Le postille di padre Sebastiano Resta ai due esemplari delle «Vite di Giorgio Vasari nella Biblioteca Apostolica Vaticana» 8821009416, 9788821009419


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Le postille di padre Sebastiano Resta ai due esemplari delle «Vite di Giorgio Vasari nella Biblioteca Apostolica Vaticana»
 8821009416, 9788821009419

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LE  POSTILLE  DI  PADRE  SEBASTIANO  RESTA AI  DUE  ESEMPLARI  DELLE  VITE  DI  GIORGIO  VASARI  NELLA  BIBLIOTECA  APOSTOLICA  VATICANA

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STUDI E TESTI 495

LE  POSTILLE DI  PADRE  SEBASTIANO  RESTA AI  DUE  ESEMPLARI  DELLE  VITE DI  GIORGIO  VASARI  NELLA BIBLIOTECA  APOSTOLICA  VATICANA

a cura di Barbara Agosti e Simonetta Prosperi Valenti Rodinò Trascrizione e commento di Maria Rosa Pizzoni

CITTÀ DEL VATICANO

B iblioteca A postolica Vaticana 2015

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Pubblicazione curata dalla Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana: Marco Buonocore (Segretario) Eleonora Giampiccolo Timothy Janz Antonio Manfredi Claudia Montuschi Cesare Pasini Ambrogio M. Piazzoni (Presidente) Delio V. Proverbio Adalbert Roth Paolo Vian

Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va

Proprietà letteraria riservata © Biblioteca Apostolica Vaticana, 2015 ISBN 978-88-210-0941-9

TIPOGRAFIA VATICANA

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SOMMARIO

Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Sebastiano Resta e i due esemplari delle Vite di Vasari alla Biblioteca Apostolica Vaticana . . . . .

3

Barbara Agosti, I Vasari di padre Resta . . . . . . . . . . . . . .

35

Maria Rosa Pizzoni, Trascrizione e commento delle postille di padre Resta alle Vite di Vasari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

53

Riserva IV. 5, I-II volume . . . . . . . . . . . . . . . .



57

Cicognara IV. 2390, I-II-III volume . . . . . . . . . . . . .

130

Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 Indice dei disegni citati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241

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SIMONETTA PROSPERI VALENTI RODINÒ

SEBASTIANO  RESTA   E  I  DUE  ESEMPLARI  DELLE  VITE DI  VASARI   ALLA  BIBLIOTECA  APOSTOLICA  VATICANA* Gli studi dell’ultimo ventennio hanno reso finalmente giustizia alla figura di padre Sebastiano Resta (Milano 1635 – Roma 1714) (Fig. 1), oratoriano milanese di origine ma vissuto a Roma per la maggior parte della vita, grazie ai contributi di Geneviève Warwick, Jeremy Wood, Lucia Sacchetti Lelli e della scrivente, che, dopo le critiche denigratorie di Tiraboschi, Campori e Pungileoni, sulla via aperta da Arthur E. Popham all’inizio del Novecento, hanno riabilitato definitivamente questo grande conoscitore del disegno italiano, attivamente partecipe della vita culturale in Italia nella seconda metà del XVII secolo1. La vicenda biografica di Resta è ben nota. Durante la sua giovinezza trascorsa a Milano in parte presso il Seminario maggiore, il padre Filippo, modesto pittore, lo indirizzò verso il mondo artistico, sia mettendolo a scuola presso Ercole Procaccini il Giovane, illudendosi sulle sue qualità pittoriche, sia iniziandolo ai meccanismi del mercato dell’arte, che rimase l’attività caratteristica e più spiccata della sua futura carriera. Trasferitosi a Roma intorno al 1661, quando entrò a far parte della Congregazione *  Si ringrazia per i diversi aiuti che abbiamo ricevuto in questo lavoro: il personale della Biblioteca Apostolica Vaticana, la Bibliotheca Hertziana, Marco Simone Bolzoni, Giulia Bonardi, Michela Corso, Valentina D’Urso, Mario Epifani, Silvia Ginzburg, Manuela Gobbi, Francesco Grisolia, Barbara Jatta, Riccardo Naldi, Francesca Rossi, Isabella Rossi, Andrea Zezza. 1   La bibliografia su Resta è talmente ampia, che si danno qui solo i testi fondamentali: A. E. Popham, Sebastiano Resta and his Collections, in Old Master Drawings 11 (1936-1937), pp. 1-19; G. Bora, I disegni del Codice Resta, Cinisello Balsamo 1976; G. Fusconi, S. Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta a Sebastiano Resta collezionista: il Piccolo Preliminare al Grande Anfiteatro Pittorico, in Prospettiva 33-36 (1983-1984), pp. 237-249; J. Wood, Padre Resta as a Collector of Carracci Drawings, in Master Drawings 34, 1 (1996), pp. 3-71, rinviando alla monografia di G. Warwick, The Arts of Collecting. Padre Sebastiano Resta and the Market for Drawings in Early Modern Europe, Cambridge 2000, ed alla recensione di S. Prosperi Valenti Rodinò, Postille a padre Sebastiano Resta, in Paragone 40 (2001), pp. 60-86. Il ritratto di padre Resta pubblicato alla Fig. 1 è di Pier Leone Ghezzi, e conservato alla BAV, Ott. Lat. 3112, f. 21, con ampia didascalia sul padre appena deceduto l’11 luglio 1714.

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Simonetta Prosperi Valenti Rodinò

Fig. 1  Pier Leone Ghezzi, Ritratto di padre Sebastiano Resta, B.A.V, Ott. Lat. 3112, f. 21.

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dei Filippini, risiedette alla Chiesa Nuova sino alla morte avvenuta nel 1714: qui si segnalò ben presto per i suoi interessi storico-artistici legati in particolare al collezionismo ed al mercato del disegno, per le sue doti di esperto conoscitore di grafica, e non ultimo per le sue qualità di mediatore e procacciatore di materiali artistici, intessendo intensi traffici tra Roma, Bologna, Milano, Venezia, Palermo, Pistoia e vari altri luoghi. La rete di relazioni da lui creata con rara abilità gli diede l’opportunità di entrare in contatto con i maggiori acquirenti, mecenati e personaggi dell’aristocrazia e del mondo ecclesiastico, oltre che con proprietari di botteghe presenti a Roma in quegli anni, interessati all’acquisto di dipinti ed opere d’arte d’ogni genere, come attestano i suoi numerosi scritti pervenutici: le nutrite postille apposte in vari testi di letteratura artistica (tra le quali i Vasari che qui prendiamo in esame), le divertenti glosse vergate in margine ai suoi disegni, come vedremo più avanti, ma soprattutto i carteggi con antiquari, eruditi, teorici tutti faccendieri come lui, quali a Roma il pittore Giuseppe Ghezzi e l’erudito Giovan Pietro Bellori, a Bologna Giuseppe Magnavacca e il biografo Carlo Cesare Malvasia, a Perugia lo storico oratoriano Giovan Francesco Morelli, a Palermo padre Girgenti e Giuseppe Del Voglia, a Torino il beato Sebastiano Valfré, a Firenze il collezionista Niccolò Maria Gabburri, e a Pistoia il vescovo Matteo Marchetti, suo acquirente privilegiato2. Pur risiedendo stabilmente a Roma, come si è detto, Resta viaggiò spesso verso Nord – nel 1690 fece un viaggio a Milano in compagnia del pittore Giuseppe Passeri, con lunga sosta a Bologna, per curare i suoi interessi nelle divisioni ereditarie con i fratelli – e verso Sud, in particolare a Napoli dove nel 1683 andò a tener compagnia al viceré marchese del Carpio ammalato: dalle postille al Vasari risulta però che già nel 1678-1679 egli si era recato nella città partenopea, e difatti nelle sue glosse non manca di apporre rettifiche e precisazioni su varie opere esposte nelle chiese napoletane, dimostrando una conoscenza approfondita del patrimonio artistico pubblico e privato presente in quella città3. 2   Per i carteggi di Resta, indicizzati dalla Warwick, The Arts of Collecting cit., pp. 267-268, pubblicati in piccola parte anche da G. G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI, e XVII, Roma 1759, III, pp. 323 -351, si veda anche L. Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes. Giovan Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo, collezionista e mecenate a Pistoia (1647-1704), Firenze 2005; M.R. Pizzoni, Resta e Bellori, intorno a Correggio, in Studi di Memofonte, 8 (2012), pp. 53-78. 3   Dalle postille ai volumi Riserva e Cicognara si evincono le date del suo viaggio a Napoli nel 1678 e 1679: in Riserva p. 731, rigo 13 cita la copia di Penni dalla Trasfigurazione di Raffaello nella chiesa napoletana di Santo Spirito degli Incurabili; in Riserva p. 829, rigo 22 comunica di aver visto la pala di Girolamo da Cotignola raffigurante l’Adorazione dei Magi nel monastero di Monteoliveto; in Riserva e Cicognara, p. 851, rigo 19 cita il dipinto del

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Simonetta Prosperi Valenti Rodinò

Era consuetudine di Resta riempire di postille testi di storiografia artistica in suo possesso4, come già detto, nonché apporre in calce ai disegni da lui sistemati in volume dense note con indicazioni sull’autore – vero o presunto – e la provenienza dei fogli, oltre a molte altre notizie o pettegolezzi, dai quali emerge un vivissimo quadro della società e del mondo degli antiquari del suo tempo. Anche le postille ai due esemplari delle Vite del Vasari conservate nei ricchi fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana, e qui pubblicate integralmente, rientrano in questa tipologia di ‘fonti’ per ricostruire il variegato ambiente che Resta frequentava a Roma. Molti infatti sono i personaggi il cui nominativo ricorre in queste postille, in particolare collezionisti e possessori di dipinti: va precisato che seppure tacciato di poca credibilità, Resta è invece molto attendibile sulle notizie che dà su provenienze di dipinti ed ancor più di disegni presenti al suo tempo in collezioni romane e non. Se non costituiscono novità le informazioni su quadri (Riserva, p. 583, rigo 27: Correggio) e disegni di Giulio Romano e Polidoro (Cicognara, pp. 813 accanto al titolo della biografia; 890, rigo 19) presenti nella collezione della regina Cristina di Svezia, o sui dipinti conservati nelle note collezioni Borghese (Riserva, p. 564, rigo 29: Leonardo; p. 786, rigo 20: Dossi) e Barberini (Riserva, pp. 564, rigo 29; 567, rigo 19: Leonardo; p. 659, rigo 4: Raffaello; 958, rigo 5: Michelangelo), molto interessanti appaiono le notizie su opere in possesso di Orazio Spada (Riserva, p. 854 nel margine inferiore: Palma il Vecchio), del cardinal Pio (Riserva, p. 786, rigo 20: Dossi) e del marchese Serra (Cicognara, p. 851, rigo 19: Parmigianino). Passando poi alle raccolte di disegni del suo tempo, di cui era particolarmente al corrente, le informazioni fornite dal filippino in questo settore sono molto attendibili, pur nella loro approssimazione, e costituiscono spesso l’unica fonte per ricostruire provenienze e consistenza di fondi: è il caso della collezione di Pietro Stefanoni, antiquario e mercante in contatto con Cassiano dal Pozzo e Peiresc, dai cui eredi Resta riuscì ad acquistare fogli attribuiti al Mantegna (Cicognara, p. 511, righi 25-28) ed a Correggio5; di Gaspar de Haro y Guzmán marchese del Carpio, noto collezionista di cui il filippino cita vari disegni di Peruzzi (Cicognara, p. 721, rigo 23), di Andrea del Sarto e di altri, notizie sicure perché egli non solo gli donò vari studi, ma fu anche consulente a Napoli del marchese, sistemandogli i volumi di grafica; del cardinal Gasparo de’ Cavalieri Parmigianino nella collezione del marchese Serra; nei suoi viaggi napoletani Resta aveva avuto modo di ammirare le opere di Andrea da Salerno, come specifica in varie sue note (cfr. Riserva p. 832, riga 8 nel margine inferiore e nota relativa). 4   Su tale punto si rinvia al saggio di Barbara Agosti, pp. 37-38. 5  I. Rossi, Pietro Stefanoni a Ulisse Aldrovandi: relazioni erudite tra Bologna e Napoli, in Studi di Memofonte, 8 (2012), pp. 3-30.

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(cardinale dal 1686), erede e discendente di quel Tommaso de’ Cavalieri che fu omaggiato da Michelangelo di vari suoi pensieri, nucleo fondante della raccolta di grafica di famiglia, e da cui il filippino ebbe in dono disegni dello stesso Buonarroti e di un certo ‘Bologna’ (forse Tommaso Vincidor?), rivelatisi poi opere di Ercole Setti6. Resta infine si mostra assai ben informato riguardo alla collezione di Mario Accoramboni, poi ereditata dal figlio Ugo: nella glossa a margine della descrizione vasariana del cartone di Baldassarre Peruzzi raffigurante l’Adorazione dei Magi, registra di averne visto il disegno esposto nella mostra in San Salvatore in Lauro, notizia confermata da Giuseppe Ghezzi che, essendo cronista e segretario di tali esposizioni, ne segnala la provenienza dalla stessa collezione Accoramboni7. Altrettanto credibile sembra essere l’affermazione di Resta che la principessa di Palestrina, identificabile con molto probabilità in Olimpia Giustiniani moglie di Maffeo Barberini, gli abbia donato disegni di Michelangelo (Cicognara, p. 952, 958; Riserva, p. 958) e di Leonardo, forse in cambio di prestazioni o consulenze da lui offerte, anche se nessun’altra fonte antica attesta tale interesse da parte della nobildonna. Da segnalare anche la postilla relativa ad uno studio di Andrea del Sarto raffigurante la Disputa della Trinità, conservato nella raccolta di papa Clemente XI Albani (Riserva, p. 750), non individuato: considerando che Resta conosceva bene la collezione, in quanto aveva avuto rapporti diretti con Carlo Antonio dal Pozzo, Carlo Maratti e Vicente Victoria, i fondi dei quali furono acquistati dagli Albani, anche questa notizia va considerata attendibile. La raccolta di disegni di Resta Ma il vero capolavoro di Resta, alla cui realizzazione dedicò tutta la sua vita, fu la creazione della sua ingente raccolta di disegni che, ad una stima assai approssimativa per difetto, ammontava a più di 30 volumi per un totale di almeno 4.000 o 5.000 fogli8. Motore di questo grande progetto fu l’ambizione del filippino di ricostruire il percorso storico dell’arte italiana attraverso il disegno, delineare cioè una sorta di ‘storia dell’arte in figura’ organizzata in sequenze cronologiche e per scuole, secondo criteri storiografici che risalivano al Vasari, a partire dalla rinascita giottesca 6   Cfr. nota a Riserva p. 986, rigo 16: per un’analisi di questo nucleo si rinvia a S. Prosperi Valenti Rodinò, I disegni del Codice Resta di Palermo, Cinisello Balsamo 2007, pp. 30-32. 7  Riserva p. 722, rigo 28 e nota relativa. In un altro passo Resta attesta di aver visto presso Mario Accoramboni una scultura « in abbozzo » attribuita a Michelangelo della Pietà Bandini (Riserva p. 987, righi 17-18; Cicognara p. 987, rigo 17). 8   Questa stima è necessariamente molto generica: argomentata dalla Warwick, The Arts of Collecting cit., pp. 8-14, cui si rinvia, è a mio avviso da aumentare, ma un calcolo esatto è impossibile, considerando la capillare dispersione dei volumi Resta.

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all’inizio del XIV secolo, passando alla grande epoca del Rinascimento, sino ai suoi tempi. I suoi volumi, per lo più monografici, erano corredati da un titolo programmatico, posto nel frontespizio, in cui il filippino dichiarava le finalità che voleva perseguire, cui faceva seguito la sequenza dei disegni incollati sulle pagine spesso con ricche cornici, concepita in coerenza al soggetto prescelto. Se questa ricostruzione si fondava talvolta su una connoisseurship non più condivisibile, in particolare per i disegni più antichi, il grande merito di Resta fu di aver affrontato tematiche e scuole pittoriche assai poco note ed apprezzate al suo tempo, dimostrando grande apertura di orizzonti rispetto alle sue fonti storiografiche quali Vasari o Bellori, oltre ad una spiccata autonomia critica, oggi pienamente riconosciutagli. Egli infatti fu fortemente impegnato sul fronte storiografico nella rivalutazione del Correggio e della scuola emiliana attraverso il disegno, così come della scuola lombarda e veneziana – settori dell’arte italiana sorvolati dal Vasari, come noto – per non parlare del grande apprezzamento da lui professato per la produzione grafica degli artisti del tardo manierismo italiano. Resta sistemava i suoi libri di disegni per poi venderli a eruditi, collezionisti o corrispondenti per ricavarne denari destinati a finanziare le ‘opere pie’ promosse dalla Confraternita dei Filippini. Solo pochi dei molti volumi da lui assemblati sono sfuggiti allo smembramento, giungendo a noi ancora intatti: si tratta della cartella di studi dall’antico di Rubens, donata nel 1686 dallo stesso Resta alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, del Libro d’Arabeschi inviato alla fine del 1689 a Palermo all’oratoriano padre Giuseppe Del Voglia e pervenuto per misteriosi passaggi nell’attuale Biblioteca Comunale di quella città; del Correggio in Roma giunto un po’ mutilo al British Museum di Londra; del Piccolo Preliminare all’Anfiteatro pittorico confluito nella Biblioteca Nazionale di Roma; del volumetto di studi di Ambrogio Figino, acquistato poi dal Gabburri, quindi da Kent ed oggi conservato nella Pierpont Morgan Library a New York; ed infine della celebre Galleria Portatile finita di sistemare intorno al 1703 e venduta da Resta a monsignor Giberto Borromeo, che la lasciò all’Ambrosiana dove si trova tuttora9. Ma assai più numerosi sono i volumi sciolti, i cui disegni hanno subito una dispersione capillare e sono sparsi oggi nei musei di tutto il mondo, a seguito di rocambolesche vicende che qui si riassumono in breve. Il nucleo più importante, composto di ben 16 volumi – tra i quali spiccavano la 9  Per la elencazione di questi tomi, con ampia bibliografia precedente, si rinvia a Warwick, The Arts of Collecting cit., pp. 6-14, a Prosperi Valenti Rodinò, I disegni del Codice Resta cit., pp. 15-19; Ead., ‘Bagatelle’ sparse d’Ambrogio Figino nella raccolte di Sebastiano Resta, in Paragone 64 (2013), pp. 64-89.

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Serie Grande in Quattro Tomi, splendida panoramica della grafica italiana attraverso vari secoli e scuole, Senatori in gabinetto, Saggio de Secoli, Cartellone dei Correggeschi, Arte in tre stati, Felsina vindicata contra Vasarium, Parnaso dei pittori, l’Anfiteatro pittorico – fu venduto da Resta a monsignor Marchetti tra gli anni 1698 e 1703; ma il vescovo, morendo nel 1704, non aveva saldato tutti i suoi debiti con il filippino. Gli eredi si videro costretti ad alienare la maggior parte della raccolta, che nel frattempo aveva attirato gli interessi dell’agente inglese John Talman, ad un prezzo assai inferiore a quello pattuito da Resta con il loro zio, dopo aver restituito al povero filippino cinque dei suoi tomi. Gli altri 11 volumi raggiunsero l’Inghilterra dove furono acquistati subito da Lord Somers: alla morte di questo proprietario, i tomi furono sciolti e venduti in un’asta pubblica a Londra nel 1717, non senza che prima Jonathan Richardson, noto collezionista e teorico inglese di primo Settecento, avesse fatto copiare tutte le note apposte da Resta nei volumi stessi, contrassegnando sia i volumi che la sequenza dei fogli, gli uni con una lettera e l’altra con il numero progressivo dei disegni. Questa trascrizione ed indice, riportati nel ms Lansdowne 802 oggi nella British Library di Londra, costituiscono la fonte più preziosa per la ricostruzione della provenienza Resta/Somers dei fogli dispersi da allora per il mondo10 ed anche noi faremo spesso riferimento a questo manoscritto nel commento alle postille vasariane. I disegni citati nelle postille Questa lunga digressione sulla complessa storia della sorte subita dalla raccolta del filippino è resa necessaria dal fatto che Resta era solito citare i disegni di sua proprietà, sistemati nei volumi, nelle varie postille da lui disseminate nei più svariati testi: e i due esemplari delle Vite di Vasari della Biblioteca Apostolica Vaticana non fanno eccezione a questa regola. Infatti in entrambi gli esemplari abbondano riferimenti a fogli in suo possesso, segnalati per lo più da uno scarno accenno « io l’ho », e spesso assai difficili da identificare11. Per i disegni più antichi, risalenti ad artisti dei secoli XIV e XV, assai rari da ritrovare sul mercato anche allora, per i quali si è parlato di un precoce interesse da parte di Resta per ‘la fortuna dei 10  Anche per questa complessa vicenda, ricostruita per primo da Popham, Sebastiano Resta cit., pp. 1-15, e poi ripresa da tutti i testi successivi che trattano della raccolta Resta/ Somers, si rinvia alla monografia della Warwick, The Arts of Collecting cit. 11  Si dà qui di seguito un riepilogo sommario dei disegni più significativi citati da Resta nelle postille, sia quelli individuati sia quelli dispersi, dei quali si è ricostruita la storia collezionistica e la collocazione all’interno dei libri di disegni del filippino, rinviando all’apparato di commento alle postille di M. R. Pizzoni. Si veda anche l’Indice dei disegni citati.

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primitivi’, le citazioni sono scarne e si tratta per lo più di fogli di attribuzione fantasiosa e non attendibile: lo studio da lui ritenuto opera di Giotto per la Cappella Baroncelli in Santa Croce a Firenze, identificato nel foglio oggi a Princeton già nel volume Parnaso de pittori12, è in realtà di ambito veronese del XV secolo; quello da lui ritenuto originale di Masaccio per la Sagra del Carmine, identificabile nel foglio al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze, si è rivelato copia di Andrea Boscoli13, quindi più tardo di due secoli; altrettanti dubbi solleva l’attribuzione a Donatello di un disegno per la statua della Dovizia, più volte citato da Resta, ma non identificato14; « una figura che si cava una calza in tre modi » di Mantegna citata ben due volte (Riserva p. 511, rigo 32; Cicognara p. 511, righi 2528), un foglio di Benozzo (Riserva p. 422, rigo 16), vari studi di Perugino (Cicognara pp. 547, 548), per lo più non identificati. Resta inoltre credeva di possedere un originale di Filippino Lippi, rivelatosi copia15; uno studio che credeva di Pinturicchio e preparatorio per la prima cappella in Santa Maria del Popolo, finito al British Museum con l’attribuzione più credibile a Bernardino Fungai16; uno studio di Tre Apostoli che riteneva di Cosimo Rosselli preparatorio per l’Ultima Cena nella Cappella Sistina, oggi a Cambridge, Fitzwilliam Museum, dove è registrato come copia dal Perugino17; ed infine riteneva lo studio di un Battesimo di Cristo, oggi a Cambridge, Fitzwilliam Museum18, opera del Verrocchio 12   Lansdowne 802 i 9: disegno citato in Riserva, p. 140, rigo 20 e nota relativa: cfr. G. Bonardi, Resta e i disegni dell’antica scuola lombarda, in Dilettanti del disegno nell’Italia del Seicento. Padre Resta tra Malvasia e Magnavacca, a cura di S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2013, pp. 142-44, fig. 55; S. Prosperi Valenti Rodinò, Resta e la fortuna dei (cosiddetti) primitivi, in Forme e storia. Scritti di arte medievale e moderna per Francesco Gandolfo, a cura di W. Angelelli, F. Pomarici, Roma 2011, pp. 553-562. 13   Eadem, Resta e la fortuna cit., pp. 554-558, fig. 2: Firenze Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 74 E. 14   Riserva, p. 338, rigo 6; Cicognara, p. 338, righi 6-7. Probabilmente il disegno fu diviso in due parti inserite l’una nel Cartellone dei Correggeschi e l’altra nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi: Lansdowne 802 g 17. 15   Riserva p. 517, rigo 2; Cicognara p. 517, rigo 3 e note relative, identificabile in quello citato in Lansdowne 802 g 64 e 65, oggi a Oxford, Christ Church College, inv. 0022: J. Byam Shaw, Drawings by Old Masters at Christ Church. Oxford, Oxford 1976, I, cat. 39 p. 43, come copia da Filippino Lippi. 16  Cicognara p. 526, rigo 31, e nota relativa, identificabile in Lansdowne 802 g 124, conservato a Londra, British Museum, inv. 1860-6-16-79: cfr. A. E. Popham, Ph. Pouncey, Italian Drawings in the British Museum. The fourteenth and fifteenth centuries, London 1950, I, cat. 59. 17  Cicognara p. 456, rigo 12 e nota relativa: citato in Lansdowne 802 g 62, oggi a Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. 3019: cfr. D. Scrase, Italian Drawings in the Fitzwilliam Museum Cambridge, Cambridge 2011, cat. 523, p. 510. 18   Cicognara e Riserva pp. 465, righi 17-19; p. 645, rigo 18: citato in Lansdowne 802 g 46, oggi a Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. 3092: cfr. Scrase, Italian Drawings cit., cat. 519,

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nel recto mettendolo in relazione con il dipinto per San Salvi oggi agli Uffizi, e di conseguenza, leggendo il Vasari, arrivava ad attribuire l’angelo nel verso a Leonardo, senza curarsi affatto dello stile ed equivocando sul riferimento al dipinto, che forse non aveva sotto gli occhi, ma il disegno è ora più opportunamente riferito a cerchia del Perugino. Se i disegni più antichi citati dal filippino nelle postille hanno attribuzioni oggi insostenibili, la più parte dei fogli da lui ritenuti di grandi maestri, in particolare quelli riferiti a Raffaello19 ed a Michelangelo20, è oggi identificabile perché probabilmente si trattava di copie. La questione invece cambia radicalmente per gli artisti del pieno Cinquecento, dei quali Resta possedeva fogli di prima scelta e di attribuzione per lo più sicura, sia perché questi erano più facilmente rintracciabili sul mercato e con prezzi congrui per le sue possibilità economiche, sia perché egli era guidato da un’approfondita conoscenza dello stile e delle opere realizzate dai molti pittori attivi nel XVI secolo nei maggiori centri italiani, da lui frequentati in tanti anni. Scorrendo infatti tanto gli indici dei volumi del Lansdowne 802, quanto le postille a Vasari e ad altri testi, emerge che Resta aveva disseminato nei suoi volumi molti fogli dei più svariati artisti italiani del Cinquecento, appartenenti ad ogni scuola, per molti dei quali le attribuzioni del filippino sono ancora valide, sulla base dell’attendibilità dei pochi individuati. Tra i vari disegni citati nei testi vasariani primeggiano gli allievi di Raffaello, Giulio Romano in particolare, che il padre apprezzava molto per essersi occupato in prima persona di sistemare nella Biblioteca Vallicelliana il bel cartone della Lapidazione di Santo Stefano donato agli Oratoriani dal musico Nicolini nel 167021; Perino del Vaga, Giovan Francesco Penni, Polidoro da Caravaggio, di cui seppure tra tante copie, possedeva un tacpp. 506-507, dove viene argomentata e discussa l’attribuzione di Resta insostenibile, a favore di quella più corretta a Cerchia di Perugino. 19   Riserva e Cicognara pp. 639 e 667. Resta aveva dedicato ai disegni di Raffaello tutto il libro A, composto solo da 10 fogli; altri fogli erano sparsi in altri volumi, ed erano in molti casi copie, come attestano alcuni oggi a Chatsworth, collezione Devonshire: M. Jaffé, The Devonshire Collection of Italian drawings. Roman and Neapolitan Schools, London 1994, cat. 326 (Lansdowne 802 h 16), cat. 328 (ibidem, i 84), e forse anche cat. 330, Ritratto di Giulio II, di cui è segnata solo la provenienza Richardson, ma da identificare con molta probabilità nel disegno citato da Resta nella postilla a Cicognara p. 648, righi 3-4. 20   Riserva p. 987, rigo 8, 17-21 e note relative. 21   La notizia, riportata nella postilla Cicognara p. 885, rigo 13 e nota relativa, ha consentito di ricostruire questo episodio a G. Incisa della Rocchetta, Il cartone della « Lapidazione di s. Stefano » di Giulio Romano. Come lo ebbe, come lo perdette, e come invano lo rivendicò la Congregazione dell’Oratorio di Roma, in Oratorium I (1970), pp. 48-61. Per la discussione dei disegni di Giulio Romano posseduti da Resta si rinvia a S. Prosperi Valenti Rodinò, I disegni di Giulio Romano nella raccolta di padre Sebastiano Resta, in Giulio Romano e l’arte del Cinquecento, a cura di U. Bazzotti, Modena 2014, pp. 117-135.

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cuino di schizzi originale acquistato dal pittore di Messina Agostino Scilla suo amico, tra i quali figurava lo studio per un arco trionfale in onore di Carlo V, oggi al Victoria and Albert Museum di Londra22. Assai rilevante per documentare l’occhio attento da conoscitore del filippino, è la postilla in cui egli confuta l’affermazione del Vasari che Raffaello abbia realizzato tutti i disegni per le Logge Vaticane23: con il pragmatismo che lo caratterizzava, e partendo dall’analisi dei disegni sotto gli occhi, Resta anticipa la lettura critica avanzata solo nel XX secolo da Pouncey, Gere e Dacos sul cantiere delle Logge, restituendo a Giulio Romano, Vincenzo Tamagni e Tommaso Vincidor detto il Bologna un ruolo determinante come inventori oltre che esecutori, aggiungendo poi anche Giovanni da Udine in un’altra postilla, del quale ripete di aver avuto un disegno di grottesche datato 1518, e di averlo inviato a Palermo al padre Del Voglia perché lo mettesse come frontespizio al suo Libro d’Arabeschi24. All’intelligente selezione operata da Resta non mancavano fogli di Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino, Parmigianino, Sebastiano del Piombo, ma anche Pellegrino da Modena, Cristoforo Gherardi e Taddeo Zuccaro, con studi oggi purtroppo per lo più non individuati. Da segnalare infine, ad ulteriore documento della già evidenziata apertura di Resta, la presenza nella sua raccolta di due studi del Pordenone, un artista davvero poco considerato nella Roma del suo tempo, ma per lui significativo quale retaggio della sua formazione lombarda. Di questo pittore egli possedeva lo studio per la facciata del palazzo D’Anna a Venezia, rintracciabile oggi nel foglio al Victoria and Albert Museum a Londra, disegno di grande valenza artistica e documentaria, perché l’opera lì studiata è perduta25. Un dato assai interessante che emerge da queste postille al Vasari sono le frequenti citazioni fatte da Resta di disegni in suo possesso dei più rilevanti pittori veneziani del tardo Quattrocento e del primo Cinquecento – Bellini, Carpaccio e Giorgione – artisti dei quali, come noto, Vasari aveva tralasciato se non addirittura negato le capacità disegnative. Quest’episodio viene a sottolineare la posizione anticonvenzionale del filippino ed il suo ampio ambito di conoscenze ed apertura verso l’arte dell’Italia setten22   Cicognara p. 822, righi 26-27: cfr. L. Hyerace, Agostino Scilla collezionista: le raccolte di monete, medaglie, disegni e anticaglie, in Wunderkammer siciliana, alle origini del museo perduto, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo Abatellis, 4 novembre 2001 – 31 marzo 2002) a cura di V. Abbate, Palermo 2001, pp. 55-60. 23  Cicognara p. 664, righi 9-10. Per il disegno raffigurante una figura inginocchiata, schizzato da Resta in quel punto, si rinvia più avanti a nota 49, p. 24, fig. 15. 24   Per quest’episodio, tante volte riportato da Resta, si veda Prosperi Valenti Rodinò, Il Codice Resta cit., p. 18. 25   Cicognara p. 791, rigo 25 e nota relativa: cfr. V. Romani, Su Vasari e i pittori veneziani, in Giorgio Vasari e il cantiere delle Vite del 1550, a cura di B. Agosti, S. Ginzburg, A. Nova, Venezia 2013, pp. 105-119, fig. 4, p. 110.

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trionale, sia veneta che lombarda. Le citazioni sono spesso assai generiche, tali da non consentire sempre un’identificazione certa di molti fogli, ma anche da queste brevi note traspare l’orgoglio dell’attento collezionista ben consapevole di possedere un nucleo di disegni veneziani di grandissima rilevanza, degni di competere in tutto con i grandi disegnatori di cultura tosco-romana. Ed anche se quest’aspetto non può essere annoverato nella polemica antivasariana del Seicento, esso costituisce almeno una conferma della totale indipendenza di giudizio più volte manifestata da Resta nell’ambiente culturale romano e centro-italiano del suo tempo, dominato ancora dalla tradizione vasariana legittimata a Roma da Bellori e da Baldinucci a Firenze. Come sta emergendo di recente agli studi, Resta possedeva infatti uno splendido nucleo di disegni veneziani, anche se non è ancora stata individuata la fonte di questo notevolissimo materiale, che è poco probabile che egli potesse trovare a Roma: anche se egli cita il pittore veneto « Guerra », da identificarsi probabilmente con il pittore e falsario Giuseppe Guerra (che per altro gli procura un disegno delle Marie per la Deposizione di Raffaello26), e se è documentato che l’amico bolognese Magnavacca gli procurò nel 1690 un disegno da lui ritenuto di Giovanni Bellini (k 7)27, purtroppo non rintracciato, l’ipotesi più probabile è che egli sia stato in qualche modo in contatto con padre Ermanno Stroiffi (Padova 16161693), pittore, anch’egli oratoriano a Venezia, noto collezionista di disegni – alla sua morte lasciò una ricca raccolta di fogli veneziani – e mercante, se vendette al cardinal Leopoldo de’ Medici vari studi di Parmigianino e Palma il Giovane tutt’ora conservati agli Uffizi28. Non va dimenticato comunque il fatto che, negli anni in cui Resta acquistava, erano in atto lo smembramento e la vendita delle raccolte di Ridolfi e Boschini29, ed i disegni loro appartenuti erano disponibili sul mercato. Dalle postille vasariane emerge anche il fatto che Resta attribuiva a Giovanni Bellini tutti i bei fogli di tardo Quattrocento veneziano in suo possesso, oggi restituiti parte al fratello Gentile e parte a Vittore Carpaccio, ma che egli cita tutti insieme (« diversi disegni di queste opere io tengo nel mio primo libro ») a margine della breve Vita dedicata da Vasari ai   Cicognara p. 640, nel margine inferiore e nota relativa.   Il disegno è citato in Lansdowne 802, k 7, dove non è specificato il soggetto: dopo una lunga digressione sullo stile di Bellini, Resta aggiunge l’importante nota di provenienza del foglio « hauto in Bologna dal Sig. Giuseppe Magnavacca nel mio passaggio 1690 ». 28   Si veda Archivio del Collezionismo Mediceo. Il Cardinal Leopoldo, a cura di P. Barocchi: Volume I. Rapporti con il mercato veneziano, a cura di M. Fileti Mazza, Milano-Napoli 1987, ad indicem. 29  L’ipotesi, tutta da approfondire, mi viene suggerita da Stefania Mason, che qui ringrazio. 26 27

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tre Bellini30, ed ancora a margine della Vita di Carpaccio « con i disegni di Giovanni Bellini io li ho », quasi a conferma che egli avesse acquistato questo nucleo tutto insieme e con l’attribuzione cumulativa a Giovanni Bellini31. La bella serie di questi fogli, tutti posizionati nel Primo Tomo della Serie Grande a documentare l’eccellenza della scuola veneta, contava l’Andata al Calvario riferita a Jacopo Bellini nelle postille ma purtroppo non ancora individuata (g 24), il foglio raffigurante la « prima storia della Croce » forse identificabile con lo studio di Carpaccio oggi a Chatsworth, parte di una serie eseguita per i teleri perduti in Palazzo Ducale, oggi divisa tra Chatsworth e il British Museum, considerati dalla critica tra i fogli più vivaci e brillantemente narrativi del pittore veneziano32. Diverso il caso di Giorgione, di cui Resta credeva di possedere due o tre fogli, dei quali solo due rintracciati: uno di questi, raffigurante la Veduta di Montagnana e figure – secondo lui la veduta di Castelfranco – oggi a Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen, costituisce indubbiamente il foglio più rappresentativo dell’artista, oltre che il più sicuro, punto base per la ricostruzione del suo percorso grafico33. I disegni che Resta cita nelle postille ai due esemplari vasariani non facevano parte di un unico volume, ma erano variamente sparsi nei molti da lui venduti a Marchetti e poi passati in Inghilterra, come abbiamo visto. Tre di quei fogli però – si tratta della copia da Masaccio34, della copia dalla Madonna del Sansovino35, del fantasioso Ritratto di Beatrice d’Este da lui 30   Cicognara p. 450, nel margine inferiore e nota relativa: il libro di disegni citato è il Primo tomo della Serie Grande, indicizzato in Lansdowne 802, libro g, dove infatti erano stati posizionati i fogli attribuiti ai pittori veneziani Bellini, Carpaccio e Giorgione. 31   Cicognara p. 539, rigo 2 e nota relativa. 32   Cicognara pp. 447, accanto al titolo della biografia; 448, rigo 6; 450, nel margine superiore: ma, come si è detto, la citazione è molto sommaria e non consente ulteriori identificazioni. I disegni di Carpaccio, da Resta attribuiti a Giovanni Bellini, sono divisi tra Chatsworth, collezione Devonshire (g 29, g 35: Jaffé, The Devonshire Collection of Italian drawings. Venetian and North Italian Schools, London 1994, cat. 780, 781, con bibl. precedente) e Londra, British Museum: inv. 1897-4-10-1. Nella nota a Cicognara p. 539, rigo 2, Resta specifica di avere altri disegni di Carpaccio, forse riferendosi a quelli inseriti nel primo volume della Serie Grande, oppure ai disegni attribuiti a Carpaccio e connessi da lui ai teleri realizzati dall’artista per la Scuola di Sant’Orsola e inseriti nella Serie Grande (Lansdowne 802 g 35; Chatsworth, Devonshire collection, inv. 740 A, B: Jaffé, Venetian cit., cat. 781) e nel volume Trattenimenti Pittorici (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffici, inv. 1689 F: cfr. G. Agosti, Disegni del Rinascimento in Valpadana, Firenze 2001, p. 475). 33   Riserva p. 580, righi 16-17: per il disegno e la sua importanza si rinvia a W. R. Rearick, Il disegno veneziano del Cinquecento, Milano 2001, pp. 11, 16-20. 34   Riserva rigo 11, p. 287: GDSU 76 E. 35   Riserva p. 648, righi 33-34: GDSU 14357 F, individuata da M. Melani, Torrentiniane vasariane, postille e disegni di Padre Resta, in Mosaico. Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla, Napoli, 4, 2012, pp. 233-242: 235-236.

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ritenuto di Leonardo36 e della copia dal Battesimo di Cristo di Francesco Francia37 – provengono dal volume intitolato Trattenimenti pittorici, che ebbe una sorte diversa da quelli considerati sopra. Il volume, assemblato da Resta tra il 1699 e l’anno 1700, fu offerto da lui al suo più fedele acquirente Marchetti, ma questi rifiutò l’acquisto, perché oberato da troppi debiti38. Il nostro allora non si perse d’animo: spedì nel maggio del 1701 il volume a Madrid tramite il pittore napoletano Francesco Tanca, per offrirlo al re di Spagna Filippo V, utilizzando la mediazione del cardinal Portocarrero. Ma i suoi piani fallirono ed il volume rimase a Madrid, dove nel 1745 lo acquistò il collezionista fiorentino Giovanni Filippo Michelozzi (scomparso nel 1777) interessato all’acquisto di disegni e stampe, che lo riportò in patria: alla morte del Michelozzi, questa raccolta di grafica fu acquistata dal Pelli Bencivenni per le collezioni fiorentine39, ed il volume pervenne così nelle raccolte del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, dove ancora si trova, anche se purtroppo smembrato, e dove abbiamo potuto identificare i disegni citati da Resta nelle postille vasariane. Resta disegnatore Oltre che accanito grafomane, Resta era anche un solerte disegnatore: infatti era solito aggiungere vari schizzi di sua mano nei testi da lui postillati, nelle lettere inviate ai suoi corrispondenti e talvolta anche nelle note in margine ai disegni da lui raccolti in volume. Le postille ai due esemplari della Torrentiniana conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana non fanno eccezione a questa regola: esse recano numerosi schizzi e disegni, da attribuire a mio avviso allo mano dello stesso Resta, prove che aprono alla considerazione di un nuovo aspetto dell’attività del filippino, cioè quella di disegnatore40.   Riserva p. 665, rigo 29: GDSU 209 F.   Riserva p. 534, rigo 10: GDSU inv. 1449 F. 38   La ricostruzione del percorso di questo volume è possibile grazie alle lettere di Resta al Marchetti pubblicate da Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt cit., pp. 33-36. 39  Sul Michelozzi si veda T. Bonfanti, La collezione di stampe e disegni della famiglia Michelozzi di Firenze, in Arte Musica Spettacolo. Annali del Dipartimento di Storia delle arti e dello spettacolo, Università di Firenze II (2001), pp. 289 - 295. Sull’acquisto del volume da parte di Pelli Bencivenni si rinvia a M. Fileti Mazza, Storia di una collezione. Dai libri di disegni e stampe di Leopoldo de’ Medici all’Età moderna, Firenze 2009, pp. 34, 73, 293, in part. 313316 con l’esatta descrizione del Pelli di ogni foglio del volume, fatta prima di smembrarlo; da ultimo il repertorio di A. Petrioli Tofani, L’inventario settecentesco dei disegni degli Uffizi di Giuseppe Pelli Bencivenni, trascrizione e commento 4 voll., Firenze 2014. 40  Nell’esame delle postille di Resta al testo del Malvasia (S. Prosperi Valenti Rodinò, Resta e Malvasia: un dimenticato episodio della polemica antivasariana nel Seicento, in Dilettanti del disegno cit., pp. 12-13, 38 nota 32), ho segnalato la presenza di questi disegni senza soffermarmi ulteriormente su di essi. 36 37

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Come già detto, l’oratoriano, figlio del pittore milanese Filippo, era stato avviato dal padre alla pittura presso la bottega di Ercole Procaccini il Giovane, ma probabilmente senza successo, tanto che ben presto egli abbandonò quest’attività per la quale ebbe l’intelligenza e la modestia di accorgersi di non essere portato. Durante tutta la vita mantenne però l’abitudine ad eseguire disegni al fine di documentare opere da lui viste, o fogli di sua proprietà da vendere, o piante di edifici da ricordare, come si riscontra nei numerosissimi schizzi apposti nelle missive da lui inviate al bolognese Giuseppe Magnavacca, al pittore Giuseppe Ghezzi ed al vescovo Marchetti. Abbiamo addirittura rintracciato a Francoforte un suo disegno di paesaggio, modesta imitazione di uno di quei fogli dei Carracci da lui molto amati, siglato scherzosamente « io Sebastiano Resta / dilettante non pittore », documento di questa sua attività dilettantesca.41 Per tornare ai due testi del Vasari qui considerati, va detto che la maggior parte di questi disegni sono apposti sull’esemplare Cicognara; nei volumi Riserva invece, i due unici schizzi presenti sono direttamente attinenti al testo, e costituiscono un corredo visivo alle postille scritte da Resta. Il primo (Riserva p. 362, nel margine superiore) illustra le colonne del Bramantino nel portico di Sant’Ambrogio a Milano « fatto a tronconi » per usare le parole del glossatore; ed il secondo (Riserva p. 829, rigo 22), posto a conclusione del commento sulla tavola dipinta da Girolamo da Cotignola a Napoli nella chiesa di Monte Oliveto, è un appunto visivo dell’altare in cui era posto il quadro, da lui visto nell’anno 1679 (Fig. 2). I disegni presenti nei volumi Cicognara invece, più numerosi nel secondo e terzo tomo, sono di due tipologie, e corrispondono probabilmente a due diversi momenti d’esecuzione: i primi a matita nera e rossa, per lo più di figure, sono apposti nei margini laterali del testo stampato e, per quanto si è potuto appurare, non sembrano aveFig. 2  Sebastiano Resta, Altare della Adorazione dei Magi di Girolamo da Cotignola nella re connessioni dirette con le biografie chiesa di Monte Oliveto a Napoli (in G. Vasavasariane; inoltre molti di essi risultari, Le Vite…, Riserva IV. 5, p. 829) 41

  Prosperi Valenti Rodinò, Resta e Malvasia cit., p. 70, fig. 20.

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no tagliati, a documentare che il volume fu rifilato di qualche millimetro in epoca successiva. Gli altri invece a penna, meno numerosi ma più interessanti, sono schizzi apposti in aggiunta alle postille, tutti assolutamente correlati al testo in analogia con quelli dell’esemplare Riserva, tanto da poterli definire appunti figurati, fatti dal Resta per ricordare opere architettoniche o pittoriche da lui viste in varie città e contesti, durante i suoi numerosi viaggi. Si tratta di ‘postille figurate’ e quindi a tutti gli effetti materia da essere commentata in questa sede. Molte di queste raffigurano fabbriche architettoniche: è il caso dell’arcata del Duomo di Milano (Cicognara p. 227, rigo 15), dei due capitelli corinzi apposti a margine di un passo della Vita di Piero della Francesca (Cicognara p. 363, rigo 21) (Fig. 3); della cupola di Sant’Agostino a Roma, schizzata di fantasia a margine della citazione vasariana di quest’opera attribuita a Baccio Pontelli (Resta riprende la dizione del Vasari di Pintelli per Pontelli), con le date d’inizio e fine della fabbrica – 1470-1483 – (Cicognara p. 407, rigo 24); di soluzioni architettoniche del Bramante (Cicognara p. 599, nel margine esterno)42 (Fig. 4); di Palazzo Farnese, la cui facciata è affidata ad un disegno non fedele in margine alla Vita di Antonio da Sangallo (Cicognara p. 867, nel margine inferiore) (Fig. 5); del primo progetto per la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini a croce greca, visualizzata in uno schizzo nella Vita del Sangallo (Cicognara p. 871, rigo 18); e ritroviamo ben due volte schizzato un cavallo riferito al Verrocchio (Cicognara pp. 391, rigo 25; 466, rigo 14). Più interessanti sono alcuni schizzi attraverso i quali Resta sembra voler esprimere un suo parere, talvolta in contrasto con il Vasari: è il caso della tomba di Giovanni Crivelli di Donatello all’Aracoeli (Cicognara, p. 334, rigo 21) (Fig. 6), di cui Vasari non fa menzione, che suona quasi come aggiunta polemica al testo lacunoso dell’aretino; della veduta del complesso di Sant’Onofrio (Cicognara p. 573, margine inferiore) (Fig. 7), dove con la lettera A indica nel portico superiore la presenza di una Madonna con il Bambino e il donatore, anche questa non citata da Vasari, dipinto a quel tempo ritenuto di Leonardo, ma di cui Resta arriva a formulare la giusta attribuzione a Cesare da Sesto (Riserva p. 565, rigo 16). Nel caso invece di Giotto, di cui schizza a memoria la figura del cardinal Stefaneschi dal polittico in San Pietro (Cicognara p. 140, rigo 2) (Fig. 8), Resta aderisce completamente alla visione del Vasari, che vedeva in lui il rinnovatore del42   Il disegno è stato pubblicato da G. Morello, Il Salvatore del Bramante e le postille di padre Resta, in L’immagine di Cristo dall’acheropita alla mano d’artista. Dal tardo medioevo all’età barocca, a cura di C. L. Frommel e G. Wolf, Studi e testi 432, Città del Vaticano 2006, p. 182, fig. 4.

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Fig. 3  Sebastiano Resta, Capitelli e colonne (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. II, p. 363)

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Fig. 4  Sebastiano Resta, Architetture del Bramante per la cupola di San Pietro (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. II, p. 599)

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Fig. 5  Sebastiano Resta, Palazzo Farnese (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. II, p. 867)

la pittura in Italia nel Trecento, tale da influenzare l’arte non solo a Firenze, ma anche a Milano43. Nell’ottica larvatamente antivasariana il disegno più significativo è forse il ritratto del Correggio (Cicognara p. 585, margine inferiore) (Fig. 9), artista notoriamente sottovalutato dal biografo aretino, ma della cui rivalutazione Resta si fece promotore dalla metà del XVII secolo, ipotizzando per primo la necessità di un viaggio del pittore a Roma per un confronto con Raffaello, come la critica novecentesca gli ha poi riconosciuto. Si tratta di una specie di lapide quadrata, con l’immagine di profilo e la scritta sottostante « in simile andare era la fisionomia del Correggio », desunta dal ritratto presente nel volume del Sandrart, ma da considerare il ritratto più intenso del pittore emiliano tra i molti schizzati da Resta in altri contesti, quale ad esemFig. 6  Sebastiano Resta, Tomba di Giovanni Crivelli di Donatello all’Aracoeli (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. II, p. 334)

43

  Bonardi, Resta e i disegni cit, 2013, pp. 142-144, fig. B.

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Fig. 7  Sebastiano Resta, Chiesa e monastero di Sant’Onofrio (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 573)

pio quello nel volume della Galleria Portatile44. Dal momento che è questo l’unico ritratto di artista disegnato dal nostro nei tomi vasariani della Biblioteca Apostolica Vaticana, è da leggere forse come sottintesa polemica al Vasari che nell’edizione delle Vite del 1568, notoriamente illustrate dai ritratti degli artisti, non aveva inserito quello del Correggio. Vi sono poi alcuni schizzi che costituiscono un documento prezioso dei suoi viaggi in varie parti d’Italia: Loreto è ricordata dallo schizzo della cupola della Santa Casa, in margine alla Vita di Antonio da Sangallo a riprova di averla vista (Cicognara p. 625, rigo 31), anche se nella Vita di Andrea Sansovino, architetto di quella fabbrica, appunterà la Madonna di Loreto, seduta sulla Santa Casa e portata in volo da angeli, ma impostata secondo la più consueta iconografia seicentesca (Cicognara p. 703, rigo 22)45 (Fig. 10); Mantova dal putto in scorcio accanto alla citazione della Camera degli sposi del Mantegna (Cicognara p. 510), forse fatto a memoria; Napoli dall’altare che ospitava l’Adorazione dei Magi del Marchesi a Monte Oliveto (Cicognara p. 829, rigo 22) (Fig. 11), da lui visto nell’anno 1679 (Riserva p. 829, rigo 22: cfr. Fig. 2); Parma da uno dei Profeti dipinto dal Parmigianino alla Steccata (Cicognara p. 850, rigo 28) (Fig. 12). Considerando le numerose imprecisioni riscontrate in questi schizzi a penna – in particolare nella figura del cardinal Stefaneschi di Giotto, citata sopra, nonché nella facciata di Palazzo Farnese – è legittimo pensare 44  Per un riesame del problema aperto del ritratto di Correggio, di cui Resta si occupò in varie occasioni fornendo disegni e ritratti fantasiosi, si rinvia a A. E. Popham, Correggio in Roma, Parma 1958 e ultimamente a M. R. Pizzoni, « Il cuore va al gusto del Correggio »: episodi della fortuna dell’Allegri nelle raccolte di padre Sebastiano Resta, in Proporzioni XI-XII (2010-2011) pp. 69-91. Altri presunti ritratti di Correggio, uno con famiglia, sono inseriti nella Galleria Portatile: cfr. Bora, I disegni del Codice cit., cat. 74, 74bis, 76, 76/2. 45   Il disegno è stato pubblicato da Morello, Il Salvatore del Bramante cit., p. 182, fig. 5.

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Fig. 8  Sebastiano Resta, Il cardinal Jacopo Stefaneschi dal polittico di Giotto già in San Pietro (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. I, p. 140)

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Fig. 9  Sebastiano Resta, Ritratto del Correggio (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 585)

che Resta talvolta abbia fatto questi disegni a memoria, non davanti all’opera, ma nel suo studio con il testo del Vasari davanti, da lui consultato continuamente e tenuto in gran conto, nonostante le critiche frequenti mossegli in più di un’occasione46. In quest’ottica possono rientrare anche due schizzi: uno del portale nel cortile di Palazzo Della Valle con la lunetta dipinta da Raffaellino del Colle allievo di Giulio Romano, di cui Resta possedeva il disegno, che attribuiva a Giulio47 (Cicognara p. 886) (Fig. 13); e l’altro della perduta tavola concepita da Michelangelo giovane, raffigurante Le Stigmate di San Francesco, citata da Vasari, che Resta afferma di aver visto ed annotato nella sacrestia della chiesa di San Pietro in Montorio (Cicognara p. 952, righi 18-21)48 (Fig. 14).   È quanto sostiene anche Bonardi, Resta e i disegni cit., p. 142.  Resta cita anche altrove questo foglio di Raffaellino del Colle in suo possesso, sottolineandone la rarità nel catalogo dei disegni dell’artista. Meno rilevanti i disegnini di un vaso d’olio apposto a lato dei brani in cui Vasari descrive la tecnica della pittura ad olio: Cicognara, pp. 381, 427 48   Per la complessa vicenda di quest’opera giovanile di Michelangelo, dispersa, e per la testimonianza di Resta si rinvia alla nota 674 del commento. 46 47

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Non è chiaro se derivi dal dipinto o più verosimilmente da un disegno di sua proprietà lo schizzo di una figura inginocchiata, tratta dalla scena Dio appare ad Isacco nelle Logge Vaticane, da lui riferita a Pellegrino da Modena (Cicognara p. 727, rigo 8) (Fig. 15): esiste infatti un disegno oggi a Chatsworth, che corrisponde perfettamente allo schizzo, che Resta aveva inserito nel suo libro intitolato Secolo d’oro49. Infine l’ultimo gruppo di disegni a penna apposti sulle pagine dei testi vasariani riguarda volti molto caratterizzati, forse ritratti di personaggi dei quali è oggi impossibile avanzare qualunque identificazione, ma realizzati con grande vivezza e spontaneità, che ci spingono a rivalutare Resta come disegnatore. Si tratta di volti e profili di fanciulli (Cicognara pp. 618, 656, 678, 990) (Fig. 16), o di uomini con baffi ed ampia Fig. 10  Sebastiano Resta, Madonna di Loreto (in G. Vasari, capigliatura (Cicognara pp. Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 703) 654, 878=888) (Fig. 17), e di una fanciulla (Cicognara p. 734, 990) (Fig. 18), schizzata con tanta amorevole attenzione da spingerci a credere che si tratti di una persona di famiglia, come vedremo per le fanciulle ritratte a matita rossa più sotto. Se le ‘postille figurate’ sono sicuramente autografe del filippino – esse sono vergate con lo stesso inchiostro e grafia delle scritte – qualche dubbio 49   Per l’identificazione del disegno si rimanda alla nota di Maria Rosa Pizzoni a Cicognara p. 727.

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invece permane su chi sia l’autore dei numerosi disegni a matita nera e rossa apposti in margine alle biografie vasariane. Ma in base a confronti con gli abbozzi di teste femminili schizzati da Resta in alcune delle sue lettere inviate al vescovo Marchetti, pubblicate di recente50, ritengo che si possa qui avanzare, se pur con cautela, l’ipotesi che fu lo stesso filippino a realizzare questi studi sia per l’affinità dei soggetti che per lo stile. Si tratta per la maggior parte di volti e figure di bambine più volte ripetute, di fanciulle abbigliate con abiti lussuosi, corone e corpetti, di paggi in abiti da festa, di bambine sedute in atto di filare la lana con la conocchia (Cicognara pp. 676, 682, 706) (Fig. 19), ma vi sono anche giovinetti (p. 668, 689), donne nude (p. 650, 660, 782), tutti colti in una dimensione di familiarità che suggerisce che i protagonisti di questi schizzi siano personaggi di famiglia – sorelle o congiunti – fissati sulla carta con stile molto dilettantesco51. Alcune di queste figure, che sembrano dettate da un’iconografia precisa, come una Madonna col Bambino (p. 902), due studi di Gesù bambino su un cuscino (pp. 809, 857), accompagnato dalla scritta « Bellini Giovanni », o una Santa Lucia con la palma del martirio e l’attributo degli occhi (p. 934), o una figura allegorica (p. 615) (Fig. 20) potrebbero far pensare che si tratti di copie da dipinti esistenti (forse di scuola lombarda del tardo Cinquecento o veneta d’inizio secolo?), oppure da incisioni di scuola tedesca, come una testa di donna dai tratti nordici (p. 694). L’ipotesi che si tratti di copie si collega direttamente al problema dello stile e della formazione artistica di Resta: infatti sia la tecnica – matite rossa e nera – che lo stile di questi studi, incerti e assai deboli come abbiamo rilevato, rimandano alla grafica di Ercole Procaccini il Giovane, presso il quale il filippino fu a bottega per il suo apprendistato giovanile a Milano52. 50   Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes cit., fig. 31: le lettere sono conservate nell’archivio di famiglia a Pistoia. 51   Si fornisce qui di seguito l’elenco di questi studi a matita rossa e nera, alcuni dei quali ripassati anche a penna, senza riprodurli perché si tratta di disegni di bassa qualità, tutti presenti solo sull’esemplare Cicognara: pp. 590, 592, 601, 606, 610, 618, 620, 625-27, 630-32, 643-45, 647, 650, 653-55, 657, 659, 660, 665, 668, 676-77, 679-92, 696, 698, 704, 706, 708, 713, 716-18, 721, 723, 729, 731, 736-37, 742-43, 755, 758-61, 766, 777-78, 780, 782, 784-85, 788, 790, 792, 797-98, 800, 809, 814, 816, 818, 824, 832-33, 839, 841, 848-50, 852-53, 857-58, 867-68, 872, 878-80, 884, 888, 892, 894, 896-97, 902, 908-09, 926, 930-31, 934-35, 947-48, 953, 958-59, 964, 968, 970, 976, 978, 982. Vi sono poi varie prove di grafia, scarabocchi e altro: Cicognara, pp. 597, 617, 639, 705, 709, 745, 747, 752, 768, 770, 772, 826, 840, 844, 860, 864, 867, 878, 919, 923, 986. 52   Sulla grafica di Ercole Procaccini, assai poco studiata, si veda G. Bora, Sulla fortuna collezionistica del disegno lombardo nel Seicento: ‘difficoltà’ di Giulio Cesare Procaccini, in ‘Aux quatres vents’. A Festschrift for Bert W. Meijer, a cura di A. Boschloo, E. Grasman, G. J. Van der Sman, Firenze 2002, pp. 85-92.

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Fig. 11  Sebastiano Resta, Altare della Adorazione dei Magi di Girolamo da Cotignola nella chiesa di Monte Oliveto a Napoli (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 829)

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Fig. 12 Sebastiano Resta, Il Mosè del Parmigianino nella chiesa della Steccata a Parma (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 850)

Fig. 13 Sebastiano Resta, Lunetta di Raffaellino del Colle nel cortile di Palazzo Della Valle a Roma (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 886)

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Fig. 14  Sebastiano Resta, Stigmate di San Francesco (da Michelangelo?) (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 952)

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Fig. 15 Sebastiano Resta, Dio appare ad Isacco da Pellegrino da Modena nelle Logge Vaticane (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 727)

Fig. 16  Sebastiano Resta, Volti di giovani (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 618)

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Fig. 17  Sebastiano Resta, Volto maschile con baffi ed ampia capigliatura, mele e pere (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. [ma 878] 888)

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Fig. 18  Sebastiano Resta, Volto di fanciulla (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 734)

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Fig. 19  Sebastiano Resta, Fanciulle sedute che filano (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 706)

Fig. 20  Sebastiano Resta, Figura allegorica? (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390, vol. III, p. 615)

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Fig. 21  Sebastiano Resta, Frontespizio del Secondo Tomo (in G. Vasari, Le Vite…, Cicognara IV.2390)

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BARBARA AGOSTI

I  VASARI  DI  PADRE  RESTA

Le Vite di Giorgio Vasari (1511-1574) sono, insieme, motore primo e idolo polemico dell’attività del padre Sebastiano Resta come conoscitore di disegni e dipinti e come scrittore d’arte. Sebastiano, vorace lettore di fonti, guarda a Vasari attraverso la mediazione della letteratura artistica di carattere municipale e regionale che si era sviluppata a partire dalla seconda metà del Cinquecento e proprio in reazione all’edizione giuntina delle Vite (1568), programmaticamente incentrate sulla celebrazione del primato fiorentino, innescando una polemica che nel corso del secolo successivo sarebbe stata rinfocolata con speciale vigore dalla pur scorrettissima edizione delle Vite curata a Bologna nel 1647 da Carlo Manolessi, a sua volta fattore scatenante del monumentale progetto della Felsina pittrice (stampata a Bologna nel 1678) messo in opera da Carlo Cesare Malvasia (1616-1693), che insieme a Giovan Pietro Bellori (1613-1696) fu uno tra i principali referenti e modelli contemporanei del padre Resta1. In quanto appassionato studioso di contesti di cultura figurativa antichi e moderni rimasti di fatto ai margini della capitale ricostruzione della storia dell’arte in Italia elaborata dallo storiografo aretino; in quanto cul1  Sull’importanza dell’edizione Manolessi delle Vite per la storiografia artistica seicentesca: P. Barocchi, Premessa al commento secolare delle Vite [1966], in Ead., Studi vasariani, Torino 1984, pp. 3-34: 4, 7, 25-26; G. Perini, La biblioteca di Bellori: saggio sulla struttura intellettuale e culturale di un erudito del Seicento, in L’idea del bello. Viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni ed ex Teatro dei Dioscuri, 29 marzo-26 giugno 2000), a cura di E. Borea, C. Gasparri, Roma 2000, II, pp. 673-685, in particolare pp. 675, 678; E. Cropper, A plea for Malvasia’s Felsina Pittrice, in C. C. Malvasia, Felsina Pittrice. Lives of the Bolognese Painters. A critical edition and annotated translation, I, Early Bolognese Painting, a cura di E. Cropper e L. Pericolo, Center for Visual Advanced Study in the Visual Arts, National Gallery of Washington, Turnhout 2012, pp. 1-47: pp. 4-7; S. Prosperi Valenti Rodinò, Resta e Malvasia: un dimenticato episodio della polemica antivasariana nel Seicento, in Dilettanti del disegno nell’Italia del Seicento. Padre Resta tra Malvasia e Magnavacca, a cura di S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2013 pp. 11-43.

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Barbara Agosti

tore entusiasta della centralità di Correggio negli svolgimenti della « maniera moderna » e nella fioritura del « secolo d’oro »2, ed estimatore della produzione grafica e pittorica di aree eccentriche rispetto alla privilegiata tradizione tosco-romana, quali la Lombardia, Venezia, e il viceregno spagnolo, e ancora in quanto convinto sostenitore, in dialogo con l’amico Bellori, della specificità della scuola romana, il padre Resta si pone deliberatamente sulla scia dei numerosi autori, a lui ben noti, che si erano variamente impegnati sul fronte delle reazione antivasariana: dai cremonesi Alessandro Lamo e Antonio Campi, la cui Cremona Fedelissima città (1585) conobbe nel Seicento una rinnovata fortuna collegata alle origini cremonesi della famiglia dei Carracci, rilevate oltre che da Malvasia, pure da Baglione e da Bellori, e alle incisioni di Agostino che il volume conteneva3, al milanese Giovan Paolo Lomazzo, dai veneti Carlo Ridolfi e Marco Boschini al romagnolo Francesco Scannelli, da Malvasia al napoletano Carlo Celano, per richiamare solo qualche nome tra quelli che ricorrono più spesso nelle note del padre Resta tràdite dal manoscritto Lansdowne e in queste postille. È in larga misura attingendo alle notizie fornite da questi ed altri numerosi scrittori d’arte, combinate con la lettura stilistica dei materiali grafici a sua disposizione, che l’oratoriano si adopera a reintegrare nel tessuto della civiltà figurativa italiana artisti, e momenti, dimenticati dalla critica e dai gusti del mercato e del collezionismo dei suoi giorni, come ben attestano anche, guardate nel loro complesso, le osservazioni stimolate dalla lettura delle Vite. 2   Così si intitolava il volume di disegni dedicato alla stagione ‘aurea’ della grafica italiana, lungo la prima metà del Cinquecento, assemblato dal Resta come secondo tomo della sua Serie Grande, corrispondente al libro K nella trascrizione del ms Lansdowne 802 della British Library, su cui si vedano qui le pp. 7-9. 3   La provenienza da Cremona dei Carracci è indicata da G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, [Roma, 1642], a cura di J. Hess, H. Roettgen, Citta del Vaticano 1995, p. 106, e da G. P. Bellori, Le vite de’ pittori scultori e architetti moderni [Roma, Success. al Mascardi, 1672], a cura di E. Borea, Torino 1976, p. 33, e ivi p. 127 per le incisioni di Agostino nel libro di Antonio Campi, su cui si vedano: D. DeGrazia, Le stampe dei Carracci con i disegni, le incisioni, le copie e i dipinti connessi. Catalogo critico, edizione italiana riveduta e aumentata tradotta e curata da A. Boschetto, Bologna 1984, pp. 104-106, nn. 56-92; R. Barbisotti, Libri illustrati, intagliatori e incisori a Cremona nel Cinquecento, in I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento, catalogo della mostra (Cremona, Santa Maria della Pietà, 27 aprile-8 settembre 1985), a cura di M. Gregori, Milano 1985, pp. 333-346: pp. 343-345. Per questa lettura della impresa storiografica di Bellori si veda S. Ginzburg, I caratteri della scuola romana in Maratti e in Bellori, in Maratti e l’Europa, Atti delle Giornate di studio su Carlo Maratti nel terzo centenario della morte, (1713-2013), Roma, Palazzo Altieri-Accademia di San Luca, 11-12 novembre 2013, a cura di L. Barroero, S. Prosperi Valenti Rodinò, S. Schutze, Roma 2015, pp. 25-51.

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I VASARI DI PADRE RESTA

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Ma il testo di Vasari è per il padre Resta materia viva, e come tanti altri lettori prima di lui egli affida le proprie reazioni a caldo alla forma immediata delle postille a margine, una pratica di commento consueta all’oratoriano, del quale si conoscono diversi esemplari postillati di voci illustri della letteratura artistica. Sappiamo infatti da Angelo Comolli che alla fine del Settecento nella biblioteca Vallicelliana era ancora conservato il Trattato del Lomazzo con le postille del padre Resta, oggi disperso4; ed è nella sala di studio della medesima biblioteca che è stata rinvenuta una copia dell’Academia nobilissimae artis pictoriae di Joachim von Sandrart con le annotazioni al margine di pugno dell’oratoriano, spesso siglate5. L’oratoriano utilizzò anche tre diversi esemplari delle Vite dei pittori, scultori et architetti di Giovanni Baglione, glossati fittamente, ed oggi conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Biblioteca dell’Accademia dei Lincei e Corsiniana e la Biblioteca Nazionale Marciana6. Tra le opere degli storiografi contemporanei presenti sul suo tavolo da lavoro è stata recentemente riportata alla luce anche la copia della Felsina Pittrice di Malvasia, conservata nella Biblioteca degli Uffizi, corredata dalle rilevanti glosse del Resta7. Si conoscono da tempo le corpose annotazioni apposte dall’oratoriano all’Abecedario Pittorico pubblicato nel 1704 dal suo corrispondente bolognese padre Pellegrino Antonio Orlandi, il quale dopo la morte del Resta cercò, tramite Giuseppe Ghezzi, di recuperare gli appunti dell’amico per emendare il testo del proprio libro in vista della seconda edizione (1719)8. Vanno infine considerate le note del Resta ai due 4   A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne dell’abate Angelo Comolli, Roma 1788, I, p. 21, 2-27. Si veda anche R. P. Ciardi, Introduzione, in G. P. Lomazzo, Scritti sulle arti, a cura di R. P. Ciardi, 1973, I, pp. VII-XCII, in particolare p. LXXXIV nota 22). 5   A. Vannugli, Le postille di Sebastiano Resta al Baglione e al Vasari, al Sandrart e all’Orlandi: un’introduzione storico-bibliografica, in Bollettino d’Arte, 71 (1991), pp. 145-154: 154 nota 55. Come specifica Vannugli, l’esemplare dell’Academia chiosato dal Resta, che oggi risulta disperso, nell’edizione latina edita nel 1683, fu in consultazione dell’oratoriano fino agli ultimi anni della sua vita, poiché ancora nel 1711 vi apponeva una postilla. 6   Roettgen, in Baglione, Le vite cit., II, p. 39. 7   C.A. Girotto, A bibliographical history of the Felsina, e Id., Some bibliographical questions regarding Malvasia’s Felsina Pittrice (Bologna, erede di Domenico Barbieri, 1678), in Malvasia, Felsina Pittrice cit., pp. 49-88 e 89-139; Id., L’edizione del 1678 della Felsina Pittrice di Carlo Cesare Malvasia: varianti bibliografiche, lettori, postillatori, in Crocevia e capitale della migrazione artistica: forestieri a Bologna e bolognesi nel mondo sec. XVII, a cura di S. Frommel, Bologna 2012, pp. 81-91; Dilettanti del disegno cit., pp. 175-189. 8   G. Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario pittorico di Pellegrino Orlandi, in Studi storici in memoria di Mons. Angelo Mercati prefetto dell’Archivio Vaticano, raccolti a cura della Biblioteca Ambrosiana, Milano 1956, pp. 261-326; G. De Marchi, Giuseppe Ghezzi, in Sebastiano e Giuseppe Ghezzi protagonisti del barocco, catalogo della mostra (Comunanza, Palazzo Pascali, 8 maggio – 22 agosto 1999) a cura di G. De Marchi, Venezia 1999, pp. 21-106: 96; G. Perini Folesani, Orlandi, Pellegrino Antonio, (ad vocem), in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2013, 79, pp. 518-521.

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Barbara Agosti

esemplari degli Indici dei suoi volumi di disegni Parnaso de’ Pittori ed Arte in Tre Stati stampati nel 1707 a Perugia, che servivano a pubblicizzarne la vendita all’estero9. La densità e la varietà delle postille che corredano i due esemplari vaticani delle Vite vasariane attestano in primo luogo il corpo a corpo con quel testo, fonte irrevocabilmente primaria, compiuto dal Resta e dalla sua generazione, pur nello sforzo di elaborare una sistemazione storiografica e critica del tutto differente da quella tracciata dall’aretino. Manca un vero e proprio censimento delle copie delle Vite munite di postille, ma tra le più antiche reazioni all’opera espresse sotto questa forma così diretta, e qualche volta così intima, si possono rammentare numerosi casi; e si osserverà come fin dalle testimonianze più antiche, e così poi nelle annotazioni del padre Resta, il motivo prevalente sia quello dell’apologia delle scuole pittoriche settentrionali (la veneziana e l’emiliana in particolare) dinnanzi alla esagerata partigianeria filotoscana rimproverata a Vasari. Questo genere di rivendicazioni si incontra già nelle note apposte, in una data sconosciuta ma di sicuro posteriore alla metà degli anni sessanta del XVI secolo, ad un esemplare del primo volume della Torrentiniana da un anonimo lettore padovano cinquecentesco vicino a Domenico Campagnola, attraversate da una precoce e vivace antipatia nei confronti di Vasari, accusato di essere « molto apassionato contro lombardi »10. Non sorprende che proprio da Padova, epicentro della cultura rinascimentale nell’Italia padana, eppure oggetto di singolare trascuranza da parte di Vasari, che a monte della prima edizione del suo libro non vi aveva mai fatto visita, si fossero levate le prime voci di protesta: il volume sulle antichità locali pubblicato nel 1560 dal dotto benedettino Bernardino Scardeone, il De antiquitate urbis Patavii, ricco di aperture sulla storia della pittura padovana dei secoli precedenti, costituisce la prima esplicita presa di posizione a stampa contro la ricostruzione vasariana, e significativamente è un testo di cui Resta fa uso in più occasioni11. Gli attacchi alla faziosità filotoscana del Vasari, la rivendicazione accanita della superiorità di Correggio rispetto al ruolo marginale cui il pittore era confinato dalla biografia vasariana, la celebrazione dell’eccellenza di 9   Per i due libri, oggi alla Biblioteca dei Lincei e Corsiniana, si rinvia a G. Warwick, The Formation and Early Provenance of Padre Sebastiano Resta’s Drawing Collection, in Master Drawings 34 (1996), p. 266 nota 6. 10   Sono state rese note da M. Ruffini, Un’attribuzione a Donatello del ‘crocifisso’ ligneo dei Servi di Padova, in Prospettiva 130-131 (2008), pp. 22-49 (la citazione nel testo è da p. 26); Id., Sixteenth-century Paduan annotations to the first edition of Vasari’s Vite (1550), in Renaissance Quarterly 62 (2009), pp. 748-808. 11   Si vedano le postille a Riserva, p. 508, accanto al titolo della biografia; p. 512, righi 20-21, e note relative.

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I VASARI DI PADRE RESTA

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Tiziano non adeguatamente messa in luce nelle Vite, sono i temi che con più forza e costanza attraversano le postille vergate da El Greco (15411614) sul secondo e terzo tomo di un esemplare della Giuntina, poi passato al suo allievo Luis Tristán, e che il pittore toledano aveva ricevuto da Federico Zuccaro (1540-1609) durante il soggiorno spagnolo di quest’ultimo (1586-1588); già Federico aveva preso varie annotazioni sui margini di questo volume12. Poiché di mano di quest’ultimo restano anche le note apposte sulla copia delle Vite giuntine conservata presso la Bibliothèque nationale (Rés. K 742), è probabile che lo Zuccaro, pittore molto impegnato anche sul piano della elaborazione teorica, e amico e collaboratore di Giorgio Vasari, possedesse almeno due esemplari della stessa edizione dell’opera, entrambi attentamente vagliati e commentati, in modo analogo a quanto accade con le due copie della Torrentiniana postillate dal padre Resta13. Si possono ricordare poi le postille all’edizione giuntina delle Vite vergate dall’architetto e trattatista veneto Vincenzo Scamozzi (15481616)14, e quelle di mano del letterato fiorentino Francesco Bocchi (15481613/1618), il quale proprio a partire dal confronto con il testo vasariano maturò la sua opera principale, Le bellezze della città di Firenze (1591), volta a scardinare il grandioso disegno storico dell’aretino, che aveva individuato le origini della « maniera moderna » nell’innesto a Roma delle sperimentazioni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello, contrapponendo ad esso la rivendicazione del primato assoluto di Firenze e di Andrea del Sarto, un esile progetto storico-critico che il Bocchi andava comunque coltivando fin dalla metà degli anni sessanta del Cinquecento15. L’episodio che in questa sede più importa è però quello delle animose postille carraccesche alle Vite giuntine, poiché questo precedente doveva essere ben noto al padre Resta, e ai suoi occhi tanto autorevole da poterlo indurre ad un’analoga pratica. Nella Biblioteca Comunale di Bologna si 12   X. de Salas, Un exemplaire des « Vies » de Vasari annoté par le Greco, in Gazette des BeuxArts 69 (1967), pp. 176-180; X. de Salas, F. Marias, El Greco y el arte de su tiempo. Las notas de El Greco a Vasari, Madrid 1992. 13   M. Hochmann, Les annotations marginales de Federico Zuccaro à un exemplaire des Vies de Vasari. La réaction anti-vasarienne à la fin di XVIe siècle, in Revue de l’art 80 (1988), pp. 64-71; per la produzione letteraria e teorica del pittore si veda: Scritti d’arte di Federico Zuccaro, a cura di D. Heikamp, Firenze 1961. Sulle possibili ragioni per cui Resta postillò i due differenti esemplari della Torrentiniana si veda alle pp. 44-47. 14   L. Collavo, L’esemplare dell’edizione giuntina de Le Vite di Giorgio Vasari letto e annotato da Vincenzo Scamozzi, in Saggi e memorie di storia dell’arte 29 (2005), pp. 1-213, Ead., Di Vincenzo Scamozzi lettore e critico di Giorgio Vasari scrittore e architetto: dall’esperienza di analisi del postillato H.P.K., in Arezzo e Vasari. Vite e Postille, atti del convegno (Arezzo, 16-17 giugno 2005), a cura di A. Caleca, Firenze 2007, pp. 199-250. 15   E. Carrara, Un esemplare delle Vite di Vasari postillato da Francesco Bocchi (Firenze, Biblioteca marucelliana, R.e.66), in Cinquecento. Testi e studi di letteratura italiana, n.s. 44, 8 (2013), pp. 247-281.

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conserva una copia del terzo tomo dell’edizione del 1568 con molte annotazioni manoscritte, in passato riferite alternativamente alla mano di Agostino, di Ludovico, insieme di Agostino e Annibale, o del solo Annibale Carracci, oggi almeno in parte in modo pressoché concorde ascritte a quest’ultimo, e il cui testo fu divulgato nel corso del Sei e del Settecento attraverso trascrizioni quali quelle contenute nel Codice Chigiano G. III. 66 della Biblioteca Apostolica Vaticana e nel codice C.IV.28 della Biblioteca Comunale di Siena16. La fortuna di queste note, capaci di restituire al lettore con immediata evocatività il pensiero del grande maestro che aveva rifondato la pittura italiana riguardo alla storia dell’arte raccontata, o taciuta, da Vasari, fu nel Seicento molto notevole. Innanzitutto, come è stato osservato, le conosceva Bellori, che in apertura della Vita di Annibale cita la postilla sua relativa a Jacopo Bassano, degno « di maggior lode di quella gli dà il Vasari », contenuta « in certe note al Vasari » di suo pugno17. Analogamente, dipende da questa medesima fonte anche la notizia fornita da Bellori della conoscenza diretta di Annibale con Paolo Veronese (scomparso nel 1588) che potè svilupparsi durante il soggiorno a Venezia compiuto dal giovane Carracci: « Quivi egli conobbe Paolo Veronese ancor vivo […] »18. E così aveva dichiarato Annibale nella postilla vergata a margine della frettolosa menzione vasariana del pittore, contenuta nella biografia dell’architetto Michele Sammicheli: « Questo Paulino i[l] quale ho io sconosc[iuto] et visto le bell’ope[re] sue era degno c[he] si scrivesse delle s[ue] lodi un gran vol[ume] essendo che le s[ue] pitture dimostra[no] egli non fu seco[ndo] ad alcun altro p[ittore], e questo ignoran[te] [scil. Vasari] se la passa con qua[ttro] righe. E ciò perc[hé] egli non fu fior[enti] no »19. Dal canto suo, Malvasia conosceva un volume delle Vite vasariane postillato, a sua opinione, da Agostino Carracci, « quel tomo del Vasari tutto postillato nel margine per mano del dotto Agostino Carracci », che viene richiamato nel commento alla biografia di un allievo di Annibale, Baldassarre Aloisi detto il Galanino (1577-1638), pubblicata da Giovanni Baglio16   H. Bodmer, Le note marginali di Agostino Carracci nell’edizione del Vasari del 1568, in Il Vasari 18 (1939), pp. 89-121. 17   Bellori, Le vite cit., I, p. 36, e nota 2. 18   Bellori, Le vite cit., I, p. 35. 19  Il nucleo delle postille di Annibale è stato ripubblicato in Gli scritti dei Carracci. Ludovico, Agostino, Antonio, Giovanni Antonio, a cura di G. Perini, Bologna 1990 (Villa Spelman Colloquia, 2), pp. 158-164: p. 159; e ancora da D. Benati, Le “postille” di Annibale Carracci al terzo tomo delle Vite di Giorgio Vasari, in Annibale Carracci, catalogo della mostra (Bologna Museo Civico Archeologico, 22 settembre 2006-7 gennaio 2007, e Roma, Chiostro del Bramante, 25 gennaio-6 maggio 2007), a cura di D. Benati e M. Riccomini, Milano 2006, pp. 460-464: 461.

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ne nelle sue Vite (1642) e ripresa nella Felsina20. Il letterato bolognese lì ricordava che il tomo vasariano era stato da lui veduto a Roma, quando, dopo essere passato al figlio di Baldassarre, Giuseppe Carlo Aloisi (16151651), attraverso una sorella di questi, era pervenuto nelle mani di Giovan Francesco Grimaldi, da lei sposato nel 1638. La riscoperta, al principio degli anni settanta del Novecento della copia della Biblioteca Comunale di Bologna, che reca sul frontespizio una nota di possesso dell’Aloisi, ha permesso di accertare che questo era lo stesso esemplare consultato da Malvasia, e che la differente attribuzione delle postille nel corso del tempo si giustifica con il fatto che tale copia del libro è in realtà un palinsesto di annotazioni di diverse mani cinque e seicentesche21. D’altra parte l’esame della scrittura di Annibale nota da altri documenti ha consentito di appurare l’autografia del più cospicuo e interessante gruppo di note vergate a margine22. Ancora, intorno alla metà dell’ottavo decennio del Seicento, don Giovanni Mitelli (figlio di Agostino e fratello del più rinomato pittore Giuseppe Maria), autore di una Cronica con molte Notizie Pittoresche, il cui testo si conosce grazie alla trascrizione di Marcello Oretti, dichiarava di essere a conoscenza di una copia delle Vite vasariane annotata, secondo lui, da Agostino Carracci, e che è con ogni probabilità lo stesso esemplare postillato da Annibale23. L’amicizia reciproca che legava Sebastiano a Malvasia, a Bellori, a Grimaldi, a Giuseppe Maria Mitelli, e i rapporti personali che intercorrevano a loro volta tra il Galanino, Grimaldi e Bellori, spingono a credere che padre Resta conoscesse le postille carraccesche, e che annotando le proprie copie della Torrentiniana fosse consapevole di inscriversi entro uno specifico filone della polemica antivasariana, stimolato soprattutto dalla lettura che gli artisti facevano delle Vite, e decorso in parallelo a quello delle reazioni apparse a stampa24. Ed entro questa linea si possono collocare poi le annotazioni apposte dal pittore romano Gaspare Celio (1571-1640) alle Vite torrentiniane (Biblioteca Nazionale di Firenze, Palat. (11) C.7.2.2), e pure attraversate da una marcata vis polemica contro il « bugiardo » Vasari25; e quelle del 20   C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, con aggiunte, correzioni e note inedite dell’autore, di G. Zanotti e di altri scrittori viventi, Bologna 1841, II, p. 93. 21   M. Fanti, Le postille carraccesche alle « Vite » del Vasari: il testo originale, in Il Carrobbio 5 (1979), pp. 148-164; Perini, Nota critica, in Gli scritti dei Carracci cit., pp. 33-99: pp. 37-38. 22   M. Fanti, Ancora sulle postille carraccesche alle « Vite » del Vasari: in buona parte sono di Annibale, in Il Carrobbio 6 (1980), pp. 136-141. L’intera questione è stata ripercorsa da H. Keazor, »Distruggere la maniera« ? Die Carracci-Postille, Freiburg im Breisgau 2002. 23   La testimonianza di Giovanni Mitelli, segnalata da Giovanna Perini, è stata pubblicata da Ch. Dempsey, The Carracci Postille to Vasari’s Lives, in The Art Bulletin 68 (1986), pp. 72-73. 24   Si vedano su questo punto le osservazioni di Perini, in Scritti cit., p. 28. 25   N. Lepri, Annotazioni di Gaspare Celio a un volume della Torrentiniana, in Arezzo e Vasari cit., pp. 343-369.

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fiorentino Annibale Mancini, attivo al servizio del cardinale Alessandro d’Este, sulla copia della Giuntina della Biblioteca Nazionale dei Lincei e Corsiniana (29.E.6)26; e ancora, ormai al tempo e nel contesto del padre Resta, il copioso volume di riflessioni sul testo delle Vite steso da Filippo Leopoldo Del Migliore (1628-1696), fortemente implicato nella polemica tra Malvasia e Filippo Baldinucci in merito alla precedenza della antica scuola fiorentina rispetto a quella bolognese asserita da Vasari27. D’altra parte proprio l’esistenza di tante copie dell’opera vasariana annotate da tante generazioni diverse di lettori prova l’ampissima circolazione che le Vite conobbero, e contribuisce a spiegare come divennero lo « standard text » della storia dell’arte28. Per accensioni umorali e per ostilità al ‘fiorentinocentrismo’ di Vasari, le postille del padre Resta si confrontano molto bene con quelle qui rievocate di Federico Zuccaro, di Annibale Carracci, e del Celio: basti pensare alla definizione acida di « fiorentinello » con cui Resta qualifica Vasari, accusandolo di avere omesso per mero campanilismo il Duomo di Milano dal suo catalogo dei principali edifici gotici, agli epiteti ricorrenti di « bestia stordita » e « detrattore » affibbiati all’autore, e alle ripetute proteste contro la « petulanza vanagloriosa del fiorentino Vasari », espressioni e toni molto simili a quelli utilizzati nei loro commenti al testo delle Vite dagli artisti citati29. Al di là di questa prospettiva polemica tuttavia, il libro di Vasari rappresenta incessantemente per Sebastiano Resta il principale viatico all’osservazione delle opere, la indispensabile base per ogni analisi di contesti e documenti figurativi, la scaturigine prima del lessico tecnico adoperato nel corpus delle sue note manoscritte. Rimonta innanzitutto alla matrice vasariana, e in particolare al prototipo del vasto ‘libro dei disegni’ assemblato dall’artista aretino e sistematicamente richiamato nella Giuntina a riprova della ricostruzione storiografica e della interpretazione formale avanzate nel testo delle biografie, il progetto, bene o male perseguito dal padre Resta per l’intera vita, della 26   E. Carrara, Spigolature vasariane. Per un riesame delle “Vite” e della loro fortuna nella Roma di primo Seicento, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz 54 (20102012), pp. 155-183. 27   P. Barocchi, Le postille di Del Migliore alle Vite vasariane [1975], in Ead., Studi vasariani cit., pp. 75-82. 28   L’espressione è utilizzata in relazione ai numerosi esemplari a stampa postillati oggi noti dell’edizione del De revolutionibus di Copernico (Norimberga, Johannes Petreius, 1543), da A.T. Grafton, Humanists with inky fingers. The Culture of Correction in Renaissance Europe, Firenze 2011 (The Annual Balzan Lecture, 2), p. 48. 29   Si vedano le postille a Cicognara p. 331, rigo 13; p. 549, nel margine superiore; p. 582, nel margine inferiore; p. 738, nel margine superiore, e note relative.

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composizione di coerenti raccolte di materiali grafici in grado di raccontare tratti, sviluppi, snodi e generi della storia dell’arte30. E viene dalle Vite vasariane la periodizzazione stessa della storia dell’arte elaborata dal Resta nelle sue sequenze di disegni e nelle sue molte note di commento: la rinascita della pittura con Cimabue e Giotto, con i quali essa da bizantina torna a romanza e, abbandonando le convenzioni astrattive dell’età medievale, riprende a guardare al naturalismo degli antichi; il lungo processo che attraverso il Trecento e la stagione tardogotica conduce ai mirabili traguardi del primo Quattrocento fiorentino; la transizione dalla diligenza quattrocentesca alle grandiose novità della « maniera moderna » incarnata dall’avvicendamento tra Perugino, che conclude la seconda età, e la personalità di Leonardo da Vinci che apre la terza, il « secol d’oro » del padre Resta. Valicata la metà del Cinquecento, alla bussola vasariana si sostituisce quella di Bellori, che nelle sue Vite aveva additato nella stagione manierista un momento di cesura e di profonda crisi nel quale i pittori iniziarono a viziare « l’arte con la maniera, o vogliamo dire fantastica idea, appoggiata alla pratica e non all’imitazione », una lunga fase di ‘degenerazione’ cui avrebbe posto termine solo Annibale Carracci, nuovo Raffaello e demiurgo della pittura italiana da lui risuscitata31. Deriva da Vasari anche la prassi, che ricorre con regolarità negli scritti del padre Resta, di costruire delle genealogie di artisti graficamente espresse nella forma di ramificazioni di ‘alberelli’; si tratta di una rielaborazione visiva del formidabile strumento di metodo messo a punto dallo storiografo aretino, che nelle Vite aveva ricostruito le vicende dell’arte italiana dal Tre al Cinquecento seguendo i reciproci rapporti di dipendenza e di relazione stilistica che avevano legato l’un l’altro come anelli di una catena i grandi maestri del passato. Come si vedrà, le note di commento sono specchio insieme delle virtù dell’oratoriano come esperto d’arte, ma anche dei suoi difetti e limiti, innanzitutto l’imprecisione, il disordine, la farragine e la ripetitività di molte sue osservazioni. Eppure è l’accanimento con cui Resta setaccia il testo vasariano, a volte rilevandone correttamente errori, contraddizioni e incongruenze, altre fraintendendolo, e che ben risalta dall’insieme di queste postille, e dalla loro diversa natura, a testimoniare come sia proprio da un simile fittissimo lavorio sulle Vite, spremute fino all’osso nella loro capacità di fornire informazioni e orientamenti, che si è sviluppata la letteratura artistica italiana del XVII secolo. Ma qual è il Vasari del padre Resta? 30   L. Ragghianti Collobi, Il Libro de’ Disegni del Vasari, Firenze 1974. E vedi qui il saggio di S. Prosperi Valenti Rodinò, pp. 3-34. 31   Bellori, Le vite cit., I, p. 31.

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Occorre innanzitutto porre mente alla differente fisionomia delle Vite vasariane del 1550, la cosiddetta Torrentiniana, e del 1568, la cosiddetta Giuntina: la prima volutamente circoscritta alle biografie di artisti già scomparsi entro la data di pubblicazione del libro; e la seconda, molto più estesa nella parte cinquecentesca, fino ad includere – facendo perno sulla Vita di Michelangelo, pure molto ampliata – protagonisti e comprimari della pittura italiana dei decenni centrali del secolo, e con importanti aperture sulla cultura figurativa settentrionale, assenti nella prima versione dell’opera. È fuor di dubbio che Resta frequentasse il testo della seconda edizione delle Vite, con ogni probabilità nell’edizione bolognese del 1647, che viene peraltro menzionata come corrente strumento di lavoro, e con puntuali riferimenti, nella corrispondenza epistolare con l’amico Giuseppe Magnavacca del 1698 e del 170032. Sappiamo inoltre che in due occasioni l’oratoriano aveva chiesto in prestito a Giuseppe Ghezzi la copia dell’edizione giuntina che questi possedeva, poiché « il Vasari della nostra libreria […] è della prima edizione »33. Ma certamente Resta adoperava già il testo delle Vite giuntine nella stagione in cui era impegnato ad allestire i codici che componevano la Serie Grande in quattro tomi, sostanzialmente conclusa tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. Ricorreva inoltre alle due differenti copie della Torrentiniana conservate oggi alla Biblioteca Apostolica Vaticana, entrambe fittissime di segni di lettura e postille, in molti casi datate, ciò che rende possibile almeno stabilire l’uso che l’oratoriano fece con continuità di questi volumi: nell’esemplare del fondo Riserva, le indicazioni cronologiche vanno dal 1664 al 1711, e suggeriscono che l’attività di commento sulle pagine di esso sia stata avviata dal Resta poco dopo il trasferimento da Milano a Roma avvenuto nel 1661, tornandovi però sopra ripetutamente nel corso del tempo; nell’esemplare del fondo Cicognara, i riscontri presenti in modo esplicito vanno dal 1682 al 1690. Ciò nonostante, le postille dell’esemplare Riserva in diversi casi costituiscono rielaborazioni e sviluppi, tavolta anche con l’ausilio di nuove fonti, delle annotazioni omologhe presenti nell’esemplare Cicognara, che andranno dunque considerate anteriori, e più embrionali. 32   M.R. Pizzoni, Il carteggio tra Sebastiano Resta e Giuseppe Magnavacca (1688-1714), Tesi di dottorato in Storia dell’arte, Università di Roma “Tor Vergata”, a.a. 2011-2102, tutor prof. S. Prosperi Valenti, p. 10. 33   G.G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, scritte dai più celebri professori che in dette arti fiorirono dal sec. XV al XVII, Roma, vol. III, 1759, pp. 341, lettera n. CCXI. La datazione della lettera post 1704 è dovuta alla citazione contenuta in essa dell’Abecedario Pittorico dell’Orlandi stampato quell’anno in prima edizione. La presenza di una copia della Torrentiniana nella biblioteca della Vallicella è stata segnalata da M. Melani, Torrentiniane vaticane: postille e disegni del Padre Resta, in Mosaico. Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla, I, Napoli 2012, pp. 233-242: 238 nota 9.

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Sembra di capire dunque che il padre Resta intercalasse abitualmente il ricorso al testo della Giuntina all’uso della Torrentiniana, dato di per sé rilevante alla luce della lunga sfortuna, anche editoriale, subita dopo la comparsa della nuova versione dall’ edizione del 1550, che beneficierà di rinnovate attenzioni solo da parte di monsignor Giovanni Gaetano Bottari, dietro suggerimento di Mariette, nella sua capitale edizione romana delle Vite del 1759-176034. I segni di lettura e le annotazioni in entrambi gli esemplari sono particolarmente fitti e densi nella sezione relativa alla « terza età »; talvolta si tratta di semplici sottolineature o note riepilogative, ma sono innumerevoli gli appunti di studio, le verifiche, le congetture, le informazioni minime (ma non mancano osservazioni di grande importanza), i commenti, i ritorni su un medesimo passo, accompagnati da considerazioni che si succedono nel tempo. Eppure, poiché l’utilizzo dei due differenti esemplari del libro pare coesistere entro lo stesso arco cronologico, è forse il diverso carattere di almeno alcune fra le postille vergate sulle due copie che può aiutare a capire perché l’oratoriano lavorasse pressoché contemporaneamente su entrambe. Nell’esemplare del fondo Cicognara alcune annotazioni si direbbero prese dal vivo, di fronte alle opere oggetto del commento, quasi che al padre Resta capitasse di adoperare questa copia di Vasari come una sorta di guida da portarsi dietro durante viaggi, sopralluoghi e visite. Questa funzione di guida l’esemplare del fondo Cicognara sembra averla svolta soprattutto durante i soggiorni del Resta a Napoli, in particolare quello del 1683, in qualità di padre spirituale del vicerè Gaspar de Haro y Guzmán, marchese del Carpio, a sua volta accanito collezionista di disegni35. Così, per esempio è espressamente autoptica l’osservazione sull’ancona di Marco Cardisco, allora in Sant’Agostino alla Zecca e oggi a Capodimonte, celebratissima da Vasari36. Così come, integrando la Tavola in calce alla Torrentiniana dove sono regestati i nomi degli artisti nominati ma non trattati nell’opera, il padre Resta inseriva quello, assente nel testo vasariano, del pittore milanese Protasio Crivelli, ricavandolo dall’iscrizione, pure riportata nella postilla, che l’oratoriano poteva leggere sulla pala con la Madonna con il Bambino tra angeli già in San Pietro ad Aram e oggi nel Museo di Capodimonte37.   Barocchi, Premessa cit., p. 5.   S. Prosperi Valenti Rodinò, Additions to the Drawings Collection of the Marqués del Carpio, in Master Drawings 46 (2008), pp. 3-35. 36   Si vedano le postille a Riserva p. 832, rigo 8, e a Cicognara p. 832, rigo 4, e note relative. 37  Si veda la postilla a Cicognara p.s.n. e nota relativa; P. Leone de Castris, Musei e Gallerie Nazionali di Capodimonte. Dipinti dal XIII al XVI secolo. Le collezioni borboniche e post-unitarie, Napoli 1999, pp. 57-58, cat. 25. 34 35

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Questa copia sembra essere stata portata con sé da Resta anche in alcuni dei suoi giri di studio per le chiese di Roma, appuntando nei margini delle pagine le osservazioni che lì per lì gli saltavano all’occhio. Così per esempio in Santa Cecilia registra la presenza, nella cappella dei Ponziani, degli affreschi sulla volta, non menzionati da Vasari, di mano « non così antica » (si tratta del Dio Padre tra gli Evangelisti oggi riferito alla bottega di Pinturicchio)38; in Santa Maria in Aracoeli segnala la lastra tombale del milanese Giovanni Crivelli, arcidiacono di Aquileia, firmata da Donatello, rimproverandone a Vasari la flagrante omissione39; o ancora, in Santa Maria dell’Anima, la bella e vivace descrizione della pala Fugger di Giulio Romano, cui Vasari aveva soltanto accennato, è stata con ogni probabilità stesa di fronte al dipinto stesso40. Un differente carattere hanno le annotazioni presenti sulle pagine dell’esemplare Riserva, che sono più meditate, più estese, comprensive talvolta persino di riferimenti bibliografici, e difficilmente immaginabili se non concepite a tavolino. Gran parte delle postille di entrambi gli esemplari è connessa, come si vedrà, all’attiva raccolta di disegni praticata dal padre Resta, ma molte illuminano il suo interesse, e in qualche caso la sua partecipazione, per episodi della cultura artistica contemporanea, e molte altre aiutano a capire la posizione ambivalente, ma sempre di strenuo confronto, dell’oratoriano nei riguardi delle Vite vasariane. Padre Resta è attentissimo a cogliere in fallo lo storiografo aretino, e a mettere in evidenza errori e limiti della sua ricostruzione degli sviluppi della cultura figurativa e del profilo dei maestri che ne furono protagonisti, concentrandosi specialmente, e soprattutto per le biografie degli artisti del Cinquecento, su sbagli e approssimazioni di cronologia. E tuttavia spesso il suo sforzo per mettere ordine nelle sequenze temporali suggerite da Vasari ingenera ulteriori confusioni. Così per esempio, Resta rileva l’errore di Vasari che individuava il ciclo con Storie di Sant’Antonio da Padova lasciato da Benozzo Gozzoli nella chiesa dell’Aracoeli nella cappella Cesarini anziché in quella attigua, dove effettivamente si trovano, ma poi sprofonda con tutti i piedi nello stesso sbaglio commesso nell’edizione del 1550 dallo storiografo aretino che aveva confuso la figura di Benozzo con quella di Melozzo da Forlì, senza neppure dare conto del fatto che nella Giuntina erano stati correttamente spostati sotto il nome di quest’ultimo gli affreschi della tribuna della basilica dei Santi Apostoli che nella Torrentiniana erano invece riferiti a   Si veda la postilla a Cicognara p. 170, nel margine inferiore, e nota relativa.   Si veda la postilla a Cicognara p. 335, e nota relativa. 40   Si veda la postilla a Cicognara p. 885, rigo 27, e nota relativa. 38 39

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Benozzo41. E però sarà il padre Resta a compiere il salvataggio dei frammenti di quel ciclo che oggi si conservano tra la Pinacoteca Vaticana e il Quirinale, quando, nel primo decennio del Settecento, si metterà mano al rifacimento della chiesa42. Inoltrandosi nella « seconda » e nella « terza età » il puntiglio con cui l’oratoriano constata contraddizioni e imprecisioni di Vasari si fa maggiore in entrambi gli esemplari, raggiungendo un apice nella Vita di Leonardo. Questa è una delle parti del libro dove comprensibilmente è più vigile l’attenzione del padre Resta, interessato soprattutto all’attività milanese del maestro e sensibilissimo agli errori contenuti nella biografia. Eppure, nonostante alcune giuste rettifiche come quella in merito alla confusione tra Francesco Sforza e Ludovico il Moro43, Sebastiano continua ad assecondare di base la ricostruzione dell’aretino, senza accorgersi che una delle sue più grosse falle consisteva nel non sapere che i soggiorni vinciani in Lombardia erano stati non uno, ma due, con tutte le conseguenze che questo poteva comportare, e sbagliando di oltre vent’anni la data di morte del maestro in Francia44. Sebastiano evidenzia con vigore i limiti della storia dell’arte vasariana anche per quanto attiene la scarsità di notizie reperibili nelle Vite in merito alla cultura figurativa a Napoli, motivo molto diffuso nella ricca tradizione coeva di guide della città (De Pietri, D’Engenio, Capaccio, Sarnelli, Celano) e più avanti nel tempo sviluppato da Bernardo De Dominici nell’impresa delle Vite degli artisti napoletani, edite nel 1742-1745, e scaturite dal proposito di contrastare « il torto » commesso dal Vasari e cagionato « dallo strabbochevole amore ch’egli portò a’ suoi fiorentini »45. Così, in conclusione alla lettura della « seconda età » Resta biasima il silenzio dello storiografo aretino su due artisti a suo giudizio esemplari delle vicende del Rinascimento partenopeo, e degli intrecci con i maggiori fatti figurativi del resto della penisola, e ai quali Vasari avrebbe dovuto dedicare singole biografie, da affiancare a quella intitolata al calabrese Marco Cardisco, unico pittore meridionale a cui sia riservata una Vita sia nella prima che nella seconda edizione dell’opera. Si tratta di Antonio Solario detto lo Zingaro, additato dal padre Resta quale sorta di parallelo napoletano del Perugino, 41   Si vedano le postille a Riserva p. 582 rigo 28, e a Cicognara p. 422, rigo 16; per le due diverse versioni del passo: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e del 1568, a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, III, Firenze 1971, p. 379. 42   M. Epifani, Padre Resta e la fabbrica dei Santi Apostoli: precisazioni su Melozzo da Forlì e un progetto di Francesco Fontana dall’archivio Riario Sforza, in Bollettino d’Arte s. VII, 95, 8 (2010), pp. 21-34. 43   Si veda la postilla a Riserva p. 567, rigo 19, e nota relativa. 44   Si veda la postilla a Riserva p. 574, rigo 28, e nota relativa. 45   B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani [Napoli, Ricciardi, 17421745] edizione commentata a cura di F. Sricchia Santoro e A. Zezza, I, 2, Napoli 2003, p. 17.

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e di Andrea da Salerno, personalità decisiva per la diffusione delle novità raffaellesche nel territorio del viceregno, sui quali Sebastiano è piuttosto ben informato grazie ai propri soggiorni napoletani, e ai suoi contatti personali con l’ambiente e il mercato artistici locali46. Significativamente, sia lo Zingaro sia Andrea da Salerno giocheranno un ruolo periodizzante anche nell’organizzazione della raccolta biografica del De Dominici, che, va rilevato, era al corrente degli studi compiuti dall’oratoriano milanese su questi argomenti: Così [dello Zingaro] nelle case di varii particolari, amatori delle antiche pitture, ancor si veggono molte opere sue, e nella raccolta de’ disegni de’ primi pittori, che ultimamente avea unita don Gaspar d’Haro, marchese del Carpio e viceré di Napoli, si pregiava averne ben dodici di mano del Zingaro ne’ libri suoi. Così nella famosa raccolta del padre Resta, della Congregazione dell’Oratorio di Roma, mi viene accertato da professor di pittura, che l’ha veduto, che ve n’erano acquarellati di nero e rosso bellissimi, affermandomi ancora il suddetto professore che altri ne possedeva il rinomato ed erudito Giovan Pietro Bellori, nell’alma città di Roma, fra suoi scelti disegni, che poi l’ebbe in un con gli altri il celebre Carlo Maratta […]47 Importa comunque sottolineare la precocità con cui in queste postille e in molte note vergate su disegni di sua proprietà Resta delinea l’esistenza autonoma di una scuola napoletana, invocando una adeguata sistemazione storiografica per i suoi maestri e caratteri, istanza che troverà esito poi solo alla metà del Settecento con la pubblicazione appunto dei volumi del De Dominici48. Nelle intense letture vasariane del padre Resta spicca poi l’interesse travolgente per Correggio, che, più o meno a proposito, affiora di continuo all’interno delle sue postille, sempre con l’intento di ristabilirne l’importanza centrale a fronte della posizione defilata in cui lo aveva confinato Vasari, tagliandolo fuori dai grandi eventi della « maniera moderna » che si svolgevano a Roma nel secondo decennio del Cinquecento. Ad una così 46   Si vedano le postille a Riserva p. 832, nel margine inferiore; e a Cicognara pp. 552, nel margine inferiore; 585, nel margine inferiore, e note relative. 47   De Dominici, Vite cit., pp. 298-299. Si veda S. Prosperi Valenti Rodinò, Maratti collezionista di disegni, in Studi di Memofonte 12 (2014), pp. 55-71: p. 59; A. Zezza, Postfazione in De Dominici, Vite cit., IV, Napoli 2014, p. 29, e ad indicem per ulteriori riferimenti a Resta nel testo dello storiografico napoletano. 48   Molto utile su questo argomento è M. Epifani, “Bella e ferace d’ingegni (se non tanto di coltura) Partenope”. Il disegno napoletano attraverso le collezioni italiane ed europee tra Sei e Settecento, tesi di dottorato in Scienze archeologiche e storico-artistiche. Università degli Studi di Napoli “Federico II”, a.a. 2006-2007, tutor prof. R. De Gennaro, pp. 47-55.

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fervida comprensione del significato dell’attività di Correggio per gli sviluppi della pittura italiana, tema che non aveva attraversato affatto l’opera dell’amico Malvasia, il padre Resta giunge innanzitutto attraverso il filtro critico della biografia dedicata da Bellori ad Annibale Carracci, che era cresciuto applicandosi « tutto allo studio del Coreggio », e assimilando profondamente la maniera e « la dolce idea di quel gran maestro », tanto che fin dalla giovinezza pareva che « in lui risorto fosse con lo spirito del Coreggio il buon genio del colore »49. Anche nella Vita di Mantegna, l’oratoriano rettifica con scrupolo la provenienza del pittore, che Vasari aveva erroneamente definito mantovano, ma il fuoco delle sue annotazioni è tutto sul ruolo di primo maestro dell’Allegri giocato da Andrea, una delle più felici intuizioni critiche del padre Resta, confermata dagli studi recenti50. Oppure, commentando l’epigramma posto da Vasari in conclusione alla Vita di fra Bartolomeo, nel quale il pittore domenicano era paragonato ad Apelle nel colore e a Michelangelo nel disegno, Resta, con toni un po’ esaltati, vorrebbe sostituire il nome di Correggio a quello del maestro antico51. O ancora, nella Vita di Raffaello, il brano sul Parnaso della Stanza della Segnatura fa correre il pensiero del padre Resta ad una riflessione che, per via indiretta, riporta però per l’ennesima volta all’Allegri: egli si interroga infatti sul rapporto esistente tra l’incisione che Marcantonio Raimondi aveva tratto dal primo progetto di Raffaello per quell’affresco e la problematica, grande stampa pubblicata nel 1562 dal veneziano Giulio Sanuto raffigurante la Contesa di Apollo e Marsia, e sullo sfondo una citazione del Parnaso raffaellesco, con una legenda dove l’invenzione, che in realtà sappiamo oggi essere di Agnolo Bronzino, veniva (infondatamente) riferita a Correggio52. Per quanto maldestramente, l’argomento serviva però a ribadire un altro punto chiave della costruzione storiografica elaborata dal padre Resta, e sul quale pure il decorso degli studi gli ha dato ragione, la necessità cioè di presupporre uno o più soggiorni di studio dell’Allegri a Roma, esperienza che viceversa Vasari aveva risolutamente negato. Su tale importante questione le postille stese sui due esemplari della Torrentiniana consentono di seguire gli svolgimenti dell’analisi dell’oratoriano: annotando il passo nel volume del fondo Cicognara ancora si diceva d’accordo con Vasari sull’assenza di riferimenti romani nella pittura di Correggio, mentre nella corrispondente 49   Bellori, Le vite cit., I, pp. 34-36. M. R. Pizzoni, Resta e Bellori, intorno a Correggio, in Studi di Memofonte 8 (2012), pp. 53-78. 50   Si veda la postilla a Riserva p. 582, e nota relativa. 51   Si vedano le postille a Cicognara pp. 609, rigo 4; 609, rigo 5, e note relative. 52   M. Bury, Giulio Sanuto. A Venetian Engraver of the Sixteenth-Century, catalogo della mostra (Edinburgh, National Gallery of Scotland, 1990), Edinburgh 1990, pp. 12-16, e p. 44, cat. 5.

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Barbara Agosti

postilla appuntata sulla copia del fondo Riserva il padre Resta è approdato alla convinzione che l’Allegri, sollecitato dalla Santa Cecilia studiata a Bologna, si fosse spinto a Roma, dove poté trovare modelli fondamentali per l’illusionismo sviluppato nelle sue cupole parmensi (e gli studi odierni hanno in effetti dimostrato quanto avesse contato per il pittore la conoscenza della cappella Chigi di Santa Maria del Popolo e delle invenzioni spaziali delle Stanze di Raffaello)53. Con rinnovate campagne di indagine sui disegni, sui documenti e sulla tradizione delle fonti, alla ricerca di argomenti tali da dimostrare la validità di questa differente ricostruzione avanzata per il percorso del maestro emiliano, il padre Resta si poneva allora in piena sintonia con l’opinione del teorico francese Roger de Piles, primo a dichiararsi persuaso (1699) che « La renomée de Raphaël donna envie au Correge de voir Rome […] »54. L’importanza delle postille apposte dal padre Resta ai due esemplari della Biblioteca Apostolica Vaticana, e che qui si presentano integralmente, è nota agli studi55. Giuseppe Bossi (1777-1815), che possedette l’esemplare oggi nel fondo Cicognara, sul verso del frontespizio del primo tomo, segnalava l’appartenenza delle glosse alla mano di Sebastiano Resta; e come di mano dell’oratoriano le conosceva ancora Luigi Pungileoni (1762-1844), che nella sua Memoria su Bramante del 1836 ricordava il « Postillato all’Edizione delle Vite dei pittori scritte dal Vasari posseduto sinché visse dal pittore, e letterato Cav. Giuseppe Bossi », e ne riportava, per estratti, alcune annotazioni, riconoscendone correttamente l’autore in Sebastiano Resta56. Nella stessa opera Pungileoni però segnala di aver tratto alcune citazioni del Resta dal

53   Si vedano le postille a Cicognara, p. 582, righi 29-30; Riserva p. 582, rigo 28. Per questo problema: R. Longhi, Le fasi del Correggio giovine e l’esigenza del suo viaggio romano [1958], in Id., Cinquecento classico e Cinquecento manieristico 1951-1970 (Opere complete di Roberto Longhi 8/2), Firenze 1976, pp. 61-78; J. Shearman, L’illusionismo del Correggio [1980], in Id., Funzione e illusione. Raffaello Pontormo Correggio, a cura di A. Nova, Milano 1983, p. 171184. 54   R.de Piles, Abrégé de la vie des peintres, avec des reflexions sur leurs ouvrages, et un Traité du peintre parfait […], Paris, François Muguet, 1699, p. 297. Per le menzioni del teorico francese nella Galleria Portatile del padre Resta si veda G. Bora, I disegni del Codice Resta, (Fontes Ambrosiani, 56), Milano 1978, p. 273. Sui rapporti diretti che De Piles aveva con l’ambiente bolognese e in particolare con Malvasia: G. Perini, Malvasia e Roger de Piles: occasione di un incontro, in Crocevia e capitale cit., pp. 107-124; per l’importanza di Bellori nella elaborazione di De Piles: Ch. Michel, Des Vite de Bellori à l’Abrégé de la vie des Peintres de Roger de Piles: un changement de perspective, in Studiolo 5 (2007), pp. 193-201. 55   Per la provenienza dei due esemplari: Melani, Torrentiniane vaticane cit. 56   L. Pungileoni, Memoria intorno alla vita ed alle opere di Donato o Donnino Bramante, Roma 1836, p. 52 e pp. 16, 58, 61, 73, 84.

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I VASARI DI PADRE RESTA

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« suo manoscritto, che servir doveva di supplemento al Vasari »57; i passi lì riportati da Pungileoni non corrispondono al testo delle postille degli esemplari Riserva e Cicognara, né si hanno ulteriori informazioni su tale manoscritto, che deve però essere un’altra cosa ancora. Da una trascrizione realizzata da Bossi stesso dipende la pubblicazione parziale e molto scorretta delle postille ad opera di Giuseppe Mongeri nel 1876, che tuttavia le considerava di un anonimo seicentista58. L’esemplare oggi Riserva, già appartenuto al conte Grigorij Sergeevic Stroganoff (1829-1910), come testimonia l’annotazione a penna sui frontespizi dei due tomi, è entrato alla Biblioteca Apostolica Vaticana nel 1936 attraverso una vendita della Libreria Olschki, e ha inizialmente recato la segnatura « Arte.III.Vasari.6 »59. La presenza delle postille del padre Resta e la loro rilevanza vennero messe in luce da Jacob Hess nel 1947 in un importante articolo sulla bottega di Raffaello60. Per mero errore materiale, nel 2003, nel suo grande corpus di fonti raffellesche, John Shearman indicava l’esemplare in questione come pertinente l’edizione giuntina delle Vite61. Alcune di queste note del padre Resta sono state recentemente pubblicate e commentate da Giovanni Morello62.

  Ibidem, p. 61. Si veda qui la postilla a Riserva, p. 541, rigo 1.   G. Mongeri, Arte antica e artisti. Postille di un anonimo seicentista alla prima edizione delle Vite dei più eccellenti artefici italiani scritte da Giorgio Vasari pubblicata in Firenze per Lorenzo Torrentino nel M.D.L., in Archivio Storico Lombardo III, 1 (1876), pp. 407- 433; a recuperarne la pertinenza al padre Resta è stato Vannugli, Le postille di Sebastiano Resta cit. 59   Melani, Torrentiniane vaticane cit., p. 233. 60   J. Hess, On Raphael and Giulio Romano, in Gazette des Beaux-Arts 32 (1947), pp. 73106: 106. 61   J. Shearman, Raphael in early modern sources (1483-1602), New Haven-London 2003, II, p. 1193. 62   G. Morello, Il Salvatore di Bramante e le postille di padre Resta, in L’immagine di Cristo dall’acheropita alla mano d’artista dal tardo medio evo all’età barocca, a cura di Ch. L. Frommel e G. Wolf, Città del Vaticano (Studi e Testi, 432) 2006, pp. 167-185. 57 58

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MARIA ROSA PIZZONI

TRASCRIZIONE E COMMENTO DELLE POSTILLE DI PADRE RESTA ALLE VITE DI VASARI (Riserva IV.5; Cicognara IV.2390)

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Nota ai criteri della trascrizione e del commento Entrambi gli esemplari delle Vite torrentiniane contengono, oltre al corredo delle postille del padre Resta, annotazioni di mani differenti dalla sua e a lui antecedenti; tali postille sono molto meno numerose di quelle vergate da Resta, e hanno in assoluta prevalenza carattere di mero richiamo di lettura ai contenuti del testo. I tomi di entrambi gli esemplari (due nel caso dell’esemplare Riserva, e tre nel caso dell’esemplare Cicognara, del quale il primo volume è stato diviso in due tomi, ciascuno con la propria rilegatura) sono stati rifilati, ciò che, nei casi di volta in volta indicati, ha causato la perdita di parte del testo delle postille stese nei margini. Nella trascrizione, si è rispettata l’irregolarità ortografica dei postillatori, limitandosi a pochi interventi, secondo questi criteri: i comuni segni abbreviativi sono stati sciolti tra parentesi tonde; le integrazioni alle postille mutilate dalla rifilatura dei tomi, là dove fosse possibile proporle, sono state indicate tra parentesi quadre; le postille cancellate dallo stesso padre Resta sono state riportate tra parentesi uncinate. Le lacune nella lettura sono indicate con il segno […], le incertezze con un punto interrogativo tra parentesi quadre. Si è conformato al criterio moderno il solo uso di accenti e apostrofi, mantenendo la punteggiatura dei postillatori, e le loro oscillazioni nell’uso di maiuscole e minuscole. Si sono inoltre segnalati i casi in cui la postilla risulti leggibile soltanto attraverso il ricorso alla lampada di Wood, a causa della consunzione dell’inchiostro e talvolta di una deliberata abrasione. Con la dicitura « altra mano » si sono segnalate le postille che compaiono sui due esemplari delle Vite e che non sono di pugno di Resta. Sia la grafia del postillatore anonimo dell’esemplare Riserva, sia quella del postillatore anonimo dell’esemplare Cicognara appaiono tardocinquecentesche, e in diversi casi, debitamente indicati, le note di Resta vanno ad integrare quelle di altra mano già presenti, confermandone l’anteriorità. Nel caso dell’esemplare Cicognara, si può solo assumere il 1584 come termine post quem per il commento del postillatore anonimo, che cita (a p. 764, rigo 1) Il Riposo di Raffaello Borghini, edito in quell’anno a Firenze. L’apparato di commento, curato da Maria Rosa Pizzoni, ha funzione di servizio per il lettore, proponendosi di facilitare la comprensione delle postille di Resta in rapporto alle notizie trasmesse dal testo vasariano, e di spiegare strumenti e metodi di lavoro dell’oratoriano. Si sono dunque corredate di note le postille che non siano semplice promemoria di lettura, bensì segnale o esito di un suo intervento critico, nell’accezione più ampia del termine, e che richiedano indicazioni di non immediata evidenza. Anche nella selezione dei riferimenti bibliografici, il commento privilegia

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MARIA ROSA PIZZONI

senz’altro la relazione di Sebastiano Resta con il libro di Vasari, la tradizione delle fonti, e la sua attività di collezionista di disegni. Alcune delle postille di Resta alle Vite che qui si pubblicano integralmente sono state in passato già rese note, o singolarmente o per nuclei; per non appensantire il commento in nota, si è scelto di richiamare tali riferimenti bibliografici solo nei casi in cui essi siano funzionali alla comprensione delle annotazioni di Resta. La trascrizione segnala la presenza di schizzi di mano del padre Resta solo là dove questi siano pertinenti al testo vasariano, o all’argomento della postilla relativa, tralasciando i sommari disegni di altra natura che egli tracciò su molte delle pagine di questi volumi (su cui si vedano qui le pp. 24-25). I rimandi ai disegni a margine ed alle figure sono relativi agli schizzi più significativi tracciati da Resta in margine al testo vasariano. I cosiddetti alberelli, nei quali Resta delinea le genealogie stilistiche degli artisti, sono stati trascritti e in alcuni casi, per maggiore chiarezza, sono riprodotti nell’apparato illustrativo del volume. Tutti i rimandi al testo delle Vite sono alla seguente edizione: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, testo, 6 voll., Firenze 19661987. Con la sigla Lansdowne 802 ci si riferisce al manoscritto 802 della British Library di Londra (per cui si vedano le pp. 7-9).

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TRASCRIZIONE E COMMENTO DELLE POSTILLE DI PADRE RESTA

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Postille contenute nelle Vite di Giorgio Vasari (1550), Biblioteca Apostolica Vaticana, Riserva, IV.5, I Sul frontespizio nota di possesso: Au Comte de Stroganoff Proemio p. 9, rigo 26, altra mano: se sia più nobile o la scultura o la pittura p. 11, rigo 8, altra mano: Disputazione che sia più nobile la Pittura, che la scultura p. 12, rigo 8, altra mano: arazzi panni depinti p. 12, rigo 22, altra mano: Le pitture musaice quasi eterne p. 13 [per refuso di stampa numerata come 31], rigo 22, altra mano: Plinio de pittori. Alessandro donò Campaspe sua donna ad Apelle p. 17, rigo 5, altra mano: Mentre che la calcina è fresca e’ bisogna adempiere l’opera già cominciata p. 19, rigo 3, altra mano: La pittura et la scultura sono congiunte come sorelle De le diverse pietre che servono agli architetti per gli ornamenti e per le statue alla scoltura p. 21, rigo 1, altra mano: Introduzione di tre arti Architettura Pittura scultura p. 25, rigo 1, altra mano: Marmo porfido durissimo si sega con sega di Rame col smeriglio, i rocchi di colonne et con aqua continuamente gettata a sassi p. 25, rigo 22, altra mano: Marmo serpentino non riesce a far statue p. 27, rigo 2, altra mano, la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: marmo granito durissimo quali sono lavacri et obelischi di Roma p. 28, rigo 13, altra mano, la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: Il marmo di Paragone trage in nero et chiamasi pietra di Lydia in Asia p. 30 [per refuso di stampa numerata come 50], rigo 15, altra mano: Gio(vanni) da Nola fece la sepoltura di don Pietro de Toledo p. 31, rigo 11, altra mano: Li marmi cipollini non vagliano a far statue p. 31, rigo 18, altra mano: Li marmi saligni nel tempo humido sudano p. 32, rigo 1, altra mano: Trevertino sasso si cava sul Teverone a Tivoli di donde è denominato p. 32, rigo 20, altra mano: Maestro Gian scultore, et autore della fabrica di S(an)to Aluiggi p. 33, rigo 18, altra mano: Piperno pietra neraccia da murare p. 34, rigo 11, altra mano: Pietra serena

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p. 34, rigo 14, altra mano: pietra bigia p. 37, rigo 8, altra mano: Opera di quadro intagliata in più specie Rustica 1, Dorica 2, Jonica 3, Corintha 4, Composta 5 p. 38, rigo 4, altra mano: l’opera rustica è semplice di pietre lisce pulite et sode et più durabili p. 38, rigo 23, altra mano: Ad Imperadori et dei pot(en)ti Giove Marte Hercole si dedicavano edificij dorici p. 39, rigo 22, altra mano: La colonna dorica è scanalata p. 40, rigo 10, altra mano: Gl’edificij jonici si dano ad Apolline, a Diana, a Baccho, a Venere, sono mediocri p. 40, rigo 25, altra mano: Le colonne jonice sono lavorate a canali, ma ci resta più intervallo fra canali che no(n) si sta nelle doriche p. 41, rigo 8, altra mano: Le opere di Corintho sono le più honorate di capitelli intagliati a fogliame p. 41, rigo 20, altra mano: Le colonne sono scanalate coll’intervallo piano di canali p. 45, rigo 7, altra mano: A fare lo stucco si ci adopera calce fatta di scaglie di marmo o di Trevertino et marmo be(n) pesto in vece d’arena De la scultura p. 55, rigo 1, altra mano: Le figure di nove teste in tutta la statua De la pittura p. 75, rigo 1, altra mano: Lapis rosso p(er) disegnare viene da li monti de Alemagna p. 75, rigo 15, altra mano: Lavorare in fresco è lavoro a muro p. 83, rigo 12, altra mano: Lavorare a tempra cioè coll’uovo p. 100, rigo 12, altra mano, a causa della consunzione dell’inchiostro la postilla è solo parzialmente leggibile con la lampada di Wood: Fra Damiano in S(an) Domenico in Bologna […] Proemio delle Vite p. 114, rigo 14, con sottolineatura di « Prasitele »: Prasitele dalla Magna Grecia fatto Cittadino di Roma vedi Sandrart1 p. 114, rigo 22, con sottolineatura di « che Fabio » e « sì vagamente »: Fabio p(rim)o pittore Romano non poté essere alla p(rim)a sì vago2 1   Il riferimento è a J. von Sandrart, Academia nobilissimae artis pictoriae […], Francofurti, apud Michaëlis ac Johan. Friderici Endterorum Haeredes, et Johan. de Sandrart, 1683, p. 64. 2  Il commento si riferisce alla menzione vasariana dell’antico pittore romano Fabio e delle « cose da lui sì vagamente dipinte ».

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TRASCRIZIONE E COMMENTO DELLE POSTILLE DI PADRE RESTA

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p. 115, rigo 30, con sottolineatura di « l’arte non esser cominciata a punto in quel tempo; anzi per la perfezzione di que’ lavori, esser molto più vicina al colmo, che al principio »: P(er)ciò ho notato nella pag(ina) antecedente di Fabio3 p. 118, rigo 4, con manicula: il danaro cavato dal grano speso nell’arti le fa crescere p. 118, rigo 8, manicula e sottolineatura di « della pittura sino a la consumazione de’ XII Cesari » Giovanni Cimabue p. 127, rigo 30, con sottolineatura di « San Francesco scalzo; il quale fu tenuto da que’ popoli cosa rarissima »: [disegno a margine] P(adre) R(esta) 1699 dicembre: ma è di Giunta Pisano nel 12084 p. 129, rigo 1, altra mano: Borgo Allegri chiamato da l’opera di Cimabue pittore p. 129, rigo 20, altra mano: Il Tempio di S(an)ta Maria del Fiore in Fire(n)ze Andrea Taffi pittor fiorentino p. 132, rigo 1, altra mano: Andrea Taffi portò il musaico in Firenze et imparò da Apollonio greco di cuocere li vetri de musaico et a fare il stuccho di esso

  Si veda la nota precedente.   L’osservazione di Resta si riferisce alla descrizione vasariana delle pitture nella chiesa di San Francesco a Pisa, ascritte dall’aretino a Cimabue (L. Bellosi, Cimabue, apparati a cura di G. Ragionieri, Milano 1998, pp. 18, 274-275). La data 1208 proposta dal Resta, ed in realtà troppo precoce per l’attività di Giunta, è probabilmente quella che egli assegnava ad un disegno della propria raccolta, non identificato, inserito nel volume Parnaso de’ Pittori ed ivi descritto, raffigurante un San Francesco seduto, intento a leggere, da lui attribuito a Giunta; da questo foglio Resta trae infatti lo schizzo tracciato qui in margine. Come Resta spiega nell’Indice a stampa del Parnaso de’ Pittori, il disegno di sua proprietà proveniva dal gruppo di fogli trovati nella presunta casa di Perugino dagli oratoriani umbri, poi a lui pervenuti tramite il confratello Giovan Francesco Morelli (cfr. postille a Riserva p. 366, rigo 14 e p. 544, nel margine inferiore, e note relative). Mentre l’originale fu donato da Resta al cardinale Leandro Colloredo, una copia fu inserita proprio nel Parnaso (Lansdowne 802 i 4; S. Resta, Indice del libro intitolato Parnaso de’ Pittori in cui si contengono varj Disegni Originali raccolti in Roma da S. R., Perugia 1707, pp. 7-8); sull’argomento si veda anche G. Bonardi, Nuovi materiali per la fortuna critica del Medioevo lombardo, intorno a Sebastiano Resta, in Arte Lombarda n.s. 172 (2014), pp. 54-62: 60-61. Per quanto riguarda i rapporti tra Resta e Colloredo si rinvia a L. Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes: Giovan Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo, collezionista e mecenate a Pistoia (1647-1704), Firenze 2005, ad indicem; G. Bonardi, Una perizia dimenticata di Sebastiano Resta sulla tavola della Madonna della Clemenza, in Horti Hesperidum, Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica, (= Materiali per la storia della cultura artistica antica e moderna, a cura di F. Grisolia), III (2013/1-2), pp. 63-88: 60-61. 3 4

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Gaddo Gaddi pittor fiorentino p. 134, rigo 8, altra mano: Il bono et sottile Aere della città leva a gli Ingegni la grassezza, et la ruggine p. 135, rigo 4, altra mano: forestieri et nostrali Giotto pittor fiorentino p. 139, rigo 15, altra mano: Giotto f(iglio) di Bondone agricoltore levato da sé p. 140, rigo 20, con sottolineatura di « Baroncelli »: il P(adre) R(esta) l’ha in Roma il disegno5 p. 141, rigo 24, altra mano: papa Benedetto XII da Bologna chiamò Giotto a Roma p. 142, rigo 16: di quel tempo le persone erano tonde6 p. 142, rigo 18, altra mano: Proverbio di Giotto dell’O, mandato a Roma per sostegno a papa Benedetto XII più tondo che l’O di Giotto p. 143, rigo 14, altra mano: Giotto lavorò a Napoli al Re Ruberto p. 144, rigo 18, altra mano: L’historia della beata Michelina a Rimini fatta da Giotto p. 144, rigo 29: la S(ant)a Michelina in Pesaro è altra cosa è del Baroccio7 p. 146, rigo 4, con sottolineatura di « un San Tomaso d’Aquino », la postilla è solo in parte leggibile a causa della consunzione dell’inchiostro: copia, questo l’ha […] p. 146, rigo 24: Uno di questi crocifissi sta sotto alla Scala Santa a S(an) Gio(vanni) Later(an)o in Roma lasciati dalla Marc(hes)a Angelelli8. 5  Il disegno attribuito da Resta a Giotto e messo in relazione con l’Incoronazione Baroncelli può essere identificato con quello conservato a Princeton, raffigurante nel recto l’Incoronazione della Vergine e nel verso un Cavallo con cavaliere (Art Museum, inv. 45-I: J. Bean, Italian Drawings in the Art Museum, 106 selected examples, Princeton 1966, cat. 1, p. 15; F. Gibbons, Catalogue of italian drawings in the Art Museum, Princeton 1977, I, cat. 713 pp. 224-225, II, tav. 713; G. Bonardi, Resta e i disegni dell’antica scuola lombarda, in Dilettanti del disegno nell’Italia del Seicento. Padre Resta tra Malvasia e Magnavacca, a cura di S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2013, pp. 142-144). Il foglio, che in realtà non presenta alcuna connessione con l’opera giottesca, era inserito nel volume Parnaso de’ Pittori (Lansdowne 802 i 9, Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., pp. 9-10; Bonardi, Resta e i disegni cit., pp. 142-144). 6  Il commento di Resta riguarda il celebre aneddoto riportato da Vasari sulla « O di Giotto ». 7   Resta registra la presenza della Beata Michelina di Federico Barocci nella chiesa di San Francesco a Pesaro (oggi alla Pinacoteca Vaticana), forse sulla base della menzione di G. P. Bellori, Le vite de’ pittori scultori e architetti moderni [Roma, per i success. Al Mascardi, 1672], a cura di E. Borea, introduzione di G. Previtali e postfazione di T. Montanari, Torino 2009, I, p. 191; cfr. la postilla a Cicognara p. 144, rigo 17, e nota relativa. 8   Resta riprende poco plausibilmente una indicazione molto generica del testo vasariano, riferendo alla mano di Puccio Capanna un Crocifisso donato al patriarchio lateranense dalla

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TRASCRIZIONE E COMMENTO DELLE POSTILLE DI PADRE RESTA

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p. 146, rigo 27, altra mano: La Madonna morta coll’esequie di lei fatte da Giotto lodatissime da Pittori p. 149, rigo 18, altra mano: Giotto dopo la morte hebbe l’effigie di Marmo in S(ant)a Maria del Fiore dal Magnifico Lorenzo di Medici et lodato dal Policiano Pietro Cavallini romano pittore p. 171, rigo 2, altra mano: Pietro Cavallini Romano di Mosaico fece la facciata di Sa(n) Paolo fora Taddeo Gaddi pittor fiorentino p. 183, rigo 3: In Minerva di Roma tal istoriato di S(an) Tom(as)o è beniss(im)o dipinto da Filippino di Fr(ate) Filippo9. Tommaso fiorentino pittore detto Giottino p. 189, nel margine superiore, sopra il titolo corrente erroneo « Andrea Orcagna », cassato: Tommaso Fior(entin)o d(ett)o Giottino Spinello Aretino pittore p. 206, rigo 22, altra mano: Gabriele Seraceni pittor a mettere ad oro Gherardo Starnina pittore fiorentino p. 212, nel margine inferiore: nel 1400 in S(an) Clemente di Roma si sono dipinti i Chori degl’Angioli da un Giovenale con q(ues)ti due versi: Si vis Pictoris nomen cognoscere lector De Veteri Urbe Iuvenalis est nomen eius Circa al 1416 accanto alla Porta maggiore dell’istessa Chiesa di S(an) Clem(en)te dipinse alcuni santi col proprio ritratto ad essi genuflesso un tale Salli da Celano10. devota marchesa Cristiana Duglioli Angelelli (1614-1669), figura notevole di committente e collezionista nell’ambiente bolognese e romano: F. Curti, Committenza, collezionismo e mercato dell’arte tra Roma e Bologna nel Seicento. La quadreria di Cristiana Duglioli Angelelli, Roma 2007. La data di morte della Angelelli funge da termine post quem per la redazione di questa postilla. 9   Resta collega alla menzione vasariana del San Tommaso che « tiene legati sotto i suoi piedi gli eretici Ario, Sabellio e Averrois » entro il ciclo di affreschi del Cappellone degli Spagnoli a Firenze, erroneamente ascritto dall’aretino a Taddeo Gaddi e Simone Martini, il ricordo del medesimo episodio affrescato da Filippino Lippi nella cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma. Vedi anche la postilla a Riserva p. 517, rigo 2, e nota relativa. 10   Resta integra la biografia dello Starnina con alcune notizie da lui raccolte su pittori attivi a Roma (o da lui creduti tali) contemporanei all’artista fiorentino. Ricorda l’affresco

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Masolino pittore p. 279, rigo 18, con sottolineatura di « la sala di casa Orsina Vecchia in monte Giordano »: Sala di M(on)te Giord(an)o Masolino Masaccio pittore fiorentino p. 287, rigo 5, nell’interlinea, dopo « altri »: fiorentino11 p. 287, rigo 5, nell’interlinea, dopo « la correggesse »: non contando come Bramantino etc.12 p. 287, rigo 11: io ho il disegno13 p. 288, rigo 21, con sottolineatura di « cioè fra Giovanni da Fiesole »: il B(eat)o Gio(vanni) doppo esser frate non è probabile che studiasse all’opere di Masaccio morto mentre entrò in religione pittore et hebbe in uso di non correggere mai le p(ro)prie pitture, contentandosi di ciò che li veniva fatto alla p(rim)a. Item il B(eato) Gio(vanni) q(uan)do Masaccio naque del di Giovenale di Orvieto rappresentante la Trinità circondata dalle gerarchie angeliche, con l’iscrizione qui trascritta, che si trovava sulla parete a destra dell’entrata nella chiesa di San Clemente a Roma; i versi con la firma del pittore, ancora ben leggibili nel 1706 (cfr Ph. Rondinino, De S. Clemente Papa et Martyre ejusque Basilica in urbe Roma libri duo, Roma 1706, p. 313), andarono perduti con il restauro della chiesa promosso nel 1715 da Clemente XI: A. Noach, Two Records of Wall-Paintings in San Clemente, in The Burlington Magazine 91 (1949), pp. 309-312: 311-312. Analogamente, la data 1416 e il nome di Salli de Celano (da riferirsi però con ogni probabilità non ad un pittore, ma ad un committente), si leggevano in un affresco già nella navata di San Clemente: C. M. Richardson, Reclaiming Rome. Cardinals in the Fifteenth Century, Leiden-Boston 2009, pp. 204-205. Entrambi gli affreschi andarono distrutti con i lavori compiuti nella chiesa nel 1882. 11   L’intervento di Resta concerne il passo in cui Vasari spiega che la « maniera vecchia » era durata fino a Masaccio « senza che altri la correggesse ». La notazione dell’oratoriano è implicitamente polemica nei confronti della scarsa attenzione riservata da Vasari alle scuole pittoriche altre da quella fiorentina. 12   È questa la prima delle numerose menzioni di Bramantino quale fondamento della moderna scuola pittorica lombarda, che ricorrono nelle postille vasariane del padre Resta, per cui si vedano le postille a Riserva p. 360, rigo 24; p. 361, rigo 31; p. 362, margine superiore e ad indicem. 13   La postilla concerne la descrizione vasariana della Sagra del Carmine di Masaccio di cui Resta segnala di avere un disegno. Un foglio riferito a Masaccio, che « contiene parte della Processione ch’egli dipinse di terra verde nel Chiostro del Carmine di Fiorenza verso la Chiesa » è in effetti inserito nel volume Saggio dei Secoli, confluito nelle collezioni di Lord Somers (Lansdowne 802 b 6). Nella medesima nota Resta specifica che « il restante di questo disegno sta nella Serie maggiore che io nomino La Stupenda ». L’unico disegno identificato appartenuto a Resta e da lui attribuito a Masaccio per la Sagra del Carmine è una copia di Andrea Boscoli oggi conservata al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 76 E), proveniente dal volume dell’oratoriano dal titolo Trattenimenti Pittorici, confluito nel museo fiorentino (cfr. da ultimo S. Prosperi Valenti Rodinò, Resta e la fortuna dei (cosiddetti) ‘primitivi’, in Forme e Storia. Scritti di arte medievale e moderna per Francesco Gandolfo, a cura di W. Angelelli, F. Pomarici, Roma 2011, pp. 553-562: fig. 2 pp. 554, 558) e A. Petrioli Tofani, L’inventario settecentesco dei disegni degli Uffizi di G. Pelli Bencivenni, trascrizione e commento, III, Firenze 2014, p. 966, nr. 4.

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1417 haveva anni 30 et alla morte di Masaccio 56, le haverà vedute ma non studiate come discepolo essendo più vecchio di 30 che il morto, né meno il Beato ha maniera simile, è anco più secco14. p. 290, righi 7-8, con sottolineatura di « quandoque superaretur ab arte »: coincidit idea hec cum epigraphe in morte Raphaelis Urbinat(is): Hic ille est Raphael / Timuit quo sospite / vinci rerum / magna parens. Sed illa coronidem addidit: et moriente mori15 Filippo Brunelleschi scultore et architetto p. 323, rigo 20: Fr(ancesc)o Sforza lo fece p(er)ché il p(rim)o fu demolito dalla Republica16 p. 332, nel margine inferiore: Mi pare maggior ardire la cuppola del duomo di Mil(an)o con tante guglie che ci va in cima se ben minore sopra i quattro piloni in aria. Di S(an) Pietro in Vaticano e d’altre moderne o rimodernate fabriche poi non ne parliamo, p(er)ché non più l’opere vengono in meraviglia, ma la facilità con che così frequentem(en)te a nostri dì si fanno le cuppole in aria, è lo stupore. Attribuiscono alcuni in Fiorenza et in Pistoia al Brunelleschi la chiesa dell’Umiltà, ma il portico e chiesa fu cominciata l’anno 1494 da Ventura Vitoni Pistoiese Architetto et il Vasario fece la cuppola17 14   Il commento attiene il passo in cui Vasari ricorda gli studi compiuti dall’Angelico sugli affreschi di Masaccio della Cappella Brancacci. Resta ragiona qui sugli estremi anagrafici forniti per l’Angelico da Vasari, che lo credeva erroneamente morto « di anni LXVIIII nel MCCCCLV ». L’erronea indicazione del 1417 come data di nascita di Masaccio (nato nel 1401), dedotta da Vasari, e fornita dal Resta a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del Seicento nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi (Lansdowne 802 g 23), è ribadita anche da P. A. Orlandi, Abecedario pittorico nel quale compendiosamente sono descritte le patrie, i maestri, ed i tempi, ne’ quali fiorirono circa quattro mila professori di pittura, di scultura, e d’architettura diviso in tre parti, Bologna 1704, p. 280. Cfr. le postille a Riserva p. 367, rigo 16 e a Cicognara p. 288, rigo 22 e p. 394, rigo 2. 15   Resta mette a confronto il terzo degli epigrammi in morte di Masaccio riportati da Vasari con quello celebre composto da Pietro Bembo per la tomba di Raffaello, riferito nella biografia vasariana di quest’ultimo (si veda qui la postilla a Riserva p. 673, nel margine inferiore, e nota relativa), e rileva la differenza di concetti espressi nel verso finale. 16  Il commento pertiene il passo in cui Vasari ricorda il soggiorno di Brunelleschi a Milano « per fare al duca Filippo Maria il modello d’una fortezza ». Resta collega la notizia vasariana alla ricostruzione del Castello, demolito con la morte di Filippo Maria e l’avvento della Repubblica Ambrosiana nel 1447, ad opera di Francesco Sforza. 17  La postilla prende spunto dalle lodi tributate da Vasari alla cupola di Santa Maria del Fiore, che Resta considera meno prodigiosa del tiburio del Duomo di Milano. Introduce inoltre qui notizie sulla chiesa dell’Umiltà a Pistoia e i suoi architetti, che sono riprese dalla versione giuntina della Vita di Bramante: Vasari, IV, pp. 85-86.

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Donato scultore fiorentino p. 334, rigo 28, altra mano, la postilla è solo in parte leggibile a causa della consunzione dell’inchiostro: Donatello nacque del […] mccclxxxiii p. 338, rigo 6, con sottolineatura di « Dovizia »: il P(adre) R(esta) hebbe il disegno doppio di q(uest)a Dovitia18 p. 349, rigo 18, altra mano: Donatello morse del mcccclxvi Pietro della Francesca pittore da ’l Borgo San Sepolcro p. 360, rigo 24, con sottolineatura di « cecità corporale »: Certam(en)te cieco non era q(uan)do dipinse sotto Nicolò V in Vatic(an)o a concorrenza di Bramantino. Parim(en)te come poteva andar da lui ad imparare e Pietro da Castel della Pieve di Perugia che fu q(ue)llo che detto fu Pietro Perugino nato nel 1446, e Luca Signorelli che era nato nel 1439? E già del 1432 il m(aestr)o era acciecato?19 p. 361, rigo 31, con sottolineatura di « concorrenzia di Bramantino »: Il Vasari qui fa uno sbaglio troppo grande. Quest’anno 1711 si è trovato che Bramantino era vivo del 1536 e che del 1513 haveva dipinto p(er) li Cisterciensi fuor di Milano a Chiaravalle una Pietà, q(ua)le poi fu mandata a Roma a S(anta) Croce in Gerusaleme e p(er)ché pativa il Card(inale) Fran(ces)co Barberino in tempo di Papa Urbano lo trasportò in sua Galleria nella 3a stanza subito entrando a m(an)o manca, et in S(ant)a Croce vi fece fare la Pietà di marmo20 18   Del disegno della perduta statua della Dovizia di Donatello descritta dal Vasari Resta altrove specifica che il foglio aveva destato l’interesse di Baldinucci (Lansdowne 802 f 6; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., p. 14; Warwick, The Arts of Collecting. Padre Sebastiano Resta and the Market for Drawings in Early Modern Europe, Cambridge 2000, p. 9; Bonardi, Resta e i disegni cit., p. 138); secondo l’oratoriano il disegno in suo possesso doveva raffigurare la veduta anteriore e posteriore della statua (Lansdowne 802 f 6). Cfr. anche la postilla a Cicognara p. 338, righi 6-7, e nota relativa. 19   Il commento pertiene il passo in cui Vasari racconta che Piero era stato « sopraggiunto nella vecchiaia dalla cecità corporale ». Resta sulla scia dell’erronea indicazione vasariana collocava l’attività di Piero della Francesca a Roma al tempo di Niccolò V (1447-1455), anziché di Pio II (1458-1464). È difficile comprendere da dove ricavasse il 1432 come data per il sopravvenire della cecità di Piero, ma su questa base l’oratoriano contesta il rapporto di discepolato presso di lui suggerito da Vasari per Perugino e Luca Signorelli. Le indicazioni anagrafiche errate che Resta riporta qui per i due pittori sono pure riprese dal testo vasariano: Vasari, III, p. 611 e pp. 638, 640. Per il cenno su Bramantino si veda la nota successiva. 20   Il commento pertiene il passo in cui Vasari ricorda l’attività di Piero della Francesca nella futura Stanza di Eliodoro dell’appartamento pontificio in Vaticano dicendola erroneamente avvenuta « a concorrenzia di Bramantino da Milano ». Per Piero si veda la nota precedente. Per quanto riguarda Bramantino Resta si riferisce ai due documenti trovati nel 1711 da Giovanni Sitone di Scozia. Questi svelarono il cognome dell’artista, Bartolomeo Suardi, rettificarono l’errore originato da Vasari, secondo cui Bramantino era un contemporaneo di Piero, e permisero di intendere correttamente il rapporto del pittore con Bramante (cfr.

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p. 361, nel margine inferiore: se fusse stato cieco non sarebbe potuto condursi dal Papa per pittor a Roma21 p. 362, nel margine superiore: nelli stessi due istrom(enti) che io ho veduti trovo che Bramantino era sopranome per essere stato scol(ar)o di Bramante: il suo nome era Bartolomeo Suardi sì che si scassino tutte queste note: 22 [disegno a margine]23 24 p. 362, rigo 27: Di Bramantino vi sono i bellissimi puttini che cantano nel parapetto dell’organo di S(an) Fran(ces)co a Mil(an)o e pure i bellissimi sportelli dell’istesso organo a cornu evangelij. Fuora della porta dell’ospedale a S(an) Celso sono sue le due figure a guazzo, ma sono perse dal tempo. È una Nunciata25 anche Lansdowne 802 f 9; si rimanda a G. Agosti, Bramantino a Milano, in Bramantino a Milano, catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco – Cortile della Rocchetta – Sala del Tesoro – Sala della Balla, 16 maggio – 25 settembre 2012) a cura di G. Agosti, J. Stoppa, M. Tanzi, Milano 2012, pp. 21-79, in particolare p. 74) e Bonardi, Resta e i disegni cit., pp. 149150. Per il dipinto della Pietà si rimanda alla postilla a Riserva p. 564 rigo 29, e nota relativa. 21   Si veda la postilla a Riserva p. 360, rigo 24, e nota relativa. 22   Si veda la postilla a Riserva p. 361, rigo 31, e nota relativa. 23   Resta rimanda all’edizione giuntina delle Vite, qui richiamata nell’edizione bolognese del Manolessi del 1647, per il passo della biografia di Benvenuto Garofalo ed altri maestri lombardi, in cui erano ricordate le « colonne a tronconi a uso d’alberi tagliati » inventate, come l’aretino credeva, da Bramantino per il portico della basilica di Sant’Ambrogio a Milano (Vasari V, p. 432). Vedi anche la postilla a Cicognara, p. 363, rigo 20. 24   Per questa lunga postilla, cassata dal padre Resta, si vedano le postille a Riserva p. 361, rigo 31; p. 362, nel margine superiore, e nota relativa. 25   Una lunga tradizione di fonti lombarde note al Resta (G. P. Lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, scoltura et architettura [Milano, Gottardo Pontio, 1584], in Id., Scritti sulle arti, II, a cura di R. P. Ciardi, Pisa 1974, p. 236; F. Scannelli, Il Microcosmo della Pittura, [Cesena, Neri, 1657], a cura di G. Giubbini, Milano 1966, p. 271; A. Santagostino, L’immortalità e gloria del pennello, overo catalogo delle pitture insigni che stanno esposte al pubblico nella città di Milano, [Milano, per Federico Agnelli scoltore e stampatore, 1671], a cura di M. Bona Castellotti, 1980, p. 45) riferiva a Bramantino le tavole con putti suonatori e cantori – un tempo parte della decorazione dell’organo della chiesa milanese di Santa Maria di Brera, rimontate (post 1571) in San Francesco Grande – oggi riconosciute a Bernardo Zenale e conservate in collezione privata: G. Bora, I disegni del Codice Resta, Cinisello Balsamo 1976, cat. 19, p. 15; P. Astrua, in Zenale e Leonardo. Tradizione e rinnovamento della pittura lombarda, catalogo della mostra (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 4 dicembre 1982 – 28 febbraio 1983), a

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p. 362, nel margine inferiore: Diversi Ap(osto)li fece nella Passione eccellentissimi26 p. 362, nel margine inferiore: [disegno a margine]27 p. 366, rigo 14: questo Pietro da Castello della Pieve era q(ue)llo che si nominò Pietro Perugino, e concordando che Pietro detto Perugino sia stato scol(ar)o di Piero della Francesca non del Verocchio q(ua)le era orefice e cominciò tardi a far il pittore quando già Perugino dipingeva. Che poi Pietro da Castello sia q(ue)llo che dico, il P(adre) Morelli Perugino mi scrisse d’havere visto un istrom(en)to che lo nomina tale con l’occasione che la Congreg(azio)ne di Perugia hebbe una casa, che fu di q(ues)to Pietro enunciato da Castel della Pieve hora Città28 p. 366, rigo 21, con sottolineatura di « mcccclviii » 1447 Nicolò V fatto Papa e fece molto doppo29

cura di M. Natale, con A. Mottola Molfino, e la collaborazione di M. Dalai Emiliani, Milano 1982, pp. 158-164, nrr. 45a-45e. Il secondo riferimento è alle ante dell’organo (perdute) eseguite secondo Lomazzo, Trattato cit., p. 274, da Bramantino per San Francesco Grande (G. Agosti, J. Stoppa in Bramantino cit., cat. 8, pp. 136-150). Una Annunciazione del pittore, a tempera, sulla facciata dell’ospedale di San Celso era registrata da Scannelli, Il Microcosmo cit., p. 271 e da C. Torre, Il ritratto di Milano diviso in tre libri, Milano, Federico Agnelli,1674, p. 80. 26   Il riferimento introdotto qui da Resta, senza nessi con il testo vasariano, ad Apostoli attribuiti a Bramantino in Santa Maria della Passione a Milano è probabilmente da collegare alle tavole di Ambrogio Bergognone con Cristo e gli apostoli nella sala capitolare della chiesa, sulla cui cronologia si veda C. Fraccaro, L’intervento nella Sala Capitolare del Convento di Santa Maria della Passione a Milano, in Ambrogio da Fossano detto il Bergognone. Un pittore per la Certosa, catalogo della mostra (Pavia, Castello Visconteo, Certosa di Pavia, 4 aprile – 30 giugno 1998), a cura di G. C. Sciolla, Milano 1998, pp. 371-374: 373-374. 27   Si veda la postilla a Riserva p. 362 nel margine superiore, e nota relativa. Su questo problema Resta poteva attingere a Torre, Il ritratto cit., p. 192. 28   Si veda la postilla a Riserva p. 360, rigo 24, e nota relativa. Resta identifica giustamente Pietro Perugino nel « Piero da Castel della Pieve » nominato da Vasari. L’informazione gli arriva dall’oratoriano di Perugia Giovan Francesco Morelli, uno dei suoi intermediari più significativi (G. Warwick, Gift Exchange and Art Collecting: Padre Sebastiano Resta’s Drawing Albums, in The Art Bulletin 79 (1997) 4, pp. 630-646: 637-639; Ead., The Arts of Collecting cit., ad indicem; G. Sapori, Collezionismo e mercato dei disegni a Perugia nel Seicento, in Il segno che dipinge, a cura di C. Bon Valsassina, Bologna 2002, pp. 41-51: pp. 50-51; L. Teza, Guide a Perugia tra Cinque e Seicento: Cesare Crispolti e Giovan Francesco Morelli, in Guide e viaggiatori tra Marche e Liguria dal Sei all’Ottocento, atti del convegno, Urbino, Palazzo Albani, 26-27 ottobre 2004, a cura di B. Cleri, G. Perini, Urbino 2006, pp. 93-148: pp. 114127). Riguardo la casa del Perugino, passata in eredità agli oratoriani di Perugia, si veda la postilla a Riserva p. 544, nel margine inferiore, e nota relativa. 29  La postilla pertiene l’indicazione vasariana del 1458 come ‘floruit’ per Piero della Francesca. Resta richiama la notizia, pure fornita da Vasari, dell’attività di Piero per Nicolò V (si veda postilla p. 360, rigo 24 e nota relativa), e segnala che il pittore (scomparso in effetti nel 1492), restò operoso ancora molto oltre.

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Fra’ Giovanni da Fiesole pittor fiorentino p. 367, rigo 16: il P(adre) M(aestr)o Orlandi nel suo Abecedario lo fa discepolo di Massaccio, il che non può essere p(er)ché il B(eato) Gio(vanni), allora che Masaccio poté essere in età d’insegnare ad altri era già Pittore in secolo30 p. 370, rigo 34, con sottolineatura di « ancora nella Minerva la tavola »: Nunciata nella Minerva di Roma non q(ue)lla della Capella Caraffa di S(an) Tomaso d’Aquino di Filippino di fr(ate) Filippo31 p. 371, rigo 20: S(ant’) Antonino p. 371, rigo 24: Nov(embre) 1698 un libro suo dal P(adre) Morelli fu mandato al P(adre) R(esta)32 p. 371, rigo 28: se è Benozzi della Tribuna de S(anti) Apostoli hora demolita, Benozzi era di maniera grande assai33 p. 372, rigo 5, nell’interlinea, sopra « tondo » cassato con un frego: bislongo, con il ritratto, hora trasportato dal cav(aliere) R[a]inaldi nel muro ivi vicino34.

  Si veda la postilla a Riserva p. 288, rigo 21, e nota relativa.   Resta distingue la « Nunziata » dell’Angelico citata da Vasari sull’altare di Santa Maria sopra Minerva dall’Annunciazione affrescata da Filippino Lippi sull’altare della Cappella Carafa nella stessa chiesa. 32   Soltanto dalla postilla in esame, non collegata ai contenuti del testo vasariano, emerge la notizia del dono di un libro (probabilmente di disegni) dell’Angelico da parte del Morelli a Resta nel 1698. Sappiamo invece che l’oratoriano ricevette dal confratello perugino un disegno dell’artista (G. Fusconi, S. Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta a Sebastiano Resta collezionista: il Piccolo Preliminare al Grande Anfiteatro Pittorico, in Prospettiva 33-36 (19831984), pp. 237-256: 240, 255 nota 31; Warwick, Gift Exchange cit., p. 637; Sapori, Collezionismo e mercato cit., p. 51; Teza, Guide a Perugia cit., p. 119). 33  In queste postille Resta aderisce ancora all’errore compiuto da Vasari, che nella biografia torrentiniana di Benozzo Gozzoli gli riferiva gli affreschi già nella tribuna della basilica dei Santi Apostoli a Roma, di cui molti dei brani superstiti debbono la loro sopravvivenza all’intervento dell’oratoriano: M. Epifani, Padre Resta e la fabbrica dei Santi Apostoli: precisazioni su Melozzo da Forlì e un progetto di Francesco Fontana dall’Archivio Riario Sforza, in Bollettino d’Arte, s. VII, 8 (2010), pp. 21-34. Si vedano le postille a Riserva p. 582 rigo 28, datata 1690, e a Cicognara p. 422, rigo 15, dove Resta ha recepito la correzione apportata da Vasari nella redazione giuntina della Vita di Benozzo (Vasari, III, pp. 376, 379380), nella quale il ciclo è correttamente riferito a Melozzo da Forlì, come del resto aveva potuto leggere in Scannelli, Microcosmo cit., pp. 121-122. 34  Vasari aveva definito « tondo » il sepolcro marmoreo del Beato Angelico che egli vedeva ancora integro nella cappella di San Tommaso d’Aquino in Santa Maria sopra Minerva, riferendosi al fatto che era allora possibile girare intorno alla tomba; Resta ritiene di correggere il testo su questo punto in quanto egli vedeva la lastra sepolcrale del pittore dopo che questa, in una data anteriore al 1606, era ormai stata murata sulla parete del corridoio che dal coro conduce verso il Collegio Romano: S. Orlandi O. P., Beato Angelico. Monografia storica della vita e delle opere con un’appendice di nuovi documenti inediti, Firenze 1964, pp. 149, 150, 161; P.T. Piccari, Il Sepolcro del Beato Angelico, in Arte e letteratura per Giovanni Fallani, a cura di D. Balboni, Napoli 1981, pp. 183-200. Questa postilla e la sua 30 31

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Lazaro Vasari aretino pittore p. 374, rigo 5, altra mano: Georgio Aretino, la forma et misura de colori, vasi antichi ritrovò alla Calciarella Fra Filippo Lippi pittor fiorentino p. 398, rigo 14, altra mano: Fra Filippo ingravedò una citella in Prato, l’ordine ricacciò uno altro Philippuzzo pittore Paulo Romano et maestro Mino scultori p. 404, rigo 9, altra mano: Paulo Romano superò Mino in fare una statua di S(an) Paulo. Mino fece S(an) Pietro et S(an) Paulo di marmo alla scala di S(an) Pietro Chimenti Camicia architetto fiorentino p. 407, righi 22-23, con sottolineatura di « predetto Papa in ogni sua impresa se ne servisse »: perciò dice l’Ab(ate) Titi che fece la restauratione de S(anti) Apostoli chiesa delle fabricate da Costantino Imp(erato)re al tempo di Papa Sisto IV in gran parte rovinata. Hora dal Cav(alier) Fr(ancesco) Fontana sotto il regnante S(antissi)mo Papa Clem(ente) XI demolita e fatta di nuova pianta35. omologa nell’esemplare Cicognara sembrano aggiungere un nuovo tassello alle vicende della tomba del pittore, che sarebbe stata rimontata da Carlo Rainaldi su istruzione dell’oratoriano (si veda anche Lansdowne 802 b 4 « mi recordo ch’io sospiravo e consigliavo si alzasse da terra »); il fatto che l’architetto sia menzionato da Resta come cavaliere obbliga a pensare ad un episodio successivo al 1649-1650 in cui fu creato tale dal cardinale Maurizio di Savoia, ed è possibile che il suo intervento sul sepolcro dell’Angelico sia concomitante al progetto per la tomba (1673) del cardinale Carlo Bonelli alla Minerva: L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni, [Roma, A. de’ Rossi, 1730-1736], a cura di A. Marabottini, Perugia 1992, pp. 414 e 415. Cfr. la postilla a Cicognara p. 372, sotto i versi dell’epitaffio dell’Angelico. La vicenda è ripercorsa anche in G. Bonardi, Disegni come documento e disegni come monumento. Giovanni Ciampini, Sebastiano Resta e la fortuna del Medioevo artistico nella Roma di Bellori, tesi di dottorato di ricerca in Storia dell’Arte, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, direttore e co-direttore della tesi prof.ssa S. Prosperi Valenti Rodinò, prof.ssa S. Romano. anno accademico 2011-2012, p. 137. 35  Resta segue qui il profilo di Baccio Pontelli fornito da Vasari, che ne faceva erroneamente l’architetto di Sisto IV (1471-1484), ricollegando alla sua presunta attività romana l’indicazione fornita da F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura nelle chiese di Roma [Roma, Mancini, 1674], a cura di S. Romano e B. Contardi, Firenze 1987, I, p. 167. La menzione dei lavori di rifacimento della basilica intrapresi nel 1701 da Francesco Fontana (Epifani, Padre Resta e la fabbrica dei Santi Apostoli cit., pp. 21-34) permette di datare questa postilla nei primi tempi del pontificato di Clemente XI Albani (1700-1721), entro la morte dell’architetto nel 1708.

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p. 407, nel margine inferiore, con segno di richiamo al rigo 23: vi sono sepolture più antiche di Sisto IV36 Andrea da ’l Castagno di Mugello pittore p. 410, rigo 3, altra mano: Bernardetto de Medici havea possessione alla Scarparia. p. 411, rigo 12, altra mano, la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: Andrea Castagno eccellente negli scorti delle figure p. 413, righi 14-16, con sottolineatura di « Santa Maria de Loreto aveva dipinto in compagnia di Piero della Francesca » e manicula p. 415, rigo 10, altra mano: Uccise nascostamente Andrea Domenico suo maestro pittore nel dipignere ad oglio p. 416, rigo 7, altra mano, la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: Il Castagno dipinse gli impiccati per uno piede in Firenze si ribellono Benozzo pittore fiorentino p. 422, rigo 16: così è et il P(adre) R(esta) ha il disegno originale . Lo Scanelli dice essere del Melozzo ma meglio tiene il Vasario che sia di Benozzo. Il P(adre) Gio(van) Fran(ces)co Morelli dell’Or(ator)io di Perugia pittore che stampò delle pitture di Perugia mi asserisce che l’opera già della tribuna de S(anti) Ap(osto)li di Roma è di Benozzo, e che ha veduto a Monte falco le opere del Melozzo ivi di sua mano sottoscritto con l’anno, e che quel Melozzo era ignorante di regola di sotto in su37. p. 422, nel margine inferiore, la postilla del padre Resta, è illeggibile perché cassata con ripetuti tratti di penna e cancellando l’inchiostro p. 429, rigo 25, altra mano: Mino da Fiesole fece l’Altare di S(ant)o Gerolamo in S(an)ta Maria Maggiore Mino scultore da Fiesole p. 440, rigo 8, altra mano: La sepoltura di P(apa) P(aolo) II in S(an) Pietro a canto la capella d’Innocenzio. 36   L’annotazione si riferisce alla presenza nella chiesa romana di Sant’Agostino, di cui Vasari attribuiva erroneamente il progetto a Baccio Pontelli (vedi nota precedente), di tombe più antiche rispetto al papato di Sisto IV, entro cui lo storiografo aretino collocava l’attività romana dell’architetto. 37  Resta possedeva un disegno da attribuire a suo giudizio a Benozzo Gozzoli per l’Ascensione di Cristo nella basilica romana dei Santi Apostoli. Sull’errata attribuzione a Benozzo di tali affreschi, ricondotti invece giustamente a Melozzo da Vasari nella Giuntina e da Scannelli (Microcosmo cit., pp. 121-122), si veda anche la postilla a Riserva p. 371, rigo 28, e nota relativa. Riferendo del controllo compiuto de visu dal padre Morelli nella chiesa di San Francesco a Montefalco sul ciclo di affreschi di Benozzo, Resta probabilmente confonde il nome di quest’ultimo con Melozzo.

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p. 440, rigo 18, altra mano: Mino del Reame et Mino da Fiesole in una etade amendue p. 441, rigo 1, altra mano: Un tabernacolo di marmo fece Mino alle monache di S(anto) Ambrogio et alle amorate per il sacramento Ercole ferrarese pittore p. 443, rigo 15: et ancora stimata adesso 1671 che io la viddi con gusto e stupore di q(ue)l tempo38. p. 445, righi 19-20: Bolognesi invidiosi a forestieri. Vedi il Co(nte) Malvasia p(arte) 2, fol. 138 e simili39. p. 446, nel margine inferiore: Dal Fontana Bolognese fu ritocca parte di q(ue)sta istoria sotto il portico di S(an) Pietro40. (Fig. 22) Lorenzo Costa o Cossa maestro di Ercole m(aest)ro di M(aestr)o Guido Aspertini fr(ate)llo di M(aestr)o Amico Franc(es)co Francia Bologn(es)e m(aestr)o secondo il Co(nte) Malvasia di M(aestr)o Amico Aspertini M(aestr)o Biagio Puppini Inn(ocenz)o Francucci da Immola Cotignola Bagnacavallo et altri Pellegrino Fontana Carracci e Procaccini etc.

38  Resta si riferisce alle pitture di Lorenzo Costa per la cappella Bentivoglio in San Giacomo Maggiore a Bologna descritte dal Vasari, e viste dall’oratoriano durante la sua tappa a Bologna nel viaggio del 1671. Come si evince dall’alberello a p. 446, Resta non rettifica la confusione vasariana tra Francesco del Cossa e Lorenzo Costa. 39   Il riferimento puntuale è ad un passo della Vita del Bagnacavallo nell’editio princeps di C. C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, [Bologna, Per l’Erede di Domenico Barbieri, 1678], con aggiunte, correzioni e note inedite dell’autore, di G. Zanotti e di altri scrittori, Bologna 1841, I, pp. 112-113. 40  La postilla fa riferimento alla menzione vasariana della Crocifissione affrescata da Guido Aspertini (1491) nel portico di San Pietro a Bologna, distrutto nel 1605. Già Malvasia aveva segnalato il restauro di parte delle pitture ad opera di Prospero Fontana, per volontà del cardinale Gabriele Paleotti (C.C. Malvasia, Le Pitture di Bologna, Bologna, Giacomo Monti, 1686, p. 45; si rinvia a D. Benati, Gli altri Aspertini: il padre Giovanni Antonio e il fratello Guido, in Amico Aspertini 1474-1552. Artista bizzarro nell’età di Dürer e Raffaello, catalogo della mostra, Bologna, Pinacoteca Nazionale, 27 settembre 2008 – 11 gennaio 2009, a cura di A. Emiliani, D. Scaglietti Kelescian, Cinisello Balsamo 2008, pp. 37-43: 37). Resta potrebbe aver appreso la notizia dal testo dello storiografo bolognese, oppure durante i suoi viaggi nella città felsinea.

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Fig. 22 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. II, p. 446.

Iacopo, Giovanni, et Gentile Bellini, pittori veniziani p. 449, rigo 33: giovane di poco più d’un anno41 p. 450, rigo 12: Io tengo q(ue)sti disegni42

41   La postilla pertiene il passo in cui Vasari scrive che Gentile Bellini era più giovane del fratello Giovanni (« più di lui giovane »). 42   Il riferimento è al nucleo di disegni attribuiti da Resta a Giovanni Bellini per la sala del Gran Consiglio in Palazzo Ducale, inserito nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi (Lansdowne 802 g 27, 31-34, 36). Tra questi fogli, due sono identificati con quelli conservati a Londra ed a Chatsworth e raffiguranti rispettivamente una Funzione religiosa e una Processione, restituiti a Gentile Bellini (Lansdowne 802 g 34, London, British Museum, inv. 1933-8-3-12: cfr. A. E. Popham, Ph. Pouncey, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum. The Fourteenth and Fifteenth Centuries, London 1950, cat. 34 p. 22; Lansdowne 802 g 32, Chatsworth, Devonshire Collection, inv. 738: cfr. M. Jaffé, The Devonshire Collection of Italian Drawings. Venetian and North Italian Schools, London 1994, cat. 743 p. 43; Bellini and the East, catalogo della mostra [Boston, 14 dicembre 2005 – 26 marzo 2006], a cura di C. Campbell, A. Chong, London 2005, catt. 9-10, pp. 50-53); un foglio raffigurante la Veduta di un porto con navi invece è oggi ricondotto giustamente a Vittore Carpaccio (Lansdowne 802 g 36, London, British Museum inv. 1897-4-10-I: cfr. Popham, Pouncey, Italian Drawings cit., cat. 33 pp. 20-21), come anche lo studio con Soldati turchi a piedi ed a cavallo (Lansdowne 802 g 31; Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts Graphiques, inv. 4652: C. Loisel, in Le Splendeur de Venise 1500-1600. Peintures et dessins des collections publiques françaises, catalogo della mostra [Bordeaux, Musée des Beaux-Arts, 14 dicembre 2005 – 19 marzo 2006], Parigi 2005, cat. 42 pp. 112-113). Per gli altri disegni attribuiti da Resta a Giovanni Bellini nel volume G ed oggi restituiti a Carpaccio si rinvia da ultimo a C. Brooke, Vittore Carpaccio’s method of composition in his drawings for the Scuola di “San Giorgio Teleri”, in Masters Drawings 42 (2004), pp. 302-314.

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Andrea Verrocchio scultore fiorentino p. 461, rigo 21, con segni di richiamo ai righi 21 e 28: dalla Natura – si contradice al suo solito – dalla Natura p. 463, righi 5-6, con sottolineatura di « essendo ancor Giovane »: se donque era ancor giovane e scultore come era già maestro in pittura di chi dipingeva già come Perugino in Capella Sista?43 p. 464, rigo 25: Come dunque se doppo servito Sisto si mise alla Pittura poté haver scolari che servissero Sisto nel med(esim)o di lui Pontificato?44 p. 465, rigo 18, con sottolineatura di « Lionardo da Vinci, suo discepolo, che allora era giovanetto vi colorì uno angelo di sua mano, il quale era molto meglio, che le altre cose »: io l’havevo 45 p. 467, nel margine inferiore: fu maestro di Leonardo da Vinci dice Gio(vanni) Paolo Lomatio et il med(esim)o Vasario nella Vita di Leon(ard)o46 Lo abate di San Clemente miniatore p. 469, rigo 19: Sisto IV fu fatto Papa 9 ag(ost)o 1471 e l’Ab(ate) S(an) Clem(en)te qui dice che morì 1461. Voglio che ancora dica 1471 tanto è errore47. p. 473, rigo 8: Sisto IV non era Papa del 146148.

43   La postilla si riferisce al passo in cui Vasari scrive che Verrocchio lavorò « essendo ancor giovane » alla sepoltura di Leonardo Bruni in Santa Croce, insieme a Bernardo Rossellino. 44   Si veda la nota precedente. 45  Il disegno menzionato da Resta – in riferimento alla descrizione vasariana del Battesimo di Cristo del Verrocchio e dell’apporto di Leonardo all’opera (Firenze, Galleria degli Uffizi) – era incluso nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi ed è oggi conservato a Cambridge con attribuzione a Perugino (Lansdowne 802 g 46; The Fitzwilliam Museum, inv. 3092: D. Scrase, Italian Drawings at The Fitzwilliam Museum, Cambridge. Together with Spanish Drawings, Cambridge 2011, cat. 519, pp. 506-507; Bonardi, Disegni cit., p. 122). L’oratoriano vi vedeva il Battesimo di Cristo del Verrocchio nel recto e credeva il verso uno studio di Leonardo per la figura dell’angelo nello stesso dipinto. Cfr. anche la postilla a Cicognara p. 565, rigo 17, e nota relativa. 46   La notizia del discepolato di Leonardo presso Verrocchio è fornita da Lomazzo non nel testo del Trattato, bensì nella sola Tavola dei nomi degli artefici che conclude l’opera nell’edizione originale: Le tavole del Lomazzo (per i 70 anni di Paola Barocchi), a cura di B. Agosti, G. Agosti, Brescia 1997, p. 17; per il rimando alla Vita di Leonardo: Vasari, IV, pp. 16-17. 47  La postilla rileva l’incongruenza della data 1461 fornita da Vasari per la morte di Bartolomeo della Gatta (1448-1502), pur avendone poco prima segnalato la partecipazione alla campagna decorativa della Cappella Sistina (1481-1483). Si veda anche la postilla a Cicognara p. 473 rigo 7. 48   Si veda la nota precedente.

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Antonio et Piero Pollaiuoli, pittori et scultori fiorentini p. 501, rigo 2, altra mano: 3 Hercoli, uno Anteo, l’altro uno leone, il terzo l’hydra amazza. p. 501, rigo 31, altra mano: Antonio et Piero Polaiuolo iscorticorono molti huomini per conoscere li muscoli. Andrea Mantegna mantovano p. 508, accanto al titolo della biografia, dopo « Mantovano »: per habitatione, PADOVANO p(er) nascita49 p. 509, rigo 10, altra mano, la postilla è pressoché illeggibile per la consunzione dell’inchiostro: Andrea Mantegna […] p. 509, rigo 11, la postilla è pressoché illeggibile per la consunzione dell’inchiostro: fu Padovano […] p. 511, rigo 9: era stato già molto p(rim)a in Roma a studiar i bassi rilievi sino dalla sua gioventù50 p. 511, rigo 20, altra mano, la postilla è pressoché illeggibile per la consunzione dell’inchiostro: cavaliere a spron d’oro fu fatto Andrea Mantegna […] p. 511, rigo 32: io hebbi tal figura et un’altra di M(ichel) A(ngelo) Buonarota nella guerra di Pisa q(ua)ndo danno all’armi mentre i soldati si bagnano nell’Arno51. p. 512, rigo 1, altra mano, la postilla è parzialmente leggibile solo con la lampada di Wood: Andrea Mantegna havendo depinta la Discrezione […] p. 512, righi 20-21: … che lo scrive de Pittori Padovani lo fa padovano, e dalla nota d’un quadro d’altare in cui sottoscrive l’anno corrente e quello dalla sua p(ro)pria età mostra evidentem(en)te che nacque del 143152 49   L’errore di Vasari sull’origine geografica di Andrea Mantegna era stato rettificato da B. Scardeone, De antiquitate urbis Patavii, et claribus civibus Patavinis libri tres, in quindecim classes distincti, Basileae, apud Nicolaum Episcopium iuniorem, 1560, p. 371, fonte a cui fa allusione Resta nella postilla successiva su questo argomento (cfr. postille a Riserva p. 512, righi 20-21, p. 582, dal margine superiore della pagina a quello laterale esterno, e a Cicognara p. 509, rigo 10). 50   Il commento pertiene il passo in cui Vasari ricorda il soggiorno romano di Mantegna (1488-1490) sotto Innocenzo VIII, prospettandone uno precedente. 51   Non è identificato un disegno di Resta attribuito a Mantegna e raffigurante l’Uomo che indossa la calza, personaggio descritto dal Vasari nel Battesimo di Cristo nella cappella in Belvedere dipinta dall’artista sotto Innocenzo VIII, come pure non è stato rintracciato il disegno michelangiolesco di analogo soggetto per la Battaglia di Cascina, probabile copia inserita nel Cartellone dei Correggeschi (cfr. postilla a Riserva p. 958, rigo 5, e nota relativa). 52   Il riferimento, lasciato in bianco dal Resta, va inteso a Scardeone, De antiquitate cit., p. 372, dove è riportata l’iscrizione autografa presente nella pala, oggi perduta, di Mantegna in Santa Sofia a Padova, nella quale il pittore si diceva diciassettenne e apponeva la data 1448.

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p. 512, rigo 23, la postilla è parzialmente leggibile solo con la lampada di Wood a causa della consunzione dell’inchiostro: fu maestro del Correggio come […] da un istrom(en)to pubblico veduto da p(adre) Ab(ate) Gio[…]53 Filippo Lippi pittor fiorentino p. 517, rigo 2: il P(adre) R(esta) tiene un disegno tomo p(rim)o Serie54 p. 517, rigo 10: hora di marmi, in Capella medesima grande di S(an) Tomaso55 p. 517, rigo 16: Hora niente nominati56 p. 519, rigo 6: ne’ Servi della Nunciata cedé a Leonardo, l’opera dell’altar maggiore, venuto da Mil(an)o, ma la reassunse poi p(er)ché Leon(ard)o non vi attendeva57. 53  Del discepolato di Correggio presso Andrea Mantegna avevano parlato fonti note a Resta, quali il Microcosmo della Pittura dello Scannelli del 1657 (p. 275), e prima ancora l’influenza del Mantegna sul più giovane artista era stata messa in luce dal mantovano Ippolito Donesmondi (Dell’istoria ecclesiastica di Mantova [Mantova, Aurelio e Lodovico Osanna, 1612-1616], Bologna 1977, II, p. 49; si rinvia anche a M. Spagnolo, Correggio. Geografia e storia della fortuna (1528-1657), Cinisello Balsamo 2005, p. 155). Nel secondo volume della Serie Grande in Quattro Tomi, intitolato Secolo d’Oro, Resta scrive di avere avuto conferma di tale apprendistato grazie a « una scrittura nell’archivio di Modana » vista da un religioso suo conoscente (Lansdowne 802 k 13), probabilmente lo stesso menzionato nella postilla vasariana. 54   Nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi, sono descritti due disegni di Filippino per la cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva (Lansdowne 802 g 64-65), elogiata da Vasari proprio in corrispondenza della postilla in esame. I disegni posseduti da Resta sono identificati con quelli raffiguranti Due gruppi di eretici e San Tommaso d’Aquino in trono tra le arti liberali delineati rispettivamente nel recto e nel verso dello stesso foglio, oggi ad Oxford, munito delle sigle Resta-Somers (Oxford, Christ Church, inv. 0022: cfr. J. Byam Shaw, Drawings by Old Masters at Christ Church. Oxford, Oxford 1976, I, cat. 39 p. 43, come copia da Filippino; si veda anche la postilla a Cicognara p. 517, rigo 3). Esso arrivò all’oratoriano da « Città Castello di Genn(ai)o 1688 » (Lansdowe 802 g 65); l’unica collezione locale, fino ad ora conosciuta, dalla quale provengono alcuni dei disegni di Resta è quella dell’editore, antiquario, mercante e collezionista vicentino Pietro Stefanoni, passata alle figlie residenti proprio a Città di Castello; si veda la postilla a Cicognara p. 511, righi 25-28, e nota relativa. 55  Il testo vasariano ricorda in Santa Maria sopra Minerva il piccolo sacello, con decorazioni di Filippino Lippi e Raffaellino del Garbo e una « sepoltura di stucchi e di gesso », disposto dal cardinale Oliviero Carafa (1430-1511) accanto alla propria cappella; tale sepoltura, in cui la salma del Carafa venne provvisoriamente collocata prima di essere traslata nel succorpo di San Gennaro nel Duomo di Napoli, andò distrutta con la costruzione del monumento marmoreo in onore di Paolo IV (1555-1559) voluto da papa Pio V, al quale fa riferimento Resta. 56  Il commento pertiene la menzione vasariana di « maestro Lanzilago padovano » (Niccolò Lenzilago) e di « Antoniazzo Romano » (Antonio Aquili detto Antoniazzo). 57  La postilla attiene la menzione vasariana della Deposizione dipinta da Filippino e ultimata da Perugino per l’altare della Santissima Annunziata di Firenze (oggi nella Galleria dell’Accademia). Il riferimento a Leonardo dipende dalla notizia fornita più avanti da Vasari

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p. 519, rigo 11, con sottolineatura di « XLV anni »: come di 45 anni se haveva X anni q(ua)ndo suo p(ad)re al fine morì nel 1438?58 Luca Signorelli da Cortona pittore p. 520, nel margine inferiore Pietro della Francesca dal Borgo Piero della Pieve d(ett)o Perugino Luca Signorelli p. 523, rigo 31: fece la Capella di S(an) Bernardino p(rim)a in entrare a m(an)o d(estr)a in Araceli con Fr(ancesco) Castelli, così ivi sta scritto.59 Bernardino Pinturicchio pittore p. 525, rigo 16, nel margine interno: Pio II Picolomini sanese fatto Papa 1458 al 1464. Pio III 1503 dì 26 fu Papa, successe Giulio II p. 525, rigo 23, nel margine esterno: Pio II papa dal 1458 al 1464 inclusive. Pio III 1503 p(er) 26 giorni e li succede Giulio II p. 525, rigo 24, nell’interlinea, con segno di richiamo tra « detto » e « pontefice »: cardinale quando fu o che poi fu p. 525, righi 25-26, con sottolineatura di « onde egli lo condusse in Siena »: con Raffaele p. 525, nel margine inferiore: Raff(ael)e stava in Città Castello q(ua)ndo Pinturicchio lo condusse a Siena60 p. 526, nel margine superiore: donque Raffaele haveva fatto i cartoni et era finita l’opera in tempo. p. 526, rigo 1: vedi in Spello un quadro, che a piedi tiene una lettera del Baglione castellano d’Orvieto dal 1508 in cui l’esorta ad andar di novo a Siena p(er) ordine del Petrucci tiranno di Siena. E di titoli lo tratta a questo modo: Eximio viro Bernardino Perusino alias el Pinturicchio61 secondo cui tale commissione, inizialmente allogata a Filippino, venne da questi stornata a Leonardo. 58   Resta commenta l’osservazione vasariana sulla morte di Filippino (1457-1504) avvenuta « nell’età di XLV anni », rilevando l’incongruenza con l’indicazione fornita dall’aretino (Vasari, III, p. 339) nella Vita di Filippo secondo cui questi sarebbe morto lasciando il figlio « fanciullo di dieci anni ». La data 1438 per la morte di Filippo, scomparso in realtà nel 1469, è ricavata da Vasari, III, p. 339. 59   Cfr. postilla a Riserva p. 526 rigo 32, e nota relativa. 60   Questa postilla e la successiva si riferiscono al passo della biografia in cui Vasari racconta come il giovane Raffaello collaborò a Siena con Pinturicchio preparando alcuni dei cartoni per il ciclo di affreschi della Libreria Piccolomini commissionatogli nel 1502. 61   La postilla integra le notizie raccolte nella Vita vasariana di Pinturicchio ricordando

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p. 526, rigo 4: Aless(andr)o fu fatto Papa 1493 al 1503. p. 526, rigo 21: se fosse in pittura62. p. 526, rigo 32, cassando « in Araceli dipinse la cappella di San Bernardino »: In Araceli di Roma si sono trovati due nomi di pittori scritti nella Capella di S(an) Bernardino, uno Luca Signorelli nato nel 1439 e di anni 82 morto nel 1521, l’altro è Francesco Castelli. Così disse a me Pietro Santi Bartoli d’haver letto nel Alvaro Roma ricercata63 p. 526, nel margine inferiore, con segno di richiamo al rigo 34 « la volta della cappella maggiore »: È di m(an)o p(ro)pria di Pietro Perugino bellissima oltre modo pulita64. p. 527, rigo 16: q(ues)to Buonfiglio fiorì p(rim)a che Pietro Perugino havesse nome – P(adre) Morelli nelle Pitture di Perugia sua Patria65.

un’opera che Resta aveva osservato dal vero nel 1690, la pala con la Madonna con il Bambino in trono tra santi realizzata dal pittore umbro con l’aiuto della bottega, nella chiesa di Sant’Andrea a Spello (si veda Lansdowne 802 g 124, foglio aggiunto); sul primo piano vi è raffigurato uno sgabello con sopra la lettera dell’aprile 1508 con cui Gentile Baglioni esortava Pinturicchio a tornare a Siena al servizio di Pandolfo Petrucci. Tale dettaglio del dipinto viene addirittura schizzato da Resta nella nota nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi in cui fornisce informazioni sulla pala (Lansdowne 802 g 124, foglio aggiunto). Resta è stato il primo a far cenno dell’opera, come sottolineato da G.B. Vermiglioli, Di Bernardino Pinturicchio pittore perugino de’ secoli XV-XVI, Perugia 1837, pp. 178-181. Si veda anche la postilla a Riserva p. 638 righi 10-11. 62   Il commento pertiene la descrizione vasariana della Disputa di santa Caterina d’Alessandria davanti all’imperatore Massimino nella Sala dei Santi dell’appartamento Borgia nel Palazzo Apostolico, dove Pinturicchio, racconta Vasari, « figurò gli archi di Roma di rilievo, e le figure dipinte; di modo che essendo innanzi le figure e dietro i casamenti, vengono più inanzi le cose che diminuiscono, che quelle che secondo l’occhio crescono, eresia grandissima nella nostra arte ». 63   Resta corregge infondatamente il testo vasariano là dove la decorazione della cappella di San Bernardino in Santa Maria in Aracoeli veniva a ragione attribuita a Bernardino Pinturicchio. L’erronea informazione secondo cui ne sarebbero stati responsabili Luca Signorelli e Francesco da Castello gli proveniva dall’amico Pietro Santi Bartoli, ma non trova riscontro nella fonte indicata, la Roma in ogni stato dimostrata di Gasparo Alveri, del 1664 (bensì viene da F. Titi, Ammaestramento utile, e curioso di pittura scoltura et architettura nelle chiese di Roma, [Roma, Giuseppe Vannacci, 1686], in Titi, Studio cit., I, p. 108). La conoscenza tra Resta e Pietro Santi Bartoli è ribadita più volte negli scritti dell’oratoriano, dove vengono segnalati anche dei disegni donatigli dal celebre incisore (Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., p. 255 nota 37; Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 24). 64   Il giudizio di Resta si riferisce alla decorazione della volta del coro di Santa Maria del Popolo eseguita da Pinturicchio. 65   La postilla è attinente alla menzione vasariana di « Benedetto Buonfiglio pittore perugino » quale « compagno et amico » del Vannucci; Resta rimanda a G. F. Morelli, Brevi notizie delle pitture, e sculture che adornano l’augusta città di Perugia, Perugia, per il Costantini, 1683, p. 159.

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Francesco Francia bolognese pittore p. 530, rigo 11, cassando « ne abbandonò et l’arte et la vita »: non è vero vedi la Felsina66. p. 534, rigo 16, altra mano: In Parma uno Christo morto del Francia in San Giovanni p. 534, rigo 23: questo Christo in S(an) Gio(vanni) è stimato da tutti quanti per del Correggio e l’Abbate ne ha fatto far le cornici di marmo p(er)ché non si levi, e tanto a questo quanto all’altro dirimpetto del Correggio benché di maniera differente. E così q(ue)lla Capella come l’altra non finita dal Correggio è poi stata finita poco fa dal Mitelli e Colonna Bolognese verso l’anno del 1669 in circa o poco più67 p. 536, rigo 24: 151768 p. 537, rigo 18: vi sono lettere del Francia, che loda Raffaele p(er) amico e più perfetto di sé onde si nega q(ue)sto fatto dal Co(nte) Malvasia, e non morì del 1518 ma doppo il 1526 perché si trovano sue pitture sottoscritte69 p. 538, rigo 5: non è vero, sopravisse molti anni, vedi il Co(nte) Malvasia70 Vittore Scarpaccia et altri pittori veniziani p. 539, rigo 19: era Can(oni)co Lateranense, in S(an) Gio(vanni) in Monte di Bologna su la porta della sagrestia un eccellente e diligentiss(im)o quadretto d’una bologna ben conservata a stupore71 66   La tendenziosa notizia vasariana della morte del Francia alla vista della Santa Cecilia di Raffaello giunta in San Giovanni in Monte a Bologna era stata aspramente contestata da Malvasia, Felsina cit., I, pp. 47-48. Si vedano le postille a Riserva p. 537 rigo 18, a Cicognara p. 537 righi 6-7, e note relative. 67   Resta si riferisce alla Deposizione di Cristo del Francia descritta da Vasari in San Giovanni Evangelista, ed identificata con quella conservata nella Pinacoteca Nazionale di Parma (E. Negro, N. Roio, Francesco Francia e la sua scuola, Modena 1998, cat. 67 p. 193). L’oratoriano ricorda il dipinto all’interno della chiesa, nella cappella di fronte a quella del Bono la quale accoglieva la Pietà del Correggio, mentre la storia degli studi ne rileva la provenienza dalla Sala del Capitolo dello stesso complesso benedettino (J. Bentini, in Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano 1997, cat. 97 pp. 102-104). Per la partecipazione di Angelo Michele Colonna alla campagna decorativa delle cappelle in San Giovanni Evangelista si rinvia a P. Ceschi Lavagetto, in L’abbazia benedettina di San Giovanni Evangelista a Parma, a cura di B. Adorni, Parma 1979, pp. 204-215). In questo caso Colonna non lavorò in collaborazione con Agostino Mitelli, come Resta pensava, ma con Giacomo Alboresi (ibidem). 68  La data (erronea) segnata qui da Resta per l’arrivo a Bologna della Santa Cecilia è verosimilmente dedotta dalle indicazioni vasariane sulla morte del Francia avvenuta in concomitanza con la visione del dipinto di Raffaello. 69   Il riferimento è a Malvasia, Felsina cit., I, pp. 47-48, dove in polemica con Vasari la data di morte del Francia, scomparso in realtà nel 1517, veniva infondatamente posticipata. Vedi anche le postille a Riserva p. 530 rigo 11; Cicognara p. 537 righi 6-7. 70   Si veda la nota precedente. 71   Il commento riguarda la menzione vasariana di Cima da Conegliano, e nella postilla

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p. 540, rigo 21, con sottolineatura di « Vincenzio Verchio »: d(ett)o il Vecchio di Brescia fece nel Carmine a Mil(an)o72 p. 540, rigo 24: Ger(olam)o Mutiano scol(ar)o del Romanino, vedi il Ridolfi73 p. 541, rigo 1: Organo nella M(adonn)a della Scala in Mil(an)o come Bramante e [...] e simili74 Pietro Perugino pittore p. 542, in corrispondenza del titolo della biografia: Vannucci dalla Pieve di Perugia p(rim)a Castello hoggi Città d(ett)o [Pietro Perugino] per la dimora et l’opere p. 543, rigo 6, con sottolineatura nel testo di « la publica fama, che nella città di Perugia »: Pietro Vannucci nacque nel Castello della Pieve di « bologna » è certamente un lapsus per « Madonna ». Il riferimento è con ogni probabilità alla Madonna con il Bambino, firmata, oggi nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, proveniente dalla sagrestia di San Giovanni in Monte, dove la registrava Malvasia, Le Pitture di Bologna cit., p. 292. Non è altrimenti documentata l’appartenenza del pittore all’ordine dei canonici lateranensi, cui fa capo la chiesa di San Giovanni in Monte. 72   Il nome del pittore ricordato da Vasari è una ambigua fusione tra il bresciano Vincenzo Foppa (ca. 1430-1515/1516) e il cremasco Vincenzo Civerchio (1460/70-1544). Alludendo alla presenza di un’opera riferibile a questa personalità in Santa Maria del Carmine a Milano Resta si riferiva forse alla tavola raffigurante l’Adorazione del Bambino (oggi alla Pinacoteca di Brera, proveniente da quella chiesa), databile all’ultimo decennio del Quattrocento, che dopo una lunga attribuzione a Civerchio è stata solo di recente assegnata a Marco Lombardi e Giovanni Antonio da Cantù: M. Tanzi, Margini zenaliani. Gli affreschi di Cortemaggiore e il trittico di Assiano, in Solchi 8, 3 (2005), pp. 11-39: 16-17, 22-23, 25-26; D. Mirabile, La chiesa del Carmine a Milano nel Rinascimento, tesi di dottorato di ricerca in Storia e Critica dei Beni Artistici, Musicali e dello Spettacolo, supervisore prof. A. Ballarin, ciclo XXII, 2012, pp. 88-101. 73   Il riferimento è alla menzione vasariana di Girolamo Romanino, a cui Resta collega il ricordo di Muziano come suo discepolo, tratto da C. Ridolfi, Le Maraviglie dell’arte, overo le vite de gl’illustri pittori veneti, e dello stato, I, Venetia, Gio. Battista Sgava, 1648, p. 265. 74   La postilla prende spunto dal passo di Vasari su Altichiero e la pittura veronese del Trecento, « nel tempo de’ Signori della Scala », cui Resta associa il ricordo della (distrutta) chiesa milanese di Santa Maria della Scala, la cui fondazione era legata alla morte (1384) di Regina, della dinastia degli Scaligeri di Verona, consorte di Bernabò Visconti. In questa chiesa Torre (Il ritratto cit., p. 298) menzionava gli sportelli dell’organo dipinti da Bramante. L. Pungileoni (Memoria intorno alla vita ed alle opere di Donato o Donnino Bramante, Roma 1836, p. 58) riportava un’annotazione del Resta su questa stessa opera, tratta da un manoscritto « che servir doveva di supplemento al Vasari » (p. 61), al quale l’oratoriano aveva lavorato almeno fino al 1711 (p. 73). Di un « supplemento alla vita di Bramante » redatto dal Resta in allegato al ritratto di Galeazzo Sanseverino attribuito all’artista (cfr. Lansdowne 802 f 20), parla lo stesso oratoriano in una lettera al Ghezzi (G. G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, scritte da’ più celebri professori che in dette arti fiorirono dal sec. XV al XVII, Roma 1759, III, lettera n. CCXI, p. 504). Le citazioni riportate dal Pungileoni però collimano soltanto nel contenuto con quanto scritto dal Resta nella lunga nota al disegno del Bramante (Lansdowne 802 f 20).

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Perugia adesso Città detto Perugino p(er) le opere e p(er) la dimora così consta da istrom(en)ti75 p. 543, rigo 27, altra mano: L’Aere di Firenze sottile et purificato fa gli ingegni liberi di natura a biasmare altrui p. 544, righi 24-25, nel margine interno cassando « d’Andrea Verrocchio »: di Pietro della Franc(esc)a76 p. 544, rigo 25: Studiò non sotto al Verocchio ma sotto Pietro della Francesca il q(ua)le dice Vasario che hebbe discepolo un Pietro della Pieve e q(ue)llo noto io che era Pietro della Pieve (hora città) ma si diceva Perugino per la dimora. Del resto il Verocchio in questo tempo di Sisto IV non era ancor pittore ma p(rim)a orefice, poi statuario poi pittore sul fine. Come donque il Perugino poteva dipingere sotto Sisto, se Verocchio maestro non era ancor tale77? p. 544, nel margine inferiore: I P(adri) di S(an) Filippo di Perugia hanno ereditata la casa olim di Pietro Perugino enunciata di Pietro dal Borgo d(ett)o Perugino 1688 in circa78 p. 546, rigo 12, cassando « suo maestro »: era Pietro Pittore per Sisto IV in Capella q(ua)ndo il Verocchio era orefice del med(esim)o Papa, non ancora scultore tanto meno ancor pittore come fu poi79. p. 547, rigo 29, con sottolineatura di « sulle spalle de facchini »: Il Card(inale) Franc(es)co Barberini così fece venir da Bologna il S(an) Michele de Cappuccini di Roma portato da facchini80. 75   Si vedano le postille a Riserva p. 366, rigo 14; p. 544, rigo 25 e p. 544 nel margine inferiore, e note relative. 76   Resta sostituisce al nome di Verrocchio, evocato da Vasari quale maestro di Perugino, quello di Piero della Francesca, sulla base di una indicazione contenuta nella biografia vasariana di quest’ultimo; si veda la postilla a Riserva p. 366, rigo 14, e nota relativa. 77   Si rinvia alle postille a Riserva pp. 366, rigo 14; 543, rigo 6 e 544 righi 24-25, e note relative. 78  Resta in più occasioni racconta di aver ricevuto dal padre Morelli alcuni disegni trovati nella casa del Perugino, ereditata dalla congregazione oratoriana di Perugia (cfr. le postille a Riserva p. 127, rigo 30; p. 366, rigo 14 e note relative; Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 19). È incerta la collocazione cronologica dell’episodio, posta negli scritti del Resta alternativamente nelle date 1683 e 1688: Lansdowne 802 libro F (1683) e Parnaso de’ Pittori (1683; cfr. Lansdowne 802 i 5-6; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., p. 8); lettera inviata dal Resta a Giuseppe Magnavacca (1683; cfr. Correggio, Biblioteca G. Einaudi, Archivio di Memorie patrie, b. 116, Tomo II, lettera n. 2 – da ora in avanti segnalata come Correggio, II); appunto del Resta in una lettera inviatagli dal Morelli e poi girata al Magnavacca (1688; cfr. Correggio, II, n. 16). Si veda anche G. Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario pittorico di Pellegrino Orlandi, in Studi storici in memoria di Mons. Angelo Mercati prefetto dell’Archivio Vaticano, raccolti a cura della Biblioteca Ambrosiana, Milano 1956, pp. 261-326: 307. 79  Resta interviene sul punto in cui Vasari ricordava Verrocchio come « maestro » di Perugino, indicazione che l’oratoriano mette ripetutamente in dubbio. Si vedano le postille a Riserva pp. 463, righi 5-6; 464, rigo 25; 543, rigo 6; 544, righi 24-25; 544, rigo 25. 80  L’aneddoto si riferisce alla grande pala (su seta) di Guido Reni con San Michele

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p. 549, rigo 18, con sottolineatura di « se ne era ito in Francia »: errore del Vasario poiché Leonardo andò in Francia del 1517 come in Roma era venuto con il duca fatto dal papa Leone del 1515, e Filippino morì nel 150581 p. 550, rigo 14, con sottolineatura di « vecchio »: Non era tanto vecchio82 p. 550, righi 15-16, con sottolineatura di « tornatosi a Perugia condusse alcuni lavori a fresco nel Cambio di quella città »: con l’aiuto de scolari. Io ho d’essi alcuni disegni ma non mostrano tale vecchiaia p(er)ché sono pulitissimi e paiono di Raffaele ben giovane, ma non sono. Aggiungo che il Cambio fu finito nel 1550 sì che non era vecchio. Il Sandrart crede che vi dipingesse anco Raffaele, ma di quel tempo che fu finita l’op(er)a Raffaele nato del 1483 non haveva che 17 anni. Puol essere che Raffaele dipingesse nella capella del Cambio, non nel Cambio. Si vedono bensì nel Cambio pitture che cominciano maniera nuova (qual rinovatione in quel secolo cominciava) ma q(ue)lle sono fatte dalli due scolari da Pietro ivi adoperati, cioè da Andrea Aluigi detto l’Ingegno e da Nicola Perugino, non da altri83. p. 552, nel margine inferiore (Fig. 23): Andrea del Verrocchio Leonardo da Vinci Pietro della Francesca, vero maestro di Pietro Perugino da Castel della Pieve, pittore p(rim)a del Verrocchio Raffaelle Arcangelo, ordinata da Bologna entro la campagna decorativa della chiesa di Santa Maria della Concezione intrapresa dal cardinale Antonio Barberini nella prima metà degli anni trenta del Seicento: S. Pepper, Guido Reni. L’opera completa, Novara 1988, p. 281, cat. 145. 81   Resta rileva giustamente l’errore commesso da Vasari che nella biografia di Perugino collocava il soggiorno francese di Leonardo (1516-1519) al tempo della morte di Filippino Lippi (1504). Si vedano anche le postille a Cicognara p. 549, nel margine superiore, p. 549, righi 18-19. 82   Il commento di Resta si riferisce alla affermazione di Vasari secondo cui Perugino (ca. 1452-1523) si impegnò « già vecchio » nella decorazione del Collegio del Cambio a Perugia, commissionata al pittore nel 1496. Si veda anche la postilla successiva, e la nota relativa. 83   È certamente una svista la data 1550 anziché 1500 indicata da Resta per gli affreschi della sala dell’udienza del Collegio del Cambio a Perugia eseguiti da Perugino e dalla sua bottega. Il riferimento, impreciso, è a Sandrart, Academia cit., p. 110. Sono desunti dalla biografia giuntina di Perugino (Vasari, III, pp. 613-614) i nomi dei due collaboratori di Pietro qui ricordati, Andrea di Luigi d’Assisi detto l’Ingegno e Giannicola di Paolo da Perugia. Un disegno dell’Ingegno per il Cambio è descritto nel volume Parnaso de’ Pittori (Lansdowne 802 i 43; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., pp. 26-27).

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Riserva IV.5, II Sul frontespizio, di mano moderna: Au comte de Stroganoff Proemio della terza parte delle vite p. 557, rigo 26, con sottolineatura di « avvenga che lo studio insecchisce la maniera, quando egli è preso per terminare i fini, in quel modo »: non così lo studio di Leon(ard)o84. p. 558, rigo 7, con sottolineatura di « Giovan Bellini »: Gio(vanni) Bellini in ultimo divenne molto gratioso et assai morbido, fu maestro di Titiano85. p. 559, rigo 4: Raffaele studiò l’antico e li moderni, arrichì l’arte delle perfettioni di Apelle e Zeusi e l’eruditissimo Bellori di Annibale dice che consumò la (per)fettione antica86. p. 559, rigo 18, con sottolineatura di « ma più dolce di colorito »: più di Raff(aele) dolce And(re)a del Sarto senza errori87 p. 559, rigo 29, con sottolineatura nel testo di « lo avanzò »: lo avanzò, non è vero. Annibale Carracci q(uan)do fu a Parma scrivendo a Lodovico li dice che si tenga il suo Parmeggiano, che non haveva che fare col Correggio88. p. 560, rigo 16: In tempo di M(ichel) Ang(el)o v’era in Palermo la familia de scultori Gagini, e M(ichel) Ang(el)o q(uan)do in Fiorenza consegnò il Cristo p(er) la Minerva di Roma disse: Io ve lo do nudo, se lo volete vestito fatelo vestir dai Gagini89.

84   Commentando il passo vasariano sui limiti degli artisti della « seconda età », ancora segnati dallo «  stento della diligenza  » quattrocentesca, Resta rileva l’eccezionalità di Leonardo, fondatore della « maniera moderna ». 85  Agganciandosi alla menzione vasariana di Giovanni Bellini quale esponente della vecchia « maniera secca e cruda e tagliente », Resta sottolinea con intelligenza gli sviluppi moderni del pittore nell’ultima parte della sua attività. La notizia del discepolato del giovane Tiziano presso il Bellini è tratta dalla biografia vasariana del Vecellio (Vasari, VI, p. 155). 86  Cfr. Bellori, Le vite cit., I, p. 90: Annibale Carracci « […] passò alle più perfette idee ed all’arte più emendata de’ Greci, perché quali statue di Agasia o di Glicone farai superiori a quelle sue finte di chiaroscuri nelli modelli de’ termini della Galleria Farnese? ». 87   Il commento di Resta si riferisce al giudizio di Vasari su Andrea del Sarto « più dolce di colorito » rispetto al Sanzio, e « senza errori ». 88   Il commento riguarda il passo in cui Vasari afferma che Parmigianino « avanzò » per molti aspetti il Correggio. Il riferimento è alla lettera di Annibale Carracci da Parma del 18 aprile 1580, riportata da Malvasia, Felsina cit., I, pp. 268-269. Vedi qui anche la postilla a Riserva p. 656, rigo 6. 89   L’aneddoto oggetto della postilla, che prende spunto dalla celebrazione vasariana di Michelangelo come campione moderno delle arti, è ripetuto dal Resta nel Tomo Secondo. Secolo d’Oro, già assemblato insieme al resto della Serie Grande in Quattro Tomi tra gli anni Ottanta e Novanta del Seicento e venduto al vescovo Marchetti nel 1698 (Lansdowne 802, k 229, 287). Riguardo alla fonte della notizia si rinvia alla postilla a Cicognara p. 697, rigo 8, e nota relativa. Per i disegni presenti nelle collezioni del Resta con attribuzioni al Gagini:

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Fig. 23 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. II, p. 552.

p. 560, rigo 26, con sottolineatura di « già tanti rami »: Ramo di M(ichel) Angelo fu Dan(iele) da Volterra, Guglielmo della Porta più di tutti sebene in Patria sua Milano n(on) si trovi niente di sue sculture. In Roma M(ichel) A(ngelo) li fece far le gambe all’Ercole Farnese, et il deposito di Paolo III in S(an) Pietro, Vaticano90. p. 561, nel margine inferiore: Del milanese statuario Annibale Fontana vedi il Lomazzo. Io mi ricordo in mia gioventù d’haver interrogato il Lasagna protostatuario del Duomo di Milano, quale stimasse più Mich(el) Angelo, o il n(ostr)o Fontana. Mi rispose: Con Mich(el) Ang(el)o non si deve fare comparatione: so bene, che mettendosi a confronto la testa del S(an) Gio(vanni) del Fontana di S(an) Celso di Mil(an)o con la testa di Mosè di M(ichel) Angelo in S(an) Pietro in Vincoli di Roma, la testa del S. Prosperi Valenti Rodinò, I disegni del Codice Resta di Palermo, Cinisello Balsamo 2007, p. 17 e ad indicem. 90  La glossa attiene il passo vasariano sul magistero di Michelangelo, richiamando i nomi di artisti della sua cerchia quali Daniele da Volterra e Guglielmo Della Porta e notizie su quest’ultimo desunte dal medaglione giuntino dello scultore: Vasari, VI, pp. 205-207.

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S(an) Gio(vanni) brava adosso alla testa del Mosè. Gran detto, ma così mi rispose, che stavo seco al fuoco in fabrica che aspettavo mio Padre che uscisse dalla Congregatione91. Lionardo da Vinci pittore et scultore fiorentino p. 564, rigo 29, con sottolineatura di « de l’arte cominciò molte cose. Et nessuna mai ne finì, parendoli che »: di Leonardo una Madonnina, e q(ual)che altro pezzetto di finito ha Borghese. In Galeria del Prencipe di Palestrina vi sono una Madonnina con l’ampolla de fiori di Leonardo finitissima, e nella 3a stanza terrena subito entrando a m(an)o manca una Madonna quasi in schiena col bambino finitiss(im)a e gagliardiss(im)a sta sotto la Pietà di Bramantino che era dei P(adri) Cistercensi fatta in Chiaravalle di Mil(an)o l’anno 1513 manda[ta] a Roma a S(anta) Croce nella Capella sotteranea dove perché pativa fu fatta dal Card(inal) Fr(ancesc)o Barberino la Pietà di marmo92. 91  L’episodio descritto dal Resta si può circoscrivere tra il 1651, anno della nomina del Lasagna a protostatuario del Duomo, e la sua morte nel 1658, prima che Sebastiano lasciasse Milano nel 1661 (Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., p. 311). Il confronto con l’illustre Mosè michelangiolesco si riferisce alla statua di San Giovanni Evangelista scolpita da Annibale Fontana (1540-1587) per il presbiterio della chiesa di Santa Maria presso San Celso. Sulla fama dello scultore nella cultura milanese in cui Resta si era formato: B. Agosti, Contributo su Annibale Fontana, in Prospettiva 78 (1995), pp. 70-74; P. Venturelli, Annibale Fontana e la Madonna dei Miracoli di San Celso, tra Carlo e Federico Borromeo: alcune osservazioni, in Carlo e Federico. La luce dei Borromeo nella Milano spagnola, catalogo della mostra (Milano, Museo Diocesano, 5 novembre 2005 – 7 maggio 2006), a cura di P. Biscottin, Milano 2005, pp. 151-157. Come suggerisce pure la frase finale della postilla, la conoscenza del giovane Resta con il Lasagna doveva risalire al padre Filippo Resta, mercante e collezionista attivo nell’ambiente milanese, e in particolare proprietario di alcuni bozzetti preparatori per opere di quel cantiere (Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., p. 275). Cfr. la postilla a Cicognara p. 960, rigo 21. 92   Negli inventari Borghese del 1693 compaiono più volte dipinti raffiguranti la Madonna con il Bambino o la Sacra Famiglia attribuiti a Leonardo (P. Della Pergola, L’inventario Borghese del 1693, in Arte Antica e Moderna 26 (1964), pp. 219-230: p. 225, n. 114; 28 (1964), pp. 451-467: pp. 452-454, 457, 460, nn. 193, 206, 249, 298, 362; 30 (1965), pp. 202-217: p. 203 n. 444). Da questo ed altri scritti del Resta emerge la sua conoscenza della collezione Barberini conservata nel palazzo alle Quattro Fontane, abitato in quel periodo dal ramo della famiglia che si fregiava anche del titolo del principato di Palestrina. Il principe di Palestrina può essere identificato con Maffeo Barberini, secondo membro della famiglia a ricoprire tale carica (1631-1685), o con il figlio e successore Urbano (1664-1722) (P. Pecchiai, I Barberini, Roma 1959, pp. 217-218, 223-226; M. Aronberg Lavin, Seventeenth-Century Barberini Documents and Inventories of Art, New York 1965, pp. XIII-XV, 263-264, 362, 391, 421). Non avendo specifici appigli cronologici, è difficile capire quale tra i due personaggi possa aver mostrato al Resta la propria collezione. La descrizione dell’opera leonardesca ricorda la Madonna del Garofano, oggi all’Alte Pinakothek di Monaco, identificata solitamente nel dipinto già presente nelle collezioni di Clemente VII, descritto dal Vasari. Dagli inventari

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p. 565, rigo 9, con segno di richiamo ad « Andrea del Verocchio »: donque era fanciullo q(uan)do Verocchio era tornato da Roma sotto Sisto IV93. p. 565, rigo 9, con sottolineatura di « Andrea del Verocchio »: fanciullo Leonardo sotto Verocchio non fu pittore se non sotto Sisto IV, anche circa a due anni di suo Pontificato94. p. 565, rigo 16, con segno di richiamo a « ne sapesse più di lui »: questo tempo io dico che venne a Roma e tornò a Fiorenza et in Roma fece in S(ant’) Onofrio. Se quella pittura non è posteriore fatta da Cesare da Sesto milanese come io credo, ma è tanto simile a Leonardo che niente più, se non che Leonardo era più fieram(en)te tinto negli fondi95. p. 567, rigo 19, « Francesco » cassato: Lodovico il Moro, che Francesco era morto del 1466. Se n(on) fu Franc(es)co 2o. Questo quadretto ora sta nelle stanze de s(igno)ri Barberini in un’ ultima stanza di sopra96. Barberini però non risulta alcun dipinto leonardesco corrispondente alla descrizione fornita dall’oratoriano (Aronberg Lavin, Seventeenth-Century Barberini Documents cit., ad indicem; cfr. anche nota a Riserva p. 567, rigo 19). Nella postilla Resta passa poi a ricostruire le vicende collezionistiche del Compianto su Cristo morto commissionato a Bramantino dai padri dell’abbazia di Chiaravalle, poi inviato a Roma, collocato nella chiesa di San Saba e quindi nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, per esser successivamente prelevato dal cardinal Francesco Barberini e sostituito da una statua del medesimo soggetto; la ricostruzione di Resta conferma le ipotesi già avanzate da Giovanni Romano (da ultimo G. Agosti, Bramantino cit., pp. 62-64, 85-86). Secondo la postilla del Resta, l’originale (o una copia dell’opera), di cui è accertata la presenza nelle collezioni Barberini fino al 1686 (ibid.), era collocata nella quadreria della famiglia. Sull’argomento si rinvia da ultimo a F. Rossi, in Bramante a Milano. Le arti in Lombardia 1477-1499, catalogo della mostra (Milano, Pinacoteca di Brera, 4 dicembre 2014 – 22 marzo 2015), a cura di S. Bandera, M. Ceriana, E. Daffra, M. Natale, C. Quattrini, nella Milano 2014, cat. V 16 pp. 211-212. 93  La postilla si riferisce al punto in cui Vasari scrive che Leonardo era « nella sua fanciullezza a l’arte con Andrea del Verocchio ». Resta riflette sulla cronologia di tale discepolato collocandolo al ritorno di Verrocchio dal soggiorno a Roma sotto Sisto IV menzionato nella biografia vasariana dell’artista. Vedi anche le postille successive. 94   Si vedano le postille precedenti e la postilla a Riserva p. 544, rigo 25, e nota relativa. 95  La postilla attiene il passo in cui Vasari scrive che dopo la prova compiuta da Leonardo nel Battesimo di Cristo « Andrea mai più non volle toccare colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui ». L’attribuzione a Leonardo dell’affresco con la Madonna con il Bambino e donatore nel chiostro di Sant’Onofrio a Roma era stata avanzata da Gasparo Alveri, Roma in ogni stato dimostrata, Roma, Vitale Mascardi, 1664, II, p. 285; come il padre Resta aveva intuito e gli studi moderni hanno confermato, si tratta invece di un’opera di Cesare da Sesto: M. Carminati, Cesare da Sesto 1477-1523, Milano-Roma 1994, pp. 154-157, cat. 6. Cfr. la postilla a Cicognara p. 573, nel margine superiore e inferiore e p. 576 rigo 4, e nota relativa. La postilla in esame è probabilmente successiva a quelle inserite nel volume Cicognara e nell’Indice del Parnaso de’ Pittori, dove Resta era ancora convinto della paternità vinciana del dipinto (Resta, Indice del Parnaso cit., p. 37). 96   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari racconta che la « rotella » dipinta dal giovane Leonardo « pervenne a le mani di Francesco Duca di Milano », e rileva l’errore di cronologia commesso dall’aretino nella identificazione del duca di Milano in questione, che non poteva essere Francesco Sforza, morto nel 1466. Resta, pure sbagliando, si chiede se non

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p. 568, rigo 6, in corrispondenza di « Francesco », cassato nel testo con un frego: Lod(ovic)o il Moro (per)ché il duca Franc(esc)o nato del 1401 morì del 1466. 97 p. 568, nel margine inferiore: Quest’op(e)ra tanto celebrata nel Refettorio delli P(adri) dominicani alle Gratie in Milano è talmente guasta dall’umido che più non si gode, in q(ues)ti ultimi dieci anni s’è persa quasi affatto e fu vista da me l’anno 1661 molto peggiorata di quello la vedessi puochi anni prima98. p. 569, rigo 1: In Milano del suo v’è una tavola d’altare in S(an) Francesco nella Capella grande della Concettione99. p. 569, rigo 21: Lod(ovic)o XII100 p. 569, rigo 30: 1500101 p. 569, rigo 30, con sottolineatura del testo « essere di Salai furono ritocchi da Lionardo »: questa è la causa che io dissi che il quadro di S(an) Celso in sagrestia non era di mano di Leonardo, ma non capivo come Salai havesselo dipinto sì bene mentre fuor di porta S(an) Mamolo la di lui pittura era più fiacca. Ma mi provenne che q(ues)ta di S(an) Celso l’havea ritocca il Maestro102.

si trattasse di Francesco II Sforza (1495-1535). Il successivo riferimento è alla descrizione vasariana della Madonna del Garofano, nella quale egli riconosce un dipinto conservato nella collezione Barberini (si veda la postilla a Riserva p. 564, rigo 29, e nota relativa). 97  Nella Torrentiniana Vasari collocava l’arrivo di Leonardo a Milano al tempo di Francesco Sforza, errore che verrà sanato nella Giuntina sostituendo il nome di Ludovico il Moro (Vasari, IV, p. 24), e che qui segnala il padre Resta. Si veda anche la postilla precedente, e la nota relativa. 98  Per le testimonianze sul deperimento del Cenacolo di Leonardo già a partire dalla prima metà del Cinquecento: G. Bossi, Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, Milano 1810, pp. 13-74. Resta osserva che nel giro dei dieci anni successivi al suo trasferimento a Roma nel 1661 le condizioni del dipinto erano rapidamente peggiorate. 99   Resta implementa le scarne notizie fornite da Vasari sull’attività milanese di Leonardo ricordando la tavola della Vergine delle Rocce allora nella chiesa di San Francesco Grande e oggi alla National Gallery di Londra, menzionata come opera del maestro già da Lomazzo, Trattato cit., p. 187. 100   La postilla attiene il passo in cui Vasari scrive « venne al suo tempo in Milano il re di Francia », sciogliendo correttamente il riferimento a Ludovico XII (1498-1515). Si veda anche la postilla a Cicognara p. 569, rigo 23, nell’interlinea, e nota relativa. 101   L’indicazione cronologica apposta da Resta si riferisce al passo in cui Vasari racconta del ritorno di Leonardo a Firenze. 102  Commentando il cenno vasariano sull’assistenza prestata da Leonardo al suo creato Salaì, Resta richiama la tavola con la Madonna con il Bambino e sant’Anna già nella sagrestia di Santa Maria presso San Celso a Milano (oggi al County Museum di Los Angeles), attribuita alternativamente a Leonardo e/o a Salaì da fonti lombarde ben note all’oratoriano

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p. 570, rigo 6: dal 1500 al 1513 in Fiorenza103 p. 570, rigo 17: vedi Lomazzo fol. 171 e Fresne in Vita di Leonardo tutti cartoni diversi104. p. 570, rigo 20, con sottolineatura di « Santo Giovanni piccol »: q(ues)to S(an) Gio(vanni) non c’è nel mio105. p. 570, rigo 27, con sottolineatura di « quali lo ritornarono a Filippino »: donque il Cartone fu fatto dal 1500 al 1504 o 1505 perché del 1505 morì Filippino 13 Ap(ri)le106 p. 571, rigo 21, con sottolineatura di « per levar via quel malinconico che suol dare spesso », altra mano: La melanconia partoriscano li Ritratti.

e menzionata anche da Resta in una lettera al Bellori (Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura cit., III, lettera n. CC, pp. 326-327); sulla vicenda critica del dipinto: B. Agosti, ‘Raphael’ and Salaino in S. Maria presso S. Celso, Milan, in The Burlington Magazine 135 (1993), pp. 563565; Sainte Anne. L’Ultime Chef-d’Oeuvre de Léonard de Vinci, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Louvre, 29 marzo-25 giugno 2012), a cura di V. Delieuvin, Paris 2012, cat. 50 pp. 166-171. Più oscuro è il paragone che Resta istituisce con un’opera di Salaì vista « fuor di porta S(an) Mamolo », ovvero a Bologna; a causa delle confusioni che a volta egli commette, non si può escludere che il riferimento sia alla pala Casio di mano di un altro allievo di Leonardo, Giovanni Antonio Boltraffio, già nella chiesa bolognese della Misericordia (oggi al Louvre), contigua alla porta citata. 103   Sulla scia della incongruenza di Vasari, che ignorava il secondo soggiorno lombardo di Leonardo (si veda R. Battaglia, La Vita torrentiniana di Leonardo, in Giorgio Vasari e il cantiere delle Vite del 1550, a cura di B. Agosti, S. Ginzburg, A. Nova, Venezia 2013, pp. 247270), Resta lo dà erroneamente attivo con continuità a Firenze dal 1500 al 1513. 104   La postilla concerne il passo vasariano sul cartone con la Madonna con il Bambino e sant’Anna preparato da Leonardo, richiamando le testimonianze di Lomazzo, Trattato cit., p. 150 e del Trattato della pittura di Lionardo da Vinci novamente dato in luce, con la vita dell’istesso autore, scritta da Raffaelle Du Fresne, Parigi, Giacomo Langlois, 1651, p.s.n. 105  Resta si riferisce al cartone raffigurante la Madonna con il Bambino e Sant’Anna attribuito a Leonardo che egli aveva ricevuto da Giorgio Bonola a ridosso del viaggio in Lombardia del 1690 e che vendette a monsignor Marchetti (S. Prosperi Valenti Rodinò, Sebastiano Resta: un modello da imitare, in I disegni del Codice Bonola del Museo Nazionale di Belle Arti di Santiago del Cile, a cura di G. Bora, M. T. Caracciolo, S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2008, pp. 29-47: pp. 36-40; M. R. Pizzoni, Resta e Bellori, intorno a Correggio, in Studi di Memofonte 8 (2012), pp. 53-78: 54 nota 9). Nella postilla Resta sottolinea che nel cartone, oggetto di una lettera indirizzata al Bellori (Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura cit., III, lettera n. CC, pp. 326-327), ed oggi noto soltanto grazie a una fotografia e a disegni d’après, non era presente il san Giovannino, diversamente da quello descritto da Vasari, oggi alla National Gallery di Londra (Prosperi Valenti Rodinò, Sebastiano Resta cit., pp. 36-40, con bibliografia precedente; V. Delieuvin, in Sainte Anne cit., catt. 25, 27, pp. 100-102, 104). 106  Il commento è relativo al passo dove Vasari racconta che la commissione della Deposizione per l’altare della Santissima Annunziata di Firenze fu inizialmente allogata a Filippino e da questi passata a Leonardo, il quale tuttavia « abbandonò il lavoro a’ frati, i quali lo ritornarono a Filippino », che a sua volta lasciò incompiuta la pala alla propria morte. Resta riprende da Vasari l’indicazione del 1505 come data di morte di Filippino, e utilizza questo elemento come termine ante quem per circoscrivere la datazione del cartone vinciano con la Madonna con il Bambino e Sant’Anna, descritto poco prima nel testo vasariano (si veda la postilla a Riserva p. 519, rigo 6, e nota relativa).

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p. 573, rigo 2: vedi il Lomazzo che lo paragona a Nealze p(rim)o a far cavalli belli tra gl’antichi107. p. 574, rigo 10: qui il Vasario non sa l’andata a Bologna del Papa per il Congresso di Franc(esc)o P(rim)o poi di Leonardo a Fiorenza108. p. 574, rigo 16: dunque era in Roma109 p. 574, rigo 18: contra110 p. 574, rigo 21, « partì di Fiorenza » è corretto in « partì per Fiorenza »111 p. 574, rigo 22: donque fu del 1515 mentre il Papa stava in Fiorenza112 p. 574, rigo 23, nell’interlinea in corrispondenza di « San Lorenzo »: di Fiorenza113 p. 574, rigo 24: Re Fran(ces)co p(rim)o114. p. 574, rigo 25, con segno di richiamo nel testo a « opere sue »: e vedutele in Mil(an)o115. p. 574, rigo 28, con segno di richiamo al testo « in parole »: non dice le molte opere che fece in Francia dove non andò vecchio ma vi stette sino al 1542 che fu scoperto in Roma il Giudicio di Mich(el) Angelo sul q(ua)le (per stampa o disegno) disse essere bella e grand’opera, ma essersi M(ichel) Ang(el)o servito troppo d’un medesimo modello come il s(ignor) Melzi scolaro di Leonardo disse al Lomazzo116. 107   La postilla attiene il passo in cui Vasari celebra l’eccellenza di Leonardo « nelle forme e lineamenti de’ cavagli ». Il riferimento è a Lomazzo, Trattato cit., p. 155. 108  Il commento pertiene la descrizione vasariana del soggiorno romano di Leonardo (1513-1516), prima del suo trasferimento in Francia. Resta richiama il concordato stipulato a Bologna nel 1516 da Leone X e Francesco I, ma sbaglia alludendo ad un successivo periodo fiorentino dell’artista. 109   Vedi la nota precedente. 110   Si veda anche la postilla a Riserva p. 574, rigo 10, e nota relativa. Resta fraintende il passo vasariano concernente la rivalità tra Leonardo e Michelangelo, allora impegnato sul progetto della facciata della basilica di San Lorenzo, commissionatagli nel 1518, evincendone che a quel tempo anche Leonardo si trovasse a Firenze. 111   Si veda la postilla precedente, e nota relativa. 112   Si vedano le postille precedenti, e note relative. Per suffragare la propria ipotesi di un soggiorno fiorentino di Leonardo prima del suo trasferimento in Francia, Resta richiama il viaggio di Leone X a Firenze nel 1515. 113   Si vedano le postille precedenti, e note relative. 114  Resta identifica correttamente in Francesco I il re di Francia non specificato da Vasari, presso cui si recò Leonardo. 115   La postilla riguarda il passo in cui Vasari racconta della ammirazione nei confronti di Leonardo suscitata in Francesco I dalla conoscenza delle sue opere; Resta specifica che tale osservazione vasariana è da intendere in riferimento alle opere lasciate dal maestro a Milano. 116   La postilla pertiene il passo in cui Vasari racconta che Leonardo tenne il re di Francia « gran tempo in parole ». L’erronea convinzione del padre Resta che Leonardo, scomparso in realtà nel 1519 (ma di cui Vasari non forniva estremi biografici), fosse morto oltre il 1542, dipende da un aneddoto raccontato da G.B. Armenini, De’ veri precetti della pittura libri tre [Ravenna, Francesco Tebaldini, 1586], a cura di M. Gorreri, Torino 1988, pp. 118-119, come si chiarisce alla postilla a Riserva a p. 983 rigo 20, e nota relativa. Il riferimento successivo è a Lomazzo, Trattato cit., p. 291.

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p. 576, righi 2-3, con sottolineatura del testo « et quella degli huomini assai più perfetta »: io ne ho due coscie con gambe117. p. 576, in calce al testo della biografia: Cesare da Sesto fu il miglior discepolo, e Lovino Vecchio Bernardini il maggior imitatore, hebbe anco Gio(vanni) Pedrino etc.118 p. 576, rigo 29: architettura di Leonardo è la Cuppola delle Gratie a Milano119. Giorgione da Castel Franco pittor veniziano p. 578, rigo 13, con sottolineatura del testo « suono del Liuto »: come a Leonardo120. p. 580, righi 16-17: il disegno l’ha il P(adre) R(esta)121 Antonio da Correggio pittor p. 581, sotto il titolo della biografia: Vita mal trattata da costui ingannato dalle false relationi che forse havrà hauto, ma doveva andar in (per)sona a vedere la Lombardia e non impegnarsi tanto nell’affetto dei suoi Patriotti fiorentini Pittori affettati. p. 582, dal margine superiore della pagina a quello laterale esterno: Il CORREGGIO fu discepolo di Franc(esco) Bianchi modanese d(ett)o il 117  La postilla si riferisce al passo in cui Vasari scrive che « da Lionardo abbiamo la notomia de’ cavalli e quella degli uomini assai più perfetta ». Difficilmente è identificabile tra i materiali grafici della raccolta Resta uno studio con questo soggetto attribuito a Leonardo. Si segnala invece un disegno raffigurante un Cavallo impennato attribuito dal filippino a Leonardo nella Galleria Portatile (Bora, I disegni cit., cat. 2, p. 2). 118  Resta integra qui i nomi di Cesare da Sesto, Bernardino Luini e Giampietrino, ai soli due allievi milanesi di Leonardo menzionati da Vasari nella Vita della Torrentiniana, Giovanni Antonio Boltraffio e Marco d’Oggiono. Cfr. anche le postille a Cicognara pp. 576, rigo 24; 576, rigo 28. 119   Resta integra il titolo della biografia di Leonardo assegnando fantasiosamente a lui il progetto della cupola della chiesa milanese di Santa Maria delle Grazie, già riconosciuto come celebre impresa di Bramante dalle fonti milanesi note all’oratoriano (Torre, Il ritratto cit., pp. 160-161). Si veda anche la postilla a Cicognara p. 562, nel titolo della biografia. 120   La postilla attiene l’affermazione di Vasari secondo cui a Giorgione piaceva « il suono del liuto mirabilmente »; ancora da Vasari Resta ricavava la notizia dell’interesse di Leonardo per la musica e il « suono della lira » (Vasari, IV, p. 16). 121   La postilla del Resta è in margine alla menzione vasariana del Cristo portacroce (oggi Venezia, Scuola Grande di San Rocco). Sebbene non sia noto un disegno di tal soggetto attribuito dal filippino a Giorgione, sappiamo che egli possedeva nei suoi volumi vari disegni dell’artista (Lansdowne 802). Tra questi è identificato il disegno contrassegnato dalla sigla Resta-Somers k 44, autografo con la Veduta di Montagnana e figura, oggi a Rotterdam (Museum Boijmans van Beuningen, inv. I 485; H. Tietze, E. Tietze Conrat, The drawings of the Venetian painters of the XV and XVI Centuries, New York 1970, cat. 709; W. R. Rearick, Il disegno veneziano del Cinquecento, Milano 2001, pp. 16-19, fig.1).

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Frari coloritore vago et inventore fiero. Morì del 1510 nato del 1437, cioè sei anni doppo il Mantegna, e morto quello essendo di anni 18 andò a Mantova sotto al Mantegna eruditissimo q(ua)le non era Mantovano ma Padovano e nato non come dice il Vasario del 1451 ma del 1431 come prova il … nei Pittori Padovani. Pellegrino Aretusi dell’istessa scola del Frari nel 1509 haveva messo fuori un bel Quadro in Modana. Era il tempo in cui Raffaele dipingeva in Vaticano et alla Pace; morto il M(aestr)o nel 1510 ve(n)ne a Roma e si fece scol(ar)o di Raffaele et è quello che si dice Pelegrino da Modana122. p. 582, rigo 28, la postilla è mutila a causa della rifilatura: 1690 dal Quadro della Misericordia che viddi in Correggio arguii che esso vidde la S(anta) Cecilia di Raffaele in Bologna e venne di là a Roma. In Roma né in Fiorenza né altrove v’era da imitare il sotto in su, se non dal Melozzi in S(anti) Ap(osto)li di Roma et in Mantova dal Mantegna qu(al)che freggio sotto squadra. Lui fu che l’inventò. Doppo lui Lanfranco a S(ant’) Andrea in Roma, poi Pietro da Cortona in Chiesa Nova. Ma senza il […]123 p. 583, rigo 7: Pietà e S(an) Placido in una Capella in S(an) Gio(vanni)124 p. 583, rigo 9, nell’interlinea in corrispondenza di « San Giovanni », cassato: Duomo125 122  Resta, che qui implementa largamente le scarne notizie trasmesse dalla biografia torrentiniana del pittore, poteva aver tratto la notizia dell’apprendistato del Correggio presso il Frari, come pure i riferimenti cronologici di quest’ultimo, da L. Vedriani, Raccolta de’ pittori, scultori et architetti modonesi più celebri, Modena, per lo Soliani Stampator Ducale, 1662, p. 39 (si veda anche E. Monducci, Il Correggio. La vita e le opere nelle fonti documentarie, Cinisello Balsamo 2004, p. 24). Per la rettifica in merito alla provenienza e agli estremi biografici di Mantegna vedi le postille a Riserva pp. 508 e 512 righi 20-21, e note relative. Il quadro di Pellegrino da Modena qui menzionato è la pala già nell’ospedale di Santa Maria dei Battuti a Modena e ora nella Pinacoteca di Ferrara, per la quale le fonti locali fornivano la data 1509 (A. Ghidiglia Quintavalle, Aretusi, Pellegrino, in Dizionario Biografico degli Italiani, 4, Roma 1962, pp. 105-106). 123   La visione del dipinto dei Quattro Santi nella chiesa di Santa Maria della Misericordia a Correggio (oggi New York, Metropolitan Museum of Art) avvenuta nell’ottobre del 1690 (Bora, I disegni cit., p. 272), fornisce al Resta nuovi spunti di riflessione sulla relazione dell’Allegri con l’arte raffaellesca e sulle ragioni di un viaggio romano dell’artista (si rinvia anche a M. Spagnolo in Correggio e l’Antico, catalogo della mostra [Roma, Galleria Borghese, 22 maggio – 14 settembre 2008] a cura di A. Coliva, Milano 2008, cat. 4 p. 92). L’oratoriano sottolinea la derivazione della cultura prospettica del pittore dalla lezione di Mantegna e di Melozzo, e insieme rimarca il valore di modello delle cupole dell’Allegri per quelle decorate a Roma da Lanfranco (1625-1627) in Sant’Andrea della Valle e da Pietro da Cortona (16481651) in Santa Maria in Vallicella. 124   Resta precisa che il Compianto segnalato dal Vasari nel Duomo di Parma, insieme al Martirio dei santi Placido, Flavia, Eutichio e Vittorino (oggi entrambi nella Galleria Nazionale), erano stati realizzati dal Correggio per la cappella Del Bono nella chiesa di San Giovanni Evangelista. 125   Cfr. la postilla successiva, e la nota relativa.

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p. 583, rigo 9, in riferimento a « San Giovanni » cancellato: In Parma. Nel duomo sta la Cuppola dell’Assonta, in S(an) Gio(vanni) la Cuppola contiene l’Ascensione del S(igno)re e nella Tribuna la Coronatione della Madonna ma hora è dell’Aretuso, buttata a terra la vecchia del Coreggio126. p. 583, rigo 22: 1530. Francesco Marche(se) e p(rim)o duca di Mantova vedi il Giovio che dice Federigo e tutti li altri dicono Federico127. p. 583, rigo 23, con sottolineatura « mai veduto colorito nessuno », altra mano: Giulio Romano lodò Antonio da Coregio. p. 583, rigo 27, nell’interlinea in corrispondenza di « Venere », cassato: Danae128 p. 583, rigo 27: La d(et)ta Leda e la d(ett)a Venere l’ha la Regina di Svetia129. p. 583, rigo 29, con sottolineatura nel testo di « né mai Lombardo fu »: 126  A rettifica dell’affermazione del Vasari che segnalava l’Assunzione della Vergine nella cupola della chiesa di San Giovanni a Parma, Resta specifica la giusta collocazione degli affreschi parmensi del Correggio. L’oratoriano fa menzione dell’affresco absidale dell’Incoronazione della Vergine, in quel periodo non più visibile nella sua collocazione originaria a causa dell’ampliamento del coro e sostituito dalla copia di Cesare Aretusi del 1587 (D. Ekserdjian, Correggio, Cinisello Balsamo 1997, pp. 105-114; S. Prosperi Valenti Rodinò, Trascrizione delle postille di Sebastiano Resta a Carlo Cesare Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna 1678, in Dilettanti cit., p. 162). 127   La postilla concerne la menzione vasariana del « Duca Federigo II » di Mantova come mecenate di Correggio, e si appunta sulla genealogia dei Gonzaga, indicando la successione al marchese Francesco (1466-1519) del figlio Federico (1500-1540), primo duca della città dal 1530. Resta registra la variante « Federigo » adoperata da Ludovico Domenichi nel volgarizzamento degli Elogia del Giovio dedicati agli uomini d’arme: Gli elogi vite brevemente scritte d’huomini illustri di guerra, antichi et moderni di Mons. Paolo Giovio […], Venetia, Francesco Bindoni 1559, p. 353. 128  Resta, conoscendo dal vero il dipinto della Danae di Correggio, oggi alla Galleria Borghese, imprecisamente indicato da Vasari, corregge il testo vasariano relativo al soggetto dell’opera. Vedi anche la postilla successiva e nota relativa. 129   La postilla, vergata prima della morte di Cristina di Svezia avvenuta nel 1689, si riferisce ai dipinti della Leda col cigno e della Danae del Correggio presenti nelle raccolte della regina. Per i rapporti del Resta con la sovrana e con alcuni personaggi della sua cerchia, quali Bellori e Ghezzi: Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., pp. 270-271; S. Resta, Correggio in Roma, a cura di A. E. Popham, Parma 1958, p. 49; Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., p. 238; T. Montanari, Precisazioni e nuovi documenti sulla collezione di disegni e stampe di Cristina di Svezia, in Prospettiva 79 (1995), pp. 62-77: p. 72 nota 45; G. De Marchi, Giuseppe Ghezzi, in Sebastiano e Giuseppe Ghezzi. Protagonisti del barocco, catalogo della mostra (Comunanza, Palazzo Pascali, 8 maggio – 22 agosto 1999), a cura di G. De Marchi, Venezia 1999, pp. 21-105: 44-51; S. Prosperi Valenti Rodinò, Giuseppe Ghezzi collezionista di disegni, in Sebastiano e Giuseppe Ghezzi cit., pp. 107-115; Ead., Il disegno per Bellori, in L’Idea del Bello. Viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 29 marzo – 26 giugno 2000), a cura di E. Borea, C. Gasparri, Roma 2000, I, pp. 131-139: p. 138; Warwick, The Arts of Collecting cit., pp. 24, 30.

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[né] meno fiorentino130 p. 583, nel margine inferiore: destinava (ma poi non li eseguì) di far all’altar maggiore un’Assunta e fuori dell’altare angioli che l’incontrassero per servirla alla Coronatione. Io n’ho i disegni131. p. 584, rigo 15, altra mano: Antonio da Correggio eterna gloria miritò nel colorire, et nel fare capegli sfillati. p. 584, rigo 20: morì del 1534132. p. 584, rigo 30: fu suo scol(ar)o Bernard(in)o Soiaro dice il Lomazzo, di cui scolaro fu Andrea Schiavone bravo coloritore dice il Lomazzo. Seben alcuni lo fanno scol(ar)o di Titiano133. p. 584, rigo 31: Meritava altro scrittore che questo (per)fido Aretinaccio p. 585, nel margine inferiore: Antonio da Correggio ha fatto non solo la famosa cuppola del duomo di Parma, ma anco quella di S(an) Giovanni con figure grandi. Erano oscure ma li si è dato lume dal S(ignor) Mauro Oddi pittore del Duca di Parma Pur in S(an) Gio(vanni) vi sono le due capelle cominciate dal Correggio hor finite dal Colonna e Mitelli. Di Correggio fu 2o maestro il Mantegna, e del Mantegna Jacopo Squarcione134. 130  Resta commenta polemicamente il giudizio di Vasari a proposito della Leda di Correggio, nella quale si vede « un paese mirabile, né mai lombardo fu che meglio facesse queste cose di lui ». Cfr. anche la postilla a Cicognara p. 583, rigo 29. 131   I disegni (recto/verso dello stesso foglio, raffiguranti rispettivamente un Coro di angeli musicanti e l’Assunzione della Vergine) erano creduti da Resta di Correggio e preparatori per una decorazione dell’altar maggiore della chiesa parmense di San Giovanni Evangelista. Essi furono poi inseriti nel volume Parnaso dei Pittori (Lansdowne 802 i 141). Non più attribuiti al Correggio, sono oggi conservati in collezione privata inglese (G. Warwick, The Formation and Early Provenance of Padre Sebastiano Resta’s Drawing Collection, in Master Drawings 34 (1996), pp. 239-278: 271 nota 74; Pizzoni, Resta e Bellori cit., pp. 64-65 nota 68, figg. 4-5 con attribuzione a Carlo Urbino da Crema). 132   Resta glossa l’indicazione vasariana secondo cui Correggio « finì la vita nell’età sua d’anni XL o circa » fornendo un’indicazione cronologica precisa, ed esatta, cui ebbe accesso dal 1687. Si veda la postilla a Cicognara p. 584, rigo 18 e nota relativa. 133  La notizia del discepolato di Bernardino Gatti detto il Soiaro presso Correggio è fornita da Lomazzo nella Tavola conclusiva del Trattato: Le tavole del Lomazzo cit., p. 22. È invece erronea l’indicazione relativa a Schiavone, che Lomazzo non qualifica come allievo del Soiaro. Vedi anche le postille a Riserva p. 791 rigo 4 e a Cicognara p. 791, rigo 4, e note relative. 134  Il pittore parmense Mauro Oddi (1639-1702), probabile corrispondente parmigiano del Resta (Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., p. 303; Resta, Correggio cit., p. 49; Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 19), realizzò il disegno per i perduti candelieri eseguiti dall’intagliatore Lorenzo Aili e dall’argentiere Giorgio Frizoli e collocati nell’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Evangelista (P. Ceschi Lavagetto, in L’abbazia benedettina di San Giovanni Evangelista a Parma, a cura di B. Adorni, Parma 1979, p. 200; S. Colla, in Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Seicento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano

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Piero di Cosimo pittore fiorentino. p. 588, rigo 28, con sottolineatura nel testo « Lionardo »: Leonardo da Vinci Bramante da Urbino architettore. p. 594, rigo 2: Schanelli lo fa Milanese con Bramantino ma non è. Si è cassato p(er) esser errore del Vasari135 p. 594, rigo 16: Bramante nelle figure era più quadrato, Bramantino più tondo dolce e gratioso, Nell’architettura Bramantino era più ingegnoso e leggiadro, e compito che Bramante; ma Bramante è stato più fortunato in Roma e più ardito nell’imprese. Vedi S(ant)a Casa abellita del Cap. Silvio Seragli. F.I.216. vedi qui in Sangallo. Bramante si dà p(er) architetto della Cuppola della S(ant)a Casa di Loreto sotto Paolo II che della nova fabrica ne scrive ad Parentinum episcopum vicarium […] del 1471, anno in cui Paolo II morì. Vedi l’Annali Baronii. 136 p. 595, rigo 12: ancor hoggi si nomina Cha Bramante137 p. 595, rigo 28: viveva a […] p. 595, rigo 30, è cassato nel testo « reputato »138 1999, cat. 574 pp. 148-149: 148). La data di realizzazione dei manufatti (1687) può fornire un termine post quem per la stesura della postilla. Sulla partecipazione alla decorazione della chiesa di San Giovanni da parte di Angelo Michele Colonna si rinvia alla postilla a Riserva p. 534, rigo 23, e nota relativa. Per le notizie concernenti la formazione di Correggio con Mantegna si veda la postilla a Riserva p. 512, rigo 23 e nota relativa; per il discepolato di Mantegna presso Squarcione (Francesco, non Jacopo) si veda la postilla a Cicognara p. 509, rigo 10. 135  Il riferimento è a Scannelli, Il Microcosmo cit., p. 271. Riguardo alle erronee indicazioni cronologiche fornite da Vasari per l’attività di Bramantino e all’analisi di esse da parte del Resta si vedano qui le postille a Riserva p. 287, rigo 5 nell’interlinea; p. 360, rigo 24; p. 361, rigo 31; p. 362, nel margine superiore; p. 641, nel margine inferiore, e note relative. 136  Resta si riferisce ai passi del testo del Serragli in cui si tratta dell’intervento di Bramante al complesso lauretano (S. Serragli, La Santa Casa abbellita, Loreto, per Francesco Serafini, 1682, pp. 75, 101). Il riferimento a Baronio per la fabbrica del santuario lauretano è a C. Baronii Annales Ecclesiastici, vol. XXIX, Barri-Ducis, Parisiis, Friburgi 1929, p. 514. 137   La precisazione di Resta riguarda l’indicazione vasariana di « Castello Durante nello Stato di Urbino » come luogo d’origine di Bramante. 138  Resta interviene sul testo vasariano là dove è menzionato « un Cesare Cesariano, reputato buono geometra e buono architettore », eliminando così la sfumatura limitativa del giudizio.

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p. 596, rigo 1: Bernardino Zenale pittor et architettor p. 596, righi 8-9, con sottolineatura di « San Francesco una Cappella a fresco, dentrovi la morte di san Piero et di San Paulo »: Io S(ebastiano) R(esta) ho visto in piedi questa Pittura di som(m)a intelligenza ma duretta come portava il secolo. Cascò con la chiesa a tempo mio139. p. 596, rigo 19, con segno di richiamo nel testo a « la sostengono »: adesso nel risarcire il portico s’è distrutta140. p. 596, rigo 32, altra mano: Bramante da Urbino fece il chiostro della Pace [il seguito della postilla è di mano del Padre Resta:] ove dipinse i chiari oscuri fuori del parapetto141. p. 596, nel margine inferiore: Bramante ha dipinto bene in Mil(an)o. Equivoca il Sandrart a dire che il Card(inale) lo chiamasse a Napoli: il Card(inale) Carafa di Napoli li diede da rifar il claustro della Pace di Roma142. p. 597, rigo 5, altra mano: Prontisimo fu riputato nel fabricare Bramante da Urbino. p. 597, rigo 12, altra mano: Bramante fece il corridore di Belvedere p. 597, rigo 26, altra mano: La scala a chiocciola di Brama(n)te et dorica et jonica, et corinthia. Brama(n)te fatto fu frate del Piombo. p. 598, rigo 9, altra mano: La chiesola tonda nel chiostro di San Pietro a Montorio p. 598, rigo 17: butt(at)o a terra143 139   La nota è relativa al passo vasariano sulla decorazione ad opera di Bernardo Zenale di una cappella nella chiesa di San Francesco Grande a Milano, con storie dei Santi Pietro e Paolo, ricordata anche da Lomazzo, Trattato cit., p. 237. La postilla deve essere successiva al 1688, anno in cui crollò una parte della chiesa. 140  Il rimando è all’affresco con l’arme di papa Borgia « con angeli e figure che la sostengono », ricordato da Vasari sopra la porta santa di San Giovanni in Laterano, insieme all’indicazione della paternità di Bramante, e noto da un disegno di Borromini dell’Albertina di Vienna (inv. 388; cfr. G. Morello, Il Salvatore del Bramante e le postille di padre Resta, in L’immagine di Cristo. Dall’Acheropita alla mano d’artista. Dal tardo medioevo all’età barocca, a cura di C. L. Frommel, G. Wolf, Città del Vaticano 2006, pp. 167-185: 175-180). Si veda nota a Cicognara p. 596, rigo 17. 141   Secondo l’oratoriano Bramante non fu soltanto architetto del chiostro della chiesa romana di Santa Maria della Pace, ma anche autore di alcune pitture a monocromo, oggi non esistenti. È difficile capire se questa sia una convinzione a cui Resta arriva tramite la visione del chiostro o grazie a delle fonti letterarie non identificate. Sull’interesse del filippino per l’attività pittorica di Bramante si rinvia anche alla postilla a Cicognara p. 600, nel margine inferiore, e nota relativa. 142   Il riferimento è a Sandrart, Academia cit., p. 117. 143  Il commento pertiene la menzione vasariana del « palazzo che fu di Raffaello da Urbino » in Borgo, identificato con palazzo Caprini, inglobato sotto Gregorio XIII nel palazzo dei Convertendi (demolito nel 1937): G. Spagnesi, Roma: dalla casa di Raffaello al palazzo

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p. 598, rigo 20, con sottolineatura di « Santa Maria »: non come equivoca Sandrart della stanza detta S(ant)a Casa alla Cuppola q(ual)e haveva fatta già del 1471144. p. 599, rigo 23, con sottolineatura di « Dorica »: corintia145 p. 599, rigo 33, altra mano: Rafaello Sanzio da Urbino [il seguito della postilla è di mano del Padre Resta:] suo parente e patriota p. 600, nel margine inferiore: et Ambrosio Borgognone pitt(o)re che dipinse S(an) Satiro in Mil(an)o e Nolfo da Monza in Mil(an)o146. Fra Bartolomeo di San Marco pittor fiorentino. p. 603, rigo 20, con sottolineatura di « a imparare l’arte »: Raffaele andò (per) veder li celebri cartoni di Leon(ard)o già (per)fetto nella maniera di Pietro circa al 1503. Se Raffaele imparò l’Architettura da Bramante, e Bramante venne a Roma nel 1500 che Raffaele stava sotto a Pietro Perugino in età di 17 anni non haveva ancora pratticato con Bramante poiché Bramante da Mil(an)o era partito p(er) Roma nel 1500 et in Mil(an)o haveva longam(ent)e dimorato. Rispondi che quello studio d’architettura haveva fatto Raffaele sotto Pietro. Si p(er)fettionò poi sotto Bramante nel 1508, giunto in Roma. p. 604, rigo 26: il fumeggiare già l’haveva trovato Leonardo et altri, esso però fu più sfumato di tutti i suoi predecessori. p. 605, rigo 4, entro un cartiglio: Molti in Roma si p(er)dono p. 605, rigo 10: nel giardino de P(adri) di S(an) Silvestro stan(n)o di Baldassarre Pierucci senese chiari oscuri fatti p(er) Mariano Fetti. p. 607, rigo 17 « Christo in iscuro » è corretto nell’interlinea in « Christo in iscurto »147. p. 609, rigo 5, con sottolineatura di « Apelle nel colore »: d’Apelle in quel tempo non era scoperta la Nova Nupta che sta negl’orti Aldobrandini scoperta sotto Clem(ente) 8 quella dice Sandrart essere stata giudicata di della Congregazione per le chiese orientali, in Quaderni dell’Istituto di Storia dell’architettura 53 (2010), pp. 25-46. 144   Il riferimento è a Sandrart, Academia cit., p. 117, secondo cui Bramante « delineationem quoque faciebat templi S. Mariae Lauretanae, quod deinde Andreas Sansovinus extruxit ». 145   Resta interviene sul testo là dove Vasari scrive che si vede « in tutta l’opera dorica di fuori stranamente bellissima, di quanta terribilità fosse l’animo di Bramante ». 146   La menzione di Bergognone e della sua attività in San Satiro a Milano è ripresa alla lettera dalla Tavola del Trattato lomazziano: Le tavole del Lomazzo cit., p. 16; l’altro artista che Resta cita è verosimilmente il Troso da Monza, ripetutamente ricordato dal Lomazzo, e denominato Nolfo da Monza da Scannelli, Il Microcosmo cit., p. 271. 147   Resta propone, comprensibilmente, tale correzione per la descrizione vasariana della « testa d’un Cristo in iscuro » dipinta da fra Bartolomeo e già ad Arezzo. L’osservazione è meritevole di approfondimento.

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2000 anni per conseg(uen)za dell’Olimpiade 114 per conseguenza di Apelle o di Perseo Greci poiché tra Romani la Pittura ancora bamboleggiava e già fioriva tra Greci, né altri greci gentili (come asseriscono Sandrart e Mander) furono a Roma se non Apelle e Perseo suo scolaro. Nell’olimpiade 114 morì Aless(andr)o Magno vivendo Apelle148. Mariotto Albertinelli pittor fiorentino p. 611, righi 8-10: è cassato nel testo « perché de le cose della gola i frati si risentono molto ben come gli altri ». p. 612, rigo 8, con sottolineatura di « Leon decimo »: 1513 p. 613, rigo 15: Leone X fu Papa nel 1513. Raffaellin del Garbo pittor fiorentino p. 615, rigo 29: Borghese ha un S(an) Gio(vanni) bello con le gambe in scorto ad sedere149. Torrigiano scultor fiorentino p. 618, rigo 4, altra mano: Il Torrigiano Fiorentino rotta la sua statua per stizza morse in prigione accusato di heresia. Giuliano et Antonio da San Gallo architetti fiorentini. p. 623, rigo 1, altra mano: Giuliano rimunerato dal Duca di Calavria d’antigo fu 148  La postilla prende spunto dalla definizione di « Apelle nel colore » applicata a fra Bartolomeo nell’epigramma riportato da Vasari in fondo alla sua biografia. Resta fa riferimento alla scoperta avvenuta nel 1601 dell’antica pittura murale romana detta Nozze Aldobrandini per la lunga appartenenza alle raccolte della famiglia (oggi nelle raccolte della Biblioteca Apostolica Vaticana): G. Fusconi, La fortuna della “Nozze Aldobrandini” dall’Esquilino alla Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano 1994, in particolare pp. 107-112; le fonti cui l’oratoriano rimanda sono Sandrart, Academia cit., pp. 88-90, e lo Schilder-boeck di Carel Van Mander (edito per la prima volta ad Haarlem, presso Jacob de Meester, nel 1603-1604, poi ripetutamente ripubblicato con ampliamenti), e che però è qui richiamato non in modo puntuale, ma solo per quanto riguarda l’uso delle Olimpiadi come criterio per datare l’attività degli artisti antichi: The Lives of the Illustrious Netherlandish and German Painters, a cura di H. Miedema, Doornspijk 1994, I, p. 53. Una analoga menzione delle Nozze Aldobrandini è riportata dal Resta anche nelle glosse alla Felsina di Malvasia (S. Prosperi Valenti Rodinò, Resta e Malvasia: un dimenticato episodio della polemica antivasariana del Seicento, in Dilettanti cit., pp. 11-43: pp. 24-25, 159, 165). 149   All’altezza del passo in cui Vasari menziona l’alunnato di Bronzino presso Raffaellino del Garbo, Resta segnala il dipinto raffigurante San Giovanni presente nella collezione Borghese e ancora oggi conservato nella medesima galleria (da ultimo A. M. Monaco, in Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 24 settembre 2010 23 gennaio 2011) a cura di C. Falciani, A. Natali, Firenze 2010, p. 308 cat. VI.7).

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p. 623, rigo 12, altra mano: Frate Mariano da Ghinazzano p. 623, rigo 17, altra mano: Giuliano scultore fu detto da Sa(n)gallo da Lore(n)zo Medici da la porta S(an) Gallo a Fiore(n)za p. 624, rigo 18, altra mano: La Fortezza del Poggio Imperiale presso Poggibonzi fu com(en)ziata da Giuliano Sangallo al tempo di Lore(n)zo Medici. p. 624, nel margine inferiore: Il Palazzo ducale di Mil(an)o è molto più antico, sarà stato il modello di palazzo nuovo150 p. 625, rigo 2: allora era Duca Lodovico Sforza il Moro151 p. 626, rigo 14, altra mano: Pozzolana di Roma a S(an)ta Maria di Loretto da Giuliano fu fatta condurre per far la copola del tempio p. 626, rigo 30, altra mano: Castello Sa(n)to Angelo in la forma ch’è fatto da Giuliano esse(n)do Papa Alessandro. p. 627, rigo 13, altra mano: Giuliano ristaurò il tetto di Santa Maria Maggiore et vi fece il Palco p. 628, rigo 22, con sottolineatura di « inanzi la venuta di Bramante »: ritorno152 p. 629, rigo 8, nell’interlinea in corrispondenza di « era capitato a Roma Bramante da Urbino »: tre anni prima p. 629, rigo 8: era già capitato a Roma Bramante sino del 1500. p. 629, rigo 9, con segno di richiamo nel testo a « tornava di Lombardia »: dal riveder[?] S(ant’) Ambrosio153 p. 632, rigo 1, altra mano: Piedro Soderini fu cacciato di stato rimessi li Medici da Papa Giulio II. p. 634, righi 16-17, con sottolineatura di « le volte di materia, che venissero intagliate, come in casa sua ne fa fede »: inventione di Bramante in S(an) Pietro di Roma. Ivi vedilo in Bram(an)te. p. 634, nel margine inferiore: Di Raffaele. La venuta di Raffaele a Roma fu non prima del 1507 verso il 1508 p(er)ché fu doppo cominciata da M(ichel) A(ngelo) la volta della Sistina che Bramante non potendo ottenere da Giulio II p(er) Raffaele si diede a M(ichel) A(ngelo). Pensando poi Giulio alle Stanze Bramante l’otten(n)e p(er) Raffaele e gliene scrisse a Fiorenza, d’onde partì subbito p(er) Roma. A Mic(hel) Ang(el)o il Papa diede a far la 150  Il commento prende spunto dal ricordo vasariano del « modello d’un palazzo » preparato da Giuliano da Sangallo per il duca di Milano Ludovico il Moro. 151   Si veda la nota precedente. 152   La postilla concerne il passo vasariano sull’arrivo a Roma di Giuliano da Sangallo, chiamato da papa Giulio II « inanzi la venuta » di Bramante, che Resta considera un ritorno dell’architetto urbinate, essendo successiva al soggiorno romano di Bramante avvenuto durante il pontificato di Alessandro VI ricordato da Vasari (si veda anche la postilla a Cicognara p. 628, rigo 21). 153   Si veda la postilla a Riserva p. 362, nel margine superiore, e nota relativa.

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volta della Capella Sistina facendolo venire da Bologna finita la statua di bronzo, che poi fu gettata in Artiglieria. La d(ett)a statua di Giulio di bronzo fu fatta da M(ichel) A(ngelo) doppo il ritorno del Papa da Bologna a Roma scacciato che hebbe da Bologna Gio(vanni) Bentivogli che fu l’anno 1506 li XI Nov(em)bre e quest’anno di tal ritorno del Papa in Roma regola queste altre sud(det)te notitie. Rafael da Urbino pittore et architetto p. 636, rigo 15, altra mano: Giovanni de Santi padre de Raphaele p. 636, rigo 16, nell’interlinea, in corrispondenza di « anzi non pur », cassato: però154 p. 637, rigo 9, altra mano: Pietro Perugino Maestro di Raffaelo da Urbino. p. 638, rigo 7, con sottolineatura di « allogato da Pio II » e segno di richiamo: errore155 p. 638, rigo 7: Pio 2o Papa del 1458 sino al 1464. Pio 3 1503 p(er) 26 giorni. Succede Giulio II. p. 638, righi 10-11: in Tolentino v’è un altare del Pintoricchio con una lettera del Baglione castell(an)o di Orvieto che lo prega a tornar a Siena del 1508. Tal lettera sta dipinta buttata sul piano, e si vede che Pinturicchio era stimato assai dal Tiranno di Siena156. p. 639, rigo 26: ho io il disegno nell’Anfiteatro157 p. 639, rigo 31: credo sia la S(acr)a familia che ha il re158 154   Resta interviene sul testo per modificare, inasprendolo, il giudizio espresso da Vasari su Giovanni Santi « pittore non molto eccellente, anzi non pur mediocre in questa arte ». 155   Resta segnala l’errore di Vasari che riferiva a papa Pio II Piccolomini (in carica dal 1458 al 1464) anziché a Francesco Todeschini Piccolomini, arcivescovo di Siena divenuto pontefice col nome di Pio III nel 1503, la commissione (1502) del ciclo decorativo della Libreria del Duomo senese, alla cui progettazione partecipò il giovane Raffaello. 156   Si veda sopra la postilla a Riserva p. 526 rigo 1, e nota relativa. 157  In prossimità della descrizione vasariana della Sacra famiglia Canigiani (oggi a Monaco, Alte Pinakothek), Resta comunica di averne un disegno preparatorio nel volume Anfiteatro Pittorico. L’Anfiteatro Pittorico fu diviso dal Resta nel 1710 in tre libri: due venduti a Lord Somers (Arena dell’Anfiteatro Pittorico e Ingresso al Secolo d’Oro) e uno venduto a Livio Odescalchi, la cui collezione di grafica è oggi a Haarlem, Teyler Museum (si rimanda a Warwick, The Formation and Early Provenance cit., p. 260; per i fogli conservati nell’ultimo volume si rinvia in particolare a C. Van Tuyll van Serooskerken, The Italian Drawings of the Fifteenth and Sixteenth Centuries in the Teyler Museum, Haarlem 2000, dove però non vi è traccia di un disegno ricollegabile all’opera). Un disegno attribuito a Raffaello e messo in relazione con il quadro realizzato per « Domenico Daneggiani [sic] in Fiorenza » era inserito invece nella cartella Progressi di Raffaele, creata dal Resta in un periodo non distante dagli altri volumi (Lansdowne 802 a 7). 158   Probabilmente Resta confonde la Sacra famiglia Canigiani descritta dal Vasari con la Sacra Famiglia di Francesco I, attualmente a Parigi al Musée du Louvre (cfr. la postilla a Riserva a p. 639, rigo 26 e nota relativa).

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p. 640, rigo 3, con segno di richiamo nel testo a « grandissima venerazione »: adesso l’ha il Re di Francia, io n’ho un p(rim)o disegno159. p. 640, rigo 13: adesso q(ue)sto Cristo l’ha Borghese in Roma160 p. 640, rigo 18: di q(ue)l tempo studiò Gaudentio alla scola di Pietro e fece il Dio p(ad)re nel frontispicio sopra la Pietà [Disegno a margine], tira all’ inventione di A(ndrea) Mantegna161. p. 641, rigo 20, con un segno di richiamo nel testo a « una storia finita », la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: sino al tempo di Nicolò V162 p. 641, rigo 23, con un segno di richiamo nel testo a « abbate di San Clemente di Arezzo », la postilla è illeggibile per l’abrasione dell’inchiostro p. 641, rigo 28, la postilla è solo parzialmente leggibile per l’abrasione dell’inchiostro: […] sono le teste di Bramantino p. 641, nel margine inferiore: Grand’errore ha fatto il Vasario a far coetaneo o sia contemporaneo di Pietro della Francesca Bramantino. Ho visto due istrom(en)ti pubblici che Bramantino cioè Bartol(ome)o de Suardi detto Bramantino dal M(aestr)o Bramante era vivo nel 1513 e nel 1536163. p. 642, rigo 6, altra mano: Nella Signatura fra li philosophi Rafaello p. 642, rigo 19, altra mano: Rafaello si depinse presso Zorastro in Signatura p. 643, righi 11-12, correggendo il « Vercelli » del testo in « Vergelli »: Vergelli è luogo di Siena164 159   Per la confusione fatta da Resta tra la Sacra famiglia Canigiani e la Sacra Famiglia di Francesco I si rinvia alla nota precedente. Per il disegno, inserito nel volumetto Progressi di Raffaele, ed in effetti considerato da Resta un primo pensiero per il dipinto poiché, come specificato nel commento in margine al foglio « in opera l’attione del S(an) Giuseppe è variata » (Lansdowne 802 a 7), si rinvia alla postilla a Riserva p. 639, rigo 26 e nota relativa. 160   La postilla segnala il passaggio del Trasporto di Cristo al sepolcro di Raffaello dalla chiesa di San Francesco al Prato a Perugia nella raccolta Borghese a Roma, avvenuto per volontà del cardinale Scipione nel 1608. Cfr. anche la postilla a Cicognara, p. 640, rigo 25. 161   La postilla riguarda il passo vasariano sul Trasporto di Cristo al sepolcro di Raffaello già in San Francesco al Prato a Perugia (oggi a Roma, Galleria Borghese: vedi nota precedente, e la postilla a Cicognara p. 640, rigo 25). Resta, che trae da Lomazzo la notizia del discepolato di Gaudenzio Ferrari presso Pietro Perugino (Le tavole del Lomazzo cit., p. 47; e vedi qui le postille a Riserva, p. 728, rigo 20; Cicognara, p. 594, nel margine superiore, e p. 728 righi 26-27 e note relative), ascrive fantasiosamente a Gaudenzio la cimasa con il Dio Padre, apparentemente rimasta in situ dopo la rimozione della pala raffaellesca da Perugia a Roma nel 1608, e oggi conservata nella Galleria Nazionale dell’Umbria (F. Santi, Galleria Nazionale dell’Umbria. Dipinti, sculture e oggetti dei secoli XV-XVI, Roma 1985, pp. 124-125, cat. 104). 162   Il commento si riferisce alla menzione vasariana di « una storia finita » di Piero della Francesca in una delle stanze dell’appartamento pontificio in cui poi operò Raffaello. 163  Si vedano le postille a Riserva pp. 287, rigo 5; 360, rigo 24; 361, rigo 31; 362, nel margine superiore; 594, righi 2 e 16, e note relative. 164  Vasari indica correttamente la provenienza di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma da Vercelli; la prolungata attività del pittore a Siena induce Resta a correggere infondatamente il testo, identificando il toponimo con Vergelle, nel contado senese.

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p. 645, rigo 27, altra mano: Tibaldeo fra poeti di Rafaëllo. p. 647, rigo 15, altra mano: Fra’ Giovanni da Verona eccellente intagliator di papa Giulio II p. 648, rigo 10, altra mano: Una Madonna, et uno Papa Giulio nel Populo di Rafaëllo p. 648, righi 33-34 con sottolineatura di « la Santa Anna di Andrea Sansovino in Roma Rafaello subito rifece »: il disegno della S(ant’)Anna del Sansovino sta nel libro che hoggi 7 giugno 1701 mando al Re di Spagna Filippo V165. p. 649, rigo 1, altra mano: Uno Isaia di Rafaëllo sopra S(an)ta Anna in S(an)to Agostino. p. 649 rigo 14, altra mano: La capella del Chisi nella Pace fatta da Rafaello. p. 649, rigo 26, altra mano: La tavola d’Araceli all’altare grande di Rafaëllo. p. 650, rigo 23, altra mano: In Palazzo il sacramento miracoloso d’ Orivietto depinto da Rafaëllo. p. 650, nel margine inferiore: io ho li disegni166. p. 654, rigo 8, con cancellatura nel testo di « Leon III »: S(an) Leone p(rim)o non 3.° Leo primus etruscus III. Id(is) Ap(ri)lis167 p. 654, righi 22-24, con sottolineatura di « che è cavalcato da una figura, la quale ha tutto lo ignudo coperto di scaglie, a guisa di pesce, il che è ritratto da la colonna Traiana, nella quale »: lo tengo io nella cartella intitolata progressi di Raffaele168. 165   La postilla si riferisce alla menzione vasariana del gruppo di Andrea Sansovino con Sant’Anna, la Madonna e il Bambino nella chiesa di Sant’Agostino in Roma, sormontato dall’affresco di Raffaello con Isaia. Il disegno, cui si fa riferimento, è quello donato da Pellegrino Orlandi al Resta, poi incluso nel volume Trattenimenti Pittorici e inviato in omaggio al re di Spagna Filippo V; esso è copia di anonimo artista del XVII secolo dalla Madonna con il Bambino e Sant’Anna di Sansovino, conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 14357 F: rintracciato da M. Melani, Torrentiniane vaticane: postille e disegni di Padre Resta, in Mosaico. Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla, a cura di R. Cioffi, O. Scognamiglio, Napoli 2012, I, pp. 233-242: 235-236; Petrioli Tofani, L’inventario settecentesco cit., p. 971 nr. 33; cfr. anche la postilla a Riserva p. 703, rigo 9). 166  In corrispondenza del passo vasariano in cui è descritta la scena raffaellesca della Messa di Bolsena l’oratoriano comunica di avere alcuni disegni preparatori per l’affresco. È difficile identificare con certezza tali disegni, a meno che non si vogliano riconoscere nei due fogli descritti nel volume Parnaso de’ Pittori come «Raffaele nelle Stanze Vaticane» e nell’Indice a stampa dello stesso volume «La metà dell’Istoria del Sagramento» (Lansdowne 802 i 84-85; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., p. 50). Uno dei disegni, copia però dalla Disputa del Sacramento e attribuito ad un seguace di Raffaello è conservato a Chatsworth (Devonshire Collection, inv. 58 A, B: Jaffé, The Devonshire Collection of Italian drawings. Roman cit. cat. 328 p. 198). Cfr. anche la postilla a Cicognara p. 650, rigo 26. 167  Resta corregge Vasari che aveva riconosciuto Leone III (795-816) anziché Leone I (440-461) nel papa che incontra Attila nell’affresco di Raffaello della Stanza di Eliodoro. 168  Il disegno menzionato dal Resta in corrispondenza della descrizione vasariana di un dettaglio dell’affresco di Raffaello con l’Incontro tra Leone Magno ed Attila, ed incluso

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p. 655, rigo 3: l’hanno fatti attaccar in alto, ad un pilastro169 p. 655, rigo 5: a Tor del Greco e fu cavato da don Pietro d’Aragona170 p. 655, rigo 6, altra mano: Al signor Lionello di Carpi lavorò Rafaëllo una Madonna. p. 656, rigo 6, cassando nel testo « finissima »: Nella Felsina Pittrice del Co(nte) Carlo Malvasia vedasi una lettera d’Annibale Carracci originale che giunto a Parma scrisse a Lod(ovic)o Carracci, e vedrassi q(ua) le comparatione fa Annibale tra qu(est)o quadro della S(ant)a Cecilia di Raffaele da lui più anni osservato in S(an) Gio(vanni) in Monte di Bologna col quadro del S(an) Gerol(am)o e Madalena che il Correggio haveva fatto in S(ant’)Antonio di Parma antica chiesa patronata dal Sig(nor) de Rossi171. p. 656, nel margine inferiore: fece il ritratto del principe 3 Roberto di Salerno172 p. 657, rigo 3, cassando nel testo « Vechissima »: epiteto spropositato173. dall’oratoriano nella cartella Progressi di Raffaele, è quello descritto come un « Sarmata di Raffaele in Vaticano nell’istoria dell’Attila che fugge alla vista del Papa Leone » (Lansdowne 802 a 9), conservato nelle collezioni della Christ Church di Oxford (inv. 0647: cfr. Byam Shaw, Drawings by Old Masters cit., cat. 366 p. 120, come copia da Raffaello). Nel commento a margine del disegno Resta ripete le stesse informazioni da lui sottolineate nel testo vasariano. Il 1711, termine orientativo entro cui è fissata la creazione del volume (Warwick, The Formation cit., p. 263; Ead., The Arts of Collecting cit., pp. 51, 216 nota 127), aiuta a circostanziare cronologicamente la stesura della postilla. 169   L’annotazione si riferisce al passo in cui Vasari menziona il Crocifisso miracoloso che parlò a san Tommaso d’Aquino dicendolo conservato in San Domenico a Napoli, nella stessa cappella che ospitava la Madonna del Pesce di Raffaello (vedi nota successiva), ovvero la cappella Del Doce, sul lato sinistro del cosiddetto Cappellone del Crocifisso. Il commento del Resta è evidentemente frutto di una visita in loco, durante uno dei suoi soggiorni napoletani (vedi le postille a Riserva p. 731, rigo 13; p. 829, rigo 22; p. 832, nel margine inferiore; p. 851, rigo 19; Cicognara p. 356, rigo 8). 170  La postilla riguarda la menzione vasariana della Madonna del Pesce di Raffaello, oggi al Museo del Prado a Madrid, e già nella chiesa di San Domenico a Napoli. La pala fu acquisita e trasportata in Spagna nel 1638 dal viceré Ramiro de Guzman, duca di Medina de las Torres, che la donò a Filippo IV. È dunque infondata la convinzione del padre Resta che il dipinto si trovasse nelle mani di don Pedro de Aragón, in carica come vicerè di Napoli dal 1666 al 1671. Si veda anche la postilla a Cicognara a p. 655 rigo 5. 171   Resta interviene sulla descrizione vasariana della Santa Cecilia di Raffaello (oggi nella Pinacoteca di Bologna), dove era ricordata la Maddalena « che tiene in mano un vaso di pietra finissima », modificando il testo. Il riferimento è Malvasia, Felsina cit., I, pp. 268-269; vedi anche la postilla a Riserva p. 559, rigo 29, e nota relativa. 172   Non appare determinabile la provenienza della notizia fornita qui da Resta secondo cui Raffaello avrebbe eseguito un ritratto del terzo principe di Salerno Roberto Sanseverino (1485-1509). 173  La correzione si riferisce all’aggettivo con cui Vasari definisce la Sant’Anna nella Madonna dell’Impannata di Raffaello (oggi alla Galleria Palatina di Firenze). Cfr. la postilla a Cicognara p. 657 rigo 3.

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p. 657, rigo 5, altra mano: La nostra donna bellissima di Rafaëllo modestia ne gl’ochi, honore nel fronte, grazia nel naso, virtù nella bocca, semplicità nell’habito. p. 657, rigo 29, altra mano: Il cardinale de Rossi al tempo di Papa Leone. p. 658, rigo 10, altra mano: Rafaëllo si fabricò uno Pallazzo in Borgo per sua memoria. p. 658, rigo 27, nell’interlinea in corrispondenza di « Marco Antonio »: Raimondi p. 659, rigo 1, altra mano: Amò una Donna affecionatissimamente Rafaëllo, et la dipinse ad imitazione d’Apelle la sua p. 659, rigo 4: hora l’ha il P(rincipe) di Palestrina174 p. 659, rigo 18, altra mano: Ugo da Carpi ritrovò le stampe di legno p. 660, rigo 24, con segno di richiamo al testo: Il Conte dell’Aia Vice Re trattò con l’abb(at)e e l’abbate dimissa copia coletionata la portò al Re Filippo IV q(ua)le assegnò ai monaci 4000 scudi annui p(er)petui, et all’abb(at)e 400 vita sua durante. Questi dell’abb(at)e furono sempre ben pagati ma li 4000 alla religione p(er)petui come mal situati sopra rendite che non durarono, anch’essi andarono in fumo. Nel 1691 il padre Resta trovò in Bologna parte del disegno originale di Rafaele e lo mandò al Re d(on) Carlo 2.do regnante per mezzo dell’Em(inentissi)mo Card(inal) Portocarrero175. p. 662, rigo 16, altra mano: Giulio de Medici cardinale et poi Papa sett(imo) Clemente. p. 663, rigo 4, altra mano: Hyppolito il cardinal di Medici. Giorgio Vasari et pittore et scrittor de pittori hebbe aviso dal cardinale di Medici. 174   Resta si riferisce al dipinto della Fornarina, noto nelle collezioni Barberini fin dalla prima metà del Seicento e considerato come un ritratto della donna amata da Raffaello anche nel Microcosmo della pittura (Scannelli, Microcosmo cit., p. 166; cfr. L. Mochi Onori, La Fornarina. Analisi di un dipinto, in La Fornarina di Raffaello, a cura di L. Mochi Onori, Milano 2002, pp. 35-55: pp. 35-37). Il dipinto era presente nell’inventario delle raccolte di Maffeo Barberini, principe di Palestrina, ed in seguito in quelle di suo figlio Urbano (Aronberg Lavin, Seventeenth-Century Barberini, cit., pp. 380, 399, 408, 421, e ad indicem). 175  In relazione alla descrizione vasariana delle vicende dello Spasimo di Sicilia (oggi Madrid, Museo del Prado), commissionato per il monastero di Santa Maria dello Spasimo di Palermo, Resta ripercorre i passaggi collezionistici che portarono l’opera in Spagna (M. A. Spadaro, Raffaello e lo Spasimo di Sicilia, Palermo 1991, p. 22; T. Henry, P. Joannides, in Raphaël. Les dernières annés, catalogo della mostra [Parigi, Musée du Louvre, 11 ottobre 2012 – 14 gennaio 2013] a cura di T. Henry, P. Joannides, Parigi 2012, cat. 4, pp. 94-102; si veda anche la postilla a Cicognara p. 659, rigo 26, e nota relativa). L’oratoriano, inoltre, dà notizia di un disegno di Raffaello per questa pala, purtroppo non rintracciato, acquistato a Bologna nel 1691 e inviato al re di Spagna Carlo II. L’informazione ricorre anche nelle postille alla Felsina Pittrice di Malvasia, per cui si rinvia a Prosperi Valenti Rodinò, Trascrizione delle postille di Sebastiano Resta cit., pp. 161, 168 nota 23; Ead., Resta e Malvasia cit., in particolare pp. 21-30.

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p. 663, rigo 30: p(rim)a fu discepolo di Giorgione e figlio di Martino da Udine scol(ar)o di Gio(vanni) Bellini, e detto Pelegrino da S(an) Daniele, da S(an) Daniele per la dimora in S(an) Daniele castello della Città di Udine, e Pelegrino dal pelegrino ingegno che Gio(vanni) Bellino diceva essere poiché vinceva l’altro suo discepolo (condiscepolo di esso Pelegrino) Bordonone. Vedi l’Abecedario del P(adre) M(aestro) Orl(and)o. Io passando col Sig(nor) Passari l’anno 1690 da Faenza hebbi un disegno p. 664, nel margine superiore, ove prosegue, parzialmente tagliata per la rifilatura, la postilla che inizia nella pagina precedente: d’Arabeschi […] quale v’era descritta la vita del med(esim)o e diceva Jo Gio(vanni) Martini da Udine venni in Roma l’anno tale, feci amicitia con Giulio Rom(an)o che mi condusse a Raffaele che mi mandò ad una grotta in Esquiliis scoperta allora a copiare gl’arabeschi e così Raff(ael)e m’impiegò in tali grottesche che sono venute in uso e fanno bene in case in chiese etc. Tal disegno mandai in dono a P(adre) Del Voglia a Palermo dilettante p(er)ché ne facesse il frontispizio ad un libro d’Arabeschi che li havevo già donato. Vedi qui in Giovanni An(toni)o Licinio da Pordenone fol. 740176. p. 664, righi 9-10: non è vero che Raffaele facesse le istorie tutte co suoi disegni ma a valenti lasciava disegnare e lui correggeva come ho hauto le correttioni della scala di Giacobbe etc.177 176   Resta crede erroneamente che Giovanni da Udine (1487-1561), menzionato nel passo vasariano cui la postilla pertiene, sia figlio del pittore friulano Martino da Udine detto Pellegrino da San Daniele (1467-1547), per il quale fa espresso riferimento ad Orlandi, Abecedario cit., p. 313. L’errore dipende dalla identificazione, infondata, che Resta operava tra Giovanni da Udine e il « Giovanni Martini da Udine », pittore e intagliatore (circa 14751535), che Vasari ricordava come allievo di Giovanni Bellini nella versione giuntina della biografia del Pordenone (Vasari, IV, pp. 425-426). La postilla fa riferimento ad un disegno non rintracciato che Resta aveva acquistato a Faenza nel 1690 tramite il pittore Tommaso Missiroli detto il Villani, e sul quale egli leggeva un’iscrizione da lui ritenuta di pugno di Giovanni da Udine dove questi dichiarava di essere andato a Roma nel 1518; Resta inviò il disegno a Palermo all’oratoriano Giuseppe Del Voglia per inserirlo come frontespizio nel Libro d’Arabeschi (Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 18, 35 note 28-29; per l’identificazione del Villani: A. Bigi Iotti, G. Zavatta, in Italian Master Drawings from the Princeton University Art Museum, a cura di L.M. Giles, L. Markey, C. Van Cleave, New HavenLondon 2014, pp. 86-89, catt. 35, 36). Le stesse notizie sul disegno sono riportate da Resta nelle postille al Sandrart (A. Vannugli, Le postille di Sebastiano Resta al Baglione e al Vasari, al Sandrart e all’Orlandi: un’introduzione storico-bibliografica, in Bollettino d’Arte 70 (1991), pp. 145-154: 154 nota 55) e all’Orlandi (Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., pp. 293, 302-303, 306). 177   Resta corregge l’affermazione vasariana secondo cui Raffaello avrebbe preparato tutti i disegni per le Logge Vaticane, sostenendo di possedere degli studi che confermavano la partecipazione degli allievi anche alla fase progettuale dell’opera. I disegni menzionati dal Resta vanno identificati con quelli compresi nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 108,

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p. 665, rigo 29, con sottolineatura di « Ritrasse Beatrice Ferrarese »: Beatrice d’Este figlia d’Ercole di Ferrara maritata in Lod(ovic)o Moro duca di Milano morì del 1494 che Raffaele haveva solo anni undeci. Io bensì l’ho di Leonardo178. p. 666, rigo 4, altra mano: Rafaëllo hebbe la sua donna insieme in casa d’Agostino Chigi più devoto ad amare che a dipignere. p. 667, rigo 16: un cartone grande in biblioteca Ambrosiana di Mil(an)o179. p. 667, rigo 21: Fr(ancesc)o p(rim)o non potendo far portare il muro della cena di Leonardo da Mil(an)o in Francia ne portò una copia e ne fece far un arazzo, che donò a Clem(en)te VII et è q(ue)lla che si espone p(er) il Corpus D(omi)ni con li arazzi di Raffaele. P(er)ciò vi si vede l’arme del re Fr(ancesc)o p(rim)o, così mi disse il Card(inale) Fr(ancesc)o Barberino il Vecchio180. p. 669 rigo 3, altra mano: L’ultima opera che fece Rafaello fu la tavola del cardinale de Medici per mandare in Francia. p. 669, rigo 23, altra mano: Bernardo Dovizio cardinale di Bibiena volse dare una sua nipote per moglie a Rafaëllo. p. 669, nel margine inferiore: la pigliò però e li morì il dì delle nozze e sta sepolta in Rotonda. Hora portato tal sepolcro in alto nella cappella181. 120-128) ritenuti preparatori per le Logge Vaticane e attribuiti alcuni al Bologna (Tommaso Vincidor), altri a Raffaello come correzioni ai disegni del collaboratore. Sui fogli k 108 (Oxford, Ashmolean Museum, inv. P. II. 699) e k 123 (Chatsworth, Devonshire Collection, inv. 1089), come anche sugli altri rintracciati, ricondotti al catalogo di Ercole Setti, si rinvia a Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 31-33 con bibliografia precedente. 178   Il ritratto di Beatrice d’Este attribuito da Resta a Leonardo faceva parte del volume Trattenimenti Pittorici ed è oggi conservato a Firenze presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 209 F: G. Dalli Regoli, C. Pedretti, I disegni di Leonardo da Vinci e della sua cerchia nel Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria degli Uffizi a Firenze, Firenze 1985 cat. 26; G. Agosti, Disegni del Rinascimento in Valpadana, Firenze 2001, pp. 306-308; Petrioli Tofani, L’inventario settecentesco cit., pp. 967-968, nr. 11, come copia da Boccaccio Boccaccino). 179   Il riferimento è con ogni probabilità al cartone preparatorio per la Scuola di Atene confluito alla Biblioteca Ambrosiana grazie a Federico Borromeo, ma dalle fonti lombarde seicentesche (G. Borsieri, Il Supplimento della Nobiltà di Milano, Milano, appresso Gio. Battista Bidelli, 1619, pp. 71-72; cfr. A. Rovetta in Pinacoteca Ambrosiana, I, Milano 2005, pp. 250-257 cat. 95) erroneamente creduto raffigurante « le prediche di Cristo e di Paolo Apostolo » e perciò collegato da Resta alla menzione vasariana dei cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina. 180  L’informazione trasmessa al Resta dal cardinale Francesco Barberini (1597-1679) concerne l’arazzo raffigurante il Cenacolo di Leonardo oggi nella Pinacoteca Vaticana, su cui è ben visibile lo stemma del sovrano francese richiamato in questa postilla. Un’analoga notizia è ripetuta dall’oratoriano nell’Indice del Parnaso cit., p. 36. 181   Resta si riferisce a Maria Dovizi, nipote del cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena, promessa sposa di Raffaello, ma morta prima del matrimonio. Il sepolcro della giovane fu traslato nel Pantheon accanto a quello di Raffaello, e Resta ne segnala uno spostamento. Si veda anche la postilla a Cicognara p. 669, nel margine inferiore. Un’analoga notizia è fornita dal Resta nelle postille ai testi di Malvasia e di Orlandi (Prosperi Valenti Rodinò, Trascrizione delle postille di Sebastiano Resta cit., p. 163; Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., p. 308).

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p. 670, rigo 2, altra mano: Rafaëllo disordinando coll’amata donna morse d’anni xxxvii. p. 672, rigo 13, altra mano: Rafaëllo visse da prelato et fu per riuscire cardinale se viveva poco più p. 672, rigo 33, con sottolineatura nel testo di « santi »: costumi santi è un parlar di corte, che non faceva conto del sesto precetto182. p. 673, rigo 1, altra mano: Di Pietro Bembo Cardinale p. 673, nel margine inferiore: Bellori Questi è quel Raffael che vivo, vinta Temea d’esser Natura, e morto, estinta183. p. 676, rigo 18, altra mano: In Santa della Anima Guglielmo da Marcilla fece le vitriate depinte alla Anima et al Populo Andrea dal Monte Sansovino scultore et architetto p. 702, righi 11-12, lungo i margini esterno e inferiore, proseguendo nel margine inferiore della p. 703: del 1491 Lorenzo non era ancora amico ma desideroso dell’amicitia del Re d(on) Gio(vanni) II di Portogallo. Vide epistulam Ang(eli) Politiani p(rim)am lib. X. ad Regem Ioannem ubi Laurentius sui cupidissimus recenset et in epistola responsiva nihil de Laurentio innuit. Io tengo il sepolcro di Gio(vanni) II fatto di m(an)o sua doppo morte, quale seguì del 1495, 14 sett(embr)e e fu sepolto dove morì alli Bagni Alborensi. Intanto Andrea d’ordine d’Emanuele herede li fece il sepolcro nella chiesa di Battaglia lontana da Lisbona 24 leghe, e due da Lesia, dove si vedono ancor hoggi i sepolcri dei Re, et in questo novo Magnificentiss(im)o sepolcro di cui io ho il disegno, fu trasferito l’anno 4° doppo la morte cioè del 1499 dopo la qual fontione successe ad Emanuele XIV l’ingresso nelle Indie orientali et in honore della Mad(onn)a di Betalem al porto di Lisbona alzò un magnifico tempio col disegno di And(rea) e dato il disegno per il novo tempio, non so se anco per il sepolcro che dice l’Atlante et altri annali che monumentum sibi vivens elegit. Partì p(e)r Italia e del 1500 come qui dice Vasario si trovò in Fiorenza184.   Il commento è attinente al passo in cui Vasari celebra i « costumi santi » di Raffaello.   Resta riporta, con qualche imprecisione, la traduzione in volgare del distico di Bembo fatta da Bellori e da lui inserita nella Descrizzione delle imagini dipinte da Rafaelle d’Urbino nelle camere del Palazzo Apostolico Vaticano, Roma, Gio. Giacomo Komarek Boëmo, 1695, p. 102. 184   La lunga postilla pertiene il resoconto vasariano del soggiorno di Andrea Sansovino in Portogallo, a proposito del quale Resta richiama la corrispondenza epistolare (14891491) del re portoghese Giovanni II d’Aviz, e del suo dotto segretario Giovanni Teixeira con Lorenzo de’ Medici ed Angelo Poliziano, maestro dei figli del Teixeira (A. Politianus, Opera 182 183

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p. 702, rigo 14, con segno di richiamo nel testo a « ritornò poi a Fiorenza nel MD »: non trovò più vivo Lorenzo morto del 1492, dove se andò raccomandato da Lorenzo fu dal 1491 al 1492 fatta l’amicizia per mezzo d’Angelo Politiano che in Fiorenza fu maestro dei figli del Teixera gran cancelliere del Re Gio(vanni) qual re godeva fussero suoi scolari185 p. 703, rigo 9: Il disegno di questa S(ant’)Anna sta nel libro che hoggi 7 giugno 1701 mando al Re di Spagna Filippo V186. Lorenzo di Credi pittor fiorentino p. 712, rigo 16, cassando nel testo « lungo »: longo no perché Andrea fu pittore per poco tempo, se non dice longo perché furono discepoli d’Andrea sin da quando faceva l’orefice a Fiorenza e lo statuario che di poi si fe pittore e di poi tornò allo statuario187 Boccaccino Cremonese pittore p. 716, rigo 4, cassando nel testo « Sarone »: a Sarone sono di Gaudentio, vedi Girupeno188 p. 716, rigo 13: il P(adre) Pertusati dell’Or(ator)io ha una bella Madonna col putto. Il Card(inale) Antonio Barberino ha due mezze figure bellisomnia, a cura di I. Maier (Monumenta politica philosophica humanistica rariora ex optimis editionibus phototypice expressa, curante Luigi Firpo, I, 16), Torino 1971, pp. 136-140, la citazione riportata da Resta è da p. 138). È possibile che il disegno a cui l’oratoriano fa cenno sia il progetto autografo di Sansovino (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 142A) – o una copia da quello – per un sontuoso monumento funebre che si ritiene oggi destinato al giovane principe ed erede Alfonso d’Aviz, morto nel 1491, da erigere nella abbazia di Santa Maria de Vitória a Batalha (G. Battelli, Andrea Sansovino e l’arte della Rinascenza in Portogallo, Firenze 1936, p. 18). Da una nota di Resta nel volume Saggio dei Secoli (Lansdowne 802 b 19) e da una lettera inviata a Giuseppe Ghezzi (Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura cit., III, lettera n. CCV, p. 333) apprendiamo che il disegno era incluso nel volume Cartellone dei Correggeschi. Si allude poi all’attività di Sansovino per il successore di Giovanni II, re Manuel (1495-1521), sotto il quale, per celebrare la scoperta della rotta per le Indie ad opera di Vasco de Gama, venne costruito il complesso della chiesa e convento di Santa Maria de Belém, di cui Resta, ma senza fondamenti, attribuisce il progetto allo scultore toscano. 185   Si veda la postilla precedente, e nota relativa. 186   Si rimanda alla postilla a Riserva p. 648, righi 33-34, e nota relativa. 187   Resta contraddice Vasari, secondo cui Leonardo e Lorenzo di Credi « sotto Andrea del Verrocchio lungo tempo impararono l’arte », intervenendo sul testo. Per le sue riflessioni sulla cronologia di Verrocchio si vedano le postille a Riserva pp. 544, rigo 25; 546, rigo 12; 565, rigo 9; 568, rigo 6, e note relative. 188   Polemizzando infondatamente con Vasari, che aveva a ragione registrato l’attività di Bernardino Luini nel Santuario della Madonna dei Miracoli di Saronno, Resta si riferisce qui alla presenza, nel medesimo santuario, del grande ciclo di affreschi di Gaudenzio Ferrari menzionato da L. Scaramuccia, Le finezze de’ pennelli italiani, ammirate e studiate da Girupeno sotto la scorta, e disciplina del genio di Raffaello d’Urbino […], Pavia, Giovanni Andrea Magri, 1674, pp. 149-150.

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s(im)e originali del Lovino, 189 p. 718, rigo 3, altra mano: Lorenzetto fece il Sa(n) Piero di Marmo in ponte, il Sa(n) Paolo Paolo Romano. Baldassarre Perucci sanese pittore et architetto p. 721, rigo 5, altra mano: Il Tiziano vide l’opere di Baldassarre Perucci, la Galatea di Rafaelo, di Sebastiano nel palazzo del Chiggi. p. 721, rigo 19, con sottolineatura di « Vecchio piccole »: Se bene il Vasario fu di quel tempo o poco doppo sbaglia poiché di Baldassarre è la Presentatione al Tempio sotto la cuppola, ma questa capella è di Lamberto Lombardo scol(ar)o di Rafaele così riconosciuta da Liecesi. Item dico a favor di Vasario che li pittori Liecesi s’ingannano perché io ho avuto disegni di Lamberto che indicano queste pitture non esser sue190. p. 721, rigo 24, con sottolineatura di « storia quando la »: da questa sì191. p. 722, rigo 28: 1688 incirca fu visto il disegno conservatiss(im)o in Roma a S(an) Sal(vatore) in Lauro192 189  In prossimità del passo vasariano dedicato a Bernadino Luini, Resta comunica la presenza di una Madonna con il Bambino attribuita all’artista e presente nella raccolta dell’oratoriano Pier Matteo Pertusati, proveniente dalla nobile famiglia milanese, il quale entrò nella Congregazione nel 1700 e vi rimase fino al 1710 (C. Gasbarri, L’Oratorio Romano dal Cinquecento al Novecento, Roma 1962, p. 185). Il Pertusati, come altri filippini presenti alla Chiesa Nuova, doveva quindi condividere con il Resta l’interesse verso il collezionismo d’arte. L’altro dipinto menzionato dal Resta e da lui visto nelle raccolte di Antonio Barberini potrebbe essere identificato con quello descritto nell’inventario del cardinale del 1644 raffigurante Marta e Maddalena, con attribuzione al Luini (Aronberg Lavin, SeventeenthCentury Barberini cit., p. 168 n. 283). 190  Resta riferisce qui infondatamente la decorazione della cappella Ponzetti in Santa Maria della Pace, ricordata da Vasari come opera di Baldassarre Peruzzi (1481-1536), a Lambert Lombard (1506-1566), del quale l’oratoriano pensava di possedere dei disegni. Nella seconda parte dell’annotazione, evidentemente successiva, sembra essersi ricreduto a seguito di nuove verifiche avvenute grazie alla visione di alcuni disegni dell’artista nordico entrati in suo possesso. Nei volumi dell’oratoriano erano infatti inclusi alcuni disegni attribuiti a Lambert Lombard ma oggi non identificati (Lansdowne 802 k 222; i 89). Il primo dei due fogli, compreso nel volume Secolo d’Oro, proveniva dagli eredi dell’artista ed era stato inviato al Resta dalle Fiandre da « Egidio la Cour mio Amico Pittore » nel gennaio 1688 (Lansdowne 802 k 222; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., p. 54; Bora, I disegni cit., p. 271; Warwick, The Arts of Collecting cit., pp. 32-33, 203 nota 55). Probabilmente proprio sulla base dei disegni e delle notizie avute da quest’ultimo, Resta si convince che il Lombard fosse stato allievo di Raffaello (Lansdowne 802 k 222; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., pp. 53-54). 191  Il commento si riferisce alla menzione vasariana della « storia quando la Nostra Donna va a ’l tempio » di Peruzzi in Santa Maria della Pace. 192   Nel commentare il passo vasariano in cui è descritto il grande cartone con l’Adorazione dei Magi preparato da Baldassarre Peruzzi per Giovanni Bentivoglio (oggi alla National Gallery di Londra), Resta fa riferimento a un disegno preparatorio per l’opera esposto alla mostra di San Salvatore in Lauro, per la quale il pittore Giuseppe Ghezzi redasse gli indici

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p. 723, rigo 10: per il card(inale) Bernardino Caravaial fece la volta di mosaico alla capella sotterra di S(anta) Croce come poi per il Card(inale) Alberto Arciduca d’Austria fece fare li quadri Rubens nel 1593193. p. 724, rigo 17, altra mano: Papa Clemente donò solamente L scudi a Baldassare pittore Pellegrino da Modana pittore p. 726, accanto al titolo della biografia: È diferente dal Pelegrino di Bologna. Il Pelegrino da Bologna è stato il più famoso Architetto di Lombardia doppo Michel Angelo. Si servì di lui nelle fabriche dei collegii e seminarii S(an) Carlo Borromeo e S(an) Fedele Chiesa de p(adri) Gesuiti a Milano etc. anzi fu di professione architetto, e di dilettatione pittore, benché habbi dipinto bene, et in Itaglia et in Spagna a Filippo 2° quale fe spicconare le opre del Zuccaro perché lui vi dipingesse allo Escuriale194. p. 727, rigo 34: qui bisogna conoscesse il Correggio195 p. 728, rigo 20: Gaudentio fu scol(ar)o dello Scoto, e poi di Pietro Perugino e di Gaudentio fu scol(ar)o il Lomazzo, e del Lomazzo Ambrosio Figgino tutti eccellentissimi196. delle collezioni romane nel noto manoscritto pubblicato da G. De Marchi, Mostre di quadri a S. Salvatore in Lauro (1682-1725). Stime di collezioni romane. Note e appunti di Giuseppe Ghezzi, Roma 1987. In questi indici ricorre infatti esposta in quell’anno, 1686 (e non 1688 come ricorda Resta), di nuovo nel 1694 e nel 1712 (Ibidem, pp. 4, 65, 266) « l’Adoratione de Maggi. Disegno, lumegiato di chiaro oscuro, copioso e bellissimo, di Baldassarre da Siena » di proprietà di Ugo Accoramboni (morto nel 1719), conservatore di Roma negli anni 1686, 1695 e 1704 (Ibidem, p. 9 nota 2). Resta segnala la provenienza del foglio nella postilla a Cicognara p. 722, rigo 26. Si veda anche la postilla a Cicognara p. 811, rigo 6, e nota relativa. 193   Resta si riferisce ai mosaici della volta della cappella di Sant’Elena in Santa Croce in Gerusalemme, il progetto dei quali fu affidato da Bernardino Lopez de Carvajal al Peruzzi entro il primo decennio del Cinquecento (C. L. Frommel, Baldassare Peruzzi als Maler und Zeichner, München 1968, pp. 56-59; A. Cavallaro, Santa Croce in Gerusalemme, Roma 2009, pp. 33-41). Nella stessa cappella, come è noto, per volere di Alberto, arciduca d’Austria, già cardinale titolare di Santa Croce, venne affidata a Rubens la realizzazione delle tre pale d’altare con il Trionfo di sant’Elena, l’Incoronazione di spine, l’Innalzamento della Croce (G. Wiedmann, Rubens a Roma, Rubens e Roma, in Rubens e l’eredità veneta, Roma 1991, pp. 111129: 115-116). La commissione risale al 1601 e non al 1593, data di completamento dei lavori di restauro della cappella promossa dal cardinal Alberto e ricordata dall’iscrizione a destra dell’altare (Cavallaro, Santa Croce cit., p. 64). 194   Resta distingue qui la personalità di Pellegrino da Modena (documentato dal 14831523), dedicatario della biografia vasariana, da quella del pittore e architetto di scuola bolognese Pellegrino Tibaldi (circa 1527-1596). L’avvicendamento di Tibaldi a Federico Zuccaro nel cantiere dell’Escorial era raccontato da G. P. Lomazzo, Rime, Milano, Paolo Gottardo Pontio, 1587, p. 103; Id., Idea del tempio della pittura, [Milano, Paolo Gottardo Pontio, 1590], in Id., Scritti sulle arti, a cura di R. P. Ciardi, I, Pisa 1973, p. 361. 195   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari scrive che dopo la morte di Raffaello Pellegrino « se ne tornò a Modena ». 196   La notizia del discepolato di Gaudenzio presso Stefano Scotto è fornita da Lomazzo nel Trattato cit., p. 366, e nella Tavola: Le tavole del Lomazzo cit., p. 47, da cui proviene pure (p. 16) l’informazione concernente Ambrogio Figino.

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p. 728, rigo 31: Il Pellegrino da Bologna dipinse a Milano il salone maggiore di Corte detto il Teatro197. p. 728, nel margine inferiore: di Gaudentio è il S(an) Paolo alle Gratie et i freschi nella Capella della Coronatione di Titiano pur alle Gratie in Milano198. Giovan Francesco, detto il Fattore p. 729, accanto al titolo della biografia: da altri è chiamato per Gio(van) Franc(es)co fattor delle monache ma veram(en)te era fattore di Raffaele. p. 730, righi 5-6, con sottolineatura di « Fece in Monte Giordano una facciata di chiaro scuro »: q(ues)te due opere paiono di maniera totalm(en) te diversa199. p. 730, righi 11-13, con sottolineatura di « S. Christofano d’otto braccia, che bonissima figura è tenuta e con grandissima pratica lavorata »: Il S(an) Christoforo hora l’ha in Arezzo casa Marchetti nella serie del P(adre) R(esta) tomo 2°200. p. 731, rigo 13: non ho visto tal cosa quest’anno 1679201. Andrea del Sarto pittor fiorentino p. 734, rigo 2, con sottolineatura di « mcccclxxviii »: mcccclxxviii se nacque nel 1478 come infine dice che obiit mdxxx e che vixit an(nos) xlii? v’è errore di anni dieci202.   La fonte della notizia è con ogni probabilità Lomazzo, Rime cit., p. 103.   Resta integra la rapida menzione vasariana di Gaudenzio Ferrari segnalando le opere dell’artista nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano: il San Paolo nello studio, oggi del Musée des Beaux Arts di Lione, in deposito al Louvre, datato 1543, già nella cappella di Paolo da Cannobbio, e il ciclo di affreschi nella cappella di Santa Corona (1542), completata dall’Incoronazione di spine di Tiziano giunta nel 1543 (oggi al Louvre). Vedi anche la Tavola de’ luoghi, p.s.n. integrando la voce «Milano». 199   Il confronto è tra due facciate decorate secondo Vasari dal Penni a monocromo, delle quali l’una « in Monte Giordano » e l’altra, con un San Cristoforo, sul fianco di Santa Maria dell’Anima, per cui si veda la postilla successiva. 200   Il disegno, non identificato, era incluso dal Resta nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 113: « S(an) Christoforo del Fattore di Raffaele [...] »). 201   Il riferimento è alla menzione vasariana della copia della Trasfigurazione di Raffaello eseguita dal Penni e già in Santo Spirito degli Incurabili a Napoli (oggi al Museo del Prado di Madrid). Resta non poté vederla poiché nel 1638 era stata acquisita dal viceré Ramiro de Guzman, duca di Medina de las Torres, e portata in Spagna (Henry, Joannides, in Raphaël. Les dernières années, cit., p. 174). Da questa postilla risulta un viaggio di Resta a Napoli nel 1679, a breve distanza quindi da quello avvenuto l’anno precedente (si veda la postilla a Riserva p. 851, rigo 19, e nota relativa; per i viaggi del Resta nella città partenopea si veda da ultimo V. Farina, La collezione del Viceré: il marchese del Carpio, padre Sebastiano Resta e la prima raccolta ragionata di disegni napoletani, in Le Dessin napolitain, actes du colloque international [Paris, Ecole Normale Supérieure, 6-8 marzo 2008], Roma 2010, pp. 183-198: 184-185). 202   La postilla concerne gli sbagli anagrafici contenuti nella Vita di Andrea del Sarto (14861530), di cui Vasari indicava invece come data di nascita il 1478, dicendolo però morto quarantaduenne nel 1530 (si veda anche la postilla a Cicognara p. 732, sotto il titolo della biografia). 197 198

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p. 734, nel margine inferiore: se Michelangelo naque del 1474, come potevano esservi già i cartoni203? p. 741, rigo 4, altra mano: La Nativitade della Nostra Donna d’Andrea del Sarto. p. 741, rigo 18, manicula p. 742, rigo 14: già di Leon(ard)o da Vinci204. p. 742, rigo 31: Madonna p. 743, rigo 7: Madonna p. 745, rigo 1: Madonna p. 745, rigo 13, con sottolineatura di « con un girar di pieghe molto ricco, et con alcune ammacchature dolci », e manicula: bel vestire205 p. 745, rigo 20: Madonna p. 746, rigo 5: Vasario Aretino mordace nominando i religiosi persone basse206. p. 747, rigo 6: Madonna p. 747, rigo 30, altra mano: Papa Leone X del M.D.X.V. Fece l’Intrata in Fiorenza p. 749, rigo 22, altra mano: quatro figure d’Andrea del Sarto S(ant’) Agostino, S(an) Francesco, S(an) Lore(n)zo, S(an) Pier Martyre. p. 749, nel margine inferiore: Lo studio ben dipinto di quest’opera l’ha il P(adre) R(esta), l’opera hoggi l’ha il gran duca, il disegno l’ha Papa Clem(ente) XI207. p. 750, rigo 4, altra mano: La Moglie sua ritrahea se(m)pre il Sarto in fare figure di Donne. p. 751, rigo 26, altra mano: Andrea del sarto habbe in donno scudi 300 da Fra(n)cesco Re di Francia in ritrahere Il Delphino. 203   Il commento riguarda il racconto vasariano degli studi compiuti da Andrea del Sarto sui cartoni di Leonardo e Michelangelo per le Battaglie di Anghiari e di Cascina. Resta, che trae dalla biografia di Michelangelo il 1474 (ma 1475) come sua data di nascita, è sviato dalla erronea indicazione fornita da Vasari (1478) per la nascita di Andrea. Si veda la postilla precedente e nota relativa. 204   Il commento riguarda la menzione vasariana di Pontormo quale allievo di Andrea del Sarto. La notizia del discepolato presso Leonardo è ricavata dalla Vita di Pontormo (Vasari, V, p. 307). 205  Il commento riguarda la descrizione vasariana della Madonna delle Arpie (Firenze, Galleria degli Uffizi). 206  La postilla pertiene la definizione di « persone basse » adoperata da Vasari per gli « uomini che governavano la compagnia dello Scalzo » committenti di Andrea. 207   Resta si riferisce al dipinto di Andrea del Sarto raffigurante la Disputa sulla Trinità, entrato nelle collezioni granducali già nel Seicento e oggi conservato presso la Galleria Palatina di Firenze. L’oratoriano specifica di possederne un modello dipinto, mentre Clemente XI doveva averne un disegno.

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p. 757, rigo 26, con sottolineatura di « una Nostra donna a sedere »: Madonna sedente p. 757, rigo 34: Madonna. p. 758, rigo 13: il P(adre) R(esta) hebbe il disegno belliss(im)o e lo donò al M(arche)se del Carpio208. p. 759, rigo 12, con sottolineatura di « Nostra donna »: Madonna lattante e S(an) Gioseppe p. 760, rigo 8, altra mano: Il sarto lavorò uno quadro per donarlo al duca di Ma(n)tova, quale fu stimato p(er) opera di Raffaello d’Urbino da Giulio Romano. p. 760, rigo 31: gliene fecei far un dupplicato che hoggi ha G(iuseppe) Pinacci 1709209. p. 762, rigo 6, altra mano: Nicolò Soggi Sansovino volé far prova nel dipingere col Sarto p. 763, rigo 22: Andrea del Sarto ingrandì la maniera in mirar a M(ichel) Angelo. p. 765, rigo 12: Il disegno per metà di q(ues)to cenacolo210 p. 767, rigo 7: 208   Dalla postilla si apprende che un disegno ritenuto del Sarto e collegato alla tavola della Pietà, oggi alla Galleria Palatina di Firenze e realizzata dal pittore per il convento di Luco nel Mugello, fu donato da Resta al marchese del Carpio. Il foglio in esame può essere identificato con quello autografo oggi al British Museum di Londra, glossato dal filippino « Andrea fece alle monache di Monte luco, ne parla il Vasario » (inv. 1895-9-15-546: cfr. N. Turner, Florentine Drawings of the Sixteenth Century, London, 1986, cat. 54, pp. 84-85). Come noto, Resta organizzò la collezione di grafica del marchese e fu suo consulente artistico (S. Prosperi Valenti Rodinò, Additions to the Drawings collection of the Marqués del Carpio, in Master Drawings XLVI, 1 (2008), pp. 3-35; V. Farina, Collezionismo di disegni a Napoli nel Seicento. Le raccolte di grafica del viceré VII marchese del Carpio, il ruolo di padre Sebastiano Resta e un inventario inedito di disegni e stampe, in España y Nápoles. Coleccionismo y mecenazgo virreinales en el siglo XVII, a cura di J. L. Colomer, Madrid 2009, pp. 339-362; Ead., La collezione del Viceré cit., pp. 183-198; L. De Frutos, El templo de la Fama. Alegoria del Marqués del Carpio, Madrid 2009, pp. 430-437). 209  In relazione alla descrizione vasariana della copia dal Ritratto di Leone X con i cardinali di Raffaello dipinta da Andrea del Sarto su commissione di Ottaviano de’ Medici (oggi conservata al Museo di Capodimonte a Napoli), Resta dà notizia di un’ulteriore riproduzione dell’opera, commissionata proprio da lui e, nel momento della stesura della postilla, di proprietà del suo amico pittore e collezionista Giuseppe Pinacci (per il dipinto di Andrea si veda P. Leone de Castris in La Collezione Farnese. I dipinti lombardi, liguri, veneti, toscani, umbri, romani, fiamminghi. Altre scuole. Fasti Farnesiani, Napoli 1995, pp. 83-84; su Pinacci: Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., pp. 238, 254 nota 19; C. Monbeig Goguel, Un nouveau regard sur Giuseppe Pinacci entre Naples et la Toscane, in Studi di Storia dell’Arte in onore di Mina Gregori, Cinisello Balsamo 1994, pp. 301-307: 305-307; Warwick, The formation cit., pp. 258, 261-262, 275 nota 118; Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes cit., pp. 13, 21 e ad indicem). 210   Resta si riferisce ad un presunto disegno preparatorio per l’affresco dell’Ultima Cena realizzato da Andrea del Sarto nel refettorio del convento di San Salvi.

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p. 767, rigo 12 nell’interlinea, cassando « menare »: voler colpire p. 767, rigo 15, altra mano: Abrahamo amaza Isaco per mano del Sarto. p. 769, rigo 17: In San Gia(com)o de Spagnoli sopra un Pilastro211. p. 769, rigo 18, nell’interlinea: in S(an) Giacomo de Spagn(o)li212 p. 769, rigo 25, altra mano: Andrea Castagno p. 770, rigo 27, altra mano: Il Sarto pittor morse di peste p. 771, rigo 6, altra mano: Francesco Salviati discepolo del Sarto p. 771, rigo 13, altra mano: Giorgio Vasari compagno del Salviati. p. 772, rigo 28, altra mano: La pittura in fresco no(n) debbe tocarsi a secco. Properzia de Rossi scultrice bolognese p. 774, rigo 20, con sottolineatura di « Caterina Anguisola »: Le sei Anguisole cremonese pittrici scolare di Bernardin(o) Campi213 p. 775, rigo 22, altra mano: Properzia Rossa l’historia di Gioseppe intagliò in uno quadro essendo essa innamorata. Alfonso Lombardi ferrarese scultore p. 779, righi 19-20, con sottolineatura di « esso n’ebbe in sua parte cinquecento »: Rara liberalità di Titiano p. 779, rigo 29: 1530 p. 780, nel margine inferiore: D’Alfonso ci sono 4 statue di terracotta a i quattro Pilastri, che sostentano la Torre dell’Aringo di Bologna, q(ua)li vedendo Mich(el) Angelo disse costui maneggia in modo la terra che la terra li obedisce tremando, vedi l’istoria di Bologna sub anno 1269 et 1515214. 211  La postilla pertiene il passo in cui Vasari ricorda come Andrea del Sarto avesse mandato una replica di piccolo formato del Sacrificio d’Isacco (già ad Ischia nella raccolta del marchese Alfonso d’Avalos e oggi alla Gemäldegalerie di Dresda) a Napoli, lasciando in bianco l’ubicazione precisa del dipinto; tale replica è correntemente identificata con quella del Museo del Prado: J. Shearman, Andrea del Sarto, Oxford 1965, II, pp. 281-282, cat. 95. Tuttavia, Resta rileva qui la presenza nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a Napoli di un’altra opera riferibile al Sarto, con ogni probabilità la copia antica della Madonna con il Bambino, san Giovannino e angeli (dal prototipo della Wallace Collection di Londra) che ancora vi si conserva: Ibid., cat. 48 pp. 238-239: 239. L’osservazione rimonta verosimilmente ad uno dei soggiorni napoletani dell’oratoriano (vedi la postilla a Riserva p. 655, rigo 3, e nota relativa). 212   Si veda la nota precedente. 213  Vasari fa il nome della piacentina Caterina Anguissola (morta nel 1550) tra le letterate illustri dei suoi giorni. La postilla associa a questa menzione il ricordo della pittrice cremonese Sofonisba Anguissola e delle sue cinque sorelle artiste, tutte uscite dalla scuola di Bernardino Campi, come testimonia A. Lamo, Discorso intorno alla scoltura et pittura […], Cremona, Christoforo Draconi, 1584, p. 43, fonte nota all’oratoriano. Resta rimprovera altresì a Vasari di avere omesso di citare Bernardino nel suo libro. Si veda anche la postilla a Cicognara p. 774 rigo 20. 214  Resta si riferisce alle quattro statue in terracotta con i santi protettori di Bologna

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Michele Agnolo sanese p. 782, nel margine inferiore: In Parma ho veduto bellissime pitture su lo stile del Correggio d’un Michelangelo da Siena, ma non è questo Michelangelo che qui è scoltore215. Dosso et Batista ferraresi pittori p. 786, rigo 20: questo benedetto Vasario maledice tutti i lombardi. Si vedano i quadri del sig(nor) Card(inale) Pio dove ha gl’altri del Dosso, la Mad(onn)a con il putto e S(an) Gioseppe in tela grande di più di dieci palmi, contrastano con Titiano, e sono belle a maraviglia et così l’Orfeo et altri molti del Pren(ci)pe Borghese216. p. 787, rigo 28: un’ altra Resurettione nella Sala dietro al choro della Transpontina217. p. 788, rigo 3: Palmezano da Forlì e Menzocchi da Forlì218. p. 789, rigo 4: stimatiss(im)o da Raff(aele) d’Urbino come scrive l’Armenini219. p. 789, rigo 11: Di questo Barnazzano v’è a Noviglio terra del Milanese un bellissimo paese sopra una muraglia fuori della chiesa con le figure grandi più del naturale di Cesare da Sesto, il Martirio di S(an) Sebastiano220 sopra i pilastri del duecentesco palazzo del Podestà eseguite da Alfonso Lombardi nel 1525, traendo puntualmente la notizia da Cherubino Ghirardacci, Della istoria di Bologna parte prima […], Bologna, Giovanni Rossi, 1596, p. 215. 215  Resta distingue lo scultore Michelangelo Marrina a cui è dedicata la biografia vasariana, da Michelangelo Anselmi, pittore di cui aveva ammirato le opere a Parma, menzionato anche nella seconda edizione delle Vite (Vasari, V, pp. 421-422). 216  Resta allude in particolar modo alla grande Sacra Famiglia di Dosso inclusa nella collezione Pio e poi confluita ai Musei Capitolini di Roma, nonché all’Apollo Musico (Roma, Galleria Borghese), proveniente dalla collezione di Scipione Borghese, successivamente presente in quella del principe Giovanni Battista Borghese e registrato nell’inventario del 1693 come « Orfeo con la Lira in mano » (P. Della Pergola, L’ Inventario Borghese del 1693, in Arte antica e moderna 26 (1964), pp. 219-230: pp. 223, 228; A. Ballarin, Dosso Dossi. La pittura a Ferrara negli anni del Ducato di Alfonso I, Padova 1995, I, pp. 343-344, 346-347 catt. 442, 447; S. Guarino in Pinacoteca Capitolina. Catalogo generale, a cura di S. Guarino, P. Masini, Milano 2006, cat. 18). 217  La postilla pertiene la menzione vasariana della pala di Girolamo Genga con la Resurrezione di Cristo già nella chiesa di Santa Caterina in via Giulia e oggi nell’oratorio dell’Arciconfraternita della santa senese in via di Monserrato. Non è comprensibile l’allusione di Resta all’esistenza di un altro dipinto del Genga, con lo stesso soggetto, nella sala capitolare della chiesa di Santa Maria in Traspontina. 218   La menzione vasariana del forlivese Francesco Menzocchi induce Resta ad appuntarsi accanto il nome del pittore conterraneo Marco Palmezzano, non citato nella Torrentiniana. 219  La postilla si riferisce alla citazione vasariana del nome di Cesare da Sesto, ma è erroneo il rimando all’Armenini per questo aneddoto, che proviene invece da Lomazzo, Trattato cit., p. 97. Vedi la postilla a Cicognara, p. 789, rigo 4 e nota relativa. 220  Già P. Morigia (La Nobiltà di Milano, Milano, nella Stampa del quon. Pacifico Pontio,

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Giovanni Antonio Licino da Pordenone pittore p. 790, a partire dal margine superiore (Fig. 24): Gio(vanni) Bellini Giorgione Pordenone Tiziano Martino Nanni da Udine ma d(ett)o da S(an) Daniele castello d’Udine e detto Pellegrino da S(an) Daniele dal Bellini p(er) essere di pelegrino ingegno e p(er)ché superava il Pordonone, hebbe un figlio che fu scol(ar)o di Giorgione e nominato Gio(vanni) Martini da Udine detto Gio(vanni) da Udine scol(ar)o di Giorgione poi di Raffaele221 < detto il Pordenone non so se per corrutela di lingua o come s’adimanda Paris Bordone; può anco esser che tal nova gli sia venuto da questo M(esser) Paris che dice l’autore> p. 791, rigo 4, con sottolineatura nel testo di « Bernardo »: Sogliaro scol(ar)o del Correggio222 p. 791, rigo 25: Monsignor Marchetti l’ha nella Serie tomo 2223. 1595, p. 277) segnalava l’esistenza di questo Martirio di san Sebastiano di Cesare da Sesto « in una villa chiamata Noviglio (nella pieve di Rosate, la quale è delli Signori Resta) » (cfr. Carminati, Cesare da Sesto cit., p. 11; G. Agosti, V. Farinella, Qualche difficoltà nella carriera di Cesare da Sesto, in Prospettiva 53/56 (1988-1989), pp. 325-333). Resta ne precisa le grandi dimensioni e la collocazione all’esterno della chiesa, probabilmente da lui vista perché, come scrive in una lettera a Giuseppe Magnavacca, l’opera era in « una villa de’ miei parenti » (Correggio, I, lettera n. 26, 1695). Segnala inoltre una collaborazione tra Cesare da Sesto e il Bernazzano per la realizzazione della pittura, probabilmente sulla scorta dei riferimenti al sodalizio tra i due artisti forniti da Vasari e Lomazzo (si veda anche Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura cit., III, 1759, pp. 348-349; Carminati, Cesare da Sesto cit., pp. 13-14; G. Romano, Documenti e monumenti: il caso del Bernazzano, in Id., Rinascimento in Lombardia. Foppa, Zenale, Leonardo, Bramantino, Milano 2011, pp. 185-196). 221   Per le notizie relative alla personalità di Pellegrino da San Daniele e alla convinzione del Resta di una parentela tra il pittore e Giovanni da Udine si rinvia alla postilla a Riserva pp. 663, rigo 30; 664, nel margine superiore, e note relative. L’oratoriano conosceva la biografia di Giovanni da Udine contenuta nell’edizione giuntina delle Vite vasariane, dalla quale ricava le informazioni sulla sua formazione (Vasari, V, p. 447). 222   La notizia di un discepolato del Gatti presso il Correggio è tratta dal Lomazzo (cfr. postilla a Riserva p. 584, rigo 30, e nota relativa; si rimanda anche a Correggio e il suo lascito. Disegni del Cinquecento emiliano, catalogo della mostra (Parma, Palazzo della Pilotta, 6 giugno – 15 luglio 1984) a cura di D. De Grazia, Parma 1984, pp. 289-290; M. Vaccaro, Les dessins d’après Corrège. Trois nouvelles attributions à Bernardino Gatti, in La revue des musées de France 4 (2013), pp. 46-55: 52-54). Vedi anche la postilla a Cicognara p. 791, rigo 4, nel margine interno. 223   Il disegno a cui Resta allude è quello da lui descritto per la « facciata di Martino d’Anna in Venetia sopra il Canal grande fatto del Pordenone », inserito nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 60), ed oggi identificato con il foglio dell’artista conservato al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. 2306; cfr. P. Ward Jackson, Victoria and Albert Museum Catalogues. Italian Drawings. Volume One. 14th-16th century, London 1979, pp. 124-125 cat. 250; C. Furlan, Il Pordenone, Milano 1988, cat. D 73 pp. 306-307). Nel commento al disegno,

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Il Rosso pittor fiorentino p. 806, rigo 9: e l’anima sua se Dio non fe miracolo sta a casa del diavolo in eterno224. Polidoro da Caravaggio et Maturino fiorentino pittori p. 814, rigo 11, con sottolineatura di « Giovanni da Udine a dipignerle »: 1690. In Faenza io hebbi un disegno di Gio(vanni) da Udine nel qu(a)le lui stesso scrisse d’esser venuto a Roma e da Giulio fatto conoscere a Raffaele. Parmi dicesse del 1518, se non erro225. p. 821, rigo 14: e le statue nelle nicchie stupendissime226. p. 822, rigo 2: le ho vedute e vagliono poco però v’è qualche testa buona227 Bartolomeo da Bagnacavallo et altri romagnoli pittori p. 826, rigo 6: per q(ues)ta vita si veda il Co(nte) Cesare Malvasia dove dice di Lamberto Lombardi da Lieggie scol(ar)o di Raffaele d(ett)o il Rafaele de fiaminghi. Non è meraviglia che il Vasario non lo conoscesse, perché protesta nelle vite ristampate d’haver notitia de auditu, ma non de visu, dell’opere di tal autore né in pittura né in disegni. S(ebastiano) R(esta) ne ha nelli suoi libri mandatili di là doppo la ricerca di molti anni228. p. 826, rigo 10, nell’interlinea, cassando nel testo « destra »: sinistra229 Resta menziona anche la lode che ne fece Vasari (Lansdowne 802 k 60; Ward Jackson, Victoria and Albert Museum cit., pp. 124-125 cat. 250). Riguardo alla fortuna dei disegni del Pordenone nelle raccolte di grafica del Resta, già sottolineata da Furlan, Il Pordenone cit., p. 10, si rinvia alle postille dell’oratoriano alla biografia dell’artista nell’esemplare Cicognara. 224   Il commento concerne la notizia della morte di Rosso per suicidio, fornita da Vasari. Si rinvia anche alla postilla a Cicognara p. 805, rigo 12, e nota relativa. 225   Cfr. le postille a Riserva pp. 663, rigo 30; 664, nel margine superiore; 884 rigo 7, e note relative. 226  Il commento del Resta si riferisce alla descrizione vasariana delle decorazioni di Polidoro e Maturino nel cortile e nella loggia del palazzo Milesi alla Maschera d’Oro, ricordata da Vasari come « colorita di grotteschine picciole », perduta (cfr. P. Leone de Castris, Polidoro da Caravaggio. L’opera completa, Napoli 2001, p. 497). 227  Il commento si riferisce al passo in cui Vasari riepiloga genericamente l’attività di Polidoro durante il secondo soggiorno a Napoli dopo la fuga da Roma nel 1527. Come specifica Resta, il suo giudizio in merito alle opere è esposto dopo averle viste personalmente durante i suoi frequenti viaggi nella città partenopea (si rinvia alla postilla a Riserva p. 731, rigo 13; 829, rigo 22; 851 rigo 19 e note relative). 228   Resta rimanda al commentario di Malvasia, Felsina cit., I, pp. 111-115, e in particolare alla biografia vasariana del Bagnacavallo senior; tuttavia non vi è lì menzione alcuna di Lambert Lombard, a proposito del quale l’oratoriano fa riferimento al medaglione dedicatogli nell’edizione giuntina delle Vite vasariane (IV, p. 494). Per i disegni del Resta da lui attribuiti all’artista vedi qui la postilla a Riserva p. 721, rigo 19, e nota relativa. 229  Resta rettifica il testo vasariano, che menziona per errore la cappella Ponzetti in Santa Maria della Pace come « prima a man destra entrando in chiesa », mentre è la prima sulla sinistra.

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Fig. 24 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. III, p. 790.

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p. 826, rigo 11, è cassato nel testo « di Baldassar Perucci Sanese »230 p. 827, rigo 14: che è bella231 p. 829, rigo 22, con segno di richiamo nel testo a « facesse in Monte Oliveto la tavola de’ Magi »: questa tavola quest’anno 1679 l’ho veduta in Napoli, che i Monaci la tirorono abbasso per nettarla, e mi parve molto cattiva e dura di maniera. Bello assai mi parve un P(ad)re Eterno nel frontespizio e di stile buono ma lontanissimo da Rafaele [disegno a margine; Fig. 2]232 p. 830, rigo 9, con sottolineatura nel testo di « Mariotto Albertinelli »: fu scolaro di Fr(ancesc)o Francia vedi il Co(nte) Malvasia233. Marco Calavrese pittore p. 832, rigo 8: rasomigliano la maniera d’Andrea da Salerno234 p. 832, nel margine inferiore: gran mancam(en)to del Vasario trascurare in Napoli le Vite del gran Raffaelesco Pittore Andrea Sabbatini da Salerno. Se vai a Napoli vai al Choro di S(an) Gaudioso235. 230  La postilla, vergata in riferimento alla menzione vasariana dell’attività romana di Bagnacavallo senior in Santa Maria della Pace (per la quale si rinvia a C. Bernardini, Il Bagnacavallo Senior. Bartolomeo Ramenghi pittore (1484?-1542?), Rimini 1990, pp. 123-124), fu scritta probabilmente da Resta quando ancora attribuiva la decorazione della cappella a Lambert Lombard piuttosto che a Baldassarre Peruzzi, di cui cancella il nome nel testo vasariano. Per un riepilogo della questione si rinvia alla postilla a Riserva p. 721, rigo 19, e nota relativa. 231   Le lodi di Resta sembrano riferirsi alla tavola con l’Annunciazione di Innocenzo da Imola nella chiesa di Santa Maria dei Servi a Bologna, menzionata da Vasari in prossimità della postilla. 232   La postilla si riferisce alla menzione vasariana della pala di Girolamo da Cotignola con l’Adorazione dei Magi, oggi perduta, già nella chiesa di Monteoliveto a Napoli, apportando un nuovo tassello alla sfortunata vicenda conservativa dell’opera, che le fonti napoletane fin dalla fine del Seicento dicevano infatti pressoché distrutta (F. Bologna, Il soggiorno napoletano di Girolamo da Cotignola con altre considerazioni sulla pittura emiliana del Cinquecento, in Studi di storia dell’arte in onore di Valerio Mariani, Napoli 1971, pp. 147-165: 147-148; R. Zama, Girolamo Marchesi da Cotignola pittore. Catalogo generale, Rimini 2007, p. 207, cat. 21P.; cfr. anche nota a Cicognara p. 829 rigo 22); non è altrimenti documentata la cimasa di questa pala, di cui Resta ricorda che rappresentava un Padre Eterno. Per il suo soggiorno napoletano del 1679 cfr. la postilla a Riserva a p. 731, rigo 13, e nota relativa. 233   Il riferimento è a Malvasia, Felsina cit., I, pp. 118-119, passo di cui però Resta sembra fraintendere il senso, poiché quello che Malvasia asserisce è che Innocenzo da Imola fu allievo del Francia e non di Mariotto Albertinelli, come sosteneva Vasari. 234   La glossa di Resta è in corrispondenza dei dipinti del Cardisco per la chiesa napoletana di Sant’Agostino alla Zecca (si rinvia anche alla postilla a Cicognara p. 832, righi 4-5). Si evince dal commento dell’oratoriano la comprensione della radice raffaellesca e polidoresca comune sia all’opera del Cardisco sia a quella del Sabatini. 235  Tra le mancanze del Vasari che generarono maggiore risentimento nell’animo del Resta, vi era l’omissione di ogni menzione di Andrea Sabatini da Salerno. Egli rimprovera tale « trascuraggine del Vasario » (Lansdowne 802 k 116) sia nelle postille alle Vite, sia nelle

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Francesco Mazzola parmigiano pittore p. 845, rigo 17: Filippo Mazzola che fece il battesimo di Cristo in S(an) Gio(vanni) Battisterio di Parma. Ne ritratti di teste fu eccellentiss(im)o. Uno ce n’è in Mil(an)o nella Galleria dell’Arcivescovi236. p. 846, rigo 10, altra mano, la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: Il Ritratto del Parmigianino donato a Papa Clemente fu donato a Pie(tro) Aretino et poi proven(n)e in mano di Valerio Vicentino Intagliatore p. 847, rigo 1, altra mano: La Circoncisione di Christo del Parmigiano note di commento ai propri disegni. L’oratoriano si inserisce così nella vicenda della scarna fortuna critica dell’artista campano: se infatti è noto che, dopo l’elenco delle sue opere steso da Cesare d’Engenio nel 1623 in Napoli Sacra, si dovette aspettare quasi la metà del Settecento per una vera consacrazione letteraria del Sabatini da parte di Bernardo De Dominici (Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, a cura di F. Sricchia Santoro, A. Zezza, vol. I, 2, Napoli 2003, pp. 502-532), già a cavallo tra gli anni ottanta e novanta del Seicento Resta scrive una lunga biografia del Sabatini a commento di un disegno a lui attribuito ed inserito nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 116, da riconoscere nel foglio del British Museum, inv. 1938.0611.9). In questa ricca nota l’oratoriano spiega che le informazioni fornite erano state raccolte personalmente « per quei paesi », durante le sue « dimore in Napoli ». Più volte lodati dal Resta furono gli affreschi nella tribuna della chiesa di San Gaudioso di cui fornisce una testimonianza diretta, prima della loro distruzione nel Settecento (cfr. De Dominici, Vite de’ pittori cit., pp. 502-532, in particolare p. 513, nota 13; si veda anche la postilla a Cicognara p. 585, nel margine inferiore, e nota relativa). Per la fortuna di Andrea da Salerno e degli artisti partenopei nelle raccolte del Resta si rinvia a M. Epifani, “Bella e ferace d’ingegni (se non tanto di coltura) Partenope”. Il disegno napoletano attraverso le collezioni italiane ed europee tra Sei e Settecento, tesi di dottorato di ricerca in Scienze Archeologiche e Storico-Artistiche, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, relatore prof. R. De Gennaro, anno accademico 2006-2007, pp. 47-55, 82-90; A. Zezza, Postfazione, in De Dominici, Vite cit., IV, pp. 28-29. Si vedano anche le postille a Cicognara pp. 552, nel margine inferiore; 831, accanto al titolo della biografia; e rigo 20, e note relative. 236   Prima di Clemente Ruta e di Ireneo Affò (C. Ruta, Guida ed esatta notizia a’ forestieri delle più eccellenti pitture che sono in molte chiese della città di Parma nuovamente ricorrette ed arricchite d’una copiosa aggiunta con una breve narrazione della fondazione di Parma. Con un breve e succinto ragguaglio della vita del Corregio, Milano, per Giacomo Agnelli, 1780 p. 31; I. Affò, Il parmigiano servitor di piazza ovvero Dialoghi di Frombola ne’ quali dopo varie notizie interessanti su le pitture di Parma si porge il catalogo delle principali, Parma, Carmignani, 1796, p. 41), Resta già segnalava la presenza del Battesimo di Cristo di Filippo Mazzola nel battistero parmense (oggi alla Galleria Nazionale di Parma: S. Colla in Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano 1997, cat. 104, p. 113). Il ritratto del Mazzola presente nella quadreria arcivescovile milanese a cui Resta fa riferimento deve essere quello proveniente dalla collezione Monti, oggi conservato nella Pinacoteca di Brera (G. Fossaluzza in Quadreria dell’arcivescovado, a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1999, cat. 163, pp. 170-172). Già Santagostino faceva menzione del dipinto nella sua opera (Santagostino, L’immortalità cit., p. 83). Nelle postille del Resta all’Abecedario dell’Orlandi vengono riportate notizie analoghe a quelle presenti nella glossa in esame (Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., p. 288). Le opere menzionate nel commento alle Vite erano state da lui viste durante il viaggio in Lombardia del 1690, come specifica in una nota ad un disegno del terzo volume della Serie Grande in Quattro Tomi (Lansdowne 802 l 7).

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p. 847, rigo 17, altra mano, la postilla è leggibile solo con la lampada di Wood: Al Signor Lorenzo de Medici Cibo il Mazzola fece una tavola imperfetta per San Salvator del Lauro p. 848, rigo 25, altra mano: A M(aestr)o Gio(vanni) Andrea Albio il Parmigianino fece uno san Paolo p. 849, rigo 9, altra mano: A M(esser) Dyonigi de Gianni bolognese fece il Parmigianino una Madonna et Christo che tiene il Mappamondo p. 849, rigo 24, altra mano: Alle monache di S(an)ta Margherita fece il Mazzola una tavola con Sa(n)ta Maria Margharita et S(an)to Petronio p. 849, nel margine inferiore: belliss(im)a cosa e n’è P(ad)rone della Capella una p(er)sona ordinaria[?] ch’io conobbi237. p. 850, rigo 5, altra mano: Georgio Vasari Aretino pittore et hystorico de pittori comprò in Bologna una Madonna abozzata, et imperfetta del Mazzola pittore p. 851, rigo 9, altra mano: Il Cupido del Mattiolo al cavaliero Baiardo in Parma p. 851, rigo 19: dove fece il ritratto del Conte di San Secondo accompagnante il ritratto della contessa e figli del Correggio quali tutti ritratti pervennero poi in mano del m(aestr)o di Campo G(enera)le Marchese Franc(es)co Serra e di poi dal M(arche)se d(on) Giuseppe suo figlio venduti al conte di Pignoranda p(er) il Re di Spagna Filippo 4.° assieme degli altri quadri del d(ett)o M(arche)se Serra in somma di 5000 doble quest’anno 1664. Il d(ett)o figlio d(on) Giuseppe mi ha detto in Portici fuor di Napoli quest’anno 1678 che furono 18000 scudi238. p. 852, rigo 5: Discepoli del Parmeggiano Due paesisti in nel Noviziato un m(aestr)o Leonardo et un m(aestr)o Fran(ces)co M(ari)a ivi lavoraro237   Resta si riferisce alla Madonna di Santa Margherita, realizzata da Parmigianino per le monache del convento di Santa Margherita di Bologna ed oggi conservata alla Pinacoteca Nazionale della stessa città. 238   I due ritratti raffiguranti Pietro Maria Rossi di San Secondo e Camilla Gonzaga con i tre figli, di proprietà del marchese Giovan Francesco Serra, confluirono nel 1664, dopo la morte del proprietario, nelle raccolte del re di Spagna Filippo IV (A. Vannugli, La collezione Serra di Cassano, Salerno 1989, pp. 12-13; per le vicende attributive delle opere: M. Vaccaro, Parmigianino. I dipinti, Torino 2002, cat. 55, pp. 208-209; cat. A 18 pp. 226-227; M. Di Giampaolo, E. Fadda, Parmigianino. Catalogo completo dei dipinti, Santarcangelo di Romagna 2003, catt. 51, 9 B pp. 155, 181). Resta, così come l’estensore del catalogo della vendita delle opere (G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti, Modena 1870, pp. 453455; Vannugli, La collezione cit., p. 12), riteneva il dipinto di Camilla Gonzaga con i tre figli autografo del Correggio. Già Scannelli nel 1657, invece, elencava nelle collezioni milanesi del Serra due ritratti del Parmigianino, identificati dal Vannugli con quelli dei conti di San Secondo (Scannelli, Microcosmo cit., p. 311; Vannugli, La collezione cit., pp. 12-13). La postilla dà la possibilità di individuare un viaggio dell’oratoriano a Napoli nel 1678 (Farina, La collezione del viceré cit., pp. 184-185). Nei volumi del Resta erano inclusi disegni messi in relazione alle due opere (Lansdowne 802 b 57-58; si veda anche A. E. Popham, Catalogue of the drawings of Parmigianino, London 1971, I, cat. 811 p. 231).

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no dal 1542 al 1544. In Faenza il Ponteghino, quale sotto le pitture faceva [disegno a margine] una spiga di farro, una di miglio, un sorcio che ivi si dice Ponteghino, e voleva dire: fare’ meglio il Ponteghino. In Piacenza v’è q(ua)lche cosa di Nicolò dell’Abb(at)e e di Girolamino da Carpi, item un Illario Mazzola. Dopo i q(ua)li vennero li Bianchi et un Cav(alier) luchese seguaci di q(ue)lla scola, che era oriunda del Parmeggiano. In Bologna il s(ignor) Vincenzo Caccianemici dipinse discepolo del Parmeggianino239. p. 852, nel margine inferiore: Mastro Torelli e Rondani furono discepoli del Correggio al freggio di S(an) Gio(vanni)240 239   Parte delle informazioni sui pittori presi in esame dal Resta in questa postilla derivano da informazioni raccolte personalmente durante i suoi viaggi, come quello verso la Lombardia del 1690 durante il quale, grazie al pittore Villani, a Faenza ebbe notizie riguardanti Giulio Avezzuti, detto il Ponteghino (Bora, I disegni cit., pp. 273-274). La conoscenza di Francesco Maria Rondani e del maestro Leonardo, sovente menzionati nei documenti per il cantiere di San Giovanni Evangelista a Parma ed in particolare nel chiostro « dei Novizi » (cfr. Ekserdjian, Correggio cit., pp. 114-115; F. Dallasta, R. Lasagni, Leonardo Aicardi de Monchio (1498-1554) pittore e ceramista parmigiano della bottega dei Mazzola, in Aurea Parma LXXXV, III (2001), pp. 331-370; M. C. Chiusa, Gli affreschi di Correggio. La Camera di San Paolo, San Giovanni Evangelista e il Duomo di Parma, Milano 2008, pp. 108-110), potrebbe provenire dalla consultazione da parte del Resta dei libri mastri del monastero (Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 94). Girolamo da Carpi, Nicolò dell’Abate e Vincenzo Caccianemici erano invece menzionati nella Giuntina (Vasari, V, pp. 414-419; VI, pp. 145-147; IV, p. 547). Pier Ilario Mazzola è uno dei due «zii» di Parmigianino così evocati da Vasari (V, p. 534), ben noto per via documentaria: L. Testi, Pier Ilario e Michele Mazzola in Bollettino d’Arte, IV (1910), pp. 49-67; 81-104. Il cavaliere lucchese potrebbe essere identificato con il «Cavaliere Paolo Pini lucchese» citato da Torre nel Ritratto di Milano (per le poche informazioni note sull’artista si rinvia a S. Ventafridda, Presenze emiliane a Milano tra XVII e XVIII secolo: la decorazione di Palazzo Crivelli di Via Pontaccio, in Realtà e illusione nell’architettura dipinta. Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, atti del convegno internazionale di studi (Lucca, 26-28 maggio 2005), a cura di F. Farneti, D. Lenzi, Firenze 2006, pp. 233-239: 235). La medesima genealogia delle influenze del Parmigianino nell’arte emiliana viene riproposta dal Resta nel commento a un disegno nel Parnaso de’ Pittori (Lansdowne 802 i 151). 240   Resta accenna ad un intervento di Francesco Maria Rondani e del maestro Torelli – o Tonelli – nel cantiere di San Giovanni Evangelista. In una nota di commento ad un gruppo di disegni ascritti al Correggio per tale impresa decorativa ed inseriti nel volume Parnaso de’ Pittori, Resta segnala di aver trovato le informazioni sul lavoro dei due artisti in San Giovanni Evangelista negli appunti da lui presi personalmente durante il viaggio del 1690 (Lansdowne 802 i 140). Ireneo Affò dubitava della veridicità di queste affermazioni, ripetute dall’oratoriano nell’Indice a stampa del Parnaso de’ Pittori (I. Affò, Ragionamento del padre Ireneo Affò regio bibliotecario, socio onor. Della R. Accademia delle Belle Arti di Parma e della Clementina di Bologna sopra una stanza dipinta dal celeberrimo Antonio Allegri da Correggio nel monistero di S. Paolo in Parma, Parma, Stamperia Carmignani, 1794, p. 62), ma avallate per buona parte dalla critica moderna, grazie ai riscontri sui documenti e a considerazioni di tipo stilistico (cfr. F. Dallasta, Appunti per un avvio di censimento dei pittori e decoratori attivi a Parma nel XVI secolo, in Archivio Storico per le province parmensi, quarta serie, XLVI (1994), pp. 299-378: 361-362, 373-374; Ekserdjian, Correggio cit., pp. 114-115; Chiusa, Gli affreschi di Correggio cit., in particolare pp. 109-110; C. Cecchinelli, Il contratto della casa presa in affitto a Parma dal Correggio nel 1523 alla presenza del Rondani, in Aurea Parma 93 (2009) 3, pp. 347-368: 361-363, con bibliografia precedente).

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Il Palma veneziano pittore p. 854, nel margine inferiore: quasi sempre metteva il suo nome nelle op(e)re espresso con due LL. Dipinse il S(an) Christoforo alla S(ant)a Casa di Loreto et altre figure nel choro de canonici et a Jesi molto bene operò, in Roma non però p(er) il pubblico, ma in gallerie particolari se ne vedono, una Madonna polita di sua gioventù ha il M(arche)se Oratio Spada. Il M(arche)se di Leccie ambasc(iator)e di Spagna mecenate della pittura ha alcuni singolari ritratti et un Lazaro resuscitato del Lotto, come pure belliss(im)e cose del Palma241 Valerio Vicentino, intagliatore p. 864, rigo 15: Leone Aretino ha fatto e fuso il sepolcro del Medici in Duomo di Mil(an)o di bronzo242. p. 864, rigo 30, altra mano: Enea Vico Parmigiano intagliatore di stampe di rami. Antonio da Sangallo architetto fiorentino p. 868, rigo 26: Vi dipinse anco Taddeo doppo, e fu l’accademia in quei tempi in Roma243. p. 871, rigo 17: Jacopo Sansovino disegnò S(an) Gio(vanni) de Fior(entini) che dicono di M(ichel) A(ngelo)244 241  Resta fa riferimento alla tela con i Santi Cristoforo, Rocco e Sebastiano dipinta da Lorenzo Lotto, menzionato da Vasari in fondo alla Vita di Palma il Vecchio, per la basilica di Loreto (oggi Loreto, Museo Tesoro della Santa Casa), e alle altre opere realizzate nelle Marche (per cui si rimanda a Lotto nelle Marche, catalogo della mostra, Roma, Scuderie del Quirinale, 2 marzo – 12 giugno 2011 a cura di V. Garibaldi, G. C. F. Villa, Cinisello Balsamo 2011). Il filippino inoltre rileva la fortuna delle pitture dell’artista presso le quadrerie romane, specificatamente quella Spada, dove registra la presenza di un dipinto raffigurante una Madonna (sebbene oggi nella Galleria Spada vi sia soltanto una copia dal Lotto raffigurante un’Adultera: cfr. R. Cannatà, M. L. Vicini, La Galleria di Palazzo Spada. Genesi e Storia di una Collezione, [Roma 1992], pp. 73-74, 82 nota 8 con bibliografia precedente), e quella del marchese di Lecce, ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede (menzionato anche in E. Tamburini, Due teatri per il Principe. Studi sulla committenza teatrale di Lorenzo Onofrio Colonna (1659-1689), Roma 1997 pp. 140, 147), proprietario di una ricca galleria. 242   Resta integra la rapida menzione vasariana di Leone Leoni segnalando il monumento di Giangiacomo de’ Medici nel Duomo di Milano, ricordato già da Lomazzo, Trattato cit., p. 551. 243   La postilla si riferisce alla menzione vasariana delle decorazioni eseguite da Perino del Vaga per il palazzo di Melchiorre Baldassini a Roma, progettato da Antonio da Sangallo; non sono invece altrimenti noti interventi di Taddeo Zuccaro in questo palazzo. 244   Resta registra l’informazione vasariana sul progetto di Jacopo Sansovino per la chiesa romana di San Giovanni dei Fiorentini, che gli appare in contraddizione con la notizia riferita nella versione giuntina della Vita del Buonarroti dell’impegno di questi per il progetto architettonico della chiesa (Vasari, VI, pp. 84, 103-105).

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p. 880, nel margine inferiore, postilla a matita, di una terza mano, moderna: anche il cortile di bel vedere in moltissimi luoghi ha patito e perciò vi sono i pilastri rinforzati Giulio Romano pittore et architetto p. 884, rigo 7: Gio(vanni) Nanni da Udine venne a Roma nel 1518 come io viddi di sua mano una sua narativa dietro ad un foglio di suoi schizzi, che trovai in Faenza nel 1690 e di là lo mandai al P(adre) Giuseppe del Voglia p(er) frontespizio d’un suo libro nell’Olivella di Palermo245. p. 885, rigo 14: il cartone sta in Biblioteca Vallicell(i)ana donato in due pezzi dal q(uonda)m musico basso di Ch(iesa) N(ov)a Niccolini246 p. 886, rigo 8: M(onsigno)r Marchetti v(escov)o d’Arezzo ha il disegno247 p. 886, righi 28-29: cioè Federigo q(ua)le poi da Carlo V nel 1530 venendo coronato fu fatto p(rim)o duca248 p. 887, rigo 20: Psiche di Giulio n(on) di Raff(aele)249 p. 889, rigo 5: io l’ho250 245  Per il disegno si vedano le postille a Riserva pp. 663, rigo 30, 664, nel margine superiore; 814, rigo 11, e note relative. 246   La postilla si riferisce al cartone di Giulio Romano (oggi nelle raccolte della Pinacoteca Vaticana) per la pala con la Lapidazione di Santo Stefano nella chiesa del santo a Genova, elogiata da Vasari, che venne donato dal musico Bartolomeo Nicolini alla Congregazione dei filippini di Roma e fu esposto per volontà di Sebastiano Resta nella biblioteca (J. Hess, On Raphael and Giulio Romano, in Gazette des Beaux-Arts 32 (1947), pp. 73-106: 106; G. Incisa della Rocchetta, Il cartone della « Lapidazione di s. Stefano » di Giulio Romano. Come lo ebbe, come lo perdette e come invano lo rivendicò la congregazione dell’Oratorio di Roma, in Oratorium 1 (1970), pp. 46-61: pp. 49-50). Si veda anche la nota 282 a Tavola de’ luoghi, p.s.n., in riferimento alla voce Genova. 247   In relazione alla menzione vasariana di una Madonna con il Bambino, Sant’Andrea e san Niccolò che Giulio Romano fece realizzare a Raffaellino del Colle nel palazzo Della Valle, Resta scrive di avere un disegno attribuito a Giulio (si rinvia anche alla postilla a Cicognara p. 886, righi 8-9). Il foglio, oggi non identificato e inserito nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 278), era stato reperito dal Resta tra « i disegni del gran studio del q(uonda)m Steffanonio, che si vendeva nella Trinità de Pelegrini » (Ibidem; S. Prosperi Valenti Rodinò, I disegni di Giulio Romano, nella raccolta di padre Sebastiano Resta, in Giulio Romano e l’arte del Cinquecento, a cura di U. Bazzotti, Modena 2014, pp. 117-135). Per la collezione dell’editore Pietro Stefanoni, si rinvia alla postilla a Cicognara p. 511, righi 25-28 e nota relativa. 248  Commentando il passo vasariano sulla chiamata di Giulio Romano a Mantova da parte di « Federigo Gonzaga, primo Duca di Mantova » Resta specifica che tale titolo nobiliare fu conferito al Gonzaga soltanto nel 1530. 249  Nel passo in cui Vasari parla degli affreschi della Sala di Psiche in Palazzo Te a Mantova, Resta ne specifica la paternità di Giulio, per distinguerli dal ciclo di affreschi con lo stesso soggetto ideato da Raffaello nella villa di Agostino Chigi a Roma. 250   Il commento di Resta si riferisce alla descrizione vasariana del « trono e la sedia di Giove, con l’aquila che teneva il folgore in bocca » affrescata da Giulio nella Sala dei Giganti

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p. 889, rigo 7: io l’havevo, hora M(onsignor) Marchetti251. p. 892, rigo 14, con sottolineatura nel testo di « alla facciata »: la facciata pare più antica252. Sebastiano Veneziano pittore p. 896, rigo 1: Gio(vanni) Bellini Giorgione Seb(astian)o Piombo p. 896, rigo 18, con sottolineatura nel testo di « aveva fatto »: p(rim)a253 p. 896, rigo 34: e così era254 p. 897, rigo 4: di’ pure molto più eccellente Rafaele di Mich(el) Ag(nol)o255 p. 898, nel margine superiore: Il P(adre) R(esta) ha havuto i disegni del Cristo di Mic(hel) Ang(el)o proprio, il resto fu aiutato non fatto da M(ichel) A(ngel)o e lo sa perché ha havuto più studii dell’opera256. p. 898, rigo 9: 257 in Palazzo Te a Mantova. Il disegno menzionato nella postilla, attribuito da Resta a Giulio e raffigurante il « Trono di Giove, che lasciatevi l’aquila è sceso a fulminare i Giganti » è descritto prima nell’Indice del Parnaso de’ Pittori (1707, p. 55 nr. 86), e ricompare poi nel volume Ingresso al Secolo d’Oro (Lansdowne 802 f 46: « Giulio Romano che finse in Mantova il Trono di Giove disceso a fulminar i Giganti […] »). Il foglio è stato identificato con quello oggi alla Christ Church di Oxford (inv. 0959: cfr. Byam Shaw, Drawings by Old Masters cit., I, pp. 138-139 cat. 470, come copia da Giulio Romano; Prosperi Valenti Rodinò, I disegni di Giulio Romano cit., p. 123, fig. 67). Un altro disegno messo in relazione alla decorazione della Sala dei Giganti era presente nel volume Arte in Tre Stati (S. Resta, Indice del Tomo de’ disegni intitolato l’Arte in Tre Stati..., Perugia, Pe’l Costantini, 1707, p. 5, nr. 22). 251   Si rinvia alla nota precedente. La postilla probabilmente viene vergata in un momento successivo a quella appena sopra, a memoria del disegno prima posseduto dal Resta, ma in seguito venduto al vescovo Marchetti. 252   Resta commenta il passo in cui Vasari riferisce dell’incarico affidato a Giulio Romano, insieme a Cristoforo Lombardi, per i lavori alla facciata di San Petronio, di cui esistono oggi i disegni (Bologna, Museo di San Petronio). L’oratoriano osserva però l’assetto che la facciata assunse grazie agli interventi della fine del Trecento e della prima metà del Quattrocento. 253   Il commento è riferito al passo vasariano relativo all’operato di Sebastiano del Piombo nella sala della villa di Agostino Chigi, dove erano già presenti sulla volta gli affreschi di Baldassarre Peruzzi che, come specifica l’oratoriano, erano antecedenti alla decorazione del Luciani sulle pareti. 254   Resta commenta il passo vasariano condividendo con convinzione il giudizio dei difensori della superiorità di Raffaello su Michelangelo nella pittura (si veda anche la postilla successiva). 255   Si veda la postilla precedente, e nota relativa. 256  Alcuni disegni attribuiti a Michelangelo e a Sebastiano del Piombo e ritenuti preparatori per le opere della cappella Borgherini in San Pietro in Montorio erano inseriti nel Parnaso de’ Pittori (Resta, Indice cit., pp. 39-40, 48-49 nr. 46-48, 67; Lansdowne 802 i 5456) e nel Saggio de’ Secoli (Lansdowne 802 b 32, 34-35; per quest’ultimo si rinvia alla nota 258). Non è da escludere che Resta abbia posseduto i fogli del British Museum (inv. 18950915.813; 1895-0915.500: cfr. J. Wilde, Michelangelo and his studio, London 1953, cat. 15). Si vedano le postille a Cicognara, p. 898. 257   Si veda la postilla precedente e la nota relativa.

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p. 898, rigo 20: questa val meno assai258 p.898, rigo 23, altra mano: Fra Sebastiano penò sei anni in fare una capella a man ritta in San Pietro Montorio p. 901, rigo 10, altra mano: Fra Sebastiano successe a Frate Mariano all’Ufficio del Piombo p. 902, rigo 2, altra mano: In uno mese frate Sebastiano fece il ritratto della signora Giulia Gonzagha in Fondi al cardinale di Medici p. 902, rigo 25, altra mano: Frate Sebastiano hebbe cinquecento scudi da Ferdinan(n)do Go(n)zagha di una Pietade per ma(n)dare in Spagna p. 903, rigo 7, altra mano: Frate Sebastiano fece la testa di Papa Clem(en)te a Michele Angelo p. 903, rigo 28, altra mano: Frate Sebastiano amicissimo del Molza, del Porrino Modanesi poeti p. 904, rigo 19, altra mano: Il depignere ad oglio esser cosa da donna, M(ichel) Angelo p. 905, rigo 13, altra mano: D(o)n Giulio Corvatto Miniatore Perino del Vaga pittore fiorentino p. 907, rigo 20, altra mano: Perino fu allattato da una capra poveramente p. 908, rigo 15, altra mano: Perino hebbe per mastro Ridolpho Ghirlandaio p. 909, rigo 29, altra mano: Perino col Vaga venne a Roma p. 910, rigo 8: venuto a Roma si rimette al disegno p. 910, rigo 29: dipingeva per vivere alle botteghe p. 912, rigo 3: Gio(vanni) Martini da Udine259. p. 914, rigo 21, altra mano: Di chiaro scuro una facciata di Perino da Pasquino p. 915, rigo 4, altra mano: S(an) Piero di Perino in S(an)to Eustachio. p. 937, rigo 14: Roma accarezza chi è stracco di Roma p. 938, rigo 28, altra mano: Frate Guglielmo Milani discepulo del Perino et successore del frate del Piombo Sebastiano viniziano pittore p. 939, rigo 25: 1542260 258   Il commento del Resta è relativo alla citazione vasariana della Trasfigurazione dipinta da Sebastiano del Piombo nel catino absidale della cappella Borgherini. Uno studio di Sebastiano preparatorio per la Trasfigurazione nella cappella era presente nelle collezioni del Resta (Lansdowne 802 b 35; Londra, British Museum, inv. 1895-9-15-812: Warwick, The Formation cit., pp. 249-250, 271, nota 68). Cfr. anche la postilla a Cicognara, p. 898, rigo 7. 259  Per l’identificazione fatta da Resta di Giovanni da Udine con Giovanni Martini da Udine si rinvia a postilla a Riserva pp. 663 rigo 30; 664, nel margine superiore, e nota relativa. 260   Accanto alla menzione del Giudizio di Michelangelo nella Vita di Perino, Resta appone la data 1542 (ma 1541) ad indicarne il compimento.

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p. 941, rigo 22: hora il Bernino ha rinovato tutto261 p. 942, rigo 2, altra mano: Girolamo da Sarmonetta pittore creato di Perino del Vaga p. 942, rigo 23, altra mano: In cento giorni Giorgio Vasari la Cancellaria depinse aiutato da altri p. 943, rigo 7, altra mano: Tiziano depinse Papa Paulo Farnese, S(ant)a Fiore. p. 943, rigo 18: fiorentinaccio linguacciuto ardito contro il gran Titiano, di cui non furono tutti i fiorentini insieme degni di nettar i pennelli262. p. 944, rigo 6, altra mano: Girolamo da Sermonetta fe una loggia in castello verso prati. Michelangelo Bonarroti fiorentino pittore scultore et architetto. p. 948, rigo 26, altra mano: M(ichel) Angelo f(iglio) di Ludovico Simone Buonaroti p. 949, rigo 9, altra mano: Domenico Ghirlandaio pittore famoso ma(e)stro fu di M(ichel) Angelo p. 950, rigo 8: Alberto Duro era nato nel 1471 e M(ichel) Angelo nel 1473 a conto italiano263. p. 952, rigo 6, altra mano: Uno fanciulo di marmo fu ve(n)duto in Roma gra(n) prezzo per antico fatto da M(ichel) Angelo in Firenze. p. 953, rigo 21, altra mano: Una tavola di M(ichel) Angelo fu venduta cxxxx ducati p. 954, rigo 3, altra mano: Il cardinale Rovano Fra(n)cese fece fare una pietade a M(ichel) Angelo a San Pietro. p. 954, rigo 32: Il nome di M(ichel) Angelo sculpito in una cintola della Madonna264. 261  Il commento di Resta riguarda il passo in cui Vasari menziona il Tabernacolo del Sacramento realizzato da Donatello per la Basilica di San Pietro (oggi nel Tesoro) facendo riferimento agli interventi compiuti da Bernini, che interessarono tuttavia l’attuale cappella dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento. 262   La postilla sdegnata di Resta riguarda il passo in cui Vasari riferisce del soggiorno di Tiziano a Roma e dell’allarme provocato in Perino dal timore che venissero assegnate all’artista veneto le commissioni farnesiane già a lui allogate. Si rinvia anche alla postilla a Cicognara p. 943, righi 19-20. 263   In relazione al passo vasariano sulla realizzazione da parte del giovane Michelangelo della copia dall’incisione con le Tentazioni di Sant’Antonio di « Alberto Durero » (ma in realtà di Martin Schongauer), Resta segnala la contemporaneità tra i due artisti. La corretta data di nascita di Dürer è nota al Resta probabilmente grazie a Sandrart, Academia cit., p. 210; quella erronea di Michelangelo (nato nel 1475) dipende dal 1474 indicato da Vasari e che Resta fraintende rispetto all’uso del calendario fiorentino. 264   In relazione al passo vasariano sulla Pietà di Michelangelo nella basilica di San Pietro, Resta ripete la segnalazione dell’aretino della firma dell’artista sulla « cintola » della Vergine.

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p. 956, rigo 1, con richiamo nel testo a « un giorno »: da Roma265 p. 957, rigo 16, altra mano: M(ichel) Angelo hebbe otto cento scudi da Pietro Soderino di uno Giga(n)te di Marmo. p. 958, rigo 5: io l’havevo p(er) dono della s(igno)ra Princ(ipessa) di Pal(estrina), hora l’ha M(onsigno)r Marchetti nel Cartellone grande de Correggeschi tra gl’antecessori del Coreggio266. p. 960, rigo 11: il P (adre) R(esta) n’ha un disegno in schizzo originale267 p. 960, rigo 30, altra mano: Moise di Marmo di M(ichel) Angelo in Esquilia p. 962, rigo 25, altra mano: M(ichel) Angelo hebbe XV milla ducati da Papa Giulio per dipignere la volta et le faciate dalla Capella del Papa. p. 963, rigo 5, con sottolineatura di « a fresco e non avendo fatto più »: p(rim)o fresco di M(ichel) A(ngelo) p. 972, rigo 23, con segno di richiamo nel testo a « parte »: vedi a fol. 983268. p. 975, rigo 1: 4 statue sepolcrali in S(an) Lor(enz)o p. 975, rigo 31, con sottolineatura nel testo di « Cristo ignudo »: M(ichel) Ang(el)o facendo questo Cristo disse chi lo vuole vestito vada a farlo vestire da Ant(oni)o Gagini in Palermo269. p. 976, rigo 18: P(adre) R(esta) n’ha il disegno270 265   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari racconta che Michelangelo squadrò il marmo da cui avrebbe ricavato il David (oggi Firenze, Galleria dell’Accademia). Poiché poco sopra Vasari aveva descritto la Pietà di San Pietro e aveva affermato che a Michelangelo « fu scritto di Fiorenza d’alcuni amici suoi che venisse », l’oratoriano specifica qui che l’ideazione della statua ebbe luogo dopo il ritorno del pittore da Roma. 266  Un disegno messo in relazione da Resta con il cartone per la Battaglia di Cascina di Michelangelo, ricevuto dalla principessa di Palestrina, era stato incluso nel volume Cartellone dei Correggeschi. Cfr. anche postilla a Riserva p. 511, rigo 32, e nota relativa. Sulla nobildonna, prolifica fonte di disegni per il Nostro, si rinvia a nota 411. 267   In corrispondenza della descrizione vasariana del Mosè per il sepolcro michelangiolesco di Giulio II, Resta comunica di averne uno schizzo autografo, molto probabilmente corrispondente a quello poi inserito nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi, ma non identificato (Lansdowne 802 g 143; cfr. la postilla a Cicognara p. 960, rigo 4). 268  La glossa concerne il passo in cui Vasari scriveva come la fama della volta sistina avesse subito preso a « correre tutto il mondo d’ogni parte »; il rimando alla p. 983 è relativo non al testo vasariano, ma alla lunga annotazione che Resta vi ha vergato, per la quale si vedano la postilla a Riserva p. 983, rigo 20, e nota relativa. 269   Si rinvia alle postille a Riserva p. 560, rigo 16 e a Cicognara p. 697, rigo 8, e note relative. 270  Dalla glossa in esame, apposta in corrispondenza della descrizione vasariana delle tombe medicee, si apprende che Resta credeva di possedere un disegno di Michelangelo per l’opera, oggi non identificato, di cui dà notizia anche nel Parnaso de’ Pittori (Lansdowne 802 i 57; Resta, Indice del Parnaso cit., pp. 40-41).

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p. 979, rigo 20: adesso questo Ritratto il S(ignor) Marchese Santa Croce in Roma, cosa belliss(im)a271. p. 981, rigo 20: Paolo III. p. 983, rigo 20, proseguendo nel margine inferiore: Narra l’Armenini q(ua)lm(en)te trovandosi in Milano sentì da un discepolo di Leonardo da Vinci la critica che haveva dato Leonardo a quest’opera del Giudicio di M(ichel) Ang(el)o e fu: essere M(ichel) Ang(el)o un gran valenthuomo, ma in quest’opera essersi servito di pochi modelli. Probabilmente credo che tal discepolo di Leonardo fusse il Sig(nor) … Melzi gentilhuomo eccellente miniatore per p(ro)prio gusto sì perché al tempo dell’Armenini pochi discepoli di Leonardo erano vivi in Mil(an)o se non il sig(nor) Melzi, e questo haveva tutte le confidenze, e notitie delle cose di Leonardo, e Leonardo stava in Vavero villa del Sig(nor) Melzi molti mesi non che giorni dell’anno q(uan)do poteva impetrare da Lod(ovic)o il Moro suo p(ad)rone p(er) ritirarsi a filosofare sopra l’arte. Si cava ancora dall’età di Leonardo che secondo tutti fu di 75 anni, se arivò a veder in Francia venuto un disegno del Giudizio doppo il 1542, non potè esser nato se non del 1467272. p. 986, rigo 1, altra mano: M(ichel) Angelo poeta e pittore p. 986, rigo 16: Il s(ignor) Card(inal)e de’ Cavalieri tra molti disegni che donò al P(adre) R(esta) gliene donò anche alcuni residui di questi di M(iche) Angelo, e molti del Bologna discepolo di Raff(ael)e tra q(ua)li diversi schizzi della scala di Giacobbe delle Loggie con l’emendatione di Raffaele273. 271   La postilla si riferisce alla menzione vasariana del ritratto di Alfonso d’Este di Tiziano, noto da copie tra cui la più autorevole è considerata quella del Metropolitan Museum di New York (H. E. Wethey, The Painting of Titian, II, The Portraits, London 1971, pp. 94-95, cat. 26 e p. 197 cat. L-10; F. Zeri, The Metropolitan Museum of Art. Italian Paintings. Venetian school, New York 1973, pp. 82-83). Resta segnala di aver visto, se non l’originale, quantomeno una versione di buona qualità di quest’opera nella raccolta del « Marchese Santacroce », così definita anche da G. P. Bellori, Nota delli Musei, Librerie, Gallerie & ornamenti di Statue, e pitture, ne’ Palazzi, nelle Case, e ne’ Giardini di Roma, [Roma, Stamperia del Falco, 1664], a cura di E. Zocca, Roma 1976, p. 111. La datazione incerta della postilla rende impossibile stabilire a quale dei membri della famiglia che portarono questo titolo ai tempi suoi si riferisca Resta. Dagli appunti di Giuseppe Ghezzi per le mostre di quadri in San Salvatore in Lauro si può rilevare però che nel 1716 nella collezione del marchese Scipione Santacroce, ereditata dal padre Antonio, morto nel 1707, era presente un ritratto di Tiziano, di cui non viene specificato altro (G. De Marchi, Mostre di Quadri cit., pp.134 nota 3, 213 nota 3, 324325, 333, 337, 339 nota 1). 272   Cfr. la postilla a Riserva p. 574, rigo 28 e relativa nota. L’errore in merito agli estremi biografici di Leonardo (1452-1519) dipende dall’aneddoto riferito dall’Armenini, De’ veri precetti cit., pp. 118-119. 273   Resta parla di Gasparo IV de’ Cavalieri, eletto cardinale nel 1686, nonché discendente dell’amico di Michelangelo, Tommaso de’ Cavalieri, menzionato nel testo vasariano in

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p. 986, rigo 24, altra mano: P(apa) Paulo III ordinò et fece dipignere il Giudicio a M(ichel) Angelo in Capella p. 987, rigo 1, altra mano: La Paulina opera di M(ichel) Agnolo p. 987, rigo 8: il P(adre) R(esta) ha li abozzi274 p. 987, righi 17-21: il disegno di q(ues)ta Pietà sta nel libro di m(onsignor) Borromeo, da Coramboni v’è un simil sasso in abbozzo275. p. 987, rigo 18, con manicula, la postilla, in questo caso a matita, è solo parzialmente leggibile a causa della sovrapposizione della successiva postilla ad inchiostro, riportata qui sopra: I s(ignor)i Coramboni l’hanno q(ue)sto Christo276 p. 991, rigo 1, altra mano: M(ichel) Ange(lo) chi va dietro ad altri no(n) si passa p. 991, rigo 8, altra mano, la postilla è solo parzialmente leggibile per l’abrasione dell’inchiostro: Il pittore se stesso […] Conclusione della opera a gli artefici et a’ lettori p. 994, rigo 3, altra mano: l’Autore diede a correggere l’opera ad Annibale Carro, come se dice Tavole delle vite degli artefici descritte in questa opera p.s.n., dopo la voce « Antonio da S. Gallo A. 865 »: Bastiano del Piombo 894 corrispondenza della postilla. Dal prelato Resta ricevette sicuramente il nucleo di disegni attribuiti al Bologna, ma oggi ricondotti al catalogo di Ercole Setti (Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 31-33 con bibliografia precedente, e ad indicem; nota a Riserva p. 664, righi 9-10), come pure un foglio ascritto a Baccio Bandinelli, che Resta dice di aver avuto dal cardinale nel 1686 (Lansdowne 802 k 117; Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., p. 33), oltre ad alcuni dei disegni donati da Michelangelo a Tommaso, come Resta specifica nella glossa in esame. 274   La glossa del Resta cade in prossimità di una delle menzioni vasariane del sepolcro di Giulio II in San Pietro in San Pietro in Vincoli del quale Resta credeva di avere i disegni (si rinvia alle postille a Riserva p. 960, rigo 11; a Cicognara p. 960, rigo 4, e note relative). 275  Il commento del Resta pertiene la menzione vasariana del gruppo della Pietà di Michelangelo, oggi nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, ricordato da Vasari come « bozzato ». L’oratoriano fa riferimento al disegno della Pietà che riteneva autografo dell’artista, incluso nella Galleria Portatile venduta nel 1706 a monsignor Giberto Borromeo ed oggi conservata alla Biblioteca Ambrosiana di Milano (Bora, I disegni cit., 1976, cat. 24/2; Warwick, The Formation cit., p. 241). Anche nella nota a margine del disegno nel volume milanese è menzionata dal Resta « una Pietà simile abozzata di mano di Mich’Angelo » che « nel Palazzo Coramboni al colonnato di S. Pietro viddi 30 e più anni sono » (Bora, I disegni cit., p. 268). Da quel commento e dalla postilla nell’esemplare Cicognara (p. 987 rigo 17), sappiamo che Resta conosceva la collezione Accoramboni fin dal tempo in cui era in vita Mario Accoramboni, al quale successe poi il figlio Ugo (De Marchi, Mostre di quadri cit., ad indicem ed in particolare p. 9). 276   Si rinvia alla postilla precedente e alla nota relativa.

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p.s.n., dopo la voce « Giovan Antonio Licino da Pordonone P. 789 »: Gio(vanni) Gaddi scol(ar)o di suo fr(at)ello Angelo277 Tavole dei molti Artefici nominati et non interamente descritti in questa opera p.s.n., dopo la voce « Graffione p. 389 »: Gio(vanni) Gaddi p.s.n., alla voce « Maso Boscoli da Fiesole S. 696 »: forse p(ad)re d’And(re)a278 Tavole de’ luoghi dove sono le opere, descritte p.s.n., in riferimento alla voce « Ferrara »: Il Vasario lascia la più insigne memoria di Ferrara, che è il Sepolcro di Borso d’Este ne Certosini disegno di Bramantino del 1471279. p.s.n., in riferimento alla voce Firenze, San Gallo, « una tav. di Santi che disputano, Andr. Del Sar. 750 »: il p(rim)o studio lo haveva l’ab(ate) Lana poi P(adre) R(esta) poi m(onsignor) Mar(chetti) v(escov)o d’Arezzo poi P(adre) R(esta) poi P. M.280 p.s.n., integrando l’indice tra le voci « Fiesole » e « Furlì »: Foligno alle monache Raffael281 p.s.n., in riferimento alla voce Genova, « S. Stefano, la tav. Giulio Romano 885 »: in biblioteca della Ch(ies)a Nova di Roma il Cartone282   Resta trae tale informazione dalla biografia di Agnolo Gaddi (Vasari, II, p. 243).   Resta si chiede se il pittore fiorentino Andrea Boscoli (1560-1607), figlio in realtà di un Francesco, potesse esserlo dello scultore fiesolano Tommaso Boscoli (1501/1503-1574) menzionato da Vasari. 279   Resta rimprovera pretestuosamente a Vasari di avere omesso di ricordare la tomba di Borso d’Este, morto nel 1471, collocata nel cimitero della Certosa di San Cristoforo, che l’oratoriano sapeva in loco prima che nel corso del Settecento venisse smembrata (Museo del Silenzio. Memoria e simbolo nella Certosa di Ferrara, a cura di A. Andreotti, G. Guerzoni, Ferrara 1988, p. 76). L’attribuzione del progetto a Bramantino, del tutto implausibile, deve essere stata avanzata dal Resta quando questi ancora credeva l’artista attivo alla metà del Quattrocento (cfr. postille a Riserva p. 361, rigo 31; p. 362, nel margine superiore, e note relative). 280  Il disegno di Andrea del Sarto raffigurante Santi che disputano sulla Trinità, non identificato, già transitato nelle collezioni Marchetti e tornato all’oratoriano, era pervenuto al Resta tramite il padre Lana, da identificare con tutta probabilità con Cesare Innocenzo Lana, nato a Cesenatico nel 1652 e morto nel 1698. Il Lana, entrato a far parte della Congregazione oratoriana nel 1683, è ricordato anche tra gli appunti di Giuseppe Ghezzi (De Marchi, Mostre di quadri cit., pp. 389, 392, 401 nota 4). L’ultimo proprietario del foglio, segnalato dal Resta con le sole iniziali P. M, è da identificare forse con padre Morelli di Perugia. 281   Resta integra le voci delle tavole di Vasari con il riferimento alla Madonna di Foligno di Raffaello (oggi nella Pinacoteca Vaticana). 282   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 885, rigo 14, e nota relativa. 277 278

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p.s.n., integrando la voce « Milano »: alle Grazie in Mil(an)o v’è la Coronatione di Titiano in una cappella di Gaudenzio. Il S(an) Paolo di Gaudenzio283. p.s.n., in riferimento alla voce « La sepolt. di Giulio. Michelagn. 960 »: in S(an) P(ietr)o in Vincoli. p.s.n., in riferimento alla voce Roma, « La Pace. Il chiostro. Bramante 596 »: Arc(hitetto) e pitt(ore)284. p.s.n. in riferimento alla voce « La cap. di M. Ferrando Ponzetti. Baldass. 721 »: la capella incontro a Rafaele il di fuori è di Bagnacavallo, ma il di dentro è di scol(ar)o di Rafaele285 p.s.n., in riferimento alla voce « La cap. di s. Bernardino. Pinturicchio 526 »: e due altre286 p.s.n., in riferimento alla voce « La cap. della s. Gostanza Orsina. Daniel. Volterr. 946 », soprascritto a « Gostanza »: Helena287 p.s.n., in riferimento alla voce « Il palaz. di M. Gio. Batista dal Aquilla. Raff. Da Urb. 665 »: demolito288 p. s.n., con segno di richiamo alla voce « una facc. in Borgo. Storia di Vulcano. il med. »: dal 1661 che si godeva bene hoggi è ridotta che non si vede più 1700. Così altre facciate289.

  Si rinvia alla postilla a Riserva p. 728, nel margine inferiore, e nota relativa.   Per la convinzione del Resta che Bramante avesse eseguito dipinti nel chiostro della chiesa di Santa Maria della Pace si rinvia a postilla a Riserva p. 596, rigo 32, e nota relativa. 285   Per le informazioni fornite dal Resta sulla cappella Ponzetti in Santa Maria della Pace si veda la postilla a Riserva p. 721, rigo 19, e p. 826, rigo 11 e note relative. 286  Il rimando della Tavola riguarda la cappella di San Bernardino affrescata da Pinturicchio in Santa Maria in Aracoeli; l’integrazione del Resta fa invece riferimento a Santa Maria del Popolo, dove il pittore umbro con i suoi aiuti aveva decorato sia la cappella di Domenico della Rovere sia la cappella di Lorenzo Cybo, ricordate nel testo da Vasari. 287   Vasari ricorda correttamente nella Vita di Perino Elena Orsini come committente del ciclo di affreschi per la cappella di suo patronato nella chiesa di Trinità dei Monti, eseguiti dal Ricciarelli con i suoi collaboratori; Resta rettifica qui il nome della Orsini, che nella Tavola viene per errore indicata come Costanza. 288  Resta si riferisce al palazzo, progettato da Raffaello per l’aquilano Giovan Battista Branconio, noto nella cerchia di papa Leone X, che fu demolito nel 1661 a causa della costruzione del colonnato di San Pietro ad opera di Gianlorenzo Bernini (P. N. Pagliara, Palazzo Branconio, in C. L. Frommel, S. Ray, M. Tafuri, Raffaello architetto, Milano 1984, pp. 197-216). 289   La postilla è vergata dopo quella sullo stesso argomento nell’esemplare Cicognara a p. 698 rigo 22, cui si rimanda. 283 284

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Postille contenute nelle Vite di Giorgio Vasari (1550), Biblioteca Apostolica Vaticana, Cicognara, IV. 2390, I Sul verso del frontespizio, di mano di Giuseppe Bossi: Le Postille scritte ne margini sono del padre Sebastiano Resta, di cui vedi l’Indice del Parnaso, le Lettere Pittoriche, la Vita di Correggio del Tiraboschi etc etc. G. Bossi. Proemio p. 7, rigo 1, altra mano: Afetto del spir[ito] p. 7, rigo 14, altra mano: la gloria della […] p. 9, rigo 2, altra mano: origene della s[…] ettuti li artifi[…]. La pitura e[…] essa si adope[…] p. 19, rigo 1, altra mano: come sono sorele la scultura e la pittura che sono nate di un metesimo padre […] De le diverse pietre che servono agli architetti per gli ornamenti e per le statue alla scoltura p. 23, rigo 6, altra mano: Ène necesari e utile la Archi[te]tura opera di grande preg[…] a ttuto p. 23, rigo 15, altra mano: Architetori [an]tichi p. 23, rigo 26, altra mano: del Porfito ch[e] ène più tene[ro] quanto si cava che quanto sta fo[ri] p. 24, rigo 2, altra mano: […]ri per lavora[r]e questo ma[r]moro p. 24, rigo 11, altra mano: Sepoltura di Bacco che sta […] ne in Roma nella tempio di S(ant’) Agnesa et il pilo che sta [in] S(an) Gio(vanni) Laterano et su ne la piazza della Ritonda et le statue che sta [n]el palazzo de [E]gidio […] sasso nel [p]alazzo di Fa[r]nese et ne la Valle ène un(a) [l]upa et in ca[mpi]dogli ala fontana nella piazza di [s]opra p. 25, rigo 22, altra mano: porfito serpenti[no] p. 25, rigo 32, altra mano: dove si trova De la pittura p. 75, rigo 17: Cartoni p. 82, rigo 9, con sottolineatura di « Era da gli antichi molto usato il fresco » e manicula: Io ho un Apollo290 p. 82, rigo 29, sottolineatura di « veramente il più virile, più securo, più resoluto », e manicula 290   Risulta difficile identificare nelle collezioni di Resta un disegno con questo soggetto, forse copia da una statua antica di Apollo.

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Proemio delle Vite p. 111, rigo 3: Scoltura inventata de gl’Egitii o Caldei, o dall’Etiopi. La pittura da Greci p. 111, rigo 20: Nell’huomo v’è Scoltura e Pittura p. 112, rigo 8: non p(rim)a del diluvio p. 112, rigo 12: la p(rim)a statua p. 113, righi 18-19, con sottolineatura di « a tempi di Omero si vede essere stato perfetta la scultura et la pittura »: Etiopi. L’arte perfetta ne tempi d’Homero p. 114, rigo 9, con sottolineatura di « Metrodoro »: Pittore Filosofo Poeta p. 118, rigo 19, con sottolineatura di « la pittura, et la scoltura come arti che più per diletto »: p(er) esser arti di diletto ho visto in 25 o 30 anni di Roma a’ miei dì andar disfatto291 p. 121, rigo 17: origine delle goffagini p. 122, rigo 24: modi gotti portati in Italia Giovanni Cimabue p. 126, dopo il titolo della biografia: discepolo di certi Pittori greci. p. 126, rigo 9: nato del 1240 p. 126, rigo 14: Nobile di nascita. p. 126, rigo 22: Però li suoi maestri greci p. 127, rigo 1: discepolo di certi Pittori greci. p. 127, rigo 12: di Cimabue compagni Gaddo Gaddi et Andrea Taffi. p. 129, rigo 8: visse morì del 1300 p. 129, rigo 14: Fu maestro di Giotto Andrea Taffi pittor fiorentino p. 131, accanto al titolo della biografia: Compagno di Cimabue. Sig(no)re mio p. 132, rigo 6: Appolonio Greco insegnò al Taffi il Mosaico p. 133, rigo 4: Visse an(ni) 81, morì del 1294 Gaddo Gaddi pittor fiorentino p. 133, accanto al titolo della biografia: Compagno di Cimabue p. 134, rigo 24: Superò il Taffi.

291   L’annotazione allude al lungo arco di tempo trascorso dal Resta nell’ambiente romano, dopo il definitivo trasferimento da Milano avvenuto nel 1661, fornendo un’indicazione cronologica di massima per la stesura della postilla stessa. L’oratoriano constata altresì la complessiva decadenza, a suo giudizio, della cultura artistica romana nel corso della seconda metà del Seicento.

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p. 135, rigo 10: pigliò una nobile per moglie p. 135, rigo 20: visse 73 morì del 1312 Margaritone aretino pittore p. 137, rigo 25: visse 75 morì 1316 Giotto pittor fiorentino p. 138, nel margine superiore: a dì 8 maggio 1688 dico che le teste di Giotto erano bellissime e meravigliosissime, e li panni con piegature sottili e soavem(ent)e passate da chiarioscuri. Del resto erano tutte cose miserabili, ma a confronto de passati mirabili. Vedi nell’Archivio de Canonici di S(an) Pietro da me viste hoggi292. p. 139, rigo 1: discepolo di Cimabue et lo superò p. 140, rigo 2: Fece il ritratto del Card(ina)le Stefaneschi in S(an) Pietro Vecchio di Roma a piè d’una crocefissione di S(an) Pietro quale hora sta in Archivio. Sta così: [disegno a margine; Fig. 8]. Il cardinale ha un orecchio meraviglioso, il resto è ancora goffo293 p. 140, rigo 11: La Nunciata l’ha fatta anco nel libro del card(inale) Stefaneschi. Similmente il S(an) Francesco294 p. 141, rigo 8: in Ascisi doppo Cimabue p. 141, rigo 13: Arezzo p. 141, rigo 16: Ascisi p. 141, rigo 22: A’ gl’Angioli p. 141, rigo 26, con sottolineatura di « Roma »: Roma p. 143, rigo 1, con manicula: In S(an) Pietro a Roma 292   Come in questa postilla, anche nella nota apposta al disegno in apertura del primo volume della Serie Grande in Quattro tomi (Lansdowne 802 g 1: British Museum, inv. Pp,1.1) Resta informa di essersi recato nel maggio del 1688 nell’Archivio di San Pietro di Roma grazie a Giuseppe Baldovini e con il permesso di monsignor Vallemani per ammirare « tutte le pitture che hanno di Giotto dipinte già in San Pietro vecchio » (Lansdowne 802 g 1; Bonardi, Resta e i disegni cit., pp. 141-142). 293  Probabilmente in seguito alla visita nell’Archivio di San Pietro (si veda la postilla a Cicognara p. 138, nel margine superiore, e nota relativa), Resta schizza il ritratto del cardinale Jacopo Stefaneschi effigiato da Giotto nel polittico vaticano, opera non menzionata da Vasari nella Torrentiniana ma sbaglia nell’indicare la posizione occupata dal committente (Bonardi, Resta e i disegni cit., p. 142). 294   Nel commento al passo vasariano degli affreschi giotteschi nella Badia Fiorentina, Resta ricorda una Annunciazione del pittore in un libro dello Stefaneschi, riferendosi probabilmente al codice di San Giorgio oggi nella Biblioteca Apostolica Vaticana, di proprietà del cardinale, e decorato da miniature allora ritenute di Giotto (M. G. Ciardi Duprè dal Poggetto, Il maestro del codice di San Giorgio e il cardinale Jacopo Stefaneschi, Firenze 1981, pp. 251-257, figg. 188-189).

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p. 143, righi 2, 4, 12, postille di altra mano illeggibili per deliberata abrasione dell’inchiostro p. 143, rigo 18, con sottolineatura di « Napoli dal Re Ruberto »: Napoli in S(anta) Chiara p. 143, rigo 24: nel Castel del Uovo p. 144, rigo 13: in Roma p. 144, righi 15-16: in Rimini guaste poco doppo p. 144, rigo 17, con segno di richiamo al testo : qui v’è un quadro attaccato del Gio(vanni) Bellini e la S(an)ta Michelina del Barocci295. p. 146, righi 7-8: Ravenna p. 147, nel margine superiore: Pittore Architetto p. 148, rigo 13: Milano p. 148, rigo 16: morì del 1336 p. 148, rigo 21: Fu architetto ancora p. 148, rigo 24: Taddeo Gaddi fu discepolo di Giotto p. 148, nel margine inferiore: Discepoli: Tadeo figlio di Gaddo Gaddi, Puccio Capanna, Ottavio da Faenza, Guglielmo da Forlì, creati di p. 149, nel margine superiore, dove la postilla prosegue dalla pagina precedente: Giotto furono Simon senese, Steffano fiorentino, et Pietro Cavalini Romano. p. 149, rigo 6: Ferrara Stefano pittor fiorentino p. 150, rigo 4: Steffano creato e discepolo di Giotto p. 150, rigo 10: Avanzò il maestro p. 150, rigo 24: Pisa p. 150, rigo 25: Fiorenza p. 151, nel margine superiore, con sottolineatura di « avviluppargli di panni, e nuove pieghe facendo, tentava ricercare sotto lo ignudo della figura »: S(ignor) mio296 p. 152, rigo 11: Milano p. 152, rigo 16: Ascisi p. 152, rigo 18: Fiorenza p. 153, rigo 19: Furono l’opere di Steffano del 1337, visse 39 anni 295  La postilla attiene la menzione vasariana della « istoria della Beata Michelina a fresco » in San Francesco a Rimini, erroneamente riferita a Giotto. Il riferimento di Resta al dipinto di Giovanni Bellini già nella stessa chiesa è con ogni probabilità al Cristo morto sorretto da angeli oggi nel Museo Civico riminese; la Beata Michelina del Barocci si trovava nella chiesa di San Francesco, ma a Pesaro e non a Rimini (si veda anche Lansdowne 802 c 32). Cfr. la postilla a Riserva p. 144 rigo 29, e nota relativa. 296   Le parole scritte dal Resta sembrano essere in questo caso una mera prova di penna.

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Ugolino pittor sanese p. 154, rigo 5: Discepolo dei Greci et imitator di Cimabue p. 154, rigo 15, nell’interlinea, in corrispondenza del termine « idioti », cassato: huomini pii297 p. 154, rigo 26: Siena p. 154, rigo 27: Fiorenza p. 155, rigo 12: morì del 1339 Pietro Laurati pittor sanese p. 156, rigo 11: Toscana p. 156, rigo 25: in Siena il p(rim)o a fresco p. 156, rigo 28: Chiusuri p. 156, rigo 30: Fiorenza p. 157, rigo 1: Cortona Arezzo p. 157, rigo 7: superò Cimabue et Giotto, le sue pitture furono del 1339. Lasciò p(er) discepolo Bartolomeo Boschini298. Andrea Pisano scultore p. 158, rigo 1: fu il primo scultore che ramodernò, imitò Giotto, et il buono. p. 158, rigo 11: Fiorenza p. 159, rigo 4, con manicula: grandezza di stile greco p. 159, rigo 21: Pisa p. 159, rigo 26: Fiorenza p. 162, rigo 1: Lasciò molti discepoli, tra’ quali Giovanni Pisano, Nicola Pisano, Nino suo figlio p. 162, rigo 15: fu sepolto del 1340. Buonamico Buffalmacco pittor fiorentino p. 163, rigo 25: Un Calandra a Noviglio sul Ponte[?] dipinse la soffitta del 630, che poi crollò[?] del 1630 in presenza di Fil(ipp)o Resta299 297   Resta interviene sulla frase del testo vasariano « ogni dì si fabricavano cappelle, e da gli idioti si facevano dipignere, per desiderio di giugnere in Paradiso ». 298  Resta deforma il nome del pittore senese trecentesco ricordato nel testo da Vasari come « Bartolomeo Bolghini » (Bartolomeo Bulgarini). 299   La postilla pertiene la menzione vasariana del pittore trecentesco Calandrino (Nozzo di Pierino), al quale Resta accosta per ragioni onomastiche il ricordo dell’altrimenti ignoto Calandra, di cui riferisce di avere visto un’opera a Noviglio, paese legato alla famiglia di Sebastiano (si veda la postilla a Riserva p. 789, rigo 11, e nota relativa). Su Filippo Resta, pittore e collezionista locale ben noto nell’ambiente culturale milanese si veda la postilla a Riserva p. 561, nel margine inferiore, e nota relativa.

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p. 165, rigo 12: in S(an) Petronio a Bologna p. 165, righi 19-20: Pisa p. 166, rigo 15: fu burloso p. 166, rigo 21: visse anni 68, fu sepolto del 1311 Ambruogio Lorenzetti pittor sanese p. 167, rigo 18: Siena p. 168, rigo 21: Volterra p. 168, rigo 23: Massa p. 168, righi 27-28: Siena p. 169, rigo 16: Chiusuri p. 169, rigo 18: l’opere sue sono del 1341, visse anni 83 Pietro Cavallini romano pittore p. 170, rigo 4: fu discepolo di Giotto p. 170, rigo 17-18: Roma in Aracoeli p. 170, rigo 20: Trastevere p. 170, rigo 27: S(an) Crisogono p. 170, rigo 30: S(anta) Cecilia p. 170, nel margine inferiore: In S(anta) Cecilia in sagrestia v’è l’arme e ‘l sepolcro del figlio di S(ant)a Fran(ces)ca Romana morto del 1400, ma la pittura della volta non mi pare così antica300 p. 171, rigo 1, nel margine laterale esterno: S(an) Francesco a Ripa p. 171, rigo 1, nel margine laterale interno: hora demolite con dolore del Card(inale) Fr(ancesc)o Barberino, e di tutti gl’ eruditi301 p. 171, rigo 2: S(an) Paolo p. 171, rigo 18: Fu lodevole a’ suoi tempi, Visse anni 75. Operò del 1344. 300   La postilla prende spunto dal ricordo vasariano dell’attività di Cavallini nella basilica romana di Santa Cecilia e fa riferimento alla cosiddetta Cappella dei Ponziani che al principio del Seicento era stata trasformata in sagrestia. L’iscrizione e il sepolcro cui Resta allude sono quelli del giovane nobile romano Giovan Paolo Paluzzi de’ Ponziani, morto nel 1430 (V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edificii di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, II, Roma 1873, p. 24, nr. 76), che l’oratoriano crede a torto essere uno dei figli di Francesca Bussi (Santa Francesca Romana) e Lorenzo Ponziani. La decorazione ad affresco sulla volta della cappella, non ricordata da Vasari, e che Resta giudicava giustamente posteriore alla data 1430, si ritiene oggi opera della bottega di Pinturicchio (S. Petrocchi, La Cappella Ponziani, in Santa Cecilia in Trastevere, Roma 2007, pp. 133-135). 301  In relazione alla menzione vasariana degli affreschi realizzati da Pietro Cavallini nella chiesa di San Francesco a Ripa, Resta ne comunica la distruzione a causa dei restauri seicenteschi (I. Herklotz, Francesco Barberini, Nicolò Alemanni, and the Lateran Triclinium of Leo III: an episode in restoration and Seicento medieval studies, in Memoirs of the American Academy in Rome XL (1995), pp. 175-193). La stessa notizia è riferita in margine a un disegno ascritto all’artista nel primo tomo della Serie Grande (Lansdowne 802 g 6).

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Simon sanese pittore p. 172, rigo 3: discepolo di Giotto p. 172, rigo 27, con sottolineatura di « Madonna Laura »: Simon sanese fece M(adonn)a Laura al Petrarca p. 173, rigo 1: ritrò Laura del Petrarca p. 173, rigo 17, con sottolineatura di « Vergine Maria nel portico di San Pietro »: io tengo la Madonna sua302 p. 173, rigo 22, con sottolineatura di « corte in Avignone per li comodi et per le voglie di Papa Giovanni XXII »: Se Simone morì del 1345, come visse sotto Gio(vanni) XXII, che fu fatto papa del 1410? Se si dice essere Gio(vanni) 21 detto 22, Gio(vanni) 21 fu fatto papa del 1316 e morì del 1335 303 p. 173, rigo 24: XXI detto XXII, Giacobo Canturense p(rim)o v(escov)o di Porto fatto papa in Lione e poi residente in Avignone304 p. 175, rigo 17: ritrò il Petrarca p. 176, rigo 14: visse p. 176, rigo 18: morì del 1345. Filippo suo fratello seguitò le sue pitture Taddeo Gaddi pittor fiorentino p. 177, rigo 1: discepolo di Giotto p. 178, rigo 16: ritrò Giotto, Dante et Guido Cavalcanti p. 180, rigo 2: Giovanni da Milano discepolo di Tadeo Gaddi p. 181, rigo 19: Simone Memmi compagno d’opera con Tadeo suo condiscepolo p. 183, rigo 21: visse anni 50, morì del 1350. Agnolo et Giovanni suoi figlioli et discepoli p. 183, nel margine inferiore: lasciandoli doppo la sua morte sotto Giovanni da Milano s’imparavano la pittura p. 184, rigo 8: superò nel colore Giotto. 302   Resta si riferisce al passo vasariano relativo all’affresco trecentesco della Madonna della Bocciata, oggi nelle Grotte Vaticane. Il disegno menzionato nella postilla, non rintracciato, è identificabile con quello descritto in una delle postille del primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi (Lansdowne 802 g 9: « Simone Memmi senese discepolo di Giotto: Disegno della Madonna, che sta nel portico di S. Pietro vecchio, come si vede nell’Archivio di San Pietro »; Bonardi, Disegni cit., p. 121). 303   Si veda la nota successiva. 304  Resta scioglie la menzione vasariana di «  papa Giovanni XXII  » identificando correttamente quest’ultimo con Jacques d’Euse, dal 1313 primo vescovo della diocesi di Porto e Santa Rufina, papa dal 1316 al 1334. La data di morte di Simone Martini è tratta da Vasari.

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Andrea di Cione Orgagna pittore et scultore fiorentino p. 185, rigo 4: Pittore, Scultore, Arch(itett)o p. 185, rigo 22: viveva del 1485 p. 187, rigo 3: nacque del 1329, morì del 1389 p. 188, rigo 9: discepolo di Steffano suo Padre p. 188, rigo 19: Diligenza p. 189, nel margine superiore, in corrispondenza del titolo corrente erroneo « Andrea Orcagna », cassato: Tomaso d(ett)o Giottino p. 190, rigo 14: S(an) Gio(vanni) Laterano, Roma p. 190, rigo 20: malinconica p. 191, rigo 5: visse del 1349, di 32 anni morì del p. 191, rigo 15: maestro di Gio(vanni) Tossicani, Michelino, Gio(vanni) del Ponte et di Lippo. Giovannino dal Ponte, pittore fiorentino p. 192, rigo 2: Discepolo di Giottino p. 193, rigo 5: visse del 1365 p. 194, rigo 18: Fiorenza Il Berna sanese p. 197, rigo 8: Siena p. 197, rigo 20: Cortona Duccio pittor sanese p. 199, rigo 29: Siena Antonio Veniziano p. 201, rigo 2: Angelo Gaddi ––> Ant(oni)o Veneziano Iacopo di Casentino pittore p. 203, rigo 18: Gio(vanni) da Mil(an)o scol(ar)o di Tadeo Gaddi Spinello aretino pittore p. 209, nel margine inferiore: di 77 anni morì, donque le sue pitture erano p(rim)a del 1380 ma forsi no(n) si havevano che d’allora nato 1303, morto 1380305 305   Resta ragiona sulle indicazioni cronologiche fornite da Vasari per Spinello Aretino, in effetti documentato come pittore nel 1373.

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Cicognara IV. 2390, II Sul verso del foglio di guardia, di mano di Giuseppe Bossi: Le postille molte sono del P(adre) Sebastiano Resta Proemio della seconda parte delle Vite p. 227, rigo 15: [disegno a margine] tutti li membri operavano Iacopo della Quercia sanese scultore p. 235, rigo 26: Siena p. 235, rigo 28: Lucca p. 236, rigo 5: Bologna p. 238, rigo 27: Siena Niccolo d’Arezzo scultore p. 241, rigo 5: Arezzo p. 241, rigo 24: in Milano p. 241, rigo 31: morì in Bologna Dello pittor fiorentino p. 243, rigo 23: in Spagna Nanni di Antonio di Banco p. 246, rigo 18, manicula Luca della Robia scul(tore) p. 249, rigo 4: Fiorenza p. 250, rigo 24: in Napoli p. 250, rigo 31: Arezzo Paolo Uccello pittor fiorentino p. 253, rigo 9: Fiorenza p. 256, rigo 30, manicula Lorenzo Ghiberti pittor fiorentino p. 259, rigo 13: Fiorenza p. 276, rigo 25, manicula

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Masolino pittore p. 279, rigo 17: Roma p. 279, rigo 20: Fiorenza Parri Spinelli aretino p. 281, nel margine superiore: figure sottili p. 282, rigo 27, manicula p. 283, rigo 5: 1440 di Masaccio pittore fiorentino p. 285, rigo 4: Fiorenza p. 285, rigo 32: Pisa p. 286, rigo 9: Roma p. 286, rigo 14, con sottolineatura di « le storie di Santa Caterina martire »: ma la Crocifissione è bellissima, l’istorie di S(an)ta Catarina sono cattive, ordinarie, non da valenthuomo306 p. 287, rigo 2, con sottolineatura di « quella Goffa maniera »: di S(an) Clemente di Roma p. 288, rigo 22, con sottolineatura di « fra Filippo »: qui dice che fra Filippo studiava co(n) Masaccio. L’ istesso dice nella Vita di fra Filippo che fra Filippo studiava da giovane co(n) Masaccio, e poi fa che Masaccio nasca del 1417 et muoia del 1443 e fra Filippo fa nascere del 1371 e morir del 1438307. p. 290, rigo 26, manicula Filippo Brunelleschi scultore et architetto p. 294, rigo 26, con sottolineatura di « essendo Donatello giovane »: Donatello haveva sei anni di meno di Pippo p. 296, rigo 6, con sottolineatura di « Masaccio pittore »: Filippo maestro di Masaccio in architettura, amico di Donatello, 306  Il commento del padre Resta rileva lo scarto qualitativo tra la Crocifissione, cui partecipò Masaccio, e la restante decorazione della cappella di Santa Caterina in San Clemente, eseguita dal solo Masolino ma riferita in toto a Masaccio da Vasari (V. Farinella, Oltre Masolino: Masaccio a San Clemente, in Masaccio e Masolino. Il gioco della parti, a cura di A. Baldinotti, A. Cecchi, V. Farinella, con saggio bibliografico di L. Pisani, Milano 2002, pp. 137-186: 141-143). 307   Si vedano le postille a Riserva p. 288, rigo 21; e a Cicognara p. 394, rigo 2, e note relative.

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p. 296, righi 14-15, con sottolineatura nel testo di « M. Paulo dal Pozzo Toscanelli »: Matematico, Geometra scrittore fu senza lettere seguitava il s(ignor) Paulo p. 296, righi 19-20, sottolineatura di « non aveva lettere », e manicula p. 298, rigo 9: porte di S(an) Gio(vanni) p. 298, rigo 22, con sottolineatura di « Lorenzo di Cione Ghiberti »: migliore di quelli artefici p. 299, rigo 1: nota cosa rara e forse unica ne secoli pittoreschi308 p. 299, rigo 26: Roma p. 312, rigo 28: Filippo mal corrisposto da Lorenzo p. 313, rigo 7: lire 50.15 p. 313, rigo 10: lire 300 p. 323, rigo 14: il cavallo di Milano sotto Filippo M(ari)a Visconti p. 331, rigo 13: fiorentinello, nominasse una volta il duomo di Milano! Eppur di quel tempo fu309 Donato scultore fiorentino p. 334, rigo 21: In Araceli [disegno a margine; Fig. 6] p. 334, di seguito al disegno nella postilla precedente, nel margine inferiore della pagina e di p. 335: In Ara Celi accanto al pulpito in terra v’è un sepolcro di Gio(vanni) Crivelli milanese Arcidiacono d’ Aquileia etc. sepolto sotto Eugenio IV Donatelli Florentini opus. Nell’architettura studiò co(n) Brunelleschi. Noto che non è vero che la foglia del corintio fosse inventione di M(ichel) Angelo perché si vede in qu(est)o di Donatello310. p. 335, rigo 14: bassi rilievi. Rub(erto) Martelli ––>Donatello p. 335, rigo 24: grotesca p. 336, rigo 15: Brunellesco era più vecchio di Donatello d’anni sei 308   Il commento entusiastico di Resta si riferisce al racconto vasariano del concorso del 1401 per la porta del Battistero fiorentino, quando Brunelleschi e Donatello « a’ consoli con buone ragioni persuasero che a Lorenzo l’opera allogassero, mostrando che il publico et il privato ne sarebbe servito meglio; e fu veramente questo una bontà vera d’amici et una virtù senza invidia, et un giudizio sano nel conoscere se stessi, onde più lode meritorono che se l’opera avessino condotta a perfezzione ». 309   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari ricorda gli edifici a suo giudizio più rappresentativi della « maniera todesca », omettendo dall’elenco la cattedrale milanese. Sull’argomento: Bonardi, Nuovi materiali cit., p. 56. 310  Resta ricorda qui un’opera di Donatello a Roma omessa dalla biografia vasariana dello scultore, la lastra tombale, firmata, del milanese Giovanni Crivelli, oggi sulla destra dell’ingresso principale di Santa Maria in Aracoeli. L’oratoriano delinea anche un rapido schizzo dell’opera a margine dei propri commenti. Si vedano le postille a Cicognara pp. 345, rigo 1; 363, rigo 20, e note relative.

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p. 337, rigo 8: in quel tempo i pittori non facevano il cavaliero come a’ tempi nostri311. p. 338, righi 6-7: di q(ue)sta statua in due prospetti, io tengo il disegno nel tomo p(rim)o della Serie312. p. 342, rigo 26: a Napoli mandò p. 343, rigo 5: Venetia p. 343, rigo 19: Padovani p. 344, rigo 10: plasticatore p. 344, rigo 26: Venetia p. 344, rigo 27: Faenza p. 344, rigo 30: Toscana p. 344, rigo 35: col Verocchio p. 345, rigo 1: a Roma studiò l’antico. Qui non comemora il sepolcro di Araceli313 p. 345, rigo 6: Siena p. 347, rigo 17: Cosmo ––> Piero de Medici p. 351, rigo 16: e poi q(ue)l cavallo è Greco dicono gl’historici di Napoli, […] di Napoli e del resto fatte le campane dell’arcivescovado 1466314 Michelozzo Michelozzi scultore et architetto fiorentino p. 353, rigo 6, altra mano: La Fed[e] che sta a S(an) Giova(nni) di Fiorenza a la sepo[ltura] di papa Giova(nni) Coscia fa[tta] di mano Micheloz[zo] 311   Commentando il pasto offerto da Brunelleschi a Donatello, a base di « Formaggio, uova e frutte », descritto da Vasari, Resta esprime il proprio rimpianto per la frugalità degli artisti del passato rispetto alle ambizioni sociali dei suoi giorni. 312  Resta possedeva un foglio in cui erano raffigurate due vedute della statua della Dovizia di Donatello descritta dal Vasari ed oggi perduta. Probabilmente l’oratoriano decise di dividere il foglio così da ricavarne due disegni, che poi inserì in due diversi volumi. Dalle sue note sappiamo infatti che la veduta posteriore della statua era stata inclusa nel primo tomo della Serie Grande, mentre il prospetto era compreso nel Cartellone dei Correggeschi (Lansdowne 802 g 17). Anche nella nota in Lansdowne g 16, Resta specifica che il foglio successivo raffigurava la scultura di Donatello da « collocarsi sopra una colonna » (Ivi, g 16). Si rinvia anche alla postilla a Riserva p. 338, rigo 6, e nota relativa. 313   Vedi le postille a Cicognara p. 334, nel margine inferiore della pagina, e nota relativa; p. 363 rigo 20. 314  La postilla pertiene la menzione vasariana della colossale testa bronzea di cavallo di mano di Donatello, oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli; l’annotazione del Resta dipende in modo puntuale da C. Celano, Notitie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri date dal canonico Carlo Celano napoletano, divise in dieci giornate, Napoli, Nella stamperia di Giacomo Raillard, 1692, III, pp. 190-191. La corretta data di morte di Donatello è ricavata da Vasari.

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p. 353, rigo 32, altra mano: Fece ancora di m[armo] la capella di S(an) Mini[ato] p. 354, rigo 2, altra mano: [F]ece in Lucca solo una sepoltura di marmo in S(an) Martino dirimpeto al Sacramento p. 354, rigo 7, altra mano: Michelozzo morì di anni 68 Giuliano da Maiano scultore et architetto p. 355, rigo 19: Napoli p. 355, rigo 22, altra mano: Diliberò che Giuli[ano] aten[d]ese alle lettere, non ci piaceva che desse a quela artte. p. 355, rigo 27, altra mano: Quando si dete a scu[ltura e arc]hitettura p. 355, rigo 29, altra mano: Fece al Re Alfonso che allora era Duca di Calavria molti […] Architettura et scult[ura] cioè nella sala de ca[stel]lo di Napoli. p. 355, nel margine inferiore, altra mano: Sopra alla porta di detto castelo di fora delle storie di qu[…] di lui p. 356, rigo 4, manicula p. 356, rigo 8, nell’interlinea, in corrispondenza de « l’ornamento della porta Capoana »: bellissima315 Pietro della Francesca pittore dal Borgo San Sepolcro p. 360, accanto al titolo della biografia: fu m(aestr)o di Pietro Perugino così dicono il P(adre) Silvio Bilancetti suo parente 1685 et altri del Borgo316 315   Il commento, evidente esito di una conoscenza diretta dell’opera in questione avvenuta durante uno dei soggiorni napoletani dell’oratoriano (vedi la postilla a Riserva pp. 655, rigo 3; 731, rigo 13; 829, rigo 22; 832 rigo 8 e nel margine inferiore; 851 rigo 19, e note relative), si riferisce alla decorazione scultorea della quattrocentesca porta Capuana, realizzata da Giovanni da Nola nel 1535. 316   Un’analoga notizia del discepolato di Perugino presso Piero della Francesca è fornita nel commento a un disegno attribuito a Piero nel primo tomo della Serie Grande e in una delle note apposte da Giorgio Bonola al suo volume di grafica (rispettivamente Lansdowne 802 g 63: « Nota 1686. Il padre Silvio Bilancetti ottuagenario e decano da PP. della Chiesa Nova di Roma parente e paesano della famiglia della Francesca dà per tradizione che anco fu maestro di Pietro Perugino »; Note di Giorgio Bonola, a cura di M. T. Caracciolo, in I disegni del Codice Bonola cit., p. 183). Il Bilancetti, la cui famiglia proveniva effettivamente da Borgo San Sepolcro (G. Marciano, Memorie Historiche della Congregatione dell’Oratorio, nelle quali si dà ragguaglio della fondatione di ciascheduna delle Congregationi sin’hora erette, e de’ Soggetti più cospicui, che in esse hanno fiorito. Raccolte, e date alla luce da Giovanni Marciano Sacerdote della Congregatione dell’Oratorio di Napoli, III, Napoli, 1698, pp. 366, 484, 487) risulta implicato insieme al Resta nella vicenda del risarcimento delle crepe della cupola della chiesa (G. Incisa della Rocchetta, J. Connors, Documenti sul complesso borrominiano alla Vallicella (1617-1800), in Archivio della Società romana di storia patria 104 (1981), pp.

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p. 361, rigo 19: Pesaro, Ancona p. 361, rigo 20: Ferrara p. 361, rigo 24: Roma p. 361, rigo 30: Non so come Bramantino possa essere scol(ar)o e figlio di Bramante317 p. 362, rigo 4: di Bramantino una Nontiata accanto alla porta del Luogo Pio incontro a S(an) Celso318. p. 362, rigo 11, nell’interlinea in corrispondenza di « fatto da lui in iscorto »: questo è di Bramante non di Bramantino319 p. 362, rigo 12: Una bella architettura e figure tengo nel mio libro320 p. 362, rigo 17, nel testo « il »è cassato e sostituito con « di » in corrispondenza di « Marchesino Ostanesia »321 p. 363, rigo 1: In Loreto con Dom(eni)co da Venetia p. 363, rigo 16, in corrispondenza di « antichissimi », cassato: qu(and)o li fece erano moderni322. p. 363, rigo 20: [disegno a margine; Fig. 3] anche in un sepolcro di Donatello in Araceli vicino al pulpito vi è il corintio, e pure Bramantino lo fece in S(ant’) Ambrosio di Mil(an)o a tronconi323 p. 364, rigo 17: Anatomia. Il Pollajolo la cercò bene tra’ primi. p. 366, rigo 14, nell’interlinea in corrispondenza di « discepolo »: di Piero324 159-326: 230, 291-293) e condivideva con lui gli interessi artistici, poiché era in contatto con Pietro da Cortona, dal quale ricevette un San Girolamo attribuito al Correggio (D. L. Sparti, La casa di Pietro da Cortona. Architettura, accademia, atelier e officina, Roma 1997, pp. 85-86). 317   La postilla è anteriore alla scoperta dei documenti che rettificano l’errore vasariano riguardo la cronologia dei due pittori (si vedano le postille a Riserva pp. 287, rigo 5; 360, rigo 24; 361, rigo 31; 362, nel margine superiore, e note relative). 318   Si veda la postilla a Riserva p. 362 rigo 27 e nota relativa. 319  Probabilmente sulla scorta di fonti note al Resta quali Scannelli (Microcosmo cit., p. 271) e Santagostino (L’immortalità cit., p. 41), Resta ascrive qui a Bramante la lunetta di Bramantino con il Cristo morto già sopra la porta della chiesa milanese di San Sepolcro, dove la ricordava Vasari, e oggi nella Pinacoteca Ambrosiana (G. Agosti, J. Stoppa in Bramantino cit., cat. 2 pp. 100-109). 320  Tra i materiali grafici della raccolta Resta, non è rintracciabile uno studio architettonico con figure riferito a Bramantino. 321   Resta interviene sull’espressione vasariana « in casa il Marchesino Ostanesia » (cioè Marchesino Stanga). 322   L’intervento sul testo e il commento si riferiscono alla descrizione vasariana del ciclo di affreschi di Piero della Francesca con Storie della Vera Croce in San Francesco ad Arezzo, nel quale Vasari ricordava « molti ritratti di naturale antichissimi e vivissimi ». 323   Vedi le postille a Riserva p. 362, nel margine inferiore; Cicognara pp. 334 nel margine inferiore; 345 rigo 1, e note relative. 324   L’intervento di Resta concerne l’affermazione di Vasari « fu suo discepolo un Piero da Castel della Pieve ».

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Fig. 25 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. III, p. 366.

p. 366, nel margine inferiore [disegno a margine] (Fig. 25): Piero della Francesca cieco di 60, morì di 86. Geometra eccellentissimo. ––> Lorentino d’ Angelo Pietro da Castello della Pieve Luca Signorelli da Cortona Fra Giovanni da Fiesole pittor fiorentino p. 367, accanto al titolo della biografia: 1386, 1455 p. 368, rigo 14, con sottolineatura di « Nicolò V »: Nicola V dal 1446 al 1455 p. 369, rigo 30: Fiorenza p. 370, rigo 10: Orvieto p. 370, rigo 31: in Roma la capella e papa Nicola p. 370, nel margine inferiore: Minerva l’altar maggiore una Nonciata trasportata sotto[?] al muro325 p. 371, rigo 8: Arciv(escovad)o di Fiorenza p. 371, rigo 20: Fece fare S(anto) Ant(onin)o p. 372, rigo 5 in corrispondenza di « tondo », cassato: piano326

325 326

  Si veda la postilla a Riserva p. 370, rigo 34, e nota relativa.   Si veda la postilla a Riserva p. 372, rigo 5, nell’interlinea, e nota relativa.

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p. 372, sotto i versi dell’epitaffio dell’Angelico: Adesso l’hanno messo al muro nel fabricar la sepoltura sopra la porta, havendo io dato monito al cav(alier) Rainaldi di collocarlo nella mutatione del pavim(ent)o, sul nuovo basale sopra l’aqua s(ant)a327 Lazzaro Vasari aretino pittore p. 373, rigo 16: In S(an) Gimignano, in Arezzo p. 373, rigo 23: Monte Pulciano p. 373, rigo 25: In Castillione p. 373, rigo 30: Firenze Leonbatista Alberti architetto fiorentino p. 378, rigo 2: A Rimini p. 378, rigo 4: Padova p. 378, rigo 6: Mantova Antonello da Messina pittore p. 380, dal rigo 25 al margine inferiore (Fig. 26): al tempo del Re Alfonso p(rim)o Gio(vanni) da Brugia Ruggeri da Brugia Ausse Antonello andò in Fiandra per imparare il colorire di Gio(vanni) da Brugia concorreva in Venetia M(aestro) Domenico da Venetia, cui Antonello insegnò il secreto Andrea del Castagno p. 381, rigo 13: Inventione dell’oglio di lino e noci. Il co(nte) d’Uzeda, V(ice)rè di Sicilia in Palermo, 1690, comprò una Madonna di328 327  Si veda la postilla a Riserva p. 372, rigo 5, nell’interlinea, e nota relativa. Resta ripete la vicenda dello spostamento del sepolcro dell’Angelico, fornendone circostanziate coordinate relative alla nuova posizione, anche in numerose note ai suoi disegni (Lansdowne 802 b 4; i 15; una similare iscrizione è vergata dal Resta su un foglio attribuito all’Angelico raffigurante San Luca nel verso e San Matteo nel recto – con attribuzione al Gozzoli – donato all’oratoriano da padre Morelli e incluso nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi (Lansdowne 802 g 25; Cambridge, The Fitzwilliam Museum, inv. 3006 b: cfr. Scrase, Italian Drawings cit., cat. 15 p. 14). 328  Resta fa riferimento nella postilla a Giovan Francesco Pacheco, duca di Uzeda e viceré di Sicilia dal 1687 al 1696, nonché ambasciatore spagnolo a Roma tra il 1699 e il 1709. Dalle note contenute nel volume Secolo d’Oro sappiamo che nel settembre del 1689 Resta ricevette dal pittore Gianguzzi notizie sull’acquisto da parte del viceré di un dipinto di Vincenzo Romano (da Pavia) raffigurante il « Paradiso e l’Inferno di palmi 12 » (Lansdowne

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fig. 26 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. III, p. 380.

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p. 382, rigo 21: Ferdinando d’Aragona Re muore 1414 ––> Alfonso p(rim)o ––> Ferdinando muore 1449 ––> Federico d’Aragona Re ––> Duca di Calabria 1512 [...] p. 383, rigo 7: Napoli p. 384, rigo 34: fu contemporaneo d’ A(ndrea) Mantegna e suo scolaro329 p. 385, rigo 21: Alessio Baldovinetti fiorentino pittore p. 388, rigo 8, con sottolineatura di « un Todesco »: forse il todesco Israel m(aestr)o d’Alb(ert)o Duro330 p. 388, rigo 9: Il mosaico lo pratticò bene Dom(eni)co Ghirlandaio, suo scol(ar)o. p. 389, nel margine inferiore: Alessio Baldovinetti, 1366 1448 Graffione fiorentino Dom(eni)co Ghirlandaio 1449 1493 M(ichel) Angelo Buonarota come lo fai maestro di Ghirlandaio a carta 480?331 Vellano padovano scultore p. 391, rigo 25: [disegno a margine] p. 392, rigo 2: la statua equestre al Colleone a S(an) Gio(vanni) in Compedo[?] in Mil(an)o332

802 k 166). La dedizione al collezionismo d’arte del Pacheco è testimoniata anche dagli elenchi dei dipinti esposti nelle mostre a San Salvatore in Lauro redatti da Giuseppe Ghezzi, amico e consulente del duca (De Marchi, Mostre di quadri cit., ad indicem), al quale inoltre nel 1707 Resta tentò di vendere il volume dell’Anfiteatro Pittorico (Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., p. 240). 329  Il commento si riferisce alla menzione vasariana di « Francesco di Monsignore veronese », ovvero Francesco Bonsignori (ca. 1460-1519). 330  La postilla pertiene il passo in cui Vasari menziona « un todesco » che insegnò al Baldovinetti l’arte del mosaico; l’artista con cui il padre Resta propone dubitativamente di identificarlo è con ogni probabilità Israel van Meckenem, del quale Van Mander, The Lives cit., I, p. 90, fonte nota all’oratoriano, ricordava alcune stampe su cui aveva studiato da giovane Albrecht Dürer. 331   Confuso dagli estremi cronologici sbagliati che Vasari indica per Alesso Baldovinetti (1425-1499), del quale scrive che morì ottantenne nel 1448, Resta rimanda con stizza al passo della biografia di Ghirlandaio (1449-1494) in cui Baldovinetti è ricordato come suo maestro (Vasari, III, p. 484). 332   La menzione vasariana del monumento di Bartolomeo Colleoni nella Vita del Bellano e più avanti in quella del Verrocchio (vedi la postilla a Cicognara p. 466, rigo 14, e nota relativa) suggerisce al Resta il ricordo, che lui stesso dice non netto, di un’altra statua equestre vista in una chiesa di Milano; quest’ultima, benché sia impropriamente indicata,

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Fra Filippo Lippi pittor fiorentino p. 394, rigo 2: nella vita di Masaccio dice che Masaccio nacque del 1426 perché di 26 anni morì nell’anno 1443, e qui fra Filippo che nacque del 1371, morì del 1438, dice che da ragazzo guardava all’opera di Masaccio333 p. 395, rigo 14: Napoli p. 397, rigo 17: in Roma al Card(inale) Barbo p. 400, rigo 29, con sottolineatura di « Messer Allessandro »: Alexander de Alexandro p. 401, rigo 13: Spoleto p. 401, rigo 22, con sottolineatura di « fra Diamante lasciò in governo per testamento Filippo suo figliuolo, il quale fanciullo di dieci anni »: vedi l’error di calcolo a fol. 519334 Paulo Romano et Maestro Mino scultori p. 404, rigo 21: a Roma Chimenti Camicia architetto fiorentino p. 407, rigo 23: Pintelli p. 407, rigo 24: S(ant’) Ag(ostin)o, cominciato 1470 finito 1483 [disegno a margine]335 Andrea da ‘l Castagno di Mugello pittore p. 409, rigo 3: huomo invidioso p. 415, rigo 30: Ritratti d’huomini ill(ust)ri

è forse da identificare con San Giovanni in Conca, non più esistente, dove si conservava il grande monumento funebre di Bernabò Visconti a cavallo eseguito da Bonino da Campione e oggi nelle raccolte del Castello Sforzesco. 333  Questa annotazione sugli estremi biografici di Masaccio deve precedere quella di analogo contenuto nel volume Riserva (p. 288, rigo 21 e nota relativa). Mentre infatti qui Resta si limita a seguire le (erronee) indicazioni cronologiche del pittore trasmesse da Vasari, nella postilla dell’esemplare Riserva ragiona più dettagliatamente sulla questione, analogamente all’Orlandi nell’Abecedario del 1704. Si veda anche la postilla a Cicognara p. 288 rigo 22. 334   Il rimando è alla pagina della biografia di Filippino (1457-1504) dove Vasari dice il pittore morto a 45 anni nel 1505. 335  Dal 1479 al 1482-1483 fu in opera l’ampliamento della chiesa e del convento di Sant’Agostino da parte dell’architetto Jacopo da Pietrasanta, su commissione del cardinale Guillaume d’Estouteville (S. Magister, Jacopo da Pietrasanta, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2004, 62, pp. 81-83).

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Gentile da Fabriano et Vittore Pisanello pittori p. 417, rigo 14: B(eato) Gio(vanni) ––> Gentile ––> Jac(op)o Bellini p. 417, rigo 18: Roma p. 418, rigo 2: Pisa p. 418, rigo 9: A gubbio p. 418, rigo 11: Siena p. 418, rigo 12: Firenze p. 418, rigo 13: Perugia p. 418, rigo 14: Città Castello p. 418, rigo 15: Roma Benozzo pittore fiorentino p. 421, nel titolo della biografia, in corrispondenza di « Benozzo »: Gozzoli p. 421, rigo 14: Fra Gio(vanni) ––> Benozzo p. 422, nel margine superiore, continuando nel margine superiore della pagina successiva: V’è sbaglio che n(on) è di Sant’Ant(oni)o da Padova la Capella de Cesarini, ma di S(an) Bernardino, et l’abbate Tinti la descrive per la p(rim)a nell’ingresso d’Araceli a mano dritta. Se il fatto è così Benozzo era esatto disegnatore p(er) quei tempi perugineschi, sebene il Melozzi da Forlì che fece quella de S(anti) Apostoli è più maestoso336. p. 422, rigo 10: Araceli p. 422, rigo 10, con segno di richiamo nel margine interno: dicono che de’ Cesarini sia un’altra Capella ancora, cioè quella passata quella che hora è di S(ant’) Ant(oni)o ma è cosa più antica337. p. 422, rigo 15: 338 p. 423, rigo 3: Dell’uno e dell’altro io tengo339 Galasso ferrarese pittore p. 427, rigo 18: a oglio [disegno a margine] Antonio Rossellino scultore fiorentino p. 430, rigo 25: Napoli Mino scultore da Fiesole p. 439, righi 26-28, con sottolineatura di « il corpo di San Girolamo nella chiesa di Santa Maria Maggiore, con istorie di basso rilievo della vita sua, le quali egli condusse »: in S(ant)a M(ari)a Maggiore p. 440, rigo 1: sepoltura di Paolo II Barbo p. 440, rigo 6: sta in S(ant’) Andrea della Valle340 Ercole ferrarese pittore p. 442: Fra Filippo––> Benozzo ––> Cossa ––> Ercole ––> Guido p. 443, rigo 4: ... Benozzi ––> Cossa o Costa ––> Ercole da Ferrara p. 444, rigo 29: v’è in stampa341 p. 445, righi 19-21, è cassato nel testo « i quali a’ forestieri sempre per la invidia, che essi hanno avuto, portarono odio »342   Si veda la postilla a Cicognara p. 422, nel margine superiore, e nota relativa.   All’altezza della descrizione vasariana delle Storie del Vecchio Testamento dipinte da Benozzo nel Campo Santo di Pisa, Resta appone la glossa in cui comunica di avere alcuni disegni relativi agli affreschi, oggi non identificati. 340   La postilla si riferisce alla menzione vasariana della tomba di papa Paolo II (14641471) già nella vecchia basilica di San Pietro e oggi nelle Grotte Vaticane; il padre Resta la confonde con la tomba di papa Pio II (1458-1464), traslata nel 1614-1615 da San Pietro in Sant’Andrea della Valle. 341   La postilla si riferisce alla menzione vasariana degli affreschi di Ercole De Roberti della cappella Garganelli in San Petronio a Bologna, di cui non sono però note incisioni. È possibile che Resta avesse in mente la grande stampa tratta da Jerôme David nel 1630 dalla tavola di Ercole con l’Andata al Calvario oggi nella Gemäldegalerie di Dresda, scomparto di predella di un trittico già in San Giovanni in Monte: E. Borea, Lo specchio dell’arte italiana. Stampe in cinque secoli, Pisa 2009, I, p. 267 e II, tav. XXIII, 39. 342  Resta, da vero amico di Malvasia, interviene sul passo in cui Vasari racconta che Ercole era « molto odiato da i pittori bolognesi, i quali a’ forestieri sempre per la invidia che a essi hanno avuto, portarono odio ». Per i rapporti con lo storiografo bolognese si rinvia a Prosperi Valenti Rodinò, Resta e Malvasia cit.; Ead., Resta e la Felsina vindicata contra Vasarium, in Dilettanti cit., pp. 45-89. 338 339

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p. 446, nel margine inferiore: Fra Filippo ––>Benozzo Gozzoli ––> Lorenzo Cossa ––> Hercole ferrarese ––> Guido bolognese Iacopo, Giovanni, et Gentile Bellini, pittori veniziani p. 447, accanto al titolo della biografia: L’Autore dice poco bene di Jacopo Bellini, ma nel mio p(rim)o libro il disegno della gita di Cristo al Calvario mostra che fu molto valente e commendevole in figura e in architettura343 p. 447, rigo 20: Jacopo Bellini ––> Gio(vanni ), Gentile p. 447, righi 25-26, con sottolineatura di « A’ quali, poi che e’ furono cresciuti in età conveniente »: Donque Gentile e Gio(vanni) erano di poco l’uno di maggior età dell’altro344. p. 448, righi 5-7, con sottolineatura di « de figliuoli una storia che alcuni dicono »: il Vasario testis de auditu non probat345 p. 448, rigo 5: ergo cominciarono ad essere pittori circa l’istesso tempo p. 448, rigo 6, con segno di richiamo nel margine superiore, continuando nel margine della pagina successiva: […] dicono. Nota che qui il Vasario dice nella scola di S(an) Giovanni Vangelista, o vuol dire di S(an) Marco, perché il mio disegno di mano sua ha scritto così: Jacobus Belinus f., fu questa dentro in la scola de San Marco avanti di [...] et è appunto la p(rim)a storia della Croce, cioè l’uscita di Christo da Gerosolima346. p. 448, rigo 28: S(an) Giob p. 448, nel margine inferiore: hoggi questa tavola sta appesa ad un muro sotto la seconda nave della Chiesa347. p. 449, rigo 11: Jacomo Bellino ––> Gio(vanni) Bellino ––> Gerol(am)o Mocetto ––> Jacopo da Montagna padovano ––> Benedetto Coda da Fer343   Non risulta chiaro se il « primo libro » di cui parla Resta sia il primo volume della Serie Grande in Quattro tomi, oppure la prima opera da lui composta, non identificabile con certezza. Si può però indicare che nel primo tomo della Serie Grande era incluso un disegno di « Giacomo Bellini » di cui non viene specificato il soggetto (Lansdowne 802 g 24). 344   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari menziona i due figli di Jacopo Bellini ai quali « poi che e’ furono cresciuti in età conveniente, insegnò egli stesso con ogni accuratezza i principii del disegno ». 345   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari scrive che « Furono le prime cose che diedono più fama a Iacopo per gli aiuti de’ figliuoli una storia che alcuni dicono che è nella scuola di San Giovanni Vangelista ». 346   Resta trascrive l’iscrizione vergata sul disegno di sua proprietà; per una identificazione del foglio si rinvia al saggio di Prosperi Valenti Rodinò nel volume, p. 14. 347   La postilla pertiene la menzione vasariana della grande pala di Giovanni Bellini, già in San Francesco a Pesaro, ora conservata nel Museo Civico, mentre la cimasa è alla Pinacoteca Vaticana.

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rara in Rimini ––> Giorgione da Castelfranco ––> Rondinello da Ravenna che lavorò sempre seco p. 450, nel margine superiore: diversi disegni di que(st)e opere tengo io nel mio p(rim)o libro348 p. 450, rigo 3, con manicula: l’ho io349 p. 450, righi 17-19, con manicula: Papa nascosto p. 453, rigo 4: nato del 1421. Gentile muore di 80 anni del 1501350. p. 454, rigo 18, nel margine esterno: dicono anco Tiziano per qualche tempo351 p. 454, rigo 19, nel margine interno: Gio(vanni) Pedrino352 p. 454, nel margine inferiore: Gio(vanni) Bellini essendo morto di 90 anni, e nato poco p(rim)a di Gentile, se Gentile morì d’80 del 1501, egli sarà morto circa del 1509 o 1510 Cosimo Rosselli pittore fiorentino p. 456, rigo 1, con sottolineatura di « Pico »: Ritratto di Pico della Mirandola p. 456, rigo 5, nell’interlinea in corrispondenza di « fece », cassato: haveva fatto353 p. 456, rigo 12: questa l’ho io nel mio libro354 p. 457, rigo 19: Cosimo Rosselli ––> Pietro, Andrea   Cfr. la postilla a Riserva p. 450, rigo 12, e nota relativa.  Dalla descrizione vasariana della scena per la decorazione della Sala del Gran Consiglio, sembra che Resta possa riferirsi in particolare al disegno conservato nel primo tomo della Serie Grande raffigurante il « Porto d’Ancona dove smontarono l’imperatore e si trovò il doge per la pace d’Alessandro 3° » (Lansdowne 802 g 36), dall’oratoriano ascritto a Giovanni Bellini e oggi restituito al Carpaccio (London, British Museum, inv. 1897-4-10.1; A. E. Popham, Sebastiano Resta and his collection, in Old Master Drawings 11 (1936-1937), pp. 1-19: n. IX; Tietze, Tietze Conrat, The drawings of the Venetian cit., n. 615). 350   Resta segue l’errata indicazione vasariana che voleva Gentile Bellini morto nel 1501 (in realtà nel 1507). 351   Resta integra il nome di Tiziano all’elenco degli allievi di Giovanni Bellini raccolto da Vasari verso la fine della biografia. 352   Commentando il cenno di Vasari ai molti pittori lombardi attivi al tempo di Giorgione e dei quali « non iscade farne memoria », Resta appunta il nome del milanese Giovan Pietro Rizzoli detto il Giampietrino, non registrato nel libro vasariano. 353   Resta interviene sul passo in cui Vasari scrive che Cosimo Rosselli « fu con gli altri pittori chiamato a far l’opera che fece fare Sisto IIII Pontefice nella cappella del palazzo ». 354  La postilla è vergata in corrispondenza della menzione vasariana dell’Ultima Cena dipinta da Cosimo Rosselli nella Cappella Sistina. Il disegno cui allude Resta, raffigurante Tre Apostoli, e messo in relazione all’affresco del Rosselli, era incluso nel primo volume della Serie Grande (Lansdowne 802 g 62), ed è oggi conservato a Cambridge, The Fitzwilliam Museum (inv. 3019: Scrase, Italian drawings cit., cat. 523 p. 510, come copia dal Perugino: Bonardi, Disegni cit., p. 122). Il foglio fu donato all’oratoriano dall’amico Giuseppe Ghezzi nel 1687 (Prosperi Valenti Rodinò, Giuseppe Ghezzi cit., pp. 107-115: 113). Secondo Resta un analogo disegno dell’artista era nelle collezioni della regina Cristina di Svezia (Lansdowne 802 g 62). 348 349

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Andrea Verrocchio scultore fiorentino p. 461, accanto al titolo della biografia dopo « scultore »: pittore intagliatore musico p. 462, rigo 15: Roma p. 463, rigo 6, con sottolineatura di « ancor giovane »: nato del 1432, non era giovane, doppo haver servito Papa Sisto IV che fu Papa del 1471, sarà venuto dopo355. p. 463 rigo 8, nel testo « Antonio » è corretto in « Andrea »356 p. 463, rigo 16: sta in Roma probabilm(en)te due o tre anni sino al 1474. p. 464, righi 18-20, manicula p. 464, rigo 23: diverse pitture 1478 p. 465, righi 17-19, con sottolineatura di « Lionardo da Vinci, suo discepolo che era allora giovinetto, vi colorì un angelo di sua mano, il quale era molto meglio che le altre cose »: Nel mio p(rim)o tomo della serie tengo q(uest)o Battesimo; anzi dietro ad esso v’era l’Angelo di Leonardo, e l’incollatore del disegno non curandolo lo seppellì coll’incollatura. Nel mio quello Leonardo357 p. 466, rigo 7: Va a Venetia p. 466, rigo 10, con sottolineatura di « Bartolomeo da Bergamo »: Bartolomeo Coleoni morì del 1475. p. 466, rigo 12: Un’altra statua p. 466, rigo 14: a S(an) Gio(vanni) in Compedo[?] in Mil(an)o, o in altra chiesa che non mi ricordo. Quello di S(an) Gio(vanni) è di Paris Bada, o era. [disegno a margine]358 p. 468, rigo 5: fu m(aestr)o di Leonardo e di Pietro Perugino359

  Si veda la postilla a Riserva p. 463 righi 5-6, e nota relativa.   Resta corregge giustamente il lapsus di Vasari (si veda Note al testo, in Vasari, III, p. 674). 357   Per le notizie riguardanti il disegno attribuito al Verrocchio con il Battesimo di Cristo si rinvia alle postille a Riserva p. 465, rigo 18 e a Cicognara p. 565, rigo 17, e note relative. Dalla postilla al testo vasariano, avallata dal commento al disegno, inserito nel primo tomo della Serie Grande (Lansdowne 802 g 46: « colui mi ordinò i disegni in questo libro, non l’osservò e s’incollò cosi »), si apprende che l’oratoriano non aveva assemblato personalmente il libro, ma aveva incaricato un « incollatore » di farlo al suo posto, seguendo le indicazioni da lui stesso fornite. 358  Si veda la postilla a Cicognara p. 392, rigo 2 e nota relativa. Risulta impossibile identificare il personaggio nominato qui da Resta come « Paris Bada ». 359  La postilla è vergata in conclusione della biografia di Verrocchio, là dove Vasari menziona il solo Lorenzo di Credi quale suo discepolo. 355 356

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Lo Abate di San Clemente miniatore p. 469, rigo 7: lo fa morto del 1461, e fa che viva nella peste del 1468360. p. 469, rigo 19: in Roma p. 469, rigo 22: Arezzo p. 472, rigo 27: 83 p. 473, rigo 3: si mise a far il pittore del 1468361 p. 473, rigo 7, con sottolineatura di « MCCCLXI »: MCCCCLXI è fallata la stampa, mentre dipingeva del 1468 e dipinse sotto a Sisto. Come mai dipinse costui nella cappella di Sisto che fu Papa dal 1471 al 1484, il Vasario fa dipinger i morti?362 p. 473, rigo 8, sottolineatura di « MCCCCLXI » e aggiunta di « XX »363 Domenico Ghirlandaio pittore fiorentino p. 476 [per refuso di stampa numerata come 466], righi 10-12, con sottolineatura di « una tavola per lo altar maggiore con alcuni Santi, in compagnia di Nostra donna bellissima »: L’ho io nel mio p(rim)o libro364 p. 477 [per refuso di stampa numerata come 467], rigo 4, nel margine esterno: a Roma, Capella Sista p. 477 [per refuso di stampa numerata come 467], rigo 5, nel margine interno: Sisto IV morì del 1484 in circa, fatto Papa del 1471 p. 477 [per refuso di stampa numerata come 467], rigo 10, con sottolineatura di « oggi è guasta »: fu redipinta da un siciliano ….....365 360   Si veda la postilla a Riserva p. 469, rigo 19 e nota relativa. Resta è qui sviato dall’errore di Vasari che colloca la pestilenza nel 1468, anziché nel 1478. 361   Resta forza il senso del passo vasariano: « Venne la peste del MCCCCLXVIII, e non potendosi allora con molti praticare, lo Abate si diede a dipignere le figure grandi ». 362   Si veda la postilla a Riserva p. 469, rigo 19, e nota relativa. 363   L’intervento sul testo riguarda l’affermazione di Vasari secondo cui Bartolomeo della Gatta « Morì nel MCCCCLXI » (in realtà nel 1502). 364   Dal commento si apprende che Resta possedeva un disegno messo in relazione con la Sacra Conversazione degli Ingesuati del Ghirlandaio descritta dal Vasari (Firenze, Galleria degli Uffizi). Due disegni ritenuti dell’artista erano inclusi dall’oratoriano nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi, ma dalle sue note in margine alle opere, trascritte poi nel manoscritto Lansdowne 802, non si evincono notizie in merito al soggetto (Lansdowne 802 g 70, g 95). Ipotizzando che la generica menzione del « p(rim)o libro » del Resta sia riferita proprio al primo tomo della Serie Grande, possiamo supporre che il disegno di cui si discute sia quello ancora non identificato corrispondente alla nota g 70, poiché il secondo, il g 95, è oggi conservato alla Christ Church di Oxford e raffigura David con la testa di Golia (inv. 0057, Byam Shaw, Drawings by Old Masters cit., I, cat. 29 p. 40, II, tav. 23). 365  Il riferimento è al passo in cui Vasari ricorda la Resurrezione di Cristo affrescata da Domenico Ghirlandaio sulla parete di fondo della Cappella Sistina, che, guastatasi al principio degli anni venti del Cinquecento per il crollo dell’architrave della porta, fu ridipinta da Arrigo Fiammingo (Hendrick van der Broeck), come testimonia anche G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa

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p. 477 [per refuso di stampa numerata come 467], rigo 15: sono d’And(re)a del Verrocchio le statue366 p. 477 [per refuso di stampa numerata come 467], rigo 16: Capella de Tornabuoni alla sepoltura nella Minerva, S(an) Gio(vanni) p. 477 [per refuso di stampa numerata come 467], rigo 30: Fiorenza p. 480, rigo 13, con sottolineatura di « Baldovinetti, maestro di Domenico nella pittura »: Alessio Baldovinetti ––> Ghirlandaio Bastiano da S(an) Gimignano, Davide Ghirlandaio p. 480, nel margine inferiore: era morto Alessio p. 484, rigo 2, con sottolineatura di « si cava una scarpetta »: And(re)a Mantegna fece uno che si scalza una calzetta e Michelangelo pure celebrato nel suo Cartone367 p. 487, rigo 33, con sottolineatura di « XLIIII »: Sarà errore di stampa, sarà 64 LXIIII368 p. 487, nel margine inferiore, con segno di richiamo al rigo 33 « XLIIII »: donque se morì del 1499, nato era del 1449. Come donque dice esser stato scol(ar)o d’Alessio Baldovinetti che lo dà morto del 1448? Sarà nato circa al 1430369. p. 488, nel margine inferiore: alle molte opere e girar che fece non puol essere che vivesse solo 44 anni, tanto più che fu scol(ar)o del Baldovinetto che morì del 1448. Sì che bisogna che Domenico fosse al mondo prima, non d’un anno solo370. Sandro Botticello pittor fiorentino p. 491, rigo 15: Orefice Urbano Ottavo nel 1642, Roma, Nella stamperia d’Andrea Fei, 1642, p. 77, e non da un pittore siciliano, come annota Resta. Si veda F. Stastny, A note on two frescoes in the Sistine Chapel, in The Burlington Magazine CXXI (1979), pp. 777-783. 366   La postilla riguarda la menzione vasariana del ciclo di affreschi eseguito da Domenico Ghirlandaio in Santa Maria sopra Minerva e della « sepoltura nella Minerva, con alcune storie di marmo » di Francesca Tornabuoni, moglie di Giovanni, morta a Roma nel 1477. Resta specifica che la decorazione scultorea del sepolcro (di cui sopravvivono solo alcuni elementi divisi tra il Museo del Bargello a Firenze e il Museo Jacquemart-André di Parigi) era stata realizzata dal Verrocchio, come aveva spiegato Vasari stesso nella Vita di questi (III, pp. 534-535). 367   Si veda la postilla a Cicognara p. 511, righi 25-28, e nota relativa. 368   Resta ritiene di dovere correggere il testo di Vasari, che dice Domenico Ghirlandaio (1449-1494) morto ad « anni XLIIII », prolungando di un ventennio la sua vita. Vedi anche la postilla successiva. 369   Si veda la postilla precedente, e la nota relativa. Resta riprende l’erronea data di morte di Baldovinetti (1425-1499) da Vasari (III, p. 318). 370   Si vedano le postille precedenti e le note relative.

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p. 491, righi 17-19, sottolineatura di « era in quella età una dimestichezza grandissima tra gli orefici et i pittori », e manicula Fra Filippo ––> Sandro p. 492, righi 15-16, sottolineatura di « San Marco una Incoronazione di Nostra Donna in una tavola et un coro d’angeli », e manicula p. 494, rigo 12: Roma p. 494, rigo 17: capo della Capella Sista p. 494, rigo 30: Fiorenza Antonio et Piero Pollaiuoli, pittori et scultori fiorentini p. 501, rigo 5: io n’ ho uno che attribuiscono a Mantegna, e dubito sia greco371 p. 502, rigo 4: a Roma doppo Sisto p. 502, rigo 12: 1498 Benedetto da Maiano scultore p. 504, rigo 21: comessure in legno di Paolo Uccello e Brunelleschi p. 506, rigo 18, con sottolineatura di « Dante Alighieri e M. Francesco »: Dante e Petrarca Andrea Mantegna mantovano p. 508, accanto al titolo della biografia: 2° maestro del Correggio doppo il Frari372 p. 509, rigo 10: era padovano, ma condotto in Mantova dal m(arche)se Franc(esc)o. Imparò in Mantova da Jacopo Squarcione373. p. 510, nel margine superiore: [disegno a margine] p. 511, rigo 12: venne a Roma sotto Innoc(enzo) 8°. p. 511, righi 25-28, con sottolineatura di « che si cava una calza che per essersi per il sudore appiccata alla gamba, colui la tira a rovescio », appoggiandosela all’altro stinco », e manicula: Io ho hauto hoggi 17 sett(emb)re 1684 il disegno di questa figura che si cava la calza fatta in tre modi. Era nello studio del q(uonda)m [spazio bianco lasciato dal Resta] Vicentino del cui figlie heredi venditrici sono di Città Castello374. 371   In corrispondenza della descrizione vasariana della Lotta tra Ercole e Anteo raffigurata dal Pollaiolo, Resta comunica di avere un disegno, probabilmente di tale soggetto, considerato da alcuni conoscitori di Mantegna, e dall’oratoriano invece ritenuto forse antico. 372   Si veda la postilla a Riserva p. 512, rigo 23, e nota relativa. 373   Il nome del pittore e collezionista di antichità Squarcione è Francesco e non Jacopo. Inoltre l’apprendistato del Mantegna presso quest’ultimo si svolse a Padova. Vedi qui le postille a Riserva pp. 508, accanto al titolo della biografia; 512 righi 20-21, e note relative. 374   Non è identificato il disegno attribuito al Mantegna e raffigurante un Uomo che si toglie

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p. 512, rigo 9: Padova p. 512, rigo 13: Mantova Filippo Lippi pittor fiorentino p. 514, rigo 3: fra Filippo p. 514, rigo 5: scolaro di Sandro p. 514, rigo 8: Filippo p. 516, rigo 9: ricusò d’andare in Ungaria p. 516, rigo 13: m(an)dò a Genova, Bologna p. 516, rigo 28: a Roma p. 517, rigo 1: in Roma p. 517, rigo 3: Io l’ho375 p. 517, rigo 4: Minerva, card(inale) Carafa p. 517, rigo 6: Fiorenza p. 517, rigo 9: a Roma p. 517, rigo 12: adesso non v’è più376 p. 517, rigo 16: pittori de migliori di Roma una calza, citato dal Resta in più occasioni (postille a Riserva p. 511, rigo 32; a Cicognara, p. 484, rigo 2 e note relative; si veda anche G. Agosti, Su Mantegna, I. La storia dell’arte libera la testa, Milano 2005, pp. 325, 328 nota 18). Esso proveniva dalla raccolta dell’editore vicentino Pietro Stefanoni, famoso per aver dato alle stampe buona parte delle incisioni dei Carracci (I. Rossi, Pietro Stefanoni e Ulisse Aldrovandi: relazioni erudite tra Bologna e Napoli, in Studi di Memofonte 8 (2012), pp. 3-30). Ciò che sappiamo della ricca raccolta di grafica e della sua vendita da parte delle figlie dello Stefanoni proviene proprio dagli scritti di Resta (Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 19; I. Rossi, Sulle tracce dell’« immenso studio » di Pietro Stefanoni. Entità e dispersione, in Horti Hesperidum 4, 2014 (= Studi sul disegno italiano tra connoisseurship e collezionismo, a cura di F. Grisolia, pp. 141-206). L’alienazione « del gran studio » dell’editore avvenne alla « Trinità dei Pellegrini » (Lansdowne 802 k 278; cfr. la postilla a Riserva p. 886, rigo 8, e nota relativa) prima del novembre del 1689, data indicata sulla teca del cartone della Maddalena, creduto di Tiziano, proveniente dalla collezione di Città di Castello (S. Prosperi Valenti Rodinò, Postille a padre Sebastiano Resta, in Paragone 40 (2001), pp. 60-86: p. 74). Il cartone fu venduto probabilmente dalla figlia Marzia, erede usufruttuaria dei beni del marito Giovanni Thurin di Lusarches, tra cui diverse proprietà nella zona compresa tra la cittadina e Borgo San Sepolcro, dove la donna risiedette negli ultimi anni della sua vita e dove morì nei primi mesi del 1688 (Rossi, Sulle tracce dell’« immenso studio » cit., pp. 169-178). Grazie alla postilla in esame si può far retrocedere al 1684 la data del primo acquisto dei fogli Stefanoni che, a quanto si evince dai commenti ai disegni del Resta e dalle lettere inviate al Magnavacca, dovette svolgersi in periodi diversi (Correggio, tomo I, lettera n. 56, 8 novembre 1698; III, n. 23, 17 agosto 1709). Per altri disegni della raccolta Stefanoni, poi confluiti nelle collezioni del Resta, si rinvia a Riserva p. 517, rigo 2; p. 886, rigo 8; Cicognara p. 517, rigo 3, e note relative. 375   Per i disegni di Filippino Lippi messi in relazione dal Resta con gli affreschi della cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva, citata da Vasari nel passo in corrispondenza di questa annotazione, si rinvia alla postilla a Riserva p. 517, rigo 2. 376   Si veda la postilla a Riserva p. 517, rigo 10, e nota relativa.

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p. 517, rigo 20: Fiorenza p. 519, rigo 2: Se alla morte del p(ad)re haveva 10 anni e ’l p(ad)re morì del 1438, donque nacque questo del 1428, e se così è come nel 1505 che qui dice che morì haveva solo anni 45? vedi fol. 401, vuol dire di 67377 p. 519, rigo 11, con sottolineatura di « XLV » e manicula: dica LXVII378 p. 519, rigo 15: la finì Leon(ard)o379 Luca Signorelli da Cortona pittore p. 520, rigo 22: Pietro della Francesca ––> Luca Signorelli p. 521, rigo 5: Arezzo p. 522, rigo 5: Cortona p. 522, rigo 14: Castiglione p. 522, rigo 19: Siena p. 522, rigo 23: Fiorenza p. 522, rigo 34: Chiusuri p. 523, rigo 5: Orvieto p. 523, rigo 24: in Roma papa Sisto p. 523, rigo 32: Capella Sista p. 524, rigo 3: Arezzo p. 524, rigo 8: in Cortona Bernardino Pinturicchio pittore p. 525, rigo 15: Pio 2° Picolomini 1458 al 1464 p. 525, rigo 20: Pio 3° fu 1503 al 1503 p. 525, rigo 26: Raffaele nato del 1483 p. 525, nel margine inferiore: Pietro Perugino ––>Pintoricchio, Rafaele p. 526, rigo 25: è assai buona380 377   Il rimando della postilla è al passo della Vita di Filippo Lippi in cui Vasari (III, p. 339) diceva erroneamente quest’ultimo, scomparso in realtà nel 1469, morto nel 1438. Vedi la postilla a Riserva, p. 519, rigo 11 e nota relativa. 378   Sviato dall’errore di Vasari sulla data di morte di Filippo Lippi (vedi nota precedente), Resta mette in discussione l’indicazione fornita nel testo sulla morte del figlio Filippino « nell’età di XLV anni ». 379   Il commento riguarda la Deposizione per la Santissima Annunziata, su cui si veda la postilla a Riserva p. 519, rigo 6, e nota relativa, ma qui Resta si confonde affermando che il dipinto fu terminato da Leonardo. 380  Il commento riguarda la menzione vasariana dell’Assunzione di Pinturicchio, ora nel Museo Nazionale di Capodimonte, già in Sant’Anna dei Lombardi a Napoli, dove evidentemente Resta poté vederla durante uno dei numerosi soggiorni partenopei (si vedano, postille a Riserva p. 731, rigo 13; 829, rigo 22; 851, rigo 19).

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p. 526, rigo 31, con sottolineatura di « in Araceli dipinse la cappella di San Bernardino »: altrove dice essere del Benozzi. Una di q(ues)te, la prima entrando al Popolo, l’ho io nel libro381 p. 526, margine inferiore: Pro parte Benozzi in faccia, dai lati Pinturicchio382 p. 527, rigo 4: [disegno a margine] ducati 500 di cam(er)a p. 527, rigo 14: ergo nacque del 1456383 p. 527, rigo 17: Benedetto p. 527, rigo 25: Pistoia p. 528, rigo 3: D(omeni)co Ghirl(andai)o ––> M(ichel) Angelo Iacopo detto l’Indaco p. 528, rigo 14: in Roma S(ant’) Ag(ostin)o p. 528, nel margine inferiore: questi non v’è più perché vi si è fabricata la sagrestia dietro serrata la porta e fatta una capella384 Francesco Francia bolognese pittore p. 531, righi 6-7: Caradosso fece la medaglia di Bramante385 p. 534, rigo 10, con sottolineatura di « Giovanni battezza Christo »: io l’ho386 381   Si veda la postilla a Riserva p. 526, rigo 32, e nota relativa. Il disegno raffigurante una Natività, oggi conservato al British Museum di Londra (inv. 1860-6-16-79; cfr. Popham, Pouncey, Italian Drawings cit., cat. 59 p. 41, tav. LIX, con attribuzione a Bernardino Fungai), era inserito nel primo volume della Serie Grande in Quattro tomi (Lansdowne 802 g 124: « Bernardino Pinturicchio […]: Quest’opera la dipinse al primo altare entrando a m.o destra in S.a Maria del Popolo in Roma »; Bonardi, Disegni cit., p. 122). 382  Si vedano le postille a Riserva p. 526, rigo 32; e a Cicognara p. 422, nel margine superiore, e note relative. 383   La deduzione di Resta sulla data di nascita di Pinturicchio è frutto della combinazione dei dati forniti da Vasari, che lo dice morto a Siena « a la età d’anni LIX », constatando che « furono le pitture sue circa l’anno MDXIII » (data di morte del pittore). 384  Il commento pertiene il ricordo nel testo vasariano della decorazione della prima cappella a destra nella chiesa di Sant’Agostino a Roma ad opera di Jacopo Torni detto l’Indaco; tuttavia Vasari era in errore, perché il ciclo di affreschi di Jacopo si trovava nella prima cappella sulla sinistra: M. Zurla, Jacopo Torni detto l’Indaco, pittore e scultore tra Italia e Spagna, in Proporzioni XI-XII (2010-2011), pp. 39-68: 41-43. 385   Resta si riferisce al passo in cui Vasari ricordava le medaglie ad opera del Francia « della testa di Papa Iulio II che stettono a paragone di quelle di Caradosso»; l’allusione è con ogni probabilità alla medaglia recante nel recto il ritratto di papa della Rovere e nel verso il progetto di Bramante per San Pietro. 386   Nella postilla probabilmente Resta fa riferimento al disegno attribuito al Francia e raffigurante il Battesimo di Cristo, parte del volume Trattenimenti Pittorici, ed individuato da Annamaria Petrioli Tofani nei fondi del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 1449 F: Petrioli Tofani, L’inventario settecentesco cit., p. 968 nr. 18 come Francesco Francia?).

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p. 536, righi 22-25, sottolineatura di « avvenne appresso che Raffaello fece in Roma per il Cardinal Santi IIII una tavola di Santa Cecilia, che si aveva a mandare in Bologna per porsi in una cappella », e manicula. p. 537, righi 6-7, con sottolineatura di « si accorò di dolore e fra brevissimo tempo se ne morì », manicula: lo nega assolutam(en)te il Co(nte) Malvasia e gli altri bolognesi. Quest’anno 1691 di febbr(ai)o me ne fo mandar un disegno fatto di q(ue)l tempo da Innoc(enzo) da Imola di aquarella e biacca p(er) aggiungere alla mia serie nel tomo 2, me la manda da Bologna il medico Martelli387. Vittore Scarpaccia et altri pittori veniziani p. 539, rigo 2: con i disegni di Gio(vanni) Bellini io li ho388. p. 539, rigo 12-13: Vinc(enzo) Catena Retrattista p. 539, rigo 19: manicula p. 539, righi 28-29, con manicula: io l’ho389. p. 540, rigo 21:

387   In corrispondenza della descrizione vasariana della Santa Cecilia di Raffaello e della reazione del Francia alla vista dell’opera, Resta cita la smentita di Malvasia a proposito della morte del pittore bolognese (si veda la postilla a Riserva p. 537, rigo 18, e nota relativa). Il disegno menzionato dall’oratoriano, non identificato, ma molto probabilmente copia dalla Santa Cecilia, inserito nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 223), gli fu inviato nel febbraio 1691, al ritorno dal suo viaggio in Lombardia, dal medico e collezionista bolognese Giovanni Battista Martelli (M. R. Pizzoni, Resta e Magnavacca, conoscitori e collezionisti tra Roma e Bologna, in Dilettanti del disegno cit., pp. 91-132: 102). 388  Resta nella postilla in esame fa riferimento ai disegni di Carpaccio e di Giovanni Bellini che, come si è appurato, possedeva in gran quantità nel primo tomo della Serie Grande (disegni attribuiti dal filippino a Carpaccio: Lansdowne 802 g 44, 105, non identificati, e g 56-58 oggi al British Museum inv. T, 12.8: cfr. le postille a Riserva pp. 450, rigo 12; a Cicognara p. 450, nel margine superiore, e nota relativa). In particolare, la glossa del Resta concerne la menzione vasariana dei teleri di Carpaccio per la Scuola di Sant’Orsola, dei quali egli possedeva due disegni autografi: uno inserito nel primo tomo della Serie Grande con attribuzione a Giovanni Bellini, ma con la specifica che fu fatto « dipingere a Vittor Scarpaccia suo dipendente in S. Gio e Paolo a tempera » (Lansdowne 802 g 35; Chatsworth, Devonshire collection, inv. 740 A, B: Tietze, Tietze Conrat, The drawings of the Venetian cit., n. 592; Jaffé, The Devonshire Collection of Italian drawings. Venetian cit., cat. 781) e l’altro raffigurante il Sogno di sant’Orsola, compreso nel volume Trattenimenti Pittorici, sciolto nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 1689 F), dove ancora mantiene l’attribuzione del Resta a Carpaccio (Agosti, Disegni del Rinascimento cit., p. 475). 389  Un disegno attribuito a Marco Basaiti e messo in relazione alla Pietà descritta da Vasari nella chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia era inserito nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 41), ed è oggi conservato alla Christ Church di Oxford (inv. 1268: Byam Shaw, Drawings by Old Masters cit., p. 193, n. 714, tav. 417, come scuola veneziana).

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p. 540, rigo 24-25, con sottolineatura di « Girolamo Romanino » e « buon disegnatore »: del Romanino il V(ice)ré M(arches)e del Carpio ha la Mad(onn)a che era del Card(inal) Scaglia, io ho un disegno di cattivo gusto390 Pietro Perugino pittore p. 542, nel margine superiore: Pietro nato del 1446, morto del 1524 d’anni 78. Andrea del Verrocchio nato del 1432, morto del 1488. Leonardo nato del 1461, morto di 75 del 1536391 p. 542, dopo il titolo della biografia: Scol(ar)o di And(re)a del Verrocchio e di Piero della Francesca p. 543, righi 9-10, con sottolineatura di « dipintore di Perugia »: se era il M(aestr)o Bernardino Bonfilio si era dozzinale, come si vede da una mia Pietà392. p. 544, righi 24-27, con sottolineatura di « studiò sotto la disciplina d’Andrea Verrocchio, e le prime sue figure furono fuor della porta al Prato, in San Martino alle monache, oggi ruinato per le guerre »: e Piero della Francesca di Borgo San Sepolcro393 p. 545, rigo 18: A Pinti a’ Gesuatti Cristo all’Orto p. 547, rigo 10, manicula p. 547, righi 21-22, manicula p. 547, rigo 24: Pavia 390  Nell’inventario del marchese del Carpio del 1682 è registrata una Madonna con il Bambino senza attribuzione, proveniente con certezza dalla collezione del cardinale Desiderio Scaglia (F. Rangoni Gàl, Fra’ Desiderio Scaglia, cardinale di Cremona. Un collezionista Inquisitore nella Roma del Seicento, Gravedona 2008, pp. 158-160; cfr. anche De Frutos, El templo de la Fama cit., p. 292). Oltre a una conoscenza della collezione Scaglia da parte del Resta (Fra’ Desiderio Scaglia cit., p. 159), si apprende dalle note manoscritte dell’oratoriano che alcuni disegni presenti nei suoi volumi provenivano da quella raccolta (Lansdowne 802 b 75 – Camillo Procaccini: cfr. Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 21; S. Prosperi Valenti Rodinò, ‘Bagatelle’ sparse d’Ambrogio Figino nella raccolta di Sebastiano Resta, in Paragone 109-110 (2013), pp. 64-89: 88, nota 79). Sull’eredità del cardinale Desiderio: Rangoni Gàl, Fra’ Desiderio Scaglia cit., pp. 115-117. 391   Gli estremi biografici che Resta dà qui per Perugino (circa 1452-1523) e Verrocchio (1435-1488) sono desunti dalle sue speculazioni sulla cronologia indicata nelle rispettive biografie (Vasari, III, p. 611 e pp. 542-543); per l’errore sulle date di nascita e morte di Leonardo si veda sopra la postilla a Riserva p. 983, rigo 20, e nota relativa. 392   Resta ipotizzava che il primo maestro del Perugino potesse essere Benedetto Bonfigli, artista di cui l’oratoriano sbaglia il nome, chiamandolo Bernardino (P. Scarpellini, Perugino, Milano 1991, pp. 10-11, 13-17). Il disegno qui descritto, può essere identificato con la « Pietà in Paese », attribuita a « Benedetto Bonfiglio Perugino, che fiorì qualche anno prima di Pietro Perugino », inclusa nell’Indice del Parnaso cit., p. 23. 393   In coincidenza della menzione vasariana di Verrocchio quale maestro di Perugino, Resta ribadisce che questi era stato anche allievo di Piero della Francesca (si vedano le postille a Riserva, pp. 366, rigo 14; 544, rigo 25; a Cicognara, p. 360, accanto al titolo della biografia, e note relative).

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p. 547, rigo 25: Napoli p. 547, rigo 28: io l’ho394 p. 547, nel margine inferiore, con sottolineatura di « mandò a Bologna a San Giovanni in monte una tavola con alcune figure ritte », manicula: io l’ho395 p. 548, rigo 3: Roma p. 548, righi 6-7, con sottolineatura di « Pietro della Gatta Abate di San Clemente », nel margine interno: D(on) Pietro della Gatta lo fa nato del 1461 e qui lo fa dipingere sotto Sisto Papa dal 1471 al (14)84396 p. 548, rigo 7, nel margine esterno: o lui o Bramante fecero a S(ant’) Ag(ostin)o in Cuppola397 p. 548, rigo 16: Io ho il Dio Padre uno de’ tondi [disegno a margine]398 p. 548, rigo 23: Perugia p. 549, nel margine superiore: questa bestia stordita dice che Leonardo era ito in Francia in tempo di Filippino, e dice che Filippino era morto del 1505, e nella Vita di Leonardo dice che venne a Roma nel 1513, e che doppo andò in Francia399. p. 549, rigo 12: Leonardo passò di Roma p(rim)a di andar in Francia del 1513 […] p. 549, righi 18-19, cassando il testo « che se ne era ito in Francia » : morì 1505 Filippino400 p. 551, rigo 22: Gaudenzio401 394   Il riferimento è alla menzione vasariana della tavola del Perugino con l’Assunzione della Vergine e gli apostoli per il Duomo di Napoli e allude forse ai disegni ritenuti da Resta preparatori per quest’opera (Lansdowne 802 g 87, The Art Institute of Chicago, inv. 1993.256.21: cfr. S. Folds McCullagh, L.M. Giles, Drawings Italian before 1600 in the Art Institute of Chicago, Chicago 1997, cat. 577 p. 363, come copia da Perugino; Bora, I disegni cit., cat. 13/2). 395   Resta si riferisce probabilmente alla Madonna in gloria e santi realizzata da Perugino per la chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna (oggi nella Pinacoteca Nazionale), descritta da Vasari, della quale comunica di avere un disegno, attualmente non rintracciato. 396   Si vedano le postille a Riserva pp. 469, rigo 19, e nota relativa; 473, rigo 8. 397  Resta propone di assegnare a Perugino o a Bramante la decorazione della cupola quattrocentesca di Sant’Agostino a Roma, andata distrutta con la ristrutturazione vanvitelliana della chiesa alla metà del Settecento. È possibile si tratti degli stessi affreschi che G. Mancini (Considerazioni sulla pittura, pubblicate per la prima volta da A. Marucchi con il commento di L. Salerno, Roma 1956 [Accademia Nazionale dei Lincei. Fonti e documenti inediti per la storia dell’arte, 1], I, pp. 186, 282) al principio degli anni venti del Seicento riferiva ad Antonio da Viterbo detto il Pastura (circa 1450 – ante 1516). 398  Questo disegno di proprietà Resta, e raffigurante probabilmente una parte della decorazione del Perugino sulla volta della Stanza dell’Incendio di Borgo, ricordata dal Vasari in prossimità della postilla, non risulta identificabile tra quelli noti come appartenuti all’oratoriano. 399   Si veda la postilla a Riserva p. 549, rigo 18 e nota relativa. 400   Si veda la postilla a Cicognara p. 549, nel margine superiore. 401   Resta integra il nome di Gaudenzio al gruppo di allievi di Perugino ricordato qui da Vasari; per l’erronea convinzione dell’oratoriano in merito a tale rapporto di discepolato si

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p. 551, nel margine inferiore: Un Andrea Aluigi d(ett)o l’Ingegno suo scol(ar)o402 p. 552, righi 5-6, con sottolineatura di « fino che venne la maniera di Michele Agnolo Buonaroti », e manicula: Dice che Pietro morì del 1524 cioè quattr’anni dopo la morte di Rafaele, nel qual tempo Michelangelo haveva più di 40 anni, donque male spieghi che durò la maniera di Pietro sino alla venuta di M(ichel) Angelo, che era già venuto. E poi Rafaele dove lo lascia? p. 552, nel margine inferiore: Si potrebbe aggiongere la Vita dello Zingaro che in Napoli poco p(rim)a e nel tempo di Pietro Perugino fioriva, fece molte opere p(er) q(ue)lla Città, e principalm(en)te nelli claustri di S(an) Severino, ma ivi si osservi che certam(en)te ivi adoprò de suoi scolari. La più bella cosa di suo è una Crocifissione di Cristo in Vietri, città poco discosta da Napoli, q(ue)lla tira al Perugino nella proporzione, ma di maggior tondezza e pastosità. Doppo q(ue)llo vi fiorirono due valenti huomini M(arc)o Calabrese, e più di lui Andrea da Salerno grand’imitator di Raffaele e suo403 Cicognara IV. 2390, III Sul verso del primo foglio di guardia di mano di Giuseppe Bossi: Postille molte sono del P(adre) Sebastiano Resta Sul secondo foglio di guardia, dove il padre Resta ha ricomposto una sorta di frontespizio (Fig. 21): Secondo Tomo Delle Vite de Pittori et Scultori etc. del Secol d’oro. Questo tomo porta al secolo nel q(ua)le l’arte si mutò di maniera dall’antica alla moderna. Il secolo precedente preparò i sementi, e questo eresse la fabbrica. In quello si faticò nelle dispositioni; in questo si introdusse la forma della total Perfettione. Il fanale più chiaro et il motore più imediato a tal vedano le postille a Riserva pp. 640, rigo 18; 728, rigo 20, e note relative. 402   Come Resta specifica nel volume Parnaso de’ Pittori, il nome di questo collaboratore di Perugino, già segnalato nella biografia giuntina di Pietro, gli veniva ricordato anche dalla guida di Perugia scritta dall’amico Giovan Francesco Morelli (Brevi notizie delle pitture, e sculture cit., p. 157; Lansdowne 802, i 43; Resta, Indice del libro intitolato Parnaso cit., pp. 26-27). Si veda la postilla a Riserva p. 550, righi 15-16. 403   Resta trae con ogni probabilità l’attribuzione delle Storie di san Benedetto nel chiostro della chiesa di San Severino a Napoli alla personalità dello Zingaro, e le generiche indicazioni cronologiche di cui dispone su questo pittore, da Celano, Notitie cit., III, p. 227. Nulla si sa della Crocifissione vista a Vietri dal padre Resta, e citata con enfasi anche in una nota di commento ad un disegno creduto di Andrea Sabatini nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 116); per altre sue considerazioni su Marco Cardisco, Andrea da Salerno e la pittura napoletana del Cinquecento si vedano le postille a Riserva p. 832, nel margine inferiore; a Cicognara pp. 585, nel margine inferiore; 831, accanto al titolo della biografia; 831 rigo 20, e note relative.

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passaggio da stile in stile fu Leonardo da Vinci, , il Mantegna, p(er) la Lombardia; P(ietro) Perugino p(er) Roma; Ghirlandaio e Verrocchio p(er) Firenze doppo il Masaccio, Donatello, fra Filippo; Gio(vanni) Bellini per Venetia, sono pietre di fianco di q(ue)sta fabrica nella parte antica moderna, dove son stati mirabili tra loro per i tempi Giotto e doppo q(ue)l secolo Masaccio e Donatello. Ma di tutti il Bramantino di Mil(an)o che anco in tempo di Piero della Francesca rischiarò il passato secolo. M(ichel) Angelo, Rafaele, Correggio, Giorgione, Titiano sono pietre totalm(en)te della facciata moderna. Ma la pietra angolare che toccava da una parte e dall’altra, sorreggendo tutto l’ordine e mostrando in sé tutto il bello e il buono del moderno, fu Leonardo, a cui guardarono e da cui si regolarono tutte le scole dell’Italia, hora maestra del Mondo. In Leonardo restò corretto l’antico e si formò il punto p(er) direttione e perfettione del modo moderno q(ua)le durò p(er) 50 anni in auge e cessò ne Zuccari e si rihebbe nei Carracci, e hora si diffonde e confonde404. In Firenze 1550. Sullo stesso foglio: Il Vasari vivente al tempo di Titiano, fol. 581405 Lionardo da Vinci pittore et scultore fiorentino p. 562, nel titolo della biografia: et architetto della cuppola nella Mad(onn)a delle Gratie di Mil(an)o406 p. 562, righi 16-17, con sottolineatura di «difficili, con facilità le rendeva assolute»: altrove qui abbasso dice che Leonardo lasciava le op(er)e imperfette407 404  In queste pagine di apertura Resta ripercorre gli sviluppi della « maniera moderna » delineati da Vasari a partire dalla personalità di Leonardo, secondo Resta « pietra angolare tra il secolo antico e ‘l moderno » (Lansdowne 802 f 29-30), ma ridefinisce il tracciato storico vasariano secondo il criterio delle scuole pittoriche locali. Ai nomi dei maestri additati dall’aretino quali responsabili di passaggi cruciali per l’arte quattrocentesca, Resta aggiunge con faziosità filolombarda quello di Bramantino, che qui egli crede ancora contemporaneo di Piero della Francesca (e infatti ne espunge poi il nome). Si vedano le postille a Riserva pp. 360, rigo 24; 361, rigo 31, e note relative. Per le ulteriori considerazioni di Resta sulla periodizzazione della storia della pittura tardo-cinquecentesca, declinata con gli Zuccari e risorta con la riforma carraccesca, si rimanda ai saggi in questo volume e alla nota in Lansdowne 802 f 75. 405   Resta inserisce un richiamo alla pagina della Vita di Giorgione (Vasari, IV, p. 47) in cui Tiziano è evocato come artista vivente. 406   Cfr. la postilla a Riserva p. 576, rigo 29 e nota relativa. 407  Il commento del Resta è in riferimento al passo vasariano in cui è specificato che « non lodata mai a bastanza, era la grazia più che infinita in qualunque sua azzione; e tanta e sì fatta poi la virtù, che dovunque lo animo volse nelle cose difficili, con facilità le rendeva assolute ».

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p. 563, rigo 24: Andrea del Verrocchio ––> Leonardo da Vinci p. 565, righi 9-10, con sottolineatura di « Andrea del Verocchio, il quale faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo »: il disegno di q(ue)sta tavola senza l’angelo l’ho io e l’angelo sta dietro d’altro stile408 p. 565, rigo 10, con segno di richiamo dei righi da 8 a 16: io l’ho l’uno e l’altro409 p. 565, rigo 11, nel testo « che teneva alcune vesti » è modificato in « che si teneva le vesti »410 p. 565, rigo 17: adì 21 gen(nai)o 1684 hebbi il disegno di Leonardo del Battesimo suddetto donatomi dalla Illustrissima Duchessa di Palestrina411 p. 565, rigo 33: zio, non può dir zio412 p. 567, rigo 19, nell’interlinea in corrispondenza di « in breve », cassato: di lì ad anni413 p. 567, rigo 19: Francesco 414 408   Per il disegno a cui allude la postilla, secondo Resta raffigurante il Battesimo di Cristo di Verrocchio, si rinvia alla postilla a Riserva p. 465, rigo 18. 409  In prossimità della descrizione vasariana del Battesimo di Cristo di Verrocchio e dell’Angelo realizzato dal Leonardo, Resta comunica di avere i disegni di entrambi gli artisti: si rinvia alla nota precedente. 410   La correzione del Resta è al passo vasariano della descrizione del Battesimo di Cristo (si veda nota precedente) e, in particolar modo dell’« angelo, che teneva alcune vesti ». 411   Per il disegno evocato in questa postilla e rammentato anche nelle precedenti (vedi le due note a Cicognara p. 565, righi 9-10 e 10), si rinvia in particolare alla nota a Riserva p. 465, rigo 18. Il foglio era conservato nel primo volume della Serie in Quattro tomi, dove l’oratoriano spiega, in linea con il contenuto della glossa al Vasari, che il disegno gli era stato donato « dall’ecc.ma sig.ra principessa di N.N. che per modestia vuole essere nominata per adesso », da identificare con la principessa di Palestrina qui menzionata (Lansdowne 802 g 46; g 138; Resta, Correggio cit., p. 35; Warwick, The Arts of Collecting cit., p. 30, 202 nota 48). Prendendo in considerazione le date in cui Resta cita la nobildonna, per la prima volta nel 1684 nella postilla in esame e ancora in una lettera al Magnavacca nel novembre 1709 (Correggio, III, lettera n. 27, 16 novembre 1709), si può ipotizzare che si tratti di Olimpia Giustiniani (16411729), dal 1653 moglie di Maffeo Barberini (1631-1685), secondo principe di Palestrina e pronipote di Urbano VIII (R. Ago, Le stanze di Olimpia. La principessa Giustiniani Barberini e il linguaggio delle cose, in I linguaggi del potere nell’età barocca. Donne e sfera pubblica, a cura di F. Cantù, Roma 2009, pp. 171-195). 412   Resta contesta il rapporto di parentela erroneamente indicato da Vasari tra Leonardo e Ser Piero da Vinci, in realtà padre dell’artista, seguendo probabilmente la rettifica che lo storiografo aretino stesso aveva apportato nella redazione giuntina di questa biografia (Vasari, IV, p. 16). 413   Resta interviene sul testo là dove Vasari racconta della « rotella » dipinta dal giovanissimo Leonardo che « in breve […] pervenne a le mani di Francesco Duca di Milano » (la erronea menzione di Francesco Sforza, morto nel 1466, verrà soppressa nella redazione giuntina della Vita vinciana: Vasari, IV, p. 22), ma si imbroglia ulteriormente nella ricostruzione cronologica; vedi anche la postilla a Riserva p. 567, rigo 19, e nota relativa. 414   Si rinvia alle postille a Riserva pp. 567, rigo 19; 568 rigo 6, e note relative.

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p. 567, rigo 22, nell’interlinea in corrispondenza di « ch’era »: di poi415 p. 568, rigo 3: A Milano p. 568, rigo 6, nell’interlinea, in corrispondenza di « a ‘l Duca Francesco », cassato: al duca Lodovico il Moro416 p. 568, rigo 6: Averti che q(ue)sto Francesco non può essere p(er)ché q(ua)ndo morì Francesco p(rim)o duca di Mil(an)o Leonardo haveva solo cinque anni d’età. Né meno può dire Galeazzo Maria fr(at)ello maggiore di Lod(ovic)o il Moro p(er)ché pure Leonardo non havrebbe havuto se non 14 anni q(ua)ndo Galeazzo fu amazzato e non è credibile che restato dopo la morte di lui si fermasse al servizio del duca Lodovico417. p. 568, nel margine inferiore: Il duca Francesco Sforza p(rim)o che fu duca 4° nacque del 1400, e morì del 1466. Così Galeazzo suo figlio fu amazzato del 1475. Vorrà dir Lodovico il Moro che del 1475 tornò da Francia, e morì prigioniero in Francia 1508418 p. 568, per traverso nel margine interno: il Fresne nella Vita di Leonardo nel Trattato suo della Pittura dice che il Cen(acol)o fu fatto a petitione di cavalieri milanesi alla venuta di Lodovico XII419. p. 569, nel margine superiore, con segno di richiamo alla postilla vergata sulla stessa pagina nel margine interno: Leonardo fuggito il Moro stette col Melzo suo scol(ar)o gentilhuomo a Vavero per alcun tempo (dicemi il S(ignor) David)420 415   L’intervento riguarda il passo in cui Vasari menziona la Madonna (verosimilmente quella detta del Garofano ora all’Alte Pinakothek di Monaco) « ch’era appresso Papa Clemente VII », segnalando la seriorità di questo passaggio di proprietà dell’opera rispetto al tempo della sua esecuzione. Si veda anche la postilla a Riserva p. 564, rigo 29, e nota relativa. 416   Si rinvia alle postille a Riserva pp. 567, rigo 19; 568 rigo 6, e note relative. 417   Si rinvia alle postille a Riserva pp. 567, rigo 19; 568 rigo 6, e note relative. 418   Si rinvia alle postille a Riserva pp. 567, rigo 19; 568 rigo 6, e note relative. 419  L’affermazione del padre Resta non trova riscontro nella Vita di Leonardo del Du Fresne premessa al Trattato cit. 420   La postilla testimonia uno scambio di informazioni tra Sebastiano Resta ed il pittore svizzero Ludovico Antonio David (per il quale si rinvia a G. Fossaluzza, Un ritrovamento per Lodovico Antonio David da Lugano: la Natività un tempo in San Silvestro a Venezia, circa 1680, in Arte Lombarda 164-165 (2012), pp. 167-186) allora impegnato in studi sulla biografia di Leonardo. La notizia della permanenza di Leonardo nella villa di Francesco Melzi a Vaprio d’Adda era con ogni probabilità nota al David attraverso la tradizione milanese, e specificatamente attraverso G. A. Mazenta, Le memorie di Leonardo da Vinci, ripubblicate ed illustrate da D. L. Gramatica, Milano 1919. Dalla corrispondenza tra David e Ludovico Antonio Muratori si evince che Resta e il pittore svizzero dovettero incontrarsi durante un viaggio fatto dal primo a Roma verosimilmente negli anni ottanta del Seicento, e tra i due dovette intercorrere anche uno scambio epistolare (G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena, Tipografia dell’erede Soliani, 1866, n. DXVII, pp. 520-522; si veda anche Bonardi, Resta e i disegni cit., pp. 135-137; Pizzoni, Resta e Magnavacca cit., pp. 110-112). Si veda anche la postilla a Cicognara p. 585 nel margine inferiore, e nota relativa.

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p. 569, rigo 6, nell’interlinea in corrispondenza di « fece »: anni dopo421 p. 569, rigo 7, nell’interlinea in corrispondenza di « Re di Francia »: Francesco p(rim)o nel 1518422 p. 569, rigo 7: Re Carlo di Francia chiamato a Mil(an)o da Lod(ovic)o il Moro 1493 succedendo poi a Gio(van) Galeazzo suo nipote q(ua)ndo morì del 1494. S’inimicò poi col Re p(rim)a del ritorno e lo condusse al Taro in lega del 1495423 p. 569, rigo 14, nell’interlinea in corrispondenza di « questa opera »: in tempo di Carlo VIII e Lod(ovico) XII424 p. 569, rigo 23, nell’interlinea in corrispondenza di « di Francia »: Lodovico XII 1499 d’ottobre425 p. 569, lungo il margine interno, con segno di richiamo al rigo 31, in corrispondenza di « ritornò a Fiorenza »: è credibile che nella fuga di Lod(ovic)o il Moro e figli del 1499. se ne partisse Leonardo da Milano. In Fiorenza di q(ue)sto tempo hebbe scol(ar)o Iacomo da Pontormo426 p. 569, rigo 31: torna a Fiorenza Leonardo da Vinci prima che Filippino morì del 1505427 p. 569, nel margine inferiore: Lodovico il Moro di cui ho il ritratto fuggì da Mil(an)o e mandò via i figli in Germania del 1499 poi fatto prigione del 1500 e morto in Francia del 1508. Allora Leonardo era tornato a Fiorenza428 421   La postilla è attinente al passo in cui Vasari scrive che la « incomparabile diligenzia » di Leonardo nella pittura del Cenacolo « fece venir voglia al Re di Francia di condurla nel regno »; Resta segnala correttamente la posteriorità di tale episodio, avvenuto al tempo di Ludovico XII, re di Francia dal 1498 al 1515, rispetto al compimento del dipinto. 422   Si veda la nota precedente. 423   Si veda la postilla precedente e nota relativa. Tuttavia qui Resta identifica erroneamente il sovrano cui allude Vasari in Carlo VIII, in carica dal 1483 al 1498. 424   La postilla è vergata in corrispondenza della menzione vasariana dalla commissione a Leonardo del monumento equestre in onore di Francesco Sforza, progetto cui il maestro attese durante il suo primo soggiorno lombardo. Si vedano anche le postille precedenti e le note relative. 425   Resta glossa l’affermazione di Vasari secondo cui, mentre Leonardo lavorava al progetto per il monumento equestre per Francesco Sforza « Venne al suo tempo in Milano il Re di Francia », identificando correttamente il sovrano in Ludovico XII. Si veda la nota precedente e la postilla a Riserva 569, rigo 21, e nota relativa. 426   Si veda la postilla a Riserva p. 569, rigo 30, e nota relativa. Per la notizia del discepolato di Pontormo presso Leonardo si veda la postilla a Riserva p. 742, rigo 14, e nota relativa. 427   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 570, rigo 27, e nota relativa. 428   Alcuni ritratti dei signori di Milano erano inclusi nel volume Trattenimenti Pittorici, oggi sciolto al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Tra questi però non è compreso quello di Ludovico il Moro (M. Fileti Mazza, Storia di una collezione dai libri di disegni e stampe di Leopoldo de’ Medici all’età moderna, Firenze 2009, pp. 313-316; Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes cit., pp. 113-115).

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p. 570, righi 13-14: Io ho q(ue)sta testa di cartone429 p. 570, rigo 23: 1504430 p. 570, rigo 25, con sottolineatura di « Ginevra »: Ginevra di Benci p. 570, rigo 27: Filippino morì del 1505 p. 570, righi 29-30, con sottolineatura di « Francesco del Giocondo il ritratto di Mona Lisa »: Lisa di Giocondo p. 572, righi 3-4, con sottolineatura « Piero Soderini Gonfaloniere allora di Giustizia, gli fu allogata la detta sala »: Pietro Soderino p. 572, rigo 6: cartone famoso a concorrenza del q(ua)le M(ichel) Angelo p. 573, nel margine superiore: vedi la Vita di P(ietro) Perugino a fol. 549. Questa bestia ha detto che Leonardo era andato in Francia vivente Filippino, vedi sua Vita, e Filippino morì del 1505 e qui vien a Roma sotto Leon X e dipinge a S(ant’) Onofrio, e poi va in Francia doppo431 p. 573, rigo 24, con sottolineatura « a Roma col Duca »: a Roma p. 573, rigo 25 con sottolineatura « creazione di papa Leone »: del 1513 p. 573, nel margine inferiore: [disegno a margine; Fig. 7] A S(ant’) Onofrio in capo del portico sup(er)iore una Mad(onn)a col Bambino e ‘l ritratto del benefattore di Leonardo de Cupis, e del [...]432 429  In corrispondenza della descrizione vasariana della Madonna con il Bambino e Sant’Anna Resta dice di possedere un disegno raffigurante il volto della Vergine. Il disegno è lo stesso descritto in una lettera inviata a Magnavacca il 27 ottobre 1695, in cui Resta specifica che la testa della Madonna era rivolta in senso contrario rispetto a quella nel cartone dell’intera composizione da lui posseduto (lettera in collezione privata: cfr. Il Correggio a Correggio. Protagonisti e luoghi del Rinascimento, catalogo della mostra [Correggio, Palazzo dei Principi, 4 ottobre 2008 – 25 gennaio 2009], a cura di G. Adani, G. Fabbrici, Carpi 2008, p. 155 cat. 40). Il disegno era inserito nel Cartellone dei Correggeschi (Ibid.). Per il cartone Esterházy di proprietà dell’oratoriano si rinvia alla postilla a Riserva p. 570, rigo 20, e nota relativa. 430  L’indicazione cronologica apposta da Resta è relativa alla menzione vasariana del cartone di Leonardo con la Madonna con il Bambino e Sant’Anna. Si vedano anche le postille a Riserva p. 570, rigo 20 e a Cicognara p. 570, righi 13-14, e note relative. 431   Il rimando è al passo della Vita di Perugino dove Vasari (III, p. 608) aveva infondatamente collocato al tempo in cui Leonardo « se ne era ito in Francia » (1516-1519) la commissione a Filippino Lippi (1503) della pala della Santissima Annunziata a Firenze, passata a Perugino per la sopravvenuta morte del pittore (si veda anche la postilla a Riserva p. 570, rigo 27). La postilla pertiene il tentativo del Resta di ricostruire il periodo romano di Leonardo (1513-1516); per l’erronea attribuzione alla sua mano dell’affresco di Sant’Onofrio a Roma vedi Riserva p. 565, rigo 16; a Cicognara pp. 573, nel margine inferiore; p. 576, rigo 4, e note relative. 432   Qui Resta accenna alla presenza nel dipinto di Sant’Onofrio, creduto di Leonardo, della figura del donatore, che egli identifica con uno dei membri della famiglia De Cupis, legata alla fondazione e alla storia della chiesa: Carminati, Cesare da Sesto cit., p. 154, nr. 6. Vedi sopra le postille a Riserva p. 565, rigo 16; a Cicognara p. 573 nel margine superiore; p. 576, rigo 4. Il disegno del Resta è pubblicato in Morello, Il Salvatore del Bramante cit., p. 182, fig. 3.

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p. 574, rigo 10: se Leonardo in Roma 1513 in Francia andò doppo il 1515 sarà andato là sotto Fran(ces)co p(rim)o433 p. 574, rigo 20: divisione di M(ichel) Angelo e Leonardo p. 574, rigo 21, correggendo « di Fiorenza »: per Fiorenza434 p. 574, rigo 23, nell’interlinea in corrispondenza di « San Lorenzo »: di Firenze435 p. 574, rigo 23, in corrispondenza di « San Lorenzo »: p. 574, rigo 24: Re Fran(cesc)o436 p. 574, rigo 25: è probabile che fosse Luigi d’Angiò XII figlio di Carlo VIII coronato re di Francia 1499 e morto del 1515 cui successe Francesco p(rim)o vivente fino al 1547, e questo è più probabile che Leonardo andasse a servire a drittura437. p. 574, nel margine inferiore e in quello della successiva p. 575: Il Vasario non dice cosa alcuna di Leonardo cioè delle opere sue in Francia, e par che supponga che poco tempo ci vivesse, e pure se è vero che egli come scol(ar)o del Verrocchio e p(er) altro confronto nascesse circa al 1460 o 1461, a Mil(an)o da giovine, da Mil(an)o partisse a Fiorenza del 1499, da Fiorenza a Roma 1513 e poco si fermasse a Roma e passasse in Francia, bisogna che ivi stesse lungam(en)te sino al 1536438 p. 575, righi 10-11, cassando « conoscendo non potere avere maggiore onore »: muore d’anni 75. Donque se nacque del 1461 morì del 1536 in braccio di Fran(ces)co che fu re dal 1515 al 1547 quello che fu prigione in Pavia, e fe’ pace in Cambrai con Carlo V del 1528439 p. 576, rigo 2, con sottolineatura di « habbiamo la Notomia de’ cavalli »: in libreria Ambrosiana il libro del Co(nte) Arconato440 p. 576, rigo 4, cassando « ancora che molto più operasse con le parole, che co’ fatti »: si veda a S(ant’) Onofrio in Roma nel Claustro de Padri una bella Madonna sua e molte cose tralasciate da q(ue)sto Vasario441   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 549, rigo 18, e nota relativa.   La postilla pertiene il passo in cui Vasari racconta che Michelangelo « partì di Fiorenza » chiamato a Roma da Leone X per ricevere l’incarico della facciata della basilica fiorentina di San Lorenzo. Resta fraintende qui il testo vasariano, per cui si veda anche la postilla a Riserva p. 574, rigo 21, e nota relativa. 435   Si veda la postilla precedente e nota relativa. 436   Si veda la postilla a Riserva p. 574, rigo 24, e nota relativa. 437   Si veda la postilla a Riserva p. 574, rigo 24 e nota relativa. 438   Si vedano le postille a Riserva p. 574, rigo 28; 983 rigo 20, e note relative. 439   Si veda la postilla precedente e la nota relativa. 440  Resta si riferisce ai manoscritti di Leonardo di proprietà del marchese Galeazzo Arconati, confluiti nel 1637 nella Biblioteca Ambrosiana. 441   La postilla del Resta deve essere anteriore a quella apposta nelle pagine del volume Riserva, in cui l’oratoriano mostra ormai di sapere che la paternità dell’affresco con la Madonna con il Bambino e donatore nel convento di Sant’Onofrio al Gianicolo è da attribuire a 433 434

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p. 576, rigo 24: Cesare da Sesto, Bernardino Lovino442 p. 576, rigo 28: Cesare da Sesto443 p. 576, nel margine inferiore: Li studii di Leonardo raccolti in libro furono donati dal Co(nte) Arconato alla libreria Ambrosiana di Mil(an)o. Aggionge il Lomazzo che nelle Grazie nel Refettorio v’è il ritratto di Francesco Sforza. Ma bisogna che questi ritratti li facesse doppo d’un pezzo p(er)ché appena erano nati i figli a Lodovico al tempo del Cenacolo444 Giorgione da Castel Franco pittor veniziano p. 577, dopo il titolo della biografia: Giorg(ion)e 1477-1511 Titiano stampò la Fede Trionfante del 1508445 p. 578, rigo 13: anche Lionardo suonava di liuto446 p. 578, rigo 17: Lionardo diede luce a Giorgione p. 578, rigo 23, cassando « che lavoravano in Toscana »: vanaglorioso toscano?447 p. 578, nel margine inferiore: un disegnino di Madonna l’ho donato nel libro del signor Viceré 1684448 p. 580, righi 16-17, manicula p. 580, rigo 25, nell’interlinea, cassando nel testo « in ogni tempo »: numero449 Cesare da Sesto e non a Leonardo (si vedano le postille a Riserva p. 565, rigo 16; e a Cicognara pp. 573, nel margine superiore; 573, nel margine inferiore, e note relative). 442   Si veda la postilla a Riserva p. 576, in calce al testo della biografia. 443   Si veda la nota precedente. 444   Si veda la postilla a Cicognara p. 576, rigo 2, e nota relativa. Il riferimento è a Lomazzo, Trattato cit., p. 549, che ricordava, con un’attribuzione a Leonardo, il ritratto di Francesco II Sforza tra quelli dei duchi di Milano entro la Crocifissione dipinta dal Montorfano sulla parete di fronte al Cenacolo nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. 445   Resta riporta qui, traendola dalla biografia vasariana di Tiziano (VI, p. 157), la data 1508 per la grande xilografia con il Trionfo della Fede preparata dall’artista, non menzionata nella Torrentiniana, e prezioso punto di riferimento cronologico per la ricostruzione dei rapporti di Giorgione, morto nel 1510, con il giovane allievo (K. Oberhuber, in Le siècle de Titien. L’âge d’or de la peinture à Venise, catalogo della mostra [Parigi, Grand Palais, 9 marzo-14 giugno 1993], a cura di M. Laclotte, Paris 1993, p. 473, cat. 130). 446   Si veda la postilla a Riserva p. 578, rigo 13 e nota relativa. 447  La postilla, dettata dalla partigianeria di Resta in favore delle scuole pittoriche dell’Italia settentrionale, pertiene il passo in cui Vasari scrive che ben presto Giorgione non solo « acquistò nome di aver passato Gentile e Giovanni Bellini; ma di competere con coloro che lavoravano in Toscana et erano autori della maniera moderna ». 448   Sull’amicizia del Resta con il marchese del Carpio e sul suo ruolo di curatore delle collezioni del viceré si rimanda alla nota alla postilla a Riserva p. 758, rigo 13. Si acquisisce, grazie a questa postilla, la notizia di un ulteriore disegno donato del Resta allo spagnolo, con l’attribuzione a Giorgione. 449  Resta interviene sul passo in cui Vasari scrive che « la Toscana soprabbondava di

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p. 580, righi 25-26, cassando nel testo « non era abbandonata et dimenticata sempre dal Cielo »: vinceva in qualità450 p. 581, rigo 4, con sottolineatura di « creati », nell’intero margine esterno: argomentando a p(rim)o ad ultimum non puol esser scolaro Titiano di Giorgione perché Giorgione nacque del 1477 solo sette anni doppo lui, del 1484 nacque Pordonone. Pordonone fu concorrente di Titiano ma non l’arivò, e Titiano presto attese alla pittura, e si trova che più tosto Titiano dipinse per le opere alle quali Pordonone concorreva. Se dunque Pordonone non era posteriore di Giorgione se non di anni sette donque né anco Titiano probabilm(en)te fu più giovane di Pordonone. Donque né l’uno né l’altro poté essere veram(en)te scol(ar)o di Giorgione, bensì uno illustratore dell’altro, e tutti due scolari di Bellini451. Antonio da Coreggio pittor p. 582, righi 29-30, con sottolineatura di « et dato delle fatiche a molti »: Il divino Correggio ha fatto miracoli senza venir a Roma, et ha dato fastidio senza riceverlo452 p. 582, nel margine inferiore, entro un cartiglio: Sig(no)ri lettori scusate la petulanza vanagloriosa del fiorentino Vasario p. 583, a partire dal margine superiore: e certam(en)te il Correggio ha visto o pitture o disegni di M(ichel) Angelo come il disegno dell’Anonciata che M(ichel) Angelo fece al Venusto p(er) li sig(no)ri Cesi d’Aquasparta p(er)ché io ho hauto l’Anonciata quasi medesima ma con altro gusto operata e variato l’angelo, p(er) non esser q(ue)llo del genio suo gratioso etc. Hora il quadro l’ha il Ballerino[?] di […]453 artefici in ogni tempo », con una modifica di carattere polemico. 450  È un ulteriore intervento sul testo vasariano con cui il padre Resta intende polemicamente alterarne il senso in favore della tradizione artistica di area settentrionale. 451   Il commento concerne il passo in cui Vasari menziona come « creati » di Giorgione Sebastiano del Piombo e Tiziano. 452   La postilla del Resta al passo in cui Vasari ragiona sul mancato soggiorno romano del Correggio deve essere stata vergata in un periodo relativamente precoce, poiché il giovane Sebastiano non aveva ancora elaborato l’ipotesi di un viaggio dell’artista alla volta di Roma, discussa invece nella postilla a Riserva p. 582, rigo 28, e si veda nota relativa. 453  L’opera descritta nella postilla è stata identificata da Antonio Vannugli con l’Annunciazione di Lelio Orsi, oggi al Museo Gonzaga di Novellara, pubblicata per la prima volta da F. Zeri, Lelio Orsi: una “Annunciazione”, in Paragone III, 27 (1952), pp. 59-62; Id., Un Lelio Orsi trasformato in Correggio, ovvero un archetipo della perizia commerciale, in Id., Diari di Lavoro 2, Torino 1976, pp. 123-131; A. Ballarin, Prefazione, in V. Romani, Lelio Orsi, Modena 1984, pp. V-XI: V-VI; Vannugli, Le postille di Sebastiano Resta cit., pp. 149150; A. Mazza, Lelio Orsi e l’expertise collegiale di padre Sebastiano Resta, in Federico Zeri, dietro l’immagine. Opere d’arte e fotografia, catalogo della mostra (Bologna, Museo civico

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p. 583, righi 8-9, con sottolineatura di « tribuna in fresco », nel margine interno: tribuna idest cuppola così s’intende nella Vita del Pordonone q(uan)do dice che lasciò imperfetta la tribuna fuor di Piacenza il Pordonone, vuole dir cuppola454 p. 583, rigo 29, con richiamo a « Lombardo », cassato: né lombardo né fiorentino, fiorentinello o fiorentinaccio fu455 p. 583, righi 31-32, con segno di richiamo a « sfilati », cassato: sfilati, non è vero che il Correggio sfili i capelli, li fa bensì a filza come di bambace delicato. Il Parmeggiano sì che li sfila più minutam(en)te come a fili ricci456 p. 584, rigo 18, con sottolineatura di « XL »: la Cronica del Vic(ari)o d’Austria trovata l’anno 1687 dice che morì del 1534 d’anni 40 in circa o 41 o 42457 archeologico,10 ottobre 2009 – 10 gennaio 2010), a cura di A. Ottani Cavina, Torino 2009, pp. 65-69; M. Pirondini, Lelio Orsi, gli acquisti del Museo Gonzaga di Novellara, in Orsi a Novellara: un grande manierista in una piccola corte, atti della giornata di studi (Novellara, Teatro della Rocca, 19-20 novembre 2011) a cura di A. Bigi Iotti, G. Zavatta, Novellara 2012, pp. 41-46). Il dipinto del Resta era in vendita nel 1679 con l’attribuzione all’Allegri, come è noto dall’expertise collettiva ancora oggi visibile nel verso della tavola, richiesta dall’oratoriano a molti artisti presenti a Roma in quel periodo. Come già sottolineato dagli studi precedenti, è di difficile comprensione l’ultima parte della glossa, in cui Resta menziona il proprietario dell’opera nel momento in cui commenta il passo vasariano (Vannugli, Le postille di Sebastiano Resta cit., p. 150; Mazza, Lelio Orsi cit., p. 67). Il filippino argomenta qui in favore della propria ipotesi in merito al soggiorno romano compiuto da Correggio (cfr. postilla a Riserva p. 582, e nota relativa). Pur sbagliando nel riferirla all’Allegri, Resta vede l’Annunciazione di Orsi come dipendente dall’invenzione sullo stesso tema elaborata da Michelangelo e passata a Marcello Venusti per la pala d’altare destinata alla cappella Cesi in Santa Maria della Pace, come raccontava Vasari. Con l’incongruenza tipica del padre Resta, all’errore si accompagna l’intuitività del conoscitore, capace di leggere l’Annunciazione di Novellara quale esito della « circolazione di cultura michelangiolesca che, intorno al 1550 e poco dopo, accomuna le esperienze dell’Orsi, del Tibaldi e del Primaticcio » (V. Romani, Primaticcio, Tibaldi e la questione delle « cose del cielo », Cittadella (Padova) 1997, p. 75). La pala di Venusti, sostituita nel 1663 dalla Sacra famiglia con sant’Anna di Carlo Cesi attualmente in situ, come testimonia G. B. Mola (Breve racconto delle miglior opere d’architettura, scultura et pittura fatte in Roma, et alcune fuor di Roma Roma 1663, a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 171), è perduta, e l’invenzione è nota da alcuni studi preparatori, e dalla piccola replica della Galleria Nazionale di Palazzo Corsini a Roma. 454   Resta specifica che il termine « tribuna », usato per descrivere la zona presbiteriale delle chiese, stava ad indicare la « cupola » nel punto del testo vasariano in cui erano rammentati gli affreschi di Correggio nelle chiese parmensi. L’oratoriano porta anche l’esempio degli affreschi realizzati da Pordenone nella cupola della chiesa di Santa Maria di Campagna a Piacenza tra il 1529 e il 1531 e terminati nei pennacchi e nella zona del tamburo da Bernardino Gatti, rilevando che anche in quel caso Vasari (IV, p. 431) usa il termine « tribuna ». 455   Si veda la postilla a Riserva p. 583, rigo 29. 456   Il commento pertiene l’elogio vasariano dei « capegli sí leggiadri di colore e con finita pulitezza sfilati e condotti » dipinti da Correggio. 457   In una postilla alla Galleria Portatile Resta menziona tale Cronica « del Signor Don Flaminio d’Austria Vicario », cioè Flaminio Brunorio, visionata dall’oratoriano insieme al

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p. 584, rigo 21, nell’interlinea in corrispondenza di « Furono le pitture sue circa il MDXII »: morì del 1534458 p. 584, righi 26-28, cassando « Perché mostrandoci i suoi capegli fatti con tanta facilità nella difficultà del fargli, ha insegnato come e’ si abbino a fare »: che bicciaria lodar il Correggio de i capelli?459 p. 584, nel margine inferiore (Fig. 27): Gerol(am)o Mazzola Correggio il Parmeggiano Fr(ancesc)o Mazzola Gerol(am)o Mazzola Bernard(in)o Gatti detto il Soiaro M(ichel) A(ngel)o Anselmi senese Daniel de Por da Parma m(aestr)o di Taddeo Zuccaro Michel Angelo senese deb(ito)re di […]460 p. 585, rigo 14: fu pr(im)a And(re)a del Gobbo del Correggio461. p. 585, nel margine inferiore: In Napoli di quel tempo dipinse in S(an) Gaudioso et altrove un Andrea di Salerno del 1513 con gusto misto di Rafael e di Correggio462 [disegno a margine; Fig. 9] in simile andare era la fisonomia del Correggio463 Passeri nell’ottobre del 1690 durante la tappa a Correggio nel suo viaggio verso la Lombardia (Bora, I disegni cit., p. 272; G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese o notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del Serenissimo signor duca di Modena raccolte e ordinate dal cavaliere Ab. Girolamo Tiraboschi [...], Modena, presso la Società Tipografica, 1781, I, p. 347. Si veda anche la postilla a Riserva p. 584, rigo 20. 458   Si veda la postilla a Riserva p. 584, rigo 20, e nota relativa. 459  Il commento riguarda la conclusione della biografia, dove in effetti Vasari celebra sommamente Correggio per questa ragione, sentita da Resta come fortemente limitativa nella lode dell’eccellenza dell’artista. 460  Nella elaborazione di questo albero genealogico che segue le diramazioni del magistero di Correggio, Resta fa uso anche della edizione giuntina delle Vite, da cui ricava i nomi di Daniele Porri e di Michelangelo Anselmi (Vasari, V, pp. 421, 554). 461   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari ricorda « Andrea del Gobbo » (Andrea Solario, circa 1465-1524) come attivo « in questo tempo medesimo » rispetto a Correggio. 462   Si veda la postilla a Riserva p. 832, nel margine inferiore, e nota relativa. La data del 1513 per le opere di Andrea da Salerno in San Gaudioso è da collegare al contenuto della nota ad un disegno ritenuto del Sabatini nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 116). Lì Resta scrive che « nel coro di San Gaudioso » oltre agli affreschi si poteva ammirare «il gran quadro di mezzo » e « in questo quadro che è ad oglio v’è un putto alla raffaelesca con una cartella simile Andreas Salerni mdxiii ». Il padre Resta sembra riferirsi al polittico che si trovava nel coro della chiesa di San Gaudioso, distrutto nel Settecento, che la tradizione delle fonti napoletane, almeno da D’Engenio (1623) in avanti attribuisce a ‘Pietro Francione’ (De Dominici, Vite cit., I, 2, pp. 513, 703 nota 11; III, pp. 1160-1161, con bibliografia). Gli affreschi del coro della chiesa sono registrati sotto il nome del Sabatini anche dal De Dominici (Ibid., I, p. 513, nota 13). 463   Il disegno tracciato qui dal Resta è tratto da quello riprodotto in incisione nel volume del Sandrart (Academia cit., p.s.n.) e si aggiunge al novero dei presunti ritratti dell’Allegri che

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Fig. 27 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. III, p. 584.

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Il Correggio non morì del 1512 come dice il Vasario né come dice il s(igno)r Lod(ovic)o David morì del 1540, ma bensì del 1534 come dalla Chronica trovata di gen(naio) 1688 o p(er) dir meglio di nov(embre) o dic(embre) 1687 in Coreggio di d(on) Flaminio d’Austria di Coreggio in un’età di 40 o 42 anni di vita464. Piero di Cosimo pittore fiorentino p. 586, accanto al titolo della biografia: Cosimo Roselli––> Piero di Cosimo––>Andrea del Sarto––>Vasario Leonardo p. 587, rigo 24: In Roma in Capella Sista p. 588, righi 4-5, con sottolineatura di « faceva de le cose difficili »: eppur barbaggiano secco costui in465 p. 588, rigo 29: Leonardo Bramante da Urbino architettore p. 594, nel titolo della biografia, dopo « architettore »: e Pittore466 p. 594, accanto al titolo, in altro inchiostro: nato 1444 morì 1514 un anno doppo che Leonardo passasse da Roma p. 594, sotto il titolo, riprendendo da « 1444 » della precedente postilla: nel qual anno nacque Galeazzo M(ari)a Sforza che fu amazzato del 1475. l’oratoriano si era impegnato a cercare e aveva esposto nella sua Galleria Portatile (Bora, I disegni cit., catt. 74, 74 bis, 76, 76/1, 76/2, 77, p. 271). L’intento era quello di smentire Vasari, il quale nell’edizione del 1568 (IV, p. 54) aveva lasciato vuota la cornice che apriva la biografia dell’artista e che ne avrebbe dovuto ospitare il volto, ribadendo nel testo di aver intrapreso con dedizione la ricerca dell’effigie del pittore, senza riuscire a trovarla poiché, a causa della sua ritrosia, egli non si ritrasse e né mai lo fece far da altri (M. Spagnolo, Allegri, Lieto, Lucente. Note per la biografia del Correggio, in Correggio e l’antico, catalogo della mostra [Roma, Galleria Borghese, 22 maggio – 14 settembre 2008], a cura di A. Coliva, Milano 2008, pp. 31-45; M. Vaccaro, Correggio and Parmigianino: on the place of Rome in the historiography of sixteenthcentury Parmense drawings, in Artibus et historiae 30 (2009) 59, pp. 115-124). Sulla polemica tra Resta e David in merito alla ricostruzione di Correggio: Fossaluzza, Un ritrovamento cit., pp. 182-183. 464   La postilla concerne il contenuto del passo finale della biografia, dove Vasari traccia un bilancio della figura di Correggio dicendolo morto quarantenne ed indicando il 1512 come data approssimativa per il suo esordio. Resta scambia tale data per quella relativa alla scomparsa di Correggio e mette a confronto diverse fonti per la ricostruzione degli estremi biografici dell’artista (si rinvia alle postille a Riserva p. 584, rigo 20 e a Cicognara p. 584, rigo 18). 465   Il commento si riferisce alla descrizione vasariana della pala di Piero di Cosimo con la Visitazione già in Santo Spirito a Firenze, e ora a Washington, National Gallery of Art, nella quale « si conosceva infino allora la stranezza del suo cervello et il cercare che e’ faceva de le cose difficili ». 466  Si rinvia alle postille a Riserva p. 596, rigo 32, e a Cicognara p. 600, nel margine inferiore e nota relativa.

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P(ad)re di Gio(vanni) Galeazzo che morì del 1494 e di Lod(ovic)o Moro, de due cardinali et altri467 p. 594, nel margine superiore: In Fiorenza Leonardo nato del 1461, in Mil(an)o circa al 1479 o 76 sino al 1499, nel q(ua)l tempo Andrea Scoto m(aestr)o di Gaudenzio Ferrari era vivo contemporaneo di Pietro Perugino nato del 1446 al 1524, perché Gaudenzio fu scolaro di tutti due468. p. 595, rigo 12: non in Castel Durante ma in Ca’ Bramante, villa fuori di Urbino469 p. 595, rigo 19: al quale Fra Filippo lasciò in cura Filippo di fra Filippo470 p. 595, rigo 28: dove dipinse di gran maniera benché nei contorni taglienti471 p. 596, nel margine superiore e in quello laterale interno: Il Vasario qui non dice la Vita di Bramante in Mil(an)o come va detta, p(er)ché non vi stette di passaggio ma fu architetto del Card(inal) Ascanio Sforza che fondò S(ant’) Ambrosio grande del 1495 e partì p(er) la caduta delli suoi p(ad)roni come fece ancora Leonardo472. p. 596, rigo 12, con segno di richiamo nel testo dopo « La onde »: doppo operate molte cose in Mil(an)o, S(ant’) Ambr(osi)o, S(an) Satiro ecc.473 467  Resta ragiona sulla data di nascita di Bramante, indicata correttamente da Vasari che lo dice morto a settant’anni nel 1514, in rapporto alla genealogia dei duchi di Milano, Galeazzo Maria Sforza (1444-1476), cui successe Gian Galeazzo (1469-1494), esautorato dallo zio Ludovico. 468  Per le speculazioni del Resta, qui ancora embrionali, sugli estremi biografici e la cronologia degli spostamenti di Leonardo si veda la postilla a Riserva p. 574, rigo 28, e nota relativa. Il restante contenuto della postilla dipende dalla Tavola del Trattato del Lomazzo dove era ricordato « Stefano [non Andrea, come scrive Resta] Scoto Milanese pittore, e maestro di Gaudenzio con Pietro Perugino » (Le tavole del Lomazzo cit., p. 47). Cfr. la postilla a Riserva p. 728, rigo 20. 469   Vedi la postilla a Riserva p. 595, rigo 12, e nota relativa. 470  Resta confonde la figura di fra Carnevale (Bartolomeo Corradini), citato qui da Vasari, con quella di fra Diamante, pittore al quale fu affidato il giovanissimo Filippino Lippi (Vasari, III, p. 559). 471  Il commento è riferito alla menzione vasariana dell’attività pittorica svolta da Bramante a Milano. 472   Per questa notizia Resta fa riferimento a Torre, Il ritratto cit., p. 192. Si veda la postilla a Riserva, p. 362, nel margine superiore e nota relativa. 473   Resta implementa lo scarno racconto vasariano del passaggio di Bramante da Milano a Roma evocando le sue principali imprese architettoniche milanesi non registrate da Vasari nella Torrentiniana. L’architettura della chiesa di Santa Maria presso San Satiro veniva ricordata come opera di Bramantino, anziché di Bramante, nella Giuntina (Vasari, V, p. 433); per Sant’Ambrogio si vedano le postille a Riserva, p. 362, nel margine superiore e inferiore, e nota relativa; e a Cicognara p. 596, nel margine superiore. Quando stende questa glossa Resta è ormai consapevole dell’errore di Vasari sulla cronologia di Bramantino con quanto ne derivava per il rapporto con Bramante; si rinvia alla postilla a Riserva p. 361, rigo 31, e nota relativa, e a Lansdowne 802 f 20.

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p. 596, rigo 17: questa pittura nel fare il portico nuovo fu buttata a terra, me lo disse il Borromino che al suo tempo v’era restata una sola testa e trasportata in testa del portico. Anco nel portico di S(an) Paolo vi è una Mad(onn)a col putto tra S(an) Pietro e S(an) Paolo di Bramante474 p. 596, rigo 19: fece ivi S(an) Satiro475 p. 596, rigo 21, nell’interlinea in corrispondenza di « masserizia », cassato: miseria476 p. 597, nel margine superiore: La Pace p. 597, rigo 12: [disegno a margine] Vaticano p. 598, nel margine superiore: Palazzo e S(ant’) Egidio p. 598, rigo 6: S(anto) Eligio p. 598, rigo 9: S(an) Pietro Montorio p. 598, rigo 16: il palazzetto di Raffaele demolito477 p. 598, rigo 20: alla S(ant)a Casa in Loreto continuato da Sansovino p. 598, rigo 30: infiniti disegni per la chiesa di San Pietro Nuovo p. 599, nel margine superiore: L’inventione di San Pietro Nuovo Bramante la prese dalla Parocchia di S(an) Satiro vicino alla Madonna di S(an) Satiro de la fabrica in Milano che ha quattro colonette et una cuppoletta478 p. 599, nel margine esterno e interno: [disegni a margine; Fig. 4] Sin qui Bramante inventione di Bramante. p. 599, rigo 22, in corrispondenza di « capitegli, che sono a foglie di ulivo di dentro »: [disegno a margine; Fig. 4] p. 600, rigo 14: nato 1444 morto 1514 p. 600, nel margine inferiore: [disegno a margine] fu pittore, in Mil(an)o dipinse molto. Non si dice qui esser stato m(aestr)o di M(ichel) Angelo, sì che la fama sarà falsa. E così credo p(er)ché non era Bramante di gran cosa più vecchio di M(ichel) Angelo, né a lui affettionato479. 474   Oltre ad essere un’interessante testimonianza sulla conoscenza tra Resta e Borromini (Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., p. 240), la postilla arricchisce la fortuna storiografica di questa pittura romana del Bramante, perduta nel Seicento e nota grazie a uno schizzo del Borromini (Morello, Il Salvatore del Bramante cit., pp. 167-185). La notizia è riportata anche nelle note al volume dei disegni di Giorgio Bonola, il quale menziona il padre Resta come fonte (Le note cit., p. 184). La postilla in esame è inoltre citata puntualmente anche da Pungileoni, Memoria intorno alla vita cit., p. 84. 475   Si veda la postilla a Cicognara, p. 596, rigo 12, e nota relativa. 476   L’intervento si riferisce al punto del testo in cui Vasari scrive che Bramante a Roma « con una masserizia grandissima spendeva » ed è verosimile frutto di una incomprensione del termine usato dall’autore. 477   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 598, rigo 17, e nota relativa. 478   Si veda la postilla a Cicognara p. 596, rigo 12, e nota relativa. 479  Emerge ancora una volta da questo commento apposto in calce alla biografia il particolare interesse di Resta per la ricostruzione dell’attività pittorica di Bramante, che

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Fra Bartolomeo di San Marco pittor fiorentino p. 601, sotto il titolo: 1469-1517 p. 601, rigo 11-12 [Fig. 28]: Cosmo ––> Frate, Piero, And(re)a And(re)a del Sarto ––> Iacopo da Pontormo p. 602, rigo 32, manicula p. 603, rigo 18, manicula p. 603, rigo 19: p(er) veder il cartone di M(ichel) Angelo e di Leonardo480 p. 605, rigo 2, con sottolineatura di « San Pietro e Paolo »: S(anti) Pietro e Paolo a S(an) Silvestro Monte Cavallo p. 605, rigo 5: il S(an) Pietro finito da Raffaele481 p. 605, rigo 22: di cui il S(an) Seb(astian)o che hora ha il Re di Francia482 p. 606, rigo 6: la Maniera grande è una cosa et una figura grande di misura è un’altra483 p. 608, rigo 20: nacque del 1469 morto del 1517484 p. 609, rigo 3, inserendolo nel testo dopo « epitaffio »: da chi non era pittore485 p. 609, rigo 4, richiamato nel margine esterno in corrispondenza di « Apelle »: d’Apelle non v’è niente, di M(ichel) Angelo p(er) participatione p(er)ché il frate nacque del 1469 e Bonarota del 1474. Vero è che tanto cerca di seguire tra Milano e Roma (si vedano le postille a Riserva pp. 594, rigo 16; 596, rigo 32; 596, nel margine inferiore), in quanto snodo fondamentale per gli sviluppi della « maniera moderna » nella cultura figurativa dell’Italia padana. 480   La postilla concerne il passo in cui Vasari scrive che « Venne in questo tempo Raffaello da Urbino pittore a imparare l’arte a Fiorenza et insegnò i termini buoni della prospettiva a fra Bartolomeo ». Resta calcola l’arrivo a Firenze di Raffaello (1504) sulla preparazione dei cartoni delle Battaglie commissionate a Leonardo (1503) e a Michelangelo (1504) dalla Signoria fiorentina. 481  La postilla concerne il San Pietro di fra Bartolomeo, ultimato da Raffaello, come spiega Vasari, oggi alla Pinacoteca Vaticana. 482  La postilla conferma la provenienza della tavola con San Sebastiano confortato dall’angelo, già nella collezione Alaffre a Pézenas (Tolosa) dalle raccolte reali francesi (F. Knapp, Fra Bartolomeo della Porta und die Schule von San Marco, Halle 1903, p. 266), e oggi apparentemente disperso (S. Padovani, in I dipinti della Galleria Palatina e degli Appartamenti reali. Le Scuole dell’Italia Centrale 1450-1530, a cura di S. Padovani, Firenze 2014, cat. 24 pp. 110-114). 483   La postilla riguarda il passo in cui Vasari scrive che nel San Marco Evangelista (oggi Firenze, Galleria Palatina) fra Bartolomeo aveva inteso « mostrare che sapeva fare le figure grandi ». È possibile che Resta conoscesse de visu il dipinto, fino al 1692 nella chiesa di San Marco e quindi a Palazzo Pitti nella raccolta di Ferdinando de’ Medici. 484  Gli estremi biografici di fra Bartolomeo (1473-1517) qui segnalati da Resta sono desunti da quelli forniti da Vasari, che diceva erroneamente il pittore morto « d’età d’anni XLVIII » « l’anno MDXVII ». 485   Il giudizio è apposto là dove Vasari scrive che il pittore si era « giustamente guadagnato questo epitaffio ». Si veda la postilla successiva.

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Fig. 28 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. III, p. 601.

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vissero insieme. Il Correggio morì del 1540 nato del …486 p. 609, rigo 5, nell’interlinea in corrispondenza di « Buonarroto », cassato: Polignoto487 p. 609, rigo 5, nell’interlinea in corrispondenza di « Apelle »: Correggio488 p. 609, rigo 5: inordinata comparatione in ordine ad unum comporre due di secoli così diversi. Overo dire dovea Correggio nel color e Bonaroto che tanto vissero insieme se bene il frate nacque prima di tutti due489. Mariotto Albertinelli pittor fiorentino p. 609, righi 19-22, con sottolineatura di « si vede gli stili che le persone seguono essere quegli che più ci entrano nel core, sforzandoci del continuo contrafar quegli sì bene, che si giudica spesso spesso medesima mano »: il Frate e l’Albertinelli si stimano dell’istessa mano. p. 611, righi 8-10, con sottolineatura di « perché de le cose della gola i frati si risentono molto ben come gli altri », e manicula p. 612, rigo 32, con sottolineatura di « San Salvestro di Monte Cavallo »: in Roma Rafaellin del Garbo pittor fiorentino p. 613, accanto al titolo della biografia: io tengo il suo ritratto490 p. 614, rigo 24: nella Minerva con Filippino p. 615, nel margine inferiore: (disegno a margine; Fig. 20) Fra Filippo – [...]491 486   Resta commenta l’epitaffio in calce alla biografia di fra Bartolomeo, rimarcando la contemporaneità tra il frate e Michelangelo, nati a pochi anni di differenza. Di Correggio, al momento della stesura della postilla l’oratoriano non conosceva ancora la data di morte nel 1534 (cfr. la postilla a Riserva p. 584, rigo 20 e a Cicognara pp. 584, rigo 18; 585, nel margine inferiore, e note relative), né quella della nascita, oggi attestata generalmente al 1489 (M. Dall’Acqua, Il sogno del Correggio tra il quotidiano del borgo natio e le raffinate invenzioni parmigiane. Dai documenti quasi una biografia, in Correggio cit., pp. 101-104: 101). 487  Resta interviene sui versi dell’epitaffio di fra Bartolomeo riportato da Vasari al termine della biografia di lui, sostituendo il nome di Polignoto a quello di Michelangelo cui il pittore veniva paragonato quanto a « disegno ». Si veda la postilla a Cicognara p. 609, rigo 4. 488   Si veda la postilla a Cicognara, p. 609, rigo 4, e nota relativa. 489   Si vedano le postille precedenti e le note relative. 490   Il disegno, creduto dal Resta un autoritratto di Raffaellino del Garbo, era incluso nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi, dove ne era specificata la provenienza « dai pittori Natali cremonesi » (Lansdowne 802 g 92: « Ritratto di Raffaellino del Garbo Fior(entin)o di m(an)o sua »). Attualmente l’opera è conservata a Chatsworth (inv. 892; Jaffé, The Devonshire Collection of Italian drawings. Venetian cit., cat. 928 p. 204, come ambito veneto; Prosperi Valenti Rodinò, ‘Bagatelle’ sparse cit., p. 78). 491   Il nome del pittore indicato qui da Resta risulta non decifrabile.

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And(re)a del Sarto ––> Iacopo da Pontormo ––>Bronzino ––>Aless(andr)o Allori ––> S(anti) di T(ito)492 Filipp(in)o ––> Raffaellino del Garbo Torrigiano scultor fiorentino p. 617, nel margine esterno, [disegno a margine] p. 618, [disegno a margine; Fig. 16] Giuliano et Antonio da San Gallo architetti fiorentini p. 619, accanto al titolo della biografia: Vita di Antonio da San Gallo 865493 p. 625, rigo 31: [disegno a margine] S(ant)a Casa p. 626, rigo 12-13: sotto Aless(andr)o VI a Roma p. 628, rigo 13: 1503 p. 628, rigo 21: Bramante venne a Roma del 1500 p. 628, rigo 22, nell’interlinea in corrispondenza di « la venuta », cassato: il ritorno494 p. 628, rigo 26: tornò del 1503495 p. 633, rigo 23, con sottolineatura di « Michelagnolo »: Michelangelo e Baccio Bandinelli per la piazza di Fiorenza operarono circa l’istesso tempo496 Rafael da Urbino pittore et architetto p. 635, accanto al titolo della biografia: 1483 p. 635, rigo 20: Arte di M(ichel) Angelo p. 635, rigo 23, con sottolineatura di « dall’arte e da i costumi »: Costume di Rafaele p. 636, rigo 13: 1483. Ultimo anno di Sisto IV che morì d’agosto 1484 492   La genealogia della pittura fiorentina tra Quattro e Cinquecento tracciata da Resta giunge a comprendere artisti quali Alessandro Allori e Santi di Tito dei quali Vasari tratterà soltanto nella Giuntina. L’oratoriano inoltre schizza qui un disegno raffigurante probabilmente una figura allegorica [Fig. 20], sulla quale compare un cartiglio con una scritta non decifrabile a causa della rifilatura del margine inferiore della pagina. 493   Resta inserisce un richiamo alla pagina in cui nella Torrentiniana ha inizio la biografia di Antonio da Sangallo il Giovane. 494   Si veda la postilla a Riserva p. 628, rigo 22, e nota relativa. 495  Il commento riguarda il passo vasariano sulla chiamata di Giuliano da Sangallo a Roma (1503) « inanzi la venuta di Bramante ». 496   La postilla pertiene il passo in cui Vasari scrive che « essendo stato messo in opera il gigante di Piazza, di mano di Michelagnolo, al tempo di Giuliano fratello di esso Antonio, e dovendovisi condurre quell’altro che aveva fatto Baccio Bandinelli, fu data la cura ad Antonio di condurvelo a salvamento ». Resta fraintende qui il significato del testo vasariano, perché la sistemazione del David in Piazza della Signoria precedette di trent’anni quella dell’Ercole e Caco di Baccio Bandinelli (1534), che è l’episodio cui allude l’aretino.

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p. 637, rigo 7: Gio(vanni) Santio lavora in Perugia p. 637, rigo 20: Imita Pietro Perugino p. 637, rigo 28: Dipinge in Città di Castello in stile di Pietro p. 638, nel margine superiore: [disegno a margine] ridi bene di questo asino. Pio 2° fu papa dal 1458 al 1464 e Rafaele nacque del 1483 e lo fa dipingere col Pinturicchio sotto Pio II497. p. 638, rigo 1: lo passa p. 638, rigo 7, con sottolineatura di « Pio II », nel margine interno: 5864. Vorrà dire Pio III, dal 1503 al 1503498 p. 638, rigo 8, nel margine esterno: in Siena Pinturicchio amico di Rafaele p. 638, rigo 10, nell’interlinea in corrispondenza di « Rafaello »: il quale non era ancora nato499 p. 638, rigo 20: andò a Firenze p(er) veder i cartoni500 p. 638, nel margine inferiore, entro un cartiglio: simile ne ho uno io nel libro de disegni501 p. 639, nel margine superiore, con richiamo al rigo 2 e sottolineatura di « uccello »: il mio porge una tavoletta502 p. 639, rigo 22, manicula p. 640, rigo 4: studia ivi Leonardo Michelangelo e Masaccio p. 640, righi 9-10: con Fra Bartolomeo da S(an) Marco p. 640, rigo 18, con sottolineatura di « un Christo morto, che portano a »: adì 2 sett(emb)re 1684 ho in posta il disegno originale di q(ue)sta deposizione di Cristo, che ha ancora assai del Perugino nel modo di toccare ma più grande di maniera nelle proportioni e in atti e più pastosa503 p. 640, rigo 25, con segno di richiamo nel testo a « della loro famiglia »: il quadro l’ha il Prencipe Borghese levato da Perugia! Oh sacrilegii!504   Si veda la postilla a Riserva p. 638, rigo 7, e nota relativa.   Si veda la postilla a Riserva p. 638, rigo 7, e nota relativa. 499   Si veda la nota precedente. 500   Si veda la nota a Cicognara p. 603, rigo 19. 501   In corrispondenza della descrizione vasariana della Madonna del Cardellino (Firenze, Galleria degli Uffizi), l’oratoriano scrive di possedere un disegno relativo all’opera, oggi non rintracciato. 502   Nella postilla Resta specifica che nel disegno di sua proprietà collegato alla Madonna del Cardellino (cfr. nota precedente), il san Giovannino aveva tra le mani una tavoletta. 503   Resta comunica di essere entrato in possesso nel 1684 di un disegno di Raffaello per la Deposizione Baglioni, oggi non riconoscibile tra gli autografi dell’artista. Abbiamo notizia nel volume Progressi di Raffaele di una « Pietà » tarda dell’artista « mandatami molti anni sono da padre Giovan Francesco Morelli di Perugia » (Lansdowne 802 a 10; cfr. Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., p. 255 nota 31). 504   Si veda la postilla a Riserva p. 640, rigo 13, e nota relativa. 497 498

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p. 640, nel margine inferiore: Dal Guerra pittor veneto hebbi il gruppo delle Marie originale che era creduto del Frate et era del Raffaele di q(ue)l quadro di Borghese505 p. 641, rigo 13, entro un cartiglio: via a Roma p. 641, rigo 28: a Papa Giulio s’accorda della Teologia. Scola d’ Athene p. 641, rigo 32: Athene p. 642, rigo 19, con sottolineatura di « Rafaello »: Ritratto di Rafaello donato. Io l’ho di mano sua506 p. 643, rigo 11: sono del Sodoma i riparti sopra la Scola d’Athene p. 644, rigo 33: 2 Parnasso p. 645, rigo 32: la Messa p. 647, rigo 14: [disegno a margine] Papa Giulio. p. 647, rigo 15: Le finestre intagliate da fra Gio(vanni) da Verona507 p. 648, righi 3-4, con sottolineatura di « ritrasse in questo tempo Papa Giulio »: io n’ho il disegno508 p. 648, rigo 7, manicula, rivolta alla postilla precedente, e sottolineatura di « in Santa Maria del Popolo » p. 648, nel margine inferiore: vede la Capella Sista 505   Resta possedeva un disegno, oggi non identificato, che credeva uno dei progetti per la Deposizione Baglioni. Egli aveva ricevuto l’opera dal « Guerra pittor veneto », da identificare forse con il pittore, restauratore e noto falsario Giuseppe Guerra, attivo tra Napoli e Roma, e ricordato dalle fonti come pittore veneziano (P. Panza, Antichità e restauro nell’Italia del Settecento. Dal ripristino alla conservazione delle opere d’arte, Milano 1990, pp. 61-62; P. D’Alconzo, Picturae excisae. Conservazione e restauro dei dipinti ercolanesi e pompeiani tra XVIII e XIX secolo, Roma 2002, p. 53; F. Leone, Guerra, Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2003, 60, pp. 615-616). 506   Resta credeva di possedere un autoritratto di Raffaello preparatorio per l’effigie del pittore nella Scuola di Atene. A tale opera doveva riferirsi nel commento a un disegno del Parnaso de’ Pittori in cui egli registra un « ritratto di Raffaele a altro libro » (Lansdowne 802 i 77). In una nota ad un foglio di Lambert Lombard nel Secolo d’Oro, Resta parla di un disegno del pittore belga « a tergo del ritratto di Raffaele fatto dell’istesso Raffaele che donai all’Arcivescovo di Milano 1689 » (Lansdowne 802 k 222). 507   Curiosamente Resta parla di « finestre » intagliate da fra Giovanni da Verona nella Stanza della Segnatura, mentre Vasari ne ricordava « le spalliere » e « usci bellissimi e sederi lavorati in prospettive ». 508   Il disegno, ritenuto da Resta il ritratto di Giulio II autografo di Raffaello preparatorio per il ritratto del papa registrato qui da Vasari (Londra, National Gallery), può essere forse identificato con quello oggi incluso nelle collezioni del duca di Devonshire, ma sprovvisto del marchio Resta-Somers (inv. 50: M. Jaffé, The Devonshire Collection of Italian drawings. Roman and Neapolitan Schools, London 1994, cat. 330 p. 199: come seguace di Raffaello). Dalle note del Resta sappiamo che un ritratto del papa Della Rovere creduto di Raffaello era inserito nel primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi (Lansdowne 802 g 145), mentre un altro ritratto descritto nella medesima nota g 145 e delineato con « pochi segni maestri fatti di lapis nero in carta tinta, in presenza del papa per formarne il dipinto l’abbiamo noi nel cartellone fuori di questa serie » (Ibidem).

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p. 649, rigo 1, di altra mano, la postilla è mutila per la rifilatura del margine esterno: Non è ve[ro] […] p. 649, rigo 14: alla Pace p. 649, rigo 15: circa al 1509 p. 649, rigo 28: Araceli p. 650, rigo 26, con segno di richiamo nel testo a « Miracolo del Sacramento »: 5 Sacram(en)to. Corporale. Un poco di schizzo di q(ue)sta historia hieri mi capitò, 1 settembre 1684. L’istoria più finita m’è capitata 1686509. p. 651, rigo 1: qui il Vasario non descrive il papa [che] assisteva alla messa a sedere con altri vescovi e cardinali non fuori ma dentro l’istessa storia510 p. 651, rigo 11: 6 p. 651, rigo 17: Qui vi sono due figure a lume opposto511 p. 651, rigo 22, nel margine interno: S(an) Pietro p. 651, righi 22-23, nel margine esterno: S(an) Pietro in carcere 7 p. 652, rigo 33: 8 p. 653, rigo 11: Eliodoro p. 653, rigo 26: Muore papa Giulio segue Leon X 1513 p. 654, rigo 1: sotto Leone fece l’Attila p. 655, rigo 5: Questa Mad(onn)a era alla Torre del Greco levata da d(on) Pietro d’Aragona512 p. 655, rigo 13: Questo è imitato da Leonardo, dubbito sia quello di Mil(an)o in S(an) Celso513 p. 655, rigo 25: La S(anta Cecilia) p. 655, rigo 29: Li strumenti sono di Gio(vanni) da Udine, q(ua)le fece anco una copia piccola bellissima che in Bologna è stata in stima d’originale fino al 1687, hora in Roma da alcuni stimata di Timoteo Vite514 p. 656, rigo 6, cassando nel testo « finissima » [disegno a margine]515 p. 656, rigo 34: la testa, non l’habito516   Si veda la postilla a Riserva a p. 650, nel margine inferiore e nota relativa.   Resta rileva che la descrizione vasariana della Messa di Bolsena non spiega chiaramente la posizione che nell’affresco ha il brano di Giulio II con il suo seguito. 511   Il commento pertiene la descrizione della Liberazione di san Pietro dal carcere. 512   Si veda la postilla a Riserva p. 655, rigo 5, e nota relativa. 513   Si veda la postilla a Riserva p. 569, rigo 30, e nota relativa. 514   La postilla è redatta a margine della descrizione vasariana della Santa Cecilia (oggi Bologna, Pinacoteca Nazionale). Come l’oratoriano spiega nel commento a un disegno nel Secolo d’Oro, il quadretto della Santa Cecilia gli fu mandato nel 1688 da Bologna « per originale » (Lansdowne 802 k 223). Egli lo ritenne opera di Giovanni da Udine, mentre Carlo Maratti lo ascrisse a Timoteo Viti (Ibidem). 515   Si veda la postilla a Riserva, p. 656, rigo 6, e nota relativa. 516   La glossa si riferisce alla menzione vasariana del ritratto di Bindo Altoviti (Washington, National Gallery of Art) «che è tenuto stupendissimo». 509 510

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p. 657, rigo 3, correggendo nell’interlinea « vecchissima » del testo in « vecchia »: non è lode dire vecchissima ma è avezzo a sup(er)lativi costui517 p. 657, rigo 19: dal Prencipe Borghese questo si vede518 p. 658, rigo 12: amico d’Alb(erto) Duro p. 658, rigo 27: Marc’Antonio cominciò tardi a stampare, sì che il Parnasso di Raffaele copiato dal Correggio nel Cembalo del Co(nte) Archinto che va in stampa fu dipinto p(rim)a delle stampe di M(arc)o Antonio e così o Correggio lo copiò da qualche disegno o fu a Roma e studiò qualche poco qui519 p. 659, rigo 1: Hoggi l’ha Palestrina520 p. 659, rigo 26, con sottolineatura di « Cristo, che porta la Croce »: Mi scrive il P(adre) Girgenti da Palermo con lettera del 22 luglio 1689 che l’anno 1661 il Conte d’Aiala Vice Re lo levò e portò alla Cappella del Re levato da quella un quadro d’Alberto Duro521.   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 657, rigo 3, e nota relativa.  La postilla è riferita alla descrizione vasariana del codice mostrato nel ritratto di Raffaello di Leone X con i due nipoti cardinali (da sempre nelle raccolte medicee e oggi agli Uffizi). Il riferimento di Resta è forse al ritratto di un « Cardinale a sedere con un libro in mano che posa sopra un tavolino » registrato come opera di Raffaello nell’inventario Borghese del 1693 (Della Pergola, L’Inventario Borghese cit., 28 (1964), p. 455, n. 257), oggi identificato come un’effigie del cardinale Marcello Cervini, e ascritto a Jacopino del Conte (P. Della Pergola, Galleria Borghese. I dipinti, Roma 1959, II, pp. 35-36, n. 46). 519   A partire dalla menzione vasariana del Parnaso di Raffaello, Resta tenta di ragionare sul rapporto esistente tra la stampa che Marcantonio Raimondi trasse dal primo progetto per l’affresco, e la composizione con la sfida tra Apollo e Marsia, e sul fondo una citazione del Parnaso raffaellesco, nota all’oratoriano innanzitutto dalla stampa di Giulio Sanuto datata 1562 nella cui legenda l’invenzione era infondatamente riferita a Correggio, mentre sappiamo oggi che spetta ad Agnolo Bronzino (M. Bury, Giulio Sanuto. A Venetian Engraver of the Sixteenth-Century, Edinburgh, National Gallery of Scotland, 1990, pp. 12-16, 44, cat. 5). Per questa ragione Resta credeva di Correggio anche la tavola con la medesima composizione, che venne riutilizzata dal conte Orazio Archinto, celebre mecenate e collezionista, come coperta per il proprio cembalo (Tiraboschi, Biblioteca modenese cit., VI, p. 286); il dipinto, trasportato su tela, si conserva all’Ermitage di San Pietroburgo ed è oggi correntemente attribuito a Bronzino (T. K. Kustodieva, in Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici, catalogo della mostra [Firenze, Palazzo Strozzi, 24 settembre 2010 – 23 gennaio 2011], a cura di C. Falciani e A. Natali, Firenze 2010, p. 84, cat. I.16). 520   Si veda postilla a Riserva p. 659, rigo 4, e nota relativa. 521  Resta viene a conoscenza tramite l’oratoriano padre Francesco Girgenti delle sorti dello Spasimo di Sicilia (oggi Madrid, Museo del Prado), sottratto dal monastero olivetano di Santa Maria dello Spasimo a Palermo nel 1661 dal viceré Ferdinando d’Ayala, mandato in Spagna ed esposto nella cappella Reale del Real Alcázar di Madrid, al posto di una copia di Michael Coxie dal Polittico dell’Agnello di Jan van Eyck (cfr. Fusconi, Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta cit., p. 240; Henry, Joannides, in Raphaël. Les dernières années, cat. 4, pp. 94-102). Si rinvia anche alla postilla a Riserva p. 660, rigo 24, e nota relativa. 517 518

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p. 659, nel margine inferiore: forse quest’opera è q(ue)lla della q(ua)le v’è copia in S(an) Giacomo de Spagnoli in Napoli nella p(rim)a capella entrando a m(an)o m(anca), così è. Hoggi ho aviso dal pittor Gianguzzi da Palermo di settembre 1689522 p. 660, righi 16-18, è cassato « percioché sino alla furia de’ venti, et l’onde del mare ebbono rispetto alla bellezza di tale opera »523. p. 660, rigo 26: non si parte dalle stampe524 p. 660, nel margine inferiore, con sottolineatura nel rigo 22 di « medesimi gli tiravano innanzi l’opera »: perciò io tengo il disegno di Giulio Romano del Porto d’Ostia525 p. 661, rigo 1: Tor di Borgia p. 661, righi 15-17, con sottolineatura di « Anchise fu portato da Enea un vecchio ammalato, fuor di sé per l’infermità et per le fiamme del fuoco »: q(ue)ste sono le più mirabili e celebrate da scrittori. Vedi Sandrart526 p. 662, righi 2-3, con sottolineatura di « femmine che inginocchiate dinanzi »: una n’ho io527 p. 662, rigo 5: Questa la disegnò e fece Giulio Romano et io l’ho originale e tutta compiuta di Giulio Rom(an)o528 p. 662, righi 15-16, con sottolineatura di « Bernardo Divizio da Bibbiena »: A dì 22 Ag(ost)o 1688 dal bottegaio pittore all’Or(ator)io di San Marcello p(er) tre giulii comprai il ritratto di Bibiena zio di Rafaele529 522   Nella chiesa napoletana di San Giacomo degli Spagnoli non è documentata una copia dello Spasimo di Sicilia. Per il non meglio identificato pittore Gianguzzo, altro importante referente palermitano del Resta, si rimanda a Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 17, 35 nota 27. 523   L’intervento è attinente al passo in cui Vasari racconta le traversie subite dalla pala dello Spasimo, che fu spedita a Palermo su una nave che fece naufragio, e fu recuperata a Genova « portata dal mare ». 524   Resta commenta il largo uso che Vasari fa delle stampe come strumento per la stesura della Vita di Raffaello, rimarcando in particolare il caso dello Spasimo di Sicilia, che l’aretino non aveva mai visto dal vero e che descrive sulla base delle incisioni (S. Gregory, Vasari and Renaissance Print, Farnham 2012, p. 134). 525   Tra i disegni attribuiti a Giulio Romano nelle collezioni di Resta non è identificato alcun foglio collegato alla Battaglia di Ostia. Sui disegni di Giulio nelle raccolte dell’oratoriano si rinvia a Prosperi Valenti Rodinò, I disegni di Giulio Romano cit., pp. 117-135. 526  Come testimonianza della celebrità del gruppo descritto da Vasari nell’Incendio di Borgo, Resta rimanda a Sandrart, Academia cit., pp. 122-123. 527  Resta fa riferimento ad un particolare della descrizione vasariana dell’Incendio di Borgo, del quale afferma di avere un disegno, oggi non identificato. 528   Si veda la postilla a Cicognara p. 660, nel margine inferiore, e nota relativa. 529   La postilla pertiene il punto in cui Vasari ricorda che tra i personaggi che attorniano Leone X nella Battaglia di Ostia Raffaello ritrasse anche il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena. Resta parla di un disegno raffigurante il Dovizi anche in una lettera a Giuseppe Magnavacca, datata 12 novembre 1689 (Correggio, tomo I, lettera n. 7). L’opera può essere identificata con il Ritratto di prelato, oggi conservato a Chatsworth, senza marchi

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p. 662, rigo 24, nel margine inferiore: come era Fran(ces)co I in tempo di Raffaele? Rafaele morì del 1520 Fr(ances)co I di Valois re del 15..530 p. 662, rigo 27, con sottolineatura di « Vescovi in pontificale »: io ne ho due di questi vescovi, e tre ne donai al signor principe Fer(dinand)o di Fior(en)za531 p. 663, rigo 15, con sottolineatura di « termini »: di Polidoro532 p. 663, rigo 23: io l’ho533 p. 663, rigo 30: p(rim)a di Giorgione534 p. 663, nel margine inferiore: che miseria humana che un Papa habbia da esser nominato nelle Historie p(er) i gatti e cagnoli e scimmie etc.535 Resta-Somers, ma con una iscrizione del Richardson sul montaggio la quale ricalca l’indicazione dell’oratoriano: « Raffaello da Urbino/Ritratto del Cardinal Bibiena Zio di Raffaele » (Chatsworth, Devonshire collection, inv. 49: Jaffé, The Devonshire Collection of Italian Drawings. Roman cit., cat. 425, p. 266). Anche l’attribuzione al Sanzio era tradizionalmente mantenuta nelle collezioni del duca di Devonshire, sebbene oggi non sia più accettata (Ibidem). Il Bibbiena, committente di Raffaello, non era però legato all’artista da vincoli di parentela come crede Resta; era bensì lo zio di Maria Dovizi, promessa sposa dell’Urbinate. Nel commento in esame l’oratoriano specifica la data in cui entrò in possesso del foglio, il prezzo dell’opera e da chi l’acquistò: un pittore e mercante d’arte presso l’Oratorio di San Marcello, da identificare forse con Antonio Bossolani, citato da Lione Pascoli come proprietario di una bottega proprio di fronte all’oratorio (L. Pascoli, Vite de’ Pittori, Scultori, ed Architetti moderni [...], Roma, per Antonio de’ Rossi nella Strada del Seminario Romano, 1736, p. 383). 530  Il commento pertiene la descrizione della Giustificazione di Leone III nella Stanza dell’Incendio, che Vasari interpretava come la scena in cui « papa Leone X sagra il Re cristianissimo Francesco I di Francia ». 531   La postilla riguarda la descrizione vasariana della Giustificazione di Leone III (si veda la nota precedente) in cui compaiono « cardinali e vescovi in pontificale che ministrano ». Uno dei disegni menzionati dal Resta era incluso nel Secolo d’Oro, dove dà notizia che in passato, quando non era « ingolfato in questi libri », ne aveva donati altri tre al « Gran Principe di Fiorenza » (Lansdowne 802 k 115). L’informazione è d’aiuto per la ricostruzione dei rapporti del collezionista con la corte medicea, per i quali ancora si hanno pochi punti di riferimento. 532   La postilla attiene la descrizione vasariana del basamento della Stanza dell’Incendio di Borgo « con varie figure di difensori e remuneratori della Chiesa, messi in mezzo da varii termini ». La decorazione dello zoccolo, progettata da Raffaello, è riferita a Giulio Romano nella biografia giuntina di questi (Vasari, V, p. 56), mentre non è attestata in alcun modo la partecipazione di Polidoro. 533   La postilla si riferisce ad un disegno, non identificabile tra quelli posseduti dal Resta, per gli affreschi di Perugino sulla volta della Stanza dell’Incendio di Borgo: si veda la postilla a Cicognara p. 548, rigo 16. 534   La postilla si riferisce alla menzione vasariana di Giovanni da Udine quale « discepolo » di Raffaello. Sulla convinzione di Resta che il pittore fosse stato in precedenza allievo di Giorgione si veda la postilla a Riserva pp. 663, rigo 30; 664, nel margine superiore, e nota relativa. 535   Il commento riguarda la descrizione vasariana del cubicolo del palazzo apostolico in cui Giovanni da Udine dipinse « tutti quegli animali che Papa Leone aveva, il camaleonte, i zibetti, le scimie, i papagalli, i lioni, i liofanti e gli altri animali stratti », decorazione che andò distrutta già sotto Paolo IV (1555-1559), come viene specificato nella biografia giuntina del pittore friulano (Vasari, V, pp. 450-451).

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p. 664, rigo 4: Bramante era morto del 1514536 p. 664, righi 9-10, con sottolineatura di « Raffaello fece i disegni », e manicula: non è vero che facesse Rafaele tutti li disegni delle loggie p(er)ché io n’ho di q(ue)lli che sono fatti p(rim)a dell’opera e non sono di Rafaele ma di Giulio e Vincenzo, come quella di Melchisedec537 p. 664, righi 13-14, con sottolineatura di « figure Giulio Romano » p. 665, rigo 29, con sottolineatura di « Ritrasse Beatrice Ferrarese »: io ne ho uno di Leonardo538 p. 666, righi 21-22, con sottolineatura di « Giove con gravità celeste che bacia Ganimede », cassando « celeste »: questa la fe dipingere a Pelegrino da Modena et io ne ho il disegno539 p. 667, rigo 7, con sottolineatura di « Sebastian Veniziano »: Al Popolo Sebastiano del Piombo, l’altare. p. 667, rigo 17: Ho un pezzetto del Sacrificio di uno de gl’arazzi540 p. 667, rigo 26: 70 m(ila) scudi in arazzi di quel tempo erano assai541 p. 669, righi 31-33, con sottolineatura di « un cappello rosso, che già infinito numero il Papa aveva deliberato far cardinali, et persone manco degne di lui »: Bella raggione!542 p. 669, nel margine inferiore: Raffaele al fine prese p(er) moglie la nipote del Cardinale Divizioso ma morì nel dì delle nozze e fu sepolta in Rotonda, in alto sta la lapide sepolcrale sopra il sepolcro di Raffaele543 p. 670, rigo 26, nell’interlinea in corrispondenza di « adorno il cielo »: ci vuol altro che pittura in Paradiso544 536   Il commento riguarda la menzione vasariana del progetto di Raffaello per le Logge Vaticane « cominciate bene da Bramante architettore, ma rimaste imperfette per la morte di quello ». 537   Non sono identificabili con certezza tra i materiali grafici del Resta disegni preparatori per questa scena delle Logge Vaticane, e che egli riferiva a Giulio e al Tamagni. Si rinvia alla postilla a Riserva p. 664, righi 9-10, e nota relativa. 538   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 665, rigo 29, e nota relativa. 539  È stata ipotizzata l’appartenenza alle raccolte del Resta del disegno attribuito all’atelier di Raffaello raffigurante Giove che bacia Amore conservato al Louvre (Département des Arts graphiques, inv. MI 1120 recto: D. Cordellier, Py, Raphael son atelier ses copistes, Parigi 1992, cat. 550, pp. 372-374). Nel Secolo d’Oro è descritto invece un disegno riferito al Munari con un Mercurio per il medesimo ciclo pittorico (Lansdowne 802 k 251). 540   Il disegno non risulta facilmente rintracciabile tra quelli inclusi nei volumi di grafica del padre Resta. 541   Resta commenta il punto in cui Vasari scrive che l’impresa degli arazzi di Raffaello per la Cappella Sistina costò « LXX mila scudi ». 542  Resta commenta la notizia vasariana secondo cui Leone X aveva promesso il cardinalato a Raffaello « in ricompensa delle fatiche e delle virtù sue ». 543   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 669, nel margine inferiore, e nota relativa. 544   La glossa pertiene l’affermazione di Vasari secondo cui l’anima di Raffaello, dopo la sua morte, « come di sue virtù ha imbellito il mondo, così abbia di se medesima adorno il cielo ».

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p. 670, nel margine inferiore, entro un cartiglio: si vede è la più bella tavola d’altare di tutto il mondo545 p. 678: [disegno a margine] Domenico Puligo pittore fiorentino p. 692, rigo 19: Ridolfo Ghirlandaio ––> Dom(enic)o Puligo Andrea da Fiesole scultore p. 696, rigo 31, con segno di richiamo nel margine inferiore: Non so se dica mdxi o 50, lavorò con il Toffano mil(ane)se in Domo 546 p. 697, rigo 8, con sottolineatura di « Antonio da Carrara scultore rarissimo »: Antonio da Carara vuol dire Antonio Langini di cui mi scrive il P(adre) Fr(ances)co Girgenti dell’Or(ator)io dell’Olivella di Palermo nelle lettere del 22 luglio 1689 che ivi si ha p(er) traditione etc. qualmente era tanto eccellente in panneggiare che M(ichel) Angelo Buonarrota quando se li dimandava una figura vestita respondeva: andate dal Langini in Sicilia a vestirla e che in Palermo la Tribuna del Duomo ha 16 statue di marmo di quest’huomo oltre le istorie, bassirilievi, arabeschi e fogliami cose rare e divine. In particolare una figura di S(an) Gio(vanni) fuor di Palermo due miglia547

545   Il giudizio pertiene la menzione vasariana della Trasfigurazione, già in San Pietro in Montorio ed ora nella Pinacoteca Vaticana. 546   La postilla pertiene la menzione vasariana di Silvio Cosini, di cui Vasari scrive che morì « d’anni xxxviii, l’anno mdxl ». La notizia di una sua attività nel Duomo di Milano dipende dalla versione giuntina della biografia di Andrea Ferrucci (Vasari, IV, p. 260). Pure da Vasari dipende l’appellativo con cui Resta ricorda l’architetto Cristoforo Lombardi (Vasari, V, p. 434). Nella parte cassata della postilla, il riferimento è alla pagina della Torrentiniana in cui è ricordata l’attività di Cosini a fianco di Perino nel cantiere della villa di Andrea Doria a Genova. 547   La notizia, divulgata da fonti locali (F. Baronio, De maiestate Panormitana, Panormi, apud Alphonsum de Isola, 1630; V. Auria, Il Gagino redivivo, Palermo, Nella Nuova Stamperia di Giuseppe Gramignani, 1698, pp. 23-24) e poi tra gli altri da Pellegrino Orlandi (nella seconda edizione (1719) dell’Abecedario Pittorico cit., p. 181), era stata acquisita dal Resta già nel 1689 grazie ai contatti con l’oratoriano palermitano Francesco Girgenti (cfr. anche la postilla a Riserva p. 560, rigo 16, e nota relativa). Resta ricevette inoltre notizie, probabilmente sempre dai suoi corrispondenti palermitani, sulla grande impresa di Antonello Gagini della decorazione della tribuna marmorea del Duomo di Palermo, distrutta alla fine del Settecento a causa dei rinnovamenti della chiesa ad opera di Ferdinando Fuga.

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Vincentio da San Gimignano pittore p. 698, rigo 22, con sottolineatura di « casa, dove Vulcano fabbrica le saette »: 25 anni sono le vidi belle, hora 1685 molto guaste e consumate548 p. 698, rigo 26, con manicula: adesso sono state buttate a terra549 p. 699, rigo 8: Basta550 p. 699, righi 17-18, con sottolineatura di « così in Campo Santo di Roma »: Schizzone p. 699, nel margine inferiore: Un Vincenzo Animola detto Romano scol(ar)o di Raffaele fu in Palermo, dove fece da 20 tavole pubbliche e mi scrive il P(adre) Girgenti che la sua maniera è stata in Roma equivocata p(er) di Raffaele551 Andrea dal Monte Sansovino scultore et architetto p. 700, nel margine superiore: Ant(oni)o del Polaiolo ––>And(re)a Sansovino ––>Iacopo Sansovino p. 701, rigo 1: nato 1471 p(rim)a di M(ichel) Angelo a Fiorenza p. 702, rigo 11: in Portogallo p. 702, rigo 15: a Fiorenza p. 702, rigo 19: Genova p. 702, rigo 23: Roma sotto Giulio II al Popolo p. 703, rigo 7: in S(ant’) Agostino di Roma p. 703, rigo 20, manicula p. 703, rigo 22: sotto Leone Loreto [disegno a margine; Fig. 10] p. 703, nel margine inferiore: Bramante e Sansovino 548   La postilla è in riferimento alle pitture di Vincenzo Tamagni sulla facciata del palazzo già di Giovanni Antonio Battiferri, in via Alessandrina in Borgo (N. Dacos Crifò, Vincenzo Tamagni a Roma, in Prospettiva 7 (1976), pp. 46-51: 48; J. Shearman, Raphael in early modern sources (1483-1602), New Haven – London 2003, I, pp. 462-463). Resta ne testimonia le cattive condizioni conservative nel 1685, e ancora nel 1700 la completa illeggibilità (cfr. qui la nota 289). 549   La postilla pertiene la menzione vasariana degli affreschi, perduti già al tempo del Resta, eseguiti da Vincenzo Tamagni sulla facciata di un palazzo nella piazza di San Luigi dei Francesi (Dacos Crifò, Vincenzo Tamagni cit., p. 48). 550   La postilla è apparentemente in relazione al passo accanto al quale è vergata, dove Vasari racconta del declino conosciuto dalla pittura del Tamagni con il suo ritorno a San Gimignano al seguito del Sacco di Roma. 551  Resta raccolse alla fine degli anni ottanta del Seicento molte notizie sul pittore Vincenzo da Pavia, non menzionato da Vasari, poi riportate soprattutto nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 106, 166, 229, 243, 249), dove erano inclusi alcuni disegni ritenuti dell’artista (Ivi, k 106, 166, 243). Da quanto risulta dagli scritti dell’oratoriano, le informazioni vennero fornite dai suoi corrispondenti siciliani, Giuseppe Del Voglia, Francesco Girgenti, il Gianguzzi ed Agostino Scilla (per tali contatti del Resta si vedano Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 17-19; V. Abbate, Resta, Del Voglia e l’Oratorio palermitano, in Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 38-45).

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p. 704, rigo 9: In patria M(onte) Sansavino p. 704, rigo 30: Arezzo Baccio da Montelupo scultore p. 711, rigo 14: Bramantino ––> Agostino Busto d(ett)o Agosto Milanese ––> Bramante p. 711, rigo 18: Baccio di M(on)telupo ––> Rafael di M(on)telupo Lorenzo di Credi pittor fiorentino p. 712 : Verocchio ––>Piero Perugino ––> Leonardo Boccaccino cremonese pittore p. 714, nel margine inferiore: Il male del Boccaccino era che seguitava la maniera secca antica di Gio(vanni) Bellini, del resto era aggiustato e faceva belle pieghe552 p. 715, rigo 11, con manicula: questa Madonna è alquanto liscia, languida, p(er) altro è bella meglio che se fusse di Marcello Venusto553 p. 715, righi 21- 22, cassando « da’ Cremonesi »: le cose del Campi sono migliori, poi q(ue)lle del Pordonone554 p. 716, rigo 2: imitò Leonardo555 p. 716, rigo 13: dipingeva p(er) poco prezzo come p(er) un sacco di grano, vino etc. Ma le cose sue sono stimabili. Ha imitato Leonardo da Vinci più d’ognuno più sfumato nei contorni556.

552   La considerazione di Resta è anteposta alla biografia di Boccaccio Boccaccino, nato a Ferrara alla metà degli anni sessanta da una famiglia originaria di Cremona, e i cui rapporti con la scultura veneziana rimontano piuttosto al mondo di Giorgione (M. Tanzi, Boccaccio Boccaccino, Soncino (Cremona) 1991, pp. 16-18). 553   La postilla è in coincidenza della menzione vasariana delle « Storie della Madonna » eseguite da Boccaccino nel Duomo di Cremona prima e dopo il soggiorno romano (15121514); è possibile che, avanzando lo strano accostamento tra Boccaccino e Venusti, Resta pensasse alla scena dell’Annunciazione dipinta sull’arco trionfale della cattedrale cremonese. 554   L’intervento sul testo concerne il passo in cui Vasari menziona Camillo Boccaccino e l’« opere ch’egli ha fatto nella chiesa di San Sigismondo, lontano un miglio da Cremona, le quali da’ Cremonesi sono stimate la più bella pittura ch’abbino ». Il commento, benché un po’ confusamente, si riferisce invece al passo subito precedente sugli affreschi di Boccaccio Boccaccino nel Duomo di Cremona, a proposito del quale Resta richiama Pordenone (non nominato qui da Vasari), che vi aveva partecipato, paragonandolo al « Campi », che è con ogni probabilità Bernardino. 555   La glossa si riferisce alla menzione vasariana di Bernardino Luini, incongruamente collocata al termine della biografia di Boccaccino. 556   Il commento si riferisce a Bernardino Luini (si veda la nota precedente), e in particolare all’affermazione di Vasari secondo cui il pittore fu « molto cortese e servente de l’arte sua ».

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Lorenzetto scultore fiorentino p. 717, rigo 15: La bizzarria delle altre due del C(avalier) Bernino supera quelle che qui si nominano557 p. 718, rigo 4, con sottolineatura di « San Pietro »: oh quanto è inferiore questa al Jona et ad Elia. A quelle assisté Raffaele, non a questo S(an) Pietro558 p. 718, rigo 33: Se Rafaele morì del 1520 donque alla morte sua Lorenzetto non haveva che 26 anni, e già haveva fatte le statue al sepolcro de Ghigi nella Capella del Popolo559 Baldassarre Perucci sanese pittore et architetto p. 719, rigo 11: nato del 1480 morto del 1536 d’anni 56 p. 720, righi 13-14, con sottolineatura di « uccelliera, dove egli dipinse tutti i mesi di chiaro oscuro »: Vaticano palazzo p. 720, rigo 19: in Cancelleria p. 720, rigo 20: facciate p. 720, righi 25-31: Alla Longara palazzo Agostino Ghigi p. 721, rigo 5, con sottolineatura di « mirabile »: qui l’Autore honora Titiano altrove lo avilisce p. 721, righi 7-9, con manicula: non ci credete ite a vederla voi. p. 721, rigo 13: Campo di Fiore Giuponari p. 721, rigo 17: Pace p. 721, rigo 23: Il disegno di questo gran quadro, ben finito lo comprò il M(arche)se del Carpio nelle robbe del morto Card(inale) Nini p(er) otto scudi circa l’anno 1680 o come la verità quell’anno che morì il Card(inale) e le sue robbe furono vendute560. 557   Il confronto è tra il Giona e l’Elia della cappella Chigi scolpiti da Lorenzetto e citati poco oltre da Vasari nella biografia di lui, e le due statue di Abacuc e l’angelo e Daniele, eseguiti da Bernini nel cuore del pontificato chigiano (1655-1667). 558   Il confronto è tra la statua di San Pietro di Lorenzetto su Ponte Sant’Angelo e le due di sua mano nella cappella Chigi di Santa Maria del Popolo; vedi la nota precedente. 559   Resta congettura sugli estremi biografici di Lorenzetto (1490-1541), che Vasari diceva morto nell’anno giusto, ma « di anni XLVII ». 560   In corrispondenza della descrizione vasariana della Presentazione di Maria al tempio di Baldassarre Peruzzi in Santa Maria della Pace, Resta comunica di conoscere un disegno finito in relazione all’opera, proveniente dalla raccolta del cardinale Giacomo Filippo Nini (1628-1680; cfr. R. Robibaro, L’inventario dei beni del cardinal Nini (1628-1680): un documento inedito, in Annali della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon 10 (2010), pp. 331-407) e acquistato poi dal marchese del Carpio. È noto che alcuni pezzi della raccolta del cardinale Nini, collezionista senese al servizio del cardinale Fabio Chigi, furono acquisiti alla sua morte dal marchese (De Frutos, El templo cit., pp. 297-299).

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p. 721, nel margine inferiore: come che quest’opera era alcuni palmi più lunga verso l’altar maggiore e bisognò stringerla p(er) l’ornam(en)to novo, Pietro da Cortona secretam(en)te fece ritirar il povero mendico più vicino a quello che dà l’elemosina da Lazaro Baldi e sporcata che paresse antica senza che alcuno se n’accorgesse561 p. 722, rigo 8: in banchi p. 722, rigo 11: la gente li crede di Rafael562 p. 722, rigo 13: M(on)te Cavallo a S(an) Silvestro p. 722, rigo 15: strada Giulia p. 722, rigo 19: Bologna p. 722, rigo 26: il disegno finitissimo e ben conservato l’ha il Coramboni563 p. 722 nel margine inferiore, con richiamo a « Girolamo Trevigi », nel rigo 33: Non è il Ger(ola)mo da Treviglio architetto di Mil(an)o e pittore stimato da Leonardo564 p. 722, rigo 34: Carpi p. 723, rigo 8: Roma a Farnese p. 723, rigo 15, manicula p. 723, rigo 19: Nell’Anima p. 723, rigo 20: sepoltura d’Adriano 6 p. 724, righi 7-10, con sottolineatura di « avendo egli sempre avuto amicizie di Papi, di grandissimi Cardinali, et di ricchissimi mercanti, non però alcun d’essi si mosse già mai a fargli beneficio », e manicula: 561   La postilla si riferisce alla descrizione vasariana della Presentazione di Maria al Tempio di Baldassarre Peruzzi nella tribuna ottagonale di Santa Maria della Pace, e in particolare al passo sul personaggio che « dà la elemosina ad un povero tutto ignudo e meschinissimo ». Resta afferma che in concomitanza con la ristrutturazione della chiesa coordinata da Pietro da Cortona (A. Cerutti Fusco, M. Villani, Pietro da Cortona architetto, Roma 2002, pp. 261275), l’allievo di questi Lazzaro Baldi (1622-1703) fu incaricato dal maestro di intervenire in segreto nella zona in basso a sinistra della tela, per adattarla alla nuova cornice decorativa della tribuna, camuffando tale modifica. Si veda B. Agosti, M.R. Pizzoni, Una notizia dal padre Resta sulla “Presentazione di Maria al Tempio” di Baldassarre Peruzzi, in Bollettino d’Arte s. VII, XCIX (2014), pp. 39-44. 562   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari racconta che Peruzzi « lavorò in Banchi una arme di Papa Lione, nella quale fece tre fanciulli a fresco, che di tenerissima carne e vivi parevano ». Il dipinto, perduto, era evidentemente ancora visibile al tempo di Resta. 563   Si veda la postilla a Riserva p. 722, rigo 28, e nota relativa. 564  La postilla riguarda la menzione vasariana di « Girolamo Trevigi » (Girolamo da Treviso); il padre Resta ribadisce, ma confondendo il nome di battesimo, che non è Bernardo Zenale, ricordato da Lomazzo, Trattato cit., p. 53, per la stima che ne aveva Leonardo, e rubricato nella Tavola del Trattato lomazziano come « Bernardo Zenale da Trivigi [cioè Treviglio] acuto pittore e architetto » (Le Tavole del Lomazzo cit., p. 22).

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Pellegrino da Modana pittore p. 726, nel margine inferiore, continuando in quello della pagina seguente: 565 p. 727, rigo 6: p. 727, rigo 8, con sottolineatura di « vi lavorò ancora egli »: [disegno a margine; Fig. 15] dove sta questa è sua566. p. 728, righi 26-27: era più vecchio Gaudentio di lui p(er)ché era condiscepolo di Rafaele sotto P(ietro) Perugino. Corrige: fu scol(ar)o di Pietro Perugino ma doppo che Raffaele era partito, la Pietà di Perugia la fece doppo che era stato fuora e tornato a Perugia p(er) farla, ivi[?] Gaudentio, e si fe [...]567 p. 728, rigo 31, nell’interlinea dopo « a’ Frati della Passione un Cenacolo »: a oglio568 Giovan Francesco, detto il Fattore, pittor fiorentino p. 729, nel margine superiore sopra il titolo: Gio(vanni) Fr(ancesc)o Penni fr(at)ello di Luca Penni p. 730, rigo 2, con sottolineatura di « la volta d’Agostin Chigi »: il Fattore dipinse la volta del Chigi569 565  Questa postilla, incentrata sul tentativo di distinguere la figura di Pellegrino da Modena dedicatario della biografia vasariana, rispetto a Pellegrino Tibaldi, per cui fa riferimento a Baglione, Le vite de’ pittori cit., pp. 62-63, è con ogni probabilità anteriore a quella di analogo argomento presente nell’esemplare Riserva, nota p. 726, accanto al titolo della biografia, per cui si veda la nota relativa. 566   Accanto al passo in cui Vasari menziona la partecipazione di Pellegrino da Modena al cantiere delle Logge Vaticane, Resta appone un rapido schizzo a penna in cui delinea un particolare della scena dell’Apparizione di Dio a Isacco, e ne commenta a fianco l’attribuzione a Pellegrino. L’ipotesi che questo schizzo sia frutto di una visita di Resta nelle Logge è messa in crisi dall’esistenza di un disegno, di proprietà dell’oratoriano e da lui stesso attribuito a Pellegrino da Modena, che ricalca perfettamente lo schizzo nel volume vasariano. È dunque probabile che sia lo schizzo dell’oratoriano sia il suo ragionamento sull’attribuzione dell’opera pittorica al Munari siano frutto dello studio non sul dipinto, bensì sul disegno, inserito poi nel volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 109 a) ed oggi conservato a Chatsworth (Devonshire collection, inv. 1085: M. Jaffé, Devonshire Collection of Italian Drawings. Bolognese and Emilian schools, London 1994, cat. 640 p. 212). 567   Sulla convinzione di Resta di un discepolato di Gaudenzio presso Perugino si veda la postilla a Riserva p. 728, rigo 30. 568   Resta rettifica il testo vasariano, dove l’Ultima Cena di Gaudenzio Ferrari nella chiesa milanese di Santa Maria della Passione era erroneamente ricordata come un’opera ad affresco anziché una tavola ad olio. 569  Resta compendia imprecisamente l’affermazione di Vasari secondo cui « Furono

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p. 730, rigo 6: M(on)te Giord(an)o p. 730, rigo 7: Anima p. 730, righi 8-10, nel margine esterno: Io tengo il disegno di q(ue)sto S(an) Christofano del Fattore570 p. 730, righi 8-10, nel margine interno, con segno di richiamo a « San Christofano d’otto braccia »: l’Abb(ate) Tinti dice esser di Marco Antonio Bassetti veronese571 p. 731, righi 14-16, con sottolineatura di « Napoli. Quivi fermatosi » e « Tommaso Cambi mercante Fiorentino »: quivi fece il Ratto di Elena sul disegno di Rafaele d’Urbino, che fu stampato572 p. 731, rigo 21: In Genova Perino fu dopo il Sacco e tornò a Roma sotto Paolo III papa dal 1534573 Andrea del Sarto pittor fiorentino p. 732, sotto il titolo della biografia: 1478 p(er)ché lavorò fu tenuto in Fiorenza ma era della Villa del Borgo S(an) Sepolcro e tre miglia fuor della Città, ancora adesso v’è la Casa del Sarto. Così mi dissero alcuni del Borgo574 p. 734, rigo 4 [disegno a margine; Fig. 18]: p(rim)a orefice p. 734, rigo 7: Gio(vanni) Barile Piero di Cosimo And(re)a del Sarto il frate p. 734, nel margine inferiore: Cosmo Roselli ––>Piero di Cosmo ––>And(re)a del Sarto––>Iacopo da Pontormo lavorate molte cose da lui con cartoni et ordini di Raffaello, come la volta d’Agostin Chigi in Trastevere in Roma », evincendone che spetti alla mano di Penni la decorazione della Loggia di Psiche. 570   Per il disegno raffigurante San Cristoforo e attribuito a Giovan Francesco Penni si rinvia alla postilla a Riserva p. 730, righi 11-13, e nota relativa. 571  L’affresco con San Cristoforo sul fianco di Santa Maria dell’Anima ricordato da Vasari come opera di Penni viene assegnato da Titi, Studio cit., I, p. 216 al pittore veronese Marcantonio Bassetti (1586-1630). 572  Resta collega, apparentemente senza ragione, il soggiorno napoletano del Penni ricordato da Vasari con l’invenzione del Rapimento di Elena concepito da Raffaello e noto da stampe di Marcantonio Raimondi e Marco Dente (S. Massari, in Raphael invenit. Stampe da Raffaello nelle collezioni dell’Istituto Nazionale per la Grafica, catalogo di G. Bernini Pezzini, S. Massari, S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 1985, p. 236, nrr. VII, 1-2). 573   Prendendo spunto dalla notizia vasariana della collaborazione di Luca Penni, fratello di Giovan Francesco, con Perino a Genova, Resta riepiloga qui gli spostamenti del Bonaccorsi da Roma a Genova alla fine degli anni venti, per poi rientrare a Roma all’incirca dal 1537. 574   Per l’errore sulle date di nascita di Andrea, che Resta trae da Vasari, si vedano le postille a Riserva pp. 734, rigo 2; 734, nel margine inferiore, e note relative; per i corrispondenti dell’oratoriano da Borgo San Sepolcro si rinvia alla postilla a Cicognara p. 360, accanto al titolo della biografia e alla nota relativa.

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p. 734, nel margine inferiore, entro un cartiglio che prosegue nel margine inferiore della pagina successiva: Nota come Andrea et altri Pittori pure di eccelente genio studiavano a M(ichel) Angelo e Leonardo non ostante fossero contemporanei poi che M(ichel) A(ngelo) nacque solo 4 anni p(rim)a di Andrea575 p. 735, nel margine superiore: qui lo fa nascere solo cinque anni doppo M(ichel) Angelo e da ragazzo lo fa studiare al Cartone di M(ichel) Angelo Bonarota576 p. 735, righi 1-2, è cassato « di Michel Agnolo Buonarroti, et similmente quello »577 p. 735, rigo 2: il Frate ––> Mariotto Albertinelli in vecchiaia ––> Francia Bigio p. 735, rigo 29: S(an) Gio(vanni) Batt(ist)a dello Scalzo p. 736, rigo 11, con sottolineatura di « il principio delle opere sue »: p(rim)a maniera del Sarto p. 736, righi 24-26, entro un cartiglio: Andrea e Francia lavoravano in compagnia p. 736, rigo 32: Andrea Sansovino ––> Jacopo Sansovino , Andrea del Sarto Francia p. 738, nel margine superiore: Vasario detrattore578 p. 739, rigo 1, altra mano: santo p. 739, rigo 5, altra mano: Andrea del Sarto p. 740, righi 8-9, con sottolineatura di « affaticassi et sforzassi la natura », e manicula: Andrea faceva meglio q(uan)do non si sforzava, il che io intendo non s(econ)do la sostanza ma s(econ)do il modo di operare579 p. 740, nel margine inferiore: il Francia bravo frescante   Si veda la postilla a Riserva p. 734, nel margine inferiore, e nota relativa.   Cfr. la nota precedente. 577   Resta interviene sul passo in cui Vasari ricorda come Andrea del Sarto (1486-1530) si fosse formato studiando i cartoni della Battaglia di Cascina e di quella di Anghiari; la cancellatura dipende dall’errata convinzione del Resta che il cartone michelangiolesco fosse ancora da realizzare nel periodo in cui il giovane Andrea – che Resta voleva nato nel 1478, sulla scorta del testo vasariano (si rinvia alla postilla a Riserva p. 734, rigo 2, p. 734, nel margine inferiore e note relative) – si formava (per queste informazioni si rinvia a Lansdowne 802 k 96). 578   Il commento si riferisce al racconto di Vasari della concorrenza tra Andrea del Sarto e Franciabigio, amici tra loro, per la commissione delle Storie di san Filippo Benizzi nel chiostro della Santissima Annunziata a Firenze; fra Jacopo che ne era responsabile, per convincere Andrea ad assumere l’incarico, gli fece credere che « quando egli attendere non ci volessi, aveva il Francia che per farsi conoscere gli aveva offerto di farle, e de ‘l prezzo gli dessi quel che volessi ». 579   Il commento si riferisce all’affermazione di Vasari secondo cui « Andrea faceva bene senza ch’egli affaticassi e sforzassi la natura ». 575 576

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p. 741, rigo 6, con sottolineatura di « fece la natività della nostra donna »: Natività nel cortile dei Servi p. 742, a partire dal margine superiore: Cosmo ––> Piero di Cosmo ––> Andrea nato del 1478 ––> Iacopo da Pontormo nato del 1493 p. 746, rigo 33: Baccio Bandinelli volle imparar a colorire da And(re)a del Sarto ma non proseguì p. 751, rigo 23, con sottolineatura di « Dalfino figliuol del Re »: Ritratto del Delfino in fascie p. 753, rigo 28, altra mano: Erodiana p. 755, con sottolineatura di « Giulio cardinal »: [disegno a margine] p. 757, rigo 7: Il March(es)e del Carpio in Napoli subbito arrivato V(ice) Re comprò dalla Galleria del q(uonda)m Gaspar Roomer un S(an) Gio(vanni), che bisogna sia copia di questo che dice il Vasario, ma sì bello, che può passar quasi p(er) originale e puol essere dello Sguazzella o di altro suo scol(ar)o da lui med(esim)o ritoccato580 p. 758, rigo 8: Io n’ hebbi il disegno e lo donai al M(arche)se del Carpio in Roma 1682581 p. 759, rigo 18: io ho una figura582 p. 759, righi 24-26, con sottolineatura di « il quale Federigo secondo duca di Mantova ne ’l suo passare da Fiorenza che andava a visitare Clemente VII »: passato p(er) Fiorenza Federigo Gonzaga 2° duca di Mantova dimandò a Clem(en)te VII un quadro di Rafaele p. 760, nel margine superiore: Andrea contrafà li ritratti di Rafaele p(er) il duca di Mantova Federico 2° Gonzaga p. 763, rigo 18: Michel Angelo fece ingrandir la maniera a Raffaele et ad And(re)a del Sarto p(er)ché erano grandi spiriti, gli altri li fece ingoffire583 p. 764, rigo 1, altra mano, la postilla è mutila a causa della rifilatura del margine: Riposo di Raffaele Borghini libro delli […] di dive[rs]i paesi584 p. 766, rigo 10, sottolineatura di « canonico pisano », e manicula 580  Resta dà notizia di un San Giovanni attribuito ad Andrea del Sarto acquistato dal marchese del Carpio, appena arrivato a Napoli come viceré, dalla collezione già appartenuta al banchiere e mercante fiammingo Gaspar Roomer (1590 ca.-1674). Per l’acquisto di alcuni quadri dalla collezione Roomer: cfr. De Frutos, El templo cit., p. 591, e ad indicem, con bibliografia precedente. Il nome di Andrea Sguazzella è ricordato da Vasari tra gli allievi di Andrea in fondo alla biografia di questi. 581   Si veda sopra la postilla a Riserva p. 758, rigo 13, e nota relativa. 582   In corrispondenza della menzione vasariana dell’affresco con l’Annuncio a Zaccaria nel Chiostro dello Scalzo, Resta appunta di avere un disegno in relazione all’opera, non identificato. 583   Resta commenta il passo in cui Vasari spiega che intorno alla metà degli anni venti Andrea del Sarto « aveva ringrandito la maniera per aver visto le figure che Michel Agnol Buonarroti aveva cominciate e parte finite per la sagrestia di San Lorenzo ». 584   Si rinvia alla p. 55.

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p. 769, rigo 17, integrando uno spazio bianco del testo a stampa dopo « Napoli »: nella Chiesa de Spagnoli585 p. 769, rigo 17, nel margine destro: In Napoli in S(an) Iacomo degli Spagnoli586 p. 770, rigo 24: 1530587 p. 771, righi 7-8, con sottolineatura di « in Roma alla Misericordia compagnia de’ Fiorentini »: q(ue)sto disegno dell’opera delli fiorentini l’ho nel mio libro588 p. 771, nel margine inferiore [Fig. 29]: Cosmo Roselli­­ Pier di Cosmo Andrea del Sarto Leonardo Iacopo da Pontormo Fr(ancesc)o Salviati Iacopo del Conte Scipione Gaetano p. 772, rigo 8: Ma come d’anni 42 se nacque del 1478589 Properzia de’ Rossi scultrice bolognese p. 774, rigo 20, con sottolineatura di « la S. Caterina Anguisola »: 4 Anguissole discepole di Ber(nardi)no Campi e pure mai nomina i Campi590 Michele Agnolo sanese p. 782, nel margine inferiore: V’è Michelangelo senese pittore in Parma coloriva alla correggiesca non con molto disegno. Somiglia al Cav(alier) Imparati di Napoli, così rosseggiava591 585  Si veda la postilla a Riserva pp. 769, rigo 17; 769, rigo 18, nell’interlinea, e note relative. Vedi anche indice topografico e la postilla a Cicognara p. 769 rigo 17. 586   Si veda la nota precedente. 587   La data apposta da Resta è relativa alla menzione vasariana dell’assedio di Firenze. 588  In riferimento al passo vasariano sui lavori di Francesco Salviati a Roma presso l’Arciconfraternita della Misericordia dei Fiorentini, Resta scrive di avere un disegno in uno dei suoi volumi. Esso può essere identificato con quello descritto nel Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 219 a), ritenuto dal Resta autografo e preparatorio per la Visitazione nell’Oratorio di San Giovanni Decollato. Il disegno in esame, conservato nella Christ Church di Oxford (inv. 1427) e già ricondotto al volume del Resta, è ritenuto piuttosto copia dall’affresco (Byam Shaw, Drawings by Old Masters cit., I, cat. S 1533 p. 369). 589   Si veda la postilla a Riserva p. 734, rigo 2, e nota relativa. 590   Si veda la postilla a Riserva p. 774, rigo 20, e nota relativa. 591  Si rimanda alla postilla a Riserva p. 782, nel margine inferiore, e nota relativa. È possibile che il curioso raffronto stilistico istituito qui da Resta sia con il pittore napoletano Girolamo Imparato, attivo nella seconda metà del Cinquecento, il cui linguaggio manierista è

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Fig. 29 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, vol. III, p. 771.

Fig. 30 G. Vasari, Le Vite..., Cicognara IV.2390, III, p. 830.

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Girolamo Santacroce napolitano p. 785, nel margine inferiore: Gerolamo S(anta) Croce non ha che fare con la delicatezza di Gio(vanni) da Nola592 Dosso et Batista ferraresi pittori p. 789, rigo 4: Cesare da Sesto era amatiss(im)o e stimatiss(im)o da Rafael d’ Urbino, e diceva Rafaele a Cesare: come è possibile che noi si amiamo tanto, e pure nel dipingere si portiamo così poco rispetto? Vedi il Lomazzo fol. 107593 Giovanni Antonio Licino da Pordenone pittore p. 791, righi 1-2, con sottolineatura di « la tribuna, della quale una parte ne rimase imperfetta »: li otto disegni della cuppola li ho io594 p. 791, rigo 4, nel margine esterno, con segno di richiamo al testo in corrispondenza di « Bernardo da Vercelli »: quale poi fece la Cuppola che ho io595 p. 791, rigo 4, nel margine interno, con sottolineatura di « Bernardo da Vercelli »: Bernardo Gatti d(ett)o il Soiaro scol(ar)o del Correggio596 p. 791, rigo 8: vedi nell’aggionte alle Vite del Vasario che del Gatti dice, che se bene il Pordonone haveva fatti le Sibille e Profeti il Gatti l’accompagnò nel resto. Ergo i miei sono del Pordonone?597 p. 791, rigo 19, con sottolineatura di « San Gieremia sul canal grande una facciata »: io tengo il disegno598 in effetti segnato dalla « maniera nuova, volante, “correggesca” » assimilata nella formazione con Francesco Curia (G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel vicereame, Torino 1978, p. 112). Non risulta tuttavia che avesse il titolo di cavaliere. 592   La considerazione del padre Resta in calce alla biografia si innesta sul riferimento vasariano alla « concorrenza » tra Giovanni da Nola e Girolamo Santacroce, ma sembra frutto di una conoscenza diretta almeno di alcune opere di questi scultori acquisita durante i soggiorni napoletani. 593   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 789, rigo 4, e nota relativa. 594  Nel volume del Resta intitolato Secolo d’Oro erano inclusi alcuni disegni attribuiti al Pordenone in riferimento alla decorazione della chiesa di Santa Maria di Campagna a Piacenza rammentata da Vasari, riferibili però al Sant’Agostino (Lansdowne 802 k 90, 93-95). 595   Si rinvia alla postilla a Cicognara p. 791, righi 1-2, e nota relativa. 596   Si vedano le postille a Riserva p. 584, rigo 30; p. 791, rigo 4, e note relative. 597   Resta è incerto se attribuire al Pordenone o al Gatti i disegni – si vedano le postille precedenti e le note relative – da lui creduti per la cupola della chiesa di Santa Maria di Campagna a Piacenza. 598   Il disegno attribuito al Pordenone non è identificato tra quelli presenti nei volumi del Resta. Per un disegno analogo del Pordenone si veda la postilla a Riserva p. 791, rigo 25, e nota relativa.

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p. 793, rigo 2, altra mano: Pel[...] p. 793, rigo 17, con sottolineatura di « più raro »: ma più languido assai del Pordonone599 p. 794, nel margine inferiore, con sottolineatura di « MDXL » rigo 18, e segno di richiamo: io tengo una figura col millesimo 1551 per […] del Bernardo da Vercelli600 p. 794, rigo 23: Il Sandrart dà al Pordonone un figliastro Giulio Licinio che stette in Augusta che dipingeva del 1561601 p. 794, nei margini inferiore e sinistro: 602 p. 794, nel margine superiore continuando in quello della pagina successiva: Bernardo Gatti detto il Sogliaro discepolo del Correggio seguitò l’opera di Campagna del Pordonone, era cremonese nominato da Ant(oni)o Campo nell’Istoria di Cremona a fol. 196 e 197 e nella gionta del Vasario 599   Il giudizio del padre Resta, molto felice, concerne Beccafumi, e si riferisce al passo in cui Vasari racconta che Andrea Doria, licenziato Pordenone, « fece venire in suo loco Domenico Beccafumi sanese, eccellente e più raro maestro di lui ». 600   Non è noto questo disegno datato del Soiaro a cui si riferisce Resta. 601   Il riferimento è a Sandrart, Academia cit., p. 173. 602  Questa lunga postilla, poi cassata dal Resta, è incentrata sulla ricostruzione del pittore Bernardino Gatti detto il Soiaro (ca. 1495-1576). Resta rettifica l’erronea provenienza del pittore da Vercelli indicata da Vasari nella Vita di Pordenone (IV, p. 431), e distingue la figura del Gatti da quella del vercellese Bernardino Lanino (1509/1513-1582/1583), registrato come « discepolo di Gaudenzio » da Lomazzo (Le tavole cit., p. 22). Resta aveva incluso nel Tomo Secondo. Secolo d’Oro due disegni riferiti al Gatti, oggi non identificati (Lansdowne 802 k 88, ricevuto da Arcangelo Spagna, e k 89). L’oratoriano schiera poi le testimonianze di Giovan Battista Natali in favore di una possibile origine cremonese del Gatti (già prospettata dal Lamo, Discorso cit., p. 27), ma in una nota al volume Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 89) riprende l’ipotesi di una provenienza pavese del Soiaro suggerita da Lomazzo in Le tavole cit., pp. 22, 67, da cui è derivata anche la notizia del discepolato presso Correggio. Sui rapporti tra il Natali e Resta si rinvia da ultimo a Prosperi Valenti Rodinò, ‘Bagatelle’ sparse cit., pp. 78-79). L’altra fonte cui si appoggia è la Cremona fedelissima del Campi (vedi nota successiva).

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stampata in Bologna è pur nominato, che lo seguitò dell’istessa maniera. Morì nel fine del 1575 anno 5° di Gregorio XIII603. Il Rosso pittor fiorentino p. 797, rigo 18, con sottolineatura di « a Volterra dipinse un bellissimo deposto », e manicula: io n’ ho uno suo604 p. 800, righi 7-8, con segno di richiamo a « Quivi fece nella Pace sopra le cose di Raffaello », inserendo nell’interlinea « non » in corrispondenza di « sopra »: ma sopra le scolture contigue di Vincenzo de Rossi scol(ar)o del Bandinelli605 p. 801, rigo 3, di altra mano, la postilla è mutila per la rifilatura del margine esterno: Il libbro delle […] de Pitto[ri] p. 805, rigo 12, nello spazio dopo « Et guadagnossi questi Epitaffii »: oltre la casa del Diavolo se nel morire Dio non li fece misericordia606 p. 805, rigo 30: Primaticcio Giovanni Antonio Sogliani pittore fiorentino p. 806, sotto il titolo della biografia: scol(ar)o di Lorenzo di Credi imitatore del Frate di S(an) Marco Girolamo da Trevigi pittore p. 810, nel margine superiore sopra il titolo della biografia: Raff(aele) d’Urbino ––> p. 810, rigo 19: Trevigi p. 810, rigo 22: Bologna p. 811, rigo 6: quest’anno 1687 s’è visto alla S(an)ta Casa il disegno607 603   Dopo aver riscontrato una menzione del Gatti nella Cremona fedelissima di Antonio Campi (1585, pp. 53-54), Resta cancella la postilla precedente (p. 794, nei margini inferiori e sinistro) e rettifica in maniera più decisa l’informazione sulla nascita del Soiaro nella città di Cremona. Per la menzione di lui nella Giuntina, qui richiamata da Resta nella edizione Manolessi, si veda la nota precedente. 604   In corrispondenza del passo vasariano in cui si evoca la Deposizione di Cristo di Rosso per Volterra, Resta comunica di avere un disegno dell’artista con tal soggetto, oggi non identificato. 605   La postilla rettifica l’indicazione vasariana riguardo alla collocazione degli affreschi di Rosso della cappella Cesi di Santa Maria della Pace, che si trovano in effetti non sopra, ma accanto a quelli di Raffaello della contigua cappella Chigi; il riferimento a Vincenzo De Rossi, e la qualifica di quest’ultimo come allievo di Baccio Bandinelli, provengono dalla Giuntina: Vasari, VI, p. 247 e V, p. 275. 606   Si veda la postilla a Riserva p. 806, rigo 9, e nota relativa. 607  La postilla si riferisce alla descrizione vasariana del cartone con l’Adorazione dei Magi (British Museum, inv. 1994-05-14.49) preparato da Baldassarre Peruzzi per Giovanni

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p. 811, rigo 14: Trento p. 811, rigo 16: Bologna p. 811, rigo 28: Inghilterra Polidoro da Caravaggio et Maturino fiorentino pittori p. 813, accanto al titolo della biografia: la regina et io habbiamo molti disegni suoi608 p. 815, rigo 32: virtù teologiche p. 816, rigo 21: lotte antiche p. 816, rigo 22: Morte di Tarpea p. 816, rigo 24: Trionfo di Camillo p. 816, rigo 26: Perillo e Fallaride p. 817, rigo 3: ordine senatorio p. 817, rigo 6: battaglie p. 817, rigo 10: Storie romane p. 817, rigo 13: Trionfo de putti p. 817, rigo 15: Romolo p. 817, rigo 26, con sottolineatura di « Corte Savella »: Rapim(en)to delle Sabine p. 817, rigo 32: Mutio e Horatio p. 817, rigo 33: fuga di Porsena p. 817, nel margine inferiore: Io tengo il Parnasso del Buffalo, ma non è assolutam(en)te di Polidoro, bisogna che morto Polidoro i Zuccari lo seguissero609 Bentivoglio e da questi affidato a Girolamo da Treviso per la traduzione in pittura, oggi alla National Gallery (C. Gould, National Gallery Catalogues. The Sixteenth-Centuries Italian Schools, London 1962, cat. 167 pp. 136-137). Resta dà notizia di aver visto un disegno di Peruzzi collegato a quest’opera e allora conservato nella collezione romana Accoramboni, in occasione della festa per la Traslazione della Santa Casa di Loreto che si teneva annualmente nel mese di dicembre in San Salvatore in Lauro: si veda la postilla a Riserva p. 722, rigo 28, e nota relativa. 608   La significativa presenza dei disegni di Polidoro nelle collezioni di Cristina di Svezia è testimoniata dal Resta anche nelle note di commento ai propri fogli (Lansdowne 802 k 134). Sui disegni originali o copie da Polidoro conservati nelle raccolte della regina di Svezia si rimanda a T. Montanari, Precisazioni e nuovi documenti sulla collezione di disegni e stampe di Cristina di Svezia, in Prospettiva 79 (1995), pp. 62-77; Van Tuyll van Serooskerken, The Italian Drawings cit., cat. 202, 205, 206, 209, 211-213, 216-218, 220, 221, 224. 609  Il riferimento è alla menzione vasariana delle decorazioni di Polidoro nel Casino ricordato nella Torrentiniana come di Stefano del Bufalo. La notizia del Parnaso (J. Gere, Taddeo Zuccaro. His development studied in his drawings, London 1969, pp. 187-188, cat. 170; oggi in Palazzo Barberini) viene dalla biografia vasariana di Taddeo Zuccaro (Vasari, V, pp. 560). Resta riteneva di possedere un disegno di quest’ultimo, collegato a quell’opera, che non è però rintracciabile tra i materiali noti della sua collezione.

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p. 818, rigo 1: Parnasso p. 818, rigo 4: teste d’Imperatori, a S(ant’) Ag(ostin)o nel cortile p. 818, rigo 7: Tutia Vestale p. 818, rigo 8: Claudia p. 818, rigo 10: Camillo, Brenno p. 818, rigo 12: Romolo p. 818, righi 11-12, con sottolineatura di « Romolo et il fratello alle poppe della Lupa » e manicula: io l’ho610 p. 818, rigo 16: Scevola p. 818, rigo 21: S(an) Pietro in Vincoli p. 818, righi 29-30: P(aol)o Emilio p. 819, righi 24-25, è cassato nel testo « di mano di persone illustri ma d’idioti che comincino all’ora quella arte »: le Marie in S(ant’) Ag(ostin)o611 p. 819, righi 31-32: Anco Marzio e Saturnali p. 820, rigo 7: Tevere p. 820, rigo 8: Sacrificio p. 820, rigo 13: Aless(andr)o M(agn)o p. 820, rigo 23: tutti i sacrificii p. 820, rigo 30: Niobe. Io ho l’originale612 p. 821, rigo 1: Latona p. 821, righi 3-4: Niobe Febo Diana p. 821, rigo 19, con sottolineatura di « né vigna »: tra porta Castello e porta Angelica et io ho il disegno613 610   Sebbene non sia identificabile con certezza poiché sprovvisto di scritte riconducibili a Resta, si segnala che un disegno raffigurante Romolo e Remo allattati dalla lupa era di proprietà di Livio Odescalchi, nella collezione del quale confluirono molti disegni dell’oratoriano (oggi ad Haarlem, The Teyler Museum, inv. K 125: cfr. Van Tuyll van Serooskerken, The Italian Drawings cit. p. 239 cat. 201, come cerchia di Baldassarre Peruzzi). 611   Resta interviene sul passo in cui Vasari scrive che Polidoro e Maturino dipinsero in Sant’Agostino a Roma, all’altare della Madonna del Parto, « certi fanciulli » che « non paiono di mano di persone illustri, ma d’idioti che comincino allora quella arte. Per il che nella banda dove la tovaglia cuopre l’altare fece Polidoro una storietta d’un Cristo Morto con le Marie, ch’è cosa bellissima ». 612   In corrispondenza della menzione vasariana degli affreschi di Polidoro sulla facciata di Palazzo Milesi alla Maschera d’Oro Resta dichiara di essere in possesso di un disegno preparatorio. Un foglio raffigurante un Sacrificio a Niobe donato da Gasparo Mola al Resta e poi passato nelle raccolte di Livio Odescalchi è oggi conservato nelle collezioni del Teyler Museum ad Haarlem (inv. k IV 4: cfr.: Van Tuyll van Serooskerken, The Italian Drawings cit., cat. 219 pp. 245-246). 613  All’altezza della generica allusione vasariana alla moltitudine di opere di Polidoro e Maturino a Roma (« non è stanza, palazzo, giardino, né vigna, dove non siano opere di Polidoro e Maturino »), Resta nella postilla ne segnala una, in relazione alla quale crede di avere un disegno. Quest’ultimo va riconosciuto con quello (non identificato) incluso

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p. 822, righi 26-27, con sottolineatura di « Polidoro gli fece archi trionfali bellissimi »: Io n’ho uno614 p. 822, righi 29-31, con sottolineatura « la quale di continuo strugge coloro che stati ci sono molti anni: nel provare gli altri paesi »: Roma incanta le genti615 Bartolomeo da Bagnacavallo et altri romagnuoli pittori p. 826, rigo 10, nell’interlinea in corrispondenza di « destra », cassato: sinistra616 p. 829, rigo 4, con segno di richiamo a « Rimini », nel margine esterno: Mi ricordo di questa Coronatione, che pare dipinta proprio dal Correggio, ma le teste sono esorbitantem(en)te grosse come dice il Vasario617 p. 829, rigo 6, con sottolineatura di « Lattanzio », nel margine interno: era un Lattanzio Gambara scol(ar)o di Bernardino Campi cremonese618 p. 829, rigo 18: questo Cambi aiutò anco il Fattorino619 nel Secolo d’Oro, e descritto come « sopra una casa d’una vigna tra Porta Castello e Porta Angelica, da 20 anni in qua logorata dal mezzo in giù dalla tramontana a Prati » (Lansdowne 802 k 134; si veda la postilla a Cicognara p. 813, accanto al titolo della biografia, e nota relativa). 614   La postilla si riferisce al ricordo vasariano degli archi trionfali in onore dell’entrata di Carlo V a Messina realizzati da Polidoro. Il disegno a cui l’oratoriano accenna è quello incluso nel Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 202) e conservato al Victoria and Albert Museum di Londra (inv. CAI. 586: Ward-Jackson, Victoria and Albert Museum cit., pp. 44-45 cat. 62). L’opera venne venduta al Resta dal pittore e collezionista messinese Agostino Scilla (Lansdowne 802 k 202; L. Hyerace, Agostino Scilla collezionista: la raccolta di monete, medaglie, disegni e anticaglie, in Wunderkammer siciliana, alle origini del museo perduto, catalogo della mostra [Palermo, Palazzo Abatellis, 4 novembre 2001 – 31 marzo 2002], a cura di V. Abbate, Palermo 2001, pp. 55-60: 57, fig. 4). 615   Resta glossa il racconto di Vasari su Polidoro che in Sicilia « di continuo ardeva di desiderio di rivedere quella Roma, la quale di continuo strugge coloro che stati ci sono molti anni nel provare gli altri paesi ». 616   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 826, rigo 10, e nota relativa. 617   Questa postilla, riferita alla menzione vasariana dell’Incoronazione della Vergine con i dodici apostoli e i quattro evangelisti dipinta da Girolamo da Cotignola nella chiesa di Santa Colomba a Rimini, lascia intendere che Resta abbia visionato l’opera di persona e che quindi abbia visitato la città romagnola. Secondo il Grigioni il dipinto andò distrutto a seguito del terremoto del 1672, termine ante quem per la redazione di questa glossa (C. Grigioni, Girolamo Marchesi e Girolamo Genga a Rimini, in L’Arte 13 (1910), pp. 291-293: 291; R. Zama, Girolamo Marchesi cit., cat. 28P, p. 208). 618   La postilla pertiene la menzione vasariana di Lattanzio Pagani, a cui il Resta associa per ragioni puramente onomastiche il ricordo del bresciano Lattanzio Gambara e la notizia del suo discepolato presso non Bernardino come scrive Resta, ma Giulio Campi, secondo la testimonianza della Giuntina (Vasari, V, p. 430). 619   L’appunto di Resta segnala come il « Tomaso Cambi, mercante fiorentino » citato qui da Vasari come committente di Girolamo da Cotignola a Napoli sia il medesimo personaggio che l’aretino aveva ricordato nella Vita del Penni (Vasari, IV, p. 334).

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p. 829, rigo 22, con sottolineatura di « la tavola de Magi »: [disegno a margine; Fig. 11] il frontispitio di questa tavola è più bello dell’Adoratione, il frontispitio è un P(adre) Eterno620 p. 830, partendo dal margine sinistro, proseguendo in quello inferiore [Fig. 30]: Raffaele Innocentio da Imola [entro un cartiglio:] Prospero Fontana fu maestro di Camillo Procaccino Lodovico Carracci Dionisio Fiamingo G(iulio) Cesare Annibale Agostino Guido Domenichino Albano621 Marco Calavrese pittore p. 831, accanto al titolo della biografia: Pittore di tinta meravigliosa, andava nello stile di Andrea da Salerno e di Rafaele, ma nel disegno non era tanto come li vedo in S(ant’) Ag(ostin)o di Napoli nell’Altar maggiore622 p. 831, rigo 20, con sottolineatura di « paese dove non nascano huomini di simile professione »: Vi era Andrea Sabattino da Salerno, q(ua)le haveva visto Rafaele e così lumen de lumine era passato in Napoli anche al Calabrese contemporaneo suo q(ua)lche raggio del p(er)fetto gusto623. p. 831, nel margine inferiore: nota che i coloristi di quel tempo in Napoli Gaeta Salerno etc. erano tutti buoni, anco i pittori di poco disegno624

620   Per il commento di Resta alla menzione vasariana della pala napoletana dell’Adorazione dei Magi di Girolamo da Cotignola, della quale l’oratoriano delinea sommariamente – e probabilmente de visu – uno schizzo, si rinvia alla postilla a Riserva p. 829, rigo 22, e nota relativa. 621  La genealogia della pittura emiliana tra Cinque e Seicento delineata qui da Resta va molto oltre le generazioni comprese nella Torrentiniana, dove in fondo alla Vita di Bagnacavallo fa in tempo ad essere citato Prospero Fontana (1512-1597), per giungere ai maestri attivi a Bologna alla svolta del nuovo secolo, e protagonisti ormai del mondo delle Vite di Bellori e della Felsina Pittrice di Malvasia. 622   Si vedano le postille a Riserva p. 832, rigo 8; 832, nel margine inferiore; Cicognara p. 585, nel margine inferiore; p. 832, rigo 4 e note relative. 623   Si veda la nota precedente. 624   Si vedano le postille precedenti, e note relative.

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p. 832, rigo 4, nell’interlinea del testo dopo « Santo Agostino »: in Napoli625 p. 832, righi 4-5: questa è un mirabile e gran lavoro, di colore non ha paura626. Morto da Feltre pittore p. 833, rigo 16: fu Aless(andr)o VI Papa dal 1492 al 1503 [disegno a margine] p. 834, rigo 23: Andrea di Cosimo Roselli col Morto p. 835, rigo 6, con sottolineatura di « et con Giorgione »: il Morto con Giorgione p. 835, rigo 14: il Morto divenne soldato e rimase morto Franciabigio pittor fiorentino p. 836, a partire dal margine sinistro continuando in quello inferiore di questa pagina e della successiva: Frate ––> Mariotto Albertinelli ––>Francia Bigio coetaneo et concorrente d’And(re)a da Sarto giovane Andrea Sansovino ––> e Iacopo Sansovino ––> Ridolfo Ghirlandaio e Iacopo da Pontormo Fr(ancesc)o Albertini627 p. 838, rigo 7, con sottolineatura di « la maniera un poco gentile »: fu di maniera gentile e diligente e di buona proportione e considerato628 p. 838, rigo 22, con sottolineatura di « acconciature di teste »: belle conciature di teste629 p. 839, rigo 25: il megliore frescante del tempo suo 625   Resta precisa correttamente che la chiesa di Sant’Agostino alla Zecca per la quale fu attivo Cardisco (vedi nota successiva) non si trovava ad Aversa, come scrive Vasari, bensì in Napoli. 626  Il giudizio dal vero sulla grande ancona di Marco Cardisco già in Sant’Agostino alla Zecca a Napoli ed oggi, smembrata, a Capodimonte, deve rimontare ad uno dei soggiorni napoletani del Resta, come si evince anche dalla postilla a Cicognara p. 831, accanto al titolo della biografia. Si rinvia anche alla postilla a Riserva p. 832, rigo 8, e nota relativa. 627  Entro questa genealogia di artisti fiorentini del Rinascimento, Resta inserisce la menzione di Francesco Albertini, che aveva preso lezioni di pittura da Domenico Ghirlandaio. 628  Resta tempera il giudizio aspro su Franciabigio espresso da Vasari, secondo cui il pittore, nonostante « avesse la maniera un poco gentile, per essere egli molto faticoso e duro nel suo operare, nientedimeno egli era molto riservato e diligente nelle misure dell’arte e nelle figure ». 629   Il commento è in riferimento al passo in cui Vasari scrive che nello Sposalizio della Vergine affrescato dal pittore nel chiostro della Santissima Annunziata ci sono « alcune femmine con bellissime arie et acconciature di teste, de le quali egli si dilettò sempre ».

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Francesco Mazzola parmigiano pittore p. 846, rigo 23, manicula p. 848, rigo 17: Parma p. 848, rigo 18: Bologna p. 848, rigo 19, con sottolineatura di « San Rocco »: Io tengo la testa di q(ue)sto S(an) Rocco di lapis630 p. 850, rigo 28, [disegno a margine; Fig. 12] p. 851, rigo 19, con manicula, la postilla è solo parzialmente leggibile a causa della deliberata abrasione dell’inchiostro: dove fece il ritratto di S(an) Secondo e della Contessa che ha il Re di Spagna et era del M(arche)se Serra, né errò […]631 p. 851, nel margine inferiore: Errai – Il ritratto del Conte è del Parmeggiano, ma q(ue)llo della Contessa e figli è del Correggio632 p. 852, rigo 13: De communi633 Il Palma veniziano pittore p. 853 verso, [per refuso di stampa la pagina è numerata 853 sia sul recto sia sul verso], rigo 31: o troppo o poco, ma tanto li dà delle bastonate634 p. 853 verso, [per refuso di stampa la pagina è numerata 853 sia sul recto sia sul verso], nel margine inferiore: Il Sandrart lo fa morto del 1548635 Francesco Granacci pittore fiorentino p. 857: [disegno a margine] Antonio da San Gallo architetto fiorentino p. 865, accanto al titolo: Vita di Giuliano fol. 619636 630   Non è noto nelle collezioni del Resta un disegno ascritto a Parmigianino e raffigurante la testa del San Rocco (Bologna, basilica di San Petronio). 631   Per i due ritratti raffiguranti Pietro Maria de Rossi di San Secondo e Camilla Gonzaga con i tre figli, si rinvia alla postilla a Riserva p. 851, rigo 19, e nota relativa. 632   Si veda la nota precedente. 633  Il commento è vergato in coincidenza al passo in cui Vasari ricordava che di Parmigianino si vedevano allora intagliate « moltissime » stampe. 634  Il commento si riferisce al giudizio di Vasari secondo cui il pittore veneziano « non mantenendo il principio che aveva preso, venne a diminuire tutto quello che infiniti pensorono che dovesse accrescere, e per tale inganno a dietro rimasti, né molte lode gli diedero, né troppo ancora lo percossero di biasimo ». 635   Il rimando è a Sandrart, Academia cit., p. 177, il quale tuttavia affermava che Palma il Vecchio « mortuus est anno aetatis 48 », senza indicare il 1548 come data della sua morte. 636   Resta introduce il richiamo alla pagina iniziale della biografia di Giuliano e Antonio da Sangallo senior.

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p. 866, a partire dal rigo 4, lungo il margine esterno e inferiore, una lunga postilla di altra mano, mutila per la rifilatura, e pressoché illeggibile per la consunzione dell’inchiostro: […] se ben da […] del [...] fan tanti poco li di […] ha fatto bene ma poteva far meglio, e tu fai ben a esagerar tanto per far alli altri, ma vo che tu sappi che non curiamo che […] noi ci vogliamo nettar qualche […] p. 867, rigo 14, con sottolineatura di « che era vecchio »: Se Bramante venne a Roma del 1500 nel suo fiore come del 1512 era sì vecchio e parletico?637 p. 867, nel margine inferiore: [disegno a margine; Fig. 5] p. 869 [per refuso di stampa numerata come 896], rigo 12, con sottolineatura di « Pellegrino da Modona »: in stile di Rafael d’Urbino p. 871, righi 3-4, con sottolineatura di « compiaciuto a tanti »: Nota la modestia dell’autore638 p. 871, rigo 18, con sottolineatura di « Iacopo Sansovino »: [disegno a margine] era croce greca l’inventione prima639 p. 872, rigo 26: Del Papa ….. p. 873 rigo 1, di altra mano, in corrispondenza di « Divino Michele Agnolo », cassando « Divino » e « Agnolo » e soprascrivendo: Divastro Diavolo Malaruota p. 873, rigo 4: Si vede che molte inclinationi hanno credito divino640 p. 878 (per refuso di stampa numerata come 888): [disegno a margine; Fig. 17] p. 879, rigo 22: Il Bernino poi ha compita mirabilm(en)te con la nova scala641 p. 880, rigo 24, con sottolineatura di « quella fabbrica non farà più peli »: se non in tempo del Bernino642 637  La postilla pertiene l’affermazione di Vasari secondo cui Antonio da Sangallo il Giovane, giunto a Roma, « venuto in cognizione di Bramante da Casteldurante architetto, cominciò per esso, che era vecchio e dal parletico impedito le mani, non poteva come prima operare, a porgergli aiuto ne’ disegni che si facevano ». 638   Il commento concerne l’affermazione di Vasari secondo cui Raffaello aveva « nel far le logge papali compiaciuto a tanti nel fare le stanze di sopra al fondamento, che vi erano restati molti vani con assai grave danno del tutto, per il peso che in su quelli si aveva a reggere ». 639   La postilla pertiene la menzione vasariana del progetto per la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini a Roma preparato da Jacopo Sansovino. Vedi la postilla a Riserva p. 871, rigo 17, e nota relativa. 640   Il commento si riferisce al passo in cui Vasari richiama il totale disinteresse di papa Adriano VI (1522-1523) per le arti: « E sprezzando tutte le buone pitture e le statue, le chiamava lascive e del mondo, opprobriose e transitorie ». 641   Resta riserva commenti di approvazione al lavoro di rifacimento della Scala Regia condotto da Gianlorenzo Bernini nel Palazzo Apostolico Vaticano tra il 1663 e il 1666. 642   Il commento si riferisce alla menzione vasariana della tribuna della basilica di San Pietro, nella quale interverrà Bernini (si veda la postilla precedente, e nota relativa).

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Giulio Romano pittore et architetto p. 883, rigo 31: vigna di Papa Giulio p. 884, righi 27-29, con sottolineatura di « la sala di palazzo » e « Giulio fece i cartoni », e manicula: li cartoni della Sala sono di Giulio Rom(an)o ma q(ua)lche disegno sarà stato di Rafaele. Io tengo un pezzo di disegno643 p. 885, rigo 13: il disegno grande originale sta nella libraria della Chi(es)a Nova di Roma, lasciatoli in legato dal Nicolini musico basso circa l’anno 1670 più o meno ch’ egli morì et io lo feci collocare in libraria. S(ebastiano) R(esta)644 p. 885, rigo 27, continuando nel margine inferiore: Circa il quadro dell’anima nel casam(en)to che gira vi sono certe figurette piccole (però in lontananza) tanto alla moderna dipinte che paiono de Carracci, vero è che fanno poco concerto con l’istoria quanto al divino p(er)ché sono certe donne che curano le galline e non ligano con l’istoria sacra e con la fabbrica di quel gran palazzo che si finge che habitino. Et q(ue)sto quadro è stato ristorato e mutato di luogo p(er) opera di Carlo Maratti e messo in sagrestia quest’anno 1683645. p. 886, righi 8-9, con sottolineatura di « Cardinale della Valle una Nostra Donna; la quale cuopre un fanciullo che dorme »: Nella porta alla Valle Raffael del Colle del borgo S(an) Sep(olcr)o [disegno a margine; Fig. 13] lo schizzo di questo l’ho io646. 643   La postilla concerne il ricordo vasariano della decorazione della Sala di Costantino. Alcuni disegni relativi agli affreschi nella Sala di Costantino con attribuzione a Giulio Romano erano conservati nel Secolo d’Oro (Lansdowne k 112, 227). 644   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 885, rigo 14, e nota relativa. 645  La postilla riguarda la menzione vasariana della pala di Giulio Romano in Santa Maria dell’Anima, già nella cappella Fugger; la tavola, restaurata da Carlo Saraceni e di nuovo guasta, fu spostata in sagrestia, per essere in seguito ricollocata sull’altare maggiore della chiesa dove oggi si trova, e venne in quella circostanza (1682) nuovamente restaurata da Carlo Maratti: cfr. Hess, On Raphael, pp. 97, 106, il quale segnala la postilla del Resta. Per i documenti sull’intervento di Maratti: L. Lorizzo, Carlo Maratta e la chiesa di Santa Maria dell’Anima: il restauro della pala di Giulio Romano e la Nascita della Vergine per la sacrestia, in Rivista d’arte III (2013), pp. 241-256. Resta possedeva anche un disegno dall’opera, da lui attribuito a Raffaellino del Colle inserito nel volume Arte in Tre Stati (Lansdowne 802 h 24) ed oggi conservato al Louvre (Département des Arts graphiques, inv. 3611: C. Fiorini, Arte in Tre Stati: il volume di disegni H di Sebastiano Resta, tesi di laurea in Storia dell’Arte, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, relatore prof.ssa S. Prosperi Valenti Rodinò, anno accademico 2010-2011, pp. 90-91). 646  Per il disegno attribuito a Giulio Romano e collegato alla decorazione pittorica di Raffaellino del Colle nel cortile del palazzo Della Valle di cui parla Vasari, si rinvia alla postilla a Riserva p. 886, rigo 8, e nota relativa. In prossimità della descrizione vasariana vi è anche un rapido schizzo della pittura sopra un portale all’interno del palazzo, tracciato da Resta probabilmente durante un suo sopralluogo.

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p. 886, rigo 14: Giardino di Lanti [disegno a margine; Fig. 13] p. 887, rigo 20, con sottolineatura di « storie di Psiche »: Psiche p. 887, rigo 23: L’ho io q(ue)sto disegno647 p. 888, rigo 4: Icaro p. 888, rigo 16: li mesi di Giulio p. 889, rigo 2: Giganti, il disegno di q(ue)sto l’ho di man del Rinaldo648 p. 890, righi 6-8, con sottolineatura di « fece in questo lavoro perfetto coloritore Rinaldo Mantovano che, oltre alla camera de’ Giganti dipinta da lui con i cartoni di Giulio »: Rinaldo lavorò nelle sud(et)te opere649 p. 890, rigo 19: due di questi ritratti li ha la regina di Svezia650 p. 891, righi 30-31, con sottolineatura di « celate, selle, fornimenti di spade, et mascherate strane »: Io tengo una staffa di sella651 p. 892, nel margine esterno: [disegno a margine] Sebastiano veniziano pittore p. 896, rigo 24: questo è rovinato652 p. 898, nel margine superiore: nel mio libro tengo il disegno tutto finito di Seb(astian)o del Piombo dove in altra attitudine sta il Cristo posando più naturalm(en)te di q(ue)llo che sta in opera. Poi tengo il Cristo solo a parte con una gamba del manigoldo giusto nel modo che sta in opera e di maniera michelangiolesca benché lo stimi di esso Sebastiano653 647   Il commento del Resta è in coincidenza della descrizione vasariana della volta nella Sala di Psiche decorata da Giulio Romano in Palazzo Te a Mantova. Tre disegni oggi non identificati ma attribuiti dal Resta a Giulio Romano e collegati a tali affreschi erano inclusi nel Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 154-155, 158). Si veda la postilla a Riserva p. 887, rigo 20. 648  La postilla del Resta cade in prossimità della descrizione vasariana della Sala dei Giganti dipinta da Giulio Romano in Palazzo Te. Un disegno attribuito a Rinaldo Mantovano ed oggi rintracciato era incluso nel Secolo d’Oro, ma non è riferibile agli affreschi di Palazzo Te (Lansdowne 802 k 299; Oxford, Christ Church, inv. 1650: cfr. Byam Shaw, Drawings by Old Master cit., cat. 903 pp. 239-240, attribuito a Lorenzo Sabbatini). 649   Si veda la postilla precedente, e nota relativa. 650   Secondo Resta nelle collezioni della regina di Svezia erano presenti due esemplari della serie di ritratti degli Imperatori dipinti da Tiziano per il Camerino dei Cesari nel palazzo ducale di Mantova, ma non aggiunge ulteriori indicazioni. 651  Come ha già ipotizzato Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, è probabile che nella postilla Resta si riferisca allo Studio di staffa presente nel Libro d’Arabeschi, sebbene l’attribuzione dell’oratoriano sia slittata nel volume da Giulio a Perino (Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., cat. 84 c pp. 160-161; Ead., I disegni di Giulio Romano cit., p. 124). 652   Il commento di Resta è in riferimento al Polifemo dipinto da Sebastiano del Piombo nella Farnesina. 653   I due disegni di proprietà Resta per la Flagellazione di Sebastiano del Piombo nella cappella Borgherini in San Pietro in Montorio, corrispondono a quelli descritti nell’Indice del Parnaso dei Pittori (1707, pp. 39-40 nn. 47-48); si veda la nota 256.

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p. 898, rigo 7, con un segno di richiamo, la postilla continua fino al margine inferiore, proseguendo in quello della pagina successiva: Io tengo il disegno originale di Sebast(ian)o ma forse l’opera fu veram(en)te di M(ichel) Angelo. Doppo fatta la sud(detta) nota oltre al d(ett)o mio disegno del Christo flagellato che si vede di mano di Seb(astian)o del Piombo e variato dall’opera, ho hauto il disegno giusto stabilito per l’opera come sta l’opera, e si vede che è l’istesso fare e l’istessa carta turchina, benché q(ue)llo che corrisponde più all’opera sia di maniera più grande, e dell’istesso modo grande v’è nell’istessa carta e disegno, lo studio d’ una gamba del detto manigoldo654. p. 898, rigo 16, con sottolineatura di « dura », e segni trasversali che cassano nel testo la frase « Et ancora che quella sua maniera sia un poco dura, per la fatica ch’egli durava nelle cose che e’ contrafaceva, si può nondimeno fra buoni e lodati artefici numerarlo »: non è vero che siano dure655 Perino del Vaga pittore fiorentino p. 911, rigo 11, nel margine interno, con sottolineatura di « Papa Iulio »: Sista p. 911, righi 11-12, nel margine esterno: studiò Michelangelo sull’andar di Rafaele p. 912, rigo 30: il passaggio del Giordano p. 912, rigo 32: la rovina di Gerico p. 912, rigo 34: Giosuè che ferma il sole p. 913, righi 5-6, con sottolineatura di « storie colorite di color di bronzo, che siano in tutta quell’opera »: bassam(en)ti coloriti a bronzo p. 913, rigo 9, con sottolineatura di « più vago, et meglio finito »: più vago degl’ altri p. 914, rigo 9: un pezzo di questa opera in disegno l’ho io656

654   Si veda la postilla a Riserva pp. 898, nel margine superiore; 898, rigo 9; e a Cicognara p. 898, nel margine superiore, e note relative. 655  Resta attutisce il giudizio restrittivo espresso da Vasari sulla decorazione della cappella Borgherini compiuta da Sebastiano. 656   Il commento del Resta è in riferimento alla descrizione vasariana delle decorazioni di Perino e Giovanni da Udine per la Sala dei Pontefici in Vaticano. Un disegno attribuito dal Resta a Polidoro e messo in relazione da Simonetta Prosperi Valenti Rodinò al soffitto della Sala dei Pontefici in Vaticano è incluso nel Libro d’Arabeschi inviato a Del Voglia (Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., cat. 106 pp. 192-193 collaboratore di Giovanni da Udine). Non è invece identificato nella raccolta del padre Resta un foglio raffigurante il « tondo con quattro figure finte per vittorie, che tengono il Regno del papa e le chiavi ».

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p. 914, rigo 27, con sottolineatura di « il terzo anno » e correzione della data « MDXX » in « MDXV »: quest’anno 1520 morì Raffaele657. Leone X fu fatto papa del 1513 adì 11 marzo e visse sino al 1521 2 dicembre, d’anni d’età 46, mesi undici e dì XXI, e di Pontificato anni 8 mesi 8 giorni 20. p. 916, rigo 1: i primi segni li ho io nel p(rim)o libro658 p. 917, righi 1-2: adesso la pittura è ridotta male e contraffatta659 p. 919, rigo 5: Trinita, Capella Pucci p. 919, rigo 19: io tengo il disegno660 p. 920, rigo 8: 1527 p. 920, rigo 11, con sottolineatura di « Piloto, orefice »: Piloto amico di M(ichel) Angelo che li fece fare la palla a 72 faccie p(er) la cuppola del Fiore661 p. 922, rigo 15: pure ci doveva esser la maniera d’And(re)a del Sarto e del Rosso662 p. 926, righi 28-32, con manicula: temporibus nostris663 p. 928, rigo 14: 1527 nel sacco fatto prigione 929, rigo 3: Clem(ente) VII in Orvieto p. 930, rigo 9, con sottolineatura di « scultore da Fiesole fiero et vivo maestro »: era già fatto questo al venir di Perino664   La correzione della data « MDXX » in « MDXV » per l’entrata di Leone X a Firenze era già indicata nell’errata corrige della Torrentiniana. 658   Un disegno di Perino messo in relazione da Resta con i dipinti di palazzo Baldassini, a cui qui si riferisce Vasari, era incluso nel Tomo Secondo. Secolo d’Oro (Lansdowne 802 k 235: oggi ad Oxford, Christ Church, inv. 0940; cfr. Byam Shaw, Drawings by Old Masters cit., cat. 482 p. 141, come Perino del Vaga?). È di difficile comprensione il rimando al suo « primo libro », sicuramente non riferibile al primo volume della Serie Grande in Quattro Tomi, il quale includeva esclusivamente disegni di artisti del Tre e del Quattrocento. 659   L’osservazione riguarda la menzione vasariana della cosiddetta Immagine di Ponte, l’edicola decorata da Perino del Vaga (ormai pressoché illeggibile) sita su via dei Coronari, verso il ponte Sant’Angelo. 660  Non è rintracciabile nei volumi del Resta un disegno con attribuzione a Perino, collegato agli affreschi nella cappella Pucci in Trinità dei Monti, dei quali parla qui Vasari. 661   Resta aggrega qui informazioni sul Piloto che Vasari fornisce più avanti nella Vita di Michelangelo (Vasari, VI, p. 54). Per i disegni delle collezioni di Resta attribuiti a Piloto si veda Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., pp. 20, 36 nota 46, e ad indicem. 662   Questo commento del padre Resta si riferisce al racconto vasariano del soggiorno di Perino a Firenze, in concomitanza con la pestilenza esplosa a Roma nel 1522-1523, quando il maestro diffuse lì la « maniera di Roma »; la postilla rileva come fossero tuttavia attivi a quel tempo a Firenze maestri della « maniera moderna » quali i due qui citati. 663  Il commento si riferisce alla descrizione vasariana dell’avvento al pontificato di Clemente VII nel 1523 « che fu un grandissimo refrigerio alla arte della pittura e della scultura » trascurate dal predecessore Adriano VI, ed è possibile che alluda all’elezione di papa Clemente XI Albani nel 1700, con cui Resta aveva rapporti diretti. 664  L’osservazione riguarda la menzione vasariana di Silvio Cosini, attivo a Genova accanto a Perino, per cui si vedano le postille a Cicognara p. 696, rigo 31, e nota relativa. 657

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p. 931, rigo 28, con sottolineatura di « Ieronimo da Trevisi »: Gerol(am)o da Trevisi p. 937, rigo 17, con sottolineatura di « Massimi »: Capella de Massimi alla Trinita p. 937, rigo 19, con sottolineatura di « Giulio Romano »: l’ho io originale e mi pare di Pelegrino da Modana non di Giulio665. p. 939, rigo 32, con sottolineatura di « femine et putti »: disdicevole nella Capella Pontificia666 p. 940, rigo 4: Sala Regia p. 940, righi 31- 32, con sottolineatura di « una Nostra Donna, et altre pitture, di man di Giotto »: Giotto in S(an) Pietro p. 941, righi 12-13, con sottolineatura di « suo creato »: Marcello Venusto scolaro di Perino667 p. 943, righi 19-20, con sottolineatura di « in fresco »: o in fresco o in oglio Titiano era Titiano668 p. 944, righi 12-13, con sottolineatura di « Marco da Siena discepolo di Domenico Beccafumi »: Marco il Lomazzo lo fa scolaro di M(ichel) Angelo669 p. 944, rigo 23: Io tengo di cotesti disegni di Crist(ofor)o Gherardi [disegno a margine]670 Michelangelo Bonarroti fiorentino pittore scultore et architetto p. 948, rigo 23, con sottolineatura di « Lionardo » proseguendo nel margine inferiore: Lionardo più vecchio di M(ichel) Angelo però di poco mentre del 1513 fu in Roma di passaggio in Francia. 665   Il disegno posseduto dal Resta doveva raffigurare il Noli me tangere, dipinto da Giulio Romano e dal Penni per la cappella Massimo in Trinità de’ Monti (oggi Madrid, Museo del Prado) descritto dal Vasari, e va identificato con quello, oggi non rintracciato, inserito nel volume Secolo d’Oro, dove l’oratoriano ripete di essere favorevole ad un’attribuzione del foglio a Pellegrino da Modena, piuttosto che a Giulio (Lansdowne 802 k 257). 666   Il giudizio concerne la descrizione vasariana della spalliera progettata da Perino per essere collocata sotto il Giudizio nella Cappella Sistina (nota parzialmente dal disegno degli Uffizi inv. 726 E, e dalle tele della Galleria Spada), nella quale erano « femmine e putti e termini, che tenevano festoni, molto vivi, con bizzarrissime fantasie ». 667   In coincidenza della menzione vasariana di « Marcello Mantovano » quale « creato » di Perino, Resta specifica il cognome del pittore non citato dall’aretino in questo punto del testo. 668   Si veda la postilla a Riserva p. 943, rigo 18, e nota relativa. 669   Il riferimento di Resta è a Lomazzo, Trattato cit., p. 29. 670  In riferimento al passo vasariano in cui vengono citati i lavori più importanti del Gherardi, come la decorazione in palazzo Bufalini a Citta di Castello, Resta segnala di avere alcuni disegni per tali opere, identificabili in quelli – non autografi – inseriti nel Libro d’Arabeschi mandato all’oratoriano palermitano Del Voglia (Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., p. 20, cat. 8, 10, 36 e ad indicem).

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Doppo scritto noto che Lodovico il Moro assegnò stipendio annuo a Leonardo Sisto IV fu fatto papa d’ag(ost)o del mcccclxxi, è morto d’ag(ost)o del mcccclxxxiv di disgusto per la pace data a Venetiani p(er) opera di Lodovico Sforza senza sua saputa671 p. 949, a partire dal margine inferiore: d’agosto 1484 Innoc(enzo) VIII Cybo d’ag(ost)o 1492 Aless(andr)o VI Borgia di sett(embr)e 1503 Pio III Piccolomini nov(embr)e 1503 Giulio II della Rovere sino al 1513 di feb(brai)o e fe piantar S(an) Pietro da Bramante 1513 Leon X de Medici che fe render da francesi lo stato a Fr(ancesc)o Sforza figlio di Lodovico il Moro e Parma e Piacenza alla Chiesa e Carlo V successe a Ferdinando di Spagna 1522 Adriano 6 Traiettense dell’Alemagna bassa […] Rodi presa dal Turco, lega di Carlo V e Venetiani contro i francesi, Federico Gonzaga G(enera)le della lega 1523 Clem(ente) 7 de Medici, sotto lui Henrico VIII 1534 Paolo III Farnese, 1550 al 1555 Giulio 3° Ciocchi da M(on)te Sansavino d’Arezzo p. 950, rigo 6: Alberto nato prima di M(ichel) Ang(el)o672 p. 950, rigo 22: Donatello ––> Bertoldo p. 951, rigo 31: studia a Massaccio p. 952, righi 18-21: [disegni a margine] M(ichel) Angelo in S(an) Pietro in Montorio [Fig. 14]673 p. 952, di traverso nel margine esterno: Di q(ue)sta maniera antica ho hauto un S(an) Francesco di mano sua, 21 Gen(nai)o 1689 della Principessa di Palestrina 674

  Si rinvia alla postilla a Riserva p. 574, rigo 28, e nota relativa.   Si rinvia alla postilla a Riserva p. 950, rigo 8, e nota relativa. 673   Si rinvia alla nota successiva. 674   La postilla riguarda la perduta tavola con San Francesco che riceve le stimmate ideata dal giovane Michelangelo e collocata in San Pietro in Montorio secondo la testimonianza vasariana. Se ne può riconoscere una traccia della composizione nello schizzo del Resta riportato nel ms Lansdowne 802, l 56-57, e che l’oratoriano nella nota di accompagnamento diceva di avere delineato a memoria conoscendo l’originale allora trasportato nella sagrestia della chiesa (G. Agosti, M. Hirst, Michelangelo, Piero d’Argenta and the ‘Stigmatisation of St Francis’, in The Burlington Magazine 138 (1996), pp. 683-684). Tale schizzo è identico a quello che il Resta delinea qui nel margine della pagina, dove segnala inoltre di essere entrato in possesso nel 1689 di un disegno con San Francesco da lui riferito a Michelangelo giovane e ottenuto dalla principessa di Palestrina (per la quale si veda sopra la postilla a Cicognara p. 565, rigo 17, e nota relativa). Anche la testa schizzata in margine alla nota potrebbe essere 671 672

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p. 954, rigo 8: Pietà p. 954, rigo 17: io havevo et ho donato al sig(nor) [spazio bianco lasciato dal Resta] il torso di M(ichel) Angelo675 p. 955, rigo 12, altra mano, la postilla è pressoché illeggibile per la consunzione dell’inchiostro e la rifilatura del margine esterno: Di que[…] p. 957, rigo 6, altra mano, la postilla è mutila e solo parzialmente leggibile per la rifilatura del margine esterno: e di’ a […] aprir tal bocca p. 957, rigo 30, nell’interlinea sopra « dipignendo », cassato: disegnando676 p. 957, rigo 30, con sottolineatura di « pittor rarissimo »: disegni […] p. 957, rigo 30, con segno di richiamo « come nella vita sua è narrato »: impostura677 p. 958, rigo 14: adì 21 gennaio 1689 ho havuto un disegno di questa istoria credo del Buonarroti dalla Principessa di Palestrina678 p. 958, rigo 21: come p(rim)a di lui nel Battesimo di Vaticano haveva fatto A(ndrea) Mantegna679 p. 958, nel margine inferiore: hora il piccolo l’ha la Principessa di Palestrina680 un ricordo della tavola michelangiolesca. Non è da escludere tuttavia che, come in altri casi, la fonte visiva cui attinge Resta sia anche il disegno, divenuto di sua proprietà. 675   La postilla è all’altezza della descrizione vasariana della Pietà di Michelangelo in San Pietro. Nel Secolo d’Oro Resta parla di un disegno – non rintracciato – raffigurante un « torso maggiore » di Michelangelo avuto da Giuseppe Ghezzi (Lansdowne 802 k 48-51), venduto però a monsignor Marchetti, vescovo d’Arezzo, nome che quindi difficilmente poteva essere preceduto negli appunti del Resta dall’appellativo « signor ». 676   L’intervento sul testo riguarda il passo in cui Vasari, raccontando della commissione a Michelangelo della Battaglia di Cascina, ricorda che Leonardo stava allora già « dipignendo » la Battaglia di Anghiari nel salone di Palazzo Vecchio; la rettifica di Resta dipende dalla convinzione che Leonardo non fosse andato oltre la progettazione del cartone, senza passare alla fase esecutiva. 677   Il commento riguarda il passo in cui Vasari scrive: « dipignendo Lionardo da Vinci pittor rarissimo nella sala grande del Consiglio, come nella vita sua è narrato »; si veda la nota precedente. 678   Per le notizie sul disegno attribuito a Michelangelo raffigurante un Uomo che indossa la calza e considerato relativo alla figura che compie lo stesso gesto nel cartone della Battaglia di Cascina, del quale Resta qui dichiara di essere entrato in possesso nel 1689, si rimanda alla postilla a Riserva p. 958, rigo 5, e nota relativa. 679   Resta mette a confronto le figure che si spogliano, e in particolare quella che si sfila la calza, nel cartone di Michelangelo per la Battaglia di Cascina con quella in analoga attitudine presente nell’affresco di Mantegna con il Battesimo di Cristo già nella cappella del palazzo del Belvedere (vedi la descrizione di Vasari, III, p. 553), demolito sotto Pio V nel 1780 e da Resta visitato personalmente (Correggio, II, lettera n. 13, 9 ottobre 1700). 680   Uno dei disegni attribuiti a Michelangelo in relazione alla Battaglia di Cascina rimase in possesso della principessa di Palestrina, già donatrice dell’altro esemplare al Resta. Per i doni della principessa al Resta si rinvia alle postille a Riserva p. 958, rigo 5; a Cicognara p. 565, rigo 17; 958, nel margine inferiore e note relative.

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p. 959, rigo 17: e Bronzino vecchio681 p. 959, rigo 25, con sottolineatura di « fu da loro stracciato »: dicono da Baccio682 p. 960, rigo 4: Nel Vasario ristampato è descritta meglio, et io secondo q(ue)lla n’ho un po’ schizza683 p. 960, rigo 21: il S(an) Gio(vanni) in S(an) Celso di Milano di Annib(ale) Fontana mi disse il Lasagna ivi da me interrogato che comparatione faceva tra q(ue)llo e M(ichel) Angelo, mi disse (dico) queste parole, alla quali non diamo fede ma pure servono di gran lode d’Annibale: la testa del nostro S(an) Gio(vanni) paragonata a q(ue)lla del Mosè di M(ichel) Angelo non dico sia più bella, ma li brava adosso684 p. 962, rigo 19: Giulio II p. 979, righi 20-21, con sottolineatura di « ritratto di mano di Tiziano »: Ritratto d’Alfonso d’Este Duca di Ferrara di Titiano comendato da M(ichel) Angelo685 p. 981, righi 20-21, con sottolineatura di « Papa Paulo terzo Farnese »: sotto Paolo III il Giuditio p. 986, rigo 18, con sottolineatura di « Ganimede »: Ha disegnato anco d’unione un Ganimede, l’ha l’Abb(ate) Sozzino686 p. 986, rigo 27, con sottolineatura di « carbone finitissimo »: disegno di carboni 681   Resta aggiunge il nome di Bronzino alla rosa degli artisti elencati dal Vasari, i quali si erano formati studiando il cartone michelangiolesco della Battaglia di Cascina. 682   La postilla riguarda l’affermazione di Vasari secondo cui il cartone della Battaglia di Cascina per essere stato eccessivamente studiato dagli « artefici » « fu da loro stracciato, et in molti pezzi diviso ». È Vasari stesso nella Giuntina (V, p. 241) a sostenere che fu distrutto da Baccio Bandinelli. 683   Resta fa riferimento alla descrizione del sepolcro di Giulio II fatta da Vasari nella Giuntina (VI, pp. 26-29). Sulla base di quella, l’oratoriano deduce di avere un disegno pertinente all’opera, per il quale si rimanda alla postilla a Riserva p. 960, rigo 11, e nota relativa. 684   Vedi sopra la postilla a Riserva p. 561, nel margine inferiore, e nota relativa. 685   Si rimanda alla postilla a Riserva p. 979, rigo 20, e nota relativa. 686   In riferimento alla menzione vasariana del Ratto di Ganimede di Michelangelo (Cambridge, Fogg Art Museum, inv.1955.75), Resta segnala il nome del collezionista che ne aveva a suo dire un esemplare, o piuttosto una copia. L’abate citato qui da Resta in maniera estremamente frettolosa potrebbe essere il senese Mariano Sozzini, che infatti entrò nella Congregazione filippina nel 1641 e morì nel 1680 (Gasbarri, L’Oratorio romano cit., p. 176). Oltre ad essere uno dei padri oratoriani più rilevanti del periodo per austerità, impegno sociale ed incarichi ecclesiastici ricoperti legati direttamente alla Santa Sede, ebbe anche degli interessi collezionistici, come si evince dalle note di Resta all’Abecedario Pittorico (Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta cit., p. 308). Sebbene il Sozzini non fosse abate, sappiamo che un suo nipote Alessandro Sozzini ricoprì tale incarico, come pure un altro suo omonimo pronipote (C. Massini, Vita del venerabile servo di Dio Mariano Sozzini, prete della Congregazione dell’Oratorio di Roma, scritta da un padre della medesima Congregazione, Roma 1747, pp. VIII, 15, 70).

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p. 987, righi 6-7, con sottolineatura di « terribile conversione di Saulo »: pezzi di disegni n’ha il Rossi in Piazza Navona687 p. 987, rigo 17: q(ue)sto sbozzo io l’ho visto dal sig(nor) Mario Coramboni nel suo palazzo di Borgo688 p. 988, [per refuso di stampa come p. 987], rigo 5: Garzoni di Michelangelo ––>Pietro Urbano pistolese, Ant(oni)o Mini fior(entin)o che andò in Francia, Urbinate689 p. 988, [per refuso di stampa come p. 987], righi 28-30: buon consiglio690 p. 989, righi 16-18: bel detto che la Morte ci deve piacere essendo dell’istesso Maestro di chi è la Vita691 p. 991, nel margine inferiore: Morì M(ichel) Angelo 1566692 Vasario scol(ar)o di Marzilla francese poi di M(ichel) Angelo et And(re)a del Sarto, fu maestro di Pelegrino da Valdogia morì del 1574 di anni 63693 adì 7 ottobre 1686 mi disse il sig(nor) Ab(ate) Buonarota il nepote ex fr(atr)e di M(ichel) Angelo Bonarota che M(ichel) Angelo haveva abrugiato casse di disegni694. 687  I disegni attribuiti a Michelangelo a cui si riferisce la postilla dovevano essere di proprietà di Matteo Gregorio De Rossi o di uno degli altri componenti della famiglia, i quali presero in mano la stamperia di Piazza Navona dopo la morte del capostipite Giovanni Battista avvenuta nel 1678 (S. Bifolco, F. Ronca, Cartografia rara italiana: XVI secolo. L’Italia e i suoi territori. Catalogo ragionato delle carte a stampa, Roma 2014, p. 396). Il De Rossi fu per Resta un’importante fonte di disegni: Prosperi Valenti Rodinò, I disegni cit., p. 33 e ad indicem. 688  Come si evince anche da altri appunti di Resta (si veda la postilla a Riserva p. 987, righi 17-21 e rigo 18, e note relative), la Pietà attribuita a Michelangelo era conservata presso il palazzo del collezionista Mario Accoramboni (L. Bartoni, Le vie degli artisti, Roma 2012, p. 45). 689   I nomi di questi aiuti e creati di Michelangelo sono ricordati dalla biografia giuntina del maestro (Vasari, VI, pp. 62, 91, 111, 113). 690  Il commento si riferisce al seguente passo di Vasari sul vecchio Michelangelo: « E coloro tutti che a fantasticheria et a stranezza gli hanno attribuito l’allontanarsi da le pratiche, debbono scusarlo, perché veramente si può dire, che chi interamente vuole operare di perfezzione in tal mestiero, è sforzato quelle fuggire, perché la virtù vuol pensamento, solitudine e comodità, e non errare con la mente e disviarsi nelle pratiche ». 691   Resta commenta la risposta che, secondo Vasari, Michelangelo diede a un amico che parlava della morte: « tutto era nulla perché se la vita ci piace, essendo anche la morte di mano d’un medesimo maestro quella non ci dovrebbe dispiacere ». 692   Resta sbaglia la data di morte di Michelangelo (1564), che viene ovviamente fornita solo nella redazione giuntina della biografia del Buonarroti, qui ad evidenza non ricontrollata dall’oratoriano. 693   Queste notizie sulla formazione di Giorgio Vasari sono tratte dalla Vita di lui e da altri cenni contenuti nella Giuntina: Vasari, IV, p. 229 e VI, pp. 369 (per il rapporto con Guillaume de Marcillat); IV, p. 395 e V, p. 512 (per quello con Andrea del Sarto, e per il preteso discepolato con Michelangelo); VI, p. 148 (per il ruolo giocato dalle opere bolognesi di Vasari nella formazione di Tibaldi, sulla cui identità Resta sembra qui ancora confuso: cfr. la postilla a Riserva p. 726, accanto al titolo della biografia). 694   Resta poté incontrare l’abate Filippo Buonarroti (1661-1733) a Roma, dove dal 1684 egli si trovava come custode delle raccolte antiquarie del cardinale Gaspare Carpegna.

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Tavola delle vite degli artefici descritte in questa opera p. s.n., in riferimento alla voce « Andrea Verrocchio »: m(aestr)o di M(ichel) A(ngelo)695 p.s.n., in riferimento alla voce « Antonio da Coreggio »: Correggio p.s.n. accanto alla voce « Bramante da Urbino »: Ago[...] […] [...] nel margine inferiore: Baccio Montelupo p.s.n., nel margine inferiore dopo la conclusione della Tavola: F(ra) Bartolomeo alias Baccio della Porta nella ristampa, parte 3° a fol. 41 et seg.696 Bartolomeo e Pontio scultori francesi li nomina l’Armenini697 Tavola di molti artefici nominati et non interamente descritti in questa opera p.s.n., in riferimento alla voce « Bernardo da Vercelli »: Bernardino Gatto Soiaro nel margine inferiore: Bernardo Rossellino in Vita del Verrocchio 936 Carlo Crivelli venetiano, il quadro alla Carpegna698 p.s.n., nel margine inferiore: Girolamo Trevigi 722 Marco da Gra699 Integrando la sezione della Tavola raccolta sotto la lettera L: Lionardo Congi del Borgo dipinse alle esequie di M(ichel) Angelo700 p.s.n., in riferimento a « Raffaello da Monte Lupo 771 »: 943 Accanto alla voce « Toto del Nunziata »: Timoteo Viti Accanto alla voce « Tofano Lombardino Milanese » il rimando alla p. 882 è corretto in 892 695   La definizione di Verrocchio come maestro di Michelangelo anziché di Leonardo è soltanto un lapsus del padre Resta. 696  Resta inserisce il rimando alla pagina iniziale della biografia di fra Bartolomeo nell’edizione giuntina delle Vite (Vasari, IV, p. 89) a dimostrazione del fatto che Resta la leggeva anche nella stampa fiorentina del 1568, e non soltano nell’edizione Manolessi. 697   Resta inserisce il ricordo dei due artisti così nominati dall’Armenini, De’ veri precetti cit., pp. 245-246, Jacques Ponce e Barthélemy Prieur, non menzionati da Vasari. 698  Resta introduce la menzione del pittore veneziano Carlo Crivelli, il cui nome non compare nella Torrentiniana, segnalando una sua opera, la tavola con Santa Maria Maddalena (oggi nel Rijksmuseum di Amsterdam) già nella chiesa di San Francesco a Carpegna, dove ne testimoniava la presenza Pier Maria Guerrieri, La Carpegna abbellita et il Monte Feltro illustrato, Rimini, Salimbeni, 1667, p. 16. Questa citazione del dipinto da parte del padre Resta costituisce una significativa attestazione della sua fortuna critica. 699  Resta introduce la menzione dello scultore lombardo Marco Ferrari d’Agrate, non nominato nella Torrentiniana, ma citato come « Marco da Gra » nella Giuntina (Vasari, V, p. 434). 700  Nessuna fonte ricorda il coinvolgimento di Leonardo Cungi negli apparati per le esequie di Michelangelo. Non è da escludere che l’affermazione di Resta dipenda dal fraintendimento della menzione del pittore nella redazione giuntina della Vita di Perino (Vasari, V, p. 161).

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Nel margine esterno: [disegno a margine] Nel margine inferiore: Vincenzo de Rossi701 Prothasius de Chribellis Mediolanensis hoc opus pinxit in anno domini mcccclxxxxvii mensis Junii. Su la porta della sagrestia di S(an) Pietro ad Aram in Napoli702 Tavola de’ luoghi dove sono le opere descritte In corrispondenza di Bologna « S. Michele in Bosco »: Adesso vi sono le pitture nel claustro di Lod(ovic)o Carracci, di Guido703 In corrispondenza di Fiorenza: [disegno a margine] In corrispondenza di Napoli « S. Domenico. La tav. della cap. del Crocifisso. Raff. da Urbino »: non ci è, v’è attaccata al muro vicino alla sagrestia una […]704 In corrispondenza di Napoli « S. Spirito. delli incurabili. Una tav. Il Fattore »: non li è che mi parve di grand’Autore, sta alta705 In corrispondenza di Napoli « S. Ang. delli Incurabili. Una ta. di Polidoro »: non vi è706 In S(an) Iacomo de Spagnoli sotto la cuppola ad un pilastro un altare di A(ndrea) del Sarto707. In corrispondenza di « In Ischia una ta. d’uno Abram Andr. del Sarto 767 »: non vi è708 701   Per l’inserto del nome di Vincenzo De Rossi si veda la postilla a Cicognara p. 800, righi 7-8. 702   Resta trascrive l’iscrizione con cui il pittore milanese Protasio Crivelli, non menzionato da Vasari, aveva firmato e datato la pala con la Madonna con il Bambino tra angeli già nella chiesa di San Pietro ad Aram a Napoli e oggi nel Museo di Capodimonte, evidentemente osservata personalmente dall’oratoriano durante uno dei soggiorni napoletani. Si vedano le note a Riserva p. 731, rigo 13; 829, rigo 22; 851, rigo 19. 703   Resta si riferisce alle decorazioni seicentesche del chiostro di San Michele in Bosco a Bologna, realizzate da Ludovico Carracci e alcuni suoi collaboratori, tra cui Guido Reni. 704   Si veda postilla a Riserva p. 655, rigo 5, e nota relativa. 705   Si veda postilla a Riserva p. 731, rigo 13, e nota relativa. 706   Resta non poteva vedere in situ l’ancona di Polidoro registrata da Vasari nella chiesetta della congrega dei Pescivendoli a Napoli, già smembrata negli anni venti-trenta del Seicento, e di cui sono stati recuperati alcuni elementi oggi nel Museo Nazionale di Capodimonte: P. Leone de Castris, A Napoli. L’altare della Pescheria, in Polidoro da Caravaggio tra Napoli e Messina, catalogo della mostra (Napoli, Museo e Gallerie Comunali di Capodimonte, 11 novembre 1988 – 15 febbraio 1989), a cura di P. Leone de Castris, Milano-Roma 1988, pp. 63-65. 707   Si veda la postilla a Riserva p. 769, rigo 17, e nota relativa. 708   La tavola del Sacrificio di Isacco di Andrea del Sarto (Dresda, Gemäldegalerie), già ad Ischia per volere del marchese del Vasto Alfonso d’Avalos, al tempo di Resta era transitata nelle collezioni spagnole, in quelle medicee e in quelle del duca di Modena (Shearman, Andrea del Sarto cit., II, cat. 94 pp. 280-281). Non è possibile stabilire se l’affermazione dell’oratoriano in merito all’assenza del dipinto sia dovuta ad un accertamento realizzato de visu sull’isola o ad una informazione raccolta indirettamente.

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Palermo vedi fol. 697. et 699709 In corrispondenza di Roma « S. Apostolo. la cap. grande Benozzo »: Melozzo da Forlì710 In corrispondenza di Roma, « Nel palazzo di S. Giorgio più storie. Baldassare »: familia Borghese711 In corrispondenza di Roma, « La facc. di M. Ulisse da Fano. Baldassare »: a piè del Campidoglio Marchese Ruspoli712 In corrispondenza di Roma, « Una facc. Per andare a Madaleni.i med. »: terzo duca, verso il Giesù713 In corrispondenza di Roma, « Una facc. de Buoni Auguri i med. »: alli Coronari714 In corrispondenza di Roma « in casa i Galli dirimpetto a S. Giorgio un Bacco. Michelagnolo »: incontro a Bracciano venduto in Genova715

709   Resta segnala le pagine del libro in cui è menzionata Palermo, non rubricata nella Tavola vasariana; il primo rimando è al ricordo delle opere di Antonello Gagini a Palermo evocate in fondo alla biografia di Andrea Ferrucci (Vasari, IV, p. 261), mentre il successivo è erroneo, in quanto la seconda citazione della città siciliana si riscontra a proposito dello Spasimo di Sicilia nella Vita di Raffaello (IV, p. 191). 710   Si vedano le postille a Riserva p. 582 rigo 28, datata 1690, e a Cicognara p. 422, rigo 15, e note relative. 711   Il palazzo di San Giorgio faceva parte del palazzo della Cancelleria di Roma. Uno dei cardinali che ebbe il titolo di San Giorgio nel 1624 fu Pietro Maria Borghese (1599-1642). 712   In corrispondenza della citazione vasariana del palazzo di Ulisse Lanciarini da Fano, sito nella zona della piazza di Venezia, vicino alla basilica di San Marco, l’oratoriano segnala il palazzo del marchese Bartolomeo Ruspoli (1596-1681) ai piedi dell’Aracoeli, acquistato nel 1632. Il marchese era molto legato alla Congregazione dell’Oratorio e alla chiesa della Vallicella, dove vennero celebrate le sue esequie solenni per volere del nipote ed erede Francesco Marescotti, e dove fu sepolto nella cappella dell’Annunziata (M. C. Cola, Il catafalco di Giovan Battista Contini per le esequie di Bartolomeo Ruspoli nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella, in Aprosiana. Rivista annuale di Studi Barocchi, n.s., XVI (2008), pp. 5882; Ead., A bust of Bartolomeo Ruspoli by Filippo Carcani, in The Burlington Magazine 153 (2011), pp. 718-720). 713   Il rimando è relativo alle decorazioni di Polidoro per il palazzo Maddaleni Capodiferro a Roma che, come specifica Resta, è ubicato nei pressi della chiesa del Gesù. È invece non comprensibile il richiamo ad un « terzo duca » della famiglia, che non risulta avere goduto di tale titolo nobiliare. 714  La precisione topografica pertiene la menzione vasariana delle Storie di Romolo eseguite da Polidoro e Maturino « nella faccia de’ Buoni Auguri vicino alla Minerva » (Vasari, IV, p. 460), decorazione oggi perduta, su cui si veda R. Kultzen, Zur graphischen Überlieferung der facciata dei Buoni Auguri Polidoros in Rom, in Scritti di Storia dell’Arte in onore di U. Procacci, Milano 1977, II, pp. 347-355. 715   Resta identifica erroneamente il Bacco di Michelangelo (Firenze, Museo del Bargello), a cui fa riferimento la Tavola vasariana, con una statua non rintracciabile trovata a Bracciano e venduta a Genova.

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INDICE DEI NOMI

Nell’indice non sono comprese le voci Resta Sebastiano e Vasari Giorgio

Abbate, Vincenzo: 12, 190, 205 Accoramboni, Mario: 7, 127, 193, 203, 218 Accoramboni, Ugo: 7, 107, 127, 193, 203 Adani, Giuseppe: 168 Adorni, Bruno: 77, 91 Adriano VI: 209, 213 Affò, Ireneo: 117, 119 Agasia di Efeso: 81 Ago, Renata: 165 Agosti, Barbara: 6, 12, 72, 83, 86, 193 Agosti, Giovanni: 14, 65, 66, 72, 84, 103, 113, 143, 157, 160, 215 Aili, Lorenzo: 91 Albani, Francesco: 206 Alberti, Leon Battista: 145 Albertinelli, Mariotto: 95, 116, 180, 196, 207 Albertini, Francesco: 207 Alberto d’Asburgo: 107 Albio, Giovanni Andrea: 118 Alboresi, Giacomo: 77 Alessandri, Alessandro degli: 148 Alessandro Magno: 57, 95 Alessandro VI: 76, 93, 96, 181, 207, 215 Alfonso, d’Aviz: 105 Alfonso I d’Aragona: vedi Alfonso V d’Aragona Alfonso II di Calabria: 142 Alfonso V d’Aragona: 145, 147 Alighieri, Dante: vedi Dante Alighieri Allori, Alessandro: 181 Aloisi, Baldassarre: vedi Galanino

Aloisi, Giuseppe Carlo: 41 Altichiero: 78 Altoviti, Bindo: 184 Alvarez de Toledo, Pedro: 57 Alveri, Gasparo: 76, 84 Andrea da Fiesole: vedi Ferrucci Andrea Andrea da Salerno, Andrea Sabatini detto: 6, 48, 116, 117, 163, 173, 206 Andrea del Castagno, Andrea di Bartolo detto: 69, 111, 145, 148 Andrea del Sarto, Andrea d’Agnolo detto: 6, 7, 12, 39, 81, 108-111, 128, 152, 175, 178, 181, 195-198, 207, 213, 218, 220 Andrea di Cosimo: vedi Feltrini Andrea di Cosimo Andrea di Luigi d’Assisi detto l’Ingegno: 80, 163 Andrea Pisano: 134 Andreotti, Angelo: 128 Angelelli Duglioli, Cristiana: 60, 61 Angelelli, Walter: 10, 62 Angiò, Roberto: d’ 60, 132 Anguissola, Caterina: 111, 198 Anguissola, Sofonisba: 111, 198 Anselmi, Michelangelo: 112, 173, 198 Antonello da Messina: 145 Antoniazzo Romano, Antonio Aquili detto: 74 Antonio da Sangallo il Giovane, Antonio Cordini detto: 17, 21, 92, 120, 127, 181, 209

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INDICE DEI NOMI

Antonio da Sangallo, il Vecchio, Antonio Giamberti detto: 95, 181, 208 Antonio di Francesco da Venezia: 137 Apelle: 49, 57, 81, 94, 95, 101, 178, 180 Apollonio, Greco: 59, 131 Aragona, Pietro d’: vedi Pedro de Aragón Archinto, Orazio: 185 Arconati, Galeazzo: 169, 170 Aretusi, Cesare: 90 Aretusi, Pellegrino: vedi Pellegrino da Modena Ario: 61 Armenini, Giovan Battista: 87, 112, 126, 219 Aronberg, Lavin Marylin: 83, 84, 101, 106 Aspertini, Amico: 70 Aspertini, Guido: 70, 150, 151 Astrua, Paola: 65 Attila: 99, 100 Auria, Vincenzo: 189 Ausse: vedi Memling Hans Austria, arciduca di: vedi Alberto d’Asburgo Avalos, Alfonso d’: 111, 220 Averroè: 61 Ayala, Ferdinando d’: 101, 185 Baccio da Montelupo, Bartolomeo Sinibaldi detto: 191, 219 Bada, Paris: 153 Baglione, Giovanni: 36, 37, 40, 154, 194 Baglioni, Gentile: 75, 76, 97 Bagnacavallo, Bartolomeo Ramenghi detto: 70, 114, 116, 129, 206 Baiardo, Francesco: 118 Balboni, Dante: 67 Baldassini, Melchiorre: 120 Baldi, Lazzaro: 193

Baldinotti, Alessandro: 139 Baldinucci, Filippo: 13, 42, 64 Baldovinetti, Alesso: 147, 155 Baldovini, Giuseppe: 132 Ballarin, Alessandro: 78, 112, 171 Bandera, Sandrina: 84 Bandinelli, Baccio: 127, 181, 197, 202, 217 Barberini, Antonio: 80, 105, 106 Barberini, Francesco: 64, 79, 83, 84, 103, 135 Barberini, Maffeo: 7, 83, 101, 165 Barberini, Urbano: 83, 101 Barbisotti, Rita: 36 Barbo, Marco: 148 Barili, Giovanni: 195 Barocchi, Paola: 13, 35, 42, 45, 47, 56 Barocci, Federico: 60, 132 Baronio, Cesare: 92 Baronio, Francesco: 189 Barroero, Liliana: 36 Bartolomeo della Gatta, Pietro Dei detto: 72, 98, 154, 162 Bartolomeo fra, Bartolomeo della Porta detto: 49, 94, 95, 178, 180, 182, 183, 195, 196, 202, 207, 219 Bartoni, Laura: 218 Basaiti, Marco: 160 Bassano, Jacopo, Jacopo Dal Ponte detto: 40 Bassetti, Marcantonio: 195 Battaglia, Roberta: 86 Battelli, Guido: 105 Battiferri, Giovanni Antonio: 190 Bazzotti, Ugo: 11, 121 Bean, Jacob: 60 Beato Angelico, Giovanni da Fiesole detto: 62, 63, 67, 68, 144, 145, 149 Beccafumi, Domenico: 201, 214 Bellano, Bartolomeo: 147 Belli, Valerio: 117, 120

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INDICE DEI NOMI

Bellini, Gentile: 13, 14, 71, 149, 151, 152, 170 Bellini, Giovanni: 12, 13, 14, 25, 71, 81, 102, 113, 122, 132, 149, 151, 152, 160, 164, 170, 191 Bellini, Jacopo: 14, 71, 151 Bellori, Giovan Pietro: 5, 8, 13, 35, 36, 40, 41, 43, 48, 49, 50, 60, 81, 86, 90, 104, 126, 206 Bellosi, Luciano: 59 Bembo, Pietro: 63, 104 Benati, Daniele: 40, 70 Benci, Ginevra: 168 Benedetto da Maiano: 156 Benedetto XII: 60 Bentini, Jadranka: 77 Bentivoglio, Giovanni: 97, 106, 203 Bergognone, Ambrogio da Fossano detto: 66, 94 Berna (Barna), da Siena: 137 Bernardini, Carla: 116 Bernardino di Betto: vedi Pinturicchio Bernazzano, Bernardino de Quagis detto: 112, 113 Bernini, Gianlorenzo: 124, 129, 192, 209, 210 Bernini Pezzini, Grazia: 195 Bertoldo di Giovanni: 215 Bettarini, Rosanna: 47, 56 Bianchi Francesco, detto il Frari: 88, 89, 156 Bianchi, famiglia, pittori: 119 Bibbiena, Dovizi Bernardo detto: 103, 186-188 Bifolco, Stefano: 218 Bigi Iotti, Alessandra: 102, 172 Bilancetti, Silvio: 142 Bilhères de Lagraulas, Jean: 124 Biscottin, Paolo: 83 Boccaccino, Boccaccio Boccacci, detto: 103, 105, 191 Boccaccino, Camillo: 191

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Bocchi, Francesco: 39 Bodmer, Heinrich: 40 Bologna, Ferdinando: 116 Boltraffio, Giovanni Antonio: 86, 88 Bolzoni, Marco Simone: 3 Bon Valsassina, Caterina: 66 Bona Castellotti, Marco: 65, 117 Bonardi, Giulia: 3, 10, 20, 23, 59, 60, 64, 65, 68, 72, 132, 136, 140, 152, 159, 166 Bondone di Angiolino: 60 Bonelli, Carlo: 68 Bonfanti, Tiziano: 15 Bonfigli, Benedetto: 76, 159, 161 Bonino da Campione: 148 Bonola, Giorgio: 86, 142, 177 Bonsignori, Francesco: 147 Bora, Giulio: 3, 21, 25, 50, 65, 86, 88, 89, 106, 119, 127, 173, 175 Bordon, Paris: 113 Bordonone: vedi Pordenone Borea, Evelina: 35, 36, 60, 90, 150 Borghese, Giovanni Battista: 95, 98, 112, 183, 185 Borghese, Pietro Maria: 221 Borghese, Scipione: 98, 112, 182 Borghini, Raffaello: 55, 197 Borromeo, Carlo: 107 Borromeo, Federico: 103 Borromeo, Giberto: 8, 127 Borromini, Francesco: 93, 177 Borsieri, Girolamo: 103 Boschetto, Andrea: 36 Boschini, Bartolomeo: vedi Bulgarini Bartolomeo Boschini, Marco: 13, 36 Boschloo, Anton W.A.: 25 Boscoli, Andrea: 10, 62, 128 Boscoli, Francesco: 128 Boscoli, Tommaso: 128 Bossi, Giuseppe: 50, 51, 85, 130, 138, 163

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INDICE DEI NOMI

Bossolani, Antonio: 187 Bottari, Giovanni Gaetano: 5, 44, 45, 78, 86, 105, 113 Botticelli, Sandro: 155, 156, 157 Bramante, Donato: 17, 50, 63-66, 78, 88, 92-94, 96, 98, 129, 143, 159, 162, 175-177, 181, 188, 190, 191, 209, 215, 219 Bramantino, Bartolomeo Suardi detto 16, 62, 64-66, 83, 84, 92, 98, 128, 143, 164, 176, 191 Bracamonte, Gaspar y Guzmán de, conte di Peñaranda: 118 Branconio, Giovan Battista: 129 Bronzino, Agnolo: 49, 95, 181, 185, 217 Brooke, Caroline: 71 Brunelleschi, Filippo: 63, 139-141, 156 Bruni, Leonardo: 72 Brunorio, Flaminio: 172, 175 Bufalo, Stefano: del 203 Buffalmacco, Buonamico di Martino detto: 134 Bulgarini, Bartolomeo: 134 Buonarroti, Filippo: 218 Buonarroti, Ludovico: 124 Buonarroti, Michelangelo: vedi Michelangelo Bury, Michael: 49 Bussi, Francesca: 135 Busti, Agostino, detto il Bambaia: 191 Byam Shaw, James: 10, 74, 100, 122, 154, 160, 198, 211, 213 Caccianemici, Vincenzo: 119 Calandra, pittore: 134 Calandrino, Nozzo di Pierino detto: 134 Caleca, Antonio: 39 Calvaert, Denys: 206 Cambi, Tommaso: 195, 205

Campagnola, Domenico: 38 Campaspe: 57 Campbell, Caroline: 71 Campi, Antonio: 36, 198, 201, 202 Campi, Bernardino: 111, 191, 198, 205 Campi, Giulio: 198, 205 Campi, Vincenzo: 198 Campori, Giuseppe: 3, 118, 166 Canigiani, Domenico: 97 Cannatà, Roberto: 120 Cantù, Francesca: 165 Capaccio, Giulio Cesare: 47 Caracciolo, Maria Teresa: 86, 142 Caradosso, Cristoforo Foppa detto: 159 Carafa, Oliviero: 74, 93, 157 Cardisco, Marco: 45, 47, 116, 163, 206, 207 Carlo II: 101 Carlo V: 12, 121, 205, 215 Carlo VIII: 167, 169 Carminati, Marco: 84, 113, 168 Carnevale fra, Bartolomeo Corradini detto: 176 Caro, Annibal: 127 Carpaccio, Vittore: 12, 13, 14, 71, 77, 152, 160 Carpegna, Gaspare: 218 Carpio, marchese del: vedi Haro y Guzmán Gaspar de Carracci, Agostino: 16, 36, 40, 41, 70, 157, 164, 206, 210 Carracci, Annibale: 16, 36, 40-43, 49, 70, 81, 100, 157, 164, 206, 210 Carracci, Ludovico: 16, 36, 40, 70, 81, 100, 164, 206, 210, 220 Carrara, Eliana: 39, 42 Carro, Annibale: vedi Caro Annibal Carvajal, Bernardino Lopez de: 107 Castelli, Francesco: 75, 76 Catena, Vincenzo: 160

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INDICE DEI NOMI

Cavalcanti, Guido: 136 Cavalier lucchese: vedi Pini Paolo Cavalieri, Gasparo IV de’: 6, 126, 127 Cavalieri, Tommaso de’: 7, 126, 127 Cavallaro, Anna: 107 Cavallini, Pietro: 61, 132, 135 Cecchi, Alessandro: 139 Cecchinelli, Cristina: 119 Celano, Carlo: 36, 47, 141, 163, Celio, Gaspare: 41, 42 Ceriana, Matteo: 84 Cerutti Fusco, Annarosa: 193 Cervini, Marcello: 185 Cesare da Sesto: 17, 84, 88, 112, 113, 170, 200 Cesariano, Cesare: 92 Cesarini, Giuliano: 149 Ceschi Lavagetto, Paola: 77, 91 Cesi, Carlo: 172 Chigi, Agostino: 99, 103, 106, 121, 122, 192, 194, 195 Chigi, Fabio: 192 Chigi, Sigismondo: 192 Chimenti di Leonardo Camicia: 68, 148 Chiusa, Maria Cristina: 119 Chong, Alan: 71 Ciardi Dupré Dal Poggetto, Maria Grazia: 132 Ciardi, Roberto Paolo: 37, 65, 107 Cima da Conegliano, Giovanni Battista Cima detto: 77 Cimabue, Giovanni: 43, 59, 131-134 Cioffi, Rosanna: 99 Civerchio, Vincenzo: 78 Clemente VII: 83, 101, 107, 117, 123, 166, 197, 213, 215 Clemente VIII: 94, 103 Clemente XI: 7, 62, 68, 109, 213 Cleri, Bonita: 66 Clovio, Giulio: 123 Coda, Benedetto: 151

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Cola, Maria Celeste: 221 Coliva, Anna: 89, 175 Colla, Stefania: 91, 117 Collavo, Lucia: 39 Colleoni, Bartolomeo: 147, 153 Collobi Ragghianti, Licia: 43 Colloredo, Leandro: 59 Colomer, José Luis: 110 Colonna, Angelo Michele: 77, 91, 92 Comolli, Angelo: 37 Connors, Joseph:142 Contardi, Bruno: 68 Copernico, Niccolò: 42 Cordellier, Dominique: 188 Correggio, Antonio Allegri detto: 6, 8, 20, 21, 36, 38, 48-50, 74, 77, 81, 88-92, 100, 107, 112, 113, 118, 119, 125, 130, 143, 156, 164, 171-173, 175, 180, 185, 200, 201, 205, 208, 219 Corso, Michela: 3 Coscia, Giovanni: vedi Giovanni XXIII Cosini, Silvio: 189, 213 Cossa, Francesco del: 70, 150, 151 Costa, Lorenzo: 70, 150, 151 Costantino: 68 Coxie, Michael: 185 Cristina di Svezia: 6, 90, 152, 203, 211 Crivelli, Carlo: 219 Crivelli, Giovanni: 17, 46, 140 Crivelli, Protasio: 45, 220 Cropper, Elizabeth: 35 Cungi, Leonardo: 219 Curia, Francesco: 200 Curti, Francesco: 61 Cybo, Lorenzo: 118, 129 Dacos, Nicole: 12, 190 Daffra, Emanuela: 84 D’Alconzo, Paola: 183 Dal Pozzo, Carlo Antonio: 7 Dal Pozzo, Cassiano: 6

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INDICE DEI NOMI

Dal Pozzo, Toscanelli Paolo: 140 Dalai, Emiliani Marisa: 66 Dall’Acqua, Marzio: 180 Dallasta, Federica: 119 Dalli Regoli, Gigetta: 103 Damiano da Bergamo fra, Damiano Zambelli detto: 58 Daniele da Volterra, Daniele Ricciarelli detto: 82, 129 D’Anna, Martino: 113 Dante, Alighieri: 136, 156 David, Jerôme: 150 David, Ludovico Antonio: 166, 175 De Cupis, Leonardo: 168 De Dominici, Bernardo: 47, 48, 117, 173 D’Engenio, Cesare: 47, 117, 173 De Frutos, Leticia: 110, 161, 192, 197 De Gennaro, Rosanna: 48, 117 De Gianni, Dionigi: 118 De Grazia, Diane: 36, 113 De Marchi, Giulia: 37, 90, 107, 126128, 147 De Pietri, Francesco: 47 De Piles, Roger: 50 De Rossi, Giovanni Battista: 218 De Rossi, Luigi: 101 De Rossi, Matteo Gregorio: 218 De Rossi, Properzia: 111, 198 De Rossi, Vincenzo: 202, 220 De Salas, Xavier: 39 Del Colle, Raffaellino: 23, 119, 210 Del Conte, Jacopino: 185, 198 Del Garbo, Raffaellino: 74, 95, 180, 181 Del Migliore, Filippo Leopoldo: 42 Del Voglia, Giuseppe: 5, 8, 12, 102, 121, 190, 212, 214 Delieuvin, Vincent: 86 Della Pergola, Paola: 83, 112, 185 Della Porta, Guglielmo: 82, 123 Della Robbia, Luca: 138

Della Rovere, Domenico: 129 Della Valle, Andrea: 210 Delli, Dello: 138 Dempsey, Charles: 41 Dente, Marco: 195 Di Giampaolo, Mario: 118 Diamante fra, Diamante di Feo detto: 148, 176 Domenichi, Ludovico: 90 Domenichino, Domenico Zampieri detto: 206 Domenico, Veneziano: 69, 143, 145 Donatello, Donato di Niccolò di Betto Bardi: 10, 17, 46, 64, 124, 139, 140, 141, 143, 164, 215 Donesmondi, Ippolito: 74 Doria, Andrea: 189, 201 Dossi, Battista, Luteri Battista detto: 6, 112, 200 Dossi, Dosso, Luteri Giovanni detto: 6, 112, 200 Dovizi, Bernardo: vedi Bibbiena Dovizi, Maria: 103, 187 Du Fresne, Raphaël: vedi Trichet du Fresne Raphaël Duccio di Buoninsegna: 137 Dürer, Albrecht: 124, 147, 185, 215 D’Urso, Valentina: 3 Ekserdjian, David: 90, 119 El Greco, Doménikos Theotokópoulos detto: 39 Emanuele, re di Portogallo: vedi Manuele I d’Aviz Emiliani, Andrea: 70 Enrico VIII: 215 Epifani, Mario: 3, 47, 48, 67, 68, 117 Este, Alessandro d’: 42 Este, Alfonso d’: 126, 217 Este, Beatrice d’: 14, 103, 188 Este, Borso d’: 128 Este, Ercole I d’: 103 Estouteville, Guillaume d’: 148

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INDICE DEI NOMI

Eugenio IV: 140 Fabbrici, Gabriele: 168 Fabio (Fabius Pictor): 58, 59 Fadda, Elisabetta: 118 Falciani, Carlo: 95, 185 Fanti, Mario: 41 Farina, Viviana: 108, 110, 118 Farinella, Vincenzo: 113, 139 Farneti, Fauzia: 119 Federico d’Aragona: 147, 215 Feltrini Andrea, di Cosimo: 207 Ferdinando II d’Aragona: 147 Ferrari, Gaudenzio: 98, 105, 107, 108, 129, 162, 176, 194, 201 Ferrucci, Andrea: 189, 221 Fetti, Mariano: 94, 123 Figino, Ambrogio: 8, 107 Fileti Mazza, Miriam: 13, 15, 167 Filippo II: 107 Filippo IV: 100, 101, 118 Filippo V: 15, 99, 105 Filippo: vedi Memmi Lippo Fiorini, Carla: 210 Firenze, Granduca di: vedi Medici Ferdinando de’: Firpo, Luigi: 105 Flaminio d’Austria: vedi Brunorio Flaminio Folds McCullagh, Suzanne:162 Fontana, Annibale: 82, 83, 217 Fontana, Francesco: 68 Fontana, Prospero: 70, 206 Foppa, Vincenzo: 78 Forcella, Vincenzo: 135 Fornari Schianchi, Lucia: 77, 91, 117 Fossaluzza, Giorgio: 117, 166, 175 Fraccaro, Cristina: 66 Francesco I: 87, 103, 109, 167, 187 Francia, Francesco, Francesco Raibolini detto: 15, 70, 77, 116, 159, 160, 169

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Franciabigio, Francesco Giudici detto: 196, 207 Francione, Pietro: 173 Francucci, Innocenzo, detto Innocenzo da Imola: 70, 116, 160, 206 Frizoli, Giorgio: 91 Frari, vedi Bianchi Francesco detto il Frommel, Christoph Luitpold: 17, 51, 93, 107, 129 Frommel, Sabine: 37 Fuga, Ferdinando: 189 Fungai, Bernardino: 10, 159 Furlan, Caterina: 113, 114 Fusconi, Giulia: 3, 67, 76, 90, 95, 110, 147, 177, 182, 185 Gabburri, Niccolò Maria: 5, 8 Gaddi, Agnolo: 128, 136, 137 Gaddi, Gaddo: 60, 131, 132 Gaddi, Giovanni: 128, 136 Gaddi, Taddeo: 61, 132, 136, 137 Gagini, Antonello: 81, 125, 189, 221 Galanino, Baldassarre Aloisi detto: 40, 41 Galassi, Galasso: 150 Gambara, Lattanzio: 205 Garibaldi, Vittoria: 120 Garofalo, Benvenuto Tisi detto: 65 Gasbarri, Carlo: 106, 217 Gasparri, Carlo: 35, 90 Gatti, Bernardino: vedi Soiaro Genga, Girolamo: 112 Gentile da Fabriano: 149 Gere, John: 12, 203 Gherardi, Cristoforo: 12, 214 Ghezzi, Giuseppe: 5, 7, 16, 37, 44, 90, 105, 106, 126, 128, 147, 152, 216 Ghezzi, Pier Leone: 3, 4 Ghiberti, Cione: 140 Ghiberti, Lorenzo: 138, 140 Ghidiglia Quintavalle, Augusta: 89 Ghirardacci, Cherubino: 112

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INDICE DEI NOMI

Ghirlandaio, Domenico del, Bigordi Domenico detto: 124, 147, 154, 155, 159, 164, 207 Ghirlandaio, Ridolfo del, Bigordi Ridolfo detto: 123, 189, 207 Giampietrino, Giovan Pietro Rizzoli detto: 88, 152 Gian, maestro (Jean de Chenevières): 57 Gianguzzi, pittore: 145, 186, 190 Giannicola di Paolo: 80 Gibbons, Felton: 60 Giles, Laura M.: 102, 162 Ginzburg, Silvia: 3, 12, 36, 86 Giocondo, Francesco del: 168 Giocondo, Lisa del: 168 Giorgione da Castelfranco: 12, 14, 88, 102, 113, 122, 152, 164, 170, 171, 187, 207 Giottino, Giotto di maestro Stefano detto: 61, 137 Giotto di Bondone: 10, 17, 21, 43, 60, 61, 131-136, 148, 164, 214 Giovanni Andrea di Tagliacozzo: vedi Lupi Vincenzo Giovanni Antonio da Cantù: 78 Giovanni da Brugia: vedi van Eyck Jan Giovanni da Fiesole: vedi Beato Angelico Giovanni da Milano: 136, 137 Giovanni da Nola, Giovanni Marigliano detto: 57, 142, 200 Giovanni da Udine, Giovanni dei Ricamatori detto: 12, 102, 113, 114, 121, 123, 184, 187, 212 Giovanni da Verona fra: 99, 183 Giovanni del Ponte: vedi Giovanni di Marco Giovanni di Marco: 137 Giovanni II d’Aviz: 104, 105 Giovanni, Pisano: 134

Giovanni XXI: 136, 141 Giovanni XXII: 136 Giovanni XXIII: 141 Giovenale da Orvieto: 61, 62 Giovio, Paolo: 90 Girgenti, Francesco: 5, 185, 189, 190 Girolamo da Carpi, Girolamo Sellari detto: 119 Girolamo da Cotignola, Girolamo Marchesi detto: 5, 16, 21, 70, 116, 205, 206 Girolamo da Sermoneta: vedi Siciolante Girolamo Girolamo da Treviso: 193, 202, 203, 214, 219 Girotto, Carlo Alberto: 37 Giubbini, Guido: 65 Giuliano da Maiano: 142 Giuliano da Sangallo, Giuliano Giamberti detto: 95, 96, 181, 208 Giulio don: vedi Clovio Giulio Giulio II: 75, 96, 97, 99, 125, 127, 129, 159, 183, 184, 190, 210, 212, 215, 217 Giulio III: 215 Giulio, Romano, Giulio Pippi detto: 6, 11, 12, 23, 46, 90, 102, 110, 114, 121, 122, 128, 186-188, 210, 211, 214 Giunta, Pisano: 59 Giustiniani Barberini, Olimpia: 7, 125, 165, 185, 215, 216 Glicone: 81 Gobbi, Manuela: 3 Gonzaga, Federico: 90, 110, 121, 197, 215 Gonzaga, Ferdinando: vedi Gonzaga, Ferrante Gonzaga, Ferrante: 123 Gonzaga, Francesco: 90, 156 Gonzaga, Giulia: 123 Gorreri, Marina: 87 Gould, Cecil: 203

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INDICE DEI NOMI

Gozzoli, Benozzo: 10, 46, 47, 67, 69, 145, 149-151, 159, 221 Graffione, Giovanni di Michele Scheggini detto: 128, 147 Grafton, Anthony: T. 42 Gramatica, Luigi: 166 Granacci, Francesco: 208 Grasman, Edward: 25 Gregori, Mina: 36 Gregorio XIII: 93, 202 Gregory, Sharon: 186 Grigioni, Carlo: 205 Grimaldi, Giovan Francesco: 41 Grisolia, Francesco: 3, 59, 157 Guarino, Sergio: 112 Guerra, Giuseppe: 13, 183 Guerrieri, Pier Maria: 219 Guerzoni, Guido: 128 Guglielmo da Forlì: 132 Guglielmo da Marcilla: vedi Guillaume de Marcillat Guillaume de Marcillat: 184, 218 Guzman Ramiro de: 100, 108 Haro y Guzmán Gaspar de, Marchese del Carpio: 5, 6, 45, 48, 110, 161, 170, 192, 197 Heikamp, Detlef: 39 Henry, Tom: 101, 108, 185 Herklotz, Ingo: 135 Hess, Jacob: 36, 51, 121, 210 Hirst, Michael: 215 Hochmann, Michel: 39 Hyerace, Luigi: 12, 205 Imparato, Girolamo: 198, 200 Incisa della Rocchetta, Giovanni: 11, 121, 142 Indaco, Jacopo Torni detto: 159 Ingegno: vedi Andrea di Luigi d’Assisi detto Innocenzo da Imola, vedi Francucci Innocenzo detto Innocenzo VIII: 69, 73, 156, 215

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Jacopo da Montagna: vedi Jacopo da Montagnana Jacopo da Montagnana, Jacopo Parisati detto: 151 Jacopo da Pietrasanta: 148 Jacopo del Casentino: 137 Jacopo della Quercia: 138 Jacopo fra: vedi Rubeis Jacopo di Battista Jacques d’Euse: vedi Giovanni XXII Jaffé, Michael: 11, 14, 71, 99, 160, 180, 183, 187, 194 Jatta, Barbara: 3 Joannides, Paul: 101, 108, 185 Keazor, Henry: 41 Kent, William: 8 Knapp, Fritz: 178 Kultzen, Rolf: 221 Kustodieva, Tatiana K.: 185 La Cour, Egidio: 106 Laclotte, Michel: 170 Lamo, Alessandro: 36, 111, 201 Lana, Cesare Innocenzo: 128 Lanciarini, Ulisse: 221 Lanfranco, Giovanni: 89 Lanino, Bernardino: 201 Lasagna, Giovan Pietro: 82, 83, 217 Lasagni, Roberto: 119 Lecce, marchese di: 120 Lenzi, Deanna: 119 Lenzilago, Niccolò: 74 Leonardo da Vinci: 6, 7, 11, 15, 17, 39, 43, 47, 72, 74, 75, 80, 81, 8388, 92, 94, 103, 105, 106, 109, 125, 126, 153, 158, 161, 162, 164-166, 168-170, 175, 176, 178, 182, 184, 188, 191, 193, 196, 198, 214-216 Leonardo, maestro: 118, 119 Leone de Castris, Pierluigi: 45, 110, 114, 220

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INDICE DEI NOMI

Leone, Francesco: 183 Leone I: 99, 100 Leone III: 99, 187 Leone X: 80, 87, 95, 101, 109, 110, 129, 168, 169, 184-188, 190, 193, 213, 215 Leoni, Leone: 120 Lepri, Nicoletta: 41 Licinio, Giulio: 201 Lionello di Carpi: vedi Pio da Carpi Leonello Lippi, Filippino: 10, 61, 67, 74, 75, 80, 86, 148, 157, 158, 162, 167, 168, 176, 180, 181 Lippi, Filippo: 61, 67, 68, 75, 139, 148, 150, 151, 156-158, 164, 176 Lippo di Corso: 137 Loisel, Catherine: 71 Lomazzo, Giovan Paolo: 36, 37, 65, 66, 72, 82, 85-87, 91, 93, 94, 98, 107, 108, 112, 113, 120, 170, 176, 193, 200, 201, 214 Lombard, Lambert: 106, 114, 116, 183 Lombardi, Alfonso, Alfonso Cittadella detto: 111, 112 Lombardi, Cristoforo: 122, 189, 219 Lombardi, Marco: 78 Longhi, Roberto: 50 Lorentino d’Angelo: vedi Lorentino di Andrea Lorentino di Andrea: 144 Lorenzetti, Ambrogio: 135 Lorenzetti, Pietro: 134 Lorenzetto, Lorenzo Lotti detto: 106, 192 Lorenzo di Credi: 105, 153, 191, 202 Lorizzo, Loredana: 210 Lotto, Lorenzo: 120 Ludovico il Moro: 47, 66, 84, 85, 96, 103, 126, 165-167, 170, 176, 215

Ludovico XII: 85, 166, 167, 169 Luini, Bernadino, Bernardino Scapi detto: 88, 105, 106, 170, 191 Lupi, Vincenzo: 149, 150 Magister, Sara: 148 Magnavacca, Giuseppe: 5, 13, 16, 44, 79, 113, 157, 165, 168, 186 Maier, Ida: 105 Malvasia, Carlo Cesare: 5, 35-37, 41, 42, 49, 50, 70, 77, 78, 81, 95, 100, 103, 114, 116, 150, 160, 206 Mancini, Annibale: 42 Mancini, Giulio: 162 Manolessi, Carlo: 35, 65, 202, 219 Mantegna, Andrea: 6, 10, 21, 49, 73, 74, 89, 91, 92, 98, 147, 155, 156, 164, 216 Manuele I d’Aviz: 104, 105 Marabottini, Alessandro: 68 Maratti, Carlo: 7, 48, 184, 210 Marchetti, Giovanni Matteo: 5, 9, 14-16, 25, 81, 86, 108, 113, 121, 122, 125, 128, 216 Marciano, Giovanni: 142 Marco d’Agrate, Marco Ferrari detto: 219 Marco, d’Oggiono: 88 Marco da Siena: vedi Pino Marco Marescotti, Francesco: 221 Margaritone, d’Arezzo: 132 Mariano da Ghinazzanov: 96 Marias, Fernando: 39 Mariette, Pierre-Jean: 45 Markey, Lia: 102 Marrina, Michelangelo: 112, 173, 198 Martelli, Giovanni Battista: 160 Martelli, Roberto: 140 Martini, Giovanni: 102, 113, 123 Martini, Simone: 61, 132, 136 Martino da Udine: vedi Pellegrino da San Daniele

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INDICE DEI NOMI

Marucchi, Adriana: 162 Masaccio, Tommaso di ser Giovanni Cassai detto: 10, 14, 62, 63, 67, 139, 148, 164, 182, 215 Masini, Patrizia: 112 Masolino da Panicale, Tommaso di Cristoforo Fini detto: 62, 139 Mason, Stefania: 13 Massari, Stefania: 195 Massini, Carlo: 217 Mattiolo, vedi Parmigianino Maturino, da Firenze: 114, 203, 204, 221 Maurizio di Savoia: vedi Savoia Maurizio di Mazenta, Giovanni Ambrogio: 166 Mazza, Angelo: 171, 172 Mazzola Bedoli, Girolamo: 173 Mazzola, Filippo: 117 Mazzola, Francesco: vedi Parmigianino Mazzola, Pier Ilario: 119 Medici, Bernardetto de’: 69 Medici, Cosimo de’, detto il Vecchio: 141 Medici, Ferdinando de’: 106, 109, 178, 187 Medici, Giulio de’: 101, 103, 197, vedi anche Clemente VII Medici, Ippolito de’: 101, 123 Medici, Leopoldo de’: 13 Medici, Lorenzo de’, detto il Magnifico: 61, 96, 104, 105 Medici, Ottaviano de’: 110 Medici, Piero de’: 141 Medici di Marignano Giangiacomo de’: 120 Melani, Margherita: 14, 44, 50, 51, 99 Melozzo da Forlì, Melozzo di Giuliano degli Ambrosi detto: 46, 67, 69, 89, 149, 221

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Melzi, Giovan Francesco: 87, 126, 166 Memling, Hans: 145 Memmi, Lippo: 136 Menzocchi, Francesco: 112 Metrodoro di Atene: 131 Michel, Christian: 50 Michelangelo: 6, 7, 11, 23, 39, 44, 49, 73, 81, 82, 87, 96, 97, 107, 109-111, 120, 122-127, 129, 140, 147, 155, 159, 162-164, 168, 169, 171, 172, 177, 178, 180-182, 189, 190, 196, 197, 209, 212, 213, 215-219, 221 Michelangelo senese: vedi Marrina Michelangelo Michelino da Besozzo: 137 Michelozzi, Giovanni Filippo: 15 Michelozzo, Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi detto: 141, 142 Miedema, Hessel: 95 Milani, Guglielmo: vedi Della Porta Guglielmo Milano arcivescovo di: vedi Visconti Federico Mini, Antonio: 218 Mino da Fiesole: 68-70, 148, 150 Mirabile, Davide: 78 Mirandola, Giovanni Pico della: 152 Missiroli, Tommaso: 102, 119 Mitelli, Agostino: 41, 77 Mitelli, Giovanni: 41 Mitelli, Giuseppe Maria: 41, 91 Mocetto, Girolamo: 151 Mochi Onori, Lorenza: 101 Mola, Gasparo: 204 Mola, Giovan Battista: 172 Molza, Francesco Maria: 123 Monaco, Angelo Maria: 95 Monbeig, Goguel Catherine: 110 Monducci, Elio: 89 Mongeri, Giuseppe: 51 Montanari, Tomaso: 60, 90, 203

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INDICE DEI NOMI

Monti, Cesare: 117 Montorfano, Donato: 170 Morelli, Giovan Francesco: 5, 59, 66, 67, 69, 76, 79, 128, 145, 163, 182 Morello, Giovanni: 17, 21, 51, 93, 168, 177 Morigia, Paolo: 112 Morto da Feltre, Lorenzo Luzzo detto: 207 Mottola Molfino, Alessandra: 66 Muratori, Ludovico Antonio: 166 Muziano, Girolamo: 78 Naldi, Riccardov: 3 Nanni di Banco: 138 Natale, Mauro: 66, 84 Natali, Antonio: 95, 185 Natali, Giovanni Battista: 201 Natali, famiglia, pittori: 180 Nealce, pittore greco: 87 Negro, Emilio: 77 Niccolò d’Arezzo: 138 Nicodemi, Giorgio: 37, 79, 83, 90, 91, 102, 103, 117, 217 Nicola, Pisano: 134 Nicolini, Bartolomeo: 11, 121, 210 Nicolò dell’Abate: 119 Nicolò V: 64-66, 98, 144 Nini, Giacomo Filippo: 192 Nino, Pisano: 134 Noach, Arnoldus: 62 Noehles, Karl: 172 Nolfo da Monza: vedi Troso da Monza Nova, Alessandro: 12, 50, 86 Oberhuber, Konrad: 170 Oddi, Mauro: 91 Odescalchi, Livio: 97, 204 Omero: 131 Orcagna, Andrea: 61, 137 Oretti, Marcello: 41

Orlandi, Pellegrino Antonio: 37, 44, 63, 67, 99, 102, 103, 117, 148, 189 Orlandi, Stefano: 67 Orsi, Lelio: 171, 172 Orsini, Elena: 129 Ottani, Cavina Anna: 172 Ottaviano da Faenza: 132 Pacheco, Giovan Francesco: 145, 147 Padovani, Serena: 178 Pagani, Lattanzio: 205 Pagliara, Pier Nicola: 129 Paleotti, Gabriele: 70 Palestrina principessa di: vedi Giustiniani Barberini Olimpia Palma il Giovane, Jacopo Negretti detto: 13 Palma il Vecchio, Jacopo Negretti detto: 6, 120, 208 Palmezzano Marco: 112 Paluzzi de’ Ponziani Giovan Paolo: 135 Panza, Pierluigi: 183 Paolo da Cannobbio: 108 Paolo II: 69, 92, 150 Paolo III: 82, 124, 126, 127, 195, 215, 217 Paolo IV: 74, 187 Paolo, Romano: 68, 106, 148 Paolo, Veronese, Paolo Caliari detto: 40 Parmigianino, Francesco Mazzola detto: 6, 12, 13, 21, 81, 117-119, 172, 173, 208 Pascoli, Leone: 68, 187 Passeri, Giuseppe: 5, 102, 173 Pastura, Antonio da Viterbo detto: 162 Pecchiai, Pio: 83 Pedretti, Carlo: 103 Pedro, de Aragón: 100, 184

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INDICE DEI NOMI

Pedro de Toledo: vedi Alvarez de Toledo Pedro Peiresc, Nicolas-Claude Fabri de: 6 Pellegrino da Modena, Pellegrino Aretusi detto: 12, 24, 89, 107, 188, 194, 209, 214 Pellegrino da San Daniele, Martino da Udine detto: 102, 113 Pellegrino da Bologna: vedi Tibaldi Pellegrino Pelli, Bencivenni Giuseppe: 15 Penni, Giovan Francesco: 5, 11, 108, 194, 195, 205, 206, 214, 220 Penni, Luca: 194, 195 Pepper, Stephen: 80 Pericolo, Lorenzo: 35 Perini, Giovanna: 35, 37, 40, 41, 50, 66 Perino del Vaga, Pietro Buonaccorsi detto: 11, 120, 123, 129, 189, 195, 211-214, 219 Perseo, pittore greco: 95 Pertusati, Pier Matteo: 105, 106 Perugino, Pietro, Pietro Vannucci detto: 10, 11, 43, 47, 59, 64, 66, 72, 74-76, 78-80, 94, 97, 98, 107, 142, 143, 152, 153, 158, 161-164, 168, 176, 182, 187, 191, 194 Peruzzi, Baldassarre: 6, 7, 94, 106, 107, 116, 122, 129, 192, 193, 202-204, 221 Petrarca, Francesco: 136, 156 Petrioli Tofani, Annamaria: 15, 62, 99, 103, 159 Petrocchi, Stefano: 135 Petrucci, Pandolfo: 76 Piccari, Tarcisio: 67 Piero da Vinci: 165 Piero della Francesca: 17, 64, 66, 69, 75, 79, 98, 142-144, 158, 161, 164 Piero di Cosimo: 92, 152, 175, 178, 195-198

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Pierucci, Baldassarre: vedi Peruzzi Baldassarre Pietro, Aretino: 117 Pietro da Cortona, Pietro Berrettini detto: 89, 143, 193 Pignoranda conte di: vedi Bracamonte Gaspar y Guzmán, de’, conte di Peñaranda Piloto, Giovanni di Baldassarre detto: 213 Pinacci, Giuseppe: 110 Pini, Paolo: 119 Pino, Marco: 214 Pintelli, Baccio: vedi Pontelli Baccio Pinturicchio, Bernardino di Betto detto: 10, 46, 75, 76, 97, 129, 135, 158, 159, 182 Pio Carlo Francesco: 6, 112 Pio da Carpi Leonello: 100 Pio II: 64, 75, 97, 150, 158, 182 Pio III: 75, 97, 158, 182, 215 Pio V: 74, 216 Pirondini, Massimo: 172 Pisanello, Antonio di Puccio Pisano detto: 149 Pisani, Linda: 139 Pizzoni, Maria Rosa: 5, 9, 21, 24, 44, 49, 55, 86, 91, 160, 166, 193 Plinio il Vecchio, Gaio Plinio Secondo detto: 57 Polidoro da Caravaggio, Polidoro Caldara detto: 6, 11, 114, 187, 203-205, 212, 220, 221 Polignoto: 180 Poliziano, Ambrosini Agnolo detto: 61, 104, 105 Pollaiolo, Antonio: 73, 143, 156, 190 Pollaiolo, Piero: 73, 156 Pomarici, Francesca: 10, 62 Ponce, Jacques: 219 Ponteghino, Giulio Avezzuti detto il: 119

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INDICE DEI NOMI

Pontelli, Baccio: 17, 68, 69, 148 Pontormo, Jacopo Carucci detto: 109, 167, 178, 181, 195, 197, 198, 207 Ponzetti, Ferdinando: 129 Ponziani, Lorenzo: 135 Popham, Arthur Ewald: 3, 9, 10, 21, 71, 90, 118, 152, 159 Por Daniele: vedi Porri Daniele Pordenone, Giovanni Antonio de’ Sacchis detto: 12, 102, 113, 114, 128, 171, 172, 191, 200, 201 Porri, Daniele: 173 Porrino, Gandolfo: 123 Portocarrero, cardinale Ferdinando Luigi Emanuele: 15, 101 Pouncey, Philip: 10, 12, 71, 159 Prassitele: 58 Previtali, Giovanni: 200 Prieur, Barthélemy: 219 Primaticcio, Francesco: 172, 202 Procaccini, Camillo: 70, 161, 206 Procaccini, Ercole il Giovane: 3, 16, 25, 70 Procaccini, Giulio Cesare: 70, 206 Prosperi Valenti Rodinò, Simonetta: 3, 7, 8, 10-12, 15, 16, 35, 36, 43, 45, 48, 60, 62, 67, 68, 76, 82, 86, 90, 95, 101-103, 110, 121, 122, 127, 147, 150-152, 157, 161, 177, 180, 182, 185, 186, 190, 195, 201, 210-214, 218 Pucci, Lorenzo: 160 Puccio, Capanna: 60, 132 Puligo, Domenico: 189 Pulzone, Scipione: 198 Pungileoni, Luigi: 3, 50, 51, 78, 177 Pupini, Biagio: 70 Py, Bernadette: 188 Quattrini, Cristina: 84 Raffaello: 5, 6, 11-13, 20, 39, 49-51, 63, 75, 77, 80, 81, 89, 93, 94, 96-

104, 106, 108, 110, 112-114, 116, 121, 122, 126, 128, 129, 158, 160, 163, 164, 173, 177, 178, 181-183, 185-188, 190, 192-195, 197, 200, 202, 206, 209, 210, 212, 213, 220, 221 Raffaello da Montelupo, Raffaele Sinibaldi detto: 191, 219 Ragionieri, Giovanna: 59 Raimondi, Marcantonio: 49, 101, 185, 195 Rainaldi, Carlo: 67, 68, 145 Rangoni Gàl, Fiorenza: 161 Ray, Stefano: 129 Rearick, William Roger: 14, 88 Reni, Guido: 79, 220 Resta, Filippo: 3, 16, 83, 134 Riccio, Antonio: 147 Riccomini, Marco: 40 Richardson, Carol M.: 62 Richardson, Jonathan: 9, 187 Ridolfi, Carlo: 13, 36, 78 Rinaldo, Mantovano, Rinaldo Rinaldi detto: 211 Ripanda, Jacopo: 69 Rizo, Andrea: vedi Riccio Antonio Roberti, Ercole de’: 70, 150, 151 Roberto, d’Angiò: vedi Angiò Roberto d’ Robibaro, Rossella: 192 Roettgen, Herwarth: 36, 37 Rojo, Nicosetta: 77 Romani, Vittoria: 12, 172 Romanino, Girolamo, Romani detto: 78, 161 Romano, Giovanni: 84, 113 Romano, Serena: 68 Ronca, Fabrizio: 218 Rondani, Francesco Maria: 118, 119 Rondinelli, Nicolò: 152 Rondinino, Filippo: 62 Roomer, Gaspar: 197

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INDICE DEI NOMI

Rosselli, Cosimo: 10, 152, 175, 178, 195, 197, 198 Rossellino, Antonio, Antonio Gamberelli detto: 150 Rossellino, Bernardo, Bernardo Gamberelli detto: 72, 219 Rossi di San Secondo Gonzaga Camilla: 118, 208 Rossi di San Secondo Pietro Maria: 118, 208 Rossi, Francesca: 3, 84 Rossi, Isabella: 3, 6, 157 Rosso Fiorentino, Giovanni Battista di Jacopo di Gasparre detto: 12, 114, 202, 213 Rovano cardinale: vedi Bilhères de Lagraulas Jean Rovetta, Alessandro: 103 Rubeis, Jacopo di Battista: 196 Rubens, Pieter Paul: 8, 107 Ruffini, Marco: 38 Ruggeri da Brugia: vedi van der Wayden Rogier Ruspoli, Bartolomeo: 221 Ruta, Clemente: 117 Sabatini, Andrea: vedi Andrea da Salerno Sabbatini, Lorenzo: 211 Sabellio: 61 Sacchetti Lelli, Lucia: 3, 5, 15, 25, 59, 110, 167 Salaì, Gian Giacomo Caprotti detto: 85, 86 Salerno, Luigi: 162 Salli da Celano: 61, 62 Salviati, Francesco, Francesco de’ Rossi detto: 111, 198 Sammicheli, Michele: 40 Sandrart, Joachim von: 20, 37, 58, 80, 93-95, 124, 173, 186, 201, 208 Sanseverino, Galeazzo: 78 Sanseverino, Roberto: 100

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Sansovino, Andrea, Andrea Cantucci detto: 14, 21, 94, 99, 104, 105, 177, 190, 196, 207 Sansovino, Jacopo, Jacopo Tatti detto: 120, 190, 196, 207, 209 Santacroce, Antonio: 126 Santacroce, Girolamo: 126, 200 Santacroce, Scipione: 126 Santagostino, Agostino: 65, 117, 143 Santi Bartoli, Pietro: 76 Santi, Francesco: 98 Santi, Giovanni: 97, 182 Santi di Tito: 181 Santi Quattro, cardinale: vedi Pucci Lorenzo Sanuto, Giulio: 49, 185 Sanzio, Raffaello: vedi Raffaello Sapori, Giovanna: 66, 67 Saraceni, Carlo: 210 Saracini, Gabriele: 61 Sarnelli, Pompeo: 47 Savoia, Maurizio di: 68 Scaglia, Desiderio: 161 Scaglietti Kelescian, Daniela: 70 Scala Regina della: 78 Scamozzi, Vincenzo: 39 Scannelli, Francesco: 36, 65-67, 69, 74, 92, 94, 101, 118, 143 Scaramuccia, Luigi: 105 Scardeone, Bernardino: 38, 73 Scarpellini, Pietro: 161 Schiavone, Andrea, Meldolla detto: 91 Schizzone, pittore: 190 Schongauer, Martin: 124 Schutze, Sebastian: 36 Scilla, Agostino: 12, 190, 205 Sciolla, Gianni Carlo: 66 Scipione, Gaetano: vedi Pulzone Scipione Scognamiglio, Ornella: 99 Scotto, Stefano: 107,176 Scrase, David: 10, 72, 145, 152

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INDICE DEI NOMI

Sebastiano del Piombo: 12, 106, 122, 123, 127, 171, 188, 211, 212 Seraceni, Gabriele: vedi Saracini Gabriele Serra, Giovan Francesco: 6, 118, 208 Serra, Giuseppe: 118 Serragli, Silvio: 92 Setti, Ercole: 7, 103, 127 Sforza di Santa Fiora, Guido Ascanio: 176 Sforza, Francesco: 47, 63, 84, 85, 165-167 Sforza, Francesco II: 84, 85, 170, 215 Sforza, Galeazzo Maria: 166, 175, 176 Sforza, Gian Galeazzo: 167, 176 Sforza, Ludovico: vedi Ludovico il Moro Sforza, Massimiliano: 165 Sguazzella, Andrea: 197 Shearman, John: 50, 51, 111, 190, 220 Siciolante, Girolamo: 124 Signorelli, Luca: 64, 75, 76, 144, 158 Sisto IV 68, 69, 72, 79, 84, 85, 152154, 156, 158, 162, 181, 215 Sitone di Scozia, Giovanni: 64 Soderini, Piero: 96, 125, 168 Sodoma, Giovanni Antonio Bazzi detto il: 98, 183 Soggi, Nicolò: 110 Sogliani, Giovanni Antonio: 202 Soiaro, Bernardino Gatti detto: 91, 113, 172, 173, 200-202, 219 Solario, Andrea: 173 Solario Antonio, detto lo Zingaro: 47, 48, 163 Somers, John: 9, 62, 97, 187 Sozzini, Alessandro: 217 Sozzini, Marianov 217 Spada, Orazio: 6, 120 Spadaro, Maria Antonietta: 101

Spagna, Arcangelo: 201 Spagnesi, Gianfranco: 93 Spagnolo, Maddalena: 74, 89, 175 Sparti, Donatella: 143 Spinelli, Parri: 139 Spinello, Aretino, Spinello Spinelli detto: 61, 137 Squarcione, Francesco: 91, 92, 156 Sricchia Santoro, Fiorella: 47, 117 Stanga, Marchesino: 143 Starnina, Gherardo: 61 Stastny, Francesco: 155 Stefaneschi, Jacopo: 17, 21, 132 Stefano, fiorentino: 132, 137 Stefanoni, Marzia: 157 Stefanoni, Pietro: 6, 74, 121, 156, 157 Stoppa, Jacopo: 65, 66, 143 Stroganoff Grigorij Sergeevic: 51, 57, 81 Stroiffi, Ermanno: 13 Tafi, Andrea: 59, 131 Tafuri, Manfredo: 129 Talman, John: 9 Tamagni, Vincenzo: 12, 188, 190 Tamburini, Elena: 120 Tanca, Francesco: 15 Tanzi, Marco: 65, 78, 191 Tebaldeo, Antonio: 99 Teixeira, Giovanni: 104, 105 Testi, Laudedeo: 119 Teza, Laura: 66, 67 Thurin di Lusarches Giovanni: 157 Tibaldi, Pellegrino: 70, 107, 108, 172, 194, 218 Tietze Conrat, Erika: 88, 152, 160 Tietze, Hans: 88, 152, 160 Tinti abate: vedi Titi Filippo Tiraboschi, Girolamo: 3, 130, 173 Titi, Filippo: 68, 76, 149, 195 Tiziano, Vecellio: 39, 81, 91, 106, 108, 111-113, 124, 126, 129, 152, 157, 164, 170, 171, 192, 211, 214, 217

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INDICE DEI NOMI

Tommaso, d’Aquino san: 100 Tommaso di ser Giovanni Cassai: vedi Masaccio Tonelli, maestro (Torelli): 119 Tornabuoni, Francesca: 155 Tornabuoni, Giovanna: 155 Torre, Carlo: 66, 78, 88, 119, 176 Torrigiano, Pietro: 95, 181 Toscani, Giovanni: 137 Tossicani, Giovanni: vedi Toscani Giovanni Toto del Nunziata, Nunziato d’Antonio di Domenico detto: 219 Trichet du Fresne Raphaël: 86, 166 Tristán, Luis: 39 Troso da Monza: 94 Turner, Nicholas: 110 Uccello, Paolo, Paolo Doni detto: 138, 156 Ugo da Carpi: 101 Ugolino da Siena: 134 Ulisse da Fano: vedi Lanciarini Ulisse Urbano, Pietro: 218 Urbano VIII: 64, 165 Urbinate: vedi Urbino Urbino Carlo: 91 Urbino, Francesco Amadori detto: 218 Vaccaro, Mary: 113, 118, 175 Valerio, Vicentino: vedi Belli Valerio Valfré, Sebastiano: 5 Vallemani, Giuseppe: 132 Van Cleave, Claire: 102 Van der Broeck, Hendrick: 154 Van der Sman, Gert Jan: 25 Van der Wayden, Rogier: 145 Van Eyck, Jan: 145, 185 Van Mander, Carel: 95, 147 Van Meckenem, Israel: 147 Van Tuyll van Serooskerken Carel: 97, 203, 204

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Vannugli, Antonio: 37, 51, 102, 118, 171, 172 Vasari, Lazzaro: 68, 145 Vasco de Gama: 105 Vecellio, Tiziano: vedi Tiziano Vedriani, Ludovico: 89 Vellano: vedi Bellano Bartolomeo Ventafridda, Serena: 119 Venturelli, Paola: 83 Venusti, Marcello: 171, 172, 191, 214 Vermiglioli, Giovanni Battista: 76 Verrocchio, Andrea del: 10, 17, 66, 72, 79, 80, 84, 85, 105, 141, 147, 153, 155, 161, 164, 165, 169, 191, 219 Vicini, Maria Lucrezia: 120 Vico, Enea: 120 Victoria, Vicente: 7 Villa, Giovanni Carlo: 120 Villani pittore: vedi Missiroli Tommaso Villani, Marcello: 193 Vincenzo da Pavia, Vincenzo degli Azani detto: 145, 190 Vincenzo da San Gimignano: vedi Tamagni Vincenzo Vincidor, Tommaso: 7, 12, 103, 126 Visconti, Bernabò: 78, 148 Visconti, Bianca Maria: 66 Visconti, Federico: 183 Visconti, Filippo Maria: 63, 140 Viti, Timoteo: 184, 219 Vitoni, Ventura: 63 Ward Jackson, Peter: 113, 114, 205 Warwick, Geneviève: 3, 5, 7-9, 38, 64, 66, 67, 76, 79, 90, 91, 97, 100, 106, 110, 119, 123, 127, 157, 161, 165 Wethey, Harold E.: 126 Wiedmann, Gerhard: 107 Wilde, Johannes: 122

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Wolf, Gerhard: 17, 51, 93 Wood, Jeremy: 3 Zama, Raffaella: 116, 205 Zanotti, Giampietro: 41, 70 Zavatta, Giulio: 102, 172 Zenale, Bernardo: 65, 93, 193 Zeri, Federico: 126, 171 Zeusi: 81

INDICE DEI NOMI

Zezza, Andrea: 3, 47, 48, 117 Zingaro, vedi Solario Antonio Zocca, Emma: 126 Zuccaro, Federico: 39, 42, 107, 164, 203 Zuccaro, Taddeo: 12, 120, 164, 173, 203 Zurla, Michela: 159

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INDICE DEI DISEGNI CITATI

Cambridge, Fitzwilliam Museum Beato Angelico, San Luca, inv. 3006b: 145 Benozzo Gozzoli, San Matteo, inv. 3006a: 145 Perugino (copia da), Tre apostoli, inv. 3019: 10, 152 Perugino, attribuito a, Battesimo di Cristo, inv. 3092: 10, 72, 153, 165 Cambridge (Massachusetts), Fogg Art Museum Michelangelo, Ratto di Ganimede, inv. 1955.75: 217 Chatsworth, Devonshire Collection Anonimo veneto, Ritratto di uomo, inv. 892: 180 Anonimo romano, Ritratto di prelato, inv. 49: 186, 187 Carpaccio, Studio per dipinto per la Scuola di sant’Orsola, inv. 740 A, B: 14, 160 Ercole Setti, Santo seduto, inv. 1089: 7, 103, 127 Gentile Bellini, Processione, inv. 738: 71 Pellegrino da Modena, attribuito a, Apparizione di Dio a Isacco, inv. 1085: 24, 194 Raffaello, seguace, Ritratto di Giulio II, inv. 50: 11, 183 Raffaello, seguace, Studio per la Disputa del Sacramento, inv. 58 A, B: 99 Chicago, Art Institute Perugino (copia da), Due figure drappeggiate, inv. 1993.256.21: 162 Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana Pier Leone Ghezzi, Ritratto di padre Resta, Ott. Lat. 3112, f. 21: 3,4 Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana Giulio Romano, Lapidazione di santo Stefano, inv. 753: 11, 121, 128 Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi Andrea Boscoli da Masaccio, Sagra del Carmine, inv. 76 E: 10, 14, 62

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INDICE DEI DISEGNI CITATI

Andrea Sansovino, Studio per un monumento sepolcrale, inv. 142A: 105 Andrea Sansovino (copia da), Madonna con il Bambino e sant’Anna, inv. 14357 F: 14, 99, 105 Boccaccio Boccaccino (copia da), Ritratto di Beatrice d’Este, inv. 209 F: 14, 15, 103, 188 Carpaccio, Sogno di sant’Orsola, inv. 1689 F: 14, 160 Francesco Francia ?, Battesimo di Cristo, inv. 1449 F: 15, 159 Perino del Vaga, Studio per la spalliera del Giudizio, inv. 726 E: 214 Gran Bretagna, Collezione privata Carlo Urbino, Coro di angeli musicanti (recto), Assunzione della Vergine (verso): 91 Haarlem, Teyler Museum Cerchia di Baldassarre Peruzzi, Romolo e Remo allattati dalla lupa, inv. K 125: 204 Copia da Polidoro, Sacrificio a Niobe, inv. K IV 4: 204 Londra, British Museum Andrea del Sarto, Studio per una Pietà, inv. 1895-9-15-546: 110 Anonimo veneto, Cristo tra due discepoli, inv. T,12.8: 160 Bernardino Fungai, Natività, inv. 1860-6-16-79: 10, 159 Biagio Pupini, San Luca, inv. 1938,0611.9: 117,163, 173 Baldassarre Peruzzi, Adorazione dei Magi, inv. 1994-05-14.49: 7, 106, 202 Carpaccio, Veduta di un porto, inv 1897-4-10.1: 14, 71, 152 Gentile Bellini, Funzione religiosa, inv. 1933-8-3-12: 71 Maestro del Redentore, Due uomini e tre donne stanti, inv. Pp,1.1: 132 Michelangelo, Studio per la Flagellazione di Cristo, inv. 1895-0915.500: 122, 211 Michelangelo, Cristo alla colonna, inv. 1895-0915.813: 122, 211 Sebastiano del Piombo, Studio di testa maschile, inv. 1895-9-15-812: 122, 123 Londra, The National Gallery Leonardo, Madonna con il Bambino e Sant’Anna, inv. NG 6337: 86, 168

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INDICE DEI DISEGNI CITATI

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Londra, Victoria and Albert Museum Pordenone, Studio per la decorazione della facciata di un palazzo, inv. 2306: 12, 113 Polidoro da Caravaggio, Studio per gli apparati trionfali per l’entrata a Messina di Carlo V, inv. CAI. 586: 12, 205 Milano, Biblioteca Ambrosiana, Codice Resta Anonimo del XVI secolo, Cavallo impennato (dis. 2 p. 2): 88 Artista fiorentino del XVI secolo, Pietà (dis. 24/2, p. 21): 127 Giovan Francesco Bugatti, Ritratto del Correggio (dis. 76/1 p.72): 21, 175 Lelio Orsi (copia da), Famiglia di Correggio (Spidocchiatura) (dis. 77, p. 72): 21, 175 Perugino (copia da), Tre Apostoli per un’Ascensione (dis. 13/2 p. 9): 162 Sebastiano Resta, Ritratto del Correggio (dis. 74, p. 71): 21, 175 Sebastiano Resta, Ritratto del Correggio (dis. 74 bis, p. 71): 21, 175 Sebastiano Resta, Ritratto del Correggio con un’altra figura (dis. 76, p. 72): 21, 175 Sebastiano Resta, Ritratto del Correggio (dis. 76/2 p. 72): 21, 175 Milano, collezione privata Tiziano (copia da), Maddalena: 157 Milano, Pinacoteca Ambrosiana Raffaello, La Scuola di Atene, inv. 126: 103 Oxford, Ashmolean Museum Ercole Setti, Benedizione di Giacobbe, inv. P.II.699: 7, 103, 127 Oxford, Christ Church Anonimo veneziano, Altare con Pietà, inv. 1268: 160 Filippino Lippi (copia da), Due gruppi di eretici (recto), San Tommaso d’Aquino in trono tra le arti liberali (verso), inv. 0022: 10, 74, 157 Francesco Salviati (copia da), Visitazione, inv. 1427: 198 Giulio Romano (copia da), Volta della Sala dei Giganti, inv. 0959: 122 Lorenzo di Credi, David con la testa di Golia, inv. 0057: 154 Lorenzo Sabbatini, attribuito a Conversione di san Paolo, inv. 1650: 211

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INDICE DEI DISEGNI CITATI

Perino del Vaga ?, Studio di decorazione, inv. 0940: 213 Raffaello (copia da), Uomo a cavallo, inv. 0647: 99, 100 Palermo, Biblioteca Comunale, Codice Resta Cristoforo Gherardi ?, Progetto decorativo di parete (dis. 8): 214 Francesco Nardini ?, Progetto di decorazione di soffitto (dis. 10): 214 Giovanni Pietro Venale ?, Studio per la volta della Sala Ducale in Vaticano (dis. 36): 214 Giovanni da Udine, collaboratore di, Studi di animali (recto), Schizzo di grotta con fontana (verso) (106): 212 Perino del Vaga, bottega, Studio di staffa (dis. 84 c): 211 Parigi, Museé du Louvre, Département des Arts Grapiques Carpaccio, Soldati turchi a piedi ed a cavallo, inv. 4652: 71 Giulio Romano, (copia da), Sacra famiglia e santi, inv. 3611: 210 Raffaello, bottega, Giove bacia Amore, inv. MI 1120: 188 Princeton, University Art Museum Anonimo veronese: Incoronazione della Vergine (recto), Cavallo con cavaliere (verso), inv. 45-I: 10, 60 Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen Giorgione, Veduta di Montagnana e figura, inv. I 485: 14, 88 Vienna, Graphische Sammlung Albertina Francesco Borromini, Affresco di Bramante sopra la Porta Santa del Laterano, inv. 388: 93, 177

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