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Italian Pages 239 [332] Year 1997
CORPUS INSCRIPTIONUM MEDII AEVI HELVETIAE Die frühchristlichen und mittelalterlichen Inschriften der Schweiz
SCRINIUM FRIBURGENSE VERÖFFENTLICHUNGEN DES MEDIÄVISTISCHEN INSTITUTS DER UNIVERSITÄT FREIBURG SCHWEIZ HERAUSGEGEBEN VON RUEDI IMBACH PETER KURMANN PASCAL LADNER ECKART CONRAD LUTZ ALDO MENICHETTI CARL PFAFF ERNST TREMP
Sonderband 5
CORPUS INSCRIPTIONUM MEDII AEVI HELVETIAE Die frühchristlichen und mittelalterlichen Inschriften der Schweiz Herausgegeben von
CARL PFAFF
V
Le iscrizioni dei cantoni Ticino e Grigioni fino al 1300
Raccolte e studiate da MARINA
BERNASCONI REUSSER
Con 2 0 9 figure su 45 tavole
1997 UNIVERSITÄTSVERLAG FREIBURG SCHWEIZ
Veröffentlicht mit der Unterstützung des Schweizerischen Nationalfonds zur Förderung der wissenschaftlichen Forschung © 1997 by Universitätsverlag Freiburg Schweiz Paulusdruckerei Freiburg Schweiz ISBN 3-7278-1150-1
INDICE
I
Premessa
7
Introduzione
9
Sull'utilizzo del catalogo II.
III.
21
Catalogo Nr. 1-79 Aggiunta Appendice: Iscrizioni problematiche o eliminate dal catalogo
23 25 185 195
Indici
207
Abbreviazioni generali Abbreviazioni bibliografiche Bibliografia Pianta del monastero di Mùstair Cartina geografica Indice paleografico Index verborum Indice delle persone, dei luoghi e delle cose notevoli Elenco delle tavole Referenze fotografiche
209 210 211 215 219 222 225 228 236 239
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PREMESSA
Con questo quinto volume giunge a conclusione la pubblicazione del «Corpus inscriptionum medii aevi Helvetiae». Il compimento di questa impresa, concepita nel 1974, ha richiesto più tempo di quanto previsto e ben quattro redattori si sono susseguiti nel superamento di questo spesso gravoso compito. I criteri di edizione sono stati essenzialmente mantenuti così come erano stati stabiliti dall'editore nel primo volume apparso nel 1977; per quanto riguarda l'apparato illustrativo invece, soprattutto nelle iscrizioni su affresco si è dovuto operare una scelta, e nei casi di materiale molto noto si è tralasciato di documentare la visione d'insieme per privilegiare il particolare con la scritta. Questo volume, dedicato ai cantoni Ticino e Grigioni, raccoglie tutte le testimonianze ancora conservate in originale dall'epoca paleocristiana fino circa al 1300, ordinate in ordine cronologico nonostante in vari casi non si sia potuti giungere ad una datazione sicura. Per motivi tecnici le iscrizioni scoperte dopo il 1994 hanno trovato posto in una Aggiunta che si colloca alla fine del catalogo vero e proprio. Per entrambi i due cantoni alpini il commento e la traduzione sono redatti in lingua italiana, cioè nella lingua ufficiale del canton Ticino e in una delle lingue ufficiali del canton Grigioni, cosa che nello stesso tempo vuole ricordare da una parte l'appartenenza all'area culturale lombarda e dall'altra gli stretti rapporti della Rezia medievale con il Nord Italia. Di nuovo è mio gradevole dovere ringraziare diverse persone che hanno contribuito alla riuscita di questo ponderoso volume. Per primo devo qui ricordare il titolare dell'«Arbeitsstelle des Deutschen Inschriftenwerks» di Monaco, prof. Walter Koch, che ancora una volta ci ha fatto partecipi della sua ricca esperienza nel campo dell'epigrafia e dell'edizione di iscrizioni. La responsabile del «Mittellateinisches Worterbuch» presso l'Accademia Bavarese di Scienze, Theresia Payr nel frattempo deceduta, si è data la pena ancora nel corso della sua malattia di esaminare i testi dal punto di vista filologico. Il ringraziamento mio e dell'autrice va pure ai responsabili degli Uffici cantonali dei monumenti storici Hans Rutishauser di Coirà e il compianto Pierangelo Donati di Bellinzona, ai loro collaboratori Diego Giovanoli, Diego Caldelara e Giulio Foletti, a Jiirg Rageth e a Beatrice Keller del Servizio archeologico di Coirà. Riconoscenza dobbiamo inoltre al prof. Hans Rudolf Sennhauser e al suo collaboratore Jùrg Goll, a p. Bernhard Biirke del monastero di Disentis, alla direzione del Museo Retico di Coirà, del Museo Nazionale Svizzero di Zurigo, del museo di Griisch e del Museo civico di Locamo. Per avere fornito fotografie, disegni e informazioni varie si ringraziano Alessandra Antonini, Rossana Cardani, Lothar Deplazes, Wilfried Kettler, Hans Lieb, Elfi Riisch dell'Opera svizzera dei Monumenti d'Arte, Marèse Sennhauser-Girard, Flavio Zappa e in particolare Christoph Jòrg. E infine nel nostro ringraziamento va incluso Christoph Reusser, marito dell'autrice, per i numerosi suggerimenti e i molteplici aiuti forniti, nonché per la realizzazione di molte delle fotografie. 7
Per la redazione finale del manoscritto il fondo di ricerca dell'Università di Friburgo ha concesso un generoso contributo, che ha potuto essere ancora aumentato grazie alla compiacenza dei miei colleghi dell'istituto di studi medievali. Gli alti costi di stampa sono stati ripartiti tra il Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca e il Rettorato dell'Università di Friburgo che qui si ringraziano. CARL PFAFF
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INTRODUZIONE
Le iscrizioni raccolte e descritte in questo volume provengono da quelle terre che oggigiorno costituiscono i cantoni Grigioni e Ticino e comprendono tutto il territorio svizzero a sud delle Alpi, l'angolo sud-est e l'estremità orientale della Svizzera. Collocato quasi interamente nella regione alpina, in questa fetta di territorio hanno origine il Reno, l'Inn e il Ticino. Comprende inoltre una buona parte dei passi alpini più importanti quali il Septimer, lo Julier, lo Spluga e il Maloja già solcati da strade in epoca romana e inoltre il Lucomagno, il S. Bernardino e, tra le odierne più importanti vie di comunicazione tra nord e sud, il S. Gottardo. L'importanza dei passi che le percorrono già dall'epoca romana ha fatto in modo che queste terre situate a cavallo del massiccio alpino abbiano in parte avuto un destino comune, e ciò indipendentemente dal fatto di fare attualmente parte di uno stesso cantone. L'interesse più o meno crescente e il desiderio di controllo e di dominio che le varie potenze che via via si sono succedute nei secoli hanno rivolto al segmento di Alpi centrali ha determinato in massima parte il loro destino, lasciando profonde impronte culturali, religiose ed artistiche. Dal punto di vista linguistico vi si parlano tre delle lingue ufficiali della Svizzera moderna: l'italiano in tutto il cantón Ticino e nelle valli meridionali dei Grigioni — Mesolcina, Bregaglia e valle di Poschiavo —, il retoromancio nei suoi cinque idiomi in gran parte della Surselva, nei Grigioni centrali e nell'Engadina, e il tedesco nel resto del cantone. I territori che oggi hanno il nome di cantón Ticino non costituiscono una unità politica o amministrativa prima del 1798 ma seguono dei destini diversi legati piuttosto alle vicende storiche delle terre dell'arco alpino e prealpino; unico elemento di una certa coesione fu l'appartenenza ecclesiastica, fino alla fine del secolo scorso, alle diocesi di Milano e Como, legame che ne forgiò nei secoli il carattere spirituale e artistico. La conquista romana di questo territorio ebbe inizio con la sottomissione della sua parte più meridionale avvenuta nel 2 2 2 a. C. e il suo definitivo inserimento nella giurisdizione romana nel 197—194 a. C. Con la riorganizzazione territoriale operata da Augusto l'intera regione, tranne il Sottoceneri che apparteneva all'Italia, confluì nella Raetia con capitale Augsburg. L'introduzione del cristianesimo risale alla fine del IV secolo, ed avvenne su impulso del centro metropolitano di Milano seguendo essenzialmente le linee di comunicazione (v. cat. nr. 1 e 2, anelli di Carasso e Arcegno); nel V—VI secolo si costituirono le pievi rurali. Dell'epoca delle invasioni barbariche ci rimane l'iscrizione trovata nella chiesetta di S. Martino di Sagno (v. cat. nr. 5), l'unica testimonianza lasciata dai Goti discesi in Italia nel V secolo. Dopo una breve occupazione bizantina, tra il 569 e il 572 i Longobardi penetrati in Italia si spinsero fino in queste terre, lasciando tracce, ma non iscrizioni, prevalentemente nel Sottoceneri. Dopo la loro sconfitta avvenuta nel 7 7 4 ad opera dei Franchi, il I X secolo è caratterizzato a sud delle Alpi da un lungo processo di feudalizzazione e di frammentazione del potere, che venne in mano a famiglie franche emergenti o a potenti monasteri quali S. Pietro in Ciel d'Oro di Pavia o S. Ambrogio di Milano. Nel 9 4 8 le vallate dell'alto Ticino - Riviera, Leventina e Bienio - erano state donate al Capitolo del Duomo di Milano da Attone di Vercelli, rappresentante di una potente famiglia longobarda che in questo modo aveva disposto dei beni già appartenenti alla sua famiglia.
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Il potere arcivescovile milanese, che prima dell'XI secolo si estendeva su tutto il Sopraceneri, venne progressivamente attaccato dalle ambizioni del filoimperiale vescovo di Como che mirava ad allargare le sue prerogative spirituali e temporali. Con l'appoggio degli imperatori infatti i vescovi comensi ottennero la giurisdizione temporale su una parte di questi territori, come il contado di Bellinzona, diritti che passarono gradualmente dal XII secolo nelle mani del Comune di Como. La giurisdizione spirituale comasca si estese ulteriormente all'inizio dell'XI secolo con l'acquisizione delle pievi di Agno, Bellinzona e Locamo, originariamente sotto il dominio diocesano milanese. Nel XII e XIII secolo le terre a sud delle Alpi furono coinvolte nella decennale guerra tra Como e Milano (1118—1127), nella lotta tra l'Impero e i comuni italiani iniziata da Federico Barbarossa e infine nelle contese tra guelfi e ghibellini seguite alla caduta degli Svevi; tutto il territorio conobbe in questo periodo frequenti passaggi di signoria. La vittoria del 1277 dei ghibellini sui guelfi a Desio segnò la fine dell'esperienza comunale a Milano e in Lombardia e la nascita della potente signoria viscontea, la cui espansione investì poi anche le terre a sud delle Alpi. Dalla metà del XIV secolo e fino alla fine del XV e alla definitiva conquista svizzera, queste furono parte integrante del ducato visconteo-sforzesco. Nel XIII secolo va probabilmente collocata l'apertura del passo del S. Gottardo al traffico di lungo percorso, nonostante le popolazioni locali se ne servissero già da tempo per i loro traffici regionali. Nella gran parte delle valli che oggi costituiscono i Grigioni in epoca romana erano stanziati i Reti, la cui definitiva sottomissione all'impero romano avvenne nel 15 a. C. La Raetia creata dalla riorganizzazione territoriale augustea venne suddivisa in due regioni nella prima metà del IV secolo: la Raetia prima con centro Coirà in cui risiedeva il praeses che deteneva i poteri civili e la Raetia secunda con centro Augsburg, entrambe inglobate nella diocesi Italia facente capo a Milano. Anche nei Grigioni il cristianesimo si propagò da sud e l'esistenza della diocesi di Coirà è attestata per la prima volta nel 451, quando il vescovo di Como approvò delle decisioni sinodali anche per quello di Coirà Asinio. Alla fine del V secolo giunsero gli Ostrogoti che vi presero il potere: nel 493 Teodorico fondò la prefettura Italia cui appartennero tra l'altro le due Rezie. Sconfitti intorno al 536 dai Franchi, con la metà del VI secolo nella Rezia iniziò un periodo di indipendenza sotto la dinastia dei Vittoridi - che oggi si propone di chiamare Zacconi - che durò lungo il VII e tutto l'VIII secolo. I conflitti interni al regno merovingico prima e il fatto che questa regione non entrava ancora negli interessi della nascente potenza franca permisero a questa dinastia di occupare sia le cariche civili con il praeses che ecclesiastiche con il vescovo, e di conservare gli usi e i costumi, le istituzioni politiche ed ecclesiastiche sviluppatesi durante il basso Impero (v. cat. nr. 8 lapide in onore di un Vittoride). , Con la conquista del regno longobardo da parte dei Franchi crebbe l'importanza del controllo dei valichi retici al fine di mantere il contatto tra i due versanti del regno. Carlomagno estese progressivamente il suo controllo sulla Rezia intervenendo nella nomina del vescovo che ancora 12
deteneva l'autorità civile ed ecclesiastica: dapprima Constantius poi Remedius, probabilmente non reto e appartenente alla cerchia imperiale. Con l'istituzione di una contea affidata ad un conte intorno all'806 e l'occupazione del seggio episcopale da parte di un franco nella metà del IX secolo si operò la divisione tra episcopato e contado e si completò il processo di annessione al regno franco. Nell'843 infine, in seguito alla spartizione del regno franco seguita al trattato di Verdun, la diocesi di Coirà venne aggregata a quella di Magonza. Questi avvenimenti segnano inoltre la fine della romanità delle istituzioni in queste terre e l'inizio della loro progressiva germanizzazione. La penetrazione carolingia si espresse anche tramite la fondazione di monasteri o l'elargizione di donazioni a quelli situati in punti strategici lungo i passi alpini i quali, oltre a servire da punto d'appoggio per i viaggi dell'imperatore, favorivano l'evangelizzazione e costituivano dei baluardi dell'organizzazione difensiva imperiale (Cazis, Disentis, Mistail, Miistair, Pfàfers, Schànis). In epoca ottoniana il ducato di Rezia organizzato da Carlomagno in epoca carolingia venne diviso in tre ducati - Unterratien, Oberratien e Vintschgau - che si sciolsero nel XII secolo, sostituiti dalle signorie laiche ed ecclesiastiche che si erano nel frattempo formate e tra le quali la più importante fu quella del vescovo di Coirà. La maggior parte delle iscrizioni raccolte nel catalogo proviene dai Grigioni: ben 48, delle quali un numero importante dalla chiesa e dal monastero di Miistair, contro 36 dal Ticino. Se si osserva la cartina di distribuzione si può subito notare come esse si collochino in luoghi che rispetto alla realtà odierna appaiono decentrati e discosti ma che in realtà si situano lungo le più importanti vie di comunicazione dell'epoca romana e medievale. Quasi tutte si conservano nel luogo di origine — la maggior parte degli affreschi e delle campane - o in strutture museali annesse alle varie istituzioni religiose - a Disentis, Miistair o nel Tesoro del Duomo di Coirà - in musei cantonali o locali. Poche, soprattutto su oggetti provenienti da scavi recenti, sono custodite nei rispettivi Uffici cantonali dei monumenti storici o servizi archeologici, ancora meno a Zurigo presso il Museo Nazionale Svizzero e solo una, la campana di Chiggiogna, si trova in mani private. Il trovare ricovero in queste strutture per lo più ecclesiastiche o a carattere locale e adiacenti al luogo di origine dell'oggetto sembra averne favorito in misura preponderante la conservazione, non a caso quelli scomparsi si trovavano per lo più in musei di medie o grandi dimensioni: la croce del Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino, il frammento di cuoio e i frammenti di affreschi da Flims / Belmont che dovrebbero trovarsi nel Museo Nazionale Svizzero. Molti ritrovamenti risalgono ancora al secolo scorso, e sono per esempio il reliquiario di Paspels, l'epigrafe della chiesa di S. Martino a Sagno e il frammento dell'epigrafe del vescovo Valentiano, mentre sono acquisizioni della prima metà di questo secolo il frammento di iscrizione carolingia dalla cattedrale di Coirà, la capsella di marmo dall'altare della cattedrale, alcune iscrizioni da Miistair, gli stucchi di Disentis, il frammento di iscrizione di Riva S. Vitale, il frammento di stucco di Corzoneso e la madonna lignea della chiesa di Surcasti. Tra i più recenti segnaliamo per il Ticino gli anelli di Carasso e di Arcegno e la lapide funeraria in onore di Matilde, per i Grigioni 13
il recupero della lapide in onore di un Vittoride già conosciuta attraverso le fonti letterarie, la lapide dedicatoria di Breil e vari pezzi da Müstair, i cui scavi archeologici in corso nell'area del monastero potrebbero in futuro riservare altre sorprese. A questo proposito occorre segnalare l'uscita del primo volume dedicato agli scavi e ai lavori di restauro che ormai da venticinque anni coinvolgono l'intera area del monastero di S. Giovanni Battista. Diviso in due parti, nella prima sono raccolti per la prima volta tutti i dati riguardanti lo sviluppo edilizio del complesso monastico dall'epoca caroligia al nostro secolo con particolare attenzione alla prima fase, mentre nella seconda sono illustrati tutti i materiali preistorici venuti alla luce fino al 1991, v. Müstair, Kloster St. Johann. 1 Zur Klosteranlage. Vorklösterliche Befunde, Zürich 1996 (Veröffentlichungen des Instituts für Denkmalpflege an der ETH Zürich, Band 16.1). Per quanto riguarda gli affreschi, accanto ad un certo numero di questi che erano sempre visibili ma il cui restauro ne ha permesso una migliore leggibilità, ve ne sono alcuni che sono stati 'scoperti' solo ultimamente grazie allo stacco degli strati pittorici più tardi che li ricoprivano. Tra questi recuperi il più importante data della fine del secolo scorso ed è costituito dalla scoperta dei cicli di affreschi carolingi e romanici di Müstair; risalgono alla prima metà di questo secolo quelli delle pitture di Sorengo, Pontresina, Corzoneso, Riva S. Vitale e Piatta, mentre sono più recenti quelli dell'affresco nella chiesa di Dino, la parte inferiore di quelli di Sorengo e l'importante ciclo conservatosi nella chiesa di S. Vittore di Muralto. Recentissimo il ritrovamento di frammenti di vari cicli di affreschi della chiesa di S. Pietro a Gravesano, dell'affresco sulle pareti sud ed est della chiesa dei SS. Gervasio e Protasio di Cadempino e della scritta dedicatoria su affresco, purtroppo frammentaria, nella chiesa di S. Maria Assunta di Chiggiogna, di cui le nostre schede (v. Aggiunta 2, 3,4), unitamente a quelle di altre iscrizioni finora inedite, costituiscono la prima segnalazione. L'intonaco è il materiale che funge da supporto per metà delle iscrizioni (42) del corpus cioè di tutti gli affreschi e di una parte dei graffiti, seguito dal metallo (18) tra cui prevale il bronzo, e in egual misura dalla pietra in generale. Tra quest'ultima si collocano anche i marmi (12), tra i quali va sottolineata l'importante presenza della varietà di marmo bianco di Lasa / Laas nella Val Venosta (7). Questa località si trova pochi chilometri al di fuori del confine attuale, in un territorio che nel Medioevo apparteneva politicamente alla Rezia e religiosamente al vescovado di Coirà e la consuetudine di servirsi del marmo di questa cava sembra risalire all'epoca romana (v. Peter FLURY, Der römische Grabstein von Dusch, in «Archeologia svizzera» 2 (1979) 97). Se ne fece uso non solo a Müstair ma anche nella più lontana Coirà, dove già il praeses Victor nella prima metà dell'VIII secolo fece giungere la lastra per l'iscrizione in onore di un suo avo (cat. nr. 8), e dove venne utilizzato durante tutto il Medioevo nella decorazione di varie chiese e della cattedrale (cf. per es. Walther SULSER, Die geometrischen Grundlagen der Flechtbandornamente des 8. und 9. Jahrhunderts aus Chur, in ZAK 32 (1975) 221-231). Determinante nella scelta di un tipo di marmo, accanto a considerazioni di carattere estetico, era però sicuramente anche la vicinanza del luogo di estrazione: quello della lapidina di Sagno proviene dalle cave di Musso, località situata a pochi chilometri a nord-est di Como. Poche le iscrizioni su legno (3) e del tutto assenti quelle su tessuti o più in generale su materiali di origine organica, circostanza questa dovuta probabilmente alla deteriorabilità e alle difficoltà di conservazione cui sono soggetti questi tipi di materiale.
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Lo stato di conservazione dipende strettamente dal materiale che costituisce il supporto. Se infatti un oggetto di metallo che sia sempre rimasto in un museo, in una sacrestia o in un tesoro può presentarsi in condizioni di conservazione quasi ottimali, difficilmente un affresco è rimasto immune dagli influssi dovuti all'esposizione agli agenti atmosferici. D'altra parte in alcuni casi il cattivo stato di conservazione è il risultato di un maldestro intervento di restauro attuato nell'epoca moderna (vedi affreschi carolingi di Miistair cat. nr. 12) mentre il riutilizzo in epoca antica, come è avvenuto per esempio per gli stucchi di Disentis (cat. nr. 9) che benché frammentari si presentano con la superficie pittorica ottimamente conservata, o per la lapide in onore di un Vittoride (cat. nr. 8), ne ha paradossalmente favorito la conservazione. Le scritte presenti negli affreschi inoltre, anche se questi sono correttamente conservati e restaurati, sono maggiormente soggette ad un progressivo deterioramento dovuto alla tecnica con cui furono eseguite: in molti casi infatti furono probabilmente tracciate su di un intonaco già parzialmente asciutto e le lettere sono ora leggibili unicamente sulla base dell'impronta lasciata sullo sfondo dalla caduta del colore. La tecnica di esecuzione delle scritte è stata condizionata dal tipo di materiale che costituisce il supporto: 45 sono dipinte (la maggior parte su intonaco e due su legno), 23 sono incise (per lo più su pietre e metalli), una sola è intagliata nel legno ( cat. nr. 41) e una è a mosaico (cat. nr. 10). Quelle che sono servite a realizzare le scritte sulle campane, visto il relativamente alto numero di questi oggetti catalogati (dieci databili entro il XIII secolo, cat. nr. 53, 54, 55, 67, 68, 69, 70, 72, 73,78 e due già appartenenti alla prima metà di quello successivo, cat. nr. App. 10, App. 11) si presta alla formulazione di qualche osservazione più approfondita. In sette casi (cat. nr. 53, 54, 55, 72, 73, 78 e App. 11) le lettere sono state modellate nella cera e applicate poi sulla falsa campana, al momento della colata il bronzo ha preso il posto della cera e la scritta si staglia nettamente sulla superficie liscia della campana; in un caso (cat. nr. 53) le lettere sono state costruite modellandone la forma con dei sottili filamenti di cera e si presentano con un aspetto fortemente decorativo. In altri due casi (cat. nr. 70 parte superiore della campana di Chiggiogna e cat. nr. App. 10) le lettere non sono più modellate manualmente ma stampate e applicate alla falsa campana su di un blocchetto rettangolare. Molto diversa è la tecnica con cui sono state eseguite le scritte sulle rimanenti campane (cat. nr. 67, 68, 69 e 70 parte inferiore della campana di Chiggiogna): l'iscrizione è stata incisa dall'artigiano all'interno del mantello di argilla che determina la forma esterna della campana, ciò che spiega come in alcuni casi essa si presenti rivolta verso l'alto (cat. nr. 68). Questo gruppo di oggetti liturgici, di cui quelli conservati a S. Vittore, Degen e Scona sono opera di Vivianus Stemalius de Lugano, si caratterizza anche per la tipica forma a pera molto slanciata e vanno probabilmente collocati nel solco della tradizione artigianale italiana. Il tipo di supporto sul quale sono state rilevate le iscrizioni non presenta una grande varietà, caratterizzandosi anche in questo caso per la preponderante presenza di affreschi (40 casi), seguiti a distanza da campane (10 casi), pietre tombali (6 casi), anelli, capselle per reliquie, scrigni ecc. (v. Indice). Da notare il numero piuttosto limitato di lastre tombali rispetto per esempio alle 15
molte che si sono conservate in Vallese (v. CIMAHI); le vicissitudini storiche e le distruzioni che hanno coinvolto i monasteri di Disentis e Miistair sono certo responsabili di molte perdite mentre il tempo potrebbe restituircene altre da Coirà, come è avvenuto recentemente per la lapide in onore di un Vittoride (cat. nr. 8). Stupisce invece la quantità di campane medievali che abbiamo potuto censire: l'essere appese in vari casi piuttosto in oratori e cappelle che non nella chiesa principale e in località oggi discoste e dalle ridotte possibilità finanziarie le ha probabilmente salvate dalla rifusione. Non è stato sempre facile definire le iscrizioni in base alla loro natura e funzione, soprattutto in presenza di testi incompleti o di ostica lettura. Anche in questo caso alla prevalenza di affreschi è collegato l'alto numero di scritte atte a identificare i personaggi (27), le figure (3), o con funzione didascalica (2), e che si rilevano anche su oggetti liturgici quali scrigni, crocifissi ecc. Si può constatare come dalla presenza in origine di tituli lunghi e laboriosi, cui era destinato un posto ben preciso nell'organizzazione stessa dello spazio destinato ad accogliere gli affreschi come è il caso per quelli carolingi di Miistair (cat. nr. 12) e che probabilmente erano appositamente dettati da un letterato, si passa ai semplici nomi che identificano i personaggi o la figura, via via più imprecisi nella trascrizione (per es. Lucus per Lucas negli affreschi di Corzoneso, cat. nr. 61 o Iahcobus per Iacobus e Lonardus per Leonardus in quelli di Rossura, cat. nr. 65) e da ultimo anche nella identificazione (cf. per es. Stepaton confuso con Longinus a Sureggio, cat. nr. 38 o S. Martinus accanto al simbolo dell'evangelista Marco a Cademario, cat. nr. 58). Numerose nel nostro caso anche le iscrizioni dedicatorie, la maggior parte su affresco — su pietra quella di Breil (cat. nr. 24) — riguardanti chiese o altari. Quasi tutte si rilevano nella chiesa del monastero di Miistair, dove ve ne era una in ogni cappella absidale ed una che ricordava un importante rinnovamento edilizio: per questo motivo venne ricopiata quando due secoli più tardi si rimodernò la decorazione pittorica (cat. nr. 19 e 46). Di grande interesse potrebbe rivelarsi la scritta a carattere dedicatorio nella cornice che delimita inferiormente il ciclo di affreschi romanici recentemente in parte venuto alla luce sulla parete nord della chiesa di S. Maria Assunta di Chiggiogna. Lunga ca. 9 metri, cioè praticamente l'intera parete, purtroppo è possibile leggerne solo l'inizio in quanto un suo completo scoprimento comprometterebbe il meglio conservato strato di affreschi quattrocenteschi che ricopre il ciclo romanico (v. Aggiunta 4). Per l'identificazione della scritta dipinta su di un frammento di intonaco proveniente dalla chiesa di S. Stefano di Muraito ma di cui ignoriamo la collocazione originaria si è rilevato di fondamentale aiuto, come recentemente ribadito da Robert Favreau (L'épigraphie comme source pour la liturgie, in Vom Quellenwert der Inschriften. Vortrage und Berichte der Fachtagung, Esslingen 1990, Heidelberg 1992, 65-137) la consultazione dei testi liturgici: vi è infatti ricalcata alla lettera un'antifona da recitare per la festa del santo. Da ultimo segnaliamo le scritte augurali che accompagnano le immagini di S. Cristoforo, testimonianze di una religiosità popolare ancora pervasa di forme di superstizione dal sapore pagano e particolarmente diffuse in Ticino nel periodo da noi preso in considerazione. Un'importante sezione delle schede del catalogo riguarda la scrittura, che viene descritta e definita. 16
Per quanto riguarda la descrizione ho evitato di avvalermi di termini in uso negli altri volumi della collana redatti in lingua tedesca quali per es. cauda' poiché poco diffuso nella terminologia di lingua italiana, mentre ho sempre definito con onciale la forma minuscola di alcune lettere quali D, E, M, N ecc. che entrano nell'alfabeto maiuscolo a partire dall'XI-XII secolo; ho altresì omesso di indicare sistematicamente delle scritture vicine se non nei casi più significativi. Notevole imbarazzo ha riservato la definizione delle varie scritture che si è cercato di suddividere in grandi categorie evitando classificazioni troppo minuziose e lasciando spazio al ricco apparato illustrativo. L'esiguo numero di iscrizioni datate (cat. nr. 5 epigrafe di Sagno del 519, cat. nr. 6 epigrafe di Valentiano del 548, cat. nr. 18 lapide per Matilde del 1008? e cat. nr. 57 lo scrigno di S. Lucio del 1252) ha fornito pochi punti fissi per l'ordinamento cronologico del materiale che è stato attuato sovente più in base a considerazioni di ordine archeologico e storico-artistico che epigrafico. N e sono un esempio significativo i frammenti di iscrizioni sugli stucchi di Disentis: in mancanza di materiale di confronto dello stesso tipo la datazione si affida in buona parte alla cronologia scaturita dagli scavi archeologici. Una ulteriore difficoltà è costituita dall'eterogeneità del materiale e dei supporti. Mentre le scritte apposte sugli affreschi favoriscono per la natura stessa della tecnica con cui sono eseguite la ricerca di nuovi sviluppi grafici quali il contrasto tra pieni e filetti, l'arrotondamento delle curve e l'aggiunta di elementi decorativi, le campane al contrario sono considerate un manufatto di carattere conservativo dato che le difficoltà di ordine tecnico cui è confrontato l'artigiano che le realizza hanno senz'altro rallentato il processo di evoluzione della scrittura verso le forme più rotondeggianti e decorative della gotica: di fronte a due oggetti di questo tipo non datati che presentano lo stesso tipo di scrittura non sapremo mai se in realtà non esista tra i due un deciso scarto cronologico. In casi come questo sarebbe senz'altro di aiuto il confronto con altri oggetti datati, ma la mancanza di pubblicazioni che raccolgano in maniera sistematica il corpus completo delle iscrizioni medievali conservate in Italia, non limitato unicamente al materiale lapideo di maggior prestigio come accade finora, non facilita sicuramente il compito. Molti degli affreschi dall'XI al XIII secolo conservatisi in Ticino ad esempio sono opera di artisti o botteghe provenienti dalla Lombardia, e la stessa cosa si può dire delle campane dove, nello stesso gruppo già menzionato di quelle fuse da Vivianus Stemalius de Lugano entra sicuramente anche quella di Voltorre sul lago di Varese opera di un Magister Blasinus Stemalius de Lugano.
Il corpus raccolto offre una panoramica pressoché completa dell'evoluzione della scrittura epigrafica dal IV al XIII secolo. La capitale tardoantica figura in due epigrafi molto diverse tra loro per provenienza e qualità: curata ed elegante nonostante le poche lettere rimaste quella del frammento di lapide del vescovo Valentiano (cat. nr. 6) in cui è utilizzato il segno di abbreviazione per sospensione a forma di piccola S, più trasandata nella fattura ma per la quale esistono precisi esempi di confronto in area comasca, zona di probabile esecuzione anche di questa, quella dell'epigrafe di Sagno (cat. nr. 5). Si presenta con lettere capitali dall'aspetto già classico la lapide in onore di un Vittoride 17
conservata al Museo Retico di Coirà (cat. nr. 8) in cui compare una caratteristica O 'a goccia', mentre la maiuscola carolingia ustata nei pochi tituli ancora visibili negli affreschi di Miistair si distingue per il fatto che vi sono utilizzati molti nessi e lettere inscritte. Come tardocarolingie abbiamo definito quelle scritture del X - X I secolo che non si discostano ancora dal canone carolingio, presentando lettere prevalentemente capitali, di aspetto sobrio ed essenziale, ancora scevre di elementi decorativi, e di cui sono un esempio le iscrizioni che risalgono agli anni di episcopato di Norberto (cat. nr. 19, 20, 21, 22). La maiuscola rotondeggiante comunemente chiamata 'romanica' e da alcuni 'capitale epigrafica dell'età comunale' e in uso a seconda dei luoghi dalla fine dell'XI secolo-XII secolo, si caratterizza per la progressiva introduzione e diffusione dei segni onciali, l'ampio uso di lettere inscritte, il contrasto sempre più pronunciato dei tratti e il segno di abbreviazione che abbiamo chiamato 'a omega': ne sono un esempio significativo le scritte presenti negli affreschi di S. Vittore a Muralto (cat. nr. 35), sulla Madonna in legno di Surcasti (cat. nr. 36) e nei capitelli della cattedrale di Coirà (cat. nr. 37) o, di poco più tarde, le scritte sugli affreschi romanici di Miistair dove nella stessa parola si alternano la variante capitale e onciale della medesima lettera (cat. nr. 44, 45, 46,47). Nella seconda metà del XIII secolo entra in uso lo stile grafico gotico, riconoscibile per i filetti ornamentali ai termini delle aste, la prevalenza di lettere onciali talvolta chiuse per effetto dell'avvicinamento dei trattini di coronamento al termine delle aste, la presenza di pallini ornamentali a metà delle stesse. Questo tipo di scrittura è il più diffuso tra i nostri materiali e uno degli esempi più rappresentativi è lo scrigno di S. Lucio (cat. nr. 57), mentre tra gli affreschi si distinguono per eleganza le scritte dei due cartigli di Riva S. Vitale (cat. nr. 64) che si contrappongono a quelle più rozze degli affreschi di Cademario, Camignolo e Corzoneso (cat. nr. 58, 59, 61).
Una valutazione generale del materiale raccolto non consente di individuare in queste due regioni un luogo in cui sia stato prodotto un certo numero di iscrizioni che abbia poi influenzato, dal punto di vista grafico, la produzione vicina. Per il Ticino ciò riflette la mancanza, nell'epoca considerata, di un centro di potere locale o di un monastero di una certa importanza che fùngesse da polo di irradiazione culturale. Nei Grigioni queste due ultime condizioni furono in parte soddisfatte ma la quantità delle testimonianze rimaste, probabilmente di molto inferiore alla effettiva produzione, ci impedisce di ricostruire il quadro della produzione epigrafica medievale. Se a Disentis l'incursione saracena del X secolo e i vari incendi che lungo i secoli hanno devastato il monastero hanno sicuramente distrutto anche le opere d'arte e le molte testimonianze scritte di vario genere che vi vennero prodotte, da Coirà provengono un certo numero di iscrizioni di carattere però estremamente eterogeneo. Nella capitale retica esisteva una tradizione epigrafica risalente all'epoca romana e per il Medioevo è attestata l'attività di uno scriptoriutrr, la lapide in onore di un Vittoride, probabilmente non l'unica come ci è testimoniato dallo Tschudi che la vide insieme ad un'altra nella cripta di S. Lucio, è forse l'unico indizio di una meditata committenza a carattere celebrativo della famiglia dei Vittoridi o Zacconi. Per quanto riguarda Miistair invece sono parecchie le iscrizioni su lapidi, graffiti e affreschi che si conservano nella chiesa e nell'area del monastero: tra queste ne emerge un gruppo (cat. nr. 19, 18
20, 22, 23, 31 1 ?) che fa capo alla importante committenza del vescovo Norberto (1079-1088) che secondo la nostra ipotesi avrebbe portato a Coirà anche il piede di croce che si conserva nel Tesoro del Duomo (cat. nr. 21). La lingua delle iscrizioni considerate è unicamente il latino mentre quelle in versi sono sei: una in dattili del VI secolo (cat. nr. 6) e cinque (cat. nr. 22 I, 62, 66, 7 5 * e 79) in versi leonini - non sempre esametri — di cui tre presentano lo stesso testo; l'esiguità del loro numero non si presta a considerazioni particolari.
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SULL'UTILIZZO DEL CATALOGO Le schede del catalogo sono disposte in ordine cronologico. Nell'intestazione della scheda figurano, da sinistra verso destra, il numero d'ordine della stessa (sono contrassegnate da * quelle di cui non ci è giunto l'originale), un titolo che identifica l'iscrizione e la datazione. Precedono il testo vero e proprio dell'iscrizione le notizie riguardanti il luogo di conservazione, una breve storia dell'oggetto, la descrizione del supporto e della tecnica di esecuzione dell'iscrizione. Le misure del supporto sono rese nella successione altezza, larghezza e profondità ( 0 = diametro). L'altezza delle lettere è preceduta dall'abbreviazione H (1. = linea). II testo delle iscrizioni è reso interamente con lettere maiuscole; nel limite del possibile è stata rispettata la disposizione originale delle righe, in caso contrario la separazione è resa tramite l'uso di barre trasversali (/). L'interpunzione e i puntini di separazione tra le parole presenti nell'originale vengono mantenuti e resi uniformemente tramite un punto collocato a metà altezza della riga. Per quanto riguarda l'uso delle parentesi, in conformità con il sistema di Leida 1 sono stati utilizzati i seguenti segni diacritici: (
)
scioglimento delle abbreviazioni.
[
]
integrazione da parte dell'editore di lacune o parti mancanti a causa di distruzione o caduta.
[...]
nel caso l'entità della lacuna sia quantificabile; il numero dei punti indica quello delle lettere presumibilmente mancanti.
[
] ]
l'entità della lacuna non è quantificabile. manca una parte del testo o un imprecisato numero di righe. La parentesi si situa nel posto in cui inizia o termina la lacuna.
integrazioni successive di lacune (per es. in seguito a un restauro).
ABC
lettere di lettura incerta, interpretabili anche diversamente
AB
lettere in nesso
vw
(Vacai) spazio lasciato in bianco nell'originale, in questo caso l'estensione del vuoto corrisponde alla larghezza di tre lettere
Al testo dell'iscrizione fanno seguito di regola la traduzione e eventuali osservazioni critiche. Il paragrafo riguardante la scrittura comprende una descrizione generale della stessa e delle sue caratteristiche - presenza di nessi, segni di abbreviazione, descrizione delle singole lettere secondo l'ordine alfabetico -; in alcuni casi vengono segnalate delle scritture che si ritengono 1
Giinther KLAFFENBACH, Griechische Epigraphik. Gottingen schaft 6), 102sgg.
1966
(2.
ed.) (Studienhefte zur Altertumswissen-
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vicine come forma e tipologia. Nel paragrafo Formulario e contenuto viene commentato il testo dell'iscrizione (i numeri nel margine si riferiscono alle corrispondenti righe del testo) mentre un paragrafo a parte è riservato all'identificazione di eventuali Nomi di persona citati nell'iscrizione. Le indicazioni bibliografiche finali, disposte in ordine cronologico, si limitano alla prima edizione dell'iscrizione e ad una scelta delle pubblicazioni più importanti che la concernono. Nel caso di indicazioni bibliografiche abbreviate, quelle complete sono reperibili nella bibliografia situata alla fine del volume (l'indicazione v. in bibl. rimanda invece a quella posta alla fine di ogni singola scheda). Nell'indice cumulativo figurano unicamente i nomi di persona, di luogo e le cose notevoli che compaiono direttamente nei testi delle iscrizioni.
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CATALOGO
1
ANELLO CON CRISTOGRAMMA DA ARCEGNO
FINE IV-INIZIO V SECOLO
BELLINZONA (TI), Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, Inv. 139 70.968. - Tav. 1, fig. 1 - 2 L'anello è stato trovato nel 1970 tra i materiali della Tomba 86 della necropoli romana di Arcegno attribuita ad un adolescente (v. Pierangelo DONATI, La necropoli romana di Arcegno, in «Numismatica e antichità classiche» 3 (1974) 63-84). Bronzo; anello (0 1,7 cm) a doppio castone piatto romboidale (0 castoni 0,6 cm); verga a sezione circolare con rinforzi all'attacco dei castoni. Nei due castoni sono incisi a destra un ippocampo e a sinistra il Cristogramma in forma speculare; H lettere 0,6 cm.
SCRITTURA: le braccia del Chi e l'estremità inferiore del Rho si allargano a spatola, l'incisione è abbastanza curata e precisa. - Esempi vicini: anello da Carasso, cat. nr. 2; anello da Yverdon, IV-VI secolo, v. CIMAH II, 8, fig. 14-15. sul Cristogramma, uno dei simboli maggiormente utilizzati nei primi secoli del cristianesimo per designare Cristo e in questo caso non fiancheggiato da Alfa e Omega cf. LThK2 II, 1177; RDK III, 707-720 (Cristogramma); LThK 2 1,1; RAC I, 1-4; RDK I, 1 - 5 (Alfa e Omega). La forma a doppio castone rimanda alla tipologia degli anelli da fidanzamento o nuziali tipici dell'età tardoantica (Heinz BATTKE, Geschichte des Ringes, Baden-Baden 1953,44—45). In questo caso il Cristogramma si presenta in forma speculare, a testimoniare l'intento sigillare dell'anello. FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: la tomba, per il corredo e le monete che vi erano contenute, viene datata all'ultimo quarto del IV, inizio del V secolo (v. DONATI in bibl., 302). Pierangelo DONATI, Testimonianze di Cristianesimo nel Ticino del V secolo, in «Numismatica e antichità classiche» 11 (1982) 297-303: 302, tav. II. - Marco SANNAZARO, Sepolture del Canton Ticino con anelli con Cristogramma, in Milano capitale ( 1990) 300-301. BIBLIOGRAFIA:
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2
ANELLO CON CRISTOGRAMMA DA CARASSO
BELLINZONA
FINE IV-INIZIO V SECOLO
(TI), Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, Inv. 21C.69.72. -Tav. 1, fìg. 3-4.
L'anello è stato trovato in una delle due tombe scoperte nel 1969 a Carasso / Bellinzona durante gli scavi per una costruzione (v. D O N A T I (1971) in bibl.). Bronzo; anello (0 1,8 cm) a doppio castone piatto romboidale (0 castoni 0,6 cm); verga a sezione circolare con rinforzi all'attacco dei castoni. Nei due castoni sono incisi una forma di fiore, forse una rosa, a sinistra, e a destra il Cristogramma; H lettere 0,5 cm.
le braccia del Chi terminano con apici alle estremità mentre il Rho si allarga a spatola all'estremità inferiore. L'incisione è più rozza rispetto all'anello da Arcegno (v. cat. nr. 1) e meno curata. — Esempi di Cristogramma simile su anelli: anello da Arcegno, cat. nr. 1; anello da Yverdon, IV-VI secolo, v. CIMAH II, 8, fig. 14-15. SCRITTURA:
FORMULARIO E CONTENUTO:
vedi anello con Cristogramma da Arcegno, cat. nr.
1
il Cristogramma si incontra con maggior frequenza nei secoli IV-VI; in questo caso la tomba, per il corredo e le monete che conteneva, viene datata all'inizio del V secolo. DATAZIONE:
Pierangelo D O N A T I , Notiziario archeologico ticinese 1969, in B S S I 83 (1971) 5-6, tav. 2—3. — Pierangelo D O N A T I , Testimonianze di Cristianesimo nel Ticino del V secolo, in «Numismatica e antichità classiche» 11 (1982) 297-303: 299, tav. I I . - Marco SANNAZARO, Sepolture del Canton Ticino con anelli con Cristogramma, in Milano capitale (1990) 300-301. BIBLIOGRAFIA:
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3
CAPSELLA PER RELIQUIE D'ALTARE DI MARMO
V SECOLO
COIRÀ (GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 1, fig. 5 - 6 La cassetta di marmo a forma di sarcofago in miniatura, contenente varie reliquie, è stato scoperta il 3 ottobre 1943 in occasione dell'apertura del sepolcro dell'altare principale, chiuso al momento della consacrazione della cattedrale avvenuta nel 1 2 7 2 (v. CAMINADA in bibl., 2 3 - 3 8 ) . Marmo bianco di grana fine probabilmente proveniente dalla Val Venosta; superfìcie di colore beige-giallo lisciata e piuttosto consumata; corpo liscio, coperchio leggermente a spiovente con acroteri angolari (16 x 18 x 14,5 cm; spessore delle pareti 2 cm). Su uno dei lati corti è graffita orizzontalmente, partendo dal coperchio verso il basso, una A; H lettera 4 cm. A SCRITTURA: A triangolare con apice superiore e senza traversa, che però è forse idealmente costituita dalla base del coperchio. FORMULARIO E CONTENUTO: Caminada propone di completare la A con una Omega sul lato opposto - le due lettere usate quale simbolo della figura di Cristo (cf. Apocalisse 1,8; 21,6) soprattutto a partire dal IV secolo — come si ritrova per es. in un oggetto dello stesso tipo proveniente dalla chiesa di S. Maria Maddalena a S. Zeno in Trentino (v. Joseph BRAUN, Der christliche Altar in seiner geschichtlichen Entwicklung, München 1924,1, 638).
Capselle a forma di sarcofago di questo tipo, di marmo o di pietra, sono ben attestate in ambito tardoantico, si veda per es. quella trovata a Mariano Comense risalente al V-VI secolo (v. Milano capitale (1990) 302,4f.7b. 1), una conservata a Innsbruck, una terza simile a forma di sarcofago che conteneva una cassetta d'argento ora a Sofia (v. BUSCHHAUSEN in bibl., 277, C8 tav. 9 e 287-8, C 20, tav. 15), e infine quella del VI secolo conservata nella basilica di Torcello (v. Splendori di Bisanzio. Testimonianze e riflessi d'arte e cultura bizantina nelle chiese d'Italia, Catalogo della mostra, Milano 1990,150-151 e fig.). DATAZIONE: la datazione solitamente proposta per questo tipo di oggetti spazia tra il V e il VI secolo; il nostro è solitamente attribuito al V secolo. Christian CAMINADA, Der Hochaltar der Kathedrale von Chur, in ZAK 7 ( 1 9 4 5 ) tav. 1 0 , a-c. - POESCHEL, KDM V I I ( 1 9 4 8 ) 1 0 4 , 1 6 5 . - BUSCHHAUSEN, Metallscrinia ( 1 9 7 1 ) 2 7 8 - 2 8 0 , tav. 1 1 , 12. - SENNHAUSER, Spätantike und frühmittelalterliche Kirchen ( 1 9 7 9 ) 2 1 6 - 2 1 7 , tav. 11. - METZGER, Antike Religionen ( 1 9 8 7 ) 1 8 2 , fig. 2 7 . - DOSCH, Dommuseum ( 1 9 8 8 ) 4 . - Heinz HORAT, Sakrale Bauten, Disentis 1 9 8 8 (Ars Helvetica I I I ) 2 3 8 , fig. 2 8 6 . BIBLIOGRAFIA: 30-32,
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4
CAPSELLA PER RELIQUIE D'ALTARE DA PASPELS
V-VI SECOLO
COIRÀ (GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 1, fig. 7-8. Il 28 giugno 1957, nel corso dei restauri della chiesa di S. Lorenzo di Paspéis (GR) curati dall'architetto Walter Sulser di Coirà, venne aperto l'altare nel coro; vi fu trovato un contenitore di marmo in cui era deposta, insieme a varie reliquie, questa capsella argentea (v. SULSER / BRENK / VOLBACH / VOGT in bibl., 62-68). Poiché la chiesa attuale risale all'XI-XII secolo, i ritrovamenti nell'altare vanno riferiti ad una costruzione precedente, da datare ai primi secoli del cristianesimo. Argento inciso e cesellato e parzialmente dorato; forma quadrangolare, coperchio piatto con gancio di chiusura e due cerniere sul lato opposto; lo stato di conservazione è ottimo (4,7 x 6,1 x 6,1 cm). Sul fondo, decorato con piccoli punti a cesello, sono incisi 12 cerchi (0 2,5 cm) a doppia cornice: due per ogni lato e quattro sul coperchio. In ogni cerchio, con una debole incisione, è iscritta una croce latina e, alternativamente e su fondo liscio e dorato, il Cristogramma affiancato da Alfa e Omega; H Rho 1,7 cm, H di A 0,5 cm, H di Omega 0,3 cm.
A #
to
SCRITTURA: monogramma detto 'costantiniano' risultante dall'intreccio di X con P (v. TESTINI, Archeologia cristiana (1980) 355). Le aste si allargano a spatola alle estremità, l'occhiello di P è aperto e la A ha la traversa spezzata.
Esempi vicini: capsella argentea da S. Sofìa conservata nel Museo nazionale di Sofìa, V secolo, v. SULSER / BRENK / VOLBACH / VOGT in bibl., 7 6 - 7 8 , tav. 1 6 c-d. sul Cristogramma fiancheggiato da Alfa e Omega, uno dei simboli cristiani atti a designare Cristo maggiormente usati nei primi secoli del cristianesimo, cf. LThK2 II, 1 1 7 7 ; RDK III, 7 0 7 - 7 2 0 (Cristogramma); LThK2 1,1; RAC I, 1 - 4 ; RDK I, 1 - 5 (Alfa e Omega), Cari NORDENFALK, Diespàtantiken Zierbuchstaben, Stockholm 1 9 7 0 , 5 1 sgg., CIMAHII, 1,4, 5, 8, CIMAH III, 16. Altri esempi di capselle o reliquiari con Cristogramma fiancheggiato da Alfa e Omega in SULSER / BRENK / VOLBACH / VOGT in bibl., tav. 15 e BUSCHHAUSEN in bibl., 2 6 6 - 7 , C 2 , tav. 4 da Rimini e 2 7 0 - 1 , C 4 , tav. 6 dalla Siria a Baltimora. FORMULARIO E CONTENUTO:
il Volbach (in SULSER / BRENK / VOLBACH / VOGT in bibl., 7 8 ) e il Buschhausen (in bibl., 2 7 4 ) propongono una datazione agli inizi del V secolo, mentre lo Schnyder (in bibl. ( 1 9 7 9 ) 177) la ritiene proveniente dal nord Italia e cita esempi di monogrammi simili a Ravenna databili al VI secolo. Una eventuale origine norditalica sarebbe confermata dal relativamente alto numero di oggetti di questo tipo che si sono conservati in questa zona (per es. a Garlate, Mariano Comense e Garbagnate Monastero, v. Milano capitale ( 1 9 9 0 ) 3 0 0 - 3 0 2 ) e dall'alta qualità raggiunta da alcuni di essi quali per es. la capsella di S. Nazaro (v. Milano capitale ( 1 9 9 0 ) 1 2 2 ) . DATAZIONE:
28
La maggior parte di questi oggetti viene fatta risalire ai secoli V—VI, datazione che si ritiene opportuna anche per questo di Paspels. BIBLIOGRAFIA: Walther SULSER / Beat BRENK / Wolfgang Fritz VOLBACH / Emil VOGT, Die Kirche St. Lorenz bei Paspels, in ZAK 2 3 ( 1 9 6 3 / 6 4 ) 6 1 - 9 0 , tav. 15 a-d. - REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 2 3 7 , fìg. 2 6 9 . - BUSCHHAUSEN, Metallscrinia ( 1 9 7 1 ) 2 7 1 - 2 7 4 , C 7 , 1 0 . - Rudolf SCHNYDER, Kunst und Kunsthandwerk, in Ur- undfrühgeschichtliche Archäologie der Schweiz, Bd. V I Das Frühmittelalter, Basel 1 9 7 9 , 1 7 7 . - SENNHAUSER, Spätantike und frühmittelalterliche Kirchen ( 1 9 7 9 ) 2 1 6 - 2 1 7 , tav. 14. - Wolfgang MÜLLER, Archäologische Zeugnisse frühen Christentums zwischen Taunus und Alpenkamm, in «Helvetia archaeologica» 6 5 / 6 6 ( 1 9 8 6 ) 8 , flg. 9 . - METZGER, Antike Religionen ( 1 9 8 7 ) 1 8 2 - 1 8 3 , fig. 19- - DOSCH, Dommuseum ( 1 9 8 8 ) 2 , 4 - 5 .
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L'EPIGRAFE DA S. MARTINO DI SAGNO
519
MORBIO SUPERIORE (TI), oratorio di S. Martino vescovo sul colle (comunemente detto S. Martino di Sagno), murata nella navata interna, a sinistra della porta d'entrata. - Tav. 2, fig. 9Probabilmente rinvenuta durante i restauri dell'edificio attuati nel 1866 e murata all'esterno sopra il portale, venne trasferita all'interno dopo gli ultimi restauri del 1971-2. Potrebbe provenire da una tomba altomedievale situata nella navata - scoperta durante gli ultimi restauri - in cui è stato ritrovato un frammento di marmo dello stesso tipo di quello della lapide (v. DONATI in bibl. (1974-75) 171). L'epigrafe e l'oratorio, attorno al quale è stato individuato un insediamento del VI secolo con i resti di un muro, forse una navata, e di una casa rustica ticinese (casa torre), attestano la presenza di un presidio goto in questa località (v. VISMARA / CAVANNA / VISMARA in bibl., 39).
Marmo di Musso; rettangolare (46 x 36 x 10,5 cm), colore grigio chiaro con inclusioni grigio scure, grana abbastanza grossa; intatta nei lati superiore e inferiore, è spezzata sui due lati verticali, superfìcie lisciata rozzamente. Il campo epigrafico (H 37, larghezza non precisabile) è scompartito da una croce scolpita a braccia patenti e delimitato da una cornice eseguita con una scanalatura, ora visibile solo sui due lati orizzontali. L'iscrizione si trova a destra mentre a sinistra in alto è schizzata a graffito una colomba con un ramoscello nel becco e sotto un motivo decorativo composto di rombi sovrapposti da cui si diramano verso sinistra delle linee terminanti a ricciolo. L'iscrizione su 7 righe occupa la metà destra della superfice sopra e sotto il braccio della croce ed è incisa - tranne la seconda linea dove le lettere si direbbero graffite - piuttosto irregolarmente sia per quanto riguarda le proporzioni delle lettere che per la profondità del segno. Tracce di rigatura per le 11. 4 e 6 (interlinea 1 - 2 cm); H lettere irregolare, 2 - 5 cm. + IN DEI [NOMINE- - Y I E ILIC[- - H V N C CA[- - -
CVM I W E [ N I S ? 5
KALEND[AS - - -
EUTARIQO CONSVLE ?- - EGO QVINTINfVS- - In nome di Dio... questo ... alle calende ... al tempo del console Eutarico... io Quintino... SCRITTURA: alfabeto capitale di aspetto trasandato, irregolare nell'allineamento, di modulo non uniforme; senza divisione delle parole. Singole lettere: A con traversa spezzata ad angolo e vertice in basso; E con traverse molto corte; G arrotolata; K con traverse corte; L aperta verso il basso; M con tratti mediani piuttosto alti; Q a forma di 6 rovesciato; U o V con prima asta curva e seconda diritta. — Scritture vicine: lapide probabilmente comasca del 546, v. MONNERET DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) 102 nr. 102; lapide con due epitaffi di cui il primo del 519, v. MONNERET DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) 103-104 nr. 103. 30
FORMULARIO E CONTENUTO: iscrizione sepolcrale con invocazione simbolica in forma di croce latina, probabilmente nome del defunto, forse l'età, data della deposizione e probabilmente nome del dedicante o del lapicida. 1 probabilmente da sciogliere con IN DEI [NOMINE: formula iniziale piuttosto rara rispetto a quella solitamente usata Hic requiescit e non attestata in epigrafi contemporanee di area comasca; cf. anche LE BLANT, Inscriptions I (1856) 66 secondo il quale l'adozione della formula IN NOMINE che serve da inizio alle Istituzioni, alla II e III prefazione del Digesto, a iscrizioni non funerarie e in molti testi cristiani antichi, è la messa in pratica del precetto di S. Paolo «Omne quodcumque facitis in verbo aut in opere, omnia in nomine Domini Jesu Christi, gratias agentes Deo et Patri per ipsum» (Coloss. Ili, 17). 2 VIE ILIC: lettere graffite di difficile interpretazione. Si tratta probabilmente del nome del morto che il Giussani propose di leggere Ulricus, nome poi ripreso dal Bognetti (v. BOGNETTI / CHIERICI / DE CAPITANI D'ARZAGO in bibl., 4 7 3 ) che lo ritenne un goto
(v. BOGNETTI in bibl. (1954) 70 n. 23); in realtà le uniche lettere sicure sono le I e la L mentre l'ultima lettera visibile potrebbe essere una C, una O o una G. 3 HVNC CA[ : di difficile integrazione, dovrebbe seguire un sostantivo maschile all'accusativo, probabilmente una indicazione relativa al sepolcro, o alla persona che vi era deposta. 4 CVM IWEfNIS? : può essere letto anche CVMI VUE, ma qui potrebbe trattarsi di un'indicazione temporale relativa all'età del defunto al momento della morte, tuttavia usata raramente sotto questa forma; cf. per es. Recueil des inscriptions chrétiennes de la Gaule. X V Viennoise du nord, par François DESCOMBES, Paris 1985: nr. XV. 250 Hic prima iouentus, da SaintLaurent-de-Mure, VII secolo, oppure DIEHL I, 381a qui vixit in iuventute sua annis X X / ; si veda anche Bernadette MORA, Le portrait du défunt dans les épitaphes (750-1300). Formulaire et stéréotypes, in «Le Moyen Age» XCVII (1991) 339-353. 5 KALEND[AS : seguiva probabilmente l'indicazione della data della deposizione. 6 probabilmente da sciogliere con EUTARIQO CONSVLE?: formula di datazione espressa attraverso la menzione dei consoli in carica di cui, dal IV secolo, viene indicato solo quello d'occidente (v. TESTINI, Archeologia cristiana (1980) 402); si potrebbe anche sciogliere con post consulatum Eutaricii. 7 EGO QVINTINfVS : potrebbe essere sia il nome del dedicante (cf. per esempio il frammento dell'epigrafe del vescovo Valentiano anche del VI secolo con altri esempi, cat. nr. 6) che del lapicida, come in una lapide da Bizzarone del VI—VII secolo: escripsi ego Donatus (v. MONNERET DE VILLARD, Iscrizioni
cristiane
( 1 9 1 2 ) 1 2 0 - 1 2 2 nr. 132) oppure una da
Savigliano del VII—VIII secolo: ego Gennarius fici qui in eo tempore fui magester marmorarius (Giovanni COCCOLUTO, Appunti sulle epigrafi altomedievali del Piemonte sud-occidentale, Atti del Congresso I Liguri dall'Arno all'Elsio, in «Rivista di Studi Liguri» 4 9 (1983) 387-389, fìg. 7). NOMI: il visigoto EUTHARICUS fu genero di Teodorico, di cui sposò la figlia Amalasunta, e console con l'imperatore Iustinus nel 519 (LIEBENAM, Fasti consulares (1909) 54). QUINTINUS: nome latino derivante dal gruppo onomastico formato da Quintus o Quinctus, che a sua volta deriva dal numero ordinale; come prenome veniva solitamente dato al quinto figlio (v. DE FELICE, Dizionario
( 1 9 8 6 ) 309). 31
DATAZIONE: nonostante la frammentarietà della formula di datazione è possibile collocare l'esecuzione della lapide nell'anno 519 (v. NOMI). Antonio GIUSSANI, Iscrizioni e antichità di Como, Varese, Sondrio e Canton Ticino, in «Rivista Archeologica Comense» C V - C V I I ( 1 9 3 2 - 3 ) 1 3 8 - 1 4 0 , fig. 1 2 . - Angelo SILVAGNI, Monumenta epigraphica Christiana saeculo Vili antiquiora quae in Italiaefìnibus adhuc exstant, voi. II, fase. II Comum, Città del Vaticano 1 9 4 3 , tab. II nr. 5. - Aldo CRIVELLI, La carta del periodo barbarico, in RST 4 4 ( 1 9 4 5 ) 1 0 3 7 . - Gian Piero BOGNETTI, Gino CHIERICI, Alberto DE CAPITANI D'ARZAGO, Santa Maria di Castelseprio, Milano 1 9 4 8 , 4 7 8 n. 8 1 5 . - Gian Piero BOGNETTI, Milano sotto il regno dei Goti, in Storia di Milano II, Milano 1 9 5 4 , 2 7 . - Gian Piero BOGNETTI, Sul tipo e il grado di civiltà dei Longobardi, Actes du III congrès international pour l'étude du Haut Moyen Age, Lausanne 1 9 5 4 , 7 0 n. 2 3 . - GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 4 3 6 - 4 3 7 . - Pier Angelo DONATI, San Martino di Sagno, in «Rivista archeologica comense» CLVI-CLVII ( 1 9 7 4 - 7 5 ) 1 6 4 - 1 7 8 . - MARTINOLA, Inventario ( 1 9 7 5 ) I 3 9 2 ; II, fig. 6 9 0 . - Pier Angelo DONATI, Ritrovamenti dell'alto Medioevo nelle attuali terre del Canton Ticino, in I Longobardi e la Lombardia, Milano 1 9 7 8 , 1 6 8 - 1 7 1 . - Giulio VISMARA, Adriano CAVANNA, Paola VISMARA, Ticino medievale, Locamo 1990, tav. 6. - / Goti, Catalogo dell'esposizione, Milano 1994, 369, fig. V.l. BIBLIOGRAFIA:
32
6
FRAMMENTO DELL'EPIGRAFE DEL VESCOVO VALENTIANO
COIRÀ
548
(GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 2, fig. 10.
Il frammento di lapide venne trovato nel 1863 o 1864 in un muro a Göns presso Mols (SG) sul Walensee (v. NATSCH in bibl., 4-8); collocato dapprima nel Museo di S. Gallo, nel 1951 è stato depositato nel Tesoro della cattedrale di Coirà. Per quanto riguarda il luogo di conservazione originario della lapide, lo Tschudi la vide nella cripta della chiesa di S. Lucio in marmore albo parieti infixo, ma poiché S. Lucio risale all'epoca carolingia, la collocazione iniziale va cercata altrove. Al momento prevale l'ipotesi che la pietra si trovasse nella chiesa di S. Stefano dove è stata rinvenuta una camera sepolcrale - probabilmente concepita come sepoltura vescovile- databile al V secolo (v. Iso MÜLLER, Die Churer Stephanskirche im Frühmittelalter, in SZG 4 (1954) 386-393, Walther SULSER / Hilde CLAUSSEN, Die Stephanskirche zu Chur, in Beiträge zur Kunstgeschichte und Archäologie des Frühmittelalters, Graz / Köln 1962, 154—165 e cat. nr. 11*, Due graffiti dalla chiesa di S.Stefano di Coirà), o in S.Andrea, la cui costruzione precedette quella di S. Lucio (v. SULSER / CLAUSSEN, Sankt Stephan (1978) 147, 157). La sparizione della lapide venne lamentata per primo dall'Eichhorn nel 1797 (v. in bibl.). Marmo grigio con vene più scure a grana grossa (la struttura del marmo è così particolare che non è al momento possibile precisarne la provenienza o confrontarlo con nessun altro pezzo, v. DE QUERVAIN, Herkunft und Beschaffenheit (1972) 14, SULSER / CLAUSSEN, Sankt Stephan (1978) 65 e DE QUERVAIN, Steine (1979) 150), superfìcie lisciata anche sul lato posteriore, forma irregolare (18,5 x 21 x 7 cm); misure originali ricostruite sia in base al testo che alla scanalatura che incorniciava l'iscrizione e al margine inferiore ancora visibili: 89 x 63,5 cm (v. SULSER / CLAUSSEN, Sankt Stephan (1978) 71, fig. 47); H lettere 2-2,5 cm.
5
10
15
[S(an)c(t)e m(emorie) ep(is)c(opu)s / hoc iacit in tomolo quem deflevit / retica tellus / maxima summorum gloria pon / tifecum / abiectis qui fudit opes nuda / taque texit / agmina captivis praemia larga / ferens / est pietas vicina polo nec fu / neris ictum / sentit ovans factis qui petit / astra bonis / his pollens titulis valentia / ne sacerdus / crederis a cunctis non potu / 33
20
isse mori qui vixit in hoc sae / c(ulo) an]N(IS) PL(VS) M(I)N(VS) [lxx d(e)p(ositus) sub d(ie) VII id(us) ian(uarii)] / SEP(TIES) P(OST) C(ONSOLATUM) BASI(LII) V(IRI) C(LARISSIMI) [consulis ind(ictione) xi Paulinus ne] / POS IPSIUS HEC F[ieri ordinavit]
Qui giace, nel tumulo che la terra retica piange, la gloria massima tra i sommi pontefici, colui che ha donato ricchezze agli abbandonati, ha ricoperto gli ignudi, riscattato i prigionieri; la carità è vicina al cielo, né egli sente il dardo della morte, esultante per le sue buone azioni, si invola verso le stelle. Forte di questi titoli, o Valentiano sacerdote, tutti credono che tu non saresti potuto morire. Visse in questo mondo circa settanta anni, fu tumulato il giorno VII prima delle idi di gennaio, sette anni dopo il consolato dell'illustrissimo console Basilio, nell'indizione undecima. Il nipote Paolino ha ordinato di porre (la lapide). (V.
per la traduzione tedesca
NATSCH
in bibl., 6).
Per l'integrazione del testo ci siamo serviti della trascrizione dello Tschudi (S. Gallo, Stiftsbibliothek, Cod. 609 p. 84, e anche Gallia Cornata, 298) che ci tramanda anche la disposizione delle righe, e delle correzioni apportate dal Mommsen (v. sotto). Altri editori si rifanno invece alla trascrizione dello Stumpf (per es. BUB in bibl., 5 - 6 nr. 5) che, come ha dimostrato il Vògelin (v. in bibl. 123), ha copiato dallo Tschudi e probabilmente non ha visto l'originale. I. 1 2 :
Tschudi aveva erroneamente letto fetit, corretto dal Mommsen in petit (v. MOMMSEN in bibl., 106 nr. 25) II. 18-19: I segni dell'abbreviazione per troncamento simili a delle S o virgae (dopo PL, DP, SEP, PC, VCC) che lo Tschudi ha indicato nella sua trascrizione ma che per es. Vògelin (v. in bibl., 123-124) ha ritenuto una interpolazione e BUB guasti della pietra (v. in bibl., 5 nr. 5), si riconoscono chiaramente nel frammento ritrovato dopo le lettere PL (1. 18), SEP e PC (1. 19). 1. 18: Il numero ordinale del giorno è espresso con l'episema, antica lettera greca che indica la cifra VI (v. TESTINI, Archeologia cristiana (1980) 399-400) ed il Mommsen è stato il primo a sciogliere correttamente la data (v. sotto DATAZIONE). capitale abbastanza regolare nell'allineamento e nel modulo, incisa poco profondamente, piccole forcellature alle estremità delle aste, senza divisione delle parole; la forma delle lettere, piuttosto stretta, dà alla scrittura un'impressione di slancio e altezza. Segno di abbreviazione per contrazione costituito da una lineetta orizzontale sopra SI di BASILII (1. 19); segno di abbreviazione per sospensione a forma di lineetta ondulata simile ad una piccola S visibile dopo PL di PLVS (1. 18), SEP di SEPTIES e C di CONSVLATVM (1. 19) (cf. altri esempi in PANAZZA, Lapidi e sculture {1954) nr. 19,20 del V secolo e M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) nr. 2 del 520 / 527; nr. 104 del 526). Singole lettere: A con traversa obliqua; B con occhiello superiore più piccolo, a causa di una rottura della pietra non è possibile dire se i due occhielli fossero chiusi o aperti; E con traverse molto corte; M con tratti mediani alti; P con occhiello piccolo e SCRITTURA:
34
alto. - Scritture vicine: frammento dell'epitaffio dell'abate Hymnemodus del 516, v.CIMAH I, 4 tav. 3 , fig. 6; epigrafe nella chiesa di S. Stefano in Lenno del 554, v. M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) nr. 9dattili elegiaci (v. BÙCHELER in bibl., 649); iacit invece di lacet, pontifecum invece di pontificum, tomolo invece di tumulo, sacerdus invece di sacerdos.
LINGUA E FORMA:
epitaffio poetico con formula di datazione, indicazione dell'età e data della morte in prosa. Riguardo alla possibilità che il testo tradisca un modello più antico in cui siano stati cambiati alcuni nomi v. LIEB in bibl., 48 n. 79. FORMULARIO E CONTENUTO:
1
SANCTE MEMORIE EPISCOPUS: dai primi editori sciolto con sancte Marie episcopus (v. Mohr, Pianta, Natsch, Egli in bibl.), va invece probabilmente letto sancte memorie episcopus, formula usata in alternativa a bone memorie se riferita a dei vescovi, v. Hyppolitus DELEHAYE, Saints d'htrie et de Dalmatie, in «Analecta bollandiana» 1 8 ( 1 8 9 9 ) 4 0 8 ; DIEHL I , 1 0 3 2 ; I , 1 0 4 2 .
2
HOC IACIT IN TOMOLO: usato sin dall'antichità come inizio di esametro per iscrizioni sepolcrali poetiche, v.CIMAH II, Anh. 1,3* con altri esempi.
4-5
SUMMORUM GLORIA PONTIFECUM: il titolo di summuspontifex per un vescovo si ritrova ad es. nell'iscrizione sepolcrale del presule di Losanna Mario di Avenches del 592/93, v. CIMAH II, Anh. 1,1*. ABIECTIS QUI FUDIT OPES.. .LARGA FERENS: frequenti le menzioni delle opere di carità, secondo Matteo 25, 35-36, negli epitaffi vescovili del VI secolo (v. HEINZELMANN in bibl. 164, con altri esempi).
6-9
10
per il concetto di pietas intesa quale virtù tradizionale secolo per i vescovi, v. HEINZELMANN in bibl., 1 5 7 — 1 5 8 con
EST PIETAS V I C I N A POLO:
imperiale, ripresa dal altri esempi.
VI
10-12 NEC FUNERIS ICTUM SENTIT: v. DIEHL I, 326b nescitque mori. 12-13 OVANS FACTIS ... ASTRA BONIS: sull'immagine delle buone azioni con le quali si guadagna il cielo v. EGLI in bibl., 38 con altri esempi. QUI PETIT ASTRA deriverebbe da Ovidio - Restai iter caeli, caelo tentabimus ire (Ars amandi II, 37; Metamorfosi Vili 183-235 e IX, 741)- per essere poi ripreso da S.Ambrogio e interpretato in chiave spirituale (v. Pierre COURCELLE, Qjuelques symboles funéraires du néo-platonisme latin, in «Revue des études anciennes» 46 (1944) 65-93); si ritrova anche nel Carmenpaschale di Sedulio usato per designare l'evangelista Giovanni More volans aquilae verbo petit astra lohannes (Carm. pasch.X, 358 in CSEL X, 42) e nel Carmen di Alcuino {Carmen I, 1289 in MGH Poetae I, 198). Sin dalla tarda antichità la formula ricorre sovente nelle iscrizioni funerarie: cf. per es. l'iscrizione sepolcrale di Manlia Dedalia della fine del IV secolo in S. Ambrogio a Milano quo peteret caelum (CIL V, 6240) o l'elogio per S. Gregorio Magno in S. Pietro a Roma spiritus astra petit (DIEHL I, 990); cf. anche CIMAH III, 45*: iscrizione funeraria per il diacono Ezelino (?). 16-17 CREDERIS... MORI: forse da Giovanni 21, 23 Exiit ergo sermo iste interfratres, quiadiscipulo ille non moritur. 35
18-19
la formula di datazione espressa in prosa alla fine di un testo poetico, con la datazione secondo il mese romano e l'anno di consolato, è frequente nelle iscrizioni sepolcrali dell'alto Medioevo; cf. CIMAH I , 4; CIMAH I , 7*; M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) nr. 37: Como 539; PANAZZA, Lapidi e sculture (1954) nr. 20: V secolo.
NOMI: il vescovo Valentiano di Coirà è attestato in questo solo documento che ci fornisce la data della sua morte (v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 469). Un Paulinus è ricordato nel Liber defoedis e potrebbe essere lo stesso che qui ha voluto innalzare la lapide a Valentiano (v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 469). la datazione è stata sciolta correttamente per la prima volta da Mommsen: sub diem VII idus ianuarias septies post consulatum Basilii consulis: sette anni dopo l'anno di consolato di Basilio che cade nel 541, cioè nel 548 che ha come indizione 11, il 7 gennaio (v. LIEBENAM, Fasti consulares (1909) 56s.). Il carattere della scrittura concorda con questa datazione. DATAZIONE:
(fonti manoscritte): Aegidius TSCHUDI, S. Gallo, Stiftsbibliothek, Cod. 6 0 9 , p. 8 4 . - Aegidius TSCHUDI, Zurigo, Zentralbibliothek, Hs. A 1 0 5 ( 5 0 ) f. 1. - Johann Rudolf STUMPF, Zurigo, Zentralbibliothek, Hs. L . 4 7 , p. 9 1 . BIBLIOGRAFIA
(Fonti a stampa prima del ritrovamento): Aegidius TSCHUDI, Gallia cornata, ed. Johann Jakob Gallati, Konstanz 1758, 298. — Johann Rudolf STUMPF, Gemeiner loblicher Eydtgnoschaft Stetten, Landen und Völckeren Chronick virdiger tbaaten beschreybung, Zürich 1548, 2, 314. — Ulrich CAMPELL, Historia Raetica, 1579 (Quellen zur Schweizer Geschichte, Basel 1887) 83-84. Johann GULER V. W E I N E C K , Raetia, Zürich 1616, 66. - Fortunat SPRECHER V. BERNEGG, Pallas Rhaetica, Basel 1617, 218-219- - P. Gabriel BUCELINUS, Rhaetia sacra et profana, Augsburg 1666, 116. - Johann Jakob H O T T I N G E R , Helvetische Kirchengeschichte, Zürich, Heinrich Bodmer 1698-1729, I , 218. - Ambrosius E I C H H O R N , Episcopatus curiensis, St. Blasien 1797, 10. Theodor M O H R , Codex Diplomatien, Chur 1848,1, 5 - 6 nr. 2. - Theodor MOMMSEN, Inscriptiones Confoederationis Helveticae Latinae, in MAGZ 10 (1854) 106 nr. 25. (Dopo il ritrovamento): Erster Nachtrag zu den Inscriptiones Confoederationis Helveticae Latinae von Theodor Mommsen, gesammelt und hrsg. von Ferdinand KELLER und Heinrich MEYER, in MAGZ 15 (1865) 45. - Johannes A. NATSCH, Der Grabstein des Bischofs Valentinian von Chur, in ASA 12 (1866) 4-8. - Wolfgang v. JUVALT, Forschungen über die Feudalzeit im curischen Rätien, Zürich 1871, 69. - Peter Conradin PLANTA, Das alte Rätien, Berlin 1872, 278 n. 1. - Salomon VÖGELIN, Wer hat zuerst die römischen Inschriften in der Schweiz gesammelt und erklärt?, in «Jahrbuch für Schweizerische Geschichte» XI (1886) 120-125,134, nr. 53. - KRAUS, Inschriften I (1890) 4. - Emil EGLI, Die christlichen Inschriften der Schweiz vom 4.-9. Jh., in MAGZ 24 (1895) 37. - CIL XIII (1905) Nr. 5251. - Georg MAYER, Geschichte des Bistums Chur, Stans 1907, 53-54. Friedrich VOLLMER, Inscriptiones Baivariae Romanae, Rom 1915, 70. - Paul DÜBOLDER, Das Grabmal des Bischofs Valentian von Chur, in «Heimatblätter aus dem Sarganserland» 1934, 35-36. - Franz PERRET, Fontes ad historiam regionis in Planis, Zürich 1936, 346. - POESCHEL, KDM VII (1948) 270. - BUB I (1955) 5 - 6 nr. 5. - Franz BÜCHELER, Carmina latina epigraphica II 2 (1964) 649, nr. 1378. - Hans LIEB / Rudolf W Ü T H R I C H , Lexicon topographicum der römischen und frühmittelalterlichen Schweiz, I, Bonn 1967, 172-175. - DIEHL I, 1079,1. - Martin
36
Bischofskerrschaft in Gallien, Zürich und München 1976 (Beihefte der Francia 5). - SULSER / CLAUSSEN, Sankt Stephan (1978) 71, fig. 47. - Hans LIEB, Die Gründer von Cazis, in Churrätisches und st. gallisches Mittelalter (1984) 48, n. 79HEINZELMANN,
37
7
FRAMMENTO DI ISCRIZIONE DA RIVA SAN VITALE
RIVA SAN VITALE
VI-VII SECOLO
(TI), casa arcipretale, saletta adibita a museo. - Tav. 2, fig. 11.
Il frammento di lapide è murato nella parete della saletta della casa arcipretale che funge da museo e che raccoglie oggetti appartenenti a vari secoli rinvenuti a Riva San Vitale. Fu trovato nel febbraio 1955, durante i restauri che hanno interessato il battistero di S. Giovanni, in un pozzo circolare scavato sotto il portone di entrata al cortile (v. il diario di cantiere dell'architetto Guido Borella in Rossana C A R D A N I , II battistero di Riva San Vitale. Gli interventi di restauro: le due fasi degli anni '20 e '50, in ZAK 47 (1990) 300). Due frammenti di marmo ricostituiti (25,5 x 17 cm) che rappresentano la parte inferiore di un'iscrizione di cui si distinguono solo le ultime due linee, orizzontale; H lettere 3 cm.
[---...---]
- - -I]ND(ICTIONE) DE[CIMA- - ...indizione decima... capitale, abbastanza accurata, con forcellature al termine delle aste. Segno di abbreviazione a forma di linea orizzontale con triangolino al centro. Singole lettere: D di due tipi susseguentesi, la prima a triangolo e la seconda del tipo consueto; E con traverse molto corte. Scritture vicine: lapide proveniente dalla chiesa di S. Vittore in Laino del 5 5 6 , v. M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane ( 1 9 1 2 ) 2 1 - 2 3 nr. 4 ; lapide in S. Eufemia ad Isola, prima metà del VII secolo, Idem 2 3 - 2 6 nr. 5 ; lapide da S. Nicolao di Piona, inizio VII secolo, Idem 3 9 - 4 0 nr. 2 0 (v. riprod. fotogr. in Carlo M A R C O R A , Il Priorato di Piona, Lecco 1 9 7 2 , fig. 1 1 ) . SCRITTURA:
probabilmente si trattava di un'iscrizione sepolcrale di cui è rimasta la parte finale con l'indicazione della data di morte. FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: gli unici elementi utili per la collocazione cronologica di questo frammento sono la presenza della D a triangolo e della E con le aste orizzontali molto corte, che si ritrovano in lapidi dal VI al VII secolo (v. Scritture vicine). BIBLIOGRAFIA:
38
inedita.
8
L'EPIGRAFE IN ONORE DI UN VITTORIDE
PRIMA METÀ Vili SECOLO
COIRÀ (GR), Museo Retico, nr. d'inventario P 1972.89. -Tav. 3, fig. 12-14. La lapide è stata ritrovata nel 1972 nel cimitero Scaletta di Coirà sul retro del monumento sepolcrale di Hans Jacob Wägerich, maestro della zecca del vescovo, al momento del risanamento del muro in cui era inserita (Alfred W Y S S , Zum Fund eines Grabsteines aus dem 8. Jahrhundert, in BM 1972, 300-306). E' attestata letterariamente per la prima volta da Aegidius Tschudy (S. Gallo, Stiftsbibliothek, Cod. 609 P- 84) che la vide collocata nella cripta della chiesa di S. Lucio unitamente ad un'altra, dedicata sempre dal preses Victor ad un clarissimus proavus, antenato suo del padre Iactadus e dello zio vescovo Victor (v. BUB I (1955) 8 - 9 nr. 11), di cui però si è persa ogni traccia. Il Campell, che terminò la sua Historia Raetica nel 1579 (v. CAMPELL, in bibl. 89-90) le ricorda entrambe nella cripta di S. Lucio affermando però che da pochi mesi erano state distrutte e rubate. Secondo un'ipotesi di Sulser le due lapidi avrebbero ricoperto due tombe che sono state trovate nell'odierno lato est della navata della chiesa carolingia a tre apsidi di S. Lucio, da considerare chiesa cimiteriale dei Vittoridi (Walther SULSER, Die St. Luziuskirche in Chur, in Frühmittelalterliche Kunst ( 1954) 15 9-162). Marmo bianco della Val Venosta (v. DE QUERVAIN, Herkunft und Beschaffenheit (1972) 10 e DE QUERVAIN, Steine (1979) 59, 146), ben conservata, di forma rettangolare (120 x 79,5 x 4,5-5 cm). Una cornice composta di tre linee incise delimita il campo abbassato che contiene la scritta (101 x 61 cm). La scrittura, orizzontale e bene allineata, si presenta in 4 coppie di due righe di cui la prima più lunga e la seconda corta e centrata. Nella parte inferiore le ultime righe sono state erase. L'invocazione simbolica iniziale è collocata in alto sopra la cornice che delimita il campo di scrittura; H lettere 5 cm.
5
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+ IN XPÌ N(0)M(EN?) HIC SVB ISTA LABIDE(M) (!) MARMOREA QUEM VECTOR VER IN LVSTER PRESES ORDINABIT VENIRE DE VENOSTES [....] HIC REQVIESCET DOMNVS [----] [----] [ - - - - ] [ - - - - ]
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Nel nome di Cristo. Qui, sotto questa lastra marmorea che l'illustre preses Victor ha fatto venire da Venosta, qui riposa il domnus... 1.7 dopo l'ultima S di VENOSTES si riconoscono chiaramente le tracce di almeno quattro lettere poi erase; 11.10—13 sicure le tracce di queste quattro linee erase che presentavano la medesima struttura e lunghezza delle altre. SCRITTURA: alfabeto capitale con immissione di E onciale, inclinata a sinistra, abbastanza elegante, uniforme nel modulo e nell'allineamento, apici triangolari al termine delle aste e prolungamenti di alcune aste verticali, soprattutto visibili in D ed E capitale. L'iscrizione non presenta divisione delle parole, né legature o lettere inserite. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale sopra XPI e NM (1.1), e sopra la E finale di LABIDE (1.2). Invocazione simbolica in forma di croce latina all'inizio del testo. Singole lettere: A con traversa spezzata ad angolo; B con occhiello superiore più piccolo in LABIDEM (1.2); alternanza irregolare di E capitale - presente 12 volte - con E onciale che compare 4 volte: in MARMOREA (1.3), VER (1.4), VENIRE (1.6), REQVIESCET (1.8); M con tratti mediani alti; O «a goccia»; P con anello alto; Q a forma di P speculare alta sul rigo. — Scritture vicine: la caratteristica O «a goccia» si ritrova in due lapidi comasche ora al museo civico di Como: lapide da S. Abondio attribuita all'VIII secolo, v. M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) 77 nr. 75; lapide dalla basilica di S. Giuliano in Como, attribuita dubitativamente al VII secolo, v. M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) 79-81 nr. 78. Altri esempi di Q a forma di P: lapide per la monaca Eufraxia, seconda metà del VII-VIII secolo, v. CIMAH II, 46, fig. 59 e epitaffio per il dux Martinus e il figlio Agnellus nel museo di Rimini, Vili secolo, v. GRAY, The Paleography (1948) 82 nr. 50.
(1. 1) l'abbreviazione nm è stata sciolta con l'accusativo nomen invece dell'ablativo per analogia con quanto si ritrova per esempio nella lapide per la monaca Eufraxia (v. CIMAH II, 46) e nell'ambone di Romainmòtier (v. CIMAH II, 48) dello stesso periodo. (1. 2) la forma nell'accusativo invece che nell'ablativo di labidem è chiaramente confermata dal segno di abbreviazione sopra la E finale di LABIDE e si ripete nell'altra pietra dedicata da Victor ad un suo antenato ed ora scomparsa (v. più sotto in FORMULARIO E CONTENUTO e BUB I (1955) 8 nr. 11) anche se non è possibile dire se fosse scritta per intero o abbreviata, labide per lapide si ritrova anche nella lapide per la monaca Eufraxia (v. CIMAH II, 46) e nell'altra pietra dedicata da Victor citata (v. più sotto in FORMULARIO E CONTENUTO e BUB I (1955) 8 - 9 nr. 11). Vector per Victor e ver per vir (1. 4), inluster per illuster (1. 4—5), ordinabit per ordinavit (1. 6), requiescet per requiescit (1. 8) presente anche in una lapide dalla basilica di S. Giuliano di Como dubitativamente datata al VII secolo (v. M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane (1912) nr. 78), domnus per dominus (1. 9): per queste forme di allontanamento dal latino classico tipiche dell'epoca merovingia v. Alexis DECURTINS, Vom Vulgärlatein zum Rätoromanischen, in Beiträge zur Raetia romana. Voraussetzungen und Folgen der Eingliederung Rätiens ins Römische Reich, Chur 1987 (JHGG) 208-212. LINGUA E FORMA:
iscrizione sepolcrale incompleta in prosa con formula d'invocazione in forma di croce latina, nome e carica del dedicante; manca quello del morto e l'indicazione temporale. Lo stesso formulario si ritrova in una lapide funeraria che lo Tschudi vide insieme a FORMULARIO E CONTENUTO:
40
questa nella cripta di S. Lucio ma che è poi scomparsa (v. BUB I (1955) 8 - 9 nr. 11 con bibl. precedente), dedicata sempre da Victor ad un antenato suo, del vescovo Victor e del di lui fratello Iactadus. + IN XPI (=CHRISTI) NOMEN (o nomine), formula d'invocazione frequente nelle iscrizioni paleocristiane e merovingiche anche nella forma in nomine Dei, v. la lapide per la monaca Eufraxia, CIMAH II, 46; l'ambone di Romainmótier, CIMAH II, 48 e l'epigrafe da S. Martino di Sagno, cat. nr. 5. Per l'uso dell'abbreviazione di origine greca XPI per Christi v. TRAUBE, Nomina sacra (1907) 156-163. 4 - 5 QVEM VECTOR VER INLUSTER PRESES: anche nel testamento di Tello del 765 Victor è designato con i due titoli di vir illuster e di preses (v. BUB I (1955) 15 nr. 17). Mentre vir illuster è un titolo onorifico già in uso nel periodo romano e probabilmente ripreso dai Franchi (cf. RE IX, 1070-1085), il preses dovrebbe essere la persona che affiancava il dux — che deteneva i poteri militari — con poteri civili, assicurando il governo di una regione (v. Iso MÜLLER, Rätien im 8. Jahrhundert, in ZSG 19 (1939) 349-359 e CLAVADETSCHER in bibl. (1974) 67-68). 6 - 7 ORDINABIT VENIRE DE VENOSTES: sulla Val Venosta e sulla consuetudine di utilizzare il marmo delle cave di questa valle v. sotto alla rubrica NOMI. Per l'uso del verbo ORDINARE in relazione ad una committenza, v. il reliquiario di Teuderigus Nordoalavs et Rihlindis ordenarvnt fabrigare, CIMAH I, 28. 8 - 1 3 HIC REQUIESCET DOMNUS [ ]: come è chiaramente visibile sulla lapide, l'iscrizione proseguiva per altre quattro righe che presentavano la medesima struttura alternata di una linea lunga e una corta come le precedenti. Iso Müller aveva a suo tempo ipotizzato di integrare il testo con + Vector episcopus / quem Vigilius / et Episcopina genu / erunt, basandosi sul fatto che egli intrawedeva tracce delle lettere EP di EPISCOPUS alla linea 10 e supponendo così che si trattasse del vescovo Victor II zio del Victor praeses (v. MÜLLER in bibl. (1972) 319-320 e MÜLLER in bibl. (1973) 204-216). Pur non escludendo che sotto la lapide giacesse veramente il corpo del vescovo Victor, un esame attento e diretto della pietra non permette di identificare con sicurezza nessuna delle lettere delle ultime righe (cf. anche CLAVADETSCHER in bibl. ( 1 9 7 4 ) 6 3 , n. 1 1 ) . 1
NOMI: VECTOR: questo personaggio appartenente alla famiglia che per qualche secolo ha retto la Rezia (comunemente detti Vittoridi, recentemente è stata proposta la denominazione di Zacconi, v. LIEB in bibl., 40 e CLAVADETSCHER in bibl. (1990) 63) è attestato, oltre che in questa, anche in altre fonti quali la lapide già ricordata che si trovava insieme a questa e che è in seguito scomparsa, una nota marginale al testamento del vescovo Tello del 765 risalente circa al X secolo e poi dai copisti più tardi erroneamente inserita nel testo, e nel Liber Viventium di Pfafers (v. CLAVADETSCHER in bibl. (1990) 65). Tuttavia gli unici elementi cronologici sicuri riguardanti la sua vita si ricavano dalla tradizione relativa alla fondazione del monastero di S. Gallo secondo la quale nel 719 o 720 egli inviò l'alemanno Otmar, educato alla sua corte, quale abate presso la tomba di S. Gallo (v.Johannes D U F T , Sankt Otmar. Die Quellen zu seinem Leben, Zürich-Konstanz 1969, 22-25) e dal testamento del figlio Tello del 765, anno in cui probabilmente Victor era già morto: egli rivestì quindi la carica di praeses probabilmente nei primi tre decenni dell'VIII secolo (v. Iso MÜLLER, Die Frühzeit des Klosters Disentis, in B M 1986, 2-4). 41
VENOSTES: l'attuale Val Venosta apparteneva politicamente alla Rezia già dal VI secolo, e probabilmente nello stesso periodo entrò a far parte della organizzazione vescovile di Coirà dove rimase fino al 1816 (v. Iso MÜLLER, Der rätische Vintschgau im Frühmittelalter, in «Der Schiern» 34 (I960) 318-329). La consuetudine di utilizzare il marmo di Lasa / Laas nella Val Venosta è attestata già in epoca romana: è da qui che proviene la lapide di un Claudius Senecianus del III secolo riutilizzata come lastra d'altare nella cappella di S. Maria Maddalena di Dusch (v. Peter FLURY, Der römische Grabstein von Dusch, in «Archeologia svizzera» 2 (1979) 97); di epoca già medievale sono alcuni frammenti trovati nella camera sepolcrale di S. Stefano (v. SULSER / CLAUSSEN, Sankt Stephan (1978) 65), il frammento di iscrizione dalla cattedrale carolingia (cat. nr. 13*) e i frammenti della decorazione carolingia del monastero di Müstair (v. Günther HASELOFF, Die frühmittelalterlichen Chorschrankenfragmente in Müstair, in «Helvetia archaeologica» 41 (1980) 21-38). DATAZIONE: una datazione alla prima metà dell'VIII secolo, che si ricava dalla biografia del praeses Victor che ordinò la lapide (v. sopra alla rubrica NOMI), concorda anche con il carattere della scrittura. BIBLIOGRAFIA (fonti manoscritte): Aegidius TSCHUDI, S. Gallo, Stiftsbibliothek, Cod. 6 0 9 , p. 84. - Aegidius TSCHUDI, Zurigo, Zentralbibliothek, Hs. A 1 0 5 ( 5 0 ) f.l. - Johann Rudolf STUMPF, Zurigo, Zentralbibliothek, Hs. L.47, p. 9 2 . (Fonti a stampa prima del ritrovamento): Ulrich CAMPELL, Historia Raetica, 1 5 7 9 (Quellen zur Schweizer Geschichte, Basel 1 8 8 7 ) 9 0 . - Johann GULER V. W E I N E C K , Raetia, Zürich 1 6 1 6 , 8 8 . Fortunat SPRECHER V. BERNEGG, Pallas Rhaetica, Basel 1 6 1 7 , 5 2 . - Johann Jakob H O T T I N G E R , Helvetische Kirchengeschichte, Zürich, Heinrich Bodmer 1 6 9 8 - 1 7 2 9 , I, 2 8 8 . - Theodor M O H R , Codex diplomaticus, Chur 1 8 4 8 , I , 8 nr. 6 . - Theodor MOMMSEN, Inscriptiones Confoederationis Helveticae Latinae, in MAGZ 1 0 ( 1 8 5 4 ) Anhg. 2 7 . - Wolfgang v. JUVALT, Forschungen über die Feudalzeit im curischen Rätien, Zürich 1 8 7 1 , 6 0 . - Peter Conradin PLANTA, Das alte Rätien, Berlin 1 8 7 2 , 2 6 3 n. Ib. - Salomon VÖGELIN, Wer hat zuerst die römischen Inschriften in der Schweiz gesammelt und erklärt?, in «Jahrbuch für Schweizerische Geschichte» XI ( 1 8 8 6 ) 1 2 6 - 1 2 7 , 1 3 5 , nr. 5 4 . - KRAUS, Inschriften I (1890) 3. - Emil EGLI, Die christlichen Inschriften der Schweiz vom 4—9• Jh., in MAGZ 24 (1895) 39. - C I L X I I I (1905) nr. 5253. - Paul Edmond MARTIN, Etudes critiques sur l'histoire de la Suisse à l'epoque mérovingienne, Genève-Paris 1910, 446-452. - Friedrich VOLLMER, Inscriptiones Baivariae Romanae, Rom 1915, 71. - Franz PERRET, Fontes ad historiam regionis in Planis, Zürich 1936, 563. - POESCHEL, KDM V I I (1948) 270. - BUB I (1955) 9 nr. 12. - Hans LIEB / Rudolf W Ü T H R I C H , Lexicon topographicum der römischen und frühmittelalterlichen Schweiz, I , Bonn 1967, 74. (Dopo il ritrovamento): Alfred WYSS, Zum Fund eines Grabsteines aus dem 8. Jahrhundert, in BM 1972, 300-306. - Iso MÜLLER, Zum neu auf gefundenen Victoridenstein, in BM 1972, 307-321. - Iso MÜLLER, Der victoridische Gedenkstein auf den Spitzenahnen, in BM 1973, 204-216. - Otto P. CLAVADETSCHER, Zur Verfassungsgeschichte des merowingischen Rätien, in «Frühmittelalterliche Studien» 8 (1974) 60-70, fig. 1. - Das rätische Museum. Ein Spiegel von Bündens Kultur und Geschichte, Chur 1979, 78 e fig. - Rudolf SCHNYDER, Kunst und Kunsthandwerk, in Ur- und Frühgeschichtliche Archäologie der Schweiz, Bd. VI Das Frühmittelalter, Basel 1979,168-169, fig. 7. - Hans LIEB, Die Gründer von Cazis, in Churrätisches und st. gallisches Mittelalter (1984) 47—49- Otto P. CLAVADETSCHER, Zur Führungsschicht im frühmittelalterlichen Rätien, in «Montfort» 42 (1990) 63-70.
42
9
GLI STUCCHI DI DISENTIS
DISENTIS / MUSTÉR ( G R ) ,
Vili SECOLO
Museo del monastero. - Tav. 4-7, fig. 15-37.
Varie campagne di scavi, condotte a partire dal 1891 nel cortile dell'odierna area del monastero di Disentis, hanno portato alla scoperta delle fondamenta della chiesa di S. Martino e chiarito almeno in parte le varie fasi di costruzione anche delle altre due chiese (S. Pietro e S. Maria) che costituivano il complesso monastico nell'alto Medioevo e la cui esistenza è attestata per la prima volta nel testamento del vescovo Tello del 765 (v. BUB I (1955) 13-23 nr. 17). Già durante i primi scavi e quelli del 1906-1909 erano venuti alla luce nel perimetro delle absidi e nella spianata tra queste e la cripta resti di un mosaico pavimentale, frammenti di pittura muraria e soprattutto numerosi pezzi in stucco composti di elementi architettonici, figurativi e di iscrizioni. Si suppose che questi elementi decorativi appartenessero alla decorazione che adornava il cosiddetto S. Martino II a tre absidi, fatto risalire da Stückelberg e Rahn alla prima metà del secolo Vili in base a documenti poi ritenuti non validi (v. STÜCKELBERG in bibl. (1908) 229; R A H N in bibl., 42; STÜCKELBERG in bibl. (1923) 163) e all'inizio del IX secolo secondo gli studi successivi (v. MÜLLER / STEINMANN, in bibl., 140-142; SENNHAUSER in bibl. (1966-1971) 61). L'ultima campagna di scavi ( 1 9 8 0 - 1 9 8 3 ) condotta sotto la direzione di Hans Rudolf Sennhauser (v. Iso MÜLLER, Die Frühzeit des Klosters Disentis. Forschungen und Grabungen, in B M 1 9 8 6 , 1—45; SENNHAUSER in bibl. ( 1 9 9 1 ) 9 4 - 9 5 ) ha permesso di meglio definire le varie fasi costruttive dell'edificio fino all'epoca carolingia: - S. Martino I (prima identificata come S. Martino I e fatta risalire al 750 ca.): chiesa a sala con apside a ferro di cavallo, databile nella prima metà dell'VIII secolo - S. Martino II (prima S. Martino I): con abside rettangolare, databile alla metà dell'VIII secolo e prima del 765 - S. Martino III (prima S. Martino II, datata intorno all'800): con tre apsidi, la cui costruzione va collocata intorno all'800. Durante gli scavi stucchi e resti del mosaico pavimentale (v. cat. nr. 10) sono stati reperiti nella spianata realizzata con le macerie ottenute dalla demolizione di S. Martino II e nel mantello che, secondo Sennhauser già all'epoca della costruzione, venne realizzato intorno alle fondamenta delle tre absidi di S. Martino III per rinforzarle (v. SENNHAUSER in bibl.(1991) 95). Gli stucchi risalgono quindi al S. Martino II anche se, presentando spesso delle differenze nella composizione e nel modo in cui furono apposti alle pareti, non è escluso che appartengano a varie fasi. Gli stucchi si dividono in architettonici, figurativi e ornamentali, quasi tutti con resti della colorazione primitiva. Applicati in più zone a rilievo, probabilmente delle arcate sostenute da colonne dividevano le pareti e costituivano uno sfondo per le figure in stucco forse identificate da una scritta (v. Angela W E Y E R , Zur frühmittelalterlichen Stuckdekoration des Klosters Disentis. Die unfigürlichen Stuckfragmente aus den Grabungen 1906-1934, in ZAK 49 (1992) 287-314).
43
Tra i frammenti figurati si distinguono due gruppi, di cui il primo si caratterizza per le teste grandi con bocca e occhi dipinti mentre il secondo presenta delle misure più ridotte, i volti di profilo, i tratti intagliati e modellati e poi sottolineati con colore. Chiaramente riconoscibili sono un'immagine clipeata, la testa di un bue, che rimanda alla rappresentazione di un Cristo in maestà con i simboli degli evangelisti, una mano con un rotolo, una seconda con un libro ed una terza b e n e d i c e n t e (v. POESCHEL i n b i b l . , 1 9 - 2 4 , fig. 1 5 - 1 6 e MULLER i n b i b l . ( 1 9 6 2 ) 1 1 8 - 1 2 1 ) .
I singoli pezzi, anche se frammentari, si presentano in perfetto stato di conservazione, senza tracce né di danneggiamento né di annerimento (cf. per la composizione dello stucco STUCKELBERG Die Ausgrabungen
(1907) 501-503).
I frammenti con iscrizioni si possono a loro volta suddividere in vari gruppi a seconda delle dimensioni, della tecnica - solo incise, incise e dipinte, solo dipinte - e della posizione che occupavano - su un listello aggettante, su una o più linee di scrittura - nell'insieme della decorazione (cf. anche la classificazione operata da MULLER in bibl. (1962) 1 1 1 - 1 2 7 qui seguita solo in parte).
I)
Lettere incise e riempite di colore nero, la scrittura si trova su di un listello alto ca. 14-15 cm il cui taglio superiore era rosso. Nel frammento più grande si è conservata una parte della superfìce inferiore che reca una colorazione ad affresco, mentre in un altro (b), la S finale è seguita dal disegno di una Z forse solo ornamentale; I.a, I.c e I.e sono ricomposti; una riga orizzontale; H lettere 8 - 9 cm.
I.
a) - --]IOHA[NNES--
b)
- - -]S
c)
]ETE[- -
d)
-]H[
e)
]ET[- -
f)
]PH[—
g)
---M---
h)
i)
---]§[.---
1)
---]?[---
m)
II)
]T[— -]SV[- -
Le lettere, che sono incise con un taglio a V e ripassate poi con colore nero, si trovano su di un listello aggettante di 2 - 3 cm; sotto la riga di scrittura orizzontale, a 1 - 2 cm, vi è un'incisione continua di 1 cm, alla distanza di 1,5-2 cm dall'aggetto (tranne II.2.d che è stato inserito in questo gruppo per affinità nell'altezza delle lettere). Una ulteriore suddivisione in due gruppi è possibile in base all'altezza delle lettere: 6 - 7 cm il primo (II. 1), 9 - 1 0 cm il secondo (II.2) gruppo. I frammenti II.l.a; II.2.a e II.2.e sono ricomposti; incerta la lettura di II.2.d che potrebbe anche leggersi capovolto.
II.l)
a)
]MS[- -
b)
II.2)
a)
]OS[.-
b)
d) ---]SV[.-
44
- - -,]N[- ]AN[
e) - - - , ] O R V [ M - - -
c)
]MI[- -
c)
]EI[.-
Ili)
Lettere incise e ripassate con colore nero. Il raggruppamento è avvenuto in base all'altezza delle lettere, alla presenza di nessi, e alla collocazione su di un listello aggettante. In un caso si è conservato un frammento del piano inferiore ribassato su cui è rimasta traccia di una seconda linea di scrittura (Ill.b). Il frammento Ill.a è ricomposto da due pezzi e potrebbe essere unito al Ill.b; H lettere 7—8 cm. a)
]ONE [..- -
d) - - -]NPI[.- - g) - --]MS (o AS)[-- -
IV)
b)
]ES[
/
e) h)
- - --]ST[.- - - - -]MI[- - ]ONS[.
c) - - -]ANTI[- - f) i)
- - -,]TLI[- - - - -]BVI[- - -
Si tratta del gruppo più numeroso: le lettere incise sono riempite di nero e si caratterizzano per il fatto di appartenere ad una fascia che portava almeno tre linee di scrittura; il campo di scrittura è delimitato da due linee parallele di colore giallo non sempre perfettamente osservate dal lapicida. I frammenti appartenenti alla linea inferiore di scrittura si riconoscono per lo spazio sottostante più alto: 5—7 cm H lettere 6—6,5 cm, interlinea 2 cm. Nel gruppo IV. 1 si è conservata traccia di tre linee; nel IV.2 di due e nel IV.3 di una sola riga di scrittura. Il gruppo IV.4 ha potuto essere qui inserito in base alla forma delle lettere poiché i pezzi sono così frammentari che non è rimasta traccia delle linee che delimitano il campo di scrittura. I frammenti IV.2.g; IV.2.0 e IV.2.p sono ricomposti; il IV.3.g potrebbe anche essere letto capovolto come una A.
IV.l) a)
/ ,]S[ - - -V]OCE DICI[T- - -/ - - -]EIPOS[- - -
b)
]I[ / - - -]SIL[- - - / [- - -...- - -]
c)
]Q[ / - - -]VE[- - -/ [- - -..- - -]
IV. 2) a)
]ML[. / - - -]DIA[- - -
b)
]A[. / - - -,]EN[- - -
c)
- --]A (o M)I[---/ - - -.]IA[- - -
d)
]IS[ / [- - - . - - - ]
e)
[---..---/] - - -]ST[- - -
f)
g)
]RJ[ / [---..---]
h)
[---..---/] [---..---/]
i)
]LV[. / ]F (o E) [
1)
]ELI[ / - - -]HE[- - -
m)
,]S[ / - - -]OV[- - -
n)
- - -]OD[- - -/ - - -]V[- - -
o)
- - -]VTIO[- - -/ . . -,]IE[- - -
p)
]EA[ / - - -]ATV[- - -
q)
[---..---/] - - -]IE[.- - -
]V[ / - - -]0(o D) E (o B)[- -
45
IV.3) a)
- - -]EB[- - -
b)
]E[
c)
- - -]DI[- -
d)
- - -]VO[- - -
- - -]L[- - -
]V[
- - -]PI[- - - - -]A[- - -
f)
g)
e) h)
c)
]A[—
f)
- - -]ET[- -
IV.4) a) d)
V)
- - -]S[- - - - -]T[- - -
d)
- - -]S[.- - -
b)
- - -]SC[- - -
- - -.]A[- - -
- - -]M[- - -
- - -]OM[- - - - -]VI
e) h+i) - - -]ENTIA o)
-]A[.
r)
- - -]U[.- - -
b)
- - -]VDE[- - - - -]ALIA
f) 1+m) - - -]NTIA - - -]B[- - P)
c+d) - - -]SVND[- - -,]LIA g) n) q)
RA[--]PV[- -
Undici frammenti con lettere dipinte in nero; in alcuni si riconosce la disposizione su due linee. H lettere 3 - 5 cm. a)
- - -]G[- - -
b) •- - -]HIY[- - -/ —jsÀ[
c)
- - -,.]S[- - -
d)
- - -]PI[- - -/ - - -]D[- - -
e)
]GI[
f)
- - -]A[- - -/
[. . . . . . ./]
h)
- - -]OS [- - -
i)
[- - -.- - -] - - -]LP [- - -/
m)
]AR[
g)
]N[— 1)
46
c)
Le lettere non sono incise ma solo dipinte, normalmente con il nero, di rosso il Vl.a, e disposte su di una striscia aggettante con andamento curvo e superfìcie leggermente concava; il taglio superiore di questa striscia è dipinto in rosso. In alcuni punti sembra di poter vedere un fondo giallo; in alcuni casi all'ultima lettera fa seguito uno spazio più ampio che la qualifica come lettera finale. I pezzi VI.c, Vl.e Vl.g sono ricomposti; H lettere 5—6 cm. a)
VII)
e)
Le lettere che fanno parte di questo gruppo sono incise abbastanza profondamente e riempite di colore rosso. La scrittura era forse verticale (v. V.b), su di una superfìcie aggettante sul cui lato sinistro si intrawede quella inferiore dipinta in rosso. Segno di abbreviazione sopra la S nel frammento V.a; H lettere ca. 10 cm. a) - - -]S(ANCTVS?)[- - -
VI)
b)
]A[
V i l i ) Nove frammenti di lettere incise e riempite di nero; la loro estrema frammentarietà non consente di collocarli negli altri gruppi; H lettere non determinabile. In Vili.e la lineetta orizzontale che si intrawede potrebbe costituire un segno di abbreviazione. c)
- - -]T[- -
e)
- - -.]S[- -
f)
- - -]A[- -
h)
- - -]SI[- -
i)
- - -]D[- -
- - -]N[- - -
b)
d)
- - -]ON[- -
g)
IX)
- - -]N[- -
a)
- -
-mi- -
Un solo frammento (10 x 6,5 cm) in cui si riconoscono due linee di scrittura; le lettere sono incise ma non dipinte ed a sinistra e in basso presenta il taglio tipico della fascia aggettante; H lettere 4 - 4 , 5 cm. PIS[- - -/ CIA[- - -
X)
In questo gruppo confluiscono una serie di frammenti che recano delle lettere dipinte a grandi pennellate con colore nero che si presenta con ampie sbavature; difficilmente si riconoscono delle lettere, che in parte sono state corrette; sembrano essere di epoca più tarda (XIII—XIV secolo) e non vengono prese in considerazione in questa sede.
SCRITTURA: scrittura capitale di modulo variabile; lettere slanciate nel gruppo II.2 e estremità che si allargano leggermente a spatola (cf. anche il commento paleografico di Iso MULLER, in bibl. ( 1 9 6 2 ) 1 1 5 - 1 1 8 ) ; l'esecuzione appare più trascurata nelle lettere dipinte. Non sembrano esserci divisione delle parole, visibile forse in Ill.a, o segni distinguenti. L'unico tratto orizzontale che potrebbe fungere da segno di abbreviazione è quello sopra la S in V.a e forse quello in Vili.e. Nessi si riscontrano solo nel gruppo III: NE (III.a), N T (III.c). Singole lettere: A prevalentemente con vertice piatto e traversa spezzata ad angolo (I.a; IV.2.b; IV.2.p; IV.4.C?; Vl.m; Vl.n; VI.o) più raramente con traversa diritta (III.c; IV.2.a?; Vl.i; Vll.f); B con occhiello inferiore più grande (III.i; VI.p?); C nella forma quadrata per due volte (IV.l.a) o tonda (IX); E capitale con traverse della stessa lunghezza (I.c; Le; Ill.a; IV.I.a; IV.l.c; IV.3.a) o con traversa mediana leggermente inclinata verso il basso (IV.2.b; IV.2.f; IV.2.Ì; IV.2.q); H capitale (La; I.d; I.f); M con aste divaricate e traverse che scendono fino a metà altezza (II. 1 .a; II. 1 .c; Vl.a); N con tratto mediano che si congiunge poco al di sotto della metà della seconda asta verticale (II. 1 .b; Ill.a; III.c; IV.2.b; VLd; Vl.h; VI.l; VlII.a; VlII.b); O slanciata (I.a; II.2.e; IV.2.o) oppure quasi a «goccia» (Ill.a; IV.2.n); P con anello normalmente chiuso (I.f; IlI.d; IX), in un caso aperto (Vl.q); R molto slanciata con anello alto e terzo tratto diritto (II.2.e), in un caso più tozza e in due tratti con l'anello che non si congiunge con l'asta verticale (Vl.n); T con le estremità della traversa leggermente inclinate verso il basso (I.c; Le; I.h; IV.2.o; IV.2.p); V normalmente triangolare, in due casi con una base inferiore (IV.2.0 e VLe).
47
FORMULARIO E CONTENUTO: lo stato frammentario dei reperti non permette di ricostruire con sicurezza nemmeno una sola parola, tranne forse il nome IOHANNES (I.a) e l'espressione VOCE DICIT? (IV. 1 .a) (cf. tuttavia i tentativi di MÜLLER in bibl. (1962) 118-121). I vari modi in cui sono organizzate le lettere nonché le diverse tecniche con cui sono state realizzate fanno pensare ad un programma notevolmente complesso, che comportava la presenza di scritte di vario genere di cui si riconoscono due categorie principali: semplice identificazione dei personaggi e commenti alle scene. Un eventuale confronto con altre opere del genere non ci è di aiuto in quanto questo complesso decorativo sembra per il momento essere unico nel suo genere, nonostante l'utilizzo della decorazione in stucco fosse abbastanza diffuso all'epoca, come dimostra ciò che si è conservato per esempio nel tempietto di S. Maria in Valle a Cividale, nella chiesa di S. Salvatore a Brescia e in S. Benedetto a Malles, contemporanei o poco più tardi. Solo una ricomposizione generale di tutti gli stucchi, basata anche sul materiale di cui sono costituiti e sul modo in cui erano affìssi alla parete, potrà forse aiutare a ricostruire il programma generale della decorazione e di conseguenza anche il significato delle scritte. DATAZIONE: dal punto di vista epigrafico le scritte presentano delle analogie con le iscrizioni di età longobarda dell'VIII secolo: A con traverse spezzate, N con traversa corta, O a forma di uovo, P ed R con anelli aperti, V con base inferiore (v. GRAY, ThePaleography (1948) 59-77); l'uso della C quadrata, sconosciuto alle precedenti, figurava probabilmente nella lapide in onore di un Vittoride risalente all'inizio dell'VIII secolo che lo Tschudi vide e trascrisse nella cripta di S. Lucio a Coirà (v. BUB I (1955) 8 - 9 nr. 11). La nuova cronologia scaturita dai risultati delle ultime campagne di ricerca archeologica secondo la quale gli stucchi, probabilmente non risalenti ad una sola fase decorativa, proverrebbero da stadi costruttivi comunque precedenti quello carolingio, sembra confermare quanto è possibile dedurre dall'analisi delle caratteristiche epigrafiche. BIBLIOGRAFIA: Ernst Alfred STÜCKELBERG, Die Ausgrabungen zu Disentís, in «Basler Zeitschrift für Geschichte und Altertumskunde» 6 (1907) 4 8 9 - 5 0 3 . - Johann Rudolf RAHN, Die Ausgrabungen im Kloster Disentís, in ASA 10 (1908) 35-55. - Ernst Alfred STÜCKELBERG, Die Ausgrabungen zu Disentís, in «Basler Zeitschrift für Geschichte und Altertumskunde» 7 (1908) 220-233- - Ernst Alfred STÜCKELBERG, Germanische Frühkunst, in «Monatshefte für Kunstwissenschaft» 2 (1909) 122-133- - Ernst Alfred STÜCKELBERG, Die frühmittelalterlichen Stukkaturen von Disentís, in BM 1 9 2 3 , 1 6 1 - 1 7 5 . - POESCHEL, K D M V ( 1 9 4 3 ) 2 4 - 2 5 . - Iso MÜLLER / O t h m a r STEINMANN, Zur
Disentiser Frühgeschichte, in Frühmittelalterliche Kunst (1954) 142-147. - Iso MÜLLER, Zum Stucco von Disentís, in Stucchi e mosaici alto-medievali. Atti dell'VIII congresso di studi sull'arte dell'alto Medioevo, Milano 1962, 111—127. — Christian BEUTLER, Bildwerke zwischen Antike und Mittelalter. Unbekannte Skulpturen aus der Zeit Karls des Grossen, Düsseldorf 1964, 4 3 - 4 5 . - Hans Rudolf SENNHAUSER, Disentís. St. Martin, in Vorromanische Kirchenbauten (1966-1971) 61. REINLE, Kunstgeschichte ( 1968) 216. - Iso MÜLLER, Die Frühzeit des Klosters Disentís. Forschungen und Grabungen, in BM 1986, 1-45. - Hans Rudolf SENNHAUSER, Disentís. St. Martin, in Vorromanische Kirchenbauten ( 1 9 9 1 ) 9 3 - 9 5 .
48
10 FRAMMENTO DI MOSAICO DA DISENTIS DISENTIS / MUSTÉR ( G R ) ,
VIII SECOLO
Museo del monastero. - Tav. 8, fìg. 38.
Durante gli scavi archeologici effettuati negli anni 1 8 9 1 , 1 9 0 6 - 1 9 0 9 , 1 9 3 4 e 1 9 8 0 - 1 9 8 3 nell'area del monastero in cui si situavano gli edifici più antichi e durante i quali sono stati trovati i frammenti della decorazione originale a stucco (v. cat. nr. 9) sono pure stati rinvenuti dei frammenti di un mosaico pavimentale (v. F. V O N JECKLIN, Fund eines Mosaikbodens beim Kloster Disentis, in A S A 2 5 ( 1 8 9 2 ) 7 - 8 ; STÜCKELBERG in bibl. ( 1 9 0 9 ) 5 4 ; Iso MÜLLER, Neue Ausgrabungen in der Krypta von Disentis, in A S A 3 8 ( 1 9 3 6 ) 1 1 7 ) . Sia i pezzi di mosaico che gli stucchi sono stati reperiti nella spianata realizzata con le macerie ottenute dalla demolizione di S. Martino II risalente alla metà dell'VIII secolo (v. per le varie fasi di costruzione e la cronologia cat. nr. 9), e nel mantello che, secondo Sennhauser già all'epoca della costruzione, venne realizzato intorno alle fondamenta delle tre absidi dell'edificio carolingio denominato S. Martino III per rinforzarle (v. SENNHAUSER in bibl. (1991) 95). Le parti di mosaico rinvenute sono costituite di piccoli cubetti bianchi (quarzite) e verdi (lardite) di provenienza indigena ed il lavoro, a giudicare dalle parti di giuntura quasi invisibile, era stato eseguito con molta accuratezza. Tra questi frammenti se ne è conservato uno (20 x 20 cm) di cui è rimasta la struttura a reticolato e le tessere verdi, mentre quelle bianche sono andate perse: vi si distingue chiaramente in pietra verde l'anello di una P con al centro una pietra rotonda nera; H del frammento di lettera 9,8 cm.
si tratta probabilmente di una 'croce monogrammatica' costituita da una croce sulla cui asta verticale si innesta, fondendosi con questa, il Rho greco (v. TESTINI, Archeologia cristiana (1980) 354-355); unitamente al Cristogramma, appare frequentemente quale simbolo cristiano soprattutto su piccoli oggetti (v. CIMAH II, 10*, 11, 12*). FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: V.
gli stucchi di Disentis, cat. nr. 9.
BIBLIOGRAFIA: Johann Rudolf R A H N , Die Ausgrabungen im Kloster Disentis, in ASA 10 (1908) 54. — Ernst Alfred STÜCKELBERG, Germanische Frühkunst, in «Monatshefte für Kunstwissenschaft» 2 (1909) 122. - Ernst Alfred STÜCKELBERG, Eine gestickte Inschrift aus dem Frühmittelalter, in ASA 25 (1923) 130 n. 4. - POESCHEL, KDM V (1943) 18. - Iso MÜLLER / Othmar STEINMANN, Zur Disentiser Frühgeschichte, in Frühmittelalterliche Kunst (1954) 142. - Hans Rudolf SENNHAUSER, Disentis. St. Martin, in Vorromanische Kirchenbauten (1991) 93—95.
49
11* DUE GRAFFITI DALLA CHIESA DI S. STEFANO DI COIRÀ
VIII-IX SECOLO?
COIRÀ (GR), Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici (?), scomparsi almeno dal 1978. - Tav. 8, fig. 39. Le fondamenta della chiesa di S. Stefano a Coirà vennero scoperte nel 1851 da Ferdinand von Quast che recuperò alcuni frammenti del mosaico pavimentale (v. POESCHEL, KDM VII (1948) 272—274). Gli scavi, ripresi in maniera sistematica tra il 1955 ed il 1957 da Walter Sulser e Hilde Claussen sotto la direzione di Linus Birchler, portarono alla scoperta dell'intero complesso composto da una camera sepolcrale ornata di pitture (v. EGGENBERGER, Pittura romanica (1989) 7 - 9 ) e da una chiesa cimiteriale (v. SULSER / CLAUSSEN in bibl. e Hans Rudolf SENNHAUSER, Chur, St. Stephan, in Vorromanische Kirchenbauten (1966-1971) 53—54). I due graffiti, rinvenuti durante questi ultimi scavi, provengono dalle macerie della camera sepolcrale e costituiscono dei frammenti dell'intonaco parietale. Intonaco; misure sconosciute; il primo presenta quattro linee di scrittura orizzontali, mentre nel secondo se ne riconosce solo una; H lettere sconosciuta.
I)
ORPSI NTI...RI UINTADICO TUSCI
II)
RIA
La trascrizione è quella proposta da Bernhard Bischoff in una lettera del 1962 agli autori (v. SULSER / CLAUSSEN in b i b l . , 1 8 5 n. 1 2 8 ) .
SCRITTURA: secondo B. Bischoff si tratta essenzialmente di una scrittura minuscola in cui figura una N maiuscola e una legatura CO. FORMULARIO E CONTENUTO: indefinito.
DATAZIONE: Bischoff propone l'VIII secolo per (I) e l'VIII o il I X secolo per (II). BIBLIOGRAFIA: SULSER / CLAUSSEN, Sankt
50
Stephan
( 1 9 7 8 ) 8 1 , fig. 6 1 .
12 GLI AFFRESCHI CAROLINGI DI MÜSTAIR
IV DECENNIO IX SECOLO
(GR), chiesa di S. Giovanni Battista, pareti sud, est, nord, ovest. - Tav. 9-11, fìg. 40-49. MüSTAIR
I famosi affreschi carolingi di Miistair, che in origine decoravano tutte le pareti della chiesa, vennero intonacati alla fine del XV secolo quando il primitivo edificio a sala con absidi venne trasformato in una chiesa a tre navate di uguale altezza. Alla fine del secolo scorso (1894), in occasione dei restauri eseguiti sotto la direzione di Joseph Zemp e Robert Dürrer, vennero scoperti frammenti di questa decorazione sopra le volte tardogotiche che avevano sostituito il tetto a capriate. Una parte di questi affreschi venne poi staccata nel 1908/9 e trasportata al Museo Nazionale Svizzero a Zurigo dove si trova tuttora. Purtroppo il sistema utilizzato per lo strappo provocò la separazione degli strati pittorici, di cui alcuni rimasero sulla parete; le parti separate furono invece sottoposte a delle integrazioni arbitrarie per permetterne una maggiore leggibilità, integrazioni che sono state in parte rimosse (v. W Ü T H R I C H in bibl., 17-18; DAVIS W E Y E R in bibl., 2 1 1 e A R N O L D / K Ü N G / Z E H N D E R / MAIRINGER / SCHREINER / EMMENEGGER, Deterioration and Preservation (1986) 190-199). Negli anni 1 9 4 7 - 1 9 5 1 , sotto la direzione di Linus Birchler, con un intervento radicale si tolsero gli strati di affreschi più tardi per riportare alla luce quelli carolingi; anche in questo caso vennero eseguite delle integrazioni arbitrarie che più tardi sono state in parte rimosse; rimangono tuttavia le lacune provocate dalle trasformazioni subite nel 1492 con l'erezione delle volte, l'apertura di nuove finestre e la costruzione della tribuna per le monache sul lato ovest (una panoramica dei vari studiosi che nel corso degli anni hanno contribuito alla scoperta, valorizzazione e restauro del monumento e dei suoi affreschi in Hans Rudolf COURVOISIER, Hans Rudolf SENNHAUSER, Einleitung, in Miistair, Kloster St. Jobann ( 1 9 9 6 ) 9 - 1 2 ) . Le pareti nord e sud sono divise in cinque fasce orizzontali di 8 riquadri ciascuno in cui sono raffigurate scene della storia di Davide nel registro superiore e della vita di Cristo negli altri. Nella parete ovest, sotto la prima fascia dove continuano le storie di David, è raffigurata la più antica immagine che si conosca del Giudizio universale (v. Beat B R E N K , Tradition und Neuerung in der christlichen Kunst des ersten Jahrtausends. Studien zur Geschichte des Weltgerichtsbildes, Wien 1966 (Wiener byzantinische Studien. Bd. III) 107-118; Marèse SENNHAUSER-GIRARD, Die früheste Weltgerichtsdarstellung. Die Klosterkirche St. Johann in Müstair, in «Unsere Kunstdenkmäler / I nostri monumenti storici» 44 (1993) 295—307). Le tre apsidi della parete est sono dedicate a tre santi: quella mediana al patrono S. Giovanni Battista con scene della vita e nella cupola Cristo in gloria attorniato dai simboli degli Evangelisti, l'apside sud a S. Stefano con scene della vita e nella cupola la Teofania e infine quella nord ai SS. Pietro e Paolo, sempre con scene della loro vita e nella cupola l'immagine della Traditio legis. In epoca romanica la decorazione delle apsidi venne rinnovata riprendendo però i soggetti delle scene carolingie (v. cat. nr. 44); attualmente in alcune zone delle fascie inferiori è ancora visibile la sovrapposizione di affreschi delle due epoche poiché quelli più tardi non sono stati staccati completamente. 51
I riquadri delle pareti lunghe misurano 150 x 165 / 179 cm senza la cornice che li circonda, che nel lato inferiore delimita una fascia alta 8 - 9 cm in cui trovava posto il titulus. La m a g g i o r parte delle scritte è scomparsa anche a causa della tecnica con cui furono eseguite, e cioè con colore bianco steso « a secco» su di un fondo invece realizzato «a fresco» che si era già consolidato (v. BIRCHLER in bibl., 183); le poche rimaste si trovano quasi sempre in uno stato frammentario. Per il m o m e n t o inoltre non è possibile accertare in che misura i passati interventi di restauro che hanno coinvolto gli affreschi abbiano riguardato anche le scritte, m a alcune lettere furono quasi sicuramente ritoccate ed il loro colore rinforzato (per questo motivo e per i problemi logistici legati all'altezza cui si trovano gli affreschi, che rendono la lettura delle scritte spesso insicura e la loro documentazione difficoltosa, si è preferito non fornire la documentazione fotografica delle scritte nr. I, II, VI, VII, I X , X I I , XIV, X V , X V I I , X I X ; per la nr. X V si rimanda alla nr. X V I I I ) . N e l l a enumerazione e descrizione dei tituli o di altro genere di scritte presenti negli affreschi si inizierà dalla parete sud, per proseguire poi con quella nord, con le tre absidi a nord e infine con la facciata ovest. Per le pareti nord e sud si fa riferimento alla numerazione data ai pannelli da Birchler (v. in bibl., 187) che viene comunemente seguita nelle descrizioni; tra parentesi segnaliamo, quando è il caso, le pagine di Birchler (B) e Sennhauser-Girard (S; v. in bibl. (1959)) che sono gli unici studiosi, tra quelli che si sono occupati degli affreschi, ad aver citato anche le iscrizioni, m a la cui lettura spesso non concorda. Occorre inoltre precisare che tracce di queste scritte si scorgono praticamente nella fascia di ogni riquadro, m a ben pochi sono i casi in cui è possibile decifrare ancora delle singole lettere. Solitamente organizzate su di una linea orizzontale, quando non specificato le lettere sono di colore bianco su fondo ocra-beige; H lettere 7—8 cm.
Parete sud (I)
nr. 37: G e s ù si reca al Battesimo (Matteo 3, 1 3 - 1 7 , Luca 3, 2 1 - 2 2 ) . Birchler (B 2 0 9 ) vede un segno sullo sperone di arco che sovrasta la colonna che sta in mezzo alla scena, e lo interpreta come una O m e g a contrapposta alla Alfa che dovrebbe trovarsi sul lato opposto; attualmente poco visibile, potrebbe trattarsi anche di un segno a carattere decorativo; marrone su fondo bianco.
(II)
nr. 4 3 : Frammento di scena con miracolo di Gesù, titulus, i segni di abbreviazione a forma di lineetta orizzontale sono dipinti nella cornice superiore nera.
Parete nord (III)
nr. 30: Presentazione al tempio (Luca 2, 2 2 - 2 8 ; B 188; S 52): due lettere sono sul velo in cui è avvolto G e s ù (Illa); titulus (Illb).
(IV) (V) (VI)
nr. 31: Sogno di Giuseppe (Matteo 2, 13; B 189; S 54) titulus. nr. 33: Strage degli Innocenti (Matteo 2 , l 6 ; B 1 9 1 ; S 5 9 ) titulus. nr. 34: G e s ù tra i dottori (Luca 2, 4 1 - 5 0 ; B 191) oppure Erode ordina la strage degli Innocenti (Matteo 2, 16; S 59) titulus. nr. 4 6 : Guarigione del sordomuto (Marco 7, 3 1 - 3 5 ; B 2 0 1 ) titulus. nr. 4 7 : Moltiplicazione dei pani (Matteo 14, 1 9 - 2 1 ; Marco 6, 3 7 - 4 4 ; Luca, 9, 1 6 - 1 7 ; Giovanni 6, 1 - 1 4 ; B 2 0 1 ; S 6 9 ) titulus.
(VII) (VIII)
52
Parete est, abside nord (IX)
(X) (XI)
cupola: Traditio legis (B 221), lettere sui lembi del pallio con il quale Pietro (IXa) e Paolo (IXb) si coprono le mani per ricevere i doni: lettere marrone scuro quasi rosso su fondo marrone chiaro; (IXc) tracce del titulus a sinistra e a destra della finestra. — Nella prima fascia, a sinistra della finestra, vi è una scena non meglio identificata ma che raffigura probabilmente Pietro e Paolo a Roma: del titulus si riconosce unicamente un segno di abbreviazione, una sbarretta orizzontale di colore bianco che risalta sul fondo nero della cornice superiore. seconda fascia a sinistra della finestra: Pietro e Paolo al cospetto di Nerone (B 224; S 169) titulus-. lettere marroni su fondo beige. terza fascia a sinistra della finestra: Nerone assiste alla crocifissione di Pietro? titulus, lettere nere su fondo grigio-bianco.
Parete est, abside mediana (XII)
(XIII) (XIV)
cupola: Cristo attorniato dai simboli degli evangelisti (B 214), lettere sui lembi del pallio con il quale l'angelo di Matteo si copre le mani per reggere il libro: lettere rosse su fondo ocra. seconda fascia a destra della finestra: Nascita di Giovanni Battista (Luca 1, 57—58; B 215; S 147) titulus. terza fascia a destra della finestra: Giovanni Battista in carcere (Matteo 14, 3; Marco 6, 17; Luca 3, 19-20; B 216; S 152) titulus.
Parete est, abside sud (XV)
(XVI)
(XVII)
cupola: Teofania (B 217) lettere nei bracci della croce del nimbo di Cristo: lettera nera su fondo grigio chiaramente visibile in alto, forse un'altra difficilmente interpretabile a destra. cupola: iscrizione nella fascia della base (B 217; S 173) titulus, lettere bianche su fondo nero; nella prima parte della scritta si sovrappongono due strati, uno con lettere rosse, spaziate (SCS), e l'altro a lettere bianche più snelle e compresse (NPTIIXIMPA). seconda fascia a destra della finestra: Scena con S. Stefano (B 218; S 188) titulus.
Parete ovest (XVIII) (XIX)
fascia centrale a destra della prima finestra: lettere nei bracci della croce (B 228): lettera marrone su fondo bianco. fascia centrale: Giudizio universale (B 228; S 205) titulus sotto la scena di destra, lettere marroni su fondo beige.
I)
£2
il)
- - -]i( )C Y( )T [- - -
Illa)
C/M
IV)
- - -...]cyi EGIPTO
Illb) - --]SESW[.]SN • SVSCEPTUS •
53
V)
ERODI... JPVEROS OCCISIf- - -
VI)
- - -]NIT[..- - -
VII)
- - -]EVS[- - -
Vili)
QVINQVE?] MILIA • HOMINVM • [- - cinquemila uomini...
IXa)
E/P
X)
- - -]• APOSTOLI • PETRVS ET PAV[..] ILOTSC[.- - ...gli apostoli Pietro e Paolo...
XI)
IVBI[....]S.[- - -]P[- - -,]R CRVCE • MORI[.- - -
XII)
N/Q
XIII)
N[...]I[.- - -] POSEYf.] • A PEPERIT • ELISABET A[- - -] .. .Elisabetta partorì...
XIV)
IVB[.. ,]I[.]ISCO( )[. ,]SPE[..]![.- - -
XV)
O / XX
XVI)
SCS S(AN)C(TV)S • S(AN)C(TV)S • D(OMI)N(V)S • D(EV)S • / QVI ERAT ET QVI EST ET QVI VENTVRVS EST Santo, santo, santo il Signore Dio, Colui che era, che è e che viene.
(IXb) O / T
(IXc)
]E[
.]IO[..]V[.,]S[
,]0[...
Apocalisse 4, 8
XVII)
VBI S(AN)C(TV)S REND[.]S EP(ISCOPV)S SE DIT[- - -
XVIII) O XIX)
- - -,..]PO PRECIOSIS [- - -
scrittura capitale, tranne E onciali, slanciata ed elegante, a volte con distinzione tra pieni e filetti, di modulo difforme con lettere più piccole e alte sul rigo (V e S in Illb), caratterizzata dalla presenza di molti nessi, lettere inserite o che si intrecciano tra loro. Le scritte (Illa), (VII), (XI), (XII) e (XIX), caratterizzate da tratti più grossi, sono probabilmente state ritoccate da un restauratore. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole e segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale dipinta al di sopra della fascia in cui si trovano le lettere (XIV, XVI, XVII). Nessi: DN con N nell'anello della D (XVI); PE con E capitale nell'anello della P (X, XIII, XIV); RE con E capitale nell'anello di R (XVII); TR (X); VM con V piccola e quasi appesa alla prima asta di M (Vili); VR (XVI). Lettere inscritte: E nella C (Illb); I nella C (V); I nella D (XVII); O nella C (XIV); I nella V e entrambe nella Q (XVI); A piccola sotto l'occhiello di P (X); E piccola onciale sotto l'occhiello di P (XIII); I sotto la traversa sinistra della T (XIII); I sopra l'asta orizzontale di L (VIII, X, XIII); O piccola sotto l'occhiello di P (X, XIII) oppure sotto la traversa di T (X); R piccola sotto l'anello di P (XIII); V piccola sotto la traversa di T (Illb). Lettere intrecciate: normalmente la S si intreccia con A (XIII), con D (XVI) e con T SCRITTURA:
54
(XVI); Q con V (XVI). Singole lettere: A capitale con traversa diritta (Vili, XVI) o spezzata ad angolo (X, XIII); B con anello inferiore più grande di quello superiore (XIV); E normalmente onciale, capitale nei nessi e in ET(X); G con primo tratto tondo, secondo e terzo diritti; M con aste divaricate e traverse che si incrociano in alto; P con anello piuttosto alto. Lettere greche: PHI maiuscolo (XV, XVIII); forse PSI (IXb) e forse OMEGA minuscola coricata? (I). - Scritture vicine: affreschi di S. Benedetto a Malíes, inizio del IX secolo, v. Silvia SPADA PINTARELLI, Pittura carolingia nell'Alto Adige, Bolzano 1981, fig. X, XI, XVIII; iscrizione sotto gli affreschi nella chiesa di S. Salvatore a Brescia, seconda metà dell'VIII o IX secolo, v. Pietro R U G O , Le iscrizioni dei secoli VI-VII-VIII esistenti in Italia, I: Austria longobarda, Cittadella 1974, nr. 49-50, fig. 123—124; iscrizioni negli affreschi in S. Vincenzo al Volturno, prima metà del IX secolo, v. John MITCHELL, The Painted Decoration of the Early Medieval Monastery, in San Vincenzo al Volturno. The Archeologi, Art and Territory of an Early Medieval Monastery, ed. by Richard H O D G E S and John MITCHELL, (BAR International Series 252) 1985, 125-176, fig. 6.18, 6.32. si rilevano due tipi di iscrizioni: tituli e lettere simboliche. Per quanto riguarda i tituli, rientra nella tradizione dell'arte sia occidentale che orientale dei primi secoli indicare con il nome il personaggio raffigurato o corredare una serie di immagini con scritte illustrative in prosa o in versi, di cui quelle relative al periodo carolingio sono state raccolte dallo Schlosser (v. Julius VON SCHLOSSER, Schriftquellen zur Geschichte der Karolingischen Kunst, Wien 1892—1896). Un'idea di come dovevano essere quelle di Miistair ci è fornita da un confronto con le più o meno contemporanee scritte, tramandate in un manoscritto dell'epoca, che nel IX secolo accompagnavano gli affreschi ora scomparsi della cattedrale di S. Gallo (v. Hans Rudolf SENNHAUSER, Das Münster des Abtes Gozbert (816-837) und seine Ausmalung unter Hartmut (Proabbas 841, Abt 872-883), in «Unsere Kunstenkmaler / I nostri monumenti storici» 34 (1983) 152—167), con quelle del X secolo che ancora oggi corredano il ciclo della chiesa di S. Giorgio a Reichenau-Oberzell (v.Josef und Konrad H E C H T , Diefriihmittelalterliche Wandmalerei des Bodenseegebietes, Sigmaringen 1979, 81-126), o ancora con quelle superstiti negli affreschi di S. Angelo in Formis dell'XI secolo (v. Ottavio MORISONI, Gli affreschi di S. Angelo in Formis, Napoli 1962, 81-86). Più difficile sembra invece la ricerca di confronti per l'uso di lettere dal carattere simbolico quale si riscontra nel nostro ciclo di affreschi. FORMULARIO E CONTENUTO:
Tituli: quelli apposti sotto le scene II, Illb, IV-VIII e XIII-XIV si ispirano sicuramente ai Vangeli ma la loro frammentarietà non permette di ricostruirne i testi, che peraltro non corrispondono a quelli trovati in dipinti con scene analoghe; fonti per la scritta XVII vanno cercate in Atti degli Apostoli 6, 8, per la X e la XI nella Passio Petri et Pauli, cap. 51-58, per la XIX probabilmente nei brani dell'Apocalisse 21, 11 et lumen eius simile lapidipretioso tamquam lapidi jaspidis... oppure Apocalisse 21,19 et fundamenta muri civitatis, omni lapide pretioso ornata, mentre XVI riprende alla lettera Apocalisse 4, 8. Lettere simboliche: la PHI greca che si trova nel braccio superiore della croce del nimbo di Cristo (XV e XVIII) potrebbe essere accompagnata da altre lettere nei bracci orizzontali oggi scomparse, come per esempio a S. Vincenzo al Volturno dove nel Crocifisso si legge O f ì Z (cf. per la tradizione di questa scritta molto rara nell'arte occidentale nella versione greca e per l'esempio di Miistair che sembrerebbe tra i più antichi, Hans BELTING, Studien zur beneventanischen Malerei, Wiesbaden 1968, 38-39) o nei più tardi affreschi - datati 959 e 1020 - nella cripta delle 55
SS. Martina e Cristina a Carpignano Salentino (v. I Bizantini in Italia, Milano 1982 (Antica madre. Collana di studi sull'Italia antica a cura di Giovanni PUGLIESE CARRATELLI), fìg. 182-183). Le lettere - ridipinte e la cui lettura non è quindi del tutto sicura - nella scena di Gesù presentato al tempio (Illa) e sui lembi del pallio che copre le mani (per il significato delle mani coperte da un velo per ricevere un regalo o per fare onore a chi lo donava DACL 10.1,1209) di Pietro (IXa), Paolo (IXb) e dell'angelo di Matteo (XII) sono probabilmente delle 'gammadiae' o 'gammatiche', dei segni che ricordano da vicino delle lettere e che ornano sovente l'abbigliamento liturgico di pitture e mosaici italiani dal IV al IX secolo (cf. per esempio la teoria di santi martiri nel mosaico di S. Apollinare Nuovo a Ravenna del VI sec.; Klaus WESSEL, voce 'Gammadia' in Reallexikon zur byzantinischen Kunst, II, Stuttgart 1971, II, 615-620, Antonio QUACQUARELLI, Le 'Gammatiche' del battistero degli Ariani di Ravenna, in XXIV Corso di cultura sull'arte ravennate e bizantina, Ravenna 1977, 293 sgg. e Claudia N A U E R T H , Zur Herkunft der sogenannten Gammadia, in Studien zur Spätantiken und byzantinischen Kunst, Friedrich Wilhelm Deichmann gewidmet, Bonn 1986, III, 113-120) Il segno che si riconosce in (I) può avere un carattere decorativo o, se interpretato come una Omega coricata cui faceva da contraltare una Alfa (v. BIRCHLER in bibl., 209), ispirarsi al brano dell'Apocalisse 1, 8. la tradizione attribuisce la fondazione del monastero a Carlo Magno ma più probabilmente fu opera del vescovo e rector di Coirà, in questo caso Constantius o il suo successore Remedius. La prima menzione documentaria della sua esistenza si trova nel Liber Confraternitatis di Reichenau iniziato intorno all'824 dove è indicato con il nome di Monasterium Tuberis, ma molti studiosi prendono come terminus ante quem per la fondazione l'806, anno della divisione tra episcopato e contado da parte di Carlo Magno. In questo documento il monastero di Miistair sarebbe uno dei tre monasteri maschili, con Pfäfers e Disentis, direttamente sottomessi all'autorità imperiale (v. SENNHAUSER, Miistair, St. Johann, in Vorromanische Kirchenbauten (1966—1971) 227-228, (1991) 295-296; Müller, Geschichte (1986) 9-23). DATAZIONE:
Gli affreschi vennero datati da Zemp e Dürrer tra il 780 e l'840 nella prima e fondamentale monografia che venne dedicata a Müstair (1906—1911). Anche nella maggior parte degli studi più recenti essi vennero collocati, anche se con alcune precisazioni, in questo lasso di tempo (Birchler 1954, Francovich 1956, Sennhauser-Girard 1959). Una esecuzione più tarda, alla fine del I X secolo, venne prospettata dal Grabar (v. André GRABAR / Carl NORDENFALK, Das frühe Mittelalter, Genf 1957, 58) che in questo modo si allineò alla proposta a suo tempo formulata dal Toesca (v. TOESCA, La pittura e la miniatura (1966) 24). Secondo la Sennhauser-Girard la chiesa venne decorata alcuni anni dopo la fondazione del monastero e cioè all'inizio del secondo decennio del IX secolo all'epoca del vescovo Remedius (ca. 795-820). L'autrice fonda la sua opinione sui confronti tra la lo stile delle pitture di Miistair, S. Benedetto di Malles e S. Salvatore di Brescia, e la contemporanea decorazione libraria in uso nello scriptorium vescovile di Coirà (v. SENNHAUSER-GIRARD / SENNHAUSER / RUTISHAUSER / GUBELMANN, Das Benediktinerinnenkloster (1986) 16). Recentemente nuovi studi hanno posto l'accento sul significato del ciclo iconografico riguardante la storia di Davide e Assalonne che, considerato un richiamo simbolico all'episodio della rivolta dei figli dell'imperatore Ludovico il Pio, permetterebbe di restringere la datazione agli anni intorno all'834 (v. Cwi in bibl. (1983) 122) o piuttosto, più genericamente ma basato più 56
fondatamente su confronti stilistici con i cicli pittorici di Brescia e S. Vincenzo al Volturno, agli anni trenta del secolo (v. DAVIS WEYER in bibl., 234). Le caratteristiche epigrafiche delle scritte non permettono di meglio restringere la cronologia rispetto a quanto a suo tempo proposto da Zemp-Durrer; la datazione proposta da Cwi e Davis Weyer sembra comunque la più convincente. BIBLIOGRAFIA: Johann Rudolf RAHN, Statistik schweizerischer Kunstdenkmäler, in ASA 5 (1872) 3 9 8 ; 9 ( 1 8 7 6 ) 6 9 8 ; 15 ( 1 8 8 2 ) 3 4 8 . - R A H N , Geschichte ( 1 8 7 6 ) 1 6 1 , 2 5 1 - 2 5 2 , 2 7 0 - 2 7 1 , 3 9 9 , 5 3 4 , 5 3 6 , 5 4 5 , 5 5 9 . - Robert DURRER, Das Kloster St. Johannes Baptista in Münster, in ASA 2 7 ( 1 8 9 4 ) 3 8 5 - 3 8 8 . - ZEMP / DURRER, Das Kloster St. Johann ( 1 9 0 6 - 1 9 1 1 ) . - POESCHEL, KDM V ( 1 9 4 3 ) 2 9 2 - 3 6 6 . - POESCHEL, KDM V I I ( 1 9 4 8 ) 4 5 3 - 4 5 6 . - BIRCHLER, Zur karolingischen Architektur ( 1 9 5 4 ) 1 7 9 - 2 5 2 . - Geza DE FRANCOVICH, Il ciclo pittorico della chiesa di San Giovanni a Münster (Müstair) nei Grigioni, in «Arte Lombarda» 2 ( 1 9 5 6 ) 2 8 - 5 0 . - Marèse SENNHAUSERGIRARD, Die karolingische Ausmalung der Klosterkirche von Müstair in Graubünden, Diss. Basel 1 9 5 9 . - REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 2 6 3 - 2 7 1 , fig. 2 8 9 - 3 0 0 . - Lucas WÜTHRICH, Wandgemälde. Von Müstair bis Hodler. Katalog der Sammlung des Schweizerischen Landesmuseums in Zürich, Zürich 1 9 8 0 , 17—46. - J o a n Cwi, St. John, Müstair and St. Benedict, Malles. A Study in Carolingian Imperial leonography, London 1982. - Joan Cwi, A Study in Carolingian Politicai Theology: The David cycle at St. John, Müstair, in Riforma religiosa e arti nell'epoca carolingia, a c. di Alfred A. Schmidt (Atti del XXIV Congresso Internazionale di Storia dell'Arte, 10-18 sett. 1 9 7 9 ) Bologna 1 9 8 3 , 1 1 7 - 1 2 7 . - Carlo BERTELLI, Traccia allo studio delle fondazioni medievali dell'arte italiana, in Storia dell'arte italiana, a c. di Giovanni Previtali, Federico Zeri, Torino 1983, V, 6 2 - 6 4 . - MÜLLER, Geschichte ( 1 9 8 6 ) 1 5 - 1 9 . - Cecilia DAVIS WEYER, Müstair, Milano e l'Italia carolingia, in II Millennio ambrosiano. Milano, una capitale ( 1 9 8 7 ) 2 0 2 — 2 3 7 . — EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 4 8 - 5 3 . - Marèse SENNHAUSER-GIRARD, La decorazione pittorica della chiesa del convento di Müstair in epoca carolingia e romanica, in «Archeologia medievale» 17 ( 1 9 9 0 ) 35-42.
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13* FRAMMENTO DI ISCRIZIONE DALLA CATTEDRALE CAROLINGIA
IX SECOLO
COIRÀ (GR), Museo Retico?, scomparso almeno dal 1948. - Tav. 11, fìg. 50. Il frammento è stato trovato, con altri dello stesso tipo, durante gli scavi effettuati nel 1921 da Walther Sulser nella navata della cattedrale di Coirà, tra le fondamenta dell'altare centrale e nel rivestimento della finestra sud del presbiterio (v. POESCHEL in bibl. (1948) 4 4 - 4 5 e SULSER in bibl., 2); mentre vari pezzi si conservano tuttora nel Museo Retico, questo risulta scomparso già al Poeschel nel 1948. Tutti questi frammenti si credono appartenere alla decorazione della seconda fase della cattedrale, di cui non si conosce l'esatta tipologia, e che tradizionalmente viene fatta risalire al tempo del vescovo Tello, attestato nel terzo quarto dell'VIII secolo (ca. 750-765, v. BUB I (1955) 10—23 nr. 15—17; Hans Rudolf SENNHAUSER, Chur, Kathedrale, in Vorromanische Kirchenbauten (1966-1971) 50-51; Helvetia sacra 1/1 (1972) 4 6 9 - 4 7 0 , Walther SULSER, Die geometrischen Grundlagen der Flechtbandornamente des 8. und 9• Jabrhunderts aus Chur, in ZAK 32 (1975) 221-231). Sull'altro lato il pezzo presentava una ornamentazione a bande intrecciate che il Poeschel ritenne contemporanea e quindi, poiché doveva essere visibile da entrambi i lati, egli suppose che facesse parte di una balaustra o di un ciborio d'altare (v. POESCHEL in bibl. (1948) 46). Marmo bianco della Val Venosta (v. DE QUERVAIN, Herkunft undBeschaffenheit (1972) 10), rettangolare, misure sconosciute (probabilmente ca. 20 x 16 cm). L'iscrizione, incisa in un campo delimitato da due linee, è disposta in un cerchio che racchiude una croce latina; H lettere ca. 1,5—2 cm.
- - - CE]RNITVR HIC MUN[VS - - ...qui si vede l'opera...
SCRITTURA: alfabeto capitale, accurato, regolare nella spaziatura, senza divisione delle parole. Singole lettere: H capitale; M con tratti mediani che scendono fino al rigo di base; N con secondo tratto che scende fino al rigo di base per congiungersi al terzo; T con trattini di coronamento al termine dell'asta orizzontale. - Scritture vicine: epitaffio del diacono Gisoenus (?) dell'875 (?), v. CIMAH II, 49, fig. 63; epitaffio del vescovo Ansegisus di Ginevra dell'880 ca., v. CIMAH II, 51, fìg. 66. FORMULARIO E CONTENUTO: il Poeschel propone per l'intera iscrizione il testo Cemitur hic munus episcopi Tellonis, dando per scontato che il frammento risalga appunto alla seconda fase costruttiva 58
della cattedrale che si fa risalire tradizionalmente a questo vescovo. Benché qui non venga accettata per l'iscrizione questa datazione (v. sotto DATAZIONE), non è escluso che il testo menzioni o ricordi un intervento edilizio di Tello (cf. per esempio l'iscrizione dell'883 che ricorda il restauro della tomba di S. Cesario ad Arles: Cernitur hic vario renovatum marmare tectum..., CIFM 14, nr. 47) DATAZIONE: generalmente datata alla seconda metà dell'Vili secolo perché messa in relazione con il vescovo Tello, in realtà la scrittura presenta delle caratteristiche che la rimandano piuttosto al IX secolo, quali la linearità e semplicità delle lettere, la spaziatura — che contrasta con il carattere più compresso delle iscrizioni dell'VIII secolo — e la M e la N con le aste interne che scendono fino al rigo di base. Potrebbe quindi trattarsi di una lastra dell'VIII secolo, di grandi dimensioni come sembra dimostrare la tipologia dei nastri a volute sul lato opposto, di cui è stata riutilizzata una parte per realizzare questa iscrizione. Erwin POESCHEL, Zur Baugeschicbte der Kathedrale und der Kirche S. Lucius in Chur, in ASA 32 (1930) 105. - Christian CAMINADA, Der Hochaltar der Kathedrale von Chur, in ZAK 7 (1945) 36, tav. 12a. - POESCHEL, K D M V I I (1948) 44-46, fig. 38-39. - Walther SULSER, Die karolingischen Nlarmorskulpturen in Chur, Chur 1980 (Schriftenreihe des Rätischen Museums Chur, nr. 23) 2. - Urs CLAVADETSCHER, Übergang ins Frühmittelalter, in Churer Stadtgeschichte. I Von den Anfängen bis zur Mitte des 17. Jahrhunderts, Chur 1993, 199-200, fig. 15. BIBLIOGRAFIA:
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14 GRAFFITI A MÙSTAIR
IX-X, XII SECOLO
MUSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, abside nord. Tav. 12, fìg. 51—56. Le scritte graffite, probabilmente eseguite prima della posa dell'intonaco su cui venne dipinto il ciclo di affreschi romanici (v. cat. nr. 44), sono visibili nel lato nord dell'abside nord dove è stato tolto l'intonaco risalente all'epoca romanica. Nella cornice inferiore degli affreschi carolingi si scorgono altri segni graffiti in cui si riconoscono delle « X » ma nessun'altra lettera.
I)
sul lato sinistro dell'abside su una banda di colore rosso-marrone sotto l'ultima fascia di affreschi; una riga, H lettere 0,8—1,5 cm. II NON(AS) IVN(II) • AVDITA S V N T • TONITRVA Il giorno precedente (?) le none di giugno ( = 4 giugno) si sono uditi dei tuoni
SCRITTURA: lettere capitali. Presenza non regolare di puntini di divisione tra le parole; segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale soprascritta. Singole lettere: A triangolare senza traversa; D di forma quasi quadrata; O aperta in alto; R con terzo tratto curvo.
II)
nella banda rosso-marrone sotto l'ultima striscia di affreschi carolingi, a sinistra di (I), tra due linee parallele; una riga; H lettere 2-2,7 cm. Y VI K(A)L(ENDAS) IVNII ... il sesto giorno prima delle calende di giugno (=27 maggio)
SCRITTURA: capitale con presenza di una lettera onciale; delle lettere è stato inciso il contorno. Segno di abbreviazione a forma di trattino orizzontale che taglia l'asta verticale della L. Singole lettere: K con secondo tratto più piccolo; N con primo tratto terminante a ricciolo in basso; V onciale con primo tratto sinuoso.
Ili) al di sopra ed entro le medesime linee parallele che delimitano la precedente; la scritta è seguita da una serie di trattini verticali paralleli intercalati da +; una linea; H lettere 1-1,7 cm. IM[.]ISAT SCRITTURA: miscuglio di lettere maiuscole e minuscole corsive; A di forma indefinita, probabilmente capitale e reclinata su un fianco; S nella forma minuscola in due tratti, alta sul rigo; T minuscola.
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IV) tra la striscia inferiore di affreschi carolingi e la striscia divisoria marrone, al di sopra di (II) e (III); una linea; H lettere 0,5-0,6 cm. [,]TII CV(M) VEN(N)I X X X X SCRITTURA: scrittura mista di lettere capitali e onciali. Segno di abbreviazione in forma di trattino orizzontale sopra la lettera. Singole lettere: E onciale; N capitale; V onciale con secondo tratto sinuoso.
V)
nella striscia marrone del velario che decora lo zoccolo, al di sotto di (II); una linea; H lettere 3,5 cm. VIIIIIII
VI) nella banda marrone che delimita inferiormente gli affreschi, in alto a sinistra di (I); una linea; H lettere 0,5-1,5 cm. MIT[.]SAS X X SCRITTURA: mescolanza di lettere maiuscole e minuscole. Singole lettere: A capitale senza traversa; M corsiveggiante; S nella forma minuscola allungata in due tratti, alta sul rigo. FORMULARIO E CONTENUTO: si tratta probabilmente di annotazioni a carattere occasionale, dal significato non sempre chiaro. (I) osservazione di carattere meteorologico; solitamente il giorno che precede le none, le idi o le calende si indica con l'espressione pridiae nonas, ma l'uso della cifra si riscontra già nelle iscrizioni più antiche, v. DIEHL II, 3 7 9 1 B , 3 1 8 5 B , 3 5 7 1 ecc.
(IV-V) è normale che nei graffiti le cifre IV, IX, XL ecc. si trovino espresse con IIII, Villi, X X X X , e che le decine e le unità si ripetano all'infinito, cf. Edmond LE BLANT, L'épigraphie chrétienne en Gaule et dans l'Afrique romaine, Paris 1890, 29. DATAZIONE: la datazione di tutti i graffiti si colloca necessariamente tra la metà del IX secolo, data a cui risalgono gli affreschi carolingi (v. cat. nr. 12) e l'inizio del XIII secolo quando venne steso l'intonaco per il nuovo ciclo di affreschi romanici (v. cat. nr. 44) e le scritte vennero coperte. La maggior parte di questi sembra risalire all'epoca carolingia (I, III—VI) mentre la (II) presenta dei caratteri che rimandano ad un periodo più tardo, probabilmente il XII secolo. BIBLIOGRAFIA: inediti.
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1 5 FRAMMENTO DI COPERCHIO
IX-X SECOLO
MÙSTAIR (GR), monastero di S. Giovanni Battista, ritrovamento M73/337. Tav. 13, fìg. 58-59Unitamente ad altri dello stesso oggetto, questo frammento è stato trovato nel 1973 durante gli scavi nel cortile occidentale del monastero, nell'angolo nord-est (angolo W 76 e W 47) di una sala che faceva parte del monastero carolingio, in uno strato di materiale distrutto dal fuoco; probabilmente apparteneva ad una tavola marmorea che forse ricopriva un contenitore di pietra (cf. Hans Rudolf COURVOISIER, Hans Rudolf SENNHAUSER, Zur Klosteranlage, in Miistair, Kloster St. Johann (1996) 26, Abb. 44). Marmo della Val Venosta, di forma oblunga (12,5 x 27 x 5 cm), con cornice (4 x 22; 5 x 3 cm) che sporge nella parte inferiore. Il lato inferiore è lavorato solo grossolanamente mentre la parte superiore è lisciata; sul lato esterno, anche lisciato, si rilevano tracce e linee graffite. Sia l'orlo che le superfìci levigate presentano delle crepe e delle sfaldature dovute probabilmente al fuoco. La scritta si trova nella striscia del bordo, una linea orizzontale, incisa poco accuratamente; H lettere 1,1-1,5 cm.
MOTE(N?)E HIC Y T y N T V R
SCRITTURA: lettere capitali nella prima parte dell'iscrizione di esecuzione più regolare; nella seconda parte, forse di altra mano, le lettere si distinguono con maggior difficoltà e tendono alla corsività. Divisione delle parole non coerente. Segno di abbreviazione a forma di trattino orizzontale sopra TE. Nessi: VTV (?), N T V (?). Singole lettere: C quadrata; E capitale con traverse della stessa lunghezza; M con primo tratto mediano sinuoso; O romboidale (v. la lastra tombale della monaca Eufraxia della seconda metà del VII-VIII secolo, CIMAH II, 46, fig. 59); nella seconda parte si distinguono forse i nessi TV o VTV, N T V e una R finale minuscola corsiva. Scritture vicine: lapide da Saint-Germain-des-Prés, IX secolo?, v. LE B L A N T , Inscriptions (1856-65) nr. 207, tav. 23 nr. 142; lastra tombale nel convento di S. Eutizio a Soriano nel Cimino, prima metà del IX secolo, v. G R A Y , The Paleography (1948) 114, nr. 98, fig. XVIII, 1. FORMULARIO E CONTENUTO: le lettere non sembrano dare un senso compiuto; se il segno di abbreviazione si trovasse al di sopra della O si potrebbe leggere la parola MONTE, la C potrebbe andare unita alle lettere precedenti e formare la parola HIC. Probabilmente si tratta di una prova di scrittura. DATAZIONE: il luogo di ritrovamento e la presenza della C quadrata e della O romboidale rimandano ad una datazione nel IX—X secolo. BIBLIOGRAFIA: inedito.
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1 6 * CROCIFISSO
I X - X SECOLO
BERLINO, Kaiser-Friedrich-Museum, numero di inv. M168, dal 1945 scomparso. - Tav. 13, fig. 57. Il piccolo crocefisso era conservato nel tesoro del duomo di Coirà dove lo vide il Molinier (v. in bibl., 17); nel 1928 venne venduto al museo di Berlino e andò distrutto durante la guerra (v. Kaisers-Friedrich-Museums in bibl., 116). Lamina di rame dorata modellata a rilievo su di un'anima di legno (17 x 16,4 cm). Il Cristo, in posizione eretta e con le braccia rigidamente orizzontali, è sbarbato e porta un perizoma che si intreccia al centro a forma di «esse»; dai chiodi infissi nelle mani e nei piedi scorre un flusso di sangue. L'iscrizione è sbalzata nel braccio verticale, sopra la testa del Cristo, su due linee orizzontali; H lettere 1-1,5 cm.
IHS/XPS Gesù Cristo
SCRITTURA: alfabeto maiuscolo dall'allineamento irregolare; trattini di coronamento alle estremità. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale sopra la X con tre trattini che la tagliano obliquamente. FORMULARIO E CONTENUTO: identificazione del personaggio (titulus crucis). Queste abbreviazioni per contrazione dei nomi Iesus e Christus sono di origine greca e vennero introdotte nel mondo latino già dal IV secolo (v. TRAUBE, Nomina sacra ( 1 9 0 7 ) 1 5 6 - 1 6 4 ; LCIII, 6 4 8 - 6 4 9 ) . DATAZIONE: la croce venne datata per motivi stilistici dal Poeschel all'XI secolo, mentre nel catalogo del museo di Berlino fu attribuita al IX secolo, datazione ripresa anche dal Reinle; il carattere della scrittura sembra piuttosto dar ragione a quest'ultimo. Le Trésor ( 1 8 9 5 ) 17. - POESCHEL, K D M V I I ( 1 9 4 8 ) 1 9 8 - 1 9 9 , fig. 2 1 9 . - REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 2 4 3 , fig. 2 7 5 . - Kaiser-Friedrich-Museums Verein Berlin. Erwerbungen 1897-1972, Berlin 1972, 116. BIBLIOGRAFIA: MOLINIER,
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17 LA CROCIFISSIONE OTTOMANA DI RIVA SAN VITALE
FINE X-INIZIO XI SECOLO
RIVA SAN VITALE (TI), battistero di S. Giovanni, abside. Tav. 13, fig. 60.
L'intero complesso battesimale, il più antico edificio cristiano conservato in Svizzera (v. Hans Rudolf SENNHAUSER, Riva San Vitale, Baptisterium, in Vorromanische Kirchenbauten (1966-1971) 284-285), fu restaurato negli anni 1952-55 sotto la direzione di Ferdinando Reggiori, (v. Ferdinando REGGIORI, Il restauro del Battistero, in II Battistero in bibl., 17-29; Rossana CARDANI, Il battistero di Riva San Vitale. Gli interventi di restauro: le due fasi degli anni '20 e '50, in ZAK 47 (1990) 285-303). In quest'occasione l'affresco raffigurante la Crocifissione dipinto nell'abside centrale fu liberato dallo strato pittorico del XVII secolo che lo ricopriva (v. Mario Rossi, Gli affreschi, in 11 Battistero in bibl., 31—33). Della scena è visibile solamente la parte superiore con il busto e la testa del Cristo e tracce della lancia e della spugna di Longino e Stephaton. Sullo stesso intonaco in basso è dipinto un velo absidale bianco a larghi panneggi decorati con figure di animali. Nelle semilune lasciate libere dalle pieghe cadenti del velo sono rimaste le tracce di una scritta orizzontale a lettere nere su fondo bianco solo in parte leggibile; H lettere 3,5—4 cm. - - -] DOM(INUVS) [- - SCRITTURA: tre lettere capitali, di modulo regolare ed essenziale; M ha tratti mediani piuttosto alti. — Scritture vicine: affreschi di Reichenau-Oberzell datati X secolo, v. Josef und Konrad HECHT, Die frühmittelalterliche 'Wandmalerei des Bodenseegebietes, Sigmaringen 1 9 7 9 , fig. 1 6 0 s gg. FORMULARIO E CONTENUTO: nonostante il Brenk (in bibl. (1963), 96) sostenga di scorgere una serie di sigle DOM DOM, la scritta che precede, appena distinguibile, presenta altre lettere. In questo caso si tratta probabilmente della contrazione del nome DOMINUS usata fino al V secolo prima di essere affiancata, e più tardi sostituita, da DNS (v. TRAUBE, Nomina sacra ( 1 9 0 7 ) 168—172). La stessa abbreviazione si ritrova per esempio nell'affresco con la Crocifissione nella cripta di S. Vincenzo al Volturno, dedicato dal Dom(invs) Epyphanivs abbas e risalente alla prima metà del IX secolo (v. Hans BELTING, Studien zur beneventanischen Malerei, Wiesbaden 1 9 6 8 , 38-39).
DATAZIONE: dal punto di vista storico-artistico l'affresco è generalmente datato alla fine del X o all'inizio dell'XI secolo. L'essenzialità delle lettere, ancora molto classiche, non si oppone a questa datazione. Susanne STEINMANN-BRODTBECK, Das Baptisterium von Riva S. Vitale, in ZAK 3 (1941) 193-240 con bibliografia precedente. - Il Battistero di Riva San Vitale. Note sui restauri, Bellinzona 1955. - BRENK, Wandmalerei (1963) 96-97 n. 14. - GILARDONI, Romanico (1967) BIBLIOGRAFIA:
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Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 2 7 3 - 2 7 4 . - MARTINOLA, Inventario ( 1 9 7 5 ) I 4 5 2 - 4 5 7 . Isidoro MARCIONETTI, Il Battistero di Riva San Vitale, Lugano 1 9 7 8 , 7 1 - 7 2 , tav. 2 8 . - Beat BRENK, La committenza di Ariberto d'lntimiano, in II Millennio ambrosiano, La città del vescovo ( 1 9 8 8 ) 1 2 8 , 1 4 9 , fig. 2 0 6 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 4 , 2 4 2 - 2 4 3 , tav. 2. - Rossana CARDANI, Il battistero di Riva San Vitale. L'architettura, i restauri e la decorazione pittorica, Locamo 1 9 9 5 , 8 9 , 9 5 - 9 6 , 1 0 9 . 5 1 8 . - REINLE,
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1 8 LA LAPIDE PER MATILDE DA MURALTO
1008?
BELLINZONA (TI), Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, Inv. nr. 176.486.89. Tav. 13, fìg.6l. La lapide frammentaria è stata casualmente ritrovata durante gli scavi eseguiti nel 1989 per la costruzione della nuova casa parrocchiale di Muralto (TI) ed era utilizzata dagli operai quale base di appoggio per il fornello da campo. Proviene quindi molto probabilmente dalla necropoli esplorata nel lato sud del sagrato davanti alla chiesa di S. Vittore. Quest'area cimiteriale, costituita da 41 sepolture comprese nel periodo tra il V secolo e la fine del Medioevo, è inserita negli strati di distruzione delle costruzioni romane che occupavano quest'area sulla quale, intorno al V-VI secolo, venne edificata la basilica paleocristiana (v. Pierangelo DONATI, Muralto TI, Sagrato della Chiesa di San Vittore, in JSGU 7 3 (1990) 214-215; Giulio FOLETTI, Muralto, Collegiata di S. Vittore, in Archeologia altomedievale nel Canton Ticino, in Archeologia della Regio Insubrica. Dalla preistoria all'alto Medioevo, Chiasso 5—6 ottobre 1996, Atti del Convegno, in corso di stampa). Marmo bianco, rettangolare (29 x 35 x 11 cm); presenta tracce di rifinitura sul margine superiore e su quelli laterali. La superficie è lisciata e le lettere sono incise con cura, ma non molto profondamente, su cinque linee; H lettere 3 cm. [A]NNI D(OM)]N[I] [MILL(ESIM)]0 ET Vili OBIIT DO[MINAP] .] MATELDIS FILIA WILIE[L]MI - - -]RCHI[ ] Nell'anno (?) del Signore (?) mille (?) e ottavo morì domina (?) Matilde figlia di Guglielmo ... SCRITTURA: alfabeto capitale con qualche elemento onciale, regolare nel modulo e nell'allineamento, di aspetto sobrio ed elegante con forcellature appena visibili alle estremità delle aste. Segno di abbreviazione (?) costituito da una lineetta orizzontale distinguibile sopra DO (1. 2). Singole lettere: A capitale con traversa diritta in F I L I A (1. 4) e senza traversa in M A T E L D I S (1. 3); E con traverse della stessa lunghezza in M A T E L D I S ed onciale in W I L I E ( L ) M I ; M capitale molto larga in M A T E L D I S (1. 3) e onciale in W U L I E ( L ) M I (1. 4). LINGUA E FORMA:
anni per anno?
iscrizione sepolcrale in prosa o piuttosto nota obituaria con indicazione dell'anno della morte e del nome del defunto. 1 ANNI DOMINI: formula iniziale usata frequentemente in alternativa a quelle che cominciano con hic requiescit o hic iacet soprattutto dal XIII secolo, cf. l'epitaffio per Elisabetta von Kyburg del 1275, CIMAH II, 70; lastra tombale di Gozo von Hausbergen, 1312 in Walter
FORMULARIO E CONTENUTO:
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Epigraphische Bemerkungen zu den spätmittelalterlichen Grabdenkmälern in der Stadt Rom, in Epigrafik 1982. Fachtagung für mittelalterliche und neuzeitliche Epigraphik, Wien 1983, 82, fig. 14; lastra tombale di Perna Savelli, 1315, idem 82 fìg. 16 ecc. Una formula simile si ritrova nell'epitaffio dell'abate Didier del 29 ottobre 1126: Obiit III k(a)l(endas) nov(em)br(is) anni D(omi)ni mill(esimo) CXXVI indictione III, v. CIFM 15, nr. 63, fìg.41^2. La inconsueta fromula di datazione con ANNI si ritrova in iscrizioni e documenti dell'Italia centrale, cf. Augusto CAMPANA, Le iscrizioni medievali di San Gemini, in San Gemini e Carsulae, Milano-Roma 1976, 95. 1 - 2 [MILLESIMJO ET Vili: lo spazio a disposizione permette una ricostruzione della data unicamente immaginando l'anno scritto in lettere e non in cifre e probabilmente abbreviato nella forma MILL(ESIM)0, di cui si intravede la curva inferiore della O finale. 2 OBIIT DO[MINA?]: sopra le lettere DO è chiaramente visibile il segno di abbreviazione, anche se normalmente l'abbreviazione corrente per questa parola è costituita da DNA, d'altra parte è difficile immaginare che una parte della stessa si trovasse nella linea seguente. KOCH,
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FILIA WILIE(L)MI: probabilmente FILIA non è preceduto da nessuna lettera. Per quanto riguarda WILIELMI, la maggior distanza tra la seconda e la terza asta verticale che si intravedono all'interno della parola permettono di ipotizzare la presenza di una L. Abbastanza chiara la traccia del tratto mediano della E, manca qualsiasi segno di abbreviazione per una L tra E ed M. ...RCHI...: rimane lo spazio anteriormente per non più di due lettere, posteriormente per non più di cinque, non oltre all'altezza corrispondente alla E della linea superiore. La parola può essere sciolta con archidiaconus, archipresbiter, archiepiscopus, archidux ecc. Per quanto riguarda le attestazioni storiche, per la zona non si hanno praticamente documenti che tramandino i nomi degli arcipreti e dei canonici della pieve di Locamo anteriori al XIII secolo (cf. Helvetia sacra II/l, Le Chiese collegiate della Svizzera italiana, Bern 1984, 110: primo arciprete noto di Locarno-Muralto è Alberto di Novazzano, 1233—1239).
NOMI: MATELDA: nome di origine germanica composto da MAHTI «forza, potenza» e HILDJO «battaglia, combattimento»; è documentato in area tedesca dall'VIII secolo nelle forme Mathildis e poi Mathilda e in Italia dall'XI secolo nelle forme Matthilda o Mattilda (FÖRSTEMANN P N 1082; D E FELICE, Dizionario (1986) 256). In ambito longobardo una Mathilda figura in un documento del 712 (v. Luca BERTINI, Indici del codice diplomatico longobardo, Bari 1970, 212: Ex matris mea Mathilda onoranda femina, 712 agosto 10, Cremona) e una Mattilda nel 1024 (v. Wilhelm BRUCKNER, Die Sprache der Langobarden, Strassbourg 1895, 282), mentre nel nostro territorio non esistono attestazioni di questo nome. WILIELMVS: deriva dall'etimo onomastico germanico Willihelm (cf. FÖRSTEMANN PN 1592) ed è documentato in Italia solo dal IX secolo nelle forme in latino medievale Guilihelmus, Guillelmus ecc.; il tipo in V o W è caratteristico dell'Italia centro-settentrionale (cf. D E FELICE, Dizionario (1986) 203-204), come attestato anche nella famosa epigrafe commemorativa della fondazione del duomo di Modena con la lode allo scultore Wiligelmo dove la doppia V iniziale è ormai interpretata dalla critica moderna come un nesso di due W da sciogliere quindi come VU (cf. Lanfranco e Wiligelmo. Il Duomo di Modena, Modena 1984, 370, 378-379). Nella forma con la doppia V iniziale è attestato in un documento del 1038: Vuilelmus f . q. Arderici de l. Mendrici 61
(v. Luciano M O R O N I STAMPA, Codex palaeographicus Helvetiae subalpinae. Riproduzione e trascrizione diplomatica delle carte anteriori all'anno MC relative alla storia delle terre costituenti la Svizzera Italiana, Lugano 1957, nr. XLIX). La mancanza di documenti dal secolo X al XII rende molto difficile una eventuale identificazione di questo personaggio (cf. Karl MEYER, Die Capitami von Locamo, Ziirich 1 9 1 6 , 5 7 e Gottardo W I E L I C H , Il Locarnese nel tempo carolingio e nell'epoca feudale, Locamo 1 9 5 8 , 5 0 — 5 1 ) . la scrittura, molto lineare, con due soli elementi onciali, non si opporrebbe alla datazione proposta. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA:
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inedita.
19 L'ISCRIZIONE DEDICATORIA NELL'APSIDE CENTRALE A MÜSTAIR
INTORNO AL 1087
MÜSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, apside centrale. - Tav. 14, fig. 62. L'iscrizione si trova nell'apside centrale a sinistra, sotto la scena raffigurante il Banchetto di Erode, e venne scoperta nel 1952; l'intonaco su cui è stata scritta si situa al di sopra di quello sul quale sono stati dipinti gli affreschi carolingi - dai quali li separa uno strato sottilissimo in parte caduto - e chiaramente al di sotto di quello con gli affreschi romanici. L'iscrizione non è completa perché a destra è coperta dall'affresco con il Banchetto di Erode, mentre la o le prime due righe in alto, dove si trovava presumibilmente la data, sono a loro volta nascoste da un affresco del XVI secolo. Molte parti sono state rinforzate o integrate dal restauratore Franz Xaver Sauter (v. BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 34) che non è intervenuto nelle zone insicure; attualmente questi ritocchi sono in parte caduti sia a causa del processo di affioramento dei sali che della successiva operazione di desalinizzazione attuata durante i restauri moderni (v. A R N O L D / K Ü N G / Z E H N D E R / M A I R I N G E R / SCHREINER / E M M E N E G G E R , Deterioration
and
Preservation (1986) 190—193) e la leggibilità della scritta è ora molto inferiore a quella offerta dalla fotografìa pubblicata da Büttner-Müller nel 1956 (v. in bibl., 53). E' comunque possibile completare il testo con la trascrizione — conservatasi in un manoscritto tutt'ora nell'archivio del monastero - che nel 1460 ne fece Johannes Rabustan, cappellano di Santa Maria nella valle di Müstair dal 1457 al 1474, che narrò anche la Storia dell'ostia miracolosa e raccolse la notizia di varie indulgenze (v. B U B I (1955) 166—167 nr. 209 con la data 14 agosto, ripresa dal Rabustan che si sbaglia ricopiando XVIlll Kl. Septembris\ per un commento con l'analisi delle varianti e delle aggiunte del trascrittore v. BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 29). Le parti in minuscolo dipendono dalla trascrizione del Rabustan mentre tra parentesi quadre figurano quelle lettere che appaiono nella fotografia pubblicata da Büttner / Müller ma che attualmente non sono più leggibili. Affresco (ca. 30 x 115 cm); cinque linee orizzontali; lettere marroni su fondo bianco; H lettere 4,5-5 cm. [+ Anno M L X X X V I I dedicatvm est hoc monasterivm a venerabili / Norperto cvriensi episcopo XVIII Kalendas septembris in honore domini nostri Iesv] / XPI • ET • VICTORIOSISSIME • CRVCIS • DE[i et genitricis Marie et sancti Ioannis] / BABTISTg ET [S]A[(N)C(T)OR(VM) AP0(ST0)L]0[R(vm)] PETRI • PAV[li Andree Thome Bartholomei] / < E T > S]A(N)C(T)OR(VM) • [MARTIR(VM) • GEORII] • DES[IDERII • VI][gilii Laurentii Victoriani Marcelli] / CAS[SI]AN[I • SA(N)CTOR(VM)] NFES[S(ORVM)] • BENE[DIC][ti Fiorini Zenonis sanctarum virginum Evlalie] /
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[Ve][RE]NJÌ QVOR(VM) • RELITAR[I • SV]NT • I[mposite et aliorum sanctorum.
Nell'anno 1087, il diciottesimo giorno prima delle calende di settembre (=15 agosto), questo monastero è stato dedicato dal venerabile vescovo di Coirà Norberto in onore di nostro Signore Gesù Cristo e della vittoriosissima croce di Dio, di Maria genitrice, e di S. Giovanni Battista e dei santi apostoli Pietro, Paolo, Andrea, Tommaso, Bartolomeo, dei santi martiri Giorgio, Desiderio, Vigilio, Lorenzo, Vittoriano, Marcello, Cassiano, dei santi confessori Benedetto, Fiorino, Zenone, delle sante vergini Eulalia, Verena, le cui reliquie sono poste nell'altare, e di altri santi. 1. 3: l'ET iniziale dall'aspetto serrato e dall'esecuzione maldestra è ben visibile sulla fotografia ma ora è praticamente scomparso e rimane il dubbio che si sia trattato di una interpolazione del restauratore poiché non appare nel testo di Rabustan. Gli stessi dubbi fa sorgere la parola MARTIRVM attualmente scomparsa. 1. 4: Incerta la lettura della parola SANCTORVM poiché all'inizio si leggono chiaramente le lettere TE che fanno pensare ad una primitiva versione forse con STEPHANI poi cambiata in S(AN)CTOR(VM). SCRITTURA: per quello che si può giudicare dalle lettere rimaste, delle quali è impossibile discernere con sicurezza le parti originali da quelle ritoccate, si tratta di una capitale elegante, spaziata e ben allineata. Le lettere, sobrie ed essenziali, presentano alle estremità leggeri allargamenti a spatola, manca il contrasto tra pieni e filetti. Le parole sono divise da uno spazio e quasi sempre da un punto a metà altezza. Il segno di abbreviazione è costituito da una linea orizzontale sopra le lettere; abbreviazione per -RVM ottenuta con una lineetta obliqua che taglia il terzo tratto della R (1.5); particolare la contrazione SACOR per SANCTORVM (1.3) mentre rimane insicura la lettura dell'abbreviazione per la medesima parola alle 11. 2 e 4. Il dittongo AE alla fine di BABTISTE e VERENE è reso tramite l'apposizione di un tratto corto, una cediglia, verso sinistra alla base della E, v. la copertina di avorio del monaco Tuotilo del 900 ca., CIMAH IV, 5. Singole lettere: A con traversa diritta; B con i due occhielli della stessa grandezza; E sempre capitale con traverse della stessa lunghezza; G arrotolata con traversa mediana appena accennata; M con traverse che giungono fino a metà altezza; N con tratto mediano che scende fino al rigo di base; Q a forma di O con vertice inferiore sinuoso adagiato sul rigo di base; R con terzo tratto leggermente ricurvo verso l'esterno. LINGUA E FORMA: l'uso della forma non classica di Georii per Georgii è commentato da Iso Müller (v. BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 48); in realtà non figura nella scritta ma nella fonte quattrocentesca e nella stessa iscrizione ricopiata nel XIII secolo, v. cat. nr. 46. FORMULARIO E CONTENUTO: iscrizione dedicatoria relativa ad una nuova consacrazione della chiesa ad opera del vescovo Norberto, forse successivamente ad un incendio e ad un rinnovamento edilizio di una parte del monastero (v. MÜLLER, Geschichte (1986) 24-25). Questo tipo di iscrizioni, sia su pietra che dipinte, riguardanti chiese o altari, è frequente durante tutto il Medioevo; per un commento dettagliato del testo v. Müller in BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 41-56. 70
IN HONORE...GENITRICIS MARIE: si veda l'iscrizione dedicatoria della chiesa di S. Vigilio di Morter (Merano) del 1080: in honore Salvatoris domini nostri IHV XPI atque gloriosissime crucis et sancte Marie perpetue virginis (v. RASMO, Affreschi medievali (1971) 239) e quella del 1142 nella chiesa di Grissian: in honore...vittoriosissime crucis et perpetue virginis Marie (v. Antonio MORASSI, Storia della pittura nella Venezia tridentina, Roma 1934, 95). NOMI: Norbert della famiglia di Weilheimer o Hohenwarter, preposto del capitolo di Augsburg, fondatore e prevosto del convento di canonici agostiniani di Habach in Baviera, venne eletto vescovo di Coirà nel 1079 in contrapposizione a Ulrico di Tarasp in quanto partigiano di Enrico IV, e morì nel 1088 (v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 474 e cat. nr. 22). DATAZIONE: l'intonaco su cui è stata dipinta l'iscrizione va datato dopo il IX secolo (affreschi carolingi) e prima del XII—XIII secolo (affreschi romanici); le caratteristiche paleografiche dei caratteri non si oppongono ad una esecuzione intorno alla data di dedicazione. BIBLIOGRAFIA: BÜTTNER / MÜLLER,
Das Kloster Müstair (1956) 3 4 - 3 8 , 4 1 - 5 9 , fig. a p. 53.
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20 L'ISCRIZIONE DEDICATORIA DELL'APSIDE NORD SCOPERTA-NEL 197 2
INTORNO AL 1087
MUSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, apside nord dietro l'altare (il negativo della scrittura è visibile sul lato posteriore dell'intonaco che la ricopriva e che è stato staccato e collocato nel museo; v. cat. nr. 47). - Tav. 14, fìg. 63-65. Nel 1972, in seguito alla caduta di una parte dell'intonaco romanico dietro l'altare dell'apside nord causato dall'affioramento di sali dalla parete, fu necessario staccarne un intero pezzo per salvaguardarne la conservazione; il frammento, su cui è dipinta un'altra iscrizione dedicatoria e una parte del meandro decorativo geometrico, venne assicurato su di un supporto e collocato nel museo (v. cat. nr. 47). Sulla parete apparve così la metà superiore sinistra di questa scritta più antica, dipinta su di un leggerissimo strato di intonaco steso al di sopra di quello con gli affreschi carolingi. La metà destra era persa da tempo e la zona fu intonacata negli anni '40 mentre l'angolo superiore sinistro è stato rovinato da un foro in seguito murato. La maggior parte della scritta, realizzata con colore bianco su di un fondo nero, apparve in negativo dietro la parte staccata (ora ricoperta da un supporto reversibile di materia sintetica), mentre poche tracce rimangono in positivo sulla parete. Affresco (ca. 53 x 49 cm) ma l'iscrizione originaria doveva avere ca. le misure 53 x 100 cm); frammento quadrato con cornice gialla di ca. 4 cm, 9 linee tracciate con colore bianco; lettere dipinte con bianco di calce steso a secco su di un fondo nero; H lettere 4 - 5 cm. Per convenzione si usano le maiuscole solo per le lettere che tutt'ora sono visibili sulla parete dell'abside, e le minuscole per quelle ricostruite in base ai disegni del negativo - effettuati nel 1972 da Christoph Jorg con la collaborazione del restauratore al momento dello stacco - e alla loro sovrapposizione con il positivo.
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[hi]c DEniQVe [- - -] [norp(er)t]VM REcofndite sunt [r]eLIQVIE S(an)C(t)o[rvm- - -] MANV SVbTEr [- - -] VIDELICet [- - -] ANDRee • ioh[annis ] mATEi evange[liste ] philippi marc[i ]
]
[..]eR[.]orandrv[- - -] Q u i infine ... tramite Norberto sono riposte ... le reliquie dei santi... per mano, sotto ... cioè ... di Andrea, Giovanni... di Matteo evangelista ... di Filippo, Marco ... 1.9 incerta la lettura della prima R così come della seconda che sembra collocata nella pancia della D. 72
dal poco che è ancora visibile sulla parete di tratta di un alfabeto capitale, dall'aspetto elegante, regolare nel modulo e nell'allineamento, in cui figura unicamente una H onciale. Non si vedono segni di abbreviazione, anche se probabilmente vi era quello per SANCTORVM (1.3), e non sembra esserci divisione delle parole tranne forse la presenza di un segno distinguente non meglio descrivibile tra Andree e Iohannis. Nesso TE in MATEI. Singole lettere: A con traversa spezzata ad angolo; E capitale con traverse della stessa lunghezza; H onciale in IOHANNIS (1. 6) e capitale in PHILIPPI (1. 8); M con aste verticali divaricate e tratti centrali che scendono fino al rigo di base; R con terzo tratto diritto. SCRITTURA:
FORMULARIO E CONTENUTO: iscrizione dedicatoria dell'altare di questa abside in cui figurava probabilmente il nome del consacrante e le reliquie che conteneva. Questo tipo di iscrizione, sia su pietra che dipinta, si trova frequentemente lungo tutto il Medioevo: per es. nella cripta del duomo di Basilea, l'iscrizione del vescovo Lütold, primo quarto del XIII secolo, v. CIMAH III, 38; nella chiesa di S. Vigilio di Morter (Merano) si è conservata lungo le pareti l'iscrizione dedicatoria del 1080 riferentesi alla chiesa e accanto agli altari laterali quella che li riguarda, v. RASMO, Affreschi medievali (1971) 239- Anche questa consacrazione potrebbe essere avvenuta, come quella dell'abside principale, al tempo del vescovo Norberto a seguito di un incendio o rinnovamento edilizio di una parte del monastero (v. cat. nr. 19). La ricostruzione del testo è resa però problematica dal cattivo stato di conservazione dell'affresco che non permette nemmeno di verificare se si tratti dello stesso poi ricopiato in epoca romanica al momento del rifacimento della decorazione (v. cat. nr. 47).
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cf. José VIVES, Inscripciones cristianas de la Espana romana y visigoda, Barcelona, II ed. 1969 (Biblioteca histórica de la Biblioteca Balmes, Ser. 2, Voi. 18), nr.311 (a. 682?): huncdenique edificium... NORPERTVM: la ricostruzione del nome mancante con Norpertum si giustifica con la datazione proposta; lo spazio sarebbe sufficiente se si ipotizza che la parola fosse scritta con l'abbreviazione PER all'interno, come figura per esempio nell'iscrizione dell'abside principale ricopiata nel XIII secolo (v. cat. nr. 46). RECONDITE... VIDELICET: cf. Monumenta epigraphica Christiana seculo XIII antiquiores quae in Italiae finibus adhuc exstant, ed. Angelo SILVAGNI, Città del Vaticano 1943,1, tav. 40, 6 (XII secolo): In hoc venerabili altare recondite sunt reliquie sanctorum martirum videlicet sanai Sebastiani. MANV SVBTER: cf. Monumenta epigraphica Christiana seculo XIII antiquiores quae in Italiae finibus adhuc exstant, ed. Angelo SILVAGNI, Città del Vaticano 1 9 4 3 , 1 , tav. 2 2 , 3 (Roma X I I secolo): in hanc aeclesiam per manus benedicti presbiteri... e Hermann TÜCHLE, Dedicationes Constantienses, Freiburg 1949, nr. 6: caetera autem manu sua honorifice involvens in sarcofago novo collocavit. HIC DENIQVE:
DATAZIONE:
come cat. nr. 19.
BIBLIOGRAFIA:
inedita.
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21
PIEDE DI CROCE
SECONDA METÀ XI SECOLO
COIRÀ (GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 15-16, fig. 66-76. Incerta la provenienza di questo oggetto la cui funzione era quella di sostenere una croce e che sicuramente dalla metà del secolo scorso si trova a Coirà (v. BURCKARDT in bibl., 1 6 2 ) . E ' composto di due pezzi staccati che vennero considerati separatamente finché lo Swarzenski non li ha riconosciuti come appartenenti ad un unico oggetto (v. SWARZENSKI in bibl., 2 9 5 - 3 0 1 ) . Stilisticamente è stato avvicinato ad un altro piede di croce, iconograficamente molto simile ma di fattura più accurata, proveniente dal monastero tedesco di S. Michele di Lüneburg e conservato nel museo Kestner di Hannover, e quale luogo di produzione è stata avanzata la regione di Sachsen / Niedersachsen (v. SPRINGER in bibl., Kat. Nr. 3). Bronzo fuso, inciso, cesellato e dorato (H totale 22 cm). La parte superiore si presenta come un basamento rettangolare che funge da sarcofago e dal quale emerge, scostando il velo mortuario, il busto di Adamo. Sui lati corti del basamento si appoggiano due angeli alati e ammantati che sorreggono una colonnina entro cui probabilmente trovava posto la croce (12 x 9,3 x 3 cm). La parte inferiore è costituita da una intelaiatura a forma di cupola riempita da racemi fogliacei e che si sorregge su quattro protomi leonine. Al centro della cupola in alto quattro anfore lasciano uscire un getto d'acqua - i fiumi del Paradiso - che, attraverso le fauci di quattro leoni, sgorga sulle zampe di sostegno. Le teste leonine fungono da sedile alle figure degli evangelisti — di cui due sono seduti a cavalcioni e due con una gamba accavallata - avvolti in ampie vesti, barbati e con lunghe capigliature che scendono sulla schiena, intenti a scrivere il Vangelo (10 x 17 x 17 cm). Si distinguono due gruppi di iscrizioni: (I) nella parte superiore dell'oggetto l'iscrizione corre lungo i bordi del sarcofago, in una riga racchiusa in una cornice, con allineamento irregolare, lettere incise su fondo liscio (H lettere 0,5 cm). - (II) nella parte inferiore le doppie iscrizioni con i nomi degli evangelisti e dei fiumi del Paradiso, cui sono accoppiati, si trovano sui segmenti orizzontali dell'intelaiatura intorno alla cupola centrale, su una riga, con campo di scrittura delimitato da due linee (H lettere 0,3 cm). - (III) l'iscrizione dedicatoria più lunga corre sui segmenti orizzontali inferiori dell'intelaiatura, lettere incise con allineamento e spaziatura irregolare, in una riga, campo delimitato da una cornice, le singole lettere sono separate da uno, talvolta due o tre puntini (H lettere 0,3 cm).
I)
lungo i bordi del sarcofago + ECCE RE / SVRGIT ADAM / CVI DAT • D(EV)S / IN CRVCE / VITAM La seconda A di ADAM potrebbe anche essere letta come una E. Ecco, risorge Adamo a cui Dio ha dato la vita sulla croce.
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II)
sull'intelaiatura LVCAS / GEON MARCVS / VISON MATHEVS / TIGRIS IOH[A]NNES / EVFRATES
III) + NORTPERTVS / DEI GR(ATI)A / PRAEPOSITVS / HOC IMPE / TRAVIT / OPVS / AZZO / ARTIFEX Norberto, per grazia di Dio preposto, ha ordinato quest'opera, Azzo artigiano. alfabeto capitale, disordinato nell'allineamento e nella spaziatura che è fortemente condizionata dalla superfìcie a disposizione, trasandato nell'esecuzione; senza divisione delle parole tranne tra DAT e DEVS in (I). Si nota spesso la S finale quasi coricata, per riempire a destra lo spazio rimasto. In (III) le singole lettere sono separate da uno o più puntini a seconda dello spazio disponibile. Segno di abbreviazione costituito da una linea orizzontale chiusa ai lati da due trattini obliqui. Frequenti i nessi, anche tra due parole diverse, usati per far rientrare la parola nello spazio a disposizione: (I) VR in SURGIT, AD e AM in ADAM, N C in IN CRVCE; (II) AR in MARCVS, THE in MATHEVS, N N E in IOH(A)NNES, VF e TE in EVFRATES; mancano in (III). Tutte le lettere hanno dei grandi trattini di coronamento al termine delle aste orizzontali e verticali. Singole lettere: A triangolare con trattino di coronamento superiore, la A di VITAM (I) manca del tratto mediano; C rotonda così come G normalmente arrotolata tranne in GEON (Ila) dove ha la forma di una C con un lungo tratto orizzontale; E ed F capitali; M capitale con aste interne che non arrivano alla linea di base; R con terzo tratto normalmente diritto (per es. in CRVCE, MARCVS ecc.), o leggermente ondulato in RESVRGIT, EVFRATES; S con l'asse quasi orizzontale in TIGRIS, PRAEPOSITVS. - Scritture vicine: piede di croce di Lüneburg, XI secolo, v. MICHAEL in bibl., 1 3 - 2 7 , tav.1-2. SCRITTURA:
LINGUA E FORMA:
(I) verso leonino, (IIa) VISON per PHISON
le iscrizioni (I) e (II) sono funzionali al programma iconografico che sottintende all'opera. Nel caso di (I) si tratta di una legenda a commento dell'immagine preceduta da un'invocazione simbolica; vi si allude alla tradizione secondo la quale sulla tomba di Adamo venne innalzata la Croce, attraverso il cui sacrifìcio avvenne la resurrezione del primo uomo e di tutto il genere umano (cf. RDK I, 157—60). (II): semplice identificazione dei personaggi e delle figure; i nomi dei fiumi del Paradiso si trovano in Genesi 2, 10-14, mentre il loro accostamento ai quattro evangelisti risale ai primi tempi del Cristianesimo e sembra essere stato opera di Paolino di Nola (cf. RDK VI, 486 e SCHLEE in bibl.). Le due immagini, strettamente collegate, convergono idealmente verso la croce: Cristo come dispensatore di vita e gli evangelisti quali diffusori della Parola che, così come i fiumi del Paradiso, raggiunge i quattro angoli del mondo (v. per l'interpretazione iconografica SPRINGER in bibl., 115). FORMULARIO E CONTENUTO:
(III) Menzione di donazione o committenza, preceduta da invocazione simbolica in forma di croce greca, e firma dell'artista, come sembra di dedurre dal fatto che Azzo artifex è al nominativo; 75
per altri esempi di scritte dello stesso tipo riguardanti committenti ed artisti v. Ulrike BERGMAN, Prior omnibus autor - an höchster Stelle aber der Stifter e Peter Cornelius CLAUSSEN, Künstlerinschriften, in Ornamenta Ecclesiae (1985) Bd. 1, 117-148 e 267-276. Per il termine artifex cf. per es. la porta bronzea del duomo di Mainz su cui figura la firma: Berengarius huius operis artifex (CLAUSSEN in Ornamenta Ecclesiae (1985) Bd. 1, 265). NOMI: (III) NORTPERTVS: secondo l'ipotesi formulata per la prima volta dalla Cetto (v. in bibl., 281-283, tav.10), e generalmente accettata, si tratterebbe del santo fondatore dei premonstratensi che fu, dal 1128 alla morte avvenuta nel 1134, arcivescovo di Magdeburgo e che nel 1131 fondò il convento di Gottesgnaden presso Kalbe a. d. Saale; la scritta andrebbe quindi letta 'Norbertus durch Gottes Gnade Praepositus von Gottesgnad'. Secondo la Cetto inoltre nelle cronache di questo convento figura tra i primi membri un 'Marquart der auch Azzo genannt wird' che potrebbe essere l'artigiano autore dell'opera. L'oggetto sarebbe stato in seguito regalato da Norberto al vescovo di Coirà Konrad I von Biberegg (1122-1145) che nel 1132 compì un viaggio oltr'Alpe e durante il cui vescovado a Coirà i premonstratensi aprirono la loro prima residenza, e di conseguenza viene generalmente datato al 1130-^40. Nella cronaca di questo monastero però, che risale al 1146 circa, risulta tra i Nomina vero eorum qui in ipso principio ibi erant solo un Marquardus qui et Azoneprepositus che l'editore propone di leggere qui et Azo (v. Fundatio monasterii gratiae Dei, MGH Scriptores XX, 688); inoltre il monastero fu fondato da Otto de Reveningen sollicitante sancto Norberto, e il primo prevosto fu un Amalricus e non Norberto (v. Norberto BACKMUND, Monasticon praemonstratense, Berlino 1983, voi. 2, 285-286). Il Norberto citato potrebbe invece essere, come già era stato ipotizzato dal Poeschel (v. in bibl. (1948) 156), il vescovo di Coirà Norberto della famiglia di Weilheimer o Hohenwarter che venne eletto in contrapposizione a Ulrico di Tarasp nel 1079, e che era stato preposto del capitolo di Augsburg e fondatore e prevosto del convento di canonici agostiniani di Habach in Baviera (v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 474). Il termine di praepositus potrebbe riferirsi quindi sia alla carica di prevosto di Augsburg sia di superiore del convento di canonici agostiniani, mentre dei gratia è da ritenere una semplice formula di devozione usata frequentemente dallo stesso Norberto (per es. in un documento emanato nel 1085 ego Nortpertus gratia deipraesul Curiensis, v. BUB I (1955) 165—166 nr. 207; un altro esempio di questa formula, usata da prepositi, è costituito da un sigillo del 1151 : Galterus dei gratia maioris ecclesiae in Colonia praepositus archidiaconus, v. Ornamenta ecclesiae (1985) Bd. 2, 37, D 25); dando credito a questa ipotesi l'oggetto sarebbe stato portato a Coirà da Norberto in occasione della sua elezione a vescovo. AZZO: nome di origine germanica molto frequente derivante dalla radice Atha e che si riscontra nelle forme Azo, Azzo, Ezzo (v. FÖRSTEMANN, PN, 219-20). le caratteristiche della scrittura - senza divisione tra le parole e in cui non figurano lettere onciali, presenza di molti nessi, essenzialità delle lettere che sono prive di elementi decorativi - rimandano all'XI secolo, datazione proposta anche per l'oggetto di Lüneburg in base a criteri epigrafici (v. MICHAEL in bibl., 2 2 ) . La proposta di identificare il committente con il vescovo di Coirà Norberto permette di restringere la datazione alla seconda metà dell'XI secolo; viceversa, il carattere dell'iscrizione male si accorda con la datazione al XII secolo proposta dalla Cetto. DATAZIONE:
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Beschreibung (1857) 162. - R A H N , Geschichte (1876) 278. - KRAUS, Inschriften II (1894) 2 e 3. - MOLINIER, Le Trésor (1895) 4 3 ^ 7 , tav. IX. - SIMEON, Begleiter (1914) 45-46, fig. 22. - Georg SWARZENSKJ, AUS dem Kunstkreis Heinrichs des Löwen, in «StädelJahrbuch» VII/VIII (1932) 295-301. - Ernst SCHLEE, Die Ikonographie der Paradiesflüsse, in Studien über christliche Denkmäler, hg. von Johannes Ficker NF 24 Hf., Leipzig 1937, 176—178. — POESCHEL, K D M I (1937) 55-57, fig. 30. - POESCHEL, KDM 7 (1948) 155-157, fig. 160-161. — Anna Maria CETTO, Die romanischen Kreuzständer in Chur und Hannover, in «Kunstchronik» 7 (1954) 281-283, tav.10. - REINLE, Kunstgeschichte (1968) 494-495, fig. 524-525. - Peter SPRINGER, Kreuzfüsse. Ikonographie und Typologie eines hochmittelalterlichen Gerätes, Berlin 1981 (Bronzegeräte des Mittelalters. Bd. 3 Kreuzfüsse) 112—116 con bibliografia precedente. — Anton LEGNER, Deutsche Kunst der Romanik, München 1982, 69, 74-75, 180, fig. 317. - Eckhardt MICHAEL, Die Inschriften des Lüneburger St. Michaelisklosters und des Klosters Lüne, Wiesbaden 1984 (Die Deutschen Inschriften Bd. 24) 13-27. - Ornamenta Ecclesiae (1985) Bd. 1, 261, B57. D O S C H , Dommuseum (1988) 18-19- - Adolf REINLE, Die Ausstattung deutscher Kirchen im Mittelalter, Darmstadt 1988, 105, fig. 38. — Heinrich der Löwe und seine Zeit. Herrschaft und Repräsentation der Weifen 1125-1235. Katalog der Ausstellung, München 1995, Bd 1, G 17, 497-499. BIBLIOGRAFIA: BURCKARDT,
77
22 L'AFFRESCO CON LA CROCIFISSIONE NELLA SALA DI NORBERTO
IV QUARTO XI SECOLO
MÙSTALR (GR), monastero di S. Giovanni Battista, cosiddetta «sala di Norberto», parete est. Tav. 17, fig. 77. Le pitture, molto rovinate, vennero scoperte nel 1906 da Zemp e Durrer in una camera a pianterreno dell'ala ovest del cortile nord del monastero. Il locale viene denominato «sala di Norberto», dal nome del vescovo Norberto della famiglia di Weilheimer o Hohenwarter (1079-1088, v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 474) che stabilì nel monastero una speciale residenza vescovile dove prendeva alloggio durante i suoi viaggi. Si tratta dello stesso vescovo che nel 1087, al termine di una vasta attività edilizia che coinvolse tutto il complesso monasteriale, effettuò una nuova consacrazione della chiesa (v. cat. nr. 19); a questa ristrutturazione andrebbe collegata anche la costruzione e la decorazione di questa sala che si situa nell'ala nord dell'edifìcio abitativo della residenza di Norberto (cf. Hans Rudolf COURVOISIER, Hans Rudolf SENNHAUSER, Zur Klosteranlage, in Mustair, Kloster St. Johann (1996) 35, Abb. 46). Sulle pareti est e sud, in una striscia continua (H ca. 120 cm), sono rappresentate scene della Crocifissione: nel gruppo centrale il Crocifisso - con i simboli del Sole (distrutto), della Luna, della Chiesa che raccoglie il sangue di Cristo in un calice e della Sinagoga - affiancato da Maria, S. Giovanni e i due ladroni; a destra la Discesa dalla croce che probabilmente era seguita dalla scena delle tre Marie al sepolcro; le immagini che seguivano sulla parete sud non sono più riconoscibili. Nel 1972 gli affreschi sulla parete est sono stati staccati dal muro e collocati su di un supporto per preservarli da ulteriori danni dell'umidità; nel 1990 sono stati ricollocati sulla parete. Affresco, stato di conservazione non buono, l'umidità ha alterato il colore lasciando intatto solo il bianco. Sotto il braccio destro della croce si scorge a malapena la scritta che identifica l'immagine della Sinagoga raffigurata in un cerchio al di sopra del braccio stesso, le lettere IN sono state dipinte direttamente su di un sasso sporgente e sono rimaste sulla parete dopo lo stacco dell'intonaco; una riga orizzontale, lettere rosse su fondo blu; H lettere 3-3,5 cm. [SJINAGOGA • SCRITTURA: scrittura capitale di modulo regolare. Puntino finale a metà altezza. Singole lettere: A trapezoidale con asta superiore che si prolunga verso sinistra; G arrotolata. - Scritture vicine: iscrizioni dipinte nella cappella di S. Ulrico a Mustair, IV quarto XI secolo, v. cat. nr. 23. FORMULARIO E CONTENUTO: semplice identificazione della figura; probabilmente sotto l'altro braccio della croce le si contrapponeva la scritta ECCLESIA di cui non rimangono tracce, si veda per es. l'affresco della chiesa di S. Lorenzo di Panjas in Francia (v. CIFM VI, nr. 59, fig. 38-39). Per l'iconografia della Crocifissione in cui compaiono le personificazioni della Chiesa e della Sinagoga v. Emile MÂLE, L'art religieux du Xllle siècle en France, Paris 1948 (le éd. 1898) 364-366; L C I I , 569-578. 78
DATAZIONE: il cattivo stato di conservazione dell'affresco non permette una datazione accurata su basi stilistiche (v. ZEMP / DURRER in bibl., 4 5 , BRENK in bibl., 2 0 e REINLE in bibl., 507 che
datano all'XI secolo e POESCHEL in bibl., 353 alla seconda metà del XII secolo), tuttavia la somiglianza delle scritte con quelle che si trovano nella cappella di S. Ulrico (v. cat. nr. 23) e il collegamento con l'attività edilizia del vescovo Norberto consentono di restringere la cronologia al quarto quarto del secolo, in attesa che il proseguimento der restauri e dello studio delle strutture murarie e architettoniche, tuttora in corso, fornisca nuovi elementi per una datazione più fondata. BIBLIOGRAFIA: ZEMP / DURRER, Das Kloster St. Johann
( 1 9 0 6 - 1 9 1 1 ) 4 5 - 4 7 , tav. X X X V I I ,
fig. 37. - POESCHEL, K D M V (1943) 349-354, fig. 369- - BRENK, Wandmalerei (1963) 16-20, fìg. 2. - REINLE, Kunstgeschichte (1968) 506-507. - MÜLLER, Geschichte (1986) 25-26.
79
23 LE ISCRIZIONI DIPINTE NELLA CAPPELLA DI S. ULRICO
IV QUARTO XI SECOLO
MUSTAIR (GR), monastero di S. Giovanni Battista, cappella di S. Ulrico, pareti nord e nord-est della navata. - Tav. 17, fig. 78-82. Sul lato ovest del cortile nord del monastero si trova questa doppia cappella signorile dedicata inferiormente a S. Ulrico e nel piano superiore a S. Nicola; fa parte del complesso residenziale che il vescovo di Coirà Norberto (1079-1088, v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 474) si fece costruire per soggiornarvi durante i suoi viaggi verso sud, e che venne utilizzata dai vescovi fin verso la seconda metà del XIII secolo (v. ZEMP / DURRER, Das Kloster St. Johann (1906-1911) 72; POESCHEL, K D M V ( 1 9 4 3 ) 3 4 4 - 3 4 9 ; S E N N H A U S E R - G I R A R D / SENNHAUSER / RUTISHAUSER /
GUBELMANN, Das Benediktinerinnenkloster (1986) 10—11). La cappella è menzionata per la prima volta in un documento databile tra il 1167 e il 1170 con il quale il vescovo Egino la donò al monastero dopo che era sempre stata proprietà vescovile (v. B U B I (1955) 280-281, nr. 375); le varie fasi costruttive che la concernono non sono ancora state chiarite (v. Hans Rudolf SENNHAUSER, Dodici secoli del convento di Mustair attraverso la storia dell'arte, in «Archeologia medievale» 17 (1990) 25-34; Hans Rudolf COURVOISIER, Hans Rudolf SENNHAUSER, Zur Klosteranlage, in Mustair, Kloster St. Johann (1996) 35, Abb. 46). Nel 1971 sono state liberate le pareti nord e nord-est della navata della cappella inferiore. Sopra le due doppie finestre romaniche murate sono apparsi dei frammenti di iscrizioni che appartenevano certamente ad una scritta che correva intorno, o almeno su un lato della navata. Si trovano su di uno strato di intonaco che sarebbe stato aggiunto al momento della chiusura delle finestre ma prima della realizzazione della decorazione a stucco che in epoca romanica adornò con figure di angeli la volta che sovrasta l'altare (per gli stucchi v. REINLE, Kunstgeschichte (1968) 223, fig. 241). La prima iscrizione sulla parete nord venne dopo poco coperta da un sottilissimo strato di intonaco sopra il quale se ne dipinse una seconda. Un altro frammento di iscrizione contemporanea alla prima, verticale, in colore rosso, fu dipinta sulla parete nord-est del lato sud della doppia finestra romanica murata. Le iscrizioni si dividono in tre gruppi: (I) sulla parete nord della navata, in alto a sinistra della doppia finestra murata, (a) una linea orizzontale, lettere rosse su fondo bianco in un campo delimitato da due linee orizzontali dello stesso colore rosso; H lettere 8—8,5 cm; (b) nella stessa posizione, ricopre in parte la precedente, medesimi colori e medesima altezza delle lettere. — (II) sulla parete nord-est del coro a nord dell'abside, sopra i due archi della doppia finestra murata; una linea orizzontale, lettere rosso scuro su fondo bianco; H lettere 8-8,5 cm. - (III) sulla parete nord-est del coro a nord dell'abside, a destra degli archi della doppia finestra murata, una linea verticale, lettere rosse su fondo bianco; H lettere 4,5-5 cm. I)
parete nord della navata a)
80
]E • VIRG(INIS) • ET S[
b)
] GEORGII • ET[
II)
parete nord-est del coro, sopra gli archi - - -JORGIFE • CONF(ESSORIS) • OVDALR[ICI- - -]
III) parete nord-est del coro, a destra degli archi TE • S(ANCTE) SABINE SCRITTURA: capitale molto elegante, regolare nel modulo e nell'allineamento, con tendenza all'allargamento a spatola dell'estremità delle aste. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale sopra la G di VIRGINIS (la), oppure che taglia orizzontalmente la S di SANCTE (III); non è più visibile quello che probabilmente si trovava sopra CONF. Nesso OR (II) e TE (III). Lettere inscritte: I in G (II: ORGIFE), A in D (II: OVDALR); O sovrapposta a V in OVDALR (II). Singole lettere: A triangolare; B con secondo anello più grande del primo; E capitale con tutte le traverse della medesima lunghezza; F con seconda asta orizzontale alta; G a forma di C con secondo tratto ricurvo che scende sotto il rigo di base; R con terzo tratto ondulato. FORMULARIO E CONTENUTO: menzione dei santi cui forse era dedicata la cappella o di cui vi si conservavano delle reliquie (v. per esempio le iscrizioni dedicatorie delle absidi della chiesa). (Ib) GEORGII: il suo nome sostituì la parola VIRGINIS che era stata scritta in un primo momento; ricorre anche nell'iscrizione dedicatoria del 1087 (v. cat. nr. 19); per la diffusione del suo culto in generale e nei Grigioni in particolare cf. B Ü T T N E R / MÜLLER, Das Kloster Müstair (1956) 4 8 - 4 9 . (II) Diffìcile l'identificazione del nome che precede l'appellativo CONFESSORIS, la F potrebbe essere interpretata anche come una E, una H, o un nesso TE ecc. Per quanto riguarda OVDALRICI, si tratta di S. Ulrico che, nato nell'890, venne educato nel monastero di S. Gallo e nel 923 eletto vescovo di Augsburg, città in cui ricostruì la cattedrale e la chiesa di S. Afra. Morto nel 973 venne canonizzato venti anni dopo e il suo culto si diffuse velocemente (cf. LCI VIII, 507-510; Bibl. Sana. XII, 797-798; R É A U , Iconographie (1955-59) III/3, 1292—1293). La figura di questo santo dovette essere molto cara anche al vescovo Norberto che, al tempo in cui era preposto del capitolo di Augsburg, aveva fondato a sue spese un convento di canonici agostiniani ad Habach in Baviera intitolato a questo santo (v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 474 e MÜLLER, Geschichte (1986) 26).
(III) SABINE: si tratta di S. Sabina da Roma, matrona romana martirizzata nel 119 (cf. LCI Vili, 301-302; R É A U , Iconographie (1955-59) III/3, 1177-1178). DATAZIONE: la datazione deve situarsi tra la fine del X secolo, epoca in cui cade la canonizzazione di S. Ulrico, e la prima menzione della cappella nel 1170 ca., ma più probabilmente negli anni di episcopato di Norberto (1079-1088). Le caratteristiche peculiari della scrittura, dove non viene ancora usata la E onciale ma dove appaiono delle lettere intrecciate e inscritte, in uso negli affreschi nell'XI e inizio X I I secolo (v. K O C H , Paläographie (1969) 9), non si oppongono a questa datazione. BIBLIOGRAFIA:
inedite.
81
24
L'ISCRIZIONE DI BREIL
XI SECOLO
Breil (ted. Brigels, GR), cappella Sogn Sievi. - Tav. 19, fig. 86. La lapide è stata rinvenuta in occasione degli scavi effettuati negli anni 1970—1972 nella cappella consacrata a Sogn Sievi (S. Eusebio) di Breil, attestata per la prima volta nel 1185 (v. BUB I (1955) 313 nr. 426; POESCHEL, KDM IV (1942) 353). Gli scavi hanno confermato, per la storia della costruzione, una prima fase costituita da una chiesa a sala con abside semicircolare — tipologicamente databile all'XI secolo — ingrandita al più tardi nel XIV secolo con l'allungamento delle pareti fino a trasformarla in una sala rettangolare (v. KELLER in bibl., 231—233). La pietra con l'iscrizione è stata trovata tra l'altare attuale del 1927 e la parete orientale - dove si trovava probabilmente l'altare della prima fase della costruzione - riutilizzata come lastra pavimentale. Pietra; di forma rettangolare (80 x 1 3 0 x 5 cm), con superficie lisciata e piccolo foro al centro. L'iscrizione è incisa non molto profondamente su di una linea orizzontale, l'altezza delle lettere aumenta progressivamente da sinistra verso destra; H lettere 3-7 cm.
• IDVS • NOV(EMBRIS) • DEDICA(TIOP) Alle idi di novembre (13 nov.) la dedicazione (?)...
SCRITTURA: alfabeto capitale con un elemento onciale, irregolare nel modulo — crescente da sinistra verso destra - e nell'allineamento, piuttosto lineare nel tratteggio. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale, visibile sopra la V di NOV(EMBRIS) e la A di DEDICA(CIOP). Puntino di divisione a metà altezza tra le parole. Singole lettere: A capitale con traversa spezzata ad angolo, E onciale. FORMULARIO E CONTENUTO: si tratta con tutta probabilità di un'iscrizione dedicatoria incompleta della chiesa con data espressa secondo il calendario romano. Iscrizioni dedicatorie di questo tipo sono frequenti nel Medioevo, soprattutto nella forma più semplice che, probabilmente come questa, comprendeva unicamente la data (v. FAVREAU, L'épigrapbie (1992) 71). DATAZIONE: la linearità del tracciato delle lettere, la presenza della E di tipo onciale e la brevità del formulario rendono plausibile una datazione all'XI secolo. BIBLIOGRAFIA: Beatrice KELLER, Archäologische Untersuchungen in der Kapelle S. Sievi von Breil / Brigels, in Archäologie in Graubünden (1992) 231—233, fig. 5.
82
25 L'AFFRESCO NELLA CHIESA DI DINO
XI SECOLO
DINO / SONVICO (TI), chiesa di S. Nazaro, parete nord, lato sinistro. - Tav. 18, fig. 83. L'edificio, originariamente orientato e probabilmente risalente all'XI secolo, ha subito numerose alterazioni e si presenta ora con un aspetto barocco; nel 1974 gli affreschi sono stati liberati e restaurati (v. Settantacinque anni (1984) 79). La chiesa è attestata dal 1146 quando Ardizzone I, vescovo di Como dal 1135 al 1162, ne attribuiva l'esercizio dei diritti parrocchiali all'abate di S. Carpoforo di Como (v. BRENTANI CD I (1929) nr. 2; GILARDONI, Romanico (1967) 322) sotto la cui giurisdizione rimaneva fino al 1219—20 quando l'abbazia rinunciò a questi diritti in favore del capitolo di S. Lorenzo di Lugano (BRENTANI CD I (1929) nr. 25; Paul SCHÄFER, Il Sottoceneri nel Medioevo, Lugano 1954, 172 n. 252). L'affresco riscoperto si estende sul lato sinistro della parete nord e la scena, incorniciata da un fregio a meandri prospettici, rappresenta Nerone in trono davanti al quale si presentano tre personaggi in abiti da guerrieri con spada e scudo; l'imperatore e due dei guerrieri sono identificati dalla scritta che si trova accanto su una (a) o tre linee (b e c); lettere stese con la biacca che in parte è caduta lasciando talvolta l'impronta, su fondo nero o blu scuro; H lettere 4—4,5 cm.
a) N E R O b) [,..]NN[.] / E[.] / H c) DIM[...] / TA / [,]EM / [..]
SCRITTURA: scrittura capitale, regolare, sobria, senza contrasti tra pieni e filetti, modesti ingrossamenti ai termini delle aste. Singole lettere: D capitale, E capitale con tutte le traverse della stessa lunghezza, M capitale con tratti interni che non arrivano fino alla linea di base; N capitale, R con occhiello chiuso e piuttosto alto, terzo tratto diritto che scende fino alla linea di scrittura. FORMULARIO E CONTENUTO: probabilmente semplice identificazione dei personaggi, sicuramente in (a). La scena rappresenta l'imperatore Nerone in trono sotto una sorta di baldacchino, davanti a cui vengono presentati due militi con tunica corta, spada e scudo, di cui il primo si porta la mano alla guancia con aria sorpresa o spaventata, accompagnati da un soldato sulla destra che ne tiene uno per il braccio. Essendo la chiesa dedicata a S. Nazario, potrebbe trattarsi di quest'ultimo e di S. Celso cui viene spesso accomunato, che furono appunto martirizzati al tempo delle persecuzioni neroniane, e rappresentati con abiti militari (cf. LCI 8, 32; Bibl. Sanct. IX, 780—785). Scene di questo tipo sono abbastanza frequenti nell'arte romanica e solitamente i personaggi sono tutti identificati da una scritta: per es. in un mosaico da Pavia con la passione di S. Eustachio vi sono i nomi Adrianus, Eustachius, Spiculatores (v. Adriano PERONI, Pavia. Musei civici del castello visconteo, Bologna 1975 (Musei d'Italia — Meraviglie d'Italia) 88—89); nella cripta 83
della cattedrale di Anagni invece Domitianus e Johannes (v. DEMUS, Romanische Wandmalerei (1968) tav. XXIII) e nella cripta della chiesa abbaziale di Saint-Savin-sur Gartempe si leggono i nomi Maximus, Savinus e Ciprianus da una parte, Adicius e Savinus dall'altra (v. DEMUS, Romanische Wandmalerei (1968), fìg. 112). Nel nostro caso lo stato frammentario delle scritte, di cui si riconoscono con sicurezza solo poche lettere, non permette per il momento di ricostruire i nomi che probabilmente identificavano i tre personaggi. NOMI: N E R O :
si tratta dell'imperatore romano che regnò dal 5 4 al 6 8 d. C. (v. LCI 3, 322).
DATAZIONE: stilisticamente gli affreschi sono molto vicini a quelli della primitiva decorazione della Collegiata dei santi Pietro ed Orso ad Aosta che si conserva sopra le più tarde volte e che viene generalmente datata alla fine del X-inizio dell'XI secolo (v. DEMUS, Romanische Wandmalerei (1968) 111-112, fig. 6-7); benché il carattere delle scritte di Aosta sia diverso da queste, una datazione all'XI secolo — peraltro già avanzata per l'edificio — non è fuori luogo. BIBLIOGRAFIA: MARCIONETTI,
84
Bernard ANDERES, Guida d'arte della Svizzera italiana, Lugano 1 9 8 0 , 2 8 0 e fig. Cristianesimo ( 1 9 9 0 ) 1 9 0 , tav. 6 6 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 8.
2 6 FRAMMENTO DI ISCRIZIONE FUNERARIA DA MUSTAIR MUSTAIR
(GR), monastero di
S.
Giovanni Battista, ritrovamento
M89/10'26l.
XI SECOLO - Tav. 1 8 , fìg.
84.
Durante i lavori eseguiti nel 1989 nel lato occidentale del complesso monastico moderno, nei muri (muro est Q7) di un locale risalente al XV secolo che si colloca nell'angolo nord-ovest del chiostro carolingio, è stato trovato questo frammento riutilizzato di lastra marmorea; la pietra presenta evidenti tracce di bruciatura in quanto si trovava murata nelle adiacenze di un locale adibito a forno (v. Hans Rudolf SENNHAUSER, Mustair; St. Johann, in Vorromanische Kirchenbauten ( 1 9 9 1 ) 2 9 5 - 2 9 6 ; Hans Rudolf COURVOISIER, Hans Rudolf SENNHAUSER, Zur Klosteranlage, in Mustair, Kloster St. Johann ( 1 9 9 6 ) 4 6 , Abb. 4 9 ) . Marmo della Val Venosta, giallastro, di forma irregolare (58 x 28 x 9,5 cm), con tracce di bruciatura sul lato sinistro e sulla faccia inferiore e rotture su tutti i lati. L'iscrizione si trova sul lato superiore, integra in alto e a sinistra dove si intravede la marginatura; cinque linee orizzontali e tracce della sesta, incise abbastanza profondamente, lineatura orizzontale; H lettere 6—4 cm.
5
REQVIE[SCIT - - TER SEMP(ER) [- - VITAE (O VIATE ) EXOR[- - HOC SV(M)M[.- - VT QVICV(M)Q[VE - - -
bella scrittura capitale con aste che terminano con forcellature. Nessi TE (1.2), TAE 0 ATE (1.3), VT (1.5). Segno di abbreviazione che taglia orizzontalmente l'asta di P (1.2: PER), una lineetta orizzontale sopra la V (1.4: SVMM e 1.5: QVICVMQVE). Lettere inserite: O nella H (1.4), V nella Q (1.5). Singole lettere: E stretta e alta, con traverse della stessa lunghezza e molto corte; H capitale; M con aste oblique e tratti mediani che scendono fino al rigo di base; P con ricciolo all'interno dell'occhiello aperto, Q a forma di O ovale con secondo tratto ondulato alla base (1.1), forse con secondo tratto interno alla 1.5; R con ricciolo all'interno dell'occhiello aperto e terzo tratto staccato sia dall'occhiello che dall'asta verticale; X con primo tratto diritto e secondo leggermente ondulato e più corto. - Scritture vicine: frammento di iscrizione da Mustair dell'XI secolo, cat. nr. 28); lastra tombale da Vienne, a. 1032, v. CIFM XV, nr. 56, fig. 37. SCRITTURA:
probabilmente si tratta di un'iscrizione sepolcrale incompleta REQVIESCIT: probabilmente Requiescit hic..., variante della comunissima formula iniziale Hic requiescit. TER SEMP(ER) forse da sciogliere con feliciter semper.
FORMULARIO E CONTENUTO:
1 2
85
le caratteristiche della scrittura — lettere strette e slanciate con aste lunghe e traverse corte, le numerose lettere intrecciate e i frequenti nessi - ricordano da vicino quella che venne in uso nella prima metà dell'XI secolo soprattutto in Francia e Germania (v. DESCHAMPS, Étude ( 1 9 2 9 ) 2 1 - 2 4 e Rudolf M . KLOOS, Einführung in die Epigraphik des Mittelalters und der frühen Neuzeit, Darmstadt 1 9 8 0 , 1 2 3 - 1 2 4 ) . DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA:
86
inedita.
2 7 FRAMMENTO DI ISCRIZIONE DA MÜSTAIR MÜSTAIR
XI SECOLO
(GR), monastero di S. Giovanni Battista, museo, bacheca 7. - Tav. 18, fig. 85.
Il frammento è stato trovato nel 1950 nell'altare dell'abside nord della chiesa. Attualmente è conservato nel museo in una cornice di gesso dove è stato collocato unitamente ad un altro pezzo proveniente dall'altare centrale (v. cat. nr. 28). Marmo giallo, probabilmente dalla Val Venosta, forma triangolare (21,5 x 23,7 x 3,5 cm ca.). Della lapide è ricostruibile la forma, composta di una larga cornice e con una superficie di scrittura abbassata di 2 cm. La presenza di un foro nell'angolo superiore sinistro fa presupporre che la lapide fosse appesa. Sono rimasti frammenti delle prime due linee, orizzontali; H lettere 5,5-6 cm.
+ HIC IN CISTA [- - -]
In questo sarcofago... capitale slanciata, serrata, senza divisione delle parole. Lettere inserite: I in C. Invocazione simbolica a forma di croce latina all'inizio del testo. Singole lettere: C angolare; N con traversa leggermente curva e che parte a metà altezza della prima asta; S con tratti angolari (?). SCRITTURA:
probabilmente iscrizione sepolcrale incompleta preceduta da invocazione simbolica in forma di croce greca. La terza parola può essere completata con cista nel senso di tomba, sepolcro, contenitore di oggetti preziosi, o anche con cisterna (v. MLW 643; per esempi analoghi cf. CIFM XII, nr. 43, fig. 36, epitaffio di Richarde ...sub fragili cista quia subponeris... del 1162 e CIFM VII, nr. 69, fig. 74, epitaffio di Raimondo de Seiles ...iacet in prima cistherna anima... del 1235). Iso Müller ipotizza che possa trattarsi della lapide del vescovo Norberto che, avendo avuto un ruolo significativo nell'esistenza del monastero, poteva aver diritto all'onore di una lapide appesa ad una parete (v. MÜLLER, Geschichte (1986) 32 n. 24). FORMULARIO E CONTENUTO:
la tendenza a serrare la scrittura, le lettere inserite e la propensione a sceglierne la forma quadrata, sono tipiche delle iscrizioni dell'XI secolo soprattutto in Francia e Germania. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: ISO MÜLLER,
Zwei hochmittelalterliche Inschriften aus Müstair, in ZAK 34 (1977)
85-87, fig. 1.
87
28 FRAMMENTO DI ISCRIZIONE DA MÜSTAIR
XI SECOLO
MÜSTAIR (GR), monastero di S. Giovanni Battista, museo, bacheca 7. - Tav. 18, fig. 85. Il frammento è stato trovato nel 1948 nell'altare principale. Attualmente è conservato nel museo in una cornice di gesso dove è stato collocato unitamente ad un altro pezzo proveniente dall'altare dell'abside nord (v. cat. nr. 27). Marmo giallo, probabilmente dalla Val Venosta, di forma rettangolare e composto di tre frammenti (17,5 x 26,5). Della lapide è ricostruibile la forma, costituita da una cornice di 6 cm rialzata e con una superfìcie di scrittura abbassata di 1,6 cm. Sono riconoscibili unicamente tre linee orizzontali; H lettere 6—4 cm. [---] ...LIOP.[- - -] AC SECVRVS[- - -] ALITCIANIf- - ....e sicuro...
SCRITTURA: capitale slanciata, di aspetto abbastanza serrato, senza divisione delle parole, inclinata a sinistra. Le lettere, di altezze varie, terminano alle estremità con allargamenti a spatola. Lettere inscritte: P (?) in O (1.1), I (?) in C (1.3). Singole lettere: A con traversa obliqua; E con traverse molto corte; R con occhiello piccolo e aperto e terzo tratto staccato sia dall'occhiello che dall'asta verticale. — Scritture vicine: frammento di iscrizione da Müstair, X I secolo, cat. nr. 26; iscrizione da Vienne, a. 1032, v. CIFM XV, nr. 56, fig. 37. FORMULARIO E CONTENUTO: la frammentarietà della scritta non permette di precisarne il carattere, tuttavia le caratteristiche della pietra fanno pensare ad una lapide sepolcrale. DATAZIONE: le lettere alte e slanciate, di cui alcune inserite, e la forma particolare della R, rimandano all'XI secolo, v. anche cat. nr. 26. BIBLLIOGRAFIA: Iso MÜLLER, Zwei hochmittelalterliche Inschriften aus Müstair, in Z A K 34 (1977) 85-87, fig. 2.
88
2 9 * FRAMMENTI DI AFFRESCHI DA FLIMS / BELMONT ZURIGO,
XI SECOLO
Museo Nazionale Svizzero (?), scomparsi almeno dal 1976. - Tav. 19, fìg. 87.
In un punto dominante sopra la strada tra Trin e Flims (GR) sorgeva il castello di Belmont, sede dei signori che ne portavano il nome e la cui prima menzione risale al 1 1 3 7 / 3 9 (v. POESCHEL, K D M IV ( 1 9 4 2 ) 2 0 - 2 1 ; Otto P. CLAVADETSCHER / Werner MEYER, Das Burgenbuch von Graubünden, Zürich 1 9 8 4 , 1 8 4 - 1 8 5 ) . Durante gli scavi effettuati tra il 1932 e il 1936, e che hanno interessato tutta l'area del castello, in uno dei locali della costruzione principale posta nell'angolo di sud-est dell'area vennero trovati dei frammenti di intonaco dipinto, di cui alcuni con tracce di iscrizioni. Di questi frammenti vennero eseguiti, al momento degli scavi, sessanta acquarelli a grandezza naturale, ora depositati, con il resto della documentazione di scavo, all'Archivio Cantonale di Coirà. Il materiale venne invece collocato nel Museo Nazionale Svizzero di Zurigo — dove però non figura nei registri d'entrata — e in minima parte nel Museo Retico di Coirà. Intonaco dipinto; tre frammenti (I: 4 x 3 cm; II: 8 x 7 cm; III: 4 x 4 cm) presentano delle lettere di colore bianco su fondo rosso; H lettere 2,8-3 cm. Su di un quarto frammento è dipinto una sorta di ricciolo che non sembra appartenere ad una lettera.
I)
- - -]E[- - -
II)
- - -]A •
III )
]P[
capitale con trattini di coronamento alle estremità; punto di divisione o finale a metà altezza in (II). Singole lettere: A trapezoidale con trattino di testa e traversa orizzontale; E con tutte le traverse della stessa lunghezza; nel terzo frammento ci sembra di poter riconoscere una P. SCRITTURA:
indefinibile; probabilmente negli affreschi, forse di soggetto profano, erano raffigurati dei personaggi identificati con scritte. FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: i più antichi ritrovamenti databili dell'area risalgono a fine X-inizìo X I secolo, mentre per questi frammenti di affreschi si è proposta una datazione all'XI secolo; le caratteristiche delle poche lettere rimaste non si oppongono a questa datazione. BIBLIOGRAFIA:
inediti.
89
3 0 FRAMMENTI DI AFFRESCHI DA S. ANTONI DI MATHON
XI SECOLO
COIRÀ (GR), Museo Retico, inv. H 1 9 7 1 . 5 6 7 2 - Tav. 19,fig.8 8 .
Durante gli scavi eseguiti nel 1955 nelle rovine della chiesa di S. Antoni di Mathon furono trovati dei frammenti della decorazione parietale; depositati al Museo Retico di Coirà, sono finora rimasti inediti (un resoconto degli scavi dovrebbe trovarsi nella relazione dal titolo «Zwei Ausgrabungen in Rätien. Mathon und Paspels» che il prof. Alfred A. Schmid, responsabile dello scavo, tenne all'«Internationales Symposion zu Problemen der Kunst des frühen und hohen Mittelalters» tenutosi dal 3 all'8 maggio I960, ma che non venne mai pubblicata). Un tentativo di ricostituzione e riordino dei frammenti ad opera di una restauratrice ha portato alla ricostituzione di alcune mani benedicenti e teste nimbate accanto alle quali sono visibili tracce di scritte (v. qualche riproduzione del materiale in W. Z., Die Kirchenruine von Mathon, in «Neue Zürcher Zeitung» 22.8.1962; ERB in bibl., 16, fig. 2). Attualmente i frammenti sono collocati senza alcun ordine in una ventina di casse che giacciono nei magazzini del museo. Si individuano cinque resti di scritte: (I) due lettere sovrastate da un segno di abbreviazione scritte probabilmente su una tavoletta o un rotolo aperto sorretto da una mano, lettere rosse su fondo beige, H lettere 3 - 5 cm; - (II) una scritta frammentaria vicino ad una testa sovrastata da una mano benedicente, verticale, lettere nere su fondo ocra, H lettere 6 - 8 cm.; - (III) una scritta frammentaria in cui si intrawede un segno di abbreviazione, orizzontale, lettere nere su fondo ocra, H lettere 4 - 6 cm.; - (IV) frammento di intonaco con resto di una lettera, nera su fondo ocra, H lettera 5 cm. I) ' A/Ì2 II)
. . -]SA[- - -
III)
- - -S(AN)C(TV)]S MA[- - -
IV)
]S[
SCRITTURA: alfabeto capitale. (I) alfa di forma trapezoidale con traversa diritta; omega nella forma onciale quasi sempre usata dall'epoca paleocristiana; entrambe le lettere sono sovrastate da un segno abbreviativo costituito da un trattino a forma di omega con un puntino nel rigonfiamento. (II) A trapezoidale con traversa superiore che si prolunga verso sinistra e termina con un apice. (III) sulla sinistra si riconosce un segno di abbreviazione a forma di sbarra orizzontale e la parte superiore di una C e di una S con forti apici alle estremità, una M con aste leggermente divaricate e traverse interne che scendono quasi fino al rigo di base e una A triangolare. FORMULARIO E CONTENUTO: (I) dovrebbe trattarsi della croce, o di un Cristogramma, affiancata dalle lettere Alfa e Omega (v. per questa simbologia cat. nr. 4). (II-IV): probabilmente identificazione dei personaggi.
90
DATAZIONE:
intorno all'XI secolo.
BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M V ( 1 9 4 3 ) 2 1 2 - 2 1 4 . - Hans ERB Jahresbericht 1971 des Rätischen Museums in Chur, in JHGG 1 0 1 ( 1 9 7 1 ) 1 6 , fig. 2. - Hans Rudolf SENNHAUSER, Frühmittelalterliche Funde aus Graubünden, in Das Rätische Museum. Ein Spiegel von Bündens Kultur und Geschichte, Chur1979,73-74.
91
3 1 TRACCE DI AFFRESCHI SULLA PARETE OVEST ESTERNA DELLA CHIESA DI MÙSTAIR
XI, XII SECOLO
MUSTAIR (GR), monastero di S. Giovanni Battista, lato esterno del muro occidentale della chiesa (N270).-Tav.l9,fìg.89. Nel 1986, in seguito allo scrostamento di una parte del lato esterno del muro occidentale della chiesa e che ora costituisce la parete est del corridoio di passaggio del monastero, sono stati trovati sotto l'intonaco del XVI secolo degli strati di pitture databili in varie epoche. Sul più recente, risalente al XIII secolo, si riconoscono resti di due figure dipinte di cui una abbigliata con una dalmatica rossa con decorazioni concentriche bianche; sullo strato mediano sono tracciate iscrizioni ora allo stato frammentario e graffiti raffiguranti una testa di cavallo, croci, reticolati e segni in cui non si riconosce nessuna lettera, mentre dello strato più antico, probabilmente risalente all'epoca carolingia, si intravede il fondo di colore rosso (v. Hans Rudolf COURVOISIER, Hans Rudolf SENNHAUSER, Zur Klosteranlage, in Mustair, Kloster St. Johann (1996) 19, Abb. 44). Nella parte di muro che presenta l'area più vasta liberata dagli intonaci di varie epoche è raffigurata, sullo strato mediano, una colonna marmorea con capitello sovrastato da una trabeazione; (I) la prima iscrizione si trova al di sopra della colonna, una riga tra due linee nere, lettere nere su fondo beige; H lettere 4,5 cm; (II) la seconda taglia orizzontalmente la colonna appena al di sotto del capitello, una riga tra due linee nere, lettere nere su fondo beige; H lettere 4-4,5 cm. I)
al di sopra della colonna ,]ATER [,...]N[
II)
perpendicolare alla colonna - - -.]V[...]E[...]L[..]RE • CGPIS • REQVIE(M) • STAN[..- - -
SCRITTURA: alfabeto capitale con presenza di E e Q onciale, regolare nel modulo e nell'allineamento. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole (II). Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale con trattini di coronamento alle estremità sopra la lettera in REQVIE(M). Nesso Q V con la successiva I unita alla V tramite un trattino di coronamento in alto. Singole lettere: A triangolare con apice superiore di coronamento e traversa orizzontale (II: STAN), incerta la lettura della prima lettera di (I) che potrebbe essere una A; E capitale con traverse della stessa lunghezza e abbastanza corte (II), E onciale chiusa (I); Q onciale alta sul rigo; R con terzo tratto ondulato (II) o ondulato e rigonfio (I). FORMULARIO E CONTENUTO: la frammentarietà delle scritte non permette di ricostruirne il senso o il carattere. DATAZIONE: da quanto risulta dai rapporti di restauro, il tipo di intonaco su cui sono tracciate le scritte si avvicina a quello dell'affresco con la crocifissione nella «sala di Norberto» (v. cat. nr. 22) 92
e dell'iscrizione dedicatoria nell'abside nord risalente all'XI secolo (v. cat. nr. 20). I caratteri paleografici della seconda iscrizione (II) concordano con una datazione all'XI secolo, mentre per quanto riguarda la prima scritta (I), la E onciale chiusa tramite il ripiegarsi dei tre tratti orizzontali e la tendenza al rigonfiamento del terzo tratto di R sembrano rinviare ad un momento successivo; benché sullo stesso intonaco, la prima potrebbe essere stata aggiunta più tardi. BIBLIOGRAFIA: inediti.
93
3 2 L'AFFRESCO IN S. AMBROGIO DI NEGRENTINO
FINE XI-INIZIO XII SECOLO
PRUGIASCO (TI), chiesa di S. Ambrogio vecchio a Negrentino (ora S. Carlo), parete occidentale. Tav. 20, fìg. 90-92.
La parte superstite della primitiva decorazione, sempre rimasta visibile, è stata restaurata una prima volta nel 1 9 4 2 e in seguito staccata e ricollocata nel 1 9 6 9 — 7 0 ad opera dei restauratori Rossi e Gianola (v. Aldo CRIVELLI, La chiesa dei SS. Ambrogio e Carlo di Negrentino, in RST 3 1 ( 1 9 4 3 ) e Settantacinque anni ( 1 9 8 4 ) 4 8 , 1 2 3 ) . Affresco a fregio che occupa tutta la lunghezza della parete occidentale o controfacciata, frammentario nel lato inferiore a causa della successiva apertura di una porta. Vi è rappresentato il Cristo in gloria a piena figura in un grande nimbo, affiancato dagli apostoli divisi in due gruppi di sei, di cui quattro in primo piano e due seminascosti in secondo piano; la scena è stata interpretata come Ascensione (v. BAUM in bibl., 4 7 e GILARDONI in bibl., 4 9 0 ) , Resurrezione (v. Joseph GANTNER, Kunstgeschichte der Schweiz, I: Von den helvetisch-römischen Anfängen bis zum Ende des romanischen Stiles, Frauenfeld 1936, 259, fig. 204) o Giudizio Universale (v. BRENK in bibl., 7 3 e EGGENBERGER in bibl., 8 5 - 8 6 ) ; più recentemente v. Vera SEGRE RUTZ, Giudizi Universali ad affresco nella regione del Canton Ticino, in «Unsere Kunstdenkmäler / 1 nostri monumenti storici» 44 (1993) 383. Le iscrizioni, in parte scomparse per la caduta del colore, si trovano: (I) quattro accanto alle figure, verticali ma la seconda e la terza terminano orizzontalmente, a lettere bianche su fondo verde chiaro. — (II) sei nella fascia superiore che delimita l'affresco, orizzontali a lettere bianche su fondo marrone; H lettere 2,5-3 cm.
I)
iscrizioni verticali a sinistra del Cristo a) S(AN)C(TV)S SIMOM (!) b) S(AN)C(TV)S- IA[COB]VS c) S(AN)C(TV)S-PETRUSa destra del Cristo d) S(AN)C(TV)S PAVLVS
94
II)
iscrizioni orizzontali a sinistra del Cristo a) S(ANCTVS) BARTHOLOME b) S(ANCTVS) THOME c) S(ANCTVS) IOHA(NE)Sa destra del Cristo d) [SANCTVS] IACOBVS e) [SANCTVS] [,..]VSf) [SANCTVS] MA[THEVS]
SCRITTURA: capitale dall'allineamento abbastanza regolare, con qualche accenno ad una distinzione tra pieni e filetti, per esempio nella V, e forcellature alle estremità. Nessi AR e ME in BARTHOLOME. Segno di abbreviazione costituito da un tratto orizzontale sopra una lettera (S in IOHANES) o sopra un gruppo di lettere, decorato con cerchietti (nel caso dei SANCTVS delle scritte verticali), o infine da una barra che taglia orizzontalmente o obliquamente la S (nelle scritte orizzontali); puntini di divisione a metà altezza tra le parole non sempre conservati. Singole lettere: A trapezoidale con apice superiore che si allunga verso sinistra e termina con forcellatura, tratto mediano orizzontale; E con traverse della stessa lunghezza; M con tratti mediani che scendono fino al rigo di base; P con occhiello piccolo e alto; R con terzo tratto leggermente curvo verso l'esterno; S e V con forcellature alle estremità. — Scritture vicine: affreschi romanici di Sorengo, cat. nr. 33; iscrizioni degli affreschi di S. Pietro al Monte e S. Calocero di Civate, v. DEMUS, Romanische Wandmalerei ( 1 9 6 8 ) , fig. 12 o ZASTROW, Affreschi romanici ( 1 9 8 3 ) , 5 4 - 6 8 , tav. 1 3 9 - 1 5 8 .
LINGUA: Simom per Simon. FORMULARIO: semplice identificazione dei personaggi. DATAZIONE: stilisticamente gli affreschi vengono datati alla fine dell'XI-inizio del XII secolo; le caratteristiche epigrafiche delle scritte non si oppongono a questa datazione. KAHN,Wandgemälde ( 1 8 8 1 ) 1 4 - 7 , tav. I , 1. - ESCHER, Untersuchungen ( 1 9 0 6 ) passim. - R A H N , Monumenti ( 1 8 9 4 ) 2 5 8 . - TOESCA, La pittura e la miniatura ( 1 9 6 6 ) 5 3 , 6 6 . STÜCKELBERG, Cicerone ( 1 9 1 8 ) 5 9 . - BIANCONI, Pittura medievale ( 1 9 3 6 ) 6 , 7 - 8 . - Julius BAUM, Frühmittelalterliche Denkmäler der Schweiz und ihrer Nachbarländer, Bern 1943, 47, fig. 30. — BIANCONI, Inventario ( 1 9 4 8 ) 1 7 7 . - Edgar Waterman ANTHONY, Romanesque frescoes, Princeton, N . J . 1 9 5 1 , 1 0 1 , 1 5 8 . - SALVINI, La pittura ( 1 9 5 4 ) 6 2 9 . - SARTORIUS, Chorausmalungen ( 1 9 5 5 ) BIBLIOGRAFIA:
22-23. -
BRENK, Wandmalerei
(1963) 6 9 - 8 4 . -
GILARDONI, Romanico
(1967) 4 8 6 - 4 9 8 .
-
REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 5 1 2 - 5 1 4 , fig. 5 3 3 - 5 3 5 . - Isidoro MARCIONETTI, San Carlo di Negrentino, Lugano 1 9 7 7 , 2 9 - 3 5 e fig. - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 8 5 - 8 6 , fig. 6 7 - 6 8 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 5, 2 4 3 - 2 4 4 , tav. 3 - 4 .
95
33 GLI AFFRESCHI ROMANICI DI SORENGO
FINE XI-INIZIO XII SECOLO
SORENGO (TI), chiesa di S. Maria Assunta, controfacciata. - Tav. 21, fig. 93-95. La chiesa risalirebbe, secondo le indagini archeologiche, alla metà dell'XI secolo; era a navata unica inizialmente non intonacata, coperta da un tetto a capriate a vista e conclusa da un'abside semicircolare. Mentre l'arco trionfale, la parete nord e probabilmente l'abside vennero subito dipinte, la parete settentrionale rimase semplicemente intonacata e venne decorata in un momento successivo. Tra il 1566 e il 1576 i frati cappuccini, che ne erano in possesso, la ampliarono distruggendo l'abside fino alle fondamenta e ne capovolsero l'orientamento costruendo le volte in parte sulle vecchie pareti romaniche. Già nel 1938 Emilio Ferrazzini aveva scoperto al di sopra delle attuali volte, sulle vele dell'arco santo sopra la parete della facciata, la scena raffigurante l'Annunciazione appartenente alla fase pittorica più antica, e sulla parete destra la figura della Madonna col Bambino e cinque apostoli a mezzobusto collocati sotto arcate decorate con ricchi capitelli fogliacei (v. FERRAZZINI in bibl., 76-77, fig. p. 76). In occasione dell'ultima tappa dei restauri che hanno riguardato l'intero complesso (1979), sono venuti alla luce sulla parete dell'odierno ingresso frammenti della fascia decorativa sottostante l'Annunciazione, in cui era probabilmente raffigurata una teoria di santi (v. Monumenti ticinesi. Indagini archeologiche, a c. di Pierangelo DONATI e collaboratori, Bellinzona 1980 (Quaderni d'informazione 7) 1 0 0 - 1 0 3 ) .
Si distinguono due gruppi di iscrizioni: (I) sotto l'ala dell'angelo dell'Annunciazione, verticale tranne SANCTVS orizzontale, a lettere bianche, ormai quasi completamente svanite, su fondo verde; H lettere 4 cm. — (II) accanto alle figure di santi lungo la parete sotto l'Annunciazione; la prima tra due teste di santi a destra dell'entrata, le altre due a sinistra; scritte verticali tranne SANCTVS e l'ultima parte di (Ile) orizzontali, a lettere bianche su fondo verde; quasi svanite le prime due, in buone condizioni la terza; H lettere 2,5—3 cm. I)
nell'Annunciazione S(AN)C(TV)S [GAB]R[IEL]
II)
accanto alle figure di santi a) S(AN)C(TV)S
b) S(AN)C(TV)S GERV[ASIVS] c) S(AN)C(TV)S P(RO)TASIVS
SCRITTURA: alfabeto capitale elegante, lettere piuttosto strette e slanciate con forcellature alle estremità; contrasto tra pieni e filetti appena visibile in A e V dove i tratti di sinistra sono più accentuati. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta interrotta da tre doppie barrette perpendicolari per SANCTVS, abbreviazione per PRO costituita da un sottile prolungamento verso sinistra dell'occhiello della P. Singole lettere: A trapezoidale con tratto mediano inclinato
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verso destra; E con traverse della stessa lunghezza; G arrotolata; T con apici marcati alle estremità dell'asta orizzontale. - Scritture vicine: l'affresco in S. Ambrogio di Negrentino, cat. nr. 32; affreschi di S. Pietro al Monte e S. Calocero di Civate, v. DEMUS, Romanische Wandmalerei ( 1 9 6 8 ) , fig. 1 2 o ZASTROW, Affreschi romanici ( 1 9 8 3 ) 5 4 - 6 8 , tav. 1 3 9 - 1 5 8 . semplice identificazione dei personaggi. Gervasio e Protasio sono patroni della città di Milano e le loro ossa furono scoperte da S. Ambrogio nella basilica dei SS. Felice e Nabore (v. Bibl. Sana. VI, 298-304). FORMULARIO E CONTENUTO:
l'indagine archeologia ha accertato che il momento decorativo è di poco posteriore alla costruzione, che risale alla metà dell'XI secolo, mentre stilisticamente gli affreschi vengono avvicinati a quelli di Prugiasco-Negrentino e datati allo stesso periodo. Anche la forma delle lettere è molto vicina nei due complessi decorativi, benché queste di Sorengo siano più slanciate e il chiaroscuro vi sia un po' più evidenziato; da datare ugualmente alla fine dell'XI-inizio XII secolo. DATAZIONE:
Emilio FERRAZZINI, Gli affreschi di Sorengo, in R S T 4 (1938) 76-77, fig. a p. 76. Chorausmalungen (1955) 23. - B R E N K , Wandmalerei (1963) 84-88. - GILARDONI, Romanico (1967) 558-562, fig. 393- - REINLE, Kunstgeschichte (1968) 514-515. - Sorengo 1189-1969, Lugano 1969, fig. VI. - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990), tav. 61. - Pittura a Como (1994) 5, 244—245, tav. 5. - Rossana CARDANI, Gli affreschi romanici e tardoromanici nella chiesa di Santa Maria Assunta di Sorengo, in Sorengo (1995) 237-240, 247-248, 270-273 e fig. BIBLIOGRAFIA:
- SARTORIUS,
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3 4 FRAMMENTO DI STUCCO DALL'ALTARE DI S. REMIGIO A CORZONESO
XI-XIII SECOLO
CORZONESO (TI), chiesa di S. Remigio, altare. - Tav. 21, fig. 96. Durante la demolizione dell'altare avvenuta nell'estate 1944 in occasione dei restauri che hanno interessato tutto l'edificio e che hanno portato anche alla luce le pitture tardo-romaniche (v. cat. nr. 61), sono stati rinvenuti tra il pietrame dei frammenti di stucco (v. BIANCONI, Inventario (1948) 68).
Con questi frammenti si è cercato di ricomporre l'altare utilizzando anche le due note figurine di apostoli con tracce di policromia che già si conservavano in un deposito della chiesa (v. GILARDONI, Romanico (1967) 317 n. 46; Vincenzo VICARI, Ticino Romanico. I, Lugano 1985, fig. 305 e MARCIONETTI, Cristianesimo (1990), tav.43) ma la cui provenienza da questo oratorio è dubbia perché gli atti delle visite pastorali descrivono un altare adorno di belle figure in pietra collocato nella chiesa dei SS. Nazaro e Celso, l'antica parrocchiale romanica rinnovata nel XVII secolo (v. GILARDONI, Romanico (1967) 312). Sulla fronte anteriore dell'altare, poco sopra le due teste degli apostoli, è stato collocato un frammento di stucco (4,5 x 15 x 3,5 cm) su cui si distinguono le tracce di una scritta orizzontale a lettere nere su fondo grigio ormai quasi sbiadita; H lettere 4 cm.
- - -,]BVS •
SCRITTURA: lettere capitali con puntino finale a metà altezza; le aste della V si aprono a forcella in alto. FORMULARIO E CONTENUTO: probabilmente si tratta di una scritta atta ad identificare il personaggio raffigurato; una possibile integrazione sarebbe quella con il nome IACOBVS. DATAZIONE: l'unico elemento che può essere di qualche utilità per la datazione, non essendo possibile basarsi né sullo stile delle due figure di stucco, probabilmente di altra provenienza, né sulla decorazione parietale più tarda e forse non la più antica della chiesa (v. cat. nr. 61), è la lettera V ancora di tipo capitale. BIBLIOGRAFIA: Angela e Verio PINI, San Remigio di Corzoneso, Locamo 1977, 39, fig. 17.
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35
GLI AFFRESCHI DI S. VITTORE A MURALTO
MURALTO
PRIMA METÀ XII SECOLO
(TI), chiesa di S. Vittore, parete sud. - Tav. 22, fìg. 97-99.
Durante i restauri che hanno interessato tutto il complesso della chiesa negli anni 1982-83 sono state demolite le volte neo-gotiche costruite nel 1857 (GILARDONI, Monumenti d'arte I (1972) 356) e liberati gli affreschi. Alcuni frammenti delle pitture, intonacate e nascoste solo nel XVI secolo (v. Luigi GIANOLA, Osservazioni sulle pitture murali, luglio-ottobre 1968), erano già visibili nel sottotetto sopra le volte, ed erano stati segnalati per la prima volta da Virgilio Gilardoni che aveva pubblicato una riproduzione fotografica della testa del Cristo (GILARDONI, Romanico (1967) 448-449, fig. 277). La chiesa, di origine paleocristiana, è sorta intorno al V-VI secolo sui resti di una villa romana del I secolo d. C. e venne trasformata in un edificio romanico tra gli ultimi anni dell'XI secolo e gli inizi del XII, assumendo nel XIII secolo l'attuale struttura con la cripta e il presbiterio superiore (v. JSGU 63 (1980) 247; 65 (1982) 233-234; 66 (1983) 285-286). Affresco; il ciclo si snoda in una fascia alta ca. 2,5 metri e lunga ca. 20 metri nella parete sud della navata centrale all'altezza delle odierne finestre con qualche frammento sulla parete ovest; stato di conservazione abbastanza buono, lacune dovute all'apertura delle finestre e alla costruzione delle volte. Vi sono rappresentate scene tratte dalla Genesi (Genesi 3, 21-4, 15) scandite in tre spazi delimitati dalle finestre. Da sinistra verso destra le scene in cui i personaggi sono identificati da un'iscrizione sono: (I) (II) (III)
(IV)
Cristo in veste di giudice, con in mano un bastone pastorale, nome orizzontale sopra la sua testa a lettere rosse su fondo bianco; H lettere 5 cm. Vestizione di Adamo ed Eva, si scorge il nome di quest'ultima sopra l'attuale finestra, orizzontale, a lettere rosse su fondo bianco, H lettere 5-5,5 cm. Cristo consegna gli strumenti di lavoro ad Adamo ed Eva; a sinistra, dietro la schiena del Cristo si scorge il frammento probabilmente di una A di colore rosso su fondo bianco; H lettera 1,5 cm. Sacrificio di Caino; sopra la testa il nome orizzontale, a lettere rosse su fondo bianco, H lettere 5 cm.
(V)
Sacrifìcio di Abele: tracce del nome orizzontale, lettere rosse su fondo bianco, H lettere 8 cm.
(VI)
Uccisione di Abele da parte di Caino, entrambi identificati dal nome orizzontale: (a) per Caino a lettere bianche su fondo verde, H lettere 5 cm, sopra la testa di Abele tracce di EL bianche precedute da tracce di altre due lettere di colore verde su fondo azzurro nella metà inferiore e verde in quella superiore; probabilmente il pittore dopo la prima parte della scritta si è pentito o si è accorto dell'errore.
(VII)
La voce del sangue di Abele che grida vendetta è sovrastata dalla figura di un angelo a destra del cui braccio si legge appena la scritta SANGVIS ABELIS forse con dei ripensamenti, orizzontale, lettere bianche su fondo verde, H lettere 5 cm.
99
(Vili) Caino intento a scavare la fossa per seppellire il corpo del fratello. Entrambi identificati dal nome, quello di Caino (a) a sinistra della testa, orizzontale a lettere bianche su fondo verde, H lettere 5-5,5 cm; quello di Abele (b) sopra la sua testa, verticale, lettere bianche: la A scomparsa e metà della B su fondo verde, su fondo blu le altre; H lettere 5—5,5 cm. (IX) Condanna di Caino, entrambi individuati dalla scritta: (a) sopra la testa di Cristo, orizzontale, a lettere rosse su fondo bianco; H lettere 8-8,5 cm; (b) sopra la testa di Caino a lettere rosse su fondo bianco, H lettere 5-5,5 cm.
I)
CRISTVS
II)
EVA
III)
- - -]A?
IV)
HAIM
V)
ABE[L]
Via)
HAIM
VII)
SANGVI(S) ABEL Il sangue di Abele
VIb)
[AB]EL
Villa) [H]AYM
VlIIb) [A]BEL
IXa)
IXb)
IHS
HAIM
bella scrittura regolare, con alfabeto capitale; ingrossamento alle estremità delle aste con apici terminali (E, V) o di base (I, A). Chiudiriga - costituiti da un tondino seguito da tre semicerchi di cui l'ultimo si prolunga con una lineetta orizzontale ondulata verso destra — alla fine della parola ma probabilmente anche all'inizio in CRISTVS (I), HAIM (Via), IHS (IXa) e HAIM (IXb). Segno di abbreviazione costituito da un trattino a forma di omega con un semicerchio al centro e una serie di tre e due trattini verticali perpendicolari ai lati di questo (IXa). Singole lettere: A trapezoidale con traversa diritta e asta superiore che si prolunga verso destra terminando con una forcellatura; E con tutte le traverse della stessa lunghezza; H capitale con asta orizzontale che si inarca al centro; M con traverse che scendono fino alla linea di scrittura (IV; VI) o fino a mezza altezza (VIII; IXb); Y alta sul rigo in HAYM (Villa). - Scritture vicine: affreschi di S. Martino di Carugo la cui datazione oscilla tra la metà-fine XI e il XII secolo, v. ZASTROW, Affreschi romanici (1983), tav. 85-105. SCRITTURA:
semplice identificazione dei personaggi; per l'abbreviazione IHS del nome Iesus di origine greca cf. T R A U B E , Nomina sacra ( 1 9 0 7 ) 1 5 6 - 1 6 3 - Dell'iconografia si sono occupati Yves CHRISTE, A' propos des peintures murales de San Vittore de Muralto: la voix du sang d'Abel, in «Arte cristiana» 7 4 ( 1 9 8 6 ) ìl—^Q, Carlo BERTELLI, Bibbia, breviario, messale nella cultura della chiesa milanese dall'Xl al XII secolo, in Atti dell' I l o Congresso internazionale di studi sull'alto FORMULARIO E CONTENUTO:
100
Medioevo, Milano 2 6 - 3 0 ottobre 1 9 8 7 , Spoleto 1 9 8 9 (Centro italiano di studi sull'alto Medioevo) 8 2 1 — 8 2 3 e Laurence BRUGGER e Yves CHRISTE, La «voix du sang» et l'ensevelissement d'Abel, in «Arte cristiana» 8 2 ( 1 9 9 4 ) 7 7 - 8 0 . dal punto di vista stilistico e iconografico gli affreschi sono datati alla metà dell'XI secolo (Broggini) o all'inizio del XII (Gilardoni; Christe; Bertelli; Eggenberger). Benché la scrittura presenti degli elementi che rinviano ancora all'XI secolo — come la forma molto classica e sobria delle lettere tutte di forma capitale, la E con le traverse della stessa lunghezza o la mancanza di chiaroscuro — sono già caratteristiche del XII secolo la A trapezoidale, l'ingrossamento delle aste alle estremità ed i trattini finali delle traverse di E, l'oscillazione tra la M con traverse che scendono fino alla linea di scrittura o che rimangono a metà altezza. DATAZIONE:
Romanico (1967) 448-449, fig. 277. - GILARDONI, Monumenti d'arte I (1972) 373-375, ili. 464-468. - Alessandra A N T O N I N I , Der romanische Bilderfries an der Süd- und Westwand der Kirche San Vittore zu Muralto. Beschreibung und Ikonographie, Datt. Lizenziatsarbeit Phil. I Sept. 1984, Kunsthistorisches Seminar Zürich. - Romano B R O G G I N I , Nuovi affreschi medievali in San Vittore a Muralto, in «Almanacco» 1985, 122-126. - EGGENBERGER, Pittura romanica (1989) 90. - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990), tav. 77-79. - Pittura a Como (1994) 7-8, 245-246, tav 7-8. BIBLIOGRAFIA: GILARDONI,
101
36
LA MADONNA DI SURCASTI
SECONDA METÀ XII SECOLO
DISENTIS / MUSTÉR (GR), Museo del monastero; Inv. nr. 3736. - Tav. 23, fìg. 100-103. La statua venne trovata intorno all'inizio del secolo nell'ossario della chiesa di S. Lorenzo a Surcasti (ted. Obercastels) e proviene probabilmente dalla cappella che si trovava nel castello sulla rocca (v. POESCHEL, KDM IV (1942) 204). Legno di pioppo; parallelepipedo rettangolare (54 x 20 x 17 cm), lavorato anche sul retro. La Madonna siede su di un cuscino posto su un trono e regge sul ginocchio sinistro il Bambino benedicente; nella mano destra tiene una mela. Una parte dell'iscrizione (II) è venuta alla luce in occasione dei restauri effettuati nel 1964 dallo Schweizerische Institut fur Kunstwissenschaft a Zurigo (v. BRACHERT in bibl., 63-87). L'iscrizione si divide in due parti: (I) sul lato destro del trono in alto, poco sotto il cuscino, dal lato posteriore verso quello anteriore e, alla stessa altezza sul lato sinistro, partendo dal lato anteriore verso quello posteriore; — (II) sul lato sinistro dello zoccolo del trono, partendo dal lato anteriore verso quello posteriore. Tutte le iscrizioni sono orizzontali, in una riga, dipinte a lettere bianche su fondo rosso; H lettere 1 cm.
I)
sul lato destro del trono [C]ONRADVS / C(VM) HIZICA
II)
sul lato sinistro dello zoccolo del trono [FIERI?] FECIT • Conradus con Hizica ha fatto [fare?].
SCRITTURA: alfabeto prevalentemente capitale, con lettere larghe e spaziate, in (I) allargate per riempire lo spazio a disposizione; forti apici alle estremità dei tratti, contrasto tra pieni e filetti ben visibile per esempio nella N, A e V di CONRADVS (I). Punto finale a metà altezza alla fine di (II); nesso NR in CONRADVS (I); segno di abbreviazione di origine tachigrafica a forma di 9 usato per CVM in (I). Singole lettere: A trapezoidale con traversa diritta, la seconda metà della lettera in HIZICA è caduta; E onciale in FECIT (II) con trattini di coronamento molto lunghi da farla sembrare quasi chiusa; F con le due traverse della stessa lunghezza; H capitale; R con terzo tratto ondulato.
(I—II) iscrizione a carattere dedicatorio con menzione dei committenti o donatori, da integrare verosimilmente con fieri, cf. per es. il mortaio di Hugo nell'abbazia di S. Maurice donnus (!) Hugo me fecit fieri, CIMAH I, 57. FORMULARIO E CONTENUTO:
102
NOMI: CONRADVS e HIZICA sono stati identificati come due membri della famiglia, probabilmente marito e moglie, di Überkastel - dello stesso ceppo o imparentati con i von Castelberg e i Löwenstein — di cui sarebbero i primi rappresentanti finora noti (v. Erwin POESCHEL, Die Familie von Castelberg, Aarau und Frankfurt am Main 1958, 4 8 ^ 9 ; Otto P. CLAVADETSCHER / Werner MEYER, Das Burgenbuch von Graubünden, Zürich 1984, 98-99; René PROJER, Die Herren von Löwenstein, in Geschichte und Kultur Churrätiens (1986) 349—361). Mentre il nome Conradus ricorre nella famiglia, Hizica (da taluni letto erroneamente HIZIGA a causa dei forti apici alle estremità della C che la fanno sembrare una G) si ritrova solo in questo caso; una Hiciga è attestata a S. Gallo nel 741 (v. FÖRSTEMANN PN, 847), mentre forme analoghe quali Hizaka o Hizecha si trovano anche più tardi nella Svizzera orientale e centrale e nella regione del Reno (v. MÜLLER in bibl., 154). DATAZIONE: collocata per motivi storico-artistici nella seconda metà del XII secolo, il carattere della scrittura, in cui appare una sola lettera onciale concorda con questa datazione. BIBLIOGRAFIA: P. Notker CURTI, Romanische Madonnenstatue aus Obercastels, in ASA 1 0 ( 1 9 0 8 ) 124—125, tav. 9- — Julius BAUM, Romanische Marienbilder im Schweizerischen Landesmuseum, in ASA 2 7 ( 1 9 2 5 ) 2 2 3 , tav. 4 . -
POESCHEL, K D M I ( 1 9 3 7 ) 4 6 . - POESCHEL, K D M I V ( 1 9 4 2 ) 2 0 8 ,
fig. 245. — Ellen J. BEER, Die Glasmalereien der Schweiz vom 12. bis zum Beginn des 14- Jahrhunderts, Basel 1 9 5 6 (CVMA Schweiz I) 2 2 . - Thomas BRACHERT, Drei romanische Marienbilder aus der Schweiz, in «Jahresbericht des Schweizerischen Instituts fiir Kunstwissenschaft 1 9 6 4 » , 1 9 6 5 , 63—87. — Iso MÜLLER, Beiträge zum byzantinischen Einfluss in der früh- und hochmittelalterlichen Kunst Rätiens, in ZAK 2 4 ( 1 9 6 5 / 6 6 ) 1 5 3 - 1 5 5 . - REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 4 7 4 , fig. 5 0 1 . Brigitta SCHMEDDING, Romanische Madonnen der Schweiz. Holzskulpturen des 12. und 13- Jahrhunderts, Freiburg 1 9 7 4 (Scrinium Friburgense 4 ) 1 6 - 1 8 , fig. 3. - Helga SCHMIEDNEUKOMM, Le vitrail de Flums: leonographie et culte marial, in ZAK 4 7 ( 1 9 9 0 ) 2 1 9 , fig. 5.
103
37 LE ISCRIZIONI DEI CAPITELLI DELLA CATTEDRALE DI COIRÀ
IV QUARTO XII SECOLO
COIRÀ (GR), cattedrale, pilastro sud dell'arco del coro, «capitello di Daniele». - Tav. 24, fig. 104-105. Questo pilastro è decorato su tre lati da una serie di nove figure che sono da sinistra a destra: un angelo, un vescovo, di nuovo un angelo, Abacuc che porta da mangiare a Daniele, Daniele nella fossa dei leoni, una figura barbuta forse il guardiano dei leoni, l'idolo Bel adorato dai Babilonesi e distrutto da Daniele, il re Ciro e infine il dragone adorato dalla gente di Babilonia che Daniele fece scoppiare (v. più sotto per l'interpretazione iconografica FORMULARIO E CONTENUTO). Cosiddetta pietra di Scalara, pietra calcarea della regione grigionese (v. DE QUERVAIN, Herkunft undBeschaffenheit (1972) 7); le due iscrizioni si trovano nel capitello principale, (I) sopra la testa di Daniele con i leoni; - (II) a sinistra, nella cornice sopra la figura di Ciro; incisione accurata ma non troppo profonda, in una linea orizzontale; H lettere ca. 6 - 7 cm.
I)
DANIEL P(RO)PHETA Il profeta Daniele
II)
CYRUS R E X Il re Ciro
SCRITTURA: capitale con qualche elemento onciale, più curata ed elegante in (I), più irregolare in (II), con aperture a forcella all'estremità delle aste; in (I) presenza di uno spazio vuoto dopo le prime due lettere PP; abbreviazione per PRO costituita da un trattino ondulato verso sinistra che parte dall'asta di P. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; E capitale in (I), onciale in (II) e senza tratto centrale; H capitale con trattino verticale a metà della traversa; R con terzo tratto che si piega verso l'interno in CYRVS; S con tendenza a piegarsi verso destra; Y alta sul rigo. — Scritture vicine: capitelli della cattedrale di Ginevra, seconda metà XII secolo, v. CIMAH II, 57 IV, fig. 73. FORMULARIO E CONTENUTO: identificazione dei personaggi. Per l'interpretazione iconografica occorre rifarsi alla storia narrata nell'ultima parte del libro di Daniele (Daniele 14, 1-42): questi venne calato nella fossa dei leoni su ordine di Ciro per aver distrutto l'idolo Bel e aver fatto scoppiare il dragone, entrambi adorati dai Babilonesi; condotto da un angelo, Abacuc gli portò da mangiare nella fossa per sei giorni consecutivi finché il settimo giorno Ciro, riconoscendo il miracolo, lo fece uscire gettandovi coloro che ne avevano voluto la rovina. Mentre il secondo angelo da sinistra è la guida di Abacuc verso Babilonia, le rimanenti due figure del vescovo e dell'angelo bilanciano la composizione e, come rappresentanti del Bene, fanno da contraltare all'idolo 104
Bel e al drago, simboli del Male, raffigurati sul lato destro (per l'iconografia di Daniele in generale cf. RÉAU, Iconographie I I / 1 , 401-404, per l'iconografìa di questo capitello v. POESCHEL in bibl., 82-84; MAURER-KUHN in bibl., 152-153). DATAZIONE: attribuito al «Maestro di Daniele», il capitello viene datato al 1170 ca. da MaurerKuhn e al primo quarto del XIII secolo da altri (Poeschel 1210-1220; Myss primo quarto XIII; Eggenberger 1220 ca.); la sporadica presenza di lettere onciali, la linearità e semplicità delle lettere e la vicinanza con le scritte dei capitelli della cattedrale di Ginevra fanno propendere verso la datazione più precoce. Beschreibung ( 1 8 5 7 ) 1 5 1 . - R A H N , Geschichte ( 1 8 7 6 ) 2 7 2 - 2 7 3 . Die Kathedrale ( 1 9 2 8 ) 2 2 - 2 4 , fìg. 9 . - Konrad ESCHER, Die Münster von Schaffhausen, Chur und St. Gallen, Frauenfeld / Leipzig 1 9 3 2 , 4 3 , 9 6 , tav. 4 4 . - Julius BAUM, Zur Bestimmung der romanischen Steinbildnerei im Dome zu Chur, in ASA 3 6 ( 1 9 3 4 ) 1 0 9 , 1 1 2 , fig. 2 . — Richard WIEBEL, Der Bildinhalt der Domplastik in Chur, in ASA 3 7 ( 1 9 3 5 ) 5 0 - 6 3 , fig. 10. - Werner WEISBACH, Das Daniel-Kapitell im Dom von Chur und der dämonische Stoffkreis der romanischen BIBLIOGRAFIA: BURCKARDT, SCHMUCKI,
Plastik,
i n « P h o e b u s » 1 ( 1 9 4 6 ) 1 5 1 - 1 5 5 , fig. 1 - 4 . - POESCHEL, K D M V I I ( 1 9 4 7 ) 8 2 - 8 4 , fig. 8 1
Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 4 3 0 - 4 3 1 , fig. 4 4 7 . - François MAURER-KUHN, Romanische Kapitellplastik in der Schweiz (Basler Studien zur Kunstgeschichte N. F. 11) Bern 1971, 161. Walter MYSS, Geburt des Menschenbildes. Mittelalterliche Plastik in der Kathedrale von Chur, Beuron 1 9 7 1 . - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 2 5 - 2 6 . - Gabriel PETERLI, Das Daniel-Kapitell der Churer Kathedrale, in BM 1 9 9 0 , 2 1 8 - 2 2 7 , fig. 2 , 3-
REINLE,
105
38 GLI AFFRESCHI DI SUREGGIO
FINE XII SECOLO
SUREGGIO / LUGAGGIA (TI), chiesa di S. Pietro, navata, pareti sud e nord. - Tav. 25, fig.108-110. Secondo la tradizione la chiesa, la cui prima attestazione risale al XIII secolo ma la cui struttura architettonica originaria rimanda all'VIII/IX secolo, sarebbe la più antica della valle Capriasca. Gli affreschi, sicuramente ancora visibili durante la visita pastorale del cardinal Federico Borromeo nel 1606 e poi martellina«, sono stati liberati durante i restauri eseguiti negli anni 1968—69- Secondo le recenti indagini archeologiche la fase temporale della loro esecuzione corrisponde a quella della cosiddetta terza chiesa quando, nella seconda metà del XII secolo, vennero demolite le antiche absidi gemine e ricostruito un coro semicircolare (v. DONATI in bibl., 18-19 e Hans Rudolf SENNHAUSER, Lugaggia, San Pietro a Sureggio, in Vorromaniscbe Kirchenbauten (1991)256-257).
Mentre le immagini con il Cristo benedicente fra i simboli degli evangelisti, che secondo le visite pastorali adornavano questo coro, sono state distrutte con la costruzione di quello quadrangolare, le pareti laterali hanno conservato la decorazione originaria sotto lo strato più tardo. La parete sud presenta una fascia di due riquadri sovrapposti — di cui quelli inferiori ridotti a frammenti — su cui sono raffigurati, dalla parete d'accesso verso l'abside, la Fuga in Egitto e la Presentazione al Tempio, e inferiormente uno zoccolo decorato con figure di animali. Sulla parete nord sono rappresentati la Crocifissione e l'Apparizione dell'Angelo alle Pie Donne al Sepolcro in una unica fascia che sovrasta uno zoccolo più alto in cui si distinguono la rappresentazione di uno struzzo e una veduta della città di Milano. Iscrizioni: (I) Fuga in Egitto, scritta orizzontale accanto alle figure, lettere grigie su fondo bianco; — (II) Presentazione al Tempio, scritta orizzontale, lettere bianche su fondo verde; — (III) Crocifissione, due scritte orizzontali accanto alla Madonna e S. Giovanni, lettere marroni su fondo bianco, scritta verticale accanto a Stephaton a lettere bianche su fondo marrone; — (IV) scritta orizzontale accanto alla veduta della città di Milano e verticale tranne RV affiancate accanto all'animale, lettere marroni su fondo bianco; H lettere ca. 3 cm.
I)
Fuga in Egitto IOSEP
II)
Presentazione al Tempio S(AN)C(T)A MfARIA]
III) Crocifissione a) S(AN)C(T)A MARIA 106
b) S(ANCTVS) IOAN[NES]
c) STEPATON
IV) zoccolo inferiore a) MEDIOLANVM Milano
b) STRVCIO struzzo
capitale non molto elegante, irregolare nell'allineamento, sottile nel disegno, con poco contrasto tra pieni e filetti ma con rigonfiamenti dei tratti curvi (per es. in C, P, R, S); trattini di coronamento al termine delle aste. Segno di abbreviazione costituito da un tratto orizzontale che sovrasta tre lettere (II) o da una sbarretta orizzontale che taglia a metà la lettera, con doppi apici verticali (Illb); manca o non è più visibile quello sopra SCA in Illa. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; E con traverse della stessa lunghezza; M con traverse che non arrivano alla linea di scrittura; R con occhiello aperto e terzo tratto ricurvo verso l'esterno. SCRITTURA:
identificazione dei personaggi. Manca l'appellativo di sanctus accanto al nome di Giuseppe nonostante la presenza del nimbo. (IIIc) Manca il nome accanto al portaspugna a sinistra e inoltre il pittore ha confuso i due personaggi scrivendo il nome Stephaton accanto al portalancia Longinus (cf. anche il rilievo con la Crocifissione di Herznach della seconda metà del X secolo, CIMAH III, 14; per l'iconografia v. R É A U , Iconographie II/l, 495-496). (IVb) Lo struzzo, secondo il Phisiologus deponeva le uova nella sabbia lasciandole poi covare dal sole (v. R É A U , Iconographie I, 86, 100, 128; e anche Giobbe 39, 13-15), ed i teologi hanno così visto l'uovo quale simbolo per il Cristo che è nato sotto l'azione del sole di Dio. D'altra parte lo struzzo serviva anche a designare Israele che dopo aver dato la vita a Gesù Cristo e agli apostoli se ne disinteressò (Edouard U R E C H , Dictionnaire des symboles chrétiens, Neuchàtel 1972, 21): l'animale è così diventato simbolo della Sinagoga ed è forse con questo significato che viene qui contrapposto alla città di Milano che qui indica la Chiesa e la matrice del Cristianesimo in queste regioni. Uno struzzo, animale evidentemente presente nel repertorio animalistico dei pittori dell'area lombarda, è raffigurato anche in un arcone degli affreschi dell'Aula della Curia di Bergamo databili all'inizio del XIII secolo (Laura POLO D'AMBROSIO / Anna TAGLIABUE, Un ciclo bergamasco di primo Duecento: gli affreschi dell'Aula della Curia, in «Arte cristiana» 77 (1989) 269-282, fig. 14). FORMULARIO E CONTENUTO:
(I)
NOMI: STEPATON: a proposito dell'uso di questo nome per indicare l'uomo che, secondo il racconto evangelico, offrì una spugna impregnata di aceto a Cristo, v. Konrad BURDACH, Der Gral. Forschungen iiber seinen Ursprung undseinen Zusammenhang mit der Longinuslegende, Stuttgart 1938, 247, 288. MEDIOLANUM: è la sede della diocesi cui apparteneva, fino al secolo scorso, la pieve di Capriasca di cui fa parte Lugaggia, unica enclave ambrosiana nel Sottoceneri facente parte della diocesi comasca. Una analoga scritta si trova negli affreschi di S. Martino di Carugo nella scena in cui S. Ambrogio, mentre celebra la messa a Milano, assiste contemporaneamente ai funerali di S. Martino a Tours (v. ZASTROW, Affreschi romanici ( 1 9 8 3 ) , tav. 1 0 5 ) ; la scritta è dipinta accanto 107
ad un ciborio che ricorda quello della chiesa di S. Ambrogio a Milano e serve a localizzare il luogo di svolgimento della scena. Nello stesso ciclo di affreschi si ritrova un'analoga raffigurazione di città con alte mura merlate alternate a torri cilindriche (v. ZASTROW, Affreschi romanici ( 1 9 8 3 ) , tav. 90-91) che però, nonostante il cattivo stato di conservazione dell'affresco, non sembra identificata da nessuna scritta. DATAZIONE: l'uso di un alfabeto ancora capitale e la tendenza al rigonfiamento dei tratti curvi in forma di semicerchio, attestata da Koch negli affreschi austriaci dallo scorcio del XII secolo (v. KOCH, Paldographie ( 1 9 6 9 ) 11), permettono di accettare e confermare una datazione alla fine del XII secolo già proposta su basi storico-artistiche (v. DONATI in bibl., 30) e confermata anche dall'analisi archeologica dell'edificio. Pierangelo DONATI e collaboratori, Lugaggia, Chiesa di S. Pietro a Sureggio, Bellinzona 1 9 7 8 (Quaderni d'informazione 2). - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 9 0 - 9 4 . - MARCIONETTI, Cristianesimo ( 1 9 9 0 ) tav. 6 8 - 6 9 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 8 , 2 4 8 - 2 4 9 , tav. 1 0 . BIBLIOGRAFIA:
108
39 L'AFFRESCO DELLA CAPPELLA DI S. MATERNO
XII SECOLO
ASCONA (TI), cappella del castello di S. Materno, abside. - Tav. 24, fìg. 106-107. La cappella si trova nel corpo del castello le cui origini risalgono forse già all'epoca romana, e di cui non rimangono che poche tracce sommerse dalla vegetazione. Della chiesetta, ora ridotta a stanza da letto nella parte superiore ed a cantina in quella inferiore, si può ancora vedere l'abside romanica con le archeggiature cieche e le due monofore. Gli affreschi sono stati pesantemente restaurati nel 1902 con la reintegrazione delle parti mancanti, ma i frammenti originali sono di notevole qualità artistica. Come di consueto nell'abside è rappresentato Cristo in maestà in una mandorla, circondato dai simboli dei quattro evangelisti. Non sono più visibili le tracce della serie di apostoli che doveva trovarsi nella fascia inferiore, attestata da un disegno del Rahn che vide frammenti delle teste nimbate (v. R A H N in bibl., 14). Delle quattro scritte accanto ai simboli degli evangelisti viste dal Rahn non rimane che quella sopra la testa del leone, orizzontale, su due linee, a lettere bianche su fondo blu; H lettere 3-3,5 cm.
MAR/CVS
SCRITTURA: alfabeto capitale, della M si intravede solo la metà inferiore e della S solo il primo tratto superiore. Marcato il contrasto tra pieni e filetti soprattutto nella A che presenta il tratto di sinistra sottile e quello di destra più grosso; le aste interne della M non scendono fino alla linea di scrittura; R capitale con terzo tratto piegato verso l'esterno; C, V e S con allargamento a spatola delle estremità. FORMULARIO E CONTENUTO:
identificazione della figura.
DATAZIONE: i pochi frammente rimasti delle scritte, che in origine dovevano identificare tutte le figure, non forniscono molti elementi utili per la datazione, tuttavia la sobrietà delle lettere, unicamente caratterizzate dal contrasto tra pieni e filetti, fanno propendere per una esecuzione nel X I I secolo (v. KOCH, Palàographie ( 1 9 6 9 ) 1 1 , 13), già avanzata su base stilistica dal Gilardoni. Monumenti ( 1 8 9 4 ) 1 3 - 1 4 . - ESCHER, Untersuchungen ( 1 9 0 6 ) 3 4 . Pittura medievale ( 1 9 3 6 ) 8. - SARTORIUS, Chorausmalungen ( 1 9 5 5 ) 2 3 - 2 4 . - BRENK,
BIBLIOGRAFIA: R A H N , BIANCONI, Wandmalerei
(1963)
129-130.
-
GILARDONI,
Romanico
(1967)
192-193.
-
GILARDONI
Monumenti II/l ( 1 9 7 9 ) 1 6 9 - 1 7 0 . - MARCIONETTI, Cristianesimo ( 1 9 9 0 ) tav. 8 8 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 8 - 9 , 2 4 9 - 2 5 0 , tav. 1 1 .
109
4 0 L'ACQUASANTIERA IN S. NICOLAO DI GIORNICO GIORNICO
XII SECOLO
(TI), chiesa di S. Nicolao, parete meridionale. — Tav. 26, fig. 111.
Nella parete meridionale, sotto il frammento di affresco raffigurante S. Cristoforo, è murato un vaso che funge da acquasantiera e che secondo il Gilardoni proviene, unitamente alla grande vasca battesimale in pietra, dalla vicina chiesa di S. Michele di antica origine ma rifatta nel XVIII secolo (v. GILARDONI in bibl., 332-333). Granito; quadrangolare con la fronte terminante ad angolo in basso (21 x 43 x 50 cm). Sulla fronte anteriore appare in aggetto una croce greca ( 1 7 x 1 9 cm) con un incavo al centro e dei segni incisi nei bracci. Si distinguono due gruppi di iscrizioni: (I) una lettera a fianco del braccio orizzontale sinistro della croce; H lettera 4 cm - (II) una lettera in ognuno dei bracci della croce; H lettere ò—i cm.
I)
a fianco della croce A
II)
nei bracci della croce, da sinistra a destra in senso orario APGT(?)
alfabeto capitale. Singole lettere: A con traversa spezzata ad angolo (I); A di cui sembra di scorgere le tracce della traversa spezzata ad angolo (II); G arrotolata. SCRITTURA:
FORMULARIO E CONTENUTO:
indefinito.
se quest'acquasantiera è veramente collegata alla vasca battesimale proveniente dalla chiesa di S. Michele, dovrebbe anch'essa risalire al XII secolo, datazione cui non si oppongono le caratteristiche epigrafiche delle poche lettere rimaste, tutte capitali. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 3 3 2 - 3 3 3 .
110
41
LA TABELLA DEI TURNI DELLA CATTEDRALE DI COIRÀ
COIRÀ
(GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 26, fig.
XII SECOLO 112-113.
La tabella lignea serviva per affigervi la sequenza dei turni con i quali era regolata la recitazione del servizio di coro da parte dei canonici. Mentre in alcuni casi i nomi venivano incisi nella cera che ricopriva le assi di legno, in questo erano scritti su fogli di carta che si appendevano poi alla tavola. In occasione di una pulitura, effettuata alla fine del secolo scorso, si sono tolti vari foglietti sovrapposti di cui il più antico reca la data 1248 (v. BURCKHARDT in bibl., 157, SIMEÓN in bibl., 33). Sull'altro lato si è ancora conservato 1 'Ordo con, invece dei nomi, le cariche spirituali; i turni erano segnalati con un chiodo infilato nel foro accanto alla carica corrispondente. Sia Burckardt (v. in bibl., 157) che Viollet-le-Duc (v. in bibl., 267) vi videro tracce di policromia attualmente scomparse. Legno di castagno (92 x 31 x 3 cm), a forma di valva di dittico. E' composto da una cornice di legno oblunga, terminante in alto con un arco a tutto sesto che racchiude la superfice liscia su cui venivano affissi i fogli di pergamena o di carta. Su di un lato (A) la cornice è decorata con tralci che formano delle spirali in cui si inseriscono figure di animali; nel timpano due colombe affiancano una corona contenente un agnello con nimbo crucifero. Sull'altro (B) sono intagliate palmette e fiori di loto che si alternano a gruppi con medaglioni o quadrati contenenti rosette e animali, nel timpano due leoni giacenti sotto un albero con rami simmetrici. A detta del Burckardt (v. in bibl., 157) la tavola era appesa ad un pilastro della chiesa su dei cardini in modo da ruotarla dai due lati ma in realtà, tranne un anello in alto fissato al telaio di ferro, non si vedono tracce di questi cardini. L'iscrizione si situa nel timpano del lato A, in una sorta di cartiglio (1,2 x 6 cm) su cui si regge l'agnello mistico, il tutto iscritto in una corona (0 9,5 cm); orizzontale, una linea intagliata con profondità irregolare; H lettere 1 cm. AGNVS • D(E)I L'Agnello di Dio Giovanni 1, 29
lettere capitali incise in modo trasandato e male allineate. Puntino di divisione a metà altezza. Segno di abbreviazione per DEI a forma di trattino orizzontale sopra la I; nesso VS in AGNVS. Singole lettere: A triangolare con apice superiore; G quadrata; N capovolta. SCRITTURA:
identificazione della figura. L'agnello è uno dei più antichi simboli cristiani e risale a Giovanni Battista l'immagine di Gesù quale «Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo» (Giovanni 1 , 2 9 , cf. DACL III-IV, 8 7 7 - 9 0 5 , Edouard U R E C H , Dictionnaire des symboles chrétiens, Neuchàtel 1 9 7 2 , 1 1 - 1 2 ; per l'iconografìa LCI III, 7 - 1 4 ) . FORMULARIO E CONTENUTO:
Ili
DATAZIONE: un terminus ante quem per la datazione è costituito dalla più antica lista di turni trovata affissa e che risale al 1248. La semplicità e linearità dei caratteri, ancora privi di elementi gotici, fanno però propendere per una datazione al secolo precedente, concordando così con quanto proposto su base storico-artistica. Beschreibung ( 1 8 5 7 ) 1 5 6 - 1 7 3 , tav. X I I I . - Ferdinand PIPER, Der Baum des Lebens, in «Evangelischer Kalender» 14 ( 1 8 6 3 ) 8 1 sgg., fig. 1. - Eugene VIOLLET-LEDuc, Dictionnaire raisonné du mobilier français, Paris, I, 1 8 7 2 , 264—267, fig. 1. — RAHN, Geschichte ( 1 8 7 6 ) 2 7 7 . - Wilhelm EFFMANN, Die Turnustafel im Dome zu Chur, in «Zeitschrift für christliche Kunst» V I I I ( 1 8 9 5 ) 2 4 9 - 2 5 8 , fig. 1. - MOUNIER, Le Trésor ( 1 8 9 5 ) 1 4 - 1 5 , fig. - SIMEON, Begleiter ( 1 9 1 4 ) 33. - SCHMUCKI, Die Kathedrale ( 1 9 2 8 ) 3 5 . - Adolf GAUDY, Die kirchlichen Baudenkmäler der Schweiz I, Berlin 1 9 2 2 , 3 1 , 121, fig. 9 8 , 1 0 0 . - POESCHEL, KDM V I I ( 1 9 4 8 ) 1 8 0 , fig. 1 9 2 - 1 9 3 . - DOSCH, Dommuseum ( 1 9 8 8 ) 19. BIBLIOGRAFIA: BURCKARDT,
112
42 IL SOFFITTO DI ZILLIS
XII SECOLO
ZILLIS (GR), chiesa di S. Martino, soffitto, tavole 1 e 9 (secondo la numerazione Poeschel). — Tav. 27, fig. 114-115. Il prezioso soffitto della chiesa di S. Martino di Zillis è stato oggetto dei primi restauri - svoltisi sotto l'auspicio della confederazione e la supervisione del prof. Zemp — nel 1938—40, quando si provvide a posare delle nuove travi sul tetto e una protezione per il fuoco. Le tavole, smontate e restaurate da Henri Boissonas, vennero rimontate secondo un nuovo ordine proposto da Erwin Poeschel e basato su di una litografia a colori e su di uno schema pubblicato dal Rahn nel 1872. La disposizione originale doveva già essere stata modificata nel 1820 quando si sostituirono i riquadri mancanti, o addirittura nel 1574 quando si rinnovarono parzialmente le capriate del soffitto. Nel 1971 è stato eseguito l'ultimo grande restauro con smontaggio e rimontaggio delle tavole mentre negli anni '90, nell'ambito del «Progetto Zillis» si è provveduto ad approfondire 10 studio di tutti gli elementi concernenti il soffitto e la sua conservazione (per la storia dei restauri subiti dal monumento v. Die romanische Bilderdecke in bibl. (1997) 57—109). 11 soffitto di legno è composto di 153 quadrati (ca. 90 x 90 cm) disposti su 9 righe per 17, ognuno costituito da varie assi di legno d'abete rosso. Dopo il trattamento con una colla animale e una prima stesura di gesso, il pittore ha tracciato il disegno con un fluido color ocra completandolo con colori a tempera (per i dettagli v. Die romanische Bilderdecke in bibl. (1997) 126, 277-288). I due pannelli che presentano un'iscrizione sono visibili negli angoli sud-est (nr. 1 = Auster) e nord-est (nr. 9 = Aquilo) e sono originali (risalgono ai restauri del 1938-40 due delle quattro assi che compongono il nr. 1 e quattro delle sette del nr. 9), mentre i due sui lati opposti (nr. 25 e 33) sono copie identiche ai nr. 1 e 9 e sono stati collocati durante i restauri del 1 9 3 8 ^ 0 . Vi sono raffigurati due angeli alati con tunica bianca fluttuante intenti a suonare uno strumento a fiato reggendone un secondo nell'altra mano. Le iscrizioni si trovano nell'angolo a destra in alto tra l'ala e la cornice nel caso di Auster (nr. 1) e sempre in alto ma a sinistra nel caso di Aquilo (nr. 9). La scrittura è verticale dall'alto in basso, speculare nel caso di Aquilo; lettere rosso-marrone su fondo azzurro; H lettere ca. 2 - 3 cm.
I)
AVSTER
II)
AQUILO
SCRITTURA: capitale elegante, regolare, con le estremità delle aste che si allargano a spatola. Alla fine di entrambe le parole vi è una sorta di chiudiriga formato da un puntino, un semicerchio e una linea ondulata in AVSTER, tre puntini con tre semicerchi e una linea a zig-zag in AQVILO. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; E capitale; Q in un solo tratto a forma di G rovesciata e alta sul rigo di base; R con terzo tratto leggermente ondulato. 113
FORMULARIO E CONTENUTO: semplice identificazione delle figure, attestate nelle fonti letterarie dell'antichità - Erodoto, Seneca, Plinio il Vecchio - e poi nella Bibbia (raffigurazioni simili nella vetrata della cattedrale di Losanna, v. Ellen BEER, Die Rose der Kathedrale von Lausanne und der kosmologische Bilderkreis des Mittelalters, Bern 1 9 5 2 , 3 0 - 3 2 o nel tappeto della Creazione di Gerona, v. Diether RUDLOFF, Romanisches Katalonien, Stuttgart 1 9 8 0 , 2 1 7 , fig. 8 1 ) .
Controversa e dibattuta l'interpretazione dei due pannelli, in cui alcuni vedono la rappresentazione degli angeli dell'Apocalisse e la personificazione dei venti (v. POESCHEL in bibl. ( 1 9 4 3 ) 2 3 8 ; MYSS in bibl., 4 9 ) oppure questi stessi angeli che trattengono i quattro venti ai quattro angoli della terra (Apocalisse 7,1) e da integrare quindi con altre due figure con le scritte Oriens e Occidens ma a cui si opporrebbero i raggi che escono dal fondo delle tube (v. B R U G G E R - K O C H in bibl., 4 2 — 4 3 ) , oppure ancora angeli quali venti tempestosi che accompagnano Dio (v. EGGENBERGER in bibl. ( 1 9 8 6 ) 2 4 0 - 2 4 1 ) ecc. Rimane comunque da spiegare la specularità della scritta Aquilo: secondo Poeschel (v. in bibl. (1941) 12) in questo modo le iniziali A dei due venti si trovavano nell'angolo esterno e supponendo lo stesso per Oriens e Occidens erano visivamente rappresentate le parole divine 'Io sono l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine', ripetute più volte nell'Apocalisse (Apocalisse 1, 8; 21, 6; 22,13). La specularità non avrebbe d'altronde altra spiegazione perché in nessuna posizione in cui si voglia porre questo pannello si avrebbe una esatta lettura dell'iscrizione. Va però osservato che così come sono stati montati i riquadri nessuna delle due scritte presenta la A all'estremità, effetto che sarebbe invece ottenuto invertendo le loro posizioni oppure collocandoli sul lato opposto (come pannelli nr. 33 e 25), dove guarderebbero nella direzione dei punti cardinali da loro indicati: ma questo impedirebbe di collocare gli altri due pannelli, che verrebbero anch'essi a trovarsi sullo stesso lato e non in due angoli opposti (v. Markus J E N N Y , Zur Anordnung der romanischen Deckenbilder von Zillis, in ZAK 27 (1970) 69 sgg. il quale però già dall'inizio indica erroneamente Auster come vento del Nord e viceversa!). Allo stadio attuale delle ricerche non è quindi ancora possibile fornire una interpretazione convincente dell'iconografia né tantomeno una ricostruzione soddisfacente della collocazione originaria delle due tavole. l'esame dendrocronologico di una parte cospicua delle assi del soffitto effettuata negli anni 1994—5 ha permesso di datarle agli anni 1109—1114 o poco dopo (v. Die romanische Bilderdecke in bibl. (1997) 17, 243-265). DATAZIONE:
L'esame epigrafico delle due uniche scritte rimanda sicuramente al XII secolo, mentre l'uso di un alfabeto completamente capitale, dove non è stata introdotta nemmeno la E onciale, è comunque caratteristico della prima metà del secolo. BIBLIOGRAFIA: Johann Rudolf R A H N , Die biblischen Deckengemälde in der Kirche von Zillis im Kanton Graubünden, in MAGZ 17 (1872) 110. - Erwin POESCHEL, Die romanischen Deckengemälde von Zillis, Zürich 1941. - POESCHEL, KDM V (1943) 222-246. - B R E N K , Wandmalerei (1963) 24-28. - Walter MYSS, Bildwelt als Weltbild. Die romanische Kirchendecke von Zillis, Beuron 1965. - Ernst MURBACH / Peter H E M A N , Zillis. Die romanische Bilderdecke der Kirche St. Martin, ZürichFreiburg in Br. 1967. - REINLE, Kunstgeschichte (1968) 521-531. - Albert W Y S S , Die Sicherungsarbeiten an der Martinskirche in Zillis, in «Unsere Kunstdenkmäler / 1 nostri monumenti storici»
114
— Thomas RAFF, Die Ikonographie der mittelalterlichen Windpersonifikationen, in «Aachener Kunstblätter» 48 (1978/79) 141, 158, 194. - Susanne BRUGGER-KOCH, Die romanische Bilderdecke von Sankt Martin, Zillis (Graubünden). Stil und Ikonographie, Diss. Basel 1981. — Christoph EGGENBERGER, Die Bilderdecke von St. Martin in Zillis, in Geschichte und Kultur Churrätiens ( 1 9 8 6 ) 2 4 1 - 2 4 2 . - Ulrich RUOFF / Mathias SEIFERT, Neustes zur Datierung der Bildtafeln, in Diether RUDLOFF, Zillis. Die romanische Bilderdecke der Kirche St. Martin, mit einem Beitrag von Christoph Eggenberger, Basel 1 9 8 9 , 1 7 0 - 1 7 1 . - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 1 0 5 - 1 2 9 . - Huldrych BLANKE, Zur dendrochronologischen Datierung der Zilliser Decke, in BM 1990, 46-49. - Wilfried KETTLER, Die Inschriften auf der Bilderdecke der Kirche von Zillis, in BM 1 9 9 1 , 4 2 3 - 4 3 0 . - Dione FLÜHLER-KREIS, Die romanische Bilderdecke der Kirche St. Martin in Zillis wiederbetrachtet, in ZAK 50 (1993) 223-233- - Die romanische Bilderdecke der Kirche St. Martin in Zillis. Grundlagen zur Konservierung und Pflege, hrsg. von Christine Bläuer Böhm, Hans Rutishauser, Marc Antoni Nay, Bern-Stuttgart-Wien 1997. 2 4 ( 1 9 7 3 ) 107—114
115
43 LA STATUINA BARBUTA DI BIASCA BIASCA
XII-XIII SECOLO
(TI), chiesa di S. Pietro, davanti al quarto pilastro a sinistra. - Tav. 27, fìg. 1 1 6 - 1 1 7 .
Della decorazione scultorea che sicuramente abbelliva questa chiesa non sono rimasti che pochi frammenti tra i quali questo pilastrino di cui non si conosce l'ubicazione originaria e la funzione (v. GILARDONI in bibl., 2 1 6 ) . Di forma rettangolare ( 7 5 x 3 3 x 2 5 cm), vi è addossata una figura barbuta (H 68 cm) con abito a strette linee parallele; tra le mani regge una tavoletta (14 x 10 cm) su cui si trova l'iscrizione. Serpentino; tre linee orizzontali incise, disposte verticalmente con accenno di rigatura tra la seconda e la terza, interlinea ca.l cm; H lettere 2 - 3 cm. GLIN FELISE • S(AN)C(TU)S MA
alfabeto misto con prevalenza di lettere minuscole, di modulo difforme; segno di abbreviazione per SANCTUS costituito da una lineetta orizzontale sopra SCS. Divisione delle parole (?) costituita da tre puntini su di una linea verticale al termine della seconda riga. Singole lettere: A minuscola (1.3 ma interpretabile anche come una Q); E minuscola; F capitale; G a forma di 8 con trattino orizzontale in alto; M capitale (?); N capovolta (?); S minuscola. — Scritture vicine: bassorilievi dalla porta Romana di Milano del 1171, v. Francesca BOCCHI, Il disegno della città negli atti pubblici dal XII al XIV secolo, in II Millennio Ambrosiano, ha nuova città (1989), fig. 254-255. SCRITTURA:
il R A H N (v. in bibl., 66) riferisce che don Serafino Balestra vi lesse il Salmo 50 miserere mei deus Davidpropheta, mentre il Marcionetti (in A A W , San Pietro di Biasca, 180) vi vede le lettere QUI DJ / AMAT / V IN 8 che scioglie con Qui Dominum Jesum amat vivet in aeternum ritenendola la pietra tombale di un monaco. Difficile interpretare la scritta che potrebbe contenere il nome del personaggio raffigurato, probabilmente non un santo in quanto non si intrawede un nimbo, o l'inizio del testo di un profeta cui si riferirebbe la figura.
FORMULARIO E CONTENUTO:
dal punto di vista storico-artistico la statuina, che non è mai stata fatta oggetto di uno studio specifico, può essere datata nel XII o, data la presenza di lettere minuscole, anche nel XIII secolo. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: R A H N , Monumenti (1894) 66. - B I A N C O N I , Inventario (1948) 21. - GILARDONI, Romanico (1967) 216. - AAW, San Pietro di Biasca, Biasca 1967, fig. 32, 34. - Isidoro MARCIONETTI, L'antica pieve di Biasca, Lugano 1979, 98-99, tav. 70. - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990) 132, tav. 29.
116
44
LE ISCRIZIONI DEGLI AFFRESCHI ROMANICI DI MÙSTAIR
1200 - INIZIO XIII SECOLO
MÙSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, apsidi. - Tav. 28, fìg. 119. ZURIGO, Museo Nazionale Svizzero, MNS 11995.1-6. - Tav. 28, fìg. 120. Durante il Medioevo gli affreschi dell'epoca carolingia che decoravano le tre absidi della chiesa vennero coperti con un nuovo intonaco: riprendendo i soggetti e l'iconografia delle pitture più antiche venne ridipinta anche la fascia decorativa con il meandro prospettico in cui figuravano le iscrizioni dedicatorie (v. cat. nr. 19 e 20). Questo ciclo di affreschi è poi stato in parte distrutto per portare alla luce lo strato inferiore carolingio, in parte staccato e in parte si può ancora vedere in loco. I frammenti trovati nel 1894 da Zemp e Durrer sopra le volte quattrocentesche della chiesa e staccati nel 1908—9 si trovano ora nel Museo Nazionale Svizzero a Zurigo (v. WUHTRICH in bibl., 42), mentre alcuni pezzi staccati nel 1972 sono stati trasferiti nel museo annesso al monastero. In questa scheda vengono prese in considerazione unicamente le scritte che si leggono negli affreschi, mentre vengono trattate separatamente le iscrizioni dedicatorie dipinte in riquadri collocati nel fregio decorativo con meandro prospettico, anche se si trovano sullo stesso intonaco e sono presumibilmente contemporanee (v. cat. nr. 4 6 , 4 7 , 48). Le pitture sono state eseguite con la tecnica dell'affresco, il loro stato di conservazione è buono; a differenza delle parti staccate e conservate nel museo del monastero quelle rimaste in loco presentano però qua e là i segni di un pesante restauro. I pezzi conservati nel Museo Nazionale Svizzero di Zurigo (MNS), asportati con la tecnica dello strappo, si presentano in buone condizioni anche se in uno stato frammentario (v. WUTHRICH in bibl., 42). La descrizione delle iscrizioni viene fatta secondo la collocazione originaria dell'affresco e indipendentemente dall'attuale luogo di conservazione.
Abside nord (I)
Fascia superiore: Agnus dei e Giovanni Evangelista (MNS 11995.2): una sola lettera preceduta da un punto, visibile nella tavola di Zemp (v. ZEMP / DURRER in bibl., tav. XLIII) e nelle foto di Wuthrich (v. in bibl., fig. 54) ma attualmente scomparsa probabilmente in seguito alla caduta del colore.
Abside mediana (Ila) Fascia superiore: Sacrificio di Caino (MNS 11995.4) e Abele (MNS 11995.3). Tra la testa di Abele e l'agnello da lui offerto si leggevano due lettere orizzontali nei disegni di ZempDurrer (v. ZEMP / DURRER in bibl., tav. XLIII e foto dell'Archivio federale dei Monumenti storici B4425). Quel pezzo di intonaco su cui dovevano esserci le lettere non esiste più, probabilmente è andato disperso durante lo stacco (infatti non più visibile in WUTHRICH in bibl., fig. 55). 117
(Ilb) La scritta verticale che designa Caino si trova accanto alla sua testa, nella cornice che delimita la scena a destra (MNS 11995.4; WÙTHRICH, in bibl., 45, fig. 57; ZEMP / DURRER in bibl., tav. XLIII dove manca la parte inferiore con la lettera M; foto dell'Archivio federale dei Monumenti storici a Berna B.4426); lettere bianche su fondo verde in basso e gialloarancio in alto (probabilmente il colore originale era il verde che si è conservato nella parte che era coperta mentre si è modificato in quella superiore, che si trovava sotto le volte e che ha forse subito i danni di un incendio); H lettere 5 cm. Abside sud (III) Fascia mediana a sinistra: consacrazione di S. Stefano a diacono da parte di S. Pietro; nella fascia sovrastante che delimita la cornice con fregio vegetale si legge il nome dell'apostolo. (IVa) Fascia inferiore da sinistra: lapidazione di S. Stefano, il nome orizzontale ai lati della testa. (IVb) il corpo viene trasportato verso la tomba, il nome è sotto la testa del santo. (IVc) il sarcofago viene scoperchiato, il nome si trova all'interno di questo. Scritte orizzontali a lettere bianche su fondo rosso-marrone; H lettere 4—5 cm. I)*
abside nord •E [CCE AGNUS DEI?] Ecco l'agnello di Dio (?) Giovanni 1, 29
II)
abside mediana a)* [ABJEL-
b) -KAIM-
III) abside sud, fascia mediana S(ANCTVS) PETRVSIV) abside sud, fascia inferiore a)
S(ANCTVS) • STE / FANVS
b)
S(ANCTVS) STEFANVS
c)
-S(ANCTVS) STEFANVS •
SCRITTURA: alfabeto prevalentemente capitale, abbastanza elegante e regolare; le estremità delle aste si allargano a spatola (I, N, T, V) o terminano con una forcellatura (E, S). Alternanza regolare di E capitale e onciale nella successione delle scritte III, IVa-c: questa ricerca di varietà fa in modo che la parola STEFANVS, ripetuta tre volte di seguito, sia sempre scritta in modo diverso. Nessi T E con E onciale (IVa) oppure E capitale (IVb, IVc); VS (IVa) e NVS (IVb). Segno di abbreviazione per SANCTVS costituito da una lineetta orizzontale che taglia la S. Punti di divisione a metà altezza tra le parole non costanti o in alcuni casi non conservati. Singole lettere: A ancora capitale che tende ad avvicinarsi alla forma trapezoidale tramite il disegno di un piccolo 118
vertice superiore, aste che si allargano a spatola e traversa diritta; E onciale o capitale; K con terzo, forse anche secondo tratto sinuoso che scende sotto il rigo di base; M capitale con aste che inferiormente si allargano a spatola; R con terzo tratto leggermente ondulato; V capitale. — Scritture vicine: affreschi di Grissiano (presso Bolzano), primi decenni del XIII secolo, v. Edmund THEIL, St. Jakob in Grissian, Meran 1 9 6 2 (Kleiner Laurin-Kunstfuhrer 3 ) , fig. 3 2 ; affreschi di Tubre (presso Bolzano), 1 2 3 0 ca., v. Edmund THEIL, St. Johann in Täufers, Meran 1 9 7 0 (Kleiner Laurin-Kunstfuhrer 1 2 ) , fig. 4 0 - 4 2 . identificazione dei personaggi. Nel caso di (I), il Wiithrich (v. in bibl., 43) propone di integrare con JOHANNES EVANGELISTA, ma la E preceduta da un punto distinguente e da un vasto spazio senza tracce di altri caratteri dovrebbe costituire la prima lettera della scritta. FORMULARIO E CONTENUTO:
si ritiene normalmente che l'esecuzione di queste pitture sia posteriore all'arrivo delle monache a Müstair, arrivo che non è conosciuto con esattezza ma che deve collocarsi precedentemente al 1157, quando è attestata una riforma del monastero femminile. Questi fu poi oggetto di importanti donazioni da parte del vescovo Egino (1163—1170) e della famiglia Tarasp che probabilmente resero in seguito possibile il rinnovamento della decorazione absidale (v. BUB I (1955) 248-249 nr. 337 e 259-260 nr. 349; MÜLLER in bibl., 33-42). Per questo motivo gli affreschi sono solitamente stati datati agli anni 1157-1170 (v. B R E N K in bibl., 28-61), o 1160-1170 (v. DEMUS in bibl., 130-131) e accostati alle pitture della cripta del monastero di Montemaria (Marienberg) fondato dalla famiglia Tarasp. Più recentemente Nicolò Rasmo (v. in bibl.), rifiutando una dipendenza stilistica dagli affreschi di questa cripta, li ha avvicinati a quelli di Appiano (Hocheppan) e Grissiano (Grissian) di cui li ritiene cronologicamente poco posteriori, e datandoli di conseguenza ai primi decenni del XIII secolo. L'accostamento stilistico agli affreschi di Grissiano trova conferma anche ad un esame comparativo delle scritte e consente di accettare questa nuova datazione. DATAZIONE:
Das Kloster St. Johann (1906-1911) 58-61, 114-115. (1943) 320-326. - B R E N K , Wandmalerei (1963) 28-61. - REINLE, Kunstgeschichte (1968) 507-510, fig. 529-532. - DEMUS, Romanische Wandmalerei (1969) 63, 130-131, Tav. 66, X X V I I I . - RASMO, Affreschi medievali (1971) 56. - MÜLLER, Geschichte (1986) 42 n.38. - Lucas W Ü T H R I C H , Wandgemälde. Von Müstair bis Hodler. Katalog der Sammlung des Schweizerischen Landesmuseums in Zürich, Zürich 1980,42—46. - Marèse SENNHAUSER-GIRARD, ha decorazione pittorica della chiesa del convento di Müstair in epoca carolingia e romanica, in «Archeologia medievale» 17 (1990) 35-42. BIBLIOGRAFIA: Z E M P / D U R R E R , POESCHEL, K D M
V
119
45
L'AFFRESCO CON LA DONATRICE A MÜSTAIR
1200 - INIZIO XIII SECOLO
MUSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, apside centrale. - Tav. 28, fig. 118. Sul lato destro dell'abside centrale, nella zona inferiore dello zoccolo, si trova un affresco in cui è raffigurata, sotto un'arcata sostenuta da colonne marmoree, una dama in abito monacale nero con il capo avvolto da un velo. In atto di offerta regge nella mano destra un cuscino ricamato, nella sinistra un pezzo di stoffa o un velo che pende verso il basso. Il dipinto si trova sullo stesso intonaco su cui è stato dipinto il ciclo di affreschi risalente all'epoca romanica (v. cat. nr. 44). Affresco; l'iscrizione, sbiadita, corre dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra seguendo la curva dell'arcata; lettere nere su fondo bianco; H lettere 2,5—3 cm,
+ HEC • MVNERA • OFFERT • FRIDERVN • AD HONOREM • S(ANCTI) • IOHANNIS ~ ~ Friderun offre questi doni in onore di S. Giovanni.
SCRITTURA: alfabeto misto di lettere capitali e onciali; scrittura elegante, ben allineata e spaziata con ricerca di un certo chiaroscuro; allargamenti a spatola alle estremità delle aste. Punti di divisione a metà altezza tra le parole. Nessi NE in MVNERA e OR in HONOREM. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta che taglia orizzontalmente la S in SANCTVS. Singole lettere: A triangolare con apice superiore e traversa diritta; E onciale tranne nel nesso NE; H onciale; M capitale con traverse che non scendono fino al rigo di base; R con terzo tratto sinuoso. — Scritture vicine: iscrizioni degli affreschi romanici di Müstair, cat. nr. 44. FORMULARIO E CONTENUTO: menzione di donazione con invocazione simbolica in forma di croce latina. Si confronti per es. la cripta del convento di Montemaria (Marienberg) in Val Venosta dove originariamente erano raffigurati il vescovo Adelgot di Coirà e i donatori Ulrico (+1177) e Uta (+1162/3) di Tarasp in atto di offrire una stola ricamata: della scena è rimasta in parte la figura di Uta sopra la cui testa si snoda l'iscrizione Mvnera fert XRO que mvndo svbtrahit isto, che rappresenta la prima parte di una lunga iscrizione di dedica tramandata dal priore e cronista trecentesco dell'abbazia Goswin (v. Helmut STAMPFER / Hubert WALDER, Die Krypta von Marienberg im Vintschgau, Bozen 2. Aufl. 1986, 21 e fig.). NOMI: FRIDERVN: nome femminile di origine germanica derivante da FRITHU «Friede» molto diffuso in tutto il territorio compreso tra il Reno e la Donau, soprattutto nell'XI secolo (v. MÜLLER in bibl., 236; FÖRSTEMANN PN 537-538; SCHORTA, Rätisches Namenbuch (1986) 166-167 che segnala una Frideruna Vazerol nel 1282). Friderun dovette in qualche modo contribuire in maniera speciale alla fondazione o all'arricchimento del monastero con donazioni di 120
beni o suppellettili, ma le proposte di identificazione della benefattrice non trovano concordi gli studiosi. Con questo nome sono per es. documentate due donne della famiglia Tarasp in un documento del 1160: de Chressebrunne Friderunam cum filiis suis... Gebizonem et Friderunam cum filiis suis, di Kiessenbrunn (?) la prima e di Schleis (Mais) la seconda (v. BUB I (1955) 252-254 nr. 341, BRENK in bibl., 43 e MÜLLER in bibl., 236). Il Brenk propone di identificarla con la Frideruna moglie di Gebhard von Schleis, che negli anni 1160—1193 era ministeriale del vescovo di Coirà e testimone nel documento di donazione di Ulrich e Gebhard di Tarasp al convento di Monternaria, ipotesi che sarebbe avvalorata dall'analogia presente tra i due cicli di affreschi e le rispettive iscrizioni. Di diverso parere il Rasmo (v. in bibl., 58) secondo il quale la grande diffusione del nome ne rende difficile una identificazione precisa: egli propende piuttosto a vedervi l'immagine di una badessa — anche se l'abito con cui è raffigurata non la caratterizza con sicurezza in quanto tale - il cui nome però non compare nell'elenco di quelle che ressero il monastero, peraltro incompleto, fornito da Iso Müller (v. in bibl., 226). Da ricordare infine che anche nel Liber Confraternitatis di Reichenau, nella pagina in cui sono elencati i Nomina fratrum de monasterio qui vocatur Tuberis, nella terza e sesta colonna verso il basso figura tra i nomi degli amici e benefattori del monastero una Friderun (v. MGH Libri memoriales et necrologia. Nova series I. Das Verbrüderungsbuch der Abtei Reichenau, hrsg. von Johanna AUTENRIETH, Dieter GEUENICH und Karl SCHMIDT, Hannover 1979, XV, X X X I I - X X X V I , L X V I I I , tav. 17). Un'ultima ipotesi da avanzare è quella secondo la quale sotto questa immagine se ne nasconda una analoga ma risalente all'epoca carolingia, e che nel X I I I secolo quando venne rinnovata la decorazione riprendendone l'iconografia e ricopiando anche le scritte dedicatorie (v. cat. nr. 19, 46), si sia voluto «ricopiare» anche questa importante figura di benefattrice. DATAZIONE: la datazione è analoga a quella delle scritte che accompagnano il ciclo di affreschi romanici (v. cat. 44). BIBLIOGRAFIA: BRENK, Wandmalerei ( 1 9 6 3 ) 4 2 - 4 4 . - RASMO, MÜLLER, Geschichte ( 1 9 8 6 ) 2 3 6 , fig. 11
Affreschi medievali ( 1 9 7 1 ) 58. -
121
46 L'ISCRIZIONE DEDICATORIA NELL'APSIDE CENTRALE A MUSTAIR 1200 - INIZIO XIII SECOLO MUSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, abside centrale. - Tav. 29, fìg. 121-122. L'iscrizione si trova nell'abside centrale sulla parete dietro l'altare, sullo stesso intonaco su cui è raffigurato, nella fascia superiore, il Banchetto di Erode risalente all'epoca romanica; il riquadro si colloca a metà del fregio con meandro prospettico che divide le tre fasce superiori dallo zoccolo inferiore. Vi è ripetuta la scritta che nell'XI secolo era stata dipinta sulla stessa parete ma all'estremità sinistra (v. cat. nr. 19) e che venne ricoperta dall'intonaco steso per dipingervi gli affreschi romanici quando si intraprese il rinnovo pittorico delle apsidi: data l'importanza del testo si decise probabilmente di ricopiarlo assegnandogli anzi una nuova posizione più centrale. Attualmente si presenta purtroppo con un'ampia lacuna al centro dove, caduto l'intonaco, affiora il meandro decorativo dell'affresco carolingio. Affresco (42 x 280 cm); cinque linee orizzontali; lettere nere su fondo bianco; H lettere da ca. 8 cm nella prima linea a 4,5 cm alla fine dell'ultima.
+ A N N O • M L X X X • VII • D[edicatvm est hoc monasterivm a ven]ERABILI / NORP(ER)TO • CVRIENSI • E P ( I S C 0 P ) 0 • XVIII • K[alendas septemb]RIS [in honore domini nostri Iesv Christi et victoriosissime crvcis Dei] • ET • GENITRICIS / MARIE • ET S(AN)C(T)I • IOH(ANN)IS • BABTISTE • ET S[anctorum apostolorum Petri Pavli Andree Thome et Bartholomei sanctorum] MARTIRV(M) • GEORII • / DESIDERII • VIGILII • LAVREN[tii Victoriani Marcelli Cassiani sanctorum confessorum] • BENEDICTI • / 5
FLORINI • Z E N O N I S • [sanctarum virginvm Evlalie Verene quorvm reliquie altari svnt impjÒSITE • ET ALIORV(M) • S(AN)CT(ORUM) //
Per la traduzione e le integrazioni del testo v. cat. nr. 19. 1. 2 e 1. 5: incerta la lettura di ET verso la fine della linea che sembrerebbe piuttosto un nesso con la R come seconda lettera nel primo caso; entrambi hanno forse subito l'intervento di un restauratore. SCRITTURA: alfabeto misto di lettere capitali e onciali, elegante e abbastanza regolare nell'allineamento; la prima linea presenta un modulo maggiore. Allargamento a spatola delle aste all'estremità e tendenza al rigonfiamento delle curve. All'inizio e alla fine della quarta riga è stato 122
lasciato uno spazio bianco corrispondente a 1—2 lettere. Presenza costante di punti di separazione tra le parole tranne che tra ET e SANCTORVM (1. 3). Il segno di abbreviazione è normalmente costituito da una lineetta orizzontale sopra le lettere (1. 2: EPISCOPO, KALENDAS; 1.3: SANCTI e MARTIRUM; 1. 5: ALIORVM) o che taglia l'asta verticale della H (1. 3: IOHANNIS) o della P (1. 2: NORPERTO). Numerosi i nessi: 1. 1 AB (VENERABILI); 1. 2 VR e TR (CVRIENSI e GENITRICIS); 1. 3 AR (MARIE), AB e TE (BAPTISTE), AR (MARTIRVM) e OR (GEORII); 1. 4 VR (LAVRENTII); 1. 5 OR (in FLORINI già presente nelle iscrizioni dipinte della cappella di S. Ulrico, v. cat. nr. 23), TE (IMPOSITE) e ORV (ALIORVM). Singole lettere: A trapezoidale ma con tratto superiore poco pronunciato; B con i due occhielli della stessa grandezza; E capitale (8 volte) alternata con E onciale (9 volte), la E capitale ha talvolta il tratto mediano leggermente più corto; G tonda in un solo tratto; H onciale; M capitale nella data (1. 1) con le aste laterali parallele e quelle centrali che scendono quasi fino al rigo di base, onciale in MARTIRVM (1. 3); N con asta mediana che scende fino al rigo di base; R con terzo tratto ondulato, che scende sotto il rigo di base nel nesso OR di GEORII (1. 3); Z speculare. - Scritture vicine: affresco con la donatrice a Miistair, cat. nr. 45; iscrizione dedicatoria dall'abside nord a Müstair, cat. nr. 47. per l'uso della forma non classica di Georii per Georgii si veda il commento di Iso Müller (v. BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 48 con altri esempi).
LINGUA E FORMA:
FORMULARIO E CONTENUTO: v. c a t . n r . 1 9 . N O M I : V. c a t . n r . 19-
sia per il posto che occupa nell'economia e nella struttura della decorazione absidale che per le caratteristiche paleografiche, l'iscrizione va datata analogamente alle scritte presenti negli affreschi (v. cat. nr. 44) e a quella nel ritratto della donatrice (v. cat. nr. 45). DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: BÜTTNER / MÜLLER,
Das Kloster Müstair (1956) 31-34, fig. a p. 53.
123
4 7 L'ISCRIZIONE DEDICATORIA DALL'ABSIDE NORD DELLA CHIESA DI MÙSTAIR 1200 - INIZIO XIII SECOLO MÜSTAIR
(GR), monastero di S. Giovanni Battista, museo, sala 4. - Tav. 29, fìg. 123.
L'iscrizione è dipinta su di un pezzo di intonaco che è stato staccato per motivi di conservazione nel 1972 da Oskar Emmenegger, ed è attualmente conservato in una delle sale del piccolo museo annesso al monastero. L'affresco proviene dalla fascia sottostante le scene dedicate ai SS. Pietro e Paolo che si vedono nell'abside nord, ed è stato dipinto sullo stesso intonaco di queste pitture romaniche (v. una fotografia della situazione prima dello stacco in BIRCHLER, Zur karolingischen Architektur (1954) 198, fìg. 94). Il frammento, che è stato staccato con una parte della decorazione geometrica che gli stava accanto, è frammentario sul lato destro e lo stato di leggibilità ne risulta compromesso. Affresco; la parte con la scritta misura 51 x 53 cm; sei linee di scrittura orizzontali (originariamente probabilmente 7 o 8), lettere nere su fondo bianco; H lettere 4,5-5 cm.
5
...] SVN[T - - - VI] DELICET • PE[TRI - - -] • IOHANNIS • A[NDREE ? - - -] • IACOBI • PHIfLIPPI - - -] • LVCAE EW[ANGELISTAE - - -] E[T OM]NIV[M SANCTORVM - - -] ...sono... cioè di Pietro... di Giovanni, Andrea... di Giacomo, Filippo... di Luca evangelista... e di tutti i santi...
alfabeto capitale con presenza di E onciale, elegante, ben spaziato e regolare nell'allineamento; allargamento a spatola delle estremità delle aste e ricerca di chiaroscuro con rigonfiamento delle aste e delle curve. Presenza regolare di punti di divisione a metà altezza tra le parole. Nel frammento conservato non ci sono segni di abbreviazione; nesso AE in LVCAE. Singole lettere: A triangolare tendente al trapezoidale a causa del breve apice superiore, traversa orizzontale; B con occhielli della stessa grandezza; E onciale tranne nel nesso AE; H capitale; N con tratto mediano che scende fino al rigo di base; W costituita da due V intrecciate. — Scritture vicine: affresco con la donatrice a Müstair, cat. nr. 45; iscrizione dedicatoria nell'abside centrale a Müstair, cat. nr. 46. SCRITTURA:
si tratta probabilmente dell'iscrizione dedicatoria riguardante l'altare di questa abside in cui venivano ricordati il nome del consacrante, i santi cui era dedicato e forse le reliquie che conteneva. Per un tentativo di ricostruzione del testo si veda Iso Müller (BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 44 e 59), il quale suppone che insieme a Pietro e Paolo dovessero
FORMULARIO E CONTENUTO:
124
essere elencati anche gli altri apostoli ed evangelisti. Rimane il dubbio che anche in questo caso, come già per l'iscrizione dell'abside centrale (v. cat. nr. 19 e nr. 46), si tratti della copia del testo originale, recentemente tornato alla luce (v. cat. nr. 20), ma il cui frammentario stato di conservazione non permette di verificarne l'identità. l'iscrizione, originariamente scritta sullo stesso intonaco degli affreschi romanici e bene integrata nel sistema decorativo che li corredava, va datata analogamente.
DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: BÜTTNER / MÜLLER,
Das Kloster Müstair
(1956) 3 9 - 4 0 , 59.
125
48 L'ISCRIZIONE DEDICATORIA NELL'ABSIDE SUD DELLA CHIESA DI MÙSTAIR 1200 - INIZIO XIII SECOLO MUSTAIR (GR), chiesa di S. Giovanni Battista, abside sud. - Tav. 29, fìg. 124. L'iscrizione è visibile nell'abside sud dedicata a S. Stefano, sotto la fascia inferiore degli affreschi romanici raffiguranti le storie di questo santo e, analogamente a quelle nelle altre due apsidi, si situa a metà della striscia con il meandro geometrico decorativo. Attualmente la scritta è quasi completamente svanita, probabilmente a causa sia del processo di affioramento dei sali che della successiva operazione di desalinizzazione attuata durante i restauri m o d e r n i (v. A R N O L D / K Ù N G / Z E H N D E R / MAIRINGER / SCHREINER / EMMENEGGER ( 1 9 8 6 ) 190-193).
Affresco (32 x 83,5 cm; la cornice 1 cm), frammentaria sul lato destro; sette linee orizzontali; lettere nere su fondo bianco; H lettere 3,5—4 cm. Per la lettura ci si è serviti della fotografia pubblicata in Biittner / Miiller (v. in bibl., 53), dove però probabilmente bisogna tener conto dell'intervento del restauratore, particolarmente incisivo sui lati esterni. Per convenzione si riportano quindi in maiuscolo solo le lettere ancora visibili e in minuscolo quelle ricostruibili con l'aiuto della riproduzione fotografica.
I(n) hONORE D(OMI)NI n(OST)RI IHV XPI ET S(ANCTE) CRVCIS ET • [Dei geni] / TRicIS • MARie XII K(a)l(endas) NOvemBR(IS) ET P(RE)CIPVE[- - S(ANCTI) STephani p(ro)tom(artyris) iohanniS • AP(OSTO)LI et EW[angeliste / [- - - - -] 5
] mavric(ii) et sociOr(um)[.. ] c(on)fe(ssoris) ] undecim millivm virginvm.
In onore di nostro Signore Gesù Cristo e della santa croce e della genitrice di Dio Maria, il dodicesimo giorno prima delle calende di novembre ( = 2 1 ottobre), e principalmente (in onore) di S. Stefano protomartire, di Giovanni apostolo ed evangelista,... di Maurizio e suoi compagni,..., di... confessore,... delle undicimila vergini. SCRITTURA: dal poco che è ancora possibile vedere della scritta si direbbe trattarsi di una capitale con qualche lettera onciale, abbastanza regolare nel modulo e nell'allineamento. Talvolta ancora visibile il puntino di divisione a metà altezza tra le parole. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta sopra le lettere (1. 1: N R I ; IHV; XPI; 1. 3: SANCTI) o che taglia orizzontalmente la 126
S di SANCTE (1. 1) o la L di APOSTOLI (1. 3). Singole lettere: A trapezoidale con apice superiore corto; E onciale; M capitale con traverse che scendono fino a metà altezza; N capitale; R con terzo tratto leggermente ondulato; W costituita da due V intrecciate. iscrizione dedicatoria riguardante l'altare di questa abside, con i nomi dei santi a cui venne consacrato; tra questi spicca la presenza di S. Stefano cui era intitolata l'abside, come dimostra anche il soggetto degli affreschi romanici che riprendono la tematica di quelli carolingi. Anche questa consacrazione potrebbe essere avvenuta, come quella dell'abside principale, al tempo del vescovo Norberto a seguito di un incendio o rinnovamento edilizio di una parte del monastero (v. cat. nr. 19 e 46), e quindi la scritta potrebbe essere la copia di quella originale ricoperta dal nuovo intonaco romanico. Per una dettagliata analisi di tutti i santi citati, dell'origine e del propagarsi del loro culto si veda quanto detto in proposito da Iso Müller (v. BÜTTNER / MÜLLER in bibl., 5 9 - 6 2 ) . FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: V. c a t . n r . 4 6 . BIBLIOGRAFIA: BÜTTNER / MÜLLER,
Das Kloster Müstair (1956) 40-41, 59-62; fig. a p. 53.
127
49
GLI AFFRESCHI DI S. MARIA DI TORELLO
CARONA
(TI), chiesa di
S.
PRIMI DECENNI XIII SECOLO
Maria Assunta di Torello, facciata. - Tav. 30, fig. 125-126.
La chiesa, oggi proprietà privata, fa parte di un ex-convento di canonici regolari consacrato nel 1217 dal vescovo di Como Guglielmo I (1197-1227) appartenente alla famiglia dei Della Torre di Mendrisio; alla sua morte si fece seppellire in una semplice tomba al centro della navata di cui si scorgono ancora le tracce (v. Helvetia sacra 1/6 Arcidiocesi e diocesi, Basilea-Francoforte 1989, 124-128). Egli avrebbe ampliato una minuscola cappella absidata ed una casa di umiliati che le si affiancava e che, secondo una tradizione storica non confermata, sarebbero esistiti già nel XII secolo (v. Eugen G R U B E R , Die Gotteshäuser des alten Tessiti, in ZSKG 18-19 (1939) 126 nr. 10; Luigi BRENTANI, L'antica chiesa matrice di S. Pietro di Bellinzona, I, Como 1928, 109; Paul SCHÄFER, Il Sottoceneri nel Medioevo, Lugano 1954, 158 n.196). E' probabile, come indica anche il toponimo, che precedentemente sul luogo fosse esistita una torre d'osservazione; comunque la cappella romanica absidata che si appoggia sul fianco destro della chiesa sembra più antica e potrebbe essere stata fatta costruire nel 1169 da Sebastiano della Torre (v. GILARDONI in bibl., 2 6 8 e n.7 e D U R I S C H in bibl., 455,457). Il convento venne soppresso nel 1349 per decreto pontificio — ma vi rimasero un prevosto e due padri fino al 1398 — passando in seguito al capitolo di S. Lorenzo di Lugano e nel 1670 ai padri Somaschi di Lugano; nel 1853 venne messo in vendita dal cantone e finì definitivamente in mani private. Gli affreschi rimasti, recentemente restaurati e consolidati, si trovano sulla facciata e, di epoca più tarda, nell'avancorpo della chiesa (v. cat. nr. 74). Sulla parete esterna sono raffigurati a destra del portale e ormai quasi completamente svanito un gigantesco S. Cristoforo e a sinistra, entro un'unica cornice, la figura del vescovo Guglielmo e un riquadro con un'iscrizione; nella lunetta del portale troneggia la Madonna tra un santo e un vescovo. Si distinguono due gruppi di iscrizioni: (I) all'esterno, immagine di S. Cristoforo, scritta ormai totalmente illeggibile che, secondo il Rahn che ce ne fornisce un disegno (v. R A H N in bibl. (1881) 14, tav. III, 1), correva sui lati destro, sinistro e superiore della cornice e di cui egli non ha potuto leggere che un frammento a destra, lettere bianche su fondo verde; H lettere ca. 4 cm; (II) una lunga iscrizione nel riquadro accanto alla figura del vescovo Guglielmo, lettere nere (?) su fondo bianco, almeno dieci righe orizzontali; H lettere 4 cm.
I)
accanto alla figura di S. Cristoforo - - -] A PE / STE / TE / MAR / TIR / LI / BE / RAT / 1 / S / T / E ... questo martire ti liberi dalla peste.
128
II)
riquadro accanto alla figura del vescovo Guglielmo PRAE]SVL [
] E.I[..]SES
[..]?[- - -]Q[- - -
CFO ,TI..CEM.DILIDIFICO[- - [---]
5 ---]....[-- -]O...IT - - -]PT[- - -]T [.- - -]TO GO.I [---] [---] 10 [ - - - ]
SCRITTURA: (I) in base al disegno del Rahn si direbbe trattarsi di una scrittura mista di lettere capitali e onciali senza divisione di parole, piuttosto condizionata dallo stretto spazio a disposizione. Nesso AR in MARTIR. Singole lettere: E ed M di tipo onciale. (II) dalle poche tracce visibili si ha l'impressione di un alfabeto misto di lettere capitali e onciali, slanciate ed eleganti, regolari nel modulo e nella spaziatura. Sembra di scorgere lettere di modulo inferiore talvolta forse inserite in altre più grandi (E che precede la M a 1. 3). Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale sopra un gruppo di lettere (inizio di 1. 3). Singole lettere: E capitali (1. 1) alternate a quelle onciali (1. 3); M onciale (1. 3). FORMULARIO E CONTENUTO: (I) a detta del Rahn (in bibl. (1881) 13) si tratterebbe di una delle più antiche rappresentazioni di questo santo in territorio ticinese, che d'altronde ne conserva la maggior parte (cf. anche le immagini del S. Cristoforo di Giornico, cat. nr. 62, Biasca, cat. nr. 75* e Brione Verzasca, cat. nr. 79) • La scritta rientra nell'ambito della credenza, diffusasi durante il Medioevo, nel potere taumaturgico dell'immagine del Santo; in questo caso il termine PESTE andrebbe inteso nel senso più ampio di malattia, morte, pericolo ecc. (v. ROSENFELD, Der HI. Christophorus (1937) 310 nr. 590, 421 n.l).
(II) di questa scritta, di cui rimangono solo labili tracce, nulla viene purtroppo menzionato dalle fonti più antiche: dell'inizio il Rahn (in bibl. (1894) 268) lesse a suo tempo EPSCP. CVMA'. PS... e il Toesca (in bibl. (1966) 74) PRAESVL ...CVMANVS ...CVRREBANT, letture ormai non più confermabili. Poiché la figura di vescovo che le è accanto non ha il nimbo, dovrebbe rappresentare il fondatore Guglielmo e trattarsi quindi o di un'iscrizione sepolcrale fatta apporre dopo la morte o di un'iscrizione dedicatoria in cui egli ricordava la data di fondazione e forse l'elenco delle reliquie di cui si sa che egli stesso dotò la chiesa (v. Primo Luigi TATTI, Degli annali sacri della città di Como, Decade II, Milano 1683, 561—562). Simili raffigurazioni di vescovi paludati sono assai frequenti nella pittura medievale lombarda: si veda la serie frammentaria proveniente dalla chiesa di S. Giorgio in Borgovico di Como (ora nel Museo Diocesano d'Arte Sacra, v. ZASTROW, Affreschi romanici (1983), tav. 112—113), le immagini in S. Ambrogio a Milano o in S. Teodoro a Pavia (v. TOESCA in bibl. (1966), tav. 95, 108).
129
solitamente gli affreschi sulla facciata esterna vengono fatti risalire al momento della fondazione del convento (1217) o, se si considera l'iscrizione (II) un epitaffio, ad appena dopo la morte del vescovo Guglielmo (1227): il carattere epigrafico delle poche lettere ancora visibili conferma senz'altro la datazione nella prima metà del XIII secolo. DATAZIONE:
Wandgemälde (1881) 10-14. - R A H N , Monumenti (1894) 268. - ESCHER, Untersuchungen (1906) 19, 27, 28, 37, 40, 42, 72, 96 n.l 14, 120, 146. - TOESCA, La pittura e la miniatura ( 1966) 74-7 5 . - STÜCKELBERG, Cicerone ( 1918) 67. - Pietro TOESCA, Storia dell'arte italiana: Il Medioevo, Milano 1927, 1031 n.31. - B R E N K , Wandmalerei (1963) 128-129. GILARDONI, Romanico (1967) 272-273. - H A H N - W O E R N L E , Christophorus (1972) 182. Giancarlo DURISCH, Progetto per un intervento di restauro a Torello. Lavoro della facoltà di architettura. Politecnico federale di Zurigo, anno scolastico 1977/78 (pubbl. Santa Maria di Torello. Un'esperienza didattica, Lugano 1982). - SEGRE M O N T E L , Pittura del Duecento (1986) 61. BOSKOVITS, Pittura e miniatura (1989) 64 n.7. - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990), tav. 11. Pittura a Como (1994) 9, 251, tav. 13. BIBLIOGRAFIA: R A H N ,
130
50 L'AFFRESCO ROMANICO NELLA CHIESA DI PLATTA
I QUARTO XIII SECOLO
PLATTA / MEDEL (GR), chiesa di S. Martino, affresco dietro all'altare appoggiato al muro di fondo della navata sud. - Tav. 30, fìg. 127. Il frammento di affresco fu scoperto durante i restauri eseguiti nel 1954 dall'architetto W. Sulser e dal restauratore F. X. Sauter dietro all'altare barocco appoggiato al muro di fondo della navata sud; attualmente non è visibile perché al termine dei lavori l'altare è stato ricollocato al suo posto. L'intera parete dietro questo altare è ricoperta di tre strati di affreschi di cui solo il frammento in alto a destra risale all'epoca romanica. Vi si scorge la figura di un prete, di cui non si è conservata la testa, abbigliato con ricchi e decorati paramenti (v. STEINMANN in bibl., 194-196, fìg. 3) che regge nella destra, all'altezza degli occhi, un calice e nella sinistra un lungo cartiglio che si srotola intorno al calice stesso. Un secondo nastro con un'iscrizione si trova orizzontalmente sopra la testa del personaggio e si interrompe contro il pilastro barocco. Il prete si rivolgeva a sinistra verso un'altra figura di grandi dimensioni e anch'essa abbigliata riccamente: probabilmente una Madonna con il Bambino o un santo, forse il patrono della chiesa. Affresco a tempera; si distinguono due iscrizioni: (I) nella banda sopra la testa del personaggio, due righe, da sinistra a destra; - (II) nel cartiglio che, partendo dalla mano del prete si snoda dapprima verso l'alto per scendere poi verso il basso circondando il calice, una riga, lettere nere su fondo bianco; H lettere ca. 4 - 5 cm.
I)
banda sopra la testa del personaggio BVRCHA[RDVS] / DECAN[VS] Il decano Burcardo.
II)
cartiglio REGNV(M) CELESTE M(IH)I C(ON)FERAT I(N)CLITVS ISTE • Questo inclito (calice) mi doni il regno eterno.
SCRITTURA: alfabeto misto di lettere capitali e onciali, di modulo maggiore in (I), apici alle estremità dei tratti, tendenza all'ingrossamento delle curve (per es. in C, D, E). Senza divisione delle parole tranne tra INCLITVS e ISTE (I); puntino finale a metà altezza alla fine di (II). Nesso TE in CELESTE (II). Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale sopra V (II: REGNVM), C (II: CONFERAT), I (II: INCLITVS); abbreviazione con letterina soprascritta in MIHI dove una piccola I sovrasta la M. Alcune lettere sono capovolte: (II) R e G di REGNVM, L di CELESTEM. Singole lettere: A trapezoidale, E onciale tranne una capitale nel nesso TE; 131
F con seconda traversa piegata verso il basso; G arrotolata; L composta da due tratti sinuosi in INCLITVS; M onciale costituita da un ovale cui si aggiunge un tratto finale sinuoso; N capitale; R con terzo tratto ricurvo; V di BVRCHARDVS con tratto di destra leggermente sinuoso. Scritture vicine: affreschi della chiesa di S. Giovanni a Taufers (Tubre, Alto Adige), primo quarto del X I I I secolo, v. DEMUS, Romanische Wandmalerei ( 1 9 6 8 ) 1 3 2 , fig. 6 9 . FORMULARIO E CONTENUTO: (I—II)
iscrizione a carattere votivo e dedicatorio con nome del dedi-
cante. REGNVM CELESTE: cf. Matteo 16, 19; Timoteo 4, 18. MIHI CONFERAT: v. fonte battesimale conservato nel tesoro del duomo di Treviri, ca. 1226: Wilbernus Petre conferì istut tibi donum + per te summum possit habere bonum (v. Ornamenta Ecclesiae (1985) Bd. 1,480, C 54). INCLITVS ISTE: ISTE si riferisce con tutta probabilità al calice che il decano è in atto di offrire; cf. anche il commento di Iso Müller a questo testo, in bibl., 202-204. NOMI: BVRCHARDVS: nome di origine germanica composto da BURG- (montagne) e -HARDU (forte), v. FÖRSTEMANN PN 348; in questo caso va probabilmente identificato con il «Borchardus blebanus» ricordato in un documento del 1203 (BUB II (1973) 16-17 nr. 501) quale parroco della parrocchia di Disentís che comprendeva anche Tavetsch e Medel (cf. anche MÜLLER in bibl., 204—205). Per quanto riguarda il termine decanus, questi erano i rappresentanti del vescovo nella divisione del territorio in decanie, Burchardus in particolare doveva esserlo per tutta la Surselva. l'identificazione del personaggio e le caratteristiche della scrittura permettono di collocare l'esecuzione dell'affresco nel primo quarto del XIII secolo. DATAZIONE:
Piatta, Katholische Pfarrkirche St. Martin, in Z A K 15 (1954/55) 179-180. Othmar STEINMANN, Das romanische Gemälde, in Die Pfarrkirche St. Martin zu Piatta im Medelsertal, in Z A K 16(1956) 193-201, fig. 3, l l - l 4 . - I s o MÜLLER, Die Inschrift der romanischen Stifterfigur, in Die Pfarrkirche St. Martin zu Piatta im Medelsertal, in ZAK 16 (1956) 202-206. Erwin POESCHEL, Nachtrag und Berichtigungen zu KDM Graubünden V (Nachdruck 1961) 493. Iso MÜLLER, Beiträge zum byzantinischen Einfluss in der früh- und hochmittelalterlichen Kunst Rätiens, in ZAK 24(1965/66) 159BIBLIOGRAFIA:
132
51
FRAMMENTI DI AFFRESCHI DA CHAPELLA
PRIMA METÀ XIII SECOLO
CASTELLO DI HALDENSTEIN (GR), Servizio archeologico cantonale, Fd. Nr. 82, 135. - Tav. 31,
fìg. 128-129. I frammenti di affreschi, di cui alcuni recanti delle lettere, provengono dalla chiesa dedicata ai santi Nicolao e Ulrico a Chapella presso S-chanf (GR) e sono stati trovati nel corso della campagna di scavo e consolidamento che ha interessato il monumento, ormai ridotto a rovina, negli anni 1981-1982. Una cappella dedicata a S. Nicolao è attestata per la prima volta nel 1209 mentre l'ospizio intorno al 1250; in un documento del 1285 è menzionato anche il compatrono Ulrico (v. Christoph SIMONETT, Ein Urkundenfund zum Hospiz in Chapella bei S-chanf, Die Urkunden von 1209 bis 1283, in BM 1965, 294, 298). Le indagini archeologiche hanno permesso di ricostruire tre fasi costruttive successive di cui la prima risalente all'XI secolo, la seconda intorno al 1200-prima metà del XIII secolo e la terza al XVI secolo. I frammenti con le lettere provengono dal coro affrescato della seconda fase, che venne in seguito abbattuto per far posto ad un coro poligonale. Sono una ventina di frammenti di affresco sui quali si distinguono lettere o tracce di lettere, e con i quali è possibile ricostituire delle scritte per la maggior parte frammentarie. Queste erano delimitate in alto da una linea orizzontale di colore bianco; lettere bianche su fondo rosso scuro; H lettere 3—4 cm.
I)
• S(ANCTVS)
II)
P]HILIPVS •
III)
- - -1TQ[- - -
IV)
- - -]AS[- - -
V)
S(ANCTVS)
VI)
- - -]py[- - -
VII)
- - -]IN[- - -
Vili)
]S[
IX)
]A[
SCRITTURA: lettere capitali di aspetto elegante, con estremità che si allargano a spatola e trattini di coronamento; segno di abbreviazione costituito da una sbarretta orizzontale che taglia la S. Nesso VS del tutto simile a quello che si ritrova nelle iscrizioni degli affreschi romanici di 133
Miistair (v. cat. nr. 44). Puntino di divisione a metà altezza tra le parole. Singole lettere: A con traversa spezzata ad angolo e trattino di coronamento; H onciale; M capitale con tratti mediani che scendono quasi fino al rigo di base; Y alta sul rigo e inclinata verso destra. — Scritture vicine: affreschi romanici di Miistair, cat. nr. 44. FORMULARIO E CONTENUTO: probabilmente semplice identificazione dei personaggi. DATAZIONE: prima metà del XIII secolo. BIBLIOGRAFIA: Urs CLAVADETSCHER, Die Kirchenruine St. Nikolaus und Ulrich in Chapella bei S-chanf, in Archàologie in Graubiinden (1992) 269-273, fig. 4.
134
52 GLI AFFRESCHI DELLA CHIESA DI S. MARIA A PONTRESINA
PRIMA METÀ XIII SECOLO
PONTRESINA (GR), chiesa di S. Maria, parete ovest, metà inferiore. - Tav. 31, fig. 130. Gli affreschi, appartenenti ad un ciclo tardoromanico, sono stati scoperti sotto lo strato di pittura quattrocentesca nel 1934 dal restauratore Charles Lefébure. Il restauro definitivo, con stacco delle pitture più tarde, è stato effettuato tra il 1962 e il 1976 (v. Oskar EMMENEGGER, Die Restaurierung der Wandmalerei, in BAMERT / EMMENEGGER in bibl. (1988) 19-23). Delimitato in alto da un meandro prospettico, lo spazio è diviso in tre parti da una serie di arcate sotto le quali sono rappresentate da sinistra l'Adorazione dei Magi, il Battesimo di Cristo e l'Ultima Cena con la Lavanda dei piedi. Una banda rossa (H 5,2 cm), su cui è dipinta l'iscrizione, separa queste immagini da quelle purtroppo molto frammentarie del registro inferiore in cui si riconoscono da sinistra e al di sotto di un'arcata su pilastri un re con la corona e un guerriero che regge la spada e a destra del pilastro due gruppi di guerrieri con elmo e armatura; al di sopra è visibile una nuvola da cui sporge la mano di Dio. Affresco; iscrizione orizzontale, su una linea probabilmente tracciata dopo un'incisione preparatoria, lettere bianche - ma in parte il colore è caduto e ne è rimasta l'impronta - su fondo rosso; H lettere 4-4,3 cm.
MAVRIC IG[- - -
SCRITTURA: alfabeto maiuscolo, abbastanza elegante, regolare nel modulo e nell'allineamento. Alcune lettere presentano sottili ed eleganti trattini di coronamento (C, G, I) e contrasti tra pieni e filetti (M). Singole lettere: A trapezoidale con traversa orizzontale; G arrotolata; M capitale con tratti mediani che non scendono fino al rigo di base; R con terzo tratto ingrossato e ondulato. FORMULARIO E CONTENUTO: nonostante lo stato di conservazione non ottimale degli affreschi sembrerebbe trattarsi dell'unica scritta presente, probabilmente atta ad identificare un personaggio raffigurato. Il nome si potrebbe interpretare con MAVRICIVS, anche se in questo modo non si spiega lo spazio che separa le ultime due lettere e il significato della G finale. Si tratterebbe in questo caso di S. Maurizio condottiero della legione tebana (cf. LCI VII, 610-613, LThK2 VII, 195, Réau III.2, 938, Bibl. Sana. IX, 193-205 e CIMAH III, 38), abbastanza presto infatti nell'iconografia Maurizio è raffigurato di fronte all'imperatore romano Massimiano e, dall'XI secolo, in tenuta militare (v. Daniel THURRE, Culte et iconographie de Saint Maurice d'Agaune: bilan jusqu'au XlIIe sikle, in Z A K 49 (1992) 10-14 e CIMAH III, 38: affreschi della chiesa di Scherzlingen della fine del XII secolo; per un tentativo di elenco di tutte le raffigurazioni del santo v. Daniel THURRE, L'atelier roman d'orfèvrerie de l'abbaye de Saint-Maurice, Sierre 1992, 139-153). 135
DATAZIONE: caratterizzati da una forte impronta bizantina, gli affreschi sono molto vicini a quelli della chiesa di S. Maria del Conforto a Maia Bassa (Maria-Trost-Kirche, Untermais-Meran, v. RASMO, Affreschi medievali ( 1 9 7 1 ) 4 8 - 5 0 ) e sono stati datati entro la prima metà del X I I I secolo (v. MAURER, in bibl., 6 4 : secondo terzo del secolo e BAMERT / EMMENEGGER, in bibl., 1 1 : intorno al 1 2 3 0 ) . Le poche lettere rimaste non permettono di restringere ulteriormente la datazione. Erwin POESCHEL, Die Wandmalereien in der Marienkirche zu Pontresina, in «Das Werk» 1 3 ( 1 9 3 6 ) 2 7 7 - 2 9 7 . - POESCHEL, KDM I I I ( 1 9 4 0 ) 3 6 2 . - BRENK, Wandmalerei ( 1 9 6 3 ) 6 2 - 6 4 . - REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 5 1 0 - 5 1 1 . - Emil MAURER, Kunstführer Oberengadin, Bern 1 9 8 4 (Gesellschaft fiir schweizerische Kunstgeschichte) 6 3 - 6 4 . - Markus BAMERT / Oskar EMMENEGGER, Sta. Maria in Pontresina, Bern 1 9 8 8 (Schweizerische Kunstführer Serie 2 2 , nr. 2 1 7 ) . - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 6 3 . BIBLIOGRAFIA:
136
PRIMA METÀ XIII SECOLO
5 3 LA CAMPANA DI SUSCH SUSCH
(GR), interno della chiesa evangelica, prima
S.
Giovanni Battista. - Tav. 3 1 , fig.
131-134.
La campana, che dal 1932 al 1987 si conservava nel Museo Retico di Coirà, è ora ritornata a Susch dove è stata collocata all'interno della chiesa. Bronzo, 0 59,3 cm, H fino alle maniglie 53 cm, peso ca. 170 kg; stato di conservazione buono. La campana ha una forma elegante e ancora leggermente allungata, cosiddetta a pan di zucchero; corona a sei braccia. La superficie è suddivisa orizzontalmente da quattro serie di tre linee orizzontali. L'iscrizione si trova in alto sul collo, tra le due serie di cerchi superiori; le lettere, la cui altezza è irregolare, sono molto distanziate tra di loro e sono state realizzate tramite l'apposizione di filamenti di cera sulla falsa campana; H lettere da 2 a 4 - 5 cm.
+ AQCIFET
le lettere sono costruite con un chiaro intento decorativo e costituite da filamenti di cera terminanti in riccioli che si piegano verso l'esterno. Precedute da una invocazione simbolica a forma di croce greca dai bracci a spirale, seguono una A trapezoidale con traverse che sembrano spezzate, una lettera che si è proposto di leggere come una P ma che in realtà è costruita come una Q minuscola, C ed F capitali, E che si distingue da C solo per un minuscolo trattino verticale al centro della curva, e una T con una importante barra orizzontale che si regge su una piccola asta. - Scritture vicine: campana della chiesa evangelica di Herrenberg datata intorno al 1200, v. Sigrid T H U R M , Deutscher Glockenatlas, Bd. I Wurttemberg-Hohenzollern, Miinchen 1 9 5 9 , nr. 2 8 3 , fig. 1, 2. SCRITTURA:
FORMULARIO E CONTENUTO: invocazione simbolica a forma di croce greca e serie di lettere che il Poeschel — che interpreta la seconda lettera come una P — ha proposto di sciogliere con CAMPANA ISTA FUSA EST (= questa campana è stata fusa) accompagnata dalle iniziali del fonditore, che però non trovano riscontro nella documentazione esistente; probabilmente le lettere hanno unicamente un carattere decorativo o racchiudono una formula dal significato apotropaico. Lo stesso tipo di croce si trova già sulla campana di Canino che si conserva nel Museo del Laterano, ritenuta la più antica d'Italia e datata all'VIII o inizio IX secolo (Alberto SERAFINI, Torri campanarie di Roma e del Lazio nel Medioevo, Roma 1927,1), così come su due campane aretine: di S. Francesco del XII secolo e di S. Jacopo del 1216 (Claudio MUSSINI, Campane del territorio aretino, in «Arte cristiana» 30 (1942) 30-31) e su quella di Scona (cat. nr. 69).
la forma della campana ancora molto allungata (ma il diametro supera già l'altezza) e l'uso della tecnica più antica di applicare le lettere con filamenti di cera, fanno pensare ad una datazione compresa nella prima metà del XIII secolo. DATAZIONE:
137
Kurzer Beriebt über das Rätische Museum, in JHGG 62 (1933) X I . - POESCHEL, K D M I (1937) 58. - POESCHEL, K D M I I I (1940) 524-525, fig. 530-531. - Iso MÜLLER, Die Inschrift der romanischen Stifterfigur, in Die Pfarrkirche St. Martin zu Platta im Medelsertal, in ZAK 16 (1956) 204. - POESCHEL, Bündner Glocken (1967) 47, fig. 15. - Alfred W Y S S , Kirchliche Kunst und Kult gerät Graubündens vom Hochmittelalter bis zur Neuzeit, in Das Rätische Museum. Ein Spiegel von Bündens Kultur und Geschichte, Chur 1979, 163, fig. 2. - Duri VITAL, Bündner Glocken, in «Terra Grischuna» 43 (1984) 35 sgg., fig. - F(RITZ) F(ELIX), Uen vegl sainet tuorna in patria, in «Fögl Ladin» 11 marzo 1988. BIBLIOGRAFIA:
138
54 LA CAMPANA DI HINTERRHEIN HINTERRHEIN
PRIMA METÀ XIII SECOLO
(GR), chiesa evangelica, prima S. Pietro. - Tav. 32, fig. 135-136.
La campana è appesa nel campanile della chiesa evangelica, prima ecclesia Sancii Petri de Reno, ricordata per la prima volta nel 1219 ed il cui campanile attuale dovrebbe risalire al XVI o addirittura al X V I I I secolo (v. POESCHEL in bibl., 254). Bronzo, 0 59 cm, H fino alle maniglie 48 cm. Stato di conservazione buono. La forma della campana è piuttosto accorciata, con il diametro superiore all'altezza; una linea delimita il labbro, la curva sotto la corona è abbastanza pronunciata. L'iscrizione si trova sul collo tra due linee orizzontali a cordoncino, gli ultimi due caratteri (VM) sono posti al di sopra della linea superiore. Le lettere, modellate con la cera, sono state applicate sulla falsa campana ed hanno un forte aggetto stagliandosi nettamente dal fondo; H lettere 2 cm.
+ AVE • MARIA • GRACIA • PLENA • DOMINVS TECVM • Ave Maria piena di grazia, il Signore è con te. Luca 1, 28
alfabeto misto di lettere capitali e onciali. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole, mancante tra DOMINVS e TECVM. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; E onciale chiusa; M ed N capitali. — Scritture vicine: campana di Spliigen, cat. nr. 55. SCRITTURA:
invocazione simbolica a forma di croce greca e forma liturgica del saluto evangelico a Maria da Luca 1, 28, che si incontra frequentemente sulle campane medievali (v. campana di Wagenhauser, CIMAH IV, 39); la scritta si riferisce forse all'abitudine di suonare le campane per l'Ave Maria (v. Ernst STOCKMEYER, Die Glocken des Baselbiets bis zum Jahre 1830 in ihrem Bestande, in ZAK 11 (1950) 29, n. 10). FORMULARIO E CONTENUTO:
la forma della campana rimanda sicuramente al X I I I secolo mentre la presenza di M ed N ancora capitali permette di restringere la cronologia alla prima metà del secolo. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M V ( 1 9 4 3 ) 2 5 4 - 2 5 6 , fig. 2 7 8 .
139
55
LA CAMPANA DI SPLÙGEN
PRIMA METÀ XIII SECOLO
SPLÙGEN (GR), chiesa evangelica, prima SS. Urbano e Vincenzo. - Tav. 32, fig. 137-138. La campana, da tempo non più suonata, è tuttora appesa nel campanile dell'odierno edificio barocco che sostituisce due precedenti fasi costruttive; la chiesa, ora riformata ma prima dedicata ai SS. Urbano e Vincenzo, è attestata per la prima volta nel 1478 (v. POESCHEL in bibl., 265). Bronzo; 0 57,5 cm, H fino alle maniglie 47 cm. Stato di conservazione non ottimale. La campana ha una forma schiacciata, con il diametro superiore all'altezza. L'iscrizione si trova sul collo tra due linee orizzontali parallele. Le lettere, modellate con la cera, sono state applicate sulla falsa campana; H lettere 2,5 cm.
+ • LVCAS • MARCVS • MATHEVS •
SCRITTURA: alfabeto misto di lettere capitali e onciali. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; E onciale chiusa; H ed M capitali (quella all'inizio di MARCVS capovolta); R con terzo tratto leggermente sinuoso. Scritture vicine: campana di Hinterrhein, cat. nr. 54. FORMULARIO E CONTENUTO: invocazione simbolica in forma di croce greca e nomi degli evangelisti tra i quali manca Giovanni, come si ritrova frequentemente sulle campane (v. cat. nr. 73); si riteneva che l'invocarne il nome, soprattutto quello di Luca, avesse una particolare funzione protettiva contro il cattivo tempo (v. Erwin POESCHEL, recensione a Deutscher Glockenatlas, in ZAK 20 (I960) 47-49).
DATAZIONE: analoga a quella della campana di Hinterrhein (cat. nr. 54); anche qui la presenza di C, H ed M capitale rimandano ad una datazione nella prima metà del secolo. BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M V ( 1 9 4 3 ) 2 6 5 . - K u r t WANNER-HOSSLI, Die Kirche von
und ihre Geschichte, Spliigen 1985, 15.
140
Spltigen
56 GLI AFFRESCHI DI ROVIO
PRIMA META' - META' XIII SECOLO
R o v i o (TI), chiesa di S. Vigilio, abside. - Tav. 33, fìg. 139-140. Gli affreschi sono stati restaurati nel 1948 (v. GIUSSANI in bibl., 7 - 1 1 con relazione allegata al progetto di restauro dell'architetto Emilio Gussalli) mentre il Rahn, che li vide prima, indica chiaramente le parti integre e quelle ridipinte (v. RAHN in bibl. (1881) 8-10). Nell'abside è raffigurato Cristo in maestà attorniato dai simboli dei quattro evangelisti e nella fascia inferiore la teoria degli apostoli con al centro la Madonna. Le iscrizioni si dividono in due gruppi: (I) sul libro tenuto nella sinistra dal Salvatore, scritta orizzontale, lettere marrone scuro su fondo bianco; H lettere 7—8 cm; — (II) accanto alle figure della Vergine e degli apostoli, orizzontale sopra la testa di S. Pietro, verticali le altre a sinistra delle rispettive figure, lettere bianche su fondo blu; H lettere 3—4 cm. Non sono più visibili i nomi accanto ai simboli dei quattro evangelisti che, a livello di tracce, sono segnalati dal Giussani e dal Gilardoni ma non dal Rahn che vide gli affreschi molti anni prima. I)
nel libro [E]GO S[VM VIA] VERI TAS [ET] VITA [---] Io sono la via, la verità e la vita. Giovanni 14,6
II)
accanto alla Madonna e ai santi a) c) e)
[ ] MARIA [VIRGO] ]S]
b) [SANCTVS PJETRVS d) S(ANCTVS) [P]AVLVS f) [SANCTVS ANDRE]AS
II c): la parola VIRGO che nel disegno pubblicato dal Rahn (v. in bibl. (1881), tav. 2) si leggeva a destra della Madonna, non è più visibile. II f): lo Stiickelberg (v. in bibl., 61) ha pubblicato un disegno della testa di S. Andrea accompagnato dalla scritta [AN]DEREAS attualmente non più visibile e quindi non controllabile. SCRITTURA: nei pochi frammenti rimasti si riconosce una scrittura dall'aspetto già gotico, con lettere capitali e onciali che presentano forti apici alle estremità. Segno di abbreviazione costituito da una sbarretta che taglia orizzontalmente la S. Singole lettere: A pseudonciale con asta di 141
sinistra sinuosa e traversa spezzata ad angolo; E che sembra essere sempre capitale; L con secondo tratto che si conclude con un apice pronunciato; M onciale; R con terzo tratto sinuoso; V onciale con primo tratto sinuoso e secondo diritto. — Scritture vicine: affreschi della chiesa di S. Nicolò a Olgiasca di Piona degli inizi del X I I I secolo, v. ZASTROW, Affreschi romanici ( 1 9 8 3 ) , tav. 1 9 2 . FORMULARIO E CONTENUTO:
(I)
citazione biblica da Giovanni 14,6: v. il libro tenuto dal Salvatore nell'affresco absidale di S. Nicolò a Olgiasca di Piona Ego sum lux mundi, via veritas et vita, alfa et fì in ZASTROW, Affreschi romanici (1983) 243, tav. 203; gli affreschi di Cademario (cat. nr. 58) e Camignolo (cat. nr. 59). (II) semplice identificazione dei personaggi. DATAZIONE: dal punto di vista stilistico gli affreschi sono stati datati generalmente alla prima metà del XIII secolo; l'esame epigrafico delle scritte, poche e male conservate, non si oppone a questa datazione. Wandgemälde {1881) 8 - 1 0 , tav. 2 . - R A H N , Monumenti ( 1 8 9 4 ) 2 6 4 - 2 6 5 . Cicerone ( 1 9 1 8 ) 6 1 . - Antonio GIUSSANI, La millenaria chiesetta di S. Vigilio in Rovio, in R S T 1 ( 1 9 3 8 ) 7 - 1 1 . - BIANCONI, Pittura medievale ( 1 9 3 9 ) 9 , tav. 7 - 1 1 . - SARTORIUS, Chorausmalungen ( 1 9 5 5 ) 2 4 - 2 5 . - BRENK, Wandmalerei ( 1 9 6 3 ) 1 2 9 - 1 3 4 . - GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 5 2 8 - 5 4 0 . - SEGRE MONTEL, Pittura del Duecento ( 1 9 8 6 ) 6 1 . - BOSKOVITS, Pittura e miniatura ( 1 9 8 9 ) 6 5 . - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 9 6 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 9 , 2 5 0 , tav. 12. BIBLIOGRAFIA: R A H N , STÜCKELBERG,
142
5 7 LO SCRIGNO DI S. LUCIO
1252
COIRÀ (GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 33-34, fig. 141-147. Forse menzionato nell'inventario della cattedrale del 1589 come der grosse silberne sarch (v. Anton von CASTELMUR, Eirt Inventar der Kathedrale zu Chur vom Jahre 1589, in ZSKG 23 (1929) 144), Burckardt lo descrisse collocato sull'altare alla fine della navata laterale sinistra (v. in bibl., 160), mentre Simeon nel 1914 (v. in bibl., 31) lo vide già custodito nel Tesoro del Duomo. Rimane per il momento unicamente un'ipotesi la provenienza dell'oggetto dal convento premonstratense di S. Lucio, cui farebbe pensare la menzione del preposito Giovanni e la presenza fra i santi anche di Andrea, compatrono della comunità (v. POESCHEL in bibl., 169). Lo scrigno si presenta a forma di chiesa ad una navata con sia la fronte anteriore che il tetto divisi in arcatelle poggianti su colonnine con capitelli, entrambi decorati da racemi fogliacei e figure di animali tra i quali lo stambecco, l'animale araldico presente nello stemma dell'episcopato. Sotto le sei arcate della fronte sono collocate, da sinistra, le figure dei santi Nicolao, Fiorino, Lucio, Stefano, Andrea e Gregorio con i rispettivi attributi, mentre nelle cinque del tetto trovano posto il Crocifisso al centro, San Pietro e la Madonna a sinistra e i santi Giovanni Evangelista e Giacomo a destra, tutti con i rispettivi attributi. Non si hanno prove del rimaneggiamento che secondo Poeschel l'oggetto avrebbe subito nel XVII secolo durante il rinnovo degli altari delle navate laterali (v. POESCHEL in bibl., 168), ma sia Burckardt nel 1857 (in bibl.) che Molinier nel 1895 (in bibl.) lo videro già adorno delle due figure di apostoli — appartenenti allo scrigno cosiddetto di Fiorino (cat. nr. 71) — che si vedono tuttora sui lati e di due mezze figure di angeli e di una croce sul culmine. Nella foto pubblicata da Molinier nel 1895 si nota che la fascia con la lunga iscrizione si trova nello zoccolo inferiore mentre le arcatelle con i nomi dei santi Andrea e Gregorio sono collocate sopra i relativi santi. Nel 1914 il Simeon descrisse le figure degli angeli e il crocefisso come conservati a parte in una cassa: l'ultima fotografia che documenta questo stato di cose è del fotografo Lang di Coirà e risale al 1943 (v. L'art roman en Suisse, Genève 1943, fig. 75) mentre sempre di questo fotografo è una immagine dei due busti di angeli, ora scomparsi, recentemente ritrovata e pubblicata da Heuser (v. in bibl., fig. 269). L'assetto odierno dello scrigno è documentato già nell'immagine riprodotta nel volume del Poeschel risalente al 1948, dopo le modifiche subite probabilmente alla fine della guerra: la fascia con l'iscrizione si trova al centro tra la fronte ed il tetto e gli archetti con l'iscrizione che sovrastano le figure dei santi Andrea e Gregorio sono state scambiate tra loro. Le tracce di uno smontaggio e conseguente ricomposizione del pezzo si rilevano anche in altri archetti accorciati o compressi per essere collocati nuovamente, in alcune iscrizioni che risultano leggermente sacrificate e naturalmente nella lunga iscrizione dello zoccolo che è incompleta; del pilastrino che separa in alto Giovanni da Giacomo è stato scambiato l'alto col basso. Struttura in legno di abete rivestita di rame dorato, sbalzato e inciso; sul lato posteriore si apre una porticina quadrata; H senza piedi 65 x 95 x 22 cm. Si distinguono due gruppi di iscrizioni: (I) e (II) sulle arcatelle sotto le quali trovano posto le figure dei santi, le iscrizioni sono orizzontali e seguono l'andamento della curva; lettere rispar-
143
miate su fondo a reticolato, lamine lunghe 16,5-19,5 cm, H lettere 1,6-1,7 cm; - (III) lunga iscrizione sullo zoccolo che separa la fronte dal tetto, una riga orizzontale, lettere risparmiate su fondo a reticolato con contorno inciso; la banda (22 x 95,5 cm) è composta di tre lamine: la prima che si interrompe a RELIQUIE e la seconda a SUB, della terza manca la parte iniziale; H lettere: 1,6-1,7 cm. I)
Sulle arcatelle della fronte a) • S(ANCTVS) • NICOLAVS c) • S(ANCTVS) • LVCIUS • e) [•] S(ANCTVS) • GREGORIVS
II)
b) • S(ANCTVS) • FLORINUS • d) • S(ANCTVS) • STEPHANVS f ) • S(ANCTVS) • ANDREAS •
Sulle arcatelle del tetto a) • S(ANCTVS) • PETRVS • b) []_S(ANCTA) • MARIA • VIRGO • c) IHS • NAZARENVS REX IVDEOR(VM) Giovanni 19, 19
d) • S(ANCTVS) • IOH(ANNE)S • EWANG(E)L(IST)A e) S(ANCTVS) • IACOBVS • Ili) Iscrizione sullo zoccolo: • ANNO • M • C C • L • lì • VII • IDVS • OCT(OBRIS) • INDIC(TIONE) • X • TRA(N)SLATE • S(VNT) • RELIQVIE • S(AN)C(T)I • LVCII • A VENERABILI • HAI(N)RICO • CVR(IENSI) • EP(ISC0P)0 • SVB [PRAE]P(0SIT)0 IOHfANNE- - Nell'anno 1252, il settimo giorno prima delle idi di ottobre (=9 ottobre), nell'indizione X, sono state traslate le reliquie di San Lucio dal venerabile vescovo di Coirà Enrico, al tempo del preposto Giovanni... Ild) In EWANGELISTA il contorno della L era stato inciso con un'altezza pari a quella delle altre lettere, poi l'asta è stata accorciata per lasciare il posto al segno di abbreviazione. III) In PRAEPOSITO la prima P è caduta ed è rimasta la seconda sovrastata da metà del segno abbreviativo, la piccola O che segue è stata ricoperta dalla decorazione a reticolato del fondo e ne è rimasto visibile il contorno. L'ultima parola si trova su un pezzo di lamina che poi gira sul lato corto dello scrigno e si interrompe, dopo IO si intravede chiaramente la prima asta della lettera successiva, quasi sicuramente una H. alfabeto misto capitale e onciale dall'aspetto già gotico, con alternanza dei due tipi della medesima iniziale, arrotondamenti e rigonfiamenti delle curve, aste che terminano con trattini di coronamento o allargamenti a spatola; le lettere con tratti verticali o obliqui, come per es. H, I, N, T e Z, sono talvolta decorate con un tondino a metà dell'asta. Puntini di divisione delle parole a metà altezza. Segno di abbreviazione costituito da una barra trasversale che taglia la S per l'abbreviazione SANCTVS (I) o la H in IOHANNES (III) o da un trattino a forma di omega soprattutto in (III), manca quello per INDICTIONE (III) a forma di piccola O SCRITTURA:
144
sopraelevata nelle cifre M, CC, L e II; abbreviazione per ORVM (Ile: IVDEORVM) realizzata tramite un trattino obliquo che taglia il terzo tratto della R. Nesso OR in IVDEORVM (Ile). Singole lettere: A di varie forme che normalmente si alternano, triangolare (III: ANNO) o trapezoidale (Ild: EWANGELISTA), con traversa spezzata ad angolo (per es. III: ANNO) o orizzontale (IIb: MARIA), o ancora pseudonciale con la prima asta sinuosa (Ile: IACOBVS) o rotondeggiante con entrambe le aste sinuose e terminanti con un ricciolo (la: NICOLAVS); E capitale (per es. Ile: NAZARENVS) od onciale sia aperta (per es. Ile: REX) che chiusa (per es. Ild: EWANGELISTA); F con primo tratto orizzontale sinuoso (Ib: FLORINUS); H capitale (Ile: IHS), con asta orizzontale che si inarca al centro (Id: STEPHANVS) o onciale (per es. III: HAINRICO); alternanza di I capitale con quella a forma di J (III: VII); L capitale (Ild: EWANGELISTA), con aste ricurve sinuose (le: LVCIUS) o terminanti con un ricciolo (Ib: FLORINUS); M onciale nella forma solita (per es. IIb: MARIA) o in quella costituita da un ovale cui si aggiunge il tratto finale sinuoso (III: M); della N si alterna la forma capitale (III: ANNO) a quella onciale (III: ANNO), talvolta con rigonfiamento a pallino nel primo tratto (per es. Ile: NAZARENVS); Q con vertice inferiore sinuoso (III: RELIQVIE); anche della T si alternano la forma capitale (III: TRANSLATE) a quella onciale (III: TRANSLATE); presenza sia di V capitale che onciale, quest'ultima in LVCIUS (le) e FLORINUS (Ib); W in forma di due V incrociate (Ild: EWANGELISTA). - Scritture vicine: scrigno di Natelmus del 1255, v. CIMAH I, 53, fig. 86-88. FORMULARIO E CONTENUTO: (I) e (II) semplice identificazione dei personaggi, frequente in questo tipo di reliquiari medievali a forma di scrigno (v. CIMAH 1,51, scrigno di Sigismondo). (Ile) da Giovanni 19, 19. Le scritte relative ai santi Gregorio ed Andrea sono state invertite maldestramente durante un tardo rimaneggiamento subito dall'oggetto. Tra i santi da notare Lucio con lo scettro (v. LCI 7 , 4 2 2 e Iso MÜLLER, Die karolingische Luciusvita, in J H G G 8 5 ( 1 9 5 5 ) 1 - 5 1 ) e Fiorino in abiti episcopali (v. LCI 6, 256), entrambi patroni della diocesi di Coirà. Per la scritta IHS NAZARENVS REX IVDEORUM (Ile) v. cat. nr. 77: croce trionfale. (III) iscrizione incompleta a carattere documentario che serve da autentica per l'avvenuta traslazione: vi figurano la data della traslazione con il giorno espresso secondo il calendario romano, l'oggetto della traslazione e l'autore della stessa; si incontra frequentemente nei reliquiari medievali (v. BRAUN in bibl., 7 1 0 e CIMAH I , 5 3 ) .
NOMI: (II) HAINRICUS: Enrico III di Montfort vescovo di Coirà dal 1251 al 1272; figlio del conte Ugo I e di Melchthild, venne eletto vescovo immediatamente dopo la morte del suo predecessore Volkart ma consacrato solo dopo il 1268. Il 16 maggio 1272 dedicò la cattedrale di Coirà (v. Helvetia sacra 1/1 (1972) 480). IOHANNES: non essendo documentato nessun preposto capitolare con questo nome, deve trattarsi di Giovanni I preposito di S. Lucio dal 1249 al 1276 (v. Theodor M O H R , Codex Diplomatimi, Chur 1848,1, n. 221, 335-336 e BUB II (1973) 30 nr. 865 per un documento del 30 aprile 1249 in cui è attestato; Johann Georg MAYER, St. Luzi bei Chur. Geschichte der Kirche, des Klosters und des Seminars, Einsiedeln 1907 (2. Aufl.) 17). DATAZIONE: nonostante la forma ed il carattere delle figure rimandino all'epoca romanica, gli studiosi sono concordi nel ritenere l'oggetto un'imitazione di un modello più antico; il carattere della scrittura invece appartiene pienamente alla data attestata dall'iscrizione.
145
Beschreibung (1857) 160, tav. V I I . - R A H N , Geschichte (1876) 287. K R A U S , Inschriften (1894) nr. 1. - M O L I N I E R , Le Trésor (1895) 49-52, tav. X. - SIMEON, Begleiter (1914) 33-35, fig. 14. - Adolf G A U D Y , Die kirchlichen Baudenkmäler der Schweiz, Berlin 1922,1, 31, fig. 95. - SCHMUCKI, Die Kathedrale (1928) 37-38. - Joseph B R A U N , Die Reliquiare des christlichen Kultes und ihre Entwicklung, Freiburg in Br. (1940) 168-169. - POESCHEL, K D M V I I (1948) 164, 166-169, fig. 173. - Franz TOMAMICHEL / Herbert G R Ö G E R , Kathedrale Chur, Zürich 1972,134-142, fig. 142-146. - Hans-Jörgen HEUSER, Oberrheinische Goldschmiedekunst im Hochmittelalter, Berlin 1974, 152-153, fig. 273. - D O S C H , Dommuseum (1988) 6-9. BIBLIOGRAFIA: B U R C K A R D T ,
146
58
GLI AFFRESCHI DI CADEMARIO
SECONDA METÀ XIII SECOLO
CADEMARIO (TI), chiesa di S. Ambrogio vecchio, apside. — Tav. 35, fìg. 148—152. Durante i restauri che hanno interessato il monumento negli anni 1956—57 (v. Settantacinque anni (1984) 49) sono state demolite alcune aggiunte seicentesche e si è provveduto a liberare gli affreschi, prima visibili solo parzialmente. Nella calotta absidale è rappresentato il Cristo in maestà circondato dai simboli dei quattro evangelisti. Sulle vele dell'arco santo è raffigurata l'Annunciazione: a sinistra l'angelo che regge il cartiglio con il messaggio e a destra la Madonna dalla cui bocca di dipartono delle linee bianche su cui un tempo probabilmente era anche tracciata una scritta. Nella fascia inferiore si allineano i dodici apostoli divisi in gruppi da una serie di tre finestrelle — di cui attualmente solo due visibili — sopra cui sono dipinti, in scala minore, la Madonna al centro e due angeli ai lati. Le iscrizioni si dividono in quattro gruppi: (I) sul libro aperto tenuto dal Salvatore, lettere rosse e nere sul fondo bianco su cui sono tracciate delle linee-guida per la scrittura rosse; H lettere ca. 3 - 4 cm; — (II) accanto ai simboli degli evangelisti: due scritte accanto a quello dell'evangelista Luca, orizzontale, e Marco, verticale; tracce della scritta sopra la testa d'aquila di S. Giovanni, lettere nere su fondo giallo; H lettere 4—5 cm; — (III) vicino alle figure degli apostoli: una sola scritta verticale completa accanto a S. Paolo e altre frammentarie, lettere bianche su fondo blu, H lettere 4—5 cm; — (IV) sul cartiglio tenuto dall'angelo annunciante (quasi tutte le lettere situate nella parte finale delle tre linee sembrano opera del restauratore), lettere nere su fondo bianco, linee di scrittura rosse; H lettere 6—7 cm.
I)
nel libro ---] E[ M[ EM[- - -
II)
accanto ai simboli degli evangelisti a) S(ANCTVS) LVCHAS b) S(ANCTVS) MARTINVS c) [SANCTVS IOH]AN[NES]
III) accanto alle figure degli apostoli a) S(ANCTVS) PAULVS b) ]AS c) ]B[
147
IV) nel cartiglio AVE- MARIA- GRACIA- PLENA- [DOMINVS T] ECVM- BENEDICTA- TV[- IN- M]VI[IERIB] VS- ET- BENEDICTV[S- FRVCTVS-V]ENTRIS- T[VI] Ave o Maria piena di grazia, il Signore sia con te, benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre. v. Luca 1,28, 1,42
SCRITTURA: maiuscola gotica con prevalenza di lettere onciali. Forte contrasto tra pieni e filetti soprattutto in (IV), tendenza all'arrotondamento delle lettere, aste che terminano con un ingrossamento. Punti di divisione a metà altezza tra le parole in (IV). Segno abbreviativo per SANCTVS costituito da una lineetta orizzontale che taglia la S. Singole lettere: A pseudonciale con asta di sinistra ondulata e praticamente senza traversa superiore, C chiusa da un sottile filetto, D onciale, E onciale chiusa da un filetto, G arrotolata, H onciale con secondo tratto che scende sotto il rigo di base; M onciale; N onciale; R con terzo tratto sinuoso, T capitale con forti apici alle estremità della traversa; V onciale. LINGUA: (Ila) Luchas per Lucas FORMULARIO E CONTENUTO: ( I ) probabilmente versetto biblico da integrare per esempio come Ego sum via veritas et vita (Giovanni 14,6) oppure Ego sum alfa et omega, principium et finis (Apocalisse 21,6) due tra le scritte che normalmente si ritrovano in questo tipo di raffigurazioni (v. gli affreschi di Rovio cat. nr. 56 e Camignolo cat. nr. 59)-
(II) e (III) semplice identificazione dei personaggi. La scritta S. Martinus si trova accanto al simbolo dell'evangelista Marco ed è forse dovuta ad un errore del pittore o di colui che ha eseguito le scritte (v. BRENK in bibl., 134 che vi vede invece l'indicazione relativa ad un santo, particolarmente venerato sul luogo, che a suo parere doveva essere dipinto vicino all'entrata destra dell'abside ora distrutta). (IV) versetto biblico (Luca 1,28, 1,42). DATAZIONE: dal punto di vista storico-artistico gli affreschi sono stati datati all'inizio del XIII secolo dal Brenk (in. bibl. 134) e genericamente al XIII secolo da altri studiosi. Pur tenendo conto del fatto che alcune scritte sono state ritoccate dal restauratore, la forte presenza di lettere onciali e la tendenza ad ingrossare le curve fa propendere, dal punto di vista epigrafico, per una datazione nella seconda metà del secolo. Giorgio SIMONA, Note d'arte antica del Cantori Ticino, Locamo 1914, 329-331. BIANCONI, Pittura medievale (1939) 12, fig. 13 - P. N . , Una chiesa che va in rovina, in R S T 38 (1944) 889-894. - SARTORIUS, Chorausmalungen (1955) 25. - BRENK, Wandmalerei (1963) 129-134. - GILARDONI, Romanico (1967) 244-245. - SEGRE MONTEL, Pittura del Duecento (1986) 61-62, fig. a p. 64. - EGGENBERGER, Pittura romanica (1989) 96. - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990), tav. 72. - Pittura a Como (1994) 8, 247-248, tav. 9BIBLIOGRAFIA:
148
5 9 GLI AFFRESCHI DI CAMIGNOLO
SECONDA METÀ XIII SECOLO
Camignolo (TI), chiesa di S. Ambrogio, apside e parete sud. - Tav. 36, fig. 153-156. Gli affreschi sono stati puliti e consolidati fra il 1975 e il 1976 a cura del Dipartimento dei Monumenti Storici del Canton Ticino (v. Settantacinque anni (1984) 51). Nell'abside è rappresentato il consueto tema del Cristo in maestà attorniato dai simboli dei quattro evangelisti; nella fascia inferiore si allineano i 12 apostoli. Nelle vele dell'arco santo vi sono due grandi figure di arcangeli ammantati di bianco, mentre in un riquadro sulla parete sud è raffigurato S. Ambrogio benedicente. Solitamente quest'ultimo dipinto è considerato più tardo rispetto agli affreschi dell'abside ma viene qui considerato unitamente agli altri in quanto tutte le scritte sembrano essere contemporanee. Le iscrizioni si dividono in tre gruppi: (I) sul libro aperto tenuto dal Salvatore, scritta orizzontale, lettere nere su fondo bianco; H lettere 3—4 cm; - (II) accanto ai simboli degli evangelisti, verticali tranne quella che designa S. Marco che è orizzontale, lettere bianche su fondo giallo; H lettere 5 - 6 cm; - (III) scritta verticale nel riquadro con S. Ambrogio, lettere bianche su fondo blu; H lettere 3—5 cm. Di quelle che identificavano i singoli apostoli non restano ormai che labili tracce. I)
nel libro [E]GO SVM [--Io sono...
II)
accanto ai simboli degli evangelisti a) c)
S(ANCTVS) MATT[EV]S [SANCTVSIJOANES
b) d)
S(ANCTVS) LVCAS S(ANCTVS) MARCVS
III) riquadro con S. Ambrogio S(ANCTVS) AMBR[OSI]VS
SCRITTURA: maiuscola gotica con alfabeto misto capitale-onciale, di esecuzione affrettata, ed alquanto esile nella forma. Tendenza a terminare i tratti con riccioli decorativi (A in MARCVS e in LUCAS). Nesso AR in MARCVS. Segno di abbreviazione per SANCTVS costituito da una linea orizzontale che si biforca alle estremità e che taglia la S. Singole lettere: A pseudonciale con asta di sinistra ingrossata ad angolo e terminante con un ricciolo, l'asta superiore si prolunga in un filetto decorativo, traversa talvolta diritta, obliqua o spezzata ad angolo; B con occhielli che
149
non si incontrano a metà dell'asta; E capitale; M onciale; R con terzo tratto rigonfio e terminante con un ricciolo; V onciale con primo tratto sinuoso. — Scritture vicine: affreschi tardo-romanici di Sorengo, cat. nr. 60. FORMULARIO E CONTENUTO: (I) versetto biblico da completare probabilmente con Ego sum via veritas et vita (Giovanni 14,6) oppure con Ego sum alfa et omega, principium et finis (Apocalisse 21,6) (v. gli affreschi di Rovio cat. nr. 56 e Cademario cat. nr. 58).
(II) e (III) semplice identificazione dei personaggi; incerta la lettura di Matteus. NOMI: AMBROSIUS è il santo arcivescovo di Milano, eletto nel 374 e morto nel 397, il cui culto era particolarmente diffuso in questo territorio a sud delle Alpi di cui una parte, ma non Camignolo, apparteneva alla diocesi di Milano (v. LCI V, 115-120; Bibl. Sanct. I, 945-990). DATAZIONE: gli affreschi vengono generalmente attribuiti allo stesso maestro che ha eseguito quelli nell'abside di Rovio (cat. nr. 56) o nella chiesa di S. Nicolò a Piona nel Comasco e datati agli inizi del X I I I secolo (v. BRENK in bibl., 1 2 9 - 1 3 4 ; SEGRE MONTEL in bibl., 6 1 ) . Tuttavia le scritte di Camignolo sono diverse da quelle presenti in questi due cicli, più esili e più ricche di elementi decorativi tipici della scrittura in uso nel periodo gotico: avanziamo quindi una proposta di datazione alla seconda metà del secolo. Chorausmalungen ( 1 9 5 5 ) 2 5 . - BRENK, Wandmalerei ( 1 9 6 3 ) 1 2 9 - 1 3 4 . Romanico ( 1 9 6 7 ) 2 5 7 - 2 5 9 . - SEGRE MONTEL, Pittura del Duecento ( 1 9 8 6 ) 6 1 . -
BIBLIOGRAFIA: SARTORIUS, - GILARDONI,
Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 9-
150
60
GLI AFFRESCHI TARDO-ROMANICI DI SORENGO SECONDA METÀ XIII SECOLO
SORENGO
(TI), Chiesa di
S. Maria Assunta, parete settentrionale. - Tav. 37, fig. 157-158.
Già nel 1938 Emilio Ferrazzini aveva scoperto al di sopra delle attuali volte, unitamente agli affreschi più antichi (cat. nr. 33), la figura della Madonna col Bambino e cinque apostoli a mezzobusto collocati sotto arcate decorate con ricchi capitelli fogliacei (v. FERRAZZINI in bibl., 76-77, fig. a p. 76). Le iscrizioni si leggono nella fascia superiore sopra le arcate che incorniciano gli apostoli e vengono descritte partendo da quella di sinistra verso destra; orizzontali, lettere bianche su fondo rosso; H lettere 2,5-3 cm.
a)
S(ANCTVS) M[A]TEVS •
b)
S(ANCTVS)- IACOBVS •
c)
S(ANCTVS) FILIPVS
SCRITTURA: gotica maiuscola irregolare nel modulo e nell'allineamento, di esecuzione affrettata e piuttosto rozza; le lettere presentano forti apici alle estremità. Presenza non costante di puntini di divisione a metà altezza tra le parole. Il segno di abbreviazione per SANCTVS è costituito da una lineetta orizzontale che si biforca alle estremità e che taglia la S. Singole lettere: A pseudonciale con forte tratto di coronamento e asta di sinistra sinuosa con rigonfiamento al centro; C chiusa; E onciale chiusa; M onciale; V onciale con primo tratto sinuoso in MATEVS e capitale in FILIPVS. Scritture vicine: affreschi di Camignolo, cat. nr. 59. FORMULARIO E CONTENUTO:
identificazione dei personaggi.
DATAZIONE: per la datazione, che presenta problemi analoghi a quella degli affreschi di Camignolo, v. cat. nr. 59. Emilio FERRAZZINI, Gli affreschi di Sorengo, in RST 4 (1938) 77. - SARTORIUS, Chorasumalungen (1955) 23. - GILARDONI, Romanico (1967) 560. - Sorengo 1189-1969, Lugano 1969, fig. Vili - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990), tav. 60. - Pittura a Como (1994) 9- Rossana CARDANI, Gli affreschi romanici e tardoromanici nella chiesa di Santa Maria Assunta di Sorengo, in Sorengo (1995) 240-243, 265-269 e fig. BIBLIOGRAFIA:
151
61 GLI AFFRESCHI DI S. REMIGIO DI CORZONESO
SECONDA METÀ XIII SECOLO
CORZONESO (TI), chiesa di S. Remigio, abside e parete sud. - Tav. 37, fìg. 159-163Gli affreschi furono liberati dallo scialbo e dalla sovrapposizione di pitture posteriori nel 1945 in occasione dei restauri che hanno interessato l'intero edifìcio; poiché la costruzione della chiesa risale probabilmente all'XI secolo rimane tuttora aperta la questione se essi costituiscano lo strato più antico della decorazione (v. GILARDONI in bibl., 310 e PINI in bibl., 14). Nella calotta absidale è raffigurato il Cristo in maestà attorniato dai simboli dei quattro evangelisti e nella fascia inferiore gli apostoli a gruppi di tre ai lati delle tre finestre. Sulla parete sud vi è una grande rappresentazione di S. Cristoforo e accanto, incorniciata dal medesimo fregio, la figura forse votiva di S. Nicola in paramenti vescovili. Si distinguono tre gruppi di iscrizioni: (I) accanto ai simboli dei quattro evangelisti, scritte orizzontali a lettere bianche su fondo ocra; H lettere 4—5 cm; - (II) accanto alle figure degli apostoli, orizzontali vicino alle teste del quinto, sesto ed undicesimo da sinistra, verticali per gli altri. Mancano tracce del nome dei rimanenti. Le lettere sono bianche su fondo verde; H lettere 3—4 cm; - (III) nel bordo superiore a sinistra della testa di S. Nicola, lettere bianche orizzontali su fondo rosso scuro; H lettere 3-3,5 cm. Le iscrizioni, nei casi (I) e (II) vengono descritte da sinistra verso destra:
I)
accanto ai simboli degli evangelisti a) b) c) d)
II)
IOHANES LVCVS (!) MARCVS MATEVS
accanto alle figure degli apostoli a) b) c) d) e) f) g) h) i) 1)
152
S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS)
S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS) S(ANCTVS)
TAfDEVS] [... [... MATEVS IACOBVS PHILIPV[S] [I]OHANE[S] ANDREAS [P]AVLVS P[ET]RVS
Ili) accanto alla figura di S. Nicola S(ANCTVS) NIC(OL)AV[S]
SCRITTURA: maiuscola gotica abbastanza rozza e irregolare nell'allineamento, con forte presenza di lettere onciali. Tendenza all'arrotondamento di tutte le lettere, soprattutto di S che quasi si chiude su se stessa. Segno di abbreviazione costituito da una sbarra che attraversa verticalmente la S ed usata solo per la parola SANCTVS, orizzontale in (III); manca quello per NICOLAVS (III). Singole lettere: A pseudonciale con asta di sinistra sinuosa e che tende a scendere sotto il rigo di base, in MARCVS (le) sembra tracciata su di una precedente E; C chiusa; D onciale; E onciale chiusa con un sottile filetto; H onciale con secondo tratto che tende a scendere sotto il rigo; L con traversa che termina con un forte apice che si prolunga verso l'alto; M onciale; N onciale con secondo tratto sinuoso che tende a scendere sotto il rigo di base, R con terzo tratto corto e diritto. LINGUA:
LUCUS
per Lucas
FORMULARIO E CONTENUTO: (I) e (II) semplice identificazione dei personaggi. (Ili) probabilmente si tratta di S. Nicolao di Myra il cui culto si diffuse rapidamente dopo che nel 1087 dei commercianti ne trasportarono le ossa a Bari; gli vennero dedicati una serie di chiese e ospizi specialmente lungo le grandi vie commerciali; per l'iconografia v. LCI Vili, 45—58. DATAZIONE: la datazione degli affreschi è molto controversa dal punto di vista storico-artistico: la loro esecuzione viene collocata all'inizio del XIII secolo (v. GILARDONI in bibl., 312; BRENK in bibl., 129-134: 1220-1230), sul finire del XIII (v. PINI in bibl., 27) o addirittura nel primo decennio del Trecento (v. BOSKOVITS in bibl., 51). Dal punto di vista epigrafico l'uso della scrittura gotica, con prevalere delle forme più arrotondate di ciascuna lettera, rimanda ad una datazione alla seconda metà del XIII secolo. BIBLIOGRAFIA: BIANCONI, Inventario
(1948) 67-68. -
SARTORIUS, Chorausmalungen
2 5 - 2 6 . - GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 3 1 1 - 3 1 2 . - BRENK, Wandmalerei
(1955)
(1963) 129-134.
-
Angela e Verio PINI, San Remigio di Corzoneso, Locamo 1977, 23-27, fig. 6-11. - Miklós BOSKOVITS, Pittura e miniatura (1989) 5 1 . - Pittura a Como (1994) 10.
153
62 IL S. CRISTOFORO DI GIORNICO SECONDA METÀ XIII SECOLO GIORNICO (TI), chiesa di S. Nicolao, parete meridionale. - Tav. 38, fig. 164-165. Della originaria decorazione pittorica che sicuramente rivestiva tutte le pareti della chiesa non sono rimasti che pochi frammenti lungo le pareti della navata: su quella meridionale è ancora leggibile, ma è scomparsa la metà inferiore, la grande figura di un S. Cristoforo (3,3 x 1,2 m), venuta alla luce durante i restauri che hanno interessato la chiesa nel 1945. Distinguendosi dallo schema iconografico solito la figura presenta la mano sinistra, che solitamente regge il Bambino, aperta in segno di benedizione, mentre il piccolo Gesù è appoggiato sulla stessa spalla e tiene con la sua mano sinistra il cartiglio (ca. 5 5 x 1 5 cm) che riporta la scritta augurale. Affresco; le lettere, su dieci righe orizzontali tracciate in marrone e di lunghezza digradante verso il basso, sono di colore marrone scuro su fondo bianco; H lettere 5-6 cm.
CHRIS T O VI SAFO RI • M A N • • VS ESfll I • • NIMICA DOL OR I S •
La vista della mano di Cristoforo è nemica del dolore.
SCRITTURA: maiuscola gotica, irregolare nel modulo e nell'allineamento, con accentuati arrotondamenti e rigonfiamenti dei tratti curvi. Nesso A N in MANVS. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole non coerenti. Singole lettere: A pseudonciale; D onciale; E capitale; F chiusa per effetto dell'ingrossamento della prima asta orizzontale che si congiunge con la seconda; M, N e V onciali; R con terzo tratto sinuoso che scende sotto la riga. LINGUA E FORMA: esametro leonino in questo caso male interpretato dal pittore che non riconosce la rima nella parte finale del verso; tmesi in Christo / visa / fori. FORMULARIO E CONTENUTO: scritta augurale. Risale al Medio Evo la credenza nella forza apotropaica dell'immagine del Santo: chi il mattino avesse guardato una sua rappresentazione ne sarebbe stato protetto per tutta la giornata (v. Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens, hg. unter 154
besonderer Mitwirkung von E. Hoffmann-Krayer und Mitarbeit zahlreicher Fachgenossen von Hanns Bàchtold-Staubli, Berlin und Leipzig 1929-1930, Bd. II, 65-72). Per quanto riguarda l'iscrizione di Biasca, secondo il Rosenfeld (v. in bibl., 420—421 ) si tratterebbe della più antica testimonianza della credenza in questa forza protettrice. Il verso deriverebbe da una forma più antica — che egli in base ad altre testimonianze ricostruisce come Visio Christofori mane est inimica dolori- male interpretata da questo pittore o da quello del modello cui si era ispirato, ciò che spiegherebbe la strana intromissione della «mano» del santo. La rottura del nome (tmesi) si spiega forse con l'esigenza di costruire un esametro leonino. Il verso, in questa forma particolare, ha poi trovato una sua diffusione e lo si ritrova a Biasca (cat. nr. 75*), a Brione Verzasca (cat. nr. 79) e più tardi nella chiesa di S. Maria in Selva a Locamo (v. H A H N - W O E R N L E in bibl., 177) e nella cappella di S. Bernardo a Monte Carasso (v. R A H N in bibl. (1881) 39); l'iscrizione che accompagnava lo scomparso S. Cristoforo a S. Nicolò di Olgiasca di Piona (provincia di Como) — trascritta come Christophori vija tori manus est inimica dolori - era probabilmente analoga alla nostra (v. Z A S T R O W , Affreschi romanici (1983) 241). DATAZIONE: dal punto di vista storico-artistico gli affreschi, poco o per niente studiati, sono genericamente datati al XIII secolo; la forte presenza di lettere onciali, della F chiusa e della vistosa tendenza all'ingrossamento delle curve, permettono di restringere la cronologia alla seconda metà del secolo.
Untersuchungen (1906) 132. - ROSENFELD, Der HI. Christophorus (1937) 311 nr. 603a. — Rosa CLEMENTE-LEPORI, Un San Cristoforo nell'interno della Chiesa di S. Nicolao a Giornico, in «Briciole di Storia Bellinzonese» 1945, 74-75. - GILARDONI, Romanico (1967) 346-347, fig. 168. - H A H N - W O E R N L E , Christophorus (1972) 176. BIBLIOGRAFIA: ESCHER,
155
63 FRAMMENTO DI AFFRESCO DA S. STEFANO DI MURALTO
SECONDA METÀ XIII SECOLO
LOCARNO (TI), Museo civico. - Tav. 38, fig. 166. Il frammento proviene dall'antica chiesa di S. Stefano di Muralto (TI) demolita nel 1905 nonostante l'opposizione e le proteste di varie personalità tra cui Giorgio Simona e Augusto Guidini che ne disegnò due veloci rilievi poco prima della demolizione (v. GILARDONI in bibl. (1972) 4 0 3 - 4 0 7 , ili. 5 0 3 - 5 0 4 ; Pierangelo DONATI, Muralto-Park
Hotel, in J S G U 66 (1983) 2 8 5 - 2 8 6 ) .
Venne recuperato, unitamente ad altri due su cui sono raffigurati il diacono S. Stefano con la stola e un fregio a fogliami, dal Simona che lo segnalò per primo (v. SIMONA in bibl., 18). Attualmente al museo si conservano altri due frammenti: uno con una figura di Cristo benedicente e un altro su cui sono raffigurati degli elementi architettonici. Frammento rettangolare di intonaco su granito (22,5 x 37 x 21,5 cm), stato di conservazione precario, soprattutto se confrontato con le foto pubblicate nel 1972 (v. GILARDONI in bibl. (1972), ili. 506); frammentario nella parte inferiore di cui manca probabilmente l'equivalente di due righe, alcune lettere sono quasi svanite e ne rimane solo la traccia. La scritta, su quattro righe orizzontali, è tracciata in un riquadro di 19,5 x 23,5 cm; presenza di rigatura, lettere nere su fondo bianco; H lettere 3-3,5 cm.
S(AN)C(TV)S • STEPHA N(VS) VIDIT CELOS A P[ER]TOS VIDIT E [T] I(N)TROIVIT BEA [TVS HOMO CUI COELI PATEBANT] Santo Stefano vide i cieli aperti, contemplò e si avviò; beato l'uomo a cui si offrirono i cieli.
SCRITTURA: maiuscola gotica con alfabeto misto di lettere capitali e onciali irregolari nel modulo e nell'allineamento. Tendenza all'ingrossamento delle linee curve e forti apici alle estremità delle aste. Segno di abbreviazione costituito da una linea orizzontale che sovrasta le lettere in SCS per SANCTVS e la I di INTROIVIT; non si vede il segno di abbreviazione di AP(ER)TOS che probabilmente tagliava l'asta della P e quello per STEPHAN(VS). Singole lettere: A pseudonciale con asta di sinistra sinuosa e traversa spezzata ad angolo; D con asta molto sottile e curva ingrossata; E capitale; H onciale; N onciale; R con terzo tratto sinuoso; T con traversa terminante con forti apici verso il basso; V onciale. FORMULARIO E CONTENUTO: il testo ricalca l'antifona Ad Laudes del breviario romano da recitare per la festa di S. Stefano. 156
DATAZIONE: la tendenza all'ingrossamento delle curve e la presenza di A pseudonciale, H e V onciali ed N rotonda rimandano alla seconda metà del XIII secolo. Giorgio SIMONA, Note di arte antica del Cantori Ticino, Locamo 1 9 1 3 , 18. — Romanico ( 1 9 6 7 ) 4 4 9 - 4 5 0 . - GILARDONI, Monumenti d'arte I ( 1 9 7 2 ) 4 0 3 ^ * 0 7 , ili.
BIBLIOGRAFIA: GILARDONI, 506.
157
64 GLI AFFRESCHI ROMANICI DEL BATTISTERO DI RIVA S. VITALE SECONDA METÀ XIII SECOLO RIVA SAN VITALE (TI), battistero di S. Giovanni, Iato orientale, nicchie che affiancano l'abside. Tav. 38, fìg. 167-169. Questi affreschi, che erano in parte ancora visibili e che a loro volta ne celano di più antichi, furono restaurati e consolidati nel corso dei restauri che hanno interessato questo complesso battesimale, il più antico edificio cristiano conservato in Svizzera (v. cat. nr. 17). Nei due nicchioni a lato dell'abside sono rappresentate, a destra la Nascita di Cristo nel registro inferiore e l'Assunzione della Vergine in quello superiore, e a sinistra la Resurrezione degli eletti in basso e il Cristo giudice in una mandorla affiancato da due angeli, dal tetramorfo e da un serafino, in alto. In quest'ultima scena gli angeli reggono ciascuno un cartiglio in cui appare una scritta orizzontale: (I) nel cartiglio di sinistra a lettere nere nella linea superiore e rosse in quella inferiore; — (II) nel cartiglio di destra a lettere rosse in quella superiore e nere in quella inferiore, tutte su fondo bianco; H lettere ca. 2—3 cm.
I)
cartiglio di sinistra VENITE • BENEDICTI • PATRIS • [M]EI • Venite, benedetti del padre mio. v. Matteo 25, 34
II)
cartiglio di destra [I]TE MALADICTI • AD I N G N E M • ETER[NVM] Andate, maledetti, nel fuoco eterno, v. Matteo 2 5 , 4 1
SCRITTURA: nonostante probabilmente alcune lettere siano ridipinte (sicuramente la E di ETERNIJM), la scrittura — una maiuscola gotica con un alfabeto misto di lettere capitali e onciali — si presenta tuttora di grande eleganza e regolarità. Il forte chiaroscuro è costituito dal netto contrasto tra pieni e filetti con cui sono costruite tutte le lettere, e dai sottili ed eleganti trattini di coronamento al termine delle aste. Punti di divisione a metà altezza tra le parole e chiudiriga costituiti da una lineetta ondulata che si prolunga verso destra in (I). La N di IGNEM si trova in alto, di modulo più piccolo, tra la I e la G. Singole lettere: A di tre tipi, pseudonciale con asta di sinistra rigonfia al centro e leggermente ondulata e tratto mediano ascendente da sinistra a destra (II: MALADICTI), trapezoidale con asta di destra più grossa, traversa superiore ondulata e tratto 158
mediano diritto (II: MALADICTI) e la terza, simile alla seconda ma con traversa spezzata ad angolo (II: AD); B con occhielli aperti; C con trattini di coronamento così prolungati che si sono avvicinati chiudendo la lettera; E onciale che, analogamente a C, a volte risulta chiusa dall'avvicinamento dei trattini di coronamento (I: VENITE; BENEDICTI; II: ETERNVM); G che sembra arrotolata; I di semplice forma capitale (I: BENEDICTI, PATRIS; II: MALAD/CTI) o di gusto già gotico, con rigonfiamento al centro a forma di J (I: MEI; II: MALADICT/); M onciale; N onciale; R con terzo tratto ondulato. — Scritture vicine: affreschi della rocca Borromeo di Angera datati sia alla fine del XIII secolo che all'inizio del XIV, v. BOSKOVITS in bibl., 3 9 , n.44, ili. 2 0 6 - 2 0 7 e Fabrizio LOLLINI, Varese, in La pittura in Lombardia. Il Trecento, Milano 1 9 9 3 , 85-85. LINGUA: (II)
maladicti per maledirti.
FORMULARIO E CONTENUTO: (I) e (II) citazioni evangeliche che ricorrono frequentemente nell'iconografia del Giudizio universale; cf. per es. gli affreschi di Payerne in CIMAH II, 63, gli affreschi di S. Angelo in Formis presso Capua in Ottavio MORISANI, Gli affreschi di S. Angelo in Formis, Napoli 1962, fìg. 66-67. Per l'iconografia v. BRENK in bibl., 109-116 e Vera SEGRE RUTZ, Giudizi Universali ad affresco nella regione del Canton Ticino, in «Unsere Kunstdenkmàler / 1 nostri monumenti storici» 44 (1993) 383-384, fig. 3. DATAZIONE: sulla datazione stilistica degli affreschi gli studiosi non concordano: considerati della fine del XII secolo dal Gilardoni (in bibl., 520) e dall'Eggenberger (in bibl., 94), il Brenk li ritiene collocabili nel decennio 1190—1230 (in bibl., 122), mentre recentemente il Boskovits li ha attribuiti al terzo quarto del XIII secolo (in bibl., 40-41) e il Soldini all'inizio del XIII secolo (in bibl., 19, 24). Dal punto di vista epigrafico la scrittura già gotica rimanda al XIII secolo mentre la ricerca di chiaroscuro, la presenza della A pseudonciale e della M onciale, della I a forma di J, di E e C a volte chiuse, permettono di restringere ulteriormente la datazione alla seconda metà del secolo. Cicerone ( 1 9 1 8 ) 6 0 - 6 1 . - BIANCONI, Pittura medievale ( 1 9 3 9 ) 6 - 7 , fig. 1 - 2 . - Susanne STEINMANN-BRODTBECK, Das Baptisterium von Riva S. Vitale, in ZAK 3 ( 1 9 4 1 ) 2 2 0 - 2 2 1 con bibliografia precedente. - Il Battistero di Riva San Vitale. Note sui restauri, Bellinzona 1 9 5 5 , 2 5 , 3 3 . - SARTORIUS, Chorausmalungen ( 1 9 5 5 ) 2 1 . - BRENK, Wandmalerei ( 1 9 6 3 ) 1 0 6 - 1 0 7 . - GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 5 1 8 - 5 2 0 . - REINLE, Kunstgeschichte ( 1 9 6 8 ) 5 1 5 - 5 1 6 , fig. 5 3 6 . - MARTINOLA, Inventario ( 1 9 7 5 ) I 4 3 2 — 4 5 7 . - Isidoro MARCIONETTI, Il Battistero di Riva San Vitale, Lugano 1 9 7 9 , 7 9 - 8 0 , tav. 4 2 . - EGGENBERGER, Pittura romanica ( 1 9 8 9 ) 9 4 . - BOSKOVITS, Pittura e miniatura ( 1 9 8 9 ) 4 0 - 4 1 , ili. 2 4 - 2 5 . - Jean SOLDINI, Affreschi tardoromanici nel battistero di Riva San Vitale, Bellinzona 1 9 9 0 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 9 , 2 4 2 - 2 4 3 . - Rossana CARDANI, Il battistero di Riva San Vitale. I!architettura, i restauri e la decorazione pittorica, Locamo 1 9 9 5 , 9 1 - 9 2 , 1 0 2 - 1 0 9 BIBLIOGRAFIA: STUCKELBERG,
159
65
FRAMMENTI DI AFFRESCHI A ROSSURA
ROSSURA
SECONDA METÀ XIII SECOLO
(TI), chiesa di S. Lorenzo, parete ovest. - Tav. 39, fig. 170-171.
La chiesa, attestata nel 1247, è stata ricostruita alla fine del XVIII secolo utilizzando l'edificio precedente di cui rimane la parte occidentale. Mentre dell'immagine esterna rappresentante S. Cristoforo non è visibile che una vaga impronta, dopo un parziale scrostamento effettuato nel 1964 sulla medesima parete all'interno sono apparse tracce di antichi affreschi (v. Settantacinque anni{ 1984) 123). Della scena che riaffiora sotto lo strato con gli affreschi gotici si intravede una testa incappucciata inginocchiata in posizione orante che si rivolge ad una teoria di santi sulla sua destra (v. GILARDONI in bibl., fig. 3 6 4 ) . Le iscrizioni si leggono: (I) sopra la testa con cappuccio a lettere orizzontali nere su fondo giallo, H lettere 3 cm; — (II) nella fascia che racchiude la teoria di santi a sinistra a lettere verticali bianche su fondo rosso, H lettere 4-4,5 cm; — (III) nella stessa fascia in alto a lettere orizzontali bianche su fondo rosso, H lettere 4-4,5 cm. I)
sopra la figura con cappuccio • IAHCOBVS
II)
nella fascia, a sinistra S(ANCTVS) NIHfCOLAVS ?]
Ili) nella fascia, in alto S(ANCTVS) LONARDVS • S[- - maiuscola gotica con alfabeto misto di capitali e onciali che presentano trattini di coronamento al termine delle aste. Segno di abbreviazione per SANCTVS poco visibile ma probabilmente costituito da una linetta orizzontale sopra la S in (II) e da una sbarra orizzontale che taglia la S in (III). Punti di divisione a metà altezza tra le parole in (I) e (III). Singole lettere: A trapezoidale in (I) e pseudonciale in (III); D onciale; H onciale con secondo tratto che scende sotto il rigo di base; N onciale. SCRITTURA:
LINGUA:
lahcobvs per lacobvs\ Lonardvs per Leonardvs.
potrebbe trattarsi del nome del devoto incappucciato poiché il puntino di separazione che precede il nome permette di scartare l'ipotesi della presenza dell'appellativo sanctus, inoltre il personaggio non ha un nimbo. FORMULARIO E CONTENUTO: (I)
160
(II) e (III): probabilmente identificazione dei personaggi; la mancanza delle immagini dei santi con i relativi attributi non permette una verifica dei nomi. DATAZIONE: nonostante la forte presenza di lettere onciali, gli elementi decorativi non sono ancora molto pronunciati e le lettere mantengono una loro essenzialità; da datare alla seconda metà del X I I I secolo. BIBLIOGRAFIA: GILARDONI, Romanico
( 1 9 6 7 ) 5 2 8 , fìg. 3 6 5 .
161
66
L'ISCRIZIONE SUL PORTALE DELLA CATTEDRALE DI COIRÀ SECONDA METÀ XIII SECOLO
COIRÀ ( G R ) ,
cattedrale, portale principale. — Tav. 39, fig.
172.
La primitiva decorazione pittorica del portale è riapparsa durante i restauri eseguiti nel 1925 sotto la guida dell'architetto Sulser; è stata quindi rinfrescata e in alcune parti ridipinta e integrata da Christian Schmidt (v. i rapporti manoscritti dell'architetto Sulser depositati presso l'Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici di Coirà e la rivista «Hoch- und Tiefbau» del 15 gennaio 1927 a p. 13). E' da supporre che le lettere siano state rinforzate nel colore quando si vedevano e ridipinte nel caso se ne scorgessero le tracce. Delle due iscrizioni dipinte una è ricordata nella «Chronica Fabariensis» del cronista Gerold Suiter del 1696 conservata nell'archivio del monastero di S. Gallo (Stiftsarchiv St. Gallen, Fonds Pfafers Archiv, Bd. 107, 510). Cosiddetta pietra di Scalara, pietra calcarea della regione grigionese (v. DE QUERVAIN, Herkunft und Beschaffenheit (1972) 6-7); arco a tutto sesto che si regge su sei colonnine con capitelli che si prolungano in altrettanti costoloni sovrapposti e bombati. Nella lunetta trova posto un graticcio con le figure della Madonna tra i Santi Lucio e Fiorino risalente al XVIII secolo. Le due iscrizioni si trovano: (I) sul secondo costolone dal basso verso l'alto, una linea, lettere nere su fondo bianco-grigio, alcune delle quali non sono più leggibili; H lettere ca. 10 cm; — (II) in un cartiglio bianco bordato di nero sull'arco che sovrasta la lunetta a sinistra, sopra la testa di una coppia di donatori inginocchiata; orizzontale che corre dal basso verso l'alto, lettere nere su fondo bianco; H lettere ca. 5—6 cm.
I)
nel costolone O REGINA [P]OLI- [TV CHRISTO PERJVIA SOLI [PO]SCIMV[S VT PER] • TE • NOBIS • PATEAT • VIA VIT[E] O regina del cielo, ingresso all'unico Cristo, ti preghiamo che attraverso di te ci sia aperta la strada della Vita. Integrazione del testo tramite Gerold Suiter, «Chronica Fabariensis», Stiftsarchiv St. Gallen, Fonds Pfàfers Archiv, Bd. 107, 510
II)
nel cartiglio MATER • VIRGO PIA NOBIS • SVCCVRRE MARIA Madre vergine pia Maria, soccorrici.
162
maiuscola gotica, di modulo più grande in (I) e più piccolo in (II). Poiché non è possibile stabilire in che misura il restauro abbia influito sulle caratteristiche della scrittura con le sue integrazioni non si possono fare molte osservazioni su particolari quali il chiaroscuro, la presenza o meno di apici e forcellature ecc. In generale si può osservare come in (II), meglio e più integralmente conservata, la scrittura sembri più accurata e fine che in (I). Punti di divisione a metà altezza tra le parole sempre visibili in (II), in parte persi in (I). Singole lettere: A trapezoidale con traversa superiore molto accentuata (per es. in II: PIA); E capitale che sembra alternarsi regolarmente a quella onciale aperta nella scritta più breve (II: per es. onciale in MATER e capitale in SVCCVRRE) ma probabilmente anche nell'altra, onciale in TE e capitale in PATEAT; G capitale; L con asta orizzontale ricurva in SOLI (I); M onciale con aste arrotondate alle estremità; N onciale, R con con terzo tratto sinuoso, V capitale. SCRITTURA:
LINGUA E FORMA:
(I) + (II) versi leonini
in entrambi i casi si tratta di invocazioni alla Vergine di origine liturgica che ricordano una delle antifone I O REGINA POLI: dal Carmen di Alcuino, cf. Carmen XC, II in MGH Poetae I, 314: Tu regina poli, campi flos, lilia mundi.... PERVIA SOLI: ricorda una delle antifone del Breviario romano da recitarsi dalla Natività del Signore fino alla Quaresima esclusa: Alma Redemptoris mater, quae pervia coeli, porta manes, et stella maris, succurre cadenti (v. Ulysse J. CHEVALIER, Repertorium hymnologicum, Bruxelles 1892—1921, nr. 861), oppure l'antico inno da cantare il 2 febbraio in occasione della festa della Purificazione della Vergine: Ave, maris stella, Dei mater alma, atque semper virgo, felix caeli porta, oppure ancora un inno beneventano del X sec. dello Pseudo-Paolo Diacono, v. Gérard Gilles MEERSSEMAN, Der Hymnos Akathistos im Abendland, Freiburg 1958 (Spicilegium Friburgense 2) I, 153: soli tremendo pervia principi. VIA VITE: cf. Salmo 16, 11; Matteo 7, 14. II NOBIS SVCCURRE MARIA: un analogo formulario si trova nell'antifona per la Natività, l'Annunciazione e l'Assunzione della Vergine: Sancta Maria, sucurre miseris e l'antifona per la festa dell'Assunzione di Maria: Succurre, sancta Genitrix Christi, miseris ad te confugientibus (v. Corpus antiphonalium officii, ed. René-Jean HESBERT, Roma 1 9 6 8 , voi. Ili nr. 4 7 0 3 , 4 5 2 ; FORMULARIO E CONTENUTO:
nr. 5 0 5 0 , 4 9 5 ) .
le caratteristiche della scrittura rimandano ad una datazione nella seconda metà del XIII secolo, già proposta da Poeschel su base storico-artistica. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: Johann SCHMUCKI, Die Kathedrale (1928) 13-14, tav. 1. - Konrad ESCHER, Die Munster von Schaffhausen, ChurundSt. Gallen, Frauenfeld-Leipzig 1932, 94, tav. 36. - POESCHEL, KDM VII (1948) 73,fig.61. - Silja WALTER / Stefan W E Y , Churer Marienbuch, Chur 1988, 146-147, 163, fig.
163
67
LA CAMPANA DI S. VITTORE
SAN VITTORE
SECONDA METÀ XIII SECOLO
(GR), cappella di S. Lucio. - Tav. 40, fig. 173-174.
La campana è tuttora appesa nel campaniletto a vela di questa cappella risalente all'epoca carolingia (v. Hans Rudolf SENNHAUSER, San Vittore, S. Lucio, in Vorromanische Kirchenbauten (1966-1971)303). Bronzo, 0 31 cm, H fino alla maniglia 32,5 cm. Stato di conservazione buono. La campana presenta la caratteristica forma a pera, tipica dei manufatti italiani, con cupola arrotondata e diametro inferiore all'altezza. Il sistema di sospensione è realizzato tramite un anello centrale rinforzato ai lati invece che con la usuale corona con quattro manici. Il collo è decorato con due cerchi incisi. L'iscrizione si trova poco al di sopra del bordo di percussione ed è probabilmente stata ottenuta incidendo il mantello di argilla; H lettere 1,5—2 cm.
+ VENTRIS • TU[I] • + VIVIANVS • STEMALIVS + Del tuo ventre.
SCRITTURA: gotica maiuscola con alfabeto misto di lettere capitali e onciali; divisione delle parole costituita da tre puntini verticali e da croci con estremità apicate. Singole lettere: A trapezoidale in VIVIANUS e pseudonciale in STEMALIUS; E onciale chiusa; M onciale con estremità arrotondate; N onciale; R con terzo tratto ricurvo verso l'esterno; S inclinata verso destra; T con asta superiore che forma due triangoli con quella verticale; V solitamente onciale con secondo tratto curvo, capitale la terza di VIVIANVS. — Scritture vicine: campana di Degen, cat. nr. 68 e campana di Scona, cat. nr. 69. FORMULARIO E CONTENUTO: probabilmente si tratta dell'ultima parte del saluto evangelico a Maria da Luca 1, 42 et benedictus fructus ventris tui preceduta dall'invocazione simbolica in forma di croce greca e dal nome del fonditore; questa citazione evangelica, frequente sulle campane, si spiegherebbe con l'abitudine di recitare l'Angelus annunciato dal suono delle campane, uso che si è diffuso in Occidente a partire dalla fine dell'XI secolo (v. FAVREAU, L'épigraphie (1992) 129).
NOMI: la lettura STEMADIVS del Poeschel (v. in bibl.(1945) 216) va corretta in STEMALIVS per analogia con la scritta che compare sulla campana di Degen (cat. nr. 68) e su di una campana di Voltorre (Provincia di Varese, v. BSSI 10 (1888) 257 e Silvano COLOMBO, Itinerari d'arte nel territorio della provincia di Varese, Milano 1972, fig. 22—24) fusa da un Magister Blasinus Stemalius de Lugano; inoltre, la firma sulla campana più piccola dell'oratorio di S. Colombano di Scona (cat. nr. 69) sembra confermare l'esistenza di una famiglia di fonditori luganesi cui apparterrebbe anche il nostro. Benché non si siano ancora reperiti documenti riguardanti specificamente questi
164
fonditori, è tuttavia attestata a Como e a Lugano dall'inizio del X I I I secolo la famiglia notarile degli Stemalli, cui potrebbero allacciarsi anche i nostri Vivianus e Blasinus (v. Sorengo 1189-1969, Lugano 1 9 6 9 , 2 5 - 6 , BRENTANI, CD I ( 1 9 2 9 ) nr. 5 0 ; CD I I ( 1 9 3 1 ) nr. 1 1 3 , 1 1 7 , 1 2 6 , 1 2 8 ; CD I I I ( 1 9 4 3 ) nr. 1 9 6 ; Mario REDAELLI, Famiglie possidenti nel secolo XIII, in Sorengo ( 1 9 9 5 ) 28).
Per quanto riguarda il nome VIVIANVS, potrebbe trattarsi sia di una variante di BIBIANO, BIBIANA, che del nome personale di età imperiale derivato da VIBERE, con valore augurale (v. D E FELICE, Dizionario ( 1 9 8 6 ) 3 5 6 ) . DATAZIONE: non si giustifica la datazione intorno al 1200 avanzata dal Poeschel in base alla forma della campana e alla tecnica delle iscrizioni, in quanto la forma molto allungata, con il diametro inferiore all'altezza, e la tecnica di incidere le lettere nel mantello, sono caratteristiche proprie delle campane italiane già dalla fine del XII e per tutto il XIII e XIV secolo (v. Marco de SOMEDA, Campane antiche della Venezia Giulia, Udine 1 9 6 1 ; Guglielmo LERA, Le antiche campane di Lucca e del suo circondario e i maestri fonditori dei secoli XIII e XIV, in «Actum Luce» (Studi lucchesi) 1 9 7 2 , 37—55; Fonditori di campane a Verona dall'XI al XX secolo, a cura di L. Franzoni, Verona 1 9 7 9 ; Hans DRESCHER, Denkmäler der Kirche VIII. Glocken und Glockenguss im 11. und 12. Jahrhundert, in Das Reich der Salier, 1024-1125, Sigmaringen 1 9 9 2 , 4 0 5 - 4 1 9 ) , mentre finora nessuna delle campane attribuibili a questa famiglia di fondatori porta una data. Le caratteristiche epigrafiche dell'iscrizione fanno piuttosto propendere per una datazione nella seconda metà del XIII secolo, considerato anche che normalmente i fonditori di campane erano piuttosto conservativi, adottando in ritardo le novità nel campo della scrittura. (1937) 56-57. - POESCHEL, K D M V I (1945) 216-217, fig. 241—242. — Iso MÜLLER, Die Inschrift der romanischen Stifterfigur, in Die Pfarrkirche St. Martin zu Piatta im Medelsertal, in ZAK 16 (1956) 204. - POESCHEL, Bündner Glocken (1967) 47. BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M I
165
6 8 LA CAMPANA DI DEGEN DEGEN
SECONDA METÀ XIII SECOLO
(ted. Igels GR), cappella Sogn Vetger. - Tav. 40, fig. 175-176.
La campana è tuttora appesa nel campanile a vela di questa cappella attestata già nel IX secolo (v. POESCHEL in bibl. (1942) 176)enel 1504 nuovamente consacrata come filiale della chiesa parrocchiale dedicata a S. Maria. Bronzo, 0 31,5 cm, H fino alle maniglie 34 cm. Stato di conservazione buono. La campana presenta la caratteristica forma a pera terminante a cupola, allungata e slanciata, con poco aggetto del labbro ed è appesa ad un ceppo di legno tramite un anello rinforzato ai lati. La superfìcie è decorata da quattro coppie di linee parallele: due sul cervello e due sopra il bordo di percussione, dove delimitano il campo dell'iscrizione. L'iscrizione, appena leggibile, si trova su un lato del bordo ed è rivolta verso l'alto, ciò fa supporre che sia stata incisa nel mantello di argilla; H lettere 1,5—2 cm.
+ VIVIANVS • TEMALIVS •
SCRITTURA: maiuscola gotica con alfabeto misto di lettere capitali e onciali; divisione delle parole costituita da tre puntini verticali. Singole lettere: A trapezoidale in VIVIANVS, pseudonciale in STEMALIVS, E onciale chiusa; M onciale con estremità arrotondate; N onciale; S inclinata verso destra; V solitamente onciale con secondo tratto curvo, capitale la terza di VIVIANVS. - Scritture vicine: campana di San Vittore, cat. nr. 67 e campana di Scona, cat. nr. 69. FORMULARIO E CONTENUTO:
invocazione simbolica in forma di croce greca e nome del fonditore.
il nome va completato in V I V I A N U V S S T E M A L I V S per analogia con quanto si legge sulla campana di S. Vittore dello stesso fonditore, probabilmente appartenente ad una famiglia luganese (v. cat. nr. 67).
NOMI:
DATAZIONE:
come la campana di S. Vittore (cat. nr. 67): seconda metà del X I I I secolo.
BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M I ( 1 9 3 7 ) 5 6 - 5 8 . - POESCHEL, K D M I V ( 1 9 4 2 ) 1 7 7 , fig. 2 0 9 , 2 1 1 . — Iso MULLER, Die Inschrift der romanischen Stifterfigur, in Die Pfarrkirche St. Martin zu Piatta ini Medelsertal, in Z A K 1 6 ( 1 9 5 6 ) 2 0 4 . - POESCHEL, Bundner Glocken ( 1 9 6 7 ) 4 7 .
166
69
LA CAMPANA DI SCONA
SECONDA METÀ XIII SECOLO
SCONA / OLIVONE ( T I ) , oratorio di S. C o l o m b a n o . - Tav. 4 0 , fìg. 1 7 7 - 1 7 8 .
La campana è tuttora appesa nel campaniletto a vela di questo oratorio la cui prima menzione risale al 1205 (v. Karl MEYER, Blenio e Leventina da Barbarossa a Enrico VII, trad. it. Bellinzona 1977 (1 ed. Luzern 1911) 256). Bronzo, 0 43 cm, H fino alle maniglie 52 cm. Stato di conservazione buono, molto sporca; è appesa con un'armatura che deve essere considerata ancora quella originale, costituita da un ceppo ligneo alla cui estremità è fissata la corda per l'uso; la campana è fissata al ceppo tramite una correggia formata da bande di cuoio intrecciato (v. DONATI in bibl., 138, fìg. pag. 163). La superficie presenta come decorazione sei serie di tre linee parallele che delimitano altrettante fasce: sul cervello, sul bordo e al centro. Nella fascia sul cervello si trova una croce greca costruita con filamenti di cera applicati sulla falsa campana e terminanti a ricciolo analoga a quella che si trova all'inizio dell'iscrizione sulla campana di Susch e su due campane provenienti dal territorio aretino (v. cat. nr. 53 e Claudio MUSSINI, Campane del territorio aretino, in «Arte cristiana» 30 (1942) 30-31).
L'iscrizione si trova nella fascia centrale delimitata da due serie di tre linee parallele ed è probabilmente stata ottenuta incidendo il mantello di argilla, ma in modo così poco profondo da risultare di difficile lettura; su di una riga, le ultime due lettere, per mancanza di spazio, sono collocate al di sopra, tra l'ultima lettera e la croce iniziale; H lettere da 2,5 a 3,5 cm.
+ VIVIANVS • DE LVGANO ME FECIT Viviano da Lugano mi fece.
SCRITTURA: maiuscola gotica irregolare nel modulo e nell'allineamento, con lettere capitali e onciali che presentano forti apici alle estremità; divisione delle parole costituita da tre puntini verticali che si trova solo una volta tra VIVIANVS e DE. Nesso ME; la croce iniziale è ancorata e ricorda nella forma un tabellionato di notaio. Singole lettere: A pseudonciale con primo tratto sinuoso; C con forti apici; D capitale; E solitamente di tipo onciale aperta, capitale nel nesso ME; F in due soli tratti di cui il primo sinuoso; G arrotolata; M onciale; N capitale; O a mandorla con tratto verticale interno che dall'alto scende fino a metà altezza; V onciale con tratto di destra sinuoso. — Scritture vicine: campana di S. Vittore, cat. nr. 67 e campana di Degen, cat. nr. 68. FORMULARIO E CONTENUTO: invocazione simbolica in forma di croce greca e nome del fonditore. NOMI: per questo personaggio, probabilmente appartenente ad una famiglia di fonditori luganesi, v. cat. nr. 67. 167
nonostante il Donati la ritenga risalente all'inizio del XV secolo per analogia con la campana che le sta accanto e che porta la data 1452, anche questa va riferita, come quelle di S. Vittore e di Degen, alla seconda metà del XIII secolo (cat. nr. 67 e 68). DATAZIONE:
Guido BOLLA, La storia di Olivone, Bellinzona 1 9 3 1 , 1 0 7 . - BIANCONI, Inventario Aggiunte e Correzioni, 2 0 9 . - Pierangelo D O N A T I , Il campanaio, Bellinzona 1 9 8 1 (Quaderni d'informazione 8) 138. BIBLIOGRAFIA: (1948) 147,
168
70 LA CAMPANA DI CHIGGIOGNA
SECONDA METÀ-FINE XIII SECOLO
CHIGGIOGNA (TI), giardino della casa della famiglia Nizzola, proveniente dalla chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta di Chiggiogna. - Tav. 41, fig. 179-186. La campana fu salvata dalla rifusione cui furono sottoposte le sue compagne nel 1935 e collocata nel giardino privato della famiglia Nizzola. Bronzo, 0 54 cm; H fino alle maniglie 68 cm; stato di conservazione non buono, presenta due grosse rotture riparate, di cui una che corre lungo tutta la circonferenza. La campana ha una forma abbastanza allungata, con cupola arrotondata e una corona con quattro manici. Si distinguono due iscrizioni: (I) sulla fascia del cervello, tra due linee a cordoncino, orizzontale; le lettere sono applicate con stampini; H lettere 1,5-2 cm; - (II) poco sopra il bordo di percussione, tra due linee parallele, sormontata da una decorazione a zig-zag; le lettere sembrano essere state incise nel mantello di argilla; H lettere 2-2,5 cm.
I)
sulla fascia del cervello + A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y Z e due segni di abbreviazione
II)
sopra il bordo di percussione [MAGISTER PA]OLINVS ET ZAN[ES FABRICAVJIT H A N C CAMPANAM [- - -] Il maestro Paolino e Giovanni hanno fabbricato questa campana...
SCRITTURA: (I) maiuscola gotica con alfabeto misto di lettere capitali e onciali non perfettamente allineate né lungo la linea, né lungo l'asse verticale; alcune lettere presentano nelle curve degli ingrossamenti decorativi a goccia (D, K, N , O). Dei due segni di abbreviazione al termine dell'alfabeto, uno ha la forma di lineetta verticale ondulata, il secondo è un trattino a forma di omega. Singole lettere: A poco leggibile perché rovinata ma probabilmente con traversa spezzata ad angolo; D onciale; E capitale, G arrotolata; H onciale con secondo tratto ondulato; K costituita da una H con un terzo trattino verticale che parte dalla sommità della curva; M onciale con estremità arrotondate; N minuscola; Q a forma di P rovesciata; R con terzo tratto ondulato; T con traversa caratterizzata da lunghi apici; V e X capitali; Y con primo tratto curvato e secondo tratto corto e alto; Z a forma di 3. (II) maiuscola gotica, irregolare nell'allineamento e di modulo difforme. Singole lettere: A trapezoidale a volte con traversa spezzata ad angolo; C chiusa; E onciale chiusa; H minuscola; M onciale con estremità arrotondate; N onciale; S capovolta; T chiusa tramite allungamento sino alla linea di base degli apici della traversa; Z a forma di 3- — Scritture vicine: campana di S. Vittore, cat. nr. 67, campana di Degen, cat. nr. 68, campana di Scona, cat. nr. 69-
169
LINGUA E FORMA: USO del
verbo nella terza persona singolare anche in riferimento a due soggetti.
(I) serie completa e ordinata delle 23 lettere dell'alfabeto con due tipi di segni di abbreviazione e invocazione simbolica in forma di croce greca. Già all'inizio del Cristianesimo l'alfabeto rappresentava il cosmo, una invocazione a Dio e quindi una forma di preghiera; ricorda le parole di Cristo nell'Apocalisse 'Io sono l'Alfa e l'Omega' (Apocalisse 21,6) e si riallaccia anche al rito della consacrazione della chiesa nel momento in cui il sacerdote tracciava nel terreno l'alfabeto su uno schema a croce di S. Andrea. L'alfabeto quale 'formula magica', simbolo e riassunto dell'essenza di Dio e di Cristo sembra già essere diffuso dalla fine del XII secolo (v. Kurt KÖSTER, Alphabet-Inschriften auf Glocken. Mit einem Katalog europäischer ABCGlocken vom 12. bis zum 18. Jahrhundert, in Studien zur deutschen Literatur des Mittelalters, hg. von Rudolf Schützeichel in Verbindung mit Ulrich Fellmann, Bonn 1979, 371-421). FORMULARIO E CONTENUTO:
(II) nomi dei fonditori cui probabilmente si accompagnava la data; il testo mancante è ricostruito tramite la trascrizione che ne fece p. Angelico Cattaneo alla fine del secolo scorso (v. in bibl.). NOMI: PAOLINVS: nome di origine latina diminutivo di PAULUS, antico soprannome col significato di «poco, non grande», poi diventato nome personale in età imperiale; l'uso di questo nome fu favorito dal culto tributato a numerosi santi tra i quali S. Paolino vescovo di Nola nel V secolo e S. Paolino patriarca di Aquileia morto nell'803 (v. D E FELICE, Dizionario (1986) 296). ZANES: forma accorciata (ipocoristico) derivante dal radicale onomastico Iohannes (v. Emidio DE FELICE, I nomi degli italiani, Venezia 1 9 8 2 , 8 , 1 5 2 ) , molto diffuso nei documenti di tutta l'Italia settentrionale e dell'attuale Canton Ticino (cf. per es. MDT Serie I—III). secondo il Cattaneo, che ne trascrisse l'iscrizione, vi si leggeva malamente una data che egli interpretò come 1100, mentre il Bianconi cita il Martirologio del 1651 conservato nell'archivio parrocchiale in cui la campana è menzionata con la data 1005 in una nota stesa però nel XIX secolo e da prendere quindi con le dovute cautele. L'oggetto, probabilmente di origine italiana per la forma allungata e snella e la cupola arrotondata, rivela nell'iscrizione (II) affinità di stile e tecnica con quelle di S. Vittore, Degen e Scona, mentre l'iscrizione (I) presenta segni di maggior modernità nella forma delle lettere decorate con tondini e rigonfiamenti e nella tecnica di applicazione su stampini. Non escludendo che possa trattarsi di due oggetti diversi saldati insieme si propone una datazione alla seconda metà-fine del XIII secolo. DATAZIONE:
Angelico CATTANEO, I Leponti, ossia memorie storiche leventinesi del P. Angelico, a cura di R . Cattaneo, Lugano 1 8 7 4 , 1 , 3 7 . - Arnold NUESCHELER-USTERI, Le iscrizioni delle campane nel Cantone Ticino, in BSSI 2 ( 1 8 8 0 ) 1 9 5 , nr. 8 3 4 . - R A H N , Monumenti ( 1 8 9 4 ) 8 3 . - BIANCONI, Inventario ( 1 9 4 8 ) 4 5 . - G U A R D O N I , Romanico ( 1 9 6 7 ) 2 9 1 n. 6 , fig. 9 8 . - Pierangelo DONATI, Il Campanaio, Bellinzona 1 9 8 1 (Quaderni d'informazione 8 ) 1 3 5 - 1 3 6 , 1 6 0 . BIBLIOGRAFIA:
170
7 1 IL COSIDDETTO SCRIGNO DI S. FIORINO
IV QUARTO XIII SECOLO
COIRÀ (GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 42, fig. 187. La prima menzione di un reliquiario contenente le ossa di S. Fiorino è contenuta in un documento del 1351 mentre i più antichi inventari del tesoro — del 900 ca. e 1240 — non ne fanno menzione (v. POESCHEL in bibl. (1948) 164). Non è certo che contenesse le ossa di questo santo, e non è di aiuto nemmeno lo studio delle figure che lo ornano presentandosi queste, tranne pochi casi, senza attributi specifici. Burckardt (in bibl., 160) e Rahn (in bibl., 586) lo videro su un altare alla fine della navata sud, mentre Molinier (in bibl., 59—61) lo descrive su di un altare in fondo alla sagrestia dove era depositato il tesoro, sormontato da un crocifisso più tardo. Struttura in legno di quercia rivestita di rame dorato, lavorato a sbalzo e inciso, decorato con cristalli di rocca; H senza i piedi 64 x 94 x 21 cm. Della forma di chiesa gotica con una navata trasversale e tetto a due spioventi si è conservata solo la metà anteriore e due figure laterali attualmente collocate sui lati corti dello scrigno di S. Lucio (cat. nr. 57), mentre di altre due mezze figure di angeli rimane una vecchia fotografìa (v. HEUSER in bibl., fig. 267—269); niente è noto sul momento e sulle circostanze del rifacimento. La superficie frontale è divisa in una serie di arcate su due registri, con al centro una più grande cuspidata, in cui sono collocate figure maschili e femminili di santi — riconoscibili Pietro, Andrea e forse Giovanni Evangelista e Stefano — e angeli con turibolo; in quella mediana troneggia il Cristo benedicente con un libro. In ognuno dei tre bracci visibili della croce iscritta nel nimbo del Cristo (0 13 cm) è risparmiata su fondo reticolato («guillochiert») con il contorno inciso, una lettera; H lettere 2,4-2,5 cm. P/A/X Pace
SCRITTURA: tre capitali gotiche, eleganti, con contorno spesso sottolineato da una doppia linea; A pseudonciale con asta di sinistra rigonfia e terminante con quattro apici; X onciale con secondo tratto sinuoso. FORMULARIO E CONTENUTO: didascalia che propone l'identificazione del Cristo come PACE, ribadita in Efesini 2 , 1 4 «Egli (Cristo) infatti è la nostra pace»; cf. per es. LCI1,423, fig. 25. Non è raro trovare iscritte, nelle braccia del nimbo crucifero, le parole PAX, L U X , R E X , LEX oppure il chrismon affiancato da A e Q ed i cui esempi più antichi si trovano in ambito greco e bizantino; cf. per es. «Pax» nella scultura con Cristo benedicente, seconda metà XII secolo (v. Oleg ZASTROW, Scultura carolingia e romanica nel Comasco, Como 1981, 180, fig. 233); «Lux» nell'Evangeliario di Colonia, 1000 ca. (v. Ornamenta Ecclesiae (1985) Bd. 2, 248, E 38); «Rex» nel 171
rilievo con Creazione di Adamo, primi decenni XII secolo (v. Lanfranco e Wiligelmo. Il Duomo di Modena, Modena 1984, 383, E5b); altri esempi in Bernhard BISCHOFF, Kreuz und Buch im Frühmittelalter und in den ersten Jahrhunderten der spanischen Reconquista, in Bibliotheca docet. Festschrift für Carl Wehmer, Amsterdam 1963, 26-27. ritenuto dal Poeschel opera provinciale del 1 3 3 0 - 1 3 2 0 , la Futterer ne propose la provenienza da un atelier di Costanza. Più recentemente l'Heuser ne ha ribadito l'origine datandolo però intorno al 1275; il carattere epigrafico delle tre lettere non contrasta con questa collocazione cronologica. DATAZIONE:
Beschreibung ( 1 8 5 7 ) 1 6 0 . - R A H N , Geschichte ( 1 8 7 6 ) 5 8 6 . Le Trésor ( 1 8 9 5 ) 5 9 - 6 1 , tav. XII. - SIMEON, Begleiter ( 1 9 1 4 ) 3 6 , fig. 15. - Ilse FUTTERER, Gotische Bildwerke der deutschen Schweiz 1220-1440, Augsburg 1 9 3 0 , 1 3 0 Anm. 2 9 , 2 0 5 , fig. 3 1 0 , 3 1 3 . — Konrad ESCHER, Die Münster von Schaffhausen, Chur und St. Gallen, Frauenfeld-Leipzig 1 9 3 2 , 5 1 , tav. 2 6 . - POESCHEL, KDM I ( 1 9 3 7 ) 8 6 , fig. 4 3 . - POESCHEL, KDM VII, ( 1 9 4 8 ) 1 6 9 - 1 7 1 , fig. 1 7 4 - 1 7 5 . - Ellen BEER, Die Glasmalerei der Schweiz von 12. bis zum Beginn des 14- Jahrhunders, Basel 1956 (CVMA Schweiz I), 144, fig. 40. — Hans-Jörgen HEUSER, Oberrheinische Goldschmiedekunst im Hochmittelalter, Berlin 1974, 150-152, fig. 2 6 2 - 2 6 9 - - Die Zeit der frühen Habsburger. Dome und Klöster 1279-1379, Wiener Neustadt 1 9 7 9 , Nr. 2 7 8 , 4 7 9 - 4 8 0 , fig. 2 9 . - Johann Michael FRITZ, Goldschmiedekunst der Gotik in Mitteleuropa, München 1982, 211. — Gold und Silber aus Konstanz. Meisterwerke der Goldschmiedekunst des 13• -18. Jahrhunderts, Konstanz 1 9 8 5 , 8 1 - 8 3 , fig. 2 . - DOSCH, Dommuseum ( 1 9 8 8 ) 9 - 1 0 . - Eva-Maria PREISWERK-LÖSEL, Oreficeria e arti applicate, Disentis 1 9 9 1 (Ars Helvetica Vili) 234, ili. 209. BIBLIOGRAFIA: BURCKARDT, MOUNIER,
172
72
LA CAMPANA DI FIDAZ
FIDAZ / FLIMS
FINE XIII SECOLO
(GR), chiesa evangelica filiale, prima S. Simplizi. - Tav. 42, fig. 188-190.
La campana è tuttora appesa nel campanile della chiesa (v. POESCHEL in bibl., 14). Bronzo, 0 70 cm, H fino alle maniglie 55,5 cm. Stato di conservazione buono, viene ancora utilizzata. La forma della campana, il cui diametro è maggiore dell'altezza, è raccorciata, la curva dalla corona al cervello abbastanza dolce e la svasatura del labbro sottolineata da una linea orizzontale. Le iscrizioni si trovano: (I) sul collo, tra due linee orizzontali; — (II) sul cervello si leggono due iniziali, forse del fonditore. Le lettere, modellate con la cera, sono state applicate sulla falsa campana e si stagliano nettamente dal fondo; il segno di abbreviazione si trova sopra la linea che delimita la scrittura in alto; H lettere 2—2,5 cm.
I)
sul collo + • O • REX • GLORIE • XPE • VENI • CVM • PACE • O Cristo re della gloria, vieni con la pace.
II)
sul cervello R C
gotica maiuscola. Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale sopra la P di XPE (= Christe). Puntini di divisione a metà altezza tra le parole. Singole lettere: A trapezoidale con forte tratto superiore; C chiusa; E onciale chiusa rovesciata; I con pallino decorativo a metà altezza; G arrotolata e inclinata verso destra; M capitale; N onciale; R con terzo tratto corto e leggermente curvo. SCRITTURA:
(I) invocazione simbolica in forma di croce greca che precede una preghiera contro i lampi e le tempeste (v. FAVREAU, L'épigraphie (1992) 127); si ritrova frequentemente sulle campane soprattutto nei secoli XIII e XIV in Germania e Austria e sembra derivare dal Salmo 24, 7 - 1 0 (v. Friedrich W. SCHUBART, »0 rex glorie», ein uraltes Glockengebet, Dessau 1896; Edmund K I Z I K , Die Funktion der Glockeninschriften. Ein Versuch ihrer Einteilung unter methodologischem Aspekt, in Vom Quellenwert der Inschriften. Vorträge und Berichte der Fachtagung Esslingen 1990, Hrsg. von Renate Neumüllers-Klauser, Heidelberg 1992 (Supplemente zu den Sitzungsberichten der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse Bd.7) 204-205 e CIMAH III, 56, 65, 66, 68, 69 e 70). FORMULARIO E CONTENUTO:
(II) probabilmente iniziali del nome del fonditore. 173
datata dal Poeschel alla fine del X I I I secolo, sia la forma della campana, già molto accorciata, che quella delle lettere confermano questa datazione. DATAZIONE:
Wolfram DERICHSWEILER, Flimser Siegel und Glocken, in BM 1922,152. - POESCHEL, (1942) 14. - Hermann A N L I K E R , Firns, Bern 1982 (Schweizer Heimatbücher 106) 66, fig. a p. 70. LITERATUR: KDMIV
174
73 LOHN
FINE XIII SECOLO
LA CAMPANA DI LOHN
(GR), chiesa evangelica, prima S. Maria. - Tav. 42, fig. 191-192.
La campana è appesa nel campanile di questa chiesa tardogotica attestata per la prima volta nel 1460 ma la campana potrebbe provenire dalla fase precedente della costruzione, risalente all'epoca tardoromanica le cui tracce sono state scoperte durante i restauri degli anni 1953-54 (v. POESCHEL in bibl., 208, Walther SULSER, Lohn: Evangelische Pfarrkircbe, in ZAK 15 (1954/55) 178). Bronzo, 0 71 cm, H fino alle maniglie 61 cm. Stato di conservazione buono. La campana ha una forma piuttosto schiacciata; una linea delimita il labbro, la curva sotto la corona è abbastanza pronunciata. E' decorata con un medaglione in cui sono raffigurate due sante non meglio identificabili. La scritta si trova sul collo in una striscia delimitata da due linee orizzontali. Le lettere, dal forte rilievo ma dall'esecuzione poco curata, sono state modellate con la cera e poi applicate sulla falsa campana; H lettere 2—2,3 cm.
+ LVCAS • MARCVS • MATHEVS
maiuscola gotica con lettere dalle caratteristiche forme rotondeggianti delle curve e aste che si allargano a spatola. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole; invocazione simbolica a forma di croce greca all'inizio della frase. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; C chiusa; E onciale chiusa; H a forma di K; M onciale con i primi due tratti chiusi a forma di O; S sempre speculare; T onciale; V capitale. SCRITTURA:
semplici nomi degli evangelisti dei quali manca Giovanni, come si ritrova frequentemente sulle campane, v. cat. nr. 55.
FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: la forma della campana e la presenza della M tipica dell'alfabeto gotico e della T onciale rimandano ad una datazione alla fine del XIII secolo. BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M V
(1943) 211. - Benedici
MANI,
Heimatbuch Schams, Chur
1958,431.
175
74 L'AFFRESCO TARDO-ROMANICO DI S. MARIA DI TORELLO
FINE XIII SECOLO
CARONA (TI), chiesa di S. Maria Assunta di Torello, cortile interno o antichiesa. - Tav. 43, fìg. 193. Per una ricostruzione delle vicende storiche e architettoniche della chiesa v. cat. nr. 49. Nell'aula che precede l'entrata della chiesa è raffigurata sulla destra una Crocifissione con le figure di Maria e Giovanni, Paolo e probabilmente Pietro alle estremità, in alto due angeli con la lancia e la canna; l'affresco è stato in parte ridipinto. Le iscrizioni, a lettere bianche su fondo azzurro, sono verticali accanto a S. Giovanni (a) e S. Paolo (b), orizzontale nel cartiglio della croce (c); H lettere 3 cm.
a)
[SANCTVS] IOvysT[ES]
b) S(ANCTVS) PAVLVS c)
XPC
SCRITTURA: difficilmente giudicabile a causa delle poche lettere rimaste. Segno di abbreviazione per SANCTVS con trattino obliquo che taglia la S. Nesso A N in IOAN[ES]. Singole lettere: A pseudonciale con asta di sinistra ondulata e senza traversa superiore; N minuscola. Le iniziali greche X P C nel cartiglio della croce (c) sembrano ritoccate, sono sormontate da un trattino orizzontale che indica l'abbreviazione per contrazione del nome CHRISTVS; E onciale; X con forti apici alle estremità delle aste. FORMULARIO E CONTENUTO: identificazione dei personaggi, (c): titulus crucis; l'abbreviazione per contrazione del nome Christus, in questa forma con lettere dell'alfabeto greco, venne introdotta nel mondo latino già dal IV secolo (v. TRAUBE, Nomina sacra (1907) 156-158). DATAZIONE: a detta del Gilardoni (in bibl., 274 e n.35) l'affresco con la Crocifissione copre una delle feritoie della parete divisoria e sarebbe quindi più tardo dei precedenti (v. cat. nr. 49) e riferibile alla fine del secolo; quel poco che si può ancora vedere delle scritte non si oppone a questa datazione proposta su base storico-artistica. BIBLIOGRAFIA: V. c a t . nr. 4 9 .
176
75* IL S. CRISTOFORO DI BIASCA
XIII SECOLO
BIASCA (TI), chiesa di S. Pietro, a destra del portale d'entrata. - Tav. 43, fig. 194. La grande figura di S. Cristoforo (ca. 5 x 2,91 m) in abito regale con la corona, il mantello e una corta tunica che si trova a destra del portone d'accesso alla chiesa, è ormai molto sbiadita e quasi completamente illeggibile. Sulla spalla sinistra regge il Bambino benedicente che con l'altra mano tiene un cartiglio; è stato restaurato durante la campagna di conservazione che ha interessato tutto il monumento dal 1959 al 1966 (v. AAW, San Pietro di Biasca in bibl., 195-206). Il cartiglio con l'iscrizione non è più leggibile — così come tutta la parte inferiore dell'affresco — ma venne disegnato, e la scritta in parte letta, dal Rahn (v. in bibl. 1881), 14, tav. 3,2): è su questo disegno che ci si basa per la trascrizione. Iscrizione su 9 righe tracciate con una doppia linea, lettere nere (?) su fondo bianco (?); H lettere ca. 5 cm.
[ C U ]
RIS[T]0 • [VISA] FORI • M ANVS • E(ST) [INI]M ICA DO [LO]RI • La vista della mano di Cristoforo è nemica del dolore.
SCRITTURA: da quello che si può giudicare dal disegno del Rahn sembrerebbe trattarsi di una maiuscola gotica con prevalenza di lettere onciali e con qualche tendenza al rigonfiamento dei tratti curvi. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole. Le lettere V ed S sembrano intrecciate, con quest'ultima di modulo ridotto. Singole lettere: A trapezoidale con asta di sinistra dall'andamento sinuoso; D onciale; E onciale chiusa; M ed N onciali. LINGUA E FORMA: esametro leonino (v. ROSENFELD in bibl., 420-421); tmesi in Christo / visa /fori. FORMULARIO E CONTENUTO: scritta augurale identica a quella che accompagna l'immagine del S. Cristoforo di Giornico (cat. nr. 62) e di Brione Verzasca (cat. nr. 79). DATAZIONE: datato dal Rahn e dall'Escher al XII, ma dal Rosenfeld al 1220 circa, la presenza di lettere onciali, così come disegnate dal Rahn, dovrebbe collocare l'esecuzione dell'affresco nel XIII secolo, senza permettere una maggior precisione. 177
Geschichte (1876) 294. - R A H N , Wandgemälde (1881) 14, tav. 3, 2. R A H N , Monumenti (1894) 65-66. - ESCHER, Untersuchungen (1906) 40-41. - STÜCKELBERG, Cicerone (1918) 24. - ROSENFELD, Der Hl. Christopherus (1937) 310 nr. 591, 420-421. BIANCONI, Inventario (1948) 21. - BRENK, Wandmalerei (1963) 129 N.6. - GILARDONI, Romanico (1967) 216-217, fig. 37. - A A W , San Pietro di Biasca, Biasca 1967. - H A H N - W O E R N L E , Christopherus (1972) 10, 172. BIBLIOGRAFIA: R A H N ,
178
76 GLI AFFRESCHI IN S. BARTOLOMEO A VOGORNO
XIII SECOLO
VOGORNO (TI), chiesa di S. Bartolomeo, parete destra accanto all'entrata. — Tav. 43, fig. 195. La chiesa di S. Bartolomeo, la prima edificata nella Valle Verzasca, risale alla prima metà del XIII secolo quando, nel 1234, alcuni terreni vennero donati o venduti ai vicini della valle per erigervi un edifìcio di culto (v. p. Rocco DA BEDANO / Marina BERNASCONI, Le pergamene di Vogorno, in «Archivio Storico Ticinese» 102-104 (1985) 113 sgg.). Nel corso di alcuni lavori eseguiti nel 1924 vennero alla luce dei frammenti di affreschi appartenenti probabilmente alla decorazione originaria e raffiguranti una teoria di dieci figure di sante allineate. A detta del Bianconi (v. in bibl. (1934), 13) accanto alla testa di una di queste figure era ancora possibile leggere la scritta MARIA. Tracce di quelle che potrebbero essere delle lettere o dei tratti decorativi neri si scorgono nelle aureole delle sante, coperti da uno strato di colore giallo di epoca posteriore. Al momento, in attesa di una pulitura di queste pitture e di un proseguimento dello scrostamento delle pareti, si rileva unicamente una L tra le teste della terza e quarta figura da destra, bianca su fondo blu; H lettera 3,5 cm.
]L[
SCRITTURA: l'unica lettera rimasta ha un aspetto piuttosto esile, con tratto verticale che si allarga a spatola in alto. FORMULARIO E CONTENUTO: probabilmente semplice identificazione dei personaggi. DATAZIONE: dal punto di vista stilistico gli affreschi possono essere avvicinati a quelli di Camignolo, tuttavia il loro stato frammentario e i pochi elementi epigrafici a disposizione non consentono che una generica datazione al XIII secolo. BIBLIOGRAFIA: Piero BIANCONI, I dipinti murali della Verzasca, Bellinzona 1934, 13, fig. 3, 4. BIANCONI, Pittura medievale (1936) 9, fig. 7.
179
77
CROCE TRIONFALE
COIRÀ
XIII SECOLO
(GR), Tesoro della cattedrale. - Tav. 44, fig. 196.
La prima menzione della croce si trova in un inventario del 1589 (Anton von CASTELMUR, Etti Inventar der Kathedrale zu Chur vom Jahre 1589, in ZSKG 23 (1929) 144), da dove risulta che era appesa ad una trave posta nell'arco del coro; in seguito venne trasferita sull'altare della Santa Croce dove la vide Burckardt (in bibl., 159), poi nella sagrestia (v. SIMEON in bibl., 42), e infine nel 1941 nel Tesoro della cattedrale. Croce a forma latina con struttura in legno rivestita sul lato anteriore e sull'orlo da una lamina d'argento, sul retro con rame; capelli, barba e perizoma sono dorati mentre la superfice di fondo della croce è incisa a piccoli rombi (120 x 97,5 x 6,5 cm). La figura, lavorata a parte e fissata alla croce tramite piccoli chiodi, segue la tipologia del Cristo trionfante, eretto, vivo e con gli occhi aperti; le braccia sono rigidamente orizzontali ed i piedi incrociati, il nimbo è decorato con tre grossi cristalli. L'iscrizione è incisa poco profondamente in un cartiglio con le estremità arrotolate affisso nel braccio verticale della croce sopra la testa del Cristo ( 3 x 1 6 cm). Campo di scrittura delimitato da due linee parallele, una riga orizzontale, H lettere 2 cm.
• I(ESVS)- N(AZARENVS) • R(EX) • I(VDAEORVM) • Gestì il Nazareno, re dei Giudei. v. Giovanni 19, 19-
scrittura regolare, allineata, con lettere di cui è stato inciso solo il contorno e che si allargano a spatola alle estremità; quale divisione delle parole sono stati incisi quattro piccoli rombi di cui due inglobano i chiodini che fissano il cartiglio alla croce. Singole lettere: N onciale con secondo tratto che si curva verso l'esterno in basso; R capitale con terzo tratto rigonfio. SCRITTURA:
identificazione del personaggio (titulus crucis); in questa forma abbreviata accompagna le raffigurazioni della Crocifissione dalla fine del XII secolo (v. CIMAH I, 59: croce reliquiario di S. Andrea, seconda metà del XIII-XIV secolo; Paul T H O B Y , Le Crucifix des origines au Concile de Trente, Nantes 1 9 5 9 , 1 3 7 ; LCIII, 6 4 8 - 6 4 9 ) . FORMULARIO E CONTENUTO:
attribuito dal Rahn al X I I secolo, altri studiosi lo ritennero arcaizzante e da datare quindi al X I I I secolo (v. BURCKARDT, M O U N I E R e SIMEON in bibl.) o addirittura intorno al 1 3 0 0 (v. POESCHEL in bibl.). Uno studio più recente (v. H Ù R K E Y in bibl.) riconosce che l'artista si è ispirato ad un modello antico introducendo però un elemento più moderno quali i piedi incrociati, di conseguenza suggerisce una datazione appena prima o intorno al 1200 e una provenienza DATAZIONE:
180
locale. Poiché non si può escludere che il cartiglio possa essere di altra origine o che sia stato applicato in un secondo tempo, ci limitiamo a proporre una datazione al XIII secolo, viste anche le poche lettere che compaiono nell'iscrizione. Beschreibung (1857) 159 - R A H N , Geschichte (1876) 287n. Le Trésor (1895) 53-58, tav. X I . - SIMEON, Begleiter (1914) 42. - SCHMUCKI, Die Kathedrale (1928) 37. - POESCHEL, K D M V I I (1948) 162-163, fig. 169. - Franz TOMAMICHEL / Herbert G R Ö G E R , Kathedrale Chur, Zürich 1972, 160. - Edgar J . H Ü R K E Y , Das Bild des Gekreuzigten im Mittelalter, Worms 1983, 111-112, 244, tav. 324. - D O S C H , Dommuseum (1988) 20 e fig. BIBLIOGRAFIA: B U R C K A R D T ,
MOUNIER,
181
7 8 LA CAMPANA DI FIDERIS GRÜSCH ( G R ) ,
FINE XIII-INIZIO XIV SECOLO
Museo storico del Prättigau. - Tav. 44, fìg. 197-201.
La campana, che è rimasta fino al 1888 nel campanile della chiesa evangelica di Fideris (GR), proviene dalla cappella di S. Gallo che nel 1461 venne ingrandita e divenne la chiesa attuale. Tolta dalla chiesa venne appesa nel campanile della scuola dove serviva quale richiamo per gli allievi; dal 1983 è depositata nel museo del Prättigau a Grüsch. Bronzo; 0 60 cm, H fino alle maniglie 54 cm. Stato di conservazione buono. La forma della campana è piuttosto allungata, con diametro di poco superiore all'altezza. L'iscrizione si trova sul collo tra due linee composte da un filo attorcigliato e le lettere sembrano essere state modellate con la cera e applicate sulla falsa campana; alcune di queste, forse per un errore di fusione, hanno in parte perso la forma; H lettere 2-2,5 cm. + VERBV(M) • CARO • FACTV(M) • EST • IHC • XC Il Verbo si fece carne, Gesù Cristo. maiuscola gotica. Il segno di abbreviazione è costituito da un trattino orizzontale sopra la lettera. Puntini di divisione a metà altezza tra le parole. Sia i segni di abbreviazione che la C di XC si trovano sopra il cordoncino che delimita la scrittura. Invocazione simbolica in forma di croce greca. Singole lettere: A trapezoidale con tratto superiore orizzontale che si allarga a spatola alle estremità; B con occhielli aperti; C chiusa; E onciale chiusa; R con terzo tratto sinuoso; X con secondo tratto di destra sinuoso e che scende sotto la linea di scrittura. SCRITTURA:
questa preghiera, da Giovanni 1, 1 4 , veniva recitata contro i lampi e i tuoni (v. FAVREAU, L'épigraphie {1992) 1 2 8 ) e si trova quindi frequentemente incisa sulle campane (cf. per es. la campana di Greiz del 1 3 5 0 ca., Margarete SCHILLING, Glocken. Gestalt, Klang undZier, München 1988, nr. 377, 334). FORMULARIO E CONTENUTO:
Le due abbreviazioni IHC e XC per Iesus Christus derivano dai corrispondenti nomi sacri greci di cui rappresentano la riproduzione grafica adottata nel mondo latino dal IV secolo (v. TRAUBE, nomina sacra (1907) 156-164). sicuramente databile al X I I I secolo, la presenza di linee sinuose in alcune lettere (R e X) permette di restringere la cronologia alla fine del XLII-inizio XIV secolo. DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA: POESCHEL, K D M I I (1937) 88-89, fig. 78. - Iso MÜLLER, Die Inschrift der romanischen Stifterfigur, in Die Pfarrkirche St. Martin zu Piatta im Medelsertal, in ZAK 16 (1956) 204. — Hans SIMMEN, Die Kirche von Fideris, Schiers 1958, 14. - Robert RÜEGG, Haussprüche und Volkskultur, Basel 1970 (Schweizerische Gesellschaft für Volkskunde) 3 nr. I, fig. 1, 2.
182
79 IL S. CRISTOFORO DI BRIONE VERZASCA BRIONE VERZASCA
FINE XIII-INIZIO XIV SECOLO
(TI), chiesa di S. Maria Assunta, a destra del portale d'entrata. - Tav. 44,
fìg. 202. La grande figura di S. Cristoforo (170 x 450 cm), su un fondo azzurro bordato di giallo e azzurro, si presenta in posizione frontale con il capo nimbato e coronato ed un mantello riccamente decorato e dal collo di ermellino. Con una mano si appoggia ad un ramo di palma mentre con l'altra regge il Bambino, sulla spalla sinistra, in atto di benedire. Ai suoi piedi stanno le figure di due giovani, forse dei donatori in abiti dell'epoca (v. Elfi R Ù S C H , »Ritratti» di donatrici, in «Unsere Kunstdenkmàler /1 nostri monumenti storici» 38 (1988) 259-260, fìg. 1—4). Il Bambino regge nella mano sinistra un cartiglio (47 x 23 cm), che si snoda verso l'alto, con un'iscrizione di cui si scorgono di alcune lettere il contorno e di altre la traccia lasciata sul fondo. Affresco; cinque righe orizzontali, lettere di colore nero su fondo bianco, margini e doppie linee di scrittura tracciate in giallo; H lettere 4,5-5 cm.
CR[IST] O: V[ISA] FO[RI M] AN[VS] E(ST) INIMIC La vista della mano di Cristoforo è nemica (del dolore).
gotica maiuscola con alfabeto misto di lettere capitali e onciali, dall'aspetto elegante e regolare, con tendenza al rigonfiamento delle curve e alla chiusura delle lettere. Il segno di abbreviazione per EST non è più visibile. Separazione delle parole con due puntini allineati in verticale tra CRISTO e VISO. Singole lettere: A trapezoidale con asta di sinistra ondulata e traversa spezzata ad angolo; C chiusa con tratto verticale decorativo interno; F con primo tratto orizzontale che si piega verso il basso fino a raggiungere il secondo; M onciale con tratti curvilinei che scendono sotto il rigo e chiudono la lettera; R con terzo tratto ondulato. SCRITTURA:
LINGUA E FORMA:
esametro leonino (v. il S. Cristoforo di Giornico cat. nr. 62); tmesi in Cristo /
visa / fori. FORMULARIO E CONTENUTO: la parte finale dell'iscrizione, che idealmente continua nella piega arrotolata del cartiglio, si può integrare con (INIMIC)A DOLORI in base alle identiche scritte che accompagnano l'immagine del S. Cristoforo di Giornico (cat. nr. 62) e di Biasca (cat. nr. 75*).
183
DATAZIONE: la bottega che ha dipinto questo S. Cristoforo è la stessa cui si deve quello ancora visibile sotto il portico della chiesa di S. Miro di Rovasco di Pognana (prov. di Como; v. MAGNI in bibl., 5 2 - 5 4 e ZASTROW, Affreschi romanici ( 1 9 8 3 ) 2 4 7 , tav. 2 2 1 che lo data al XIII secolo). Per questo di Brione è stata proposta una datazione alla fine del XIII secolo (Magni) o agli inizi del ' 3 0 0 (v. RUSCH cit., per le caratteristiche dei costumi dei donatori; BIANCONI, in bibl. ( 1 9 7 5 ) ; BERTELLI in bibl.). L'affresco risale alla primitiva decorazione della chiesa, che sembra essere stata eretta nel 1 2 9 4 (v. GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 2 3 5 ) e ampliata nel secolo successivo: il carattere epigrafico delle poche lettere rimaste conferma una datazione a cavallo tra questi due secoli. Monumenti ( 1 8 9 4 ) 6 9 . - Santo MONTI, Storia ed arte nella provincia di Como, Como 1 9 0 2 , 2 6 0 - 2 6 1 . - Piero BIANCONI, I dipinti murali della Verzasca, Bellinzona 1 9 3 4 , 1 7 , fìg. 6 . - BIANCONI, Pittura medievale ( 1 9 3 6 ) 9 , fig- 6 . - Mariaclotilde MAGNI, Alcuni affreschi medioevali in chiese del lago di Como, in «Rivista archeologica comense» 1 9 5 4 , 5 2 - 5 6 . - H A H N WOERNLE, Cbristophorus ( 1 9 7 2 ) 1 7 2 . - Piero BIANCONI, Santa Maria Assunta, Brione Verzasca, Locamo 1 9 7 5 , 1 1 , fig. 5. — Carlo BERTELLI, Introduzione, in II Millennio ambrosiano. La nuova città ( 1 9 8 9 ) 8 , tav. 4 . - Daniele PESCARMONA, Como e Canton Ticino, in La pittura in Lombardia. Il Trecento, Milano 1 9 9 3 , 1 1 5 , 1 2 0 , tav. 1 4 7 . - Pittura a Como ( 1 9 9 4 ) 2 5 7 , tav. 2 1 . BIBLIOGRAFIA: R A H N ,
184
AGGIUNTA
1
FRAMMENTO DI ISCRIZIONE DA SAN VITTORE A MURALTO
VI SECOLO (?)
BELLINZONA (TI), Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, oggetto 8 - Tav. 45, fig. 204-206 Il frammento è stato recentemente recuperato (1996) tra il molto materiale, tuttora inedito e non studiato, depositato presso l'Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, e proveniente dagli scavi che a più riprese (1931-33, 1968-69, 1977-80, 1985, 1987, 1989) hanno interessato la chiesa di S. Vittore a Muralto e le aree adiacenti. Da uno schedario con l'inventariazione e una breve descrizione dei reperti redatto nel 1977, risulta che questo frammento è stato trovato, unitamente ad altri, durante i lavori di ricerca preliminari al restauro — poi attuato negli anni 1977—80 — svoltisi nel 1968—69. Nel corso di queste ricerche preliminari sono stati effettuati degli stacchi per verificare la presenza di strati di affresco più antichi nelle absidi e nel sottotetto, rimossi degli altari nelle absidiole per studiare la muratura sottostante ed eseguiti dei sondaggi nelle scale di accesso al presbiterio. Dei frammenti di pietre lavorate di epoca sia romana che romanica ricuperati in quell'occasione purtroppo non sempre si conosce l'esatto punto di ritrovamento, come è il caso anche per quello qui descritto (una copia delle Osservazioni dal secondo periodo di ricerche preliminari al restauro durante aprile-ottobre 1969 del restauratore Luigi Gianola datate ottobre 1969 e delle schede dei reperti redatte nel 1977 è conservata presso l'Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici di Bellinzona). La chiesa battesimale di S. Vittore, documentata in modo attendibile solo dal 1152, è la chiesa matrice dell'antica pieve di Locamo ed appartenne fino al 1002 all'arcidiocesi di Milano per passare poi, intorno al 1004, a quella di Como. Il primo edifìcio di culto dovette sorgere intorno al V—VI secolo sui resti di una villa romana del I secolo d. C. ed era costituito da una basilica a pianta rettangolare, orientata, senza absidi, con tre navate separate da pilastri. Le aree adiacenti, occupate da strutture abitative ed artigianali romane, vennero abbandonate per far posto ad una necropoli, appartenente ad una popolazione già cristianizzata, che venne utilizzata per vari secoli (v. anche cat. nr. 18). Tra gli ultimi anni dell'XI secolo e gli inizi del XII sorse l'edificio romanico che entro il XIII secolo assunse l'attuale struttura con cripta e presbiterio superiore (v. cat. nr. 35). Le ricerche condotte all'interno dell'attuale edifìcio romanico non hanno dato risposta a tutte le domande ancora in sospeso sia perché la stratigrafia originale fu sconvolta in epoca cinquecentesca dall'inserimento di fosse e ossari nel pavimento sia perché la cripta non é stata oggetto di alcuna indagine (cf. un riassunto dei risultati degli ultimi scavi in Giulio FOLETTI, Muralto, Collegiata di S. Vittore, in Archeologia altomedievale nel Canton Ticino, in Archeologia della Regio Insubrica. Dalla preistoria all'alto medioevo, Chiasso 5 - 6 ottobre 1996, Atti del Convegno, in corso di stampa e le segnalazioni in JSGU 63 (1980)247; 65(1982)233-234; 66(1983) 285-286; 69(1986) 271-272; 71 (1988) 230-232; 73(1990)214-215). La pietra è stata utilizzata una prima volta sul lato che attualmente presenta una sola lettera (I) e segni di rifinitura nel margine superiore, e in seguito riutilizzata parzialmente sul lato opposto con diverso orientamento della scrittura (II) dove il lato rifinito si trova nel margine sinistro. La 187
prima iscrizione infatti doveva avere un modulo di scrittura maggiore come si deduce dall'altezza dell'unica lettera rimasta - che verosimilmente era affiancata da una M - e dall'ampio spazio che la affianca a destra. Marmo bianco, quadrangolare ( 1 6 x 1 5 x 5 cm); superficie lisciata sui due lati; le lettere incise con cura abbastanza profondamente; (I) una lettera; H lettera 6,7 cm. - (II) tre linee; H lettere 2-2,5 cm.
I)
primo lato B[(ONAE)? M(EMORIAE)?]
II)
secondo lato AN(N)I D(OMINI?) [- - -] XPI [.- - -] TO[- - -]
(I) e (II) alfabeto capitale regolare nel modulo e nell'allineamento, con aste che si aprono a forcella specialmente in (II). Segno di abbreviazione costituito da una lineetta orizzontale distinguibile appena sopra ANI (II) e più chiaramente sopra XPI (II). Singole lettere: (I) B con occhielli che non si incontrano a metà dell'asta e quello superiore leggermente più piccolo. (II) A con traversa spezzata ad angolo; X con secondo tratto che non scende fino al rigo di base e leggermente inclinata verso destra. Scritture vicine: lapide del vescovo Euticio di Como del 539, v. M O N N E R E T DE VILLARD, Iscrizioni cristiane ( 1 9 1 2 ) 5 8 - 6 0 nr. 3 7 . SCRITTURA:
indeterminato, potrebbe trattarsi in entrambi i casi di un'iscrizione sepolcrale con data della morte e nome del defunto. (I) BONAE MEMORIAE?: è ipotizzabile una lettura in questo senso dell'unica lettera rimasta, che costituirebbe una formula introduttiva di vasto uso nell'alto Medioevo. (II) ANNI DOMINI?: la lettera D potrebbe essere sciolta con DOMINI oppure costituire la prima lettera di una data espressa in cifre romane. X P I : per l'uso dell'abbreviazione di origine greca X P I per Christi cf. TRAUBE, Nomina sacrai 1907) 156-163. FORMULARIO E CONTENUTO:
per le caratteristiche della scrittura la lapide dovrebbe risalire al V I secolo, anche se non è possibile precisare lo scarto cronologico esistente tra i due Iati.
DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA:
188
inedita.
2
FRAMMENTI DI AFFRESCHI DA GRAVESANO
GRAVESANO ( T I ) ,
Chiesa di
S.
XI, XI-XII, XIII SECOLO
Pietro; Reperti 5 1 e scatola 27. - Tav. 44, fìg. 203-
Nell'estate 1994, nel corso degli scavi per la posa di un impianto di riscaldamento, sono state portate alla luce nel pavimento della chiesa tracce e fondamenta delle fasi precedenti di costruzione. S. Pietro, attestata per la prima volta in un documento del 1192, era il centro ecclesiastico della castellanza medievale di Grumo, di cui facevano parte le comunità di Gravesano appunto, Bedano e Manno (v. GILARDONI, Romanico (1967) 369-370). Nell'area di una sicura presenza romana è stata rinvenuta traccia di una primitiva costruzione lignea, forse solo un recinto in relazione con un altare romano. Ben presto questa struttura venne sostituita da una in pietra quadrangolare, ampliata probabilmente in epoca cristiana (VII—Vili sec.) con l'aggiunta di un'abside semicircolare, di cui rimane l'impronta in negativo, la posa di un altare e forse di una transenna divisoria. In un momento successivo non meglio determinato venne aggiunto il campanile, in seguito collegato alla chiesa ampliata con l'ingrandimento dell'abside (ca. 1000?). Gli scavi hanno portato alla luce lo zoccolo di quest' abside con l'intonaco originale su cui sono visibili tracce di un velario dipinto, di colore bianco su fondo nero. L'edificio venne poi allungato per due volte, la prima di ca. 1, 2 m forse in seguito al crollo della facciata e la seconda volta forse tramite la costruzione di un portico in origine aperto (?). Alla fine del '400 — inizio '500 l'abside semicircolare venne sostituita da un coro poligonale e l'altare romanico arretrato e inglobato in quello nuovo (v. un primo rapporto sull'esplorazione archeologica in Gravesano TI, Chiesa di San Pietro, in JSGU 78 (1995) 233—234). Negli strati di riempimento steso durante questo ultimo intervento e durante un ulteriore rimaneggiamento avvenuto verso la metà del XVI secolo sono stati trovati vari frammenti di affreschi appartenenti probabilmente a tre fasi: tra questi vi sono tre frammenti con lettere.
(I)
frammento quadrangolare ( 6 x 7 cm) che per le caratteristiche dell'intonaco e della malta fa probabilmente parte dello strato su cui è stato dipinto il velario; lettere nere su fondo bianco, su due linee, tracce di rigatura; H lettere ca. 3 cm. - - -]IN[- - -
-
- ] ? [ -
-
-
(II) frammento rettangolare ( 1 0 x 9 cm) su cui è visibile una mano benedicente con accanto traccie di una scritta verticale, lettere di colore marrone-rosso su fondo bianco; H lettere 2, 6 cm. - - -]MA[- - 189
(Ili) frammento rettangolare (11 x 9, 5 cm) con una scritta che si trova in una fascia delimitata da un bordo nero, orizzontale a lettere bianche su fondo rosso; H lettere 2, 5 cm. Al di sotto si distingue la parte superiore di un'altra lettera di colore nero su fondo bianco; H lettera 1, 2 cm. - - -]ME[- - -
]P[
in tutti i casi si tratta di lettere dell'alfabeto capitale. Qualche osservazione si può formulare solo per (II): A trapezoidale con trattino di testa che si prolunga verso sinistra terminando con una forcellatura e traversa obliqua; M con aste parallele e traverse che scendono fino a metà altezza. SCRITTURA:
FORMULARIO E CONTENUTO: ( I - I I - I I I )
si tratta probabilmente di semplici identificazioni dei
personaggi. in base alla situazione archeologica, e tenuto presente che sia questa che il materiale non sono ancora stati oggetto di uno studio specifico e sistematico, si può ipotizzare che il frammento (I) appartenga alla prima fase della chiesa con abside risalente all'XI secolo circa, che il (II) provenga da uno strato di affreschi di cui si sono conservati vari frammenti, di carattere bizantineggiante e analoghi a quelli di Prugiasco e Sorengo (cat. nr. 32 e 33), databili fine XI — inizio XII secolo, mentre il (III), più rozzo nella fattura, risalirebbe ad una fase tardoromanica (XIII secolo). DATAZIONE:
BIBLIOGRAFIA:
190
inediti.
3
GLI AFFRESCHI DI CADEMPINO
CADEMPINO
PRIMA METÀ XII SECOLO
(TI), Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio; parete sud ed est - Tav. 45, fig. 207.
Nel secondo semestre del 1996 si è svolta l'ultima fase dei restauri della chiesa che, dopo il rifacimento del tetto e del campanile romanico, prevedeva il recupero degli affreschi romanici, i cui frammenti erano stati individuati da sondaggi effettuati negli anni precedenti. Non si hanno attestazioni antiche della chiesa benché il titolo rimandi ad una probabile fondazione milanese essendo Gervasio e Protasio, con S. Ambrogio, i patroni della diocesi di Milano. Prima di passare alla diocesi comasca infatti queste terre appartennero a Totone di Campione che le lasciò in eredità al monastero milanese di S . Ambrogio (v. Eugen G R U B E R , Die Gotteshäuser des alten Tessiti, in Z S K G 18-19 (1939), 219; G I L A R D O N I , Romanico (1967) 250-252 e per una sintesi delle visite pastorali Giovanni SARINELLI, Lamone-Cadempino, Lugano 1941, 299-300). Dai restauri è emersa una prima fase costruttiva - risalente al X - X I secolo - corrispondente ad una chiesetta romanica orientata conclusa ad est da un'abside introdotta da un arco trionfale. In un secondo momento, probabilmente alla fine dell'XI secolo, venne costruita nell'angolo nordest la torre campanaria e poco dopo steso l'intonaco e realizzata la decorazione pittorica. Nel X V secolo la chiesa venne allargata abbattendo la parete nord e allungata, il pavimento ed il tetto alzati, e le pareti ricoperte con una nuova serie di affreschi. Ancora più radicale l'intervento subito dall'edifìcio nel XVII secolo con un nuovo allungamento e soprattutto con il capovolgimento dell'orientamento e conseguente distruzione del coro e dell'arco trionfale romanico (cf. Cadempino TI, chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, in JSGU 80 (1997), 265). Sulla parete sud, al di sotto di una fascia decorativa con un motivo di meandro prospettico con riquadri contenenti raffigurazioni di pesci, sono ancora leggibili le scene con l'Annunciazione, la Visitazione, la Nascita del Bambino con la levatrice, il Presepe. Sulla parete est, attuale controfacciata, in corrispondenza dell'arco trionfale è rimasta la figura di S. Gervasio cui con ogni probabilità corrispondeva quella di S. Protasio. Iscrizioni ad affresco: (I) a sinistra e a destra della figura di S. Gervasio, verticale tranne le ultime due coppie di lettere e l'abbreviazione per SANCTVS che sono orizzontali, a lettere marrone-ocra su fondo bianco; H lettere 3—4,5 cm. — (II) nell'Annunciazione, tra la testa della Madonna e l'ala dell'angelo, verticale, lettere marrone-ocra su fondo bianco (la C dell'abbreviazione per SANCTVS, visibile al momento della scoperta degli affreschi, è caduta in seguito ai restauri); H lettere 4 cm. — (III) nella cornice sinistra dell'edicola che sovrasta la Visitazione, accanto alla figura di S. Elisabetta, verticale tranne l'abbreviazione per SANCTA, lettere marroni ma in origine provabilmente bianche su fondo ocra, quasi completamente scomparsa; H lettere 3—3,5 cm. (La scritta PRESEPIO parzialmente corretta a destra della testa del bue nell'ultima scena, così come la N che si scorge in alto tra la Natività e il Presepe sono di epoca più tarda). I)
accanto alla figura di S. Gervasio S(AN)C(TV)S GERVA / SI / VS 191
II)
nell'Annunciazione S(AN)[CTVS GABRIEL]
III) nella Visitazione S(AN)C(TV)A MARIA
SCRITTURA: scrittura capitale, irregolare nel modulo, con poco contrasto tra pieni e filetti e apici al termine delle aste. Segno di abbreviazione costituito da un tratto orizzontale, terminante con due tondini e due barrette oblique al centro, che sovrasta il gruppo di lettere. Singole lettere: A trapezoidale con traversa obliqua e asta superiore che si prolunga verso sinistra terminando con un forte apice; E capitale con traverse della stessa lunghezza molto corte; G tonda in un solo tratto; R con occhiello aperto e terzo tratto molto corto. - Scritture vicine: affreschi di S. Maria Assunta a Sorengo, cat. nr. 33. FORMULARIO E CONTENUTO: semplice identificazione dei personaggi. Per Gervasio v. cat. nr. 33, affreschi di S. Maria Assunta a Sorengo. DATAZIONE: in attesa di un più approfondito esame storico e artistico dell'intero edificio e degli affreschi, le scritte rimaste possono essere datate alla prima metà del XII secolo. BIBLIOGRAFIA: inediti.
192
4
FRAMMENTO DI SCRITTA SU AFFRESCO A CHIGGIOGNA
XII SECOLO
CHIGGIOGNA (TI), chiesa parrochiale di S. Maria Assunta, parete nord. - Tav. 45, fìg. 208-209. Nel 1996—1997 la chiesa è stata oggetto di una generale campagna di restauro che ha riguardato l'intero edifìcio (cf. Chiggiogna TI, chiesa di Santa Maria, in JSGU 80 (1997), 265-267). La prima attestazione documentale della chiesa si trova in un atto di vendita svoltosi sotto il suo portico nel 1229 (v. Angelico CATTANEO, I Leponti, ossia memorie storiche leventinesi del P. Angelico, a cura di R. Cattaneo, Lugano 1874,1, 38, 90; MDT Serie I. 1, nr. 12), mentre il ricordo di due ampliamenti subiti dall'edifìcio nel 1131 e nel 1524 é affidato ad una lapide affissa dopo i restauri del 1866. Questi interventi non sono suffragati, almeno per la data più antica, da documenti esistenti (cf. anche RAHN, Monumenti ( 1 8 9 4 ) 8 3 - 8 5 ; GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 2 8 8 - 2 9 0 ) .
E infine, nel Martirologio conservato nell'archivio parrocchiale e iniziato nel 1651 sono state trascritte nel 1831 varie antiche pergamene, tra le quali un atto di riconciliazione della chiesa e del cimitero avvenuto nel 1356 (cf. anche BIANCONI, Inventario (1948) 45). Le indagini archeologiche, limitate a circa la metà della superfìcie per non rimuovere il pregevole pavimento romanico ritrovato in posizione ed in ottimo stato di conservazione, hanno permesso di ricostruire la successione delle costruzioni che nel corso dei secoli hanno occupato l'area della chiesa. Ad un primitivo edificio altomedievale, di cui restano pochi resti murari ed una sepoltura, fece seguito l'edificazione della torre campanaria e di una chiesa più ampia (ca. 6,70 x 9,50 m) conclusa ad est da un'abside semicircolare e di cui sono tuttora visibili il muro perimetrale ad ovest e quello a sud. In una terza fase la navata venne raddoppiata e conclusa da un coro semicircolare. La nuova parete nord, corrispondente all'attuale, venne intonacata e decorata da pitture che nel XV secolo furono sostituite da altre più moderne. Nel 1524 la chiesa venne ampliata in lunghezza con l'abbattimento del coro semicircolare e la costruzione di quello attuale fino ad avere un'unica aula rettangolare. Nei secoli successivi vennero aggiunte delle cappelle laterali e la sacrestia, innalzato il soffitto e, nel XIX secolo, martellinati gli affreschi quattrocenteschi e tinteggiate le pareti. Il frammento di affresco che qui ci interessa si trova sulla parete nord, nella cornice che delimita inferiormente la superfìcie affrescata, di cui però rimangono unicamente dei lacerti talmente miseri da non consentire una seppur ipotetica ricostruzione dei temi dipinti. Gli affrescatoti quattrocenteschi hanno ripreso la struttura a riquadri ma suddividendola ulteriormente e aumentando i registri. La scritta si trova a ca. 1,20 m di altezza dal pavimento, inizia a ca. 30 cm dall'angolo della cornice che delimitava a sinistra i riquadri dipinti e continuava lungo tutta la parete per ca. 9 m. Iscrizione ad affresco, orizzontale, lettere bianche su fondo rosso-ocra; H lettere 3 cm. + FACTVS • FV[IT- - - ] [ - - -]M • NATV[- - - ] • [ . - - 193
scrittura capitale tranne N onciale, regolare nel modulo e nell'allineamento, con forti apici alle estremità dei tratti e allargamento a spatola delle aste. Puntino di divisione a metà altezza tra le parole. Singole lettere: A trapezoidale con primo tratto leggermente sinuoso; F chiusa dal forte apice della prima traversa che si prolunga sino alla seconda; M capitale con traverse che non scendono fino al rigo di base; N onciale. SCRITTURA:
probabile iscrizione a carattere dedicatorio con menzione o dei committenti, o dell'autore o della data di esecuzione, preceduta dall'invocazione simbolica a forma di croce greca. FORMULARIO E CONTENUTO:
DATAZIONE: la presenza di lettere per la maggior parte ancora capitali rimanda ad una datazione al XII secolo, forse restringibile alla metà-seconda metà del secolo. BIBLIOGRAFIA:
194
inedita.
APPENDICE ISCRIZIONI PROBLEMATICHE O ELIMINATE DAL CATALOGO
1
U N VASETTO IN LAVEGGIO DAL WELSCHDÒRFLI IV-V SECOLO
CASTELLO DI HALDENSTEIN ( G R ) ,
Servizio archeologico cantonale, senza numero.
Il vasetto è stato trovato nel 1968 a Coirà durante gli scavi dell'area Welschdòrfli (Areal Willi Grab 5), in una tomba che si trovava accanto ad un muro crollato di un edifìcio romano; era collocato accanto alla testa dello scheletro (v. RAGETH in bibl., fig. 6). Laveggio; forma di tronco di cono (H 14, 5, 0 in alto 13,3 cm, in basso 9,7). Stato di conservazione discreto, la superficie nera è decorata da tre serie di tre linee distribuite sul collo, alla base e a metà della superfìcie. L'iscrizione si trova nella fascia in alto delimitata dal bordo e dalla prima serie di tre linee decorative, orizzontale, su una linea (H lettere 1,0-1,5 cm). Le lettere sono graffite con uno strumento molto appuntito. [D]RACVS VIVAT CIA EST BONVS QVI SE DEFENDIT Dracone viva, poiché è buono colui che si difende. La D di Dracus è una integrazione dell'editore, le lettere QVI SE si trovano sul frammento rotto e conservato a parte. Le ultime lettere, DIT corrono sotto l'inizio dell'iscrizione perché lo spazio per la scritta era stato calcolato male. capitale irregolare nel modulo e nell'allineamento, con lettere spesso tracciate in un solo tratto. Singole lettere: A triangolare con traversa orizzontale, mancante nella A di VIVAT; B in un tratto solo, con secondo anello che non chiude in basso; D quasi triangolare in DEFENDIT; E con traverse molto corte; O aperta in basso. Scritture vicine: calici di vetro da Avenches, IV secolo, v. CIMAH II, 2 e 3, fig. 3-6. SCRITTURA:
LINGUA E FORMA:
eia probabilmente per quia.
il formulario non sembra qui avere un carattere cristiano nonostante l'uso della formula augurale VIVAT che però era di ampio uso nel mondo romano-pagano (cf. DACL XIV, 1024—1031), così come l'apposizione di una scritta su oggetti utilizzati alla tavola o nei banchetti; manca inoltre qualsiasi riferimento alla divinità cristiana. FORMULARIO E CONTENUTO:
probabilmente dal nome maschile di origine greca Draco (v. Vincentius latinitatis onomasticon, Prato 1859-87, II, 668-669). NOMI:
DE-VIT,
Totius
la tomba da cui proviene l'oggetto viene datata, in base a considerazioni di tipo storico-archeologiche, in epoca tardoromana; la tipologia dell'oggetto, molto comune, e il carattere della scrittura non permettono di restringere ulteriormente la cronologia. DATAZIONE:
197
Christian ZINDEL, Die Römer in Graubünden, in «Bündner Jahrbuch» 27 (1985) 9-10. - METZGER, Antike Religionen (1987) 174, Abb. 20. - Jürg RAGETH, Römische Gebäudeüberreste in Chur-Welschdörfli, Areal Willi, in Archäologie in Graubünden (1992) 132-134, fig. 6 . - C h u r e r Stadtgeschichte. I Von den Anfängen bis zur Mitte des 17. Jahrhunderts, Chur 1993,143 fig. 7, 191. BIBLIOGRAFIA:
2
PILASTRINO MARMOREO DALLA DECORAZIONE CAROLINGIA DI MÜSTAIR FINE VIII-IX SECOLO
MÜSTAIR
(GR), monastero di S. Giovanni Battista, ritrovamento
M89
/ 10'258.
Il pilastrino, facente parte di un pluteo marmoreo, è stato trovato nel 1989 nell'ala occidentale dell'odierno complesso monastico; era murato nell'intradosso di una porta (porta G94) che fa parte di un muro risalente al XV secolo nella facciata ovest di quest'ala, e si affianca ad altri frammenti dello stesso tipo trovati precedentemente e che presentano le stesse misure (v. Giinther HASELOFF, Die frühmittelalterlichen Chorschrankenfragmente in Müstair, in «Helvetia archaeologica» 41 (1980) 21-38). Una banda nastriforme terminante con una testa di animale si innesta in una sorta di vaso che fa da base: mentre la forma di questo vaso potrebbe essere interpretata come quella di un'Alfa maiuscola, la sovrasta - in parte sovrapponendosi - una sorta di Omega. In entrambi i casi ci sembra piuttosto trattarsi di elementi decorativi. Marmo della Val Venosta, 44,5 x 20 x 12 cm.; presenta tracce di bruciatura su di un lato perché il muro in cui venne murato era adiacente ad un locale adibito a forno. Il pezzo si inserisce nel gruppo di frammenti di decorazione scultorea studiati dall'Haseloff e da lui fatti risalire agli ultimi decenni dell'VIII secolo, al momento cioè della fondazione e costruzione del monastero. BIBLIOGRAFIA:
3
inedito.
L'ACQUASANTIERA DI BIASCA
BIASCA
XI-XII secolo
(TI), chiesa di S. Pietro, murata nella parete destra, all'altezza del presbiterio.
L'acquasantiera, uno dei pochi frammenti rimasti della decorazione scultorea che sicuramente abbelliva la chiesa, è ricavata probabilmente da un capitello di colonna privato dell'abaco. Serpentino verde ( 1 7 x 3 5 cm, 0 35 cm); la facciata centrale è delimitata da due teste, una femminile con lunghi capelli e l'altra, sul lato opposto e più piccola, maschile con capelli corti all'egiziana. Lo spazio tra le due teste è riempito da un nastro composto di tre strisce che si snoda verso 198
il centro e si avvolge a formare forse una sorta di croce. Nell'angolo superiore destro, tra lo spazio libero tra il nastro e la testa maschile, si intravedono dei segni a rilievo che potrebbero essere interpretati come dei caratteri o delle cifre; una linea orizzontale, H lettere (?) ca. 3 cm. Il Marcionetti (v. MARCIONETTI (1979) 98 e MARCIONETTI (1990) 132) vi legge fantasiosamente: A chrismon K M X che propone di interpretare come ANNO CHRISTI 910. In realtà non è possibile riconoscere nessuna di queste lettere ed i segni a rilievo hanno probabilmente un carattere unicamente ornamentale. Monumenti (1894) 66 fìg. 33. - BIANCONI, Inventario (1948) 21. GILARDONI, Romanico (1967) 216. - AAW, San Pietro di Biasca, Biasca 1967, fìg. 27-31. Isidoro MARCIONETTI, L'antica pieve di Biasca, Lugano 1979, 98 tav. 7 1 . - MARCIONETTI, Cristianesimo (1990) 130-132, tav. 27-28. BIBLIOGRAFIA: R A H N ,
4
LA PLACCHETTA DA MEZZOVICO
BELLINZONA
XI-XII SECOLO
(TI), Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, Inv. nr. 161.116.90.
La placchetta è stata trovata nell'estate del 1990 nel pavimento della chiesa di S. Abbondio di Mezzovico (TI) in occasione di un restauro generale dell'edificio (v. JSGU 74 (1991) 288—290). Gli scavi, eseguiti dall'Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici, hanno permesso di appurare che la chiesa attuale, la cui esistenza appare attestata per la prima volta in un documento del 1365 (v. Giuseppe CHIESI / Fernando ZAPPA, Terre della Carvina. Storia e tradizione dell'Alto Vedeggio, Locamo 1991, 26), è preceduta da un edificio di culto in pietra risalente al VII secolo, sostituito in epoca romanica da una costruzione con abside semicircolare, a sua volta scomparsa durante i rifacimenti del X V secolo (v. una descrizione delle varie fasi in Giulio FOLETTI, Informazioni storiche e archeologiche, in S. Abbondio Mezzovico. Restauro 1990-1996, Mezzovico 1996, 15-23). La placchetta, che probabilmente era applicata su di una cassetta-reliquiario, è stata trovata poco al di fuori delle fondamenta dell'abside, tra il materiale di riempimento. Bronzo o rame (?) dorato (2,6 x 4,2 cm) con decorazione costituita da incavi che originariamente contenevano lo smalto di colore blu e bianco, di cui sono rimaste alcune tracce; due fori sui lati ne permettevano il fissaggio. Al centro, risparmiata nel bronzo (o rame?), si riconosce una N speculare che in questo caso, unitamente agli altri segni che la affiancano, sembra avere solo un carattere decorativo. BIBLIOGRAFIA:
inedita. 199
5
LAPIDE SUL TIMPANO DI S. NICOLAO A GIORNICO
GIORNICO (TI),
chiesa di
S.
Nicolao, timpano sopra la porta d'entrata.
La pietra destra del timpano del portale d'entrata reca una scritta non incisa ma tracciata con una sorta di colore simile alla ruggine e ancora oggi visibile da distanza ravvicinata. Non fu vista dal Rahn né da chi si occupò ancora del monumento, ma per primo da Emilio Clemente che nel 1 9 4 1 ne fece eseguire una copia da un suo allievo decifrandone la data (v. CLEMENTE in bibl.). L'iscrizione è chiaramente visibile anche in una foto pubblicata in Edoardo BERTA, Monumenti storici ed artistici del Cantone Ticino. I: L'architettura romanica nella Leventina, Milano 1912 tav. II e nel volume di Pietro TOESCA, Storia dell'arte italiana: Il Medioevo, Milano 1927, fig. 305. Nel 1962 il Clemente propose alla Commissione dei Monumenti storici di far eseguire un calco della scritta ma essendo la stessa dipinta e non incisa si optò per una riproduzione fotografica (v. il carteggio conservato a Bellinzona presso l'Ufficio Cantonale dei Monumenti Storici). Un tentativo di lettura, basato sul disegno proposto dal Clemente, venne fatto anche dal Gilardoni (v. in bibl., 350 n.20) il quale pensava che la pietra fosse stata bocciardata durante gli ultimi restauri. ANNI DOMINI MILLEXIMO CENTEXIMO SEXAGEXI • Vili IOANETVS NEIDI V.COM TOIMIR ANNI (!) DOMINI MILLEXIMO CEN TEXIS ... MO O.IXU.XIIII XPAURIICMISOS PARO..S ARCQUD A COMI..ITRÙQ L'iscrizione, che presenta dei caratteri epigrafici poco chiari e coerenti, potrebbe essere una copia più tarda di una scritta preesistente. Emilio CLEMENTE, Restauri. Monumento nazionale chiesa di S. Nicolao. Giornico, - Aldo CRIVELLI, Interrogativi sul S. Nicolao di Giornico, in RST 2 5 ( 1 9 4 2 ) 5 9 4 . GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 3 5 0 n. 2 0 . BIBLIOGRAFIA: 1941, 13.
6
FRAMMENTO DI CUOIO DORATO
ZURIGO,
XII SECOLO (?)
Museo Nazionale Svizzero, senza numero di inventario, disperso.
Nel 1929 il Museo Nazionale Svizzero acquistò una cassetta d'avorio del XIII secolo con il coperchio a forma di tetto, la montatura in argento dorato e ornamenti dipinti in nero, del XIII secolo, proveniente da S. Maria nella valle di Miistair (GR). La cassetta era stata riparata con un sottile 200
foglio di cuoio dorato, ovale, su cui era rappresentato un Cristo trionfante accompagnato dai caratteri XPS, attribuito al XII secolo. Mentre la cassetta è tuttora conservata nel museo (Inv. MNS 17669), del foglio di cuoio, che era stato immagazzinato a parte, si è persa ogni traccia. BIBLIOGRAFIA: Jahresbericht des
7
Schweizerischen Landesmuseums in Zürich, 3 8 ( 1 9 2 9 ) 16.
IL S. CRISTOFORO DI ROSSURA
XII-XIII SECOLO
ROSSURA (TI), chiesa di S. Lorenzo, parete nord, esterno. Sul lato occidentale della parete nord della chiesa si scorgono ancora le tracce di un S. Cristoforo gigantesco, di aspetto bizantino, con un manto rosso foderato di ermellino e il Bambino sulla spalla, databile tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo. Mentre il Rahn, che ne disegnò uno schizzo (v. in bibl. tav. XXV) affermava che il cartiglio non era più leggibile, il Rosenfeld (v. in bibl. 421—422) vi lesse la parola TUETUR che la Hahn-Woernle (v. in bibl.) propone di integrare con «Christophori sancte speciem quicumque tuetur». Attualmente non è possibile effettuare un'analisi di tipo epigrafico della scritta perché sia questa che il cartiglio sono quasi del tutto svaniti. Johann Rudolf RAHN, Christophorusbild an der Kirche von Rossura (Tessin), in ASA tav. X X V . - ROSENFELD, Der HI. Christophorus ( 1 9 3 7 ) 4 2 1 - 4 1 2 . - GILARDONI, Romanico ( 1 9 6 7 ) 5 2 7 - 5 2 8 , fig. 3 6 4 - 3 6 6 . - HAHN-WOERNLE, Christophorus ( 1 9 7 2 ) 10 n. 4 3 , 180. BIBLIOGRAFIA:
20 (1887) 397
8
GRAFFITI DALLA CAPPELLA DI S.ULRICO
XII-XIV SECOLO (?)
MÜSTAIR (GR), monastero di S. Giovanni Battista, cappella di S. Ulrico, arco di trionfo La cappella di S.Ulrico costituisce il piano inferiore di una doppia cappella signorile e privata di cui la parte superiore è dedicata a S.Nicolao e si trova nell'ala del monastero che risale ai lavori intrapresi dal vescovo Norberto (v. cat. nr. 23). Le varie fasi costruttive che l'hanno riguardata non sono ancora state del tutto chiarite (cf. Hans Rudolf SENNHAUSER, Dodici secoli del convento di Müstair attraverso la storia dell'arte, in «Archeologia medievale» 17 ( 1 9 9 0 ) 2 5 - 3 4 ) e risale probabilmente ad un momento posteriore la costruzione del piccolo coro, la cui cupola venne abbellita con una decorazione a stucco costituita da cornici ornamentali e busti di angeli (cf. Paul DESCHAMPS, A propos des pierres a décor d'entrelacs et des stucs de Saint-Jean de Mustair, in Frühmittelalterliche Kunst ( 1 9 5 4 ) 2 6 7 - 2 6 8 ) . 201
Nel 1970 sono stati tolti dalle pareti del coro gli intonaci più recenti, fino a giungere a quello contemporaneo alla decorazione in stucco; sotto l'arco di trionfo è così apparso un affresco, anche questo contemporaneo alla decorazione in stucco, in cui sono raffigurati dei pesci, figure femminili, serpenti, una capra e un drago. Alla base dell'arco del lato sud vi è una fascia dipinta di rosso dove si situa una iscrizione graffita su due linee orizzontali (H lettere 1-2,5 cm) la cui lettura è resa difficoltosa dai rigonfiamenti dell'intonaco e dalle cadute a scaglie dello stesso. Un'altra iscrizione graffita su di una linea orizzontale (H lettere 1—2,5 cm) è venuta alla luce nello sperone di arco del lato nord, è stata staccata e attualmente si conserva, non ancora restaurata, nell'archivio del monastero (comunicazione del restauratore Oskar Emmenegger; di questa possediamo unicamente un disegno ed una fotografia realizzata dall'Ufficio Sennhauser di Miistair). La scrittura, prevalentemente minuscola e con un forte carattere corsiveggiante, si caratterizza per un ductus condizionato dall'esecuzione a sgraffio e che non permette di dare un senso compiuto alla scritta. Si tratta probabilmente di annotazioni a carattere occasionale la cui datazione va collocata necessariamente tra la stesura degli affreschi — ritenuti contemporanei agli stucchi a loro volta avvicinati a quelli di Civate (1050—1075) — e l'intonacatura del XVI secolo che li ricopriva. Il carattere prevalentemente minuscolo della scrittura rimanda piuttosto al XIV secolo od oltre. BIBLIOGRAFIA:
9
inediti.
LASTRA TOMBALE DI UN DE'SACCO
(GR), chiesa collegiata dei S S . Giovanni e Vittore, navata centrale, lastra tombale sul pavimento ai piedi della scalinata che conduce all'altare maggiore. S A N VITTORE
Non si conosce la posizione originaria della lastra che probabilmente in occasione degli ultimi restauri è stata in parte murata sotto il primo scalino della gradinata che conduce all'altare maggiore (v. Felice M E N G H I N I , I restauri nella chiesa collegiata di S. Vittore in Mesolcina, in «Quaderni Grigionitaliani» IV (1935) 101). Pietra grigio chiara con venature più scure (forse il cosiddetto marmo di Ala proveniente dai dintorni, v. DE QUERVAIN, Herkunft und Beschaffenheit (1972) 13); rettangolare (200 x 101 cm). Sulla lastra è ancora visibile a malapena il contorno inciso di un personaggio che dall'abbigliamento è riconoscibile per essere un giudice, con ai piedi uno scudo appuntito. L'iscrizione corre lungo i lati della lapide, iniziando in alto a sinistra — il terzo lato è nascosto dallo scalino — leggibile dall'interno, una riga (/ = cambiamento di direzione), incisa in modo regolare ma non molto profondamente; H lettere 4,5-5 cm. 202
+ [ANNO M]CCCLXX: DIE: MERQVRI /: XIIII: MENSIS: [AJUGVSTI: OBVIT (?): NOBILIS: VIR: D(OMI)NI (?): ALBERTI.- - - ] / [ - - - ] / [ - - - ] VIR: DIV: MARTINI: D(E): SACO: Q(VI): D(EV)SÌ PARCAT: SIBI: AM(EN) Nell'anno MCCCLXX, il mercoledì 14 del mese di agosto, è morto il nobil uomo il signore Alberto ... (figlio del fu) Martino di Sacco, che Dio ne abbia riguardo. Amen.
SCRITTURA: maiuscola gotica di aspetto elegante e regolare. Divisione delle parole costituita da serie di tre puntini disposti a triangolo. Nesso AL e ER in ALBERT. Segno di abbreviazione per DE che taglia trasversalmente la D e per QUI che taglia obliquamente l'asta della Q minuscola alta sul rigo. Invocazione simbolica a forma di croce all'inizio del testo. Alcune lettere presentano un raddoppio a carattere decorativo del tratto verticale (G in AUGUSTI, C in SACO) o un ingrossamento romboidale delle curve. Singole lettere: A trapezoidale con traversa spezzata ad angolo; C chiusa; D onciale con secondo tratto che si prolunga verso sinistra; E onciale chiusa; M onciale con tratto mediano verticale al quale se ne appoggiano due curvilinei e sinuosi; T con apici alle estremità delle aste che scendono fino al rigo di base. Scritture vicine: lapide in S. Stefano a Bologna, seconda metà del XIV secolo, v. Bruno BREVEGLIERI, Scritture lapidarie romaniche e gotiche a Bologna, Bologna 1986, fig. X. FORMULARIO E CONTENUTO: iscrizione funeraria con data della morte, nome del defunto e formula di devozione finale; v. CIMAH II, 70: epitaffio di Elisabetta di Kyburg; CIMAH III, 61*: epitaffi dei vescovi di Basilea. Nel lato della lapide nascosto sotto lo scalino si deve supporre che figurasse la carica ricoperta dal defunto e l'inizio della formula riguardante la paternità filius quondam nobilis... anche se non è di facile spiegazione il verbo o(.)vit, il domini al genitivo riferentesi ad Albertus e tantomeno il vir riferito a Martini. NOMI: un Albertonus de Sacho castellano di Gnosca e figlio di Martinus de Sacho di Grono è menzionato in un documento del 1356 (v. Cesare SANTI, Pergamene dell'archivio de Sacco dt Grono, 1295-1489, in BSSI95 (1983) 24) e potrebbe trattarsi di Albertonus de Sacco in Fiorenzana attestato dal 1344 al 1356 (v. Gertrud HOFER-WILD, Herrschaft und Hoheitsrechte der Sax in Misox, Poschiavo 1949,170). Un altro Martin von Sax è citato quale custos del monastero di Disentis nel 1357 (v. Hermann WARTMANN, Rätische Urkunden aus dem Zentralarchiv von Thurm und Taxis, 1891 (Quellen zur Schweizer Geschichte X) e Iso MÜLLER, Die Disentiser Klosterchronik (Synopsis) vom Jahre 1696, in ZSG 12 (1933) 4 2 3 - 4 2 6 , 4 5 9 - 4 6 0 ) . DATAZIONE: il Poeschel, che legge solo in parte l'iscrizione (v. in bibl., 209) e la prima parte della data, ritiene che in base alla forma dello scudo si possa accettare una lettura dell'anno come 1270. I caratteri epigrafici della scritta, già fortemente gotici, si giustificano meglio nel XIV secolo; va inoltre notato che, mentre il 14 agosto del 1270 era un giovedì, lo stesso giorno del 1370 era effetivamente un mercoledì. BIBLIOGRAFIA: POESCHEL K D M V I ( 1 9 4 5 ) 2 0 8 - 2 0 9 .
203
10
LA CAMPANA DI FALERA
< i n t o r n o al 1 3 0 0 >
FALERA (GR), chiesa di S. Remigio. La campana è tuttora appesa nel campanile tardoromanico della chiesa di S. Remigio (bronzo, 0 72 cm, H fino alle maniglie 55 cm. Stato di conservazione buono, tuttora funzionante). L'iscrizione si trova sul cervello (I), delimitata in alto e in basso da due linee parallele; al di sopra, in posizione opposta, si leggono due iniziali (II), probabilmente quelle del fonditore (la K sta in alto tra la + e la R di R E M I G I I , la M tra la A e la T di MATEVS). Le lettere sono state modellate su di un supporto quadrangolare poi applicato sulla falsa campana; l'esecuzione è molto accurata, gli apici quasi triangolari, le lettere ben disegnate e nitide; H lettere 2—2,5 cm.
I)
+ R E M I G I I • E T • G E R M A N I • LVCAS • M A R C V S • MATEVS • J O H A N E S • HOG-
II)
K M
SCRITTURA: gotica maiuscola con lettere che presentano rigonfiamenti decorativi delle curve, e dell'asta di I. Quali segni di separazione delle parole sono utilizzate delle piccole campane e degli scudi con giglio che si alternano in modo irregolare. Singole lettere: A triangolare con traversa spezzata ad angolo ( G E R M A N I ) e pseudonciale con primo tratto rigonfio; C chiusa; H , M ed N onciale; T con lunghi apici alle estremità dell'asta orizzontale. FORMULARIO E CONTENUTO: (I) nomi dei santi cui è dedicata la chiesa e nomi degli evangelisti preceduti da invocazione simbolica in forma di croce greca; quest'ultimi si presentano in un ordine diverso da quello canonico e sono preceduti da Luca, cui la credenza popolare attribuiva una forza speciale nello scacciare il male (v. campana di Spliigen, cat. nr. 55). (II) probabilmente iniziali del fonditore. NOMI: R E M I G I U S : si tratta probabilmente del vescovo S. Remigio di Reims, v. LCI 8, coli. 261—263; G E R M A N U S : probabilmente il vescovo Germanus di Auxerre, v. LCI 6, coli. 3 9 9 - 4 0 1 . DATAZIONE: datata da Poeschel intorno al 1300, l'accuratezza della fattura delle lettere, i rigonfiamenti quasi angolari che interessano le curve, le divisioni delle parole con piccole campane e gigli, e la forma stessa della campana accorciata e con forte aggetto nella zona superiore, rimandano ad una esecuzione nella prima metà del X I V secolo. BIBLIOGRAFIA: POESCHEL
204
KDMIV (1942) 41.
11
LA CAMPANA DI SENT
ZURIGO,
< i n t o r n o al 1 3 0 0 >
Museo Nazionale Svizzero, Inv. 1 1 6 7 1 .
La campana proviene probabilmente dalla chiesa di S. Lorenzo di Sent (GR); nel 1910 il Museo Nazionale Svizzero di Zurigo la acquistò dalla fabbrica di campane Rutschi di Aarau (v. POESCHEL in bibl. ( 1 9 4 0 ) 4 9 0 e Jahresbericht in bibl., 3 5 e registro manoscritto delle entrate del museo). Bronzo, 0 50,4 cm, H fino alle maniglie 39 cm, peso 85,6 kg., tono a». Stato di conservazione buono; la forma è quella schiacciata tipica di un periodo più tardo. L'iscrizione si trova sul collo: la prima parte poco sotto la curva tra due linee, la seconda al di sopra della linea superiore, sulla curvatura. Le lettere sembrano essere state modellate con la cera e applicate sulla falsa campana; molto ben disegnate e curate nella forma, si stagliano nettamente dal fondo; H lettere 2 cm.
+ IHC • BIN • EIN • SCHELLA • MARIA • GOTTIS • CELLA • HABE • IN • DINEK (!) • HVTE • S / VAS • IHC • VBER • HELLE • Sono una campana, cella di Maria, che tu abbia sotto la tua protezione tutti coloro che mi sentono.
SCRITTURA: scrittura accurata, lettere prevalentemente capitali, ben delineate nel disegno, con forti apici alle estremità, qualcuna è capovolta come la D in DINEK, la E in HABE e HVTE. Puntini di divisione tra le parole e invocazione simbolica in forma di croce greca. Singole lettere: A trapezoidale; C e D capitali; E onciale chiusa; H capitale, quella di IHC all'inizio sembra composta di due metà perché la traversa è spezzata e le due metà non combaciano; K con il secondo e terzo tratto leggermente sinuosi; M di MARIA costituita da un ovale cui è aggiunto il tratto finale sinuoso; N maiscola; R maiuscola con terzo tratto leggermente sinuoso. Dinek per Diner. L'ultima lettera di questa parola è chiaramente una K in tre tratti di cui il secondo e terzo sinuoso e non una R come proposto da Poeschel (v. in bibl.).
LINGUA:
preghiera a Maria frequente sulle campane; una formula quasi identica si ritrova per es. su di una campana del 1306 a Ersingen (Alb-Donau-Kreis) (v. Renate NEUMÜLLERS-KLAUSER, Schrift und Sprache in Bau- und Künstlerinschriften, in Deutsche Inschriften. Fachtagung für mittelalterliche und neuzeitliche Epigraphik, Lüneburg 1984,78) e su di una di Habsthal (Sigmaringen) della prima metà del XIV secolo (v. Sigrid T H U R M , Deutscher Glockenatlas, Bd. I Württemberg-Hohenzollern, München 1959, 16, fig. 20). FORMULARIO E CONTENUTO:
205
datata dal Poeschel «intorno al 1 3 0 0 » , la forma della campana e di alcune lettere, l'accuratezza dell'esecuzione della scritta, nonché la lingua della formula, rimandano piuttosto ad una datazione al XIV secolo (v. Otto STIEFEL, Scbaffloausens Glocken- und Geschützgiesser vom 14• bis DATAZIONE:
ins späte 17. Jahrhundert, in Z A K 26 (1969) 6 7 - 7 0 , Abb. 1, 6: campana di Waldshut del 1351). BIBLIOGRAFIA: Jahresbericht des Schweizerischen K D M I I I ( 1 9 4 0 ) 4 9 0 . - POESCHEL,
206
Landesmuseums in Zürich, 1 9 ( 1 9 1 0 ) 3 5 . — POESCHEL Bündner Glocken ( 1 9 6 7 ) 4 8 .
INDICI
ABBREVIAZIONI GENERALI
Inv. bibl. H n. MNS
inventario bibliografìa della scheda altezza nota Museo Nazionale Svizzero
GR SG TI
Grigioni / Graubiinden (cantone) San Gallo / St. Gallen (cantone) Ticino (cantone)
209
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
ASA Bibl. Sanct. BM BSSI BUB CIFM
CIL CIMAH CSEL CVMA DACL
JHGG
JSGU KDM
LCI LThK2 MAGZ MDT
MGH MLW RAC RDK RE RST SZG ZAK ZSG ZSKG
210
«Anzeiger für schweizerische Altertumskunde», Zürich 1868-1938 (continuazione ZAK). Bibliotheca Sanctorum, ed. Filippo CARAFFA / Giuseppe MORELLI, Roma 1 9 6 1 - 7 0 , 1 2 vol. «Bündner Monatsblatt», Chur 1914 sgg. «Bollettino storico della Svizzera Italiana», Bellinzona 1879 sgg. Bündner Urkundenbuch, bearbeitet von Elisabeth MEYER-MARTHALER und Franz PERRET, Chur 1955 sgg. Corpus des inscriptions de la France médiévale\ v. FAVREAU / MICHAUD in bibl. Corpus inscriptìonum latinarum, Berlin 1869 sgg. Corpus inscriptìonum medii aevi Helvetiae. Die frühchristlichen und mittelalterlichen Inschriften der Schweiz, v. in bibl. Corpus scriptorum ecclesiasticorum latinorum, hg. von der Akademie der Wissenschaften zu Wien, Wien 1866 sgg. Corpus Vitrearum Medii Aevi, Basel etc. 1956 sgg. Dictionnaire d'archeologie chrétienne et de liturgie, éd. Fernand CABROL / Henri LECLERCQ, Paris 1907-53, 15 vol. «Jahresbericht der Historisch-antiquarischen Gesellschaft von Graubünden», Chur 1871-1984; «Jahrbuch der Historisch-antiquarischen Gesellschaft von Graubünden», Chur 1985 sgg. «Jahresbericht der schweizerischen Gesellschaft fiir Urgeschichte», Zürich 1909-1937; «Jahrbuch der schweizerischen Gesellschaft fiir Ur- und Frühgeschichte», Zürich 1938 sgg. Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden, v. POESCHEL in bibl. Lexikon der christlichen Ikonographie, Freiburg i. Br. 1971 sgg. Lexikon für Theologie und Kirche, 2. Aufl., hrsg. von Josef HÖFER und Karl RAHNER, 10 Bde., 3 Erg.-Bde. und 1 Reg.-Bd. Freiburg i. Br. 1957-67. «Mitteilungen der antiquarischen Gesellschaft in Zürich», Zürich 1841 sgg. Materiali e documenti ticinesi, pubbl. dal Centro di ricerca per la storia e la toponomastica del Cantone Ticino, Serie I: Regesti di Leventina, Serie II: Riviera, Serie III: Bienio, Bellinzona 1975 sgg. Monumenta Germaniae Histórica inde ab a. C. 500 usque ad a. 1500, Hannover-Berlin 1826 sgg. Mittellateinisches Wörterbuch bis zum ausgehenden 13. Jahrhundert, hrsg. von der Bayer. Akad. d. Wiss. u. d. Akad. d. Wiss. d. DDR, München-Berlin 1959 sgg. Reallexikon für Antike und Christentum, Stuttgart 1950 sgg. Reallexikon zur deutschen Kunstgeschichte, Stuttgart 1937-67, München 1973 sgg. Paulys Realencyclopädie der classischen Altertumwissenschaft, neue Bearbeitung, begonnen von Georg WISSOWA, Stuttgart 1894 sgg. «Rivista storica ticinese», Bellinzona-Lugano 1938—1946. «Schweizerische Zeitschrift fiir Geschichte», Zürich 1951 sgg. «Zeitschrift für schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte», Zürich 1939 sgg. «Zeitschrift für schweizerische Geschichte», Zürich 1921-50 (continuazione SZG). «Zeitschrift für schweizerische Kirchengeschichte», Stans-Freiburg / Schweiz 1907 sgg.
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214
Pianta del monastero di Miistair
M U S T A I R
ST. JOHANN
ÜBERSICHT ÜBER DIE KLOSTERANLAGE BÜRO PROF. SENNHAUSER ZURZACH 30.11.84 HH 4.5.88 HC 1.5.89 HC
Pianta generale del 1989 senza le aggiunte delle ricerche e degli scavi degli ultimi anni. Per una versione più aggiornata vedi Müstair, Kloster St. Johann. 1 Zur Klosteranlage. Vorklösterliche Befunde, Zürich 1996 (Veröffentlichungen des Instituts für Denkmalpflege an der ETH Zürich, Band 16.1), 53-65, figg. 43-52.
® =• cat. nr. 12, 14, 20, 27, 44, 47 (2) = cat. nr. 12, 19, 28, 44, 45, 46 (3) = cat. nr. 12, 44, 48 © = cat. nr. 12 © = © = (2) = © = © = ®)=
cat. cat. cat. cat. cat. cat. cat.
nr. nr. nr. nr. nr. nr. nr.
12 12 15 22 23 26 31
50 m
Müstair, Legende zum Übersichtsplan, Nov. 1989: Schwarz ausgefüllt: Kirche und ergrabene Mauerzüge des karolingischen Klosters. 9 Südstall, 1707 1 Karolingische Klosterkirche mit Nord- und Südannex 2 doppelgeschossige Heiligkreuzkapelle, 11. Jh. 10 Nordstall, um 1500, darunter prähist. Pfostenbau 3 Plantaturm 11 Spätrömisches Pfostengebäude 4-6 Ehem. Bischofsresidenz mit Norbertsaal und doppelA Südhof geschossiger Kapelle St. Ulrich und St. Nikolaus B Nordhof 7 Südlicher Torturm C Wirtschaftshof 8 Nördlicher Torturm
•O
0——0—-0
Cartina geografica
Cartina delle località in cui si conservano o sono state trovate delle iscrizioni; tra parentesi il loro numero 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22.
Morbio Superiore (TI; 1) Riva San Vitale (TI; 3) Rovio (TI; 1) Carena (TI; 2) Sorengo (TI; 2) Cademario (TI; 1) Gravesano (TI; 1) Dino / Sonvico (TI; 1) Cadempino (TI; 1) Sureggio / Lugaggia (TI; 1) Camignolo (TI; 1) Arcegno (TI; 1) Ascona(TI; 1) Muralto (TI; 4) Vogorno (TI; 1) Carasso / Bellinzona (TI; 1) Brione Verzasca(TI; 1) San Vittore (GR; 1) Biasca (TI; 2) Giornico (TI; 2) Corzoneso (TI; 2) Prugiasco (TI; 1)
GR: 48 220
TI: 35
23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44.
Chiggiogna (TI; 2) Rossura(TI; 1) Scona / Olivone (TI; 1) Piatta / Medel (GR; 1) Disentis / Mustér (GR; 2) Hinterrhein (GR; 1) Splügen (GR; 1), Mathon (GR; 1) Zillis (GR; 1) Lohn (GR; 1) Surcasti (Obercastels GR; 1) Degen (GR; 1) Breil (GR; 1) Paspels (GR; 1) Flims (GR; 1) Fidaz / Flims (GR; 1) Coirà (GR; 13) Fideris (GR; 1) Pontresina (GR; 1) Chapella (S-chanfGR; 1) Susch (GR; 1) Müstair(GR; 16)
O A
IV-VIII secolo IX-1300
221
INDICE PALEOGRAFICO Abbreviazioni -R 9 ALIORV AM ANI ANN APLI APOLOR APTOS B BASI Cs Cs CFE CFERAT CONF CONFESS CV CVR D DEDICA Dl DNI DNS DOM DS E EPO EPS EWANGLA FACTV GRA HAlRICO ICLITVS IHC IHS IHV IND INDIC INRI IOHAS IOHIS IOHS ITROIVIT IVDEOR IVN
222
-rum 19, 57 II cum 36 I aliorum 4 6 amen App. 9 anni Aggiunta 1 annis 6 apostoli 48 apostolorum 19 apertos 63 bonae (?) Aggiunta 1 Basilii 6 clarissimi 6 consulatum 6 confessoris 48 conferat 50 II confessoris 23 II confessorum 19 cum 14 IV curiensi 57 III de App. 9 dedicacio (?) 24 Dei 41 domini 18(?), 48, App. 9 (?) dominus 12 XVI dominus 17 Deus 12 XVI, 21 I, App. 9 est 79 episcopo 46, 57 III episcopus 12 XVII ewangelista 57 II factum 78 gratia 21 III Hainrico 57 III inclitus 50 II Iesus 78 Iesus 16*, 35 IX, 57 II Iesu 4 8 indictione 7 indictione 57 III Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum 77 Iohannes 32 Iohannis 4 6 Iohannes 57 II introivit 63 iudeorum 57 II iunii 14 I
KL LABIDE MARTIR MARTIRV MAVRIC MI MN MOTEE NICAVS NM NON NORPTO NORPTVM NOV NOVEMBR NRI OCT P PCIPVE PLS PPHETA PRAEPO PTASIVS PTOM
Q
QVICVQVE QVOR REGNV REQVIE S
s SACOR SCA SCI
scs
SCT SCTOR SEMP SEP S SOCIOR STEPHAN SVM TRÄSLATE V
kalendas 14 II, 48 labidem 8 marti rum 19 martirum 4 6 Mauricii 48 mihi 50 II minus 6 motene (?) 15 Nicolaus 61 III nomen? 8 nonas 14 I Norperto 46 Norpertum 20 novembris 24 novembris 4 8 nostri 48 octobris 57 III post 6 precipue 4 8 plus 6 propheta 37 I praeposito 57 III Protasius 33 II protomartyris 48 qui App. 9 quicumque 26 quorum 19 regnum 50 II requiem 31 II sancta 57 II; sancte 23 III, 48; sancti 45, 48; sanctus 9 V(?), 32, 4 4 I I I + I V , 511+V, 5 6 I I , 57 I+II, 58 II+III, 59 II+III, 60, 61 I+II+III, 65 II+III, 74 sunt 57 III sanctorum 19 sancta 38 II + III, Aggiunta 3 III sancti 46, 57 III sanctus 12 X V I , 3 3 , 4 3 , 63, Aggiunta 3 I+II sanctorum 4 6 sanctorum 19 semper 26 septies 6 sociorum 48 Stephanus 63 summum? 26 translate 57 III viri 6
VENI VERBV VIRG XC XPC XPE XPI XPS
venni? 14 IV verbum 78 virginis 23 I Christus 78 Christus 74 Christe 72 I Christi 8, 19, 48, Aggiunta 1 Christus 16*
Segni di abbreviazione
letterina soprascritta 50 II lineetta obliqua che taglia asta di Q App. 9 lineetta obliqua che taglia la D App. 9 lineetta obliqua che taglia terzo tratto di R 19, 57 II lineetta obliqua che taglia la S 32, 74 lineetta ondulata simile a una piccola s (virga?) 6 lineetta orizzontale che taglia asta di H 46, 57 lineetta orizzontale che taglia asta di L 14 II lineetta orizzontale che taglia asta di P 26, 46 lineetta orizzontale che taglia la S 23 III, 32, 38 Illb, 44 III+IV, 45, 48, 51 I+V, 56, 57, 58, 59, 60, 61 III, 65 III lineetta orizzontale con tre doppi trattini obliqui 33 lineetta orizzontale con tre trattini obliqui 16* lineetta orizzontale con triangolino al centro 7 lineetta orizzontale sopra la lettera o un gruppo di lettere 6, 8, 9, 14 I+IV, 15, 18, 19, 23 I, 24, 26, 30 III, 32, 38, 41, 43, 46, 48, 50 II, 63, 65 II, 72 I, 78, Aggiunta 1 lineetta orizzontale chiusa ai lati da due trattini 21 1+111,31 II lineetta orizzontale decorata con cerchietti e trattini 32, Aggiunta 3 lineetta verticale ondulata 70 II lineetta verticale che taglia la S 61 I+II prolungamento dell'asta di P verso sinistra 33 II, 37 I segno tachigrafìco a forma di 9, 36 I trattino a forma di omega 30 I, 35, 57, 70 II
Lettere inscritte
A: E: I:
in P 12 X; in D 23 II in C 12 XIII; in P 12 III in C 12 V, 27, 28 (?); in D 12 XVII; in V 12 XVI; in T 12 XIII; in L 12 VIII+X+XIII; in G: 23 II I e V: in Q 12 XVI O: in C 12 XIV; in H 26; in P 12 X+XIII; in T 12 X; in V(?) 23 II
R: V: P?:
in P 12 XIII in T 12 b; in Q 26 in O 28
Interpunzione
Divisione delle parole: puntini a metà altezza 12, 19, 20 (?), 21 III, 23, 24, 31 II, 32,41, 4 4 , 4 5 , 4 6 , 4 7 , 48, 51, 54, 55, 57, 58 IV, 60, 62, 64, 65 I+III, 66, 72, 73, 75*, 77, 78, Aggiunta 4, App. 10, App. 11; due puntini 79; tre puntini a triangolo App. 9; tre puntini in verticale 43, 67, 68, 69; campane e scudi App. 10; croce 67 Chiudiriga 35,42, 64 Puntino finale 22, 29*, 34, 36 II, 50 II
Nessi
AB AD AE AL AM AN AR DN ER ME NC NE NNE NR NT NTV(?) NVS OR ORV PE QV RE TAE o ATE TE THE TR VF VM VR VS VT VTV(?)
46 211 47 App. 9 211 62,74 21 11,32 11,46,491,5911 12 XVI App. 9 32 II, 69 211 9 III, 45 21II 361 9 III 15 44IV 23 11,45,46, 57 II 46 12 X+XIII+XIV 31 II 12 XVII 26 20, 21 II, 23 II, 2 6 , 4 4 IV, 46, 50 II 21 II 12 X, 46 21 II 12 VIII 12 XVI, 2 1 1 , 4 6 4 1 , 4 4 IV, 51 II 26 15
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Rigatura 9 IV, 13*, 14 II+III, 20, 23, 26, 43, 51, 581, 62, 63, 75*, 77, 79, Aggiunta 2 Scritture capitale: tardoantica 5, 6, Aggiunta 1, App. 1; precarolingia 7, 8, 9; carolingia 12,13*; tardocarolingia 17, 18, 19, 20, 21, 22, 26, 27; romanica 14 II, 23, 24, 25, 26, 31, 32, 33, 35, 36, 37, 38, 39,41,42, 44, 45, 46, 47, Aggiunta 3, Aggiunta 4; tardoromanica o pregotica 50, 52, 54, 55, 56, 57; gotica 58, 59, 60, 61,62, 63,64, 65, 66, 67, 68,69, 70, 71, 72, 73, 75*, 78, 79, App. 9, App. 10, App. 11; minuscola App. 8 Scrittura con influssi corsivi 14 I, 14 IV, 15, 43
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Invocazione simbolica croce greca 21 III, 27, 45, 53, 54, 55, 67, 68, 69, 70 I, 72 I, 73, 78, Aggiunta 4, App. 10, App. 11 croce latina 5, 8,19,46, App. 9
INDEX VERBORUM
Il numero dopo il punto indica la riga
a 6 . 1 6 , 1 9 . 1 , 4 6 . 1 , 4 9 1 , 5 7 111 abiectus 6.6 ac 28 ad 4 5 , 6 4 1 1 Aegyptus 12 IV (Egipto) aeternus 64 II (eternum) agmen 6.8 agnus 41, 44 I* (?) alius 19,46.5 altare 19-5,46.5 amen App. 9 annus 6.18, 18, 19, 46.1, 57 III, Aggiunta 1, App. 5, App. 9 apertus 63 apostolus 12 X, 19.2, 4 6 . 3 , 4 8 . 3 aquilo 42 artifex 21 III astra 6.13 audio 14 I augustus App. 9 auster 42 ave 54, 58 IV beatus 63 benedictus 58 IV, 64 I bonus 6.13, Aggiunta l ( ? ) ; A p p . 1 caelestis 50 II (celeste) caelum 63 (celos) campana 70 II (?) captivus 6.8 caro 78 centesimus App. 5 (centeximo) cerno 13* cista 27 clarissimus 6.19 confero 50 II confessor 19-4, 23 II, 4 6 . 4 , 4 8 . 6 consul 5.6 (?), 6.21 consulatus 6.19 credo 6.16 crux 1 2 X 1 , 1 9 . 1 , 2 1 1 , 4 6 . 2 , 4 8 . 1 cum 5.4, 14IV, 36, 7 2 1 cunctus 6.16 curiensis 57 III
de 8 . 7 , 6 9 decanus 50 I decimus 7 dedicatio 24 dedico 1 9 , 4 6 . 1 defendo App. 9 defleo 6.2 denique 20.1 deposi tus 6.18 deus 5.1, 12 XVI, 211+III, 4 1 , 4 4 I* (?) dico 9 I V dies 6.18, App. 9 diu App. 9 do 21 I dolor 6 2 , 7 5 * dominus 8.9 (domnus), 12 XVI, 17, 18 (?), 18 (domina?), 19, 46.2, 48.1, 54, 58 IV, Aggiunta 1 (?); App. 9 ecce 2 1 I , 4 4 l * ( ? ) ego 4, 5.7, 19, 46.2, 48.1, 50 II, 56 I, 59 I, 66 I, 66 II, 69 eo 6 4 I I episcopus 6 . 1 , 1 2 XVII, 19, 46.2, 57 III et 12 X+XVI, 18, 19.1.2.3, 46.2.3, 47.6, 48.1.2.3.5,561, 58 IV, 63, 70 II Euphrates 21 II (Eufrates) evangelista (ewangelista) 48.3, 57 II fabrico 70 II fació 6.12, 3611,69, 78, Aggiunta 4 fero 6.9, 36 II filia 18 fructus 58 IV (undo 6.6 funus 6.11 genitrix 1 9 - 1 , 4 6 . 2 , 4 8 . 1 - 2 Geon 2 1 I I gloria 6.4, 72 I gratia 21 III, 54 (gracia), 58 IV (gracia) hic 5.3, 6.2, 8.2, 13*, 19, 20.1, 2 1 I I I , 26.4, 2 7 , 4 5 , 46.1,7011 homo 12 Vili, 63 honor 1 9 , 4 5 , 4 6 . 2 , 4 8 . 1
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iaceo 6.2 Ianuarius 6.18 ictus 6.11 Idus 6 . 1 8 , 2 4 , 5 7 111 ignis 64 II illustris 8.4-5 (inluster) impetro 21 III impono 19,46.5 in 6.2, 19, 21 1, 27,46.2, 48, 58 IV inclutus 50 II (inclitus) indictio 6.21,7,57111 inimicus 62, 75*, 79 introeo 63 iste 8.2,491, 50 II iubeo 12X1 iudeus 5711,77 Iunius 14 I, 14 II iuvenis 5.4 (?) Kalendae 5.5,14 II, 19, 46.2,48.2 lapis 8.2 (labidem) largus 6.8 libero 4 9 1 magister 70 II (?) maledico 64 II (maladicti) manus 20.4, 62, 75*, 79 marmoreus 8.3 martir 1 9 . 3 , 4 6 . 3 , 4 9 1 mater 66 II maximus 6.4 Mediolanum 38 IV memoria 6.1 mensis App. 9 merquri App. 9 meus 6 4 1 milia 12 VIII, 48.7 millesimus 18 (?), App. 5 (milleximus) minus 6.18 monasterium 19,46.1 morior 6.17, 12 XI mulier 58 IV munus 13*, 45 nec 6.10 nepos 6.19-20 nobilis App. 9 nomen 5.1