo), in E. De Tipal-
grande storico, intellettuale e convinto repub-
do, Biografia degli Italiani illustri, cit., X, Venezia
1845, p. 288.
blicano e ebbe modo di trattare ampiamente di Paolo Satpi nella sua Storia d'Italia continuata da
Ibidem, pp. 286-288. Un manoscritto del testo,
quella del Guicciardini, scritta tra l'aprile del 1826
che verosimilmente fu composto proprio dal fi-
e l'ottobre del 1830, pubblicata a Parigi nel 1832
glio Luigi, è conservato presso l'Archivio Stori-
e ristampata ininterrottamente
Canavese,
230
1766-Parigi,
[E De Boni], De/arte e degli artisti contemporanei
Veneto,
neta”, 70, 2013, pp. 140-143.
Giotgio
Cfr. P. Mariuz, Ferrari, Giovanni, detto il Torretto,
in Dizionario Biografico degli Italiani, 46, Roma
[E.A. Cicogna], Delle inscrizioni veneziane raccolte
di Venezia, XXVI ciclo, a.a. 2013-2014; Ead., A. Canova, in “Arte Ve-
degli anni quaranta, affiancando la figura del religioso, teologo, storico e scienziato, anche a quella di Niccolò Machiavelli. Né il marmo né il gesso risultano al momento noti.
1842, p. 153.
1837),
fino alla metà
41
Sulla figura e l’ora dell’artista si veda l’ottimo profilo di C. Alberici, Farol (Fanolli), Michele, in Dizionario Biografico degli Italiani, 44, Roma 1994,
pp. 605-610. 42
Cfr. F. Dall’Ongaro, Michele Fanoli, in “Il Silfo. Giornale letterario attistico teatrale”, I, 4 otto-
INTRECCI
LETTERARI, SOCIALI
E ARTISTICI
8.
Bartolomeo
9
Michele Fanoli, Galileo Galilei (in Di sei statuette.
10
Bartolomeo Ferrari, Niccolò Machiavelli. Collezione privata
11
Michele Fanoli, Niccolò Machiavelli (in Di sei statuette. .., Milano
INTORNO
Ferrari, Ga/ileo Galilei. Collezione privata
.., Milano
1858)
1858)
231
A SEI STATUETTE
D'ILLUSTRI ITALIANI
ROBERTO
12
Bartolomeo Ferrari, Giordano Bruno. Collezione privata
13
Michele Fanoli, Gzordano Bruno
(in Di sei statuette. .., Milano
DE FEO
1858)
Ì bS
14.
Bartolomeo
Ferrari, Torzzaso Campanella. Collezione privata
15
Michele Fanoli, Torzzaso Campanella
(in Di sei statuette. .., Milano
1858)
232
INTRECCI LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI INTORNO
Contemporaneamente,
dunque, Papadopoli
faceva realizzare
A SEI STATUETTE D'ILLUSTRI ITALIANI
del suo Amatissimo Tonino. Addio, addio, senza fine e con
da uno dei massimi esperti e con le tecniche più all’avanguar-
tutta l’anima.
dia le sei elegantissime stampe litografiche a due colori (nero e seppia chiaro) su tavole di nobile sesto (430x295 mm), le
Pietro tuissimo”
quali lasciano un ampio margine attorno alla figura, misurante
Per quanto
225x180 mm
prendere tempo, il Piacentino acconsentì al progetto, doman-
(figg, 5, 7, 9, 11, 13, 15). La medesima Imprimerie
evidentemente
l’intenzione
fosse stata quella di
stampò anche un elaborato frontespizio su fondo grigio chiaro
dando innanzitutto che gli fossero inviate le riproduzioni di
ove sono riportati all’interno di cartigli e stendardi fissati con
tutte e sei le statuette, come attesta la lettera a Spiridione Velu-
nastri ad una struttura vegetale di sapore neogotico che funge da cornice, i nomi degli illustri; all’interno la scritta: «SEI STA-
do del 20 agosto:
TUETTE / di /BARTOLOMEO
FERRARI / disegnate da /
Sono arrivati i tre disegni. Poiché ella accenna della spesa, non
MICHELE FANOLI / descritte da / PIETRO GIORDANI» (fig. 16).
è da contare una minuzia piccolissima data alla dogana. Ma la
Lo scopo di Antonio era quello di fare dono ai suoi amici delle
(a tariffa), de’ quali assolutamente non voglio alcun rimborso
diligenza — da Lodi in gua — ha voluto 2 franchi, 60 centesimi
splendide riproduzioni delle sculture che ormai adornavano il
(per sì piccola cosa) [...].
suo studio nel palazzo di famiglia a Santa Marina": “quattro di fronte a sé, due ai lati, per aver presenti le immagini e quasi
Ma veniamo a quel che importa. Viste le tre figure [...] vedo l’impossibilità di fare una deserizzone propriamente detta. Si può
godere la compagnia di quei grandi e, tranne uno, sventurati,
descrivere un quadro o una figura a chi non può vederla: ma a chi
ch’egli aveva imparato ad amare nelle opere loro”.
l’ha sott'occhio che cosa si può dire di più di quello che già
Le stampe dovevano essere raccolte all’interno di un’elegante
vede? Niente: si potrebbe dire quel che non vede e non sa: chi
rilegatura.
fece l’opera, chi la fece fare: per quali motivi; con quale inten-
Giovedì 29 febbraio 1844 Pietro Giordani scriveva:
zione; e cose simili. Dunque V. S. mi dica quali sono le altre tre figure; le intenzioni di Tonino nel commetterle; tutt'altro ancora
Veludo mi dice che brameresti accompagnate da mie descri-
che a lei piace che sia detto. Di tutte queste notizie, e di qualche
zioni le statue che hai fatte fare [...]. Mio carissimo, benché io
cenno sugoso sui soggetti delle statue, potrei mettere insieme
sia da tante parti oppresso e non abbia mai mai un momento
(non una descrizione, che non ci cade) ma un poco di ciarla che
e sempre mi avvenga o di non poter promettere l’un per cento
abbracciasse tutte e sei le statue, e precedesse le figure.
che mi si domanda, o d’essere costretto a promettere quel che
Io non trovo altra via di poter fare qualche cosa che appaghi il
vedo di non poter mantenere, è però certo che al mio Tonino
desiderio di Tonino e appaia ragionevole e sensata al pubblico.
non devo né posso negar nulla che non sia assolutamente im-
Mi dica se poi devo rimandare le litografie.
possibile. Ma io non conosco punto le tue statue; e come potrò formarmene idea? Io non so le tue intenzioni;
Dunque per mettersi al lavoro Giordani aspettava anche le re-
e come tu
stanti tre stampe. L’8 ottobre scrisse all'amico:
voglia composte le descrizioni. Fammi conoscer chiaro il tuo
volere per mezzo dell'amico Veludo: e sin d’ora (anzi molto prima che adesso) devi sapere che niuna cosa può venire così
Ebbi le sei litografie. Io penso di comprenderle tutte in un
grata al tuo Pietro, come il poter servire a qualche desiderio
discorsetto. Ma io sono tribolatissimo ed infelice, perché le
bre 1841, pp. 142-143 e G. Delfini Filippi, Una
Papadopoli fece decorate tra il 1817 e il 1818
singolare iconografia: Michele Fanoli, Possagno e la fortuna canoviana, in Canova e l'incisione, catalogo della mostra (Roma, Istituto Nazionale per la Calcografia - Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio), a cura di G. Pezzini Bernini,
diversi ambienti del secondo piano nobile dai
nel ] palazzo di San Polo dove ancora risiedono
migliori giovani frescanti operanti in laguna sot-
gli eredi Arrivabene Valenti Gonzaga che con-
programma iconografico delle decorazioni era
E. Fiorani, Bassano del Grappa 1993, pp. 44-
stato dettato da Andrea Mustoxidi (per tutta la
44
Cfr. nota 57.
46. Camillo Doyen (Trattato di litografia Storico,
questione si veda R. De Feo, Giuseppe Borsato,
45
Lettere d'illustri italiani, cit., pp. 238-240 (lettera
teorico, pratico ed economico, Torino
cit., pp. 530-536, cat. VII.43 con bibliografia).
1877, p. 50)
scrisse: “Per oltre vent'anni Parigi ebbe l’onore dei suoi capolavori; non v'è celebre pittore francese che non abbia ambito l’onore di vedersi riprodotto dalla matita del modesto e paziente artista. A Londra Fanoli non fu da meno che a
to la direzione di Giuseppe Borsato: Francesco
servano
Hayez, Giovanni De Min e Sebastiano Santi. Il
che ringrazio sentitamente
È credibile, dunque,
che Antonio
abitasse
al
tutt'ora amorevolmente
le sculture e
per aver agevolato
con l'amicizia di sempre questa mia ricerca.
XXVII). 46
Lettere inedite di Pietro Giordani a Spiridione
primo piano nobile, nell’appartamento che tra
do, Venezia
1880, pp.
14-15.
Velu-
A_ testimonianza
il 1866 e il 1880 sarà riammodernato con deco-
dell’affetto e stima verso il giovane amico va
ri di Giacomo Casa inneggianti all'esercito del nuovo Regno d’Italia (cfr. E. Zucchetta, Le decorazioni pittoriche di palazzo Pindemonte Papadopoli:
comunque
di lavorare, e dopo breve soggiorno in Venezia ritornava dov'era più conosciuto e giustamente apprezzato”. Il palazzo Papadopoli (già dei Marcello e poi
manifesto di pittura neoclassica in
sulla “Gazzetta di Parma” del 3 agosto 1844 e
dei Pindemonte) a Santa Marina era stato acquistato dalla famiglia nel 1808. Giovanni
Venezia sul rio di Santa
Parigi; soltanto in Italia non ebbe guari campo
43
213-231). Solo nel 1864 la famiglia si trasferirà
Venezia, in Sotto il
interpretata
ra-dissertazione
la dedica
di Giordani
della
lette-
sul Piagiatore o
Piccolo Bacco di Lorenzo Bartolini che comparve
segno dell'onda dorata e del sole splendente. Storia, arte,
che prontamente
architettura, restauro di palazzo Marcello-Pindemonte-
ora Hotel dei Cavalieri di
a Venezia in 8° (sulla questione cfr. G. Forlini, Motivi politici e civili, culturali e autobiografici nelle
Marina-Venezia, a cura di
lettere di Pietro Giordani ad Antonio Papadopoli (Par-
F. Amendolagine e S. Noale, Padova 2015, pp.
te seconda), in “Bollettino Storico Piacentino”,
Papadopoli-Friedenberg
233
Papadopoli fece ristampare
ROBERTO
DE
FEO
bito, che io ho con quella cara anima. È un vero rodimento
di viscere non averlo ancora potuto pagare; non avrò pace, né quiete finché non l’abbia soddisfatto; né voglio un centesimo
dei doni sì generosi e impensati, sinché non abbia sgravato l’anima di questo debito. Ma se lor signori vedessero la misera
condizione della mia vita avrebbero pietà di me e sopporterebbero la dilazione, che a me, oltre ad ogni immaginare, è
penosa. Io ho molti anni, poca salute [...]. Ma per poco di vita che io mi abbia, pagherò il mio tributo a quell’anima benedetta: e comecché io sappia e senta di essere nulla, io almeno con
l’animo sarò servitore alla sua casa: ed Ella preghi specialmen-
d BARTOLOMEO FERRARI
te il fratello a tener per tale [...]!.
disegnate da
MICHELE
Prima di morire, infatti, Tonino aveva reso beneficiario Giorda-
FANOLI
ni di un munifico legato di 18.000 lire'. Il letterato il 22 luglio
1845, quando non aveva ancora assolto al “santo debito”, si
descritte da
occupò con zelo delle pratiche necessarie per entrare in posses-
PIETRO GIORDANI
so della somma inviando il fidato Gussalli, “provveduto di amplissima procura, e quella munita di tutte le firme necessarie”
per “compire tutte le forme legali pertinenti al ricevere, e poi
investire il denaro [...]” in modo di potersi sentire “ristorato e consolato del pensiero che Tonino mio (che sempre vive nel
mio cuore) non l’avrò perduto affatto, godendo qualche parte nella benevolenza del suo degno fratello”? Il 28 marzo Giordani cercava, con l’ormai noto tono vittimistico, 3 di
16
Frontespizio
procrastinare l’impegno: (©)
Prego la sua bontà di rendere da mia parte molte grazie alla
di Sei stazuette di Bartolomeo Ferrari disegnate da Michele Fanoli
gentilezza del conte Spiridione |...]. Lo assicuri poi che nulla
descritte da Pietro Giordani
mi sta più a cuore quanto di pagare al mio adorato Tonino quel debito sacrosanto delle statuette; né avrò quiete né pace continue seccature da ogni parte mi piombano addosso; e non
finché non l’abbia soddisfatto. Ma la mia condizione
trovo mai momento quieto; e non posso né riposare, ne fare
sera, e bisognosa assai dell’indulgenza e pazienza di chi dèe
è mi-
niente di quello che più vorrei: Ma sta sicuro che io non pen-
aspettare. Sento gli anni, la stagione, le afflizioni, una grande
so ad altro con più cuore che a poter contentare questo tuo
spossatezza
desiderio!”.
assedio rubatore d’ogni mio tempo, consumatore delle mie
fisica e morale; e dopo tutto ciò, quel perpetuo
povere forze; quell’irruzione di lettere, di visite, d’insistenze
Il giorno di Natale però il nobile veneziano spirava, e senza aver potuto leggere il “discorsino” dell’amico, il quale rispondendo a Veludo che gli partecipava la triste notizia, il 30 dicembre lo incaricava di rassicurare il fratello Spitidione sulla questione del suo impegno:
perché io scriva, scriva, scriva, di qua, di là, da tutti i lati. E
come posso? Ma stia sicuro che sul cuore mi stanno le sta-
tuette sopra tutto”.
Otto mesi dopo la morte del conte, il “discorsino” non era stato ancora composto, come risulta da una lettera del 30 ago-
47
Circa alle statuette dica al fratello di lui, quanto segue: che
sto 1845 al fratello Spiridione nella quale Giordani confermava
nessuna cosa al mondo più mi sta a cuore di questo sano de-
quanto fosse “ferma e forte” la sua risoluzione “di pagare il
LXXXIV, 1989, 2, p. 170).
è ben misera, e proprio insopportabile, che le
Lettere d'illustri italiani, cit., p. 248 nota (lettera
continue
seccature
molestissime
m’abbiano
a
XXVII dell’ Archivio Papadopoli, riportata an-
divorare tutto il tempo. Ma farò ogni mia possa
che in G. Forlini, Motti politici... (Parte seconda),
di servire il mio Tonino” (Lettere inedite. .., cit.,
cit., p. 171). Già il 16 novembre, comunque, era
tornato sulla questione con i medesimi
toni in.
p.16).
48
una lettera indirizzata sempre a Veludo: “La ringrazio sulla notizia delle statuette: che mi stanno sempre più a cuore: ma la mia condizione
|P. Giordani], Epistolario di Pietro Giordani edito per Antonio Gussalli compilatore della vita che lo precede, VII, Milano 1855, p. 94 (lettera MXX).
49
“Il Papadopoli legò ad alcuni suoi amici, tra essi 234
il Giordani, diciotto mila lire per ciascuno. Il qual lascito questi annunziava al conte Marchetti, il 25 gennaio, così: = mirabile e affatto inaspettato mi giunse il benefizio del buon Papadopoli; cosa di rarissimo esempio. A me bastava il mio poco, ma
questa giunta solleverà qualche grandissima necessità altrui” (ivi, p. 94 nota 2). 50 Ivi, pp. 115-116 (lettera MXXXIII, A/ Stg.Spiri dione Veludo).
INTRECCI LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI INTORNO
meno male e il meno tardo che [...] si potrà” il debito contratto con l’“adorata anima
A SEI STATUETTE D'ILLUSTRI ITALIANI
diede ampia notizia dell’inedito, riferendolo inspiegabilmente
3352
quale “ultimo lavoro” composto dal maestro nel 1844, ma la
Ancora il 24 maggio il “rugiadoso” Giordani scriveva:
lettera già ricordata del marzo ’46 smentisce il fatto. Il passo ha, se non altro, il pregio di sintetizzare “il poco di ciarla” che
Circa le statuine vorrei pur imprimere nell'animo suo e del
inizia annunciando all’amico la realizzazione delle statuette da
signor conte, che nessuna cosa al mondo mi sta tanto a cuore;
parte di Ferrari, delle litografie da esse tratte e “primamente
né avrò pace né riposo finché io non abbia pagato questo tri-
loda il carattere e i costumi dell’egregio artista; non che l’uso
buto a quell’adorabile e incomparabile anima. Fd è un vero e
nobile che dell'ingegno e della ricchezza faceva il Conte”. Il
forte dolore per me non tardato (per necessità) sinora, e non poter subito compiere [...]. Non nuocerà all’onor di Tonino
testo poi si concentra sui “sei uomini che tutti esercitarono a’ pubblica utilità la mente; e tutti (eccetto un solo) ne pagarono
che il suo buon fratello, per compassione alla mia fralezza (da
le debite pene”.
tante brighe affogato), con tante malinconie affranto, e dagli
Giordani, affronta subito una questione che gli era cara: quella della “positura” delle figure:
anni illanguidito), abbia un poco di pazienza ed indulgenza
al [...] conveniente a’ studiosi; laddove non v'è esempio di arInfine, il 6 marzo 1846, al fido Antonio Gussalli, Giordani rei-
mati che non sieno in piedi. Al quale proposito non voglio
terava il lamento:
tacere il discorso del mio Canova circa il Washington che fece agli Americani. Lo pose a sedere, in atto pacifico, e di legisla-
Vengo sollecitato per le statuette papadopolitane. Oh Dio! Io
tore scrivente gli ultimi avvisi al popolo che aveva colle armi
non ho un soldo di debiti pecuniari: sono tormentato profon-
fatto libero [...] Il Ferrari nelle positure e negli abiti espresse
damente da debiti di penna. Se ricuso d’impegnarmi, disgusto.
con molta proprietà e decoro la condizione de’ sei studiosi
Se credo alle istanze, e prometto, maggiori guai. Oh quanto
che il Conte veneziano amò di avere quasi familiari stabilmen-
godrei, e quanto mi bisognerebbe un po? di quiete prima di
te in sua casa”.
morire! E non ho d’avere!l?
Prima di ritornarvi anche in questa occasione, la scrittore aveva
condusse alla morte il 2 settembre di due anni dopo e a Vene-
già fornito almeno altre tre descrizioni del Washizgton di Canova tra il 1818 (quando il lavoro era stato avviato da poco ma ne esisteva il gesso), in una lettera indirizzata proprio al Moderno
zia, certamente, i due Spiridioni avranno pensato che il “de-
Fidia, e il 1821, simili tra loro e sempre inneggianti alla scelta
bito” era andato insoluto. Invece lo stanco letterato lo aveva
di averlo raffigurato seduto ormai facendo trionfare la ragione
A onore del vero, nell’estate del 1846 Giordani ormai settan-
taduenne cadde in uno stato diprofonda prostrazione che lo
assolto 27 extremis, redigendo la descrizione D/ sez statuette d'illu-
al posto della forza. Come per il primo presidente degli Stati
stri italiani fatte da Bartolomeo Ferrari al conte Antonio Papadopoli: in
Uniti d'America, anche per la valutazione delle sculture di Fer-
verità poche paginette, soprattutto in confronto a quanto aveva
rari per Antonio Papadopoli vengono applicate da Giordani le
scritto nella sua corrispondenza pet... non scriverne! Il com-
medesime richiamate categorie di “intelligenza e chiarezza di
ponimento non compare nell’edizione Le Monnier degli scritti
concetto”, “semplicità di lavoro”, “osservanza del vero”.
del Piacentino del 1846, seguita dall’autore stesso, come aveva
Il primo illustre a essere affrontato è Pietro Bembo, l’unico
verificato Giovanni Forlini??. Va dunque considerata posteriore
del gruppo che ebbe vita fortunata, immortalato assiso su un
l'effettiva stesura del testo che finalmente Giordani compose
seggio “nella pompa
in forma di lettera indirizzata a Marco Minghetti (1818-1896), colto giovane bolognese dall’illustre avvenire? con l’indicazio-
vecchiaia”. Verso l’umanista veneziano Giordani non usa però
dell’addobbamento
Cardinalizio
di sua
parole molto accondiscendenti, giacché
ne dell’anno 1844, quello della promessa fatta ad Antonio e che
sarà pubblicato integralmente nel 1858. Nelle
sue Mezzorie su Giordani
pubblicate
[...] si faticò nel greco, promosse il latino: ma in che dee lo-
nel 1854 Gussalli
51
Ivi, pp. 101-102 (lettera MXXVI).
52
Lettere inedite di Pietro Giordani, Ugo Foscolo, Ippoli-
condotta sopra un esemplare corretto dall'autore,
to Pindemonte, Giovanni Battista Noccolini, Giustina
notevolmente accresciuta, 3 voll., Firenze
Michielh
Fortlini, Mozvi politici... (Parte seconda), cit., p. 172
tro Giordani edito per Antonio Gussalli compilatore
nota 171. A riguardo del celebre statista si veda innanzitut-
della 179.
Vincenzo Monti, Alessandro
55
darsi di lui la poesia italiana? e la prosa ha molto a dolersene. È
Manzoni ed
Abate Giuseppe Barbieri, Nozze Paccagnella-Pigozzi, Venezia 1879, pp. 614-620 (lettera VIII).
56
to E. Gherardi, Minghetti,
53. [P. Giordani], Epzsto/ario, cit., pp. 102-103 nota 1
ni, si deve a Luigi Firpo (Lconografia di Tommaso 54
e
57
da Antonio Gusalli, VI, Milano 1858, pp. 95-98.
58.
1846; G.
Marco, in Dizionario bo-
grafico degli Italiani, 74, Roma 2010, pp. 614-620.
(lettera MXXVI). Lo squisito quanto pertinente aggettivo “tugiadoso”, riferito a Pietro Giorda-
[P. Giordani], Opere di Pietro Giordani. Edizione
A. Gussalli,
Mezzorie intorno alla vita ed a sovitti di Pietro Giordani, in [P. Giordani], Epistolario di PieVita che lo precede, I, Milano 1854, pp. 176-
59
Di sei statuette, cit., p. 96.
60
Sulla questione si veda la puntuale analisi che Cardelli tracciata nel suo
studio Pietro
Di seé statuette d'illustri italiani fatte da Bartolomeo
Mascia
Ferrari al conte Antonio Papadopoli / 1844 / Pietro
Giordani conoscitore d’arte (Città di Castello 2007, 524-526,
68-73), che pure
Campanella, Firenze 1964, p. 76).
Giordani al Signor Marco Minghetti, in |P. Giorda-
pp.
Ivi, pp. 142-144.
ni) Scritti editi epostumi di Pietro Giordani pubblicati
tratta la questione delle statuette di Ferrari per
235
189-192,
tavv.
ROBERTO
DE FEO
nondimeno fu oracolo degli studi, fu signore di tutti i letterati: ebbe una turba d’ “imitatori pedanti”, comegli fu pedante imitatore”.
Per riprodurre i tratti e l'aspetto dell’autore de G4 Asolani, “che
pare stia in torno ricevendo le adorazioni del suo secolo”, Fer-
rari poté servirsi, oltre che della visione diretta del busto cin-
quecentesco eseguito da Danese Cattaneo per il monumento erettogli nella basilica di Sant'Antonio a Padova, maggiormente dell’acquaforte realizzata da Francesco Bartolozzi attorno al
1790 e tratta da un dipinto di Tiziano®. Il secondo italiano fu il “né felice, né fortunato |...] povero Machiavelli; di cui notissime sono la povertà e le querele; non
consolato né dagli studi, che gli riuscivano sterili, né dalla fama
che non lo adottò se non morto”. Seduto su un dignitoso seggio e con un libro in grembo — com'è presentato nell’antiporta del tomo primo verosimilmente dell’edizione pratese delle Opere del 1818 — il fondatore della scienza politica moderna, dai tratti affilati, è coperto fino ai piedi incrociati da una lunga ve-
ste chiusa al collo da un nastro che rimanda anche all’incisione
di Giuseppe Marri. È sulla resa del volto di Sarpi che però Giordani ha da ridire: 17
Quella faccia e giacitura di stanco al Galileo, dopo tante fati-
Bartolomeo Ferrari, Galileo Galilei. Collezione privata
che, dopo gl’indegni patimenti, de’ quali fu costretto lamen-
tarsi, non mi riesce disdicevole al buon vecchio. Ma la stoica, O piuttosto angelica impassibilità del frate, quella sovrumana
fase iniziale della sua concezione, distanziandosi entrambi dalla
facilità di percezioni che di lui solo si racconta, e faceva stupire tutti quanti lo vedevano, non mi paiono convenevolmente
resa plastica finale nella quale la figura mostra una tavoletta con sopra rappresentato il sistema solare (figg. 17-18). Nei due
rappresentate dal mento appoggiato alla mano, e da una certa
fogli Bartolomeo Ferrari esperimenta due soluzioni diverse: la
fissazione d’occhi, quasi di chi non ancora abbia raggiunto il
concetto che cerca, o teme che gli fugga. Bensì veggo signifi-
prima dove Galileo indica con la destra un piccolo mappamondo appoggiato a terra e l’altra dove egli invece sostiene con la
cato il cuore impavido e sicuro, l'animo superiore ai casi uma-
sinistra, osservandola, una sfera mentre ai suoi piedi è adagiato
ni, da quel sedere diritto e signorile (maestoso, dignitoso)”.
un libro con il nome di Copernico (rispettivamente 305X245 mm e 320x250 mm).
Come
già accennato, allo scultore i lineamenti del frate do-
Tutte e tre le creazioni per il volto, comunque,
fanno riferi
vevano essere già stati ben noti grazie al ritratto marciano di
mento all’antiporta dell'edizione bolognese del 1656 delle Opere
Leandro Da Ponte utilizzato per un primo busto, ma non va di-
di Galileo Galile®", dove lo scienziato è ritratto nell’incisione di
menticata nemmeno l’acquaforte di Felice Giaconi dal disegno di Teodoro Matteini che ne derivava‘. Del Galilei e della sua “faccia e giacitura di stanco” Giordani
pelliccia dallo scultore accuratamente citata.
aveva
un anacronistico gusto tra il Neogotico e il Biedermeier, cer-
accennato
volendo concentrarsi criticamente
Francesco Villamena in un ovale che mostra la sopravveste di
Interessante tuttavia è notare la scelta del seggio a pozzetto di
su Sarpi;
ben poco dirà di più, sempre a quest’ultimo avvicinandolo, retoricamente dell’uomo però, non della statuetta. Finora solo del marmo dello scienziato e filosofo pisano sono stati rintracciati due disegni preparatori, conservati presso i discendenti dell’artista. I due fogli vanno collegati ancora alla
Di sei statuette, cit., p. 96.
64
62
L’incisione fu adottata quale antiporta de De/la istoria viniziana di M. Pietro Bembo cardinale da lui volgarizzata libri dodici ora per la prima volta secondo l'originale pubblicati, tomo Primo, Venezia 1890.
65 66
Opere di Niccolò
stile barocco, come avrebbe richiesto una corretta e filologica
ricostruzione storica.
rentino, I, Prato 1819 (antiporta).
Papadopoli. 61.
63.
tamente preferito tra il quarto e il quinto decennio da parte
di un anziano artista accademico, piuttosto che una seduta di
Machiavelli cittadino e segretario fio-
magine di Paolo Sarpi nelle civiche raccolte veneziane, tra devozione privata e culto collettivo, in Ripensando Paolo
Niccolò Machiavelli / G.pe Longhi dis. / G.Pe Marri inc., ante 1831, bulino, 170 x 126 mm. Di sei statuette, cit., p. 97.
Sarpi, Atti del Convegno Internazionale di Studi
nel 450° anniversario della nascita di Paolo Sarpi
Va Paolo Sarpi / Teodoro Matteini Dis. / Vincenzo
(Venezia, Ateneo Veneto, 16 novembre 2003), a cura di C. Pin, Venezia 2006, pp. 609-709.
Giaconi inc, ante 1829, acquaforte, 97 x 120 mm.
Sull’iconografia del servita si veda C. Tonini, L'7236
67
Opere di Galileo Galilei Linceo nobile fiorentino già
INTRECCI LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI INTORNO
A SEI STATUETTE
D'ILLUSTRI ITALIANI
dichiara un indebolimento delle forze fisiche ma anche un’imperturbabile sicurezza del pensiero e dignità, e, come per Cam-
panella: Lo scultore non diede scranna da sedere a questi due, ma un sasso; pose in carcere l’uno e l’altro, catenò i piedi al più vec-
chio, che rappresentò scrivente: al più giovane diede gesto di disputante. Sfortunati e infelici ambedue®.
Con l'indice destro puntato idealmente verso i suoi accusatori,
purtroppo mancante, un libro stretto al cuore e vestito della cocolla (abito non a uso esclusivo del clero), l’eretico è rappresentato con i tratti giovanili riportati nella celebre incisione che fu adottata quale antiporta nel volume del 1824 di Thadda Anselm Rixner e Thadda Siber” e riadattata anche per la litografia “Gravé à Paris par G. Mayer” che correda pure la versione in italiano delle Opere di Giordano Bruno, pubblicata da
Adolf Wagner a Lipsia nel 1830 e facilmente accessibile (se non
posseduta) da Papadopoli”. La statuetta del “non sempre contemplativo Campanella” rappresenta infine il filosofo nolano in età giovanile, vestito del saio domenicano, assiso sul macigno del carcere, con i piedi scalzi e i ferri alle caviglie; la mano
18. Bartolomeo Ferrari, Galileo Galilei. Collezione privata
sinistra trattiene un libro
aperto poggiato sulle ginocchia e la destra, abbandonata sulla pietra, impugna la penna; il capo è eretto, lo sguardo ispirato rivolto lontano.
Ora che dirò di voi due infelicissimi e sfortunatissimi, di sven-
Luigi Firpo, che nel 1964 rese noto quest’ultimo marmo
tura pur in tanta miseria umana singolari? Ardentissimi e in-
suo accuratissimo studio riguardante L'conografia di Tommaso Campanella, sostenne (probabilmente sulla base delle sole fotografie fornitegli) che “L’artista non si fosse preoccupato minimamente di documentarsi intorno alle fattezze del suo
faticabili cercatori del vero, che disviati non trovaste; odiati a
morte per cagion di pensieri ch’eran tenebre, ma non delitti.
Di tante vostre fatiche niun pro a voi, niun profitto a tem-
nel
pi vostri, né ai venuti di poi, ne credo ai venturi. Appena gli
soggetto, cosicché i tratti del viso riuscirono affatto imma-
eruditissimi sanno il numero e il nome dei vostri libri molti;
ginari””?. In verità, un’osservazione diretta permette di rico-
sarebbe spenta la vostra fama, se lo sdegno giusto de’ buoni
noscere delle assonanze con l'incisione di Carl Mayer che funge anche in questo caso da antiporta al testo composto dai medesimi autori già citati per Bruno, ma edito due anni dopo e dedicato all’autore de La città del Sole®.
non avesse conservata ad infamia la memoria de’ vostri crudeli ed iniqui persecutori. Tu meno, cioè più brevemente infelice, Giordano Bruno, che tradito dai Veneti, finisti ancora
Certo presto giunta anche a Venezia la notizia della pubbli-
giovane tanti affanni della vita nel fuoco romano”.
cazione del testo giordaniano nelle Mezzorie di Gussalli, sicuGiordano
Bruno
è rappresentato
seduto, nell’attitudine
lettore della matematiche nelle università di Pisa e e di Padova [...] al Serenissimo Ferdinando II Gran duca di Toscana, Bologna 1656 (antiporta).
von Neuen Bichern” (1715, 38, p. 622, fig. 38),
si deve a Andrzej Nowicki (Roz#zygruede spora o serie staych rycin: Odkrycie proweniencji sgtychow x Vaninim, Brunen, Campanella, in “Euhemen”, 3, 1965, pp. 3-8); se ne veda una dettagliata analisi
68. Di sei statuette, cit., p. XIV.
69 Di sei statuette, cit., p. 97. 70. [T.A. Rixner und T. Siber], Leber nd Lehrmeinungen Beriibmter Physiker am Ende des 16. und am Anfange des 17. Jabrbunderts, als Beytrége zur Geschichte der Pbysiologie in engerer und wveiterer Bedeutungs herausgegeben von Thaddi Anselm Rixner [...] und Thaddé Siber [...], 5. Heft, Jordanus Branus mit dessen Portratt, Sulzbach 1824, antiporta. L’identificazione dell’incisione in rame, dalla quale deriva anche la rielaborazione ottocentesca, all’interno della
rivista diretta da Nicolaus Jeronymus Gundling “Neue Bibliothec oder Nachricht und Urtheile
ramente prima che esso fosse ristampato nel volume sesto
che
72. L. Fitpo, Lconografia, cit., pp. 73-75. “[...] dopo esser passate pressoché indenni attraverso le bufere dell’ultima guerra — il marmo del Campanella perdette solo l’alluce del piede sinistro — le statuette si trovano tutt'ora in possesso del
in E. Canone, Introduzione a Giordano Bruno 1548-
conte Leonardo
1600. Mostra storico documentaria, catalogo della mostra (Roma, Biblioteca Casanatense), a cura di
nipote di Niccolò Papadopoli, che con squisita cortesia ha facilitato questa mia piccola ricerca e fornito le belle fotografie qui riprodotte” (ivi,
Id., Firenze 2000, p. 1. 71
A. Wagner, Opere di Giordano Bruno nolano, ora per la
prima volta raccolte e pubblicate. . in due volumi, Lipsia 1830 [antipotta, il ritratto dell’autore è nel I volume]. La scultura in questione è stata di recente presentata da R. De Feo, Una dnedita statuetta risor-
gimentale raffigurante Giordano Bruno, in “Braniana & Campanelliana”, XXII, 2016, 1, pp. 211-215.
237
Arrivabene Valenti Gonzaga,
p. 74). 73.
[T.A. Rixner und T. Siber], Leben und Lebrmeinun-
gen beriibmter Physiker am Ende des 16. und am Anfange des 17. Jabrbunderts, als Beytrage zur Geschichte der Physiologie in engerer und weiterer Bedentungs herausgegeben von Vhaddi Anselm Rixner {...) und Thadda Siber [.../, 6. Heft, Thomas Campanella mit
ROBERTO
DE FEO
degli Scritti editi e postumi quattro anni dopo, sembrava che si potesse finalmente appagare, anche se postumo, il desiderio del povero Tonino. Invece, la morte del fratello Spiridione
avvenuta
nel 1859 differì ancora
seguente Giovanni di un
lascito
il proposito, e solo l’anno
Veludo, che pure era stato beneficiario
ereditario
in potere di comporre
da parte dell'amico
Papadopoli,
la storia delle statuette, delle litografie che dovevano “per dono
spontaneo,
fu
un preambolo A/ /eggitore, narrando fatti partecipi i pochi ma
telligenti amici” di Antonio
essere
scelti e in-
e del suo desiderio di avere un
testo di Giordani, delle differite e delle morti, motivo per cui
[...] queste
immagini
stettero per lo spazio di ben sedici
anni oscure e neglette; e parve la loro fortuna avere qualche
cosa di somiglievole alla vita perseguitata dei sommi ch’elle ricordano”.
Il testo di Veludo, che pur non essendo datato fu scritto, facendo due conti, nel 1860 (l’autore ricorda anche il trapasso
del conte Spiridione), ci informa pure che i marmi oramai
erano passati per via ereditaria ai cugini di Antonio e figli di Spiridione, Niccolò (1841-1922) e Angelo Papadopoli (1843-
1919)”, nel cui palazzo a San Polo 19
[...] presto avranno dai culti e liberali posseditori acconcia e degnissima
collocazione
in quelle stanze,
Luigi Ferrari, Pietro Paleocapa. Venezia, Giardini Papadopoli
cortesemente
aperte non solo al signorile costume e alla schietta amicizia,
ma quanto ancora di studi e di arti può alleviare le noje della
del governatore
vita, alle quali né opulenza né fasto perdona”.
detzky (ma che si rifiutò di eseguire una statua in ricordo della
generale del Lombardo
Veneto Joseph Ra-
vittoria dell'Austria, dopo l’assedio sostenuto
dai Veneziani
Sarà così infine dato alle stampe un elegante :r-folo che rac-
nel 1849), le doveva tenere bene a mente”.
colse la prefazione di Veludo, il testo di Giordani, il fronte-
Nel 1871, infatti, gli fu commissionata dal Consiglio comuna-
spizio e le litografie di Fanoli”*.
le di Venezia l'esecuzione di un monumento
Le sei statuette devono essere giudicate, per finezza materica,
(1788-1869), lo scienziato e politico lombardo che tanto aveva
a Pietro Paleocapa
intensità espressiva e complessità di resa, quali le migliori ese-
fatto per Venezia in qualità di ingegnere idraulico”. In origine
cuzioni di Bartolomeo Ferrari, molto probabilmente coadiu-
collocato
vato dal figlio Luigi, considerando
lo stato precario di salute
nella Venezia italiana consta della figura seduta del patriota e
dell’anziano scultore negli anni della loro esecuzione. Certa-
politico issata su un alto basamento (fig, 19). Il “principe degli
in campo
Sant'Angelo,
il primo monumento
eretto
mente colui il quale venne nominato professore effettivo di
idraulici”, seduto in abiti contemporanei,
Scultura presso l’Accademia di Venezia nel 1851 per volontà
con una mano sul ginocchio sinistro una carta topografica dove
dessen Portratt, Sulzbach
1826, antiporta.
pp. V-VII;
74 Cfr. nota 55. 75. G. Veludo, A/ /eggitore, in Di sei statuette di illustri italiani fatte da Bartolomeo Ferrari al nob. Antonio
77
frontespizio
/ al Sig. Marco
litografico;
Minghetti
79
Cfr. D. Fadiga,
€ ‘ommemorazione
del prof. Luigi
Ferrari, in Atti della R. Accademia e del R. Istituto di
/
M.DCCC.XLIV.”, pp. IX-XV (pagine inquadra-
belle arti in
te da cornice fregiata); sei tavole litografiche a
pp. 30-32. Su Luigi Ferrari si veda soprattutto
due colori riportanti i cognomi dei personaggi,
R. Lazzaro, Ferrari, Luigi, in Dizionario Biografico
interfoliate con leggera velina. “Sono quindici
degli Italiani, 96, Roma
nella XVII legislatura, mentre Angelo ricoprì la
pagine in folio bellissime di bellezza
tra, Abitare il museo, cit., pp. 61-73; Fad., Dalla
carica di deputato. Entrambi dal 1905 ottennero di aggiungere al cognome Papadopoli quello
fica, di lettera si nitida da stare daccanto alle
delle madre Maddalena, Aldobrandini. G. Veludo, A/leggitore, cit., p. VII.
litografie, non
Papadopoli, Venezia 1862, p. VII.
76
secondo
“Pietro Giordani
in origine tratteneva
Niccolò
divertà
senatore
del
Regno
d’Italia
formose
edizioni
Bodoniane,
otribilmente
e sette
cacciate
tipografogli di
Venezia nell'anno 1894, Venezia 1912,
1996, pp. 633-635; E. Ca-
bottega all'accademia, cit. 80
Per un’esauriente conoscenza della vita di Pie-
di scuro,
tro Paleocapa, soprattutto degli aspetti inerenti
come tuttodì veggiamo, ma di tono soavemen-
alla sua professione e attività politica cfr. Ingegne-
78. Di sei statuette, cit. Il volume, stampato a Venezia
te risentito e tondeggiante”: con queste parole
ria e politica nell'Italia dell'Ottocento: Pietro Paleocapa,
presso la tipografia di Giuseppe Antonelli nel 1862, è composto da 32 pagine: 5 non numerate; primo frontespizio; A/ /eggitore (G. Veludo),
inizia l’anonima recensione della pubblicazione
atti del convegno di studi (Venezia, 6-8 ottobre
in “Rivista Contemporanea”, 32, maggio
1988), Venezia 1990.
pp. 330-331.
238
1863,
INTRECCI LETTERARI, SOCIALI E ARTISTICI INTORNO
era segnato il progetto della diga esterna di Malamocco, mentre con l’altra alzava un compasso (entrambi gli attributi iconogra-
Il monumento
D'ILLUSTRI ITALIANI
echeggiante il George Washington di Canova e le Sei statuette d'Illustri Italiani eseguite dal padre Bartolomeo, è collocato dal Secondo dopoguerra in ciò che resta dei Giardini Papadopoli a Santa Chiara”: curiose coincidenze.
fici, carta e compasso, realizzati in metallo, sono andati perduti).
Pietro Paleocapa era di nobile origine cretese
A SEI STATUETTE
e massone.
di Luigi Ferrari a lui dedicato, dalla postura
81 Il monumento, inaugurato nel 1873, fu realizza-
to a Pietro Paleocapa in
Wenezia Il Giorno 30 Aprile
Cortet), a cura di G. Romanelli, M. Gottardi,
to con i fondi d’esubero (15.000 £ circa) della sottoscrizione per il monumento torinese affidato invece a Edoardo Tabacchi. A riguardo si
1873, Venezia 1873; L. Alban, Venezia italiana în
F. Lugato, C. Tonini,
campo l'epopea del 1848-1848, in Venezia Quarantotto. Episodi, luoghi e protagonisti di una rivoluzione
Fenzo, ivi, p. 203, cat. 16, dove pure sono tipro-
dotte due immagini del suo stato e collocazione
veda E. Sclopis, Per la Inaugurazione del Monumen-
184849, catalogo della mostra (Venezia, Museo
originati.
259)
Milano
1998, p. 76; M.
240
SARA FILIPPIN
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA
Uno dei pregi che venne immediatamente riconosciuto alla fo-
Venezia, e pone l’attenzione su tali aspetti: da un lato la capa-
tografia, fin dal suo primo apparire, fu la capacità di restituire
cità traduttiva della fotografia, dall’altro la percezione diffusa
in modo veritiero l’aspetto dei soggetti raffigurati, fossero essi
della sua affidabilità rappresentativa. Sullo sfondo, il bisogno
persone,
d’arte, o
di ‘verità’ come elemento fondante e ineliminabile dell’intera
altro. Tale caratteristica rispondeva pienamente alla temperie
paesaggi,
documenti,
monumenti,
opere
vicenda. Si riassumeranno dapprima i fatti, per poi affrontare
positivista ottocentesca che trovò nel nuovo 77edi277 un alleato
alcune considerazioni e analisi!.
perfetto, in grado di supportare indagini e studi che in più ambiti, sia umanistici che scientifici, si andavano allora conducen-
È noto che la Pala d’oro, custodita nel presbiterio della Basilica
do. Ciò fu vero anche in relazione agli studi artistici, nei quali la
di San Marco a Venezia (fig, 1), è un’ancona in oro, argento,
fotografia si insinuò gradualmente, ma inesorabilmente, come
smalti e pietre preziose, frutto straordinario di idee, materiali
strumento di lavoro di storici e connoissezrs, giungendo in pochi
e lavoro succedutisi nel tempo, almeno tra i secoli XI e XIV,
decenni a soppiantare i tradizionali mezzi di riproduzione delle
ma forse anche prima. Realizzata ed ampliata in fasi successive,
opere d’arte, rispetto ai quali la sua capacità traduttiva si mo-
in parte assemblando smalti provenienti da Costantinopoli, in
strava, se non perfetta, per molti versi decisamente più efficace.
parte attraverso contributi operativi e stilistici veneziani, impre-
Il passaggio non avvenne senza momenti di compresenza e an-
gnata di valenze religiose e politiche, è oggi uno degli oggetti
che di confronto serrato, in relazione alle rispettive capacità e
d’arte più preziosi esistenti, non solo per la sua importanza sto-
possibilità documentarie e in rapporto alla fiducia e affidabilità
tico-artistica e culturale, ma anche per il suo concreto valore
che i fruitori loro assegnavano.
materiale? In virtù di tale preziosità, nella prima metà dell’Ot-
Il caso di studio che qui si propone ha per tema una ‘riprodu-
tocento essa divenne oggetto di interesse in ambito storico e
zione mancata’ della Pala d’oro della Basilica di San Marco, a
antiquario.
Altare Maggiore con la Pala d'oro. Venezia, Basilica di
1820; A. Quadri, La Piazza di San Marco in Ve-
S. Marco, illustrata dal Canonico
San Matco
nezia considerata come monumento d'arte e di storia
mo - Venezia, 1847, in “Il Vaglio”, 47, 1847, pp.
opera di Antonio Quadri segretario dell'I.R. Governo di Venezia e membro ordinario del Veneto Ateneo con
369-370; [E. Zanotto], Fabbriche sacre, in 1 enezia
1
Dove non diversamente specificato, i documenti citati nel testo sono conservati all’ Archivio di Stato di Venezia, Luogotenenza delle Province Venete, serie Atti, b. 1195, fasc. LXXVII. 12/5 (d’ora in poi ASVe, b. 1195) e all'Accademia di
XVII tavole in rame, Venezia
Monsig. Gio. Bello-
e le sue lagune, a cura di G. Correr, II, Venezia
1831; G. Piazza, La
1847, pp. 77-83: P. Selvatico, V. Lazari, Guida
R Basilica di S. Marco esposta in sei Tavole Disegnate ed eseguite all'Acquatinta da Antonio Lazzari,
artistica e storica di Venezia e delle isole circonvicine,
Compendiosamente descritta nelle due lingue Italiana
Contarini, Spiegazione della Basilica metropolitana di
Belle Arti di Venezia, Fondo storico, Atti compre-
e Francese da Giuseppe Piazza, Venezia
si nel titolario, IX. Oggetti d’arte 1839-1875, b.
1835; V.
96, fasc. Fac-sizzile della pala d'oro della basilica di
Giacchetti, Su/la sotto-confessione antico sotterraneo e sulla pala d’oro della Chiesa di san Marco in
San Marco 1859-1861 (d’ora in poi AABAVE, b.
Venezia, Venezia
96). La bibliografia sulla Pala d’oro è molto ricca e
Il Fiore di
1838, pp. 17-31; E. Paoletti,
Venezia, ossia i quadri, i monumenti, le
vedute ed î costumi veneziani rappresentati in incisio-
Venezia-Milano-Verona S.
1852, pp. 21-22; G.B.
Marco Evangelista, Venezia 1854, pp. 106-108;
J Labarte, Recherches sur la peinture en émail dans l'antiquité et au moyen-dge, Paris 1856, pp. 17-32;
F. Zanotto, Nuovissima guida di della sua laguna, Venezia
Venezia e delle isole
1856, pp. 42-45; J. Du-
rand, Iyesor de l'église Saint-Mare à Venise, Paris
articolata. Segnalo di seguito solo i titoli che più di altri sono stati utili alla redazione di questo
ni eseguite da abili artisti ed illustrati da Ermolao
1862, pp. 3-31; G. Veludo,
Paoletti, Il, Venezia 1839, pp. 32-33; I. Zanotto,
tesoro di San Marco in Venezia illustrato da Antonio
scritto: G.A. Meschinello, La chiesa ducale di S.
La tavola (pala) d'oro della Basilica di San Marco,
Pasini canonico della
Marco colle notizie del suo Innalzamento; Spiegazione delli Mosaici, e delle Iscrizioni; un Dettaglio della preZiosità delli marmi, con tutto ciò che difuori e di dentro vi si contiene; e con varie riflessioni e scoperte, II, Venezia 1753, pp. 106-108; L. Cicognara, A. Diedo, G.A. Selva, Le fabbriche più cospicue di Venezia mi surate, illustrate, ed intagliate dai membri della Veneta
in “Emporeo artistico-letterario ossia Raccolta
pp. 141-153, ripubblicato in forma monografi-
di amene lettere, novità, aneddoti e cognizioni
ca in Id., La Pala d'oro della Basilica di San
utili in generale”,
in Venezia, Venezia 1887 (nel presente contribu-
1, 1846-1847, coll. 484-492;
La Pala d'oro, in I/
Marciana, II, Venezia
1886,
Marco
G. Bellomo, La pala d'oro dell'I.R. Patriarcale Ba-
to si fa riferimento alla prima delle due edizio-
silica di S.
ni); E. Forlati, Lavori di adattamento della cappella
Marco considerata sotto î risguardi storici,
archeologici ed artistici dal can. Mons. Giovanni Bello-
ducale di S.
mo,
sino a questi ultimi tempi, in “Arte Veneta”, XVI,
nell'occasione in cui venne
nuovamente
restanrata
Marco a basilica © innovazioni introdotte
Reale Accademia di Belle Arti, Venezia 1815-1820.
e collocata all'altar maggiore il 15 maggio 1847, con
1962, pp. 213-216; I/ tesoro di San Marco. I La
Il fascicolo sulla Pala d’oro fu ripubblicato in L. Cicognara, Descrizione di tre tavole rappresentanti
un Discorso di S. Em. Jacopo
Pala d’oro,
la Pala d’oro nella R. Basilica di S. Marco, Venezia
1847; G. Fontana, La pala d’oro della Basilica di
triarca di
Monico, cardinale e pa-
Venezia, letto nel medesimo giorno, Venezia
241
a cura
di H.R.
Hahnloser,
Firenze
1965; G. Lorenzoni, La Pala d’oro di San Marco, Firenze 1965;J.De Luigi-Pomorisac, Les @r44x
SARA FILIPPIN
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1.
La Pala d’oro. Venezia, Basilica di San Marco
2
La Pala d'Oro, collocata nel Maggior Altare della Basilica di S.
HE Miggior Var di
e deh
2, Peanitio MH
S°
Ufo
Marco (in G. Bellomo, La pala d'oro dell'I.R. Patriarcale Basilica di S. Marco..., Venezia 1847)
242
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE
E FOTOGRAFIA
Nel luglio del 1859, Albert von Camesina (1806-1881), studio-
Di fronte alla particolarità della situazione, la Fabbriceria inte-
so e artista austriaco residente a Vienna}, aveva avuto da Karl
ressò per un parere il proprio ingegnere, Giovanni Battista Meduna (1800-1880), il quale fece immediatamente presenti i gravi
Cz6rnig (1804-1889)*, presidente della Central-Commission zut Erforschung und Frhaltung der Baudenkmale (Commissione centrale per la scoperta e la conservazione dei monumenti storico-artistici), l’incarico di predisporre una “descrizione
problemi che la conduzione di un lucido avrebbe comportato,
e fece appello alla responsabilità che gravava sulla Fabbriceria per la custodia e conservazione del cimelio, anche nei confronti
artistica” e un “adeguato disegno”? della Pala d’oro ad uso della Commissione stessa che stava allora pubblicando a Vienna, ol-
della cittadinanza, trattandosi di uno degli oggetti d’arte più preziosi presenti nella Basilica patriarcale. E suggerì di non accon-
tre al proprio bollettino, importanti studi monografici dedicati
sentirvi. Di fatto, per realizzare il calco, sarebbe stato necessario
all’arte e all’architettura dei Paesi dell’Impero®. Pittore e inciso-
rimuovere le grate metalliche e gli “specchii”* di cristallo che la
re non tra i più noti, nel 1859 Camesina faceva parte della com-
proteggevano, e ciò, oltre che laborioso e molto dispendioso,
missione suddetta, in quanto Conservatore per la città capitale
avrebbe messo a repentaglio l’integrità dell'oggetto e richiesto un servizio permanente di guardiania onde evitare danni di vario tipo?. Serie preoccupazioni e timori sorgevano per l’integrità degli smalti, qualora sottoposti alla pressione della matita, e pet i pericoli di furto delle centinaia di perle e pietre preziose di cui la Pala è cosparsa, rimanendo essa a lungo senza protezione al-
e residenza di Vienna.
Recatosi a Venezia a seguito dell’incarico ricevuto, egli si era munito del permesso del luogotenente locale, Kajetan von Bissingen-Nippenburg (1803-1890) e, documento alla mano, si era rivolto alla Fabbriceria di San Marco chiedendo di poter realizzare il suo lavoro. Ne ottenne però un rifiuto, perché la richiesta
cuna. Inoltre, in assenza dei vetri protettivi per un tempo non
esorbitava i termini dell’autorizzazione’, ma soprattutto perché
breve, l’alta umidità della laguna avrebbe influito negativamente
presentava molte e notevoli difficoltà. Oltre alla possibilità di
sulla superficie dorata che, a conclusione, avrebbe dovuto esse-
studiare il prezioso oggetto per farne la descrizione e il disegno,
re restaurata: un’operazione molto costosa, dovendo per questo
Camesina aveva infatti manifestato il desiderio di realizzarne un
smontare l’Icone pezzo per pezzo, e rimontarlo poi nuovamente.
calco, in modo da ottenere una raffigurazione fedele in grado di
Alle problematiche logistiche si aggiungeva la difficoltà pratica a
rispondere ai criteri di qualità che la Commissione si aspettava.
realizzare il lavoro, a causa della notevole discontinuità della su-
byzantins de la Pala d'Oro de l'église de Saint
Marc
von Nicolaus aus Verdun, Wien
à Venise, 2 voll., Zurich 1966; R. Gallo, I/ tesoro
1844; Die diltesten
1850, fu concretamente operativa solo dal 1853. Nata in un clima di vivacità culturale con obiet-
1994, riedizione con integrazioni de // tesoro di
Glasgemdlde des Chorberren-Stiftes Klosterneuburg und die Bildnisse der Babenberger in der Cistercenser-Abtei Heiligenkrenz, Wien 1857, con ben quarantanove tavole illustrative, e Der A/taraufsatg im regul. Chorberrnstifte zu Klosterneuburg cin Emailverk des XII. Jabrbunderts angefertigt von Nikolaus aus Verdun, Wien 1860, con una cromolitografia e trentuno litografie. Cfr. Cazzesina, Albert, in Saur Allgemeines Kiinstler-I_excicon. Die bildenden Kiinstler aller Zeiten
San Marco, a cara di H.R. Hahnloser, I, La Pala
und Volker, XV, Minchen-Leipzig
d’oro [Firenze 1965], fondamentale per lo studio storico e pet la completa riproduzione delle singole parti. Buone immagini fotografiche sono
Camesina,
di San Marco e la sua storia, Venezia-Roma
pp. 157-191; S. Bettini,
1967,
Venezia, la Pala d'oro e
Costantinopoli, in Il tesoro di San Marco, Milano 1986, pp. 43-72; San Marco, Basilica patriarcale in Venezia: i mosaici, le iscrizioni, la pala d'oro, a cura di M. Andaloro, Milano cura
di H.R.
1991; La pala d'oro, a
Hahnloser,
R. Polacco,
Venezia
Albert,
in.
tivi di integrazione politica tra i Paesi dell’Impero, ma
anche dal sincero desiderio
qualità scientifica, come il mensile “Mittheilungen der K.K. Central-Commission
zur Erfor-
schung und Erhaltung der Baudenkmale”
pubblicazione annuale “Jahrbuch Kébnigl. Central-Commission und
1997, p. 674;
Thieme-Becker
animata
di tutela dei beni artistici, pubblicò opere di alta
Alloemeines
zur Erforschung
Erhaltung der Baudenkmale”.
era composta
o la
der Kaiserl.
da dodici membri,
Nel
1859,
oltre a Karl
Lexikon der Bildenden Kiinstler von der Antike bis zur
Czérnig, che ne fu l’intelligente animatore
Gegenwart, V-VI, Leipzig 1999, p. 439, e le seguenti
veste di presidente. Cfr. Manzale del Regno Lom-
in
in M. Da Villa Urbani, La Basilica di San Marco e
risorse
10
bardo-Veneto per l’anno 1859, Milano 1859, p. 241.
la Pala d’Oro, Venezia 2005-2007.
dicembre 2016): Osterreichischen Akademie der
Sui momenti iniziali della Central-Commission,
Dopo aver frequentato gli studi artistici presso Atti di Vienna, Albert Camesina fu molto attivo
Wissenschaften, Wien: www.biographien.ac.at/
e sulla sua importanza per l’avvio di nuovi studi
oebl/oebl_C/Camesina_Albert_1806_1881.
critici di Storia dell’arte a Vienna, cfr. W. Frodl,
xml?frames=yes;
I primordi della Scuola Viennese, cit., e A. Auf Det
che nell’ambito
ottenne
degli studi antiquari. Nel
l’incarico
Metternich
il ginnasio e seguito l'Accademia di Belle Joseph Erwin von sia come disegnatore
di
seguire
Projekt:
di
accesso,
per
Osterreichischen
tutte,
Akademie
Wien, Tuùrkengedichtnis”
Heyde, Per l'avvenire dell'arte in Italia”: Pietro Sel-
http:/ /www.tuerkengedaechtnis.
vatico e l'estetica applicata alle arti del disegno nel secolo
oeaw.ac.at/person/camesina-albert-
e nel 1853
entrò a far parte della Central-Commission
(ultimo
der Wissenschaften,
1845
il principe
in Belgio e Germania,
online
von/;
zur
Deutsche
Digitale
Bibliothek:
XIX, Pisa 2013, pp. 212-252. 7
Il testo dell’autorizzazione concedeva la possi-
https://www.deutsche-digitale-bibliothek.de/
bilità di “esaminare e fate una descrizione arti-
Erforschung und Frhaltung der Baudenkmale,
entity/128436638;
https://www.wien.gv.at/
stica della Palla d’oro che si conserva sull’Altare
nella sua veste di Conservatore pet la città capitale e residenza di Vienna, di cui nel 1854
wiki/index.php/Albert_Camesina. Su Karl Czérnig von Czernhausen cfr. W. I'ro-
Maggiore nella Basilica di S. Marco”. Cfr. lettera di Kajetan von Bissingen-Nippenbutg ad
divenne primo curatore. Il 1853 lo vide anche tra
dl, I primordi della Scuola
i fondatori dell’Altertumsvereins zu Wien, a cui
in
Albert von Camesina, senza prot., del 29 agosto 1859 (ASVe, b. 1195).
partecipò come membro per il Landeskunde della Bassa Austria. In quanto studioso pubblicò parecchie antiche mappe e piante
XX convegno dell’Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei (Gorizia, 25-28 settembre 1986), a cura di M. Pozzetto, Gorizia 1996, pp.
topografiche di Vienna e collaborò a realizzare i disegni per illustrare varie opere, alcune delle quali interessanti in questo contesto, e cioè: Jb Arneth, Das Niello-Antipendium zu Klosternenburg in CEsterreich.
verfertiget tm zovbiften Jabrbunderte.
4
5
6.
La Scuola
Viennese di Storia dell'arte, Viennese di Storia dell'arte, Atti del
25-26. Lettera di Karl Czérnig alla Fabbricetia della Basilica di San Marco prot. n. 216 C.C. del 29 luglio 1859 (ASVe, b. 1195). La Commissione,
costituita
243
nel dicembre
del
8
9
10
Nei documenti consultati, il termine “specchi” viene usato per indicare le tre lastre di vetro che proteggevano la Pala d’oro, e non nella sua accezione usuale di superficie riflettente. Cfr. lettera di Giovanni Battista Meduna alla Fabbriceria della Basilica di San Marco prot. n. 91 del 1° settembre 1859 (ASVe, b. 1195). Cfr.
lettera
della
Direzione
delle
Pubbliche
SARA FILIPPIN
che il pittore avrebbe potuto ottenerne un esatto e più preciso
tenere “la riproduzione matematicamente precisa” che Camesina desiderava, una copia “eseguita ad occhio” sarebbe risultata senza dubbio “più precisa di qualunque copia a lucido”, qualo-
disegno operando a mano libera. Per fare questo, sarebbe stato
ra fosse stata supportata da “tutti quegli altri mezzi meccanici,
perficie dovuta soprattutto alla presenza delle molte gioie e degli elaborati motivi decorativi che la ornano. Meduna suggerì allora
sufficiente rimuovere le grate metalliche per consentirne una migliore visione, mentre le protezioni di cristallo avrebbero potuto
che l’arte somministra ad un Architetto”: l'abilità di un provet-
rimanere in sede.
l’opera del meccanismo
A fronte del rifiuto, la Luogotenenza
to disegnatore sarebbe quindi valsa a “surrogare perfettamente e della manualità”!
e il risultato del
rilievo sarebbe stato superiore a qualsiasi metodo ‘scientifico’.
interessò la Direzione
A seguito di tale ulteriore voto negativo, fu investito della que-
veneziana delle Pubbliche Costruzioni perché anch'essa riferis-
se il proprio pensiero. Quest'ultima, appoggiando del tutto la
stione il Ministero del Culto e della Pubblica Istruzione a Vienna,
posizione della Fabbriceria, propose di sentire l Accademia di
il quale, dopo aver sentito la Central-Commission, si pronunciò
Belle Arti che avrebbe potuto fornire idee e suggerimenti utili
in modo opposto: sia perché, secondo quel parere, i pericoli pa-
a sciogliere l’ipasse!®.
ventati erano affatto illusori, sia perché Camesina era abile e ave-
mista"! costituita per l'occasione in
va già eseguito in passato operazioni analoghe! persino l’abate
seno all’Accademia, nella sua prima riunione tenuta il 21 set-
Giuseppe Valentinelli, bibliotecario alla Marciana, aveva consen-
La speciale Commissione
tembre di quell’anno, valutò i rilievi mossi dai Preposti mar-
tito che egli eseguisse calchi di smalti e di opere ivi conservati.
ciani, ne approvò pienamente la sostanza ed espresse parere negativo sull’opportunità di aderire alla richiesta di Camesina.
Ben conscia della diversa natura interpretativa di un disegno di copia rispetto a un lucido, la Commissione affermò che
Ecco uno stralcio di quanto dice il verbale della riunione: l'esecuzione di un disegno a mano
libera non
corrisponde-
Ne consegue che non possa essere in alcuna maniera da essa
rebbe se non in modo affatto secondario allo scopo, che deve
[Commissione] approvato il metodo proposto da sig," Cav. Ca-
avere una copia fedele di questo prezioso monumento
artisti-
mesina per trar copia della Pala. — Un lucido generale, è quasi
co, mentre in ciò trattasi non solo di una caratteristica median-
inutile il dirlo, torna impossibile. Per poco che una persona
te l’artista dell’impressione totale, ma di delineare esattamente
abbia cognizione del prezioso Icone bizantino di cui si tratta
i tratti più sottili dell’originale onde poter porre sotto gli occhi
saprà come tutta la superficie presenti irregolarità ed inegua-
del conoscitore le singolarità su cui si basa il fine delle singole
glianze infinite in causa del gran numero di gemme e di pietre
tavole [Tafeln]!®.
preziose di cui è seminato e come ogni minimo tratto presenti
frequenti le sporgenze prodotte da rilievi dell’architettura e
L’ordine di Vienna
degli ornamenti. — Bisognerebbe quindi contentarsi di trarre il
“con zelo ed energia” ° perché non
lucido parziale di qualche figura, che, per essere incisa a buli-
richiesta del Camesina, qualora egli la ripresentasse, e che l’u-
fu dunque che la Luogotenenza
si ponessero
influisse
ostacoli alla
no sopra una superficie piana, acconsentisse questo genere di
nica cautela da prevedersi era di disporre un guardiano durante
riproduzione; di tutto il resto della Pala converrebbe conten-
l’esecuzione del lavoro.
tarsi di trar le misure, riportandole poscia sulla carta staccata".
Le preoccupazioni della Fabbriceria e del suo ingegnere, recepite anche dal Patriarca!’, indussero però la Luogotenenza
Per questi motivi, il voto formulato fu unanime e “inecceziona-
a mostrarsi cauta e a chiedere (14 maggio 1860) un ulteriore e
bile”?. Se peraltro l’Autorità superiore avesse comunque deciso
più approfondito pronunciamento della Commissione accade-
diversamente, essa declinava ogni responsabilità sulle conse-
mica, soprattutto in relazione agli aspetti tecnico-esecutivi della
guenze che avrebbero potuto derivarne.
realizzazione di un tale lucido, e alle diversità tra esso e un cal-
La Commissione volle tuttavia mostrare la propria volontà di
co da miniature, a cui la Central-Commission si era richiamata
collaborare. Come già aveva fatto Meduna, suggerì che, per ot-
nell’esprimere il proprio parere!È.
11
Costruzioni per le Provincie Venete alla Luogotenenza delle Provincie Venete (d’ora in poi Luogotenenza) prot. n. 8693 dell’11 settembre 1859 (ASVe, b. 1195). La Commissione mista costituita in seno all’Accademia di Belle Arti per esaminare la richiesta di Camesina era composta da Michelangelo Grigoletti, Paolo Fabris, Lodovico Cadorin, Federico foja e dall’ispettore Alberto Andrea Tagliapietra.
12. Processo verbale della seduta tenutasi nel giorno stesso 21 Vaio uoo 1859] 2 una Com." mista, onde pronunziare un parere artistico sul punto proposto dall’ossequiato Rescritto luogot" 13 cor. Set‘ N. 28891, AABAVE, b. 96). È ] 1% TE 5 13. Tutte lep citazioni nelSi periodo sono dal verbale
di cui a nota 12 e dalla minuta dell’Accademia di Belle Arti alla Luogotenenza prot. n. 379 del 22 settembre 1859 (AABAVE, b. 96). La lettera
del Ministero
citava
al riguardo
quell’arzependinz non è casuale ma va messo in connessione con la pubblicazione realizzata nel 1844 da Joseph Arneth, Das Nie/lo-Antipendium. In essa, lo studioso aveva rilevato gli influssi che la Pala veneziana aveva avuto in altre città, indicando appunto, come suo diretto derivato, quella realizzata da Nicolaus aus Verdun per 9, A £ etet "i ivri l’altare di{ Klosterneuburg (ivi, pp. 46-52; G.
Copia conforme della traduzione ad uso d’uffi-
cio della lettera del Ministero del Culto e della
i
calchi eseguiti da Camesina sui “non meno preziosi e grandi dipinti a smalto dell’altare di Werdun in Klosterneuburg”. Il riferimento a
244
Bellomo, La pala d'oro, cit., p. 58, nota 18).
15
Pubblica Istruzione alla Luogotenenza prot. n.
16 17
15321/152 del 1° marzo 1860 (AABAVe, b. 96) Ibjdey. ug > Fra allora patriarca di Venezia mons. Angelo Ramazzotti (1800-1861), in FESS dal E n zo 1858 al 24 RE 1861 data a ; Pe Zgli aveva i che i]aa a
di massima all'operazione, ma poi, sulla base dell’effettiva richiesta di di 3) llineò ai pareri di Giovanni gi a x È Più briceria van) dn 18° Cfr notaì 15 e lettera della Luogotenenza all’Ac-
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA
Nella nuova riunione tenuta il 20 giugno 1860, la Commissione
“le difficoltà inevitabili e locali di sinuosità e di rilievi che in-
accademica ribadì i timori già in precedenza manifestati, con-
tersecano e rompono la Pala in ogni senso” suggerirono che il
cludendo che
mezzo preferibile sarebbe stato l’uso della camera ottica.
il parziale vantaggio tratto dal Cav.' Carnesina [sic] dal lato
L’imagine in questo caso projettata dall’oggetto sul vetro spo-
dell’esattezza anche se immenso non vale a compensare i pe-
lito della macchina, anzichè imprimersi da se sola, come per le
ricoli gravi ai quali potrebbe andar soggetto un sì prezioso
ordinarie prove fotografiche, in una superficie chimicamente
tesoro esposto come sarebbe per tempo sì lungo a mille peri-
preparata, verrebbe disegnata invece sul vetro stesso (o sopra
colose influenze!?.
catta) da qualunque artista capace ed abituato a simile genere di lavori. Questo metodo non renderebbe minimamente ne-
Alla luce delle difficoltà enunciate, propose nuovamente la rea-
cessario levare gli specchi che presidiano la Pala e molto meno
lizzazione di un disegno, oppure di “una o più fotografie della
poi rimuover quel prezioso tesoro dal sito ove attualmente si
Pala qualora sempre queste riproduzioni potessero essere ese-
trova?!
2220 guite sul sito, e senza toccarla menomamente”?. Contestual-
mente decise di raccogliere l'opinione di due “esperti” fotogra-
In questo modo, si sarebbe ottenuto il doppio vantaggio di non pregiudicare la sicurezza dell'oggetto, né di dover organizzare
fi locali sulla fattibilità o meno di una fotografia.
Il 1° luglio 1860, Antonio Perini (1830-1879) e Antonio Sorgato (1825-1885), accompagnati dalla Commissione accademica
un importante servizio di sicurezza, conseguendo comunque
l'esattezza richiesta da Camesina. Ma i suggerimenti dei due fotografi non trovarono seguito, e sia da parte della Fabbriceria che dell’Accademia di Belle Arti fu confermata la propensione per un disegno a mano libera. La prima credé anzi opportuno supportare la propria posizione con un’esemplificazione concreta. Incaricò infatti il pittore Germano Prosdocimi (1819-?)?° di realizzare due disegni di copia — uno a semplici contorni, e l’altro “a coloritura ed oro in
permanente di pittura, si riunirono nella Basilica di San Marco, esaminarono il problema e redassero un verbale nel quale esposero le loro conclusioni.
Dopo aver premesso che una fotografia era preferibile ad ogni altro mezzo per ottenere un'immagine fedele di qualsiasi oggetto, notavano come, nel caso specifico, si presentassero alcune
difficoltà: il luogo scarsamente illuminato, l’ineguale attinicità del colore dei diversi smalti e delle pietre preziose, ma soprat-
parte ed in parte col tracciato dei principali andamenti” — che
tutto i molti riflessi della luce e dei colori ambientali sui cristalli di protezione che avrebbero disturbato la buona qualità del
vennero inviati (31 agosto 1860) in visione all’Accademia petché li esaminasse e pronunciasse un proprio parere?!
negativo. Togliendo però provvisoriamente, e per brevissimo
I disegni, eseguiti “senza rimuovere la Pala stessa dal sito, ed
tempo, le ante protettive, tali difficoltà sarebbero state supe-
anzi senza levare neppure gli specchi, che la guarentiscono”?,
rabili, consentendo di ottenere “un risultato che soddisfacesse
furono trovati soddisfacenti (‘“non una linea benché secondaria diversifica dall’originale 2226 ), e l'ingegner Meduna e l’Accademia
pienamente i desiderii della Superiorità”. Tuttavia, considerate
19
cademia di Belle Arti prot. n. 14590 del 14 mag-
repertori. Una parziale ricostruzione biografica
ni e le sue riproduzioni fotografiche nell'Ottocento, in
gio 1860 (AABAVe, b. 96).
è in A. Lermer, Eine verbinderte Publikation zum
“MDCCC
Processo Verbale della Seduta tenutasi nel giorno stesso
Dogenpalast in Venedig: Pietro Selvaticos und Germa-
23
1800”, 5, 2016, pp. 91-92.
“Quest'ultimo pel caso che il Sig," Cav." Carne-
[20 giugno 1860] da una Commissione mista, in-
no Prosdocimis Arbeiten fiv die Monumenti artistici e
sina [sic] volesse stampare le tavole della sua
caricata di pronunziare parere sul modo proposto dal
storici delle Provincie Venete, in “Studi Veneziani”,
opera
Cav” Carnesina |sic) onde trarre copia in disegno della Pala d'oro di questa Patriarcale Basilica, e che la Fab-
XLI, 2001, pp. 290-291. A Germano Prosdocimi veniva ampiamente riconosciuta l’abilità di
Giovanni Battista Meduna alla Fabbriceria della Basilica di San Marco prot. n. 118 del 29 agosto
colla
cromolitografia”.
Cfr.
lettere
di
briceria della Basilica stessa trova inopportuno. Ciò in
riprodurre documenti
e immagini di qualsiasi
1860 e della Presidenza dell’Accademia di Belle
obbedienza dell'osseg:! Dispaccio Luogot." 14. Maggio
tipo che si diceva egli riuscisse a imitare alla
Arti alla Luogotenenza prot. n. 469 del 18 set-
pass? N.° 14590 (ASVe, b. 1195). Nei documenti consultati, il nome di Camesina viene spesso
perfezione. In un breve articolo appatso sul periodico “Il Lombardo Veneto” nel 1851, si
indicato come Carnesina, con una lezione moti-
affermava: “niuno al certo può superarlo nell’e-
24
tembre 1860 (ASVe, b. 1195). 1 disegni realizzati da Prosdocimi smessi in visione al Ministero,
furono tra-
a Vienna, e suc-
vata da un’evidente scorretta lettura della grafia
seguire i fac-simili, i codici, e le pergamene an-
cessivamente restituiti alla Fabbriceria. Cfr. mi-
manoscritta.
tiche di qualsiasi specie od epoca, con que? tanti
nuta della Luogotenenza all'Accademia di Belle
20
Ibidem.
svariati, e fantastici arabeschi e caratteri di cui
Arti prot.
21
Le citazioni sono dal Processo verbale della visita fatta nel giorno stesso [1° luglio 1860] dalla Com-
vanno adorne, da confonderli con gli stessi otiginali”. (A. Lermer, Eine verbinderte Publikation,
(ASVe, b. 1995). Essi purtroppo non sono stati reperiti nell’archivio della Procuratoria di San
missi permanente di pittura, insieme ai due artisti foto-
cit., p. 290). Parole di sincero apprezzamento
grafi Antonio Perini ed Ant Sorgato alla Pala
scrisse nel
d'Oro
di questa Patriarcale Basilica affine di rilevare quale fosse il metodo migliore per ottenere ilfac-simile coi mex fatte dalla gi fotografici; ciò in base alle dichiarazioni
1864 anche
Léon
Curmer,
con
1131/316
del
16 gennaio
1861
Marco. Ringrazio l’arch. Antonella Fumo per la
il
quale Prosdocimi aveva collaborato nella realizzazione delle riproduzioni di una parte delle miniature del Breviario Grimani (Venezia,
verifica condotta.
25
Processo verbale della seduta tenutasi | 12 settembre 1860] dalla Com.” accad incaricata dalla Presidenza dell'esame e giudizio di un fac-simile a disegno e a colori
Commiss* stessa nel suo verbale del 20. Giugno pass
Biblioteca
Mss. Cod. Lat. I, 99 =
di un comparto della Pala d'oro della Basilica di S.
N.° 314 (ASVe, b. 1195).
2138). Cfr. L. Curmer, Appendice aux Évangiles,
Marco; fac-simile eseguito dal sig.” Germano Prosdocimi
e grafico
in Les Fvangiles des Dimanches et Fétes de l'année
scarse,
e
suivis de prières à la Sainte Vierge et aux Saints, II,
per incarico della Fabbriceria di quella chiesa ed accompagnato alla Presidenza colla Nota 31 agosto pas N°
nei più importanti
Patis 1864, p. 19 e S. Filippin, // Breviario Grima-
22 Le notizie sul pittore, disegnatore Germano
Prosdocimi
il suo nome
non
sono
compare
molto
Marciana,
n.
245
415 (AABAVe, b. 96).
SARA FILIPPIN
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TIA
3
IRANIANA MAIA II
Schema iconografico della Pala d'oro (in La pala d'oro, a cura di H.R.
Ha hn loser, R. P olacco, Ve nezia 1994)
246
LA PALA D’ORO NELLA
BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE
E FOTOGRAFIA
429
LA
LEGENDA*
—_
Placchette citate da H.R. Habuloser
V
Placchette citate da S. Filippin
Placchette citate da G. Fontana Rs
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DE Pra:
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1128
par
i Le
1. Il doge Ordelaffo Falier
Lc
2. L’imperatrice Irene
3.-4. Iscrizioni 6. Pantocrator 7. Etimasia
.-: ia pr RECATA IE EIERAE
179:; È
la218
21. 22. 23. 33.
Arcangelo Arcangelo Arcangelo San Giovanni Evangelista (?)
37. 40. 55. 56. 57. 58. 61. 69.
San Tommaso
Salomone Battesimo di Cristo Ultima Cena Crocifissione Discesa al Limbo Ascensione San Marco battezza Aniano
79. Arcangelo Michele 82. Discesa al Limbo 86. Cristo benedicente
88. San Giovanni Battista (o Precursore) 8 \D. Arcangelo Michele 94. Vergine orante 95. Cristo benedicente 96. San Cosma 97. Santa Elisabetta ALA RIN Atrani 98. Sant'Anna 99. San Sisinnio
103. Arcangelo Michele 123. Cristo mallevadore
148. 149. 151. 181. 182. 184. 185. 186. 187.
7
104.
Ir)
198
| }
Imperatore alla caccia con il falcone Cacciatore con il falcone L’albeto della vita Placchetta ornamentale Placchetta ornamentale Simbolo dell’Evangelista Matteo Simbolo dell’Evangelista Giovanni Simbolo dell’Evangelista Luca Simbolo dell’Evangelista Marco
* La numerazione delle placchette comparirà tra | | all'interno di ogni
Ii
didascalia relativa
COLE
247
SARA FILIPPIN
gennaio 1861, il Ministero viennese del Culto e della Pubblica
ne attestarono l’assoluta fedeltà all’originale, sostenendo, anco-
Istruzione informò di aver deciso di desistere dalla richiesta. A breve giro di posta la comunicazione venne inoltrata all’Accademia, e da quest’ultima alla Fabbriceria di San Marco. La
ta una volta, l’oppottunità di optare per questa forma di riproduzione. Scrisse Meduna:
battaglia era vinta.
Ciò posto è provato che la copia fedele la più scrupolosa può
Non è noto quali decisioni fossero prese in seguito, ma pare che nessuna fotografia e nessun disegno siano stati realizzati. Questo almeno suggerisce Franz Bock in un lungo articolo
eseguirsi senza togliere gli specchii di custodia laonde con così manifesta possibilità sarebbe strano e sconsigliato il levarli per adottare nella copia un mezzo di puerile meccanismo il quale
dedicato al Tesoro di San Marco e alla Pala d’oro nel numero di agosto del 1861 della rivista “Mittheilungen der K.K. Cen-
esporebbe la preziosa Palla a danni inevitabili, la cui responsabilità col permetterli essendo di cotesta Fabbriceria, deve
tral-Commission” nel quale lo studioso lamenta esplicitamente
costringerla ad opporsi efficacemente”.
È
a assenza
di b ua 1MmmMAagini
È
A sua volta, il verbale della Commissione accademica parla di
“precisione ammirabile”, di carattere dell’originale “reso con
Questa vicenda presenta alcuni aspetti che meritano di essere
tutta la verità desiderabile’:
discussi, ponendosi come catalizzatrice di importanti questioni
nessun dubbio avrebbe potuto
legate alla traduzione grafica delle opere d’arte in quegli anni.
esserci che questa era la strada da seguire.
Quando il 1° luglio 1860 Antonio Perini e Antonio Sorgato È ben vero che un eguale risultato non si potrebbe ottenere da
si recarono alla Basilica di San Marco per valutare la concreta
alcun altro artista, ma poichè abbiamo la fortuna che questo
fattibilità di una fotografia della Pala d’oro, ne fecero presen-
distinto artista esiste, ed esiste qui fra noi, abilissimo in modo
ti gli aspetti problematici: la “situazione” in cui era collocato
superiore a qualunque altro nell’eseguire con verità, carattere e
l’oggetto, la “tinta dei dipinti e delle pietre preziose” e 1“riflessi
precisione sifatto genere di lavori d’imitazione, ne verrà alme-
degli specchi da cui è protetta”.
no necessaria la conseguenza che sarebbe ben un voler affat-
Il primo e il terzo problema sarebbero stati superabili trasferendo
to gratuitamente compromettere lo stato e la sicurezza della
temporaneamente la Pala in altro luogo e togliendo i vetri pro-
Pala, se il sig" Cav. Camesina persistesse nel suo proposito di
tettivi in modo che “la luce e le figure-geometriche dell’opposto
averne il fac-simile coi metodi ordinarii d’un lucido, in parte
finestrone ?34 non riflettessero forme e colori, tali da interferire con
già dimostrato impossibile?”
la figurazione, di per sé complessa. Quanto alle tinte, le difficoltà relative alla diversa attinicità dei colori erano allora significative.
È nella comunicazione
Fino agli anni ottanta dell'Ottocento, infatti, quando furono
di qualche giorno dopo alla Luogote-
nenza aggiunse che:
immesse sul mercato le emulsioni ortocromatiche, il problema
della diversa attinicità dei colori sulla superficie sensibile rapDella loro [dei disegni] fedeltà all’originale fà piena fede il
presentò un ostacolo rilevante, tra gli altri, proprio nel caso del-
voto della Commiss." permanente di pittura; della loro perfe-
la riproduzione delle opere d’arte. Colori quali il blu, azzurro
zione qualungue potrà convincersi qualora voglia farne con-
o il violetto impressionavano la lastra fotografica molto velo-
fronto colle migliori opere di questo genere pubblicate così in
cemente, mentre, al contrario, i gialli, aranciati, rossi, ma anche
Francia, come in Germania”.
il verde, richiedevano tempi di esposizione molto più lunghi, creando difficoltà nel caso di accostamenti tra tinte attiniche
Tante energie espresse congiuntamente dalla Fabbriceria di San
e inattiniche”. Ciò dava origine a immagini con una gamma di
Marco e dal Patriarca, dalla Direzione delle Pubbliche Costru-
grigi più limitata rispetto a quanto si riuscì a ottenere qualche
zioni e dall’Accademia di Belle Arti, recepite poi dalla Luo-
decennio dopo, e a una resa volumetrica, e a volte anche dise-
dA ci 7 o gotenenza stessa”, ottennero alla fine l’esito desiderato e, nel
gnativa, non sempre precise e ben dettagliate.
26
Lettera di Giovanni Battista Meduna alla Fab-
mosfera di queste lagune la Pala ne verrebbe a
tung der Baudenkmale”, 8, August 1861, p. 194).
briceria della Basilica di San Matco prot. n. 118
soffrire grave danno la Luogotenenza non può
È forse il caso di notare che Camesina pubblicò nel 1860 il volume Die Darstellungen auf der Bron-
del 29 agosto 1860 (ASVe, b. 1195).
che aderire al competente voto della Commiss.
27
Ibidem.
permanente di pittura e della Presid." dell’Acca-
Zethiere des Haupteinganges von San Marco in Venedig,
23
C8e AZ
demia di Belle Arti” (ASVe, b. 1195).
\Vien 1860, contenente diciotto tavole illustratati-
29 Ibidem. ma: 30 Lettera dell’Accademia di Belle Arti alla Luogotenenza prot. n. 469 del 18 settembre 1860 (AS, x. 1195), 31. Cfr. quanto dice la minuta della Luogotenenza al Ministero del Culto e della Pubblica Istruzione
32 “Bei der blos numerischen Aufzahlung der Schatze von St. Marcus enthalten wir uns hier eine auch nur flichtige Beschreibung dieses vollendeten Prachtwerkes der griechischen Goldschmiedekunst zu entwerfen, was ùberhaupt bei dem Fehlen von Abbildungen in Worten sich kaum liesse” (E Bock, Der Schatz von
prot. n. 28608/3684 del 13 ottobre 1860: “In vi-
bewerkstellicen
sta delle difficoltà entroindicate, ed essendo fuo-
St Marcus in Venedig, in “Mittheilungen der K.K.
ri di ogni dubbio che esposta all’azione dell’at-
Central-Commission zur Erforschung und Erhal-
248
ve, realizzato probabilmente in occasione della sua permanenza a Venezia, che mostra il suo interesse per altri oggetti d’arte cittadini oltre alla Pala d’oro. 33. Cfr. nota 21. 34 Cfr. nota 30. 35 Tali difficoltà solo in parte potevano essere mitigate con l’adozione di procedure particolari quali l’uso di filtri colorati o gestendo opportunamente i tempi di esposizione.
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA
Non c’è tuttavia ragione di dubitare che quanto affermarono
i due fotografi nel verbale da loro sottoscritto corrispondesse al vero, e che, con un'illuminazione adeguata e in assenza di riflessi, essi sarebbero riusciti a ottenere, magari in più pose, un chiaro ‘disegno’ dell’oggetto: “Adoperando il Colodion secco
in luogo dei metodi ordinarj si potrebbe operare un risultato che soddisfacesse pienamente i desideri della Superiorità””.
e e RP La OISCIMIINIEVIE SU RIRISRE]
Tale affermazione merita qualche approfondimento.
GDECADE Da sta il =af È
Alla data in cui si svolsero i fatti qui discussi, i negativi su vetro
all’albumina” e al collodio?8 avevano ormai sostituito i vecchi
Ad]
negativi su carta. Ambedue in grado di fornire ottimi risultati in termini qualitativi, il secondo richiedeva tempi di esposizione
significativamente più brevi rispetto taggio che le operazioni sulla lastra e sviluppo — dovevano avvenire in che il collodio asciugasse, rendendo
af,
9,
al primo, ma aveva lo svan— sensibilizzazione, ripresa tempi molto stretti, prima inutilizzabile il negativo. In
4.
La Pala d’oro, particolare con Episodi della vita di Gesù; Episodi della vita di
Gesì (in G. Bellomo, La pala d’oro dell'I.R. Patriarcale Basilica di S. Marco. . Venezia 1847)
concreto, ciò richiedeva la disponibilità di un gabinetto oscuro a portata di mano. Le molte energie impresse negli anni cinquanta dell'Ottocento
A seguito di alcuni esperimenti in campo scientifico e foto-
alla soluzione del problema della conservabilità delle lastre al
grafico, era anche nata l’aspettativa che l’uso del bromuro nel
collodio ebbero poi esito positivo” e, seppur con gradualità e
procedimento al collodio rendesse i sali d’argento più sensi-
in dimensioni non amplissime, le lastre ‘secche’ entrarono nel
bili alle tinte inattiniche, con una conseguente migliore resa
bagaglio professionale di molti fotografi, in patticolare nell’ambito della fotografia di interni quali chiese, musei e collezioni,
monocroma
dal momento
dei modelli*!. Ma tale caratteristica si rivelò li-
mitata, e le molte variabili coinvolte non rendevano i risultati
che eliminavano gli impedimenti e gli imbarazzi
stabili e sicuri, tali da essere ampiamente acquisiti in ambito
delle lastre umide. A_ Venezia, il loro uso era penetrato da poco
professionale!
tempo”, e l’affermazione dei due fotografi sulla possibilità di
A giudicare dalla manualistica dell’epoca, inoltre, non risulta
un loro impiego ne costituisce la prima attestazione a oggi nota.
che il collodio nella versione secca fosse davvero più sensibile
36 37
Cfr. nota 21. L’albuminaè una sostanza trasparente e solubile in acqua che, a contatto con i sali d’argento, diventa insolubile ma non impermeabile. Que-
secco che pare aver avuto maggior
fu quello presentato
nel settembre
1855 da Jean-Marie Taupenot [1822-1856]).
Traité genéra! de photographie comprenant Les procédés sur plaque, sur papier, sur verre à l'albumine et au collo-
sta caratteristica, oltre al fatto di aderire bene
bilità affermare che l’uso del collodio secco a
dion, le tirage des positifs et des @preuves stértoscopiques, la gravure héliographique, etc. suivi des Applications de cet art anx Sciences, et de Recherches sur l'action chimi-
alla superficie
ottimo
Venezia sia penetrato dopo il 1857. Cfr. al ri-
que de la lumière, Paris 1856, pp. 134-135, 243). In
legante dei sali d’argento nell’uso fotografico. Il procedimento fu messo a punto nel 1847 da Abel Niépce de Saint-Victor (1805-1870).
guardo S. Filippin, “Questa fotografia non s'ha da fare... ”: Morris Moore, Raffaello e l'Accademia di
“Ce n'est guère que sur une couche de collodion
del vetro,
la rende
un
40
sciolta in alcool ed etere, a lungo usata per scopi sanitari. Essendo, come l’albumina, molto tra-
Alla luce degli studi, si può con ottima proba-
Belle Arti di
38. Il collodio è una sostanza a base di pirossilina
4
Venezia, in “RSF. Rivista di studi di
termini simili si espresse Auguste Belloc( 1854): bromé qu'on peut obtenir que les couleurs rou-
fotografia”, 1, 2015, pp. 8-25.
ge, verte, etc., produisent leur effet d’impres-
Désiré van Monckhoven, nel suo manuale del 1856, affermava: “Chose singulière [.. .] il paraît
photographie sur collodion suivi d'éliments de chimie et
sion” (A. Belloc, Trazté sbéorique et pratique de la
sparente, collosa e ben adesiva a un supporto
que c'est la nature du coton-poudte lui-méme,
d'optique appliqués è cet art, Patis 1854, p. 22).
vitreo, fu presto individuata come adatta a fare
qui exerce une certaine action sur l’iodure et le
42 Fin dal 1856, Venanzio Giuseppe Sella aveva
da legante ai sali d’argento. Il procedimento negativo al collodio fu pubblicato nel 1851 da Frederick Scott Archer (1813-1857) nell’articolo On the Use of Collodion in Photography, in “The 39
cedimento
diffusione
bromure d’argent, de telle fagon que ces composés sont sensibles à certains rayons colorés qui ne les altèrent pas du tout lorsqu'ils se trouvent dans la texture du papier ou de l’albumine.
Chemist”, 2, March 1851, pp. 257-258.
[...|] Ainsi donc, pour résumer les avantages du
Le idee per la soluzione
procédé de photographie
del problema della
sur collodion,
nous
conservabilità delle lastre al collodio furono
dirons que ce procédé réunit les qualités parti-
davvero molte, anche se non tutte di agile e si-
culières à chaque procédé; il possède la finesse
cura applicazione. La situazione venne ben sintetizzata nel 1880 da Alfred Hannot che scrisse che la notevole varietà di proposte pubblicate fino ad allora nella ricerca di un procedimento
de l’albumine, la rapidité de la plaque, et enfin
smitizzato tali aspettative, notando che “le speranze dapprima concepite non si realizzarono in pratica, imperocchè si rn ben tosto che il bromuro d’argentoè incapace di dare da per se solo una buona prova abbastanza ben venuta, l’immagine che esso produce essendo sempre confusa, monotona, senza gagliardia.” (V.G. Sella, Pico del fotografo ovvero arte pratica e teorica di disegnare uomini e cose sopra vetro, carta, metal-
offre encore l’avantage immense de rendre avec
lo, ecc. col mezzo dell'azione della luce, Torino 1856,
une vérité saisissante le diverses teintes d’un pay-
p. 206). E qualche anno dopo, più in dettaglio, confermò il suo scetticismo verso gli entusia-
sage”. E più oltre: “c'est principalement pour
secco conveniente e davvero comodo, rivelava
les reproductions d’intérieur [sic] peu éclairées,
smi manifestati da alcuni, se rapportati ai pro-
in realtà lo scarso progresso compiuto dalla fotografia per contempetare la rapidità di ripresa con la conservazione delle lastre preparate (A. Hannot, Exposé complet du procédé photographique à l'émulsion de M. Warnecke, Paris 1880, p. 1. Il pro-
et des tableaux dans les Musées que ce procédé
blemi del comportamento del sale in condizioni
rendra des services. [...] Ensuite, on congoit une
ambientali e operative diverse, che ne rendevano poco affidabile l’uso pet scopi professionali
plaque sensible qui peut poser une journée, donnera des résultats qu'on ne saurait obtenir pat les moyens ordinaites” (D. van Monckhoven, 249
(Id., Pico del fotografo. Trattato teorico-pratico di fotografia, Torino 1863, pp. 352-353).
SARA
FILIPPIN
iii
ICIOICILO.0IO
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OOO] SA alie,
[PiGNORAN Di @
5
Compartimento secondo în alto della stessa Grandezza dell'Originale nella Pala d'Oro [n. 82, fig. 3]; Compartimento 18°. nel secondo Ordine, simile all'Originale nella Pala d'Oro [n. 61, fig. 3] (in L. Cicognara, Descrizione di tre tavole rappresentanti la Pala d’oro nella R. Basilica di S. Marco, Venezia 1820) 250
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN
ai colori inattinici rispetto alla versione umida, come si potreb-
MARCO
TRA
INCISIONE
E FOTOGRAFIA
do drasticamente — vedeva su due fronti opposti i sostenitori
be a prima vista intendere dal testo del verbale sottoscritto dai
dell’esattezza della trascrizione e i nostalgici dell’abilità artistica
due fotografi: la soluzione del problema era ancora lontana, e
degli incisori e della loro capacità interpretativa dei modelli!”.
l'intelligenza, esperienza ed abilità dell’operatore rimanevano
L'epoca in cui si svolse la vicenda qui discussa fu contrassegna-
fondamentali ai fini di un buon risultato finale. La loro affer-
ta da una notevole accelerazione tecnica in ambito fotografico
mazione è quindi da intendersi non tanto come riconoscimen-
che man mano concretizzò le possibilità d’uso ed espressive già
to di una migliore capacità intrinseca di questo procedimento,
immaginate fin dal 1839”, le quali si affiancarono a modalità
bensì come
visive e operative di lunga data con cui la fotografia necessatia-
mirata alla più agile gestione delle operazioni di
ripresa e alla possibilità di esporre il negativo anche per lun-
mente entrò in competizione, per uscirne alla fine vittoriosa”.
go tempo, in modo da consentire alle tinte inattiniche di agire sull’emulsione
ottenendo
così un risultato all’altezza delle
Data la complessa struttura del prezioso oggetto è comprensi-
aspettative.
bile la fermezza con cui in sede locale ci si oppose al calco chie-
È interessante notare infine che la proposta di usare la came-
sto da Camesina. Il reiterato e fermo rifiuto era ben motivato
ra ottica pervenne proprio dai due fotografi che ben ne com-
da concrete e sostanziose preoccupazioni per la sua integrità;
prendevano il funzionamento, piuttosto che dai componenti le s’è visto, questo
qualsiasi manomissione sarebbe stata gravosa e avrebbe comportato rischi ingenti e costi elevati che, a quanto pare traspa-
metodo non soddisfece appieno, nonostante esso potesse es-
rire dai documenti, sarebbero stati a carico della Fabbriceria. E
sere impiegato senza togliere i vetri protettivi della Pala (condizione fermamente difesa dalla Fabbriceria e da Meduna), e
viva nella memoria delle persone che vi furono coinvolte. Pet
che preferirono proporre l'esecuzione di un disegno a mano
giunta, solo nel 1855 erano stati portati a termine e collaudati i
libera, evitando soluzioni che avrebbero fatto ricorso a un au-
lavori del basamento della Pala e della nuova cornice della cassa
Commissioni
accademiche. Alle quali, come
l’esperienza del restauro concluso nel 1847! era certo ancora
silio meccanico.
protettiva".
Il caso della Pala d’oro coagula in sostanza molte delle proble-
Tra le righe dei documenti emerge però una fermezza nei di-
matiche allora connesse con la riproduzione delle opere d’arte:
nieghi inusuale nei rapporti con gli enti governativi in quegli
le possibilità (e i limiti) della tecnica fotografica allora disponi-
anni, e soprattutto due affermazioni che sollecitano qualche
bile, questioni di tutela e attenzione filologica da parte degli stu-
perplessità.
diosi, ma anche preferenze e abitudini acquisite rispetto al tipo
Il verbale della riunione della Commissione accademica del 21
di traduzione a cui sottoporre un’opera d’arte che — sintetizzan-
settembre 1859 (e prima ancora le comunicazioni di Giovanni
43
L’abilità professionale di Antonio Perini (1830-
all’Académie des Sciences a Parigi: F. Arago, Le
zione della parte superiore dalla inferiore, pet cui
1879) era nota in ambito cittadino. Ricordo che
daguerréotype, in “Comptes rendus hebdomadai-
quella si ripiegava sopra di questa”. Tra i danni
nel 1857 egli esegui la fotografia del disegno conservato presso l’Accademia di Belle Arti di
res des séances
che nel tempo la Pala aveva subito, vi era anche
Venezia raffigurante Apollo e Marsia, allora ti-
des Sciences”,
46
Come
altrove,
anche
la perdita di molte delle pietre preziose che la de-
in Austria
l’annuncio
coravano. “Di fatti sovvenne, a quanto mancava,
tenuto di Raffaello (ora assegnato al Perugino
dell’invenzione di Daguerre aveva coinvolto le
la pia generosità dei cittadini; trovaronsi pet Gesù
e diffusamente accettato come Apollo e Daphni,
più alte istituzioni scientifiche. Ricorda tra l’al-
Cristo delle altre compassionevoli Marie, che in-
Venezia, Gallerie dell’Accademia, punta di me-
tro Timm Star] che le vedute realizzate il 2 otto-
vece di aromi o di nardi, prontamente alle mani
tallo, pennello,
biacca
bre 1839 al castello di Johannisberg da Andreas
offersero di un solette raccoglitore [...] e perle e
inchiostro
grigio-nero,
su carta rosa-salmone, 320X270 mm, inv. 198),
von Ettingshausen (1796-1878) furono presen-
gioie, tolte di buon grado al muliebre loro mon-
che altri in precedenza non era riuscito ad ot-
tate il 22 novembre successivo nell’anfiteatro di
do”. La Pala venne fissata su una nuova tavola di
tenere, e collaborò con Antonio Berti nelle 0s-
fisica dell’Università (T. Starl,
Un wozvean monde
legno, furono rinnovati molti castoni per i pre-
servazioni dell’eclissi di sole del 15 marzo 1858, realizzando alcune fotografie. Cfr. al riguardo
d'images. Usage et diffusion du dagnerreotype, in Nouvelle histoire de la photosraphie, a cura di M. Frizot,
che consentiva la chiusura della patte superiore su
S. Filippin, “Questa fotografia non s'ha da fare...” cit., e EM. Zinelli, Osservazioni del nobile signor
47
ziosi, e l'antico meccanismo
di movimentazione
Paris 2001, p. 36). Negli anni trenta dell'Ottocento erano stati avvia-
quella inferiore venne eliminato. Si decise poi di
ti importanti lavori alla Basilica di San Marco, che
zione dotata di robusti cristalli procurati apposta
sostituire l’antica custodia con una nuova prote-
abate Federigo Maria Zinelli canonico residenz. della metropolitana basilica di S. Marco socio corrispondente dell'T.R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti
interessarono sia l’edificio, sia l’altare maggiore e
a Parigi e di una grata in rame dorato realizzata
a Pala d’oro. Fin dal 1834, in concomitanza con
dagli stessi Favro. Se ne mutò anche la posizione,
intorno alla daguerrotipia, alla fotografia ed alla sterco-
il rifacimento dell’altare, concluso due anni dopo,
distaccandola un poco dall'altare e posizionando-
scopia, Venezia 1859, pp. 19-20. Anche Antonio
a Pala era stata provvisoriamente
la su un basamento
Sorgato (1825-1885), che fin dagli anni quaranta si eta dedicato alla fotografia, era allora tra i professionisti più apprezzati in città. 44 Sull'argomento si veda, ad esempio, L. Vitet, Marc-Antoine Raimondi. Reproductions photographiques des estampes de Marc-Antoine Raimondi, avec une notice, par M. Benjamin Delessert, in4°. Paris, 1853, Gonpil, in “Revue des deux mondes”, II, 45
de l’Académie
IX, 1839, pp. 257-260.
trasferita nel
appositamente
costruito in
Marco. Nel 1836 vennero incarica-
modo che “non fosse tolta al suo antico uffizio
ti del restauro l’orafo Lorenzo Favro e suo figlio
di esser la Pala dell’altar maggiore”. Tutte le cita-
Tesoro di San
Pietro. “Egli petciò di tutte le sue membra e delle
zioni sono da G. Bellomo, La pala d'oro, cit., pp.
sottilissime articolazioni
47-48. Per altre notizie sul restauro ottocentesco
fece un’accurata
noto-
mia. E dopo aver ad ogni lesione applicato con
della Pala si vedano R. Gallo, I/ tesoro di San
peregrini
cit., pp. 182-188, e H.R. Hahnloser, Le oreficerie
rittovamenti
la ricompose
il convenevole
rimedio,
Marco,
della Pala d'oro. 1. Dati tecnici, in La Pala d’oro, a cura
nel primitivo suo stato d’integrità.
Anzi in quest’ultima restaurazione risultò perfet-
di H.R. Hahnloser, R. Polacco, cit., pp. 81-84.
48
Cfr. AABAVE,
Fondo storico, Atti non
compresi
avtil-juin 1853, pp. 799-820.
ta, poichè, per suggerimento della Commissione,
Si veda il discorso pronunciato da Francois Arago (1786-1853) il 19 agosto 1839, davanti
la Pala fu ricostruita in maniera che formasse un
nel titolario, Varie 1855 (1 agosto-30 dicembre),
solo corpo unito ed intero, tolta affatto la separa-
ASTA
251
SARA FILIPPIN
[e] L
iii PIA RIE ° e
ih oo
e "RI [o z=
[dll
1847)
6
San Marco battezza Aniano [n. 69, fig. 3) (in G. Bellomo, Lapala d'oro dell'I.R. Patriarcale Basilica di S. Marco..., Venezia
1
San Marco battezza Aniano [n. 69, fig, 3] (in FE Zanotto, La tavola (pala) d'oro della Basilica di San Marco, in “Emporeo artistico-letterario”, 1, 1846)
Battista Meduna) affermava che la lamina dorata di cui è costi-
essere attaccato dagli alogeni, e quindi dal cloro, bromo e io-
tuita o ricoperta la pala, a contatto con l’aria della laguna, sa-
dio, è vero però che ciò richiederebbe
rebbe annerita in breve tempo, con la conseguente necessità di una grossa spesa per un nuovo restauro, “dovendosi per questa
dei tre anni, peraltro non continuativi, ipotizzati pet il lavoro
molto tempo, ben più
di Camesina”, come ben dimostra la secolare vita della Pala.
operazione disfare affatto la Pala, e staccarne pezzo da pezzo”. È
Inoltre, ciò che si trova in aria vicino al mare, non è l’alogeno
successivamente, il 20 giugno 1860, tale assunto venne ribadito:
gassoso potenzialmente pericoloso per l’oro, ma la sua forma
salina, cioè cloruro e ioduro, e tali sali non reagiscono in alcun Rimanendo per tanti mesi di seguito esposta la Pala all’azione
modo con l’oro. L’annerimento è invece tipico dell’argento, ed
dell'atmosfera, e di una atmosfera così pregna di iodio e di
è dovuto all’azione degli ossidanti atmosferici in combinazione
cloro come
è quella delle lagune, coll’acqua marina a due 0
con l’acido solfidrico e altri solfuri organici che derivano prin-
tre metri al più di distanza, non passarebbero due mesi che le
cipalmente dalla decomposizione delle alghe”. È pur vero che
lamine metalliche sottilissime delle quali la Pala si compone, si
la Pala è costituita d’argento in molte parti, ma tali parti sono
vedrebbero sconciamente annerite!.
pressoché totalmente ricoperte d’oro, per di più con una nuova doratura rifatta in “quasi tutti i pezzi” in occasione del restauro
Simile affermazione pare giustificata solo in presenza di timori
condotto pochi anni prima”. Se poi, per avventura, fosse stato
eccessivi o basati su informazioni
scientifiche e
necessario intervenire in qualche punto specifico, l'operazione
tecnico-artigianali imperfette”. Infatti, se è vero che l’oro può
sarebbe stata agevolata grazie al nuovo sistema di fissaggio del-
e conoscenze
49
Cfr. nota 19.
50
L'affermazione relativa alla distanza della Pala
tro mesi consecutivi, per tre anni. Cfr. lettera di Francesco Falier, fabbriciere della Basilica di
dall'acqua martina può essere accettata in rela-
San Marco, al Patriarca di Venezia prot. n. 215
placchette, comparato con le immagini dei sin-
zione al livello mareografico di Punta della Salute (non rispetto alla sua distanza dal Molo),
del 1° maggio 1860, presente in copia confotme in ASVe, b. 1195.
goli pezzi, non sono state identificate parti che
51
d’acanto |...], così i fregi dei campi laterali” (Ivi, p.
81). Ad un esame attento della descrizione delle
possano ritenersi di argento ‘nudo’. Non si può
trovandosi oggi l’area attorno alla Basilica ad una altimetria media tra gli 80 e 90 cm ca., con una perdita rispetto al secolo scorso di ca. 26
52
Devo queste informazioni ad Alberto Novo chimico ricercatore già RSE Ricerca Sistema Energetico, che ringrazio per il prezioso aiuto.
peraltro non tener conto del termine ‘quasi’ che presuppone che, in realtà, alcune parti dell’og-
cm, in conseguenza dei fenomeni di subsidenza ed eustatismo che coinvolgono l’intera
53
Cfr. H.R. Hahnloser, Le oreficerie della Pala d’oro, cit., p. 83, nota 8. Afferma lo studioso che “Tutte
si può pensare che esse debbano identificarsi con
città. Cfr. http://smu.insula.it/index.php@option=com_content&view=article&id=114&]-
le parti di argento furono pulite e, dove necessario, dorate” (ibidem) e che “Tutte le parti architet-
fori nella cornice, risultanti dopo che i due compatti della Pala furono fissati tra loro. Va anche
temid=81.html (accesso 16 dicembre 2016).
toniche dell’incorniciatura trecentesca sono fuse in serie in argento pesante, accuratamente cesellate e dorate a fuoco; così sono le cornici a foglie
precisato che gli smalti riposano su una strut-
Camesina
aveva ipotizzato che, per condurre
il lavoro, sarebbero
stati necessari tre 0 quat-
252
getto non fossero d’oro o dorate in superficie, e
le placche poste durante il restauro per coprire i
tura di tavolato rinnovata durante il restauro, a
sua volta coperta dalla retropala oggi attribuita
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA
le lamine metalliche al supporto ligneo di fondo”, che avrebbe consentito di intervenire su singole piccole porzioni del manufatto senza la necessità di toccare le restanti parti. Il timore che la superficie dorata avrebbe sofferto per l’esposizione all'atmosfera umida lagunare è cioè meno importante di
quanto paventato, ed è difficile credere che né Accademia di Belle Arti, né la Fabbriceria di San Marco avessero esperienza in tal senso. Gli smalti, poi, sono probabilmente più robusti di quanto si afferma nei documenti della Fabbriceria e della Commissione mista accademica. Trattando degli aspetti materiali della Pala, Cicognara ammira molto la tecnica esecutiva degli artefici bi-
zantini, e apprezza la soluzione adottata di suddividere le supetfici in tante piccole porzioni utili a delineare nei più minuti particolari le figurazioni, evitando nel contempo di avere super-
fici ampie, che sarebbero state molto più fragili”. D'altra parte, a quanto si deduce dalle affermazioni di Rodolfo Gallo, furono solo “alcuni” gli smalti reintegrati dai restauratori Lorenzo
e
Pietro Favro negli anni trenta-quaranta dell'Ottocento, a comprova della loro buona qualità e solida struttura”.
Su un ulteriore elemento pare interessante soffermarsi. La Commissione accademica riunitasi il 20 giugno 1860, a fronte delle difficoltà già in precedenza individuate, e ribadite in quel verbale, tenne a precisare la sua piena volontà di collabo-
rare con l'autorità governativa sostenendo che sarebbe stato anche “suo desiderio l’avere una riproduzione della Pala” dal
momento che tale “riproduzione [era] finora mancante”. Ma anche questa affermazione va puntualizzata. In effetti, la Pala fu sempre oggetto di ammirazione, e se ne 8
trova descrizione più o meno dettagliata in tutte le Guzde della
La Pala d’oro, particolare con l'Arcangelo
Michele [n. 79, fig. 3] (in I/ tesoro di
San Marco in Venezia illustrato da Antonio Pasini, 1, Venezia 1885, tav. XVI)
città", ma solo in epoca relativamente recente aveva attirato
l’attenzione degli studi storico-attistici. Se si escludono i brevi cenni offerti da Giovanni Antonio Meschinello nel 1753, pri-
lo studioso riconsiderava alcuni dati storici, anche alla luce
ma dei fatti qui discussi, furono soprattutto Leopoldo Cico-
dei nuovi elementi di conoscenza emetsi dal restauro appena
gnara” e Giovanni Bellomo ° a trattarne in modo approfondi-
condotto. Infine, ne aveva trattato Jules Labarte nel suo Re-
to. Un contributo significativo provenne anche da Francesco
cherches sur la peinture en émail, del 1856°.
Zanotto, nelle sue Aggiunze alle Fabbriche del Cicognara, in un
Ma soprattutto, alcune sue riproduzioni erano già state pub-
intervento del 1846 nel periodico “Emporeo artistico-letterario”, e nella guida Venezia e le sue Lagune, testi nei quali
blicate. Nel 1815, Cicognara aveva fatto incidere l'insieme e alcuni particolari per Le fabbriche più cospicue di Venezia, tavole
a Francesco de’ Franceschi, raffigurante Cristo in
d'oro, in Le fabbriche più cospicue, cit., in particolare
sa ancona nella sua grande Hysvozre de l'art par les
maestà con gli Apostoli. Nemmeno
il capitolo De/la meccanica esecuzione della pala d'oro).
monumens, depuis sa décadence au IV
Per la descrizione dettagliata degli smalti cfr. J.
son renouvellement au XVI, Paris 1823: “Il d’A-
quindi esposta all’atmosfera diretta della laguna.
De Luigi-Pomorisac,
gincourt difficilmente trovar poteva, nella serie
Le singole placchette
W.E Volbach, G% salti della Pala d’oro, in La Pala
numerosissima degli oggetti da lui presi ad esa-
d’oro, a cura di H.R. Hahnloser, R. Polacco, cit.,
me, una suppellettile di questa più ampia e più
la parte di su-
perficie argentata e non dorata postetiore, era (è) 54
preziose
furono
fissate
con viti passanti d’argento (R. Gallo, I/ tesoro di
San Marco, cit., p. 185). 55
Les @2anx bygantins, cit., e
pp. 1-71.
ricca per le sue dotte ricerche, e tanto più pre-
R. Gallo, I/ tesoro di San Marco, cit., p. 184.
ziosa quantochè non trattavasi di spigolate sui
Gli smalti della Pala d’oro sono in patte dozsornis
56
e in parte d fond repousse. Leopoldo Cicognara si
57
Cfr. nota 19.
58
Tutte le Gzde della città si soffermavano
soffermò
diffusamente
a descrivere
la tecnica
vitree, consenti l’uso di tinte diverse ed evitò la
59
resti delle altrui raccolte, ma mieter egli poteva in campo ubertoso e non tocco dalle ricerche
sulla
Pala d’oro, ma perlo più brevemente. Per quelle che ne trattano con qualche approfondimento si rimanda a nota 2.
con la quale sono prodotti. Afferma tra l’altro che la suddivisione della superficie in tanti piccoli “ritegni”, entro cui sono inserite le paste
siècle jusqu'à
60
Pala nel maggio del 1847, dopo il lungo e com-
Lepoldo Cicognara (in La pala d'oro, cit., p.n.n.),
con
plesso restauro a cui era stata sottoposta.
Jean-Baptiste-Louis-Georges
creazione di superfici ampie che nel tempo si
polemizzò
sarebbero rivelate fragili (L. Cicognara, La pala
Séroux d’Agincourt pet aver ignorato la prezio253
degli eruditi”. Ricordo che il testo di Bellomo fu predisposto in occasione del solenne ricollocamento della
61
Peri
testi citati cfr. nota 2.
SARA FILIPPIN
di Venezia di Ermolao Paoletti, un’altra nel 1846 all’interno del saggio di Francesco Zanotto apparso sull’ “Emporeo attistico-letteratio”, e ancora una nel 1847 nel testo di Giovanni
Bellomo (fig. 2). Un'ultima infine nel 1856, nel volume sopra citato di Jules Labarte®: in tutto ben sei stampe diverse pubblicate nell’ultimo cinquantennio. Come mai allora la Commissione accademica poté affermare che non ne esistevano? Confrontando le immagini attuali della Pala con la prima di tali incisioni, quella del Cicognara, di là delle particolarità linguisti che determinate dalla tecnica scelta, l’incisione a contorno, e la semplificazione nella rappresentazione conseguente alla drastica riduzione delle dimensioni nella raffigurazione su carta,
si notano alcune diversità frutto del restauro ottocentesco, già segnalate da Hans Hahnloser nel 1965°8. A quelle indicate dallo studioso sono da aggiungere due altri punti di discordanza sui quali egli non riferisce interventi specifici, e che quindi dovreb-
bero rispecchiare la situazione antecedente (fig, 3): *
i piccoli smalti posti entro rosette gotiche, a sinistra e a de-
stra delle sei Feste della Chiesa, nel comparto superiore (nn. 97, 99, 94 e 95, 96, 98) sono assenti nell’incisione, sostituiti
dalla raffigurazione delle sole rosette che paiono contenere al centro una perla o una gemma;
*
e soprattutto un'importante differenza rispetto all'oggetto
reale nella sequenza di alcune placchette, nel gruppo del-
le undici dedicate alle Grandi feste-della Chiesa e scene della
9
Vita di Gesù, nel comparto inferiore (fig. 4). Se nella Pala troviamo l’ordine seguente: Battesimo di Cristo (55), Ultima Cena (56), Crocifissione (57), Discesa al Limbo (58),
La Pala d’oro, particolare con il Parzocrator [n. 6, fig. 3] (in I/ tesoro di San Marco in Venezia illustrato da Antonio Pasini, II, Venezia 1885, tav. XIX)
nell’incisione invece esso appare diverso: Battesimo di Cri-
sto (55), Discesa al Limbo (58), Crocefissione (57), Ultima Cena (56), in modo peraltro incongruente rispetto alla storia che ripubblicò nel 1820 nell’estratto Deserizzone di tre tavole rappresentanti la Pala d’oro. Nel 1831 un’altra incisione fu compresa nella raccolta di Antonio Quadri dedicata all’area marciana;
Luigi-Pomorisac, secondo la quale “Le nombre impairt des
nel 1839, ne apparve una terza nel secondo volume de // Fiore
a gauche les évènements
62
Gran Quadro d'Oro ricinto di Argento dorato, dipinto in ismalto e giojellato, che trovasi sul Maggior Altare della Basilica di S. sione, 286x452 mm
Marco, detto la Pala d'Oro, inci-
plare di riferimento 67
(immagine), 343x513 mm
Biblioteca
del Seminario
Emaillerie. Emaux cloisonnés byzantins.
ro de S'
de la vie du Christ, au milieu le
sommariamente.
Analogamente succede per le
scene di caccia nella parte bassa della cornice (149 e 148), per il quadrilobo a destra (103) e
La Pala d’O-
Mare de Venise, fotolitografia, 194x302
tre dischi ornamentali (151, 181 e 182), ugual-
mm (immagine), 260x360 mm (foglio), tra pp.
mente nella cornice. I restauratori rinnovarono
zionale Marciana, MISC 2840. 015.
16 e 17; esemplare
anche le ali di due angeli, dieci busti, le teste di
La Pala d'Oro, collocata sul Maggior Altare della
d’Arte, Castello Sforzesco di Milano, M. 349.
altri due, e ad altri ancora rifecero il drappeggio.
Hahnloser
afferma che “alcuni piccoli meda-
Reintegrarono poi le quattro placche agli angoli
glioni di smalto |...|] furono spostati a buona ragione” e indica i punti in cui sarebbero av-
e alcuni smalti. Furono infine sistemate lamine
La Piazza di San Marco, cit., tav. XV, esemplare
di riferimento Biblioteca Nazionale
venute
Basilica di S. Marco, incisione, 238x361 mm
magine), 316x400 mm
(im-
(foglio), in A. Quadri, Marciana,
D 146 D 017 002. 64. Pala d'Oro collocata sul maggior altare della Basilica di S. Marco, incisione, 292x456
mm
(immagine),
341x509 mm (lastra), tav. non tilegata, esemplare di riferimento Biblioteca comunale di Treviso, I 18 H 19.
65
fétes de l’église sur la Pala permet une intéressante symétrie:
Vescovile di Treviso, DEP 95 A 77/10.
(lastra), esemplare di riferimento Biblioteca Na-
63
sacra‘ e tale da non consentire quanto rilevava Jasminka De
Tavola
senza
titolo, incisione,
68
le modifiche
superiore:
il Cristo
dell’Arcangelo
di riferimento
Biblioteca
che
Michele
troneggia
mm
(123), nell’incisione è
posta la Pala (H.R. Hahnloser, Le oreficerie della lo studioso si valse anche dei materiali di ricerca di Rodolfo Gallo.
(immagine), esemplare di riferimento Biblioteca Nazionale Marciana, PER 586, 1846/47.
te a destra e a sinistra, anziché nella posizione
lica di S. Marco, incisione, 216x341
mm
(imma-
gine), 294x455 mm (lastra), in antipotta, esem-
un unico pezzo dei due elementi di cui è com-
posto a sinistra, e la figura seduta che gli faceva da pendant oggi non è più presente, sostituita dal Cristo benedicente (86). Risultano poi invertiti ni Battista (88) e l’altra dell’Arcangelo Michele (89) che nell’incisione si trovano rispettivamen-
66. La Pala d'Oro, collocata al Maggior Altare della Basi-
delle cerniere, non più utili dopo il fissaggio in
alla destra
tra loro i due smalti con le figure di San Giovan285x455
d’argento sopra i vecchi fori delle serrature e
e cioè: per il comparto
inversa; per quello inferiore: mancano
nell’in-
cisione i simboli degli Evangelisti (184, 187, 185 e 186), sostituiti da figure tracciate molto 254
Pala d’oro, cit., p. 83, e note 8 e 9). Per lo scritto,
69
La sequenza delle placchette presente nello schema iconografico della Pala pubblicato in La Pala d’oro, a cura di H.R. Hahnloser
e R. Polacco, cit., tav. non numerata tra pp. 194 e
195, rispecchia la situazione restauro
ottocentesco,
intervenute
modifiche
non
conseguente
essendo
al
da allora
alla disposizione
degli
LA PALA D’ORO NELLA
BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE
E FOTOGRAFIA
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DE DE GR CUTE RISI Roli li LI Point,
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10
La Pala d’oro, particolare con la Discesa a/ Limbo [n. 82, fig. 3]
11
La Pala d’oro, particolare con la Discesa a/ Limbo [n. 82, fig. 3] (in I/ tesoro di San Marco in
12
La Pala d’oro, particolare con lAscersione |n. 61, fig, 3]
13
La Pala d’oro, particolare con l’ Ascensione
n. 61, fig. 3](in I/ tesoro di San Marco in
255
Venezia illustrato da Antonio Pasini, I, Venezia 1885, tav. XV)
Venezia illustrato da Antonio Pasini, I, Venezia
1885, tav. XVII)
SARA FILIPPIN
come nelle figure degli Apostoli (ad esempio 33 e 37) e in alcune altre degli Arcangeli (ad esempio 23, 22 e 21), che vengono rappresentati tutti con una stessa cifra formale, oltre che in parecchi dei piccoli tondi e in vari punti degli ornati della cornice di ambedue i comparti, i cui segni portanti sono nell’incisione
diversi da quelli reali. Una resa più attenta si trova invece nelle due scene principali, con l’Arcangelo Michele (79) e il Pantocrator (6). Più accurate anche le tavole che offrono alcuni particolati: la scena della Discesa a/ Limbo (82) nel comparto superiore, e le figure del Doge Ordelaffo Falier (1), del profeta Salomone (40) e la scena dell’ Ascensione (61) in quello inferiore (fig. 5). Rispetto alla situazione presentata da Cicognara, le diversità della Pala come concretamente essa si presentava dopo il restauro erano quindi di un certo peso. Parte dei punti di discrepanza
sono
giustificabili
altri non sembrano
proprio
da tale intervento,
ma
trovarne ragione evidente. Già nel 1847,
peraltro, Gianjacopo Fontana segnalava due errori che erano stati corretti nell’illustrazione da poco pubblicata da Francesco Zanotto nell’“Emporeo artistico-letterario” relativamente alle placchette con San Marco battezza Antano (69) e con l'Etizzasia
(7) (figg, 6-7)? Pur ammettendo senza dubbio che in quell’incisione Cicognara abbia inteso offrire una rappresentazione di buona qualità di un oggetto tanto prezioso, vista con occhi contemporanei, essa appare poco aderente all'originale, e-rende evidente lo scatto tra la nostra idea di fedeltà rappresentativa, come maturata nel 14
La Pala d’oro, P particolare con il Doge 28) Ordelaffo di Falier: smalto nella Pala d’oro [n. 1, fig. 3] (in I/zesoro di San Marco in Venezia illustrato da Antonio Pasini, II,
corso dell’Ottocento e già ben viva all’epoca dei fatti qui discussi, e quella esistente solo mezzo secolo prima, frutto di una
Venezia 1886, antiporta)
diversa coscienza storica e critica nei confronti dell’arte e delle
sue rappresentazioni, e della conoscenza in genere”.
passage de vie à trépas, à droite le fètes postérieures à la crucifixion
2270
L’incisione pubblicata da Cicognara costituì il modello su cui le
successive raffigurazioni si basarono. Confrontandole tra loro
Noto anche che nell’incisione del Cicognara non è percepibile
se ne possono riscontrare, al di là della maggiore o minore cura
né l’assenza di alcuni smalti o parti di essi, né delle numerose
esecutiva e della specificità del segno, tutti i punti di discordan-
pietre preziose che nel tempo
za sopra evidenziati con l’oggetto reale.
si erano perdute e che furono
reintegrate in occasione del restauro” 1 e infine, che si scelse di
L’uso di ricorrere a modelli preesistenti per la produzione di
non trascrivere la lunga iscrizione latina in maiuscole gotiche
nuove
che si snoda sulle due placche della parte inferiore (3 e 4), pur a
specie, questo è comprensibile per la tavola edita da Antonio
tutta evidenza possibile, ma di delinearla con segni di fantasia”.
Quadri (1831), di poco posteriore a quella di Cicognara, e per quella di Paoletti (1839), pubblicata all’epoca in cui la Pala era
Si aggiungano non poche licenze espressive in alcune scene,
stampe di traduzione è un fatto ben noto. Nella fatti-
smalti e delle pietre preziose. Ciò è conferma-
tanto che si deve pensare, più che ad una svista,
to, tra l’altro, dall’elenco presente in |. Arneth,
ad altri motivi, non emersi nel corso di questo
to, e nel quadro sopra il Redentore, nel centro,
Das Ntello-Antipendium, cit., p. 49, in E. Zanotto,
studio.
dove viene presa una Croce a due tagli, con un
Cfr. ). De Luigi-Pomorisac, Les ézaux byzantins,
circolo, per un globo, colla Croce
CLEAN PRSS:
la testa della colomba. Tali difetti si corressero
La tavola (pala) d'oro, cit., col. 486, e dagli schemi iconografici pubblicati in J. Durand,
70.
Trésor
de l'église Saint-Mare, cit., tra frontespizio e pl
71
Riferisce Rodolfo
Gallo
una figura la pila, entro cui sta immerso il San-
che, nel 1822, risultava-
soprastante
nel disegno, che stampò l’Antonelli nell’ Emporio
del testo, e G. Veludo, La Pala d’oro, cit., p. 143,
no mancanti circa 208 tra perle e pietre preziose
[sic], essendo
oltre che dalle tavv. XV e XVI in I/ Tesoro di San
(R. Gallo, 1/ tesoro di San Marco, cit., p. 183).
lentino Giacchetti IR. Sactista della Basilica”.
Poco affidabili sembrano anche le iscrizioni greche minori presenti negli smalti, spesso tra-
cenno
scritte in modo sommario e poco accurato.
placchette con le scene della
Marco in Venezia, edito da Ferdinando Ongania nel 1885-1886. Appare quanto meno strano e
72
non spiegato che tale discordanza, molto signi
ficativa sul piano interpretativo della sequenza, non
venga
segnalata da nessuno
73
stati avvertiti dall’abb. Don
Va-
(G. Fontana, La Pala d’oro, cit., p. 369). Nessun
Dice Fontana: “ritiene [l'incisione di Cicognata]
fa invece
l’autore
all’inversione
delle
Vira di Gesù, se-
gnalata in questo testo.
degli autori
il difetto medesimo nel quinto quadro, a sinistra
sopra citati, né dagli studi approfonditi di Hans
di chi guatda, vicino alla cornice, rappresentan-
ma” l'incisione pubblicata da Cicognara (cfr. La
Robert Hahnloser e Wolfgang Fritz Volbach,
te il battesimo di S. Aniano, ove è scambiata pet
Pala d’oro, cit., p. 141) e Hans Robert Hahnloser
256
74
Nel
1887 Giovanni
Veludo definì “‘infelicissi-
LA PALA D’ORO NELLA
BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA
in restauro e non poteva quindi essere copiata. È per noi meno comprensibile che le successive edizioni di Bellomo, Zanotto e Labarte abbiamo fruito dello stesso vecchio modello, rinun-
ciando a recepire la nuova situazione venutasi a creare dopo il restauro che aveva modificato alcune partiture, come
se le
diversità non fossero rilevanti né rilevabili, o fosse troppo pro-
blematico predisporre una nuova matrice. Tale ultima ipotesi è suggerita dall’illustrazione presente nel testo di Labarte®. Essa sembra derivata da ambedue le tavole di Cicognara e di Bellomo, è stampata in fotolitografia, ed è l’unica immagine monocroma
nel testo, di contro alle otto impresse in
cromolitografia di piccoli dettagli decorativi di altri oggetti, poco impegnativi sul piano della raffigurazione cromatica. Ciò lascia supporre che nel caso della Pala non sia stato possibile, o sia stato ritenuto non conveniente ottenere un nuovo disegno da traspotre su lastra e stampare con la stessa tecnica delle altre”.
A fronte di tutto ciò, ci si chiede allora cos’abbia voluto davvero significare la Commissione accademica riferendosi all’assenza di riproduzioni del prezioso oggetto. Dal momento che non
è immaginabile che fosse davvero ignara delle pubblicazioni sopra indicate, tenuto conto del ruolo tutelare svolto dall’Accademia nel settore dei beni artistici e la sua rilevanza nell’ambiente
socio-culturale cittadino, si possono avanzare due ipotesi, magari tra loro commiste: che le incisioni fino ad allora pubblicate
fossero ormai ritenute inadeguate a tal punto da essere reputa15
te inesistenti, oppure che quell’atfermazione debba essere letta
La Pala d’oro, particolare con l’Imperatrice Irene: smalto nella Pala d'oro [n. 2, fig, 3] (in I/zesoro di San
come atto di cosciente reticenza verso l’autorità volto a forzare
Marco in
Venezia illustrato da Antonio Pasini, TI,
Venezia 1886, p. [140])
la mano in difesa di una posizione che si riteneva di dover mantenere ferma.
Pur ammettendo che sull'intera vicenda abbia pesato la plausibile gelosa apprensione per un oggetto d’arte tanto prezioso e
alcune altre domande: è immaginabile che la Luogotenenza fos-
tanto legato alla gloriosa storia della città”, sorgono spontanee
bero dovuto, se non altro per dovere d’ufficio, esserle noti, e
75
se così estranea alla questione da ignorare fatti e dati che avreb-
affermò essere essa “in qualche particolare ine-
cier è quindi uno dei pochi esempi noti di fo-
rendeva
satta” (cfr. G% syalti della pala d’oro, cit., p. 83).
tolitografia prodotti con una tecnologia presto
l’avons
Una
difficile revue
apprezzarla
après
son
appieno:
installation
“Nous
nouvelle,
l’immagine
obsoleta e che è quindi particolarmente impot-
au mois de septembre
pubblicata nel testo di Jules Labarte, che rive-
tante oggi agli occhi degli storici della stampa
la pala offre aujourd’hui à la vérité un aspect
ste particolare interesse sul piano fotografico.
e della fotografia. Cfr. L. Boyer, Lezzereier, Le-
resplendissant
Realizzata
rebours and Barreswili, in Encyclopedia of Nineteenth-Centary Photography, a cura di ]. Hannavy, New
mais
notazione
con
all’avanguardia,
specifica
una
tecnica
merita
di stampa
allora
è edita da Rose-Joseph
Le-
et de pietreries;
il n'est plus possible de bien
appréciet
tous les détails des charmantes peintures d’ém-
B. Marbot,
ail qui font, sous le rapport de lart, son princi
Davanne (Louis-Alphonse), in After
Daguerre: Ma-
pal mérite, car pour bien juger des tableaux de
fotolitografica basata su una tecnica che sfrut-
sterworks of French Photography (1848-1900) from the Bibliothèque Nationale, catalogo della mostra (Paris, Musée du Petit Palais; New York, The
échelle. Aussi nous ne pourrions donner de la
Metropolitan Museum of Art), New York-Paris
allons le faire, si nous ne l’avions pas examinée
1980, p. 106 e Id., Poztevin (Afphonse), ivi, p. 154;
tout à loisir avant sa réinstallation” (]. Labarte,
(1803-1887)
ta la fotosensibilità procedimento punto con
su disegno
del bitume,
di Plantrou,
secondo
un
pubblicato nel 1852 e messo
da Lemercier Louis-Alphonse
stesso
a
in collaborazione
Davanne
(1824-1912),
Noél-Marie-Paymal Lerebouts (1807-1873) e Louis-Charles-Arthur Barreswill (1817-1870). Nel 1857, Lemetcier acquistò da Louis-Alphonse Poitevin (1819-1882) l’azienda ei diritti
2013, pp. 843-845;
d’or, d’émaux
l’ensemble,
e costituisce uno dei primi esempi di stampa
mercier
York-London
1847. Dans
la partie supérieure, il faudrait s°élever sur une pala une description aussi complète que nous
The Grove Encyclopedia of
Materials and Techniques
Recherches sur la peinture en émaîl, cit., pp. 17-18).
in Art, a cura
Ward, Oxford
Prima
p. 349; DIA.
di G.W.R.
Hanson,
2008,
del riposizionamento
ottocentesco,
Pala d’oro su appositi sostegni non
Co/ection of the History
“La
era molto
of Photomechanical Reproduction, al seguente url:
discosta dal vecchio altare: però fra essi inter-
per l’uso di un nuovo metodo di fotolitografia
http://cdm16245.contentdm.ocle.otg/cdm/
cedeva
messo a punto da quest’ultimo, basato su un
compoundobject/collection/p1325coll1 /
tre alti gradini che permetteva di ammirare da
diverso principio chimico, e cioè sulla fotosen-
id/4374/rec/8
vicino il prezioso cimelio” (E. Forlati, Lavori di
sibilità del bicromato di potassio quando uni-
2016).
to alla gelatina o all’albumina, più comodo del
76
Peraltro,
(ultimo
accesso
31 dicembre
uno
stresso
passaggio
sopraelevato
adattamento della cappella ducale di S. come
lo studioso
francese
espressamente nel testo, la nuova collocazione
solubili in semplice acqua. La tavola di Lemer-
dell’opera, molto più in alto rispetto a prima,
2507
Marco, cit., p.
213)
lamenta
precedente essendo ambedue queste sostanze
di
77
Dice
Leopoldo
Pala: “Parrà
Cicognarta
forse ad alcuno
a proposito che non
della sia qui
SARA FILIPPIN
abbia avallato affermazioni che, seppure a fin di bene, risultavano tendenziose? Quale legame ideale, sottinteso o inconscio, esiste tra questa vicenda e le difficoltà che sul piano politico internazionale stava allora vivendo l’Impero austro-ungarico? A tutto ciò non c’è risposta perché gli elementi di fatto e le considerazioni che essi stimolano risultano labili, e pet certi aspetti contrastanti tra loro. Esaminando
poi alcuni documenti datati 1879, solo una ven-
tina d’anni dopo i fatti qui narrati, sorgono altre perplessità. Quell’anno, il pittore Francesco Zanin, veneziano, chiese di co-
piare la Pala d’oro, e a tale richiesta la Fabbriceria della Basilica fu ben felice di aderire:
[...] le quante volte il Signor Pittore Francesco Zanin sia disposto a sottostare alla spesa di L. 6,- ch’è indispensabile ogni qualvolta si apre la Pala d’oro, e si accontenti che questa apettura succeda nei momenti, e nei giorni in cui ciò possa effettuarsi senza portare ostacolo all’esercizio dei divini Ufficj, essa
non ha difficoltà alcuna contro il permesso da Lui chiesto di copiare la Pala d’oro.
Aggiunge anzi che, per sua parte, è disposta a procurargli tutte quelle facilitazioni che saranno compatibili coll’oggetto”.
È improbabile che lo Zanin abbia chiesto di spostare l'oggetto
16
in un luogo diverso per condurre il suo lavoro (nessun cenno di questo vi è nei documenti), né sappiamo se l’apertura avrebbe interessato oltre alla grata metallica anche i cristalli protettivi,
Studio Naya, Venezia. Chiesa di San Marco. Pala d’oro, post 1893, particolare del negativo. Venezia, Archivio Turio Bòhm, inv. 3487
Perini e Antonio Sorgato rispetto alla maggiore fedeltà rappresentativa ottenibile con la fotografia o la camera ottica, la Fabbriceria di San Marco e l’Accademia di Belle Arti contrapposero la preferenza per metodi operativi che via via stavano per essere abbandonati. Quando nel 1885-1886 Ferdinando Ongania pubblicò l’illustra-
ma è palese nelle affermazioni dei Preposti l'assenza di preoccupazioni rispetto a possibili rischi o danni ambientali, rischi che avevano invece costituito il motivo principale di opposizione verso la Luogotenenza e verso Camesina solo vent'anni prima.
zione del Tesoro di San Marco”, premise alle sei cromolitograIn questa intricata vicenda è comunque chiaro che alcune dif-
fie dedicate a dettagli della Pala (tavv. da XV a XX; figg. 8-9),
ficoltà tecniche nell’attività fotografica degli anni cinquanta si
un'immagine dell’insieme (tav. XIVa) che riproponeva in elio-
stavano gradualmente appianando e che, nel 1860, il collodio secco era ormai ben penetrato a Venezia e rendeva possibili
tipia, e quindi su base fotografica, l'incisione presente nel testo di Bellomo del 1847: ma essa aveva ormai una valenza del tutto
riprese in interni, anche in situazioni luministiche non facili; ed
diversa da quella che le era stata propria nella prima metà del
è anche chiaro che alla consapevolezza
secolo, e assumeva ora il ruolo di puro riferimento sommario
mostrata
da Antonio
luogo di presentare agli occhi dei curiosi e de-
razione, che non
nei secoli
dispense a cadenza periodica, non sempre rispet-
gli amatori de’ veneti più cospicui Edifizii un
successivi” (L. Cicognata, Le fabbriche più cospicue di Venezia, cit., p. 3). Al riguardo, può essere in-
previsto. La precisa datazione delle singole tavole
Monumento,
che non
appartiene
all'arte del
mancò
certamente
tando nei tempi il piano editoriale inizialmente
costruire, e quasi esclusivamente fra le opere di
teressante ricordare che il 6 maggio
pittura vorrebbesi veder illustrato; ma tanta è la
rante alcuni lavori, furono ritrovate le spoglie di
preziosità, la ricchezza, la oblivione in cui giac-
san Matco di cui nei secoli si erano perse le trac-
e dei testi lascia quindi oggi qualche dubbio non facilmente risolvibile. In questo scritto si è fatto riferimento al catalogo delle opere dell’editore
que per lo corso di lunghi secoli, in mancanza di
ce, che furono poi ticollocate nell’altare stesso il
pubblicato in Ferdinando Ongania 1842-1911
chi ne rilevasse l’indole, il carattere, i pregi, che
26 agosto 1835.
tore in Venezia. Catalogo, a cura di M. Mazzariol,
Lettera della Prefettura della Provincia di Ve-
Venezia 2011, pp. 234-236. I criteri operativi e
neppur
un lineamento
di esso ne tracciarono
78
1811, du-
edi-
fino a questo momento i disegnatori, e neppur un'intera pagina la storia e la critica ci trasmi-
nezia alla Presidenza dell’Istituto di Belle Arti
redazionali adottati dall’autrice sono esplicitati a
prot. n. 3218 del 2 aprile 1879 (AABAVE, Fondo
sero sul più cospicuo avanzo
storico, Atti compresi nel titolatio, I. 1/5, Ogget-
pp. 41-56. Nello specifico, le tavole dedicate al Tesoro, oggi raccolte nel primo dei due volumi,
ti diversi 1879-1883, b. s.n).
con data di edizione al 1885, uscirono in tre /ivraz-
che attesta così
visibilmente a quanto salitono le atti bizantine
nel X e nell'XI secolo; e a qual segno giugnesse
I tesoro di San Marco in Venezia, cit. È noto che i
dirsi che vegetasse quasi non conscia delle sue
co in Venezia, pubblicata da Ferdinando Ongania
sons, la terza delle quali conteneva quelle dedicate alla Pala d’oro. Il secondo volume, contenente i testi, è datato nel frontespizio al 1886, ma risulta
glorie passate,
tra il 1881 e il 1893 ca. L'imponente opera uscì in
finito di stampare nell’aprile del 1887.
lo splendore de’ Veneziani, mentre aspettando
una
l’Italia può
nuova
figene-
79
due volumi fanno parte de
258
La Basilica di San Mar-
LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA
della complessità del prezioso oggetto. È palese nella raccolta la volontà di affidare la descrizione dell’ancona alle tavole realizzate specificamente per l’occasione, consegnando alla figurazione d’insieme solo il compito di fornitne un'idea del tutto generale, privandola quindi dello s/445 di “riproduzione” con valore documentario. Quelle cromolitografie sono trasposizioni di immagini realizza te manualmente8® , € nonostante la loro elevata qualità materiale, e l’attenzione e cura nella resa dei molti dettagli, posseggono
le caratteristiche derivanti dalla lettura dell’oggetto fatta dall’au-
tore, Giulio De Franceschi (1856-1942), e dalla tecnica di stampa impiegata. Dagli esempi forniti nell’apparato iconografico si possono riscontrare i punti di adesione con l’oggetto reale,
come ad esempio la corretta riproduzione delle due iscrizioni
latine nelle placchette nn. 3 e 4 (figg. 3 e 1, 9), la resa attenta di molti dettagli decorativi, ma anche le discordanze (figg, 10-13): la diversa proporzione data alle figure, che nelle cromolitografie risultano allungate rispetto all’originale; l’uso di tinte capa-
ci di evidenziare i contrasti cromatici per rendere leggibili le partiture degli smalti; la semplificazione nei tratti dei volti che
giungono, come nell’ Ascensione (fig. 13), ad essere semplicemente richiamati, ma non descritti.
Diversa la situazione pet i due smalti di cui Ongania propose
l’immagine eliotipica: il Doge Ordelafo Falier e VImperatrice Irene (figg. 14-15), le cui singole riprese fotografiche potevano me-
17.
Studio Naya, Deztaglio della Pala d’oro, comparto superiore con l’arcangelo Michele, post 1893, , negativo. Venezia, Fondazione Musei Civici, 3 inv. 0244 Neg
glio essere controllate, e che sono infatti capaci di fornire con
sufficiente verosimiglianza, se non il colore, certo la traccia di-
segnativa dei soggetti. Come
mostra l’opera dell’editore veneziano, e ad una verifica
nel 1907 da Domenico Anderson, mentre lo si trova citato nel
presso le più importanti raccolte fotografiche cittadine oltre
catalogo dedicato a Venezia e al Veneto, e nel volume E glises
che nei cataloghi di alcuni fotografi, risulta quindi che si do-
et “Scuole” de
vette aspettare ancora parecchio tempo prima che la Pala fosse fotografata nella sua interezza. In nessuno dei cataloghi pubblicati tra il 1864 e il 1893 dallo studio di Carlo Naya (1816-1882),
tografie presenti nell’archivio di Tomaso Filippi (1852-1948), presso le Istituzioni di Ricovero e di Educazione di Venezia (IRE), registrano una ripresa in iscorcio della Pala datata tra il
uno
1910 e il 1925, ad opeta del fotografo”, e un’altra d'ambiente di
dei più importanti
fotografi veneziani dell’Ottocento,
è
Venise, editi da Vittorio Alinari nel 19068. Le fo-
rinvenibile come soggetto la Pala d’oro che appare registrata,
Paolo Salviati (doc. 1876-1913), ambedue poco utili sul piano
con alcuni dettagli, solo in un inventario manoscritto redatto
della puntualità descrittiva, mentre presso la Fondazione Mu-
a partire dalla fine di quel secolo, oggi presente presso PAr-
sei Civici Venezia è conservato solo il negativo della placchetta con l'Arcangelo Michele (fig. 17) proveniente dallo Studio Naya,
chivio Turio Bòhm (fig. 16). Il soggetto è ugualmente assente nel Catalogue General des reproductions photographiques pubblicato
s0
Osterrieth,
Le tavole di Giulio De Franceschi e il testo di Giovanni Veludo dedicato alla Pala d’oro otten-
81
nero nel 1887 la protezione per diritti d’autore.
Cfr. Elenco delle dichiarazioni per diritti d'autore sulle opere dell'ingegno inserite nel registro generale del Mi nistero durante il mese di settembre 1887 per gli effetti del Testo unico delle leggi sui diritti d'autore, approvato con Regio decreto del 19 settembre 1882, numero 1012 (Serie 3a), in “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia”, 244, 17 ottobre 1887, pp. 5798-5799. Le cromolitografie furono realizzate da August
zione
a Francoforte sul Meno.
Cfr. Catalogue Général des reproductions photographiques publiées par D. Anderson, Editeur Photographe, Rome 1907; Venezia e il Veneto Vrento, Trieste e lT-
di
Venezia
TFP_04961_1/1
Un ringraziamento ni di Venezia
nari proprietario dello stabilimento fotografico Fratelli
immagini
Alinari, Firenze 1906, p. 33; V. Alinari, Eglises e/
dazione
Venise, Florence 1906, p. 52. Nei due
(IRE),
Fondo
e Fondazione
Filippi, Musei
inv.
Civici
Venezia, Palazzo Fortuny, inv. 0244, 83
stria, Riproduzioni pubblicate per cura di Vittorio Alt-
Scuole’ de
82
ma nessuna immagine dell’insieme”.
doveroso
che hanno
va alle istituzio-
concesso
che illustrano questo
l’uso delle
testo:
Giorgio Cini, la Biblioteca
la Fon-
Nazionale
Marciana, la Fondazione Musei Civici Venezia e
ultimi testi i negativi sono contrassegnati con i
l'Archivio Turio Bohm nonché la Biblioteca del
numeri 12930 e 12930A.
Seminario Vescovile di Treviso.
Cfr.
Istituzioni
di
Ricovero
259
e
di
Educa-
260
TIMO KEINANEN
EXPEBERIMENTING WITH GLASS DESIGN. GLASS OBJECTS BY AILI SALLI AHDE AND SALME SETALA FROM THE 1920s
The 50th anniversary exhibition of the Finnish Society of Crafts and Design in 1925 featured, alongside products by the Karhula and Rithimaki glassworks, glass objects whose design-
reer in architecture was thus a natural choice for his daughter.
namental glass pieces were made as so-called lampwork with-
The University of Technology was a predominantly male institute of learning, Salme Setàlà wrote in a memoir about her studies there: “Women studying for a ‘male role’ at the University of Technology were still a subject of amazement before the outbreak of the First World War and during the war [...] It was said that in order to become an architect or an outright engineer one had to be manly and preferably a man in order to ‘be successful and live long’, as the phrase went in fairy-tales. Women students of technology were rare among the ranks of males.”?* She also noted about her studies: “I am nonetheless starting to believe that we might become something — maybe not men but
out economic
at least architects.”
ers were given as Aili Salli Ahde and Salme Setala-Cornér.!
The small objects by Ahde and Setàla were called “ornamental glass” at the time and they differed in their forms, size and manufacturing technique from the sumptuous exhibition piec-
es of the Riihimaki and Karhula glassworks, which were deco-
rated with engravings. “Ornamental glass” was an apt term for these small blue and white pieces of the size of a perfume vial. Their simple and reduced
forms were offset by meandering
decorative handles made from bent glass rods or tubes. The orsupport or technical assistance from the glass-
works and they now deserve to be better known.? The first woman architect in Finland and apparently in the whole of Europe was Signe Hornborg, who graduated in 1890. The number of women students grew at the beginning of the 20th century, and by the 1910s some twenty women studied alongside Salme Setàla and Aili Salli Ahde at the University of Technology.‘
Aili Salli Ahde (1892-1976) and Salme Setàlà (1894-1980) were both architects, graduates of the Helsinki University of Tech-
nology in the late 1910s. Salme Setalaà graduated as architect in 1917. She married a few years later and the birth of her two children in the 1920s kept her at home, especially since het younger child, her son born in 1922, was developmentally impaired and needed more care than normally.’ The markedly literary atmosphere of Salme Setàlà’s Finnish childhood home influenced the orientation of this young atchitect. Her father, E.N. Setàlà, was a philologist and professor of Finnish at the University of Helsinki. He was also an influ-
If the study environment was male-dominated, so was also the architectural profession. When Salme Setàlà and Aili Salli Ahde began their careers in the early 1920s, the role of a woman architect as an independent designer and the head of her own architectural office was not something that could be taken for granted. With only a few exceptions, women architects worked as assistants in offices headed by men. Interior and furniture design was a natural aspect of the pro-
ential figure in Finnish culture and politics. Her mother, Helmi Krohn, was an author, and Salme Setàala also considered a ca-
reer as a writer alongside architecture. She wrote columns fot
fessional role of architects. In this respect, Aino and Alvar Aal-
newspapers, translated and published several novels. Aili Salli
to were also internationally recognised.
Ahde, Salme Setala’* schoolmate and fellow student, graduat-
Many architects who studied in the 1910s like Ahde and Setàlà — especially women — focused on interior design, achieving an
ed in architecture in 1919. The building industry had a strong presence in her home ever since her childhood, for her father Juho Ahde was a well-known master builder in Helsinki. A_caAili Salli Ahde and Salme Setàlà, Ormazzenta! bottle,
‘2
1925. Riihimaki, The Finnish Glass Museum 1
established position in this field. For some of them, it even
This article is based on my earlier text in Finn-
pojalleni, Helsinki 1971.
ish: T. Keinànen, Kokely lasinmuotoiljoina, Aili
4
S.Setàla, Polusteekin koulussa, Helsinki 1970, p. 9.
Salli Abteen ja Salme Setdilin lasiesineità 1920-luvul-
8
Ibidem, p. 105.
The Fiftieth Anniversary Exhibition of the Finnish
ta, in Suomalaisen lasin vuosikirja 1915, Rithimaki
6
Renja Suominen-Kokkonen has researched the
Society of Crafts and Design, Exh. Cat. (Helsinki,
1915, p. 50-59.
training and professional activities of Finnish
Salme Settala tells of her family in S. Setàilà, Krr7e
women
Stenman Gallery), Helsinki 1925.
3.
261
architects and analysed Salme Setàlà*
TIMO
KEINANEN
that they had few commissions,
because there are only ran-
dom mentions of interior designs by them. The A.C. Interior Design Office operated from 1925 to 1928, after which both architects went on to other work. Salme Setàlà served in the
town planning department of the National Board of Public Building, while Aili Salli Ahde became a fashion designer and established the La Robe salon in Helsinki. They remained, however, interested in dwellings and interior design. Through her
books, numerous lectures and articles, Salme Setàlà engaged in popular education for rationally designed homes. Ahde* bestknown work in interior design was for her own home and its decoration in 1929 in an apartment building at the address Tehtaankatu 4 in Helsinki, which her father had built. Designed by Aili Salli Ahde in the attic of the building, the apartment was said to be hyper-modern and its distinctive solutions and elegant interior design were presented and commended in the Finnish magazine Domus. The idea of their own interior design firm was in Aili Salli Ah-
1
SalmeSetàla and Aîl Salli Helsinki, The Museum
de’s and Salme Setala?s minds when they went on a tour of Central Europe in 1924, familiarising themselves with design and the work of interior decoration firms. This trip had a decisive role for their own office. They established contacts with companies in the design sector and ordered products to be sold in Helsinki (fig. 1). Their attention was drawn to the Bimini glass workshop which had been founded in the previous yeat and whose high-quality small lampwork objects soon acquired an international reputation. They also ordered glassware from the Tiroler Glashitte glassworks in Kramsach. The glassworks?
Ahde in Tallinn, Estonia on a trip to Central Europe.
designers included the well-known Wolfgang von Wersin.
of Finnish Architecture
The Bimini workshop was founded by author Fritz Lampl (1892-1955) and his brothers-in-law architects Josef and Arbecame their main occupation.’ Ahde and Setala also felt that
thur Berger in 1923. Its material was
there were
which was heated with a gas flame and blown and shaped into
better opportunities
for independent work
in in-
glass tubes and rods,
terior and other design than in working as assistants to male
skilfully crafted ornamental objects. There were long traditions
architects.
in Central
Europe
and Venice, in particular, in making glass
objects with lampwork, and even today in the lanes of Venice In 1925, Ahde and Setala founded their firm called Huonesis-
there are workshops where miniature works of sculpture are
ustus- ja taideteollisuustoimisto A.C. (The A.C. Interior Design
made with this technique.
and Applied Arts Office). The initials referred their surnames
(Ahde and Setala-Cornér). The office was an agency for supplying applied arts products — textiles, ceramics and glass — which also designed them. An advertisement of the A.C. office stated: “Designs interiors, furniture etc. and provides related consultation. Produces ornamental glass objects according to special designs.’”* The office was in Aili Salli Ahde’s home.
The figurines, stylised animal figures and sumptuous sets of glassware made by Bimini soon became popular in Central Eu-
The firm, however, did not turn out to be profitable. It appears
als in the Paris exposition.
work as an architect and interior designer. R.
Suominen-Kokkonen,
The Fringe of a Profession
kauskirja 98, 1
rope. They were also on show at the Exposition internationale des Arts décoratifs et industriels modernes
Helsinki 1991.
particular as interior designers.
The women architects Elli Ruuth and Elna Kil-
8
The Fiftieth Anniversary, cit.
Women Architects in Finland from the 1890s to the
jander, both of whom were Ahde” and Setàlàs
9
Domus, 2, 1930, p. 24-31.
1950s, in Suomen munaismuistoyhdisty&sen
contemporaries,
0
W. Neuvwirth,
aika-
in Paris in 1925,
and in the same year in an exhibition held at the A.C. Interior Design Office in Helsinki. The pieces that were imported to Finland were the same ones that received gold and silver med-
distinguished
262
themselves
in
Lampengeblasenes Glas aus Wien
EXPERIMENTING
WITH GLASS DESIGN
2-4 Aili Salli Ahde and Salme Setalà, G/assvare 21 small scale, 1925. Rithimaki, The Finnish Glass Museum
The factory was a success, but owing to his Jewish background Fritz Lampl had to emigrate in 1938 to England, where he produced, among other items, glass Jewellery and buttons. The name of his company was “Orplid”.! Josef Berger (1898-
was not yet known in Finland. As freelance designers operating outside the glassworks, they had to find a glassblower to realise
their designs. They also had to arrange the marketing of the att glass pieces themselves. The Bimini workshop, however, was an
1989) had already moved in 1934 to Haifa and from there to England, where he continued his collaboration with Lampl."!
example of how objects could also be made with lampwork. The University of Helsinki had its own glassblower, the Swiss-born
Architect Artur Berger (1891-1981), on the other hand, emi-
Emil Hanslin (1891-1968), who had been invited in 1914 from
grated in 1936 to the Soviet Union, where he worked for a film
Berlin to serve as a glass technician at the university.
company.!
volved making laboratory glassware with the lamp-blowing tech-
Ahde and Setala thus discovered at an early stage this glass
ed a workshop for glass technology where many glassblowers
manufacturer, which quickly achieved an international reputa-
were trained (fig, 8, 10). Used to making also complex pieces of
tion, and ordered its products to Finland.
laboratory glassware, Emil Hanslin was an expert in blowing the
Austrian examples also inspired them to try their hand at glass
The A.C. office enthusiastically began to market its products.
nique for various departments of the university.
His work in-
Hanslin found-
objects designed by Ahde and Setala.! design. This, however, was not without problems in Finland.
Vilho Setàlà, who was a skilled photographer and Salme Setàlà's
The country's glassworks were
brother, photographed the objects, making them appear lyrical
far from Helsinki, the capital,
and it was not easy to have individual objects made in them.
and monumental, and the photographs were given to the press
When Ahde and Setala took up glass design in 1925, studio glass
(figg. 2-4).
II Bini — Wiener Glaskunst des Art Deco, Wien.
11
Ibidem, p. 78-79.
1992, p. 76.
12
Ibidem, p. 79.
13.
El
Hanslin & Co 50 ar. in “Hufvudstadsbla-
det’, 14 February 1964.
263
TIMO
n
KEINANEN
Aili Salli Ahde and Salme Setàla, Minzature carafe and goblets, 1925.
Riihimaki, The Finnish Glass Museum 6
Aili Salli Ahde and Salme Setàla, Boy) 1925. Riihimaki, The Finnish Glass Museum
7.
Aili Salli Ahde and Salme Setàlà,
Orzazzenzal glassware piece, 1925. Rithimaki,
The Finnish Glass Museum
Since A. C. did not have its own
The slender vases, bottles and goblets made by Bimini according to the Venetian tradition were on show and on sale in the
business premises, the ob-
jects were sold via exhibitions. In 1925, Ahde and Setàlà held
office’s exhibitions. Waltraud Neuwirth' research on Bimini! permits the identification of the Finnish Bimini collection. One of Bimini's most impressive ornamental pieces, the 40 cm-high Aza/ante, was acquired by Salme Setàlà for her own home (fig, 9). The slender Ayrora vase was featured in Finnish press photos, along with a skilfully made leaping horse figure and the P/e/ander ornamental goblet continuing the tradition
several exhibitions, one after another. The first one was at the Hime Student Corporation's rooms in the New Student House in Helsinki in April 1925. It was later moved to Aili Salli Ah-
de’s home. In May, an exhibition was held at the Aug. Cornér
floristts shop in Viipuri, which was owned by Salme Setàla”s parents-in-law. In the autumn of 1925, they managed to have
their works in glass displayed at the 50th anniversary exhibition of the Finnish Society of Crafts and Design, and in November
of à la fagon de Venise (fig, 11). These objects and the narrow
and high Ordys vase were displayed in a glass case by Aili Salli Ahde (fig, 12). I have also seen the latter in the Brooklyn Museum. Bimini's admired and skilfully designed miniature figurines, among others Kzss 07 #be Hand, were also displayed in Helsinki.
a Christmas exhibition was held in Aili Salli Ahde’s home.!
In addition to its own products, the A.C. interior design office ©) displayed and sold glass objects that it impotted from Central >
Europe. 264
EXPERIMENTING
WITH GLASS DESIGN
In the minds of the audience, Ahde” and Setàla” own designs
of functionalism. Nordic classicism of the 1920s applied the
became mixed with glass objects imported from Central Eu-
elements
rope. Às a result of this, the designers had to post a correction in press responding to mistaken rumours: “Having heard that the Finnish ornamental glassware on display in the Hime Student Corporation’ rooms in the New Student House have been claimed to be of foreign manufacture, we hereby wish to state that we can supply certificates of domestic manufacture according to our own designs and under out supervision of all pieces of ornamental glassware that have been announced as being of domestic manufacture on show at our exhibition and the jubilee exhibition of the Finnish Society of Crafts and Design in the autumn.” !° The Finnish objects were by no means copies of Central European glassware. The small lampwork pieces were more reminiscent of Ancient Roman glass than the skilfully made products of the Bimini factory. Ahde’ and Setala’s glass objects were composed of distinct basic shapes, in many cases with an ornamental winding ear made of thin glass tubing. The ball-shaped miniature carafe was inspired by Hanslin* laboratory glassware (figg, 5-7).
of classical architecture
decoratively, with marked
stylisation, and even ironically. Formal motifs were found in the buildings and objects of Antiguity and in the Renaissance, the Baroque and Neo-Classicism alike.
Decorative
stylisation was prominent in Aalto’s architecture
and object design before the emergence of functionalism. Aalto saw in the pieces made by Bimini and the glassware designed
by his Finnish colleagues Ahde and Setàlà an affinity with his own conception of design. The elongated forms and extremely delicate details of the Bimini glassware corresponded to Aalto's own aims in the spirit of the classicism of the 1920s.
There were several reasons why Alvar Aalto praised the small exhibition of this Helsinki-based interior design office. Aili Salli Ahde and Salme Setàlà belonged to the same generation of architects and they had known each other since they were students.!* Aalto wanted to promote the new interior design office with his review. Another reason was the exhibition venue, in the rooms of the Haàme Student Corporation, for which Aino
Alvar Aalto, who was still a young architect at the beginning
and Alvar Aalto had redesigned the interior in the previous year. In this respect, the A.C. exhibition was tangential to their own work. Participation in the jubilee exhibition of the Finnish Society of Crafts and Design in the autumn of 1925 was a significant event for the budding glass designers. They had been able to have their first works in glass included in a national overview of design. Press reviews of the exhibition pointed to renewal in glass art. The engraved objects of the Riihimaki and Karhula glassworks were seen as a promise that Finnish art glass would develop positively, following the example of the renowned products of Orrefors in Sweden. The objects displayed by Riihimaki and Karhula were designed by women, Eva Gyldén and Hildi Winqvist. The glass objects by Ahde and Setala were also noted. Critic Jalmar Lahdensuo wrote about them as follows: ‘In any case, there has been a complete renaissance in this area [glass art], promising the best for the future. This is how one must think also when considering the small and extremely delicate ornamental glassware from the A.C. Interior Design Office. They have been inspired by Austrian art glass, but their technique alone calls fot a highly unrestrained and personal approach. Although these fragile ornamental objects have no practical function, their aesthetic effect alone may
of his career, wrote a review of the A.C. office’ exhibition:
“The best workshops of Vienna and the small towns of the Tyrol are beautifully represented. Staging an exhibition of this kind here is rare. Although there have been previous attempts to import so-called Parisian ornamental glassware, they have
always been concerned solely so-called fashionable ware and the poor taste of the selection and the commercial advertising mixed with it have made these attempts distasteful for cultutally minded people. On the other hand, when speaking of the foreign objects displayed now by A.C. everything is applied art of truly enduring value chosen with refined taste. [...] The initiative of both of the architects of A.C. as both designers of Finnish-made small objects and the importation of such pieces from the Danube is based on a clear and aesthetically pleasing artistic world view. Its primary cause is no doubt the pain that an artist of developed tastes will feel always and everywhere here upon seeing the undeveloped details of their setting. They have taken upon themselves the purging of boudoirs and reception salons. May the fact that the exhibition mainly contains small objects not lead anyone to think it is insignificant. The great and fine culture of China was and still is one that adores
details and miniature scale”. Alvar Aalto’ positive review of the A.C. office’s exhibition is worth a closer analysis. In the 1920s, Aalto was a standard-bearer of Nordic classicism — something that he himself wanted to completely forget later after achieving world fame as a master 14
II, Birnini — wiener Glaskunst des Art Deco, Wien A.S. Ahde, S. Setàlà, A.C
11 December
18
ndytttehy, in “Hel
decades.
1925.
17 A. Aalto, A.C. Hienoston koruesineità néytteilli, in
19
)
Lahdensuo,
Suozen
Taideteollisuusyhdisty&sen
“Uusi Suomi”, 17 April 1925.
50-wotisndyitebi, in “Uusi Suomi”, 27 September
Alvar Aalto’s wife Aino Matsio-Aalto was Aili
11925î
Salli Ahde’s close friend. In 1921, they went on
11992: 16
singin Sanomat”,
Helsinki, Archives of Finnish Literature, Salme
Setàla Archive, Press clippings. 15 W. Neuwitth, Lampengeblasenes Glas aus Wien
be of considerable importance for Finnish interior design, and
their delicate hues and structure also offer completely new aesthetic values to be enjoyed."
a study trip to Italy. Their friendship lasted for 265
TIMO
KEINANEN
8
In 1914, a Swiss glass technician Emil Hanslin came to blow laboratory glass at the
9
Detail from the home of Salme Setcili. Glass pieces by Birzini on the table, with Atalante dn the zziddle. Helsinki, The Museum of Finnish Architecture
10
Er!
11
The Bini glassware produced by the A.C. interior design office in an exhibition in Philander ornamental goblet (in “Helsingin Sanora”, 21 April 1925)
12
Glass cabinet in the home of Aili Salli Ahde in 1963. Bimini glassware on the top shelves. Among other items on the upper shelf the decorative object. The high Orchis piece is in the middle on the following shelf (in “Iaunis Koti”, 2, 1963)
Hanslin with his assistants in his glass workshop.
University of Helsinki. Helsinki, Private collection
Helsinki, Private collection
Helsinki in 1925. The. lurora ornamental glassware piece, the Prancing Horse figure and the
Aurora ornamental glass piece and the Delphin
The positive reviews, however, did not promote sales, and glass
box made by Bimini (fig. 13) Aili Salli Ahde kept her Bimini
design at the firm’ own cost did not prove to be profitable. After this bold experiment, neither one of the architects evet returned to glass design.
collection in a glass case until her death, after which the collection was dispersed.
Aili Salli Ahde's and Salme Setàlàs work in glass design was In 1981,
an interesting experiment in the 1920s, and the Austrian glassware that they purchased demonstrates their ability to
Salme Setàla’s daughter, graphic artist Helmiriitta Honkanen,
find and import new, high-standard glass objects from the ex-
donated
tensive supply of these products available in Central Europe.
When the A.C. interior design firm closed in 1928, the remaining glass objects were
her mother’
divided among
the partners.
collection to the Finnish Glass Muse-
um. Along with the A.C. products, it includes a Porzia glass
266
EXPERIMENTING WITH GLASS DESIGN
13 Bimini Workshop, The Porzza. Riihimaki The Finnish Glass Museum 267
268
LUCA VIANELLO
DE TOFFOLI, VIANI, SALVATORE: VENEZIA 1948-1958 FONTI PER UNA LINEA DELLA SCULTURA ITALIANA
“È stato forse il nostro rapidissimo aggiornamento imitativo
seppero vedere al di là delle ingombranti presenze di tutti que-
a mettere l’arte italiana sotto processo”. Così Alberto Viani,
sti maestri, legando i loro risultati a delle precise influenze intel-
in una lettera datata 1971, si rivolgeva, con tono quasi amareg-
lettuali, alle quali attinsero le stesse avanguardie europee, fonti
giato, al suo cato amico e collezionista Vittorino Meneghelli.
chiaramente rimeditate e aggiornate in un contesto storico e
Queste sue riflessioni, seppur scritte a posteriori, riguardavano
culturale, quale poteva essere quello italiano o, nello specifico,
quella generazione di giovani che, durante gli anni quaranta,
quello veneziano degli anni cinquanta.
si affacciava al panorama artistico italiano. In questo caso, pet
noi, le parole di Viani divengono il pretesto pet rimetter mano
Le principali informazioni giunsero quindi dalle riviste d’arte d’Oltralpe, comprate, sfogliate e studiate sia nelle sale della Bi-
su di un argomento, come quello della scultura a Venezia nel
blioteca dell’ Archivio della Biennale che nelle biblioteche priva-
secondo dopoguerra, ancora poco indagato.
te di amici, colleghi e studiosi dell’epoca.
Come sappiamo, tre furono i principali protagonisti di quella
In questo contesto, un ruolo d’eccellenza lo giocò, sin dalla
stagione: Bruno De Toffoli, Salvatore Messina e, appunto, Al-
metà degli anni trenta, Carlo Cardazzo?, non solo come stra-
berto Viani.
ordinario e illuminato gallerista, ma anche come appassionato
Le singolari invenzioni a cui giunsero questi artisti e le posizioni assunte nei confronti degli altri protagonisti dell’arte euro-
si potevano trovare nella sua casa quei libri e quella letteratu-
cultore dell’arte. Non a caso, già durante gli anni del conflitto,
pea, sono caratterizzate da due momenti ben distinti tra loro,
ra straniera la cui diffusione era di difficile reperibilità dato il
la cui linea di demarcazione si colloca subito dopo i primi anni
delicato momento storico. In una nota infatti, Cardazzo soste-
cinquanta. Queste circostanze ci portano allora a determinare
neva di aver “creato un'importante biblioteca d’arte moderna,
non solo le fonti a cui attinsero, alcune delle quali già documen-
che, dopo aver raccolto anche i libri della dispersa biblioteca
tate, ma il reale grado di influenza che queste ebbero su di loro.
Scheiwiller di Milano, e d’altre biblioteche, ritengo sia fra le più complete esistenti in Italia””!. Riviste come “Documents”, “Mi-
L'ascendenza surrealista
notaure”, “Formes”, “Verve” e “XX° Siècle”, solo per citare le
Anche se le opere di Picasso, in particolare i lavori eseguiti du-
più conosciute, erano presenti in questa sua biblioteca.
rante gli anni venti e trenta, rimasero un punto di riferimento
Alcuni degli elementi che interessano maggiormente
per i tre scultori”, a differenza di altri che legarono dr toto i loro
stra indagine, apparvero inizialmente sulle pagine di “Cahiers
la no-
lavori alle istanze cubiste o agli stilemi di Guernica di Picasso,
d’Art”, e per la precisione nel primo numero del 36, pubblica-
a scuotere e ad affascinare ulteriormente le ricerche dei nostri
to in concomitanza con l’apertura di due grandi mostre dedi-
protagonisti di fatto furono le idee e le nuove proposte elabo-
cate al Movimento Surrealista, organizzate a Parigi e a Londra?.
rate da alcuni artisti surrealisti.
Sia l’esposizione parigina”, intitolata Exposition surréaliste d’objet, che quella inglese’, la Exposizion internationale du surréalisme, en-
C'è da dire però che, sia De Toffoli, che Salvatore, che Viani,
Bruno De Toffoli, Evento. Collezione Intesa
(Venezia,
Sanpaolo
cuta di Id., Milano
Fondazione
Bruno De Toffoli. 1A.
2.
Viani, Lettere da lontano.
Bevilacqua
lo Cardazzo.
La Masa), a
genheim), a cura di L.M. Barbero, Milano 2008.
Lo spazio della scultura, in Bruno
Vita, progetti, pensieri
De Toffoli. Catalogo ragionato delle sculture, a cura di
nell'amicizia tra uno scultore famoso e un suo collezio-
Id., Torino 2013, pp. 15-24; Salvatore, catalogo
nista, Venezia 1996, p. 139. G. Nonveillet, Laformazione e lefonti della scultura
della mostra (Venezia, Galleria del Cavallino),a cuta di U. Apollonio e A. Juffroy, Venezia 1955;
di Alberto Viani, in “Venezia Atti”, 6, 1992, pp.
T. Toniato, Salvatore, Venezia 1966; La scultura di
85-96: Id., A/berto Viani. Una scelta meditata per la scultura, in Il Fronte Nuovo delle Arti. Nascita di
Salvatore, catalogo della mostra
dazione Bevilacqua La Masa), a cura di G. Non-
una avanguardia, catalogo della mostra (Vicenza, Basilica Palladiana), a cura di E. Crispolti,
veiller, Venezia 1985; G. Nonveiller, Aspezti della scultura a Venezia dal 1860 al 1960, in Modernità
4
Cfr. G. Bianchi,
Un Cavallino come logo. La storia delle
Edizioni del Cavallino di
5
Venezia, Venezia 2007.
queste esposizioni seguì, tra il dicembre del 1936 e gennaio del 1937, quella americana al Museum
of Modern
Art di New York, intito-
lata Fantastic Art. Dada, Surrealism.
(Venezia, Fon-
Venezia 1960-1960, a cura di
Una nuova visione dell'arte, catalogo
della mostra (Venezia, Collezione Peggy Gug-
1997, pp. 13-26; L. Vianello,
6
Questa mostra venne organizzata nelle sale del-
la Galleria Ratton a Parigi dal 22 al 29 maggio 1936.
7
L'esposizione
inglese fu ospitata nelle New
L. Caramel, L.M. Barbero, Vicenza 1997, pp.
allo specchio. Arte a
104-111; G. Nonveiller, I disegni di Alberto Viani,
T. Toniato, Venezia 1995, pp. 149-193.
Burlington Galleries di Londra, dall’11 giugno
in Alberto Viani. I disegni, catalogo della mostra
Sulla figura di Carlo Cardazzo rimando a Car-
al 4 luglio 1936.
269
LUCA
1.
VIANELLO
Man Ray, Surface de Kummer a seize points dubles, dont huit reels (in “Cahiers d’Art”, XI, 1936, 1-2)
trambe curate da André Breton, presentarono, tra i vari lavori,
cation de l’art’”° e “les certitudes qui s°y font jour, contrastent
un cospicuo gruppo
nettement avec le procédure extraordinaire qui trascende la re-
di fotografie che ritraevano dei modelli
plastici elaborati nei dipartimenti di scienze matematiche, sin
210 alité en songe””, per Breton, che difende strenuamente la loro
dalla fine dell’Ottocento.
importanza, questi modelli sono contraddistinti da “une vo/onté
Le fotografie di questi modelli matematici, citca una trentina,
d’objectivation sans précédent’”!! e anche se “au méme titre que
furono eseguite da Man Ray l’anno precedente®, dopo che Max
les ‘objects’ pòetiques reproduits dans ce numéro de Cabiers
Frnst glieli aveva
sti intitolati Ma/bézatiques et art abstrait e Crise de l’objet, rispetti-
d’Art [...], ils satisfont à certaines exigences esthétiques, ce nen serait pas moins une erreur que de chercher à les apprécier sous ce rapport”!*. Ciò che perseguiva allora Breton con la presentazione di queste immagini era “l’objectivation de l’activité dé rève, son passage dans la réalité”!), cioè quell’attitudine, già ipotizzata nel suo primo manifesto, che vedeva la “futura soluzio-
vamente di Christian Zervos, editore della rivista, e dello stesso
ne di quei due stati, in apparenza così contraddittori, che sono
Breton.
il sogno e la realtà, in una specie di realtà assoluta, di surrealtà,
Mentre per Zervos queste figure, “commandées pat le nombre
se così si può dire?”!!.
et l’ordre qu'il implique, nous donnent indirectement l’expli-
A dispetto comunque dei preconcetti di Zervos, queste struttu-
fatti scoprire durante una loro visita all’isti-
tuto Henri Poincaré. Dodici di queste vennero pubblicate nel numero di “Cahiers d’Art” sopracitato, assieme ad altre illustrazioni di fossili e di cristalli di minerali. Ad accompagnare queste immagini vennero pubblicati due te-
8
9
Cfel. Fortuné, Man Rayet les objets mathématiques, in
10
Ibidem.
“Fitudes photographiques”, 6, 1999, pp. 100-117.
1
A. Breton, Crise de l’objet, in “Cahiers d’Atrt?, XI,
12
Ibidem.
C.
Zetvos,
Mathématiques
et art
“Cahiers d’Art?, XI, 1936, 1-2, p. 5.
abstrait,
in
LOS
CIMIZZAR22:
13. 14
Ibidem. A. Breton, Manifesto del Surrealismo, in Manifesti del Surrealismo, introduzione di G. Neri, Torino
2003, p. 20.
DE TOFFOLI, VIANI, SALVATORE
re influenzarono, in quegli stessi anni, non solo i surrealisti, ma
delle esperienze artistiche in Europa, mentre la Biennale, ria-
pure alcuni protagonisti del Costruttivismo.
perta nel ’48, presentava dei percorsi critici sulle avanguardie
L'approccio da parte di questi due gruppi risulterà però as-
storiche, affiancati a varie mostre personali e antologiche!*.
sai differente: mentre i surrealisti inseriranno nelle loro tele
Per quanto riguarda i privati invece, avevamo
queste figure, confondendole nel flusso continuo di immagini
genheim che apriva la sua collezione d’arte al pubblico, pre-
prodotte e riprodotte direttamente dal loro inconscio, gli ar-
sentandola nelle sale della Biennale sempre nel ’48', mentre
tisti legati al Movimento
Costruttivista, nello specifico Gabo
Peggy Gug-
Cardazzo, con la sua Galleria del Cavallino?”, durante i primi
e Pevsner, assimileranno queste composizioni, pet giungere a
anni cinquanta, oltre a presentare un programma
sviluppi formali del tutto personali!‘.
tra le più interessanti in città, portava a Venezia il Movimento
I/ “laboratorio” veneziano
Anche Arturo Martini diede un contributo al rinnovamento
Come abbiamo sottolineato, i modelli matematici offrirono un
artistico cittadino, dando alle stampe il suo più famoso libret-
di mostre,
Spaziale?! di Lucio Fontana.
momento di riflessione importante per molti artisti durante gli
to, La scultura lingua morta, dove già intuiva e segnalava, oltre
anni trenta, ma De Toffoli, Salvatore e Viani cominciarono a
al ruolo fondamentale
ripensare queste forme solamente verso la metà degli anni cinstorico in
l’importanza capitale dell’atmosfera, quindi dello spazio pet l’opera d’arte”.
cui l’Italia viveva una forte rinascita culturale, durante la quale
Una nuova concezione di spazio sembra nascere anche in molti
quanta, quasi quindici anni dopo, in un momento
dell’ombra e della luce nella scultura,
Venezia, come ricorda Marchiori, divenne appunto “un centro
altri artisti e intellettuali
attivo nella cultura artistica italiana, con proposte e progetti ela-
anno in cui Martini pubblicava il suo libretto, Antonio Giulio
borati in vista di un totale rinnovamento della società stessa”.
Ambrosini, a distanza di pochi mesi, dava alle stampe le Prizze
Le proposte che giunsero dalle istituzioni cittadine, da Ca’ Pe-
considerazioni su oggetto e spazio in pittura. A proposito del “S. Sebastiano” diM. Delnigi, in cui veniva sottolineata, per questo dipin-
sarto per esempio, furono rivolte al recupero e alla riscoperta
15
Pare interessante notare comunque, nonostante
gs and Conversations, a cura di S. Bowness, London
le loro differenti attitudini, che alcuni artisti di
2015.
entrambi i movimenti, surrealisti e costruttivisti,
17
a caso, nello stesso
nale. Tra il 1944 e il 245, vengono dati alle stampe
sia i Canti di Maldoror, testo riconosciuto come
G. Marchiori,
L'arte
a Venezia dopo il 1945, in
si siano legati in quegli anni al gruppo francese
“Letteratura”,
43-45,
1960, pp. 48-54 (poi in
primo esempio
di un’atte
surrealista, nel qua-
le l’autore, il conte di Lautréamont, innalza un
Abstraction-Création, al quale presero parte an-
Id., I/ Fronte nuovo delle arti, Vercelli
che Theo van Doesburg, Auguste Herbin, Jean
18-22). Per una panoramica generale di ciò che
Surrealismo di Breton.
Hélion e Georges Vantongerloo, oltre a Mon-
è accaduto a Venezia in quegli anni rimando a
muova visione dell'arte, cit.; Un cavallino come logo, cit.
1978, pp.
drian, Arp, Magnelli, Hepworth, Ben Nicholson,
G. Dal Canton, Arte a Venezia: 1946-1956, in
Kurt Schwitters e Kandinsky. Cfr. Fantastic Art.
Interpretazioni veneziane. Studi di storia dell'arte in
Dada,
Surrealism,
catalogo
York, The Museum
della mostra
(New
of Modern Art), a cura di
A.H. Barr Jr., New York 1947; Abstraction création
18
1931-1936, catalogo della mostra (Monaco, We-
16
a Venezia. Non
inno alle “matematiche severe”, e il Manifesto del
21
A questo movimento
Cfr. Carlo Cardazzo.
Una
aderirono sin da subito
Virgilio Guidi, Mario Deluigi e Vinicio Via-
onore di Michelangelo Muraro, a cura di D. Rosand,
nello, oltre ai critici Anton
Venezia 1984, pp. 467-479.
e Berto Morucchio, ai quali si aggiunsero poi
‘Tra i vati eventi, quell’anno vennero
dedicate
Bacci, Gino Morandis, Tancredi, il
critico Toni Toniato e Bruno De Toffoli, unico
stfalisches Landesmuseum; Parigi, Musée d’Art
tini, scomparso l’anno precedente. Per meglio
scultore del gruppo, se non si considera l’ini-
Moderne de la Ville de Paris), Monaco
1978; Le
comprendere la quantità e la qualità delle ope-
ziale presenza di Salvatore ad alcune collettive,
avanguardie artistiche in Russia: teorie € poetiche dal cu-
re presentate all’Esposizione Internazionale di
mai firmatario petò di alcun manifesto. Viani
bofuturismo al costruttivismo, a cura di M. Bòhmig, Bari 1978.
quell’anno, rimando al catalogo XXI di Venezia, Venezia 1948.
invece, seppur distante da questa compagine, già da tempo risultava un assiduo frequentato-
offriva
re di quell’ambiente culturale che si eta creato
attorno alla figura di Cardazzo, finendo così
Art), introduzione di H. Read, New York 1948;
delle
Archipenko,
per assorbire gli stessi stimoli. Cfr. Spazialiszo:
Naum Gabo. The constructive idea. Sculpture Drawin-
Atp, Brancusi, Calder, Duchamp, Nicholson, Pe-
origini e sviluppi di una tendenza artistica, a cura di
gs Paintings
mostra
vsnet, T'anguy e Vantongerloo, oltre a Motherwell,
G. Giani, Milano
Art), London
Pollock e Rothko, i rappresentanti della nuova
cura di T. Toniato, Milano 1987; D. Marangon,
corrente americana dell’espressionismo astratto. L’anno seguente poi, trasferitasi definitivamente a Venezia, Peggy Guggenheim organizzò, nel giatdino del suo Palazzo Venier dei Leoni, la Mostra di
Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, Quinto di Treviso 1993; Spazialismo: arte astratta. Venezia 1950-1960, catalogo della mostra (Vicenza, Basilica Palladiana), a cura di L.M. Barbero, Vene-
(Oxford,
Monoprints,
Museum
catalogo
of Modern
of Modern
della
1988; N. Sidlina, Na Gabo, London 2012. Anche Henry Moore e Barbara Hepworth subirono il fascino di queste strutture, molto probabilmente per la presenza di Gabo, tra il 1937 e il
La collezione
d’arte della Guggenheim
Brernale
un primo fondamentale confronto con i maestri
mostra (New York, The Museum
19
e ad Arturo
Edmondo
Mar-
Cfr. Naum Gabo, Antoine Pevsner, catalogo della
delle sale a Picasso, Moore
Giulio Ambrosini
avanguardie
europee
come
1956; Spazialiszo a Venezia, a
1946, in Inghilterra. Cfr. Art in Britain 193040
scultura contemporanea, dove si poterono ammirare,
zia 1996; G. Bianchi, “Now so quello che devo agli
centred around Axis, Circle, Unit one, catalogo del-
oltre alle opere dei già citati Arp, Brancusi e Pe-
antichi né quello che devo ai contemporane?”, in Alberto
vsner, anche lavori di Consagra, Hare e Moore,
Viani.
Gallery), London 1965; Henry Moore. Sculture dise-
la mostra
(Londra, Marlborough New
London
solo per ricordarne alcuni. Cfr. Lu collezione Peggy
stra (Matera, chiesa della Madonna delle Virtù
gni incisioni arazzi, catalogo della mostra (Venezia, Fondazione Giorgio Cini), a cura di A. Bettagno,
Guggenheim, a cura di P. Guggenheim e B. Alfieri, Venezia 1948; P. Rylands, La Collezzone Peggy Gug-
- chiesa di san Nicolò dei Greci), a cura di G. Appella, Roma 2006, pp. 17-27, e A. Fantoni, I/
Milano 1995; H. Moore, Sz/a scultura, Milano 2002; G. Carandente, Henry Moore, Milano 2004;
genbeim. Da collezione privata a istituzione pubblica, in
Barbara Hepworth. Sculptress, a cura di W. Gibson,
“Ateneo Veneto”, ser. 5, 12, 2013, pp. 69-77.
Carvings. and
La Galleria del Cavallino svolse anche il ruolo di casa editrice, indicando sin da subito un suo
Dyrawings, London 1952; Barbara Hepworth. Writin-
preciso indirizzo culturale di respiro internazio-
London
1946; Barbara Hepworth.
20
271
Opere dal 1939 al 1984, catalogo della mo-
gioco del paradiso, Venezia 1996. 22. Queste riflessioni furono da lui discusse, come testimoniano i Co/loqui, tenuti e trascritti da Gino
Scarpa, durante le sue lezioni all’Accademia di Venezia, nei primi anni quaranta. Cfr. A. Marti-
LUCA VIANELLO
2°
Barocco
Matematico (in “Civilità delle macchine”, I, 1953, 1)
3.
Salvatore, Nudi (in Salvatore, Venezia
1955, fig. 5)
to, una dinamica che “non si rifersice al movimento dei corpi”,
Moore, una retrospettiva su Martini e come già accennato, la
ma ad un “movimento creativo dello spirito che nell’atto esteti-
collezione d’arte di Peggy Guggenheim.
co-figurativo si fa unicamente in funzione dell’attualità vivente
In questo clima di apertura e rinnovamento,
dello spazio puro”,
quegli anni, come “Le Arti”, “La Biennale” o anche “SeleAr-
o meglio ancora, elaborata attraverso uno
le riviste nate in
“spazio fisiologico dinamico”?!
te”, svolsero ovviamente
L’anno seguente, Ambrosini,
guarda la divulgazione e l'aggiornamento sulle nuove tendenze;
Deluigi e Carlo Scarpa fondaro-
un ruolo importante
per quanto
ri-
no la Scuola Libera di Arti Plastiche, la quale si prefiggeva quindi
tuttavia più che le riviste specializzate, due furono i periodici di
di indagare, “secondo
“informazione e di tecnica”, come
le attuali esigenze
spirituali, i caratteri
cita il catenaccio di uno di
fondamentali della natura italiana in rapporto alla soluzione del
questi, a indicare ai nostri scultori, e di sicuro a molti altri artisti
problema plastico”?.
a loro vicini, una
Tra le varie iniziative
che si susseguirono
in quegli anni”, è
via verso
dove cioè il mondo
una
cultura
umanistica
delle lettere poteva mescolarsi
moderna:
con quello
d’obbligo ricordare inoltre che a Ca’ Pesaro, dal 1945 in poi, si
delle scienze e della tecnica.
susseguirono una serie di esposizioni rivolte alla divulgazione e al recupero delle esperienze artistiche di tutta Europa.
trambe
Un ulteriore scossone lo diede anche la riapertura della Bien-
proprio durante gli anni cinquanta, la seconda
nale d’Arte nel 1948 che, tra i vari progetti?”, presentò un petcorso critico, attraverso varie sale espositive, delle avanguardie storiche, evento poi ripetuto nelle edizioni successive, una prima grande mostra dedicata a Picasso, un’antologica su Henry
modo, delle fondamentali piattaforme di discussione.
ni, Colloqui sulla scultura 1944-1945 raccolti da Gino Scarpa, a cura di N. Stringa, Treviso
23
1997.
26
La rivista “Pirelli” prima e “Civilità delle Macchine”
sotto
la direzione
Moderna di Ca’ Pesaro), Milano 1991, p Per una panoramica dettagliata di quegli anni, cfr.
24
Ivi, p.35.
zo dei Diamanti), a cura di M.G. Messina, Ferrara
Cfr. Mario
della
mostra (Venezia, Galleria Internazionale d'Arte
1999, pp. 159-175; si veda inoltre G. Dal Canton, Le Biennali degli anni
in particolar
Infatti, sulle pagine del “Pirelli” descriveva questi oggetti come
25
catalogo
poi, en-
divennero
AI pari di Breton e Zervos, Sinisgalli?* diede una forte spinta
D. Marangon, Cronaca veneziana 1948-59. Eventi e protagonisti, in Venezia 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia, catalogo della mostra (Ferrara, Palaz-
1901-1978,
Sinisgalli,
alla divulgazione e alla valorizzazione dei modelli matematici.
A.G. Ambrosini, Prize considerazioni su oggetto « spazio in pittura. A proposito del “S. Sebastiano” di M. Deluigi, Venezia 1945, p. 70. Deluigi,
di Leonardo
Cinquanta e gliartisti veneti, ivi, pp.
272
27
33-48 e G. Bianchi, Crowologia, ivi, pp. 177-194. Oltre al catalogo generale della XXIT Biennale di Venezia, rimando a E. Di Martino, La Brenna
le del 1948, in La storia della Biennale di Venezia 1895-2003, a cuta di E. Di Mattino, Venezia 2003, pp. 36-53.
28
Leonardo Sinisgalli fu matematico, critico d’arte e poeta.
Il suo volume
Poesie fu pubblicato
DE TOFFOLI, VIANI, SALVATORE
una “prolificazione di forme che potremmo
dire viventi, e le
Infine, per le nostre indagini si rivela fondamentale
cui singolarità, accidentalità, cavità, risucchi e sporgenze, fanno
anche la
pensare a superfici di assestamento geologico”. Ad accompa-
pubblicazione del saggio scritto da Carlo Diano nel 1952 e intitolato Forza e Evento che, come chiarisce il sottotitolo, sviluppa
gnare queste parole, Sinisgalli pubblicò una serie di immagini di
i principi fondamentali per una interpretazione del pensiero nel
alcuni modelli”, per poterli strappare “al loro tempio e portarli alla luce del sole??9!,
mondo greco.
A dispetto di Breton e dei surrealisti, che accolsero i modelli
tire dal pensiero di Aristotele e mettendolo a confronto con
In questo testo, Diano analizza il concetto di sillogismo, a pat-
matematici nella loro oggettività formale, il passo in più com-
quello degli Stoici, per individuare, attraverso le divergenze che
piuto da Sinisgalli fu quello di intravedere in queste geometrie
intercorrono tra questi due scuole, due categorie ben distinte
una fantasia guidata da un “plasticismo matematico di conte-
tra loro: rispettivamente quella della forma e quella dell’even-
nuto quasi trascendentale’, carico cioè di una “ricchezza [...] 2332
2333,
to, per l’appunto. Diano, oltre ad offrire una chiave di lettura
A mio avviso comunque, le riflessioni di Sinisgalli segnarono
per le opere di Heidegger e Husserl, come ricordava appunto Bruno Rosada”, pet quanto riguarda le nostre indagini, ci dà la possibilità di creare un parallelo diretto tra le due categorie da
un momento
lui individuate e, rispettivamente, i lavori di Viani e di De Tof-
veramente
inesauribile
sembravano
tali da poter divenire
quindi oggetti di analisi e di stimolo per l’arte. di scarto culturale nei confronti del pensiero di
Breton: anziché accogliere senza alcun filtro di analisi queste
foli; Salvatore invece apparirà sempre come un terzo soggetto
forme, come fecero di fatto i surrealisti, ne evidenzia il poten-
trasversale, alle volte più affine all’una, altre volte più legato
ziale immaginativo e inventivo, individuando in esse l’elemento
all’altra categoria di pensiero.
fondamentale per un nuovo percorso artistico e intellettuale. In quelle stesse pagine Sinisgalli si domanda appunto “quale
Dal 48 alla fine degli anni cinquanta
utilizzazione può fare la nostra cultura di queste forme superio-
Esempi di queste influenze sono riscontrabili, nelle opere di
ri? Io mi rivolgo specialmente agli architetti e ai disegnatori di
questi artisti, già durante i primi anni del dopoguerra.
macchine e di oggetti utili’. Non a caso, sia in “Pirelli” che in
Biennale del ’48 infatti, molte delle opere presentate da Viani,
“Civiltà delle Macchine”, dove in più di qualche numero conti-
sottolineando così lo stretto legame che, già più di cinquecento
paiono indicare una forte relazione sia con i lavori di Arp", che con quelli di Picasso, eseguiti tra gli anni venti e trenta", come già sottolineava Giorgio Nonveiller in un suo saggio”. Il Nudo sdraiato del ‘45 ad esempio, pate muovere le proprie forme da quella figura posta al centro degli Eudes pour les grandes
anni fa, esisteva tra arte e scienza.
compositions di Picasso, apparsi in “Cahiers d’Art'* 7743 nel ’35, nel
nuarono ad apparire alcune riproduzioni di queste “geometrie
barocche” (fig, 2), venne pubblicata una serie di articoli dedicati a codici di Leonardo riguardanti il volo e le macchine da guerra,
Alla
certo interesse questi argomenti. “Domus”, ad esempio, pub-
nostro caso, però adagiandone le masse lungo l’asse orizzontale. Il Nudo (Idolo) del ’48 invece, seppur vicino ai dipinti di matrice fisiologica di Mario Deluigi e alle soluzioni surrealiste di Picasso, sembra avere le sue origini nell'opera Eye, Nose and
blicava nel 1949 alcuni fotogrammi di due modelli matemati-
Cheek di Frederik Edward McWilliam; Viani infatti ripropone
ciò, tratti dal documentario Lezone di geometria, realizzato, anco-
uno schema compositivo assai simile a questo volto realizza-
ra una volta, da Sinisgalli per il Festival del Cinema di Venezia
to nel 1939, e apparso in Scu/pture today in Great Britain 1940-
Anche la rivista d’architettura “Domus”, dalla metà degli anni quaranta, e la nuova serie di “XX
Siècle” di Gualtieri di San
Lazzaro, dei primi anni cinquanta, paiono voler seguire con un
del ’485, Nel 1951 invece, sempre questa rivista, presentava una
19434, i cui elementi vengono ora ripensati per modellare la
serie di immagini di modelli matematici a corredo di un attico-
struttura di un torso.
lo?” dedicato al libro di Sinisgalli intitolato Furor Mathematics.
Intanto anche Nudo del ’45 e Torso del 48 sottolineano le evi-
Intanto, nel 1952, “XX° Siècle” pubblicava due modelli mate-
denti analogie con le esperienze che stava maturando in quegli
matici a filo, provenienti dal Palais de la Découverte, per un
anni sempre
articolo sull’arte astratta e gli spazi matematici”.
le sculture eseguite da Arp durante gli anni trenta, presumibil-
Deluigi e, probabilmente,
una certa affinità con
grande amicizia, nelle Edizioni del Cavallino.
37. I. Licitra Ponti, I/ ‘furor mathematicus” di Sinisgalli, in “Domus”, 254, 1951, p. 49.
29
I. Sinisgalli, Geozzedria barocca, in “Pirelli”, 3,
38. J. Dewasne,
30
1950, pp. 44-45. Le fotografie vennero scattate dallo stesso Sini-
39
31
32. Ibidem. 33. Ibidem.
Masa), a cura di T. Toniato, Milano 1987, pp. 45-
1929, I, pp. 5-11, e A. Breton,
dit,
dessins de Picasso, in “Minotaute”, I, juin 1933, 1,
nel 1938 da Carlo Cardazzo, a cui era legato da
Espaces mathématiques et art abastrati,
Insiel
2952
Viani
potè documentarsi
sull'opera di Picas-
so di quegli anni attraverso vatie riviste come
PprA9504:
“Cahiers d’Art?, “XX
Sieècle”, “Documents” 0
B. Rosada, Anni come giorni. Testimonianza sulla ri-
“Minotaure”. Come cifre di riferimento in que-
sgalli.
vista “Evento”, in Spazialismo a Venezia, catalogo
sto caso rimando ai seguenti articoli: C. Zervos,
Ibidem.
della mostra (Venezia, Fondazione Bevilacqua La
Picasso è Dinar. Été 1 928, in “Cahiers d’Art”, IV,
34. LL. Sinisgalli, Geometria barocca, cit. 35 L. Sinisgalli, La geovezria în film, in SDOMmuss
36
alsaziano realizzate durante gli anni trenta.
4
232, 1949, p. 45. Questo film vinse il Primo Premio nella sezione Documentari.
40 Di sicuro Viani poté studiare l’opera di Arp anche attraverso
“Abstraction-création”;
Une Anatonie:
pp: 93-97.
di particolare
42
Cfr. G. Nonveiller, I disegni di Alberto
rilievo infatti risultano i numeri 2 e 3 di questa tivi-
43
Cfr. “Cahiers d’Art??, X, 1935, 7-10, pp. 257-259.
sta, pubblicati rispettivamente nel 1933 e nel 1934,
44
La scultura è stata pubblicata (con misure e data
dove appaiono una serie di sculture del maestro
273
Viani, cit.
errate) in Sculpture today in Great Britain.
1940-
LUCA
4
Jean
Arp,
Cowronne de
5
Man Rav, Matbezatical
bourgeons (in “Cahiers d’Art”
object
(in Fantastic
art.
Dada,
VIANELLO
1947, XXII, p. 269)
Surrealism,
New
York
1947, fig, 629
mente scovate sia tra le pagine di “Abstraction-création*, che
10Stro
in quelle di “XX
NO
relle
VIS
voro
Siécle?”
Salvatore invece, anche lui presente all'Esposizione Internazio
nale d'Arte di quell’anno, con l'opera Nuda? (fig. 3) descrive lo
iS
sviluppo circolare di due
e
elementi
abbracciati
il vuoto centrale diviene il tulero generativo. già evidenziato
da Toni Toniato
1966*, i riferimenti
in uno
tra loro, di cuì
Anche se, come
splendido
su cui basa le sue ricerche
impianto organico, un percorso tema “dell'osso e dell'uovo”!
immagine,
di puro
adottando
stilistico quindi che vede nel
| Ritroviamo è?) eseguito
le stesse su nel
1948,
quello stesso
similitudini, sia con i dipinti di Yves
candosi
d’Art'"
particolare
e in “Surréalisme””, con
la €
onne
in “Mi
che con
ae
do
274
i
st
(
g
tascinazioni
Giovanì
Artisti
BLM
la scultura,
TO
questo
da Nonveîller, €
\
QUO
rroposte
da Dehagi
12 }:
“Cahiers SÒ
BA cale
x
QRz x
® ce
sia
di “Abstraction-création’””!, di “Cahiers d’Art”??, in cui
far sua l’ultima eredità lasciata da Martini, un tema assai caro
70. Cfr. P. Courthion, Prerez garde è la sculpture, cit., “XX Siècle”, supplemento al n. 5-6 (numero speciale), 1939, pp. 25-29.
71
74
P.G. Bruguière, Arp, cit.
75
Bien-
P. Mabille, Lu conoscience lumineuse, cit., pp. 28-29;
si veda inoltre la riproduzione dell’opera di Tan-
G. Reavy, Yves Tangwy ou l'anfatife torpille les jivarson, in “Cahiers d’Art”,
Cfr. “Abstraction-création’’, 2, 1933, p. 2; “Abstraction-création”’, 3, 1934, p. 2.
72
73. Cfr. G.C. Argan, Peggy Guggenheim, in NNIW nale di Venezia, Venezia 1948, p. 349.
Cfr. E. Tériade,
guy, ivi, 11, 1938, p. 60; A. Breton, Des tendances lesplus récentes de la peinture surréaliste, cit., p. 20.
5-6, 1935, pp. 108-110.
Aspects actuels de l'expression plasti-
que, cit., p. 46; Id., La peinture surréaliste, cit., p. 13;
76
Cfr. “Le Surréalisme
au service de la révolut-
ion”, 2, 1930, p. 38; ivi, 4, 1931, p. 38.
LU(
14.
César Domela,
15.
Man Ray, Surface réglee (in “Cahiers d’Art?°, XI, 1936, 1-2)
16
Bruno
17
Etienne Beothy, Forzze Nuclatre (in “Réalités Nouvelles”, 4, 1950, p. 5)
A VIANELLO
Sez/tura (in “Reéalités Nouvelles”, 2, 1948, p. 28)
De Toffoli, La nuvola-evento. Venezia,
Ca’ Pesaro,
Galleria Internazionale d’Arte Moderna
anche a Fontana, in cui lo spazio appunto, inteso come
sfera circostante, diviene elemento
atmo-
beranze, le sue sfere e i suoi piani tagliati di netto, metteva
fondante dell’opera d’arte
in
evidenza una certa affinità pure con quei lavori di Atp apparsi
nella rivista “Plastique”””’ che, articolati da vari e differenti ele-
stessa.
Infine Viani quell’anno presentava
tre lavori, due dei quali,
menti, venivano guidati da una matrice organica.
Nudo seduto (Nudo) e Idolo (Nudo), sottolineavano ancora la loro
Sarà comunque la Carzatide (fig, 9), realizzata nel ’51, a segnare
forte relazione
infine uno spartiacque nel percorso artistico di questo scultore,
con
le opere
surrealiste
di Picasso, mentre
il
e non di certo per i suoi rimandi estetici al “mondo classico”?
terzo, intitolato Nudo sdraiato, oggi distrutto, con le sue protu278
DE
TOFFOLI, VIANI, SALVATORE
D
i
& LA Dx
18
Bruno De Toffoli, Azzone nelle verticali. Collezione Intesa Sanpaolo
19
Le Corbusier, Modulor (in Le Corbusier, Modulor, Boulogne
1951)
Innanzitutto, questa enorme “mensola umana”? pare attingere alle forme de la Proyection dans l'espace (fig. 10), realizzata tra
raggiunti dai due artisti sono completamente differenti: infat-
il 1938 e il ’39 da Antoine
ti, mentre
Pevsner, apparsa nelle pagine del
Nonostante queste similitudini formali, i risultati compositivi Pevsner individua un’evoluzione
ed un’espansione
catalogo della mostra allestita al MoMA di New York nel ’48, intitolata Gabo-Pevsner®®, e in “Cahiers d’Art’! nel ’50. Questa osservazione trova riscontro anche in due disegni eseguiti da
dei piani della sua opera nello spazio, Viani modella delle im-
Viani per Meneghelli, entrambi del ’51: il primo in una lettera",
in dialogo certamente
il secondo più dettagliato e in un formato più grande. Entrambi infatti, se sovrapposti a quest'immagine dell’opera del
in se stesse.
ponenti masse rivolte ad una continua reinterpretazione della
figura umana, sempre secondo una misurata sintesi formale, con lo spazio circostante, ma concluse
Come nel caso di De Toffoli, anche i lavori di Viani comincia-
maestro russo, sembrano replicarne i profili.
no ad arricchirsi di riferimenti a questi modelli scientifici e a
Fatto interessante poi è che, oltre a prendere le distanze dall’o-
quelle scoperte che gravitavano attorno a questi. Non a caso,
pera di Picasso, l'elemento superiore di quest'opera di Viani ricorda il corpo centrale nel modello matematico Surface de Kum-
to vedo il mondo di Albert Einstein®, in cui lo scienziato tede-
tra le letture di quegli anni, appariva il volume intitolato Cozze
merè seize points double, dont butt réels (fig. 1), apparso nelle pagine
sco enunciava, oltre ad altri concetti, la sua famosa teoria della
di “Cahiers d’Art’?8* nel ’36, descritto come un cono rovesciato,
relatività, teoria che affondava le radici proprio nelle formule
la cui base si modula in due protuberanze.
matematiche della geometria non euclidea".
TM
CtresPlasti ques
78
A. Viani, Lettere da lontano, cit., p. 63: la lettera è
1938: p:82:- vino
datata 21 maggio 1951.
SOS Spr: 83
disegno nella pubblicazione di Santini. Come
datata 3 luglio 1952.
“Cahiers d’Art”, 1-2, 1936, p. 19.
C'è un errore riguardo la datazione di quest’ultimo
85
sulta evidente dalla scheda di questo lavoro, c'è un
volume
era
presente
1950.
nella biblioteca
privata di Bruno De Toffoli.
79
Ivi: la lettera è datata 21 giugno 1951,
80
Cfr. Nauz Gabo, Antoine Pevsner, cit., p. 70.
refuso nella numerazione. Il problema viene risol
81
Cfr.
to se si sostituisce a quest'ultimo la numerazione
matici e realizzare, verso la fine dell’Ottocento,
assegnata all'immagine precedente e viceversa.
dei modelli tridimensionali, sia a profilo metal-
Cfr. C. Zervos, Mathematiques et art abstratt, in
lico, sia a strutture a filo, che in gesso.
R.
CATZ 82
Massat,
Antoine
Pevsner,
p. 48.
A. Einstein, Cozze zo vedo il mondo, Milano
Questo
ri-
in “Cahiers
950 DISSI
A. Viani, Leztere da lontano, cit., p. 46: la lettera è
84
86
La complessità di queste formule, portò i mate-
LUCA
VIANELLO
RIINA IATA AMORALE SEITEN
20
Etienne Beothy, So/fege (in “Réalités Nouvelles”, 5, 1951, p. 5)
21
Salvatore, Esodo (in Salvatore, Venezia 1955)
22
Forcole (in Forcole, remi e voga alla veneta, a cata di G. Penzo e S. Pastor, Venezia 2002)
23
Alberto Viani, Nudo. Venezia, collezione Viani
24
Jean Arp, Hrt preadamite. Michigan, University
of Michigan Museum
of
Art
Sorprendono pure le affinità di quel Nudo del ’51 con il dipin-
Il Nudo del ’52 invece, grazie alle sue forme essenziali, pare diveni-
to A /beure de l’observatorie — Les amoureux,
re “una scorza che si libra nello spazio”, quasi fosse “una ipotesi
realizzato da Man
Ray tra il 1932 e il 1934, apparso sia nelle pagine di “Cahiers d’Art*” del ’35 sia nel catalogo Fantastic art. Dada, Surrealisn®,
sintomatologica della potenzialità spazialiste’”?, come
dove i profili delle enormi labbra qui dipinte sembrano servire
tro Nudo (Torso femminile, Torso virile), realizzato sempre nel ’52, dove
come modello per i volumi della schiena di questo torso. Viani
i seni, in questo caso appena accennati, si discostano da quel pre-
infine, va ad apporre due piccole sfere sulla parte superiore,
cedente “minimale” proposto da questo scultore con le sue sfere.
sempre a ricordare i seni femminili che, secondo lo stesso arti-
Per quanto riguarda infine il Nudo del °48, qui presente ma già
sta, sono al di “fuori di ogni riferimento di cultura”? e quindi
esposto alla Mostra di scultura contemporanea nel ’49, rimando ai
carichi di un “valore superiore”
sottolinea
Nico Stringa. Con la medesima estetica, Viani modella anche l’al-
90
precedenti paragrafi per i suoi riferimenti a Picasso. 280
DE TOFFOLI, VIANI,
SALVATORE
De Toffoli intanto, durante i primi anni cinquanta, compie la
sua singolare rivoluzione stilistica: firmatario nel 1952 del Ma-
nifesto Spaziale per la televisione, con l’opera Evento spaziale del °52 (fig. 11), che trova delle affinità sia con in dipinti coe-
vi di Deluigi”, sia in quei disegni di Picasso del ’35, apparsi
in “Cahiers d’Art”, con il titolo Eudes pour Les grandes compositions* (fig. 12), sia nelle forme di Eye, Nose and Cheek di McWilliam, idealizza le riflessioni e i dubbi di Martini sull’atmosfera, accostandoli alle nuove proposte di Fontana. Di fat-
to, De Toffoli realizza una scultura d'ambiente che, aprendo le sue forme allo spazio, individua nell’atmosfera circostante
un nuovo elemento plastico.
Quest'opera, che diede l’avvio al ciclo delle Nuvole, trova in At timo nello spazio (fig. 13) la sua naturale prosecuzione. Esposto alla Biennale del ’54, questo gesso, che apre definitivamente le
sue forme allo spazio circostante, pare modellato sui profili di
quella Scultura (fig. 14) di César Domela apparsa nel ’49 nelle pagine di “Art d’aujourd’hui””” e del plastico realizzato Erberto )
Carboni per la Mostra della Radio Italiana, pubblicato sulla ri-
vista “Pirelli’”’°, I riferimenti ad Arp” sono comunque evidenti, come lo sono pure quei giochi di pieni e vuoti e di ombre e luci
proposti nei modelli matematici (fig, 15) pubblicati in “Cahiers d’Art” e in “Civiltà delle macchine”? La nuvola: evento (fig. 16), assieme alla scultura “gemella” Even-
to spaziale, realizzate tra il ’56 e il °58, si rivelano come i risulta25
Alberto Viani, Nudo al sole. Venezia, collezione Viani
ti migliori di questo ciclo, riassumendo i concetti sopracitati e portandoli a soluzioni definitive. Questi lavori infatti, nel loro
vuoto apparente, aprendosi per descrivere l'atmosfera, individuano
dei probabili “esempi” di spazio, inteso come
tiche. Questo lavoro di Beothy, affine alle ricerche di Bill sul
nuovo
elemento plastico e quindi soggetto principale dell’opera. Le
nastro di Moebius, con il suo vuoto centrale, pare contenere
affinità con opere come Azmosfera di una testa" 100 di Martini, il
in sé la matrice generativa delle due sculture di De Toffoli,
Nastro di Moebius, più volte reinterpretato da Max
anche se il risultato raggiunto da quest’ultimo appare, a mio
Bill!", e
avviso, originale e di gran lunga superiore.
quegli stilemi che possono ora ricordare sia Arp che Matisse,
sono qui più che evidenti, anche se il riferimento più vicino e
Con il ciclo delle Azzoni nelle verticali! invece, De Toffoli ag-
probabile sembra essere Forzze Nucléatre (fig. 17), una scultura
giunse un ulteriore e interessante tassello alle sue indagini.
eseguita da Etienne Beothy nel 1949 e apparsa in “Réalités
Queste opere, i cui vertici vennero raggiunti da Azzonz nelle
Nouvelles”!
verticali (fig. 18) e da Evento, rispettivamente del ’53 e del ’55,
nel 1950.
Non
a caso
credo, in queste
stesse
pagine Beothy, nel spiegare le “Sculptures Nouvelles”!, af-
risultano
ferma che “temps et espace classiques deviennent non-eucli-
precedenti Forco/e icui profili ondulati vennero probabilmente suggeriti da quelle opere di Beothy (fig. 20) eseguite durante
2104 diens”’!!*, quindi legati ancora una volta alle strutture matema-
87
Cfr. Man Ray, A /’heure de l’observatoire... les amou-
cedenza
reux, in “Cahiers d’Art?, 5-6, 1935, p. 127.
“Réalités Nouvelles”, 2, 1948, p. 28.
88. Cfr. Fantastic Art. Dada, Surrealism, cit., fig. 477. 89
96
A. Viani, Lettere da lontano, cit., p. 63: la lettera è Ibidem.
91
N. Stringa, Appunti per Aberto
D. Villani,
lavoro
era apparso
anche
in
Riuniti è pubblicitari nell'aula magna
da due
Viani, in Alberto
Piccola Galleria di Venezia.
Si vedano come riferimenti le opere 10 heads del 1929, apparso in Fantastic. irt. Dada, Surrealism, €
Scarpa azgurra rovesciata con due tacchi sotto una volta nera del “25, esposta alla Biennale del ‘48.
102
Cfr. C. Zervos,
103
Mathematiques et art abstratt, in
G.C. Tramontin, Mariano del Friuli 2006, p. 23.
“Cahiers d’Art”, 1-2, 1936, pp. 9, 11. Entrambe
92
Ibidem.
queste immagini assumono
93
Facciamo riferimento, in questo caso, a Forze (Strage degli innocenti), dipinto eseguito nel 1950.
99
Réolee. Cfr. “Civiltà delle macchine”,
il titolo di Swy/ax 1, 1953, p. 45. Il
delle
Cfr. E.N. Rogers, La costruzione concreta e il dominio dello spazio, in “Domus”, giugno 1946, 210, pp. 18-21, fig, p. 19; H. Kaiser, “Conzinuità” di Max Bill, in “Domus”, ottobre-dicembre 1947, 223, pp. 40-43; M. Bill, Max Bi/ spiega la pittura concreta, in “SeleArte”, 1, 1952, pp. 11-19, fig, p. 18. Cfr. “Réalités Nouvelles”, 4, 1950, p. 5. Cfr. E. Beothy, “Rythme-Plastique”, in “Réalit-
zia, Nuovo Museo dell’Accademia di Belle Arti 98
memoti
101
Viani e il suo tempo, catalogo della mostra (Venedi Venezia), a cura di S. Simi de Burgis, M. Tosa,
distinti,
Questo lavoro fu esposto nel 1944 presso la
fig. p. 38. 97
elementi
100
dell'università, in “Pirelli”, 6, 1951, pp. 38-40,
datata 3 luglio 1952. 90
questo
composte
és Nouv
elles”’,
4, 1950,
P. Sì
104
Ibidem.
105
Questo ciclo di opere ebbe inizio nel 1953 con l’opera Selira, lavoro con cui De Toffoli si ag-
94
Cfr. “Cahiers d’Art”, 7-10, 1935, p. 257.
modello matematico proposto veniva presenta-
giudicò il Primo premio alla scultura, ex-2e740 con
95
Cfr. “Art d’aujourd’hui”, 2, 1949, p.n.n. In pre-
to da Sinisgalli con il titolo di Barocco zatezatico.
Giuseppe Romanelli, alla 41*
281
Collettiva BLM.
LU(
A VIANELLO
NSTRUCTION, SPHERIC Piaatic, 16% ah
FOUNTAIN
Owned by the artist
LA PITTURA conserverà, fi
Uno stimolo, un suggerimento, una pulce nell'orecchio degli architetti, degli ingegneri, dei disegnatori industriali pu di
LEONARDO
ndo 1mie) cas ti una tiene 4 primi rillesi fototoi riel 1945 a Stoma (per professori Fantappià e di Matematica) su del e e di Ni Non È n > è sanò grato butta ls vita al mici due maestri che con tanta benevolenza necol richieste e lo mie ragioni senza trovarle m 0 irrive. renti. Io volevo strappare quegii idoli al loro prtarti alla luce del sole. Essi stimumba ja mik proposta tavano ammucchial In une grande vetelna nell'anticamera deli biblioteca delVIstituto, 8) capiva che da mnolt anni nor erano stati rimini. La polve s'era annidata negli anfratti di quel subiln ‘lumi. Chia mai i) custode e costul molta cautele
tempo, Quel di ia puri Mati costraiti Un di lavoro, Erano cartestono p equazione di xyz e atirbuet ppia serie di valori nseguenza | valori di è a) fambare ni tecnici vali o di motori, un metodo rapl ntvo che tnutorina Uta espressio In una forma — linea o super piana © schemba. conlinua o discontinue. La figura risulta da queate bzioni rende VIsIbII tutte le singolarità algebriche dell'eq Chi non sa che un'ea! e rino rr in x e in y è l'immagine di una retta è che | ooeMeleni della x e della y ill lora rap porto anzi) determinano l'inoltnazione dells retin? Come ho detto, dunque, un geometra legge nelle equazioni quello che nol ieggiarno sulle figure. Un geometra sa che una differenza di scriccura si tramuta in una caratterizza» zione somatica della forma Le nostre cognizioni elementari fondate sulla porzibilità di costruire con squadra © 20 (nella Aufodiografia di Finstein sl Ké una commovente esaltazione di questo strumento miracoloso capitatogli nil'età di cinque anni nelle manlì, non di portano al di là della risoluzione di problemi semplici di ì° e di 3° grado, A malapena riusciamo n costruire un'eltiase o un'iperbole o un pallgono di c lau, Non prsslamo per esempio, revmetricamente, dividere un angolo in tre parti eguali itrisezione dell'angolo) e Leppure trovare 1) lato di un cubo che abbla Il volume doppio di un altro cubo nesemato (problema di Delo, risolto da Platone). Per esprimermi con un termine stilistico potrei dire che l'umanità d'oggi è accom ferma nella stragrande maggioranza, a UDA ne neoclassica della geometria, s una comi: sione ecelidea. Del resto zi trova ancora in boma compagnia con Leonanio Da Vinci e perfino com Certezio e Onllico. Ma è inne gabile che le nostre concecenze gsometriche
QUESTO IDOLO tagliente, nsimmetrico, tutto concavo, generoso di ritmi improvvisi, che fa pensare alle sculture di Arkipeni rappresenta na superficie a CUrY Lante ni ativa sulla quale si realizza la geometria n euclidea.
VIENE IN MENTE lo melagrana, la noce 0 una or le lanterna veneziana o un lampione cino per l'ingresso d'un palazzatio cinese £ la rappresentazione plastica di un punto triple
26
Naum Gabo, Spherze costraction, Fontain (in Nauwn Gabo, Antoine Pevsner..., New Yotk 194% , pp. 40-41)
27
Modelli matematici (in “Pirelli”, III, 1950, 3)
282
|
del terzo c:dine, a variabile comples
SEMBRA
SINISGALLI
Ne sappiamo pi co p di una formica avallo, e cer tamente meno di una chiocelola, Nella ma tematica alla che considera le supernici al disopra del secondo ordine e un vincalo com plesso tra le variabili, noi assistiam prolificazione di farme che potremmo dire vi venti, 0 le cul singolarità, nocidentalità, cavità, risucchi e sporgenze, fanpo pensare & superfici di asventamento 'peli gua omganici, a metearili, a madrepore o relitti stellari © minerali. Questo lnverno lo bo po. tuto osservare a Milano, l'aspetto ogni giorno più decrepito di un mucchio di new che sl consumava via via al poco gole che appariva e sparire ttn Tago CI fu un momento che la consunzione mise in vista, in quell'ammasso di pero spor ca, Una specie di carcassa favolosa, quasi un cumulo di ossa, le cssa della neve. un trofeo di teschi e di rutule, di scapote e di tibie erano le mie forme che ricomparivano ni margini di un dominio efmero. all'orto di uo marcluplede, per una carenza del servizio di nettezza Urbana Net documentario presentato » Venezit due anni fa, Una lezione di peometria c'era im plicila Una propceta che sincerùmente non Ra trovato lo eccoglienze che lo. aperavo. Quale utilizzazione può fare la nestra cultum di queste forme supertori? Jo mi rivolgo specialmente agli architetti e ai disegnatori di macchine e di oggetu utili. MI pare che la apinta verso un pinsticiuzo matematico di contenuto quasi trascendentale potrebbe giovare contro Ja brutalità di uno standard incontrollato e casvale Tanto più che Ja ricchezza di quenti prototpi è veramente inesauribile, e inesauribile è l'impiego che ne fa la patura dal semi ai frutti, dalle uova ni sassi, alle conchiglie. Quando Finstein paria di kpari curvi quadridimensionali (e che purtroppo, da un lato, restano per noi invisibili), sottintende da parte nostra uns partecipazione che non potrà mai manifestarsi se prima non xa stata sol lecitata un'attitudine in nol a beneficiare di questi messaggi e di questi stimoli delle move grometrie barocche Lronardo Niniegalil
UN PAESAGGIO matematico, un'assemblea di volumi solenni come le bottiglie di Morandi, come gli fcebergs 0 | grattacieli, come | limoni delle nature morte di Zurbaran UNA STELLA matematica che piacerebbe certamente anche a Picasso, Una stella msdre che contiene In sè altre stelle più piccole
DE TOFFOLI, VIANI, SALVATORE
gli anni trenta e apparse sia in “Abstraction-Creation””!° che
dalle loro masse, con quelle reti metalliche realizzate da Bruno
in “Réalités Nouvelles”. Gli interspazi che così si vengono
Munari nel ’46 e intitolate Concavo-convesso!2. Il passo successi-
a creare tra questi due elementi si rivelano molto importanti,
vo, e probabilmente il capolavoro di questo percorso, è Nudo 4/
dato che, nel loro sviluppo, individuano quella spirale a cre-
sole (fig. 25) del ’56, un’opera che sembra trarre le sue forme da
scita modulare ideata da Le Corbusier per una architettura a
Traslucent variaton on sphere theme, come ricorda anche Emanuela
misura d’uomo: il Modulor'* (fig. 19).
Pezzetta in un suo saggio", o da Sphere costruction. Fountain (fig, 26), due lavori molto simili, eseguiti da Gabo nel ’37 e appatsi
È chiaro quindi che De Toffoli utilizza questa struttura geometrica a crescita armonica per determinare non più, come per le
nel catalogo della sua mostra newyorkese del ‘48!4, delle strutture che, a loro volta, avevano mutuato i loro profili dalle strut-
Nuvole, un esempio di spazio, bensì la matrice stessa di questo
ture a filo dei modelli matematici.
nuovo soggetto plastico che, appunto, è lo spazio.
I legami con questi modelli divengono ancor più evidenti quan-
Salvatore intanto, durante i primi anni cinquanta presenta dei
do queste piccole strutture vengono messe a confronto con quei
lavori legati alle forme e alle geometrie delle forcole. Compo-
profili o “modellini”, come usava chiamarli Viani, e le armature
sizioni come Orzgini o Esodo (fig. 21), rispettivamente del ’51 e del ’52, vennero modellate seguendo i profili di questi scalmi,
in metallo realizzate alla fine degli anni cinquanta e i primissimi anni sessanta, in particolare per le Chizere, anche se in questo
attraverso però una singolare libertà compositiva, che le descri-
ciclo di sculture possiamo notare anche una certa affinità con i
ve nell’atto di proiettarsi verso lo spazio esterno.
disegni diJulio Gonzalez, apparsi in “Cahiers d’Art??!!° nel ’47.
Anche se le influenze derivate dai modelli matematici sembra-
Come
no distanti, le forcole cosa sono se non delle strutture plastiche
scultori assorbirono stimoli e influenze da varie correnti intel-
che descrivono dei piani e degli spazi, utilizzando delle propor-
lettuali ed artistiche, giungendo però a soluzioni formali del
zioni geometriche?
tutto personali; difatti, sia De Toffoli, sia Salvatore che Viani,
abbiamo
potuto sottolineare sino ad ora, i nostri tre
Possono apparire più fedeli ai modelli matematici alcuni dei
svolsero delle indagini uniche e singolarissime nel panorama
dipinti realizzati dal nostro artista, i quali rimandano appunto
artistico italiano, utilizzando un linguaggio astratto che, seppur
a la Surface de Kummer fotografata da Man Ray. Questi Studi!"
vicino alle tendenze estetiche di quegli anni, poco aveva a che
sono, infine, la rappresentazione grafica, con alcune varianti,
fare con la scultura non-figurativa di quel periodo.
delle sculture Movimento di danza e Girotondo, entrambe realiz-
A mio parere poi, Carlo Diano, con il suo Forzza ed Evento, pub-
zateinelm55ì
i
blicato nel ’52, è l’unico ad offrirci lo strumento
più adatto
Le opere successive, invece, sembrano abbandonare queste in-
pet una corretta lettura e pet farci meglio comprendere la reale
fluenze ma, pur rimanendo legate all’analisi spaziale delle for-
portata delle loro indagini. Infatti mentre le opere di De Tof-
me, si avvicinano alle esperienze stilistiche sia di Beothy, sia
foli, e in parte anche quelle di Salvatore, vivono nello spazio,
di Henri-Georges Adam!" sia alle opere coeve di Hepworth,
sono quindi in esso legate come “corpo in un cotpo, un corpo
come testimonia Canzo lagunare 2, del 59, i cui volumi paiono
fluido, divisibile all’infinito””!°, che fa pensare “all’azione di una
voler ripensare le soluzioni formali attuate da questi artisti.
11 presenza””!”, ciò che caratterizza la ricerca di Viani è una forma
Viani invece prosegue la sua ricerca formale sul tema del tor-
che, in quanto tale, diviene “immobile e fuoti del tempo, fuori 22118 dello spazio”!!?, separata “dalle cose, delle quali ignora lesi stenza’ 7. una forma quindi modulata all’interno di uno spazio
so con Nudo (Nudo seduto) (fig. 23) del ’54. Anche se i profili di questo lavoro ci riportano direttamente al Fr preadamique (fig. 24), eseguito da Arp nel ’38!!', quest'opera sembra avere
chiuso 0, come sottolineava Sinisgalli per i modelli matematici,
una forma “che ha orrore dell’infinito””!?° (fig. 27).
una forte consonanza, soprattutto per ivolumi oramai svuotati
Siècle” nel ’39, a p. 28, intera-
15; V. Lacorazza, Le scoperte di Bruno Munari, in
1, 1932, p. 4; “Abstraction-création art non fi-
mente dedicato alla scultura, che in quel catalo-
“Civiltà delle Macchine”, 2, 1953, pp. 29-32, fig.
106 Cfr. “Abstraction-création
art non
speciale di “XX
figurative”,
gurative””, 5, 1936, p. 3.
go della mostra personale di Arp a New York
107
Cfr. “Realités Nouvelles”, 5, 1951, p. 5
nel ‘49, e presentato infine anche alla Biennale
108
Cfr. Le Corbusier, A propos de Venice, conferen-
di Venezia del 1950, nella sezione dedicata agli
scultura. Un percorso dagli anni quaranta agli anni
Scultori d'oggi. Queste reti cli Munari vennero esposte, nelle sale della Galleria del Cavallino nel dicembre del ’49.
Settanta attraverso i tabelloni didattici, in I/ Novecen-
za tenuta agli studenti del CIAM a Venezia nel settembre del 1952, in “Venezia Architettura”,
109
110
111
1952, riportata in parte in L'officina del contempo raneo. Venezia 50-°60, a cura di L.M. Barbero, Milano 1997, pp. 240-243. Questi dipinti vengono datati in catalogo della
112
Il pieghevole della mostra, intitolata Bro
Mu
p. 29. 113 Cfr.
“Cahiers d’Art”, “SeleArte”, “Civiltà delle Mac-
156-170. 114
Cfr. Naum Gabo, Antoine Pevsner, cit., pp. 38, 4041,
115
Cfr. PG. Bruguière, Julio Gonzalez. Le étapes de l'ILouvre, in “Cahiers d’Art”, 1947, pp. 135-141.
Biennale di Venezia tra il 1954 e 1956. Cfr. Adam in het Stedelijk Museum, catalogo della mostra (Amsterdam, Stedelijk. Museum), Am-
chine”, durante i primi anni cinquanta pubblica-
sterdam 1955. Opere scultoree e grafiche di
nel 1950 Sinisgalli ospitava l’immagine di una di
117 Ivi, p. 25.
Adam vennero esposte alla Biennale di Venezia
queste reti all’interno del suo libro Furor
118 Ivi, DIGI
già nel 1950 e, successivamente, in quella del
maticus.
756.
1, 1950, p. 257; M. Bill, Max B/ spiega la pittura — 120 Cfr.
Questo lavoro venne pubblicato sia nel numero
rono alcune immagini di questi lavori, mentre già Mate
Cfr. Quelques jeunes, in “Cahiers d’Art”,
concreta, in “SeleArte”, 2, 1952, pp. 11-15, fig; p. 283
Viani e la cattedra di
to, I, a cura di S. Salvagnini, Venezia 2016, pp.
nari e Fulvio Bianconi riproduce un Plastico di rete di ottone, assieme ad altre Macchine inutili. Anche
E. Pezzetta, A/berto
116 Cfr. C. Diano, Forza ed Evento. Principi per una in-
terpretazione del mondo greco, Venezia 1952, p. 14.
119 Ibidem. 1950.
L. Sinisgalli,
Furor Mathematicus,
Milano
ABSTRACT
LAURA ALDOVINI, DAvIiD LANDAU, SILVIA URBINI
MARSEL GROSSO
RENAISSANCE
ON SOME ASPECTS OF VASARI’S BIOGRAPHY OF BATTISTA FRANCO “PITTORE VINIZIANO”
IN PAPER AND WOOD. ARTISTS,
IMAGES AND FUNCTION WOODCUT SIXTEENTH
BETWEEN
IN THE ITALIAN
THE FIFTEENTH AND
This paper offers a series of thoughts on the Venetian sources contemporary with Vasari’ writing of his text on Battista Franco (1568), called il Semolei, examining Franco's movements between central and north Italy. The basis of the examination lies in a comparison between Vasari’s work and Venetian artistic literature, in particular the writings of Francesco Sansovino who enjoyed a privileged position in mid-sixteenth-century Venice and recognized ante litteram the new pictorial languages of Tintoretto and Veronese that eventually changed Venetian art. Investigating two drawings by Franco in Venice (Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia), this essay clarifies their derivation from Pordenone’ frescoes in the dome of Santa Maria di Campagna in Piacenza and highlights too other aspects deriving from works by Pordenone but also by Correggio (now in museums in Milan, London and New York). The concluding hypothesis argues for Franco” stay in Parma and Piacenza before he returned definitively to Venice Ii5522
CENTURIES
The
Census of Italian Renaissance Woodcuts project was launched in November 2015 at the Fondazione Giorgio Cini in Venice. Its aim is to inventory the woodcuts and woodblocks produced in Italy between the outset of the medium and 1550. The ultimate objective is to create a database, freely accessible online through the website of the Fondazione Giorgio Cini, which will offer scholars the catalogue of Italian Renaissance woodcuts and woodblocks in as complete a form as possible. In this essay we present some woodcuts studied over the course of the first year of cataloguing. We link genres and chronology, and relate the material to artists and stylistic spheres, at the same time questioning the uses, authenticity and fortunes of these rare and fragile items. [email protected]
[email protected]
PAOLO DELORENZI
Massimo FaviLLa, RUGGERO RUGOLO
A DIVINITY IN THE WRITER°S WORKSHOP
THE BAROQUE “DELIRANTI FANTASIE”
ARI NOTICES BETWEEN THE SEVENTEENTH
OF GIOVANNI
AND EIGHTEENTH VENETA?”
ANTONIO MOLINARI, GIACOMO AND DOMENICO ROSSI
CENTURY FROM “PALLADE
This essay studies the historical and artistic information print-
COMIN, ENRICO MERENGO, PIAZZETTA
the paper anticipates eighteenth-century journalism in the city as inaugurated by the famous “Gazzetta Veneta” of Gasparo Gozzi (1760-1761). Despite the fragmentary nature of what
Various buildings in Venice, predominantly religious in character, underwent drastic “aesthetic cleansing” during the eightcenth century whose presumable aim was to achieve stylistic unity. Casualties included the parish churches of San Felice and Santa Maria Formosa where precious Baroque works of art were removed. The principal figures neglected by such nineteenth-centurty purism were the patrons of the Scuola del Santissimo Sacramento in San Felice and Turin Tonon (a Piedmontese dealer) at Santa Maria Formosa. Among the artists
is preserved, a systematic investigation of the material reveals
who benefited were the sculptors Giacomo Piazzetta, Giovan-
ed in the “Pallade Veneta”, the first urban periodical of Ven-
ice which citculated weekly from at least 1698 to 1751. Heir
to a monthly publication of the same name produced for an educated readership between January 1687 and July 1688 by the priest Francesco Coli but whose compilers are unknown,
special information
pertaining to painting, sculpture, archi-
ni Comin and Enrico Merengo, the painter Antonio Molinari,
tecture and chalcography, engraving on copper or brass. The information culled from this study allows us to update the biographies of numerous artists of the time and for formulating new attributions.
and the young stonemason Domenico Rossi. Recent atchival research has brought to light the production of their works
[email protected]
[email protected] [email protected]
and their subsequent and partial destruction that can, however,
be reconstructed.
284
ABSTRACT
FRANCESCA MARCELLAN
ILEANA DELLA PUPPA
THE CROWNING
RESTORATION AS:SAFEGUARD OF THE HISTORY OF THE WORK OF ART. SOME OBSERVATIONS OF METHOD
STATUARY ON THE FACADES
AND THE FRESCO BY GIAMBATTISTA TIEPOLO OF VILLA PISANI AT STRA: AN ICONOLOGICAL READING
This paper explains how the restoration of the crowning statThe crowning statues on the two facades of Villa Pisani at Stra, mostly by Francesco Bertos, are the focus of this monographic study. The author attributes and dates the entire sculptural program and interprets the iconography of each stature by analyzing its attributes with references to the Pisani family and visual sources. The overall theme is a celebration of the Pisani themselves and the Venetian Republic although it clearly differentiates one facade from the other. The principal side offers a canonical formula for celebrating good government and its beneficial effects; the garden fagade is dedicated to military glory and the virtues that can achieve it. The author relates her interpretation to Giambattista Tiepolo” fresco in the ballroom ceiling where the meaning of several particulars, heretofore neglected or misinterpreted, finally emerges more clearly.
uary on the facades of Villa Pisani at Stra, undertaken in 1995 and 1996, led to a partial loss of information on several icono-
graphic attributes whose existence can only now be conjectured. The author emphasizes the earlier work of restoration
with an in-depth study on the iconography and highlights as well the need to safeguard whatever information is recovered
during the process so as to avoid invalidating future studies. [email protected]
[email protected]
ALESssAaNDRO DEL Puppo
GIANLUCA TORMEN
TOMMASO
DEGLI OBIZZI’S
JOURNEY
VITTORE CARPACCIO. THE MODERN
IN 1797-98:
OF AN OLD MASTER (FIRST PART)
HISTORY -ARTAND PROPERTIES COLLECTIONS IN THE MEMOIRS
FORTUNES
OF AN UNPUBLISHED
NOTEBOOK
The modern fortunes of Carpaccio seen within a historiographic framework linked to the tradition of Vasari to Lanzi rose from the combined activities of both writers and painters working during the 1850s to ‘70s. Paintings and drawings comprising the first significant interpretive understanding of Carpaccio’ art are here retraced together with the known examples (Moreau, Tissot, Degas) and interspersed with the writings of critics, essayists and poets (Taine, Goncourt, Gautier, Blanc, Mérat and Ruskin). Each of these men helped construct an image of the Venetian painter that is as modern in its putposes as it is provocative in its facts, and they occasionally link to broader artistic and social issues such as the question of the genres of painting, the psychology of faces and actions, the archacology of customs and fashions, and the tenacity of narrative. Carpaccio’s renown spread in the last quarter of the
Studying his travel journal, this essay describes the Tuscan tour undertaken by Tommaso degli Obizzi (1750-1803), Marquis of Padua, between November 1797 and the end of January 1798. Degli Obizzi’s aim in visiting the cities of Florence, Lucca and Pisa and their monuments
was to find antiquities and works
of art in order to augment his collections housed in his castle of Catajo, near Padua. The marquis sought out old friends
while also encountering dealers and collectors from whom he purchased coins, antiquities, manuscripts, glazed works in ter racotta, weapons and panels by Old Masters. The travel diary,
which is transcribed here, is a precious and direct witness to
his artistic interests and taste during a trying period when the French military was occupying Italy.
nineteenth century as a result of these contributions, leading to a “worldly” fame filled with imaginative and inventive elements fulfilling the needs of an upper middle class then celebrated in
[email protected]
the pages of Proust rather than to the rules of historical and artistic research.
[email protected] 285
ABSTRACT
RoBerTo DE
SARA FILIPPIN
FEO
THE PALA D’ORO IN ST MARKS BASILICA BETWEEN ENGRAVING AND PHOTOGRAPHY
LITERARY, SOCIAL AND ARTISTIC NETWORKS AROUND
SEI STATUETTE
EATTE DA BARTOLOMEO ANTONIO
D'ILLUSTRI ITALIANI FERRARI AL NOB.
In 1859 the central commission for the discovery and conser-
PAPADOPOLI
vation of historic-artistic monuments
in Vienna
decided
to
have a faithful copy made of the Pala d’oro in the church of S.
This study focuses on six small sculptures portraying illustrious Italians commissioned around 1837 from the sculptor Barto-
Marco in order to study the work. The study led to a controver-
lomeo Ferrari by the nobleman Antonio Papadopoli, an impor-
sy between the central figures in Vienna and the local Venetian
tant Venetian intellectual in the 1820s and ‘30s in contact with
authorities. The first group was convinced that only a tracing
the most important writers in Italy. An analysis of the different figures portrayed in marble and of the related and refined
could ensure an exact rendering of the original, whereas the
lithographs, which were not published in an album until 1862,
freehand drawing as an alternative, thus highlighting the ex-
affords a cultural and social dimension, above and beyond the
istence of two concepts of authenticity based on different premises. Recreating the facts of the story, this paper analyzes
second — concerned for the safety of the work — proposed a
artistic aspect, that casts light on the central figures involved
the positions of the two sides based on their viewpoints and
(Papadopoli and Pietro Giordani) who over time built a relationship and enjoyed a correspondence vis-à-vis the sculptures.
compares the engravings then known of the Pala and others published in subsequent decades based on the actual work. The
essay concludes by looking at the artistic role photography has played in terms of reproduction.
[email protected]
[email protected]
Timo KEINANEN
LUCA VIANELLO
SPERIMENTANDO OGGETTI
IL DESIGN DEL VETRO.
DE TOFFOLI, VIANI, SALVATORE: VENICE
IN VETRO DI AILESALLI AHDE. E
1948-1958. SOURCES FOR A LINE OF ITALIAN
SALME SETALA DAGLI ANNI VENTI
SCULPTURE
cominciarono a distribuire ed esporre i prodotti a Helsinki. La
This essay studies the subject of abstract sculpture in postwar Venice whose central figures were Bruno De Toffoli, Salvatore Messina and Alberto Viani. The unique works created by these artists and the stance each took before other leaders in European artt can be categorized by two clearly distinct attitudes, between which a dividing line can be drawn sometime after the early 1950s. The division can be determined not only by studying the sources the artists drew upon, some of which are clearly documented, but also by examining the actual extent to which the men were indeed influenced. The three sculptors looked beyond the weighty presence of artists like Picasso, Arp and Moore towards direct intellectual infuences, the very same
loro attenzione fu rivolta in particolare alla bottega di Bimini a
that European avant-garde movements
Vienna, i cui pezzi avevano ricevuto l'onorificenza delle med-
reconsidered and modernized in terms of an Italian cultural and historical context, specifically Venice in the 1950s.
Nel 1925 due donne
architetto
finlandesi, Aili Salli Ahde
e
Salme Setàla, fondarono uno studio di inzerior design e di arti applicate in un momento in cui la professione di architetto era quasi interamente dominata dagli uomini. Tranne poche eccezi-
oni, le donne architetto figuravano in genere come assistenti in studi guidati da uomini. Molte di quelle che avevano studiato negli anni Dieci si erano dedicate al design d’interni, ottenendo una posizione consolidata in questo campo come Aili Salli Ahde e Salme Setàlaà, che decisero di avviare una propria im-
presa nel 1924 in seguito al loro tour in Europa centrale, dove
stabilirono contatti con aziende del settore del design di cui
aglie d’oro e d’argento a Parigi. Fu proprio dagli esempi austriaci che le due trassero ispirazione per cimentarsi direttamente nel design del vetro, cominciando in tal modo ad esporre pezzi
had studied, but here
[email protected]
di piccole dimensioni e lampade in numerose esposizioni, con
grande successo di critica. Questi fragili vetri ornamentali offrirono valori estetici completamente nuovi. [email protected]
286
CREDITI
FOTOGRAFICI
RINASCIMENTO QUATTROCENTO
DI CARTA E DI LEGNO. ARTISTI FORME E FUNZIONI
DELLA XILOGRAFIA ITALIANA FRA
E CINQUECENTO
Aldovini, Landau, Urbini
Bologna, Fondazione Federico Zeri, fig, 15
Dresda, © Kupferstich-Kabinett, Staatliche Kunstsammlungen Forlì, Pinacoteca Civica Londra, Christie”, fig, 1 Londra, Daniel Crouch Rare Books, fig. 9 Londra, © The Trustees of The British Museum
Londra, Sotheby”s, fig. 16 New York, The Metropolitan Museum of Art Pavia, Musei Civici Ravenna, Biblioteca Classense Stoccolma, National Library of Sweden
Treviso, Museo Civico di Santa Caterina
Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni Vienna, Albertina
Washington, National Gallery of Art
SU ALCUNI ASPETTI DELLA BIOGRAFIA VASARIANA
DI BATTISTA FRANCO
“PITTORE VINIZIANO”
Grosso Arezzo, Museo di Casa Vasari
Gòoteborgs, Konstmuseum
Londra, The Victoria and Albert Museum of Att Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi Madrid, Museo del Prado
Milano, © Biblioteca Ambrosiana New York, The Metropolitan Museum New York, The Morgan Library and Museum, 1982.39. Gift of Janos Scholz Ponce, Museo de Arte de Ponce Venezia, Curia Patriarcale, Ufficio Beni Culturali Venezia, Gallerie dell’Accademia, Gabinetto dei Disegni e Stampe Urbino, Museo Diocesano Albani
UNA DIVINITÀ NELLA BOTTEGA
DELLO SCRITTORE. CRONACHE
DALLA “‘PALLADE VENETA” Delorenzi Venezia, Fondazione Musei Civici Veneziani, Biblioteca del Museo Correr Venezia, Curia Patriarcale, Ufficio Beni Culturali
287
D’ARTE TRA SEI E SETTECENTO
LE “DELIRANTI” FANTASIE BAROCCHE DI GIOVANNI GIACOMO PIAZZETTA E DOMENICO ROSSI
COMIN, ENRICO
MERENGO,
ANTONIO
MOLINARI,
Favilla, Rugolo
Chateau de Versailles Dusseldorf, Kunstakademie New York, The Metropolitan Museum
of Art del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, concessione n. 93/2017, figg, PBE20 concessione su Stato, di Venezia, Archivio
Venezia, Archivio parrocchiale di San Cassiano
Venezia, Archivio Storico del Patriarcato, figg. 35, 37-38 Venezia, Fondazione Musei Civici, Museo Correr, Gabinetto dei disegni e delle stampe e Biblioteca del Museo Correr,
figg, 29, 31-32 \Vellington, Museum of New Zealand Te Papa Tongarewa
L’OPERA DI FRANCESCO
BERTOS E GIAMBATTISTA TIEPOLO
IN VILLA PISANI A STRA
UNA LETTURA ICONOLOGICA Marcellan Bassano del Grappa, Ca’ Erizzo
New York, The Metropolitan Museum of Art Stra, Museo Nazionale Villa Pisani, su concessione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, tav. in apertura, figg, 1, 2, 9, 10, 20, 22, 28, 30, 35, 36,
99) 49, da di dia 0592
5
Venezia, Gallerie dell’Accademia
Wurzburg, Residenz IL VIAGGIO DI TOMMASO NELLE MEMORIE
DEGLI OBIZZI NEL 1797-98: STORIA ARTE E COLLEZIONISMO
DI UN INEDITO TACCUINO
Tormen Firenze, Galleria degli Uffizi Londra, The British Museum Modena, Galleria Estense Padova, Biblioteca Civica Praga, Narodnî Galerie
Tolentino, Museo Archeologico “Aristide Gentiloni Silver)” Vienna, Kunsthistorisches Museum, Kunstkammer
VITTORE CARPACCIO Del Puppo
LA FORTUNA
MODERNA
DI UN MAESTRO
ANTICO
(PARTE PRIMA)
Boston, Museum of Fine Arts Parigi, Ècole Nationale des Beaux Arts
Parigi, Musée d’Orsay LA PALA D’ORO NELLA BASILICA DI SAN MARCO TRA INCISIONE E FOTOGRAFIA Falippin Venezia, Archivio Turio Béohm
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, figg. 5-7 Venezia, Curia Patriarcale, Ufficio Beni Culturali Venezia, Fondazione Musei Civici
EXPERIMENTING WITH GLASS DESIGN. GLASS OBJECTS BY AILI SALLI AHDE AND SALME SETÀLA FROM "TPFIR 19205 Keinanen
Riihimaki, The Finnish Glass Museum, ph Hannele Viilomaa, tav. in apertura, fig. 6-7, ph Vilho Setàlà, fig, 2-4, 13 Helsinki, The Museum of Finnish Architecture
288
DE TOFFOLI, VIANI, SALVATORE: VENEZIA 1948-1958. FONTI PER UNA LINEA DELLA SCULTURA TTALIANA Vianello
Collezione Intesa Sanpaolo, Archivio Attività Culturali, tav. in apertura, fig, 11 Lendinara, Biblioteca Comunale “Gaetano Baccari”, Archivio Marchiori
Michigan, University of Michigan Museum of Art Milano, Museo del Novecento Venezia, Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d'Arte Moderna Venezia, collezione Viani
Venezia, Liceo Artistico Statale
289
Stampato nel DICEMBRE 2017 a cura di
Scripta edizioni Viale Cristoforo Colombo 29 - 37138 Verona
tel. 045 8102065 - fax 045 8102064
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SARRI. Merda x