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Italian Pages 482 Year 2011
BIAGIO MARIN - GIUSEPPE PREZZOLINI
CARTEGGIO 1913-1982
a cura di
PERICLE CAMUFFO
Presentazione di
EDDA SERRA
ROMA 2011
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA BIBLIOTECA CANTONALE LUGANO ARCHIVIO PREZZOLINI CENTRO STUDI BIAGIO MARIN
UNIVERSITY OF ILLINOIS LIBRARY AT URBANA-CHAMPAIGN BOOKSTACICS
I CARTEGGI di Giuseppe Prezzolini Collana diretta da MARGHERITA MARCHIONE e GIULIANO PREZZOLINI
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Questa collana è frutto di una coedizione promossa con il sostegno della Repubblica e Cantone del Ticino Il Centro Studi Biagio Marin partecipa come terzo editore alla pubblicazione del carteggio Marin-Prezzolini
BIAGIO MARIN - GIUSEPPE PREZZOLINI
CARTEGGIO 1913-1982
a cura di
PERICLE CAMUFFO
Presentazione di
EDDA SERRA
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Prima edizione: giugno 2011 ISBN 978-88-6372-296-3
Volume pubblicato con il patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia
È vietata la copia, anche parziale e con qualsiasi mezzo effettuata Ogni riproduzione che eviti l'acquisto «di un libro minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza
Tutti i diritti riservati
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
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e-mail: [email protected] www.storiaeletteratura.it
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INDICE DEL VOLUME
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
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APPENDICI Amico, 173; srisstti 8550) TIIROITISIEI TANI ab ESTELE HI RETAIL IA PILAISTIT RIA TE DIODATI
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Giuseppe Prezzolini nei Diari di Biagio Marin
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PRESENTAZIONE
C'è nei Diari di Biagio Marin una nota stilata per la dedica di Giuseppe Prezzolini, che donandogli il suo libro Italia fragile con un cenno di autoriflesso sarcasmo scriveva: «Al mio amico carissimo Biagio Marin questa
prosa alimentare, non in cambio, ma in riconoscenza della sua poesia universale». «Dovresti tremare» è il commento della moglie Pina Marini che a tale valore universale non crede, puntualizza Marin. E il poeta in effetti ha tremato, e al ritorno di memoria dei tanti dubbi coltivati per decenni, di non essere figlio della grazia e di fare opera vana, ha avuto un sussulto di pianto: «Non avevo accanto nessuno. La mia strada che era tra gli uomini e non lo era, ed era qui, in questo essere e non essere, la sorgente dei miei dubbi e talvolta delle mie depressioni. Ora pare che io possa credere nel valore e nella dignità della mia opera». Con questa citazione di una pagina di diario datata 22 ottobre 1974 (s1fra, pp. 391-392), e Marin è poeta dal 1912 se consideriamo la prima pubblicazione, voglio aprire la presentazione del volume che raccoglie per intero quanto è stato reperito del carteggio intessuto da Biagio Marin e Giuseppe Prezzolini dal 1913 al 1982; vi sono aggiunti alcuni allegati che ne valorizzano il tenore e la cifra e nella complementarietà risultano preziosi ed essenziali: qualche lettera delle rispettive mogli e di amici; per il resto una trentina di pagine inedite individuate nei suoi diari, stese da Marin a commento e riflesso dello svolgersi della loro corrispondenza; sulle quali desidero richiamare l’attenzione. Il volume suggella un lavoro di ricerca di anni ed il coinvolgimento di più persone ed istituzioni, ma lo si deve in particolare ad uno studioso da tempo interessato a Marin, Pericle Camuffo, che allo scambio epistolare e di ami-
cizia fra i due autori era stato attirato frequentando assiduamente la biblioteca personale del poeta, parte cospicua del Fondo Marin della Biblioteca Civica del Comune di Grado. Dove le tracce della presenza prezzoliniana sono consistenti.
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EDDA SERRA
Va dunque ricordato che il riconoscimento contenuto nella sintesi della dedica non era il primo fra quelli tributati da Prezzolini alla poesia di Marin, né tanto meno in quella data Marin poteva dolersi della critica nazionale, se pensiamo a Pier Paolo Pasolini, a Carlo Bo e a Vanni Scheiwiller. E se vediamo ripreso da Marin nella sua nota il tema pur frequente nei suoi scritti ma non abbastanza approfondito da critici e biografi, delle sue sofferte incertezze, di fatto in questa sua nota Marin sottolinea il valore del loro rapporto, avviato nel 1911 con la calata del gruppo di triestini nell’ambito della «Voce» prezzoliniana. Tra Giani Stuparich, Scipio Slataper, Guido Devescovi e Alberto Spaini c’è pure lui, il provinciale gradese della periferia veneta, dalla carriera scolastica tormentata, che a Firenze parla il dialetto antico veneto della sua piccola isola, e, già iscritto all’Università di Vienna, si trova a Firenze per seguire l’itinerario formativo consueto dei cittadini di nazionalità italiana dell'Impero d'Austria e Ungheria. Giovanni Papini ne ironizza. Giuseppe Prezzolini lo accoglie per come è. Il loro rapporto sarebbe durato fino alla morte di Prezzolini. Lettere e commenti documentano quindi due lunghi itinerari, ed il loro dialogo illumina in modo particolare il contesto. Marin nel 1911 ventenne era troppo giovane e sviato dalle tante sugge-
stioni dei luoghi e dell'ambiente per poter dare un contributo intellettuale attivo alla «Voce»: ne darà testimonianza appena nel 1965 pubblicando I delfini di Scipio Slataper con l’intento di lasciare un ricordo duraturo dell’amico a 50 anni di distanza dalla morte. Ma nella seconda parte del secolo scorso, in una situazione geopolitica turbata e apparentemente sospesa con lo smembramento della Venezia Giulia, spenti a Trieste i campioni della fio-
ritura letteraria triestina, Umberto Saba e Virgilio Giotti nel 1957, Giani Stuparich nel 1961, e altro si fa il panorama dei narratori dopo il ritiro a Venezia di Pier Antonio Quarantotti Gambini, con Carolus Cergoly, Fulvio Tomizza, Stelio Mattioni, Marin continua a vivere la lezione vociana ripor-
tata alla sua misura ed ai suoi modi si può dire fino alla fine: nei suoi scritti, nelle scelte civili, nei rapporti sociali, nella sua poetica.
Una rilettura infatti dei Canti de l’isola (1912-1985) avendo presente questa componente della formazione mariniana potrebbe essere interessante, così come il confronto con gli altri scambi epistolari pubblicati, con Carlo Arturo Jemolo, con Giovan Battista Pighi, con Giacomo Noventa,
con Carlo Betocchi, con Giorgio Voghera, con Diego de Castro e con Gino Brazzoduro, per citare i più noti. Salvo poi osservare la sintesi degli apporti da lui in sé operata: ché in Marin nulla è scontato se non è vissuto e assimilato secondo un criterio selettivo drastico e immediato. Complessa, fitta e ricca è infatti la rete di relazioni che il poeta si costruisce. Ma qui abbiamo
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una dichiarazione esplicita di Marin, del suo sentirsi sempre più prezzoliniano. «Io sono rimasto là» (12/2, p. 391). La memoria dei protagonisti della Voce conosciuti accanto a Prezzolini,
«i grandi attori del suo tempo» (infra, p. 393), è sempre accompagnata da ammirazione e stima, anche quando non ne giustifica l'operato e ne condanna le scelte, così per Salvemini, per Jahier. C'è dunque un Marin che condivide con l’amico il sentimento dell’esilio e dell’emarginazione, e non si dà pace per l’ingiustizia da lui patita nel momento in cui non gli si vuole riconoscere neanche nella maturità la grande funzione divulgativa e critica della cultura italiana svolta all’estero da esule dalla cattedra di Nuova York. C'è un Marin critico come Prezzolini; lui deluso come irredentista della
realtà italiana che aveva sognato, ha motivo di giudicare gli italiani come popolo incapace di coscienza civile e perciò di dignità. Da un lato l’intellettuale Prezzolini radicalmente scettico, armato di sar-
casmo, amareggiato e triste, dall’altro il poeta Marin, che della tragedia esistenziale parla con la risorsa azzurra di un Adriatico luminoso, e riflettendo sul senso delle situazioni e sul valore delle persone ci indica l’umanità come valore primo. Valore che precede ogni altro criterio di giudizio: non sono i torti o le ideologie a dare la misura di un uomo, sentenzia Marin, e ci fa pensare al carteggio con Gino Brazzoduro (1978-1985), a quella sua capacità di mettersi oltre e di guardare la multiforme vita nella sua complessità ed imprevedibilità. Ed aggiunge: «Non siamo rigorosamente integri, unitari, eroi o santi [...] Davanti alla persona concreta preferisco appigliarmi al suo bene che al suo malel[...] Non nego l’utilità degli schemi, dei giudizi conformisti. Nego che possano raggiungere la realtà dell’uomo». (infra, p. 376). In questo quadro vanno lette le attestazioni di amicizia e di affetto fatte da Marin che inglobano la problematica intellettuale, la loro intesa come le
dissonanze e le distanze, che pur ci sono (infra, p. 388), la comune propensione ad esplicitare pensieri e giudizi, la «nuda verità» che Marin andava cercando dai suoi verdi anni come testimonia il Libro di Gesky composto a Vienna nel 1913, in atmosfera klimtiana su lezione vociana. Verità che sono
scomode, e gli uomini amano piuttosto il conformismo che la verità. La stessa figura di Prezzolini esce dalla penna di Marin inquadrata non solo per la funzione sociale ed intellettuale ed il carattere della sua scrittura, ma per la capacità di dono e per il bisogno di affetto che Marin avverte nel segreto dell’uomo e lui continua a sperimentare da sempre. Numerosi sono i profili di Prezzolini che si rincorrono nei Diari (infra, pp. 372-372; p. 385; p. 387; p. 394). Ne riferisco quello prodotto per gli 84 anni di Prezzolini nel 1966. Rieccolo tutto lui il vecchio Prezzolini: 84 anni, 10 più di me, e ancora caldo e anche
pungente. La gente spesso si scandalizza del suo tono acido, perché non sa che dietro
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EDDA SERRA
quel suo ghignetto, c’è un cuore caldo, ricco di gentilezza e verace nobiltà. E se io, ignorando le sue “boutades” spregiudicate, a volte irritanti, gli butto le braccia al collo, si commuove ed è beato di sentire che qualcuno gli vuole bene. Salvemini che lo ha accusato di essere servo di Mussolini, spia del fascismo, ha commesso una mala azione (infra, p. 385).
Nello stesso quadro d’altra parte va inserita l’attenzione di Marin per le donne di Prezzolini, la prima moglie, Dolores, la seconda Jakie; ne escono
anche qui rapide immagini, e l’espressione di rimpianto per non essere stato capace di ricordare Dolores, e la riflessione tutt'altro che accidentale se ci riportiamo al culto di Marin per la donna: «Quante nostre amiche sono morte sole e con l’anima offesa» (infra, p. 379): Si può dire che appartiene alla stessa categoria dell’umanità il bisogno di Marin di trascrivere amorosamente nei suoi ‘quaderni’ di diario le lettere più importanti ricevute dall'amico. Per ammirazione, affetto e gratitudine, per rendergli testimonianza. L'abitudine si è rivelata provvidenziale in quanto ha consentito il recupero di un buon numero di testi di lettere prezzoliniane altrimenti scomparse. Detta la preziosità degli allegati del carteggio, note di diario che hanno il pregio di essere stese in una prosa bella, e sono emozionanti da leggere specie per chi come me sia pure nella posizione di osservatore discreto ha avuto la fortuna di esserne partecipe, mi resta da esprimere la soddisfazione mia personale e del Centro Studi di dare vita pubblica a documenti mariniani preziosi dell’ Archivio Prezzolini, e di realizzare un impegno preso da tempo: di contribuire a riparare nel limite della nostra misura alla proscrizione di Prezzolini che ha pesato sulla nostra cultura del secolo scorso, e penso alla formazione delle nuove generazioni deprivate almeno nell’editoria di pertinenza della conoscenza a tutto tondo dei caratteri della cultura italiana di un’epoca. Nel momento attuale anche se i nostri giorni possono essere rappresentati dall’affresco della tomba del tuffatore di Paestum — e siamo vicini a Vietri dove Marin e Prezzolini si sono incontrati con le rispettive consorti, traendone un ricordo divenuto mito: è il tuffo nell’ignoto mistero del nostro domani globalizzato e migrante, percosso da onde di ribellione giovanile e di natura; la pubblicazione del carteggio ha comunque la potenzialità del seme: la vita è grande avventura avverte il poeta (1983); anche se dalle prime lettere con cui il più maturo Prezzolini ed il giovane Marin hanno avviato il loro dialogo, è passato, si può dire, un secolo.
La realizzazione dell’impresa esige una serie di ringraziamenti che volentieri presentiamo e di cuore, alla dott. Diana Riiesch che ha accolto e sostenuto il nostro progetto di studio all’Archivio Prezzolini di Lugano e poi
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favorito la pubblicazione, all’Università Cattolica di Milano che ha accettato e fatto proprio il nostro progetto di ricerca e il nostro assegno di studio atto a sostenerlo, al prof. Giorgio Baroni dell’Università Cattolica che lo ha guidato, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia che in buona misura lo ha finanziato, al Rettore dell’Università di Trieste che ha favorito la nostra ricerca.
Non voglio far mancare in questa serie di riconoscimenti la Biblioteca Cantonale di Lugano, la Repubblica e Cantone Ticino: la collaborazione è di per sé attestato di onore. Ancora prima il nostro ringraziamento va alla famiglia degli eredi Marin, specificatamente a Gioiella Marin, primogenita del poeta e alla di lei figlia Alia Englen che ci ha fornito scansionati i documenti epistolari prezzoliniani ancora di loro proprietà, e per l'autorizzazione alla pubblicazione. Per questa stessa autorizzazione analogo grazie va a Giuliano Prezzolini.
Né va dimenticato Enrico Lombardi per avere messo a disposizione i documenti della sua ricerca sui rapporti epistolari Marin Prezzolini, da lui avviata quasi trent'anni or sono.
Un ringraziamento cordiale a parte va al prof. Elvio Guagnini, geloso conservatore dei documenti mariniani a suo tempo affidati da Gioiella Marin all’Archivio del Dipartimento di italianistica dell’Università di Trieste che ci ha consentito di consultare i Diar! sotto il suo attento sguardo per la ricerca di lettere e passi prezzoliniani mirata alla pubblicazione. A noi è stata riservata l'emozione di rinvenire tra le pagine accanto alla lettera trascritta a mano da Marin anche l’originale di Prezzolini. EDDA SERRA
1 I volumi esaminati sono contrassegnati con i numeri 7, 8, 9, 12, 14, 15, 16, 18, 19, 25, 29, 31, 36, 42, 44.
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76 Trieste, 10 gennaio 1961
Caro Prezzolini,
è uscito “Il tempo della Voce”:. È un bellissimo volume. Per ora ho sfogliato qua e là e la presenza viva di tante persone allora conosciute o per i loro scritti o personalmente mi ha dato una grande commozione. E anche una grande gioia. E già ho potuto ammirare con quanta accortezza il libro è composto, con quanta intelligenza le lettere sono raggruppate e hanno la loro sequenza. Quanti nodi sciolti con una semplice giusta posizione di due o più lettere. Così, senza parere si segue il filo misterioso, così poco apparen41
te, del tuo ordinamento, del tuo racconto, della tua presentazione. E quale
importante documento! L'ho fatto vedere a un mio giovane amico?, laureando di lettere all’Università di Torino, un ragazzo che promette di diventare qualcuno, di rinnovare , per certi versi, la salute di Scipio nostro: ne era incantato, mi ha detto: è un libro che non si può non possedere. Certo il tempo della “Voce” risulta illustrato in un modo nuovo, originale ed efficace.
La lettera che mi scrivesti circa sei mesi fa, o forse più, mi era dispiaciuta, perché pareva che io ti avessi chiesto di aiutarmi con denaro a pubblicare il mio nuovo libro di versi, mentre ti chiedevo solo l'autorevole tuo inter-
vento presso qualche editore. L'equivoco mi era dispiaciuto. Per quanto poi riguarda quei versi, per ora li lascio dormire, avrò in compenso, per il mio 70° compleanno, una piccola antologia con la presentazione di Pasolini, che
76. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: «R 13/1». AP Lugano.
1 Giuseppe Prezzolini, I/ tempo della Voce. Il commento al volume, che Marin annota nel suo diario, viene presentato in appendice.
2 Marin si riferisce a Claudio Magris.
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verrà pubblicata da Scheiwiller a Milano?. La Pittoni* ha pubblicato nella sua raccolta, lo Zibaldone, un volumetto di Giani Stuparich, che anche lui
compie i 70 anni. È intitolato “Ricordi Istriani”5. A me sembra debole. Forse lo riceverai anche tu, sc sì, desidererei di conoscere il tuo parere. Giani ha superato un periodo di grande collasso di forze, pare abbia il morbo di Parkinson. Per Natale sono stato a Roma ospite della mia Lella, e, in quell’occasio-
ne ho visto Spaini. Che ora è più cordiale, più affettuoso di una volta. Forse sai che ha perduto la moglie, la Pisaneschi, ottima traduttrice dal tedesco, lei senese, ma, credo, di madre tedesca.
Così un poco alla volta tutte le pagine vengono voltate, ma questi libri che restano sono pur una valida testimonianza del nostro passaggio. Del cappello premesso alla mia prima lettera pubblicata nel tuo nuovo volume, caldamente ti dico grazie. Quel “Biaseto” e quella specie di confidenza con la quale mi accosti al Di Giacomo, sono veramente un grande dono. Ti abbraccia con tutta l’anima Biaseto
Vari Trieste, 2 febbraio 1961
Caro Prezzolini,
mi ha fatto piacere riudire la tua voce. Sei stato molto caro. Quando ti scrissi l’ultima volta ero già persuaso di essere caduto in un equivoco nell’interpretazione di quella tua uscita: sono povero. La verità è che io ti voglio bene, che credo in te, che ti sono grato fin dal tempo in cui mi curasti al Villino Monteluna di Settignano nel maggio del ’15. Forse poche persone hanno conosciuto la tua bontà, la tua gentilezza come l’ho conosciute io. Per gli altri eri l’intellettuale; per me che non ero un intellettuale eri una perso} Biagio Marin, Solitàe, Milano, Scheiwiller, 1961.
4 Anita Pittoni (Trieste 1901-1982), iniziò la sua attività a Trieste nel campo dell’arte decorativa e artigianale. Nel 1948 fonda e dirige le Edizioni dello Zibaldone. Scrisse, dal 1930, racconti e poesie e collaborò a molte riviste e quotidiani. > Giani Stuparich, Ricordi Istriani, Trieste, Lo Zibaldone, 1961.
77. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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na con gli occhi grandi celesti, d’un celeste caldo che mi persuadeva nella tua intima essenza. E poi ci fu la gita al lago Scaffaiolo, e poi tanti piccoli e per me, grandi incontri sul piano semplicemente umano. E anche l’ultima volta che ci siamo visti qui a Trieste ti ho ritrovato e risentito a quel modo. Certo sono molto orgoglioso di aver conosciuto il direttore della “Voce”; ma di averti voluto bene, di aver voluto bene al Prezzolini della mia piccola vita, sono contento.
Ormai siamo a sera; la giornata è stata quella che è stata; avremmo potuto forse rendere di più; ma il nostro contributo lo abbiamo dato. Tu più grande, si capisce. Il mio è di natura dirò così ermetica. Visto che nessuno si sogna di leggere i miei versi né i “competenti” li considerano degni di considerazione. Forse ti ho già detto che Pasolini pubblicherà entro l’anno una breve antologia di miei versi presso Scheiwiller. Duole molto anche a me di non aver potuto mantenere con lo Stuparich gli antichi affettuosi rapporti. Ti assicuro che ho fatto il possibile per salvarli: ma la sua superbia e quella donna lo hanno reso impossibile. Certo cosa più triste non si può pensare e non credere che io non ne sia mortificato. Ti abbraccia e saluta caramente Biaseto
78 Trieste, 7 aprile 1961
Caro Prezzolini,
altri ti avran forse detto la notizia della morte di Giani Stuparich, avvenuta a Roma, questa mattina alle 11 %. Io ero già da tempo distaccato da lui, che con la sua superbia e il tono sprezzante e sussiegoso, mi aveva offeso; ciò non di meno, avevo sempre
fatto lo sforzo di salvare un minimo di rapporti in nome di quella primavera vociana e fiorentina comune. ! Marin si riferisce probabilmente ad un loro incontro avvenuto a Trieste il 30 aprile 1960, come si desume dalla lettera successiva. Nei Diari di Prezzolini non c'è traccia di questo incontro, ma solo l’annotazione: ‘17 aprile-18 luglio 1960 Tre mesi in Europa”. 78. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Adesso ecco, è sparito dopo uno sfacelo umiliante e doloroso che ci ha turbati tutti. Era il 30 aprile dell’anno scorso che tu lo incontrasti qui a Trieste per l’ultima volta e già avevi avvertito la sua decadenza fisica e spirituale. Trieste, ancora oggi, ha per lui molta stima e considerazione e crede di avere in lui uno scrittore di sicuro valore. È stato invece un uomo di sforzo, a cui è mancata la grazia. E anche in sede morale, i due mondi che si battevano in lui, gli hanno rotto presto
l'equilibrio. Certo la medaglia d’oro al V.[alore] M.[ilitare] come, gli ha aperto tutte le vie degli onori in vita, lo salva anche in morte da un giudizio adeguato che potrebbe risultare severo, e almeno abbastanza diverso da quello che qui è in giro. Lunedì avranno luogo i funerali. Fin da domani, sabato, la radio comin-
cerà a far parlare di lui i suoi amici. Tocca anche a me. Parlerò dei tempi fiorentini, quando era ancora un bravo figliolo parco di parole e di giudizi e aperto ad assorbire la vostra cultura. I miei risentimenti li lascerò da parte. Del resto ha tanto sofferto in questo ultimo anno, che ha pagato tutti i debiti e forse è andato oltre e merita pietà.
Sic transit gloria mundi. Ma non è più per noi, neanche il caso di drammatizzare, perché troppo abbiamo coscienza del continuo fluire della vita, e della sua coralità, anche quando pensiamo e siamo convinti che solo nella persona individua si rivelano i valori dello spirito. Abbiamo visto già trapassare perfino i nostri figlioli, tu Alessandro, io, Falco. Grandi e piccoli, a milioni sotto i nostri occhi. Qui in casa, ho visto morire lo Svevo, e Saba e
Giotti, e ora lo Stuparich, senza contare Scipio Slataper e Carlo, il fratello di Giani. Ed è con una specie di sollievo che io penso al risolversi di tanti individui nella fiumana ideale della storia. T'immagini quale maledizione sarebbe il nostro perdurare senza più capacità creative. Addio caro Giuliano. Dei tuoi “vociani”, qui restiamo in due, ad onta di tutto, ci sentiamo più vicini, tra noi, di quanto non ci sentisse Giani.
Ti abbraccia e saluta Biaseto
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79 New York, 4 agosto 1961
Caro Marin, ebbi e vidi con piacere la tua antologia pubblicata da un editore simpatico!. Sappimi dire — per curiosità — se la prefazione — raccomandazione del Pasolini ha fatto effetto sul pubblico o no. Chi lo sa che non torni in Italia quest'inverno, se le “potenze” mi lasciano libero. Rimaniamo sempre in meno, caro Marin, e sebbene il ricordo del passa-
to non mi faccia nessun piacere, una persona come te la s'incontra volentieri ancora una volta prima di morire. Aff. G. Prezzolini
80 Grado, 24 agosto 1961
Assai caro Prezzolini,
ancora una volta hai saputo farmi un dono di animo. Grazie. La tua del 4 agosto mi ha fatto tremare di commozione. Così è, come tu dici:” rimaniamo sempre in meno e siamo sempre più soli”. Con profonda riconoscenza ho letto e riletto le buone parole che mi dici: “una persona come te la s’incontra volentieri ancora una volta prima di morire”. Con non meno affetto io sarò felice di riabbracciarti. Il mio libercolo,
“Solitàe”, almeno per ora non ha suscitato nessun eco. Al premio “Vallombrosa”, mi hanno degnato di una segnalazione. Qui tutto. E devo confessarti che ne sono rattristato e mortificato. Da nessuna parte riesco
sfondare. E pensa che nella commissione giudicatrice c'erano molte persone che dicono di stimarmi. Vedi, se non fossi in tanta povertà, non mi cruc-
cerei tanto per il mancato riconoscimento; ma ho bisogno di esso per poter poi trovare il modo di campare. Col 31 dicembre cessa l’incarico a Mira-
79. Di questa lettera non possediamo l’originale e viene proposta nella versione trascritta da Marin nei suoi diari il 28 agosto 1961, vol. 15. Archivio Università di Trieste. ! Biagio Marin, Solitàe. 80. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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mare! e sono ridotto alla mera pensione. Tra la pensione dell’Istituto di Previdenza e la pensione di guerra metto insieme 60.000 lire che mi possono bastare. Ma io sono un marginale non ho amici nei consorzi che aggiudicano i premi letterari e non posso andare in giro a vantare la mia povertà.
E poi, anzi, prima, c'è il pregiudizio antidialettale. Il buon Scheiwiller? si è battuto, ha fatto del suo meglio, ma invano.
Ora tenterà un premio minore, il “Cittadella”, ma sebbene sia un premio d’istituzione veneta neanche lì mi vogliono lasciar passare. Come io faccia, ciò non per tanto a continuare a lavorare e a preparare
un nuovo volume, con il quale vorrei festeggiare le mie nozze d’oro con Pina e con la poesia, nella speranza di trovare un editore, io non lo so. Grazie calde per la tua cara. Ti abbraccia con tutta l’anima Biagio Marin
81 Trieste, 5 novembre 1961 Via Castagneto 1
Mio caro Prezzolini,
mi chiedevi nella tua ultima se la pubblicazione dell’antologia dei miei versi abbia suscitato qualche reazione e io ho dovuto risponderti che no. Infatti s'è ridotta a un articolo di Caproni!, a un accenno di Pampaloni?, a
un appunto di Lorenzo Gigli?. In compenso, l'editore Scheiwiller, un giovane entusiasta e tenace, s’è bat-
tuto per ottenermi il premio “Cittadella”4. Un premio modesto anche quanto a denaro, ma comunque per me importante, perché segna la rottura del muro
! Marin aveva accettato, qualche anno prima, l’incarico di bibliotecario presso il castello di Miramare a Trieste. 2 Vanni Scheiwiller (1934-1999), critico d’arte, giornalista, editore. 81. Lettera ms. recto e verso su 1 f£. AP Lugano. ! Giorgio Caproni, Biagio Marin: “Solitàe, poesie scelte a cura di P_P. Pasolini. L'universo in un lembo di terra”, «La critica d’oggi», 1 ottobre 1961, Roma. ? Geno Pampaloni, Ur nuovo romanziere emiliano presentato da Pasolini, «Epoca», 23 luglio 1961, Milano. } Lorenzo Gigli, Biagio Marin, «Gazzetta del Popolo», 7 ottobre 1961, Torino.
4 Assegnato a Marin appunto per Solitàe.
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di esclusione. Della commissione giudicatrice fanno parte, Bo’, Betocchi, Valeri, Palazzeschi e altri cinque minori. Non ho avuto ancora la notizia ufficiale, ma pare proprio che questa volta otterrò un premio nazionale. Forse mi gioverà per trovare un editore al prossimo volume che ho già pronto. Naturalmente, il premio non mi ha portato gioia. L'ho atteso per tanti anni, e ora, ecco, non ha più sapore, non ha più significato. Ormai siamo alla fine e la mia poesia resterà sempre nascosta nell’angolo in cui è nata. Del resto, forse è giusto che sia così. Ma intanto è altrettanto giusto, che io ringrazi te di avermi confortato con la tua fede in giorni di disperazione. Te ne sono molto grato. Facendoti l’elenco degli articoli apparsi su “Solitàe”, ho dimenticato, un articolo di Bos, in cui si parlava di Betocchi e anche di me. Bo poi, ha accettato di parlare della mia poesia al Circolo qui a Trieste, e lo farà intorno alla metà di dicembre?. È già molto per me. Per il resto, vivo cercando ancora di capire quello che succede in Italia e anche nel mondo. Non avrei mai pensato che l’Italia fosse tanto cattolica, tanto pretina, anche se lo sforzo dei vecchi liberali non è passato invano. E come siamo pochi ora i laici consapevoli, i liberali! Con affetto ti abbracci e saluta Biagio Marin
82 Trieste, 6 dicembre 1961
Caro Prezzolini, poiché ci si avvicina a Natale e io ti ho molto in mente, vengo qui d’ora
a salutarti, a presentarti gli auguri rituali di bene in questo declino dell’anno, in questa più o meno consapevole attesa dello anno nuovo. Anno nuovo che lascia il mondo sempre vecchio, ma che certamente fa fiore le forcizie e le cidonie nei giardini, verso la fine di febbraio, e le primule e i crochi ai 5 Carlo Bo (1911-2001), critico letterario, docente di Letteratura francese all’Università di Urbino di cui è stato anche rettore. 6 Carlo Bo, Betocchi e Marin ci ricordano la pazienza della poesia, Milano, «L'Europeo», 24 settembre 1961. ? La conferenza, La poesia di Biagio Marin, sarà tenuta da Carlo Bo appena il 10 febbraio 1962.
82. Lettera ms. recto su 1 f. AP Lugano.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
margini dei campi, e sui brevi prati dei colli. E poi ritorna l'estate, che pur essendo sempre quello, sempre anche ora che sono vecchio, io godo con tutto il mio essere. Dagli uomini, dico dalla cerchia più larga degli uomini, non attendo più nulla. In questi ultimi anni ho imparato troppe cose, per farmi più illusioni. E questa su tutte; che quella che dovrebbe essere la legge comune è solo una petizione di alcuni idealisti, e che gli uomini tutti, inten-
dono di vivere in una loro particolarità che esclude ogni comunità con gli altri. Così ognuno proclama validi i propri valori e un vero dialogo è escluso, ed esclusa è l’opera comune. Ci sono i coatti e le opere di coatti; e tutte le società religiose e politiche hanno la coazione quale condizione. Quale premessa più o meno esplicita. In questo mondo io sono un estraneo. Devo essere felice, se, di tanto in tanto, mi arriva la voce di un mio simile, così, come saluto.
Poi solitudine e silenzio e il mio intimo rimastichio del pensiero che non vuole acquetarsi. Perciò penso spesso a te, con molto affetto, con nostalgia. Non so se ti ho scritto che a Padova e a Cittadella mi sono incontrato con Palazzeschi al quale ho ricordato i tempi, quando la Voce pubblicava le sue poesie. Pensa che si è commosso. E gli ho ricordato un incontro tuo con lui in divisa di soldato, al quale ero presente anche io. Ora tutto è già passato e lontano e si tratta di trovare un editore per il prossimo volume. Desidero di dirti ancora una volta il mio affetto, che col tempo, come un frutto, s’è
maturato. Buon Natale mio caro, buona fine e buon principio del nuovo anno. Ti abbraccia e saluta Biagio Marin
83 Trieste, 13 dicembre 1961
Caro Prezzolini, ho saputo che ti trovi in Italia, a Firenze. Ti avevo scritto a New-York, e
forse la mia lettera l’hai già ricevuta. Anche recentemente ti avevo mandato un biglietto postale. Colgo l'occasione per venire a te con il saluto natalizio. 83. Lettera ms. recto e verso su 1 £. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «R 14». AP Lugano.
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Che non è un’ironia per gente come te, che celebra ogni giorno il “dies natalis solis invicti”. Che tu lo possa celebrare ancora a lungo, mio caro. Non so che cosa ti abbia condotto inaspettatamente in Italia. Spero non siano disgrazie, e che la tua sia una vacanza e serena. Trieste sta leggermente morendo. I vicini porti yugoslavi crescono, noi andiamo giù. Perfino Capodistria ci farà la concorrenza. E a Roma un’assoluta radicale incapacità a risolvere il problema. I giovani emigrano fin in Australia, nel Canada, e sono i migliori che se ne vanno. Stringe il cuore. Spesso ricordo quella notte romana, sotto il plenilunio, forse nel febbraio del 15, quando uscendo dalla casa di Gaida! in via Sistina, tu intonasti: “Gioia bella, vo lontano...”. E in quella lontananza era Trieste, che si dove-
va ancora liberare. E con grande sacrificio! E con quale risultato? Sarebbe questo lento declino il senso di tutto quello sforzo, di tutto quel sangue, buttato lì, con tanto entusiasmo e con tanta leggerezza? Caro Prezzolini nascerà mai la nostra Italia? Ché in questa che mi circonda, io mi sento estraneo. Altra è la mia legge. E d’altra parte, non eravamo noi incoscienti della realtà in cui vivevamo? Tu, veramente, vedevi più chiaramente, ma penso che neanche tu abbia
visto il fondo della nostra realtà. Dove tutto frana. Buon Natale, a te e ai tuoi.
Ti abbraccia con molto affetto e ti saluta Biagio Marin
1 Virginio Gayda, esperto di questioni diplomatiche e amico di Mussolini, diresse il «Giornale d’Italia» dal 1926 al 1943. Così Marin lo ricorda nella lettera ad Enrico Lombardi del 22 novembre 1980: «Il giornalista Gayda, era stato corrispondente credo de “La Tribuna” a Trieste e se mal non ricordo, anche a Vienna. Ritornato a Roma era considerato
un competente dei problemi di Trieste e in genere dell'Austria. Noi andavamo da lui per sentire che aria spirasse nell’ambito dei governanti e se ci si avvicinava alla guerra. Perciò spes-
so alla sera ci si ritrovava a casa sua che era in via Sistina, non ricordo più a quale numero». L’intero carteggio Lombardi-Marin, ancora inedito, è conservato presso l'Archivio Marin di Grado.
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1962
84 Trieste, 13 gennaio 1962
Caro Prezzolini,
mi ha scritto Martini!: ieri è morta la signora Prezzolini. Povera donna! Sola. Ed è morta sola. Ora ho davanti agli occhi una sua fotografia con Chicco accanto e Giuliano in grembo. È del 21 settembre 1915. Ignoro ciò che vi ha separati, ma in questo momento io vorrei poter buttarti le braccia al collo e liberamente piangere. Io, quella tua famiglia l'avevo accolta in me come realtà sacra. E lei era così gentile con noi. E Chicco era tutto lei. Ne sento ancora la voce, la erre moscia, e come mi chiamava: Marrin. Mondo caro al mio cuore, creature tutte della mia anima. Ora se ne è
andata. Mi duole di non aver fatto nulla per darle qualche piccolo conforto. Siamo sempre ottusi. Non conosco Giuliano, non so in quali rapporti fosse con sua madre, e perché sia morta “sola”, come insiste Martini.
È forse assurdo, ma ho gli occhi gonfi di pianto e il cuore che mi fa male. Ti prego di accettarmi come sono e di credere al mio affetto. Ti saluta Biagio Marin 84. Lettera ms. recto su 1 f. In alto al centro, compare: «R 26/1/62». AP Lugano. 1 Nella lettera ad Enrico Lombardi del 27 novembre 1980 Marin traccia un breve ricordo di Carlo Martini: «Si tratta di un poeta lombardo che durante, o subito dopo la prima guerra, deve essere stato a Pisino, dove ha incontrato una ragazza che poi ha sposato. Non so se lui sia ancora vivo, perché da anni l’ho perduto di vista. Abitava a Roma in via Valchisone n. 35 e lavorava presso l'Associazione nazionale degli Scrittori e come segretario di quella, compilava con molta diligenza l’annuario e qualche altro scritto. Tra le cose che egli ha pubblicato, oltre a parecchi volumi di versi, va ricordato un suo saggio sulla “Voce” che era fatto piuttosto bene. Io non l’ho conosciuto come vociano, nel senso che lui non apparteneva all'ambiente dei vociani costituitosi tra il 1908 e il 1914». In riferimento alla lettera di Carlo Martini, Marin annota sul suo diario il 14 gennaio 1962, vol. 16, un breve ritratto di Dolores Prezzolini, che viene presentato in appendice.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
85 New York, 16 gennaio 1962
Caro Marin, Martini parla di cose che non sa. Dolores non è morta sola. È morta improvvisamente e fu assistita, nella notte, da noi, io, Giuliano e la suora!, una bravissima affettuosa americana. Si sentì male alle 16.30 e non
riprese più conoscenza. Alle 8,15 la sua agonia cessò. Il dottore fece tutto il possibile con iniezioni per rianimarla. Aveva in quel giorno una troppo forte pressione: 260. Ma nel periodo di cui si parla sembrava star meglio; ed era felicissima per la mia presenza: telefonò a varie amiche, che me lo hanno riferito, d’esser proprio felice per la mia presenza in Italia. Così mi trovai a quella fine rapida. — Come tu dici, eravamo separati; lei era molto gelosa e io tanto desideroso di indipendenza. Ma proprio quest’ultima volta ci eravam confessati, perdonati i torti e gli errori, ed eravamo entrati in una specie di amicizia adulta. Pareva proprio cambiata! Mi disse persino: se hai un’amica tienla — con un sorriso. Giuliano era molto affezionato alla sua mamma, e la mamma anche troppo a lui; era contenta di vederlo benvoluto da tutti, perché d’indole buona, socievole, proprio differente da me.
Questa lettera è per tuo consumo esclusivo! Ma non so dove Martini abbia imparato che la Dolores morì sola. Credimi tuo aff. G. Prezzolini
86 Trieste, 30 gennaio 1962
Mio caro Prezzolini,
tu non potrai mai immaginare quale dono tu mi abbia fatto con la tua ultima. É stata per me una festa d’amore. Già la lettera che tu scrivesti a 85. Di questa lettera non possediamo l’originale e viene proposta nella versione trascritta da Marin nei suoi diari il 29 gennaio 1962, vol. 15. Archivio Università di Trieste. Il commento che segue la lettera viene presentato in appendice. ! Suor Margherita Marchione, allieva di Prezzolini alla Columbia University, attualmente è professore emerito di Lingue alla Fairleigh Dickinson University di Madison, nel New Jersey. 86. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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Gigetta!, mi aveva portato un gran bene. Il sapere che Dolores aveva avuto te vicino, che era stata felice che tu fossi in Italia, felice della tua presenza e
bisognosa di dire alle sue amiche la sua felicità, mi aveva profondamente
commosso. Quella felicità me la sentivo nell’anima come una luce, come una
campagna in fiore sotto il sole. Ora la tua, mi dice anche di più, e io ti sono infinitamente grato che tu me le abbia dette queste cose, con tanto abbandono, con tanta semplicità. Quella serenità di Dolores in quei suoi ultimi giorni, quel sorriso con il quale ti ha detto: “tienla”, sono cose miracolose, da favola, da paradiso. Sia
benedetta la nostra cara cara Dolores. E a te, mio maggiore, dico grazie con il cuore colmo di lacrime di gratitudine per il bene al quale mi hai voluto partecipe. Non temere che io possa abusare della tua fiducia, di questo tuo dono. Sono di quelli che conoscono il senso del sacro. E, lasciamelo dire: questa tua lettera è forse la più bella, la più umana lettera che tu abbia mai scritto e ti fa grande onore. Per me, per la tua profonda cordialità non è una scoperta: lo so da cinquanta anni. Gentilezza e cordialità da nobile uomo, di grande razza. E il volerti bene, è stato per me ragione di orgoglio. Ora più che mai ti vorrò bene, per l'amicizia che mi hai dimostrato, con il dono della
tua anima in un momento così estremo e così delicato. Perciò con tutta l’anima ti abbraccio e affettuosamente ti saluto. Biagio Marin
! Firenze, 17 gennaio 1962 Cara Gigetta, la povera Dolores pareva stare meglio del solito. Al [...] feci colazione con lei, la trovai di buon animo e di spirito sveglio; alle 14: Giuliano venne a prendermi. Si discusse insieme un mio articolo, poi la lasciammo. Pare sia uscita verso le 15% e quando rientrò alle 16% si sentì male, non ritrovava la porta di casa, i vicini la soccorsero e riusciro-
no a chiamare Giuliano. Da allora in poi si può dire perdesse conoscenza. Il dottore venne varie volte, anche di notte, fece delle iniezioni, solite cose, ma alle 8 cessava di vivere (9 genn. ‘62). Tutte le sue amiche mi raccontano che era così contenta per la mia venuta, anzi che diceva di essere felice. Se questo mi può dare un sollievo non toglie il dolore d’averla vista scom9 parire così. È vero che ci passiamo tutti e io ci penso ogni giorno. Lo faccia sapere a Marin, al quale avevo promesso di venire a Trieste. E impossibile. Debbo tornare a N. Y. fra pochi giorni.
Mi abbia suo aff. G. Prezzolini Lettera trascritta da Marin nel suo diario il 22 gennaio 1962, vol. 16. Archivio Università di Trieste.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
87 Grado, 2 luglio 1962 Via Marchesini 43 (Gorizia)
Caro Prezzolini,
ho qui sul tavolo la cartolina con il tuo nuovo indirizzo “permanente”!. Sono molto contento di saperti tra noi, in questa per tanti versi disgraziata Italia, che ancora resiste al vero risveglio e si ostina a far la cattolica essendo pagana fino al midollo delle ossa. Comunque sono molto contento di saperti meno lontano. Per me Salerno è poco più vicino di New York; ma insomma è un’altra cosa. Quando avrai voglia e tempo mi dirai come stai e come ti trovi nel nuovo ambiente; se sei isolato o hai compagnia; se sei sereno. Tu sai quanto bene ti voglio e come sarà felice se ti troverai bene e avrai la tua pace. Io ora sono a Grado dove passerò l’estate assieme a qualche figliola — ora una, ora l’altra — con i suoi figli. Poi, a settembre ritornerò a Trieste.
Sai, spero che Mondadori pubblichi un mio volume di versi gradesi, sia pur solo nel ’63 o nel ’64. Sarebbe per me, se ancora sarò vivo, una grande soddisfazione. Vedremo se l’avrò. Ho scritto subito a Cambon?, che ho caro, e mi è stato buon amico. In attesa di tue notizie, affettuosamente ti abbraccia Marin
87. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
! La cartolina postale, con timbro di New York del 21 giugno 1962, riporta dattiloscritto: «RAVELLO (SALERNO) dal primo di luglio è l’indirizzo permanente di GIUSEPPE PREZZOLINI». Sopra questa indicazione, compare manoscritto: «Ti abbiam ricordato insie-
me», con le firme di Prezzolini e di Glauco Cambon, che aggiunge: «che spera di rivederti in Italia l’anno venturo. Come va, vecio?». A settembre dello stesso anno Prezzolini si trasferirà a Vietri sul Mare, sempre nei pressi di Salerno, dove rimarrà fino al suo definitivo trasferimento a Lugano, nel 1968. 2 Glauco Cambon (1921-1988), saggista, poeta e traduttore, fu docente di Letteratura italiana nelle Università del Connecticut, del Michigan e dell’Indiana.
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88 Vietri sul Mare (Salerno), 4 novembre 1962
Ora, caro Marin, sarai contento. Ho sott'occhio le poesie tue pubblicate da Scheiwiller!, hai avuto un premio, le prefazioni dei filologi e dei pederasti ... che cosa vuoi di più? Sei contento? Ti sei rasserenato, vecchio brontolone? Ti scrivo dal paese del sole. Ci son venuto a stare per godermi le pensioni americane. Mi sono risposato. Mi sono ammalato. Mi sto curando. Sto
meglio a forza di iniezioni e pasticche. La mente è lucida, per fortuna. Questo paese è una meraviglia e ogni sguardo che do intorno mi conferma che ho fatto bene. Non so quanto durerà questo intervallo, ma me lo godo. Sto per pubblicare una seconda edizione del l'Italiano inutile, dove faccio entrare anche quello che scrissi su di te, con la scusa del nome
di
Slataper2. Non se ne parlò, quando venni a Trieste; ma credi che ancora non mi so capacitare di quel che scrisse su di me nel suo Dyar:0, e del fatto che andava a leggere di nascosto il mio Diar:0, che avevo lasciato in buona fede in un cassetto aperto! Se avessi immaginato quel che sentiva ed era capace di fare Slataper! Dopo mi son abituato all’idea, ma non mi va giù. Belle poesie, alcune frasi molto belle e forti, anche tu sei in lotta con
Domine, come Papini, che lo sfidava a mandargli anche più e peggiori malanni, non sarebbe riuscito a farlo lamentare; e tu, invece, pare che tu lo sfidi a
toglierti il gusto della vita, ma non ci riuscirebbe nemmeno lui, tu dici. To noto che la nostra vita è un accidente, un caso qualunque, e ci siamo
senza colpa o merito, o perché. Arrivederci, forse, caro amico, se hai da suggerirmi qualche cambiamento, o aumento in quell’articolo (ora capitolo) che scrissi, cerca di ricordartene e scrivimene. Aff. Prezzolini
88. Lettera m. recto su 1 f. Archivio famiglia Marin. ! Biagio Marin, Solitàe.
a
2 Uscirà solo nel 1964, per Vallecchi di Firenze, ma non conterrà nessun riferimento a Marin.
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89 [Trieste], 8 novembre 1962
Caro Prezzolini,
finalmente ti sei fatto vivo. Non puoi immaginare il piacere che mi ha dato la tua venuta, e con tante notizie, tra le quali quella che ti sei risposato, cosa che mi fa piacere di udire, perché alla nostra età non si può stare soli e abbiamo bisogno d’affettuosa assistenza. Ti prego pertanto di presentare alla tua compagna i miei auguri più cordiali e il mio omaggio. Mi duole invece di sentire che ti sei ammalato, proprio ora che dovevi goderti il sole e la bellezza della terra dove ti sei rifugiato. Penso che tu abbia scelto bene. Là vicino, a “Conca dei Marini”, nell’amalfitano ha insegnato per alcuni anni la mia figliola Marina, e una volta ci siamo calati in giù per vedere dove e come viveva, e quei posti mi erano molto piaciuti. Per quanto riguarda quel tuo articolo! dovresti apportarvi una correzione: io, gradese, ero anche io un “irredento”, perché Grado era in Austria e precisamente nella provincia di Gorizia, come ora. Di quella tremenda notte di freddo sull’Appennino, hai omesso, per dimenticanza, un episodio che andrebbe ricordato: nella
capanna avevamo trovato della legna da ardere, ma da un certo momento, intorno all’una di notte, venne a mancare. Allora Scipio uscì, solo, nella bufera, e dopo un certo tempo, circa un’ora, ritornò trascinando a gran fatica un bel tronco di albero che, messo con una
delle estremità sul fuoco, ci aiutò per tutta la notte a combattere col freddo. L'episodio di cui ti duoli, quella cattiveria di Scipio nei tuoi riguardi, mi ha dato sempre pena da quando lessi il suo diario. Tu sai quanto bene io gli ho voluto e sempre ancora gli voglio; ma è proprio per questo, che quella sua cattiveria, mi ha fatto male tutte le volte che la ricordo. Sai, Prezzolini, ognuno di noi ha dei momenti di eclissi nella continuità
della sua persona. Bisogna anche pensare che non era unitario di sangue, né di tradizioni, e che, ad onta della sua forza morale, poteva cadere in una mancan-
za di stile. Perdonagli. Nel tuo cruccio ti sento molto vicino, perché è anche mio. Mi dici: Ora, caro Marin, sarai contento ... hai avuto un premio, le prefazioni dei filologi e dei pederasti ... che cosa vuoi di più? Sei contento?” Sì, sono contento, ina a rendermi tale sono state le persone: Scheiwiller,
un giovane di una gentilezza e bontà che mai avrei pensate possibili in un uomo d'’affari, appena conosciuto, e Carlo Bo, che ha tenuto qui a Trieste un discorso sulla mia poesia? (non te l’ho mandato?) che mi ha messo defi89. Lettera ms recto e verso su 2 f. AP Lugano. ! Giuseppe Prezzolini, Una gita d'altri tempi — Scoperta di un poeta.
2 Carlo Bo, La poesia di Biagio Marin, conferenza tenuta presso il Circolo della Cultura e delle Arti di Trieste il 10 febbraio 1962.
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nitivamente il cuore in pace, in quanto mi ha proprio liberato dall’angoscia, dal dubbio, e mi ha completamente distaccato dal destino dei miei versi. Non si tratta di contentezza: si tratta di distacco, di liberazione.
Quanto a Pasolini, è stato lui a indurre Scheiwiller a stampare quell’antologia ed è stato Scheiwiller a battersi perché io avessi quel premio, se anche modesto, rompeva la preclusione dovuta al fatto che i miei versi non sono scritti nella lingua letteraria. Perciò devo gratitudine a Pasolini per la sua iniziativa. Ora, ciò che ancora mi resta, è di trovare un editore per l’ultimo volume
di versi “da sera a notte”3. Scheiwiller vorrebbe farlo stampare da Mondadori; ma Sereni, che è il responsabile della “Collana dello Specchio”, non
ne vuole sapere. Vedremo. Scrivi: “io credo che la nostra vita è un accidente, un caso qualunque, e
ci siamo senza colpa o merito, o perché.” A me pare che la creatività senza fine della vita, implichi infiniti centri di attività, di coscienza, di volontà più o meno cieca, e che il risultato possa
quindi essere giudicato in vari modi, e così anche nel tuo. Trovare in questo caos meraviglioso un filo d’oro finalistico, è anche possibile. Pur che tu te lo crei come fa il ragno con la sua tela. Mi piacerebbe molto parlare con te del tuo itinerario spirituale e del mio. Ti ringrazio vivamente di non avermi dimenticato, e sarei felice di rive-
derti ancora. Ti abbraccia affettuosamente e ti saluta Biagio Marin
90 [Trieste], 28 novembre 1962
Caro Prezzolini,
ho avuto notizia da Scheiwiller, che la Mondadori stamperà una nutrita antologia dei miei versi, forse già entro il ’63, o al più tardi, per la primave3 Il volume Tra sera e note verrà pubblicato solo nel 1968 da Schewiller, Milano. 4 Vittorio Sereni (1913-1983), poeta, scrittore, traduttore e saggista. 90. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: «R 2/12/62».
AP Lugano.
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ra del 641, Puoi immaginare la mia soddisfazione. E in questa occasione ho pensato tanto a te, che sei stato il primo a parlare dei miei versi a Alberto Mondadori. Ti aveva detto: mandi il dattiloscritto alla casa. E io non l'avevo mandato perché m'era stato detto che sarebbe stato inutile. Ed ecco ora il giovane,
mite Scheiwiller ottenere quello che allora era parso un sogno irrealizzabile. Certo è però che Alberto Mondadori cui è spettata la decisione, si deve essere ricordato di te e della tua raccomandazione. E io ora, più che allora devo ringraziarti. E ho anche ripensato a quello che avevi scritto in quel tuo articolo sulla mia poesia, ho ripensato a quella magnifica bandiera alzata in suo onore sull’alto della tua abitazione a New York. Come sei stato sempre caro e generoso con me! Caro e generoso sei stato però con tutti gli uomini che hai avvicinato. E sono stati tanti, che meravigliosa favola è stata la tua vita! Eri e sei un grande signore. Forse la difficoltà di certa gente a capirti, è costituita proprio in questo: che non vedevano nella tua signorilità. Quando io penso alla tua amicizia con Papini, alla tua amicizia con Soffici, così diversi da te, pur essendo toscani, mi dico sempre: che cuore grande e aperto ha avuto Giuliano! E anche con Scipio sei stato generoso. É con tanti altri e perfino con me, che ero così marginale, così inespresso! Le nostre giornate
a Settignano nel ’15, in quella primavera, in quei giorni che precedettero la nostra dichiarazione di guerra sono per me indimenticabili. E come fosti buono e umano con me. Che desiderio di baciarti le mani per dirti grazie. Spero che tu sia rimesso e stia bene. E, ti prego, continua a volermi bene. Come io te lo voglio. Ti abbraccia con tutta l’anima Biagio Marin
! Biagio Marin, I/ non tempo del mare, Milano, Mondadori, 1964. Come prefazione viene inserito il discorso tenuto da Carlo Bo al C.C.A. di Trieste il 10 febbraio 1962, da titolo La poesia di Biagio Marin.
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9I [Vietri sul Mare], 2 dicembre 1962
Caro Marin,
non posso scriverti a lungo, perché sono peggiorato di salute, e non devo stancarmi, quindi misurare ogni sforzo. Ma mi dispiacerebbe, se dovessi andare all’altro mondo, di non averti scritto per ringraziarti della tua carissima del 28, che mi colma di gioia, pensando che se era davvero possibile che avessi fatto qualcosa di bene per qualcuno, meno male, si poteva chiudere senza troppo rammarico. Io avevo l’intenzione di proporti di scrivere ancora al Sereni, ma ora sento che non è necessario, e ne sono contento. Ma se per caso fosse utile,
come ultima spinta, fammelo sapere. Quanto a Slataper, non gli serbo nessun rancore, ma in me la conoscen-
za è sempre superiore a tutto, e ciò che mi colpì fu che nessuno si sarebbe aspettato di leggere quelle pagine nel suo diario, tanto più che nel mio non
ritrovo più niente di ciò che mi attribuisce, e non ricordo nemmeno d’aver potuto scrivere quello che lui lesse! Sicché due sorprese in una volta. Son contento di sapere che parte ebbe Scheiwiller nella pubblicazione, e son lieto che nel Pasolini il filologo e il conterraneo abbian prevalso sopra le tendenze della sua arte — così opposta alla tua solare. Aggiungerò l'episodio che giustamente ricordi del tronco di Scipio. Tuo aff.mo Prezzolini
92 [Trieste], 6 dicembre 1962
Caro Prezzolini,
non puoi immaginare quanto mi abbia commosso e anche turbato la tua. Le verità è che dopo tanti anni e tante vicende, siamo una carne sola, e un’unica realtà spirituale, e che in ognuno di noi soffre o gioisce anche l’altro. Ti sento parte viva, sostanziale di me stesso, caro Giuliano, ti sento proprio in me. Perciò la tua ultima mi ha turbato e commosso. Non puoi immaginare 91. Lettera ms. recto su 1 f. Archivio famiglia Marin. 92. Lettera ms. recto verso su 2 f. AP Lugano.
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che volo di ricordi hai suscitato in me. Tutta la mia età giovane, tutta la mia vita fiorentina e toscana — tutti i miei figlioli sono nati a Firenze e solo Gioiella a Pescia allora lucchese, — mi si è come accesa nell'anima. E ho capito come mai, quanto mi sei consustanziale, quanta parte sei della mia stessa vita. Certo, quando tu mancassi, sarei più povero e ancora una volta fatto monco. Quindi, ti prego di non andare all’altro mondo, perché la mia vita sarebbe mortificata. Spero che tu riesca a vincere il male che ti affligge. Ieri ho ricevuto una lettera di Vittorio Sereni in cui mi dice: “Caro e illustre Marin,
già qualche anno fa il comune amico Pocar si era vivamente interessato a Suo favore in questa sede editoriale. Non se n’era fatto niente, nonostante la buona volontà, per una serie di ragioni che ora non sto a esporre e che comunque esulavano del tutto dalla stima e dall’affetto che la sua opera s’era da tempo meritata. Ora grazie anche alla comprensione di Alberto Mondadori il progetto ha preso un aspetto concreto ...”
Come vedi, è stato Alberto Mondadori a decidere. Se e quando la tua salute te lo permettesse, tu volessi ringraziarlo di essersi ricordato della tua raccomandazione, te ne sarei grato. E vorrei anche sapere se non debba rin-
graziarlo io stesso, perché mi pare proprio che Sereni quasi lo suggerisca. Certo, mi sarebbe piaciuto veder pubblicati i miei versi nella collezione dello “Specchio”; ma anche venir pubblicato in una collezione secondaria,
perché non si è superato il pregiudizio antidialettale, è già una vittoria. Non so se tu conosca la collezione dello “Scrigno”. Io ne ho visto un volume soltanto ieri. Ora si attende che Giacomino De Benedetti! voglia accettare di scrivere la prefazione. Spero che tu possa scrivermi presto che stai meglio. Te lo auguro come a me stesso. E ancora e sempre grazie del tuo affetto, della tua generosità. Con me sei stato sempre infinitamente caro e non posso
dirti il dolore che mi dà l’immaginare di poter perderti. Ti abbraccio forte forte e ti saluto. Biagio Marin
! Giacomo De Benedetti (1901-1967), scrittore e critico. La prefazione al volume di Marin sarà invece di Carlo Bo.
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SE; [Trieste], 7 gennaio 1963
Caro Prezzolini, la tua ultima mi diceva che non stavi bene; e da allora io attendo una tua
che mi dica che stai meglio. Sarei lieto di riceverla presto. Intanto ti mando i miei augurali saluti per l’anno nuovo. Che è ricominciato in modo brusco e comunque atto più a deprimere i nervi che a far fiorire speranze. Il Natale l’ho passato a Milano ospite di Ervino Pocar, il traduttore, mio amico fin dagli anni di ginnasio a Gorizia. A Milano ho visto anche Vanni Scheiwiller, al quale ho consegnato il testo delle “Elegie Istriane” che egli pubblicherà per il mio 72° compleanno!. Con lui e con Pocar, ci siamo accordati anche sui limiti dell’antologia di miei versi, che pubblicherà nello “Scrigno”, Mondadori?. Così ora la preparerò. Ma devo dirti che mi pare di preparare la mia cassa da morto. Ho anche un periodo difficile per essermi ingolfato nella lettura di libri che riguardano il cristianesimo e in modo particolare il cattolicesimo, che suscitano in me dolorose reazioni, perché non capisco. Tutte le speculazioni teologiche mi sembrano un farnetico da pazzi. E non capisco come milioni e milioni di uomini possano prenderle sul serio. E tutta questa pazzia per voler ridurre a sistema singole intuizioni che a sistema non si lasciano ridurre, non si devono ridurre. Sono dei criminali, tutti, cominciando da Paolo fino ai vari Barth ». Chi ci libererà?
E ho capito che la malattia teologica è costitutiva degli uomini. A me dà pena e ira. Un’ira che mi fa soffrire perché è ridicola e inutile e mi dà solo la misura della mia nullità. 93. Lettera ms. recto e verso su 1. Sul recto, in alto al centro, compare: «R». AP Lugano. 1 Biagio Marin, Le Elegie istriane, Milano, Scheiwiller, 1963, con discorso introduttivo di
Carlo Bo, ristampa di quello tenuto a Trieste il 10 febbraio 1962. 2 Biagio Marin, I/ non tempo del mare. 3 Marin si riferisce a San Paolo e a Karl Barth (1886-1968), teologo protestante svizzero.
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Fatti vivo e dimmi come stai e abbi l’augurio mio di bene e un fraterno abbraccio. Biagio Marin
94 Roma, 9 febbraio 1963
Caro Prezzolini,
a Trieste quest'anno ho patito tanto freddo, che assieme a Pina mi sono ora rifugiato in casa della mia figliola maggiore, dove pensiamo di rimanere tutto il mese. (Gioiella V® Englen — Via delle Montagne Rocciose 35 — Roma (Eur). Durante questo duro inverno ti ho avuto molto in mente, e avrei goduto di sapere se stavi bene, e se costì, a Vietri a Mare, faceva tanto freddo e se
tu potevi difenderti. Non potresti scrivermi magari solo una cartolina postale per dirmi come stai?
Qui conosco poca gente, non ho il coraggio di presentarmi perché so che non hanno tempo da perdere, e che io nulla posso loro dare, non essendo io un intellettuale aggiornato, né in genere di mentalità cittadinesca. Sono rimasto un periferico e mi rendo conto della difficoltà di stabilire contatti con persone importanti. Tu sei un affettuoso e perciò con te mi ritrovo. Quando è che uscirà la nuova edizione delle “Memorie di un inutile”?!
Credo sia questo il titolo del tuo libro. Vorrei saperlo per comprarmelo. Ma ciò che ora più mi interessa è sapere come stai. Ti prego di farmelo sapere. Qui, forse, vedrò Spaini.
Ti abbraccia e saluta Biagio Marin
94. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «R 11/2». AP
Lugano. 1 Marin si riferisce alla seconda edizione de L'italiano inutile, che uscirà solo nel 1964.
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95 [Vietri sul Mare], 11 febbraio 1963
Caro amico,
sto al solito, per ora non posso venire a Roma. Ma se tu volessi fare una scappata qui per una fine di settimana, ti veniamo a prendere a Salerno. Non posso far troppi sforzi, ma qualche ora si può passare insieme. Ho una branda, anzi due brande, se tua moglie volesse accompagnarti. Da Roma puoi arrivare qui verso le 12 e tornare a Roma la sera, oppure
il giorno dopo: ci son parecchi treni. Se vieni avvertimi in tempo dell’ora. Se arrivassi e non mi trovassi (posso sempre esser incomodato) telefona dalla stazione 20.375; se funziona (siamo in Italia) dovrebbe risponderti qualcuno. Non risposi alla tua irreligiosa perché il poco tempo che posso lavorare lo impiego per gli articoli. Come mai alla tua età non ti sei accorto che gli uomini si fanno ammazzare per le fantasie e non per le verità? Quanti che morirebbero per San Paolo, non si farebbero uccidere per Galileo! Aff. Prezzolini
Se vieni, vieni in treno. Altrimenti poco ti rimane, se non un vecchio
local.
96 Roma, 16 febbraio 1963
Caro Prezzolini,
il tempo non consiglia una gita fino a Vietri. Ti ringrazio però cordialmente per l’invito. Sono contento intanto di aver avuto tue notizie, di sentire, che dopo
tanto inverno, non stai male. Speriamo che il cielo rinsavisca e che almeno marzo ci riporti il sole. 95. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin. ! scritto sul bordo sinistro della pagina.
96. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: «R». AP Lugano.
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Io qui vivo in casa, e non oso farmi vivo con nessuno perché so che nessuna ha tempo da perdere, e io certo nulla posso dare, per compensarli. A qualcuno ho scritto: sono qua. Vi vedrei volentieri; se credete di poter perdere con me una vostra ora preziosa, telefonatemi. Nessuno per ora l’ha
fatto. Ma non mi scandalizzo. Capisco. Ciò che non vuol dire che una vena di tristezza non mi entri nell'anima. In fin dei conti io sono stato sempre un provinciale, ignorante e solitario. E gli uomini che arrivano a Roma, sono grandi letterati, grandi chierici di ogni specie. Il ritmo della mia vita interiore è lento e anche d’altri tempi. E ora ho schietta la nostalgia di andarmene da un mondo che mi è estraneo, e dove non posso avere una funzione. Mi chiedi come mai, alla mia età, non mi sia ancora accorto che gli uomi-
ni si fanno ammazzare per le fantasie e non per la verità. Da lungo tempo so che gli uomini non vogliono assolutamente pensare; ma perché confondere la verità con i miti, con le fantasie? Né io nego alla poesia il suo valore; ma mi esaspera la confusione e soprattutto le negazione della dignità del pensiero e la pretesa di assolutizzare i miti a realtà, a verità. Per me, che sono
tardo e testone, la vita è piena di scandali insopportabili. Ed è così, che ora mi sento solo e nostalgico di andarmene. Cosa vuoi, il minimo che si possa essere in questo mondo è essere “intelligenti”, e io non sono riuscito neanche a questo. Così potrai capire anche perché io abbia una profonda gratitudine per tutto il bene che, ciononpertanto, tu hai fatto per me. Sei stato molto molto buono e caro e il tuo affetto è stato per me una grande ricchezza. Ti abbraccia, augurandoti ogni bene, e ti saluta Biagio Marin
Si Vietri sul Mare, [7 marzo 1963]
Caro Marin, non so se sei ancora a Roma e se ci resterai un pezzo. Mi dispiace che non
potessi venire. Ripensaci. Forse non so se potrò mai arrivare fino a Trieste. Spero di tornare a Roma se la stagione sarà buona nel prossimo mese. Non posso fare piani o promettere, tutto dipende dalle mie condizioni, incerte. Tuo aff. Prezzolini 97. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin.
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98 Trieste, 9 marzo 1963
Caro Prezzolini,
sono ormai qui da due giorni. Purtroppo il cattivo tempo mi ha impedito di venire a vederti; ma è probabile che a maggio ritorni per due settimane a Roma, e allora, farò il possibile per venirti a salutare. Tu non puoi immaginare con che cuore sarei venuto anche in questi giorni, ma temevo di metterti in imbarazzo. Sai, io ritorno spesso e volentieri a quegli anni, in quell’atmosfera della “Voce”. E ti ritrovo sempre e ritrovo sempre i tuoi, e i tuoi amici. Tu puoi ben capire: una vera poesia rimane sempre fresca e attuale. E per me, quegli anni sono come un meraviglioso poema. Quanto bene mi avete dato, tutti, ma Scipio e tu, più degli altri. Quanto tu mi abbia dato, penso che non lo sai, che non lo puoi neanche immaginare. Lo so io ora, perché quando guardo in me, subito ti ritrovo. Ora i nostri giorni sono precari, un nonnulla ci può far sparire. Ed è per questo, che l’anima quasi intensifica i ricordi, e le lontananze diventano presenza in modo commovente. A Roma ho visto un momento Schiaffini!, e un altro momento Falqui. Poi nessuno. Avevo telefonato a Spaini, ma non trovò modo di vedermi. So che non hanno tempo, so che io non rappresento nulla che possa giustificare per essi l'interruzione della loro giornata. E poi le grandi distanze, il tempo che bisogna perdere per solo incontrarsi. E infine la mancanza di un serio legame comune. L'anarchia assoluta degli spiriti, rende il dialogo un fatto miracoloso. Con me poi, che, come tu sai, sono provinciale e senza cul-
tura, dialogare è un’impresa, per chi non mi sia già amico, o almeno consustanziale. To sono rimasto là, caro Giuliano, con gli occhi e l’anima pieni di meraviglia e di gratitudine. Grazie di avermi scritto. Ti abbraccia e saluta Biagio Marin P.S. Quando uscirà la nuova edizione del tuo libro?
98. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: «R». AP Lugano. 1 Alfredo Schiaffini (1895-1971), linguista e critico letterario.
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S9 Trieste, 31 maggio 1963
Caro Prezzolini,
ti ho sempre presente e ti ricordo sempre con molto affetto. E vorrei tanto sapere come stai e come ti trovi in quelle lontananze, che sono, per
certi versi, comparabili alla mia marginalità. Ora costà deve fare già caldo; ma il mare con il suo maestrale, col suo libeccio, lo tempera. Tra due settimane, mi calerò anche io al mare, nella mia casa di Grado, dove resterò tutta
l'estate. Devo scrivere dei brevi racconti per la Rai!, e me ne faccio un caso di coscienza. Perché io ho poca memoria e mi rendo conto quanto pesi, in un racconto il dettaglio felice. E poi, io nella vita, ho visto poco. Soprattutto gli uomini. Ne ho avvicinati pochi e quelli che ho avvicinati, li ho guardati sempre con occhi amorosi, solo con i 775ef occhi. Comunque mi proverò a
fissare qualche ricordo. — Con la salute, a parte qualche disturbo circolatorio al cervello, sto piuttosto bene. Non ho lavorato molto. Ho solo letto filosofia e saggi sui problemi religiosi. Vivo una violenta rivolta contro la mistica di Paolo e quella di Giovanni, contro la cristologia e il sacramentalismo.
E mi meraviglio che per tanti secoli tutto quel farnetico abbia tenuto campo nelle menti non solo della masse, ma anche di uomini geniali. E non si vede ancora cenno di superamento, così la via all’universalismo semplice e schietto, rimane, per milioni e milioni bloccata. Tu sorriderai, per questo mio arrivare così tardi su posizioni che a te
erano proprie già tanti anni fa. Ma io sono un tardo e un lento, ed evidentemente, poco intelligente. E lo dimostra il fatto che mi arrabbio con i grandi geni religiosi del lontano passato, come fossero presenti e miei eguali. E che titolacci do loro! Di nuovo non mi succede più nulla, alla fine di giugno Scheiwiller pubblicherà le mie “Elegie Istriane”, pochi versi. E poi dovrà passare un anno intero, prima che Mondadori pubblichi l'antologia. Altri avvenimenti nella mia vita non ci sono, o non contano più. Ma se tu ti facessi vivo, mi faresti
un grande regalo. Ti abbraccia e saluta Biagio Marin
99. Lettera ms. recto e verso su 1. Sul recto, in alto al centro, compare: «R 9/6». AP
Lugano. ! Racconti che Marin leggeva alla Radio Rai di Trieste.
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100 [Vietri sul Mare], 9 giugno 1963
Caro Marin,
non ti scrissi più perché dispongo di meno tempo e di meno forze, e il poco che ho lo dedico al lavoro; mi fa piacere avere tue buone nuove, con-
fermate da Scheiwiller qui in visita. Capii il tuo imbarazzo venendo qui, ma per me non è affatto imbarazzo, anzi la vera e naturale mia vita. Non insistei. Peccato che tu non sia venuto,
perché non so ancora quando potrò arrivare a Trieste. Pochi giorni fa fui a Firenze, a passare qualche giorno con Giuliano; era quasi un anno che non mi vedeva. Non so perché ti scaldi il sangue contro le religioni; te l’ho detto: son fatte per tutti coloro che han bisogno di corsolarsi d’esser nati, d’esser nati disgraziati e colpevoli di qualche cosa che non sanno nemmeno loro cosa sia, ma li turba. E ci sono fra loro dei re, degli scienziati, degli storici, dei bei
giovani e delle belle donne, e molti poeti. Se vuoi ragionare, renditi conto di questo, che è un fatto, come la gravità o l’elettricità etc. Ecco che mi son fatto vivo con te, non so con qual giovamento per te, ma certo con gran piacere per uno come me che annovera pochi amici e li va perdendo. Chi lo sa? vedremo ancora per un poco questo mondo, sempre lo stesso! Aff. Prezzolini
101 Grado, 9 luglio 1963
Caro Prezzolini,
la tua cartolina mi ha riportato la tua voce viva. Ti ho proprio sentito come tu fossi presente. E ancora sempre ho sentito il tuo vivo affetto e l’affettuosità che hai avuto sempre con me, e che mi ha sempre commosso. Anche ieri, anche oggi. Sono lieto che il discorso di Bo ti sia, in complesso, 100. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Vietri sul Mare (Salerno) sopra la Crestarella tel. 20375». Archivio famiglia Marin. 101. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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piaciuto!. E sono d’accordo con te che una maggiore semplicità sarebbe stata più aderente alla sua realtà e più efficace. Ma vedi, quella semplicità che tu postuli nel giudizio della mia poesia, premette il riconoscimento di quella elementarietà che tu hai chiamato omerica. A questo neanche Bo è arrivato. L'osservazione che ti riguarda in quel testo, mi sembra dovuta a vera a propria incomprensione, e a me è dispiaciuta. Perché il giudizio di cui più mi vanto, il giudizio che mi è più caro è pur sempre il tuo. Proprio perché non è sofisticato da intellettualismi. A Bo sono grato, perché s’è impegnato e compromesso, ma quel tuo testo, con quella bandiera al vento nel cielo di New — York, in onore della mia poesia, è stato per me un bacio su l’anima e la corona sul mio capo. Non mi hai detto però, una sola parola sulle “Elegie". Forse che non ti hanno persuaso? Sarebbero opera falsa e insufficiente? Ho molto stentato a darle alle stampe, per tante ragioni; ma poiché erano testimonianza sofferta, ho finito per pubblicarle. Mi farai un regalo se mi dirai il tuo giudizio. Grazie della bella facciata della chiesa romanica di Tuscania. Le nostre sono ancora più semplici, perché sono ancora romane. Il duomo di Grado assomiglia a Sant'Apollinare in Classe. L'interno della nostra basilica, è di una semplicità e solennità sbalorditive. Sono a passare l’estate qui a Grado con figliole e nipoti. Ti ringrazio tanto tanto della tua voce affettuosa. Con affetto ti saluta Biagio Marin
P.S. Non ho potuto sapere se è uscita la ristampa dell’ “Italiano inutile”. Me lo dici?
! Carlo Bo, La poesia di Marin, in Biagio Marin, Elegie istriane, Milano, Scheiwiller, 1963.
2 «Né vale riportare un giudizio del Prezzolini, secondo il quale i versi in dialetto sarebbero migliori perché hanno più sapore, più originalità. Ahimè, Prezzolini vedeva Marin col metro comune che serve ai critici per spiegarsi la poesia. L'abbiamo detto, quello è un metro che a Marin non serve e se ci ostinassimo ad adoprarlo finiremmo per perdere definitivamente il segreto miracoloso della poesia di Marin».
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102 Grado, 18 agosto 1963
Caro Prezzolini,
è capitato fin qua Vanni Scheiwiller; e subito ti abbiamo ricordato con molto affetto. Mi ha detto che il posto dove stai è molto bello, e che tu ti trovi molto bene. Puoi immaginare come ne sono contento, e chi sa che non venga anche per me l’occasione di venir fin laggiù, in quelle lontananze. Io sono ancora qui a Grado, con i miei, e in casa siamo un po’ tristi, perché la nostra Serena, quella che è sposata con Franco Slataper, deve lasciarci, per raggiungere il marito a Chicago. Non vi andrei neanche se mi dessero in compenso il paradiso. Cantavano una volta nei nostri paesi: “mi sì che vignaria se fosse de andar a Milan ma xe de andar in America l America xe tropo lontan” Proprio così: troppo lontana, e non solo nello spazio. — Il mio libercolo!, per ora, è passato quasi inosservato. Spaini, il nostro antico Spaini ha scritto un articoletto cordiale sul “Piccolo della Sera” di Trieste2; Camerino, una breve recensione sul “Gazzettino” di Venezia, e Carlo Bo l’ha menzionato in una sua rassegna. Per ora è tutto qui.
Spero che tu stia bene e non abbia sofferto del caldo. Quassù, tutto agosto, fin ora è stato piovoso. Un'estate simile non la ricordo. Ti mando tanti tanti affettuosi saluti. Biagio Marin
Ti ho spedito un paio di ritagli sul tuo libro. Arrivederci in ottobre, a Vietri? Vanni Scheiwiller®.
102. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Biagio Marin, Elegie istriane. 2 Alberto Spaini, Colori e dolori dell'Istria, «Il Piccolo della Sera», 7 agosto 1963, Trieste. 3 Aldo Camerino, Elegie di Marin, «Il Gazzettino», 6 agosto 1963, Venezia. 4 Di questo non c'è traccia nelle bibliografie attualmente disponibili. 5 Appendice manoscritta autografa.
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103 [Trieste], 9 dicembre 1963
Caro Prezzolini,
da molto tempo non ho più tue nuove. L'ultima cartolina me l’hai scritta questa estate, dopo che avevi ricevuto le mie “Elegie Istriane”. Ed ecco siamo quasi a Natale e tra dieci giorni Pina ed io, ci caleremo a Roma, per passare le feste con le figliole e i nipoti. E chi sa che io non trovi il modo di prendere il treno e di arrivare un giorno a Vietri a mare. Per questa ragione, vorrei pregarti di dirmi se a Vietri venendo giù con Pina trovo un albergo, e se no, è il caso che pernotti a Salerno? E a Salerno quale albergo mi puoi indicare? Io voglio rivederti, ma non voglio darti noie. E voglio rivederti per ancora dirti grazie di tanti doni che mi hai fatto, e per dirti che
ti voglio bene e che ti stimo assai. Spero che il tempo bello duri, perché con la pioggia un viaggio come quello diventa un’impresa difficile. Quanto a me, vivucchio poveramente in tutti i sensi, e soprattutto spiritualmente. Combino ormai poco. Ho bisogno di lunghi silenzi, di lunghi ozi, perché in me nasca un’immagine o un piccolo pensiero. Che vuoi, così è, ognuno di noi ha le sue possibilità. Sarebbe piaciuto anche a me essere intelligente, di grande mente. Invece non è stato così. — Se mi rispondi subito, fai il conto che io sono qui fino al giorno 20 compreso; se vuoi, scrivi a Roma (Eur) (presso Englen — Via delle Montagne Rocciose 35). E intanto buon Natale a te e alla tua signora, e un affettuoso abbraccio al mio Giuseppe Prezzolini. Biagio Marin
103. Lettera ms. recto e verso su 1. Sul recto, in alto al centro, compare: «R 12/12». AP Lugano.
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104 Vietri s. m. Salerno, 12 dicembre 1963
Carissimo Marin,
scusa pure il mio lungo silenzio, volevo interromperlo con una improvvisata, e non ho potuto (ma te la farò lo stesso). Son lietissimo che tu venga a Roma. Io non posso muovermi di qui, per-
ché a Natale o dopo C.[apo] di anno verranno mio figlio e la nuora, che han pochi giorni di vacanza. Altrimenti vi avrei detto di passare una notte in casa mia, ci son due ottomane che per persone non guaste da ricchezza o afflitte da malattia, fanno riposare un uomo. Non posso offrirvele perché ci saranno mio figlio e mia nuora. Ma a Salerno ci sono alberghi discreti. Il Diana è il migliore, credo di II classe; qui a Vietri ce n’è uno solo di lusso, La Baia.
A Salerno posso venire a prendervi con l'automobile, dista 3 km e farete colazione a casa con noi. Tel. 20.375. Ma pur troppo non posso dirti di restare molto, perché mi stanco facilmente! È una conseguenza della mia malattia. Posso lavorare a tavolino abbastanza a lungo, ma chiacchierare, discutere, commuovermi non è raccomandato dal dottore. Dovrei evitare anche di irritarmi! Con il mondo come è fatto! A un amico come te si possono dire queste cose.
Quindi se vieni con Pina, sarà un gran piacere. Ti ho detto che Jakie!, mia moglie, ti conosce e ti adora. Dice sempre che le tue lettere sono le più belle e vive di quelle dei miei amici. Aff.mo Prezzolini
105 [Vietri sul Mare], 14 dicembre 1963
Caro Marin devi esser a Roma. Ora senti. Ho vivo desiderio di vederti e non bisogna
sprecar questa occasione. 104. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin. 1 Gioconda Savini, detta Jakie, seconda moglie di Prezzolini. I due si sposarono nel 1962.
105. Lettera ms. recto su 1 f. Archivio famiglia Marin.
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I miei vengono qui il giorno di Natale e restano fin dopo Capo d’A.[anno]. Non potresti tu e la Pina venir qui prima di Natale, un di questi giorni a tua scelta, con un treno che arriva qui alle 18.22? Saremmo alla Stazione ad aspettarvi. Si fa cena insieme. Si chiacchiera. Ci son due ottomane comode, in una stanza riscaldata. Dormite fino alla mattina. Riprendete il treno alle 13.20 e credo verso le 16-17 siete a Roma. Non posso trattenervi di più, perché mi stanca la compagnia che mi commuove! E poi non è un soggiorno piacevole, la stanza è una camera occasionale, ma non mancan le cose essenziali. Quando ci saranno i miei, sarebbe più difficile; e vedendoli poco sono un po’ impegnato con loro. Avvertimi in tempo. Il mio telefono qui 20.375 Vietri s. m. Aff. Prezz.
naturalmente mia moglie si unisce nella “petizione”!
106 [Roma], 21 dicembre 1963
Caro Prezzolini,
arrivato ieri sera, ho trovato la tua cara del giorno 14. Anche io ho un vivo desiderio di rivederti a non ritornerò a Trieste senza prima venire costì ad abbracciarti. Ma ora non possiamo venire perché la Lella e i ragazzi si propongono di partire per Sappada in Cadore, già il giorno 26; potrò venire a gennaio, ma quando ancora non lo posso dire. Comunque abbiamo in programma di ritornare a Trieste solo alla fine di gennaio. Non ti preoccupare poi per noi. L'unica cosa che ci importa è il rivederti, il risentirti. Non ti stancheremo. Il programma della gita te lo sottoporrò in tempo. Così, forse, intanto ritornerà il bel tempo. Ma, bello o brutto che sia, io verrò.
Intanto fate un Natale sereno. E ti prego di ringraziare tua moglie per la sua grande gentilezza, e di salutarla. Ti abbraccia. Marin
106. Lettera ms. recto su 1 f. AP Lugano.
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107 Roma, 29 dicembre 1963
Caro Prezzolini,
il nostro programma sarebbe presso a poco questo: venire un giorno di gennaio, dopo la Befana, a Salerno col R. [apido] che arriva costì alle 11.35. Scendere in fretta al Diana, dove potresti telefonicamente fissarci una stanza con due letti, e poi venire a Vietri, con te stesso, se vieni a prenderci in
auto. Se no un qualche mezzo lo troveremo. Verremmo a pranzo da te, o se credi, con te in un ristorante, per non dare noia a tua moglie; staremmo insieme due ore, dopo di che, noi si ritornerebbe a Salerno. Nell’indomani si vorrebbe andare a visitare Paestum, ciò che da molti anni è nei voti di
Pina: e, se possibile, ritornare in serata a Roma. Qui sono andato a chiedere informazioni sui mezzi e gli orari per Pesto!, ma non hanno saputo dirmi nulla su i servizi di eventuali corriere. Forse al centro potrò avere qualche informazione. Se tu puoi darmene, te ne sono grato. Salvo poi precisare il giorno della nostra venuta, dimmi se sei d’accordo col programma. Noi desideriamo dormire a Salerno e per non dare noia a voi, e per essere più facilmente disponibili la mattina dopo, per andare a Pesto. E così approfitteremo anche per vedere Salerno. Resto quindi in attesa del tuo benestare al programma. Intanto ti mando o vi mando l’augurio più caldo di buon anno novello. Sia solare come queste meravigliose giornate.
Ti abbraccia Biagio Marin
107. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Marin si riferirà più volte, nelle lettere successive, a Paestum indicandolo con il nome Pesto.
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157 Trieste, 26 gennaio 1967
Caro Prezzi,
ti ho fatto mandare copia della nuova edizione della “Traccia sul mare” il libro del mio figliolo!; e vorrei pregarti di leggerlo. E, se ti pare, di scrivere una pagina per presentarlo ai tuoi lettori. L'edizione, o meglio la stampa del libro, me l’ha regalata Gigetta, perché nessun editore me l’ha voluta stampare. Le ragioni le rileverai tu stesso dalla lettera. Ma pure a me, e anche ai miei giovani amici di Trieste, pareva e pare che quelle pagine di Falco siano degne di essere conosciute. Fortunato Pintor, lo zio di Giaime? mi aveva chiesto, a suo tempo una copia della prima edizione della “Traccia sul mare” e mi aveva scritto: “Falco e Giaime, nati nello stesso anno, sono entrambi caduti nel ’43, a distanza di pochi
mesi; e si assomigliavano moralmente, anche nella semplicità e nella schiettezza, più che non lasci immaginare la scarsa traccia lasciataci, negli scritti di Giaime della sua vita interiore... Li ha congiunti uno stesso destino al quale erano andati incontro con sempre più deciso distacco dal regime sotto il quale si era trovata la loro prima giovinezza. Le lettere trepidanti, sconsolate, di Falco, del 17 febbraio e dell’11 marzo del ’43, sulla temuta imminente rovina della Patria, sono
persino nelle espressioni, simili alla fine del saggio di Giaime sul colpo di stato e alla sua lettera-testamento... 157. Lettera ms. recto e verso su 2 f. Sul recto del primo foglio, in alto al centro, compare: «Risposto in antecedenza il 30/1». AP Lugano. 1 Falco Marin, La traccia sul mare, a cura di Alfredo Vernier, Milano, Scheiwiller, 1966,
edizione rivista e ridotta rispetto a quella del 1950. 2 Giaime Pintor (1919-1943), uomo politico e scrittore, dopo aver combattuto sul fronte
occidentale, partecipò alla difesa di Roma e quindi si arruolò nell'esercito inglese. I suoi saggi sono riuniti nel volume I/ sangue dell’Europa, Torino, Einaudi, 1950.
180
CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
Si preparavano alla morte, consapevolmente... Perché ti ho trascritto queste parole? Forse solo perché, 10 anni fa, mi avevano dato consolazione.” Falco è stato discusso da Salvemini in due grandi articoli sul Mondo del 10 e del 17 marzo del ’51; e lo ha bollato e processato come “fascista”. Diceva Salvemini: “la filosofia dei falsi monetari gentiliani, dirige sempre il suo spirito.” E uno di quei falsi monetari, per Salvemini ero anche io. Devo dire però, che con tutto ciò Salvemini ha reso onore a Falco. In modo diverso, con grande cordialità lo ha fatto su “La Stampa”,
Bacchelli. Del resto nel volume che ti arriverà vedrai la nota bibliografica. Naturalmente,
se il libro me lo avesse pubblicato Einaudi, o anche
Vallecchi, avrebbe avuto un’altra importanza. Vorrei pregare te di dirmi francamente se pensi che io abbia sopravvalutato il valore di quelle lettere e di quei diari del mio figliolo. La casa editrice Piper di Monaco, ha pubblicato nel ’61 un volume di lettere e note da tutto il mondo; intitolato “Die Stimme des menschen”
e vi ha
accolto anche parecchie pagine di Falco». Siccome la prima edizione, di sole 500 copie, era pressoché privata, da tempo mi era parso necessario di far seguire un’edizione ridotta all’essenziale. L'ho potuto fare, come detto, solo in grazia di Gigetta che ha pagato le spese di tipografia. Vanni ha dato il suo nome di editore. Appena ti sarà possibile dimmi che ne pensi. Ti abbraccia e saluta Marin
158 [Vietri sul Mare, 1 febbraio 1967]
Caro Marin,
mi è giunto oggi il libro del tuo figliolo — ben stampato — ma ora non posso leggerlo — domani sera ci imbarchiamo per Gibilterra e il Marocco } Die stimme des Menschen 1939-1945, a cura di Hans Walter Bahr, Monaco, Piper, 1961, pp. 358-367.
158. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin.
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alla ricerca di sole e di caldo che l’Italia ci ha dato così scarsamente questanno — ritorneremo a fine febbraio — e allora leggerò il libro — dove qualche sguardo m'ha fatto intravvedere pagine belle. State bene? Spero di sì. Grazie di nuovo. Saluti a Pina. Aff. Prezzolini
1599 Trieste, 28 marzo 1967
Caro Prezzi,
ritornato or ora da Grado dove abbiamo passato una decina di giorni approfittando del tempo bellissimo ho trovato la tua del 22 e te ne ringrazio. L'articolo tuo sul Borghese non è ancora comparso!. Spero di trovarlo lunedì prossimo. Non mancherò certo di dirti grazie in ogni caso, e anche le mie obbiezioni se dovessi non concordare con il tuo giudizio. Ma, fin da ora
grazie. È già molto che tu l’abbia scritto. Per ora, una sola persona ha pubblicato su quel libro di Falco, un articolo, e precisamente un liberale, l'avv.
Cecovini, sul Messaggero Veneto?. Temo che alla gente, quel libro sembri trascurabile. Aurelio Slataper è il figlio di Scipio Secondo, caduto in Russia, e, a sua
volta, figlio di Scipio nostro. Il nipote diretto di Scipio e di Teofilo Marini, il fratello di Pina. Pina, in grazia della Lella, a Grado si è un po’ riposata e sta un poco meglio. Mi meraviglia sentire da te, che nel Marocco non hai trovato abbastanza caldo. Comunque sono contento di saperti ritornato in Italia. Anche Pina vi manda i più affettuosi saluti a tutti e due, assieme a me. Ti abbraccia B. Marin
159. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. 1 Giuseppe Prezzolini, Marin “jr”, «Il Borghese», CVIII (4 maggio 1967), 18, p. 50. 2 Manlio Cecovini, Breve volo di Falco, «Il Messaggero Veneto», 23 marzo 1967, Udine.
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160 Trieste, 26 aprile 1967
Caro Prezzolini,
è la quarta settimana che compero il “Borghese” e l’articolo tuo sulla “Traccia sul mare” non lo trovo. Che succede? Non era meglio che quell’articolo lo avessi mandato al “Resto del Carlino”? per ora, un solo giornale ha parlato di quel libro. E ne ho mandato di copie in giro! Vale veramente così poco? E il mio è stato solo un atto di presunzione? Non puoi immaginare come mi senta mortificato. Con affetto ti saluta, assieme a tua moglie Marin
161 [Vietri sul Mare], 27 aprile 1967 Caro Marin,
stavo per scriverti quando ebbi la tua. Che vuoi che ti dica? Mandai la recensione, con altre due tre settimane fa, ma la saltarono, e io non posso
dir nulla, perché la direzione d’un periodico deve essere lasciata libera di guidare la nave come pensa meglio, oppure se non hai fiducia te ne vai, ma io ho fiducia e non mi sento di protestare. Vedrai che uscirà la prossima settimana. Si vede che importava loro altra recensione di maggior portata politica o altro. Come marinaio anche tu sai che bisogna lasciare che il capitano comandi, se no non ci sarebbe bisogno di un capitano. — Non potevo mandarla al Carlino, perché non era lunga abbastanza, il capitano di quella nave vuole tre cartelle ed erano 2. Non te la prendere. — Ne parleremo quando ci rivedremo, chi lo sa, forse nell’estate.
Saluta Pina da parte nostra. Tuo aff. Prezzolini 160. Cartoina postale ms. AP Lugano. 161. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin.
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162 Trieste, 3 maggio 1967
Caro Prezzolini,
finalmente ho potuto leggere il tuo appunto sul libro di Falco!. Te ne ringrazio. Ti ringrazio anche della promessa di rivederci la prossima estate, cosa che mi farà molto piacere. In questi giorni uscirà a Milano, sempre presso Scheiwiller, un mio nuovo volume di versi?; sono in attesa, come un ragazzo
della morosa. Saluti di Pina e miei a tutti due voi. Marin
163 [Vietri sul Mare], 4 giugno 1967
Caro Marin,
ebbi il tuo ultimo libro di versi, te ne ringrazio e ad apertura di libro trovai la poesia a Domine Iddio che mi piacque assai. Ma la tua dedica a G. P. della tua gioventù mi lasciò in sospeso. Io oggi non sono più quello. Quello d’oggi ti dispiacque? Credimi tuo aff.mo Prezzolini
162. Cartolina postale ms. AP Lugano. ! Giuseppe Prezzolini, Marin “jr”. 2 Biagio Marin, E/ mar de l'eterno, Milano, Scheiwiller, 1967. 163. Lettera ms. recto su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Vietri sul Mare (Salerno) sopra la Crestarella tel. 20375». Archivio famiglia Marin.
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164 Trieste, 6 giugno 1967
Caro Prezzi,
la mia dedica non voleva distinguere il Prezzolini della mia giovinezza dall’attuale; voleva solo dirti che ti voglio sempre ugualmente bene, con la stessa fiducia, con la stessa dedizione di allora. Non dovevi sospettare di me,
caro. Mi sei stato ricchezza della mia vita intera, in quella di ieri e in quella di oggi. Siamo tutti in qualche modo mutati: ma il mio affetto non muta e io non valuto le tristezze che sono in me; valuto solo la vita. E così in coloro
cui sono attaccato, e sono la mia vita. E se tu mi dici il tuo affetto io ne gioisco; ma anche se lo taci, lo gioisco lo stesso, perché parla il mio.
Quello che oggi vorrei chiederti è, se il volumetto che ti ho mandato tu lo consideri vivo o no. Tu non puoi immaginare in quanta angoscia io vivo. Perché non sono certo del valore delle mie cose. To le mando in giro, ma nessuno ne parla! Tre anni or sono Cecchi mi aveva proposto per un premio di selezione del Marzotto; quest'anno, neanche per quello. Eppure era tra imembri della giuria lo Schiaffini, che allora aveva scritto a Cecchi che il mio libro era da lungi il migliore fra quelli presentati. Quest'anno non hanno trovato a chi darlo il Marzotto, che cosa devo pensare. Perfino a Udine, dove pure presiedeva Bo, l’anno scorso mi hanno completamente ignorato. Ora, del denaro avrei grande bisogno; ma ad onta della mia povertà vorrei solo sapere se valgo tanto poco, da dover considerare il Bagutta una semplice avventura. A Giotti hanno dato il Feltrinelli!; perché a me no? Qua e là mi si fanno dei complimenti; ma quale è il mio posto? Ne ho uno? Aiutami ti prego, a capire. Non desidero altro. Ti abbraccia affettuosamente e saluta Jaqui Marin
164. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: «R 11/6». AP Lugano. ! Il premio fu assegnato a Virgilio Giotti nel 1957.
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165 [Vietri sul Mare], 10 giugno 1967 Caro Marin,
tu sai trovare la parola giusta, la parola alata per dir le cose; scusami se dubitai della tua dedica. Ma in questi ultimi giorni ho dovuto dir addio a due amicizie, e mi è spiaciuto, in un caso anche con dolore; ma per desiderio di chiarezza son disposto a tutto. Quanto al premio, che vuoi che ti dica? Io son stato nemico dei premi,
perché credo che abbiano incoraggiato tra i letterati italiani le capacità mafiose che hanno ereditato dagli umanisti e la servilità delle corti dei vescovati.
Se potessi aiutarti, lo farei; ma il mio aiuto farebbe l’effetto opposto. In quelle congreghe mi detestano perché non sto al “gioco” degli scambi di favori. Se non c’è riuscito Bo, che dirti?
È triste saperti in così dure condizioni da desiderare un premio letterario, che vien distribuito con tanta facilità.
Speriamo che il vento cambi, chi lo sa. Jakie s'è rotta un braccio e per ora non passiamo muoverci. Soltanto in
luglio, forse, potremo riprendere le nostre gite, e allora, se sarà capace di guidare, verremo a farti una visita. Quanto mi duole di non poterti aiutare. Mi domando alle volte se ho fatto bene a seguir la via dell’indipendenza, che però mi ha reso impotente a fare qualsiasi bene desidererei di fare. Tuo aff. Prezzolini
165. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Vietri sul Mare (Salerno) sopra la Crestarella tel. 20375». Archivio famiglia Marin.
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166 Vietri sul Mare, 9 agosto 1967 Caro Marin,
credo sia stata una buona idea di raccogliere in volumetto le tue prose, che ignoravo, su Trieste. Non ti conoscono sotto questo aspetto; e se anco-
ra c'è un senso di cittadinanza in Trieste (che era più grande e forte come ribelle a Vienna che come postulante a Roma) ti dovrebbero leggere e riconoscerti — chi lo sa che non possa accadere — chi lo sa — forse il mondo — forse gli Italiani son meno cattivi di quel che paiono. Appena potrò ne farò un cenno. Le mie righe sono contate — dalla mia età, dalle mie idee, dal mio
tempo, dagli impegni dei periodici dove scrivo — (il che è un miracolo). Quanto volentieri passerei con te un giornata. Ma l’accidente di Jakie ci ha messo in arretrato di tre mesi — è bastato un minuto — una scivolata (senza ragioni evidenti, non c’eran bucce di banana sul pavimento) — forse sia un segnale: aspettati, aspettati un brutto tiro da quell’Altro che ti circonda, e quel che è peggio, non sai chi sia. Bravo Marin, sempre imperterrito. Io no, rassegnato. Jakie pensa spesso a voi. Immaginate che cosa siete, delle apparizioni da una nebbia di letture, diventate una realtà con tanto di occhi, gesta, parole.
Alle volte la invidio. Io vi ho scoperto al rovescio.
167 Roma, 31 dicembre 1967
Caro Prezzolini,
arrivo in ritardo perché arrivato qua il giorno 20, dovetti mettermi subito a letto con una brutta influenza condita da una tosse che non mi dava pace né giorno né notte. Ora sto un po’ meglio; ma in casa, abbiamo a letto la Lella e anche Gaia, e Pina temo stia anche lei per seguirle. Perciò non ti ho scritto prima per farvi gli auguri. Ve li faccio ora per l’anno nuovo. Ringrazio, anche a nome di Pina tua moglie per il cordiale invito; che diffi-
166. Di questa lettera non possediamo l’originale, viene quindi presentata nella versione pubblicata da Margherita Marchione in «L'Osservatore politico letterario», XXVII (maggio 1982), 5, Milano, p. 68.
167. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
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cilmente potremo accettare. Siamo in un mare di difficoltà. Quel “Viareggio”! che mi è sfuggito, sarebbe stato proprio provvidenziale. Ma bene o male, tireremo avanti. Sto preparando un nuovo volume di versi?; da qualche parte spero di sfondare. Può sembrare ridicolo che io mi affanni ancora per queste cose; ma purtroppo non posso non affannarmi. Beato chi può attendere la sua fine in pace. Vero è che uno stolto come me difficilmente si trova in questo mondo, e
la stoltizia è un lusso che si deva pagare. Ora penso alla morte come meravigliosa possibilità di uscire dal groviglio. Ché, in fin dei conti, un minimo di pace, per ben morire è necessario. Voglio sperare che anche il prossimo mio volumetto di versi non ti dispiaccia. Risentirà certo della mia stagione piuttosto inoltrata, ma forse ancora si salverà. Ogni bene a voi miei cari, anche a nome di Pina. Buon anno e l’augurio di incontrarvi ancora, magari a Grado. Vostro Biagio Marin
! Il premio letterario Viareggio-Rèpaci fu assegnato nel 1967, nella sezione poesia, a Diego Valeri. 2 Che sarà Tra sera e note, Milano, Scheiwiller, 1968.
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168 [Vietri sul Mare], 20 gennaio 1968
Carissimo Marin, son lieto d’aver finalmente vostre notizie, anche se tutte non liete. Ne chiesi alla sign. Slataper! e, fra l’altro, ebbi una sua caris-
sima lettera. Dunque, che vuoi che ti dica? Ti ammiro per la tua costanza. Ma temo che la strada dei premi letterari non sia la migliore per procurarti un po’ di benessere. Forse qualche articolo per giornali sarebbe migliore e certo renderebbe di più. Non è ridicolo che tu ti affanni; fa pena che una persona come te si trovi in così ristretto. Io, pur troppo, sono il meno adatto per aiu-
tarti. Il mio nome è meglio non farlo ai letterati italiani. Leggerò sempre con piacere le tue poesie, non foss’altro per risentire il tono della tua voce. Non insisto perché veniate. Qui la vita d’inverno non è gradevole per un ospite. Noi ce la caviamo mettendo due stufe in una stanza. La nostra casa va bene per noi due, ma non è accogliente per degli ospiti, specie in inverno. Chi lo sa che non lasciamo questo posto. Anche noi abbiamo dei problemi complicati e non troveremo, temo, altra soluzione che tornare all’estero. L'Italia è un bel paese, ma gl’Italiani sono dei compagni poco piacevoli, sopratutto se governativi; dico con eccezioni, tanto più notevoli per il risal-
to che fanno sulla massa. Chissà che non passiamo da Roma, e cercheremo allora di voi. Salutami tanto la Pina a nome anche di mia moglie. Se posso fare qualche cosa di utile per te, scrivimelo. La mia immaginazione non mi mostra nulla. Tuo aff.mo Prezzolini 168. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Vietri sul Mare (Salerno) sopra la Crestarella tel. 20375». Archivio famiglia Marin. ! Si riferisce a Gigetta.
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169 Roma, 22 gennaio 1968
Caro Prezzolini, mi hai scritto una lettera che mi ha commosso, innanzi a tutto per la
bella, chiara grafia. Sei davvero meraviglioso. Poi, mi ha commosso, e turbato l’idea che tu possa lasciare ancora una volta l’Italia. Penso di capirti e ti capisco fino in fondo, essendoti molto vicino nel tuo sentimento. Ma se tu te ne andassi ne avrei grande dolore. Tu non puoi immaginare come io mi senta spaesato, sradicato fra questa gente, e quanto la maltratto nei miei diari oltre che nelle private conversazioni; e ciò non di meno bisogna che io muoia qui. Vero che non ho alcun’altra possibilità; ma anche l'avessi, non
potrei andarmene. Più mi avvicino alla fine e più mi sento desideroso di essa, proprio perché mi sento fuori della mia gente. Vivo in esilio tra loro, e un esilio amaro. Vedi, se avessi vinto il “Viareggio”, sarei stato in pace per 5 anni, presu-
mibilmente per sempre. Pensa che magnifica cosa poter vivere in pace gli ultimi giorni o anche gli ultimi anni. Quanto allo scrivere articoli, sono troppo ignorante per poter farlo. Fin che al Gazzettino di Venezia c'era Longo, ogni tanto mandavo e stampavano, col nuovo direttore ho mandato un articolo e solo per l’intervento di un amico suo lo hanno stampato, ma finora non me lo hanno pagato!. Ho scritto al direttore se potevo considerarmi ancora “collaboratore” e dopo due mesi ancora non mi ha risposto.
Ho scritto recentemente 3 articoli per il Piccolo? ma mi danno 10.000 lire per articolo, e quindi al massimo posso guadagnare 20 lire al mese. Il premio letterario mi libererebbe dalla stretta in cui mi trovo. Se Pina s'ammala, devo mandarla in corsia. E questo pensiero mi spaventa. Ora io non chiedo l’elemosina. Fubini? mi ha scritto che era deciso che il “Viareggio” toccasse a me e a Valeri quello che danno i Lincei. Se nonché intervenne Contini, seguito,
169. Lettera ms. recto e verso su 2 f. Sul recto del primo foglio, in alto a sinistra, compare: «non risposi». AP. Lugano. ! probabilmente Ur poeta dialettale — La “e” di Calzavara, «Il Gazzettino», 6 dicembre 1967, Venezia. 2 Probabilmente si riferisce a: Urzile Carso, «Il Piccolo», 11 novembre 1967, Trieste; Ammirabile commercio, «Il Piccolo», 9 dicembre 1967, Trieste; Ancora sull’altipiano, «Il Piccolo», 6 gennaio 1968, Trieste. 3 Mario Fubini (1900-1977), critico letterario, fu docente di Letteratura italiana in diverse università italiane, tra cui quella di Trieste.
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stranamente da Bacchelli, e allora venni eliminato io dal Viareggio, per fare il posto al Valeri, che aveva perduto il “Feltrinelli”. È già il secondo premio che perdo a questo modo. Quest'anno, spero di vincere il “Moretti d’oro” di Udine, che è di soli 3
milioni, ma per me, già un bell’aiuto. Vedi, sono qui da oltre un mese: non ho avuto il coraggio di presentarmi a nessuno, perché io sono troppo estraneo a questa gente e non saprei che dire, né come dire. E questa coscienza mi fa tremendamente male, sì che
lascerò Roma più amaro di prima. Per questa ragione sono più che mai grato alle rare persone che come te
mi trattano con affetto e mi compatisco per la mia pochezza. Questo, caro Prezzi, è l’aiuto che tu mi hai dato sempre e continui a
darmi, e per me è più prezioso e più necessario di qualunque denaro. Mi rendo conto che c’è qualche cosa che non va bene nella mia appetizione di un qualche premio; ma è il sogno del pane dell’affamato, e nasce dalla mia angoscia per l’incerto domani. Ho chiesto a Grado, Gorizia, a Trieste stes-
sa, un qualche canonicato; non mi hanno degnato neanche di un no. Eppure avrei potuto rendere i pochi denari dei quali mi sarei contentato. Un dirigente politico d.C. ha detto a un mio amico: quando si vuol fare i poeti, bisogna avere il coraggio di crepare. Il diavolo è che “crepare” non è poi tanto facile. Forse, alla fine dei conti, ha ragione il bravo uomo d. C. È questione di rassegnarsi, di arrendersi. Ma neanche questo mi riesce. Io lascerò Roma lunedì prossimo 29 gennaio; Pina forse si ferma qualche giorno in più.
Ad ogni modo, prima di lasciare l’Italia, vorrei poter abbracciarti ancora una volta con tutto il cuore, con tutta l’anima.
Io, sappi ti voglio molto bene e mi sento, accanto a te sempre il minore che frequentava la tua casa in via Duprè e in via Centostelle a Firenze. Saluto anche a nome di Pina tua moglie; a te l'abbraccio fraterno di Biagio Marin
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170 Trieste, 20 febbraio 1968
Mio caro Prezzolini,
sono appena levato da una brutta bronchite che mi ha fatto molto soffrire. In questo tempo due cose sono qui avvenute per cui ti ho molto ricordato: l’Università ha conferito la laurea d’onore in lettere a Giuseppe Ungaretti, e io mi sono ricordato di essere venuto un pomeriggio - credo fosse nel ’17 in casa tua in via Duprè e che tu mi facesti vedere e leggere alcune liriche del “Porto Sepolto”, che lui stesso, poco prima ti aveva portato. Quelle liriche mi avevano fatto impressione per la loro frescura e il loro asciuttore. In questi giorni le ho rilette e quella lontana impressione e il ricordo di te e di casa tua, mi ti hanno riportato nel cuore con grande tenerezza. Non potendo andare all’Università alla solenne cerimonia della laurea a Ungaretti, gli ho scritto una letterina, in cui gli ho detto l’episodio del mio primo incontro con i suoi versi, in casa tua. Devo confessarti che l’uomo non mi persuade del tutto, perché fa un poco l’attore, vuole molti applausi intorno a sé, e quasi un culto per la sua persona. Per certi versi mi è simpatico; sa dire alla gente anche cose spiacevoli. E comunque dice quello che pensa, ma va in giro come un Papa una volta, che quando arrivava in un posto suonavano le campane. La seconda notizia che ti voglio dare è che anche a me l’Università di Trieste darà la laurea in lettere h.[onoris] c.[ausa]!. Devo confessarti che ne sono turbato e che già mi sento a disagio al solo pensare a quella cerimonia e al discorso che dovrò tenere. Perché io sono stato sempre, come tu bene sai, un illetterato, un ignoran-
te. E ora mi sento confuso a ricevere un titolo che in realtà non mi spetta. E devo aggiungere che nella motivazione della laurea è ricordato anche il mio giovanile rapporto con la “Voce”. Ed è veramente questo che mi interessava di dirti. Quali strane cose succedono al mondo! Avrò sempre care tue e vostre notizie.
Con affetto ti abbraccio e saluta Jaqui Marin 170. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
! Gli verrà conferita alla fine di giugno. Del discorso pronunciato da Marin esistono due versioni, i cui manoscritti sono conservati presso l'Archivio Marin della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, e pubblicati in Biagio Marin, Autoritratti e impegno civile, «Studi Mariniani», 11 (2007), supplemento, Pisa-Roma, F. Serra, pp. 102-112.
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I7l [Vietri sul Mare], 25 febbraio 1968
Carissimo Marin,
il tuo ricordo della lettura di Ungaretti mi fa molto comodo. Posso citarlo? Se non mi giunge proibizione lo farò. Le tue impressioni son giuste. Aggiungi che a me gran parte della poesia posteriore al Porto Sepolto mi pare falsa. Fra le più recenti d’amore, una, la Conchiglia, è buona.
Stiamo programmando di emigrare nel Canton Ticino. Siamo stati lì ed abbiamo affittato un appartamento. Se ci verrete, saremo felici di avervi, ma
dopo maggio. Son lietissimo della tua laurea ad honorem. Prendi la cosa con spirito. Sei tu che fai onore all’Università! Buone cose a Pina. Aff. Prezzolini
Tanti cari saluti anche a Pina — Jakie !
L/2 Trieste, 28 febbraio 1968
Tre e quattro volte caro Prezzolini, non avendo scritto nulla di disonesto e quindi potendo rispondere di ogni mia parola, puoi citarmi a tuo piacere. Tanto più che il mio giudizio sul valore del “Porto Sepolto” l’ho scritto anche a lui. La notizia che mi dai, dicendomi: “Stiamo preparandoci ad emigrare...”mi ha proprio turbato. Un uomo che per questo paese ha fatto tanto, e che alla tua età, deve “emigrare” perché gli manca l’aria sana della libertà, ne sono profondamente scosso. E una grande tenerezza m’irrompe dal cuore, per te. Vorrei abbracciarti forte forte e dirti la mia grande stima e il mio vivo affetto. Non mi hai scritto dove andrai e quale il tuo futuro indirizzo e quando ti traslocherai. 171. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin. 1 Appendice manoscritta autografa. 172. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
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Chi sa che una volta non trovi il modo di venire ad abbracciarti. Sono da 25 giorni in casa con la bronchite. Solo ora vado meglio ma sono ancora scassato. In compenso una facile fioritura di versi, tra i quali certamente una dozzina di poesie. Dove ti manderò il prossimo volumetto che uscirà ai primi di aprile?! Di ogni tua parola affettuosa ti sono profondamente grato; perché io credo in te come allora, tra il 1911 e il’15 quando ti sono stato tanto vicino, più di quanto tu non possa pensare. E anche dopo. Ti ricordi del nostro incontro nel Muggello dove tu, ufficiale, facevi campo? E del tempo che sono stato tuo ospite a Roma nel ’23?
Ma io di ricordi di te ne ho tanti e tutti mi riscaldano il cuore. Grazie a Jakie dei suoi saluti, che Pina ricambia. A te l’abbraccio più affettuoso di Biagio Marin
5 Trieste, 29 marzo 1968
Caro Prezzolini, ho avuto il tuo biglietto da Lugano; Mario Slataper era un cugino di Scipio, della classe del ’95 ten. d’artiglieria; figlio di Enrico Slataper, fratello del babbo di Scipio. Mi ero immaginato che a indurti a lasciare l’Italia doveva essere una qualche spiacevole storia. E anzi, in questi giorni pensavo di scriverti, solo attendevo che tu fossi a posto, perché ci vuol poco a immaginare che cosa comporti un simile trasloco.- Noi abbiamo passato un brutto inverno; ora si va incontro al caldo e speriamo di rimetterci del tutto. Ti prego di salutare tua moglie, e tu abbiti un caldo abbraccio di Marin
! Biagio Marin, Tra sera e note. 173. Lettera ms. recto su 1 f. AP. Lugano.
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[6 aprile 1968] 6900 Lugano, Svizzera, via Motta, 36
Caro Marin, ci sarà stato qualcuno, spero, che ti avrà mandato il mio articolo di ricordi, dove ho fatto profitto di un tuo aneddoto, mettendolo a confronto con un altro mio ricordo di Amendola!. Scusa se, contro le mie abitudini, non ti
ho mandato un ritaglio, e spero che avrai intuito la ragione, cioè il mio trasloco. I giornali ai quali detti l’indirizzo tardarono a mandare le copie, ed io rimasi senza di quelle. Se non l’avessi avuto, cercherò di fartelo spedire dal Carlino. Siamo ancora accampati, con cassette di libri che occupano le nostre stanze; ma ciò non mi ha impedito di lavorare, di leggere e di fare le passeggiate quotidiane (salvo quando il tempo era cattivo). Le notizie tue non mi rallegrano per niente, ci spiace del vostro cattivo inverno. Speriamo sia meglio nella estate e chi sa che non veniamo a trovarvi, sebbene dopo il movimento di quest'anno sentiamo il bisogno di stare in quiete e provare ad abituarci alla nuova vita. Ricordateci come noi ci ricordiamo di voi. Se posso esserti utile in qualche cosa, dimmelo. Vostro aff. Prezzolini (con J.)
Carissima Pina — abbiamo una grande voglia di vederti col Poeta. Quando venite? Ora non siamo così lontano.
Cari saluti Jakie?
174. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin. 1 Giuseppe Prezzolini, I{ verbo arrangiarsi, «Il Resto del Carlino», 31 marzo
1968,
Bologna. L'articolo esce lo stesso giorno anche in «Il Tempo», Roma, con il titolo Due ricordi. Il 5 aprile viene pubblicato in «La Nazione», Firenze, con il titolo Ricordi. 2 Appendice manoscritta autografa.
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175 Trieste, 9 aprile 1968 Caro Prezzolini,
ho avuto la tua col ritaglio del giornale. Grazie. Poiché domani partiamo per Roma, dove andiamo a fare la Pasqua con le nostre figliole, colgo l'occasione, per venire a dare a voi la buona Pasqua. E anche a dirti che il giorno 9 di maggio io sarò a Berna a tenere una lezione sulla poesia del 900 a Trieste, e nell’indomani, a Bellinzona al
Circolo di Cultura. A Bellinzona scenderò all’Hotel Unione (via General Guisan — tel 092/5.55.77.)
Non so se tu abbia un telefono già installato nella tua nuova casa. Se sì, mandami il tuo numero qui a Trieste così potrò salutarti. E chi sa che non si trovi il modo di arrivare a Lugano. Presidente del Circolo di Bellinzona è un Prof. Dino Jauch!, strano nome, che potrebbe essere anche triestino.
Comunque fatti vivo. Io ritorno a Roma mercoledì, vale a dire il 17. Pina verrà probabilmente con me. A Jakie, i suoi e i miei saluti, a te un abbraccio da Marin
176 [Lugano], 11 aprile 1968
Caro Marin,
ricevo tua del 9. Verremo a trovarti e a sentirti a Bellinzona il 10 maggio. È giusta la data? Tante cose da dirti. Spero ci sarà il tempo. Tuo aff.mo Prezzolini
175. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: ‘R 11/4 dato app. a Bellinz. 10/5’. AP. Lugano. ! Dino Jauch (1940-2003), protagonista della vita politica e culturale ticinese, è stato insegnante e direttore del Liceo di Bellinzona e responsabile del Dipartimento alla cultura del Canton Ticino. 176. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin.
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D77 Trieste, 18 aprile 1968
Caro Prezzolini, la tua dell’11, che ho trovato qui ieri sera ritornando da Roma, mi ha fatto veramente piacere.
Non so a che ora arriverò a Bellinzona il giorno dieci; ma la lezione devo tenerla alle ore 20 presso il Circolo di Cultura; scenderò all’albergo Hotel Unione — via General Guisan tel: 092/5.55.77. Penso che potremo trovarci prima della lezione, o a cena. Presidente del Circolo è il Prof. Dino Jauch, - Giubiasco — (Ticino) tel 092/54.6.46
Arrivederci dunque a Bellinzona. Vi saluta tutti e due di gran cuore Marin
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[23 aprile 1968] 6900 Lugano, Svizzera, via Motta, 36.
Caro Marin,
verremo certamente a Bellinzona. Ci dispiace di non potervi invitare a Lugano, come avevamo pensato, ma abbiamo qui le figlia di Jakie con una sua amica, che occupano la sola camera disponibile nel nostro appartamento di tre stanze. Ora per vederci ho certe perplessità. Mi pare che tu cenerai dopo la conferenza. Io non posso invitarti, perché immagino che sarai ospite dell'Istituto. E non posso né vorrei essere invitato! Non resta che vederti prima della conferenza. Ma ti stancherà il parlare con me? E sarà possibile stare un poco insieme? Io prima di una conferenza preferivo non parlare con nessuno, per
non stancarmi la gola. Sicché dimmi un poco tu come si può fare. Cordialmente tuo aff.mo Prezzolini 177. Lettera ms. recto su 1 f. In alto sinistra compare: «R 23/4». AP. Lugano.
178. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin.
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179 Trieste, 29 aprile 1968 Caro Prezzolini,
ci vedremo prima della conferenza, e non per questo mi stancherò. Stare con te mi farà piacere e già l’ho scritto ai miei ospiti. Chi sa però che l’indomani io non ti capiti, di sfuggita, a Lugano, che vorrei vedere. Di là poi potrei partire per Milano. Ma comunque, se mai ne parleremo. Io non ho la minima idea dei luoghi e come ci si possa muovere. Quello che conta è che io ti riveda e possa ancora parlarti. Con me viene la mia nipote Alia Englen, una figlia di Gioiella, quella che sta a Roma. Arrivederci dunque! Ti abbraccia pregandoti di salutare Jaky Marin.
180 [Lugano], 12 maggio 1968
Caro Marin,
fui tanto lieto di trovarti in buona salute, e di sentirti parlare con tutto il tuo fervore. I tuoi ricordi a tavola della fine di Michelstaedter mi fecero molta impressione. Mi pare poi di trovarti molto cambiato rispetto alla vita religiosa, ma questo sarebbe argomento lungo, e siccome spero di rivederti con maggior comodo, mi contento di salutarti, anche a nome di mia moglie. Ora ti voglio spiegare perché non era presente alla tua conferenza. Devi sapere che per ragioni legali aveva dovuto mandare la sua patente di guida proprio a Bellinzona a non so quale ufficio; non si arrischiava di guidare senza patente; dovette allora pregare la figliola e quindi l’amica di questa che stanno con noi; e poi non poté abbandonarle a Bellinzona perché non parlano italiano. Come vedi una lunga spiegazione per un fatto semplice, ma
179. Lettera ms. recto su 1 f. In alto a sinistra compare: «Risp». AP. Lugano. 180. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin.
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che occorreva fosse data nella sua interezza. Quante cose nella vita appaiono poi complicate agli storici son dovute da accidenti di questo genere. Tuo aff.mo Prezzolini
Saluti carissimi a Pina!
181 Trieste, 16 maggio 1968
Caro Prezzi,
anche io ho avuto una grande gioia nel rivederti e nel ritrovarti sempre ancora tanto vivo e fresco. Avevo tanto desiderato riabbracciarti e di dirti il mio affetto, e massime dopo il tuo abbandono di Vietri. Per me, come puoi immaginare, dolorosamente significativo. Ieri incontrai Antonio Morassi!, che mi disse che leggeva il “Borghese” solo per sentire la tua voce. E mi ricordò che ero stato io a portarlo in casa tua e a presentarlo a te nel ’19 a Firenze. Così parlammo di te con cuore caldo tutti e due. Quanto a quella mia lettura a Bellinzona, temo abbia sollevato in te un equivoco.
E intanto comincerò col dirti che quel testo è del ’53?; poi: che io sono stato sempre religioso, e come già ebbi occasione di dirtelo, per anni mi sono nutrito di Meister Eckhart, il quale mi ha liberato dalla mitologia cristiana, del dogma cristiano, e se vuoi anche del cristianesimo. Ma ci sono parole e intuizioni nei Vangeli, che sono definitive. Vedi, a me ha fatto sempre impressione il contrasto tra l’esigenza aristocratica di Gesù, il suo principio di elezione, e la tendenza antitetica della
Chiesa verso le masse. E quando scopersi in Croce e in altri, l’identico prin-
181. Lettera ms. recto e verso su 2 f. Sul recto del primo foglio, in alto al centro, compare: «R». AP. Lugano. ! Antonio Morassi (1893-1976), goriziano, noto storico dell’arte, ricoprì incarichi importanti alle Soprintendenze del Friuli Venezia Giulia, del Trentino, di Milano e Genova, svolse anche attività di docenza presso le Università di Pavia e Milano. 2 Probabilmente si tratta di La tragedia della parola, ora in Biagio Marin, Parola e poesia, a cura di Elvio Guagnini, Genova, Lanterna, 1984, pp.39-52.
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cipio elettivo, nel campo dell’arte, mi si chiarì l’antitesi tra la spiritualità creativa che è della persona individua, e la legge della conformità, che è l’essenza di ogni società. In quella mia lezione avevo voluto solo illustrare quanta antitesi, enunciata, sia nel campo della esperienza religiosa, che in quello dell’esperienza artistica. Tutta la modernità pretende di ridurre la vita degli uomini a un problema quantitativo e volitivo. Si tende a sconsacrare la vita. Ma questo proces-
so l’ha iniziato già la chiesa, che ha diversità di valore, di qualità, con Chiesa è abbastanza idiota, che essa Il valore personale per la Chiesa
creduto di poter violentare la originaria la magia sacramentale. Nessuno per la non lo possa consacrare “sacerdos”. non esiste. È essa che concede, attribui-
sce alle persone il valore. Naturalmente, a me, l'arroganza della Chiesa, sem-
bra essere pura empietà. Sono perciò contro la Chiesa, contro l'arroganza degli organizzatori delle società, oggi come ieri. Mi servo del concetto religioso di “grazia” perché è ancora sempre adoperabile, a esprimere la diversità tra gli uomini, diversità di cui non possiamo renderci conto. Non penso che i valori delle grandi tradizioni religiose si possano ignorare, e che il nostro bisogno di razionalizzare certe intuizioni, comporti la loro eliminazione. Il fatto che Croce abbia ammesso il principio della grazia, nel campo dell’arte, mi ha fatto molta impressione. Naturalmente in me non si trova certamente un pensiero coerente; comunque io, di fronte alla insolenza plebea dei filosofastri moderni, mi tengo a certe intuizioni che sono in me ancora vive. Non rinuncio alle mie radici mistiche. Ma alle “mie”. Quelle di coloro che non mi sono “affini”, non m’interessano. E di fronte alla Chiesa, mi sento non solo in diritto, ma anche in dovere di rivolta.
Con affetto ti saluta Marin
Tanti saluti a Jaqui anche da Pina, e da Pina anche a te.
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182 Trieste, 10 giugno 1968
Caro Prezzolini,
ti sono assai grato della tua breve, ma incisiva del 27 maggio. Oggi non ho potuto andare a Udine a prendermi quel sia pur modesto premio!, perché sono a letto con una caviglia gonfia e dolorosa. Un auto, mentre attraversavo una strada sulle strisce pedonali, mi ha investito e buttato a tetra. Per fortuna senza rilevanti malanni: qualche ammaccatura. E un colpo più forte alla caviglia sinistra. Speriamo che non ci siano rotture. Della mia conferenza: è stata scritta nel ’53 quindi 15 anni or sono. Ma in ogni modo c’è del vero nella tua osservazione. La santità, comunque, se
non si esprime né filosoficamente, né poeticamente, per me è valore incomprensibile. Non capisco bene in che consista. Non credo all’immortalità, neanche a quella di Omero; mi rendo conto
che è questione di tempo, ma che tutti dobbiamo sparire. Bisogna morire. A volte, mi rifugio nel carattere illusorio della vita individuale, e mi pare di capire il concetto di “avidja” della tradizione bramanica. Sono d’accordo con te che ciò che importa è la vita nostra, il nostro sentire, il pensare, il lot-
tare. Ma io ho scritto già molti anni or sono dei versi che dicevano: “anema mia, xe vero che se more; "sta carne luminosa sfuma via,
va prima le madone e pùo le nuore e infin i fantulini drio la ssia. Un atimo de zogia e mundi pena consae co’ la speransa del Signor; un palpito de stele in ogni vena e, dopo, ninte, gnanche più ’1 dolor. E passa ’l vento: el va de vela in vela, una drìo l’oltra ’l porta le restìe; passa in silensio i ani su la tera, le primavere dute xe sfiurie. Epur, anema mia, xe un gran conforto, a vé in t’el cuor Idio per un momento, e adoràlo, prima d’ésse morto, co’ ‘sta carne che val un firmamento. 182. Lettera ms. recto e verso su 2 f. Sul recto primo foglio, in alto al centro, compare: «R 12/6»; sul margine sinistro compare: «Casa Capezzali Isolabella Bellinzona». AP. Lugano. ! Il ‘Moretti d’oro’ per la cultura.
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Il volume che contiene questi versi è “Cansone Picole”, pubblicato nel 9272,
Sono passati 41 anni, e io così penso ancora. E nell'ultimo mio volumetto, che non è ancora uscito, ma che riceverai,
quella solfa è modulata in tutti i toni. Dice una strofa: “Ma pur ne la note deserta me, essendo un lumin Adoro Dio contro ‘l destin,
me lo creo co’ l’ànema inserta”. Con l’anima incerta, ma bisognosa di creazione dei più contrastanti motivi. Non pensare che io non abbia coscienza delle contraddizioni. Ma non mi lascio perciò bloccare. Penso che la realtà, il valore siano nel vivere, nel fare,
nel cantare. E, fino a prova contraria, di aver diritto di disporre di tutte le possibilità, per dar voce alla mia più fonda inquietudine. Tutta la mia opera è pervasa dalla melanconica coscienza della vanità della vita, del fatto che siamo effimeri. Ma intanto io canto o in prosa o in versi per soddisfare il mio bisogno di sentirmi vivo, di respirare. Non tutta la problematica della nostra vita è ancora esaurita.
Del resto la lezione di Dante sulla vanità della vita e più ancora quella dell’Ecclesiaste, sono chiare.
Devo dirti però che a me non importa più di continuare a vivere. E non già perché non abbia qualche bene dalla vita; ma proprio perché mi si è maturata la coscienza della vanità di ogni bene e della vanità del durare. La vita è tutta vana e con la dialettica delle sue opposizioni, tormentosa. Sappi che ogni volta che mi scrivi mi fai un regalo, mi fai festa. Pertanto caldamente ti ringrazio anche della tua ultima. Salutiamo. Pina e io tua moglie, e te, e io ti abbraccio. Marin
P.S. Tu sai l'indirizzo preciso di Orelli?4
2 Anema mia, in Biagio Marin, Cansone picole, Udine, La Panarie, 1927. 3 La vita score, in Biagio Marin, Tra sera e note.
4 Giorgio Orelli, scrittore e poeta svizzero in lingua italiana.
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183 [Lugano], 12 giugno 1968
Caro Marin,
l’indirizzo del prof. Giorgio Orelli risulta dal libro dei telefoni così: Casa Capezzali, Isolabella, Bellinzona. I santi non sono ntelligenti; sono buoni. E di persone buone il mondo ha bisogno per riposarsi dalla fatica che ci danno la cattiveria di tutti gli altri. Sono oasi. Guai se fossero continenti. Ma come oasi mi piaccion molto e li rispetto. Spero che ti sia rimesso dal colpo. Quando lo sapemmo eravamo in pensiero. Hai avuto almeno un indennizzo? Cordiali saluti a Pina e a tutti quelli che si ricordano di me. In Persona trovai art. su scrittori triestini molto informato. Aff. Prezzolini
184 Trieste, 19 giugno 1968
Caro Prezzolini,
non ho nulla da obbiettare contro le oasi della “bontà”; se poi tutti gli uomini che la Chiesa ha celebrato come “santi” siano stati anche buoni,
resta un problema. In via di massima non lo credo. E penso che sia perfino difficile definire che cosa sia la bontà, e non meno la santità.
Forse si tratta di momenti di grazia, di mirabile armonia della persona. Comunque sia, io a quelle esperienze devo essere estraneo, perché non ho mai conosciuto un “santo”. Dei santi della Chiesa poi, diffido a priori. Paolo p.e. era un violento. Un titano, ma tendente al dominio delle anime. Troppo spesso questi santi sono dei violenti che vogliono dominare. E tu sai che perfino a Gesù hanno dato l’epiteto di “Signore”.
183. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin. 184. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
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Io, questa tendenza al dominio, la oppongo al modo di essere del grande artista, che compie la sua opera e si distacca da essa, e chi ne ha bisogno
va e se ne nutre secondo le sue possibilità senza che qualcuno gli imponga in nessun modo di farlo. Perciò diffido di tutti i religiosi, che tendono a fare i pastori e a rendere gli altri “gregge”. Non ho mai capito come gli uomini si siano potuti adattare a essere considerati dei pecoroni, da chi che sia. Il rapporto tra pastore e il gregge, non è mai pensabile tra uomini. Tra i dominatori religiosi e quelli semplicemente mondani, preferisco questi. Il problema della difesa della propria dignità, è più chiaro ed è più semplice. Come la poesia non esaurisce la persona dell’uomo poeta, così penso che anche la bontà non sia uno stato permanente della persona detta “buona”. Non è senza significato che si sia detto che anche il santo pecca 70 volte al giorno. Grazie di avermi mandato l’indirizzo di Orelli. Oggi stesso spero di poter spedirti il mio nuovo volumetto di versi che ho dedicato alla memoria del mio figliolo, caduto 25 anni or sono!. Se mi dirai il tuo giudizio, mi farai un regalo. Saluto tua moglie; a te mando un affettuoso abbraccio. Biagio Marin
185 Grado, 17 agosto 1968
Caro Prezzolini, un mese fa circa, ti ho mandato un mio libretto di versi, e non so ancora
se tu l’abbia ricevuto. La posta non funziona sempre bene e perciò vengo a pregarti di dirmi se lo hai ricevuto. Sono venuto per un mese a Grado; vi rimarrò fino al 10 settembre.
Il mio libretto non è stato punto apprezzato è caduto nel vuoto e a Udine, quasi a casa mia, sono stato tacitato con un premio minore, della cul-
tura “regionale”'.
! Biagio Marin, Tra sera e note. La dedica recita: «A ricordo de Falco gno figio, cagiùo in Slovenia un quarto de secolo fa». 185. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano. 1 Vd. nota 1, lettera 182.
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Il premio di poesia è andato a Silone. E in commissione c’era Montale
che dice di stimarmi, c’era Bo che ha scritto sul “Corriere d. Sera” che io
sono un grande poeta e c’era Piovene, che mi conosce abbastanza da anni. Comunque io continuo a scrivere versi. Non gioveranno “nulla” ma io ho bisogno di scriverli e li scrivo. Si vedrà poi, se pur io vedrò, che cosa succederà di loro. Invecchio anche io: cioè mi stacco da molte cose, e la romba de la marea
mi arriva da sempre più lontano. Mi sento proprio morire. E non mi giova più leggere libri, magari con vivo interesse. Finita la lettura, avverto la distanza. Come ti trovi a Lugano? Ora chi sa dove sei; ma essendo l’estate poco calda, forse sei rimasto costì
anche in questi mesi. Pina vi saluta tutti e due, e anche io, di tutto cuore.
Biagio Marin
186 Trieste, 22 novembre 1968
Caro Prezzi, non so dove tu sia, ma mando questa a Lugano. In un modo o nell’altro,
prima o poi ti raggiungerà. L'ultimo tuo saluto lho avuto da Firenze. Ciò mi ha fatto pensare che stavi bene. La tua ultima con la quale mi dicevi di non aver avuto tempo di leggere il mio ultimo volumetto di versi, mi aveva mortificato. E ti dirò il perché: con quel volumetto volevo onorare la memoria del mio figliolo, in occasione del venticinquesimo anno della sua morte. Quel volumetto, è caduto nel vuoto. A me pareva di averci messo il meglio di me; nessuno ha reagito. Solo Pasolini, in un incontro fortuito mi ha detto
in fretta. “è la tua opera migliore”. Ma io non l’ho preso sul serio, e così sono rimasto a bocca asciutta. AI “Viareggio”, mentre nel ‘67, ho sfiorato il premio, quest'anno, non sono arrivato neanche nella rosa finale. E si ha un bel dire: che te ne freghi. Prima di tutto sono molto povero, e quei soldi mi sarebbero stati di grande aiuto; poi il fracasso che hanno quei premi, porta sempre ad allargare la sfera dei lettori. Che attualmente, dopo tanta poesia, non raggiunge certamente le 50 persone. 186. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
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E s'ha un bel essere santi e aver rinunciato a ogni umana vanità, ogni tanto si ha bisogno di un nuovo riconoscimento, di un nuovo incontro con
un uomo, con una persona che sia pur solo per un’ora, è stata consentanea con te. E se un amico come te, ed estimatore della mia opera, non trova nean-
che il tempo di scorrere le sue poche strofe, uno si demoralizza del tutto. Perché, come già ho detto, pochi sono i miei lettori e la mia poesia è ignorata.
Ho letto e riletto con molta attenzione il volumetto di Betocchi che ha ricevuto il Feltrinelli!; non ne nego il valore, tutt'altro; ma santo Dio, perché
a lui tanto e io nulla o quasi nulla? C'è davvero tanta distanza di valore tra la mia opera e la sua? Che cosa ne devo pensare? Perché mi si mortifica continuamente? — Salutami tua moglie. A te un abbraccio di Biagio Marin
187 [Lugano], 27 novembre 1968 Caro Marin,
sono ammalato, o malaticcio, e questo mi è capitato così di rado che non
mi sembro me stesso. O forse è il primo segno d’esser diventato vecchio che sento. Perciò ti scrivo alla meglio. Andai a Parigi per una conferenza, o meglio discorso, perché parlai in francese e in italiano, e poi seguì un dibattito, e tutto andò bene, anzi benis-
simo; ma non potei profittare di Parigi, e dovetti prendere il primo treno che trovammo per tornare e non rimanere in un albergo di secondo ordine chiusi in camera per dei giorni. Da allora l’influenza, in un modo o in un altro, non mi ha più lasciato.
Ecco perché non ti ho scritto: partii il 29 ottobre. Non ti dissi interamente il vero, che non avevo letto il tuo libro, ne avevo
letto una poesia (quella della filosofia del vecchio) che mi parve eccellente. ! Il premio fu assegnato a Carlo Betocchi nel 1967 per il volume Ur passo, ur altro passo, Milano, Mondadori, 1967.
187. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin.
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Ma con la preoccupazione della conferenza non potevo occuparmi che delle cose più urgenti. Come mai Pasolini non scrive una paginetta per te d'oggi? Sarebbe più influente di qualunque altra persona oggi. Spero di accomodare la mie cose col Borghese in modo da poter più spesso scrivere di libri. E se ci riuscirò dirò del tuo libro. È il solo posto dove lo posso fare. Nel Carlino ho un altro direttore col quale non mi son addomesticato e devo stare attento a non offrir ragione al suo riservo verso di me. E scrissi altra volta. Del tema dei tuoi lamenti, che vuoi che ti dica? Ne abbiam parlato, ci siamo scritti. L’ostacolo maggiore è il dialetto. Lessi un art. del Piovene sopra un’ant.[ologia] dei poeti triestini!. Non ne ricordo il titolo. Mi pare che non capisse bene: tu non sei triestino, sei un puro latino. E la differenza tra Slataper, gli Stuparich e Svevo, è che S.[vevo] è un decadente, e gli S.[tuparich] S.[lataper] eran eroici. La ragione va bene per la politica: per la poesia occorreva differente. Scusami se non mi intrattengo di più. Fammi mandare quell’antologia, o ricordamene il titolo. Se non ti spiace potrei svolgere quel tema che mi è venuto in mente.
Come sta la Pina? Come i nipoti? Noi staremmo qui benissimo, salvo questo fastidio di cui ti ho detto. Jakie ti saluta. Aff. Prezzolini
188 Trieste, 30 novembre 1968
Caro Prezzolini, grazie della tua lettera e del ritaglio!. Sì, è incredibile, quanto abbia significato “la Voce” nella storia del 900 italiano, e non solo nel campo letterario. E mi fa piacere che tu, a tanta distanza di anni, possa constatare quanto ha pesato la tua azione e quella dei tuoi amici di allora. 1 Scrittori triestini del Novecento, a cura di Bruno Maier, Trieste, LINT, 1968.
188. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP. Lugano. 1 Si tratta dell’estratto della rubrica diaristica tenuta da Prezzolini Italia sott'occhio. America col cannocchiale, «Il Borghese», 28 novembre 1968, Roma, pp. 631-632, spedito in busta con timbro postale di Lugano, 28 novembre 1968.
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Le tue domande sono tutte e due difficili. La verità è e nell’una e nell’altra. La verità era forse nella constatazione che a parte certe piccole aristo-
crazie, gli italiani erano molto lontani dall'Europa, da un livello di vita spirituale europeo, e che i 60 anni passati dal tuo 1908, non sono bastati a riempire la lacuna. Perciò i problemi da voi proposti sono ancora in buona parte da risolvere. Gli italiani sono ancora lontani dall'essere europei, e perciò è anche vero che i lettori della Voce di oggi sono ancora al punto dal quale voi allora partiste. Del resto le due domande sono una sola. E ti dirò che il carattere profetico della vostra predicazione esercita sempre un grande fascino, anche quando la gente non legge che qualche citato. Certamente tu sei il più famoso fondatore di riviste d’Italia e il più famoso direttore. Ieri sono stato da Gigetta e mi ha detto: “quando penso con quale signorilità Prezzolini ha accolto Scipio e in genere i nostri mettendoli in contatto immediatamente con l’Italia, mi sento il cuore pieno di gratitudine”. Ora è anche lei vecchia, eppure come le ha dette chiare e calde queste parole. E se tu pensi che ti si è fatta tanta guerra dal nostro pur caro Salvemini; e non meno dai suoi seguaci, e che ciononpertanto il tuo nome e la Voce sono ovunque presenti, - li troverai naturalmente anche nella antologia degli “Scrittori triestini del Novecento”. E ho telefonato subito al Circolo della Cultura e delle Arti, perché provvedano a fartene avere una copia — bisogna riconoscere che hai fatto opera grande e imperitura. Io, tutte le volte che trovo il tuo nome, o anche semplicemente quello
della Voce, godo. Spero che quanto prima ti spediscano il volume. È un bel volume di 1700 pagine, rilegato in pelle. Come scelta, contro la mia volontà, è pletorico. E anche il saggio di Maier? è troppo lungo. Comunque penso possa servire. La scelta della mie cose, non l’ho fatta io e non ho voluto questionare. Scegliere tra le mie cose è difficile. Se tu potessi mandare il tuo articolo al “Resto del Carlino”, saremmo più contenti.
Appena ricevi il volume mi avverti, perché, se tardassero io possa intervenire.
Mi scrivi: “Come mai Pasolini non scrive una paginetta per te d’oggi? Avrebbe più influenza di qualunque altra persona oggi”. Penso anche io così; ma perché non lo faccia mi è doloroso capirlo. Lui è un impegnato a 2 Bruno Maier (Capodistria 1922-Trieste 2001), scrittore e critico letterario, è stato uno
tra i massimi conoscitori della letteratura giuliana e triestina. Lo scritto a cui si riferisce Marin è La letteratura triestina del Novecento, in Scrittori triestini del Novecento, pp. 2-390.
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fondo; è sempre in giro, sempre in combattimento, come vuoi che si occupi di me, delle mie cose? Ha già fatto molto quando mi ha detto, e ciò per sua iniziativa, che il mio ultimo volume lo considerava il migliore tra gli altri miei. Vuol dire che qualche pagina l’ha letta. Ed è molto. Di più non oso chiedergli. Ma vedi ciò che io non capisco, è che mi fa tanto male è questo: l’anno passato, avevano deciso di darmi il “Viareggio”. All’ultimo momento me lo hanno tolto, per ragioni estrinseche, perché Valeri non era spuntato al Feltrinelli. Ma Valeri aveva dietro a sé Mondadori e io nessuno. Quest'anno io ho presentato un volume non meno valido di quello precedente, e non mi hanno ammesso neanche nella rosa finale. Suppongo si tratta delle stesse persone che l’anno precedente mi avevano considerato degno del premio. Così al “Moretti d’oro”, il premio è stato dato a Silone; sebbene i giudici fossero tutti miei estimatori, e Bo, presidente, mi avesse detto
che se non vincevo il Viareggio, mi avrebbero dato il Moretti d’oro. Insomma io ho il torto di essere un ignorabile marginale che non ha nessuno disposto a battersi per lui, anche se scrivono o dicono: Marin è un grande poeta. M?arrovello solo perché sono povero e non so guadagnare. Proprio non so. Ma questo anno ho scritto oltre 500 poesie. Per questo non riesco a fare
altro. Auguro a te e a Jakie la salute. B. Marin
189 Trieste, 8 dicembre 1968
Caro Prezzi, la notizia datami da Jakie che tu sei all'ospedale, naturalmente mi ha tur-
bato. Ma poi era scritto:”sta rimettendosi adagio.” Ciononpertanto il turbamento non è stato del tutto superato. Io credo nella realtà delle persone, e credo in quella che è stata la tua grande funzione nel nostro paese di sonnambuli. Tuttora tu continui ad insegnare. E facciano pur i sordi, i sordi reali nella storia sono solo i vivi. E tu sei stato uno dei più vivi che io abbia conosciuto in Italia. Per averti visto con occhi di ingenuo e d’amoroso, credo di essere tra i pochi che ti hanno veramente conosciuto e sempre più
189. Lettera ms. recto e verso su 3 f. AP. Lugano.
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stimato e amato. Lo so bene che nell’ordine dei valori sociali io sono nulla e che perciò ogni mia testimonianza presso gli “altri”, è senza valore; ma a te posso ben dire, in privato, il mio affetto e la mia stima. Ti dirò che ogni vera espressione d’anima è una realtà lirica, quindi strettamente personale. La vita comune non conosce che la retorica e mai la verità, e mai la poesia e mai la santità. Io sono, per mia costituzione, uno che crede alla verità,
al valore, solo come espressione della persona individua, concreta. Non vedo l’ora di sentire che ti vai sicuramente ristabilendo. Perché tu sei momento vivo della mia persona, e in te mi riconosco, anche se per certi versi di temperamento, più che eguali siamo complementari. Ma non ha mai turbato, la tua diversità. E più sono invecchiato e più ti ho accolto e giustificato. La razzamaglia dei transeunti può ignorarti. Essi tutto e tutti ignorano. Ma l’opera operata rimane sia pure ridotta a natura, cioè a mera propo-
sta di nuova vita di pensiero e di poesia, per tutta l'umanità. Non si potrà mai ignorare la tua azione e neanche la tua passione nella spiritualità italiana del ’900. E tu vedi che io sono diventato vecchio e ancora subisco il fascino della tua persona. E il fatto di volerti bene, di dover volertelo, pur a tanta
distanza e in tanta diversità di vita, mi sembra significativo. Non ti turbare della mia incapacità di farmi valere in questo mondo che mi è profondamente estraneo. E perciò gli altri, mi sentono, mi giudicano quasi non esistente. Hanno anche essi le loro ragioni e non sono essi i responsabili della mia assoluta inettitudine al lavoro utilitario. Vedi da varie parti mi hanno offerto di mandare qualche articolo, e io non mando nulla,
perché solo l’idea di dover scrivere per guadagnare mi blocca la fantasia e mi induce al silenzio. In compenso; in questo ultimo anno ho scritto molti versi, ma molti, in un vero furore poetico. Il mio problema è ora quello di trovare chi li stampi. Vigorelli mi ha buttato là la proposta di stamparmi nella collezione di Guanda che egli dirige!, una raccolta di versi di molte pagine, circa 400 ha detto lui. Ma io non ho saputo dirgli: d'accordo. Non so chi sia Vigorelli e se posso far conto su lui. Tu che ne dici? So che era un tuo estimatore e penso lo sia sempre. Avevo chiesto a Sereni se era possibile che Mondadori m’accogliesse nella collana dello Specchio. M’ha risposto secco di no, perché dialettale, perché commercialmente non valido. Un amico mi aveva detto in confidenza, che nell’ambito di Einaudi s’era fatto il mio nome per stampare una nuova antologia di miei versi. Ma finora nessuno s'è fatto vivo.
! Giancarlo Vigorelli dirigeva in questi anni la collana ‘La Fenice”, sezione poesia, della casa editrice Guanda di Parma.
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Come vedi, non basta essere poeti, e magari venir proclamati da qualcuno “un grande poeta”. Bisogna anche offrire una garanzia di vendita, che purtroppo, io non posso offrire, perché le grandi case editrici ti possano prendere in considerazione. Intorno a me, si leva il muro del rifiuto a fare lo sforzo di leggermi, e ai signori della critica, il mio ostinarmi a scrivere nel mio linguaggio, sentono un’arroganza. Vedi, una volta, forse per la novità, i miei volumetti erano
almeno segnalati; oggi si ignorano. Me ne duole, ma continuo a poetare nel mio modo. So bene che per la mia poesia non farà mai alba. Quando Apollinaire s'è buttato nella letteratura francese, ha fatto una
scelta molto importante. Così i vari altri poeti venuti dall'Oriente europeo. Io ero e sono rimasto un ingenuo provinciale, e tu, nel tuo per me valido articolo scritto a Nuova York, avevi ragione quando constatavi che a Firenze da voi non avevo imparato niente. “Ad impossibilia nemo tenetur”; e a me è stato impossibile imparare qualche cosa. Beh, è stato il mio destino, ed è già molto se ho potuto avere la tua stima, quella di Pasolini, quella di Bo, quella di Camerino?, e quella di un filologo latinista come Pighi?, già insegnante alla Università di Bologna. Posso dire che anche Fubini mi ha stimato e mi stima. Mezza dozzina di estimatori l’ho quindi acquisita. E non è piccola ragione di conforto. Comunque: “Cavo de nembo no maina bandiera vela nol maina, nol fa tersaruol”
e così continuo a riempire quaderni di versi, espressione di una piccola vita, ma espressione ancora viva.
Mio caro caro Prezzi, con tutta l’anima ti vengo ad augurare la salute e anche e a te e alla cara Jakie, che ringrazio sentitamente di avermi scritto, il buon Natale e un felice anno novello. Beh, per noi basta sia sereno!
Ti abbraccia con tutta l’anima Biagio Marin
P.S. anche Pinola vi fa gli auguri di buon Natale e di tutto cuore vi saluta.
2 Aldo Camerino (Venezia 1901-1966), giornalista, scrittore e traduttore, fu
critico letterario per vari periodici tra cui «Il Gazzettino» di Venezia. 3 Giovanni Battista Pighi (Verona 1898-1978), latinista e glottologo, si è occupato anche di lingue e letterature del continente indiano. Fu docente di Letteratura latina presso le università di Milano e Bologna. Il carteggio con Marin è pubblicato in «Studi Mariniani», VII (1998), 6, pp. 151-195, a cura di Edda Serra.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
190 Trieste, 16 dicembre 1968
Cara Jakie, m’ero rallegrato a legger che Prezzi, come oggi sarebbe uscito oggi stesso dal sanatorio; poi la notizia che non sta bene e che dovrà ancora attendere. Speravo che potesse fare il Natale in casa. In ogni caso i nostri auguri più
fervidi. Io gli voglio bene come a un fratello maggiore, e me lo sento e nell’anima e nel sangue. Sì, Jakie, dei due giorni di Vietri, della gita a Pesto, ci ricordiamo sempre. È stata per noi una grande esperienza, per tanti versi.
La parola solenne di Pesto, l’abbiamo solenne nell’anima. E lo dobbiamo a voi, che siete stati con noi tanto cari.
Quella delicata bontà di Prezzi, pochi la conoscono; eppure è l'essenza
più vera della sua persona. Lui ha paura di mostrarla a gli uomini, e si difende con le rasoiate della sua intelligenza e di quel suo sorriso a volte canzonatorio. Ma a me, questo suo aspetto, non mi ha mai impressionato e sono
andato dritto alla sua essenza e sempre la ho ritrovata. È stato per me un gran bene l’averlo conosciuto e amato. Gli faccia, la prego, i nostri auguri più caldi, gli dica che gli vogliamo molto bene, e che attendiamo trepidi, di sapere che s'è rimesso ed è tornato a casa. Anche a lei, Jakie carissima e valorosa, i nostri augurali saluti e il nostro
grazie per quanto fa per il nostro fratello maggiore. E la pace sia con voi. Biagio Marin
tal [Lugano], 27 dicembre 1968
Caro Marin, fammi un piacere, che mi servirà per recensire il volume dei così detti Scrittori triestini, che ho ricevuto: qual è, esattamente, la differen-
za filologica fra il dialetto di Grado, quello friulano e quello di Trieste? Quello di Grado è latino, non è vero? Non è ladino come il friulano; e il trie-
stino? Non lo so, rispondimi presto, per favore. 190. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano. 191. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 (Svizzera) via Motta, 36 tel. 31.996». Archivio famiglia Marin.
1968
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Sto un po’ meglio. Siam tornati a casa. Ma ci vorrà del tempo per rimettermi in carreggiata.
E voi come state? Io fui proprio vicino a morire; ma par che la morte sapesse che avrebbe fatto troppo piacere a molti letterati italiani, e passò oltre. Tornerà, senza dubbio, chi sa quando, e allora non basterà dirle che
farà un gran piacere a quella gente. Arrivederci, speriamo, caro amico.
Tuo aff. Prezzolini
192: Roma, 28 dicembre 1968
Cara signora Jakie, il Natale è passato, tristanzuolo come si conviene alle persone anziane, in
cui nascono solo ricordi e melanconiche riflessioni. Ho qui due nipoti che non riescono a finire i loro studi universitari e sono carine, ma più vecchie di me. E anche questo mi rattrista. Oggi le scrivo per pregarla di darmi notizie della salute di Prezzi. Voglio sperare che abbia superato la crisi postoperatoria, che sia ritornato a casa, che la visita del suo figliolo lo abbia rallegrato. Comunque vorrei che lei mi confermasse che così è. Pina non sta bene. L’artrite le dà molta noia e un enfiagione a un ginocchio le impedisce di muoversi, rendendola mortificata. Io stesso mi trovo a letto con un attacco di sciatica. Quando calo da
Trieste a Roma mi viene addosso sempre qualche malanno ma spero di liberarmene presto. Nella speranza che Prezzi stia bene, la prego di porgli i miei più affettuosi auguri di salute per l’anno nuovo. In questi giorni la posta romana funziona a scoppio ritardato. E perciò chi sa quando questa lettera arriverà a Lugano. Io rimango qua fino alla fine di gennaio, e perciò la prego di scrivermi all’indirizzo:
192. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
c/o Englen — via d. Montagne Rocciose, 35 00144 — Roma (Eur). Anche Pina vi fa i migliori auguri e con me attende vostre notizie. Con affetto vi saluta tutti e due Biagio Marin
1969
193 Roma, 4 gennaio 1969
Caro Prezzi,
temo di arrivare troppo tardi, perché hai mandato la tua a Trieste e io sono a Roma. Comunque lascia che mi rallegri con te per la ricuperata salute. Ero, in questi giorni, proprio in ansia, dopo che Jakie mi aveva scritto che all’ultimo momento, il medico aveva rimandato la tua uscita dall’ospedale.
E ora a noi: il dialetto gradese è stato definito dall’Ascoli!, suprema autorità in materia, come un veneto arcaico, una specie di proto veneto, diffuso anche sulla terra ferma prima che Venezia veneziasse tutti, meno Grado e forse qualche altro piccolo angolo isolato. Grado deve la sostanziale conservazione del suo antico dialetto, al suo essere un minimo centro di vita,
all'estremo margine orientale dei domini veneti. La lingua ladina è invece parlata dai friulani; ma con essa il gradese non ha nulla a che fare; forse solo qualche vocabolo era entrato nel nostro parlare, riguardante la vita della terra.
Il triestino: la campagna intorno a Trieste, e perfino a Muggia era originariamente ladina. Ancora al principio del 700 vi si parlava un dialetto friulano. Ma poi il veneto-venezianizzato, prese il soppravvento. Perciò il linguaggio di Giotti e degli altri poeti dialettali triestini è un veneto più recente, con qualche inflessione locale che lo distingue dal veneziano delle cittadine costiere istriane come Capodistria e Isola e Pirano e Parenzo e Pola.
Rovigno ha un proprio dialetto di non bene accertata provenienza; il mio dialetto dunque non è ladino ma veneto arcaico. Noi non siamo stati del tutto bene, Pina con l’artrite, io con un attacco
di sciatica. Ma lentamente ristiamo meglio. Voglio sperare che tu non dica bene, attribuendo ai letterati nostrani il piacere di saperti morto. 193. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP. Lugano. ! Graziadio Isaia Ascoli (Gorizia 1829-Milano 1907), linguista e dialettologo.
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Non ho molta stima dei nostri letterati, ma non mi riesce pensarli così stupidi, così ripugnantemente stupidi. Sono vani, moralmente poco consistenti in buona parte, e io li evito in
modo assoluto perché tra essi mi sento proprio un estraneo; ma non voglio e non posso immaginarli così perversi. Vero è che non si può leggere una sto-
ria letteraria, un saggio di critica su un qualunque personaggio del 900, senza trovare citata, con ammirazione il movimento vociano e Giuseppe Prezzolini
suo capo. Che poi, possano essere meschini, pettegoli è anche vero. Vedi io ignoro molte cose di questo mondo perché lo evito, perché me ne sto quasi nascosto. In questi giorni, indetto da un amico di Trieste ho fatto visita al grande Ungaretti, dopo aver fissato telefonicamente l’appuntamento, proprio con lui due giorni prima. Abita qui nelle vicinanze e anche questo m’indusse a andare da lui. S’era completamente dimenticato di me, e ci volle del bello e del buono per farsi aprire quasi non mi riconobbe. Comunque mi fece passare in salotto, mi fece accomodare; ma a questo punto ci trovammo confusi, non c’era
modo di avviare un dialogo. Per fortuna gli venne in mente di chiedermi come si andasse a Trieste così poi per tre quarti d’ora, parlai solo io, e finito il mio discorso, mi levai e congedai. Ma il caso non mi è nuovo. Tutte le personalità romane, quando non sono di scena, difficilmente sanno parlare con un povero uomo che venga dalla provincia. La mia problematica non può che scandalizzarli. Lunedì andrò a vedere Spaini, che è romanizzato, ma ha ancora conservato la cordialità triestina.
Ma qui mi trovo in esilio. To sono un uomo della Mittel Europa e con questa gente mi sento a disagio. Ogni bene a te e tanti saluti anche da parte di Pina e a te e a Jakie. Vostro Marin
194 Roma, 11 gennaio 1969
Caro Prezzi,
spero tu abbia ricevuto la mia lettera con le spiegazioni sui varii dialetti della mia terra. Io poi ho ricevuta la tua, scritta da casa, e mi sono rallegrato della tua recuperata salute. 194. Lettera ms. recto su 1 f. AP. Lugano.
1969
ZA
Ti verrà spedito un volume di memorie di una crocerossina italiana!, anzi toscana che a me e a tutti qui in casa, è piaciuto molto, perché scritto bene, e perché scritto con grande coraggio. La crocerossina era finita, con una sua
compagna in un ospedale militare tedesco e là rimane fino alla fine della
guerra e ne rende testimonianza.
Ti sarò grato se vorrai leggere il libro e poi ancora se vorrai scrivere una tua nota, p.e. per il Carlino. Naturalmente sempre che tu lo possa. Ti abbraccia e saluta assieme a Jakie Marin
195 [Lugano], 16 gennaio 1969
Caro Marin,
temo nelle mie precedenti di essere stato troppo egoista, come tutti i malati, ed aver parlato troppo di me. In fondo mi è accaduto quello che accade agli uomini della mia età, e se me ne andavo da questo mondo, un
toscano avrebbe detto ron l’ammazzò la balia. Scusami. Ho esaminato il volume degli scrittori triestini e trovo che il Maier ha fatto veramente un lavoro straordinario. Persino Bo è riuscito a dire delle cose giuste e non ha abusato di fumate confusionarie. Ho visto con piacere che ti è stata data da tutti una parte eminente; sei il solo per cui è stata usata la parola grande. Giusto. Io non avrò che da approvare. Soltanto avrei voluto maggiori distinzioni fra gli scrittori, Benco! non è triestino, è un giornalista italiano, tu sei latino o greco, Svevo è internazionale, Slataper ha dato il tono eroico a
molti, e ci son parecchi che stava bene raccogliere per cortesia ma che non hanno importanza. Mi servirò delle tue spiegazioni linguistiche per la mia recensione. Non so quando potrò farla apparire, anzi non so quando potrò scriverla. Cordiali saluti dal tuo Prezzolini
1 Matricola 15408, Nelle scarpe del morto, Milano, Baldini & Castoldi, 1968.
195. Lettera ms. recto e su 1 f. Archivio famiglia Marin. 1 Silvio Benco (1874-1949), scrittore, critico e giornalista, dal 1903 al 1945 fece parte
della redazione del quotidiano «Il Piccolo» di Trieste. Fu per molti anni collaboratore a molti quotidiani nazionali e, come critico e scrittore, alle più importanti riviste e rassegne italiane di cultura.
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196 Grado, 16 marzo 1969
Caro Prezzolini,
siamo venuti qua per festeggiare Pina in occasione del suo giorno onomastico. Il tempo non è certamente favorevole. Mi sono ricordato che anche tu sei Giuseppe e colgo l’occasione per venire a salutarti. In questi nostri anni ogni parola tra noi mi pare preziosa, anche un piccolo saluto. Penso alla tua grande forza di vita e di carattere e la mia stima e il mio affetto per te aumentano, quanto più lontano vivi, quanto più lontano sei dal caos della vita italiana. Diceva Goethe: “Wohl herrschet hier Leben und Weben, doch fehlt es
an Ordnung und Zucht”. “Sì, vita e industria qui reggono, ma mancano ordine e disciplina”!. Sto a guardare quasi divertito, lo scatenamento plebeo degli appetiti, l’arraffa arraffa di tutti i ceti, in una radicale mancanza di senso di responsabilità verso la collettività, popolo o nazione si chiami. Credo che questo sfogo di anarchia, possa portare alla necessità della conversione, per elementari ragioni di vita. Tutta l’azione della tua “Voce”, predicava la premessa della vita morale, perché una seria vita politica o sociale, possa esistere. E ci vorrà del tempo prima che tra noi possa instaurarsi una sana, regolata vita sociale. Siamo lontani da ogni unità di coscienza. Per fortuna, io credo alle potenze della vita e per quanto le manifestazioni della nostra attuale miseria mi facciano male, pur credo in un domani più equilibrato, più sano del nostro popolo. Forse ora ha solo bisogno d’impolparsi, e a questo fine, fa, come tu dici volentieri, l’intelligente e si arrangia. Io lo preferirei non “intelligente”, ma dritto, sano. Ti faccio i migliori auguri per la tua salute. Da tanto non ho tue notizie. Hai scritto la recensione della Antologia triestina? E dove eventualmente l’hai pubblicata? Anche Pina ti fa i migliori auguri. A teea Jakie, i nostri saluti. Biagio Marin
196. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «R 22/3». AP
Lugano. ! Marin cita un brano dal quarto degli Epigrammi veneziani (1791) di Goethe.
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197 [Lugano], 22 marzo 1969
Carissimo Marin, son lieto che vi troviate insieme a Grado. Io volevo, tempo fa, scrivere a
quel Sindaco e domandargli come mai la cittadina di Grado non fa di più per i tuoi libri e per farli conoscere. Mi pare che non ci vorrebbe molto a fare di te un segnacolo e un monumento della città di cui hai reso illustre il dialetto. Con tante iniziative turistiche, questa sarebbe la più carina.
Mi son preparato a scrivere la recensione di quella antologia! per la quale la tua lettera mi aveva fornito ottimo materiale. Ma l’Alessi mi ha prevenuto sul Borghese, con una sua bene intenzionata, ma certamente diversa dalla
mia valutazione e dalle mie riflessioni. Il Carlino se ne è già occupato, e così la Nuova Antologia. E non ho altri luoghi dove scrivere. Ma vedrò di trovarne uno. Le tue riflessioni sull’Italia son giustissime. Credo che ora si incominci a superare il limite. Ma chi può opporsi? Parlare o scrivere non basta. Nessuno ci sta a sentire. E non c’è una persona che sia stimata e apprezzata ed abbia seguito, per poter fare piazza pulita. L'esempio del De Gaulle, che poteva tentare qualcuno, ora non ha più la forza dell’inizio per ragioni troppo evidenti. Il generale ha almeno 20 anni più del necessario. Caro amico, bisognerà contentarsi di borbottare fra noi. Io sto meglio ed ho ripreso a lavorare. Ti manderò un mio libro Dio è un rischio? or ora escito. Aff. saluti a Pina, auguri che stia meglio. Prezzolini
197. Lettera ms. recto e verso su (Svizzera) via Motta, 36 tel. 31.996». 1 Scrittori triestini del Novecento, 2 Rino Alessi, Antologia triestina,
1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 Archivio famiglia Marin. a c. di Bruno Maier. «Il Borghese», 12, 20 marzo 1969, Roma, pp. 666-667.
3 Giuseppe Prezzolini, Dio è un rischio, Milano, Longanesi & C., 1969.
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198 Trieste, 27 marzo 1969
Caro Prezzi,
il libro che mi hai mandato è stato una bella sorpresa e te ne ringrazio. La affettuosità della dedica mi ha commosso!. Sei un uomo molto caro e io con te mi sento bene, a mio agio. Ti capisco e so che tu mi capisci, e tutti e
due ci si comprende, non già con la testa, ma con tutti noi stessi. Leggerò il tuo libro con molta attenzione. Anzi ho già incominciato a leggerlo. In questi giorni ho ricevuto anche un libro di Bacchelli. Mi fanno impressione questi arrivi di persone che appartengono in qualche modo alla mia giovinezza. Pensa: tu hai 87 anni e io 78 e Bacchelli quanti me. Quanta storia d’Italia tra quelle parentesi. Però tu sei molto bravo e anche Bacchelli è molto bravo, mentre io non
combino nulla. Ho scritto tanti versi ma nessuno li vuol pubblicare. Einaudi, solo nella primavera del 70 pubblicherà una piccola antologia di miei versi. Devo attendere un anno. Poi dovrò attenderne un altro, perché esca un mio libro. Che sarà un bel volume contenete quasi tutti i miei versi, ma un’edizione fuori commercio,
anche se se ne stamperanno 2000 copie, ben rilegate. Ma a me importa di avere il volume ben stampato, ben rilegato, prima di morire. Sarà pur sempre un capitale di versi cospicuo. Questa notizia è ancora riservata. Un gran-
de nostro istituto bancario ne farà le spese. L'edizione verrà assunta molto probabilmente dalla Mondadori. Sono in piedi, a questo fine, trattative. Sono fortunato, perché se no, i miei versi chi sa se avrebbero trovato un
editore. Saluta Jaqui anche per Pina. A te un abbraccio di Marin
E buona Pasqua!
198. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «R 7/4». AP
Lugano. ! La dedica sulla prima pagina di Dio è un rischio recita: «Caro Marin, la tua poesia s’in-
treccia con la mia filosofia: il tuo Prezzolini con un abbraccio. Lugano, 196%».
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199 Grado, 31 marzo 1969
Caro Prezzi,
siamo venuti a Grado per passarvi la Pasqua, e vi converranno da Roma anche le nostre figliole... Poi, ritorneremo a Trieste. Ho letto il tuo libro. Particolarmente vivo e intenso il capitolo sulla morte. E belli anche gli ultimi. Ciò che mi ha fatto impressione è la quasi identicità dei nostri modi di vedere, e anche degli itinerari. Nei miei diari, ci
sono molte pagine che illustrano gli stessi problemi in modo quasi identico. Mi rimproverano spesso di parlare troppo della morte, alla quale si rifiutano di pensare, io l’ho avuta presente sempre nella mia vita, come vivere, condizione di vita, e anche come liberazione dalle contraddizioni a volte assai dolorose del vivere. Ho sempre amata e lodata la vita; ma la sua cessazione — a parte le miserie che ne sono avvio, premesse, la considero liberazione, non negazione.
In fin dei conti l’animalità, non la si supera mai, per quanto la si rinneghi e combatta. E ognuno di noi, morendo distrugge il morire, che è tutt'uno col vivere. Sono contento di essere vissuto, di essere stato testimone
della vita divina, così drammatica e troppo spesso anche tragica. Così impotente nella predicata onnipotenza. Lo spettacolo è stato per me quanto mai fascinoso e spesso mi ha coinvolto. Molte cose credo di aver capito. Ora mi basta, e pur essendo sempre capace di godere di molte cose, non solo non rifiuto l’idea della sparizione, ma essa mi sembra e ovvia e necessaria. Sono impegnato a vivere ancora due anni, perché per il mio 80° compleanno, il 29 giugno del 71 qualcuno vuol farmi l’omaggio di un volume ben stampato, che raccoglierà quasi tutti i miei versi!. Di questo volume ho ancora gola. Ma già mi accorgo che sono un sopravvissuto e che il mio prossimo è annoiato di avermi ancora tra i piedi. Qui, ho trovato la tua lettera, nella quale mi dici tra altro, della tua idea di scrivere al Sindaco di
Grado per esortarlo a diffondere i miei scritti. L'ho fatta leggere a un mio giovane amico di qui, che è il consigliere comunale e lui vuole farla leggere al Sindaco. Il guaio è che è tutta gente improvvisata senza cultura e, soprattutto, senza bisogni di cultura. E hanno paura dei mici giudizi, e si difendono
199. Lettera ms. recto e verso su 2 f. Sul recto del primo foglio, in alto a sinistra, compadle re: «R 7/4/69». AP Lugano. 1 Biagio Marin, I Canti de l’Isola (1912-1969), Trieste, Cassa di Risparmio di Trieste,
1970, raccolta di tutte le poesie edite dal 1912 al 1969.
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ignorandomi il più possibile. Si sentono sufficienti. E il buffo è che la vita va avanti con essi, benissimo, proprio per il loro profondo istinto animalesco, e per la loro mancanza assoluta di cultura. Naturalmente non tutto va bene: ma va. Tu vedi che l’Italia dei ladri di tutte le specie, sta arricchendo, sta
impolpandosi. Mancano idee, mancano scuole, manca ogni disciplina civile e sociale, manca ogni fede seria, ogni seria cultura, eppure si va avanti. Che cosa vuoi che conti in questo mondo la poesia? Una super struttura, che affiora come un lichene sulla roccia. Ma, comunque sia, io continuo
tranquillamente a scrivere versi. So ormai troppo bene, che poche persone li leggeranno, so che sono musica minima, destinata a sparire con me, ma tutto questo più non mi
turba. Continuo a vivere in povertà come meglio posso, avvertendo l’allontanarsi da me degli uomini, ma anche di tutta le realtà del mondo. Ancora sempre assisto con occhi chiari, e anche amorosi, allo spettacolo. Ti sono molto grato del tuo affetto, che tu sai che ricambio con tutto me
stesso. A te e a Jakie mando l’augurio di buona Pasqua, e i più affettuosi saluti. Biagio Marin
200 Grado, 13 aprile 1969
Caro Prezzolini,
Pina mia è all’ospedale con l’angina pectoris. S'è ammalata venerdì santo 4 di aprile. I medici mi dicono che la situazione è grave e solo un miracolo la può momentaneamente salvare. L'assistono le sue figliole, che sono tutte qui; ma la Lella e la Marina
dovranno ritornare a Roma e Serena ha i suoi figlioli, tra cui uno di 4 anni, a cui pensare. Puoi immaginare il mio stato d’animo. Tutta la vita mi si svuota rapidamente tra le mani e anche la casa che lei aveva recentemente riordinata con molta fatica, si svuota di ogni significato. Saluta tua moglie. E tu abbiti l'abbraccio fraterno di Biagio Marin
200. Lettera ms. recto su 1 f. AP Lugano.
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201 [Lugano], 16 aprile 1969
Caro Marin, la notizia che ci hai dato ci ha turbato, e ogni tanto, nei nostri discorsi, lei e tu tornate nella nostra conversazione. Qualunque cosa accada, sarete sempre uniti.
Non possiamo far nulla, non possiamo provvedere. Se possiamo fare qualcosa per te, sappimelo dire. Quando morì mio figlio Alessandro tutte le persone che mi esprimevano o inviavano condoglianze. Ci fu però un amico che venne da me e mi parlò di tutt'altro, e io capii bene la sua gentilezza di spirito, voleva distrarmi da quel pensiero, e lo ricordo sempre. Farti delle riflessioni, dei cordogli, delle affermazioni? Cara, povera Pina, le abbiam sempre voluto bene, da quando l’abbiam conosciuta.
Quando puoi e ti senti, se ti fa piacere sfogarti, scrivimi. Tuo aff. Prezzolini
Manda tanti cari pensieri — e pensa che forse il dottore ha esagerato — Spero bene! — Jakie!
202 Grado, 21 aprile 1969
Caro Prezzolini,
rispondo con ritardo alla tua del 7 aprile perché ho avuto giorni di grande angoscia con Pina all'ospedale afflitta di angina pectoris, è in una situazione piuttosto grave per i continui attacchi alle coronarie. Da due giorni sta meglio e osiamo sperare di essere sulla via del superamento della crisi. E vengo alla tua: nel ’57 ebbe luogo qui a Grado, proprio nella sede del Comune, il convegno annuale della deputazione di Storia Patria del Friuli con grande concorso di persone da tutta la regione. In quell’occasione un prete, professore di storia dell’arte cristiana all’Università di Padova, ebbe a propor201. Lettera ms. su recto su 1 f. Archivio famiglia Marin. ! Appendice manoscritta autografa.
202. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «R 22/4». AP Lugano.
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re al Comune, l’organizzazione di un ufficio d’assistenza ai monumenti vetero-cristiani di Grado. Monsignor Paschini!, lo storico del Friuli prese allora la parola per dire che i gradesi avevano ben ragione di vantarsi delle loro basiliche e del loro battistero, ma che, accanto ai quei monumenti antichi, doveva-
no mettere a pari di dignità, la poesia di B. M. e che pertanto a B. M. doveva essere affidato quell’incarico, come a la persona più degna di assumerlo. Non se ne fece niente. Più tardi venne istituita la biblioteca comunale; io mi ero offerto di diri-
gerla pensando e dicendo, che avrei anche tenuto e organizzato delle conferenze, soprattutto per i gradesi durante gli otto mesi per Grado più morti, non ne hanno voluto sapere. I cattolici hanno paura che io ne faccia un istituto di propaganda laica e, per forza, così farei. La malattia di Pina, mi mette ora in serie preoccupazioni finanziarie;
vedremo se si decideranno di venirmi in qualche modo incontro. La Cassa di Risparmio di Trieste, per iniziativa del suo presidente, ha deliberato di festeggiare il mio 80° compleanno con la raccolta di tutti i miei versi gradesi, in un’opera unica, in più volumi. A questo proposito c’è stata una trattativa con la Mondadori e le conclusioni sarebbero queste. La Mondadori stamperà già entro il ’70 i tre o quattro volumi necessari a contenere tutti i miei versi gradesi?. Nella collezione dello Specchio. La tiratura sarà di 2000 copie, 1000 per la Cassa di Risparmio, e 1000 da mettere in commercio. La Cassa di Risparmio contribuirà alle spese di edizione, versando alla Mondadori 11 milioni. Queste notizie le ho avute in attesa di una richiesta di autorizzazione formale da parte della Cassa di Risparmio di Trieste. Spero che in quell’occasione il Comune di Grado decida di fare qualche cosa. Sono disposti ad assegnarmi una specie di sussidio mensile, ma non un incarico ... Comunque bene o male tirerò avanti. Ti abbraccio, ringraziandoti. Anche a Jaqui i miei saluti. Biagio Marin 34073 — Grado (Gorizia) Via Marchesini 43 ! Pio Paschini (1878-1962), storico, fu rettore dell’Università Lateranense. 2 Nel 1970 uscirà solo il primo volume. Il secondo, I Canti de l'Isola (1970-1981), a cura
di Edda Serra, verrà pubblicato nel 1981 per le edizioni LINT della Cassa di Risparmio di Trieste, mentre il terzo, I Canti del l’Isola (1981-1985), sempre a cura di Edda Serra, e sem-
pre presso lo stesso editore, nel 1994.
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203 [Lugano], 22 aprile 1969
Caro Marin,
siamo lieti di saper Pina fuor di pericolo e speriamo che sia presto restituita alla tua compagnia. Vedo di non aver immaginato nulla di nuovo per le tue faccende; ma se credi che una mia azione potrebbe giovare, scriverò o pubblicherò. Mia moglie è stata poco bene, ma oggi si riprende la vita solita, interrotta da una settimana di cure. Arrivederci, per ora. Tuo aff. Prezzolini
204 Grado, 27 aprile 1969
Caro Prezzolini,
noi siamo ancora sempre qui a Grado e a Trieste, almeno per ora, non potremo ritornare. Pina va lentamente migliorando, ma è ancora all’ospedale. E quando verrà a casa per alcuni mesi dovrà stare molto a letto e molto calma. Ti ringrazio e ringrazia Jaquie degli auguri e degli affettuosi saluti. Teri mi diceva di averti conosciuto che aveva 18 anni e che tu con lei sei stato sempre affettuosamente gentile. E anche di questo ti ringrazia. Quanto a scrivere al Sindaco, non penso che sia il caso. La tua lettera che
conteneva quella proposta l’ho fatta vedere a un mio amico che è consigliere comunale e lui l’ha fatta leggere all'assessore all'istruzione che è un farmacista. Non mi promette nulla. È incredibile quali mafie siano i partiti nei quadri, e quali mentalità mafiose abbiano questi ometti. Io non ho voluto pagare il prezzo alla mafia e quindi sono escluso da ogni considerazione. Non sarà facile risolvere ora la situazione con Pina ridotta all’impotenza, ma Dio vede e provvede, dicevano i vecchi. Qualche cosa succederà; e poi, in fin dei
conti che diavolo ci può ancora venire addosso. La morte? Sarebbe per me
203. Lettera ms. recto su 1 f. Carta intestata «Giuseppe (Svizzera) via Motta, 36, tel. 31.996». Archivio famiglia Marin. 204. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
Prezzolini Lugano 6900
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la ben venuta, pur che venisse con santa semplicità e senza farmi soffrire come in questo tempo ha sofferto Pina. Grazie del tuo affetto, grazie anche a tua moglie. Ciò che conta è che ci sia qualcuno che ci stima e ci vuole bene. Ti abbraccia e saluta Biagio Marin Indirizzo attuale: 34073 Grado (Gorizia) Via Marchesini 43
205 Grado, 27 maggio 1969 Caro Prezzolini, ieri mia sorella mi ha portato in casa la rivista “Gente” che contiene tante
fotografie di te e dei tuoi!. Particolarmente mi ha commosso il ritratto di tua madre. Mi pareva di averti in casa vivo. Pina sta meglio; ma in realtà è stazionaria e ancora ieri notte ha avuto tre attacchi, anche se non tanto forti, in grazie delle medicine subito prese. La nostra situazione si fa sempre più precaria. Dovrò rinunziare al quar-
tiere a Trieste e accettare la morte civile qui a Grado. Mi duole certamente, ma non c’è scampo. Forse è giusto che paghi la mia inettitudine alla vita pratica. Mi tocca la sorte della cicala. Spero mi sia dato di poter sopportare ciò che la situazione comporta, con dignità. Un mio amico gesuita? voleva fare intervenire l’Arcivescovo di Gorizia, presso le autorità di Grado. Ho scritto a l’Arcivescovo, pregandolo di non intervenire. Questo mese mi è mancato anche il sussidio della Cassa di
Previdenza e Assistenza degli “Scrittori Italiani”. Di bene in meglio. Sono curioso di come andrà a finire. Il buffo è, che ancora non riesco a spaventarmi, comunque vedremo. Pina vi saluta tutti e due. E anche io.
205. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Giuseppe Grieco, Sfogliamo insieme l’album degli italiani famosi: Giuseppe Prezzolini. La mia vita, i miei amici, «Gente», Milano, 1969, pp. 68-71.
2 Probabilmente si tratta di padre Sergio Katunarich.
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Sabato scorso sono stato a Udine: ho visto Bo, e gli ho detto della malattia di Pina. Non mi ha detto una sola parola. Lo capisco: io sono una partita ormai liquidata. Così mi tratta anche Pasolini. Manco di ogni qualità per impormi alla gente di mondo; e aveva ragione quel maestro elementare assessore all’Istruzione qui a Grado che mi disse: lei,
per me è niente, e io sono il rappresentante del popolo di Grado. — Saluti! Marin
206 Grado, 31 maggio 1969
Caro Prezzolini,
Pina non migliora, ma è stazionaria. Si leva e sta levata più ore al giorno. Naturalmente non la lasciamo mai sola. Ti mando assieme a questa un libro scritto da un medico, di padre trentino ma di madre chersina e che ha passato l’infanzia e l'adolescenza a Cherso. Dopo il “Mio Carso” libri che celebrano la nostra terra e lo strano mondo umano che la abita, ne sono usciti parecchi e non spregevoli. Questo che ti mando è il primo che parla della vita sulle isole del Quarnero, e a me è piaciuto. Ha dei gravi difetti di costruzione: ma la figura di [...] mi pare potente. L’uomo che lo ha scritto legge i tuoi articoli e i tuoi libri, e aspira a un tuo giudizio sul suo libro. Me lo ha portato, pregandomi di mandartelo e di accompagnarlo con due parole di presentazione. Siccome il libro mi è sostanzialmente piaciuto, pur con i suoi difetti di misura,
te lo mando e oso pregarti di leggerlo. È importante che qui al margine, ci sia ancora gente che crede in te, guarda a te, aspira a un tuo giudizio. A me almeno la cosa fa molto piacere, e devo dirti che mi sembra piena di significato. Tu non puoi forse renderti conto quanto tu abbia contribuito al superamento della passione nazionalistica tra noi. Pina mi incarica di salutarvi tutti e due. Anche da parte mia i migliori saluti a Jaqui e un abbraccio a te. tuo
Biagio Marin 206. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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PS. Longo mi ha promesso di pubblicare un “quaderno” dell’osservatore, dedicato ai miei versi!. Sono passati dei mesi che gli ho mandato il materiale, ma non ne so più nulla.
207 [Lugano, 6 giugno 1969] Caro Marin,
accogli questa sommetta acclusa come vuoi: o come un nostro dono, 0, se ti par meglio per il tuo amor proprio, come un prestito. È il solo modo che ho ora di aiutare un amico e una persona che stimo. Forse potrò fare qualche cosa per te a Roma, dove vado dopodomani (Albergo Minerva). Spero che Pina possa rimettersi bene. E se dovete rimanere a Grado, fatti animo, ci sarebbero tanti posti peggiori. Credimi il tuo aff.mo Prezzolini
208 Grado, 7 giugno 1969
Caro Prezzolini,
sei da baciare, ma m'hai messo in un grande imbarazzo e proprio grande. Così mi hai privato della possibilità di dirti la mia tristezza, come a fratello maggiore. Perciò ti prego, non avertene a male se io ti restituisco quel vaglia cambiario, per tenermi più liberamente il tuo affetto, che è una delle poche realtà di cui godo e mi vanto. Aspetterò che tu risia a Lugano per effettuare la spedizione. Fin che posso devo trovare in me il modo di risolvere il problema. Poi si vedrà. Nessuno che io sappia, è morto di fame. Vero che sono un inetto; ma ormai poco importa. Tu però sei stato ancora una volta quel tesoro d’uomo che sei sempre stato e del dono di bontà che mi hai fatto, assai ti ringrazio. ! Biagio Marin, Quanto più moro, Milano, Quaderni dell’«Osservatore», 1969.
207. Lettera ms recto su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 (Svizzera)
via Motta, 36, tel. 31.996». Archivio famiglia Marin.
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229,
Quando Papini scriveva l'“Uomo finito”!, era giovane e pieno di energia; io ora pubblicherò dei versi, ma sono alla fine. Non tutti, anzi rari uomini hanno la tua potenza intellettuale. Questa ultima traversia di Pina, mi ha messo a terra in tutti i sensi. Pina sta benino; si leva, si muove per la casa, e c'è motivo da bene sperare. Assieme a me vi saluta tutti e due. Ti abbraccia con affetto Biagio Marin
209 14 giugno 1969 in Roma fino al 19
Caro Marin,
fiat volutas tua; credi che era un atto di semplice simpatia. Senti: andai a parlare col comm. Padellaro ! (Presidenza del Consiglio) e gli ricordai il tuo nome, che conosceva benissimo. Mi disse che era disposto a darti un premio. Non hai che da mandargli l’accluso modulo riempito con le solite frasche. Ma tutto questo non risolverà il tuo caso. Non so se puoi fare uno sforzo di scrivere ogni tanto un articolo, non troppo lungo (tre pagine di 30 righe, di 10 parole circa per riga) che potresti pubblicare — tuoi ricordi di gente conosciuta, o racconti di gente di mare (chi sa quanti ne conosci), o del mondo internazionale che s’accumula sulle spiagge del tuo paese. Almeno ci potresti fare una decina di migliaia di lire al mese.
208. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
! Giovanni Papini, L'uomo finito. 209. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 (Svizzera) via Motta, 36, tel. 31.996». Archivio famiglia Marin. 1 Giuseppe Padellaro, funzionario ministeriale a cui Marin si era rivolto per ricevere un ‘Premio della cultura’, su indicazione di Carlo Betocchi che, il 7 marzo 1961, gli scrive: «Ti
consiglio perciò di rivolgerti fiduciosamente al Ministero per uno di quelli che vengono chiamati “Premi della cultura”. In realtà posso dirti che essi sono erogati senza chiedere nessuna contropartita, neppure un ringraziamento scritto. Il Dott. Giuseppe Padellaro, che è il funzionario che istruisce la pratica è persona di gran cuore e di massima discrezione», «Studi Mariniani», XIV/XV (2007), 12/13, Pisa-Roma, F. Serra, p. 121.
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Quando sarò di ritorno a Lugano verso la fine del mese, ti scriverò, e mi
rimanderai quell’assegno, se hai sempre in mente di rifiutarlo, ma raccomandato (per cui unisco i francobolli), perché le poste sono infide, e serve la ricevuta per fare reclamo in caso di smarrimento. Cordiali saluti a Pina e a te da noi due. Aff.mo Prezzolini
Cara Pina — Penso tanto a te e mi dispiace che hai dovuto soffrire così tanto! — Non lo meritavi. Ora — spero che cominci a star bene — Carissimi saluti — Jakie ?
210 Grado, 1 luglio 1969 Mio caro Prezzi,
ti restituisco, qui allegato, l'assegno che mi avevi mandato, ringraziando-
ti ancora una volta di tutto cuore. Quanto a quella domanda di sussidio al Ministero, mi riesce difficile a farla, perché mi si chiede non solo un riassunto della mia attività svolta, ma anche
una copia dei libri, che più non possiedo, e che del resto, già in un’altra occasione avevo mandato. Potrei mandare la domanda, e, nel contempo una lette-
ra a Padellaro? Del quale però dovresti mandarmi l’indirizzo, se ce l'hai. Pina è in una continua altalena. Anche ieri sera un attacco, e uno più serio lo ha avuto la sera del 29, per il mio 78° compleanno. È una situazio-
ne che finisce per sgangherarmi. Ho mandato a Longo anche la traduzione delle cento composizioni che lui intende di pubblicare in un quaderno. La traduzione a me sembra inutile e atta a indurre i lettori a non leggere più i testi originali. Comunque faccia lui, come crede. Ha affidato a Spaini l’incarico della presentazione. Ogni bene a te e a Takie. Con affetto vi salutiamo Pina e Biaseto
2 Appendice manoscritta autografa. 210. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto a sinistra, compare. «R 3/7/69». AP Lugano.
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211 Grado, 12 luglio 1969
Caro Prezzolini,
grazie della tua del giorno 3. Non mancherò di mandare a Roma quella richiesta. Ho letto il tuo articolo sulla letteratura triestina. A te pare che non esista, e le tue osservazioni sono acute; ciononpertanto io credo nella sua esi-
stenza. L'osservazione di Pancrazi, essere gli scrittori triestini tutti, in qual-
che modo sensibili al problema morale, mi pare ancora valida, perfino in un Quarantotti - Gambini. Il quale, come forse sai, poco tempo prima di morire, ritenne opportuno pubblicare su Fiera letteraria, una sua lettera, nella quale in nome proprio, ma poi, per tutti gli scrittori giuliani dava voce al disagio suo e di tutti noi, di fronte alle diversità di tono di vita, tra noi
medioeuropei, e comunque europei, e gli italiani delle altre regioni ?. Naturalmente le definizioni, quando si tratta di problemi così complessi e nel contempo così incerti, sono sempre insufficienti. E le tue riserve sono certamente valide. Hai ragione tu quando accosti Scipio piuttosto al Tommaseo che allo Svevo: ma già il Tommaseo rivela un carattere, in cui un poco tutti noi ci riconosciamo, e proprio nelle sue scritture. Legittima la tua esigenza della presenza, in un’antologia di “scrittori triestini”, degli scrittori slavi, o magari tedeschi di Trieste. A questo proposito andrebbe osservato che i triestini considerano la città italiana, e che non prendono atto, neanche oggi della presenza e dignità degli alloglotti. Del resto, rari sono i triestini che capirebbero i testi di scrittori slavi o tedeschi. Tra gli scrittori italiani di Trieste, sopravvive una coscienza di marginalità, in fin dei conti, tragica, che al di qua di tutte le diversità, li accumuna.
Grazie ancora di tutto. Pina è sempre soggetta ai suoi attacchi, anche se sta meglio. A te e a tua moglie i nostri affettuosi saluti. Biagio Marin
211. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
! Giuseppe Prezzolini, Esiste una letteratura triestina?, «Osservatore politico letterario», luglio 1969, Milano. 2 In realtà si tratta dell’intervista a Pier Antonio Quarantotti Gambini raccolta da Gian Antonio Cibotto, Ur italiano sbagliato, «La Fiera Letteraria», Roma, 15 novembre 1964.
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212 Grado, 12 agosto 1969
Caro Prezzolini,
ho avuto il ritaglio di giornale con l’articoletto su Grado!, e te ne ringrazio. Lo considero un tuo saluto che mi è sempre caro. E ciò tanto più, che a me nessuno del mondo dei letterati scrive, e, se scrivo io nessuno mi
risponde, essendo io ai loro occhi “quantité négligeable”. Pina sta benino; ma quasi tutte le sere, le prende un attacco e bisogna sempre stare all’erta. Temo che non potremo ritornare nella nostra abitazione di Trieste, e che mi toccherà perire qui in una dolorosa solitudine, ma non c'è scampo.
Nella mia vita sempre difficile, ho avuto anche del bene; ora lo devo scontare con una colpa. Rileggo Platone e mi accorgo di tante consonanze con la mia anima. Sono rimasto tagliato fuori da ogni modernità, e l’uomo moderno che mi è più vicino è Goethe. E poi: Héòlderlin. Ti sono molto grato della tua amicizia, l’unico italiano che mi stimi e tenga in considerazione. Patisco fin d’ora le vertigini della sparizione nel nulla. Saluti e a te a tua moglie e da Pina e da parte mia. Ti abbraccia
Biagio Marin
215 Grado, 16 settembre 1969
Caro Prezzolini,
Pina va lentamente migliorando, tanto che ieri ha potuto andare a Trieste per una visita medica di controllo. Non tutti i giorni ora subisce un attacco.
212. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Non è stato possibile, per mancanza di indicazioni, risalire all'articolo a cui Marin fa
riferimento. 2 Dal 1969 Marin si stabilisce definitivamente a Grado. 213. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP. Lugano.
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Quanto a me, sto correggendo le bozze di due volumetti di versi, quello che verrà pubblicato da Longo a Milano, come quaderno della sua rivista, e un secondo che verrà stampato a Udine!. Per Natale poi Scheiwiller, pubblicherà un fascicoletto, anzi, credo una cartella di poche poesie dedicate alle conchiglie, accompagnate da incisioni originali?. E intanto preparo anche la scelta per l’antologia di Finaudi>. Tutto questo, naturalmente non mi renderà un centesimo.
Ho spedito a suo tempo la domanda al Ministero per quella specie di premio — sussidio letterario. Vedi se tu puoi ricordare a Padellaro la sua promessa fatta a te, di prenderla in considerazione. Ora dovrò lasciare Trieste e avrò spese non indifferenti di trasloco. Quei quattro soldini del Ministero mi farebbero comodo. In occasione della proiezione di un documentario dedicato a me, Pasolini ha tenuto qui un discorsetto di presentazione della mia poesia, testo che pensiamo di offrire all’Einaudi, quale prefazione alla mia antologia*. Se ti è possibile, ricordami a Padellaro. Saluti a Jaqui e un caldo abbrac-
cio a te Biagio Marin
214 [Lugano], 5 ottobre 1969
Caro Marin, leggo nel giornale della morte di Gigetta Slataper. È come una parte di noi — sopratutto di te — se ne andasse. Poi ce ne andremo anche noi. Nessuno vivrà più in quel momento che abbiamo vissuto. Non so a chi dirigere questa mia, capisci perché. Tu sei il più vicino. Fai le mie parti.
! Biagio 2 Biagio 3 Biagio 41] testo
Marin, E/ picolo nîo, La Stretta, Udine, 1969. Marin, La vose de le scusse, Milano, Scheiwiller, 1969. Marin, La vita xe fiama. Poesie (1963-1969), Torino, Einaudi, 1970 di Pasolini, con il titolo Appunti per un saggio su Biagio Marin, fu effettivamen-
te inserito come prefazione al volume. 214. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Inserita, in parte, in Biagio Marin, Gigetta Slataper, «Il Piccolo», 4 novembre 1969, Trieste. Archivio famiglia Marin. Il breve commento che
Marin annota sul suo diario l’8 ottobre 1969, viene presentato in appendice.
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Non fui mai intimo con lei. Vissi sempre lontano. Ma, da lontano, forte
l’immagine sua, come fosse una scultura severa, dura, grande si impone. Quanti dolori di amante, di moglie, di patria, di madre, difficili da dire e
dolorosi da ricordare. Quante delusioni e quanta immobilità ideale. Avrei altre cose da dirti e te le scriverò a parte, perché queste poche parole van conservate lontane da ogni altro ricordo. Aff. Prezzolini
25 [Lugano, novembre 1969] Caro Marin,
[omissis] ... Quando seppi della morte della Slataper volevo scrivere nel mio Diario qualche cosa di questo genere: “È morta a T.[rieste] la signora G.[igetta] S.[lataper]. Era stata una stupida ragazza che, essendo ricca, aveva sposato un giovane povero e poeta, malvisto dai pezzi grossi della sua città per aver detto troppe verità su di essa, il suo passato e il suo destino; e continuò ad essere stupida nel non opporsi a che suo marito si facesse volontario nella guerra 1915-’18, e cadesse morto per essersi offerto in una azione rischiosa, e nulla avendo imparato dalla vita, continuò ad amare il
suo paese, per il quale l’unico suo figlio si sacrificò, morendo in Russia. Chiusa nel suo dolore e nel suo ricordo continuò a credere per tutta la vita nelle stesse idee sciocche e nulla volle imparare dalla saggezza delle nuove generazioni che preferiscono fare all’amore anziché alla guerra e trovarsi un posto con sicura pensione anziché scrivere libri di pensiero e di poesia.” Che effetto avrebbe fatto una noterella così in Trieste? Salutami Pina e speriamo di vederci. Farò una nota sul tuo libro, ma chi sa quando apparirà. Prezzolini
215. Di questa lettera non possediamo l’originale e viene presentata nella versione trascritta da Marin nel suo diario il 18 novembre 1969, vol. 25. Archivio Università di Trieste.
Il commento che segue la lettera viene presentato in appendice.
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216 Grado, 5 dicembre 1969
Caro Prezzolini, ti scrivo per semplice bisogno affettuoso, per uscire, per un momento dal mio isolamento, e crearmi l’illusione di essere ancora vivo, di essere ancora
qualcuno che può parlare a una grande persona del mondo. E anche per dirti che ieri ho letto nella Storia d. lett. it. della Garzanti!, il capitolo di Cecchi che ti riguarda. L'ho trovato molto bello, per un riconoscimento di fondo, per un consentimento affettuoso, che mi hanno commosso. Era il migliore Cecchi. E la “Sora Emilia” era stato capace di dimenticarla, con molta signorilità. Ma poi, ciò che più mi ha persuaso è in quel capitolo, l’intonazione. Nell’istesso volume sono nominato anche io, ma non più che nominato, sia pur con la gratuita aggiunta che sono, uno dei maggiori poeti del 900. E come mai se ciò fosse vero, ci si è limitato a questo? Perché dialettale! Ché accanto al mio nome, ci stanno nudi e crudi quello di Noventa, quello di
Giotti, quello di Tessa, quello di Firpo. Abbiamo tutti perduto il treno dell’essere presi in adeguata considerazione questa volta. Noi non apparteniamo alla letteratura italiana alla storia della spiritualità italiana. I poeti che hanno scritto nella lingua comune sono stati onorati con qualche pagina; non dico poi dei narratori, tutti importanti. Mi sento mortificato. In tanti anni di presenza, non sono riuscito a farmi prendere in conside-
razione. E nota che lo scrittore del capitolo, dove sono semplicemente citato, è Carlo Bo. Che su me ha scritto un saggio, e che più volte ha scritto che io sono un grande poeta. E allora, perché non mi si rende il dovuto onore? Come si concilia il concetto di “grande poeta” “uno dei maggiori poeti del ‘900”, con una semplice citazione del nome. Cecchi, mi aveva detto, che a
me e a Giotti avrebbe dedicato 8 pagine complessive di testo. Lui dunque credeva e me e Giotti degni di tanto onore. Tu mi dirai: ma che te ne importa? Caro Prezzolini, sono vissuto tutta la vita al margine, sono vissuto in estrema povertà, in tutti i sensi, fuori di ogni mondanità; ora che fa sera, vorrei anche io poter vedere, che cosa è veramente successo, che cosa ho rea-
lizzato nella mia vita. Il capitolo dedicato da Cecchi a te, mi è parso come una medaglia d’oro al V.[alore] M.[ilitare] sul campo. È una di quelle parole che possono dire e dare la pace. Et nunc dimitte servum tuum. Domine! 216. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano. 1 Storia della letteratura italiana, diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Milano, Garzanti, 1965-1969.
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È vero che la mia poesia non è intonata ai tempi, che, come ha dichiara-
to recentemente P.P. Pasolini, male si presta all'esame della critica, per essere seiza dramma di struttura, per essere troppo immediata, quasi storia naturale, per cui quando è bella si può dire — sempre secondo P.P.P. — solo che è bella. Insomma mi si castiga, mi si ignora perché non sono un moderno letterato, ma solo un poeta. Che strane cose! Tra giorni avrò occasione di spedirti un altro mio volume di versi. Consideralo un saluto augurale natalizio. Ogni bene a te e a tua moglie. Pina sta benino e tiriamo innanzi facendoci vicendevolmente compagnia. Buon Natale dunque a voi, e a te tutto il mio affetto. Biagio Marin
1970
2) Grado, 8 gennaio 1970 Mio caro Prezzolini,
ho ricevuto la tua del 3 di questo mese, e te ne ringrazio. Ringrazio anche Jakie dell’affettuoso saluto mandato a Pina. Che non sta bene ed è perciò molto demoralizzata. Gli attacchi si ripetono ora più spesso, e qualche volta quando meno se li aspetta, anche a letto. Ciò che più mi dispiace è che lei ne è impressionata e depressa. Per Natale sono venute qui le sue figliole, ma poiché anche esse hanno le loro miserie, non solo non hanno potuto sollevarla, ma, semmai, l'hanno turbata. Io cerco di starle vicino, ma poco posso fare.
Mi dispiace che tu sia bloccato; vedi di non prendere quella noia troppo sul serio. Ti devo anche ringraziare di quanto mi scrivi della tua buona intenzione di interessare ancora una volta P.[adellaro]. In questo momento,
sarebbe una bella cosa quell’aiuto. Ti ho fatto mandare un’altra mia pubblicazione, una raccolta di versi ben stampata, che si intitola “El picolo nio”. Alla fine di questo mese potrò mandarti un altro fascicolo di miei versi. A maggio spero di poter mandarti copia dell’Antologia che Einaudi pubblicherà entro aprile. Non so che titolo le daranno. Sono un po’ mortificato che Bo, che dopo la morte di Cecchi, era stato incaricato di scrivere, nel volume del “Novecento” d. St. d. Lett. It. del
Garzanti, la parte riguardante la poesia nuova, non mi abbia dedicato che due righe, anche se in esse dice che, per lui, io sono uno dei maggiori poeti del Novecento. Detta così, è solo una frase, o se vuoi, un atto di fede, che in
una Storia d. Lett. It. non è più lecito. Anche su “Quanto più moro”, nessuno, finora, s'è fatto vivo. E non che io non capisca il guaio di essere tanto marginale, lontano da gli occhi, come lo sono io. Ma prima di morire, vor-
rei avere un qualche posto, tra gli altri. 217. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. Sul recto del primo foglio, in alto a sinistra, compare: «R 15/XII». AP Lugano.
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Di qua la mia melanconia di origine letteraria. Qui, sul posto, l’ambiente
umano si sta migliorando nei miei confronti, anche se mi lasciano sempre solo. La vista del mare, il sole in casa, mi compensano della solitudine. Ogni tanto viene qualcuno da Trieste a trovarmi, o da Gorizia, o magari da Udine. Abbiate tutti e due i miei saluti più affettuosi, e non solo i miei, ma anche quelli di Pina. Vostro Biagio Marin.
218 Grado, 13 gennaio 1970
Caro Prezzolini, grazie della tua del giorno 9. Per ora, da Roma niente; la tua intervista, -
per ora! — è rimasta senza effetto. Da parte mia vorrei sapere se hai ricevuto “el picolo nio”: che ti ho fatto spedire dall’editore. Di “Quanto più moro” per ora è uscita solo una recensione di TittaRosa, nell’ultimo numero dell’ “Osservatore p.[olitico] l.[letterario]”!. Forse l’hai vista. Ma non per questo mi turbo, capisco che siamo alla stretta e che non credono di dover prendermi sul serio. Pensano forse, che ho avuto già troppo. Forse l’antologia che pubblicherà in aprile l’Einaudi, verrà presa in qualche considerazione, visto il buon nome della casa editrice. Ma non è detto. Del resto, i miei crucci domestici nessuno me li leva, proprio nessuno, e allora, posso non preoccuparmi del boicottaggio della mia opera, da parte di tanti critici che, tra parentesi, sono tutti dei concorrenti. Per loro
la situazione è più facile, perché possono entrare nel giro del “do et des”; mentre io nulla posso dare, non posso neanche ostentare la mia presenza. Io sto per il resto, con la salute, benino; Pina pur stando meglio, continua
ad avere gli attacchi e non la si può lasciare sola. Grazie a te di tutto il bene che mi dai. Saluto anche a nome di Pina Jakie; a te un caldo abbraccio. Marin
218. Lettera ms. recto e verso su 1 £. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «In attesa». AP Lugano. ! Giovanni Titta Rosa, L'ultima poesia di Biagio Marin, «L'Osservatore politico lettera-
rio», gennaio 1970, Milano.
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249 Grado, 16 gennaio 1970
Caro Prezzolini, un incendio mi ha semidistrutto la mia abitazione, che è resa inabitabile.
Così abbiamo perduto la casa. È stato la sera del 13. Pina è per il momento
in casa di Serena, io, in casa di amici. Pina andrà a passare l'inverno con lei
a Roma. Io devo rimanere qui. Non ero assicurato e quindi puoi immaginare il resto. Ti saluto di tutto cuore, anche se sono molto turato. Marin
220 Grado, 31 gennaio 1970
Caro Prezzolini, ho trovato, tra le carte salvate dall’incendio, sul mio tavolo, la lettera che
ti accludo, scritta proprio la sera dello incendio. Pina, dopo il grande urto di quella notte, e il ripetersi degli attacchi al cuore per molti giorni, va lentamente rimettendosi. Lei abita presso la figlia nostra Serena, io, presso
amici. Sono un po’ come un cane randagio perché magio ora qua, ora là. Il danno alla casa bruciata è di circa tre milioni. C’è però intorno a noi, un meraviglioso movimento di solidarietà, e così spero che la situazione si potrà sanare senza fare un mutuo sulla casa. Ho letto nell’ultimo numero di “Persona” l'articolo che ti riguarda, che mi è piaciuto. Soprattutto mi ha lusingato e persuaso l'accostamento della tua opera a quella di Croce. Padellaro, o il suo ufficio, mi ha informato che mi daranno 300.000 lire. In questo momento, quando verranno, saranno preziose. Disgraziatamente non eravamo assicurati. Ma, in fin dei conti, ciò che
più ora importa, è di riavere la casa perché Pina possa rimettersi. Vorrei sapere se hai ricevuto “El picolo nio”. Dimmelo. A Jaqui e a te i nostri più affettuosi saluti. Biaseto
219. Lettera ms. recto su 1 f. In alto a sinistra compare: «Risposto». AP Lugano. 220. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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221 Grado, 18 marzo 1970
Caro Prezzolini,
domani è San Giuseppe; buon pretesto per venire a salutarti, a darti il mio affetto, ad augurarti tanta vita in salute. Per me la tua vita è un mio bene particolare; un grande bene. Vorrei poter contare sulla tua presenza fino alla fine dei miei giorni. Siamo ritornati nella nostra casa, e i giorni passano abbastanza sereni. Pina sempre afflitta dal suo male alle coronarie, e gli attacchi si fanno più frequenti; tutti i giorni anche tre volte e anche nella notte durante il sonno. È un continuo ingoiare di pillole. Io sto correggendo le bozze del volume unico che dovrebbe uscire a Trieste per San Piero!; e sono in attesa delle bozze dell’Antologia di Einaudi che deve uscire la seconda metà di aprile. Scrivo anche qualche verso. Si tratta di una specie di diario lirico della mia ultima passione amorosa. E vorrei intitolarlo: “Diario di una passione”. Credo sia opera originale. Non so quando la stamperò. Per il resto la vita ora mi è molto lontana. In casa c’è caldo e tanta luce. Fuor di finestra, se solo alzo lo sguardo, c’è
il mare con i dossi affioranti per la bassa marea. A certe ore, tanti gabbiani e tante coralline col cappuccio nero. E quel mare sempre fanciullo, sempre un poco in moto, e che si colora di mille toni. Eterno! E io, con la chiara coscienza che presto me ne andrò, ma lui continua ad andare e venire, nel
ritmo delle maree. Ti prego di salutarmi tua moglie. A te un caldo abbraccio di
Biagio Marin
221. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul Recto, in alto a sinistra, compare. «In attesa». AP Lugano. ! Biagio Marin, I Canti de l'Isola 1912-1969.
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DO7 Grado, 12 maggio 1970
Caro Prezzi, ho ricevuto il ritaglio del “Corriere” che mi hai mandato con tanta gentilezza!. Grazie. Quel testo, che mi riduce a un “alberello dialettale” già lo conoscevo. Quando penso che nello stesso giornale, Bo mi aveva proclamato “grande poeta”, e che ora mi si riduce, in compagnia di non so chi, ad “alberello dialettale”, in aperto confronto della “frondosa pianta della poesia in lingua”, mi assale la disperazione. Sono dunque condannato all’eterna minorità, per i critici italiani anche se ho avuto significativi riconoscimenti, e di persone e di premi, Ungaretti sarebbe dunque un dio, e non parliamo di Montale, e io solo uno che porta avanti con prestigio, non la poesia, ma la poesia minore, quella dialettale. E non c’è nessuno che dica a questi castroni che è ora di smetterla con la definizione di dialettale e con le riserve che essa, per loro, significa.
Bo stesso che pur mi proclamava uno dei maggiori poeti del Novecento italiano, non mi ha concesso più di due righe. A chi rivolgermi per protestare contro questa balordaggine, indegna non solo di Bo, ma di qualunque voglia giudicare di poesia? In questi giorni uscirà presso Einaudi la mia terza antologia. Una l’ha pubblicata Vanni Scheiwiller, una la Mondadori, e la terza la
pubblica ora l’Einaudi. Quanti autori che van per la maggiore possono vantare 3 antologie e pubblicate da case editrici serie? Eppure nulla giova e io rimango un “alberello dialettale”. Sono alla fine della mia vita; sono in linea dal 1912; non pensi che avrei
diritto a una qualche seria valutazione? Invece, siamo sempre da capo, come fossi un ragazzino alle prime prove. E non riesco a sfondare, e mi tocca morire incerto e mortificato. Comunque io continuo e continuerò a stampa-
re. Una volta farà pur l’alba. Grazie a te di avermi ricordato. Pina da una settimana sta un poco meglio; ma non deve uscire e lei ne soffre. Vi saluta tutti e due di gran cuore. E io altrettanto. Ti abbraccia Marin
222. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano. 1 Alberico Sala, A/berelli dialettali, «Il Corriere della Sera», 7 maggio 1970, Milano.
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223 Grado, 7 agosto 1970
Caro Prezzi,
da tanto non ho più tue nuove e ne sono preoccupato. Se ti è possibile, in un modo o nell’altro, fammele avere.
Penso che in questo tempo tu sia in Italia, ma io scrivo a Lugano. O tosto o tardi il mio saluto ti raggiungerà. Penso tu abbia ricevuto il bel volume di miei versi edito da Einaudi. L'editore lo aveva presentato al Viareggio: per la terza volta sono entrato nella finale; ma non mi hanno lasciato passare. Pazienza.
In questi giorni è incominciata a Trieste la spedizione agli scrittori da me indicati della copia del bel volume contenente tutti i versi gradesi da me pubblicati dal ‘12 al ’70!. Lo riceverai anche tu; dagli un’occhiata e dimmi che te ne pare. Ora tenterò di mettere insieme le mie prose. Mario Fubini me le ha elogiate?. Qui sono molto solo, e, dal resto d’Italia non mi arriva che raramente una
voce. Dall’ottobre del ’69 al 29 giugno ’70 sono usciti 5 diversi miei volumi di poesie. Tolto un articolo di Titta-Rosa sull’Osservatore, e una recente lodevole menzione di Bo in un suo articolo dedicato a un gruppo di suoi amici, nessuno si è fatto vivo. Ora mi ha scritto Marcello Camillucci*, che
prepara un suo articolo per “Persona”. Il Camilucci non lo conosco e non so quanto pesi. Pare apprezzi molto la mia opera. Ti prego di farmi avere tue notizie.
Pina sta bene, quando non ha gli attacchi, che sono piuttosto frequenti. Io mi immalinconisco più che mai per la grande solitudine. Se hai da consigliarmi qualche lettura corroborante, fallo. Ti abbraccia
Biagio Marin 223. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! in realtà il volume a cui Marin si riferisce contiene le opere edite fino al 1969. 2 Marin si riferisce al discorso tenuto da Mario Fubini a Grado il 29 giugno 1970 in occasione della presentazione de I Canti de l'Isola 1912-1969, ripreso poi da Fubini nell’articolo Presentazione di Biagio Marin, «Settanta», 8 dicembre 1970, Milano.
} Carlo Bo, Biagio Marin, Parronchi e Della Corte ... Due lustri di poesia. «Il Corriere della Sera», 23 luglio 1970, Milano. 4 Marcello Camilucci (Padova 1910-Roma 2000), docente nei Licei di Lettere Italiane e
Latine, incaricato di Letteratura Romena presso l’Università Cattolica di Milano e La Sapienza di Roma, collaboratore alla terza pagina di vari giornali e periodici, critico d’arte per molti anni presso la rivista di Studi Romani. Ha fondato e diretto per molti anni, insieme ad A. Grande, la rivista «Persona».
1970
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224 Grado, 16 settembre 1970
Caro Prezzolini, sono ansioso di sapere se hai ricevuto il bel volume che la Cassa di
Risparmio di Trieste ha stampato per il mio 79° compleanno e che contiene i miei versi editi dal ’12 al ’70:. Mi dispiacerebbe che tu non l’avessi ricevuto. A me ha fatto tanta impressione: anche perché è venuto dopo la bocciatura della ultima antologia edita da Einaudi — e anche quella dovresti averla ricevuta — al Viareggio. Mi trovo urtato da una strana presa di posizione di molti critici che dichiarano che la mia opera non è giudicabile, perché incomprensibile. Ti prego di dirmi che cosa pensi a questo riguardo. Tante persone, non venete, hanno capito e apprezzato i miei versi; e ora mi trovo
di fronte a una strana resistenza. Tre volte sono arrivato alla rosa finale del Viareggio; non mi lasciano passare. E tu capisci, che non ho più molte prospettive di andare a pubblicare, perché non sarà facile trovare un editore. Scheiwiller mi aveva promesso di pubblicarmi per il mio 80° compleanno ancora un volume di versi, ma ora non risponde alle mie lettere. Tu avresti
la possibilità di indurre qualcuno a farlo? La pubblicazione di “Quanto più moro” da parte di Longo mi ha fruttato un bell’articolo di Camilucci sullo “Osservatore Romano”2. Ma “La vita xe fiama”, l’antologia edita dall’Einaudi,
solo una
colonna
di Bo sul
Corriere?, sebbene rappresenti un vero florilegio. Dimmi se l’hai ricevuta. Spero che tu stia bene. Ti abbraccia e saluta Jakie. B. Marin
224. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Biagio Marin, I Canti de l'Isola 1912 - 1969. 2 Marcello Camilucci, Biagio Marin-Un alto canto alla vita, «L'Osservatore Romano», Città del Vaticano, 1 agosto 1970. 3 Non c'è traccia di tale articolo nelle bibliografie a disposizione.
CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
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225 [Lugano], 27 settembre 1970 Carissimo Marin,
tu sei un poeta, ma non conosci gli uomini. Chiedi a me delle cose che non ho mai chiesto per me e che non avrei mai ottenuto se le avessi chieste. Ho quasi 90 anni e debbo lavorare come un principiante. Quando vado in ferrovia, pago il biglietto intero, mentre un novizio in giornalismo ha il ridotto del 75 per 100. Non so chiedere, e faccio bene, perché mi risponderebbero di no, oppure non mi risponderebbero. Lo feci una volta sola, proprio per te, e poi non tutto andò bene. Io in Italia non sono nulla, non conto nulla, è già molto se trovo modo di pubblicar degli articoli. La mia indipendenza mi costa molto; mi costa, fra l’altro, di non poter aiutare. Ed è il costo
maggiore, quello che mi pesa di più. Se potessi aiutarti, lo farei subito. Ma, inoltre, il mio nome non è una garanzia, anzi suscita antipatia. Abbi dunque pazienza se ti dico che non posso, è anche meglio per te. Non volermi male, saluta da parte nostra la Pina, e credimi il tuo aff. Prezzolini
Ricevetti il tuo libro, mi pareva di averti ringraziato
226 Roma, 3 ottobre 1970
Caro Prezzolini, sono qui per due settimane con Pina, ospite della mia maggiore. E qui ho ricevuta la tua del 27 sett. Perdonami di averti turbato con la mia sciocca richiesta. Assai me ne dolgo. Tu sai come sono insensato, perdonamelo. Quanto poi ai miei versi, tro-
verò certo più in là, il modo di stamparli. Avrei invece voluto sapere se il volumone mio ti è piaciuto, perché a me è perso bello per essere bene stampato. Ieri ho ricevuto da Jakie il ritaglio della Stampa. Vi ringrazio tutti e due. Il 23 settembre, l’ “Avvenire” di Bologna ha pubblicato un caldo articolo di 225. Lettera ms. recto su 1 f. Archivio famiglia Marin. Una copia è conservata anche il AP di Lugano, ma incompleta. 226. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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Gino Nogara sulla mia opera!. Sono i cattolici, che mi prendono in considerazione, ora.
Pina è qui con me; ha voluto venire a Roma per stare un poco con le sue figliole, ma non sta bene. Questa notte ha avuto quattro attacchi e ora è sfinita. Ti ringrazia del saluto, che ricambia e saluta, con me, anche Jakie.
Prezzi caro, quanta amarezza in te; e io che ho concorso a rilevarla. Perdonamelo e abbiti tutto il mio affetto, e la conferma della grande stima, anzi della mia venerazione. Sono un piccolo, io; ma ho il cuore caldo, e ti
voglio bene, bene bene. Ti abbraccia e saluta
Biagio Marin
PA] Grado, 23 ottobre 1970
Caro Prezzi,
tu sempre infinitamente caro e preoccupato di farmi sentire il tuo affetto, e che mi segui e che mi stai vicino. Anche io sono stato contento degli articoli che riguardano i miei versi, e particolarmente mi sono piaciuti quello di Marcello Camilucci sull’ “Osservatore Romano”, quello di Nogara su “Avvenire” di Milano, e quello cordiale della Ginzburg sulla “Stampa”!; anche Caproni ha scritto sulla “Nazione” un articolo cordiale2. Non mi hai scritto se hai ricevuto il volume della Cassa di Risparmio di Trieste, che mi hanno assicurato di avertelo mandato. A me l’idea del sarcofago che mi contiene quasi tutto, mi piace molto. E poi è ben stampato e abbastanza bene rilegato. L'articolo della Ginzburg anche se non critico, mi ha fatto molto piacere. Mentre ero a Roma è venuta in casa della mia figliola per conoscermi, e ci siamo trovati tutti bene.
! Gino Nogara, Raccolte ne “La vita xe fiama” le liriche più significative di Biagio Marin — Un giudizio altamente positivo di Carlo Bo — E ancora possibile fare grande poesia con il dialetto, «L'Avvenire», 23 settembre 1970, Milano. 227. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
1 Natalia Ginzburg, Scoperta di un poeta, «La Stampa», 18 ottobre 1970, Torino. 2 Giorgio Caproni, Biagio Marin poeta autentico, «La Nazione», 7 ottobre 1970, Firenze.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
Pina è rimasta a Roma con le figliole e verrà in su per i Santi. Domenica vado a Trento per una lettura di miei versi. Pare incredibile,
ma è vero. Forse è giovato l’articolo sull’ “Osservatore Romano”, perché si tratta del Circolo Rosmini, cioè un circolo cattolico che mi ha invitato. Saluto cordialmente Jakie e mando a te l'abbraccio più affettuoso. Marin.
228 Grado, 10 dicembre 1970
Caro Prezzi,
siamo ormai a Natale e vengo a dirti i miei più caldi auguri di salute e di vita spirituale. Qui abbiamo avuto un autunno meraviglioso; purtroppo Pina è molto tribolata dal suo male e non può godere, come vorrebbe, la grande luce dorata che invade la nostra abitazione e la pace che ci meraviglia. Sarebbe questo il tempo della serenità perché io mi sono del tutto distaccato dalla vita sociale e nessuno più mi ferisce. Nulla più arriva che mi possa profondamente turbare; ormai ho rinunciato anche all’idea di stampare i tanti nuovi versi che ho scritti in questi ultimi due anni e di raccogliere in un volume le mie prose. Lo faranno forse gli altri. D’altra parte, ho visto a che si riduce la sopravvivenza di un Saba e di un Giotti, che io pur ho molto sti-
mati e stimo. Sono passati pochi anni dalla loro morte, e in realtà non esistono più, nella vita di Trieste non hanno nessuna funzione; ché il loro valore ha realtà su un piano troppo diverso da quello della vita quotidiana. Qui hanno costruito un edificio per la biblioteca comunale che porta il nome del mio Falco; a essa ho fatto dono dei miei libri, dei miei autografi e
di altre mie cose. Così che la mia abitazione futura me la sono già assicurata. Qualche volta mi ricorderanno. Mi sono per un poco crucciato, perché al Viareggio mi hanno bocciato e ciò per la terza volta; ma anche quel bruciore m'è passato. Non sono saggio neanche ora. Ma la vita ridotta che vivo, mi costringe alla saggezza. Il grosso volume stampato dalla Cassa di Risparmio di Trieste, e che mai
ho potuto sapere se lo hai ricevuto, se ti è piaciuto, lo considero il mio sarcofago. Come tale penso sia bello e utile. 228. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Isolato come sono, non so se tu hai pubblicato in questi ultimi tempi qualche tuo libro. Se sì, segnalamelo. A te e a Jakie, anche a nome di Pina, mando l’augurio più affettuoso di
buon Natale e di buon anno novello, e un caldo abbraccio.
Biagio Marin
209 Grado, 31 dicembre 1970
Mio caro caro Prezzolini, ho avuto la tua lettera, ho avuto il tuo libro con la dedica così bella e
affettuosa, che avrei voluto poter correrti incontro e abbracciarti!. Ciò che faccio del resto, lo stesso, con l’anima. Il mondo e la vita sono, in fin dei conti, meravigliosi. Hai mai pensato che tra i tuoi amici fiorentini, dico dei vociani, io ero proprio l’ultimo in tutti
i sensi, e che dopo tanti anni ti sono vicino con tanto affetto! Tutti i maggiori se ne sono andati: tutti: Papini, Soffici, Slataper, Amendola, Jahier e perfino De Robertis, e altri ancora, e io sono ancora qua, un poco più cresciu-
to, a dirti il mio affetto, la mia calda amicizia. Per me un grande onore e un grande dono! Grazie dunque dei doni che mi hai fatto per la fine dell’anno e per l’anno nuovo. Ho letto e riletto la tua lettera, una scrittura chiara da leggere a volo. “Si incomincia a andare in pezzi” mi dici. Anche a me, che sono quasi dieci anni più giovane di te, succedono tante cose: scrivo ancora versi — ne ho tanti di nuovi, inediti — ma una qualche pagina robusta di prosa non la so più scrivere. La memoria, la capacità di chiamare vicine le cose lontane, la capacità
di sintesi serrata, non l’ho più. Ma non ho più alcuna pretesa di fronte alla vita. Vorrei ancora vedere stampate in volume le mie prose, e almeno 300
delle nuove liriche, che sono circa un migliaio. Non ti spaventare. Io non credo alla sostanzialità della persona individua. Penso che si sfaccia con il corpo, di cui non è che l’entelechia. Non spero e non temo perciò nulla dopo la morte. Gentile ha lasciato in me un segno indelebile; ma anche 229. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano. 1 Si tratta della seconda edizione de L'Italia finisce ecco quel che resta, Firenze, Vallecchi, 1970. La dedica recita: «al poeta, all'uomo, all'amico Biagio Marin in ricordo di una ininterrotta comunanza di idee e di valori della vita. G. Prezzolini 29.XII.'70 Lugano».
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Croce, ma anche Scato Ernigena, e perfino Meister Eckhart. Dio solo è reale, e ogni sua manifestazione transeunte. Pina ti ringrazia degli auguii e dei saluti e ti prega con me di salutare affettuosamente Jakie. Ti abbraccio e ti auguro, per me, di durare ancora molti anni. Biagio Marin
INZA!
230 Grado, 12 marzo 1971
Caro Giuseppe Prezzolini, che strano nome ti hanno dato! Non sei viso da Giuseppe. Comunque per tutta la tua lunga vita hai portato con amore anche il nome così disadatto al tuo volto e al tuo carattere. E poiché il giorno 19 è San Giuseppe, - io ho in casa Giuseppina — e noi siamo tradizionalmente abituati a festeggiare l'onomastico, veniamo tutti e due, Pina ed io, a dirti il nostro affetto, e a farti
l'augurio di salute, che ti permetta ancora sempre di lavorare, ciò che significa vivere. Che è pur divina realtà, degna di essere magari patita, se sempre non si può goderla. Ogni bene quindi a te caro amico fin dalla nostra lontana giovinezza. Non ho mai potuto sapere se hai ricevuto il grosso volume dei miei “Canti de l’isola”. Te l’ho chiesto tante volte, ma tu non me lo hai mai detto,
pur avendomi più volte scritto. Perdona questa mia insistenza, ma vorrei essere certo che tu lo hai avuto, perché, se no, te lo rimando.
Spero che tu stai bene. Pina è sempre afflitta dalla su angina pectoris, che le dà molta pena e col ripetersi degli attacchi (ieri sera tre quasi consecutivi!) la stanca molto. Io sto benino, ma la memoria mi tradisce spesso, così la vista, e la lettura mi
stanca presto. Insomma sono entrato nel periodo del calo. Qualche verso però lo scrivo ancora. Ora il problema sarà stamparli i tanti inediti che ho. Prima di morire vorrei poter aver ancora un volume che contenesse un trecento liriche delle tante che ho qui inedite. Per ora il Comune qui e l'azienda di
230. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. Sul recto del primo foglio, in alto a sinistra, compare: «R 21/III/71». AP Lugano.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
Soggiorno hanno intenzione di stampare, su suggerimento di Mario Fubini, in volume unico, “l’isola d’oro”, “Gorizia” e “I delfini di Scipio Slataper”!. Fubini curerebbe la scelta e presenterebbe quelle prose, che lui stima degne di essere ristampate. Mentre Pasolini è del parere contrario, vedremo: io lascio fare. Ogni bene a te, caro amico e fratello maggiore, vivente simbolo della nostra giovinezza. Pina e io ti abbracciamo con molto affetto e salutiamo Jakie. Biagio Marin
25,1 [Lugano], 21 marzo 1971
Caro Marin, non conservo copia delle mie a te, ma mi pare di averti assicurato due o tre volte che il volume edito dalla Cassa di Trieste mi era giunto. Avrei voluto farne recensione, ma il Carlino è stato tanto modificato che
non c'è modo di pubblicare quelle recensioni o articoli che mandavo prima. È un tentativo di giornale nuovo, adatto ai tempi di “massa”, che io appoggio convinto che (non troppo) han ragione e che l'interesse del giornale vuole ciò; ma anche con imbarazzo per la mia collaborazione. Nel Borghese mi fan capire che preferiscono articoli, e politici, a recensioni. Sono le due porte che mi sono ancora aperte. Ti ringrazio per gli auguri, ma tu devi ricordarti che gli amici di Firenze, anche Slataper, mi chiamavan Giuliano o Prezzolini, perché la mia antipatia per il mio nome di Giuseppe la portavo con me fin da ragazzo, e protestavo contro il fatto che i nostri genitori avevano il potere di darci un nome, che nella vita finiva spesso per essere in contrasto col nostro carattere. E nella mia irriverenza, Giuseppe lo battezzavo come il nome del “Bacco dello Spirito Santo”, e appena conobbi Papini me lo cavai per sostituirlo con Giuliano (o Julian Sorel, o Giuliano l Apostata doveva risuonare). Ma venendo da te e da Pina l’ho accolto abbastanza bene, o almeno meno male che se mi fosse venuto da altri. Immaginati che cosa dicevo a delle suore di New York che per San 1 Pubblicazione mai avvenuta.
231. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 via Motta, 36 tel. 31.996». Archivio famiglia Marin.
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G.liuseppe] mi mandavano dei fasci di gigli bianchi! Pensa ai disgraziati cui fu imposto il nome di Napoleone, di Fortunato, di Benito, oppure a quei disgraziati figlioli di innamorati delle opere musicali, come mia moglie, che fu chiamata Gioconda, nome impossibile a pronunziare per un anglosassone (Giaioconda). Mi pare incredibile che i contestatori giovani non abbiamo proposto che a 18 anni si possa cambiare il nome proprio. Il nome di Fubini mi pare una scelta eccellente per la raccolta che si propone il tuo comune, il quale, mi pare, arrivò tardi a conoscerti e a capire che facevi parte delle bellezze naturali del paese e meritavi che fossi mantenuto a spese della cittadinanza come credo si facesse in Grecia; ma anche con molto ritardo, ora intende fare più sul serio. Ci sono dei lord inglesi ora, che costretti a contare i pennies hanno messo all’entrata dei loro castelli una tariffa per far colazione con loro; e tu dovresti fare lo stesso (tanto tu mi esonereresti!) e
mettere l’onere di divider pane e vino alla mensa al prezzo di 50.000 per persona (con regalo delle tue opere con firma). Ti piace questo programma? Nessuno pensa in Italia che io ho ancora la testa piena di belle idee. Arrivederci, caro Marin, speriamo di vederci ancora, con Pina e con
Jakie, ad una tavola furlana o veneta che sia. Tuo aff. Prezzolini
Cari saluti a loro due — Jakie Spero che Pina stia meglio.!
232 Grado, 29 marzo 1971
Caro Prezzolini, sì, lo ricordo bene il nome di Giuliano. Pina e molti amici chiamano me,
Marino; ma fin da bimbo in casa mia mi hanno festeggiato a San Biagio. Anche nel tuo caso era solo un pretesto per scriverti e dirti che ti ho sempre presente e che ti voglio bene. Ho goduto della vivacità della tua lettera e della leggerezza della tua grazia, e anche delle cose affettuose che mi hai detto. Sei una sorgente di sem1 Appendice manoscritta autografa, aggiunta sul lato destro del foglio. 232. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. Sul recto del primo foglio, in alto a destra, compare: «R». AP Lugano.
252
CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
pre fresca vita. So bene che i giornali, se non hanno la pagina letteraria, come il Corriere e la Stampa, pubblicano mal volentieri recensioni, e se io ho insistito a chiederti se avevi ricevuto il volume della Cassa di Risparmio, era solo per sapere le tue impressioni sul come il volume è stato curato, e su l’idea, che taluni hanno trovato infelice, di stampare in un volume tanti versi e senza farne una severa selezione. Ora, tu non me ne hai mai fatto cenno,
o almeno io non ho ricevuto la lettera in cui tu insisti di avermene parlato.
Comunque, ora sono in pace, contento di sapere che il volume ti è arrivato. Non temere; il disinteresse dei gradesi per la mia poesia, anche se in un momento di euforia comperano un mio libro, è così assoluto, che non mi con-
sidereranno mai parte delle bellezze naturali del paese. Semplicemente mi ignorano. Non posso neanche dare esecuzione al tuo programma. Nessuno
verrebbe a tariffa in casa mia: né gradesi, né forestieri. Manco di tutte le qualità che hanno reso aulici un Montale, un Ungaretti, lo stesso Saba, che pur
era considerato in sottordine rispetto ai due “grandi”. Sono semplicemente un “dialettale”, e , come tale, messo nel cantuccio della roba sporca.
È stata per me una disgrazia che Cecchi sia morto prima di aver scritto la storia della poesia del 900. In presenza di Vanni Scheiwiller, senza che io gli chiedessi nulla — cosa che non farei mai,- lui mi disse di voler dedicare a me e
a Giotti un testo di otto pagine. Invece, Bo, ci ha concesso, a Giotti il puro nome e cognome, a me solo due parole di qualifica. Ma che vuoi, sono tanto abituato a stare al margine, che più non mi affliggo. Sarà quello che sarà. Del resto per essere veramente qualcuno degno di essere ricordato, ci vuole molto di più di quanto io ho dato. E non mi è lecito essere presuntuoso. I giudizi di alcune persone mi hanno, lì per lì, lusingato; ma poi mi sono messo l’anima in pace. Pina ti prega di salutare Jakie, che spera ancora di rivedere con te. Ci farebbe molto piacere rivedervi. Intanto vi auguriamo la buona Pasqua, risurrezione del sole e della primavera. Quest'anno sarà fredda. Ti abbraccia e saluta assieme a Jakie, il tuo Marin
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205 Grado, 27 aprile 1971
Caro Prezzolini,
mia sorella, che legge “Gente”, mi ha portato in dono il numero ultimo. Che contiene l’intervista da te concessa a Fabiani!. Intervista che non mi è piaciuta perché, per il mio modo di sentire, irrispettosa verso di te. E tu hai dato alla grossolanità di F.[abiani] troppo spago, ingiusto, come spesso fai, contro te stesso. Ti ha concesso, che la nostra cultura ti deve tanto; ma solo “forse”
l’Italia. Quel “forse” che significa? Forse che l’Italia non è nella sua cultura? Quando io ti ritrovo nella bocca e nella coscienza della gente più varia, ne ho gioia. Recentemente mi sono trovato a Monfalcone in casa di un amico medico, della generazione dei figli. Tra i suoi amici, invitati a una fetta di salame e un bicchiere di merlot, c'erano un giovane tecnico del cantiere, che ha pubblicato presso Mursia un racconto interessante illustrativo dell’ambiente del cantiere di Monfalcone, e un direttore di banca, un friulano. E tutti e due mi hanno chiesto di te, tante cose, e conoscevano alcuni tuoi
libri ed erano pieni di stima per la tua opera di critica della vita nostrana. Solo una cosa li aveva turbati, tutti e due; che tu scrivessi sul “borghese”.
Dissi loro che rispondevi di quanto scrivevi e che la testata non ti riguardava. Ma vollero che dicessi loro come era l’ambiente vociano quando ti conobbi, e perché e come Papini s’era convertito, e se anche tu t’eri convertito, tu idealista crociano.
Non puoi immaginare come ero commosso da queste loro domande, che mi rivelavano una conoscenza della tua opera, della tua persona, che mai, a tanti anni di distanza, avrei pensato possibili, in un tecnico navale, e in un
impiegato di banca. Il mondo è pieno di sorprese e di meraviglie. Ho passato con loro due ore proprio di festa. Ed ecco poi la bella tua immagine su “Gente”. Mi piacerebbe possedere copia di quella fotografia. A chi posso chiederla? A Fabiani? Fabiani lo conobbi anche io a Milano in occasione del mio Bagutta. Non mi era piaciuto, e la sua intervista a te ancora meno. È, sotto sotto un “becero”.
233. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. Sul recto del primo foglio, in alto a sinistra, compare: «R 6.V.71 Copia». AP Lugano. 1 Non è stato possibile recuperare tale articolo.
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Non ho letto il tuo ultimo libro e non ho potuto ancora comperarmi “Satura”?.
Vero è che io capisco poco dell’arte di Montale, della sua preoccupazione formalistica, vissuta come problema a sé stante, premessa all’opera di sintesi delle poesie. Io, nei suoi confronti sono un puro “barbaro”, lo capisco, uno spontaneo, e perciò un da poco, di cui non è il caso di tener conto. Quando mi sento negato mi rifugio nella fede tua e di pochi altri nel valore della mia opera. Non mi si concede nessun posto, né nelle antologie, né nelle storie. Ma non importa: bisogna serbare fede al proprio compito. Vedi dunque se puoi aiutarmi ad avere quella fotografia, che per me è molto bella, in quanto ti ritrovo, nella espressione più armoniosa della tua persona. Con quel sorriso contenuto, per me, pieno di concreto significato.
Ti prego di salutarmi Jaqui e abbiti un cordiale abbraccio da Marin
234 [Lugano], 6 maggio 1971
Caro Marin, il ritardo nel rispondere alle tue due ultime della fine del mese scorso, dipende dal fatto che io non ebbi, fino al 3 corrente mese, cognizione dell’intervista. Come vedrai, spero, da una mia lettera inviata al direttore della rivi-
sta, si tratta di una spiritosa invenzione su temi da me forniti in una conversazione amichevole, con aggiunte, modificazioni e trasformazioni. “Io non parlo, io non scrivo a quel modo” dico nella mia lettera. Ma il Fabiani è un amico e non ho voluto pesar troppo. Non gli sono nemmeno ostile per avermi procurato altre inimicizie oltre quelle che ho. Non posso farti un elenco delle esagerazioni o aggiunte o toppe o tinture di quello che io dissi. Ma ce n’è una che mi dispiacque per via che tocca una persona che stimo. Pazienza. E so che la mia lettera non modificherà l'impressione dell’intervista. Non ho ricevuto copia dell’intervista, e zon bo avuto copie del mio libro 2 Eugenio Montale, Satura: 1962-1970, Milano, Mondadori, 1971. 234. Lettera ms. recto su 1 f., incompleta. AP Lugano. ! Giuseppe Prezzolini, Cristo e/o Machiavelli, Milano, Rusconi, 1971.
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per causa della posta che deve aver seppellito montagne di lettere e stampati giudicando da quello che mi fan sapere lettere ricevute poi. Quando ne avrò copia te ne manderò una. Non ti meravigliare di aver sentito parlare di quel che scrivo da persone in apparenza lontane dalla letteratura. In questi ultimi anni si è formato un piccolo pubblico che mi legge. Abbi con Pina i nostri più affettuosi saluti. So di doverti scrivere ancora,
ma
255 Grado, 19 maggio 1971
Caro Prezzolini,
ho avuto il tuo libro e te ne ringrazio. Non sono stato sempre d’accordo con te leggendolo, ma sono stato per ore vicino a te, avendoti molto presente. Mi è dispiaciuta la tua posizione di fronte a Giovanni XXIII e al Vaticano. Non penso si possa veramente conservare senza rinnovare. E ci sono ora fermenti nei giovani preti, che tosto o tardi affioreranno anche nelle istituzioni. Il discepolo di Pio XII non poteva non essere un curiale romano e mi duole che Giovanni XXIII lo abbia fatto lui cardinale e papa. Io starei con Alfrink!. Buffo però né tu, né io siamo nei ranghi; eppure la vita della Chiesa è in noi molto presente. Io la vorrei più veramente cattolica, nel pensiero, e odio le truffe del suo sacramentalismo magico.
Sono, per temperamento, un protestante. Tu esalti la potenza politica della Chiesa; io deploro la povertà spirituale. Gerarchia burocratica e sacramentalismo magico. Non li sopporto. Pretendo che il gerarca abbia un valore personale, e non riconosco a nessun potere, il diritto di investire di autorità un sacco di lolla, o magari un delinquente. “Nolite dare sanctum canibus...!”. Ci può essere una tragica necessità nei modi di governo dei prelati romani; ma a me, quella “necessità” non impone rispetto.
235. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare: «R 3.VII.71».
AP Lugano. Il commento annotato da Marin nel suo diario il 15 maggio 1971, viene presentato in appendice. ! Bernard Jan Alfrink (1900-1987), cardinale olandese progressista, durante il Concilio Vaticano II propose riforme molto innovative.
CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
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I liberi, gli spiriti creativi, i veri religiosi, hanno il dovere di combattere contro l’istituzione, sempre. Non si istituzionalizza lo spirito, e la durata condizionata dalle istituzioni, non ha valore, non è vita.
Ti ringrazio vivamente di avermi dato occasione di stare con te. Saluto Jakie: a te l’abbraccio affettuoso di Marin
236 Lugano, 3 luglio 1971 Carissimo Marin,
ti debbo una risposta fin dal mese di maggio e mi scuserai. Ho sempre tanto da fare, e una lettera a te è più impegnativa di tante altre che scrivo per cortesia. Volevo osservare che mi pare tu abbia letto il mio libro con poca attenzione. Le mie critiche al Vaticano per l’attuale corso della Chiesa, sono un punto secondario. I miei concetti sullo Stato, sulla politica, l'accordo fra Agostino e Machiavelli sono i punti più importanti. Quanto alla Chiesa è verissimo che il rinnovamento è dettato dal Cristianesimo, ma finisce nel Protestantesimo. Distruggerà il Cattolicesimo. La messa in volgare è luterana. Il matrimonio dei preti è luterano. La Chiesa cattolica invece di assorbire in sé le sette protestanti, diventerà anche essa una di esse. E un protestantesimo in ritardo di quattro secoli è ridicolo. Oggi o non si crede in nulla, o si è cattolici alla vecchia maniera.
Ti scriverò da Roma dove vado per una cerimonia. Speravo che tu ci fossi. Ma non ho avuto nessuna notizia. Te lo spiegherò. Cordiali saluti dal tuo aff. Prezzolini
236. Di questa lettera non possediamo l’originale e viene presentata nella versione trascritta da Marin nel suo diario il 5 luglio 1971, vol. 29, p.176. Archivio Università di Trieste.
Il commento che segue la lettera viene presentato in appendice.
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251/ Grado, 6 luglio 1971
Caro Prezzolini, oggi avrei dovuto essere con te ospite di Saragat; ma non ho un vestito
che si addica alla dignità del Quirinale. Ho fatto chiedere alla segretaria se potevo presentarmi in dignitoso abito da passeggio e ha risposto che ci voleva o l'abito nero e almeno un abito grigio scuro; non possedendo io, né l’uno, né l’altro, ho dovuto declinare, con mio grande dispiacere e non
minore mortificazione l’invito. Ti debbo in ogni caso, grazie di avermi proposto. Ti sarei stato vicino, con adesione profonda. Volevo quasi scrivere a Saragat per ringraziarlo dell’invito e scusarmi; ma non mi pareva il caso di giustificarmi come pur avrei dovuto. Il tuo libro Cristo e/o Machiavelli l’ho letto con molta attenzione; solo che io mi sento più vicino al Protestantesimo, o meglio, mi sento portato a un universalismo che prescinda soprattutto dal sacramentalismo cattolico, e anche dal farnetico che fa di Gesù il rivelatore unico di Dio, quando sta così chiaramente scritto, che Dio avrebbe portato la sua legge nel cuore degli uomini, sì che a nessuno fosse più lecito di insegnare al suo fratello ad adorare Dio. E questa, per me, cattolica intuizione, non è solo in Geremia, ma la si
trova anche nel N.[uovo] T.[estamento] A questo proposito dovrei parlarti a lungo. E sia chiaro che io posso anche capire il tradimento di Agostino della spiritualità, in favore dell’istituzione ecclesiastica. Ma io sono per lo spirito contro ogni istituzione, anche giustificata dalla tragica necessità di una disciplina esteriore. Naturalmente, il mio “contro” non è assoluto, non è irrazionale. Accetto il dramma, la lotta; ma preferisco
ad un certo momento soggiacere alla violenza dei politici, anche se ecclesiastici, che rinnegare l’anima mia. La burocrazia ecclesiastica è atea, è senza capacità di esperienza religiosa personale; ai miei occhi senza dignità spirituale. Ciononpertanto sono disposto a concedere a Cesare ciò che è suo, a gli organizzatori di ogni specie, la possibilità di fare il loro mestiere, la loro funzione, ma vanno sorvegliati a vista ed eliminati quando prevaricano. Credo nella necessità, per tutti, dell'armonia funzionale, ogni rottura
costa sangue, e ciò che è più grave, costa l’anima. 237. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Non sono un mistico, odio il farnetico di Paolo e di tutti i suoi consimili;
penso che debba essere possibile un ordine sociale razionale, che lasci alla persona individua il diritto al pensiero, alla manifestazione libera del pensiero e della poesia. La misura, in questo mondo, deve essere la divinità suprema. Naturalmente una misura che altro non può essere, che un processo armonioso di sintesi. Questa te la mando a Lugano; chi sa quando potrai averla. Che io non abbia potuto essere oggi con te è stato un grande peccato, solo la mia povertà me lo ha impedito! Ti abbraccia Marin
238 [Lugano], 17 luglio 1971 Caro Marin,
di tutto quel che accadde prima, durante e dopo la cerimonia, la tua storia è la parte più bella. Caro Marin, il poeta più puro escluso per mancanza d’un abito scuro! Ma è così bella che mi pare degna di essere commemorata per un pezzo. Se tu me l’avessi detto, ti avrei dato un vestito mio, o procurato uno adatto a te. Scusa se non ci pensai. Non potevo avvertirti, e non ti immagini il perché. Il tuo nome fu il primo che mi venne in mente, quando mi chiesero quali amici della “Voce” avrei avuto piacere di trovare alla cerimonia. Ma non volli dirti nulla perché non ero sicuro che poi tu saresti stato invitato sul serio. E allora pensavo che saresti rimasto male, e mi contentai di farne un cenno vago come di una “sorpresa”; almeno mi pare così d’aver scritto in una mia. Pazienza. Personalmente non hai perso nulla, salvo che si sarebbe stati un po’ insieme, ma non molto, perché io, per ragioni speciali, mi allontanai da Roma con il primo treno disponibile, e passai la notte a Bologna. Ci sono tante cose che avvengono, e noi non ne conoscia-
mo le piccole ragioni che le hanno provocate, e cerchiamo dei motivi logici o ideali. Io me ne sono accorto bene leggendo dei commenti alla Voce , oppure esaminando fatti di guerra che avevo visto da vicino. Ciò mi ha inco238. Di questa lettera non possediamo l’originale e viene presentata nella versione trascritta da Marin nel suo diario il 22 luglio 1971, vol. 29, pp.199-201. Archivio Università di Trieste.
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raggiato nella mia tendenza a considerare ciò che avviene come una partita di bigliardo, dove le palle si rincorrono e si urtano alle volte in modo inaspettato. Ma ciò proviene dall’abilità del giocatore, e questo non c’è, e se ci fosse, che fregatura, caro Marin, d’esser dipendenti da un più o meno abile giocatore. Speriamo di rivederci, in ogni modo. Io non penso di muovermi di qui per tutta l'estate. Ormai è arrivata l’età in cui non si sta bene che in casa propria. Tuo aff.mo Prezzolini
239 Grado, 23 luglio 1971
Caro Prezzolini,
ti devo molte grazie per la tua ultima lettera. Forse ti ho già scritto; per il mio 80° compleanno e qui e a Trieste mi hanno fatto festa con pubbliche manifestazioni e doni. A Trieste era presente il fiore della cittadinanza intellettuale e semi intellettuale, in un’atmosfera di grande solennità e anche affettuosità. È stata per me una grande sorpresa. Né a Saba né a Giotti è stata mai
fatta tanta festa; perché proprio a me, che di loro valgo meno? E proprio ora, che non vivo più a Trieste da due anni. Nella tua mi hai fatto cenno della cerimonia svoltasi a Roma al Quirinale, ma non mi hai detto di che cerimonia si è trattata. Mi piacerebbe saperlo. Puoi immaginare come sono stato mortifi-
cato per non essere potuto venire anche io. E per quella ragione che sai. Già: “ll poeta puro senza l’abito scuro” come mi hai scritto. Ma mi hai compensato della mortificazione patita, con la tua lettera così affettuosa.
Tante volte mi è capitato di dover pensare alla diversità tra certo mito che gira per l’Italia sul tuo conto, e la realtà. Un uomo più delicatamente affettuoso, più nobile, più generoso di te, difficilmente lo si trova in Italia. Quanto male ha fatto Salvemini diffamandoti. E i suoi amici continuano a farlo. Hai tanto operato, continui a operare in tanta età per la dignità intellettuale di tutta l’Italia, e molti sono i giovani che ormai ti rendono giustizia; ma ancora circola un mito sul tuo conto,
che ti misconosce.
239. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
Naturalmente, io ti voglio sempre più bene e ti stimo veramente come un
padre spirituale non solo mio, ma della migliore Italia, quella che dovrà venire. Salutami Jakie; a te un caldo abbraccio e un buon saluto di Biagio Marin
240 Grado, 14 agosto 1971
Cara Jakie, sei stata molto cara a scriverci e a darci la notizia del gesto con il quale Saragat ha voluto onorare Prezzolini. Noi ne abbiamo avuto gioia. Sta avvenendo in Italia una specie di conversione a Prezzolini; da tutte le parti ora ne parlano e tanti ne scrivono.
Perfino sul “Messaggero Veneto” un giornaletto di Udine, ho trovato un affettuoso articolo di un certo Quarantotto, che non conosco, intitolato: la
semplicità di Prezzolini!. E tu puoi immaginare come ne godiamo. Prezzolini era con noi nel febbraio del 1912, quando lui e Scipio avevano organizzato la celebre gita al lago Scaffaiolo, che poi non raggiungemmo; durante quella gita avvenne l’incontro tra Pina e me; e il nome di Prezzolini ci riporta naturalmente a quell’incontro che ebbe tanta importanza nella nostra vita. Tu, gentilmente mi scrivi di venire per tre o quattro giorni a Lugano; ma
Pina difficilmente potrebbe fare il viaggio con questa calura, e forse neanche più tardi. Io avevo pensato di approfittare che i miei amici Zuberti? verranno costì, verso la metà di settembre perché vogliono conoscere Benedetti — Michelangel?, per venire a salutarvi, ma allora voi non ci sarete. Peccato. Pina ha ora qui la nostra figlia maggiore, Gioiella e ne è molto contenta. Sta relativamente bene, ma l’angina pectoris, le procura verso sera, o la
240. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! L'articolo a cui si riferisce Marin non è di Claudio Quarantotto, bensì di Giorgio Maggio, La semplicità di Prezzolini, «Messaggero Veneto», 12 agosto 1971, Udine.
2 Augusto Zuberti, fraterno amico del poeta, fu lui ad organizzare il rientro di Marin a Grado nel 1969. Nel suo ristorante si tenevano i famosi festeggiamenti per la ‘Sera di San Biagio”, in occasione dell’onomastico di Marin. } Arturo Benedetti Michelangeli (1920-1995), uno dei più importanti pianisti italiani, dal 1968 in esilio volontario in Svizzera.
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notte dolorosissimi attacchi alle coronarie. Per questo ora sarebbe impossibile mettersi in viaggio. Grazie del tuo invito. Dove potrei incontrarvi entro settembre in Italia? Ti prego di salutare per noi Prezzolini, e tu di accettare i nostri più affettuosi saluti. Biagio Marin
241 Grado, 5 settembre 1971
Caro Prezzolini, come sempre, anche questa volta sei stato più che gentile, proprio caro.
Che cara e amabile creatura sei! Non avevi che il piccolo spazio riservato alla scrittura in una cartolina illustrata; e hai trovato modo di farmi ancora una volta un grande regalo: il tuo affetto. Quando ho letto quelle otto parole, ivi compreso il mio nome e cognome, con l’aggiunta del tuo cognome sono 9, gli occhi e il cuore mi si sono gonfiati. Tu non sai il bene che mi dai con il tuo affetto. Vedi per il mio 80° compleanno mi hanno fatto festa e qui e a Trieste: ma dal 29 giugno, qui non una persona mi è venuta vicina, non una. Così l'estate l'ho veduta solo dalle mie finestre, e non ho preso una ora di sole sulla spiaggia. Ché solo, non vi vado. Così, per consolarmi, ho studiato storia di Trieste e ho scritto una breve sintesi in 20 pagine per l’Ital-Sider!, che, non so come, era venuta a offrirmi di
fare questo lavoro nella persona di G. B. Ansaldo, un figliolo del giornalista del tempo del fascismo, che tu forse hai conosciuto?. Non so se il lavoro mio supererà l’esame dello stato maggiore della ItalSider, comunque io l’ho consegnato. A me sembra ben fatto; ma non sono uomo di sicuro giudizio.
241. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. Sul recto del primo foglio, in alto a sinistra, compare: «R 9.IX.71». AP Lugano. 1 Qualche appunto sulla storia e sull'anima di Trieste, in Le bianche case alla riva, Genova, Italsider (SIAG), 1971. 2 Giovanni Ansaldo (1895-1969), scrittore e giornalista, nel 1925 fu fra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti.
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Adesso attendo di andare a Roma il giorno 20 con Pina: poi andrò a Lanciano il 24; perché faccio parte della giuria di quel premio dialettale; ritornerò a Roma fino il giorno 5 ottobre, poi verrò in su. Forse, verso il 20 di ottobre, se mi sarà possibile verrò a Lugano a salutarvi. Ma a questo proposito non mancherò di scrivervi. Devo mille grazie a Jakie, per i ripetuti suoi inviti e i suoi saluti. Non credo che Pina potrà venire con me. Andare a Roma da qui, col rapido è facile; venire a Lugano più difficile. E poi vedremo come starà di salute. Intanto vi ringrazio del bene che mi volete e che mi date e Vi abbraccio e saluto Biagio Marin
242 Grado, 5 dicembre 1971
Caro Prezzolini,
da tanto non mi sono fatto vivo con te; è incredibile quanto e come facilmente ci si può perdere. Una lunga bronchite, poi una influenza, mi hanno impedito di poter venire a salutarvi a Lugano come era mio proposito. Ora ci si avvicina a Natale e anche il ’71, ottantesimo anno della mia vita,
volge alla fine. La senilità ora rivela più che mai la mia pochezza e mi sono ridotto, proprio per non morire, a rileggere i miei vecchi testi di storia di filosofia e qualche autore. Ma con fatica e senza grandi conclusioni. Semplicemente rifaccio il mio itinerario, con appena un poco di maggiore intelligenza. Ma mi conforta e mi conferma sulle posizioni che, per intenderci, posso dire idealistiche. Sono cioè sempre del parere che la verità sia atto e non fatto, e che, in via di massima, nessuno può pensare per me, nessuno vivere per me. Il mio itinerario è stato breve e povero; non ho imparato molto, ho letto pochi libri, sono vissuto tutta la vita quasi chiuso in un bozzolo. Ho sempre stimato e ammirato gli uomini come te, intellettualmente di classe; ma io non ero da tanto. Ed è strano; ho chiara coscienza della mia minorità; e nel contempo, muoio sereno. A modo mio, nelle mie circostanze, so di aver fatto anche
io il mio dovere di vivere, per quanto possibile, armoniosamente. Ho sempre creduto nei valori dello spirito e mi sono sempre battuto al modo di 242. Lettera ms. recto e verso su 2 f. AP Lugano.
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Don Chisciotte e la testa me l’hanno rotta più volte; ma non mi dispiace che la sia andata così. Ognuno ha in sé la sua sorte. Ora che la vita, per me, volge alla fine, la benedico: mi ha dato molto del bene anche se ho sofferto e ho
fatto soffrire ai miei figlioli la povertà, fino alla fame. Ero un inetto per certi versi, ma poi, bene o male, ho pur fatto il mio dovere, e ho fatto crescere
quattro figlioli: grave, difficile compito per me. Ora siamo qua soli, Pina e io in attesa di una fine, possibilmente dignitosa e serena. Io non faccio gran ché e le giornate passano tra grandi silenzi e grandi distanze. Per qualche ora — mi stanco presto — leggo con gioia; poi assisto anche Pina. Che è sempre travagliata dal suo male. Qualche volta vengono amici di fuori, specialmente da Trieste. Venerdì 3 dicembre, è venuto Guido
Slataper, il fratello di Scipio, a prendermi, e con lui sono andato alla tomba di Scipio sul Podgora. Per molti anni vi ero andato con Gigetta. E subito ho notato che Gigetta non c’era più. La tomba aveva solo pochi garofani. E un silenzio e una penombra da chiesa abbandonata. Gigetta e io, per tanti anni,
avevamo concorso a tener vivo a Gorizia, il culto di quella tomba e la memoria di Scipio. Ci siamo guardati a lungo in silenzio, io e Guido, e poi in silenzio ci siamo allontanati. Io sono vecchio; ma se penso a Scipio, quasi ridivento giovane. E non solo a Scipio, ma a tutti gli uomini, che hanno costituito la ricchezza umana della mia anima, e, tra i primi, anche tu.
Lascia che ti dica quanto ancora mi sei tu, uno dei pochi uomini della mia giovinezza. E lascia che ti abbracci con cuore commosso, avendo negli occhi e nell’anima la penombra della tomba di Scipio e quel grande silenzio. Saluta ti prego, anche a nome di Pina Jaqui e a tutti e due, sia detto, buon Natale e un buon anno nuovo. Ti abbraccia con tanto affetto Biagio Marin
243 [Lugano], 16 dicembre 1971
Caro Marin, grazie, grazie tanto della tua carissima. Vorrei parlarti, vorrei consolarti, e vorrei confermare la mia fiducia in te e nella tua poesia. 243. Lettera ms. recto su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 (Svizzera) via Motta, 36 tel. 31.996». Archivio famiglia Marin.
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Ma ho troppe cose addosso in questo momento. Dopo letto la tua ho fatto il proposito, il voto di venir un giorno, quando non fa più freddo, a trovarti. Staremo insieme una mezza giornata, ma se non è molto, è tutto quello che potrò darti. Cordialmente saluta la Pina da parte nostra. Prezzolini
Riceverai da me qualche libro che sto per pubblicare.
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244 Grado, 13 gennaio 1972.
Caro Prezzolini,
ti devo ancora ringraziare della tua breve ma cara lettera del 16 dic. ’71, nella quale mi promettevi, di venire, nella bella stagione a trovarmi e sia pure per poche ore, e anche di mandarmi un tuo libro, che penso sia il tuo epistolario con Boine!. Se me lo manderai o me lo farai mandare, te ne sarò molto grato. Anche io ho molto stimato Boine, e rivivrò molto volentieri l'atmosfera del vivace rap-
porto tra voi. La mia vita si va immiserendo, perché il grande, assoluto isolamento vi contribuisce. Il mondo nuovo mi è ormai completamente estraneo. E poiché mi sembra molto caotico, per quel poco che lo conosco, non lo stimo. Certo è che le nuove generazioni avranno un compito molto duro, se vorranno ristabilire un ordine, che permetta un qualche margine di libertà a gli uomini che della libertà hanno bisogno già solo per esistere. Il cieco fanatismo dei nuovi credenti, la passione dell’irrazionale, mi sono
odiosi. Ma nessuna parola li può raggiungere. Siamo in un momento di storia naturale. A Natale abbiamo avuto le nostre figliole venute da Roma. Pochi giorni di festa. Pina tira avanti, ma sempre con maggior fatica; e io stesso credo di aver finito il mio compito, perché in realtà sono ridotto, dal punto di vista spirituale, ai minimi termini. Sono in attesa di Vanni Scheiwiller con il quale vorrei concludere la pubblicazione di alquanti miei versi inediti. Anche a nome di Pina mando a te e a Jaqui i migliori saluti Biagio Marin 244. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. 1 Carteggio Giovanni Boine — Giuseppe Prezzolini (1908-1915), a cura di Margherita Marchione, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1971.
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245 Grado, 29 gennaio 1972
Caro Prezzolini, ieri avrei voluto dirti a viva voce, e sia attraverso il telefono, il mio, il
nostro affetto e farti i nostri più caldi auguri. Proprio ieri ho finito di leggere il tuo “manifesto”!. Molti dei tuoi pensieri li conoscevo; altri li ho appresi da questo tuo volume, che è ricco di affermazioni di grande saggezza e di grande coraggio. Non sempre sono stato d’accordo con te, anche se ti sono più vicino di quanto io stesso supponessi. La mia obiezione fondamentale è questa: per veramente conservare bisogna essere capaci di assimilare la vita nuova, bisogna essere capaci di un grande senso di responsabilità verso gli altri, verso le loro spinte, che, in fin dei conti sono provocate da esigenze legittime di vita. Molte rivolte le dobbiamo all’abuso di autorità, altre alla mancanza di spirito creativo. Sacra l’esigenza conservatrice, ma non meno
sacra quella del movimento. Il problema lo si risolve di volta in volta creando nuovi equilibri. Purtroppo, i conservatori non sempre si preoccupano di questo e spesso sono colpevoli di “sufficienza”. La vita associata chiede alle persone individue lo spirito di sacrificio necessario ad accettare e rispettare la disciplina comune; ma spesse volte quel sacrificio è così grande e anche così sterile che il singolo si ribella. Io non posso distinguere ciò che nel flusso vitale vi ha di eterno; e l'anarchia attuale mi fa patire e rivoltare; ma presuntuosi sono i papi rossi come i papi neri, e gli uni e gli altri sono responsabili del disordine attuale. Ho un amico cattolico — medico, libero docente — che è tutto pervaso di bontà, di spirito di carità; con lui mi trovo bene; ma non sopporto neanche un minuto l’arroganza teologale, e quella carismatica sacerdotale. Lo so, che la pianta s'alza dalle sue radici; ma tra San Tommaso e il più “vero santo” Meister Eckhart, io mi sento affine a questo. Posso anche rendermi conto
della funzione civile, disciplinatrice delle masse che ha avuto la Chiesa. Nego alle collettività tutte, ogni dignità spirituale. A creare un valore, a mantenerlo in vita, non può essere che la persona individua. Necessaria la disciplina sociale; ma solo fin tanto che non fa morire Socrate o non crocifigge Gesù, o brucia vivo Bruno. È un conflitto tragico,
che trascende la responsabilità degli individui e delle collettività; lo so. Ma
245. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano. ! Giuseppe Prezzolini, Manifesto dei conservatori, Milano, Rusconi, 1972. sull’ultima
pagine del volume Marin appunta: «finito di leggere la sera del 28 genn. ‘72, 90° compleanno di Giuseppe Prezzolini. B.M.».
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se il conflitto sorge, sono dalla parte della persona creatrice dei nuovi valori (nuovi solo per modo di dire!) contro la collettività. E soprattutto, contro coloro che si arrogano il diritto di rappresentarle. Sì, c'è una scelta essenziale fra Parmenide ed Eraclito: io sto con Eraclito,
che mi permette di capire la mutazione e ciò che nella mutazione permane. Non metterei evoluzione e conservazione in antitesi. Sono momenti dell’unica vita. Comunque ti devo molte grazie per quanto mi accomuna a te e per quanto, mi indice a resisterti.
A 90 anni hai scritto queste pagine che lentamente si faranno valere. Sono il risultato del tuo lungo e onesto itinerario. Ti dobbiamo molta gratitudine. Ti abbraccia con tutta l’anima Biagio Marin
A tua moglie e alla vostra ospite che ha ricevuto la mia telefonata, i miei più cordiali saluti.
246 [Lugano], 2 febbraio 1972 Caro Marin,
dovrebbe esserti arrivato anche un volume Il meglio!. Se l'editore non te lo ha mandato, te lo manderò io.
Quello che dici avrebbe valore se oggi il conservatorismo non avesse il proposito di impedire non il movimento, ma la rivoluzione e la guerra, con le conseguenze di tante vite sacrificate per trovare dopo le stesse, o altre tirannie, malanni etc. Il conservatore non si fa illusioni. In Italia gli scioperi han rincarato la vita, ecco il risultato! E se venissero i comunisti, sarebbero italiani, ossia come gli altri.
Ricordati la storia delle mosche sul cavallo malato di Esopo. Aff. Prezzolini
246. Lettera ms. recto su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini Lugano 6900 (Svizzera) via Motta, 36 tel. 31.996» Archivio famiglia Marin. ! Giuseppe Prezzolini, Il meglio, Milano, Longanesi, 1971 (seconda ed.)
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Chi è la Giovanna Stuparich Criscione?2 Cioè in quale relazione con il nostro Giani?
247 [Lugano], 20 aprile 1972
Caro Marin, ho letto nell’Oss.[ervatore] P.[olitico] e L.[etterario] le tue
poesie in “dialetto italiano” e ti faccio i miei complimenti, ma mi piaccion più quelle in lingua “gradese”!. Il saggio di Guagnini? deve essere buono, perché io non ci capisco gran cosa. Per me tu sei le cose che tu canti, incantato.
Ho molto da fare, per timore del momento che non potrò far nulla; e quasi mi affretto; son molti anni: e non so di che cosa ho fretta, o lo so anzi bene.
Arrivederci, caro superstite. Saluti a Pina. Prezz
Leggo che Giotti era a Firenze dal 1910 al 1915, e ci conobbe. E vero? To non ne conoscevo il nome. Né ricordo della persona.
248 Grado, 22 aprile 1972
Caro Prezzi,
ogni volta che vedo la tua scrittura ne ho gioia. Anche questa mattina m'è arrivata la tua cartolina del giorno 20 e mi ha fatto tanto piacere a riceverla.
Sono d’accordo con te nella loro valutazione rispetto alle gradesi. Rilke ha scritto dei versi in francese, ma in confronto ai suoi versi in tede-
sco, sembrano decotti di camomilla di fronte a dell’ottimo vino. Eppure 2 Figlia di Giani Stuparich. 247. Cartolina postale ms. Archivio famiglia Marin. ! Biagio Marin, Poesie inedite, «L'Osservatore politico-letterario», XVIII (1972), 4, Milano, pp. 67-72 2 Elvio Guagnini, Nota su Biagio Marin, ibidem, pp. 73-78.
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vedi, assieme alla tua, questa mattina ricevevo una lettera di un caro amico romagnolo, che mi scrive sullo stesso tema:”liriche bellissime” e si augura che il prossimo mio volume sia di liriche in italiano. Se trovo un editore ne pubblicherò una sessantina in un volumetto. Longo a cui avevo fatto la proposta, non l’ha accettata. Ma non è questa pubblicazione che mi sta a cuore. Con l’aiuto di Guagnini! e di una mia amica insegnante di italiano alla scuola d’arte di Trieste?, sto facendo la scelta, tra un migliaio di liriche scritte in
questi ultimi anni. Gli Enti locali, finanzieranno la stampa del volume che conterrà da 400 a 500 liriche inedite. L'editore sarà Scheiwiller. Spero che possano uscire a Natale. Mi dici, che hai molto da fare e che ti affretti; anche io, nel mio piccolo ho la tua stessa ansia. Solo che io so scrivere solo versi, ma ne scrivo ancora.
E ora veniamo a Giotti: Sì Giotti fu dal 1914 (di questa data non sono sicurissimo) al 1919 a
Firenze?. Prima con la sua famiglia originaria, e poi con sua moglie e le sue tre creature a San Felice a Ema. Io lo conobbi nel ’15 o nel ’16. Nel ’14 pubblicò il suo “Piccolo Canzoniere” edito da un librario antiquario di cui ora non ricordo il nome. Non so se avesse rapporti con te; era molto solo, anti irredentista, amico di Saba e vicino a gli ebrei. Penso che suo padre, Sch6nbeck, fosse di origine ebrea, aveva sposato una russa, incontrata in un
museo o in una galleria d’arte. Era stato però amico degli uomini di Solaria, che gli pubblicarono poi un volumetto di poesie italiane: “Il mio cuore e la mia casa”5. È un poeta fine, anzi raffinato, che io stimo molto e che ha avuto
il “Feltrinelli” dai Lincei, e saggi di critici come Fubini, ma anche di
248. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano. ! Elvio Guagnini è stato ordinario di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste, ha diretto per molti anni il Dipartimento di italianistica. Amico e studioso di Marin, si è occupato di letteratura di viaggio e di giallistica. 2 Edda Serra, insegnate di lettere ed impegnata sul fronte della scuola per la ricerca e come formatrice. Dal 1968 è stata accanto a Marin curandone i testi poetici sotto il profilo editoriale e delle scelte. Dal 1977 ha curato, in esclusiva, tutte le pubblicazioni poetiche mariniane. Ricorrenti sono i suoi contributi critici su quotidiani e riviste letterarie, e i numerosi
profili bio-bibliografici. È presidente del Centro Studi ‘Biagio Marin’ di Grado e direttore della rivista «Studi Mariniani». 3 Giotti si trasferì in Toscana con i genitori nel 1907 e vi rimase fino al 1929. 4 Virgilio Giotti, Piccolo canzoniere in dialetto triestino, Firenze, Gonnelli, 1914. 3 Virgilio Giotti, I r250 cuore è la mia casa, Trieste, Libreria Antica e Moderna, 1920.
6 Premio ricevuto nel 1957.
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Pasolini. Aveva due ragazzi, perduti in Russia. Lui non stimava molto le mie cose; ic invece sì le sue. Era un nobile uomo.
Giovedì scorso ho avuto la visita di Lugaresi?, con il quale ti abbiamo affettuosamente ricordato. Pina vi saluta e così 10; ma a te mando anche un caldo abbraccio. Marin
249 [Lugano], 23 giugno 1972
Caro Marin,
il giorno 4 luglio alle ore 18 devo parlare su La Voce nella Fondazione Cini di Venezia, che io non conosco, ma mi pare importante. Ho pregato che in quella occasione la F. C. suddetta ti inviti come ospite. Non è, caro Marin, il gusto di averti mio uditore, ma il desiderio di poter così
stare (dopo la conferenza, e probabilmente la mattina dopo) con te a chiacchierare delle nostre cose. Volevo venir da Venezia a trovarti, ma mi mancava
il tempo. Ho molti impegni e non posso trascurarli perché a data fissa. Sicché, se puoi, spero di vederti. Non so dove ti faranno alloggiare. Per me disse l'Hotel Europa. Credimi, cari saluti da parte nostra a Pina, tuo aff. Prezzolini
250 Grado, 26 luglio 1972
Cara Jakie, della Sua cartolina del 21 luglio le sono molto grato; e mi ha fatto piacere, sapere che i miei versi le hanno dato gioia. Si tratta delle mie ultime fioriture, al margine di quelle dei “grandi” delle nostre lettere. E ora sto preparando il varo di un grosso volume che conterrà circa 500 liriche scritte dal °68 in qua. ? Giovanni Lugaresi, giornalista della redazione cultura del «Gazzettino» di Venezia, dal 1966 opera nel Veneto. 249. Lettera ms. recto su 1 f. Archivio famiglia Marin. 250. Lettera ms. recto e verso su 1 £. AP Lugano.
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Sarà uno scandalo e nessuno le leggerà ma io le faccio intanto stampare e poi qualcuno forse aprirà qua e là il libro. Che porterà il titolo “El vento de l'Eterno se fa teso”! anche il titolo è poco modesto, lo capisco anch'io, ma non ne ho trovato uno più idoneo. Ieri abbiamo celebrato il 29° anniversario della morte in guerra del nostro figliolo, Falco. Per noi è stata una grande perdita. Le è mai capitato di leggere qualche pagina del libro nel quale ho raccolto sue lettere e sue pagine di diario? Certamente un esemplare di quel volume — “La traccia sul mare” — ve l’ho mandato; se così non fosse, e Lei lo desiderasse, manderei per Lei una nuova copia. Mi saluti tanto tanto l’infaticabile Prezzi anche a nome di Pina, e anche
a nome di Pina, saluto Lei, molto gentile, molto cara Jakie. Biagio Marin
254 Grado, 15 dicembre 1972
Caro Prezzolini,
ho telefonato a Julia Slataper, la vedova di Scipio Secondo, che mi ha detto di non sapere nulla di quelle lettere che erano in possesso di Gigetta. E neanche il suo figliolo, l'erede universale di Gigetta ne sa qualche cosa. Comunque, Julia mi ha detto, che il suo figliolo ti avrebbe scritto direttamente. Pare che un poeta meridionale, abbia approfittato della semplicità di Gigetta e si sia fatto consegnare da lei un pacco di lettere, che potrebbero essere quelle che a te interessano. Il nostro mondo è pieno d’imbroglioni. Non sarà ora facile sapere dove quelle lettere si trovano. Colgo l’occasione per rinnovare a Jakie e a te il più affettuoso augurio di un Natale sereno. Vostro Biagio Marin
! Biagio Marin, E/ vento de l’eterno se fa teso, Milano, Scheiwiller, 1973.
251. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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232 Grado, 20 gennaio 1973
Caro Prezzolini, ricevere un tuo saluto, mi fa sempre un gran piacere, perché trovi sem-
pre modo di dirmi una parola affettuosa e fresca. Hai aggiunto questa volta, oltre al saluto della cara Jakie, quello di Pietro Valdoni! e, se non erro, della
sua signora. Un saluto ricco di grandi persone. Grazie. Io, in questi giorni ho consegnato alla tipografia dell’’Editoriale — Libraria” di Trieste, le 500 liriche del volume che dovrebbe uscire per la fine di aprile. Credo di averti già detto il titolo: “El vento de l’Eterno se fa teso” che è un endecasillabo tolto da una lirica del fascicolo pubblicato a Capua?. Oltre le mille copie che l’azienda di cura e soggiorno fa tirare, per sé, quale edizione fuori commercio, approfittando dei piombi Vanni Scheiwiller fa tirare 500 copie per sé, da mettere in vendita. Soldi non me ne dà nessuno, ma io sono contento lo stesso. Quello che mi importa è di vedere i versi bene stampati e moltiplicati in modo che almeno 500 istituti — biblioteche e persone — riceveranno una copia. Anche il caro Prezzolini. E qualche verso buono, qualcuno forse lo pescherà in quel mare magno. Sempre nuovi auguri di salute e di serenità e a te e a Jakie. Anche Pina vi saluta molto cordialmente. Vi abbraccia
Biagio Marin 252. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto al centro, compare:
«R». AP
Lugano. 1 Pietro Valdoni (Trieste 1900-Roma 1976), è considerato il fondatore della moderna chirurgia italiana. 2 Biagio Marin, Poesie, Capua, L’Airone, 1972.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
2595 Grado, 10 settembre 1973
Caro Prezzi, è tanto tempo che non ti scrivo, ma non perché ti abbia dimenticato, ti penso molte volte, ma so che sei sempre assorbito dal lavoro, e ho temuto di
importunarti. Ma oggi mi prendo la libertà e la gioia di stare mezzora con te. È uscito un mio volumetto di liriche in italiano, stampato da Rebellato!;
alla fine del mese uscirà a Trieste un mio grosso volume di 500 liriche; ma già Rusconi, mi ha chiesto un volume di inediti, che dovrebbe uscire per il mio 83° compleanno, nel giorno di San Piero (29 giugno) del ‘74. In questi ultimi anni è incredibile quanto ho scritto. Qualche cosa, di tanti versi,
resterà. Prima di morire vorrei trovare persona di gusto sicuro, che pensasse, magari dopo la mia morte a un’antologia da tutta la mia opera. Forse lo farà Claudio Magris, ma in questi giorni ci siamo un po’ scontrati perché lui ha delle riserve sulla dignità del Rusconi che io non condivido. Lui, insegnante di ruolo, cattedratico da sei anni — avendo 32 anni, soggiace però al clima dei suoi colleghi, pur non essendo un marxista. Comunque per quell'antologia c’è ancora tempo e intanto io continuo a scrivere versi. Per ora
non ho sfondato, e mi si ignora e sotto il pretesto della difficoltà del dialetto, non si vuole prendermi in considerazione, e darmi quella qualunque quotazione che merito. Ho avuto giudizi lusinghieri da singole persone, anche autorevoli, ma non mi si concede l’accesso tra i letterati italiani. Ora,
tu sai meglio di me, che non esiste una poesia minore solo perché scritta in un linguaggio particolare; e che il Meli?, il Belli e il Porta e Salvatore di Giacomo, e perfino Dante Alighieri, appartengono alla storia della letteratura italiana. Perché io non devo esservi ammesso? Con la salute, a parte una noiosa bronchite cronica, tiro avanti! Pina, a
parte la sua angina pectoris, tira avanti anche lei. E voi come state? Qui abbiamo un tempo umido e afoso, che ci deprime.
Penso tante volte a quanto sei stato caro con me e quale nobile uomo sei, uno dei rari italiani dritti e onesti. Saluta anche a nome di Pina tua moglie, che speriamo stia bene, e a te
mandiamo tutti e due un caldo abbraccio. Biagio Marin
253. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano. ! Biagio Marin, Acquamarina, Cittadella, Rebellato, 1973.
2 Giovanni Meli (Palermo 1740-1815), poeta e medico.
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254 Grado, 8 dicembre 1973
Caro Prezzolini,
il mio dubbio sull’opportunità di accettare la proposta della Rusconi, l'ho superato subito, e ora attendo una visita del direttore editoriale per definire. Il mio ragionamento è stato molto simile al tuo, e l’ho fatto a due miei giovani amici universitari, che pensavano diversamente, e che avrebbero voluto che io non accettassi quella proposta. Così ora preparerò il nuovo volume, che consegnerò forse già entro il dicembre. Per il resto, sono qui, un poco preoccupato per come vanno le cose nel nostro paese, e felice di essere ormai fuori gioco. Non vedo l’ora di vedere la tua antologia della “Voce”. Quanto a venire noi a Lugano, come la cara Jaqui propone, non credo ci
sarà mai possibile. Grazie comunque del cortese invito. Ieri sono stato ad Aquileia a festeggiare Tita Brusin!, archeologo, stato per molti anni direttore del museo d’Aquileia e illustratore competente delle pietre, dei mosaici, degli edifici aquileiesi, perché compiva i suoi 90 anni. Anche lui lavora assiduamente ancora. Certo non quanto tu. Buon lavoro dunque. E tanti affettuosi saluti e a Jaqui e a te da Pina e da Marin
2595 Grado, 16 dicembre 1973
Caro Prezzolini, poiché siamo ormai a Natale, colgo l'occasione per mandarvi i nostri auguri rituali. Un saluto cordiale non fa mai male a nessuno. È da tanto che non mi faccio vivo; le mie novità sono ora due:
254. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
1 Giovanni Battista Brusin (1883-1976), archeologo e amico di Marin. 255. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
il giorno 4 a Milano Carlo Bo ha presentato il mio ultimo volume di versi, un grosso volume di versi gradesi accompagnato da una diligente bibliografia. Vanni Scheiwiller, incaricato di organizzare la presentazione, non ha trovato nessuno che la volesse fare: solo Bo ha accettato di farla, improvvisandola. Comunque il libro esiste ed è ben stampato. Quanto prima possibile te ne manderò una copia, nella speranza che tu lo voglia almeno sfogliare. La seconda notizia è che nello stesso giorno a Milano ho firmato il contratto con la Rusconi; per la stampa di un ulteriore volume di versi, sempre nel mio linguaggio, di cui ho già consegnato il dattiloscritto. Quando sarà pubblicato anche questo, Claudio Magris, per incarico della Garzanti, preparerà un’antologia da tutta la mia opera. Dopo di che, dirò “et nunc dimitte servum tuum Domine”, anche se non sono riuscito a
farmi prendere in considerazione, o per lo meno in seria considerazione dai letterati italiani. Ricordo sempre l’episodio da te narratomi in una tua lettera di quel discorso tra te e Cecchi a proposito della grandezza del Di Giacomo quale poeta. Tu gli avevi detto che lo consideravi il maggiore poeta del ‘900 italiano. E lui s'era dichiarato d’accordo con te, ma ti aveva subito pregato di non dire a nessuno che così giudicava. Comunque sia, S. Di Giacomo ha sfondato: io no. Il volume ora uscito, “El vento de l’Eterno se fa teso”, l’ha edito
l'Azienda di Cura e Soggiorno di Grado; 300 copie sono state donate allo Scheiwiller perché le venda per suo conto. Come detto, e come vedrai, il
volume è bene stampato, e una cinquantina di liriche penso siano degne di antologia. Il resto è nelle mani di Dio. Spero che anche il volume che pubblicherà la Rusconi non mi squalifichi. Porterà il titolo: “A sol calao” e uscirà forse verso giugno del ’74?, A te e a Jaqui il buon Natale e anche l’augurio del nuovo anno. vi saluta vi abbracciano Pina e Biagio Marin
! La bibliografia delle opere di Marin e degli scritti su Marin è curata da Elvio Guagnini. 2 Il volume uscirà effettivamente nel 1974.
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256 [Lugano], 4 gennaio 1974
Caro Marin,
sono molto stanco per il molto lavoro, e sono costretto a mandarti poche parole di ringraziamento per gli auguri. Mai ce n’è stato bisogno come ora, in cui il mondo che conoscevamo pare andare in pezzi, e non si sa che cosa accadrà domani. Lessi della accoglienza che avesti a Milano, e saggi sulla ediz. Rusconi!. Non so come puoi lamentarti! In questi tempi sei il poeta più pubblicato d’Italia. Non dico che non lo meriti, ma pensa al destino di altri che dovettero aspettare d’esser morti! Vorrei poter fare anche io qualcosa per te, ma tanto non son ascoltato. Godo di molte antipatie, e temo sempre di produrre l’effetto opposto a quello voluto quando raccomando un libro o uno scrittore. Ora ci muoviamo meno, tutto è più difficile con l’età. Jakie ebbe una, anzi
due operazioni, ma ora sta bene ed ha ripreso ad essere la creatura donatrice che conosci. Io devo lavorare. Voglio farti ridere: scrissi ad uno che dovevo pubblicare “articoli alimentari”. Sai che mi rispose che non sapeva che io m’occupavo di culinaria! Non aveva capito l'ironia. Per chi si scrive!! Speriamo ci sia dato di rivederci. Facesti una grande impressione a Cattabiani? parlandogli de La Voce; ne ebbi piacere; ma scusa, non poteva capirlo prima che cosa fu La Voce?
256. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin. ! Biagio Marin, A sol calao, Milano, Rusconi, 1974. 2 Alfredo Cattabiani (1937-2003), fu direttore della casa editrice Rusconi di Milano dal 1969 al 1979.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
Dunque ti dico arrivederci. Non credere che sia per avarizia che uso questo pezzo di carta, è per pigrizia avendolo a portata di mano eJakie lontana. Un abbraccio alla tua Pina. Aff. Prezzolini
22.1 Grado, 13 marzo 1974
Caro Prezzolini,
è vicino il giorno di San Giuseppe; mi è buon pretesto per ricordarti con tanto affetto e per venire a salutarti, facendoti i migliori auguri di buon lavoro ancora per lunghi e molti anni. Quello che tu stai facendo, alla tua età è meraviglioso. E, se credi, puoi
ridere di me: del grande tuo bene di forza di pensiero e di amore, mi sento compartecipe.
Nessuna distanza, nessuna diversità può togliermi il bene di questa mia partecipazione alla tua vita. Capisco in grazia della tua opera l’importanza della funzione dello intellettuale, e anche la fame, il bisogno che la gente ha di leggere seguendo il pensiero di una testa chiara e di un animo aperto. Così ti ringrazio ancora una volta per quanto sei stato nella mia vita e per quanto continui a essermi.
Vivo tanto isolato; pochi sono i miei amici, proprio perché non ho il facile tramite di scambio che è dato dalla scrittura intellettuale. Ho fatto male non preoccuparmene in tempo. E l’isolamento è aggravato come tu sai, dalla difficoltà che i più trovano a leggere i miei versi. Ho fatto mandare in giro una ottantina di copie del mio “El vento de l’Eterno se fa teso”; solo dieci persone mi hanno dato finora atto di aver ricevuto il volume e tre sole, con una parola di compiacimento. Così, dato il
disordine delle poste, sono inquieto per la loro sorte. Saranno stati ricevuti? E tu non dirmi che sono uno scocciatore se, pur sapendoti molto impegnato, ti chiedo quattro parole. Il giorno 19 celebriamo l'onomastico di Pina: verrà da Roma la nostra maggiore e le faremo festa. 257. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Lugano è lontana e per me irraggiungibile; ma questo foglietto ti porti il mio, anzi il nostro saluto più affettuoso, di auguri di salute.
Ti abbracciamo di tutto cuore, assieme a Jaqui. Pina e Biagio Marin
258 [Lugano], 1 maggio 1974
Caro Marin, l’altra sera, con un amico di fuori, che non conosci, sentii e vidi il tuo Incontro, tutto, da cima a fondo, dato dalla R[adio] S[vizzera] I[taliana]; ed
a parte il naturale interesse d’amico, che ho per te, appresi come pubblico spettatore, quella tua lunga intervista, così bella, così ricca di motivi, così variata di cenni, così appassionata e rivelatrice. Proprio ti ammirai come si ammira un’artista. Eri semplice, naturale, composto, fiducioso, sicuro; le tue
poesie furono recitate al posto opportuno; le tue riflessioni sull’arte e sulla vita facevano conoscere l’uomo che non ha vissuto invano, e per il quale le gioie e i dolori sono stati sempre ricevuti con profondità di sentimento e maturati dalla riflessione. Bravo. Fu proprio un piacere. E tu sai che se fosse stato diversamente, te l’avrei detto, secondo il costume “vociano”.
Ti scrivo oggi leggendo la morte di Guido Slataper, ma conoscendo poco la famiglia, non so raccapezzarmi, e penso di non averlo mai conosciuto. Ma temo che sia stato un dolore per te e Pina. Io e Jakie vi salutiamo e vi abbracciamo. Credimi tuo aff. Prezzolini
258. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Archivio famiglia Marin. Un copia è presente anche in AP Lugano, ma incompleta.
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259 Grado, 15 maggio 1974
Caro Prezzolini,
l
ho avuto la tua, molto cara, del primo maggio, assai te ne ringrazio. É stato come se tu fossi qui, presente e mi abbracciassi con tutto il tuo affetto. Incontrare persona cara, familiare da tanti anni, è grande bene e occasione di festa. Grazie dunque di gran cuore. Guido Slataper morto il giorno 28 aprile a Bergamo per un infarto, era il fratello minore di Scipio, che a 17 anni s’era arruolato volontario, con suo
fratello, che era stato compagno d’azione con lui sul Podgora, quando Scipio ci lasciò la vita, che a 18 anni, aveva conquistato il Monte Santo, che
durante la campagna aveva ottenuto tre medaglie d’argento al valore e una promozione sul campo, e che per la sua fedeltà all’Esercito, venne nominato generale di brigata di complemento. Era un uomo semplice, ma buono e dritto. Era anche mio con- nuoro, perché il suo maggiore ha sposato una mia figliola. La sua sparizione è patetica, in quanto lui rappresentava ancora sempre
le ragioni ideali della guerra del ’15-’18, ed era capo dei superstiti. Ora si è voltata definitivamente la pagina. In Russia aveva perduto un figliolo oltre al nipote figlio di Scipio. Tra padri e figli, tre medaglie d’oro e tre o cinque d’argento. Una famiglia di militari. Sono in attesa del mio nuovo volume di versi, che secondo quanto mi ha scritto Cattabiani della “Rusconi” dovrebbe uscire oggi stesso. Ci sarà poi un’antologia da tutta l’opera che dovrebbe venir pubblicata dalla Garzanti e poi, almeno con i versi sarà finito!. Poi qualcuno penserà a qualche volumetto di prose, ma è musica per il domani, quando io non ci sarò. Sento che stai bene e che anche Jaqui sta bene. Io sto benino, è Pina che non sta bene, perché l’angina pectoris le dà molta noia e la stanca molto. Del grosso volume “El vento de l’Eterno sa fa teso”, che ti ho fatto spedire, non so se tu l’abbia ricevuto.
Salutami anche a nome di Pina, Jaqui; a te mando un caldo grazie e un caldo abbraccio. Biagio Marin 259. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Marin fa qui riferimento al volume Ne! silenzio più teso, a cura di Claudio Magris ed Edda Serra che uscirà da Garzanti ma solo nel 1980.
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260 Grado, 11 luglio 1974
Caro Prezzolini, ho ricevuto oggi l’articolo di Grignola! che tu mi avevi spedito il 29 maggio scorso. Come tu vedi, facciamo progressi.
Non ho mai potuto sapere se hai ricevuto “El vento de l'Eterno se fa teso”, e più recentemente “A sol calao”. Se ti capitasse l’occasione di scri-
vermi un biglietto, dimmelo. Saprai certamente che mi hanno dato un Viareggio?. Ma motivandolo con una strana contraddizione, essere io “la voce stessa della poesia” da un lato, e negandomi, da l’altro, l'appartenenza e alla lette-
ratura e alla poesia italiana. Perché quindi mi abbiano premiato non lo so. Ma non importa. I versi sono stampati e bene, qualcuno, tosto o tardi li leggerà e forse tra essi troverà qualche gioiello di poesia. Noi si tira avanti, un poco preoccupati per come potranno mettersi le cose in autunno.
Noi, e tu prima e più degli altri pochi, sapevamo cha la sarebbe finita a questo modo, se pur si può parlare di finire. Neanche la stretta attuale gioverà a dare agli italiani la disciplina morale senza la quale una società civile non può vivere e prosperare. Il problema nostro, prima di essere politico è morale, è problema di onestà. Già Goethe, nel lontano 1790 nel IV epigramma veneziano, aveva scritto:
“Deutsche Redlichkeit suchst du in allen Winkeln vergebens; Leben und Weben ist hier, aber nicht Ordnung und Zucht, Jeder sorgt nur fùr sich, miBtrauet dem andern, ist eitel,
Und die Meister des Staats sorgen nur wieder fùr sich.” Come vedi è detto tutto. E sono passati quasi due secoli e siamo sempre nelle stesse identiche condizioni, ci sarà mai un superamento? Si può pensare che una rivoluzione comunista rivoluzionerebbe i caratteri? È superabile il plebeismo anarchico? I sindacati possono dare una disciplina al nostro popolo, un senso di responsabilità di fronte alla vita? Che solo di questo si tratta. E irresponsabile è tutto il nostro popolo e in alto e in basso e perfino nelle gerarchie ecclesiastiche.
260. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Fernando Grignola, Biagio Marin poeta veneto, «Giornale del popolo», 29 maggio 1974, Lugano. 2 Marin si riferisce qui al Premio Viareggio.
CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
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Da dove ci potrà venire l'impulso alla conversione? Spero che voi stiate bene. Forse non siete più a Lugano, ma io, questa, la mando là.
Vi abbraccia e saluta Biagio Marin
261 Grado, 6 ottobre 1974
Caro Prezzolini,
la situazione del Paese mi turba profondamente. Sono stato sempre chiaro sulla realtà degli italiani, ma che fossero tanto dissoluti da perdere anche l'istinto dell’autoconservazione, proprio quello primitivo, animalesco, non lo credevo. Lo spettacolo che offrono al mondo civile in questi giorni è proprio indegno e mortificante. Ho tanto pensato a te in questi ultimi tempi e alla tua continua denuncia dell’ amoralità nostra e della impossibilità che lo Stato regga sui presupposti dell’anarchia individualistica. Per confortarmi, in questi giorni mi sono riletto l’antologia del tuo pensiero, contenuta nel volume “Il meglio”. E ancora una volta ho ammirato la tua serietà, la tua onestà, la tua chiara visio-
ne del nostro male. E mi sono sentito più che mai solidale con te, e felice di non aver perduto la tua amicizia, in un mondo che mi è così profondamente estraneo e in cui mi trovo molto male. Tu almeno puoi combattere: ogni tuo articolo, ogni intervista, ogni tuo libro sono un’ alta affermazione di
quella legge della verità e della onestà, che la maggioranza degli italiani crede di poter ignorare. Sono smidollati e corrotti i democristiani e senza senso di responsabilità, ma i socialisti non sono migliori di loro e sono solo avidi di potere. La rivoluzione socialista consiste per loro solo nel passaggio del potere nelle loro mani. Ma “loro” nel senso più strettamente personale. Conservatori, progressisti, rivoluzionari, tutti mancano
di coscienza civile,
di sicura volontà, di trascendere gli interessi del loro “particulare” in favore della collettività, di una nazione ideale.
Ti ho citato certamente altre volte i versi contenuti nel quarto degli epigrammi veneziani del Goethe; ma te li cito ancora, perché sono tremendamente veri: 261. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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“l’onestà tedesca in nessun angolo qui la trovi; Trovi vita e industria, ma non ordine e disciplina, Ognuno pensa solo a se stesso, diffida degli altri, è vano, E i reggitori dello Stato pensano solo per sé.” Due cento anni sono passati da allora, e siamo sempre allo stesso punto.
E ne sono passati 600 da quando Dante definiva l’Italia “bordello”; e nulla è mutato. In che ci è lecito credere, in che sperare? Tutti i nostri compagni e i nostri figlioli che hanno sacrificato la vita nella fede del dovere, sono stati traditi. Ogni giorno mi rivelano fatti vergognosi. Ma nessuno reagisce e roviniamo nella vergogna. Hai fatto bene a rifugiarti a Lugano. Da là puoi combattere con maggior libertà. Ti ringrazio dal profondo per la tua fede e per la tua generosità. Ti abbraccia e saluta pregandoti di salutare Jaqui Biagio Marin
262 Grado, 24 ottobre 1974
Caro Prezzolini,
sei stato molto caro a mandarmi il tuo libro! che ho subito letto ampiamente consentendo. In modo particolare ti devo grazie per la dedica. Pina a cui la ho letta, mi ha detto: “dovresti tremare”.
Ed è vero, e io ne sono stato tanto commosso, che avevo il cuore gonfio e ho dovuto trattenermi dal piangere. Pensa quanta strada ho dovuto fare, prima di arrivare a un riconoscimento! Che è stato un premio provinciale, il veronese “Barbarani”, nel ’51, e avevo 60 anni, e il mio primo fascicolo di
versi, era stato pubblicato nel 1912. AI “Viareggio” ho concorso quattro volte, neanche questa volta, me lo hanno dato, e visto che Bo si è battuto sono ripiegati sul Premio del Presidente, che è un premio su tutta l’opera e non di “A sol calao”. In realtà non mi hanno dato nulla, ma proprio nulla, neanche la semplice comunicazione che m’era stato concesso il premio. 262. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. 1 Giuseppe Prezzolini, Italia fragile, Milano, Pan Editrice, 1974. 2 Si veda Appendice, p. 391.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
Lo so, io sono solo un “dialettale”, un fuori legge, che, come dice la moti-
vazione, non appartengo né alla storia della lett. It. né a quella della poesia italiana. Nessuno ha preso sul serio quel premio, e nessuno mi ha presentato i suoi rallegramenti. Così stanno le cose, la tua affettuosa dedica, mi è stata e mi è di grande consolazione. Era connesso al premio un quadro; non avendolo potuto ritirare io stesso, perché ero assente, non hanno creduto di mandarmelo. Ho chiesto che cosa ne fosse successo: nessuno mi ha risposto. Non è che ci tenga al quadro; ma alla correttezza sì. “Italia fragile” s'intitola il tuo libro. Un titolo che è un giudizio. E tu sai che molti galantuomini e anche parecchi grandi uomini hanno dato giudizi anche più pesanti del tuo, su gli italiani: ma se Dio stesso venisse a tenere giudizio, gli italiani alzerebbero le spalle e farebbero una bella risata, quando non facessero di peggio. Nessun giudizio li raggiunge; c’è veramente da disperarsi. È da tanto che io penso che la Voce aveva ben ragione di affermare la necessità del rinnovamento morale, come condizione di ogni progresso, anche politico. E ricordo di aver letto nella prefazione di un’antologia vociana un giudizio dispregiativo di quella posizione. E resta la verità che nessuna rivoluzione, nessun progresso saranno possibili senza l’instaurazione di una legge morale nella nostra prassi. Quel capitoletto su “La Via Mala”, mi ha fatto molta impressione; cose
risapute ma a vederle così elencate, fanno davvero tremare’. Salutami tua moglie a te il saluto e il ringraziamento di Biagio Marin
263 Grado 24 novembre 1974
Caro Prezzolini,
ieri ho ricevuto il volume della tua scolara! con quell’affettuoso canto di lode al suo maestro, e anche il ritaglio del Borghese con quei miei versi che
è Fernando Ritter, La via mala: altri saggi sgraditi, Milano, Scheiwiller, 1973. Prezzolini
nel parla nel primo capitolo. 263. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Twentieth-Century Italian Poetry. A bilingual anthology,
a cura di Margherita
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tu mi hai mandato a saluto2. Ho scoperto che i manoscritti dei miei versi nel volume americano, sono qualcuno monco e qualcuno scritto erroneamente, come se li avessi scritti in istato di ubriachezza. Ne sono rimasto dolorosamente colpito. Ma in compenso l’orazione di Margherita Marchione?, mi ha proprio consolato. Ecco, quasi come lei, vorrei scrivere di te anche io, anche se non ho avuto
la grazia di averti come maestro e direttore spirituale. Solo una donna poteva scrivere con quel calore e quella verità. I maschi sono taccagni, solitamente e hanno paura di compromettersi dicendo bene di un altro, soprattutto se discusso. Io, per conto mio mi metto accanto fraternamente alla Marchione e ti dico che sei stato nella mia vita una fonte di bene e che pochi altri sono stati con me generosi come te. Grazie caro, tre volte caro Prezzolini.
Sai certamente che mi hanno dato il cosiddetto Viareggio del Presidente, per non prendere in considerazione il mio “A sol calao”, che tu hai certamente avuto dalla Rusconi. Invidio la tua capacità di lavoro e di presenza — e quale presenza! — fra questi disgraziati di plebei malamente rifatti. Quando ti penso, ho sempre presente che sei in tutti i sensi, un nobile. Colgo l’occasione per augurare a Jaqui e a te il buon Natale e un buon anno ‘75. Ti abbraccia Biagio Marin
Marchione, New Jersey, Associated University Press, 1974, a cui Marin partecipa con tre
poesie tutt'ora inedite in Italia. 2 Giuseppe Prezzolini, Libri Nuovi e Vecchi. Letture, «Il Borghese», 17 novembre 1974,
Roma. La parte dedicata a Marin è a p. 939, con il titolo In onore di Biagio Marin, e contiene la trascrizione di Tempo lisiero. 3 Suor Margherita Marchione.
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CARTEGGIO MARIN-PREZZOLINI
264 Grado, 3 dicembre 1974
Caro Prezzolini,
ho ricevuto la pagina del Giornale con la tua intervista, proprio oggi, 59° anniversario della morte di Scipio. Che io ho molto amato, per cui m'ha turbato l’episodio che lo riguarda contenuto nel “Giornale”, doppiamente: e per lui che ha mancato verso di te in quel modo, e per te che te ne sei tanto risentito, che dopo tanti anni dalla sua morte non hai potuto perdonare, o almeno dimenticare. È un episodio veramente increscioso, penoso. Penso, che per tanti anni, come oggi ho accompagnato Gigetta alla sua tomba, lassù su Calvario, che i nostri hanno poi battezzato col nome del paesino ai suoi piedi: “Podgora”, per noi “Piedicolle”. E oggi ho tanto pensato a quanto gli Slataper hanno dato a Trieste e all'Italia: 5 combattenti, tre dei quali morti; 3 medaglie d’oro e 5 d’argento al V.[alor] M.[ilitare]. E “il mio Carso” che è pur qualche cosa, e “le lettere triestine”! che stimo molto. i Hanno sotterrato poco tempo fa Guido, il fratello minore di Scipio, tre medaglie d’argento e una d’oro, Generale di complemento. E non solo la memoria degli Slataper tramonta; muore l’anima italiana di Trieste, la sua eroica volontà di non lasciarsi assimilare né dagli slavi vicini, né dai tedeschi più lontani. Lo so, per gli altri italiani è un fatto marginale e comunale. Ma Svevo, ma Saba, ma Giotti, ma Giani Stuparich, e poi, sia pur a distanza, Quarantotti
Gambini, non sono entità marginali. Né il significato di quella fioritura. E l’Italia è più lontana che mai, più estranea che mai allo spirito nel quale Trieste era cresciuta. Sta per uscire la tua “Antologia della Voce”?; a Trieste si prepara già la presentazione del libro. Questa sera forse arriverà qui Vanni Scheiwiller e sentirò che novità mi porta.
264. Lettera ms. recto e verso su 2 f. Sul recto del primo foglio, in alto al centro, compare: «MARIN». AP Lugano.
! Scipio Slataper pubblicò le sue Lettere triestine su «La Voce» durante il 1909, ora in Scipio Slataper, Lettere triestine. Col seguito di altri scritti vociani di polemica su Trieste, a cura di Elvio Guagnini, Trieste, Dedalolibri, 1988. 2 Giuseppe Prezzolini, La Voce 1908-1913. Cronaca, antologia e fortuna di una rivista, Milano, Rusconi, 1974.
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La pagina del “Giornale” che mi hai cortesemente fatto mandare l’avevo già, perché il “Giornale” lo compero ogni giorno. Ringrazio Jaquie del cortese invio, e la saluto di cuore. A tutti e due rinnovo l’augurio di buon Natale e di buon anno 1975. A te dico ancora il mio affetto. Biagio Marin
265 [Lugano, 14 dicembre 1974]
Carissimo Marin, rispondo alla tua del 3 corrente ricevuta ieri l’altro. Le mie ragioni non combinano con le tue e ti prego di ascoltarle sebbene abbia perduto ogni speranza di far ragionare anche le persone più colte o civili. Dunque tu dimentichi che io ho scritto per quel libro una Cronaca della Voce, cioè nemmeno una storia, ma una narrazione degli eventi anno per
anno, rincalzata nei margini del libro da testimonianze di contemporanei e da giudizi dei posteri. I fatti che narro sono avvenuti; e non c'è nemmeno una rivelazione per quanto riguarda Slataper, perché furon pubblicati dal suo amico e storico Stuparich!. Non si tratta di vendetta né di ricordo; si tratta di far sapere al pubblico come sono andate le cose. Non sono stato meno critico di me stesso; mi sono persino scusato del mio articolo contro
gli ufficiali di cavalleria ed ho sostenuto che in fondo il duello è meglio del processo, con buone ragioni. Il ritratto che ho fatto di me stesso nel capitolo Il fondatore, se avrai occasione di vederlo, non è certamente di un’apolo-
gia o di cortigianeria. Tu mi parli dell’eroismo di Scipio e della sua famiglia; ma io scrissi intorno alla Voce e non intorno alla guerra. Come mai, arrivato come me ad una certa età non ti sei accorto che gli uomini sono una gran mistura? Manzoni disse che il cuore umano è un guazzabuglio, e ne sapeva
qualche cosa guardando entro se stesso, poiché da giovane ingravidò una serva e credo non si sappia dove sia andato il figliolo. Foscolo, che era un
265. Lettera dattiloscritta recto e verso, copia carbone, senza firma. AP Lugano. Ora in Prezzolini: un secolo di attività, a cura di Margherita Marchione, Milano, Rusconi, 1982, pp. 74-76.
! Scipio Slataper, Appunti e note di diario, a cura di Giani Stuparich, Milano, Mondadori, 1953. A p. 144 Slataper confessa di aver letto di nascosto i diari di Prezzolini.
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uomo di coraggio in guerra e in pace, morso dal dispetto di una signora che aveva rifiutato le sue offerte amorose la denunziò al marito perché essa aveva un amante; si può esser più volgari e più bassi di così? Eppure era Foscolo. Slataper rimane Slataper anche se commise un atto di indelicatezza. Non è tanto per quello che dovetti ricordarlo, ma perché rivelò in quella occasione una vanità così enorme, che non l’avrei mai sognata. Pensava di far una sua propria rivista, che avrebbe scritto tutta da sé, permettendo ai suoi amici di commentare le sue pagine! Che gli scrittori siano vanitosi lo sapevo, ma quello è un esempio mastodontico; e mi andava bene perché nella mia Cronaca ho dovuto e voluto far risaltare con quante difficoltà interne dovetti lottare per far capire che se non ci fossi stato io Soffici avrebbe cacciato Salvemini a pedate nel sedere, Croce avrebbe chiuso la porta di casa a Papini, Cecchi avrebbe deriso Slataper e la sua verginità, etc. etc. Caro Marin, io avevo un dovere di storico e ho dovuto metter le cose a
posto per Slataper anche perché altri han scritto vaghe accuse che potevano far pensare male di me ed erano dirette contro di me; per es., la nota di Giani alla seconda edizione degli scritti di Slataper dove dice di aver cambiato di parere su me e la Voce ma non spiega il perché; o come la biografia di Slataper di un certo Mutterle che non so chi sia ma che certamente non è un genio di critica letteraria, ma che è pieno di veleno. Presto o tardi qualcuno si sarebbe accorto di quei documenti che ho riprodotto e commentato, e poiché m’ero messo a fare il cronista l'ho fatto con una certa esattezza, mentre se avessi
voluto far polemica avrei potuto pescare altre coserelline. Quindi mi pare che il tuo accenno alle virtù patriottiche di Scipio non c'entra affatto. Una volta che uno è in alto, come lui, è naturale che venga
discusso. Anche dei santi si fa il processo prima della canonizzazione. Fra le altre cose che avrei potuto dire c'è che Slataper deve molto all'ambiente della Voce. Vedi gli articolucci che scriveva per il Palvese? e come, dopo poche settimane di vita con noi cambiò di stile e di impegno. E vedi che cosa divenne dopo aver lasciato La Voce: il suo Ibsen? è un mattone accademico in confronto con il colombo selvatico del Mio Carso. Vallo a dire a Mutterle se lo conosci. Sono molto stanco e non ho tempo per proseguire. Ma mi pare di averti detto ciò che più importava. Forse tu non avrai ancora visto il libro, e non avevi letto la mia prefazione interamente. Credo che se la leggerai (son 230 pagine!) ti accorgerai che è scritta con distacco (l’ha riconosciuto persino
2 Rivista pubblicata a Trieste dal 6 gennaio al 29 dicembre 1907. 3 Scipio Slataper si era laureato con una tesi su Ibsen, pubblicata da Bocca, Torino, nel 1916 e ristampata da Sansoni, Firenze, nel 1944.
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Bo!). Ed ho parlato di me in terza persona apposta per favorire la mia intenzione. E poi ho poco tempo da vivere e non son attaccato a quelle piccole cose che furon le nostre. Se c’è una persona che ne sia persuaso e abbia fatto di tutto per persuaderne la gente son io. Più pessimista di me non credo ci sia stato mai storico di una rivista o autobiografo. Non temere di avermi urtato con le tue osservazioni. Io sono sempre
pronto a discutere anche con chi dicesse che mia mamma era una puttana. Direi: beh, vediamo che prove ci sono ... Tuo aff.mo
266 Grado, 28 dicembre 1974
Caro Prezzolini,
grazie della tua lettera del 14 c.m. Io non avevo ancora visto il volume “La Voce”, che ho ricevuto in dono
ieri l’altro da Crise di Trieste. Avevo letto solo la parte che riguardava Scipio nel “Giornale Nuovo”; e m’era dispiaciuto, per una ragione di sentimento. Io conoscevo il precedente e lo avevo segnato in rosso, con un NB! a fianco, turbato da quello che avevo letto e non mera piaciuto, proprio come a te. E ti dirò che avevo ammirata la tua misura, e lasciamelo dire, la tua signo-
rilità, con la quale avevi dato notizia dello episodio a pagina 281 di “Il tempo della Voce”. Te ne ero stato proprio grato, e mi avevi commosso. È stata qui l’origine del mio recente appunto. D'altro canto, io so bene come è stata difficile la tua funzione di creatore della “Voce” e riduttore a unità delle tante opinioni, delle tante teste,
delle più diverse volontà di predominio. Per conto mio mi ero reso conto delle tue difficoltà e della tua bravura di pur impedire l’anarchia e che ti si prendesse la mano. Perciò ti prego di scusarmi se il mio appunto, dovuto a un fattore di sentimento più che a un giudizio, può averti turbato. Ora attaccherò la lettura di “La Voce” e spero di poter presentarla al Circolo di Cultura e delle Arti, nella prima decade di febbraio. Voglio soprattutto illustrare quanto è stata la “Voce” per Trieste e per i migliori giovani di Trieste; e quale è stata la tua difficoltà a portare alla collaborazione gente così diversa, come un Croce e un Boine, uno Slataper e un Papini, una Salvemini e un Soffici, ecc. 266. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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Ogni bene a te! Penso che il grande solenne volume con il quale ora, a
tanti anni di distanza hai potuto celebrare quella importante tua opera direi giovanile, ti debba aver dato una grande soddisfazione. I tuoi collaboratori, sono quasi tutti spariti, forse già tutti. Mi fa impressione dirlo, e a te è stata serbata la sorte di così lunga e fattiva sopravvivenza. Io leggo e rileggo i tuoi ultimi libri, nei quali spesso mi ritrovo, più forse di quanto tu possa pensare. E sono felice di averti incontrato fin da giovane e di averti voluto sempre bene e di aver creduto sempre in quel tuo cervello così limpido e ordinato. Ti augura per l’anno ‘75 ogni bene Biagio Marin
1975
267 [Grado], 10 gennaio 1975
Caro Prezzolini,
ho letto la storia della “Voce”, nel nuovo volume. A volte con pena. E ora più che mai so quale è stato il tuo merito, e quanta la tua sopportazione, e
quanta Italia, già nell’ambito pur breve dei tuoi collaboratori. Ho letto pagine o righe su Scipio, che hanno ridimensionato la figura come era risultata nella pagine di “Il Giornale”. Tu sai bene che Hebbel gli aveva scaldata la fantasia; e c’era in lui anche una presunzione che direi ingenua, 0 se vuoi anche barbara. E quando è morto, forse non era ancora “un
uomo finito”. Certo, non avrebbe più potuto scrivere un “Il mio Carso”; ma noi quassù speravamo ancora molto da lui, anche se potevamo ormai dubitare della “grazia”. Penso che tra il “Tempo della Voce” e questo ultimo volume, tu abbia lasciato un assai degna testimonianza non solo della tua opera, ma del clima di quegli anni, e anche, sia pur in iscorcio, di molti uomini. Ho anche penato leggendo il tuo ultimo volume, per le tante contestazioni e negazioni e aggressioni che hai dovuto subire. Ti accludo la lettera del 28 dicembre che non ti avevo spedita subito perché volevo leggere il nuovo volume. Saluto Jaqui e mando a te mille auguri e un affettuoso abbraccio. Biagio Marin
267. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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268 Lugano, 17 gennaio 1975
Caro il mio Marin, due righe per dirti che ricevetti le tue due lettere, del 28 XII, e del 10 I, e te ne ringrazio, perché mi han tolto di dosso la preoc-
cupazione che tu fossi irritato con me. Pensa che se sono stato duro con alcuno (non soltanto con S.[lataper]), non sono stato tezero per me stesso;
e se non ho elencato tutti i miei difetti, probabilmente è soltanto perché non mi son venuti in mente.
Abbiamo ancora così poco tempo da vivere, perché sacrificarlo in silenzi e complimenti? Tuo aff. Prezzolini
Ti scriverò più a lungo. Sono stanco.
269 Grado, 25 gennaio 1975
Caro Prezzolini,
ieri sera la T.V. ha trasmesso la notizia della morte di Alberto Spaini!. Mi ha fatto molta impressione. Quando andavo a Roma a passare il Natale o la Pasqua con la mia figliola Lella, spesso lo andavo a trovare e più volte, quando era viva ancora sua moglie, la Pisaneschi, sono stato suo ospite. Con lui mi trovavo bene, per il particolare equilibrio che c’era nel suo carattere, e per la ricchezza in lui di sentimento. Ci si stimava vicendevolmente, e quando ci si incontrava ci si faceva sempre festa. Era un triestino ormai distaccato da Trieste, ma pur ricco di affettuosi ricordi e di amabile ironia, da persona nobile e intelligente. Era uno dei pochi, anzi ormai credo rari superstiti della Voce. E mi fa impressione pensare che tu forse sei l’ultimo, tu il fondatore, il direttore e 268. Di questa cartolina postale non possediamo l’originale e viene presentata nella versione trascritta da Marin nel suo diario il 22 gennaio 1975, vol. 42, p. 38. Archivio Università di Trieste. Il commento che segue la lettera viene presentato in appendice. 269. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
! Alberto Spaini muore a Roma il 23 gennaio 1975.
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ora grande testimone del movimento e della partecipazione di tanti e così diversi uomini al #40 movimento. To sono passato tra voi come in sogno, appena capace di arrivare a Croce, a Gentile, a Lombardo — Radice, e a te, a Scipio e forse a Soffici e a Boine.
Ora mi avvicino perfino a De Robertis, che, a suo tempo non mi piaceva. Leggo la tua “La Voce”, e anche l’antologia di Romanò, e capisco le tue difficoltà di allora e quanto hai dovuto rimetterci della tua anima per rendere possibile l’esistenza del movimento da te voluto, da te sempre diretto, in realtà anche quando eri assente. Boine mi piaceva già allora, e avevo letto i suoi libri, che possedevo e poi mi sono stati portati via dagli amici. Una volta gli avevo scritto e lui gentilmente mi aveva risposto. In questi giorni l’ho molto presente. E, da l’altra parte Soffici, e naturalmente Scipio, e Amendola, e anche
Salvemini, che era allora con te tanto cordiale, e che poi ti ha perseguitato. Mi ha fatto male in questi giorni, lo sprezzo di Croce verso te e Papini, dopo che pur aveva apprezzato la tua azione il tuo sforzo. Quando fui tuo ospite a Roma nel ’23, ricordo di averti chiesto che cosa
pensavi del fascismo. Mi rispondesti che si trattava di una malattia di crescita, che non sarebbe durata a lungo e sarebbe sfociata in un liberalismo più coerente. Perciò non ho mai capito Croce e Salvemini che ti hanno accusato di essere stato fascista. Ti avevo visto “apota” ma non fascista. Ora guardando da lontano, penso che fenomeni come quello non possano essere considerati arbitrari o capricci di chi che sia. E che dovrà venire il tempo che uno storico di statura, giustificherà quel fenomeno, come realtà di vita degli italiani. Tu vedi, che anche ai giorni nostri si è riformata una situazione che certamente è analoga a quella del primo dopoguerra: tutti insufficienti, tutti. Credo che tu possa ricordare Spaini con affetto. Io mi rallegro che tu sei ancora in vita e che hai potuto ancora mettere insieme il monumento alla Voce, e quindi a te stesso. Ti abbraccia con molto affetto Biagio Marin
2 La cultura italiana del ‘900 attraverso le riviste, vol.II, “La Voce” (1908-1914), a cura di
Angelo Romanò.
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270 Grado, 26 gennaio 1975
Caro Prezzolini,
ti avevo già spedito una mia lettera quando è arrivata la tua cartolina postale, che mi ha sollevato, perché anche io, da parte mia, avevo temuto di averti irritato. Ma hai ragione: saremmo stupidi, in questo poco tempo che ci rimane, turbare la nostra lunga affettuosa amicizia con piccoli risentimenti di qualsiasi genere. Ieri l’altro sera, mi era venuta dalla televisione, la notizia della morte di
Alberto Spaini, uno degli ultimi vociani. E caro amico e tuo e mio. Ieri mattina sono passato davanti all’obitorio dell'ospedale e una persona mi ha invitato a entrare, sul cataletto era ben vestito, sbarbato con cura, il
cadavere di un mio compagno del ’90. Io sono del ’91. E Spaini era del ’92. Accostate le tre date, mi sono sentito quasi in debito. Sto rileggendo e leggendo tante cose nelle due antologie della Voce che possiedo, la tua e quella di Romanò, o se vuoi, della Einaudi. Mi sono riconciliato con De Robertis, che mi era per lo meno estraneo. E sempre, leggendo, la strana sensazione; sono tutti già morti. Eppure li vedo con gli occhi, li vedo vivi. E mi duole di non averli avvicinati di più.
Conosciuti di più, amati di più ad onta della loro diversità da me, della loro distanza. Come sia stato non lo so neanche io. Tu una volta hai iscritto che ti meravigliava il fatto, che non avessi imparato nulla da voi, e che ero rimasto un ingenuo; avevi ragione di scandalizzarti. Solo ora mi pare di capire e di saper valutare almeno un poco. Avevo però per alcuni di voi un affetto istintivo e una stima derivata da intuizioni più che da giudizi. E vi ho portati in me per tutta la mia vita come tesori di bene. E ora mi accorgo, di aver quasi ripetuto, da lontano, tanta parte del tuo itinerario. Ma come in sogno. Perciò intellettualmente sono stato sempre un da nulla. E ti devo confessare che ho molto sofferto di dubbio anche sul valore della mia opera poetica. Tu per primo mi hai consolato, con quel tuo articolo scrit-
to in America e pubblicato nel “Tempo” nella “Nazione” e nel “Carlino”. La “Nazione” me l’aveva mandata Dolores. Anche recentemente tu hai avuto occasione, scrivendo una semplice dedica a me su un tuo libro, di dirmi la tua fiducia nella validità della mia opera. E tu sai che in articulo mortis mi hanno dato un “Viareggio”, sia pur ridotto a una breve motivazione di Bo. Sono in realtà sempre in agonia per quanto riguarda la validità della mia opera. 270. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Capisco che sono tuttora un marginale, un “dialettale” del valore del quale si è incerti. E io non ho capacità mia di giudizio, da poter sostituire i giudizi che mancano. E vedi, io non ho dietro di me una città come Napoli, o Roma, o Milano;
Grado è troppo piccola in tutti i sensi. Comunque ho fatto quello che ho potuto con grande amore per la mia piccola isola di sabbia e devo abbandonare i miei versi alla loro sorte. Mi hai scritto che sei stanco: dopo la grande impresa, del monumento alla tua Voce, non mi meraviglio. Ora però stai attento a riposarti. Perché fin che siamo vivi possiamo operare, e ogni parola può avere valore. Ti abbraccia con molto affetto Biagio Marin
271 Grado, 24 maggio 1975
Caro Prezzolini,
60 anni fa, come oggi, — erano circa le 10 di mattina, — venisti a Settignano, nel villino “Monteluna” a portarmi la notizia della dichiarazione di guerra all’ Austria, e che dalla stazione di Campomarzio erano passati, con una tradotta che andava al fronte i granatieri romani, e, tra essi Scipio e i due Stuparich. Eravamo commossi e fiduciosi, anzi festosi. Quella tua venuta non l’ho
mai dimenticata e questa mattina, appena svegliatomi, ti rividi e vidi fuor di finestra, là sotto Firenze nel sole. Sono passati 60 anni, e intanto l’Italia a me
pare sia cresciuta di troppo poco di fronte alle esigenze proposte dalla vita. Anzi mi domando se un'Italia oggi veramente esista, se all’attuale caos, possiamo dare quel nome. Naturalmente non è il caso di dubitare sulla forza semplicemente vitale che ora scatena il caos. Non dobbiamo temere: si arrangeranno. Altro è il problema se il caos potrà sfociare in un qualche cosmo, in un qualche ordine morale e perciò civile. Il processo sarà comunque lungo e incerto e la lotta dura.
271. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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In fin dei conti ancora una volta, qui si scontrano la Riforma e la Controriforina. Sarà possibile il “compromesso”, anche se non proprio quello di Berlinguer tra civiltà cattolica e civiltà socialista? Qui lo scontro è fra queste due civiltà, la cattolica troppo conservatrice, la socialista troppo rivoluzionaria. Quello che più mi fa temere, è la tendenza nostra di evadere dai problemi concreti della nostra realtà per rifugiarsi nel miracolismo massimalista. Si vuole il miracolo, tutto e subito, e si evade dal duro lavoro quotidiano. Non mi chiedo se nel ’14 — 15 — abbiamo fatto bene o male a volere quella guerra. Temo che dovremmo concludere che abbiamo fatto male; e ciò perché abbiamo concorso a interrompere il lento processo di sviluppo del popolo italiano. Che in realtà non era ancora un popolo, come non lo è neanche ora, ad onta di tanti travagli. Speriamo che tra due o tre secoli affiori l’unità degli italiani. Da tanto non abbiamo vostre notizie. Speriamo che tutti due stiate bene. Con molto affetto Vi abbracciamo e salutiamo. Pina e Biagio Marin
272 Grado, 10 giugno 1975 ore 20
Cara Jakie, ho avuto ora la sua cartolina postale, che porta il timbro del giorno 6. Grazie! Può immaginare la mia costernazione e quella di Pina. Per me la presenza di Prezzi in questo mondo, era garanzia di realtà, di verità, di tanta parte della mia vita e in modo particolare della mia giovinezza. Quello che gli devo, non è dicibile. L'ho molto amato e ho creduto molto in lui. Lo Slataper e Prezzolini hanno costituito il mio porto di arrivo quello lontano, verso il quale sono sempre navigato, quando, ragazzino sono uscito dalla mia isola. Io ero e sono rimasto sempre un isolano ignorante e veramente incapace
di uscire dal mio isolamento: essi erano per me, i grandi sapienti, le isole di là del mare verso le quali tendeva e navigava l’anima mia.
272. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Scipio è morto giovane, nel 1915, ma in me è rimasto sempre vivo e ho continuato ad amarlo e a navigare verso di lui. Prezzi era vivo e attivo, tanto attivo e creativo, che io sbalordisco ancora. Non solo ho creduto nella sua ricca umanità; me ne sono nutrito. Quanto bene mi ha dato sempre, con una liberalità, con una signorilità,
che forse gli altri non sospettano esistere in lui. Io credo di essere uno che lo ha veramente visto e conosciuto, perché lo ha amato
con semplicità, dirò istintivamente.
Sono intellettualmente un
troppo da poco per rendergli adeguata testimonianza nel mondo degli italiani, che non capiscono il mio linguaggio. Oggi sono stato a Trieste per fare visita ad un amico ammalato!, e in un mio cassetto, del mio studio, che là ancora posseggo, ho trovato una cartolina mandatami da Prezzi da Detroit — Michigan, credo nel ’64. Dice : “Caro Marin, esser poeta è un dono che t’invidio, e mi pare non sarebbe bisogno d’altro. — Dalla terra dove si ha bisogno dell’altro.” G. Prezzi. Devo a lui un grazie profondo per la sua fede nella mia poesia, per il conforto che mi ha dato con la sua fede, tante volte. E ancora per la pubblica professione della sua fede. Posso immaginare la sua mortificazione per lo stato in cui ora si trova. Quel suo cervello che ha tanto funzionato in così lunga vita, ha trovato un intoppo.
Lei mi scrive che Prezzi è ancora lucido; può immaginare con che cuore gli mando questo mio saluto, impregnato dal mio affetto, dalla mia gratitudine di tanti anni. Non so se esiste la possibilità che egli superi la crisi, ciò che mi auguro con tutta l’anima. Ma gli dica che gli voglio bene, molto bene, e che soffro con lui. Anche a lei cara Jaqui, che gli è da anni così cara, così preziosa e intelligente compagna, il mio augurio, il mio grazie e il mio saluto. Pina è con me e insieme vi abbracciamo. Biagio Marin
1 Si tratta di Pino Veluscek a cui Marin, trasferitosi a Grado, aveva affidato il suo appartamento di Trieste riservandosi la stanza che era stata il suo studio.
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2753 Grado, 3 luglio 1975
Caro Prezzolini,
ieri sera è stato qui, mio ospite, Vanni Scheiwiller che mi ha portato i tuoi saluti, dei quali ti ringrazio, e mi ha detto che stai molto meglio. Puoi immaginare la gioia che mi ha dato questa notizia; perché quella avuta da Jaquie, mi aveva molto turbato. Avevo tanta paura che tu potessi rimanere mortificato. Grazie a Dio, hai potuto riprenderti, a quanto mi ha detto Vanni, quasi completamente. Io ho passato in serenità e quasi festosamente il mio 84° compleanno, domenica scorsa, il 29 giugno. Gli amici di Trieste sono venuti, in bella compagnia, con Mascherini! alla testa, alla cena organizzata dagli amici di Grado. S’era più di 40. Mi hanno regalato, su mia indicazione, una geode di cristalli di quarzo. Le pietre dure le ho sempre amate, anche se, per la mia costante povertà non ho potuto mai procurarmele. La geode che ora possiedo, è come un antro con misteriosa luce, come un’anima oscura con baleni di immagini.
Con Scheiwiller abbiamo parlato della stampa dei miei versi, e di un'eventuale volume di prose. Lui però non potrebbe stamparmi che un volumetto di 50 o al massimo 60 liriche: cercherà un editore, per le altre 250
e per le prose. Ma io non mi illudo. Il mondo va altrove, per altre vie, e io sono rimasto, tutto sommato un vociano del 1911 — ’12, e per la mia origine isolana, un solitario ed estraneo alla così detta “storia”, cioè agli accadi-
menti del tempo, che non è mio. Saluto cordialmente la tua cara compagna, e a te mando un affettuoso
abbraccio. B. Marin.
273. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano. ! Marcello Mascherini (Udine 1906-Padova 1983), scultore riconosciuto in ambito internazionale.
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274 [Lugano], 8 luglio 1975
Caro vecchio Marin,
grazie della tua lettera preoccupata per me; Scheiwiller non ha veduto che il guscio; naturalmente non c’è nulla di più inutile che parlare dei propri malanni, e di quello che fan prevedere. In breve c’è stata una burrasca di due giorni che mi ha fatto più vecchio di dieci anni. M’han salvato dalla morte che non avrei voluto evitare, per diventare l’ombra di me stesso che son divenuto. Ecco tutto. Non posso scriverti a lungo, perché manualmente mi fa peso (un po’ tutto mi fa peso, salvo Jakie). Mi hanno inviato una bella foto di Grado, vista dall’alto, che mi fa pensare alla memorabile giornata che ci passai con te, le conchiglie, i ricordi e la Pina. Tutto passerà quando saremo passati noi. Tanti son passati nello
stesso modo da secoli, per secoli. Anche i secoli passeranno. Non ci sarà nessuno per ricordarci. Forse è accaduto anche secoli prima che la prima ameba si fosse fermata. Forse è un sogno dal quale ci risveglieremo, ma essendo quel che siamo, non sarà migliore di noi. Tutto cambia, e quindi nulla resta, e per ciò non ha valore. Volevo dirti, tuttavia, che durante la burrasca non persi mai la testa, la
chiarezza della coscienza di quello che avveniva. Probabilmente non ci vedremo più, ma il gusto della coscienza di ciò che stava accadendo e di noi stessi non ci mancò e proprio per questo ti saluto con queste parole. Aff. Prezzolini
274. Lettera ms. recto su 1 f., rinvenuta nel diario di Marin, piegata in due ed inserita tra le pagine 362-363 del vol. 42. Archivio Università di Trieste. Il commento che segue la lettera viene presentato in appendice.
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275 Grado, 13 luglio 1975
Caro Prezzolini,
ieri ho avuto una bella sorpresa: la visita del tuo figliolo, che è al mare a Lignano, non molto lontano da Grado. È stata un’occasione di festa per me. L'avevo visto bambino, e poi mai più, e ora ha 60 anni. Sandro somigliava a sua madre; Giuliano somiglia a suo padre. Non tanto però! C'è sul tuo viso un che di giovanile, che non ho trovato sul volto di Giuliano. Ma era pur sempre il tuo figliolo con il quale ho potuto parlare di te e del bene che ti voglio e del tanto bene che mi hai fatto sempre, fin da quando ti conobbi nel 1911. Mi pareva di riaverti vicino; anzi più che vicino, per la compresenza di tanti ricordi di tempi diversi. Perché con me sei stato sempre tanto caro e tanto generoso e io non ho saputo mai ringraziarti adeguatamente. Ti ho voluto solo bene e questo è troppo poco. E anche ho creduto sempre in te e nella tua dirittura. Nel nostro mondo amorale la tua dirittura mi è stata un grande esempio e un grande conforto. Il rapporto vivo tra gli uomini è sempre miracolo. Penso alla distanza, alla diversità che erano tra noi, che sono
tra noi; e tu mi hai potuto accogliere quasi come un figliolo d'anima, come un fratello minore. Quanto bene mi hai dato! Naturalmente io me lo sono goduto con santa semplicità senza neanche soppesarlo. Ma ora, alla fine della mia vita, penso spesso ai tuoi tanti doni, e mi si gonfia il cuore di riconoscenza e di bene. Un grande nobile sei stato in una accolita di uomini d’ingegno, ma di temperamenti vari e difficili. E a tutti hai dato molto. Ho in mente anche episodi che ti hanno mortificato, che ti hanno fatto male, che hanno lascia-
to in te qualche traccia d’amaro. Ma penso anche alla grande eredità di stimoli che hai lasciato. Ora è il tempo del marxismo; e quel grande fermento ideale provocato dalla “Voce” viene a volte declassato per l’ignoranza dei tempi e dello ambiente in cui tu hai operato. Ma verrà il tempo in cui certe esigenze di rettitudine e di libertà di pensiero, ritorneranno a farsi vive, e allora, ti sarà resa
giustizia, a te e anche ai tuoi compagni della bella impresa. Già Vanni mi aveva detto che stai meglio; ora Giuliano mi ha detto che hai ripreso a scrivere e a pubblicare. Bravo Prezzi! Quanto a me, per la mia
ignoranza, per la mia pochezza, sono completamente emarginato.
275. Lettera ms. recto e verso su 1 f. piegato in due. AP Lugano.
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Il mio ultimo volume, che non ha avuto il riconoscimento del “Viareggio”, è rimasto invenduto e in realtà opera morta. Vanni mi ha promesso di stamparmi solo un fascicolo di 50-60 liriche per il San Piero dell’anno prossimo ‘76. Vorrei raccogliere in un volume qualche pagina di prose; ma dove trovare, e in questi tempi un editore?
Dovrò chiedere che me lo stampino gli Enti locali, pur di averle stampate. C'è tanta ressa di ingegno intorno, e io sono ridicolmente piccolo. Ti abbraccia di tutto cuore, e ti saluta assieme a Jaquie Marin
276 [Lugano], 4 novembre 1975
Caro, la prima persona a cui pensai quando lessi la notizia di quell’ignobile fine del Pasolini, fosti tu. Mia colpa non averti scritto che era cosa più di pietà, che di irritazione o correzione. Ma io sono malato da sei mesi, fra
le mani di dottori, infermieri, farmacisti e per fortuna con l’angelica compagnia di Jakie senza la quale non avrei un giorno di più. E sono immerso in una grande malinconia, da anni ho interrotto la mia collaborazione ai giornali e riviste, perché non potei dire che parte di quello che pensavo. Non so che cosa accadrà di me. E tutto mi stanca, sopratutto la penna in mano. Pensami e ricordati che pensai subito a te, in modo degno di te, si capisce. Tuo aff.mo Prezzolini
276. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Carta intestata «Giuseppe Prezzolini via Motta, 36 6900 Lugano (Svizzera) tel. 31996». Archivio famiglia Marin. Il commento che Marin annota nel suo diario il 18 novembre 1975, viane presentato in appendice.
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277 Grado, 11 novembre 1975
Caro Prezzolini,
è da tanto che non ti scrivo, temendo di importunarti. Ma oggi sento il bisogno di venire a salutarti e scrivo ... La brutta morte di Pasolini mi ha proprio sconvolto. Ad onta di tutto, penso non la meritasse. Non si può negare la tragicità, proprio nel senso religioso di un Eschilo. Io l’ho conosciuto: era uomo di una gentilezza e affabilità non comuni. E non parliamo della sua intelligenza. Da qualche tempo mi ero allontanato da lui, perché la sua “trilogia” cinematografica, mi aveva messo in disagio. Evidentemente per la mia pochezza da provinciale. L'economia morale della mia vita è più ristretta. In realtà, tutta la mia vita ha avuto limiti da persona marginale. L'intelligenza di Pasolini, le sue aperture, la sua capacità di lavoro, mi
avevano sempre impressionato. Ed era anche buono e generoso. Ha pagato la sua colpa, se pur di colpa si può parlare, fino in fondo, non solo con la vita, ma anche con il brutto modo della sua morte.
Ora lo sento libero. Spero che tu stia bene e penso che tu continui a scrivere e a pubblicare. Io, qualche verso lo scrivo ancora. Con la salute, a parte gli inevitabili acciacchi, Pina e io resistiamo.
Salutiamo tutti e due Jakie, e a te mandiamo caldi auguri di benestare e un abbraccio. Biagio Marin
278 Grado, 13 dicembre 1975
Caro Prezzolini,
non pensare male di me se ti scrivo pur sapendo che non stai bene e che combatti per ancora essere presente nella nostra vita. Io ti voglio molto bene 277. Lettera ms. recto e verso su 1 f. Sul recto, in alto a sinistra, compare: «R 14.X1.75».
AP Lugano. 278. Lettera ms. recto e verso su 1 f. AP Lugano.
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e ti ho sempre presente. Quando leggo il tuo nome in un giornale, il cuore mi batte più forte. Più che mai se vedo annunciata la pubblicazione di un tuo libro. Di fronte agli “idiotes” della nuova generazione, tu continui a costruire il tuo monumento, con il quale, i venturi dovranno fare i conti. Nella mise-
ria spirituale della nostra vita nazionale, la tua opera rappresenta un grande apporto di vita degna, non banale, non pettegola. Non sei stato un filosofo puro, non sei stato un poeta, e non uno storico
e non uno scienziato; e ciò non pertanto lasci qui una montagna di anima, di spirito, di intelligenza e di amore con la quale faranno volentieri i conti. Opera d’amore la tua. Sarà questa la grande scoperta che faranno le nuove generazioni, appena liberate dai fumi della mitologia marxista. Perché tu eri e sei un amoroso ti ho voluto sempre bene e sempre più te ne voglio. Non eri Gentile, non eri Croce, e non Papini; eri Prezzolini, una persona origi-
nale inconfondibile. Non hanno ancora trovato la formula per inquadrarti, perché sei troppo tu, troppo originale. Ti scrivo solo per dirti che ti voglio bene e che ti ringrazio del tanto bene che mi hai dato. Auguro a te e a Jaquie il buon Natale e anche un buon anno 1976. Pina mia si unisce a me negli auguri e nei saluti. Biagio Marin
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