Daniele. Introduzione, traduzione e commento 8892216171, 9788892216174

Testo ebraico a fronte. Il libro di Daniele nella Nuova versione della Bibbia dai testi antichi, con testo a fronte e un

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Italian, Hebrew Pages 216/215 [215] Year 2019

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Daniele. Introduzione, traduzione e commento
 8892216171, 9788892216174

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MARCO SETTEMBRINI, presbitero della Chie­ sa di Bologna, è docente di Ebraico e Antico Te­ stamento presso la Facoltà Teologica dell'Emilia­ Romagna. Laureatosi in Scienze bibliche al Ponti­ ficio Istituto Biblico e in Lingue e culture dell'Asia e dell'Africa presso l'Università Alma Materdi Bo­ logna, è autore di Sapienza e storia in Dn 7-12 (Roma 2006), Nel Pentateuco (Cinisello Balsamo

20 12), Isaia in Egitto (Torino 20 l 8) e di diversi articoli di carattere scientifico sulla letteratura biblica con speciale attenzione al suo contesto persiano ed ellenistico.

Copertina: Progetto grafico di Angelo Zenzalari

NUOVA VERSIONE DELLA BIBBIA DAI TESTI ANTICHI

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Presentazione \l 0\A \FHSIO\E DLI.I.\ llllllll:\ IHI TLSTI \\TH:III

a Nuova versione della Bibbia dai testi antichi si pone sulla scia di una Serie inaugurata dall'editore a margine ____.J dei lavori conciliari (la Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali), il cui primo volume fu pubblicato nel1967. La nuova Serie ne riprende, almeno in parte, gli obiettivi, arricchendoli alla luce della ricerca e della sensibilità contemporanee. ]

-

I volumi vogliono offrire anzitutto la possibilità di leggere le Scritture in una versione italiana che assicuri la fedeltà alla lingua originale, senza tuttavia rinunciare a una buona qualità letteraria. La compresenza di questi due aspetti dovrebbe da un lato rendere conto dell'andamento del testo; dall'altro, soddisfare le esigenze del lettore odierno. L'aspetto più innovativo, che balza subito agli occhi, è la scelta di pubblicare non solo la versione italiana, ma anche il testo ebraico, aramaico o greco a fronte. Tale scelta cerca di venire incontro all'interesse, sempre più diffuso e ampio, per una conoscenza approfondita delle Scritture che comporta, necessariamente, anche la possibilità di accostarsi più direttamente a esse. Il commento al testo si svolge su due livelli. Un primo livello, dedicato alle note filologico-testuali-lessicografiche, offre informazioni e spiegazioni che riguardano le varianti presenti nei diversi manoscritti antichi, l'uso e il significato dei termini, i casi in cui sono possibili diverse traduzioni, le ragioni che spingono a preferime una e altre questioni analoghe. Un secondo livello, dedicato al commento esegetico-teologico, presenta le unità letterarie nella loro articolazione, evidenziandone gli aspetti teologici e mettendo in rilievo, là dove pare opportuno, il nesso tra Antico e Nuovo Testamento, rispettandone lo statuto dialogico. Particolare cura è dedicata all'introduzione dei singoli libri, dove vengono illustrati l'importanza e la posizione dell'opera nel canone, la struttura e gli aspetti letterari, le linee teologiche fondamentali, le questioni inerenti alla composizione e, infine, la storia della sua trasmissione.

PRESENTAZIONE

4

Un approfondimento, posto in appendice, affronta la presenza del libro biblico nel ciclo dell'anno liturgico e nella vita del popolo di Dio; ciò permette di comprendere il testo non solo nella sua collocazione "originaria", ma anche nella dinamica interpretativa costituita dalla prassi ecclesiale, di cui la celebrazione liturgica costituisce l'ambito privilegiato. I direttori della Serie Massimo Grilli Giacomo Perego Filippo Serafini

Annotazioni di carattere tecnico '\l 0\',\ ITH"IO'\E DLLL l lllllBI\ IHI TI·SI"I \ '\TICIII

Il testo in lingua antica Il testo ebraico stampato in questo volume è quello della Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), quinta edizione. Le correzioni alla lettura di alcuni termini, indicate dai masoreti (qerè l ketìb), sono segnalate da parentesi quadre, con il seguente ordine: nel testo compare la forma "mista" che si trova nel manoscritto, nelle parentesi si ha prima la forma presupposta dalle consonanti scritte (ketìb) e poi quella suggerita per la lettura dai masoreti (qerè). Per le parti greche il testo è quello della Septuaginta, curato da A. Rahlfs nell'edizione rivista da R. Hanhart (2006).

La traduzione italiana Quando l'autore ha ritenuto di doversi discostare in modo significativo dal testo stampato a fronte, sono stati adottati i seguenti accorgimenti: - i segni r • indicano che si adotta una lezione differente da quella riportata in ebraico, ma presente in altri manoscritti o versioni, o comunque ritenuta probabile; le parentesi tonde indicano l'aggiunta di vocaboli che appaiono necessari in italiano per esplicitare il senso della frase ebraica. Per i nomi propri si è cercato di avere una resa che non si allontanasse troppo dall'originale ebraico, tenendo però conto dei casi in cui un certo uso italiano può considerarsi diffuso e abbastanza affermato.

I testi paralleli Se presenti, vengono indicati i paralleli al passo commentato con il simbolo l l; i passi che invece hanno affinità di contenuto o di tema, ma non sono classificabili come veri e propri paralleli, sono indicati come testi affini, con il simbolo +.

La traslitterazione La traslitterazione dei termini ebraici e greci è stata fatta con criteri adottati in ambito accademico e quindi non con riferì-

ANNOTAZIONI

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mento alla pronuncia del vocabolo, ma all'equivalenza formale fra caratteri ebraici o greci e caratteri latini.

L'approfondimento liturgico Redatto in ogni volume della Serie da Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli, rimanda ai testi biblici come proposti nei Lezìonari italiani, quindi nella versione CEI del2008.

DANIELE Introduzione, traduzione e commento

a cura di Marco Settembrini

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SAN PAOLO

Per il testo ebraico: Biblia H ebraica Stuttgartensia, edited by Karl Elliger and Wilhelm Rudolph, Fifth Revised Edition, edited by Adrian Schenker, O 1977 and 1997 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by permission. Per il testo greco: A. Rahlfs -R Hanhart, Septuaginta, O 2006 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by permission.

te EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2019 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) ISBN 978-88-922-1617-4

INTRODUZIONE

TITOLO, IMPORTANZA E POSIZIONE NEL CANONE

Il libro di Daniele raccoglie le vicende e le visioni dell'omonimo protagonista. Fra gli ultimi libri della Bibbia ebraica, si ritrova tra gli Scritti e nei codici ebraici è riprodotto tra Ester ed EsdraNeemia. Il legame con Ester è effettivamente stretto. Sul piano linguistico le due opere sono accomunate da un lessico e da costruzioni grammaticali propri dell'ebraico tardivo, con una sintassi che talora ricalca l'aramaico. Entrambe offrono ambientazioni persiane e descrivono le vicende di un esule che trova fortuna, per sé e per il proprio popolo, presso una corte straniera. Quando tutto sembra nelle mani di un re straniero e il Dio di Israele pare scomparso, tanto in Ester quanto in Daniele si racconta come mediante pochi servi a Israele sia offerta una via di salvezza. Collocato subito prima di Esdra-Neemia, il libro di Daniele si concentra poi sulla vita e sull'identità religiosa del popolo dopo la presa di Gerusalemme. Come il libro di Esdra, Daniele contiene narrazioni in ebraico e in aramaico, alterna racconti in terza persona ad altri in prima persona, in una sequenza di episodi che intrecciano particolari storiograficamente accurati a improbabili sovrapposizioni di personaggi. Se la posizione del libro all'interno della Bibbia ebraica riflette con maggior precisione il contesto culturale in cui questo ebbe origine, quella attribuitagli dai codici di epoca cristiana vi riconosce un'autorità profetica, avvalorata dalla straordinarietà delle rivelazioni di cui il protagonista è destinatario. Regolarmente annoverato tra i Profeti maggiori, importanti codici greci quali il Vaticano, l'Alessandrino e il Veneto così come la versione latina detta Vulgata lo fanno seguire immediatamente a Ezechiele, composizione

INTRODUZIONE

10

che pure contiene >, Abed-Nego «Servo di NabiD>. 1,8 Si propose - Il testo ebraico ripete il verbo C~~! (alla lettera, ) che è stato impiegato due volte nel versetto precedente. È questa la replica di Daniele all'azione di chi vuole costringerlo a rinnegare la propria identità.

guida al popolo disorientato dalle persecuzioni e dalla profanazione del tempio (Dn 11,31-33). Tra tutti emerge Daniele, personaggio il cui nome rimanda alla figura di un uomo estremamente pio, retto e saggio. L'antichissimo poema ugaritico di Aqhat parla infatti di tal re Dni/ attento alla causa della vedova e dell'orfano, tanto gradito agli dèi da poter avere insperatamente un figlio, ed Ezechiele lo cita accanto a Noè e Giobbe (Ez 14,14), nonché come esempio insuperato di sapienza (Ez 28,3). Questo Daniele, che con il suo stesso nome attesta che «Dio giudica», deve ora misurarsi con Nebukadnezzar, causa del male di Israele. 1,8-16 La decisione di non contaminarsi Nelle vicende di Daniele e dei suoi amici prigionieri in terra straniera, si riscrive la storia di Giuseppe, giovane «di bell'aspetto» (Gen 39,6) che ha successo nonostante

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DANIELE 1,10

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Mi rendiate cosi colpevole davanti al re Ci'?'?~ ·~.,-~ c~~r:r))- L'antica versione greca e la versione siriaca trovano espressioni più concrete, rendendo rispettivamente con1nlll'iu~ 't'Q llitcy 't'p«M (>. 1,11 Guardia -La parola ,~'?~?. verosimil-

le molteplici avversità, ottiene la fiducia dei suoi padroni (Gen 39,3-4.21) e si segnala per la singolare capacità di interpretare i sogni (Gen 41, 12). Daniele, Anania, Misaele e Azaria da un lato si sottomettono all'educazione richiesta, dall'altro rimarcano una distanza volendo rimanere fedeli alla propria cultura. Si comportano in modo simile ai Recabiti, ammirati dal profeta Geremia, che proprio all'epoca di Yoyaqim accettarono di abbandonare la vita nomadica a seguito dell'invasione babilonese ma continuarono ad astenersi dal vino (Ger 35,1-16). n rifiuto del cibo del re- singolarmente importante durante la persecuzione di Antioco Epifane (2Mac 6-1) - intende sostenere la coscienza della loro identità, non assimilabile a quella di un altro popolo.

31

DANIELE 1,19

'Orna questi disse a Daniele: «Temo che il re mio signore, che ha dato disposizioni riguardo a quanto dovete mangiare e bere, vi veda mogi rispetto ai giovani vostri coetanei, e mi rendiate così colpevole davanti al re». 11 Daniele disse allora alla guardia che il capo degli eunuchi aveva assegnato a Daniele, Anania, Misaele e Azaria: 12«Metti alla prova i tuoi servi per dieci giorni: ci diano semi di pianta da mangiare e acqua da bere. 13 Si confronti poi dinanzi a te il nostro aspetto con quello dei giovani che mangiano le vivande del re e quindi ti comporterai con i tuoi servi secondo quanto avrai vistO>). 14A questa proposta accondiscese e li mise alla prova per dieci giorni. 15Al termine dei dieci giorni il loro aspetto fu trovato bello: erano più in salute di tutti coloro che mangiavano le vivande del re. 16La guardia allora toglieva loro le vivande con il vino della loro fornitura e dava loro semi di pianta. 17 A ciascuno di quei quattro giovani Dio elargi intelligenza e abilità per ogni testo di sapienza; Daniele riusciva poi a comprendere ogni visione onirica. 18Alla fine degli anni dopo i quali il re aveva ordinato che gli venissero condotti, il capo degli eunuchi li portò dinanzi a Nebukadnezzar. 19Il re parlò con loro e non si trovò tra tutti nessuno come Daniele, Anania, Misaele e Azaria che pertanto rimasero a corte. mente un prestito accadico, non è compresa dalle versioni antiche che vi leggono un nome proprio. L'antica versione greca lo identifica con A~u:olipL, il capo degli eunuchi (cfr. v. 3). 1,12 Semi di pianta- Il termine C'.lt'1T. (come pure C'~PiT, al v. 16) è certamente da ricondurre a l1'1!. «seme», ma non è chiaro che co-

sa indichi con precisione (legumi? verdura?). Forse c'è un'allusione alla dieta prescritta in Gen 1,29. 1,15 In salute (i~f '~'!~')-La medesima espressione occorre in Gen 41, 18. 1,16 Toglieva (K~))- La versione siriaca aggiunge una nota di colore: «prendeva per sé».

1,17-21 Il successo L'intervento di Dio garantisce ai giovani le qualità richieste da Nebukadnezzar: questi voleva uomini «abili in ogni tipo di sapienza, in possesso della conoscenza, capaci di pensare>> per istruirli N-s C'hWNil b'O"inn-;:;, ;vc· a:'iJ?'#iJ W,i:i? nn~ rv~-,l) \\'

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1,11 Daniele rimare in carica {':l~t•l, •n•,) - Alla lettera: «Daniele ci fil>>. 1,1 nsecondo anno (Q~ ~~)-n testo greco conservato nel papiro 967 cura la verosimiglianza del testo e quindi, poiché nel secondo anno del suo regno Nebukadnezzar non aveva ancora conquistato Gerusalemme, scrive: l:v "'

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Traspare cosi il profilo degli scribi che danno forma allibro di Daniele: uomini appartenenti alla élite di Israele, istruiti tanto nelle tradizioni dei padri quanto in quelle dei popoli stranieri, attenti alle nuove rivelazioni di Dio trasmesse in sogni e visioni. L'accoglienza di queste non si oppone per loro alla custodia dei testi più antichi poiché, come attestato dall' oniromanzia del tempo, nessuna immagine o oracolo può essere penetrato senza il ricorso a liste tramandate, contenenti il significato dei possibili contenuti di un sogno. La loro opera consegna un'inedita riflessione teologica, capace di parlare di Dio anche nella lingua dei pagani e attraverso la loro cultura. L'insegnamento di questi saggi, idealmente legati a Daniele che visse per intero il tempo dell'esilio babilonese «fino al primo anno del regno di Ciro» (v. 21), vuole essere una parola che squarcia la notte e illumina coloro che si sentono smarriti per l'imperversare del male.

2,1-49 D Dio che rivela i misteri Daniele trova presto l'occasione di distinguersi tra il numero dei sapienti residenti a Babilonia. Il re Nebukadnezzar ha infatti avuto un sogno, è rimasto turbato, e nessuno dei suoi esperti è in grado di risolvere il suo enigma finché il giovane israelita non riceve una rivelazione dal suo Dio. Egli apprende che al sovrano è stato mostrato il mistero del corso della storia. Il passo, dopo una breve ambientazione (vv. 1-4a), ospita tre scene in cui si assiste dapprima al dialogo

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DANIELE2,3

ln ogni materia richiesta che esigesse sapienza nel discernimento, il re li trovò dieci volte superiori a tutti gli interpreti di sogni e agli incantatori di tutto il suo regno. 21 Daniele rimase in carica fino al primo anno del regno di Ciro. 20

2

11 secondo anno del suo regno, Nebukadnezzar fece dei sogni che lo turbarono e gli tolsero il sonno. 211 re diede ordine di convocare gli interpreti di sogni, gli incantatori, i maghi e i caldei perché gli spiegassero i sogni. Costoro vennero e si presentarono al re. 311 re disse loro: «Ho fatto un sogno e il mio spirito è rimasto turbato poiché non lo comprendo». 1

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2,4/naramaico(n~~)-L'usodell'aramai-

co da parte dci caldei per rivolgersi al proprio re è inverosimile. Di fatto qui si riflettono gli usi dell'epoca persiana in cui l'aramaico era la lingua dell'impero. n cambio della lingua per introdurre il discorso di nuovi personaggi

consente all'autore di integrare nel racconto testi effettivamente tramandati in aramaico. :Z,S Ufficiale ... pezzi (~"ltl .. .1c-mc) -I due termini aramaici sono di derivazione persiana. E le vostre case ... rovine(~~· ·~ li'"~1) -Le versioni antiche attenuano l'espressio-

In conformità alle concezioni religiose del Vicino Oriente antico, Dio rivela al re le questioni di somma importanza per la sua terra. Durante il sonno, quando la mente non è padrona dei propri pensieri, sono scorte immagini e vicende che, rettamente comprese, preannunciano il futuro. Secondo gli insegnamenti dei saggi babilonesi tramandati dall'epoca sumerica sino all'era seleucide, nel sogno si può invero apprendere una decisione, una disposizione, un segreto degli dèi: è necessario pertanto ricorrere a chi, grazie alla familiarità con le apposite liste oniriche, sappia interpretare i presagi contenuti nel sogno e, nel caso questi siano sfavorevoli, possa scongiurare il destino avverso e volgerlo in bene con le procedure magiche necessarie. Finché non si trova il significato del sogno, come si ripete nelle preghiere prescritte dal Compendio onirico di Assur (v. 3,42; cfr. S.A.L. Butler, Mesopotamian Conceptions ofDreams and Dream Rituals, Ugarit Verlag, Mftnster 1998,

35

DANIELE 2,10

1 caldei, in aramaico, risposero al re: «0 re, vivi per sempre! Racconta il sogno ai tuoi servi e noi te ne daremo l'interpretazione!». 5Il re replicò ai caldei: «Il mio comando è ufficiale: se non mi farete conoscere il sogno con il suo significato, sarete fatti a pezzi e le vostre case saranno ridotte a un cumulo di rovine. 6 Se invece renderete noto il sogno con il suo significato, riceverete da me doni, regali e molto onore. Perciò rendetemi noti il sogno e ilsuo significato!». 7Risposero per la seconda volta: «Il re racconti il sogno ai suoi servi affinché possiamo darne l'interpretazione!». 811 re rispose: «Certo, so che voi volete guadagnar tempo, perché avete visto che il mio comando è definitivo, 9che se non mi fate conoscere il sogno, uno solo è il verdetto per voi. Vi siete accordati per raccontarmi falsità e menzogne in attesa che le circostanze cambino. Ditemi dunque il sogno e io saprò che mi potete rendere nota la sua interpretazione». 101 caldei così risposero al re: «Non c'è nessuno sulla faccia della terra in grado di illustrare la questione posta dal re. Di fatto nessun re, pur grande e potente, chiese mai una cosa come questa ad alcun interprete di sogni, o incantatore, o caldeo. 4

ne e leggono una minaccia di confisca dei beni. Il decreto di Dario riportato in Esd 6, Il ricalca invece la medesima minaccia di Nebukadnezzar. Nell'aramaico giudaico tardivo il termine ''~~ (((Cumulo di rovine») è compreso come ((cumulo di letame», in

analogia con quanto si legge in 2Re 10,27. 2,10 Nessun re, pur grande e potente (~·~~1 ::1'1 1~1?-,~)- I caldei lusingano il re con il titolo di cui si fregiava. L'epiteto di (, ma di «sciogliere>>, e pertanto

di implorare Dio insieme ai suoi amici e di essere esaudito: il «misterO>> gli è rivelato (2,19). Il segreto della sua superiorità rispetto agli altri maghi sta cosi nella preghiera, foriera di personali rivelazioni notturne. L'Israelita è esemplare nel testimoniare la fiducia nella preghiera e la sua reale efficacia: ha pregato e Dio gli ha risposto (cfr. Sal17,6; 118,21; 120,1). La sua vicenda comprova l'insegnamento dei saggi, poiché la sapienza e il timore del Signore lo hberano effettivamente dai laccidellamorte(Pr 13,14; 14,27.32),luiriesce a placare l'ira del re (Pr 16,14) e a portare in salvo quanti sono prossimi al supplizio (Pr24,11). Invocando la misericordia di Dio, domanda di essere soccorso in una situazione umanamente senza via di uscita. In concreto ha però bisogno di essere illuminato, perché solo se ottiene le infonnazioni che gli sono richieste può sopravvivere. Se Dio gli userà misericordia, gli darà pertanto conoscenza. Nella finzione del dramma l'autore sacro esprime cosi la sua convinzione per cui dalla morte si può essere salvati solo mediante una conoscenza misteriosamente concessa dall'alto. Nella vita, dinanzi alla violenza dei re e più in generale dinanzi ai casi più assurdi della storia vessata dal male, si può essere salvati solamente grazie a una sapienza divina.

39

DANIELE 2,24

A Daniele fu cosi rivelato il mistero in una visione notturna. Egli benedisse allora il Dio del cielo, 20con queste parole: «Sia il nome di Dio l benedetto di secolo in secolo, perché sua è la sapienza, sua la potenza. 21 Lui muta i tempi e le stagioni, l depone i re e li innalza, dona la sapienza ai sapienti l e la scienza a coloro che hanno discernimento. 22Egli svela i segreti più profondi, l conosce ciò che è nelle tenebre perché la luce dimora presso di lui. 23 Te, Dio dei miei padri, io confesso e lodo, perché mi hai dato sapienza e forza e adesso mi hai fatto conoscere ciò che ti chiedevamo, l ci hai fatto sapere quanto il re esigeva». 24Dopodiché Daniele si presentò ad Aryok, incaricato dal re di far perire i sapienti di Babilonia. Andò e gli disse così: «Non uccidere i sapienti di Babilonia! Conducimi dal re e comunicherò al re l'interpretazione». 19

traduce: Kn:l yLvooKwv tÌI Év tQ oK6tu Kn:l tÌI Év tQ iuto con potenza e sapienza come da un valente artigiano perito in ogni materia (Gb 12,7-25; Pr 8,22-31 ).

40

DANIELE 2,25

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:N':#70 ,~r9~:lt C'i?..Q 'J tot97~ nj1~Q? NlJ~7 NUt7'? 2,47 // Dio degli dèi e il Signore dei re (l':;l7~ M,_ft, l'::t?~ ~?~)-n Dio di Daniele è identificato con il dio sommo, a capo degli altri dèi; se poi ogni re ha il suo dio, il dio sommo è Signore di tutti i re. Tale antica concezione traspare nella versione greca di Dt 32,8 che rievoca la spartizione delle terre da parte dell'Altissimo tra gli dèi, suoi .

3,1 //re Nebukadnezzar (Mf7~ .,lSt1:;l,:l.1)Nell'antica versione greca si premette: houç ÒKtWKa;~liEKtitou («nell'anno diciottesimm>) e si precisano inoltre i confini del suo impero: chrò Iv6L!Ci)ç ewç At9~mr(a;ç («dall'India all'Etiopia»; cfr. p. 187). L'indicazione crono logica deriva molto probabilmente da Ger 52,29 (in merito alla seconda deportazione

La conoscenza comunicatagli suscita in lui le medesime espressioni di lode formulate da Daniele (v. 47; cfr. vv. 20-23). Effettivamente Dio può disporre dei re a suo piacimento (è «Signore dei re))). Se ogni re è poi protetto da un dio, questi è «il Dio degli dèh> ossia, nella concezione antica che contempla l'Altissimo a capo di unpantheon, il Dio supremo. Nebukadnezzar, avendo appreso un «mistero)> divino alquanto diverso da quelli solitamente trasmessigli dai suoi divinatori, constata di essere davanti a un mistero straordinario. Il sogno non gli ha detto semplicemente ciò che lo interesserà a breve bensi, come più volte gli ha ripetuto Daniele (vv. 28.29.45), l'intero svolgimento della storia fino al suo compimento.

3,1-33 D Dio che salva In questo racconto Shadrak, Meshak e Abed-Nego sono prodigiosamente salvati dalle fiamme di una fornace ardente. I giovani si sono rifiutati di prestare un culto differente da quello dei loro padri e la loro determinazione è stata ricompensata, attirando persino il re straniero alla lode del loro Dio.

47

DANIELE3,2

Poi il re disse a Daniele: «Veramente il vostro Dio è il Dio degli dèi e il Signore dei re, Colui che rivela i misteri, poiché sei stato capace di svelare questo mistero». 48 Il re pertanto rese grande Daniele, gli offrì numerosi splendidi doni e lo costitui governatore di tutta la provincia di Babilonia, capo prefetto di tutti i sapienti di Babilonia. 49Daniele chiese al re di preporre all'amministrazione della provincia di Babilonia Shadrak, Meshak e Abed-Nego, mentre lui rimase a corte.

47

3

11 re Nebukadnezzar fece costruire una statua d'oro di sessanta cubiti di altezza e sei cubiti di larghezza e la eresse nella pianura di Dura nella provincia di Babilonia. 211 re Nebukadnezzar fece radunare i satrapi, i prefetti e i governatori, i finanzieri, i tesorieri, i magistrati, gli ufficiali di polizia e tutte le autorità delle province, perché venissero all'inaugurazione della statua che il re Nebukadnezzar aveva eretto. 1

di Gerusalemme) mentre le annotazioni geografiche presuppongono la conoscenza dell'estensione dell'impero persiano (cfr. Est 1,1). Dura (tt"p-'1) -La località, chiamata in aramaico con un nome molto diffuso a Babilonia, non viene precisata. 3,2 I satrapi ... i finanzieri ... i magistrati,

gli ufficiali di polizia- ... N el testo aramaico si elencano nomi di cariche tipicamente diffuse nella società persiana. La versione greca, invece, nella sua traduzione, fa ricorso a equivalenti dell'amministrazione tolemaica.

Il capitolo si struttura in sei passi: Nebukadnezzar fa erigere una statua d'oro e comanda che sia adorata da tutti i suoi sudditi (vv. 1-7), i Caldei denunciano la disobbedienza dei giudei appena arrivati a corte (vv. 8-12), il re interroga gli accusati (vv. 13-18), risolvendosi per la loro condanna a morte (vv. 19-23), Shadrak, Meshak e Abed-Nego sono però preservati dal fuoco (vv. 24-25) e cosi Nebukadnezzar li ricompensa per la fedeltà alloro Dio (vv. 26-33). La tradizione greca (cfr. pp. 188-189) contempla l'inserzione di due lunghe preghiere tra il v. 23 e il v. 24 con una supplica (la Preghiera di Azaria) e un inno di benedizione per la salvezza accordata (il celebre Canto dei tre giovani). Di qui la differente numerazione dei versetti tra testo ebraico e testo greco. 3,1-7 La statua da venerare Dimentico del destino della statua sognata, miserevolmente ridotta in pula (2,35), Nebukadnezzar fu erigere un colosso. Daniele lo ha riconosciuto come il re più splendido dei regni che dovranno succedersi («Tu sei la testa d'oro)): 2,38) e lui ricorre al metallo più prezioso, almeno per il rivestimento della sua opera. Dopo essersi prostrato al saggio israelita (2,46), chiede che ora tutti si prostrino dinanzi al simbolo del suo potere.

48

DANIELE3,3

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3,5 Zampogna- Il testo aramaico elenca strumenti di derivazione greca. La parola

aUIJ4lwv[a (di cui l'aramaico M;~~~~~O è una trascrizione), qui usata nel senso di l~ ,jpJ.' i'~~~7 ~,Q~ 'J123 :n~~T;l~ Nf.l~~ ';T :N!~~ l'?~W ';T V-111:1 "1-TQ ng:i? 'if? 'iftn:J7~ 4,18 Era bello (i'~W)- La versione di Teodozione traduce con l'aggettivo EUElaÀ!)c;, impiegato al v. l a proposito di Nebukadnezzar che è ~q>rospero» o ~dìorente».

E nei cui rami... del cielo (tt:~~ ... '0'~~~~) - La versione siriaca ripete: «e dal qua-

le è nutrita ogni carne» (come nel v. 9). 4,20 Il suo posto (l'1P.70>- La Vulgata traduce diversamente: pabulum eius («il suo pascolo»). La versione siriaca rende invece con «la sua dimom> per poi inserire: «sia nell' erba della terra, e il suo cuore si muti da quello

toro, è addomesticato alla stregua di un bue al pascolo, ossia è sottomesso. Cosi come ha deportato altri (il re di Gerusalemme, appunto), sarà deportato, e cosi come Yoyakin ritrova onore presso la sua mensa (2Re 25,27-30), anch'egli è ristabilito. Al saggio israelita non rimane che indirizzargli raccomandazioni simili a quelle date da Mosè, «perché goda di lunghi giorni» (Es 20,12; Dt 4,40). Nello specifico, deve provvedere ai poveri per liberarsi dei propri peccati (Th 4,7.8.16; Sir 7,10).

63

DANIELE 4,23

Beltshazzar rispose: «Signore, il sogno sia per coloro che ti odiano e la sua interpretazione per i tuoi nemici! 17L'albero che hai visto, che è divenuto grande e robusto, la cui cima raggiungeva il cielo, visibile a tutta la terra, 18il cui fogliame era bello e il flutto abbondante, in cui c'era cibo per tutti, sotto il quale dimoravano gli animali della campagna e nei cui rami stavano gli uccelli del cielo 19sei tu, o re, che sei diventato grande e potente. La tua grandezza è cresciuta e ha raggiunto il cielo mentre il tuo dominio raggiunge i confini della terra. 2DE che il re abbia visto un vigilante, un santo, scendere dal cielo e dire "Abbattete l'albero, distruggetelo, ma lasciate nella terra il ceppo con le radici, con catene di ferro e di bronzo, nell'erba del campo, sia bagnato dalla rugiada del cielo e il suo posto sia con le bestie della campagna finché non passino sette anni sopra di lui!": 21 questa è l'interpretazione, o re, questo è il decreto dell'Altissimo che è pervenuto al re mio signore. 22 Sarai allontanato dalla comunità degli uomini e la tua dimora sarà con le bestie della campagna. Ti sarà data da mangiare l'erba, come ai buoi, e sarai lasciato bagnare dalla rugiada del cielo. Passeranno per te sette anni, finché tu riconosca che l'Altissimo ha potere sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole. 23 Che poi abbiano detto di lasciare il ceppo dell'albero con le radici indica che il regno rimarrà tuo, appena avrai riconosciuto che il Cielo domina.

di uomini e gli sia dato un cuore di animale». 4,22 La versione siriaca aggiunge: «e stabilisce su di esso il più umile degli uomini». 4,23 Il Cielo domina (K~~\ll )IO"~) - Su questo punto si riscontra una divergenza di

traduzione nelle antiche versioni: la versione di Teodozione ha "tfJV ~l;oootav ri]v oòpcivwv («i' autorità celeste»); la Vulgata traduce con potestatem esse caelestem («che il potere è celeste>>); la versione siriaca: «che il dominio è dal cielo».

L'antica versione greca (cfr. p. 190) mantiene il racconto alla prima persona singolare (v. 16), accentua i tratti di delicatezza di Daniele nei confronti del re (v. 16) ed esplicita la responsabilità di Nebukadnezzar nella profanazione del tempio (v. 19). L'esule israelita non è mai chiamato «Belshazzar», tratto che nel Testo Masoretico tradisce l'intervento di un redattore che ha cercato di armonizzare i testi incentrati sulla figura dell'antico eroe.

64

DANIELE 4,24

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copuòdesignareinconcretol'elemosina,come intendono la versione di Teodozi.one e Vulgata. Perché tu possa ancora godere della tua prosperità (1~ ~ M1\:l\:' ltT) -Alla lettem: «Perché ci sia un prolungamento per la tua prosperità>>. Cfr. 7,12. La ver.;ione di Teodo-

nJJ;'W '1 1P- V~Q~~ n9.~~

zi.one rende con: Lawç ~L ~ to1ç mxp1UTt'i;:rTQ ~P~1iJ '1 N~Q1 ,tìz,Nz, m:ilwi N1on 1'rt1VN4 :MnlnZ,~ ;,nZ,lw 'ilìl:J1:J11 k:;:,Z,o :Nl:JN1 Nl'N NZ,n!J NWnl N90::n N:Ji11 -c '"' 12>~~-i~ '1 l~:jl!i~ [hi?~t l ~i'~t] Ìi?~1 m~~,p-;,~s '1 N~:;>'iJ Z,~:;>-'1 Ni'~-z,~ N~~~ z,?.i?.? T:ti;l?.l :il:Jn::> ,,. ili' o9 iltn N:;:,Z,m N:;:,Z,o ••

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5,1 Mentre gustava il vino (lq'?tT Cl?l?~)L'espressione può anche tradursi: «sotto il comando del vino~~. Come si arguisce dal

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Racconto dei tre paggi di l Esdra 3, il re è forte, eppure il vino può vincerlo. Con ironia si suggerisce che i suoi comandi, tanto temu-

5,1-6,1 La scritta misteriosa Laddove Nebukadnezzar, corretto dali' Altissimo, si ravvede, lasciando un esempio per i suoi successori, il suo ultimo erede ignora ogni forma di sottomissione a Dio e, quindi, perde ogni potere. Il testo si apre presentando le circostanze in cui compare una scritta sul muro del palazzo del re ( vv. 1-4), si soffenna sullo sconcerto del sovrano che pertanto si risolve di convocare Daniele (vv. 5-16), riferisce l'intervento del saggio israelita (vv. 17-28); termina con un breve epilogo {5,29-6,1). Come per il capitolo 4, anche in questo caso il confronto tra il Testo Masoretico e l'antica versione greca (cfr. pp. 193-194) suggerisce che l'attuale racconto abbia attraversato diverse revisioni. Il racconto tramandato in greco sembra essere stato fissato prima di quello tramandato in aramaico. Nel Testo Masoretico il capitolo è meglio integrato con quanto precede: Daniele è noto pure come «Baltazzar)) (v. 12; cfr. 1,7), la vicenda del temporaneo allontanamento di Nebukadnezzar da palazzo è ancora importante (vv. 18-21; cfr. 4,4-5.26·30). Nel papiro 967, il più antico testimone dell'antica versione greca, i capitoli 5 e 6 sono collocati dopo il capitolo 7, ambientato nel primo anno di Belshazzar. 5,1-4 Il banchetto sacri/ego Nella cronologia del libro, a Nebukadnezzar succede Belshazzar. Questi, da ciò che si ricava dalle fonti mesopotamiche, era in realtà figlio di Nebonedo e suo coreggente a partire dall'anno in cui il re suo padre si trasferl a Teman lasciando

69

5

DANIELE5,5

11 re Baldassàr imbandì un grande banchetto per i suoi mille dignitari, e in presenza dei mille stava bevendo il vino. 2Baldassàr, mentre gustava il vino, ordinò di portare i vasi d'oro e d'argento che suo padre Nebukadnezzar aveva sottratto al tempio di Gerusalemme, affinché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine. 3Allora si portarono i vasi d'oro che erano stati asportati dal santuario del tempio di Dio a Gerusalemme e in essi bevvero il re, i suoi dignitari, le sue mogli e le sue concubine. 4Bevevano vino e lodavano gli dèi d'oro e d'argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra. 51n quel momento uscirono delle dita di mano d'uomo e scrivevano di fronte al candelabro sopra l'intonaco del muro del palazzo del re e il re vedeva il palmo della mano che scriveva. 1

ti, non sono in realtà che ispirati dall'alcool. 5,5 In quel momento (iT~~W-l"'~)- La medesima formula compare in 3,6.15; 4,30 e

accompagna l'emanazione di una sentenza. Candelabro (MJ;\~'1~) - Termine di origine persiana.

Babilonia. Il racconto di Daniele sembra rielaborare tradizioni già note a Erodoto (Storie 1,191,6) e Senofonte (Ciropedia 7,5,15), per le quali la presa della capitale avvenne durante una festa notturna. Sullo sfondo delle antiche profezie, il re che vuole bere dai vasi asportati dal tempio di Gerusalemme si trova a compiere l'oracolo del Signore: beve allacoppadell'irariservata per gli empi (Ger25,15; 51,39). A quanto sta per accadere fa da contrasto lo sfarzo esagerato della corte: Dio sta per umiliare i grandi della terra. Diversi testi, biblici ed extra-biblici, insistono sul lusso sfrenato dei sovrani (p. es., Est l ,3-7). La particolare menzione degli ((dèi d'oro e d'argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra>> (v. 4) svela la debolezza che mina la stabilità del potere. Lo stesso Isaia imputa alla vanità degli idoli la fine di Babilonia (Is 41 ,29; 46, l). Nella Preghiera di Nebonedo (4QprNab [4Q242]), il re confessa appunto di rivolgersi «agli dèi d'argento e d'oro, di bronzo e di ferro, di legno, di pietra e d'argilla» (7-8). ~,5-16 Una scritta sulla parete Il passo si articola in tre momenti: si assiste dapprima alla reazione del re alla comparsa della scritta (vv. 5-7), quindi all'ingresso dei notabili di corte che riescono solo a consigliargli di convocare Daniele (vv. 8-12) e, infine, allo scambio tra il sovrano e il saggio israelita (vv. 13-16). Belshazzar è testimone dell'improvviso intervento del «dito» di Dio, che in passato ha colpito l'Egitto e vergato le tavole della legge (Es 8,15; 31,18). L'intervento angelico che notifica la sentenza di Dio, con sembianze umane, ricorda

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DANIELE5,6

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dibereincopped'oro,didormireinunletto d'oro, di avere un cavallo con briglie d'oro, gli darà un turbante di puro lino, una collana e gli permetterà di sedere al suo fianco (J Esdra 3,6-7). Collana (M:r'~'?iJ1)- Termine di origine persiana.

l'analoga comparsa di un uomo a fianco di Anania, Azaria e Misaele in 3,25. L'impiego del verbo (aramaico n•paq), già utilizzato ai vv. 2.3 a proposito dei vasi sacri «asportati», lascia capire il motivo della sentenza divina: si sono fatti uscire i vasi sacri; pertanto, ora «esce>> una sentenza. Il profondo turbamento che pervade il re certifica che ora si è di fronte alla potenza di Dio: gli si sciolgono invero i fianchi (v. 6), proprio come Dio ha promesso di fare per facilitare l'arrivo di Ciro (ls 45,1). Se in Dn 3,19 il re era stravolto dalla rabbia, ora cambia d'aspetto per la paura (5,6). Il re chiede che qualcuno dei suoi scribi provveda a leggere ciò che è stato tracciato sotto i suoi occhi (v. 7). Forse ci sono segni cuneiformi dal valore insolito (ogni segno può leggersi in vari modi, a seconda del contesto), forse si utilizzano caratteri stranieri non cuneiformi, forse i segni sono composti in codice (in Ger 51,1.41 due parole sono, p. es., scritte secondo l'ordine inverso dell'alfabeto, usando cioè l'ultima lettera al posto della prima, la penultima anziché la seconda ecc.). Non è poi da escludere che solo il re veda la scritta (la parete è del resto ben illuminata) e chieda ai suoi esperti qualcosa di simile a ciò che domandò suo padre, ovvero di indovinare la scritta e il suo significato (Dn 2,5). Gli onori che promette a chi può

71

DANIELE 5,11

6Allora

il re mutò d'aspetto e i suoi pensieri lo turbarono; le giunture dei fianchi si sciolsero e i suoi ginocchi battevano l'uno contro l'altro. 711 re gridava con forza di far entrare gli incantatori, i caldei e gli aruspici. Il re prese la parola e disse ai sapienti di Babilonia: «Chiunque leggerà questa scritta e mi farà conoscere la sua interpretazione, vestirà di porpora, una collana d'oro gli starà sul collo e governerà come terzo nel regno!». 8Entrarono così tutti i sapienti del re, ma non erano capaci di leggere la scritta e di illustrarne al re il significato. 9Pertanto il re Baldassàr rimase molto turbato, il suo aspetto cambiò e i suoi notabili erano costernati. 10La regina, con ciò che stava accadendo al re e ai suoi dignitari, entrò nella sala del banchetto. La regina prese a dire: «0 re, vivi in eterno! Non ti turbino i tuoi pensieri e il tuo aspetto non cambi. 11 C'è un uomo nel tuo regno che possiede lo spirito degli dèi santi. Nei giorni di tuo padre si 5,10 Con ciò che stava accadendo al re e ai suoi dignitari (':'1~~?"1~11 M~'?~ •?l? ~::li?,7) - Alla lettera: «Dinanzi ai fatti del re e dei suoi grandi». Cosi traduce anche la Vulgata (pro re quae acciderat regi et optimatibus eius). La versione di Teodozione, invece, comprendendo •?~;~ nel senso

di «parole}) («alle parole del re e dei suoi grandi») omette pertanto la frase poiché il re ha parlato solamente al v. 7. 5,11 In lui (1'1:::1 ••• ) -Il Testo Masoretico sembra contenere una glossa individuata dalla duplice ripetizione di i'l::l.

dargli una risposta sono di fatto simili a quelli messi in palio da Nebukadnezzar (2,6). n testo, giocando sui diversi sensi del verbo qiire' («gridare>>, «chiamare», «leggere», «proclamare»), mette in scena un re che si limita a gridare (v. 7) e a chiedere che si legga. Ignora, ironicamente, che la scrittura è una sentenza vera e propria, emanata dal Re del cielo (4,34). Quando questa sarà letta e proclamata pubblicamente dinanzi a tutti i suoi ufficiali, si troverà davanti alla sua condanna definitiva. La regina, prendendo la parola, collega quello che sta accadendo al passato. Gli episodi avvenuti a corte prima dell'avvento di Belshazzar non sono eventi sorprendenti ormai lontani bensi occasioni in cui è stato rivelato qualcosa che è sempre valido nel tempo. Il re, dimentico di Daniele, assomiglia pertanto allo sventurato Faraone che sali al trono senza aver saputo ciò che Giuseppe aveva realizzato (Es 1,8). In Daniele, ricorda, c'è la stessa luce di Dio e la sua parola pertanto effonde luce (v. 11; cfr. 2,22; Sal119,105; Pr 6,23). Nell'antica versione greca il racconto appare più dinamico, con particolari inediti: i grandi sono, per esempio, presi dai loro discorsi boriosi mentre il re è terrorizzato, gli esperti sfilano uno a uno per osservare il prodigio (vv. 6-7). Secondo questo testo tutti, senza dubbio, possono vedere la scritta, pur non potendola leggere.

DANIELE 5,12

72

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«luce)), la versione siriaca rende con «grande sapienza)),la versione di Teodozione con ypT]y6pTj. La medesima parola occorre in Sal2,1 per

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descrivere l'insurrezione dei re ai danni del Messia. 6,Blgovernatori ... e i prefetti(~~ ...~) -L'elenco, assente nell'antica versione greca, raccorda il presente racconto a quello del c. 3 (vv. 2.3.27).

ostinatamente (il verbo b'h è ripetuto ai vv. 5.8.12.13.14), si vuole trovare (il verbo sk(l è ripetuto ai vv. 5.6.12.23.24). I nemici cercano evidentemente sicurezza perseguitando l'Israelita di cui temono la superiorità, mentre questi cerca Dio, pregando. Quelli ritengono di trovare il suo punto debole proprio nel fatto che prega ma questo, ironicamente, è il segreto della sua forza. Il suo Dio è infatti capace di salvarlo persino dai leoni. Quelli pensano cosi di aver trovato la sua colpa, mentre questi lo troverà innocente e tale lo dimostrerà agli occhi del re. 6,7-11 Un decreto iniquo I notabili dell'Impero, ironicamente, si mostrano ancora una volta incapaci in fatto di scrittura. Nel capitolo precedente, i ministri di Belshazzar non sono riusciti a leggere e ora gli ufficiali di Dario redigono un documento formalmente valido ma insensato, dannoso per gli altri e per loro stessi. Costoro invitano il re a fissare un divieto la cui trasgressione sia pagata con la morte. Ai vv. 8-9 la decisione imperiosa è rimarcata dalla triplice ripetizione della radice qwm («stabilire», al pael) nelle espressioni />: 8,1; 9,21), ripresenta un dialogo con Gabriele- comparso al capitolo 8 -, riproduce in 9,20-27 un discorso analogo a quello di 7,23-27 e di 8,19-27, eppure registra qualcosa di diverso. Sotto il regno di Dario le modalità della rivelazione mutano: il saggio israelita cerca di comprendere le Scritture (9,2), implora il Signore (9,3-20), non scorge più bestie o coma, come nei capitoli 7 e 8, ma ode semplicemente un discorso. Il capitolo 9, come si argomenterà, funge da cerniera con la seconda sequenza costituita dai capitoli l~12. 7,1-28 Il decreto della corte celeste Dopo aver interpretato i sogni avuti da Nebukadnezzar (cc. 2 e 4) e la scritta misteriosa comparsa alla corte di Belshazzar (c. 5), Daniele ha delle visioni che, da solo, non riesce più a decifrare. All'inizio del regno del sacrilego Belshazzar (7, l), di notte, apprende che Dio ha decretato la fine del potere di re dispotici, pericolosi come fiere imbattibili, e ha stabilito di conferire ogni autorità a qualcuno dall'aspetto umano

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:t~1~1 '?.~'? c~, ~~~ k~~ ~~:P r~ :r;~l [r~~Tt?. 7,2 Nella mia visione, durante la notte L'espressione aramaica (~e:7·~-C.\I 'Hry:;l) riprende 2,19 ave, in sogno, è rivelato «il mistero» del «Dio Altissimo». 7,6 Sui fianchi (:1~0 - Altra tra-

duzione possibile: «sul dorso~~. 7,8 Piccolino - L'aggettivo l'11'lJ.~, verosimilmente un diminutivo, contrasta con il «corno» (P. P), simbolo di forza e potenza, nonché con la

(7,1-14). Grazie all'aiuto di un angelo interprete, viene quindi a sapere che tutto questo accadrà in un tempo di dure persecuzioni (7,15-28). Le fiere, l'Anziano, il figlio dell'uomo (7,1-14). L'avvio della visione (vv. l-2a) è caratterizzato dall'inserimento di diverse glosse, riconoscibili come incisi del discorso. n sogno, si precisa anzitutto, consiste in vere e proprie «visioni della mente»; pertanto dischiude un'autentica rivelazione (come già in 2,28 e 4,7.10). Questo è poi offerto al lettore nella forma di un documento scritto, autorevole, riprodotto per intero, dall'inizio alla fine (7,28a). Esso contiene le parole vive di Daniele (> (v. 9), «come un figlio di uomo» (v. 13). La prima scena, con un linguaggio dai tratti fortemente mitologici, rievoca il caos primordiale, alludendo ai racconti di creazione e alle loro allusioni presenti nella poesia di Israele. L'abisso squassato dai venti rimanda a Gen l ,2; le fiere, la cui sola presenza~ mina morte e violenza, ripresentano la minaccia costituita da draghi e mostri marini come Rahabe il Tannin(cfr. Gen 1,21; Is 27,1; 51,9; 26,12; Sal74,13; 89,11; Gb 7,12; 9,13). Forse la mente di Daniele è affollata dai personaggi della letteratura babilonese con cui si è cimentato alla corte di Nebukadnezzar (Dn 1,4). Le bestie da lui viste richiamano infatti i mostri dell'Eniima eliS, antico poema accadico della creazione. Plasmati da Tiamat quando le sue acque sono disturbate dai quattro venti del giovane Marduk. hanno la forma di serpenti, dragoni, eroi coperti di peli, leoni mostruosi, uomini-leone, uomini-scorpione, demoni possenti, uomini-pesce, uomini-toro dotati di anni che non risparmiano. Costoro, giganti spaventosi muniti di denti aguzzi., sono capitanati da un tal Kingu, ancor più grande, a cui è conferita la regalità divina (Eniima e/iS 1,1 05-154). Anche le annotazioni sulle coma, simbolo della forza, si possono ben comprendere sullo sfondo della letteratura divinatoria che Daniele dovette studiare. Nelle liste Summa izbu, che insegnano a trarre presagi dall'osservazione dei feti animali malformati, si trattano, per esempio, casi curiosi di bestie ibride cornute, la cui comparsa preannuncia importanti eventi nella vita della casa reale. Ciò che si impone nella creazione è, nel sogno di Daniele, una potenza tenificante per la sua capacità distruttiva. C'è il leone reso ancor più rapido dalle ali dell'aquila, l'orso con le sue zanne, la pantera con quattro teste (con, quindi, quattro bocche), fulminea come può esserlo con quattro ali L'ultima bestia, emblematica, è molto forte, con grandi denti di ferro e dieci coma; essa divora, frantuma, calpesta. Benché ciascuna delle quattro bestie sia descritta separatamente e abbia consistenza propria- esse giungono i.nfiùti una dopo l'altra, come si afferma all'inizio dei vv. 6 e 7 -le posizioni che esse assumono appaiono in una consequenzialità tale da suggerire un'unica azione. La prima viene messa in posizione eretta (v. 4), la seconda- nella medesima posizione- è pronta per mangiare (v. 5), la terza ottiene l'autorità (v. 6) che la quarta esercita selvaggiamente divorando (v. 7).

91

DANIELE 7,10

Rimasi a guardare finché non furono collocati dei seggi l e l'Anziano si assise. Il suo vestito era come la neve bianca, l i capelli del suo capo come la lana pura; il suo trono era di fiamme di fuoco, l con ruote di fuoco ardente. 10Un fiume di fuoco fluiva, l sgorgando alla sua presenza, migliaia di migliaia lo servivano l e miriadi di miriadi stavano dinanzi a lui. La corte sedette e i libri furono aperti. 9

(con la desinenza del plurale maschile c•-, tipica dell'ebraico anziché quella aramaica

l'-) e al v. 11, per «fuoco», si usa posto di '1~l.

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Nella molteplicità delle sue manifestazioni si affaccia l.Dl'unica realtà che trova nella quarta fiera, in particolare nel suo piccolo como, la sua piena espressione. Le immagini sono concepite per sovrapporsi cosi da produrre un Wlico disegno del quale si coglie Wl elemento in particolare, distinto e tuttavia inscindibilmente connesso a quanto lo circonda. Dopo quattro descrizioni, segnalate dal verbo «guardare» (vv. 2.4.6.7), giunge invero Wl momento di riflessione («prestavo attenzione»), ed ecco il piccolo como (v. 8). Gli occhi del como, «come occhi di uomo» (v. 8), e la sua facoltà di parola suggellano l'ingresso delle fiere nel mondo degli uomini. Perse le ali, in piedi e dotate di intelletto, acquistano lo sguardo vigile di chi può discorrere. Le creatw'e dell'abisso sono bestiali, eppure hanno sembianze umane. Le parole arroganti che escono dalla bocca del como, nella letteratura dell'antico Israele, ricordano l'audacia delle frasi del «grande re», il re d'Assiria ~erib che posto l'assedio a Gerusalemme al tempo di Ezechia sfidò il Signore (cfr. 2Re 18, in particolare i vv. 28-35). Con ciò, agli occhi di Daniele, l'orizzonte è dominato da forze mortifere ed empie. La seconda scena che cattura il saggio israelita, diversamente, si ambienta nei cieli. Li, nel fuoco e in una luce intensamente bianca, risplende la gloria di Dio. Dio gli si impone anzitutto come re indiscusso e giusto. Egli, il cui trono è stabile da sempre e non passerà ad altri giacché i suoi anni non hanno mai fine (Sal 93,1-2; 102,28), è > dei «figli dell'Altissimo» (Sal82, 1.6), il «consiglio dei santi» (Sal89,6), con ministri intenti a proclamame la santità e pronti ad attuarne le decisioni (Is 6,2-3.8). Qui, proprio perché il suo dominio è stabile in ragione del fatto che poggia «SU giustizia e diritto>> (Sal 97,2), interviene in qualità di giudice supremo. Daniele testimonia l'apertura dei . L'espressione, ripetuta in Dn 11 ,3 .16.36, compare anche in Ne 9,24 ed Est 1,8; 9,5. 8,5 R capro è venuto (M il C~~:;r,·~~)- Nella traduzione il ricorso al passato prossimo rende conto dell'improvvisa focalizzazione sul secondo animale, il quale non è presentato come «un capro» (cfr. «Wl ariete» del v. 3), bensi, alla lettera, come t,ul l

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9, 7 Tua, Signore, è la giustizia e nostra la vergogna (n~ l! ~J71 1"ti?1~iJ ·~.,~ 17) - L'espressione ha connotazioni legali: venendo a giudizio, Dio sarebbe riconosciuto giusto mentre a Israele spetterebbe la vergogna che attende il colpevole una volta che è smascherato; cfr. Esd 9,7.15; Ne 9,33. Per il cittadino di Giuda e per gli abitanti di Gerusalemme (t:l'?~~,; ·~~i·'?~ 1"!1~1"!; ~a;t'f)

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- Espressione che richiama l'interezza del popolo, secondo l 'uso di 2Re 23,2; Is 5,3 e di Geremia (cfr., p. es., Ger 4,4; 11,2.9). Sia i vicini, sia i lontani (C'Pi'T!;:t1 C':;!"lP,iJ) -Cfr. IRe 8,46. In tutte le terre in cui li hai scacciati (CI;'Ir;T"!I"t ,Wl$ nill'11$t1-"~~)- Altra formula tradizionale; si vedano, p. es., Dt 30,1; Ger 8,3; 16,15; Ez 4,13; 012,20.

Il frasario di Daniele è poi prossimo a quello adottato da Neemia in Ne l ,5-11. Questi, avendo appreso come i suoi connazionali a Gerusalemme siano gravati da «una grande sventura)) e investiti dall' «irrisione)) dei vicini (Ne l ,3; cfr. Dn 9,12.16), piange, fa lutto, digiuna e implora il Signore (Ne 1,4; cfr. Dn 9,3). La sua preghiera esordisce esattamente come quella di Daniele («Ti prego, Signore ... , o Dio grande e tremendo, che custodisci l'alleanza e la benevolenza con quanti ti amano e osservano i tuoi comandamenti!))), dopodiché confessa la trasgressione dei precetti divini di cui Israele si è reso colpevole (Ne 1,7; cfr. Dn 9,5). Un'ulteriore implorazione del libro di Neemia, attribuita ai }eviti e riportata in Ne 9,6-37, ispira alcuni passaggi di Daniele. Ribadendo anch'essa che il

113

DANIELE 9,12

Tua, Signore, è la giustizia e nostra la vergogna, proprio come è oggi, per il cittadino di Giuda e per gli abitanti di Gerusalemme, per tutto Israele, sia i vicini, sia i lontani che si trovano in tutte le terre in cui li hai scacciati a causa della slealtà che ti riservarono. 8YHWH, la vergogna è nostra, dei nostri re, dei nostri principi, dei nostri padri, poiché abbiamo peccato contro di te. 911 Signore nostro Dio è misericordioso e pronto al perdono ma ci siamo ribellati a lui, 10non abbiamo obbedito a YHWH nostro Dio così da seguire le sue leggi che ci ha offerto tramite i profeti suoi servi. 11 Tutto Israele ha trasgredito la tua legge, si è allontanato per non obbedirti e cosi si è riversata su di noi la maledizione del giuramento scritta nella legge di Mosè servo di Dio poiché abbiamo peccato contro di lui. 12 Ha compiuto le parole di minaccia rivolte a noi e ai giudici che ci guidavano, di far venire su di noi una sventura tanto grande quale non capitò sotto tutto il cielo come invece ci fu a Gerusalemme. 7

A causa della slealtà (C'?J,?~f)- Cfr. Esd 10,2; Ne 13,27; 2Cr 36,14. 9,9 Misericordioso e pronto al perdono (nin~!piJ1 c·~r:t1~) - Formulazione simile a Ne 9,17, che a sua volta riprende la rivelazione del Nome fatta a Mosè in Es 34,6. + 9,10 Testi affini: Ger 3,25; 26,4; 32,23; 44,10 9,11 Per non obbedirti (1~Pf ~;~~ '1'17::17) -Formulazione identica in Ger 18,10.

La maledizione del giuramento (i'Tf'?lfliJ1 i'T?~;t~) - ll giuramento con cui si pattuisce l'alleanza include l'invocazione della sventura su chi la violerà. La maledizione irrompe in tal modo come manifestazione dell'ira del Signore; cfr. Dt 29,19-20 e Ger44,6. 9,12 Ha compiuto le parole (i;~•rn~ cp~1) - Questo tipo di formulazione è comune a Ne9,8.

Signore è giusto nel suo operare (vv. 8.33 cfr. Dn 9,7.14), scandisce in ugual modo la responsabilità dei re, dei capi, degli anziani (vv. 33.34; cfr. Dn 9,6.8) che non ascoltarono, si ribellarono, peccarono, furono empi (vv. 16.26.29.33; cfr. Dn 9,5.6.15). La loro disobbedienza li oppose alle leggi, agli ordinamenti, ai precetti salvifici (vv. 13.29; cfr. Dn 9,5.10), pur costatando le continue manifestazioni di bontà e di misericordia del Dio dell'alleanza (vv. 19.27.28.31; cfr. Dn 9,9.18), nonché la sua fedeltà nel portare a compimento la parola data (v. 8; cfr. Dn 9,12) . . Quando il popolo ha traviato in tutti i suoi componenti e in ripetuti modi, non resta a Daniele che affidarsi alla potenza del nome di Dio, che invoca in maniera quasi martellante come «YHWH>>, «Dio», «Signore», «Dio grande e tremendo»

114

DANIELE 9,13

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~~1)

-n volto divino non più rabbuiato bensi favore-vole vale la salvezza; cfr. Nm 6,25; Sal67,2-3. (• 9,17 Testi affini: !Re 8,28; Gen 18,30.32 //9,18 Testo parallelo: Is 37,17

La città a te consacrata (,'l1i?1i?'~~ ;~l!! tt1p~-,~~)- Alla lettera: «la città su cui è pronunciato il tuo nome». Quando il nome del Signore è invocato su qualcosa, questa gli appartie-

ne, ossia gli è consacrata. Tale formula è adoperata in riferimento a Gerusalemme anche in Ger 25,29. + 9,18 Testi affini: Is 37,17; 64,5; Ger 42,9; Ne 9,19.27.31 9,19 Ascolta... per amor tuo (;~~'? ... :"!~~-Sequenza di formule tradizionali: si vedano 1Re8,30; Ger 14,7; Sal40,18. La tua città e il tuo popolo ti appartengono (;rpp-"~1 ilY".P K1P,~ '11?1!1) - Per la

I settant'anni di Geremia, trascorsi senza che Gerusalemme abbia ritrovato l'antico splendore, sono reinterpretati in settanta settimane di anni. L'equivalenza di un anno con un settenario di anni è già suggerita da 2Cr 36,21 che legge la profezia di Geremia in mpporto al precetto dell'anno sabbatico (Lv 25,3-4 impone di non lavorare la terra ogni settimo anno). Secondo il Cronista i settant'anni di desolazione scontano cosi settanta anni sabbatici trascurati dal popolo e, quindi, corrispondono

117

DANIELE 9,24

0ra, Dio nostro, ascolta la preghiera del tuo servo, le sue suppliche. Fa' risplendere il tuo volto sul tuo santuario devastato, per amore del mio Signore. 18Tendi l'orecchio, Dio mio, e ascolta, apri gli occhi e guarda lo squallore in cui versiamo, la città a te consacrata! Certo non per i nostri atti di giustizia presentiamo innanzi a te le nostre suppliche, ma per la tua grande misericordia. 19 Signore, ascolta! Signore, perdona! Signore, presta attenzione e intervieni, non tardare, per amor tuo, Dio mio, poiché la tua città e il tuo popolo ti appartengono!». 20 Stavo ancora parlando, pregavo e confessavo il mio peccato così come il peccato di Israele, mio popolo, deponevo la mia supplica dinanzi a YHWH mio Dio per il monte santo del mio Dio, 21 stavo ancora parlando nella preghiera quando mi raggiunse Gabriele, l'uomo che avevo visto in visione in precedenza, mandato in rapido volo nell'ora dell'offerta serale. 22 Mi istruì. Parlò con me, dicendomi: «Daniele, ora sono uscito per conferirti intelligenza. 23All'inizio delle tue suppliche è uscito un ordine che sono venuto a riferire: certo, tu sei prediletto. Comprendi la parola, penetra la visione. 24 Sono state decretate settanta settimane l per il tuo popolo e la tua città santa, perché si ponga fine al peccato, l si mettano sotto sigillo le trasgressioni, l si cancelli la colpa, perché si introduca una giustizia eterna, si sigilli la visione del profeta, si unga il santo dei santi. 17

traduzione, cfr. nota a 9,18. Israele è riconosciuto come il popolo «su cui è invocato il nome del Signore» anche in Dt 28,10; ls 63,19; Ger 14,9; 2Cr 7,14. 9,21 Nel/ 'ora del/ 'offerta serale (::l'!.v-nr:q~ rwf)- Il momento del sacrificio è considerato propizio per l'esaudimento della preghiera, è il . La versione siriaca rende con «(fino) al messia, il santo dei santi>>.

a una colpa protratta per quattrocentonovant'anni. Mentre, però, nella teologia del Cronista gli anni di colpa stanno alle spalle, in Dn 9,24 contrassegnano un tempo ancora a venire. Le «settanta settimane» costituiscono il periodo in cui deve consumarsi il peccato di Israele e trovare adeguato riconoscimento la profezia. Questa deve essere infatti «sigillata», a certificazione della sua autenticità (cfr. lRe 21,8; Ger 32,10; Gv 3,33; 6,27). Con linguaggio metaforico si parla del peccato come di

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DANIELE 9,25

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10,16 Parlai. Dissi {:111?M~ :11~1~~) - Le due forme verbali narrative con la desinenza ;, sono tipiche dell'ebraico tardivo.

E non ho potuto trattenere le forze (1t':l111~ '1:'"1~V)- Per parlare del suo mancamento, Daniele di fatto usa un'espressione che altrove è riferita alla gestione del potere da parte del sovrano; si vedano 1Cr 29,14; 2Cr 13,20; 22,9. 10,21 ThttQI/ia >, presenti al v. 28, si ritrovano rispettivamente in 1Mac 1,19 e 1,15.63). Nel 168 a.C. Antioco riprende la guerra, esige la cessione di Cipro e Pelusio, occupa il Basso Egitto e si stanzia nei pressi di Alessandria. In un suo sobborgo, a Eleusi, è però raggiunto da un ambasciatore romano. Tolemeo VI e Tolemeo VIII hanno infatti domandato di comune intesa l 'intervento di Roma. Ad Antioco è intimato di lasciare Cipro e l'Egitto: Marco Popilio Lena traccia attorno a lui un cerchio e gli ingiunge di fornirgli una risposta prima di uscire dal cerchio, umiliandolo pubblicamente. La Siria meridionale è nondimeno riconosciuta

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DANIELE 11,31

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1#771 iJ:t7~ Owf 'li"}~; ~t;lpf.~ O'?.'~f.t'~iJ-10~ 35 :1,V.i1Zl7 1ilr'~ l'i?.. n;?-1.1) 11,31 La fortezza (Til19iJ) - Il termine è già stato impiegato, con tale significato, ai vv. 7.10.19 e qui come in Ez 24,25 si riferisce a Gerusalemme e al suo tempio, probabilmente a seguito delle costruzioni volute dallo stesso Antioco (lMac 1,33). Nella preghiera di Israele può indicare Dio, vera «protezione» (cfr., p. es., Ger 16,19; Sal28,8). Il desolatore (C~itD!?)- Cfr. nota a 8,13. 11,31 Con le sue insinuazioni porterà alla defezione (nip'?Q~ ~·~Q~) - Le parole

ebraiche richiamano Ger 23,11-12: «Anche il profeta e il sacerdote sono divenuti empi (,El~.!;~); perfino nella mia casa trovo la loro malvagità. Oracolo del Signore. Perciò la loro strada sarà per loro come luogo sdrucciolevole (nip'?p'?Q~)». 11,33 Molti (C':;l1~)- Cfr. 9,27. Di spada ... in prigionia e sotto confische (;,1~=?, ·~~:;! ... ::l"),ry~)- È questa una citazione di Esd 9,7: «Per le nostre iniquità.. . siamo stati consegnati in mano ai re delle nazioni e abbandonati alla spada,

ad Antioco. In Palestina questi, per motivi economici, favorisce le famiglie di Gerusalemme che auspicano una riforma della società improntata alla cultura greca. Consente al sommo sacerdote Giasone di costruire un ginnasio; poi nel 172 a.C. lo sostituisce con Menelao che gli promette un tributo più cospicuo. Quando nel 169 a.C. Giasone approfitta dell'assenza del sovrano, impegnato nella campagna egiziana, per occupare Gerusalemme, Antioco interviene mettendo la città a ferro e fuoco, revocando i privilegi concessi da Antioco III e imponendo l'ellenizzazione del popolo con uno stanziamento permanente di soldati. Nel tempio fa erigere un altare dedicato a Zeus Olimpio e le pratiche yahwiste sono bandite sotto pena di morte. L'editto persecutorio sottoscritto da Antioco IV non è immaginabile a prescindere dalle responsabilità di soggetti politici israeliti: ad essi si allude con l'espressione «coloro che s1 rendono colpevoli» (v. 32). Giuda Maccabeo organizza un gruppo armato che di fatto riesce a prevalere in tutta la Giudea (a eccezione della roccaforte di Gerusalemme) e a riconsacrare il tempio nel dicembre del164 a.C. L'opposizione militare guidata

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DANIELE 11,35

Si schiereranno contingenti inviati da lui e profaneranno il tempio, la fortezza, aboliranno il sacrificio perpetuo e installeranno l'abominio, il desolatore. 32Con le sue insinuazioni porterà alla defezione coloro che si rendono colpevoli di fronte all'alleanza mentre il popolo di quanti riconoscono il proprio Dio si rafforzerà e interverrà. 331 saggi del popolo aiuteranno molti a capire ma per un po' di tempo cadranno di spada, nella fiamma, in prigionia e sotto confische. 34Quando inciamperanno, riceveranno un poco di aiuto ma molti si uniranno a loro con ipocrisia. 35Dei saggi alcuni cadranno perché siano vagliati, per dare purezza e candore, sino al tempo della fine che sarà comunque al momento fissato.

31

alla deportazione, alla rapina

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ilt~;!,)».

Nella fiamma (ii?:;"T7~,)- Probabile glossa che richiama Is 5,24 e 43,2, due passi profetici che annunciano la punizione per gli empi (i saggi di cui qui si parla soffrono pertanto a motivo di costoro) e la misteriosa protezione assicurata ai fedeli che devono attraversare il fuoco. Il termine ebraico può anche significare >, «infamia>>). 11,3 I saggi splenderanno(~,~~ c·~~~iJ1) - In ebraico esistono due verbi ,m che, ali' hiphi/, significano rispettivamente «risplendere» (qui) e «ammaestrare», «am-

monire» (cfr., p. es., Es 18,20; Ez 3,17). L'omonimia può suggerire un gioco di parole: chi dona la luce del! 'istruzione diverrà lui stesso luce. Il verbo scelto dalla versione greca della versione di Teodozione (che ha: ol ouv~Év-w; ÈKM4.L$ouo~v) è ripreso in Mt 13,43 (o t oLKu~o~ ÈKM4.L$ouo~v Wç Ò ~À.LOç, «Ì giusti risplenderanno COme il sole»).

cadaveri dei peccatori sempre tormentati dai vermi e dal fuoco (Is 66,24), cosi come chi verrà a condividere la sorte delle schiere celesti, cioè degli angeli di Dio, ripresenterà il trionfo del servo del Signore che dopo aver portato la colpa di molti è esaltato (ls 52,13-53,12). Conclusione (12,4). A conclusione del suo discorso l'angelo ingiunge a Daniele di non divulgare le parole rivoltegli. Nella finzione del racconto si intende in tal modo offrire il motivo per cui una rivelazione tanto preziosa sia rimasta sconosciuta per quasi quattro secoli (dall'epoca di Ciro sino all'epoca della diffusione del libro). Il tempo trascorso è d'altronde presentato come un periodo in cui «si va di qua e di là» (verbo ebraico, silt polel), come alla ricerca della manna da raccogliere nel deserto (Nm Il ,8), sulle tracce di un giusto che a Gerusalemme sia meritevole di perdono (Ger 5,1), bramosi di un oracolo che dia luce (Am 8,12). Chi viceversa ha accesso allibro si scopre protagonista del tempo finale, esposto alla durezza della lotta e all'urgenza della decisione: con chi ci si vuole schierare?

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DANIELE 12,5

vJr::t? lvJ"~~-n~~;t VO~f!;tf :ni~7~iJ fi?.. "P1ti~ ,~;iJ "9'~7 ;~'P-~ C'0Wi1-',N ì',Noi.zn i~'O" 01~, ·~N'il "O'o','?.u~o 1vJN C"'i:!li1 ' ..

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ne greca legge: Ka:t d na: v («dissero»). 12,7 Quando la mano del popolo santo non sarà più respinta {W"::y·c~-,~ f~ n~':l~~~) - Si usa una formula tolta dal linguaggio diplomatico ben attestata in accadico: il vassallo

12,5-13 Conclusione Il libro ebraico-aramaico si chiude con due ultime precisazioni concernenti i tempi in cui si realizzerà quanto preannunciato (vv. 5-7 e vv. 8-13). 12,5-7 La.fine della lontananza dal Signore Nel racconto la posizione di Daniele è ancora straordinaria, trovandosi in compagnia di personaggi angelici che esprimono i suoi medesimi dubbi e che ricevono analoghe spiegazioni. L'angelo conferma quanto detto con un giuramento solenne, alla presenza di testimoni, ribadendo le scansioni cronologiche già prospettate in 7,25 e 8, 19. Dio lascerà il suo popolo in balia delle nazioni per tutto il tempo in cui rimarrà adirato. In tali frangenti si accentuerà la separazione tra giusti ed empi, segno ineludibile della necessità di scegliere a quale gruppo si vuole appartenere. Mentre il culto è sospeso, non rimane che cercare la beatitudine di chi sa attendere con fiducia, come già insegnato dai padri (Is 8,17; 30,18; 64,3; Ab 2,3; Sof 3,8; Sal 33,20). Il tempo che trascorre mentre la comunione con il Cielo è interrotta è annotato con cura: non sono millecentocinquanta giorni, come

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DANIELE 12,13

lo, Daniele, guardai: si ergevano altre due figure, una di qua della riva del fiume e una di là della riva del fiume. 6Si disse all'uomo vestito di lino, che stava al di sopra delle acque del fiume: «Quanto ancora prima della fine di queste cose terribili?». 7Udii l'uomo vestito di lino che stava al di sopra delle acque del fiume: alzò la destra e la sinistra verso il cielo e giurò per Colui che vive in eterno. Parlò di un tempo, tempi e una metà: tutte queste cose cesseranno quando la mano del popolo santo non sarà più respinta. 8Io udii ma non capivo e pertanto dissi: «Signore, come finiranno queste cose?». 9Disse: «Va', Daniele, queste parole restino segrete e sigillate fino al tempo della fine. 10Molti si purificheranno, diverranno bianchi e saranno raffinati; gli empi si renderanno colpevoli, tutti gli empi non comprenderanno, mentre i saggi capiranno. 11 Dal tempo in cui il sacrificio perpetuo sarà sospeso per collocare l'obbrobrio desolante ci saranno milleduecentonovanta giorni. 12Beato chi attenderà e raggiungerà i milletrecentotrentacinque giorni. 13Tu, va' pure verso la fine per poi riposare e quindi rialzarti in vista della tua eredità, alla fine dei giorni». 5

afferra la frangia del mantello del suo signore per supplicarlo; se questi però gliela allontana, significa che la sua richiesta è respinta. La stessa immagine si trova anche in Zc 8,23. 12,10 Molti si purificheranno ... e saranno rcif-

ftnati (C':;l":! W1M, ... ~)-Citato in 4QMìdraYh escatologico (4QF/or o 4Q174) 4,34. Gli empi si renderanno colpevoli (C'.!'~l ,11,~01)- Passo citato nella Lettera halakica (4QMMT) C 22.

si diceva in Dn 8, 14, bensì milleduecentonovanta, anzi milletrecentotrentacinque (12,11-12). La discrepanza delle cifre si spiega, verosimilmente, con il fatto che la ridedicazione del tempio, avvenuta nel dicembre del164 a.C., è nota solo agli ultimi redattori dell'opera. 12,8-13 L 'attesa di Daniele Ciò che è stato rivelato comincia frattanto a compiersi per lo stesso Daniele, uomo saggio. Egli deve «andare verso la fine», per ·una eredità riservata per la ç rrpoaéra~ev È}l~Àf18f\vat E:iç ri)v Ka}ltvov. 25 aràç ~t A~aptaç rrpo011u~aro ourwç Kaì àvo{~aç rò ar6}la aùroù È~W}lOÀoyeiro rQ> Kup{q> li}la rotç auvera{potç aùroù tv }lÉO'q> rQ> rrupì ùrroKato}lÉVflç rf\ç Ka}llVOU ÙltÒ 'tOOV XaÀÒatWV acp6~pa KaÌ drrav 26EÙÀOyf1ròç d, KUpte ò eeòç rrov rrarépwv Tl}lOOV, Kaì aiveròv Kaì ~EÒo~aO'}lévov rò lSvo116: aou dç roùç airovaç, 27 5n òiKatoç et érrì rràmv, otç érro{f1oaç ft}lÌV, KaÌ rravra 'tÒ. ~pya O'OU àÀ118tva, KCXÌ ai ÒÒO{ O'OU ru8Eiat, Kaì rràaat ai KpiaEtç aou àÀf18tVai, 28Kaì Kpt}lara àÀf18Eiaç érro{f1oaç Ka'tÒ. rravra, ii Émlyayeç ft}lÌV KaÌ È1tÌ 'tftv rr6Àtv aou 'tftv liy{av 'tftv rrov rrarépwv it}l&v IepouaaÀJ1}l. ~t6n ÈV àÀf18Etçt KaÌ KptO'Et ÉltOlflO'aç rravra raùra ÒtÒ. ràç à}lapriaç ft}lOOV. 24

3,24- Teodozione, seguito dalla Vulgata, senza citare il nome dei tre amici, legge: KIÙ 1TEpLEmhouv Év 1-LÉO~LllÀoyeirw ti yii ròv Kuptov· UlJ.VelTW Ka:Ì uneputjJourw a:ùròv ei.ç roùç a:iéòva:ç. 75 euÀoyeire, opfJ Ka:ì ~ouvoi, ròv Kuptov· U}lVEÌTE Ka:Ì unepu\jJOUTE a:ùròv ei.ç roùç a:i&va:ç. 76 ruÀoyeire, mivra: rà cpu6}lfVa: ènì n;ç yfjç, ròv KUptov· 'ÒlJ.VEÌTE Ka:ì umputjJoure a:uròv eiç roùç a:i&va:ç. 77 ruÀoyeire, ai nfjya:i, ròv KUptov· U}lVEÌTE Ka:Ì unepu\jJOUTE a:ùròv eiç roùç a:i&va:ç. 78 ruÀoyeire, 9aÀa:crcra:t Ka:ì nora:}loi, ròv Kuptov· U}lVEÌTE Ka:Ì unepu\jJOUTE a:ùròv dç roùç a:iéòva:ç. 79ruÀoyeiTE, K~Tfj Ka:Ì navra: TIÌ KlVOU}lEVa: ÈV TOÌÀoye:lre:,

IopaT]À, ròv KUptov· Ù}.lVEìrE xaì ùne:pu\jJoi>rE aùròv Etç roùç ai&vaç. 84Ei>Àoye:ire:, i.epe:ìç, ròv xuptov· Ù}.lVEÌrE xaì ÙTtEpu\jJoure: aùròv dç roùç ai&vaç. 85 Ei>Àoye:ìre:, òoi>Àot, ròv xuptov· Ù}.lVEìrE xaì ùne:pu\jJoure: aùròv rlç roùç ai&vaç. 86Ei>Àoyein;, nve:u}.lara xaì \jJuxaì òtxaiwv, ròv xuptov· Ù}.lVe:ire: xaì ÙTte:pu\jJoi>rE aùròv dç roùç ai&vaç. 87Ei>Àoye:ìre:, oO'lot xaì ranEtvoì xapO{çt, ròv xuptov· Ù}.lVEtrE xaì ÙTtEpu\jJoi>rE aùròv e:iç roùç ai&vaç. 88 e:ùÀoye:ire:, Avavta, A~apta, MtoaT]À, ròv xuptov· Ù}.lve:ìrE xaì ùnEpu\jJoure: aùròv e:iç roùç ai&vaç, on È~EiÀEro il }.là KUptql, on XPT]or6ç, on Etç ròv ai&va rò fuoç aùrou. 90Ei>ÀoyEire:, Ttavre:ç oi oe:~6}.lEVOt ròv 9e:òv r&v 9Eéòv· Ù}.lVEÌt"E Kaì E~O}.lOÀoyEìo9e:, on e:iç ròv ai&va rò fuoç aùrou xaì dç ròv airova r&v aiwvwv. 3,84 La traduzione segue il testo dell'edizione di Ziegler-Munnich; quello dell'edizione di Rahlfs qui riprodotta, che ha un versetto in più, va reso: «84Be-

nedite, sacerdoti, il Signore: lodatelo ed esaltatelo nei secoli! 15Benedite, servi, il Signore: lodatelo ed esaltatelo molto nei secoli!».

sesto giorno della creazione (Gen 1,20-27) e prestando ancora speciale attenzione alla presenza benefica delle fonti d'acqua (Sal 104, 10-11.13), giunge a sollecitare alla lode gli uomini e, in particolare, gli Israeliti; fra questi, poi, i sacerdoti che, come gli angeli, stanno al cospetto di Dio. In ultimo, Anania, Azaria e Misaele, in compagnia dell'angelo nella fornace ardente, sono assi-

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AZARIA3,90

Benedite, Israeliti, il Signore: lodatelo ed esaltatelo molto nei secoli! 84 Benedite, sacerdoti, ·servi del Signore·, il Signore: lodatelo ed esaltatelo molto nei secoli!

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85.

Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore: lodatelo ed esaltatelo molto nei secoli! 87 Benedite, santi e umili di cuore, il Signore: lodatelo ed esaltatelo molto nei secoli! 88 Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore: lodatelo ed esaltatelo molto nei secoli, poiché ci ha salvati dagli inferi e dalla mano della morte, ci ha liberati di mezzo alla fiamma ardente, ci ha riscattati dal fuoco! 89 Celebrate il Signore, perché è buono, perché la sua misericordia è per sempre. 90Benedite, voi che adorate il Signore, Dio degli dei, lodatelo e celebratelo, poiché per sempre (dura) la sua misericordia, per i secoli dei secoli».

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3,86 Spiriti e anime dei giusti (nvEUIJ.!n·a K«L IJiuxat li~K«lwv) - I sacerdoti del v. 84 sono accostati agli , ossia agli angeli (Sal104,4), e alle